An unforgettable 14 February

di Lady Hime
(/viewuser.php?uid=68443)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 18th Valentine's Day ***
Capitolo 2: *** A gun ***



Capitolo 1
*** 18th Valentine's Day ***


An unforgettable 14 February


Definire di cattivo umore Naruto, quella mattina, era un eufemismo. Lo si poteva intuire dal volto, di solito sempre sorridente e buffo, che pareva adatto soltanto ad un funerale. Se fosse stato in qualche cartone animato, probabilmente una lugubre aura nera lo avrebbe accompagnato per tutto il giorno.

« Ehi Naruto! Cos’è quella faccia triste? ».

Naruto fissò il volto rilassato di Kiba Inuzuka per qualche istante, ignorando la sua domanda.
Lanciò una lunga occhiata al corridoio, annusò l’aria e riprese a camminare, sotto lo sguardo attonito dell’amico.
Odore di cioccolata, ed all’orizzonte nauseanti coppiette tutte love-love.
Se c’era una ricorrenza che Naruto odiava era senza alcun dubbio San Valentino.
Se qualcuno, che non lo conosceva ovviamente, gli avesse domandato perché provava una morbosa avversione verso la “Festa degli innamorati” la risposta sarebbe stata molto semplice e patetica.

«…perché sono single da 18 fottuti anni » pensò sconsolato mentre entrava in classe.
Non poteva farci niente probabilmente,  la sua sviscerata gelosia, perché quella era, lo rendeva nero ogni 14 febbraio, per non parlare del White Day.

Da ottimi amici, quest’ultimi passavano tutta la giornata a mettere il dito nella piaga, così da migliorare il suo ottimo umore.

« Naruto kun….! ».

Ecco, ogni San Valentino iniziava così.

Sakura Haruno, il suo primo (ed unico) amore adolescenziale se ne stava di fronte a lui, sorridendo beffarda, sventolandogli davanti agli occhi dei cioccolatini infilati in una busta di plastica.

Naruto aprì la mano, accogliendo il sacchetto. A lui toccavano gli avanzi, e di quelli di Sakura avrebbe volentieri fatto a meno.
Era diventata quasi una fastidiosa ricorrenza, Ino, Sakura, perfino la timida Hinata, che all’inizio non riusciva nemmeno a parlargli senza farfugliare, gli portavano i rimasugli dei cioccolatini da loro preparati, nel vano tentativo di consolarlo oppure, molto più probabile, di avere un parere.
Naruto, che adorava la cioccolata, quel giorno ne era nauseato in modo schifoso.
« Assaggiali subito e dimmi come sono! » lo incalzò Sakura, attendendo speranzosa un “Sono ottimi” o un “Deliziosi” che non sarebbe mai arrivato.
Aprì sconsolato il pacchetto, il solo odore lo fece rabbrividire. Quale miglior buongiorno se non un manicaretto di Sakura.

S’infilò in bocca un cioccolatino.

No, decisamente non era tagliata per cucinare; più passavano gli anni più ne era convinto. Si trovò quasi a compatire Kakashi sensei, che ogni anno era costretto ad accettarli e mangiarli a pranzo, sotto lo sguardo sognante di Sakura.

« Com’è?? ».
« Come dire Sakura chan...ehm…non sono proprio male…però… »

…non li mangerei nemmeno sotto tortura” terminò nella sua mente Naruto, salvato dal provvidenziale arrivo del professore.

Altro buono lui, che si riduceva a parlare, ogni anno, di come si fosse dimenticato di ordinare i fiori preferiti della moglie per San Valentino. Rimpiangeva quasi la matematica.

Quando arrivava l’ora di pranzo, nauseato dal cioccolato che era stato costretto a mangiare da Ino (fortunatamente molto più portata di Sakura in cucina) e Hinata (almeno lei gliene dava solo un paio, quasi a volerlo consolare davvero), non osava toccare cibo; fuggiva in cortile, lontano da tutti. Non poteva nemmeno contare su Kiba, un altro anno a sentirsi ripetere “Hinata chan me li porterà i cioccolatini?” ed avrebbe potuto non rispondere più delle sue azioni.

« Naruto kun, allergico a San Valentino come sempre? ».
Jiraiya sensei, il docente di educazione fisica, lo salutò dalle tribune sorridendo. Naruto non rispose nemmeno. Perché dovevano tutti infierire maledizione?

Gli arrivò una pacca sulle spalle nemmeno due minuti dopo « Verrà anche il tuo turno Naruto kun, e sarà una ragazza bellissima. Magari con le gambe lunghe…un bel seno… »; la faccia di Jiraiya sensei aveva assunto quasi un’espressione più pervertita del solito, perso nella fantasia della sua ragazza perfetta.

Per un attimo, solo uno per fortuna, Naruto si immaginò nel professore, famoso per il suo essere scapolo e maniaco. Rabbrividì.
« MAI! » gridò nel panico, risvegliando il professore ancora perso nei neri capelli della sua ragazza immaginaria. « Cos—Ehi, Naruto kun!».

Il ragazzo era letteralmente scappato, ancora perso nel suo viaggione mentale. Mai, e sottolineò, mai, si sarebbe ridotto a fare il pervertito con delle studentesse perché, dopo essere stato rifiutato dalla ragazza dei suoi sogni, era rimasto solo come un cane.

E proprio mentre correva, quasi travolse la ragazza sopracitata, il sogno erotico mai realizzato del suo professore, la preside Tsunade.

Aveva un bel rapporto con lei, l’aveva conosciuta il primo anno, per un serie di incidenti con qualche professore (far esplodere il laboratorio era stato un incidente, lo avrebbe giurato fino alla morte) e, vista la sua attiva frequentazione dei corridoi, si erano spesso rincontrati in seguito.

Tsunade Senju amava il suo lavoro, era bella, forte, simpatica, l’esatto opposto dello stereotipo che gli studenti avevano sulle presidi; ricordava il suo primo giorno di liceo, caso aveva voluto che quello fosse anche il primo giorno di Tsunade Senju nella scuola; si era presentata agli studenti sorridendo, vestendo una tuta di un inchiavabile verde invece di un tailleur grigio topo e, per salutarli, li aveva minacciati amorevolmente annunciando che se qualcuno osava rovinare la fama dell’istituto avrebbe potuto attuare terribile punizioni.

« Naruto kun » lo salutò sorridendo « dove corri?»

« Da nessuna parte » rispose semplicemente Naruto « lontano dalle coppiette innamorate ». Tsunade scoppiò a ridere, di gusto anche. « Fammi indovinare, single anche quest’anno? » riuscì a dire tra gli sghignazzi.

Da quando, esattamente, anche professori e presidi avevano diritto di infierire sulla tragedie amorose degli studenti?

« Su, non fare il muso » continuò « Hai solo diciotto anni, hai tempo ».
Naruto risparmiò il fiato, il solito “sono diciotto anni che tutti me lo ripetono” non avrebbe certo sortito l’effetto desiderato, non funzionava nemmeno con Sakura, figurarsi con la preside Tsunade.

Mentre stava per ribattere però, alle sue spalle apparve Jiraiya che, ovviamente, non mancò di ignorarlo e di concentrarsi sul seno abbondante di Tsunade.
Ah no, anche mettersi in mezzo ad uno dei loro soliti litigi no! Naruto se la diede a gambe, salutandoli velocemente nonostante la certezza, tra le grida di Tsunade e le battutine di Jiraiya, di essere stato completamente dimenticato.

Fortunalmente, anche il 14 febbraio finiva. Al suono della campanella, Naruto se ne tornava a casa, evitava se possibile Sakura (non poteva sopportare anche di sentirsi domandare fino alla sfinimento se, secondo lui, Kakashi sensei aveva gradito, no?) e si metteva al pc, magari a imbottire twitter di insulti verso San Valentino.
Quando arrivò a casa, tuttavia, le cose non andarono esattamente come previsto: posò lo zaino, accese il computer e mise su l’acqua per il thè, ma proprio mentre stava per andare in bagno, un rumore attirò la sua attenzione.
Proveniva dalla camera da letto. Prima di pensare qualunque cosa, la porta si spalancò  e sulla soglia comparve un ragazzo, vestito completamente di nero. Lo fissò dritto negli occhi, lo fissò con una pistola in mano.

 

***

 

Ciao!
Parla la mia segreteria telefonica… cioè, quella di Naruto..
Vabbè, se mi avete chiamato sapere anche chi sono.
Cos’è che dovevo dire? Ah si, lasciat—

Bip

«Naruto kun! Dov’è che sei sparito? Ti ho aspettato all’uscita di scuola!
Il solito scorbutico! Ci vediamo stasera? Giuro che non parlerò di Kakashi sensei!
Richiamami. »


________
Oddio, chi l'avrebbe mai detto, sono tornata nella sezione Naruto di Efp. Ed io pensavo che fosse finita.
Btw, qui Hime \o Benvenuti in questa ff che è stata concepita a San Valentino, ma ero troppo pigra per scriverla (EHMEHMEHM)
Al prossimo capitolo *V* spero sia piaciuta

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A gun ***


An unforgettable 14 February



Naruto non aveva mai visto una pistola dal vero, tantomeno a venti metri di distanza. Non aveva però dubitato un momento dell’autenticità dell’arma né gli era saltato per la testa l’idea che tutto potesse essere un assurdo scherzo, di quelli che si vedono in tv, che fanno quasi ridere quando si nota con quanta facilità i poveri sciagurati cadono nella burla.
Non riusciva a muoversi, si sentiva un topino caduto dritto dritto nella trappola del gatto, il minimo movimento avrebbe potuto essergli fatale. La persona di fronte a lui, quasi a fiutare la paura che piano piano si stava impossessando del biondo, alzò di scatto lo sguardo, prima nascosto dalla frangia troppo lunga, e premette il grilletto, una, due, tre volte, ma fu solo il rumore del battito accelerato del cuore di Naruto che si diffuse per la stanza.

Scarica.

La pistola era scarica. Naruto avvertì il terrore che si era impossessato di lui in quei secondi scemare lentamente, il suo respiro tornare regolare mentre la figura nera continuava a premere il grilletto, in modo ossessivo, come se non comprendesse l’assenza dei proiettili nella pistola. Fu allora che Naruto lo notò, fu allora che incontrò davvero i suoi occhi.
C’era qualcosa di malsano in loro, qualcosa che gli impediva di vedere, qualcosa che lo rendeva folle.
Sarebbe stato quasi bello, quello guardo, che brillava sul volto coperto di sangue.

Sangue.

Naruto sbatté le palpebre una o due volte, per accertarsi che la paura non gli stesse giocando brutti scherzi, in quel contesto pericolosamente hollywoodiano.
Era decisamente sangue quello sul ragazzo, sul pavimento, sui vestiti. Ed era troppo. Non che Naruto fosse un accanito studioso di anatomia, ma riconosceva quando la vita era pericolosamente appesa ad un filo rosso.
«Ehi, stai bene…?». Domante intelligenti, si rimproverò il biondo dandosi del deficiente, avvicinandosi lentamente alla figura di fronte a lui «non hai una bella cera…».
Decisamente non l’aveva; le gambe pallide, che reggevano quasi per miracolo quel corpo magro, erano imbrattate di rosso, sicuramente sangue, e di nero, come se fosse caduto rovinosamente diverse volte, le braccia erano avvolte da bende bianche, che di candido non aveva però più niente, tantomeno l’aspetto, ed il volto, beh, sembrava ridotto peggio del resto.
Al suono della voce di Naruto, quello si bloccò all’improvviso, ma non parve minimamente intenzionato a rispondergli, anzi, eliminò qualunque contatto visivo con il biondo; abbassò la testa e fece cadere sul pavimento la pistola, che con un tonfo fastidioso piombò sul vecchio parquet.
Non ci voleva niente a capirlo, perfino Naruto lo intuì. Il ragazzo tentò uno scatto verso la finestra da cui era entrato, peccato che le gambe non approvarono la scelta.
Durò un attimo, la gamba destra dello sconosciuto, che aveva puntato all’uscita, cedette, accompagnando il corpo in una caduta cieca, che Naruto non riuscì ad impedire: si ritrovò a pochi centimetri dal corpo incosciente che giaceva sul pavimento, in una pozza di sangue.

«Merda».

 

Sakura Haruno era una ragazza ordinaria, senza particolari vizi o capricci, amava tante cose e ne odiava altrettante; la cosa che più non tollerava, nemmeno per un minuto, era l’essere completamente ignorata.
Quando quel pomeriggio era uscita da scuola, e non aveva visto Naruto ad aspettarla, come d’abitudine, una pericolosa vena aveva iniziato a pulsarle sulla tempia.
A ben pensarci, Sakura aveva subito capito perché Naruto se l’era svignata a gambe levate, quindi non se l’era particolarmente presa, convinta che l’amico le avrebbe telefonato per la serata.
Eppure niente, nisba, nada, Naruto non l’aveva richiamata.

In un primo momento le era passato la testa di chiamarlo lei, non certo per scusarsi per il comportamento tenuto la mattina, ma per sapere se stava bene, se non era finito in ospedale per una lavanda gastrica come due anni prima (non l’aveva fatto apposta, di sostituire la farina con la calce!), ma poi l’orgoglio aveva preso il sopravvento.

«Dio, mi sto comportando come una ragazzina che ha litigato col ragazzo» sbuffò Sakura accendendo il computer. Sbirciò le news sulla homepage della posta elettronica, tasse che salivano, insignificanti ragazze famose, più per scandali che per talento, in vacanza la propria nuova fiamma, buco nell’ozono sempre più grande…solite cose.
Tranne una, che colpì l’interesse di Sakura solo per la foto che copriva tutta l’intestazione della seconda pagina.

«Evaso di prigione…» iniziò a leggere, ma il telefonino iniziò a squillare.

 

-          N a r u t o –

 

«Si pr---».

«Sakura chan! Come si ferma un’emorragia?»

 

Naruto aveva pensato per prima cosa di chiamare un’ambulanza, ma c’era stato qualcosa che l’aveva fatto tentennare; un paranoia, niente di più, eppure quando aveva preso il cellulare, invece dell’ospedale aveva composto il numero di Sakura. La voce squillante dell’amica aveva provato a salutarlo, ma lui aveva avuto il bisogno più urgente di chiederle aiuto.
«Sakura chan! Come si ferma un’emorragia?». A ben pensarci, nemmeno sapeva se c’era un’emorragia, come gli era uscita poi una parola così complicata in un momento di panico come quello.
Aveva sentito il panico anche dall’altra parte. «Naruto cosa stai---?»
«Lo sai non è così? Hai fatto il corso di primo soccorso!»
«E’ una cosa completamente diversa, per una cosa del genere devi chiamare un’ambulanza subito! Ma poi dove sei, che stai---».

Riattaccò. Che stupido, avrebbe dovuto farlo fin dall’inizio.
Compose il numero giusto.
Osservò i numeretti per qualche istante, poi di nuovo il ragazzo, poi di nuovo il telefonino.
Si chiese per un secondo se non fosse l’essere più stupido del pianeta; stava cercando di difendere colui che un secondo prima gli aveva puntato un’arma e aveva indugiato giusto due secondi prima di premere il grilletto.
Perché si stava facendo paranoie inutili, maledizione.
Fece per cliccare “chiama”, quando un movimento lo fece sussultare.
Rivolse uno sguardo alla figura stesa a terra. Magari era pure già morto e lui stava indugiando se chiamare soccorsi. Idiota. Gli voltò le spalle e premette il tasto.

«Non chiamare nessuno».

Ma fu interrotto.

 

____

Scusate, mi ero prefissata di aggiornare ogni settimana, ma tanto so che non ce la farò mai.
E ora mi odierete perché non vi ho detto chi è Mr. Pistolero #ride
Grazie delle recensioni :) fanno sempre piacerissimo

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=966239