The Girl with the Triad Tattoo - Stranger in a Strange Land

di Perfect_Denial
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm in my head and I'm spinning ***
Capitolo 2: *** This is not reality. This is a dream. ***
Capitolo 3: *** The Girl with the Triad Tattoo ***
Capitolo 4: *** Follow your dreams, no matter what... ***
Capitolo 5: *** Jared ***
Capitolo 6: *** The Man with the triad tattoo ***
Capitolo 7: *** Freaking out ***
Capitolo 8: *** Enemy of mine ***
Capitolo 9: *** Escape into the night ***
Capitolo 10: *** Release me ***
Capitolo 11: *** But where's your heart? (Parte I) ***
Capitolo 12: *** But where's your heart? (parte II) ***
Capitolo 13: *** Through the eyes of S. ***
Capitolo 14: *** Love is not enough ***
Capitolo 15: *** Love will tear us apart ***
Capitolo 16: *** Can you feel it? Things are changing... ***
Capitolo 17: *** In between days ***



Capitolo 1
*** I'm in my head and I'm spinning ***


Capitolo 1 – I'm in my head and I'm spinning



Serena era seduta alla scrivania e tamburellava con le dita sulla tastiera del pc. Erano le 7 di un pomeriggio lavorativo qualunque, se non fosse per le tre riunioni, una conferenza stampa e relativa presentazione delle nuove collezioni alle quali aveva dovuto partecipare, in quanto assistente al Managing Director della filiale newyorkese di TOD'S.

Era stata una giornata lunga e stressante e, se non bastassero i tacchi da 12 cm ad ucciderla, di certo ci sarebbero riuscite le rimanenti venti email da leggere, delle quali doveva occuparsi prima di poter andare a casa. Iniziavano a bruciarle gli occhi e la stanchezza incombeva, lenta e inesorabile, come la nebbia di novembre. Alzò gli occhi verso la vetrata di fronte a lei, dalla quale si godeva di una magnifica vista su Madison Avenue e Central Park, nel tentativo di raccogliere le forze rimaste per concentrarsi, riattivare il cervello e terminare il lavoro.

Ma la sua mente era altrove. Tornava sempre a quegli occhi color nocciola, ormai ospiti fissi dei suoi pensieri, che sembravano passarla ai raggi X. Ormai avrebbe dovuto farci l'abitudine, si diceva, ma ogni volta le farfalle nello stomaco si facevano sentire puntualmente.

Con un sospiro e una scrollata di spalle, per riscuotersi da quella fantasia, guardò l'ora sul suo Blackberry: le 19:18. “Fanculo” disse, “Vado a casa, arriverò in anticipo domattina per finire. Le cose più urgenti le ho sbrigate, gli altri si arrangeranno”. Le ultime luci del tramonto irroravano una luce rosso sangue nell'ufficio deserto.

Serena spense il pc, si stiracchiò e iniziò a radunare le sue cose, ormai sparse ovunque sulla scrivania di cristallo, sotto a decine di fogli, cartelline e altre cianfrusaglie. Andando a prendere il trench al guardaroba, passò davanti lo specchio alla parete, e la donna riflessa le restituì lo sguardo: la sua folta chioma di capelli ricci color rosso fuoco non ne voleva sapere di starsene buona al suo posto e gli occhi azzurro-verde erano arrossati per le troppe ore passate davanti allo schermo, ma per il resto, Serena si sorprese nel veder trasparire, nonostante la stanchezza, quella luce nel suo sorriso, che solo le persone innamorate trasmettono.

Indossato il soprabito, prese la borsa ed il Blackberry squillò. Il suo cuore saltò un battito e con un tuffo al cuore constatò che era lui. “Serena datti un contegno, cazzo. Neanche avessi 15 anni!”

Ciao Shan!”

Hey, Kid! What's up?” la chiamava sempre Kid, inizialmente come un tentativo per sminuire il peso degli 11 anni che aveva più di lei e, col tempo, era diventato il suo soprannome.

Hey, hun! I'm off from work, going home....bad day. I miss you, where the hell are you?

Ah! There you go, you know you can't live without me anymore! Anyway, I'm in.....Tomo where the fuck are we? Melbourne?....Melbourne.”

Saluta Tomo da parte mia! Ma che ore sono laggiù? Avete già suonato?”

No, abbiamo ancora un'oretta di libertà prima del soundcheck. Tomo e io ci facciamo un giro in città. Ti ho appena comprato una cosa...più tardi la twitto, così puoi vederla.”

Scherzi? Voglio la sorpresa...e non voglio che la veda mezzo mondo!”

Va bene, va bene, non la pubblico. Forse.” ridacchiò Shannon.

Ok non so di cosa si tratta, ma...non mi provocare. Potrei salire sul primo volo per l'Australia per vendicarmi. Tra l'altro non sarebbe neanche la prima volta che faccio una cosa del genere per te.” Sorrise, maliziosa.

Vero. Magari posso farti arrabbiare apposta, così mi raggiungi qui” Serena sapeva che c'era Tomo lì con lui, quindi cercò di deviare la conversazione su un piano più “neutrale”. Fece una piccola pausa, prima di continuare.

Non posso credere che dovrò aspettare quasi un mese prima di rivederti. Questi giorni sono stati devastanti, ancora devo smaltire il jet lag...”

Non me ne parlare. Volevo chiedere qualche giorno di ferie per raggiungerti, ma in questi giorni Victoria è veramente intrattabile. Capisco che sia sotto pressione per le nuove collezioni, ma è da una settimana che non esco dall'ufficio prima delle dieci di sera! Grazie a dio sarà a LA fino a lunedì, perlomeno non mi toccherà farle da schiava anche questo week end! Ah, ti ho detto che la prossima settimana forse andrò a Milano con lei? “

Sarai contenta di tornartene in patria per qualche giorno. Basta che non cambi idea e non decidi di non tornare più negli States...”

Lo sai che non potrei mai...” Il momento era arrivato. Serena si mordicchiò il labbro inferiore e iniziò a tormentare un bottone precario sul polsino della giacca. Ancora non si erano mai detti “ti amo” esplicitamente e men che meno, aveva voglia di dirlo per telefono...ma la pausa che seguì valse più di mille parole. Sapeva che Shannon aveva capito.

Me too.” disse lui.

L'atterraggio sulla terra, dalla nuvola sulla quale era atterrata, insieme ad unicorni, arcobaleni e cori angelici, fu più repentina del previsto.

INCOMING CALL:

The Bitch

“Merda, mi sta chiamado il Boss, Shan, devo rispondere!”

“Ok, kid. Dille di prendere qualche tranquillante, da parte mia. Ci sentiamo più tardi.”

Bye sweetie!


“Meno male! Ma con chi stavi parlando?”

“Ciao Victoria....scusa, parlavo con il mio ragazzo, che è in Australia” Serena si impose di non arrossire (come se il Boss potesse percepirlo attraverso il telefono) e allo stesso tempo tentò di assumere l'aria “professionale” che usava in campo lavorativo. Principalmente consisteva nel: raddrizzare la schiena, alzare il volume della voce e parlare più chiaramente possibile. Oh e, ovviamente, indossare la maschera da stronza arrivista, inflessibile, sgobbona e ruffiana quel tanto che bastava. Le armi che aveva usato per arrivare dov'era.

“Serena, mi hai girato il file con i prezzi del nuovo campionario? Mi servono subito!”

“Ci stanno ancora lavorando in amministrazione. Ho chiamato poco fa e Jeena mi ha assicurato che te li avrebbe inviati entro stasera.”

“Dille di muoversi, se non mi arrivano la colpa è tua. Stagli addosso, quella è capace di andarsene a casa perché deve raccontare la favoletta della buona notte alla figlia!”

“Ci penso io. Visto che hai chiamato, volevo chiederti: per Milano devo iniziare ad organizzare la trasferta. Se puoi darmi i dettagli....”

“No lascia tutto a Josh in amministrazione, ci pensa lui a sbrigarsela con l'agenzia.”

“Sì, ci ho già parlato, ma gli servono i dettagli del viaggio: le date per il volo, quante persone, eccetera.”

“Ma che significa quante persone? Io e te, no? Chi altri vuoi che porti?” “Comunque si parte venerdì prossimo e si rientra mercoledì. Per il ritorno partiamo da Ancona, visto che dovremo passare in sede centrale per la riunione con i dirigenti. Per il volo, voglio Qantas e prenota il Park Hyatt, come al solito. Dovremo anche affittare una macchina a Malpensa, così martedì andiamo con quella nelle Marche. E ti ho mandato per email i dettagli di una persona che devi contattare per prendermi un'appuntamento a Parigi a fine marzo. Contattalo subito!”

“Va bene. C'è altro?”

“Per ora no, fai tutto entro stasera però, è urgente! E mi raccomando i prezzi!”

“Ok. A lunedì!”

CLICK

Serena mollò un sonoro calcio alla sedia e riaccese il pc. La conferma che sarebbe andata a Milano non la consolava affatto per il momento. Si chiese se era il caso di informare la sua famiglia che sarebbe tornata in Italia. Magari ne avrebbe parlato con sua sorella o suo fratello. Anche se non ne vedeva lo scopo, visto che non avrebbe avuto neanche un momento di libertà per tornare a casa, in giro con quella pazza di Victoria. Erano ormai due anni che non tornava a casa sua. Le mancava da morire, ma dopo quello che era successo non poteva e non voleva rimetterci piede. Il suo orgoglio glielo impediva. E se poi avesse rincontrato lui? No, neanche a pensarci.

Erano quasi le otto, quando sollevò la cornetta e compose il numero dell'interno di Jeena per verificare che il prospetto con i prezzi fosse pronto e nel frattempo aprì l'email di Victoria:


Contatta Emma Ludbrook, l'assistente di JARED LETO al numero …... per inviarle l'invito alla Vogues Fashion Night Out nello show room di Parigi (Saint Honoré) il 7 Giugno. Inoltre vorrei parlarci di persona, quindi chiedile se è possibile fissare un appuntamento il giorno dopo, magari direttamente nell'hotel in cui alloggia. E' per la nuova campagna stampa, Emma lo sa, gliel'ho già accennato e le ho detto che per i dettagli l'avrei fatta contattare da te.

Ciao, Victoria.


Oh, merda!” Esclamò Serena.


FINE CAPITOLO 1

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Capitolo 2
*** This is not reality. This is a dream. ***


Capitolo 2 – This is not reality. This is a dream.


I think I'm paranoid and complicated
I think I'm paranoid
Manipulated
Bend me, break me any way you need me
All I want is you
Bend me, break me
Breaking down is easy
All I want is you

(Garbage – I think I'm paranoid)



Aveva incontrato Jared solo una volta prima d'ora. E non poteva dire che fosse stato piacevole. Lo aveva conosciuto a Los Angeles, la mattina dopo il suo primo appuntamento - se così poteva chiamarlo - con Shannon. Non poteva fare a meno di ridacchiare tra sé come una scolaretta, ogni volta che ci pensava.

Dovrei rapirti in questo stesso istante.” Le aveva detto Shannon, seduto di fronte a lei al tavolo di El Greco, il ristorante più chic e maledettamente borghese di tutta Fifth Avenue.

Andiamocene via da qui. Andiamo dritti al JFK e saliamo sul primo volo per Los Angeles. Vieni via con me.”

Non erano state quelle parole in sé a convincerla. Razionalmente sapeva bene di conoscerlo solo da una manciata di ore. Sapeva anche che era l'idolo di milioni di ragazze in tutto il mondo, il batterista di un gruppo rock (IL Gruppo Rock, per quanto la riguardava) di fama mondiale e, diciamocelo, noto tombeur de femmes. No, non era stato ciò che le aveva detto, né il suo sguardo magnetico, che la trapassava come una lama gelata. Era stato il fatto che, nel momento in cui si erano guardati negli occhi per la prima volta, la mattina di quel banalissimo venerdì 29 ottobre, aveva trovato il posto esatto in cui sarebbe voluta rimanere per tutta la vita: tra le sue braccia, nient'altro che un riflesso nei suoi occhi color nocciola. Per quanto orribilmente sdolcinato potesse sembrarle e per quanto non avesse mai voluto ammettere a sé stessa di desiderarlo. Lei che era sempre così sicura di tutto. Lei che viveva per il suo lavoro, che pensava che ciò che aveva era tutto ciò che avesse sempre voluto e ciò che le sarebbe bastato per tutta la vita. Aveva il controllo di tutto, sé stessa inclusa, fino a poche ore prima. E adesso tutto si era rovesciato irrimediabilmente. Questo è quanto. Era morta ed era risorta.

Ed era lì, di fronte a lui ed alla sua giacca nera e t-shirt bianca e quel sorriso sghembo che le faceva dimenticare chi cazzo era e perché si ostinasse ancora a voler respirare. Cos'altro poteva rispondere?

Ci sto. Quando partiamo?”

Ok, ok. L'ho detto, ora sta' calma. Questo pensava e soprattutto temeva che da un momento all'altro lui le scoppiasse a ridere in faccia dicendo “Ahahaha! Ma ci avevi creduto? Io dicevo così, per dire!” Dannata insicurezza!; scacciò quel pensiero con un'impercettibile scrollata di spalle e attese la sua risposta trattenendo il fiato.

Subito. Senza valige, né niente. Solo tu ed io. Staremo a casa mia a LA e lì c'è tutto quello che ci serve. E per domenica sera prometto di lasciarti tornare a casa. Lo so che un “pezzo grosso” come te, lunedì mattina alle 8 è già in ufficio!” Sogghignò e fece un cenno al cameriere per chiedere il conto.

Per prendere tempo - e coraggio - Serena si riempì il calice di vino rosso e lo tracannò quasi tutto d'un fiato, tanto che Shannon sgranò gli occhi e disse “Questo non me lo sarei mai aspettato da te!” Scherzava, ovviamente, ma lei non poté reprimere un campanello d'allarme che risuonava implacabile nella sua testa. Quell'uomo non la conosceva affatto. Aveva un'immagine di lei completamente errata! Non era la precisetta snob che lui credeva...o era lei a trasmettere un'immagine sbagliata di sé stessa? Non poteva fare a meno di chiederselo: cosa avrebbe fatto, una volta bloccato a LA per tutto il week end, con una donna con la quale si sarebbe accorto di non avere nulla in comune? Smettila Serena! Stop ai film mentali. Le piaci, è più che evidente e se ti conoscerà meglio, di sicuro questo non potrà che migliorare le cose.

Il cameriere si avvicinò e porse il conto a Shannon, il quale pagò prima che Serena facesse in tempo anche solo ad estrarre il portafogli dalla borsa. Non che avessero mangiato niente, a dire la verità. Due Manhattan, una bottiglia di vino rosso californiano, il contenuto quasi intero del cestino del pane e la ultima ora e mezza era fuggita via tra chiacchiere e risate. Il ragazzo davanti a loro arricciò il naso, chiedendo se per caso ci fosse stato qualcosa non di loro gradimento, visto che avevano tenuto il tavolo occupato senza ordinare quasi niente. Shannon rispose che era tutto perfetto, ma “Mi sono accorto che stavo perdendo un'occasione per essere da un'altra parte” e la indicò con uno sguardo ammiccante, al quale il cameriere rispose ironico “Bonne chance!

All'uscita dal ristorante, Shannon era già al telefono per chiamare un taxi per l'aeroporto. Serena era completamente sconvolta ed elettrizzata. Le tremavano le mani, quando si accese una sigaretta e guardando la sua microscopica pochette, si maledisse per aver scelto di abbinarla alle sue nuove Jimmy Choo, visto che dentro era riuscita ad infilare a forza solo il portafogli, le chiavi di casa, il suo rossetto e un pacchetto di sigarette. Due giorni in compagnia di quell'uomo fantastico, che già l'indomani mattina, vedendola senza trucco, se ne sarebbe pentito. Cercando di ignorare questi presagi nefasti, si costrinse a smettere di fissarsi i piedi e sollevare lo sguardo e trovò Shannon che la scrutava con un'espressione interrogativa.

Non ci starai già ripensando, vero?”

No....No! Riflettevo su....che clima ci sarà a Los Angeles?” mentì lei, accompagnando le parole con quello che sperava sarebbe passato per un sorriso enigmatico ed ammiccante. Si sopravvalutava, come al solito.

Ora che erano lì fuori, in piedi uno accanto all'altra, sembrava che la scintilla che si era accesa tra loro si stesse già affievolendo, alla fresca aria autunnale di New York. O forse era solo quello che percepiva lei. Trasse una lunga boccata di fumo e Shannon la imitò accendendosi una bionda.

Tranquilla, dai. Vedrai che ci divertiamo. Non sei mai stata a Los Angeles, vero? “

No. La mamma mi ha sempre detto di stare lontana da luoghi di perdizione del genere.” cercò di spezzare la tensione con una battuta penosa, ma per fortuna lui sembrò trovarla divertente.

Il taxi arrivò. Shannon la precedette per aprirle la portiera con un sorriso rassicurante e dolce, tanto che Serena si ritrovò ad avvicinarglisi per stampargli un bacio sulla guancia, prima di accomodarsi sul sedile posteriore.

No luggages?” chiese il tassista con accento indiano.

Nope. Straight to JFK, please




FINE CAPITOLO 2

Stay tuned per il terzo capitolo. Ci vediamo nella Città degli Angeli!

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Capitolo 3
*** The Girl with the Triad Tattoo ***


capitolo 3

Capitolo 3 – Let's get lost tonight (The girl with the triad tattoo)


(Premetto che ci saranno delle incongruenze, rispetto alla realtà dei fatti, necessarie ai fini dell’intreccio. Tutto ciò che è relativo alla casa di Shannon ad esempio, è completamente frutto della mia mente malata ;) Bando alle ciance, buona lettura e fuori i commenti e le critiche!;)

Disarm you with a smile
And cut you like you want me to
[...
…]
The killer in me is the killer in you
My love
(The Smashing Pumpkins – Disarm)


Perfect
strangers down the line
lovers out of time
Memories unwind
So far, I still know who you are
But now I wonder who I was

(The Smashing Pumpkins – Perfect)


D’un tratto a Serena tornò in mente una cosa: “Prima hai detto che domenica sera mi avresti lasciata tornare…quindi tu resterai a Los Angeles?”

Sì, tra un paio di giorni ripartiamo per il leg europeo del tour. Mancano solo pochi mesi alla fine di questa odissea, ma già ne sento la mancanza.”

Ormai non sarai più abituato a stare a casa tua. Io mi sentirei persa, se non avessi un posto nel quale tornare ogni giorno. Non che non ami viaggiare, al contrario! Ma da qualche parte dobbiamo pur mettere radici”

Sì, forse hai ragione…ma non sono ancora pronto a rinunciare a tutto questo. Conoscere gente nuova, luoghi e culture così diverse…dopo un viaggio del genere, niente sarà più com’era prima. Io non sono più com’ero prima. Il solo pensiero di rinchiudermi tra quattro mura e riprendere a fare una vita normale, mi dà la claustrofobia.” Si voltò verso Serena, con il suo solito sorriso sghembo “E tu invece? A proposito di radici, le tue dove sono? Qui negli States o ancora in Italia?”

Io sono cittadina del mondo, tesoro. Pensa a me come alla Svizzera.” Non era quello il momento giusto. Non si sentiva pronta a raccontare la sua storia, perciò decise di deviare la conversazione, sperando che non insistesse.

Mmm…guarda che non te la cavi con così poco, dovrai pur raccontarmi qualcosa prima o poi. Bella e misteriosa. Comincio a pensare che tu sia la figlia di qualche mafioso italiano, fuggita in America sotto falso nome, o qualcosa del genere.”

No niente del genere. In realtà sono una spia russa sotto copertura.” Risero entrambi, ma Serena riprese: “Guarda che la mia storia non te la racconto perché è noiosissima. Sono a New York da quasi 2 anni. In Italia lavoravo alla sede centrale di TOD’S e quando mi hanno offerto di trasferirmi a New York ho accettato al volo. L’appartamento in cui vivo, sempre sulla Madison, è di proprietà dell’azienda, quindi non devo neanche pagare l’affitto. Ho la fortuna di fare il lavoro che ho sempre sognato. Partecipo a sfilate e ho accesso a tutte le serate di gala e i party, ai quali spesso partecipo, se devo accompagnare il mio capo.”

Cavolo sembrerebbe il sogno di qualsiasi ragazza.”

Beh, non è proprio una passeggiata. Praticamente vivo di solo lavoro, vita privata zero. E’ stata molto dura, soprattutto il primo anno, essere qui, completamente sola, senza poter contare su nessuno. Ho dovuto fare appello a forze che non credevo nemmeno di possedere, per costringermi a non mollare. Una volta che hai superato certe difficoltà e vinto le tue paure poi, ti senti davvero immortale.”

E non ti manca mai la tua famiglia?”

Certo che mi manca. Non sono mica di pietra.” Serena prese una ciocca di capelli ed iniziò a giocherellarci, nervosa. Non le andava di approfondire l’argomento e sperava che lui capisse, senza bisogno di parole. Shannon tacque per qualche istante, indeciso se proseguire il discorso o meno.


Finalmente arrivarono all’aeroporto.



* Shannon *

Questa ragazza mi farà diventare matto. Fredda come il ghiaccio fuori,

ma con gli occhi più dolci che abbia mai visto.

Abituata a trattare con le persone come se tutti fossero ai suoi ordini,

ma allo stesso tempo insicura e timida.

Senti scusa, si può fumare qui dentro?” nel tempo che ha impiegato

a bussare sul vetro, che divide i passeggeri dall’autista e pronunciare la frase,

se ne è già accesa una. “No smoking!” disse il tassista irritato. “Dai, ho anche aperto il finestrino.” “Rompiscatole” aggiunge sottovoce,

continuando a fumare come se niente fosse.

Questo aspetto a dire la verità mi piace. E’ totalmente imprevedibile,

quando meno te l’aspetti ti fa rimanere a bocca aperta.

Seguivo il suo tacchettio spedito, sul pavimento lucido del terminal,

con quella chioma rossa che ondeggiava, attirando lo sguardo non solo di molti uomini,

ma anche di donne.

Perché questa ragazza mi attrae così tanto? Cos’ha di speciale?

Ne ho avute di belle donne, in vita mia. Modelle, attrici…ma adesso mi ritrovo qui, con questa italiana misteriosa…

che diavolo mi prende?

Insomma, è il genere di donna della quale di solito mi sbarazzerei in cinque minuti,

invece…non so, forse è proprio perché è “inaccessibile”, che mi attrae.

E ci scommetto che, dietro quegli occhi verdi, nasconda qualcosa.

Un segreto, magari, qualcosa riguardo quel passato del quale sta così attenta a non parlare.

Oltre tutto devo essere proprio matto a cacciarmi in questa situazione proprio adesso,

quando so per certo che, per almeno un altro anno, non potrò tornare a casa!


Cavolo, starei ore a sentirla parlare.

Non esiste argomento del quale non sia informata, ma soprattutto quando la conversazione

devia in campo musicale, vedo che le brillano gli occhi.

E devo riconoscere una clamorosa sconfitta, visto che mi ha messo a tacere con nomi e date e titoli di album e canzoni, che ignoravo!

Prima al ristorante avevo notato il per aspera et astra tatuato nella parte interna del braccio, ma in realtà scopro che ha anche una triade alla base del collo, sulla schiena.

Per mostrarmelo, si volta di spalle e con una mano raccoglie i capelli sulla nuca, scoprendo il collo.

In quel momento le avrei volentieri strappato a morsi i vestiti di dosso.


Shannon, ma mi stai ascoltando?” Eravamo seduti a un tavolo di Starbucks per un caffè e mangiare qualcosa, in attesa che chiamassero il nostro volo.

E l’avevo fatto di nuovo.

Mi ero incantato a guardarla ed avevo completamente perso il filo del discorso.

Certo che ti ascolto! Mi parlavi di quella volta in cui hai conosciuto Karl Lagerfeld…”

See, buonanotte…perdi colpi eh? Ti stavo chiedendo di raccontarmi

di quando sei stato in Cina, per girare il video di From Yesterday…

Accidenti a me!



Durante il volo, inizialmente avevano guardato un paio di film, di cui uno tristissimo su un ragazzino che muore di leucemia. Alla fine, Shannon si era quasi commosso, mentre Serena si era addormentata sonoramente, appoggiata alla spalla di lui.

Ma non è possibile che tu dorma sempre! Sono io quello più vecchio, dovrei essere io ad essere stanco!”

Tesoro, io mi sono fatta il culo questa settimana e, visto che è venerdì, posso avere il diritto di essere distrutta? E poi tu sei più abituato di me, a viaggiare, saprai meglio come ammazzare il tempo, no?” “A proposito, che stai combinando con quell’I-Phone?”

Ti ho fatto una foto mentre dormivi ed ho intenzione di twittarla”

Molto divertente…” Serena fu interrotta da una ragazzina, che si era avvicinata timorosa a loro, armata di penna, block notes e fotocamera. Non doveva avere più di 16 – 17 anni.

Ehm, scusate…mi faresti un autografo Shannon?”

Certo. Vuoi anche la dedica? Come ti chiami?”

La ragazzina diventò paonazza e aprì la bocca per rispondere, ma all'inizio non uscì alcun suono.

J-Jane”

Ok. A J-Jane, con affetto, Shannon Leto. Può andare?”

Grazie” e lentamente si allontanò per tornare al suo posto, inciampando nei suoi stessi piedi.

Voglio anch’io il tuo autografo, eh! Non pensare che me ne dimentichi”

Mah, non so, vedremo…se avrò tempo e ti comporterai bene” Serena gli mollò un lieve pugno sul braccio.

Guarda che io mi comporto sempre bene…piuttosto veda Lei, signor Leto, di non approfittarsi di questa povera fanciulla indifesa!”

Fanciulla indifesa? Mi sa che avrò bisogno io di protezione contro di te…ma non la abbassi mai la guardia?”

Devo pur tutelarmi in qualche modo! Se abbassi le difese un secondo, c’è subito qualcuno pronto a fregarti…E' la legge della giungla, soprattutto nel campo della moda”

Certo, da questo punto di vista hai ragione…ma io non voglio fregarti. Però devi darmi modo di dimostrartelo...” poi riprese, ammiccante “so comportarmi anche da gran signore se voglio, eh!”

Non ho dubbi. Ma di regola, scommetto che non hai bisogno delle buone maniere per conquistare una donna, o sbaglio?”

Beh…sì. Ma le donne di prima classe, si meritano il meglio.”

Serena cercò di non mostrarsi troppo lusingata da quelle parole. Ma aveva fatto centro e lo sapevano tutti e due. Maledetto Shannon Leto! Mi farai infrangere Le Regole…Sei proprio una povera illusa, Serena, a credere che lo vedrai di nuovo, dopo questo week end! Vuoi star male di nuovo? Ti ricordi come ci si sente, vero? Serena aveva preso una decisione, in quel preciso istante. Non avrebbe infranto Le Regole. Non si sarebbe fidata al 100% di lui. Non gli avrebbe dato tutta se stessa.


Il viaggio durò 6 ore circa ed atterrarono che erano quasi le 3 del mattino, ora locale di Los Angeles. Il cielo era terso e una luna rossa di fuoco cedeva ormai il passo all’aurora, all’orizzonte.

Smell that? Smells like home” sorrise Shannon, mentre finalmente scendevano dall’aereo, con un’espressione che lo faceva sembrare un quindicenne al suo primo concerto rock.


All’uscita dall’aeroporto, Shannon fermò un taxi e salirono. 7524 Sunset Boulevard, West Hollywood, please”. Lungo il tragitto, Serena si sentiva Alice nel Paese delle Meraviglie. Non riusciva a distogliere lo sguardo da ciò che vedeva fuori dal finestrino: gli Studios, gli immensi boulevard costeggiati da palme altissime, le spiagge immense, dove la gente era riunita attorno ai falò o ammassata davanti agli ingressi dei club.

Vedrai che adorerai la Città degli Angeli e non vorrai più tornare nella tua grigia New York” Serena quasi sobbalzò, tanto si era persa nell’osservazione estatica di quanto vedeva, da dimenticarsi dove fosse e con chi.

Scherzi? Io sono perdutamente innamorata di New York! Adoro perfino il caos infernale, il traffico, la puzza e i drogati all’angolo delle strade…ha un fascino tutto suo!” “Certo, per quel che vedo, Los Angeles è stupenda, non posso negarlo. Sembra che siano tutti in vacanza!”

E in un certo senso ormai lo è anche per me, visto che ci torno solo quando non lavoro o nelle brevi pause durante il tour…”

Sentir chiamare “lavoro”, far parte di una rock band e viaggiare per il mondo, le faceva sempre uno strano effetto. Era come sentire il proprietario di un intero piano attico di un hotel a 5 stelle, chiamarlo “casa”. E’ riduttivo anche solo dire che è riduttivo.


Ma stiamo andando a casa tua? “ Serena era disorientata. Non sembrava proprio che si stessero dirigendo verso quella che sapeva essere la casa nella quale viveva con Jared, dove avevano anche lo studio di registrazione. Dalle poche foto che giravano sul web, sembrava fosse più in collina…

Certo. Perché me lo chiedi?”

Niente, chiedevo…Ma quindi non a casa tua e di Jared?”

Senti, senti…sei parecchio informata, eh!?” sorrise ironico e attese la sua risposta. Se era una tattica per metterla in imbarazzo…c’era riuscito.

Accidenti a me e alla mia boccaccia!

Beh, anch’io leggo i vostri tweet sai? E come ogni Echelon che si rispetti, c’è anche un 10% di fangirl in me!” Serena avrebbe voluto sparire, o almeno mimetizzarsi con la fantasia floreale del sedile.

Una vera fan girl saprebbe che ho comprato una nuova casa sul Sunset Strip che è tutta mia. Quindi, mi dispiace contraddirti, ma sei un'impostora…e quindi, come minimo, puoi dire addio all’autografo e alla foto!” Serena rise, sollevata, e prese mentalmente nota di non sollevare mai più la questione.


Arrivarono in un viale di una zona residenziale, lungo una strada parallela al celebre Sunset Strip. Shannon chiese al tassista di accostare davanti ad un cancello semi coperto dalla vegetazione, dal quale a malapena si riusciva ad intravedere una casa. La recinzione era in pietra viva, con un cancello centrale in legno wengé. Shannon si avvicinò ed aprì il cancello automatico con un telecomando e contemporaneamente si accesero due file di faretti dalla luce verde lungo i due lati del vialetto di ghiaia, delimitato da palme, cactus ed altre piante esotiche delle forme più bizzarre che Serena avesse mai visto.

Forte, eh? Il proprietario precedente della baracca era un tipo eccentrico. Un produttore di sit-com che ha fatto carriera e si è comprato la villa che apparteneva a Mickey Rourke, giù a Beverly Hills.” Serena non aveva idea di cosa parlasse, ma non poté che annuire e sperare che bastasse a non farla sembrare un’idiota. Lo seguì, sentendo l’emozione acuirsi ad ogni passo. Il vialetto prese a scendere e dei gradini di pietra conducevano dritti di fronte al portone in legno scuro, al centro di un edificio coperto da edera e rampicanti, che sembrava confondersi con la vegetazione circostante. “E’ bellissimo già l’esterno, non oso immaginare come sarà l’interno.”

Aspetta e vedrai. Premetto che è la terza volta che metto piede qui dentro, visto che sono sempre in giro, quindi è ancora da sistemare e…personalizzare!”


L’interno era molto più grande di quanto Serena si aspettasse. Forse perché, a parte qualche colonna ed il muro di fronte all’ingresso, che erano in pietra bianca, per il resto l’open space in cui erano entrati era circondato da vetrate, che si affacciavano sul giardino esterno e sulla piscina. Lo stile era modernissimo e lineare, ma allo stesso tempo accogliente. C’erano elementi in cristallo ed in mogano, con finiture in acciaio lucido. Un grande lampadario in legno, troneggiava al centro della stanza, al di sopra di un tavolo ovale di cristallo con base in legno nero lucido intagliato. A sinistra, la zona cucina, evidentemente mai usata, con alti scranni in acciaio e cuoio davanti al mobile bar, illuminato da faretti di luce verde e con diverse file di alcolici e bicchieri da cocktail, allineati sui vari ripiani. Sulla destra, c’era l’angolo giorno, con una libreria che ricopriva buona parte della parete in pietra, con tanto di scala e soppalco. Sotto, un caminetto moderno scendeva dal soffitto, tra due divani in pelle bianca. Ad una colonna era appesa una FenderStratocaster rossa, con sopra scarabocchiati degli autografi. Lo sguardo di Serena era rimasto fisso sulla chitarra, per cercare di capire a chi appartenesse. Non poteva fare a meno di avere la sensazione di essere appena entrata in un Hard Rock Cafè.


Sì, questa è decisamente una casa “da uomo”. E da uomo single!” rifletté Serena, senza riuscire a trattenere un sorriso. Shannon si voltò verso di lei e la guardò come un bambino di 5 anni che mostra il lavoretto di Natale alla mamma.

Allora, che te ne pare?”

Molto carina.” “Sai, se ti piacciono la chitarra autografata da chissà quale rockstar ed il caminetto spaziale…O magari queste cose servono solo per far colpo sulle ragazze…”

Shannon sfoderò il suo miglior ghigno ammaliatore “You ain’t seen nothing yet”. Quell’attimo di spavalderia svanì all’improvviso, come se un velo le fosse stato tolto da davanti gli occhi, rivelandole la realtà: erano lì per un motivo. Un motivo ben chiaro.

Ti va di bere qualcosa? Ti farò assaggiare uno dei miei famosi Long Island.”

Vada per il Long Island. Nel frattempo, ti dispiace se uso il tuo bagno? Devo incipriarmi il naso

Fai pure. Uhm…seconda porta a destra.”


Il tempo di rinfrescarsi e di un paio di discorsetti motivazionali allo specchio, e Serena tornò in salone, dove trovò Shannon che armeggiava con lo stereo, un Long Isalnd in una mano ed una sigaretta tra le labbra.


If I had a heart I could love you 
if I had a voice I would sing
After the night when I wake up
I'll see what tomorrow brings...” 1


Oh, eccoti qui. Il tè freddo, stava diventando caldo...”

Beh, una Signora ha pur diritto di rifarsi il trucco in santa pace, dopo 8 ore di viaggio!”

Quale 'Signora'? Non vedo nessuna Signora...!” ridacchiò, guardandosi intorno.

Serena sgranò gli occhi, fingendo un'espressione sbigottita e gli mollò una pacca sul braccio, per vendicarsi.

Ouch! Per essere una 'Signora', picchi forte!”

And you ain't seen nothing yet!” Risero entrambi di gusto. Non tanto per la battuta, ma anche perché il ghiaccio ormai era rotto ed erano entrati in sintonia.

Serena era appoggiata con la schiena al mobile bar, vicino a lui.

E adesso?”

E adesso cosa?” rispose, guardandola negli occhi ed appoggiando le mani al bancone, alle spalle di Serena. Non poteva sfuggirgli. Non poteva perdere il controllo così. Voleva essere lei a decidere e ad essere al comando. Era l'unico modo.

E adesso baciami.” Appoggiò un braccio sul suo petto e lo trasse a sé.


Dopo ore, minuti, anni, o ere geologiche si separarono e Serena si sentì strana. Lui la teneva ancora abbracciata ben stretta e in quel momento capì che la sua, era una battaglia persa. Appoggiò la testa sulla sua spalla e decise che era precisamente lì che sarebbe voluta rimanere per il resto dei suoi giorni....

FINE CAPITOLO 3

1If I had a heart (Fever Ray)

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Capitolo 4
*** Follow your dreams, no matter what... ***


capitolo 4

Capitolo 4 – Follow your dreams, no matter what...


«All that I am
All that I ever was
Is here in your perfect eyes, they're all I can see
If I lay here
If I just lay here
Would you lie with me and just forget the world?»

Snow Patrol – Chasing cars




Serena si svegliò la mattina dopo, di colpo e completamente. Come se qualcuno le avesse urlato in faccia. In realtà non era proprio mattina, sarebbe più corretto dire che erano le prime luci dell'alba. E in realtà non si era “svegliata”, dato che non aveva dormito granché quella notte. Ancora stordita ed aggrovigliata nelle lenzuola, riuscì a raggiungere il suo Blackberry sul comodino: le 5:18. Attraverso le tende della finestra, spirava una sottile linea di luce rossastra, proiettando lunghe ombre su tutta la stanza. Il pavimento era costellato qua e là, dai loro indumenti e, guardandosi intorno, iniziò a ricordare dove fosse.


Erano all'interno della dependance in piscina, praticamente una seconda casa, ma più piccola di quella principale. Arredata di tutto punto e completa di cucina, Jakuzi, camera e il più grande televisore (o il più piccolo schermo cinematografico) che Serena avesse mai visto. Ovviamente non potevano mancare Play Station, X-box e una valanga di dvd e giochi.


Non tardarono ad apparirle dei flash della notte appena trascorsa. L'implacabile furia di Shannon e di come l'avesse portata di peso, sollevandola sopra le spalle, fin lì. Per soffocare il sorrisetto che le si era stampato in faccia, neanche fosse stata una ragazzina alla sua prima esperienza, scivolò sotto il lenzuolo fino alla testa e, voltandosi, sentì il corpo caldo dell'uomo vicino a lei, il petto che si alzava ed abbassava ad intervalli regolari, ancora addormentato. Non riuscì a resistere e si adagiò sopra la sua spalla, cingendogli la vita con un braccio.

Hey, Kid. Ma allora sei sveglia!”

No, sto ancora dormendo. E sto sognando...”

Cosa sognavi, di bello?”

A dire la verità....te! Ah, scusa, ma mi avevi chiesto cosa sognassi di bello!!?”

A-ah! Guarda che lo so che ormai sei innamorata persa di me, puoi anche ammetterlo!”

Risero entrambi. Ma c'era ancora tempo, prima che il sole sorgesse completamente, dissipando la notte. Shannon le afferrò le mani e salì su di lei, iniziando a baciarla e a scendere dal collo, sempre più giù...


Qualche ora più tardi, Serena fece per alzarsi...

Dove vai?”

Beh, prima o poi dovremo alzarci di qui...hai promesso di farmi vedere Los Angeles ieri, se non sbaglio...o era tutta una scusa?”

Ma c'è tutto il tempo, per quello...” la afferrò per la vita e la riportò accanto a lui, abbracciandola stretta. Di nuovo in suo potere. “Stavo pensando che tu saprai un sacco di cose su di me, mentre io non so quasi niente su di te. Per esempio, perché hai lasciato l'Italia? Voglio dire, ho capito che adori questo lavoro, ma per mettere 200,000 miglia tra te e la tua famiglia, la tua casa e i tuoi amici, devi aver avuto qualche altro motivo valido...”

Non riuscirò a sfuggirti stavolta, vero?”

Nope. Insisterò finché non mi avrai raccontato tutto, a costo di imprigionarti qui dentro e buttare via la chiave.”

Uff, che uomo insistente...e va bene! Quando mi hanno offerto il lavoro a New York, avevo appena mollato il mio fidanzato...con il quale stavo per sposarmi, se non l'avessi beccato che si faceva la sua segretaria – pensa che cliché – in quella che sarebbe dovuta diventare casa nostra. Mi avevano già offerto questo lavoro, qualche mese prima, ma avevo quasi rifiutato, sapendo che avrei dovuto sposarmi a breve. Stavo rinunciando al sogno di una vita. Un'occasione che non si presenta una seconda volta, una volta persa. Morale della favola: due mesi dopo sono partita, da sola e con una valigia leggera. Niente fardelli. Volevo ricominciare. E che cazzo, avevo 27 anni, un lavoro da 2500$ al mese, a Manhattan ed ero single di nuovo, dopo 10 anni di vita di coppia. Dei quali almeno quattro spesi tra privazioni, insofferenza e rassegnazione. Da allora ringrazio Dio ogni giorno, per aver colto sul fatto il mio ex”. A quel punto si rabbuiò e cercò di divincolarsi dall’abbraccio “E questo è quanto, più o meno. Sono stata esaustiva?” Shannon la trattenne fermamente e le sollevò il mento, invitandola a guardarlo negli occhi:

Cavolo, mi dispiace...non avrei dovuto insistere. Dev'essere stata dura, ma di certo alla fine non potrai pentirtene, visto che ti ha reso la donna che sei oggi. Si impara di più dalle difficoltà, te lo dico io...”

Sì, beh...ovviamente non mi pento di niente...anche se ho sacrificato praticamente tutto ciò che avevo e non potrò mai più tornare indietro.”

Ma in tutto questo tempo non hai mai avuto ripensamenti? E poi, sono sicuro che la porta di casa tua sarà sempre aperta, qualora volessi tornare...”

Ehm...no. Non è proprio così. Tu non li conosci, non sai che nel momento in cui ho lasciato quella casa, sapevo che non avrei mai più potuto rimetterci piede. Il mio ex fidanzato è il rampollo di una famiglia molto influente e la nostra azienda di famiglia è in affari con loro, da sempre. Quando mi sono rifiutata di sposarlo, lui ha fatto passare me per pazza e la sua famiglia lo ha appoggiato ignara ovviamente del suo tradimento. Una soap opera sarebbe meno scontata...” “I miei genitori non mi hanno mai perdonato il fatto di essermene andata e di aver rinunciato al loro sogno...vale a dire: sposarmi, mandare avanti l'azienda, fare figli ed essere una casalinga e una moglie perfetta...Adesso hai capito perché sono 'scappata'?”

Per seguire i tuoi sogni...”

Già. E una volta presa una decisione, non torno mai indietro.”

Sai, ti capisco. Anche io quando mi sono imbarcato in quest'avventura con la band, ho rischiato tutto...ma ti assicuro che il duro lavoro e la determinazione nel cercare di raggiungere un obiettivo, portano sempre a grandi soddisfazioni...Io ne sono la prova vivente!” Ridacchiò. Poi tornò serio e aggiunse: “e sappi che d'ora in poi, non sei più sola qui...per qualsiasi cosa potrai contare su di me. Ovviamente potrei metterci un po' per raggiungerti, perché probabilmente sarò in Giappone o chissà dove, ma comunque...”

Ahahaha! Se mi si rompesse lo scaldabagno in casa, non saresti di grande aiuto!” Stavolta lo guardò lei dritto negli occhi e disse “comunque sia, grazie.”


* Shannon *


Prima modifica da fare: mettere gli infissi alle finestre.

Shannon prese mentalmente nota, aprendo a fatica gli occhi alla luce del giorno.

Doveva essere almeno mezzogiorno.

Si voltò e vide Serena che dormiva su un fianco, con la testa sotto il cuscino.

Si alzò e miracolosamente trovò i suoi boxer, sotto il comodino. Andò verso l'angolo cottura e mise su il caffè. 

Americano, non espresso.

Ce ne vorrà almeno un litro, per riprendermi.

Buongiorno. Di nuovo.” Serena si era seduta sul letto e gli rivolse un sorriso dolcissimo.

Dio, senza tutto quel trucco è ancora più bella. E con quel sorriso e quegli occhi,

potrebbe chiedermi e ottenere qualsiasi cosa...

Buongiorno a lei, Signora. Il letto è stato di Suo gradimento?”

Indicibilmente. Peccato non possa dire lo stesso per la compagnia...”

E io che ti stavo preparando il caffè, con tanto amore...”

Dai, scherzavo...” Si alzò, pescando a caso la t-shirt di Shannon dal mucchio e, indossandola, lo raggiunse in cucina. Appoggiò la testa sulla sua schiena, lo abbracciò e gli diede un bacio, proprio dove aveva il tatuaggio con la map of the world.

Prima o poi dovremo andare a mangiare qualcosa, io sto morendo di fame...”

Sì anch'io...ti piace il giapponese? Pensavo di portarti al Katsuya, giù a Hollywood, così poi facciamo un giro in spiaggia...”

Se mi prometti di portarmi a mangiare, ti seguo anche in capo al mondo...Ma prima portami a fare shopping. 

Non posso andarmene in giro in spiaggia con i tacchi da 12 e il vestito di seta...”

Tranquilla, ti porto al Rodeo Drive...Così potrò sceglierti io un paio di scarpe senza tacco

e finalmente non dovrò prendere la scala per baciarti!” e così dicendo la sollevò

come se pesasse meno di una piuma e la mise a sedere sul bancone

della cucina, di fronte a lui.

Proprio in quel momento celestiale, il cellulare di Shannon vibrò e lui corse a prenderlo.

Jared. Che palle, che cazzo vuole, di sabato?! Scusa, devo rispondere, sennò è capace di chiamarmi altre venti volte...”

Si avviò verso il giardino per rispondere...

Jay, what's up?”

Oh, Shannon sono a casa. Puoi passare oggi appena possibile, dobbiamo definire

un paio di cose prima di ripartire...”

Che vuol dire ' oggi appena possibile'?? No, Jay, ho da fare oggi. E anche domani. Non ne possiamo parlare lunedì?”

E dai, Shan, che cazzo avrai da fare di così importante? È questione di mezzora

ed è importante...”

See, mezzora...il solito Jared! Per 'mezzora' intendeva sempre almeno un paio d'ore! E di sicuro doveva parlare di cazzate che, probabilmente, avremmo potuto decidere in 5 minuti, insieme a Emma, direttamente sull'aereo!

Jay, senti, te la spiattello così: sono con una ragazza, va bene? E lei resterà qui solo fino a domani sera, quindi dovrai aspettare!”

E allora, dov'è il problema? Porta anche lei, no? Un'oretta, poi sarai libero 

di darti da fare quanto e come ti pare!”

Ci siamo. È già diventata 'un'oretta'.

Che rottura di palle, che sei...e va bene, ma prima andiamo a pranzo.

Vieni con noi, così ne parliamo lì. Al Katsuya.”

Ok. Entro un'ora ce la fate a rendervi presentabili?” Jared ridacchiò, poi aggiunse 

“Oh, Shan, non è che mi porti una delle tue solite bambolone sceme, eh? Sennò a pranzo ci andate da soli”

No, stai tranquillo, Divah dei miei coglioni!....Questa è speciale.”


Aveva fatto del tutto per non origliare quella conversazione, ma Serena non aveva potuto fare a meno di rimanere allibita, sentendo come Shannon parlava con il fratello. Uomini! Pensò tra sé. Ma quell'ultima frase che aveva detto...


Shannon tornò e la trovò seduta dove l'aveva lasciata, le gambe accavallate, un caffè fumante in una mano e la sigaretta accesa nell'altra. E con un sorrisetto malizioso, che tentava di occultare, senza successo.

Dov'eravamo rimasti? Ah, sì, ti stavo dicendo che da qui non ti lascerò più andar via, lo sai vero?”

Così vicino a lei, non riusciva a resistergli...e quel suo odore, inebriante e unico, che gli offuscava la mente e intossicava i sensi...E le sue mani che scorrevano lungo le sue gambe, fin sotto la t-shirt...Quest’uomo sarà la tua rovina, si ripeteva. Appoggiò la testa nell’incavo tra il collo e la spalla e, all’improvviso, il mondo fu un posto più bello. Al diavolo. Se devo farmi male, voglio farlo per bene!


Ma purtroppo, il dovere mi chiama. Jared vuole che ci vediamo, perché deve parlarmi, quindi gli ho detto di venire a pranzo con noi. Tra un'ora. Ti dispiace?”

Se mi dispiace?? Scherzi, vero?....ehm...suppongo che, se non dispiaccia a lui, trovarsi di fronte una sconosciuta...”

Ma se me l'ha detto lui, di portarti? Così curioso com'è, ti farà il terzo grado, quindi preparati. Non lo fa con cattiveria, è curioso, ma se diventasse troppo indiscreto puoi sempre mandarlo a fanculo.”

Sì, come no. Mandare a fanculo Jared Leto. Non voglio morire così giovane.


Dopo un tempo immemore e docciati di fresco, riuscirono a rendersi presentabili ed uscire al tiepido sole autunnale. Serena indossava ancora l'abito di seta nero, monospalla con la gonna dal taglio asimmetrico, con sopra una giacca di pelle, con collo di pelliccia. Immancabili decolleté Jimmy Choo, tacco a spillo e plateau, di vernice rossa.

Non mi sembra proprio uno stile adatto a Los Angeles” ammise, guardandosi allo specchio dell’armadio nell’ingresso. Shannon la squadrò da capo a piedi, increspando le labbra. Come se la vedesse per la prima volta in quell’istante e sgranando gli occhi per lo stupore “Cavolo è vero! Poi, non vorrei dover fare a botte con qualcuno per difenderti”

Scemo!”

Lui si era infilato un cardigan nero con lo scollo a V, sopra dei jeans e sneakers, entrambi neri. Poi sfilò da un cassetto del guardaroba una cuffia grigia, che Serena riconobbe all’istante, con un tuffo al cuore.


Stava trafficando nell’ingresso con delle chiavi, quando aprì l’armadio a muro e ne estrasse due caschi integrali, uno bianco e l’altro nero.

Sei pronta a conoscere il mio gioiellino?” 

Serena sgranò gli occhi. Fantastico, non sono mai salita su una Ducati, prima d’ora!”

Beh mi auguro che tu non soffra di cuore, in questo caso…Sentiamo, non vorrai farmi credere di saperne più di me, anche in fatto di moto?”

Non penso proprio. In vita mia sono salita solo su un’altra moto. Una Custom 1100, tutt’altro genere quindi.”

Fammi indovinare: ce l’aveva il tuo ex”

Esatto. Una California 1100, il top della linea. Tipico di lui: pretendeva sempre il meglio del meglio in tutto. Io la adoravo, ma lui la teneva sempre in garage o al massimo faceva qualche giro da solo, non mi portava quasi mai. Diceva sempre è troppo pericoloso per te.”

Ma che senso ha, scusa? Comprare il meglio che esista sul mercato, per poi lasciarla a prendere polvere in garage? Ora capisco che idea dovesse avere di te…”

Che vuoi dire?”

Voglio dire che si è preso ‘il meglio sul mercato’: una ragazza bellissima, intelligente e 'tosta', che poi lasciava ‘chiusa in garage’…ti vedeva come la donna perfetta, da sposare, ma per le emozioni forti si rivolgeva altrove…”

Grazie tante, quindi pensi che io sia una noia mortale?!”

No, no, io non lo penso affatto…al contrario! Sei divertente e imprevedibile...stavo solo cercando di capire che tipo fosse lui.”

Mmm va bene drittone, ti sei salvato in calcio d’angolo!” sorrise maliziosa, poi riprese “però credo che tu sia molto più saggio di quanto non immagini, perché lo hai inquadrato alla perfezione”

Più saggio. È un modo diplomatico per dire più vecchio??”

No, no…stavolta ero seria, non ti prendevo in giro. Anch’io sono piuttosto suscettibile in fatto di età. Ti dico solo che, a chiunque mi chieda quanti anni abbia, rispondo ancora 25…e finora nessuno mi ha mai smascherata!”

Ma se hai trent’anni anni e ne dimostri almeno dieci di meno, kid!” aprì la porta laterale e imboccò le scale che conducevano al garage “ E comunque, ti prometto che con me ti divertirai molto di più”.


Se si riferisse al giro in moto o alla loro 'storia', a Serena non importava. Sapeva già che sarebbe stata un'avventura e che rischiava di farsi molto male.


Ma non per questo avrebbe rinunciato all'adrenalina del viaggio.



FINE CAPITOLO 4



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Capitolo 5
*** Jared ***


capitolo 5

Capitolo 5 – Jared

Ciao a tutti! Non amo le chiacchiere all'inizio dei capitoli perciò sarò brevissima: volevo solo precisare che ovviamente il personaggio di Jared, come pure ogni riferimento a luoghi è (quasi del tutto) frutto della mia mente malata ;) Buona lettura e siate il più spietati possibile nelle recensioni! :) XoXo


You and me
we're in this together now
none of them can stop us now
we will make it through somehow
you and me
if the world should break in two
until the very end of me
until the very end of you...”

We're in this together (Nine Inch Nails)



Serena si trovò di fronte un Range Rover nero, nuovo di zecca, una Porche decappottabile rosso fuoco e l'inconfondibile Ducati bianca, che troneggiava al centro di una piattaforma, come un trofeo sul suo piedistallo.


Shannon salì. Era chiaro che da tempo attendeva quel momento. Avviò il motore e l'inequivocabile rombo rimbalzò in tutta la stanza. Serena allacciò il casco e prese posizione dietro di lui. Conciata in quel modo, con i tacchi a spillo, la minigonna e l'indomabile chioma che svolazzava fuori dal casco, si sentiva una coniglietta di Playboy. Lo disse a Shannon e lui scoppiò a ridere.

E' vero, sembrerò un gran figo anch'io, solo perché sono con te!”

Serena rise meccanicamente. Era ancora in tensione, pensando a chi avrebbe incontrato di lì a pochi minuti.

Tranquilla, il Katsuya non è lontano dal Rodeo Drive. Ti porto io nel posto giusto, dove fare shopping. Tanto mio fratello è sempre in ritardo, abbiamo tempo”

Mi salvi la vita. Non resisterei altri 10 minuti con queste scarpe.”

Per così poco?! Dai, partiamo. Tieniti forte a me e appoggia bene i piedi sui pedali.”

Serena obbedì, lieta di avere una scusa per abbracciarlo stretto.


E partirono, scendendo dal Sunset Strip, lungo la discesa che portava dritta nel cuore della Città degli Angeli.


Il viaggio in moto prevedeva anche un giro panoramico sulle Hills, dalle quali si godeva una vista mozzafiato della città, per poi scendere giù, fino a Santa Monica, tra i viali immensi, inondati dal sole. Si fermarono ad un negozio a tre piani di Alice+Olivia. Serena aveva scommesso con Shannon, che avrebbe indossato qualsiasi cosa lui avesse scelto per lei. Iniziarono a girare per tutto il negozio, facendo impazzire l'agitatissima commessa, la quale raccoglieva stizzita tutti i capi che i due accumulavano sopra il bancone o a caso, sugli scaffali. Shannon passava a Serena di proposito i capi più bizzarri, così lei usciva dal camerino, improvvisando una sfilata con pompose gonne a palloncino fucsia, cappelli dalle enormi falde, o abiti pieni di paillettes dorate, mentre lui si sbellicava dalle risate. Finché Serena non ne ebbe abbastanza e l'afferrò per la maglia, trascinandolo con sé dentro il camerino e tirando la tenda.


Serena uscì dal negozio indossando degli shorts di jeans, una t-shirt bianca, dei comodissimi stivaletti in camoscio e un rinnovato vigore fisico. Avevano messo a tacere la commessa, prosciugando la carta di credito di Serena, con l'acquisto di una valanga di abiti che le avrebbero spedito direttamente a casa a New York. Avrebbe avuto tutto il tempo per pentirsene, una volta finito quel week end da sogno.


L'ingresso del Katsuya era piuttosto semplice, in apparenza, ma la presenza del parcheggiatore in divisa e le auto di lusso che sfilavano, lasciando uscire gente estrosa e dall'abbigliamento ricercato, suggeriva l'esatto opposto. A Serena parve persino di riconoscere Bradley Cooper, in un gigante barbuto alto almeno 1,90, seminascosto dietro pashmina, berretto e occhialoni scuri. Shannon parcheggiò la moto accanto al ristorante ed entrambi scesero, stiracchiandosi e togliendosi i caschi.

Sei ancora viva? Ce la fai a camminare, o devo prenderti in braccio?”

A-ah! Guarda che riesco a camminare benissimo...” Certo, se solo le mie gambe collaborassero...

Shannon inforcò i suoi Carrera da sole e la cuffia e la afferrò saldamente con un braccio intorno alla vita, avviandosi con lei verso l'ingresso.

Non so se essere più preoccupata per chi sto per incontrare, o per il viaggio di ritorno in moto. Guida come un pazzo scatenato, accidenti a lui...Ma forse farei lo stesso anche io, se avessi ai miei comandi una Ducati Monster, così potente…Perché non riesco a togliermi dalla testa le parole di Search&Destroy 'I'm no Jesus, but neither are you my friend'? Forse per ricordare a me stessa che Jared è un essere umano come gli altri, dopo tutto....Ma perché la cosa non mi consola affatto??


Proprio mentre cercava di tranquillizzarsi, pensando che avrebbe avuto almeno qualche minuto per ambientarsi (e magari sfogare il suo nervosismo prendendo d'assalto il cestino del pane) prima di incontrarlo, entrarono e lo videro. Era seduto al tavolo nell'angolo più remoto del locale, semi nascosto da separé di foggia orientale e colorate piante da vaso tropicali. Occhiali da sole e Blackberry in mano, come da manuale.

Hi, I'm Jared” disse,sollevando gli occhiali e riponendoli sopra la testa.

Serena. Piacere di conoscerti.” Cercò di ricordare a se stessa che, dopo tutto, era abituata a trattare con importanti finanzieri, industriali, stilisti e giornalisti. Ma non poté fare a meno di smettere di respirare per qualche istante, nel momento in cui incrociò quello sguardo. Quegli occhioni blu, che la osservavano con curiosità. Sì, Serena era ufficialmente a disagio. Né più, né meno della ragazzina alla quale Shannon aveva firmato l'autografo sull'aereo.


Oh, grazie per la considerazione, bro! Piacere di vederti e tutto il resto!”

Jared finse di accorgersi di suo fratello solo in quel momento: “Anche tu qui? Sorry man. Mi ero distratto...” e rivolse lo sguardo a Serena, squadrandola velocemente dalla testa ai piedi. Fosse stato un uomo qualsiasi a guardarla così, gli avrebbe rivolto uno sguardo di puro disprezzo, come sempre. Tuttavia rimase talmente spiazzata, che decise di deviare la sua attenzione, concentrandosi sui dettagli. Jeans grigio chiaro, sneakers viola e rosse, t-shirt blu sbiadita con scollo a V, la triade al collo e i Ray-ban appoggiati in testa, che fermavano i capelli all'indietro, scoprendo e risaltando ancora di più gli occhi....


Terminati i convenevoli, si sedettero: Shannon a capo tavola e Jared di fronte a Serena. Fantastico! Pensò lei. Ora non potrò evitare di guardarlo.

Iniziarono a chiacchierare del più e del meno e la conversazione in realtà fu molto piacevole. Jared chiese loro come si fossero conosciuti, da dove provenisse Serena (“Mi piace il tuo accento. Mmm…spagnola?”) e come mai abitasse a New York. Non era un terzo grado. In realtà era persino divertente conversare con lui. Si rivelò un ascoltatore attento e la sua curiosità era genuina e disinteressata. Diverse portate di sushi e piatti vegetariani (per Jared), due bottiglie di vino bianco e il ghiaccio era rotto. Di tanto in tanto, lo sorprendeva a guardala di sottecchi, mentre Shannon le si avvicinava per abbracciarla o parlarle all'orecchio.

La prossima volta che sono a New York, passo a trovarti allo show room...”

Certo, mi farebbe piacere! Anche se non ti ci vedo proprio con indosso i mocassini tipici TOD'S...Ma sbaglio o non tornerete negli States prima di metà dicembre?”

Jared sollevò un sopracciglio, socchiudendo gli occhi e guardandola interrogativo.

Ah, non te l'avevo detto? E' anche Echelon. Non si direbbe, vero?” Shannon sorrise, dando di gomito a Jared.

Che vorresti dire scusa?!”

Easy, tiger! Voglio dire che non te l'aspetti, che una che lavora ai piani alti della fashion industry, si scateni ai concerti rock...”

Semmai è il mio capo che lavora ai piani alti, non io...sono solo la sua umile assistente. Comunque sì, seguo voi e la vostra musica da anni, ormai.”

E...ehm, se posso chiedertelo, fai anche parte di qualche Division?”

Serena iniziò a sentirsi un po' a disagio. Era evidente il cambio di umore repentino di Jared. La realtà era che non aveva mai pensato seriamente, finora, a quell'aspetto della questione. Decise di essere evasiva e cercare di sembrare il più neutrale possibile.

Non da quando sono qui negli States. Ovvero da quasi due anni”

In quel momento risuonò l'inconfondibile intro di Back in Black1, proveniente dai pantaloni di Shannon. Il suo i-phone.

Scusate, è Antoine, devo rispondere” così dicendo si alzò da tavola, puntando dritto verso l'uscita.


Sai, mi incuriosisci molto. Mi hai raccontato un sacco di cose su di te, ma non sono ancora riuscito a....inquadrarti. E, fidati, di solito ci metto 5 minuti a capire chi ho davanti, ormai sono allenato, ma tu...sei un mistero.” Si mordicchiò il labbro inferiore e attese la sua risposta, evidentemente soddisfatto e certo di essere riuscito a metterla in imbarazzo.

Beh, mai rivelare tutti i propri segreti, soprattutto a un uomo. Altrimenti sarebbe troppo semplice!” Sorrise, cercando di alleggerire la tensione che aveva creato lui, con le sue parole. Ma non riusciva a distogliere lo sguardo da quel provehito in altum tatuato sul petto. Ma che cazzo di potere avete, voi Leto??! Occhi angelici, ma uno sguardo freddo che ti trapassa come la lama di un coltello.

Sì, beh...magari questa 'tattica' ha funzionato con mio fratello...ma sappi che lui si stanca subito delle sue conquiste. Con tutte le modelle e le belle donne che si porta a letto, figurati se riesce a portare avanti una relazione a distanza con te. E passeranno mesi prima che possiate rivedervi. Ma questo lo sai già.”

Ma tu per chi mi hai presa, scusa? Non vedo come questi siano affari che ti riguardino!”

Ma io lo dicevo per te, ti avvertivo di stare attenta. E' inutile che ti affezioni troppo a lui. Tanto non vi rivedrete mai più e lo sai bene anche tu, inutile negarlo. Però mi sembri una tipa sveglia, quindi ti suggerisco di fare tesoro delle mie parole. Tornatene a New York, domani e non illuderti: lui ripartirà lunedì, ha un contratto da rispettare e un tour da portare a termine. Come me.”

Serena sentiva la rabbia montare dentro di lei ad ogni parola, come un'onda anomala che stava per abbattersi devastante e non sarebbe riuscita a contenerla oltre. Decise di fare appello ad ogni goccia di maturità che possedeva. A che gioco stai giocando, Leto?? Qualunque cosa tu abbia in mente, hai trovato la persona sbagliata, con cui giocare.

Lentamente, ma con determinazione si alzò dalla sedia. E le sue parole furono altrettanto fredde e taglienti, quanto lo erano quelle che le aveva rivolto lui.

Ti ho già spiegato che quello che succede tra me e Shannon non è affar tuo. Non mi faccio illusioni sul futuro, ma di certo non gli starò lontana solo perché me lo hai ordinato tu!”

Così dicendo, raccolse la borsa che le era caduta a terra, quando si era alzata, estrasse 200$ dal portafogli e li sbatté sul tavolo, davanti a Jared, che la osservava impassibile.

Questi sono per il pranzo. Spero che bastino!”

Gli voltò le spalle e camminò a passo spedito verso l'uscita, sentendo lacrime di rabbia e frustrazione farsi avanti prepotentemente. Non adesso. Non fare la bambina. Esci di qui, prima di tutto.

Una volta varcata la soglia, quasi andò a sbattere contro Shannon, che stava rientrando.

Merda!

Ehi, ma dove...che è successo?!” La afferrò per le braccia e la scrutò preoccupato.

E' successo che tuo fratello è un emerito stronzo! Io là dentro non ci torno! Tu fa pure con comodo, io me ne vado a fare un giro da sola, poi magari ci sentiamo più tardi e....”

Ma che cazzo dici?...In giro da sola? Ma vi ho lasciati soli neanche 5 minuti...mi spieghi che cazzo è successo?”

Non le piaceva il suo tono e non aveva voglia di giustificarsi. Voleva solo andarsene il più lontano possibile, in quel momento.

Chiedilo a lui!”

E dai, ma dove vai, da sola? Aspetta...fammici almeno parlare, prima!”

Parlaci quanto ti pare. Io so badare a me stessa, non ti preoccupare.”

Serena!”

Ma era già salita sul primo taxi che l'avrebbe portata lontana da lì.


* Jared *


Quella se n'è andata davvero.

Adesso mi toccherà stare a sentire la sfuriata di Shannon, ma ci sono abituato,

non me ne frega un cazzo.

Tanto se succede qualche casino, tutto si ripercuote sempre su di me...sono sempre io quello che deve riparare alle cazzate che combinano gli altri, nella band.

Col cazzo che gli viene in mente a lui, che se si scopa una Echelon e quella per caso

lo va sventolare ai quattro venti, scoppia un casino.

Sempre così, fin da quando eravamo piccoli. Lui faceva una cazzata qualsiasi a scuola,

magari faceva a botte con qualcuno o lo mettevano in punizione

e di chi era la colpa?

Sei tu quello che deve dare il buon esempio e convincerlo a farlo rigare dritto” diceva mamma.

O quando l'ho recuperato che viveva in quel tugurio nella Valley,

ammazzandosi di canne e acidi e l'ho convinto a mettere su la band con me,

solo per darsi una ripulita?

E a 40 anni suonati, sono ancora io quello che deve assumersi la

responsabilità per lui!


Devo riconoscerlo, stavolta ha avuto gusto. Molto gusto.

Troppo. Niente male, la tipa.

Se solo l'avessi conosciuta io, prima di lui...

Ma che dico, accidenti a me!?

Abbiamo un'unica semplice regola, da rispettare: 'vietato scoparsi le Echelon'.

E' così difficile, con tutti i milioni di donne che esistono al mondo?

Che cazzo gli è venuto in mente??


Oh, ma che ti sei bevuto il cervello? Che le hai detto, per farla scappare così?”

Che le ho detto io?? Ma tu non ragioni mai, prima di fare ste cazzate?

Lo sai che succede, se quella va a spifferare in giro quello che è successo?!

Guarda che ci mettiamo un secondo, un secondo, a sputtanarci la reputazione!”

Ma con lei è diverso, non è una scema, non va mica a scrivere su twitter

o facebook 'indovinate chi mi sono scopata questo week end: Shannon Leto!'

Guarda che ha 30 anni, mica 15!”

Certo, come no?! La conosci da quanto, 36 ore? Possibile che devo

essere sempre io, a farti ragionare? Ne ho piene le palle, di questa storia,

è anche ora che cominci a prenderti le tue responsabilità del cazzo!”

Senti chi parla di prendersi le responsabilità! Proprio tu che ti scopi qualsiasi

bionda ti passi davanti! E poi, saranno anche cazzi miei,

quello che voglio o non voglio fare...piantala di darmi ordini, ne rispondo io, contento!?

E se non ti sta bene, trovati un altro batterista, perché mi sono proprio rotto di

stare a sentire ramanzine da te!” Shannon sbatté il pugno sul tavolo, davanti al fratello.

Ormai aveva scatenato la belva che era di lui.

Tanto che lo sguardo ferreo di Jared, iniziò a vacillare.

Avevano iniziato ad alzare la voce, tanto che molte persone sedute ai tavoli vicini,

presero a voltarsi, per vedere cosa succedeva.

Aspetta un attimo....non ti roderà mica perché ci sono arrivato io, prima di te??”

Ma che cazzo ti viene in mente, sei scemo? Figurati...ne trovo altre mille meglio di lei!”

Sai che ti dico, sei proprio un cazzone...tutta questa menata, solo perché sei geloso marcio! Per una volta che il sottoscritto ha qualcosa di bello, devi venire

a sputare veleno per cercare di rovinarmelo!”

Fanculo Shannon! Come fai a capire sempre quello che ho in testa, anche prima di me?

Senti, hai finito? Risparmiami le tue cazzate, per favore. Ho di meglio da fare, che stare qui a sentirti.” Finalmente si alzò, raccolse il giubbotto di pelle e il Blackberry

e chiese il conto al cameriere.

Fai come cazzo ti pare. Stavolta però non venire a rompere i coglioni a me, se succede qualcosa. Ci vediamo sull'aereo. Vedi di arrivare puntuale.”


Shannon lo detestava con tutto il cuore.

Sentire suo fratello minore che gli dava ordini e lezioni di responsabilità,

era una cosa che non aveva mai sopportato.

Lo sapeva che lo faceva per il suo bene, in fondo.

Tuttavia ogni volta, resistere all'impulso di spaccargli la faccia era sempre più dura.

Strinse i pugni e gli voltò le spalle.

Con lui avrebbe pareggiato i conti più in là.

Doveva andare a cercare una ragazza.






1Back in Black - AC/DC

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Capitolo 6
*** The Man with the triad tattoo ***


capitolo 6

Capitolo ricco di riferimenti e citazioni, spero vi piaccia! Come si dice “The lights are out and the party is over”, ma sarà terminato davvero?? Stay tuned! ;)

Diamo il via ai ringraziamenti, tanto speciali, quanto doverosi:

  • A LexieEchelonMF e Damoon per i vostri consigli, il supporto e l’ispirazione <3

  • A mia sorella, lettrice in incognito ;)

  • A IlaOnMars6277, per avermi spalancato gli occhi sul mondo delle fanfiction, grazie anche alle sue meravigliose storie <3

  • A tutti voi lettori, che mi accompagnate (me e Serena ;) in questa avventura.



Capitolo 6 – The Man with the Triad tattoo




Serena scese dal taxi in Hollywood Boulevard, proprio lungo il celebre Walk of Fame. Passeggiava senza meta, tra turisti curiosi armati di fotocamera, puttane, artisti di strada e una selezione dell'umanità più bizzarra che esistesse sulla faccia della terra.


Ad intervalli regolari, rifiutava una chiamata di Shannon al cellulare. Doveva ancora sbollire la rabbia e la frustrazione. Forse la sua reazione era stata esagerata? Ma chi si crede di essere? Pretende anche di decidere per la vita del fratello, oltre tutto! Poi, per chi mi ha preso? Per una groupie? Una che si scopa le rockstar, tanto per stare con gente famosa? E per fortuna che è il mio idolo, altrimenti a quest'ora l'avrei già fatto fuori!


Ma ad un tratto, un'illuminazione improvvisa la costrinse a fermarsi di botto, tanto che la fiumana di gente che camminava dietro di lei quasi la travolse. E se l'avesse fatto di proposito, a farmi incazzare? E' tutto legato al fatto che sono Echelon ed è per questo che non gli va giù che frequenti Shannon?

Rimane sempre uno stronzo!” Esclamò a voce alta

Magari potresti provare a giustificarlo...o almeno a comprendere le sue motivazioni. E' pur sempre Jared Leto, hai presente? Quello che ti fissa con i suoi occhioni blu dalle decine di poster affissi alle pareti di casa tua?....

Rimane sempre uno stronzo!!”


In quel momento, le sue riflessioni furono interrotte da “La nuit du chasseur” e l'intro di Night of the Hunter. Questa volta era decisa a rispondere.

Shannon!”

Ehi, Kid, era ora! Ma dove cazzo sei? Mi stavo preoccupando a morte!”

Ehi big bro, ti ho già detto che sono adulta e vaccinata. Sto...boh, sto passeggiando lungo l'Hollywood Boulevard...”

Dovrai essere un po' più specifica, o non ti troverò mai...”

Sono davanti ad un Planet Hollywood. Numero....15750”

Non muoverti, arrivo.”


Serena si era accampata su una panchina, mentre rispondeva a qualche email ed sms che aveva bellamente ignorato per tutto il giorno. Scorrendo i messaggi in arrivo, trovò una notifica da twitter ed il suo cuore saltò un battito, come al solito.


@ShannonLeto Such an amazing day in LA!



C'era anche una foto allegata. La vista delle colline dal parco naturale, nel quale erano passati quella mattina, durante il giro in moto. Come poteva tenere il broncio a quell'uomo?


Circa 10 minuti più tardi, Serena vide sfrecciare nel traffico una Ducati bianca, che accostò proprio di fronte a lei.

Tu sei veramente fuori di testa”

Hai scelto le parole sbagliate, guarda che me ne vado di nuovo!”

No, hai tutte le ragioni per essere arrabbiata!...Ma che cazzo, c'era bisogno che mi mollassi lì così??”

Beh, scusa tanto eh, se tuo fratello mi ha fatto capire che sono una povera illusa e che tu di sicuro ti dimenticherai di me, come fai sempre con tutte le modelle strafiche che ti scopi, per poi invitarmi a tornare da dove sono venuta!”

A quel punto successe qualcosa che Serena non si aspettava: un sorrisetto malizioso si stampò sul viso di Shannon, che assunse l'espressione di chi la sa molto lunga.

Quindi è così?......Sei gelosa! Dai, puoi anche ammetterlo, non c'è bisogno di tanti giri di parole...”

Dannato Leto!

Cosa?? Ma come ti viene in mente, io....il punto è un altro! Stavamo parlando del fatto che....” non riuscì a rimanere seria, di fronte a lui che, ormai, rideva apertamente “...parlavamo del fatto che ho conosciuto e mandato affanculo Jared Leto, in meno di un'ora. Devo aver battuto qualsiasi record! E il tutto senza capire neanche bene cosa cazzo sia successo!”

Shannon scese dalla moto ed appoggiò le mani alla spalliera della panchina, sulla quale era seduta Serena.

Allora, per prima cosa: Jared non si è incazzato con te, ma con me, per via di questa... 'regola' che abbiamo.....sarebbe, beh......" si grattò la testa, pensieroso "Vietato scoparsi le Echelon

Serena tentò invano di soffocare una risata isterica. “Ma cosa siete, una confraternita??”

Forse perché la rabbia di pochi minuti prima, era ormai sfumata. O, più probabilmente, perché non riusciva ad arrabbiarsi con lui. Insieme siamo proprio peggio di due adolescenti!

Dai, sii seria, stavo cercando di spiegarti!” La afferrò per la vita e la trasse verso di lui, immobilizzandola nella sua stretta, naso contro naso, occhi negli occhi.

In pratica non gli va a genio l'idea, perché teme che tu possa spifferare tutto in giro...”

E lo pensi anche tu?”

No”

Allora, per me, il problema non sussiste.”

Sai, poi gli ho detto che, se dovessi parlare, ci penserei io a punirti...”

E' una minaccia...o una promessa?”

Shannon non rispose e la baciò, con tanto ardore, da far sparire la terra da sotto i loro piedi....In volo libero, falling through the air...


***


Era quasi mezzanotte. La porta finestra del salone era socchiusa, lasciando spirare una dolce brezza ed intravedere piccoli frammenti di cielo stellato, attraverso le fronde degli alberi. Il caminetto “spaziale” era acceso ed il bagliore delle fiamme si riversava sui due corpi avvinti, distesi sul grande tappeto di fronte. Erano accampati lì da qualche ora, ormai. Shannon le accarezzava i capelli, mentre lei era comodamente adagiata sul suo petto, percorrendo con le dita la linea dei suoi pettorali.

Kid, ti posso chiedere una cosa?”

Beh, dipende da cosa...”

Non mi hai ancora spiegato perché ti sei incazzata così tanto, per quello che ti ha detto Jared.”

Ma pensavo fosse chiaro. Non mi piace che altre persone si intromettano nella mia vita, né tanto meno, mi dicano cosa devo o non devo fare.” Si appoggiò su un fianco, così da poterlo guardare negli occhi “ne ho avuto abbastanza per tutta una vita, di persone che prendevano decisioni per me, al posto mio. A proposito, invece tu? Mi spieghi perché lo sopporti? Capisco che sia tuo fratello e gli voglia bene, ma...”

Non è così semplice Serena. Vedi, lui si è sempre sentito responsabile per me, nonostante sia io il più grande, anche se di poco...Diciamo che, nella mia vita ho accumulato un bel numero di cazzate. Cose delle quali non vado fiero e, per molte delle quali, sto ancora pagando le conseguenze...beh, anche in quei momenti, Jared c'è sempre stato. Anche quando doveva farsi il giro dei bar più malfamati della Valley, alle 4 del mattino, per venirmi a cercare e riportarmi a casa, strafatto e senza più un soldo in tasca. Quando abbiamo iniziato a suonare sul serio, è stato lui a spronarmi, soprattutto per trovarmi un modo più costruttivo di passare la giornata. Era da troppo tempo che non prendevo in mano le bacchette e, quando ho ripreso a suonare, ho capito...it felt right. It totally made sense1. Per questo, ogni volta che suono, vado fuori di testa. E' la mia droga, non posso farne a meno. E per essere diventato la persona che sono adesso, devo ringraziare solo quel coglione di mio fratello, che mi ha tirato sempre fuori dai casini.”

Allora sembrerebbe proprio il fratello che tutti vorremmo avere. Magari dovresti solo fargli capire che, ormai, sei più che in grado di decidere per la tua vita da solo.....dopo tutto hai 40 anni, sei nella terza età!”

Grazie, eh! Gira pure il coltello nella piaga...!”

E va bene, diciamo che sei un 'uomo maturo'....ti suona meglio?”

Comunque la giri, sempre 40 sono....Ma dovrai scontare una pena, per queste cattiverie. Vieni qui” la baciò di nuovo con passione, fuori dal mondo e fuori dal tempo.

Fidati di me” le sussurrò lui all'orecchio, prima di scendere su di lei...


***


Oh, cazzo! Che ore sono?”

Shannon allungò un braccio per cercare il cellulare sopra il divano. “Le 8:25, dobbiamo muoverci!”

Serena saltò in piedi, dimenticandosi di essere ancora svestita e indolenzita per aver trascorso le ultime ore sul pavimento. Iniziò a radunare freneticamente le sue cose, sparse qua e là.

Mi porti tu in aeroporto, o chiamo un taxi?”

Ma quale taxi? Certo che ti porto io. L'aereo è alle 11, quindi tra 5 minuti si parte.”

Serena ebbe appena il tempo di dare un'ultima occhiata all'interno, prima che il portone si chiudesse, ricordandole che quel sogno era ormai giunto alla fine. La mezzanotte era scoccata e la sua carrozza era arrivata, per riportarla alla triste realtà.


Shannon inchiodò davanti all'ingresso del terminal. Controllarono che il volo fosse in orario e si diressero verso il gate.

Beh, allora ci siamo...”

Shannon la strinse fra le sue braccia, affondando il viso nei suoi capelli.

Per il momento, tutto quello che posso prometterti è che un giorno ci incontreremo di nuovo....spero presto. Mi mancherai, Kid!”

You too, drummer. Think about me sometimes

I will” Lentamente e a malincuore si separarono dalla stretta “e chiamami...sai, casomai ti si rompesse lo scaldabagno o qualcosa del genere...”

Ahahaha! Spero che in quel caso non mi addebiterai la chiamata, chissà in quale parte del mondo sarai...”

«I passeggeri del volo PNX6277 per New York JFK

sono pregati di presentarsi al gate per l'imbarco»

E' ora.”

Serena si avvicinò a lui, per dargli un ultimo bacio sulla guancia prima di andarsene, ma non appena gli ebbe voltato le spalle, Shannon la trattenne per un braccio “Lo so che non ho nessun diritto di chiedertelo, ma....mi aspetterai?” Serena capì subito, guardando la sua espressione, che aveva atteso fino all'ultimo per domandarglielo.

A-ah, attento Leto. Se mi chiedi una cosa del genere, mi aspetterò che tu faccia altrettanto. E davanti a te, hai molti lunghi e solitari mesi on the road...”

Non sto scherzando. Io lo farò, se tu lo farai. E io rispetto sempre le mie promesse.”

Se è così...d'accordo.”

So già che non rispetterai mai questa promessa, Leto. Figuriamoci! Gli uomini sono così bravi a fare promesse che non possono o non vogliono mantenere...Tuttavia davanti allo sguardo intenso e fermo di lui, il suo cinismo si incrinò. Posso fidarmi di te, Shannon?


Serena non trovò una risposta e, per il momento, preferì mettere a tacere quella vocina fastidiosa che ronzava nella sua testa. Tutto ciò che sapeva, mentre si allontanava, era che una parte di lei (la mente, o il cuore?), sarebbe rimasta lì con lui e non si sarebbe più ricongiunta con il resto del suo corpo, finché non si sarebbero reincontrati.


Istintivamente toccò la triade che portava al collo. La grigia New York la attendeva. Avrebbe avuto tutto il tempo per chiedersi se era stato tutto un sogno.



1Qualora ve la foste persa, vi consiglio di guardare l'intervista di Shannon per Vater drumsticks, dalla quale ho tratto questa citazione → http://www.youtube.com/watch?v=GG_WbmazE9I

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Capitolo 7
*** Freaking out ***


capitolo 7

“Vieni a fare un giro dentro di me e questo fuoco si consumerà da sé. Un bacio sporco sa spogliarmi il cuore dai demoni. C'è qualcosa dentro di noi che è sbagliato, ma ci rende simili.” (Afterhours, La vedova bianca)

 

 

Milano

7 Dicembre 2010

 

 

Serena era in ritardo. Si scaraventò fuori dal taxi, raccogliendo tutte le borse ed i sacchetti che doveva portare a destinazione. L'aria fredda di dicembre la schiaffeggiò prepotentemente, scompigliandole i capelli e facendola stringere ancora di più nel cappotto. Tutta colpa di quegli idioti dell'ufficio stile, che mi hanno tenuta in videochiamata da skype per ben un’ora e quaranta minuti! Come se non bastasse Victoria, che mi chiama ogni 10, per aggiungere altre commissioni a quelle che ho già dovuto sbrigare!

 

Si trovò di fronte il maestoso portale di Palazzo Affari, all'interno del quale avrebbe avuto luogo il party di gala, per celebrare il 40° anniversario dell'azienda. Entro poche ore, il meglio del meglio dell'alta moda italiana, inclusi esponenti delle principali testate e della Milano “bene”, sarebbero stati tutti sotto lo stesso tetto. Serena aveva la nausea. Si prospettava una serata all'insegna dei sorrisi artefatti, futili chiacchiere su argomenti privi di qualsivoglia spessore, strette di mano e foto di gruppo. Sì, ci sarebbero volute massicce dosi di alcool per reggere la serata. Senza parlare dei viscidi rampolli dell'alta società o degli stilisti di mezza tacca in cerca di gloria che, complici un paio di cocktail di troppo, diventavano facilmente inclini alle confidenze. Per fortuna i preparativi erano quasi ultimati, dopo l'ultimo giro degli show room e un salto da John Galliano per ritirare il suo abito e quello di Victoria per il party. Ora la attendeva la parte migliore: trucco e parrucco.

“Eccomi! Scusate il ritardo, ho preso tutto....o almeno spero!”

“Tranquilla, tesoro. Con le modelle abbiamo finito, ora manchi solo tu. Mettiti comoda e datti una calmata, mentre io penso ai capelli.”

“Grazie Julia. Ti prego fai uno dei tuoi miracoli.”

Julia studiò per un attimo l'abito che Serena avrebbe indossato quella sera, poi si mise all'opera.

“Allora, mentre eravamo a pranzo non hai più finito di raccontarmi cos'hai combinato con un certo batterista, o sbaglio?”

“Ah sì...parli di quello che non sento più da settimane e che, ne sono quasi certa, abbia di meglio da fare che pensare a me?”

“Sì proprio lui!...Ma scusa, mi avevi detto che sei stata tu a sparire, come fai a sapere che lui non vuole rivederti?”

“See, figurati....Non ho più 14 anni. Tu lo sai che sono troppo cinica e razionale, per credere alle favole....No, è troppo assurda e improbabile come storia, è meglio chiuderla qui...Già mi viene da piangere al solo pensiero che in questo momento saranno in Italia, a Bologna. L'unica data italiana e io non potrò esserci, visto che domani sera ripartiamo per New York!”

“Tesoro, secondo me dovresti chiamarlo. Quanto meno per toglierti la curiosità e sapere se ancora si ricorda di te...anche se sono sicura di sì! Oh, magari riuscite anche ad incontrarvi, qui a Milano...”

“Come no....magari lui viene a cercarmi e mi corre incontro sotto la pioggia, poi si inginocchia e mi chiede di sposarlo....Sogna, Julia, sogna! Queste cose succedono solo nei film. Io qui devo lavorare, lui dopodomani ripartirà ed entrambi continueremo per la nostra strada. E per me questo equivale ad un 'happily ever after', te l’assicuro. Niente drammi, niente problemi.”

“Sì, vallo a raccontare a chi non ti conosce!...Si vede lontano un chilometro che questo tipo ti piace e che ci stai male! Allora, per una volta, corri il rischio, muovi il culo e chiamalo, prendi l'iniziativa! Perché un uomo ti ha delusa una volta, mica saranno tutti stronzi patentati come lui!!”

“Ok....ora mi fai paura!” Serena osservò con timore il ferro arricciacapelli arroventato che Julia brandiva mentre la rimproverava. “Però, seriamente....non lo so, ci devo pensare...Vediamo di far filare tutto liscio stasera, prima di tutto, il resto può aspettare...”

Automaticamente sfilò il blackberry dalla borsa e iniziò a sfogliare le foto, fino ad arrivare a quella che cercava. Con tutte le volte che l'aveva guardata, si stupiva sempre di come avesse potuto non consumarsi. Era l'unica foto insieme a lui: scattata nel camerino della boutique di Rodeo Drive, nel quale si erano tanto divertiti. Era piuttosto scura e sgranata, ma l'espressione di Shannon, mentre lei lo baciava sulla guancia, era impagabile. Ok, l'hai vista, ora mettila via. Hai davanti una serata di gala ed un abito da 1.200€, diosanto. Non ce la farai ad affrontarli entrambi, se continui a pensare a lui.

 

 

 

Aeroporto G. Marconi - Bologna

7 Dicembre 2010

 

 

“Shannon, muovi il culo!”

“E non rompere le palle, arrivo!”

Ci risiamo, con l'atteggiamento da Miss Touchy[1] ...

“Ma a chi stai telefonando, siamo appena atterrati! Avrai mica qualche donna che ti aspetta anche qui?”

“Sono cazzi miei, a chi telefono.” Shannon si sistemò lo zaino, sollevò sulla testa il cappuccio della felpa e si infilò una paglia in bocca, in attesa di accenderla non appena sarebbero usciti.

“Oh, e datti una calmata!...Certe volte capisco proprio perché ti chiamano L'Animale!”

Cristo, ultimamente è insopportabile...solo ieri sera ha polverizzato 5, e dico 5, paia di bacchette! E l'altra sera, ha persino snobbato la prospettiva di 12 ore di sesso non stop con quella modella biondina di Londra, che si era anche fatta il viaggio in treno fino a Brighton per lui....Decisamente non è da Shannon. Per non parlare del fatto che manda affanculo chiunque gli rivolga una parola di troppo, quando non risponde mugugnando come un primitivo. Ma io ne ho piene le palle di fargli da balia, chiederò a Tomo di dirgli due parole, magari a lui dà ascolto...

 

Shannon allungò il passo, seguendo la crew che puntava dritta

verso l'uscita del terminal, dove li aspettava il tour bus.

Voleva allontanarsi il più possibile da suo fratello, prima che iniziasse a fare domande.

Ma soprattutto aveva bisogno di schiarirsi le idee e riflettere sul da farsi.

Ora che erano in Italia, non sarebbe più riuscito a smettere di pensarci.

Erano passati diversi giorni, da quando si erano sentiti al telefono l'ultima volta.

All'inizio aveva temuto che avesse incontrato qualcun altro.

D'altronde, perché non avrebbe dovuto preferire un uomo “in carne e ossa” a lui?

Dopo tutto non avevano che trascorso un week end insieme,

oggettivamente lei non lo conosceva granché.

Ma quello che c'era stato fra loro, non poteva essere spiegato razionalmente.

Più ci pensava, meno riusciva a trovare una motivazione logica al perché avesse smesso del tutto di rispondere al telefono e alle email, scomparendo nel nulla…

Per fortuna mi è venuto in mente di chiamare il suo ufficio, per avere notizie!

Sono rimasto di merda, quando ho saputo che era anche lei in Italia!

So close, yet so far....perché non rispondi, Serena?

Doveva ammetterlo: era troppo frustrante.

ESSERE RIFIUTATO DA UNA DONNA!

Per la prima volta che una mi piace davvero, è lei a respingermi!

Il Karma starà cercando di farmela pagare per tutte le donne con cui ho fatto lo stronzo...

Prima tra tutte Nicole.

Si è incazzata come una iena l’altra sera a Brighton dopo il concerto,

quando l’ho rimandata in hotel da sola.

Iniziava anche a darmi sui nervi, per la verità.

Non riuscivo a scollarmela di dosso, nonostante l’avessi avvertita

che potevano esserci dei paparazzi in giro…

Dopo tutto però i patti con lei sono sempre stati chiari, fin dall’inizio: solo sesso, niente legami.

Ed anche lei è sempre stata d’accordo…che cazzo di bisogno c’era di mollarmi un ceffone?!

Per sua fortuna non picchierei mai e poi mai una donna…

e soprattutto non mi interessava granché di lei, avevo altro per la testa.

Sono un egoista del cazzo, lo so, ma non posso farci niente…

quell’italiana ormai è diventata un chiodo fisso.

Gli dava troppo sui nervi il fatto di doverla rincorrere....ma quella caccia era anche perversamente eccitante, non poteva negarlo.

 Perché non riusciva a togliersi dalla testa l'odore della sua pelle?

E quell'istante perfetto, in cui tutti i suoi meccanismi di autodifesa crollavano e si abbandonava a lui completamente.

Era la sensazione più bella che avesse mai provato in vita sua.

E ora non voleva rassegnarsi all'idea che tutto finisse così.

Sì, in quel momento Shannon Leto prese una decisione:

se la sarebbe ripresa, a tutti i costi.

 

 

 

Palazzo Affari – Milano

7 Dicembre 2010

 

 

“Devo consegnare questi a....Serena Blasi.”

“Lasci pure a me, ci penso io.”

Max congedò il fattorino e osservò meravigliato quelle rose rosso sangue...dovevano essere almeno una trentina, a occhio e croce! Hai capito, Serena! Chissà chi glieli manda...

Risalì a  passo svelto la grande scalinata di marmo bianco, di fronte all'ingresso principale, facendo lo slalom tra facchini, modelle isteriche, sarte, tecnici luci e camerieri del catering in divisa.

“Serena, tesoro...C'è una sorpresa per te!”

Massimiliano fece il suo ingresso trionfale nel camerino, spalancando la porta, il mazzo di rose alto davanti a sé e con il fiato corto per la corsa. Serena stava ancora finendo di vestirsi...praticamente era ancora in mutande, ma non si diede la pena di coprirsi. Max era come una vecchia zia bisbetica per lei. Sgranò gli occhi alla vista dei fiori.

“Muovi il culo e leggi il biglietto. Voglio sapere chi te lo manda.”

“Per me? Ma chi cazz.....?”

A Serena si chiuse il respiro.

 

Wherever you might be tonight, I will be thinking about you.

I told you I always keep my promises.

Won't give up on you, Kid.

Love,

S.

 

“Max....è lui!”

“Quel rozzo batterista tatuato? E chi se lo immaginava che fosse un gentleman?! Tesoro, ora ti ha proprio messa in trappola, sei obbligata a chiamarlo!” Max sogghignò, gustandosi ogni istante dell'espressione esterrefatta di lei.

“Ma come ha fatto a sapere dove sono....?”

“Beh, sono sicuro che avrà dovuto sguinzagliare la CIA per trovarti...” rispose sarcastico, alzando gli occhi al cielo “Tesoro, ti voglio bene, ma...svegliati! Anche a un idiota sarebbe venuto in mente di telefonare al tuo ufficio per sapere dove sei!”

“Max, tu non capisci! Sarà già in Italia in questo momento!” Esclamò, afferrandolo per il risvolto della giacca e scuotendolo freneticamente “È a Bologna e io non potrò essere al loro concerto! Non potremmo vederci comunque, poi lui ripartirà per chissà quanti mesi e....Poi te l’ho detto, non voglio comunque averci più niente a che fare!”

“Serena calmati, cazzo! Non è che puoi farti venire una crisi di nervi così! Allora, per prima cosa, molla immediatamente la mia giacca. È di Armani. Secondo: ti scoli una mezza bottiglia di vino e ti dai una bella calmata. Terzo: telefoni a quel pover'uomo che ha avuto la sfortuna di conoscerti e lo ringrazi!”

Serena si rese conto di quanto adorasse Max, soprattutto nei momenti di crisi: riusciva sempre a mantenere la calma e ad essere razionale. Dopotutto, sotto quei chili di dopobarba e la sciarpetta rosa salmone, era pur sempre un uomo.

“Ok, ok....fammi riflettere un attimo!” Si attaccò alla bottiglia di vino bianco e ne buttò giù un bel sorso. Non voleva ammetterlo, ma Massimiliano aveva ragione: l’aveva incastrata, mandandole quei fiori. Non poteva evitare di chiamarlo, almeno per ringraziare. L’orgoglio che cercava di ingoiare era come una medicina sgradevole, che ti lascia l’amaro in bocca.

 

Trenta rose rosse. Thirty. Ma qual era il loro significato?

 

Chissà se le avrai regalate anche alla bambolona bionda con la quale ti hanno fotografato dopo il concerto a Brighton. Avvinghiata a te come una cozza e con quel fisico perfetto, accidenti a lei! E la sensazione che sapesse già più che bene, dove mettere le mani…Non sarà stata né la prima, né l’ultima, d’altronde…con tutte quelle che gliela servono su un piatto d’argento ogni sera, sarebbe da fuori di testa, non approfittarne! E lui dovrebbe essere quello che ‘mantiene sempre le sue promesse’?? E io scema, che ci avevo quasi creduto! Qualsiasi sia la ragione per cui mi hai mandato questi fiori, Leto, ora tocca a te soffrire.    

Ci sono già cascata una volta, non mi farò prendere in giro di nuovo da un uomo. Live it, learn it!

 

 

30STM tour bus – Bologna

7 Dicembre 2010

 

 

“Pronto, Shannon!”

“Oh, Kid! Allora sei viva?! Scommetto che hai ricevuto i fiori...” Col cazzo che mi avresti cercato di tua spontanea volontà, altrimenti!

“Sì, beh....grazie. Sono bellissimi.”

Tutto qui?...E va bene, è il caso di mettere le carte in tavola.

“Serena, guarda che io non ti ho dimenticata...perché ti comporti così?”

“Così, come? Io sono normalissima...”

“La smetti con questa farsa e mi spieghi quale cazzo è il tuo problema?”

“Il mio problema? Ti sbagli, mi fa piacere sentirti...ehm...sei in Italia anche tu, se non sbaglio. Pensa che coincidenza...”

“Sì, sono a Bologna....Senti, puoi toglierti questo tono formale del cazzo? Prima sparisci per giorni, poi fai così...ma si può sapere che ti è preso?”

“Assolutamente niente, ti dico. Solo che adesso devo lavorare, tra poco inizia la serata e c'è tanto da fare....Magari ci sentiamo quando torno a New York, ok? Oh, e in bocca al lupo per domani sera, so che gli Echelon italiani non vedono l'ora di rivedervi. Bye Sweetie.”

 

Ha riagganciato. Mi ha chiuso anche il telefono in faccia. Io quella la uccido!

 

FINE CAPITOLO 7

 

N.B: 

Freaking out= andare fuori di testa

Massimiliano a.k.a. la “vecchia zia bisbetica” ;) è praticamente il ritratto di un mio ex collega di lavoro….che spero non legga MAI questa storia! :D

 



[1]    Touchy= permaloso

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Capitolo 8
*** Enemy of mine ***


capitolo 8

Capitolo 8 –Enemy of mine




Palazzo Affari – Milano

7 Dicembre 2010


Serena la stampa è arrivata, Victoria ti sta cercando!”

Arrivo, Max!” Serena spense la sigaretta nel posacenere, si arrampicò sulle décolletées dai tacchi vertiginosi e partì all’attacco. Le tremavano le mani per via dell’adrenalina per la serata, mista alla rabbia in seguito alla telefonata con Shannon. In parte era ben lieta di prendere parte a quell'evento. Almeno per qualche ora sarebbe riuscita a tenere la mente occupata, risparmiandole flash dell'incubo che era tornato a tormentarla la notte precedente, quando si era svegliata di soprassalto, madida di sudore. Erano mesi che non le succedeva più. Perché proprio adesso?


Quella casa...

(la baita di Cortina del suo ex)

Quel letto...

(e le manette agganciate alla spalliera)

E quel ghigno soddisfatto di lui, mentre la bendava....

Memorie di un passato che tornava a perseguitarla....


Ma quella sera tutto sarebbe andato per il verso giusto, non avrebbe permesso a niente e nessuno di compromettere ciò per cui aveva tanto lavorato. Tanto meno a te, Marco! Non riuscirai a controllare la mia mente…non di nuovo. Non te lo permetterò!


Passò davanti al grande specchio nel pianerottolo, prima di scendere la scalinata dell’ingresso e dovette ammettere che non le dispiaceva, il riflesso che vedeva. L’abito di chiffon lungo fino a terra color cipria con cinta nera e profondo scollo a V, si abbinava perfettamente alla pettinatura stile retro che le aveva fatto Julia. Ora l’importante è non inciampare nel vestito rotolando lungo le scale davanti a tutti. Respira, Serena, puoi farcela!


Scese la scalinata miracolosamente incolume e raggiunse Max nell’ingresso, nel quale sfilavano gli ospiti, diretti al salone principale.

Accidenti, sei proprio splendida....E segnati la data sul calendario, tesoro, perché lo sai che non faccio più di un complimento ogni 10 anni!”

Eeeh…cosa farei senza di te, Max?” Rispose, prendendolo a braccetto e facendosi strada insieme verso il clou del party.


La musica era già partita. Le luci dei grandi candelabri di cristallo proiettavano riflessi multicolore lungo le pareti e sugli invitati che affollavano il salone principale. La stanza era grande almeno come un campo da calcetto e aveva una capacità di quasi 400 persone. L’altissimo soffitto a volta e le grandi vetrate erano adornati con teli in velluto grigio perla morbidamente drappeggiati ed alti vasi di cristallo ricolmi di rose bianche e nebbiolina formavano due file parallele al centro del salone, lungo i due lati di una passerella bianca che divideva in due la stanza. Il lato destro era occupato da tavolini e poltroncine, tutto rigorosamente bianco e, la parete, era tappezzata da specchi che creavano giochi di ombre e illusioni di profondità. Il lato sinistro invece era occupato in gran parte dal bar; alle pareti grandi schermi trasmettevano immagini e video di sfilate, mentre dal soffitto pendevano tele con dipinti d’arte moderna. Era stata ingaggiata anche una compagnia di danza contemporanea, che si sarebbe esibita nel corso della serata, durante le pause tra un’uscita e l’altra delle modelle tra il pubblico.


Alla luce soffusa della stanza, Serena riuscì ad individuare Victoria. Stava conversando con due uomini, fingendo di sorseggiare il suo cocktail e di divertirsi un mondo. Solo chi poteva affermare di conoscerla bene quanto lei, si sarebbe accorto di quella farsa. Sapeva che il suo capo era imbattibile, quando si trattava di raggirare qualcuno per raggiungere un obiettivo. Nel settore della moda e, soprattutto nella posizione di spicco che lei ricopriva, non poteva mostrare segni di debolezza. Era fondamentale. Serena sapeva che Victoria dedicava tutta se stessa a quel lavoro e, nonostante molto spesso provocasse in lei l’istinto di commettere un “Victoricidio”, era ormai diventata la sua famiglia in terra straniera, oltre che un modello da seguire.


Oh, eccoti. Ti presento il Direttore ed il Vice Direttore di Hachette-Rusconi”

Serena. Molto lieta.”

Quindi è lei, l'assistente della quale ci hai tanto parlato. Mi auguro che Victoria non le renda la vita impossibile, signorina.”

Beh sì, è un lavoro impegnativo, ma non potrei avere un boss migliore di lei. Mi ha dato l'opportunità di imparare moltissimo, le devo tutto.”

Gradualmente le luci si abbassarono, mentre un fascio di luce bianca investì il centro della sala, illuminando quasi a giorno la passerella. Lo show stava per iniziare.



Best Western hotel - Bologna

7 Dicembre 2010



Jared aprì la porta della stanza e un'ondata sgradevole di fumo quasi lo travolse. Li trovò proprio dove aveva immaginato: stravaccati sul divano, immersi in una partita a Halo, che probabilmente andava avanti da almeno un paio d'ore. Entrambi si erano tolti le scarpe e pigiavano freneticamente sui tasti del joystick, lo sguardo fisso sullo schermo. Shannon aveva una sigaretta accesa tra le labbra, mentre Tomo di tanto in tanto gli lanciava addosso epiteti intimidatori come: “You're going down this time, you bastard!” o “There! Bite my dust, you looser!!”

Che razza di sfigati che mi ritrovo nella band....giocare con la X-Box neanche foste due nerd brufolosi di 14 anni!...”

E' la Play Station! Ed è vietato parlar male così di lei, in nostra presenza!” Tomo rispose senza distogliere minimamente lo sguardo dallo schermo.

Ovviamente di uscire a cena non se ne parla, vero?”

La cosa bella di te, Jay, è la tua perspicacia...Ordiniamo qualcosa e mangiamo qui, c'è una sfida in corso, non possiamo mollare adesso...”

Sfida? Guarda che non hai possibilità di vincere contro di me, Leto! Ne hai perse tre su cinque finora, sta diventando fin troppo facile farti il culo! Magari se ti concentrassi e non giocassi a cazzo, come stai facendo....”

Sono concentratissimo, sto solo aspettando il momento migliore per farti piangere di vergogna!”

Jared sbuffò sonoramente. Ho capito, torno a lavorare in camera mia...qui è peggio che essere in un asilo. Andrò a convincere Emma a venire a cena con me più tardi, non ho nessuna voglia di restare segregato in albergo.

Afferrò una busta di popcorn dal cumulo di schifezze accatastate sul tavolino e puntò dritto verso la porta.

Fate come cazzo vi pare. Io esco.”

Tim parlava di uscire a cena. Non andare a rompere le palle alla povera Emma, stava riposando.”

Jared sbatté la porta alle sue spalle, fingendo di non aver sentito suo fratello.



Dopo l'ennesima vittoria, Tomo alzò gli occhi al cielo e mise in pausa il gioco.

Allora, amico, mi vuoi dire che ti frulla in testa o devo continuare a vincere senza meritarmelo?”

Si era alzato in piedi, le mani sui fianchi e un cipiglio che lo faceva assomigliare ad una mamma preoccupata.

Oh, ma che vuoi, Tomo? Solo perché ti ho lasciato vincere un paio di volte...”

Non è solo per questo...ti stai comportando da emerito cazzone da giorni, quindi o parli con me adesso...oppure prima o poi Jared, o chi per lui, ti farà fuori!”

E va bene!” Shannon lasciò andare il joystick e incrociò le braccia al petto, appoggiando la testa allo schienale “Sto ancora pensando a lei...Contento?”

Va bene, fin qui ci ero arrivato, ma mi vuoi spiegare che avete combinato voi due?”

Io non ho fatto niente di male!...Lei è semplicemente scomparsa, senza motivo! In questo preciso istante è a Milano, le ho persino fatto recapitare dei fiori...Ma quando mi ha telefonato per ringraziarmi è stata più fredda di un blocco di marmo...è stata una pugnalata, sentirla così....e non ha voluto neanche spiegarmi il perché!”

Ma dovrai pur aver fatto o detto qualcosa per farla incazzare!...Da quanto tempo non ci parlavi?”

L'ultima volta è stato il giorno prima di Brighton...E prima che me lo chieda sì, fin lì andava tutto liscio, come sempre...”

Brighton dici? Non ha niente a che fare con le foto che giravano in rete, vero?”

Quali foto?? Non mi fare il misterioso, croato del cazzo, sputa!”

Ma sì...quelle di te e Nicole fuori dalla location, dopo il concerto. Ma in che pianeta vivi?? Le hanno viste anche i sassi!”

Un sorriso si allargò sul volto di Shannon. Forse il primo davvero spontaneo che faceva dopo giorni.

E' così! Non può esserci altra spiegazione....

Ma lentamente la comprensione si fece strada nella sua mente. Tornò serio e mollò un pugno con tutta la sua forza sul bracciolo del divano.

COGLIONE!” Sputò fuori dai denti “E' di certo per questo che ce l'ha con me! E adesso come faccio a rimediare questa cazzata?!” Shannon saltò in piedi e iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro, incenerendo la sigaretta in pochi secondi.

Penso che se attivassi quel tuo cervello bacato che ti ritrovi per un istante, lo capiresti subito qual'è l'unica cosa sensata che puoi fare!”

Vuoi dire.....Milano?”

Milano.”



Palazzo Affari – Milano

7 Dicembre 2010




La serata finalmente era terminata. Gli ultimi tiratardi erano ancora raggruppati fuori dal portone principale del palazzo, chiacchierando e stringendosi nelle pellicce e nei cappotti, in attesa dei taxi. Serena, Max e Julia, ormai alticci e divertendosi come pazzi, si avviarono a piedi verso il loro hotel, proprio di fronte alla Galleria.

Secondo me Victoria è talmente ubriaca che non riuscirà a trovare la sua camera stasera!”

E ci credo, si reggeva a malapena in piedi! Ma di certo ci sarà qualcuno a trovarla per lei....”

Qualcuno chi?? Pettegola che non sei altro, dicci chi si spupazza la donna d'acciaio!”

Julia, io ve lo dico...ma deve rimanere fra noi tre, altrimenti rischio il posto...e in più è solo una voce, non c'è niente di certo.....A quanto pare Sua Altezza il Capo Supremo, in persona!”

NO! Ma è anche sposato!”


Continuarono a camminare, ridendo fino alle lacrime. Piazza Duomo era quasi deserta, fatto salvo per pochissime persone ancora davanti ai bar ed un piccolo gruppo di uomini chiassosi alle loro spalle che, probabilmente, si dirigevano nella loro stessa direzione. Si trovavano a pochi passi di distanza, quindi Serena non poté fare a meno di cogliere brandelli della loro conversazione.

Che ingrata, cazzo! Fosse successo a me, avrei fatto di peggio....” disse uno degli uomini, sghignazzando senza ritengno.

Anche lui, però....stavano per sposarsi, non avrebbe dovuto farlo...” un'altra voce, più remissiva. Probabilmente un uomo più anziano degli altri.

...non avrebbe dovuto farsi beccare, casomai!” Esclamò un terzo uomo e di nuovo tornarono a ridere sguaiatamente, incuranti delle tre persone a portata d'orecchio...

Non essere paranoica è solo una coincidenza....


Decise di ignorare volutamente quelle voci e ricacciare i suoi timori nell'angolo più buio della sua mente.


Erano quasi le due del mattino. L'aria era tagliente e fredda come la lama di un coltello, ma la tradizionale nebbia milanese si stava già diradando, come un sogno che svanisce prima dell'alba, portando alla luce gli orrori della triste realtà.


Finalmente svoltarono l'angolo del palazzo, trovandosi di fronte all'ingresso principale dell'hotel.


Serena!”

NO!

Che ci fai tu, qui??”



FINE CAPITOLO 8



So che mi odierete tutti per aver troncato qui il capitolo....ma cosa sarebbe una storia senza un po' di suspence?! ;) Ok, ok, non uccidetemi...Prometto che il seguito arriverà very SOON!!

Love you all!

MARShugs

E.

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Capitolo 9
*** Escape into the night ***


capitolo 9

Capitolo 9 – Escape into the night



Park Hyatt Hotel

Milano



Eccolo lì, davanti a lei.

Lo specchio oscuro della sua anima.

Non era cambiato di una virgola negli ultimi due anni.

Lo stesso sorriso, tanto perfetto, quanto artificioso.

Gli stessi occhi, color verde scuro, freddi come il ghiaccio, calcolatori, di chi è abituato a valutare chi ha davanti in base a quale potrebbe essere il proprio tornaconto.

Quel cipiglio altezzoso, tipico degli uomini in grado di ottenere tutto ciò che vogliono dalla vita.

Di questi dettagli si era invaghita scioccamente lei anni prima, quando le era bastato uno sguardo da parte di quel ragazzo così attraente, più grande di lei,

per il quale tutte le sue amiche avrebbero fatto follie, per cadere ai suoi piedi.

E da lì, a finire sotto i suoi piedi era bastato ben poco.


Il passato era un nemico che avrebbe preferito non dover mai affrontare.

Eppure ora non poteva sfuggirgli.


«My soul is so afraid to realize

how every little bit is left of me»1


Marco la guardò allibito, squadrandola dalla testa ai piedi. Di certo lei lo era, cambiata. Eccome.

Non tanto per l'aspetto fisico. Era sempre stata una bella ragazza.

Ma c'era qualcosa nei suoi occhi che lui, nonostante la conoscesse da oltre 15 anni, non aveva mai visto prima e non riusciva a decifrare.

No, non poteva essere lei...

Che ne era stato della Serena dolce e remissiva, che aveva persino paura di salire sulle montagne russe?

Aveva pensato a lei spesso, nonostante non l'avesse più vista

da quando decise di partire per New York.

Ma non perché le mancava, sia chiaro.

Le smancerie romantiche non facevano per lui.

Perché di donne ne aveva avute molte, da sempre. Quella con la quale lei lo aveva colto in flagrante era solo una, una delle tante.

La sua segretaria. Una ragazza tanto carina, quanto inutile.

L'aveva licenziata pochi giorni dopo, non avrebbe saputo più che farsene di lei, una volta ottenuto ciò per cui l'aveva assunta.

Ma da quando Serena se n'era andata, non trovava più nessun piacere nel sesso.

La verità era che niente lo eccitava più, come faceva lei.

Lei che era sua, sempre.

Nonostante tutte le altre donne che si scopava occasionalmente, che duravano

giusto il tempo necessario a farlo sentire vivo e mettere alla prova il suo fascino.

Non poteva farne a meno, doveva sentirsi desiderato.

Ma con lei era tutta un'altra storia. Non c'era bisogno di strategie, né di trucchi, per averla.

Sì, si erano divertiti insieme. Non poteva negarlo e neanche lei.

E ciononostante gli aveva voltato le spalle, se n'era andata per sempre.

La detestava per questo.

Aveva fatto in modo che non potesse più tornare. Aveva cercato di seppellire il ricordo di lei nell'angolo più oscuro della sua mente. E invece ora era lì, di fronte a lui, raggiante, quanto non lo era mai stata prima.


Chi non muore si rivede, a quanto pare.” Marco gettò via il mozzicone di sigaretta ed infilò le mani nelle tasche del blazer, studiandola attentamente.

Potrei dire lo stesso di te...”

Silenzio.

Serena non riusciva a muovere un muscolo. Non aveva mai pensato realmente a cosa sarebbe potuto accadere, qualora si fosse trovata in una situazione del genere.

Aspettò che fosse lui a parlare di nuovo.

Beh, dopo tanto tempo, non mi dai nemmeno un bacio?”

Serena lo guardò truce. “Mi prendi in giro?!”

Cercava di metterla in imbarazzo, per di più davanti a Max e Julia? Per fortuna entrambi l'avevano preceduta in hotel, intuendo che sarebbe stato

più delicato lasciare loro un po' di privacy.

Il senso dell'umorismo l'hai dimenticato a New York? Guarda, che scherzavo...anche se non mi dispiacerebbe affatto. Ti trovo splendida, piccola.”

“Piccola”?? Come osi chiamarmi ancora così?!

Senti, potresti evitare questi commenti? E soprattutto, non sono più “piccola”,

soprattutto non per te. Piuttosto, vuoi dirmi che diavolo ci fai qui a Milano? E nel mio stesso hotel, a quanto pare...”

Ehi, è un paese libero, a quanto mi risulta. Comunque sono qui per lavoro.

Avevo un incontro con un potenziale nuovo fornitore, ma è stato posticipato a domani a pranzo. Quindi per me la notte è ancora lunga, se vieni dentro ti offro da bere...

in memoria dei vecchi tempi.” Le fece l'occhiolino, accennando verso l'entrata dell'hotel.

Piuttosto preferirei bere veleno. Ma ho l'occasione di dirti in faccia un paio di cosette e liberarmi di questo peso. Devo farlo. Adesso o mai più.

E va bene...” seppur riluttante, lo seguì verso il bar, sentendosi come un condannato a morte nel miglio.

Si sedettero ad un tavolino di fronte al bancone del bar, in fondo alla hall semi deserta.

Lui ordinò una bottiglia di Ferrari

E' il caso di festeggiare quest'incontro, no?”

Tipico. Cerca di dissimulare le proprie emozioni, sperperando un po' di soldi.

Un tempo magari, l'avrei preso per un gesto galante. Ma i tuoi trucchetti, risparmiateli per quelle baldracche senza cervello che ti porti a letto.

Allora, non mi racconti niente? Tu come mai sei qui?”


Serena iniziò a raccontare.

E più parlava, più si rendeva conto che i suoi timori erano infondati.

Lui non la intimidiva più.

Era cambiata ora e si sentiva molto più forte, di quanto non fosse mai stata prima.

Capì che aveva trasformato lui, nell'incarnazione delle sue paure e che, se fosse riuscita a tenergli testa, avrebbe vinto lei, se ne sarebbe liberata per sempre.

Man mano che questi pensieri andavano prendendo forma nella sua mente, iniziò a sentirsi molto più sicura di sé.

In fondo lui, qualche lezione dai suoi errori, doveva averla pur imparata.

Non lo stava perdonando per ciò che le aveva fatto passare.

Per averla chiusa in gabbia per tanti anni. Per averle portato via tutti i suoi sogni.

No, avrebbe potuto dimenticare, col tempo, ma non perdonare.


Your promises, they look like lies
Your honesty, like a back that hides a knife


La prima bottiglia terminò in fretta. Erano a metà della seconda, quando lui si appoggiò allo schienale della poltrona e le rivolse uno sguardo interrogativo

Ti trovo molto cambiata...Magari se fossi stata così anche quando stavamo insieme,

le cose sarebbero potute andare diversamente...”

Andare diversamente? Ti ricordo che eri tu, quello che ho beccato immerso

in un approfondimento psicologico intensivo con quella troia....a casa nostra!

A proposito, che ne hai fatto della casa?”

L'ho dovuta vendere. Troppi ricordi.”

La guardò mangiandola con gli occhi, prima di bere un altro sorso dal bicchiere.

E la casa di Cortina? Troppi ricordi anche lì?”

Vediamo come te la cavi con questa. A che gioco stai giocando?

Era un argomento off-limits e Serena lo sapeva bene. Non avevano mai parlato tra loro apertamente di ciò che era successo lì dentro.

L’ultimo tentativo disperato di lei per mantenere viva la fiamma della passione, realizzando le fantasie più estreme di lui, per una notte…ma quando scoprì quali fossero, era troppo tardi per tirarsi indietro.

No, mio padre non ha voluto venderla. Ma non ci sono più tornato da....beh, da allora. Non sarebbe lo stesso senza di te, piccola, lo sai.”

Piccola.

Kid.

Inaspettatamente la bambina che era in lei si fece strada a spallate dentro di lei.

Sentì il desiderio di gettarsi tra le forti e sicure braccia di Shannon, perché il peso del dover affrontare quella situazione da sola, le si rovesciò addosso, freddo e sgradevole quanto una doccia gelata.

Sarebbe stato tutto più semplice, se in quel momento ci fosse stato qualcuno al suo fianco, pronto a “proteggerla”, per una volta nella sua vita.

E sì, avrebbe persino accettato volentieri un banale “non ti preoccupare, andrà tutto bene”.

Cavolo, mi sto proprio rammollendo.


Ti ho già detto di non chiamarmi 'piccola', se non sbaglio.”

Dai...in fondo ci siamo divertiti insieme.” Fece un cenno al cameriere ed ordinò un whisky. “Ma il tuo senso del divertimento è sempre stato molto diverso dal mio.”

Era troppo.

E’ qui che ti sbagli. Non vedo come tu possa divertirti in quello che fai. Quando scopavi con tutte alle mie spalle…o magari quando mi hai infamata davanti a tutta la mia famiglia ed i miei amici? Ti divertivi a trattarmi come un oggetto di tua proprietà?

Anzi no, persino alla tua moto tenevi molto più di me!”

Silenzio.

Lui che continuava a sorseggiare impassibile il suo whisky, sempre con quel perenne sorrisetto sulle labbra.

Lui che, di tanto in tanto, alzava gli occhi al cielo, come se ne avesse abbastanza di ascoltare le sue fandonie.

La rabbia stava montando dentro di lei e starsene lì ferma non le dava abbastanza soddisfazione.

Beh, vedo che non abbiamo altro da dirci. Io me ne vado a dormire. Domani ho un aereo da prendere, per tornare a casa mia. Addio Marco. Non posso dire che sia stato un piacere rivederti.”

Si alzò decisa e gli aveva appena voltato le spalle, quando lo vide.

Stava sognando, era accecata dall’ira, ubriaca, o cos’altro?

Eppure era l’unico uomo che conoscesse che fosse in grado di indossare occhiali da sole persino di notte…

Era di fronte alla reception, dall’altra parte della hall e parlava gesticolando, con l’addetto al turno di notte dietro al bancone.

Quest’ultimo si guardò intorno per un momento, poi indicò in direzione di Serena, la quale assisteva alla scena stupefatta, incapace di aprir bocca.


Serena, dove vai? Non abbiamo ancora finito, io e te…”

Marco, alle sue spalle, l’aveva afferrata saldamente per un braccio, ignaro di quanto stesse accadendo a pochi metri da loro.

Shannon si voltò ed intercettò lo sguardo allibito di Serena.

Un sorriso disarmante si aprì sul volto di lui.

Era lì per lei.

Non sarebbe più stata sola. Rivederlo le diede coraggio.

Avvertì lo sgradevole contatto della mano di Marco ancora stretta attorno al suo braccio e si riscosse dai suoi pensieri.

Lasciami, mi fai male! Ti ho già spiegato che non ho altro da dirti. Voglio solo cancellarti dalla mia vita!” Senza rendersene conto, aveva alzato il tono della voce, attirando l’attenzione dei pochi tiratardi che ancora si aggiravano per la hall.

Rimettiti seduta, per piacere, ci stanno guardando tutti. Mi stai mettendo in imbarazzo” sibilò lui a denti stretti, cercando di persuaderla.

Is there a problem here?”

Shannon era in piedi dietro di lei. Si sfilò gli occhiali da sole, incenerendo Marco con lo sguardo ed incrociando le braccia sul petto, con fare minaccioso.

It’s not your business man, so piss off!” Gli rispose Marco, sfoderando il suo miglior slang americano da ex studente di Harvard, squadrandolo con disgusto dalla testa ai piedi.

E questo chi cazzo è? Fanno entrare cani e porci all’Hyatt, a quanto pare.


Amico, datti una calmata e lascia andare la signorina immediatamente.”

Altrimenti cosa fai? Si dà il caso che io e lei stavamo avendo una conversazione e la cosa non ti riguarda. Quindi, se non ti dispiace…”

Sì che mi dispiace, invece” Shannon si avvicinò a pochi centimetri dalla faccia di Marco, fissandolo dritto negli occhi.

Quest’ultimo esitò per un istante, prima di alzare le mani e fare marcia indietro.

Va bene amico, come ti pare…”

Serena, che aveva trattenuto il respiro fino a quel momento, finalmente intervenne

Marco, lui è un mio….amico, di Los Angeles. Si chiama Shannon Leto” Si rendeva conto dell’inadeguatezza delle proprie parole, nel tentativo di descrivere Shannon, ma tanto i due continuavano a fissarsi in cagnesco senza alcun segnale di averla sentita.

La tensione nell’aria era quasi palpabile.

Ehm…Shannon, dai, andiamocene. E’ tutto a posto.” Cercando di attirarlo lontano da lì, Serena gli prese la mano. Un gesto che non passò inosservato da Marco, ormai fuori di sé dalla rabbia “Sì, vattene pure! Tanto tornerai da me strisciando! E tanti auguri a te, se te la vuoi scopare…accomodati pure! Tanto non ho bisogno di lei!”

Cazzo!

Sentì la mano di Shannon scivolar via dalla sua e, prima che riuscisse a rendersene conto, lui si era lanciato contro il suo ex afferrandolo per il collo della camicia

e puntandogli il dito contro.

You watch your fuckin mouth, when you talk to her! Do you understand me, you prick?” (*)

Gli ringhiò addosso.

Marco alzò le mani in segno di resa, assumendo l’aria più innocente che riuscisse

a mettere insieme.

Un paio di uomini della sicurezza dell’hotel si avvicinarono per dividerli, ma Shannon aveva già capito di essersi spinto troppo oltre. Lo lasciò andare

e tornò verso Serena, tenendo lo sguardo ben piantato su di lui.

Lei lo afferrò saldamente per un braccio e, prima di trascinarlo via con sé, disse rivolta alle guardie “E’ tutto a posto, si è trattato solo un malinteso. Scusateci, non succederà più.”



Chiamò l’ascensore, pigiando il tasto ripetutamente e con più violenza del necessario.

E muoviti, quanto cazzo ci metti ad arrivare? Prima che Shannon ci ripensi e torni indietro a spaccargli la faccia. Non l’ avevo mai visto con uno sguardo del genere.

Sembrava quasi un folle omicida, per un attimo…a momenti faceva paura anche a me.


E comunque si può sapere che diavolo ci fai qui?? E come hai fatto a trovarmi?”

Finalmente l’ascensore arrivò. Entrambi si scaraventarono dentro e non appena Serena ebbe schiacciato il tasto del quarto piano, Shannon la prese per la vita e la spinse rudemente contro la parete, guardandola dritta negli occhi.

Io ti troverò sempre Kid, non puoi sfuggirmi. Piuttosto, mi spieghi perché cazzo eri insieme a lui?”



FINE CAPITOLO 9



Vi lascio con uno Shannon alquanto adirato…Alla prossima puntata!;)

Grazie di nuovo a tutti voi, lettori e recensori

Baci,

E.




NOTE:

Ok, questo capitolo è stato un parto vero e proprio,spero vi sia piaciuto! ^_^

(*) “Stai attento a quello che dici, quando ti rivolgi a lei! Mi hai capito, stronzo?” (in inglese suona molto più figo e minaccioso, dovete ammetterlo ^_^)

Marco l’ho immaginato con le fattezze dell’immenso Gavin Rossdale, frontman dei Bush, nonché attore…nonché marito di Gwen Stefani. Se non avete idea di cosa io stia parlando, eccolo qui: http://www.google.it/imgres?q=gavin+rossdale&hl=it&sa=X&biw=1280&bih=899&tbm=isch&prmd=imvnsol&tbnid=LeljE_PG7_lTxM:&imgrefurl=http://shhville.wordpress.com/2010/08/09/monday-mini-featuring-james-badge-dale-gavin-rossdale/&docid=6G1dcdEGzt6rxM&imgurl=http://shhville.files.wordpress.com/2010/08/gavin-rossdale-bush-2396619-1119-16321.jpg&w=1119&h=1632&ei=CllvT9f9DunE4gTd9PC_Ag&zoom=1&iact=hc&vpx=767&vpy=422&dur=323&hovh=271&hovw=186&tx=103&ty=168&sig=117082661733978997272&page=1&tbnh=172&tbnw=124&start=0&ndsp=28&ved=1t:429,r:25,s:0

Il look di Shannon: https://www.facebook.com/photo.phpfbid=190576987629470&set=a.186184144735421.39839.142501715770331&type=3&theater

L’ispirazione per questo capitolo, l’ho tratta da una delle mie canzoni preferite da sempre: “The perfect drug” dei Nine Inch Nails. Qualora non aveste mai visto il video….cosa aspettate a farlo??? XD http://www.youtube.com/watch?v=Hpuu_xODUpo


1The perfect drug – Nine inch nails

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Capitolo 10
*** Release me ***


capitolo 10

Fondamentale una premessa: non conosco (ahimè) Shannon Leto, pertanto tutto ciò che ho descritto, relativamente al suo passato è COMPLETAMENTE – non mi stancherò mai di ripeterlo – frutto della mia mente malata ;)

Grazie di nuovo a tutti voi, recensori e lettori silenziosi. MARShugs <3

E.

Capitolo 10 – Release me (*)




E lasciami, cazzo, Shannon! Ma perché sei venuto fin qui, accidenti a te? Non riesci proprio a leggere tra le righe, vero?!”

Facciamo che prima mi spieghi tu, come mai ti ho trovata insieme a lui...ti dò 5 secondi di tempo per giustificarti.”

Giustificarmi?IO?? Ma fai sul serio? Parli proprio tu che....” Serena sbuffò e distolse lo sguardo da lui, prendendo a fissare il muro alle sue spalle accigliata. L'ultima cosa che voleva era sembrare una “fidanzata gelosa”...dopo tutto non poteva certo pretendere di avere l'esclusiva su Shannon Leto!

...proprio io, cosa?? Finisci la frase. Dai, sputa il rospo, voglio sentirtelo dire!” Continuava a starle addosso, con lo stesso sguardo minaccioso e le prese il mento con una mano, obbligandola a guardarlo di nuovo negli occhi.

Non ti darò questa soddisfazione, quindi lasciami subito!”

Certo che sei testarda eh? Ma hai trovato qualcuno che lo è più di te” così dicendo premette il pulsante di arresto e l'ascensore, con uno scossone, si fermò.

Era in trappola. Di nuovo non poteva sfuggirgli.

Se non l'avessi ancora capito, ci metto un minuto a tornare di sotto e dare a quel tipo la paga che merita, quindi parla!”

Ho visto le tue foto con quella bionda, va bene?? Certo che potevi anche evitare di prendermi in giro con quella farsa all'aeroporto, quando mi hai chiesto di aspettarti!”

Finalmente l'hai ammesso!" Shannon alzò gli occhi al cielo "Per tua informazione, ho cercato di scollarmi di dosso Nicole – così si chiama lei – per tutta la sera e quando, finalmente, ha capito che facevo sul serio, mi sono anche beccato un ceffone!...Tutto questo per te, cocciuta di un'italiana!”

E va bene...ma non pensare di intenerirmi con questa storia! Avevo una mezza idea di fare lo stesso anche io!”

Per fortuna allora che sono arrivato in tempo per salvarti il culo da quel viscido!”

Silenzio. Continuarono a guardarsi in cagnesco per degli istanti interminabili, poi inaspettatamente Shannon le rivolse uno dei suoi sorrisi sghembi disarmanti, in grado di azzerarle qualsiasi capacità psico-motoria.

Mi sei mancata, Kid”

Ma lei era ancora troppo combattuta ed agitata, per cedere.

Ora potresti gentilmente lasciarmi e far ripartire l'ascensore, prima che la sicurezza venga a prenderci per sbatterci fuori dall'hotel definitivamente?”

E va bene, finiremo questa discussione in camera tua...”

Serena si mordicchiò il labbro per un momento, riflettendo sul da farsi. Perché dopo aver chiarito l'argomento “bionda”, non si sentiva ancora alleggerita di un peso? Un tarlo le rodeva la serenità, facendola esitare di fronte all’idea di lasciarsi andare al suo abbraccio, nonostante lo volesse disperatamente…quelle braccia, quelle mani, quegli occhi…tenerezza, sì, ma anche rabbia folle, aggressività…l’Animale…Assistere a quel suo raptus di collera, nella hall, non le era piaciuto neanche un po'. Non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere da lui e quella scintilla di follia nei suoi occhi l'aveva spaventata a morte. Non poteva far finta che non fosse successo.

In fondo sei anche tu come Marco?

Dio no, non di nuovo!


Shannon accanto a lei era ancora visibilmente in tensione. Le stava ancora addosso, stringendole i polsi con troppo vigore ed essere rinchiusi in quell'angusto ascensore, sospeso a mezz'aria, contribuiva solo a farla sentire soffocare. L'istinto naturale di fuggire via da lì stava prendendo il sopravvento su di lei...

Tu in camera con me non ci vieni. Almeno finché non ti sarai calmato!” Premette il pulsante del pianoterra e in pochi secondi erano di nuovo nell'ingresso. “Ho bisogno d'aria” Serena gli afferrò la mano con decisione, trascinandolo con sé nella notte gelida milanese.

Muoviti, cammina. Non ci tengo ad incontrare di nuovo Marco, per dare il via al secondo round! “

Shannon sgranò gli occhi per lo stupore “Cosa?? Ehi, che ti prende, Kid? Ti ho spiegato che non è successo niente con quella, né con nessun'altra....ora che problema c'è?” Lui rallentò, confuso, senza riuscire a trovare un senso alla reazione di lei. Ma Serena non riusciva a fermarsi, non poteva resistere all'istinto naturale di andarsene lontano da lì. Quando ebbe messo diversi passi di distanza tra loro due, finalmente si voltò di scatto e quasi urlò contro di lui “Perché hai reagito così?!”

Così come? Che intendi?”

Così così! In hotel, con Marco!”

Ho rinunciato a spaccare la faccia a quello stronzo incravattato e ora che fai, lo difendi??”


Lei non riusciva a distogliere lo sguardo da lui, attendendo con timore la sua prossima mossa. Erano poi tanto diversi tra loro? Perché non capiva? Perché non rispondeva, perché non la rassicurava? Riprese a camminare a passo spedito, attraversando loggiati e strade misteriosamente deserte. Come se tutta la città, insieme a lei, stesse tenendo il fiato sospeso, in attesa di ascoltare le motivazioni di lui, sperando che bastassero a farle cambiare idea.


Serena aspetta!” La raggiunse correndo “Aspetta! Ok, credo di doverti dare delle spiegazioni, prima che mi prenda per uno schizzato totale”

Serena si fermò, senza però avere il coraggio di voltarsi e guardarlo negli occhi. Shannon si grattò il mento ispido per un attimo, poi infilò le mani nelle tasche dei jeans e iniziò a raccontare, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé.

Ti avevo detto che, anni fa, prima di iniziare con la band, stavo passando un periodo un po'....diciamo “complicato”. Beh, mi ero buttato a capofitto nell'alcol e nelle droghe...in realtà è iniziato tutto dopo essermi fatto 6 mesi di galera. Rissa in luogo pubblico. Ci fu anche un processo, ma non potevo permettermi un buon avvocato, quindi venni condannato a 1 anno e 6 mesi più un risarcimento di 8,000$. Scontai solo i sei mesi ed uscii con la condizionale e l'obbligo di seguire una terapia per il controllo della rabbia. Ci misi quasi il doppio del tempo per riprendermi.” Di tanto in tanto le gettava un'occhiata preoccupata, come temendo che prima o poi lo piantasse in asso, lì in mezzo alla strada. Invece Serena continuò a camminare al suo fianco, ascoltando con attenzione ogni sua parola.


Riprese: “In realtà si trattò di un casino scoppiato nel parcheggio di questo bar di Los Angeles, dove ci ritrovavamo sempre a bere e giocare a biliardo con gli amici. La causa di tutto fu un viscido di uno yuppie bastardo. Sai, uno di quegli avvocati arricchiti che il sabato sera tirano fuori la Maserati dal garage, per farsi il giro dei sobborghi e sbattere i propri soldi in faccia ai poveracci. Tanto per rimediare qualche ragazzina scema da scoparsi. Comunque. Fatto sta che il tipo era stato per tutta la sera appiccicato alla barista, che si dà il caso fosse una mia amica. Lei cercava di farglielo capire con le buone e tenendosi alla larga, che non era interessata....considerando anche che il tipo ci stava dando dentro con gli alcolici. A fine serata lei esce dal bar, diretta verso la sua auto posteggiata nel parcheggio sul retro e chi ti incontra? Lui e due suoi amici stronzi erano rimasti lì, ad aspettare che lei uscisse. Prima iniziano a provocarla a parole, poi lui le si avvicina e cerca di immobilizzarla contro la fiancata dell'auto, aiutato dai suoi compari e inizia a metterle le mani addosso. Per fortuna io e i miei amici eravamo ancora nei paraggi e, sentendo quel casino, siamo corsi a vedere cosa stesse succedendo. Eravamo quattro contro tre e noi avevano anche....l'attrezzatura pesante, se capisci cosa intendo. In pratica quelle mezze seghe se la fanno sotto dalla paura e cercano di correre via, ma io mi avvento sullo yuppie per trascinarlo lontano da lei e poi...ricordo solo la sensazione di dolore quando inizio a colpirlo con tutta la mia forza....sentivo le nocche insanguinate contro la sua faccia, ma non riuscivo a smettere....non lo so che cavolo mi è preso, ero come accecato dalla rabbia. Hanno dovuto tenermi in tre, prima che mi fermassi, ma la polizia era già arrivata....Dalla ragione sono passato al torto, nel giro di pochi minuti...” Si fermò, appoggiando i gomiti ad una staccionata, perdendo lo sguardo in un punto imprecisato aldilà del laghetto di Parco Sempione, nel quale erano arrivati.


Serena si appoggiò di schiena alla staccionata ed incrociò le braccia sul petto, riflettendo su ciò che lui le aveva appena rivelato. Era chiaro che si trattava di una cosa della quale non andava fiero e lo metteva a disagio parlarne, nonostante fossero passati diversi anni.

E lo yuppie se la cavò, alla fine?”

Sì...l'ambulanza arrivò in pochi minuti e nel giro di una settimana era fuori dall'ospedale. Qualche costola incrinata, naso rotto, punti di sutura qua e là...”

...ok, ok. Non c'è bisogno di scendere nei dettagli, grazie, il quadro mi è chiaro...Ma immagino che lui abbia sporto denuncia, altrimenti non ti avrebbero arrestato!”

Infatti... la cosa peggiore è stata sorbirmi tutte quelle ore di terapia per il controllo della rabbia...sono tornate a galla un sacco di cose che non pensavo neanche di ricordare...”




* Shannon *


Siamo qui a parlare e il tempo scorre via a manciate.

Le parole mi escono di bocca senza che nemmeno me ne accorga, mentre ti racconto tutti i miei segreti. Non pensavo che avrei mai trovato una persona con la quale

sarei riuscito a parlare del mio passato....e in effetti sei la prima alla quale lo racconto, a parte Jared. Da un lato vorrei che tutto questo non fosse mai accaduto, ma dall'altro

so che non sarei mai diventato la persona che sono adesso, se non avessi dovuto affrontarlo.


Don't regret anything you do,

because in the end it makes you who you are..”


Ho imparato dai miei errori e ho pagato per essi.

Finché non affronti le tue paure, il passato tornerà sempre a tormentarti.

Me l'hai insegnato tu, stasera.

Se non fossi arrivato io, a scombinare tutti i tuoi piani, avresti vinto tu contro di lui.

Sei più forte di me, Serena. Più di quanto tu non immagini.

Io ci ho messo anni ed anni per arrivare fin qui...

Sì, le nostre storie sono completamente diverse, ma in fondo siamo molto simili.


Hai un'espressione così comprensiva e assorta, mentre mi ascolti che sento di non aver più bisogno di niente. Mi basti tu, seduta qui, accanto a me, la città ai nostri piedi e davanti a noi uno sterminato oceano di possibilità.

Non mi serve sapere che tu sia legata a me in qualche modo istituzionalizzato o convenzionale. E non mi importa se ci rivedremo tra mesi e mesi, probabilmente.

Mi basta la fotografia mentale di te, seduta a gambe incrociate su questa panchina, il mento appoggiato alla mano, il mio riflesso nei tuoi occhi.

E quando sarò via, mi piacerà pensare che in quel momento stavi pensando a me e al nostro rapporto.

Se di rapporto si può parlare.


È strano come certe persone ti entrino dentro così, improvvisamente e irrevocabilmente. Fino a un paio di mesi fa, non avevo neanche idea di chi tu fossi.

E pensavo che ormai fossi arrivato in cima...il successo professionale, un sogno che si realizza...Invece il successo non serve a niente e i soldi neanche...aggiungono solo centimetri all'ego. No, finché non trovi una persona con cui condividere la felicità, non puoi dire di averla mai assaporata.

Solo a pensarle queste cose, dovrei sentirmi un povero stronzo....e invece per la prima volta in vita mia....sì, sono felice.

Cazzo, sono innamorato?

Non lo so...so solo che mi piace tutto di lei...persino le sue insicurezze, quando si guarda di nascosto negli specchi, lasciando trapelare tanta insicurezza, dietro quella maschera.

Oppure quando mi dà un bacio sul collo, dopo che abbiamo fatto l'amore e appoggia la testa sul mio petto...


Mi volto di nuovo verso di te e mi sorridi.

Voglio imprimere questa immagine e conservarla in qualche cassetto della mia mente.

Non so se né quando ci saranno altri momenti come questo, di assoluta sincerità, entrambi messi di fronte alle nostre paure, ma con la voglia di buttarcele alle spalle, insieme.

Lo so che non apparterrai mai più a nessuno, in vita tua. Non potrai mai essere mia.

E se mi accontentassi di questo? Sapere che mi pensi e, magari, a modo tuo, mi vuoi bene?

Può bastarmi?

No.

Cazzate.

Lo so che mi mancherai.

Ma non otterrò mai più di questo. Almeno finché tu non vorrai.

E prima che ce ne accorgiamo sarà già mattina e dovremo separarci di nuovo.

Non ancora, vi prego.

Datemi ancora un'ora. Mi serve altro tempo.

Ancora un minuto di pace, insieme a te.

Iniziamo insieme il primo giorno del resto della nostra vita.


Giuro che tornerò, per rapirti di nuovo”

Ma chissà quando, Shan? Quando tornerai sarai una persona diversa...di certo questo viaggio ti cambierà. E se non avessi più bisogno di me?”

I tuoi occhi si velano di tristezza, per un attimo e distogli lo sguardo da me.

Non sarà così. Te l'ho detto che mantengo sempre le mie promesse. E se cambierò, spero solo di diventare migliore.”



Hold on to the thread
The currents will shift
Glide me towards you
Know something's left
And we're all allowed
to dream of the next
Oh, the next time we touch...” (**)


L'orizzonte, attraverso i grattacieli e le luci della città, ancora addormentata, iniziava già a tingersi di sfumature rosso e viola. Rimasero lì seduti fino al mattino, abbracciati, impazienti e allo stesso tempo spaventati dall'arrivo del nuovo giorno e dalle sorprese che il destino aveva già architettato per loro.



FINE CAPITOLO 10




(*) Il titolo del capitolo è tratto dall'omonima canzone dei Pearl Jam, “Release”. Se vi va di ascoltarla, eccola qui: http://www.youtube.com/watch?v=iPUwtyZglQI

(**) Pearl Jam – “Oceans “ Stesso discorso, qualora non la conosceste, anche il video è bellissimo: http://www.youtube.com/watch?v=4WOk7UNAvOw&ob=av2e

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Capitolo 11
*** But where's your heart? (Parte I) ***


capitolo 11 (prima parte)

Capitolo 11 – But where's your heart? (PARTE 1)

 

 

 

PREMESSA!! Spero che ricordiate come è iniziata la fic, perché in questo capitolo si ritorna al presente della narrazione. Siamo a New York, marzo 2011, in pieno Hurricane tour, mentre Shannon e i guys sono in Australia. Per qualsiasi riferimento, (ri)leggetevi il Capitolo 1, oppure...chiedete! ;)

Ho preferito dividere il capitolo in due parti, per non confondevi troppo le idee...spero vi piaccia! Baci, Perfect_Denial ;)

 

 

 

 

“Hey S, vieni con noi? Io, Max e Julia ci imbuchiamo al backstage e all'afterparty di Tom Ford, al Lincoln Center. Julia conosce la PR, quindi riesce a farci entrare!” Josh si stava infilando la giacca ed aveva già una sigaretta tra le labbra, pronto a gettarsi a capofitto nella serata newyorkese.

Era venerdì sera e lei se n'era completamente dimenticata.

“Mmm non so se è una buona idea, Josh, sono veramente distrutta...e poi dovrei passare a casa a cambiarmi, ci sarà il dress code, come minimo....”

“Primo: è venerdì sera...non fare sempre la parte della precisetta guastafeste, dovrai pur divertirti ogni tanto! Secondo: sei già bellissima così, non vedo perché dovresti cambiarti....” la guardò per un attimo, sorridendo ed inclinando lievemente il capo di lato, come per osservarla meglio. Era carino e galante. E Serena lo sapeva bene, visto che insieme avevano trascorso un paio di mesi decisamente....divertenti, l'estate precedente,   dopo le due settimane di villeggiatura presso la casa di lui negli Hamptons. Alla fine di agosto, lei aveva deciso di giocarsi la scusa di essere colleghi di lavoro, per mascherare l'assenza di un'affinità emotiva (aldilà di quella in camera da letto) e dare un taglio alla relazione.

 

Rimase un momento in silenzio a mordicchiarsi il labbro.

Oh, smettila con le paranoie! Dovesse farti male, una serata fuori ogni tanto?

E che c'è di male se c'è anche Josh? Siete entrambi adulti e vaccinati, quindi è ora di comportarsi come tali e superare questo stupido imbarazzo!

“E va bene, non so come hai fatto ma mi hai convinta, drittone! Ma prima passo in magazzino a recuperare qualcosa da mettere...A che ora inizia la serata?”

Josh guardò l'orologio “Visto che sono le 9, direi che non puoi metterci più di 10 minuti a prepararti, perché con il traffico che c'è, per quando arriviamo là, si saranno già accaparrati tutte le modelle migliori” sogghignò soddisfatto “Intanto chiamo un taxi e ti aspetto qui fuori, Cenerentola!” Si accese la sigaretta, fece l'occhiolino a Serena ed uscì.

 

Il solito sbruffone...Vabbè, vediamo cosa offre il nostro guardaroba campionari....

Prese a rovistare velocemente tra gli scaffali e gli appendiabiti, mentre si svestiva il più in fretta possibile. Poter usufruire a suo piacimento dei campionari di tutte le collezioni era uno dei privilegi che preferiva. C'era veramente di tutto: scarpe, borse, cappelli, abiti, accessori vari...era il suo Valhalla personale, anche perché l'accesso a quei capi era riservato solo a pochissime persone in azienda.

 

Dunque, Tom Ford.....ci sarà il mondo stasera.....direi abito nero con retro in pizzo e sopra trench doppiopetto color cipria. Scarpe.....Miu Miu: decolleté mary jane in vernice nera.....mmm, sì, può andare! 

Raccolse tutta la sua roba in una busta e la depositò in un armadietto. L'avrebbe recuperata lunedì. Diede un'ultima occhiata allo specchio nell'angolo, si ravviò i capelli e, con un'alzata di spalle, decise che per quelli, non c'era niente che potesse fare.

 

Non appena Josh la vide uscire, la folta chioma svolazzante e il viso illuminato da un ampio sorriso, la squadrò da capo a piedi e le aprì la portiera del taxi, posteggiato di fronte all'ingresso principale del negozio.

“Che eleganza...farò un figurone a presentarmi con te.”

“Scemo....ma Max e Julia, dove sono?”

“Ci aspettano lì....Julia doveva, ehm, trovare la sua amica per farci mettere in lista...”

“Se fossi maliziosa penserei che mi stai rifilando una bugia penosa, per stare da solo con me.....ma se preferisci, faccio finta di niente!”

“Cosa mi tocca inventare, sono proprio disperato! Così non potrai sfuggirmi, come riesci sempre a fare al lavoro!”

 

Lungo il tragitto, Serena non riuscì a evitare di sentirsi elettrizzata per la serata. Era da troppo tempo che non usciva, per puro divertimento, sempre impegnata com'era a fare da schiava a Victoria.

“Allora, non mi racconti niente? Che mi dici a proposito delle voci che girano su di te ed una famosa rockstar...?”

“Ti dico che sei un pettegolo e da te non me lo sarei mai aspettato!” Gli diede una gomitata amichevole, cercando di sminuire in tutti i modi i suoi tentativi di flirtare con lei ed allentare la tensione.

“Insieme è una parola grossa....diciamo che per il momento, siamo...'amici speciali', non saprei come altro definirci, visto che lui è in tour in giro per il mondo e non lo vedo da  dicembre scorso....però sì, siamo molto legati finora, in futuro si vedrà!”

“Quindi hai ufficialmente acceso la luce rossa, sei 'occupata'?”

“La luce rossa? Ma come ti vengono in mente queste cazzate?!”

“Talento naturale.” Le fece l'occhiolino e la osservò di sottecchi, mentre lei aveva estratto  uno specchietto ed il rossetto dalla borsa e se lo passava sulle labbra. “Beh, in questo caso, mi faccio da parte....potrei mai competere con una rockstar?”

“Su, su...ora non piangerti addosso! So che sarai devastato da questa notizia...ma vedrai che stasera un paio di modelle per divertirti un po' riuscirai ad accaparrartele!”

Risero insieme di gusto,  proprio mentre il taxi accostava di fronte al red carpet del Lincoln Center, gremito di gente che scalpitava per entrare e paparazzi che scattavano foto all'impazzata.

 

Appena scesero, individuarono subito Max e Julia che li salutavano dalla loro postazione di fianco ad una donna elegantissima, con in testa un'acconciatura che sfidava qualsiasi legge di gravità, una cartellina davanti agli occhi e un auricolare con microfono nel quale lanciava ordini frenetici. Tra la folla Serena individuò una camicia a scacchi rossa da boscaiolo e riconobbe l'uomo in posa con i pollici alzati, un sorriso artefatto di circostanza e sguardo da maniaco. E figuriamoci se poteva mancare lui! (*) Schivarono un paio di fotografi e raggiunsero gli altri. Due democratici baci sulle guance a tutti e si gettarono a capofitto nella serata.

 

Il backstage era affollato ancor più dell'ingresso. C'erano modelle annoiate ed anoressiche che posavano per i fotografi ad ogni angolo e modelli uomini dallo sguardo vagamente incazzato; redattori di emittenti televisive spintonavano gli altri giornalisti, cercando di farsi strada verso lo stilista, prodigo di sorrisi hollywoodiani, che sfoderava per chiunque avesse in mano un obiettivo.

“Allora che facciamo? O ci mettiamo in fila per salutare il maestro, oppure andiamo al bar ad alcolizzarci!” Max sbuffò vistosamente, mentre il suo fiuto da bevitore incallito del sabato sera, individuava il bar in un nanosecondo.

“Ah, io di buttarmi nella ressa non ne ho voglia....magari mentre aspettiamo che sfollino i  giornalisti, ci facciamo un cocktail!” Josh passò un braccio attorno alla vita a Serena ed uno a Julia, spingendole verso il bar.

 

Un paio di Margarita più tardi, erano pronti per spostarsi verso la location nella quale avrebbe avuto luogo il party. Visto che era a non più di 500 metri, decisero di andare a piedi, Serena e Julia barcollando sui tacchi e sorreggendosi a vicenda, in parte per via dell'alcol in circolo, in parte per le risate. Cantavano a squarciagola Don't stop believing dei Journey (**) e Friday I'm in love dei Cure e tutti i problemi e gli scazzi della settimana appena trascorsa, scivolavano via senza lasciare traccia...

 

 

***

 

 

Serena richiuse la porta di casa con un calcio e gettò la borsa e le chiavi sul divano,  liberandosi del trench, del lettore mp3 e lanciando la posta sopra il tavolino del salotto. Il suo mini appartamento sulla Madison Avenue era poco più grande dello sgabuzzino delle scope della casa dei suoi genitori, ma era accogliente e confortevole, a suo avviso. Era il suo rifugio ed aveva imparato ad apprezzarne ogni centimetro; soprattutto adorava quel minuscolo soppalco dov'era posizionato il suo letto, sotto un soffitto tappezzato da poster dei Mars e un collage con tutte le foto che Shannon le mandava da ogni città del mondo nella quale metteva piede. In alcune c'era anche lui, in altre Tomo o Jared, qualcuno della crew, oppure il pubblico durante un concerto; in alcune invece il soggetto era semplicemente un luogo o un particolare che l'aveva colpito. Quel posto era perfetto per  chiudere gli occhi ed immaginare di visitare quei posti magnifici insieme a lui.

 

Considerando che erano ormai quasi le 3 del mattino, decise di optare per una veloce doccia bollente, magari seguita da tisana rilassante, ma prima aveva voglia di sentire la voce di Shannon. Il pensiero di lui a miglia e miglia di distanza, di tanto in tanto la assaliva e le toglieva ancora il respiro. Le mancava da morire poterlo abbracciare e baciare...ma presto – o relativamente presto – si sarebbero rivisti. Da mesi ormai si sentivano praticamente tutti i giorni, ma avevano tacitamente concordato di smetterla di porsi domande e cercare di definire il loro rapporto, almeno per il momento. Era già bellissimo così com'era ed appiccicargli un'etichetta poteva solo intaccarne la perfezione e sminuirne la magia.

 

Gettò via le scarpe in un angolo e, mentre attendeva che il portatile si avviasse, si svestì e ripose con cura gli indumenti su una gruccia...non poteva permettersi di sgualcirli, con quel che valevano! Indossò un paio di shorts e una t-shirt, versò ciò che restava del caffè che aveva fatto la mattina in una tazza, accese una sigaretta e si accomodò sul tappeto davanti al divano a gambe incrociate, il notebook appoggiato sopra il tavolinetto davanti a lei. Vide che Shannon era online su Skype e fece partire la chiamata.

“Hey Kid! Aren't you sleeping?”

“Nope. I just came home actually....It's 3 in the morning here. What's up?”

Shannon si stropicciò gli occhi e tentò di appiattirsi i capelli, con il risultato di arruffarli ancora di più e si schiarì la voce.

“Siamo ad Adelaide, tra mezzora abbiamo un'intervista con la tv (***)....Aspetta un attimo! Sei APPENA tornata a casa??? Cos'hai combinato in giro fino a quest'ora ragazzina??” Nonostante la pessima qualità dell'immagine della videochiamata, era chiaro che stava scherzando...o forse da qualche parte c'erano tracce di gelosia vera?

“Beh, non posso mica aspettare che mi porti fuori tu, no?!” Bevve un altro sorso di caffè, prendendo tempo per gustarsi quell'attimo di suspence che sperava di aver creato...

“Allora? Ti decidi a raccontarmi cos'hai fatto?....Va bene, hai vinto tu! Sono ufficialmente geloso!” Entrambi scoppiarono a ridere.

Serena allungò una mano per afferrare la posta ed iniziò ad aprire le buste, mentre raccontava la sua serata...

 

“Quindi c'era anche Josh? Bene, bene....mi fa proprio piacere sentirlo....Spero per lui che si sia comportato come si deve...”

“Ma figurati...poi se te l'ho detto è perché non c'è niente da nascondere!...ah, tra l'altro siamo riusciti a conoscere Tom Ford in persona, al party!...ed ho intravisto anche quel vostro amico....il fotografo....Terry Richardson!”

“Di certo non è amico mio...solo di Jared.” Shannon si accese una bionda e si mise a sedere sul letto del tour bus, appoggiando il computer sopra le gambe. Sotto il riflesso della luce che filtrava attraverso i vetri oscurati, Serena notò che aveva gli occhi arrossati e la sua cera non era delle migliori.

“Ma hai dormito stanotte? Mi sembri distrutto...”

“Beh, calcola che dopo il concerto siamo tornati nel bus che erano quasi le 4 ed ho dormito fino a un'ora fa...in pratica devo ancora svegliarmi del tutto. Però sono contento, ieri sera è andata alla grande! E stasera abbiamo il Soundwave, mi hanno detto che si prevedono oltre 700.000 persone...”

 

Serena si era immobilizzata, osservando incredula una lettera gialla che teneva tra le mani tremanti.

“Kid, ma che...?”

 

Serena alzò gli occhi verso lo schermo, ancora incapace di proferire parola.

 

Sua nonna...

 

 

 

 

FINE CAPITOLO 11 (PARTE I)

                              

 

 

(*) Terry Richardson, noto (quanto discusso) fotografo di moda e VIP. Visitate il suo blog a vostro rischio e pericolo ;) à http://www.terrysdiary.com/

(**) Qui potete trovare l'intervista in questione, tra l'altro una delle mie preferiteà http://www.youtube.com/watch?v=t2JHjkkIYwM

(***) Altro riferimento al video dell'intervista epica di Jared, durante la quale si esibisce sulle note di questa canzone. Imperdibile à http://www.youtube.com/watch?v=Bm46300TdsA

 

Il titolo del capitolo è tratto da Famous Last Words dei My Chemical Romance :  http://www.youtube.com/watch?v=8bbTtPL1jRs&ob=av3e

 

 

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Capitolo 12
*** But where's your heart? (parte II) ***


capitolo 11 (parte II)

Capitolo 11 – But where's your heart? (PARTE 2)

 

 

“Is it hard understanding?

I'm incomplete
A love that's so demanding
I get weak

I am not afraid to keep on living
I am not afraid to walk this world alone
Honey if you stay, I'll be forgiven
Nothing you can say can stop me going home”

(Famous last words – My Chemical Romance)

 

 

                             

Somewhere in Italy

A couple of days later...

 

 

 

Serena scese dall'auto di fronte all'imponente cancello in ferro battuto antistante la villa, immersa nel verde delle dolci colline marchigiane. Si avvicinò all’inferriata per sbirciare dentro, riparandosi gli occhi dal sole. Si chiese come fosse possibile che il tempo non avesse intaccato minimamente l'edificio, né la tenuta. Dalle mura esterne non riusciva a vedere molto, solo il piazzale ed il cancello interno, dal quale si accedeva direttamente al cortile e al porticato. Da lontano scorse il ciliegio, proprio di fronte alla finestra della sua camera, in fiore e rigoglioso come era sempre stato. Tutto era esattamente come nei ricordi, indelebili nella sua memoria. Eppure era tutto diverso, proprio come accade nei sogni.

 

Trasse un respiro profondo, suonò il campanello, si annunciò ed entrò, trascinandosi dietro la valigia.

 

I suoi passi sembravano troppo rumorosi alle sue orecchie, mentre si avviava con lentezza, eppure decisa su per il vialetto di ghiaia. Il giardino ed il porticato sembravano deserti, ma Serena riconobbe all’istante le due auto parcheggiate nel vialetto laterale, che conduceva verso la terrazza sul retro: la Jaguar verde scuro di suo padre ed il Range Rover di sua madre.

 

Bene! A quanto pare Federico e Ania non si sono neanche degnati di tornare per il funerale! Che bella famiglia di stronzi, che mi ritrovo…

 

Il giardino era curato come sempre, e i roseti, orgoglio di sua madre, erano ancora al loro posto. Una scalinata imponente conduceva fino al portone di quercia ottocentesco, sovrastato dai blasoni delle casate nobiliari alle quali appartenevano i suoi nonni materni i quali, prima dell’affermazione della libertà di classe e il relativo decadimento dei privilegi nobiliari, erano conosciuti come il Barone e la Baronessa Antici. Quante volte da bambina aveva sognato di essere anche lei una nobile, mentre sua nonna le raccontava di quando era giovane e la notte sgattaiolava fuori di casa di nascosto per incontrare il suo futuro marito, che la aspettava fuori dal cancello della villa. Il titolo nobiliare era decaduto nel momento in cui sua madre aveva sposato un non-nobile, ma sua nonna l’aveva sempre cresciuta insegnandole il galateo, il portamento ed i balli tradizionali “Ricordati Serena che una vera Signora si riconosce sempre da queste due cose: testa alta e buone maniere. Cambieranno i tempi, ma questo non cambierà mai.”

 

Quanto mi mancherai nonna. E il rimorso di averti lasciata qui, in balia di queste arpie

che non ti hanno mai apprezzata per ciò che valevi davvero,

mi torturerà per sempre, lo so....

 

“Allora è proprio vero che chi non muore si rivede. Non pensavamo che ti saresti fatta viva.”

Un uomo sui sessant'anni, brizzolato, ma con un portamento ed un cipiglio degno di un ragazzo di trenta, le aprì la porta. I suoi occhi di un azzurro intenso, le avevano sempre ricordato quelli di Jared, benché quelli di suo padre fossero molto più freddi e distaccati.

“Sì, beh....ciao papà, è un piacere anche per me rivederti, dopo tutto questo tempo...” mormorò Serena con tono risentito.

A quelle parole, il vecchio e mal celato risentimento dipinto sul suo volto si incrinò e gli occhi dell'uomo si inumidirono di lacrime.

“Tutto questo tempo...e senza darci notizie....tua madre e io abbiamo passato un inferno, cosa credi? Ma ormai sei qui...vieni dentro, questa è sempre casa tua.” Così dicendo la abbracciò con forza. Serena rimase spiazzata da quella manifestazione di emotività ed affetto da parte di suo padre. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che l'avesse accolta a braccia aperte. Ma in quel momento, lasciarsi andare a quell'abbraccio così confortante, era l'unica cosa che si sentiva di fare e probabilmente ciò che attendeva da una vita. Che senso aveva cercare di trovare una spiegazione razionale?

 

Il suo arrivo non era passato inosservato: una donna stava percorrendo il corridoio con le braccia protese verso di loro, il viso rigato dalle lacrime, noncurante del mascara che  colava lungo le guance. Sua madre li raggiunse e li abbracciò, lasciandosi andare ad un pianto liberatorio.

“Non mi importa ciò che è successo, l'importante è che tu sia tornata”

Quell'ultima parola le riecheggiava in testa e più la risentiva più suonava come una minaccia.... “tornata”??? Decise che per il momento, non era il caso di farsi venire una crisi isterica per così poco, ma di dare loro una possibilità....magari in quel periodo di tempo trascorso separati, i suoi genitori avevano imparato qualcosa dai propri errori. E poi magari erano veramente pentiti e pronti ad accoglierla. Serena avrebbe preferito morire piuttosto che ammetterlo: le mancavano la sua famiglia e la sua casa. Anche se sentiva che lei e New York si appartenevano, le sue radici erano ancora in Italia e non poteva sopprimere il desiderio recondito di mantenere quantomeno una porta aperta, così da essere libera di tornare se un giorno avesse voluto.

Per questi motivi, socchiuse gli occhi e ricambiò l'abbraccio dei suoi genitori.

***

 

 

“Il funerale è tra mezzora, stavamo per partire. Ma magari prima vorrai sistemare le tue cose in camera...quanto tempo ti fermi?” Sua madre stava armeggiando in cucina, riponendo le tazzine del caffè ed i biscotti, che avevano appena consumato.

“Riparto domani sera, ho il volo alle 21,45 da Roma...”

“Oh” sua madre si immobilizzò e, nonostante voltasse le spalle a Serena, lei intuì che avesse assunto l'espressione di chi ha appena ricevuto un ceffone in piena faccia “neanche sei arrivata, già riparti? Hai preso casa tua per un albergo? È questa la considerazione ed il rispetto che hai per la tua famiglia?”

“Casa mia ormai è a New York, mamma. Sono tornata solo per il funerale, ripartirò domani. Se per voi è un problema avermi sotto lo stesso tetto, posso andare a dormire in hotel” Serena strinse i pugni, cercando di tenere a freno la lingua. L'ultima cosa che voleva era iniziare l'ennesima lotta con i suoi genitori, specialmente in quel giorno di lutto.

“Non essere sciocca, cosa penserebbe la gente se ti vedesse andare a dormire in albergo? La tua camera è sempre lì dove l'hai lasciata. Ora vai a cambiarti, non voglio fare tardi in chiesa” disse suo padre.

 

Tipico. Facciamoci vedere in prima fila in chiesa, a capo chino e tutti belli allineati. Quanta falsità... Questa volta però dovrò prendere parte a questa sceneggiata anch'io, ma lo faccio solo per te nonna. So che non avresti mai voluto vederci litigare davanti alla tua bara....

 

Serena strizzò lievemente gli occhi, sentendoli gonfiarsi di lacrime a questo pensiero. D'istinto voltò le spalle ai suoi genitori, raccolse la valigia e si avviò su per la scalinata di marmo bianco che conduceva al piano nobile. Ad ogni gradino sentiva i ricordi sempre più nitidi nella sua mente. Percorrendo il corridoio del primo piano, si rese conto che avrebbe potuto percorrerlo anche bendata, tanto quel luogo le era familiare. Forse è proprio questa sensazione, che ti fa capire che sei veramente a casa: la certezza di poterne riconoscere ogni centimetro anche camminando ad occhi chiusi.

 

La sua camera era la prima porta sulla destra. Probabilmente la più piccola delle cinque camere da letto della casa, ma l'unica ad avere un balcone tutto per lei, teatro di tanti pomeriggi primaverili passati a studiare accampata lì fuori. Un letto a baldacchino in legno bianco dominava la stanza, di fronte alla cabina armadio a quattro ante, ricoperte da specchi. Alla destra del letto c'era un piccolo scrittoio, con decine di libri accatastati in pile ordinate e, di fianco, una libreria semi vuota. Si era fatta spedire gran parte dei libri e cd, quelli ai quali era più affezionata. E gran parte della parete era rivestita dalle foto dei suoi Eroi, di lei con i suoi amici e.....di lei e Marco.

 

Automaticamente spalancò le pesanti tende di velluto e la finestra, lasciando che il sole investisse la camera. Serena si guardò attorno con attenzione: sembrava che nessuno avesse più messo piede lì dentro, se non per pulire. Tutto era in ordine e non c'era traccia di polvere, sebbene si respirasse aria di chiuso.

 

Con un colpo al cuore, le tornò in mente il suo tesoro e si precipitò a controllare che nessuno ci avesse messo le mani. Aprì la porta dell'armadio che dava sulla piccola cabina interna, accese la luce e rovistò freneticamente tra le scatole di scarpe nel ripiano più alto, fino a che non trovò quel che cercava: una scatola tappezzata di adesivi e foto, nella quale aveva accumulato negli anni tutti i biglietti dei concerti, spillette, biglietti dei treni, foto ed autografi delle sue band preferite. Quella scatola aveva il gusto dolce amaro delle lotte per la prima fila e dei lividi del giorno dopo, come prove tangibili delle emozioni della serata precedente. Lì dentro c'era tutta la sua adolescenza. Stavolta non l'avrebbe lasciata in quella casa, l'avrebbe portata con sé.

 

Visto che aveva poco tempo, ignorando il richiamo del letto confortevole e l'incombere del jet lag, decise che senza una bella doccia bollente, non sarebbe riuscita a superare quella giornata.

 

Estrasse il computer dalla borsa, lo accese e fece partire la sua playlist marziana preferita, prima di entrare in doccia. L'avrebbe aiutata a smetterla di torturarsi con i pensieri negativi, come sempre. Incrociò gli occhi blu di Jared che le restituivano lo sguardo dal poster, mentre partivano le prime note di Attack:

 

I won't suffer, be broken, get tired, or wasted

Surrender to nothing,

or give up what I started and stopped it, from end to beginning

A new day is coming, and I am finally free

 

 

***

 

 

Cercare di ricordare il momento esatto in cui era diventata Echelon le era impossibile. Sarebbe stato come cercare di ricordare il momento in cui aveva iniziato a camminare, o a parlare. Era successo e basta. Probabilmente era stata più un'evoluzione naturale....o una presa di coscienza graduale, chiamatela come vi pare. In un momento imprecisato tra il suo periodo Nine Inch Nails e quello dei suoni graffianti e stonati dei Pixies.

 

Ripensando alla sua adolescenza, rivedeva se stessa, diciassettenne, seduta a quella stessa scrivania, i libri di scuola sotto il naso, ma lo sguardo che tornava immancabilmente verso di loro. I vari Kurt Cobain, Jonathan Davis, Billy Corgan, Sid Vicious, Jerry Cantrell, Eddie Vedder, Trent Raznor e soci, che le restituivano lo sguardo, immortali e fieri, dall'alto dei poster affissi alle pareti. Ricordava la sensazione che provava, mentre cercava di assorbire il più possibile da ciò che i loro occhi comunicavano. Sicuramente molto più di quanto non le avrebbe mai trasmesso un manuale di Storia del Novecento o di Fisica Applicata,  comunque.

 

Qual'era il loro segreto? Si domandava la nostra riottosa. Perché di sicuro quella gente doveva aver scoperto qualcosa che lei ignorava. Nello stesso momento in cui lei era chiusa lì dentro, cercando di barcamenarsi tra Hegel e Schopenhauer, per costruire un futuro al quale non voleva prendere parte, loro erano là fuori, chissà dove, a vivere la loro vita in pieno, nel bene e nel male, urlando al mondo tutta la loro rabbia e passione attraverso la musica. Sembravano voler dire “noi siamo così, o vi sta bene, oppure andatevene affanculo”.

Mentre lei, davanti a sé, non vedeva altro se non l'elettrizzante prospettiva di prendere una laurea, per poi gestire l'azienda di famiglia, sposarsi ed avere almeno due figli – nell'ordine: un primogenito maschio e una femmina, possibilmente - e probabilmente camere separate tempo una decina d'anni, come i suoi genitori, e le ferie d'agosto al mare, e d'inverno in montagna e...

 

...e questo a lei non sarebbe mai bastato.

 

Voleva bene a Marco, erano già fidanzati da qualche anno, quando gli ultimi anni del liceo scivolavano via rapidamente, ma si chiedeva spesso se lui si rendesse conto di quanto lei volesse disperatamente di più. Non aveva ancora ben chiaro cosa, ma sognava una vita diversa, vissuta in pieno, affinché un giorno - nella sua immaginazione intorno ai 40 - 50 anni - avrebbe potuto sostenere con fierezza il suo sguardo allo specchio, certa di non avere rimpianti. Parlare di queste cose con lui (il ragazzo modello ambito da tutte le sue coetanee, circondato da amici che lo veneravano, con i quali divideva il suo tempo tra le partite a calcetto il venerdì sera e tutti-allo-stadio-a-sputare-addosso-agli-arbitri la domenica pomeriggio, gli animi ancora caldi per i postumi della sera prima) era inutile, non l'avrebbe mai capita. Col passare degli anni, il Marco del quale si era innamorata, quello che la sera si arrampicava sul ciliegio del giardino per raggiungere il balcone della sua camera e rimanere a dormire con lei fino all'alba, si stava gradualmente trasformando in altro. Stava scomparendo quel ragazzo spericolato e temerario, capace dei gesti più coraggiosi e romantici che nessuno avesse mai compiuto per lei. Pian piano l'uomo in giacca e cravatta del lunedì mattina, rolex al polso e festini in barca nei week end, stava prendendo il sopravvento.

 

Il giro di volta c'era stato quando lui se ne era volato in America, ad Harvard, per frequentare l'ultimo anno della facoltà di economia. In teoria avrebbe dovuto impiegare quell'anno accademico per scrivere la tesi di laurea, in pratica bruciò consistenti pacchi di soldi nel giro di pochi mesi, in alcol e droga, insieme ai suoi degni compari, figli di imprenditori, politici e star del cinema. Quando tornò a casa, la conversione era stata ultimata e lui era diventato...corrotto. Non trovava un termine migliore per definirlo. Come se qualcuno avesse tagliato via la parte di lui ancora in grado di provare emozioni. Ma ormai il suo destino e quello di Serena erano stati scritti. Lei si sentiva come risucchiare da una spirale autodistruttiva dalla quale, ogni qualvolta cercava di uscire, riusciva solo a sprofondare sempre più in basso. Per quanto si sbattesse, non trovava una via d'uscita semplice da quella situazione, quindi cercò di rassegnarsi ed auto convincersi che, magari col tempo, avrebbe finito per trovare un modo di adattarsi a quella situazione. Era l'Agosto 2005. Era appena uscito A Beautiful Lie e l'intensità di quelle canzoni e la scoperta di un mondo legato alla simbologia e l'ideologia della band, la affascinava sempre di più. Era qualcosa di grandioso e potente, la genialità e la creatività di ogni aspetto che caratterizzava la band. Sì, era riduttivo definirla così, era più che altro un “progetto” o uno stile di vita...sentiva di appartenere a quel mondo sempre di più. Col passare del tempo iniziò a rispolverare i suoi sogni, dall'angolo angusto della sua mente nel quale li aveva seppelliti.

 

Almeno finché Marco non tornò dall'America...

 

In capo a qualche anno, l'inarrestabile “macchina” del matrimonio, ordita e portata avanti dalle rispettive famiglie, procedeva ormai a pieno ritmo. Secondo i loro genitori era ormai giunto il momento perfetto: lui - in un modo o nell'altro - si era laureato e già lavorava al fianco di suo padre in azienda. Ora bastava solo che lei si licenziasse dal suo impiego in TOD'S, che “tanto che te ne fai di quel lavoro? Non ne hai bisogno, specialmente non ora che ti sposi...e poi dovrai anche aiutarci in azienda. Tua madre ed io non ci saremo per sempre ed è ora che ti prenda le tue responsabilità, signorina”.

 

Rivedeva davanti a sé l'espressione di suo padre, mentre pronunciava quelle parole. Come se desse per scontato che quella fosse la cosa giusta. L'unica opzione disponibile, non ve n'erano altre. E ricordava come fosse ieri, il momento in cui tornò a casa sconvolta, dopo aver colto in flagrante Marco che la tradiva e le parole di sua madre, che la trapassarono come una lama gelata “Lascia perdere. Capisco che tu adesso sia sconvolta, ma devi imparare a passare sopra a queste cose, soprattutto quando sarai sposata. D'altra parte lui è sempre stato un così bravo figliolo, non puoi mollare tutto alla prima difficoltà”. Serena rimase ad ascoltarla in silenzio, con sguardo vacuo, finché non ebbe finito di parlare. Non era più tempo per le lacrime. Guardò gli occhi di Jared che le restituivano lo sguardo dal poster affisso alla parete....Fight for what you believe in....This is my chance I want it now....It's the end here today, but I will build a new beginning...Believe in your dreams no matter what...

 

E capì.

 

Non c'era abbastanza spazio lì per lei, si sarebbe sempre sentita soffocare se non fosse riuscita a prendere in mano la sua vita.

 

Aveva preso una decisione.

 

Si fece tatuare la triade sul collo ed il giorno dopo partì per l'America, decisa a non tornare mai più.

 

 

 

FINE CAPITOLO 11 (PARTE II)

 

 

 

 

Vi chiedo umilmente perdono per il vergognoso ritardo…colpa in parte del VyRT che ha assorbito gran parte della mia concentrazione -.-‘’ e in parte degli impegni lavorativi. Capitolo intenso e tristissimo, lo so, ma spero vi sia piaciuto….non preoccupatevi, il nostro amatissimo Shan tornerà prestissimo! ;)

Un grazie super speciale a Lexie e Ila (vi lovvo donne!) e a tutte voi che leggete e recensite <3

See you soon, pretty soon, really soon ;)

XoXo

 

 

NOTE:

 

Casa di Serena:

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Capitolo 13
*** Through the eyes of S. ***


capitolo 12
Capitolo 12 – Through the eyes of S.


Sleep will not come to this tired body now
peace will not come to this lonely heart
there are some things i'll live without
but i want you to know that i need you right now
i need you tonite
i steal a kiss from her sleeping shadow moves
cause i'll always miss her wherever she goes
and i'll always need her more than she could ever need me
i need someone to ease my mind
but sometimes a someone is so hard to find
and i'll do anything to keep her here tonite
and i'll say anything to make her feel alright
and i'll be anything to keep her here tonite
cause i want you to stay, with me
i need you tonite
She comes to me like an angel out of time
as i play the part of a saint on my knees
there are some things i'll live without
but i want you to know that i need you right now
suffer my desire
suffer my desire
suffer my desire for you
(In the arms of sleep – Smashing Pumpkins)





TOC TOC TOC!

Ma cos’è questo rumore fastidioso…Ma chi cavolo…..?

Serena si rigirò tra le lenzuola, col risultato di aggrovigliarsi ancora di più e a fatica schiuse gli occhi, lasciando filtrare a piccole dosi la violenta luce del giorno che investiva la stanza.

Il giorno precedente era stato devastante, sia fisicamente che mentalmente….non fosse stato abbastanza dover affrontare quel lutto, aveva anche dovuto sostenere tutti quei parenti e amici che la guardavano di sottecchi o al massimo – i più audaci – azzardavano una stretta di mano e qualche vuota frase di circostanza. Perché si incazzano sempre tutti con chi prende e se ne va? Qualsiasi sia il motivo per cui si decide di lasciare la propria città natale, la società prima o dopo penserà che l’abbiamo fatto per una qualche pretesa di superiorità o l’esecrabile ambizione di desiderare di più (o di meglio) di quanto già possediamo.

Che si fottano! La soddisfazione di non doverci più avere a che fare, li rende tutti molto più sopportabili! Snob perbenisti del cazzo, incapaci di guardare oltre i vostri nasi e sempre pronti a giudicare….non che mi sia mai importato granché di ciò che pensano gli altri di me…no, quel genere di falsità non mi ha mai dato fastidio più di tanto. E’ stato vedere Marco con quel tronfio di suo padre e quella sanguisuga di sua madre, schierati nel primo banco della chiesa con espressione falsamente contrita, a farmi ribollire il sangue. Dio, quanto avrei voluto cacciarli di lì a calci! Per fortuna tra poche ore potrò ripartire…una cosa è certa: non tornerò mai più in questo paese fuori dal mondo! L'ho fatto solo per te, nonna....spero che tu sia in un posto migliore, dove potrai guardare questa gente dall'alto in basso e magari farti quattro risate...

E quanto cazzo mi manchi, Shannon…chissà dove sarai in questo momento….

TOC TOC TOC!

Trattenne faticosamente uno spontaneo andatevene affanculo!!, in favore di un più educato “mmm…avanti!”

“Sei presentabile? Non dirmi che stai ancora dormendo, sono quasi le 11….”
Serena si ridestò di colpo, rizzandosi a sedere sul letto e tirandosi d’istinto il lenzuolo fin sotto il mento.
“Ma chi cazzo ti ha fatto entrare in camera mia?? Cosa vuoi??”
“E stai calma! Non è il caso di agitarsi tanto…mi ha fatto entrare tuo padre, chi sennò? Volevo accertarmi che mi salutassi a modo, prima di fuggire via di nuovo nella tua adorata New York.”
Marco si sedette sul letto accanto a lei. Nello stesso letto nel quale aveva passato così tante notti,  quasi una vita fa, quando si arrampicava sul ciliegio di fronte al balcone della sua stanza, solo per guardarla addormentarsi.
“Stavolta non fuggirò. Me ne andrò via a testa alta, senza dover rendere conto a nessuno, né dovermi scusare per le mie decisioni” Serena lo scrutava ancora incredula che avesse la faccia tosta di presentarsi davanti a lei, dopo tutto quello che era successo tra loro...
Lui distolse lo sguardo da lei, visibilmente combattuto. Serena sapeva che non avrebbe mai e poi mai, parlato per primo, né avrebbe rivelato tanto facilmente ciò che lo tormentava.
“Ma tu cos’è che vuoi ancora da me? Tra noi è finita da un pezzo…io sono innamorata di un altro…perché non mi dimentichi e basta?”
“Perché ti odio, cazzo!” Si alzò di scatto e prese a misurare la stanza a lunghi passi, una mano nella tasca dei jeans e l’altra che si tormentava i capelli. Serena attese, presa alla sprovvista da tale perdita di controllo del suo ex. Raramente lo aveva visto così sconvolto.

“Ti detesto, perché non riesco a dimenticarti! Odio vederti così felice e sicura di te. Odio anche quel tipo americano che ti lanciava quegli sguardi, a Milano….” Si avvicinò di nuovo al letto e la guardò con sguardo truce, a pochi centimetri dal suo viso. “Odio vedere quanto tu sia felice senza di me. Io ho bisogno che tu mi ami, lo capisci?” La afferrò per i fianchi e la trasse verso di sé per baciarla, e le loro labbra si sfiorarono per una frazione di secondo….abbastanza perché Serena sentisse la differenza tra quelle calde e accoglienti di Shannon e le sue, avide di possederla, mentalmente quanto fisicamente. Non vi erano dubbi sulle sue intenzioni. Prese a baciarle il collo con furia, cercando freneticamente l’orlo della camicia da notte e cercando di spingerla verso la spalliera del letto….poi stringendole i polsi….imprigionandola così in quella stretta, com’era successo tanti anni prima….

Serena incredula, sentiva tutto l’ingombrante peso del vuoto, nella sua mente…non riusciva a muoversi, figurarsi reagire…sarebbe stato più facile lasciarlo fare….niente che non avesse già fatto prima d’ora, tra l’altro….
”Amami, cazzo. Noi due siamo fatti per stare insieme, lo capisci? Non puoi sfuggirmi di nuovo…”
A quelle parole qualcosa si risvegliò dentro di lei…dapprima solo una voce, un eco lontano….poi pian piano crebbe di intensità, man mano che lui scendeva con le sue labbra verso il suo seno.
Finché non iniziò a urlare.
No, cazzo, NO!
“Basta….Smettila, cazzo….....LASCIAMI!!” L’ultima parola l’aveva urlata a pieni polmoni, mentre cercava di divincolarsi dalla ferrea stretta di lui.

“Smettila Marco, ma che ti sei messo in testa??!”

All'improvviso la porta si spalancò e suo padre irruppe nella stanza, sgranando gli occhi alla scena che gli si parò davanti: Marco sopra di lei, che le teneva ferme le braccia e Serena sconvolta e rossa in viso che gli urlava contro.

“Ma che stai facendo? Come ti permetti, giù le mani da mia figlia! Fuori da casa mia immediatamente!”
Marco alzò le mani e si allontanò in fretta da lei. Sembrò rendersi conto solo in quel momento di essersi spinto troppo oltre...lanciò un ultimo sguardo pentito a Serena e si diresse verso la porta.
“Franco, io....non so che mi è preso e...”
Il padre di Serena gli rivolse uno sguardo di puro disprezzo, prima di voltarsi indicando la porta “Non mi interessano le tue scuse, in casa mia non sei più il benvenuto. Fuori di qui.” le parole che uscirono dalla sua bocca erano tanto fredde quanto intrise di risentimento.
Marco per un istante sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma evidentemente decise che sarebbe stato inutile. Non esitò oltre e uscì, a capo chino, sbattendo la porta alle sue spalle.

“Piccola mia, stai bene? Ti ha...”
“No, no papà, sto bene...sono solo scossa....era completamente fuori di sé, mi ha colta alla sprovvista.”
“Non avrei mai immaginato....e pensare che lo consideravamo come uno di famiglia...” si morse il labbro e si sedette sul letto di fianco a lei, visibilmente preoccupato e combattuto. “Serena, dimmi la verità, era già successo prima? Dio, come abbiamo fatto ad essere così ciechi da non capire...che razza di vigliacco è, a mancarti di rispetto in questo modo?”
“No, niente del genere sta' tranquillo...Davvero!” aggiunse, in risposta all'espressione  scettica di suo padre “Ma non sono sorpresa più di tanto...questa è solo l'ennesima conferma di quanto sia spregevole...soprattutto dopo quello che è successo a Milano, qualche mese fa...”
“Come sarebbe? Non ci aveva mai detto che vi siete incontrati a Milano!”
“Forse è meglio che mi vesta e scenda di sotto....chiama anche la mamma, è ora che vi racconti tutto dal principio....e che finalmente sentiate la mia versione dei fatti. Forse così capirete.”


***



Shannon si svegliò di soprassalto, madido di sudore.

Ma che sogno del cazzo!

Non era tipo da lasciarsi impressionare facilmente, né tanto meno da leggere segnali nefasti negli incubi, ma quella notte i fantasmi del passato erano tornati a fargli visita. Aveva rivisto le sue mani sporche di sangue e le sbarre alle finestre...ma la cosa peggiore fu vedere lei, in mezzo alla piccola folla spettatrice del processo in tribunale, che lo guardava con quello sguardo triste misto a rassegnazione e delusione....e vederla voltargli le spalle ed andarsene, senza una parola, mentre lui veniva ammanettato e portato via dalle guardie...

Si sedette sulla sponda del letto e guardò l'ora sul cellulare: quasi le 3.

E' solo un sogno, datti una calmata. Lei di sicuro non c'era al processo....
Maledetta la mia insicurezza! Perché questa paura che tu mi volti le spalle, adesso che conosci la verità su di me...? Eppure mi sei rimasta accanto in tutti questi mesi,
dopo quella notte pazzesca a Milano....
E se decidessi di non tornare più dall'Italia, una volta chiusi i conti con il tuo passato?
Considerando quanto tu sia più coraggiosa di me, nell'affrontare queste situazioni, potresti benissimo decidere di rimanere lì, nella tua vera casa....e dimenticarti di me che, in fondo,
sono poco più di un estraneo....
Ma ora che sei entrata nella mia vita, non posso e non voglio lasciarti andare così...

Bah, di dormire non c'è più verso stanotte.
E questa voglia improvvisa di attaccarmi alla bottiglia fino a perdere i sensi...

Si stropicciò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza buia e riordinare le idee. Finalmente poteva trascorrere qualche giorno a casa sua, prima di ripartire per il tour. Eppure dentro quella grande casa vuota, non riusciva a sentirsi a suo agio e di certo la pioggia torrenziale che continuava imperterrita a spazzare Los Angeles non contribuiva a migliorare il suo umore. La pioggia lavava via la patina dorata alla Città degli Angeli, rendendola uguale a qualsiasi altra grigia e sporca metropoli del mondo. E lo stesso effetto aveva sempre sortito su di lui: si sentiva ogni volta pericolosamente messo a nudo, impotente, privato di qualsiasi sistema di autodifesa. La sua maschera cadeva e rimaneva solo il vecchio se stesso, con tutti i suoi demoni, con i quali fare i conti. Ma soprattutto in quel momento sentiva l'incombere del suo incubo peggiore: la solitudine.

Cercò di riscuotersi da quei pensieri negativi che gli attanagliavano lo stomaco e decise che l'unico rimedio efficace, era anche ciò che sapeva fare meglio: suonare. Senza pensarci due volte, si diresse a piedi scalzi verso il piccolo studio di registrazione nel seminterrato, al quale si accedeva dal garage. Era una piccola stanza dove tutto era ancora accatastato alla meglio, in attesa di trovare una sistemazione definitiva ed un ordine logico, ma era riuscito ad infilarci a forza la batteria, diverse chitarre sia acustiche che elettriche, amplificatori, mixer, un paio di pc e le percussioni.

Facendosi largo tra rullanti, sgabelli e lattine di birra vuote, imbracciò la sua chitarra preferita, recuperò un notes ed una penna dal caos di spartiti e fogli vari sulla scrivania, si sedette ed iniziò a scrivere:


YOUR SONG    

And in sorrow and pain you will drown
But there’s more out there to be found
There is more inside me
Waiting for you to be found

And this is a song for you
My Sun and Stars
Turning my world upside down
Bringing back light in this hell of a town

There is somethin’ inside me
And sometimes I feel so wicked
But that’s ok ‘cause so are you baby.

Running away from your fears,
Forever craving for revenge
Your dreams are all you ever had
But now is there some room left for me?

And this is a song for you
My Sun and Stars
Turning my world upside down
Bringing back light in this hell of a town

But now that you’re so far away
All I got is this one useless song

Fill my life with that glance of yours
Wash away my fears and ghosts
And Kid, stick with me until tomorrow comes.

LA TUA CANZONE

E affogherai nella tristezza e nel dolore
Ma c’è molto di più da scoprire là fuori
C’è molto di più dentro di me
Che attende di essere scoperto da te.

E questa canzone è per te
Mio Sole e Stelle
Che hai sconvolto il mio mondo
Hai portato luce in questo inferno di città

C’è qualcosa dentro di me
E mi sento così malvagio a volte
Ma va bene così, perché tu sei uguale a me

Fuggi via dalle tue paure,
desiderando ardentemente vendetta
I tuoi sogni sono tutto ciò che hai sempre avuto
Ma ora c’è un po’ di spazio per me?

E questa canzone è per te
Mio Sole e Stelle
Che hai sconvolto il mio mondo
Hai portato luce in questo inferno di città

Ma adesso che sei così lontana
Tutto ciò che mi rimane è questa inutile canzone.

Riempi la mia vita con quel tuo sguardo
Spazza via le mie paure ed i miei fantasmi
Kid, resta con me finché non arriva il domani.

(*)


Di parola in parola, di nota in nota, iniziava a sentirsi meglio. Sentiva il peso che aveva nel petto scivolargi via di dosso, finché un immenso senso di liberazione lo pervase. Non era ancora granché come canzone, ma gli sembrò buona finora. Il giro di chitarra era un rock melodico, niente di troppo raffinato, ma aveva il suono di tutta la poesia che c'è nella malinconia e nello struggimento per una donna. Sì, con pochi ritocchi, sarebbe stata perfetta....anche se probabilmente non gliel'avrebbe mai fatta ascoltare. Preferiva dimostrare ciò che provava con i fatti ed i gesti, piuttosto che con le parole. L'esatto opposto di suo fratello. Le parole volavano via con il vento e spesso potevano essere facilmente fraintese, per questo preferiva affidarsi alla concretezza di gesti inequivocabili, soprattutto in amore. Era fatto così, anche volendo non sarebbe riuscito a cambiare.

Dove sei, Kid? Perchè non riesco a togliermi dalla testa questa brutta sensazione che non ti vedrò più?
Sono solo due giorni che non ti fai viva e già mi sembra di impazzire.


Si accese una sigaretta e si appoggiò alla piccola finestra che dava sul vialetto d'ingresso, stringendosi le braccia al petto. Il freddo del vetro gli ricordò di essere ancora senza maglietta e a piedi nudi e lo fece rabbrividire leggermente, ma quanto meno lo aiutò a riscuotersi da quel torpore.

Al di là del giardino avvolto nell'oscurità, le piante spazzate dal vento e dalla pioggia, intravedeva la strada di fronte. Era praticamente deserta, complice quel tempo da lupi e l'ora tarda, fatto salvo per un taxi che sembrava essersi fermato proprio di fronte al suo cancello.

Dopo un paio di minuti, ne rotolò fuori qualcuno, con indosso un lungo impermeabile e, trascinandosi dietro un trolley. Facendosi strada tra le pozzanghere e riparandosi la testa con un giornale, sembrava correre proprio in direzione......

DIN DON!

No fuckin' way! (**)



FINE CAPITOLO 12





NOTE:
(*) Qualora non si fosse capito: credits to myself ;)
(**) Non ci credo, cazzo!

 




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Capitolo 14
*** Love is not enough ***


capitolo 13

Capitolo 13 – Love is not enough (*)


Los Angeles

March 2011

h 4:00 am






Ma che diavolo ci fai tu qui??? E nel mezzo della notte...?” Shannon spalancò il portone d'ingresso, senza badare al vento freddo ed alla pioggia che lo investirono prepotentemente. Nonostante l’ora tarda e lo shock iniziale sorrideva, con l’espressione estatica e stupefatta di chi ha incontrato Babbo Natale in piena estate.

Serena aveva gettato a terra il giornale fradicio e si stava strizzando i capelli “Che bell'accoglienza calorosa, eh!? Meglio che me ne vada...magari dormirò sotto un ponte, o che so io...” Shannon la afferrò saldamente per la vita, spingendola verso la parete a mattoncini e baciandola con tanta passione da sollevarla letteralmente da terra. Nessuno dei due prestava attenzione alla pioggia che si abbatteva imperterrita su di loro, né al vento freddo che sferzava loro i capelli.

Ormai sei qui, non ti lascerò andare da nessuna parte...” le disse lui, tenendola ancora stretta e cercando i suoi occhi.

Stavolta non ho alcuna intenzione di farlo...I'm here to stay.

Di nuovo in fuga dal passato?”

No, stavolta non sono fuggita, me ne sono andata a testa alta.....Ti racconterò tutto, promesso. Però domani. Ora ho solo bisogno di questo” unì di nuovo le labbra alle sue, impaziente di assorbire tutto il calore del suo corpo. Si lasciò andare finalmente a quella stretta, come mai aveva fatto prima...senza freni, lasciandosi trasportare dalle emozioni di quel momento, aggrappandosi a lui con tutta se stessa.


Once and for all I'm far away

It's hard to believe, finally the shades are raised....(**)


Lui prese a baciarle il collo, facendosi strada sotto l'impermeabile e la t-shirt zuppi di pioggia...

Sarà meglio entrare. Se ti ammalassi, poi addio tour...gli Echelon mi ucciderebbero!”

Shannon sogghignò e la prese per i fianchi, guidandola dolcemente verso la porta “penso che prima lo farebbe mio fratello”

Già, sono sicura che non vede l’ora” aggiunse, più rivolta a se stessa, che a lui. “Ma...aspetta! Fammi almeno prendere la valigia.....” disse lanciando un'occhiata preoccupata al trolley, abbandonato sul portico ad impregnarsi di acqua piovana...

Lasciala lì, te la ricompro...basta che adesso la smetti di parlare e vieni con me” la sollevò sulle spalle senza sforzo e la portò in casa, richiudendo la porta sul mondo e la realtà.


***


Buongiorno. Il tuo blackberry vibra da un quarto d'ora almeno....magari sarà il caso di rispondere?” Shannon era già sveglio, la schiena appoggiata alla testata del letto, con gli occhi puntati sul suo i-phone, concentrato nella scrittura.

mmm....ma che....?” Serena si rigirò nel letto, guardandosi intorno cercando di mettere a fuoco la stanza e la situazione.

Ok sono con Shannon....a casa sua....a Los Angeles....

osservò con circospezione la camera nella quale si trovava ed il suo riflesso le restituì lo sguardo dal soffitto: un grande specchio era posizionato proprio in corrispondenza del letto. Per il resto regnavano incontrastati il bianco ed grigio perla. Niente di troppo vistoso, ma comunque elegante.

Sì, non può essere altro se non la camera di Shannon….un momento, ma che giorno è??

Saltò su di scatto all'ennesimo vibrare del cellulare e lesse con orrore sul display, proprio ciò che temeva:


INCOMING CALL:

The Bitch


Holy shit! She is gonna kill me!Gettò uno sguardo di puro terrore a Shannon, il quale scoppiò a ridere senza ritegno.

What the fuck are you laughing at??? Why didn’t you wake me up as soon as you heard it the first time??! Today is Thursday and I totally forgot to call at work and ask for more days off!!”

Calm down, kiddo! It’s not even 10 am and you’re already having a crisis!?”

Ma Serena non l’ascoltava. Afferrò il cellulare, rischiando di farlo volar via, tanto le tremavano le mani.

Ehm” si schiarì la voce “Hi Victoria, sorry for not answering before, but...

I don't need your apologies Serena, I want an explanation: where the hell are you??? You didn't even bother warning me you were not coming back today??!”

Stavolta l'aveva fatta grossa e lo sapeva. Aveva chiesto un permesso fino a mercoledì per poter tornare in Italia per il funerale, quindi il giovedì sarebbe dovuta essere in ufficio.

Invece era a 6 ore di volo di distanza.

Al suo ritorno, Victoria l'avrebbe scuoiata viva, ne era certa.

Ti chiedo scusa per non averti avvisata prima, ma non potrò tornare a lavoro prima di lunedì. Ho dovuto risolvere delle questioni di famiglia, prima di ripartire e non sono riuscita...” Victoria la interruppe, facendo salire di un’ottava il tono della voce, come faceva sempre quando doveva rimproverare qualcuno.

Non è una scusa valida. Ho appena telefonato in ufficio e Josh mi ha detto che non ti sei presentata stamattina. Se non posso contare su di te, sarò costretta a sostituirti!”

Panico.

Lo so, ma davvero non era previsto che mi trattenessi più a lungo, è stato un imprevisto. Ho il volo domani pomeriggio, quindi sabato mattina sarò a New York e posso recuperare il lavoro arretrato nel week end...” si morse il labbro e imprecò mentalmente in tutte le lingue che conosceva.

Ma….come sarebbe?? Se parti domani sera da Fiumicino come fai ad essere in ufficio dopodomani....?” Chiese stizzita.

Ehm….perchè ho dovuto fare una piccola deviazione a Los Angeles...”

COSA?? Ma sei impazzita? Sei in giro a spassartela quando sai benissimo che io non ci sono e l'ufficio verte nel caos più completo? Ti ricordo che dovresti essere tu la mia sostituta, quando sono fuori, altrimenti cosa ce l’ho a fare un’assistente??”

Silenzio.

Serena attese col fiato sospeso che Victoria pronunciasse le fatidiche parole “sei licenziata”. Perché di sicuro sarebbero arrivate da un momento all’altro, investendola con la delicatezza di una tranvata in piena faccia. Dopo un passo falso del genere, sapeva che con Victoria non esistevano seconde chance, bastava fallire una volta, per giocarsi tutto.

Mi hai proprio delusa, da te non me lo sarei mai aspettata. Siamo sotto campionario, il periodo più intenso dell’anno, non è neanche lontanamente concepibile prendersi una vacanza, pensavo che ormai il concetto ti fosse chiaro.” Sbuffò e tacque per un istante interminabile “guarda, dovrei licenziarti così su due piedi, ma visto che sei a LA anche tu, per tua fortuna puoi essermi utile anche qui. Trovati a mezzogiorno da Barney's, a Beverly Hills, ho un brunch col direttore. Ti mando l'indirizzo via sms”

Serena impiegò qualche istante prima di realizzare di non essere – per il momento – disoccupata, ma quell'istante di esultanza si spense in un secondo. Si voltò verso Shannon che la osservava con sguardo interrogativo e preoccupato. L’aveva vista annuire costernata, avvampare per poi sbiancare come un lenzuolo...ormai non aveva più idea di cosa stesse dicendo la donna all’altro capo del telefono.


E adesso come cavolo faccio a spiegarti che devo correre tutto il giorno dietro a Victoria, invece che passare la giornata insieme a te???

Ma una decisione la doveva prendere e subito.

Ok, ci sarò. Grazie Victoria.”

Saltò in piedi, cercando in tutti i modi di evitare di intercettare lo sguardo di Shannon ed iniziò a rivestirsi in fretta e furia, recuperando gli abiti stesi ad asciugare sul davanzale della finestra. Si sentiva dannatamente in colpa, ma non poteva rinunciare al suo lavoro. Non dopo tutta la fatica che le era costato e tutto ciò che aveva sacrificato per arrivare dov'era. Victoria era una stronza patentata ok, non ci pioveva su questo, ma il peggio era che, sotto sotto, non poteva che darle ragione: come aveva potuto pensare a se stessa proprio in un periodo così intenso? Il boss le concedeva carta bianca, ogni volta che era in trasferta e Serena era pienamente consapevole che al minimo errore le sarebbe stata tolta.

Beh, allora??? Cos'è successo, mi vuoi spiegare?” Shannon la trattenne per un braccio, mentre lei aveva già una gamba infilata nei jeans.

Shannon, io....” si decise finalmente a voltarsi a guardarlo e lui lesse la risposta nei suoi occhi.

Devi andare, vero?”

Delusione e risentimento impregnavano il suo viso. Lasciò andare il braccio di lei e si sedette all'altro capo del letto, dandole le spalle, iniziando a rivestirsi in fretta e furia.

Shannon...stammi a sentire, per favore....ma dove vai?”

Lo trattenne afferrandolo per le spalle e cercando di baciarlo, ma lui scostò il viso e balzò in piedi, per allontanarsi da lei.

Non ho potuto dirle di no....stava per licenziarmi! Sarei dovuta rientrare oggi a lavoro, ma sono stata un'idiota e non ho neanche avvertito che sarei passata da Los Angeles e rientrata due giorni più tardi del previsto. Ho cambiato la destinazione del volo di ritorno, solo per poter stare un po' con te...”

Lo vedo quanta voglia hai di stare con me! Neanche sei arrivata e già te ne vai!” Sbottò lui, tagliando corto “Senti mi dispiace per il tuo lavoro, ma così non possiamo andare avanti...”

Quelle parole erano una pugnalata al cuore.

Ma stai esagerando, dai....io starò via solo qualche ora, stasera sarò di nuovo qui. Poi abbiamo tutta la giornata di domani, visto che il mio volo è alle 9....” ma Shannon non era ancora convinto, lo capiva dal modo in cui non riusciva a stare fermo, cercando freneticamente qualcosa – probabilmente le sigarette – rovistando e buttando all'aria mezza stanza.

Dovrei sentirmi in colpa? Lo sa benissimo quanto è importante per me...quanto ci tenga alla carriera. Come può non capire??? Proprio lui che ha fatto del suo lavoro uno stile di vita!


Dopo il senso di colpa, iniziò a farsi strada dentro di lei un altro sentimento....era....sì, era proprio rabbia.

Oh, insomma, ti vuoi calmare?? Fermati un attimo e ne parliamo!” Lo prese per una mano, mentre stava rivoltando per la terza volta tutte le tasche della sua giacca e gli puntò addosso uno sguardo inquisitore. “Io meglio di così, non saprei proprio come altro fare! Tu continuerai a girare per il mondo almeno per un altro anno, mentre io sono incatenata a quella scrivania! Scusa tanto, se ho un lavoro 'normale' come il 99% della gente comune e non posso seguirti in tour! Se vedi un’altra soluzione dimmelo, illuminami!”

A me non sta bene una relazione così, ok?!” Aveva sputato fuori queste parole tutte d’un fiato, guardando ostinatamente un punto imprecisato al di sopra della spalla destra di lei.

Se l’avesse presa a schiaffi, le avrebbe fatto sicuramente meno male.

E’ questo che pensi?….vuoi mollare tutto così? Quando è appena cominciata?” Le tremavano le gambe al solo pensiero di perderlo per sempre e l’ultima frase le uscì con un filo di voce appena udibile “Non sta bene neanche a me, ma lo sai benissimo qual'è l'alternativa...lo sappiamo entrambi...”

Non è colpa di nessuno dei due, è solo il momento ad essere sbagliato…Nessuno di noi ha intenzione di rinunciare ai propri sogni, non adesso che siamo così vicini alla meta…”

E quando mai sarà il momento giusto, Shannon?....” ma le sue parole furono interrotte dalla vibrazione del cellulare che la riportò duramente alla realtà: un sms da Victoria. Probabilmente le aveva inviato l'indirizzo per l'appuntamento.

Serena strinse i pugni, in un disperato tentativo di trattenere anche le lacrime che premevano per uscire. Sapeva che non poteva cedere alla disperazione in quel momento. Scelse egoisticamente la SUA vita. Scelse la carriera. Scelse il suo lavoro. Scelse la soluzione più semplice, quella che le avrebbe fatto meno male.

Devo andare. Continueremo il discorso stasera.” Parlò con tutta la freddezza e la determinazione di cui era capace, era l’unico modo per cercare di tenere a bada le emozioni.

Shannon alzò gli occhi al cielo. Aveva capito perfettamente. La sua più grande dote era anche la più grande maledizione: riuscire a leggere nel cuore delle persone.

Seee, come no!” Si sbattè i pugni in tasca e finalmente vi trovò le sigarette. Estrasse una bionda, la battè leggermente sul dorso della mano e se la infilò tra le labbra, prendendosi tutto il tempo possibile. Si guardò intorno ed individuò un accendino a terra, di fianco al comodino. Accese, traendo un’ampia boccata di fumo.

Lo sai benissimo che stasera devo suonare alla Penthouse (***). Dobbiamo essere lì alle 6 al massimo. Volevo chiederti di venire con me, ma chiaramente sei troppo occupata.”

Beh, ma io non ci metterò più di un paio d’….”

Non importa. Come hai detto tu, ne parleremo stasera” tagliò corto lui “esco, anch'io ho da lavorare. C’è un mazzo di chiavi di riserva nella teca di fianco al portone. Puoi prendere quelle per rientrare. Non aspettarmi alzata, farò tardi.”

Così dicendo le voltò le spalle ed uscì dalla stanza, imboccando il corridoio a passo spedito, puntando dritto verso l'uscita.

Shannon aspetta!!! Io ti…”


Ma lui se n’era già andato, sbattendo il portone di casa alle sue spalle. Serena rimase ad ascoltare l’eco dei suoi passi nell'ingresso, dimenticandosi di respirare, finchè la casa non ripiombò in un angosciante silenzio, intriso di risentimento e sensi di colpa.

Io ti amo” disse, ormai rivolta solo a se stessa.

Asciugò le lacrime che le rigavano il viso, senza che neanche se ne fosse resa conto e guardò l’ora: le 11.25. Oh, merda, tra mezzora devo essere in centro! Non posso deprimermi adesso, ci penserò più tardi. Datti una mossa, piuttosto!



***


Shannon riaprì la porta di casa e gettò il mazzo di chiavi sopra il mobile dell’ingresso. Era davvero distrutto, ma non solo fisicamente. Quella sera aveva suonato da schifo, a suo avviso: non era riuscito a dosare la forza e la concentrazione se ne andava a puttane ogni 5 minuti. Tomo l’aveva preso per scemo quando gli aveva raccontato le sue impressioni sulla performance “Beh magari potevi farti un tir di valeriana, prima del concerto, questo te lo devo dire. E' anche a causa di cazzoni come te, che polverizzano in un’unica serata una scorta annuale di bacchette, che la foresta amazzonica è messa così male, amico”

Che idiota! Constatò sogghignando tra sé e sé.

Si stropicciò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza, avvolta nella semi oscurità. Non aveva voglia di accendere la luce. Dopo i riflettori ed i flash delle macchine fotografiche ai quali era esposto ogni santo giorno, sentiva il bisogno di godersi un po’ di oscurità di tanto in tanto. Automaticamente si mosse verso la sua stanza, anche se cosa avrebbe trovato, una volta entrato, era un’incognita. Non c'era traccia di lei in giro. In realtà non era neanche certo di cosa volesse. Sperava di trovarci lei, era chiaro. Ma allo stesso tempo una parte di lui sperava che se ne fosse andata. Solo così avrebbe potuto vigliaccamente dare la colpa a lei per la fine della loro relazione.


Giunto di fronte alla porta si morse il labbro e si ravviò i capelli, chiamando a raccolta il coraggio.


Eccola lì, raggomitolata su un fianco, ancora vestita e, probabilmente, infreddolita. I lunghi capelli ricci sparpagliati sul guanciale e, in parte, a coprirle il viso. Era distesa sul lato del letto nel quale di solito dormiva Shannon, un cuscino stretto tra le braccia, un fazzoletto in una mano e chissà quali sogni dietro quelle ciglia. Aveva pianto fino ad addormentarsi, probabilmente.


Come poteva avercela con lei? In quel momento si rese conto di quanto l’amasse e, allo stesso tempo, di quanto quello fosse il momento sbagliato per loro. Continuando così, si sarebbero fatti solo del male. Si sedette sul letto e le spostò i capelli per darle un bacio, voltandola e tirandola dolcemente verso di sé. Lei aprì gli occhi, ancora persa tra il mondo dei sogni e la realtà.

Shan? Sei tornato…sono ore che ti aspetto…Io ho provato a venir via prima, te lo giuro, ma Victoria mi ha appioppato altre mille commissioni da fare e sono corsa su e giù come una matta per tutta Beverly Hills e Santa Monica e…” Shannon vide gli occhi di lei diventare di nuovo lucidi e non sopportava di veder piangere una donna. Soprattutto una donna della quale era innamorato….e soprattutto di vederla piangere per causa sua.

Sssh, ho capito. Lo so che non l’hai fatto apposta e ti devo chiedere scusa, per come mi sono comportato. Sono stato un maledetto egoista a pretendere che tu rinunciassi a tutto per stare con me.”

Non scusarti, hai ragione tu. In tutto. Ho riflettuto su ciò che mi hai detto stamattina e so che è solo questo il problema: il momento, Shannon. Non c’è spazio per me nel tuo mondo, né per te nel mio…”

Lo so…è che per quanto mi sforzi, non riesco a trovarla, una soluzione….ma io ti amo, cazzo! Per una volta nella mia vita sono sicuro di qualcosa…e invece è tutto inutile!” Sbattè il pugno sul materasso, gli occhi ambrati fiammeggianti di rabbia e frustrazione.

Serena lo abbracciò stretto, guardandolo negli occhi. “Se questo è un addio, voglio dirtelo a modo mio. Non voglio litigare, né vederti incazzato.”

Solo se entrambe le parti lo vogliono, si può dire ‘addio’. Ed io invece ti rivoglio, hai capito? Quando tutta questa follia sarà finita, io ti rivoglio.” Salì su di lei, guardandola intensamente, con quelle parole che suonavano più come un giuramento, che come una domanda. Prese a baciarla con foga, esplorando ogni centimetro della sua pelle.

Serena lo ribaltò, salendo a cavalcioni sopra di lui, liberandosi della sua stretta soffocante e prendendo il comando della situazione. Si muoveva sopra di lui, sfilandogli di dosso la t-shirt e slacciando in pochi secondi la cintura e i bottoni dei jeans. Lui con uno scatto si alzò a sedere, afferrandole saldamente la schiena con una mano e con l’altra sbottonandole la camicetta lentamente. Serena affondò le dita sulla sua schiena scolpita, ogni singolo muscolo contratto, nel momento in cui lui entrava dentro di lei. Lui l’accarezzava avidamente, risalendo con le mani dai fianchi, alla vita, fino al collo, lentamente ma inarrestabili, provocandole brividi di piacere. Sentiva il desiderio crescere in entrambi, il desiderio di essere una cosa sola ancora una volta, forse per l’ultima volta…


The closer we think we are
Well, it only got us so far
Now you’ve got anything left to show?
No, no I didn’t think so.

The sooner we realize
We cover ourselves with lies
But underneath we’re not so tough
And love is not enough
(****)



FINE CAPITOLO 13




NOTE:

Lo so, lo so, avete ragione….è un capitolo strappalacrime! Spero di non avervi rattristato troppo…:(

Chiedo umilmente pietà per il ritardo disumano con il quale è arrivato questo capitolo, ma mi ha davvero messa a dura prova. Ho disseminato citazioni e riferimenti qua e là, ve ne cito solo alcuni, per il resto…vediamo chi riesce a beccarli! ;)

(*) Il titolo è tratto dall’omonima canzone dei Nine Inch Nails, contenuta nell’album With Teeth

(**) Rearviewmirror – Pearl Jam

(***) Los Angeles Penthouse Secret Concert, del 18.03.11. Le foto della serata (thanks to Shannon Leto’s Army <3):

http://www.shannonletoarmy.com/gallery/thumbnails.php?album=392

(****) Love is not enough - Nine Inch Nails.


Sarà davvero finita tra questi due sciagurati??? ;) 

A prestissimo e grazie di nuovo a tutti voi lettori in incognito e recensori! <3

Kissy kissy,

E.












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Capitolo 15
*** Love will tear us apart ***


capitolo 14

Capitolo 14Love will tear us apart (*)

 

 

 

 

 

Los Angeles

March 2011

h 11.25 am

 

 

 

Il mattino seguente, Shannon l’aveva accompagnata in aeroporto, dove si sarebbe incontrata con Victoria per prendere insieme il volo di ritorno per New York. Il breve tragitto in auto dall’Hollywood Boulevard fino al Los Angeles International, sembrò protrarsi per ere geologiche, tanto era opprimente e assordante il silenzio che riempiva l’abitacolo.

Quella notte pazzesca, anziché avvicinarli li aveva divisi, era chiaro.

Per quanto nessuno di quei due sciagurati volesse ammetterlo, entrambi si sentivano vigliaccamente sollevati, ora che la loro storia aveva raggiunto quell’empasse. Che entrambi ne soffrissero si vedeva a milioni di anni luce e niente al mondo avrebbe impedito a Serena di versare tutte le lacrime che aveva inzuppando il maglione di lui, quando l’aveva salutato, in piedi davanti al mostruoso Suv nero. Né Shannon avrebbe potuto fare a meno di stringerla forte a sé, esitando un secondo di troppo, come se mai e poi mai avrebbe desiderato lasciarla andare.

 

Victoria scese dal taxi che aveva accostato davanti all’ingresso delle Partenze, a pochi metri di distanza da loro. Occhiali scuri per imprigionare i segni del tempo che le solcavano il viso, rossetto rosso sangue come l’impermeabile che indossava, i capelli a caschetto neri stile Pulp Fiction tagliati con millimetrica precisione ed una sigaretta già accesa stretta tra le lunghe dita ossute. Si guardò intorno per un istante prima di individuare Serena e Shannon e rivolgere a quest’ultimo un saluto entusiasta agitando la mano e sorridendo a trentadue denti, ignorando quasi del tutto la sua assistente. Shannon rispose con un cenno della testa ed un sorriso imbarazzato “What the hell is wrong with her?” sussurrò tra i denti rivolto a Serena “I guess you have a new fan…” Serena si ricompose, cercando di asciugare le lacrime senza dare nell’occhio: non aveva alcuna intenzione di mostrare le sue debolezze, soprattutto non di fronte a Victoria. Quest’ultima tuttavia era già immersa in una fitta conversazione con quello che aveva tutta l’aria di essere un pilota della British Airways. A quanto pareva, per costringerlo a farle da facchino, per scaricare i suoi bagagli e caricarli sul carrello.

 

Shannon si sbattè i pugni in tasca e si guardò intorno, come a cercare ispirazione in ciò che lo circondava, prima di tornare a concentrarsi su Serena.

“Beh, ci fosse stato mio fratello al posto mio, sono sicuro che avrebbe trovato un bel discorso maledettamente poetico da fare in questo momento…”

“Non mi interessano i grandi discorsi, pensavo che ormai l’avessi capito…Però una cosa vorrei saperla, prima di andarmene…”

“Cosa?” Shannon alzò lo sguardo, abbagliato dal raggio di sole che illuminava il volto di lei, facendole brillare gli occhi. Perse per un istante il filo della conversazione, mentre cercava di assorbire quanti più dettagli e sensazioni possibili di quel momento: il suo profumo, il modo in cui si riavviava i capelli, dopo che una folata di vento li aveva scossi….ma soprattutto quell’azzurro-verde dei suoi occhi, impossibile anche solo da descrivere. Temeva che, con il tempo, il ricordo di quel colore sarebbe sbiadito, come le pagine di una vecchia rivista. Quando lei parlò, faticò un po’ per mettere a fuoco le sue parole e ritornare con i piedi per terra.

“Lo pensavi davvero quello che mi hai detto stanotte?”

“Che vuoi dire?”

“Voglio dire…” Serena prese a fissarsi le punte dei piedi, a disagio, giocherellando con una ciocca di capelli “…dai, hai capito….”

Shannon le prese il mento con la mano e lo sollevò, finché i suoi occhi ambrati non imprigionarono lo sguardo di lei. Aveva capito benissimo a cosa lei si riferisse.

“Verrò a cercarti fino in capo al mondo se necessario, Kid.”

“Ti prego, non farmi promesse che non potrai mantenere…So bene che non ci rivedremo più, a meno di non volerlo entrambi….e invece io devo concentrarmi sulla mia carriera e tu sulla tua, è giusto così.”

Shannon la lasciò andare e alzò un sopracciglio, scettico. “Sei sicura che sia per colpa della carriera? Perché a me sembra solo che tu abbia una paura maledetta e ti stia nascondendo dietro la scusa del lavoro! Se è così, dimmelo subito, smettiamola con le cazzate…è chiaro che se non vuoi rischiare, vuol dire che pensi non ne valga la pena!” Si morse il labbro, come a volersi rimangiare ciò che aveva appena detto. Sapeva di averla messa spalle al muro in questo modo.

Non costringermi a farlo, Shannon, ti prego. Eppure non vedo altra soluzione….

“Hai ragione, Shannon, voglio essere onesta con te. Io ti voglio bene, ovvio, ma l’amore è tutt’altra cosa. Non voglio farti credere di ricambiare i tuoi sentimenti, né sono disposta a sacrificare la mia carriera e la mia vita per inseguire una chimera…credimi, è meglio per entrambi se non ci vediamo più.”

“…neppure se ti vedo piangere

riesco ad essere felice

neppure se ti parlo veramente

quando ti dico

che per me non conti niente…”

 

Si era giocata tutto e lo sapeva. Lottò con tutte le sue forze per trattenere le lacrime amare che premevano per uscire e per continuare a guardarlo dritto negli occhi, per non tradirsi. Una parte dentro di sé, da dietro le sbarre nella quale era rinchiusa, urlava, la implorava di restare con lui. Ma ormai aveva preso una decisione, era troppo tardi per tornare indietro.

 

“Se è così che stanno le cose…non abbiamo altro da dirci.” Shannon le rivolse uno sguardo deluso e rassegnato, gli occhi ambrati fiammeggianti di rabbia. Anche se l’orgoglio gli impediva di dimostrarlo, aveva incassato il colpo ed ora l’unica cosa che voleva, era mettere un bel tot di chilometri di distanza tra lui e lei. Si avviò verso il lato del guidatore ed aprì la portiera, mentre dal cielo iniziavano a cadere di nuovo pesanti e fredde gocce di pioggia.

Serena, incapace di proferire parola, lo guardò sbattere la portiera, avviare il motore dell’auto, accendersi una sigaretta e ripartire a tutta velocità, effettuando un’inversione a U, da ritiro della patente a vita.

 

Oddio, se n’è andato veramente…e adesso??

Il panico iniziò a serpeggiare dentro di lei, come un veleno che si propaga….lo sentiva pulsare nelle vene e lentamente raggiungere ogni singola parte del suo corpo.

Allora è così? E’ vero che bisogna perdere una persona per renderci conto di quanto teniamo ad essa! Addio Shannon….non odiarmi, ti prego….

I suoi pensieri furono interrotti dal vibrare del cellulare. Rispose senza neanche darsi pena di controllare chi fosse, inconsciamente sperando che fosse lui.

“Serena, ma insomma ti muovi?? E’ mezzora che ti aspetto qui al gate, capisco che devi salutare il tuo bel fusto, ma devi guardarmi i bagagli, voglio andare a fare un giro al duty free!”

“Scusami, arrivo subito. E quel bel fusto non è mio…non lo sarà mai.”

 

*******

 

Per evitare di ripensare a ciò che era successo e quindi di sentirsi talmente in colpa e incazzata con se stessa, tanto da progettare nei minimi dettagli il suicidio, aveva approfittato della scorta personale di ansiolitici e tranquillanti di Victoria, così da riuscire a dormire per gran parte del volo di ritorno. Quando mancava ormai meno di mezzora all’atterraggio, infreddolita dopo aver dormito per diverse ore, si alzò per recuperare l’impermeabile dal vano porta bagagli, lo infilò e stava per riaccomodarsi al suo posto, quando una hostess alle sue spalle la chiamò.

“Miss! You lost this.” Disse, porgendole un foglietto di carta ripiegato che evidentemente doveva esser scivolato fuori dalla tasca del suo impermeabile.

“Thank you, I didn’t notice…” rispose confusa. Che diamine era quella roba? Sedette al suo posto, allungando le gambe nel sedile vicino vuoto e, accendendo la luce, si accorse che si trattava in realtà di un foglio contenente quella che aveva l’aria di essere una poesia…o meglio, una canzone, scritta con la calligrafia di Shannon!

“Your song”???... (**)

 

Lesse e rilesse quelle parole più volte, senza riuscire a smettere. Aveva scritto quella canzone per lei. ”…Stick with me until tomorrow comes”, le stava chiedendo di restare con lui? Già immaginava come sarebbe andata a finire tra di loro? L’aveva deluso, ecco il perché del suo risentimento quando l’aveva salutata…

 

Bene Serena, ora è ufficiale: sei un’emerita testa di cazzo!

Lui l’aveva già intuito, che avresti scelto la tua vita, la strada più facile, senza rischiare

di mettere in gioco i tuoi sentimenti per stare con lui…

eppure, nonostante tutto, ti aveva dato una possibilità….e tu l’hai sprecata!

Sarai fiera di te stessa, adesso….resterai sola e zitella a vita!! Quando sarai una manager del cazzo, al massimo avrai 2-3 gatti - tanto per avere qualcuno ad aspettarti a casa la sera tardi - che assisteranno impotenti alla tua morte solitaria, in una fredda notte d’inverno.

Probabilmente nevicherà pure quella notte, rallentando i soccorsi.

Che comunque sarebbero inutili, perché non ti troverebbero prima del giorno dopo, come minimo. Ed è precisamente ciò che ti meriti, per aver lasciato andare quell’uomo stupendo, che,

Dio solo sa perché, ma si ostina ad amarti!!

 

Ma tanto ormai è andata, chiaramente non vorrà più vedermi…

 

Senza rendersene conto, stava stringendo il foglio tra le mani, stropicciandolo, mentre una lacrima fredda e inconsapevole, scendeva a rigarle il volto.

 

Perso per sempre….

 

********

 

 

Erano circa le nove di sera, quando Serena e Victoria uscirono dal LaGuardia Airport, saltando sul primo taxi disponibile, che le portò dritte in direzione del centro di Manhattan.

“Ricordami domattina appena arriviamo in ufficio di chiamare l’ufficio stile, per sentire se hanno già i risultati dei test delle pelli del nuovo campionario….poi senti Josh se è tutto pronto per mercoledì…”

“Per mercoledì….?” Serena riemerse dai suoi pensieri, domandandosi di cosa diavolo stesse parlando…

“Serena, svegliati! Mercoledì partiamo per la sede centrale in Italia, per l’anteprima delle collezioni, te ne sei dimenticata??”

“No, certo che no…ero solo sovrappensiero, scusami. Controllerò i documenti e le prenotazioni domattina.”

Victoria alzò gli occhi al cielo, sbuffando “Certo che quello Shannon ti ha proprio fatto perdere la testa, eh? Scommetto che ti sei anche dimenticata di contattare Emma per l’invito per lei e Jared Leto a Parigi…”

“Beh, avrò pur diritto di perdere la testa anche io ogni tanto, no?? Non sono mica un robot!” sbottò lei interrompendola, incapace di trattenere oltre la sua irritazione, causata sì dai continui rimproveri di Victoria, ma soprattutto dal sentir pronunciare quel nome. Victoria rimase di stucco per un istante, prima di rivolgere altezzosamente lo sguardo verso il finestrino, fingendo di guardare il panorama. “Della tua vita privata non mi interessa, sono affari tuoi. Però sul lavoro, ogni tuo errore si ripercuote su di me, quindi vedi di tenere gli affari di cuore e il lavoro separati.”

Serena non rispose. Sapeva che non sarebbe stata capace di trattenersi dall’urlarle in faccia di andarsene al diavolo, qualora avesse aperto bocca….e in realtà la sua mente era ancora imprigionata nel ricordo dell’amarezza in quegli occhi color nocciola, quando si erano posati su di lei per l’ultima volta.

 

*******

 

Dopo aver fatto scendere Victoria a casa sua, in Park Avenue, il taxi risalì la Madison, facendosi strada a fatica nel traffico. L’intro di Night of the hunter risuonò nell’abitacolo e Serena si disse che avrebbe presto dovuto cambiare suoneria, per evitare di avere il cuore in gola ogni volta.

“Hey Josh! What’s up?”

“Hey S.! Are you back in the City already? You know, I think I might have put you in trouble with Victoria and I’m sorry about that…”

“Are you kidding me? No need to apologize, it’s not your fault at all! I don’t know what I was thinking when I jumped on the first flight to LA, without warning you nor the Boss, that I wasn’t coming to work…”

“Well, I bet you knew exactly what you were thinking…I guess you joined your boyfriend, didn’t you?” disse lui con aria maliziosa.

“Well, let’s say you’re not completely wrong: yes, I stayed in LA with Shannon, but no, he’s not my boyfriend….not anymore…”

“You sound really sad sweetie…how about me picking you up and go have a blast in the city tonight?”

“You’re really sweet Josh, but….I don’t know…” Il senso di colpa le attanagliò lo stomaco, guadagnando lentamente terreno dai recessi della sua mente. Non si sarebbe mai punita abbastanza, per ciò che aveva fatto a Shannon, per come l’aveva deluso e tradito la fiducia che riponeva in lei…Ormai aveva rovinato tutto, non le restava niente. Tanto valeva arrivare a toccare il fondo, era l’unica speranza che aveva per poter risalire…

 

“…è una vita spesa male,

ma tanto ormai è finita e lo sai

perché è finita.

È colpa mia

che non mi curo delle tue speranze

per piccoli egoismi e altrettante bugie

e nessuna spiegazione…” (***)

 

“What the hell….I’m in! Let’s say 11 o’clock?”

“Great! Dress up to kill, cause there’s a huge new club opening event at the Village I don’t wanna miss!”

“Dance music? Ewww….but I guess that’s exactly what I need right now. See ya later!”

 

 

 

FINE CAPITOLO 14

 

 

NOTES:

Come al solito, scusatemi per l’imperdonabile ritardo, ma è un periodo un po’…complicato e la creatività è ai minimi storici purtroppo L Tuttavia spero vi sia piaciuto il capitolo, se volete lasciare un commento sarà ben gradito! ^_^

 

Ringrazio di cuore la mia Donnah Lexie ed i suoi amorevoli calci nel sedere, per spronarmi a scrivere <3 e ovviamente tutte le mie adorate Crazy for GOT <3 <3 <3.

E infine grazie a voi tutti, lettori e recensori, spero di riuscire a regalarvi qualche emozione <3

 

(*) Il titolo si riferisce all’omonima canzone dei Joy Division

(**) Vedi capitolo 12

(***) Il Teatro degli Orrori – E’ colpa mia http://www.youtube.com/watch?v=t0CK_spHYrE

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Capitolo 16
*** Can you feel it? Things are changing... ***


capitolo 16

Capitolo 15Can you feel it? Things are changing…

 

 

 

 

 

New York

June 6th 2011

Serena’s place

 

 

 

“HOLY SHIT!!!”

Serena sputò fuori dai denti una serie di imprecazioni, dopo aver sbattuto il ginocchio contro il tavolinetto del salotto di casa sua, saltando in piedi dal divano. Massaggiandosi l’arto dolorante, si fece largo saltellando su un piede solo, tra lattine di birra, bottiglie di vodka, indumenti vari e posaceneri improvvisati in bicchieri di carta riempiti d’acqua per metà, finché non recuperò il blackberry dall’interno della sua borsa: la sveglia suonava già da un pezzo, per quanto riuscisse a ricordare. Si stropicciò gli occhi, cercando di mettere a fuoco il display per leggere l’ora e si appoggiò con una mano alla libreria, nel vano tentativo di fermare la stanza che continuava a girare.

 

“Josh, wake the fuck up, it’s 8:20 already! I have to pick up Victoria in less than an hour!”

Si precipitò verso la finestra, spalancando le tende ed aprendola, per far entrare la luce del sole nel vano tentativo di dissipare l’odore decadente di alcol, fumo e sesso che impregnava la stanza. Si lasciò avvolgere dal sole tiepido di giugno, affacciandosi dal davanzale e soffermandosi per un istante per trarre lunghe boccate d’ossigeno, cercando di organizzare mentalmente le cose da fare prima di partire. L’aria newyorkese era sì, intrisa di smog, ma ciononostante Serena respirò a fondo, un po’ per cercare di scrollarsi di dosso i vaghi ricordi della sera precedente, ma anche per  arginare la sensazione di panico che la assaliva puntualmente ogni mattina, prima di gettarsi a capofitto nella giornata. Ormai non si sforzava neanche più di cercare di mettere insieme i pezzi della sera precedente. Fintanto che era insieme a Josh, sapeva che non le sarebbe successo niente di male….o almeno, niente di male dal punto di vista fisico. Per quanto riguardava il buco nero che si sentiva nel petto beh, non c’era niente che nè Josh, né nessun altro, avrebbero potuto fare; tutto l’alcol del mondo non sarebbe mai servito a colmare quel vuoto dentro che sentiva. Si soffermò a guardare il panorama dal quinto piano del suo appartamento e di nuovo avvertì quella familiare morsa allo stomaco, sentendosi risucchiare dal vuoto sottostante…senza rendersene conto si era aggrappata al davanzale con tutte le sue forze, sudando freddo e sbiancando in volto, finché due mani non la afferrarono saldamente per i fianchi.

“Ehy, dove credi di andare?”

“P-perché?” Balbettò lei, colta alla sprovvista. Josh, i capelli biondo miele arruffati e la barba sfatta, le scostò i capelli e la baciò lungo il collo, il torace premuto contro la sua schiena, che si alzava ed abbassava al suo stesso ritmo.

 

Le era stato molto vicino negli ultimi mesi, a suo modo. Se c’era una cosa della quale Josh Greenwood (*) era sicuro, era l’efficacia di una sana sbornia, come rimedio ai problemi di cuore. Ciò faceva di lui un qualunquista? Forse. Ma in quella metropoli frenetica e costantemente in evoluzione nella quale viveva, in qualcosa bisognava pur credere. In fondo si divertivano insieme, lui e “S.”, anche se sapeva che lei era mossa più che altro dalla necessità di buttarsi alle spalle i postumi della relazione con Shannon. Per lei era più semplice gestire i postumi di una sbronza, piuttosto che continuare a tormentarsi.

 

La scrutò per un attimo socchiudendo gli occhi e soppesando la possibilità di continuare il discorso. Quella spirale autodistruttiva nella quale si era cacciata, prima o poi sarebbe degenerata…quanto ancora avrebbe potuto reggere, buttando giù quantitativi assurdi d’alcol quasi tutte le sere, dormendo 2-3 ore per notte, per poi alzarsi e sopportare giornate lavorative lunghe almeno 12 ore consecutive? Josh capiva che quella era una specie di contorta e malata punizione che Serena tentava di auto infliggersi…tuttavia si sentiva responsabile per lei, visto che - a parte qualche amico - a New York era sola in realtà e temeva che avrebbe commesso qualche cazzata peggiore, se non ci fosse stato lui a riportarla con i piedi per terra. Ciò includeva l’assicurarsi che riuscisse a rientrare a casa sana e salva, quando la riaccompagnava in taxi alle 6 del mattino, ma anche sorbirsi le sue crisi isteriche ogni qual volta erano in un locale pubblico e una canzone dei Mars passava alla radio. Questo ed altro, era costretto a sopportare, ma non riusciva a fargliene una colpa. Dopotutto, grazie a lei era persino riuscito a salire di grado in azienda, finalmente….Senza parlare del fattore sesso che, diciamocelo, ha sempre un certo spessore – sogghignò tra sé.

                     

“Dai Josh, è ora di muoversi” Serena si divincolò dalla sua stretta e iniziò a freneticamente a recuperare i resti della serata precedente dal pavimento del salotto.

“Tranquilla, me ne stavo andando. Anche io ho un lavoro, sai?” Josh alzò gli occhi al cielo, sbuffando “però prima di andare mi faccio una doccia. Nel frattempo potresti anche prepararmi un caffè, tanto per ringraziarmi della serata…”

“Stronzo. Il caffè te lo fai da solo, io devo essere pronta e fuori di qui in meno di mezzora!”

“Hey S, cos’è tutta questa gentilezza di prima mattina? Guarda che potrei anche abituarmici, eh!”

“Scusa, ma ho troppo mal di testa anche solo per pensare a come risponderti, quindi fammi il favore…”

“Seee seee…grazie a Dio te ne vai per qualche giorno…ma cos’ho fatto per meritarmi te??”

“Ah, non lo so, ma nella tua vita precedente devi averla fatta grossa!” Sorrise, ironica, mentre lui fingeva uno sguardo truce, prima di chiudersi alle spalle la porta del bagno.

 

Valigia. Abito per la serata di gala già spedito all’hotel. Documenti per il viaggio. Mi farò prendere dal panico più tardi, per l’incontro con Jared di domani. Paris, j’arrive.

 

 

 

June 7th 2011

@ Gibert Joseph (**)

Paris

 

 

 

Il locale è già pieno zeppo di gente e anche la strada di fronte.

L’auto è costretta a deviare nella stradina laterale chiusa al traffico, per farci entrare dal retro. In realtà non ci aspettavamo tutta questa ressa, per questo siamo venuti tutti insieme in un’unica auto. Odio queste cazzate da VIP di entrare di nascosto dal retro dei locali, per non essere costretti a passare in mezzo alla gente, ma ci hanno obbligato per “motivi di sicurezza”. Sento di perdermi la parte migliore di questo lavoro, quando devo privarmi dell’opportunità di stare in mezzo agli Echelon….fino a pochi anni fa, era tutto diverso. Non dico che fosse migliore, ma sicuramente diverso. Prima e dopo i concerti potevamo restare per ore a chiacchierare e ubriacarci con i ragazzi che venivano a sentirci, non dovevamo rispondere a nessuno di quel che combinavamo…e affanculo la “sicurezza”! Però che cazzo, non voglio mica lamentarmi di aver ottenuto questo successo enorme con l’album, sarei un ipocrita se dicessi il contrario…oltretutto mi sono fatto il culo per arrivare fin qui e la strada da percorrere è ancora lunga. Non mi ha mai regalato niente nessuno e sarà sempre così, non puoi permetterti il lusso di prenderti una vacanza, quando “giochi” a questi livelli….ma se fosse facile, qualunque stronzo riuscirebbe a farlo, no?

 

L’Audi nera accosta davanti ad una porticina di ferro antipanico, tenuta aperta da una donna sui 35-40 anni, bruttina, ma con un gran sorriso zuccheroso e al collo un cartellino di riconoscimento con il logo del negozio e la scritta “Store Manager”.

“Bonjour….Geraldine!” Mi avvicino per leggere il suo nome stampato, sfoderando la mia migliore finta “erre moscia” alla francese. Lei arrossisce fino alla punta dei capelli di un biondo incartapecorito.

“Ehm….goodmorning! Please, come inside Mr Leto”

 

I francesi che parlano inglese. Poi prendono in giro me, quando mi sforzo di parlare francese il meglio possibile. Non faccio storie e la seguo all’interno, in una stanza piena zeppa di scatole e scatoloni, riviste di musica e libri impilati, una scrivania consunta e diversi vecchi pc ingialliti, il tutto incastrato alla buona in non più di venti metri quadrati di spazio, senza finestre.

Shannon mi segue, facendo un rapido cenno a Geraldine, mentre Tomo si toglie gli occhiali da sole e la saluta educatamente. Mi affaccio cautamente alla porta che dà sull’interno del negozio e vedo Emma già dietro al tavolo allestito col nostro merchandising, tra l’angolo riservato ai dischi vinili e le scale mobili per il piano superiore. Mi saluta con la mano, appena mi vede, per poi battere col dito sull’orologio al polso, impaziente. Le sorrido e le faccio cenno di rilassarsi, tanto per farla incazzare un po’.

 

“Mr Leto, you will find everything already in place. How much time do you have?”

“Time? Not much really. I’m afraid our time on this planet is limited, my friend.” Dico appoggiandole la mano su una spalla. Lei mi guarda sgranando gli occhi, attonita, come se le avessi appena chiesto di sacrificare il suo primogenito. Mi guardo attorno cercando sostegno, ma Tomo ha già alzato gli occhi al cielo, mentre Shannon sta armeggiando con il cellulare, isolato dal mondo. “Laisse tomber” dico rassegnato a Geraldine, “Abbiamo solo un’ora di tempo, purtroppo…Spero di riuscire ad accontentare tutti!”

“Tutti? In un’ora? Mr Leto, ci saranno almeno 300 persone qui fuori, di sicuro non riuscirete ad autografare tutti…”

“Volere è potere, cara Geraldine.” Di nuovo mi guarda come se fossi pazzo….ma ormai non ci faccio più caso. Stasera c’è quella stramaledetta Vogue’s Night Out, alla quale devo andare e non ne ho nessuna voglia. Se potessi resterei qui, a chiacchierare con questi ragazzi…ma purtroppo si tratta di pubblicità e non ho potuto rifiutare.

 

Sento gli occhi di Shannon piantati sulla mia schiena come pugnali. Da qualche giorno si rivolge a me solo tramite grugniti e mi lancia certe occhiate, neanche volesse incenerirmi. Gli rode il culo al solo pensiero che il sottoscritto stasera incontrerà lei…Beh, ma non è mica colpa mia! Devo andarci per forza, non faccio i salti di gioia….gli ho anche rimediato un pass, qualora cambiasse idea e decidesse di venire con me, ma niente da fare…dice che “E’ meglio così” e su questo non posso dargli torto…mi dispiace solo che stia così di merda…

 

“Mr Leto it’s all set. If you want, you can come out and go to your place” Geraldine, col suo inglese precario, si affaccia alla porta del magazzino/ufficio/retrobottega/scantinato nel quale ci siamo accomodati. Tomo è al cellulare, tanto per cambiare e Shan è metà dentro, metà fuori dalla porta che dà sul vicolo esterno, a polverizzare l’ennesima sigaretta di oggi e chiacchierare con i due uomini della sicurezza e l’autista.

“Merci mon chèrie! Nous venons tout de suite.”

“Si dice MA chèrie, non mon.” Alza gli occhi al cielo esasperata ed esce richiudendo la porta, borbottando qualcosa che assomiglia a “Américains!”

Mi volto verso il resto della band, battendo le mani una volta per avere la loro attenzione e infilo gli occhiali da sole.

“Gentlemen we’re ready to go. Let’s do this.”

 

 

 

 

FINE CAPITOLO 15

 

 

 

 

Notes:

Chiedo umilmente perdono a tutti voi, per l’enorme ritardo! Vi ringrazio davvero tantissimo anche perché, nonostante la mia imperdonabile lentezza nel postare, avete avuto la pazienza di restare  con me (e Serena) per tutto questo tempo! <3 <3 <3

 

(*) Scusate, non ho potuto farne a meno! :D Ora avrete capito a chi mi sono ispirata per il personaggio di Josh, quantomeno per l’aspetto fisico: al nostro Babu!  <3 .

Per i lettori estranei al mondo Marziano:  Robert Greenwood è il – presunto (?) – fratellastro di Jared e Shannon Leto; per darvi un’idea di chi sia: http://www.youtube.com/watch?v=NwD8Yug55cA

 

(**) Le foto dell’evento parigino le trovate qui: http://www.shannonletoarmy.com/gallery/thumbnails.php?album=430

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Capitolo 17
*** In between days ***


capitolo 16

Capitolo 16 –In between days

 

 

«…Go on go on, just walk away
go on go on, your choice is made
go on go on, and disappear
go on go on, away from here

yesterday i got so scared, i shivered like a child
yesterday away from you, it froze me deep inside
come back come back, don't walk away
come back come back, come back today
come back come back, why can't you see?
come back come back, come back to me»

The Cure – In between days (*)

 

 

 

June 7th 2011 - sunset

@Mandarin Hotel - Paris

 

 

Una busta quadrata, apparentemente insignificante.

Sul retro, un logo stampato in rilievo e nient’altro.

La busta è trasparente e lascia intravedere un cartoncino di dimensioni

leggermente più piccole, chiuso all’interno.

E’ appoggiata alla massiccia specchiera rettangolare sopra il comò in lucido wengé,

della suite al piano attico del Mandarin Hotel di Parigi.

I fiori freschi nei vasi disseminati in ogni angolo, diffondono un odore nauseabondo, soffocante, complice anche l’aria di chiuso e la puzza stagnante

di fumo che impregna la suite.

All’interno, tutto è silenzio e immobilità,

se non per l’uomo che misura la stanza a grandi passi, nervoso,

lanciando di tanto in tanto un’occhiata furtiva alla busta e

all’orologio ticchettante alla parete.

Un asciugamano bianco appuntato sui fianchi e un altro, più piccolo, intorno al collo; la pelle ed i capelli ancora bagnati, dopo la doccia e le goccioline d’acqua che scendono

tra le scapole, seguendo la linea scolpita dei muscoli, giù fino a perdersi

al di sotto dell’asciugamano.

Chi lo vedesse per la prima volta in questo momento, direbbe di avere di fronte un pugile, appena prima di salire sul ring per un incontro.

No, non per via dell’abbigliamento,

bensì per quella vena pulsante e contratta sulla fronte, proprio al centro, e quel sopracciglio lievemente alzato, tipico di chi – allo stesso tempo –

attende e teme quell’occasione da troppo tempo.

 

Shanimal afferrò il pacchetto di sigarette mezzo vuoto e sfilò una bionda,

portandosela alle labbra.

L’orologio segnava le 9 e 17 minuti e, secondo il pass che gli aveva procurato Jared, l’evento doveva essere già iniziato.

Sbuffò, perso nei suoi pensieri, prima di avvicinare lo Zippo alla sigaretta,

inclinando leggermente il capo e schermando la fiamma blu e viola con la mano.

 

 

Jared.

E’ entrato tutto allegro in camera mia meno di un’ora fa, parlando francese e

chiedendomi se avevo preso una decisione per stasera…

tanto lui non entrerà al party prima di un’altra ora, come minimo, perché prima ha un appuntamento con non so chi, insieme ad Emma.

Alla fine, per farlo contento, gli ho detto che non ci sarei andato, per farlo smettere

 di starmi addosso.

Voglio stare da solo, stasera.

Il pensiero di essere nella stessa città, sotto lo stesso cielo,

basta a togliermi il respiro, non saprei proprio come comportarmi,

se me la ritrovassi di fronte, in mezzo alla folla, ai paparazzi, a Jared e al mondo intero….

No, è meglio che non vada, farei solo la figura del coglione.

Chissà se sa che sono a Parigi anche io…

….ah, cazzo, è vero! Come potrebbe non saperlo, l’avrà letto ovunque della presentazione che abbiamo fatto oggi pomeriggio da Gibert!

 

“Shan, tesoro, mi passeresti la mia borsa? E’ sulla poltrona vicino al comodino…”

Cheppalle, mi ero quasi dimenticato di lei.

Con quella voce insopportabile e quell’accento del North Dakota…

Jeena? Jenna? Jane? Non me lo ricordo e francamente non mi interessa...

ho bisogno di stare da solo, per riflettere.

Appena esce dalla doccia, le dico di togliersi di torno.

  

******

 

 

“Può informare la signora Victoria Winter che Emma Ludbrook e Jared Leto la stanno aspettando nella hall?”

Bien sur, Madame.” L’uomo in livrea dietro il bancone in marmo rosa, sollevò il ricevitore e compose il numero della camera, con un sorrisetto di circostanza spalmato in faccia. Dopo qualche parola in un pessimo inglese, annunciò soddisfatto: “La signora scende subito”.

 

“Che allegria, non vediamo l’ora…” borbottò Jared, voltando le spalle alla reception e guardandosi intorno annoiato.

“Uff, senti, te l’ho già spiegato! Dieci minuti, poi sarai libero di fare quel cavolo che ti pare! Non ho potuto dirle di no…poi si tratta solo di un abito da indossare, santissimo Iddio, non ti sto chiedendo la luna!” Emma ripose il Blackberry nella borsa, per evitare di scaraventaglielo addosso e si passò le mani tra i capelli. Doveva ancora riprendersi dal jet lag, figurarsi se aveva le forze per litigare con Jared (cosa per la quale, tra l’altro, aveva alle spalle anni di allenamento).

“E va bene, ho capito! Ti ho dato la mia parola che lo indosserò….solo, non pretendere che faccia i salti di gioia. Non solo sono costretto a partecipare alla Vogue’s Night Out…dovrò farlo anche vestito da pinguino!!” Si sfilò gli occhiali da sole e puntò dritto verso il bar “Non potevano semplicemente farmelo portare in hotel? Perché mi vuole incontrare di persona?”

Emma alzò gli occhi al cielo, esasperata, mentre allungava il passo per stargli dietro “Te l’avrò ripetuto cento volte…se magari mi stessi a sentire ogni tanto! Dobbiamo metterci d’accordo per lo shooting nello show room di New York, per il redazionale di Vogue...Non è difficile da ricordare!”

“E’ il mio cervello che si rifiuta di memorizzare le informazioni che non giudica rilevanti…” si accomodò sulla poltroncina di chinz nell’angolo più appartato della hall e fece un cenno al cameriere, prima di scostare la poltrona libera di fronte a sé, per invitare Emma a sedersi.

“Senti Jay, capisco che non sopporti questi eventi. Capisco che al momento sei preso da altre cose ben più pressanti ed incombenti. Però, davvero, si tratta solo di stasera, tanto dopodomani ripartiremo e di tutta questa faccenda non se ne parlerà più prima di qualche mese…Renditi conto che parliamo di VOGUE! Ho dovuto faticare non sai quanto per mettermi in contatto con le persone giuste e farti diventare testimonial per Tod’s. Lo sai bene, quanto è importante questa occasione….” Restò a fissarlo per qualche istante, sentendo rabbia e frustrazione montare dentro di lei, mentre lui, gli occhi puntati sul blackberry, sembrava non aver ascoltato una sola parola di ciò che gli aveva appena detto.  Ormai esasperata, scattò in piedi, per cercare di far sembrare più minacciose le sue parole: “E tutto dipende da questa STRONZA che dobbiamo incontrare adesso, quindi vedi di non fare la Diva e comportati bene!!!”

Jared, di fronte a lei aveva alzato gli occhi esterrefatto e fissava un punto imprecisato dietro Emma, più o meno al di sopra della sua spalla sinistra.

“Jay, ma che ti prende? Ti sei incantato??” Jared deglutì rumorosamente, mentre Emma si voltò avvampando di vergogna all’istante.

“Buonasera...beh, deduco che stiate aspettando me. Victoria Winter, Tod’s New York.”

  

 

******

 

 

 

“Serena, comment ça va ma chèrie?” Madeleine le andò incontro a braccia aperte, facendo svolazzare l’abito di chiffon color pesca e facendo tintinnare i mille braccialetti, anelli e pendenti vari che esibiva come medaglie al valore. I capelli bianchi elegantemente stretti in uno chignon, che lasciava sciolta solo qualche ciocca a incorniciarle il volto, luminoso e solare, nonostante l’età.

“Madeleine! Je vais bien, merci et toi?”

“Je vais comme toutes les vieilles de mon age. Tu viens d’arriver? C’est un plaisir de te voire! Mais tu est fatiguée? Tu travaille trop, ma chèrie, ce soir je parlerai avec Victoria….”

Serena si era già persa in quel fiume di parole che la donna le stava vomitando addosso, parlando fitto fitto in francese. Non aveva avuto ancora tempo per riprendersi dal fuso orario e si stava già preparando mentalmente al tour de force, in vista della serata impegnativa che la aspettava. Di lì a poche ore, l’intera Rive Gauche sarebbe stata invasa da vip, stilisti, modelle e giornalisti provenienti da tutto il mondo e all’interno dello show room TOD’S di Saint Honoré avrebbe avuto luogo il party di gala, in collaborazione con Vogue France. Ospite d’onore della serata, tra gli altri vip, niente meno che Jared Leto! Quella sera sarebbe stato il loro testimonial, infatti, proprio in quel momento, lui era con Victoria per definire i dettagli della serata e consegnargli personalmente l’abito che era stato scelto per lui. Secondo Josh di sicuro si sarebbe fatto vedere anche Shannon quella sera…ma Serena aveva cercato in ogni modo di persuaderlo del contrario, dicendo che di sicuro avrebbe voluto tenersi alla larga. E chi può biasimarlo, dopo quello che gli ho fatto?

 

Per il momento, aveva solo un Leto del quale preoccuparsi e sarebbe arrivato da un momento all’altro. Le Roger Vivier (**) che indossava le stavano già facendo vedere le stelle, mentre doveva concentrarsi per identificare clienti e giornalisti in mezzo alla folla, facendosi strada all’interno dello show room. Si preannunciava una lunga serata e in assenza di Josh, che sapeva come farla ragionare, l’open bar rappresentava un’attrattiva irresistibile.

 

Mentre tentava di scrollarsi di torno l’ennesima fashion blogger emergente che cercava in tutti i modi di proporle una collaborazione, Victoria le fece cenno di avvicinarsi, dall’altro capo della stanza…Una tempesta selvaggia di flash si scatenò intorno alla ressa che si era formata in corrispondenza dell’ingresso dello show room.

 

Jared era arrivato.

 

“So….hi. How are you?” Serena si trovò di fronte il cantante, mentre entrambi cercavano di raggiungere il capo opposto del negozio.

“Hi Serena! It’s been a while…you look stunning by the way. Even thoug ..…..nevermind.”

Jared la squadrò da capo a piedi, con sguardo interrogativo, indeciso se parlare o meno.

“Nevermind…what??” Serena alzò un sopracciglio ed incrociò le braccia al petto.

“Nothing, I mean…are you ok? You don’t look so…healthy”

“I’m perfectly healthy, thank you for your concern. Now, shall we change subject?”

“Cambiamo pure argomento, se preferisci, ma la sostanza rimane…Sei magra da far paura, tanto per cominciare…Ed è un vero peccato, vederti così. Che ti è successo?”

“Sto benissimo, grazie!….e se così non fosse, tu saresti l’ultima persona con la quale vorrei parlarne. Senza offesa, eh!”

“Beh vedo che riesci ancora a tirar fuori gli artigli, quando serve. Mi piace questa dote, in una donna.” Si morse il labbro, aspettando che le sue parole facessero effetto.

Serena non aveva nessuna intenzione di stare al suo gioco, non avrebbe ceduto neanche di fronte a quei lineamenti perfetti, o quegli occhi di un colore che le ricordavano prati verdi, il profumo del grano e i colori dei pomeriggi d’estate perduti, di quando era bambina; senza parlare del completo nero che metteva in risalto le spalle possenti, lasciando intravedere brandelli del PROVEHITO IN ALTUM tatuato sul petto. Lei adorava l’uomo che aveva davanti. Lo adorava anche al di là delle sue doti come musicista o come attore. Lo adorava come individuo, come essere vivente, come persona….E allora perché riusciva a darle così tanto sui nervi??

 

Non fu in grado di replicare alcunché, distratta dalla ressa dei giornalisti che non davano tregua a Jared e continuavano a chiamarlo, chiedendogli di voltarsi per farsi immortalare. Jared passò un braccio intorno alla vita a Serena e si voltò verso la stampa, sussurrandole all’orecchio “Beh, magari potrei offrirti da bere, più tardi…ma non farti idee strane tesoro: ho solo un paio da cosette da dirti”.

Se non fosse bastato sentire il respiro di Jared sul suo collo a darle i brividi, i flash la abbagliarono facendole quasi perdere l’equilibrio, costringendola ad aggrapparsi a lui per non cadere.

“Senti ce ne andiamo di qui? Vorrei parlarti anche io, possibilmente in un posto tranquillo…”

“Sì, questo posto è un gran casino…usciamo un attimo in balcone” la prese per mano, facendosi strada in mezzo alla gente accalcata davanti al bar, passando tra fruscianti abiti di seta, eau de parfum nauseanti e acconciature affilate come armi improprie e il vocio in tutte le lingue del mondo di chi tentava di sovrastare il cacofonico tunz tunz della musica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE:

 (*) The Cure – In between days >> Ho scelto la versione dell’MTV Unplugged, dove Robert Smith duetta con I KoRn in un fantastico medley di – appunto - In between Days e Make me bad. Vi consiglio di ascoltarla mentre leggete il capitolo, poi se volete potete anche mandarmi aff*** se non vi è piaciuto l’abbinamento e/o la canzone!  

Voilà! >> http://www.youtube.com/watch?v=-d1lQxreiFQ&feature=related

 

(**) Le scarpe che indossa Serena>> http://www.leam.com/it/shop/saldi-scarpe-donna/roger-vivier/scarpa-nero-86263 e l’outfit>> http://www.tods.com/it/woman/ready-to-wear/blazer

 

 

 

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