Alice nella nebbia

di mamie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre - Quattro ***
Capitolo 4: *** Cinque - Sei ***
Capitolo 5: *** Sette - Otto ***
Capitolo 6: *** Nove ***
Capitolo 7: *** Dieci - Undici ***
Capitolo 8: *** Dodici ***
Capitolo 9: *** Tredici ***
Capitolo 10: *** Quattordici - Quindici ***
Capitolo 11: *** Sedici - Diciassette ***
Capitolo 12: *** Diciotto - Diciannove ***
Capitolo 13: *** Venti - Ventuno - Ventidue ***
Capitolo 14: *** Ventitrè - Ventiquattro - Venticique ***
Capitolo 15: *** Ventisei - Ventisette - Ventotto - Ventinove ***
Capitolo 16: *** Trenta ***



Capitolo 1
*** Uno ***


UNO
Alice cammina per il Paese delle Meraviglie. Cammina con le sue scarpette lucide, il grembiulino bianco, su un paesaggio di cocci di bottiglia. Il cielo è grigio, solcato da lampi e dal fumo dei proiettili. Il rumore è assordante.
Alice cammina indifferente, calpesta macerie, mobili rotti, libri stracciati, vestiti a brandelli. Guarda lontano, in un orizzonte dove c’è solo una striscia di luce livida.
Alice cammina e il grembiulino bianco si schizza di fango e di cenere, forse anche di sangue. Le scarpe no, rimangono lucide, di un nitore ultraterreno.
Alice è bionda bionda come il lino, ha gli occhi azzurri azzurri, un azzurro di fiordaliso.
Alice guarda il mondo in bianco e nero, spento, arido, brutto e inutile.
Forse è il contrario: forse Alice è solo una bambola meccanica, molto graziosa e vuota, e il mondo vero è quello del sangue e della cenere 

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Capitolo 2
*** Due ***


 DUE
Alice cammina nel suo mondo folle e spietato insieme. Il grembiulino bianco, le scarpe lucide. Intorno i sorrisi dei gatti di Schrödinger, né vivi né morti o meglio vivi e morti insieme.
Alice sale una scala a spirale di DNA, sente arrivare un ciclone nel battito d’ali di una farfalla.
I colori sono acidi, violenti, ma sotto non c’è niente, nessun oggetto concreto a cui attribuirli.
Realtà virtuale. Piano piano tutto l’universo diventa un ammasso di dati troppo grande e troppo fitto per essere decifrabile. Alice cammina fra i dati che scorrono, le luci acide le si riflettono negli occhi spalancati come specchi.

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Capitolo 3
*** Tre - Quattro ***


 TRE
Compagni di Alice che camminano da soli.
Un elfo dalla lunga treccia d’argento, metà del volto sfigurato e un arco potente.
Un pirata biondo senza nave che non smette di guardare l’orizzonte.
Cyrano che cammina naso all’aria invocando la luna e Rossana.
Il principe Andrej sul suo cavallo nero che guarda silenzioso l’incendio delle case.
La principessa dalle mani piagate che tesse camicie d’ortica.
Un ninja senza volto che ha perso il proprio signore.
Una sirena che diventa schiuma del mare.




 
QUATTRO
Alice sente la rabbia che le pulsa nelle orecchie. Tutti, tutti sono arrabbiati. Le lanciano insulti, le sputano addosso. Anche lei è arrabbiata, sente la faccia che arrossisce, la voce che esce stridula, come un graffiare di lavagna. Poi più niente. Poi si arrende. La rabbia è un mare scarlatto che la sballotta come un sughero. Non trova un punto d’appoggio, non trova un rifugio. Nulla. Solo la rabbia che è diventata una luce accecante. Alice non vede più niente.

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Capitolo 4
*** Cinque - Sei ***


 CINQUE
Alice sente il suo corpo che si disfa lentamente, come la cenere di un vulcano spento. Non ce la fa più a tenersi insieme. Perde un pezzo alla volta, lentamente, ma non muore.
Alice non sa se vuole morire. Forse vuole vivere perché vivere è bello. Forse vuole morire perché vivere è brutto. Non sa decidersi, e intanto si disfa piano piano.
 
 
 
SEI
La cattedrale è enorme, le colonne altissime, il soffitto quasi si perde nel cielo. Alice cammina e le sue scarpette lucide risuonano sul marmo più lucido del pavimento. Osserva le statue immobili che la guardano dall’alto. Qualcuna è accigliata, qualcuna ha un sorriso beffardo sulle labbra di marmo. Tutte hanno una scritta sul piedistallo: “quello che non sei”.
Artiste con in mano gli strumenti della propria arte, manager dal viso duro che additano lontani futuri improbabili, sante con i simboli del martirio, artigiane accanto ai loro capolavori, studiose che brandiscono le loro lauree plurime, atlete vitaminizzate, segretarie efficientissime, madri di famiglia impeccabili…
Ce ne sono decine, alla fine Alice si stanca di guardarle e abbassa la testa. Il gatto a strisce compare accanto a lei ridacchiando divertito.
- Che cosa sei, Alice? – chiede.
- Io… sono io…
- Risposta sbagliata!
Il gatto salta fino al soffitto che esplode di stelle.

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Capitolo 5
*** Sette - Otto ***


 SETTE
Alice non vuole più camminare. Camminare le fa male, cammina su mille coltelli come la Sirenetta. Alice non può piangere, se piange si dissolverà nelle lacrime e di lei resterà solamente una pozza salata.
In mezzo alla folla, qualcuno la spinge, qualcuno la tira. Le facce sembrano amichevoli, ma dopo poco si accorge che sono solo maschere. Maschere di cartapesta che si crepano e si rompono una alla volta, e sotto c’è soltanto il buio.
 
OTTO
Paura. Paura. Paura. Alice ha paura. Non di quello che vede o che sente. Ha paura di qualcosa che non c’è. Quel qualcosa non c’è, ma la sua paura sì: la sente scorrere sotto la pelle come un fiume, sente il suo odore acre, sente il rumore del sangue che romba negli orecchi, la sente come una grossa mano che la prende e viene a strizzarla poco a poco fino a farle uscire ogni boccata d’aria, ogni goccia di fiato. Chi verrà a salvarla? Nessuno, no, nessuno. Alice sa che deve domarla come una bestia feroce, la sua paura, ma è stanca. L’ha già fatto tante di quelle volte. Sembra che la bestiola accetti i suoi ordini, quasi la sente fare le fusa come un grosso felino, poi invece no, ritorna selvaggia, vuole dilaniarla ancora e ancora. Non è mai finita.
Alice ha paura.

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Capitolo 6
*** Nove ***


 NOVE
Il fuoco romba come un uragano. Brucia tutto, case di paglia, covoni di grano, tutto. La criniera del cavallo e il collo a tratti riflettono il bagliore delle fiamme. Alice vuole andare via, ha paura del fuoco, ma quell’uomo dagli occhi freddi non la lascia passare.
“Lasciami andare” urla con tutto il fiato.
L’uomo la guarda e nel suo sguardo ora c’è una certa dolcezza.
“Non sono io che ti impedisco di passare. Io non esisto. E poi nella mia non esistenza sono morto. Non sono io”.
Alice si guarda intorno. “E io?” chiede
“Anch’io non esisto? Anch’io sono morta?” ma lui non risponde. Dopo un po’ si accorge che è andato via. Anche il fuoco si è spento. Ora ci sono solo rovine e fumo.

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Capitolo 7
*** Dieci - Undici ***


 DIECI
- E’ tardi, è tardi, è tardi!
Il Bianconiglio sfreccia via brandendo il suo orologio.
- Per che cosa è tardi? – vorrebbe chiedere Alice. – Per vivere?
 
UNDICI
La tristezza a volte prende Alice per i piedi. Glieli fa formicolare e li paralizza. Poi striscia su lungo la spina dorsale come un’edera velenosa che arriva ad artigliarle la nuca. A quel punto non si può più muovere. Alice può affrontare una battaglia, impavida, ma a volte diventa triste per cose insignificanti: un’occhiata, una parola. Quando è così paralizzata darebbe qualsiasi cosa per smettere di essere triste. Anche la sua vita.

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Capitolo 8
*** Dodici ***


 DODICI

Alice cammina col suo bel faccino pulito, i capelli ben pettinati tenuti dal cerchietto, gli occhi blu spalancati e innocenti. Bisogna guardare molto, molto da vicino per capire che è una maschera perfetta. Il sorriso dolce stampato sulle labbra non muta mai. Gli occhi innocenti riflettono tutto e lo rimandano indietro uguale, vuoto.
Alice non si toglie mai la maschera se non quando è perfettamente sola. Allora sotto si vede un viso selvaggio dalle chiome scomposte, gli occhi che brillano come soli, la voce che ha tutte le tonalità delle bufere.
Dura solo un attimo, poi la maschera ritorna al suo posto, obbediente. Sorriso, inchino… è una brava bambina, Alice.

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Capitolo 9
*** Tredici ***


TREDICI

Alice guarda le stelle. A volte si dimentica che ci sono, le stelle. C’è sempre talmente tanta luce che non si vedono quasi mai, o se ne vedono davvero poche, sbiadite e lontane.
Eppure le pare di ricordare dei cieli immensi così pieni di stelle da sembrare impolverati d’argento e d’oro… e oh, guarda, la Via Lattea, l’antico fiume che divide il cielo…
Alice guarda le stelle e sa che sono lontane, che non si interessano dei nostri desideri, delle nostre paure. E’ quasi confortante pensare che c’è un altrove che risucchia il tempo, che scardina lo spazio del piccolo mondo infangato dove Alice arranca un passo alla volta.
Ogni tanto prova a saltare, per vedere se riesce a volare fin là. Naturalmente fa solo dei piccoli saltelli e poi ricade al suolo. Ma che bello pensare di poter arrivare fino a toccarle. Per non tornare più.
 

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Capitolo 10
*** Quattordici - Quindici ***


QUATTORDICI
- Vieni qui Alice, guarda come siamo belli.
I fiori, si sa, sono vanitosi.
- Io sono più profumato…
- Io sono più colorato…
Sembra che sorridano, e invece di nascosto allungano i rami spinosi per ghermirle il grembiulino.
- Vieni da me…
- No! Vieni da me!
- Io sono più importante.
Alice sta lì, frastornata, e non sa scegliere. E’ un po’ stupita di trovarli così crudeli. Sanno solo dire “Io”.
 
 
QUINDICI
Alice si sente in colpa. Per cosa? Per qualsiasi cosa. Per esempio, per non essere perfetta.
Le sembra quasi che tutti gli altri siano perfetti e lei no, lei invece sbaglia sempre. E’ distratta, si dimentica le cose, si guarda attorno e non bada a dove va. Non è perfetta.
Che bello sarebbe non sentirsi più in colpa. Pensa. C’è chi ci riesce benissimo. Lei, invece, si sente in colpa anche quando a sbagliare sono gli altri. Si sente in colpa per loro. Perché non è riuscita a fermarli per esempio, o cose del genere.
Dev’essere una reazione chimica anche quella, il senso di colpa. Qualcosa nel suo cervello che ha scavato un solco e non se ne vuole andare. Si può stirare il cervello? Levargli tutte le pieghe?
Però, poi, in un cervello ben stirato sparirebbe anche l’amore?
 

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Capitolo 11
*** Sedici - Diciassette ***


SEDICI

- Non si può camminare da soli.
Questa è la voce dell’elfo.
Cammina accanto a lui con lunghi passi e lei vede solo metà del suo viso, quella intatta, bella.
- Io cammino da sola – risponde Alice – e anche tu.
Poi ci pensa un attimo.
- A volte si muore di più in mezzo agli altri.
L’elfo si gira, le mostra la parte sfigurata del suo volto.
- Devi scegliere – le dice – o ti arrendi o combatti.
Ma Alice non vuole scegliere. Non vuole arrendersi, non vuole combattere. Vuole solo andare via.

 
DICIASSETTE

Si può morire un po’ alla volta?
Si può, pensa Alice.
Ogni tanto uccidono un pezzo di te. Sembra che stai in piedi, cammini… e invece hai perso un pezzo di anima, o di cuore.
A volte te lo uccidi da sola, il cuore. Però dopo non ti senti morta, ti senti quasi bene.
Un cuore vivo, invece, spesso fa molto male.

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Capitolo 12
*** Diciotto - Diciannove ***


DICIOTTO
A volte Alice vorrebbe spegnere il cervello. Le piacerebbe tanto avere un interruttore nella testa da poter comandare a suo piacere.
Click. Acceso. Ora Alice pensa. Pensa talmente forte che a volte si fa male e non vorrebbe pensare più e allora…
Click. Spento. Niente più pensieri, niente più sofferenza.
C’è gente che gira col cervello spento tutta la vita e se la cava benissimo, anzi, di sicuro se cava meglio di lei.
Che bello sarebbe, potersi spegnere ogni tanto.
Click.
 
DICIANNOVE
Il principe Andrej cammina accanto ad Alice con aria annoiata. Alice lo guarda ogni tanto, senza osare interrompere i suoi pensieri. Dopo poco però non ce la fa più.
- È assurdo, camminiamo per non andare da nessuna parte. Io voglio tornare a casa – dice.
- E dov’è casa tua? – Risponde lui.
Alice non lo sa dov’è la sua casa. Non c’è più un posto che sia suo. Non appartiene più a niente. Il suo mondo sono solo macerie.
 

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Capitolo 13
*** Venti - Ventuno - Ventidue ***


VENTI
Ad Alice hanno sempre insegnato ad essere razionale. Persino il reverendo Dogson, con tutte le sue storie strampalate, le insegnava la matematica.
Ora invece pare che la razionalità sia un lusso per gente di molte pretese. Non c’è niente di razionale nelle case abbandonate, con i muri crollati e i segni dei proiettili sulle pietre scheggiate.
 
VENTUNO
Alice si trova ad un tratto in mezzo ad un gioco di angeli preraffaelliti. C’è una luce così chiara e bella che vorrebbe restare lì per sempre. Ci sarà un modo per camminare nella luce? Per portarsela addosso come una bella sciarpa di seta? Qualcuno, forse, ha trovato il modo, ma lei no. Lei fa un passo e piomba di nuovo nel buio.
 
VENTIDUE
‒ Vieni con me, Alice.
Questa è la Sirena.
Alice non s’è accorta di aver camminato così tanto, fino alla riva del mare… o forse è la pozza delle lacrime?
‒ Vieni, Alice.
La Sirena sorride, gioca con le onde, si dissolve in schiuma che il vento disperde.
Il mare è così grande. Così grande che nelle sue acque annegano occhi e pensieri.
 

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Capitolo 14
*** Ventitrè - Ventiquattro - Venticique ***


VENTITRE
Sulla riva del mare la raggiunge il pirata.
‒ Allora? Dov’è la tua casa? – le chiede.
‒ La mia casa è dove cammino – risponde Alice – e la tua?
‒ Avrei voluto morire in mare invece di essere qui.
Ad Alice sembra molto triste, ma per la verità nessuno dei suoi compagni è mai particolarmente allegro.
Il Reverendo Dogson, almeno, la faceva divertire.
 
VENTIQUATTRO
Alice sta perdendo la memoria. Se ne accorge con sgomento quando cerca nella mente i nomi delle persone che ha incontrato. I volti. Nulla: una nebbia ovattata in cui il suo pensiero si perde. Non ricorda, eppure qualcosa le brucia dentro, l’ombra di un passato che non sa più se è reale o un altro dei suoi tanti sogni.
 
VENTICINQUE
 
̶  Mi manca il bosco.
Sulla riva del mare le orme dell’elfo si vedono appena, tanto cammina leggero.
̶  Il rumore del mare a volte somiglia a quello delle foglie. È bello il mare, ma il bosco mi manca.
̶  Una volta mi sono persa nel parco  ̶  risponde Alice. – Si era fatto buio e avevo paura.
L’elfo sorride, raccoglie una conchiglia bianca e gliela mette in mano.
 

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Capitolo 15
*** Ventisei - Ventisette - Ventotto - Ventinove ***


VENTISEI
 
̶  Hai avuto paura quando eri in guerra? – chiede Alice ad un tratto.
̶  Sì.
̶  Credevo che gli Elfi non avessero mai paura.
̶  Tutti hanno paura.
L’elfo guarda il mare, forse vede esattamente dove finisce la linea dell’orizzonte e dove comincia il cielo.
Alice gli sfiora piano la guancia, quella rovinata.
̶  Ti ha fatto tanto male?
̶  Sì.
̶  E non sei scappato?
̶  No, Alice. Non sono scappato. A volte bisogna andare avanti lo stesso, anche se fa male.
̶  Lo so – risponde Alice, e improvvisamente sembra più grande.
 

VENTISETTE
 
̶  Qual è la cosa più brutta della guerra? – chiede Alice.
L’elfo ci pensa un po’.
̶  È il dopo – risponde.
̶  Perché?
̶  Perché dopo hai tempo di pensare e di contare i morti.
Alice non chiede più niente. Solo allunga la mano, esitante, per stringere la sua.
 

VENTOTTO
 
̶  Fa male morire? – chiede Alice al principe Andrej che cavalca lentamente sulla spiaggia, guardando le onde che rotolano sotto gli zoccoli del suo cavallo nero.
̶  Non tanto – le risponde lui.  ̶  È come addormentarsi.
̶  Ma prima, invece?
̶  Prima sì, ma poi non ha più importanza.
̶  Io ho paura di morire – mormora Alice. Il principe Andrej sorride.
 

VENTINOVE
 
̶  Fa male morire? – chiede Alice alla Sirena.
̶  No, è come dissolversi piano in schiuma.
̶  Tu sei morta per un uomo che nemmeno ti ha riconosciuto, neppure sa che l’hai salvato. Ha sposato un’altra! A cosa ti è servito amare così tanto?
̶  Ad avere un’anima immortale – risponde la Sirena.
 

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Capitolo 16
*** Trenta ***


TRENTA
 
Ci sono dei giorni in cui Alice si sente in trappola. Corre in tondo assieme a tutti gli altri – “una corsa per asciugarsi” pensa – e non vede né l’inizio né la la fine. Solo macerie.
A volte le sembra di essere in testa alla corsa, altre volte in fondo, ma non si capisce dove sia il traguardo e forse nemmeno la partenza. Girano in tondo finché qualcuno urla “STOP!” e allora si fermano.
Mica tutti assieme. Qualcuno crolla subito, ansimando, qualcun altro fa ancora qualche passettino, decelerando. Un paio se ne accorgono solo dopo un po’, che sono tutti fermi.
E chi ha vinto?
Boh?

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