Corona & Lime

di madbunny
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici /pt. 1 ***
Capitolo 16: *** Capitolo Quindici /pt. 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Era l'ennesima giornata in giro per le città del Regno Unito: sveglia alle 6.00, colazione preparata da Max e, dopo una doccia veloce, subito di corsa in auto a provare il live.
Avevamo appena finito di passare tra la folla di fan urlanti e io decisi di abbandonarmi al mio mondo mettendomi le cuffie dell'ipod nelle orecchie.
"Nathan! Da quanto tempo!" disse una voce squillante interrompendomi nel bel mezzo della canzone.
"Oh, hey.." dissi salutando Jessica che mi stampò un bacio sulla guancia.
Le altre del suo gruppo - le Parade - avevano appena finito di salutare gli altri e stavano andando via ma lei no, continuava a starmi davanti imperterrita.
"Uhm.. credo che se ne stiano andando senza di te" le dissi facendo cenno alle altre.
"Oh si, dovrei andare.." riprese lei "volevo parlare un po' con te.. vabhè il mio numero ce l'hai... fatti sentire qualche volta!" Sembrò quasi che mi fece l'occhiolino, poi dopo un sorriso malizioso seguì le sue amiche.
"Ahh baby Sykes hai fatto ancora conquiste! Quando mi insegni come fai?!" chiese Jay dandomi una pacca sulla spalla.
"Sta' zitto James.. e non chiamarmi così!" risposi irritato e poi ci dirigemmo verso l'aeroporto.
Come al solito, lì ci aspettavano un bel gruppo di fan.
"Ma ci pensi che sono qui davanti a noi?!" fece una all'amica con un accento strano. Finii il mio autografo e mi voltai verso di lei.
"E' la prima volta ragazze?" chiesi sorridendo.
L'espressione sui loro visi era la solita:
"OMMIODDIOE'NATHANSYKES!" avranno pensato.
Poi in coro mi risposero "si...", ma una di loro continuò a parlare sottovoce in un'altra lingua.
"Di dove siete?" chiesi incuriosito.
"Italia!" mi rispose una tutta euforica.
"Woo! E' bello avervi qui ragazze..!" dissi cercando di imitare la stessa euforia ma intanto pensavo:
Chissà come sono le italiane a letto...
"Come vi chiamate?" chiesi prendendogli i fogli che avevano in mano.
"Deborah!" rispose una.
"Jessica!" fece l'altra.
Quel nome mi perseguita.. pensai.
Scrissi un grosso "CIAO" in italiano su entrambi i fogli e li firmai.
"Bhè, allora.. Deborah e... Jessica" mi sforzai di pronunciare quel nome "per quanto tempo state qui a Londra?"
"Solo due settimane.. verremo a vedervi al concerto di venerdì!"
"Fantastico! E siete qui da sole?"
"mmh no,"
rispose Deborah "ce ne sono altre con noi, ma c'è chi segue Tom, chi Jay, chi Siva, chi Max..."
"e chi te.."
finì Jessica.
Mi stava guardando maliziosamente o sbaglio?!
"Oh.." bisbigliai, "bhè piacere di avervi conosciute! Ci si vede venerdì!"
"Certo!!"
urlarono in coro e dopo un abbraccio e una foto le lasciai tornando in macchina.

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


"Nate che fai tu?" mi chiese Max, "noi andiamo al McDonald, Jay va alla fiera dei cosplay di Avatar, vieni con noi?" "Uhm no.. pensavo di fare un giro e poi andare a Gloucester a salutare mia madre" risposi.
"Oook! ci vediamo stasera!" mi salutarono e andarono via, io ne approfittai per andare in bagno lì all'aeroporto.
Rividi il gruppetto delle ragazze italiane andare verso la stazione ma, fortunamante, loro non videro me.
Aprii la porta dei bagni pubblici e ne trovai dentro una sola.
Ah certo, non facciamo distinzioni tra maschi e femmine per l'amor di dio.. pensai tra me e me.
Poco dopo, stavo quasi per aprire la porta per uscire dal bagno quando mi trovai di faccia una ragazza con la maglietta bagnata.
Era Jessica.
"Oddio! scusa!" mi disse imbarazzata e io mi limitai a sorriderle, poi, quando lei si spostò di lato provai a riaprire la porta.
La maniglia era bloccata, così feci di nuovo forza con la mano, e poi ancora una volta con la spalla, ma niente, la porta non si apriva.
"Uhm.. va tutto bene?" chiese preoccupata.
"Non si apre." risposi io tra l'impaurito e l'indignato. Mi allontanai di poco e Jessica provò anche lei ad aprire la porta.
"Ma non è possibile! Si è aperta cinque secondi fa!" disse con tono più alto.
Provai ancora a strattonare la porta con tutte le mie forze, ma riuscii solo a farmi male.
Lei mi guardò terrorizzata.
"Oddio, ti giuro che io non c'entro niente!" mi disse.
"No, ma figurati.." gli risposi.
No, ma figurati se non ci avevi pensato... pensai.
Provammo entrambi ad urlare e a chiedere aiuto, ma non c'era nessuno.
Diedi un calcio alla porta e presi il cellulare.
"Tom, dove siete?"
"Bloccati nel bel mezzo dell'autostrada, amico.. quindi nel caso avessi cambiato idea, ripensaci"
mi rispose lui.
"Ah, fantastico.."
"Che è successo?"
chiese.
"No, niente di che guarda, sono bloccato in bagno con una fan, la porta non si apre, non c'è nessuno e dalla finestra non ci passo."
Sentii Tom ridere a crepapelle, così sbuffai e staccai la chiamata.
Jessica era in un angolino spaventata.
"Va tutto bene, rilassati.." dissi cercando di confortarla, "non ci sono le tue amiche? Ti verranno a cercare, no?"
"Gli ho detto di non aspettarmi nel caso il treno arrivasse.. quindi penso che ormai siano già partite.."
"Non puoi chiamarle?"
"Ho lasciato la borsa fuori.."
disse quasi mortificata.
Sospirai e gli porsi il mio cellulare. "Dimmi che ti ricordi almeno uno dei loro numeri.."
Lei allungò la mano per prenderlo e iniziò a cliccare i tasti pensierosa.
Dopo un po' avvicinò il telefono all'orecchio e mi sorrise mimandomi un "squilla".
Non capii un bel niente di quello che disse, perché parlò in italiano, ma dalla sua espressione capii che non era niente di buono.
"Sono già in treno.." disse ridandomi il cellulare.
Sospirammo e insieme riprovammo di nuovo a urlare aiuto.

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ***


Erano passati più di venti minuti e quella dannata porta ancora non si apriva.
"Perché hai la maglietta bagnata?" chiesi a Jessica.
"Guerra d'acqua!" rispose lei facendo un mezzo sorriso. "Uhm.. ti dispiace se ti giri..? Così mi cambio.." disse indicandomi la maglia che aveva in mano.
Sorrisi e mi misi nell'angolo, poi, ovviamente, presi il cellulare e provai a sbirciare dal riflesso vedendola in reggiseno.
Era davvero una bella ragazza, e per essere poco più piccola di me, sembrava più grande.
"ok, fatto!" disse quando si rivestì, così mi voltai e riposai il cellulare in tasca.
Temetti che mi sgridasse perché se n'era accorta e invece non disse nulla.
Continuammo a restare lì in silenzio per una manciata di minuti poi la vidi appoggiarsi alla parete e scivolarci con la schiena fino a sedersi.
"E' tutto ok?" chiesi preoccupato.
"No.. inizia a mancarmi l'aria", rispose lei tesa e col viso pallido.
Mi sedetti a terra vicino a lei e la feci appoggiare con la schiena sulla mia gamba, poi iniziai a farle un massaggio alle spalle.
"Sei troppo nervosa.. più ci pensi, più è peggio" sussurrai.
Iniziò a rilassare i muscoli, poi, all'improvviso, scoppiò a ridere. "Che c'è?" chiesi divertito.
"Niente.. è solo che da me si usa dire che i massaggi sono l'anticamera del sesso.." rispose lei continuando a ridere.
"Chi ti dice che c'è solo da te questo detto?" la provocai.
"Woo, Nathan Sykes, pensavo ti piacessero le tende e i campi da golf, non i bagni pubblici!" disse a mo' di rimprovero.
"Nuove esperienze..." replicai io e ridemmo insieme fino a quando lei non si voltò a guardarmi negli occhi.
Gran begli occhi verdi, pensai ma non riuscii a parlare.
"Che c'è?" chiesi.
"Niente.. solo che, ommioddio, tu che mi fai un massaggio può succedere solo nei miei sogni.." rispose imbarazzata.
"A volte i sogni diventano realtà.." sussurrai, poi cedetti alla tentazione e iniziai ad avvicinarmi piano al suo viso.
Sentii un rumore.
"C'è qualcuno!" gridò lei alzandosi di scatto e io feci lo stesso poco dopo.
Iniziammo a bussare forte sulla porta e, finalmente, qualcuno riuscì ad aprirla.
"Che state facendo?" ci sgridò un tizio con la targhetta della sicurezza.
"Che stiamo facendo?!" sbottai io, "siamo chiusi qui da più di un'ora!!!" Dopo una breve litigata con il tizio riuscii ad ottenere delle misere scuse.
Fuori ormai si era fatto buio e la zona non era delle migliori così restai di fianco alla ragazza.
"Uhm.. dovrei rifare il biglietto per il treno" disse Jessica strappando il vecchio.
"Sei pazza? Ti ci accompagno io, prendiamo un taxi.."
Stava per replicare ma la guardai in modo minaccioso e così non parlò.

Aprii la porta dell'auto gialla e le feci segno di entrare.
"Grazie.." mi disse sorridendo prima di salire in macchina.
Grazie a te, pensai.

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ***


"Come mai hai preso un appartamento da sola?"
chiesi quando arrivammo a destinazione.
"Bhè.. in teoria dovrei restare solo due settimane, ma chissà forse resto più a lungo..."
"E cosa ti convincerebbe a restare più a lungo?"
domandai alzando un sopracciglio.
"Uhm.. lavoro?" rispose lei ridendo.
La accompagnai fino al portone e intanto lei prese le chiavi dalla borsa.
"Bhè.. direi che è arrivato il momento di chiamare Tom e farmi venire a prendere" dissi.
Mi guardò quasi dispiaciuta. "Se vuoi.. puoi salire, l'appartamento è grande.."
"Uhm non lo so..."
ci pensai un po' su.
"Neanche se ti dico che sto per fare il thè?!" stuzzicò sorridendo.
"Mmmh, mi conosci proprio bene eh, italiana?"
"Ovvio!"
rispose entusiasta e mi fece segno di entrare.
Preparò il thè e me lo offrì, poi si sedette sul divano e chiese "film??"
"Perfetto!" risposi e mi accomodai accanto a lei.
In Tv non c'era niente di carino, così fui costretto a guardare Eclipse in HD.
"Ricordami come hai fatto a convincermi a vedere quest'obbrobrio" dissi a metà film.
"Sei un insensibile, Nathan!"
"Maddai! Il vampiro sbrilluccicoso è un'idiota! Ha una gnocca che se lo vuole scopare e lui dice di no, e la gnocca è una troia che si fa un cane!"
"Carina come trama, ma non hai colto il senso della storia mio caro Sykes!"
"Questa storia non ha un senso mia cara italiana."
replicai ridendo.
"Smettila di chiamarmi così!" mi rimproverò.
"Ohhh, altrimenti?" la stuzzicai io.
Mi guardò per un attimo male, poi prese un cuscino e me lo tirò in faccia.
"Questo non dovevi farlo!" dissi saltandogli addosso e iniziando a farle il solletico.
Dopo pochi minuti urlò "OK! Basta mi arreeendoo!" ed io tornai a sedermi soddisfatto.
"Sei ingiusto! Tu non lo soffri!" piagnucolò aggiustandosi i capelli scompigliati.
"Vorrà dire che dovrai trovare un altro modo per mettermi ai tuoi piedi.." replicai io convinto che non ce l'avrebbe mai fatta.
E invece la sottovalutai.
Mi guardò per un secondo sorridendo, poi, senza dire niente, si mise su di me a gambe aperte e mi baciò il collo. "Dicevi..?" continuò a provocarmi.
La guardai fisso negli occhi e intanto sentivo gli ormoni ballare il tip-tap nel mio corpo.
Non risposi e lei si stampò un sorriso soddisfatto in faccia.
Stava per tornare a sedersi, fino a quando non la presi in braccio e la distesi a terra mettendomici sopra.
Che cazzo fai Sykes! Contieniti, è una fan! mi diceva la vocina nella mia testa ma non le diedi retta e iniziai a baciarla facendo scivolare le mani sotto la maglietta.
Dopo un po' si allontanò di poco e guardandomi disse "a te non piacciono proprio i posti normali eh?" Scoppiammo a ridere e poi, ancora, tornammo a baciarci.
fermati! diceva la vocina nella mia testa.
mipiacemipiacemipiacemipiace! vai avanti! diceva un'altra, e così feci, mi sfilai la maglia e le mi mise le mani fredde sul petto facendomi eccitare ancora di più.
Le strappai prima la maglia di dosso e poi i pantaloni alternando baci e effusioni varie che mi facevano perdere la testa e poi, dopo, a sospiri e respiri affannosi.
Non ne ho idea di quanto durò, non ci pensai, non pensai proprio a nulla se non alle sue labbra e i suoi fianchi a cui non riuscivo a fare a meno di stringere tra le mie mani.

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ***


Quando aprii gli occhi la luce del sole filtrava dalla finestra e il pavimento era così freddo che rabbrividii.
Jessica intanto continuava a sognare. La guardai per un po' dormire poi, la presi in braccio e la distesi sul divano, ed io mi misi accanto a lei.
Dopo un po' aprì anche lei gli occhi.
"mmh, hai finito di fissarmi?" chiese con voce ancora assonnata.
Le sorrisi e le stampai un bacio sul naso. Sorrise anche lei e poi si accoccolò sul mio petto ed io la abbracciai accarezzandole i capelli.
"Che ora è?" bisbigliò.
Allungai un braccio per prendere il cellulare.
"Le 12.40... è tardi.." risposi.
"Di già?!" disse con un tono un po' più alto, poi mi guardò negli occhi. "e io che volevo stare ancora con te.." disse maliziosa.
La tirai più su con le mani per riuscire a baciarla e continuai finché non sentii il suo stomaco brontolare e scoppiammo a ridere.
"Sarebbe il caso di mangiare qualcosa.." la incitai sorridendo.
"Mmmh ok, ma tu mangi con me!" mi lasciò un bacio sulle labbra e corse via in cucina.
Intanto io ne approfittai per fare un doccia e rivestirmi.
"Sei pregata di metterti qualcosa addosso, italiana" dissi abbracciandola da dietro mentre lei cuoceva qualcosa sui fornelli.
"Ehi! Non sono nuda!"
"Stare in mutande e con la mia maglietta non significa essere vestiti" replicai girandola verso di me e cingendola per i fianchi.
"Mi stai dicendo che rivuoi la maglietta?" provocò lei facendo come se stesse per toglierla.
Non riesco a spiegare che effetto mi facesse, ma era come la morfina.
Se qualcuno mi avesse colpito con una mazza da baseball in quel momento non avrei sentito nulla. Tutto quello che sentivo era il corto circuito nella mia testa che, inconsciamente, spruzzava scintille a destra e a manca che diventavano brividi. Brividi di sensazioni mai provate prima e che per nessuna ragione al mondo avrei voluto abbandonare. E lei fungeva da morfina. Tutte quelle scariche elettriche diventavano piacere allo sfiorarsi con la sua pelle.
Le diedi il bacio più lungo che avessi mai dato. E ad ogni scossa la avvicinavo sempre di più, la facevo sempre più mia.
Tant'è che ci trovammo, sui mobili dell'isola della cucina, di nuovo incastrati l'uno all'altra, come in un puzzle, e mai mi sarei fermato se non fosse stato per il cellulare.
"Max?" risposi al telefono allontanandomi mentre Jessica era tornata ai fornelli.
"Nathan, dove cazzo sei?!"
"Uhm.. è successo qualcosa?"
"No.. si.. non lo so! Sono preoccupato per Tom... non risponde a nessun telefono, nessuno lo ha visto ho sentito da ieri, Kelsey è disperata e rompe le palle a me e io sono fuori città..."
rispose ansioso.

"Che vuoi che faccia?"

"Passa da lui e fammi sapere..."

"Ok, ti chiamo più tardi"
"Grazie Nate."

Staccai la chiamata e presi la giacca. Jessica mi guardò preoccupata.
"Va.. va tutto bene?" chiese premurosa.
"Devo andare." risposi serio e mi chiusi la porta alle spalle senza neanche salutarla.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ***


Presi un taxi e mi feci accompagnare a casa di Tom.
Bussai il citofono più di una volta ma continuava a non rispondere nessuno, finché la ragazza del primo piano non si affacciò alla finestra.
"Nathan! Che ci fai qui? va tutto bene?" chiese notando la mia faccia ansiosa.
"Ciao, Emily.. non è che puoi aprirmi per piacere?"
"Certo!"
rispose e dopo qualche secondo mi aprì il portone.
"E' da tanto che non ti vedo qui..." iniziò a dire avvicinandosi e accarezzandomi i capelli.
"Uhhm.. già, si, bhè devo dire una cosa importante a Tom.. quindi.. ci vediamo!" dissi di fretta e fuggii via.
"Chiamami!" urlò lei alle mie spalle.
Ma anche no, pensai. L'unica volta in cui me la filai ero ubriaco marcio e, nonostante lei, il giorno dopo, continuasse a dire che era stato stupendo, io non ho mai ricordato nulla.
Corsi per le scale fino al secondo piano, presi le chiavi da sotto il tappetino e aprii la porta.
Apparentemente in casa non c'era nessuno. Solo montagne di bottiglie di birra vuote sparse per terra.
Sentii degli scricchiolii e mi avvicinai al corridoio, poi, spalancai la porta della sua stanza e mai e poi mai avrei immaginato di vedere una ragazza nuda saltare addosso a Tom.
"Oddio! Scusate!" dissi spalancando gli occhi e richiudendo la porta. "Tooom, ti devo parlare!" urlai, poi.
"UN ATTIMO!" urlò lui dalla stanza ed io intanto andai in cucina.
Pensai di mandare un messaggio a Jess, ma mi ricordai che non avevo il suo numero, così cercai tra le chiamate effettuate del giorno prima e trovai due numeri che non avevo in rubrica.
Uno doveva per forza essere della sua amica, ma non ne avevo idea di quale, così decisi di mandarlo ad entrambi i numeri:
"Ciao.. puoi dire a Jessica che l'aspetto oggi al North Light Bars alle quattro, per piacere? :)"
Inviai i messaggi e intanto una ragazza biondina in accappatoio entrò in cucina.
"Aspetta un attimo... tu non sei Kelsey.." dissi squadrandola dalla testa ai piedi e sottointendendo un "tu sei molto più carina.."
"E chi è Kelsey?" chiese lei.
"Chi, cosa? Chi è Kelsey?!" mentì Tom - spudoratamente - entrando anche lui in cucina.
"Tom.. sta venendo qui.." lo avvertii e il tempo di finire la frase non bastò che qualcuno busso il campanello.
"Che cazzo faccio ora Nate?!" chiese Tom ansioso.
La biondina continuava a guardarci confusa. Sentimmo le chiavi nella serratura e la porta si aprì, poi, Kelsey piombò in cucina rossa in viso.
"TOM!! SEI MORTO! SI PUO' SAPERE CHE FINE AVEVI FATTO?!" urlò avvicinandosi al ragazzo, poi guardò la ragazza in accappatoio.
"E lei chi è..?!"
"Uhm Kelsey.."
balbettò Tom.
"La mia ragazza." intervenni io e lui si girò guardandomi come a dire ''ti devo un grosso favore!'', e così era.
"Ah.. e perché è in accappatoio?" continuò Kelsey non ancora convinta.
"Oh andiamo.. non fare tutte queste domande.. ho semplicemente approfittato di casa di Tom per.." non finii la frase e gli feci l'occhiolino.
Lei mi guardò piuttosto schifata, poi si gettò tra le braccia di Tom che mi mimò un "grazie." alle sue spalle. "oh! E come si chiama?!" disse all'improvviso continuando ad intrigarsi.
"Uhhm.. si chiama....."
"Viola."
rispose la biondina sorridente e si avvicinò a me per baciarmi.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ***


"Ti devo un grosso favore, fratello!" mi sussurrò Tom salutandomi con un abbraccio.
"Si, comincia col darmi le chiavi della macchina, Tom." risposi io sfilandogliele dalla tasca.
"A me nessuno deve niente?" chiese Viola stizzita.
"Mmh, si giusto, quanto hai detto che è a botta?" rispose Tom ironico e le si avvicinò in modo provocatorio.
Intanto, Kelsey era in cucina a preparare uno dei suoi soliti disgustosi piatti per Tom, il che mi faceva pensare a perché stessero ancora insieme.
Viola e Tom si addicevano, erano entrambi due tipi da sesso, droga e Rock 'n Roll. Ma senza la droga, o almeno spero.
Mi chiesi come mai, piuttosto, lei non fosse arrabbiata con lui per averla mentita su Kelsey, di solito le ragazze se li fanno 'sti complessi, ma decisi di tenere i miei dubbi per me.
Una volta scese le scale uscimmo dal palazzo e vidi lo sguardò minaccioso di Emily nel vedermi con una ragazza.
"Bhè, che fai tu ora?" chiese all'improvviso lei.
"Uhm non lo so, ti va di andare a mangiare qualcosa?"
"Certo!"
rispose entusiasta ed entrammo in macchina sotto l'occhio attento della ragazza dalla finestra.
Andammo a mangiare in un piccolo ristorante che conoscevo, parlammo del più e del meno e scoprii che anche lei era italiana.
Il che faceva tornare i miei pensieri alla sera precedente e a Jessica.
Viola era una ragazza davvero carina, dal carattere deciso e determinato e non permetteva mai al silenzio di diventare imbarazzante.
Più la conoscevo e più mi dicevo ''è Tom al femminile''. Dopo pranzo la accompagnai a casa e mi salutò con un bacio sulla guancia.
"Stai andando ad un appuntamento, Nathan?" chiese alzando un sopracciglio poco prima di scendere dall'auto.
"Co-cosa?! No macchè... cioè, non è proprio un appuntamento.." farfugliai.
"Bhè, dev'essere proprio carina per averti fatto perdere la testa così, è tutto il giorno che sei pensieroso ma non te l'ho detto perché mi divertiva." disse mettendosi a ridere.
Le sorrisi. Era bello essere capiti, ma era anche strano, o almeno per me, conoscere una persona da così poche ore e volerle già bene.
Mi salutò con la mano e andò via. Io rimisi in moto e sfrecciai lungo la strada in direzione del North Light Bars.
Ero bloccato nel traffico quando mi rivennero in mente le parole di Viola.
"Stai andando ad un appuntamento, Nathan?" ...
Appuntamento.

Scesi dall'auto ed entrai in un negozio di Tiffany & Co.
"Posso esserle d'aiuto?" mi chiese la commessa ed io feci segno di no.
Probabilmente mi aveva riconosciuto perché quando mi vide sbiancò in faccia e annuì di fretta correndo a prendere il cellulare.
Le diedi poco peso e iniziai a guardare con attenzione ciondoli, collane e gioielli vari.
Mi fermai di colpo quando vidi un anello.
Era semplice, di oro bianco e con dei diamanti che disegnavano il simbolo dell'infinito.
Guardandolo ne vedevo il profilo di Jess e dei suoi occhi grandi e verdi.
Lo presi tra le mani e iniziai ad ammirarlo per bene.
"Un diamante è per sempre..." disse all'improvviso la commessa che si era avvicinata, e non me ne ero neanche accorto.
Un diamante è per sempre... ripetei io tra me e me. Era lei il mio diamante?
Qualunque fosse la risposta non m'importava.
"Lo prendo" dissi deciso.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ***


Arrivai a destinazione con 5 minuti di ritardo, mi guardai un po' intorno e la cercai, fino a quando non sentii una voce.
"Sei in ritardo.." disse e mi voltai per guardarla.
"TU????" chiesi sorpreso, "che ci fai qui?!?"
Mi guardai in torno alla ricerca di qualcosa,il posto era giusto ma lei no.
"Come, scusa? sei tu che hai mandato un messaggio a Bianca dicendole di vederci qui..." rispose Jessica, ma non quella Jessica, l'altra Jessica, la cantante delle Parade.
Promemoria: mai più inviare appuntamenti via sms a numeri ignoti.
"Uhm.. mi dispiace Jess, ma credo ci sia un errore..." dissi cercando di mantenere la calma.
"Andiamo Nate, sono anni che ci conosciamo! L'ho capito che ti interesso.. ed è per questo che sono qui, basta vincere la timidezza..." rispose lei venendomi vicino ed abbracciandomi.
"Jessica, non so di cosa tu stia parlando.. sul serio.." continuai io, ma lei mi sorrise e prese a baciarmi.
Quando la allontanai, evidentemente, era già troppo tardi, perché Jessica - l'altra - era dietro le spalle della cantante che mi fissava con gli occhi lucidi.
Spostai la ragazza di lato e cercai di avvicinarmi a lei, ma iniziò a correre veloce e scappò via.
"Chi era quella?" chiese la Agombar alle mie spalle.
"Fanculo.." sussurrai in preda alla rabbia.
"Cosa??" continuò lei.
La guardai male per un secondo e senza neanche risponderla me ne andai.
"Dove stai andando? Nathan..!?"
"Fanculo, fanculo, fanculo." continuavo a ripetermi.
Salii in macchina, accesi il motore e accellerai rabbioso in direzione casa.

"Che è successo?" chiese Max vedendomi pieno di rabbia appena entrai in casa.
"Niente." risposi secco e mi chiusi in camera.
Passai il pomeriggio sul letto e a deprimermi ascoltando 'End of the road'. Provai a chiamare il numero dell'amica di Jess, ma continuava a non rispondere nessuno.
In serata Max mi chiese se avevo voglia di una pizza, ma risposi di no, così lui decise di uscire con Michelle e andare a mangiare fuori.
Poco dopo mi chiamò Tom.
"Nate, hai presente quando ti ho detto che ti devo un favore?" chiese quando risposi al cellulare. "Bhè..?"
"Ecco.. te ne devo due se mi fai un piacere!"
disse con voce supplicante.
Sospirai, "Tom.. non è serata.."
"No aspetta ascoltami,"
mi interruppe frettoloso, "il problema è che a Kelsey è venuta la brillante idea di andare a ballare stasera.. e mi ha detto di far venire anche te e Viola... secondo me ha ancora qualche presentimento."
Era preoccupato e si sentiva.
"Ok Tom, va bene..." mi arresi.
"GRAZIEE!" disse lui tutto euforico, "ti passo a prendere tra mezz'ora! Ti divertirai, vedrai!"
Si, come no, pensai.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove ***


Tom passò a prendermi puntuale. Salii in macchina e salutai Viola con un bacio a stampo, sotto lo guardo di Kelsey che ci fissava dallo specchietto retrovisore.
Arrivammo ad una discoteca che era lì in zona, era grande, ma niente di che.
Quando entrammo, Kelsey tirò via Tom per un braccio e lo portò a ballare ed io e Viola rimanemmo all'entrata a guardarci intorno.
"Bhè, visto che Tom è unn gran bel pezzo di merda, vado a divertirmi con quel tipo carino.." disse indicando un ragazzo tra la folla con un drink in mano.
"ci vediamo dopo 'fidanzato'!" mi salutò sorridendo e andò via.
Mi fiondai al bancone e iniziai con prendere gli shots più alcolici.
Quando ormai l'alcool iniziava a fare effetto, cominciai a ballare nella pista facendo il coglione con le ragazze e litigando con i rispettivi fidanzati, fino a quando non la vidi al bancone.
Pensavo avessi le allucinazioni, ma più mi avvicinavo e più mi sembrava lei seduta lì col suo drink in mano e pensierosa.
Mi avvicinai senza che lei se ne accorgesse.
"Ciao, mi chiamo Nathan, posso rimorchiarti e portarti a letto?" le sussurrai all'orecchio abbracciandola da dietro.
Jessica si voltò a guardarmi e mi sorrise.
"Se fai così con tutte immagino che tu non abbia molte ragazze.. Nathan" rispose lei a tono.
Probabilmente era l'alcool che circolava nelle nostre vene a farci essere così spontanei e spensierati. Pensai che ce l'avesse a morte con me, e invece era come se non fosse successo nulla.
Mi avvicinai al suo viso e, naso a naso, la guardai negli occhi.
"Mi dispiace." dissi sincero.
Lei non rispose e, telepaticamente, ci baciammo.
Ero ancora fuso da tutti quei drink e l'eccitazione saliva il doppio stando con lei, così la presi per mano e la portai fuori dalla discoteca. Zoppicavamo, ridevamo, ci baciavamo: tutto a ritmo alternato.
Poi arrivammo al parcheggio e la spinsi con la schiena vicino a un palo e, continuando a baciarla, iniziai a metterle le mani sotto il vestitino di pailettes.
"Aspetta, non qui.." disse lei ridendo.
La guardai per un secondo, le stampai un bacio veloce sulle labbra e tirandola per un braccio iniziai a correre verso l'auto.
Si fermò un po' prima per aggiustarsi una scarpa ed io intanto andai più avanti e raggiunsi la macchina.
Aprii lo sportello posteriore e vidi Viola sdraiata sui sediolini.
"Che diavolo ci fai qui?" chiesi nervoso.
"Eh? Oh ciao fidanzato.." sbiascicò lei bevendo lunghi sorsi da una bottiglia di Vodka.
"sto aspettando Tom... quel ragazzo è proprio una troia, se ne sta tutta la sera con Kelsey la vacca e poi appena mi vede nel bagno mi prende e BOOM! mi sbatte in faccia al muro e mi bacia!" continuò piagnucolosa e poi scoppiò a ridere.
Stava iniziando a dire cose abbastanza ridicole.
"però.. eehi.. tu non sei così!" disse sorridendo e iniziando ad alzarsi.
La presi al volo prima che cadesse e restò a fissarmi.
"Che carino che sei.." piagnucolò.
"Nate, che succede?". La voce di Jessica mi fece saltare e mi voltai a guardarla nel buio.
Viola era ancora tra le mie braccia con la testa appoggiata su una spalla.
"Uhm.." iniziai a dire ma Jess si avvicinò e guardò la ragazza.
"Viola?!?" disse sorpresa.
Si conoscono?!?! pensai.
Viola alzò lo sguardo e scoppiò a ridere.
"Woo Jesss!! ciaaao lo conosci il mio fidanzato? ahahah.."
Avrei voluto tapparle la bocca, ma Jessica mi guardò come se avesse un punto interrogativo stampato sulla faccia e, sospirando, si voltò e se ne andò.

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci ***


Mapporcatroia, mi ripetei.
"Prendi le chiavi." disse all'improvviso Viola buttando via la bottiglia.
Salimmo in macchina e accesi il motore.
"A casa sua." mi ordinò seria ed io partii a razzo verso la meta.
Una volta arrivati aprii lo sportello e feci per scendere, ma Viola mi bloccò per un braccio.
"Faccio io, tu resta qui."
Mi guardò a lungo negli occhi fino a quando io non richiusi la porta e lei scese dall'auto ed entrò nel palazzo.
Passai una buona mezz'ora a domandarmi perché fossi così sfigato. Trovai la scatolina con l'anello in macchina e dopo averla rigirata per un po' tra le mani, la misi in tasca.
Viola arrivò poco dopo col viso pallido e gli occhi sconvolti.
Salì in macchina e deglutì.
"Sali" disse a mezza voce, e prima che scendessi mi fermò ancora una volta.
"Nathan, non fare cazzate.", scandì bene le parole.
Aveva il terrore negli occhi e non capivo il perché.
Corsi giù dall'auto e salii veloce le scale. La porta d'ingresso era socchiusa ed io entrai piano cercandola.
Vagai per un po' lungo il corridoio fino ad arrivare al bagno, dove la porta era aperta e Jessica era rannicchiata a terra con il viso pieno di lacrime tra le mani. "Jess.." bisbigliai avvicinandomi e lei alzò lo sguardo puntando gli occhi dal trucco sciolto su di me.
"Sta' zitto." singhiozzò, e tremante si alzò all'impiedi venendomi vicino.
Mi accarezzò con una mano la guancia, i suoi occhi pieni di dolore e i miei in un mare di punti interrogativi.
"Sei un'idiota," iniziò a dire sospirando, "e sei anche un bambino. Ti basta poco per farti perdere la testa, una caramella, un dolcetto. Però poi col tempo non ti bastano, e vuoi sempre di più, e il tuo fottutissimo, enorme, ego ti dice che lo puoi avere..."
Non riuscii a capire il senso di quella predica, ma mi entrò dentro e fece male. Nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere, ma quello che mi feriva di più era che proprio lei me l'avesse detto.
Continuavo a non sapere cosa dire, quindi - d'istinto - la tirai a me e la baciai.
Era fredda, era diversa e stava male, lo sentivo.
Si staccò da me dopo un po' e mi guardò seria.
"Sono incinta." disse.
"oh..." replicai sfacciato.
Bhè, dirlo prima no?! pensai.
"No Nate," continuò lei come se mi avesse letto nel pensiero. "Sono incinta di te."
Non so che mi prese in quel momento, fatto sta che le lasciai le mani e indietreggiai.
In un attimo, un flashback attraversò la mia testa.
Io, lei, il bagno, il film, la serata, l'anello, il dolore e ora questo.
Mi tese una mano ma io non la presi, restai a fissarla per un po' e scappai via.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici ***


Aprii lo sportello dell'auto e lo richiusi con forza.
"Scendi dall'auto." dissi serio e Viola che mi fissava con fare interrogativo.
"Nathan.. che è successo?" balbettò lei.
"Viola, scendi da questa cazzo di macchina" replicai arrabbiato e lei obbedì silenziosa.
Misi in moto e sfrecciai lungo la strada buia senza una meta.
Mi fermai in centro e decisi di comprare una bottiglia di Rum e un pacchetto di sigarette, poi andai nella villa comunale e mi sedetti su una panchina da solo e al buio.
Bevvi dei lunghi sorsi dalla bottiglia e accesi una sigaretta.
L'ultima volta che avevo fumato era stato quando avevo 14 anni e miei vecchi amici mi fecero provare.
La nicotina non mi dava niente, personalmente, eppure in quel momento ne sentivo il bisogno.
Sentii qualcuno ridere e alzai lo sguardo.
Un vecchio signore dagli stracci al posto dei vestiti mi si stava avvicinando zoppicando.
"Wow... tu sei Nathan, quello dei The Wanted! Mia figlia andava pazza per te.." disse con voce rauca e accennando un mezzo sorriso.
"Che è successo a sua figlia?" chiesi spontaneamente.
"Nulla... se n'è andata. Lei, sua madre.. la mia felicità."
Si sedette accanto a me malinconico.
"Le ho perse, ragazzo. Per sempre. E non torneranno mai da me, perché se qualcuno ti fa del male tu non ci ritorni più da lui."
Non avevo idea di chi fosse quell'uomo, eppure le sue parole mi entrarono dentro, facevano giri immensi tra i miei pensieri e poi mi uscivano fuori come aria.
Il vecchio allungò una mano e mi sfilò la sigaretta e la bottiglia di Rum tra le mani.
"Non so che cosa ti sia successo, ragazzo," continuò guardandomi. Aveva un'aria stanca e... saggia.
"Ma se ti ha spinto fino a ridurti così, vuol dire che ne vale la pena."
Come diavolo faceva a saperlo? Si notava così tanto che ci stessi male?
Sospirai e presi la mia decisione.
Presi un foglietto dalla tasca del cappotto e lo autografai, poi lo diedi al signore.
"Sua figlia lo perdonerà.." dissi, poi mi voltai e corsi fino alla macchina con l'intenzione di tornare da Jessica.
Una volta arrivato, aprii il portone e un uomo dall'aria frettolosa mi diede una spallata.
"Sta' attento!" ringhiò alle mie spalle fuggendo via, ma non gli diedi peso e salii le scale.
Trovai la porta aperta. La serratura era rotta e penzolava rumorosa.
La aprii e intravidi del sangue, sul pavimento, sulle pareti, tracce ovunque.
Il panico.
La casa era un disastro, i mobili rovesciati, i quadri rotti, e sangue, tanto sangue.
Dappertutto.

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici ***


Hai aspettato troppo Nathan.
Sei un coglione.

Frasi a ripetizioni facevano il giro della mia mente.
Passo dopo passo entrai in quel luogo macrabo fino a che non la vidi, distesa a terra, in una pozzanghera di sangue.
Mi avvicinai a lei prendendole le spalle tra le braccia e spostandole i capelli dal viso.
Respirava, ma quando abbassai lo sguardo notai la sua mano coprire una profonda ferita sul fianco.
Poco più in là un coltello e altro sangue.
D'istinto, le sfiorai la pancia con una mano. Era fredda come il ghiaccio e debole come un fiocco di neve.
"No.." dissi a mezza voce. "no, no, no."
Presi il cellulare e chiamai il 999, ma lo lasciai sul pavimento a squillare.
Presero a scendere le lacrime sul mio viso e bagnarono il suo.
Le baciai le labbra.
"Respira, Jessica cazzo respira." singhiozzai, "Che ne è di me? Di te? De..del nostro bambino..."
Quelle ultime parole mi uscirono fuori spontanee, e mi fecero riflettere.
Jessica chiuse gli occhi e, intanto, sentii la sirena dell'ambulanza.
In meno di trenta secondi la sfilarono via dalle mie braccia e la portarono via.
Io rimasi lì a terra, in ginocchio, col mondo che mi girava attorno e lo sguardo perso, vuoto come la mia mente.
Qualche minuto dopo Tom entrò nella stanza e mi venne vicino.
Mi aiutò con un braccio ad alzarmi in silenzio e mi portò a casa.
Passai la notte sveglio, senza chiudere occhio, me ne stavo seduto accovacciato sulla sedia guardando fuori dalla finestra.
Sentivo la preoccupazione dei miei amici attorno a me, ma mi era indifferente.
Era come se si fosse creata una spessa barriera invisibile tra me e il mondo.
Non sentivo più nessuna emozione. Neanche il dolore.
Era il niente totale dentro e fuori, e non volevo, nè cercavo, spiegazioni.
Passarono i giorni, Jessica vietò all'ospedale di permettermi di vederla.
Non potevo sapere nulla, nè come stava lei, nè il bambino.
Una sera Tom litigò di brutto con Kelsey, ne sentii le urla.
Qualche giorno dopo Viola cominciò a venire tutti i giorni a casa. Stavano insieme ormai. Lo capii dagli ansimi che ero costretto ad ascoltare ogni sera, provenienti dalla camera di Tom.
A volte lei mi portava una tazza di thè e me la poggiava davanti, sebbene non la bevessi mai. Mi dava un bacio sulla guancia, mi abbracciava e sospirava andando via.
Sapevo benissimo che lei sapeva come stava, ma non me lo diceva.
Persi la voce, abbandonai la musica e il gruppo prese un anno sabbatico a causa mia.
Tornai anche per un po' a Gloucester, e mia madre mi portò da uno psicologo, ma non servì a nulla.
L'unica persona con cui riuscivo a parlare era mia sorella.
Non mi chiedeva mai nulla, ma a volte si sedeva accanto a me e guardava quello che guardavo io silenziosa.
Solo una volta capitò che distolsi lo sguardo, e fu per guardare il telegiornale.
Annunciarono che avevano preso l'assassino che era colpevole dei danni a Jessica.
Dopo mesi e mesi ormai nessuno ne parlava più. Qualche volta Jay mi diceva ''sarà tornata in Italia.'', altre volte invece era Tom quello mi tartassava.
Continuava a ripetermi "dovresti farti una vita, Sykes." e "cazzo, esci!" ma non serviva a nulla.
Il nulla continuava a restare dentro di me, graffiava le pareti e mangiava quegli ultimi brandelli di cuore rimasti.

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici ***


*8 mesi dopo*

"Alza il culo e vestiti, usciamo" urlò Tom entrando nella stanza e iniziando a scavare nel mio armadio.
Viola era dietro di lui sorridente e mi venne vicino.
"Ha ragione, vieni con noi Nath." mi disse dolcemente.
Perché? pensai.
Perché dovrei uscire? Non ha senso.
Feci di no con la testa e Tom si gettò addosso a me e prendendomi per il collo mi obbligò ad alzarmi dalla sedia.
"Nathan James Sykes, non sto scherzando. O ti vesti e esci con noi, o ti riempio di botte fino allo sfinimento." ringhiò minaccioso.
Alzai le mani a mo' di resa e lui mi lasciò.
"Rilassa i nervi, Parker." lo sgridò Viola e sorridendomi lo portò fuori dalla stanza.
Raccimolai le mie poche forze e presi un jeans e una maglietta dall'armadio.
Quando uscii dalla stanza per andare a fare una doccia vidi Jay che mi guardò sbalordito.
Lo guardai accigliato e lui fece spallucce, poi entrai nel bagno e dopo la doccia mi guardai allo specchio.
Otto mesi.
Erano passati più di otto mesi che non mi guardavo a uno specchio. Era come se il mio corpo non fosse più mio. Come se lo avessi abbandonato, per tutto quel tempo.
Una volta pronto mi accorsi che in casa c'erano davvero tutti: Jay, Max e Michelle, e Siva e Nareesha.
Rimasero tutti a bocca aperta nel vedermi.
"Sono sorpreso, non pensavo che Tom sarebbe davvero riuscito a convincerti." mi disse Max sorridente.
"Vamoss!" urlò Viola eccitata e uscimmo di casa.
Mi portarono in un parco giochi e stavano sempre attenti a non lasciarmi mai solo.
Dopo qualche giro su un paio di giostre, restai con Tom e Viola mentre gli altri si diressero alla ruota panoramica.
Tom stava comprando i marshmallow ed io e Viola lo aspettavamo dietro la fila quando la sentii sussurrare "oh cazzo".
Mi accigliai perplesso e mi voltai a guardare nella direzione in cui guardava lei.

I capelli scuri e mossi gli scendevano sulle spalle. Erano cresciuti tantissimo, almeno quanto il pancione che portava.
Eppure era bellissima. Il sorriso stampato in faccia e gli occhioni lucidi, come sempre.
"Viola!!!" urlò correndo ad abbracciarla.
"Ciao Jess!" disse Viola ricambiando l'abbraccio affettuosamente.
Quando le due ragazze si staccarono, lei si accorse della mia presenza.
"Nathan?!" chiese guardandomi divertita, e mi abbracciò forte.
Quel profumo...
"E' bello vederti.." disse sorridendomi.
Avrei voluto ricambiare con un sorriso, ma non riuscivo a muovermi.
"Uhm.. Jess, ecco.. ehm.. Nathan non parla" la avvertì Viola imbarazzata.
Mi guardò sorpresa.
Fa' qualcosa, Nathan. pensai.
"C-ciao..." bisbigliai.

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici ***


Quello fu il giorno più bello della mia vita. Dopo il mio lungo periodo di agonia finalmente risentii le emozioni rinascere in me.
Bhè, ok, forse ce ne sono stati di giorni migliori come, ad esempio, quando Jess partorì.
Jay mi spinse nella stanzetta e lei se ne stava lì, col suo viso angelico, e una dolcissima bambina fra le braccia.
"Nessica" mi disse sorridente, "si chiama Nessica.." e me la porse.
Quel nome non mi era piaciuto chissà quanto, almeno fino a quando lei non me ne spiegò il significato. - era un'incrocio dei nostri nomi.
La mia vita cambiò radicalmente, fino a tal punto che gli occhioni azzurri di Nessy divennero la mia priorità.
Perché è questo che bisogna fare nella vita, avere delle priorità, no?
Quello che mi diede più sostegno, probabilmente, fu come la mia vita reagì a tutti questi cambiamenti. Le mie fan, stranamente, accettarono il fatto che io, con i miei 19 anni, avessi una figlia e l'anno sabbatico per il gruppo ci portò a creare un nuovo album che ebbe parecchio successo.
Un sabato, avevamo appena finito un'intervista e proposi a Jess un'uscita.
"Un appuntamento?" chiese lei scettica.
"Un appuntamento." confermai io. "Solo io e te. Dopo tutto, non c'è mai stato un vero primo appuntamento.." continuai sorridente.
Dopo una breve pausa e uno sguardo stranito cedette e acconsentì.
Lasciammo Nessy da Jay a giocare con lui e la sua lucertola - anche se mi faceva strano pensare che mia figlia si fosse affezionata a lei più che a me. - e io e Jessica uscimmo per le strade di Londra. La accompagnai a fare shopping e mi divertii a vederla indossare dei vestiti assurdi.
"Va' da Starbucks, ti raggiungo subito" dissi stampandole un bacio e lei obbedì.
Poco dopo, la raggiunsi a tavolino e lei fisso attentamente la busta che avevo in mano.
"Che cos'è?" chiese curiosa.
"Un regalo." risposi e le diedi la busta. "Ma non aprirlo finché non torniamo a casa."
Lei prese la busta e provò a sbirciare.
"Jessica!" la rimproverai.
"Una sbirciata"
"No."
"Daii"
"No."
replicai a tono e si arrese.
Bevemmo i nostri frappè e, dopo qualche foto random con delle fan, tornammo a casa.
Me ne stavo sul letto intento a twittare dal mio cellulare quando Jess aprì la porta e sfoggiò il corpo indossando un completino intimo di pizzo.
Mi scivolò il telefono dalle mani.
"Davvero un bel regalo, Sykes" disse maliziosa.
"Sapevo ti sarebbe piaciuto" risposi scherzando, ma, in realtà, la risposta esatta era: 'sapevo mi sarebbe piaciuto'.
Lei entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di se. Poi sfilò un grosso barattolo di Nutella da una delle buste poggiate sul pavimento e si sedette di fronte a me sul letto.
"Ho fame." iniziò lei inoltrando il dito nel barattolo e poi leccandolo.
"Sei pazza." dissi io scoppiando a ridere, ma quello che in realtà volevo dire era 'mi stai facendo eccitare'.
Lei sorrise e, ancora una volta, mise la mano nel barattolo e afferrò un po' di Nutella. 'Sta volta però, la spalmò su di me.
Non ci pensai due volte a reagire e feci lo stesso con lei.
Pochi minuti dopo, in un mare di cioccolata, le sfilai l'ultimo pezzo del mio "regalo" e facemmo l'amore. Come la prima volta. Ma più dolce.
Sarà stata la Nutella.

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindici /pt. 1 ***


"Che bello rivederti, Nathan!"
"Anche per me, Signora."
, risposi alla mamma di Max, mentre lei mi stampava un bacio sulla guancia.
Al matrimonio c'erano veramente tutti. Dalla innumerevole famiglia di Jay, a quei tre o quattro della famiglia di Siva. E poi, c'era anche la mia, tutti avvinghiati a Jessica e alla bambina.
Menomale che era una cosa ristretta, pensai.
"Ricordami come hai fatto a convincermi di fare da testimone." dissi a Jess quando riuscii a sottrarla dalle grinfie di mia madre.
"Non ti ho convinto io, Nathan. Sei tu che non mi hai voluto far fare coppia con nessun altro" rispose lei sorridente, e vidi tutti voltarsi, e io feci lo stesso. Max entrò in chiesa col suo smoking impeccabile, salutò tutti con un sorriso e poi venne ad abbracciare me, Jess, Siva e Nareesha, i testimoni.
"Stressato?" chiese Nareesha dopo l'abbraccio.
"Chi? Io? Nooo, ma figurati" rispose Max con un sorriso palesemente nervoso.
Una manciata di minuti dopo, qualcuno iniziò a suonare la marcia nuziale al pianoforte.
"Ma chi è questo? Non la sa suonare!" bisbigliai a Jess e lei tentò di non scoppiare a ridere e poi mimò un 'shhh'.
Subito dopo, lì all'entrata della chiesa, spuntò Michelle, il suo lungo abito bianco e il passo lento, accompagnata a braccetto dal padre.
Vidi le vene del collo di Max irrigidirsi e, ci avrei scommesso, che quella che scivolò sulla sua guancia fosse una lacrima.
La cerimonia andò avanti noiosa e a lungo, come in tutti matrimoni, e poi, finalmente, finì col fatidico 'puoi baciare la sposa' e l'applauso di gruppo.
"Commovente.." ironizzai sbadigliando, in direzione del ristorante.
"Sensibilità zero Mr. Sykes" mi rimproverò Jessica.
Il pranzo, per lo meno, fu divertente, e a seguire, sposi e testimoni abbandonarono la festa in auto in direzione Las Vegas.

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Capitolo 16
*** Capitolo Quindici /pt. 2 ***


"Mi hai tradito!" urlò Tom abbracciando lo sposo.
"Ci vediamo dopo la luna di miele, bro" sorrise Max ricambiando l'abbraccio.
Saluti finiti, l'auto partì in direzione aeroporto e tutto quello che ricordo fu un lungo sonno.
Quella stessa sera, eravamo in un lussuoso albergo di Las Vegas.
Prendemmo le chiavi - anche se tutto erano tranne che delle chiavi - delle nostre suit e ci dividemmo.
"Quante urla sentiremo stasera?" chiesi a Jess posando la valigia sul letto.
"Che?" chiese lei.
"Max e Michelle" dissi indicando la stanza dietro la parete.
Jess sorrise e poi si avvicinò a me stringendo le sue braccia al mio collo.
"Potremmo fargli concorrenza.." mi disse ammalliante.
Iniziai a baciarla cingendole i fianchi e lei si fece più vicina.
In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Sospirai e Jess mi sorrise andando ad aprire.
Sull'uscio, Nareesha e Siva spuntarono dal nulla.
"Vi va un giro per la città?" chiese lui.
"Oh, sempre se non disturbiamo" continuò lei.
Jess si voltò verso di me alla ricerca di una risposta.
"Uhm.. ok." conclusi io e tutti mi sorrisero.
Facemmo un giro tra i casinò e i bar e tra un drink e l'altro non evitammo il fatidico stato 'sonoquasiubriaco'.
Siva e Nareesha si attaccarono a giocare alla roulette russa, e io e Jess optammo per una passeggiata sulla spiaggia.
"Chissà che fa Nessy.." sospirò lei mentre camminavamo mano nella mano sulla sabbia.
"Tranquilla mammina, è in buone mani.", la rassicurai.
"Jay e Tom sarebbero delle buone mani?! mmmh.. non credo proprio.. devo chiamarli" rispose lei, e fece per voltarsi ma riuscii a fermarla per il braccio.
"Aspetta." sussurrai avvicinandomi al suo viso.
Aggrottò le sopracciglia curiosa e io misi la mano in tasca tirandone fuori uno scatolino.
Feci una piccola pausa e poi inizia a parlare.
"Quando.. quando ti ho conosciuta la prima volta," iniziai ansioso, "pensai che eri carina... Poi, quando siamo rimasti chiusi nel bagno, quel primo giorno, pensai 'ehy, è più che carina..'".
Presi fiato per un secondo e lei restò in attesa.
"E poi, ancora, quella sera, conoscendoti, mi dissi 'è intelligente'.. e, quando l'abbiamo fatto la prima volta, sul pavimento, pensai: 'è sexy."
Jess sorrise e ruotò la testa su un lato mentre il vento le accarezzava i capelli.
"Quello che voglio dire.." ripresi più nervoso del solito, "è che.. tu sei tutto quello stavo cercando, da sempre. E non ci sarebbe nient'altro che vorrei avere se non avessi te. Quindi.."
Mi presi una pausa facendo rotolare la scatolina tra le mani.
"Mi vuoi sposare?" conclusi tutto d'un fiato aprendola e mostrandole l'annello col segno dell'infinito.
Jessica spalancò gli occhi e poi scoppiò a piangere, ma ridendo.
"Questo è un 'si' o un 'vaffanculo Nathan'?" scherzai io.
"È un... vaffanculo Nathan, certo che è si." rispose lei abbracciandomi forte.
Feci un grosso sospiro e la allontanai prendendole la mano e infilandole piano l'anello.
Jess mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Il groppo in gola e il vuoto nello stomaco volarono via col vento. Tutto quello che sentivo erano il suono delle onde e le sue labbra sulle mie.
Proprio come una Corona & Lime in una calda giornata d'estate.

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