Gente di Mezzi

di Strawberry Swing
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 8: *** capitolo7. ***
Capitolo 9: *** capitolo 8. ***
Capitolo 10: *** capitolo 9. ***
Capitolo 11: *** capitolo 10. ***
Capitolo 12: *** capitolo 11. ***
Capitolo 13: *** capitolo 12. ***
Capitolo 14: *** capitolo 13. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 16: *** capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** capitolo 16. ***
Capitolo 18: *** capitolo 17. ***
Capitolo 19: *** capitolo 18. ***
Capitolo 20: *** capitolo 19. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 23: *** capitolo 22. ***
Capitolo 24: *** capitolo 23. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






   "Gente di mezzi"



        
Prologo.




Vi è mai capitato di salire su un qualsiasi mezzo pubblico, che sia pure un autobus o un treno e non avere assolutamente niente da fare se non guardare le persone?
Beh, da quando ho iniziato l’università a Firenze e ho quindi iniziato a usufruire dei mezzi che lo stato italiano offre al cittadino, ho imparato a guardare le persone.
Tuttavia, in base al mezzo in questione, esse variano ulteriormente.

Per esempio:
Per mia sfortuna, le lezioni che seguo si trovano tutte vicino all’ospedale di Careggi di Firenze e sono stata obbligata a fare l’abbonamento mensile del bus: sembrava quasi una lotta. Il primo mese di università mi sono rifiutata di comprare l’abbonamento, convinta che sarei riuscita ad arrivarci in bicicletta, dopo i miei venti minuti mattutini di pedalate. Ben presto ho dovuto desistere nei miei intenti causa pioggia e soprattutto l’arrivo imminente del freddo invernale. Sicché alla fine ho ceduto e ho comprato l’abbonamento. Questo primo mese mi era tuttavia servito per imparare a capire quale bus prendere e a quale rinunciare per la troppa folla. Non so se vi è mai capitato di salire su un autobus pieno zeppo, dove, per riuscire a rimanere in piedi, non avevi neanche bisogno di un sostegno, eri talmente incastrato tra le persone da non riuscire a muovere un muscolo. E affari tuoi se ti si slacciava la scarpa o se ti suonava il telefono. E la cosa più assurda è che dopo le cinquanta fermate precedenti, dove saranno scese due o tre persone massimo, senti annunciare all’altoparlante la tua fermata. Insomma, giubilo. Questo, finché non ti accorgi che non sei l’unico ad aspettare quella fermata, che oltre alla ressa in bus, ti aspetta anche la ressa per la discesa dal bus. E chissene frega delle vecchiette o dei passeggini. C’è solo la gara per chi scende prima e riesce così a respirare. Insomma, un incubo. Ecco perché, ormai da qualche tempo, ho deciso di rinunciare a prendere il primo (o il secondo) bus che passa davanti alla facoltà, quello pieno di studenti affamati. Dopo i classici venti minuti di attesa, prendo un altro bus, il 2, che porta nei pressi di casa mia. Ed è in quel tragitto, dall’università a casa, quei trenta minuti scarsi di bus che mi dedico al mio passatempo preferito. Immaginare.
Eh sì, l’immaginazione non mi manca. Quando vedo la vecchina con la faccia sorridente, tutta truccata e imbellettata, la immagino andare a trovare i nipotini, portando loro dei doni (ha la borsa stracolma); oppure quel papà che, per far divertire la figlia piccola, che si mette a ballare in mezzo al bus, rischiando per altro di cadere, solo per sentire la risata cristallina della bambina. Secondo me, sono le persone che mi suscitano questa sensazione di poter fantasticare sul loro passato, il loro presente e anche il loro futuro. Mi piace immaginare sempre dei lieti fini, anche se non tutte le facce sono sempre sorridenti, anzi, spesso la faccia triste e pensierosa spopola.
Una volta per esempio mi è capitato di scorgere una signora, sui cinquanta anni, capelli perfettamente pettinati, occhiali da sole, vestita talmente elegante che non ti saresti mai aspettata di veder salire su un qualsiasi mezzo pubblico. Avevo anche paura di toccare per sbaglio le sue scarpe firmate o la borsa Vuitton che le pendeva da un fianco. Ma la cosa che in assoluto mi aveva colpito di più è stato il suo viso. Era una donna bellissima, anche se non tanto giovane, i lineamenti delicati, le rughe quasi invisibili. Poi, con una brusca fermata dell’autobus (non vorrei sottolineare l’incapacità dei conducenti dei bus pubblici e privati perché se no, non la smetterei più con le invettive), le sono scappati gli occhiali dal viso. Ed ella aveva gli occhi più tristi che avessi mai visto. Non riuscivo a distogliere gli occhi. Non sembrava avesse pianto, era truccata minuziosamente e non aveva neanche una sbavatura, però, non so come spiegarmi, ma i suoi occhi azzurro ghiaccio erano così tristi che la facevano sembrare una delle eroine malinconiche così dettagliatamente descritte ne “Cime Tempestose” della Brönte.
Insomma, non sono neanche riuscita a inventarmi una storia sul conto di quella donna, talmente concentrata a cercare di capire come potesse essere possibile una tale e devastante tristezza in una persona che sembrava avere tutto quello che si potesse materialmente comprare.
“Quando si dice che i soldi non fanno la felicità... allora è proprio vero”.
Scese alla fermata precedente alla mia e non riuscii a vedere dove andasse.
 
Insomma, sull’autobus si può incontrare davvero di tutto. Ed è per l’appunto su un autobus che ho fatto l’incontro che mi cambiò definitivamente la vita.





*Nota dell'autrice

Questa non è la prima storia che scrivo o che pubblico. Ma ho sempre cancellato le mie vecchie storie perchè non ne ero convinta, perchè mi mancava l'ispirazione o per altri motivi. Tuttavia finalmente mi sono decisa a pubblicare qualcosa di definitivo... Io prendo ispirazione dalla mia vita e soprattutto dalla mia fantasia. Come vorrei che fosse successo qualcosa, come vorrei comportarmi in determinate situazioni, cosa vorrei fare nella mia vita, i miei sogni. Per cui la protagonista avrà molte mie peculiarità o anche molte caratteristiche che vorrei avere. Posso dare una buona notizia. Come lettrice accanita di ff, so cosa vuol dire aspettare in ansia l'aggiornamento di una storia che ti lascia in sospeso. Per questo ho deciso che pubblicherò un capitolo al mese e ho già scritto sei capitoli, e sono a buon punto del settimo. In più, mercoledì 22 febbraio ho il mio ultimo esame, quindi poi sarò più libera di scrivere.
A presto

Giulia

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Capitolo 1.

La sveglia suonò insistentemente quella mattina ma io proprio non ce la facevo ad alzarmi. Il lunedì, fin dal tempo del liceo, erano sempre stato il mio tallone d’Achille. Presi il cellulare che ripetutamente mi proponeva il classico drin della sveglia e lo posticipai ancora di 5 minuti. E poi ancora di altri 5 minuti. Questo fino alle 7.45, quando, ormai definitivamente sveglia, ero ovviamente in ritardo. Come avrei potuto prepararmi, fare colazione, una doccia veloce e prendere il bus in soli 15 minuti? Impossibile.
Giuro, cercai di sbrigarmi ma il mio corpo non rispondeva agli stimoli mentali e giunsi alla fermata dell’autobus alle 8.25 dichiarando il mio sicuro ritardo per l’inizio delle lezioni.
Come potevo arrivare al polo scientifico del Morgagni che distava almeno 20 minuti da casa mia per le 8.30? era ovviamente improponibile.  Non che fosse la prima volta che arrivassi in ritardo a lezione (avveniva quasi tutti i lunedì) però non ero mai riuscita a fare un ritardo del genere. Era solo un mese che erano iniziati i corsi dell’università, per quel mio primo anno di ripiego a Biologia, e tutto sembrava così nuovo, diverso, elettrizzante. Con questi pensieri in testa aspettai l’arrivo del mezzo che non si fece attendere troppo. Sicura del mio ritardo cercai il primo posto a sedere libero e, non trovandolo, guardai il panorama della città in cui mi ero appena trasferita per iniziare l’avventura universitaria. Firenze.
Ovviamente non poteva capitarmi un viaggio normale, non con la solita sfortuna che mi perseguita da tempi immemorabili. Infatti alla fermata dopo la mia, il bus si riempì quasi totalmente e finii appiccicata tra un ragazzo seduto e una signora anziana che tentava invano di stare in piedi e continuava ad aggrapparsi ovunque pur di mantenere l’equilibrio. Mi spostai un po’, lasciandole più spazio di movimento e consentendo così al giovane di vedere la donna ma lui non si degnò di darle un occhiata e tantomeno la fece sedere.
Sarà stata la giornata iniziata con il piede sbagliato, ma la mia acidità non si fece aspettare troppo.
-          Ehi scusa, come leggi scritto lì, questi posti sono riservati a persone anziane e, a meno che tu non sia invalido, alzati e fa sedere la signora! –
-          Non ti preoccupare cara, scendo fra poche fermate –
-          È una questione di principio, signora. Non sopporto le persone così maleducate e irrispettose –
Il ragazzo mi guardò con fare scocciato e, ascoltando la conversazione con la donna, non fece neanche il gesto di alzarsi ma prese l’i-pod dallo zaino e mise la musica a palla. Riuscii a sentire i Pink Floyd anche a quella distanza. La signora mi guardò sconsolata, alzando le spalle, per poi girarsi dall’altra parte, ignorando il maleducato. Ero furente. Alla fermata successiva la donna scese ringraziandomi per la disponibilità e io continuai a squadrare male il ragazzo che continuava a farsi gli affari suoi. Guardai l’orologio e mi accorsi che era veramente tardissimo, così iniziai a pregare che il conducente accelerasse, che i semafori fossero tutti verdi e che non ci fosse coda in Corso Morgagni. Fortunatamente le mie preghiere furono ascoltate e dopo neanche 10 minuti ero alla fermata davanti al polo universitario. Feci per scendere dal mezzo quando lo stesso ragazzo di prima mi passò a fianco rischiando di farmi cadere. Gli afferrai la giacca di pelle cercando di bloccare la sua corsa, pericolosa oserei aggiungere , ma mi trascinò con sé tanto che inciampai sul gradino e finii rovinosamente per terra. Ero furibonda. Alzai gli occhi di scatto e incrociai i suoi scuri. Non mi accorsi più di nient’altro, non mi importava dov’ero, né chi ero e tantomeno l’ora. Aveva gli occhi più belli che avessi mai visto, d’un nero pece che non riuscivo a distinguere la pupilla. Poco dopo mi accorsi di una cosa. I suoi denti si vedevano perfettamente e la sua risata risuonò nelle mie orecchie. No, questo proprio non doveva farlo. Scattai in piedi, cercando di aggiustare il vestito e lo investii di parole:
-          Tu, sei la persona più maleducata e molesta che io abbia mai conosciuto. Passi pure la tua menefregaggine sull’autobus, poi mi spingi per scendere prima e adesso osi pure ridere di me dopo che mi hai volontariamente fatto cadere? Ma ti rendi conto … -
Lui continuava imperterrito a ridere, ignorandomi completamente. Ero rossa come un peperone, gli diedi una spallata e mi allontanai zoppicante, dirigendomi verso l’entrata dell’università. Rinunciai ad andare verso l’aula, ormai ero in un palese ritardo di mezz’ora e non ero assolutamente dell’umore per matematica. Andai al bar e, ordinato un caffè, mi sedetti su un tavolino. La caviglia iniziava veramente a farmi male, mannaggia a quel pazzo. Mandai un sms alle mie amiche al piano di sopra dicendo loro che mi avrebbero trovato lì e iniziai a gustarmi il mio caffè. Ormai era diventata un’abitudine quella del caffè del mattino, dopo quello della colazione, seguito da quello del pranzo e della merenda. Ovviamente il caffè dopo cena era d’obbligo. Insomma, mi stavo drogando di caffè. Ma come potevo pensare di smettere di fumare, lavorare come baby sitter saltuaria e, ovviamente, seguire l’università? Avevo bisogno di un sostegno  fisico e morale. Facendo queste elucubrazioni mentali passai il tempo finché non vidi entrare dalla porta del bar universitario quelle pazze delle mie compagne di corso. Athena, Mariella e Daniela erano sulla porta che si sbellicavano dalle risate.
-          Ridete, svergognate. Tanto vi tocca portarmi fino al secondo piano –
-          Soph, mica hai intenzioni farci trasportare tutto il tuo peso sulle spalle?? E poi tu sei proprio grulla, c’è l’ascensore apposta per te! –
-          Avete anche ragione. Non avevo pensato all’ascensore. Athe, smettila di ridere che ti sta sentendo tutta l’università e prendi la mia borsa che pesa –
Sempre ridendo, mi presero sotto le braccia e mi accompagnarono quasi trasportandomi fino all’ascensore. Eravamo lì in coda a scherzare, o meglio, a prendermi in giro, quand’ecco che mi passò accanto quell’idiota dell’autobus. Alzai gli occhi al cielo, ignorandolo.
-          Ciao Matte, come te la passi? –
-          Ehilà Mari, si studia. Ci si vede va, che se no, arrivo in ritardo a lezione. –
Mi squadrò sorridendo mentre io continuavo ignorarlo. Lo fissai mentre si allontanava di spalle, per poi guardare la mia amica che sorrideva tranquilla, salutandolo con una mano.
-          E tu come conosci quell’essere antropomorfo? È sicuramente peggio di un Toxoplasma Gondii. –
-          L’ho conosciuto al mare, faceva parte della compagnia. È simpatico, perché dici così? –
-          Questo perché tu non conosci la sua vera natura, quella è la persona più antipatica e stupida che io abbia mai conosciuto. È colpa sua se sono caduta –
Annuii cercando di confermare le mie parole con i gesti.
-          Sarà pure maleducato, ma è proprio un gran bocconcino. Dovresti proprio fartelo, Sophie –
-          Athe, hai in testa sempre e solo una cosa tu eh!! Non ci pensare neanche, non ho alcuna intenzione di farmi nessuno io. Soprattutto non un maleducato come quello -
-          Sarà pure maleducato, ma ha ragione Athena, con un culo così, me lo farei pur’ io. E non lo dire a Fede che se no, chi lo sente più –
Dopo l’uscita della Daniela, la tensione che quel tizio mi aveva messo addosso si era sicuramente allentata e ricominciai a ridere. Finalmente l’ascensore arrivò, salimmo al piano e, entrati nell’aula assegnata al corso di scienze biologiche, iniziammo una noiosa lezione di matematica.
 
 

*Angolo dell'autrice.
E finalmente ecco il nuovo capitolo! Ho deciso di pubblicare l'ultima domenica del mese anche se sto andando così veloce che in una settimana ho scritto 6 capitoli. Non so ancora quanto sarà lunga la storia, spero solo che piaccia. In ogni caso io cofntinuerò a pubblicare o almeno a scrivere; mi sto divertendo un mondo e alla fine è questa la cosa migliore. :P
Alla prossima.
Giulia

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Capitolo 3
*** capitolo 2. ***


Capitolo 2
La giornata stava iniziando a migliorare, decisamente. Insomma, sebbene la seconda ora di matematica e quella di zoologia fossero state pesanti e noiose, non avevo fatto più incontri spiacevoli anzi, ero riuscita a parlare con il ragazzo carino che seguiva il mio corso, un certo Luca. Era dal primo giorno di lezione che lo adocchiavo, ed ecco che era giunta l’occasione di presentarmi quando lui mi si era seduto davanti. In tre ore di lezione un modo per parlare l’avrei anche trovato, no? E fu quasi con gioia che lasciai cadere davanti a me l’astuccio con tutte le penne. Athena mi guarda con gli occhi spalancati mentre Mariella e Daniela mi ignoravano, convinte che sarei rinsavita. Insomma, dovevo scorgere un modo per ritrovare il mio buon umore.
-          Scusa, non l’ho fatta apposta. Mi spiace disturbarti, ma mi potresti passare la penna. –
-          Non ti preoccupare, ti do una mano a raccoglierli. –
-          Comunque io sono Sophie, piacere. –
-          Luca. –
Mi guardò negli occhi mentre mi passava l’ultima penna che gli era “casualmente” finita sotto la sedia e io sostenni il suo sguardo. Mi sorrise, oh quant’era carino!,  e risposi allo stesso modo. Poi si girò a seguire la lezione. Non era andata esattamente come volevo, ma era già un passo avanti, no?
Alla fine delle ore successive seguii le mie amiche fino alla mensa. Certo, con la mia velocità saremmo arrivate per ultime, ma non ci importava. In fondo non sarebbe stata la prima volta che ci cacciavano dalla mensa universitaria per la chiusura. Ci mettemmo in coda, e dopo i soliti 20 minuti di attesa, riuscimmo a iniziare la nostra scelta alla mensa. Pagammo e raggiungemmo la sala dove si trovavano i tavoli. Essendo la più lenta perché invalida, mandai le mie amiche avanti per cercare i posti. Vidi Athena venirmi incontro ridendo e prendendomi il vassoio dalle mani per agevolarmi la camminata.
-          Perché stai ridendo? –
-          Vedrai vedrai. –
Alzai gli occhi al cielo, ignorando la mia pazza amica e raggiungemmo le altre che ci aspettavano sedute e ci guardavano. I loro occhi mi stavano squadrando, ma io non capivo il motivo. Finché..
-          Voi state scherzando vero? –
-          Ahahaha .. prenditela con Daniela. Non ha resistito. Voleva vedere la tua faccia. E poi è l’unico posto libero, davvero! –
Si alzarono per farmi sedere e, dopo averle uccise con lo sguardo, mi sedetti di fianco a Luca che mi guardava sorridendo.
-          Due volte nello stesso giorno, che coincidenza! –
-          Già, che strana coincidenza del destino –
-          Sei buffa, sai? Non riconosco il tuo accento,  però. Non sei toscana vero? –
-          No, vengo da Sanremo, in Liguria. –
-          Perché Sanremo è Sanremo! –
-          Ahahahah, non ti ci mettere pure tu. Ormai è una battuta vecchia e sorpassata. Tu di dove sei? –
-          Viareggio. Però adesso vivo qua a Firenze. –
-          Beh, anch’io. Mica posso fare avanti indietro tutti i giorni. Sono 6 ore di treno sai! –
-          Pur’io non faccio avanti indietro, eppure disto solo un’ora e mezzo da qua. –
-          Come mai studi Biologia? –
-          Voglio diventare biologo cellulare. Sai, mi affascina lavorare in laboratorio, manipolare il DNA e cose così. Tu? –
-          Faccio parte della massa. Non sono entrata a medicina e questo è il mio anno di ripiego. Spero di entrare l’anno prossimo. In ogni caso, se non entro provo all’estero. –
-          No dai che entrerai, mica vuoi abbandonare così Firenze! –
Continuammo a chiacchierare così per tutto il pranzo, lui ignorando i suoi amici e io le mie amiche che ostinatamente ci fissavano ridendo e stuzzicandomi di tanto in tanto per darmi noia e infastidirmi. Dopo essermi lamentata pure con lui della mia scarsa preparazione in matematica, lui tirò fuori il suo telefono e mi sorrise radioso.
-          Senti, mi dai il tuo numero? Così se hai bisogno di ripetizioni di Matematica, sai chi chiamare. Ti faccio uno squillo, ok? –
-          Grazie, sei davvero molto gentile. Dammi il cellulare che te lo scrivo. –
-          Tieni. –
Sentii Athena che rideva, così mi voltai a guardarle mentre lui registrava il mio numero sul cellulare e le sorrisi. Vittoria!
-          Adesso devo andare. Ci si vede a lezione. Ciao Sophie, ciao ragazze. –
Lo guardai andarsene e lo salutai sorridendo. Appena lui si girò, mi voltai verso le mie amiche e feci loro un balletto vittorioso. Il mio ballo della vittoria era piuttosto imbarazzante, ma ero troppo felice per fregarmene qualcosa. Così non mi accorsi che il posto di fianco a me era stato occupato e le mie amiche avevano smesso di imitarmi fissando il mio vicino che, a quanto pare guardava verso di me. Ancora sorridendo mi girai. Il mio nuovo interlocutore mi fece perdere il sorriso, trasformandolo in una smorfia di noia.
-          Ancora tu? Ma mi perseguiti? –
-          Nah, ho di meglio da fare. Però volevo dirti che mi piacciono i tuoi gusti in fatto di ragazzi. Guardavi quel tipo sbavando, peccato che sia palesemente dell’altra sponda. Guarda come si muove, com’è vestito! –
-          Geloso? –
-          Ma stai scherzando? Io non ti conosco e tantomeno mi importa qualcosa di te. Solo che con i tuoi movimenti sgraziati - era un balletto? – hai attirato la mia attenzione e quella dei miei amici e del resto della mensa. Sei imbarazzante. Ero venuto a chiederti di smetterla. –
Mi guardai intorno ma nessuno sembrava darmi retta, esclusi i suoi due amici che ci fissavano ridendo.
-          Ma sta zitto. Mi dai noia e inquini l’aria che respiro. Puoi volatilizzarti per favore? Oppure potrei sempre usare un Sectumsempra per farti scoppiare, così almeno spariresti per sempre. –
Lo incenerii con lo sguardo finché non mi accorsi che le mie amiche ridevano di gusti, imitati dai suoi amici.
-          Ehi Matte, ti ha tenuto testa la bambolina. Non mi sarei mai aspettato che una barbie come te avesse la lingua così lunga. –
-          Beh, non ti preoccupare. Non vi parlerò mai più così non dovrai più tentare di rispondermi per le rime. Il tuo unico neurone non ce la fa. –
-          Andiamocene Leo, questa è una sciroccata. –
-          Bene, andatevene. Tanto meglio per me. –
Si alzò guardandomi male e se ne andò seguito da quel suo amico, tale Leonardo.
-          Scusalo, è che  Matteo non va molto d’accordo con Luca. Hanno litigato spesso. –
-          Non sono problemi che mi riguardano. –
-          Hai ragione. Li raggiungo. Ci vediamo. Ciao Mari, è stato un piacere rivederti. –
-          Ciao Ale, anche per me è stato un piacere. –
Guardai la mia amica che era diventata di tutti i colori e salutai pure questo con un cenno della mano mentre si allontanava per raggiungere i suoi due amici.
-          Mi spieghi chi è questo Ale? –
-          È un amico di Matteo, l’ho conosciuto al mare. È così carino ed è il più normale dei tre, gli altri due sono dei pazzi e per quanto possano starti antipatici, sono dei bravissimi ragazzi. –
-          Ti piace! Oggi la giornata è risultata migliore di quanto pensassi. Ho parlato con Luca e abbiamo trovato uno che interessa a Mariella, che sembra sempre così annoiata dai ragazzi. Se solo non avessi incontrato quell’idiota sull’autobus quel mattino, sarebbe stato un giorno perfetto. –
Guardai le altre sorridendo. Ma i loro sguardi mi scrutavano e stranamente nessuna delle tre accennava a una parola. Chiesi loro che succedeva ma sembrava preferissero guardarmi che rispondermi, così iniziai a sbucciare il mio mandarino facendo delle smorfie orribili cercando di imitare quella pazza di zoologia e finalmente scoppiarono in una risata collettiva. L’atmosfera si era calmata.
Passammo il pomeriggio in aula tentando di recuperare gli appunti presi quel mattino e cercando di capirci qualcosa, ridendo e facendo qualche saltello fino al bagno. Per le 5.30 presi il bus per tornare fino a casa. Per sicurezza, cercai di controllare che non ci fosse nessuno di indesiderato e, trovato un posto libero a sedere, guardai fuori dal finestrino. Quel giorno era stato troppo pieno di imprevisti e avevo bisogno di riflettere, così non contemplai le persone che erano sul bus e non potei accorgermi che ci fosse ancora quella donna che mi aveva così colpito qualche tempo prima.
Arrivata alla fermata, scesi dal bus e mi diressi a casa. Mi rifiutai di andare a fare la spesa, quella sera avrei cenato con una pizza surgelata, e finalmente entrai nel mio bel monolocale. Mi ero fatta il sangue marcio per riuscire ad ottenere di vivere da sola in un monolocale così, soprattutto perché la mia mamma era così apprensiva che aveva paura che scivolassi dentro la doccia e, senza nessuno in casa, ci sarei morta dentro. Fortunatamente avevo vinto io ed ora eccomi lì. Posai giacca e cappello sulla gruccia e, presa una pomata, iniziai a massaggiarmi la caviglia che si era gonfiata a dismisura e decisi che avrei passato la serata così, sul divano, davanti a un bel film d’amore come solo “Harry ti presento Sally” può essere, mangiando schifezze. Non accesi neanche il computer, cosa che ero solita fare. E fu solo un bene quella mia dimenticanza. Avrei aspettato solo il pomeriggio successivo per scoprire che qualcuno lassù ce l’aveva a morte con me.


* spazio dell'autrice.
Buona domenica a tutte! Lo so che state pensando: come mai ha aggiornato così presto? avrebbe aggiornato una volta al mese ed è passata giusto una settimana... beh, la risposta è semplice.. ho sempre avuto paura di non finire nessuna storia, per cui mi ero messa le mani avanti dicendo che avrei pubblicato una volta al mese. e invece contro tutte le aspettative, posso dire di aver quasi terminato questo racconto.
Dopo questa mia premessa volevo ringraziare tutti quelli che hanno messo la mia storia nelle preferite/seguite/ricordate e ovviamente chi ha trovato il tempo di commentare.
Un ringraziamento speciale a NotteStellata che mi mandava sms all'una di notte spronandomi a scrivere.
Alla prossima settimana.
Giulia

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Il mattino successivo la caviglia continuava a farmi male, per cui decisi che non sarei andata a lezione, anche se avevo voglia di vedere come si sarebbe comportato Luca. Così avvisai le mie amiche e, dopo una colazione abbondante con la torta al limone che avevo fatto qualche giorno prima, decisi di andare in biblioteca.
Arrivai a una delle biblioteche storiche di Firenze che si trova proprio dietro casa, la biblioteca Marucelliana. La prima volta che ci andai fu per prepararmi per i test di settembre e la prima impressione che mi fece quella biblioteca storica di Firenze fu di puro stupore. Insomma, sembrava di essere a Hogwarts o  nel ‘700; Era completamente in legno, con i soffitti altissimi e librerie che arrivavano fino al soffitto, i tavoloni erano sovrastati da lampade e c’era un silenzio quasi religioso.
Il posto adatto per voler studiare in santa pace. Controllai di avere tutto e, dopo aver messo il cellulare silenzioso come ovviamente richiede l’educazione in questi luoghi di studio, iniziai a fare schemi su schemi di Chimica, il mio incubo. Passai così in fretta la mattinata che quando notai il cellulare lampeggiare, rimasi stupita di constatare che fosse già l’una. Effettivamente iniziavo a sentire la fame. Ignorai il cellulare che continuava a lampeggiare e andai al supermercato dove feci provviste di verdure. Arrivata a casa preparai una bell’insalatona ballando al ritmo di musica offerta da Mtv su un piede solo. Solo a quel punto mi ricordai di guardare il cellulare.
Trovai una chiamata di mia mamma e una di Daniela, più tre messaggi. Richiamai subito mia mamma prima di farla andare in paranoia e dopo averle confermato che il mio stato di salute era ottimo (meglio non farla preoccupare con il problema della caviglia) guardai i messaggi. Uno era di Camilla, la mia migliore amica, uno di Athena e uno di Luca. Lessi prima quello di Cami.
_ Sophie! Come stai? Non ci sentiamo da taaaaanto. Ti sei connessa ieri sera a facebook? Fossi in te, darei un’occhiata. Chiamami dopo ok? _
Aggrottai le sopracciglia e accesi il portatile, nel mentre lessi gli altri due sms erano molto simili chiedendomi come mai non mi fossi presentata a lezione e se fosse tutto ok.
Gongolai per l’attenzione di Luca e gli risposi che era tutto a posto e che mi faceva solo un po’ male la caviglia; Gli dissi che il giorno dopo sarei andata sicuramente e che ci saremmo potuti vedere al Morgagni, più o meno quello che avevo già scritto a Athe. Aspettai che il mac si accendesse e poi, dopo averlo connesso a internet, controllai che Cami fosse online su skype. Eccola. Driin.
-          Cami! Come stai? Oh mon Dieu. Ti sei tagliata i capelli? Non me l’avevi detto!
-          Sophiee! Finalmente! Sono giorni che sei sparita. Comunque si, li ho tagliati ieri. Ti piacciono? Mi fa strano non avere più i capelli lunghissimi ma mi ero stufata. Allora ti sei connessa a Fb?
-          Non ancora, la connessione va lentissima. Aspetta… 14 notifiche, 2 messaggi di posta e 2 richieste di amicizia. Cavolo, non mi sono connessa un giorno mica un mese!
-          Leggi prima le notifiche.
-          No, sono le più lunghe.. Allora.. Leonardo Castello e Luca Bonin. Mi ha aggiunto Luca agli amici!! Siii! E questo Leonardo Castello chi è?... Oh Gosh. Un amico del pazzo
-          Il pazzo? Di che parli?
-          Poi ti racconto. Guarda come è carino Luca!
-          Vado a vedere la foto del profilo… cavolo è proprio carino. Sembra un montato però
-          Non lo è, fidati. Le notifiche.. Giulio mi ha taggato in un album?? E tutte queste oche devono essere amiche sue che commentano… e mi ha anche scritto sulla bacheca. Che vuole sto stronzo?
-          Prima di andare a vedere, respira, calmati…io ti direi anche di allontanare il computer da te, potresti diventare violenta.
-          Ah ah ah. Grazie. Ma cosa avrebbe potuto fare di così… Non ha veramente scritto quello che leggo vero? “Fiorellino ti amo. Sei la luce dei miei occhi. Mi perdoni per essere stato un egoista?” Adesso cancello il commento. E le foto? Ma ha veramente chiamato sto album Mon amour?? Ma questo s’è bevuto il cervello. Cavolo, siamo stati insieme due anni e poi mi lascia per mettersi con mia cugina. Mia cugina, cazzo! Ma come si permette adesso di intasarmi la bacheca di ‘ste stronzate? Adesso torno a Sanremo e lo trucido, maronna maiala. Quanto lo odio.
-          Respira Sophie. Cancella il tag alle foto e bloccalo dagli amici. Così non può più guardare il tuo profilo. Poi chiama Athena e fatti accompagnare a mangiare cioccolato, ti rende meno nevrastenica. E ti ripeto, respira. Il tuo viso sta diventando rosso come il colore della felpa del Liceo.
Non potevo crederci. Ero veramente senza parole. Mi aveva lasciata un anno prima, il giorno del mio compleanno per dirmi che si era innamorato di mia cugina. Era stato il mio primo ragazzo serio, quello delle prime volte. A lui avevo dato la mia verginità, avevo detto il mio primo ‘Ti amo’. Avevo provato per la prima volta una gelosia quasi cieca quando l’avevo visto baciarsi con mia cugina. Io avevo dato tutto nel nostro rapporto e lui aveva buttato tutto al vento solo per tornare qualche tempo dopo dicendo che gli mancavo e che era ancora innamorato di me? Se me lo fossi trovata davanti gli avrei fatto rimpiangere questa sua follia andando a nuocere ai suoi gioielli di famiglia con un calcio ben assestato. Ma come si permetteva di trattarmi ancora come un’idiota? Feci tutto quello che la mia dolce Cami mi aveva consigliato ma gli mandai anche un e-mail privata su facebook con su scritto un semplice: vaffanculo. Oh, come lo odiavo. Misi in prima pagina quella di skype e vidi il viso preoccupato di Cami che mi scrutava attraverso la web cam.
-          Mi dispiace tesoro. Lo so che Giulio ti aveva fatto star male ma non permettergli di rovinarti ancora le giornate, non permetterglielo. Lo sai che per te ci sono sempre, qualsiasi cosa succeda e adesso parlami di questo Luca e di questo pazzo.
Le raccontai brevemente gli ultimi avvenimenti e dopo aver sentito la sua risata e  i suoi commenti poco fini sulle mie nuove conoscenze mi fece tornare il sorriso. Non sentivo più il vuoto nel petto che il commento di Giulio mi aveva lasciato. Perché? Non riuscivo a capire il perché fosse tornato così sui suoi passi dopo un anno che non ci parlavamo praticamente più. Non mi ero mai fatta vedere triste o piangente davanti a lui e a mia cugina. Affrontavo la vita a testa alta quando dentro mi sentivo morire ogni volta che li vedevo insieme. Ma il mio orgoglio mi impediva di piangere. Nessuno mi aveva mai visto piangere, solo Camilla e il mio angelo custode, il mio fratellino di sei anni che, sebbene troppo piccolo per capire i motivi della mia tristezza, ogni volta che mi vedeva di cattivo umore mi portava il gelato al cioccolato e una barretta di fondente commentando che il cioccolato risolve tutti i problemi. Quanto mi mancava il mio Paolino.
Dopo un po’, Camilla mi salutò dicendo che doveva studiare per il compito in classe e facendomi promettere di sentirci il giorno dopo. La ringraziai per tutto e lei mi sorrise di rimando con un’alzata di spalle. Solo dopo, mi ricordai dei messaggi di posta su facebook e vi trovai un messaggio di Loredana, una mia compagna del liceo che m’intimava di tenermi libera per il week-end del ponte dei morti che avremmo fatto una cena di classe e un messaggio comune a tutti i miei compagni di classe dove ripeteva circa lo stesso concetto. Non risposi a nessuno dei messaggi e decisi di spegnere il computer. Mi aveva solo rovinato la giornata.
Passai il resto del pomeriggio davanti ai libri per cercare di mettermi in pari con il programma svolto in classe, massaggiando con Luca sul cellulare e ignorando i continui sms di Giulio che cancellavo direttamente senza leggere.



*Angolo dell'autrice.
Scusate a tutte per il ritardo..Domenica è nato il mio bellissimo cuginetto Ettore e quindi non ho proprio avuto tempo di aggiornare fin'ora. Vedrò di aggiornare il prossimo capitolo domenica prossima!
Giulia

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


I giorni passarono velocemente.
La caviglia si era sgonfiata del tutto e non mi doleva più; non feci più incontri indesiderati in facoltà mentre il mio rapporto con Luca andava perfezionandosi sempre più. Adesso si sedeva quasi sempre vicino a me a lezione e passavamo le giornate a chiacchierare ignorando i professori e i nostri amici. Scoprii di avere molte passioni in comune con lui in primis la danza classica e la letteratura inglese. Forse qualche atteggiamento omosessuale ce l’aveva, ma era così carino che io passavo sopra ogni suo commento schizzinoso o ogni suo atteggiamento effemminato.
Non le ritenevo importanti.. soprattutto perché lui flirtava costantemente con me, facendomi complimenti e ricercando il mio contatto fisico. Aspettavo solo che si decidesse finalmente a chiedermi di uscire con lui ma sembrava sempre più restio a farlo.
Così quel mattino mi svegliai con l’idea di andare a chiedergli io di uscire.
E che cavolo, eravamo nel 2011, l’emancipazione femminile era terminata da un pezzo e non sono mai stata la ragazza che aspetta il principe azzurro senza fare mai niente come la bella addormentata. Mi sentivo molto più la Mulan del XXI secolo, orgogliosa e combattiva. Mi ero vestita con impegno e persino truccata, uscii di casa in orario e avevo uno sguardo combattivo in viso, niente quel giorno mi avrebbe dissuaso dai miei intenti.
Riuscii a prendere il bus per un pelo e seduta nel primo posto libero, controllai l’orologio. 7.45. Ero decisamente in anticipo. Mi stampai un sorriso vittorioso in faccia e, preso l’i-pod, selezionai i miei adorati Coldplay e, muovendo la testa a ritmo di Viva la Vida, iniziai a guardare i miei compagni di viaggio per quel giorno e per quel tragitto. Non era possibile. Finalmente avevo preso delle decisioni in merito a Luca ed ecco che un altro ragazzo totalmente indesiderato, faceva la sua idiota comparsa. Non mi serviva la sua presenza, cercavo di ignorarlo ma era difficile a causa del suo sguardo insistente nei miei confronti. Era terribilmente fastidioso, più che fastidioso, era veramente una persona irritante. Però aveva davvero gli occhi più belli del mondo. Quando incatenò il mio sguardo al suo, sentii le farfalle allo stomaco e quella noiosa sensazione di intontimento che capita quando l’unica cosa che riesci a sentire non è che il rumore dei battiti di ali delle farfalle immaginarie. Però lui non sembrava così preso da quel nostro scambio di sguardo, tanto che, dopo avermi liquidato con un gesto della mano, tornò a guardare fuori, ignorando il rossore che mi era apparso, traditore, sulle guance.
Gli faceva piacere a quello stronzo il fatto di provocarmi queste sensazioni e si vedeva che ne era palesemente consapevole, si vedeva da come mi guardava, dal compiacimento che tutta la sua figura emanava dopo aver notato il mio imbarazzo e soprattutto dal ghigno che gli era apparso in viso. Che stronzo. Poi uno stridore di freni mi paralizzò sul posto, con un urlo incatenato in gola. Mi vidi sballottare in avanti, verso i posti innanzi a me e, come a rallentatore, mi arrivò un dolore lancinante alla testa per aver sbattuto contro la nuca del signore davanti a me. Mi lacrimavano gli occhi e  appena riuscii a risedermi composta iniziai a massaggiarmi la fronte finché non sentii un sapore acre in bocca. Mi passai una mano sulle labbra e mi accorsi di essermi morsa il labbro fino a farlo sanguinare. In quel momento alzai lo sguardo per cercare un fazzoletto dentro la borsa e mi accorsi che Matteo era caduto per terra, pochi posti davanti a me anche se non capivo come aveva fatto a cadere proprio lì, soprattutto perché era molto più avanti nel bus, vicino al conduttore. Guardandomi intorno mi accorsi che molta gente era dolorante come me ma sembravano tutti illesi. Mi avvicinai a Matteo che si era lentamente alzato massaggiandosi il sedere con una mano e con una smorfia di dolore sul viso.
-          Stai bene? Come diavolo hai fatto a cadere così? Eri seduto vicino al conduttore. Sei proprio un’idiota. –
-          Non sono affari tuoi, strega. Ti sei accorda di esserti tagliata il labbro? –
-          E io che volevo fare la gentile. Sei proprio un maleducato. E comunque tieni, ti sei graffiato tutte le mani. Ma che diavolo è successo? –
Allungai il collo per vedere la strada davanti a me. Sembrava che il bus fosse finito addosso a una macchina che doveva aver frenato all’improvviso, chissà per quale diavolo motivo, ma per ora sembravano tutti illesi. Si aprirono le porte e, aiutato Matteo a reggersi in piedi, lo scortai verso il bar a lato della strada. Un sacco di gente era accorsa a vedere l’incidente ma io non avevo alcuna intenzione di stare lì a sorbirmi le domande stupide della gente quindi aiutai il pazzo a sedersi su una delle sedie del bar e ordinai dell’acqua e del disinfettante per i graffi che aveva sulle mani. Lui mi guardava in silenzio, sembrava quasi che volesse cercare di capire se volevo avvelenarlo o medicarlo.
-          Dammi la mano imbecille, ti sei sporcato tutto. Non ti voglio mica avvelenare, bevi l’acqua mentre io tento di disinfettarti questi graffi che proprio non capisco come tu sia riuscito a farti. –
-          Ahia, mi fai male, stupida. Fai più piano. Sei proprio negata come infermiera. –
Lasciai perdere i suoi “gentilissimi” ringraziamenti e mi dedicai ai graffi, mi sembrava inutile ribattere alle sue battute. Finito con il disinfettante, posai le labbra sulle abrasioni della mano.
-          Ecco, adesso passa tutta la bua. Con te bisogna comportarsi come con i bambini di due anni. Pure mio fratello, che ne ha 6, è più maturo di te. –
Ignorai le farfalle che avevano ripreso a svolazzare nel mio stomaco e iniziai a trangugiare la bottiglietta d’acqua. Pagato al bancone, uscimmo dal bar e ci accorgemmo che nel mentre un’ambulanza era arrivata sul posto e stava prestando soccorso al conducente del bus, l’unico che sembrava avere effettivamente qualcosa di più serio, anche se non penso fosse niente di grave visto che continuava a sbraitare contro l’automobilista e per tenerlo fermo ci vollero due persone che gli intimarono di non muoversi, altrimenti avrebbe peggiorato la frattura che si era procurato. Ci si avvicinarono due paramedici che liquidammo tutte e due con un “stiamo bene” in coro. Subito dopo arrivò un altro bus per rimpiazzare il precedente che veniva spostato a lato della strada da un carro attrezzi e, fatti risalire i passeggeri, partimmo con il nuovo mezzo. Io e Matteo ci sedemmo vicini, senza neanche pensarci.
-          Allora stai un po’ meglio? Non ti bruciano più le ferite sulle mani? –
-          No, tutto ok. –
-          Meno male, sono veramente orgogliosa del mio lavoro. Sono proprio brava come infermiera. –
-          Si, ok. –
-          Ancora non mi hai spiegato cosa ci facevi in piedi in mezzo al bus. Ero convinta di averti visto seduto vicino al conducente, non lì dove sei caduto. –
-          Cazzi miei. –
-          Mamma mia come sei acido. Io ti ho salvato la vita e tu fai così. –
-          Pfff, salvato la vita. Che parolone. Comunque sei ancora sporca di sangue. –
-          Dove? –
-          Qui. –
Così dicendo mi passò un dito sul labbro inferiore. Mi fissava le labbra e io le socchiusi sotto il suo sensuale tocco fissando insistentemente le sue, che si aprirono in un sorriso. Puntai i miei occhi nei suoi, perdendomi in quel nero notte e lui si avvicinò lentamente a me. Sfiorò le sue labbra con le mie, non si poteva definire neanche un bacio a stampo, era giusto uno sfregamento. Nella mia testa l’unica cosa che riuscivo a pensare era “Baciami, baciami” e le mie farfalle si stavano facendo sentire più forte del solito. Continuavo a scrutare i suoi occhi e lui piano, piano si allontanò da me, facendo comparire un sorriso su quelle labbra che pochi istanti prima erano a contatto con le mie.
-          Così ti passa la bua. Ci si vede. –
Detto così non mi lasciò manco il tempo di dire qualsiasi cosa che si fiondò all’uscita del bus in quanto eravamo arrivati all’università. Feci per alzarmi anche io quando l’autista chiuse le porte e io rimasi incastrata sull’autobus, a fissare lo stronzo che se la rideva sul marciapiede e mi faceva ciao con la mano. Io lo odio.



*Angolo dell'autrice.
Buona domenica a tutti! Settimana scorsa non sono riuscita a postare la domenica causa problemi tecnici e personali, quindi ho deciso che avrei postato al mattino presto come sto facendo adesso, anche se io di domenica sono abituata a dormire fino a tardi.
Non voglio dire, come fanno tutti, di commentare il capitolo.. però mi farebbe davvero piacere ricevere delle critiche perchè a me, l'idea di questa storia, piace tanto ma non so se sono in grado di renderla bene e quindi vorrei un commentino da qualcuno completamente di estraneo.
Con questo grazie a chi ha messo la storia tra i preferiti e ha commentato i capitoli precedenti.
A domenica prossima.
Giulia

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Capitolo 6
*** Capitolo 5. ***




Capitolo 5.

Ovviamente arrivai in ritardo anche quel giorno. Sapevo che mi stava crescendo un bernoccolo a dismisura sulla fronte e sicuramente la ferita sul labbro non si stava affatto rimarginando, soprattutto perché continuavo a mordermi le labbra, in preda al nervosismo. Entrata in facoltà alle 50, decisi che avrei saltato la prima ora. Che senso aveva entrare di straforo per 20 minuti di lezione. Andai al bagno e constatai che era proprio come temevo. Il labbro aveva ripreso a sanguinare e un ematoma si stava già formando sulla fronte. Slegai i capelli che fino a quel momento erano legati in uno chignon alto, facendo sì che andassero a coprire il segno sulla fronte. Dopo di che andai al bar a prendere un caffè. Quasi pregai Rosa affinché si sbrigasse e trangugiai il mio espresso tutto d’un fiato. Ero così nervosa che quando fu l’ora di andare in aula, entrai senza neanche salutare e, seduta al mio posto, presi quaderno e penna. Luca mi si sedette affianco insistendo nel chiedermi che avessi ma lo liquidai con un “sto bene, non ti preoccupare” e continuai i miei scarabocchi sul quaderno. Mariella mi passò i suoi appunti senza dire niente mentre mi fissava insieme ad Athena, mentre Daniela era con il suo ragazzo qualche posto più indietro.
-          Soph, accompagnami in bagno. Ora. Ho bisogno di quella cosa che serve alle fanciulle una volta ogni 28 giorni. –
-          Non ce l’ho. E non mi rompere. –
-          No, tu vieni. Ora. Non accetto un no. –
E supportata da Mari che continuava a guardarmi, mi trascinarono in bagno sotto gli occhi di Luca che ci fissava alquanto confuso.
 
-          Che è successo? –
-          Lo odio. Ma come si permette? Quello stronzo mi ha baciata! Cioè..non era proprio un bacio.. ha sfiorato le sue labbra contro le mie e si è limitato solo a quello..senza baciarmi per davvero, insomma..poteva evitare tutto questo! Oh come lo odio. –
-          Non ho capito niente. Chi ha baciato chi? –
-          Matteo. Ha baciato me. Ma non mi ha proprio baciato, baciato. Ha giusto posato le sue labbra sulle mie. Insomma, c’era stato l’incidente e io l’ho medicato..e lui mi ha detto che così mi passava la bua. –
Ok..forse ero un tantino nevrastenica e confusa..Così, dopo essermi calmata un attimo spiegai per filo e per segno quello che era successo quella mattina, tralasciando le mie decisioni su Luca. Cosa che era passata in ultimo piano dopo gli ultimi avvenimenti. Perché avevo provato quel fastidioso formicolio allo stomaco? Sicuramente il pazzo non mi piaceva.. Forse è perché dopo Giulio non ero ancora uscita con nessuno e quindi era l’ebbrezza della situazione. Sì, era sicuramente così. Non c’erano alternative.
-          Ti piace Matteo. –
Ecco, come non detto.
-          No che non mi piace. Devo ribadirti che quello è pazzo? Insomma..come fa a piacermi un microcefalo come lui. Sii seria, io sono superiore. -
-          E tu piaci a lui. –
Ignorai le capriole che fece il mio stomaco a quell’affermazione di Mari e continuai ad appoggiare la mia tesi dell’ebbrezza della situazione senza effettivamente convincere nessuna delle due, che continuavano a guardarmi come se non capissi niente dei miei veri sentimenti.
Le liquidai con una scrollata di spalle e uscii dal bagno, diretta verso l’aula quand’ecco che l’idiota mi passa a fianco.
-          Passata la bua? –
-          Fanculo, stronzo. –
-          Come siamo acide. Hai già bevuto la tua dose di acidi stamattina? –
-          Qualcuno si è limitato a innervosirmi immensamente dopo che io mi ero comportata da persona civile. Ma forse tu non capisci, tra scimmie non esiste civiltà. –
-          Vedo che la lingua lunga non l’hai persa. Peccato che stamattina non hai fatto niente di utile con quella..Bastava allungarla ancora un pochetto. –
-          Ripeto. Fanculo. E mi pare che neanche la tua di lingua si sia fatta vedere stamattina. –
-          Io non spreco le mie parole e la mia lingua con esseri potenzialmente da ricovero. Ci si vede, strega; ciao Mari, è sempre un piacere incontrarti. –
Aspettai che si allontanasse per girarmi verso le mie amiche.
-          Cosa vi avevo detto? Non potrà mai, e ripeto mai, esserci niente tra me e quello. Ci odiamo e non lo nascondiamo neanche. –
-          Bah, se lo dici tu. Io vedo elettricità tra di voi. –
-          Vabbè Athe, come siamo spirituali. Andiamo prima che la Broccolo non inizi la sua lezione senza di noi, mica voglio perdermi quest’ora interessantissima di matematica. –
Tornate in aula mi limitai a scrollare le spalle di fronte allo sguardo di Luca e accennai brevemente a “mestruazioni” cosicché lui  si voltò dall’altra parte imbarazzato. Non riuscirò mai a capire perché gli uomini si imbarazzano a parlare del ciclo, insomma, è una cosa naturale, normalissima, che capita a tutte le donne. Finita la mattinata, andammo a mangiare a mensa e, dopo un intenso studio pomeridiano, andai in palestra. Avevo assolutamente bisogno di sfogarmi viste le ultime novità. Feci le mie due ore di lezione e salita sul bus controllai il cellulare. C’erano 3 chiamate di Stefano, il mio migliore amico, gay dichiarato, che studiava a Pisa. Lo richiamai.
-          Oh Ste! Il che tu dici? Io sono in bus che torno a casa. –
-          Ecco, brava. Sbrigati che ho freddo, sono sotto casa tua che t’aspetto. –
-          Davvero? E che sei venuto a fare? Che bello! Sono quasi arrivata –
-          Mi mancavi. E poi avevo bisogno di staccare. Il mio compagno di stanza è proprio un gran fustacchione e i miei ormoni iniziano a non farcela più. Ho bisogno di un corpo femminile da spupazzare che non mi faccia rizzare il mio amico delle parti basse, –
-          Ahahahahahah lo sai che io sono sempre a tua disposizione! Arrivo in un attimo. Ci vediamo fra poco. Aspettami lì. –
Arrivata alla fermata del bus scesi, contenta che finalmente c’era qualcuno che mi aspettava a casa non vedevo l’ora di tornare e iniziai a fare il percorso fino a casa quasi correndo. Ovviamente andai a sbattere contro qualcuno.
-          Mi scusi, non l’avevo vista. –
-          Sta più attenta a dove metti i piedi strega. La prossima volta vedi di non investire nessuno, anche perché nessuno riuscirebbe a reggere il tuo dolce peso –
-          Toh, sei tu. Mi segui? Cosa ci fai qua? –
-          Io ci abito fino a prova contraria. –
-          Ok. Ciao e a mai più rivederci. –
Così dicendo mi voltai iniziai a camminare, quando mi accorsi che Matteo era proprio a pochi passi da me e che mi stava seguendo.
-          Ma ce l’hai con me? Smettila di seguirmi –
-          Il mio mondo non gira intorno a te. Io devo andare di qua. –
-          E dove devi andare precisamente, di grazia? –
-          Cazzi miei. –
-          Vaffanculo. –
-          Anche tu. –
Gli diedi le spalle e aumentai il passo ma mi accorsi che mi era continuamente dietro. Fortunatamente ero vicino a casa. Quando svoltai l’angolo e vidi il gigante biondo aspettarmi seduto sul gradino del portone, quasi mi dimenticai del mio compagno di strada. Quasi.
Con un piacere perverso mi avvicinai correndo a Stefano che intanto si era alzato e mi veniva incontro con le braccia spalancate. Gli saltai in braccio e gli sussurrai “stai al gioco”; Dopo di che iniziai a baciarlo incrociando le gambe sopra i suoi glutei e lui mi aiutò tenendomi ancorata al suo possente petto. Quando finii il bacio, iniziammo a ridere di gusto, soprattutto perché nessuno dei due aveva provato assolutamente niente in quel contatto di lingue.
Matteo era a poca distanza da noi e anche se non potevo vederlo, riuscivo a sentire la sua presenza. Forse avevano ragione le altre, c’era elettricità nell’aria. O forse era semplicemente il suo sguardo omicida che mi perforava la schiena.
-          Ciao, io sono Stefano. Conosci la mia piccola farfallina? –
-          Si. E lei stamattina ti ha tradito con me. Mi ha dato un bacio con i controfiocchi, meglio di quello che ha dato a te. Ci si vede strega. –
-          Non è vero. Tu non mi hai mai baciato. Non veramente almeno. –
A questa mia affermazione lui si girò e venendomi incontro mi baciò con irruenza e passione. Con tanto di lingua. Non resistetti oltre. Seguii il mio istinto e ricambiai il bacio con la stessa voracità. Le nostre lingue si rincorrevano e le farfalle nel mio stomaco ormai avevano raggiungo la laringe. Mi sentivo una gelatina. E stavo provando la più bella sensazione della mia vita. Quando si staccò da me, eravamo tutte e due con il fiatone.
-           Adesso non puoi dire che non l’hai tradito con me. Questo si che era un bacio. –
Non mi lasciò neanche il tempo di controbattere e subito si allontanò lasciandomi lì a fissare la sua nuca che si allontanava. Sentii le braccia di Stefano stringermi sotto il seno.
-          Mi devi spiegare un paio di cose farfallina. Che ne dici se saliamo? –



*Spazio dell'autrice.
Ed ecco che arriva un nuovo personaggio.. e finalmente c'è un bacio!
Tutta la storia è partita da questo capitolo. Avevo in mente questa scena, dell'amico gay e del bacio rubato.. e da lì ho deciso di scrivere tutto. Ho unito prologo e capitolo per riuscire a dare un filo logico. Ringrazio nuovamente chi ha commentato e chi ha messo la mia storia tra le preferite e le seguite. Mi rendete immensamente orgogliosa.
Ho postato prima perchè domani mi aspetta una gita fuori porta tutto il giorno e quindi non credo di avere tempo per aggiungere questo capitolo.
A domenica prossima.
Giulia

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Capitolo 7
*** Capitolo 6. ***


Capitolo 6.


Ero riuscita a procrastinare il tempo delle discussioni con Stefano per qualche tempo, usando la scusa della doccia, del phon, della cena. Purtroppo quando ci sedemmo a tavola e cercai il telecomando per accendere la tv e trovare così un altro mezzo di distrazione non riuscii a trovarlo; almeno finché Stefano non me lo sventolò sotto gli occhi.
-    Immaginavi che io ti avrei lasciato guardare la tv così non avresti risposto alle mie domande? Sei proprio un’illusa. Ti ho lasciato tutto il tempo per pensare cosa dire. Adesso basta però. Tu parli. –
-    Ma perché usate tutti questo tono così autoritario con me? –
-    Perché altrimenti rimanderesti il momento delle parole in eterno. Sei una delle persone più codarde che conosco. –
-    Io ti parlo solo se tu mi racconti del fustacchione in camera con te. –
-    Niente da raccontare. È un figo da paura ma è evidentemente etero e fidanzato. Anche se qualche volta l’ho beccato a guardarmi mentre faccio gli esercizi in camera mia. –
-    Chi non ti guarderebbe con il fisico che ti ritrovi? Insomma, hai i muscoli al punto giusto, sei alto, sei un gigante. –
-    Ti assicuro che lui non ha niente da invidiarmi. Lo sai che io ho proprio dei buoni gusti in fatto di ragazzi. E a proposito di questo. Chi era quel bocconcino così geloso di te? –
-    Nessuno. Uno stupido. –
-    Io ti ho raccontato. Ora tocca a te. Come vi siete conosciuti? –
-    È un maleducato, ci siamo insultati sul bus qualche settimana fa e adesso non facciamo altro che schernirci ogni volta che ci vediamo. Le altre sono convinte che tra me e lui possa esserci qualcosa ma ti assicuro che lui non mi piace e io non piaccio a lui. E poi adesso c’è questo mezzo flirt con Luca, un mio compagno di corso. Lui mi interessava, non riesco a capire se mi interessa ancora o no, per ora siamo solo buoni amici che si sentono tutti i giorni per sms. E in più quello stronzo di Giulio mi sta stressando da quando l’ho cancellato su facebook. Non ce la faccio più. –
-    Non ci sentiamo da qualche settimana e ti succede tutto questo? Stellina, potevi venire a trovarmi a Pisa e lasciarti tutto questo casino alle spalle. Ti avrei fatto divertire io. –
-    Lo so. Mi spiace, sono stata presa dall’università e dal vortice degli avvenimenti. Vediamo di vederci più spesso. Tu sei il mio gigante biondo e di nessun’altra. –
-    Certo bignè alla crema, sarò sempre il tuo migliore amico. Però concedimi un fiancé. Mica puoi volermi solo per te..il mio corpo deve essere condiviso dai bei maschioni, toscani e non. –
-    Ahahahah mica puoi lasciare in pace il tuo amico dei paesi bassi eh!  Mi sei mancato –
-    Anche tu. Posso dirti una cosa? Però promettimi che dopo non mi tirerai in testa né i maccheroni né il pane. –
-    Ok..sentiamo questa perla. –
-    Lo so che hai detto che non ti piace. Ma non hai provato proprio niente niente quando hai baciato Matteo? –
-    Niente di niente-
-    Sicura? –
Era tremendamente difficile mentire a Stefano però non riuscivo proprio ad ammettere né a me stessa e tantomeno a qualcun altro quello che avevo provato. Era stata una sensazione così intensa che neanche con Giulio avevo mai provato. Mi sembrava di essere partita per la luna e poi essere schizzata verso l’infinito alla velocità della luce. Sentivo le farfalle, i fuochi d’artificio e le budella attorcigliate. Però non potevo permettermi queste situazioni. Non dopo quello successo con Giulio e soprattutto non con lui. Se mi fossi lasciata andare anche pochissimo, non credo sarebbe finita bene per me. Ci sarei stata male e non ero assolutamente pronta per stare male, di nuovo, per un ragazzo. Così confermai le mie parole a Stefano che mi guardò ancora dubbioso ma non insistette oltre. Avevo bisogno di rielaborare la cosa e pensarci sopra. Anche se avrei fatto in modo di evitare in ogni modo possibile e immaginabile Matteo. Doveva sparire dalla mia vita.
Quella sera io e Stefano restammo a chiacchierare a lungo, si sarebbe fermato da me tutto il week-end e avevo intenzione di regalargli un bellissimo fine settimana di svago a Firenze. La mattina dopo mi svegliai presto e lasciai un biglietto sul letto matrimoniale dove dormivamo io e il gigante, dicendogli che sarei andata a lezione, che poteva fare come se fosse a casa sua e che sarei tornata per le 13.00 da lezione. Ero convinta che quando sarei tornata lui fosse ancora nel letto a dormire, soprattutto perché eravamo rimasti a chiacchierare fino a notte fonda. Arrivai a lezione senza intoppi e vi trovai i miei amici già seduti a chiacchierare. Daniela era attaccata stile ventosa a Federico, il suo ragazzo, e le altre due stavano parlando. Non vedevo Luca da nessuna parte ma meglio così. Avevo bisogno di loro tre senza l’intoppo di nessun ragazzo. Picchiettai il mio dito sulla spalla della Daniela che, staccatasi da Fede, mi guardò in cagnesco.
-    Vieni un attimo? Lo sai che non resisti ai miei occhi al gatto di shrek, quindi non farmi sfoderare la mia arma “segreta”. –
-    Ahahahah che esagerata. Arrivo. Fammi solo salutare decentemente il mio amoruccio –
Quando finalmente, minuti e minuti dopo, Daniela arrivò, dichiarai loro che il week-end sarebbero state impegnate con me. Dovevo far uscire il mio amico Stefano e avevo bisogno di qualcuno con cui fare casino. Ovviamente nessuna di loro si tirò indietro. Quando entrò la prof ci sedemmo tutte e quattro vicine e solo a quel punto, sganciai la bomba.
-    Ieri sera, ho baciato Matteo. Con la lingua. –
-    Cosa?? –
-    Perché? –
-    Come? –
-    Quando? –
-    Dove? –
-    Chiunque voglia parlare, è pregato di uscire dall’aula. Noi siamo qui per fare una lezione di zoologia, non per prendere thè in compagnia di amici. Quindi limitate le conversazioni tra di voi alla bellezza della zoologia. –
Le mie amiche mi fulminarono e di tutta risposta intimai loro di stare zitte mettendo un dito davanti alle mie labbra che simulavano un sorriso. Finita la prima parte della mattinata mi arrivò un sms di Stefano che mi diceva che lui mi avrebbe aspettato a letto e di non preoccuparmi perché avrebbe trovato un modo per passare il tempo. Uscimmo per i corridoi dell’università e, dopo aver spiegato tutta la serata, del bacio a Stefano e di quello a Matteo, ci dirigemmo alle macchinette del caffè. Eravamo in coda ad aspettare quand’ecco che Alessandro, Leonardo e l’innominato si presentarono davanti a noi. Appena vidi Matteo, il mio stomaco fece una capriola e mi glissai con un borbottio sulla mia necessità della toilette. Sentii lui che continuava a fissarmi e il suo sguardo mi trafisse la schiena fino al bagno. Mi chiusi in un cesso e iniziai a respirare cercando di calmarmi. Dopo un po’, sentii la porta aprirsi e vidi gli occhi di Athena che mi scrutavano da sopra la portiera del wc. Uscii dal mio rifugio sentendo le esili braccia di Mariella che mi avvolgevano con irruenza.
-    Sophie!! Sono felicissima!! Ale mi ha appena chiesto di uscire! Mi ha chiesto se mi piacciono i film di Myiazaki e se mi andava di andare al cinema con lui a vedere il suo nuovo capolavoro. –
-    Sono contenta per te Mari! Evviva! Finalmente qualcuno ha aperto gli occhi. Era l’ora che riuscissi a combinare qualcosa con quel fustacchione. –
-    Come mai sei scappata prima? –
-    Athe, dovevo semplicemente andare in bagno. Mi scappava incredibilmente la pipì. –
-    Quindi non c’entra niente la presenza di un certo Matteo. –
-    Assolutamente no. C’era anche lui? Non l’ho visto. –
Sperai che non riuscissero a sentire i battiti accelerati del mio cuore e che le mie gote non diventassero rosse a tradimento ma le dovetti convincere abbastanza da non insistere nell’interrogatorio. Tornate in aula seguimmo altre due noiosissime ore di Chimica e finita questa mattinata da tortura, in cui ero un fascio di nervi a causa della possibile apparizione dell’innominato non vidi l’ora di riuscire a scappare per poter andare a ripararmi tra le braccia del mio Stefano. Uscita dall’aula controllai i corridoi ma fortunatamente non c’era nessuno in vista e potei esternare la gioia di andare finalmente con il mio migliore amico. Rimanemmo d’accordo di vedere le altre la sera stessa in piazza del duomo per andare a bere qualcosa insieme e salutai le mie amiche che andarono verso la stazione dei treni mentre aspettai il bus. Stava per arrivare quando mi girai e vidi chiaramente Matteo fissarmi pochi metri più in là. Impallidii di botto e mi allontanai il più possibile. Decisi che non avrei preso quel bus a quella fermata e feci tutto viale Morgagni fino in piazza Dalmazia dove sarebbero passati molti bus diversi (e quindi le possibilità di vedere “quello” sarebbero notevolmente diminuite) e salii sul primo bus che arrivò. Chiamai Stefano scusandomi del ritardo e gli dissi di prepararmi il pranzo che morivo di fame. Non vedevo l’ora di andare a casa e trovare un riparo sicuro tra le braccia del mio migliore amico.


*Angolo dell’autrice.
Buona giornata!! Mi sembra impossibile, ma per la seconda volta mi tocca aggiornare prima perché domenica non riesco a connettermi. Mi tocca fare un viaggio di andata e ritorno, per un totale di 12 ore di treno, per tornare a casa per il compleanno di mia sorella. Mi ha minacciato di morte nel caso fossi mancata. Per cui mi tocca fare un tour de force per riuscire a tornare a Firenze in tempo per lavorare lunedì mattina. Avviso già che non credo di postare domenica prossima perché è pasqua. Vedrò di postare qualche giorno prima.
A presto :)
Giulia.

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Capitolo 8
*** capitolo7. ***


La giornata era passata senza alcun intoppo, con Stefano non ci si poteva annoiare.
Per quanto il suo aspetto fosse così mascolino, ogni tanto sapeva essere più femmina di me. Come quando mi obbligò ad entrare in un negozio di cappelli e provarli tutti giusto per il gusto di vedere quanto ci stavano male. Oppure i suoi commenti sui fondoschiena dei ragazzi erano impareggiabili, soprattutto perché lui faceva commenti molto poco casti nei confronti dei suddetti sederi.
Mi ero divertita così tanto che quando arrivò la serata mi dispiacque un po’ dover condividere il mio bel biondo con le mie amiche. Ci incontrammo come sempre alla piazza del duomo, davanti alla farmacia, e dopo le presentazioni iniziammo subito a ridere tutti insieme.
Mettere Athena e Stefano vicini era davvero esilarante, quei due potevano benissimo fare un duo comico che sarebbero senz’altro finiti a Zelig. Arrivati al pub iniziammo a bere come dei mostri anche se,  devo dire, reggevamo quasi tutti molto bene l’alcool. L’unica astemia era Mariella che ci guardava ridendo e facendo fotografie che prontamente minacciava di mettere pubbliche su facebook.
Tutto sommato fu una serata piacevole, senza pensieri. Mi ero lasciata indietro la storia di Giulio e cercavo di non pensare a Matteo. Il problema era che a Luca non pensavo proprio. Insomma, se mi piaceva così tanto come dicevo qualche settimana prima, avrei dovuto avere una parte del mio cuore, ops, cervello, indirizzata a lui. E invece niente. Tuttavia mi ripromisi di mandargli un sms quando fossi stata meno incline a dire cavolate come da ubriaca per vedere se era tutto ok, convinta che tanto non saremmo mai andati oltre l’amicizia.
La serata terminò per le 3 di notte a casa mia, con Daniela che vomitava l’anima nel cesso del bagno e Athena dentro un catino. Io e Stefano le guardavamo ridendo come due scemi (spesso cadendo anche dalla sedia) mentre quella santa di Mariella girava per la casa cercando di limitare i danni. Fortunatamente per le 4 riuscimmo a mettere a dormire nel matrimoniale le due ubriacone con Stefano che russava alla grande dopo solo un secondo nel letto e io e la Mari aprimmo il divano letto, che avevo prontamente fatto quel pomeriggio prima di uscire, e sdraiate iniziammo a chiacchierare.
O meglio, io straparlavo da ubriaca e l’altra cercava di non ridere.
-          Allora, racconta un po’ di questo Ale. Sembra proprio un caro ragazzo.. ha gli occhi di due colori diversi..vero? o forse quello era un metal che abbiamo visto io e Ste in giro.. non ricordo bene. –
-          No, non ha gli occhi di due colori diversi, ha gli occhi verdi e sono cotta di lui da tre anni. Andiamo nella stessa spiaggia al mare. Mi è piaciuto dal primo momento che l’ho visto solo che poi siamo diventati amici e avevo paura di rovinare tutto dicendogli della mia cotta. Quindi sono stata zitta. –
-          Hai fatto bene, mai rovinare un’amicizia per un uomo. E mai farsi fregare dalle cugine. Hai una cugina carina? O pure brutta, mia cugina è bruttissima eppure mi ha comunque fregato il ragazzo e solo perché ha due tette grosse come dei meloni. Non ha dei mini mandarini come le mie di tettine. Ma io mi ripeto sempre che lui non mi meritava davvero. Se no, non mi avrebbe trattata così male. Solo che adesso ho paura, sai? –
-          E perché dovresti avere paura? Mica sono tutti come lui. –
-          Ma Matteo è come lui perché anche lui è stronzo. Lui mi tratta male e non mi vuole bene. Lui non mi vuole. –
-          Siamo passati da Giulio a Matteo. Perché? –
-          Perché Matteo mi fa provare sensazioni che con Giulio mi sognavo. Matteo mi fa volare. –
-          Ripeti..aspetta solo che tiro fuori il cellulare così ti registro... ecco, ora parla –
-          Cosa devo dire? Non lo ricordo più. –
-          Quello che mi hai detto poco fa su  Matteo. –
-          Ah si. Matteo mi fa volare, non tocco solo il cielo con un dito. Io vado in ipervelocità, tipo quella della luce, quando mi tocca. Quando mi ha baciato, oh Mon Dieu, mi eccito solo a pensarci. –
-          Ahhahahaha domattina mi odierai quando ti rifarò sentire questa registrazione. –
-          Perché? Guarda che io non sono ubriaca..sono sanissima. Come un persico. È un pesce il persico vero? –
-          Si, ma ora vedi di dormire che domattina mi toccherà avere a che fare con quattro ubriaconi con un dopo sbornia da paura e avrò bisogno di tutte le mie energie per farvi la quantità di caffeina di cui avrete bisogno. Buona notte Sophie. –
-          Buona notte ma Chérie. E sappi che se quell’idiota di Alessandro non capisce il tuo valore, lo vengo a pigliare dovunque sta e lo massacro di botte. –
-          Ok ok. Buona notte. –
 
Il mattino dopo mi svegliai con un orribile mal di testa che sembrava mi stesse facendo scoppiare le tempie, aprii gli occhi e vidi Mariella già intenta a preparare i caffè, segno che quei pazzi nell’altra stanza erano già svegli. Provai ad alzarmi per dare una mano alla mia amica ma appena ci provai un conato di nausea mi pervase e mi lasciai cadere a peso morto sul letto. Non ce la potevo fare da sola. Mariella mi si avvicino con una tazza fumante di espresso che io bevvi ben zuccherato come piaceva a me e subito la sensazione di intorpidimento andò scemando.
Sapevo per esperienza che se non avessi dormito quel pomeriggio il mal di testa mi avrebbe perseguitato tutta la serata per cui decisi di alzarmi, anche perché avevo urgente necessità del bagno. Quando entrai nella camera vidi quel pazzo del mio amico che occupava l’intero letto, con Athena sdraiata ai suoi piedi e Daniela appoggiata alla sua schiena che usava come materasso. Scattai velocemente una foto, erano troppo esilaranti e poi decisi che era ora di alzarsi.
Spalancai le finestre e, anche se erano già tutti e tre svegli, gli insulti non mancarono. Spinsi le mie amiche giù da letto e saltai addosso a Stefano cercando di svegliarlo e convincerlo ad alzarsi. Iniziai a sussurragli all’orecchio in maniera sensuale, tutti i nomi dei nostri amici carini cosicché, quando nominai Alberto, la sua cotta decennale, si alzò in piedi con uno scatto chiedendomi dove fosse?
Iniziai a ridere di gusto e quando un cuscino mi arrivò dritto in faccia, capii che la battaglia dei cuscini era iniziata. Pochi minuti dopo caddi stremata sul letto con i miei amici che ridevano con me. Ci alzammo e dopo aver pranzato (perché ormai nel mentre si era fatto mezzogiorno), Dani si eclissò dicendo che andava da Federico mentre con le altre due rimanemmo d’accordo che ci saremmo viste la sera stessa perché avevano delle cose da fare.
Passai il pomeriggio in casa a fare un pisolino con Stefano che mi russava accanto e per le 7 decidemmo di prepararci per andare a bere un aperi-cena in centro. Dissi alle mie amiche tramite sms i nostri spostamenti e quando arrivammo alle Murate il mio caro amico si allontanò iniziando a flirtare con il barista, Lapo, un ragazzo estremamente carino. Li osservai ridendo e quando arrivarono le altre decidemmo di andare al pub per poter giocare a freccette.
Avevamo rimandato la serata in discoteca perché nessuno di noi aveva voglia di un’altra sbronza dopo quella colossale della sera prima e, ordinata una birra, iniziammo a fare la coda per le freccette, impiegando il tempo con i vari giochi di società che il pub offriva ai clienti. Dopo l’ennesima sconfitta a scacchi contro Athena, per colpa dell’incredibile effetto diuretico della birra, andai in bagno e quando tornai una sorpresa mi lasciò interdetta. Scappare, tornare a casa e nascondermi sotto le coperte oppure fare finta di niente e sedersi al tavolo con gli amici, ignorando l’arrivo di Alessandro e dei suoi due compari?


*Angolo dell'autrice.
Buona Pasqua a tutti!!
Finalmente riesco a pubblicare normalmente!
Devo avvisarvi che questo capitolo è solo un capitolo di passaggio.. ma necessario per introdurre il prossimo capitolo.
A presto!
Giulia

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Capitolo 9
*** capitolo 8. ***


Capitolo 8.



Ovviamente non permisi alla mia codardia di prevalere sull’orgoglio e, con la testa alta, mi sedetti al mio posto.
-          Ciao Ale! Come stai? –
Sorrisi al ragazzo, ignorando palesemente sia Matteo che Leonardo.
-          Sophie! Tutto bene tu? Stavo giusto dicendo a Mari che è proprio strano vederci qua stasera. Cosa siete venute a fare? –
-          Giocare a freccette. Devo mostrare a Stefano la mia bravura. –
-          Pffff.. una strega come te che sa pure giocare a freccette? Non ci credo manco se lo vedo. –
Questo cercava botte. Guardai le mie amiche che borbottavano tra di loro, sentii anche un “che Dio ce ne scampi” pronunciato da Daniela. Non potevo non raccogliere la sfida.
-          Perfetto. Voglio un testa a testa con te. Adesso. Se vinco io, mi offri da bere e se vinci tu, vedrò di non prenderti a botte. –
-          Non è valido. Se vinci tu, ti pago ‘sta bevuta, mentre se vinco io voglio che mi fai un massaggio. Sai, a furia di fare palestra per modellare un fisico come il mio, mi sta venendo leggermente mal di schiena. –
-          T’impegni anche per avere un fisico così? Santo cielo, se in palestra non sei riuscito a migliorare, allora i miracoli non esistono proprio. –
Ok, adesso stavo decisamente andando a parare nel ridicolo. Insomma, caratterialmente non aveva un pregio, ma sul fisico proprio non si poteva dire niente. Aveva proprio il corpo da modello, con i muscoli al punto giusto senza essere esageratamente pompato. E questo lo potevo intravedere con addosso la felpa. Non volevo immaginarlo senza maglietta ma l’immagine si delineò precisamente nella mia mente facendomi perdere le sue ultime parole.
-          Allora? Ti sbrighi. Sono dieci minuti che ti dico che tocca a noi. Sbrigati. –
Iniziammo subito la partita alla grande. I tiri da maestro non mancavano da nessuna delle due parti così come gli errori. Da un lato avevo Stefano, Athena e Daniela che tifavano alla grande mentre lui era supportato solo dal Leo perché Mari e Ale si erano dichiarati neutrali.
Eravamo alla fine.. ero davanti di qualche punto, convinta che ormai avrei vinto stavo per lanciare l’ultima freccetta, quando un soffio mi arrivò dietro l’orecchio. I brividi mi partirono dai piedi fino alla punta delle orecchie, facendomi sbagliare completamente il lancio che mi segnò 0 punti. Mi girai fulminandolo con lo sguardo.
-          L’hai fatta apposta! Così non vale. Non si distrae l’avversario solo per paura di perdere. Sei sleale. –
-          Mica ti ho distratto. Stavo solamente sbuffando perché sei lentissima. –
-          Non è vero! Sei veramente un bastardo. –
-          Spostati che tocca a me. –
Non riuscii a ribattere o a fare qualsiasi cosa perché lui mi spinse da un lato e in un nano secondo centrò il tabellone, andando a segnare la sua vittoria. Lo fissai per dieci minuti a bocca aperta, non riuscendo a trovare niente da ribattere.
-          Allora, quando mi fai questo massaggio? –
-          Siediti, adesso o mai più. Mi pento di essermi ficcata in ‘sta situazione del cavolo. –
-          Ecco brava bambina. Sta zitta e massaggiami. –
Iniziai a premere le mie mani sulle sue spalle ma lui mi fermò, togliendosi la felpa e rimanendo in maglietta a maniche corte, commentando che così era più facile. Iniziai a massaggiargli le spalle, per poi scendere delicatamente sulla parte alla della schiena e poi ancora risalire fino al collo. Non ero brava a fare queste cose ma mia mamma lavorava in una spa e quindi mi aveva insegnato qualche trucco del mestiere “per dare piacere a un uomo”. Si rilassò completamente sotto le mie dita e anche io mi rilassai; trovavo estremamente normale toccargli le spalle in quel modo e iniziai quasi a prenderci gusto. Gli altri ci ignorarono e fecero una partita tra di loro. Insieme formavamo proprio un bel gruppo: Mari e Ale erano entrambi cotti e Leonardo, per quanto potesse sembrare un idiota, aveva legato subito sia con Ste che con Athe e si era unito al duo di comici facendo ridere tutti. Ad un certo punto Matteo posò la sua mano sulle mie e si voltò a guardarmi.
-          Sei molto brava a fare i massaggi. All’inizio avevo paura mi volessi strozzare. Forse ti sei meritata lo stesso una bevuta. Che cosa vuoi? –
-          Che ragazzo di malafede. Mi va bene una birra. Grazie dei complimenti comunque. –
-          Di niente. –
Si allontanò per prendermi da bere e Dani si posizionò al suo posto.
-          Sicura che non ti piaccia proprio? Ha davvero un bel culo e non è così antipatico come credi tu. –
-          Sicura. Non ti preoccupare. –
-          Ok, se lo dici tu. –
Si alzò perché era arrivato il suo turno e nel frattempo Matteo tornò con la mia birra.
-          Grazie. –
-          Sai che non ricordo perché abbiamo iniziato a litigare io e te? Certo, a parte il fatto che sei una strega acida. –
Gonfiai le guance e bevvi un sorso.
-          Perché tu sei stato un maleducato sul bus e mi hai anche fatto cadere. Mi sono slogata una caviglia per colpa tua. –
-           Ahahahaha, non è vero. Sei tu che mi avevi aggredito per la vecchietta. Fra parentesi, le avevo già chiesto se si voleva sedere ma mi aveva risposto di no. –
-          Ops. Ok, forse ti sono saltata addosso ma la giornata era iniziata male di suo e poi tu tendi a innervosirmi. Facciamo così. Lasciamoci tutto alle spalle. E con tutto intendo proprio tutto. Facciamo finta che ci siamo appena conosciuti,  così diventiamo amici senza precedenti di odio. Ti va? –
-          Ma è impossibile! Tu sei una persona acida. Mi verrà istantaneo prenderti in giro e risponderti per le rime. –
-          Che antipatico. Non sono così acida come pensi tu. Avanti. Stringimi la mano e presentati. Ciao io sono Sophie. –
-          Ahahahah, ok ok, non guardarmi con quella faccia. Sei troppo buffa. Comunque io sono Matteo. Piacere. –
-          Vedi, non è stato difficile. –
-          Ahahahahah. –
Cavolo, mentre rideva era ancora più bello. Cercai con tutte le mie forze di non pensarci. Mi girai dall’altra parte a guardare i nostri amici che scherzavano quando sentii la sua presenza vicina, decisamente troppo vicina.
-          Ma vuoi anche dimenticarti del bacio? –
-          Bacio? Quale bacio? Io non ricordo niente! –
Ok, forse avevo esagerato il tono di voce. Vidi Stefano girarsi e trattenere una risata, mentre gli altri ci guardavano confusi.
-          Ragazzi! Io e lui abbiamo sotterrato l’ascia di guerra. Comunque è stato un piacere ma io e Stefano dobbiamo andare. Vero amore mio? –
-          Ma Tortorella, stavo vincendo… -
-          Noi andiamo. Ora. Ciao a tutti. –
Presi Stefano per un braccio e, recuperate, le giacche uscimmo dal locale. Ero ancora frastornata da quello che era appena successo così mi lasciai trasportare dalla mano di Stefano che stringeva la mia fino a casa.
-          Passerotto. Io e te dobbiamo parlare. Stasera. Domani torno a Pisa e voglio sapere che ti sta succedendo. Ti piace o no questo Matteo? E vedi di dirmi la verità perché se no me ne vado seduta stante. –
-          Io non lo so. Quando mi hai chiesto se io avevo provato qualcosa al suo bacio e io ti avevo detto niente.. ti stavo mentendo e mi dispiace. Ma mi risulta così difficile dire che non mi ero mai sentita così leggera. Manco con Giulio. –
-          Alleluia. Finalmente l’hai ammesso anche da sobria! –
-          Perché anche da sobria? –
-          Quando eri ubriaca, venerdì sera, Mari mi ha fatto sentire una registrazione dove, sostanzialmente, dicevi che ti ecciti a pensare al suo bacio. –
-          Cosa ho detto? –
-          Non ti ricordi? Ahahaha! Hai espressamente detto queste parole. Giuro. –
-          Ricordami che devo uccidere Mariella la prossima volta che la vedo. –
-          Te lo ricorderò. Comunque finalmente sei riuscita ad ammettere che ti piace. –
-          Ma lui non mi piace. Insomma. Fisicamente è bello, è inutile negare. E quando mi ha baciata è vero che ho toccato il cielo con un dito se non di più. Però.. io ho paura. Sono terrorizzata. Non voglio starci di nuovo male. Per questo oggi gli ho detto di dimenticarsi tutto, di rimanere solo amici. Non voglio cascarci un’altra volta, perché se mi innamorassi di lui, andrebbe a finire tutto male. –
-          Sei troppo pessimista tesoro mio. Adesso dormiamo va che domattina ho un treno da prendere. –
Stritolai il mio cucciolo e ci addormentammo così, stretti in un abbraccio.
 
Al mattino dopo fu tristissimo veder partire Stefano che mi fece promettere di andarlo a trovare il prima possibile che aveva un sacco di cose da farmi vedere a Pisa. Passai la domenica sui libri, cercando di recuperare quello che avevo perso quei in quei due giorni e video-chiamai Cami su skype per aggiornarla delle ultime novità. Quando andai a dormire avevo il terrore per l’arrivo del lunedì. Come si sarebbe comportato Matteo? E io che avrei fatto?


*Angolo dell'autrice:
Buon lunedì fanciulle! Ieri sera il computer mi aveva abbandonato e quindi stamattina, appena tornata dal lavoro, ho subito aggiunto questo capitolo.
Spero che piaccia.
A presto.
Giulia

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Capitolo 10
*** capitolo 9. ***


Capitolo 9.



Il mattino dopo mi svegliai senza neanche bisogno della sveglia. Ero così in ansia per quello che sarebbe potuto succedere in università che quando il cellulare iniziò a suonare, facendomi notare che erano le 7 mattina, io ero già in piedi, vestita, truccata e pronta per uscire. Accesi la televisione giusto per far passare il tempo e dopo aver fatto un po’ di zapping decisi di accendere il computer. Quando attaccai facebook mi accorsi che avevo moltissime e-mail dei miei compagni del liceo che mi chiedevano se avrei partecipato alla cena di classe per Halloween, soprattutto perché a quanto pareva Giulio aveva declinato l’invito causa impegni personali.
Rifiutai comunque, in quanto non avevo assolutamente voglia di sorbirmi le loro occhiate compassionevoli, come era successo negli ultimi mesi di scuola, quando io e il mio ex ci eravamo appena lasciati ed evitavo tutti i modi per parlare con lui. Promisi che sarei andata alla cena di Natale in quanto mi mancavano anche loro.
Quando alzai gli occhi dal computer mi accorsi che erano già le 40 per cui decisi di andare a prendere il bus, soprattutto perché ero consapevole che Matteo aveva lezione più tardi quel mattino e quindi non avrebbe mai rischiato di prendere il bus così presto.
Come avevo previsto il viaggio fu senza spiacevoli sconvenienti e quando giunsi in facoltà trovai l’aula completamente vuota. Andai al bar a bere il terzo caffè della mattinata e quando vidi entrare le mie amiche le raggiunsi sorridente. Speravo che il fondotinta nascondesse le profonde occhiaie che mi solcavano il viso e quando nessuna fece commenti, capii che il mio lavoro di mezz’ora era servito a qualcosa.
Mari aveva delle interessanti novità sulla sua uscita con Alessandro del giorno prima e ci disse che, anche se non c’era stato ancora il primo bacio, loro due avevano una sintonia perfetta. Ero veramente felice delle novità però quando vidi in lontananza i ricci di Matteo avvicinarsi a noi, senza farmi notare mi eclissai diretta in aula. Eravamo passati dall’odio all’amicizia, però io dovevo ancora chiarire ancora due cosette con il mio corpo e soprattutto con il mio cuore che non la smetteva di battere frenetico da quando avevo scorto il suo viso. Quando tornarono le altre, nessuna fece commenti anche se guardarono male Luca che si era seduto vicino a me. Le ignorai e continuai a parlare con il mio amico che mi stava raccontando che il week-end era andato a teatro a vedere un balletto di danza classica, lo schiaccianoci, e che gli era piaciuto da morire. Quando iniziò a snocciolare tutti i dettagli sul balletto iniziai a fantasticare, annuendo di tanto in tanto senza ascoltare veramente una parola.
-          Allora verresti con me? Sophie, mi ascolti? –
-          Si.. aspetta. Cosa? –
-          Ti ho chiesto se vuoi venire con me il 17 novembre a vedere il primo spettacolo serale della Giselle. So che ti piace molto il balletto e ho un biglietto in più. –
-          Mi farebbe molto piacere.. però, questo sarebbe un appuntamento? –
-          Non lo so. Tu vorresti che lo fosse? –
-          Ascolta, tu mi sei molto simpatico. Ma non credo che dopo essere diventati amici con un ragazzo si riesca a creare qualcosa di più. E io ti vedo solo come amico. Mi spiace ma devo declinare l’invito. -
-          No! Ascolta, mi piacerebbe molto andarci lo stesso con te, anche solo come amici. Sei una bella persona e non voglio perdere la tua amicizia. –
-          Grazie! Se è così, allora accetto volentieri il biglietto. Ti devo qualcosa per ripagarti..-
-          No, non dire stupidaggini. È un regalo. –
-          Allora grazie due volte. –
-          Non c’è di che. –
Mi sorrise radioso e poi si voltò a seguire la lezione che era appena iniziata. Ero contenta di aver chiarito la situazione con Luca e sapevo che avremmo creato una bella amicizia. Finita l’estenuante mattinata, che io passai sempre chiusa in aula, evitando i corridoi, con la scusa del “devo recuperare gli appunti”, decidemmo di andare in mensa a pranzare per poi fermarci in aula a studiare. Arrivati alla mensa universitaria, in un nano secondo, mi trovai incastrata tra Daniela e Federico e Matteo che mi era arrivato alle spalle.
-          Ciao! Oggi non ci siamo ancora visti. Come stai? –
-          Io tutto bene, tu? –
-          Tutto ok. Alessandro mi ha obbligato a venire di corsa perché voleva vedere la tua amica. Che stia tra me e te, ma è decisamente cotto. –
-          Meno male, se no gli trancio le palle. –
-          Viva la finezza. Non dovresti essere una ragazza tu? Tutta pura e casta. –
-          Non sono come le altre ragazze io. –
-          Me ne sono accorto. –
L’ultimo commento mi arrivò sussurrato e lo ignorai, parlando con la cuoca per chiederle il menù del giorno. Andammo a sederci tutti insieme e, casualmente (per colpa di quell’idiota di Athena che mi obbligò a forza) mi sedetti di fianco a Matteo. Ogni volta che ci sfioravamo, sentivo i brividi pervadermi, eppure facevo finta di niente, ridendo e scherzando come se non provassi niente. Dovevo prendere l’oscar come miglior attrice perché nessuno si era accorto del tumulto che avevo dentro a causa della sua vicinanza.
Per i giorni successivi andò sempre così, io che lo evitavo durante il mattino ma che poi mi compariva sempre a fianco durante il pranzo e finivamo sempre per passare il pomeriggio insieme, in una qualsiasi aula della mensa a “studiare”, ridere e prenderci in giro come degli amici. Forse avevano ragione le altre, non era così antipatico come pensavo io. Aveva un innato senso dell’umorismo e la sua risata era celestiale, inoltre era autocritico, si prendeva sempre in giro come quando Ale lo guardò e gli ricordò che da piccolo aveva il terrore della sabbia, tanto che quando andavano al mare, obbligava tutti i suoi amichetti ad andare nelle spiagge con i sassi, e lui rispondeva che era normale avere paura della sabbia, rovina la pelle e scotta, aggiungendo poi che fin da bambino era sempre stato un po’ strano. Lui, Ale e Leo erano proprio dei personaggi, si vedeva che si volevano molto bene essendo cresciuti insieme, anche se si vedeva solo d’estate, e mi ricordava un po’ il rapporto che avevo con Stefano e con Camilla.
Fortunatamente non tirò più fuori il discorso del bacio, segno che aveva capito che io non volevo parlarne, anche se ogni tanto lo beccavo a fissarmi le labbra e quando gli chiedevo che avesse, lui sorrideva e scuoteva il capo borbottando un “niente”.
Passarono le settimane e finalmente arrivò il giorno della mia uscita con Luca, passai la mattinata a parlare con lui del balletto a cui avremmo assistito quella sera, era un anno che non andavo a teatro ed ero veramente euforica. Rimanemmo d’accordo di vederci alle 7 in piazza del duomo per andare a mangiare un boccone veloce e poi correre a teatro. Quando arrivai a mensa, mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Sorridevo a tutti e mi sembrava di essere in un altro pianeta.
-          Ma che hai da sorridere così? Sembri un’idiota. –
-          Ciao anche a te mio caro Matteo. Oggi puoi insultarmi quanto vuoi ma tanto non  ti risponderò mai. Sono felicissima. –
-          E come mai? –
-          Eeeeeh, sapessi. –
-          Va a teatro. Con il gay. –
-          Athena! Fatti gli affaracci tuoi. E poi Luca non è gay, è solo un po’ effemminato. –
-          Ah, allora è così. Guarda che non gli si rizzerà mai guardando te. Magari guardando i ballerini in calzamaglia con il pacco ben in mostra. –
-          Ma andiamo solo come amici. –
-          Mi dovrebbe importare qualcosa? Puoi anche scoparci per quel che mi frega. –
-          Ah si? Allora penso che lo farò. –
-          Bene. –
-          Bene. –
Dopo questo nostro battibecco ci ignorammo per il resto del pranzo, sotto gli sguardi attoniti dei nostri amici.
Finii di pranzare in silenzio, spiluccando il cibo e quando venne il momento di prendere il bus, salutai gli altri, ignorando Matteo e lui ignorò me.
La serata fu memorabile. Con Luca mi divertii un mondo, anche se sottolineai che era solo un’uscita tra amici e lui confermò le mie parole dicendomi che avevo ragione e che non voleva rovinare la nostra amicizia. Inoltre lo spettacolo fu bellissimo, mi mancavano le parole per definire la bellezza della danza classica.
Ringraziai più volte Luca per il regalo e, dopo essere andati in un pub a bere qualcosa, che io insistetti per offrire, mi accompagnò sotto casa, mi baciò la guancia e io aspettai che si allontanasse sorridendogli in lontananza. Quando mi voltai per cercare la chiave di casa sentii dei rumori provenire dall’altra parte della via. Per carità, abitavo in pieno centro, eppure erano lo stesso le 3 di notte e non si sa mai chi gira per le strade di una grande città a quell’ora. Purtroppo le chiavi non volevano farsi trovare e quando mi voltai ero pronta a usare la borsetta come arma e a scappare urlando; insomma, mi aspettavo proprio di tutto, tranne quella scena. Davanti a me c’era Matteo con una ragazza americana (si poteva riconoscere la nazionalità in quanto a Firenze girano un sacco di ragazze americane mezze nude, a qualsiasi temperatura, che vengono in Italia per farsi i ragazzi italiani) che si era aggrappata a lui, entrambi mezzi ubriachi. Quando mi vide, Matteo sogghignò e, dopo avermi fatto un cenno della mano, chiese alla ragazza se aveva le chiavi dell’appartamento. Entrarono qualche portone più in là, lasciandomi in mezzo alla strada da sola, con le chiavi in mano e una smorfia di tristezza disegnata sul viso.


*Angolo dell'autrice:
Buona domenica a tutte..
Vorrei ringraziare chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.. Mi dimentico sempre di farlo! Questo capitolo non mi convince.. ma dovevo far succedere qualcosa di strano, no??
Alla prossima.
Giulia

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Capitolo 11
*** capitolo 10. ***



Capitolo 10.



Passai la notte insonne, con la musica a palla nelle orecchie, sperando di non sentire le urla di quei due che scopavano allegramente qualche casa più in là; sapevo che era impossibile sentirle ma il fatto di sentire la musica mi tranquillizzava.
Quando partì la nuova canzone di Jason Mraz, “I won’t give up”, una lacrima mi solcò il viso ma non fece neanche in tempo ad arrivarmi alle labbra che l’avevo già asciugata con la manica del pigiama. Non potevo crederci, senza neanche volermi mi ero affezionata a quel ragazzo, forse affezionata era riduttivo. Sicuramente continuavo a provare un’attrazione incredibile ma non era solo quello. Tutto in lui mi attraeva, come una calamita. E quello che era successo quella sera era solo la conferma che dovevo fare in modo di far sparire questa “cosa” che mi stava monopolizzando nelle ultime settimane.
Forse i miei pensieri erano contro quelli della canzone che continuava a insistere sul fatto di non perdersi mai d’animo, eppure erano le uniche parole che in quel momento mi facevano stare meglio, il mio animo pessimista stava soffocando la parte ottimista. Dopo aver passato tutta la notte rimuginandoci sopra decisi che avrei fatto finta di niente, come se la cosa non mi avesse mai toccato. Dovevo solo fare in modo che lui non significasse più niente per me. Così quando arrivai alla fermata del bus e lo vidi lì, ad aspettare il mezzo con una sigaretta tra le dita, mi avvicinai facendo finta di niente.
-          Ciao! Mi passeresti una sigaretta? –
-          E da quando tu fumi? –
-          Ho ripreso da adesso. Ne sento il bisogno. È più facile fumare e basta. –
-          No, ti fa male ai polmoni. –
-          E se è per questo, fa male anche ai tuoi. –
Continuò a negarmi la cicca senza neanche un sorriso a illuminargli il viso e io di risposta gonfiai le guance e, dopo avergli detto che era un antipatico, lo ignorai. Dovevo fare in modo che pensasse che la cosa non mi aveva assolutamente sfiorato, perché era così! Non mi aveva assolutamente toccato il fatto che lui fosse andato con quella mezza sciacquetta d’oltreoceano. Lui mi fissava dubbioso e quando gli sorrisi incoraggiante, il muso si allungò ancora di qualche cm.
-          Come mai così di cattivo umore? Ieri sera ci hai pure dato dentro! Dovresti essere felice invece di guardarmi con quel muso lungo –
-          Non ti interessa perché io sono così giù. E ieri sera si, ci ho dato dentro alla grande. Quella aveva proprio la passione per il letto. –
Ignorai un’altra parte del mio cuore andare in pezzi e cercai di sorridergli anche se più che un sorriso vero e proprio, riuscii solo a disegnare una smorfia sul viso. Quando arrivò il bus, tirai fuori le cuffiette, segno che non avevo alcuna intenzione di parlare con lui e ascoltai quella canzone che era stata la mia colonna sonora per tutta la notte.
Perché continuavo a farmi così male?
Con la coda dell’occhio lo notai guardarmi confuso ma continuai a ignorarlo immersa nelle parole.
~I won’t give up on us
Even if the skies get rough
I’m giving you all my love
I’m still looking up ~
Ero così concentrata nelle magnifiche parole di Jason Mraz che non mi accorsi di essere arrivata all’università. Quando sentii un colpetto sulla spalla da parte di Matteo mi spaventai un sacco e, alzata di botto, gli sbattei contro.
-          Oggi hai proprio la testa da un’altra parte. Fai più attenzione va. –
-          Si, hai ragione. Scusami. –
Non mi ero veramente scusata.. vero? Lo guardai con gli occhi spalancati e finalmente vidi un suo sorriso, mi si scaldò il cuore. Gli sorrisi di rimando, quasi dimenticandomi la scena a cui avevo assistito la sera precedente e, quando vidi passare davanti agli occhi lui abbracciato a quella finta bionda, il sorriso mi si congelò sulle labbra e mi congelai anche io. Scesi dal bus ignorandolo e lo vidi seguirmi scuotendo la testa. Gli feci un cenno quando passammo davanti alla mia aula e subito mi chinai sul libro cercando di fare qualche esercizio, avevo solo bisogno di pensare a qualcosa di futile come la matematica.
-          Ops, quando Sophie studia alle 8 di mattina vuol dire che è successo qualcosa. –
-          Zitta Athena, se una volta qualcuno fa la persona diligente, non ci dovrebbe essere niente di strano, no? –
Alzai lo sguardo e vidi Luca venirci incontro, così fulminai la mia amica che di tutta risposta iniziò a ridere con quella sua sonora risata e feci un cenno della mano a Luca.
-          Sei già così sveglia? Stamattina mi sono dovuto trascinare giù dal letto. –
-          Eeeh, caro ragazzo, questa è gioventù! –
-          Ma se sei più giovane di me solo di qualche mese. –
-          Dettagli. –
Gli sorrisi cordiale e poi mi girai a guardare la professoressa che era entrata per iniziare la lezione.
Finita la mattinata andammo come sempre a fare la coda alla mensa e, anche se avevo passato tutte le lezioni incrociando le dita sperando che “qualcuno” non si sarebbe presentato, la mia fortuna mi sputò in faccia ancora una volta. Vidi Alessandro avvicinarsi insieme agli altri due e sembrava stessero quasi litigando. La tensione era palese pure a quella distanza. Vidi Mari guardare Ale cercando di capire che fosse successo ma lui negò con il capo accennando un “dopo”.
Io e Athena eravamo le anime del gruppo, continuando a battibeccare come una coppietta e poi scoppiando a ridere contagiando gli altri che ci osservavano sorridendo. Ad un certo punto Matteo mi si avvicinò e mi fermò con un braccio facendomi cenno di lasciare andare gli altri. Avevo il cuore che si muoveva all’impazzata, avevo paura di quello che avrebbe potuto fare o dire.
Deglutii rumorosamente e puntai i miei occhi nei suoi, sentendomi mancare la terra sotto i piedi quando vidi che ricambiava il mio sguardo. Tuttavia non riuscivo a dimenticare la sera precedente e quindi scrollai la sua mano dal mio braccio e abbassai lo sguardo, sentendolo sbuffare.
-          Cosa c’è? –
-          Lo so che tu non vuoi parlare di ieri sera, ho capito. Volevo dirti in ogni caso che mi dispiace. Quindi puoi continuare a guardarmi negli occhi invece di evitare il mio sguardo. –
-          Non evito il tuo sguardo e di ieri sera non c’è niente da dire, ti sei trombato una.. uuuh, buon per te. –
-          Sei proprio una zuccona, non me la sono trombata. Era troppo ubriaca e in ogni caso non mi andava. Comunque volevo chiederti se riesci a convincere Athe e Mari a venire a cena da me domani sera. Il mio coinquilino non c’è e quindi ho casa libera. Ale e Leo hanno già confermato solo che volevo estendere la cosa e visto che voglio fare in modo che quei due si dichiarino una volta per tutte e si mettano assieme, ho bisogno che ci siate anche voi, se no Mari da sola non viene. –
-          Che animo buono. Io non so se ci sono, ma credo che le altre vengano. Appena confermano ti dico. –
-          Come mai non sai se ci sei? Che impegni hai? –
-          Niente che ti interessi. –
-          Dai, abbiamo abbassato l’ascia di guerra.. lo sai che mi puoi dire tutto. –
-          Viene Cami a trovarmi. –
-          La tua amica di Sanremo? –
-          Si, proprio lei.. e quindi le avevo promesso un po’ di movida. –
-          Venite a cena da me così conosco questa famosa Camilla e poi andiamo a ballare. Per favore, se confermi tu vengono anche le altre. –
-          Allora è per questo che insisti tanto! –
-          Si..che altro motivo dovrebbe esserci? – sperai che mi dicesse, che so io, qualcosa del tipo “perché voglio vederti stasera” o anche “perché non riesco a fare a meno di te” e invece niente. Mi voleva lì perché se no le mie amiche non sarebbero andate. Un altro frammento del mio cuore si disintegrò.
-          Nessuno. Chiedo alla mia amica e ti faccio sapere. –
-          Perfetto. –
-          Ok. –
Raggiungemmo le altre che nel frattempo si erano sedute e mandai un sms a Cami, chiedendole se voleva venire a sta benedetta cena. Confermò in un nano secondo dicendo che voleva conoscere questo famigerato Matteo e che non vedeva l’ora di vedermi. Guardai il ragazzo e gli dissi che la mia amica c’era. Mi sorrise, con il primo vero sorriso della giornata, quello che gli illuminava il viso, e propose alle altre che confermarono dopo aver visto un mio mini cenno di assenso. Il giorno dopo sarebbe successo un delirio. Me lo sentivo.


*Angolo dell'autrice.
Scusate per il ritardo.. Ho passato una settimana a letto con la febbre e 39 e sono ancora intontita.. se adesso mi potesse vedere qualcuno, potrei sembrare un clown.. ahahahahaha
Buona lettura, a settimana prossima.
Giulia

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Capitolo 12
*** capitolo 11. ***


Capitolo 11.

Quando quella sera arrivò la mia amica, la prima cosa che feci fu di abbracciarla forte, avevo quasi le lacrime agli occhi.
-          Santo cielo Cami, ti rendi conto che sono due mesi che non ci vediamo? Io e te siamo sempre state culo e camicia, mi sei mancata tantissimo. –
-          You too, sentimentalona. E adesso basta che se no mi metto a piangere pure io. Belin se mi mancavi. –
-          E questi capelli? Stai benissimo. –
Fece una giravolta davanti a me mostrandomi il nuovo taglio a caschetto,ridendo  come una matta e dopo aver recuperato le valigie che aveva abbandonato pochi passi più in là, ci dirigemmo a piedi verso casa mia.. l’emozione era palpabile. Quando arrivammo nella piazza del mercato scorsi Matteo in lontananza a chiacchierare con Ale e Leo, con dei sacchi della spesa stretti nelle mani. Cercai tutti i modi per non farmi vedere, anche nascondendomi dietro la mia amica che mi guardava ridendo quando notai Leo fissarla imbambolato. Forse avrei dovuto fare un’opera buona. Mi avvicinai ai tre con la testa alta, trasportando il trolley della mia amica con una mano e lasciando l’altra a penzoloni sul fianco. Leo non aveva ancora distolto gli occhi da Cami che lanciava sguardi curiosi a me e poi ai tre ragazzi davanti a noi.
-          Ehi! Quanto tempo. Il che voi fate in giro? –
-          Soph! stavamo cercando di metterci d’accordo su cosa cucinare domani sera ma non riusciamo a trovare un menù che vada bene a tutti e tre. Così abbiamo optato per una semplice pasta al sugo piccante e della ciccia. –
-          Bell’idea Ale. –
Facevo di tutto pur di non guardare Matteo che invece continuava a fissarmi, quando Leo prese la parola, tossicchiando appena per avere la mia attenzione.
-          E la tua graziosa amica chi sarebbe? –
-          Sono Cami, piacere. Voi siete..? –
-          Io mi chiamo Leo, Leonardo. E questi due sono Matteo e Alessandro. Sophie ha parlato un sacco di te. –
-          Sono famosa quindi. Chissà che avrà detto questa pazza. –
-          Solo cose carine e non posso fare che appoggiarla. –
-          Era un complimento? Grazie! –
Cami diventò tutta rossa e iniziò a ridere nervosa mentre Leo continuava a fissarla. Tra quei due scorreva proprio elettricità. Avrei fatto da cupido la sera successiva. Guardai felice Ale e Matteo e, se il primo ricambiò il mio sorriso luminoso, l’altro si limitò a fissarmi intensamente, mettendomi a disagio. Presi Cami per un braccio dicendole che era ora di andare perché la cena non si sarebbe certo preparata da sola e, dopo un saluto generale, evitando lo sguardo del Matteo che non aveva fatto altro che fissarmi senza accennare una parola, andammo a casa mia. Quando Cami uscì dalla doccia, le feci trovare la cena pronta e dopo avermi aggiornato sui gossip di Sanremo, mi interrogò su Matteo mentre io le rispondevo grugnendo manco fossi un uomo di Neanderthal .
-          Questo Matteo sembra un tipo affascinante.  E sembra anche essere stracotto di te. Continuava a fissarti, ignorando completamente quello che succedeva intorno, mi ha ignorata! Sei così convinta che lui si sia trombato quella ieri sera, insomma, lui ha negato. Insomma, magari l’ha solo riaccompagnata a casa. –
-          Non dire belinate. Ha negato perché non voleva fare la figura dell’approfittatore. Tuttavia, Lui non l’ha solo riaccompagnata a casa. Sprizzavano sesso da tutti i pori, lei era mezza nuda e ubriaca mentre lui le teneva praticamente una mano sulla tetta. Sono convinta di quello che ho visto. Non ho più voglia di parlarne. Non ne vale la pena. –
-          Bah, se lo dici tu. –
-          E con Leo? Ho visto gli sguardi che vi lanciavate? –
-          Ma che sguardi. È solo un bel ragazzo, che ho guardato ben bene e a cui ho fatto la radiografia. Insomma, ho gli ormoni anche io, bella! Non come te che li hai seppelliti, in quanto continui a negare che tra te e Matteo ci sia qualcosa. –
-          Basta parlare di lui! E io non nego.. dico solo la verità. Insomma, sono realista. –
-          Si, vabbè. –
Mi guardò eloquentemente e io la ignorai andando a lavare i piatti. Dopo cena andammo dritte a letto e ci addormentammo quasi subito. Era stata una giornata molto stressante.
 
Il mattino dopo mi svegliai con la consapevolezza che quella serata sarebbe stata un incubo e che avevo urgente necessità di alcolici per sopportarla. Svegliai Cami con uno spintone e dopo aver fatto colazione girovagammo per la città, tra negozi e chiese antiche, tutto il giorno, mangiando un panino al volo vicino piazza della Signoria.
Tornammo a casa presto, in modo di poterci preparare soprattutto per il dopo serata. Scelsi una gonna blu elettrico a vita alta con calze nere e canottiera nera  e completai il tutto mettendo i tacchi dentro la borsa, dove sapevo che sarebbero rimasti per tutta la serata.
Avevamo appuntamento sotto casa mia con Mari e Athe che si erano preparate alla grande quel giorno, convinte una che avrebbe finalmente chiarito con il tipo mentre l’altra decisa a rimorchiare. Dopo le presentazioni andammo verso casa di Matteo che si trovava proprio qualche via dietro casa mia. Quando citofonammo venne ad aprirci Ale con un sorriso a 32 denti e ci scortò dentro casa. Avevo sempre avuto la passione per gli immobili e gli appartamenti in generale così analizzai con cura ogni singolo cm dell’appartamento. Era un semplicissimo trilocale con due camere da letto e un soggiorno con angolo cottura, una semplice casa da studenti, con mobili vecchi e tappezzata di cavolate. Su una parete c’erano attaccate una serie di foto con il titolo “la parete della vergogna”. Attirò quasi subito la mia attenzione e dopo un saluto generale mi avvicinai per analizzare le foto. Erano tutte foto di Matteo con i suoi amici e di altri ragazzi che non conoscevo, sembrava si stessero divertendo molto, erano tutte pose alquanto imbarazzanti. In ogni foto però la mia attenzione era sempre attirata dal bel tenebroso con gli occhi scuri.
-          Ti piace questa vero? Così mi potrai sfottere in eterno. Ci sono tutte le peggiori foto che ho fatto con i miei amici. Questo è mio fratello, è lui il mio coinquilino che sta qua in casa con me. Siamo solo io e lui –
-          Siete identici, in alcune foto mi sembrava di avervi scambiato. –
Annuì sorridendo e mi si avvicinò maggiormente indicando una foto che era vicino a me. Sentivo il calore della sua pelle attraverso i vestiti e quando si appoggiò alla mia spalla una serie di brividi mi percorse lungo tutta la schiena. Mi raccontò i diversi aneddoti racchiusi in quelle fotografie e quando mi si avvicinò maggiormente al viso, diventai tutta rossa. Lui si girò e fu una fusione di sguardi. Blu contro nero. Eravamo così vicino che ci separavano pochissimi cm da un bacio vero e quando sussurrò mi arrivò il suo alito in faccia, profumava di menta e pasta dentifricia (Omaggio a Harry Potter).
-          Non hai ancora tolto la giaccia. Dalla a me. –
Annuii soltanto, senza essere in grado di dire nient’altro e mi limitai a togliermi la giacca e passargliela. La cena fu gradevole anche se mi avevano fatta sedere vicino a Matteo e ogni sfioramento era una palpitazione. Quando decidemmo di andare a ballare ci fu una mezza discussione sulla discoteca ma alla fine si optò per il Pavo Reale, soprattutto perché Leo diceva di conoscere i proprietari e che ci avrebbero fatto entrare gratis.
Effettivamente quando arrivammo davanti alla discoteca entrammo subito saltando la coda e avevamo già i pass tra le mani e le giacche nel guardaroba. Sorrisi a Leo e dissi a Camilla di ringraziarlo con un bacio sulla guancia e lei mi prese alla lettera, baciandolo vicino alla bocca e trascinandolo in pista mentre lui la seguiva quasi in adorazione, rosso fino alla punta delle orecchie. Non potei fare a meno di ridere e sentii Matteo avvicinarsi a me.
-          Sono proprio una bella coppia quei due. Noi potremmo metter su un’agenzia matrimoniale. Guarda quante coppie abbiamo formato. –
Mi girai a guardare dove mi indicava e vidi Mari e Ale finalmente baciarsi appassionatamente e vicino a loro Cami e Leo ballare in un gioco fatto di sfioramenti e occhiate. Athe ci aveva presto abbandonato seguendo dei suoi amici del liceo che aveva trovato per caso dentro la discoteca e mi accorsi di essere rimasta sola con Matteo. Gli strinsi il braccio cercando di fargli capire che ero con lui e di non lasciarmi sola, mi aveva sempre spaventato l’idea di rimanere da sola in discoteca, forse a causa delle continue immagini cruente che mia mamma mi aveva messo in testa. Lo fissai negli occhi e mi accorsi che alle luci della discoteca era, se era possibile, ancora più bello. Abbassai lo sguardo guardandomi i piedi e lui si avvicinò chiedendomi se volevo qualcosa da bere. Lo seguii in mezzo alla folla cercando di non perderlo e arrivati al bancone ordinammo dei cocktail. Passammo quasi tutta la serata a chiacchierare e bere su un divanetto. Ad un certo punto si alzò mi chiese se volevo andare a ballare. Ci buttammo in mezzo alla mischia e raggiunti i nostri amici iniziammo a  ballare tutti insieme anche se vedevo che Matteo continuava a lanciarmi occhiate. Io e le altre ci lanciammo in una serie di mosse sensuali lanciando occhiate ai ragazzi. Quando poi salimmo sul cubo della discoteca fu la fine.
Avevo bevuto un po’ troppo e mi girava la testa. Persi l’equilibrio rischiando di cadere quando mi appoggiai su uno dei ragazzi che erano giusto sotto il cubo. Pensavo fosse Matteo però, dopo una seconda occhiata più attenta, mi accorsi che non era lui. Questo ragazzo mi aiutò a scendere e poi mi mise le mani sui fianchi cercando spudoratamente di strusciarsi su di me. Lo spinsi via in malo modo, non provavo alcun tipo di interesse per lui e cercai le mie amiche. Mi girai ma non riuscii a distinguere nessuno, ero terrorizzata. Avevo bevuto un po’ troppo eppure ero così spaventata di essere da sola dentro la discoteca che mi guardai intorno cercando di riconoscere qualche volto. Avevano messo quelle luci stroboscopiche a intermittenza che facevano muovere tutti a scatti, mi girava la testa e la musica occupava tutta la mia mente. Quando le luci tornarono normali andai a sbattere contro due ragazzi che si baciavano.
Senza accorgermene schiacciai il piede del ragazzo con il tacco e lui si voltò verso di me con una smorfia di dolore. Abbassai lo sguardo senza neanche averlo visto bene in faccia scusandomi.
-          Sophie? –
Quando sentii il mio nome, urlatomi nell’orecchio, alzai lo sguardo come elettrizzata e davanti a me c’era Matteo, con un braccio stretto dietro alla ragazza e l’altro che tentava di sorreggermi. Lo fissai spaventata. Non sarei più riuscita a sopportare altro. Una lacrima mi colò sul viso, intorno a noi tutto sembrava congelato. Non sentivo più niente. Quando un tipo mi urtò contro, fu come risvegliarsi dopo un coma. Guardai prima lui e poi lei, mi voltai e scappai diretta verso i bagni, con Matteo che continuava a urlare il mio nome e cercava di seguirmi in mezzo alla calca di gente della discoteca.



*Angolo dell'autrice.
Buon Lunedì a tutti.
Sono spiacente per non aver aggiornato ieri.. lo ammetto, me ne sono completamente dimenticata. In compenso sta notte ho sognato il finale di questa storia quindi penso che riuscirò a terminarla a breve.. o almeno spero.
In ogni caso sono un po' triste per l'assenza di commenti negli ultimi capitoli..e anche per il calo di letture... Mi passerà la tristezza. Mi farebbe solo molto piacere sapere che ne pensate, di questo e degli altri capitoli. E sono molto più bene accette le critiche perchè secondo me posso sempre miglioraare, ma non so dove andare a parare se nessuno mi da una mano.
Adesso basta annoiarvi con i miei sproloqui.
A settimana prossima.
Giulia

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Capitolo 13
*** capitolo 12. ***


Capitolo 12.


Entrata nel bagno della discoteca mi accasciai per terra, non riuscendo più a trattenere le lacrime o a sorreggermi sui tacchi. Mi nascosi gli occhi dietro le mani e le spalle si muovevano su e giù a causa dei singhiozzi. Ad un certo punto la porta del bagno si aprì ma sentii il buttafuori urlare “questo è il bagno delle donne”. Non capii nient’altro, perché la musica era ripartita a tutto volume. Non so quanto tempo passai così, ma ad un certo punto due esili braccia mi si strinsero intorno e quando sentii l’odore di Cami pervadermi le narici mi lasciai andare in un pianto liberatorio. Avevo i singhiozzi e non riuscivo a parlare, come quando si è bambini e le parole non riescono a venire fuori nella giusta maniera. Cercavo di spiegarmi ma lei non mi lasciò parlare, zittendomi e dicendo soltanto che dovevo sfogarmi. Quando aprii gli occhi vidi Mari e Athe che mi guardavano preoccupate. Non volevo farmi vedere con le lacrime agli occhi davanti a loro così mi alzai, reggendomi a Camilla che mi aiutò ad andare al lavandino del bagno e dopo essermi data una sistemata con i trucchi di emergenza di Athena, le guardai cercando di sorridere. Mi girava ancora la testa da morire e guardai significativamente Camilla che mi disse che saremmo andate a casa. Mi aggrappai alla mia amica sanremese e poi uscimmo dal bagno. Davanti a noi c’erano Alessandro, Leonardo e Matteo che litigavano. Ignorai i tre dell’ave Maria allontanandomi con Cami e sentii distintamente Matteo chiamarmi. Mi voltai e dopo avergli lanciato un’occhiata, che doveva essere arrabbiata ma mi uscì solo sofferente, vidi Athena assestargli una gomitata nelle costole e lui abbassarsi con le mani sulla pancia. Non riuscii manco a ridere a quello spettacolo anche se era esilarante e mi lasciai trascinare fuori dalla discoteca. Appena uscimmo dal locale, l’aria gelida di fine novembre mi liberò la mente e tornai leggermente più lucida. Iniziammo a incamminarci verso casa quando mi accorsi che dietro di noi erano usciti anche gli altri.
-          Sophie? –
Mi chiamò Matteo, intimorito ma fu immediatamente bloccato da Athena con un secco:
-          Sta zitto idiota, ne hai già combinate abbastanza per stasera. –
Sarà stata la dose di alcool che avevo in corpo ma mi fermai di botto, tanto che Mari e Ale che erano subito dietro di me, mi vennero addosso e, dopo aver lanciato un’occhiata per tranquillizzare Cami, mi avvicinai a Matteo che mi fissava con sguardo colpevole.
-          Soph. Possiamo parlare in privato? –
-          Ok. Ragazzi, voi andate avanti. Noi vi seguiremo. –
Annuii brevemente alle mie amiche che mi guardavano preoccupate e aspettai insieme a Matteo qualche minuto che si fossero allontanate abbastanza.
-          Parla chiaro e veloce. –
-          Mi dispiace. Io non volevo baciare quella ragazza. –
-          Non mi devi alcuna spiegazione. Io e te non stiamo insieme e se è per questo non usciamo manco insieme. –
-          Perché hai pianto prima? –
-          Colpa dell’alcool. –
-          Bugiarda. –
-          Non mi conosci abbastanza da dire che sono una bugiarda. –
-          Io non so cosa mi è preso, quando ti ho visto con quello lì, che ti aiutava a scendere dal cubo e tu che ti abbandonavi alle sue braccia. Non ci ho più visto. Questa ci stava provando con me da tutta la sera e io l’ho lasciata fare. –
-          Io pensavo fossi tu. –
Il mio fu poco più di un sussurro ma lo vidi fermarsi, segno che aveva capito le mie parole, e mi voltai a guardarlo. Non riuscii a decifrare la sua espressione ma i suoi occhi si incatenarono nei miei. Quando non riuscii più a sostenere il suo sguardo, mi voltai e ripresi a camminare e sentii Matteo sbuffare e poi seguirmi di nuovo.
Arrivammo sotto casa mia in silenzio che se all’inizio era imbarazzato, poi si rilassò e vidi gli altri aspettarci. Le mie amiche si sarebbero fermate a dormire e, quando vidi Ale e Leo salutarci tristemente, una frase mi uscii spontanea dalle labbra.
-          Se volete fermarvi a dormire anche voi, il posto ci sarebbe.. –
Le mie amiche mi guardarono felici e io, contenta per loro, non pensai di essermi appena condannata a morte. Salite in casa passai le lenzuola e, dopo aver preparato il divano letto in sala e una brandina, decidemmo che io, Cami e Athena avremmo dormito in camera, Matteo sulla brandina e gli altri tre ne letto. Dopo aver spento le luci e aver zittito le lamentele di Leonardo “perché io devo stare a letto con la coppietta.. e se facessero le cose sconce?” augurai un buonanotte generale e mi rinchiusi in camera.
-          Sophie. Sei convinta di aver fatto la scelta giusta farli dormire qua? Insomma, abbiamo capito tutti che Matteo non ti è indifferente, l’unico forse è proprio lui.. non trovi deleterio passare così tanto tempo insieme?  E poi che ti ha detto prima? –
-          Ascoltate tutte e due. Devo farmi passare questa “cosa” il prima possibile. E non posso evitare per sempre Matteo visto come si stanno evolvendo le cose tra Mariella e Alessandro. Vi giuro che non ci ho manco pensato. Basta farsi influenzare da lui.. –
-          Tesoro, sei scoppiata a piangere in bagno. Sicura di lasciar perdere tutto? –
-          Ero ubriaca, adesso sono sana e ti dico che non è niente di più di una semplice cottarella giovanile. –
-          Dimmi che per lui non provi niente a livello sentimentale. –
Provai a farmi uscire quelle parole ma proprio non volevano venire fuori. Sbuffai sonoramente e incitai le altre a dormire che era tardi.
Durante la notte mi rigirai più e più volte. Sentivo le altre due respirare profondamente, segno che erano addormentate quando per le 5.00 vidi il mio cellulare lampeggiare, segno che mi era arrivato un sms. Appena vidi che il mittente era Matteo inarcai le sopracciglia e  lessi il contenuto: “riesci a dormire?”
Era stato molto sintetico, così gli risposi con un semplice no, senza l’aggiunta né di punteggiatura né di alcun tipo di smile. Quando mi arrivò la sua risposta, sentii il cuore battermi all’impazzata: “vieni a farmi compagnia? Sono in terrazzo”
Mi alzai dal letto, come presa dalla scossa e dopo aver controllato che le altre stessero dormendo andai in salotto dopo sentii distintamente Leo russare alla grande. Vidi che la brandina era vuota mentre la botola per salire sul terrazzo sopra il tetto della casa era aperta. Mi arrampicai sulla scala a chiocciola e vidi Matteo seduto su una delle sdraio a fumare.
-          Sei venuta. Pensavo che mi odiassi. –
-          Io non ti odio. Altrimenti non saresti qui. –
-          Credevo l’avessi fatto per le tue amiche. –
-          Touché. –
-          Vieni più vicino. Così in pigiama ti prenderai un raffreddore. –
Mi avvicinai a lui che mi fece sedere sulle sue gambe e, dopo avermi coperto con la sua giacca e aver spento la sigaretta, prese a giocare con le mie mani, cercando di scaldarmi.
-          Bello il pigiama con i pinguini. –
-          Scemo. –
-          Ma io ti piaccio anche per questo. –
-          Chi ti ha detto che mi piaci? –
-          Nessuno. –
-          Ecco. –
-          Io davvero volevo scusarmi per stasera, non so se ci sei stata male per avermi visto con quella, ma ti posso assicurare che ero ubriaco perso.. e non sapevo bene quello che facevo. So che non è una scusante, ma.. –
Non erano le parole che volevo sentirmi dire.. avrei preferito un po’ una cosa del tipo “ma eri tu quella che volevo tra le mie braccia” o anche “ ero così geloso di quel tipo che non ci ho più visto e volevo solo vendicarmi”.
-          Ma.. –
-          No. Niente. Mi dispiace ancora. –
-          Lasciamo perdere. Tra me e te non c’è niente di romantico. Siamo amici. –
-          Ok. Amici –
Annuii tristemente e, anche se non volevo illudermi troppo, mi sembrava di aver sentito una nota di dispiacere nelle sue parole.
-          Guarda che bello il cielo. Peccato che la luce della città impedisca di vedere le stelle. –
-          Ti porterò in montagna a fare campeggio. Così si vedranno miriadi di stelle. –
Iniziammo a chiacchierare del più e del meno, abbracciati e ad un certo punto mi assopii tra le sue braccia. Era una sensazione così bella, il suo profumo mi mandava in estasi e il suo calore era rilassante. Ero in dormiveglia ma sentii distintamente le sue labbra poggiarsi sulle mie e un accenno di lingua farsi avanti, volevo scrollarlo e dirgli che tra amici non ci si comportava così ma non riuscivo a muovermi, anzi, la mia presa dietro la sua schiena aumentò e mi appoggiai a lui ancora di più.
 
Quando mi svegliai al mattino dopo mi accorsi di non essere nel mio letto e di essere abbracciata a qualcuno. Aprii un occhio e intuii di essere in salotto, stesa sulla brandina, ancorata a Matteo. Mi ricordai della nottata precedente e del mezzo bacio. Sentii distintamente il ragazzo russare ma non forte come quell’idiota di Leonardo, un russare leggero e piacevole. Mi accoccolai ancora di più, sentendomi in pace con me stessa e mi riaddormentai con il sorriso sulle labbra.


*Angolo dell'autrice.
Ciao a tutte!
Mi scuso per il ritardo.. sempre che qualcuno stia ancora seguendo la mia storiella (la mia vena di cinismo si fa sempre sentire), ovviamente però ho un validissimo motivo.. e si chiama Chris Martin in concerto a Nizza. :D
Posterò il prossimo capitolo domenica come sempre.
Buona serata.

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Capitolo 14
*** capitolo 13. ***


Capitolo 13,


Al mattino mi svegliai a causa dei rumori molesti che provenivano dalla cucina e quando mi accorsi di essere sola nel letto mi alzai definitivamente sveglia. Vidi subito la tavola apparecchiata per la colazione e ululai un “voglio un caffè” attirando l’attenzione dei pochi svegli. Alessandro e Mari erano seduti su una stessa sedia ad amoreggiare mentre Leo dormiva ancora così come Camilla. Athena uscii dalla cucina con una tazza di caffè stracolma che mi passò in mano e io mi accomodai su una sedia libera. Bevvi il caffè ben zuccherato e mi tagliai una fetta di torta fatta la sera prima.
-    Buona la tua torta Sophie.. complimenti!-
-    Grazie Ale. È una cavolata, ne faccio una dietro l’altra. Appena finisce, la rifaccio. Per la colazione è perfetta. –
-    Allora me ne fai una? Però voglio quella al cioccolato. –
-    Prossima volta, promesso. Matteo dov’è? –
-    È andato via. Pensavamo te ne fossi accorta. Com’è che ti abbiamo trovata nella sua brandina? –
-    Non riuscivamo a dormire ieri sera, così siamo rimasti a chiacchierare in terrazzo. E poi mi sono svegliata lì. –
-    Porcellona. –
-    Ti sei svegliato Leo? Sta zitto che è meglio. Quando dormi sei molto più simpatico –
Guardai il mio amico che si stava stiracchiando con gli occhi ancora chiusi e, dopo avergli chiesto cosa voleva per la colazione gli andai a riempire una tazza di caffè. Mentre aspettavo che la caffettiera fosse pronta, ripensai alla sera precedente e al senso di pace che avevo provato quella mattina quando mi ero svegliata abbracciata a Matteo. Dov’era andato? Quel ragazzo ne combinava di tutti i colori. Tornai in sala e vidi che anche Cami si era alzata. Le preparai una tazza di caffè e le dissi di tagliarsi una fetta di torta e lei mi rispose con un grugnito. Andai in camera mia a cercare una felpa e vidi il cellulare lampeggiare di fianco al letto. Era un sms di Stefano che mi chiedeva quando sarei andata a trovarlo. Approfittai dell’arrivo di Camilla e corsi in salotto proponendo a tutti una gita fuori porta a Pisa. Controllai su internet gli orari dei treni e decidemmo di prendere quello delle 12.38. Avevamo un’oretta per prepararci. I ragazzi tornarono a casa in quanto abitavano tutti e due nei dintorni per cambiarsi e farsi una doccia così come facemmo noi in casa mia. Fu un delirio. Un bagno, quattro ragazze e un’ora di tempo? Camilla preparò la valigia, sarebbe ripartita per Sanremo direttamente da Pisa e alle 20 eravamo stranamente tutte pronte così quando ci suonarono al campanello scendemmo al piano di sotto. Non vidi Matteo anche se un po’ ci sperai e corremmo in stazione. Trattenni Leo per un braccio facendogli segno di lasciar andare avanti gli altri e lui sbuffò facendomi intuire che voleva stare con Camilla ma io lo scongiurai e alla fine accettò a rimanere un po’ indietro.
-    Dov’è andato Matteo stamattina? –
-    Aveva delle commissioni da fare. –
-    Oh. –
-    Ascolta Sophie. Forse lui non se ne rende ancora conto ma è cotto di te, devi solo lasciargli tempo per capirlo. –
-    E perché? Mica mi piace Matteo. Che cavolata! –
-    E allora perché sei così triste? E perché ieri sera sei scoppiata a piangere quando l’hai visto con quella? –
-    Non sono triste, ho sonno. Russi troppo forse e non riuscivo a dormire e ieri sera avevo bevuto troppo. –
-    Ci rinuncio. Avete entrambi la testa più dura della pietra. Siete impossibili. –
-    Lui è uno zuccone, non io –
-    Vabbè, manco tu scherzi –
-    Grazie. –
-    Di niente –
Gli diedi una spallata e iniziammo a ridere cercando di raggiungere gli altri che nel frattempo erano entrati nella stazione e stavano facendo i biglietti per tutti. Salimmo sul treno appena in tempo e chiami al volo Stefano confermandogli che eravamo sul treno. Dopo l’ora di treno che separava Pisa da Firenze arrivammo in città. Vidi subito Stefano aspettarci all’entrata della stazione e io e Cami gli corremmo incontro saltandogli in braccio come due pazze. Lui restituì l’abbraccio e, dopo aver preso la valigia di Camilla andammo a casa sua per posarla. Ovviamente conosceva tutti gli altri e quando vide Cami e Leo stare vicini mi lanciò un’occhiata significativa e io gli risposi con un “dopo”. Lasciammo gli altri al bar vicino casa di Stefano e salimmo con l’ascensore fino a casa del ragazzo mentre io gli spiegavo le ultime novità con Matteo e tra Leo e Cami. Appena entrai in casa conobbi il gran figaccione compagno di stanza di Stefano che si presentò con un solo asciugamano legato in vita. Cavolo, aveva proprio un fisico da paura.
-    Piacere! Sono Sophie. E tu saresti.. ? –
-    Bonjour, sono Antoine. Io sono il compagno di stanza di Ste. –
-    Ma sei francese? –
-    Si, si sente? –
-    Giusto un po’, hai un accento perfetto. –
-    Merci. –
-    Anche la mia amica Sophie è un po’ francese, sua mamma è di Nizza. –
-    Nizza?
-    Nice, moi je parle pas très bien le français car je l’ai étudié en Italie, mais ma maman ne me parle qu’un français donc je comprends assez bien. –
-    Tu parle bien et tu est très jolie. Tant pis que tu n’a pas…. Comment on dit en Italie… bon. Non hai molte tette. –
-    Idiota. Senti, qua sotto ci sono i nostri amici ad aspettarci. Vuoi venire anche tu? –
-    Volentieri. Devo solamente vestirmi. –
-    Perfetto, io vado in bagno intanto. Ste, se vuoi iniziare ad avvertire gli altri, noi poi ti raggiungiamo. –
-    Ok, perfetto. Ci vediamo al bar di sotto. –
E dopo aver lanciato un’occhiata significativa al didietro del suo coinquilino, si allontanò sghignazzando. Occupai il bagno per lo stretto necessario e poi aspettai che Antoine si preparasse in cucina e mi servii tranquillamente dal frigo.
-    Fai pure come se fosse casa tua, eh! –
-    Certo! Chi beve il succo all’albicocca? –
-    Stefano. –
-    E bravo il mio stefanito! –
Così ridendo e scherzando scendemmo le scale all’ultimo gradino inciampai, non sia mai che il mio equilibrio funzioni a dovere, e mi aggrappai al ragazzo che mi aiutò a tenermi in piedi. In un nano secondo ci trovammo quasi abbracciati e quando lo vidi avvicinarsi alle mie labbra mi spaventai così tanto che feci un salto all’indietro. Lui mi sorrise e mi disse bisbigliando:
-    Avevi paura che ti volessi baciare? Mi spiace cara, ma non provo quel tipo di interesse per te.. volevo solo dirti che c’è un tipo che ci sta guardando male. –
-    Davvero? Chi? –
-    Quello. –
-    Matteo! –
Mi girai appena, facendo finta di sistemarmi e vidi Matteo che effettivamente ci guardava male, sorrisi inconsapevolmente e abbracciai di slancio Antoine sussurrandogli all’orecchio:
-    Sappi che mi sento offesa nel mio orgoglio di donna se dici che non provi interessi. –
-    Ahahahahahahah –
Mi girai per andare a salutare Matteo e presentargli il mio bel compagno di cadute quando mi accorsi che era vicino a una ragazza. Era girata di schiena, con i lunghi capelli ricci che le arrivavano a metà schiena e la mano del mio Matteo stretta nella sua. Vidi tutto rosso di gelosia e dopo aver lanciato un’occhiata di fuoco a quell’idiota, mi voltai prendendo per mano Antoine che mi seguiva ridendo e, girato l’angolo, vidi i miei amici seduti al bar. Quando arrivai presentai Antoine, notando che Athena era assente. Sogghignando mi sedetti al suo posto e feci accomodare Antoine di fianco a me. Quando uscì dal bar, probabilmente proveniente dal bagno inciampò pure lei sui suoi piedi facendo cadere l’acqua e bagnando completamente il nuovo membro del gruppo che si alzò prontamente dandole una mano. L’altra si scusò ripetitivamente, senza guardare davvero il suo salvatore, e lui le continuava a ripetere che non importava, che era solo acqua.
Erano buffi, così mi dimenticai di aver visto Matteo e iniziai a ridere di gusto. Quando mi voltai vidi la causa delle mie disgrazie fissarmi incantato e io, sempre con un sorriso sulle labbra che non riuscivo a far sparire, lo salutai con la mano. Lui si avvicinò e solo allora mi accorsi che la riccia era ancora con lui. Non la guardai veramente ma mi soffermai sulle loro mani ancora intrecciate. Lentamente il sorriso mi svanì e quando lui fu vicino a noi, mi voltai dall’altra parte ignorandolo.
-    Beatrice!!! Quanto tempo! –
-    Ale, è sempre un piacere vederti.. e c’è anche Mariella! Tesoro, è da agosto che non ci vediamo! –
-    Ehi! Tuo fratello non ti ha mai fatta venire a Firenze! Mi mancavi –
Quando sentii la parola “fratello” mi voltai e vidi Mariella sovrastare la nuova venuta con un abbraccio, il mio sguardo fu attirato da Matteo che invece mi guardava sogghignando. Lo ignorai e mi strinsi a Stefano che si era seduto di fianco a me. Iniziai a soffiargli sensuale sul collo, lasciandogli dolce baci, mentre avevo gli occhi incatenati a quelli di Matteo.
-    Mi farai venire un’erezione così! –
-    Ma se sei gay. –
Mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio: - Ma io sto immaginando Antoine che mi lascia questi bacetti. –
Iniziai a ridere e gli dissi di sentirmi offesa.
-    Fratello, ma non mi presenti i tuoi amici. –
-    Certo. Lei è Athena, Camilla, Stefano.. Leo, Ale e Mari li conosci già. Questi due non so chi siano. –
-    Che stronzo che sei! Io sono Sophie e lui è Antoine. –
-    Ma lo sai che scherzavo! Tu sei la mia preferita. –
Così dicendo mi si avvicinò e mi abbracciò da dietro, facendomi aumentare le palpitazioni e il rossore sulle guance. Mi voltai e gli lasciai un bacio sulla guancia, a pochi mm dalla bocca. Lui mi sorrise e ci voltammo a guardare gli altri che ci fissavano con una strana luce negli occhi.
-    Il che avete da guardare? Siete degli idioti – sbottai dopo pochi minuti che quelli ci osservavano.
-    Sembrate una bella coppietta. Perché non mi hai detto che avevi la ragazza Matte? Sono tua sorella, non si tengono segreti! –
-    Mi noi non stiamo insieme. Siamo solo amici. La metti in imbarazzo se fai queste allusioni. Ha ben chiarito che siamo solo amici più di una volta. –
-    E tu hai confermato la mia ipotesi. E comunque non stiamo insieme Beatrice. Tuo fratello è veramente insopportabile. Dovrei essere una santa per starci insieme –
-    Sarai tu la simpatica. –
-    Io sono simpatica. –
-    Hitler in gonnella. –
-    Essere monocellulare eunuco. –
Gli altri, compresa sua sorella, iniziarono a ridere di gusto e quando Athena cadde dalla sedia per le troppe risate, scoppiammo a ridere anche noi.
Facemmo una passeggiata per Pisa quel giorno, tutti insieme. Io e Matteo eravamo come delle calamite e non riuscivamo a stare troppo lontani, finendo sempre per avvicinarci e camminare spalla contro spalla. Formavamo proprio un bel gruppetto e quando venne l’ora di accompagnare Cami in stazione la abbracciai forte, ricordandole che io e Stefano saremmo tornati a casa per l’Immacolata e che quindi mancano giusto due settimane.
Quando sentii le braccia di Matteo avvolgermi da dietro ritrovai un senso di pace e mi appoggiai a lui con la schiena salutando con una mano il treno della mia amica.

*Angolo dell'autrice.
Buona domenica a tutti!
Vedo che le letture non sono diminuite.. però le recensioni si.. In ogni caso continuerò a pubblicare, soprattutto perchè ho già tutta la storia salvata sul pc e mi sarei sentita in colpa a lasciarla lì, a prendere polvere virtuale. Finalmente l'estate! Oggi ho messo il primo vestito della stagione (per andare a comprare il pane sotto casa) e mi sono sentita tremendamente realizzata.. salvo per poi ricordarmi che devo dare gli esami e quindi devo studiare almeno fino a metà luglio.. stupida chimica.
Bando alle ciance, ho lasciato qua sotto le traduzioni ai testi in francese anche se ho cercato di renderli più facili possibili in modo che si capissero abbastanza anche senza una buona base di francese.
Adios, a domenica prossima.
Giulia


      * “Nizza, io non parlo bene il francese anche se l’ho studiato in Italia, ma mia mamma mi parla
      Francese per cui capisco abbastanza bene”
      “Parli bene e sei anche molto carina. Peccato che non hai.. come si dice in Italia.. bene.”

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Capitolo 15
*** Capitolo 14. ***


Capitolo 14.



Le settimane successive passarono di volata; Mari e Ale erano ormai una coppia fissa che, alla pari di Daniela e Federico, continuavano insistentemente a baciarsi ogni due secondi e comportandosi come una coppia di neosposini alquanto vomitevole.
Stefano e Antoine vennero qualche volta a trovarci per il pomeriggio o per fare serata e, come compariva il bel francese in erasmus, la mia amica Athena diventava più imbranata del solito, andando a inciampare sui suoi stessi piedi e bloccandosi in discorsi filosofici o politici che non interessavano nessuno, men che meno il francese.
Io e Matteo eravamo sempre più uniti e spesso ci abbracciavamo senza un valido motivo. Luca invece era sparito, a lezione non veniva quasi mai e sicuramente non aveva preso in simpatia i nostri nuovi amici perché continuava a insultarli dicendo che erano degli idioti. Invece le cose tra Leonardo e Camilla sembravano essersi evolute in quanto i due si sentivano praticamente a tutte le ore del giorno e della notte senza però arrivare a una conclusione vera e propria. Pochi giorni prima di rientrare a casa, mandai un sms alla mia amica Loredana, chiedendole se poteva organizzare una cena di classe per pochi eletti, così avrei potuto rivedere i miei compagni di liceo che non vedevo praticamente dalla maturità.
Così, quando il mercoledì 7 Dicembre presi il biglietto per il treno per Sanremo, avevo già l’agenda piena di impegni per quei pochi giorni che avrei passato a casa. Alle 17.20 salii sul treno diretto a Pisa, in anticipo di qualche minuti e mi accomodai su una delle sedie con la musica nelle orecchie. Non mi lasciai coinvolgere dai “The Beatles” di sottofondo concentrandomi sulla mattinata. I miei amici erano stati veramente teneri, pregandomi di non andare e che sarei mancata loro un mondo. Poco prima di uscire di casa avevo acceso facebook e mi ero accorta che mi avevano riempito la bacheca di frase idiote, scrivendomi un messaggio di posta dicendo che in questo modo, ogni volta che avrei acceso internet, avrei pensato a loro. Appena il treno mosse i primi passi, vidi la chioma riccia di Matteo sbucare dal binario e, sempre con lo sguardo fisso sulla sua figura, presi il cellulare e lo chiamai.
-          Matte! Come mai sei in stazione? –
-          Non sono in stazione. –
-          Non dire cavolate, ti ho ben visto. Cosa sei venuto a fare? –
Il mio cuore aveva le palpitazioni. Non potevo crederci che lui si era presentato in stazione, anche se aveva perso il treno.
-          Sei già partita? Volevo salutarti. –
-          Si, mi spiace. Sono già sul treno. Avevi qualcosa di urgente da dirmi? –
-          Io.. –
-          Tu.. –
-          Niente. Buon viaggio. Torna presto. –
-          Oh. Ok, grazie e ciao. –
Gli riattaccai il telefono in faccia. Non era assolutamente quello che avrei voluto sentire. Perché io mi aspettavo sempre troppo dalle persone? Sempre troppo da LUI?
Dopo pochi istanti mi arrivò un sms e il mittente era Matteo. Che voleva ancora? Confermare, sottolineare e specificare che non eravamo altro che semplici amici?
“ mi spiace essere arrivato in ritardo. Ci tenevo davvero a salutarti di persona. Mi mancherai, più di quanto tu non possa immaginare. E non fare cavolate a Sanremo, io starò buono ad aspettare il tuo ritorno.”
Ebbi bisogno di qualche minuto per riuscire a formulare una risposta ma alla fine gli inviai un sms che più o meno recitava così:
“ io sono sempre brava. E tu sbagli sempre le parole, non dici mai quello che vorrei sentirmi dire. Però mi mancherai anche tu, idiota.”
Non mi arrivò una risposta, ma neanche me l’aspettavo. Quando arrivai a Pisa, Stefano era già lì con la valigia ad aspettarmi. Il viaggio di ritorno fu piacevole, anche se stancante e quando arrivai in stazione mio padre era già lì pronto ad aspettarmi. Lo abbracciai di slancio e, salutato il mio compagno di treno, arrivai a casa alle 11.15. Ero decisamente morta di sonno per cui, dopo una doccia velocissima per togliermi l’olezzo del treno, andai dritta a letto.
Il mattino dopo fui svegliata da Paolo che, anche se era in vacanza, aveva questo brutto vizio di alzarsi troppo presto. Mi saltò sul letto, abbracciandomi stretta e io, anche se mezza addormentata, gli baciai la punta del naso stringendolo forte a me.
-          Sorellina! Mi sei mancata molto. –
-          Anche tu Pavl –
-          Ho imparato una nuova canzone a scuola! –
-          Fammi sentire. –
Mentre io mi alzavo dal letto, il mio fratellino cantava la canzone dell’alfabeto e, quando mi accorsi di saperla, gli diedi una mano nei pezzi più difficili. Mi strinse forte la mano e mi trascinò in cucina dove mia mamma mi aveva preparato la colazione.
-          La mamma ha fatto una torta per te. Anche se non è il tuo compleanno. Anche io voglio una torta tutta per me! –
-          Vieni, facciamo a metà io e te. –
-          Buongiorno tesoro. Mi sei mancata! Come va a Firenze? –
Mia mamma mi strinse in un abbraccio ma fu subito attirata dalla peste che si era messo in equilibrio sulla sedia versando il latte ovunque. Risi alla scena di mia mamma sporca di latte e pensai che mi mancava davvero tanto la mia famiglia.
La mattinata passò velocissima, portai Paolo in ciclabile e mi fece vedere come era migliorato sulla bicicletta senza rotelle. Era davvero un cucciolo il mio fratellino. Quegli occhi neri, così diversi dai miei azzurri, sormontati da una biondissima chioma di capelli biondi che da piccolo erano ricci ma che andavano lisciandosi. Era un bimbo dolce ma viziato come pochi. Quando, dopo pranzo, uscii di casa con le chiavi della moto in mano e con solo il mio casco senza il suo, si mise a frignare che voleva stare con me.
-          Paolo, adesso vado a trovare Loredana e Agnese. Ti prometto che stasera mangiamo insieme una pizza e poi ti canto una canzone prima di dormire. Però adesso basta frignare. Ed ecco i soldi per un gelato. Non dire alla mamma che te li ho dati io. Di che li hai trovati sulla lavatrice. Adesso voglio un bacio e un sorriso. –
Annuì, ancora con gli occhi lacrimosi e mi baciò teneramente le labbra per poi farmi un timido sorriso. Ero l’unica in tutta la famiglia con cui smetteva di fare capricci, forse perché gli promettevo sempre un premio in cambio del suo silenzio. Si voltò, iniziando a correre verso la cucina urlando un distinto – Mamma! Voglio un gelato. Ora! Andiamo a mangiare un gelato? –
Scossi la testa sorridendo e inviai un sms a Lore scusandomi per il ritardo. Quando arrivai in piazza, c’erano già sia Loredana che Agnese ad aspettarmi.
-          Scusate del ritardo! Allora?? Come va a Zena? –
-          Oh Mon Dieu. Hai l’accento toscano! Esci da questo corpo! Ahahahaha! E comunque va benissimo. Abbiamo conosciuto un sacco di ragazzi. –
-          Sempre una cosa in testa voi due. –
-          Parla quella che non ha la foto con due ragazzi come immagine del profilo. Vero? –
-          Dettagli. Quelli sono Matteo e Leo. Due amici. –
-          Si, amici. Uno dei due ti guarda come se fossi la luce dei suoi occhi. –
-          Che cavolate! Stavamo ridendo e basta! Adesso andiamo all’Astra va. –
Ci dirigemmo verso il nostro bar preferito dove ordinai un caffè e una conchiglia al cioccolato. Le mie ex compagne di classe mi aggiornarono sui nostri compagni e amici che erano con loro a Genova e quando mi proposero un’uscita di classe quella sera dopo mangiato, visto che la cena non si era riuscita a organizzare,  non potei che acconsentire. Quando le salutai, per le 7, mandai un sms a Cami e a Stefano dicendo di farsi trovare il prima possibile al 18.
Il 18 era un molo di Porto Sole, dove i genitori di Camilla avevano la barca a vela ormeggiata ed era diventato il nostro punto di ritrovo. Di solito passavamo lì le serate guardando le stelle o mangiando schifezze che ci eravamo portati da casa. Così, dopo aver accompagnato le altre in piazza e esserci date appuntamento per le 10.30 sempre in piazza per quella sera, andai dritta al 18 trovando già Stefano.
-          Ero qua vicino quando ho letto il tuo sms. È successo qualcosa? –
-          No, non ti preoccupare. Mi era venuta nostalgia di questo posto e oggi non ho ancora visto Cami. Allora mi è sembrata una buona idea vederci tutti e tre qui come i vecchi tempi. –
-          Bella pensata. –
-          Thanks, Darling. –
Salimmo sulla barca e, dopo aver recuperato le coperte che lasciavamo sempre lì e che stranamente il padre di Cami non aveva toccato, ci sdraiammo sulla punta. Venti minuti dopo si presentò la nostra amica tutta trafelata.
-          Non ce l’ho fatta prima di così. Ero con i miei dalla zia e non mi volevano far venire. –
-          Non ti preoccupare.. –
Fui interrotta dal telefono che continuava insistentemente a squillare e quando guardai il mittente della chiamata diventai tutta rossa, tanto che gli altri due non mi chiesero neanche chi fosse.
-          Ehi Matte! Hai bisogno di qualcosa? –
-          Se ti chiamo non vuol dire che devo aver bisogno di qualcosa. –
-          Si, vabbè. Allora? –
-          No, davvero. Non ho bisogno di niente. Sono a casa e mi annoio.. così ho pensato di chiamarti. Perché no, mi sono detto. E poi ti pensavo e quindi.. –
-          Io non ti ho pensato tutto il giorno! –
-          Che cattiva! Neanche un pensierino? –
-          Nada! – com’ero bugiarda! L’avevo sognato tutta la notte e avevo cercato di impormi di non pensare a lui tutto il giorno ma era stato praticamente impossibile. Lui questo ovviamente non lo doveva sapere. Che imbarazzo!
-          Cosa fai? –
-          Sono sulla barca dei genitori di Cami con lei e Stefano.. che mi stanno facendo cenno di salutarti. –
-          Salutali. Come ti invidio. Il mare.. –
-          Si, ma fa freddissimo. Quest’estate potrai venire a trovarmi. Promesso. –
-          Guarda che io ci conto! –
-          Perfetto. Anche io ci conto. –
-          Sai.. sei diventata un’amica importante in questi mesi. –
-          Anche io ti voglio bene zuccone. – Non riuscii a trattenermi anche se effettivamente volevo dirgli che io non mi sarei mai accontentata di essere solo un’amica. Ma era meglio così.
-          Perché mi insulti sempre? –
-          Anche tu mi insulti sempre! –
-          Non è vero. Solo io non ti chiamo zuccherino o farfallina come Stefano.. che, per quanto sia simpatico, è decisamente dell’altra sponda e l’abbiamo capito tutti. –
-          Ste! Ha appena capito che sei gay. Credi che gli debba dare un premio? – Mi voltai verso il mio amico che aveva smesso di ascoltarmi ma non faceva altro che indicarmi e prendermi in giro con quell’idiota di Camilla che se la rideva alla grande.
-          Pfff, che persona ritardata! – Alzò le spalle e continuò il suo bel discorso.. riuscii a sentire qualcosa del tipo “Guarda com’è rossa! Manco Matteo fosse veramente qua”
-          Dice che sei un ritardato. – concentrai di nuovo tutta la mia attenzione al cellulare.
-          Simpatico. Quando torni? Mi annoio senza di te. Non so chi prendere in giro! –
-          Ma non sei felice di essere a casa? Non ti mancava la tua famiglia? Un attimo.. sai che non ho ancora capito quanti fratelli hai? –
-          Certo che sono felice di essere a casa. Comunque domani mattina torno a Firenze. Ho tre fratelli. Luigi, quello più grande, Beatrice che è quella che hai conosciuto a Pisa e Carolina che ha 8 anni ed è la piccola di casa. Tu hai un fratellino vero? –
-          Si.. quella peste. Stamattina mi ha svegliato alle 7.30! Capisci?? Io ero morta. E in più stasera esco e non so come farò a stare sveglia. –
-          Esci? Con chi? –
-          Ex compagni di classe. –
-          Ci sarà anche Stefano? –
-          Glielo avrei chiesto adesso ma tu mi hai chiamato. –
-          Ok. Vabbè. Ti lascio andare. Non voglio sprecare il tuo tempo. –
-          Tu non mi fai sprecare tempo. Chiamami quando ti annoi di nuovo e io ti insulto. Mi diverto..lo sai no? –
-          Ok. Ciao Soph.. torna presto. –
-          Ok. Ciao. –
Riattaccai la chiamata, rossa come un peperone e mi voltai a guardare i miei amici. Quando capii che stavano ancora parlando di me sbuffai e attirai la loro attenzione proponendo a Stefano di uscire con noi quella sera. Lui mi guardò e disse che non sarebbe potuto venire perché Alberto l’aveva chiamato quella mattina chiedendogli se si potevano vedere. Ovviamente mi feci promettere di aggiornarmi tutto con Albi, la sua famosa cotta,  e salutai i miei amici, notando quanto fossi in ritardo per andare a portar fuori il mio fratellino.
Arrivata a casa, feci salire Paolo sulla moto e, mettendomi d’accordo con i miei genitori che l’avrei riportato a casa per le 10, andammo in pizzeria, dove il mostriciattolo mangiò tutta la pizza più il dolce, facendo leva sul mio portafoglio mezzo vuoto. Ma avrei fatto di tutto per vederlo con quel sorriso ancora per qualche giorno.
Lo riaccompagnai a casa e, dopo un saluto  veloce ai miei abbracciati sul divano, mi cambiai e corsi di nuovo in centro.
Mi aspettava una serata con i compagni di liceo.


*Angolo dell'autrice.
Chiedo venia per il ritardo.. Ormai non riesco mai ad essere puntuali. Stupidi esami in avvicinamento.
Ringrazio tutti quelli che leggono e che mettono la storia tra preferiti/seguiti/ricordati.. sono commossa :)
A presto
Giulia

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Capitolo 16
*** capitolo 15. ***


Capitolo 15.


Appena arrivai in piazza, mi sembrò di essere tornata indietro nel tempo. Non ero più una studentessa universitaria, una ragazza che viveva a Firenze.. ero tornata indietro, la silenziosa e dormigliona quattrocchi che si sedeva sempre in ultima fila. Mi sbracciai dal motorino, cercando di farmi notare e quando ciò accadde mi corsero tutte incontro.
-          Ehi! Belle fanciulle! Mi siete mancate! –
-          Oh cavolo! Che accento orribile! –
-          No, anche voi no.. –
-          Te l’ho detto io che hai un accetto incredibilmente toscano.. come il prof di storia e filosofia! – Agnese annuì per dare maggior peso alle parole e le scompigliai i capelli facendola sbuffare. Eravamo in pochi, giusto gli intimi. Eppure era meglio così.
-          Sono l’ultima? Manca ancora qualcuno? – chiesi ad un certo punto, volendo attirare l’attenzione generale.
-          Stefano non viene vero? Allora.. dovrebbero venire Fabius, Bobo, Eddy, Panish e Cere. Gli altri hanno dato buca come sempre.. –
-          Ok.. meno male che non c’è Giulio. –
-          Ma è vero che ti ha scritto delle cose su facebook? –
-          Si.. qualche tempo fa. Poi però io l’ho cancellato.. non stiamo più insieme e non voglio tornare indietro. –
-          Anche se io vorrei davvero che tornasse tutto come prima. – A quelle parole mi voltai con il cuore in gola. Cosa ci faceva lì Giulio? E soprattutto cosa ci faceva con i nostri compagni di classe che dovevano ancora venire all’appello.. iniziai a pregare, come un mantra, sperando che lui non si unisse a noi. Come se mi avesse letto nel pensiero Agata gli chiese:
-          Caro Giulio Casella. Quanto tempo.. ti unisci a noi? –
-          Fabio mi ha invitato e allora non ho potuto rifiutare.. soprattutto perché sapevo che ci sarebbe stata Sophie. – così dicendo mi guardò dritto negli occhi, sguardo che io ricambiai nervosa.
-          Non ti sedere vicino a me e non mi parlare. Non mi importa se ci sei o no. –
-          Ok bambolina. Però io quello che ti ho scritto su facebook lo pensavo davvero. –
-          Pure io. Ricordi il mio vaffanculo? Lo penso ancora sai?  Levati dalle palle. –
-          Non cambierai mai vero? –
-          Mai. –
Mi voltai dall’altra parte ignorandolo con lo sguardo imbronciato quando Agnese mi fece una foto con la sua macchina fotografica che aveva sempre a portata di mano. Scoppiai a ridere, allentando la tensione e ci mettemmo a camminare vicine ricordando le gite scolastiche, i compiti, i prof e tutte le cavolate che si faceva in aula.
Quando arrivammo al bar, andai in bagno e quando tornai l’unico posto libero era quello vicino a Giulio. Non ne potevo più di lui, non provavo assolutamente più niente per lui, l’unica cosa che sentivo ancora viva era l’umiliazione per essere stata tradita ed esserci pure stata male.
Faceva di tutto per toccarmi, per farsi guardare o semplicemente per darmi fastidio. Quando poi iniziarono il giro di foto la cosa diventò esasperante.
Toccammo il fondo quando mi rovesciò la bibita addosso e quando io alzai il viso per insultarlo, mi schioccò un bacio sulle labbra.
-          Io me ne vado. E tu vieni con me. Abbiamo due cosette da chiarire. – Salutai con un cenno tutti gli altri e afferrai Giulio per un braccio.
-          La smetti? Io non provo più niente per te, solo disgusto. Come può piacermi un idiota che non sa capire quando una storia è finita? Soprattutto dopo che tal idiota ha tradito la sua ragazza con la cugina – Gli urlai a mezzo cm dal viso
-          Mi piaci ancora. Io non riesco a non pensarti. Ho fatto una cavolata con Debby, ero superficiale. – mi abbracciò di slancio e, anche se in un primo momento rimasi immobile, poi lo spinsi via.
-          Stammi lontano, non mi guardare e non mi parlare più. Me ne vado. –
-          Non ti accompagno neanche a casa? –
-          No. Non voglio. Torna dagli altri che ci stanno guardando come se aspettassero solo che ci rimettessimo insieme. Ciò non avverrà mai. –
Mi voltai ignorandolo e feci cenno ad Agata di raggiungermi. Saltò subito sulla sua sedia come una cavalletta e si avvicinò stringendo la borsa in mano.
-          Ce l’hai una sigaretta? –
-          Non avevi smesso? –
-          Fumo solo ogni tanto. –
-          Ok. Tieni. Vuoi che ti riaccompagniamo dalla moto? Chiamo le altre. –
-          Grazie. Siete veramente le migliori. –
Aspettai l’arrivo delle ragazze qualche metro più in là, ignorando i ragazzi e soprattutto Giulio che continuava a fissarmi. Dopo pochi istanti arrivarono le altre che mi accompagnarono alla moto e, salutandoci con la promessa che ci saremmo viste la sera dopo, solo noi fanciulle, accesi il motore e tornai a casa.
 
Sognai tutta la notte Matteo e quando mi svegliai, per l’ora di pranzo, il mio primo istinto fu di chiamarlo.
-          Pronto? Ti ho svegliato? –
-          È praticamente mezzogiorno, chi dorme a quest’ora? Non dirmi che ti sei appena svegliata.-
-          Forse.. ieri sera sono tornata tardi. –
-          Vida Loca a Sanremo! –
-          Era tutto fuorché Loca. Mi sono annoiata un sacco e alla fine sono tornata a casa prima. Erano tipo le 2 o una roba così. Fatto sta che ho dormito fin’ora e quando mi sono svegliata ho pensato di chiamarti. –
-          Quindi stavi facendo un pensierino su di me. –
-          Forse. –
-          O magari mi stavi sognando. –
-          Non ti allargare troppo. Forse sognavo che morivi annegando in qualche modo..oppure che venivi mangiato da dei cannibali. Non ricordo nel dettaglio. –
-          Come sei simpatica! Davvero. Ogni giorno mi stupisci –
-          Ahahahah.. stupisco anche me sai? –
-          Ascolta, tornando seri.. quando torni ti devo dire una cosa.. Non voglio parlarne al telefono. –
-          Che stronzo! Allora potevi non accennarmi niente. Adesso mi farò un sacco di elucubrazioni mentali! –
-          Ahahahaha l’ho fatto apposta. –
-          Vabbè. Ci vediamo domenica sera? Io torno alle 21.30.. mi passi a prendere in stazione? Senti gli altri ovviamente se vogliono accodarsi. –
-          Verrò sicuro. A presto. Un bacio. –
-          Bye bye. –
Sorrisi al telefono come un’imbecille e passai i due giorni che mi restavano a Sanremo sempre di corsa. Tra una chiacchierata con le amiche al bar, una serata fumando Narghilé in un localino tipico e facendo da balia al mio fratellino. Il sabato non sentii Matteo e quando, domenica pomeriggio sul treno diretto a Firenze, provai a chiamarlo più volte ma lui non rispose. Dopo l’ennesimo squillo finito nella segreteria telefonica, chiamai Athena per avere spiegazioni.
-          Ehi! Sto tornando ma Chiquitita! Ti sono mancata? –
-          Si che mi sei mancata francesina. –
-          Hai sentito Matteo? Eravamo d’accordo di vederci stasera in stazione ma non mi ha più fatto sapere niente e non mi risponde al cellulare. –
-          Ieri sera eravamo insieme.. abbiamo visto le foto. Perché non mi hai detto che sei tornata con Giulio? –
-          Giulio? Il che c’entra Giulio? Io non sono tornata con nessuno. Sono single. –
-          Allora perché ci sono foto di tu e Giulio che vi baciate e vi abbracciate? –
-          Oh gosh. Stavamo litigando e lui mi ha dato un bacio a tradimento. Un semplice bacio a stampo che mi ha persino disgustato. –
-          Oh. –
-          Si è presentato quella sera, anche se non doveva esserci, perché quell’idiota del suo amico Fabio gli ha detto che c’ero anche io e ha passato la serata stressandomi affinché tornassi con lui.. ovviamente, gli ho detto che era un illuso e che per lui non provavo assolutamente niente. Insomma.. io credo di essere innamorata di un altro. – oh cavolo. Non l’avevo detto davvero. Però, ad alta voce, quelle parole avevano tutto un altro significato. Non riuscivo a capire perché ma mi sembravano così giuste.
-          Innamorata? Oh cavolo. Matteo crede che tu stai insieme a quell’altro. Ha visto le foto con noi e.. cavolo. –
-          Perché cavolo? Che ha combinato? –
-          Eravamo a casa di Leo e Alessandro e lui se n’è andato mentre guardavamo le foto, dicendo che aveva un appuntamento con delle ragazze del suo corso. –
-          Cosa? –
-          Io so che lui è uscito e che si è ubriacato. E lo sai che da ubriaco quel ragazzo non ha freni inibitori. –
-          Che stronzo. Mi aveva promesso che non avrebbe fatto niente. –
-          Ti giuro tesoro che era devastato da quelle foto. –
-          Non m’importa. Come si è permesso? Io lo odio. Non sono affatto innamorata di lui. Lui che si tromba una si e una no giusto perché gli aprono le gambe. Che stronzo. E stronza io che ci stavo quasi per cascare. Oooh, adesso mi sente. Ci sentiamo. Provo a chiamarlo. In ogni caso vado a casa e ci vediamo domani a lezione. –
-          Non fare cavolate. Ci vediamo domani. –
Ero furiosa. Santo cielo, non poteva trarre delle stupide conclusioni così. Come se niente fosse. Dal niente.. solo per delle stupide foto, senza aver sentito manco la mia versione dei fatti. Provai a chiamarlo più e più volte ma niente. Continuava a darmi la segreteria e quando provai a chiamare anche Leo e Ale per sapere se avevano qualche idea su dove fosse finito il loro amico mi risposero che non ne sapevano niente.
Se non voleva rispondermi per telefono, mi avrebbe parlato a voce il giorno dopo. Non mi andava che pensasse che io mi fossi rimessa con quell’idiota, soprattutto perché non volevo passare per la donnetta di turno che perdonava il ragazzo anche dopo essere stata tradita. Non mi andava proprio. Io non ero così.. e questo lui doveva ficcarselo bene in testa.

*Angolo dell'autrice.
Chiesto nuovamente venia per il ritardo. Sono indietrissimo con lo studio e non ho mai tempo di fare niente. Soprattutto perchè pare che l'estate sia arrivata prepotentemente a Firenze, distraendomi con delle giornate come oggi con un sole che spacca le pietre.
Buone vacanze ai liceali, buona maturità ai maturandi... e condoglianze agli universitari. :P
Giulia

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Capitolo 17
*** capitolo 16. ***


Capitolo 16.



La notte la trascorsi quasi insonne, provavo un istinto omicida e un nervosismo che non mi faceva dormire. Più o meno ogni 10 minuti mi alzavo dal letto, diretta in bagno o a bere un goccio d’acqua giusto per sgranchirmi le gambe. Finalmente per le 5 mi addormentai sul divano davanti alla televisione e quando mi risvegliai era tardissimo. La sveglia era in camera quindi probabilmente non l’avevo sentita e fui svegliata dal cellulare che continuava a vibrarmi in mano.
-          Sophie! Dove ti sei cacciata? Sono le 11, pensavamo che saltassi solo le ore di zoologia. –
-          Oh Mon Dieu. Non sono riuscita a dormire molto stanotte e mi sono addormentata sul divano, così non ho sentito la sveglia. Non credo di venire fino al Morgagni per un’ora di lezione. –
-          Infatti non ti conviene. Come mai non hai dormito? Per il casino di cui abbiamo parlato ieri?-
-          Si, Athe. Quel ragazzo mi farà impazzire. Per questo ho bisogno di un favore. –
-          Se mi dici che devo parlargli io, la risposta è no. Lo sai che io non sono affatto brava con le parole. –
-          Non ti preoccupare. Gli devo parlare io. Però ho bisogno che me lo portiate in mensa qua in Santa Reparata. E non dirgli che ci sono anche io, che se no, non viene. Mi sta evitando. –
-          Qual è la mensa in Santa Reparata? Comunque ci provo. –
-          Questa dietro a casa mia. Fatemi uno squillo quando siete qua vicino che esco e vengo in mensa. –
-          Ok. Adesso chiedo alle altre se mi danno una mano. Ci vediamo dopo. –
-          Ok. ciao. –
Riattaccai la chiamata stropicciandomi gli occhi. Dovevo chiarire assolutamente questa situazione, però dovevo smetterla di dare retta al mio cuore perché mi stava consigliando decisamente male. Lui non è innamorato di me e io devo dimenticare queste sensazioni. Non mi facevano bene e soprattutto stavano rovinando la mia carriera universitaria. Mi preparai una colazione abbondante e quando mi arrivò un sms di Athena, in cui confermava che sarebbe venuto con loro dalla Reparata, mi preparai e, sempre con il cellulare stretto in mano, iniziai a ripassare qualcosa per le lezioni.
Dopo due orette di studio mi ero quasi dimenticata che sarei dovuta uscire e quando mi arrivò lo squillo di Athena feci un salto.
Uscii di casa e, quasi correndo, arrivai davanti alla mensa. Non c’era ancora nessuno per cui mi sedetti sulle scale ascoltando la musica. Non sentii e non vidi arrivare nessuno, sentii solo le mani di Athena che mi coprivano gli occhi. Iniziai a ridere e, dopo aver spento la musica, mi alzai per andare in mensa.
Mi accorsi che Matteo e Leonardo non si vedevano per cui, spinsi avanti le due coppiette composte da Dani e Mari con i rispettivi ragazzi, trattenendo Athena per un braccio.
-          Dov’è? –
-          È rimasto indietro con Leo che doveva comprare le sigarette. Noi iniziamo a fare la coda e loro poi ci raggiungono. –
-          Ha detto qualcosa? –
-          No. È solo particolarmente scontroso. Non ha detto una parola in bus, isolandosi con la musica nelle orecchie. –
-          Che antipatico. –
-          Andiamo va. –
Gonfiai le guance come un bambino ma mi lasciai trascinare da Athena nella mensa. Ovviamente non c’era nessuno a fare la coda (quella mensa era relativamente nuova e quindi poco conosciuta.. ed era già l’una e mezza) e, in meno di 5 minuti avevamo già tutti il vassoio con il pranzo. Quando vidi Alessandro sbracciarsi per farsi notare, capii che erano arrivati anche i due mancanti.
-          C’è posto anche per noi, vero? –
-          Sisi.. ci sono le sedie libere. –
-          Perfetto. – non alzai lo sguardo dal mio piatto e quando vidi la sedia di fronte a me muoversi, mi strinsi ancora di più le mani, in preda all’ansia.
Finimmo di mangiare velocemente, praticamente in silenzio. Quando ci alzammo per uscire dalla mensa proposi di andare a studiare in biblioteca. Arrivati davanti alla Marucelliana mi accorsi di aver dimenticato il quaderno a casa per cui, dopo aver detto agli altri di andare a prendere i posti in biblioteca, mi girai e iniziai a camminare verso cosa.
Non stava andando come volevo. Aver visto Matteo, che evitava il mio sguardo  mi aveva paralizzato e non riuscivo a dire una parola in sua presenza. Non mi sentivo in colpa ma ero stufa che la nostra “amicizia” fosse sempre stata caratterizzata da incomprensioni. Forse doveva andare così. Quando arrivai sotto casa avevo il fiatone e gli occhi rossi e lucidi. Mi appoggiai al portone con la testa e lentamente le lacrime mi uscirono dagli occhi. Quando mi accorsi di stare piangendo in mezzo alla strada, cercai le chiavi e, senza preoccuparmi di lasciare il portone aperto entrai in casa, lasciandomi andare a un pianto liberatorio subito dietro la porta di casa. Non so quanto tempo rimasi lì, fatto sta che a un certo punto iniziai a calmare i singhiozzi e afferrai il cellulare proprio mentre mi arrivava un sms da Athena “Ma dove sei finita? Ho mandato Matteo a cercarti, almeno parlate”.
Feci un salto, correndo in bagno e, quando mi vidi allo specchio, quasi mi spaventai. Avevo tutto il viso coperto da macchie rosse, con il trucco sbavato e gli occhi ancora lucidi e rossi. Facevo quasi paura. Mi sciacquai veloce la faccia, struccandomi e sperando che il mio viso tornasse del giusto colore e che gli occhi tornassero normali, quasi magicamente.
Quando mi suonò il campanello, diedi un’ultima occhiata allo specchio ma non ero per niente soddisfatta. Gli occhi erano ancora rossi e le guance pure. Avrei trovato una scusa.
-          Aspettami giù che scendo. –
-          No. Devo andare in bagno. Posso salire? –
-          Certo. – oh cavolo.. non volevo rimanere da sola con lui. Per strada ci saremmo ignorati ma in casa.. Aprii la porta e mi chiusi in camera.
-          Permesso.. –
-          Entra. Sono in camera che prendo una cosa. Vai pure in bagno. –
Quando sentii la porta del bagno, tirai un sospiro di sollievo.. misi il cappotto e afferrai la borsa, già con le chiavi pronte in una mano. Aspettai davanti alla porta di casa che uscisse dal bagno e, quando sentii lo sciacquone, aprii la porta di casa.
Si avvicinò a me, eppure non alzai il viso dai miei piedi. Non mi riconoscevo più. Non mi ero mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno, ero sempre stata quella orgogliosa che diceva tutto in faccia.. invece con lui, non ci riuscivo.
Quando alzai lo sguardo per mettere la chiave dentro la serratura e chiudere casa, mi accorsi che mi osservava.
-          Hai pianto? –
-          No. – mise un piede davanti alla porta di casa impedendomi di uscire e mi strinse un braccio facendomi rientrare in  casa.
-          Matteo, basta. Mi fai male. Che vuoi fare? –
-          Non sopporto più le tue bugie. Adesso tu mi dici perché hai pianto. E non usciamo di casa finché non parli. –
-          Io.. – abbassai lo sguardo e iniziai a torturarmi le mani. Per farmi capire che non scherzava affatto, si avvicinò alla porta di casa e la chiuse di scatto, facendomi fare un salto. Poi mi venne di fronte, me ne accorsi perché vedevo i suoi piedi allineati davanti ai miei e quando mi sfiorò una guancia con la mano, il nodo che sentivo in mezzo alla gola si sciolse e le lacrime tornarono prepotentemente a scendermi lungo le guance. Lui non se ne accorse perché avevo i capelli davanti agli occhi ma, appena mi fece alzare il viso e i nostri occhi si scontrarono, i singhiozzi non furono più silenziosi. Lo abbracciai di slancio, facendolo arretrare di un passo o due e lui ricambiò subito la mia stretta, facendo aumentare i singhiozzi. Non doveva fare così perché io avrei continuato a illudermi.
-          Shhh, calmati. Si sistema tutto. –
Restammo abbracciati diversi minuti. Ogni tanto mi baciava la fronte o i capelli e mi accarezzava la schiena con una mano mentre io continuavo a piangere. Quando finalmente tornai a respirare normalmente lui si staccò e, non più assuefatta dal suo profumo, mi accorsi della situazione in cui eravamo. Io non volevo piangere davanti a lui, odiavo vedere compassione o, peggio ancora pietà, sul viso delle persone che mi vedevano piangere. Invece, quando alzai lo sguardo, vidi preoccupazione negli occhi di Matteo che mi porgeva un bicchiere pieno d’acqua.
-          Ti va di dirmi che è successo? –
-          Crollo nervoso. Tutto lì. –
-          Come mai? –
-          Niente di importante. –
-          Ah. –
-          Io.. – era il momento giusto per parlargli di Giulio?
-          Io so che hai visto le foto di me e Giulio. –
-          Sono contento che siate tornati insieme. – notai un velo di tristezza nel suo sorriso finto e non potei che gioirne.
-          Ma noi non siamo tornati insieme. Ero uscita con i miei compagni di classe e lui si è accodato, monopolizzandomi tutta la serata, dichiarando che voleva tornare con me. Ovviamente lo ignoravo finché lui non mi baciò a tradimento. La foto che ci hanno fatto è stato quel bacio. E ti assicuro che mi ha disgustato. Io non provo più niente per lui e non credo di esserne mai stata veramente innamorata. È stato molto importante per me, inutile negarlo, ma adesso basta. Non voglio più pensare a lui e tantomeno starci male. Non provo più niente quando mi sfiora.. –
Come pronunciai queste parole, lui mi sfiorò la mano, facendomi salire i brividi dai piedi, lungo tutta la spina dorsale, fino alla punta dei capelli. Avevo ancora lo sguardo rivolto verso i miei piedi e, quando mi fece alzare il viso con una mano, avvicinò le sue labbra alle mie, baciandomi come mai aveva fatto nessun’altro prima di allora.


*Angolo dell'autrice.
Chiedo venia per il ritardo ma, causa problemi di famiglia, sono dovuta tornare a Sanremo lasciando il mio computer a Firenze, solo e abbandonato per ben 10 giorni!
Comunque finalmente eccomi qua con l'aggiornamento :)
Ci vediamo presto!
Giulia

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Capitolo 18
*** capitolo 17. ***


Capitolo 17.



Il bacio diventò sempre più passionale e non mi importava di dover trattenere il respiro, in quel momento per me le sue labbra erano tutto. Il mondo iniziava e finiva lì.
Lentamente lo feci arretrare fino a camera mia, mentre le nostre lingue continuavano il gioco. Mi fece voltare facendomi sdraiare sul letto con la schiena e si staccò da me per osservarmi meglio, tuttavia io mi alzai con il bacino e lo trascinai sopra di me. Sapevo che quello che stavamo facendo avrebbe avuto delle conseguenze ma non m’importava.
Scese a baciarmi il collo, slacciando i bottoni del maglioncino che portavo mentre io feci scivolare le mie mani sotto la sua maglietta posizionandole sulle scapole. Gli tolsi la maglietta, dovendo così staccare le sue labbra dalle mie, divario che durò neanche mezzo secondo in quanto subito le unimmo in un ennesimo bacio.
Dopo avermi slacciato il maglioncino, me lo sfilò lungo le braccia. Con una spinta di bacino lo feci rotolare fino a salire sopra di lui. Staccai le mie labbra dalle sue e mi tolsi la maglietta che avevo sotto con uno scatto. Quando incontrai i suoi occhi, lo sguardo che mi lanciò fu famelico e io ammirai il suo petto muscoloso sotto di me. Era veramente bello. Iniziai a baciargli il collo e lui cercò di slacciarmi il reggiseno senza riuscirci.
-          Dove sono i gancetti? –
-          Davanti.. –
Non feci neanche in tempo di alzarmi per slacciarli io stessa che lui mi baciò fino a togliermi il fiato. Con una mano mi slacciò i ganci del reggiseno e io feci aderire completamente il mio seno contro il suo petto. Sentivo che si stava eccitando sempre di più, mentre io avevo la mia intimità completamente bagnata.
Mentre mi slacciavo i pantaloni, accadde l’inevitabile.
-          Sei bellissima. Sei la ragazza più bella con cui sono stato. –
Mi bloccai con la mano ancora sul bottone dei jeans. Era vero, lui era stato con tantissime ragazze. Probabilmente era stato con una ragazza anche quel sabato sera. Quante volte l’avevo beccato con una diversa? Per lui era solo quello, sesso. Una voglia irresistibile che bisognava in qualche modo soddisfare. Mi sarei accontentata di essere una delle tante per lui? La risposta arrivò quasi immediatamente. Non mi sarei mai accontentata di essere una di quelle che si era scopato. Perché alla fine era solo quello. Una scopata e via.
Lo vidi alzarsi e venirmi incontro, mentre io mi abbracciavo a livello del seno per coprirmi.
-          Non possiamo. –
-          Perché? Mi sembrava che tu lo voglia quasi quanto me. –
-          Perché non possiamo e basta. Noi siamo amici e gli amici non fanno queste cose. –
-          Io e te non siamo mai stati amici. Io ti voglio. E ti ho voluta dalla prima volta che ti ho visto in autobus. –
-          Ma il problema è proprio questo. Tu mi vuoi ora. E domani? Io non sono tipo da una notte. Non voglio sentirmi una poco di buono. –
-          Tu non sei una poco di buono e  non lo sarai mai. Se sei così sicura di lasciar tutto così.. ok. Avrei solo bisogno della doccia. –
-          Sai qual è la porta. Usa uno degli asciugamani che ci sono in bagno. Sono puliti. –
-          Ok. –
Si voltò per andarsene in bagno. Lui non diceva mai la cosa giusta. Gli bastava anche mentirmi, dirmi che domani saremmo stati ancora insieme e io sarei stata sua. Mi vestii in fretta. Dovevo uscire, avrei evitato di ritrovarmi da sola con lui. Gli scrissi un sms, dicendo che io ero andata in biblioteca e che bastava tirare la porta, che si sarebbe chiusa da sola.
All’inizio corsi fino alla biblioteca, con le lacrime agli occhi. Non avevo mai pianto così tanto da quando avevo conosciuto Matteo. Ero diventata una piagnucolona.
Arrivata davanti alla Marucelliana, mi accorsi che le lacrime avevano trasbordato e, per non farmi vedere in quelle condizioni dai miei amici, presi il telefono e mi diressi dalla parte opposta. Dopo pochi squilli, Stefano rispose alla mia chiamata.
-          Ste. Hai posto in casa? Sto andando in stazione. –
-          Certo, per te stellina ho sempre posto. Cosa è successo? –
-          Stavo quasi per fare l’amore con Matteo. Ma io non voglio essere una delle tante. E quando gliel’ho detto, lui ha detto che se ero convinta di non volerlo fare, lui non mi avrebbe forzato. E si è chiuso in bagno. –
-          Cavolo Sophie. Che situazione. Ma che pensi di fare adesso? –
-          Per ora sto scappando. L’ho lasciato in bagno a farsi la doccia dicendogli che sarei andata in biblioteca. Ma non riesco a smettere di piangere e non voglio farmi vedere da nessuno. –
-          Lo so tesoro. Prendi pure il primo treno e vieni qua. –
-          Grazie. Ci vediamo dopo. –
Appena arrivai in stazione feci un biglietto per Pisa e, fortunatamente, arrivò un treno pochi minuti dopo.
Dovevo far chiarezza. Cosa provavo per Matteo? Ovviamente non era solo amicizia come mi ostinavo a pensare. Lui mi faceva provare tutte quelle sensazioni solo con un bacio. Solo sfiorandomi la mano. Quando ero con lui, tutto era più bello, il mio cuore batteva sempre un po’ più veloce del normale e qualsiasi cosa facesse, monopolizzava la mia attenzione. Ed ero incredibilmente gelosa di lui. E quello che provavo non era solo affetto, io non gli volevo solo “bene”.. era qualcosa di più forte, di incredibilmente sconvolgente. Era più forte di qualsiasi cosa avessi mai provato. Persino con Giulio erano sensazioni ridotte e banali in confronto a questo. Quando giunsi alla conclusione di essere innamorata di lui, di esserlo alla follia, mi sembrò di tornare a respirare. Per poi rendermi conto che la situazione era peggiore di quanto pensassi. Io ero innamorata di lui.. ma lui lo era di me? Non lo credevo. Insomma, avrebbe potuto fermarmi quel pomeriggio, dirmi che lui non voleva solo una notte, che come me ne voleva mille e diecimila notti ancora. Quando mi squillò il telefono, ero pronta. Sapevo che mi avrebbe chiesto spiegazioni.
-          Ma dove sei finita? Sono in biblioteca ma mi hanno detto che non ti hanno vista. –
-          Sono sul treno. Vado da Stefano stanotte. Aveva bisogno di una cosa. Di agli altri che mi dispiace essere sparita. –
-          Stai andando a Pisa? Ascolta, se è per quello successo prima.. ne dobbiamo parlare. Non mi piace che tu scappi sempre. –
-          Io non scappo. Te l’ho detto che Stefano aveva bisogno di me. –
-          Farò finta di crederci. Comunque prima o poi ne parleremo. –
-          Mi sembra di averne parlato abbastanza. Ti ho già detto molte volte che tu non dici mai quello che vorrei sentirmi dire e che rovini sempre tutto. –
-          Mi spieghi cosa volevi sentirti dire? Che sono innamorato di te e che avrei voluto disperatamente fare l’amore con te? –
-          Smettila di prendermi in giro. Io non credo a quello che dici, mi fai solo stare male. –
-          Non so che altro dirti. –
-          Bene. Allora ciao. –
Gli buttai il telefono in faccia. Era così importante scoparmi da arrivare a dirmi quelle cose? Quando arrivai a Pisa, saltai giù dal treno in un batter d’occhio e iniziai a camminare fino a casa di Stefano. Arrivai completamente sudata, con le guance rosse e gli occhi lucidi. Alla porta mi aprì Antoine.
-          Sophie! Che bella sorpresa! Cosa sei venuta a fare? –
-          Diciamo che sono un po’ giù di morale e volevo staccare un po’ da Firenze. –
-          Staccare? Cosa vuol dire? –
-          Allontanarmi da quella città. –
-          Allora stasera si va a bere! –
Annuii senza neanche guardarlo e mi avvicinai verso la camera che condivideva con Stefano, trovandolo chino sulla scrivania a studiare. Lo abbracciai da dietro e, quando lui si voltò per ricambiare il mio abbraccio, scoppiai a piangere, nuovamente, come una bambina.
-          Io lo amo. Sono innamorata di lui. E non posso farci niente. –
-          Lo so, topolino. Finalmente hai capito anche tu di essere innamorata di Matteo. Mi spieghi bene cos’è successo? –
Dopo essermi tranquillizzata e aver scolato mezza bottiglia di acqua di Stefano, gli raccontai dettagliatamente tutto. Da quello che ci eravamo detti quella notte in terrazzo a casa mia fino alla telefonata di poco prima in treno.
Quando finii di raccontare avevo ormai esaurito le forze e trascinato Stefano nel letto con me, lo abbracciai stretta, addormentandomi poco dopo.
Mi  svegliai da sola nel letto che erano le 8 passate e un buon odorino veniva dalla cucina.
-          Gnam gnam, che buon odore. –
-          Pasticcino! Hai dormito bene? –
-          Si Ste.. sono tornata me stessa. –
-          E ci credo.. russi come un trombone. – feci una linguaccia ad Antoine che intanto se la rideva della sua battuta e mi accorsi che in cucina c’erano anche altre persone.
-          Tesoro.. non hai ancora conosciuto i nostri coinquilini! –
-          Piacere, io sono Anouk. – una ragazza di colore, di una bellezza mozzafiato, mi strinse forte la mano e mi sorrise cordiale.
-          Io sono Andrea e questo è mio fratello gemello Carlo. – Erano due ragazzi bassi e piuttosto tozzi però avevano entrambi gli occhi del color del ghiaccio e un sorriso simpatico. Diedi la mano a entrambi e ci sedemmo tutti a tavola.
-          Allora Sophie. Cosa fai qua a Pisa? Come mai non ti abbiamo mai vista? –
-          Sono un’amica di Stefano. Eravamo in classe insieme al liceo e studio a Firenze. Avevo assolutamente bisogno di staccare la spina. –
-          Problemi di ragazzi? – Anouk mi guardò complice, facendomi un occhiolino a cui io risposi sorridendo.
-          Decisamente si. Senza offesa ragazzi.. ma voi cercate solo sesso? –
-          Ovviamente. –
-          Senza alcuna distinzione. –
-          Decisamente. –
Stefano e i due gemelli ci guardarono annuendo mentre Antoine rideva come un matto, trattenendosi la pancia. Poco dopo la situazione iniziò a degenerare. Non so da dove, ma i gemelli tirarono fuori bottiglie di superalcolici e tre bottiglie di vino. Iniziammo a fare brindisi su qualsiasi cosa (capì di aver superato la soglia dell’ubriacatura quando dissi di brindare al parrucchino del preside del liceo.. ero decisamente fuori controllo) e, giusto per fare l’ennesima cavolata della giornata, quando mi suonò il telefono, risposi senza neanche guardare il mittente.
-          Si può sapere dove sei? Non sei ancora tornata da Pisa? –
-          No. Mi fermo qua a dormire. –
-          Cos’è questo rumore? –
-          È quell’idiota di Carlo che.. ahahahahahaha sta facendo il limbo con una scopa. –
-          Chi è Carlo? –
-          Uno dei gemelli. Chi altro se no? –
-          Ma sei ubriaca? –
-          Giusto un pochino. Hanno portato da bere e io ero triste.. quindi ho bevuto. Non ti preoccupare. Ho brindato anche alla tua stronzaggine! –
-          Come mai eri triste? –
-          Sono ubriaca, non completamente rincitrullita. Non ho alcuna intenzione di dirti che sono triste per colpa tua. Perché mi fai stare male. –
-          Ti sei ubriacata per colpa mia? –
-          No.. cioè si.. forse. Non lo so! –
-          Passami Stefano. –
-          Perché vuoi parlare con Ste? Sei gay pure tu? Adesso capisco molte cose! –
-          Non sono gay, idiota. Voglio solo capire se ti può tenere d’occhio lui. –
-          Lui non ha bevuto. fra pochi giorni ha un parziale e non vuole sprecare tempo con un dopo-sbornia. –
-          Avresti dovuto prendere esempio da lui. –
-          Lui si è messo con il ragazzo che gli piace. Alberto gli ha detto che è innamorato di lui. Non ha bisogno di ubriacarsi per  dimenticare il ragazzo di cui è innamorato. –
-          Tu ti stai ubriacando per questo? –
-          Devo andare. Hasta la vista, baby! –
Non gli diedi manco il tempo di rispondermi e buttai giù la chiamata, lanciando il telefono sul divano mentre ricominciava a squillare, particolare che io ignorai.
Verso le 4 di notte eravamo tutti completamente fuori e, dopo un conato particolarmente forte, vomitai tutta la cena nel wc, mentre Stefano mi teneva la testa e nuove lacrime mi scorrevano lungo le guance. Mi addormentai un’ora dopo, completamente prosciugata, nel letto di Stefano, con un catino a fianco, che mi accarezzava la pancia e mi sussurrava parole dolci all’orecchio.


*Angolo Autrice.
Ahhhhhhhhhhhh... sto attraversando un lento sclero pre esame. Domani ho Citologia e Istologia e ci sto rimettendo la salute.. Farà bene bere coca cola e mangiare patatite per due giorni? Sicuramente non fa bene alla mia linea.. ma mi fa incredibilmente fatica prepararmi da mangiare o anche il caffè, così sostituisco la caffeina con la coca cola.. Funziona?
Bando alle ciance, Ecco a voi un ennesimo capitolo, scritto qualche mese fa e che finalmente sono riuscita a pubblicare. Devo dire che sono un po' triste per la mancanza di recensioni alla mia storia.. dopo il decimo capitolo (o giù di lì), nessuno ha più scritto niente :(
Vorrei sapere anche se ci sono delle critiche negative, sono quelle che mi piacciono di più! Giuro che non ci saranno ritorsioni! :D
A presto, con un nuovo capitolo.
Giulia

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Capitolo 19
*** capitolo 18. ***


Capitolo 18.


Quando aprii gli occhi, la testa mi girava da far paura. Ero nel letto da sola, probabilmente perché Stefano era andato a lezione, e quando tentai di alzarmi, piombai all’indietro, preda di un fortissimo giramento di testa. Passai il resto della mattinata a letto, con gli occhi chiusi, cercando di ricordarmi la sera precedente ma avevo il vuoto. Non ricordavo assolutamente niente dopo il quinto brindisi. Avevo un vago ricordo su una telefonata di Matteo ma non ricordavo cosa avevo detto. Quando, verso mezzogiorno, sentii l’impellente bisogno del bagno, mi alzai  e, ancora con gli occhi chiusi, avanzai a tentoni verso il bagno. Dopo essere uscita dal bagno, andai verso la cucina, trovando Anouk con la testa appoggiata sul bancone della cucina e, quando la sentii russare, mi misi a ridere così forte da svegliarla e da attirare l’attenzione degli altri inquilini. Quando comparvero i gemelli e Antoine, tutti e tre ancora in pigiama e con gli occhi ancora mezzi chiusi, io ero per terra, con le mani a trattenermi la pancia e le lacrime agli occhi per il gran ridere e Anouk era seduta di fianco a me che si massaggiava la testa, avendo tirato una zuccata contro il bancone della cucina. Fummo interrotte dal mio cellulare che suonava e, sempre ridendo, mi avvicinai e risposi alla telefonata.
-          Pronto? –
-          Tu, stupida idiota. Mi hai fatto stare in pensiero tutta la notte. Non ho dormito niente per colpa tua! –
-          Matteo? Ma chi ti ha chiesto niente! –
-          Mi hai sbattuto il telefono in faccia e non hai risposto alle altre mille chiamate che ti ho fatto e neanche agli sms e adesso mi rispondi ridendo?? –
-          Ascolta. Non so cosa ti abbia detto stanotte per farti stare così in pensiero. Non ti preoccupare. Sto bene. Ho solo alzato il gomito e basta. Ho dormito nel letto con Stefano e con nessun altro e vedi di darti una calmata. Non sei il mio badante. –
-          Con Stefano? Hai dormito nel letto con un ragazzo? –
-          È gay! Santo cielo. –
-          Ha sempre il pisello. E comunque scusa tanto se mi preoccupo. Sai, stavamo per fare l’amore quando tu te ne esci fuori con  cose senza senso e poi scappi a Pisa senza dire niente a nessuno, litighiamo al telefono perché tu non credi alle mie parole e poi, quando  ti chiamo, ti ritrovo ubriaca a straparlare sul nuovo fidanzato di Stefano e sull’amore. –
-          Dovresti farti un paio di cazzi tuoi. Sei tu che mi chiami sempre. Idiota. –
-          Hai ragione. La smetto di chiamarti. È che mi piace sentire la tua voce e sono quasi morto di paura sta notte. Però adesso basta. Divertiti con i tuoi nuovi amici. Non m’importa. –
-          Bene. Ciao. –
-          Bene. –
Riattaccammo il telefono quasi contemporaneamente e mi misi a tavola con i ragazzi che mi guardavano.
-          Immagino tu non ne voglia parlare, ma il tuo telefono ha squillato tutta la notte e se è lo stesso ragazzo che ti ha chiamato adesso.. è cotto di te. I ragazzi non si impuntano su una persona se non gliene frega niente. –
-          E soprattutto non guardano male i ragazzi con cui sta questa persona. –
-          Antoine, tu stai parlando di un dettaglio e di qualche tempo fa.. e io non gli piaccio. Insomma. Quando gli ho detto che io non voglio solo una notte, l’unica cosa che è stato in grado di dirmi è stato se poteva usare il bagno. –
-          Che coglione. – il commento unanime dei gemelli aveva riassunto tutto il mio pensiero. Proprio un coglione.
Quando Stefano tornò da lezione, passammo tutto il giorno insieme, a camminare per Pisa e, verso le 6 mi accompagnò in stazione, dove presi il treno per tornare a Firenze.
 
Il mattino dopo mi alzai di buon’ora e, arrivata alla fermata del bus, vidi Matteo con la musica nelle orecchie che fumava nervosamente una sigaretta. Mi avvicinai e, dopo avergli fatto un cenno con la mano, misi le cuffie e mi lasciai distrarre dalle canzoni dei Linkin Park.
Come sempre, quando arrivò il bus ci sedemmo vicini eppure quel giorno ci ignorammo. Arrivati in facoltà mi aiutò a scendere prendendomi per una mano perché un signore si era messo in mezzo e io mi lasciai trascinare sul marciapiede. Quando si girò, lo fissai negli occhi e lui ricambiò il mio sguardo senza dire una parola. Strinsi forte la sua mano ancora nella mia e poi la lasciai andare.. mi faceva troppo male quel contatto a cui davamo due significati completamente diversi. Entrati in facoltà lui si diresse verso il piano di ingegneria mentre io mi avvicinai al bar, dove ordinai il mio caffè doppio. Passai la mattinata in aula, evitando i corridoi, con Luca che iniziava a diventare sempre più pesante e le mie amiche che mi ignoravano. Prima di andare a pranzo le fermai con una mano e dissi loro di aspettare un attimo in aula perché dovevo parlare loro di una cosa.
-          Riguarda il fatto che tu l’altro ieri sei scappata e non ti sei fatta sentire per due giorni? Guarda che ci siamo preoccupate.. e non rispondevi manco al telefono. – Daniela mi guardava arrabbiata e con i pugni stretti.
-          Mi dispiace. Mi è successo una cosa.. –
-          E nessuno ti obbliga a parlarne.. però ci siamo preoccupate tutte molto. –
-          Lo so e mi dispiace. Per questo vi ho fatte fermare. Io credo di essere innamorata di Matteo. Non vi sto a spiegare come ci sono arrivata o perché.. però è così. E lui mi rende tutto più difficile. –
-          Sapevamo già che quello che provavi per Matteo era qualcosa di forte. Perché? Che ha combinato? –
Gli raccontai brevemente le novità degli ultimi giorni. Daniela e Mariella insultarono Matteo più volte per il suo comportamento mentre Athena stava zitta.
Quando finalmente ci decidemmo ad andare a mangiare, lei mi fermò con un braccio e mi disse:
-          Ti spacco la faccia. Lui ti ha detto di essere innamorato di te e tu hai subito pensato allo scherzo. Lui diceva che era preoccupato e tu gli rinfacciavi che non è la tua badante. Ti ha espressamente detto che è cotto di te, innamorato di te, e le uniche cose che sei riuscita a capire sono gli insulti o le mezze parole. –
-          Non è possibile che lui sia innamorato di me. L’ha detto come ripicca. Non  hai sentito il suo tono al telefono. Era così arrabbiato con me che non poteva essere vero.. non è il modo giusto per dire queste cose. –
-          Voi non avete fatto niente nel modo giusto. –
-          Ho sbagliato? Lui mi ha fatto sentire una poco di buono. Non è colpa mia se non riesco a credergli. –
-          Avete sbagliato entrambi. Ma sono convinta che si sistemerà tutto. –
-          Io non ne sono così convinta. –
-          Soph. Ti guarda come se fossi la luce dei suoi occhi. Se tu sei il suo sole, lui si comporta da girasole. Guardalo. – mi voltai a guardare dove mi indicava lei ed effettivamente c’era Matteo che ci fissava.
-          Ha la faccia di un cane bastonato. –
-          Non lo so. Adesso andiamo. –
Quando li raggiungemmo, accennai un breve sorriso rivolto verso Matteo e andammo a mangiare tutti insieme, riprendendo la nostra routine pomeridiana di studio collettivo.
 
Le settimane successive passarono tranquille, anche se evitai in qualsiasi modo di rimanere da sola con Matteo troppo a lungo. L’unico momento della giornata in cui eravamo soli era il tragitto verso casa ma non si è mai completamente soli su un autobus. Quando finirono le lezioni festeggiammo a casa mia ma nessuno si fermò a dormire perché il giorno dopo avrei dovuto prendere il treno per tornare a Sanremo.
Quando al mattino mi svegliai mi venne un lampo di genio. Visto che avevo una voglia matta di andare a sciare, proposi di passare capodanno a casa mia in montagna. Sarebbero venuti a trovarmi a Limone Piemonte, località sciistica che dista un’oretta e mezza da Sanremo, e ci saremmo fermati una decina di giorni in montagna. Inviai un’e-mail comune su facebook invitando Athena, Mariella, Daniela, Alessandro, Matteo, Leonardo, Camilla, Stefano, Alberto (il ragazzo di Stefano) e Federico (il ragazzo di Dani). Feci il viaggio di ritorno da sola perché Ste aveva ancora lezioni per i giorni successivi ma io volevo andare a trovare il mio fratellino. Quando arrivai a Sanremo era notte e Paolo dormiva già. Dissi a mio padre di non dirgli niente e che gli avrei fatto una sorpresa il mattino dopo, così mi misi la sveglia alle 6.00, sicura che il mio fratellino avrebbe dormito ancora e gli preparai la torta al cioccolato che gli piaceva tanto. Quando sentii la vocina di Paolo provenire dalla camera dei miei genitori, misi il latte a bollire e tirai fuori i cereali.
-          Va in cucina. C’è una sorpresa per te. – sentii distintamente la voce di mia mamma che invitava Paolo a venire in cucina così mi nascosi dietro al frigorifero. Quando lo vidi correre in cucina iniziai a ridacchiare perché aveva ancora gli occhi mezzi chiusi e un sorriso stampato sulle labbra.
-          Sorpresa! – gli urlai da dietro e lui mi saltò subito addosso quasi stritolandomi. Lo abbracciai forte anche io.
-          Contento che sono tornata prima?? –
-          Siii! Quando sei arrivata? –
-          Ieri sera. Ti ho preparato una torta. Se no che sorpresa è? –
-          Buona! Mamma! C’è Sophie! Posso stare a casa oggi? Non voglio andare  a scuola! Voglio andare con la mia sorellona a giocare. Per favore! –
-          Non se ne parla neanche. Le maestre mi hanno detto che oggi dovete fare una pallina di natale da attaccare all’albero, mica puoi mancare. –
-          Allora faccio la pallina per Sophie.. vieni, guarda com’è bello l’albero quest’anno! La mamma ha messo i cioccolatini ma ha detto che non li posso mangiare ancora. –
-          Non ancora, però poi ne possiamo staccare uno per darlo a babbo natale. –
-          Sii! Cioccolato e anche un po’ di latte. E voglio dargli anche un pezzo della tua torta perché deve assaggiarla. –
-          Come sei generoso! –
-          Così poi mi da tanti regali perché io gli ho dato tante cose buona da mangiare. –
-          Ah, ecco. Comunque ho parlato con babbo natale che mi ha chiesto se sei stato un bambino cattivo o no. –
-          E tu che cosa gli hai detto? –
-          Non gli ho ancora risposto. Quindi vedi di andare a vestirti che se no dico a babbo natale di portarti del carbone! –
-          Ma quella è la befana! –
-          Fa niente. Corri che ti porto a scuola. –
Abbandonò sul tavolo una fetta mezza mangiucchiata della mia torta e corse a vestirsi. Mi preparai anche io e lo accompagnai a scuola.
Quando tornai a casa, accesi il computer e vidi che la mia idea di andare a sciare era stata accolta bene quasi all’unanimità. Gli unici che declinavano l’invito erano Alberto, Daniela e Federico (che dicevano di avere già impegni).. tanto meglio. La casa era piccolina e così saremmo stati più comodi. Passai i restanti giorni che mancavano al Natale in biblioteca a ripassare per gli esami di Gennaio anche se fortunatamente, ero rimasta in pari con quasi tutti i corsi. E la sera della vigilia arrivò velocissimamente.


*Angolo dell'autrice.
Buona domenica a tutte! Oggi ho ben poco da dire... Sono stanchissima ma ho trovato due minutini per aggiornare questa storia.. Non sono ancora riuscita a scrivere la fine ma dovrebbero essere 23/24 capitoli più l'epilogo.. Manca poco alla fine :)
Giulia

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Capitolo 20
*** capitolo 19. ***


Capitolo 19.

Nella mia famiglia il Natale era sempre stato sacro. Avevamo una nostra tradizione fissa che si ripeteva da quando ero nata e guai a cambiare qualsiasi cosa. La sera della vigilia si doveva stare a casa mia, con la famiglia ristretta e dopo la mezzanotte si aprivano i regali. Quando Paolo era più piccolo, di solito lo facevamo dormire fino a mezzanotte e poi lo svegliavamo per aprire i regali, la tradizione non andava infranta, mentre adesso che era più grandicello stava sveglio con noi adulti, anche se era il più piccolo e generalmente monopolizzava l’attenzione di tutti.
Dopo una cena incredibilmente abbondante, i nonni con i miei genitori e i rispettivi fratelli andavano a sedersi davanti al camino con un digestivo in mano a chiacchierare di cose da grandi mentre io e Paolo giocavamo a Dama con nonno Ivano che si sdraiava sempre per terra sul tappeto con noi. A mezzanotte, arrivarono anche mio zio Fabio e la moglie e finalmente si aprirono i regali. A me avevano regalato degli sci nuovi, visto che quelli vecchi erano inutilizzabili e molte cosine interessanti mentre Paolo aveva una montagna di giocattoli da scartare.
Quando vide il mio regalo, impazzò di gioia. Erano anni che rompeva le scatole perché voleva un puzzle di quelli difficili con 1000 pezzi ma la mia iperagitata mamma aveva sempre detto che se ne sarebbe mangiato uno e che sarebbe andato all’ospedale. Quell’anno avevo fatto di testa mia comprandogli quel puzzle enorme e lui, ignorando gli altri giochi, si era già messo in camera sua, sdraiato per terra. Verso l’una la mamma lo fece andare a letto mentre noi rimanemmo a chiacchierare in salotto fino alle 3 come tutte le vigilie, andando ad analizzare i regali di ognuno. L’anno migliore era stato quando mi avevano regalato la play station e qualche giochino, così mio papà, i miei zii e mio nonno Renzo si erano messi a giocare alla guerra fino alle prime luci dell’alba. Il natale era sempre stato festeggiato alla grande nella mia famiglia perché era un modo per riunire tutti i parenti, così il mattino di Natale ci riunimmo tutti insieme a casa di mia nonna mangiando e chiacchierando.
Alla sera si fece la tombola di natale che non poteva assolutamente mancare, tra le risate e gli insulti delle tre sorelle Dececco, mia nonna e le sue sorelle, che si prendevano in giro come delle adolescenti.
Quando riuscii ad andare a letto, mi accorsi di non aver pensato a Matteo tutto il giorno, trascinata dalle festività, e, spinta da un’insana voglia di sentirlo, afferrai il mio cellulare, ignara dell’ora e lo chiamai.
-          Pronto? –
-          Matte.. sono Sophie. –
-          Sophie! È successo qualcosa? –
-          No.. non è successo niente. Ti disturbo? –
-          No, stavo giocando alla playstation con mio fratello. –
-          Salutamelo. –
-          Ok. Hai bisogno di chiedermi qualcosa? –
-          Io... non lo so. Sono felice e volevo sentire la tua voce. –
-          Ah. –
-          Matte.. ma che stiamo combinando? –
-          In che senso? Intendi l’altro giorno? –
-          Anche. Intendo che noi due abbiamo creato un’amicizia su incomprensioni. Io non riesco mai a dirti quello che penso.. –
-          Forza su. Dimmi quello che pensi. – tentennai qualche secondo, mentre lui mi spronava a parlare. Ma non ce la facevo, non per telefono, non quella sera.
-          Ne parliamo un’altra volta? Io non credo di riuscirci adesso. –
-          Forse hai ragione tu. Siamo solo amici. –
-          Tu lo pensi davvero? –
-          Io.. si. Credo di si. –
-          Ok, allora ci vediamo il 27. Avete già visto gli orari dei treni per venire a Limone? –
-          Non ancora. Rimedieremo presto. –
-          Ok. buona serata. E dì a tuo fratello che tifo per lui. –
-          Ma dai! Dovresti fare la mia di cheerleader, mica la sua! –
-          Idiota. Notte. –
-          Notte Soph. –
Interruppi la chiamata, continuando a stringere convulsamente il cellulare nelle mani. Solo amici. Allora era davvero così.
Speravo che lui avesse le palle di dirmi che non era così, che non eravamo solo amici. Perché se io ero innamorata di lui, ormai era talmente evidente che era inutile negarlo, allora lui provava sicuramente attrazione nei miei confronti. Me l’aveva confermato quel fatidico pomeriggio sia con le parole che con le reazioni fisiche. Che non volesse rovinare l’amicizia? Io ero convinta che se fosse successo qualcosa a livello fisico, solo di una notte.. avrei toccato il cielo con un dito, per poi sprofondare subito in un abisso di depressione e tristezza perché sarebbe rimasto solo quello. La storia di una notte.
Mi rigirai nelle coperte un paio di volte, cercando di finire tra le braccia di Morfeo, senza successo.
Quando finalmente sprofondai nel sonno, due occhi color pece mi perseguitarono tutta la notte.
 
I due giorni successivi furono un delirio. Paolo voleva approfittare della mia presenza per sfruttare il mio portafoglio e la mia patente, per cui dovetti portarlo in giro per tutta la Côte Azur, dal parco giochi di Nizza al super presepio a Montecarlo. Così il giorno della mia partenza per Limone arrivò di volata. Preparai la borsa e, insieme a Camilla e Stefano, salimmo a Limone prima degli altri, in modo di scaldare la casa, fare i letti e tirare fuori sci e scarponi. Verso le 18.00 gli altri sarebbero arrivati in stazione  a Limone, dopo 8 ore di viaggio in treno. Non li invidiavo affatto anche se i viaggi in compagnia risultano sempre meno noiosi. Arrivammo in stazione con una ventina di minuti di anticipo, così iniziammo una lotta a palle di neve nella stazione del paese. Quando finalmente arrivò il treno, io ero completamente zuppa, in quanto quel simpaticone di Stefano mi aveva infilato un kg di neve dentro la giacca che si era bagnata tutta. Mi ero vendicata abbastanza, in quanto gli avevo riempito i capelli con la neve.. gli usciva neve pure dalle orecchie.
Non li vidi subito perché il treno era pienissimo di gente. A capodanno quel paese si riempiva di persone, chi saliva in montagna per andare a sciare, chi saliva per festeggiare un capodanno sulla neve, chi saliva semplicemente per allontanarsi dai genitori e avere una casa dove ubriacarsi e dormire in santa pace. La sera di capodanno sarebbe stato un delirio. Avevo già passato l’ultimo dell’anno in montagna, qualche anno prima, ma ero rimasta così sconvolta da evitare di andarci i capodanni successivi. Avevo fatto un’eccezione quella volta perché avevo talmente voglia di andare a sciare che non ci avrei rinunciato mai.
La prima persona che scorsi fu Leonardo. Era così imbacuccato che gli si vedevano a malapena gli occhi, la sua altezza spropositata tuttavia, aiutava a riconoscerlo. Gli corsi incontro e, appena notai Athena alla sua destra, la abbracciai stretta.
Mi voltai e li vidi tutti lì. Athena, Alessandro, Mariella, Leonardo e Matteo. Mi concentrai particolarmente su quest’ultimo che, anche con gli occhi cerchiati dalla stanchezza e il naso arrossato per il freddo, riusciva a essere sempre bellissimo. Gli sorrisi timidamente e quando allargò le braccia, gli saltai praticamente addosso, stringendomi fortissimo a lui. Il mio cuore batteva all’impazzata e le gambe erano diventate delle gelatine tutti i gusti +1, però non ci facevo caso. Stare stretta a lui, con il suo profumo che mi entrava nelle narici e le sue braccia che mi stringevano i fianchi, era qualcosa di meraviglioso. Amavo quel contatto, anche se ostacolato dalle tute da sci, e mi sembrava quasi di sentire il suo cuore battere all’unisono con il mio.
-          Finalmente siete arrivati! – Mi voltai verso Stefano che aveva parlato, attirando l’attenzione di tutti e, aiutati i nostri amici toscani a prendere le borse, ci avviammo verso casa mia.
-          Quanto dista l’appartamento Soph? –
-          Una decina di minuti a piedi dal centro. Domattina si va a sciare. E non voglio scuse! –
-          Io non so sciare. –
-          Io neanche. –
-          Manco io. –
Guardai scioccata Athena, Alessandro e Mariella.
-          Ma dai! Siamo venuti qui per sciare e voi mi dite così?? Mi avete profondamente deluso! –
-          Che esagerata. Vabbè, tanto ci divertiremo comunque, no? Palle di neve, prendere il sole su un lettino.. Basta che queste due ventose non mi facciano fare da terzo incomodo. –
-          Mai. –
Guardai Athena che abbracciava ridendo Mariella e, sempre prendendole in giro, arrivammo quasi a casa. Matteo era sempre al mio fianco e non perdeva occasione per abbracciarmi o sfiorarmi, contatti che causavano un piccolo infarto al mio cuore. Arrivati a casa, lasciammo subito le valige per andare a fare un po’ di spesa.
Al supermercato c’era l’universo. L’intera provincia di Imperia si era spostata in massa in montagna per festeggiare capodanno e il piccolo supermercato non conteneva tutti. C’era una fila persino per entrare. Lasciammo Stefano, Cami, Leo e Athena a fare la spesa al supermercato, mentre noi ci dirigemmo verso un macellaio per comprare la cena. Ad un certo punto Mariella e Ale ci salutarono perché avevano assolutamente visto un negozietto di fumetti spettacolare, dove dovevano assolutamente entrare. Mi ritrovai sola con Matteo ma, più o meno come facevamo in bus per andare all’università, chiacchierammo come perfetti amici, senza mai superare quella soglia. Appena usciti dal macellaio, ovviamente la mia sfiga tornò a perseguitarmi. Appena vidi Fabio, un mio compagno del liceo, quasi non potevo crederci. Nessuno del loro gruppo aveva la casa in montagna e non avevano mai fatto un capodanno lì. Dopo pochi istanti mi accorsi che di fianco a lui c’era mia cugina Deborah abbracciata a Giulio. Appena mi vide, sbiancò in un istante e si voltò dall’altra parte.
Sogghignai come un’idiota in mezzo alla strada, sotto lo sguardo stranito di Matteo e mi allontanai da loro, diretta al supermercato.
Appena trovammo gli altri, mimai con le labbra un “c’è Giulio con Deborah” a Stefano e Camilla che mi guardarono ridendo apertamente. Alla sera cenammo a casa, con una bella tavolata imbandita. Obbligai i miei coinquilini ad andare a dormire relativamente presto perché io volevo andare a sciare e così, verso mezzanotte, quella prima giornata in montagna finì, senza brutte sorprese o inconvenienti.

*Angolo dell'autrice.
Chiedo scusa per il ritardo, ormai ci dovremmo essere abituate, sia io che voi :P
Auguro buone vacanze a tutti, ai maturandi e ai liceali in ritardo.. e spero per gli universitari di essere puntuale e  non in anticipo! :D
Buona settimana!
Giulia

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Capitolo 21
*** Capitolo 20. ***




Capitolo 20.

Al mattino fui la prima a svegliarmi. Avevo dormito con Camilla in un lettino singolo e la feci praticamente rotolare giù dalla foga di alzarmi. Preparai una colazione abbondante per tutti e, come avevamo prestabilito, uscii di casa alle 7.30 per andare a comprare gli skipass nel centro del paese, al fine di evitare la coda sulle piste. Quel mattino faceva particolarmente freddo, ma era una sensazione piacevole perché contrastava il calore che il mio corpo emanava a causa della felicità che provavo quel giorno. Davanti alla neve mi illuminavo come un bambino davanti ai regali di Natale. Comprati gli skipass, mi attrezzai anche di brioche e qualche giornale per quelli che non sarebbero venuti sulle piste. Tornata a casa erano ancora tutti mezzi addormentati ma almeno erano in piedi, richiamati dalla caffettiera che fischiava come fanno i moscerini con la luce.
Mangiammo i cornetti e, sempre su mia sollecitazione, riuscimmo a prepararci in tempo per arrivare alle piste da sci. Stefano e Matteo continuavano a chiudersi nella cameretta che condividevano con Leonardo, parlottando tra loro e furono gli ultimi a uscire di casa. Dopo aver ricevuto entrambi uno scappellotto da parte mia per la loro lentezza, corremmo alla fermata del bus, che fortunatamente riuscimmo a non perdere.
Quando arrivammo alle piste da sci a quota 1400 (nome di una delle stazioni sciistiche del paese) accompagnai Athena ad affittare le sdraio per se stessa e i due piccioncini che non sciavano, lasciando gli altri alle prese con l’affitto dell’attrezzatura. Verso le 9.15 riuscimmo a partire.. Ben presto lasciai gli altri indietro, accompagnata solo da Matteo che come me aveva fatto degli anni di agonistica. Era una giornata fantastica, c’era un sole pazzesco ma faceva abbastanza freddo affinché la neve non si sciogliesse troppo. La mattinata passò in fretta, avendo deciso di sciare il più possibile per sfruttare la neve migliore. A pranzo ci fermammo al bar di 1400 per mangiare con i ragazzi che non sciavano.
Trovammo subito Athena in maglietta a maniche corte che tentava disperatamente di abbronzarsi il viso, protetta da una patina di crema bianca sul naso e sotto gli occhi mentre Alessandro e Mariella non si vedevano da nessuna parte. Athena disse che non sapeva dove fossero finiti gli altri due e così, seguita da Matteo, mi avventurai alla loro ricerca, zigzagando tra gli sci lasciati vicino ai bar e le sdraio occupate. Non riuscimmo a trovarli da nessuna parte e alla fine decidemmo di tornare dagli altri per poter mangiare tutti insieme. Come dico spesso, un mix tra la mia sbadataggine e la sfortuna è veramente efficace per infilarmi nelle situazioni peggiori, così inciampai sui piedi di un tipo, finendo lunga distesa.
Matteo iniziò a ridere di gusto, trattenendosi addirittura la pancia.
-          E tu saresti un uomo? Dovresti aiutarmi invece di stare lì a ridertela. -
-          Ahahahahaha! Ma sei così buffa, hai la neve ovunque. –
Gonfiai le guance sbuffando, tolsi la neve dal viso e, appena riuscii ad alzarmi, mi allontanai barcollando sugli scarponi, finendo addosso a una ragazza.
-          Deborah! Cosa fai qua? Tu odi sciare! –
-          Cugina! Lo so, però a Giulio piace tanto. –
Sorrisi falsamente a mia cugina con una smorfia quando due braccia mi strinsero da dietro.
-          Soph, non mi presenti la tua amica? –
-          Matteo, questa è Deborah, mia cugina. –
-          Piacere! Tu devi essere la famosa cugina! –
-          E tu sei Matteo. Non ho mai sentito parlare di te. Da quanto state insieme? –
-          Noi non stiamo insieme. –
-          Ah!  Ma allora sei single!! Si potrebbe combinare qualcosa.. –
Deborah lo guardò ammiccante, sorridendo appena. Alzai gli occhi al cielo. Non le bastava il mio ex ragazzo, adesso mi rompeva pure le palle per Matteo. Appena vidi Giulio in lontananza feci l’ultima cosa che mi sarei mai aspettata di fare.
-          Ehi! Giulio! – Dopo averlo chiamato urlando, mi avvicinai a lui sorridendo radiosa, lasciandolo a fissarmi interdetto.
-          Sophie. Quanto tempo. Come stai? –
Risposi cordiale alle sue domande, notando il suo crescente imbarazzo e gustandomelo tutto con una vena di sadismo, quando mi accorsi che né Deborah né Matteo ci avevano seguiti, rimanendo a chiacchierare vicini vicini qualche metro più in là. Diventai tutta rossa e, afferrato Giulio per una mano, lo trascinai fin dai due piccioncini.
-          Ecco dove avevi lasciato il tuo ragazzo! Debby, Giulio ti cercava come un pazzo. –
Divenne subito rossa peperone, spostando lo sguardo da me a Giulio mentre Matteo rideva apertamente.
-          State di nuovo insieme vero? – interrogai Giulio.
-          Perché di nuovo? – Debby mi guardò stranita.
-          Ma allora non vi eravate lasciati quando lui ci ha provato spudoratamente con me. –
-          Lasciati? No, eravamo in una pausa di riflessione. E lui mi ha detto che ci hai provato tu. –
-          A me fa schifo Giulio. Ed è per questo che ci provavi con lui? Matteo è off-limits. Capito? –
-          Ma non avevi detto che non era il tuo ragazzo? Che t’importa? –
-          Cazzi miei. –
Matteo e Giulio fissavano il nostro battibecco, il primo ridendo di gusto mentre il secondo tratteneva Deborah per una mano, perché conosceva bene sia me che lei e sapeva perfettamente che stavamo sfiorando una rissa. Poco tempo dopo che lui mi aveva lasciato per mia cugina, a una cena di famiglia, ce l’eravamo date di santa ragione.
L’odio tra di noi era sempre stato evidente fin da piccole, tanto che non ci mettevano mai sedute vicine a tavola perché rischiavamo di tirarci i capelli.
-          Sei solo una puttana che non sa assolutamente cosa voglia dire dare piacere a un ragazzo. È per questo che Giulio ti ha lasciata per me. Io sono migliore. –
Stavo per ribattere quando Matteo, ormai serio, si mise in mezzo prendendo la parola:
-          Adesso basta. Non ti permetto di insultare Sophie ancora una volta. Lei è mille volte migliore di te. Andiamocene. Questi non meritano il nostro tempo. –
Mi afferrò una mano e prese a camminare, mentre io mi lasciai trascinare fissandogli la nuca, quando mi sentii chiamare. Impuntai i piedi nella neve e mi voltai, vedendo Giulio corrermi incontro e urlando il mio nome.
Appena ci raggiunse mi disse di volermi parlare in privato e quando io acconsentii, Matteo scoccò un’occhiata gelida a me e al mio ex, per poi andare verso gli altri.
-          Mi dispiace. Per tutto. –
-          Che intendi dire? Ormai quel che è fatto è fatto. –
-          Lo so. Ma mi sono reso conto di essermi comportato da stronzo con te. Sia quando ci siamo lasciati che prima di Natale. –
-          Acqua passata. –
-          Fammi parlare. Io ero davvero innamorato di te. Sei stata una persona veramente importante e ho sbagliato a lasciarti per lei, che non vale nemmeno una delle tue unghie. Per questo prima di Natale ti ho chiesto se volevi tornare con me, dovevo fare una prova. Avevo bisogno di avere la conferma che tu non mi volessi come ti voglio io. Non credo di amarti più, però sei stata e sei ancora una delle mie migliori amiche, la persona più importante della mia vita dopo la mia famiglia. Mi spiace averti fatto star male, mi sono comportato da stronzo e me ne pento. Spero solo che troverai la tua felicità. E che sia con quel Matteo o con chiunque d’altro.. vorrei solo che tu non mi odiassi più. E che potessimo avere di nuovo un rapporto di amicizia. Mi manca parlare con te. –
-          Sono commossa Giu. Manco quando stavamo insieme mi avevi mai fatto un discorso del genere. Sei stata una persona importante anche tu, per questo credo di non averti mai odiato veramente ma mi hai fatto stare troppo male. Non so se tornerà tutto come prima delle nostra storia, però mi fa molto piacere quello che mi hai detto. E per mia cugina.. condoglianze. Adesso devo andare. –
-          Non mi dai un abbraccio? In amicizia. –
-          Io.. ok. Un abbraccio. E non farmi tiri mancini. –
Quando avvolse le sue braccia intorno alla mia vita, capii di aver finalmente chiuso un capitolo della mia vita che, per quanto possa essere stato doloroso alla fine, aveva segnato gran parte della mia adolescenza come l’esperienza migliore che mi potesse capitare e capii che aver ritrovato un amico che avevo perso.
Ad un certo punto mi fece alzare i piedi dal pavimento e iniziò a ruotare mentre io ridevo di gusto. Cademmo tutti e due nella neve che mi finì persino in bocca.
-          Adesso devo andare. –
-          Matteo ti starà cercando. –
-          No, non lui. Ci sono tutti i miei amici che mi cercheranno. –
-          Fai pure la finta tonta. –
-          Ma che finta tonta? Ci vediamo Giulio, mi ha fatto piacere la nostra chiacchierata. Buon anno e buon rientro all’università. –
-          Anche a te. Ciao. –
Gli lanciai un ultimo sorriso e mi allontanai dirigendomi verso gli altri. Quando arrivai, Mariella e Alessandro erano di nuovo tornati mentre Stefano e Matteo mancavano all’appello.
-          Dove sono finiti quei due? –
-          Il che tu hai combinato? Matteo era nero quando è tornato e, dopo essersi messo gli sci, è partito da solo. Così Stefano l’ha inseguito e sono andati loro due. –
-          Non ho fatto niente.. –
Raccontai loro dell’incontro con Deborah e poi della mia conversazione con Giulio. Provai a chiamare Matteo e Stefano più volte ma nessuno dei due mi rispose, così decidemmo di andare a sciare noi, per i fatti nostri. Con Cami, Leo e gli sci ai piedi iniziammo il pomeriggio sulle piste, passando dure orette in giro. Manca un quarto alle 4 quando mi arrivò un sms di Stefano che mi diceva che erano appena arrivati dalle sdraio e che, visto che era andato via il sole nella vallata dove si trovavano i bar, volevano tornare in paese. Così noi facemmo l’ultima discesa e arrivammo al bar dove ci aspettavano gli altri.
Appena arrivai mi accorsi subito che l’umore di Matteo non era dei migliore. Se ne stava in un angolo, con una cioccolata calda stretta nelle mani e le cuffiette nelle orecchie mentre gli altri chiacchieravano nel tavolino affianco. Non mi degnò neanche di uno sguardo e, dopo aver posato gli sci che avevano affittato, andammo alla fermata del bus.
Matteo era sempre in disparte e, visto che non facevo altro che guardarlo, spinta da Cami e Athena che mi incitavano, andai da lui e gli tolsi una cuffietta dalle orecchie.
-          Foo Fighters? Mi piacciono molto. –
-          Ok. –
-          È successo qualcosa? Sei così silenzioso. –
-          Non è successo niente. Tanto non te ne saresti accorta, visto che stavi abbracciata a quello. –
-          Sei arrabbiato perché ho chiarito con Giulio? –
-          Non m’importa quello che fai. Sei solo un’idiota. Quello non ci penserà due volte a tradirti di nuovo. –
-          Vedi che non capisci proprio un cazzo? Non sono tornata insieme a lui. Si è scusato e basta. –
-          Ti ripeto che non m’importa. –
-          E allora smettila di fare l’offeso. Fammi un sorriso. Per favore. –
Non mi diede manco la soddisfazione di un sorriso ma il suo viso si distese un pochino, perdendo quel cipiglio scontroso che aveva fino a qualche istante prima. Piano piano, feci incatenare il suo corpo al mio, in un abbraccio e strofinai il mio naso sul suo maglione.
-          Non mi piace quando mi tieni il muso. –
-          Ok, sarò bravo. Promesso. –
Ricambiò il mio abbraccio e, appena arrivò il bus, era tornato tutto come quel mattino. Io e lui sempre azziccati e l’atmosfera di festa si era instaurata di nuovo nel gruppo.
Appena arrivammo a casa, ci fu la lotta per la doccia. In quanto avevamo solo un bagno e solo una doccia ed eravamo in otto. Feci andare tutti gli altri prima di me, da perfetta padrona di casa e finii per farmi la doccia fredda in quanto il boiler aveva ormai smesso di funzionare.
Quella sera, dopo aver cenato a casa, andammo al pub del paese, dove passammo la serata, tra una partita a freccette e una birra.



*Angolo dell'autrice.
Chiedo venia per l'incredibile ritardo.. Mi sento presa l'estate per studiare per i test di settembre e ho messo da parte gli aggiornamenti... Giuro, è stata un'estate incredibile, mi è successo di tutto!
Inoltre, non voglio tediarvi, ma ci sono rimasta un po' male che questa storia non vi abbia portato a recensire.. Da accanita lettrice di ff, posso affermare che io recensisco solo i capitoli e le storie che mi appassionano a tal punto da volermi congratulare di persona con l'autrice e pensare che nessuno abbia avuto questa voglia nei confronti di questa ff, mi mette un po' di tristezza.. che viene subito accantonata quando vedo il n di visite... 12 preferite, 1 ricordata e 35 seguite.. sono commossa! XD
Vorrei solo sapere maggiormente il vostro giudizio, così per farmi un'idea. Non riesco proprio a concludere questa storia.
Un bacio e a presto... promesso!
Giulia

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Capitolo 22
*** Capitolo 21. ***


Capitolo 21.



Quella che seguì fu una delle notti peggiori della mia vita. Dormii malissimo, continuando a rigirarmi nel letto e ad alzarmi per andare in bagno o per prendere un bicchiere d’acqua. Quando verso le 6 di mattina mi alzai e vomitai tutta la cena, capii di essermi presa un colpo di freddo o un’influenza. Quando Stefano si alzò per andare a fare la pipì, mi trovò ancora sdraiata in bagno, di fianco al wc, con la fronte che scottava. Mi aiutò a pulirmi la bocca e, dopo aver fatto spostare Camilla che era nel letto con me, mi portò in braccio fino alla camera.
Verso le 7.30, tutta la casa sapeva che io stavo male ed erano venuti tutti a controllare che avessi abbastanza coperte, se avevo bisogno di qualcosa e cose così. Li obbligai a prepararsi, urlando cose da fare e riuscii a farli uscire di casa alle 8.30, strappando loro la promessa di sciare anche per me.
Mi rigirai ancora un paio di volte e, aiutata da quell’innaturale silenzio in casa, mi appisolai.
Fui svegliata da una mano gelida che mi si era posata sulla fronte e che mi fece fare un salto.
Matteo era lì, che mi fissava con gli occhi spalancati di preoccupazione e una borsa di acqua calda in una mano.
-          Scusami se ti ho svegliata. Ti ho preparato una boule di acqua calda da metterti vicino alla pancia. –
-          Grazie. Ma cosa ci fai qui? Non sei andato a sciare? –
-          Non ne avevo voglia e poi non mi andava di lasciarti da sola qua. –
-          Grazie, ma non dovevi. –
-          Tieni e non ti lamentare. Oggi ti faccio da infermiere. –
-          Grazie. -
 Appena si voltò, scostai le coperte e tentai di alzarmi per andare in bagno ma le gambe iniziarono a tremarmi e rischiai quasi di cadere. Mi afferrò appena in tempo, prima che la mia testa rimanesse spiccicata sul pavimento.
-          Ma sei matta? Ti ho detto che ti faccio da infermiere e tu provi ad alzarti così? –
-          Scusa. Grazie comunque.. sarei sicuramente morta. –
-          Che esagerazione. Avresti solo un bernoccolo in testa. –
Gli feci la linguaccia e lui mi aiutò ad andare in bagno.
-          Bene, ora puoi uscire. –
-          Così poi tu finisci per terra pure qua. –
-          L’hai detto tu che avrei rimediato solo un bernoccolo. –
-          Ma non voglio rovinare il tuo bel faccino. Mi giro dall’altra parte, promesso. –
-          Non farò mai la pipì in bagno con te. Puoi anche scordartelo. Piuttosto i pannoloni. –
-          Non scherzare che poi te li vado a comprare davvero. –
-          Uffa! –
Lui si voltò verso la porta e io mi tirai giù i pantaloni, sedendomi di corsa sul water. Esplicai i miei bisogni fisiologici e quando mi fui rivestita, mi avvicinai a lui posandogli una mano sulla schiena cercando di non cadere. Si voltò lentamente facendo incontrare i suoi occhi nei miei. Rimanemmo lì, in bagno, a fissarci negli occhi per diversi minuti. Sembrava che il mondo si fosse fermato. Ad un certo punto un brivido, non so per la febbre o per la sua presenza, mi percorse lungo tutta la schiena e, appena se ne accorse, mi prese in braccio, ignorando le mie lamentele di protesta portandomi a letto.
-          Non vorrai mica prendere freddo! Domani devi venire con me a sciare, quindi vedi di rimetterti in sesto. –
-          Sei un infermiere noioso. –
-          Non sono noioso, sono semplicemente severo. Mica posso farti stare in pigiama con sto freddo! –
-          Allora vieni qua. Non voglio stare sola. –
Iniziai a far tremolare il labbro come il gatto con gli stivali e alla fine lui acconsentì a stendersi con me sul letto, borbottando un “ basta che non mi attacchi i tuoi microbi”.
Mi accoccolai a lui che mi abbracciò di schiena e chiusi gli occhi.
Sentivo il calore delle sue braccia stringermi sotto il seno e sensazione era così piacevole che lentamente scivolai in un dormi veglia. Lo sentivo ancora stringermi, così come sentivo il suo respiro appena sopra i miei capelli però il mio respiro si fece pesante e regolare, come accade quando dormi.
Quando iniziò a parlarmi, fui quasi tentata di rispondere ma ero così comoda che preferii fingermi addormentata.
-          Soph? Dormi? Meno male.. Almeno ti risposi un po’. Non mi piace vederti quando stai male.. Mi sembra di stare male anche io. Sei una zuccona antipatica.. perché sei diventata così indispensabile? Mi chiedo da un po’ ormai cosa vuol dire amare qualcuno.. sono innamorato di te? Non ho mai provato queste sensazioni di completezza come quando ti abbraccio o di felicità quando mi sorridi. Dio come sono diventato smielato.. eppure anche solo vederti mi fa volare, non saprei in che modo spiegarmi. Non sono più riuscito ad andare con nessuna da quando ti baciai sotto casa tua, volevo sempre avere il tuo sapore sulle labbra.. Forse è questo l’amore. Svegliarsi e pensare a quella persona che ti rende felice, dormire con il sorriso sulle labbra perché sogni lei, voler passare ogni istante della tua vita guardandola ridere. Se è così, allora io sono innamorato di te.  –
Appena sentii quelle parole mi mossi leggermente avvicinandomi di più a lui che si zittì, probabilmente impaurito che potessi aver sentito, ma mi strinse a sé così forte che mi fece quasi male. Volevo aprire gli occhi e rispondergli, volevo dirgli che anche io ero innamorata di lui ma gli occhi non rispondevano al comando e neanche la bocca e piano piano scivolai in un sonno senza sogni.
 
Quando mi svegliai ero da sola nel letto e così ebbi tempo di ripensare a quel mattino. Era veramente stato Matteo a dire quelle parole o avevo così tanto desiderato sentirmele dire che mi ero immaginata tutto? Rimuginai ancora qualche minuto quando sentii Matteo bussare alla porta. Mi accoccolai nel letto, facendo finta di dormire, sperando che lui mi rilevasse qualcosa a proposito della mattina ma dovette accorgersene perché iniziò a punzecchiarmi.
-          Guarda che so che sei sveglia. –
-          Non ancora. Prima voglio un bacino. –
Sempre con gli occhi chiusi, allungai una guancia nella sua direzione mentre lui mi schioccò un sonoro bacio. Lo afferrai per un braccio trascinandolo nel letto con me quando lui iniziò a farmi il solletico. Avevo ormai le lacrime agli occhi e mal di pancia per il gran ridere, quando si decise a smetterla e si sdraiò di fianco a me nel letto sfatto. Mi accoccolai a lui, pregandolo di non ricominciare con il solletico e lo baciai sul collo. Quando sentii i battiti del suo cuore aumentare esponenzialmente, mi decisi. Non m’importava se quello che avevo sentito era un sogno o la realtà, io non riuscivo più a trattenere quello che sentivo.
Mi puntellai sulle mani, posizionandomi sopra di lui e quando aprì la bocca per parlare, gli misi un dito davanti, intimandogli di stare zitto.
-          Io ti avevo detto che ti dovevo dire una cosa per telefono.. ricordi? –
Annuì con uno scatto della testa e incatenò il suo sguardo nel mio.
-          Non sono brava con le parole. Quando sono in imbarazzo, mi impappino tutta, iniziando a balbettare. –
-          È vero. –
Accennai un breve sorriso che lui ricambiò subito e, spinta da un’insana voglia di lui, mi chinai lasciandogli un bacio a lato della bocca mentre lui continuava a fissarmi, con le mani stese lungo i fianchi. Spinta ulteriormente da un coraggio che normalmente non avrei mai mostrato, feci scontrare le mie labbra con le sue che ricambiò il bacio quasi subito.
Quando l’atmosfera diventò surriscaldata e i nostri baci sempre più passionali, feci scivolare la sua maglia sopra la testa, separando le nostre labbra per un nano secondo. Quando tentai di togliermi la maglietta, lui mi bloccò le mani sussurrando “Prenderesti freddo” tra un ansimo e l’altro. Fu in quel momento che decisi che non mi importava.
Io avrei fatto l’amore con lui, lì, in quel letto, senza pensare alle conseguenze.
Gli slacciai il bottone dei pantaloni e mi staccai dalla sua bocca per sfilarglieli di persona. I nostri occhi non si separarono per un istante e lentamente, in piedi davanti a lui, tolsi i pantaloni del pigiama e, con un calcio, li lanciai sulla poltrona della camera. Rimasi in mutande e maglietta e mi avvicinai a lui fissandolo negli occhi languidi.
Ricominciammo a baciarci più di prima, io sopra e lui sotto e quando sentii la coperta avvolgermi, mi sfilai anche la maglietta con un solo gesto, rimanendo a seno nudo. Subito lui vi posò una mano e iniziò a giocare con il mio capezzolo turgido mentre io ansimavo di piacere. Sempre continuando a baciarlo, cercai di sfilargli nuovamente i pantaloni e lui mi lasciò fare, staccandosi dalla mia bocca e puntellandosi sui gomiti. Quando rimase in mutande mi accorsi che non ero l’unica ad essere pronta per quello che stavamo per fare e il rigonfiamento nelle parti basse divenne sempre più evidente quando mi ci strusciai sopra lascivamente. Con una mossa di reni mi voltò facendomi finire sotto e sfilò le mie mutande e le sue. Quando toccò la mia intimità con una punta del dito e trovandola già pronta, si lasciò sfuggire un ansimo di piacere e sussurrò il mio nome in maniera così sensuale che lo baciai con trasporto.
Mi penetrò con calma, i suoi occhi incatenati ai miei e le sue labbra sussurravano il mio nome. Quando iniziò a spingere, feci scontrare le sue labbra con le mie iniziando a succhiarle; ad un certo punto le spinte diventarono più vigorose e il piacere che stavo provando divenne quasi intollerabile e iniziai a mordicchiargli le labbra finché non sentii il sapore acre del sangue tra di noi. Provai a scusarmi ma non riuscii a formulare parole, troppo presa ad ansimare vergognosamente sulle sue labbra. Gli occhi rimasero sempre incatenati, tranne quando ci baciavamo, e lessi le stesse sensazioni che provavo io nei suoi.
Quando le sensazioni di estasi divennero sempre più forte capii che stavo per provare il miglior orgasmo delle mia vita. Venni subito prima di lui e appena capii che anche lui stava per venire, lo baciai sulle labbra.
Quando fummo entrambi appagati, lui mi abbracciò rimanendo comunque dentro di me e mi diede un bacio a stampo. Passammo pochi minuti così, abbracciati, scambiandoci solo qualche bacio, mentre i nostri respiri lentamente si tranquillizzarono ma i nostri cuori continuarono la loro corsa frenetica.
Ad un certo punto, quando ormai la sensazione languida si era quasi completamente dissipata, ebbi un attimo di lucidità.
-          Hai messo il preservativo vero? –
-          Non te ne sei accorta? Certo che l’ho messo. –
-          Ok. bene. –
La consapevolezza di quello che era successo si fece strada tra  i miei pensieri e lentamente lo feci scivolare fuori da me, allontanandomi da lui.
Quando cercò di parlare mi voltai di scatto fulminandolo e quel mio gesto dovette fargli capire di tacere perché non pronunciò più una sola parola.
Afferrai l’intimo e il pigiama, mi vestii davanti a lui che mi fissava e dopo avergli lanciato un’occhiata, afferrai l’asciugamano e corsi in bagno, chiudendo la porta a chiave.
Feci partire al doccia ma non vi entrai, accostando l’orecchio alla porta per capire che facesse. Quando sentii le molle del letto cigolare, capii che si era alzato e dopo pochi minuti sentii la porta di casa chiudersi con uno scatto. Mi spogliai come scottata ed entrai velocemente nella doccia, lasciando le lacrime scendere libere lungo le guance.
Che avevo combinato? Perché eravamo arrivati a quel punto? Perché non aveva cercato di fermarmi quando ero scappata?
Che cosa aveva detto quella mattina mentre dormivo? Perché era tutto così dannatamente difficile?
Lasciai che i miei pensieri e le mie lacrime scivolassero lungo le guance finché non sentii l’acqua diventare fredda. Uscii dalla doccia e rimisi il pigiama come in uno stato di trance. Appena entrai nel letto sentii il suo odore pervadermi le narici, tanto che mi rifiutai di starci di più e andai a sdraiarmi sulla brandina dove dormiva Stefano e, senza più versare una lacrima, passai il pomeriggio nel letto, con gli occhi aperti a stringermi convulsamente le gambe al petto.

*Angolo dell'autrice.
Chiedo immensamente perdono questo questo IMPERDONABILE ritardo. La verità è che questo capitolo era già scritto da un po', salvato ben bene sul mio computer così come il capitolo successivo. Il problema è il classico blocco. Fin'ora ho scritto tutti i capitoli nell'arco di 4 mesi (da febbraio a maggio dell'anno scorso) e poi, quando finalmente tutti i nodi vengono al pettine.. mi sono bloccata. Non sapevo più come far continuare la storia e quindi ho deciso di sospendere le pubblicazione e farle una volta ogni tanto per non arrivare al punto in cui non avrei avuto più capitoli da postare e mi sarebbe venuta l'ansia di dover aggiornare la storia.
So che non ho scusanti ma l'estate scorsa ho avuto un brutto momento, soprattutto a causa dei test d'ammissione, e quando finalmente sono riuscita a entrare a Medicina (siiii, come sono contenta :D) mi sono concentrata sullo studio lasciando un po' perdere le storie. E mi dispiaceva moltissimo pubblicare questo capitolo, che si blocca un po' a metà, senza aver tempo per postare il prossimo. Prometto solennemente di postarlo il prima possibile.
Spero che qualcuno mi segua ancora. Ho avuto poche recensioni (e ammetto che è stata una delle cause che mi ha fatto venire il blocco) ma, indipendetemente da tutto, questa storia è molto importante per me e quindi, ho deciso di postare e continuare a scriverla. Ci sono già 2 capitoli nuovi pronti e sto provando a scrivere il terzo.
Siate buone e recensite se vi va..
Alla prossima (spero presto)
Giulia

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Capitolo 23
*** capitolo 22. ***




Capitolo 22.



Ero ancora nel letto quando sentii il campanello della casa iniziare a suonare e appena riconobbi la voci dei miei amici, mi alzai dal letto, rischiando di inciampare per la rigidità delle gambe che erano state piegate tutto il giorno. Appena arrivai alla porta, dovetti avere un aspetto spaventoso perché la prima cosa che fece Camilla fu di afferrarmi mentre cadevo. Le mie gambe non avevano retto e il digiuno di due giorni non mi aveva aiutato a mantenere l’equilibrio.
Mi strinse a sé mentre sentii Leonardo dire:
-          Ma dove si è cacciato Matteo? Non ti può lasciare qua da sola in questo stato. –
Come Camilla mi toccò la fronte decretò che dovevo avere la febbre alta e mi accompagnò nel letto. Appena mi accorsi che mi aveva portato nel mio letto, iniziai a ribellarmi dicendo che volevo dormire in quello di Stefano e così mi portarono nella cameretta che condivideva con Matteo e Leonardo.
Athena mi preparò subito una camomilla mentre gli altri iniziarono il giro di docce per togliersi il sudore della giornata sugli sci.
Sentii distintamente Leo e Ale lamentarsi più volte per l’assenza di Matteo e perché il suo cellulare squillava a vuoto in quanto l’aveva dimenticato a casa. Io mi rifiutai di parlare, sempre in stato di trance, finché sentii la porta chiudersi e Camilla mi porse la camomilla che aveva preparato Athe.
-          Adesso tu mi dici che è successo. Anche quando hai la febbre sei più vitale di così e Matteo dovrebbe essere qua. Perché lui non c’è? –
-          Io sono scappata. E lui è scappato subito dopo. –
-          Sei scappata? –
Le raccontai brevemente tutto quello che era successo, da quello che pensavo di aver sentito a quello che avevamo fatto sul letto mentre lei mi ascoltava in un silenzio religioso.
-          Perché sei scappata? –
-          Io ho paura. Io credo, anzi io so di essere innamorata di lui. Ma ho paura di questo sentimento. È più forte di quello che provavo con Giulio e non voglio starci male. –
-          Ma Sophie, tu ci stai già male! Guarda come ti sei ridotta. Perché non gli dici espressamente quello che provi? Peggio di così non può andare. –
-          Si che può andare. Può dirmi che io sono solo stata quella di una scopata, che sono una ragazzina romantica e che credo nelle favole. –
-          Ma se l’hai sentito dire che è innamorato di te. –
-          Io non l’ho sentito, io sono convinta di averlo sentito. Avevo la febbre, desideravo così tanto sentirgli dire quelle cose che l’ho sicuramente immaginato. Lui non si comporta come se provasse qualcosa per me. –
-          Lui ha la tua stessa paura di essere rifiutato. Se tu hai paura di questo sentimento così forte, lui, che non è mai stato innamorato, è più terrorizzato di te. –
-          Non lo giustificare. Poteva fermarmi, chiedere spiegazioni. L’ho baciato io, l’ho spogliato io. E lui si è limitato a farmi provare le più belle sensazioni della mia vita.. ma adesso.. –
Volevo continuare il discorso, dirle che adesso non sarebbe cambiato niente, quando fui interrotta dal campanello che suonava. Appena sentii Leonardo aprire la porta e insultare Matteo per avermi lasciato da sola in casa con la febbre, mi richiusi nel mio mutismo, mentre nuove lacrime mi annebbiarono la vista. Cami alzò gli occhi al cielo e andò nella camera affianco.
Appena sentii che i toni di voce stavano diventando troppo alti e distinsi la voce di Matteo in mezzo alle altre, afferrai l’i-pod di Stefano e misi i Linkin Park a un volume così alto che non riuscii a sentire altro se non le parole di Faint risuonarmi nelle orecchie.
 
Avevo la testa sotto il piumone e quindi non mi accorsi che la luce della camera si era accesa e qualcuno era entrato. Appena scostò le coperte, aprii gli occhi e vidi Matteo guardarmi con un bicchiere in mano, pieno di bollicine. Disse qualcosa ma con la musica a palla ancora nelle orecchie, non riuscii a capire niente e mi limitai a ignorarlo. Si sedette davanti a me e mi fissò negli occhi mentre io continuavo a guardare da tutt’altra parte.
Ad un certo punto la musica si fermò e come guardai l’ipod notai che era spento, segno che ormai la batteria era scarica. Non potevo più rimandare il confronto.
-          Hai finito di fare la bambina? Questa è la tachipirina effervescente, l’ho presa prima in farmacia. Mi hanno detto che dovrebbe farti passare la febbre. –
Mi misi seduta sul letto, poggiando la schiena al cuscino e, afferrato il bicchiere che mi porgeva, bevvi l’acqua effervescente in un solo sorso.
-          Dobbiamo parlare di quello che è successo prima. –
Non gli risposi e appena sentii di avere di nuovo gli occhi lucidi mi rintanai ancora sotto le coperte.
-          Non mi puoi ignorare a vita. Io voglio sapere perché mi hai baciato e perché, dopo aver fatto l’amore, sei scappata. –
Continuai a ignorarlo, sperando che capisse l’antifona. Non volevo parlarne, non volevo espormi. Avevo una paura incredibile soprattutto perché lui aveva il potere di infrangere le mie speranze di un possibile futuro insieme con delle semplici parole. E preferivo rimanere nella mia ignoranza piuttosto di sapere con certezza che lui non mi amava.
Mi andava bene l’amicizia con lui?
Si. Avrei accettato tutto pur di non perderlo.
-          Vado dagli altri. Non posso obbligarti a parlare. –
Come lo sentii alzarsi e avvicinarsi alla porta, uno strano istinto mi fece sussurrare un “aspetta” talmente flebile che lui non lo sentì. Appena la porta si chiuse mi alzai di scatto, pronta a corrergli dietro ma come misi i piedi per terra, la testa iniziò a vorticare sempre più forte e caddi all’indietro, aiutata da due braccia che mi posarono sul letto.
Alzai lo sguardo e incrociai quello di Matteo che mi fissava con l’aria corrucciata.
-          Se tu non vuoi iniziare a parlare, parlo io. Va bene? –
-          Perché sei scappato? –
-          Perché sei scappata tu! Mi sono sentito rifiutato. Avevo paura che ti fossi pentita di quello che era successo e non volevo vedere quello sguardo accusatore nei tuoi occhi. Ho passato tutto il pomeriggio qua fuori a pensare a te ma avevo paura che mi avresti accusato di averti obbligato a fare l’amore con me. Quando il sole è tramontato e le luci non si accendevano, ho immaginato che stessi dormendo, così sono andato in farmacia. Appena sono tornato c’erano già gli altri. –
-          Perché mi dici questo? Prima mi dici che siamo amici e poi mi baci. Poi facciamo l’amore ed è stato il momento più bello della mia vita ma tu non mi dici niente, non mi fermi quando vado in bagno, non mi dici niente. Cazzo, è stato il momento più bello della mia vita e tu non mi dici niente? –
-          E che ti dovevo dire? Che non mi ero mai sentito così con nessuna? Ti ho già detto che sono innamorato di te per telefono. Ma tu non mi credi. Cazzo, non faccio che pensare a te, tutto il giorno, sempre. Non voglio sentirmi rifiutato ancora una volta, però non riesco a toglierti dalla mia testa. Non riesco a fermare il mio cuore che parte all’impazzata appena ti vedo o sento la tua voce. Ti amo così tanto che tutto il resto sparisce quando sei con me. –
-          Non è vero che tu mi ami. Non è possibile. –
-          Perché non mi credi? Cosa devo fare per fartelo capire? –
Ormai urlavamo così forte che probabilmente tutti gli altri ci avevano sentito e spinti dalla foga della conversazione ci eravamo avvicinati sempre di più finché non sentii il suo respiro sfiorare le mie labbra.
-          Cazzo, vorrei solo baciarti fino a morire con il tuo respiro sulle labbra. –
Abbassai lo sguardo come colta da una sensazione di impotenza. E piano piano sussurrai:
-          Non è possibile che tu sia innamorato di me. Tu meriti di meglio. Per me tu sei l’unico, sei perfetto, sei bello come il sole ed è normale che io mi sia innamorata di te. Ma tu non mi ami veramente. Non sarebbe normale. –
-          Tu mi ami? –
Alzai lo sguardo incrociando i suoi occhi e sussurrai un “si” appena udibile.
-          E pensi di non essere abbastanza? Sophie, sei la prima persona di cui io mi sia veramente innamorato. Sei bella, dolce, forte, testarda, permalosa ma per me sei tutto. Cosa posso fare per farti capire che fare l’amore con te è stata una sensazione unica? Ogni volta che ti sfioro sento i brividi lungo la schiena e le mani iniziano a sudarmi. Voglio sempre dare il meglio con te anche se all’inizio avevo una fottuta paura di quello che provavo e a cui non sapevo dare una spiegazione. Mi piace tutto di te. Amo tutto di te. Come gonfi le guance quando sei scocciata, come diventi rossa quando ti arrabbi, come mi sorridi ironicamente quando faccio qualche cavolata, come mi abbracci fino a rompermi le costole, come corrughi la fronte quando stati studiando e non ti viene l’esercizio di matematica e allora mi guardi implorando con gli occhi di spiegartelo, amo quando sei felice e tutto intorno a te si illumina, amo che non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno, amo le sensazioni che mi fai provare. Dio, amo tutto di te. –
Avevo gli occhi ancorati ai suoi e mi avvicinai lentamente, posandogli una mano sul petto che si muoveva velocemente.
-          Senti come batte forte? –
Avvicinai l’orecchio al suo petto e il ritmo del cuore di Matteo iniziò ad aumentare le pulsazioni, andando a sincronizzarsi con il mio che correva come impazzito. Ad un certo punto, alzai gli occhi e lo vidi fissarmi, rapito.. Innamorato.
-          Baciami. –
L’avevo solo sussurrato ma mi sentì benissimo perché chinò le sue labbra sulle mie e mi baciò stringendomi forte al suo petto.
-          Davvero mi ami? –
Il suo bisbiglio mi arrivò tra un ansimo e l’altro così mi staccai e gli presi il viso tra le mani.
-          Io ti amo. Non ho mai amato nessuno come amo te. –
Appena pronunciai quelle parole, lui si riappropriò delle mie labbra, coinvolgendomi in un bacio passionale. Sentivo solo il mio cuore battere all’impazzata e le labbra di Matteo che si muovevano sulle mie.
Piano piano mi fece sdraiare sul letto e si sdraiò sopra di me, continuando il nostro gioco di lingue e facendomi provare delle sensazioni uniche.
Era la prima volta che provavo un senso di completezza così assoluto, un’estraneità così perfetta che mi sembrava di essere dentro una bolla di vetro e il mondo era chiuso fuori. Quando sentii qualcuno bussare alla porta, la bolla si dissolse magicamente, scostai Matteo in modo di alzarmi sui gomiti e osservare meglio la porta che si stava aprendo lentamente.
La prima che vidi fu Camilla, sotto di lei Mariella, entrambe con un sorriso meraviglioso disegnato sulle labbra.. sotto Mariella, sdraiata per terra, Athena aveva l’espressione più buffa che potessi mai immaginare, disegnando una O con le labbra semiaperte e gli occhi spalancati. Dietro di loro si intravedevano i ragazzi anche se non riuscivo a distinguere nessuno di loro a causa dell’ammasso di braccia e gambe che c’era sulla porta. Arrossii subito dall’imbarazzo che provavo, conscia che non solo avevano sentito tutto ma io e Matteo stavamo quasi per fare l’amore se nessuno ci avesse interrotto..
Nascosi la testa sotto le coperte e sentii il ragazzo ridere impacciato mentre la sua mano aveva stretto la mia come per rassicurarmi.
Quando sentii le altre ridere e saltarmi addosso, lasciai la mano del ragazzo e mi concentrai per nascondermi sempre di più.
-          Matteo, fuori di qua. Adesso la tua ragazza parla con noi. –
A quelle parole di Mariella feci uscire la testa dalle coperte e le guardai confuse.
-          La tua ragazza? –
-          Adesso sei la mia ragazza, no? Sempre se la cosa ti stia bene. –
Mi voltai verso il toscano che era dietro di me e lo baciai di slancio, sussurrandogli un tenero “certo che mi va bene, zuccone”.
-          Oooh, ma quanto sono tenerini.. zuccherini, pasticcini! –
Mi voltai lentamente verso Athena assumendo il mio sguardo omicida e la fulminai, lei e i suoi occhi a forma di cuoricino dei miei stivali.
Poi successe tutto in fretta, vidi Matteo trascinato via dai ragazzi e le ragazze mi saltarono sul letto.
Come si chiuse la porta le guardai malissimo e mi alzai di scatto per avvicinarmi all’uscio. La socchiusi e feci cenno alle altre di raggiungermi. Volevo sentire che dicevano i ragazzi.

 *Angolo dell'autrice
Ed eccoci qua!!! ebbene si.. ce l'ho fatta.
Questo è diciamo il capitlo clou, il coronamento dell'amore tra i due.. insomma. Quello che mi ha messo più ansia e agitazione. Non sono brava a scrivere cose romantiche e zuccherose. Mi diverto molto di più a scrivere drammi e sinceramente mi viene anche molto più facile. più le cose sono teatrali e drammatiche più mi vengono spontanee ;)
Chiedo ancora scusa a chi sta aspettando con ansia il proseguo di questo racconto e ringranzio immensamente chi l'ha messa tra i preferiti, seguiti e anche chi la legge silenziosamente... riesco a vedere anche voi ;)
Ho calcolato che ci saranno ancora 4/5 capitoli per poter fare una conclusione decente ma non assicuro nel lieto fine. Le mie amiche e mia sorella mi uccidono se provo a far finire male la storia.. ma chissà! vedo un po' come mi viene.
A presto
Giulia

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Capitolo 24
*** capitolo 23. ***


Capitolo 23


- Allora, finalmente ce l’hai fatta a dichiararti a quella patata lessa! – Leonardo voleva essere picchiato. A sangue. Da me.
- Sta zitto. –
- Almeno è brava a scopare? – No davvero.. Leonardo stava rischiano l’evirazione!
- Ma sta zitto! Non sono affari tuoi. –
Gli occhi a forma di cuoricino delle mie amiche erano qualcosa di assolutamente imbarazzante e le mi guance non tardarono a diventare rosso pomodoro. Chiusi di nuovo la porta, ero stanca di ascoltare i loro discorsi.. avevo sentito quello che volevo sentire. Non si era completamente rincitrullito e speravo che situazioni iper romantiche come quella di poco prima, per quanto mi avesse fatto piacere, non sarebbero più successe.. per lo meno non per i prossimi tremila anni.
- Finalmente! –
Mi girai, attirata dalla voce di Camilla che mi guardava sorridendo.
- È bravo a letto? Insomma, l’avevo detto che aveva un bel culo, bisogna solo capire se lo sa usare! –
Rossa come un peperone per le parole di Athena mi misi a ridere di gusto, tanto che la mia risata contagiò le altre ragazze che iniziarono con un tenero sorriso ma quando caddi dal letto su cui ero seduta per le troppe risa, mi seguirono anche loro. Neanche ci accorgemmo che i ragazzi erano rientrati, gli occhi pieni di lacrime e le labbra ancora aperte per quelle risate.
Oh Dei, come mi ci voleva una risata da togliermi il fiato. Ad un certo punto Alessandro si avvicinò a Mariella e, abbracciandola da dietro chiese:
- Ragazze, ma perché state ridendo? –
Con un urletto degno dei peggior film americani rispondemmo un “non lo so” tutte in coro, che ci fece aumentare le risa. Piano piano mi calmai, sentendo che la febbre stava tornando prepotente. Mi era sempre capitato di sentire l’esatto momento in cui la mia temperatura si alzava a livelli degni di tachipirina. In supposte.
Mi lasciai cadere a peso morto sul letto, sempre con un sorriso disegnato sulle labbra e guardai Leonardo che guardava incantato Camilla che intanto continuava a ridere come una matta.
La presi per mano e quando si voltò a guardarmi, riuscii a calmarle la risata.
- Ti sta tornando la febbre vero? Ti preparo un brodo caldo. –
Le parole della mia amica fecero da calmante per tutte che si placarono quasi in sincrono, senza perdere comunque il buon umore. Nel mentre strinsi la mano a Cami e annuii, conscia che qualcosa di caldo e una tachipirina mi avrebbero steso, almeno per quella lunga giornata.
Subito iniziarono le lotte per la doccia e la camera dove ero io, ancora nel letto di Stefano, iniziò a svuotarsi e mi accoccolai sotto le coperte, chiudendo gli occhi stanchi.
Sentii una mano accarezzarmi i capelli e l’odore che mi riempiva le narici non poteva essere di nessun altro.
- Ancora qua? Non vai a fare la lotta per la doccia anche tu? –
- Volevo sapere se avevi bisogno di qualcosa.. e poi quelli sono troppo stressanti, non mi avrebbero fatto vivere pur di farmi parlare. –
- Ahahaha, ci posso benissimo credere. Sono insopportabili quando ci si mettono. –
- Decisamente si. –
- Senti Matte, avrei una cosa da dirti. –
- Tutto quello che vuoi. –

Arrossii per l’imbarazzo, non essendo abituata a fare discorsi come quello che stavo per fare.

- Ma io e te.. siamo davvero un noi, adesso? –
- Allora, io voglio che tu non vada con nessuno.. –
- Se tu provi ad andare con qualcuna giuro che ti castro! –
- Non riuscirei mai ad andare con nessun’altra al di fuori di te.. –

Arrossii alle sue parole e, tirandomi sui gomiti, mi lanciai ad abbracciarlo. Fece posare la mia testa sulle sue gambe e, dopo avermi coperta bene fin sotto il mento, prese ad accarezzarmi i capelli, senza distogliere gli occhi dai miei.

- Grazie per aver chiarito questo mio dubbio... Il punto del mio discorso sarebbe un altro in realtà. Ti prego, ti prego, ti prego.. Non diventiamo una coppia sdolcinata come Mariella e Alessandro o Daniela e Fede.. Non troppe dimostrazioni in pubblico e niente soprannomi. –
- Acida vale come soprannome? –
- Solo se io ti posso chiamare Idiota.. –
- Affare fatto. –

Mi sorrise dolce e si avvicinò alle mie labbra ma, sebbene io agognassi il contatto con le sue, si fermò a pochi cm da me e sussurrò suadente:

- Noi siamo noi, non dobbiamo fare quello che ci si aspetta da una coppia. Facciamo quello che vogliamo, quando ce lo sentiamo.. Non mi importa quello che la gente pensa di noi. Io so cosa siamo, io credo in quello che formiamo e tutto il resto non conta. –
- Ti amo. –
- Anche io, mio bignè alla crema. –

Sorrisi mentre le sue labbra si poggiarono sulle mie, suggellando quelle promesse che mi aveva fatto con un bacio degno di questo nome.
 
 
La serata passò tranquilla, rimasi quasi sempre accoccolata dentro le mie coperte stile koala e piluccai qualcosa da mangiare ascoltando gli altri che chiacchieravano di quella giornata particolare. Con gli occhi continuavo a soffermarmi sulla figura di Matteo che stava appoggiato a una sedia davanti a me mentre Camilla mi tirava qualche pizzicotto quando il mio sguardo rimaneva fisso per più di qualche minuto. Prima di andare a dormire decidemmo di fare il gioco di “obbligo o verità” e ci disponemmo in cerchio sul divano con una bottiglia in centro.
Visto che ero malata, insistetti per poter essere la prima a fare le domande e feci girare la bottiglia che, dopo qualche giro veloce, si fermò davanti a Stefano.

- Mmmm.. mio carissimo amico. Che domanda posso farti di imbarazzante.. hai mai fatto sogni erotici su qualcuno di noi? E se si.. chi? –
- E non vale così! Tu lo sai benissimo! E poi che direbbe Albi se lo venisse a sapere? –
- Ti farò fare una penitenza se non parli... e il tuo caro ragazzo non c’è.. non lo verrà a sapere. –

Mi limitai a fissarlo, con gli occhi alla gatto di shrek che spuntavano dalla coperta che mi avvolgeva ma non dovetti essere tanto convincente perché lui alla fine si fece rosso in viso e scelse la punizione. Sogghignai sadica e feci uno scatto in piedi per dirigermi verso la cucina.

- Cosa stai cercando Sophie? Non oseresti mai fare quello che penso tu voglia fare, vero? –
- Ooooh si che oserei.. lo sto facendo proprio ora. – mi voltai verso di lui con la boccetta di aceto in mano e un pezzo di pane nell’altra. Mi inginocchiai davanti a lui, così da essere alla sua altezza e inzuppai per benino il pane nell’aceto.
- Tu ora mangi questo. –
- Non lo farò mai. –
- E allora parla. –
- Non farò mai neanche quello. –
- Sei un codardo che non ha le palle. –
- Non è vero. –
- E invece si.. proprio un fifone senza palle. Una vera checca isterica. –
- Non è vero! Sarò pure una checca ma non sono isterica.. quella è una tua prerogativa. –

Socchiusi gli occhi e avvicinai il pezzo di pane a lui che, con le mani tremanti, lo afferrò e se lo mise in bocca in un sol boccone. Iniziò a masticare come un matto, diventando tutto rosso e quando finalmente riuscì a mandare giù il boccone si alzò di scatto per trangugiare quasi una bottiglia d’acqua intera. Ancora rosso in faccia mi disse:

- Spera solo di non capitarmi tu.. o te la faccio pagare io. –

Iniziai a ridere e tornai a sedermi al mio posto, tra Matte e Cami, mentre gli altri continuavano a ridere della scenata di Stefano per un po’ di aceto.
Subito dopo Stefano, che girò la bottiglia, toccò a Mariella che scelse di accettare la sfida e raccontò della sua prima volta. La serata passò in fretta, tra le risate per le punizioni  e la ricerca di imbarazzanti domande da porre. Quando infine la bottiglia indicò Matteo e, curiosa come non mai, aspettai che Camilla pose la sua fatidica domanda.

- Matteuccio caro.. che potrei chiederti.. Fammi pensare. Con quante ragazze hai fatto l’amore? –

Camilla mi fissava mentre faceva quella domanda a Matteo e io, di risposta, mi voltai verso di lui per sentire la risposta a cui rispose in un  nano secondo, gli occhi bassi a fissarsi i piedi incrociati.

- Una. –

Rimasi frastornata, non mi aspettavo una risposta del genere. Con chi aveva fatto l’amore? Non ci potevo credere che quello che quello che era successo quel pomeriggio fosse la sua prima volta.  E infatti..

- Intendevo il sesso, idiota.. –
- Allora non saprei.. mica tengo la lista. –

I ragazzi iniziarono tutti a ridere, compreso il simpaticone seduto accanto a me e io incrociai le braccia sbuffando, attirando l’attenzione del mio ragazzo che mi abbracciò da dietro e mi lasciò un bacio sul collo, appena dietro l’orecchio. Sempre tenendo un braccio intorno ai miei fianchi, si allungò a prendere una bottiglia e la fece girare. Neanche guardai dove puntava il collo della bottiglia, ancora intenta a rimuginare sulla risposta di Matteo e quando mi accorsi che tutti mi fissavano, abbassai lo sguardo e vidi che puntava proprio verso di me.
Come scottata, mi allontanai da Matteo e lo fissai, chiudendo leggermente gli occhi, e sperando che non mi facesse qualche domanda troppo imbarazzante, come era solito fare.

- Tocca a me! –
- Vendicami, vendicami! –

Stefano si era ancora più esaltato, alzandosi in piedi e incitando Matteo di pensare a qualcosa di stronzo. Nella mia mente invece si ripeteva quasi come un mantra “ fa che non mi chieda cose imbarazzanti.. fa che non mi chieda cose imbarazzanti..” ovviamente il mio karma era contro di me, perché quando sentii la domanda che mi pose, diventai di tutti i colori.

- Hai mai fatto fantasie sessuali su di me? e se si, quali? –
- Ehm.. sicuro che sia questa la domanda? Non posso fare un cambio? –
- No, mia cara. Adesso tu rispondi e bada bene.. se non rispondi, punizione. –

Stefano si era intromesso, andando a sottolineare le regole del gioco.

- Punizione allora. –
- Hai avuto fantasie sessuali su di me? davvero? Poi le voglio sapere sai! –
- Da me non ne caverai niente. Ho la bocca cucita. –
- Ma amore, sono davvero curioso. –
- Amore un corno. Trova questa punizione e facciamola finita. Poi io me ne vado a letto che domani vengo a sciare, con o senza febbre! –
- Ma Sophie, sono solo le 11! –
- Poco mi importa. –
- La punizione.. è fare cambio di letto. Tu vieni a dormire nel letto con me, così la Cami dorme tranquilla. –
- Non vale!! Questa non è una punizione! –
- Sta zitto Stefano. Ho la febbre.. che vorresti farmi fare, il giro della casa, sotto la neve senza giacca? Così altro che febbre.. finisco all’ospedale!! E poi io ci sto. Almeno non attacco i miei microbi a Cami ma solo a te. –

Gli feci una linguaccia e mi alzai dolorante, diretta verso il bagno. Finii di lavarmi e mettermi la crema e presi l’ennesima tachipirina della giornata e mi coricai nel letto che prima condividevo con la mia migliore amica e che adesso avrei condiviso con il mio ragazzo.
Chissà se sarei riuscita a dormire quella notte..



Nota dell'autrice.
Chiedo immensamentissimamente scusa per questo incredibile ritardo.
Ho continuato saltuariamente a scrivere la storia ma ormai l'ispirazione era andata via e con il cambio di corso all'università sono stata incredibilmente impegnata con corsi e laboratori vari.
So di non avere scusanti (da lettrice di ff capisco quanto facciano saltare i nervi quegli autori che spariscono per degli anni senza degnare nessuno di un avviso) ma spero che con questo mio capitolo nuovo mi sia fatta perdonare. Mancano ancora 2/3 capitoli e l'epilogo per concludere questa storia e in realtà io non riesco ancora a concluderla perchè il mio essere incredibilmente cinica mi porta a voler inserire un finale tragico che mal si adegua alla storia e quindi sto cercando di trovare l'ispirazione che metta d'accordo il mio cinismo con il racconto in sè. Questo non vuol dire che non ci potrebbe essere un lieto fine (anche perchè un'amica mi ucciderebbe se io provassi a fare un finale tragico e non posso che darle ragione in quanto alla fine mi sono affezionata ai miei personaggi e non voglio che succeda loro niente di irreparabile).
Spero di riuscire ad aggiornare presto ma non posso assicurare nulla.
Ancora le mie più sentite e profonde scuse e alla prossima
Strawberry Swing
 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24.


Prima che Matteo venisse a sdraiarsi nel letto con me, arrivarono in camera Cami e Leo, che avrebbero dormito nel letto a castello ed entrambi, quasi in coro mi avvisarono che se avessi provato a far qualcosa, qualsiasi cosa, con Matteo quella notte, loro mi avrebbero trucidato.
Così quando finalmente arrivò il ragazzo, con solo i pantaloni da fargli da tuta e i muscoli ben in vista, guardai supplichevole Camilla che in tutta risposta mi lanciò un’occhiataccia e si nascose sotto le coperte, facendomi sogghignare. Nel frattempo il toscano si infilò sotto le mie coperte e mi abbracciò da dietro, modellando il suo corpo nella mia posizione fetale.
Urlai un buonanotte generale e le luci della camera si spensero quasi in simultanea a quelle del salotto dove dormivano gli altri. Aspettai qualche minuto, sperando che gli altri si addormentassero e quando sentii Leo iniziare a russare, mi voltai verso Matteo, sperando che lui non stesse dormendo. Quando lo vidi con gli occhi chiusi, sbuffai contrariata.
Non riesci a dormire? –
Ma allora facevi solo finta! –Aprì solo un occhio e fece un ghigno divertito. Mi stava prendendo in giro, l’antipatico.
Come posso dormire quando sei qua tra le mie braccia? –Lo strinsi ancora di più in un abbraccio e gli baciai il petto.
Sophie, siamo in camera con gli altri. Non tentarmi. –
Ecco brava Sophie, tieni le mani a posto che io voglio dormire invece di sentire voi due fare le cosacce. –
Ancora sveglia Cami? –
Come posso dormire con il trattore che dorme qua sopra? –Scoppiammo a ridere tutti e tre, le promisi che non avremmo fatto niente di sconcio e le augurai la buonanotte.
Matte si avvicinò al mio orecchio e sussurrò malizioso:
Sicura di non voler fare niente di niente? –Sentii dei brividi lungo tutta la schiena e probabilmente li sentì anche lui perché iniziò a ridacchiare, contento dell’effetto che mi faceva.
L’ho promesso a quei due.. sono sicura che Leo non sentirebbe niente mentre non posso dire altrettanto di Camilla che si sveglia anche se tossisco. –
Che noia! Poteva dormire qualcun altro in camera con noi allora! –
Qualcun altro? Non va bene così? –
Ma si che va bene.. come va la febbre? –Lo baciai di sorpresa sulle labbra e lui rispose con trasporto. Non riuscivo a stargli lontana neanche un secondo. Quando si staccò da me, lo guardai contrariata.
Guarda che non mi freghi. Io voglio sapere quali sogni sconci hai fatto su di me. –Arrossii come un peperone abbassando lo sguardo per sfuggire ai suoi occhi indagatori e iniziai a baciarlo sul collo, soffiando leggermente per poi baciarlo sulla guancia, sempre più vicino alla bocca ma senza baciarlo davvero. Quando sentii distintamente l’effetto che gli stavo facendo, non riuscii più a trattenere un ghigno.
Anche se sta funzionando, non riuscirai a distogliermi dai miei propositi. Voglio sapere i tuoi sogni erotici. Sono curioso! –Mi avvicinai con la bocca al suo orecchio e sussurrai, sperando di risultare almeno un po’ sexy.
Davvero vuoi sapere cosa ho sognato? –
Ehm.. si. –Il tono roco con cui mi rispose mi fece andare in estasi.
Vediamo un po’ se riesco a stupirti. E poi voglio sapere con quante ragazze hai fatto sesso. –
Ma Sophie, non m’importa niente di loro. Sei gelosa? –
No che non sono gelosa. Tu puoi fare tutto quello che ti pare, sai cosa me ne importa! –
Non ci credo.. sei gelosa marcia. –
Guarda che se vuoi farmi parlare stai sbagliando tattica. Completamente. Così mi stai solo facendo venire un gran sonno. Buonanotte caro! –Mi girai dall’altra parte e chiusi gli occhi. Certo che ero gelosa. Ma avrei negato anche davanti all’evidenza. Mai farsi cogliere in fallo e mai mostrarsi debole davanti al nemico. Anche se in questo caso, non sarei mai riuscita a stare tanto tempo senza il mio nemico preferito.
E va bene. La prima ragazza con cui ho fatto l’amore era una ragazza incredibilmente acida e brontolona. Oltre a essere super permalosa. E non vedo l’ora di fare l’amore con lei altre mille volte. –
E allora valla a cercare. Mi chiedo ancora perché sono qua nel letto con te. –
Ma stavo parlando di te! –
Oh.. ma io non sono affatto permalosa. O acida. E tantomeno brontolona. –
Mi arrendo. Hai vinto tu. –
Vedo che inizi a capire.. –
Ora però parla! Voglio vedere se riesco a mettere in pratica una delle tue fantasie. –
Ma.. mi imbarazzo. –
Se vuoi te ne racconto una io. –
Oh santo cielo. Sentiamo su.. –
Ecco.. ti ricordi quella volta che stavamo per fare sesso in casa tua e poi tu sei scappata per andare a Pisa? –
Si. –
Ecco.. quella notte, oltre a preoccuparmi come un pazzo per te perché non sapevo dove fossi, con chi fossi, se eri arrabbiata con me.. ecco.. non riuscivo a non pensare al tuo corpo, al tuo seno quando ti ho toccato. –Altro che rossa.. ero diventata di tutti i colori e mi nascosi gli occhi con le mani. Lui mi prese le mani nelle sue e mi lasciò un bacio sul naso, un bacio dolcissimo che mi lasciò stupita qualche minuto.
Ho immaginato come sarebbe stato fare l’amore con te, in casa tua, sul tuo letto. Ti avrei fatto di tutto, plasmandoti come creta nelle mie mani se tu me l’avresti permesso. –
Ma questa non è una fantasia sessuale! –
Allora se vuoi ti posso raccontare che una notte ho sognato che eravamo in un’isola deserta e sotto il sole tu ti spogliavi solo per me, lentamente e poi, quando eri nuda davanti a me, io mi avvicinavo e ti baciavo, prima qui.. poi qui.. e poi scendevo a baciarti il seno, mentre con una mano accarezzavo il tuo capezzolo.. –Mentre parlava mi lasciava teneri baci sul collo, scendendo lentamente..
Ok! basta! Ho capito. Cheta i tuoi ormoni per favore. –Il mio stomaco era in subbuglio e lo fermai appena in tempo, prima di passare il punto di non ritorno. Se continuava così, gli sarei saltata addosso entro pochi secondi e dovevo assolutamente trattenermi. Ero in camera con altre due persone, e che diamine!
Cos’è, ti ho fatta eccitare? –
Vuoi sapere il mio sogno su di te oppure continui a fare domande sciocche? –
Sto zitto. Continua pure.. –Mi guardò con fare incoraggiante, i suoi occhi incatenati ai miei.
Visto che il tuo sogno sarebbe irrealizzabile, soprattutto perché io non mi spoglierò mai nuda sotto il sole in un posto dove potrebbero vedermi tutti.. o per lo meno google earth.. io ho sempre immaginato come sarebbe fare l’amore in aereo. O in ascensore. Il brivido di essere scoperti.. l’eccitazione di farlo mentre sei su un mezzo in movimento.. –Nascosi nuovamente i miei occhi tra le mani.. mentre una piacevole sensazione si faceva largo tra le mie gambe. Mi sembrava di essere un’adolescente che aveva a che fare con i primi ormoni ed effettivamente poteva essere così. Ero un’adolescente, a Luglio avrei compiuto vent’anni quindi per ora ero ancora una teenager e sicuramente i miei ormoni non erano mai stati così in subbuglio come da quando conoscevo Matteo.
Quando rialzai gli occhi vidi che non aveva smesso un secondo di guardarmi, la luce dell’abat-jour soffusa creava una strana atmosfera. Si chinò a baciarmi le labbra dolcemente, senza approfondire il bacio.
Sei così bella quando ti imbarazzi. –Senza neanche rispondere, arrossii ancora di più e chiusi gli occhi, troppo sopraffatta dalla situazione e un po’ delusa dal fatto che lui non avesse reagito in maniera passionale alla mia imbarazzante dichiarazione. Poi repentinamente, una mano si infilò nei miei pantaloni e sentii una dito toccarmi nella mia intimità.
Ti prego, domani stiamo a casa io e te? Sei così bagnata che se non fosse per quei due, ti toglierei ora i vestiti di dosso e farei l’amore con te. –Gli sfilai la mano dalle mie mutande, mentre la mia eccitazione saliva e gli sussurrai, a un centimetro dalle labbra.
Vedremo domani. Ora tu fai il bravo bambino e fai la nanna. E tieni quelle tue zampacce da assatanato fuori dai pantaloni altrui. –Iniziò a ridere di gusto mentre un sorriso spuntava dalle mie labbra. Lo abbracciai dolcemente, stringendomi al suo petto.
Ti amo. –
Anche io ti amo, Sophie. –Restammo così, abbracciati sotto le coperte per non so neanche quanto tempo e quando finalmente riuscii ad addormentarmi, sognai di essere su un aereo con Matteo seduto al mio fianco e che mi diceva di andare in bagno perché voleva farmi provare una cosa..


*Angolo dell'autrice:
Chiedere venia a quelle poche persone che ancora mi seguono mi sembra inutile ma doveroso. So di essere una pessima autrice, da lettrice di EFP posso benissimo comprendere il nervoso quando i nuovi capitoli arrivano con una cadenza di due/tre anni. Purtroppo causa carenza di idee e impegni universitari ho davvero perso tanto tanto tempo. Tuttavia essendo la prima volta che riesco a scrivere più di 4 capitoli di una storia mi dispiacerebbe troppo cancellarla. Piano piano sto cercando di creare un epilogo adatto.. promesso! 
Spero a presto! 
Giulia

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