La Resa Dei Conti

di 1rebeccam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Tela Del Ragno ***
Capitolo 3: *** 'Abbiamo Chiuso!' ***
Capitolo 4: *** Il Cecchino ***
Capitolo 5: *** Intrappolata Nella Ragnatela ***
Capitolo 6: *** Stretta nella Morsa ***
Capitolo 7: *** Briciole... ***
Capitolo 8: *** Il Dubbio e L'Attesa... ***
Capitolo 9: *** Scacco! ***
Capitolo 10: *** Nikki Heat è scappata! ***
Capitolo 11: *** Respirare... Lei! ***
Capitolo 12: *** Lasciala Perdere! ***
Capitolo 13: *** Quarto di Luna! ***
Capitolo 14: *** La Chiave Numero 32 ***
Capitolo 15: *** Bingo! ***
Capitolo 16: *** La Dea Bendata ***
Capitolo 17: *** Batman, Catwoman e i Fantastici Quattro ***
Capitolo 18: *** La Piramide e i suoi Segreti ***
Capitolo 19: *** Tuffo Nel Passato ***
Capitolo 20: *** Insicurezza e Minacce ***
Capitolo 21: *** Un Avvocato Molto Caparbio ***
Capitolo 22: *** Il Ragno si Avvicina ***
Capitolo 23: *** Carte in Tavola ***
Capitolo 24: *** Un Peso sul Cuore ***
Capitolo 25: *** Fiducia e... Giochi di Luce ***
Capitolo 26: *** Una Decisione Difficile ***
Capitolo 27: *** 'Io so, che tu sai, che lui sa...' ***
Capitolo 28: *** Nel Mirino del Drago ***
Capitolo 29: *** Pronti a Tutto... ***
Capitolo 30: *** Nella Tana del Drago ***
Capitolo 31: *** Faccia a Faccia ***
Capitolo 32: *** La Resa dei Conti - Knockout ***
Capitolo 33: *** Un'unica Certezza... ***
Capitolo 34: *** Una Notte Infinita ***
Capitolo 35: *** Lo Scrigno dei Sentimenti ***
Capitolo 36: *** Il Cerchio della Vita ***
Capitolo 37: *** La Risposta ai 'Se...' ***
Capitolo 38: *** Ferite e Cicatrici ***
Capitolo 39: *** Il Sapore della Vita ***
Capitolo 40: *** Venticinque Minuti ***
Capitolo 41: *** Non Nasconderti ai miei Occhi ***
Capitolo 42: *** Un piccolo Spazio dentro al Cuore ***
Capitolo 43: *** 'Vincit Omnia Veritas' ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Lo scarico merci è completamente al buio. Il silenzio è assordante.
Tiene la pistola puntata e gli occhi sbarrati per cercare di vedere oltre il metro di distanza.
Le orecchie tese a percepire qualunque sospiro, qualunque rumore che non sia silenzio…
E’ accovacciata dietro uno dei magazzini ormai da 30 minuti, ma l’uomo che deve incontrare non si è ancora fatto vedere.
Allo scarico merci, zona sud, alle 23.00. Vieni da sola, o non se ne fa niente!
Al telefono è stato chiaro e lei è andata da sola.
Con chi sarebbe dovuta andare?
Nelle ultime ore è stata bravissima ad  allontanare tutti dalla sua vita.
Tutti…
Sono le 23.18 e lui non si è ancora visto.
Una vocina dentro le orecchie continua a ripeterle che deve andarsene, correre lontano da lì.
Invece non si muove.
La luce di una piccola torcia le appare davanti, si alza, guarda attentamente puntando l’arma, ma si rende conto che qualcuno è anche alle sue spalle.
Un improvviso fruscio, non ha il tempo di voltarsi.
Sente qualcosa di morbido sulla bocca ed un braccio bloccarle le spalle.
Un odore acre e pungente la costringe a chiudere gli occhi e consciamente si rende conto che i suoi sensi e anche la forza nei muscoli la stanno abbandonando.
Il cervello è ancora cosciente, ma il suo corpo si lascia andare tra le braccia di qualcuno.
Sente delle voci concitate in un eco, come se arrivassero dall’alto di una montagna.
Due rumori fortissimi e simili, che non riesce a decifrare, arrivano alle sue orecchie sempre dalla stessa montagna lontana.
Poi… il buio!
 

 


 

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Qualche ora prima...



Angolo di Rebecca:

Buona sera :)
Come state Caskettine? 
Sono tornata con una long e se pensate che sia una minaccia...
Avete ragione!!!

E' davvero long...

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Capitolo 2
*** La Tela Del Ragno ***


Qualche ora prima...





La Resa Dei Conti

*
La Tela Del Ragno
 *
1° Capitolo



 

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I tamburi scandiscono il tempo, ma io non sento nulla, come fossi prigioniero dentro ad un’ampolla di vetro. Appoggiamo delicatamente la bara e ci allontaniamo, prendendo ognuno il proprio posto. Abbiamo portato un fardello troppo pesante fino a questo piccolo angolo di cimitero. In sei abbiamo fatto questa fatica sovrumana. Cinque poliziotti ed io. Lui mi ha dato l’onore di fare parte della famiglia dal primo giorno e fino all’ultimo mi ha trattato come tale. Si è fidato di me tanto da chiamarmi per proteggerla.
Continuo a perdermi nei sorrisi di un amico, nei ricordi verso un  uomo che è stato importante per me, nei pochi anni in cui ho avuto l’onore di conoscerlo. Un uomo che avrà la mia ammirazione sempre, anche dopo quello che abbiamo scoperto sul suo passato; se lei è stata capace di perdonarlo, chi sono io per giudicarlo? Ha dato la vita per quello in cui credeva, per colei che ha avuto a cuore come una figlia, forse per rimorso all’inizio, sicuramente per amore in seguito.
La osservo, mentre onora il suo capitano nell’elogio funebre, vorrei ascoltarla ma non riesco a fermare i miei ricordi. Vagano ancora all’interno del distretto, alle birre bevute all’Old Haunt dopo la chiusura di un caso, all’amore che lo legava alla sua famiglia, a come sia riuscito a comprendere i miei sentimenti per Kate, alla sua risposta quando gli ho chiesto di fermarla… ‘Per come la vedo io, l’unico che può farlo sei tu!’
Ma si è sbagliato, non ci sono riuscito. Non sono riuscito a farla indietreggiare davanti a Lockwood e così ci ha pensato il nostro capitano con un gesto estremo.
Guardo la bara, la moglie che riceve la bandiera ripiegata e si stringe alle sue figlie e riesco a pensare solo una cosa. Per anni da ragazzo e a volte anche adesso che sono un uomo, ho immaginato, fantasticato su come potesse essere mio padre. Ora so che mi sarebbe piaciuto somigliasse al capitano Roy Montgomery!
Le parole della donna a fianco a me risuonano nelle mie orecchie come un eco lontano e non riesco a smettere di pensare. Vorrei concentrarmi sul funerale, sul dolore della famiglia e dei colleghi, sul dolore lancinante e silenzioso di Beckett, ma non ce la faccio. Riesco solo a pensare egoisticamente, che quest’uomo mi mancherà, che quell’ufficio al dodicesimo resterà vuoto anche con qualcun altro seduto sulla sua sedia! 
Già… la sua sedia. 
Quella sarà sempre e solo la sua sedia!
Richard Castle è chiuso nella malinconica dolcezza dei suoi ricordi e non riesce ad immedesimarsi nelle parole che Beckett sta dedicando al suo capitano. Perso nei suoi pensieri, si guarda intorno e nota una luce. Un luccichio strano da vedere in mezzo alle lapidi bianche allineate davanti a lui e i suoi pensieri si spostano immediatamente dai ricordi ad un insensato sentimento di paura. Cos’è?
E’ un riflesso. Di cosa? Cosa riflette?
A un tratto smette di respirare, il suo cervello ha incanalato l’informazione sul riflesso e l’ha elaborata. Il risultato è solo uno. Ed è terribile.
Un mirino.
Attaccato ad un fucile di precisione.
Imbracciato da un cecchino.
La sua mente si blocca, non riesce a pensare. Anzi proprio non riflette. Nella sua testa c’è solo lei… quel luccichio è diretto su Beckett.
-KATE!-
Grida gettandosi addosso a lei, mentre lo sparo risuona nell’aria, facendo sobbalzare tutti.
Potrebbe sentire le grida attorno, se oltre il pensiero, non si fosse bloccato anche l’udito o qualunque altro senso. Ha solo la consapevolezza di essere a terra, sopra il corpo della donna che ama e ha il terrore di sollevarsi e guardarla.
Oddio! Signore ti prego… fa che non sia vero! Ti prego…
Resta bloccato e istintivamente muove la mano a cercare quella di lei, sfiora le dita guantate di bianco.
Oddio… Kate…
Vorrebbe urlare, ma è solo il suo pensiero a gridare, finché le sue dita vengono attorcigliate in una stretta e un sussurro si insinua tra le sue parole non pronunciate.
-Castle!-
A quel sussurro, rafforza la stretta della mano e finalmente ha il coraggio di sollevarsi e guardarla.
I sensi ricominciano a funzionare lentamente. Ricomincia a sentire le parole concitate di qualcuno che si mette all’inseguimento di chi ha sparato, qualcun altro grida di chiamare aiuti e ambulanza.
Finalmente riesce a parlare.
-Beckett… Kate… stai… stai bene?-
Le mette la mano sul viso e lei accenna un si con la testa, gli occhi sbarrati, il viso spaventato.
-Tu?-  
-Bene… io… io credo… non lo so, sto riprendendo ora a respirare.-
-Fammi alzare.- 
Dice lei sempre piano, come se la voce non avesse la potenza di venire fuori.
-Nemmeno per sogno. Se quello è ancora appostato può riprovarci!-
Lei abbozza una specie di sorriso, mentre Esposito si appiattisce a terra accanto a loro.
-Ehi voi due, tutto bene?-
-Si, non siamo feriti. Lo avete individuato?-
-I colleghi lo stanno inseguendo. Però non muovetevi, stiamo controllando che non ci sia nessun altro appostato.-
-Gli altri stanno bene? Non si è fatto male nessuno? Mia figlia?-
Solo in quel momento ritorna definitivamente alla realtà e si rende conto che erano tutti lì per il funerale del capitano Montgomery e che chiunque potrebbe essersi fatto male. Spara le domande a raffica una dopo l’altra, senza aspettare la risposta, forse perché la teme.
Esposito gli mette una mano sulla spalla.
-Tranquillo, grazie al cielo nessuno è rimasto ferito. Alexis e tua madre stanno bene, guarda Beckett, anche tuo padre e Lanie, sono solo spaventati per voi. Restate ancora sdraiati finché non ve lo dico io.-
Si allontana sempre chino verso terra.
Castle si sposta di poco dal corpo di Beckett.
-Scusa, non mi sono reso conto di essere ancora addosso a te, ti ho fatto male?-
La guarda con dolcezza, ma i suoi occhi esprimono ancora terrore, paura per aver pensato anche solo un istante che fosse stata colpita.
Lei ricambia lo sguardo con la stessa dolcezza, mentre intorno a loro la folla va e viene concitata.
-Mi hai salvato la vita e mi chiedi se mi hai fatto male? Certo che sei strano Castle… e anche pazzo, non farlo mai più, tu non…-
Si blocca quando sente Esposito inveire contro gli agenti.
-Maledizione! Com’è possibile che vi sia sfuggito? Un uomo solo contro decine e decine di poliziotti!-
-Non l’hanno preso. E’ ancora in giro…-
Sospira Beckett e Castle sospira dopo di lei.
-…E ci riproverà!-
Appena in piedi, Castle si ritrova tra le braccia di Martha e Alexis che gli sono andate immediatamente incontro quando l’emergenza è rientrata.
- Papà, stai bene?! Ho avuto paura che vi avesse colpito.-
Si gira a guardare Beckett.
-Stai bene anche tu Kate?-
Le chiede mentre lei è tra le braccia di Jim.
-Stiamo bene tesoro, è tutto a posto. Ora vi porto a casa! Si rivolge a Beckett. Le accompagno e torno al distretto.-
-Non è necessario Castle, resta con loro. Noi rimarremo qui per i rilievi. Voglio affiancare la scientifica.-
-Nemmeno per idea. Starò a casa per un po’ finché si calmano, sono spaventate a morte… e anch’io, ma poi vi raggiungo al distretto.-
Risponde Castle, risoluto e serio.
 
Il cimitero pullula di poliziotti ovunque. Dopo circa due ore, la scientifica sta ancora controllando  ogni centimetro di terra e di erba, per poter trovare anche un minimo, ridicolo indizio che porti al killer.
-Beckett, non c’è nessuna traccia, niente impronte, niente bossoli, niente di niente, maledizione!-
Esposito mostra la sua rabbia mentre la mette al corrente, ma viene interrotto da Ryan.
-Abbiamo qualcosa di meglio.-
I colleghi si girano a guardarlo e lui continua.
-Tre degli agenti che gli sono corsi dietro per primi, lo hanno visto bene. Ha fatto l’errore di perdere tempo a raccogliere gli arnesi del mestiere per essere sicuro di non lasciare tracce. Conosciamo la sua faccia!-
Sventola un foglio tra le mani e Beckett glielo strappa guardandolo attentamente.
-Come hanno fatto l’identikit?-
-Separatamente. Hanno visto tutti lo stesso individuo… tranquilla ha proprio quella faccia.-
Le risponde Ryan soddisfatto.
-Diramatelo a tutti i distretti, a tutte le unità e anche alla televisione nazionale. Voglio che tutto il paese conosca la sua faccia.-
-Per i distretti e le pattuglie già fatto, ho fatto mettere anche posti di blocco ovunque e la foto tra qualche minuto si  troverà in tutti i motel e le bettole che ci sono in città e oltre, nelle stazioni e all’aeroporto. Ma devo dire la verità, la televisione non l’avevo messa in conto!-
Ryan si mostra un po’ stupito.
-E’ un killer a pagamento. L’anonimato è il suo pane quotidiano, ma se la sua faccia è bruciata, non solo non avrà dove nascondersi…-
-…Ma avrà finito anche di lavorare!-
-Bravo Ryan, presto torniamo al distretto.-
 
Quando rientrano è già pomeriggio inoltrato e Beckett viene convocata nell’ufficio che era del capitano Montgomery.
-Da questo momento lei è rimossa da qualunque incarico sul campo detective Beckett, verrà trasferita in un posto sicuro e sarà sotto scorta 24 ore su 24, almeno finché questa storia non sarà finita; finché questo cecchino non sarà arrestato, lei resterà buona a casa.-
Il capitano Johnston, distaccato momentaneamente al comando della sezione omicidi al dodicesimo, in attesa della nomina del nuovo comandante, parla con voce autoritaria alla poliziotta seduta davanti a lui. Si sbraccia e gesticola nervoso, ma Beckett sembra non notare la sua presenza. E’ assorta in qualche pensiero angusto, con gli occhi persi nel vuoto, al di là della finestra alle spalle della scrivania che era del suo solo ed unico capo.
Rivive la scena di poco prima e l’unica cosa che le appare davanti agli occhi è Castle che si getta addosso a lei senza pensarci nemmeno un momento. Risente le urla di Lanie che chiama il suo nome, rivede il terrore negli occhi di Alexis, la preoccupazione di suo padre, il dolore di Evelyn e delle figlie e la professionalità di Esposito e Ryan nel gestire la situazione. E in tutto questo pandemonio, ognuno di loro poteva essere colpito. Ognuno di loro poteva morire.
Chiude gli occhi, Johnston sta ancora esponendo la sua teoria. Fa un sospiro e si alza in piedi, schiarendosi la voce per attirare l’attenzione del capitano, che continua a parlare con il viso rivolto alla finestra.
-Finalmente! Credevo che fosse un discorso a senso unico. Vuole dirmi qualcosa detective?-
-Niente posto sicuro, niente scorta signore. Non permetterò a questo tizio e a chi lo ha pagato di farmi vivere in una prigione. Non gli permetterò di stravolgere la mia vita, che per inciso, proseguirà come sempre.-
Il capitano è sbalordito, soprattutto dalla freddezza con cui Beckett gli parla.
-Che significa detective?-
-Significa che ho un mucchio di ferie arretrate e che ho deciso di prenderle adesso. Dopo quello che è successo al capitano Montgomery e anche l’attentato di stamattina, ho davvero bisogno di un periodo di riposo. Non ho ancora deciso se restare a casa o andare da qualche parte, lontano da New York per un po’, perciò niente scorta. Magari eclissandomi e sparendo dalla scena, si dimenticheranno di me.-
Si alza e si volta per andarsene, ma viene fermata.
-Beckett, sa benissimo che chiunque la vuole morta, non si dimenticherà di lei. E anche se prendessimo questo cecchino, se non arriviamo al mandante, ce ne sarà un altro che ci riproverà! Perciò detective, non mi costringa a sospenderla, sa che se le tolgo il distintivo, non potrà più lavorare a questo caso!-
-Con quale motivazione vorrebbe sospendermi, signore?-
Risponde lei con molta calma, senza voltarsi.
-Insubordinazione. Disobbedienza agli ordini. Non so come il vostro capo abbia potuto presentarsi all’hangar senza aspettare la squadra di supporto. Cosa gli è passato per la testa dannazione! Ha visto com’è finita per questa leggerezza? E’ rimasto ucciso! Ed è un miracolo che non siate morti tutti, compreso quello scrittore da strapazzo che gioca a fare il poliziotto!-
Beckett si volta a guardarlo. Avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto fargli entrare dentro ai timpani che Roy Montgomery si era sacrificato pur di non lasciarla tra le grinfie di Lockwood e del suo capo e che la sua squadra e lo scrittore da strapazzo avrebbero fatto la stessa cosa per lei… solo per lei. Ma avrebbe dovuto spiegare troppe cose su Roy e mai, mai lo avrebbe fatto.
Nessuno, all’infuori di questo gruppo ristretto, dovrà mai sapere come sono andate le cose. La versione ufficiale è che Roy Montgomery è morto da eroe. Glielo dobbiamo… tutti noi! 
Mai avrebbe macchiato la memoria del suo capitano.
Dopo la fuga di Lokcwood dal carcere, Montgomery aveva trovato delle tracce che riconducevano all’hangar. Ci ha avvertito, ma non ci ha aspettati. Arrivato sul posto si è trovato davanti il fuggitivo e i suoi scagnozzi. Li ha affrontati da solo e non è riuscito a salvarsi. Quando siamo arrivati come rinforzo, erano tutti morti, compreso il capitano.
Questa era stata la versione di Beckett, Esposito, Ryan e Castle, quando avevano fatto rapporto.
Così gli risponde col tono più calmo e freddo che riesce a provare dentro al cuore.
-Rinunciare alla scorta è un mio diritto signore, lei o chi per lei non può impormela in alcun modo. Se poi vuole sospendermi perché mi prendo le ferie… faccia lei.-
Stavolta esce dall’ufficio del capitano senza voltarsi, dritta e fiera… pronta a tutto!
-Beckett, ma ti sei completamente bevuta il cervello? Non puoi rifiutare la scorta.-
Esordisce Esposito, che assieme a Ryan ha assistito alla discussione fuori dalla porta.
-Certo che posso, risponde lei con lo stesso tono usato con Johnston, e quando dico niente scorta, intendo che nemmeno voi due dovete farvi trovare sotto casa mia, o vi rifaccio i connotati.-
-Il tizio dell’identikit non è in nessun data base, significa che finora ha colpito senza sbagliare e senza lasciare traccia. Niente nome, niente impronte, niente modus operandi. Abbiamo solo la sua faccia e non sarà facile trovarlo.-
Continua Esposito, chiudendo i pugni, segno che la rabbia si sta impossessando di lui per il comportamento spropositato della collega.
Ryan prende coraggio e si fa avanti.
-Sappiamo tutti e tre che non andrai da nessuna parte a riposare. Tu hai intenzione di continuare da sola. Non sono riusciti ad ucciderti, così ti metti un bersaglio dietro la schiena, perché pensi che così incastrerai il mandante.  Maledizione… lascia che ti dica che è un comportamento veramente stupido! Beckett lo guarda a denti stretti. Ryan si zittisce di colpo. Beh… questo è quello che penso e se ora vuoi picchiarmi fallo pure, non ritiro niente di quello che ho detto.-
Ma quando finisce di parlare lei non è arrabbiata, il suo viso non mostra alcuna emozione, né rabbia, né dispiacere, né dolore…
Prende dei fascicoli dal cassetto della sua scrivania e si dirige verso l’ascensore, senza nemmeno salutarli.
 
-Non l’avete ancora trovato?-
Più che una domanda sembra il ringhio di un cane rabbioso, tanto rabbioso, che i due uomini davanti a lui, restano a testa bassa e senza proferire parola.
Il cane rabbioso continua.
-Siete degli inetti, meritereste che vi tirassi il collo con le mie mani…-
-Adesso basta!-
La voce calda e calma dell’uomo che lo interrompe, arriva da dietro le sue spalle.
Il pomeriggio volge ormai al termine e la stanza, adibita a studio, è avvolta dalla penombra. Nessuno durante quella discussione si è preso la briga di accendere la luce.
Il fumo del suo sigaro avvolge gran parte dell’angolo in cui l’uomo si trova, sprofondato nel comodo e grande divano di pelle nera.
-Voi due fuori!-
A quelle parole pronunciate con la stessa calma, segue la fuga dei due uomini silenziosi e con la testa bassa.
-Perché li hai mandati via? Non avevo ancora finito con loro. Si meritano una punizione.-
-E che vorresti fare di grazia, amico mio? Picchiarli? Rinchiuderli? Ucciderli?-
Si alza dalla sua comoda postazione sul divano e si dirige alla grande scrivania, portando con sé la scia di fumo del sigaro acceso. Accende la lampada che  illumina un piccolo triangolo sul grande tavolo, lasciando in penombra i loro volti. Con molta lentezza spegne il sigaro.
-Mio caro Lucas, vivi con me praticamente da sempre e ti occupi degli affari della mia famiglia da anni. Da anni ti occupi di eliminare ogni grana, ogni problema e lo hai sempre fatto con onore e dedizione, prima per mio padre e dopo per me. Diciannove anni fa, però, tu e il vecchio avete commesso un grosso errore. Un errore che io vi avevo fatto notare. Ma mio padre, da quel testardo che era, fece di testa sua, lasciando in vita Roy Montgomery. Io l’ho detto fin dall’inizio che doveva essere eliminato, che sarebbe stata una piaga per noi. Non aveva il carattere di Raglan e McCallister. Lui era pulito dentro e quella storia lo ha tenuto buono solo per paura e vergogna, ma per il suo innato senso di giustizia non l’ha mai mandata giù. Poi qualche anno fa ho ribadito a tutti e due che Roy stava diventando ancora più pericoloso, da quando aveva preso sotto la sua ala protettrice la figlia della donna che voleva rovinarci. Ma anche allora il vecchio non ha voluto darmi ascolto. Nonostante la pensione e l’età, non ha mai smesso di dare ordini.
‘Che vuoi che faccia una ragazzina insignificante, nessuno è mai arrivato a noi, figuriamoci una mosca in mezzo ad una ragnatela gigante…’
A mio padre sono sempre piaciute le similitudini.-
Si alza e con molta lentezza si dirige all’angolo bar. Calma e tranquillità lo hanno distinto fin da giovane, cosa che Lucas ha sempre invidiato e temuto. Versa due dita di scotch pregiato in due bicchieri di cristallo e ne offre uno all’amico, che nel prenderlo resta incollato ai suoi occhi di ghiaccio. Guarda il liquido ambrato dentro al suo bicchiere, lo fa ruotare leggermente e solo dopo ne beve un sorso, gustando al massimo il calore intenso che sente nel mandarlo giù. Torna a sedersi, accavalla le gambe e poggia il bicchiere sulla scrivania.
-Ora io ti dico che la mosca si è nutrita di tutto il veleno possibile e ha cominciato a bucare la ragnatela. Peccato che mio padre sia morto, mi sarebbe piaciuto vedere la sua faccia in quest’occasione. Quella ragazzina insignificante è quasi arrivata a noi. Lockwood si è fatto ammazzare pensando che sarebbe riuscito ad arrivare a lei attraverso Roy. Primo tentativo fallito. Ci hai riprovato tu Lucas, stamattina, con un altro dei nostri uomini più fidati e lui che fa? Non solo manca il bersaglio, ma si fa anche vedere in faccia e sparisce dalla circolazione. E ora siamo costretti a trovarlo prima della polizia, perché messo alle strette potrebbe vuotare il sacco per salvarsi da noi. E tu… con chi te la prendi? Con quei due poveri morti di fame!-
Lui ride divertito, guardando Lucas che ha ancora il bicchiere intatto in mano, ma ci mette un secondo a trasformare l’espressione divertita in ghigno sprezzante.
-Scegliamo i migliori, mi hai detto tempo fa, perciò di cosa ti lamenti? Il miglior cecchino dopo Lockwood ha fallito ed è scappato. Non è tornato all’ovile, perché sa che con noi non si deve sbagliare. Noi non diamo seconde occasioni, sa che se lo prendiamo la sua vita non varrà niente.-
-Cosa credi dovrei fare allora?-
Chiede Lucas abbassando lo sguardo. Dopo una vita intera vissuta insieme, non è ancora riuscito a liberarsi del timore che i suoi occhi gli trasmettono fino a dentro le viscere.
-Come fai ad essere così calmo? Quell’uomo è pericoloso!-
-E la colpa di chi è, Lucas? IO dovrei uccidere te!-
La voce suadente di poco prima comincia a diventare dura.
-Se Montgomery fosse morto diciannove anni fa, ora non dovremmo preoccuparci di quella donna. Ma dobbiamo farlo. E dobbiamo farlo al più presto, perché dopo il secondo attentato, niente la fermerà! O credi di averla spaventata? Beve un altro sorso di scotch, gustandolo come il precedente. Ringraziando il cielo, siamo riusciti a intercettare il plico che Roy ha spedito prima di essere ucciso. Con quei documenti ci avrebbe distrutto. Tutta la piramide sarebbe crollata. Ma questo sempre grazie a me, sempre grazie alla mia lungimiranza, non certo per la tua competenza… o quella di mio padre!-
Qualcuno lo interrompe bussando e aprendo la porta simultaneamente.
-Signore, ha chiesto di essere avvertito immediatamente. L’hanno trovato, cosa vuole che facciamo?-
-Lo ammazzerò con le mie mani…-
Esordisce Lucas, ma viene interrotto bruscamente.
-TU FARAI COSA?-
Ora Lui è davvero arrabbiato, tanto che sul viso di Lucas si dipinge la stessa espressione dei due usciti poco prima dalla stanza.
-Tu non farai niente, niente che non deciderò IO! Fallo portare al magazzino e aspettate mie disposizioni e… Lucas, niente droga o tranquillanti, trattatelo bene. Se gli torcete un solo capello o lo ferite in qualche modo, ti taglio la gola personalmente. Ora vattene, devo pensare.-
Si volta verso l’uomo che indugia ancora alle sue spalle e solo con lo sguardo lo incenerisce. Lucas fa un cenno di assenso col capo, posa il bicchiere intatto sulla scrivania e si chiude la porta alle spalle, mentre Lui lo liquida velocemente accompagnandosi con un gesto stizzito della mano.
Rimasto solo nel suo studio, fissa la sua sagoma nella penombra della finestra. Il buio fuori la fa sembrare uno specchio, riflette le figure, ma non le rende reali. Pensa che è ancora un bell’uomo, nonostante i suoi 64 anni. Fisico asciutto, capelli ancora intatti, tranne che per il fatto che si sono ingrigiti. Gli danno un tono in più di eleganza. I suoi lineamenti sono ancora distesi e i suoi occhi grigi, freddi e gelidi come il ghiaccio. La sua è sempre stata una famiglia in vista, ritenuta onesta e degna di rispetto, benestante, ma non eccessivamente ricca. Però per raggiungere i propri obiettivi bisogna essere ricchi, infinitamente ricchi e per questo bisogna sporcarsi le mani, altrimenti resti sempre una nullità! Suo padre aveva cominciato col mettersi in società con personaggi importanti nella malavita organizzata, la posizione che occupava gli consentiva di fare grossi favori e di conseguenza di poterne ricevere altrettanti.  Poi diciannove anni prima, il colpo di fortuna… l’omicidio di Bobby Armen. Da tempo qualcuno si prendeva la briga di rapire alcuni esponenti importanti della mafia locale per richiedere un riscatto senza lasciare traccia. Ma la morte accidentale di Armen aveva rovinato tutto e Lui e suo padre avevano preso la palla al balzo, chiudendo tutti e due gli occhi in cambio dei riscatti. Quel denaro e quel ricatto erano stati una vittoria per il vecchio e il grande inizio per Lui. Soldi che sono aumentati nel corso degli anni, grazie ad amicizie ed alleanze con qualsiasi genere di persone. Adesso, con la posizione che ricopre e il denaro sparso in ogni banca del paese, può tutto, su tutto e su tutti. Ha potere decisionale di vita o di morte o di distruzione. E così deve essere fino alla fine dei suoi giorni. Il futuro non lo interessa, non si è mai sposato e di conseguenza non ha un erede. Quello che ha e quello che ancora deve ottenere è solo per se stesso, per goderne appieno adesso.
E questo qualcosa si chiama Potere.
Avere potere sulla vita delle persone rende invincibili. Potere unito a denaro rende immortali agli occhi degli altri, per la gente comune, per i posteri. Ha preso tutto quello che ha voluto, eliminando ogni ostacolo per lasciare solo la  grandezza del suo nome e del bene che tutti credono abbia fatto alla città. Poco importa  come lo ha ottenuto. Il fine giustifica i mezzi, specialmente quando il fine giustifica il suo potere. Non sono stati Johanna Beckett e i suoi insignificanti colleghi a fermarlo 13 anni prima, non sono stati l’improvvisa presa di coscienza di Raglan o l’arresto di McCallister a mettergli i bastoni tra le ruote, non è stato Roy Montgomery a riuscirci qualche anno dopo e non sarà una mocciosa qualunque con il distintivo a farlo adesso.
Si accomoda sulla poltrona di pelle, accende un altro sigaro e aspira un paio di boccate del suo costosissimo Havana. Apre un fascicolo con la copertina rossa, che spicca come una grossa chiazza di sangue sul vetro nero e lucido della scrivania. Il viso serio di una donna gli appare sopra altri fogli. Ci tamburella sopra le dita.
Sorride, prende il sigaro tra l’indice e il pollice e appoggia la parte accesa sopra la fronte della donna ritratta sulla foto e con estrema lentezza lo ruota, fino a che si forma un foro con i contorni ardenti e bruciacchiati.
-Sei una donna invisibile, inesistente Katherine… come tua madre! Per quanti buchi puoi farle, la ragnatela è troppo resistente per rompersi. Stavolta il ragno ti inghiottirà.-


Continua...




Angolo di Rebecca:

Il prologo era piccolino, così ho pensato bene di aggiornare già con il 1° capitolo,
sperando di avervi fatto piacere.
Per il prologo non ho voluto appositamente aggiungere niente, era solo per presentare la storia,
ma adesso permettetemi di soffermarmi un momentino soltanto.

Come avete visto, inizio da una quarta serie tutta mia, dove l'attentato al cimitero si conclude senza feriti e con... l'inizio di altro...
E' obbligatorio per me ringraziare Valeria (Vulpix), che mi ha supportata e soprattutto, sopportata nelle mie paranoie su questa storia e forse,
senza il suo aiuto e una sua buona parola a quest'ora non sarei arrivata alla sua "quasi fine".
Anche ilvideo che avete visto è stata opera sua, cioè io l'ho montato e realizzato, ma senza di lei,
me lo sarei guardata da sola, perchè You tube, proprio non ne voleva sapere di caricarlo... ma lei è stata più furba...
Brava e Grazie :)
https://www.youtube.com/watch?v=2s-KuhQpmgc&context=C4af9256ADvjVQa1PpcFMPU4o_DzxS01_5u0m0KC6301Qx0LLPxRo=
Che altro dire? Solo abbiate pazienza, se continuerete a seguirmi e...
Buona lettura, sperando che i miei Castle e Beckett, rispecchino la realtà e possiate amarli come li amo io in questa storia.

<3

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Capitolo 3
*** 'Abbiamo Chiuso!' ***


...Sorride, prende il sigaro tra l’indice e il pollice
e appoggia la parte accesa sopra la fronte della donna ritratta sulla foto e con estrema lentezza lo ruota,
fino a che si forma un foro con i contorni ardenti e bruciacchiati.
Sei una donna invisibile, inesistente Katherine… come tua madre!
Per quanti buchi puoi farle, la ragnatela è troppo resistente per rompersi.
Stavolta il ragno ti inghiottirà...

 

 

La Resa Dei Conti

*
'Abbiamo Chiuso!'
 *
2° Capitolo

 

Quando  Castle torna al distretto, la scrivania di Beckett è vuota e i colleghi sono immersi in un mare di carte, che però non sembrano interessarli realmente.
-Notizie del cecchino? Ho visto l’identikit al telegiornale. Non parlano d’altro che dell’attentato di stamattina, mostrando la faccia di quel tizio.-
-No nessuna Castle. L’intero corpo di polizia di New York gli  sta dando la caccia, ma ancora niente!-
-Dov’è Beckett?-
-E’ andata a casa.-
-Dici sul serio? Se ne è andata in pieno fermento?!-
-Ha rifiutato la scorta e… si è presa le ferie… almeno così ha detto!-
Risponde Esposito, serio e arrabbiato e Ryan lo segue a ruota.
-E come se non bastasse si è portata dietro tutti i fascicoli riguardanti il caso di sua madre.  Si sporge leggermente verso Castle e abbassa la voce. Compresi quelli che non dovrebbero uscire da qui.-
-Perché? Si può sapere che le prende? Hanno tentato di ucciderla di nuovo e se ancora non ci sono riusciti è stata solo fortuna!-
-Ha qualcosa in mente, qualcosa di pericoloso che non mi piace per niente e ci sta sbattendo fuori Castle, qualunque cosa sia!-
Esposito è amareggiato. Farebbero qualunque cosa per lei e lei questo dovrebbe saperlo. Invece si è chiusa a riccio come i primi anni, come prima che Richard Castle arrivasse al distretto a mettere sottosopra la vita lavorativa e personale di tutti.
-Perché non provi a parlarle?-
La butta lì Ryan.
-Parlarle? Come se non l’avessi già fatto prima della morte di Roy!-
Istintivamente si girano tutti e tre a guardare verso l’ufficio del capitano e lui abbassa lo sguardo e stringe i pugni.
‘Sai che ti dico Castle… Abbiamo chiuso!
Le parole di Beckett tuonano dentro alle orecchie fino ad arrivare al cervello ed esce senza dire altro.
Mentre guida, si rende conto di essere troppo arrabbiato e che si sta sfogando con l’acceleratore correndo più del necessario, frena di botto e s’inventa un parcheggio praticamente in mezzo alla strada.
Sta diventando buio e sul sedile accanto a lui delle terribili ombre gli fanno compagnia. Ombre scure, di pericolo, di morte… quella di Kate.
Fa un sospiro chiudendo gli occhi. La razionalità gli dice che deve tornare a casa da sua figlia. Dimenticarsi di quella donna che lo sta chiudendo fuori ancora una volta, senza un perché.
Avrà fatto milioni di sbagli nella sua vita, ma con lei ha sempre cercato di esserci, soprattutto per questa faccenda.
Eppure lo sta sbattendo fuori ancora. E come se non bastasse sta facendo il vuoto intorno a sé, mettendo fuori anche Esposito e Ryan.
Fa un altro sospiro e comincia a pensare ancora con il cuore, con il sentimento; con quella parte di lui che la mattina, dopo quello sparo, gli ha tolto anni di vita. Li sta allontanando perché tutti quelli che le sono vicino in un modo o nell’altro l’abbandonano… muoiono.
In questo momento è troppo fragile, ma solo negli affetti. Farebbe qualunque cosa per proteggere chi ama e lo sta facendo pensando stupidamente di allontanarli dalla sua vita. Che qualcuno punti su di lei un’arma, magari quando esce di casa o la faccia saltare in aria con una bomba, è personale. Ma quella mattina al cimitero, poteva restare ucciso chiunque e questo l’ha sconvolta.
L’ultimo in pericolo è stato lui, quando si è gettato addosso a lei per proteggerla.
Fa inversione e si ritrova sotto casa sua.
Resta davanti alla porta per parecchi minuti, prima di avere la forza di bussare ancora, come un paio di sere prima.
Quella sera lei gli ha detto praticamente che loro due, insieme, non sono niente!
Non è vero…
Scuote la testa pensando a cosa dirle, quando la porta si apre.
-Hai intenzione di restare lì davanti ancora per molto?-
Lui la guarda, sorpreso che avesse sentito la sua presenza.
-Sono allerta, c’è qualcuno che mi vuole morta e tu non dovresti metterti dietro la porta di una che si sente minacciata e che dorme con un’arma sotto al cuscino!-
Mentre parla e sventola la pistola in aria, si gira per tornare in salotto, lasciando la porta aperta.
Castle entra e la richiude dietro di sé.
-Che vuoi? Fa in fretta, così poi te ne puoi andare… perché non te ne andrai prima di aver fatto uno dei tuoi bellissimi discorsi, giusto?-
-Perché fai così?-
-Perché quello che c’era da dire lo abbiamo detto l’altra sera.-
-No, ti sbagli. Tu hai detto. Io no!-
-Già è vero. L’ultima parola deve essere sempre tua! Per questo hai assecondato Montgomery? Per questo sei venuto all’hangar quando ti ha chiamato? Per avere l’ultima parola nonostante ti avessi chiesto di andartene?-
-Non mi ha detto cosa aveva in mente. Ho solo ascoltato la richiesta di aiuto di un amico.-
-Tu hai cosa? La richiesta di un amico? Sapevi benissimo che era un suicidio e non hai fatto niente per fermarlo. Non dovevi venire. Non dovevi portarmi via a forza da lì. Io potevo aiutare Roy. Potevamo prendere Lockwood e farlo parlare e…-
-Voleva che ti portassi lontano da lì!-
-Se fossi rimasto fuori da questa storia, se non mi avessi portato via, forse lui sarebbe ancora vivo!-
-O forse sareste morti entrambi. Questa storia sarebbe finita, Montgomery si sarebbe sacrificato per niente e tutti saremmo a casa, affranti per il dolore, ma con la parola fine scritta all’ultima pagina del libro.-
Mentre gesticola camminando su e giù per la stanza, si rende conto di avere alzato la voce e lei risponde con lo stesso tono.
-Proprio non vuoi sparire? Cosa vuoi da me Castle? Qualunque cosa tu voglia da me, io non posso dartela!-
Si lascia andare sul divano, con la pistola tra le mani e gli occhi fissi sul tavolino davanti a lei. Castle china la testa dandole le spalle.
-Non è necessario che mi sputi addosso che è morto perché io gliel’ho permesso. Lo so da me che è così! Ma che potevo fare? Mi ha chiamato all’improvviso… ‘Qualunque cosa succeda, tu non fare domande e portala via!’ Questo mi ha detto. Vi avrebbero uccisi tutti e due Beckett. Montgomery sapeva che l’unico modo di far uscire Lockwood allo scoperto era dargli te. Tu dovevi esserci all’hangar, ma dovevi uscirne viva… ed io… ho capito le sue intenzioni solo quando sono arrivato lì… non ho potuto fare altro!-
Finisce la frase in un sussurro. E’ ancora di spalle, ma Beckett sa che sta piangendo, che sta soffrendo quanto e più di lei.
-Vattene!-
Sussurra  lei con voce monotona, senza nessuna intonazione, ma Castle si volta, percorre velocemente il metro che lo separa dal divano e le si china davanti.
-Stamattina ho creduto che fossi stata colpita. Per un attimo non ho respirato, non ho sentito le grida attorno a noi, non ho visto altro attorno a me. Non ho pensato neanche che mia figlia era lì, fino a quando la tua mano nella mia e la tua voce mi hanno riportato alla vita… mi chiedi cosa voglio da te? Voglio solo che resti viva. E non per tuo padre, o per Josh, o per te stessa… voglio che resti viva   p e r   m e!-
-Va via Castle.-
Sussurra ancora senza guardarlo, perché se lo guardasse, se si soffermasse un solo istante dentro l’azzurro dei suoi occhi, dentro al dolore che esprimono, lascerebbe perdere ogni cosa. Il drago, il killer, la morte di sua madre, il caso. Non esisterebbe più niente di tutto questo. Si accuccerebbe tra le sue braccia e si lascerebbe cullare come quando la cullava sua madre da bambina. Ma non è la cosa giusta da fare, non in quel momento! Si rende conto che lui sta ancora parlando.
-Hai detto che non siamo niente tu ed io… ma se stamattina quel proiettile avesse colpito me, tu cosa…-
Non riesce a finire la frase perché l’emozione lo blocca e abbassa lo sguardo. A questo punto è lei che finalmente alza gli occhi…
Se quel proiettile avesse colpito te!
Lo guarda amareggiata, solleva la mano e gli appoggia le dita sulla guancia, mentre abbozza un impercettibile sorriso. Eccolo quel desiderio di lasciarsi cullare da lui.
-Kate ascolta…-
La voce di Castle la risveglia da quel contatto e si alza di scatto puntandogli la pistola contro.
-Non devo ascoltare niente, perché tu non hai più niente da dire.-
Il tono è di nuovo alterato e Castle risponde ancora più arrabbiato.
-Dovrei spaventarmi perché mi punti contro una pistola? Vuoi davvero spararmi? Fallo Beckett, sparami, arrabbiati, agisci. Fa qualcosa maledizione, ma non chiudermi fuori. Non è vero che non siamo niente tu ed io e non è così solo per me… non negarlo!-
-Qualunque cosa siamo, siamo stati o avremmo potuto essere non ha importanza.-
-Perché lo hai deciso tu, Dio in terra?  Sto cercando in ogni modo di farti capire cosa sei per me, sempre con la paura di fare o dire qualcosa di sbagliato, perché ogni volta che riesco a fare un passo che mi avvicina a te, tu sei già a chilometri di distanza, da sola o con qualcun altro che non c’è… non c’è mai, nemmeno adesso… è questo quello che vuoi? Josh? Allora dov’è?-
-Non mettere in mezzo Josh, mi ha chiamata, sono io che gli ho detto di non venire, non c’entra niente con questa storia!-
-Questa storia sei tu Kate! Sa che hai rischiato di essere uccisa e lui che fa? Ti chiama!? Avrebbe dovuto fiondarsi qui alla velocità della luce!-
-Basta Castle, non sono affari che ti riguardano.-
-Io ti ho spinto a riaprire il caso di tua madre, perciò mi riguarda.-
-Non ti voglio più vedere Castle.  Prenderò quell’uomo a modo mio e tu non fai parte di questo modo!-
-Ti ucciderà Kate!-
Le sue urla sono diventate improvvisamente solo un sussurro e la scena successiva è un deja vù di un paio di sere prima. Lei si dirige  all’entrata sempre con la pistola in mano, apre la porta e gli fa cenno con la testa di uscire.
-Così sia allora. In un modo o nell’altro scriverò la parola fine all’ultima pagina del libro!-
Castle le passa vicino per uscire, ed è come se tutto si svolgesse a rallentatore. La guarda soffermandosi un solo istante. Un istante in cui il verde e l’azzurro intenso si mischiano per creare una sfumatura di colori e sentimenti vividi e tanto forti da elettrizzare l’aria. L’arcobaleno si spezza all’improvviso quando lui  riporta lo sguardo davanti a sé, sul muro grigio del pianerottolo oltre la porta. Niente colore, niente sfumature, solo grigio, freddo e pungente!
-Tua madre amava la verità e la giustizia. E’ morta per questo. Ma credi davvero che sarebbe felice di vedere cosa stai per fare? Credi davvero che l’unica cosa che avrebbe voluto da te, è questa giustizia? Io non lo credo Kate, non se il prezzo da pagare è la vita che lei ti ha donato!-
Esce e sente la porta chiudersi lentamente dietro di sé. Lo scatto della serratura lo fa sussultare. Quella serratura ha definitivamente chiuso il cuore di Beckett. Niente l’avrebbe riaperto. Niente l’avrebbe distolta da quella che ormai è diventata una missione per lei; prendere il mandante dell’omicidio di sua madre? No, non più. La sua adesso è una missione suicida. L’unico modo di mettere al sicuro le persone a cui vuole bene è allontanarle e scovare da sola il drago e se necessario, farsi uccidere per questo! Niente di più stupido.
Invece di andarsene, si lascia sedere a terra con le spalle appoggiate alla porta, si sente sfinito.
Sarebbe così semplice Kate, se solo riuscissi a lasciare cadere l’inferriata con cui hai recintato il tuo cuore. Basterebbe che mi guardassi davvero, come ti guardo io. Basterebbe solo questo per liberarti dalla paura di restare sola, perché così sei sola comunque… e io non riesco a sopportarlo. Ti amo. Possibile che tu non riesca a capire quanto ti amo e che lasciare perdere questo caso ti riporterebbe in vita? Possibile che tu non riesca a capire che non ti lascerei mai da sola, mai!?!-
Anche lei appoggia le spalle alla porta e si mette le mani sulla fronte. Nella destra stringe ancora la pistola e piano, si lascia scivolare sedendosi a terra. Non si rende conto di stare piangendo, finché non sente i palmi delle mani umidi.
Sarebbe tutto così semplice. Non ci vuole niente. Un secondo… un secondo soltanto per perdermi nei tuoi occhi e dirti che ti amo, che sei il mio respiro, che adoro il ragazzo più divertente della scuola con cui sono andata in giro finora, che sei una ragione valida per tornare a vivere… ti amo Rick e vorrei che tu potessi sentire i miei pensieri, solo così avresti modo di conoscerli, perché non li sentirai uscire dalla mia bocca, almeno fino a quando questa storia non sarà finita. Vorrei avere la forza di aprire la porta e stringerti tra le braccia, perché lo so che sei ancora qui. Ti sento, sento il tuo dolore e anche la tua rabbia. E ti amo ancora di più! Ma non posso. Non posso fermarmi adesso. Anche se lo facessi, continuerei ad essere in pericolo e voi lo sareste tutti insieme a me e questo non me lo posso permettere. Se perdessi anche solo uno di voi, dopo Roy, io non potrei più davvero vivere sapendo che la causa sono io. Questa storia deve finire, adesso e a modo mio. Solo dopo ci potrà essere un domani. Stammi lontana Rick ti prego.
Come se davvero avesse sentito i suoi pensieri da dietro la porta, Castle si alza lentamente e ancora più lentamente va verso le scale.
Non ti permetterò di farti ammazzare. Lo devo a Montgomery… e anche tu!
 
Il magazzino è avvolto dalla penombra, illuminato in un angolo solo da una piccola lampada poggiata su un paio di scatoloni addossati al muro.
Lucas e altri due uomini sono in piedi vicino alla porta.
-Si può sapere perché sono ancora vivo? Cosa state aspettando?-
La voce dell’uomo arriva dalla parte opposta alla lampada, così da avere il viso bene illuminato, mentre i tre che lo osservano restano al buio. E’ seduto su una sedia, con le mani incrociate sullo stomaco e tre pistole puntate addosso.
-Hai così tanta voglia e fretta di morire?-
-Ho capito. Il capo è così arrabbiato che vuole tagliarmi la gola di persona, vuole togliersi lo sfizio!-
-Se non la pianti, ti faccio smettere io di…-
Lucas si avvicina con il pugno alzato verso l’uomo, ma viene fermato dal botto dalla porta alle sue spalle, che viene spalancata con forza.
-LUCAS!-
L’uomo si gira, abbassa lentamente il pugno e deglutisce.
-Mi sembra di averti ordinato esplicitamente di non toccarlo!-
-Io…-
Ma Lui lo zittisce ancora una volta solo con il movimento della mano. I suoi passi rimbombano lenti nel silenzio totale che si è venuto a creare, prende una sedia e si sistema davanti all’ospite, guardandolo fisso negli occhi per un paio di minuti buoni, senza muovere un muscolo o dire una sola parola. Dopo un po’ accende un sigaro, aspira una generosa boccata, si sistema meglio sulla sedia accavallando le gambe e poggia una valigetta a terra accanto a sé.
-Allora Freeman. Hai mancato il bersaglio come un principiante!-
-Se lo scrittore non si fosse messo in mezzo…-
-A me non importa niente dello scrittore. I SE, nel mio vocabolario non esistono. Non solo! Ti hanno anche visto in faccia e fatto un identikit.-
-D’accordo. Ho fallito… e con lei questo significa morire.  Perché sono ancora vivo allora?-
-Perché IO ho deciso che devi vivere, per portare a termine il lavoro.-
-Dopo aver fatto una plastica facciale magari!-
Risponde Freeman sarcastico.
-E’ proprio il fatto che tutto il mondo conosce la tua faccia, che ti ha salvato la vita. Per lo sbaglio che hai fatto dovresti già essere in fondo al fiume. Ma a me è venuta un’idea, che può essere buona anche per la tua vita!-
-Non capisco!-
-Tu ucciderai Beckett. Te la offro su un piatto d’argento. Farò in modo che te la trovi davanti, a meno di 20 cm di distanza, così non potrai sbagliare.-
-Continuo a non capire…-
-Te lo spiego subito, amico mio. Faremo in modo che il detective Beckett venga da te, ho un piano e sono sicuro che abboccherà… perché? Perché dopo la morte di Montgomery e l’attentato alla sua persona, avrà i nervi a fior di pelle e l’adrenalina pronta a scuoterla. Farà qualunque cosa per arrivare alla verità, anche andare incontro alla morte… ne è capacissima. E tu, caro Freeman, non hai altra scelta!-
Fa segno verso gli uomini alle sue spalle, armati fino ai denti.
-Ti sto dando la possibilità di restare vivo, di rifarti la faccia e di ricominciare a lavorare.-
Apre la valigetta posata a terra poco prima e mostra il contenuto, è piena di biglietti da cento dollari.
-Devi solo fare esattamente come ti dico…-



Continua...


Angolo di Rebecca:

Dopo la morte di Montgomery, i nodi vengono al pettine e loro non sono capaci di gestirli.
Non riescono ancora a gestire un dolore, che è uguale per entrambi, ma con sensi di colpa differenti
e lei... si chiude di nuovo nel suo guscio, senza possibilità di tornare indietro!

Di Lui che dire? Lo state conoscendo lentamente, proprio come agisce lui e,
come ho risposto a molte di voi,
io amo quest'uomo, la sua cattiveria, la sua calma, la sua sicurezza...
un cattivo con la C maiuscola!
Peccato sia il personaggio negativo della storia.

Grazie per la vostra affettuosa attenzione <3

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Capitolo 4
*** Il Cecchino ***


...Tu ucciderai Beckett. Te la offro su un piatto d’argento. Farò in modo che te la trovi davanti,
a meno di 20 cm di distanza, così non potrai sbagliare.
Devi solo fare esattamente come ti dico…


 

 


La Resa Dei Conti

*
Il Cecchino
 *
3° Capitolo



 
Strani brividi che partono dalla schiena per estendersi al resto del corpo, scuotono Beckett da quello stato di passività assoluta che l’ha colta dopo l’uscita di Castle da casa sua… dalla sua vita.
Solleva la testa, che fino ad allora ha tenuto tra le ginocchia e si rende conto di essere ancora rannicchiata nella stessa posizione di quando lui è andato via; come se in quei minuti, non sa dire quanti, dieci, venti o forse mezz’ora, la sua vita si fosse fermata ai piedi di quella porta.
O forse si è fermata un paio di notti prima, dentro ad un hangar, davanti al corpo senza vita del Capitano Roy Montgomery. Da lui è partito tutto e a lui si è fermato tutto, anche la sua vita, la sua capacità di pensare, di agire.
Roy ha commesso un errore in gioventù e ha fatto di tutto per redimersi, ma a lei… a lei avrebbe dovuto raccontarlo molto tempo prima, avrebbe dovuto darle la possibilità di arrivare alla verità. Glielo doveva! Invece ha pensato bene di espiare con la sua vita, portandosi dietro ogni cosa, ogni segreto, ogni cattiveria, senza pensare che lei non sarebbe riuscita ad andare avanti. Avrebbe voluto odiarlo, ma non poteva. Lo ha amato e lo ama ancora come un padre, perché questo è stato per lei. Un padre! Un padre che quella sera si è servito della persona più vulnerabile verso di lei,  per portare a termine il suo piano di redenzione. Castle! Avrebbe potuto chiamare tutta la squadra, lo avrebbero seguito nonostante tutto, ma non li avrebbe mai messi in pericolo per un guaio che aveva innescato lui e si è rivolto a Castle. Non è un poliziotto, non poteva partecipare attivamente all’azione, ma avrebbe fatto di tutto per allontanarla.
Li odio! Tutti e due…
Finalmente si scuote dal torpore e si tira su, con difficoltà, come se in quei minuti trascorsi accovacciata con le spalle alla porta, fosse invecchiata di colpo di parecchi anni e le sue membra si fossero atrofizzate. Se solo fosse vero, se solo riuscisse davvero a odiarli tutti e due, ora sarebbe libera e non avrebbe freddo!
Brividi, non a fior di pelle, ma all’interno delle vene. Un gelo che comincia a farla tremare improvvisamente dopo che è riuscita a mettersi in piedi.
Va verso la cucina, ha bisogno di bere, ma non il solito buon vino rosso. Ha bisogno di qualcosa che le arrivi a bruciare fin dentro l’anima.
Prende una bottiglia di vodka e ne versa due dita in un bicchiere, appoggia una mano sul mobile e con l’altra manda giù la vodka in un solo sorso. Sente il liquido ghiacciato scendere caldo e pungente dalla gola allo stomaco, ma ancora non basta. Ripete l’operazione, riempiendo il bicchiere fino all’orlo.
Il cellulare squilla sul tavolino del salotto e lei si volta a guardarlo. La casa è praticamente al buio, le uniche luci accese sono la lampada all’entrata e quella nell’angolo del salotto vicino alla finestra. La luce del display del telefono che squilla le appare come quella di un faro impossibile da raggiungere, in mezzo alla tempesta che è al momento la sua vita. Beve tutto il contenuto del bicchiere, lo poggia sul ripiano del mobile e si avvicina al tavolino sospirando.
Oh, Castle, ti prego… 
Ma il numero è privato. Si siede sul bracciolo del divano e preme il tastino verde, corrucciando la fronte.
Chi diavolo sarà… 
 -Beckett!-
                                    
Castle si lascia andare pesantemente sul divano, appoggia la testa sulla spalliera e si sofferma a guardare un punto imprecisato del soffitto. E’ entrato in casa al buio e non si è accorto che sua madre è seduta nella zona soggiorno, illuminata solo dalle luci della città fuori dalla finestra, a sorseggiare un buon bicchiere di scotch.
-Non hai una bella cera Richard!-
Lui sussulta e si alza di scatto girandosi verso il punto da cui arriva la voce.
-Mamma! Non… non ti avevo visto.-
-Me ne sono accorta. Mi spiace di averti spaventato.-
-Che fai qui al buio?-
Le chiede mentre accende una delle lampade.
-Quello che fai tu. Cerco di cacciare la stanchezza dal corpo e di fare addormentare il cervello, ma non mi riesce bene. Il corpo continua ad essere stanchissimo, il cervello invece è rimasto in quel cimitero e non fa altro che sentire l’eco di uno sparo.-
Sospira, si alza stancamente dalla poltrona, si versa altre due dita di scotch, facendo altrettanto in un secondo bicchiere.
-Bevi ragazzo, hai l’aria di averne un immenso bisogno.-
Lui prende il bicchiere e guarda distrattamente il liquido ambrato.
-Dove sei stato Richard?-
-Al distretto, ma non ci sono novità!-
-Avessi avuto 15 anni ora saresti in punizione per una settimana.-
Castle alza lo sguardo dal bicchiere e corruccia la fronte, non riuscendo a capire le parole di sua madre.  
-Non eri al distretto. Questa bugia ti sarebbe costata anche due settimane di paghetta. Ti ho chiamato. Alexis era preoccupata e visto che eri irraggiungibile, ho telefonato lì. Ryan mi ha detto che eri andato via già da due ore e non sapeva nient’altro.-
-Mi spiace, devo avere il telefono scarico. Sono stato a casa di Beckett… e poi a fare un giro.-
Sua madre gli si avvicina mettendogli la mano sul viso.
-Come sta?-
Invece di rispondere, lui manda giù finalmente l’alcool che ha dentro al bicchiere, tutto d’un fiato. Martha lo prende per mano e praticamente lo trascina verso il divano.
-Alla televisione hanno detto che l’hanno messa sotto protezione.-
-L’ha rifiutata. Se n’è tornata a casa e ha rifiutato la scorta. Dice che si prenderà del tempo per riprendersi, ma mente. Vuole cercare ancora, vuole l’assassino di sua madre e non si fermerà. Ho cercato di farla ragionare, l’ho praticamente pregata mamma, ma è testarda, cocciuta. Chiusa in quel suo mondo fatto solo di giustizia. Peccato che sia una giustizia tutta sua.-
-Non puoi fermarla Richard e se proprio vuoi la mia opinione, non hai nessun diritto di chiederglielo. Sai quanto ha sofferto per la madre e sai quanto soffre adesso per la morte di Montgomery.-
-Si farà ammazzare mamma!-
-E’ un poliziotto Richard!-
Si alza di scatto, camminando avanti e indietro nella stanza e passandosi più volte le mani tra i capelli.
-E’ nel mirino di un assassino che fino ad ora non si è fermato davanti a niente e a nessuno. Stamattina ci è quasi riuscito e io non ho capito più niente… io… io non lo sopporterei. Se le succedesse qualcosa… io…-
Man mano che parla il tono della voce da urlato, si affievolisce, fino a diventare solo un sussurro all’ultima frase, che non riesce nemmeno a terminare.
Martha gli prende le mani.
-Richard! L’unica cosa che puoi fare è starle vicino, ma questo implica che sei in pericolo anche tu e questa è una cosa che non possiamo sopportare né io, né Alexis.-
Lui corruccia la fronte, spaventato da quello che potrebbe dire sua madre.
-Cosa mi stai chiedendo mamma?-
-Non ti sto chiedendo niente Richard, solo ricordati che hai una figlia, delle responsabilità e che non sei un poliziotto. So che non lascerai perdere e certo non per divertimento. Che sei innamorato di lei lo sa anche lo scotch che hai mandato giù poco fa.-
Lui la guarda come se gli avesse fatto una rivelazione insensata e lei sorride.
-Richard, qualunque cosa tu voglia fare avrai sempre il mio appoggio, ma non aspettarti la mia benedizione per mettere in pericolo la tua vita. Stamattina potevate morire tutti e due… pensaci!-
Gli lascia le mani che ha stretto con forza fino a quel momento e si ritira in camera sua.
Castle beve un’altra buona dose di scotch e poi si lascia andare ancora una volta sul divano, sfinito dopo la lotta con Beckett, ma soprattutto sfinito da quella paura che non lo ha più abbandonato dopo la morte del capitano. Paura del cecchino, del killer, paura che Kate non lo perdoni per averla portata via dall’hangar, da Montgomery. Ma più di tutto ha paura di essere lui a non riuscire a perdonare se stesso, per avere spinto Beckett a riaprire il caso, per avere capito tardi le intenzioni di Montgomery, per averlo lasciato morire.
Perso nei suoi pensieri e nelle sue paure, si assopisce senza  accorgersi della ragazzina accovacciata sulle scale, che lo guarda con gli occhi pieni di lacrime e il cuore pieno di paura…
 
Detective Beckett!-
L’esclamazione le giunge all’orecchio sottovoce e roca.
-Chi parla?-
-Già! Chi parla! Voce sconosciuta di viso conosciuto. Sono quello che hai sbattuto in prima pagina e su tutti i TG!-
Il cuore di Beckett comincia ad accelerare, anche troppo. Per un attimo ha la sensazione che corra così veloce, da collassare da un momento all’altro. Al telefono c’è l’uomo che al mattino ha tentato di ucciderla, sbagliando per un soffio.
-Potresti essere chiunque per quanto mi riguarda.-
Risponde lei cercando di mantenere la calma per non far tremare la voce.
-Dietro la prima lapide della seconda fila davanti al leggio… questo ai giornalisti non l’avete riferito. Un buon posto. Peccato che tu abbia un angelo in cielo che ti protegge.-
-Come hai avuto il mio numero?-
-Oh, andiamo detective. Il cecchino che tutta la città sta cercando ti telefona e tu sai solo chiedergli questo? Comunque ho le mie fonti! Allora, come ti senti? Non sei stravolta nemmeno un pochino?-
-Io sto benissimo. Tu piuttosto, come ti senti ad essere finito!? Prima o poi ti troveremo e nel frattempo hai smesso di lavorare!-
-Touché! Ma non illuderti che sia finita per te. Io ho fallito, ma domani ci sarà un altro che ti darà la caccia. E se sbaglia anche lui, ce ne sarà un altro, fino a quando non farai la fine del tuo amato capitano.-
A questa frase Beckett stringe la mano attorno al cellulare tanto forte da sentire dolore al palmo. Lui continua sottovoce.
-Non mi chiedi perché ti ho chiamata, detective?-
-Perché non ti cerca solo la polizia! Chi ti ha pagato l’acconto per la mia morte deve essere molto arrabbiato, il drago sta sputando fuoco e rischi di bruciarti, se dovesse trovarti prima lui.-
Dopo un attimo di silenzio l’uomo sorride sommessamente.
-Un’altra volta touché detective! Diciamo che so scendere a compromessi. A conti fatti, mi conviene più fare due chiacchiere con te, che finire incenerito dal fuoco del drago.-
-Che proponi? Ho una mente molto aperta!-
-Lavoravo con Lockwood, conosco l’identità del mandante dell’omicidio di Johanna Beckett e di tanti altri. Tu mi prometti l’immunità e io mi rimetto nelle tue  mani.-
-L’immunità? Scordatelo!-
-Ti sto dando l’assassino di tua madre su un piatto d’argento e la tua risposta è… scordatelo?-
-Al massimo posso parlare con il procuratore e trovare un modo per alleggerire la pena che ti meriti.-
Un attimo di totale silenzio le provoca un brivido per tutta la colonna vertebrale, fino a che la voce del suo killer la raggiunge nuovamente.
-Mi uccideranno anche in prigione.-
-No, se quello che hai da dire è interessante e riusciamo a tagliare la testa del drago.-
-Incontriamoci. Solo tu ed io. Voglio prima vagliare attentamente quello che hai da offrire. Voglio guardarti in faccia. Si dice in giro che Nikki Heat abbia degli occhi splendidi!-
Beckett sente uno strano calore salirle dalla bocca dello stomaco, fino al cervello. Non riesce a capire se è la vodka bevuta poco prima o solo la rabbia che si sta impossessando di lei. Se lo avesse avuto di fronte in quel momento, gli avrebbe sparato.
-Se sarò soddisfatto ti dirò tutto quello che so su di lui. Ma dovrai  proteggermi, questa gente non scherza. Io sono un cadavere che cammina e tu potresti essere la mia sola via d’uscita.-
-Credi davvero che io sia così stupida da fidarmi di te?-
-E’ un rischio che devi correre. Dovrai fidarti. Se vuoi che parli con te dovrai fare a modo mio. Casa tua è controllata… e non solo dai tuoi colleghi, perciò ci vedremo in un posto tranquillo, cerca di non farti seguire. Al porto, allo scarico merci, zona sud, alle 23.00 e vieni da sola o non se ne fa niente. Confido nella tua sete di giustizia, ma soprattutto sulla rabbia che hai addosso in questo momento. Vuoi mettere fine a tutto e prima lo fai, meglio è. Conosco i programmi che hanno in serbo per te e i tuoi amici. Faranno il vuoto attorno a te per raggiungerti. Un incidente stupido e la bella dottoressa si ritroverà in una delle celle frigorifere del suo obitorio, una sparatoria improvvisa in un vicolo per Esposito e Ryan… un’auto pirata contro lo scrittore… chi altro c’è… oh si, tuo padre…-
La voce diventata improvvisamente melensa, le sta provocando la nausea.
-Ho capito! Sei stato chiarissimo.-
Beckett chiude gli occhi. Sa perfettamente che è una trappola, ma sa anche che non scherza con le minacce contro la sua famiglia. Andando, potrebbe mettere fine a questo incubo.
-D’accordo. Allo scarico merci.-
La chiamata dall’altro lato viene chiusa e risuona il tu tu tu della linea interrotta. Sposta il telefono dall’orecchio e resta immobile a guardarlo, come se sperasse in un incoraggiamento da parte sua.‘Ti stai mettendo un bersaglio dietro la schiena’ le ha detto Ryan e quel bersaglio quella sera sarebbe stato di un colore giallo fosforescente, visibile al buio da molti metri di distanza, così da essere colpita senza errori. Ma non ha intenzione di tirarsi indietro. Ha la possibilità di arrestarlo e farlo parlare. Non solo per risolvere il caso di sua madre, ma soprattutto per mettere fine al pericolo che corrono ancora le persone che le sono vicine, come lui ha ribadito al telefono.
E’ un poliziotto, sa come difendersi ed è consapevole che andare al porto senza copertura è un azzardo. C’è la possibilità che lui la uccida, ma a questo punto è pronta a tutto.
Guarda l’orologio, sono le 21.45, ha ancora un po’ di tempo per prepararsi soprattutto psicologicamente. Controlla la pistola e mette un caricatore di riserva nella tasca del giubbotto. Esce da sotto al maglione la catenina con appeso l’anello di sua madre, lo accarezza e sospira. Meccanicamente ed istintivamente prende il telefono e schiaccia un tasto di chiamata rapida, ma quando appare il nome sul display, prima di premere il tasto verde si blocca. Sorride con aria malinconica.
Castle! Ma che sto facendo!? Rick come hai potuto farmi questo? Come hai potuto prenderti ogni cellula del mio corpo e ogni piccolo battito della mia anima? Nemmeno tu con la tua incoscienza, faresti una cosa tanto stupida come quella che sto per fare io. Se fossi qui mi diresti che sarebbe più facile incontrare un alieno allo scarico merci, che farmi dire il nome del drago… e avresti ragione. Ma arrivati a questo punto non ha molta importanza cosa succederà. In un modo o nell’altro tu e il resto della squadra sarete al sicuro!
Spegne il telefono risoluta e lo butta sul divano. Lo sguardo si posa sulla mensola della libreria. Appoggiata in bella vista, c’è l’ultima bozza corretta di Heat Rises.  Invece di aspettare l’uscita del libro, che sarebbe andato in stampa tra qualche settimana, Castle le aveva portato il manoscritto un paio di giorni prima della morte di Montgomery, per farglielo leggere in anteprima. Quella mattina, era andato a prenderla per accompagnarla al funerale. Quando era uscita dalla camera da letto pronta per andare, lo aveva trovato seduto sul divano, con il manoscritto tra le mani, intento a scrivere qualcosa a penna.
-Che fai?-
-Non avevo ancora scritto la dedica. Di solito la inserisco prima che vada in stampa… ma questa volta è diverso.-
Lei si era avvicinata per leggere, ma Rick aveva chiuso il manoscritto poggiandolo sulla mensola.
-E’ una dedica difficile… ma dovuta. La leggerai a tempo debito. Non ora!-
Si era diretto verso la porta ed erano usciti.
A tempo debito…
Prende il manoscritto e lo apre alla pagina della dedica.


“To the Capitan Roy Montgomery, NYPD.
He made a stand and  taught me all I need to know
about bravery and character.”


Accarezza il foglio con le dita e gli occhi le si riempiono di lacrime.
Una dedica difficile, ma dovuta…
Appoggia il manoscritto sul tavolino e in fondo alla dedica disegna un piccolissimo cuore con un pennarello rosso. Si asciuga le lacrime, si toglie la catenina, bacia l’anello e lo appoggia sul manoscritto, accanto al piccolo cuore. Mette il giubbotto e quando esce chiude con molta cura la porta di casa, come se avesse lasciato dentro qualcosa di prezioso. Ed è vero. Mentre scende le scale pensa che in casa ha lasciato il suo cuore e ha chiuso con cura per impedirgli di seguirla e restare così al sicuro. Se le fosse successo qualcosa, Castle entrando in casa lo avrebbe trovato e avrebbe continuato a proteggerlo ed amarlo come ha sempre fatto. E magari sarebbe anche riuscito a non odiarla.



Continua...


Angolo di Rebecca:

Stanotte niente Castle?
Ma ci sono io!!!
Faccio le veci della ABC e vi metto un episodio :-p
Beckett sta soffrendo molto, non vuole aiuto da nessuno
(facendo soffrire anche chi le vuole bene)
e sta per mettersi nei guai... grossi guai!!!
(Perchè non provate a farla ragionare voi... io non ci sono riuscita!)

Buona visione e...
ancora grazie per la vostra affettuosa attenzione <3

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Capitolo 5
*** Intrappolata Nella Ragnatela ***


...In fondo alla dedica disegna un piccolissimo cuore con un pennarello rosso.
Si asciuga le lacrime, si toglie la catenina, bacia l’anello e lo appoggia sul manoscritto, accanto al piccolo cuore.
Mentre scende le scale pensa che in casa ha lasciato il suo cuore e ha chiuso con cura per impedirgli di seguirla e restare così al sicuro.
Se le fosse successo qualcosa, Castle entrando in casa lo avrebbe trovato e avrebbe continuato a proteggerlo ed amarlo come ha sempre fatto.
E magari sarebbe anche riuscito a non odiarla...




 

La Resa Dei Conti

*
Intrappolata Nella Ragnatela
 *
4° Capitolo

 

Arriva al porto 15 minuti prima delle 23.00. Lascia la macchina vicino alla banchina della zona sud e si dirige allo scarico merci. Si nasconde dietro uno dei magazzini, controlla ancora una volta la pistola e si accuccia sulle ginocchia al buio.
Il silenzio è tale da poter essere definito assordante. Cerca di amplificare ogni senso, tiene gli occhi sbarrati e la pistola puntata verso il nulla, le orecchie tese per riuscire a captare qualunque rumore che non sia quel maledetto silenzio.
Alle 23.18 il suo amico non si è ancora fatto vivo. Una vocina dentro le orecchie continua a ripeterle che deve andarsene, correre lontano da lì. Ma la razionalità irrazionale del momento, continua a tenerla bloccata in quel posto ed in quella posizione.
Improvvisamente la luce traballante di una piccola torcia le appare davanti, si alza guardando attentamente puntando l’arma, ma si rende conto che qualcuno è anche alle sue spalle, solo un fruscio che però non le lascia il tempo di voltarsi. Sente qualcosa di morbido sulla bocca ed un braccio bloccarle le spalle. Un odore acre e pungente la costringe a chiudere gli occhi e consciamente si rende conto che i suoi sensi e anche la forza nei muscoli la stanno abbandonando. Il cervello è ancora cosciente, ma il suo corpo si lascia andare tra le braccia che la immobilizzano.
Voci concitate e soffocate le fanno eco dentro le orecchie, come se arrivassero dall’alto di una montagna.
Qualcuno le tiene la mano destra; due rumori fortissimi che non riesce a decifrare, rimbombano sempre dalla stessa montagna lontana. Poi il buio.
Quando riapre gli occhi è stordita, l’unica cosa che riesce a vedere è ancora il buio. Si mette seduta e si porta le mani alla testa. Ha ancora la pistola in pugno. Accende la piccola torcia che ha in tasca e guarda l’ora. Le 23.24. Qualunque cosa sia successa, sono passati solo 6 minuti. L’odore che l’ha fatta svenire era cloroformio, ne è sicura. Ma perché qualcuno avrebbe dovuto narcotizzarla per pochi minuti con un paio di gocce soltanto di quella roba? E soprattutto perché è ancora viva? Il cecchino avrebbe avuto tutto il tempo di ucciderla.
Cerca di alzarsi mettendo la torcia davanti a sé, ma inciampa e cade sopra qualcosa, punta il fascio di luce della torcia… non qualcosa…
Qualcuno!
Un uomo con due fori di proiettile nella schiena, giace davanti a lei con la faccia nel fango. E’ l’uomo dell’identikit. L’uomo che avrebbe dovuto ucciderla. Corruccia la fronte e piano si apre una strana idea nella sua mente e spalanca gli occhi per la sorpresa. Nello stesso momento un’auto della polizia a sirene spiegate si ferma davanti a lei, accecandola con i fari.
Uno degli agenti le punta contro una pistola e le intima di alzare le mani e di gettare via la sua arma.
Lei butta la pistola e si mette il braccio davanti agli occhi per evitare i fari accecanti.
-Calma ragazzi… sono una collega… calma… calma… ho detto che sono una collega.-
Uno dei due la afferra per il braccio e controlla i documenti.
-Detective Katherine Beckett, dodicesimo distretto, squadra omicidi.-
Legge ad alta voce l’agente che la tiene ben stretta, mentre l’altro è chino sul cadavere e si sta guardando intorno per capire cosa sia successo.
-Ehi Bill, guarda questo tizio, è l’uomo dell’identikit, quello che stamattina ha cercato di uccidere una collega al funerale del capitano Montgomery, ha due buchi nella schiena.-
Si alza e guarda in faccia Beckett.
-Voleva uccidere lei! Questa è sua?-
Chiede odorando la pistola che ha raccolto da terra e lei annuisceSi china a ricontrollare il cadavere e il terreno attorno a lui, ma non riesce a trovare nessuna arma.
-Apparentemente quest’uomo non era armato e la sua pistola ha sparato di recente. Può spiegarci perché si trova qui assieme al cadavere dell’uomo che ha tentato di ucciderla?-
Lei non risponde, ma si rende conto di essere in un mare di guai.
-Bene Bill. Chiama la scientifica e il medico legale. Leggile i diritti e metti le manette alla signora.-
-Aspettate un momento. Non l’ho ucciso io!-
Risponde Beckett guardando dietro di se l’agente che la sta ammanettando.-
-Questo lo stabiliremo al distretto e dopo l’autopsia. Chissà perché, ho come l’impressione che i buchi su questo cadavere siano uguali a quelli che provoca la tua pistola da distanza ravvicinata. Mi dispiace molto, ma sei in arresto… collega!-
 
Lucas socchiude la porta, la stanza è completamente avvolta dalle tenebre, fuori non c’è nemmeno la luna e solo il fumo del sigaro gli fa capire che Lui è seduto alla scrivania, di spalle e guarda fuori dalla finestra. Entra e richiude la porta silenziosamente.
-Freeman è morto e Beckett è stata arrestata.-
-Sei sicuro che non avete lasciato tracce di alcun genere?-
-Nessuna traccia, tranquillo. Lo scarico merci è un luogo trafficato, qualunque impronta di auto o scarpe non avrebbe senso. E per quanto riguarda il cadavere, il medico legale non avrà nulla di interessante da scrivere sul rapporto.-
Solo allora Lui ruota la poltrona, accende la lampada e guarda soddisfatto l’amico.
-E Freeman? E’ stato davvero tanto stupido da non capire niente fino alla fine? Ha creduto davvero che lo avremmo perdonato?-
Lucas annuisce.
-Si è messo davanti a lei con la pistola in pugno, non si aspettava che gli fossi dietro, quando l’ho chiamato, si è girato sorpreso. Il narcotico ha fatto effetto quel tanto da farlo accasciare a terra. Credo abbia capito di essere stato fregato un secondo prima che il nostro uomo sparasse con l’arma della poliziotta. Poveretto! E’ morto mentre gli toglievo la pistola dalla mano!-
La cartellina rossa è ancora aperta sulla scrivania, la fotografia di Katherine Beckett è ancora lì, con un buco bruciacchiato sulla fronte e lo osserva. Lui la stacca dal fascicolo, la avvicina al viso e passa delicatamente le dita sui contorni.
-La ragnatela ti si è attorcigliata attorno, nelle prossime ore il ragno ti mangerà piano, a piccoli morsi. Sei una persona finita!  Dopo essersi fatto una gran risata, guarda Lucas fisso negli occhi. Spero per te amico mio, che non sorgano altri intoppi, o la prossima testa a cadere sarà la tua. E quando dico cadere, intendo che te la stacco dal collo con le mie mani! Ora vattene, ho bisogno di riposare, domani sarà una giornata di lavoro infinita.-
Lucas esce dalla stanza, si appoggia alla porta e sospira.
Sono cresciuti insieme all’ombra del vecchio, di cui aveva sempre avuto timore. Era un uomo potente e cattivo, freddo e calcolatore, non guardava in faccia nessuno. Lo aveva preso sotto la sua ala protettrice dopo che suo padre era morto in circostanze misteriose; Lucas aveva anche avuto il dubbio che fosse stato una delle tante vittime immolate per la famiglia, ma aveva imparato fin da ragazzino, che nella famiglia era meglio non fare domande di alcun genere. Aveva studiato nelle migliori scuole, ed era entrato a far parte della cerchia degli eletti che mettono la vita al servizio del dio dell’Olimpo. Si era macchiato di tanti crimini per pulire gli errori di percorso della famiglia. Dopo la morte del vecchio, Lui si era rivelato degno erede del padre e nonostante fossero amici, fossero cresciuti praticamente insieme, quello che provava nei suoi confronti era vera e propria paura. Non faticava a credere che gli avrebbe staccato di netto la testa se qualcosa fosse andata storta.
 
Le hanno sparato… l’hanno colpita… presto chiamate aiuto, presto per favore, sta morendo… sta morendo!
Continua a gridare disperato mentre preme le mani sulla ferita che sputa sangue, uno strano rumore lo fa voltare, non capisce cosa sia, la paura offusca ogni cosa…
Apre gli occhi di colpo e si guarda le mani, le gira dal palmo al dorso. Per un attimo ha temuto di averle sporche di sangue, lo strano rumore che ha sentito nell’incubo continua a risuonare nelle orecchie. Si rende conto improvvisamente che è il vibro del suo telefono e che si è addormentato sul divano.
Guarda l’orologio, le due del mattino e il nome sul display è quello di Esposito.
-Javier che succede?-
Risponde spaventato. A quell’ora possono essere solo brutte notizie.
-Hanno arrestato Beckett!-
Non riesce a metabolizzare immediatamente la frase secca che gli arriva all’orecchio. Per un momento ha pensato che il suo incubo si fosse avverato e che l’amico stesse dicendo che il cecchino ci ha riprovato, riuscendo a ferirla o addirittura ucciderla. Ma Esposito non ha detto questo. Non ha detto l’hanno uccisa, ha detto l’hanno…
-…Hanno cosa?-
Ripete lui dopo essersi svegliato completamente e aver immagazzinato per bene la frase.
-L’hanno arrestata. L’hanno portata al ventunesimo, vieni che ti spiego.-
Esposito riattacca, senza aspettare che lui risponda e Castle resta a guardare il telefono per un attimo, corrucciando la fronte.
In che senso l’hanno arrestata?
Si strofina le mani sulla faccia, si alza, prende le chiavi della macchina e si dirige verso la porta, ma si blocca, quando sott’occhio nota un’ombra sulle scale.
-Alexis! Cosa ci fai seduta lì a quest’ora?-
-Ero preoccupata per te, devo essermi addormentata.-
-Ti… sei addormentata sulle scale? Preoccupata… per cosa?-
-Cos’è successo papà? Si tratta di Beckett?-
-Esattamente non lo so, ma si, si tratta di Beckett. Sto andando da Esposito per capirci qualcosa di più.-
-Papà…-
Cerca di dire mentre si alza, ma lui la zittisce dandole un bacio sulla fronte.
-Va a letto adesso, appena so qualcosa ti chiamo.-
Quando la porta si richiude, Alexis resta immobile, la mano stretta alla ringhiera e un nodo in gola che non riesce a mandare giù. Sale le scale per andare in camera, con la testa bassa e lentamente come se portasse un peso enorme sulle spalle.
Cerca di stare attento papà!


Continua...

 


Angolo di Rebecca:

Buona sera...
Mi abbasso per evitare quello che state tirando...
State pensando che potevo farvi passare il fine settimana tranquille
(Virginiaaaaaaaaa)
ma non è meglio sapere, che restare in ansia???
Ok, scappo!!!

P.S:. Forse il capitolo è piccolino, ma doveva assolutamente bloccarsi qui :-p
però prometto che il prossimo arriverà presto, magari al posto della ABC :D

 

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Capitolo 6
*** Stretta nella Morsa ***


-Hanno arrestato Beckett!-
…Hanno cosa?-
-L’hanno arrestata. L’hanno portata al ventunesimo, vieni che ti spiego.-
Esposito riattacca, senza aspettare che lui risponda e Castle resta a guardare il telefono per un attimo, corrucciando la fronte.
In che senso l’hanno arrestata?



 

La Resa Dei Conti

*
Stretta nella Morsa
 
*
5° Capitolo



 

Sono le 2.20 del mattino e al ventunesimo distretto sembra l’ora di punta, tanti sono gli uomini indaffarati a parlare al telefono, ad andare da una stanza all’altra e a discutere concitatamente tra loro. Quando Castle arriva al terzo piano dell’edificio, Esposito e Ryan stanno discutendo animatamente con un uomo sulla quarantina, leggermente brizzolato e un paio di baffetti sottili ben disegnati. Gesticola con un fascicolo sotto al braccio, le maniche della camicia arrotolate fino al gomito e una sigaretta spenta tra le labbra. Porta una pistola alla cintura e probabilmente è il capo.
-In quante lingue devo ripeterlo che non potete vederla, almeno finché non l’avrò interrogata.-
Sta dicendo mentre lui si avvicina.
-E lei chi sarebbe?-
Esposito li presenta.
-Detective Jason Nesbit, lui è Richard Castle.-
-Fantastico! Lo scrittore  mi mancava, ora c’è la squadra al completo!-
-Al completo per cosa? Dov’è Beckett? Che le è successo? Che significa che è stata arrestata?-
-Vedo che è capace di fare un interrogatorio signor Castle, i miei complimenti! A proposito di interrogatori, a detta dei colleghi qui presenti, molto probabilmente lei è stato l’ultimo a parlare con il detective Beckett, quando?-
-Mi sta interrogando ufficialmente, a che proposito?-
-Ahhh… lei mi piace signor Castle, risponde ad una domanda con altre domande.-
-E lei fa domande che io non capisco.-
-Rispondigli Castle, per favore.-
Lo riprende Ryan e lui sospira.
-Sono stato a casa sua qualche ora fa.-
-Specifichi qualche ora fa.-
-Saranno state le 21.00, abbiamo parlato di quello che è successo stamattina e poi me ne sono andato, mezz’ora dopo forse.-
-Quando è andato via, Beckett in che condizioni era? Castle solleva un sopracciglio. Intendo dire, era tranquilla, spaventata, preoccupata, depressa… cosa?-
-Stava bene. Allerta, visto che la vogliono morta, ma certo non depressa. Preoccupata si. Ora posso sapere che sta succedendo?-
-Glielo spiegheranno i suoi amici, io devo proprio andare.-
Gli da una pacca sulla spalla e si allontana.
-Nesbit!-
Lo richiama Esposito e lui si gira con l’aria sconsolata, togliendosi la sigaretta spenta dalla bocca.
-Posso solo permettervi di assistere dall’anticamera, niente di più… e non una parola!-
E con la stessa aria si dirige verso il suo ufficio.
-Assistere a che cosa? Si può sapere che succede?-
Chiede Castle sempre più confuso. Esposito e Ryan lo prendono per le braccia e lo trascinano nella stanza adiacente a quella per gli interrogatori.
Beckett è seduta dall’altra parte del vetro, le mani incrociate davanti a sé sul tavolo, i segni della stanchezza sono visibili sul viso e accentuati dalle profonde occhiaie.
-Ma che ci fa seduta lì dentro?-
Esposito risponde senza guardarlo, continuando a tenere gli occhi fissi su di lei oltre il vetro.
-Nesbit vuole interrogarla appena avrà i risultati delle analisi preliminari. Ha messo tutti al lavoro nonostante siano le 2 del mattino.-
-Analisi preliminari di cosa? Se magari mi spiegate!-
Castle alza le braccia al cielo sbuffando, comincia a sentirsi insofferente.
-Il killer è morto e lei era accanto al corpo con la pistola ancora fumante tra le mani.-
-Aspetta. Stai dicendo che il cecchino ha cercato ancora di ucciderla… e lei gli ha sparato? E perché l’hanno arrestata? E’ naturale che si sia difesa!-
-No. Risponde Ryan scuotendo la testa. Il cadavere era al porto, allo scarico merci. Gli hanno sparato due colpi alla schiena, a bruciapelo e lei era accanto al corpo, con la pistola ancora tra le mani e a quanto pare lui era disarmato… L’hanno arrestata per omicidio!-
-Omicidio? Al porto? Ma che diavolo…-
Prima che possa finire la frase, nella camera accanto entra Nesbit con un fascicolo in mano e si siede davanti a lei.
-Sono il detective Jason Nesbit, so che al momento ha rinunciato ad un avvocato, ma prima di cominciare vorrei essere sicuro che abbia capito i suoi diritti.-
Lei non risponde, lo guarda fisso negli occhi senza un minimo movimento, allora Nesbit riformula la domanda.
-Le ho chiesto se ha…-
-Ho sentito cosa ha chiesto. Sono un poliziotto, conosco i miei diritti… e prima di perdere tempo, non ho sparato io a quell’uomo!-
-Mm… però era al porto, di notte, accanto al cadavere con la pistola ancora in mano, mentre lui non era armato e sulla scena del crimine, fino ad ora, non è stata rinvenuta nessun’arma.-
Lei di nuovo non risponde.
-D’accordo! Vediamo di cominciare dall’inizio. Il tizio si chiamava Alec Freeman, almeno dai documenti che aveva addosso. Per noi questo nome non esiste, o per lo meno esisteva fino a qualche anno fa, quando un certo Alec Freeman è deceduto in Inghilterra alla veneranda età di 82 anni.-
-Era un killer di professione, evidentemente rubava le identità ai defunti per coprire la sua.-
Ipotizza lei senza un tono di voce particolre e Nesbit annuisce.
-Infatti dalle impronte non siamo risaliti a niente, perciò per il momento continueremo a chiamarlo Freeman. L’abbiamo identificato come l’uomo che qualche ora fa ha cercato di ucciderla durante il funerale del capitano Montgomery. Ho parlato con i suoi colleghi e con il capitano Johnston. Dopo l’attentato lei ha rifiutato la scorta di protezione e qualche ora più tardi,  per quello che ne sanno, è tornata a casa. Poi cos’è successo detective Beckett, quale evento l’ha portata al porto?-
Lei continua a sostenere il suo sguardo. Ha interrogato decine di indiziati, sa come si svolge un interrogatorio. Sa che qualunque cosa dirà, anche una sola virgola fuori posto, può metterla ancora di più nei guai. Quando ha visto il cadavere accanto a lei, con due buchi nella schiena e ha sentito le sirene, ha capito subito cosa stava succedendo. Il drago l’aveva incastrata. Ucciderla ormai non era vitale per lui, ma era vitale spostare l’attenzione. Un poliziotto incriminato per aver commesso un omicidio, a sangue freddo per giunta, è una persona finita, nel lavoro, nella rispettabilità, nella vita. Non avrebbe avuto più niente da temere da lei, facendole terra bruciata attorno. Si passa le mani tra i capelli, sa che quello che sta per dire non ha alcun senso, non per il poliziotto che è seduto davanti a lei e nemmeno per un giudice e una giuria… obiettivamente non ha senso nemmeno per lei.
-Mi ha chiamata al telefono.-
Risponde lei improvvisamente e non è solo Nesbit che rimane meravigliato dalle sue parole, ma anche le tre persone nell’anticamera, che si guardano tra loro scioccate.
-Vuol dire che Freeman le ha telefonato? E come avrebbe avuto il suo numero?-
-E’ quello che gli ho chiesto anch’io, risponde lei sorridendo ironicamente, ha risposto che aveva i suoi ‘agganci’.-
-E perché l’avrebbe chiamata?-
-Ha mancato il bersaglio, per il drago questo è un grande torto.-
-Il drago?-
-L’uomo che mi vuole morta! Qualcuno lo ha definito così!-
-Quindi Freeman l’avrebbe chiamata perché voleva protezione? Lei annuisce. In cambio di cosa?-
-Mi avrebbe rivelato il nome del drago! L’uomo che ha ordinato l’omicidio di mia madre e mandante di tanti altri omicidi.-
-E lei gli ha creduto?-
-Certo che no. Sapevo che era una trappola per tentare ancora di uccidermi.-
Mentre risponde alle domande, gesticola vistosamente con le mani poggiate sul tavolo.
-Ma ci è andata lo stesso. Perché?-
-Perché volevo sapere quel nome. Poteva essere una trappola, ma poteva anche non esserlo. Sapendo di essere in pericolo, il cecchino avrebbe fatto qualunque cosa per salvarsi la vita.-
-Come mai non ha avvertito la sua squadra? E’ un’abitudine del dodicesimo? Ha fatto esattamente la stessa cosa del capitano Montgomery? Però a lui è andata peggio, lei è stata fortunata se così si può dire… è ancora viva!-
A quella frase lei si irrigidisce sulla sedia e serra la mascella.
-Non volevo che qualcun altro ci andasse di mezzo. Per questa storia è già morta troppa gente… come lei ha tenuto a precisare!-
Risponde acida, guardando oltre il detective Nesbit, verso lo specchio. Sa con certezza che Ryan ed Esposito sono lì dietro, ma spera ardentemente che non ci sia anche Castle.
-Molto, molto suggestivo! Io però avrei anche un’altra opzione. Magari ha pensato semplicemente di appostarsi, aspettare che fosse ben visibile e sparargli. L’unico modo di farla finita, era ucciderlo.-
-E aspettare che qualcun altro arrivasse al suo posto? Se avessi avuto questo intento, crede che gli avrei sparato alle spalle? Mi sarei assicurata che fosse armato per affermare che mi sono solo difesa! E poi non le sembra strano che si sia presentato senza armi? L’ha detto lei che era disarmato!- 
-Ho detto che non abbiamo ancora trovato nessuna arma. La scientifica è ancora sul posto, magari trovano una pistola o altro da qualche parte!-
-Non l’ho ucciso io!-
-Allora mi dica chi è stato!?-
-L’ho già detto! Sempre lui. Dietro tutto quello che è successo c’è sempre e solo lui. La stessa persona che ha ordinato l’omicidio di mia madre!-
-Questo ‘lui’, stanotte, ha avuto la possibilità di ucciderla. Era ad un passo da lei, invece a detta sua, l’avrebbero narcotizzata per far fuori solo il killer e lasciare lei in vita… perché?-
-Avevamo la sua faccia e come se non bastasse non ha portato a termine il lavoro. A lui non serviva più!-
-Ma perché lei è ancora viva? Questo non mi spiego. Potevano uccidervi tutti e due!-
Beckett scuote la testa e allarga le mani sul tavolo davanti a sé.
-La morte di Montgomery e l’attentato hanno alzato troppa polvere. Uccidermi sarebbe servito solo ad aumentare l’attenzione sul grande capo. Invece con la reputazione e la carriera distrutte, non sono più un pericolo per nessuno.-
-E tu ci sei cascata…-
Sussurra Castle dalla stanza accanto, senza toglierle gli occhi di dosso.-
Nesbit non le pone nessun’altra domanda e resta in silenzio a fissarla. A quel punto lei sospira e si sporge in avanti sul tavolo.
-Non l’ho ucciso io! Sottolinea ancora scandendo le sillabe. Non avevo alcun motivo per farlo.-
-La vendetta per la morte di sua madre non è un ottimo movente, detective Beckett?-
Lei batte una mano sul tavolo alzando il tono di voce.
-L’assassino materiale di mia madre è già sotto terra…-
-…E se non sbaglio gli ha sparato lei!-
Risponde con lo stesso tono Nesbit. Beckett sospira. Avrebbe condotto quell’interrogatorio allo stesso modo e sa benissimo quale sarà la conclusione.
-Senta, a me preme trovare il mandante di questi omicidi. Ripeto, non avevo nessun motivo per uccidere Freeman, tranne difendermi. Non gli avrei mai sparato alle spalle. Mai! Non è riuscito ad uccidermi e ha pensato che il modo migliore per togliermi di mezzo è distruggere la mia credibilità.-
-D’accordo! Risponde il detective. Conosco la sua fama Beckett. So che tipo di poliziotto è, il lavoro integerrimo che ha svolto negli ultimi anni agli ordini di Montgomery, per questo voglio fare un gioco con lei… Io sono seduto al suo posto e lei, da questa parte della scrivania mi mostra queste.-
Apre il fascicolo davanti a lei e ne esce uno dopo l’altro, commentandoli, foto e documenti
-Questo è il referto preliminare del medico legale. Sul corpo non ci sono né ferite, né graffi, né abrasioni di alcun genere, solo i due colpi di pistola alla schiena che lo hanno ucciso all’istante. Beckett lo segue attentamente. L’esame tossicologico è negativo su tutti i fronti. Questi sono i risultati degli esami fatti sulla pistola. I proiettili sono stati sparati dalla sua arma e dal suo caricatore mancano esattamente 2 pallottole. Continua puntando il dito sui fogli. Questo è il risultato del guanto di paraffina. Ha sparato lei, lo so è un poliziotto, la polvere da sparo fa parte della sua vita, ma… il dubbio rimane e per finire, questi sono i risultati delle sue analisi del sangue. Il tasso alcolico è altissimo.-
-Ho bevuto due dita di vodka prima di uscire, ma le assicuro che la reggo bene. Non ero ubriaca e non gli ho sparato sotto i fumi dell’alcool. Mi hanno narcotizzata.-
-A questo proposito, anche il suo esame tossicologico è negativo. Non è stata drogata e non risultano tracce di narcotico sulla sua pelle?-
-Non è possibile! Sono stata narcotizzata, non sto mentendo.-
-Eppure il tampone non ha rilevato nessuna traccia di narcotico o qualunque altra sostanza, come lo spiega?-
-Non lo so. Forse ne ho respirato pochissimo. Sono stata incosciente solo qualche minuto ed è allora che l’hanno ucciso usando la mia mano e la mia arma.-
-Può essere! Adesso torniamo al gioco. Questi referti, lei li sta mostrando a me. Con queste analisi preliminari, lei mi lascerebbe andare o confermerebbe l’arresto?-
Beckett sospira per l’ennesima volta e appoggia la schiena alla spalliera della sedia.
-Posso solo ribadire che non l’ho ucciso io.-
Ora è lui che si sporge in avanti, con le mani incrociate sulla scrivania e la fissa negli occhi.
-E io posso solo ribadire che lei è in stato di fermo e che tra qualche ora il giudice deciderà se procedere con l’incriminazione. Per stanotte sarà ospite delle nostre celle.-
Prima di uscire si volta a guardarla.
-All’udienza, anche se non sarà interrogata, sarà bene che si faccia assistere da un legale!-
Lei stringe i pugni e scuote la testa. Nesbit esce e si dirige a passo spedito verso il suo ufficio,  Esposito lo  blocca, ma lui non lo fa parlare.
-Devo trattenerla Javier. Non mi diverte tutto questo. Sono un poliziotto e il tizio che c’è all’obitorio era uno stronzo assassino. Credimi mi dispiace, ammiro Beckett, è un poliziotto in gamba, ma con le prove che ci sono in questo fascicolonon posso fare altrimenti.  Devo trattenerla.-
I tre lo fissano senza dire niente. Sono preoccupati e anche arrabbiati e lui li capisce. Qualunque cosa fosse successa lei, come capo della squadra, avrebbe dovuto interpellarli. Nesbit sospira.
-Sentite, i miei uomini sono ancora al porto, stanno controllando quel posto centimetro per centimetro, ma è difficile che trovino tracce importanti, è un posto troppo trafficato. L’unica cosa che può avvalorare la sua testimonianza è l’autopsia completa. Se trovassimo qualche segno, un livido o qualunque cosa che possa confermare che Freeman è stato portato lì con la forza e che non ci è andato sulle sue gambe, per il giudice esisterebbe un ragionevole dubbio. Il medico legale ci sta lavorando. Più di questo non posso fare e lo sapete anche voi.-
Esposito continua a tenerlo per il braccio.
-Permettici di lavorare al caso, parla con il tuo capitano.-
-Javier, per favore… lo sai che non è possibile. Voi non dovreste essere nemmeno qui. -
-Va bene. Ma… è il nostro capo, permettici di parlarle, solo un momento. Ti conosco da tanto Jason, mi fido di te e del lavoro che farai, ma adesso permettici di vederla. Per  favore.-
-Mi piacerebbe arrivare alla pensione tutto intero, ma pare che il pericolo venga proprio dai colleghi. Se mi buttano fuori sfamerete voi la mia famiglia! Un paio di minuti Javier e se arriva il mio capitano, vi vaporizzate all’istante.-
-Grazie Jason.-
Esposito gli dà una pacca sulla spalla, Castle si sofferma un momento e costringe i due amici ad aspettarlo.
-Detective Nesbit, mi gioco tutto quello che possiedo sul fatto che non è stata lei.-
Nesbit lo guarda sorridendo.
-Ho sentito molte cose su di lei signor Castle. Una di queste è che si intromette in continuazione in ogni discussione e mi è sembrato strano che non mi sbranasse anche lei come voleva fare il mio amico Esposito.-
-Io non sono nessuno per sbranarla o dirle come deve fare il suo lavoro detective Nesbit, anzi sono consapevole del fatto che non dovrei stare nemmeno qui. Ma conosco Beckett sicuramente meglio di lei. E’ troppo pulita per sparare a qualcuno alle spalle. E’ più verosimile che sia andata lì con l’intento di farsi ammazzare, mi creda. Volevo solo sapesse come la penso, per quel che può valere.-
Gli stringe la mano e si avvia verso le scale senza dire altro.
-Mai visto Castle così giù, dice Ryan al collega. Chissà cosa si sono detti  prima di tutto questo casino.-
-Lo avrà allontanato per l’ennesima volta fratello e la cosa sembra averlo annientato. Credevo avrebbe fatto il diavolo a quattro, invece non ha detto una parola. Andiamo Kevin, sbrighiamoci.-
 
Il rumore del chiavistello che chiude la cella rimbomba nelle loro orecchie, proprio mentre i tre amici imboccano il corridoio che porta alla prigione del distretto.
L’agente di guardia li lascia soli ed Esposito e Ryan si avvicinano al reticolato della cella, mentre Castle resta indietro e si appoggia al muro di fronte, le mani in tasca e gli occhi rivolti a guardare il pavimento.
-Perché non ci hai chiamati? Comincia Esposito. Insieme avremmo potuto prenderlo e interrogarlo.-
Lei è seduta sulla brandina, con i gomiti appoggiati sulle gambe, lo sguardo basso e non risponde.
-Maledizione Beckett, guardaci almeno!-
Esposito è arrabbiato e lei capisce benissimo che ne ha tutti i motivi.
-Calmati Javier.-
Ryan lo blocca per la spalla e lui si divincola girandosi verso Castle, che continua a non alzare lo sguardo.
-Qualunque cosa sia successa, ormai è fatta. Ora dobbiamo trovare il modo di tirarti fuori dai guai. Non ricordi niente che possa essere utile per le indagini?-
-Niente di più di quello che ho detto e poi voi due dovete starne fuori!-
Risponde lei in modo secco ed Esposito sbotta.
-Ah, è di questo che ti preoccupi? Che dovremmo stare fuori dal caso e che invece ce ne occupiamo? Beckett ti hanno arrestata per omicidio e se le prove continueranno ad essere quelle che hanno in mano finora, non rivedrai la luce per i prossimi vent’anni. Ma questo dovrebbe farci contenti, perché domani avremmo potuto essere costretti ad indossare di nuovo l’alta uniforme per il tuo funerale. Ma che ti è passato per la mente?-
Dopo la sfuriata di Esposito, nessuno dice niente. Il silenzio dei secondi seguenti è insopportabile, lei si alza e si avvicina al reticolato di ferro e finalmente  guarda i suoi ragazzi.
-Lo so che siete furiosi. Lo sarei anch’io al posto vostro. Ma… io…-
-Tu cosa?-
Le chiede dolcemente Ryan, mettendo le mani sulle sue.
-Io non volevo altri morti, altri sacrifici… Volevo mettere la parola fine all’ultima pagina del libro!-
A questa frase Castle, che non l’ha ancora guardata, sospira e si dirige in silenzio verso l’uscita. Lei lo segue fino a quando sparisce dalla visuale. Quel cuoricino sotto la dedica si è appena frantumato in mille minuscoli pezzettini e il peggio è che è stata lei a prenderlo a martellate.
-Ragazzi, non l’ho ucciso io.-
Sussurra continuando a guardare verso il corridoio.
-Lo sappiamo, per questo siamo arrabbiati e preoccupati. Non abbiamo modo di aiutarti. Ti sei cacciata in un guaio enorme e il tuo comportamento verso di noi è stato… è stato stupido. Noi non abbiamo bisogno di essere coccolati o protetti. Non abbiamo bisogno di  altri eroi Beckett!-
Ryan le stringe le mani, la sua voce è incrinata dall’emozione e anche dalla rabbia.
-Ho pensato che la cosa peggiore che potesse succedermi fosse essere uccisa, ma ho sottovalutato ancora una volta il nostro amico! Questo round lo ha vinto ancora lui.-
-Già! Risponde Esposito. E tu la vittoria gliel’hai servita su un piatto d’argento. Brava!-
Scuote la testa e prende l’uscita anche lui.
-Non farci caso, sai com’è, si scalda subito, ma poi… L’udienza è alle 11.00 e noi ci saremo, tranquilla.-
Ryan le sorride e lei ricambia con gli occhi lucidi.
-Mio padre?-
-Lo avvertiamo noi prima che venga a saperlo dai giornali, tra qualche ora sarai su tutti i notiziari.-
-Prima pagina… Nikki Heat arrestata per omicidio! Pensa che pubblicità, positiva o negativa, per Castle!-
-Non credo che gl’importi molto in questo momento. Forse non te ne accorgi, o fai semplicemente finta, ma è preoccupato e spaventato per te. E’distrutto. E tu non ti stai comportando bene né con lui e nemmeno con noi. Pensaci! Riposati un po’, se ci riesci, hai una faccia orribile capo!-
Detto questo le lascia un sorriso e anche Ryan torna di sopra.



Continua...



Angolo di Rebecca:

Buona sera :)
Grazie! 
Non per le recensioni, o i complimenti o la bella definizione di genio del male, non solo.
Grazie per il vostro affetto e per i sorrisi che mi strappate giornalmente.

A Kate non è successo niente... ehm... cioè niente di mortale...
è stata solo arrestata...
ma io al momento mi preoccuperei di più per Castle, voi che ne pensate?
Dimenticavo! Questo capitolo segna l'entrata in scena di un primo nuovo personaggio (dopo LUI e Lucas) Il poliziotto con i baffetti da sparviero :)
Baci <3

 

 

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Capitolo 7
*** Briciole... ***



...Volevo mettere la parola fine all’ultima pagina del libro!-
A questa frase Castle, che non l’ha ancora guardata, sospira e si dirige in silenzio verso l’uscita.
Lei lo segue fino a quando sparisce dalla visuale.
Quel cuoricino sotto la dedica si è appena frantumato in mille minuscoli pezzettini e il peggio è che è stata lei a prenderlo a martellate...





 
La Resa Dei Conti

*
Briciole...
 
*
6° Capitolo


 

Rientrato a casa dopo le 5 del mattino, Castle si dirige immediatamente verso la sua stanza, ma trova sia Alexis sia sua madre con la testa fuori dalle loro rispettive stanze; segno che lo hanno aspettato sveglie, a letto ma incapaci di dormire. Lo sparo al cimitero le ha scosse e Alexis è davvero spaventata.
Sospira intuendo che non potrà gettarsi sul letto e sparire mentalmente dalla faccia della terra, perché è giusto e sacrosanto che spieghi loro che sta succedendo.
-Il killer è morto!-
Esordisce a bruciapelo e Alexis esce definitivamente dalla stanza e lo abbraccia.
-So che è orribile dirlo papà, ma… grazie al cielo!-
-Già! Grazie al cielo…-
Ripete lui, ma le due donne capiscono che la sua risposta è lievemente sarcastica e lo guardano di nuovo serie.
-Gli hanno sparato 2 colpi a bruciapelo alla schiena, l’hanno ammazzato a sangue freddo e credono sia stata Beckett. L’hanno arrestata!-
Martha e Alexis non rispondono, ammutolite dalla bomba che Rick ha appena lanciato e lui continua.
-Tra qualche ora il giudice deciderà se ci sono abbastanza prove per confermare l’accusa.-
-E… ce ne sono abbastanza… di prove?-
Chiede sua madre titubante.
-Da quello che ho potuto capire, si. Le guarda sospirando. L’hanno incastrata per bene. Era vicino al corpo, i proiettili sono stati sparati dalla sua pistola e il killer non era armato. Ryan ed Esposito sono andati ad avvertire Jim, mentre io ho passato l’ultima ora a casa di Stan Corbin.-
-Il tuo vecchio compagno di liceo, l’avvocato?-
Domanda Martha.
-Si. Kate non ha un avvocato penalista e a quest’ora sarebbe stato impossibile trovarne uno pronto per l’udienza che si terrà tra qualche ora. Quando l’ho chiamato Stan è stato subito pronto a ricevermi. Andrà al distretto prestissimo, studierà il suo fascicolo e parlerà con lei prima dell’udienza. Per il momento non possiamo fare altro.-
-Ma allora l’hanno trattenuta in prigione?-
Gli chiede Alexis, stringendosi più forte a lui.
-Si, passerà la notte in una delle celle del distretto.-
Le guarda con lo sguardo vuoto, sbiadito e sospira ancora, sembra che nelle ultime ore non sia stato capace di fare altro; sospirare. Come se avesse difficoltà ad incanalare aria in maniera naturale.
-Sentite, sono distrutto, ho bisogno di un paio di ore di sonno o non sarò in grado di andare in tribunale alle 11.00, vi prego… devo assolutamente dormire... e anche voi!-
Bacia Alexis e si chiude in camera.
Dentro la doccia si sente rinascere, resta a lungo sotto il getto caldo dell’acqua, riesce per un momento a rilassarsi e staccare la spina. Ma una volta infilato l’accappatoio, dopo essersi buttato sul letto, il cervello torna in modalità funzione attiva.
Volevo mettere la parola fine all’ultima pagina del libro!
Poteva essere morta!
Quel Freeman avrebbe potuto ucciderla senza difficoltà, se non fosse stato usato anche lui dal drago. Lei questo lo sapeva, ma ci è andata lo stesso. La nota positiva è che è viva e sta bene, ma per la sua testardaggine si è infilata in un guaio grande quanto il fiume Hudson.
E’ stanco, ma non riesce a prendere sonno. Ripensa alle cose che si sono detti con rabbia e dolore e soprattutto alle cose più importanti, che con la stessa rabbia e lo stesso dolore non si sono detti, lasciandole sigillate nei loro cuori. Dovrebbe essere arrabbiato anche lui come Esposito e Ryan, invece è solo sfinito; non dalla lunga e terrificante giornata trascorsa, è sfinito da quel sentimento che lo logora giorno dopo giorno, da quegli stessi sentimenti che Kate reprime.
'Perché sfinirsi, perché preoccuparsi, perché temere di perderla se non è mai stata e mai sarà tua?''
Sorride stancamente, mentre tiene gli occhi fissi al soffitto e risponde mentalmente alla domanda che gli ha appena posto il suo io interiore.
Perché ormai fa parte di me. Sarebbe come dire che devo vivere lontano dalla mia mano destra. Oggettivamente non potrei e allo stesso modo, non posso più vivere senza vedere i suoi occhi, sentire il suo profumo, senza amarla! 
''Ma per cosa, dico io? Per un misero sorriso quando per un attimo il suo cuore prende il sopravvento sulla sua testolina logica e razionale? Lo capisci che sono solo briciole quelle ti lascia?''
Scuote la testa quasi divertito dalle domande razionali del suo subconscio.
Lo so che non è appagante accontentarsi delle briciole, ma senza quelle briciole credo che morirei di fame.
 
E’ notte inoltrata ormai, quando Beckett riesce a sdraiarsi sulla brandina nella sua cella, le scoppia la testa; è successo tutto così in fretta, che ancora non se ne rende conto. La stanchezza la sta divorando, senza però permetterle di chiudere occhio. Le immagini degli ultimi tre giorni le passano continuamente davanti, la morte di Montgomery la perseguita. Se fosse vivo le avrebbe fatto una bella ramanzina per il guaio in cui si è cacciata. Ma la cosa peggiore è che non riesce a togliersi dalla mente Castle che se ne va, con la testa bassa e senza neanche guardarla. Il dolore che ha provato nel non vedere quella luce azzurra posarsi addosso a lei, anche solo per un secondo, le ha lasciato un sapore amaro in bocca e una lama conficcata nel petto.
Questa storia sei tu Kate, sa che hai rischiato di essere uccisa e lui che fa? Ti chiama!? Avrebbe dovuto fiondarsi qui alla velocità della luce!
Si… Josh sarebbe dovuto tornare e forse lo avrebbe fatto per abbracciarla, felice che non le fosse successo niente, coccolarla e rassicurarla. Ma non l’ha fatto. Non è tornato perché lei al telefono è stata fredda. Lei non voleva che tornasse, non voleva che l’abbracciasse, non voleva che la coccolasse… non voleva che fosse lui a farlo! Questo Josh, lo aveva capito da tempo ormai e quella mattina al telefono, sentendo ancora quel gelo, nonostante lui fosse terrorizzato dalla notizia e pronto a lasciare tutto per prendere un aereo e correre tra le sue braccia, si era illuminato di colpo e le aveva detto che prima o poi avrebbero dovuto parlarne.
Ma parlare di cosa? Di come soltanto lo sguardo di un altro uomo mi fa sentire parte viva e vegeta dell’esistenza? Di come soltanto il sorriso di un altro uomo mi fa respirare a pieni polmoni?
Non avrebbe potuto spiegarglielo, o meglio, non aveva il coraggio di guardarlo in faccia per spiegarglielo e soprattutto non volevaspiegarglielo. Così aveva tagliato la testa al toro e gelidamente gli aveva risposto che non c’era niente di cui parlare e che ormai era finita. Naturalmente Josh, senza battere ciglio, le aveva augurato buona fortuna e aveva riattaccato sbattendole il telefono in faccia. Era riuscita a fare del male anche a lui. Era riuscita a chiudere una storia senza senso, apparentemente solo per lei, al telefono e in 5 secondi esatti, facendo del male ad un uomo che stava sempre lontano, ma che lei stessa allontanava, senza metterlo al corrente di quello che era realmente la sua vita. Ultimamente lei gli rinfacciava questa lontananza, ma lui le aveva detto tante volte che era stanco delle briciole che gli concedeva. Aveva ragione! Josh aveva maledettamente ragione; stava con lui, era la sua ragazza, ma non gli dava modo di conoscerla fino in fondo, concedendogli solo briciole di sé. Si era chiesta tante volte il perché di questo suo comportamento. All’inizio della storia si era risposta che a lui magari non interessavano le sue disavventure. Continuando la relazione si era data come risposta che non erano affari suoi, ma alla fine era giunta alla conclusione che il perché lo sapeva da sempre. Per quanto le piacesse Josh, i suoi occhi non avevano l’effetto calamita, il suo sorriso non la calmava, la sua voce non la rasserenava. Josh non era Rick.
Come ho fatto a sbagliare così con Josh, con Rick e soprattutto con me stessa! 
E continua a sbagliare…
Non ha avuto il coraggio quel pomeriggio di dire a Castle che con Josh era finita, perché sarebbero nate altre discussioni e lei voleva solo sentire il silenzio. La morte di Roy aveva amplificato tutto e adesso i nodi venivano al pettine. Per la prima volta da quando lo conosce, Castle è stato il primo ad andarsene, a lasciarla, a non dire una parola né di rimprovero, né di conforto; come se improvvisamente si fosse finalmente arreso a quello che lei voleva: sparire dalla sua vita. Anche a lui ha sempre concesso solo delle minuscole briciole, ma non della sua vita privata, del suo passato, solo dei suoi sentimenti, per paura di lasciarsi andare e stringersi a lui e perdersi in lui. Quella mattina avrebbe soltanto voluto che fosse lui ad abbracciarla, coccolarla e rassicurarla, ma come al solito non glielo aveva permesso, si era ritirata completamente nel suo guscio, così pieno di paura e di orgoglio, da non lasciare spazio neppure ad una briciola. Per la prima volta dopo tanto tempo, si sente di nuovo sola, non perché si trova dentro ad una cella. Si sente sola perché lui non le ha parlato, non le ha sorriso, non l’ha guardata! Alla fine perché avrebbe dovuto? Quante volte lo ha respinto? All’inizio per sfiducia nell’uomo superficiale che tutti credono di conoscere, poi per altre stupide paure che ora non sembrano essere importanti e ultima, la scusa di proteggerlo. In una situazione analoga e contraria, lei come si sarebbe comportata? Lei sarebbe già sparita, stanca di raccogliere solo briciole.
Tra lacrime, brutti pensieri e preoccupazione per quello che le sta succedendo, la stanchezza e il dolore delle ultime ore la vincono e finalmente si addormenta. Un sonno agitato in cui un uomo, che non riesce a vedere in faccia, ride. Ride forte, in maniera diabolica, come fanno i cattivi nei film dell’orrore. Ride mentre accoltella sua madre, ride mentre spara a Montgomery, ride mentre butta via la chiave della cella in cui si trova!
 
Un rumore metallico interrompe finalmente quella mostruosa risata. Apre gli occhi e si mette seduta in maniera simultanea, cercando di capire quanto tempo ha  dormito.
-C’è una visita per lei. Il capo ha acconsentito che entrasse in cella.-
Le dice l’agente che ha aperto la porta.
-Hai un aspetto terrificante, dolcezza!-
Gli occhi di Kate si illuminano e si butta tra le braccia dell’amica.
-Lanie… ma che ore sono?-
-Le 7.00 del mattino. Sono passata prima di andare al lavoro. Si può sapere che cavolo mi combini? Possibile che in tanti anni tu non abbia imparato niente?-
Si staccano dall’abbraccio e Lanie la guarda seria. Poi le fa uno dei suoi sorrisi.
-Sei in un mare di guai, ma ci sono un paio di salvagente pronti ad annaspare nell’acqua con te!-
-Dovete starne fuori, prima che finiate nei guai anche voi.-
-Piantala adesso! Ti sei buttata tra le braccia di un assassino, senza chiamare i ragazzi o Castle, per tenerli fuori. Ma fuori da cosa Kate? Ci sono dentro fino al collo, specie dopo la morte di Montgomery. Non è più una tua battaglia personale.-
-Lanie, ho fatto quello che credevo giusto!-
-E invece hai fatto la cosa sbagliata! Capita anche te sai?-
La guarda seria con le labbra strette in una smorfia di disapprovazione, ma poi sorride, di rimando lo fa anche Kate e si siedono insieme sulla brandina.
-Sono andata a casa tua, ti ho portato un cambio, così ti presenterai al giudice un po’ più decente di adesso. Ho arraffato un pantalone nero, camicetta bianca e giubbino nero. Possono andare bene?-
-Per finire in galera? Oh, sono anche troppo eleganti!-
-Non finirai in galera! Tuo padre voleva venire stanotte, ma i ragazzi lo hanno convinto a farsi trovare direttamente in tribunale tra qualche ora, visto che qui non lo avrebbero nemmeno fatto entrare.-
-Grazie. Sarà così in ansia!-
-E’ il padre di un poliziotto, è sempre in ansia, ma tu non lo aiuti per niente!-
L’agente di guardia li interrompe.
-C’è il suo avvocato detective.-
-Il mio… avvocato?-
Chiede lei meravigliata.
 Lanie l’abbraccia mostrando un sorriso a trentadue denti.
-E’ un amico di Castle, Javier mi ha detto che sarebbe venuto. Credevi davvero che il tuo scrittore ti avrebbe lasciata da sola?-
Non le dà il tempo di rispondere che Castle non è il suo scrittore, perché si alza per andarsene, mentre un uomo con una ventiquattrore ed un fascicolo sotto al braccio, fa ingresso nella cella con un sorridente ‘buon giorno!’
-Salve a lei avvocato, vi lascio soli.-
Risponde Lanie ricambiando il sorriso e una volta dietro di lui si sporge verso l’amica facendole l’occhietto, per sottolineare che il tipo è davvero un gran fusto prima di dileguarsi. Beckett alza gli occhi al cielo e poi sposta lo sguardo sull’uomo.
-Stan Corbin, la patrocinerò all’udienza di stamattina, spero non le dispiaccia!-
Le dice sempre sorridendo e porgendole la mano.
-No, certo che non mi dispiace. Solo che…-
-Solo che se avesse avuto un po’ più di tempo, si sarebbe trovata un legale di suo piacimento. Richard mi ha avvertito che avrebbe avuto qualcosa da ridire.-
La interrompe lui sempre con lo stesso sorriso, ma con tono serio e lei solleva un sopracciglio.
-Davvero? E cosa le avrebbe detto esattamente?-
-Che è testarda, cocciuta e orgogliosa. Che mai vorrebbe essere di peso per qualcuno e che sapere che sono stato chiamato da lui, forse l’avrebbe infastidita. E’ la verità? Non che lei sia testarda, cocciuta e orgogliosa, quello è vero, lo vedo dal suo sguardo. Chiedevo se è vero che la infastidisce che mi abbia interpellato lui?-
Lei lo guarda attentamente corrucciando la fronte. Lanie ha ragione, Stan Corbin è un bel tipo. Alto, slanciato, capelli nerissimi, occhi scuri e indossa con estrema eleganza un doppio petto grigio scuro che vale due mesi del suo stipendio, mentre per la valigetta griffata che si porta dietro, occorrerebbe anche la tredicesima. Però, nonostante gridi soldi, soldi, soldi da qualunque  angolazione lo guardi, ha la stessa aria affabile e familiare di una certa persona di sua conoscenza.
-Signor Corbin, da quanto tempo conosce Castle?-
-Oh, da una vita. Pensi che allora si chiamava ancora Richard Rodgers. Per anni siamo stati inseparabili. Ora ci vediamo di tanto in tanto per un poker o un drink. Ma non è cambiato molto da allora… è un buon amico! Allora, è davvero arrabbiata che mi abbia chiamato?-
-No… certo, non sono né arrabbiata, né infastidita. Nella mia situazione non posso permettermelo. Solo dovrò chiedere un prestito per pagarle la parcella. E non mi dica che paga Castle, perché non se ne parla.-
-Non lo dico. Esclama lui sollevando le mani in segno di resa. Pagherà lei! Chieda un prestito, si venda la casa, faccia quello che vuole, ma paghi lei. Ci tengo alla vita del mio amico, ha precisato a dire che se accettassi i suoi soldi, lei gli sparerebbe!-
Beckett non può fare a meno di ridere, per un attimo dimentica di essere in una cella accusata di omicidio, quel tizio è per forza amico di Castle, non può essere diversamente!
-Kate… posso chiamarla Kate? Lei annuisce seria, notando che anche il tono di Stan si è fatto serio. Allora Kate, ho parlato con Richard fino alle 5 del mattino di quello che è successo e il detective Nesbit ha appena terminato di espormi tutti i dati in suo possesso. Mi ha dato il suo fascicolo, mostrato le prove e tutto il resto e se devo essere sincero, la situazione non è brillante.-
-Lo so. Ma non l’ho ucciso io.-
-Su questo non ho dubbi, ma alla luce dei fatti, non ha molta importanza. Il medico legale ha terminato la relazione definitiva sull’autopsia. La morte è sopraggiunta immediatamente, un colpo l’ha raggiunto al polmone sinistro e l’altro al cuore. Non ha trovato niente sul cadavere, tranne i fori dei proiettili sparati dalla sua pistola. Freeman non è stato legato, imbavagliato, trascinato, drogato o altro. E’ arrivato al molo con le sue gambe e questo è un ennesimo punto a suo sfavore.-
-Devono averlo convinto che lo avrebbero graziato se avesse portato a termine il lavoro. E’ venuto al porto convinto di uccidermi e salvarsi la vita, gli avranno promesso una nuova identità per ricominciare.-
-Si, ma una volta arrivato sul posto, devono averlo bloccato in qualche modo perché potessero sparargli, non si sarà fatto ammazzare come martire per la patria!-
-Non lo so. Non riesco a immaginare come, io ero convinta che l’avessero narcotizzato, ma se non hanno trovato nessuna traccia sul corpo… anche io sono stata narcotizzata, ma niente tracce… a questo punto non so più cosa pensare… forse mi sono immaginata tutto.-
Lui corruccia lo sguardo pensieroso, poi sorride.
-Mmm… No, non ricordo che Richard abbia detto che lei sia dotata di una fervida immaginazione o che non vada d’accordo con il suo cervello, perciò non credo che si sia immaginata tutto, deve esserci per forza un’altra spiegazione!-
Beckett sorride ancora, pensando a tutte le volte che Castle l’ha presa in giro per la sua poca immaginazione nel descrivere gli eventi della vita, poi abbassa gli occhi guardandosi le mani.
-Il giudice confermerà le accuse!?-
Più che una domanda la sua, è una quasi affermazione.
-Con quello che il procuratore troverà sulla sua scrivania purtroppo penso proprio di si. L’udienza di oggi sarà una cosa veloce, solo la presentazione delle prove a carico. La cosa importante, se dovessero procedere con l’incriminazione, è ottenere il rilascio su cauzione, così che lei possa trascorrere il periodo che la separa dal processo a casa sua e seguire le indagini attraverso me. Starò incollato a Nesbit e ai suoi uomini per scoprire qualunque minimo dettaglio che possa confutare le accuse contro di lei.-
-La cauzione sarebbe già qualcosa, anche se potrebbe essere una cifra molto alta, vista l’accusa.-
-Ah beh, a questo punto trovi qualche altra cosa da vendersi oltre la casa allora, perché io alla mia parcella non rinuncio!-
Sorride e Beckett lo guarda incantata, sembra di parlare con Castle.
-Sono preoccupata Stan, non per me, ma perché se non esco da qui, i miei uomini si metteranno nei guai. Li conosco, lavorerebbero al caso per conto proprio, anche se non è di loro competenza, contravvenendo agli ordini. E io non lo posso permettere.-
-Ecco quale aggettivo con cui l’ha descritta Richard ho dimenticato prima, erano quattro. Testarda, cocciuta, orgogliosa e…  protettiva!-
Ride e nonostante i suoi occhi siano scuri, ha lo stesso fascino bambinesco di Castle quando la prende in giro e si ritrova a sorridere anche lei.
-Bene Kate, ora vado. Non le prometto nulla. Il caso è troppo delineato e il giudice potrebbe non concedere la cauzione, anche basandosi sul fatto che è un poliziotto ad essere accusato di omicidio, ma se così fosse noi ci difenderemo con le unghie e con i denti.-
Si alza e le porge di nuovo la mano.
-Signor Corbin… Stan, perché prima ha detto che non ha dubbi sul fatto che non l’ho ucciso io?-
-Perché Richard mi ha detto che non è stata lei e a me basta. L’istinto di Richard non sbaglia mai, specie quando si tratta di qualcuno a cui tiene tanto. Ci vediamo più tardi.-
Esce dalla cella senza darle il tempo di ribattere e la guardia richiude a chiave.
-Tra un po’ le porto qualcosa da mangiare e dopo potrà rinfrescarsi e cambiarsi.-
Le dice prima di allontanarsi.
L’istinto di Richard non sbaglia mai, specie quando si tratta di qualcuno a cui tiene tanto. 
A cui tiene tanto! Un’altra pugnalata al cuore. Lo ha capito perfino lui che farebbe qualsiasi cosa per lei, mentre lei finge di non capire. Si odia per il male che gli fa. Per la sofferenza che prova in questo momento. Quella notte sarebbero dovuti essere assieme, lei, Castle e la sua squadra, seguire la procedura e forse le cose sarebbero andate in maniera diversa, ma lei è testarda, cocciuta, orgogliosa, protettiva e… stupida! 

Sono cinque gli aggettivi giusti che mi descrivono.


Continua...



Angolo di Rebecca:

In questo capitolo non succede niente, solo sentimenti contrastanti, che poi alla fine sono uguali per tutti e due.
Amano farsi del male e ci riescono benissimo.
Un momento... non è vero che non succede niente...
Permettetemi di presentarvi l'avvocato Stan Corbin, il fusto (a detta di Lanie)
e non solo, perchè come lo immagino io è proprio un bel tipo :)
Bacioooooo <3

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Capitolo 8
*** Il Dubbio e L'Attesa... ***


...L’istinto di Richard non sbaglia mai, specie quando si tratta di qualcuno a cui tiene tanto. 
A cui tiene tanto! Un’altra pugnalata al cuore. Lo ha capito perfino lui che farebbe qualsiasi cosa per lei, mentre lei finge di non capire.
Quella notte sarebbero dovuti essere assieme, lei, Castle e la sua squadra, seguire la procedura e forse le cose sarebbero andate in maniera diversa,
ma lei è testarda, cocciuta, orgogliosa, protettiva e… stupida! 
Sono cinque gli aggettivi giusti che mi descrivono...



 

La Resa Dei Conti


*
Il Dubbio e l'Attesa...
*
7° Capitolo



 
 

Castle portala via da qui!
Capitano…
Non discutere, ti ho chiamato per questo.  Portala via da qui! SUBITO!
No, Castle… lasciami, no… no… lasciami ti prego… no!

Apre gli occhi e sospira, ma non è né spaventato, né confuso.
In quei giorni non ha dormito molto, ma le poche volte che ha chiuso gli occhi si è ritrovato immediatamente dentro all’hangar, in compagnia della voce di Montgomery e delle urla di disperata preghiera di Beckett, che gli rimbombano dentro le orecchie. La prima volta si era svegliato di soprassalto, sudato e ansimante. All’inizio aveva perfino avuto difficoltà a capire dove si trovasse. Adesso, dopo quattro giorni e tante visioni dello stesso incubo, si comporta come se ci avesse fatto l’abitudine, come se si fosse rassegnato al fatto che, l’ordine del capitano e la supplica di Beckett, fanno ormai parte della sua esistenza, di tutto il suo essere. Ma questa convinzione non fa certo meno male. Rabbrividisce e si rende conto di essersi addormentato in accappatoio, senza neanche la coperta addosso. Guarda l’orologio, segna le 8.32.
Si passa le mani sul viso, si alza e va alla finestra.
-Fantastico! Oggi mancava solo la pioggia! Appoggia la fronte al vetro e alza gli occhi verso il cielo. Ti costava tanto regalarci un barlume di sole? Così, tanto per rischiarare questo buio che penetra nell’anima? Grazie tante, così grigio e piangente ci tirerai tutti su di morale.-
Fa una smorfia rivolgendosi al cielo e indugia attaccato alla finestra per un attimo, come se si aspettasse che l’immensa distesa grigia sulla sua testa gli desse una risposta o una speranza di colore azzurro.
Un altro brivido gli ricorda che è meglio mettersi qualcosa addosso e che ha un immenso bisogno di caffè, caldo e profumato. Ne ha così bisogno che riesce a sentirne perfino il profumo.
Mentre si rade si rende conto che il profumo è troppo forte perché sia solo la sua immaginazione. Si veste e scende in soggiorno.
La tavola è già apparecchiata. Caffè caldo, uova e bacon pronti e fumanti.
-Alexis! Credevo dormissi ancora.-
-Ho pensato che oggi sarebbe stata una giornata dura. La prima colazione è importante, così se poi non avrai modo di pranzare o altro, sarai a posto!-
Lui si avvicina e l’abbraccia.
-Grazie principessa. Cosa farei senza di te?-
Ma lei non risponde come fa di solito, con nessuna battuta. Ha il viso stanco, nemmeno lei ha riposato, è molto più che evidente.
-Tesoro, lo so che ieri è stata una giornata tremenda, che ti sei spaventata e che non ti sono stato vicino, ma…-
-Mangia in fretta papà. Sennò si fredda tutto.-
L’aria preoccupata di Alexis lo fa sentire in colpa. La osserva mentre finisce di apparecchiare.
Il giorno prima era ancora la sua bambina, nonostante gli ripetesse continuamente che ormai è grande, che ha un fidanzato; affermazioni futili per un padre che si ostina a vederla solo come vuole lui, bambina appunto. Ma in quel momento, in quei movimenti lenti e tristi, in quelle parole quasi monotone, si rende conto che la sua zucchina è diventata davvero una giovane donna e un’amara sicurezza s’impossessa di lui. Non può più tenerla lontano dal dolore o dalla paura o dalle cattiverie della vita, solo con un abbraccio. Si rende conto che non può più proteggerla.
Sente una stretta al cuore e obbedisce alle parole della figlia. Si siede e in assoluto silenzio beve una bella tazza di caffè e manda giù le uova, anche se ha lo stomaco completamente chiuso. Avrebbe mangiato quelle uova preparate con amore, anche a costo di strozzarsi.
 
-L’udienza è per stamattina alle 11.00, Beckett verrà incriminata, l’accusa sarà omicidio premeditato.-
Lui annuisce come se l’interlocutore al telefono lo stesse guardando in faccia. Si sofferma silenzioso, mentre la persona all’altro capo del telefono aspetta. Sa perfettamente che la sua mancata risposta ha un perché. Sta pensando, sta ragionando, sta tessendo un altro giro di tela, per questo è meglio non disturbarlo. Lui annuisce per la seconda volta e sorride compiaciuto.
-Bene!-
Risponde secco e chiude la chiamata senza dire altro. Sposta in un angolo della scrivania la cartellina rossa; osservare Katherine Beckett mentre viene rosicchiata dal ragno, lo ha stancato. Ruota la poltrona di mezzo giro, accavalla le gambe, intreccia le mani sullo stomaco e rivogendo lo sguardo grigio verso la finestra sorride ancora.
-Beckett deve marcire in galera!-
Lucas, all’altro capo della scrivania annuisce.
-I suoi uomini più fidati sono sotto controllo, compresa la dottoressa Parrish. Da stamattina anche suo padre è sorvegliato.-
Lui solleva la mano sinistra con il dito indice dritto verso l’alto.
-Non dimenticarti lo scrittore, quell’uomo non mi piace, è troppo in vista e troppo propenso ad apparire sulle cronache mondane. Non abbiamo bisogno né di pubblicità, né di colpi di testa. Che sappiamo del suo avvocato?-
Lucas consulta il piccolo notes che ha tra le mani.
-Stan Corbin, è associato allo studio “Madison & Madison”.-
-Studio rinomato e per gente ricca!-
Esclama Lui sorridendo e Lucas continua.
-E’ amico dello scrittore, erano nella stessa classe al liceo ed hanno frequentato la stessa università, ma corsi diversi.-
Lui ruota ancora la poltrona, appoggia le braccia sulla scrivania e mentre accende un sigaro, guarda l’amico.
-Che ti dicevo, Lucas? Lo scrittore si è già messo in moto… tenetelo d’occhio! Questo Corbin… possiamo averlo dalla nostra parte?-
-Non ci proverei nemmeno, è troppo amico di Castle e per il suo studio svolge un lavoro esemplare. Meglio non smuovere le acque in questa direzione.-
Lui annuisce.
-Mmm… allora teniamo d’occhio anche lui. Per quanto riquarda l’autenticità delle prove?-
-Tutto a posto. Beckett ha ucciso Freeman, nessuno dimostrerà il contrario.-
Lucas si sente attraversare dal gelo grigio di quegli occhi che lo stanno scrutando fin dentro al cervello, attraverso il fumo del sigaro.
-Che non succedano imprevisti di alcun genere Lucas, Katherine deve restare in prigione… io lo so, tu lo sai… facciamo in modo che oggi, in tribunale, lo sappia anche lei!-
Lucas annuisce ancora solo con un cenno del capo ed esce dallo studio per impartire gli ultimi ordini dettati dal drago.
 
L’ultima visita ricevuta da Beckett è stata quella del suo avvocato e fino all’udienza non avrebbe visto più nessuno. Questi gli ordini. Adesso, sempre seduta sulla sua brandina, sta facendo colazione con ciambella e caffè, offerti gentilmente dal dipartimento di polizia di New York.
Assaggia un sorso del liquido nero sbiadito dentro la sua tazza e la sua espressione diventa di disgusto.
Yeahhh! Perché le macchinette di tutti i distretti fanno lo stesso identico schifoso caffè?! Aveva ragione Castle, come l’aveva definito? Urina di scimmia con acido di batteria!
Sorride al pensiero che ricorda ancora questa battuta dopo quasi 4 anni. La verità è che se ci si mettesse, riuscirebbe a scrivere un intero libro, ricordando ogni battuta stupida, irritante e inappropriata di Rick.Battute che, senza rendersene conto, specie negli ultimi due anni, sono state per lei, ossigeno puro.
Quello che sta bevendo, più che caffè è un’offesa all’urina di scimmia, ma visto che in poco più di 24 ore l’unica cosa che ha riempito il suo stomaco, è stata la vodka bevuta la sera prima, può anche accontentarsi di quello che passa… la prigione!
Se il giudice conferma le accuse e il procuratore lo convince a non concedere la cauzione, dovrò abituarmi a questa brodaglia! Hanno già l’assassino. Perché cercarne un altro! Il dodicesimo sarà tenuto fuori dalle indagini per ovvi motivi. Non avrò aiuto da nessuno, tranne da Ryan ed Esposito che si metteranno in un mare di guai. Per non parlare di Castle. Ho fatto proprio un bel lavoro, li ho protetti alla grande! Brava Beckett… davvero tanti complimenti!
 
-Siamo nell’aula 24.-
Con queste parole Esposito saluta Castle appena arrivato in tribunale. Lui fa solo un cenno con la testa. I due amici hanno la stessa espressione che ha visto sullo specchio del bagno di casa sua, prima di uscire. Stanchi, demoralizzati e con le occhiaie che arrivano alle ginocchia. Ben vestiti e rasati di fresco anche loro, come se andare in tribunale tirati a lucido potesse servire a convincere il giudice che Beckett è innocente.
Si ritrovano tutti e tre a guardare il proprio orologio. Un gesto meccanico e improvviso, dettato dall’ansia. Si guardano quasi imbarazzati fino a che Jim Beckett li interrompe salutandoli e stringendo loro la mano cordialmente.
-Sapete se Kate è già arrivata? L’avete vista?-
-Si signore, è già qui, risponde Ryan. Ma non ce l’hanno fatta incontrare, non le hanno permesso altre visite fino all’udienza.-
-Vi prego ragazzi, chiamatemi Jim, signore mi mette più agitazione.-
Sorridono mentre Stan Corbin fa il suo ingresso in tribunale e avvicinandosi, appoggia una mano sulla spalla di Castle.
-Ciao Richard.-
-Stan! Buon giorno. Ti presento Jim Beckett, il padre di Kate e loro sono i detectives Ryan ed Esposito. Lui è l’avvocato Corbin.-
Stringe la mano ad ognuno di loro.
-Signor Corbin cosa pensa che succederà?-
Chiede titubante Jim.
-Purtroppo non è una bella situazione quella in cui si è cacciata sua figlia. Con le prove che ha, il procuratore quasi certamente, spingerà per la conferma delle accuse, ma ho fiducia nel detective Nesbit e anche nei suoi amici. Sorride guardando Rick e i due poliziotti davanti a lui.Ora scusatemi, devo andare e voi fareste meglio ad entrare in aula.-
Si allontana dirigendosi verso la sala colloqui.
Beckett è seduta con le mani appoggiate al lungo tavolo di legno lucido. Due agenti sono di guardia accanto alla porta.
-Buon giorno Kate.-
Lei lo saluta solo con un cenno della testa e riporta lo sguardo serio e preoccupato sul tavolo.
-Beh, è incredibile come una doccia e un po’ di cipria possano fare miracoli!-
Kate alza gli occhi corrucciando la fronte.
-Non ha più la stessa faccia orribile di poche ore fa! Si batte il palmo della mano contro la fronte. Che stupido! Le ho appena detto che poco fa aveva una faccia orribile!-
Lei ha ancora la rughetta sulla fronte corrucciata, ma dopo un attimo mostra un sorriso.
-Visto? Sono bravo. Ci sono riuscito.-
-A fare cosa?-
-A farla sorridere e a distendere i tratti del viso!-
Quel tipo somiglia troppo a Castle, anche lui fino a qualche giorno prima, avrebbe detto o fatto qualcosa per rubarle un sorriso.
Fino a qualche giorno prima… e adesso?
Corbin continua il suo discorso anche se si è reso conto che la mente di lei, per un attimo, vaga in un’altra dimensione.
-Lei conosce Candice Robinson?-
Quel nome la riscuote.
-L’assistente del procuratore? Candy la dura? Chi non la conosce e chi non ha avuto a che fare con lei! Aspetti. Ci sarà lei in aula?-
-Dalle indiscrezioni che ho sentito si. Questa cosa mi preoccupa, soprattutto per la cauzione. –
-Perché sono un poliziotto!-
-Conosce davvero bene la sua reputazione!-
-E’ inflessibile, fa bene il suo lavoro e contro i poliziotti corrotti ha un vero e proprio odio viscerale.-
-Lei non è corrotta.-
-Ma sono accusata di omicidio a sangue freddo, per lei è lo stesso.-
Rivolge ancora lo sguardo verso il tavolo, con le labbra strette in una smorfia preoccupata, così Corbin cambia discorso all’improvviso.
-Ho conosciuto suo padre poco fa.-
-E’… è qui?-
-Non sarebbe dovuto venire?-
Perché risponde anche lui ad una domanda con un’altra domanda? 
Ho conosciuto anche i suoi colleghi, Ryan ed Esposito e… c’è pure  Richard.-
Beckett sussulta trattenendo il respiro.
-Che c’è? Pensava non sarebbe venuto?-
Lei non risponde e tiene le mascelle serrate, allora il suo avvocato le si mette davanti per guardarla da vicino e molto seriamente, attira la sua attenzione.
-Ascolti Kate, questi ultimi tre giorni sono stati intensi, duri e drammatici, ma non solo per lei, mi creda!-
-Perché mi dice questo?-
-Perché là fuori ci sono i suoi uomini, i suoi colleghi, i suoi amici, la sua famiglia. Dai loro sguardi di poco fa, posso dirle che sono davvero preoccupati per lei, che farebbero di tutto per tirarla fuori da qui, compreso Richard e lei si è comportata male non chiamandoli l’altra notte, qualunque fosse il suo motivo.-
La schiettezza di quell’uomo e soprattutto la capacità di interpretare i suoi pensieri è disarmante, forse era materia di studio nella scuola che frequentavano da ragazzi lui e Castle, perché ha ancora l’impressione di trovarsi davanti a lui.
-Volevo proteggerli. Sono tutti in pericolo. Il mio capitano è morto per mano dell’uomo che mi ha incastrata e ho promesso a me stessa che sarebbe stata l’ultima vittima di questa storia. Ieri mattina Castle ha rischiato di essere colpito da un proiettile destinato a me ed io non… non…-
Sospira e si volta a guardarlo, ha gli occhi lucidi e in quel momento Stan Corbin capisce perché il suo amico Richard la notte precedente lo ha buttato giù dal letto per chiedergli aiuto, perché lo ha quasi pregato anche se non ce n’era bisogno, perché parlando di lei un velo di tristezza copriva i suoi occhi. Il suo amico Richard è perdutamente innamorato di quella donna e al momento, guardando da vicino i suoi occhi, capisce il perché e non è stato difficile nemmeno capire che anche lei è perdutamente innamorata del suo amico Richard. Quello che gli è difficile capire, è perché fingano e rifiutino tutti e due che sia così. Sorride e si alza fingendo di cercare qualcosa dentro alla ventiquattrore, per non mostrarle la tenerezza che prova al momento, non sarebbe professionale per un avvocato con la sua cliente. Le offre la mano, lei si alza e mette su di nuovo la maschera di donna forte e orgogliosa. Fa un respiro profondo e seguiti dai due agenti accanto all’uscita, si dirigono in aula.
Beckett viene accompagnata immediatamente al suo posto, senza potersi fermare a salutare nessuno dei presenti. Anche Lanie è arrivata nel frattempo.
Si siede dritta e immobile. Non ha il coraggio di guardarli, soprattutto suo padre. E Castle? Ha sperato che non ci fosse.
No, non è vero! Non lo ha sperato.
Ha avuto paura che non ci fosse.
Ha avuto paura che, dopo l’altra notte si fosse convinto a non tornare da lei, invece è lì e anche se non lo guarda, sa che la sta fissando come fa sempre quando crede di non essere visto. Sente il calore del suo sguardo, come una carezza. Prende coraggio e si volta a guardarli tutti.
Jim le sorride e le fa un cenno con la testa. Esposito non sembra più arrabbiato e Castle…
Come ha immaginato, tiene gli occhi fissi su di lei. Il solito sguardo limpido e genuino che lei ama. Persa in quello sguardo, vede le sue labbra muoversi in maniera impercettibile. Lo osserva attentamente e lui ripete più lentamente Always…
 

In piedi, entra la corte…


Continua...

 

Angolo di Rebecca:

Lui ha cominciato a mordere e non perde di vista niente e nessuno...
Beckett deve marcire in galera!!!
E non ci sono nè MA, nè SE...

Kate, Rick... tutti sono in attesa, non possono fare altro,
portando sulle spalle il dubbio per quello che succederà...

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Capitolo 9
*** Scacco! ***



...Come ha immaginato, tiene gli occhi fissi su di lei.
Il solito sguardo limpido e genuino che lei ama.
Persa in quello sguardo, vede le sue labbra muoversi in maniera impercettibile.
Lo osserva attentamente e lui ripete più lentamente Always…



 

La Resa Dei Conti


*
Scacco
*
8° Capitolo



 
 
In piedi, entra la corte…

Kate si gira di scatto e tutti si mettono in piedi, per riaccomodarsi subito dopo.
Al banco c’è il giudice Fancklin Hemerson. Beckett lo ha sentito nominare spesso, ma non lo ha mai incontrato, non saprebbe come collocarlo. Però sa come collocare la Robinson. Pronta a graffiare e a mordere, forse non adesso, ma sicuramente in un probabile processo.
Il giudice batte il martelletto, facendo segno al Cancelliere, che si fa avanti per dare inizio alla lettura degli atti.
-L’udienza è aperta. Lo stato contro Katherine Beckett. Le due parti si presentino.-
-Candice Robinson assistente del procuratore, per l’accusa, signor giudice.
-Stan Corbin per la difesa vostro onore.-
Gli occhi di tutti si spostano dal banco della difesa a quello del procuratore.
Castle tiene le mascelle serrate e le mani intrecciate strettissime. Fino a quel momento ha vissuto tutta la vicenda come ovattato, come se stesse delineando la traccia di un suo romanzo, ancora da svolgere. Ma in quel momento si rende conto che la trama si sta svolgendo senza che lui abbia la possibilità di decidere il finale. Si rende conto che per Kate, quella non è solo l’udienza che deciderà del suo futuro, ma è l’umiliazione, il dolore, la rabbia, la frustrazione per qualcosa che ha inseguito per un terzo della sua vita. L’assassino di sua madre le ha dato scacco per l’ennesima volta. Si risveglia quando il giudice Hemerson, dopo aver controllato il fascicolo che ha sul banco, chiede al cancelliere di continuare.
-Questa corte è riunita per decidere se esistono prove valide per rinviare a giudizio l’imputata, il detective Katherine Beckett, accusata di omicidio. La corte ha già studiato le prove e gli indizi preliminari catalogati finora. Il detective Beckett è stata sorpresa la notte del 9 maggio alle 23.22 dagli agenti Tayler e Davis, di pattuglia nella zona del porto, accanto al cadavere di un uomo, armata della sua pistola d’ordinanza e visibilmente scossa. Il corpo presentava 2 fori di proiettile alla schiena. Dall’esame autoptico la vittima è morta sul colpo, dopo che il primo proiettile lo ha raggiunto da dietro al polmone sinistro, mentre il secondo proiettile ha perforato, sempre da dietro, il cuore. Non risultano altre ferite, né ematomi, graffi o traumi di altra natura. Nessuna arma è stata trovata né sul corpo, né nell’aria circostante al delitto. L’autopsia ha rilevato che i fori di proiettile sono calibro 9 e dal controllo balistico risultano provenire dalla pistola d’ordinanza della Beckett. Il guanto di paraffina è risultato positivo, anche se questa non può essere considerata una prova valida, visto il lavoro che svolge l’indiziata. L’esame tossicologico sul cadavere è negativo, mentre quello della Beckett ha rilevato un alto tasso alcolico.
La vittima corrisponde al nome di Alec Freeman, ma i documenti in suo possesso si sono rivelati falsi e le indagini non hanno ancora dato riscontri sulla sua vera identità. Inoltre Alec Freeman è stato identificato come l’artefice materiale dell’attentato perpetrato proprio ai danni del detective Beckett, avvenuto ieri mattina durante il funerale del capitano Roy Montgomery, comandante della sezione omicidi del dodicesimo distretto, dove l’imputata presta servizio. La Beckett ha dichiarato di essere stata contattata da Freeman ieri sera alle 21.40, dichiarazione confermata dai tabulati del suo cellulare. La chiamata è stata fatta da un telefono con sim prepagata e numero privato, che non è stato rinvenuto né addosso alla vittima, né sul luogo del presunto delitto. Durante l’interrogatorio, il detective Beckett ha dichiarato che Freeman l’avrebbe contattata per richiedere la protezione della polizia, poiché temeva di essere il prossimo nella lista delle persone da eliminare, per non essere riuscito a colpire l’obiettivo. In cambio le avrebbe rivelato l’identità dell’uomo che ha commissionato il suo omicidio, che ha contribuito alla morte del capitano Montgomery e che secondo il detective Beckett è anche il mandante dell’omicidio della madre, Johanna Beckett, uccisa 13 anni fa. Il detective Beckett ha anche dichiarato di essere stata narcotizzata, ma sulla sua pelle non sono state riscontrate tracce di cloroformio o altre sostanze.-
Il cancelliere torna al suo posto dopo avere esposto i fatti della notte precedente e il giudice si rivolge alle due parti in causa.
-Signora Robinson, la parola alla procura per la formulazione dell’accusa.-
L’assistente del procuratore si alza, ringraziando con un cenno del capo.
Gli occhi di tutti sono puntati sulla sua figura di spalle, impeccabile nel tailleur pantalone marrone scuro, con abbinata una camicetta rosa. I capelli lunghi e neri legati in una coda bassa. Rigira una stilografica tra le mani.
-In base alle prove e alle testimonianze preliminari raccolte, per l’ufficio del procuratore l’accusa è di omicidio di primo grado.-
Beckett chiude gli occhi e deglutisce. Anche lei metabolizza solo all’istante l’accusa che l’ha travolta. Omicidio di primo grado. Omicidio premeditato.
-Abbiamo appurato che Alec Freeman era un killer professionista, di cui non conosciamo ancora la vera identità. L’uomo è stato ingaggiato per uccidere il detective Beckett. Da chi? Si suppone dallo stesso uomo che 13 prima aveva assoldato un altro killer per uccidere Johanna Beckett, madre dell’imputata. Il caso non è mai stato risolto. Da allora ci sono stati, nel corso degli anni, altri omicidi legati a quello della signora Beckett, ma nessuna indagine ha portato al colpevole. L’ultima vittima è stato il capitano Roy Montgomery, rimasto ucciso qualche giorno fa, proprio per avere scoperto qualcosa inerente al caso sopra citato. E per finire, l’attentato ai danni della sua persona, ieri  mattina. Questi ultimi avvenimenti sono state le gocce che hanno fatto traboccare il vaso. Non è difficile capire o immaginare lo stato d’animo del detective Beckett. Dolore, rabbia, frustrazione… e all’improvviso quella telefonata. Il tasso alcolico nel suo sangue è risultato elevato. In un attimo di confusione, ha visto la possibilità di mettere fine a tutto e di dare sfogo alla sua rabbia. Katherine Beckett è andata all’appuntamento al porto con l’unico intento di vendicarsi dell’omicidio della madre e del capitano Roy Montgomery, uccidendo il killer che voleva uccidere lei.-
Signor Corbin, come si dichiara la sua cliente?-
L’avvocato si mette in piedi sistemandosi la giacca.
-Innocente vostro onore.-
-Che mi dice delle prove a carico dell’accusa? Sono schiaccianti!-
-Il detective Beckett ieri sera si è recata al porto con il solo intento di scoprire la verità sull’omicidio di sua madre e di conseguenza scoprire chi ha tentato di ucciderla. Freeman era solo un cecchino, lavorava per qualcuno molto potente e pericoloso. Sapeva che, avendo mancato il bersaglio sarebbe stato la prossima vittima, perché con gente del genere non si scherza. Pensava di barattare la salvezza con il nome di questa persona. Katherine Beckett non aveva nessun motivo plausibile per uccidere Freeman. Era solo una marionetta, manovrata da qualcun altro. La mia cliente vuole sapere il nome di quest’ultimo. Indaga sull’omicidio della madre da 13 anni e quando è vicina a scoprire la verità si lascia prendere da manie di vendetta? E contro chi poi? Contro uno che con la morte della madre non c’entra niente! E’ evidente che la mia cliente è stata incastrata per essere tolta di mezzo. Non sono riusciti ad ucciderla, ma rovinando la sua reputazione, l’hanno messa comunque fuori gioco.-
-Questa sarà la vostra linea di difesa signor Corbin? Con una confessione la sua cliente potrebbe ottenere delle attenuanti. Come ha detto la signora Robinson, possiamo capire lo stato d’animo del detective Beckett. In un attimo di follia si è capaci di tutto!-
-Il detective Beckett non ha niente da confessare, vostro onore, per il semplice fatto che è innocente!-
-Bene, allora veda di darsi da fare a trovare delle prove che confutino le accuse, perché dai referti studiati, questa corte le conferma e rinvia a giudizio Katherine Beckett, che da adesso viene sospesa dal servizio e da qualunque mansione da pubblico ufficiale. La data del processo è da destinare e la signorina Beckett l’attenderà in prigione.-
-Vostro onore la difesa richiede la libertà su cauzione.-
La Robinson interrompe Corbin immediatamente.
-La procura non è d’accordo signor giudice. La Beckett è un poliziotto, conosce le procedure, sa come vengono condotte le indagini, esiste il pericolo che possa in qualche modo inquinare le prove. E proprio perché fa parte delle forze dell’ordine, anche se l’uomo ucciso era uno spietato assassino, il gesto che ha compiuto è ancora più grave. La legge non può ammettere giustizie personali, specie da un poliziotto.-
-Il gesto che ha presumibilmente compiuto!-
Sottolinea Corbin.
-D’accordo, presumibilmente. La Beckett inoltre, non ha vincoli familiari, niente marito, niente figli, perciò esiste la possibilità che lasci la città.-
Corbin prende nuovamente la parola.
-Vostro onore, Katherine Beckett è un poliziotto integerrimo. Ha lavorato con il capitano Montgomery alla sezione omicidi per anni in maniera esemplare, mai una nota di richiamo o di demerito. Non inquinerebbe mai delle prove. Il suo interesse è uscire da questa situazione pulita per poter riprendere possesso della sua vita e del suo lavoro e non è vero che non ha legami. Qui vive suo padre e qui vivono i suoi colleghi e amici. La sua vita è tutta in questa città.-
-Mi dispiace signor Corbin, risponde il giudice, ma proprio perché è un poliziotto, mi trovo d’accordo con la signora Robinson, non posso concedere la cauzione.-
-Sta dicendo che se la mia cliente non fosse un poliziotto, avrebbe una possibilità di ottenere la libertà su cauzione signor giudice? Con tutto il rispetto per la corte, ma questo mi sembra tendenzioso.-
-Signor Corbin, stiamo parlando di omicidio premeditato. Non concederei la cauzione per nessun motivo, ma il fatto che la sua cliente sia un poliziotto è ancora più grave e incisivo.-
-Si rende conto signore, che proprio perché è un poliziotto, può essere molto pericoloso per lei dovere stare in prigione in attesa del processo?-
-Signor Corbin, questa corte rifiuta la libertà su cauzione, la signorina Beckett attenderà il processo al carcere femminile di Stato, con l’ordine di essere tenuta sotto massima sorveglianza dalle guardie per la sua incolumità! Il trasferimento alla prigione avverrà immediatamente. La signorina Beckett e il suo legale aspetteranno l’arrivo del cellulare nella sala colloqui.-
Il giudice resta in silenzio qualche secondo, forse per essere sicuro che la sua decisione venga assimilata da tutti. Quei pochi attimi di silenzio, sembrano diventare all’improvviso insopportabili per Beckett, che si volta appena per guardare suo padre. L’avvocato Corbin rompe finalmente quel fastidioso silenzio.
-Vostro onore, chiedo il permesso perché la mia cliente possa incontrare il padre per un momento, prima di essere accompagnata in prigione.-
-Concesso. Solo un paio di minuti, qui in aula e soltanto il padre. La seduta è tolta!-
Il suono sordo del martelletto risuona dentro lo stomaco di ognuno di loro. Lanie dà istintivamente la mano ad Esposito, che gliela stringe senza guardarla. Jim Beckett appoggia le mani sulla ringhiera divisoria del banco degli imputati. Castle resta nella stessa posizione di quando è arrivato, come congelato, le mani ancora intrecciate strette, la mascella serrata.
Come sono arrivati a questo punto?
Non riesce a pensare, a respirare, gli occhi fissi sulle spalle di Beckett, dritta e immobile anche lei. Solo quando il martelletto ha toccato il banco, il rumore del colpo l’ha fatta sussultare. Le sue spalle si sono mosse, in maniera impercettibile, ma lui ha notato il sussulto e la conseguente immediata rigidità del suo corpo. Ora anche lei sta trattenendo il respiro, forse inconsapevolmente, ma non respira.
Stan le mette la mano sulla sua.
-L’avevamo messo in conto!-
Lei annuisce senza guardarlo.
-E’ vero. Ma sentirlo pronunciare lo rende un conto troppo alto.-
-Kate, la tirerò fuori. Lei è innocente, ed io lo dimostrerò.-
Lei lo guarda abbozzando una specie di sorriso.
-Su questo, non ho dubbi!-
-Davvero? Nessuno?-
-Castle si fida di lei e a me questo basta!-
Stan sorride e le stringe più forte la mano.
-Vada da suo padre, tra poco dobbiamo andare.-
Lei annuisce come rassegnta a quello che sta vivendo, alla fine è stata lei a volere tutto questo, è stata lei ad arrampicarsi fino al centro della ragnatela. Sospira e si volta verso il padre che supera la barriera divisoria e la abbraccia, controllato a vista da due agenti.
-Non l’ho ucciso io, papà.-
-Lo so Katie. Credi che potrei anche solo pensarlo? Però sono preoccupato.-
-Mi dispiace papà!-
Una delle guardie li interrompe, mettendole una mano sul braccio.
-Ora dobbiamo andare nella sala colloqui.-
Padre e figlia si separano e dopo un ultimo sguardo, Beckett viene condotta fuori dall’aula. Cammina davanti ai suoi amici, Lanie le fa un sorriso, mentre Ryan ed Esposito la seguono seri. Passa ad una ventina di centimetri da Castle, i loro sguardi si incontrano e lei gli sorride. Il primo sorriso dopo la morte di Montgomery e non è un sorriso di circostanza, dettato dalla paura o dalla situazione quasi surreale. E’ un sorriso vero, uno di quelli che gli rivolge di tanto in tanto quando restano incollati con lo sguardo, uno di quelli che rispondono ai suoi per sempre, uno di quei sorrisi che le sta dedicando anche lui senza nemmeno accorgersene.
 
Una volta in corridoio, escono tutti dietro a loro e si fermano davanti alla sala colloqui, tenuti a debita distanza. Uno dei due agenti entra a controllare che la sala sia vuota, mentre l’altro resta attaccato a lei.
-Mi dispiace detective, ma devo ammanettarla.-
La guardia prende le manette dalla custodia e Beckett porge i polsi. Ad un tratto sentono delle urla e si voltano tutti nella stessa direzione. Due energumeni, ammanettati e probabilmente in attesa di giudizio, cominciano a dare i numeri, scagliandosi contro le guardie della loro scorta. Le persone nel corridoio cominciano a gridare e correre di qua e di la per la paura, mentre altri agenti accorrono per cercare di fermare i due. Nel via vai frenetico della gente che cerca di uscire impaurita, qualcuno urta violentemente Beckett, mettendole qualcosa nella mano. Lei si gira di scatto, ma non riesce ad individuare la persona che le è arrivata addosso. Mentre gli sguardi di tutti sono rivolti alla rissa che si sta svolgendo poco più in là, lei corruccia la fronte, guardandosi intorno e facendo attenzione che l’agente rimasto accanto a lei con le manette a mezz’aria non se ne accorga, tra le mani si ritrova un pezzo di carta, lo apre con un movimento lento delle dita e legge cosa c’è scritto. Il cuore comincia a galopparle dentro al petto, sgrana gli occhi e trattiene il respiro per un attimo. Quella rissa era premeditata, solo per deviare l’attenzione da lei e poterla avvicinare.
Ryan ed Esposito accorrono a dare una mano, i due energumeni sono una vera furia, anche ammanettati si scagliano su chiunque tenti di fermarli, ruggendo come animali in gabbia.
Castle invece non le ha tolto gli occhi di dosso, nemmeno per un momento. Ha visto tutta la scena, lei che si guarda attorno dapprima confusa, poi il biglietto ed ecco che il suo sguardo diventa di paura. Terrore. I suoi occhi in un secondo hanno mostrato terrore. Mentre Beckett si guarda ancora attorno, si sofferma su di lui e si accorge che le sta chiedendo silenziosamente che succede.
Dopo aver letto quel biglietto, ha capito di essere sotto controllo. Il drago l’ha incastrata, ma vuole essere sicuro che lei non faccia niente per tirarsi fuori dai guai. Il messaggio è chiaro. ‘Ti stanno portando in prigione e lì devi restare’. Le indagini sarebbero rimaste ad un puto morto, il drago non avrebbe permesso a nessuno, compresa alla sua squadra e al suo avvocato, di fare luce su questa storia e chiunque ci avesse provato, sarebbe stato ancora in pericolo.
Castle continua a chiederle spiegazioni con lo sguardo, lei si guarda ancora attorno. Gli agenti sono riusciti a bloccare uno degli assalitori, mentre l’altro continua ancora a fare paura rompendo tutto. Le sue possibilità sono due. Salire su quel cellulare e dire addio alla sua vita, alla sua famiglia, al suo lavoro, alla sua rispettabilità e rinunciare a qualunque difesa, o fare il possibile per cercare la verità. Da sola. Fuori di prigione.
L’agente accanto a lei ha ancora le manette in mano, è rimasto bloccato quando è cominciata la rissa, vicino a lei c’è solo Stan Corbin, che guarda anche lui in direzione della farsa. Fa un paio di passi all’indietro lentamente, fissando gli occhi su Castle, che in un primo momento corruccia la fronte, ma dopo un attimo capisce cosa vuol fare. Sgrana gli occhi e senza muovere un muscolo apre la bocca come per dire qualcosa e scuote impercettibilmente in maniera negativa il capo.
Non farlo Beckett… no! 
Ma lei, senza togliere gli occhi dai suoi, indietreggia sempre di più, fino a che si gira lentamente, fa qualche passo piano e all’improvviso si mette a correre verso l’uscita, sotto lo sguardo attonito e immobilizzato di Castle.


Continua...


Angolo di Rebecca:
Ma... ma... è impazzita!!! 
E'... è... scappata!?!
Opporca! Non me l'aspettavo :-p

Buona sera a tutti.
Per prima cosa, voglio chiarire che le mie conoscenze legali, si sono formate in aula con Perry Mason e Jag,
perciò se ho scritto o descritto un'udienza insensata, chiedo scusa.
Il capitolo sarà anche un pò noioso, ma non potevo esimermi da scriverlo.

Secondo, ho avuto molte richieste per conoscere di persona l'avvocato di Beckett.
Virginia (Evidence) ha addirittura indetto una ricerca interna "Diamo un volto a Stan" e mi ha aiutata a cercarlo,
ed è stata proprio lei a trovare la faccia che io avevo immaginato (grazie :)!

Perciò è con immenso piacere che vi presento L'avvocato Stan Corbin...



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Mettetevi in fila, senza accalcarvi e non fatelo scappare...

Al prossimo :)

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Capitolo 10
*** Nikki Heat è scappata! ***



...Non farlo Beckett… no!
Ma lei, senza togliere gli occhi dai suoi, indietreggia sempre di più,
fino a che si gira lentamente, fa qualche passo piano e all’improvviso si mette a correre verso l’uscita,
sotto lo sguardo attonito e immobilizzato di Castle...


 

 

 

La Resa Dei Conti


*
Nikki Heat è Scappata!
*
9° Capitolo 

 


L’agente accanto a lei si gira improvvisamente.
-Dov’è Beckett?-
Chiede all’avvocato che si volta di scatto senza vederla.
-Accidenti dov’è?-
L’agente controlla attorno nel corridoio e nelle stanze circostanti.
-Maledizione! Beckett è scappata, dà l’allarme.-
Grida al collega. Intanto la rissa è stata sedata e tutti gli agenti corrono verso l’uscita per intercettare la fuggitiva.
-Ma si può sapere dov’è, che le è saltato in mente?-
Grida Esposito, quando si rende conto dell’accaduto, seguito a ruota da Ryan.
-E’ uscita fuori di senno. E’ diventata completamente matta!-
Dopo circa 10 minuti, gli agenti rientrano in tribunale, completamente zuppi di acqua, mentre davanti all’entrata si è già formata una piccola folla di giornalisti e fotografi, pronti all’assalto… qualcuno sta parlando al cellulare con la redazione, dando il titolo della prima pagina: Nikki Heat è scappata!
Sta ancora diluviando e non accenna a smettere, quando arriva anche Nesbit con la sua squadra.
-Allora dov’è?-
-L’abbiamo persa signore.-
-L’avete persa? L’AVETE PERSA! Vi siete fatti scappare da sotto il naso una donna incriminata di omicidio, per di più in un tribunale davanti a decine di agenti di guardia, per fare cosa? Per fermare l’incredibile Hulk e King Kong? Ma cosa credevate, di essere al circo? Diramate la sua descrizione, mettete posti di blocco ovunque, TROVATELA!-
Si piazza davanti ad Esposito con le mani ai fianchi.
-Me lo dite voi cosa è successo?-
Li guarda uno per uno con lo sguardo truce. Nessuno apre bocca e Nesbit si sofferma su Castle.
-Allora?-
Lui fa spallucce.
-Allora… è… è… scappata!-
Balbetta incredulo.
-Ma davvero? E’ scappata! Javier, fino a 5 minuti fa credevo fermamente nella sua innocenza.-
-Credevi?-
-Si credevo. Perché dopo la cretinata che ha fatto, sta pur tranquillo che quando l’avremo ripresa, perché la prenderemo, non avrà bisogno nemmeno del processo, la rinchiuderanno buttando via la chiave.-
Si volta e a passi enormi si dirige verso l’uscita, ma si gira di nuovo verso di loro.
-E non muovetevi da qui, quando torno voglio ritrovarvi nello stesso punto e nella stessa posizione, sennò arresto anche voi per favoreggiamento!-
 
Un autocarro con rimorchio scoperto, dal cabinato rosso/blu e il nome Charlie stampato a lettere bianche sullo sportello, viaggia a velocità regolare per le vie trafficate di New York. L’autista si sporge verso la strada, curioso del perché decine di poliziotti in divisa, corrano da un lato all’altro dell’isolato che circonda il tribunale. Si chiede anche come mai diverse auto di pattuglia con sirene e lampeggianti accesi, stiano rendendo impossibile il traffico, già caotico per via della pioggia insistente. Di sicuro danno la caccia a qualcuno di pericoloso, sennò perché tutto quel fermento. Charlie non vede l’ora di arrivare a destinazione, prendere il suo carico e tornare a casa, possibilmente prima di sera, perciò non gli importa molto di cosa succede in strada, è preoccupato solo di perdere ancora più tempo. Chissà se Charlie si preoccuperebbe, se avesse visto la donna uscita di corsa dal tribunale, saltare al volo dentro al suo rimorchio e accucciarsi in un angolino, prima che gli agenti che la seguivano potessero scoprirla. Chissà se Charlie si preoccuperebbe se sapesse che quella donna è una fuggitiva, incriminata di omicidio e adesso anche ricercata. Molto probabilmente un po’ di preoccupazione l’avrebbe, non fosse altro di sapere se la donna è armata e capace di fargli del male. Ma grazie al cielo Charlie non si è accorto di niente, non sa di trasportare una fuggitiva, non sa di stare aiutando un’assassina a scappare lontano dalla polizia.
Beckett, seduta nell’angolino sotto alla cabina di guida, cerca di ripararsi dalla pioggia e aspetta di arrivare lontano dal tribunale; con un po’ di fortuna Charlie sta andando fuori città. Tiene ancora tra le dita quel pezzo di carta. Continua a guardare la scritta e i suoi occhi esprimono ancora paura e ansia, causate anche dall’adrenalina ancora alta per quello che ha appena fatto. Si è comportata come il peggiore dei criminali. E’ scappata! Questo aggrava di molto la sua posizione con la legge, ma sicuramente spiazza Lui. La voleva in prigione per controllarla, ma ora che lei è scappata non può più farlo. L’unico modo di trovarlo è far si che Lui trovi lei, perciò farà il suo gioco. Aspetterà che faccia la prima mossa! In un modo o nell’altro riuscirà ad arrivare a lui e quando entrerà nella tana del drago… beh, si vedrà! Continua a guardare quel foglietto e a rileggere quelle parole. Non gli permetterà di avvicinarsi a nessuna delle persone che ama. Non gli permetterà di ricattarla con la loro vita. Non gli permetterà di mandare qualcuno all’indirizzo scritto su quel foglio. L’indirizzo di casa di suo padre!
 
Un’ora più tardi, gli agenti a piedi sono di rientro in tribunale. Il cielo ha deciso finalmente di non piangere più, ma il freddo è pungente. Nessuno di loro ha trovato tracce della fuggitiva nei dintorni del tribunale. Posti di blocco sono stati messi nelle stazioni dei treni e dei pullman, controllo dei taxi e di tutte le possibili vie di fuga anche attraverso il fiume. In più decine di auto pattugliano la città alla ricerca di Katherine Beckett.
Castle e gli altri, compreso il padre di Kate sono ancora seduti sulle panchine nel corridoio del tribunale. Nesbit ha interrogato tutti quelli che hanno assistito alla rissa, compresi i due energumeni, che però non hanno aperto bocca.
-Ora tocca a voi, entrate uno per uno in questa stanza.-
Fa segno verso la sala colloqui dove qualche ora prima Beckett discuteva con il suo avvocato.
Esposito si alza in piedi arrabbiato.
-Andiamo Jason, credi veramente che uno di noi, o tutti insieme, fossimo d’accordo per farla scappare?-
-A questo punto credo ad ogni cosa, muoviti, comincio con te.-
-Lei non ha nessun diritto di interrogarli, interviene Corbin, come loro avvocato io glielo impedisco.-
-Lei me lo impedisce? La sua cliente è fuggita in circostanze alquanto strane e sospette direi, quindi interrogherò anche lei, quando avrò terminato con loro.-
Sbraita Nesbit, additando ognuno dei presenti in quel metro quadro di corridoio. Esposito fa un sospiro per cercare di calmarsi.
-Nesbit ascolta, adesso…-
-Adesso basta!-
Li interrompe Castle. Per la prima volta apre bocca, li ferma alzandosi in piedi e con un tono autoritario, tanto che non solo Nesbit, ma anche gli altri rivolgono lo sguardo verso di lui, sorpresi. E’ balzato in piedi come se si fosse risvegliato improvvisamente dallo stupore e sbigottimento in cui è caduto quando ha capito cosa stava per fare Beckett. Ancora non si capacita del fatto che lei si sia voltata lentamente e con tutta la freddezza possibile sia scappata. Se l’è svignata in quattro e quattrotto senza pensarci due volte. Quando vede i loro occhi che lo guardano stralunati, si rende conto di avere sbottato improvvisamente, di aver usato un tono non proprio consono, specie con Nesbit, che se avesse potuto in quel momento, non solo li avrebbe davvero arrestati tutti, ma li avrebbe fatti rinchiudere addirittura nel braccio della morte. Si sistema il cappotto e si passa la mano tra i capelli, per prendere tempo, per riuscire a mettere insieme tutte le cose che voleva dire quando si è alzato e che adesso, con i loro sguardi addosso, sembrano difficili da formulare. Solleva le mani.
-Ok, chiedo scusa per il tono. Soprattutto a lei Nesbit. Vorrei solo poterle fare capire una cosa importantissima.-
-Cioè che cosa? Che se non ritrovo Beckett posso dire addio alla mia pensione? Perché è questo che mi ha detto il mio capitano mezz’ora fa.-
Castle sospira.
-No, non questo! Ascolti Nesbit, Beckett è scappata per un motivo ben preciso.-
-Non mi dica che lo ha fatto per cercare di scagionarsi da sola, perché la picchio!-
-No. E’ scappata per un altro motivo.-
Jim gli si avvicina.
-Rick, sembra che lei sia sicuro di quello che dice.-
Castle annuisce e fa segno a Nesbit di accomodarsi nella sala colloqui, per stare più comodi e lontano da orecchie indiscrete. Entrano tutti e il poliziotto chiude la porta.
-Sono tutto orecchi signor Castle. Sentiamo la sua storiella.-
-Fino a quando siamo usciti dall’aula, Beckett era tranquilla. Anzi sembrava quasi rassegnata. Il suo agente stava per metterle le manette. Poi è cominciata quella specie di rissa e credo che lei abbia ragione, è stata solo una messa in scena.-
-Ma che diavolo dici Castle? Lo interrompe bruscamente Ryan.Ti rendi conto che la tua teoria è uguale a quella di Nesbit ed è sbagliata?-
-Lasciami finire Ryan. E’ stata una messa in scena, ma non architettata da noi o da Beckett per fuggire. Qualcun altro ha fatto in modo che l’attenzione fosse lontana da lei per qualche minuto.-
Nesbit solleva le sopracciglia, incrocia le braccia e gli si para davanti.
-Qualcun altro?!-
 -Non mi guardi con quell’espressione, come se mi fossero spuntate le orecchie a punta del dottor Spock! Al contrario di tutti, io non ho guardato verso la rissa. Io ho continuato a tenere d’occhio Beckett. Mentre la gente urlava e cercava di prendere l’uscita, qualcuno l’ha strattonata violentemente. Lei si è voltata per cercare di vedere chi fosse stato, ma non è riuscita ad individuarlo e nemmeno io purtroppo, ero troppo intento a guardare lei. Chi l’ha strattonata, le ha messo un pezzo di carta in mano e quando lei l’ha letto la sua espressione è cambiata immediatamente. E’ sbiancata e ha cominciato a guardarsi intorno. Era terrorizzata.-
-Dove vuole arrivare Castle?-
Gli chiede Nesbit, sedendosi accanto a lui, come se finalmente fosse riuscito ad attirare la sua attenzione.
-Cerchi di seguirmi Nesbit. Chiunque l’ha incastrata, perché è stata incastrata, ha fabbricato delle prove schiaccianti. Hanno ammazzato un uomo senza lasciare altre tracce, tranne quelle di Beckett. Chiunque sia, sa che non ci fermeremo, sa benissimo che andremo in fondo alla cosa, per cercare di scagionarla. Se su quel foglietto ci fosse stata una minaccia? “Ti voglio in prigione e lì devi restare, fuori dai piedi, o...”se facciamo attenzione a tutto quello che ha fatto Beckett in queste ore, ci rendiamo conto che ha agito senza pensare, come una principiante, solo ed esclusivamente per un unico scopo. Non mettere in pericolo la vita di quelli che le sono vicino.-
-Quindi sarebbe scappata per cosa? Chiede Nesbit. Se è vero che in quel foglietto c’era una minaccia, avrebbe dovuto restare dov’era.-
-In prigione a vita, sapendo i suoi cari sempre in pericolo? Non la conosce Nesbit. Questa è la prova che lei non consce Kate Beckett.-
-Allora perché, visto che lei la conosce bene?-
-Per metterlo alle strette, per farsi dare la caccia.-
Li guarda in faccia uno per uno e la loro espressione è uguale. Hanno la fronte corrucciata e continuano a stare in silenzio aspettando che vada avanti.
-Tutta la polizia di New York la sta cercando, ma la cercherà anche lui, per essere sicuro che non continui ad indagare sul caso di sua madre e sulla morte di Freeman. Se trova le prove della sua innocenza, lui sarà ancora nei guai. E qual è il modo migliore di fermarla?-
-Trovarla prima della polizia e magari farla fuori.-
Risponde Corbin e tutti gli occhi si rivolgono verso di lui.
-Bravo Stan! Nesbit, lei deve trovarla al più presto, perché il pericolo per Beckett in questo momento è proprio Beckett. Non si fermerà. E se lui la trova per primo, stavolta la fa fuori davvero.-
Nesbit si alza, fa lentamente il giro del lungo tavolo al centro della stanza, come se stesse mettendo insieme le idee. Quando si ferma, guarda tutti uno per uno e alla fine si sofferma su Espiosito.
-Questa storia non ha senso. Non ha nessun senso. Dal momento in cui il cecchino ha fatto la famosa telefonata a Beckett, niente ha più avuto senso. Si sofferma ancora un attimo. Sarò anche fuori di testa, ma proprio il fatto di non avere senso, gli dà un senso!-
Castle batte la mano sul tavolo in segno di vittoria.
-Non gioisca Castle. Io la troverò, ma solo perché è una fuggitiva. Non m’importa il motivo per cui è scappata.-
-E a noi importa solo che lei la trovi.-
Esposito si avvicina al collega.
-Allora Jason, ci dai il permesso di partecipare alle ricerche? Alla fine, vogliamo la stessa cosa. Trovarla.-
-Va bene! Ma solo voi due, lo scrittore lo voglio fuori dai piedi.-
Punta il dito contro Castle e lui alza le mani in segno di resa.
-Non mi vedrà, faccia conto che non esisto. Io preferisco lavorare sul campo opposto, con l’avvocato Corbin. Noi ci occuperemo di trovare le prove per scagionarla, sono bravo a fare congetture, anche se poi sono sbagliate.-
Nesbit scuote la testa.
-E io gli do pure retta!-
Lascia la stanza con Ryan ed Esposito al seguito. Castle si rivolge al padre di Beckett.
-Jim, lei ha le chiavi di casa di Kate?-
-Certo, ma a cosa le serve andare al suo appartamento?-
-Non lo so, ma ho bisogno di andarci, se lei me lo permette.-
Jim toglie la chiave dal suo mazzo e la dà a Castle.
-Richard, lo sai che casa di Beckett potrebbe essere sotto controllo?-
Gli dice Stan, un po’ preoccupato per quella strana richiesta.
-Lo so, ma io ci devo andare!-
-Aggirando i poliziotti?-
-Quando saremo lì vedremo.-
-Quando saremo lì?- Ripete Stan.
-Naturalmente. Saremo. Tu vieni con me.-
-Rick, mi tenga informato. Gli dice Jim, preoccupato. Io mi piazzo al 21°, resterò lì a seguire le ricerche, anche se a Nesbit non farà piacere.-
Castle sorride.
-E’ una brava persona. Lo prenda per il verso giusto e la farà rimanere.-
Prende la chiave dalle mani di Jim e si dirige all’uscita. Stan guarda Il signor Beckett, afferra la valigetta e fa spallucce.
-Naturalmente. Io vado con lui… ad infilarmi in un mare di guai... tanto Nesbit è una brava persona… basta prenderlo per il verso giusto!-
Ed esce dietro Castle cantilenando l’ultima frase.
 
Charlie come previsto, era diretto fuori città. Durante la fuga, Beckett, non aveva idea di dove andare, ma una volta accucciata nel rimorchio, mentre la pioggia la bagnava e le provocava brividi di freddo, le era venuto in mente solo un posto dove poteva nascondersi per il resto del giorno e almeno fino all’indomani. Scende al volo all’incrocio e poi correndo si dirige al suo nascondiglio. Deve asciugare i vestiti e soprattutto riposare, rimettere a posto le idee e convincersi che quello che sta facendo è la cosa giusta. In quel posto non l’avrebbero cercata. Aveva il tempo di organizzare un piano. Con la sua fuga il drago non poteva più controllarla e questo lo avrebbe fatto uscire allo scoperto. Non poteva lasciarla in giro per la città, latitante e come una mina vagante. Mentre si guarda attorno per trovare qualcosa di utile per asciugarsi, ripensa all’espressione di Castle, quando ha capito che stava per andarsene. Era stupito e continuava a dirle di non farlo con lo sguardo. Con quei suoi occhi che rispecchiano ogni tipo di sentimento. Prima era capace di nascondere qualunque cosa dietro il suo sguardo, non si capiva immediatamente se scherzava o era serio. Adesso invece, non riesce più a nascondersi. Dentro l’azzurro dei suoi occhi traspare ogni cosa. Dolore, rabbia, menzogna, verità… Amore! Oppure è sempre stato così, ma lei finora si è ostinata solo a guardarlo e non a vederlo. Da un po’ però non le riesce. Da un po’ vede quello che realmente c’è da vedere. Due occhi limpidi e sinceri, che la amano.
Perché ho paura di questo?
Entra nel piccolo ufficio, si guarda intorno in cerca di qualcosa di asciutto. Apre una cassa e trova un maglione ed un pantalone da uomo, grandi per la sua misura, ma sicuramente caldi. Si toglie i vestiti e li mette ad asciugare, poi va alla macchinetta degli snack e con un paio di colpi da maestro bene assestati, riesce a far uscire un paio di merendine. Con le bevande sarebbe stato più difficile senza monetine. Lì sarebbe stata al sicuro almeno fino al giorno dopo, in compagnia dei suoi fantasmi. Solo allora avrebbe pensato al da farsi. Ora vuole solo riposare, mangiare le merendine e ascoltare il silenzio.
Se solo fosse riuscita a far uscire anche un caffè!
 
‘Si è conclusa con una clamorosa fuga, l’udienza preliminare contro Katherine Beckett, il detective della omicidi arrestata ieri in tarda serata, perchè sospettata di avere ucciso il cecchino che ha attentato alla sua vita. Soltanto ieri mattina avevamo dato la notizia dell’attentato avvenuto durante il funerale del comandante della squadra in cui presta servizio. La donna era rimasta miracolosamente illesa, dopo che il killer aveva sparato senza nessuna riserva, in mezzo a decine e decine di poliziotti, riuniti per rendere l’ultimo omaggio al capitano Montgomery. Il detective Beckett era appena stata rinviata a giudizio per omicidio di primo grado e avrebbe dovuto attendere il processo nella prigione di Stato, senza possibilità di libertà su cauzione, quando, durante una strana rissa nel corridoio del piano terra del tribunale, la donna si è dileguata con maestria, praticamente sotto gli occhi delle guardie penitenziarie, del suo avvocato e di altre decine di persone presenti. La polizia la sta ancora cercando, sono stati messi posti di blocco ovunque, ma la Beckett sembra essersi volatilizzata immediatamente. Sul posto, oltre i colleghi della donna, che credono fermamente nella sua innocenza, era presente anche il famoso scrittore di romanzi gialli Richard Castle, che anni fa ha preso a modello proprio la donna, come musa a cui ispirarsi per la sua nuova saga di polizieschi. La fuga rocambolesca della bella poliziotta potrebbe essere vista come la trama di un bel romanzo del famoso scrittore, se non fosse per il fatto che la Beckett, rischia vent’anni per l’accusa di omicidio, aggravata adesso anche dalla sua fuga… che Nikki Heat sia realmente colpevole? Nell’attesa di maggiori notizie per il prossimo notiziario, vi lascio alla cronaca rosa. Kally Biver, channel 11 vi augura buona giornata.’
 
Alla notizia della fuga di Beckett, Lucas si aspettava di essere per lo meno squartato, invece Lui sta ridendo.
Sta letteralmente ridendo a squarciagola e di gusto e mentre lo fa continua a ripetere la stessa frase.
-E’ scappata, non ci posso credere… è scappata… quella mosca è una continua sorpresa!-
Lucas è ammutolito da quel comportamento. Non sa cosa fare o dire, così  decide che è meglio non fare niente e stare zitto.
Quando finalmente l’ilarità del suo capo si calma, nella stanza piomba il silenzio per alcuni secondi.
-Pechè fai quella faccia Lucas? Tu non lo trovi divertente?-
-Veramente no. Quando il nostro uomo le ha consegnato quel biglietto, lei avrebbe dovuto spaventasi e starsene buona, invece…-
-Invece è scappata! Ricomincia a ridere… Ti confesso che questo non lo avevo messo in conto. Mi sarei aspettato di tutto, ma non che scappasse… Però! Quella donna ha davvero le palle, mi dispiacerà ucciderla.-
Si alza dalla scrivania e guarda fuori dalla finestra.
-Non capisci Lucas? Vuole sfidarmi. Con la sua fuga mi sta mandando un messaggio: ‘Vuoi che mi tolga dai piedi, allora torna al piano iniziale. Devi uccidermi e per farlo, devi prima trovarmi!’ Davvero, davvero molto ingegnoso. Anche se così ci facilita la cosa.-
-E come?-
-Lucas a volte hai gli orizzonti davvero limitati. La polizia la sta cercando. Un poliziotto che scopre dov’è, può ucciderla all’improvviso per legittima difesa. Alla fine è una fuggitiva! Non ci vuole niente a trovare una divisa da poliziotto e una pistola da mettere in mano a Beckett… non credi? Anzi direi che non è difficile trovare proprio un poliziotto vero, che fa al caso nostro.-
-Nella squadra di Nesbit non abbiamo potuto piazzare nessuno.-
-Non importa, la città pullula di uomini in divisa, non si conoscono tutti tra di loro, uno più uno meno. Distribuisci i nostri per la città, orecchie e occhi aperti, appena la avvistano, fa in modo che siano i nostri ad arrivare per primi.-



Continua...


Angolo di Rebecca:

Siete anche voi in giro a cercare Beckett?
LUI sembra divertito...
La sua avversaria non si vuole arrendere, però Lui ha tutto sotto controllo!
O no?!?
Castle si è risvegliato, ha messo in moto gli ingranaggi, finalmente...

La fuggitiva manda un bacione a tutte da... ehm... da qualunque sia il suo nascondiglio <3


 

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Capitolo 11
*** Respirare... Lei! ***


...Lucas a volte hai gli orizzonti davvero limitati. La polizia la sta cercando.
Un poliziotto che scopre dov’è, può ucciderla all’improvviso per legittima difesa. Alla fine è una fuggitiva!
Non ci vuole niente a trovare una divisa da poliziotto e una pistola da mettere in mano a Beckett… non credi?
Anzi direi che non è difficile trovare proprio un poliziotto vero, che fa al caso nostro.
Distribuisci i nostri per la città, orecchie e occhi aperti, appena la avvistano, fa in modo che siano i nostri ad arrivare per primi...





 

 

La Resa Dei Conti


*
Respirare... Lei!
*
10° Capitolo 




 
Arrivati all’appartamento di Beckett, Castle sta per girare la chiave nella toppa, ma Stan lo ferma, mettendogli una mano sul polso.
-Richard, se la polizia si accorge che siamo qui, se ci trovano in questo appartamento… insomma, vorrei almeno essere sicuro che stiamo cercando una cosa importante per scagionarla. Cosa c’è qui dentro che ci può aiutare?-
-Niente, credo. Devo solo entrare!-
Apre la porta e dopo essere entrati la richiude dietro di sé.
-Aspetta! Stai dicendo che mi hai fatto venire fino a qui per niente credo? Che fossi fuori di testa l’ho sempre saputo, ma questo… Richard, ti rendi conto della gravità della situazione di Kate?-
Ma Stan capisce che sta praticamente parlando da solo, Castle è immobile in mezzo alla stanza, avvolto dalla penombra della sera precedente e sente addosso quella stessa sensazione di impotenza. Tutta la sicurezza di poco prima sulla teoria della fuga di Beckett, è sparita all’improvviso una volta messo piede in quella casa. Si rivede chino davanti al divano, sente le dita di Kate sfiorargli il viso…
Ma lei adesso non c’è… e quel tocco è l’unica cosa che vorrebbe sentire nel vuoto totale che lo ha colto di nuovo.
Corbin gli va vicino e gli mette la mano sulla spalla.
-Richard!-
Lui sussulta.
-Scusa Stan, dicevi?-
-Perché siamo qui?-
Ma per l’ennesima volta lui non risponde. Si guarda intorno smarrito, gira per tutto l’appartamento come un automa consapevole che è vuoto, in cerca di… cosa?!
L’alta uniforme è ancora sul letto, sistemata con cura, ma non riposta nell’armadio.
In cucina c’è la bottiglia di vodka e il bicchiere che Beckett ha usato per mandarla giù. Lo sfiora con il dorso della mano. Deve averla bevuta dopo essersene andato. La vede, mentre la beve tutta d’un fiato, arrabbiata, delusa, spaventata.
Sente perfino lo squillo del cellulare. Volta lo sguardo verso il tavolino accanto al divano, era poggiato lì la sera precedente quando lui era andato via. La vede rispondere, gelare ed irrigidirsi quando capisce chi è al telefono, seduta, forse sul bracciolo, a decidere in un secondo cosa fare. La vede caricare la pistola, prepararsi con calma, accarezzare l’anello di sua madre e magari tentennare se chiamarlo oppure no.
Abbassa la testa e sospira, lasciandosi andare stancamente sul divano, ed è lì che si accorge finalmente del manoscritto sul tavolino, sopra c’è l’anello di sua madre.
Perché non l’hai portato con te? Non te ne separi mai!
Nota il piccolo cuore, proprio sotto la dedica. Lo sfiora con le dita e la vede ancora, dopo aver disegnato quel piccolo segno rosso, mentre anche lei lo sfiora, con dolore, con amore.
Deglutisce e chiude gli occhi, mentre Stan si siede accanto a lui.
-Glielo hai mai detto?-
Castle si gira a guardare l’amico, confuso perché per un attimo ha dimenticato che fosse lì.
-Detto? Detto… cosa?-
-Che sei perdutamente, follemente e irrimediabilmente pazzo di lei.-
Lui continua a guardarlo, non sa cosa rispondere e infatti non dice niente.
-Richard! Hai così bisogno di averla vicina, che sei voluto venire qua, rischiando l’arresto, solo per sentire la sua essenza?-
Castle riporta lo sguardo su quel piccolo cuore.
Non la vede da un paio d’ore.
Non sa dov’è da un paio d’ore.
Non sa se sta bene da un paio d’ore.
Si… ha bisogno di sentirla vicino, ha bisogno di sentire la sua essenza, un bisogno impellente come respirare!
Prende la catenina e accarezza l’anello, stringe il pugno e se la mette in tasca.
-Andiamocene adesso, prima che arrivi davvero qualcuno.-
La voce è rotta dall’emozione, si mette il manoscritto sotto al braccio e si dirige verso la porta.
-Accompagnami a casa, Stan. Ti dispiace?-
Sussurra uscendo sul pianerottolo, mentre l’amico si guarda intorno ancora un momento sorridendo e scuotendo la testa.
Eppure sono convinto che sareste proprio carini insieme!!!
 
Al ventunesimo, intanto sono tutti in fermento. I telefoni continuano a squillare, soprattutto quello del capitano, che è furioso. Tutti i distretti sono in comunicazione tra loro, tutti stanno cercando da ore la fuggitiva Katherine Beckett, ma nessuno l’ha più avvistata dopo che si è defilata dal tribunale. Nemmeno per sbaglio, un passante, o un negoziante, o un barbone qualunque, hanno notato la donna della foto che viene loro mostrata. Gli agenti di guardia alle stazioni dei pullman e ferroviarie sono all’erta, come quelli appostati alle pensioni o motel fuori città.
-Non lascerà la città, dice Ryan, è inutile tenere sotto controllo le stazioni e gli aeroporti.-
-Perché non dovrebbe, è una ricercata, di solito vanno lontano da chi li cerca.-
Risponde Nesbit, con la sua solita sigaretta spenta tra le labbra.
-Perché non è una fuggitiva. Lei vuole restare in città. Se la teoria di Castle è vera, non si muoverà da New York, non ne ha nessun motivo.-
-Già. Andate a spiegarlo mio capo! A proposito di Castle… come mai lui e l’avvocato sono stati all’appartamento di Beckett?-
Quando lo sguardo interrogativo di Esposito e Ryan si posa su di lui, Nesbit sorride.
-E’ sotto controllo, ed è sotto controllo anche la sua casa signor Beckett e la casa di ognuno di voi.-
Addita i presenti uno per uno con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra, mentre Esposito si fa scuro in viso.
-Hai i permessi per questo, spero?-
-Ho i permessi per gli appostamenti, ma non per le perquisizioni, se è questo che vuoi sapere. Purtroppo il sindaco è stato chiaro. I miei uomini possono solo stare fuori a controllare, ma non entrare all’interno. Possiamo muoverci soltanto se dovessimo avvistare la fuggitiva. Sua figlia non è stupida signor Beckett e sicuramente non andrà in nessuno di questi luoghi, ma non si può mai sapere. Allora, perché sono andati lì?-
Ryan allarga le braccia e fa una smorfia col viso.
-Castle è strano, quando fa una cosa noi non ci chiediamo mai il perché!-
-Io invece il perché me lo devo chiedere, ho la vaga impressione che il vostro amico voglia prendersi gioco di me.-
 
Stan parcheggia sotto casa di Rick, i giornalisti sono appostati accanto al portone e lui sospira.
-Ci mancavano solo loro.-
-Pensa che pubblicità per il libro che deve ancora uscire.-
-Già! Ne faccio volentieri a meno. Tu che fai adesso?-
Corbin corruccia la fronte.
-Io? Non volevi starmi incollato per trovare insieme le prove dell’innocenza della tua musa?-
Castle scuote la testa e sorride.
-Hai ragione, ma ho assolutamente bisogno di stare a casa per un po’. Non ho ancora parlato con Alexis, è spaventata e voglio stare un po’ con lei, nel frattempo rifletto! Allora, come intendi agire?-
-Voglio parlare con la dottoressa Parrish, che mi sai dire di lei?-
-In che senso? Professionale o perché è carina!-
-Carina è carina Richard, ma in questo momento meglio essere professionali.-
-Anche perché Esposito ti spaccherebbe la faccia!-
-Ah, almeno loro stanno insieme!? Buono a sapersi.-
Castle lo guarda strano.
-Che significa… ‘almeno loro’?-
Stan scuote la testa.
-Com’è quel detto? Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire? Io darei una versione rivisitata: non c’è peggior stupido di chi non vuole capire!-
Sorride, mentre Castle continua a guardare serio l’orda di fotografi e giornalisti appollaiati davanti al portone del suo palazzo.
-Lanie è una grande professionista, precisa ed intuitiva. E se la fai arrabbiare morde, meglio che tu sappia pure questo. Ma perché vuoi parlare con lei?-
-Voglio un parere professionale sull’autopsia, anche se non l’ha eseguita lei, so che ha letto il rapporto.-
-Pensi che il medico legale possa avere fatto un lavoro superficiale sul corpo di Freeman?-
-Non lo so, ma se è vero che è stata incastrata, oltre che fabbricare prove, possono anche aver omesso qualcosa.-
-Fammi sapere Stan, ora vado tra i leoni a sfoggiare i miei fantastici no comment.-
Scende dall’auto e si dirige verso casa. Appena lo vedono, fotografi e giornalisti lo assalgono, ma lui va dritto fino al portone.
Stan lo guarda muovere la mano e la testa in senso di diniego, fino ad arrivare al portone, entrare e sparire all’interno e si ritrova a pensare che, da quando lo conosce, non ha mai visto Richard così demoralizzato e soprattutto così innamorato.
 
Appena apre la porta, l’uragano Alexis si piomba tra le sue braccia.
-Papà, ma perché non hai chiamato e hai anche spento il telefono, siamo in ansia da ore. E’ vero quello che dicono in tv? E’ scappata! Beckett è davvero scappata?-
Lui la stringe forte, la bacia sulla fronte e la trascina con sé sul divano.
-Non chiedetemi come abbia fatto o perché, ancora non me ne capacito io stesso, ed ero lì! E’ successo tutto davanti ai miei occhi.-
-Ma che le è saltato in mente?-
Gli chiede Martha che si è seduta sulla poltrona accanto a loro.
-Non lo so, mamma. Si sta comportando in maniera incoerente, lontano dai suoi schemi di vita. Dopo la morte di Montgomery, non riesce più a vedere niente in maniera razionale. Ora è di nuovo in pericolo. Se non la trova prima la polizia, potrebbe trovarla lui… e finire il lavoro in sospeso.-
Alexis lo guarda con gli occhi sgranati.
-Papà, togliti il cappotto, è bagnato!-
-Hai ragione, quando sono arrivato in tribunale diluviava. Vado a cambiarmi.-
Poggia il manoscritto sul tavolino e va di sopra.
-Preparo qualcosa di caldo, ti va una cioccolata Alexis?-
Le parole di Martha cadono nel vuoto, la ragazza non la ascolta, è persa nei suoi pensieri, anzi no... è attanagliata dal terrore. Non riesce a non pensare al proiettile passato a un paio di centimetri di distanza da suo padre e da Beckett al cimitero.
-Alexis, tesoro…-
-Certo nonna, la cioccolata calda va benissimo.-
 
-Dottoressa Parrish?-
Lanie si volta di scatto, non si aspettava nessuno a quell’ora in obitorio, ma sorride quando riconosce l’avvocato di Kate, il fusto!
-L’ho disturbata? Avrei dovuto chiamarla, ma ho dimenticato di chiedere a Richard il suo numero.-
Le dice Corbin, porgendole la mano.
-Non si preoccupi signor Corbin. Cosa posso fare per lei?-
-Volevo chiederle un paio di cose sull’autopsia di Freeman, so che lei ha dato un’occhiata al referto.-
-Si, ma solo al referto, non mi hanno permesso di vedere il corpo.-
-E il referto le ha lasciato delle perplessità?-
Chiede Corbin sollevando un sopracciglio e Lanie risponde con la stessa espressione.
-Perché questa strana domanda?-
-Perché io sono perplesso!-
Lanie sorride e gli si avvicina.
-Dal fatto che il corpo di Freeman non presenti nessuna ferita, nessun livido, nessun graffio… niente, tranne i due fori di proiettile?-
Lui sorride di rimando e annuisce.
-Dal rapporto degli agenti che lo hanno inseguito al cimitero e poi perso, risulta che Freeman aveva con se una sacca molto pesante che portava a tracolla sulla spalla destra e inoltre, mentre scappava è inciampato, anche se si è rialzato immediatamente. Secondo lei è possibile che non si sia procurato nemmeno un livido? O che la  tracolla in spalla non gli abbia lasciato nessun segno?-
-Può anche essere, signor Corbin, so che Freeman indossava una tuta imbottita, di quelle che usano gli atleti che praticano sport movimentati e pericolosi. Anche cadendo può non essersi procurato nessuna abrasione.-
-Solo i fori di proiettile, mmh… questo non mi porterà da nessuna parte, sicuramente non a scagionare Beckett.-
-Se avesse abrasioni, lividi o graffi, si potrebbe supporre che è stato costretto da qualcuno ad arrivare allo scarico merci?-
-Vedo che ha capito al volo dottoressa. Crede che il medico legale possa avere omesso qualcosa?-
-Conosco il dottor Jensen solo di fama. So che è un ottimo professionista, molto preciso. Non so che dirle. Pensa che possa essere in mala fede? Che lo abbiano pagato?-
-O minacciato! Risponde Corbin pensieroso. Oppure niente del genere, forse davvero non ci sono altre ferite. Dopo un attimo di esitazione rivolge a Lanie uno splendido sorriso. Dottoressa Parrish, sarebbe disposta ad aiutarmi?-
-Ad aiutare Kate sicuramente, ma come potrei?-
-Dobbiamo assolutamente vedere il corpo di Freeman. Devo essere sicuro del referto autoptico.-
-Dobbiamo vedere in che senso? Non vorrà entrare all’obitorio e farmi analizzare Freeman senza permesso? Perché poi? Sa benissimo che anche se trovassimo qualcosa di interessante, non sarebbe valido in tribunale, fatto così, diciamo sotto banco!-
-Ma se troviamo qualcosa di strano, possiamo sempre parlarne con Jensen e chiedere a lui spiegazioni, prima di portarlo in tribunale!-
Lanie sorride, quel tipo le ricorda qualcuno, perché? Però le piace, ma le piace meno quello che ha intenzione di farle fare.
-Per Kate sono disposta a tutto. Però… Che ha in mente?-
-Lasci che mi organizzi. Lei ha impegni per la serata?-
Le chiede Stan prendendole la mano.
-Dovrei controllare l’agenda, ma vedrò di tenermi libera!-
Risponde lei seria, ritirando la mano con molta calma.
-Sono sicuro che mi sarà di grande aiuto dottoressa Parrish.-
-E lei cerchi di essere di grande aiuto a Kate, o dovrà vedersela con me, avvocato Corbin!-
-Spero non sia una minaccia!-
-Mmmh… questo dipende da lei!-
Stan continua a sorriderle e le fa un elegante bacia mano, poi con un cenno della testa si congeda dalla bella dottoressa, che sospira.
-Ah! Ma dove ti ha tenuto nascosto Castle fino ad oggi…-


Continua...



Angolo di Rebecca:

Mi permettete di dire che adoro la parte iniziale di questo capitolo? Adoro la fragilità di Castle in questo momento!
(Ormai l'ho detto! :)
Per un momento Rick si è sentito ancora perso...
aveva bisogno di ricarsi e doveva assolutamente respirarla...
per questo è voluto andare a casa di Beckett, 
non per il caso, non per le indagini... ma solo per lei... assente!
O.o Ma che fa Stan? Ci prova con Lanie?!
O è Lanie che ci prova con lui!   :-p
Nahhhhhhh!!!

Ciaooooooo <3

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Capitolo 12
*** Lasciala Perdere! ***


...Non la vede da un paio d’ore.
Non sa dov’è da un paio d’ore.
Non sa se sta bene da un paio d’ore.
Si… ha bisogno di sentirla vicino, ha bisogno di sentire la sua essenza, un bisogno impellente come respirare!... 



 

 

La Resa Dei Conti


*
Lasciala Perdere!
*
11° Capitolo 

 

Dopo aver parlato quasi venti minuti al telefono dal suo studio con Esposito per le ultime novità, per altro sempre uguali, di Kate nessuna traccia, Castle ritorna in soggiorno. Osserva la figlia accoccolata con le gambe sopra il divano, una tazza di cioccolata calda tra le mani e lo sguardo perso nel vuoto. Martha sta ancora sistemando in cucina, cosa che non fa mai e questo la dice lunga su quanto sia nervosa ed in ansia pure lei.
Si siede vicino ad Alexis, le toglie la tazza dalle mani e la posa sul tavolino, poi la prende tra le braccia e si stringono forte. Restano così, fermi, lui con il mento sopra la sua testa e lei con il viso appoggiato sul suo petto.
-Credi stia bene?-
Gli chiede la ragazza con un filo di voce.
-Lo spero. Sa badare a se stessa, ma in questo momento non ragiona lucidamente. Quando è scappata stava diluviando, sarà bagnata, infreddolita e anche spaventata.-
-Ma dove può essersi nascosta? Come può essere che sia sparita subito e che nessuno sia ancora riuscito a rintracciarla?-
Chiede Martha che nel frattempo li ha raggiunti, sedendosi accanto a loro.
-Non lo so. Non dimentichiamo che è un poliziotto, sa come muoversi e… non è stupida! Forse è salita su qualche mezzo… Se solo riuscissi a capire dove può essere…-
Alexis gli si stringe ancora di più addosso.
-Mi dispiace di averti trascurata.-
Le dice baciandola ancora.
-Non mi sento trascurata papà. Ho solo avuto paura… e ce l’ho ancora.-
-Tesoro, so che l’attentato è stato tremendo, ma davvero, non hai nessun motivo di continuare ad avere paura.-
-Non so come spiegarlo papà! Mi hai sempre fatto sentire che, qualunque cosa dovesse accadere, tu sarai sempre lì, con le braccia aperte, pronto sempre e comunque a farmi entrare nel tuo caldo abbraccio. Al cimitero, dopo quello sparo, ho sentito come se mi avessero strappato a quell’abbraccio sicuro e non mi è piaciuto per niente.-
-Non succederà, amore mio. E’ più probabile che sparisca tu dalla mia vita… tra una ventina d’anni, magari!-
Alexis sorride appoggiata a lui.
-Una ventina d’anni papà! Non ti sembra un pochino esagerato?-
Anche lui sorride, ma la sua espressione cambia all’improvviso. Solleva il mento dalla testa rossa sotto di lui. Si blocca e allenta la stretta.
-Papà, che succede?-
Hai così bisogno di sentire la sua essenza… Un abbraccio caldo dove tornare, dove sentirsi al sicuro! 
-Ma perché sono così stupido! Perché non ci ho pensato prima!-
Alexis si allontana da lui e guarda la nonna, che fa spallucce, non sapendo cosa risponderle. Castle prende il manoscritto sul tavolino, lo apre nella pagina della dedica. Guarda quel piccolo cuore e lo accarezza ancora.
La sua essenza… un abbraccio caldo e  sicuro!
Si alza di scatto e comincia a girare in tondo, come se cercasse di sistemare l’idea che ha nella testa, per farle prendere forma.
Afferra il telefono e chiama la portineria.
-Sal, sono Richard Castle.-
-Mi dica signore.-
La voce dell’uomo è calma, sicura e professionale. Castle ha sempre pensato che in uno dei suoi romanzi gli avrebbe riservato la parte del maggiordomo inglese. Sempre preciso e inappuntabile, pronto a soddisfare qualunque richiesta e un sorriso bonario per gli inquilini più simpatici, tra cui lui. Anche per questo non gli avrebbe mai dato la parte del colpevole, ma sicuramente quella del personaggio capace di districare l’imbroglio. Il tipico uomo di mezza età, dalla faccia simpatica, con gli occhietti furbi e curiosi, pronti a vedere e capire; in più ha letto tutti i suoi libri e questo è un punto a suo favore.
-Sal, devo uscire, ma non dalla porta principale e soprattutto senza essere visto.-
-Dai giornalisti o… dalla polizia signore?-
-Come fa a sapere che c’è la polizia all’ingresso che mi sorveglia?-
-Oh, sono così prevedibili, signor Castle!-
-Vedo che non le sfugge niente Sal! Non devono seguirmi.-
-Tra 15 minuti passa il furgoncino della lavanderia. Prenda la scala di servizio e scenda con il montacarichi, si faccia trovare nel locale per il ritiro e la riconsegna dei panni signor Castle. Timmy sarà felice di nasconderla tra la biancheria sporca!-
-Grazie Sal, le devo un favore!-
-E’ sempre un piacere esserle utile signor Castle!-
Prende il cappotto e si dirige verso la porta, ma sua madre lo ferma.
-Richard! Vuoi illuminarci?-
-So dov’è… cioè … non ne sono sicuro, ma forse so dov’è!-
-E hai intenzione di dirlo alla polizia o a Stan?-
-Non ci penso neanche. Ho intenzione di andare lì e vedere se ho ragione.-
-Richard!-
Ripete Martha allarmata, ma viene interrotta da un sussurro di Alexis.
-Non farlo papà! Non andare…-
Lui si volta di scatto a guardarla. E’ aggrappata alla spalliera del divano e lo guarda con gli occhi sgranati, spaventati.
-Come non andare? Devo andare. Ha bisogno di aiuto, magari riesco a convincerla a costituirsi, meglio alla polizia che nelle mani di un assassino…-
Lei lo interrompe bruscamente, alzandosi in piedi all’improvviso.
-Ma come puoi non capire? Dici che è pericoloso, che l’uomo che la vuole morta le sta dando la caccia e tu invece di chiamare aiuto, vuoi andare da solo… non so dove per farti ammazzare anche tu?-
Lui corruccia la fronte, cerca di rispondere, ma lei non glielo permette. Le parole le vengono fuori come un treno in corsa, incapace di frenare.
-Non capisci cosa abbiamo provato io e la nonna in queste ore? Non t’importa se siamo morte di paura e non siamo nemmeno riuscite a dormire? Ti sei… chiesto cosa… vorremmo noi? Magari tornare a… vivere una vita tranquilla, una vita… che non abbia qualcosa a che vedere con il caso… della madre di Beckett? Ma proprio non vuoi capire? Beh, se non lo capisci da solo, allora te lo dico io, in maniera chiara: Non voglio che vai a cercarla, non da solo, non senza avvertire nessuno.-
Dice tutto senza riprendere fiato, si ferma di tanto in tanto, solo perché i singhiozzi le impediscono di andare spedita, ha alzato la voce e non se ne è accorta nemmeno. Resta ferma e immobile, continuando a singhiozzare e a guardarlo fisso, con gli occhi sbarrati. Castle è stupito. Non si aspettava una reazione così da lei, mentre Martha guarda tutti e due senza riuscire a proferire parola.
-Alexis!-
Castle le si avvicina, cerca di prenderle la mano, ma lei si divincola.
-Lasciala perdere papà!-
Gli gira le spalle e resta in piedi davanti a lui. Dritta e immobile, le braccia lungo i fianchi e le mani strette a pugno.
Castle si sente come se lo avessero schiaffeggiato, ancora. Prima Beckett per due volte a casa sua e adesso Alexis, la sua bambina. Ha paura e lo capisce, ma lui davvero comincia a non poterne più. E’ diventato difficile perfino fare una cosa naturale come respirare. In un paio di giorni è riuscito a deludere tutti, compresa Alexis. Eppure credeva di essere lui quello deluso, quello ferito, quello nel giusto. Ma adesso, davanti ai singhiozzi di sua figlia, non riesce più a capire cosa sia  giusto o sbagliato. E’sicuramente sbagliato farla soffrire così. L’ultima cosa che ha mai voluto è farla piangere o soffrire a causa sua. La verità è che dopo lo sparo al cimitero è stato così impegnato a pensare soltanto al vuoto che sentiva dentro, che non ha capito i piccoli segnali che sua figlia gli ha mandato in continuazione. Seduta sulle scale fino alle 2 del mattino al solo scopo di controllarlo, le risposte a monosillabe mentre quella mattina preparava la colazione, lo sguardo perso nel vuoto mentre teneva la tazza con la cioccolata senza averla nemmeno assaggiata. Piccoli segnali, piccoli indizi che, se fosse stato il padre presente di sempre, avrebbe colto al volo cercando di rimediare. Con Alexis gli è sempre bastato essere sincero, parlarle o semplicemente ascoltarla nelle sue discussioni chilometriche e a perdifiato, ma stavolta non ha pensato a lei, al dolore e alla paura che ha provato… e che prova ancora. Ha solo pensato al suo cuore vuoto e spezzato e questo lo sta facendo sprofondare ancora di più nella colpa, mentre guarda le spalle di sua figlia sussultare a ritmo con i singhiozzi. Ha sempre creduto che avesse affetto per Beckett, che niente potesse intaccare il rapporto che aveva creato con lei e non gli è mai passato per la testa che potesse chiedergli di lasciarla perdere! Abbassa lo sguardo e chiude gli occhi.
-Non chiedermi di scegliere tra te e lei, perché è evidente che sceglierei te, Alexis… ma alla fine, credo che quello che resterebbe di tuo padre non ti piacerebbe più!-
Lo dice così piano che lei fa fatica a sentirlo. Si gira e va verso di lui. Lo guarda, mentre tiene la testa bassa, con gli occhi lucidi e le mascelle serrate. Il silenzio dopo la tempesta scandisce degli attimi interminabili in cui ognuno fa a botte con il proprio dolore e la propria paura.
-Scegliere papà? E’ questo che credi? E’ questo che hai capito di tutta questa mia sfuriata? Papà io non ho niente contro Beckett, io voglio bene a Kate e sono preoccupata per la sua vita, ma questo non significa che sono disposta a perdere te. Tu non sei un poliziotto, quando te ne renderai conto, quando smetterai di giocare allo sbirro? Quando un proiettile ti trafiggerà il cuore? Io voglio solo che tu resti vivo, io voglio mio padre, vivo.-
Ricomincia a piangere, si accascia seduta a terra appoggiata al retro del divano e Castle si siede accanto a lei.
-Mi dispiace, hai ragione.-
Lei alza gli occhi e li punta dentro quelli del padre.
-Avere ragione non cambia le cose papà! Non mollerai, vero?-
Lui abbassa lo sguardo. Non riesce a sopportare quei due fanali azzurri dentro ai suoi occhi.
-Io davvero non posso. Io non riesco ad immaginare che le possa succedere qualcosa. Sarebbe come sapere te là fuori, sola e in pericolo e non venire a cercarti anche in capo al mondo. Io…-
Sospira lasciando la frase a metà. Alexis gli mette la mano sul viso e lo costringe a guardarla. Ha ancora gli occhi pieni di lacrime, ma il suo sguardo improvvisamente si è addolcito.
-Tu cosa? Che cosa papà?-
Adesso ha gli occhi incatenati dentro quelli di sua figlia e non riesce a rispondere.
-Non lo dirai mai, non è vero? Allora dico io anche questo. Tu la ami papà! E non hai mai amato nessuno così. Per questo non sai come comportarti, per paura di fare qualcosa di sbagliato, ma non è più facile dirglielo, che farsi sparare addosso?-
Lui sorride, un sorriso amaro e triste. Sua figlia è proprio cresciuta e senza che lui se ne rendesse conto. Guarda Martha e poi ancora Alexis, ma continua a non avere voce per dire qualcosa di sensato.
-Perché è tanto difficile esprimere i vostri sentimenti e viverli liberamente? Io sarei contenta se succedesse questo. Beckett è la prima donna degna di essere definita giusta per te. E’ una donna in gamba non un’ochetta qualunque! Una donna reale! E credo che anche lei provi la stessa cosa per te, invece vi rincorrete continuamente, senza mai incontrarvi e il risultato è che state male tutti e due.-
-E’… è complicato!-
-No papà, non è complicato, è stupido!-
Lui la guarda con l’espressione mista tra dolcezza e stupore.
-Ma quando è successo?-
Alexis scuote la testa, corrucciando la fronte, come per chiedere a cosa si riferisce la sua domanda e lui abbassa lo sguardo.
-Quando sei cresciuta? Sei diventata una donna di nascosto?-
Alexis sorride. E’ lei ad abbracciarlo stavolta, come fosse lui il ragazzino bisognoso di affetto, di protezione.
-Non sono in gara con lei, non devi scegliere tra me e Kate, io sono tua figlia e lei è… un altro tipo di amore. Voglio solo che non ti fai ammazzare per questo. So che non riuscirò a convincerti a non intrometterti più in questa storia, ma almeno promettimi che starai attento.-
Si staccano e lui non può fare a meno di baciarla per tutto il viso, asciugandole le lacrime, teneramente.
-Promesso! Non mi succederà niente. Vado lì e se ho ragione, la riporto indietro a costo di trascinarla per i capelli.-
-E dici che non ti succederà niente, papà? Se solo ci provi, Beckett ti uccide a mani nude!-
Scoppiano a ridere e Castle le da un ultimo bacio e abbraccia anche sua madre, sta per uscire, ma Alexis lo ferma ancora.
-Prendi l’altro cappotto papà, quello è ancora zuppo di pioggia.-
Glielo porge prendendolo dal guardaroba e Castle lo guarda rattristandosi.
-Che c’è?-  Gli chiede la ragazza.
-E’solo… ho dimenticato di mandarlo in lavanderia, c’è ancora la macchia del caffè che Montgomery mi ha buttato addosso la mattina prima… prima della sua...-
Sospira, gli occhi gli diventano lucidi e Alexis si alza sulla punta dei piedi e gli lascia un ultimo, dolcissimo bacio sulla guancia.

 
‘…ed il sindaco non ha voluto lasciare nessuna dichiarazione al riguardo, come pure lo scrittore Richard Castle, che dopo essere rientrato in casa circa un’ora fa, non ne è più uscito. La notizia del giorno è sempre la stessa dunque, della fuggitiva nessuna traccia anche se sono passate ormai 5 ore dalla sua fuga. Passiamo adesso alle notizie dall’estero.’

Lucas preme il tastino rosso sul telecomando e lo butta con forza sopra al divano mentre lo schermo davanti a lui diventa nero all’improvviso.
Si avvicina alla scrivania e si sofferma ad osservare l’amico, guarda serio la sua espressione impassibile di sempre, facendosi avvolgere dal fumo del suo sigaro.
Dal canto suo, Lui, a quello sguardo, risponde con un sorriso soddisfatto.
-Vedo che sei ancora divertito e soddisfatto, anche se ancora non riesco a capire di cosa?-
Esordisce Lucas, mentre Lui da un’altra boccata e alita un anello di fumo denso e grigio verso il viso preoccupato del suo braccio destro.
-Sono soddisfatto di Katherine! E’ una degna avversaria, oltre che lavorare, mi sta facendo divertire. Vedi Lucas, sta facendo lavorare gli ingranaggi del mio cervello e questo mi piace, mi piace cercare di capire come risolvere una situazione.-
Lucas si siede sulla poltrona di fronte a lui, dall’altra parte della scrivania, accavalla le gambe e mostrando il suo disappunto, fa una smorfia.
-Allora fa capire anche a me cosa stanno elaborando i tuoi ingranaggi, perché io continuo ad avere gli orizzonti limitati, non ci arrivo. Questa messa in scena è stata stupida! Avremmo dovuto semplicemente piantarle un proiettile in fronte mentre era al porto e ora saremmo tutti al sicuro. Invece adesso è chissà dove, pronta a sparare a raffica contro di noi… contro di te. Senza sapere dove si trova o cosa ha in mente, senza riuscire a manovrarla come avremmo dovuto, potrebbe diventare più pericolosa di una bomba sotto al tuo onorabile fondo schiena!-
Termina la frase con una punta di ironia rabbiosa, ma sempre a voce bassa. Lui si sporge in avanti, spegne l’ennesimo sigaro della giornata e incrocia le mani sulla scrivania. Posa lo sguardo freddo e tagliente su quello di Lucas, che non si scompone, anche se dentro comincia ad avere le palpitazioni. Gli piace sfidarlo, ma ogni volta se ne pente immediatamente.
-Hai ragione Lucas! Avremmo dovuto piantarle un proiettile in fronte. Peccato che avremmo dovuto farlo ieri al cimitero. Certo avremmo potuto ucciderla al porto, assieme a Freeman, ma a questo punto che divertimento ci sarebbe stato?-
-Perché tu ti stai divertendo adesso?-
Lui si alza e fa il giro della scrivania portandosi davanti a Lucas, che resta seduto, con il suo sguardo piantato addosso dall’alto in basso. Gli sta ricordando che è lui che decide, che è lui che dà possibilità di vita o morte.
-Io direi che sarebbe il caso che tu potenziassi le ricerche Lucas, invece di startene seduto qui a dire sciocchezze. Sciocchezze che io fingerò di non avere sentito. Mi auguro per te che i tuoi ragazzi trovino Katherine prima dei poliziotti buoni!-
Si allontana verso la finstra, le mani dietro la schiena, dritto a guardare ancora una volta la sua immagine sul vetro. Lucas ha capito che la discussione è finita lì. Si alza dalla comoda poltrona, sistema giacca e cravatta ed esce di scena senza dire altro.


Continua...



Angolo di Rebecca:

Alexis è esplosa...
come qualcuno di voi aveva già immaginato...
e dire che di indizi ne aveva seminati tanti, in silenzio e piccoli, piccoli...
ma Castle era troppo distratto.
Molti non la pensano come me, lo so, ma io credo che Alexis abbia tutte le ragioni di essere spaventata
in fin dei conti lui continua a dire che è in pericolo, che il drago la cerca... è normale che non voglia che lui vada da lei, da solo!!!
E poi alla fine è lei che gli apre gli occhi...
Rick ha messo in movimento gli ingranaggi... crede di aver capito dov'è la sua Musa... chissà se ci prende???
Ma che ve ne pare di Lucas? Prima apre bocca e poi si defila!!! Mah!

Vi auguro buona notte e buona 4x20
Baciiiii

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Capitolo 13
*** Quarto di Luna! ***


...E’… è complicato!
No papà, non è complicato, è stupido!
Non sono in gara con lei, non devi scegliere tra me e Kate, io sono tua figlia e lei è… un altro tipo di amore...


 

 

La Resa Dei Conti


*
Quarto di Luna!
*
12° Capitolo 



 

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E’ quasi buio, quando Timmy col suo furgone si ferma al crocevia che porta in New Jarsey.
-Quando vengo a riprenderla, signor Castle?-
-A riprendermi?-
Chiede lui sorpreso.
-Dovrà pur tornare a casa! Sal mi ha detto di mettermi a sua disposizione.-
Castle sorride scuotendo la testa.
-Quell’uomo è un genio! Non so quanto tempo perderò.-
-Per stasera io ho finito. Il giro di domani comprende il suo palazzo alle 6.00, perciò se ci vogliamo attenere alla tabella di marcia e non destare sospetti, dovrei venire a prenderla domani mattina alle 5.30, ma se vuole tornare prima, possiamo organizzare un altro piano di rientro!-
-Un piano di rientro? Tu e Sal siete pericolosi, leggendo i miei libri ho creato dei mostri, buono a sapersi. Vattene pure a casa Timmy, se mi servisse un diversivo, ti telefono, grazie infinite!-
-Buona fortuna signor Castle, faccia attenzione e se le serve, chiami a qualsiasi ora.-
Guarda allontanarsi il furgoncino, lo segue con lo sguardo fino a quando si scorgono solo le luci rosse dei fari posteriori. Poi s’incammina verso il posto dove spera di trovare Beckett. Ci vogliono una decina di minuti a piedi per raggiungerlo. Stretto dentro al cappotto, le mani in tasca, passo dopo passo, sente salire l’ansia, la stessa provata quella sera. Non sapeva ancora cosa lo aspettasse una volta lì, ma mentre si avvicinava, il cuore trottava e quando poi era arrivato, il cuore aveva cominciato a correre e correre, e quando l’ultimo colpo di pistola aveva segnato la fine di tutto, per un po’ il suo cuore si era addirittura fermato. Almeno questa era stata la sua sensazione.
Una sensazione che si porta dentro anche adesso. Spera di non sbagliarsi, spera che lei sia lì e stia bene, per riuscire a riportarla a casa sana e salva. Meglio in prigione che morta!
Il luogo è buio, completamente. I nastri gialli attorno alle transenne, delimitano la scena di un crimine. Sono testimonianza di una tragedia che ancora non ha trovato una fine, soprattutto nei loro cuori. L'edificio è stato posto sotto sequestro, perciò sicuro al momento. Nessuno qui l’avrebbe cercata.
Entra cauto, a passi piccoli e trattenendo il respiro. E’ difficile vedere qualcosa, c’è troppo buio e il quarto di luna che si affaccia dal cielo, riesce a creare solo una penombra, alla quale i suoi occhi non sono ancora abituati.
Si blocca di colpo quando sente qualcosa di freddo poggiarsi sulla nuca.
-Prova a muoverti e sei morto!-
La voce è secca, calma e decisa. Lui alza le mani.
-Ho quasi la certezza che non sei armata, ma non si sa mai… sono… sono io Beckett!-
Lei abbassa il tubo di ferro che ha puntato come arma.
-Castle!?-
Lo prende per la spalla e lo fa voltare a forza.
-Si può sapere che diavolo ci fai qui? Come… ohhh… Castle cosa devo fare per liberarmi di te, spararti davvero?-
-Probabilmente si.-
Risponde lui apparentemente calmo, mentre dentro al suo stomaco le budella si stanno attorcigliando per l’ansia.
-Lo sai che potevo ammazzarti?-
-Se fossi stata armata, non avresti mai sparato. Non rischieresti di uccidere un poliziotto, anche se adesso sei un’assassina ricercata!-
Dice con ironia abbassando le mani, mentre lei guarda fuori per controllare che, oltre lui, non ci sia nessuno.
-Non mi hanno seguito, tranquilla, non sono mica stupido!-
-No Castle, hai ragione. Non sei stupido, sei solo un idiota incosciente e comincio a pensare che anche l’ultimo neurone rimasto dentro al tuo cervello bacato, sia ormai defunto!-
Finisce la frase con gli occhi puntati addosso a lui e ad un paio di centimetri di distanza dalla sua faccia.
-Noto con piacere che stai bene e che hai imparato a fare battute spiritose!-
Si guarda intorno. I suoi vestiti sono messi ad asciugare, ci sono un paio di confezioni vuote di merendine sparse per terra e lei indossa dei pantaloni e un maglione enormi.
-E noto con piacere che hai anche mangiato e ti sei messa a tuo agio!-
-Come hai fatto a trovarmi?-
-Me lo hai detto tu!-
 Lei fa un sospiro esasperato.
-Castle! Ti prego…-
-Hai lasciato il tuo cuore chiuso in casa!-
Beckett solleva lo sguardo e stavolta non riesce a rispondergli
-Avevi bisogno di un posto, non solo sicuro, ma che ti aiutasse a riordinare le idee, a mettere a posto quello che al momento è sottosopra nella tua vita. Avevi bisogno di un posto che ti facesse sentire vicina a lui, volevi sentirti ancora avvolta dalla sua protezione. L’ultimo posto dove è rimasta la sua essenza.-
Abbassa il tono di voce e la guarda serio
-Potevi venire solo qui all’hangar, dove ti ha confessato tutto, dove ti ha protetta per l’ultima volta, dove ha lasciato la sua anima! Il tuo piccolo cuore accanto alla sua dedica me lo ha detto.-
Lei lo guarda quasi sconvolta. La sua voce è calda, sicura, serena. I suoi occhi sono meravigliosi. Come ha potuto capirlo!? Come gli è potuto venire in mente che si sarebbe nascosta lì, se all’inizio non lo sapeva nemmeno lei? Continua a ripetergli che non la conosce, invece capisce ogni minimo pensiero le passi per la testa. Ma gli risponde male comunque.
-Ti senti soddisfatto adesso?-
Lui corruccia la fronte.
-Soddisfatto? Soddisfatto di che cosa?-
-Di avermi trovato. Di avere avuto un’altra intuizione geniale!-
-Beckett smettila.-
-Smettila di fare cosa? Di scappare, di fare sciocchezze, di ripeterti che devi uscire dalla mia vita… smetterla di fare   c h e   c o s a,  C a s t l e?-
E’ di nuovo sulla difensiva, ma stavolta lui non ha intenzione di dargliela vinta, così cambia strategia, prendendola alla sprovvista.
-Cosa c’era scritto su quel pezzo di carta?-
Lo sguardo di lei è infuocato.
-Cosa c’era scritto su quel pezzo di carta?-
Ripete lui secco.
-Devi andartene, voglio che te ne vai.-
-Cominci ad essere ripetitiva detective. Non ci penso nemmeno ad andarmene, a meno che tu non vieni via con me. Non hai fatto altro che commettere una stupidaggine dietro l’altra e per cosa? Per dimostrare che sei forte, che non hai bisogno di nessuno?-
Beckett è furente, gli occhi sbarrati, le labbra serrate e le mani strette a pugno che tremano per la rabbia. Ha una voglia matta di picchiarlo, si scaglia improvvisamente contro di lui e lo colpisce ripetutamente con dei pugni sul torace, i colpi sono così bene assestati, che Castle fa fatica a non perdere l’equilibrio, ma tiene le mascelle serrate e non intende assecondarla per nessun motivo. Lei continua ad urlargli di andarsene, di sparire. Mentre lo colpisce e grida, gli occhi le si riempiono di lacrime, comincia a singhiozzare senza rendersene conto e tra i singhiozzi, la rabbia contro Castle, diventa rabbia contro se stessa.
-Vattene! Sparisci… non… c’è più… mi hanno… portato via… anche lui… l’ho ucciso io… l’ho ucciso…io! E adesso vogliono fare del male anche a voi. A mio padre… vattene…-
Si aggrappa alla sua camicia e Castle la stringe per i polsi, mentre lei si lascia andare lentamente a peso morto e si ritrovano seduti a terra.
Beckett continua a singhiozzare col viso contro il suo petto e i pugni stretti alla sua camicia. La disperazione la fa sussultare e lui le lascia i polsi per avvolgere il suo corpo con le braccia. In meno di due ore si è trovato nella stessa situazione, stringendo allo stesso modo le uniche due donne che ama e che amerà sempre nella sua vita. Tiene le labbra strette e gli occhi chiusi, col mento appoggiato sulla sua testa, e sa… sa perfettamente cosa prova.
La stessa paura, la stessa colpa.
Sono accovacciati a terra, in unico dolore, un dolore che nessuno dei due ha ancora metabolizzato, proprio vicino alla sagoma bianca che segna il punto in cui Roy Montgomery ha perso la vita.
Non le dice niente. In quel momento non c’è niente da dire. Solo aspettare che la sua paura venga fuori con la pioggia di tempesta che sono le sue lacrime al  momento. Ogni lacrima è una goccia di dolore, una goccia di colpa, una goccia di vendetta, una goccia di odio, che s’infrange a terra per liberarla dalle nuvole nere che ha dentro l’anima. Dopo un tempo indefinito, i singhiozzi si placano. Quello di Kate diventa dapprima un lamento e poi solo silenzio. Rimane aggrappata a lui,  attaccata al suo torace, a quel calore meravigliosamente inebriante e sicuro che non vorrebbe più lasciare, finchè la voce calda di Castle non la riscuote.
-Non è colpa tua… e nemmeno mia. Ricorda cosa ti ha detto: ‘E’ la mia posizione Kate, è qui che devo stare!’  
Roy alla fine ha preso l’unica strada possibile per lui, è morto perché ti doveva qualcosa. Per questo non puoi rendere vana la sua morte; se ti fai ammazzare, lui sarà morto per niente… e non servirà nemmeno a tenere al sicuro tuo padre o chiunque di noi!-
-Devi andartene. Non devi starmi vicino. Devi tornare dalla tua famiglia!-
Ma invece di allontanarlo, mentre pronuncia ancora quelle parole, stacca le mani dalla sua camicia  e gli cinge la vita, stringendosi ancora più forte a lui.
-Cosa devo fare per convincerti che tu sei la mia famiglia. Come devo spiegarti che ormai fai parte della mia famiglia, della mia vita? Tutte le volte che mi allontanerai, io ti stringerò ancora più forte, finchè la tua ferita non sarà guarita. Non me lo potrai impedire, mai!-
La sua voce è un sussurro, un soffio leggero sui suoi capelli. Finalmente solleva il viso e lo guarda. Rick è serio, i suoi occhi luccicano nella penombra. Sono così vicini, da sentire il calore dei loro respiri.
-Castle, io…-
-Non dire niente, devi solo ricominciare a prendere a pugni la vita come hai sempre fatto. Permettici di aiutarti, non ci tenere fuori dalla tua vita perché credi di proteggerci. Noi non abbiamo bisogno di protezione, come non ne hai bisogno tu. Il nostro deve essere un gioco di squadra.-
Le passa le mani sul viso per asciugarle le lacrime, la sente tremare, scossa non solo dal freddo, ma dai sussulti dei singhiozzi. Non può fare a meno di baciarle gli occhi. Che importa se dovesse picchiarlo, ne vale la pena. Ma lei non si muove, resta ferma ad assaporare quel calore sui suoi occhi chiusi, mentre continua a tremare, anche se adesso non sa se per il freddo o per il tocco delle sue labbra.
Quando la sente rabbrividire ancora, le fa infilare il suo cappotto, vuole aiutarla ad alzarsi, ma lei stringe ancora le braccia attorno alla sua vita, prendendolo alla sprovvista, tanto che quando gli parla con il viso appoggiato addosso, lui resta con le mani sollevate a mezz’aria.
-Se dovesse arrivare la polizia e ti trovassero qui con me, ti arresterebbero Castle, finiresti in prigione!-
Solo allora lui la cinge stringendola di più a sé!
-Ti ricordi di Greg McClintock? L’infermiere che abbiamo arrestato perché aveva fatto evadere la donna che amava? Lei annuisce. Mia madre lo ha trovato molto romantico. Ricordo che quel giorno mi chiese se sarei stato disposto a rischiare la mia carriera e ogni cosa per fare scappare di prigione la donna che amo. Fa spallucce sorridendo. Beh, tu sei già scappata! Mi resta solo farmi arrestare!-
Beckett allenta la stretta.
Ha detto la donna che amo…
Scorgere il suo amore nello sguardo, immaginare il suo amore nelle azioni di ogni giorno è una cosa, ma sentirlo pronunciare, anche se in maniera velata, fa tutto un altro effetto, perciò il suo cuore ha preso ad andare per gli affari suoi, mentre il corpo vuole assolutamente restare dove si trova. Castle le prende ancora il viso tra le mani. I suoi occhi brillano più di prima, come se il quarto di luna all’improvviso fosse diventata una palla scintillante che si riflette su di lui.
-Credo… di averti appena inviato un messaggio subliminale… se leggessi tra le righe, direi che ti ho appena detto che… ti amo, Kate!-
Sente il calore delle sue mani sul viso, un calore che si espande per tutto il corpo, un calore che le invade gli occhi con altre lacrime. Castle è sempre stato capace di dire o fare qualcosa nei momenti meno opportuni e quello non era certo né il momento, né il posto in cui dire una cosa del genere. Eppure quel calore la fa sentire così bene. Eppure quel momento è così assolutamente perfetto. Gli mette le mani sulle sue e senza smettere di guardarlo si solleva di poco, posando un lieve bacio sulle sue labbra. Castle si blocca trattenendo il respiro e lei continua a guardarlo. Fissa il colore dei suoi occhi, in quel momento blu notte come il buio che li avvolge e… lo bacia ancora. Ma stavolta non in maniera sfuggente, veloce e al tatto. Stavolta si sofferma. Strofina le labbra su quelle di lui, le socchiude appena e le avvolge per un attimo. Rick  continua a restare immobile, la lascia fare quando lei si scosta di poco a lato della bocca e con una scia di piccoli baci si fa strada verso il collo, per poi tornare indietro, con una lentezza infinita. La lascia fare, perché lui con gli occhi chiusi, sta esplorando improvvisamente e inaspettatamente un universo nuovo, senza prendersi la libertà di restituire niente. Ancora! Lei torna sulle labbra, le avvolge di nuovo con la sua dolcezza. Il calore di quelle labbra è insopportabile e l’unico modo di attenuarlo è restituirle la visione di quell’universo sconosciuto che lui stesso sta conoscendo solo da un minuto. Socchiude la bocca anche lui. Si cercano piano, solo con le labbra, ad assaporare il contorno esterno della bocca, mordendosi a vicenda. Questa volta è lui che si scosta lentamente  per raggiungere il collo, sofferma il tocco solo il tempo necessario per sentirla sospirare sommessamente e riprende di nuovo possesso di quelle labbra ardenti. Si dilungano ancora sui contorni delle bocche, fino a sfiorarsi con la lingua, dapprima leggermente, a piccoli tocchi, piano, quasi con pudore. Inumidiscono le rispettive labbra assaggiandosi con cura, chiedendo e desiderando qualcosa di più, che arriva subito dopo e che li fa restare uniti a studiare, sperimentare e finalmente conoscere il sapore dell’altro. Lei lo attira a sé, per sentire anche il suo corpo e lui continua a stringerle il viso. Si baciano a lungo, con passione, ma senza foga. Sono soli al mondo, soli nell’universo intero. Hanno bisogno di andare piano, lentamente, per assaporare appieno tutte quelle emozioni e quei sentimenti immaginati, sognati, voluti, temuti e ora finalmente vivi. Questo sono al momento, vivi come non lo sono mai stati. Fusi assieme, come se il tempo perso a stare lontani, dovesse essere recuperato in quell’unico, singolo, tenero e caldo bacio! Quando si staccano con il fiato corto, restano ancorati con lo sguardo. Lui continua ad accarezzarle il viso con i pollici e lei si accoccola nell’incavo del suo collo.
-Credo… di averti appena inviato un messaggio subliminale… se leggessi tra le righe, direi che ti ho appena detto che… ti amo Rick!-
Lui sorride.
-Che fai, mi rubi le battute?-
Restano abbracciati nella stessa posizione per qualche istante, lei è persa in quell’abbraccio e lui non ha nessuna intenzione di lasciarla scappare via.
-Continuerai a pensarla così anche tra 10 minuti, o dimenticheremo tutto e non ne parleremo più, come tante altre cose?-
-Ho lasciato Josh, ieri.-
Rick non si aspettava questa risposta, s’irrigidisce, lei se ne accorge e lo abbraccia ancora più forte.
-Mi ha chiamato preoccupato per l’attentato ed io invece di esserne felice, sono stata fredda, così gelida che lui se ne è accorto e mi ha detto che avremmo dovuto parlare della nostra relazione. E io l’ho mollato. Gli ho detto che era finita, così su due piedi, senza nessuna motivazione e per telefono.-
-Perché non me lo hai detto quando sono venuto da te? No, aspetta, non dirmelo… troppo complicato! Finisce lui con un pizzico d’ironia.Non ho mai avuto grande simpatia per il dottorino, per ovvi motivi, ma certo non lo hai trattato benissimo!-
-Già! Forse per questo non te l’ho detto subito. Sono consapevole di essermi comportata male e non volevo sentirmelo dire. Sono stata capace di rovinare tutto e con tutti, anche con lui.-
-E adesso? Con me?-
Lei lo guarda seria, si asciuga le lacrime.
-Con te? Non lo so Rick. Hai sempre avuto ragione tu. Mi nascondevo dentro l’omicidio di mia madre per non soffrire ancora. Ho cercato sempre relazioni in cui potevo stare con un piede fuori dalla porta. Ma tu!-
Abbassa lo sguardo sulle loro mani unite.
-Tu sei tutta un’altra storia. Il bacio che ci siamo appena dati non può essere dimenticato, non se mi sento così viva come non lo sono mai stata. Ti amo, questo sentimento ormai è una certezza, da tanto tempo. E sono stanca di combatterlo. Non voglio più combatterlo, ma adesso… guardaci, che dichiarazione romantica! Ho fatto un bel casino!-
Lui ha gli occhi lucidi, sente il cuore scoppiargli dalla felicità, Kate Beckett ha appena ammesso di amarlo e non solo dopo il bacio, presa dall’emozione, ma lo ha ripetuto anche dopo, dicendo che non vuole più fingere. A questo punto è davvero disposto a tutto. Sorride stringendole le mani ancora più forte.
-Perché, non lo trovi romantico? Merendine per cena, la luce della luna  per il lume di candela e tu… tenendole le mani, le allarga le braccia per ammirarla… e tu sei così sexy con questi abiti extra extra large! Lei non può fare a meno di ridere, guardando quel maglione che le arriva praticamente alle ginocchia. Manca solo un tocco in più di eleganza.-
Mette la mano nella tasca della giacca, prende la catenina con l’anello e glielo mette al collo.
Beckett è ormai immersa in quel mare d’amore che ha sempre sentito nel cuore e che adesso non può più ignorare. Purtroppo ha fatto quell’enorme sbaglio che si era ripromessa di non fare mai. Si è soffermata a guardalo, ad osservare realmente i suoi occhi e ci è cascata. Lo ama e non può più negarlo. Prende l’anello tra le mani e lo accarezza.
-Perché sei andato a casa mia?-
-Per lo stesso motivo per cui tu sei venuta qui… mi mancavi, ero spaventato. Avevo bisogno di sentirti addosso. Dovevo sentire quello che hai sentito tu quando Freeman ti ha chiamata, quando hai deciso di infilarti in questa trappola, per capire… ed è stato così… Ho visto il manoscritto, il cuore, l’anello.-
Kate è rapita dalla sua voce.
-E che cosa hai capito?-
-Hai lasciato il tuo cuore accanto a tua madre a casa per non metterli in pericolo, perché restassero sempre al sicuro. Perché io li trovassi. Per questo sei venuta qui. Senza tua madre vicino, l’unica cosa che poteva proteggerti nella tua rocambolesca fuga,  era la vicinanza di Roy.-
-Come fai a pensare con i miei pensieri?-
-Anche tu pensi con i miei pensieri, solo che fai di tutto per litigarci di continuo e non riesci decifrarli!-
Sorridono entrambi. Il volto di Kate è più disteso, il rossore provocato dal pianto la rende più bella, o almeno lui la vede così, anche se in effetti ha il naso rosso e gli occhi gonfi.
-Ascolta Kate, le dice quasi sussurrando, domattina devi assolutamente consegnarti a Nesbit. Stan sta lavorando per la tua difesa, è in gamba. Noi ti tireremo fuori dai guai, ma non devi più essere una fuggitiva, non alla mercé di un assassino. Lo so che non sei d’accordo, ma te lo chiedo per favore… lo faresti per… per me?-
Lei gli accarezza il viso sorridendo, in quel momento, mentre le parla con quell’espressione da cucciolo preoccupato, si rende conto che farebbe qualsiasi cosa per lui. Annuisce e Rick l’aiuta ad alzarsi facendola sedere su una delle casse che contengono gli attrezzi per la manutenzione degli elicotteri.
-Su quel pezzo di carta… c’è scritto l’indirizzo di casa di mio padre!-
Dice improvvisamente lei, stringendosi nel cappotto di Castle.
-Ho immaginato qualcosa del genere!-
Le risponde sedendole accanto.
-Freeman, al telefono mi ha detto che il drago ha già un piano per fare il vuoto intorno a me… un incidente per Lanie, una sparatoria casuale per Ryan ed Esposito, poggia la testa sulla sua spalla, un’auto pirata per te e… mio padre…-
-Basta Kate! Credi davvero che possa fare una strage? Non pensi che uccidendoci tutti, non potrebbe più passare inosservato? Per questo ti vuole fuori dai piedi in un modo o nell’altro, perché comincia ad avere paura!-


Continua...



Angolo di Rebecca:

Un quarto di luna che fa sbrillucciare gli occhi...
Che dire di questo capitolo? 
Credo parli da solo... la dura Beckett finalmente ha lasciato uscire la dolce Kate.
Il dolore, la paura, l'amore...
è venuto fuori tutto insieme dopo averlo guardato negli occhi davanti a quel quarto di luna!

Sogni d'oro! <3

 

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Capitolo 14
*** La Chiave Numero 32 ***



...Beckett è ormai immersa in quel mare d’amore che ha sempre sentito nel cuore e che adesso non può più ignorare.
Purtroppo ha fatto quell’enorme sbaglio che si era ripromessa di non fare mai.
Si è soffermata a guardalo, ad osservare realmente i suoi occhi e ci è cascata.
Lo ama e non può più negarlo...




 

La Resa Dei Conti


*
La Chiave Numero 32
*
13° Capitolo 

 

E’ sera inoltrata quando Nesbit e alcuni dei suoi uomini tornano al distretto per fare il punto della situazione. Il detective si mostra insofferente e stanco.
-Date ordine alle squadre che sono state fuori tutto il giorno, di rientrare. Voglio comunque pattugliamenti continui. Tenete sempre sotto controllo le abitazioni della collega, del padre e soprattutto quella dello scrittore. Sono le 21.00 passate ed è impossibile che sia sparita nel nulla.-
Sistema alcuni fascicoli sulla sua scrivania e il silenzio piomba attorno a lui, nonostante ci siano circa una quindicina di agenti a guardarlo. Solleva lo sguardo verso di loro e sospira.
-Potete andare a riposare, per il momento è tutto.-
Il distretto si svuota lentamente, mentre Esposito e Ryan non si muovono di un passo.
-Andiamo anche noi ragazzi, abbiamo bisogno di dormire qualche ora, ci vediamo domani alle 8.00 per ricominciare indagini e ricerche.-
Per tutto il giorno gli uomini di Nesbit avevano rastrellato vicoli, strade, autostrade, stazioni e aeroporto. Beckett sembrava essersi volatilizzata.
Lui, Esposito e Ryan invece, supervisionati per un po’ anche da Jim Beckett, avevano passato parte del pomeriggio al molo, sulla scena del crimine. Dopo che la scientifica aveva  terminato tutti i rilievi, anche loro, soprattutto per insistenza dei due colleghi del dodicesimo, avevano controllato quel posto centimetro dopo centimetro, senza naturalmente giungere a nessuna soluzione. La zona delimitata era piena di impronte, troppe.
Sicuramente c’erano più di due persone sulla scena del crimine, ma essendo una zona trafficata, riuscire a delimitare le impronte reali al momento dell’omicidio diventava veramente impossibile.
Quasi 12 ore di indagini, ricerche e rilievi, senza scoprire niente, né su dove possa trovarsi la fuggitiva, né su come tirarla fuori dai guai.
Esposito gli tende la mano per dargli la buona notte.
-Jason, grazie per averci fatto partecipare alle ricerche, domani passiamo prima al dodicesimo per sbrigare qualche pratica, ma poi siamo di nuovo con te.-
-Va bene ragazzi. Se scoprite qualcosa però, non tenetela per voi. Se è vero che Beckett è più al sicuro in prigione, dobbiamo trovarla al più presto.-
-Cominci ad accettare le teorie di Castle?-
-Se è stata incastrata, non sono solo teorie e mi sembra davvero molto strano che lo scrittore sia rimasto a casa e non si sia presentato qui a ‘ordinare’ il da farsi. A voi non sembra strano che non si sia mosso da casa?-
I due colleghi si guardano perplessi.
-Sua figlia si è molto spaventata durante l’attentato, dopo non ha avuto modo di starle vicino, perciò sarà rimasto con lei, è più che normale!-
Risponde Ryan con l’aria innocente ed Esposito finisce il suo pensiero.
-Per non parlare del fatto che ha la stampa piazzata sotto casa. Questa storia può metterlo in difficoltà anche con la sua casa editrice. Avrà preferito non farsi vedere in giro! E poi tu gli hai detto di stare fuori dai piedi.-
-Come no? E lui è sempre così obbediente ed accondiscendente, vero? Buona notte ragazzi, a domani.-
Quando si ritrovano in auto da soli, Esposito guarda l’amico.
-Secondo te è davvero a casa?-
-La pattuglia di sorveglianza non l’ha visto uscire.-
-Ma conoscendolo, è normale che non sia stato appiccicato a noi per tutto il pomeriggio?-
Ryan non risponde, scuote solo la testa e mette in moto, mentre Esposito si rilassa sul sedile e sospira.
-Hai ragione fratello, andiamocene a nanna e non poniamoci domande a cui non vogliamo dare risposta. Meno sappiamo, meglio è… per noi!-
 
-Avrei bisogno di un buon caffè, nero, forte e caldo. Ragionerei sicuramente meglio dopo.-
Stavolta è Kate che ha lo sguardo da cucciolo, mentre sospira stancamente il suo desiderio di caffeina.
-Ti sei servita la cena, perché non il caffè!-
Risponde lui additando le macchinette delle vivande nel piccolo ufficio dietro di loro.
-Scassinare la macchinetta degli snack è stato facile, far uscire un caffè a calci lo è stato un po’ meno. Non ho monetine con me!-
Lo guarda e abbozza un sorriso, quando nota che lui ride divertito.
-Nella tasca del cappotto c’è l’occorrente per un caffè caldo, anche se sul fatto che possa essere ottimo… non ci metterei la mano sul fuoco!-
Lei mette le mani in tasca e prende un paio di monete. Mentre Castle và nella piccola stanza a preparare il caffè, Beckett si ritrova tra le mani, oltre che i soldi  anche una piccola chiave. La osserva attentamente corrucciando la fronte, mentre lui le porge un bicchiere fumante.
-Grazie! Rick, non sapevo avessi la chiave degli armadietti del distretto!-
Gli dice, mentre beve un sorso di caffè.
-Non ce l’ho infatti, non mi avete dato un armadietto. Ora che ci penso questa cosa è davvero cattiva nei miei confronti, credo di essermi guadagnato il dir…-
Lei alza gli occhi al cielo e lo interrompe dandogli una gomitata nello stomaco.
-Scusa… forse non è il momento!-
Beckett annuisce e gliela mostra.
-Questa cos’è allora?-
-Non ne ho idea, non è mia.-
-Ma era dentro la tasca del tuo cappotto!-
Castle la prende tra le mani.
-Davvero non lo so, sei sicura che apra un armadietto nello spogliatoio del distretto?-
-Io ne ho una uguale! Viene assegnata quando predi servizio al distretto di appartenenza. Non sei un poliziotto, non ti spetta un armadietto! Perciò, perché ne hai una?-
-Non lo so Kate! Non starai mica pensando che l’abbia rubata?-
Lei sorride, ma poi torna seria riprendendone possesso. Continua a rigirarla tra le dita.
-Come può essere arrivata nelle tue tasche?-
-Non saprei. L’ultima volta che ho messo questo cappotto, ero con Montgomery nel suo ufficio. Stavamo parlando di… te… e…si ferma un momento come folgorato da un’illuminazione… ad un tratto ha inciampato e mi è venuto addosso buttandomi addosso del caffè, guarda, c’è ancora la macchia. Me lo ha tolto per ripulirlo e in effetti la cosa mi è sembrata strana, me lo ha praticamente strappato di dosso, mentre gli dicevo che non era necessario, ma lui ha insistito. Se lo è portato nel bagno ed è tornato dopo avergli dato una ripulita, voleva pagarmi addirittura le spese della tintoria.-
-E questo cosa c’entra?-
-Se l’avesse messa lui la chiave nella tasca, quando mi ha tolto il cappotto? Poi non l’ho più indossato fino a stasera. Dovevo mandarlo a lavare, ma poi è successo… beh, poi siamo stati un po’ occupati!-
-Non ha senso Rick, questa non è la chiave del suo armadietto. Il numero è 32 e lui ha sempre avuto l’armadietto numero 12. Non lo ha mai cambiato da che lo conosco, figurati che una volta se lo è perfino giocato alla lotteria! E poi perché darla a te?-
-A meno che… Kate! Roy aveva già in mente il piano per incastrare Lockwood quella mattina, se pensando di non uscirne vivo, avesse fatto in modo di darti tutte le risposte che cerchi? Se fosse stato in possesso di qualcosa… non so… documenti o altro che provano quello che successe realmente    diciannove anni fa?-
-E  avrebbe lasciato tutto dentro un armadietto al distretto?-
-Possibile! Sarebbe una spiegazione plausibile! Lui era il capo, si sarà fatto assegnare un altro armadietto per un motivo qualunque e nessuno ha fatto domande. Non avrebbe nascosto qualcosa di molto importante in ufficio o dentro il suo armadietto ufficiale! Pensaci Kate, è l’unica cosa che ha senso.-
-Rick quegli armadietti non sono mica cassette di sicurezza! Questa chiave apre un lucchetto e poi c’è una combinazione di tre numeri, come in una cassaforte, ma volendo, in un paio di minuti, chiunque può aprirlo. Se avesse avuto dei documenti di vitale importanza non credo che li avrebbe messi lì dentro…-
-Ma sarebbe stato logico. Il distretto era il suo regno. Poteva entrare e uscire a suo piacimento. Sapeva di essere sorvegliato, quale posto migliore di quello dove passi tutta la tua giornata senza dare nell’occhio!-
Lei riflette per un attimo.
-Detta così, potrebbe avere senso…-
Invece lui parte in quarta senza riflettere.
-Ok,  a questo punto si cambia piano.-
-Cioè?-
-Cioè non ti puoi costituire, non ancora, almeno finchè non scopriamo cosa c’è dentro l’armadietto numero 32!-
-Ma Rick, non so nemmeno se esiste l’armadietto numero 32…-
-Niente ma! Stavolta si fa come dico io.-
Prende il telefono e compone un numero.
-E quello cos’è?-
Chiede Beckett
-Un telefono!-
-Lo vedo che è un telefono, ma non è il tuo!-
-E’ un telefono con sim prepagata. Il mio l’ho lasciato a casa, nel caso controllino il GPS.-
-Nesbit non ha nessun motivo valido per richiedere il permesso per tenere sotto controllo i vostri cellulari.-
-Io non mi riferisco a Nesbit. Se tenevano d’occhio te in tribunale, è probabile che tengano sotto controllo anche me e chiunque sia parte della tua vita.
Risponde sorridendo soddisfatto ed orgoglioso di se stesso.
-Così hai comprato un telefono con sim prepagata?-
-Certo che no, io avrei dato nell’occhio. Lo ha comprato Timmy!-
Lei corruccia la fronte guardando davanti a sé.
-Chi diavolo è Timmy?-
Ma lui sta già parlando con il suo interlocutore, mentre lei lo guarda stranita.
-D’accordo Timmy, allora ci vediamo al crocevia domattina alle 5.30, grazie infinite. E’ tutto a posto Kate, domattina alle…-
-Aspetta, aspetta! Chi è Timmy e che significa ci vediamo domattina… tu torni a casa adesso, stasera… se ti trovano qui…-
Lui le prende per l’ennesima volta il viso tra le mani.
-Kate… Kate! Calmati. Io resto qui con te. Non ci troverà nessuno, tranquilla. Nessuno verrà qui e se dovesse succedere… in un modo o nell’altro ce la caveremo. Io non ti lascio. Non adesso.-
-Devi tornare da Alexis, sarà spaventata, preoccupata!-
-E’ vero, è spaventata, mi ha anche chiesto di non venire a cercarti da solo… ma abbiamo parlato, ed è preoccupata anche per te. Sa che ti amo e mi ha detto che sono stupido perché non te l’ho mai detto e ha ragione, ha capito perfettamente perché non posso fare a meno di starti vicino.-
Lei scuote la testa preoccupata, ma lui continua imperterrito.
-Ascoltami Kate, Timmy guida il furgone della lavanderia che si occupa anche degli inquilini del mio palazzo. Sono uscito così questo pomeriggio, tra la biancheria sporca e domattina torneremo a casa mia nello stesso modo, insieme, solo che tu avrai la fortuna di viaggiare tra la biancheria pulita!-
-E questo Timmy, non ha paura? Ti aiuta così, senza fare domande! Ti puoi fidare?-
Lui annuisce.
-Di lui e di Sal, il portiere. Che ci posso fare se sono simpatico e mi vogliono tutti bene!-
Lei alza gli occhi al cielo.
-No, non dirlo, lo so già, sono egocentrico! La bacia all’angolo della bocca. Andrà tutto bene Kate. Una volta a casa mia, tu resterai nascosta lì ed io uscirò come ogni mattina, per andare al distretto… a chiedere se ci sono novità sulla tua fuga! E’ perfetto! Sono un genio! Ho una mente criminale, sono…-
Lei lo bacia improvvisamente.
-Che foga detective!-
-Non inorgoglirti, era l’unico modo per farti stare zitto! Lui cerca di fare l’offeso, ma non riesce a non sorridere. Chiamala. Almeno telefona a tua figlia per tranquillizzarla, visto che hai il telefono ‘irrintracciabile’!-
-Agli ordini capo.-
Lo guarda mentre parla dolcemente con Alexis, cercando di rassicurarla. Ha la voce tranquilla, calda. E’ tenero e lei sente il cuore battere forte, non ricorda di essersi mai sentita così bene come adesso, anche se è in mare di guai, anche se dovesse finire in prigione per il resto della vita, anche se non dovesse mai trovare l’assassino di sua madre. In quel momento niente è importante, tranne la voce calma di Castle che parla con la figlia, la stessa voce con cui le ha detto che l’ama.
Non si accorge nemmeno che lui ha chiuso la chiamata e si è avvicinato, fino a quando non le sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Alexis sta bene?-
Gli chiede sussultando. Lui annuisce.
-E non vede l’ora che torniamo a casa… insieme. Adesso dovresti riposare un po’, sei stravolta! Vieni.-
Sistema a terra un paio di coperte trovate nell’ufficio e si coricano stretti l’uno all’altra, anche per scaldarsi.
-Andrà tutto bene Kate, ne sono sicuro!-
Glielo ripete in continuazione, accarezzandole il viso e lasciandole piccoli baci sui capelli, fino a che sente il suo respiro calmo e regolare. Si è addormentata. Si stringe ancora più forte a lei e cerca di prendere sonno, ma non ci riesce, resta a guardare fuori quello spicchio di luna, con le orecchie tese ad ogni rumore… non è per niente sicuro che nessuno li troverà, soprattutto il drago!
 
-Maledizione! Non è mai successo in tanti anni, di non riuscire a risolvere un problema in fretta!-
Il pugno scagliato contro la scrivania rimbomba nella stanaza silenziosa. Lucas lo guarda senza aprire bocca. Le risate del pomeriggio si sono improvvisamente trasformate in rabbia. E’ quasi mezzanotte e di Kate Beckett nessuna traccia. Nemmeno da parte dei loro uomini fidati.
-La stanno ancora cercando, non preoccuparti. L’hai detto anche tu che prima o poi verrà lei da noi.-
-Si, l’ho detto. Ma comincio a stancarmi. Io ho del lavoro importante da fare e non posso pensare che sia la fuori a prendersi gioco di me! Insomma dove si è nascosta, nelle fogne? Solo lì non l’hanno cercata. Avete tenuto d’occhio lo scrittore? Sono sicuro che lui sa qualcosa, o se dovesse avere bisogno di aiuto, si rivolgerebbe soltanto a lui.-
-E’ rimasto a casa tutto il pomeriggio. Non è più uscito da quando lui e l’avvocato sono stati all’appartamento di Beckett.-
Lui lo guarda con gli occhi infuocati, sospira per cercare di rilassare la tensione, una tensione che comincia ad infastidirlo. Si siede sulla poltrona e apre la scatola di legno intarsiata contenete i suoi prestigiosi sigari.
-Lucas, quella donna deve morire. A questo punto non importa, ormai la sua reputazione è rovinata. Deve essere cancellata dalla faccia della terra, come sua madre!-
-Lo sai che la  fine di questa storia sarà quella che tu desideri!-
-Non è del risultato che mi preoccupo, ma del quando accadrà! Domani ho una riunione importante, ne avrò per tutta la mattina se mi va bene. Fammi trovare un regalo sotto l’albero in anticipo. La morte di Katherine Beckett su tutti i notiziari.-
 
L’orologio attaccato alla parete segna le 2.20 di notte. Il corridoio è completamente deserto e Lanie spera che lo sia anche l’intero edificio. Non c’erano autopsie in programma per quella notte. Stan Corbin l’aveva chiamata qualche ora prima, chiedendole se potevano sistemare la famosa faccenda quella sera stessa. Lei gli aveva risposto che poteva essere fattibile, ma solo dopo l’una. A quell’ora, se non fosse arrivato improvvisamente un cadavere urgente, avrebbero dovuto aggirare soltanto il guardiano notturno.
-Lo sa che se mi trovano con le mani dentro al cadavere, posso dire addio al mio lavoro?-
Sussurra Lanie all’avvocato, mentre entrano furtivamente nel regno del dottor Jensen.
-E lei lo sa che se trovano anche me qui, io verrò radiato dall’albo? E la cosa mi dispiacerebbe molto, anche perché dovrei restituire la mia bellissima auto alla concessionaria!-
-E lei lo sa Stan, che mi ricorda tanto Castle?!-
-Davvero? Lo prenderò come un complimento… anche se ho la vaga impressione che non lo sia!-
Sorridono entrambi, improvvisamente si accendono le luci.
-Shhh… venga.-
Lanie trascina Stan dietro il banco per le autopsie, in una delle stanze adibite. Lo fa accucciare proprio sotto ad un carrello su cui penzola il cartellino dall’alluce di un cadavere. Arnold Frost, legge Stan, mentre trattiene il respiro e la guardia fa il suo giro di controllo.
-E’ un cadavere!-
Sussurra leggermente a Lanie che lo guarda sollevando un sopracciglio, intanto che la guardia si allontana.
-Cosa credeva di trovare in un obitorio, torte gelato tutti i gusti?-
Le luci vengono spente di nuovo. La guardia è tornata al suo posto.
-E’ che non mi aspettavo li teneste così sulle lettighe. Credevo li metteste tutti in frigorifero.-
-Continuo a pensare che lei mi ricorda Castle, anzi proprio gli somiglia, specie nel dire cretinate… oh… senza offesa!-
Escono da sotto alla lettiga e si dirigono alla cella numero 8 per trovarsi davanti al signor Alec Freeman.
-Ok, adesso che si fa?-
Chiede Stan e Lanie lo guarda scettica.
-Vuole tagliuzzarlo? Perché se dicesse si, glielo lascerei fare anche a costo di rimetterci il posto.-
-No grazie, volevo solo sapere…-
-Cosa deve fare, ho capito. Si metta alla porta e faccia attenzione che non arrivi qualcuno. Io vedo di fare il più in fretta possibile.
Corbin si sistema accanto alla porta e Lanie procede al controllo visivo del corpo.
Lo controlla minuziosamente, con una lente di ingrandimento. Studia attentamente ogni centimetro di epidermide e mano a mano che va avanti, segna le sue osservazioni su un block notes.
Stan controlla il corridoio, ma di tanto in tanto si sofferma a guardare Lanie. Ha girato il cadavere di fianco per controllare i fori di proiettili e nota improvvisamente un cambiamento di espressione sul suo viso. Controlla ancora il corridoio e si avvicina alla dottoressa.
-Ha trovato altre ferite?-
Lanie continua ad osservare la schiena di Freeman. Si abbassa proprio vicino ai fori e Stan fa una smorfia schifata con la bocca.
-Non riesco a capire come possa fare questo lavoro?-
-Come possa farlo io, donna, o in generale?-
Chiede Lanie in maniera indifferente senza togliere gli occhi di dosso al cadavere.
-In generale! Non crederà mica che abbia qualcosa contro le belle donne in carriera?!-
Lanie alza un attimo lo sguardo e sorride maliziosa.
-Mi ha appena detto che sono bella?-
Stan sorride malizioso anche lui.
-Su questo non ci sono dubbi dottoressa. Si guardano un attimo imbarazzati, poi Stan tossisce nervoso. Allora? Ha trovato altre ferite?-
-No, ma c’è qualcosa di strano nei fori di proiettile.-
Dice sicura continuando a guardarli e a misurare la loro distanza.
-Strano in che senso? Sono fori!-
Lanie si toglie i guanti sospirando. Fa attenzione a riporli nella sua borsa per non lasciare tracce e rimette a posto il corpo.
-Devo prima fare dei calcoli con queste misure. Adesso andiamo via, prima che la guardia faccia di nuovo il giro.-
-Aspetti, che ha scoperto?-
-Ancora niente. Mi dia un po’ di tempo e avrà tutte le risposte alle sue domande.-
 
Il nuovo giorno si preannuncia ancora grigio e freddo. Nonostante sia quasi l’alba, la luce non accenna a prendere il posto dell’ombra notturna. Castle e Beckett, avvolti nelle coperte trovate all’hangar, si stanno dirigendo a piedi al crocevia. Sono le 5.20, ma il furgone di Timmy è già fermo all’angolo.
Salgono sul retro, mentre Castle continua a guardarsi intorno, per assicurarsi che nessuno abbia seguito il ragazzo.
Una volta sul furgone, senza che Castle avesse il tempo di fare le presentazioni, Timmy si avvicina a Beckett e le prende la mano.
-Sapete che non ho chiuso occhio stanotte?-
-Preoccupato che possano scoprirci?-
Suppone Castle, ma lui muove la testa negativamente.
-Macchè! Chi vuole che ci scopra. No, io non sono riuscito a dormire perché ero troppo eccitato al pensiero di conoscerla di persona, detective Beckett. Sal lo dice sempre che lei è una vera bellezza, ma vista di persona… è un’ emozione troppo forte.-
Lei lo guarda basita mentre Timmy le ha preso in ostaggio le mani e poi guarda Castle, che invece sorride divertito.
-Sal è un ammiratore di Nikki. Ti adora. Ma ogni volta che sei venuta a casa mia, non ha avuto il coraggio di fermarti e stringerti la mano. Credo sia un suo desiderio nascosto quello di chiederti un autografo. E a quanto pare anche Timmy è innamorato di te.-
Lei arrossisce e gli sorride, riprendendo possesso delle sue mani.
-Beh, grazie, non so che dire, io in effetti non sono Nikki, cioè io…-
-Non farci caso Timmy, non accetterà mai il fatto di essere una musa.-
Continua Castle sempre più divertito dalle guance color porpora di Beckett, che lo fulmina con lo sguardo.
-Grazie Timmy, di cuore e non perché sono una musa, ma per quello che sta rischiando.-
-Non rischio niente detective, chi vuole che se la prenda con un ragazzo che guida il furgone della lavanderia e poi per il signor Castle qualunque cosa. C’è un thermos con del caffè bollente lì dietro e anche un bel pezzo di torta alle mele fatta da mia madre.-
-Timmy! Anche la colazione! Grazie… Castle è visibilmente commosso. Non so davvero come poterti ripagare.-
-Con un altro best seller che ci faccia sognare signor Castle, nient’altro! Mentre voi mangiate io mi avvio, alle 6.00 in punto sarete a casa!-
Mette in moto e Kate beve avidamente qualche sorso di caffè. Caffè vero, caldo e profumato e non può fare a meno di sorridere. Quel calore e quel profumo la fanno sentire bene. Come il calore e il profumo di Castle. Ecco a cosa può paragonare l’uomo che sta facendo onore alla torta di mele della madre di Timmy. Ad una buonissima tazza di caffè fumante, caldo, dall’aroma forte e dal profumo intenso, che le dà la carica solo con un sorriso e che le mette agitazione solo con uno sguardo.
La notte appena passata è stata abbracciata a lui per tutto il tempo, per la prima volta ha dormito tra le sue braccia. Ha davvero dormito, senza svegliarsi nemmeno un minuto, senza paura, al sicuro. Si sente riposata e pronta a tutto. Se quella chiave aprisse davvero nuove prospettive di soluzione per l’omicidio di sua madre, sarebbe andata avanti, con la sua squadra, come avrebbe dovuto fare dall’inizio. Se non fosse stato così, si sarebbe presentata a Nesbit e si sarebbe difesa con le unghie e con i denti per dimostrare la sua innocenza. In un modo o nell’altro si sarebbe ripresa la sua vita.
Guarda Castle che adesso sta bevendo il caffè dal suo stesso bicchiere. Deve riprendersi la sua vita, adesso ha un paio di motivi in più. Quello sguardo azzurro che le mette agitazione e quel sorriso dolcissimo che le dà la carica!



Continua...


Angolo di Rebecca:

Lui comincia ad innervosirsi... 
non è spaventato (non ancora) è sempre sicuro di sè,
ma non sopporta di non saperla sotto controllo.

I fuggiaschi, beh... che dire, sono tontoloni, ma tanto carini <3

E adesso tutti al distretto con la chiave n. 32

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Capitolo 15
*** Bingo! ***



...Kate beve avidamente qualche sorso di caffè.
Caffè vero, caldo e profumato e non può fare a meno di sorridere.
Quel calore e quel profumo la fanno sentire bene. Come il calore e il profumo di Castle.
Ecco a cosa può paragonare l’uomo che sta facendo onore alla torta di mele della madre di Timmy.
Ad una buonissima tazza di caffè fumante, caldo, dall’aroma forte e dal profumo intenso, che le dà la carica solo con un sorriso e che le mette agitazione solo con uno sguardo...



 

La Resa Dei Conti


*
Bingo!
*
14° Capitolo 

 

Alle 6.00 in punto il furgone di Timmy fa il suo ingresso nel garage del palazzo, dirigendosi direttamente al parcheggio che porta al montacarichi per il personale di servizio. Castle e Beckett sono accucciati dentro un enorme carrello, ricoperti da lenzuola e federe pulite, ben ripiegate e stirate profumatamente. Anche se un poliziotto fosse stato all’interno del garage, non avrebbe potuto vederli, a meno che non avesse perquisito i carrelli della biancheria. Ma questo non avrebbe potuto farlo senza un mandato.
Una volta dentro, Beckett prende le mani del ragazzo, come aveva fatto lui poco prima sul furgone e gli mostra uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
-Grazie infinite Timmy.-
Sussurra al suo orecchio, gli posa un tenero bacio sulla guancia e si dirige verso le scale, lasciando Timmy imbambolato davanti al furgone e con un sorriso da ebete sulle labbra, tra lo stupore di Castle che ha guardato tutta la scena con un sopracciglio alzato. Saluta e ringrazia il ragazzo anche lui e corre a raggiungere la sua musa.
-Dì un po’, hai deciso di farlo fuori? Guarda che ha smesso di respirare e ancora non ha ripreso!-
-Volevo solo ringraziarlo per bene, mi sembra giusto dopo tutto quello che ha rischiato per noi! Sarai mica geloso?-
Lui cerca di ribattere, ma lei gli fa segno col dito di stare zitto e di proseguire in silenzio per le scale di servizio per non destare sospetti sul montacarichi che, senza nessuna ragione, poteva essere visto da chiunque salire più del dovuto, per poi riscendere.
Castle apre la porta lentamente, non vuole fare rumore per non spaventare la madre e la figlia, che spera stiano finalmente riposando, invece appena dentro, Alexis gli corre incontro e Martha abbraccia Beckett, così stretta da non farla respirare.
-Grazie a Dio Kate, stai bene?-
Si allontana un momento da lei, guardando la sua espressione stupita e anche quella del figlio e la abbraccia ancora.
-Si, sembra che tu stia bene. Hai una faccia tremenda, ma stai bene…-
-Ma che ci fate alzate e soprattutto, com’è che ci stavate aspettando? Ieri sera al telefono non ti ho detto quando saremmo arrivati.-
Esclama Castle abbracciando la figlia e lei sorride dopo avergli dato un bacio sulla guancia.
-Timmy ha avvertito il signor Sal e lui è stato così gentile da avvertire noi.-
Lui guarda Beckett divertito.
-Ho creato un’associazione a delinquere!-
-Allora papà, state bene?-
Chiede Alexis apprensiva, rivolgendosi anche a Beckett. Entrambi annuiscono.
-Ora mettetevi seduti, ho preparato il caffè. Fate colazione e raccontateci tutto.-
Ordina Martha, trascinando Beckett sul divano.
-Mamma, non è il momento. Io ho bisogno di una doccia, mi cambio e vado al distretto.-
-Con Kate?-
-No, lei resta qui per il momento.-
-Ma Richard! Hai detto che per il suo bene, è meglio che si costituisca!-
-Si l’ho detto. Ma adesso c’è una novità, ed io devo fare in fretta.-
-Che novità?-
Lui resta in silenzio, guardando Beckett. Raccontare della chiave e di un probabile documento segreto di Montgomery, significa spiegare anche la connessione del capitano con tutta la storia e infrangere una promessa. Kate sospira.
-A loro dobbiamo dirlo.-
Lui si abbassa davanti a lei e le stringe le mani. Nonna e nipote si guardano stupite da quel tocco così intimo e personale.
-Kate, sei sicura di volerlo? Non è necessario.-
Anche quella frase e quel ‘Kate’ sono estremamente intimi e personali.
-E’ necessario invece, risponde lei, mi hai portata qui, mettendo in pericolo la tua famiglia, hanno il diritto di sapere cosa vogliamo fare e… tutto il resto!-
Lui annuisce, si siede sul divano, sempre tenendole le mani e racconta tutto, dalla scoperta dell’implicazione di Roy Montgomery al caso di Johanna Beckett, a come quella notte all’hangar si sia praticamente fatto ammazzare per proteggere Kate, alla promessa di non macchiare il suo nome e la sua reputazione, alla chiave trovata nel suo cappotto.
Le due donne sono sconvolte.
-Non riesco a crederci, dice Martha, Montgomery… io davvero non riesco a crederci!-
-Ha sbagliato, uno sbaglio di gioventù, risponde Beckett, ma da allora tutto quello che ha fatto è stato solo essere un buon poliziotto, onesto… e mi ha voluto bene!-
Martha poggia la mano sulla sua.
-Cara, non devi giustificarti per l’amore che provi per lui. Per quello che ne sappiamo noi, Roy Montgomery era un brav’uomo! Dalla nostra bocca non uscirà una sola parola.-
Guarda la nipote, che annuisce seria.
-Vado a prepararmi, devo fare presto.-
Castle dà un bacio in fronte a sua figlia e si dirige al piano di sopra. Le tre donne restano in silenzio, finché Martha prende una tazza fumante e la porge a Beckett.-
-Tieni Kate, bevi. Un bagno caldo ti rimetterà in sesto e devi anche riposare, solo dopo ci spiegherai come mai hai fatto una cosa così stupida… anzi come mai hai fatto un mucchio di cose stupide nel giro di 24 ore!-
Le sorride dolcemente e Kate abbassa lo sguardo.
-Mi dispiace. Mi dispiace soprattutto perché siete coinvolte anche voi. Alexis, ho cercato di tenere tuo padre fuori da tutto questo. Gli ho chiesto mille volte di starmi lontano e di restare a casa, specie dopo l’attentato al cimitero. So quanto deve essere stato difficile per te. L’ho anche trattato male, ma davvero io non so più in che lingua dirglielo.-
Anche Alexis abbassa lo sguardo.
-Io… io…  gli ho chiesto di lasciarti perdere.-
Beckett sa quanto Alexis sia spaventata e la capisce. Capisce benissimo quella frase. Anche lei l’avrebbe detta a suo padre se lo avesse pensato in pericolo. Ma sentirla dire a voce alta le fa male, più di quanto potesse pensare.
-Ed è giusto che tu l’abbia fatto, è sacrosanto che volessi proteggerlo, lo capisco benissimo.-
Le risponde mentre si guardano finalmente negli occhi.
-Non fraintendermi Kate. Io sono preoccupata anche per te. Io tengo a te, anzi… abbassa nuovamente lo sguardo, io ti voglio bene! Però quel proiettile… per un momento ho creduto che vi avesse uccisi, tutti e due…-
Gli occhi le si riempiono di lacrime, mentre alza di nuovo gli occhi sulla donna. Alexis è sincera. Non c’è cattiveria o risentimento dentro lo sguardo così simile a quello del padre, ma solo paura. La stessa paura che ha lei di perderlo, di perdere tutti i suoi amici, tutte le persone che ama.
Beckett le stringe la mani.
-Mi dispiace Alexis! Vorrei che non avessi assistito a tutto questo e come se non bastasse, invece di ragionare in maniera lucida e fredda, mi sono comportata come una stupida. Credevo che allontanandomi e facendo di testa mia, tuo padre e gli altri sarebbero stati al sicuro… invece, guarda che guaio.-
-Una cosa positiva c’è in tutta questa storia. Le dice la ragazzina sorridendo maliziosa. Ti ha stretto le mani, ti ha chiamata Kate e tu non hai avuto istinti omicidi verso di lui, anzi lo chiami per nome anche tu… significa che è cambiato qualcosa? Avete fatto un passettino avanti voi due?-
Beckett la guarda stranita, poi abbozza un sorriso diventando rossa in viso.
-Un passo avanti… per cosa?-
-Ah! Devo avere toccato il tasto dolente del… ‘è complicato’? Dicci come avete intenzione di agire tu e papà.-
Beckett si ritrova a sorridere. Alexis è così simile al padre, riesce a cambiare discorso all’improvviso, fingendo di non aver detto nulla.
Nel frattempo Castle scende dal piano di sopra, impeccabile come tutte le mattine.
-Bene, io vado al distretto. Tu non ti muovere da qui, cerca di riposare un po’, torno prima possibile. Mamma mi raccomando.-
Le dice posandole un bacio sulla guancia.
-Non preoccuparti ragazzo. La nostra Kate è in buone mani.-
Lui solleva un sopracciglio.
-La… nostra… Kate?!-
-Oh, Richard, sbrigati, fa presto. Noi ce la caviamo benissimo senza il sesso forte!-
Lo spinge verso la porta e praticamente lo butta fuori.
-Ah! Finalmente… ed ora a noi detective.-
 
Prima delle 8.00 Castle fa il suo ingresso al dodicesimo. Ryan ed Esposito sono già al loro posto, assieme agli altri colleghi e la speranza di arrivare prima del capitano Johnston muore improvvisamente, quando la sua voce gli tuona alle spalle.
-Cosa diavolo ci fa lei qui?-
Si blocca di colpo, sospira alzando gli occhi al cielo e si volta a salutarlo con un sorriso splendido sulle labbra.
-Capitano! Buon giorno. Sono venuto a chiedere se ci sono novità su Beckett.-
-Fuori di qui. Finchè ci sarò io, la voglio fuori dai piedi. Siamo già nei guai fino al collo, non mi serve uno sprovveduto che gironzola qui intorno senza concludere niente.-
Finisce la frase di benvenuto, mentre si rintana nel suo momentaneo ufficio, sbattendosi la porta alle spalle.
Esposito dalla sua postazione sorride.
-Si può sapere dove sei stato tutto il pomeriggio di ieri?-
-A… a casa! Dove avrei dovuto essere?-
-Mmm…-
E’ la risposta dell’amico, mentre Ryan gli mette una mano sulla spalla.
-Dobbiamo crederci? Non ti sei fatto nemmeno sentire!-
-Che ne dite di un buon caffè, così mi aggiornate sulle ricerche?-
-Ehi bro, ti sei accorto che ha cambiato discorso?-
Chiede Ryan ad Esposito che annuisce schiarendosi la gola, per non ridere.
Si recano nella sala relax e mentre lui prepara il caffè, i ragazzi lo aggiornano sulle novità, che non ci sono. Beckett è ancora un fantasma. Castle porge il caffè a Ryan, ma sbadato com’è lo versa addosso a tutti e due.
-Ahhh… vuoi ustionarmi?-
Grida Ryan attirando l’attenzione di tutti, mentre Esposito cerca di sollevare la maglia per non scottarsi a sua volta. Tutti e due lo guardano male.
-Perdonatemi ragazzi, sono un pasticcione… è che sono così nervoso!-
-Nervoso? Grida Esposito, sei tonto, ecco cosa sei!-
Castle fa la faccia offesa.
-Beh, adesso non esageriamo, potrei anche offendermi. Alla fine non è successo niente di grave, avete i ricambi no? Invece di stare qui a polemizzare, perché non andiamo, così vi cambiate,  mentre parliamo di Beckett!-
Esce dalla sala relax, prendendo la porta che conduce agli spogliatoi, mentre i due colleghi continuano a guardarlo male. Castle si ferma davanti alla porta spalancata. Guarda Johnston, che nel frattempo è uscito dal suo ufficio per capire cosa fosse tutto quel fracasso.
-Allora? Che state aspettando? Muoviamoci, così mi tolgo dai piedi e faccio felice il capitano.-
-Infatti, sbrigatevi… combina sempre guai!-
Sbraita Johnston dalla porta, così i tre si dirigono agli spogliatoi, Castle chiude la porta a chiave e si mette a guardare tutti gli armadietti nella stanza.
I due amici lo osservano straniti, mentre si cambiano le magliette.
-Si può sapere che stai facendo?-
-Sono tutti qui? Gli armadietti sono tutti qui o ce ne sono altri in qualche altro spogliatoio?-
-Si, in effetti abbiamo lo spogliatoio della sauna e della piscina! Certo che sono tutti qui. Cosa ti aspettavi il circolo del golf?-
Risponde Esposito che comincia ad arrabbiarsi sul serio.
-Maledizione! Perché ce ne sono solo 28, io ho il 32… non può essere!-
Dice più a se stesso che ai due poliziotti presenti alla sua follia e Ryan ed Esposito si guardano per l’ennesima volta.
-Castle, che significa che hai il 32. Tu non hai un armadietto.-
-Ryan, pensaci bene. Davvero non ce ne sono altri?-
Continua Castle dritto per la sua strada mentale.
-Al momento ci sono 28 agenti in carica al dodicesimo alla omicidi, per questo gli armadietti sono 28. Man mano che viene gente nuova, vengono aggiunti gli altri.-
Ok… e dove sono gli altri?-
Esposito comincia ad esasperarsi.
-Sono di là, nel deposito. Perché,  te ne vuoi portare uno a casa per trofeo?-
Castle prova ad aprire la porta del deposito, ma è chiusa a chiave.
-Allora? Javier tu sicuramente la sai aprire, vuoi aiutarmi prima che venga qualcuno?-
-Se non mi dici che ti passa per la testa, la apro e ti ci chiudo dentro, al buio!-
Castle prende la chiave dalla tasca e tenendola tra l’indice e il pollice, la piazza davanti agli occhi di Esposito, che corruccia la fronte.
-Devo trovare l’armadietto numero 32 e aprirlo, subito!-
Mentre Esposito si arma degli attrezzi del mestiere per aprire la serratura, Castle spiega la provenienza della chiave o almeno quella che lui pensa sia la provenienza e il senso del ritrovamento. I ragazzi lo ascoltano in silenzio. Esposito apre la porta, ma prima che Castle possa entrare, Ryan lo ferma prendendolo per il braccio.
-Non puoi credere ad una cosa del genere. Perché Montgomery avrebbe dovuto mettere questa chiave nel tuo cappotto? Se avesse avuto delle prove sul caso di Johanna Beckett, perché non tirarle fuori prima.-
-Forse per proteggere se stesso e la sua famiglia. Forse per proteggere Beckett. Non lo so perché, ma sono sicuro che la risposta è nell’armadietto numero 32.-
Entra nel piccolo deposito e si guarda intorno. Finalmente scorge l’armadietto che gli interessa. Infila la chiave, ma non succede niente. Il lucchetto non si apre.
Riprova ancora, stesso risultato. Esposito si spazientisce, sono lì dentro da più di cinque minuti e per cambiarsi una maglietta è troppo, moltissimo tempo!
-Se vuoi ti apro pure questo.-
Si accinge a forzare la serratura, ma Castle lo ferma.
-Aspetta. Non può essere che non apra. In effetti, sarebbe troppo facile. Io non lo scriverei così e Roy lo sapeva.-
Prova la chiave nei lucchetti di tutti gli armadietti, tra gli sguardi straniti dei due amici. Finalmente al numero 38, la serratura scatta.
-Tovato! Esulta lo scrittore. Montgomery è stato geniale. Ha reso le cose più difficili, in caso qualcuno avesse trovato la chiave al posto mio. Ha scambiato i numeri degli armadietti, 32 con 38… sapendo che io ci sarei arrivato.-
Dice con una punta di orgoglio.
-Lo devo scassinare comunque, lo rimprovera Esposito, c’è la combinazione!-
-Oh, per quella è semplicissimo!-
Compone tre numeri, ma la serratura non scatta, riprova un’altra volta, niente. Al terzo tentativo, lo sportello si apre.-
-Montgomery… sapeva che avrei scoperto anche questo.-
I ragazzi lo guardano ammutoliti.
-Semplice trovare i numeri della combinazione. Due li ha indicati nelle chiavi, 32 e 38, il terzo era il suo numero, 12. Bastava trovare la sequenza giusta!-
I due colleghi si guardano, Esposito sembra sempre più irritato, invece Ryan sembra divertito e fa spallucce.
-Bastava trovare la sequenza giusta, no? Ovvio!-
Sottolinea ironicamente verso Esposito, mentre Castle apre l’anta dell’armadietto, che a prima vista sembra vuoto, completamente. Comincia a toccare le pareti, guardare sotto le mensole. Lo smonta praticamente da cima a fondo. Niente! Tolgono le mensole per guardare meglio, magari c’è un doppio pannello. Niente.
-Aspettate un momento! Dice Ryan, mentre tiene una delle due mensole tra le mani. Questa sembra troppo pesante rispetto all’altra.-
La controllano attenatamente e si rendono conto che ha un doppio fondo, incastrato tra i bordi della parte inferiore.
-Bingo!- 
Esulta Castle, quando trova una busta formato A4 con il suo nome stampato sopra, mentre Esposito e Ryan, ancora increduli guardano quella busta come fosse stato il Santo Graal.
-Pensi davvero che ci siano documenti compromettenti contro il drago?-
-Lo spero!-
-Si può sapere quanto ci mettete per infilarvi una maglietta pulita?-
Tuona qualcuno fuori dalla porta.
-E’ Johnston! Nascondi la busta, fuori dal deposito, presto. Sistemano tutto e Ryan va ad aprire.
-Perché vi siete chiusi dentro?-
-Non ci siamo chiusi dentro signore, la porta è difettosa, s’incastra spesso. A lei non è mai successo?-
Johnston annuisce con un grugnito.
-Ha chiamato il detective Nesbit. Vuole che lo raggiungiate al ventunesimo. Prima però passate nel mio ufficio… E lei Castle, fuori dai piedi.-
Arrivati davanti alla porta dell’ufficio del capitano, i tre si salutano.
-Ragazzi più tardi l’avvocato di Beckett viene da me per aggiornarmi sulla difesa, vuole parlare anche con voi, alle 11.00 va bene?-
Dice a voce alta Castle, i due annuiscono, capendo che è una scusa per potere aprire la busta tutti insieme. Poi Castle abbassa la voce.
-Vi farà piacere sapere che Beckett sta bene.-
Strizza l’occhio e si dirige verso l’ascensore.
Ryan spalanca gli occhi.
-Che avrà voluto dire?Come fa a sapere che Becke…-
Esposito gli dà una manata sulla nuca e lo interrompe immediatamente.
-Non lo so e onestamente non lo voglio sapere. Tu lo vuoi sapere?-
Ryan lo guarda con l’aria stranita e fa cenno di no con la testa.
-Bene. Meno sappiamo, meno avremo da dire!-
Chiude il discorso Esposito, aprendo la porta dell’ufficio del capitano.
 
-Lo scrittore è appena uscito dal dodicesimo. Ha preso un taxi. Sta tornando a casa.-
La voce s’interrompe aspettando una reazione all’altro capo del telefono, che arriva dopo un attimo di silenzio.
-E gli altri?-
-I due colleghi della Beckett devono andare al ventunesimo dal detective Nesbit. La dottoressa invece, stanotte ha fatto le ore piccole assieme all’avvocato in obitorio, dal dottor Jensen. Cercano prove sul cadavere signore. Siamo sicuri che il corpo non abbia nessun segno di violenza?-
-I miei non l’hanno toccato. E’ andato sul posto con le sue gambe. Ma qualunque cosa possa venir fuori, Jensen è dei nostri.-
-E la dottoressa? Potete fermare Jensen, ma non la Parrish.-
La voce dell’interlocutore tradisce un fremito, mentre Lui risponde sicuro dei sé.
-Tutti hanno un prezzo.-
-Non Lanie Parrish… e nemmeno gli altri vicini a Beckett.-
-Tutta questa pulizia d’animo è nauseabonda! E porta alla morte prima o poi…-
L’uomo capisce che è meglio non contraddirlo e prosegue il discorso.
-I suoi non hanno scoperto niente?-
-No, hanno perquisito casa di Beckett stanotte, i poliziotti sono proprio stupidi, non si sono accorti di niente. Non hanno trovato nessun indizio che possa fare pensare ad un possibile nascondiglio. Teniamo d’occhio anche suo padre… per ora niente.-
La voce calma al telefono fa una pausa, mentre spegne il sigaro che sta fumando.
-E’ frustrante non sapere dove si possa essere nascosta! Solo i suoi amici più cari possono aiutarla. Castle che ha fatto al dodicesimo?-
-Voleva notizie di Beckett, almeno così ha detto, ma ha fatto in modo di andare con Ryan ed Esposito nello spogliatoio, forse per parlare liberamente… o forse per qualche altro motivo. Sono rimasti dentro a lungo.-
-Hai modo di controllare in pace lo spogliatoio?-
-Ci sono già signore. Lo sto facendo mentre parlo con lei… è strano…-
-Cosa?-
-La porta del deposito non è chiusa a chiave…-
Un attimo di silenzio da entrambi gli interlocutori. E’ Lui a parlare per primo.
-Nascondono qualcosa. Non mi piace questa cosa dello spogliatoio. Sono sicuro che  lo scrittore sa dov’è Beckett, magari è proprio nascosta in casa sua. 
Mi fa strano che non si sia mosso per tutto il pomeriggio di ieri, che non si sia intromesso nelle indagini. Eppure lo abbiamo tenuto d’occhio dal primo istante e messo sotto controllo il cellulare e sembra non si sia mosso da casa.-
Fa un’altra pausa. Stritola il mozzicone spento tra le mani, stringe i denti e sospira lentamente. 
-Voglio Beckett morta. Non deve arrivare di nuovo in tribunale. Questa faccenda deve finire… PRESTO!-
-Controllerò lo spogliatoio e il magazzino con cura, signore. E vedrò di occuparmi di Beckett!-



Continua...


Angolo di Rebecca:

Timmy sta bene, tranquille, è rimasto un pò così, ma si è ripreso ed è tornato al lavoro :)
Kate è meglio che riposi un pò, mentre Rick fa "l'attore" e mette a dura prova la pazienza di Espo...
però...
Aveva ragione... 
Cosa ci sarà dentro la busta?
Che risposte può aver lasciato il caro Montgomery alla nostra detective?
E se ci fossero altre rivelazioni terribili per lei?

Il titolo è dedicato a Virginia, lei sa perchè :)
Grazie per la vostra attenzione...

 

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Capitolo 16
*** La Dea Bendata ***



...Vi farà piacere sapere che Beckett sta bene.
Strizza l’occhio e si dirige verso l’ascensore.
Ryan spalanca gli occhi.
Che avrà voluto dire?Come fa a sapere che Becke…-
Esposito gli dà una manata sulla nuca e lo interrompe immediatamente.
Non lo so e onestamente non lo voglio sapere. Tu lo vuoi sapere?
Ryan lo guarda con l’aria stranita e fa cenno di no con la testa.
Bene. Meno sappiamo, meno avremo da dire!..
.




 

La Resa Dei Conti


*
La Dea Bendata
*
15° Capitolo 




 
Mentre torna a casa in taxi, Castle è seduto proprio attaccato allo sportello. Guarda fuori dal finestrino, ma non con la solita innata curiosità che ha di osservare la città, la strada, la gente. Guarda, ma non vede le immagini reali che gli passano davanti. I suoi occhi sono dentro all’hangar. Scrutano Kate, che singhiozza aggrappata a lui. Fragile, indifesa, disperata come non l’aveva mai vista e come lei non si era mai mostrata… spaventata… da quel pezzo di carta. L’ultimo di una lunga serie di ricatti mentali e di paure da parte di un essere spregevole e pericoloso, che da anni le distrugge la vita, piano, con crudeltà. Da anni è accompagnata da quel senso di paura innato di perdere le persone che ama, perché per quanto alto e massiccio, il muro costruito attorno al suo cuore per non soffrire, non è riuscito a proteggerla da qualsiasi forma di sentimento. Ha tanto amore dentro al cuore da dare e un cuore enorme che può contenerne altrettanto. L’altra notte, abbracciata a lui, sfogando le sue paure, mostrando le sue fragilità, ha abbattuto anche gli ultimi mattoni rimasti e adesso è completamente nuda di fronte al mondo. La busta che lui tiene nascosta dentro la cintura dei pantaloni, dietro la schiena, sotto al cappotto, è incandescente. Brucia come un pezzo di carbone ardente poggiato sulla pelle. Ha paura per quello che può contenere. Paura che il suo contenuto spogli Kate dell’unica protezione che ancora le è rimasta: l’ignoto! Sapere che Montgomery è stato parte dell’inizio del suo incubo l’ha sconvolta.
E se in quella busta ci fosse di peggio? Se scoprisse qualcosa che la annienterebbe ancora di più?
Si tormenta le dita, è spaventato per lei e anche per la sua famiglia, in fin dei conti tiene una fuggitiva in casa; è consapevole di essersi esposto troppo e più che timore della polizia è spaventato dall’uomo invisibile che colpisce a tradimento e che non compare mai. Sospira, mentre continua a guardare fuori dal finestrino e a pensare che a questo punto non può tornare indietro. Ormai è il momento di chiudere la partita e qualunque sarà il risultato finale, lui la coprirà. Sarà il suo cappotto, la sua coperta, i suoi vestiti. Sarà il tessuto che vestirà la sua anima nuda per proteggerla dal freddo, dalla paura, da qualunque voglia dovesse avere di gettare la spugna e dissolversi nel dolore!
Scende dal taxi, paga la corsa ed è così perso nei suoi pensieri, che non si accorge del detective Nesbit alle sue spalle, tanto che sussulta quando sente la sua voce.
-Nesbit! Come mai qui?-
Gli chiede sorpreso, soprattutto perché assieme a lui ci sono altri tre agenti, per non parlare di Ryan ed Esposito, che hanno la faccia parecchio preoccupata.
-Abbiamo ricevuto una telefonata anonima. Qualcuno ha visto il detective Beckett entrare in questo edificio. E chi conosce in questo edificio la nostra egregia collega? Ma guarda! Lei signor Castle!-
-Non capisco. Crede che Beckett sia nascosta a casa mia? Sta scherzando?-
Nesbit scuote la testa e mostra un foglio.
-Ho un mandato di perquisizione signor Castle. Vuole essere così gentile da farci strada?-
Castle guarda Ryan ed Esposito, che hanno il viso praticamente congelato. I giornalisti si sono spostati nel marciapiede di fronte e stanno assistendo alla scena. Qualcuno ha già il cellulare all’orecchio. In meno di 5 minuti l’intera città avrebbe saputo che la polizia è a casa dello scrittore Richard Castle, per una perquisizione.
-Naturalmente! Fa segno con la mano verso l’entrata del palazzo. Vogliamo andare?-
Quando li vede entrare tutti insieme, Sal si alza dalla sua postazione e fa una specie di inchino.
-Buon giorno Sal, come va stamattina?-
-Tutto bene signor Castle. Posso aiutarla in qualche modo con i suoi ospiti?-
-No Sal, la ringrazio.-
Gli poggia la mano sulla spalla e gli fa l’occhietto sorridendo.
-Facciamo solo un giro di poker mattutino!-
-Allora buona fortuna signore. Sono certo che la dea bendata sarà al suo fianco!-
Castle incrocia lo sguardo imperturbabile di Sal, la situazione è pericolosa e lui riesce a pensare soltando che il simpatico portiere sarebbe un grande giocatore di poker.
E’ strano come gli ascensori possano essere lenti o veloci, secondo cosa senti dentro allo stomaco e in questo momento, Castle ha lo stomaco pieno di candelotti di dinamite. La velocità con cui sale il cubicolo in cui si trova prigioniero, ha innescato una bomba ad orologeria, che sta per spappolare le sue budella ovunque, anche se, esteriormente, la sua maschera di calma assoluta è addirittura irritante, soprattutto per i due amici, che sanno, non sanno e si sentono in trappola.
Una volta fuori dall’ascensore, mette la chiave nella toppa e con calma e mano ferma fa scattare la serratura. Apre la porta, Alexis è seduta sul divano e  s’irrigidisce, vedendo gli agenti in divisa.
-Che succede papà?-
-Niente tesoro, non preoccuparti. Prego accomodatevi. Fa cenno agli agenti di entrare. Devono perquisire casa. Credono che Beckett sia nascosta qui da noi.-
-Ma che stupidaggine è questa?-
La voce arriva dalla cucina, verso cui si voltano tutti.
-Mamma, questo è il detective Nesbit. Si occupa lui dell’omicidio Freeman.-
-Con quale criterio pensate che Beckett possa essere qui? Dovrebbe essere stupida lei e totalmente stupidi noi a nasconderla! Oh Richard, mi sento così frustrata! Noi siamo una famiglia rispettabile. Collabori con la polizia da anni e questo è quello che ci meritiamo? Una perquisizione! Come se fossimo dei criminali pericolosi!-
Si porta il fazzoletto agli occhi e si stringe al figlio, che affettuosamente le batte la mano sulle spalle.
-Calmati mamma, è tutto a posto. Cinque minuti e spariranno. Nesbit, faccia in fretta, mia madre potrebbe avere una crisi isterica da un momento all’altro! E le assicuro che non è piacevole a vedersi.-
Nesbit fa cenno ai suoi uomini di cominciare la perquisizione.
-Qualunque cosa spostiate rimettetela a posto, lasciate tutto in ordine mi raccomando. Io resto qui con i nostri ospiti.-
Nei minuti seguenti, gli agenti fanno su e giù, controllano le camere, sotto i letti, dentro gli armadi.
Nesbit resta nel soggiorno con il padrone di casa, che nel frattempo ha versato da bere per sé e per la madre, scambiando occhiate furtive con i due amici e con Alexis, che sembra non respiri.
-Per voi ragazzi niente, siete in servizio, giusto?-
Una voce dal piano di sopra li interrompe.
-Signore c’è una botola qui sopra, sul soffitto.-
Castle si raggela. Il cuore gli si blocca. Ha pensato immediatamente che potesse essere nascosta lì, che mentre salivano, Sal avesse telefonato alla madre per avvertirle, questo gli avevano suggerito la sua frase sulla dea bendata e il suo sguardo impertubabile. Martha stava facendo una delle sue sceneggiate, questo significava che erano al corrente che con lui c’era la polizia! Ma adesso l’avrebbero trovata. Sarebbe finita in prigione e lui con lei, ma in celle separate e prima di scoprire cosa contiene la busta di Montgomery.
Nesbit guarda Castle, che con una falsa calma fa spallucce.
-C’è la soffitta con dentro una marea di ragnatele, basta tirare la botola in giù e trovate la scala.-
Dopo un’eternità, scandita in effetti solo da un paio di minuti e un altro scotch ingurgitato velocemente, uno degli agenti torna di sotto.
-Niente signore… la fuggitiva non è qui!-
Ryan ed Esposito continuano ad avere la stessa espressione di quando sono entrati. 
La fuggitiva non è qui! Che significa, non è qui?!  
Castle cerca di riprendersi ironizzando sulla situazione.
-Avete guardato sotto la montagna di peluche di mia figlia? Magari è nascosta là in mezzo!-
-Non mi diverte tutto questo signor Castle, soprattutto perché si tratta di una collega.-
-Lo so Nesbit, ma pensare che possa nasconderla sotto al letto è davvero frustrante, come dice mia madre.-
-Va bene andiamo! Signor Castle grazie della collaborazione. Signora ci scusi per il disturbo.-
-Fatelo sapere ai giornalisti là fuori che non nascondiamo un’assassina!-
-Mamma! Beckett non è un’assassina e il detective Nesbit sta solo facendo il suo lavoro.-
-Beh, che lo vada a fare da qualche altra parte.-
E svolazzando dentro la sua vestaglia di seta si dirige al piano di sopra.
Il cellulare di Esposito squilla, mentre Nesbit sta per uscire.
-Ehm, scusate! Si… va bene… ho capito… a dopo.-
-Novità?-  Chiede Nesbit.
-Solo su un caso di cui ci stavamo occupando prima di questa storia. Vogliamo andare?-
 Nesbit annuisce, saluta ancora Castle ed esce. Esposito lo guarda e con la mano dietro la schiena, fa un cenno come a dire ‘a dopo’ e si richiude la porta alle spalle. L’ascensore scende fino al piano terra. Il campanello annuncia che è a destinazione. A quel punto Castle si gira a guardare la figlia.
-Che significa che non è qui? Come non è qui?-
Prima che Alexis riesca ad aprire bocca, Martha fa il suo ingresso dal piano di sopra.
-Non farti prendere dal panico Richard. L’abbiamo fatta partire con la macchina del tempo!-
-Mamma! Ti prego, sono sull’orlo di un infarto!-
Castle sospira, mentre Alexis ride divertita.
-Il signor Sal ha notato una seconda pattuglia arrivare e fermarsi qui davanti cinque minuti prima che arrivassi tu. Ha riconosciuto Rayan ed Esposito, ha capito che erano qui per noi e ci ha avvertite.-
-L’abbiamo teletrasportata nella lavanderia! Sussurra Martha all’orecchio del figlio. E Sal si preoccuperà di riteletrasportarla qui da noi, appena lo riterrà opportuno. Perciò mettiti seduto, bevi qualcosa e rilassati.-
-Ho sempre sottovalutato Sal, devo davvero prendere in considerazione il fatto di usarlo come seconda musa, quell’uomo è pieno di risorse da dietro la sua guardiola!
Si butta a peso sul divano e torna serio per un attimo.
-Una telefonata anonima… Nesbit ha ottenuto un mandato per una telefonata anonima.-
-Pensi che ci stiano spiando? Non parlo della polizia!-
Chiede Martha preoccupata.
-Anche se ci spiano, nessuno può averla vista entrare nel palazzo. Penso che qualcuno cominci a preoccuparsi per la fuga di Beckett e abbia tirato a indovinare…-
 
‘…Ad un paio di settimane dall’uscita di Heat Rises, terzo capitolo della saga su Nikki Heat, lo scrittore Richard Castle potrebbe trovarsi in una situazione molto imbarazzante per lui e la famiglia, per non parlare del disagio già provocato verso la sua casa editrice, dalla quale  al momento non abbiamo avuto nessuna dichiarazione, ma voci di corridoio annunciano che questo caso potrebbe anche provocare la rottura del contratto. Infatti, non solo la donna a cui è ispirata la saga è stata accustata di omicidio ed è fuggita ieri mattina dal tribunale, dopo l’udienza che ha confermato le accuse a suo carico rinviandola a giudizio, ma è notizia certa che la polizia ritiene lo scrittore implicato nella faccenda. Meno di un’ora fa, infatti, alcuni agenti, si sono presentati al suo appartamento con un mandato di perquisizione, segno che la polizia crede che Richard Castle possa avere a che vedere con la fuga di Beckett e che la possa nascondere addirittura in casa sua. Il detective Jason Nesbit ha rilasciato una breve dichiarazione dopo essere uscito dall’appartamento dello scrittore, affermando che non hanno trovato tracce della fuggitiva e che Castle, al momento non è indagato. La perquisizione era solo un atto dovuto, dopo che al dipartimento è arrivata una telefonata, (anonima ha tenuto a precisare Nesbit), che segnalava la presenza del detective Katherine Beckett nel palazzo…’
 
-Non l’hanno trovata?-
Sbotta Lucas togliendo l’audio alla tv, mentre Lui fuma il suo sigaro con l’espressione corrucciata, come se avesse smesso di ascoltare il notiziario per restare assorto in una visione importante della situazione dentro la sua mente.
-Hanno perquisito tutto l’appartamento, anche la soffitta, niente di niente, Beckett non c’era!-
Lucas si passa le mani tra i capelli sempre più nervoso.
-Maledizione! Ma dove diavolo si è ficcata? Eravamo sicuri che fosse dallo scrittore.-
Guarda Lui, sempre imperturbabile e sente la rabbia salirgli al cervello.
-Come puoi rimanere così tranquillo! Quella donna in giro, anche se ricercata per omicidio, è una mina vagante per te… per tutti noi… lo capisci questo?-
-E tu ti fai prendere dalla rabbia troppo facilmente Lucas, comincio ad averne abbastanza. La tua impulsività ti porterà a fare qualcosa di sbagliato prima o poi… qualcosa di cui potremmo pentirci tutti!-
Lui si alza, scocciato dal comportamento del suo braccio destro e sposta lo sguardo fuori dalla finestra.
-Tu agisci senza riflettere Lucas e questo non va bene!-
L’uomo sospira e si lascia andare sulla poltrona.
-A me preoccupa più lo scrittore. E’ troppo tranquillo. Non vorrei che Montgomery ci avesse tirato un brutto scherzo.-
Lucas corruccia la fronte.
-Di cosa parli? A cosa ti riferisci?-
-Alla farsa di stamattina al distretto. Castle non si è mosso da casa per niente e poi stamattina esce agghindato di tutto punto e va al distretto… a fare cosa?-
-E’ preoccupato per Beckett!-
Risponde meccanicamente Lucas, ma Lui scuote il capo e solleva la mano per zittirlo.
-Lui sa esattamente come sta Beckett… e dove si trova al momento… ne sono certo. Voglio assolutamente sapere cos’hanno fatto lui e gli altri due poliziotti dentro quello spogliatoio. Chiama il nostro uomo e vedi se ha trovato qualche indizio utile.-


Continua...



Angolo di Rebecca:

Ciao!
Oggi è il compleanno della dea!!!
Auguri Stana :))) e poi...
Oggi è anche il mio compleanno... compio un anno...
No, non sono diventata pazza (lo sono già) 
oggi compio il primo anno trascorso a leggere e scrivere qui su EFP... Yeah!!!
Per questo ho pensato di regalarvi un nuovo capitolo proprio oggi, spero di avervi fatto piacere...

Che dire?
Castle è un attore geniale, però Martha... ohhhh... Martha... lei è... superlativa!!!

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Capitolo 17
*** Batman, Catwoman e i Fantastici Quattro ***


...Non farti prendere dal panico Richard. L’abbiamo fatta partire con la macchina del tempo!
Mamma! Ti prego, sono sull’orlo di un infarto!
L’abbiamo teletrasportata nella lavanderia! E Sal si preoccuperà di riteletrasportarla qui da noi, appena lo riterrà opportuno. Perciò mettiti seduto, bevi qualcosa e rilassati.
Anche se ci spiano, nessuno può averla vista entrare nel palazzo.
Penso che qualcuno cominci a preoccuparsi per la fuga di Beckett e abbia tirato a indovinare…




 

La Resa Dei Conti


*
Batman, Catwoman e i Fantastici Quattro
*
16° Capitolo 



 
-Beckett stava bene, quando Sal l’ha… teletrasportata?-
Chiede Castle alla figlia, che sorride. Sembra che la paura e la tensione si siano un po’ placate sul suo viso, ma soprattutto dentro al suo cuore.
-Ha fatto una doccia, le ho dato uno dei miei maglioni per cambiarsi, ha mangiato e… abbiamo parlato.
Risponde Alexis abbassando lo sguardo imbarazzata.
-Papà. Mi dispiace per ieri, io ero così terrorizzata che…-
Suo padre le prende le mani e sorride muovendo la testa a destra e a sinistra per impedirle di andare avanti, i suoi occhi stanno dicendo che non serve dire altro e che, se per lei è tutto a posto, per lui il discorso è chiuso. La ragazza sorride e con un sospiro gli dà un bacio.
-Tranquillo papà, stava bene! Al distretto invece com’è andata? Hai trovato quello che pensavi?-
Lui prende la busta che nasconde dietro la schiena, gliela mostra e lei spalanca gli occhi dallo stupore.
- Era nell’armadietto numero 32?-
-Diciamo di si. Avevo ragione io. Montgomery l’ha lasciata per me, c’è il mio nome scritto sopra.-
La posa sul tavolino e sospira.
-Che ti prende Richard?-
Chiede Martha sedendosi accanto lui.
-Kate è già provata da tutta questa situazione. Mi spaventa sapere cosa contiene.-
-Se il capitano Montgomery l’ha lasciata in gran segreto, è per forza importante e se può portare alla fine di questo incubo, ben venga!-
-Anche se scoprisse qualche altra cosa di terribile, come quello che ha fatto Roy? Potrebbe non sopportarlo, non dopo tutto quello che è successo nell’ultima settimana.-
Il campanello li interrompe e Alexis va ad aprire.
-Dev’essere Kate!-
Ma quando apre la porta, si trova davanti quattro persone e sorride leggermente preoccupata.
-Ehm… salve ragazzi… Papà!? Abbiamo visite!-
Castle si gira e si alza di scatto, con gli occhi sgranati. Ryan, Esposito, Lanie e Stan, entrano in casa uno dopo l’altro. Che i due detective immaginassero o sapessero che Beckett è nascosta in casa sua è una cosa, ma che lo venga a sapere anche Stan è già più complicato.
-Che c’è Castle? Chiede Lanie, non sei contento di vederci?-
-Certo… è che non… mi aspettavo che… insomma dopo la perquisizione sono rimasto un po’ sconvolto… ecco… per… per caso avete visto il portiere… quando siete saliti?-
Esposito lo guarda male.
-No, non lo abbiamo visto, si deve essere allontanato un momento, ma che t’importa del portiere? E si può sapere perché balbetti? -
-Io… non… sto… balbettando…-
-Sei sicuro? Continua Esposito ancora più accigliato. Lanie ha delle novità e volevamo parlarne con te, prima di decidere cosa fare.-
-Naturalmente! Che… che novità?!-
Lanie gli si piazza davanti con le mani ai fianchi.
-Se non la pianti di balbettare e non ci dici perché balbetti, ti faccio l’autopsia al cervello, Castle.-
Lui non ha il tempo di ribattere che la porta, rimasta socchiusa, si spalanca ed entra Beckett.
-Castle hai dimenticato la porta ap…-
Ma si blocca quando sente un corale “Ohmmioddio!”
Lei resta un attimo senza fiato, poi ormai in trappola, solleva la mano e sorride nervosa.
-Ehm… salve!-
Tutti spostano lo sguardo su Castle che sospira e, in modo molto indifferente, si lascia andare tranquillamente sul divano.
-Beh?! Quali sono queste novità?-
-No un momento! Sbotta Stan. Ecco perché hai chiesto del portiere! La stava nascondendo lui? Dì la verità, è stata qui fin dall’inizio? Hai in casa una fuggitiva, hanno perquisito casa tua, noi siamo nei guai fino al collo perché ora siamo vostri complici e l’unica cosa che sai dire è 'quali sono le novità'? Voi due siete pazzi, completamente fuori di testa! -
Cerca man forte nei suoi compagni, ma si rende conto che Lanie è già abbracciata alla sua migliore amica, mentre Ryan ed Esposito hanno la faccia di chi sa, ma non sa e non vuole sapere.
-Voi lo sapevate?-
Chiede ai due detective spostando il dito dall’uno all’all’altro come se si aspettasse una risposta simultanea e Ryan risponde a tappo sollevando le mani in segno di difesa.
-No, no… beh, cioè… lo sospettavamo… ma non… ne… eravamo…-
Stan alza la mano per fermarlo.
-Ah, lasci perdere detective Ryan, non è necessario che balbetti anche lei. Sapete una cosa? Non vi citerei mai come testimoni, con questa capacità di balbuzie, la mandereste all’ergastolo in un nano secondo!-
Si siede sul divano accanto a Castle e sbuffa.
-Bene Stan. Adesso che ti sei sfogato possiamo andare avanti?-
-Naturalmente!-
Risponde l’amico senza guadarlo in faccia e come se non fosse successo niente.
-Allora accomodiamoci di là, attorno al tavolo, staremo più comodi.-
 
Lanie prende dalla borsa alcuni fogli e li mette sul tavolo.
-Questi disegni e queste misure le ho elaborate stanotte, dopo avere visionato il corpo di Alec Freeman.-
Stan si copre la faccia con le mani scuotendo la testa, non si aspettava che la bella dottoressa potesse dire dell’incursione in obitorio come se fossero andati a prendere un aperitivo. Sperava di poter dire tutto piano con il conta gocce e quando si rende conto che gli occhi di tutti sono puntati su di lui, si allenta la cravatta, si slaccia il primo bottone della camicia e dopo essersi messo in libertà, allarga le braccia.
-Che c’è? Nascondete una fuggitiva e vi stupite di noi che abbiamo soltanto controllato un cadavere senza autorizzazione? Chi è senza peccato scagli la prima pietra!-
Senza nessuna risposta riportano l’attenzione su Lanie, che sorride pensando a quanto sia strampalata tutta la situazione e continua.
-Sul corpo non ho riscontrato ferite di alcun genere, tranne i fori di proiettile, ma sono proprio questi che mi hanno lasciata perplessa.-
-Perché Lanie, chiede Beckett, cos’hanno i fori di strano?-
-L’angolazione!-
Aspetta un secondo che recepiscano la parola che ha appena detto.
-Ipotizziamo che sia stata realmente tu a sparare mentre lui ti dava le spalle o stesse semplicemente scappando, in ogni caso doveva stare in piedi davanti a te.-
Beckett annuisce, come pure tutti i presenti
-Ho misurato l’angolazione dei fori di entrata tenendo in considerazione la tua altezza e quella di Freeman. Anche supponendo che sparando, tu possa non avere tenuto il braccio perfettamente parallelo a terra, perciò più alto o più basso, i proiettili sarebbero dovuti entrare in linea praticamente retta. Invece, anche ad occhio nudo, si vede che hanno un’angolazione di 45°.-
-Cioè, avrei dovuto tenere il braccio dritto e diretto verso terra?-
Chiede Kate, mimando la mossa dopo essersi messa in piedi.
-Esatto!-
-Quindi Freeman doveva essere sdraiato in terra, a faccia in giù, quando io ipoteticamente gli ho sparato?-
-Esatto anche stavolta.-
-Ma tutto questo non mi scagiona, è ancora peggio, perché vorrebbe dire che potrei averlo tramortito prima di sparargli, o che magari scappando, sia caduto a terra ed io l’abbia ucciso a sangue freddo senza dargli possibilità di scampo!-
Esclama Beckett, ma Lanie fa segno di no con la testa.
-No Kate, perché se fosse caduto avrebbe dovuto presentare delle abrasioni sul corpo, o per lo meno sul viso. Stando al rapporto degli agenti, aveva la faccia poggiata in terra dalla parte destra e, se davvero fosse caduto, quella parte del viso avrebbe dovuto evidenziare graffi e lividi. Non solo! Conferma anche che non lo hai tramortito tu, visto che non ci sono ferite o lividi di altro genere sul resto del corpo; come lo avresti atterrato con la forza del pensiero?-
Beckett si passa le mani tra i capelli.
-Allora tu come lo spieghi?-
-Deve essere arrivato sul posto con le sue gambe, ma chi ha narcotizzato te, deve averlo fatto anche con lui, non importa che le analisi dicano il contrario. Secondo me, lo hanno preso alla sprovvista e messo giù delicatamente per non fargli rimanere alcun segno.-
Restano tutti un attimo in silenzio per riflettere. Esposito passa lo sguardo su ognuno dei presenti e poi si sofferma su Lanie.
-Perciò il medico legale ha omesso tutto di proposito?-
-E’ impossibile non accorgersene, anche ad occhio nudo e senza fare le opportune misure. Io l’ho notato immediatamente, perciò si, il dottor Jensen ha omesso tutto di proposito. Probabilmente anche le analisi sul narcotico sono state alterate.-
-Allora che facciamo? Lo diciamo a Nesbit?-
Chiede Esposito.
-Certo! Risponde Ryan, e quando ci chiede come abbiamo avuto questi nuovi elementi, gli diciamo che Batman e Catwoman, si sono introdotti furtivamente in obitorio e hanno trovato delle prove che possono solo incorniciare nella batcaverna, visto che sono assolutamente nulle in tribunale.-
-Non c’è bisogno di fare del sarcasmo, ribatte Stan, stiamo giocando sporco tutti in questa faccenda. Io direi che possiamo andare direttamente dal dottor Jensen e cercare di farlo parlare. Se lui confessa, o si tradisce avremmo qualcosa da portare al procuratore.-
Castle sorride. Si alza in piedi e comincia a camminare avanti e indietro per la stanza.
-Divertente Stan! Davvero divertente. Forse non ti è chiaro che il mandante, il drago, o come vogliamo chiamarlo, toglie di mezzo tutti quelli che lo infastidiscono…-
Beckett si alza anche lei e si mette a misurare la stanza incrociando Castle.
-Stan, lei crede veramente che Jensen, sapendo con chi ha a che fare, parlerà con voi e poi con il  procuratore...-
Si incrociano ancora.
-Magari non è al soldo di questo tizio…- La interrompe Castle.
-Magari lo hanno semplicemente spaventato...- Ribatte Beckett, puntandogli il dito contro.
-Magari lo hanno ricattato!- Finisce Castle e si fermano uno di fronte all’altra guardandosi negli occhi.
Stan li osserva divertito, poi guarda gli altri.
-Se la sono preparata?-
-Ce lo chiediamo da 3 lunghi anni ma, anche senza aver fatto loro l’autopsia, posso asserire che gli viene spontaneo!-
Risponde Lanie soddisfatta. Solo allora si rendono conto di essere rimasti incatenati con lo sguardo, si allontanano e tornano a sedersi, tra i sorrisi sfottenti degli amici.
-Avete ragione, riprende Stan, ma possiamo sempre provarci. Se è vero che lo ricattano, possiamo convincerlo che è meglio collaborare con noi. Che ne dite ragazzi, andiamo subito?
Chiede a Ryan ed Esposito, ma Castle lo interrompe di scatto.
-NO!-
Tutti si girano a guardarlo straniti per quel no detto a voce alta e stridula e lui ricomincia a balbettare.
-Ehm, voglio dire Stan… no, cioè… Jensen potrebbe spaventarsi se ci vai con la polizia… se invece è l’avvocato di Beckett a interrogarlo, magari… magari si convince a parlare… che… che dite?-
-Dico che stai balbettando di nuovo, ma non voglio sapere perché! Andiamo dottoressa Parrish, meglio stare lontani da questi strani individui, cominciano ad innervosirmi.-
 
-Signore, ho trovato qualcosa nel magazzino.-
Il vivavoce del telefono rimbomba nello studio. Lucas balza in piedi come una molla, mentre Lui al solito resta tranquillo affondato nella poltrona e nel fumo del  sigaro.
-Dimmi.-
-A terra ho trovato un pezzo di carta. Solo uno strappo, ma abbastanza da farmi venire un dubbio.-
-Non fermarti, va avanti. Cos’ha di tanto importante questo pezzo di carta?-
-E’ giallo! Come le buste che si usano per le spedizioni… come la busta che conteneva la documentazione che abbiamo intercettato all’uffiio postale qualche giorno fa. Si vede chiaramente che è strappato. Devono avere trovato qualcosa qui dentro e nella fretta di andarsene non si sono accorti dello strappo.-
Lui chiude la conversazione di colpo, senza nemmeno dare la possibilità all’interlocutore di continuare. Spegne il sigaro e intreccia le mani sulla scrivania.
-Quel maledetto ci dà problemi anche da morto! Ti rendi conto Lucas? Montgomery ci ha preso in giro. Sapeva di essere controllato. Sapeva che avremmo intercettato la sua spedizione. Deve aver fatto delle copie e le ha nascoste al distretto. Dall’interno non era possibile controllare ogni suo movimento. E adesso quei documenti sono sicuramente nelle mani dello scrittore.-
-Hai capito questo solo da un lembo di carta di colore giallo? Può essere qualunque cosa!-
-No Lucas. Il mio sesto senso non sbaglia mai, come non sbagliava 19 anni fa. Maledizione, avrei dovuto fare di testa mia e ucciderlo con le mie mani quella notte e non dare retta a mio padre. Dobbiamo accertarci che sia come penso io e agire di conseguenza. Quei documenti possono mettere in ginocchio mezza città!-
 
Dopo l’uscita di scena di Lanie e Stan, è sceso un attimo il silenzio. Beckett ha notato la busta gialla sul tavolino vicino al divano. Il suo viso ha ripreso la stessa espressione che aveva fino alla notte precedente, le labbra strette e la rughetta in mezzo alla fronte. E’ preoccupata e tutti, comprese Martha e Alexis, possono sentire la tensione che in quel momento attanaglia tutto il suo essere.
Castle prende la busta tra le mani, la tiene come se bruciasse ancora, un fuoco continuo che brucia anche dentro ai loro cuori. Kate ha paura. Ryan ed Esposito hanno paura. Lui ha paura, per quello che possono ancora scoprire.
-Allora? Dice quasi sussurrando. Siamo pronti?-
Si guardano tra di loro e Beckett si siede sul divano, incrociando le mani e stritolandosele un momento, sospira mandando fuori l’aria in un soffio.
-Aprila Castle e facciamola finita!-
-Forse è meglio che Alexis ed io andiamo di sopra e vi lasciamo soli.-
Dice Martha, ma Beckett si gira a guardarle di scatto.
-No, non è necessario. Mi avete accolta come una di famiglia, senza fare domande o chiedere spiegazioni, mettendo in pericolo la vostra incolumità, anche agli occhi della legge. Avete il diritto di restare… se volete!-
Martha annuisce.
-Ci vorrebbe qualcosa di forte in questo momento, ma forse è meglio che prepari un paio di litri di camomilla!-
 
Il dottor Jensen sta sistemando dei fascicoli nell’archivio. Risponde distrattamente, restando di spalle, quando bussano alla porta.
-Avanti.-
Si volta lentamente al buongiorno delle due voci dietro di lui. Chiude il cassetto dello schedario e va verso i suoi ospiti.
-Buon giorno a voi. Come posso esservi utile? Guarda Lanie corrucciando la fronte. Perché ho l’impressione di conoscerla?-
-Forse perché sono una sua collega. Risponde lei mentre gli porge la mano. Dottoressa Lanie Parrish, medico legale al dodicesimo.-
Lei e Stan osservano il viso del dottor Jensen, cercando di notare una qualsiasi reazione. Il medico le stringe la mano, passando lo sguardo da lei all’uomo accanto.
-Lui è l’avvocato Corbin, il legale del detective Beckett. Vorremmo parlare con lei del caso Freeman.-
-Non capisco a che proposito. Tutto quello che c’era da dire è scritto sul referto dell’autopsia.-
Fa cenno ai due di accomodarsi e lui si siede dall’altra parte della scrivania. Il suo viso non lascia trasparire nessuna reazione strana.
-Dottor Jensen, mi è stato permesso di il referto dell’autopsia e come patologa sono rimasta leggermente perplessa. La sua relazione finale si riduce ad un paio di righe in cui afferma che il corpo non presenta nessuna ferita oltre i colpi di pistola.-
-E’ così, infatti, risponde l’uomo, non capisco quali perplessità può avere avuto.-
-Freeman è morto per due proiettili calibro 9 entrati nella schiena. Uno si è fermato nel polmone sinistro e l’altro gli ha forato il cuore. E poi?-
-Continuo a non capire. Che significa… e poi!?-
-In che punto del polmone è stato estratto il primo proiettile? In che punto del cuore è stato estratto il secondo? Che traiettoria hanno preso i proiettili, una volta entrati nel corpo. Comparazione dell’angolazione dei fori di entrata con l’altezza della vittima e della persona che presumibilmente ha sparato.-
-Dottoressa Parrish, non so dove voglia arrivare, ma pare che lei stia giudicando il mio operato, senza nemmeno sapere di cosa parla.-
L’espressione di Jensen è sempre tranquilla, ma comincia a muoversi nervosamente sulla sedia. L’avvocato Corbin appoggia le braccia sulla scrivania.
-Dottor Jensen è inutile giraci intorno. Non mi chieda come, ma noi abbiamo visionato il cadavere di Freeman.-
Lanie chiude gli occhi e abbassa di colpo la testa, per l’inaspettata quanto pericolosa affermazione di Corbin, mentre Jensen si alza di scatto dalla sedia.
-E con quale permesso lo avreste fatto, quando?-
-Si calmi dottore e si metta di nuovo a sedere. La dottoressa Parrish ha trovato delle incongruenze con la sua autopsia. Ha fatto misurazioni e comparazioni ed è venuto fuori che l’angolazione dei fori non è parallela al corpo, ma disegna una linea in diagonale. Significa che Freeman è stato colpito da qualcuno in piedi, mentre lui era già a terra a faccia in giù. Inoltre non presenta altre ferite, il che esclude possa essere stato tramortito… perciò magari è stato narcotizzato, così come afferma la mia cliente. Però lei questo lo sa già, non è vero dottore?-
-Andatevene, prima che faccia rapporto alla dottoressa, quello che ha fatto è contro la legge…-
-Anche quello che ha fatto lei è contro la legge!- Lo interrompe l’avvocato.
-Mi state accusando di avere omesso delle prove importantissime per la difesa?-
-E’ esattamente quello che stiamo facendo dottore.-
-E’ inaudito! E perché non siete andati dal procuratore con le vostre prove? Ah, forse perché sono prove che non potete esibire. Fuori dal mio ufficio!-
Lanie prende Stan per il braccio e lo costringe a sedersi, poi si rivolge al dottor Jensen, lo guarda dritto negli occhi e sospira.
-Dottor Jensen, io la conosco soltanto di fama. Lavora come anatomopatologo da anni in questo istituto e da quello che so è un professionista stimato, onesto e preciso nel suo lavoro. Per avere redatto un’autopsia del genere dopo anni di onorato servizio, deve avere avuto un motivo ben preciso. Lo sa anche lei che non è stata Beckett a sparare a Freeman. Sono certa che le analisi sulla pelle hanno mostrato tracce di narcotico su tutti e due, ma ha omesso anche questo e io non posso e non voglio pensare che l’abbia fatto per denaro.-
Jensen ha cominciato a camminare nervosamente avanti e indietro per lo studio e a passarsi la mano sui capelli. Stan gli mette una mano sulla spalla.
-Se lei fosse un uomo sporco, non reagirebbe così dottore. Resterebbe calmo e ci lascerebbe cuocere nelle nostre convinzioni, ben sapendo, come ha detto, che non possiamo usarle. Ma lei è una persona onesta, per questo è nervoso e soprattutto spaventato.-
Jensen lo guarda con gli occhi sgranati.
-Lei non capisce avvocato, tutti e due non capite. Non avete idea di cosa è capace di fare?-
Corbin e Lanie si guardano.
-Chi dottore?-
-Non lo so. Nessuno sa chi sia. Ma ha le mani ovunque e quando fa una minaccia, la porta sempre a termine.-
Prende dalla scrivania una foto, ci passa le dita sopra con dolcezza e chiude gli occhi disperato
-Io non metterò in pericolo la vita dei miei figli!
Sussurra lasciandosi cadere sulla sedia. Corbin gli si avvicina guardando la foto che stringe tra le mani e che ritrae tre bambini.
-Chi l’ha ricatta?-
-Glielo ripeto. Non lo so chi è. Ho trovato il nostro cane sgozzato nel giardino la notte dell’omicidio di quel killer e dopo poco mi è arrivata una mail con la foto dei miei bambini. Il messaggio era chiaro. Possiamo arrivare a casa tua in qualunque momento.-
-Ma se lo dicessimo al procuratore…-
-NO! Io non dirò nulla, non cambierò il referto e voi non potete provare niente.-
-Si rende conto che chiunque sia, da questo momento la tiene in pugno? Potrà usare i suoi figli in qualunque momento, per qualunque altro caso. Potrà chiederle qualunque cosa. E’ sicuro di volere vivere così?-
-No, ma sono sicuro di volere che i miei figli vivano e basta. Mi dispiace. Io sono mortificato, ma non posso fare altrimenti. Potete anche andare dal procuratore e denunciarmi, io non dirò niente. Ora dovete andarvene, prima che qualcuno si accorga che siete qui.-
-E’ qualcuno nel suo ufficio?-
-Allora non mi sono spiegato avvocato! Lui è ovunque, ha persone fidate ovunque. Qualunque cosa cerchiate di fare per scagionare Beckett, fate attenzione, perché non potete fidarvi di nessuno, credetemi. Adesso dovete proprio sparire!



Continua...



Angolo di Rebecca:

Certo che nelle situazioni strampalate i nostri "super" eroi si trovano a proprio agio!
V1 e V2 vi piace il titolo?
A questo punto sono pronti a mettersi all'opera:
Stan non si fermerà davanti alla paura del dottor Jensen...
Kate sta per conoscere il contenuto della busta...
Che dire...
Apriamola e facciamola finita!
 

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Capitolo 18
*** La Piramide e i suoi Segreti ***


...Castle prende la busta tra le mani, la tiene come se bruciasse ancora, un fuoco continuo che brucia anche dentro ai loro cuori.
Kate ha paura. Ryan ed Esposito hanno paura. Lui ha paura, per quello che possono ancora scoprire.
-Allora? Dice quasi sussurrando. Siamo pronti?-
Si guardano tra di loro e Beckett si siede sul divano, incrociando le mani e stritolandosele un momento, sospira mandando fuori l’aria in un soffio.
-Aprila Castle e facciamola finita!-...




 

La Resa Dei Conti


*
La Piramide e i suoi Segreti
*
17° Capitolo 



 
-Cosa diavolo sono?-
Castle legge velocemente i fogli che ha tra le mani, man mano che lo fa, passa quelli già visionati a Beckett, che li passa poi ai colleghi e così via.
-Sembrano movimenti bancari.-
Risponde lei senza togliere gli occhi dai fogli.
-Movimenti bancari di cosa? E di chi soprattutto? I conti sono cifrati. Qua si parla di cifre a sei zeri, milioni sparsi per le banche di tutto il paese.-
Comincia Ryan, seguito a ruota da Esposito.
-E non solo! Sparsi per tutto il mondo!-
-Già! Rprende Castle. Ce ne sono diversi... Sono delle tracce. Movimenti di una determinata somma di denaro, che parte da un punto A, per fare praticamente il giro del mondo e tornare esattamente allo stesso punto…-
-E’ vero, continua Beckett. E guardate qui. Questo fascicolo porta la data di 19 anni fa, su ogni foglio c’è il timbro del tribunale, parla della morte di Bobby Armen e allegata c’è una pagina con un solo conto cifrato.-
Controllano i fogli che Beckett ha tra le mani nel più assoluto silenzio e all’improvviso esclamano tutti insieme: “I soldi dei riscatti!”
Beckett annuisce.
-Questo conto cifrato è la traccia dei soldi dei riscatti. Quello di cui mi ha parlato Montgomery, quello che ha innescato la catena di omicidi avvenuta anni dopo. Questi soldi fanno praticamente il giro del mondo come gli altri, ma quando rientrano in città…-
Castle le prende il fascicolo dalle mani.
-Quando rientrano in città, non si suddividono in diversi conti, ma tornano tutti nella stessa cassa, in quest’unico conto. Cosa ti ha detto Montgomery quella notte? ‘Quei soldi gli sono serviti per diventare quello che è adesso!’-
Beckett legge attentamente il documento. Castle ha ragione, quello è il riscatto da cui è cominciato tutto. Quello potrebbe essere il fascicolo che aveva richiesto sua madre dopo avere parlato con Pulgatti. Il fascicolo che non è mai stato trovato e per cui lei e i suoi colleghi sono stati uccisi.
-Però se guardate anche questi altri conti, continua Castle, le tracce di denaro si sono susseguite ininterrottamente negli ultimi 19 anni, alcuni risalgono a periodi molto recenti. Questi soldi non possono essere dei riscatti, dopo la morte di Armen tutto si è fermato, perciò devono provenire da qualcos’altro!-
-Riciclaggio! Ipotizza Esposito. Riciclaggio di denaro sporco. Chiunque ha usato i soldi dei rapimenti a scopo personale, è ovvio che ha la capacità di fabbricare denaro anche in altri modi!-
-Ha ragione. Continua Beckett. Leggete questi altri. I soldi sembrano provenire dal nulla, sono milioni di dollari.-
Castle si alza in piedi, analizzando altri documenti.
-Dal nulla?! Guardate qui… traffico di droga, appalti edili, appalti per qualunque tipo di attività in città, prostituzione, gioco d’azzardo! I soldi sporchi partono dagli affari con la criminalità organizzata…-
-Il drago ha la possibilità di farli girare attraverso questi conti segreti, continua Beckett, conosciuti soltanto dai proprietari di banca, che usufruiscono anche loro dei profitti o di favori importanti…-
-Dopo averli fatti viaggiare in lungo e in largo per le banche di mezzo mondo, riprende Esposito, usandoli nei modi più disparati, rientrano nel nostro paese e vengono distribuiti nelle stesse casse da dove sono partiti…-
-Con la differenza che al rientro sono soldi puliti, conclude Ryan, lavati, strizzati, stirati e legali.-
Si guardano tutti e quattro per un momento in silenzio.
-Wahooo!-
Esclama Alexis e tutti gli occhi si posano all’improvviso su di lei, che arrossisce violentemente.
-Ehm… scusate, non volevo interrompere… è che… che siete stati così… insomma, lavorate sempre così voi? Siete fantastici!-
Castle sorride.
-Beh, diciamo che ci siamo fatti prendere un po’ la mano.-
-Ma questo a cosa ci porta? Dice Kate. Ci sono solo codici cifrati, niente nomi. Non possiamo nemmeno controllarli senza mandati federali, perciò a cosa ci porta?-
-Kate!-
Il tono con cui Castle la chiama, fa alzare lo sguardo di tutti verso di lui. Tra i documenti c’è un’altra busta, più piccola. La grafia di Montgomery spicca sul retro:
‘LA PIRAMIDE.’
Rick apre la busta e si ritrova tra le mani una specie di registro con la copertina in pelle nera.
-Sembra una lista.-
Dice, facendo scorrere dall’alto in basso lo sguardo e girando velocemente le pagine
-Una lista di nomi, con accanto cifre di denaro e motivazioni di pagamento. Un registro. Un libro nero in cui sono segnate campagne elettorali, lavori governativi, mansioni diverse tra politica e legislatura, con date che vanno dal 1992 all’anno scorso. Montgomery ha segnato tutto, non solo i fascicoli di quegli anni. Il drago teneva sotto controllo lui, ma Roy ha fatto altrettanto per tutto questo tempo. Ha catalogato tutto!-
All’improvviso si blocca e sgrana gli occhi.
-Ecco! L’ho trovato.-
Fa scorrere il dito in linea retta sul rigo in questione.
-Il riscatto è servito… per una campagna elettorale. Si passa la mano tra i capelli. Sfido io che non ha paura di nessuno, guardate di chi stiamo parlando. Porge il registro a Beckett. Kate, questo è il nome dell’uomo che ha ordinato l’omicidio di tua madre!-
Lei prende il registro e lo vede traballare davanti ai suoi occhi. Le mani le tremano così tanto da non riuscire a leggere, o forse sono gli occhi, che vedono soltanto un velo scuro provocato dal respiro che al momento le si è bloccato. Ha tra le mani il nome dell’uomo che le ha distrutto la vita, sta per leggere il nome dell’uomo che ha ordinato a Dick Coonan di uccidere Joahanna Beckett, sta per pronunciare il nome dell’uomo che ha ucciso sua madre. Fa un sospiro per cercare di riprendere lucidità e in un sussurro legge le righe che le si materializzano davanti all’improvviso.
-Il conto è intestato alla… famglia Jordan! Il riscatto è servito a pagare la campagna elettorale a sindaco di… Victor Jaordan?-
Un rumore rompe l’atmosfera venutasi a creare, provocando un sussulto a tutti i presenti, che si voltano di scatto verso la cucina. Martha ha lasciato cadere il vassoio con le tazze, che si sono frantumate.
-Mamma!-
-Nonna, ti sei fatta male?-
Castle e Alexis le vanno vicino. Martha è accovacciata a terra, cerca di raccogliere i cocci, ma le sue mani tremano visibilmente.
-Oh, Richard! Mi dispiace, ho rotto un intero servizio.-
-Sono solo tazze mamma!-
-Nonna, ma sei ferita.-
Esclama Alexis rendendosi conto che la donna sanguina da una mano.
-Non è niente… tornate pure ai vostri documenti, io rimetto a posto.-
-Aspetta nonna, ti aiuto...-
-Non è necessario!-
Martha la interrompe bruscamente, ma se ne rende subito conto, incrociando l’espressione stupita della nipote alla sua reazione.
-Non importa tesoro, davvero sto bene. Io ho combinato questo guaio e io rimetto a posto. Torna di là Richard, i ragazzi aspettano te.-
 
Sono di nuovo tutti seduti in cerchio attorno al tavolo del soggiorno. Beckett ha i pugni stretti sul registro. Sembra stia ancora leggendo, ma in realtà sta guardando nel vuoto. Ryan glielo toglie dalle mani, continua a sfogliarlo e più va avanti, più la sua espressione diventa incomprensibile.
-La famiglia Jordan! Il vecchio è stato capo della polizia per anni, prima di andare in pensione. Se ricordo bene è morto circa 10 anni fa. Il figlio Victor è stato sindaco per due mandati. Subito dopo ha continuato la scalata politica, fino a diventare governatore. E’ stato rieletto per tre volte consecutive. Riveste questa carica da anni. E’ pazzesco… Sono stati loro… i Jordan hanno…-
-Hanno fatto uccidere tua madre, perché stava per arrivare a questa lista.-
Sussurra Castle, tenendo lo sguardo ancora su Martha, che in cucina sta rimettendo a posto i cocci. Non riesce a non guardarla. Da quando le è caduto il vassoio è strana. Le mani continuano a tremarle mentre getta tutto nella spazzatura. Anche adesso, che le tiene sotto il getto dell’acqua, per lavare via il sangue del taglio, continua a tremare.
-Castle… ehi… Castle, ci sei?-
Beckett mette una mano sulla sua e lui si gira di scatto.
-Si certo, sono qui.-
-Su questo registro figurano senatori, avvocati, imprenditori, banchieri, perfino membri del congresso. Tutti aiutati nella scalata al successo dalla famiglia Jordan, grazie ai milioni accumulati con i riscatti! E di conseguenza tutti loro debitori.-
-Gia! Risponde lui. Questa gente ha fatto un patto con il diavolo. Victor Jordan li aiuta ad arrivare al potere e poi, in nome di quel potere, si serve di ognuno di loro per continuare ad arricchirsi e a togliere di mezzo tutti quelli che sono superflui, con le spalle coperte dalla malavita organizzata. Per non parlare del fatto che ha a portata di mano tutti i poliziotti di cui ha bisogno. Guardate, ci sono anche le date degli omicidi e quanto sono stati pagati. Quello di tua madre, delle sue colleghe, con accanto il nome di Coonan e altre date, altri omicidi… fino ad arrivare a Lockwood… e Freeman. E’ incredibile, quest’uomo ha manipolato le sorti della città per anni!-
-Con questi documenti mezza classe politica ed imprenditoriale della città verrà messa a terra! Dobbiamo andare dal procuratore.-
Azzarda Esposito, ma Beckett, che nel frattempo si è riappropriata del registro, scuote la testa.
-Dici?- 
Gli risponde, senza alzare lo sguardo dai fogli che ha davanti.
-Certo! E’ l’unico modo per ottenere i permessi per controllare i conti e incastrare Jordan e tutti gli altri.-
Beckett gli mette il registro davanti, segnando un nome con il dito.
-A proposito di favori…-
-Non ci posso credere, il procuratore è…-
-E’ diventato procuratore grazie all’aiuto della famiglia Jordan!-
Finisce lei con una punta di amarezza. Per un attimo nessuno dice altro. Si alza passandosi le mani tra i capelli, mentre sospira a testa bassa. Conosce finalmente il nome dell’assassino di sua madre. Sa perfino dove andarlo a prendere, ma non è un criminale qualsiasi e lei è una latitante, non può arrestarlo così su due piedi. Per anni si è immaginata quel momento, per anni ha immaginato di trovarsi davanti l’assassino di sua madre e puntargli la pistola in fronte, per vederlo tremare finalmente davanti a lei, ma dopo la verità sul ‘tradimento’ di  Montgomery, la sua morte e i guai in cui è riuscita a ficcarsi nelle ultime ore, quel nome l’ha confusa ancora di più e scuote la testa quando sente la voce di Ryan.
-A chi possiamo rivolgerci allora, togliendo il procuratore? Ai federali? Che facciamo con questa documentazione?-
-Niente!-
Risponde lei secca.
I colleghi la guardano stupiti. Si aspettavano che la rabbia avesse il sopravvento su di lei. Si aspettavano che l’unica cosa che avrebbe voluto fosse vederlo morto. Si aspettavano di doverla fermare e trattenere a qualunque costo. Invece, dopo aver scoperto quel nome, non ha intenzione di fare… niente!?
-Ma, Beckett …-
Balbetta Ryan e lei continua gesticolando freneticamente.
-Andiamo ragazzi. Non possiamo presentare questi documenti a nessuno. Dovremmo dare spiegazioni sulla loro provenienza. Non possiamo dire di avere accumulato queste prove nei mesi in cui abbiamo lavorato al caso di mia madre, non sarebbe stato possibile. Potremmo aver messo le mani su questa roba solo grazie a permessi federali e noi non ne abbiamo mai richiesti. Dovremmo implicare per forza Montgomery e per quanto mi riguarda intendo mantenere la promessa. Non sporcherò il suo nome, per nessun motivo.-
-Allora che facciamo? Anche perché, se Jordan scopre che questa roba è in mano nostra, ci fa fuori senza pensarci due volte.-
Castle le prende la mano. Lei non riesce ad alzare lo sguardo, continua a guardare nel vuoto.
-Hai aspettato questo momento per 13 anni Kate, ora conosci il nome dell’uomo che ha ordinato la morte di tua madre. Roy ha lasciato queste prove perché le usassi.-
Lei alza lo sguardo su quell’azzurro intenso che le da forza e coraggio. L’unica cosa che vuole è vedere Victor Jordan nel braccio della morte, ma poi?
-No Rick! Io non userò il nome di Montgomery per questo. Piuttosto vado da lui e gli sparo personalmente!-
-Forse è meglio trovare un’altra opzione, visto che sei già in un mare di guai,  le dice Esposito, sennò l’unica è conservare tutto in un cassetto e dimenticarcene fino a nuovo ordine!-
Lei stringe la mano di Rick e gli occhi le si riempiono di lacrime.
-Non posso Rick. Io non posso farlo. Voglio quell’assassino in galera, voglio che marcisca per il resto della vita in una cella di isolamento a pensare a tutte le persone a cui ha rovinato la vita, ma non a spese di Roy. Non posso rovinare la vita alle sue bambine, distruggere il ricordo che hanno di lui. Non posso! Dobbiamo trovare un altro modo.-
Lui la guarda con dolcezza e annuisce.
-Vorrà dire che faremo il suo gioco. Lo faremo uscire allo scoperto. Dobbiamo solo inventarci un piano, possibilmente perfetto, per farlo tradire da solo. Se colpiamo la piramide al punto giusto…-
Non riesce a finire la frase, perché Martha, che si è materializzata improvvisamente davanti a loro, lo interrompe.
-Bruciateli!-
Dice sussurrando a denti stretti. Gli sguardi di tutti le si posano addosso, anche Alexis la guarda meravigliata.
-Come hai detto mamma?-
-Bruciateli. Prendi questi documenti e quel registro e gettali nel camino. Facci un falò. Bruciali!-
Castle si alza e le mette le mani sulle spalle.
-Mamma, ma cosa stai dicendo?-
-Avete appena detto che sarebbe capace di uccidervi senza pensarci due volte e vuoi inventarti un piano per distruggerlo? Credi sia la trama di uno dei tuoi romanzi? Tu non hai idea di che cosa è capace la famiglia Jordan. Voi non immaginate nemmeno cosa sono stati capaci di fare. Quello che c’è scritto su quel  registro parla solo degli ultimi 20 anni, ma il vecchio Jordan si è macchiato di crimini altrettanto gravi anche prima…-
Martha sembra un’ossessa. Dice tutto senza prendere fiato e continuando a tremare. Si zittisce di colpo, per l’espressione incredula di suo figlio e per gli sguardi degli altri ospiti. Resta un attimo in silenzio, continuando a guardare negli occhi Rick. Capisce di avere parlato troppo.
-Mamma, vuoi spiegarmi?-
-Non c’è niente da spiegare Richard.-
Risponde con calma, come se avesse ripreso il suo contegno di sempre
-Sono solo una madre preoccupata per la vita di suo figlio e dei suoi amici. Sono morte troppe persone per quello che c’è scritto su quei documenti. Uccideranno anche voi se vi scoprono e questo non mi fa felice naturalmente.-
Cerca di divincolarsi per andarsene dalla stanza, ma Rick la blocca ancora tenendola per il braccio.
-No mamma, adesso mi spieghi che intendevi con ‘quello che c’è scritto su quel registro parla solo degli ultimi 20 anni.’ Tu che ne sai della famiglia Jordan?-
Il volto di Martha diventa ancora più bianco. Alexis e anche Kate la guardano stupite, il suo comportamento è veramente strano.
-Cosa… cosa vuoi che… sappia io… di quella famiglia?-
-Non lo so mamma, dimmelo tu. Li hai conosciuti? Hai avuto a che fare con loro?-
-Ma non dire sciocchezze Richard, io… non so cosa…-
-Mamma smettila e dimmi che sta succedendo. Hai sentito il nome di Victor Jordan e hai cominciato a tremare come una foglia, tanto da fracassare le tazze a terra e anche mentre ne parlavamo hai continuato a tremare e ora questa sparata. In questo momento non riesci a fare l’attrice mamma e questo ti tradisce. Dimmi che cosa sai!-
Lei si divincola a forza dalla stretta del figlio.
-Non so niente. Voglio solo che non vi facciate ammazzare. Brucia quei documenti e dimenticatevi di quel nome.-
Castle perde la pazienza, l’afferra ancora per il braccio, Alexis gli chiede di lasciarla andare, ma lui è irremovibile. La stringe forte e la costringe a guardarlo negli occhi.
-Quando e come li hai conosciuti mamma? E perché non te ne ho mai sentito parlare? Conoscere un governatore per te dovrebbe essere motivo di orgoglio, invece è evidente che ti fa paura! Quando li hai conosciuti. Quando mamma?-
La donna ha lo sguardo basso, stringe le mascelle e respira affannosamente. All’improvviso alza la testa e guarda suo figlio dritto negli occhi.
-40 anni fa Richard. Ho conosciuto Victor Jordan 40 anni fa!-
 
Il silenzio che ne segue è totale. Ryan, Esposito e Alexis restano seduti al tavolo, mentre Kate si alza in piedi istintivamente e si avvicina in maniera meccanica a Rick, che continua a stringere il braccio di sua madre e a tenere gli  occhi incollati ai suoi, finché Martha abbassa ancora lo sguardo, prendendo coscienza della sua sconfitta.
40 anni! 
Sua madre non è riuscita a contenersi, a tenere per sé paure e sentimenti, cosa che di solito, le riesce benissimo.
40 anni! 
Questa data rimbomba nella sua testa come un martello pneumatico. Dalla bocca di sua madre non è mai uscito quel nome. Ogni volta che al telegiornale si è parlato del governatore Jordan o della sua famiglia, lei non ha mai accennato a niente e conoscendola è stranissimo. Martha si vanta di qualunque cosa. Conoscere un uomo importante, addirittura tutta la famiglia di un uomo importante, l’avrebbe resa orgogliosa. Invece non ne ha mai fatto parola.
40 anni! 
Sospira e cerca di calmarsi. L’energia della lampadina che gli si è improvvisamente accesa nel cervello, lo sta consumando. Il martello pneumatico continua a rimbombare e ha l’impressione che quella lampadina stia per esplodere, spappolandogli il cervello. Lascia la stretta al braccio e le prende delicatamente la mano.
-Mamma!- 
Le dice lentamente, quasi sussurrando.
-Una sola cosa hai sempre tenuto per te. Su una cosa sola non hai mai aperto bocca da quando sono nato.-
A quelle parole Alexis sgrana gli occhi. Ha capito cosa sta pensando suo padre. Ryan ed Esposito sono confusi e cominciano ad essere a disagio. Kate passa lo sguardo velocemente da Martha a Rick, anche lei ha capito quello che gli passa per la testa e la cosa è assolutamente assurda.
-40 anni Mamma? Hai conosciuto Victor Jordan… tu e lui… oddio mamma… il governatore Jordan… è mio… è mio…-
Martha alza lo sguardo. I suoi occhi sono tornati improvvisamente fieri e lucidi.
-Tu sei mio figlio Richard! MIO e di nessun altro!-
Lui chiude gli occhi esasperato.
-Mamma… per favore!-
-Victor Jordan ha contribuito biologicamente alla tua nascita, ma non è tuo padre. Ci ho pensato io a fare in modo che fosse così dal primo momento. Ti ho tenuto lontano dalla spazzatura Richard e non me ne pento. Non me ne pentirò mai!-
Gli lascia le mani a forza e si dirige correndo al piano di sopra.



Continua...


Angolo di Rebecca:

Per la prima volta non so proprio cosa dire...
Sono allibita!
La parola a VOI




Buon finale di stagione a tutto il Castle Made of EFP Writers e a tutte le fan di questo spettacolare fandom   :)

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Capitolo 19
*** Tuffo Nel Passato ***




...-40 anni Mamma? Hai conosciuto Victor Jordan… tu e lui… oddio mamma… il governatore Jordan… è mio… è mio…-
Martha alza lo sguardo. I suoi occhi sono tornati improvvisamente fieri e lucidi.
-Tu sei mio figlio Richard! MIO e di nessun altro!-
Lui chiude gli occhi esasperato.
-Mamma… per favore!-
-Victor Jordan ha contribuito biologicamente alla tua nascita, ma non è tuo padre. Ci ho pensato io a fare in modo che fosse così dal primo momento.
Ti ho tenuto lontano dalla spazzatura Richard e non me ne pento.
Non me ne pentirò mai!-...




 

La Resa Dei Conti


*
Tuffo Nel Passato
*
18° Capitolo
 



 

Castle resta raggelato sul posto. Continua a sentire l’ultima frase della madre come un vecchio disco rotto incantato dentro le sue orecchie.
‘Victor Jordan ha contribuito biologicamente alla tua nascita, ma non è tuo padre.’
Come non è mio padre? Certo che è mio padre!
‘Ti ho tenuto lontano dalla spazzatura Richard…’
La spazzatura! Mio padre è la spazzatura. Mio padre ha fatto ammazzare la madre di Kate!
Alexis gli va vicino, ma incrociando il suo sguardo vuoto, non riesce a dire niente, lo abbraccia e lui resta immobile. Un pezzo di legno. Le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi. Kate riesce a sentire il vuoto che prova al momento, lo stesso vuoto che ha provato lei quella sera di tanti anni prima, quando le hanno detto che sua madre era stata uccisa; il dolore sarebbe arrivato subito dopo, impossessandosi prepotentemente del suo cuore, per questo vorrebbe fare la stessa cosa che sta facendo Alexis. Abbracciarlo. Vorrebbe essere da sola con lui e poterlo stringere, lontano da tutto e da tutti per cercare di colmare quel vuoto, consapevole comunque che niente e nessuno ci sarebbe riuscito.
-Papà!-
La voce di Alexis lo allontana da quel disco rotto e finalmente posa gli occhi su quelli pieni di lacrime della figlia.
-Papà… qualunque sia la verità, dovresti andare da lei e parlarle.-
-Io… io non so cosa… che dovrei dirle? Io davvero non so cosa…-
Kate si avvicina e gli mette una mano sulla spalla.
-Tua figlia ha ragione. Devi parlarle, subito! Non lasciare questa storia in sospeso.-
Lui annuisce e sospirando si dirige alla scala, ma la voce di sua madre lo blocca.
-Frequentavo ancora la scuola di recitazione.-
Comincia a raccontare mentre scende le scale, lo prende per mano e si siede sul divano. Lui si siede davanti a lei sul tavolino. La guarda come un bambino in attesa della favola della buona notte.
-Avevo soltanto 22 anni!-
Continua accarezzandogli il viso mostrando un sorriso forzato.
-Avevamo allestito una commedia teatrale come esame finale del corso. Lui veniva tutte le sere, ad ogni rappresentazione. Terza fila, poltrona centrale. E tutte le sere puntualmente, davanti alla porta del camerino trovavo una rosa rossa. La sera dell’ultima rappresentazione, insieme alla rosa, davanti al camerino trovai anche lui.
“Avevo pensato di scrivere un biglietto, ma non sono bravo con le parole, così mi sono detto che sarebbe stato meglio ringraziarla di persona per la meravigliosa esibizione di queste sere.” 
Disse esattamente così mentre sorrideva e il mio cuore partì per posti sconosciuti. Ci innamorammo Richard, come succede a tanti ragazzi. Mi riempiva di attenzioni, mi faceva sentire la persona più importante al mondo. Era un bel ragazzo. Aveva 24 anni, laureato in legge e lavorava già in un importante studio legale, ma la sua ambizione era entrare in politica, o meglio, questa era l’ambizione di suo padre, ma lui lo avrebbe accontentato in tutto. Leonard Jordan era entrato in polizia da giovane e con la sua laurea in legge e la sua ambizione sfrenata, era avanzato di grado alla svelta, aveva agganci con il fior fiore della società, dava del tu alle massime cariche dello stato. Quando lo conobbi era diventato capo della polizia di New York da qualche settimana. Era un uomo importante, influente, dal fascino magnetico; Victor apparteneva ad una famiglia per bene, perfetta… e aveva lo stesso fascino e la stessa ambizione di suo padre! La madre era morta qualche anno prima, era figlio unico, ma con loro viveva un altro ragazzo, della stessa età di Victor, un certo Lucas. Pare fosse rimasto orfano da bambino e loro lo avevano accolto come uno di famiglia. Era un ragazzo strano, silenzioso, con gli occhi cupi, sempre appiccicato a Victor. Una sera parlando del più e del meno, gli dissi che lui e Victor sembravano davvero fratelli e lui mi rispose una cosa che io, in quel momento, non riuscii a capire.
“Noi non siamo fratelli, io appartengo ai Jordan e anche Victor appartiene alla famiglia!” 
Restai scossa da quella frase, ma non ci feci caso più di tanto e andai avanti per la mia strada. Dopo circa sei mesi che stavamo insieme, Victor mi disse che aspettava una risposta da un ufficio legale di Washington per un lavoro. Da lì la scalata politica sarebbe stata facilitata, suo padre conosceva molte persone influenti.
“Se tutto va come pensiamo, tu ed io ci sposiamo e vieni via con me!”
Non mi aveva nemmeno chiesto se fossi d’accordo, ma non mi importava. Ero innamorata! Era il mio primo vero amore in tutti i sensi. Avrei fatto qualunque cosa per lui, anche lasciare il teatro.-
Martha racconta lentamente, con gli occhi lucidi e un sorriso triste che la riporta indietro nel tempo. Ogni tanto alza lo sguardo su Rick, che non le toglie gli occhi dosso, ma per la maggior parte del racconto, fissa un punto imprecisato, oltre la finestra, come se sul vetro si riflettesse la pellicola in bianco e nero di quella vita ormai così lontana.
-Poi arrivò il giorno in cui scoprii di essere incinta.-
Sospira e Rick rafforza la stretta alla mano.
-E avete litigato? Ti ha abbandonata per… per me?-
-No tesoro, sarebbe stata la cosa minore, credimi. Avrei preferito mille volte essere abbandonata, che scoprire un’atroce verità. Pensai di andare da lui a dirglielo immediatamente. Ero eccitata, al settimo cielo. Non riuscivo a credere che potesse esistere tanta felicità in una sola vita. Non mi feci vedere da nessuno, la sua stanza dava su un terrazzo interno, così passai direttamente dal retro, ma prima di girare l’angolo sentii delle voci provenire proprio dal terrazzo. Mi nascosi e decisi di aspettare che finissero, volevo che nessuno rovinasse quel meraviglioso momento. Leonard, Lucas e Victor assieme ad altri due che non avevo mai visto, stavano discutendo. Uno di loro parlava di un uomo. Diceva che era diventato pericoloso, che dovevano assolutamente liberarsene. Lucas rispose che potevano provare a risolvere la questione offrendo al tipo più denaro, ma il vecchio lo zittì sibilando che gente come quella è meglio perderla.
“L’amico banchiere deve morire, proprio come è successo con tanti altri amici.”
Disse esattamente così e con lo stesso tono si rivolse al figlio.
Victor, è ora che prendi in mano le redini, lascio a te il comando di questa operazione, a te la decisione!”
Lo ricordo come fosse successo ieri. Victor si mise a ridere, una risata strana, non lo avevo mai sentito ridere così, era agghiacciante.
“Mettetegli un cappio al collo e fate in modo che sembri un suicidio.”
Mi ci volle un attimo per capire che stavano parlando di fare morire un uomo. Stavano decidendo l’omicidio di un povero cristo. Non solo, da quello che dicevano, lo avevano già fatto altre volte, con altri ‘amici’ e l’ordine  era partito proprio da lui, dall’uomo che amavo, dal padre di mio figlio!-
Si ferma un attimo per riprendere fiato. Alexis l’ascolta senza quasi respirare. Ryan ed Esposito ogni tanto si guardano increduli. I pensieri di Kate vagano dal nome dell’assassino di sua madre al cuore di Rick, che al momento è a pezzi, distrutto. Più sua madre va avanti, più i suoi occhi perdono il loro naturale splendore e lei riesce a percepire lo scricchiolio del suo di cuore, ogni volta che lui deglutisce per ricacciare indietro le lacrime. Martha sospira e prosegue la sua storia.
-Non riuscivo a muovermi, a respirare. Era come se un pugno mi avesse colpito nello stomaco. Andai via di corsa, sperando che nessuno mi avesse vista. Tornai a casa e restai chiusa al buio a piangere per ore. Continuavo a ripetermi che avevo capito male, che avevo solo immaginato tutto, che c’era una spiegazione semplicissima. Ma la mattina dopo sul giornale in prima pagina c’era la notizia del suicidio di un certo Justin Gray. L’articolo diceva che l’uomo, importante banchiere di NY, dopo aver dichiarato bancarotta, si era tolto la vita, impiccandosi nel suo ufficio. Nella mia mente fu tutto chiaro. Ad un tratto le parole di Lucas presero significato. Io gli appartengo! Lui era diventato come loro, si era adeguato alla vita che avevano scelto per lui. Era il loro tutto fare. E Victor non era da meno, anche lui apparteneva alla famiglia. Vomitai pure l’anima! Vidi me stessa seduta nel grande salone della loro villa, 20 anni dopo, a guardare mio figlio che diventava un assassino. Perché questo sarebbe stato il suo destino. Sarebbe stato un Jordan, cresciuto tra loro, con loro, come loro. Sarebbe appartenuto alla famiglia… e anch’io! Non avrei mai potuto sopportarlo.-
Guarda Rick, gli occhi sgranati mostrano la stessa paura e la stessa rabbia che ha sentito quel giorno, stringe i pugni e la sua voce diventa dura.
-Non potevo permetterlo! Non avrei messo al mondo un figlio con il destino segnato. Mio figlio avrebbe dovuto decidere della sua vita da solo. Avrebbe dovuto conoscere la differenza tra bene e male, tra giusto e sbagliato. Dovevo trovare il modo di lasciarlo senza destare sospetti. Se avesse scoperto che sapevo tutto avrebbero ucciso anche me, lo avrebbero fatto Richard. Suo padre era il capo della polizia, a chi avrei potuto rivolgermi? Quella mattina, Victor arrivò puntuale per il pranzo. Era eccitato, entrò in casa e abbracciandomi, mi disse che avevano chiamato. Aveva avuto il lavoro a Washington, sarebbe partito la settimana dopo.
“Ci sposiamo questo fine settimana, così partiamo insieme. Saremo felici. Da adesso in poi la nostra vita sarà un’eterna scalata alla vetta.”
-E tu… mamma?-
La voce di Martha cambia ancora tono, torna ad essere calma e malinconica.
-Io? Io feci la mia migliore esibizione. Feci quello che mi riesce meglio. Recitai! Conoscevo Victor, l’unica cosa che lo avrebbe fatto sparire dalla mia vita era colpirlo nell’orgoglio e aveva troppo da perdere per farmi del male e fare scoppiare uno scandalo. Suo padre non lo avrebbe mai perdonato. Gli feci credere che avevo usato la sua influenza per poter conoscere gente importante. Gli dissi che volevo usare i suoi soldi per diventare una grande attrice, ma che andare a Washington non era nelle mie aspettative e che avevo già deciso di partire con il mio regista per Hollywood, dove mi aspettava una parte da protagonista. Devo essere stata davvero brava a farmi credere una poco di buono, perché lui non disse niente, non mi chiese nessuna spiegazione, era troppo preso da se stesso per capire che non era vero. Se avesse potuto mi avrebbe strangolata lì su due piedi, ma grazie al cielo avevo ragione, come pensavo, avrebbe dovuto dare parecchie spiegazioni, tutti sapevano che eravamo fidanzati, se mi fosse successo qualcosa, lui sarebbe stato al centro di uno scandalo e questo non se lo poteva permettere.
Ti ringrazio solo di avere dimostrato un minimo di dignità, dicendo la verità prima di sposarmi”.
Disse solo questa frase, con tono sprezzante e un ghigno di disgusto sul viso.-
Martha mostra lo stesso disgusto mentre torna indietro nel tempo, a quel giorno, a quel momento e di nuovo il suo tono diventa duro.
-Dignità! Lui parlava a me di dignità. Prese dalla tasca del cappotto una mazzetta di soldi e me la buttò in faccia.
“Divertiti un altro paio di giorni a spese mie”.
Erano mille dollari. Ti rendi conto Richard? Teneva in tasca mille dollari e 40 anni fa erano bei soldi. Quando usci sbattendo la porta, mi resi conto che il mio mondo non esisteva più, guardai quei soldi sul letto e mi sentii sporca. Avevo bisogno di aria, presi i soldi, li misi in borsa e uscii. Non so per quanto camminai, so solo che ad un tratto mi ritrovai davanti ad una chiesetta malconcia. Non sono mai stata una buona religiosa, lo sai, ma qualcosa mi spinse ad entrare. Dovevo avere una faccia terribile perché quando entrai, il prete mi chiese se stessi male. Dio solo sapeva quanto quei soldi mi avrebbero fatto comodo, ma non volevo niente da lui, dalla sua famiglia. Li diedi al prete e mi voltai per andarmene, ma lui mi fermò. Aveva uno sguardo così dolce.-
Si ferma ancora un istante, guardando in un punto imprecisato sorridendo
-Ora che ci penso non ho mai saputo il suo nome… Non so perché, ma gli raccontai tutto, senza fare nessun nome naturalmente. Avevo bisogno di dirlo a qualcuno. Lui pensò che volessi liberarmi del bambino, perché cercò di rassicurarmi con il suo aiuto e quello della sua comunità.-
Guarda suo figlio dritto negli occhi, lo accarezza sul viso come fosse stato ancora un bambino, poi stringe le mani in un pugno e le riporta in grembo.
-Ma io non ho mai pensato di liberarmi di te, non l’ho pensato nemmeno per un momento. L’unica cosa che volevo era che Victor non venisse mai più a cercarmi, che non scoprisse mai della tua esistenza, anche se non sapevo come fare, avevo paura.
“Pensa come una mamma e segui il tuo cuore, perché il cuore di una mamma non sbaglia mai”.
Il prete mi disse queste parole, sorridendo. Aveva gli occhi lucidi e mentre parlava, guardava la statua della Madonna. Ed è quello che ho fatto Richard. Ho ascoltato il mio cuore rivolgendomi alla donna che teneva il bambino sull’altare. Ho chiesto aiuto alla madre per eccellenza!-
Le sue mani, strette a pugno fino a quel momento, si aprono in una carezza sul viso del suo Richard, i suoi occhi sono tornati a sorridere.
-Uscii dalla chiesa stranamente serena e pronta a tutto per il mio bambino, lasciai NY e tornai a casa dai miei. Victor non mi ha mai più cercata. A Washington era impegnatissimo. Cominciarono a parlare di lui e dei suoi successi legali e politici molto presto. Grazie al cielo si dimenticò subito della sgualdrina che lo aveva usato per diventare famosa! Il resto lo sai.-
Stringe le mani attorno a quelle del figlio e lo guarda con tutto l’amore che solo una madre può provare.
-Richard avrei potuto inventarmi un mucchio di bugie su un ipotetico padre, ma perché avrei dovuto? Per farti credere di essere figlio di un eroe morto per chissà quale alto ideale? Saresti cresciuto diversamente? Lo so che hai sofferto per causa mia, ma lo rifarei altre cento volte. Richard, quando ti guardo vedo un uomo con gli occhi limpidi e sinceri, un uomo buono. Hai tanti difetti, hai le tue manie e a volte sei davvero irritante, ma guardo tua figlia e penso che è meravigliosa perché tu sei un buon padre e provo orgoglio per questo, perché sei un buon padre anche per merito mio. Sei una brava persona Richard, capace di mettere a repentaglio tutto per gli amici e per la donna che ama e ne sono fiera!-
Guarda Kate e lei le sorride con le lacrime agli occhi.
-Il nome di tuo padre sarebbe dovuto morire con me, non mi sarei mai aspettata di sentirlo leggere in quei documenti, mi sono sentita morire. Ti ho tenuto lontano dalla spazzatura e adesso ti sta ricoprendo all’improvviso con il suo fetore.-
Rick abbassa lo sguardo sulle loro mani intrecciate senza dire una parola. Gli occhi di tutti sono su di loro, Martha sente come se il tempo trascorso, fosse infinito. Lascia le mani di suo figlio, si asciuga gli occhi e si alza.
-Ora vi chiedo scusa, ma è stata una mattinata davvero lunga e pesante. Tolgo il disturbo.-
Fa un paio di passi verso la scala, ma si ferma subito dopo e senza voltarsi sussurra ancora qualcosa
-Non mi pento di quello che ho fatto Richard, non sarò stata una madre modello, ma ho cresciuto un uomo onesto e sono pronta a subirne le conseguenze.-
Solo allora Rick alza lo sguardo su di lei, di spalle, ritta e fiera come solo Martha Rodgers sa essere. In quel momento si rende conto che non è stato capace di dirle nulla, di esprimerle i suoi sentimenti, di averla ferita con il suo silenzio, senza che avesse la minima intenzione di farlo e le va vicino.
-Conseguenze?-
Le chiede mentre lei è ancora di spalle.
-Il tuo giudizio, il tuo risentimento…-
Rick la interrompe costringendola a voltarsi, le prende le mani tra le sue.
-Il mio risentimento? Mamma, io credo di non averti mai amato così tanto come in questo momento e credo anche che tu non sia mai stata più bella, come adesso.-
Per la prima volta da quando si ricorda, sua madre non risponde. Non trova le parole per farlo. Il nodo che blocca le corde vocali si sfoga con le lacrime che adesso scendono copiose sul suo viso.
-Mi basterebbe solo che non mi odiassi Richard!-
Riesce a dire finalmente.
-Odiarti mamma? Per cosa?-
Le risponde lui sorridendo e asciugandole teneramente le lacrime, mentre anche i suoi occhi diventano lucidi
-Per avermi amato sopra tutto e tutti? Per aver preferito farti passare per una che andava ogni sera con uomo diverso, fingendo di non sapere chi potesse essere mio padre, solo per proteggermi? Io non potrei mai odiarti mamma. E nemmeno ho diritto di giudicarti. Avresti potuto davvero liberarti di me. Non si smette di amare qualcuno perché si scoprono cose orribili su di lui. Non è così semplice. Deve essere stato terribile portarmi dentro di te e ancora più terribile tenermi tra le braccia, ricordandoti di lui in ogni momento.-
Martha abbassa lo sguardo, come se rivivesse improvvisamente i mesi della gravidanza e quelli dopo la nascita del suo bambino, mesi duri, pieni di solitudine, di dolore, di rabbia e anche di paura, perché se un giorno Victor Jordan l’avesse cercata e avesse scoperto di avere avuto un figlio che lei gli aveva portato via, l’avrebbe uccisa.
-E’ vero. Ho continuato ad amarlo e odiarlo nello stesso tempo. Ma quando sei nato è stato come un segno del destino. Non avevi niente che ricordasse i Jordan, i capelli rossi, gli occhi azzurri e limpidi, invece di grigi, come quasi tutti i Jordan. Eri un Rodgers dalla testa ai piedi, sorride e lo accarezza, solo il naso hai preso da lui. E anche dopo ti sei rivelato esattamente un Rodgers, un artista sin da bambino, pieno di fantasia e di idee strane per passare la giornata e combinare guai. Victor non è mai stato capace nemmeno di scrivere un biglietto di auguri. No Richard, non avrei mai rinunciato a te. Sono andata avanti per te e grazie a te. Sei stato la mia forza, non la mia debolezza.-
Rick la stringe a sé. Tra le sue braccia Martha sembra improvvisamente diventata più piccola.
-Richard, l’altra notte ti ho detto che qualunque decisione tu avessi preso, io sarei sempre stata dalla tua parte, ma non avrei mai accettato di saperti in pericolo. Ora lo sei. Lo siete tutti. Leonard Jordan ha avuto il comando della legge per anni in città e nemmeno Victor si è fermato davanti a niente e non si fermerà di certo adesso. Guarda Kate e poi ancora suo figlio. So che andrete fino in fondo, perché è giusto fermarlo, finalmente. Ma pensate prima di tutto alla vostra vita, alle persone che dipendono da voi, alle persone che soffrirebbero senza di voi.-
Si avvia verso la sua stanza al piano di sopra, Alexis la segue e lui resta in fondo alle scale a guardarle fino a che non spariscono dalla sua visuale. Torna nel soggiorno senza guardare in faccia nessuno. Si ferma davanti al tavolo a fissare i fascicoli sparsi e il registro.
Legge per l’ennesima volta quel nome.
Il nome di suo padre.
Victor Jordan.
Il perché sua madre abbia sempre rifiutato di parlargli di lui, dandogli come unica ridicola spiegazione che non sapeva chi fosse, non è mai riuscito a comprenderlo. Ma per quanto ci abbia pensato da sempre, mai avrebbe immaginato che la verità potesse essere questa.
Esposito si alza, seguito da Ryan. Sono visibilmente commossi e soprattutto a disagio per quello a cui hanno assistito.
-Noi torniamo da Nesbit. Si chiederà che fine abbiamo fatto, non vorrei si presentasse di nuovo qui.-
Dice Esposito e Ryan continua.
-Aspettiamo notizie da Lanie e Corbin, poi ci sentiamo e decidiamo come agire.-
Castle e Beckett annuiscono senza rispondere. Arrivati alla porta Esposito si sofferma, tossisce come per schiarirsi la voce.
-Mi spiace amico. Non avremmo dovuto essere qui.-
Castle lo guarda senza riuscire a capire la sua frase.
-Voglio dire… era una questione di famiglia. Avremmo dovuto andarcene, ma è successo tutto così in fretta…-
A questo punto Castle sorride mestamente.
-Hai ragione Javier. Era una questione di famiglia, perciò eravate esattamente dove dovevate.-
I due amici gli danno una pacca sulle spalle e si congedano, dopo aver guardato un’ultima volta Beckett dietro di lui, come a volerglielo raccomandare.

 


Continua...


Angolo di rebecca:

Eccoci qua...
Svelata la verità sulle origini di Richard Alexander Rodgers.
Un capitolo incentrato tutto sui ricordi di Martha,
ricordi lontani, segreti e dolorosi.
Un segreto che si sarebbe portata nella tomba se quel nome non fosse riapparso improvvisamente in quei documenti
una verità terribile che si riflette su Rick in maniera pesante, come un macigno.
Suo padre è "il drago"
Suo padre è l'assassino della madre della donna che ama.
Come supereranno tutto questo lo scrittore e la sua musa?

Vi siete riprese dalla 4x23?
Se no, non importa, meglio così, continuate a sognare...

Grazie Vale :)))

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Capitolo 20
*** Insicurezza e Minacce ***


...Richard avrei potuto inventarmi un mucchio di bugie su un ipotetico padre, ma perché avrei dovuto?
Per farti credere di essere figlio di un eroe morto per chissà quale alto ideale? Saresti cresciuto diversamente?
Lo so che hai sofferto per causa mia, ma lo rifarei altre cento volte. Richard, quando ti guardo vedo un uomo con gli occhi limpidi e sinceri, un uomo buono.
Hai tanti difetti, hai le tue manie e a volte sei davvero irritante, ma guardo tua figlia e penso che è meravigliosa perché tu sei un buon padre
e provo orgoglio per questo, perché sei un buon padre anche per merito mio.
Sei una brava persona Richard, capace di mettere a repentaglio tutto per gli amici e per la donna che ama e ne sono fiera!... 






 

La Resa Dei Conti


*
Insicurezza e Minacce
*
19° Capitolo 



 

-Il nostro uomo è riuscito a controllare la scheda del capitano Montgomery.-
La voce calma del governatore Victor Jordan si diffonde nello studio, mentre Lucas digrigna la mascella, aspettando che continui.
-Roy due settimane fa ha richiesto un secondo armadietto. Gli hanno dato il numero 32, ma non lo ha mai usato. Al momento è dentro al magazzino… ed è vuoto!-
-Maledizione! Sbotta Lucas. Ci ha fregati. Montgomery ci ha fregati. Ha spedito un plico con la nostra documentazione, conscio che l’avremmo intercettata, intanto ne ha fatto una copia e…-
-E l’ha lasciata al distretto. Nel suo regno!-
Lo interrompe il governatore, a voce bassa, come se stesse riflettendo tra se invece di parlare con lui, poi alza lo sguardo su Lucas aggrottando la fronte.
-I documenti sono sicuramente nelle mani dello scrittore e mi gioco tutto che anche Beckett è nascosta da lui.-
-Ma Victor, la perquisizione…-
Lui sbuffa improvvisamente come stizzito da quello che Lucas sta per dire.
-La perquisizione! Evidentemente sono più furbi di quanto pensassimo. Evidentemente l’ha nascosta bene. Quell’uomo comincia ad infastidirmi, quanto lei! E come se non bastasse l’avvocato e la Parrirsh sono andati a parlare con Jensen. Meno male che il dottore è troppo spaventato. Continuiamo a tenerli d’occhio, dobbiamo essere pronti ad occuparci anche di loro e allerta il nostro amico procuratore, che tenga sotto controllo la Robinson.-
Lucas annuisce, mentre il governatore passa di continuo un sigaro, ancora spento, tra le dita e da una mano all’altra. Comincia davvero ad averne abbastanza. Quella piccola donna insignificante e i suoi amici stanno proprio esagerando.
-Dobbiamo riprenderci quei documenti. Senza quelli anche se andassero dal presidente in persona, non avrebbero nessun credito. Quella donna deve fare la fine di sua madre.-
Lucas si siede davanti a lui e si sporge sulla scrivania, mostrando un fascicolo su cui spicca il nome CASTLE.
-Andiamo a riprenderceli allora. Mandiamo qualcuno a casa sua. Vive con la figlia e la madre in un loft a SoHo.-
-Come no, Lucas! Mandiamo una squadra, magari ci vado io di persona, così i giornalisti appostati davanti al suo palazzo avranno materiale su cui scrivere. Ma che ti salta in mente santo cielo? Richard Castle è una persona famosa, vuoi davvero fare un blitz in casa sua? Perché non mandiamo anche la cavalleria visto che ci siamo!-
Lucas si alza in piedi sbattendo il pugno sulla scrivania.
-Allora perché non ti fai venire tu un’idea geniale, visto che sei tu il salvatore della nave… perché se non facciamo qualcosa in fretta, qualunque cosa Victor, la nave affonderà! I nostri soci sono preoccupati e fino ad ora nessuno si era mai permesso di telefonare al tuo numero personale per protestare!-
Il governatore lo guarda con la sua solita espressione tranquilla, finalmente accende il sigaro che si rigira tra le mani da un po’.
-Continui ad essere troppo nervoso Lucas e così non mi sei di aiuto. Ci riprenderemo quei documenti e saranno proprio lo scrittore e la sua musa a portarceli. Tu tieni sotto controllo il pacco. Non perderlo di vista e bada che non venga danneggiato in alcun modo. Se le cose si mettono male, sapremo come agire. Ora siediti un momento, calmati e torna ad essere il fraterno e freddo amico di sempre.-
Victor gli offre un sigaro, Lucas lo accende e si siede aggiustandosi giacca e cravatta, aspira un paio di boccate e sente la freddezza scendere nuovamente nel suo animo.
-Certo che la vita è strana! Il mondo è davvero piccolo.-
Dice continuando ad aspirare il sigaro.
-A che proposito amico mio?-
-Hai dato un’occhiata al fascicolo dello scrittore? Guarda un po’ come si chiama sua madre.-
Victor corruccia la fronte e con scarsa curiosità apre la cartellina davanti a lui, fa scorrere lo sguardo sui diversi dati che il suo braccio destro ha raccolto su Castle e si sofferma sulla parentela. Alza lo sguardo su Lucas sollevando un sopracciglio.
-Martha… Rodgers!?-
-Già! Risponde Lucas, ma per quante ricerche approfondite io abbia fatto, pare che non esista un padre!-
Victor si fa una bella risata.
-Beh, si è dimostrata essere una sgualdrina! Per arrivare al successo come attrice ne avrà passati tanti, avrà perso il conto e avrà confuso la paternità. Anche se non ne avrebbe avuto bisogno, aveva talento, sarebbe arrivata lontano anche senza… spintarelle.-
Dice l’ultima frase con una punta di amarezza e Lucas se ne accorge.
-Ti brucia ancora dopo tanti anni?-
-Mi brucia il non aver capito che mi stava prendendo in giro. E’ stata l’unica a riuscirci, chi ha tentato dopo di lei, ora non respira più!-
-Secondo me, ti brucia perché ne eri realmente innamorato.-
-E anche se fosse? Ero un ragazzino. Ma da lei ho imparato una grande lezione. Prendere quello che ti serve per soddisfare qualunque tua voglia senza mai dare niente in cambio e poi… gettare via tutto.-
-Gia! Ma così alla fine cosa resta?-
-Cosa resta? Dopo di me vuoi dire? La grandezza e le opere dell’ultimo dei Jordan! Nient’altro. Ora va Lucas, lasciami riflettere in santa pace.-
L’uomo esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Victor aspira ancora una boccata dal sigaro e riapre la cartellina, posando lo sguardo sul nome di Martha Rodgers. Ci passa sopra un polpastrello, come se volesse accarezzarlo, un lieve sorriso si forma sulle sue labbra e per un momento sembra che i suoi occhi non emanino quel gelo freddo e pungente di sempre, ma solo un’amara dolcezza.
-Si! Avevi del talento Martha. Eri sublime quando recitavi. Saremmo stati invincibili insieme. Una grande coppia!-
 
Dopo l’uscita di scena di Ryan ed Esposito, nel loft è sceso il silenzio. Beckett osserva l’espressione e i movimenti di Castle. Il primo istinto è stato ancora quello di abbracciarlo, stringerlo forte e farlo perdere tra le sue braccia, ma si è bloccata proprio per la sua espressione. Tiene la testa bassa, come se al momento, guardare il pavimento sia la cosa più essenziale. Dopo aver bevuto uno scotch in silenzio, tutto d’un fiato, si è avvicinato al tavolo per sistemare i documenti, mettendo i fogli uno sull’altro con una precisione quasi maniacale, sempre con lo sguardo basso, come se lei non fosse lì. Peggio! Come se la sua presenza lo mettesse a disagio. Continua imperterrito a sistemare una cartella dopo l’altra, in maniera lenta e ossessiva, finché lei lo blocca prendendolo per un polso.
-Basta adesso Rick! Perché non ti siedi un momento?-
Gli dice con dolcezza, ma lui continua a tenere gli occhi bassi e con uno strattone si libera dalla sua presa, come se la mano di lei gli avesse scottato il polso. Le volta le spalle e balbetta qualcosa.
-Volevo solo… metterli al sicuro… volevo…-
-Perché non mi guardi Rick?-
Lui continua a balbettare senza voltarsi.
-Beckett io…-
A sentirsi chiamare di nuovo per cognome, ha un sussulto. Capisce cosa sta facendo, lo ha fatto anche lei fino a poche ore prima. La sta allontanando!
-Rick, guardami…-
Cerca di parlargli, ma lui la interrompe, sempre senza voltarsi.
-Io ho una grande immaginazione… ma non… non sarei mai… mai riuscito ad imbastire una trama del genere. Questa storia… è paradossale!-
-Rick, guardami…-
Tenta ancora di convincerlo, ma lui continua nel suo discorso, come se parlasse a se stesso.
-Mio padre… ha ucciso tua madre!-
Dice infine in un sussurro strozzato, come se le stesse facendo una confessione.
Hai appena scoperto una cosa orribile riguardante la tua vita, hai il cuore sminuzzato in tanti piccoli pezzi, il tuo mondo all’improvviso si è come capovolto e l’unica cosa che ti fa veramente male, è sentirti responsabile del dolore di Kate Beckett? Del mio dolore! Perché ci ho messo così tanto tempo ad aprirti il mio cuore?
Lo prende per la spalla e lo costringe a voltarsi.
-Per questo non mi guardi in faccia? Per questo sono tornata inspiegabilmente ad essere Beckett? Ti rendi conto dell’idiozia che hai appena detto?-
Finalmente Castle incatena gli occhi ai suoi. Digrigna le mascelle per un attimo e stringe i pugni, poi sospira, come sconfitto da quelle pietre verdi e lucenti davanti a lui.
-Comunque la giri, la verità è questa. L’uomo a cui dai la caccia da 13 anni, l’uomo che ha ordinato l’assassinio di tua madre… è mio… padre!-
Kate si sente assalire dalla rabbia.
-L’essere che ha ucciso mia madre, è uno qualunque, uno che non ha niente a che fare con te.-
-Il suo sangue scorre dentro di me!-
-E questo cosa fa di te, un complice? No, meglio ancora, ti rende come lui, un assassino freddo e spietato?-
Rick si siede, appoggiando i gomiti sul tavolo coprendosi il viso con le mani.
-Per anni ho vissuto il tuo dolore Kate, ho sentito il tuo odio e ho visto le lacrime che non hai mai voluto far scendere fino in fondo. So cosa significa per te e io adesso faccio parte di tutto questo.-
Lei si abbassa davanti a lui, gli prende a forza le mani e lo costringe ancora a guardarla.
-Dimentica per un momento l’assassinio di mia madre, dimentica me e il mio dolore e fermati a pensare a cosa sta provando adesso Richard Castle! Cosa senti tu,  Rick?-
-Io? Io non… non lo so… credo… io… io sto bene… è tutto a posto!-
-Non dire che è tutto a posto, perché non è vero! Non è tutto a posto, il tuo cuore è a pezzi. Ad ogni parola di tua madre i tuoi occhi si spegnevano e il tuo cuore si frantumava. Questo devi pensare. Questo devi metabolizzare. Non puoi sentirti in colpa nei miei confronti per quello che hai appena scoperto. Tu per me non sei diverso da quello che eri mezz’ora fa! Per me sei solo lo stesso uomo che tra le righe la notte scorsa, ha detto di amarmi.-
-Ho sempre pensato che la verità su mio padre avrebbe riempito quel vuoto che mi sono portato dentro fino ad oggi… e avevo ragione. Ora quel vuoto si è riempito, ma di qualcosa di troppo pesante. E’ un macigno così enorme che mi impedisce di respirare e non riesco a non pensare che possiamo avere in comune questa… parentela!-
Sottolinea ironicamente l’ultima parola e Kate capisce che cercare di scuoterlo continuando sulla stessa linea è inutile, così decide di usare la sua tattica. Improvvisamente sorride.
-Richard Castle se ne uscirebbe con una strana teoria, secondo cui il destino, il fato o chi per lui, ci ha scelti per essere uniti comunque, in ogni epoca, in ogni momento. Insieme a combattere il crimine, oppure ad agire su due rive opposte. Lui il feroce criminale e lei la bellissima paladina della giustizia, ma attratti comunque da una forza sovrumana chiamata amore e… destinati a soffrire per questo!-
Finisce la frase alzandosi in piedi, volteggiando su se stessa con fare teatrale e quando si ferma a guardarlo, lui sta sorridendo e i suoi occhi riflettono di nuovo la solita luce azzurra e brillante.
-Lo sai che hai appena descritto il prologo di non so ancora che cosa, ma sicuramente una grande idea, per un’ottima trama!?-
Le dice tornando a guardarla come sempre, con lo sguardo misto tra dolcezza e malizia.
-La cosa che mi colpisce di più è la bellissima paladina della giustizia! Non solo paladina della giustizia, pure bellissima e poi quello con un grande ego sarei io!-
-Però ci sono riuscita! Ti ho fatto sorridere… la tecnica Castle funziona!-
-La tecnica… Castle?-
Kate si siede sulle sue ginocchia e lui resta un attimo spiazzato da quel gesto, ma continua a rimanere incatenato ai suoi occhi.
-Il Richard Castle che conosco io avrebbe detto una cosa del genere, solo per alleggerire il macigno dentro al mio cuore. Da quando lo conosco non ha fatto altro. Alleggerire il peso del dolore, della solitudine, dei sensi di colpa fermi e immobili sul mio cuore e piano piano quell’enorme macigno è diventato solo un sassolino dentro la scarpa, fastidioso, ma sopportabile.-
-Deve essere un tipo simpatico, questo tuo amico!-
-Veramente il più delle volte è insopportabile e irritante, ma anche questo fa parte del suo fascino.-
Si accosta al suo orecchio, sfiorandolo con le labbra.
-Ti svelo un segreto. Da un po’ non è più solo un amico!-
Lui continua a sorridere ammaliato dai suoi occhi e ribalta la posizione, sfiorando con le sue labbra l’orecchio di lei.
-Devo essere geloso?-
-Solo se tu e lui non avete più niente in comune. Tu sei cambiato improvvisamente, dato che discendi da una famiglia di criminali, lui invece se ne infischia altamente… E lui al momento, mi piace di più!-
Rick non può fare a meno di ridere, appoggia la fronte contro la sua e chiude gli occhi.
-Quando ho portato quella busta con me, avevo un nodo in gola. Avevo paura che potesse esserci qualcosa di più terribile delle rivelazioni di Montgomery che ti avrebbe potuto annientare, ma non avrei mai pensato che…-
-Che potesse annientare te! Rick, non puoi fingere che questa bomba non ti sia esplosa in faccia. Sono sconvolta io per te, figuriamoci tu che lo stai vivendo sulla tua pelle. Ma questo non cambia niente dentro di te. Non cambia chi eri e chi sei diventato. Non cambia quello che siamo tu ed io.-
-Allora la bellissima paladina della giustizia mi ama ancora?-
-Non dovrebbe, ma solo perché certe volte sei davvero stupido e non meriteresti nemmeno una risposta a questa tua domanda altrettanto stupida… ma si, ti amo e adesso, se possibile, ti amo ancora di più!-
Gli prende il viso tra le mani e lo bacia, come la notte precedente, senza fretta, dolcemente. Restano ancora appoggiati con la fronte e sorridono assieme. Rick sposta lo sguardo verso il tavolo.
-Allora, che ne facciamo di questi fascicoli? Cos’hai deciso?-
 
-E’ evidente che il dottor Jensen non parlerà, è troppo spaventato.-
Dice Stan mentre apre lo sportello del taxi e aiuta Lanie a scendere.
-Sarei spaventata anch’io se mi ammazzassero il cane davanti alla porta di casa!-
-Lei ha un cane? Le chiede lui e Lanie lo guarda stupita. Che c’è? Che ho detto di strano?-
-Ha fatto una domanda che non c’entra niente, una domanda che farebbe anche Castle, ora che ci penso. Che importanza vuole che abbia il fatto di sapere se io ho un cane oppure no!?-
-Non lo so, era così… per dire!-
Lanie alza gli occhi al cielo.
-Appunto! Che vuole fare adesso?-
-Chiamerò Richard per dirgli com’è andata e poi vedrò di inventarmi qualcosa per convincere il giudice ad ordinare un’altra autopsia.-
-E come intende fare? Non abbiamo niente di concreto in mano per avvalorare una richiesta del genere.-
-Mi farò venire un’idea. Lei che fa, viene con me?-
-Stan, io ho un lavoro, ancora! Devo tornare in obitorio, il mio permesso è già scaduto e spero che il capitano Johnston non si sia accorto della mia assenza.-
-Bene, io faccio un salto al mio studio, poi chiamo Richard.-
-Ma allora perché ha mandato via il taxi?-
-Oh, non è lontano. Mi va di fare due passi. Allora ci sentiamo più tardi, dottoressa!-
Mentre si dirige verso l’obitorio, Lanie è assorta nei suoi pensieri. Non riesce a non pensare al dottor Jensen. Questo tizio che chiamano il drago, sapeva in anticipo chi sarebbe stato incaricato dell’autopsia, ha fatto in modo di spaventarlo, minacciando i suoi bambini. Ma chi è? Chi si può permettere di sapere tutto, sempre e in ogni momento e soprattutto, chi ha il potere di decidere così impunemente della vita degli altri? Spinge le porte del suo laboratorio e si ritrova davanti uno sconosciuto.
-Lei chi è? Che ci fa qui?-
Lui la guarda con uno strano sorriso stampato sul viso.
-Sono uno specializzando, cercavo il dottor Jensen.-
Sentendo il nome del collega, Lanie si irrigidisce.
-Il dottor Jensen? Ha sbagliato distretto. Non lavora in questo laboratorio.-
-Oh, mi scusi tanto dottoressa!-
Risponde sempre con lo stesso ghigno sul viso e mentre si avvicina a lei, lascia cadere il vassoio con gli strumenti da lavoro di Lanie.
-Accidenti, sono proprio sbadato.-
Li raccoglie, li rimette a posto, ma rimane con un bisturi in mano. Lanie è immobile, passa lo sguardo dalla faccia del tizio, alla mano che tiene il bisturi.
-Lei non ha l’autorizzazione per stare qui. Meglio che se ne vada, o sarò costretta a chiamare la vigilanza.-
Gli dice cercando di non far tremare la voce mentre lui le si avvicina, anche troppo, tanto da sussurrarle all’orecchio.
-Ho solo sbagliato edificio. E’ una cosa che può succedere a tutti, lei non crede dottoressa Parrish? Non mi dica che lei, non è mai entrata nel laboratorio di qualcun altro, per sbaglio, magari perché a notte fonda è difficile trovare la strada giusta!-
La voce dell’uomo è viscida e melensa, Lanie continua a non muoversi, respira a mala pena e il cuore ha preso ormai un’accelerazione tale, che sarà difficile rallentarlo. Il giovane solleva la  mano col bisturi, Lanie sposta gli occhi sulla sua faccia e lui glielo mette delicatamente tra mani.
-Chiedo ancora scusa per l’errore, dottoressa. Spero che anche lei, non sbagli più in futuro.-
Detto questo, lascia il laboratorio in silenzio. Per un attimo Lanie non riesce a muoversi. Guarda il bisturi nella sua mano e istintivamente lo getta a terra. Poi fa un grosso respiro e si appoggia al tavolo delle autopsie. Il freddo del metallo sembra scuoterla. Solleva la testa sospirando ancora, cercando di far tornare i battiti normali. Un uomo qualsiasi, senza cartellino, senza permesso è entrato nel suo regno, in pieno giorno e senza che nessuno se ne accorgesse. Sapeva della visita al laboratorio del dottor Jensen la notte precedente, sapeva che avevano dei dubbi sull’autopsia. Il dottor Jensen aveva ragione quando ha detto che non possono fidarsi di nessuno, che possono arrivare ovunque. Se solo avesse voluto, quello sconosciuto avrebbe potuto ucciderla, lì nel suo laboratorio, dentro ad un edificio sorvegliato e presumibilmente protetto e nessuno se ne sarebbe accorto. Quando pensa di essersi calmata, lascia la presa del tavolo di acciaio, ma si ritrova a tremare improvvisamente. Non riesce nemmeno a prendere il cellulare per chiamare Esposito. Si lascia andare seduta a terra, in un angolino e respira forte ancora un paio di volte, per smettere di tremare e per ricacciare indietro le lacrime, che chiedono insistentemente di scendere giù.



Continua...



Angolo di Rebecca:

Victor Jordan comincia a vacillare secondo voi?
Beh... sapere che quei documenti potrebbero essere nelle mani di Beckett lo scuote un pò,
ma lo fa diventare ancora più minaccioso...
mentre Lucas è sempre più nervoso! 
E Castle? Un insensato senso di colpa che, grazie al cielo, Kate cerca di alleggerire...
Ma è davvero così? Basteranno le parole della donna che ama, per alleviare quel macigno che è depositato sul suo cuore?

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Capitolo 21
*** Un Avvocato Molto Caparbio ***


Dedicato a Valeria e a Lucia, che oggi hanno avuto proprio una brutta giornata! <3



...Quando ho portato quella busta con me, avevo un nodo in gola. 
Avevo paura che potesse esserci qualcosa di più terribile delle rivelazioni di Montgomery che ti avrebbe potuto annientare, 
ma non avrei mai pensato che…
Che potesse annientare te! Rick, non puoi fingere che questa bomba non ti sia esplosa in faccia.
Ma questo non cambia niente dentro di te. Non cambia chi eri e chi sei diventato. Non cambia quello che siamo tu ed io.
Gli prende il viso tra le mani e lo bacia, come la notte precedente, senza fretta, dolcemente.
Restano ancora appoggiati con la fronte e sorridono assieme. Rick sposta lo sguardo verso il tavolo.
Allora, che ne facciamo di questi fascicoli? Cos’hai deciso?...



 

La Resa Dei Conti


*
Un Avvocato Molto Caparbio
*
20° Capitolo 




 

-Allora Kate, che ne vuoi farne di questi documenti?-
Lei passa lo sguardo dai fascicoli sul tavolo, al viso di Rick.
-Voglio quell’uomo in galera! Lo so che è difficile per te adesso…-
-No, ti prego Kate. L’hai detto tu stessa: Io non sono diverso da quello che ero mezz’ora fa e non ho cambiato opinione sull’assassino di tua madre, solo perché lui è mio...-
E’ più difficile di quanto pensasse, non riesce più nemmeno a nominare quella parola. Sospira appoggiando la fronte sulla spalla di lei che, accarezzandogli i capelli, li sfiora con le labbra; lui solleva lo sguardo risoluto e parla tutto d’un fiato.
-Per me è solo uno sconosciuto che ha ordinato l’omicidio di tua madre. Anch’io lo voglio in galera. Però questo implica per forza fare aprire un’indagine anche su Montgomery.-
Lei scuote la testa.
-Ascolta Rick, questi documenti non serviranno a scagionare me. Questi documenti inchiodano il drago, ma non provano che non sono stata io a sparare al killer. L’omicidio di Freeman è un’altra storia. Se avessi scoperto tutto la settimana scorsa, sarei già andata a cercarlo e forse gli avrei anche ficcato un proiettile in testa. Ma dopo la morte di Roy, dopo l’altra notte all’hangar con te… ho capito che ho altre priorità. Avevi ragione tu, l’assassinio di mia madre era una scusa per non espormi davanti alla vita ed è una cosa che non voglio più fare. Ora voglio vivere… con te… per questo devo prima risolvere la mia situazione con la giustizia. Rivoglio il mio distintivo e la mia pistola. Devo riprendermi la mia vita. Prima della morte di Montgomery, stavamo già cercando le tracce dei riscatti di cui ci ha parlato Pulgatti. Ora sappiamo come muoverci e come arrivarci, chiedendo permessi e mandati federali. Possiamo risalire a questi conti cifrati legalmente e senza fare comparire Roy. Certo ci vorrà dell’altro tempo, ma ne vale la pena, perché adesso siamo in vantaggio. Lui non sa che noi sappiamo e se facciamo calmare le acque, magari si sentirà di nuovo al sicuro e abbasserà la guardia anche verso di me. Ma prima di tutto devo assolutamente essere scagionata.-
-Sono d’accordo, ma che si fa?-
-Aspettiamo di avere notizie da Stan e Lanie sul dottor Jensen e poi, devo assolutamente costituirmi.-
-Ma così dovrai restare in prigione!-
La voce di Alexis arriva improvvisamente dietro di loro e Kate fa un balzo per alzarsi dalle gambe di Rick.
-Scusate, non volevamo certo interrompervi, dice Martha, e nemmeno disturbare la vostra privacy.-
Kate è visibilmente imbarazzata.
-Ma quale privacy, Martha, noi stavamo solo…-
Martha alza la mano per fermarla.
-Kate, mia cara, stavate discutendo sul caso, lo so e non c’è niente di male se lo fai sulle ginocchia di mio figlio.-
-Bene, nonna, risponde Alexis, con questa perla di saggezza da parte tua, Kate adesso sarà sicuramente meno imbarazzata!-
Lei sorride e Rick le tende la mano, costringendola a sedersi ancora sulle sue ginocchia.
-Bene, donne di casa. Avrete capito sicuramente che la notte scorsa Kate ed io abbiamo fatto quel microscopico passettino in avanti, anzi lo avete capito molto tempo prima, quelli che si rifiutavano eravamo solo noi. Quello che voglio dire…-
-Papà, ti prego. Non ci serve un discorso chilometrico, per capire quello che già sappiamo. Voi due state finalmente insieme e noi ne siamo molto contente. Credo che questo sia tutto! Allora Kate, torniamo alle cose importanti, se ti consegni alla polizia, dovrai restare in prigione fino al processo?-
Castle e Beckett si guardano perplessi. Possibile che a nessuno facesse effetto vederli insieme? Insieme sul serio? Nemmeno ad Alexis? Possibile che tutti li vedessero già così, uniti e innamorati anche prima?
-Torniamo alle cose importanti? Perché questa non è una cosa importante?-
Chiede lui imbronciato.
-Importantissima papà, ma in questo momento passa in secondo piano se Kate finisce in prigione, non credi?-
Castle apre la bocca per ribattere, ma non trova nulla da dire, perché la teoria di sua figlia non fa una piega e Beckett sorride scuotendo la testa.
-Alexis, non posso stare nascosta in eterno, soprattutto nascosta qui da voi. Ho già fatto un mucchio di sciocchezze in questi giorni e devo rimediare in qualche modo. Devo per forza costituirmi.-
Restano un attimo tutti in silenzio, come se cercassero d’immaginare nella mente quello che sarebbe successo da lì a poche ore.
-Rick tu che ne pensi di Nesbit? Possiamo fidarci?-
-Io credo di si, a me ha fatto una buona impressione. E poi Esposito lo conosce da tanto. Secondo me è pulito.-
-Si, anche secondo me.-
-Allora appena Stan si fa vivo, gli dico di raggiungerci al ventunesimo così ti costituisci.-
-Raggiungerci? Chiede Kate. Così Nesbit arresta pure te per favoreggiamento?-
-Non mi arresterà, tranquilla. Per questo ci andiamo con un avvocato… e non un avvocato qualunque.-
Martha li osserva con lo sguardo carico di dolcezza e Rick non può fare a meno di avvicinarsi a lei.
-Che c’è mamma?-
-Mi dispiace per tutto questo Richard, non avrei mai voluto che il mio passato potesse irrompere così violentemente nel tuo futuro.-
-Che mi piaccia o no è il nostro passato e ha sempre fatto parte della mia vita. Io sto bene mamma, certo devo abituarmi all’idea che mio padre non è l’inventore della panna spray, ma davvero sto bene e vorrei che stessi bene anche tu!-
Riesce a strapparle un sorriso tra le lacrime e lei gli poggia una mano sul viso.
-Sto bene anch’io ragazzo. Davvero!-
Rick si sporge a darle un bacio sulla guancia e lei lo trattiene per le mani.
-Sono contenta che tu abbia finalmente trovato quella giusta, indica con gli occhi Kate, anche se ci avete messo un’eternità, perciò non fare niente di stupido per farla scappare, perché in questo caso conosceresti la mia ira.-
Lui solleva le spalle.
-Perfetto! Adesso si che mi sento al sicuro, se faccio un passo falso tu mi fulmini e lei mi spara… sono in una botte di ferro.-
-E non dimenticarti di me, papà!-
Alexis rincara la dose e si ritrovano a sorridere tutti e quattro.
-Appunto! Come volevasi dimostrare… sono un uomo finito! Vado di sopra, voglio conservare questi documenti in camera mia per il momento, torno subito.-
Lei annuisce sorridendo e quando Rick sparisce al piano superiore, si avvicina a Kate e le stringe le mani come ha fatto poco prima con quelle del figlio.
-Mi dispiace per tutto questo. Se quel giorno avessi avuto il coraggio di denunciare l’omicidio di quel banchiere, forse tutto il resto non sarebbe mai successo e forse… anche tua madre sarebbe ancora viva.-
Kate scuote la testa.
-Chi ti avrebbe creduta Martha? Leonard Jordan era il capo della polizia, era la legge. Se non ti avessero uccisa, avrebbero sicuramente fatto in modo che non potessi nuocergli. No Martha, tu hai fatto l’unica cosa possibile per te in quel momento. Eri solo una ragazzina e hai protetto tuo figlio. Ci è voluto un grande coraggio per questo e Rick lo ha capito. Non pensare che ce l’abbia con te, perché non è così, credimi. E nemmeno io, anzi, ti sono grata per quello che hai fatto, perché se non lo avessi portato via, non ci sarebbe stato nessun matto a farmi sentire viva negli ultimi anni.-
Martha abbassa lo sguardo sulle loro mani unite.
-Lui ti ama Kate! Davvero.-
Lei corruccia la fronte, non capendo perché Martha sottolinei una cosa di cui è già sicura.
-Sta fingendo che vada tutto bene e che nella sua vita non sia cambiato niente e forse, al momento è la verità, ma tra un po’ sentirà il peso di tutto questo, non tanto perché suo padre è un criminale, ma perché è il criminale che ti ha rovinato la vita.-
Kate capisce dove vuole arrivare e le sorride.
-Lo amo anch’io Martha e non potrei mai fargli una colpa per questo.-
-Tu no, ma lui lo farà, anche se adesso sorride e finge che non sia così.-
Lo ha già fatto Martha, si sente già in colpa come se tutto fosse successo a causa sua.
-Quello che voglio dire è che avrà un immenso bisogno di aiuto, un aiuto che per quanto lo amiamo, non possiamo dargli ne io e ne sua figlia… un aiuto che potrai dargli soltanto tu…-
Non finisce la frase, ma la sospensione che resta nell’aria suona come la speranza che lei non lo abbondoni.
-Posso solo prometterti che non si libererà mai più di me Martha, ti può bastare?-
La donna sorride e l’abbraccia mentre Rick scende le scale.
-Ehi, la volete smettere con tutte queste smancerie!?-
Si girano a guardarlo ridendo, ma con le lacrime agli occhi, finchè il telefono di Rick non rompe l’atmosfera.
-Forse è Stan, guarda il display, no è Ryan. Pronto.-
L’espressione sulla faccia di Castle cambia ogni secondo che passa al telefono. Sbianca improvvisamente e sgrana gli occhi.
-Vengo subito!-
Esclama chiudendo la chiamata.
-Cosa succede?-
Chiedono le tre donne all’unisono, mentre lui ha già infilato il cappotto e preso le chiavi della macchina.
-Stan è in ospedale, pare sia stato aggredito!-
Apre la porta veloce e vede Kate sott’occhio prendere il giubbotto per andargli dietro, tra lo sguardo perplesso di Martha e Alexis. Si gira di botto, tanto che lei gli sbatte contro.
-Dove credi di andare tu?-
-Come dove? Risponde lei sorpresa. Con… t… oh!-
Esclama appena si rende conto della situazione.
-Appunto OH! Rintanati in soffitta dietro il panda gigante e vedi di non respirare per non fare rumore.-
Esce lasciandola ad ammirare la porta chiusa davanti a lei e Kate sospira facendo ricadere le braccia lungo i fianchi.
-Comincio davvero a non poterne più!-
Martha la prende per mano e la trascina in cucina come fosse una bambina delusa.
-Tesoro, come non ne puoi più! Sei una fuggitiva solo da 24 ore… Harrison Ford ha passato mesi scappando con un segugio sempre attaccato al sedere, non puoi permetterti di essere insofferente. Vieni con me, vedrai che un po’ di cioccolata ti tirerà su.-
Martha sembra quasi tornata serena… se solo gli occhi lucidi non la tradissero…
 
Arrivato in ospedale, Castle fa appena in tempo ad entrare nell’atrio, che vede arrivare Ryan insieme a Stan; l’avvocato ha la faccia coperta da una garza, il polso sinistro ingessato e con l’altra mano si tiene il torace. Gli corre incontro e lo abbraccia.
-Stan! Stai bene grazie al cielo!-
Ma quando l’amico emette un lamento sommesso, chiedendogli tacitamente di non stritolarlo, lui si allontana guardandolo in viso.
-Oh, scusa… in effetti non stai proprio bene.-
Ryan gli mette la mano sulla spalla.
-Poteva andargli peggio.-
-Già! Risponde Stan, oltre al polso rotto e 4 punti allo zigomo, c’è il fatto che devo evitare di respirare… ma in effetti poteva andarmi peggio!-
-Ma cosa ti è successo? Ryan ha parlato di un’aggressione!-
Stan e Ryan annuisco assieme, ma poi il detective fa cenno con la testa di spostarsi dalla confusione, per andare in un punto più tranquillo dell’atrio e Stan si siede su una poltroncina.
-Erano in tre, hanno cercato di farla sembrare una rapina, visto che si sono portati via valigetta e portafogli.-
-Però?!-
Esclama Castle e Stan continua.
-Però prima di andarsene, dopo avermi pestato per benino, uno dei tre mi ha minacciato verbalmente.-
Castle guarda entrambi corrucciando la fronte.
-‘Smettila di andare in giro a dare fastidio ai cadaveri, o potresti trovarti a condividere il sonno eterno con uno di loro’. Testuali parole! E’ successo dopo che siamo andati a parlare con il dottor Jensen. Ha ammesso a Lanie e a me  di aver manomesso il referto dell’autopsia, ma non lo dichiarerà mai davanti al giudice, hanno minacciato i suoi figli e gli hanno ucciso il cane. E’ terrorizzato! E dopo hanno minacciato anche me, per essere sicuri che non continuassi con le mie indagini!-
-E non è tutto, continua Ryan, hanno minacciato anche Lanie.-
-Ti prego non dirmi che è ferita anche lei!-
Chiede Castle in un sussurro, lasciandosi andare sulla poltroncina accanto a loro.
-No, non l’hanno toccata. Ma in obitorio ha trovato un tizio che le ha detto praticamente la stessa cosa. E’ entrato e uscito a suo piacimento, senza che nessuno lo notasse o lo fermasse. Se avesse voluto, avrebbe potuto ucciderla senza dare nell’occhio. Era così spaventata che ci ha messo mezz’ora per riuscire a chiamare Esposito. E’ con lei adesso.-
Castle si porta le mani alla testa e appoggia i gomiti sulle ginocchia.
-Sa che avete controllato il corpo di Freeman e che siete andati dal dottor Jensen. Riesce a controllare ogni passo. Mi dispiace Stan. Ho impelagato in questa storia anche te. Vuole Beckett in prigione e farà di tutto per farcela restare.-
-Richard, non mi hai impelagato in nessuna storia. Questo è il mio lavoro e tu non c’entri niente. Ma poi perché ne parlate al singolare? Da quando l’ho sentito nominare non fate altro che dire il drago, lui, ma per architettare una cosa del genere, deve esserci dietro una bella organizzazione, non un uomo solo… o avete scoperto qualche altra cosa?-
Da quando McCallister lo ha nominato durante il suo interrogatorio, l’uomo che ha commissionato l’omicidio di Johanna Beckett è sempre stato il drago, un modo come un altro di dare un nome, una specie d’identità, ad un fantasma, ad un’ombra sconosciuta… ma ora è diverso. L’espressione e le parole di Castle, lo tradiscono. Anche se è una piramide formata da tanti scalini, il vertice è uno solo e non è più un fantasma… ora sa chi è. Il governatore Victor Jordan ha dato ordine di pestare Stan e spaventare Lanie. Chiunque si muova per fare qualcosa in questa vicenda, si ritrova suo malgrado coinvolto in una spirale di paura e violenza e lui adesso si sente responsabile di questo, perché sapere che quell’ombra sconosciuta è in realtà l’uomo che ha contribuito alla sua nascita, è un peso che non riesce a scrollarsi di dosso. Per quanto finga, per quanto si ripeta che è tutto a posto e che non è cambiato niente, sa che non è vero e che prima o poi dovrà fare i conti con questo macigno.  Il suo sguardo è perso nel vuoto, Ryan sa il perché e gli si stringe il cuore per l’angoscia che prova l’amico. Stan continua ad aspettare una risposta.
-Allora Richard, c’è qualcos’altro che dovrei sapere?-
-No Stan, niente che porterebbe a scagionare Beckett. Dietro tutta questa sporcizia c’è sicuramente una grossa organizzazione, ma il capo è uno solo, quello che chiamiamo drago. Per questo ne parlo al singolare, la punta della piramide è soltanto una.-
Si alza e sospira.
-Ti accompagniamo a casa Stan.-
-Nemmeno per idea. Io ho un lavoro da fare e intendo portarlo a termine, ora più che mai. Ora è diventata una cosa personale.-
-Stan ascolta…-
-No, ascolta tu Richard. Trovare questo drago non spetta a me e non scagionerebbe Kate, a meno che lui stesso non confessasse l’omicidio di Freeman. A me spetta trovare qualunque indizio che possa far sorgere dubbi sulla colpevolezza del detective Beckett e il fatto che questo tizio sia preoccupato delle mie indagini sul medico legale, significa che ho ragione. Si rivolge a Ryan. Lei ed Esposito avete la possibilità di tenere sotto controllo la famiglia del dottor Jensen? Naturalmente senza permessi di alcun genere e senza che lo venga a sapere nessuno?-
-Se è necessario possiamo farlo, almeno fino a che non ci buttano fuori dalla polizia! Ma perché, lei che ha intenzione di fare?-
-Quello che posso per convincere il procuratore a richiedere un’altra autopsia.-
NOOOO!!!
Rispondono all’unisono Castle e Ryan. Stan li guarda sollevando un sopracciglio.
-In che senso NOOOO? Ragazzi se sapete qualcosa che dovrei sapere anch’io…-
-Nononono. Balbetta Castle. E’ che forse sarebbe meglio parlare direttamente con il giudice, senza passare prima per il procuratore distrettuale.-
L’espressione di Stan è sempre la stessa.
-Devo fare la richiesta anche con la controparte, perciò la presenza della signora Robinson è d’obbligo.-
-Ecco bravo, la signora Robinson va bene, lei va… proprio bene… è una tosta… ma… in gamba!-
-Richard stai balbettando di nuovo, cosa nascondi?-
-Niente  Stan, è solo che il… mio sesto… senso mi dice… che della Robinson puoi fidarti.-
-E del procuratore no?-
Castle fa spallucce e Ryan lo imita.
Stan resta in silenzio a guardare i due per un paio di secondi. Sa che non gliela raccontano giusta e ha capito che non si fidano del procuratore. Ma perché? Cos’è cambiato nelle ultime due ore? Alla fine decide di desistere.
-Va bene, lasciamo perdere. Ryan, lei vada a casa di Jensen con Esposito e non allontanatevi per nessun motivo. Richard tu accompagnami allo studio del dottore.-
Si incammina verso l’auto di Castle, mentre lui resta indietro con Ryan.
-Forse dovresti metterlo al corrente della situazione!-
-Per aumentare ancora di più il pericolo? E poi dirgli di quei documenti significa parlargli di Montgomery e non so se Beckett sarebbe d’accordo! Fammi un favore Kevin, chiama casa mia e avverti che Stan sta bene.-
Ryan annuisce e Castle sale in macchina diretto al laboratorio del dottor Jensen.
 
-BECKETT E’ FUGGITA DA 24 ORE. NESSUNO L’HA VISTA, NESSUNO SA DOVE POTREBBE ESSERE. MA E’ MAI POSSIBILE? E’ PAZZESCO!-
Il capitano Crowley urla come un ossesso al povero detective Nesbit, che cerca di rispondere, ma non ne ha la possibilità, visto che il suo capo non accenna a fermarsi.
-Allora Nesbit, possibile che una donna sola, disarmata si spera, senza un soldo e senza documenti, sia sparita dalla faccia della terra?-
-Signore, ho tutte le pattuglie fuori. Anzi l’intera polizia di NY la sta cercando. Teniamo sotto controllo le abitazioni del padre, dei colleghi e degli amici. Abbiamo perfino perquisito la casa del signor Castle, ma non abbiamo trovato niente. La Beckett non si è fatta viva con nessuno di loro.-
-Si, ma se non l’avete intercettata nelle due ore immediatamente dopo la sua fuga, ora potrebbe trovarsi anche in Alaska!-
-No signore, non credo. Abbiamo posti di blocco ovunque e poi la Beckett vuole dimostrare la sua innocenza, non fuggire.-
-Però è fuggita! Nesbit, la trovi! Ci stiamo facendo una figura di merda con i cittadini. Un poliziotto che scappa… Potrebbero anche credere che la stiamo aiutando. Il governatore sta addosso al sindaco, il sindaco sta addosso al capo della polizia e il capo della polizia sta addosso a me. Sa cosa significa questo?-
Crowley esce dall’ufficio senza aspettare la risposta di Nesbit, che sbatte il fascicolo che ha tra le mani sulla scrivania, facendo sussultare i pochi uomini rimasti al distretto.
-Che avete da guardare? Controllate tutto, cercate qualunque indizio. E DOVE DIAVOLO SI SONO CACCIATI RYAN ED ESPOSITO? Prima fanno il diavolo a quattro per convincermi a farli partecipare alle ricerche e dopo spariscono.-
 
-Aspetta! Vuoi spiegarmi perché siamo qui?-
Castle cerca di fermare Stan, ma senza successo. Anche con il dolore alle costole è già arrivato correndo davanti al laboratorio del dottor Jensen, ma riesce a prenderlo per un braccio e bloccarlo.
-Stan, che vuoi fare?-
-Non preoccuparti Richard, vieni.-
Apre la porta senza bussare e si precipita davanti alla scrivania del dottore, che alza la testa da un fascicolo sussultando, non aspettandosi l’irruzione dell’avvocato. Sta per urlargli di andarsene, ma quando nota le ferite sul viso, sgrana gli occhi.
-Misericordia! Cosa… cosa le è successo?-
-Quello che succederà a lei, se non fa qualcosa.-
-Signor Corbin, pensavo di essere stato chiaro…-
Stan non lo fa finire.
-Anche i tipi che mi hanno pestato in mezzo alla strada sono stati chiari, molto chiari. Io non ci sto dottor Jensen. Io non gli permetterò di avere voce in capitolo nella mia vita, nel mio lavoro, nelle mie scelte. Non sono venuto qui a minacciarla o a spaventarla. Sono qui per avvertirla. Vivrà sempre nel terrore di vedere uno dei suoi figli parlare con uno sconosciuto per strada, avrà paura di mandare sua moglie al supermercato, dovrà correggere altre autopsie e non prenderà mai più un altro cane. E’ questo che vuole? Beh, io non ci sto a vivere con una spada di Damocle in bilico sulla mia testa. Andrò dal giudice e riuscirò a convincerlo ad ordinare un’altra autopsia, questo significa che lei verrà coinvolto lo stesso, suo mal grado. Volevo solo che lo sapesse nel caso dovesse ricevere un'ingiunzione dal tribunale. Forse non mi posso fidare di nessuno come dice lei, ma posso fidarmi di me stesso e della mia coscienza. Le auguro buona fortuna dottor Jensen, mi creda, ne avrà bisogno!-
Esce com’è entrato, a passo svelto e senza salutare, mentre Castle resta a guardare il medico, seduto alla sua scrivania. Capisce la paura che gli attanaglia il cuore. Capisce la paura che prova per la sua famiglia. Quell’uomo è disperato, è l’ennesima vittima di un essere che crede di essere dio e invece è solo… suo padre! Il dottor Mark Jensen è un altro colpo secco che aggiunge l’ennesima ferita al suo cuore. Esce dal laboratorio anche lui, richiudendosi la porta alle spalle piano, come se volesse rispettare la disperazione di un uomo onesto, costretto dalla paura ad essere una persona che non si piace.



Continua...



Angolo di Rebecca:

Un pò lunghetto questo capitolo!
Vabbè, compensa quelli più corti :p

Continuo a pensare che Martha sia una splendida donna...
(non parlo della mia ff, ma nel tf vero e proprio... io l'adoro... si era capito?)
E continuo anche a pensare che Rick non è ancora uscito dallo schock...
E continuo anche a pensare che Stan sia un uomo adorabile, anche con lo zigomo blu :)

 

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Capitolo 22
*** Il Ragno si Avvicina ***



...Castle resta a guardare il medico, seduto alla sua scrivania.
Capisce la paura che gli attanaglia il cuore. Capisce la paura che prova per la sua famiglia.
Quell’uomo è disperato, è l’ennesima vittima di un essere che crede di essere dio e invece è solo… suo padre!
Il dottor Mark Jensen è un altro colpo secco che aggiunge l’ennesima ferita al suo cuore.
Esce dal laboratorio anche lui, richiudendosi la porta alle spalle piano, come se volesse rispettare la disperazione di un uomo onesto,
costretto dalla paura ad essere una persona che non si piace...



 

La Resa Dei Conti


*
Il Ragno si Avvicina
*
21° Capitolo 

 

 

-Il nostro primo cittadino era proprio mortificato al telefono.-
Il governatore Jordan mostra ampliamente la sua soddisfazione per la telefonata con il sindaco.
-Ho rimarcato il fatto che lui ne uscirà distrutto, se la Beckett non verrà trovata al più presto. Si è scusato dicendo che non avrebbe mai immaginato potesse fare una cosa del genere e che crede fermamente nella sua innocenza. Poveretto! Quando Beckett verrà uccisa senza essere stata scagionata, lui sarà costretto a dimettersi. Pensa che fortuna. Potremmo mettere al suo posto un sindaco più accomodante di lui.-
Lucas lo ascolta, ma a differenza sua, non è tranquillo, anzi appare molto preoccupato. E il suo viso si fa ancora più cupo quando rispondendo al cellulare, resta  in ascolto e richiude la chiamata senza aver detto una sola parola.
-Che succede Lucas?-
-L’avvocato Corbin è stato di nuovo dal medico legale e adesso sta andando in tribunale. Le botte evidentemente non gli sono bastate. La nostra fonte ha sentito che vuole richiedere una nuova autopsia e come se non bastasse i due colleghi della Beckett si sono appostati davanti casa del dottor Jensen… avremmo dovuto tagliargli la gola in un vicolo e lasciarlo dissanguarsi come un cane rognoso.-
Si alza e appoggia le mani sulla scrivania, sporgendosi verso Jordan
-Victor, se fanno un’altra autopsia, possono scoprire la dinamica dell’omicidio. E come se non bastasse, verrebbe meno la credibilità del dottor Jensen, che potrebbe vuotare il sacco. Dobbiamo agire contro di lui.-
Il governatore ha le mani incrociate sotto al mento, il suo viso è impassibile. Guarda Lucas e con la sua solita, irritante calma, gli fa segno di mettersi seduto.
-Seminare cadaveri per strada non è una buona idea, non in questo momento Lucas, perché non riesci mai a ragionare? A questo punto mandare qualcuno da Jensen confermerebbe i dubbi dell’avvocato Corbin. E poi vuotare il sacco su chi o cosa? Certo non su di noi! Noi non esistiamo Lucas, non siamo mai esistiti! Se non ha motivi precisi, il giudice non concederà mai il permesso per un’altra autopsia. Comincio a pensare che sia ora di smettere di giocare!
-Come intendi agire Victor?-
-Che la tenace Katherine sia scagionata o no, ormai non è importante. A questo punto il pericolo per noi viene da quei documenti. Ripeto, io sono sicuro che Beckett è a casa dello scrittore e che i documenti siano in mano loro.-
-Allora perché non li hanno ancora usati? Bastava andare da un giudice con quella roba e porre fine a tutto questo.-
-Non sanno di chi fidarsi a questo punto e non vogliono mettere in mezzo Montgomery. Pensaci Lucas. Dopo la sua morte nessuno di loro ha detto niente sul fatto che Roy avesse partecipato a degli affari sporchi 20 anni prima. Non vogliono coinvolgerlo. Lui le ha salvato la vita, l’ha protetta fino alla fine e lei non vuole tradirlo… che tenera… se non fosse stupido, potrei anche dire che tutto questo ha un che di poetico!-
-Quindi?-
-Quindi manda qualcuno a prelevare il pacco. Quando hai fatto ci mettiamo in macchina e facciamo un giretto fino al tribunale.-
-Vuoi davvero andare in tribunale?-
 -Puoi scommetterci… è arrivato il momento che il ragno smetta di seguire la mosca e cominci invece a stringere la ragnatela. Quei documenti saranno nelle mie mani prima di sera, mio caro amico.-
 
Stan è già seduto in macchina. Castle saluta Ryan, si mette alla guida e restano in silenzio per un paio di minuti, finché l’avvocato gli conferma che vuole andare  in tribunale.
-Sei sicuro Stan? Se ci spiano, andare dal giudice non è una buona idea, potresti essere di nuovo in pericolo.-
-Una ragione di più per farlo. Il mio compito è difendere Beckett e lo farò fino in fondo. L’autopsia è l’unica cosa a cui posso appigliarmi per una difesa. Davvero Richard, comincio ad essere stanco di questa storia.-
Castle sorride malinconico.
-Sei stanco di questa storia e ci sei dentro solo da quanto? 48 ore circa? Pensa a quanto possa essere stanca Kate che ci sta dentro da 13 lunghi anni.-
Stan lo guarda attentamente. Anche il suo amico è stanco, ma soprattutto è come abbattuto da qualcosa di più grande di lui, qualcosa che non ha niente a che vedere con la preoccupazione che sente per Beckett. Come se avesse un tarlo dentro al cuore che lo sta rosicchiando lentamente.
-Richard cosa c’è che non va? Oltre gli ultimi due giorni intendo!-
-Sono solo stanco, non ho dormito molto ultimamente.-
-Non è vero. Eri stanco anche due ore fa, ma i tuoi occhi non erano spenti. Stanchi si, ma non spenti. Ti conosco bene Richard e so che in queste due ore è cambiato qualcosa. Anche quella sparata tua e di Ryan sul procuratore. Sei sicuro che non devi dirmi niente?-
-Magari quando tutta questa storia sarà finita, ci facciamo 4 chiacchiere davanti ad una birra, come ai vecchi tempi. Ora non è il momento. Hai ragione tu, dobbiamo tirare Kate fuori dai guai, per quanto riguarda il procuratore… Beh! E’ solo una sensazione, quell’uomo non mi piace, l’ho incontrato un paio di volte al distretto mentre parlava con il capitano Montgomery e a pelle non mi è mai piaciuto. So che è irrazionale, ma… fidati del mio sesto senso, parla solo con il giudice Hemerson e con la Robinson.-
-Già! Sesto senso… diciamo pure che mi fido di te. Mi basta questo, per ora!-
Castle annuisce senza togliere lo sguardo dalle sue mani sopra allo sterzo. Lo tiene come se potesse scappare lontano dalla sua presa da un momento all’altro.
Così si sente, come uno da cui si deve scappare, perché qualcosa dentro di lui grida sporcizia. Se potesse, scapperebbe anche lui da se stesso per non restarne insozzato. Stan lo guarda in silenzio. Continua ad essere certo che il caso Beckett non c’entri niente con la sofferenza di Richard al momento, ma non insiste. Qualunque cosa sia, quando ne avrà bisogno, lui ci sarà per ascoltarlo e sostenerlo.
 
Il dottor Jensen si è chiuso in ufficio. Dopo la visita dell’avvocato Corbin, è rimasto seduto inerme, davanti alla sua scrivania a guardare la foto dei suoi tre bambini, scattata durante il compleanno di uno di loro. Jack ed Ester con il cucciolo in braccio, mentre Simon, il piccolino della famiglia e festeggiato di quel giorno, si lecca il dito che aveva sicuramente immerso nella panna della torta. Quel bastardino di nome Ronnie tra le braccia dei due più grandi, era stato il suo regalo di compleanno ed era diventato per lui un quarto figlio. Chiude gli occhi e sospira. Non riesce a togliersi dalla mente la vista di quel povero cucciolo sgozzato davanti alla sua porta e ringrazia mentalmente il cielo, che i piccoli al momento stessero dormendo. Quando aveva dato la notizia della morte di Ronnie, senza specificare il come, i bambini si erano rintanati nella loro stanza senza uscire per tutto il giorno. Fissa ancora la foto. L’avvocato Corbin ha ragione. Non avrebbe mai più preso un altro cane e non avrebbe più potuto continuare a vivere con la paura di tornare a casa e non trovare più la sua famiglia. Evidentemente lo conoscevano bene, sapevano che non si sarebbe lasciato corrompere, che avrebbe rifiutato sdegnosamente qualunque cifra, così avevano preso la strada più sicura: si erano ritorti sui suoi affetti, sulla sua vita e lì,  aveva dovuto incassare la sconfitta!
Prende il telefono e chiama casa sua. La voce dolce e spaventata della moglie lo raggiunge all’orecchio e lui stringe più forte la cornetta.
-Tesoro, tutto bene a casa?-
-Per il momento si. I bambini sono in camera a giocare. Mark, tu come stai?-
-Io… io non ci riesco Rose, io devo fare qualcosa. Oltre che spaventato, mi sento anche sporco. Io non ce la faccio.-
-Mark, noi siamo con te. Anch’io ho paura, ma così non possiamo vivere. Così non usciremo più di casa e non saremo al sicuro nemmeno qui. Qualunque cosa deciderai, noi saremo al tuo fianco.-
Il dottor Jensen chiude gli occhi e deglutisce, sente la gola secca, ma il cuore gli si apre alle parole della moglie. Se solo non ci fossero i bambini sarebbe tutto più semplice.
-Grazie Rose. Fidati di me. Ti amo amore mio!-
Chiude la telefonata sospirando. Guarda ancora la foto che ritrae le sue piccole pesti e sorride. Si toglie il camice, prende il cappotto e si avvia alla porta.
 
Ryan ed Esposito sono fermi davanti alla villetta del dottor Jensen già da mezz’ora, nel silenzio più assoluto. Esposito guarda fisso verso l’entrata del piccolo giardino, gli occhi attenti, le labbra serrate e le mani strette a pugno. Dopo aver lasciato Lanie a casa sua ed essersi assicurato che fosse più tranquilla, una volta salito in macchina, ha continuato ad avere la stessa espressione. Sarebbe bastato un non nulla per farlo esplodere.
-Javi…-
Comincia Ryan, ma lui lo blocca all’istante sollevando una mano di scatto.
-Per favore non dirmi niente!-
Ryan lo guarda per un paio di secondi senza fiatare, il suo sguardo è sempre fisso sulla casa. E’ primo pomeriggio, il sole è alto nel cielo e davanti a loro c’è un delizioso giardino pieno di giochi e una cuccia vuota. Dovrebbero esserci tre bambini a correre in quel giardino, uno di loro dovrebbe usare la bicicletta e portarsi dietro il fratello più piccolo, mentre un cucciolo saltella abbaiando accanto a loro e la femminuccia dovrebbe dondolarsi felice sull’altalena, invece regna il silenzio assoluto. La casa sembra deserta. La paura tiene serrata la porta d’entrata. Esposito stringe i pugni con più forza, tanto che le nocche diventano bianche.
-Avrebbe potuto ucciderla!-
Ryan continua a non rispondere e abbassa la testa, ripensando a quello che è successo nelle ultime due ore.
‘Ehi Chica!’
Quando il telefono di  Esposito aveva squillato e aveva letto il nome della sua donna sul display, gli si erano illuminati gli occhi, ma poco dopo quegli stessi occhi, avevano mostrato paura e subito dopo rabbia. Nello stesso momento anche il suo cellulare aveva squillato e lui doveva aver fatto la stessa espressione del collega; un agente dell’unità rapine lo stava avvertendo dell’aggressione all’avvocato Corbin.
La voce arrabbiata di Esposito lo scuote, riportandolo alla realtà.
-Avrebbe potuto sgozzarla come ha fatto con il cucciolo di quei bambini. E’facile prendersela con chi non può difendersi. Non so come finirà questa storia, ma se riuscirò a mettergli le mani addosso, non resterà molto di lui da ammanettare e gettare in gattabuia, credimi!-
Neanche adesso Ryan ribatte, sa benissimo che, se in quel momento si fossero trovati davanti al governatore, Esposito lo avrebbe disintegrato a sangue freddo e lui gli avrebbe dato una mano. La rabbia e il dolore di Beckett l’hanno vissuta anche loro per tanto tempo, credendo di capirla, ma in realtà non lo avevano mai fatto fino in fondo. Non fino a quel momento. Non fino a quando, una sera di pochi giorni prima, non ci si sono ritrovati dentro con tutte le scarpe. Una traccia, un bar, una foto che ritrae tre poliziotti: Raglan, McCallister e Montgomery… il terzo poliziotto… il traditore… Non avrebbero mai dimenticato quel momento, lui non avrebbe mai dimenticato la rabbia del suo migliore amico, non avrebbe mai dimenticato la delusione sul suo volto. Non avrebbe potuto perché aveva provato le stesse identiche sensazioni. Rabbia e delusione per un uomo che ha insegnato loro ad essere bravi poliziotti. Rabbia e delusione per un uomo che hanno rispettato, ammirato ed amato. Esposito quella sera, aveva scaraventato Ryan contro un muro e lo aveva preso a pugni, perché non voleva accettare la verità e lui si era lasciato picchiare, proprio per riuscire ad accettarla. E’ vero, solo adesso capiscono in pieno la rabbia e il dolore di Kate, la sua ossessione per trovare giustizia e perché no, avere vendetta! Finalmente Ryan si decide a rispondere all’amico, quell’amico a cui ha permesso di picchiarlo solo per sopportare meglio un comune dolore.
-Castle è distrutto!-
Esposito si gira a guardarlo di scatto e i suoi tratti all’improvviso si distendono.
-Quando è venuto all’ospedale da Stan e gli ho detto che hanno minacciato anche Lanie avrebbe voluto sprofondare lì sul posto. Questa verità l’ha annientato, non riusciva nemmeno a guardare in faccia Stan, stava per fargli capire che adesso sappiamo l’identità del drago. Si sente in colpa per tutto quello che sta succedendo e mi dispiace tanto, perché non so come aiutarlo.-
Esposito riporta lo sguardo sulla villetta e il suo giardino deserto.
-Fermando il governatore, impedendogli di fare ancora del male. Kevin, qualunque cosa succeda questa storia è agli sgoccioli, è arrivato il momento di fermarlo e lui lo ha capito, per questo sta scalpitando e noi non possiamo fare altro che essere pronti a tutto. Per quanto riguarda Rick… possiamo solo stargli vicino e fargli capire che per la nostra squadra non è cambiato niente e che lui ne farà sempre parte.-
Ryan annuisce e sorride.
-Lui la definisce famiglia!-
Finalmente Esposito mostra mezzo sorriso.
-E ha ragione! Noi siamo una sola famiglia, ora più di prima.-
 
-Allora, destinazione Tribunale?-
Chiede Castle all’amico.
-Si, destinazione tribunale e la linea di arrivo è scagionare Kate Beckett.-
-Io lo capisco sai?-
Castle sospira e Stan lo guarda strano, perché invece non capisce la sua affermazione.
-Parlo di Jensen. Se minacciassero me, se mi picchiassero, reagirei come te. Mi arrabbierei e vorrei fargliela pagare. Ma se qualcuno minacciasse la vita di Alexis, sarei disposto ad uccidere, lo farei davvero Stan. Non lo puoi capire fino a che non hai tra le mani una vita che dipende da te.-
-E saresti capace di fare qualunque cosa anche per Kate!? Glielo dirai un giorno che l’ami? No sai, perché credo che sareste carini insieme.-
Sorridono contemporaneamente.
-Veramente lo sa già e hai ragione, siamo carini insieme.-
-Ahhhh, allora vedi che avevo ragione? E’ cambiato qualcosa!-
Lui annuisce e Stan gli mette una mano sulla spalla.
-Un motivo in più per scagionarla, sarebbe un peccato dovervi baciare attraverso le sbarre di una prigione, anche perché non potreste andare oltre. Sbrighiamoci,  il giudice Hemerson ha un’ora buca proprio adesso. Magari riesco a beccare sia lui che la Robinson.-
Dopo essersi rilassato in auto durante il tragitto, Stan si rende conto che le parti che credeva rimaste immuni dall’aggressione, stanno improvvisamente urlando. Così Castle lo aiuta a scendere e lo accompagna fino all’entrata del tribunale.
-Sei sicuro di farcela Stan?-
Gli chiede con fare paterno e sorridendo, sistemandogli la cravatta.
-Si mammina, grazie. Sono in grado di stare dritto adesso.-
Castle sta per rispondere alla battuta, ma una voce proveniente dall’entrata del tribunale, li blocca.
-Non ci posso credere… lei è Richard Castle! Incredibile. Lei è davvero Richard Castle!-
Rick alza gli occhi al cielo, un fan in questo momento è l’ultima cosa di cui ha bisogno, ma si volta comunque sorridendo. Sorriso che scompare immediatamente, quando incontra gli occhi dell’uomo che gli sta offrendo la mano con un sorriso immenso sul volto.
-Oggi è proprio il mio giorno fortunato, trovarmi faccia a faccia con il mio scrittore preferito! Richard Castle!-
Il governatore Jordan continua a tendere la mano sorridente e Castle lo guarda ammutolito e completamente paralizzato. Stan gli dà una gomitata sul braccio, solo allora sembra risvegliarsi e tende anche lui la mano, che viene avvolta da una stretta poderosa.
-Non sono inopportuno vero? Mi scusi, ma non mi è mai capitato di incontrarla e sono un suo fan sfegatato, spero per me, di non avere bisogno di presentarmi.-
Continua il governatore, sempre sorridendo.
-Certo… che no. Risponde Castle. Chi…  non conosce la faccia del nostro… governatore, anche solo per averlo visto in tv.-
Jordan continua a mostrare i denti, splendidamente bianchi e Castle ritira la mano in fretta, con il pretesto di presentare il suo amico.
-Santo cielo signor Corbin, cosa le è successo alla faccia?-
Rick sente che lo stupore di trovarsi faccia a faccia con quell’uomo, sta lasciando il posto ad una crescente rabbia, fare dello spirito, chiedendo a Stan cosa è successo alla sua faccia!
-Niente di grave signore, ho avuto solo un piccolo incidente.-
-Meno male, sembra non sia nulla di serio! Signor Castle mi permetta di offrirvi un caffè, non posso lasciarmi sfuggire quest’occasione, vi prego, mi piacerebbe fare quattro chiacchiere con voi. Ho 10 minuti di libertà e non posso proprio lasciarla scappare!-
In che senso non può lasciarmi scappare?
Castle si sente attorcigliare lo stomaco, lo sente di nuovo pieno di candelotti di dinamite pronti ad esplodere.
-Veramente dovremmo andare, abbiamo un appuntamento e…-
Stan lo interrompe.
-Io ho un appuntamento Richard e il governatore Jordan di sicuro ha piacere a parlare con te più che con me… sei tu lo scrittore! Io vado, ma tu resta pure amico mio. Non capita tutti i giorni di prendere un caffè con il governatore in persona!-
L’espressione di Rick è al momento indescrivibile, perchè uno dei candelotti che ha dentro lo stomaco è appena esploso e gli ha distrutto il fegato, mentre Stan si congeda con un sorriso, lasciando inconsapevolmente l’amico in compagnia… del drago!
 
Stan indugia dietro la porta chiusa dell’aula, dentro la quale la signora Robinson ha in corso un’udienza. Dopo circa una ventina di minuti, finalmente il sostituto procuratore esce dall’aula. Stan le va immediatamente incontro, ma lei non si ferma e lui allunga il passo per starle dietro.
-Signor Corbin, come mai da queste parti? Hanno rintracciato la sua cliente?-
Chiede continuando a camminare spedita e con un pizzico di ironia nella voce.
-No, la mia cliente è ancora una fuggitiva, ma io sto dietro ad una buona traccia per dimostrare la sua innocenza.-
-Ma davvero? Sa, all’inizio ero restia a pensarla colpevole, ma dopo la sua fuga…-
Si ferma di colpo perché lo ha finalmente guardato in volto.
-Cosa le è successo?-
-Ah, se ne è accorta! Credevo che le ferite fossero sparite all’improvviso, sa… come per magia… puff!-
-Mi scusi, è solo che sono di fretta e la verità è che non l’ho guardata prima. Davvero, cosa ha fatto?-
-Se mi fa la cortesia di perdere dieci minuti di tempo e venire con me dal giudice Hemerson, la metto al corrente di tutto.-
La Robinson lo guarda dritto negli occhi.
-Mettermi al corrente di cosa? E che c’entra il giudice Hemerson con quello che è successo alla sua faccia!-
-Sto per chiedere al giudice un mandato per ripetere l’autopsia sul corpo di Freeman e mi creda, la mia faccia ha il suo valore in questa richiesta.-
La Robinson solleva un sopracciglio e aspetta, ma quando Corbin resta in silenzio a guardarla serio, lei sospira.
-Vuole far ripetere l’autopsia? E su quali basi?-
-Venga con me dal giudice e lo saprà!-
La signora Robinson solleva la mano in senso di diniego.
-Se dicessi una cosa del genere al mio capo, mi ucciderebbe. Il procuratore non accetterà mai.-
-Scusi se glielo faccio notare, ma non è al procuratore che sto parlando e non è lui a decidere, ma il giudice.-
-Ho un’altra udienza fra mezz’ora e devo ancora pranzare, perciò non ho tempo per qualcosa che non ha senso!-
-Se riuscissi a darglielo un senso? La prego. Non posso fare la mia richiesta senza la presenza della controparte. E non ho nemmeno il tempo di prendere un appuntamento formale. Il giudice Hemerson è nel suo ufficio e al momento è libero, ed è stato tanto gentile da accettare di vederci, se lei fosse stata d’accordo. Dieci minuti signora Robinson. Mi dia la possibilità di dimostrare che il detective Beckett è innocente. So che ha lavorato con lei qualche volta e che la stima. Non può credere veramente che si sia macchiata di questo crimine.-
-Signor Corbin, quello che credo io non conta. Se qualcuno volesse farmi del male o ne facesse alla mia famiglia, anch’io potrei uscire fuori di testa.-
-Abbiamo già perso tre minuti.-
Risponde lui sicuro e la Robinson ricomincia a camminare.
-Dieci minuti. E non faccia arrabbiare Hemerson, perché poi si sfoga in aula!-
Stan sorride e le va dietro, facendole un segno di ringraziamento con il capo.




Continua...



Angolo di Rebecca:

Il governatore si è stancato di giocare...
Esposito è proprio arrabbiato...
Il dottor Jensen è arrivato ad una decisione...
Stan è convinto che la Robinson e il giudice Hemerson lo aiuteranno...
e...
Victor Jordan è un fan sfegatato di Richard Castle!?

Ok... meglio che scappi!
Ciaoooooo

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Capitolo 23
*** Carte in Tavola ***



...Io ho un appuntamento Richard e il governatore Jordan di sicuro ha piacere a parlare con te più che con me… sei tu lo scrittore!
Io vado, ma tu resta pure amico mio. Non capita tutti i giorni di prendere un caffè con il governatore in persona!
L’espressione di Rick è al momento indescrivibile, perchè uno dei candelotti che ha dentro lo stomaco
è appena esploso e gli ha distrutto il fegato, mentre Stan si congeda con un sorriso,
lasciando inconsapevolmente l’amico in compagnia… del drago!...



 

La Resa Dei Conti


*
Carte in Tavola
*
22° Capitolo 


 

-Dopo la pioggia di ieri, non mi aspettavo un pomeriggio così mite e soleggiato! Vogliamo accomodarci ad uno dei tavolini fuori… Che ne dice?-
Chiede Jordan sempre con il suo sorriso smagliante sulle labbra e Castle, ormai senza via d’uscita da quella situazione, annuisce sforzandosi di sorridere di rimando.
-Cosa prende Richard? Posso chiamarla Richard?-
Anche in questo caso Castle annuisce solamente. Non riesce a tirare fuori la voce, mentre invece il suo cervello continua a lavorare frenetico.
Grazie Stan…  mi mancava prendere un caffè con il governatore della città di New York… Chissà che faccia faresti sapendo che lui è ‘Il Drago’…
No… meglio… Chissà che faccia faresti sapendo che sto per prendere un caffè con ‘Mio Padre’…
Ecco che un altro candelotto di dinamite esplode dentro le sue viscere, ma stavolta sta devastando un’area maggiore intorno al fegato. Non riesce a pensare  che  sia una coincidenza il fatto che l’uomo che ha davanti, si sia trovato all’entrata del tribunale, proprio mentre lui e Stan stavano arrivando.
Ok Rick, devi mantenerti calmo e distaccato. Fingi di non capire il perché di questa conversazione, almeno fino a quando non capisci cosa realmente sa il governatore e cosa invece vuole sapere. Il fatto che siete seduti uno di fronte all’altro, significa solo che il drago vuole sapere qualcosa da te, o peggio ancora, vuole qualcosa da te. Attento Rick! Lo stai fissando storcendoti le dita! Questo non va per niente bene, devi restare calmo, non devi mostrarti nervoso. Non hai nessun motivo di essere nervoso, almeno questo deve pensare lui. Guardalo con quale freddezza ti osserva in silenzio da un paio di minuti, mentre tu che fai? Parli con te stesso e non ti accorgi che la sua tranquillità non fa altro che aumentare la tua agitazione!
-Tutto bene Richard? Mi sembra agitato!-
Chiede il governatore sollevando un sopracciglio.
-No signor Jordan… è solo che non mi aspettavo che avrei avuto l’onore di parlare con il governatore in persona e soprattutto che lei fosse un mio fan!-
-Invece è così, nei piccoli ritagli di tempo libero, sono riuscito a leggere tutti i suoi libri! Allora Richard, cosa le offro?-
-Un caffè andrà benissimo, grazie!-
Magari con una boccettina di ansiolitici dentro, vista la situazione!
Il governatore Jordan ordina due caffè e poi incrocia le mani sul tavolino, sporgendosi di poco, per avvicinarsi di più al suo ospite.
-Dopo tutti questi anni, non sono ancora riuscito a capire perché ha ucciso Derrick Storm! Ma devo ammettere che la saga di Nikki Heat è di gran lunga superiore. Non vedo l’ora che esca il suo nuovo capolavoro. Ho visto la campagna pubblicitaria. Il titolo è Heat Rises, se non sbaglio.-
Quest’uomo legge davvero i miei libri, o ha fatto un riassunto globale per potere attaccare discorso con me senza dare nell’occhio?
-Non sbaglia!-
Risponde Castle, fingendosi compiaciuto, mentre la cameriera porta i caffè.
-Chissà se la vicenda della sua musa ispiratrice aiuterà le vendite o le farà calare ancora prima di cominciare!-
Anche stavolta Castle non risponde, corruga la fronte fingendo di non afferrare l’allusione, ma sa che tra un po’ il drago lancerà un getto di fuoco che lo incenerirà al primo colpo.
-Voglio dire, la donna a cui lei si è ispirato in tutti questi anni, al momento si trova un pochino nei guai! Accusata addirittura di omicidio! Avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione così… sgradevole?-
Non bastava la dinamite nel mio stomaco, il mio io interiore mi sta sussurrando che sta per esplodermi una bomba in faccia.
-La situazione è certamente sgradevole, ma non per me, è sgradevole per Kate, visto che non è colpevole. Il detective Beckett non ha ucciso nessuno.-
-Allora perché è scappata? Una persona innocente non fa una stupidaggine del genere! Specie se è un poliziotto.-
Castle osserva il suo interlocutore. Mentre pronuncia la domanda i suoi occhi si sono chiusi fino a diventare due fessure, come a volere scrutare dentro il suo cervello.
-Perché è stata incastrata dall’assassino di sua madre. Hanno tentato di ucciderla e non essendoci riusciti, l’hanno incastrata per toglierla di mezzo comunque.-
Risponde con un tono di voce più tagliente di quello che avrebbe realmente voluto, il governatore sorride annuendo, lasciando cadere la discussione nel nulla e cambiando improvvisamente discorso.
-Lei somiglia molto a sua madre, sa?-
La bomba… lo sapevo! Ecco che innesca il detonatore.
Perché sta facendo un’affermazione del genere? Solo per chiacchierare o per provocare? Non può sapere la verità! Non è una novità che siamo spiati dall’inizio, può essere al corrente solo di Kate… no… un momento… i documenti! Montgomery li ha nascosti per anni e lui deve sapere della loro esistenza, ecco perché mi ha cercato… solo questo può spiegare la sua presenza qui davanti a me, ma di certo non può sapere che siamo… oddio… non riesco nemmeno a pensarlo, figuriamoci a dirlo! Padre e figlio, noi due siamo padre e figlio! No, lui non può saperlo, allora perché nominare mia madre!
-Come fa a dirlo? Conosce mia madre?-
Risponde con un filo di voce. Jordan mette un po’ di zucchero nel suo caffè, mescola lentamente la bevanda con il cucchiaino, senza togliere gli occhi dal viso di Castle, che cercando di mantenere un contegno, sta facendo la stessa cosa.
-Si l’ho conosciuta quando non era ancora famosa. Il suo cognome è Castle adesso, ma non è un segreto per nessuno che lei è figlio della grande Martha Rodgers. Una famiglia di artisti! Com’è strana la vita… Ero anche un suo fan, donna splendida e attrice sublime. Le ha mai detto di essere stata amica dell’attuale governatore?-
Comincia il conto alla rovescia…
Castle deglutisce, sente il terreno mancargli sotto i piedi e per un attimo una vertigine gli impedisce di sentire cosa dice l’uomo davanti a lui.
Tu sei mio padre!
E sei un criminale… 
Non uno qualunque, sei il criminale che ha ucciso la madre della donna che amo… 
Sei un assassino e… 
Sei mio padre!
La vertigine svanisce e lui riesce a rispondere cercando di controllare il tono di voce, mentre i suoi pensieri si rincorrono ripetendo la stessa cantilena.
-No, non sapevo che mia madre avesse conoscenze così importanti.-
-Oh, è stato un secolo fa, eravamo due ragazzini, eravamo ancora entrambi sconosciuti al mondo. Forse non si ricorda nemmeno di aver conosciuto il giovane Victor Jordan.-
Si ricorda invece… eccome se si ricorda!
Castle sorride, o almeno cerca di farlo,  prende la tazzina e l’avvicina alle labbra.
Jordan posa il cucchiaino sul piattino, ma invece di bere il caffè, allontana la tazzina lateralmente e poggia di nuovo le mani incrociate sul tavolino. Si sporge ancora verso Castle, che ora sta bevendo e…
Il timer si è azzerato…
-So con certezza assoluta che Katherine Beckett è nascosta a casa sua!-
Esplosione avvenuta, vittima dilaniata! 
Castle tossisce perché il caffè improvvisamente ha deciso di andare giù di traverso e non per la normale via retta, si asciuga le labbra con il tovagliolo, più per prendere tempo che per altro e sgrana gli occhi puntandoli sul viso di Jordan.
-Non… non riesco a capire cosa voglia dire?-
-Lo capisce benissimo invece. Richard arrivati a questo punto, è del tutto inutile perdere tempo in fastidiosi convenevoli. So per certo che la fuggitiva si nasconde da lei. Non solo. So per certo che ormai sapete chi sono realmente, per questo è rimasto meravigliato quando sono apparso davanti al tribunale, non si aspettava di vedermi scendere in campo, ma sono stato costretto, perché se voi adesso sapete chi sono, vuol dire che siete in possesso di qualcosa che mi appartiene.-
Si sporge ancora verso di lui, tanto da essere ad una decina di centimetri dal suo naso
-Documenti importanti e compromettenti, per esempio!-
Castle non riesce a respirare. Negare sarebbe inutile, se non fosse sicuro di sé, il governatore non avrebbe mai rischiato grosso in prima persona. Jordan lo osserva, come il lupo osserva l’agnello prima di aggredirlo per scannarlo.
-Mettiamola così Richard. Lei e Katherine avete qualcosa che mi appartiene e che, ovviamente, rivoglio indietro, ma…-
Lascia a metà la frase e, sorridendo amabilmente, si allontana di poco dal viso del suo interlocutore, lo fissa per un paio di secondi e poi continua calmo.
-Ma… io ho qualcosa che appartiene a voi e che, sicuramente, rivolete indietro.-
Hai qualcosa che appartiene a noi?! 
Il cuore gli si ferma per un attimo.
Cosa puoi avere in mano per ricattarci? Perché è questo che stai per fare. Un ricatto!
-Di che documenti parla, davvero non capisco!-
-I documenti che per anni hanno tenuto Katherine, Roy e la sua famiglia al sicuro dal drago… i documenti che il caro Montgomery, una volta deciso di immolarsi per la sua pupilla, ha lasciato al distretto, dentro uno degli armadietti dello spogliatoio, indirizzando il plico a lei.-
Sai anche dell’armadietto al distretto!
Castle deglutisce vistosamente e il governatore si ritrae, si mette a sedere comodamente, accavallando le gambe e beve il caffè tutto in un sorso, osservando il suo ospite soddisfatto.
Anche Castle lo sta osservando. Il governatore Victor Jordan appare sicuro di sé, con uno sguardo accattivante, un viso simpatico, un sorriso rassicurante. Se non sapesse chi si nasconde dietro quella facciata, anche lui ne resterebbe affascinato. Si sente percorrere da un brivido, perché chi lo conosce, dice di lui la stessa cosa: che riesce ad affascinare chiunque. Rabbrividisce al pensiero che possa avere qualcosa di somigliante con quell’uomo. Improvvisamente sente di dovere scendere nella parte. Capisce che se lui è arrivato al punto di uscire allo scoperto, non è poi così sicuro di sé, ma ha paura.
Certo che hai paura, quei documenti manderebbero in rovina mezza città!
Si sistema la giacca e incrocia le mani sul tavolino sporgendosi verso il governatore, come ha fatto lui poco prima.
-D’accordo! Visto che stiamo mettendo le carte in tavola, cosa sarebbe questo qualcosa che ci appartiene?-
Chiede Castle e Jordan sorride sornione, mentre prende il cellulare, compone un numero e aspetta.
-Lucas! Vuoi cortesemente passarmi il nostro illustre ospite?-
Porge il telefono a Castle e guarda verso la sua auto, facendogli capire che Lucas e l’illustre ospite si trovano lì a due passi da loro, ma non può vederli per via dei vetri oscurati.
-Pronto!-
Mentre lo dice, il suo cervello cerca freneticamente di capire chi risponderà.
-Rick!-
La voce all’altro capo del telefono gli gela il sangue nelle vene. Chiude gli occhi e deglutisce ancora.
-Jim! Sta bene?-
-Si Rick, io sto bene, ma Katie!? Rick, qualunque cosa vogliano da lei…-
Non riesce a finire la frase, perché qualcuno interrompe la comunicazione. Jordan si riprende il telefono.
-Come ha fatto? La polizia lo teneva d’occhio!-
Chiede Castle con le mascelle serrate, mentre Jordan risponde con un tono melenso.
-Già! Chissà come ho fatto? O sono degli incompetenti, o quando i miei collaboratori lo hanno prelevato da casa, gli agenti stavano guardando da un’altra parte!-
Non potete fidarvi di nessuno!
Il dottor Jensen ha ragione. Chissà quanti, tra le forze dell’ordine, lavorano per lui soltanto e non per la città!
-Il patto prevede questo. Continua tranquillo il governatore, mettendosi il telefono in tasca. Voi mi consegnate i documenti e io vi consegno Jim Beckett integro, sano e salvo; conosco ogni singola pagina, perciò vedete di non fare mancare niente. Dopo di che io mi dimentico della vostra esistenza e voi vi dimenticate della mia. Vede Richard, senza quei documenti non potete nulla contro di me, perciò potrei non avere nessun motivo di uccidervi tutti e scatenare un polverone. E anche se ormai conoscete la mia identità, sono sicuro che Katherine lascerebbe perdere le indagini, soprattutto per tenere al sicuro il suo scrittore preferito, proprio come ha fatto Roy Montgomery in tutti questi anni con lei.-
Jordan continua a mostrare un’espressione gioviale, chiunque li sta osservando da lontano, può pensare solo che quei due uomini seduti al sole a sorseggiare un buon caffè, stanno chiacchierando amabilmente del più e del meno.
-Richard se doveste ricominciare ad indagare per arrivare comunque a quei conti e alle informazioni riportate sul libro nero, lei e Katherine ricordate sempre che io  so dove abita, che in casa con lei non c’è solo la mia amica Martha, ma anche una ragazzina adolescente che mi dicono sia molto, molto carina.-
Castle serra ancora le mascelle e i suoi occhi diventano freddi.
-E’ strano come l’espressione del viso di un uomo possa cambiare improvvisamente, quando qualcuno minaccia l’incolumità dei suoi figli. Vorrebbe strozzarmi in questo momento, non è vero Richard?-
-Come l’espressione di terrore sul viso di una brava persona come il dottor Jensen?-
Castle non riesce a trattenersi dal rispondere, la rabbia si sta diffondendo in ogni cellula del suo corpo.
-Già! Il dottor Jensen… Il suo amico Corbin non ha capito bene il messaggio che gli è arrivato assieme ai pugni, ma non otterrà niente comunque dal giudice Hemerson, non senza una deposizione di Jensen… e Jensen ama troppo i suoi bambini... e lei Richard? Lei quanto ama sua figlia?-
Sorride soddisfatto, abbassando gli occhi grigi e freddi sulle mani di Castle, ora strette a pugno sul tavolino; occhi che mostrano il suo godimento nel constatare come un uomo possa essere ridotto a niente con una misera minaccia contro i propri figli.
-Ringrazio il cielo di avermi illuminato e di non aver permesso che potessi avere una famiglia; senza legami di sangue si ragiona con maggiore lucidità, si è incolumi da ogni tipo di sentimento.-
Incolume! Tu sei incolume dall’amore per un figlio!
Qualcosa nel suo stomaco è esploso per l’ennesima volta e adesso ha davvero distrutto tutto quello che c’era da distruggere. Adesso non è rimasto niente, solo dolore, fitte ed incapacità di riprendere a respirare in maniera normale.
-Sono le 4 del pomeriggio Richard. Andare a casa, parlarne con Katherine, prendere i documenti e venire a portarmeli. Quanto tempo vi serve? Facciamo così, io sono una persona molto ragionevole, capisco che ci vorrà un po’di tempo per riorganizzare le idee. Vediamo… questa sera verso le nove può andare bene? Li consegnerà al mio amico Lucas, al parco vicino al laghetto dove una volta c’erano quei meravigliosi cigni… un posto per così dire… romantico!-
-Niente affatto signor governatore.-
Castle si è improvvisamente ridestato dall’incendio dentro alle sue viscere, si sporge ancora di più verso il viso di Jordan e con molta calma prende in mano le redini del gioco.
-Io le porterò i documenti, ma non al parco e non al suo amico Lucas. La consegna avverrà a modo mio, dove dico io e con lei presente.-
-Forse non mi sono spiegato…-
Inizia Jordan, ma Castle lo interrompe bruscamente, sventolando la mano davanti a lui.
-No, no. Si è spiegato e anche benissimo! E ora cerco di spiegarmi pure io. Crede davvero che consegnerei quei documenti al suo tirapiedi, in una zona solitaria del parco, di sera, al buio per finire nel laghetto con la gola tagliata? Non sono stupido e nemmeno disperato fino a questo punto.-
-Sta scherzando non è vero?-
-Mai stato tanto serio! Lei è disperato quanto me signor governatore, quei documenti possono distruggere lei, ma possono disturbare anche gente molto pericolosa, più pericolosa della prigione. Lei vuole quei documenti più di ogni altra cosa al mondo, proprio come io voglio che Jim Beckett torni a casa con me e che lasci in pace Kate una volta per sempre.-
-Lei sta scherzando con il fuoco Richard!-
-Anche lei signor governatore! Per questo faremo a modo mio. Lei sarà così gentile da invitarmi nella sua residenza. Le consegnerò i documenti e lei mi lascerà andare via con il signor Beckett, dopo di che noi ci dimenticheremo della sua esistenza e lei si dimenticherà della nostra.-
-Crede davvero, se la mia intenzione fosse uccidervi, di avere più possibilità venendo a casa mia?-
-Sarebbe difficile spiegare un cadavere nella residenza del governatore, specie il cadavere di uno scrittore famoso. E ancora più scomodo sarebbe spiegare due cadaveri, lo scrittore e il padre di un poliziotto assassino e fuggitivo. Come lo giustificherebbe?-
Il governatore lo sta osservando serio. Castle spera di notare un suo cedimento, un momento in cui la sua sicurezza sembri vacillare, ma lui non demorde.
-Lei crede di stare vivendo dentro uno dei suoi romanzi? Stia attento Richard, perché il finale qui lo scrivo io, come ho sempre fatto.-
-Mi spiace per lei, ma stavolta sarà un finale che scriverà con qualche correzione da parte del suo scrittore preferito!-
Risponde Castle sicuro di sé. I tratti di Jordan, fino a quel momento corrucciati, si distendono nuovamente mostrando un sorriso beffardo.
-Lei mi piace Richard! Sono curioso di conoscere la sua trama… A casa mia questa sera alle 9.00, ma si ricordi di portare anche Katherine, non vedo l’ora di trovarmi faccia a faccia con la mia eroina!-
Si alza dal tavolo e si abbottona la giacca, mentre lo squadra dall’alto.
-Alle nove Richard. Ogni minuto di ritardo, provocherà la perdita di un alito di vita per Jim Beckett… lo farò a pezzi con le mie mani e ve lo farò recapitare direttamente a casa.-
-Oh… Non ne dubito signor governatore!-
Risponde Castle fissandolo negli occhi.
-E’ stato un piacere Richard!-
Jordan si avvia all’auto, apre lo sportello quanto basta perché lui, rimasto al suo posto, possa vedere all’interno Jim Beckett seduto tra due uomini. Il governatore fa un cenno di saluto con la mano e sale in macchina, che lentamente diventa un puntino nero e lucido che scompare ai suoi occhi.



Continua...




Angolo di Rebecca:

Il governatore non perde un colpo, Rick invece ha perso dieci anni di vita
(vorrei dire che ha anche perso qualche chilo, ma... purtroppo non ho questi poteri!)
però poi alla fine si è un pò ripreso, ha tenuto testa a Jordan...
anche se comunque la situazione non è splendida!
Alla fine: papà drago - Riccardone figlio  1 - 1 

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Capitolo 24
*** Un Peso sul Cuore ***



...Già! Il dottor Jensen… Il suo amico Corbin non ha capito bene il messaggio che gli è arrivato assieme ai pugni,
ma non otterrà niente comunque dal giudice Hemerson, non senza una deposizione di Jensen…
e Jensen ama troppo i suoi bambini...
e lei Richard? Lei quanto ama sua figlia?...



 

La Resa Dei Conti


*
Un Peso sul Cuore
*
23° Capitolo 


-Spero per lei, avvocato Corbin, che sia veramente urgente. E’ pomeriggio ed io non ho ancora fatto colazione e il pranzo sembra un’utopia!-
Esordisce secco il giudice Hemerson, continuando a leggere la montagna di carte che ha sulla scrivania.
-Ma dalla sua telefonata sono sicuro che mi farà perdere tempo.-
Nello stesso momento, sempre con il naso in mezzo alle scartoffie, solleva la mano a mezz’aria, facendo segno ai due ospiti di accomodarsi.
-Sono curioso di sapere che richiesta ha da fare per il caso Becke…-
Stavolta non finisce la frase, perché nello stesso momento in cui Corbin e la Robinson si siedono sulle poltroncine di fronte a lui, solleva finalmente lo sguardo.
-Cosa diavolo ha fatto alla faccia?-
Chiede seriamente preoccupato. Sono passate un paio d’ore dall’aggressione e l’occhio di Stan è diventato color melanzana, mentre lo zigomo su cui ha avuto i punti, si è un po’ gonfiato sotto alla medicazione, per non parlare del labbro spaccato, diventato anch’esso violaceo e del polso vistosamente ingessato.
-Ho avuto un… ehm… diciamo un contrattempo, ma possiamo parlarne dopo che le avrò esposto la mia richiesta per la difesa del detective Beckett?-
Il giudice si toglie gli occhialini e li poggia sulla scrivania, incrocia le mani e sospira.
-Sentiamo!-
Stan indugia un momento, guarda la Robinson e poi torna sul giudice.
-Voglio che venga autorizzata una nuova autopsia sul corpo di Alec Freeman.-
Dice risoluto all’improvviso, sporgendosi leggermente in avanti sulla poltroncina e facendo una smorfia di dolore col viso.
Il giudice resta invece appoggiato alla sua poltrona, senza fare una piega, picchiettandosi le labbra con gli indici incrociati tra loro.
-E su quali improbabili basi, lei vuole una cosa del genere? Anche perché, si rende conto che una richiesta del genere metterebbe in cattiva luce il lavoro di un professionista stimato come il medico legale che ha già analizzato il cadavere.-
-Certo che me ne rendo conto signor giudice e mi creda, non è mia intenzione gettare fango sulla reputazione di una brava persona.-
-Ma è quello che sta facendo, avvocato.-
-Giudice Hemerson, ho la certezza assoluta che il dottor Jensen ha subito delle minacce contro di sé e la sua famiglia ed è per questo che sono sicuro che il suo referto dell’autopsia è incompleto.-
Il giudice osserva sottecchi la Robinson.
-Non guardi me, signor giudice, ne so quanto lei.-
-Signor Corbin, continuo a pensare che mi stia facendo perdere tempo. Chi avrebbe minacciato il dottor Jensen e perché? Se lei avesse delle prove di quello che dice, avrebbe dovuto redigerle e farmele avere con la sua richiesta.-
-Non ho delle prove materiali purtroppo e non ho nemmeno il tempo di redigere una relazione e una richiesta legale, per questo sono qui e mi creda se non fosse importantissimo ai fini delle indagini, me ne starei in ospedale a riposare.-
Si tocca il torace, fingendo una fitta, cercando di accattivarsi la simpatia del giudice, che pare calmarsi un po’.
-D’accordo avvocato. Mi esponga la faccenda dal suo punto di vista.-
-Ho saputo da una fonte affidabile, che la notte dell’omicidio, mentre il dottor Jensen usciva di casa per andare a fare l’autopsia, ha trovato il suo cane sgozzato davanti alla porta di casa.-
-Mi dispiace molto per il cane, ma davvero non capisco cosa c’entri tutto questo con la sua richiesta.-
-Lo ha trovato sgozzato sullo zerbino. Non lo hanno avvelenato, non è stata opera di un vicino scocciato. Gli hanno tagliato la gola da parte a parte e glielo hanno lasciato sulla soglia di casa in un lago di sangue. Questa a me sembra una minaccia e nemmeno tanto velata, signore. Sono andato a parlarne con il dottor Jensen…-
-Lei ha importunato Jensen senza mandato e senza nessun motivo? Signor Corbin comincio davvero a perdere la pazienza!-
-Signor giudice mi faccia finire, per favore. Ho voluto parlare con lui in maniera ufficiosa per capire se i miei dubbi fossero fondati… e mi creda, lo sono! Lui, naturalmente non ha ammesso niente, ma era evidentemente imbarazzato e soprattutto terrorizzato. Hanno minacciato lui e la sua famiglia. E a questo punto entra in ballo la mia faccia.-
-La sua faccia? Cosa c’entra?-
Quando sono uscito dal suo laboratorio, sono stato aggredito da tre balordi. Dopo avermi picchiato, uno di loro mi ha detto all’orecchio di lasciare perdere il dottore e smettere di fare domande. Chiunque abbia incastrato Beckett, ci tiene tutti sotto controllo, conosce le nostre mosse e mi ha fatto seguire. Questo significa che comincia ad avere paura della verità. Quando hanno visto che sono andato da lui, hanno capito che ho dei sospetti e hanno cercato di spaventare anche me.-
-Lei sta rivolgendo delle accuse ben precise di cui non ha nessuna prova e vorrei ricordarle anche che la sua cliente al momento, è un attimino latitante.-
Stan da segni di impazienza, il dolore alle costole sta cominciando a farsi sentire davvero e il giudice sembra non riuscire a capire. Se solo potesse dirgli che ha visionato già il corpo di Freeman… sospira cercando di calmare sia l’impazienza, sia le fitte al torace.
-D’accordo, il detective Beckett ha fatto una cosa veramente stupida scappando, ma questa è un’altra storia. Non ho prove sulle minacce al dottor Jensen, ma sulle minacce a me si, la mia faccia testimonia per me ed io sono pronto a ripetere ogni cosa sotto giuramento.-
La signora Robinson gli mette una mano sul braccio.
-A noi dispiace per la sua aggressione signor Corbin, ma capisce anche lei che questa storia è alquanto strana.-
-Sta dubitando della mia parola? Crede che mi sia picchiato da solo per mettere in scena tutto questo?-
-Non mi permetterei mai di pensarlo e nemmeno il signor giudice, ma capisce che questa richiesta, senza prove, non sarà mai accettata dal procuratore.-
Stan non può fare a meno di ricordare le parole di Castle, sul suo sesto senso.
-Qui non c’è il procuratore. Tocca al giudice prendere una decisione sulla mia richiesta.-
-Signor giudice, chiedo scusa…-
La segretaria apre la porta interrompendo la discussione.
-Le avevo detto che non volevo essere disturbato.-
-Lo so signore, ma c’è un uomo che vuole parlare con lei subito. Sembra molto nervoso, ha detto che deve parlarle adesso, alla presenza dell’avvocato Corbin.-
Il giudice fa segno con la mano di lasciare passare, dando un’occhiata a Corbin, che si gira lentamente sulla poltroncina per guardare verso la porta e sgrana gli occhi sorpreso, quando vede entrare l’uomo nervoso.
-Dottor Jensen!-
-Io… io chiedo scusa signor giudice, ma avrei una testimonianza da fare… riguarda l’omicidio Freeman.-
Il giudice gli fa cenno di accomodarsi.
-Dottor Jensen, sa perché l’avvocato Corbin è qui?-
Lui annuisce, guarda Corbin e fa un mezzo sorriso.
-Ha ragione lei avvocato. Io non posso vivere con questo peso e questa paura addosso.-
Corbin risponde al sorriso mettendogli una mano sulla spalla e annuendo con orgoglio.
-E’ bello sapere di potere ancora avere fiducia nel genere umano!-
-Spero davvero di non dovermene pentire signor Corbin. Signor giudice, io sono pronto.-
Hemerson annuisce, guarda la Robinson per chiederle conferma di poter procedere e all’assenso della donna, fa segno al medico legale di accomodarsi.
-Dottor Jensen, devo avvertirla che qualunque cosa stia per dire a proposito di un caso su cui ancora sono aperte le indagini, non può restare per così dire… tra noi. Ogni parola che dirà in questa stanza deve essere messa a verbale, perciò ha diritto di chiamare il suo avvocato.-
Lui scuote la testa in senso negativo.
-Non mi serve un avvocato. Sono perfettamente cosciente di cosa può comportare questa mia testimonianza e sono disposto ad accettare qualunque punizione, devo solo togliermi questo peso dal cuore.-
Il giudice annuisce e chiede alla segretaria di far entrare il cancelliere, per mettere a verbale la testimonianza del dottor Jensen. Il cancelliere arriva dopo un paio di minuti, si sistema alle spalle del dottor Jensen e il giudice fa cenno al medico legale di procedere.
-La notte della morte di Alec Freeman, sono stato contattato dal detective Jason Nesbit, voleva assolutamente le prime analisi sul corpo, perché l’accusato era un poliziotto e voleva chiudere il caso in fretta. Quando sono uscito di casa, il mio cane era sullo zerbino, morto. Aveva la gola tagliata ed era immerso in un lago di sangue. Lì per lì non sono riuscito a capire, mi sono chiesto a chi dei miei vicini potesse dare fastidio un cagnolino così simpatico, tanto da sopprimerlo in un modo così crudele. Subito dopo ho sentito l’avviso dell’arrivo di una mail al mio pc. Ancora sconvolto, sono rientrato in casa pensando che arrivasse dal mio laboratorio, ma quando ho aperto la posta, mi sono ritrovato davanti la foto dei miei bambini, quella che tengo in ufficio. Sotto c’era scritta una frase:
Faranno la fine di Ronnie. Fa in modo che il cadavere di Alec Freeman non abbia niente da dire e il cagnolino sarà la sola vittima’.
Stavo ancora cercando di capire cosa significasse, che la mail è sparita.-
-Sta dicendo che qualcuno è entrato nel suo server, le ha mandato questa mail e poi l’ha fatta sparire?-
Il dottor Jensen deglutisce, chiude gli occhi e annuisce.
-Si signore. Ero terrorizzato, ho seppellito il cane e detto a mia moglie di chiudersi in casa e non aprire a nessuno.  Quando mi sono ritrovato davanti al cadavere, non ho potuto fare a meno di ricordare quella frase. Vedevo Ronnie sgozzato davanti alla mia porta… e quella fotografia… si passa la mano tra i capelli… ho fatto quello che mi hanno chiesto.-
-Sta dicendo che l’autopsia di Freeman poteva rilevare prove importanti per scagionare Beckett?-
-Si signore. Già ad occhio nudo, la traiettoria dei proiettili non coincideva con le accuse. Non avevo bisogno di fare alcuna misurazione per capire che i fori dei proiettili erano obliqui.-
-Questo cosa dimostrerebbe?-
Chiede Hemerson.
-Che Alec Freeman era già a terra a faccia in giù quando gli hanno sparato, non era in piedi e non voltava le spalle alla presunta assassina. E questo mi riporta alle analisi tossicologiche.-
-Cioè?-
-Sulla pelle di Freeman c’erano tracce labili di cloroformio, segno che era stato sedato e adagiato a terra a faccia in giù, solo dopo gli hanno sparato e lo stesso risultato ho trovato sulle analisi fatte al detective Beckett.-
-Questo avvalora la testimonianza della mia cliente, che ha giurato di essere stata sedata, anche se per pochi minuti.-
Si affretta ad affermare Corbin, il giudice annuisce e si rivolge ancora a Jensen.
-E queste analisi?-
-Quelle non si possono più controllare perchè le ho distrutte una volta uscite dal laboratorio e ormai non ce ne sarà più nessuna traccia, né sul cadavere, né sulla Beckett.-
Il giudice Hemerson si alza in piedi e si passa la mano sul viso.
-Non riesco a crederci. Dottore lei sa che rischia un’incriminazione penale?-
-Ne sono consapevole. Giudice Hemerson, convivo con questa paura e questo peso solo da 48 ore e non ne posso più. Non importa la pena, voglio solo che mandi qualcuno a casa mia per proteggere la mia famiglia, non chiedo altro.-
Stan lo rassicura.
-Non si preoccupi dottor Jensen. Ci sono già due amici che sorvegliano casa sua.-
Il dottore lo guarda stranito.
-Prima di venire qui, ho chiesto a due fidati amici poliziotti di tenere d’occhio la sua famiglia. Io non ho niente da perdere, ma non avrei permesso che succedesse qualcosa a lei o ai suoi cari per questo.-
Il dottor Jensen ha gli occhi lucidi e annuisce in segno di gratitudine.
-Signora Robinson? La procura come intende agire?- chiede Hemerson.
-Non ho nulla in contrario per una nuova autopsia. A questo punto dobbiamo appurare la verità!-
Il giudice annuisce.
-Ordinerò una nuova autopsia per questa sera, sotto la nostra supervisione, voglio anche fare visionare il suo computer, forse i tecnici riescono a risalire alla mail scomparsa e darò ordine al detective Nesbit di mettere la sua famiglia sotto sorveglianza e… per il momento non la metterò in stato di fermo dottor Jensen, sono certo che non ha nessuna intenzione di fare un viaggio fuori da New York!-
 
Castle non ha più mosso un muscolo dopo che il governatore se ne è andato. La sensazione che sente al momento, seduto ancora a quel tavolino del bar con il caffè ormai freddo, è la stessa provata a casa, mentre sua madre raccontava la sua storia. La loro storia! Immobile, con gli occhi fissi sulla mano destra che tortura insistentemente la mano sinistra, senza un apparente motivo. Una voce proveniente da un altro mondo, lo risveglia da quello stato catatonico.
-Desidera qualche altra cosa signore?-
Lui alza lo sguardo sussultando, tanto che la cameriera sussulta a sua volta.
-Mi scusi, non intendevo spaventarla!-
In effetti non era la voce a provenire da un altro mondo, era invece lui che si trovava in una dimensione parallela, perso nei meandri del suo cervello.
-Oh, non si preoccupi, ero solo sovrappensiero!-
La giovane donna sorride e mentre porta via le tazzine, ripone la domanda.
-Allora. Le porto qualche altra cosa?-
Castle si rende conto all’improvviso che è pomeriggio inoltrato e che non ha toccato cibo, dopo la deliziosa torta di mele offerta dalla madre di Timmy. Sente lo stomaco brontolare, anche se non è sicuro che sia per la fame; forse il motivo di quel brontolio ha a che fare con le esplosioni a catena subite dalle sue viscere nell’ultima mezz’ora.
-Un sandwich al prosciutto da portare via e il conto, per favore.-
-Glielo porto subito e per quanto riguarda il conto, è stato saldato! Il governatore ha provveduto a tutto.-
Risponde sorridendo la ragazza e Castle fa cenno con la testa per ringraziare.
Fantastico! Adesso mi va pure per traverso!
Lascia la macchina al parcheggio e decide di fare due passi a piedi per mettere a posto le idee. Nelle ultime ore la sua vita si è praticamente catapultata in uno dei suoi romanzi. Una trama strana, intrigata, ingarbugliata. Un bravo scrittore l’avrebbe districata al meglio, per giungere ad un finale adrenalinico si, ma soprattutto a lieto fine. C’è solo un piccolo particolare. Lui al momento, non si sente per niente un bravo scrittore. Non ha la più pallida idea di come continuare la storia, di come districarla, di come risolverla.
Si siede su una panchina all’ingresso del piccolo giardino comunale vicino al tribunale e scarta il sandwich; l’intenzione iniziale era sicuramente di mangiarlo, ma adesso che lo guarda, lo rigira tra le mani e si chiede il perché lo abbia ordinato. Sente un mugolio dietro di sé e si volta incuriosito.
Da sotto la panchina spunta il musetto umido di un bastardino.
-Ehi, piccolino. Vieni fuori, non avere paura!-
Il cagnolino esita un istante, ma l’odore che proviene dalle mani dell’uomo è troppo invitante. Esce da sotto la panchina e gli si piazza davanti, sedendosi ritto col musetto all’insù.
Castle non può fare a meno di sorridere, solleva la mano e lo accarezza sopra le orecchie. Di taglia piccola, bianco, con una pennellata di marrone attorno all’occhio destro e sulla punta della coda, sporco, senza collare, un po’ smagrito e due occhi da cucciolotto bisognoso d’affetto, ma tanto furbi.
-Sei in un mare di guai anche tu, vero amico?-
Il cagnolino mugola ancora, come a confermare la supposizione dello sconosciuto e resta lì fermo e ritto sulle zampette anteriori, passando lo sguardo vispo dal viso alle mani di Castle. Lui sorride ancora.
-Scusami, sono proprio maleducato. Vuoi favorire?-
Chiede dolcemente mostrando il panino. Il cucciolo alza la zampetta destra guaendo leggermente.
Castle  rompe un pezzetto di sandwich e glielo offre, lui lo prende e lo mangia con calma.
-Hai ragione, a stomaco pieno si ragiona meglio. Sai una cosa? Io ho davvero un enorme problema ed ho necessità di parlarne con qualcuno oppure esplodo!-
Rompe un altro pezzetto e lo porge al cagnolino che lo manda giù, sempre con calma e nello stesso tempo lo guarda dritto negli occhi, come se fosse veramente curioso di conoscere il problema del suo nuovo amico.
-Non mi dilungo a raccontarti tutta la storia sennò facciamo notte, sappi solo che un uomo molto cattivo vuole fare del male alla donna che amo e per questo ha rapito suo padre, per attirarla nella sua trappola.-
Il cucciolo solleva la zampetta, come se volesse incitarlo a continuare e aspettando anche un altro bocconcino, che ottiene prontamente.
-Il punto è, che se adesso vado a casa e dico a Beckett che il drago ha rapito suo padre, lei non mi fa nemmeno finire. Va da lui e lo ammazza a mani nude, senza nemmeno necessità di un’arma.-
Il cagnolino lo ascolta con interesse e si guadagna un altro pezzetto di cibo.
-Per non parlare del fatto che una volta lì, nella tana del drago, nella fortezza, con tutte le guardie che ci saranno, è plausibile che la peggio l’abbia lei!-
Il cucciolo risponde a modo suo e Castle annuisce dandogli ancora da mangiare.
-Posso sempre andare a casa, prendere i documenti di nascosto e con una scusa qualunque consegnarli al drago, senza dirle niente. Insomma le riporto il padre senza dirle niente del rapimento.-
Il bastardino prende l’ultimo morso di sandwich e appoggia la zampetta sulla panchina, sempre guardando Castle in faccia e con interesse.
-Hai ragione. E se poi le cose vanno male? Jordan non ci lascerà andare, ne sono certo! Se succedesse qualcosa a suo padre, Kate non mi perdonerebbe mai.-
Il cucciolo non gli toglie gli occhi di dosso. Il sandwich è ormai finito, ma lui non si muove. Torna a sedersi e resta fermo, con le zampette anteriori ritte e gli occhietti ancora più vispi. Castle continua ad accarezzarlo dietro la nuca e sorride.
-Quello che rende la cosa paradossale è che il governatore Jordan è… beh a te posso dirlo, non mi sembri uno che va a spiattellare in giro gli affari degli altri… vedi lui è mio padre. Lui ha già fatto uccidere la madre della mia Kate e adesso non posso permettere che faccia del male anche a suo padre. Non me lo perdonerei mai.-
Il bastardino salta sulla panchina e si accuccia accanto a lui, mugolando e leccandogli la mano.
-Ti ringrazio per la preoccupazione amico. Il panino è finito e tu potevi anche svignartela, invece stai qui ad ascoltare uno stupido che non sa che fare per alleggerire il peso che sente sul cuore. Questo significa molto per me, mi fa sentire meno solo.-
Il cucciolo gli mette la zampetta sulla gamba.
-Non posso permettere che Jordan giochi ancora con la vita di Kate e della sua famiglia. A questo punto è diventata una cosa personale.-
Il cagnolino mugugna ancora, come per assentire a quello che Rick gli ha appena detto
-Hai ragione, devo liberare Jim Beckett e devo usare la testa!-
Si alza e il cucciolo si mette seduto col musetto all’insù  per guardarlo in faccia.
-Grazie di avermi ascoltato. Mi sento molto meglio. Ora devo proprio andare.-
Gli dà un’altra carezzina sulle orecchie e si avvia verso l’uscita del giardino.
Il cagnolino scende dalla panchina e si mette a camminare dietro di lui, un paio di passi più indietro. Castle si volta e abbassandosi lo prende per le zampette anteriori.
-Mi spiace, non posso portarti con me. Davvero mi piacerebbe, ma non è possibile. Non sei tipo da appartamento e come se non bastasse, casa mia al momento e davvero troppo piena. Vorrei portarti con me, ma davvero non posso, devo risolvere un grosso problema. Scusami.-
Si incammina di nuovo verso l’uscita e il cucciolo resta fermo a guardarlo andare via. Castle si gira una volta a guardarlo e poi sparisce alla sua visuale, con il cuore gonfio. Quel cucciolotto lo ha trattato da amico e lui lo sta lasciando praticamente in mezzo alla strada con la scusa di non avere un posto dove tenerlo, perché al momento ha un problema molto più importante, al momento deve pensare a come uscire vivo da questa situazione. Perché se non trova un modo opportuno per chiudere questa storia, lui e Jim Beckett sarebbero state le prossime vittime del drago…
di suo padre.

Continua...



Angolo di Rebecca:

Lo so, lo so...
vi aspettavate fuoco e fiamme da Beckett, invece di lei nemmeno l'ombra.
Non me ne volglia Beckett66, ma io ho un bruttissimo difetto:
non riesco a saltare i momenti, devo descriverli minuto dopo minuto
(tipo il film 24, lo conoscete? 24 ore durano 24 settimane ihiihiihi, minuto dopo minuto)
Questo era il momento di Stan e di Jensen...
E adesso? Il giudice farà fare un'altra autopsia...
però Kate è latitante
Rick si confida con un cane
e il drago tiene papà Beckett prigioniero...
Mah! Non mi piace questa situazione!

Però l'Italia ha vinto, abbiamo passato il turno e questo non c'entra niente, 
ma non potevo esimermi dallo scriverlo :)
FORZA AZZURRIIIII <3

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Capitolo 25
*** Fiducia e... Giochi di Luce ***



...Ordinerò una nuova autopsia per questa sera, sotto la nostra supervisione,
voglio anche fare visionare il suo computer, forse i tecnici riescono a risalire alla mail scomparsa
e darò ordine al detective Nesbit di mettere la sua famiglia sotto sorveglianza e…
per il momento non la metterò in stato di fermo dottor Jensen,
sono certo che non ha nessuna intenzione di fare un viaggio fuori da New York!...



 

La Resa Dei Conti


*
Fiducia e... Giochi di Luce
*
24° Capitolo 


 

Il detective Nesbit chiude la telefonata ricevuta dal giudice Hemerson e raduna i suoi uomini.
-Voglio una squadra di guardia al nostro laboratorio di medicina legale. Ci andranno Anderson e Gibson.-
-Di che ha paura il giudice, che qualche cadavere voglia svignarsela?-
Chiede ridendo Anderson, ma Nesbit lo fulmina con lo sguardo.
-Proprio così! Soprattutto il cadavere di Alec Freeman. Vedi Anderson, se a quel cadavere dovesse succedere qualcosa, come sparire dal laboratorio, ti farò prendere il suo posto nella cella frigorifera.-
Anderson smette all’istante di ridere e Nesbit fa segno ad altri due agenti di seguirlo.
-Voi due con me a casa del dottor Mark Jensen.-

-Pensi che il giudice Hemerson accetterà la richiesta di Corbin?-
Chiede Ryan al collega, mentre sono ancora seduti in macchina davanti alla villetta del dottor Jensen.
-No lo so. Senza un motivo più che plausibile, credo di no e il fatto che Beckett sia fuggita, non aiuta di certo.-
-Però Stan è stato picchiato e minacciato di persona, questo potrebbe volgersi a nostro vantaggio?-
-Speriamo! Perché sarebbe l’unico modo di scagionarla. I documenti nelle nostre mani servirebbero solo ad incastrare il drago, nel caso decidessimo di consegnarli al giudice,  ma l’accusa di omicidio per Kate resterebbe comunque. Occhi aperti Ryan, l’auto che si è defilata appena siamo arrivati, potrebbe essere ancora nei dintorni.-
Il collega annuisce serio, continuando a guardare in direzione della casa.
-Manchiamo dal distretto da troppe ore. Johnston crede che siamo con Nesbit e lui pensa che stiamo lavorando ad un caso nel nostro dipartimento. Quanto credi possa durare tutto questo? Se ci scoprono, la cosa minore che ci può succedere è andare a dirigere il traffico, perché se ci becca il tuo amico detective, ci incenerisce!-
Ryan non riesce a preoccuparsi fino in fondo di quello che ha appena detto, che una voce tuona da fuori al finestrino della loro auto.
-Posso sapere cosa diavolo ci fate voi due qui?-
Nesbit si piazza davanti a loro, facendoli sussultare.
-Allora? Sto aspettando una spiegazione.-
I due colleghi si guardano scoraggiati, la faccia di Nesbit non promette niente di buono. Sconsolati, scendono dall’auto.
-Jason! Tu, invece, che ci fai qui?-
-Il giudice Hemerson ha dato ordine di proteggere la famiglia del dottor Jensen, io non so il perché, ma sono sicuro che voi due me lo spiegherete, visto che siete qui da… da quanto? Da quando siete spariti dal mio ufficio senza dire niente?-
-Lascia che ti spieghi.-
Cerca di giustificarsi Esposito, ma Nesbit lo zittisce.
-Ne ho le tasche piene Javier. Mi avete preso in giro da quando è cominciata questa storia. Dovevamo collaborare, ma voi fate di testa vostra, scoprite qualcosa d’importante, perché sennò non sareste qui e invece di mettermi al corrente, mi prendete in giro.-
-Non ti stiamo prendendo in giro!-
Cerca di ribattere Esposito, ma Nesbit continua ad interromperlo.
-Sei sicuro Javier? Io credo che sappiate più cose di quanto dovreste, sulla fuga di Beckett, sulla decisione di Hemerson di mettere sotto controllo la casa di Jensen, su chi c’è dietro a tutta questa storia, ma non me lo dite. Non mi raccontate niente. Questo voi come lo chiamate? Io direi che mi state prendendo per il culo!-
Esposito sospira, guarda l’amico e poi allarga le braccia.
-Posso parlare adesso? Nesbit annuisce sbuffando. L’avvocato Corbin aveva il sospetto che sotto minaccia, il dottor Jensen avesse omesso qualcosa sull’autopsia di Freeman, perciò ci ha chiesto di tenere la casa sotto controllo. Se il giudice ti ha dato l’ordine di proteggere la famiglia del medico legale, significa che Corbin aveva ragione e lo ha convinto a fare una nuova autopsia.-
Guarda Ryan che sospira di sollievo, ma Nesbit è ancora arrabbiato.
-Dimmi la verità Esposito. Corbin come ha scoperto delle minacce al dottor Jensen? Come mai lo hanno aggredito e io l’ho saputo dall’ufficio rapine? Come mai lo scrittore non si è più fatto vedere? Come mai  Beckett sembra sia stata inghiottita dalla faccia della terra? Voi due sapete dove si trova, non è vero?-
Prima che possano rispondere l’ennesima bugia, Nesbit solleva la mano.
-No, non raccontarmi altre cazzate Javier!-
-Jason, qui non si tratta di un semplice omicidio.-
-Questa storia è assurda dall’inizio alla fine, ve lo concedo. Vi concedo anche che si tratta di qualcosa di più importante del semplice omicidio di un killer, ma passare per uno stupido mi manda in bestia.-
-Non abbiamo mai pensato di farti passare per uno stupido. Stiamo parlando di gente pericolosa e senza scrupoli, che ha le mani in pasta ovunque. Si avvicina all’amico e sottovoce ribadisce ancora… E quando dico ovunque, intendo ovunque. Io mi fido di te Jason, ma non posso fidarmi di nessun altro. Tu invece? Ti puoi fidare dei tuoi uomini ciecamente? Di tutti i tuoi uomini?-
Nesbit non risponde, ma potrebbe esplodere da un momento all’altro. Si sente preso in giro e non gli piace. Non gli piace per niente non avere la situazione sotto controllo. La sola idea che Esposito possa avere ragione, che qualcuno della sua squadra possa essere coinvolto in questa storia assurda, lo fa uscire dai gangheri. Si rivolge ai due agenti rimasti in macchina.
-Restate qui davanti e tenete gli occhi aperti. Se dovesse succedere qualcosa a questa famiglia, anche solo ad una delle margherite qua fuori in giardino, vi sotterro con le mie mani.-
I due giovani deglutiscono annuendo e Nesbit si rivolge ad Esposito e Ryan.
-Noi andiamo in tribunale, venitemi dietro. Voglio che voi e Corbin mi raccontiate ogni cosa.-
-Ma non abbiamo niente da raccontarti, tranne quello che ti ho appena detto sul dottor Jensen e sull’autopsia.-
-Se scopro che Castle tiene nascosta Beckett, lo sbatto in galera e butto via la chiave.-
Ryan ed Esposito lo fermano prendendolo per entrambe le braccia.
-Che c’entra adesso Castle con la fuga di Beckett? Hai perfino perquisito il suo appartamento!-
-Ragazzi non me la raccontate giusta. Lui non la racconta giusta. Credevo che avrei penato per togliermelo dai piedi durante le indagini, invece è sparito dalla circolazione. Per tutti ha passato l’intera giornata di ieri e tutta la notte a casa con la figlia e la madre. Poi ieri viene al dodicesimo a parlare con voi, solo per sapere notizie di Beckett, dice le ultime parole apostrofandole con le dita, durante la perquisizione ha finto tranquillità, ma era teso come una corda di violino e diciamo che io ho voluto lasciar correre, perché sono tanto idiota da credere ancora nell’innocenza di Beckett. Ma a questo punto sono sicuro che non riusciamo a trovarla perché ce l’abbiamo proprio sotto al naso e qualunque cosa succeda, qualunque sia la verità, io devo comunque arrestarla.-
I due detective lo guardano impietriti. Non sanno che rispondere, qualunque cosa dicessero si tradirebbero, perché Nesbit ha ragione e cosa più importante sono preoccupati per tutto quello che hanno scoperto nelle ultime ore.
La situazione sta diventando insostenibile. Non solo Beckett rischia l’ergastolo, non solo ognuno di loro è spiato e in pericolo, ma adesso sanno anche chi si nasconde dietro tutto e nonostante questo non riescono a fermarlo. Sanno che Castle ha buoni motivi per essere provato dalla nuova situazione venutasi a creare e hanno paura che questo possa farlo crollare da un momento all’altro, specie se messo alle strette da Nesbit, che li riporta alla cruda realtà con il suo vocione.
-Avanti, salite in macchina. Da questo momento non vi perderò di vista nemmeno per un micro secondo!-
 
Nell’appartamento di Rick è sceso un silenzio surreale.
Dopo avere ricevuto la telefonata di Ryan, che le rassicurava sulla salute di Stan Corbin, senza precisare esattamente cosa gli fosse successo, Alexis è riuscita a convincere la nonna a mangiare qualcosa. La giornata è stata pesante per tutti e sono solo a metà pomeriggio. La notte precedente l’hanno passata praticamente in bianco e tra perquisizioni, documenti compromettenti e rivelazioni scottanti, sono veramente esauste, soprattutto Martha che, dopo aver mangiato di mala voglia un panino, ha espresso il bisogno di ritirarsi a riposare, cercando di convincere Kate a fare altrettanto, magari in camera di Rick. Lei però, ha preferito restare sdraiata sul divano. Non se l’è sentita di entrare per la prima volta in quella stanza senza di lui. Stendersi sul suo letto, osservare le sue cose, respirare il suo profumo, addormentarsi nel suo regno senza di lui… Si sarebbe sentita un’intrusa.
Sono passate un paio d’ore ormai dal pranzo tardivo e lei, avvolta in un caldo plaid, è distesa supina sul divano e guarda sopra di sé, affascinata dagli strani giochi di luce che la penombra pomeridiana, infrangendosi sul lampadario, disegna sul soffitto. Giochi di luce che cambiano di minuto in minuto, man mano che il tramonto prende il posto della luce del giorno. Le torna in mente sua madre e quel vecchio film che si ostinavano a guardare insieme ogni volta che veniva replicato in tv, nonostante lo avessero visto decine di volte. Solitamente lo davano in pieno inverno, stavano accucciate l’una all’altra con una calda coperta che le avvolgeva entrambe e seguivano ammirate quella strana e divertente bambina che, con dei prismi di cristallo appesi ad un filo accanto alla finestra, si divertiva a guardare, come fossero stati magici, i giochi di luce colorata e tremolante che il sole proiettava sul muro di fronte a lei.
Come si chiamava?
Ricorda tutto. La trama, la bambina che propinava a tutti il gioco della felicità, secondo cui, c’è sempre un motivo per vedere il bicchiere sempre mezzo pieno e mai mezzo vuoto, la sua dolcezza e la dolcezza di Johanna, che le teneva la mano sotto la coperta, ma non riesce a ricordare il nome della bambina.
Una lacrima le solca il viso accompagnata da un tenero sorriso. Si ritrova a pensare che sa chi è l’assassino di sua madre, ma non sa come incastrarlo, perché al momento è una fuggitiva ricercata per omicidio, perché non può e non vuole sporcare il nome del suo capitano; sa che se non trova delle prove schiaccianti che la possano scagionare finirà in prigione per parecchi anni, eppure sua madre le sta sussurrando all’orecchio che deve vedere il bicchiere mezzo pieno, come sosteneva Pollyanna… Ecco come si chiamava la bambina del film… Pollyanna!
Ma che motivi ho di vedere il bicchiere mezzo pieno?
Ed ecco che i sussurri di Johanna diventano urla nelle sue orecchie.
‘Come che motivi hai? E Richard? E la sua famiglia? E tuo padre? E i tuoi amici? Riempiono il bicchiere fino all’orlo, altro che mezzo pieno!’
Sorride ancora, si mette seduta stringendosi di più alla coperta, come se si stesse accucciando a lei.
Hai ragione mamma, scusami. 
Si alza, ripiega con cura la coperta e la poggia sul divano, si dirige di sopra con l’intenzione di rileggere ancora una volta il registro, memorizzarlo e capire cosa farne. Una volta messe in piazza, le informazione scritte in esso avrebbero messo in ginocchio mezza città, non solo per lo scandalo, ma soprattutto perché sarebbe venuto meno l’equilibrio ai vertici del potere sia politico che economico. Ma volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, Montgomery le aveva lasciato quei documenti perché li usasse, come le aveva detto Castle poche ore prima; in un modo o nell’altro questa organizzazione doveva essere fermata, non solo per l’omicidio di sua madre, ma per fermare anni e anni di atrocità, omicidi e ricatti ai danni di onesti cittadini.
Però non è solo questo che la preoccupa.
Adesso è ancora più difficile, perché qualunque cosa decideranno di fare, qualunque finale avrà questa stramaledetta storia, avrà un peso enorme, non solo nella sua vita, ma anche in quella di Rick. Non può fare a meno di pensare alla sofferenza nei suoi occhi, alla colpa insensata che ha provato immediatamente nei suoi confronti per essere il figlio dell’uomo che le ha tolto la gioia di avere sua madre vicina. L’uomo che ama, è il figlio di quel mostro e nonostante il dolore e il peso che questo comporta sul suo cuore, lui continua a preoccuparsi per lei, solo per lei…
Si può non amarlo?
La porta della stanza di Martha è socchiusa, lei ed Alexis si sono addormentate, tenendosi per mano, sullo stesso letto. In mezzo a loro c’è una scatola rettangolare di latta smaltata di bianco, con dei motivi floreali multicolori dipinti sul coperchio. E’ piena di vecchie fotografie e altre sono sparse sul letto e perfino per terra. Le stavano sicuramente guardando, risucchiate in una spirale di nostalgia e di dolcezza, quando sono state sorprese dalla stanchezza. Una di quelle foto a terra vicino alla porta, ritrae un bambino.
Non riesce a trattenersi, entra piano e si china a raccoglierla.
Il piccolo Richard Alexander sorride all’obiettivo. Non è cambiato molto da allora, ha sempre quell’aria bambinesca e quel sorriso aperto che ti infonde sicurezza, ma soprattutto i suoi occhi non sono cambiati. In quella foto avrà avuto non più di 5 anni, da allora è passato non solo il tempo, ma attraverso questo, per lui, ci sono stati gioie, dolori, sogni, rifiuti, successo, fama, popolarità, due matrimoni falliti e una figlia, il tutto contornato da quel vuoto immenso che è sempre stato il suo passato. Eppure i suoi occhi sono sempre gli stessi, scintillanti e furbi, maliziosi e dolci, curiosi e innocenti. Passa le dita sul viso di quel bambino e non può fare a meno di pensare che il suo sguardo è rimasto uguale, perché sua madre lo ha allontanato da una vita che lo avrebbe segnato per sempre. Se Martha non avesse scoperto chi era realmente il padre di suo figlio, se non avesse finto di essere quella che non era, forse quel bambino, una volta cresciuto, sarebbe diventato l’artefice del suo dolore e complice dell’omicidio di sua madre… e paradossalmente, senza di lui al suo fianco, lei non ne sarebbe mai uscita! Chiude gli occhi, deglutisce e sospira. Posa la foto sul letto e si sofferma a guardare la madre e la figlia dell’uomo che ama e sorride. Sorride grata al coraggio e al dolore di quella donna, grata all’affetto di quella ragazzina nonostante tutto, grata della notte appena trascorsa che, improvvisamente, l’ha risvegliata da un sonno lungo 13 anni, grata al suo capitano per averle dato le risposte che cercava.
Esce nel più assoluto silenzio, si avvicina alla camera di Castle e mentre ruota la maniglia, appoggia l’orecchio alla porta, come se volesse essere sicura che sia vuota. Entra, ma solo di un paio di passi e si sofferma a osservarla. La si potrebbe immaginare sontuosa e piena di cose costose e vistose, come lui si fa vedere agli occhi del pubblico, invece è bella, elegante, arredata con gusto raffinato e soprattutto dai colori caldi.
Come lui è, realmente.
Tutto in quella camera riflette Rick, il suo profumo è ovunque. Chiude gli occhi e lo assapora.
Lo stesso profumo che la notte precedente l’ha cullata, facendola addormentare come inebriata e intontita da quella meravigliosa fragranza, che non è solo il contenuto di un flacone di cristallo, ma è l’essenza che si sprigiona a contatto della sua pelle. Quel profumo, su un altro uomo, non avrebbe avuto lo stesso odore e lo stesso effetto che ha su di lei.
E’ così persa in quella strana e piacevole sensazione, che sussulta quando le braccia di Rick le cingono la vita. Non lo ha sentito arrivare. Non ha sentito la porta d’entrata aprirsi e poi richiudersi. Non lo ha sentito salire le scale e adesso lui è lì, abbracciato a lei e l’ha scoperta a curiosare in camera sua. Si gira di colpo, come se fosse stata colta in flagrante a rubare. Lo guarda imbarazzata e cerca di dire qualcosa, ma si perde dentro ai suoi occhi.
-Ti ho spaventata?-
Le chiede lui, accarezzandole i capelli e anche se è quasi buio, si accorge che il suo viso è diventato color porpora.
-Che hai?-
Lei abbassa lo sguardo.
-Non vorrei pensassi che stavo curiosando in camera tua.-
Lui sorride e lei diventa ancora più rossa.
-Hai conservato i documenti qui dentro ed io volevo dargli un’altra occhiata, così…-
-Così sei venuta a curiosare in camera mia!-
Risponde lui serio, corrucciando la fronte e allontanandosi da lei, che resta immobile senza rispondere.
-Detective Beckett, non hai fatto una cosa molto carina! Questo da te non me lo sarei mai aspettato.-
Lei si sente avvampare, se avesse trovato lui nella sua camera da letto e senza il suo permesso, al solo pensiero che poteva curiosare tra le sue cose più intime, lo avrebbe strangolato.
-Beckett… Beckett!-
Lei si volta e lui sorride, le prende il viso tra le mani e la bacia sul naso.
-Come fa una detective della omicidi, coraggiosa e impavida, ad essere così teneramente stupidina in certi momenti?-
Lei si divincola, dandogli un pugno sul petto.
-Stupidina?-
-Ma teneramente… ho detto teneramente… stupidina!-
Ribadisce lui, sollevando le braccia in segno di difesa e lei non può fare a meno di ridere e abbracciarlo. Restano così un paio di secondi, poi Rick improvvisamente, la stringe più forte a sé, ma lei ha la sensazione che quella stretta, più che un abbraccio sia una richiesta di protezione. Lo guarda preoccupata.
-Stan sta bene?-
Gli chiede, pensando che fosse in ansia per l’amico. Lui fa cenno di si con la testa, ma non lascia la stretta.
-Che è successo davvero? Ryan ha detto solo che stava bene e che lo hanno rapinato, ma c’è di più, non è vero?-
Lui annuisce ancora.
-Mia madre e Alexis?-
-Si sono addormentate, erano sfinite!
Castle chiude la porta e la fa sedere sul letto.
-I sospetti di Lanie e Stan erano fondati. Il dottor Jensen ha ricevuto delle minacce. Gli hanno sgozzato il cane e gli hanno fatto capire che sarebbe successa la stessa cosa ai suoi bambini, se non avesse omesso la verità sull’autopsia di Freeman.-
Beckett stringe gli occhi e le labbra in segno di rabbia ed esasperazione e aspetta in silenzio che finisca di raccontare.
-Jensen non ha ammesso niente, ma Stan era deciso ad andare comunque dal giudice ad esporre la sua teoria. Mentre si recava al suo ufficio c’è stata l’aggressione, ma non è stata una rapina. Lo hanno minacciato. Hanno capito che non si sarebbe arreso e anche senza il permesso per una nuova autopsia, questo avrebbe potuto mettere una pulce nell’orecchio del giudice. Così hanno cercato di fermarlo.-
Si china davanti a lei e le stringe le mani, evitando accuratamente di accennare anche alle minacce a Lanie.
-Per fortuna non sta messo male, anzi si è arrabbiato così tanto, che è partito in quarta. L’ho lasciato in tribunale, mi chiamerà appena avrà la decisione del giudice. Forse riusciamo a fare ripetere l’autopsia.-
Si alza e si avvicina alla finestra. Guarda fuori le luci che cominciano ad illuminare la città, non ancora avvolta completamente dal buio e resta in silenzio.
Sente lo sguardo di Kate sulle spalle. Tra un attimo gli chiederà che altro c’è e lui non sa ancora cosa le risponderà. La chiacchierata con il suo amico a quattro zampe non gli ha dato nessuna soluzione. Non sa ancora se le dirà della discussione con il governatore. Non sa ancora se le dirà che ha fatto quattro chiacchiere con il drago. Non sa ancora se le dirà che suo padre, ha rapito Jim. Non sa ancora, se prenderà quei documenti e li porterà a Jordan, senza dirle niente.
-Che altro c’è Rick?-
Sospira quando sente la domanda. Ecco che la scena immaginata nella sua mente pochi secondi prima, si materializza in quel sussurro. Si volta e si siede accanto a lei sul letto. Le mani sulle ginocchia, dritto con lo sguardo a terra.
-Lo stai facendo ancora Castle! Non mi guardi.-
Certo che non ti guardo. Se lo facessi leggeresti tutto quanto, come se dentro ai miei occhi ci fossero un paio di pagine scritte da me.
Lei china il viso verso di lui e lo costringe a guardarla. Quella rughetta è lì, ferma e profonda al centro della sua fronte.
No, non ti dirò niente. Ora con una scusa qualsiasi esco, porto i documenti a Jordan e non ti dico niente.
La rughetta è ancora lì, accompagnata adesso da labbra strette e mandibole serrate.

No, non posso. E’ tuo padre e devi sapere la verità. Non posso prendermi una responsabilità così grande, hai il diritto di sapere… e di decidere!


Continua...




Angolo di Rebecca:

Uhhhhhh... Nesbit era propri************* arrabbiato!!!
Tanto torto non ha, ma in effetti di chi ci possiamo fidare?
(Comincio a chiedermelo anch'io! :p)

Kate, invece, è ancora ignara di tutto...
La calma che prova al momento, pensando alla sua vita e a Rick,
sparirà tra poco... 
Tempesta!!!

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Capitolo 26
*** Una Decisione Difficile ***



...Che altro c’è Rick? Lo stai facendo ancora Castle! Non mi guardi.
Certo che non ti guardo. Se lo facessi leggeresti tutto quanto, come se dentro ai miei occhi ci fossero un paio di pagine scritte da me.
Lei china il viso verso di lui e lo costringe a guardarla. Quella rughetta è lì, ferma e profonda al centro della sua fronte.
No, non ti dirò niente. Ora con una scusa qualsiasi esco, porto i documenti a Jordan e non ti dico niente.
La rughetta è ancora lì, accompagnata adesso da labbra strette e mandibole serrate.
No, non posso. E’ tuo padre e devi sapere la verità. Non posso prendermi una responsabilità così grande, hai il diritto di sapere… e di decidere!...



 

La Resa Dei Conti


*
Una Decisione Difficile
*
25° Capitolo
 

 

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-Era il nostro amico procuratore!-
Esclama Lucas, mettendo a posto la cornetta con il viso scuro.
-Il dottor Jensen ha appena parlato con il giudice Hemerson. Ci sarà una nuova autopsia questa sera, con lui presente. Davanti alla casa del dottore c’è una pattuglia di controllo. Il nostro amico non si è potuto esporre e i nostri uomini sono stati costretti ad allontanarsi. A questo punto ritorcersi sulla famiglia di Jensen solleverebbe un polverone.-
Jordan è seduto comodamente sul grande divano e gusta uno dei suoi sigari. Mostra la solita tranquillità, ma stavolta i tratti del viso, tesi per la mandibola serrata, lasciano trasparire la sua contrarietà.
-Che facciamo Victor?-
-Niente Lucas. Assolutamente niente. Come hai detto tu, fare del male ai bambini di Jensen sarebbe un grosso errore ora come ora. Volevamo toglierci Beckett dai piedi in maniera pulita, ma con l’entrata in ballo di quella documentazione, questo non è più il problema prioritario. Che quella donna torni libera non è importante, visto che tra qualche ora sarà più morta del povero Freeman. Ora dobbiamo solo pensare a riavere i documenti e fare sparire lei e il suo scrittore dalla faccia della terra.-
-Victor, non possiamo ucciderli qui. Questa è la residenza del governatore!-
Lui si alza lentamente, dà un’ultima boccata al sigaro prima di spegnerlo. Mette le mani sulle spalle dell’amico e sorride.
-Basterà stare attenti a non sporcare troppo!-
Lucas scuote la testa in senso di diniego e sospira.
-Victor, non avresti dovuto accettare che venissero qui. Non so cosa cambi questo per lui, ma per noi è pericoloso, non mi piace.-
-Il signor scrittore crede di essere al sicuro. Pensa la stessa cosa che stai pensando tu, che questa è la residenza del governatore e deve stare fuori dagli scandali.- 
Lascia le spalle di Lucas e si siede sulla poltrona dietro la scrivania.
-Li uccideremo e basta, nel più assoluto silenzio e li faremo sparire. Non c’è nessun motivo perché qualcuno arrivi a noi, tranne che per quei documenti.-
-E se decidessero che è più semplice portarli ad un giudice a questo punto?-
-Non lo faranno! Richard Castle è innamorato di quella donna. Mentre parlava di lei oggi pomeriggio, i suoi occhi erano un misto di preoccupazione e ammirazione insieme. Farebbe qualunque cosa per lei; ha già rischiato anche la sua libertà portandosela in casa, mettendo in pericolo con la polizia anche la sua famiglia. Non rischierà la morte di suo padre e Beckett… beh, lei sa già di cosa è capace il drago. Non permetterà che il padre faccia la stessa fine della madre. Verrà! E porterà i documenti.-
Si sofferma un attimo a guardare quella cartelletta rossa che non ha abbandonato la sua scrivania da due giorni ormai, la apre, sorride sprezzante nel guardare Katherine Beckett con un foro in fronte.
-Certo non mi aspetto che venga qui disarmata o con la coda tra le gambe. Combatterà, Lucas, vedrai. Combatterà con le unghie e con i denti, ma purtroppo è destinata a soccombere. Questo è il destino di chiunque decida di mettersi contro di me. Possono passare giorni, settimane o perfino anni, come con Montgomery, ma alla fine, il destino ti porta sempre dove deve.-
Richiude la cartella, ci passa sopra la mano e guarda Lucas in piedi davanti a lui.
-Stasera, l’ultimo anello della catena verrà spezzato. Stasera finalmente Katherine Beckett diventerà un brutto ricordo… come sua madre!-
 
Sono ancora seduti sul letto e Castle è perso nello sguardo corrucciato di Beckett. Si sente attraversare da quegli occhi splendidi e straordinariamente indagatori. Anche se le mentisse, lo capirebbe, perché lui ormai è diventato trasparente. Non riesce più a nascondersi, a fingere di non amarla.
Se ripensa agli ultimi anni trascorsi, non riesce a stabilire il momento esatto in cui ha capito di non potere più fare a meno di lei, sa solo che ad un certo punto vedere i suoi occhi sorridenti e felici ogni mattina, mentre lui le dava il buon giorno con un bicchiere di caffè, era diventato vitale, aria, ossigeno. Ha finto di non provare niente solo per continuare a starle vicino e strapparle un sorriso ogni giorno, era diventata una missione per lui.
Ha aspettato i suoi tempi, nascondendo i sentimenti che provava, solo per potere respirare ogni giorno al suo fianco.
Adesso non può più farlo. Non dopo la notte trascorsa all’hangar.
Quelle lacrime liberatorie che ha asciugato e baciato; quelle due tenere e piccole parole pronunciate in un attimo di disperazione, ma con razionalità; quel bacio, caldo, passionale, intenso, lungo e intimo… intimo al punto da riuscire a provocargli brividi e fremiti in tutto il suo essere, come se avessero fatto l’amore per ore e non si fossero solo e semplicemente baciati.
Dirle una cosa qualunque anziché la verità, sarebbe veramente stupido, perché lui ormai non ha nessuna difesa davanti a lei.
Non è la sua Kate quella fragile tra i due al momento. Lui ha lottato senza sosta per abbattere quel muro, ma questo lo ha lasciato improvvisamente senza difese e inerme davanti ad una verità sconvolgente: il suo passato. O meglio, il passato di sua madre e di conseguenza tutta la sua esistenza, sono diventati in poche ore il fulcro nella vita di quegli occhi che stanno aspettando la verità.
Occhi ancora più limpidi e capaci di leggergli dentro, fino in fondo, ora più che mai.
Si risveglia sussultando da quella ipnosi, quando la mano calda di lei si posa sulla sua guancia, china la testa di lato per appoggiarsi a quel tocco, chiudendo gli occhi e lei sorride, eliminando la rughetta in mezzo alla fronte.
-Allora Castle! Vuoi dirmi che altro c’è?-
Riapre gli occhi, quando quel semplice sussurro interrompe la magia creatasi nella sua testa. Quel Castle pronunciato da Kate, anche se dolcemente, non permette  più né attese e né menzogne.
Sospira e incolla lo sguardo al suo.
-Sa tutto!-
Esclama a bassa voce, come se avesse paura di essere sentito al di fuori delle quattro mura della sua camera, ed ecco che la rughetta si ripresenta vigile sulla fronte corrucciata di Kate.
-Chi sa tutto? Nesbit? Sa che sono qui da te? Ma come…-
Lui la ferma prendendole le mani.
-Kate, Kate, ssshhh… se m’interrompi non avrò il coraggio di continuare.-
Lei annuisce sempre più preoccupata.
-Lui… sa tutto… Il drago!-
-Il drago? Il governatore Jordan sa… che cosa?-
-Che sei nascosta qui in casa mia… e soprattutto sa dei documenti.-
Lei scatta in piedi come una molla.
-Ma come? Non è possibile! Voglio dire, può sapere di me, perché sicuramente siamo spiati, ma i documenti, non può…-
Si ferma improvvisamente assalita da un atroce dubbio. Lo guarda un paio di secondi in silenzio, si porta le mani ai capelli e si siede di nuovo accanto lui.
-Come fai a dire che lui sa? Non hai detto che pensi che sappia, hai detto che sa. Come fai ad averne la certezza?-
Lui abbassa la testa, non riesce a sopportare il suo sguardo, un misto tra paura, stupore e rabbia.
-Perché me lo ha detto lui!-
Esclama sempre più sottovoce, come se sussurrarlo non lo rendesse reale. Lei non risponde, continua a guardarlo allo stesso modo, senza muovere un muscolo. L’unico impercettibile movimento è stato quello di socchiudere le labbra e sgranare gli occhi per lo stupore di quell’affermazione.
-Ci siamo incontrati per caso all’entrata del tribunale, quando siamo arrivati Stan ed io. Sapeva che stavamo andando dal giudice Hemerson ed era evidente che voleva parlare con me. Ha finto di essere mio fan e dopo tante adulazioni ci ha invitati a bere un caffè. Naturalmente Stan è andato da Hemerson, ma è stato felicissimo di lasciarmi da solo con lui, mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto che non capita tutti i giorni di prendere un caffè con il governatore in persona e tutto contento per me, mi ha lasciato nelle grinfie del drago.-
Si ferma un momento come se avesse già parlato per ore e avesse bisogno di riprendere fiato. Beckett guarda dritto davanti a sé, con la mascella serrata e le mani intrecciate sulle gambe. Lui sospira e continua, guardando la stessa inesistente cosa che osserva attentamente lei.
-All’inizio abbiamo parlato del più e del meno, non mi sono sbilanciato. Non sapevo esattamente perché mi trovassi lì con lui. E lui non ha aspettato molto a buttare la bomba. Improvvisamente ha detto che sapeva per certo che tu sei nascosta a casa mia e soprattutto che sapeva dei documenti che ha lasciato Montgomery.-
A questo punto lei si volta a guardarlo.
-Non riesco a capire? Come può sapere dei documenti?-
-Sa anche dello spogliatoio e dell’armadietto.-
Adesso anche lui si gira a guardarla. Sono di nuovo occhi negli occhi, ma stavolta lo specchio reciproco dei loro sguardi mostra soltanto paura.
-Questo significa solo una cosa Kate…-
-Che c’è una talpa anche al dodicesimo.-
Conclude lei stringendo i pugni.
-Non ci posso credere! Conosco quei ragazzi da sempre… io davvero non posso credere che qualcuno…-
-Conoscevi anche Roy da sempre!-
Castle la interrompe, ma si pente immediatamente di quello che ha detto. Avrebbe voluto mordersi la lingua dopo aver visto l’espressione di dolore sul viso di Kate.
-Mi dispiace, scusa, non avrei dovuto…-
-Non devi scusarti Rick, è la verità! Ma a questo punto davvero non so più cosa pensare.-
-Io si. Kate c’è una sola persona che può aver capito tutto sullo spogliatoio e che ha potuto avvertire Jordan sui nostri movimenti e su quelli di Ryan ed Esposito, ed è l’ultimo arrivato, quello di passaggio.-
-Il capitano Johnston?-
Castle annuisce.
-Pensaci Kate, il governatore ha fatto in modo, dopo la morte di Roy, di mettere uno dei suoi all’interno. Lui è sempre stato al corrente delle indagini. Lui ci ha visti andare verso lo spogliatoio e solo lui può essersi soffermato lì dentro dopo che ce ne siamo andati, per capire cosa avevamo fatto. Dobbiamo avere lasciato qualche traccia che lo ha portato a pensare ai documenti, però non riesco a capire cosa… ma questo non è importante al momento.-
-Per questo voleva assolutamente darmi la scorta?-
-Già! Una scorta di sua fiducia, saresti morta nel giro di un paio d’ore!-
Restano per un momento in silenzio. Beckett ha bisogno di immagazzinare anche quest’ultima terribile verità. Ad un tratto torna su di lui.
-Cosa ti detto? Jordan è uscito allo scoperto in prima persona, rischiando tutto, perché vuole quei documenti. Ti ha minacciato? Ha minacciato tua figlia?-
Castle distoglie lo sguardo, pensando che realmente avrebbe potuto rapire Alexis al posto di Jim e sente ancora una stretta allo stomaco.
-Grazie al cielo no, ma…-
-Ma cosa? Cosa c’è di più importante di Alexis nella tua vita? Cosa vuole allora? Cosa ha escogitato per costringerci a dargli quello che vuole?-
La guarda dritta negli occhi, le prende le mani e si stringono a vicenda fino a farsi male.
-Ha rapito tuo padre, Kate.-
Lei gli lascia le mani  e si alza in piedi voltandogli le spalle.
-No, non può essere. Ha parlato con Martha dopo che tu sei andato da Stan, stava bene e c’era una pattuglia di sorveglianza fuori da casa sua.-
-Si certo, una pattuglia che ad un certo momento ha guardato da un’altra parte. Hanno tuo padre Kate, l’ho visto. Era seduto in macchina accanto ad un uomo, quel Lucas di cui ci ha parlato mia madre. Stava bene, ma è suo prigioniero.-
La raggiunge in fondo alla stanza e le mette le mani sulle spalle.
-Quei documenti sono l’unica cosa che possano incriminare lui e la sua organizzazione. Non gl’interessa più che tu finisca in prigione, questo ormai è l’ultimo dei suoi pensieri. Vuole solo quei documenti, a qualunque costo. Voleva che glieli portassimo al parco questa sera, ma io sono stato irremovibile sul fatto che non mi sarei fatto tagliare la gola dal suo scagnozzo in una zona sconosciuta del parco.-
-Allora dove dovrebbe avvenire lo scambio?-
-A casa sua… alle nove.-
Lei si volta a guardarlo e stringe la sua camicia tra i pugni serrati.
-Nella residenza del governatore?! E pensi che lì non ci farà fuori?-
Lui fa spallucce.
-Magari ci pensa su due volte prima di abbellire il suo studio con tre cadaveri. E poi pensaci Kate, senza i documenti, non potremmo più risalire a nessuno di quei conti e sarebbero inutili anche delle copie, perché lui non ci darebbe tregua, saremmo sempre in pericolo se cercassimo ancora di provare che lui è il drago. Non avrebbe più nessun motivo di temere delle ritorsioni da parte nostra, perché nessuno ci crederebbe mai e lui ci starebbe sempre con il fiato sul collo.-
Lei gli accarezza ancora il viso, piegando dolcemente la testa e le labbra in un sorriso amaro.
-Tu e il tuo ottimismo, tu e la tua fiducia inarrestabile nella natura umana! Rick, credi davvero che ci lascerà uscire da casa sua vivi?-
-No, non lo credo! Sono ottimista ma non stupido, però potremmo avvertire i ragazzi, dirlo a Nesbit e farlo venire con noi.-
-Rick! Nesbit è un poliziotto. Se qualcuno mi facesse vedere quei documenti, io come poliziotto, mi accerterei sulla loro autenticità, farei delle indagini approfondite per essere sicura di arrestare la persona giusta. Pensi veramente che Nesbit ti crederà sulla parola quando gli dirai che il governatore della città di New York è un assassino e un traditore?-
Castle si dirige verso il comò, apre il cassetto e guarda il plico che ci ha conservato dentro qualche ora prima.
-Allora l’unica cosa da fare è consegnarglieli, rinunciando a farlo finire in galera. La cosa importante è liberare tuo padre. Ci inventiamo qualcosa una volta lì, magari io entro e tu scateni un diversivo con le guardie. Qualcosa ci inventeremo per scappare.-
Quelle parole sono coltellate dentro al suo cuore.
Andare nella tana del drago significa al 99% non uscirne vivi e lui continua a dire… Ci inventeremo qualcosa
Mentre lui è ancora di spalle, nell’intento di prendere i documenti dentro al cassetto, Beckett ha già deciso che proverà a salvare suo padre, sicuramente senza Rick. Stavolta il suo partner sarebbe rimasto a casa. Non gli avrebbe permesso di farsi ammazzare. Il problema sarebbe stato convincerlo. La lampada sul comodino accanto a lei sembra un oggetto molto convincente. Castle sta ancora parlando, sta sicuramente esponendo una sua teoria su come uscire vivi da quella casa, ma lei non lo ascolta più, prende la lampada e prima che lui possa voltarsi, lo colpisce alla testa.
Per un attimo lo guarda terrorizzata. E’ stata attenta a calibrare il colpo per addormentarlo solamente senza fargli molto male, ma vederlo a terra inerme, l’ha spaventata. Si china su di lui e si rende conto che sta solo dormendo. Lo accarezza e gli occhi le si riempiono di lacrime.
-Per quello che sto per fare non mi perdonerai mai… mi odierai per questo, lo so. Ma io mi odierei ancora di più se non ti impedissi di venire con me.-
Lo bacia sulla fronte e lo accarezza con dolcezza.
-Credevo che avrei avuto solo un rimpianto nella mia vita, quello di non avere reso giustizia a mia madre. Ma adesso so che l’unico rimpianto che mi porterò nella tomba, è di non averti detto quanto ti amo molto tempo prima. Perchè io ti amo Rick, ti amo più di me stessa e vorrei che ne fossi certo e non lo dimenticassi mai. Probabilmente sto facendo l’ennesima stupidaggine della settimana, ma io così non ho niente da perdere, mentre se tu venissi con me, avrei da perdere tutta la mia vita.-
Lo bacia ancora e asciuga le lacrime con cui ha bagnato le sue labbra, sorride all’espressione strana che ha assunto il suo viso dopo essere svenuto, prende il registro da dentro alla busta e lo appoggia a terra accanto a lui.
-Questo lo lascio a te. Tu saprai cosa farne! Jordan avrà solo la metà di quello che desidera e magari questo ci salverà la vita.-
Guarda l’orologio, mancano ancora due ore buone all’appuntamento. Esce dalla camera, chiude a chiave con attenzione e si sofferma a guardare dalla porta socchiusa Martha e Alexis, che  continuano a dormire.
Nel più assoluto silenzio scende le scale, prende un coltello dal cassetto della cucina e dopo essersi richiusa la porta d’entrata alle spalle, si dirige alla sua uscita personale del locale lavanderia.



Continua...


Angolo di Rebecca:

Oh cavolo!!!
E'... è... scappata... Di nuovo!
Ma... ma si può?!
Allora è diventato un vizio? Ci ha preso gusto!!!
Ehm... dite che è meglio che sto zitta e vado via?
Ok... Ciaoooooo <3

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Capitolo 27
*** 'Io so, che tu sai, che lui sa...' ***



...Non gli avrebbe permesso di farsi ammazzare. Il problema sarebbe stato convincerlo.
Per quello che sto per fare non mi perdonerai mai… mi odierai per questo, lo so. Ma io mi odierei ancora di più se non ti impedissi di venire con me.
Guarda l’orologio, mancano ancora due ore buone all’appuntamento.
Esce dalla camera, chiude a chiave con attenzione e si sofferma a guardare dalla porta socchiusa Martha e Alexis, che  continuano a dormire.
Nel più assoluto silenzio scende le scale, prende un coltello dal cassetto della cucina e dopo essersi richiusa la porta d’entrata alle spalle,
si dirige alla sua uscita personale del locale lavanderia...



 

La Resa Dei Conti


*
'Io so, che tu sai, che lui sa...'
*
26° Capitolo 



Virginia, Valeria... guardate... *-*

 

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Stan Corbin e Mark Jensen escono dal tribunale che è quasi buio.
Scendendo a piedi i due piani che li separano dall’uscita, non si sono rivolti la parola; o meglio, il dottor Jensen tiene la testa bassa come se stesse contando diligentemente ogni scalino, mentre Corbin lo osserva in silenzio, perso in una preoccupazione che non gli è ancora passata. Il giudice ha confermato una nuova autopsia sul corpo di Alec Freeman per quella sera stessa. L’indomani mattina, Beckett avrebbe potuto essere già scagionata, sempre che Hemerson non decidesse di procedere contro di lei per la fuga dal tribunale.
-Ma quanto siamo stati dentro? E’ quasi buio!-
Esclama Jensen una volta risvegliatosi dalle sue paure davanti all’entrata del tribunale. Corbin gli poggia una mano sulla spalla.
-Non si preoccupi dottore, andrà tutto bene. Ritorcersi contro di lei e la sua famiglia, a questo punto non credo che convenga a chi ci tiene d’occhio.-
Istintivamente Jensen si guarda attorno terrorizzato.
-Già, sono sicuro che sono anche qui fuori.-
-Anche se fosse? Farvi del male significherebbe solo mettersi in mostra ancora di più e non credo che al momento sia quello che desiderano. Hanno agito nell’ombra fino ad ora e, secondo me, vogliono continuare ad essere invisibili.-
Lui annuisce non molto convinto e Stan vede arrivare alle sue spalle Esposito, Ryan e il detective Nesbit.
-Signori, buona sera!-
Li saluta, sorridendo soddisfatto.
-Togliendo il fatto che ha una faccia orribile avvocato, come mai è così contento?-
Chiede Nesbit facendo un cenno col capo per salutare Jensen.
-Grazie per la preoccupazione sulla mia salute detective, è gentile da parte sua! Sono contento e orgoglioso del dottor Jensen. Ha appena dato una testimonianza importantissima che darà una svolta al caso Beckett e domani la mia cliente potrebbe tornare ad essere una donna libera. Il giudice ha predisposto una nuova autopsia per questa sera e sono sicuro che scopriremo cose molto interessanti.-
Esposito e Ryan sospirano di sollievo rivolgendosi reciprocamente un sorriso. Nesbit invece appare contrariato.
-La sua cliente è già adesso una donna libera, visto che se ne va in giro a suo piacimento, senza che niente e nessuno riesca a trovarla.-
Il sorriso di Stan si spegne improvvisamente.
-Detective Nesbit, perché vuole smorzare la nostra speranza in questo modo? Si rende conto che se l’autopsia conferma la deposizione del dottor Jensen, non solo scagioniamo Beckett e proviamo il complotto perpetrato ai suoi danni, ma diamo anche uno scossone a questo benedetto drago?-
Apostrofa l’ultima parola con l’unica mano sana.
-Complotto o no, Beckett è una fuggitiva ed io devo attenermi ai fatti e i fatti mi dicono che al momento non esiste nessun sospettato che possa essere definito il drago!-
Esposito solleva la mano per calmare gli animi.
-Adesso basta Jason, per favore. Il dottor Jensen è già abbastanza scosso.-
Nesbit guarda il medico con fare bonario, è contento che, almeno lui, sia pulito nonostante tutto.
-Hai ragione Javier, scusate. Dottor Jensen mi occuperò io stesso di accompagnarla a casa e di proteggere lei e la sua famiglia.-
-Grazie infinite Nesbit, se potesse farlo subito gliene sarei grato, non vedo l’ora di riabbracciare i miei bambini. Mi sento come se non li vedessi da settimane.-
-Certamente dottore, andiamo pure. Javier, ti chiamo appena sistemo tutto. Voglio assolutamente parlare con voi di Beckett. Con tutti voi. Avvertite anche lo scrittore, ci vediamo a casa sua.-
Senza aspettare risposta, mette una mano sulla spalla di Jensen e si dirige verso la sua auto.
-Perché vuole parlare con tutti noi?-
Chiede Stan corrucciando la fronte.
-Comincia a dubitare del fatto che non sappiamo dove si trovi Beckett.-
-Ahhhh, allora sarà meglio che voi facciate scena muta, invece di balbettare!-
Li schernisce l’avvocato.
-Invece di fare lo spiritoso, perché non ci dici dov’è Castle?-
-Finalmente ci diamo del tu, cominciavo a sentirmi escluso dalla squadra.-
Il sorriso sincero e a trentadue denti del loro nuovo amico gli mette tranquillità. Stan piace ai due detective, hanno l’impressione di stare a discutere con Castle… già Castle!
-Allora Stan,  che fine ha fatto Castle?
Corbin guarda verso il bar della piazza e sorride.
-Non lo so, forse è tornato a casa. Magari doveva riprendersi per il grande incontro di oggi! A proposito, meglio che lo chiami e gli dica dell’autopsia.-
Compone il numero di Castle, mentre i due detective davanti a lui, lo guardano curiosi di sapere a quale incontro stesse accennando. Dopo un numero infinito di squilli andati a vuoto, Corbin chiude la linea.
-Squilla, ma non risponde. Strano, aspettava la mia telefonata con ansia.-
-Che dicevi a proposito del grande incontro di oggi? Chi avete incontrato?-
Chiede Ryan, guardando preoccupato il collega.
-Pensate, oggi pomeriggio Richard Castle ha fatto quattro piacevoli chiacchiere davanti ad un buon caffè, niente popò di meno che… con il governatore.-
Al sentire quella frase Esposito sbarra gli occhi e Ryan comincia a tossire violentemente, come se qualcosa gli fosse andata di traverso.
-Ehi Ryan, che succede?-
Gli chiede Stan, mentre lui cerca di riprendere fiato, cosa che non gli riesce subito. Esposito gli dà un paio di pacche sulle spalle.
-Non preoccuparti, sta bene. Forse è la tua allergia, non è vero Kevin?-
Lui annuisce mentre è praticamente piegato in due per la tosse.
-Si, l’allergia. Soffro d’asma… e forse c’è qualche… strano profumo in… giro!-
Esposito continua a battergli la mano sulla spalla.
-Castle ha preso un caffè con il governatore? Quale governatore?-
Stan guarda i due uomini con l’espressione dubbiosa. In un paio di giorni è riuscito a capire la dinamica dei loro movimenti e delle loro discussioni, quella tosse e soprattutto quella domanda leggermente stupida sul governatore, sanno di… balbettio.
-Come quale governatore? Quanti governatori abbiamo in città? Il governatore Victor Jordan!-
Mentre Ryan cerca di riprendersi, Esposito tenta di camuffare la sua espressione preoccupata, con un mezzo sorriso.
-Castle ha davvero incontrato Jordan? Wahooo! Chi lo sente adesso? Il suo ego diventerà insostenibile…-
Guarda Ryan, che nel frattempo ha ripreso a respirare regolarmente e Stan si passa la mano sulla faccia mostrando la sua frustrazione.
-Se continuate così, avrò un attacco d’asma anch’io da un momento all’altro. Anzi sto già cominciando a soffocare.-
-Perché dovresti avere l’asma anche tu? Non capisco!-
Esclama Ryan con la sua solita aria innocente.
-Non capisci eh? Parlo del fatto che, al solo sentire pronunciare la parola governatore, stavi per strozzarti e come se non bastasse ho sorvolato anche sul balbettio tuo e di Richard a proposito del procuratore distrettuale.-
Prende per il braccio Ryan e fa segno con la testa ad Esposito di allontanarsi e mettersi in un posto più solitario.
-Adesso voi due mi dite cosa sapete sul procuratore e anche sul governatore e me lo dite… due minuti fa!-
-Davvero Stan, non sappiamo di cosa parli, nè cosa dovremmo dirti, noi…-
-Esposito ascolta. Sono veramente stufo! Sembra di giocare a ‘io so che tu sai che lui sa’, ma alla fine nessuno sa niente, specialmente io. Ryan, tu e Richard mi avete chiesto di fidarmi di voi, anche dopo che sono stato picchiato, ed io l’ho fatto, ma adesso voglio sapere cosa avete scoperto quando Lanie ed io abbiamo lasciato il suo appartamento, perché è evidente che in quelle due ore avete scoperto parecchie cose. Cose che hanno a che fare con il procuratore distrettuale e a questo punto anche con il governatore.-
Resta in silenzio un attimo, mentre li guarda dritto negli occhi e aspetta.
-Allora?-
I due amici si guardano preoccupati. In pochi minuti si sono ritrovati a dovere sostenere la stessa discussione con due persone diverse, ma con Stan non possono continuare a fingere, così Ryan fa un cenno di assenso ad Esposito, che spara la prima cartuccia.
-Sappiamo chi è il drago.-
Colpito!
Corbin resta di stucco. Ha pensato a qualunque cosa, ad un altro complotto o pericolo, ad un’altra minaccia magari a Richard, ma questa affermazione, sicura e decisa, proprio non se l’aspettava.
-Sapete chi… chi è il… drago? E… e chi… sarebbe? Co… come l’avete… scoperto?-
Rayn sorride.
-Ehi fratello, pare che abbiamo un nuovo balbettatore in famiglia! Stan, sei davvero sicuro di volerlo sapere? Siamo già in troppi ad essere in pericolo.-
-Io… si… certo che voglio… saperlo… faccio parte della squadra e poi sono coinvolto, mi hanno picchiato. Aspettate un momento… non starete cercando di…farmi credere che il drago è… è… il governatore?!-
L’assenza di risposta da parte dei due detective e la loro espressione sono una risposta veramente eloquente. Corbin si passa la mano tra i capelli.
-Non ci posso credere… E’ assurdo! Ecco perché Richard sembrava turbato da quell’incontro. Io pensavo fosse solo imbarazzato per il modo affabile che il governatore gli ha dimostrato, invece lui sapeva chi aveva davanti. Ma perché Jordan ha voluto parlargli apertamente?-
Ryan fa spallucce.
-L’unica spiegazione plausibile è che stia partecipando la gioco di cui parlavi prima Stan, lui sa che noi sappiamo. Ed è uscito allo scoperto.-
-Come ci siete arrivati? Sono 13 anni che Beckett ci lavora e fino a questa mattina non avevate scoperto niente. Cos’è cambiato?-
Ryan ed Esposito si guardano imbarazzati.
-Questo non è importante Stan, quello che è veramente importante è che lui sa, è uscito allo scoperto perché si sente in trappola, quindi più pericoloso di prima e  ha contattato Castle per un motivo ben preciso.-
Annuiscono tutti, anche Corbin.
-Avete trovato qualcosa… qualcosa di cui lui ha paura… dei documenti compromettenti, non è vero? Solo per questo uno in vista come lui, metterebbe a repentaglio tutto per agire in prima persona, dopo che per anni è stato solo inesistente. E in questi documenti compare anche il procuratore… e magari anche qualche altro pezzo da 90!-
Anche qui la mancanza di risposta, gli dà la certezza di avere ragione e dà anche la certezza ai due detective, che il nuovo membro della squadra ha un ottimo cervello.
-Santo cielo! Ed io ho lasciato Richard da solo con lui. E se gli avesse fatto del male? Perché non risponde al telefono?-
-Vedrai che non gli ha fatto niente, ora lo chiamiamo di nuovo.-
Risponde Esposito ricomponendo il numero.
-Ma siete preoccupati anche voi!?-
-Siamo preoccupati per quello che può avergli detto. Sono sicuro che se lo ha contattato di persona è per fare una specie di patto, non certo per fargli del male. Non qui e alla luce del giorno.-
L’espressione di Esposito diventa sempre più cupa.
-Niente. Non risponde.-
-Chiama al telefono di casa, magari ha messo modalità silenziosa e se ne è dimenticato, oppure lo ha lasciato da qualche parte come ha fatto l’altra sera.-
Esposito annuisce e compone l’altro numero, mentre l’ansia comincia ad impossessarsi realmente di tutti loro.


Continua...


Angolo di Rebecca:

Davanti alla verità, anche Stan ha cominciato a balbettare...
si è amalgamato bene alla squadra!
Sono tutti in fibrillazione... e anch'io... e voi no?!

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Capitolo 28
*** Nel Mirino del Drago ***


...Ma siete preoccupati anche voi!?
-Siamo preoccupati per quello che può avergli detto. Sono sicuro che se lo ha contattato di persona
è per fare una specie di patto, non certo per fargli del male. Non qui e alla luce del giorno.
L’espressione di Esposito diventa sempre più cupa.
Niente. Non risponde.
Chiama al telefono di casa, magari ha messo modalità silenziosa e se ne è dimenticato, oppure lo ha lasciato da qualche parte come ha fatto l’altra sera.
Esposito annuisce e compone l’altro numero, mentre l’ansia comincia ad impossessarsi realmente di tutti loro.


 

E' questo il tuo capitolo preferito?
Siiiiii... e nemmeno a farlo apposta arriva nel giorno del tuo compleanno *-*
Te lo dedico Vale <3
Auguriiiiiiiiiiii :*

E se vi piace la foto qui sotto... beh... è tutta opera sua...
Bellissima Vale, grazie!!!

 

 

La Resa Dei Conti


*
Nel Mirino del Drago
*
27° Capitolo 



 

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Il cancello in ferro battuto si erige proprio frontale alla prospettiva del corpo principale della casa.
Il colore nero e lucido lo rende ancora più maestoso e distaccato dal resto delle mura di cinta e dalla casa stessa, che invece sono di un incredibile colore bianco. Le due aperture mobili finiscono in alto con delle punte simili a piccole lance e nella parte centrale troneggiano due splendidi draghi che si guardano negli occhi, sputando lingue di fuoco.
Quante volte è passata per quella strada? Quante volte ha guardato distrattamente quel cancello, senza notare i draghi… ecco perché chi lo conosce davvero, chi ha avuto a che fare con lui, lo chiama così.
Il Drago!
Il suo simbolo è lì davanti a lei.
La casa, il cancello, i colori ben distinti e definiti; tutto riflette quell’essere immondo, che non merita la definizione di individuo.
Il bianco e il nero. L’apparenza e la realtà. Quello che gli altri devono vedere e quello che realmente è. L’uomo al servizio della gente e l’animale al servizio della propria avidità!
L’assassino di sua madre è sempre stato davanti ai suoi occhi, anzi, davanti agli occhi del mondo intero! Stringe i pugni e li batte con forza, piena di rabbia, contro il tronco della grande quercia dietro cui si è nascosta.
Nel locale lavanderia aveva usufruito di un giubbotto da uomo e un cappello di lana, sotto al quale aveva raccolto i capelli. Il cappuccio del giubbotto l’aveva  definitivamente nascosta alla vista di chiunque fosse stato fuori di guardia, poliziotti o spie del governatore. Con un taxi aveva raggiunto la sua destinazione, scendendo ad un paio di isolati dalla casa, per arrivare a piedi, nel punto in cui si trovava adesso.
Mentre si guarda attorno, attenta a non farsi notare, sente un rimbombo nel petto e dentro le orecchie; il suo cuore sta correndo troppo, così decide di fermarsi un momento per respirare a fondo e ridare al suo organismo un ritmo apparentemente normale. Tocca il coltello rubato nella cucina di Castle, l’unica arma che dovrebbe proteggerla dalle fiammate del drago.
Chiude gli occhi, pensando a Rick steso a terra in camera sua e cerca d’immaginare la sua reazione quando si sveglierà e si renderà conto che lei lo ha colpito con una lampada; sorride al pensiero, conoscendolo sarà arrabbiato, ma allo stesso tempo orgoglioso di lei, fino a che non si arrabbierà di nuovo. Soprattutto sarà spaventato per lei, per questo spera ardentemente che non si riprenda presto, perché una volta sveglio… scuote la testa, non vuole nemmeno immaginarlo.
Esce dal suo nascondiglio e, piegata in due verso terra, controlla il perimetro costeggiando il muro di cinta, intervallato ogni due metri da un’inferriata che richiama il cancello d’entrata. Guardando da queste aperture, conta quattro telecamere poste su ogni lato della casa e quattro guardie che misurano avanti e indietro il parco circostante, più la guardia nel gabbiotto all’entrata subito dietro al cancello. Ma quella non la preoccupa, lei non sarebbe entrata dalla porta principale, la preoccupa di più non sapere quante sono quelle dentro la sala video, all’interno della casa.
Certo, se le guardie non fossero all’erta perché si aspettano l’arrivo suo e di Castle, sarebbe tutto più semplice, ma è bene addestrata e non ha nessuna intenzione di restare là fuori ad aspettare che il drago uccida anche suo padre.
Scavalca da una delle cancellate laterali, sempre china verso terra. Gli occhi attenti e spalancati sulla penombra creata dai lampioncini sparsi per tutto il parco. Individua i movimenti delle telecamere e avanza lentamente, man mano che queste ruotano dalla parte opposta a quella in cui si trova lei. Piano si avvicina ad una  costruzione molto più piccola della casa madre, probabilmente una dependance. Sotto al portico una delle guardie sta finendo il suo giro. Dopo un paio di minuti si sarebbe voltato per tornare alla casa, sotto la luce.
Gli va silenziosamente alle spalle e con uno scatto improvviso lo blocca circondandogli il collo con un braccio, mentre con l’altro gli punta il coltello alla gola.
Per quanto muscoloso l’agente, immobilizzato alla sprovvista e con una presa perfetta, non riesce a muoversi ed è costretto a mettersi in ginocchio.
-Quante altre guardie ci sono oltre voi quattro?-
Beckett sibila la domanda all’orecchio dell’uomo, mentre lui cerca di divincolarsi, ma lei stringe il coltello alla gola provocandogli un piccolo taglio e lui si rende conto che un rivolo di sangue sta scendendo lungo la sua camicia.
-Non fartelo ripetere. Quante altre guardie ci sono?-
-Una… una sola… all’interno… al primo piano… nella sala… video!-
Risponde a stento, sentendo la lama penetrare nella sua pelle.
-E in casa chi c’è, oltre al governatore?-
-Solo il… suo braccio destro… il signor Cane… Lucas …-
-Sei sicuro? Guarda che nella posizione in cui mi trovo, non perdo niente ad ammazzarti.-
-Non c’è… nessun… altro… davvero. Ma non… pensare di… farla franca… sei morta…-
-Ma davvero? Tu dici? Vuoi fare una scommessa?-
Detto ciò, un dolore terribile alla nuca lo accompagna tra le braccia di Morfeo, nel buio più profondo. Beckett lo osserva un attimo tramortito ai suoi piedi, si china e gli prende la pistola, controllando che il caricatore sia pieno, lo ammanetta con i braccialetti che lui stesso porta alla cintura e lo nasconde inerme sotto il portico, al buio.
-Sai che ti dico? Tu prova a scommettere, non si sa mai!-
Si libera del giubbotto, che, essendo di parecchie misure più grande di lei, la limita nei movimenti e, addossata al muro di cinta, fa il giro del resto del parco.
Si ritrova alle spalle di un’altra delle guardie e con la stessa mossa veloce di prima, la atterra. Lui cerca di fermarla per i polsi, ma lei riesce a bloccarlo, colpendolo al volto con il calcio della pistola, lasciandolo sanguinante e inerme. Lo disarma e lo ammanetta e la stessa sorte tocca alla terza guardia.
Giunta davanti all’ingresso sul retro, si posiziona tra la porta e una delle colonne del portico, facendo attenzione alla telecamera e guarda all’interno attraverso il vetro lavorato della porta. Quello che vede è la cucina, apparentemente vuota, almeno dal punto in cui guarda lei, non nota nessuno. Le viene il dubbio che possa esserci un allarme collegato alle porte, ma poi si dice che, con le guardie fuori e aspettando ospiti, è molto probabile che non ci sia nessun allarme inserito, almeno lo spera per recuperare qualche minuto di tempo, prima di trovarsi faccia a faccia con il drago. Il suo unico “effetto sorpresa”, se così si può chiamare, è che è molto in anticipo sull’ora dell’appuntamento.
Il cuore ha ricominciato a galoppare, i respiri lunghi e ritmati non servono a niente, lui continua a correre in maniera impressionante, tanto che Beckett è costretta a chiudere gli occhi un momento per i capogiri che le sta provocando quella corsa sfrenata dentro al suo petto.
Calmati Kate… che ti prende? Non puoi farti prendere dall’ansia, non è il momento di avere paura, ne va della vita di tuo padre, perciò respira ancora e fa quello che devi… 
Si lascia andare accovacciata a terra appoggiata al muro, gli occhi fissi sulla telecamera, che, da quella prospettiva, nascosta dietro al pilastro, non può vederla. Sente le ginocchia mancarle e, anche se non è il momento, lei ha paura.
Ha una dannata paura di non riuscire a salvare suo padre, ha una dannata paura di morire.
Perché non dovrebbe averne?
Ha sempre pensato di essere pronta a tutto per arrivare all’assassino di sua madre. Quando è andata al molo ad incontrare il suo killer era pronta a farsi ammazzare pur di sapere la verità e mettere al sicuro la sua famiglia e i suoi amici, ma adesso è tutto diverso, adesso ha assaporato la prospettiva di una vita da vivere con l’amore che sente nel suo cuore e… non vuole morire.
Se leggessi tra le righe… direi che ti ho appena detto che ti amo… 
Si guarda le mani, tremano come le gambe, ma la voce di Rick è dentro le sue orecchie, dentro la sua testa, dentro a quel cuore che non smette di correre, dentro tutto il suo essere. La voce di Rick, i suoi occhi, i suoi sorrisi, il dolore che prova per la verità scoperta su suo padre, fanno ormai parte di lei e vuole assolutamente viverli. Si porta la mano al petto e stringe fortissimo l’anello che porta al collo, quell’anello che aveva lasciato vicino ad un cuoricino rosso al sicuro in casa sua. Quell’anello che adesso è l’unica vera protezione di cui sente il bisogno. Sospira e si rimette in piedi, sempre appiattita contro il muro accanto alla porta, guarda ancora all’interno e mette la mano sulla maniglia.
Ormai non si può più tornare indietro. Questa storia finirà... in un modo o nell'altro… stasera!
 
No… fermo… ti prego fermo Victor…
Sei una sgualdrina! Avrei dovuto ucciderti quel giorno, avrei dovuto metterti le mani alla gola e gettarti nel fiume.
No… ti prego lasciami… mi fai male Victor… lasciami…
Mi hai rubato mio figlio e adesso devi morire…
Martha si siede improvvisamente sul letto con la sensazione di soffocare. La scatola di latta cade giù dal letto con un tonfo, sparpagliando le foto per tutto il pavimento. Si tiene la gola e vede la nipote muovere le labbra, ma non riesce a capire cosa dice, mentre con gli occhi sbarrati, cerca di scacciare la sensazione delle mani di Victor Jordan attorcigliate al suo collo.
Non faceva quel sogno da oltre 35 anni.
Quando era incinta e anche parecchi anni dopo la nascita di Richard, di tanto in tanto sognava di aprire la porta di casa sua e di trovarsi davanti il padre di suo figlio che, saputa la verità, andava da lei per ucciderla e portarsi via il bambino. Lei era diventata famosa, la tv e i giornali parlavano spesso della sua carriera e questo le metteva ansia, pensando che lui avrebbe potuto trovarla in qualsiasi momento. Aveva dimenticato il panico assoluto provato in passato, al pensiero di Victor che scopriva la verità!
Con le mani sul suo viso, Alexis riesce finalmente a ridestarla dall’incubo che stava continuando anche ad occhi aperti.
-Nonna, è tutto a posto. Stavi solo sognando! E’ tutto a posto.-
Martha la guarda ancora sconvolta, poi si rende conto di essere sveglia e abbraccia la nipote così forte, che Alexis si sente mancare l’aria, ma fa esattamente la stessa cosa. La stringe fortissimo e le si accoccola contro.
-Oh, tesoro. Mi dispiace di averti spaventata.-
-Tu eri spaventata nonna. Ma cos’hai sognato?-
-Non ci voglio pensare… ti prego non farmici più pensare.-
Mentre cercano di calmarsi sentono squillare il telefono giù in cucina.
-Ti spiace mettere a posto le foto, cara? Io vado a rispondere.-
Arrivata in cucina si rende conto che Beckett non è lì. La coperta è ben ripiegata sul divano e il cassetto delle posate è aperto.
Risponde al telefono continuando a guardarsi attorno, cercando di capire se Richard fosse già rientrato e in quale parte della casa potesse essere Kate.
-Martha, salve. Sono Esposito, suo figlio è rientrato?-
Il cuore le batte ancora forte per l’incubo di poco prima e forse è per questo che crede di sentire una punta di preoccupazione nella voce del poliziotto.
-Veramente non lo so, Alexis ed io stavamo riposando e… non vedo nemmeno Kate. Esposito la richiamo tra un attimo, magari Richard è in camera sua.-
Riattacca di fretta, prima che Esposito possa fermarla e si dirige verso le scale, dalle quali fa capolino Alexis.
-Prova a bussare in camera di tuo padre, vedi se c’è!-
-Ci ho appena provato nonna ed ho anche tentato di entrare, ma la porta è chiusa a chiave!-
La ragazza sbircia in cucina e nel soggiorno e quando non vede Beckett, corruccia la fronte.
-Forse… ehm… magari… lui  e Kate sono chiusi dentro!-
Esclama non molto convinta, mentre la nonna la raggiunge al piano di sopra, insieme si avvicinano alla camera e ascoltano appoggiando l’orecchio alla porta.
-Nonna, pensi che siano dentro… insieme?-
Martha ci pensa su un paio di secondi, poi si allontana dalla porta e con un gesto a mezz’aria della mano, scuote la testa in maniera energica.
-Nah! Non ci credo… posso anche aspettarmelo da Richard, ma non da lei… stiamo parlando di Beckett… credi davvero che si sarebbe chiusa in camera con tuo padre… adesso?-
Alexis fa spallucce, sorridendo.
-In effetti hai ragione, stiamo parlando di Kate! Ma allora perché la porta è chiusa a chiave e lei non si vede?-
Martha torna accanto alla porta e bussa anche abbastanza forte.
-Richard! Richard ci sei? Non vorrei disturbarti, ma poco fa ti cercava Esposito… Richard!-
Continua a chiamarlo e a bussare, senza ricevere risposta, finchè non sentono la suoneria del suo cellulare.
-Ma questo è il telefonino di papà!-
Esclama Alexis e Martha annuisce stringendo le labbra.
-E’ chiuso in camera, ma allora perché non ci risponde… e dov’è Kate?-
Fa l’ultima domanda alzando la voce preoccupata e ricominciano insieme a bussare alla porta e a chiamarlo.
-Papà… papà apri, che succede, papà?-
-Richard, apri la porta, Richard!-
Castle prova un forte dolore mentre cerca di riaprire gli occhi. Un suono fastidiosissimo gli sta martellando non solo le orecchie, ma anche il cervello e cerca di proteggersi portandosi le mani alla testa. Fortunatamente il suono sparisce improvvisamente e lui riesce ad aprire gli occhi, cerca di alzarsi, la testa comincia a fare delle strane giravolte ed è costretto a rimettersi giù, ma resta con gli occhi aperti. Si rende conto di essere nella sua stanza, ma non riesce a ricordare perché è a terra ed ha un forte mal di testa. Fuori dalla porta qualcuno sta bussando freneticamente, oltre che urlare il suo nome di continuo. Fa un altro sforzo e riesce a mettersi seduto, si porta ancora la mano alla nuca e sente un piccolo bozzo, davanti a lui, la lampada è rotta in piccoli pezzi. E’ seduto accanto al comò ed uno dei cassetti è aperto. Si alza di scatto e tutto gli torna in mente. Stava parlando con Kate dei documenti e di Jordan e lei… lei…
Mi ha colpito! Mi ha rotto la lampada in testa e… 
Guarda dentro il cassetto, i documenti non ci sono. Vicino alla lampada nota il libro con la fodera di pelle nera, lo raccoglie e si guarda intorno, sperando di trovare anche il resto dei documenti. Si fa chiaro nella sua mente quello che è realmente successo. Kate ha preso parte dei documenti, lo ha tramortito e…
E’ andata da Jordan da sola… oddio! E’ andata dal drago da sola!
Va verso la porta, dietro la quale Martha e Alexis continuano a bussare e chiamare a squarciagola. Prova ad aprire, ma è bloccata.
-Richard santo cielo, rispondi, perché non apri? Stai male? Cos’hai Richard?-
La voce di sua madre sembra disperata e continua a spingere la porta cercando di buttarla giù.
-Mamma! E’ tutto a posto, sto bene, solo che la porta è chiusa a chiave, cercate di spingere più forte, che io tiro da dentro!-
Tira fortissimo, mentre Martha e Alexis, da fuori spingono più forte che possono e finalmente la porta si apre e le due donne si buttano tra le sue braccia.
-Oh papà… ci hai fatto preoccupare, ma perché non hai risposto subito?-
Lui le allontana e le guarda con un’espressione atterrita.
-Kate… dov’è Kate?-
-Non lo sappiamo Richard, di sotto non c’è, credevamo fosse… si insomma credevamo potesse essere in camera con te!-
Torna dentro a recuperare il cellulare sul pavimento, vede le infinite chiamate di Esposito e Stan, mentre la madre lo avverte che il detective l’aveva cercato anche al telefono di casa.
-E’ andata da sola!-
Sussurra guardando il telefono sempre più terrorizzato. Solleva lo sguardo su madre e figlia.
-E’ ANDATA DA SOLA!-
Ripete a voce alta, mentre compone il numero di Esposito.
-Papà, ma che stai dicendo? Dov’è andata… da sola?-
Ma lui sta già parlando al telefono.
-Castle! Finalmente, si può sapere che…-
Esposito comincia a parlare ma viene bloccato improvvisamente dalla voce acuta all’altro capo del telefono.
-Esposito, ascoltami e non interrompere. Chiama Nesbit e andate immediatamente con qualcuno di assolutamente fidato a casa del governatore Jordan!-
Esposito resta in silenzio come bloccato e Ryan e Stan lo guardano senza capire la sua espressione. Martha e Alexis gli vanno dietro mentre lui, parlando al telefono, scende le scale.
-Richard che succede?-
La voce di Martha lo raggiunge tremante e lui si gira a guardarla, facendole segno col dito di fare silenzio un momento.
-Espo, mi hai sentito? Dobbiamo andare subito da Jordan, Beckett è andata lì, ed è sola!-
Finalmente Esposito riesce a trovare il fiato per rispondere.
-Ma perché è andata lì? Aveva detto che voleva pensare cosa fare dei docum…-
-Perché ha rapito suo padre.-
-Cosa? Jordan ha rapito Jim?-
Stan e Ryan lo guardano con gli occhi sgranati, Esposito serra le mascelle e Castle continua.
-Oggi il governatore mi ha contattato quando sono andato in tribunale con Stan.-
-Si, ce lo ha detto. E’ qui con noi.-
-Jordan sa tutto dei documenti, li vuole a tutti i costi e vuole usare Jim come merce di scambio. Quando l’ho detto a Kate, lei mi ha tramortito ed è andata via. Controlla l’orologio. Accidenti! Sono passati già quaranta minuti, ormai sarà già lì! Fa presto Espo, io comincio ad andare.-
-Aspetta Castle! Non andare da solo, aspetta noi, avverto anche Johnston così…-
Castle lo interrompe nuovamente.
-No Esposito! A questo punto spero ardentemente che possiamo contare davvero soltanto sul tuo amico, contatta solo Nesbit, fidati solo di lui.-
-Vuoi dire che Johnston…-
-Javier… parleremo dopo del capitano Johnston, ora fa come ti ho detto. Ci vediamo alla residenza del governatore.-
Chiude la chiamata e si dirige verso la porta, ma Alexis lo prende per il braccio.
-Aspetta papà! Non puoi andare lì da solo.-
-Tua figlia ha ragione Richard, aspetta i rinforzi, va insieme agli altri.-
Castle cerca di calmarsi, sospira e abbraccia sia Martha che Alexis.
-Ascoltate. Kate è andata nella tana del drago, ed è completamente sola. Non posso lasciarla. E poi arriverò sicuramente assieme agli altri, non farò niente di avventato, ma non posso permettere che entri in quella casa da sola.-
Alexis e Martha lo guardano spaventate, non riescono a rispondergli, lui le abbraccia strette e accarezza il viso della figlia.
-Cercate di capirmi, non posso restare fuori da tutto questo, specialmente adesso. Mamma, il governatore Jordan ha rapito il padre di Kate e lei è andata lì da sola a farsi ammazzare e per impedirmi di accompagnarla, per proteggermi, mi ha tramortito e chiuso in camera. Mamma io non la posso lasciare da sola… specialmente adesso che so chi è… quell’uomo!-
Alexis continua a guardarlo terrorizzata, mentre Martha china la testa.
-Vi ucciderà Richard… tutti e due…-
Sussurra, mentre lui l’abbraccia ancora.
-No, mamma, non lo farà. Io non glielo permetterò… fidati di me.-
Le solleva il viso tenendola per il mento e le sorride, poi le bacia entrambe sulla guancia.
-Andrà tutto bene… voi restate qui e non aprite a nessuno e per nessun motivo.-
Prende le chiavi della macchina, stringe il registro nella mano sinistra e, mentre il suo cuore si trova già in casa del governatore, si dirige verso il garage, lasciando sua madre e sua figlia in preda al panico.



Continua...


Angolo di Rebecca:

E' il momento di agire:
Kate sta per entrare nella tana del drago
Rick chiama all'appello tutta la cavalleria, 
ma parte a razzo senza aspettare nessuno...
Insomma sono tutti nel mirino del drago... uhhh la vedo brutta!!!



 

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Capitolo 29
*** Pronti a Tutto... ***



...Si porta la mano al petto e stringe fortissimo l’anello che porta al collo,
quell’anello che aveva lasciato vicino ad un cuoricino rosso al sicuro in casa sua.
Quell’anello che adesso è l’unica vera protezione di cui sente il bisogno.
Sospira e si rimette in piedi, sempre appiattita contro il muro accanto alla porta, guarda ancora all’interno e mette la mano sulla maniglia.
Ormai non si può più tornare indietro. Questa storia finirà... in un modo o nell'altro… stasera!...



 

La Resa Dei Conti


*
Pronti a Tutto...
*
28° Capitolo 

 

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Jason Nesbit tiene il volante dell’auto talmente stretto che potrebbe perfino staccarlo. E’ fermo ad un crocevia, con le labbra strette attorno a quella famosa sigaretta spenta che si porta sempre dietro…
Ho scelto un gran bel momento per smettere di fumare! 
Dopo aver lasciato il dottor Jensen a casa sua, ed essersi assicurato sui turni di guardia, ha ricevuto una specie di telefonata in codice.
Aspettami al crocevia di Every Street e chiama un paio dei tuoi uomini, qualcuno di cui ti fidi come te stesso e… non fare domande… ne va della vita di Beckett.
Il detective Javier Esposito gli ha detto queste esatte parole e, senza dargli il tempo di ribattere, ha chiuso la telefonata.
Ma è mai possibile che, da quando hanno trovato Beckett accanto a quel cadavere, non ho avuto più un attimo di tregua? Cosa significa quella frase?
E quel non fare domande lo ha innervosito parecchio. La cosa più assurda è che ha fatto esattamente come gli è stato detto da Esposito al telefono. Ha chiamato tre dei suoi uomini più fidati e adesso è fermo davanti a quello stupidissimo incrocio ad aspettare un altro poliziotto, nonché suo buon amico, sicuramente ancora per poco, senza sapere perché e non può fare a meno di essere teso. Il tono di Esposito lo ha preoccupato… no, di più, lo ha allarmato.
Che significa ne va della vita di Beckett? Sanno dov’è? L’hanno rintracciata!? E perché sono fermo qui come un idiota? Non fare domande ha detto! Facile per lui dire di non fare domande, io invece di domande ne ho anche troppe e… maledizione voglio tutte le risposte!
Batte la mano sul volante, mentre la rabbia s’impossessa dei suoi pensieri e sussulta, quando Esposito bussa al finestrino. Era così intento ad essere arrabbiato, che non lo ha sentito arrivare. Scende immediatamente dalla macchina e comincia con le domande a raffica, ma Esposito lo blocca all’istante, spingendolo dentro l’auto e sedendosi accanto a lui.
-Sbaglio, o ti avevo detto niente domande?-
-Javier, state esagerando adesso. Di che si tratta, tu sai dov’è Beckett?-
Esposito annuisce, Ryan e Stan si siedono sui sedili posteriori guardandosi attorno, come se avessero paura che qualcuno possa uscire da dentro uno dei semafori del crocevia per aggredirli.
-Jason, ascoltami e non interrompermi, non c’è molto tempo. Jim Beckett è stato rapito…-
Nesbit apre la bocca per ribattere, ma il collega lo ferma alzando una mano.
-Jason fidati. Jim Beckett è stato rapito dalla persona che ha incastrato Kate. La vuole fuori dai piedi in ogni modo e sta usando suo padre per trovarla.-
Nesbit è titubante.
-Anche se fosse, lei come farebbe a sapere del rapimento?-
-Perché ha fatto in modo di farglielo sapere e adesso sta andando nella tana del drago, per liberare suo padre. Ci sta andando da sola e di sicuro non uscirà viva da lì, se noi non andiamo ad aiutarla… e se ti stai chiedendo come facciamo a saperlo, beh… devi fidarti, lo sappiamo e basta.-
Nesbit corruccia la fronte.
-Era nascosta a casa di Castle, non è vero? E lui adesso dov’è? Se sapete dove hanno portato suo padre, allora avete anche scoperto l’identità del fantomatico drago?-
I due detective e l’avvocato si guardano e annuisco assieme, ma restano in silenzio. Nesbit è veramente esasperato.
-E cos'è, un segreto di rilevanza nazionale?-
Urla ironicamente, ma i tre uomini seduti nella sua auto, lo guardano seri e spaventati. Lui fa un sospiro.
-Javier, dove dovremmo andare!?-
Esposito indugia qualche secondo, vorrebbe addolcire la pillola, anche perché Nesbit potrebbe non credergli e rifiutare di aiutarli, ma c’è solo un modo di metterlo al corrente: deciso e conciso.
-Alla residenza del governatore!-
Sussurra alla fine.
Nesbit, per la prima volta, resta senza parole, non trova niente d’interessante da dire per ribattere. Si passa la mano tra i capelli, si toglie la sigaretta dalla bocca e la stritola tra le mani. Poi punta il dito davanti alla faccia di Esposito.
-Tu… stai cercando di… farmi credere che… il drago… è Victor Jordan? Il governatore dello stato di New York… il tizio che appare in tv un giorno si e l’altro pure… l’uomo più potente in città dopo il presidente… tu… stai cercando di dire questo?-
Ogni frase è accompagnata dal movimento del dito che batte, con forza, sul torace di Esposito, movimento che diventa più forte, man mano che va avanti con le domande.
-Quindi tu… mi stai dicendo che il governatore in persona, ha fatto rapire il padre di Beckett, perché la vuole uccidere? Tu mi stai dicendo che Beckett sta andando a casa del governatore per… PER FARE COSA?-
Finisce la frase a voce alta, portando le braccia in aria, pieno rabbia.
-Per farsi ammazzare, perché Jordan non la lascerà mai libera, né lei, né suo padre.-
-Tu sei pazzo Javier, voi siete pazzi, tutti quanti… avete delle prove che avvalorano la vostra teoria?-
Nessuno risponde e Nesbit scende dalla macchina. Si china all’interno dallo sportello aperto e punta ancora il dito su Esposito.
-Secondo te, dovrei presentarmi a casa del governatore, fare un’irruzione… e poi? Qui non si tratta solo di perdere il lavoro Javier, qui si tratta di finire in galera per calunnia contro il potere della città.-
-No Jason, qui si tratta di salvare Beckett ed assicurare alla giustizia un criminale. Credimi Jason, Jordan è colpevole, non te lo posso dimostrare adesso, ma è lui il drago. Lui ha ordinato la morte della madre di Beckett e lui si è macchiato di tutti gli altri omicidi, anche quello di Montgomery e non sappiamo nemmeno quante e quali siano le persone al suo servizio, non possiamo avvertire nemmeno il nostro comando, non sappiamo di chi fidarci, però mi sto fidando di te, Jason! Abbiamo bisogno del tuo aiuto e dobbiamo sbrigarci.-
Nesbit vede arrivare l’auto con a bordo i tre colleghi che ha contattato, quando si fermano, abbassano il finestrino e lui si avvicina. Guarda Esposito dritto negli occhi. Qualche ora prima ha pensato che questa storia è stata assurda fin dall’inizio e continua a pensarlo. Fare irruzione in casa del governatore e senza nessuna prova materiale, significa veramente finire in prigione. Per 13 anni hanno cercato questo criminale e niente e nessuno li ha mai indirizzati a lui, forse perché era troppo coperto e potente. Questa storia è troppo assurda, ma proprio per questo, credibile. Fa un sospiro e si appoggia allo sportello.
-Ragazzi non fate domande. Dobbiamo fare un’irruzione silenziosa e senza autorizzazione in un posto. Sappiate solo che per questa cosa potreste trovarvi nei guai, grossi guai, perciò vi potete anche rifiutare.-
I ragazzi si guardano l’un l’altro, poi uno di loro annuisce e si volta a guardare Nesbit.
-Noi siamo con te capo, nel bene e nel male. Che dobbiamo fare?-
-Per ora venitemi dietro, al buio ed in silenzio, luci e sirene solo su mio ordine, comunicheremo soltanto con i telefoni, contatto radio completamente spento, intesi?-
I tre annuiscono e Nesbit sale in macchina assieme ad Esposito.
-D’accordo Javier, hai la mia vita, la mia carriera e anche quella dei miei uomini nelle tue mani. Spero davvero che ne valga la pena.-
-Se tutto va come deve Jason, tu diventerai capo della polizia, dopo questa sera.-
Nesbit si mette un’altra sigaretta spenta tra le labbra e mentre mette in moto, sorride.
-Peccato che anche nell’ufficio del capo della polizia sia vietato fumare!-

-Brooks! Tutto bene là fuori?-
-Si signore, tutto a posto. Ho sentito i ragazzi meno di cinque minuti fa, nel parco è tutto tranquillo.-
-Bene Brooks, i nostri ospiti dovrebbero presentarsi all’ingresso tra non molto, mi raccomando, occhi aperti.-
-Tutto sotto controllo signore, non si preoccupi.-
Lucas appare più tranquillo dopo aver parlato con la guardia in sala video, anche se continua a fare avanti e indietro per tutto lo studio.
-Lucas, amico mio, non capisco perché sei così nervoso, non è la prima volta che concludiamo un affare.-
-Questo non è un affare come tutti gli altri Victor, qui non ne va solo della nostra reputazione, ma di quella di mezza città. Non si tratta soltanto di perdere tutto e finire in galera. Se alcuni dei nostri soci scoprissero l’esistenza di quei documenti, tu ed io saremmo morti, te ne rendi conto non è vero?-
Victor Jordan sa perfettamente che le parole di Lucas sono sacrosante, sa perfettamente che alcune delle persone con cui fa affari non sono, quello che si dice, raccomandabili, di certo non fanno parte della cerchia d’elite del governatore, ma per ficcare un proiettile in mezzo alla fronte a qualcuno, senza fare domande e  senza battere ciglio, sono davvero impagabili.  Lucas è così preoccupato, che ha chiamato la guardia di sicurezza tre volte nel giro di mezz’ora e Victor comincia a non sopportarlo.
-Ora basta Lucas. Non contattare più Brooks, se dovessero esserci problemi, sarà lui stesso ad avvertirci. Beckett non farà niente per mettere in pericolo la vita suo padre, tra meno di un’ora lei e lo scrittore saranno qui e puoi essere sicuro che porteranno i documenti con loro.-
Brooks osserva con gli occhi sbarrati il dito che preme il pulsante per interrompere la ricezione audio, sposta gli occhi lateralmente, per cercare di vedere il viso della persona che gli stringe il braccio attorno al collo impedendogli di muoversi, ma l’unica cosa che riesce a scorgere da quella angolazione, è una ciocca di capelli, che oltretutto è attaccata alla sua faccia.
Era entrata dalla cucina, in silenzio, come un kamikaze pronto a tutto. Non aveva sentito suonare nessun allarme, ma questo non significava niente, poteva esserci un allarme silenzioso. La guardia di sicurezza fuori le aveva detto che la sala video era al primo piano. Aveva teso le orecchie, ma non sentendo nulla, si era avviata verso la scala, che si trovava appena fuori dalla cucina. Al primo piano, la porta socchiusa, le aveva mostrato una consolle con quattro monitor, controllati da un uomo che, seduto di spalle, mangiava un panino. Era entrata piano, stava per colpirlo, quando aveva sentito la radio gracchiare e la voce di qualcuno chiedere se era tutto a posto. Brooks si era accorto di avere qualcuno alle spalle, ma prima che potesse agire, Beckett lo aveva bloccato mettendogli il coltello alla gola, facendo cenno di rispondere.
-Attento a quello che dici!-
La guardia aveva risposto per bene a tutte le domande alla radio e Beckett aveva lasciato la ricezione accesa, ascoltando attentamente le parole del governatore e del suo braccio destro. Non avevano nessun sospetto che lei fosse già dentro la casa.
Sorride tra se, sospirando di sollievo e allunga la mano libera per spegnere la ricezione.
-Però! Sei un grande attore Brooks, hai mai pensato di frequentare una scuola di recitazione?-
L’uomo resta immobile, suda copiosamente perché il coltello attaccato alla gola lo sta letteralmente tagliuzzando alla destra del pomo d’Adamo. Riesce a vedere il sangue attraverso il riflesso di uno dei monitor che mostra una parte buia del parco.
-No, davvero? Sai, io ho delle conoscenze nel campo. Se dovesse interessarti, fammelo sapere, potrei mettere una buona parola per te.-
L’uomo continua a non muoversi, sembra quasi mummificato e Beckett stringe il coltello ancora più a fondo.
-Bene Brooks, sei stato davvero bravo, l’amico del governatore sembrava tranquillo, ti meriti un regalo.-
Lo colpisce improvvisamente alla testa con il calcio della pistola e ammanetta anche lui. Carica la pistola, nasconde il coltello all’interno dello stivale e si dirige al piano di sotto.
 
Nello stesso momento il display del cellulare di Castle s’illumina sul sedile passeggero dell’auto, lo controlla mentre continua a guidare e legge il messaggio di Ryan: ‘Non fare niente di pericoloso, aspettaci fuori, stiamo arrivando.’
Lo getta di nuovo sul sedile. Gli occhi sbarrati piantati davanti a se, ormai è buio e la strada per arrivare alla residenza di Jordan è piuttosto solitaria e poco illuminata. Tiene lo sguardo sulla striscia bianca in strada, la segue perfettamente e a velocità sostenuta, ma la verità è che non vede nulla di ciò che passa davanti ai suoi occhi. L’unica cosa che riesce a vedere è Kate in un lago di sangue con un coltello in corpo, proprio come sua madre.
Come ho fatto ad essere così stupido? Come ho fatto a non pensare che non si sarebbe fermata davanti a niente e soprattutto che avrebbe comunque voluto proteggermi…
Si porta la mano alla nuca, gli fa molto male, scuote la testa e continua a premere il piede sull’acceleratore. Per poco non lo ammazza, ma avrebbe preferito così, piuttosto che portarselo dietro e…
E io sono stato un dannatissimo idiota a non capirlo…
Il telefono s’illumina ancora, Ryan lo sta chiamando, forse per assicurarsi che non faccia colpi di testa, ma lui lo lascia squillare. Non può rispondere. Non vuole rispondere. Non vuole essere fermato. L’unica cosa che vuole è salvare Kate, vuole assolutamente arrivare in quella casa e… portarsela via a qualunque costo… viva!



Continua...


Angolo di Rebecca:

Nesbit è un grande... io gli permetterei di fumare
Kate è dentro, fa pure la spiritosa e...
e Rick... 
oh, non preoccupatevi, tra un pò arriva anche lui! :(

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Capitolo 30
*** Nella Tana del Drago ***


...Come ho fatto ad essere così stupido? Come ho fatto a non pensare che non si sarebbe fermata davanti a niente e soprattutto che avrebbe comunque voluto proteggermi…
E io sono stato un dannatissimo idiota a non capirlo…
Il telefono s’illumina ancora, Ryan lo sta chiamando, forse per assicurarsi che non faccia colpi di testa, ma lui lo lascia squillare.
Non può rispondere. Non vuole rispondere. Non vuole essere fermato.
L’unica cosa che vuole è salvare Kate, vuole assolutamente arrivare in quella casa e… portarsela via a qualunque costo… viva!...



 

La Resa Dei Conti


*
Nella Tana del Drago 

*
29° Capitolo 

 

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Ryan lancia il suo cellulare con forza contro il sedile.
-Non risponde… Castle non risponde… si faranno ammazzare tutti e due, maledizione!-
Nesbit lo guarda dallo specchietto retrovisore.
-Lo scrittore sarebbe davvero capace di entrare da solo? Voglio dire, è così stupido come la Beckett? Perché, se è vero quello che dite sul governatore, la vostra collega sta facendo una cosa proprio stupida!-
Esposito lo guarda torvo, tenendosi stretto al sedile.
-Jason, Beckett non è stupida. E’ stanca, arrabbiata, disperata. Il drago ha ucciso sua madre e adesso usa la vita del padre per farla uscire allo scoperto, chiunque cercherebbe di salvarlo e lei pensa di farlo senza mettere in pericolo nessuno di noi…-
Ryan si avvicina al sedile davanti, interrompendo il collega.
-E Castle… beh, si… è capacissimo di entrare senza aspettarci, sapendo che lei è in pericolo…-
Anche Stan si avvicina a Nesbit, appoggiando quasi la faccia a quella di Ryan, per interromperlo e finire la sua frase.
-E mancano ancora una ventina di minuti per arrivare, se ci va bene…-
Nesbit riporta lo sguardo sullo specchietto retrovisore e annuisce.
-Ha nascosto in casa sua una fuggitiva, rischiando la galera… ed è innamorato… mmhhh… si, credo anch’io che sia tanto stupido da entrare da solo…-
I tre lo guardano in silenzio leggermente stupiti.
-Che c’è? Anche un cieco si accorgerebbe che è cotto e stracotto di lei!-
Sorride sotto i baffetti, ingrana la quinta e aumenta la velocità, mentre chiama al cellulare i colleghi, che li seguono a ruota.
-Ragazzi, il luogo di destinazione è la residenza del governatore Jordan, non chiedetemi il perché, ma tre persone rischiano di essere uccise. Ad un chilometro di distanza ci faremo sentire, perciò sirene e lampeggianti e… a tutto gas.-
Chiude la chiamata e guarda Esposito.
-Se Jordan e i suoi avranno la meglio, cosa molto plausibile, forse sentire in lontananza che arriva la cavalleria, potrebbe spaventarli un po’!-
-Quello non ha paura di niente e di nessuno.-
Risponde Esposito, sempre più preoccupato.
-Credi? Io penso che dovrebbe avere paura di Beckett, per quello che ho capito di lei, prima di farsi ammazzare, gli farà vedere i sorci verdi… voi la conoscete meglio di me, dovreste avere più fiducia nella fuggitiva!-
 
Dal corridoio, alla destra delle scale, arrivano le voci distinte del governatore Jordan e del suo braccio destro. Man mano che Beckett si avvicina, silenziosa e lenta, riesce a sentire il loro discorso; la voce di Lucas, che esprime ancora le sue perplessità e quella del drago, che lo rassicura su come sarebbero andate le cose di lì a poco. La sua voce è calma, sicura, calda. Non tradisce nessuna emozione, nessuna paura, nessun dubbio; è sicuro di cosa sta per succedere, è sicuro che lei e Castle si presenteranno a lui, con il capo cosparso di cenere a immolarsi come sacrificio al grande dio…
Si addossa completamente alla parete che la divide da loro, appoggia la testa al muro e fa un paio di respiri profondi, tenendo le mani sull’impugnatura della pistola, con le braccia basse e tese, davanti a lei.
-Tranquillo Lucas, quei documenti finiranno in cenere tra poco e anche i nostri amici. Un colpo in fronte, un lavoro pulito e nessuno saprà niente, tranne noi.-
-Mi fa piacere che il signor governatore non abbia dubbi sull’esito della serata!-
Esclama Beckett, irrompendo nello studio. Jordan è in piedi accanto alla sua scrivania e guarda la donna davanti a lui, con un guizzo di sorpresa.
Pistola in pugno, sollevata quasi al livello degli occhi, labbra serrate e uno sguardo serio e concentrato. Lucas fa per prendere la sua pistola, ma lei lo ferma, puntando la sua arma contro di lui e tornando immediatamente dopo sul governatore.
-Io non lo farei Lucas, sono appena arrivata, vuole già mandarmi via? Metta via la pistola, perché prima che lei spari a me, io sparo in fronte al governatore.-
Jordan, con la sua solita tranquillità, solleva la mano verso Lucas, che poggia la sua pistola a terra. Prima di ucciderla devono assicurarsi che abbia i documenti con lei. Il governatore sorride e la guarda dritto negli occhi.
-Finalmente ci incontriamo Katherine, dopo tutti questi anni… è un piacere conoscere di persona un avversario così forte, intelligente e combattivo come sei stata tu, fino ad ora. Benvenuta nella mia casa.-
Si guarda intorno e sottolinea l’ultima frase allargando le braccia, evidenziando il fatto che, ormai, è entrata nella tana del drago.
-Sei un po’ in anticipo Katherine… e hai messo KO tutte le guardie… sei una continua sorpresa! E lo scrittore dove lo hai lasciato? No… non dirmelo Katherine! Lo hai mollato e sei venuta qui da sola! Come sei riuscita a convincerlo a restare a casa… al sicuro!? Oggi era così risoluto a chiudere la partita… mi ha piacevolmente stupito… è così innamorato!-
Lei continua a puntarlo senza perderlo di vista un istante.
-Dov’è mio padre?-
-Non importa se non vuoi rispondere. Spero che tu abbia portato i documenti con te, così mettiamo fine a questa storia… sai, Lucas è molto nervoso.-
-Dov’è   m-i-o   p-a-d-r-e?-
Ripete lei per la seconda volta, scandendo le sillabe e Jordan sorride ancora più compiaciuto.
-Se permetti a Lucas di avvicinarsi a quella porta e aprirla, lo vedrai.-
Beckett fa segno a Lucas, con la testa, di fare come ha detto Jordan e lui apre la porta della stanza accanto, mostrando Jim Beckett, imbavagliato e legato ad una sedia.
-Papà, stai bene?-
L’uomo risponde con un cenno affermativo della testa, gli occhi sgranati, mostrano la sua preoccupazione, soprattutto per la figlia. Lucas richiude la porta.
-Allora Katherine, dove sono i documenti?-
Lei si porta la mano sinistra alla schiena e da sotto il maglione, prende la busta con la documentazione che inchioda Jordan. Lui sorride, quando lei lancia il malloppo sulla scrivania, senza lasciare mai la mira su di lui. Il governatore apre la busta, prende i documenti, li controlla attentamente e il suo sorriso diventa improvvisamente una smorfia sprezzante.
-Dov’è il registro con la copertina di pelle nera?-
-Prima faccia uscire mio padre da qui e dopo glielo consegno.-
Il governatore la guarda serio, scuotendo la testa.
-Tu stai giocando con il fuoco Katherine, proprio come ha fatto lo scrittore oggi pomeriggio nell’impormi di fare lo scambio qui. Il patto prevedeva tutti i documenti.-
Adesso è lei che scuote la testa, sempre tenendo la pistola puntata sulla sua faccia.
-Il patto prevede quello che decido io. Prima libera mio padre, mi assicura che lo lascerà andare, poi avrà il resto dei documenti.-
Il governatore guarda Lucas, serra le mandibole e chiude i pugni. La rabbia si sta impossessando di lui. Quella ragazzina insignificante, quella mosca, non mostra nessuna paura e questo lo manda in bestia.
-Davvero credi, da sola, di potere impedire la morte di tuo padre? Davvero credi, che uscirai viva da questa casa?-
-Forse nessuno uscirà vivo da questa casa… lei è il governatore della città di New York, tutti credono in lei, la vittoria sarà sua, ma prima di farmi ammazzare, io la ucciderò e mi creda, il pensiero di poterle ficcare un proiettile in fronte prima di morire, mi tranquillizza parecchio.-
Il governatore sorride beffardo. Guarda la porta chiusa, dietro la quale Jim Beckett è tenuto prigioniero e il ghigno sulla sua faccia si spegne, lasciando il posto ad un’espressione seria, la sua voce diventa bassa e potente.
-Mi hai dato la caccia per 13 lunghi anni Katherine, sei diventata quello che sei perché IO ho fatto uccidere tua madre, hai sognato di scoprire la MIA identità per un terzo della tua vita, vorrei farti una domanda adesso Katherine: quando hai letto il mio nome su quei documenti, quando hai scoperto chi è il drago… ha prevalso di più il tuo senso di giustizia, oppure hai pensato solo alla vendetta? Sei davvero uno spirito superiore, come fai credere, oppure sei una comune mortale, piena di rabbia e di risentimento! Sono curioso Katherine… prima che mi spari, mi piacerebbe saperlo!-
Lei serra le mascelle, capisce che vuole perdere tempo e confonderla, ma non riesce comunque ad impedirsi di pensare a sua madre in quel vicolo, ricoperta di sangue, senza vita. Pensa che l’unica cosa che ha voluto negli ultimi 13 anni, è stato trovare quel verme e schiacciarlo sotto i suoi piedi; adesso vederselo davanti, mentre si prende gioco di lei, le fa ribollire il sangue.
Le ribolle il sangue perché lui ha ragione.
In tutti questi anni, si è solo illusa di volere giustizia per sua madre, perchè la verità, quella vera e inalienabile, è che ha sempre desiderato vederlo morto. La verità è, che se suo padre non fosse prigioniero nella stanza accanto, lo avrebbe già ucciso senza pensarci due volte. Lo ha capito mentre lo tiene sotto tiro, mentre lui, con la sua aria strafottente e da super uomo, controlla per l’ennesima volta la sua vita. Ma nelle ultime ore, è cambiato tutto. Stare tra le braccia di Rick e perdersi nei suoi occhi è l’unica cosa che vuole adesso. Proteggere il nome del suo capitano, come lui ha protetto la sua vita per anni, è l’unica cosa che vuole adesso. Si è resa conto che quel sentimento di vendetta, si è tramutato improvvisamente in giustizia, vera e semplice, come quella per cui è morta sua madre, proprio come le aveva detto Castle qualche giorno prima…
Credi davvero che l’unica cosa che avrebbe voluto tua madre è questa giustizia? Io non credo. Non se il prezzo da pagare è la vita che lei ti ha donato…
Dio… Quanto è vero! Sua madre l’avrebbe voluta serena e felice, forte, mentre realizzava i suoi sogni, l’avrebbe voluta viva! Ha avuto il rimorso di averla delusa per anni, ma l’unico modo di non deluderla davvero, è non buttare via la vita che lei le ha regalato. Fino alla settimana prima della morte di Montgomery, sapere l’identità del drago, l’avrebbe portata ad ucciderlo su due piedi, ma adesso… adesso no! Adesso vuole solo giustizia e… vivere! Per Johanna e per Rick…
Questi pensieri fulminei la distraggono per un attimo, Jordan se ne rende conto e fa segno a Lucas, che prontamente afferra la pistola da terra e la punta verso la porta chiusa alle sue spalle, sparando alla cieca. Lei si gira d’istinto, spiazzata dallo sparo e Jordan le va addosso, riuscendo a disarmarla e a metterle il braccio attorno alla gola.
-Pensavi davvero che avrei permesso che Lucas sparasse a te? Tu devi prima dirmi dove hai nascosto il registro.-
Lucas apre la porta della stanza contro cui ha sparato. Jim è ancora legato alla sedia, ma lo sparo lo ha preso in piena spalla, scaraventandolo giù, contro il muro. Beckett lo guarda terrorizzata, mentre il braccio di Jordan le stringe la gola.
-E’ ancora vivo.-
Esclama Lucas, dopo avergli tastato il collo e appurato che è solo svenuto. Jordan avvicina la faccia all’orecchio di Beckett.
-Che buon profumo che hai… nonostante la paura ti blocchi e ti faccia sudare, emani davvero un buonissimo profumo! Katherine, dimmi dove hai nascosto quel registro. ORA!-
Sente la presa attorno alla gola farsi sempre più stretta, con difficoltà guarda verso suo padre, è immobile, legato e sanguinante, ma è ancora vivo e lei… lei non riesce quasi a respirare.
-Katherine, non farmelo ripetere ancora, o Lucas gli spara un altro colpo e il prossimo sarà in fronte.-
Allenta di poco la presa, per darle la possibilità di parlare, ma quando lei resta in silenzio sotto al suo peso, fa cenno a Lucas, che solleva il braccio puntando la pistola contro Jim.
-Guardalo bene, tuo padre sta per morire… Devi guardarlo morire, Katherine!-
Sibila Jordan al suo orecchio, fa poi segno a Lucas, che carica l’arma. Lei vorrebbe urlare, ma non riesce a farlo, perché le braccia del governatore le stringono la gola, fino a farle mancare l’aria.
Improvvisamente sussulta. Lo sparo che rimbomba nelle sue orecchie, le fa chiudere gli occhi e fermare il cuore… 



Continua...



Angolo di Rebecca:

Ci siamo!
Beckett è nella tana del drago,anzi, volendo essere precisi,
in questo istante, si trova proprio stretta nella grinfie del drago... 
Lo sparo... gli occhi chiusi... il cuore fermo...

E scappo, prima di sentire le vostre urla,
il cap. è troppo corto, lo so...
ma credetemi, la sigla finale doveva cominciare proprio qui...

Però... non so se ve ne siete accorti, ma adesso anche Stan, finisce le frasi insieme a Ryan ed Esposito *-*

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Capitolo 31
*** Faccia a Faccia ***



...Katherine, non farmelo ripetere ancora, o Lucas gli spara un altro colpo e il prossimo sarà in fronte.
Allenta di poco la presa, per darle la possibilità di parlare, ma quando lei resta in silenzio sotto al suo peso,
fa cenno a Lucas, che solleva il braccio puntando la pistola contro Jim.
Guardalo bene, tuo padre sta per morire… Devi guardarlo morire, Katherine!
Sibila Jordan al suo orecchio, fa poi segno a Lucas, che carica l’arma. Lei vorrebbe urlare,
ma non riesce a farlo, perché le braccia del governatore le stringono la gola, fino a farle mancare l’aria.
Improvvisamente sussulta. Lo sparo che rimbomba nelle sue orecchie, le fa chiudere gli occhi e fermare il cuore… 



 

La Resa Dei Conti


*
Faccia a Faccia

*
30° Capitolo 

 

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Lo sparo che rimbomba nelle sue orecchie, le fa chiudere gli occhi e fermare il cuore per un attimo, finchè si rende conto che la mano di Lucas sta sanguinando e che la pistola è a terra a pochi passi da lei. Solleva lo sguardo e quello che vede, la fa piombare nella disperazione più assoluta…
Rick!
Pistola in mano, puntata contro il governatore, o meglio contro di lei, visto che lui si protegge con il suo corpo. Ha colpito di striscio Lucas alla mano, prima che potesse sparare a suo padre.
Beckett sapeva che una volta sveglio, sarebbe corso da lei, ma ha sperato fino in fondo che non lo facesse, o che almeno, non arrivasse da solo. Avrebbe dovuto colpirlo più forte.
Rick!
Ripete di nuovo, cercando di chiamarlo, ma non ci riesce. Il nome si forma solo nella sua mente, che si riscuote alla risata tremenda del governatore, dentro il suo orecchio.
-E’arrivato lo scrittore. Il prode cavaliere è venuto a salvare la bella principessa dal drago cattivo… che eroe!-
Sussurra, scandendo lentamente le ultime due parole.
Già… Che eroe!
Quando era arrivato poco prima, era entrato alla stessa maniera di Beckett, scavalcando le inferriate laterali. Naturalmente non gli era passato per la testa di aspettare i rinforzi. Aveva evitato le telecamere, anche se era sicuro che, essendo già dentro, lei le avesse messe fuori uso. I suoi pensieri avevano trovato conferma, quando aveva visto una delle guardie di sicurezza a terra. Dopo un po’ ne aveva notate altre due, tutte tramortite, ammanettate e messe a dormire in posti poco illuminati…
Se ne usciamo vivi, dovrò incominciare a stare davvero attento a non farla arrabbiare e preoccuparmi per la mia incolumità, quella donna è pericolosa…
Non aveva potuto fare a meno di sorridere e sentirsi orgoglioso di quanto fosse in gamba la sua Kate, ma poi il dolore alla testa gli aveva ricordato che non c’era niente di cui essere fiero, perché sapeva essere stupida e cocciuta allo stesso modo.
Si era guardato intorno; sicuramente dopo avere disarmato le guardie, non aveva portato tutte le armi con sé, l’avrebbero solo ingombrata e così, infatti, era stato. Controllando il perimetro, aveva trovato un paio di pistole, due manganelli, un giubbotto e un berretto da uomo, ben nascosti all’interno di un grande vaso contenente una pianta di gardenie. Aveva preso una delle pistole, fatto un sospiro per incoraggiarsi ed era entrato nella tana del drago anche lui.
Beckett aveva 45 minuti di anticipo, poteva già essere morta, ma il suo cuore continuava a ripetergli di non pensarci e cercare di tirarla fuori da quel pasticcio.
Si era ritrovato davanti allo studio del governatore seguendo le voci, la situazione sembrava precipitare e così, senza pensarci, aveva preso la mira per fermare Lucas e lo aveva colpito di striscio alla mano; lui veramente aveva mirato alla spalla, ma, fortunatamente, il colpo aveva comunque avuto l’effetto sperato: salvare Jim.
Adesso si trova all’entrata dello studio, con l’arma puntata su Jordan, sul drago, su suo padre e, nonostante l’enorme ego che in tanti gli attribuiscono, l’ultima cosa che vuole al momento, è avere la parte dell’eroe.
-Lei ed io avevamo un patto governatore.-
Lui per tutta risposta, stringe la gola di Beckett ancora più forte.
-Sulla sua scrivania ci sono i documenti. Adesso lei ci lascia andare e ci dimentichiamo delle nostre rispettive esistenze. A me non interessa che lei finisca in galera, a me interessano solo Beckett, suo padre e la mia vita.-
Il governatore scuote la testa.
-Vede Richard, la sua musa non è stata molto ai patti, visto che tra quei documenti, manca quello più importante.-
Castle serra la mascella, i lineamenti del viso appaiono tesi e Jordan ricomincia a ridere divertito.
-Richard, lei è davvero incredibile… venire qui a farsi ammazzare anche lei, per una battaglia che non è la sua.-
Se solo sapessi quanto ti sbagli papà!
-Questa è anche la mia battaglia.-
La stretta alla gola continua, Beckett respira a fatica, il sudore le ricopre la fronte e scende lentamente ai lati del viso, guarda Castle terrorizzata e non riesce nemmeno ad emettere un suono.
-Ha ragione Richard, dimenticavo che è stato lei a rimettere in movimento l’ingranaggio… è stato lei a risvegliare il drago! E adesso che vuole fare?-
-Portarla via da qui, viva!-
-Ma davvero?! Sono curioso di sapere come intende agire il nostro eroe!-
-Sono sempre stato un fifone, non sono un combattente e nemmeno un eroe, come mi schernisce lei, però la paura di perdere le persone che ami, ti porta a fare tante stupidaggini. Non si può sfuggire al cuore… ma questa è una cosa che a lei non succederà mai, vero signor governatore? Lei non corre pericoli, visto che è sprovvisto dell’organo principale ed essenziale per vivere. Chi invece ne è provvisto, non può sfuggirgli e da quando conosco Kate Beckett, il cuore non mi ha suggerito altro che proteggerla, dai suoi incubi, dai suoi demoni, dalle sue paure e adesso anche da lei… Questa è la resa dei conti signor governatore, ed io non mi asterrò dal mio compito. La proteggerò fino alla fine, anche se dovrò uccidere per questo… o morire!-
Beckett si sente mancare, non riesce a fare dei respiri completi, la mancanza di ossigeno le fa girare la testa, ma gli occhi le si riempiono di lacrime, non per lo sforzo che fa per prendere aria, ma per le parole di Rick. Lo guarda e riesce a sorridergli, lui se ne accorge, perché la sua espressione si addolcisce per un attimo, ma torna serio e concentrato, quando Jordan si scatena nell’ennesima risata.
-Ah… il cuore… i legami… l’amore… io punterei sulla seconda opzione, vista la situazione... morire! Metta via la pistola Richard!-
Dice con voce bassa, quasi in un sussurro, accompagnato da uno strattone delle braccia al collo di Beckett, che emette un lamento strozzato.
-Potrei anche decidere di non spezzarle il collo, se mette via la pistola e la convince a rivelarmi dove si trova il registro.-
Lei continua a emettere flebili lamenti, il viso è rosso, la bocca aperta in cerca di aria e il collo completamente piegato verso sinistra. Castle resta nella stessa posizione di difesa, non si muove, nemmeno lui respira al momento, sposta lo sguardo di continuo, dalla faccia di Jordan a quella di Beckett. Lucas è dentro la sua visuale, vicino a loro, anche lui immobile. Le carte da giocare, al momento, sono del suo capo e lui aspetta, pronto e vigile, un cenno per intervenire.
Ad un tratto Rick chiude gli occhi e deglutisce, lei non capisce subito il perché, ma dopo un attimo lo vede alzare le braccia e fare un paio di passi avanti, fino ad entrare completamente nello studio. Dietro di lui intravede dapprima un’arma puntata alla sua nuca e subito dopo un uomo in divisa, che contemporaneamente lo disarma. Chiude gli occhi anche lei, dandosi della stupida. La quarta guardia! L’aveva completamente dimenticata.
Passata mezz’ora dall’ultimo collegamento radio con i colleghi, l’agente di sicurezza Logan, li aveva chiamati per chiedere se era tutto calmo, naturalmente, non ottenendo risposta da nessuno di loro, si era messo in allerta. 
Jordan avvicina di nuovo la bocca all’orecchio di Beckett.
-Katherine… che delusione! Ti sei dimenticata di Logan?-
Fa segno con gli occhi a Lucas, che colpisce Castle in faccia, facendolo finire ai piedi di Beckett. Cerca di rialzarsi, tenendosi lo zigomo sanguinante, ma un calcio nello stomaco lo fa desistere e restare a terra. Jordan fa un altro cenno e Lucas si ferma, tenendosi la mano ferita, con rabbia. La presa al collo di lei, si fa più lenta.
-Bene Katherine, adesso mi dici dov’è il registro, sennò ci divertiamo con lo scrittore.-
La tiene per le braccia e lei sta recuperando un po’ di aria, con respiri lunghi e accelerati. Guarda Rick con gli occhi sgranati e continua a inspirare ed espirare freneticamente. Jordan la strattona stringendole ancora di più le braccia.
-Dov’è il registro?-
Un altro cenno del capo e questa volta è la guardia ad avvicinarsi, prende di forza Castle per le braccia, gliele incrocia dietro la schiena e lo tiene in piedi davanti a Lucas.
-Dov’è il registro?-
All’ennesimo silenzio, Jordan fa ancora un cenno al suo braccio destro e Lucas colpisce di nuovo Castle con un calcio bene assestato, questa volta al torace. Lui si piega in avanti per il dolore, Logan lo solleva a forza e un altro colpo gli arriva in viso, nello stesso punto di prima, che ricomincia a sanguinare. Altri calci e pugni allo stomaco, lo costringono ancora a piegarsi su se stesso e a tossire, mentre Logan lo strattona per rimetterlo dritto.
-Posso andare avanti all’infinito Katherine e quando avrò finito con lui, continuerò con tuo padre. Posso uccidervi e fare sparire i vostri corpi nel nulla, come se non foste mai esistiti e nessuno… nessuno arriverà mai a me!-
Beckett riprende un po’ di fiato, guarda suo padre nell’altra stanza, che nel frattempo ha ripreso conoscenza e segue tutto quanto con gli occhi sgranati, poi sposta lo sguardo su Rick, tenuto in piedi dalla guardia, con il viso chino verso il pavimento, che si macchia delle gocce di sangue che scendono dalla sua ferita al viso.
-Allora perché sta ancora perdendo tempo?-
Gli chiede lei, con un tono ironico. Jordan la stringe forte a se, attacca la bocca alla sua faccia, fino a sussurrarle proprio dentro l’orecchio.
-Sei una grande combattente Katherine, devo ammettere che è entusiasmante battermi contro di te, riesci perfino a fare ironia sui vostri ultimi attimi di vita! Brava… non mi sono mai piaciute le donnette piagnucolose! Ma vedi Katherine, lui morirà comunque, prima di te, ed io pretenderò che tu guardi… attentamente! Dovrai avere il suo cadavere martoriato davanti agli occhi, quando li chiuderai per sempre anche tu… romantico, non trovi?!-
Rick solleva la testa verso di lei, i loro occhi si incontrano per un attimo, la magia dei loro sguardi non svanisce nemmeno in quel momento, perchè lui sembra stare meglio al solo guardarla, abbozza un sorriso per darle coraggio e lei risponde con lo stesso sorriso, velato di lacrime.
Jordan le stritola le braccia per l’ennesima volta e lei si lamenta a denti stretti per il dolore.
-Dove hai nascosto quel maledetto registro?-
Lucas colpisce ancora Castle allo stomaco e lei solleva testa, con gli occhi imploranti.
-Io… non…-
-Kate no! Non… dirglielo! Ci… ucciderà comunque!-
Castle parla a fatica, ma riesce comunque ad interromperla. Non le avrebbe permesso di dirgli che il registro non l’aveva nascosto lei, significava un cambio di ruoli. Lei sarebbe diventata la vittima da picchiare e questo lui, non lo avrebbe sopportato. Era vero che li avrebbe uccisi comunque, perché, allora, dargliela vinta? Si guardano ancora e lui in maniera impercettibile le fa segno di no con la testa. Un altro colpo gli arriva al torace, si piega ancora in avanti e Beckett sente il dolore di quel calcio dentro le sue viscere…
Davvero credi che uscirai viva da questa casa?
In effetti, non ci ha creduto molto sin dall’inizio, ma almeno lui doveva vivere, almeno lui doveva restare fuori da tutto, invece è lì davanti a lei, continua a proteggerla anche adesso e lei, vorrebbe essere già morta, per non vederlo soccombere piano, sotto i colpi di quegli animali.
-Dov’è il registro, non farmelo ripetere ancora!-
Urla improvvisamente il governatore, girandola come fosse una trottola, verso di sé e colpendola al viso, tanto forte da farla cadere, rovinosamente, a terra.
Beckett, ha il labbro spaccato e mentre il sapore del sangue s’impadronisce della sua bocca, non può fare a meno di guardarlo con un odio incontenibile.
-Vai all’inferno!-
E’ la sua risposta e lui si abbassa e le tira indietro la testa, prendendola per i capelli.
-Ci puoi scommettere che andrò all’inferno, ma il tuo scrittore ci arriverà prima di me. In un modo o nell’altro, io riavrò quel registro, anche dopo che sarete morti.-
-A meno che domani, un giudice federale, non se lo ritrovi sulla sua scrivania!-
Jordan solleva un sopracciglio, guardando Beckett con interesse, aspettando che continui.
-E’ ben nascosto, e se non torno a casa stasera, con mio padre e con Castle, domani mattina verrà recapitato all’FBI, lei è finito governatore.-
Lui ride ancora di gusto.
-Ma davvero? Ho uomini dappertutto Katherine… anche se fosse vero, cosa che non ritengo probabile, quel registro non arriverebbe mai a destinazione. Perciò,  come vedi, non ho nessun motivo di tenervi ancora in vita!-
Lucas punta la pistola su Castle, ma Jordan lo ferma.
-Aspetta Lucas, non avere fretta. Non vogliamo nemmeno farli salutare per bene i nostri piccioncini? Ci togliamo il pensiero, così, senza un briciolo di pietà?!-
Lucas sorride subdolo, sa quanto Jordan si diverta in queste situazioni, gode della paura delle sue vittime, gode a prolungarne l’agonia; si mette la pistola dietro la schiena, dentro la cintura dei pantaloni e prende Beckett per le braccia trascinandola davanti a Castle, che si trova nella stessa posizione, tenuto alle braccia da Logan.
-Siete pronti a morire l’uno per l’altra, meritate di dirvi addio come si deve. Non sono così cattivo, non posso negarvi un ultimo bacio.-
Sono uno di fronte all’altra, lei con il labbro spaccato, alcune ciocche di capelli attaccate al viso per il sudore e le lacrime di poco prima, lui con mezza faccia ricoperta di sangue e sta in piedi solo perché quell’energumeno lo tiene sollevato.
-Mi devi… una lampada!-
Sussurra lui con difficoltà, ma con un mezzo sorriso.
-Dovevo colpirti più forte a quanto pare! Non saresti dovuto venire Rick, dovevi restare con la tua famiglia.-
Risponde lei con lo stesso sussurro.
-Io sono con… la mia… famiglia!-
Le risponde lui, sollevando solo per un attimo lo sguardo verso il governatore, facendole capire che non si riferisce solo a lei. Si avvicinano fino a essere guancia a guancia e lui finge di lasciarle un bacio sul viso, avvicinandosi più che può al suo orecchio.
-Dobbiamo… perdere tempo Kate… stanno… stanno arrivando. Abbiamo solo bisogno… di un po’ di tempo.-
Lei sgrana gli occhi e annuisce piano, poi si guardano ancora e Castle le poggia dolcemente un bacio sulle labbra, nel punto in cui il sangue si è coagulato.
Chiudono gli occhi entrambi a quel tocco che, anche in mezzo al dolore fisico e alla disperazione, diventa semplicemente magico. Assaporano quell’istante,  consapevoli che, probabilmente, è l’ultimo loro concesso.
-Non sono mai riuscito a capire, come ci si possa rimbambire, per un sentimento effimero come l’amore.-
La voce di Jordan spezza la magia, si separano di poco, restando ancorati con lo sguardo e, nonostante la paura, lei non può fare a meno di sorridergli tra le lacrime; è quasi grata al cinismo di quell’uomo orribile, per avere permesso quell’ultimo tocco, anche se lo ha fatto solo per cattiveria.
-Adesso basta!-
Ruggisce il governatore e la guardia lascia cadere Castle a terra.
-Uccidilo Logan!-
L’uomo prende la pistola dalla fondina e gliela punta in mezzo alla fronte, Castle è in ginocchio, guarda un istante Kate e l’unica cosa che riesce a pensare è che Ryan ed Esposito stanno arrivando e forse per lei c’è ancora una piccola speranza.
Sospira, al tocco freddo della canna attaccata alla sua fronte…
Come siamo arrivati a questo punto? Come abbiamo potuto pensare di poter sopravvivere a tutto questo? E’ assurdo… mio padre sta per ucciderci!
Guarda Kate, come se potesse farle sentire i suoi ultimi pensieri, incatena lo sguardo in quelle pietre verdi, spalancate e velate dal terrore, per dirle, ancora una volta in silenzio, che l’ama e che non si pente di nulla.
Logan carica la pistola e lui chiude gli occhi…



Continua...


Angolo di Rebecca:

Bene...
Ehm... cioè... non bene, nel senso di bene, era solo per iniziare il discorso,
perchè di bene, in effetti, non c'è niente!
Rick ha una pistola puntata in mezzo alla fronte e Jordan è sempre più simpatico!!!

Ok... devo correre anche stasera?!
Comincia a diventare faticosa questa ff!

 

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Capitolo 32
*** La Resa dei Conti - Knockout ***



...Sospira, al tocco freddo della canna attaccata alla sua fronte…
Come siamo arrivati a questo punto? Come abbiamo potuto pensare di poter sopravvivere a tutto questo? E’ assurdo… mio padre sta per ucciderci!
Guarda Kate, come se potesse farle sentire i suoi ultimi pensieri, incatena lo sguardo in quelle pietre verdi, spalancate e velate dal terrore, per dirle, ancora una volta in silenzio, che l’ama e che non si pente di nulla. Logan carica la pistola e lui chiude gli occhi…


 

La Resa Dei Conti


*
La Resa dei Conti - Knckout

*
31° Capitolo 

 

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-Cosa credevi Katherine? Che non lo avrei ucciso? Credevi davvero che le mie, fossero solo minacce a vuoto?-
La voce di Jordan tuona per tutta la stanza, la penombra delle poche luci accese, mostra una maschera distorta del suo viso. Beckett sposta lo sguardo sulla pistola in mano a Logan, il dito premuto sul grilletto, come se stesse sparando a rallentatore e in quel movimento lento, la rabbia e l’istinto di sopravvivenza hanno il sopravvento. Strattona Lucas, che cade all’indietro, afferra il coltello, nascosto nello stivale e lo pianta con tutte le sue forze nello stomaco della guardia, che stramazza a terra, con gli occhi sbarrati.
Jordan la immobilizza, mentre Lucas si rialza prontamente, tenendo sotto tiro Castle, che non ha mosso un muscolo.
-Cosa credi di fare Katherine? I sentimenti! Invece di ficcare il naso nei miei affari, tua madre avrebbe dovuto insegnarti che i sentimenti portano solo delusione, dolore e… morte. Gli uomini della tua vita moriranno, tutti e due e tu starai qui a guardare. E se non mi dici dove hai nascosto il registro, sarò costretto ad andarlo a cercare dai tuoi amici, farò saltare in aria l’intero distretto, se sarà necessario e poi… rivolge lo sguardo verso Castle… poi andrò a cercarlo a casa dello scrittore, mi divertirò un mondo con sua madre e la sua dolce bambina.-
Castle è in ginocchio, piegato su se stesso per il dolore, a fatica riesce a mettersi in piedi per guardare dritto negli occhi Lucas, che gli punta la pistola alla fronte.
-Sparagli Lucas!-
Ordina il governatore, stringendo il viso di Beckett, costringendola a guardare la scena. Lucas carica l’arma, ma questa volta, Rick non chiude gli occhi, non deglutisce. Serra le mascelle e rivolge lo sguardo su Jordan.
-Perché… non lo fa lei di persona… signor governatore? Vediamo se… il drago ha il fegato di guardare… negli occhi una delle sue vittime e sporcarsi… le mani di persona senza… usare un cecchino o un tirapiedi!-
Mormora a stento, ma sicuro, girando lievemente la testa verso Jordan.
Lui si fa una grossa risata, porta la testa all’indietro e ride… ride di gusto.
-Oh, Richard! Sei veramente divertente. Dico davvero, quasi mi dispiace per la fine che stai per fare. A modo tuo sei simpatico!-
Gli dice in tono confidenziale, avvicinandosi ad un paio di centimetri dalla sua faccia, mentre continua a tenere Beckett stretta per il braccio.
-Non avevo ancora la barba, quando ho ucciso a forza di pugni un amico che ha tradito la fiducia della mia famiglia!-
Gli è così vicino, che può sentire il calore del suo fiato addosso, ma invece di allontanarsi, Castle, sostiene il suo sguardo e facendosi forza, come se non sentisse più dolore, comincia a parlare spedito.
-La sua famiglia!? Non ha detto che non ha nessun vincolo? Non si è vantato di essere immune da legami di sangue e che questo la fa restare lucido in ogni circostanza?-
Jordan, sente la rabbia montargli fino al cervello, non sopporta il modo in cui gli tengono testa entrambi, nonostante stiano per morire. Afferra la pistola dalle mani di Lucas.
-Vuoi che ti ammazzi io? Bene Richard! Sarebbe scortese da parte mia rifiutare l’ultimo desiderio di un condannato a morte.-
Gli punta l’arma alla gola, ma Castle non batte ciglio.
-Ammazzare qualcuno deve dare un immenso potere, ma dare l’ordine ad un killer, deve provocare una scarica di adrenalina incredibile. Un potere illimitato, che le fa tenere in pugno la vita di due persone: la vittima e il suo carnefice. Questo si, che si chiama potere!-
-Ammetto che è una grande soddisfazione!-
Quando lo sente ridere per l’ennesima volta, Castle scuote la testa. Non riesce a concepire che quel mostro, che crede di essere un dio, possa essere suo padre. Non riesce a capacitarsi che sua madre, possa averlo amato davvero.
-Quanti omicidi aveva sulla coscienza, quando ha ordinato la morte di Johanna Beckett? Ricorda i nomi di tutti o subito dopo li cancella con un colpo di spugna?!-
Jordan sta al gioco. Il fatto di non avere fretta di ucciderli, dimostra ancora una volta, quanto si senta sicuro di sé. Non gl’importa minimamente che qualcuno possa arrivare in loro aiuto, in un modo o nell’altro, ha la certezza di uscirne pulito. E poi è anche curioso di sapere dove voglia andare a parare, Beckett invece lo ha già capito e lo guarda trattenendo il respiro.
-Potrei citare un bel po’ di ‘incidenti’ causati da Coonan e Lockwood, ma ci vorrebbe troppo tempo… e il tuo… è appena scaduto…-
Castle è fuori di sé, non sente più nemmeno il dolore in corpo e cambia discorso improvvisamente, confondendo Jordan.
-Quando le ho chiesto se conosceva mia madre, lei non è stato completamente onesto con me, dicendo che era solo un suo fan… lei ha conosciuto intimamente mia madre, non è vero?-
Jordan ride ancora.
-Che c’è Richard! Sei forse geloso? Era un bel bocconcino tua madre, a quei tempi!-
-Mi chiedo solo, come abbia potuto ingoiare l’orgoglio, quando lei l’ha lasciata, per andare di punto in bianco ad Hollywood con il suo regista!-
Il viso di Jordan diventa paonazzo, il ricordo di quel tradimento sembra averlo punto sul vivo.
-Avrei dovuto ucciderla! Ma tu come fai a sap…-
Il governatore lascia la frase a metà e scuote la testa.
-Va bene Richard, ho capito, stai cercando di recuperare un paio di minuti con le tue chiacchiere!-
-Già… sono bravo con le chicchiere io… a proposito degli incidenti di cui parlava prima, basterebbe citarne uno per tutti. Justin Gray, per esempio… era un banchiere, se non sbaglio. Un altro amico che aveva tradito la fiducia della sua famiglia!-
Jordan strattona Beckett per avvicinarsi ancora di più a lui, corruccia la fronte e guardando Lucas, si rende conto che ha la sua stessa espressione.
-Un terrazzo, suo padre, il suo braccio destro ed altri due tirapiedi. Si sta chiedendo come faccio a saperlo? Pensi se ci fosse stato qualcuno nascosto sul terrazzo ad origliare, mentre mettevate a punto il piano per uccidere il banchiere.-
Il governatore non risponde, la sua espressione continua ad essere corrucciata, non riesce a capire.
-Che significa? E’ stato più di 40 anni fa! Che ne sai tu della riunione sul terrazzo?-
Castle sorride e per un momento incolla gli occhi ai suoi e il suo sguardo diventa di sfida.
-E’ strano come una persona così attenta e precisa come lei, non abbia saputo leggere tra le righe. Posso capire che non sia riuscito a leggere i dettagli tanti anni fa,  ma che non ci riesca adesso, dopo avere studiato le nostre vite, i nostri movimenti, le nostre famiglie… Proprio non ha mai avuto nessun dubbio?-
Adesso il governatore ha davvero perso la pazienza.
-Nessun dubbio… su cosa!?-
-Faccia mente locale signor governatore. Quando l’ha lasciata mia madre? Non è stato forse, il giorno dopo l’incidente del signor Gray?!-
Jordan preme con più forza la pistola alla sua gola, mentre la mano che tiene Beckett al braccio è stretta peggio di una tenaglia. Lei non riesce a muoversi e  passa lo sguardo spaventato dalla faccia di Castle a quella del governatore.
-Cosa c’entra Martha? Non ho ancora capito dove vuoi arrivare con queste storie da romanzo, ma ovunque sia, io ti spedirò comunque all’inferno.-
Castle continua, incurante dell’arma puntata alla sua gola.
-Cosa c’entra Martha!? Aveva scoperto di essere incinta, era felice, innamorata, avrebbe fatto qualunque cosa per te.-
Dice tutto d’un fiato, senza rendersi conto di avere cominciato, improvvisamente, a dargli del tu.
-Era venuta a dirtelo quella sera. Ha evitato l’entrata principale ed è passata dal retro, direttamente sul terrazzo della tua camera, ma quando è arrivata vi ha sentito. Tu, tuo padre, Lucas e altri due.-
-Di che diavolo stai parlando? Che significa che era incinta?-
Jordan preme il dito sul grilletto, che emette un leggero click, Beckett chiude gli occhi aspettandosi lo sparo e Castle deglutisce, ma non si ferma. Non sta più solo perdendo tempo, ormai il suo è un bisogno impellente di spiattellargli in faccia tutta la verità.
-Ha sentito te che ordinavi l’omicidio di quel banchiere: ‘mettetegli un cappio al collo e fate in modo che sembri un suicidio…’ Le tue esatte parole, il tuo primo ordine di morte, sotto la supervisione di paparino.-
Lucas è sempre più nervoso e raccoglie da terra la pistola di Logan.
-Basta Victor, sta solo prendendo tempo, sparagli e facciamoli sparire in fretta!-
-Zitto Lucas… voglio capire fin dove arriva la sua fantasia.-
Lo interrompe Jordan, con un ghigno divertito.
-La mia fantasia? Questo omicidio non c’è nel tuo prezioso registro. Solo voi sapete che Justin Gray non si è suicidato, come potrei sapere di quella discussione, se qualcun altro, oltre voi, non fosse stato su quel terrazzo e non vi avesse sentito?-
Il ghigno divertito di Jordan sparisce improvvisamente. Si rende conto che la ricostruzione fatta da Castle, su quella sera, nei particolari, è esatta e che, la protagonista della storia, è la donna con cui andava a letto 40 anni prima, ed è… sua madre!
Beckett resta immobile davanti all’espressione indecifrabile del governatore, che ha incominciato ad intuire la verità, ed è proprio la sua espressione che le mette ancora più paura.
-Hai appena fatto due più due, non è vero signor governatore? Hai appena capito perché desidero che sia tu ad uccidermi? Devi avere il coraggio di essere lucido e senza sentimenti, devi guardarmi dritto negli occhi per potere sparare a tuo figlio.-
Dice l’ultima parola alzando la voce e sporgendosi in avanti verso di lui, nonostante Lucas gli punti la pistola addosso e lo trattenga a forza.
-Victor, ci sta prendendo in giro, sta solo perdendo tempo, forse hanno avvertito la polizia…-
Ma Jordan lo interrompe ancora una volta.
-Ti ho detto di stare zitto Lucas! Nessuno sa di quell’omicidio.-
Guarda Castle con tutto l’odio che può provare e soprattutto mostrare nello sguardo.
-Tua madre andava a letto con un bel po’ di gente anche quando stava con me, potresti essere figlio di chiunque.-
-Mia madre non stava con nessun altro. Mia madre ti amava! Quella sera ha scoperto la vera identità del padre di suo figlio e questo l’ha distrutta. Il solo pensiero che io potessi crescere come te, in mezzo ad intrighi, inganni ed omicidi, l’ha fatta vomitare e, nonostante ti amasse, ha scelto l’amore più grande: quello dei sentimenti, quello che vincola, che fa scendere a compromessi, che porta dolore… ha scelto l’amore per suo figlio. Ti ha detto di averti ingannato per portarmi via da te e tu eri così innamorato di te stesso, che non hai avuto nessun dubbio. Eri così preso da Victor Jordan che, nonostante fossi ferito soprattutto nel tuo ego maschile, per paura di uno scandalo, l’hai lasciata andare come una qualunque, non l’hai mai cercata, anche solo per curiosità. Eri così orgoglioso, che non hai saputo leggere i dettagli… e lei ha ringraziato il cielo ogni giorno, per questo.-
-Non può essere, non può averlo fatto davvero. Tua madre è solo una sgualdrina!-
Castle si sente scoppiare dalla rabbia, Lucas lo tiene fermo, ma lui si sporge ancora di più contro Jordan.
-Mia madre mi ha portato via dalla spazzatura! Non ha mai voluto dirmi chi fosse mio padre, ha sempre e solo detto che non lo sapeva. Ha preferito farsi credere una che saltava da un letto all’altro anche da me, piuttosto che dirmi la verità… e si sarebbe portata questo segreto nella tomba, se stamattina non avesse sentito il tuo nome mentre leggevamo quei documenti…-
Sospira, riprendendo fiato. Ripensa a quella mattina, al turbinio di sentimenti provati durante il racconto di sua madre, al dolore che provava lei mentre parlava. Guarda l’uomo che ha davanti, guarda suo padre… fisso negli occhi e pieno di rabbia continua.
-Quando ha sentito pronunciare il tuo nome, è tornata improvvisamente a quella sera, alle parole che ti ha sentito pronunciare, al dolore e alla paura provati decidendo di scappare via da te e non ha potuto fare a meno di raccontarmi tutto.-
Si volta a guardare Beckett con gli occhi lucidi, la rabbia è improvvisamente svanita, lasciando il posto allo stesso dolore di poche ore prima.
-E la cosa peggiore sai qual è? Che MIO padre… ha ordinato l’omicidio di Johanna Beckett!-
Lo guarda ancora con disprezzo, mentre Beckett stringe i pugni dalla rabbia, perché lui continua a sentirsi in colpa per questo.
-Mio padre ha fatto ammazzare la madre della donna che amo!-
Lucas si rende conto che il governatore sta vacillando, tutta la sua proverbiale calma, la sua sicurezza, stanno lasciando il posto solo ad una grande rabbia.
-Victor, ascoltami. Anche se fosse vero, non ha nessuna importanza, non è uno di noi, non appartiene alla nostra famiglia! Sta andando tutto a rotoli non lo capisci? Qui non si tratta solo di noi, c’è in ballo più che la nostra reputazione. Siamo ancora in tempo a liberarci di loro.-
Jordan non lo ascolta, continua a tenere stretta Beckett, ma abbassa la pistola puntata alla gola di Castle. Lo guarda con gli occhi stralunati.
-Mio figlio! Quella sgualdrina ti ha rubato a me! Come ha potuto ingannarmi così?-
Adesso è Castle che mostra un ghigno sarcastico.
-La risposta te la sei appena data tu stesso. Mi ha rubato a te! Sarei stato una tua proprietà, come lo sei stato tu per tuo padre e lei questo non lo avrebbe permesso, a costo di farsi ammazzare… e io non ho mai capito quanto mi abbia amato realmente, fino a stamattina.-
Dopo avere urlato per tutto il tempo, l’ultima frase diventa soltanto un sussurro, mentre Lucas si gira di scatto verso una delle finestre, in lontananza è sicuro di avere sentito delle sirene.
-Victor, avevo ragione, sta perdendo solo tempo, sta arrivando la polizia, come credi di giustificare tutto questo?-
Il governatore strattona Beckett, facendola finire per terra e abbassa entrambe le braccia lungo i fianchi, come se fosse improvvisamente stanco.
-Fai silenzio Lucas, quando la polizia sarà qui, ci penserò io, tu intanto fai sparire i documenti.-
-Victor…-
-Maledizione Lucas! Fa come ti ho detto.-
Urla Jordan esasperato, ma Lucas punta la pistola verso Castle, il nervosismo ha il sopravvento su di lui e non riesce più a ragionare lucidamente, Rick e Kate lo guardano con gli occhi sbarrati e prima che possano rendersene conto, spara due colpi, uno dietro l’altro.
Castle sussulta e resta a bocca aperta. Si guarda addosso, toccandosi incredulo. Dovrebbe sentire dolore, invece non sente niente e quando solleva la testa, il governatore è esattamente davanti a lui, con gli occhi spalancati e un piccolo rivolo di sangue che esce dalla sua bocca. Si accascia su di lui, che lo afferra a fatica per il dolore alle costole e si china, per accompagnarlo nella caduta.
-Victor! Santo cielo… Victor… che ho fatto? Maledetto bastardo, è tutta colpa tua!-
Lucas diventa una belva contro Castle. Quando si rende conto di avere colpito Jordan, punta di nuovo l’arma, roso dalla rabbia, pronto ad uccidere, ma Beckett è più veloce, rotola a terra verso di lui, afferra la pistola caduta al governatore e spara per prima, colpendolo in pieno petto. Lucas cade all’indietro, la camicia bianca si colora lentamente di rosso, gli occhi sbarrati guardano il vuoto; non le serve tastargli il collo per capire che è morto sul colpo.
Sospira, gli occhi le si riempiono di lacrime e le mani continuano a tremarle, come prima di entrare in quella maledetta casa. Getta la pistola a terra, come se fosse arroventata, chiude gli occhi ed istintivamente porta la mano al collo in cerca della catenina, raggiunge l’anello e lo stringe con forza, fino a che le nocche diventano bianche. Dopo un paio di respiri profondi,  guarda verso l’altra stanza, riesce a vedere gli occhi di suo padre spalancati per la paura.
-Papà!-
Lui chiude gli occhi, sospira di sollievo, dietro il bavaglio e lei finalmente va a liberarlo.
-Katie… grazie a Dio!-
Mormora l’uomo, perdendosi tra le braccia della figlia.
-Fammi dare un’occhiata alla ferita, papà.-
-Sto bene Katie, il proiettile è uscito, fa solo tanto male, ma sto bene… e tu?-
Le chiede, accarezzandole il labbro, proprio sopra la ferita.
-E’ tutto a posto papà… è finita! Adesso è davvero finita.-
Resta abbracciata a lui, le sirene sono sempre più vicine; tra qualche minuto quel posto sarebbe stato pieno di poliziotti e avrebbero dovuto dare delle buone spiegazioni, la verità sul capitano Montgomery sarebbe venuta alla luce, ma era il prezzo da pagare per essere ancora, miracolosamente vivi.
Il suo sguardo si posa su Rick, in ginocchio, accanto al governatore agonizzante, ed ha una stretta al cuore, quando vede i suoi occhi pieni di lacrime.
Jordan solleva una mano verso Castle e lui la stringe tra le sue.
-Quello… che hai detto… è… è… la verità?-
Chiede, parlando con molta fatica e Castle risponde di si, solo con il movimento della testa, senza riuscire a dire altro.
-Io non ho mai… conosciuto… nessun altro… tipo di vita… non mi hanno… insegnato ad essere… diverso… Tua madre… è stata l’unica… persona che… mi ha fatto sentire calore nel cuore… io… io… l’ho amata veramente.-
Rick si china su di lui per permettergli di sentire meglio.
-Anche lei ti ha amato, tanto e… credo non ti abbia mai dimenticato…-
Gli risponde senza pensarci e, immediatamente dopo, non riesce a credere di averlo detto. Jordan gli stringe la mano e abbozza un sorriso. Per un momento, il grigio gelido dei suoi occhi, si trasforma in un chiarissimo azzurro caldo.
-Mio… figlio!-
Riesce a sussurrare, prima di spegnere quel nuovo colore limpido, per sempre.
Castle ha le mascelle serrate e gli occhi inespressivi colmi di lacrime, sembra impietrito e continua a tenergli la mano.
Jim Beckett, poggia la mano sul viso di sua figlia.
-Quello che ho sentito poco fa, è vero? Quell’uomo era davvero il padre di Rick?-
Lei assapora la carezza, chiudendo gli occhi.
-Si papà, il governatore Jordan era il padre di Rick!-
Sussurra, stringendolo ancora più forte.
-Va da lui Katie, è lui che ha bisogno di te adesso, io sto bene.-
Lei gli dà un bacio sulla fronte, commossa dalla dolcezza di suo padre, torna nello studio e s’inginocchia accanto a Rick, gli mette un braccio attorno alle spalle, mentre con l’altra mano gli accarezza il viso e lui affonda la testa nell’incavo del suo collo.
-Abbiamo… sconfitto… il drago… Kate!-
Avrebbe dovuto essere un grido di vittoria, invece è solo un sussurro, un sussurro tradito dalla voce tremante e da lacrime silenziose, che bruciano sulla ferita allo zigomo e bagnano il collo di lei. Kate vorrebbe riuscire a dire qualcosa di sensato, per lenire il sentimento che lui sta provando al momento; un sentimento che non può nemmeno essere definito. Cos’è esattamente? Dolore, rabbia, malinconia, sollievo o rassegnazione?
Lo stringe forte a se e le viene in mente solo una cosa sensata da dire: l’unica così difficile da ammettere e da dire fino a poche ore prima, ma così semplice e veramente importante al momento, per entrambi.
-Ti amo Rick!-
Quelle parole gli arrivano all’orecchio, con la stessa voce tremante e con le stesse lacrime silenziose. Castle si accoccola ancora di più a lei, stringendole la mano che gli tiene sul viso e quella stretta dà a lei una sola consapevolezza: il suo scrittore bambino ha appena visto la sua vita sgretolarsi, come un castello di sabbia distrutto dal vento, ha il cuore a pezzi e la cosa peggiore, quella che le fa più male, è che si vergogna di provare quel dolore.
Passano solo pochi secondi, ma a loro sembra passata un’eternità, le sirene vicinissime lo risvegliano all’improvviso. Si guarda intorno come smarrito, cerca di rimettere a posto le idee e si alza di colpo, lamentandosi per il dolore alla costole e si dirige fuori dalla stanza.
-Rick, dove vai?- …



Continua...


Angolo di Rebecca:

E' finita... stavolta è finita davvero...
Le parole di Kate dovrebbero essere di sollievo e anche quelle di Rick:
Abbiamo sconfitto il drago... Kate...
Invece sono parole di dolore, parole di angoscia... è finita bene,
ma il dolore è più forte!
E adesso, tutti sapranno...

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Capitolo 33
*** Un'unica Certezza... ***


-Abbiamo… sconfitto… il drago… Kate!-
Avrebbe dovuto essere un grido di vittoria, invece è solo un sussurro,
un sussurro tradito dalla voce tremante e da lacrime silenziose,
che bruciano sulla ferita allo zigomo e bagnano il collo di lei.

Passano solo pochi secondi, ma a loro sembra passata un’eternità, le sirene vicinissime lo risvegliano all’improvviso.
Si guarda intorno come smarrito, cerca di rimettere a posto le idee e si alza di colpo, lamentandosi per il dolore alla costole e si dirige fuori dalla stanza.

-Rick, dove vai?- …     
                                                                                                                          



 

La Resa Dei Conti


*
Un'unica Certezza...

*
32° Capitolo 

 

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-Rick, dove vai?-... 
 

Quello che succede immediatamente dopo, appare come sbiadito.
Voci concitate, preoccupate. Passi veloci, occhi sbarrati e attenti.
Le luci delle sirene fuori dalla finestra, riflettono uno strano colore blu metallico intermittente all’interno dello studio, illuminato solo dalla lampada sulla scrivania ed altre due, ai lati della stanza.
Oltre che sbiadito, è anche tutto ovattato, come se quei minuti terribili, trascorsi tra botte, rabbia, paura e morte, avessero attutito di colpo ogni senso.
Udito, vista, odorato, gusto, tatto… sono come addormentati, atrofizzati.
L’udito, sente il loro respiro cadenzato, perché abbracciati e vicini.
La vista, si affaccia con la presenza della morte attorno a loro.
L’odorato, li circonda con l’essenza pungente del sangue e del sudore.
Il gusto, ha il sapore salato e amaro di lacrime e dolore.
Il tatto, dà loro l’unica certezza del momento… guancia contro guancia, mano nella mano, paura contro paura: sono vivi!
Per questo sono rimasti immobili, quando Ryan, avvicinandosi a loro, con la paura ancora negli occhi, la pistola in pugno lungo il fianco e il cuore in gola, gli ha chiesto se stavano bene.
Fuori dallo studio e attorno a loro si percepisce solo tanta confusione. Nesbit ordina ai suoi uomini di controllare le stanze del piano di sopra, facendo attenzione a non toccare niente, all’avvocato Corbin di restare all’entrata e ad Esposito di occuparsi delle guardie ammanettate e tramortite nel parco.
-Kate… Rick! Va tutto bene?-
Ripete Ryan, poggiando una mano sulla spalla di Beckett, mentre aspetta, quasi senza respirare, che lei risponda, finchè Beckett solleva lo sguardo su di lui e quel silenzio ovattato, improvvisamente comincia ad urlare.
I sensi si liberano. I suoni diventano chiari. Gli odori si mischiano tra loro. Il tocco di due dita amiche diventa una carezza, rivelando al gusto un’immensa dolcezza e la vista mostra quegli occhi azzurri, sgranati e preoccupati, quel colore meraviglioso che vede tutti i giorni da anni e che, adesso, le sembra come un salvagente in mezzo all’oceano.
Ryan non è riuscito a mantenere le distanze, ad essere obiettivo o distaccato. In quel momento non è un poliziotto. Quello, per lui, non è lavoro. Loro sono i suoi colleghi, la sua famiglia e non ha potuto fare a meno di chiamarli per nome, in un sussurro, carico di quella tensione e quella paura di non arrivare in tempo, che non ha potuto evitare di provare lui, come il suo amico Esposito. Solo loro due sapevano cosa si stesse consumando realmente in quella casa, solo loro due sapevano esattamente chi era il governatore Jordan e che importanza avesse, non solo per Beckett, ma soprattutto per Castle.
Ora è lì, davanti ai suoi due amici, lei con il collo e le braccia livide, il labbro spaccato, lui con un taglio profondo alla faccia, che comincia anche a gonfiarsi e cambiare colore e non riesce a non far scendere una lacrima, di dolore, forse per la scena che ha davanti, di felicità, per averli ritrovati vivi... e vedere Beckett sollevare lo sguardo e sorridergli, gli ha allargato immensamente il cuore.
-Mio padre ha bisogno di un’ambulanza, Kevin.-
Risponde lei, con lo stesso sussurro e la stessa complicità che ha usato lui nella domanda.
Ryan annuisce e corre nella stanza accanto per dare soccorso a Jim, mentre lei continua a non muoversi, stretta in quell’abbraccio di protezione al suo uomo, bisognosi entrambi del rispettivo calore.
Dopo avere impartito ordini su ordini ai suoi sottoposti, Nesbit si avvicina, assieme ad Esposito e Stan, a quello che, non è più lo studio del governatore, ma la scena di un crimine. Si vede costretto a chiamare la centrale, dire cosa fosse successo e richiedere la scientifica e altre squadre, confermando che uno dei cadaveri, ancora da definire se vittima o carnefice, è proprio il governatore dello stato di New York, Victor Jordan.
Il detective si porta la mano ai capelli, si china a controllare il corpo senza toccare niente. La bomba sta ormai per esplodere, tra qualche ora tutto il paese avrebbe saputo, tutto il paese avrebbe preteso spiegazioni.
Castle cerca di alzarsi, ma il dolore lo blocca. I movimenti che era riuscito a fare poco prima, a sangue caldo, diventano sempre più difficili, man mano che passano i minuti; ora sente davvero delle fitte lancinanti, tanto da avere difficoltà a respirare.
Nel giro di pochi minuti, il parco diventa un via vai continuo di macchine con i lampeggianti accesi e di agenti che, su e giù, dentro e fuori la casa, corrono alla ricerca di non si sa bene cosa. I medici si occupano immediatamente di Jim Beckett e Kate gli resta vicino, mentre lo mettono sulla barella.
-Non credo che Nesbit mi permetterà di venire con te sull’ambulanza. Sono ancora in arresto!-
-Anche se lo facesse, non te lo permetterei io. Devi restare qui, Katie. In tutti questi anni Rick ti ha aiutato e sorretto, ora è lui che ha bisogno del tuo seostegno.-
Si sporge dalla barella e rivolge un ultimo sguardo verso Castle, per poi guardare ancora sua figlia.
-Sembra distrutto… e non solo nel corpo. Devi restare qui, io sto bene… tranquilla.-
Le parla con un sorriso sereno sulle labbra, felice e sollevato che lei sia viva. Kate lo abbraccia, non riuscendo a trattenere le lacrime che, dopo lo sparo a Lucas, non hanno smesso di bagnare i suoi occhi.
-Ti voglio bene papà!-
-Mai quanto te ne voglio io, bambina mia.-
Lo accompagna fin sopra l’ambulanza, lo guarda andare via e resta immobile, finchè i lampeggianti non diventano solo un puntino luminoso nella notte. Si guarda intorno e si rende conto che la zona circostante alla casa, è già piena di gente con telecamere e macchine fotografiche… la stampa è già arrivata, a momenti prima della polizia. Un agente la riporta alla realtà.
-Mi scusi, il detective Nesbit chiede di lei…-
Annuisce e lo segue in casa.
Sono ancora tutti nello studio. Il medico legale sta studiando i cadaveri e la scientifica sta catalogando tutto.
I medici che stanno medicando Rick, invece, lo hanno fatto stendere sul divano all’entrata. Lo hanno bendato ben stretto al torace e gli stanno ricucendo il taglio sulla guancia destra. Dopo averlo ripulito del sangue che lo ricopriva, si cominciano a vedere i lividi, mezza faccia è praticamente violacea. Kate lo guarda con una smorfia sulle labbra, quando vede i continui cambiamenti della sua espressione, man mano che l’ago entra ed esce dalla sua carne.
-Dovresti convincerlo ad andare in ospedale.-
Le sussurra Esposito sorridendo, dopo aver constatato di persona che il suo capo sta bene, nonostante i lividi.
-Mentre eri fuori ha fatto il diavolo a quattro, perché i paramedici volevano metterlo sulla barella e portarlo in ospedale. Gli ha praticamente ordinato di ricucirlo qui.-
Lei risponde al sorriso di Esposito.
-Lasciamogli fare la parte del duro, stavolta se l’è meritata!-
L’amico le mette un braccio attorno alle spalle e si avvicinano al paziente, proprio mentre il medico rimette a posto ago e filo.
-Noi abbiamo finito, non ha niente di rotto, ma le costole sono ammaccate. Nelle prossime ore il dolore potrebbe diventare insopportabile, deve andare in ospedale e rimanere immobile per un paio di giorni-.
Guarda tutti in faccia in cerca di aiuto, ma quando si rende conto che nessuno gli avrebbe dato man forte, sospira, aiuta Castle a mettersi seduto, appoggiandolo delicatamente alla spalliera del divano e prende dalla valigetta due flaconcini.
-Le pillole verdi sono antibiotici, per la ferita al viso. Una compressa al giorno per 5 giorni. Quelle bianche sono antidolorifici, ne prenda due al giorno, se non dovesse sopportare il dolore, arrivi pure a tre, ma non ne abusi. Per questa notte dovrebbe essere a posto, nell’iniezione che le ho fatto prima, c’era una bella dose di analgesici e calmanti… mi raccomando, resti immobile a letto, almeno per quattro giorni, poi faremo un controllo.-
Esposito ringrazia il medico e lo accompagna alla porta e Beckett, che si è impossessata delle pillole, si siede vicino a Rick sul divano. Stan si abbassa davanti a lui, tenendosi le costole e sorridendo.
-Che fossi egocentrico e megalomane, l’ho sempre saputo, ma che fossi capace di farti picchiare a sangue solo per avere le mie stesse ferite, beh, questo è davvero il colmo!-
Castle lo guarda, hanno la stessa benda bianca sulla parte destra del viso e si tengono le costole allo stesso modo… cercano di sorridere, ma il dolore li ferma e la risata scappa spontanea sulle labbra del resto dei presenti.
-Stan, potresti avvertire mia madre e Alexis che stiamo bene? Saranno in pena e terrorizzate.-
Lui annuisce.
-Perché non ci parli tu stesso, Richard?-
Gli chiede porgendogli il telefono, ma lui scuote la testa.
-No, ti prego, adesso no, non potrei. Dì solo che stiamo tutti bene, ma non dirgli cos’è realmente successo, gliene parlerò a casa… per favore!-
Gli poggia la mano sul braccio e Stan annuisce alzandosi, anche se non riesce a capire perché dovrebbe essere così difficile dire alla sua famiglia che il drago è morto, finalmente!
-Come vuoi!-
-Spero vada meglio, signor Castle!-
La voce di Nesbit alle loro spalle, li fa ripiombare improvvisamente in quello studio, con la luce fioca, tre cadaveri sul pavimento e tanto sangue.
-Il sindaco ha chiamato il mio capo già tre volte e il mio capo ha chiamato me altrettante volte, vogliono una spiegazione plausibile per quello che è successo qui questa sera… e anche io!-
Li osserva attentamente, mentre lui si tocca la benda sulla faccia e lei guarda semplicemente nel vuoto.
-Sentite, lo so che siete provati e che non è stata una bella serata, ma io ho tre cadaveri in quello studio, ed uno di questi è il governatore. Non è una cosa che passa inosservata. Per convincermi a venire qui, Esposito mi ha raccontato una strana, mezza storia, per cui il governatore era il fantomatico drago, senza però nessuna prova plausibile… e io l’ho mandata giù solo perché conosco Javier, ma adesso quei cadaveri gridano domande a cui io devo assolutamente rispondere, visto che la patata bollente me la sono voluta io.-
Nessuno risponde ancora, lei continua a tenere gli occhi fissi sulle sue mani intrecciate, mentre Castle guarda  nel vuoto, come per raccogliere le idee. Nesbit prende una sedia, ci si siede al contrario e si posiziona davanti a loro, poggiando le braccia sulla spalliera.
-Signor Castle, sulla scrivania abbiamo trovato due fascicoli su di lei e su Beckett. Il governatore sapeva vita, morte e miracoli, soprattutto di Beckett, la spiava e la seguiva da tempo. Ora, io mi chiedo: se fosse vero che Jordan era il drago, perché avrebbe rapito Jim Beckett, mostrandosi apertamente a lei? Per 13 anni è rimasto nell’ombra e di punto in bianco esce allo scoperto… perché?-
Finalmente Castle alza lo sguardo e sospira.
-Non lo so… onestamente Nesbit… non lo so… o perlomeno, sono riuscito a farmene un’idea, solo quando sono arrivato qui.
-Mi spieghi allora.-
Lui annuisce.
-Mi ha contattato oggi pomeriggio, convinto che conoscessi la sua vera identità. Mi ha detto che Jim Beckett era nelle sue mani e che sapere la verità su di lui e avere le prove sulla sua colpevolezza, non avrebbe cambiato le cose.-
-Prove? Di che genere?-
Chiede Nesbit avvicinandosi a lui, che scuote la testa.
-Non sapevo nemmeno questo, quando mi ha contattato. Ha continuato dicendo che Beckett doveva presentarsi questa sera qui, a casa sua, per restituirgli tutto quanto e se non l’avesse fatto, avrebbe rimandato a casa suo padre a pezzettini. Dopo di che se ne è andato, senza ulteriori spiegazioni.-
Si ferma un momento, cercando di respirare piano e prendere un po’ di tempo, mentre Nesbit passa al vaglio tutte le espressioni dei presenti, che oltre ad essere corrucciate e preoccupate, non tradiscono nessun’altra emozione. Poi torna su Castle, ammiccando per spronarlo a continuare.
-Quindi Beckett era nascosta a casa sua!?-
Gli chiede serio e lei solleva di colpo lo sguardo preoccupata, ma lui scuote la mano, lasciando intendere che questa, al momento, non era la cosa più importante. Rivolge la sua attenzione su Castle, facendogli cenno di proseguire.
-Ho raccontato a Kate la discussione con il governatore e lei è rimasta stupita quanto me, noi non avevamo la più pallida idea di chi fosse il drago, finchè non me lo ha detto lui stesso. Quando ha saputo del rapimento del padre e delle condizioni di Jordan per liberarlo, per impedirmi di venirle dietro, Kate ha avuto la brillante idea di fracassarmi una lampada sulla testa.-
Sottolinea la frase guardandola, mentre lei solleva un sopracciglio e anche Nesbit, sposta lo sguardo su di lei.
-Complimenti Detective… coraggiosa e pericolosa… mi piacerebbe averla nella mia squadra!-
Lei risponde senza guardarlo.
-Potrebbe entrare lei a far parte della mia!-
Nesbit la guarda storcendo la labbra.
-Peccato che al momento lei non abbia nessuna squadra!-
-Touchet!-
Risponde lei, scuotendo la testa e Nesbit sorride.
-Quindi Beckett, lei è arrivata qui, ha tramortito tutta da sola tre guardie, disarmandole e ammanettandole, la stessa cosa ha fatto con la guardia nella stanza video, è entrata nello studio… e poi?-
Lei annuisce.
-Jordan era in piedi davanti alla scrivania e il suo braccio destro era vicino a lui. Li tenevo sotto tiro con la pistola che avevo tolto ad una delle guardie. Gli ho chiesto di vedere mio padre, ma il governatore ha iniziato a dire cose sconnesse. Continuava a ripetere che, se non gli davo quello che gli avevamo rubato, avrebbe ucciso mio padre davanti ai miei occhi…-
-Di cosa parlava?-
-Non ne avevo idea. Gli ho perfino detto che, se lasciava andare mio padre, mi sarei costituita e avrei confessato l’omicidio di Freeman, così non avrebbe avuto più niente da temere da me, ma Lucas ha sparato a mio padre, ferendolo alla spalla, poi Jordan è riuscito a disarmarmi e mi ha messo le braccia al collo… nel frattempo è arrivato Castle.-
Lo sguardo si posa nuovamente su di lui.
-Quando sono entrato, Lucas stava per sparare di nuovo a Jim, ma io l’ho colpito alla mano; nel parco avevo trovato le pistole che Beckett aveva tolto alle guardie e ne avevo presa una. Jordan continuava a tenere Kate per la gola, diceva che le avrebbe spezzato il collo, se non gli avessi dato i documenti.-
-Documenti? Le prove di cui le aveva parlato nel vostro incontro del pomeriggio?-
-Probabile! Ripeteva in continuazione, che dal suo ufficio era scomparso un incartamento segreto, documenti che potevano distruggerlo, insistendo sul fatto che potevamo averli presi solo noi…-
Nesbit lo osserva serio.
-Siete mai stati negli uffici del governatore? Lo avevate incontrato mai di persona, prima di stasera?-
Castle scuote la testa, negando e il detective si fa ancora più cupo.
-Allora perché era così sicuro che foste stati voi?-
-Perché glielo aveva detto il suo braccio destro, come si chiamava… Cane… Lucas Cane.-
Nesbit e anche i tre amici accanto a lui, aggrottano le sopracciglia, mentre Castle raccoglie le idee per continuare.
-Pare che Cane, avesse raccontato a Jordan, di avermi visto nei corridoi dei suoi uffici, qualche giorno dopo la morte di Montgomery, da una delle telecamere di controllo. Gli ha detto che aveva cercato di fermarmi, ma prima che potesse raggiungermi, io me ne ero già andato, così, quando hanno scoperto che mancavano i documenti, il governatore ha pensato che li avessi presi io. Non so perché quell’uomo abbia detto una cosa del genere, ma io non sono mai stato nel palazzo del governo, né tanto meno immaginavo che Jordan potesse essere il drago.-
Nesbit annuisce, mentre Esposito, Ryan e Stan si guardano di sottecchi, non riuscendo a seguire il filo logico della storia.
-Poi cos’è successo?-
-Ho continuato a negare che fossimo in possesso di quello che diceva lui, Jim era ferito, volevo prendere tempo, sperando nel vostro arrivo… ma...-
Beckett lo interrompe.
-Ma nel frattempo è arrivato l’altro agente di sicurezza, che ha fermato Rick. Ogni volta che il governatore parlava di quello che, secondo lui, gli avremmo rubato, Lucas lo colpiva con calci e pugni al viso, al torace …-
Castle riprende il racconto.
-Poi il governatore ha colpito lei al viso, scaraventandola a terra con forza…-
Si guardano seri, gli occhi lucidi, come a rivivere il dolore di quel momento e Nesbit si schiarisce la gola per attirare la loro attenzione. Si voltano contemporaneamente a guardarlo e poi lei abbassa di nuovo lo sguardo sulle sue le mani.
-E come siamo arrivati a tre cadaveri?-
-Sono riuscita a divincolarmi un attimo, avevo un coltello nascosto nello stivale e ho colpito la guardia, Jordan mi ha fermata ancora, mi stritolava le braccia con una mano, mentre con l’altra aveva preso la pistola per sparare a Rick, ma… -
-Ma improvvisamente Lucas ha sparato a lui, alle spalle…-
Sussurra Castle, prendendole la mano.
-Lucas Cane… ha sparato al governatore... a sangue freddo!?-
Castle e Beckett annuiscono nello stesso momento.
-Perché?!-
Beckett solleva lo sguardo, incontrando quello interrogativo e serio di Nesbit.
-Lucas ci guardava con una strana espressione di trionfo, rideva. Sembrava un pazzo, rideva mentre guardava il cadavere del governatore, come divertito da quello che stava succedendo.‘Si sentiva un dio, non aveva ancora capito che eravate ad un passo da noi, io invece si… dovevo prendere in mano la situazione. Sapevo che, nascondendo i suoi documenti, sarebbe uscito fuori di testa e così è stato. Si è lasciato manovrare come un burattino!’ Dopo aver detto questa frase, ha smesso improvvisamente di ridere e ha puntato l’arma verso Rick. Ha detto che nessuno avrebbe trovato i nostri cadaveri.-
E Cane? Com’è morto?-
-Ai miei piedi c’era la pistola caduta al governatore, lui era così preso dalla sua follia, che non se ne è curato, così sono rotolata a terra, l’ho presa e… e ho sparato io per prima!-
Resta in silenzio un paio di secondi, riporta lo sguardo verso il pavimento e sospira
-Dopo qualche minuto siete arrivati voi.-
Ryan, Esposito e Stan, che sapevano dei documenti, restano impassibili davanti alla strana storia dei due amici, l’avvocato non riesce a capire dove vogliano andare a parare, mentre i due detective cominciano a delineare la logicità del racconto e si rendono conto che il nome del capitano Roy Montgomery, non è stato pronunciato nemmeno una volta. Nesbit si passa per l’ennesima volta la mano sui capelli, esasperato.
-E’ chiaro che lo ha tradito per prendere il comando… anche se non ho ancora ben chiaro di cosa! Ma come avrebbe spiegato la morte del governatore e i vostri cadaveri?-
Le domande sembrano rivolte più a se stesso, che a loro.
Castle solleva le spalle.
-Questo dovrebbe chiederlo a lui, doveva avere un piano che per lui era perfetto, ma, a quanto pare, non lo sapremo mai.-
Nesbit annuisce alzandosi in piedi.
-Chissà che fine hanno fatto i documenti di cui parlava Jordan?!
-Forse la risposta ce l’ho io, capo!-
Uno degli agenti di Nesbit  sta scendendo le scale con una cartelletta aperta su dei fogli, che sta controllando attentamente.
-Dimmi Carter, cos’hai trovato?-
-Un plico di carte, capo. Era in una delle stanze di sopra, nascosti sotto al materasso, credo fosse la stanza del signor Cane.-
Nesbit controlla alcuni dei fogli, Castle e Beckett si guardano seri ed Esposito si avvicina, fingendo curiosità.
-Cosa c’è scritto Jason?-
-Non ne ho la più pallida idea. Numeri, ci sono numeri su numeri e simboli e date, ma non ho idea di cosa siano.-
L’agente Carter si fa avanti.
-Se mi permette capo, sembrano numeri cifrati, forse conti bancari segreti,  ma c’è qualcosa di peggio in questo registro.-
Porge al detective un libro con la fodera di pelle nera e tutti quanti guardano, quasi senza respirare, Nesbit, la cui espressione cambia man mano che lo sfoglia.
-Capo, tutto ciò che è segnato nei documenti e soprattutto in questo registro è palesemente illegale, è chiaro che il governatore fosse invischiato in affari poco puliti. Penso che il suo braccio destro volesse una fetta più grossa di quella che riceveva già e li abbia rubati, usando Beckett come capro espiatorio, con l’intento di ricattare il governatore. Da quel poco che ho potuto vedere, questo registro è una bomba.-
Nesbit continua a sfogliare pagina per pagina e nello stesso tempo annuisce.
Castle e Beckett si guardano complici…
 
-Rick, dove vai?-
Era uscito velocemente dallo studio per rientrare immediatamente dopo, con il registro tra le mani e Beckett lo aveva guardato meravigliata.
-Lo hai portato con te?-
-L’ho nascosto dentro il porta ombrelli in cucina, prima di entrare qui.-
Beckett aveva scosso la testa.
-Non ci posso credere, pensavo lo avresti lasciato al sicuro per darlo a Nesbit, nel caso mi avesse uccisa.-
Lui, senza rispondere, si era avvicinato alla scrivania, si era asciugato le mani sui vestiti, per assicurarsi che non fossero sporche di sangue, aveva aperto il plico contenente i documenti, ed era rimasto un attimo a fissarli.
-Rick, che hai intenzione di fare?-
Nemmeno a questa domanda aveva risposto. In silenzio, aveva sistemato il registro assieme al resto dei documenti e si era fermato a riflettere, mentre le sirene continuavano ad avvicinarsi.
-Senza questi, sarà difficile dimostrare che lui era il drago e consegnandoli semplicemente alla polizia, dovremmo dire come e da chi li abbiamo avuti… se invece la polizia li trovasse, per caso, tra le proprietà del governatore… come se, in tutti questi anni, avesse segnato per filo e per segno tutti i suoi affari, senza tralasciare nulla… dobbiamo solo inventarci un modo convincente di nasconderli!-
Aveva sorriso, quando gli occhi di Kate si erano illuminati improvvisamente, come se gli stesse dicendo che era un’idea geniale. 
-Ma come?-
Rick aveva riflettuto un altro paio di secondi, facendo mente locale su come si erano svolti i fatti. Le analisi della scientifica e del medico legale, avrebbero rivelato che il proiettile che aveva ucciso Jordan, era stato sparato da Lucas alle sue spalle… era questa la soluzione.
-Li nasconderemo nella camera di Lucas, faremo credere che volesse tradirlo e ricattarlo. Lucas ruba i documenti per averlo in pugno e gli fa credere che siamo stati noi e che abbiamo scoperto la sua vera identità, così lui, messo alle strette, è dovuto uscire per forza allo scoperto!-
Lei continuava a guardarlo con una strana luce negli occhi, stupita di come la sua mente, funzionasse sempre in modalità fantasia, in questo modo avrebbero anche potuto spiegare il perché Lucas avesse colpito Jordan alle spalle. 
-Può funzionare! Così Montgomery non comparirà in alcun modo. Dobbiamo solo metterci d’accordo sulla storia.-
-Niente di più facile, sono uno scrittore, no? Inventare storie è il mio pane quotidiano!-
Dopo aver messo a punto cosa dovevano dichiarare alla polizia, si era voltato a guardare Jim nell’altra stanza, seduto a terra e appoggiato alla parete di fronte a lui, si teneva la spalla, che, grazie al cielo, non sanguinava più.-
-Jim, quando la interrogheranno, dovrà solo dire che è rimasto svenuto per tutto il tempo, dopo che le hanno sparato alla spalla, perciò, non ha visto, ne sentito niente, così non ci saranno differenze sulle nostre deposizioni.-
Papà Beckett aveva annuito.
-Tranquillo Rick, stai parlando con un uomo svenuto!-
Gli aveva risposto, strizzandogli l’occhio.
Avevano sorriso alla battuta di Jim, poi Castle aveva fatto qualche passo in avanti per recarsi al piano di sopra, ma era stato costretto a fermarsi.
-Kate, io non riuscirò a fare le scale, le costole mi fanno troppo male, devi farlo tu, nascondili in un posto banale… Jordan si fidava di Lucas, non aveva motivo di perquisire la sua stanza…-
Beckett aveva preso i documenti ed era corsa al piano di sopra, aveva individuato facilmente la stanza di Lucas, controllando gli abiti nell’armadio, lui era molto più basso del governatore, perciò di taglia diversa. Aveva sistemato i documenti sotto al materasso ed era scesa di corsa per tornare nello studio, mentre le auto della polizia facevano ingresso nel parco.
Castle era accasciato in ginocchio, mentre con un braccio si teneva alla scrivania, proprio vicino al corpo di suo padre.
-Rick, cos’hai?-
-Non riesco… quasi a respirare, è come… se mi entrasse una… una lama dentro al petto.-
Aveva risposto piano, lamentandosi. Lei si era seduta a terra e lo aveva attirato a sé.
-Appoggiati a me e cerca di muoverti il meno possibile, i soccorsi saranno qui tra poco.-
Rick si era lasciato andare tra le sue braccia, aveva guardato ancora il corpo senza vita del governatore Jordan, aveva rivisto i suoi occhi chiudersi lentamente e in quel momento, aveva stretto la mano di Kate che gli accarezzava il viso. Si erano guardati per un attimo e per un attimo tutto era diventato ovattato; silenzioso ma rumoroso; reale ma surreale. 

Così li aveva trovati Ryan, quando era entrato nello studio, a segnare la fine di quella terribile serata…


Continua...



 

Angolo di Rebecca:

Nonostante il pericolo corso, i due tontoloni si sono inventati una storia
(il mio cervello ha architettato tutto, 
credibile, non credibile... sta a voi dirlo) 
ma Nesbit e gli altri ci crederanno?!

 
 

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Capitolo 34
*** Una Notte Infinita ***



...Li nasconderemo nella camera di Lucas, faremo credere che volesse tradirlo e ricattarlo.
Lucas ruba i documenti per averlo in pugno e gli fa credere che siamo stati noi e che abbiamo scoperto la sua vera identità,
così lui, messo alle strette, è dovuto uscire per forza allo scoperto!...




La Resa Dei Conti


*
Una Notte Infinita

*
33° Capitolo
 




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Nesbit si allontana di qualche passo, continuando a sfogliare il registro con gli occhi sgranati.
-Carter, chiama il giudice Thomposon.-
-Il giudice federale, capo?-
-Che ci piaccia o no, questo è un caso federale, dobbiamo lavorare con l’FBI, ma prima voglio parlare con il giudice.-
Castle si sporge verso Beckett, cercando di parlarle sottovoce.
-Kate… l’FBI! Se i federali facessero controllare le impronte sui documenti? Come facciamo a spiegare le nostre?!-
Beckett annuisce in maniera impercettibile e si rivolge al collega.
-Detective Nesbit, ho dato la caccia all'assassino di mia madre per anni, quei documenti sono la prova che il governatore era il drago... ci permetterebbe di dargli un'occhiata, prima che i federali ne prendano possesso?-
Lui corruccia la fronte per un momento, guardando i fogli che ha tra le mani.
Kate guarda Rick, per un attimo le si ferma il respiro, pensando che Nesbit potesse sentire il battito accelerato dei loro cuori e mangiare la foglia, invece, dopo essersi passato ancora una volta la mano sui capelli, come a rimettere a posto le idee, il detective sorride sotto i baffi.
-Beh… credo che abbiate il diritto di vedere con i vostri occhi…-
Tentenna ancora un attimo, un secondo in cui Beckett pensa che un poliziotto coscienzioso, li avrebbe muniti di guanti, ma quando Nesbit passa i diversi fogli ad ognuno di loro e consegna a lei il registro, facendoglielo sfogliare attentamente, capisce che il collega ha ‘voluto’ credere alla loro versione e avrebbe fatto in modo che ci credessero anche i federali, a costo di dovere ammettere con il giudice e il suo capo, di avere commesso un errore madornale, facendo toccare tutto a chiunque. Alla fine, le notizie contenute in essi, sono così incredibili e terribili da digerire, che chiunque li avesse avuti tra le mani, compresa L’FBI, non avrebbe fatto caso a nient’altro, cercando di risolvere il tutto prima possibile.
-Grazie Nesbit!-
Sussurra Beckett, restituendo il registro nelle sue mani, dopo averlo sfogliato qualche minuto, lui annuisce sorridendo e ricomincia a studiarlo, pagina per pagina.
-Qui c’è il resoconto della seconda attività del nostro governatore, anno dopo anno, non solo da quando è diventato governatore, ma da prima, quando ancora suo padre era il capo della polizia ed era a capo dell’organizzazione prima di lui. Segnava tutto in maniera meticolosa. Questo registro incrimina praticamente mezza ‘città bene!’ Ci sono nomi importanti legati ai Jordan e ai loro affari sporchi: banchieri, senatori e perfino membri del congresso.-
Continua a sfogliare le pagine con calma, tornando a sedersi davanti a loro. 
-Il governatore e suo padre, prima di lui, si occupavano di riciclaggio, prostituzione, gioco d’azzardo, per non parlare del fatto che manovravano la politica e il governo a loro piacimento; avevano messo su una società a lungo termine e nella posizione che ricoprivano, anche perfetta. Questo registro è una bomba, sfido io che Jordan è venuto a parlarle di persona, signor Castle, se davvero aveste messo voi le mani su questi documenti, lo avreste distrutto… e non solo lui! Aspettate un attimo…-
-Che c’è ancora Jason?!-
Chiede Esposito, notando un cambiamento nell’espressione di Nesbit.
-Ci sono i nomi di Loockwood, Freeman e altri mai sentiti, accanto a somme di pagamento, date ed altri nominativi, suddivisi mese per mese, anno dopo anno e accanto ad ogni nominativo c’è la scritta ‘eliminato’!-
-Lockwood e Freeman erano cecchini… potrebbero essere omicidi su commissione?-
Ipotizza Ryan, fingendo di non sapere cosa ci sia scritto in quelle pagine, Nesbit solleva le sopracciglia guardandolo dritto negli occhi e alla fine annuisce.
-Potrebbe essere!-
-9 gennaio 1999…-
La voce di Kate scandisce lentamente la frase, lasciandola in sospeso. Rick si gira di scatto a guardarla, ma anche lo sguardo degli altri si posa su di lei, dopo quel sussurro.
-Come dice Beckett?-
Chiede Nesbit e lei risponde con lo stesso sussurro, continuando a guardarsi le mani.
-Mia madre… è stata uccisa il 9 gennaio 1999.-
Nesbit sfoglia le pagine fino al gennaio di quell’anno e con le dita segue una riga, che legge quasi sillabando.
-9 gennaio 1999 / Johanna Beckett / Dick Coonan / 80.000 dollari.-
Beckett conosce già quella pagina. Nel pomeriggio l’ha letta e riletta, come se volesse farsene una ragione, ma sentirla pronunciare a voce alta, una voce reale che non è solo nella sua testa, le provoca la nausea per l’ennesima volta. Chiude gli occhi e abbassa la testa quasi a toccarsi le ginocchia e Castle le mette la mano sulla sua, stringendola con forza. 
-80.000 dollari! Questo è il valore di una vita!?-
Nesbit le poggia una mano sulla spalla, parlandole con tono quasi paterno.
-Ha trovato l’assassino di sua madre. Questa è la prova che il governatore Jordan, ha ordinato la sua morte… ce l’ha fatta Beckett! Tredici lunghi anni… ma è riuscita a darle giustizia… e, sfogliando ancora queste pagine, sono sicuro che daremo giustizia anche ad altre vittime, di cui forse, non abbiamo mai saputo, grazie al suo coraggio e alla sua caparbietà…- 
Lascia a metà la frase, quando gli occhi di lei, velati di lacrime, lo guardano con gratitudine. Si sente attraversare dal dolore di quello sguardo e non può fare a meno di sorriderle sinceramente.
Carter richiama l’attenzione di Nesbit, che si volta di scatto, schiarendosi la voce.
-Capo, il giudice Thomposon in linea.-
Nesbit si allontana, parla concitatamente per qualche minuto, dopo di che comincia ad annuire e a ripetere ‘si signore’. Quando chiude la chiamata si rivolge ai suoi uomini.
-Tra poco il giudice federale sarà qui, assieme ad una squadra dell’FBI. Catalogate bene tutto, non toccate più del necessario e tenete sotto controllo i giornalisti e i curiosi là fuori, al momento non deve trapelare niente, né sulla morte di Jordan, né sulla documentazione trovata. Questi li tengo io.-
Conclude, richiudendo con cura i documenti in una busta di cellophane.
 
In meno di 15 minuti la zona viene attorniata da suv neri dai vetri oscurati, una decina di uomini in completo scuro e cravatta, si dividono tra l’interno e l’esterno della casa.
Ancora lampeggianti, ancora voci, ancora squilli di cellulare, ancora confusione.
Il giudice federale, Harry Thompson, fa il suo ingresso con due agenti dell’FBI e si dirige dritto nello studio, dove ascolta Nesbit con attenzione, controlla i corpi per un paio di minuti e poi si sofferma sui documenti. Mezz’ora dopo, fa cenno all’agente speciale Gage di avvicinarsi.
-Mandate una squadra a perquisire anche gli uffici del governatore e dei suoi collaboratori, chiudete l’accesso a chiunque, da adesso nessuno deve più entrare in quell’edificio, tranne noi. Chiudete tutte le vie di fuga, aeroporti, ferrovie, pullman e traghetti; le persone segnate su questo registro vorranno svignarsela in fretta, ma io li voglio tutti in gattabuia, dovesse trattarsi anche del Presidente, e… Gage, faccia accompagnare il procuratore nel mio ufficio, subito! Voglio interrogarlo di persona. Che sia piantonato finchè sarò di ritorno, anche se dovesse aspettare seduto nella sala interrogatori fino a domani mattina.-
L’agente Gage annuisce e si dirige all’uscita, parlando all’auricolare.
 
Le ore successive sono state interminabili.
Il giudice Thompson, vista la gravità della situazione, senza tenere conto delle condizioni di Castle, l’ha interrogato assieme a Beckett, Ryan ed Esposito per ore, dapprima separati, poi messi a confronto, sui fatti svolti quella sera, tornando indietro fino all’omicidio Freeman, alle accuse rivolte a Beckett per la morte del killer, per arrivare all’inizio di tutto e cioè all’omicidio di Johanna Beckett, cercando di mettere insieme i pezzi e capire, come il tutto fosse legato alle attività del governatore Jordan e alla sua morte.
Il medico legale, dai primi rilievi, ha confermato che il colpo mortale, è stato sparato a Jordan dalla pistola che Lucas Cane, impugnava ancora quando è morto e che la dinamica si è svolta come Castle e Beckett l’avevano raccontata.
Finalmente verso le due del mattino, Thompson decide di prendersi una pausa e bere un caffè.
-Jason, lo so che qui è tutto un casino e che volete sistemare la cosa prima possibile, ma Castle davvero non ce la fa più.-
Esposito si rivolge all’amico quasi supplichevole.
-E’ sfinito e l’analgesico che gli ha dato il medico sta esaurendo l’effetto, è seduto su quel divano da quasi 5 ore!-
Nesbit annuisce con comprensione.
-Lo so, me ne sono reso conto anch’io e l’ho già detto al giudice, abbiate ancora un po’ di pazienza.-
-Ma… che cos’è successo?!-
Sono le due del mattino e il giudice Hemerson, si guarda attorno spaesato dal caos attorno a lui, senza rendersi conto che il suo arrivo improvviso e, soprattutto, inaspettato, ha colto tutti di sorpresa.
-Signor giudice, cosa ci fa lei qui?-
Chiede Stan, tradito dal tremolio della voce che lascia ad intendere un certo nervosismo.
-Mi hanno appena dato gli esami preliminari della nuova autopsia, sapevo che aspettava mie notizie nonostante l’ora, così stavo per chiamarla avvocato, ma mentre ero in auto, ho sentito alla radio della presenza dei federali a casa del governatore, non hanno dato spiegazioni, ma hanno anche pronunciato il nome di Beckett. Governatore, federali, Beckett… puzza di guai! Così ho pensato di venire a vedere di persona. Cosa diavolo è successo?-
Chiede alla fine, mentre si guarda attorno, si soffrema su Castle e Beckett, per poi rivolgere lo sguardo corrucciato su Stan.
-Allora? Perché sono feriti? E come mai la sua cliente è riapparsa magicamente qui in casa del governatore? E lui dov’è?-
-E’ una lunga storia, signor giudice… il governatore è morto!-
Hemerson sgrana gli occhi.
-Giudice, il governatore Jordan era… beh… si, era l’uomo che Beckett e la sua squadra hanno soprannominato il drago, pare che avesse una doppia vita, ma questo glielo spiegherà meglio il detective Nesbit.-
-Il governatore era… il drago?-
Guarda tutti allibito e si sofferma su Beckett.
-Ci sono le prove per queste accuse incredibili, suppongo?-
Lei si alza e lo guarda dritto negli occhi.
-La polizia ha trovato dei documenti che lo inchiodano, prove certe e inconfutabili. Il governatore Jordan era il mandante dell’omicidio di mia madre e mi ha incastrata con la morte di Freeman… è già tutto nelle mani di federali.-
Risponde con voce monotona, come se stesse ripetendo una cantilena noiosa ed infinita.
Hemerson è incredulo e scioccato, come tutti del resto, Stan si avvicina e quasi sottovoce gli chiede quello che si stanno chiedendo tutti da quando lui è arrivato.
-Giudice, ha accennato agli esami preliminari della nuova perizia…-
Lascia in sospeso la frase, quando Hemerson annuisce serio, intuendo che sono sulle spine per il nuovo referto.
-Non posso ancora dire nulla di preciso, ma sembra che le dichiarazioni del dottor Jensen, abbiano trovato riscontro nelle analisi preliminari del medico legale incaricato dal tribunale. Appena avrò il referto completo e sarò messo al corrente su quello che è successo qui, riconducibile all’omicidio Freeman, vedrò di formulare una decisione sulle accuse al detective Beckett… al più presto.-
-Finalmente… una buona notizia!
Balbetta piano Castle, appoggiando la testa sulla spalliera del divano.
-Certo, Beckett è ancora agli arresti… ed è anche scappata!-
Sottolinea Hemerson, abbassando lo sguardo su di lei, scostando dal naso gli occhialini tondi. Stan sta per ribattere, ma il giudice lo blocca.
-La prego avvocato Corbin, è notte fonda e siamo tutti stanchi e quello che mi avete appena detto, mi ha lasciato sconcertato. Non formulerò nessuna opinione legale, finchè non avrò valutato ogni prova sicura e le novità degli ultimi minuti.-
-Lo capisco benissimo, signor giudice, ma si rende conto che questa serata è stata dura per la mia cliente e per tutti noi, quando i federali avranno terminato con l’interrogatorio, Beckett dovrà essere condotta al carcere femminile… se potessimo evitarlo…-
Stan parla con calma, sfoderando il suo miglior sguardo da cucciolo indifeso, tanto che Hemerson sorride, scuotendo la testa.
-Pensa che dare gli arresti domiciliari alla sua cliente, fino alla prossima udienza, vista la situazione attuale, possa essere una buona idea da parte mia?
L’avvocato Corbin sorride annuendo e il giudice sospira.
-Certo… dovremmo trovare subito qualcuno disposto a prendersene la responsabilità!-
Castle alza la mano di colpo, tanto velocemente, da fare una smorfia di dolore accompagnata da un lamento, ma non demorde comunque, stringe i denti, cercando di rimettersi dritto.
-Io… io sono responsabile…-
Riesce a dire, provocando un altro sorriso del giudice.
-Davvero?! Lei… è responsabile!? Hemerson scuote ancora la testa. Va bene! Detective Beckett, da questo momento lei è sotto la responsabilità del signor Castle, mi raccomando non se la svigni. Io vado a parlare con Nesbit... sempre che voi siate d’accordo.-
Il giudice si allontana e Castle gira la testa, sempre appoggiata alla spalliera del divano e si rivolge alla donna seduta accanto a lui.
-Bene Beckett! Pare che tu sia sotto la mia custodia… spero ardentemente che non mi distruggerai casa, per scappare ancora!-
Esclama serio. Lei si avvicina e ignorando tutto e tutti intorno, gli sfiora le labbra con le sue.
-Non ho intenzione di andare da nessuna parte, senza di te!-
Lui resta un attimo interdetto e gli altri si guardano sorridendo.
-Si, lo sapevo che sareste stati carini insieme…-
Esclama Stan tutto contento e finalmente si lasciano andare ad una risata liberatoria.
-Sto soffocando, ho bisogno di uscire. Non possiamo aspettare fuori nel giardino?-
Sbuffa Castle e Ryan lo aiuta ad alzarsi.
-Certo, appoggiati a me, ti accompagno.-
Escono tutti nel parco e si sistemano su una delle panchine di marmo che circondano il patio.
La notte è fresca e i lampioncini sono sopraffatti dalle luci colorate delle macchine della polizia, fuori dalla recinzione i giornalisti sono aumentati, qualcuno si sporge per guardare dentro, ma gli agenti posti ad ogni metro del perimetro, li bloccano anche nella visuale. Nessuno sa ancora della morte di Jordan, ma è ovvio che ci sia un cadavere, o forse di più, visto che ben tre macchine dell’ufficio di medicina legale, sono pronte nel parco, con i portelloni aperti.
-Credo che tra un po’ potrete andare.-
Dice loro Nesbit, uscito anche lui, dopo avere estorto al giudice federale il permesso per lasciare andare i testimoni.
Un agente fa segno al detective di guardare verso una delle entrate laterali, dove una guardia sta cercando di allontanare due donne, che, parlando concitatamente, cercano a tutti i costi di oltrepassare la recinzione.
-Detective, due signore vogliono assolutamente entrare, chiedono di lei.-
-Sono mia madre e mia figlia, Nesbit.-
Dice Castle guardando verso di loro preoccupato e il poliziotto annuisce.
-Le faccia passare agente.-
Martha e Alexis si precipitano verso di lui, ma si fermano a qualche centimetro di distanza, notando la benda alla guancia e la camicia insanguinata.
-Papà!-
-Richard!-
Martha gli mette una mano sul viso.
-Santo cielo Richard, cosa ti ha fatto?-
Lui allarga le braccia e cerca di sorridere.
-Se non mi stritolate troppo, potete anche abbracciarmi.-
Si stringono a lui piano, Alexis lo guarda in viso, poi i suoi occhi pieni di lacrime si girano a guardare anche Kate e nota che il suo labbro è gonfio e violaceo e anche il collo presenta dei lividi tutto intorno.
-State bene? Dopo che Stan ha chiamato non abbiamo saputo più niente, sono passate delle ore, eravamo preoccupate, così abbiamo deciso di venire.-
-Va tutto bene tesoro, siamo un po’ acciaccati, ma stiamo bene.-
Martha stringe nel suo abbraccio anche Kate e nello stesso momento, dalla casa escono gli assistenti del medico legale con due barelle, mentre quella che contiene il corpo del governatore Jordan, è lasciata sulla porta.
Martha osserva suo figlio in silenzio, con gli occhi sgranati e imploranti. Rick si sente stringere il cuore.
-E’... è morto… mamma!-
Il coroner sta chiudendo la cerniera del sacco nero sopra un ciuffo di capelli grigi e lei riporta lo sguardo sul corpo. Chiude gli occhi e stringe la camicia di suo figlio nel pugno, mentre la barella le passa ad un paio di centimetri, per venire caricata sul furgone mortuario. Il portello posteriore viene chiuso con forza e lei sussulta tra le braccia di Rick, che la stringe a sé.
-Detective Nesbit!- Lavoce del giudice Thompson li riporta alla realtà. -Con i signori per il momento abbiamo finito. Potete tornare a casa, fermo restando che sarete interrogati ancora nei prossimi giorni.-
Nesbit annuisce e il giudice torna dentro insieme ai suoi uomini per continuare le indagini. Esposito si rivolge ai suoi amici con un sospiro di sollievo.
-Andiamo, vi accompagno io. Ryan, tu e Stan seguiteci con una delle macchine di servizio.-
Mentre si avviano alle auto, Castle si ferma, richiamando l’attenzione del detective.
-Oh, a proposito Nebit! Fossi in lei, farei qualche indagine anche sul capitano Johnston.-
Nesbit corruccia la fronte.
-Qualcuno elencava i nostri movimenti minuto per minuto al governatore e l’unico che poteva farlo è il nostro amato capitano, come ho detto, fossi in lei, controllerei le telefonate al dodicesimo, secondo me è così stupido da avere usato il telefono dell’ufficio.-
Detto questo lo ringrazia e si dirige verso l’auto, aiutato da Alexis, mentre Nesbit dà ordine a due dei suoi uomini di scortarli fino a casa e di restare lì a disposizione.
 
Il tragitto verso casa è silenzioso, ognuno è perso dentro un vortice di stanchezza, paura e dolore. I giorni seguenti sarebbero stati intensi e difficili, ma volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, come aveva sussurrato Johanna all’orecchio di sua figlia, è finita bene. Questo caso, almeno per quello che riguarda Kate Beckett, è definitivamente chiuso e loro sono vivi, malconci e feriti nel corpo e nell’animo, ma vivi. Certo, di strascichi ce ne sarebbero stati; con il passare dei giorni sarebbe diventato tutto più chiaro e probabilmente ancora più doloroso.
Kate si volta a guardare Rick, seduto dietro, tra madre e figlia, con gli occhi chiusi.
Alexis è stretta al padre.
In un paio di giorni è stata sopraffatta dalla paura dello sparo al cimitero, dal passato di sua nonna che si è riflesso prepotentemente anche nella sua vita, da quel segreto che comunque, non avrebbe cambiato il rapporto meraviglioso che ha con la sua famiglia.
Martha ha un’espressione distrutta.
La preoccupazione e i ricordi delle ultime ore, l’hanno segnata parecchio, ma, quando ha visto il sacco nero contenente il corpo senza vita del padre di suo figlio, è come invecchiata di colpo. Ha abbandonato quell’uomo per proteggere suo figlio, ma non l’ha dimenticato. Castle ha ragione. Non si smette di amare qualcuno perché scopri qualcosa di orribile su di lui e lei ha continuato ad amarlo.
Pensava di essere riuscita a lasciarsi tutto alle spalle, ma quella mattina, al solo sentire pronunciare il suo nome, era stata sopraffatta dai ricordi, dalla nostalgia, dalla paura e dal dolore e scoprire che il suo nome era legato anche all’omicidio di Johanna, l’aveva annientata ancora di più, com’era successo a Rick.
Anche lui, adesso, è perso nei suoi pensieri.
I suoi occhi esprimono stanchezza, sta male fisicamente e si vede, ma il male che ha dentro al cuore è ancora più forte. Ha spiattellato la verità in faccia a suo padre in un momento di rabbia e di paura, con disprezzo, convinto di odiarlo a morte, ma quando lui lo ha protetto da quel proiettile, si è sentito spiazzato… e la cosa più strana, è che anche lei ha provato la stessa cosa: la cattiveria di Jordan, il gelo di quello sguardo, il ghigno del suo sorriso mentre la chiamava insistentemente Katherine, come a prendersi gioco di lei fino alla fine; niente le avrebbe fatto immaginare che potesse salvare la vita di un figlio mai conosciuto.
Torna a sedersi comoda e appoggia la testa al sedile, guarda per un attimo Esposito, che ricambia lo sguardo e le sorride, riportando subito dopo l’attenzione sulla strada. Chiude gli occhi, ringraziando il cielo che le ha regalato quei due fratelli fantastici, pronti a tutto per lei.
Con gli occhi chiusi e un turbinio di immagini nella mente, cerca di capire quali sentimenti abbiano preso posto dentro il suo cuore. Ha sempre immaginato che, risolto l’omicidio di sua madre, conosciuto il nome di chi ha commissionato la sua morte, si sarebbe sentita più leggera, come libera da un peso enorme, sollevata dalla sensazione di vendetta e giustizia che l’avrebbe inebriata. Invece quello che prova al momento è esattamente… niente!
Come può sentire… il niente?
Si sente completamente svuotata.
Sentimenti come giustizia, vendetta, indignazione, sollievo e gioia, non fanno parte del suo essere.
Dopo aver visto morire l’assassino di sua madre, la felicità e il sollievo avrebbero dovuto prendere il posto dell’immenso dolore provato fino a qualche ora prima, invece riesce a pensare soltanto al dolore di Rick, al suo cuore, alle sue ferite.
Sente solo un’infinita stanchezza, per il resto è orfana di ogni sentimento possibile.
Ha solo voglia di stringersi a Rick e ricambiare quello che lui è stato per lei negli ultimi quattro anni.
Vuole solo proteggerlo, curarlo nelle ferite dell’anima, scaldarlo con il suo sorriso e addormentarsi tra le sue braccia… per un tempo infinito.



Continua...



Angolo di Rebecca:

Non è un gran capitolo, me ne rendo conto,
definiamolo di passaggio!? Però Nesbit mi piace troppo... è tanto simpatico e tanto... AMICO!

Stanno tornando a casa, sono tutti acciaccati, soprattutto nel cuore... 

 

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Capitolo 35
*** Lo Scrigno dei Sentimenti ***


Ha sempre immaginato che, risolto l’omicidio di sua madre, conosciuto il nome di chi ha commissionato la sua morte,
si sarebbe sentita più leggera, come libera da un peso enorme, sollevata dalla sensazione di vendetta e giustizia che l’avrebbe inebriata.
Invece quello che prova al momento è esattamente… niente!
Si sente completamente svuotata.
Sente solo un’infinita stanchezza, per il resto è orfana di ogni sentimento possibile.
Ha solo voglia di stringersi a Rick e ricambiare quello che lui è stato per lei negli ultimi quattro anni.
Vuole solo proteggerlo, curarlo nelle ferite dell’anima, scaldarlo con il suo sorriso e addormentarsi tra le sue braccia… per un tempo infinito.


 

La Resa Dei Conti


*
Lo Scrigno dei Sentimenti

*
34° Capitolo 


 

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‘Non ci sono vittorie, ma solo battaglie…’
 
Aveva appena pronunciato questa frase, quando Castle le si era gettato addosso per salvarla dall’attentato al cimitero, le stesse parole che il suo capitano le aveva rivolto, qualche giorno prima di essere ucciso, per farle capire che il suo lavoro era rendere giustizia ai morti. Il suo dovere era parlare per Johanna, trovare una risposta concreta alla sua morte, non morire per lei. 
Erano passate pressappoco 52 ore dallo sparo al cimitero, ma il susseguirsi degli eventi e la stanchezza che sentiva addosso, le davano la sensazione che fossero passati anni, gli stessi dalla morte di sua madre. 
Aveva citato le parole del capitano al suo funerale, perché, dopo avere scoperto il tradimento da parte sua e dopo che lui era morto per salvarle la vita, non poteva fare altro che accettarle. Impotente! 
Alle 3 del mattino, dopo 52, lunghissime ore, accovacciata sul pavimento di una doccia non sua, si era resa conto che quella di Montgomery, era, purtroppo, una verità cruda, reale e inalienabile.
 
Non ci sono vittorie…
 
Quando Rick le aveva sussurrato sul collo ‘abbiamo sconfitto il drago’, non lo aveva fatto con un grido di vittoria, perché non c’era nessuna vittoria tra le lacrime che lui non voleva mostrarle, non c’era nessuna vittoria nel vedere morire l’uomo che lei ha odiato per anni, quando questo, avrebbe continuato ad essere uno spettro nella sua vita e soprattutto nella vita di Rick.
 
Non ci sono vittorie…
 
Era dentro la doccia da un tempo infinito, come in trans. Lasciava che l’acqua calda le bagnasse la pelle, sentiva scivolare piano la tensione, il sudore, la polvere, la sporcizia che le mani di Jordan avevano lasciato sulle sue braccia, ed ad un tratto aveva visto scivolare via anche il suo ‘niente’. 
Quel niente che sentiva in auto, mentre tornavano a casa.
Quel niente che avrebbe dovuto farla sentire leggera, invece era come un macigno che le impediva di respirare. 
Quel niente che non la faceva sentire vittoriosa. 
Quel niente che aveva svuotato la sua anima di qualunque certezza, tranne la consapevolezza di respirare ancora… 
Quando lo aveva visto, letteralmente, scivolare via, assieme all’acqua, al sudore e alla sporcizia, si era sentita improvvisamente nuda e un freddo gelido le aveva riempito le vene. Tremava, non riusciva a smettere di tremare, nonostante il calore dell’acqua. Aveva attorcigliato le braccia attorno al suo corpo, incurante del dolore che i lividi le provocavano, perchè quella stretta, le dava la sensazione di potersi proteggere dall'angoscia improvvisa che l'aveva aggredita e si era lasciata andare sulle ginocchia, strisciando lentamente contro la parete della doccia, mischiando le lacrime all’acqua. Aveva pianto e pianto, tanto, fino a sentire la testa esplodere, e il pulsare del cervello aveva permesso al sangue di scaldarsi, trasformando il tremore in uno stato di resa totale.
L’acqua aveva lavato via quel niente che pesava nel suo cuore e questo, aveva ridato sensibilità alla parte di lei rimasta intontita fino a quel momento: l’interno dell’anima. 
Lo scrigno dei sentimenti si era riaperto. 
Sentiva di nuovo la rabbia, forte più che mai, mentre davanti agli occhi, in un flashback, Lucas colpiva ripetutamente Rick. 
Sentiva di nuovo la vendetta bruciargli il cervello, mentre il drago rideva di lei, del suo dolore, della morte di sua madre, dei suoi sentimenti. 
Sentiva di nuovo la sete di giustizia, sedata in parte, dalla morte dell’assassino di sua madre.
Sentiva di nuovo il sollievo, tornando a guardare con la mente, gli occhi sbarrati e senza vita di Lucas. 
Provava ancora felicità, nel ricordo dell’abbraccio di suo padre e del calore della sua carezza sul viso. 
Provava ancora gioia, nel rivedere l’azzurro limpido degli occhi sorridenti di Ryan. 
Sentiva soprattutto, l’amore infinito per un uomo che, se fosse finita male, quella notte, sarebbe morto con lei, senza nessun ripensamento. 
Lo scrigno della sua anima era di nuovo pieno, i sentimenti erano tutti lì, concentrati, in attesa che lei ci mettesse un po’ d’ordine, per potere ritornare a vivere.
 
Dopo un tempo infinito, quando i singhiozzi si placano, lascia che l’acqua l’accarezzi ancora per un po’ ed esce dal box doccia, indossa l’accappatoio che Alexis ha lasciato per lei e si sofferma a guardarsi allo specchio, passandoci una mano sopra, per liberarlo dal vapore.
Labbro gonfio e violaceo fino al mento, un taglio sul lato destro e oltre i lividi alle braccia e al collo, può affermare di stare bene. Si pettina i capelli, non curandosi di asciugarli, li tira su con un paio di forcine, mentre lo specchio piano piano si opacizza ancora a causa del vapore.
 
Quando erano arrivati al loft, circa un’ora prima, evitando giornalisti e curiosi, grazie all’entrata segreta del locale lavanderia, aiutati dal fedele Sal, vigile come sempre, Esposito, Ryan e Stan, si erano mostrati restii a lasciarli da soli, preoccupati per la salute di Rick, ma le tre donne erano riuscite a convincerli che se la sarebbero cavate e che anche loro avevano diritto a qualche ora di riposo. 
Prima di andare via, avevano aiutato Castle ad arrivare in camera, rinfrescarsi alla meglio e mettersi finalmente a letto, dopo aver preso un altro antidolorifico. Lui si era addormentato immediatamente, appena toccato il letto. Era stanco, stava male e il calmante che gli avevano fatto prendere lo avrebbe fatto dormire, speravano,  fino al mattino dopo. 
Beckett li aveva accompagnati alla porta, i ragazzi si erano di nuovo raccomandati e lei, istintivamente, aveva preso loro la mano e li aveva abbracciati, li aveva stretti forte tutti e due assieme e loro erano rimasti un po’ basiti, ma avevano ricambiato l’abbraccio immediatamente, senza bisogno di parole, poi si era rivolta al suo avvocato.
-Grazie Stan, ho messo nei guai anche lei e anche lei ha rischiato di essere ucciso!-
Lui le aveva sorriso. Un sorriso sincero che le aveva allargato il cuore.
-Devi darmi del tu Kate. Ryan ed Esposito ormai mi hanno dato la promozione, pare che dopo le botte, mi sia meritato di entrare a far parte della squadra.-
Non avevano potuto fare a meno di ridere, sospirando di sollievo.
Quando erano usciti, lasciandola sola, il ‘nulla’ era ancora dentro di lei. Aveva appoggiato la testa alla porta e, sospirando, aveva rivolto lo sguardo alle scale. Continuava a scrutarle come se avesse dovuto fare una scalata, ma alla fine si era decisa a salire, soffermandosi davanti alla camera, dove pochi minuti prima Rick si era addormentato, ed era rimasta immobile e in silenzio a guardare Martha, seduta sul letto, accanto al figlio. Gli teneva la mano e aveva la fronte corrucciata. Era preoccupata. Lo guardava con apprensione. La donna si era accorta improvvisamente di lei e le aveva sorriso.
-Gli ha salvato la vita Martha!-
Non era riuscita a trattenersi dal dirlo. 
Martha stava lì a guardare suo figlio. Riusciva solo ad immaginare cosa fosse successo in quella casa, le ferite di Rick non lasciavano dubbi: volevano ucciderli, Victor Jordan voleva ucciderli, il padre di suo figlio voleva ucciderli e questo la faceva soffrire come se quelle ferite le avesse lei sul suo corpo, una sofferenza accentuata dopo aver visto Victor dentro un sacco nero, con l’inquietudine di non essere riuscita a chiedere apertamente, chi di loro lo avesse privato della vita, con l’angoscia che potesse essere stato suo figlio a premere il grilletto.
Doveva dirglielo, doveva sapere che, nonostante tutto, quell’uomo alla fine, aveva agito d’impulso come avrebbe fatto qualsiasi padre e che non era stato Rick a ucciderlo. Le si era seduta vicino e le aveva raccontato tutto, fino al momento in cui Rick aveva cominciato a parlare della loro storia e la rabbia con cui gli aveva detto la verità sul loro passato.
-E lui… come ha reagito?-
Le aveva chiesto Martha, dopo avere ascoltato nel più assoluto silenzio.
-All’inizio era arrabbiato con te per averglielo nascosto e portato via, ma poi ha realizzato tutto, ed è sembrato improvvisamente stanco e… quando Lucas ha puntato la pistola contro Rick, lo ha protetto.-
Martha aveva gli occhi pieni di lacrime, Kate le stringeva le mani e in quel momento non aveva potuto fare a meno di sentire un affetto smisurato per lei, che senza alzare la testa, aveva sussurrato qualcosa, così piano, da far pensare che parlasse a se stessa.
-Quando era con me, lontano da tutti, quando era solo Victor, senza un cognome sulle spalle, era un uomo meraviglioso; sarebbe stato un buon padre, se avessi avuto il coraggio di allontanare dalla spazzatura anche lui… se solo gli avessi parlato quella sera…-
Kate l’aveva abbracciata, per proteggerla da quel rimpianto che le attanagliava l’anima; così le aveva sorprese Alexis, entrando in camera con un cambio per lei. La ragazza si era sentita a disagio, come se si fosse intromessa in qualcosa che non le apparteneva, ma la nonna le aveva teso la mano e l’aveva stretta nel loro abbraccio.
-Ti ho portato un accappatoio e una mia tuta, i pantaloni ti andranno sicuramente corti, ma la felpa andrà benissimo.-
-Grazie infinite Alexis.-
Le aveva sussurrato Kate. Era arrossita, sentendosi sollevata per l’affetto e l’attenzione che la ragazza le dimostrava e dopo avere preso gli abiti e l’accappatoio, si era diretta verso il corridoio.
-Dove stai andando?-
Le aveva chiesto Martha con sincera curiosità.
-A darmi una rinfrescata e buttarmi sul divano, sono stanchissima anch’io.-
-Sul divano?-
Aveva ripetuto la donna e quando lei aveva annuito, Martha aveva sbuffato.
-Vuoi lasciarlo solo nella sofferenza?-
Riferendosi al povero Castle ferito nel letto. Kate era arrossita di nuovo.
-Credevo… volessi restare tu… con lui.-
-Io? Per stare sveglia e sentire i suoi lamenti? Mia cara, io ho bisogno di riposare o mi verranno le rughe!-
Aveva esclamato con fare teatrale, mentre le lacrime scendevano ancora sul suo viso.
-E poi puoi stare tranquilla, per stanotte è innocuo.-
Le aveva lasciato un bacio sulla guancia ed era uscita di scena. Kate era rimasta immobile, un piccolo sorriso disegnava le sue labbra, uguale a quello di Alexis, che nel frattempo si era avvicinata al padre, per dargli un bacio sulla fronte.
-Tua nonna è una gran donna!-
-Lo so! Le aveva risposto la ragazza abbracciandola. Se ti serve qualcosa ci troverai entrambe in camera mia, sono sicura che la convincerò a dormire con me, come quando ero piccola, con la scusa che non voglio rimanere da sola… Qui sei a casa tua Kate, lo sai…-
Erano rimaste strette l’una all’altra, per un po’, fino a quando Alexis era uscita, chiudendosi la porta alle spalle e lei, sotto uno scroscio di acqua calda, aveva ripreso possesso della sua anima.

 
Torna al presente, scuotendo la testa e passando ancora la mano sullo specchio, finisce di sistemarsi i capelli e avvolta nel morbido accappatoio, rientra in camera e si siede sul letto ad osservare Rick addormentato. Il viso tumefatto sotto la benda bianca, il torace scoperto, che evidenzia il bendaggio stretto fatto dal medico e un’espressione stanchissima e sofferente sul viso. Quando sente la pelle rabbrividire, si rende conto che è arrivato il momento di vestirsi e mettersi sotto le coperte. Indossa la tuta di Alexis e si distende accanto a lui. Appoggia la testa sulla sua spalla cercando di non fargli male, attorciglia le dita alla sua mano e spera davvero di trovare la forza per proteggerlo, curarlo nelle ferite dell’anima e scaldarlo con il suo sorriso; adesso, però, vuole solo spegnere il cervello, vuole solo addormentarsi tra le sue braccia… per un tempo infinito.
 

Si sveglia dopo qualche ora, ad un movimento di Rick, lo controlla con apprensione pensando che senta dolore, lui mugugna qualcosa, forse per delle fitte, ma continua a dormire e spostando di poco la testa verso di lei, torna calmo. Non sono ancora le 6.00, dopo l’avventura trascorsa, credeva che non avrebbe chiuso occhio, invece ha dormito per qualche ora. Dalle persiane socchiuse penetra pochissima luce, si distende di nuovo e resta a guardarlo, ascoltando in silenzio il suo respiro profondo e ritmato, che le soffia calore sul viso. Non riesce a staccare gli occhi da lui. 
‘Non ci sono vittorie… ma solo battaglie… e il massimo che puoi fare, è sperare di trovare un posto in cui prendere posizione… e quando lo avrai trovato, se sei fortunata, ci sarà qualcuno disposto a stare al tuo fianco…’ La voce di Roy continua ad echeggiare nel suo cuore e, mentre guarda Rick, sente una strana pace, perchè si rende conto che loro due, si sono ritrovati a prendere posizione insieme e insieme si sono sorretti, all’interno di una verità sconvolgente per entrambi.
Sospira, perché si rende conto che una volta uscita da quel letto, da quel calore, da quel contatto che le infonde sicurezza, tutto svanirà come l’esplosione di una bolla di sapone, si rende conto che la realtà la investirà appena metterà piede a terra, solo che al momento, l’immediato futuro, le sembra così poco importante. Non fa caso al tempo che scorre, ma la penombra diventa piano piano una luce più intensa, che si allunga verso i loro visi in tante linee sottili che penetrano dalle fessure delle persiane, ed è a questo punto che si sveglia anche lui. Stropiccia gli occhi confuso e quando li apre del tutto, corruccia la fronte guardando il soffitto. Dalla sua espressione, Kate capisce che sta cercando di fare mente locale e ricordare cosa sia successo. Dopo un attimo, distende i tratti del viso e si rende conto di essere in camera sua, abbassa lo sguardo e incontra due occhi dolcissimi che lo guardano.
-E tu… chi sei?-
Chiede con un filo di voce. Lei sta per aprire bocca, ma lui, raddrizzando leggermente la testa, tronca la risposta sul nascere.
-No, non dirmelo, non è importante. Sei abbastanza carina, perciò puoi rimanere.-
-Solo… abbastanza carina?-
Sottolinea lei, senza battere ciglio.
-Beh, chiunque tu sia, sicuramente non ti sei guardata allo specchio ultimamente, con la faccia mezza viola… che vuoi che ti dica? Che sei bellissima!-
Lei si solleva su un braccio.
-Oh! Allora sarà meglio che nemmeno tu ti guardi allo specchio.-
Lui  si tocca la benda sul viso, non riesce a vedersi, ma sente un bel bozzo.-
-Sono tanto brutto?-
Chiede facendo la faccia sconsolata.
-Inguardabile Castle… Letteralmente!-
Risponde lei sussurrando al suo orecchio.
Lui l’attira a sé, costringendola ad attaccare il viso al suo e sospira.
-Come stai?-
-Io? Io sto bene, sei tu quello che ha mormorato tutta la notte, lamentandosi.-
-Se non mi muovo e non respiro, non mi fa male niente... giuro.-
-Allora stai bene!-
Lui annuisce e lei gli posa un bacio leggero sul collo.
-Dico davvero Kate, come stai qui?-
Le poggia la mano all’altezza del cuore e lei la ricopre con la sua, stringendosela ancora di più sul petto.
-Hai risolto l’omicidio di tua madre dopo 13 lunghi anni…  e l’unica cosa che hai fatto fino ad ora è piangere…-
Lei solleva di poco la testa per poterlo guardare.
-Non ti sfugge niente, vero scrittore!?-
-Hai gli occhi così cerchiati che sembri un panda!-
Lei lo guarda male e lui le accarezza il viso.
-Sei carina lo stesso, però!-
Kate sorride e abbassa lo sguardo, stringendosi di più a lui.
-Fino a poco fa, non sapevo nemmeno io come mi sentissi. Non provavo niente. Completamente niente… davvero! Mi sentivo come se avessi guardato tutto dall’esterno, come se avessi assistito ad un film e non fosse successo tutto realmente a me.-
Solleva di nuovo lo sguardo su di lui, che l’ascolta in silenzio, con gli occhi lucidi.
-Poi però… è vero, ho pianto! Non avevo intenzione di farlo, ma le lacrime venivano giù, assieme all’acqua della doccia. Quando mi sono guardata allo specchio, mi sono sentita di nuovo viva. Le lacrime, le tue braccia, il tuo respiro… ho sentito improvvisamente sollievo e serenità… nient’altro! Sono felice di essere viva e sono felice che tu sei qui con me!-
Gli sorride, anche lei con gli occhi lucidi e lui sospira ancora.
-Sai che potrei anche abituarmi, mia cara sconosciuta?-
-A cosa?-
-A svegliarmi abbracciato a te tutte le mattine.-
Lei continua a sorridere e non potendolo stringere per non fargli male, attorciglia le dita alla sua mano.
-Io invece, potrei abituarmi ad addormentarmi abbracciata a te tutte le notti, è la seconda volta che lo faccio e nonostante tutto quello che è successo, ho dormito tranquilla.-
-Allora va a prendere la tua roba e trasferisciti qui, così tu ti addormenterai tutte le notti abbracciata a me, ed io mi sveglierò tutte le mattine abbracciato a te.-
Lei scuote la testa,facendo una smorfia con le labbra.
-Però Castle! Non fa una piega… anche se c’è una pecca nella tua idea.-
-Mmhh… e sarebbe?-
Chiede lui guardandola.
Restano a fissarsi per un paio di secondi, il discorso che stanno facendo non ha senso, non in quel momento, stanno solo fingendo che la sera precedente non sia successo niente, perché ricordare tutto subito, appena aperto gli occhi su una nuova giornata, che si preannuncia lunga e stancante, li avrebbe sfiniti prima del tempo. Mentre si guardano pensano la stessa cosa: ci sarà tempo per parlare, per capire cosa sarà la loro vita dopo, per capire quale reale strascico si porteranno dietro per molto tempo. Adesso hanno bisogno di sdrammatizzare un po’, di chiudersi per un attimo in una campana di vetro fatta solo di Castle e Beckett e dei loro teneri battibecchi.
Sorridono entrambi, distogliendo lo sguardo e lei si allontana di poco e gli punta il dito contro il naso.
-Tu, vorresti che io venissi a vivere con te così, dall’oggi al domani, come se niente fosse? Solo perché hai detto di amarmi, oltretutto con un messaggio subliminale e tra le righe!? E il corteggiamento, le frasi sdolcinate, il primo appuntamento, il romanticismo… dove li metti?-
Lui la guarda divertito e sta al gioco.
-Il romanticismo? Il detective Beckett mi sparerebbe se facessi il romantico con lei!-
-Mmm… il detective Beckett forse… ma Kate?-
Si avvicina pericolosamente alle sue labbra e lui maledice i punti sullo zigomo, che non gli permettono di muoversi liberamente e finge di essere spiazzato.
-M… ma… K… Kate?!-
Lei si corica supina lontano da lui, guarda il soffitto, solleva le braccia sopra la testa e comincia a parlare a raffica.
-Kate vuole essere corteggiata. Vuole uscire a cena con Richard Castle, lo scrittore affermato, l’uomo affascinante e raffinato, il play boy elegante e megalomane. Vuole un ristorante di lusso con una vista mozzafiato sulla città, cibo raffinato, musica per ballare e perché no, anche un fascio di meravigliose e costosissime rose rosse.-
Mentre parla, le brillano gli occhi e sorride, Rick non è più sicuro che stia scherzando.
-Come la mettiamo con ‘non voglio gli occhi del modo puntati su di me’? Se non mi sbaglio, sei allergica a questo!-
Lei sbuffa.
-Oh! Ieri sera per l’ennesima volta ho rischiato di morire… perciò al diavolo gli occhi del mondo, che mi guardino pure, che mi chiamino musa e mi girino intorno, non me ne importa niente! Pretendo un primo appuntamento schifosamente tradizionale.-
Si ferma improvvisamente, rendendosi conto anche lei, che forse non sta scherzando, che quello che ha detto, inconsciamente lo desidera davvero, magari non così in grande, ma qualcosa che si avvicini. Guarda Rick e nota quello sguardo malizioso che fino a qualche giorno prima avrebbe odiato, perché colta in fallo, ma in quel momento, con mezza faccia gonfia e viola, con quel sorriso sghembo per via dei punti, non può fare a meno di avvicinarsi e sfiorare con le labbra la parte non dolorante del suo viso.
Si sofferma a guardarlo ancora un attimo e torna seria.
-Diciamo che, prima io torno libera, tu torni in forma e poi mi chiedi di nuovo di impacchettare la mia roba e venire a vivere con te, e io ti dico cosa ne penso… d’accordo?-
-D’accordo!-
Sussurra lui sorridendo, mentre lei si alza velocemente e si chiude in bagno.
Il gioco è finito, la giornata vera sta per cominciare; sarebbe bastato guardare fuori dalla finestra per scoprire la città cambiata. L’intera popolazione di New York sarebbe stata incollata ai TG tutto il giorno, cercando di capire come, cosa, perché.
Sicuramente, durante la notte, i federali si sono mossi con perquisizioni e arresti. Quei documenti avrebbero cambiato e rovinato tanta gente, i nomi eccellenti segnati su quei fogli, avrebbero avuto per i Newyorkesi l’effetto di una bomba.
Lui, Kate e il resto della squadra sarebbero stati interrogati ancora e ancora e, cosa più importante, avrebbero dovuto aspettare la decisione del giudice Hemerson, nei confronti della presunta assassina Katherine Beckett.
Rick guarda verso il bagno. Dietro la porta c’è la donna straordinaria che gli ha rubato il cuore… viva. Sorride tra sé e sospira. Rivede improvvisamente Jordan che la colpisce al viso, lei che cade mostrando il labbro sanguinante: stringe il pugno e ricorda la rabbia provata e, subito dopo, Jordan in un lago di sangue, che gli tende la mano. Chiude gli occhi, deglutisce e distoglie lo sguardo dalla porta. Ha tante cose da sistemare dentro il suo cuore, di certo non subito e soprattutto non da solo. Deve parlare con sua madre di quella orribile notte, deve capire cosa prova Alexis, deve capire come eliminare la catena che lo ha imprigionato subito dopo la morte di suo…
Sospira ancora, tenendosi le costole, il dolore ricomincia a farsi sentire, guarda di nuovo verso la porta chiusa e si sente schiacciato dall’evidenza: ha bisogno di lei, adesso più che mai, lui che voleva proteggerla, starle accanto e aiutarla sempre, adesso, ha estremamente bisogno di lei. 



Continua...


Angolo di Rebecca:

Beckett è riuscita a metabolizzare, per quanto possibile, 
quello che è successo, è riuscita a liberarsi del peso di quel 'niente' invisibile
che le opprimeva l'anima!
Lei e Rick, per un attimo, s'inventano un momento tutto loro,
un momento di serenità, in cui la rigida detective, si ritrova a desiderare "la felicità".
Dura un attimo, perchè la realtà piomba subito su di loro, specie su Castle, 
che ancora, invece, non ha metabolizzato niente...

Vi piace il banner del capitolo?
Sono doverosi 2 GRAZIE!
A Emily27: la foto l'ha creata lei e mi ha concesso di usarla e modificarla per il mio capitolo *-* Grazie Cri!
A Vulpix: mi ha aiutata nella modifica *-* Grazie Vale!
<3

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Capitolo 36
*** Il Cerchio della Vita ***


...Ha tante cose da sistemare dentro il suo cuore, di certo non subito e soprattutto non da solo.
Deve parlare con sua madre di quella orribile notte, deve capire cosa prova Alexis,
deve capire come eliminare la catena che lo ha imprigionato subito dopo la morte di suo…
Sospira ancora, tenendosi le costole, il dolore ricomincia a farsi sentire,
guarda di nuovo verso la porta chiusa e si sente schiacciato dall’evidenza:
ha bisogno di lei, adesso più che mai, lui che voleva proteggerla, starle accanto e aiutarla sempre, adesso, ha estremamente bisogno di lei...



 

 La Resa Dei Conti


*
Il Cerchio della Vita

*
35° Capitolo 

 

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…Siamo ora collegati con la sala stampa del municipio, dove la nostra inviata, Kelly Biver e i colleghi di tutte le tv locali e nazionali, stanno aspettando l’arrivo del sindaco, Robert Weldon, che ha organizzato una conferenza stampa, per fare luce sugli avvenimenti della notte scorsa e soprattutto per dare spiegazione  ai cittadini, scioccati ed increduli, per la notizia dell’uccisione del governatore Victor Jordan. 
Le uniche notizie certe al momento, sono quelle girate in ogni rete televisiva e in ogni radio: il governatore Jordan è morto questa notte, nella sua residenza, ucciso da un colpo di pistola alla schiena. Nessuna notizia su chi o perché abbia sparato. La cosa che non ha senso è, che dopo che si è sparsa la notizia della morte di Jordan, c’è stato un  susseguirsi continuo di perquisizioni, fermi, posti di blocco, mandati di cattura e arresti, ai danni di nomi influenti e importanti, da parte delle forze dell’ordine e dell’FBI, senza far luce comunque, in quali circostanze il governatore, sia stato ucciso e cosa possa avere a che fare la sua morte, con i fatti avvenuti subito dopo… ma vedo che il sindaco è appena arrivato, perciò lascio la linea alla diretta della conferenza stampa… Kelly a te la parola.
-Grazie Gerard! Come hai detto tu, il sindaco è appena arrivato e siamo tutti curiosi di conoscere i punti fondamentali della vicenda… dalla sua espressione sembra molto teso… ascoltiamolo.-
 
-Grazie per essere intervenuti con così poco preavviso. Mi sento in obbligo verso la stampa e di conseguenza verso i cittadini, di spiegare in prima persona, quello che è successo  questa notte. Sono stato fino a pochi minuti fa, negli uffici dell'FBI, per cercare di chiarire, prima di tutto a me stesso, la gravità della situazione e di assimilarla.
Il governatore Jordan è stato ucciso ieri sera nella sua residenza, durante una colluttazione, in cui hanno perso la vita anche il suo braccio destro e una delle guardie di sicurezza. Il colpo mortale, lo ha raggiunto alla schiena, ed è stato sparato proprio da Lucas Cane. La notizia terribile, che ha scosso me e sconvolgerà tutta la città, è che dalle prime indagini è apparso subito chiaro, purtroppo, il coinvolgimento del governatore e di molti membri del suo staff, in operazioni ed affari illeciti di vario genere…-

-Senti il brusio generale Gerard? La pausa del sindaco ha sollevato ancora di più la curiosità. Le sue parole hanno avuto l’effetto di un’esplosione. Il sindaco Weldon ha appena detto che il nostro governatore era un corrotto! A guardarlo attentamente sembra smarrito anche lui dalla notizia che ci ha appena dato, ma noto anche un lampo di rabbia nel suo sguardo, guarda come stringe i pugni sul leggio… -
 
-Durante le prime indagini, nella casa del governatore sono stati rinvenuti dei documenti, dei fascicoli ed un registro, il cui contenuto incrimina non solo lui, ma anche altre cariche dello Stato e nomi importanti legati all’economia, pubblica e privata, della nostra città. Nel registro, trovato nascosto nella stanza del collaboratore più stretto di Jordan, sono segnate in maniera dettagliata, le entrate e le uscite dei guadagni illeciti sulle attività extra, di cui si occupava il nostro governatore. I documenti sono ancora top secret, a disposizione dei   federali, posso solo dirvi che le perquisizioni e gli arresti effettuati durante la notte, sono stati portati avanti con effetto immediato, dopo che il giudice federale Thompson, ha visionato personalmente il contenuto dei suddetti documenti.-
 
-Signor sindaco, sappiamo che sono stati arrestati personaggi importantissimi, anche se tutto nel massimo riserbo, sa dirci chi è già in manette e con quale accusa?-
 
-Attualmente sono in stato di fermo 2 membri del congresso, un senatore e 3 banchieri, oltre che importanti uomini d’affari e imprenditori, di cui ancora non posso rendere note le generalità, almeno fino a quando i documenti non saranno visionati completamente. Inoltre sono state eseguite perquisizioni in residenze private di personalità di spicco, tra politica e finanza, che gestivano, sempre sotto stretta sorveglianza del governatore, un giro di miliardi, tra gioco d’azzardo e prostituzione, con connessione, sembra, anche con la malavita organizzata. Nelle prossime ore le forze dell’ordine riusciranno a fare maggiore chiarezza, ma al momento è ancora tutto riservato. 
Posso però aggiungere, che il primo mandato di cattura con relativo arresto, è stato quello del procuratore distrettuale Elliott Morgan, il cui nome, ricorre spesso nel registro privato del governatore, lavorava al suo servizio da anni e questo, sembra, lo ha aiutato a raggiungere la carica di procuratore distrettuale della città. Morgan è stato prelevato ieri sera alle 23.00  dalla sua abitazione e portato nella sede dell’FBI, dove ha trascorso l’intera notte in attesa di essere interrogato, cosa che sta avvenendo in  questo preciso momento.- 
 
-Signor Sindaco, si è almeno capito come mai il collaboratore più fidato di Jordan lo avrebbe ucciso?-
 
-Dalla dinamica dei fatti, sembra che Lucas Cane, complice di tutti gli affari loschi dell’organizzazione, fosse diventato troppo avido. I documenti erano nascosti in camera sua, sotto al materasso; è opinione dei federali, che Cane volesse ricattare il governatore con quei documenti e che durante una lite, sia arrivato all’omicidio.-
 
-Ma allora, come si spiega la presenza sulla scena del crimine della detective Katherine Beckett e dello scrittore Richard Castle? Hanno a che fare con la morte del governatore? Pare anche che ci fosse una terza persona, che è stata portata via da un’ambulanza prima della mezzanotte. Insomma, che legame c’era tra la Beckett ed il governatore Jordan? Il fatto che la Beckett sia stata incriminata di omicidio di primo grado, ha qualche attinenza con la morte del governatore e con i suoi traffici illeciti?!-

-Gerard, il sindaco ha chinato la testa e sta stringendo le mani sui fogli che ha davanti, sembra molto abbattuto, come se quello che sta per dire sia ancora più terribile di quello che abbiamo già saputo. Ammetto che mi sta facendo salire l’ansia e credo sia così anche per i nostri telespettatori, ecco che sospira… forse è pronto a rispondere alle domande poste a raffica dal nostro collega…-
 
-Nei documenti che sono stati rinvenuti in casa del governatore, c’è la prova inconfutabile che Jordan era anche un assassino. E’ stato il mandante di parecchi omicidi. Date, nomi, somme di denaro pagate per uccidere. Tutto segnato nei minimi particolari. Chiunque in questi anni, si sia messo contro lui e la sua organizzazione, o si sia semplicemente avvicinato troppo alla sua vera identità, è stato soppresso da killer professionisti, al soldo di Jordan da anni. Tra le vittime segnate, è stato trovato anche il nome dell’avvocato Johanna Beckett, madre del detective Katherine Beckett. L’omicidio di questa donna non è mai stato risolto, anche se la figlia ha continuato ad indagare, fino ad arrivare al governatore Victor Jordan. Ci sono le prove, inconfutabili, che è stato proprio Jordan a commissionare l’omicidio Beckett, a lui sono riconducibili la morte del capitano Roy Montgomery e l’attentato al cimitero contro il detective Katherine Beckett.- 
 
-Ma come ha fatto il detective Beckett ad arrivare alla vera identità del governatore? Come ha fatto a sapere dei documenti?-
 
-Questo è stato solo un caso. Dalle dichiarazioni della Beckett e della sua squadra, lei si trovava lì, perché il governatore aveva fatto rapire suo padre, per costringerla ad uscire allo scoperto e ucciderla. L’uomo ferito sull’ambulanza era appunto Jim Beckett, trovato legato, imbavagliato e ferito ad una spalla.-
 
 -Quindi, signor sindaco, la Beckett non ha ucciso Freeman, è stata solo incastrata?-
 
-Dalle prime indagini della scientifica e dalle dichiarazioni della Beckett e del signor Castle, è proprio così. Il governatore ha inscenato l’omicidio del killer, costruendo prove precise, che avrebbero tolto di mezzo, una volta per tutte, il detective Beckett. Tutto questo perché si era avvicinata troppo alla verità.
Tutte le prove e le deposizioni, sono già in mano al giudice Hemerson, il quale mi ha assicurato che, a breve,  farà chiarezza sulla situazione, anche basandosi sul fatto che ci sono nuove dichiarazioni, che porteranno sicuramente ad una svolta dell’indagine in corso. La Beckett dopo gli ultimi avvenimenti di stanotte, ha ottenuto gli arresti domiciliari. 
Credo sia tutto. 
Per il momento non posso aggiungere altro, anche perché io stesso non so molto di più. Grazie a tutti.-

-Ecco Gerard, il sindaco sta lasciando la sala in tutta fretta. Le sue dichiarazioni ci hanno lasciti senza parole, credo che per i telespettatori sia stato un duro colpo. Il governatore Victor Jordan, ha ricoperto questa carica per due mandati consecutivi. Affabile e generoso, così lo descrivono le persone che lo conoscevano. Serio e riservato, mai alla ribalta della mondanità, un uomo irreprensibile, che nascondeva una vita fatta di segreti, sotterfugi, illegalità e tradimento, ai danni dello Stato che governava e della cittadinanza che gli ha dato fiducia. E’ una cosa che ha dell’incredibile e che si ripercuoterà prepotentemente sull’economia e sulla stabilità politica della città. 
Dalla sala stampa del municipio per il momento è tutto, ti cedo la linea Gerard…-
-Grazie Kelly, se ci fossero novità, saremo pronti a ridarti la parola. 
Chiudiamo anche noi questa edizione straordinaria del nostro TG, che ci ha mostrato un sindaco sconvolto e anche molto arrabbiato, per quello che è emerso dalle indagini  della notte scorsa. 
E’ tutto per il momento, sperando di potervi aggiornare con notizie più dettagliate, soprattutto sul caso Beckett, Vi do appuntamento alla prossima edizione. Grazie!’-
 
Rick è così intento ad ascoltare le notizie in tv, che non si è accorto che anche Kate, uscita dal bagno, sta ascoltando in silenzio, appoggiata alla porta.
-Siamo ripiombati nella realtà!-
Dice lei, una volta finita la conferenza stampa e Rick annuisce. Spegne la televisione e getta il telecomando ai piedi del letto.
-Per un momento ho avuto paura che su quel registro potesse esserci anche il nome di Bob, ma grazie al cielo lui è pulito… mi ridà un po’ di fiducia negli uomini di potere.-
Lei lo guarda, sempre appoggiata alla porta del bagno.
-Alla fine il tuo amico sindaco si è dimostrato essere una mosca bianca, anche se credo che Jordan lo manovrasse comunque a suo piacimento.-
-Credi che li arresteranno tutti? Voglio dire, magari Montgomery non ha segnato tutto quanto, magari ci sono altri nomi importanti legati a questa storia e noi non lo sapremo mai.-
-Rick, la corruzione esisterà sempre, anche con questi documenti e le indagini delle prossime settimane, sicuramente qualcuno o qualcosa sfuggirà… però si respirerà aria più  pulita da adesso e, anche se onore e gloria verranno attribuiti all’FBI e ai giudici federali, il merito è solo nostro. Siamo stati noi a fermarli, tu, io e la nostra squadra e questo mi fa sentire bene.-
Si siede vicino a lui e gli accarezza il viso. Lui mette la mano sulla sua e si abbandona a quella dolcezza.
-Quando tutto sarà finito, dovrò fare una statua d’oro al detective Nesbit, quando gli hai chiesto di potere visionare i documenti, ha mangiato la foglia, ma ha finto di non capire.-
-Già! E’ un buon poliziotto, uno dei pochi che credono ancora nell’onestà e… nell’amicizia!-
Lui annuisce, sospirando e lei abbassa lo sguardo sulle loro mani unite.
-E tu, invece, come stai veramente Rick? Voglio dire… lui è morto e ti ha salv…-
Castle stringe la sua mano, tanto forte da provocarle dolore. Quando si rende conto della smorfia di lei, lascia la presa.
-Scusa!-
Sussurra, guardando il suo riflesso nello schermo nero della TV.
-Sto bene, Kate… e poi… magari ne parliamo in un altro momento, ti dispiace?!-
Finisce la domanda guardandola dritto negli occhi, con un’espressione implorante, che le spezza il cuore ancora una volta. Non è pronto. Spronarlo a reagire o a parlarne, controvoglia, non sarebbe salutare e Kate non può fare a meno di annuire e assecondarlo.
-Certo! Avremo modo e tempo di parlarne…-
Gli risponde, non molto convinta. Sa per esperienza personale che i silenzi e le parole non dette, possono essere peggio di un proiettile nel cuore.
La voce di Martha fuori dalla porta li interrompe.
-Siete svegli? Abbiamo sentito la tv e vi abbiamo portato la colazione.-
Kate apre la porta sorridendo, mentre le due donne davanti a lei rivolgono lo sguardo direttamente verso il letto, preoccupate per le condizioni di salute dell’uomo di casa.
-Buon giorno Martha, Alexis! Sta meglio, tranquille.-
-Non volevamo disturbare, ma papà deve prendere l’antibiotico, ed è già in ritardo.-
-Non preoccuparti Alexis, entrate pure, io vado in cucina, voglio chiamare l’ospedale per chiedere notizie di mio padre.-
Martha si siede su un lato del letto, mentre la ragazza, dopo avere appoggiato il vassoio della colazione, si siede dal lato opposto e sorride.
-Credi di riuscire a masticare con la faccia ridotta così?-
-A dire il vero non ho molta fame.-
-Però devi mangiare, non puoi prendere le medicine a stomaco vuoto.-
Lui e la madre la guardano in religioso silenzio, mentre gli versa il caffè e mette un cucchiaino sul piatto, in cui ha sistemato uno yogurt.
-Questo puoi mandarlo giù senza problemi.-
Alexis gli mette la tazza tra le mani, guardandolo sorridente, ma lui la rimette giù e sospira, ricambiando il suo sguardo.
-Mi dispiace per tutto questo tesoro.-
-Per cosa papà? Sei a casa, guarirai presto… a questo punto non c’è niente di cui dispiacersi.-
-Si invece! Il segreto della nonna, mio padre… questi due giorni sono stati tremendi per te e l’ultima verità… si riflette anche su di te, sulla tua vita!-
Lei continua a sorridere, non sembra ne preoccupata, ne turbata.
-Papà, non è di me che devi preoccuparti. Questa storia è il tuo passato. Guarda anche la nonna. Il vostro passato. Sei tu che devi capire cosa provi o cosa comporta tutto questo nella tua vita.-
-Tu sei mia figlia, lui era tuo nonno, il tuo passato…-
-Il mio passato è cominciato il giorno in cui sono nata, papà. Il mio passato è splendido, se mi guardo indietro, quello che vedo è una bambina che ha avuto tutto, non parlo dei giocattoli o di altre cose materiali, parlo della mia famiglia. Ho avuto il mio papà, sempre. Non ricordo un solo giorno in cui non mi sia sentita amata, desiderata e felice, anche con la mamma, sarà strana e un po’ sopra le righe, ma a me sta bene così… il mio passato sei tu papà… ed è un passato meraviglioso.-
Lui l’attira a se e la bacia sulla fronte.
-Ti voglio bene Alexis, un bene smisurato, non dimenticarlo mai, tesoro.-
-Lo so papà e non ne ho mai dubitato, né mai lo farò… tu sarai sempre la mia casa!-
Le dà un altro bacio e si rivolge a Martha.
-E tu, come stai mamma?-
Lei solleva gli occhi sul suo viso, sfiora leggermente la parte tumefatta e fa scorrere lo sguardo in giù, fino a soffermarsi sulle bende sopra il torace. Attraverso le fessure rimaste libere da queste, si notano benissimo i colori violacei che ha assunto la pelle. Deglutisce cercando di ricacciare indietro le lacrime.
-Sei vivo Richard! Siete tutti vivi ed io non posso che stare bene per questo.-
-Mamma… quando lo hai visto dentro quel sacco…-
La donna lo blocca, mettendogli la mano sulle labbra, ma lui gliela prende dolcemente e continua.
-Non lo hai mai dimenticato, non è vero?-
Martha gli stringe la mano con forza.
-L’ho odiato Richard! L’ho odiato con tutte le mie forze, ogni volta che la solitudine mi assaliva, diventando mia nemica. L’ho odiato ogni volta che ti cullavo nella solitudine della nostra stanza. L’ho odiato ogni volta che ci riunivamo con la mia famiglia e guardavi i tuoi cugini giocare con i loro papà. L’ho odiato ogni volta che sei tornato a casa da scuola con il broncio, senza mai dirmi il perché, ma io sapevo che i compagni ti prendevano in giro; non aveva importanza che io fossi famosa, a quei tempi non avere un padre era piuttosto difficile, specie quando, non sapendo cosa dire, uno con la tua fervida immaginazione, s’inventava un padre con mille identità diverse. L’ho odiato, ogni volta che un altro uomo è sembrato quello giusto, ma poi non lo era, perchè…-
Si ferma. Le lacrime ormai hanno vinto, non serve a niente deglutire, scendono dai suoi occhi e sul viso, continue ed imperterrite, Rick le bacia la mano affettuosamente.
-Perché… non era lui!?-
Martha abbassa lo sguardo e sorride tra le lacrime.
-Infatti, non era lui!-
-Prima di morire, ha detto che sei stata l’unica persona che gli ha fatto sentire calore nel cuore, credo che anche lui ti abbia amata tanto, forse a modo suo, ma ti ha amata!-
China la testa e abbassa il tono di voce.
-Mi ha salvato la vita, mamma…-
Martha annuisce, asciugandosi le lacrime.
-Lo so… Kate mi ha raccontato tutto!-
Lui sospira, come sollevato dal non dover raccontare nient’altro a sua madre, grato che Kate gli avesse tolto quest’incombenza così pesante. Martha gli mette la mano sul viso e lui si risveglia dai suoi pensieri.
-Tu, invece, cosa provi Richard?-
Si guardano negli occhi, quegli occhi così simili e Castle solleva le spalle.
-Il pericolo è passato, lui è morto e nella mia vita non è cambiato niente, tranne Kate… sto bene mamma, tranquilla.-
Martha lo guarda fisso ancora qualche secondo e lui non può fare a meno di abbassare lo sguardo, come quando da bambino, quella donna dai capelli rossi, sgamava una sua marachella. Sente il cuore battere più velocemente e vorrebbe scappare lontano, fuori da quella camera, fuori da quella casa e soprattutto lontano da quello sguardo.
Certo che stai bene Richard, stai bene come un canarino che è finito negli artigli di un gatto, sa che verrà divorato, ma finge che il gatto sia suo amico, così, quando i denti affonderanno nella sua carne, s’illuderà di non sentire dolore!
Finalmente anche Martha abbassa lo sguardo, posa un lieve bacio sulla mano di suo figlio e sospira, cambiando diligentemente, discorso.
-Mi dispiace Richard, anche perché tutti i miei sbagli, compresi i miei uomini, si sono sempre riflessi su di te e tu hai sempre assecondato le mie follie, nonostante fingessi di non sopportarmi!-
-Fingessi?!-
Esclama lui, lei lo guarda di nuovo dritto negli occhi e finalmente scoppiano a ridere.
-Oh, mamma, ti prego, non farmi ridere, potrei anche morire per il dolore!-
Alexis tira su col naso, asciugandosi le lacrime, quel discorso le fa capire maggiormente il dolore di suo padre, capisce che qualcosa dentro di lui si è rotta e che ci vorrà molto tempo per rimetterla a posto.
-Dai papà, adesso basta, mangia e prendi quella benedetta pillola senza fare capricci.-
-Agli ordini principessa!-
Kate sta salendo le scale per tornare in camera, quando sente le risate, sospira sollevata e si appoggia alla porta con pudore, per non disturbare o rovinare quel  momento. Li vede prendersi per mano tutti e tre. Quelle sei mani strette, sono il cerchio della vita. Sono l’amore, il dolore, la passione, la vita, sempre in continua evoluzione, nel bene o nel male. Martha e Rick si accorgono di lei e simultaneamente, sciogliendo la loro stretta, stendono il braccio per porgerle le mani. Le stanno offrendo di fare parte di quel cerchio di vita e lei sente il cuore saltellarle dentro e non può fare a meno di inginocchiarsi accanto al letto e stringere quelle due mani, una forte e possente, l’altra delicata e sottile e sentirsi finalmente libera, all’interno di quell’anello unico e infinito…
-Come sta tuo padre?-
Le chiede Rick dopo un attimo.
-Meglio. Mi ha detto che lo dimetteranno oggi pomeriggio.-
Martha sorride.
-Bene! Una buona notizia.-
Il cellulare di Rick vibra e quando legge il nome di Stan Corbin sul display, esita un momento.
-Che c’è Richard? Perché non rispondi?-
-Forse ha notizie dal giudice Hemerson!?-
-Se non ci parli non lo sapremo mai tesoro! Su forza, premi quel tastino verde.-
Martha stringe la mano di Kate e resta con gli occhi fissi a guardare il figlio che, dopo aver risposto, assicurando Stan di sentirsi meglio, le passa il telefono.
-Vuole parlare con te.-
Lei si porta il telefono all’orecchio, ma non dice nulla, annuisce soltanto, fino a che chiude la chiamata e guarda il cellulare in silenzio.
-Allora? Dobbiamo preoccuparci?-
Chiede Martha sulle spine.
-Hemerson ha indetto un’udienza tra 2 ore.
 
Dopo la telefonata di Stan, l’ansia si era di nuovo impossessata di Rick.
Sapeva bene che c’erano tutti i motivi possibili, perché Kate fosse scagionata, ma era anche vero che non c’era stato il tempo necessario per visionare al meglio quei documenti, Jensen avrebbe potuto ritrattare in qualunque momento e soprattutto, colpevole o no, lei si era resa latitante, fuggendo via come una criminale, proprio davanti al giudice Hemerson.
Per una decina di minuti buoni Martha e Alexis avevano cercato di convincerlo che non poteva alzarsi per andare in tribunale con Kate, che doveva restare a letto a riposare, ma lui niente, di coccio com’è, aveva dovuto sperimentare da solo la sconfitta. Appena fatto la mossa di voler mettere i piedi a terra, era sbiancato per il dolore e per un attimo era rimasto immobile. Kate con le mani ai fianchi, gli aveva chiesto ironicamente come mai non fosse già vestito e lui con lo sguardo da cucciolo, si era dovuto arrendere al fatto che non avrebbe potuto assistere all’udienza. Dal canto suo Kate, sembrava tranquilla, non che fosse certa dell’esito dell’udienza, ma voleva mettere fine a questa faccenda una volta per tutte, non ce la faceva più a stare chiusa in casa e con abiti non suoi. Lanie l’aveva chiamata subito dopo Stan, dicendole che sarebbe passata a portarle qualche vestito di ricambio, per poi accompagnarla in tribunale.
-Aspetta Kate…-
Rick l’aveva afferrata per il polso, prima che potesse uscire e l’aveva costretta a sedersi sul letto accanto a lui.
-E se Hemerson non rigettasse le accuse? Se non permette che torni a casa subito? Se ti incriminasse per essere scappata e avere intralciato le indagini? Se…-
Lei lo interrompe posando le labbra sulle sue.
-E se mi lasciassi andare, così avremmo le risposte a tutte le tue domande?-
Lui le sorride sulle labbra e china la testa.
-Vorrei essere lì con te anche stavolta!-
Lei si porta la mano al petto e racchiude nel pugno l’anello di sua madre.
-Tu sarai lì con me Rick, insieme a lei!-
Gli lascia un bacio sui capelli, mentre Lanie, dalla porta, sospira estasiata e Stan alza gli occhi al cielo.
-Vogliamo proprio metterlo di malumore il giudice arrivando in ritardo?-
Beckett esce dalla stanza passando tra i due e, sorridendo, li guarda maliziosa…
-Stan, dovresti trovarti una ragazza anche tu, così eviteresti di disturbare oltre!-
Rick cerca di ridere, ma il dolore lo blocca, Lanie si porta la mano alla bocca per non offendere l’avvocato con la sua risata tagliente, mentre Stan guarda l’amico e sospira.
-Non è che la tua detective ha una sorella nascosta da qualche parte?-
Castle scuote la testa e con una punta di orgoglio, lo guarda dritto negli occhi.
-Mi dispiace per te amico mio, ma la donna che ti sta aspettando di sotto e che, se non ti sbrighi a raggiungere, ti spara, è unica ed inimitabile… ed è impegnata per il resto della sua vita!-
Stan fa cenno a Lanie di andare sbuffando!
-Io sono molto più bello e affascinante, ma lui ha sempre avuto tutte le fortune!-



Continua...


Angolo di Rebecca:

Stasera EFP ha fatto le bizze, ma forse ci sono riuscita :)
Rick, si tiene ancora tutto dentro... male... molto male!!!
Alexis e Martha sono dolcissime e Kate... beh... lei fa parte di un meraviglioso cerchio della vita *-*

E Stan! *-* ma quant'è cuccioloso sto avvocato!!! <3

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Capitolo 37
*** La Risposta ai 'Se...' ***



..E se Hemerson non rigettasse le accuse?
Se non permette che torni a casa subito?
Se ti incriminasse per essere scappata e avere intralciato le indagini?
Se…


 

La Resa Dei Conti


*
La Risposta ai 'Se...'

*
36° Capitolo 

 

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In piedi… entra la Corte…
 
Per la seconda volta, nel giro di qualche giorno, un martelletto scandiva il suo tempo e la sua vita, ma stavolta Kate Beckett non aveva sussultato. 
Questa volta non ci sarebbero state attese o dubbi, non si sarebbe stritolata le mani, aspettando che il giudice spostasse gli occhialini più vicini al naso, per scrutare lei e il resto dei presenti, con quella sua espressione seria e irreprensibile. 
Questa volta, guardando alle sue spalle, aveva la certezza assoluta che la sua famiglia era ormai al sicuro; qualunque fosse stata la decisione del giudice, loro non avrebbero più rischiato la vita a causa sua. Il drago era stato sconfitto!
Questa volta Rick non era con lei, ma aveva incrociato comunque due splendidi occhi azzurri: Alexis aveva insistito per accompagnarla, per una maggiore tranquillità di suo padre aveva detto, ma era preoccupata e desiderosa che tutto finisse al più presto anche lei.
Questa volta, Sal non l’aveva condotta nel locale lavanderia per uscire di soppiatto, ma, nonostante l’orda di giornalisti e fotografi radicati davanti al palazzo, le aveva  aperto il portone centrale, sorridente e speranzoso che le cose per la ‘sua eroina’, si sarebbero presto sistemate. 
Questa volta, era seduta in quel tribunale per riprendersi il suo distintivo, la sua pistola, la sua libertà... la sua vita. 
Sentiva, comunque, una strana stretta alla bocca dello stomaco. 
La sua situazione, sull’omicidio di Alec Freeman, era sicuramente migliorata, ma il fatto che fosse scappata, rendeva tutto più difficile e poi, il dottor Jensen non era ancora arrivato…
Che avesse deciso di ritrattare? 
La sua testimonianza era necessaria per avvalorare i motivi che, la sera precedente, avevano spinto il giudice, ad ordinare la seconda autopsia, in caso contrario, niente avrebbe potuto scagionarla dall’accusa di omicidio, nemmeno i documenti trovati a casa del governatore.
 
Il giudice prende posto al banco e per un attimo l’espressione di Beckett, diventa tesa.
Stringe le mascelle, si guarda le mani sospirando e tutti i ‘se…’ che Rick aveva messo in dubbio poco prima di lasciarla andare, prendono improvvisamente vita. Il tempo sembra non passare, si è fermato improvvisamente dopo l’arrivo del giudice.
E’ così assorta nei suoi oscuri pensieri, che non sente le porte dell’aula aprirsi e subito dopo richiudersi.
Stan le prende la mano e quando lei si volta a guardarlo, le sorride e le fa cenno di girarsi alla sua destra. Il dottor Jensen è appena entrato in aula e sta prendendo posto dietro alla signora Robinson, tiene per mano una donna, che si siede accanto a lui e sono visibilmente nervosi.
-E’ venuto, hai visto? Quella è la moglie,  non lo ha lasciato da solo un istante, sono delle brave persone. Abbi fiducia Kate, andrà tutto bene.-
Lei annuisce e guarda ancora le mani unite del medico legale e della sua compagna di vita. Riesce a comprendere la paura che ha attanagliato quelle due persone, la stessa che ha avuto lei, nel pensare suo padre e i suoi colleghi in pericolo e non riesce a non provare un’infinita tenerezza nel vederli lì insieme, uniti in quella stretta, a fare la cosa giusta, sorreggendosi a vicenda, proprio come hanno fatto lei e Rick.
-Ho fiducia nella giustizia Stan, quella giustizia insita nel cuore delle persone buone, quella giustizia in cui credeva mia madre… e poi ho fiducia in te, sono sicura che se il giudice non mi dichiara innocente, tu gli martellerai il cervello per il resto dei suoi giorni.-
Stan le fa l’occhietto ridendo e stringe ancora più forte la sua mano.
-Ho un asso nella manica, cosa credi, che stanotte io abbia dormito come avete fatto tu e il tuo scrittore? Quando me ne sono andato da casa di Rick, sono tornato al lavoro.-
Le dice pavoneggiandosi, pieno d’orgoglio e lei non ha il tempo di chiedere spiegazioni, perchè il giudice richiama l’attenzione dei presenti, schiarendosi la voce.
-Lo stato di NY contro Katherine Beckett. L’imputata è già stata rinviata a giudizio ed è in attesa di essere processata. La difesa, però, ha presentato obiezioni importanti sulla validità delle prove a suo carico e ha richiesto di rivedere l’imputazione, che ricordo, al momento, è di omicidio di primo grado. L’avvocato Corbin ha presentato un testimone, che di sua spontanea volontà nel pomeriggio di ieri, in una deposizione formale, avvenuta nel mio ufficio, alla presenza della difesa, del vice procuratore Candice Robinson e del cancelliere che ha redatto ogni parola, ha chiarito dei punti fondamentali sull’omicidio Freeman. Inoltre, la notte scorsa, io stesso sono venuto a conoscenza di nuove prove, che potrebbero cambiare la situazione legale dell’accusata. Mi sono visto costretto, perciò, a indire un’udienza in sessione straordinaria, nella quale questa Corte, si riserva di decidere se confermare il rinvio a giudizio della signorina Katherine Beckett, o se, dopo avere studiato le nuove prove venute alla luce e ascoltato le nuove testimonianze, esista il presupposto effettivo di fare cadere tutte le accuse.-
Hemerson abbassa lo sguardo e si rivolge a Beckett con una strana espressione seriosa.
-Sono contento di vederla seduta in prima fila, spero che la sua latitanza sia stata serena e tranquilla signorina Beckett!-
Kate resta di stucco.
Fa lo spiritoso o mi sta dicendo che mi chiuderà in gattabuia, per questa bravata?!
Nell’aula si solleva un leggero brusio e il giudice alza la mano verso i presenti, per ammonirli e riportarli al silenzio.
-Non ho chiesto opinioni personali signori, questa non è un’udienza interattiva!-
Il silenzio che ne deriva è totale, il giudice annuisce, compiaciuto della sua autorità e si rivolge alla difesa.
-Quest’uomo mi piace. Non sai mai cosa gli passa per la testa, è pericoloso e… mi piace!-
Sussurra Stan all’orecchio di Kate, che cerca di sorridere alla battuta, ma continua ad essere visibilmente tesa.
-Signor Corbin, a lei la parola. Esponga cortesemente, i fatti che saranno discussi in quest’udienza.-
L’avvocato si alza, si abbottona la giacca, si avvicina al centro dell’aula e si rivolge al giudice e ai presenti. A voce alta, spiega velocemente, ma con cura, i passi che lo hanno portato a sospettare che il referto dell’autopsia sul corpo della vittima, potesse essere incompleto, non tanto per un lavoro superficiale, dovuto all’incompetenza del medico legale, quanto per le minacce che il dottor Jensen, avrebbe subito ai danni della sua persona e della sua famiglia.
Dopo avere scoperto, grazie ad un informatore, che il dottor Jensen aveva trovato il suo cane sgozzato, in un bagno di sangue, davanti alla sua porta, proprio la sera in cui avrebbe dovuto fare l’autopsia, Corbin ribadisce, di essersi immediatamente reso conto, che l’uccisione del cane, non era altro che un atto intimidatorio contro lo stimato professionista, per costringerlo a sabotare il proprio lavoro. I suoi sospetti sono diventati certezza quando, dopo essere andato ad interrogare il dottor Jensen, senza successo, lui personalmente era stato preso di mira come bersaglio. Racconta della sua aggressione per strada da parte di tre balordi, che, dopo averlo picchiato, gli hanno ‘consigliato’ di lasciare perdere le indagini sull’operato dell’anatomopatologo, o gli sarebbe successo qualcosa di più grave di un banale pestaggio.
Per essere più incisivo, mostra il polso ingessato e indica con la mano sana, la benda sul lato destro del suo viso, su cui sono ancora visibili dei lividi.
Corbin procede, chiamando alla sbarra il dottor Jensen, il quale racconta alla Corte il suo ‘calvario’, dal momento in cui è stato chiamato ad occuparsi dell’autopsia di Alec Freeman. Racconta della mail anonima, arrivata al suo indirizzo di posta elettronica privato, con la quale gli veniva  ordinato di alterare il referto dell’autopsia, con la promessa che, se non avesse obbedito, i suoi figli avrebbero fatto la fine del cagnolino. Il dottor Jensen, confessa sotto giuramento che, terrorizzato per l’incolumità dei suoi tre bambini, non ha potuto fare altro che sottostare agli ordini ricevuti, omettendo nel referto dell’autopsia praticata sul corpo di Alec Freeman, particolari importantissimi, che, ai fini delle indagini, avrebbero potuto scagionare l’imputata.
L’avvocato Corbin gli chiede quali fossero questi particolari omessi e Jensen risponde, di avere notato immediatamente che i fori dei proiettili nella schiena del cadavere, si presentavano con un’angolatura obliqua e che, confrontando le misure tra l’altezza della vittima e della presunta colpevole, con l’angolazione d’entrata, l’unica conclusione possibile era che, chiunque avesse ucciso Freeman, gli aveva sparato mentre era già sdraiato a terra. Un altro elemento importante che il medico non ha segnato nel referto, riguardava gli esami tossicologici dei tamponi eseguiti sulla vittima e sulla pelle di Beckett, che non erano negativi, come lui aveva affermato nella sua relazione, ma avevano dato esito positivo al cloroformio, segno che, vittima e presunta colpevole, erano state sedate entrambe, anche se in maniera lieve.
L’avvocato Corbin ringrazia il dottor Jensen e torna al suo posto.
-Non ho altre domande per il dottore, signor giudice.-
Hemerson annuisce  e si rivolge al vice procuratore.
-Signora Robinson?!-
-Nessuna domanda, Vostro Onore.-
-Dottor Jensen, per il momento può tornare la suo posto, ma mi riservo di parlare ancora con lei.-
Jensen sospira e torna a sedersi accanto alla moglie, mentre il giudice si rivolge al cancelliere.
-Venga messo agli atti che ieri pomeriggio, dopo avere ascoltato la deposizione del dottor Jensen nel mio ufficio, ho ordinato, in accordo con la procura, l’esecuzione di una nuova autopsia sul corpo di Alec Freeman. Il tribunale ha assegnato tale compito al dottor Jackson Russel, capo anatomopatologo dell’istituto di medicina legale di Coney Island, che ha eseguito il nuovo esame autoptico ieri sera stesso, portandolo a termine, dopo attenta valutazione, in tarda notte. Invito cortesemente il dottor Russel alla sbarra, perché informi la Corte dell’esito del nuovo referto.-
La testimonianza del dottor Russel, avvalora quella già fatta dal dottor Jensen e cioè che, prese le misure di entrata dei proietti e confrontandole con l’altezza sia della vittima che della presunta assassina, Freeman non poteva trovarsi in piedi, di spalle, davanti alla Beckett. La detective non avrebbe mai potuto sparargli alle spalle, né a tradimento, né per difendersi, perché la traiettoria dei proiettili si presenta obliqua e non perpendicolare. L’unica spiegazione plausibile è che la vittima fosse già a terra, a faccia in giù, quando è stata colpita, ma anche questo è una discrepanza, perché chiunque abbia sparato, doveva essere alto meno di un metro e mezzo, o forse era piegato sulle ginocchia e questo particolare, riporta agli esami tossicologici. Se realmente la Beckett fosse stata sedata, è possibile che fosse tenuta parzialmente alzata, a forza, da qualcuno alle sue spalle, che poi ha usato la sua mano e la sua arma, per sparare a Freeman.
Inoltre la mancanza di altre ferite o lividi sul corpo della vittima, prova che l’uomo non è caduto per il contraccolpo dei proiettili. Se fosse stato così, avrebbe dovuto riportare delle escoriazioni, almeno sulla parte destra del volto, che invece era solo sporca di residui di terra. Il dottor Russel, dichiara di essere arrivato alla conclusione che, anche Freeman sia stato sedato e adagiato a terra a faccia in giù, prima di essere ucciso.
Dopo la deposizione del dottor Russel, l’avvocato Corbin richiede nuovamente la parola.
-Con il permesso della Corte, signor giudice, vorrei mettere al corrente i presenti anche dei fatti accaduti la notte scorsa, riguardo la morte del governatore Jordan, fatti che sono strettamente legati al caso Freeman e all’accusa rivolta alla mia cliente.-
Il giudice fa segno con la mano che può continuare.
-Quello che è successo la notte scorsa, nella residenza del governatore Victor Jordan, è ormai di dominio pubblico. La sua doppia vita a spiazzato tutti noi. Non tutti però, sono ancora a conoscenza del fatto che Jordan, era l’uomo che la mia cliente ha sempre chiamato il drago. Si è scoperto, senza nessuna ombra di dubbio, che il governatore Jordan era il mandante dell’omicidio di Johanna Beckett, di conseguenza, anche l’uomo che voleva uccidere Katherine Beckett, per impedirle di arrivare alla verità. Non tirerò in ballo la documentazione trovata in casa del governatore, non riguarda questo caso ed è di competenza dei federali, ma voglio soffermarmi sugli interrogatori avvenuti questa notte stessa, al ventunesimo distretto e che hanno portato alla luce un particolare importantissimo, che proverà del tutto e senza alcun dubbio, l’innocenza di Katherine Beckett.
Il detective Nesbit ed io personalmente, abbiamo interrogato per ore le guardie di sicurezza arrestate ieri sera e una di loro, alla fine, si è convinta a confessare. Con il permesso della Corte, vorrei chiamare al banco il detective Jason Nesbit e ascoltare la confessione giurata e firmata della guardia giurata, che in questo momento si trova agli arresti nella prigione di Stato.-
-Proceda pure avvocato. La Corte chiama a deporre il detective Jason Nesbit.-
Il detective, prima di accomodarsi, consegna nelle mani del giudice una confessione firmata, il quale la passa immediatamente al cancelliere perché la metta agli atti.
-Prego detective, a lei la parola.-
Nesbit racconta che, alle 5 del mattino, Frank Swany, una delle guardie di sicurezza al servizio del governatore, dopo un lunghissimo interrogatorio, fatto solo di silenzi e mezze promesse di una riduzione di pena, confessa che l’omicidio di Alec Freeman era stato deciso ed ordinato dal governatore Jordan in persona. L’uomo si era bruciato, dopo avere sbagliato mira contro la Beckett, all’organizzazione non serviva più, ma poteva ancora essere utile per incastrare e togliere di mezzo per sempre, ed in maniera pulita, la poliziotta che non voleva smettere di indagare sull’omicidio della madre. Il governatore si era interessato di fabbricare tutte le prove a carico e di occuparsi di prevedere ogni imprevisto ed ogni intoppo. La detective Beckett doveva finire in prigione, o morire. Swany si era occupato di sedare Freeman, facendo attenzione a non ferirlo o a lasciare sul suo corpo segni di alcun genere, mentre la guardia rimasta uccisa insieme al governatore, Logan, aveva il compito di occuparsi di sedare lievemente Beckett. La donna si era accasciata tra le sue braccia e Logan, aveva premuto il grilletto della pistola dalla sua stessa mano, uccidendo Freeman.
L’asso nella manica dell’avvocato Corbin, non lascia più alcun dubbio sull’estraneità dei fatti della detective Beckett nella morte di Alec Freeman e conferma che tutte le prove a carico, sono state fabbricate dal vero mandante, il governatore Jordan.
Il detective Nesbit viene congedato ed essendo la sua, l’ultima testimonianza, Stan si rivolge alla corte.
-La difesa ha finito signor giudice.-
Hemerson annuisce e dopo un attimo di silenzio, durante il quale l’avvocato torna al suo posto, si rivolge al vice procuratore distrettuale.
-Signora Robinson, come intende procedere la procura?-
La donna si alza, austera e sobriamente elegante, la penna stilografica tra le mani come fosse parte integrante delle sue dita, rivolge lo sguardo severo su Beckett, la guarda seria per un paio di secondi, poi il suo viso accenna un che di dolcezza e si rivolge alla Corte.
-Visti i nuovi sviluppi e ascoltate le testimonianze del dottor Russel e del detective Nesbit, non ho nulla in contrario ad accettare la richiesta della difesa. Per la procura non esistono più i presupposti per confermare il rinvio a giudizio dell’imputata.-
Il giudice annuisce e batte leggermente la mano sul banco per riportare il silenzio interrotto dal solito brusio dei presenti e fa loro cenno di alzarsi in piedi.
-Visti i nuovi sviluppi del caso, ascoltate tutte le testimonianze a favore, questa Corte ritiene che tutte le prove di colpevolezza a carico dell’imputata, siano da considerare nulle, per questo motivo, dichiara che Katherine Beckett, non sarà processata per l’omicidio di Alec Freeman, in quanto innocente del reato prescrittole.-
Le poche persone presenti in aula non possono fare a meno di applaudire, mentre Kate con occhi lucidi, abbraccia il suo avvocato e il giudice è costretto per l’ennesima volta a riportare l’ordine in aula.
-Seduti e silenzio… non ho detto di aver finito. Signorina Beckett per quanto riguarda la sua fuga…-
Si abbassa ancora gli occhialini sulla punta del naso e china la testa in avanti per guardarla dritta negli occhi, Kate sostiene il suo sguardo, può davvero darle qualche anno di prigione per questo e soprattutto, potrebbe avere ripercussioni pericolose per il suo reintegro al lavoro.
-Per quanto riguarda la sua fuga… viste le condizioni in cui si è conclusa, visto che la sua famiglia era realmente in pericolo, visto che suo padre ha rischiato di essere ucciso e visto che i lividi che si porta addosso possono essere considerati già una punizione più che sufficiente, questa Corte ha deciso, in accordo con la signora Robinson, di non procedere in alcun modo. Lei è una donna libera signorina Beckett e verrà reintegrata nel suo ruolo di pubblico ufficiale al più presto.-
Kate sorride a Hemerson, un sorriso luminoso e pieno di gratitudine, tanto che il giudice si schiarisce la voce, imbarazzato dalla bellezza di quel sorriso rivolto alla sua persona.
-Prima di dichiarare chiusa l’udienza, c’è un’altra questione di cui parlare.-
Rivolge lo sguardo all’altra parte dell’aula.
-Dottor Jensen…-
Il medico legale si alza in piedi e tutti si voltano a guardarlo, compresa Kate; continua a tenere la mano della moglie, ma il suo viso adesso è tranquillo, come se, dopo essersi liberato del peso della menzogna e sapere la sua famiglia al sicuro, non gli importasse di nient’altro.
-Dottor Jensen. La sua posizione di fronte alla legge è grave, lei se ne rende conto?-
-Si signore, sono consapevole di avere infranto la legge e sono pronto a qualunque decisione prenderà la Corte nei miei confronti.-
-In un caso normale lei finirebbe in prigione e meriterebbe anche di essere radiato dall’albo…-
Stan si alza in piedi e interrompe Hemerson.
-Signor giudice, con il suo permesso…-
-No signor Corbin, nessun permesso, aspetti prima che io finisca, poi potrà chiedere  o dire tutto ciò che vuole, si sieda per favore!-
Stan non può fare altro che obbedire ed il giudice si rivolge di nuovo a Jensen.
-Dicevo… in un caso normale… ma questo caso non è mai stato normale, fin dall’inizio, anzi, ha avuto dei risvolti che si ripercuoteranno sull’intera città per chissà quanto tempo, perché legato alle attività illecite di cui si occupava il nostro governatore. Lei ha subito delle minacce pericolose, sono padre anch’io e sapere i miei figli in pericolo, mi annienterebbe. Certo non la sto giustificando, ma nonostante la paura e un momento di sconforto, lei ha avuto il coraggio di dire la verità e questo le fa onore. Forse la stampa e l’opinione pubblica, mi crocifiggeranno per quello che sto per fare, ma mi dispiacerebbe molto se questa comunità perdesse un uomo con la sua integrità morale e la sua professionalità sul lavoro. Per questo motivo, non intendo procedere penalmente contro di lei. Questa Corte, in accordo con la procura, la condanna ad una sospensione amministrativa di 2 mesi, che purtroppo macchierà il suo stato di servizio, ma la Corte, non può astenersi anche da questo. Durante la sospensione sarà tenuto a prestare servizio come volontario in una struttura sanitaria di sua scelta. Le ore che dovrebbe dedicare al suo lavoro, le dedicherà alla comunità. Dalla sua scheda vedo che lei presta già qualche ora del suo tempo libero ai bambini del reparto oncologico dell’ospedale universitario, perciò sono certo che la mia punizione non le dispiacerà.-
Il dottor Jensen è visibilmente commosso, china la testa e guarda la sua Rose, poi solleva i suoi occhi lucidi sul giudice e riesce solo a lasciare uscire un sussurro dalle sue labbra.
-Grazie! Io… io non so che altro dire… grazie!-
-Svolga il suo lavoro nel migliore dei modi e nel rispetto della legge, quando finirà la sospensione, la Corte le chiede solo questo.-
Fa segno con la mano a Jensen di accomodarsi e si rivolge a Stan.
-Bene avvocato Corbin, adesso ha il permesso di parlare, ha altro da aggiungere?-
Stan si alza in piedi e con l’aria molto seria annuisce, Hemerson sospira e alza gli occhi al cielo.
-Lo sapevo che non mi sarei liberato di lei… sentiamo!-
-Non mi ero mai sentito orgoglioso, come in questo momento, di essere un uomo di legge. Oggi, in quest’aula, è stata fatta giustizia, nel senso letterale del termine. Sentivo il dovere di ringraziare per questo, soprattutto lei, Vostro Onore!-
China la testa in segno di rispetto e torna a sedersi, mentre Hemerson lo guarda da sotto gli occhialini con un’aria soddisfatta sul viso tondo.
-Bene! Questa Corte dichiara l’udienza conclusa ed il caso definitivamente chiuso.-
Batte il martelletto sul banco e prima che qualcuno possa anche solo muoversi, tuona improvvisamente.
-E adesso fuori e non fatevi più vedere, soprattutto lei avvocato Corbin!-
Prima di uscire, Beckett segue con lo sguardo Esposito che stringe la mano a Nesbit e si avvicina anche lei.
-Detective Nesbit, volevo ringraziarla anch’io.-
Kate gli porge la mano e Nesbit gliela stringe serio, poi abbozza un sorriso.
-Lei è stata proprio una spina nel fianco detective Beckett. Mi ha fatto diventare i capelli bianchi… e anche i baffetti.-
-Lo prendo come un complimento!-
Risponde lei sorridendo ed Esposito gli dà una pacca sulla spalla.
-Vedrai che con questa storia diventi davvero capo della polizia.-
-Non ci tengo Javier! Preferisco la strada e l’adrenalina degli arresti, che stare seduto dietro una  scrivania di mogano pregiato. Ieri notte abbiamo fermato il capitano Johnston mentre cercava di tagliare la corda dal dodicesimo, aveva preso armi e bagagli, documenti e altro di compromettente contro di lui, con l’intento di svignarsela. Quando ha cercato di opporre resistenza, la mia adrenalina ha cominciato ad esultare; è stata una goduria mettergli le manette e stringerle tanto da fargli male, meglio di una boccata di nicotina!-
I tre sorridono, mentre il dottor Jensen si avvicina al gruppetto.
-Detective Beckett, mi permetta di…-
Kate non lo fa finire, sa che il medico sta per scusarsi, ma lei non glielo permette.
-Dottor Jensen, sarei venuta io a ringraziarla tra un attimo, se non fosse stato per lei e per il suo coraggio, non ci sarebbe stata la seconda autopsia.-
Gli tende la mano con un sorriso e il dottor Jensen risponde allo stesso modo.
-Lei vuole ringraziarmi? Detective io ho fatto una cosa riprovevole…-
-Lei ha fatto quello che credeva giusto per la sua famiglia, nessuno più di me può capirlo, perciò vediamo di dimenticare questa brutta storia, che ne dice?-
Jensen annuisce e tutti insieme escono finalmente dall’aula per la gioia del giudice Hemerson. Nel corridoio la voce di Ryan li raggiunge alle spalle.
-Oh… accidenti… siamo arrivati tardi!?-
Si voltano e le labbra di Kate si aprono in un altro meraviglioso sorriso.
-Papà!-
Corre ad abbracciare un Jim Beckett con la spalla tenuta in sicurezza da un tutore.
-Non dovevano dimetterti oggi pomeriggio?-
-Ho mentito, volevo farti una sorpresa e il detective Ryan è stato tanto gentile da venirmi a prendere, ma siamo arrivati tardi a quanto pare e tu non sei sotto la scorta di due guardie, significa che è tutto finito?-
-Niente guardie signor Beckett, sua figlia è una donna libera!-
S’intromette Stan, mentre sentono la voce di Alexis parlare a voce alta al telefono.
-Papà! Papà… mi senti… papà… oh andiamo papà, stavo solo scherzando… ci sei… papà sei ancora vivo?!-
Le si avvicinano visibilmente preoccupati, soprattutto Kate, mentre lei chiude la comunicazione e continua a guardare il telefono con aria mortificata.
-Alexis che succede?-
-Credo di avere ucciso mio padre!-
Risponde la ragazza sempre fissando il telefono.
Kate le prende il viso tra le mai e la guarda negli occhi.
-Alexis, riprendi fiato e spiegami di cosa stai parlando!-
-Ho chiamato papà per metterlo al corrente dell’udienza e scherzando gli ho detto che il giudice aveva confermato le accuse e che adesso ti avrebbero portato in prigione, lui ha fatto uno strano verso, con la voce credo, poi ho sentito un tonfo e nient’altro… non mi ha più risposto… credo sia svenuto… ma era solo uno scherzo…-
 
In effetti Castle non era morto, era semplicemente riuscito, ancora una volta, a complicarsi la giornata. Aveva il cellulare tra orecchio e collo, mentre con una mano teneva una tazza piena di camomilla bollente e con l’altra cercava di metterci dentro un cucchiaino di zucchero, quando Alexis aveva pronunciato la parola prigione, sapeva benissimo che stava scherzando, ma aveva sussultato comunque, il cucchiaino gli era sfuggito dalle mani, per cercare di riprenderlo aveva rovesciato la camomilla, scottandosi le gambe, a quel punto aveva sollevato la testa imprecando e il telefono era arrivato a terra facendo un tonfo.
Tornati a casa, avevano trovato Martha intenta a cambiare le lenzuola e lui seduto, con un’espressione sconsolata, sulla poltroncina.
Alexis era sollevata, felice di non essere diventata una patricida e lui non aveva rivolto la parola a nessuno, offeso, perché quando erano rientrati, non avevano fatto altro che ridere di lui e delle sue disgrazie, compresa Kate… E pensare che voleva bere la camomilla, perché era nervoso e spaventato per la sorte della sua donna e loro invece se la ridevano… meno male che il broncio era durato soltanto il tempo di rifare il letto, poi sua figlia aveva cominciato a coccolarlo per farsi perdonare e lui, una volta risistemato sotto le lenzuola pulite, profumate e soprattutto asciutte, aveva ritrovato il buon umore, specie dopo aver visto che assieme a loro c’era anche Jim Beckett, sorridente e malconcio…
Insieme a Stan Corbin erano davvero una bella squadra, in tre riuscivano a racimolare un uomo intero e senza ferite.

  
Continua…
 


 
Angolo di Rebecca:
 
Katherine Beckett è finalmente, una donna libera.
Libera di tornare alla sua vita, al suo lavoro, al suo amore…
E Richard Castle, grazie al cielo, non è morto :p
 
Nota:
Questo capitolo è stato proprio una spina nel fianco, come Beckett per Nesbit!
Fin dalla prima stesura non mi è mai piaciuto, 
mi sono detta che col passare del tempo lo avrei sistemato per bene,
 ma arrivati all’aggiornamento, continua a non piacermi. 
Questi giorni sono stati frenetici e non ho avuto molto tempo e anche lo stato d’animo non mi ha aiutata,
perciò mi scuso per l’aggrovigliamento dell’udienza, 
non so se sono stata chiara e forse mi sono dilungata in ripetizioni continue,
posso solo dire che ho fatto del mio meglio.
Spero che almeno alla fine, abbiate sorriso un po’ *-*
 
Un grazie speciale a Vulpix <3 “Vale… tu sai perché…”, non solo per il titolo :)

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Capitolo 38
*** Ferite e Cicatrici ***



...Visti i nuovi sviluppi del caso, ascoltate tutte le testimonianze a favore,
questa Corte ritiene che tutte le prove di colpevolezza a carico dell’imputata, siano da considerare nulle, per questo motivo,
dichiara che Katherine Beckett, non sarà processata per l’omicidio di Alec Freeman, in quanto innocente del reato prescrittole. 
Lei è una donna libera signorina Beckett e verrà reintegrata nel suo ruolo di pubblico ufficiale al più presto.
Kate sorride a Hemerson, un sorriso luminoso e pieno di gratitudine, tanto che il giudice si schiarisce la voce,
imbarazzato dalla bellezza di quel sorriso rivolto alla sua persona...



 

La Resa Dei Conti


*
Ferite e Cicatrici

*
37° Capitolo 

 

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Una decina di giorni dopo, il viso di Castle si era completamente sgonfiato, c’erano ancora i punti, i lividi e la benda, ma andava sicuramente meglio. Non passava più l’intera giornata a letto e riusciva a scendere le scale, anche se le costole gli dolevano ancora.
Sulla stessa scia, la salute di Stan che, con le costole ammaccate, i punti e i lividi al viso, continuava a ripetere di essere il gemello bello di Richard Castle.
Jim Beckett aveva cominciato una terapia per tornare a muovere la spalla e anche i lividi di Kate erano quasi del tutto sbiaditi.
Cercavano di tornare alla normalità, anche se l’FBI non rendeva la cosa facile.
Per i primi quattro giorni, tutti i membri della squadra, compresi Jim e Stan, erano stati sottoposti ad interrogatori continui, il giudice federale si era perfino scomodato ad andare personalmente fino al loft di Castle ben tre volte per interrogarlo, visto che ‘il paziente non era in grado di lasciare il letto’, come enunciava il certificato medico dell’ospedale.
Domande su domande, sempre uguali, sempre le stesse, come se volessero essere sicuri che non sorgesse nessuna incongruenza tra una dichiarazione e l’altra a distanza, non di giorni, ma di ore.
Cercando di tornare ad una sembianza di normalità, Kate aveva ripreso possesso del suo appartamento, con grande rammarico di Rick, che con lo sguardo da cucciolo, stavolta bastonato sul serio, avrebbe desiderato che restasse con lui giorno e notte, ma non aveva comunque insistito, capendo l’esigenza della donna di mettere ordine anche nel suo piccolo mondo.
Lentamente riprendevano possesso delle loro vite, soprattutto lei.
Il sindaco in persona le aveva ridato distintivo e pistola, reintegrandola, con tutti i poteri di pubblico ufficiale, al suo lavoro di detective. Aveva voluto farlo al dodicesimo distretto, davanti ai suoi colleghi e soprattutto davanti alle telecamere; a nulla erano valse le lamentele della donna sul fatto che fosse allergica a questo tipo di cerimonie.
‘La stampa sa crocifiggere e l’opinione pubblica fa presto a dare giudizi negativi… è giusto che, sia l’una che l’altra, siano pronte anche a riabilitare il buon nome della persona giudicata.’
Queste erano state le parole di Robert Weldon per mettere in chiaro con Beckett, che le telecamere ci sarebbero state con, o senza il suo permesso.
Castle aveva assistito anche a questo evento da casa, davanti alla tv. Aveva guardato la sua detective prendere il distintivo, passarci sopra le dita e con l’altra mano stringere la catenina che aveva al collo, gesto di cui pochissime persone conoscevano il significato. Si era sentito orgoglioso della sua donna che, con un lieve rossore sulle guance, si era ripresa la sua vita con sofferenza e coraggio, una vita che si era spezzata ben 13 anni prima, insieme a quella di sua madre.
Giorno dopo giorno cominciavano a fare i conti col passato e a metabolizzare tutto quello che era successo. Kate cercava di stare vicino a Rick, che mostrava, in modo poco convincente, di essere tranquillo e anche Martha sembrava essere tornata la grande diva di sempre, sorridente e spensierata, ma in silenzio, avevano imparato a conoscersi bene a vicenda e a vedere tra le righe, la sofferenza che ancora si portavano dietro.
Le ferite esterne e visibili stavano guarendo, ma quelle interne, dentro l’anima, sanguinavano ancora in ognuno di loro.
Quelle di Castle in modo particolare.
Una strana oscurità lo sorprendeva all’improvviso, senza preavviso e senza un apparente motivo. Per un attimo si estraniava da qualsiasi cosa o persona, arrivava in un mondo sconosciuto fatto di buio e silenzio e pochi secondi dopo si ritrovava catapultato nella realtà, nella sua realtà, quella fatta di dolore non mostrato, di dolore non parlato, di dolore lasciato a marcire nella parte più nascosta del suo cuore. Solo un attimo, un paio di secondi, poi si riscuoteva, tornando ad essere per tutti il vecchio Castle, quello sorridente, brioso e sereno.
Così si era mostrato il pomeriggio del reintegro di Beckett, felice per lei, felice che si fosse riappropriata di tutto ciò che la caratterizzava e che amava.
Voleva festeggiare Kate per essere stata scagionata e reintegrata al distretto con tanto di onori.Con una decisione presa al volo, aveva organizzato una cenetta in famiglia. Niente di che: una semplice pizza e un paio di birre con tutta la squadra a casa sua, Stan e Jim compresi. La prima serata tranquilla tutti insieme dopo la tempesta.  Qualche aneddoto, qualche risata e un brindisi speciale alla fine di un incubo e all’inizio di un capitolo più piacevole della storia.
Ma proprio durante la serata, le sue ferite tornano improvvisamente a sanguinare.
Per tutto il tempo non è riuscito ad essere il solito compagnone, con la stessa espressione sul viso di qualche giorno prima, in auto con Stan, quando l’amico gli aveva chiesto cosa ci fosse di ancora più grave della situazione ingarbugliata di Beckett e lui non aveva risposto. Guarda i suoi amici sorridere e chiacchierare del più e del meno tra di loro e qualcosa lo fa sentire fuori posto. Quel peso è di nuovo lì, sul suo stomaco. Lanie sapeva del suo legame con Jordan, era stato inevitabile dirglielo, ma il fatto che Stan, dopo avere rischiato la vita, restasse all’oscuro dell’ultima verità, gli faceva male. Sentiva di tradire quella fiducia che lui gli aveva dimostrato, senza insistere sul suo ‘presunto sesto senso’.
Martha lo aveva osservato per tutta la sera e mentre gli altri si spostano in salotto ad aspettare il caffè, gli si avvicina con un bicchiere di vino in mano.
-Cosa c’è Richard?-
Lui sorride e, sollevando le spalle, cerca di rassicurarla che è tutto a posto, ma lei lo stupisce ancora una volta.
-Se senti il bisogno di mettere al corrente Stan su tuo padre, perché non lo fai?-
Lui resta un attimo senza parole e lei gli sorride, mettendogli una mano sulla sua.
-Richard, io ti conosco come nessun altro ti conosce. Per quanto stramba e inaffidabile, io ti ho portato dentro di me, io ti ho accarezzato anche prima che nascessi, io ti recitavo Shakespeare per farti calmare quando scalciavi di continuo, io conoscevo il motivo di ogni tuo sorriso o pianto da bambino, io saprò sempre cosa c’è dentro il tuo cuore, perché sono tua madre e ti amo come non amerò mai nessuno.-
Lui le dà un bacio sulla guancia e resta un momento con la fronte appoggiata alla sua.
Ha sempre amato sua madre.
I loro scherzi, i loro battibecchi, il loro fingere di non sopportarsi a vicenda… il loro modo di essere uniti, di non mostrarsi fragili all’altro o al mondo. Ma adesso è completamente diverso. Adesso guarda quella donna e sa che l’ama senza riserve, perché il vuoto che lui ha sempre sentito da quando ha avuto la ragione, è solo una minima parte di quello che lei si è portata dietro per 40 anni, nel silenzio, nel segreto, nel rimpianto. Il suo fare da diva l’ha sempre tolta dall’imbarazzo e fatta sentire forte, ma quando, quella mattina, dopo aver raccontato la sua verità, davanti a tutti gli ha preso il viso tra le mani e gli ha detto ‘non ho mai pensato di liberarmi di te, non l’ho pensato nemmeno per un momento’, è tornata ad essere solo una mamma… la sua!
Si stacca da lei e le bacia le mani.
-Non ti dispiace? Voglio dire, già quel giorno è stato difficile davanti a tutti…-
Martha lo ferma scuotendo la testa.
-Diglielo Richard, se questo ti farà stare meglio con lui e con te stesso.-
Dopo aver salutato la sua detective con un bacio, lasciandola nelle mani dei colleghi che l’avrebbero riaccompagnata a casa, Castle chiede a Stan di fermarsi un altro paio di minuti.
Rimasti soli, gli offre un’altra birra e si accomodano sulle poltrone nello studio.
-Che devi dirmi Richard? E’ sorto qualche altro problema? Conosco quella faccia… è uguale a quella che avevi quando sei scappato correndo dal laboratorio di chimica, dopo l’esplosione che ha carbonizzato il preside Denton.-
Cerca di sorridere, ma si rende conto che lui è davvero serio.
-C’è una cosa che non sai… sul… sul drago…-
-Oddio Richard! Balbetti pure, allora è grave, non era tutto finito?-
Gli dice scherzando. Vuole smorzare l’atmosfera, diventata improvvisamente pesante. Lui scuote la testa.
-Certo che è tutto finito, però il governatore… vedi Stan… lui era…-
-Lui era un assassino e per puro miracolo tu e Kate siete vivi, che altro c’è da sapere di peggio?-
-Victor Jordan… lui… era mio padre!-
Stan perde la presa sulla bottiglia di birra, che si rovescia a terra. Per un attimo non se ne cura nemmeno, guarda Rick, che invece tiene lo sguardo fisso davanti a se e non dice nulla. Dopo il primo momento di stupore, raccoglie la bottiglia, ormai vuota per m età e asciuga alla meglio il pavimento con dei tovaglioli di carta, poi riprende posto sulla poltrona accanto a lui.
-L’hai scoperto dopo che Lanie ed io siamo usciti dal tuo appartamento, prima che andassimo a parlare con Jensen?-
Castle si volta a guardarlo.
-Come fai a saperlo?-
Stan solleva le spalle e si dirige verso il frigo a prendere un’altra birra.
-Quando sei venuto in ospedale dopo la mia aggressione, sembravi distrutto, ricordi? Ti ho perfino chiesto cosa fosse successo di strano nelle ultime due ore e … sembrava quasi che ti sentissi in colpa. Ora capisco perché! E capisco anche la tua paralisi quando te lo sei trovato davanti al tribunale.-
Rick annuisce.
-E’ strano Stan, non ci vediamo spesso come una volta, eppure non abbiamo smesso di conoscerci fino in fondo.-
-Per anni io sono stato il tuo solo confidente e tu il mio, non sei cambiato molto dal ragazzino che mi passava i compiti di grammatica e che copiava i miei di matematica… come lo hai scoperto?-
-Quando abbiamo visionato i documenti ed è venuto fuori il suo nome, mia madre era presente, per poco non le prendeva un colpo e così è stata costretta a dirmi la verità.-
Rick racconta la storia della giovane Martha, la verità sulla morte del governatore e di come i documenti siano finiti in camera di Lucas.
Stan sorseggia lentamente la birra e ascolta in religioso silenzio, un silenzio continuato anche dopo la fine del racconto dell’amico.
-Ti ha protetto!?-
Esclama dopo aver finito la birra, Rick annuisce e finalmente Stan si gira verso di lui a guardarlo.
-Direi che ha fatto il suo dovere. Per una volta, forse la prima in tutta la sua vita, il signor Victor Jordan, ha fatto una cosa degna di un essere umano.-
Rick non risponde, continuando a guardare davanti a sé.
-Ricordi quando al terzo anno ti era presa la fissa che ogni uomo che incontravi per strada avrebbe potuto essere tuo padre? Fissavi gli uomini sopra la quarantina che ti passavano accanto e cercavi qualcosa di te in ognuno di loro, uno ti voleva perfino denunciare per stalking… te lo ricordi?-
Tornando indietro nel tempo, Rick lo guarda e finalmente sorride annuendo.
-Meno male che ti è durata soltanto un paio di mesi. Tu cercavi un padre e io volevo scrollarmi il mio di dosso, perché diventare un uomo con la sua figura ingombrante attaccata al collo, mi sembrava veramente impossibile; certo che la vita è proprio strana!-
Stan si dirige di nuovo al frigo, stappa l’ennesima birra e la versa in due bicchieri, ne offre uno a Rick e solleva il suo in aria, aspettando che l’amico faccia lo stesso, ma lui resta immobile, guardando il bicchiere.-
-Richard, anche se lo avessi incontrato quando eri al liceo, non avresti trovato niente di tuo in lui, credimi. Chi era tuo padre non ha importanza, non per me, se è questo il motivo per cui me lo hai raccontato. Sei stato il mio migliore amico durante gli anni più difficili dell’adolescenza. Io avevo una grande famiglia alle spalle e tu avevi soltanto tua madre, ma eravamo soli tutti e due, allo stesso modo. Se la nostra vita e il nostro diventare adulti fosse dipeso veramente dai geni, io sarei il banchiere più stronzo di tutto lo stato di New York! Anche mio padre a questo proposito è un assassino: succhia il denaro delle piccole imprese e poi le uccide per accaparrarsene… non è un economista, è un killer! Grazie al cielo i suoi geni si devono essere persi per strada mentre venivo concepito!-
Rick lo guarda stranito, poi finalmente scoppiano a ridere e Stan alza di nuovo il bicchiere.
-A Martha Rodgers… senza il suo coraggio, avrei passato la mia adolescenza ad obbedire a mio padre, perché senza un gemello completamente matto vicino, non avrei mai trovato il coraggio di farlo incazzare, combinando guai su guai e ragionando con la mia testa.-
Rick guarda per l’ennesima volta la birra dentro al bicchiere.
-Io non ero matto!-
-Hai ragione Richard, tu non eri matto… lo sei ancora… completamente!-
Rick fa tintinnare finalmente il suo bicchiere a quello dell’amico.
-Uh! A proposito… una cosa l’hai presa da tuo padre: la mente omicida… lui era davvero geniale, meno male, però, che tu la sfoghi solo sulla carta!-
Stan ride di gusto alla sua stessa battuta, mentre Rick lo guarda storto, ma quando l’amico si zittisce mostrando un familiare sguardo da cucciolo, scoppia a ridere anche lui, sollevando ancora il bicchiere.
-Grazie Stan! Sono felice che ci siamo ritrovati, non allontaniamoci di nuovo, adesso che è tutto finito.-
-Non ci penso nemmeno, mi piace la tua nuova famiglia e poi, mi sono guadagnato con il sangue l’entrata in squadra e non ho intenzione di rinunciarci… anzi… a questo punto devo proprio trovarmi una ragazza!-
 
Qualche giorno dopo, in un pomeriggio in cui Rick era stato tanto gentile da lasciarla libera, Kate si era fermata al suo appartamento per sistemare un po’ di cose rimaste arretrate, come fare il cambio di stagione, cosa che odiava già in casi normali, figuriamoci se insieme a lei c’era Lanie, che invece di aiutarla, parlava, parlava, parlava…
-Allora tesoro, dopo tutti questi giorni non è cambiato niente tra te e il tuo scrittore?-
Le chiede stringendo le labbra maliziosamente, Kate appende nell’armadio la camicetta che ha messo sulla gruccia e si volta a guardarla.
-Cambiato… in che senso?-
-Come in che senso? Ora siete una coppia, tu passi la maggior parte del tempo a casa sua e, a quanto ne so, avete dormito un paio di volte inieme… allora?-
-Allora cosa? Continuo a non capire Lanie!-
Risponde Kate sorridendo, mentre ripone una maglietta in un cassetto.
-Kate la finta tonta! Voglio i particolari.-
-Vuoi sapere se il famoso scrittore russa? No, è piuttosto silenzioso.-
La dottoressa comincia a perdere la pazienza e Kate sorride, mentre ha ancora il naso dentro l’armadio, poi si volta a guardare l’amica.
-Lanie che particolari vuoi? Rick è stato impossibilitato a muoversi fino ad un paio di giorni fa. Quando sono rimasta a dormire da lui… abbiamo… solo dormito!-
-Si… però…-
Continua Lanie con uno strano tono.
-Si… però… cosa Lanie?-
-Ah! Mi dai sui nervi credimi. Si può sapere perché stai facendo il cambio di stagione? Prendi semplicemente un paio di valigie e fai direttamente il cambio di armadio… o vuoi dirmi che Castle non ti ha chiesto di trasferirti da lui?-
Lei le volta ancora le spalle per riporre altra roba dentro l’armadio.
-Veramente me lo ha chiesto… ma…-
-Ma tu hai detto no! Sospira Lanie. Io non ti capisco Kate, tu lo ami, lui ti ama e te lo ha dimostrato in ogni modo, che aspetti?-
Lei non riesce a rispondere, perché il campanello le disturba, Lanie sbuffa scocciata e si alza per andare ad aprire.
-La signorina Beckett? Katherine Beckett?-
-Kate! C’è un ragazzo carino alla porta per te. Oltre che carino, ha anche qualcosa per te.-
Lanie alza la voce per farsi sentire dall’altra stanza e Kate si affaccia sulla porta. Il ragazzo in effetti è carino ed ha in mano un immenso fascio di rose rosse.
-E’ lei la signorina Beckett? Queste sono per lei.-
Il ragazzo le porge il pesante mazzo e mentre Lanie lo congeda con un sorriso, Kate resta imbambolata a guardare le rose.
-Beh… sono tante! E come sono belle! E chissà quanto gli saranno costate!-
Esclama la dottoressa, avvicinandosi ad ammirarle, con le mani dietro la schiena.
-Uh! Guarda… c’è un bigliettino!-
Lanie lo afferra prima che Kate possa leggerlo e fa cenno di aprirlo, poi guarda l’espressione imbronciata che lei ha messo su e glielo restituisce.
-Tieni! Leggilo pure, a voce alta però!-
Lanie si sofferma sul viso di Kate. Le sue espressioni cambiano man mano che legge la calligrafia morbida ed elegante, fino a che si ritrova con la punta del pollice tra i denti e uno strano sorrisetto di contorno.
-Ho detto a voce alta Beckett!-
Lei sbuffa…
Possibile che non si possa avere un minimo di privacy?!
-Ok… ok… leggo…-

'Buon giorno Kate, almeno spero che stia leggendo Kate e non Beckett, perché lei non è romantica!
Tieniti libera per stasera, ti aspettano un ristorante di lusso con vista mozzafiato sulla città, cibo prelibato, musica per ballare e uno scrittore affermato, nonché uomo affascinante e raffinato, play boy elegante e megalomane (dicerie, giuro!) pronto a corteggiarti e a regalarti un primo appuntamento schifosamente tradizionale. Non si accettano rifiuti.'


-O mio Dio! Kate, se rifiuti di andarci ti faccio l’autopsia al cervello!-
Esclama Lanie, conoscendo anche questa allergia dell’amica, ma con sua grande sorpresa, si rende conto che Kate, sempre con il pollice tra i denti, sorride come una ragazzina e scuote lentamente la testa.
-Ci vado e come! Non solo, ora tu ed io usciamo e mi aiuti a scegliere un vestito per l’occasione.-
Lanie è allibita.
-Kate Beckett, stai… stai bene?-
Le chiede mettendole una mano sulla fronte.
-Vuoi davvero andare a fare spese?-
Nemmeno stavolta Kate ha il tempo di risponderle, perché qualcuno suona di nuovo al campanello e anche stavolta Lanie sbuffa per l’interruzione, prima di andare ad aprire. Restano entrambe sorprese di ritrovarsi davanti il ragazzo carino di prima, stavolta con le mani impegnate da una grande scatola con un bel fiocco rosso.
-Chiedo scusa… avevo dimenticato questo.-
Dice strizzando l’occhio. Porge il pacco a Lanie e sorridendo sparisce.
La dottoressa ammicca maliziosa.
-Chissà perché ho l’impressione che non sarà necessario andare in giro per negozi.-
Kate poggia le rose sul tavolo e aspetta che Lanie apra lo scatolo.
-Avevo ragione… caspita Kate! Guarda che meraviglia!-
Prende l’abito dalla scatola e se lo poggia addosso, Kate lo guarda con gli occhi lucidi.
Il colore celeste è reso brillante dalla lucentezza della seta. La scollatura ampia, sorretta da spalline sottili, è contornata da un ricamo di fiorellini di strass sul bordo e sull’incrocio del seno. Il corpetto, stretto fin sotto la vita e pieghettato finemente, fascia il busto con gli stessi fiorellini della scollatura, disposti in tre file trasversali che s’incrociano al centro. I ricami si allargano dal davanti, fino a fasciare i fianchi, disegnando il profilo in modo da valorizzare le curve, da qui, l’abito scende morbido; il davanti si apre formando un incrocio con il tulle in uno spacco fino alle ginocchia, mentre dietro si allunga fino ai piedi arrivando a sfiorare a terra, in modo irregolare.
-Mia cara, il nostro scrittore ha scelto proprio bene. Qui dentro terrà sotto stretta sorveglianza ogni curva e sinuosità del tuo corpo.-
Kate continua a guardarlo imbambolata e sembra non essere preoccupata, né tanto meno imbarazzata, dall’affermazione di Lanie sulle curve, e quando le squilla il cellulare, non può fare a meno di sorridere appena legge sul display il nome di Castle.
-Pronto!-
-Parlo con Beckett o con Kate?-
-Piantala Castle, fa il serio una volta tanto!-
-Oddio… Beckett! Dì a Kate che la chiamo più tardi…-
-Rick… smettila!-
Risponde lei dolcemente.
-E’ arrivato tutto? Tutto, tutto?-
-Rose e abito, se non c’è altro… si… è arrivato tutto.-
-Spero che il vestito ti piaccia, secondo me è perfetto.-
-Anche secondo me, è splendido Rick, grazie. Non riesco a credere che hai memorizzato ogni delirio di quella mattina! Parola per parola…-
Lui sorride, consapevole che se lo stesse guardando negli occhi, arrossirebbe come un peperone.
-Io memorizzo tutto di te, da quasi 4 anni ormai!-
Lei abbassa lo sguardo sulle rose, poi passa al vestito e comincia ad attorcigliarsi una ciocca di capelli tra le dita, mentre Lanie alza gli occhi al cielo.
-Dove mi porti?-
Gli chiede sussurrando.
-Ah-ah… non essere curiosa… questa è una sorpresa. Piuttosto, ho pensato una cosa, io non posso ancora guidare, perciò potresti venire a casa mia con un taxi e poi andiamo da qui con la Ferrari, naturalmente guidi tu…-
Lascia la frase sospesa, sapendo che lei sta ridendo e magari saltellando silenziosamente su se stessa, poi riprende.
-Allora, cosa ne pensa della mia idea, signorina Beckett?-
-Che è splendida signor Castle.-
-Bene… ti aspetto alle 9.00, a dopo…-
-A dopo!-
Risponde lei chiudendo la chiamata e mentre si morde il labbro, Lanie, oltre agli occhi, alza anche le braccia verso il cielo e poi le lascia andare giù di peso lungo i fianchi.
-Ho perso un’amica! Le si è proprio bruciato il cervello…-
Kate torna alla realtà e corruccia la fronte, per poi essere sopraffatta dall’abbraccio isterico di Lanie.
-Finalmente… adoro le malattie d’amore e voi due siete gravi… estremamente e irrimediabilmente gravi…-


Continua...


Angolo di Rebecca:

E con Stan, abbiamo chiuso la parentesi drago, almeno noi, perchè Rick, non ha ancora chiuso niente con se stesso.
E il bigliettino?
E le rose?
E il vestito?

Ma non è un orsetto quell'uomo!?

Questo è il vestito che Rick/Io ha scelto per lei :p
 



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Capitolo 39
*** Il Sapore della Vita ***



...Buon giorno Kate, almeno spero che stia leggendo Kate e non Beckett, perché lei non è romantica!
Tieniti libera per stasera, ti aspettano un ristorante di lusso con vista mozzafiato sulla città, cibo prelibato,
musica per ballare e uno scrittore affermato, nonché uomo affascinante e raffinato,
play boy elegante e megalomane (dicerie, giuro!)
pronto a corteggiarti e a regalarti un primo appuntamento schifosamente tradizionale.
Non si accettano rifiuti...




 

La Resa Dei Conti


*
Il Sapore della Vita

*
38° Capitolo 

 

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‘Sai che ho pensato quando ti ho conosciuta? Che eri un mistero che non avrei mai risolto!’
Per l’ennesima volta in un paio di ore, Kate Beckett si ritrova a guardarsi allo specchio.
Non si è mai soffermata a lungo ad osservarsi, solo il minimo necessario per essere sicura di uscire di casa in ordine e presentabile. Quella sera però, dopo aver messo una cura particolare al trucco e aver lasciato ricadere i capelli morbidi sulle spalle, supervisionata fino alla fine, non da un’estetista, ma da un medico legale, con indosso un abito splendido, perfetto in ogni particolare per lei, si ritrova ad ammirarsi ancora una volta.
E’ sempre stata consapevole di essere una bella donna, gli uomini  si girano a guardarla per strada anche solo con la tuta da ginnastica, ma ha sempre attribuito questo solo all’apparenza esteriore.
Tu invece, mi hai sempre guardata in modo diverso. 
Mentre controlla ancora qualche particolare, davanti allo specchio dell’ascensore che la sta portando al suo appuntamento, ripensa alla sera a Los Angeles, quando lui le aveva detto quella frase, guardandola dritta negli occhi e lei si era chiusa dentro la sua inferriata ancora una volta. Aveva perso un’altra occasione.
Scuote la testa e sorride.
Ti sei sempre sbagliato Castle… perché hai risolto ‘il mistero Beckett’ la prima volta che abbiamo lavorato insieme.
La guardava insistentemente. Per curiosità le aveva detto, perché tutti hanno una storia… ‘prendiamo lei per esempio: la maggior parte delle donne belle e intelligenti diventa avvocato, non poliziotto… eppure lei è qui… perché?’ … e lui voleva capire la sua.
Lei, scocciata dal suo sguardo irritante e dalla sua presunzione di sapere tutto, lo aveva sfidato… ‘non lo so Rick, è lei lo scrittore, lo dica lei a me…’ e lui aveva parato il colpo. Le aveva scattato una foto, aveva capito il suo tormento interiore, il suo dolore, la sua rabbia. Le aveva penetrato l’anima con lo sguardo in poche ore.
Ti ho odiato per questo, mi hai fatta sentire vulnerabile.
Col passare del tempo, lui aveva continuato a guardarla, a fissarla ed imbarazzarla e lentamente, invece di continuare ad odiare questo suo comportamento, lei era riuscita a vedersi come la vedeva lui: una donna che, nell’insieme del suo mistero, era piena di fascino.
Un fascino che, però, non ha niente a che vedere con la bellezza.
Kate Beckett è affascinante perché riservata, forte e fragile nello stesso tempo, dura e dolce con se stessa e con gli altri.
Il fascino è qualcosa che hai dentro e che gli altri vedono proprio quando non te ne curi e se ti rendi conto di possederlo, è perché qualcuno riesce a vederti così…
E, anche se non lo avrei mai ammesso, nemmeno sotto tortura, tu mi hai sempre fatta sentire speciale!
Non solo con lo sguardo, ma anche con i sorrisi, le attenzioni, i piccoli gesti quotidiani rivolti a lei e… soltanto a me! 
Si guarda ancora allo specchio dell’ascensore e non può fare a meno di essere orgogliosa della sua bellezza. Non lo ha mai fatto, non è mai stata estremamente vanitosa, ma adesso si sente bella, vuole essere bella… per un uomo… per lui…
Sorride davanti allo specchio e si chiede come mai l’ascensore stia procedendo a passo di lumaca.
Calmati Kate… che ti prende? Il cuore sta andando più veloce dell’ascensore! Alla fine stai solo andando a cena con un uomo che conosci da 4 anni, sai esattamente cosa ti aspetta… beh… esattamente no… di sicuro è bravo nelle sorprese… però non hai nessun motivo di essere agitata… devi solo essere quella  che  lui conosce… Beckett e nient’altro!
Il campanello dell’ascensore le annuncia che è arrivato il momento di piantarla di parlare con lo specchio e di avviarsi al suo appuntamento.
Sorride ancora al suo riflesso, si ferma davanti alla porta, sospira con la mano sul petto e con tutta calma bussa leggermente…
Ma quando la porta si apre, tutti i suoi propositi di non essere agitata, l’abbandonano miseramente, fuggendo a gambe levate.
Nell’istante in cui incrocia i suoi occhi sorridenti, il cuore comincia a trottare e le labbra si aprono in un sorriso immenso, senza che il cervello glielo avesse ordinato. Riesce solo a pensare che è felice di essere lì, davanti a lui, agitata e innamorata come un’adolescente alla sua prima cotta.
-Ero certo che il vestito ti sarebbe stato d’incanto e ti ci ho immaginata dentro, ma…-
La frase lasciata a metà la riporta alla realtà, china la testa di lato e, sollevando di poco le sopracciglia, lo sprona a continuare.
-Ma!?-
-Ma sei bella al di là di ogni immaginazione.-
Lei continua a sorridere e lui la prende per mano, la fa entrare e dopo aver chiuso la porta, la stringe a se.
-Posso baciarti, o ti rovino il make up?-
Le sussurra ad un paio di millimetri dalle sue labbra.
-Ho portato il rossetto con me!-
Risponde lei sorridendo e lui non si lascia sfuggire la sua bontà d’animo, baciandola dolcemente.
-Non sei male nemmeno tu Castle.-
Gli dice quando staccano le labbra, sistemandogli il colletto della camicia, celeste come il suo abito e in tono con i suoi occhi.
-Perché questa frase mi ricorda qualcosa?-
Risponde lui cercando di baciarla di nuovo, ma lei si divincola, apre la pochette e si arma di specchietto.
-Non c’è nessuno in casa?-
Dimostra grande prontezza di spirito, cambiando discorso, mentre si mette il rossetto e lui sospira.
-Alexis è uscita con i suoi amici e mia madre è… in ritiro spirituale.-
Risponde mentre si sistema la cravatta e lei si volta a guardarlo stupita.
-In ritiro spirituale? In che senso?-
-Qualche giorno fa è tornata alla chiesa dove si è rifugiata il giorno che ha lasciato Jordan, non so esattamente perché, ne sentiva il bisogno. Il prete è lo stesso di allora, con quarant’anni in più sulle spalle. Si è ricordato subito di lei, le ha detto che ha anche seguito la sua carriera di attrice; è stato contento di rivederla e l’ha invitata ad andare alle riunioni della parrocchia e a partecipare a qualche manifestazione di beneficenza… e lei ha accettato. Ha preso la cosa seriamente… sembra!-
Kate lo guarda ancora stupita e lui le porge la sua giacca.
-Mi aiuti? Non guardarmi con quell’aria stranita, stiamo parlando di mia madre. Sta ancora cercando di elaborare tutto quanto e se, per riuscirci, usa una comunità religiosa al posto di una cassa di vino pregiato, non può che essere una buona cosa.-
Lei lo aiuta ad infilare la giacca e quando si volta a guardarla, gli sorride.
-Stavo solo pensando che tua madre riesce ancora a stupirmi.-
-Abituati, perché tanto l’avremo sempre tra i piedi!-
-Castle!-
Lo rimprovera lei con la mano alzata pronta a colpirlo sulla spalla, ma lui si sposta velocemente e poi prende qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
-Ecco le chiavi… vogliamo andare?-
Kate afferra il portachiavi con il cavallino rampante e sorride felice, mentre lui si rattrista.
-Sembra che tu sia più eccitata di guidare la mia auto, che di uscire con me.-
-Infatti! Ho accettato di cenare con te solo per questo!-
Risponde lei aprendo la porta.
-Ah! In che guaio mi sono cacciato!-
Salgono in ascensore, Rick preme il bottone per scendere e lei si accoccola al suo braccio, quando vede che continua a tenere il broncio.
-Dai, Rick! Sono contenta ‘anche’ di uscire con te.-
Dice con la vocina in falsetto, sottolineando la parola anche.
-Di bene in meglio detective, ora si che sono contento!-
Mentre si diverte a prenderlo in giro, guarda il display che fa la conta dei piani.
-Oh Castle! Invece di premere per il garage, hai premuto per il terrazzo!-
-Vedi? Mi fai perdere la ragione! Poco male, appena arriviamo su, torniamo giù.-
Quando arrivano a destinazione e le porte si aprono,  Kate fa per premere il pulsante per scendere, ma lui le prende la mano.
-Aspetta! Vieni un momento, visto che siamo qui, ti faccio vedere una cosa.-
La trascina fuori dall’ascensore e lei gli lascia la mano.
-Cosa dovrei vedere quas…-
Non riesce a finire la frase. La lascia a metà perché nota dei petali di rose sparsi ai suoi piedi. Guarda poco più avanti e si rende conto che tutto il pavimento ne è cosparso… petali di rose ovunque e di tutti i colori.
Solleva gli occhi e si guarda attorno, lentamente, sorpresa… si aspettava qualcosa di speciale, ma questo…
La parte destra del terrazzo è diventata, magicamente, un grande gazebo in ferro battuto, ricoperto completamente di luci bianche simili a piccole lucciole. Un numero indefinito di roselline bianche e girasoli scendono a grappolo dalle lavorazioni arzigogolate del ferro. Proprio ad angolo, un tavolo per due, apparecchiato con una tovaglia di lino bianca, adornata con piccoli ricami floreali dai colori tenui, piatti di porcellana bianca, posate d’argento e bicchieri di cristallo. Un piccolo angelo di finissima porcellana con un’espressione dolcissima sul viso, tiene tra le mani una candela, proprio in mezzo ad un bouquet di margherite gialle, un particolare che rende tutto elegante e raffinato.
Sparse qua e là sul pavimento, ciotole di terracotta con all’interno piccoli lumini che traballano al ritmo dell’aria della sera e, guardando di fronte a lei, le mille luci scintillanti e colorate dell’intera città, le stanno dando il benvenuto.
Mentre si guarda intorno, cammina senza nemmeno rendersene conto, dirigendosi proprio al parapetto, incantata dal panorama. Il sorriso sulle sue labbra è splendido. E’ così sorpresa e assorta, che si rende conto della musica solo in un secondo momento. Si guarda intorno per capire da dove arrivi, ma non ci riesce e torna a guardare la città immensa ai suoi piedi.
Lui la guarda incantato.
Quando ha avuto l’idea, ha immaginato i suoi occhi, il suo viso, il suo stupore, ma vederla realmente, gli ha bloccato il respiro per un attimo.
-Mi sono chiesto… quale posto avesse la vista mozzafiato più bella della città, dopo l’Empire State Building?  La risposta non era difficile… questo!-
Lei non risponde, sembra che non lo abbia nemmeno sentito.
-Ho pensato che per un primo appuntamento, potevamo starcene un po’ tranquilli.-
Lei continua a non ascoltarlo.
-Comunque, se non ti piace, ho anche prenotato in un ristorante vero, se vuoi ci possiamo andare subito… Kate…-
Le sfiora la mano per attirare la sua attenzione e lei finalmente si volta a guardarlo. Ha gli occhi lucidi e quel sorriso che lo fa sciogliere ormai da anni.
-Non mi ero mai resa conto che da casa tua si vedesse praticamente l’intera città… è incredibile!-
Riporta lo sguardo sulla cartolina davanti a lei scuotendo la testa e ripensando alla sua strana richiesta di un primo appuntamento ‘schifosamente’ tradizionale.
-Quella notte mi sentivo esausta, stanca, dolorante. Ero solo felice che tu fossi vivo e quando la mattina abbiamo cercato di sdrammatizzare, sono partita a raffica con tutte quelle sciocchezze; ma ad un certo punto mi sono resa conto che non erano sciocchezze. Mi sono resa conto che mi meritavo davvero qualcosa di bello, di romantico per una volta, quel qualcosa che non ho mai desiderato prima: attenzione, dolcezza, coccole. Certo non in grande come l’ho pensato al momento, ma qualcosa che si avvicinasse.-
Lo guarda ancora e sfiora la garza sul suo viso.
-Dovrò cedere al fatto che mi leggi dentro, che sai sempre esattamente cosa voglio e soprattutto come lo voglio. E’ tutto perfetto Rick! Un ristorante elegante e raffinato, il mio scrittore preferito, splendida musica e una vista mozzafiato della città.-
-E niente fotografi curiosi.-
Finisce lui e lei annuisce.
-Già, ho detto che non m’importa, ma un po’ d’intimità, questa sera in particolare mi fa felice, specie dopo tutta la pubblicità di questi giorni.-
-Il tavolo ad angolo che ha riservato è pronto signore, se volete accomodarvi?-
La voce improvvisa materializzatasi dietro di lei, la fa voltare di scatto.
-Sal! E lei che fa qui?-
-Il mio lavoro detective, controllo che sia tutto in ordine e perfetto così come è stato immaginato ed ordinato.-
Kate guarda Rick che solleva le spalle e sorride.
-Gli ho esposto il mio piano e lui ne è stato entusiasta, ha insistito per aiutarmi nell’organizzazione.
Sal china la testa e sorride.
-Posso permettermi di dire, quanto la sua bellezza, sia di gran lunga più luminosa delle migliaia di luci della Grande Mela?-
Castle solleva improvvisamente gli occhi al cielo, quando nota Kate abbassare lo sguardo e arrossire, per poi prendere le mani del simpatico portiere tra le sue, stringendole con forza.
-Non so come potermi sdebitare con lei Sal, non per questa sera, ma per tutto quello che ha fatto per me.-
-Le ho solo aperto la porta della lavanderia… comunque una cosa per sdebitarsi ci sarebbe.-
Kate annuisce sorridendo.
-Appena arriva la mia copia personale di Heat Rise, quella che mi ha promesso il signor Rick, mi farebbe piacere che ci scrivesse una dedica con tanto di firma.-
-Tutto qui? Beh… credo di poterlo fare!-
Sal ride compiaciuto e stringe le mani di Kate con più forza.
-Ah… e non dimentichi la copia di  Timmy, si offenderebbe a morte, non mi rivolgerebbe più la parola se non firmasse anche la sua.-
-Naturalmente, anche la copia di Timmy.-
Castle li guarda stranito, lui è improvvisamente sparito. Come per magia non esiste più tra quei due.
-Sal, le ricordo che lo scrittore sono io.-
L’uomo lascia le mani di Kate.
-Naturalmente signor Rick, se vuole metterci la firma anche lei, io non ho nulla in contrario.-
Risponde tranquillamente, facendo segno con la mano di seguirlo fino al tavolo d’angolo.
-Se ci vuole mettere la firma anche lei? Ma… ma si rende conto che ho passato notti insonni per quel libro?-
Kate lo guarda divertita.
-Oh Castle! Falla finita. Lo firmeremo tutti e due.-
-Si, ma la dedica la vuole da te e se poi anche io voglio metterci la mia firma, lui non ha nulla in contrario!-
-Perché noto una punta di gelosia da parte del tuo ego?-
Castle sbuffa alla provocazione, Sal fa accomodare Kate e le offre una pergamena, su cui è scritto il menù della serata.
-Se non c’è altro, io mi ritiro. Quando volete, basta un segno signor Rick, il maggiordomo è pronto. Vi auguro una serata incantevole.-
Bacia la mano a Kate, schiaccia l’occhio a Rick e sparisce improvvisamente, così com’era apparso.
-Il… maggiordomo?!-
Chiede Kate sottovoce e Rick sorride compiaciuto.
-Ho sempre sognato di averne uno, di quelli tutti d’un pezzo, inglese puro sangue, e pensando a questa sera, non ho saputo resistere.-
Solleva un dito verso la parte nascosta del terrazzo e con lo sguardo indagatore di Kate addosso, fa un cenno impercettibile e appare lui… il maggiordomo.
-Buona sera signore… madame! Il signore desidera che serva l’aperitivo?-
-Si James, grazie!-
L’uomo fa un inchino e silenziosamente se ne va.
-Non ci posso credere! Hai davvero…-
Anche stavolta non riesce a finire la frase, dal nulla arrivano le note di Teach me how be loved.
-Adoro questa canzone!-
Dice chiudendo gli occhi, Rick le mette la mano sulla sua.
-Splendida paladina della giustizia, permetterebbe a questo umile cavaliere di invitarla a ballare?-
-Con immenso piacere.-
Risponde lei con un insolito, splendido sorriso.
Restano per un attimo uno davanti all’altra guardandosi negli occhi, poi Rick allarga le braccia e lei si stringe a lui, appoggiando il viso sulla sua spalla.
-Puoi avere fiducia nell’amore Kate… nel mio amore… non ti lascerò perdere nelle tue ombre…-
Le sussurra lui all’orecchio, seguendo la canzone e lei gli risponde guardandolo dritto negli occhi.
-Mi porterai nella tua luce?-
Lui le posa le labbra sulla fronte, proprio mentre James sta per interromperli con l’aperitivo, ma Sal lo ferma prendendolo per il braccio.
-Ma che fai? Meno male che sono ancora qui a controllarti.-
-Il signore ha ordinato l’aperitivo!-
-Dopo James… dopo…-
-Non dopo, adesso! Il signore…-
Sal alza gli occhi al cielo.
-Il signore è impegnato al momento, guardali. Credi davvero che vogliano l’aperitivo?-
-Ma lo ha ordinato!-
-Piff! Maggiordomi, inglesi per giunta… rigidi e stupidi! Non so se ci sarà un’altra serata simile, ma se dovesse succedere farò io stesso il colloquio per il servizio.-
L’uomo lo guarda stranito, ma sempre compito e serio e Sal sospira ancora.
-Ascoltami bene James. Tu devi essere invisibile. Non importa cosa ordina il signore, tu osservi da lontano ed in silenzio, se ti rendi conto che non è necessario avvicinarsi, come in questo momento, tu resti fermo e immobile dove ti trovi e non disturbi… per nessun motivo al mondo… stasera non è importante la cena… ci siamo capiti?-
James è imperturbabile e Sal lo scuote per il braccio.
-Ci siamo capiti? Allora James, come ti chiami?-
-Invisibile e Silenzioso!-
-Bene, io adesso me ne vado… e tu vedi di apparire solo quando è il momento.-
Il momento di James arriva 10 minuti e 2 canzoni dopo, quando finalmente i signori smettono di guardarsi negli occhi e si rendono conto di essere ancora sulla terra, anzi, sul terrazzo e tornano, mano nella mano, al loro tavolo. James ne approfitta immediatamente per servire con devozione l’aperitivo.
Kate e Rick lo guardano con attenzione, mentre riempie i bicchieri, tutto impettito e serio.
Troppo serio!
-Posso preparare per servire gli antipasti, signore?-
-Si James, grazie!-
Risponde lui con lo stesso tono e con voce baritonale.
-Potrebbe fare un sorrisetto ogni tanto, sembra un becchino, mi sta mettendo ansia.-
Dice sottovoce allungandosi sul tavolo verso Kate, che si sporge allo stesso modo.
-Perché sussurri Castle? Hai paura del maggiordomo?-
-Beh, sai… di solito è lui il colpevole…-
-Di cosa?-
-Come di cosa? Di qualunque cosa succeda!-
-Allora perché ne hai voluto uno?-
Sta per rispondere, ma James appare nuovamente con un carrellino portavivande.
-Shhh… eccolo… sorridi Beckett… sorridi!-
Lei più che sorridere, ride e anche di cuore. Rick ha davvero l’espressione preoccupata e James, con fare molto elegante, toglie i coperchi dai vari vassoi e inizia finalmente il suo lavoro, servendo con maestria i due commensali, defilandosi subito dopo.
-Niente ostriche, caviale e champagne?-
Chiede Kate ironica, pensando fossero inevitabili in un menù da vip.
-Appuntamento tradizionale, detective… non banale!-
Risponde lui sollevando le sopracciglia, mentre lei sorride e assaggia le profumate e sicuramente squisite prelibatezze con cui James ha riempito il suo piatto.
L’illuminazione del ‘ristorante’ è soffusa.
Ci sono solo le piccole lucciole bianche tra i fiori, la luna che sorride e le stelle sparse qua e là nel cielo che li guardano discretamente da lontano. Il profumo dei petali di rose sul pavimento è intenso e un leggero venticello li accarezza di tanto in tanto, mentre si deliziano con le diverse portate, servite in maniera impeccabile dal serio maggiordomo inglese.
Deliziosi i fagottini di sfoglia al formaggio, in salsa di mirtilli rossi e gli asparagi con pancetta croccante su fonduta di gorgonzola, accompagnati da chiacchiere sottovoce e sguardi intensi.
Delicato il pasticcio di crepes alla crema di pistacchi, innaffiato da mani intrecciate e piccole carezze.
Una bontà l’arrosto di vitello ai funghi porcini, con contorno di battute maliziose e risate cristalline.
Per tutta la cena James è stato attento ad essere Invisibile e Silenzioso, controllando ogni effusione, ogni sorriso, ogni sguardo, cercando di captare il momento buono per servire. Sarà anche inglese e rigido, ma impara presto.
Si è reso irreperibile anche quando, tra una portata e l’altra, i signori si sono cullati a vicenda al suono della musica.
A metà cena, la rigidità della sua mascella aveva lasciato il posto ad uno strano sorriso, che Castle aveva definito un paio di volte ‘alquanto inquietante’, facendo ancora ridere di cuore la donna di fronte a lui.
Al momento del dolce, James rimane in osservazione.
I signori si sono improvvisamente spostati dal tavolo ad angolo, al dondolo posto nella parte sinistra del terrazzo, dove il muretto del parapetto è diviso dalla ringhiera, in modo da avere una visuale perfetta del panorama.
Lei seduta, fa perno con il piede a terra per dondolarsi leggermente, mentre lui è sdraiato con la testa sulle sue gambe e le ginocchia ciondolanti dal bracciolo. Il problema è che i signori si baciano. Ma non un bacino e via. Si baciano proprio, come si vede al cinema e sembra anche che la cosa possa andare per le lunghe.
James comincia a sentirsi a disagio, ed è preoccupato.
Avrebbero potuto aspettare altri 10 minuti, la torta di crema e fragoline di bosco andrà a male di questo passo. 
Per un attimo gli balena nella mente perversa di maggiordomo inglese, di interromperli, ma poi pensa a Sal. Se il signore gli avesse detto dell’interruzione, il portiere lo avrebbe ucciso.
Dedito alla professione si, ma non al punto di lasciarci le penne.
Sospira, guardando tristemente la torta nelle sue mani e torna in cucina per rimetterla in frigo.
-Che c’è? Perché hai piantato in asso le mie labbra?-
Le chiede Rick piagnucolando, dopo che lei improvvisamente ha smesso di baciarlo.
-Non hai l’impressione di essere spiato?!-
Lui si solleva dalla comoda posizione e guarda verso la direzione in cui guarda lei, senza però vedere nessuno.
-E’ lui… il maggiordomo… te l’ho detto che è sempre colpa sua alla fine, ora vediamo di liberarci di lui, perché davvero non lo reggo più!-
La prende per mano e lei si lascia trascinare.
-Vuoi avvelenarlo Castle?! No, perché io sono un poliziotto, poi dovrei arrestarti…-
Grazie al cielo per Castle, non era stato necessario ucciderlo, per liberarsi di lui.
In quelle tre ore, tra una portata e l’altra e soprattutto tra un appostamento ed un’uscita, James si era letteralmente sciolto ai loro sguardi, ai loro sorrisi. Si era reso conto che erano capaci di stare in silenzio per minuti interi senza dirsi una parola, sicuro comunque, che parlassero una lingua solo a loro conosciuta.
Così dopo aver portato il carrello con i dolci, si intrattiene un paio di minuti più del dovuto.
-Il signore mi permette? Se non c’è altro, io mi ritirerei, manderò qualcuno domani per ripulire, a meno che i signori non abbiano qualche altro compito per me.-
-No James, nient’altro. E’ stato tutto sublime, grazie!-
-Grazie a lei signore!-
Fa un inchino a Rick, il bacia mano a Kate e sparisce anche lui nella notte, tra le risatine soffocate di lei, che guarda il ‘signore’, mentre scuote la testa.
-E’ proprio un inglese! Il prossimo maggiord…-
La frase gli muore tra le labbra, quando si rende conto che Kate si sta portando alla bocca una fragolina ricoperta di crema, ma non deve aver notato che tra le posate c’è anche la forchetta per il dolce, perché lo sta facendo con un dito. Assapora quella delizia con calma, ad occhi chiusi, al contrario di lui che li ha spalancanti involontariamente. Mentre sta ancora cercando di registrare l’ultima scena, si trova catapultato nel seguito della pellicola: una fragolina piena di crema, si è avvicinata pericolosamente alle sue labbra. Anche stavolta la forchetta è stata ignorata e lui resta imbambolato a guardare il dito sotto al suo naso.
-Dimentica il maggiordomo Castle… zitto e mangia! E’ dolcissima…-
Sussurra Kate, senza togliere lo sguardo dai suoi occhi.
Questo suo lato ‘piccante’ ancora sconosciuto, lo blocca per un attimo, ma si riprende subito. Si porta il dito di lei alla bocca e assapora crema e fragola, restando incollato ai suoi  occhi, sospira e sorride. Guarda il suo piatto, poi torna su di lei, solleva un sopracciglio e prende un pezzo del suo dolce al cioccolato, alla stessa maniera di Kate, a questo punto sarebbe stato stupido sporcare la forchetta.
-Scommettiamo che questo è più buono?-
Porge il boccone a Kate, che lo assapora chiudendo gli occhi e leccandosi le labbra lentamente, cosa che fa deglutire Castle più volte.
Lei è decisamente più dolce delle fragole!
E senza rendersi conto di come o perché, il dolce lo finiscono uno tra le labbra dell’altra.
-Credo che rinuncerò a rimettermi il rossetto!-
Esclama Kate all’ennesimo bacio di Rick, che ha particolarmente gradito le fragoline.
Lui si allontana e sorride, prendendole la mano.
-Allora… c’è qualche altro desiderio nel suo cuore detective, per questo appuntamento tradizionale?-
-Beh… in effetti… una cosa che mi ha lasciata delusa stasera… c’è!-
Risponde lei mordendosi il labbro inferiore. Rick si rabbuia un momento.
-Aspetta! Delusa? Sei delusa di qualcosa? Che mi sono dimenticato?-
Si guarda intorno imbarazzato, pensando di non aver perfezionato ogni minimo particolare, non è da lui, ma con Kate non si sa mai, gli offusca davvero il cervello. Lei si avvicina pericolosamente e annuisce, arricciando il naso.
-Bruuum… bruuum!-
A quel rumore, Castle si mette a ridere.
-Ah… la Ferrari, il tuo unico, solo amore! L’avevo scordato.-
Restano ancora incollati con lo sguardo.
-E’ solo mezzanotte e non penso che la mia Cenerentola perderà la scarpetta stasera.-
Lei muove la testa negativamente continuando a guardarlo negli occhi, sorridente.
-Perciò… potremmo andare a fare un giro… naturalmente guidi tu!-
-Siiiiii… e dove andiamo?-
Batte le mani come una bambina e Rick ne è completamente rapito.
-Ovunque… dove vuoi, l’importante è guidare, giusto?-
 
Mani attaccate al volante, cintura di sicurezza, dritta e sicura, un sorriso misto tra soddisfazione e malizia, rombo di cavalli, sopracciglio alzato… via!
Il vento tra i capelli e due fari azzurri che la guardano. Lo vede sott’occhio che non le toglie lo sguardo di dosso, ma non è spaventato come la prima volta che ha guidato la sua auto, è serio, impegnato ad osservare ogni impercettibile movimento del suo viso. Ogni tanto scende sulle gambe a seguire il movimento di quella destra tra acceleratore e freno, ma poi torna a fissare il suo profilo.
Corre nella notte in una città che sembra essere tutta per loro: libertà, eccitazione, trasgressione. Questo sente, mentre il rombo del motore le vibra dentro le ossa.  Adrenalina, ma tanto diversa da quella provata davanti al drago, un’adrenalina che fa bene, che fa sentire vivi, che dà sale alla vita, proprio come quella che si prova per un primo appuntamento. La sua serata perfetta, la sua serata romantica, la sua serata che la fa sentire viva… lui la fa sentire viva…
Frena sul pontile di Manhattan Beach, toglie le mani dal volante, le mette sul viso di Rick e lo bacia d’impeto, con passione, si stacca sorridendo sempre sulle sue labbra.
-Passeggiata sulla spiaggia deserta, signore?-
Lui annuisce soltanto, come se parlare potesse rovinare quel momento, lei si toglie le scarpe, le getta in macchina e comincia a correre verso la spiaggia, svolazzando dentro al vestito come una farfalla colorata. Rick non riesce a scollare gli occhi da lei. Bellissima! Una ragazzina felice e spensierata.
Forse era così Katherine Beckett prima che Johanna fosse uccisa, prima che il drago, suo padre, le togliesse la voglia di vivere.
Si rabbuia per un micro secondo, mentre lei si ferma di colpo e si volta, resasi conto che lui è rimasto fermo vicino all’auto. Stende la mano inclinando la testa e Rick, lascia giacca e cravatta accanto alle scarpe di lei e la raggiunge, si prendono per mano e lei appoggia la testa sulla sua spalla.
Camminano per parecchi minuti in silenzio, Rick le lascia la mano e le avvolge le spalle, appoggiando il viso sui suoi capelli. Arrivati ad un chiosco di bibite, chiuso e solitario, si accoccolano seduti sulla sabbia. Rick appoggiato ad una delle pareti del chiosco e lei con la schiena attaccata al suo torace, seduta tra le sue gambe. Restano in silenzio, una nelle braccia dell’altro a guardare lontano, oltre il mare, accompagnati solo dall’alito impercettibile dell’acqua, nel suo lieve movimento.
-Hai freddo?-
Le chiede strofinandole dolcemente le braccia. Lei risponde di no solo con la testa e gli si stringe di più addosso, perdendosi nel suo abbraccio.
-Grazie Rick!-
Sussurra Kate improvvisamente.
-Figurati… sono un maestro negli appuntamenti galanti.-
Lei muove ancora la testa negativamente.
-Non per questa sera, non solo! Per essere stato paziente, per non esserti arreso con me, per avermi fatto capire quanto desiderassi tornare a sognare... per avermi costretta a credere nella magia. Certe volte, quando stavo a casa da sola, mi ritrovavo a pensare di essere una causa persa. Io, al tuo posto, avrei lasciato perdere.-
Lui resta in silenzio per qualche altro secondo, guarda il mare davanti a loro, fino a che sospira sui suoi capelli.
-Hai presente Robin Hood?-
Lei aggrotta le sopracciglia, senza voltarsi.
-Robin Hood!?-
-Si, il Robin Hood di Kevin Costner. Quando lui è seduto sulla catapulta, per poter entrare in volo dentro le mura del castello. Morgan Freeman gli chiede se per la sua Lady Marion, ne vale pena. Lui risponde senza esitazione e si catapulta… vedi, io mi catapulterei per te… tu sei la mia lady Marion. Tu vali la pena, Kate Beckett… decisamente.-
Lei solleva la testa verso di lui e gli sfiora le labbra con le sue.
-E tu saresti Kevin Costner?!-
-Mmhh… io sono molto più bello!-
Ridono e rimangono occhi negli occhi.
-E’ vero! Tu sei più bello.-
Risponde lei appoggiandosi ancora contro il suo collo.
-Niente rimproveri sul mio ego? Sono davvero più bello di lui?-
Lei risponde stringendoselo contro, in silenzio, accarezzandogli le mani che la avvolgono.
-Non avrei dovuto lasciare la giacca in auto, hai le braccia gelate!-
Le sussurra stringendola di più a se.
-Non ho freddo, mi basta il tuo calore.-
-Sono lusingato Miledy, ma questo non toglie il fatto che sei gelata e poi, mi duole dirlo, ma sono le 2 del mattino.-
Le dice baciandola sulle labbra.
-Hai ragione… è davvero tardi! Andiamo Kavin Costner, ti accompagno a casa.-
Risponde lei. Si alza e gli tende la mano per aiutarlo ad alzarsi.
-Nemmeno per sogno, io ti accompagno a casa! Sennò che ci sarebbe di tradizionale in questo appuntamento?! E’ già tanto che sei venuta a casa mia in taxi.-
-Ma poi tu come torni, non puoi guidare!-
-Si che posso. Era una scusa per farti venire da me senza rovinarti la sorpresa. Guidi tu comunque fino a casa tua, lungi da me toglierti il divertimento e poi io me ne torno a casa mia, solo soletto… a meno che tu non…-
S’interrompe, quando la vede scuotere la testa, sollevando un sopracciglio.
-No eh? Non al primo appuntamento!-
Ancora un movimento negativo da parte di lei, che adesso arriccia anche le labbra.
-Non sei il tipo…-
Ancora un no secco della testa e l’espressione offesa.
-Immaginavo! Ho scelto io una brava ragazza… perciò non posso nemmeno lamentarmi!-
Lei sorride e lo prende per mano pronta ad avviarsi, lui invece la attira a se, stringendola tra le braccia e costringendola a perdersi ancora nei suoi occhi.
-Nemmeno se sfodero il mio proverbiale sguardo da cucciolo?-
-Ti posso permettere solo di accompagnarmi alla porta… se fai il bravo, ti concedo anche un caffè, così riuscirai a rimanere sveglio quando ti metterai alla guida per tornartene a casa tua…solo, soletto!-



Continua...


Angolo di Rebecca:

Che dire di questa serata?
A me è piciuta e credo anche a Kate...
e anche a Rick :p  che però se ne torna a casa solo soletto?!
Bruuum...bruuum!!!

Buona 5x01 *-*  <3

 

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Capitolo 40
*** Venticinque Minuti ***



...No eh? Non al primo appuntamento!Non sei il tipo… Immaginavo!
Ho scelto io una brava ragazza… perciò non posso nemmeno lamentarmi!

Nemmeno se sfodero il mio proverbiale sguardo da cucciolo?

Ti posso permettere solo di accompagnarmi alla porta… se fai il bravo, ti concedo anche un caffè,
così riuscirai a rimanere sveglio quando ti metterai alla guida per tornartene a casa tua…solo, soletto
!




 

La Resa Dei Conti


*
Venticinque Minuti
*
39° Capitolo 



 

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Entrano in casa mano nella mano e lei gli dà un bacio sulla guancia.
-Vado a mettermi qualcosa di comodo, tu intanto, puoi preparare il caffè!-
Rick sorride e annuisce.
-Agli ordini, capo!-
Torna qualche minuto dopo, con indosso un paio di pantaloncini bianchi e una maglietta rossa, scalza e i capelli tirati su goffamente, si siede sul divano e lui resta imbambolato a guardarla con le tazze di caffè tra le mani.
-Castle, devo farti venire qui vicino con l’aiuto di un navigatore, o ci riesci da solo?-
Lui sorride e sospira abbassando la testa sui caffè.
-Scusa… è solo che riesco a perdere la cognizione del tempo quando ti guardo.-
Anche lei sorride e batte la mano sul divano, per invitarlo a sederle accanto. Lui non se lo fa ripetere due volte e in men che non si dica, senza una spiegazione scientifica e comprovata, le tazze con il caffè fumante restano isolate sul tavolino, mentre loro si ritrovano sdraiati, uno sull’altra… a baciarsi… ancora!
Cercando di riprendere fiato, Kate guarda l’orologio sulla mensola e sorride maliziosa.
-Si può sapere cosa c’è di così divertente?-
Le chiede Rick, mentre continua a lasciarle piccoli baci sul collo, appoggiato cautamente accanto a lei.
-Niente!
Gli risponde, continuando a ridere e a sollevare la testa per assaporare i suoi baci.
-Come niente! Non è carino sai? Io ti bacio e tu, invece di apprezzare, ridi? Così mi smonti detective!-
Lei si fa un’altra risata e Castle di rimando ride appresso a lei, anche se non sa il perché e non gli interessa. Sa solo che è bellissima. Per tutta la sera è stata una ragazzina e anche adesso, ha l’aria di un’adolescente che si diverte a scoprire i fatti piccanti della vita e lui non può fare a meno di essere felice al solo sentirla ridere.
-Vuoi sapere cosa trovo divertente?-
Lui le lascia un’altra scia di baci andando dalla guancia al collo e ritorno, mugugnando una specie di ‘mmhh’…
-Ci stiamo baciando esattamente da 25 minuti.-
Lui si stacca improvvisamente dalla sua pelle, corrucciando la fronte.
-Fammi capire. Cronometri le nostre effusioni?-
Lei ride ancora, mordendosi il labbro, sollevando la testa all’indietro e lui continua a pensare che è meravigliosa; per quanto ci provi, non riesce a trovare nessun altro aggettivo.
-No. Non cronometro niente, è solo che quando ci siamo sdraiati, ho guardato per caso l’orologio e adesso, riguardandolo, mi sono resa conto che sono passati  25 minuti. Siamo stati capaci di baciarci per 25 minuti consecutivi, capisci?-
-E allora? Io potrei stare qui a baciarti in eterno!-
-Ma non ti ricorda niente tutto questo?-
Lui corruccia ancora la fronte e lei continua imperterrita, nella spiegazione del suo film mentale.
-Lunghi baci per pomeriggi interi, sul divano, mentre la casa è vuota perché i genitori sono al lavoro. Mi sembra di essere tornata ai miei 16 anni, quando passavo delle ore tra le braccia del ragazzo che mi piaceva e ci baciavamo…-
Lui si solleva e la guarda scocciato.
-Va bene, ora sono davvero smontato! Non continuare, non voglio sapere i particolari dei tuoi 16 anni.-
-Ci baciavamo e… basta Castle! Avevo 16 anni… con chi credi di parlare? Sto solo cercando di dire che ci stiamo comportando come due adolescenti.-
Gli prende il viso tra le mani e lo bacia con dolcezza, lui la avvolge in uno stretto abbraccio, mentre lei gli accarezza la schiena con le mani sotto la camicia, ritrovatasi improvvisamente fuori dai pantaloni, la dolcezza diventa foga e il bacio si fa intimo… troppo! Questa volta lei non conta i secondi, o i minuti, ma lui si stacca improvvisamente e sorridendo sulle sue labbra, sospira.
-E da bravo sedicenne, adesso ti dico che si è fatto tardi ed è meglio che vada, prima che torni tuo padre!-
-Seriamente? Vuoi davvero tornartene a casa solo soletto?-
Gli chiede lei continuando a ridere divertita e con l’espressione ancora più maliziosa.
-Dopo 25 minuti di baci e un paio di carezze come queste, credo proprio di dovere andare, altrimenti non rispondo più di me; la tempesta ormonale adolescenziale che mi stai provocando, potrebbe prendere il sopravvento... e poi, non hai lasciato ad intendere che non vai oltre i baci, al primo appuntamento?! Io sono un gentiluomo!-
Lei incatena lo sguardo dentro l’oceano che sono i suoi occhi.
Per un momento rivede Lucas che lo colpisce ripetutamente e le si attorciglia lo stomaco. Rivede il sangue sul suo viso, coperto ancora adesso dai lividi che stanno schiarendo e sfiora delicatamente con due dita la garza bianca che protegge la ferita. Rivede le lacrime dentro i suoi occhi mentre Victor Jordan moriva, e il suo sorriso si spegne improvvisamente, pensando che adesso potrebbero essere morti e lei, per la sua testardaggine, il suo orgoglio e il suo mondo chiuso, sarebbe morta senza mai avere assaporato realmente la vita… la vita insieme a lui.
Rick si rende conto che è diventata seria e che la sua mente sta vagando da qualche altra parte, lontano da lui, le prende la mano e gliela bacia. A quel tocco Kate torna alla realtà, torna dentro i suoi occhi e trattiene il respiro.
-Resta!-
Sussurra seria, mentre gli occhi le brillano come piccole stelle e il suo viso s’intona perfettamente con il colore della maglia che indossa.
Lui le lascia un ultimo bacio sulla mano e si scosta di poco da lei, per riuscire a guardarla dritto negli occhi.
-E’ davvero questo quello che vuoi, Kate?-
Le chiede serio e lei abbassa lo sguardo.
Si sente avvampare e prova una strana sensazione alla bocca dello stomaco: una sensazione di delusione. Non si aspettava che rispondesse con quella domanda, non si aspettava che potesse rifiutare il suo esplicito invito. Alza di nuovo lo sguardo su di lui.
-Solo se vuoi, naturalmente! Non è obbligatorio…-
Il tono è diventato freddo e lui se ne rammarica.
-Certo che lo voglio, non c’è niente che desideri di più… ma domani?-
Continua in un sussurro, sempre con lo sguardo incatenato nei suoi occhi, mentre lei risponde ancora con una punta di rabbia nella voce.
-Cosa vuol dire… domani!?-
-Domattina apri gli occhi, ti rendi conto di cosa è successo e mi chiedi a brucia pelo cosa diavolo ci faccio nel tuo letto!?-
Lei abbassa lo sguardo.
Non la sta rifiutando.
Ha paura!
Nonostante si siano dichiarati, nonostante non riescano più a stare lontani, nonostante la serata splendida trascorsa insieme, lui ha paura che possa ancora scappare, tirarsi indietro. Alla fine come dargli torto?
Alza gli occhi e si perde di nuovo dentro i suoi.
-Non scapperò Rick! Domattina ti dirò semplicemente ‘buon giorno!’-
Gli risponde seria e lui le accarezza i capelli.
-Davvero? Non lo sopporterei Kate, a questo punto mi distruggeresti. Non ti permetterei di cacciarmi via, non ti permetterei di scappare, anche a costo di incatenarti a me.-
Lei gli dà un bacio a fior di labbra.
-Sono già incatenata a te Rick!-
Lui scuote la testa.
-Te lo chiedo ancora Kate: lo vuoi davvero… adesso? Io sono disposto ad aspettare tutto il tempo che ti serve, voglio solo che poi non te ne penta!-
Lei lo fissa seria, lo accarezza con lo sguardo per tutto il viso. Si sofferma per un attimo sulle sue labbra. Quelle labbra che ha assaporato per tutta la sera. Quelle labbra al gusto di fragole, crema, cioccolato e caffè. Vuole di più da quelle labbra, adesso.
Riporta lo sguardo sui suoi occhi e gli mette la mano sul viso.
-Voglio che resti con me, non solo stanotte. Voglio che mi stringi e mi baci, non solo stanotte. Voglio che mi ami e che mi permetti di amarti, non solo stanotte e domattina… ti darò il buon giorno…-
Lui la guarda ancora scettico.
-…E  pretenderò anche, che mi prepari la colazione.-
A questa frase Rick sorride.
-Questo sarebbe un grosso ostacolo. Preparare la colazione soltanto con l’aria fredda del tuo frigo, usando per contorno l’eco che l’accompagna, sarebbe difficile anche per il più grande chef al mondo!-
-Ah-ah-ah… spiritoso! Se ti dicessi che oggi ho fatto la spesa?-
Lui solleva un sopracciglio, come fa lei di solito.
-Tu… hai fatto la spesa!?-
-Ahah!-
Mugugna lei mordendosi un dito con fare malizioso.
-Davvero!? Hai fatto la spesa… cioè, sei entrata in un supermercato e hai comprato cose commestibili per rendere felice il tuo frigo?-
-Pensa Castle, ho perfino preso un grande carrello invece di un piccolo cestino!-
Ribatte lei ridendo, sempre col dito tra le labbra.
-Addirittura hai riempito un carrello?-
-Si… e solo con la premeditazione di farti preparare la colazione. Puoi sbizzarrirti e cucinare tutto quello che vuoi… Ho comprato un mucchio di roba, panna compresa!-
Sul viso di Rick si apre un sorriso che va da un orecchio all’altro, i suoi occhi brillano più del solito, mentre lei continua a ridacchiare con quel dito tra le labbra e lui rimane imbambolato a pensare che, in questo momento, è così dolce e provocante che se la mangerebbe a morsi, letteralmente.
Lei lo accarezza ancora sulla schiena, sollevando lentamente la camicia, lui chiude gli occhi e la bacia come se volesse mangiarsela davvero.
-Adesso che finalmente è tutto finito…-
Sussurra lui con le labbra sulle sue, ma lei lo zittisce, mettendoci un dito sopra.
-No Castle, stavolta ti sbagli. Non è tutto finito, tutto è appena cominciato!-
Accarezza ancora la garza sullo zigomo, si solleva di poco e lo bacia sul collo.
-Che ne dici se andiamo in camera da letto?-
-Uh, la nostra detective vuole tutte le comodità!-
-Volevo far stare comodo te, sei ancora indolenzito e passare tutta la notte su questo divano non giova alle tue vecchie ossa!-
Risponde lei, sempre con quell’espressione da ragazzina, lui fa il tonto sgranando gli occhi.
-Tutta la notte? E che mai dovremmo fare tutta la notte nella tua camera da letto!?-
Kate continua a ridere, sta per baciarla ancora, ma lei sguscia via come un’anguilla, arriva in fondo alla stanza e si volta, lui è ancora disteso sul divano. Le costole gli danno ancora fastidio e i movimenti sono leggermente impacciati, così torna indietro, ancheggiando più del dovuto, gli tende la mano e lo aiuta ad alzarsi.
Occhi negli occhi si ritrovano sul letto e dopo un tempo indefinito, si stanno ancora baciando. La camicia e la maglia sono finite sul pavimento, mentre il resto dei vestiti è ancora a posto, si accarezzano e assaporano con una calma disarmante. Non hanno fretta, l’unica cosa che vogliono è memorizzare ogni istante e ogni sensazione, come fosse la prima volta.
Da quel momento, niente li avrebbe più riportati indietro.
Dopo quei giorni infernali, in cui hanno rischiato reputazione, libertà, lavoro, amici e per ultimo la vita, dopo aver desiderato dannatamente di potere continuare a vivere aggrappandosi l’uno all’altra, quello che stanno per assaporare adesso, è tornare appieno alla vita.
Sempre lentamente si liberano del resto dei vestiti e si guardano; osservano e studiano i loro corpi nudi. Kate sfiora i lividi, ancora ben visibili sul suo torace, li bacia a fior di labbra per non provocargli dolore, facendolo sospirare di piacere, fino a che Rick la prende per mano e la solleva su di sé. La guarda con un sorriso dolcissimo, le accarezza il viso prima di baciarla ancora, adesso molto più intimamente di prima e sempre con lentezza continuano ad accarezzarsi, baciarsi, esplorarsi. Si guardano di continuo, come attratti da una calamita, mentre i loro corpi s’incastrano perfettamente e gemono, sussurrando i rispettivi nomi in modo quasi impercettibile. Per il resto della notte vivono pelle contro pelle, mano nella mano, labbra sulle labbra, sfiorandosi addosso con piccoli, soffocati ‘ti amo’, fino a che Kate si stringe a lui, appoggia la testa accanto al suo viso e tra altre carezze, piccoli tocchi e baci a fior di labbra, chiude gli occhi e assapora, fingendo di dormire, l’ultimo, dolcissimo bacio che il suo uomo le poggia leggermente sulla fronte.
 
L’orologio segna le 9.10 quando Castle si sveglia. Tiene stretta la sua donna e la guarda dormire, con un sorriso estasiato sulle labbra. Disegna il suo viso muovendo il dito in aria, senza toccarla per non svegliarla, poi non resiste e le soffia teneramente sul naso. Lei stringe le palpebre e si accuccia ancora di più, lui ripete l’operazione ‘adesso ti sveglio’ e lei si rannicchia sotto le coperte stringendosi sul suo petto, questo gli provoca una fitta alle costole e non riesce a trattenere un lamento, solo in quel momento lei si sveglia completamente, si guarda intorno come spaesata, poi guarda l’uomo sotto di lei, sgrana gli occhi e si solleva improvvisamente sulle braccia.
-Castle! Cosa diavolo ci fai tu nel mio letto?-  Solleva le coperte guardandoci dentro. -Nudo per giunta!-
Lui alza gli occhi al cielo e sbuffa.
-Oh… Kate! Ti prego…-
Si guardano seri per un attimo e poi lei comincia a ridere mentre lo bacia sul collo.
-Buon giorno!-
Lui non risponde e lei si solleva per arrivare alle sue labbra.
-Ho detto buon giorno…-
-Ho sentito!-
Risponde lui secco, fingendo di mettere il broncio, ma lei ha l’espressione così da ‘cerbiatta’ che non riesce a mantenerlo e le sorride.
-Buon giorno a te straordinaria, meravigliosa creatura!-
Lui fa per alzarsi, ma lei lo blocca nella stessa posizione.
-Dove credi di andare così di fretta?-
-Milady non ha ordinato la colazione?-
Lei si stringe forte a lui, appoggiando la testa accanto al collo.
-Non ancora, voglio restare sotto le coperte abbracciata a te, la colazione può aspettare.-
Si solleva avvicinandosi alle sue labbra, si guardano seri.
E’ lei che lo bacia, prima sfiorandolo, per poi premere le labbra contro le sue e farsi strada nella sua bocca. Sorridono quando si staccano e lui le prende il viso tra le mani.
-Ripetilo Kate.-
-Cosa?-
-Ripeti quello che mi dirai, da adesso in poi, ogni mattina appena sveglia.-
-Cosa diavolo ci fai nel mio letto?!-
-Fantastico… la nostra detective ha assaporato l’ebbrezza della battuta!-
Esclama lui cantilenando e lei ride, gli mette la mano sul viso e gli posa un bacio sulla guancia.
-Buon giorno, ogni mattina, da ora e per sempre… buon giorno.-
Sussurra, appoggiando ancora la testa sul suo petto.
Restano così in silenzio per un po’, fino a che Rick, si rende conto che lei si è riaddormentata. Le posa un altro bacio sui capelli e, facendo attenzione a non svegliarla, si alza.
Dopo circa un’ora Kate si risveglia, guarda accanto a se e corruccia la fronte, non si era resa conto di essersi riaddormentata. Si mette seduta in cerca di qualcosa da mettersi addosso, sente un buon profumo arrivare dalla cucina e si morde il labbro inferiore.
Si affaccia alla porta, Rick sta mettendo a posto delle stoviglie che ha già lavato e asciugato. Sulla cucina ci sono solo il bricco del caffè e due tazze, ma niente cibo, eppure l’odore di dolce è intenso e soprattutto buonissimo. Lui si sente osservato e si volta di scatto.
-Ehi… ben tornata dormigliona! E poi quello che non sente nemmeno le bombe sarei io?-
-Stanotte qualcuno non mi ha fatto dormire!-
Risponde lei sollevando il solito sopracciglio con le mani ai fianchi e lui comincia ad adorare quella sua aria maliziosa, sconosciuta fino ad allora.
-Siediti, comincia con il caffè, la ciambella è in forno.-
-Ciambella? Hai preparato una ciambella, in meno di un’ora?-
Lui sorride compiaciuto.
-Sicuro, 5 minuti ed è pronta, calda calda da mangiare.-
Si sporge per darle un bacio, ma lei si defila dirigendosi verso il forno e lui sbuffa.
-Rick! Il profumo è pazzesco e sembra anche che stia venendo su bene.-
-Perché tanta meraviglia? Perché credete tutti che le mie doti culinarie siano false? Io so cucinare sul serio! Certo, i miei esperimenti a volte sono disastrosi, però con le ricette tradizionali sono bravissimo. Ora torna a sederti.-
Lei obbedisce e resta in silenzio ad ammirarlo, mentre sforna quella fragrante e profumata ciambella, metà bianca e metà cioccolato.
Con la cura e l’eleganza imparata osservando James, lui ne taglia una generosa fetta, la sistema su un piattino e la guarnisce con qualche ciuffetto di panna, porgendola alla sua musa e, appoggiando i gomiti al bancone, resta a guardarla mentre ne addenta un morso.
-E’… è buonissima Castle!-
-Lo so.-
Risponde semplicemente lui, pieno di orgoglio, sporgendosi verso di lei per tirarle via la panna che le è rimasta al lato della bocca, con le sue labbra.
-Oggi devo assolutamente sbrigare una faccenda e vorrei che tu venissi con me.-
-Cosa devi fare?-
-Vorrei che venissi con me e soprattutto vorrei che non facessi domande.-
-Le domande sono il mio pane quotidiano Castle!-
Risponde lei con tono autoritario e lui sorridendo le bacia la punta del naso.
-Ma sei in ferie detective, perciò oggi niente domande!-


Continua...



Angolo di Rebecca:

E così Riccardone non è tornato a casa solo soletto :)
Kate è diventata più spiritosa e ormai è tornata indietro nel tempo... è una sedicenne *-*
Il giorno che ho scritto questo capitolo, ho fatto una ciambella e quando ne ho addentato un pezzo,
ho pensato alla loro colazione, niente pancake, ma vi assicuro che la cimbella è proprio buona...
ANCHE SE AGATA NON L'HA VOLUTA ASSAGGIARE!!! 
Grazie a Emily27 che mi ha concesso di usare e modificare una sua creazione... Grazie Cri


<3

 

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Capitolo 41
*** Non Nasconderti ai miei Occhi ***


...Oggi devo assolutamente sbrigare una faccenda e vorrei che tu venissi con me.
Cosa devi fare?
Vorrei che venissi con me e soprattutto vorrei che non facessi domande.
Le domande sono il mio pane quotidiano Castle!
Risponde lei con tono autoritario e lui sorridendo le bacia la punta del naso.
Ma sei in ferie detective, perciò oggi niente domande...



 

La Resa Dei Conti


*
Non Nasconderti ai miei Occhi

*
40° Capitolo 

 

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Dopo aver fatto fuori più di metà ciambella, ed essere passati al loft, per consentire allo chef di cambiarsi, Kate parcheggia a dieci chilometri da casa e, dopo essere scesi dall’auto, viene presa per mano e praticamente trascinata dal suo scrittore dentro ad un bar.
Per tutto il tragitto lui ha dato le indicazioni e lei non ha chiesto niente, non ha fatto domande come promesso, ma la curiosità la sta, visibilmente, logorando.
-Buon giorno signor Castle!-
La ragazza dietro al bancone lo saluta con un bellissimo sorriso.
-Buon giorno a lei, un sandwich al prosciutto da portare via per favore.-
La ragazza si allontana per preparare l’ordinazione, Beckett lo guarda con aria interrogativa e lui ricambia con aria innocente.
-Che c’è?-
-Niente… non ti chiederò perché abbiamo fatto dieci chilometri in macchina per venire in questo bar, dove una ragazza, oltretutto molto bella, ti conosce bene, per ordinare un… un sandwich al prosciutto?!-
Termina la frase corrucciando la fronte.
Perché solo uno?
-Brava!-
Risponde lui prendendo il sandwich e una volta fuori, sempre trascinandola per mano, si dirige verso il giardino comunale, guardandola sott’occhio.
-Non guardarmi così Castle. Non ti chiederò perché abbiamo fatto, sempre dieci chilometri, per venire a passeggiare al giardino comunale con un sandwich al prosciutto, quando potevamo andare a mangiare qualcosa di buono al Central Park, che oltretutto è vicino  casa!-
-Brava! Adesso ci sediamo e aspettiamo.-
-Non ti chiederò nemmeno chi o cosa aspettiamo!-
-Brava!-
Castle si diverte un mondo, lei è rosa dalla curiosità e quando sta per sedersi sulla panchina vicina, lui la ferma.
-No! Non qui, là.-
Fa cenno con la mano verso una panchina ad un paio di metri da loro e lei sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
-E non ti chiederò nemmeno perché questa panchina non va bene, ma va bene quell’altra!-
-Brava!-
Si siedono e restano in silenzio mentre Castle scarta il sandwich e resta a guardarlo.
Fingendo di godere del sole sul viso, Kate lo osserva attentamente. Tiene i gomiti appoggiati alle ginocchia e la sua espressione è come assente. Ha l’impressione che la sua mente si sia improvvisamente allontanata da lì e che quel panino lo abbia riportato dentro un ricordo doloroso. Si sporge in avanti assumendo la sua stessa posizione, seguendo la traiettoria del suo sguardo, che adesso si è spostato dal sandwich al prato davanti a loro.
Un uomo, con un bambino sulle spalle, corre tutto intorno a mò di cavallo, mentre il piccolo ride e urla di gioia.
E’ arrivato il momento!
Nei giorni passati avevano fatto finta di niente, non avevano più parlato di cosa fosse successo realmente nello studio del governatore Jordan, avevano sorvolato su tutte quelle occasioni in cui lui, improvvisamente, si estraniava e si allontanava da lei, come se avesse pudore di starle vicino. Dopo un attimo passava, ma questo stava logorando lui e preoccupando lei.
Era arrivato il momento di mettere fine a questa colpa insensata.
-Tutte le volte che mi allontanerai, io ti stringerò ancora più forte, finchè la tua ferita non sarà guarita.-
Sussurra improvvisamente. Castle sembra riscuotersi dal suo mondo e si volta a guardarla con l’espressione corrucciata, mentre lei continua a guardare dritto davanti a sé.
-Quella sera, all’hangar, hai detto queste esatte parole mentre il mio cuore sanguinava.-
Ricambia il suo sguardo. Lui ha l’espressione sempre più stupita, non riesce a capire perché quel ricordo a bruciapelo e soprattutto così all’improvviso. Lei lo fissa seria, con quella rughetta di preoccupazione al centro della fronte.
-Questa notte abbiamo fatto l’amore per la prima volta Rick, ed è stato splendido! Non sono mai stata così al sicuro in tutta la mia vita, ho avuto la certezza assoluta che tra le tue braccia non potrà succedermi mai più niente di male. Per ore siamo stati una cosa sola e da adesso in avanti è questo che spero saremo, una cosa sola. Anche tu, tra le mie braccia, dovresti sentirti al sicuro. Quello che hai detto all’hangar non deve essere a senso unico. Non allontanarmi Rick, permettimi di stringerti e curare le tue ferite.-
Sussurra ogni singola parola con calma, gli occhi lucidi e un sorriso dolcissimo sulle labbra. Lui continua a non capire.
-Cosa provi veramente? Da quella notte non ne hai più fatto parola. Abbiamo raccontato la dinamica dei fatti così tante volte durante gli interrogatori del giudice federale, che ci siamo convinti che le cose siano andate esattamente in quel modo!-
Castle torna a guardare davanti a sé l’uomo e suo figlio che, adesso, tirano calci ad un pallone.
-Abbiamo romanzato solo la parte dei documenti, il resto è solo la verità.-
Anche lei sposta di nuovo lo sguardo lontano, oltre le panchine, su quel prato in cui il bambino ha appena fatto un goal al padre, che lo prende tra le braccia e lo fa roteare per aria.
-Non è vero Rick. Dentro quella stanza sono morte tre persone e la verità è che una di loro era tuo padre. Questa è una ferita che sanguina ancora e che non puoi nascondere.-
Nota Rick irrigidirsi, serrare la mascella e abbassare la testa.
-Non ho nessuna cicatrice, tranne quella che resterà per sempre sullo zigomo e non provo nessun dolore, tranne quello alle costole.-
Dice tutto d’un fiato e quando la vede scuotere la testa, continua.
-Quell’uomo era senz’anima. Ha ucciso tua madre, ha ucciso Montgomery, voleva uccidere noi… ti ha picchiato Kate!-
Si volta a guardarla di scatto, come se fosse di nuovo dentro quella stanza, davanti al drago, mentre lei a terra, con il labbro spaccato, continuava a sputargli in faccia il suo odio.
-Non era nessuno per me, solo un… assassino…-
Man mano che parla, il tono si fa più forte, ma si blocca improvvisamente serrando per l’ennesima volta la mascella.
-Non provo niente per lui, non sento dolore per lui… io...-
Abbassa di nuovo la testa, voltandola addirittura dalla parte opposta a quella della donna che gli siede accanto.
-Io… non… dovrei… provare niente per lui…-
L’ultima frase è un sussurro e lei gli mette la mano sul ginocchio avvicinandosi ancora di più.
-Lo stai facendo di nuovo Rick, ti stai nascondendo ancora da me. Come quella sera. Ti sei lasciato andare tra le mie braccia, ma non per cercare conforto, lo hai fatto soltanto per nascondermi le lacrime che non sei riuscito a fermare davanti alla sua morte.-
-Mi dispiace Kate!-
Continua a non guardarla e a sussurrare.
-Dovrei provare indifferenza per la sua morte, ma non ci riesco, non… non ho ancora capito perché… perché mi ha salvato la vita.-
Quelle parole sono rotte dallo stesso nodo in gola che ha sentito quella sera, quando Victor Jordan era morto praticamente tra le sue braccia.
Lei lo costringe a guardarla. Ha di nuovo gli occhi pieni di lacrime e l’espressione distrutta del momento in cui ha scoperto la verità. Gli sorride e gli accarezza i capelli.
-Per lo stesso motivo per cui Roy ha salvato me, lo hai detto tu stesso Rick. Montgomery mi doveva qualcosa, così come Jordan era in debito con te.-
Lui scuote la testa.
-Non mi doveva niente, non ero niente per lui.-
Lei gli stringe la mano e sposta lo sguardo sul prato.
-I legami sono strani Rick, qualunque sia la loro natura. Roy non era mio padre, ma mi ha amato come se lo fosse stato, all’inizio forse era il senso di colpa, ma in seguito mi ha amato senza riserve.-
Anche lui ora guarda il prato. Il bambino e il suo papà, stanno ancora giocando e sembrano così sereni e felici.
-Victor Jordan era tuo padre, che ti piaccia o no. Non avevate niente in comune e non vi siete mai conosciuti, ma è bastato sapere la verità per cambiare ogni cosa, in un solo attimo, nella tua vita e anche nella sua. Quando gli hai raccontato la vostra storia, la prima cosa che ha pensato è stata che tua madre lo aveva defraudato di una sua proprietà, ma quando gli hai sputato contro che lei ti aveva portato via dalla spazzatura… i suoi occhi si sono spenti. In un attimo ha avuto la sensazione che il suo potere non valesse niente davanti alla rabbia e al dolore che ha visto nei tuoi occhi. Ha capito di essersi perso qualcosa di più importante.-
L’uomo e il figlioletto stanno andando via, il padre gli sistema il cappellino e lo aiuta a mettere il giubbotto, Castle li guarda allontanarsi mano nella mano. Sono due figure rese indistinte e sfocate dalle lacrime che premono sui suoi occhi, ma che ancora non sono scese sul viso.
Kate ha ripreso a parlare, la sua voce è così dolce, che lui non può fare a meno di guardarla.
-Forse è vero che nasciamo con un destino già segnato. Abbiamo l’opportunità di scegliere della nostra vita, del nostro futuro. Prendiamo decisioni che, giuste o sbagliate, ci portano in una certa direzione, ma alla fine, in un modo o nell’altro, ci ritroviamo sempre dove dovremmo essere, nel posto che è stato scelto per noi fin dall’inizio. Quello era il suo posto Rick. Alla fine è stato tradito proprio dal sentimento, quel sentimento che, per tutta la vita, ha ritenuto effimero. Quel sentimento che offusca il cervello, quel sentimento che può far male al cuore… e ha provato l’unico rimpianto della sua vita: quello di non essere stato tuo padre e non perché Martha ti ha portato via da lui, ma perché lui l’ha costretta a farlo. Ti doveva qualcosa Rick, quello era il suo posto.-
Lui continua ad ascoltarla in silenzio, le lacrime ormai hanno inondato il suo viso e lei gliele asciuga teneramente.
-Era un assassino, un uomo che aveva scelto la sua strada, ma era tuo padre e non puoi sentirti in colpa se hai provato dolore nel vederlo morire, specie dopo che ti ha salvato la vita. Lo ha fatto d’istinto, certo questo non cancella quello che era, ma lo ha reso umano. Non nascondere questo dolore dentro di te come una vergogna… non ai miei occhi.-
Rick guarda di nuovo il parco giochi davanti a se, poi abbassa gli occhi sul panino che stringe ancora in una mano e sospira, cercando di ricacciare indietro quel nodo alla gola che lo ha fatto piangere come un bambino davanti alla donna che ama.
-Vorrei riuscire a provare odio. Vorrei riuscire a pensare a lui e provare nient’altro che indifferenza… e ci riesco pure quando ricordo la sua risata cattiva, i lividi sul tuo viso… ma poi rivedo i suoi occhi sgranati mentre si accascia davanti a me, la sua mano tremante e… e non posso fare a meno di sentire un immenso dolore, un dolore che, davanti a te, non ho il diritto di provare…-
Lei lo ferma, mettendogli un dito sulle labbra.
-Perché? Che male c’è in tutto questo?-
Lui la guarda confuso, non riesce a capire la serenità che vede nei suoi occhi e che sente nella sua voce mentre gli parla.
-Come che male c’è in tutto questo? Mi sento come se ti tradissi!-
Lei scuote la testa e sorride, un sorriso amaro stavolta.
-Io… ho quasi tradito tutti voi… e soprattutto… ho quasi tradito me stessa!-
Quando nota l’espressione ancora più confusa di Rick, abbassa lo sguardo sulle loro mani intrecciate.
-Devo confessarti una cosa Rick. Io credo di non aver mai cercato giustizia per la morte di mia madre! Quello che volevo veramente, era vedere il suo assassino morire ai miei piedi, volevo ficcargli un proiettile in corpo e volevo che mi guardasse in faccia prima di morire… e questa non è giustizia, questa si chiama vendetta. Una vendetta che avrebbe reso libero il mio cuore, libero di vivere di nuovo. Almeno questo era quello che credevo. Ma improvvisamente ho capito che così avrei tradito me stessa e quello in cui credeva mia madre, per non parlare di tutti voi che avete rischiato tutto per me.-
Lui la guarda serio, stringendole più forte la mano.
-Cos’è cambiato allora?-
Lei ha lo sguardo fisso davanti a se come se fosse tornata, per l’ennesima volta, dentro al dolore della sua vita.
-Mentre ero davanti a lui e gli puntavo la pistola, mi sono resa conto che pensavo solo a te, quello che volevo era mettergli le manette e tornare da te… questa è giustizia! All’improvviso è stato tutto chiaro, ho capito che il mio cuore era già libero.-
Sorride, scuotendo la testa. Continua a guardare verso il prato e, sull’erba, vede scorrere le immagini sfocate degli ultimi quattro anni della sua esistenza.
-Io ho ricominciato a vivere quando tu sei entrato prepotentemente nella mia vita. Il mio cuore ha riacquistato la libertà quella sera all’hangar, quando mi sono arresa a perdermi nei tuoi occhi, quando hai asciugato e baciato le mie lacrime. Il mio cuore ha ricominciato a volare quando hai pronunciato quelle due piccole parole. Il sacrificio di Roy, l’amicizia incondizionata di Lanie, Esposito, Ryan e anche di Stan, l’affetto di Martha e Alexis… il tuo amore, mi hanno fatto capire cosa veramente era giusto.-
Si asciuga un’unica lacrima che è sfuggita al suo controllo, mentre continua a sorridere ai ricordi.
-E poi, quella sera, davanti a tuo padre, tra paura e rabbia, tu gli hai preso la mano e gli hai rivelato che tua madre non lo ha mai dimenticato, per tranquillizzarlo mentre moriva. Hai provato pietà per lui, nonostante il dolore che sentivi nel cuore… avrei dovuto odiarti per questo, avrei dovuto sentirmi ferita, invece non ho potuto fare a meno di essere orgogliosa dell’uomo che sei. Un ragazzino dal cuore grande.-
Rick rafforza la stretta alla sua mano, china la testa e sospira per ricacciare indietro le lacrime, ma non ci riesce. La notte appena trascorsa gli ha detto di amarlo infinite volte mentre facevano l’amore, ma quello che gli sta dicendo adesso va oltre l’amore, va oltre la passione. E’ qualcosa d’invisibile a cui non riesce a dare un nome preciso e che gli sta provocando un’emozione indescrivibile. Si rende conto che lei continua a parlare come non ha mai fatto, come un fiume in piena che ormai ha rotto gli argini e nessuno può fermare.
-Tu sei stato come la goccia che giorno dopo giorno, con calma e regolarità colpisce la roccia e piano la scalfisce; sei stato al mio fianco ogni giorno, non solo alla fine di questa storia. Io sono qui grazie al tuo amore… e se adesso dovrai appoggiarti tu a me, per superare tutto e per andare avanti, non c’è niente di male. Io sono pronta!-
La guarda con lo sguardo implorante, non riuscendo ad immaginarsi più senza di lei.
-Se… se non ci fossi tu! Io… non potrei farcela senza di te, adesso più che mai!-
-Io sono qui Rick!-
Lei continua a guardare il prato, ormai vuoto dopo che il bimbo e il suo papà sono andati via, tenendosi per mano.
-E, per citare qualcuno a caso, ci sarò… sempre!-
Solo ora si volta a guardarlo, occhi negli occhi e lui, finalmente, sorride.
Lo sguardo assente è sparito, lasciando il posto alla luce meravigliosa che emanano i suoi occhi quando si posano su di lei.
-Sempre Beckett? Guarda che è un periodo lunghissimo per dovermi sopportare.-
-Mmhhh… direi che mi sono sempre piaciute le sfide, Castle!-
Lo bacia dolcemente, poi si ferma ad un paio di centimetri dal suo viso e gli accarezza la nuca.
-Ora posso sapere perché mi hai portata a dieci chilometri da casa, per comprare un panino che sta diventando secco al sole?-
Rick ride e solleva spalle.
-Ho un debito da pagare ad un amico, ero sicuro di trovarlo ancora qui… ma forse è troppo tardi… spero solo che non gli sia successo niente di male.-
Lei corruccia la fronte aspettando una spiegazione, quando un leggero mugolio attira i loro sguardi dietro la panchina su cui sono seduti.
-Ciao piccolino! Eccoti finalmente, credevo non arrivassi più!-
Il cucciolotto gli si para davanti con la zampetta alzata e abbaia un paio di volte per salutarlo e, mentre Rick lo accarezza avidamente dietro le orecchie, si sposta verso Kate e le mette le zampette sopra le gambe, abbaiando e scodinzolando come se la conoscesse già e lei, non può che esserne meravigliata.-
-E tu chi sei?-
Gli chiede con dolcezza, accarezzandolo anche lei, mentre Castle lo prende in braccio.
-Lui è… beh, un nome glielo troviamo dopo, intanto sappi che è un mio caro amico. Piccolo ti presento Kate… sai, lei è la donna di cui ti ho parlato.-
Il cagnolino abbaia per le presentazioni e Kate si mette a ridere, continuando ad accarezzarlo.
-Tu… hai parlato di me… a lui!-
Esclama titubante e Castle annuisce.
-Gli ho raccontato tutto, di tuo padre, del governatore, che eravamo in un mare di guai e lui mi ha ascoltato con molta attenzione, mi ha promesso che avrebbe mantenuto il segreto.-
-Già! Sembra un tipo riservato.-
Risponde lei, mentre il cucciolo ha adocchiato il sandwich e Rick lo fa a pezzetti, per offrirglielo poco per volta.
-Mi è dispiaciuto di averti lasciato in mezzo alla strada, scusami, ma non mi sono dimenticato di te. Ti devo tanto amico mio.-
Il cucciolo gli mette le zampette anteriori sulle spalle e scodinzola, guardando prima lui e poi Kate in continuazione.
-Ti va di venire in un posto con me?-
Gli sussurra Castle e lui gli da una leccatina sul mento, scodinzolando.
-Pare sia pronto a seguirti in capo al modo, Castle! Chissà perché, ho l’impressione che il nostro amico tra un po’, vivrà beato dentro un loft.-
Castle lo mette a terra, dandogli l’ultimo pezzetto di sandwich, si alza, porge la mano a Kate e, senza dire una parola, si avvia verso l’uscita. Dopo cinque o sei passi, si rende conto che il cagnolino non lo segue, è rimasto seduto, vicino alla panchina con il musetto all’insù a guardarlo fisso. Castle sorride mesto, ricorda quando è uscito da quel parco lasciandolo solo e, a quanto pare, lo ricorda pure lui, perché continua a non muoversi e a guardarlo con curiosità. Gli si avvicina e si mette in ginocchio, come la volta precedente gli prende le zampette e lo solleva verso di se.
-Hai ragione a non fidarti, l’altra volta non sono stato proprio un amico, ma ero davvero disperato. Però non mi sono dimenticato di te, sei stato il mio primo pensiero appena le costole me lo hanno permesso. Vorresti darmi una seconda opportunità… Mi perdoni?!-
Kate guarda la scena sorridendo, il viso di Rick ha la stessa espressione del cucciolo, che lo guarda curioso, finchè abbaia un paio di volte e, con un’altra leccatina sotto al mento, gli risponde che è pronto a fidarsi.



Continua...



Angolo di Rebecca:

Kate è stata di una dolcezza infinita...
Ha capito il dolore di Rick, lo ha assimilato e ha reagito.
Gli ha aperto il cuore, gli ha detto la verità, gli ha parlato con serenità... 
e questo è stato per lui, più che una dichiarazione d'amore!
E poi... ecco la cosa importante che aveva da fare Rick... il cucciolotto!
Ora se lo porta via!!!
*-*

Buona 5x03  <3 

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Capitolo 42
*** Un piccolo Spazio dentro al Cuore ***



...Kate guarda la scena sorridendo, il viso di Rick ha la stessa espressione del cucciolo, che lo guarda curioso,
finchè abbaia un paio di volte e, con un’altra leccatina sotto al mento, gli risponde che è pronto a fidarsi...



 

La Resa Dei Conti


*
Un Piccolo Spazio dentro al Cuore

*
41° Capitolo 

 

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Anche stavolta Kate guida senza conoscere la meta da raggiungere.
Pensava di tornare a casa sua, o al loft di Rick, invece lui, una volta in macchina, le ha detto di andare dritto e attenersi alle sue indicazioni, senza sbottonarsi sul luogo di arrivo, fino a quando la fa fermare davanti ad una villetta.
Un uomo di spalle, dentro al recinto del giardino, sta annaffiando un meraviglioso cespuglio di rose bianche, buttando un occhio di controllo a tre bambini che corrono e ridono felici attorno a lui.
Castle sospira guardando fuori dal finestrino e sorride stringendo il cucciolo a sé.
-E’ bello vedere quel giardino di nuovo in fiore!-
Beckett corruccia la fronte, guarda anche lei oltre il recinto e per un attimo sembra confusa, ma dopo un paio di secondi sgrana gli occhi meravigliata.
-Ma quello… non è il dottor Jensen?!-
Castle annuisce senza distogliere lo sguardo dai bambini, che si inseguono per tutto il prato.
-E quelli sono i suoi splendidi figli!-
Kate guarda l’uomo meraviglioso seduto accanto a lei, che tiene sulle gambe un cucciolo randagio e non può fare a meno di sorridere e scuotere la testa. Perché si meraviglia poi? Un cagnolino tutto solo, tre bambini rimasti senza il loro migliore amico per una crudeltà inaudita… la soluzione del caso poteva essere una sola! Lui sembra intuire i suoi pensieri.
-Ho pensato che un giardino e tre piccole pesti potrebbero essere meglio di un loft chiuso e tanti adulti sempre intorno, tu che ne dici piccolo?!-
Finisce la frase rivolgendosi al cane e facendo delle strane e buffe espressioni con il viso, Kate si mette a ridere e gli poggia la mano sui capelli.
-Hai dimenticato che, comunque, un bambinone ci sarebbe stato a giocare con lui!-
Gli dice continuando a ridere, lui le fa una linguaccia e guarda il cucciolo.
-La senti? Prima era un impiastro, noioooooosa da morire, seria, allergica alle battute, adesso pensa di essere diventata simpatica!-
-Invece tu sei diventato più permaloso di prima!-
Risponde lei continuando a ridere, si mette perfino le mani sulla faccia, tanto è divertita dall’espressione di Rick, che scende dall’auto, chiude lo sportello e si china dentro al finestrino, mostrandosi molto, ma molto serio.
-Quando hai finito di ridere delle tue battute, se vuoi raggiungerci… ci farebbe piacere!-
 
-Dai, Simon, smettila di rincorrermi mentre vado in bici, se poi ti fai male, papà dà la colpa a me…-
-Ma voglio venire in bici con te… papààààà…-
Il dottor Jensen ride divertito davanti a quella scena, è così sollevato che il suo incubo sia finito, che non riesce neppure a rimproverare Jack e Simon che urlano come forsennati. Adora quelle urla, il silenzio dei giorni precedenti era diventato insopportabile.
-Simon, se cadi e ti sbucci le ginocchia non venire a piangere da me, sarai costretto a prenderti le tue responsabilità.-
Dice al figlio più piccolo dopo un paio di minuti, ma solo per allertarlo sul pericolo delle cadute, per il resto è felice di lasciarli divertire e scatenare.
-Papà! Jack, Simon… guardate…-
La piccola Ester scende di colpo dall’altalena e corre verso un cespuglio davanti a lei. Il dottor Jensen ripone in terra la pompa per annaffiare e osserva la figlia preoccupato, mentre anche i due maschietti si avvicinano a lui.
-Che c’è Ester? Che succede?-
La piccola riemerge dal cespuglio con in braccio un cagnolino.
-Guardate… era incastrato in mezzo alle petunie di mamma!-
I fratellini si avvicinano e il cagnolino comincia a scodinzolare e leccare le manine di tutti e tre, Jensen sta per avvicinarsi, quando si accorge dei due visitatori fuori dal suo giardino.
-Signor Castle, detective Beckett! Che sorpresa!-
Apre il cancello del recinto e con una calorosa stretta di mano, li invita ad entrare. Nota Castle sorridere divertito alla vista dei bambini con il cane.
-E’ suo quel cagnolino, signor Castle?-
-Non esattamente.-
I bambini si accorgono dei nuovi arrivati e si avvicinano al padre.
-E’ suo questo cagnolino, signore?-
Ripete Ester, sollevando il cucciolo verso di lui, aspettando una risposta con gli occhietti sgranati.
-A dire il vero è un trovatello… e sta cercando qualcuno che gli dia ospitalità.-
Rick le schiaccia l’occhio e accarezza il cucciolo.
-Sempre che il capo famiglia sia d’accordo!-
Continua, facendo riferimento al dottor Jensen.
Ester e Simon guardano il padre con lo sguardo implorante, ma prima che lui possa dire qualcosa, Jack si porta le mani ai fianchi e urla verso i fratelli.
-E bravi! Così ci siamo già dimenticati di Ronnie?! Siamo pronti a rimpiazzarlo come se niente fosse…
Si rivolge a Castle con i pugni serrati.
-Io non lo voglio quel coso! Portatelo via…-
-I suoi occhi lucidi sono pieni di rabbia e la sua espressione è dura.
Ester mette il cucciolo per terra e lei e il fratellino più piccolo abbassano lo sguardo con l’espressione mortificata, come se avessero fatto un torto a Ronnie per avere solo pensato di poter prendere un altro cane nella loro famiglia.
-Mi scusi signore, mio fratello Jack ha ragione, noi non vogliamo un altro cane!-
Dice la piccola in un sussurro, con la vocina incrinata, pronta a scoppiare in lacrime e Castle sente un nodo in gola.
-Mi spiace dottor Jensen, non ho riflettuto sul fatto che avrei potuto provocargli tanto dolore, mi scusi!-
Jack si allontana di poco, si ferma voltando loro le spalle, davanti ad un piccolo cumulo di terra circondato da pietre colorate. Il dottor Jensen scuote la testa e si rivolge a Castle, senza smettere di guardare le spalle di suo figlio.
-Non deve scusarsi signor Castle, la colpa è solo mia. Purtroppo questa storia è finita sui giornali e in TV, e Jack non mi ha ancora perdonato di avergli mentito sulla vera causa della morte di Ronnie. Avrei dovuto risolvere la situazione subito, ma in questi giorni non ho avuto il coraggio di farlo. Li ho visti così felici che non pensavo fossero ancora scossi, soprattutto Jack… credo sia arrivato il momento di parlargli… mi scusi!-
Il dottor Jensen fa per avvicinarsi a lui, ma Beckett gli mette una mano sulla spalla.
-Permette che ci parli io?-
Chiede al medico e lui annuisce, tra lo stupore di Castle e gli sguardi dei due piccoli che seguono tutto in silenzio.
Kate si avvicina a Jack e quando lui percepisce la sua presenza dietro di se, stringe ancora i pugni e si rannicchia dentro le spalle.
-Siete ancora qui? Tu e il tuo amico dovete andarvene… insieme al cane…-
Lei s’inginocchia accanto alla tomba, proprio vicino al bambino e, guardando le piccole pietre bianche disposte al centro a comporre il nome di Ronnie, sospira.
-So quello che provi Jack!-
Lui stringe le labbra, continuando a guardare a terra e scuote energicamente la testa, come a dirle che non è vero.
-Puoi anche non credermi, ma io so cosa provi… ho perso anch’io qualcuno a cui volevo bene… tanto tempo fa.-
Jack solleva lo sguardo e tira su con il naso.
-Avevi anche tu un cagnolino e te lo hanno portato via?!-
Le chiede con l’innocenza innata che un bambino di otto anni può avere nel cuore pieno di dolore.
Beckett guarda quegli occhi scuri, penetranti e lucidi.
Non gli racconterà un’altra bugia, non gli racconterà una storiella strappalacrime e a lieto fine, il dolore di Jack merita rispetto.
Scuote la testa e sospira.
-No Jack, non avevo un cane, a me hanno portato via la mia mamma!-
A quelle parole il bambino la guarda con gli occhi sgranati.
-La… tua… mamma!?-
Lei annuisce senza togliere gli occhi dalla tomba di Ronnie.
-Le hanno fatto… del male?-
-Si, l’hanno uccisa, proprio come il tuo Ronnie, tanto tempo fa, perciò… so come ti senti.-
Castle resta impietrito. Non si sarebbe mai aspettato che riuscisse ad essere così sincera e cruda con Jack.
Il piccolo rilassa le mani e abbassa lo sguardo.
Mi… dispiace… Scusa!-
Sussurra pianissimo e lei solleva il viso verso di lui.
-Scusarti per cosa?-
-Lei era la tua mamma… Ronnie era soltanto un cane!-
Otto anni! Quell’ometto ha otto anni e un cuore enorme. Kate gli prende le mani tra le sue e gli sorride.
-Tu lo amavi e lui ti rendeva felice?-
Jack annuisce deglutendo vistosamente, non vuole piangere, non davanti a quella donna il cui dolore, in confronto al suo, deve essere insostenibile.
-Allora non ha nessuna importanza! Quando qualcuno che ami se ne va per sempre, non è importante che sia una persona o un animale, perché è comunque un pezzo della tua vita che se ne va e che non riavrai mai più. Il vuoto che lascia nel tuo cuore è immenso e non puoi, o non vuoi, riempirlo con niente e con nessuno.-
Il bambino annuisce.
-Appunto! Tu non ti sei cercata un’altra mamma!?-
Esclama e lei scuote la testa.
-Certo che no! Non ho cercato un’altra mamma, ma ho fatto l’enorme sbaglio di non cercare altro.-
Il bambino corruccia la fronte, non riuscendo a capire.
-Ho continuato a vivere, mi sono fatta degli amici, ho avuto anche dei fidanzati, ma non ho mai permesso a nessuno di loro di fare davvero parte della mia vita. Ho messo un lucchetto al cuore, impedendo a chiunque di entrarci, un po’ per paura di restare di nuovo sola e soffrire ancora, un po’ perché mi sembrava di fare un torto a mia madre. Pensavo le stesse cose che pensi tu adesso nei confronti di Ronnie.-
-E non è così!?-
Kate scuote ancora la testa, gli stringe le mani con forza e sorride.
-No Jack… non è così… dopo tanti anni una persona speciale mi ha fatto capire che non è giusto chiudere il cuore alla vita. Mi ha fatto capire che il mio cuore è grande, tanto grande da essere capace di amare ed essere amato in tanti modi diversi. Io non mi sognerei mai di trovarmi un’altra mamma, ma questo non mi ha impedito di provare affetto per un’altra donna, una donna che è stata buona con me e che, specie negli ultimi giorni, mi è stata vicino proprio come una mamma. Non prenderà mai il posto di mia madre, nessuno potrebbe, ma lei mi vuole bene ed io voglio bene a lei, ha ridato calore al mio cuore e sono certa che mia madre è felice di sapere che accanto a me c’è qualcuno che mi ama e mi consola, come avrebbe fatto lei se fosse ancora viva.-
Gli occhi di Jack sono ormai pieni di lacrime, Kate si gira a guardare il cucciolo che sembra aver capito la gravità della situazione e si è seduto in mezzo ai due fratellini più piccoli in silenzio, poi torna a guardare il bambino.
-Questo cucciolotto non ha nessuna colpa, lo hanno abbandonato appena nato e non deve essere stato facile per lui sopravvivere da solo. Non volerlo con te significa riservare il tuo cuore solo a Ronnie e, se questo è quello che vuoi, che senti davvero nel tuo cuore, è giusto così. Però pensa a come cambierebbe la vita per tutti e due… Tu gli fai una carezza e lui ti regala la sua vita per sempre, senza chiedere niente in cambio. Queste sono le piccole cose belle della vita che non dovremmo mai fare lo sbaglio di rifiutare! Io ci ho messo troppo tempo a capirlo e questo mi ha fatto soffrire tanto, non fare il mio stesso errore, sei ancora così piccolo per lasciare il mondo fuori.-
Il bambino continua a singhiozzare in silenzio, ascolta le parole di Kate con gli occhi fissi oltre le sue spalle, sul piccolo cumulo di terra. Sussulta improvvisamente, quando lei lascia una delle sue mani per accarezzargli il viso, asciugandogli le lacrime e, finalmente, incolla gli occhi ai suoi.
-Jack, lui non è Ronnie, lui non potrà mai prendere il suo posto, però può occupare quel piccolo spazio rimasto libero nel tuo cuore, magari proprio vicino a Ronnie… credimi Jack… il tuo cuore è abbastanza grande anche per lui.-
Kate prende il cucciolo in braccio, resta in ginocchio sull’erba davanti ai tre bambini, il cagnolino allunga il musetto e lecca leggermente la mano di Jack, che  dapprima si ritrae, poi si mette in ginocchio anche lui e lo guarda fisso negli occhietti vispi.
-Certo che se mamma ti vede conciato così, ti rilegherà nel garage a vita!-
Gli dice piano e quando si rende conto di avergli sorriso, si schiarisce la voce, per continuare a fare il duro, poi guarda i fratellini e la voce gli si addolcisce.
-Sempre… che decidiamo di prenderlo con noi…-
Si alza e guarda il padre, che gli sorride.
-Non devi chiederlo a me Jack, per me fa già parte della famiglia, se va bene anche per voi, visto che sarete voi ad occuparvi di lui in tutto e per tutto.-
Il bambino guarda Kate, poi Rick e poi ancora il cucciolo e i fratelli, alla fine sorride e fa cenno di si con la testa a Simon ed Ester, che mostrano un sorriso felice.
-Yeeeeehhhhh!!!-
Esultano i piccoli e sul volto di Jack si apre un sorriso splendido. Kate si alza con il cucciolo ancora in braccio e si avvicina a Rick, che le circonda le spalle e le posa un bacio sulla fronte.
-Sono fiero di te!-
Le sussurra all’orecchio.
-Meglio dargli davvero una ripulita, sennò la mamma lo mette in lavatrice, quando torna.-
Esclama il dottor Jensen ed Ester afferra il cucciolo dalle braccia di Kate.
-Io prendo la vaschetta di Ronnie…-
Seguita a ruota dal piccolo di famiglia.
-Io prendo il bagno schiuma e la spazzola… e anche il profumo, devi essere profumato quando mamma ti conoscerà!-
Scappano via, ma Jack li ferma.
-Ehi… non dovremmo dargli un nome prima?-
I bambini si voltano, Ester corruccia la fronte come se stesse pensando.
-Già… il nome… come possiamo chiamarlo?-
Simon saltella tutto eccitato.
-Macchia… lo chiamiamo Macchia… lo chiamiamo Macchia!-
-Macchia?!-
Esclamano tutti in coro e lui continua a saltellare.
-Si Macchia, è tutto bianco… beh… diventerà bianco con acqua e sapone, ed ha una sola macchia sull’occhio, come volete chiamarlo… Macchia!-
Castle ride di gusto.
-Macchia! Non fa una piega, in effetti puoi chiamarti solo così, tu che ne pensi piccolino?-
Il cucciolo abbaia un paio di volte e Kate stropiccia i capelli di Jack.
-Pare che a lui piaccia…-
I due piccoli corrono verso il garage, ma Macchia sguscia via dalle braccia di Ester e corre verso il suo vecchio amico. Si ferma ai suoi piedi appoggiando le zampette sui suoi pantaloni scodinzolando. E’ dolcissimo nel suo intento di dirgli grazie e mostrargli la sua felicità.
Castle si china e gli prende le zampette, tenendolo vicino al viso.
-Sei contento Macchia?-
Il cagnolino scodinzola e gli lecca il mento.
-Sono contento anch’io. Mi raccomando, veglia su di loro e proteggili, hai capito?-
Macchia abbaia, continuando a scodinzolare, poi lascia le mani di Castle e si mette a saltellargli attorno, facendo ridere tutti quanti.
-Grazie anche a te amico… ora siamo pari!-
Gli dice Castle ridendo e Macchia scappa verso il garage, seguito da Ester e Simon.
Anche Jack s’incammina per raggiungerli, ma dopo un paio di passi torna indietro correndo anche lui e si stringe alla vita di Kate, che resta un attimo sopraffatta da quella dolcezza, ma subito si china  e lo abbraccia stretto.
-E’ lui la persona speciale?-
Le chiede piano il bambino, attaccato al suo orecchio. Lei solleva la testa a guardare Castle, poi attacca di nuovo il viso al bambino e gli risponde di si.
-Come hai fatto a capirlo?-
-Chi parla agli animali come fa lui con Macchia, non può che essere speciale… e poi è cotto di te!-
Sussurra ancora più piano.
-Dici?-
Gli chiede Kate, senza staccarsi da lui, che al contrario si allontana di poco per guardarla negli occhi.
-Non dirmi che non lo hai notato, perché lo ha capito anche Macchia!-
Continua lui ridendo, facendo sorridere anche lei, poi si rivolge a Castle.
-Scusami signor Castle… prima sono stato davvero maleducato.-
-No, non lo sei stato Jack. Sarebbe stato più giusto chiedervi cosa pensavate della mia idea, prima di portarlo qui… a volte sono davvero avventato nelle decisioni.-
Gli risponde lui sollevando le spalle.
-Ti va di venire a trovare Macchia qualche volta?-
-Certo… voglio controllare che si comporti bene e che non lo viziate troppo.-
Sorride, strizzandogli l’occhio e il bambino gli tende la mano, arrossendo visibilmente.
-Ehm… a… amici?!-
Chiede timidamente e un po’ imbarazzato.
La prima reazione di Castle è quella di stringerlo tra le braccia, ma si contiene e decide che è meglio comportarsi da uomini. Stringe quella manina, ancora troppo piccola dentro la sua e con l’espressione seria, annuisce.
-Amici!-
Jack sospira e mostra tutti i denti per la gioia.
-Bene… allora… a presto!-
E sventolando la mano in segno di saluto, corre a raggiungere i fratellini e il nuovo componente della famiglia.
-Grazie detective Beckett, avrei dovuto avere la forza di dirgli la verità su cosa sia il dolore, come ha fatto lei.-
-Jack è un bambino intelligente, dottor Jensen… ha tre figli splendidi.-
Salutano il dottore, promettendo che sarebbero passati presto a trovare Macchia e si avviano verso l’auto abbracciati.
-Si può sapere cosa aveva di tanto segreto da dirti all’orecchio Jack?-
Le chiede Rick, stringendola a sé e lei lo guarda divertita.
-Un segreto… appunto! Che c’è Castle, sei geloso di un bambino?-
-E’ un maschio… e nessun maschio, adulto o bambino, deve avere segreti con la mia donna!-
Lei si ferma di colpo, gli prende il viso tra le mani e lo bacia.
-Quanto mi piacciono gli uomini possessivi!-
-Ti diverti a prendermi in giro, non è vero?-
-Sei tu che mi dai l’opportunità di prenderti in giro, Castle!-
Si fermano davanti alla macchina, lei gli attorciglia le braccia al collo e lui la stringe a sé.
-Rick… verresti tu con me, adesso, in un posto e senza fare domande?-
-Verrei in capo al mondo con te… e senza fare domande!-
-Bene, allora andiamo.-
Lei sale in macchina, ma Rick indugia, guardando ancora verso il giardino di casa Jensen.
-Puoi aspettarmi solo un attimo? Ho dimenticato di dire una cosa al dottor Jensen, torno subito!-
Qualche minuto dopo sale in macchina e Kate lo guarda stupita. Ha in mano sei splendide rose bianche.
-Ma non sono le rose del dottor Jensen?-
Lui annuisce sorridendo.
-Non gongolare, perché non sono per te!-
-Allora perché sei tornato indietro a chiedergliele?-
-Come perché… non ci servono dei fiori nel posto dove stiamo andando?-
Risponde lui tranquillo, odorando il profumo intenso di quelle meraviglie che tiene tra le mani. Lei resta dapprima stupita, poi sospira e guarda davanti a sé.
-Va bene Rick, hai vinto! Ma prima o poi ti coglierò impreparato… un giorno penserò o deciderò qualcosa e lo farò in maniera così criptata, che non riuscirai a capire cos’è!-
-Vuoi scommettere?-
Risponde lui, guardandola mentre mette in moto, ingrana la marcia e, dopo un’occhiata di sbieco, parte verso la nuova destinazione.


Continua:


*-* Vi presento Macchia <3



 

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Angolo di Rebecca:

Il dolore di Jack era ancora troppo vivo, specie dopo aver saputo il vero motivo della morte di Ronnie.
Kate ha stupito di nuovo Rick (forse è l'amore che stupisce ancora)
ha parlato a quell'ometto con il cuore in mano, dicendogli la verità,
sull'orrore che la vita a volte ti può portare, ma questo gli ha fatto capire anche quanto la vita possa essere bella.
Con questo, credo di avere sistemato tutto e tutti, spero di non avere dimenticato nulla!

E con questo, siamo arrivati davvero alla fine di questo tormento,
perciò vi do appuntamento alla settimana prossima con l'epilogo de La Resa dei Conti.
*-* 

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Capitolo 43
*** 'Vincit Omnia Veritas' ***


..Rick… verresti tu con me, adesso, in un posto e senza fare domande?
Verrei in capo al mondo con te… e senza fare domande!
[...] Non ci servono dei fiori nel posto dove stiamo andando?
Risponde lui tranquillo, odorando il profumo intenso di quelle meraviglie che tiene tra le mani. Lei resta dapprima stupita, poi sospira e guarda davanti a sé.
Va bene Rick, hai vinto! Ma prima o poi ti coglierò impreparato… un giorno penserò o deciderò qualcosa e lo farò in maniera così criptata, che non riuscirai a capire cos’è!
Vuoi scommettere?
Risponde lui, guardandola mentre mette in moto, ingrana la marcia e, dopo un’occhiata di sbieco, parte verso la nuova destinazione...



 

La Resa Dei Conti


*
'Vincit Omnia Veritas'

*
Epilogo

 

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Il parcheggio davanti al cancello del cimitero è praticamente vuoto. Poche persone, all’interno, fanno su e giù per i viali che s’intersecano tra loro.
Beckett entra poco avanti a Castle, si guarda intorno e sospira.
-La tomba di mia madre è da quella parte, Montgomery è sepolto quasi di fronte a lei, nell’altra sezione… dovrò cominciare a credere nelle coincidenze!-
Dice piano, ma quando solleva lo sguardo su Castle, i suoi occhi sono fissi in un punto lontano, proprio davanti a loro.
Guarda anche lei verso quel punto e scorge, in lontananza, la cupola di una cappella, una di quelle costruzioni imponenti che racchiude nel sonno eterno i membri di una stessa famiglia. Due draghi di pietra sorreggono la cupola, sulla quale spicca la scritta ‘Famiglia Jordan’.
Kate gli prende la mano, diventata improvvisamente fredda e rigida e lui sussulta, senza però spostare lo sguardo da quel monumento.
-Vuoi… che ci andiamo Rick?-
Gli chiede piano, quasi in imbarazzo.
Solo a queste parole lui la guarda, le stringe la mano, che improvvisamente ha ripreso calore e le sorride, scuotendo la testa.
-No… non sono pronto… e nemmeno lui. Mi ha salvato la vita, è vero, ma questo non cancella anni di dolore o di solitudine, tuoi, miei… di mia madre. Non so ancora cosa provo Kate, non riesco ad odiarlo, ma nemmeno a perdonarlo per il male che ti ha fatto.-
Lei scuote la testa e poggia le labbra sulle sue in maniera sfuggente.
-Smettila di pensare a me, Rick. Adesso è una questione tra te e lui. Quando sarai pronto, quando potrai ricordarti di lui e forse perdonarlo, sarà perché tu avrai fatto pace con te stesso e con lui, io non faccio più parte di tutto questo.-
Rick ricambia il bacio sfuggente, guarda ancora verso la cappella e posa gli occhi proprio sul nome inciso sulla pietra.
-Un giorno, forse… riuscirò ad avvicinarmi a quei draghi…-
Le dice stringendole ancora di più la mano e Kate, risponde alla stretta sorridendo.
-E quel giorno, spero, mi vorrai con te!-
Rick la guarda accarezzandole il viso. I suoi occhi sono vivi, come il primo giorno che lei ci si è persa dentro. Il velo di tristezza che li ha resi opachi nelle ultime settimane, non c’è più. Avrà bisogno ancora di tempo, per metabolizzare, accettare e forse anche dimenticare, ma il peso della colpa che sentiva nel cuore, soprattutto verso di lei, è finalmente sparito.
-Andiamo?-
Sussurra Kate, tirandolo per la mano, ma lui la ferma.
-Va tu… avrete molto di cui parlare… da sole! Io vado a trovare Roy nel frattempo! Ti raggiungo tra un po’.-
Kate gli accarezza la guancia teneramente e si avvia lungo il vialetto che porta alla tomba di sua madre.
-Ehi aspetta, dimentichi le rose, queste devi portargliele tu.-
Gliene dà tre, mentre le altre le porta con sé per donarle al capitano.
Il vialetto non è lungo e lei cammina lentamente, facendo respiri profondi, per cercare di calmare il suo cuore, che, inspiegabilmente, ha cominciato a galoppare. Dopo pochi passi, sembrati chilometri, si ferma finalmente davanti alla lapide di Johanna e una marea di sentimenti ed emozioni diverse, la investono come un treno in corsa, come se non si fosse mai trovata davanti a quella tomba.
Riesce a calmarsi quando poggia lo sguardo sulla scritta che accompagna il suo riposo eterno ‘Vincit Omnia Veritas’.
Sorride…
-La verità vince su tutto… era la tua frase preferita! Dicevi sempre che fondare la propria vita su questa massima, ti faceva essere già a metà del tuo cammino. Ho sempre sperato che nel posto in cui ti trovi adesso, la verità sia l’unica luce che ti avvolge. Dove sei tu ora, tutto è svelato e tutto è limpido.-
Sospira, mentre le lacrime le rigano il viso.
-Lui non c’è più! Anche per lui adesso, la verità è svelata e limpida, la verità su quello che è stato e che ha ottenuto. Non so se esista davvero il Paradiso e non so se esistano davvero le fiamme dell’inferno che bruciano le anime perse per l’eternità, ma se esiste veramente quella verità in cui tu credevi, le fiamme dell’inferno non gli serviranno a niente, perché la sua punizione sarà il rimpianto eterno, per quello che non è stato e che ha perso.-
Alza lo sguardo davanti a sé, Castle sta camminando verso la tomba del capitano Montgomery. Guarda le sue spalle, dritte e fiere, come quelle di sua madre e pensa davvero che l’anima di Victor Jordan, rimpiangerà per sempre la vita che si è precluso di avere. La gioia di vedere suo figlio, diventare uno splendido uomo. Torna a guardare la lapide di Johanna.
-Sarei dovuta venire prima, lo so, ma ho avuto bisogno di un po’ di tempo per rimettere a posto le idee.-
Si siede sulla tomba e con calma, toglie i fiori secchi dal vaso di marmo.
-E’ finita mamma, l’ultima pagina del libro è stata scritta, con dolore, paura, rabbia e rimpianto, non solo mio… ma siamo giunti alla parola fine e finalmente,  siamo tutti al sicuro. Il tuo assassino non farà del male mai più.-
Cambia l’acqua nel vaso e ci mette dentro le tre rose bianche.
Alza ancora lo sguardo a cercare Rick, in lontananza lo vede chino sulla tomba del suo capitano e sorride.
-Senza di lui non ce l’avrei mai fatta, non a prendere il drago, prima o poi ci sarei arrivata. Non ce l’avrei fatta a tornare ad essere la Katie che conoscevi tu, quella che hai amato, che hai cresciuto spensierata e piena di vita, felice per ogni cosa esistente attorno a lei; quella Katie non esisteva più, era morta in quel vicolo insieme a te e tu hai sofferto per questo. L’ho capito solo adesso, mamma.-
Continua a tenere gli occhi fissi su di lui e sorride, quando nota le sue labbra muoversi, segno che anche lui e il capitano, hanno tanto da dirsi.
-Anche Rick ha sofferto. La morte di Roy e la verità sul suo passato, lo hanno annientato, per non parlare dei guai in cui sono riuscita a cacciarmi io, dopo lo sparo, qui al cimitero. Si è sentito in colpa per tutto. Per la prima volta dopo anni, l’ho visto fragile e questo, me lo ha fatto amare ancora di più. Ormai non potrei immaginarmi senza di lui.-
Guarda ancora in direzione di Castle, ma non lo vede, non è più davanti alla tomba di Montgomery.
China la testa e sorride, quando un’ombra si affianca a lei da dietro.
-Sono venuto troppo presto? Non avete ancora finito di spettegolare voi due!?-
Chiede quasi sussurrando. Lei scuote la testa e si alza, gli prende la mano e appoggia la testa sulla sua spalla.
-Sai Rick, tu saresti piaciuto a mia madre.-
-Certo che le sarei piaciuto, io piaccio a tutti!-
Risponde lui, aspettandosi un rimprovero da lei, che invece lo guarda sorridente.
-Dico davvero. Mia madre era burlona! Quando non lavorava, a casa era un ciclone. Sempre in movimento, sempre pronta a prenderci in giro e a fare scherzi di ogni genere, soprattutto a papà, che, anche se diceva di essere pronto a tutto, ci cascava sempre, con tutte le scarpe.-
Castle la ascolta attentamente, si stacca da lei il poco necessario per riuscire a guardarla in viso, mentre lei ha gli occhi rivolti alla lapide.
-Si, le saresti piaciuto. Si sarebbe divertita a raccontarti gli aneddoti buffi e piccanti della mia vita, avreste fatto comunella, papà ed io saremmo stati costretti a coalizzarci contro voi due, per difenderci.-
Lui continua guardarla estasiato.
Sta sorridendo.
Un paio di lacrime rigano il suo viso, parla di sua madre, ma sta sorridendo.
Non ha lo sguardo perso nel vuoto, non parla di lei con il dolore nel cuore, non la sta ricordando ricoperta di sangue. Sta ricordando sua madre felice e piena di vita… e sorride.
Quel dolore lancinante, quella sensazione di sentirsi persa e responsabile di qualcosa al di fuori dal proprio controllo, hanno lasciato il posto alla dolcezza dei ricordi. Sta sorridendo, Katherine Beckett è finalmente in pace con se stessa e con il mondo… ed è luminosa come il sole che le bacia il viso!
L’attira a sé e l’abbraccia, lei nasconde il viso contro il suo petto e si lascia cullare da quella stretta sicura, poi si solleva a guardarlo e gli posa un leggero bacio sulle labbra.
-Perché mi guardi così?-
-Così… come?!-
-Come se non mi conoscessi!-
Lui le mette la mano sulla guancia, poi inerisce le dita tra i capelli e glieli solleva dietro l’orecchio, sorride, quando nota la sua espressione leggermente stupita.
-Infatti non ti conosco. Questa Kate sorridente e serena, questa Kate che mi ha liberato da ogni colpa, questa Kate che ha parlato con sincerità al cuore di un bambino pieno di dolore, questa Kate che ci sarà il giorno che avrò il coraggio di entrare ancora nella tana del drago… questa Kate non la conosco, ma conoscerla mi sta emozionando incredibilmente e devo dire anche che mi piace tanto, almeno quanto mi piace Beckett.-
Lei china la testa lateralmente per assaporare la carezza di Rick, prende la mano nella sua e la bacia, per poi tornare a guardare quegli occhi che ancora la stanno scrutando.
-Che ne dici di tornare a casa?-
-Direi di si, ma… quale casa?-
Kate corruccia la fronte e si allontana da lui, che solleva le spalle.
-Voglio dire… tu sei tornata libera, io sono tornato in forma, quindi… insomma, la mia offerta di addormentarci e svegliarci uno tra le braccia dell’altra, è sempre valida!-
-Vorrei ben dire Castle! Perché io ho già le valigie pronte.-
Lui sospira in maniera teatrale.
-Davvero?-
-Davvero! Dopo avere appurato stanotte che sei in gran forma, non ho nessuna intenzione di tornare a dormire da sola!-
La risposta di Kate è accompagnata da un sorrisetto malizioso e da una carezza al colletto della camicia, lui si allontana da lei e si mette le mani sulla faccia.
-O cielo Kate! Non farmi vergognare, dire queste cose davanti a mia suocera!-
Lei scoppia a ridere e lo abbraccia stretto.
-Oh… si Castle! Le saresti proprio piaciuto…-
Si siede ancora sulla tomba e la sfiora con due dita.
Castle prende un respiro profondo, tentenna un attimo, mentre cerca di trasformare in parole il pensiero che gli attraversa la mente.
-Kate, mi dai la catenina che porti al collo?-
Le chiede, prendendo coraggio e lei si volta di scatto, sorpresa da quella richiesta.
-Perché?-
-Oh! Ma allora è proprio deformazione professionale, rispondere sempre con una domanda, non puoi farlo e basta? Fidati di me!-
Lei corruccia la fronte, ma acconsente.
Si toglie la catenina e gliela porge, lui con delicatezza, fa scattare l’apertura e fa scivolare l’anello nella sua mano. Si siede sulla tomba, di fronte a lei, le prende la mano sinistra e le infila l’anello all’anulare.
Kate è stupita, non ha il coraggio di alzare lo sguardo su di lui, continua a guardare, come una scena a rallentatore, la mano sicura di Rick metterle l’anello, mentre invece, le sue dita tremano. Osserva quasi senza respirare, l’anello al suo dito, finchè la voce calda di Rick le fa alzare la testa per perdersi nei suoi occhi.
-Ora ha il diritto di stare qui. Lo hai portato al collo per anni, come un peso che doveva ricordarti che avevi una missione, ma adesso deve ricordarti soltanto, che è la cosa più preziosa che possiedi… e poi… diciamo che sto chiedendo a tua madre il permesso di poterti corteggiare!-
Finisce la frase con una delle sue solite battute, per stemperare l’atmosfera troppo carica di emozione anche per lui e lei scuote la testa ridendo. Non riesce a dire nulla, sfiora ancora la lapide con la mano, guardando l’anello al suo dito.
Si alza, porge la mano a Rick e continuando a stare in silenzio, lo strattona leggermente per farlo alzare. Intreccia le dita alle sue e lo guida verso l’uscita.
-Non è che stai cercando di risparmiarti la spesa di un enorme solitario, mettendomi al dito un anello che era già mio?!-
Gli chiede appoggiando ancora la testa sulla sua spalla.
-No, aspetta, hai detto… solitario?-
Lei annuisce seria.
-Ma… ma i solitari si usano per i fidanzamenti?-
Continua lui, fingendo ansia.
-Infatti, hai chiesto il permesso a mia madre, ora siamo fidanzati!-
Lui non risponde alla battuta, assapora invece le parole dentro la sua testa, una per una, ora siamo fidanzati. 
Solleva lo sguardo ancora una volta verso i due draghi. Sembrano così lontani adesso. Anche il suo dolore sembra essere rimasto qualche passo più indietro.
-Allora Castle! Riguardo l’anello?-
La sua voce lo riporta accanto a lei, mano nella mano.
-Accidenti detective, mi hai sgamato! Dovrò cominciare a risparmiare… hai detto enorme!-
Ridono e si stringono le mani ancora più forte.
‘Altro che bicchiere mezzo pieno, se non stai attenta rischi di annegare in un oceano, tesoro mio!’
Kate si ferma di colpo, lascia la mano di Rick e si volta a guardare verso la lapide di Johanna.
Sa benissimo che non è stata lei a parlare, non può averlo fatto, ma non ha potuto fare a meno di girarsi, perché quelle parole le ha sentite davvero.
-Kate, tutto bene?! Perché ti sei fermata?-
-Si, tutto… bene… credevo solo di…-
Non finisce la frase, si volta di nuovo verso di lui e lo bacia.
-Tutto a posto. Torniamo a casa.-
Rick le offre ancora la mano, lei la stringe e si avvicinano all’uscita lentamente, stretti l’uno all’altra.
Hai ragione mamma, sono in mezzo ad un oceano, ma non annegherò, non con la Mia Verità che mi tiene per mano!


 

F i n e

 


Angolo di Rebecca:

 

'I finali sono sempre difficili, qualunque idiota può mettere giù uno straccio di inizio, ma i finali sono davvero complicati, cerchi di definire le cose in sospeso, ma non  ci riesci, i fan si lamenteranno sempre e ci saranno sempre lacune, e poiché un finale si suppone che debba chiudere una storia, scriverlo è una vera spina nel fianco…'

Qualche mese fa, mentre cercavo di scrivere uno degli ultimi capitoli di questa storia, guardavo Supernatural su Rai 2 e il tipo che raccontava la storia dei fratelli Winchester, non chiedetemi il nome, perché non lo ricordo, diceva questa frase mentre digitava sul pc. Non ho potuto non scriverla. Mi è sembrata così vera! Per carità, la trascrivo con umiltà, non sono una scrittrice, piuttosto sono “l’idiota” che è riuscita a mettere giù uno straccio d’inizio, ma che poi si è persa nei meandri di una trama, cominciata per gioco e che è stata “teletrasportata” all’interno della vita dei suoi personaggi: io ho dato vita a loro, ma loro hanno dato un senso a me e, arrivati all’epilogo, la chiusura di questo inizio è diventata davvero una spina nel fianco. Non perché non riuscissi a trovare una fine, quella era già dentro alla testa, ma non riuscivo a scriverla, o meglio, non volevo scriverla, per non “mettere la parola fine all’ultima pagina del libro”.
Ma come dice Alexis Castle (la nomino anche se la maggior parte di voi la odia, cosa incomprensibile per me) ‘ad un certo punto tutto quanto finisce’, così l’ho finita!
Ho cercato di non lasciare troppe lacune, di dare un proprio posto a tutto e a tutti, di dare un senso anche alle figure più piccole, che adoro inventare e descrivere.
Non so se ci sono riuscita, so solo che ho amato questa storia (come tutte quelle che scrivo), ma essendo una long, è stato long anche il tempo che ho passato a scriverla (quasi un anno) e long il tempo che ho impiegato a farla leggere a voi, perciò mi ci sono affezionata, troppo, come se quello che ho scritto, fosse passato davvero attraverso il video, settimana dopo settimana, episodio dopo episodio (sono strana? SI)
Perché sto scrivendo un angolo lungo quanto una shot?
PERCHE’ NON VOGLIO FINIRLA! :p voglio ancora tormentarvi *-* 
 
No… non è vero *-* sto solo cercando un modo per dirvi:
GRAZIE!
Grazie al Castle Made Of, sempre presente, non solo nella lettura, ma soprattutto negli scleri delle giornate no, come in quelle si.
Agata lo so che faccio schifo… ma mi lovvi per questo no?!
Martolilla, gioia di nonna, difendimi tu… e non ripetere sempre la stessa cosa, in combutta con Lu, hai capito Martaaaaaaaaaaaaaaa!!!
Lucia, tu, io, i nostri scleri… a che punto è la petizione con la raccolta di firme?
Diletta, sarai sempre la mia RDLP vero???
Annalisa, tu ed io di draghi ce ne intendiamo meglio di Kate :p non lo credi anche tu?!
Dia, che dire… non andare in terapia, perché perderesti il tuo charme!
Fedss, tra ortaggi e draghi, andiamo avanti e cerchiamo di non mollare mai… ti abbraccio <3
Un bacio affettuoso all’orticello rigoglioso della dolce Stefy.
Grazie a Virginia, analista personale dei miei personaggi, soprattutto dei ‘non protagonisti’, delle comparse e degli animali, precisa in ogni capitolo, sempre pronta con il numero del dentista a portata di mano. Avete conosciuto ‘personalmente’ Stan Corbin grazie a lei *-* (un nostro desiderio nascosto? Vederlo in un episodio di Castle, DAVVERO!!! Nella 5x05 Riccardone avrà bisogno di un avvocato, chissà…)
Grazie a Cristina, ci siamo conosciute su due fandom diversi, che amiamo entrambe e mi hai seguito con trepidazione, concedendomi un paio di tue creazioni per fare i miei banner. <3 Hai amato la mia storia e ti sei messa in fila anche tu per curare le ferite del povero Stan *lui ringrazia*
Grazie alle nuove lettrici che ho conosciuto: Katia, le tante Sophie e Sofy, Bekett66 (siete tante e non posso citarvi tutte), mi avete seguita con affetto e con recensioni sempre dettagliate, minacciose, ma anche divertenti e dolciose.
E un grazie immenso, grandioso, appolposo e ‘tritoloto’ come direbbe Stellina, a te… si si, tu che ti giri a guardarti le spalle, è con te che parlo Vulpix, non fare finta di niente. Se avete letto questa tortura è stato merito/colpa sua.
Come dici? Niente grazie tra di noi? Hai ragione, il patto è questo, ma come si fa???
Mi hai supportata e sopportata, ogni volta che un capitolo non mi piaceva e tu mi sputavi in occhio per farmi capire che invece era bellissimo (meno male che tra noi c’è di mezzo il pc, sennò sai quante  volte sarei dovuta andare a lavarmi la faccia?)
Aiuto prezioso ogni volta che le indagini non andavano bene e con una chiacchierata con te, arrivavo ad una conclusione.
Grazie alla tua energia, quando hai letto in anteprima le prime fatidiche 48 pagine che ancora, forse, non avevano senso e che ti hanno elettrizzata tanto, da farmene scrivere altre 76
(caspita era proprio long ahhaha).
Grazie alla tua espressione O.o quando hai letto che il drago era il governatore e che il governatore era il padre di Riccardone… *me soddisfatta*.
Lo dico un’ultima volta e non lo ripeto più: GRAZIE Vale… e non solo per la storia <3
Un abbraccio ad ognuna di voi e un grazie anche a chi ha seguito silenziosamente.
Mi mancherà correggere e preparare il banner, per essere pronta a litigare con l’html, aspettando il ‘Castle monday’, (che incautamente qualcuna di voi ha ribattezzato Rebecca Monday, dopo la fine della 4 stagione) e l’episodio finale de La Resa dei Conti, è andato in onda proprio la sera che l’ABC ha sospeso la programmazione per una settimana… giuro che non è stato voluto :p
 
Avrò un’altra folgorazione???
Con questa minaccia, vi lascio in sospeso...  *-*
Baci Rebecca <3

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