Look at the sky. Can you see the Paradise?

di IwannabeaCarrot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perchè tutte le storie hanno un'inizio. ***
Capitolo 2: *** 21.00, camera mia. ***
Capitolo 3: *** Rimettiamo quel sogno nel cassetto ***
Capitolo 4: *** .. E buttiamo via la chiave. ***
Capitolo 5: *** Si, in Italia. Allora Patatina? ***
Capitolo 6: *** Mai aprire agli sconosciuti. ***
Capitolo 7: *** Tutto può cambiare, anche tu. ***
Capitolo 8: *** E ormai, di questa vita, ho perso il controllo. ***
Capitolo 9: *** Fotografie. ***
Capitolo 10: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 11: *** .. Nuovi amici. ***
Capitolo 12: *** Nuovi amori e nuove voci. ***
Capitolo 13: *** Tu parla, c'è il cuore di qualcuno che ascolta. ***
Capitolo 14: *** Ma se la mia storia venisse allo scoperto e tutto cambiasse? ***



Capitolo 1
*** Perchè tutte le storie hanno un'inizio. ***


Look at the sky.
Can you see the Paradise?



Perchè tutte le storie hanno un inizio.

Questo è un sogno, catapultato nella realtà. Nella mia realtà.
Se devo esser sincera, non potrei giurare che tutto questo sia successo davvero.

Mi chiamo Federica, ho 15 anni e son figlia di genitori italiani trasferiti all'estero. Vivo in Inghilterra, nella periferia di Londra, da quando avevo circa sei anni; ho dovuto abbandonare la mia vita da bambina italiana, per il lavoro di papà. Ho lasciato in quel Paese tutti i miei parenti, conoscenti e i primi amici dell'asilo. Ma, a quei tempi, non sembrava importarmene più di tanto: ero felice di essere con le persone che erano tutto il mio mondo; e così, di quelle giornate passate in Italia in un piccolo paesino della Pianura Padana, non ricordo nulla.
Ma a voi questo non interessa. Se state ancora leggendo, è perchè volete sapere cosa è successo di così strano, nella mia vita, tanto da sconvolgerla. Giusto?



Piacere, sono una Carota.

Sarò sincera:
non mi piace quel che scrivo,
ma ultimamente ho poco da fare e sogno ad occhi aperti.
Pace e Amore.
Federica.

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Capitolo 2
*** 21.00, camera mia. ***


21.00, camera mia.

‘E il borsone è pronto’, dissi dopo averlo ricontrollato per l’ennesima volta. L’agitazione iniziava a farsi sentire: l’indomani avrei avuto una gara di nuoto, una delle più importanti fino a quel momento. Sarei potuta entrare nella squadra d’agonismo privata della mia città, uno dei miei tanti sogni. Se fossi stata presa avrei potuto partecipare alle gare provinciali, regionali e, se ci fossimo arrivati, anche alle nazionali. Cosa avrei potuto desiderare di più?
Mi andai a mettere il pigiama, dovevo rilassarmi e concentrarmi. Se fossi stata troppo agitata sarebbe stato tutto più difficile. Ma il nervosismo non mi dava tregua.
Accesi il computer, mi collegai a facebook e trovai Helen, una mia compagna di classe, in chat. Parlammo per un’ora, o poco più, ma la tensione non voleva andarsene.
Quando lei si disconnesse, ormai erano le 22.30. Mi misi sul letto a fissare il soffitto, accarezzando, senza badarci troppo, la mia gatta.
Stavo per trovare la calma, quando sentì discutere mio papà e mia sorella.
Ultimamente era routine.
Alessia ha sempre avuto un caratteraccio: la sua testardaggine la rende odiosa, e da quando era morta mamma, be’, le cose hanno iniziato a peggiorare, giorno dopo giorno.
‘Alessia, hai 13 anni! Non cercare di sembrar più grande, non serve a niente!’
‘Papà, ho 13 anni! Lasciami vivere la mia vita e fatti un po’ di cavoli tuoi!’
‘Non parlarm..’

Sentì sbattere una porta, sicuramente quella della camera di mia sorella.
Uscì per vedere che cosa stesse succedendo. La casa era buia, si sentiva sussurrare solo mio papà che era seduto sul divano e parlava al telefono, con mia zia, credo.
Lo salutai con un cenno della mano e andai a letto.
I muscoli erano contratti, il cervello non voleva mettersi in standby. Pensava e ripensava alla gara, e non mi permetteva di chiudere occhio.
Una vibrazione sul comodino. Presi il cellulare.
‘Buona fortuna, sei la migliore, sai di potercela fare.’
Era Carol, la mia migliore amica. L’unica con cui ho legato davvero da subito, quando arrivai qua e non conoscevo né il posto, né la lingua. E l’unica che mi è stata vicino quando la persona più importante della mia vita se n’è andata, lasciandoci nel casino più totale.
‘Grazie, ci vediamo domani. E la migliore sei tu, anche se domani non ti lascerò il primo posto. In bocca al lupo e buona notte.’
Guardai l’ora, 23.42.
Appoggiai il cellulare e decisi che era ora di smettere di pensare e dormire. Chiusi gli occhi, e mi addormentai.

Sono la Carota.

Questo capitolo non è un granché,
ma in qualche modo dovevo iniziare la storia.
Spero che continuerete lo stesso a leggere i prossimi capitoli.
Pace e Amore.
Federica.

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Capitolo 3
*** Rimettiamo quel sogno nel cassetto ***


Rimettiamo quel sogno nel cassetto.

Ni-no, ni-no, ni-no..

L’incessante rumore delle sirene, mia sorella che urlava spaventata, io che non capivo che cosa stesse succedendo.
Guardai il cellulare, erano le 3.32, o qualcosa del genere. Mi diressi nella direzione delle urla di Alessia, sembravano provenire dal bagno.
Aprii la porta, la luce era accesa.
Appena abbassai lo sguardo vidi mia sorella accucciata su un corpo, molto probabilmente senza conoscenza. Stava piangendo, vicino a mio papà, svenuto.
Mi cedettero le gambe. Qualcosa non mi permetteva di muovere nessun muscolo del corpo, una forza più forte della mia volontà.
Non potevo piangere, non potevo lasciarmi andare così. Senza mamma, ero io quella che si doveva prender cura della casa.
Raccolsi le forze e mi rialzai, le lacrime mi segnavano il viso, come mai. Ero nel panico più totale, eppure.. Eppure riuscivo ad andare avanti, a trovare il modo per non svenire, e scappare dalla realtà.
Suonarono al campanello, andai ad aprire, impassibile. Le lacrime avevano smesso di scendere. Mia sorella si alzò e uscì correndo. All’inizio pensai volesse scappare, come impedirle di farlo? Aveva 13 anni, ed aveva già sopportato la morte della donna che le aveva dato la vita. È sempre stata debole, se così si può dire. E invece aveva solo indicato ai medici il nostro appartamento al terzo piano: fortuna che ci aveva pensato lei.
Non era uscita una parola dalle nostre bocche, e il nostro gigante, non sembrava avesse voglia di riprendersi, aprire gli occhi e combattere.
Lo portarono via, in ambulanza, e con lui andò il vicino. Non volevano che noi vedessimo più niente. Come se non avessimo già visto abbastanza.
Prima di andare via, però, un volontario mi guardò strano. La tipica espressione di chi pensa che tu sia un’insensibile; non mi fece effetto, quegli sguardi li avevo già dovuti sopportare 4 anni prima, al funerale.
Rimanemmo in silenzio, sul divano tutta notte, io aspettavo una chiamata, che non arrivò fino alle 6.10 di mattina.
Papà aveva avuto un infarto, se non avevo capito male. Ma adesso le sue condizioni erano stabili. Avrei dovuto dirlo a mia sorella, ma si era addormentata da poco più di mezzora, dopo aver pianto tutta la notte sulla mia spalla.
Non posso immaginare cosa avesse provato, come possa aver sentito mio papà cadere: è vero che io ho il sonno pesante, ma le camere sono lontane dal bagno. Spero non servano anche a lei quelle maledette sedute dalla psicologa, dove una vecchiaccia con una stupida laurea cerca di capire quello che hai in testa. Ci ha provato più di una volta, quella povera illusa.

Cavolo, la gara! Andai a prendere il cellulare che ormai erano le 7.30 passate e mandai un messaggio a Carol.
Non vengo alla gara. Tu arriva prima, fallo per me, ma ricordati che se ci fossi stata il primo posto sarebbe stato mio. Non credevo sarebbe stato così facile rinunciare a quella gara.
Tornai sul divano, abbracciai mia sorella e rimasi lì tutta mattina.

Sono ancora io, la Carota.

Come son melodrammatica, eh?
Non è da me.
Prendete sta storia com'è, è la prima,
e magari anche l'ultima. Pace e Amore.
Ps: recensite, per favore.
Voglio un vostro parere.
Federica.

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Capitolo 4
*** .. E buttiamo via la chiave. ***


.. E buttiamo via la chiave.

Mi svegliai, e risposi al cellulare, che da qualche minuto suonava incessantemente.
‘Pronto, chiamo dal St. James Hospital?’
‘Si, mi dica.’
‘Suo padre è il Sig. Umberto, ed è ricoverato in questo ospedale, giusto?’
‘Si, giusto. Per un infarto, o qualcosa del genere, è stato ricoverato ieri d’urgenza.’
‘Esatto, ecco.. La sua situazione stamattina è andata peggiorando, e.. non c’è un modo gentile per dirlo. Non ce l’ha fatta.’

Lasciai cadere a terra il cellulare, mi risedetti sul divano e non vidi più niente, davanti a me solo il buio. Non riuscivo neanche a pensare.

Ancora il telefono, a togliermi da quella sensazione di standby. Cercai di ignorarlo, quale altra notizia oggi avrei voluto sentire?
Ma il mio livello di pazienza è pari a zero: risposi.
‘Pronto, chiamo dal St. James Hospital? ‘ La stessa voce di prima, lo stesso modo di iniziare la chiamata.
‘Si, mi dica.’ Risposi di nuovo.
‘Suo padre è il Sig. Umberto, ed è ricoverato in questo ospedale, giusto?’ Perché ancora le stesse domande di prima? Mi stavano prendendo in giro? Che simpaticoni, questi dell’ospedale. Gli diedi ancora la stessa risposta. ‘Si, giusto. Per un infarto, o qualcosa del genere, è stato ricoverato ieri d’urgenza.’
‘Volevo avvisarla che –
diverso modo per avvisarmi che papà non era..O meglio era.. – suo padre si è svegliato.’
‘Come si è svegliato? Ma prima mi hanno chiamato.. Mi hanno detto..’
Non sapevo cosa pensare. Cosa.. Cosa..
‘Oh, non so chi vi ha chiamato, ma suo papà si è appena svegliato, le sue condizioni sono migliorate. Se oggi volete venire a trovarlo, non ci sono problemi.’
‘Sì.. Grazie.. Buona giornata.’
‘Buona giornata.’

Non sapevo dove mettere la testa. Guardai il cellulare, 17 chiamate perse, tutte da Carol. E tra le ricevute solo una era quella dell’ospedale, quella a cui avevo risposto pochi minuti prima. E 3 messaggi, di Carol, in cui mi chiedeva che succedesse, il perché del mio abbandono alla gara, e l’ultimo, in cui mi ordinava di risponderle.
Me lo ero sognata? Sembrava così dannatamente reale. Fortuna, solo un incubo. Un maledetto incubo. Mancavano pochi minuti alle 12 e Alessia non era più sul divano.
Andai a vedere in camera sua, non c’era. Come non era in bagno, né in cucina, né in camera mia.
Iniziai a preoccuparmi, salii le scale, e mi fermai alla porta del bagno, la prima che mi trovai davanti. Pregai disperatamente che fosse lì, ma niente. L’ultima mia speranza, camera dei miei genitori, che negli ultimi quattro anni si era trasformata nella camera del gigante, aprii la porta e la vidi, in un sonno disperato.
Abbracciava il cuscino di papà, dal posto di mamma. Annusava il profumo del dopobarba, che la federa aveva assorbito come una spugna, e farfugliava frasi incomprensibili. Stava soffrendo troppo.
La lasciai dormire, e mi diressi verso camera mia, per distendermi un po’, ancora un po’.
Appena arrivata in camera, squillò il telefono, risposi, era Carol, preoccupata. Non avevo voglia di parlare, le risposi dicendole:
‘Ciao, mio papà stanotte ha avuto un infarto, o qualcosa del genere, mi dispiace, spero ti abbiano preso, ciao’.
Le buttai giù, spensi il cellulare e mi sdraia sul letto, la testa rivolta verso il cuscino per cercare di trattenere quell’urlo che dalla notte precedente mi solleticava la gola.
Il mio mondo stava cadendo a pezzi, e l’unica cosa che ero stata capace di fare era stata rispondere male a una delle poche persone che mi è sempre stata vicina: non ci avrei potuto far niente, se dopo di oggi non avrebbe avuto più neanche voglia di guardarmi in faccia. Quei lunghi riccioli castano chiari e quei occhi color nocciola, si meritavano di più, molto di più.

Driiin. Chi diavolo è, adesso?! – pensai.
Mi alzai, feci due passi, ma mi dovetti fermare: mi sembrava che tutto, attorno a me, si muovesse, compresi mobili e muri.
Driiin.
Alla porta c’era qualcuno senza pazienza. Che poi, se avesse voluto, avrebbe potuto entrare senza problemi: mi ero dimenticata di chiudere la porta dell’appartamento a chiave.
Driiin. Cavolo! Io non avrò di pazienza, ma quello alla porta.. Mi stava dando sui nervi.
Scesi quei quattro scalini il più in fretta possibile, e andai alla porta.
Aprii, e vidi un ragazzo che stava entrando nell’appartamento davanti al nostro.
Nessuno aveva più bisogno di me, meglio. Chiusi la porta, e mi diressi verso la cucina per bere un bicchier d'acqua.
Driiin.
Calma, Federica. CALMA. No, non riuscivo a stare calma, corsi alla porta, e mentre la porta si apriva velocemente iniziai a sbraitare.
‘È così divertente prendermi per il culo?’ Davanti a me un ragazzo, muto. Alzai lo sguardo, furiosa.
‘Sei senza lingua? Che vuoi?’
Se l’avessi guardato in faccia, gli avrei tirato un pugno. Si, che l’avrei fatto.
‘Mio zio, che abita qua davanti, mi ha detto di dirti che oggi pomeriggio verso le 16 passa a prendere te e tua sorella per portarvi da vostro padre’.
‘Ok, grazie. C’è altro?’
Chiesi picchiettando il piede per terra. Non l’avevo ancora guardato in faccia, fissavo impassibile lo stipite della porta, mi avrà sicuramente preso per pazza. Vedevo solo dei riccioli castani spuntare disordinati sulla mia visuale.
‘No, è tutto. Se hai bisogno suona, sono da mio zio per qualche settimana, e..’
Lo interruppi. ‘Non avrò bisogno, grazie.’
E gli chiusi la porta in faccia. Erano le 14, preparai un po’ di pastasciutta, e andai a svegliare Alessia.
Mancavano poche ore, e poi avremmo rivisto papà.
Riaccesi il cellulare, un solo messaggio.
‘Sei una stupida! Perché non me lo hai detto prima? Avrei rinunciato alla gara e sarei corsa da te. Essere nella squadra, non era una delle mie priorità, non capisci niente! Io sono qua, se hai bisogno, a qualsiasi ora, a qualsiasi ora, chiama.’
Lo lessi distrattamente. Non mi interessava, ora.
Andai a mettermi un paio di jeans, una maglia a maniche corte e una felpa, una delle mie grandi e calde felpe.
Suonarono alla porta e mia sorella, che era pronta già da un po’, andò ad aprire.
'Federica, sbrigati, è Joe.’
‘Arrivo, due secondi.’
Joe, il mio vicino.
Mentre prendevo il cellulare e mettevo in tasca il portafoglio inciampai in qualcosa, abbassai lo sguardo: il borsone, pronto per la gara. Ormai avevo rinunciato al mio sogno, non potevo più farci niente.
Lo spostai con un calcio e scesi.



Sono ancora io, la Carota.

Boh.
Oggi non ho niente da dirvi.
Ringrazio KeepSmiling
l'unica che fino ad adesso ha pubblicato
una recensione.
Spero che qualcuno legga
e mi aiuti a migliorare.
Pace e Amore.

Federica

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Capitolo 5
*** Si, in Italia. Allora Patatina? ***


Si, in Italia. Allora Patatina?

‘Cavolo, non puoi fare sempre così, Federica!’
Aveva sottolineato quel sempre con una certa foga e mentre guidava, vedevo le sue mani divincolarsi. Stava gesticolando, in fondo come sempre quando era arrabbiato.
Io guardavo impassibile fuori dal finestrino il paesaggio che passava veloce, senza preoccuparmi di trovare qualcosa da dire, ma chiedendomi ininterrottamente quanto tempo mancasse all’arrivo in ospedale.
‘So che è un periodo difficile, so come sei fatta, ormai ti conosco. Ma cavolo, sei impossibile!’
Tanta, forse troppa, rabbia repressa.
Se avesse aperto bocca ancora una volta sarei scoppiata: non si era ancora accorto che non mi interessavano, né lui, né le sue ramanzine?
‘Rispondimi e non fare la bambina, ormai hai quindici anni!’
Tirai fuori dal tascone della felpa l’Ipod e infilai le cuffiette nelle orecchie: finalmente non lo sentivo più.
Ma non perché la musica era alta e copriva anche la sua voce, no; aveva finalmente capito l’antifona: non mi interessava, niente.
Se devo essere sincera l’Ipod era spento, e l’unica cosa che stavo ascoltando disinteressata era lo scorrere dei miei pensieri: non gli davo molto retta, ma l’immagine di Carol, dei suoi riccioli e del suo viso preoccupato era la più ricorrente. Mi sentivo dannatamente in colpa, ma, come al solito, il mio troppo orgoglio non mi permetteva di ammetterlo, anche solo a me stessa.

Non ho mai amato la musica, è sempre stata qualcosa di troppo grande per me. Molto probabilmente la disprezzavo per il semplice fatto che, questa, è legata al canto e alla danza, due delle cose in cui sono negata. Diciamo che, la musica e tutto quello che comporta, è uno dei miei tanti punti deboli. O meglio, prima lo era più di prima.
Come in tutto, il contrario di Alessia. Lei è inspiegabilmente portata per il canto, suona la chitarra e il saxofono.
Era lei quella che, in quella macchina, stava davvero ascoltando musica.

Finalmente arrivammo, e mi resi conto che il viaggio era durato solo poco più di 20 minuti.
Solo io avevo avuto l’impressione che fosse durato di più, molto di più?
Che in quella macchinina rossa, e parecchio datata, non ci fosse più ossigeno?
Scendemmo, e Joe, che non aveva aperto più bocca dopo la discussione, ci salutò, dicendo che sarebbe passato a prenderci tra un paio d’ore. Ora avremmo dovuto entrare, sarebbe stato il momento più difficile di tutta la giornata.

Guardai istintivamente mia sorella.
La guardai, e mi accorsi che non era la solita.
Niente vestitini, niente brillantini, niente trucco, niente esagerazioni.
Era lei, in tuta. Più vicina a me che mai, forse anche più bella che mai.
Si girò verso di me, mi sorrise, e mi abbracciò. Da quanto tempo non mi abbracciava così? Troppo affetto in una sola volta, per me. Ma le volevo un gran bene, e da quando era morta mamma ancora di più.
Iniziai a tremare, ma in quella mite giornata di metà autunno non faceva freddo.
Alessia sollevò la faccia dalla mia spalla, con il viso segnato dalle lacrime, e la voce ansimante dovuta al pianto.
‘Hei, non rispondi?’
Era il telefono, in vibrazione, ecco perché tremavo così. La stanchezza mi stava rincretinendo.
‘Intanto che tu rispondi, io mi sistemo, così poi entriamo.'
Annuì.
‘Ei, Patatina!’
‘Ciao zia!’
– non avevo guardato il display, ma solo mia zia poteva chiamarmi Patatina. Solo mia zia chiamava dall’Italia.
‘Come va, bellissima? Joe mi ha chiamato, mi ha spiegato tutto, in INGLESE, e per quello che ho capito.. Be’, come sta papà? ‘– Ah, la zia! Quanto tempo. Ci avrei scommesso che prima o poi avrebbe chiamato, ma era giusto che sapesse.
‘Andiamo da lui adesso, ti saprò dire tra un po’..’
‘E l’altra Micetta?’
‘Chi?! Alessia?’
‘Si, Patatina! Chi altrimenti?’
– scoppiò in una delle sue fragorose risate, non so se mi spiego. Una di quelle risate contagiose, belle. Sorrisi anch’io.
‘Spiegati meglio la prossima volta zia. – feci una risatina, una di quelle forzate. Speravo tanto zia non se ne accorgesse – E comunque sta bene, cioè, come può stare una tredicenne che ha trovato suo papà senza conoscenza sul pavimento del bagno in piena notte. E voi?’
‘Noi..
– il tono della zia si era incupito - .. Non importa ora! Ho una proposta da farvi. Pronta ad ascoltare?’
Che stava succedendo? Quale sarebbe stata la proposta. Ero stranamente agitata.
‘Si, zia, dimmi.’
‘Tu e Alessia avete il permesso di venire in Italia per due mesi, fino a quando papà non uscirà dall’ospedale.'
‘Ah.. Scusa zia.. Devo andare da papà Ci pensiamo e ti faccio sapere. Ciao.’
‘Pensaci bene! Saluta tua sorella.’
Andai dalla ‘Micetta’ della zia, e le spiegai tutto. Lei non aprì bocca, se non per dire dopo qualche minuto ‘Io.. Si, io vado dalla zia.’

Silenzio. Era sceso il silenzio più totale. Mi mancava l’Italia, ma tutto era qua, e papà aveva bisogno di noi, come avrei potuto accettare?



Sono ancora io, la Carota.

Trooooooooppo melodrammatica.
Sono troppo melodrammatica.
E si, la mia è l'unica Fan fiction
in cui i personaggi famosi arrivano al
4678485654358857968394 capitolo.
E poi mi chiedo perchè non leggete. :')
Pace e Amore.

Federica

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Capitolo 6
*** Mai aprire agli sconosciuti. ***


Mai aprire agli sconosciuti.

Era passata ormai una settimana, da quando Alessia era partita, senza di me, verso l’Italia. Ed erano ormai 17 giorni che papà era in ospedale.
Ormai facevo avanti e indietro da quell’edificio bianco, non avevo molto altro da fare. Ero da sola a casa e solo ogni tanto Carol veniva a trovarmi. Aveva gli allenamenti praticamente tutti i giorni e con la scuola non ce la faceva, ma ce la metteva tutta.
Si, avevamo fatto pace, finalmente.
Era tornato tutto come prima, almeno tra noi.
Ero felice di esser rimasta.
Sentivo Alessia tutti i pomeriggi, o quasi, e le nostre conversazioni erano in italiano. Più stava via, più si rendeva conto di amare quel Paese. Ed io ero felice per lei: là non aveva preoccupazioni, e poteva distrarsi, senza tutti i problemi che qui ci incasinavano la vita.

Anche quel pomeriggio sarei dovuta andare in ospedale, e, finito di ripassare storia, andai a prepararmi.
Andai in bagno e, involontariamente, mi guardai allo specchio. Iniziai a soffermarmi su ogni singolo particolare. Non sembravo più io.
Prepararti? Federica, guardati! Non dormi decentemente da tre settimane, papà non sta di certo meglio, e tu oltre alla scuola, e all’ospedale, devi anche cercarti un lavoro. E tu cosa fai? Perdi tempo così! – Mi passai la mano in quel cespuglio che era nato sulla mia testa. A pensarci bene avrei voluto staccarmeli tutti, uno a uno.
Un attacco isterico, ci mancava solo quello.
Placai quella voglia di urlare, e mi sciacquai la faccia.
Una, due, tre volte.
Calmarmi, era tutto ciò che volevo.
Suonarono alla porta, Joe che passava a prendermi.
Lui era abituato a vedermi così, ormai era di casa.
‘Entra pure, Joe. Infilo le scarpe e arrivo.’
Nessuna risposta, sentii solo la porta aprirsi e poi richiudersi.
Come mai non inizia con una delle sue solite ramanzine sulla puntualità e sull’ordine? – pensai.
Mi misi le scarpe, e scesi.
Presi il telefono e le chiavi dal tavolo della cucina e mi girai verso la porta.
‘Sono pronta, possiamo and..’- mi bloccai all’improvviso.
Non era Joe.
Che cosa ci faceva quel ragazzo in casa mia?
No, e soprattutto chi cavolo era?
‘Ciao.’- esordì con un sorriso.
‘No, scusa, chi cavolo sei tu? E che cavolo ci fai qui?’
‘Ehm, c’è.. Mi hai detto tu di entrare.. o almeno credo.
- il suo sguardo si fece terrorizzato, ma non mi interessava. La cosa che mi sorprese è che, nonostante uno sguardo da ‘questa è una pazza isterica’ spaventato,m non la smetteva di sorridermi.
‘Ho detto a Joe di entrare, non a te, MA MI VUOI SPIEGARE CHI SEI?!’
‘Ah, giusto. Piacere, Harry, nipote di Joe e..’
– riprese a sorridere, e io diventai ancora più nevrotica.
‘Non mi interessa il vostro albero genealogico, che cosa ci fai TU qui?’
‘Se mi lasciassi finire di parlare, magari lo sapresti. No?’
– arrogante, quel ragazzo era solo un arrogante. – Mio zio non sta bene, influenza. Mi ha chiamato per accompagnarti da tuo padre.
Iniziai a fissarlo, non sapevo cosa rispondergli. E notai quei riccioli, che mi ricordavano qualcosa, ma non riuscii ad identificare.

Ci mancava solo questo. Mi voltai, cercai di trovare un’altra soluzione , ma al momento non mi venne in mente niente.
‘Allora, andiamo?’- chiese impaziente.

Sono la Carota.

Ok, ci siamo quasi.
Harry è spuntato fuori, ma..
Chissà!
Mi sento ppperrfida! (?)
Ma.. Ma è corto! D:
Bo', ringrazio KeepSmiling per avere il
coraggio di leggere.
Pace e Amore.

Federica

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Capitolo 7
*** Tutto può cambiare, anche tu. ***


Tutto può cambiare, anche tu.

‘Vado in pullman, grazie.’ – risposi senza pensarci troppo. – ‘Dì a Joe di non preoccuparsi.’
‘Mi ha chiesto di portarti in ospedale, e sai bene che non si disobbedisce agli zii.’ Disse ridendo.
‘Be’, non si sale neanche in macchina con degli sconosciuti. Se lo facessi disubbidirei a papà.’ Mi sembrava di avergli risposto per le rime. Ero stranamente soddisfatta.
Mi girai verso di lui, volevo vedere la sua reazione, volevo vedere se quello stupido sorriso gli si fosse scollato dalle labbra e ci fosse rimasto male. Ma gli angoli della bocca erano ancora rivolti verso l’alto; in un primo momento pensai a una paralisi facciale. Perché non mollava l’osso? Perché non usciva e mi lasciava da sola? ‘Sconosciuto?! Io non sono uno sconosciuto! Sono Harold Edward Styles. Guardami, tutti mi conoscono.’ Disse con la faccia di chi si sente superiore.
‘Non m’interessano minimamente i tuoi dati anagrafici.’ Dissi con tono rilassato.
Non capivo come riuscissi a reprimere così tanta rabbia. Non era da me.
Disse qualcosa a bassa voce, come sovrappensiero, qualcosa che somigliava a un ‘Ah, tu non sai chi sono.’ - E poi aggiunse – ‘Be’, allora è deciso, ti accompagno in ospedale!’.

Ero in macchina, con quel ragazzo con un cespuglio in testa.
Non parlammo per tutto il viaggio. Non che mi dispiacesse, sia chiaro.
Ma lui fischiettava uno strano motivo, aggiungendo in alcuni punti parole a caso, e non c’era cosa che mi desse più fastidio. Lo odiavo molto più che parlare di me, e con questo dovreste aver già capito che il fischiettare mi da sui nervi.
Ma non mi lamentai, fissai la strada, come al solito, aspettando di vedere la grande ‘H’ in lontananza.
Quando finalmente arrivammo, scesi dalla macchina, e chiusi la portiera, senza né salutare, né voltarmi indietro.
Dopo pochi passi sentì un clacson suonare, e involontariamente mi voltai: il nipote di Joe era ancora lì, che si sbracciava e cercava di farsi notare, con giù il finestrino.
Tornai indietro.
‘A che ora devo passarti a prendere?’
‘Non preoccuparti, troverò un modo per tornare.’
‘Sei testarda, eh?’
Non risposi.
‘Tra un paio d’ore sono qua, ci vediamo dopo Fede!’
‘Veramente mi chiamo Federica!’
– sbottai.
Ma lui ormai era partito. Chi si credeva di essere? Io sono Federica, non Fede. Non mi conosce, non può di certo chiamarmi come vuole lui.
Entrai in ospedale, ascensore, 5° piano, stanza 672.
Un continuo via vai, urla di medici che chiamano loro colleghi: regnava la confusione più totale in quel corridoio, come nel mio cervello.
Stavo per scoppiare. Cercai di spintonare i medici, di entrare nella camera, per vedere papà in tutto il suo splendore, sperando che tutti quel casino era per uno dei due compagni di stanza. È brutto, forse, da dire, ma era quello che speravo con tutto il mio cuore.


Mi trovai seduta su una panchina a piangere. Si, a piangere come una bambina al primo giorno d’asilo, senza mamma e papà per troppe ore.
Le ultime parole del caposala avevano distrutto tutto il mio mondo. Non poteva essere vero.
Avevo passato più di un ora accasciata in corridoio prima di avere una risposta, e.. Non avrei mai voluto che succedesse ancora.
Sentivo le lacrime scendere, e gli sguardi dei passanti addosso.
Stavo disperatamente male. Non so neanche se disperatamente e male possono stare in una stessa frase.
Restai su quella panchina per più di un’ora, a piangere, piangere e ancora piangere. Trattenermi non serviva, ormai avevo troppe lacrime dentro. Come un fiume in piena, distruggevo tutto quello che avevo costruito: il mio carattere orgoglioso, la mia reputazione da insensibile. Tutto quello a cui avevo lavorato per anni, oltre al nuoto.
Tutto distrutto in qualche settimana.
Perché, per quanto cercassi di autoconvincermi che tutto potesse migliorare, le cose peggioravano solo, e anche gli argini resistenti che erano i miei occhi potevano essere scavalcati.
Singhiozzavo, speravo che fosse tutto un brutto sogno, come quelli che si fanno quando si è piccoli.
Avete presente? Quando poi si scappa nel lettone dei genitori, e ci si sente protetti dalle forti braccia del papà e dalla tranquilla voce di mamma che cerca di calmarti.
Ecco. Solo che.. Adesso mamma non c’era più, e papà..
Altre lacrime.
Una mano mi tocca la spalla, non gli do retta.
Qualcuno si siede vicino a me.
‘Ei, tutto bene?’
Non rispondo. E dopo poco si alza e se ne va.
Si, finalmente di nuovo sola, con i miei stupidi pensieri.

Dopo venti minuti, o forse poco di più, qualcun altro mi tocca la spalla, ma il suo tocco è più pesante di quello di prima.
‘Ehi.’
Non risposi, magari se ne andava pure lui.
E invece si sedette vicino a me, in silenzio.
‘Che succede?’
Silenzio. Altri minuti senza dire niente.
‘Tutto ok?’
Alzai lo sguardo, riempii i polmoni di fresca aria quasi invernale e iniziai a sbraitare.
‘SI, TUTTO OK. NON SI VEDE?! STO DA DIO, NON VEDO L’ORA DI UN’ALTRA GIORNATA COME QUESTA! NON ASPETTI ANCHE TU CON ANSIA CHE UN MEDICO SENZA UN MINIMO DI TATTO TI DICA CHE TUO PADRE È IN COMA!’
Solo in quel momento mi accorsi delle lacrime che scendevano.
O meglio, che scendevano davanti a qualcuno al di fuori dei miei genitori o mia sorella. Nessuno mi aveva mai visto piangere. Girai lo sguardo, verso degli alberi in lontananza, e cercai di asciugarmi con una mano le lacrime. Ma ormai mi aveva visto.

Mi sentì prendere la mano, un brivido lungo la schiena, ma la tolsi subito.
Si alzò, credevo di averlo finalmente spaventato, non rideva più.
Portai le ginocchia al petto, e iniziai a piangere più forte di prima.
Poi di nuovo quelle mani calde su di me, mi sfioravano il viso.
Poi un abbraccio, strano. Erano anni che non venivo abbracciata così. Possibile che un ragazzo che non conoscevo neanche da 12 ore, potesse rovinarmi così? Rovinare la mia reputazione?
Ma ormai il mio orgoglio era stato ferito, nel profondo.
Cosa mi costava? Mi sentivo stranamente protetta, chiusi gli occhi e mi lasciai andare.

‘Andrà tutto bene, Fede. Tutto bene, vedrai..’
‘Mi chiamo Federica, te l’ho già detto.’
–dissi singhiozzando.

Sono la Carota.

Ho sprecato una giornata
di studio per scrivere
questo capitolo.
Domani ho due verifiche
e dovrò studiare stanotte.
MA A VOI CHE INTERESSA?
Pace e Amore.

Federica.

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Capitolo 8
*** E ormai, di questa vita, ho perso il controllo. ***


E ormai, di questa vita, ho perso il controllo.

‘Ma lui è Harry Styles! Lui è Harold Edward Styles!’
Alzai lo sguardo, senza capire.
Una ragazzina stava correndo nella nostra direzione, urlando qualcosa che somigliava a ‘Ti prego sposami!’ e a un ‘Ti amo’. Ma non ne ero sicura, non capivo.
Mi staccai dall’abbraccio, lo guardai, ma non feci in tempo a chiedere spiegazioni; la ragazzina ormai ci aveva raggiunto, e s’incollò a Harry come una sanguisuga.
Che stava succedendo?!
Si avvicinò un gruppo di ragazzine, lui iniziò a fare foto, autografi e a parlare con loro.
Rimasi immobile, per un po’, cercando di capire, ma mi dovetti spostare quando una bambina mi pestò il piede, facendomi capire di non essere ben accetta.

Dovevo tornare a casa, ormai erano quasi le 18, e il mio ‘autista’ era impegnato a fare il paladino delle giovani malate.
Andai alla fermata del pullman, controllai l’orario della linea più vicino a casa, solo un quarto d’ora. Avrei preso il biglietto sul pullman, e così non mi restava nient’altro da fare che aspettare.
Mi sedetti su uno dei tanti marciapiedi di Londra: le strade erano stranamente quasi deserte, e i negozi stavano per chiudere.
Non so ancora dire cosa mi trasmettesse, tranquillità o tristezza.
Pensai a papà, in coma. Volevo spaccare tutto, e, per la prima volta in vita mia, avrei preferito piangere. Avevo finito le lacrime, però.
Chiusi gli occhi, quelle immagini e quei pensieri dovevano sparire.
Ed ecco, un fremito, il suo profumo. STOP.
Aprii gli occhi, mi alzai in piedi, e salii sul grande autobus rosso, che ormai era davanti a me da qualche minuto.
Fu un viaggio relativamente corto, arrivai a casa dopo qualche minuto e , senza mangiare andai a letto. Non mi ricordo bene perché, ma fu una nottata movimentata.

Mi svegliai alle nove. Niente scuola.
In qualche modo fare la vittima con i professori, iniziava a piacermi.
Non ero io, ma non m’importava. Saltare interrogazioni, ore, o intere giornate di scuola era la parte entusiasmante di tutto questo.
Ho sempre odiato studiare: se non andavo già a lavorare era per l’età e per mio papà. Se resistevo in quella scuola era solo per lui, e per mia mamma.
‘Non voglio che, quando né io né papà non ci saremo più, tu debba andare a dormire sotto un ponte, capito Federoca?’ – mi ripeteva sempre, quando era ancora con me.

Federoca, era quello stupido nomignolo che le piaceva darmi, per prendere in giro il nome che mio papà aveva scelto per me. Le piaceva scherzare, e farmi arrabbiare. Le ho sempre detto che lo odiavo, ma non era vero. Mi faceva sentire solo sua.

Passai la giornata a cercare annunci di lavoro sul giornale, mentre curiosavo su Facebook.
I minuti sembravano non passare, mi stavo annoiando a morte. Inizia a girare tra i profili degli amici dei miei amici, quando su un profilo di una certa Hilary trovai uno strano link.
‘Ma questo assomiglia tantissimo a Harry’ –pensai.
Aprii la foto tanto per vedere in grande quel ragazzo che somigliava così tanto al nipote del mio vicino.
‘A Harry piacciono le ragazze che si vestono in rosa. #Stylesfact.’
Uscì. Sulla bacheca di quella ragazza c’erano foto e foto di Harry, con ogni tipo di informazione. Ero confusa.
Le chiesi l’amicizia. Volevo capirne di più, senza parlarne con Joe. E quella ragazza sembrava sapere davvero tutto.
Suonarono alla porta. Andai ad aprire, e, stavolta, era davvero Joe.
Mi misi le scarpe, la felpa e andammo in ospedale.
Papà non si era ancora ripreso, e io non facevo altro che sperare tenendogli la mano in quella stanza di ospedale.

Una vibrazione. Due. Tre. Risposi.
‘Pronto puzzola, come va? Spero meglio! Stasera niente allenamenti, mi auto invito a casa tua e ci mangiamo una pizza. Ordino io per le 8. E anche se tu mangi con le galline, io a quell’ora non ho fame, quindi si fa come dico io!’
– Non mi diede neanche il tempo di rispondere e buttò giù. Lei sapeva che le avrei risposto di no, e si era ingegnata. Mi conosceva fin troppo bene.
Un sorriso sulle labbra. Avete presente quei sorrisi spontanei? Si, quelli che ti fanno sorridere anche il cuore. Mi mancavano troppo quei periodi in piscina con lei, quando nell’acqua, tra le corsie, tutto era diverso.
Quando il cloro bruciava negli occhi, quando la vasca era tutto quello che ci importava di avere. Quando non avevamo altri pensieri per la testa ed eravamo felici di essere Federica e Carol, la ragazza milanese e quella londinese insieme per fare quello che amano.
Mi sono accorta solo ora di soffermarmi su pensieri totalmente inutili. Sarà meglio andare avanti..

Appena tornai a casa me la trovai davanti alla porta, con il suo zaino rosa in spalla.
‘Ta-daa..’. – urlò alzandosi in piedi e saltandomi addosso. No, saltarmi addosso non è la parola giusta.. Molto meglio travolgendomi.
‘Caaaarol, ma sei pazza?! Cado!’ – inizia a sbraitarle contro con una cattiveria tale da spaventare chiunque. Ma lei no, ormai era abituata.
‘Vedo che ti è passata la voglia di studiare, ma non quella di urlare come una pescivendola al mercato!’ – scoppiò a ridere, come al solito, per una di quelle battute che facevano ridere solo lei. L’unico difetto della sua bellissima risata? Era maledettamente contagiosa! Non si riesce a rimanere arrabbiati, lei ti fa subito sorridere. E così mi misi a ridere anch’io.
‘Ah, e visto che ultimamente ti diverte tanto saltare le lezioni, domani ti faccio compagnia. Mi prendo il letto di Alessia, è deciso!’.
La serata passò in fretta, tra i miei rutti da camionista, conseguenza di pizza e Coca Cola, e i suoi rimproveri da ragazza-so-tutto-io-prova-a-contraddirmi-e-ti-meno.
E per una sera riuscì a dimenticare tutto il casino che era diventata la mia vita. Si, come avrei fatto senza quella rompiscatole, perfettina, aspirante modella, della mia migliore amica?

Boom!
Guardai la sveglia, 7:30.
La.. Lalalala.. La...
Perché quella ragazza non era capace di stare ferma? Cavolo!
Misi la testa sotto al cuscino, chiusi gli occhi e ritornai a dormire.

‘Fede.. Oh, Fede, svegliati.. FEDERICA, APRI GLI OCCHI O TI APRO LO STOMACO!’
Farfugliai una frase priva di ogni significato mentre mi giravo dall’altra parte. Carol prese il cuscino e se lo portò via, aprii le finestre ed entrò una fresca brezza autunnale, anzi, ormai di quasi inverno. E se ne andò.
‘Se spera che per così poco mi sarei alzata si sbaglia di grosso..’ – pensai.
Ma una bottiglia di acqua gelata mi si riversò in testa.
Tentai di urlarle contro, ma mi tappò la bocca e mi mise una di quelle riviste di gossip davanti agi occhi, sostenendo che ci fossi anche io. All’inizio scoppiai a ridere, ma poi..

Sono la Carota.

Non ho molto da dire,
se non che ringrazio chiunque
commenti, soprattutto KeepSmiling,
e che presumo sarà un Fan fiction
taaaaaaaaanto lunga.
Pace, Amore e One Direction.

Federica.

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Capitolo 9
*** Fotografie. ***


Fotografie.

Il giovane Styles fa strage di cuori: nel giro di una settimana è stato fotografato con tre ragazze diverse.

Ci misi un po’ per capire cosa ci fosse scritto, ma poi, quando finalmente misi a fuoco rimasi scioccata. Lasciai perdere l’articolo. La lettura di primo mattino non era molto utile per me, e mi soffermai ad osservare le fotografie.
Una prima fotografia riprendeva un ragazzo riccio di schiena, mentre parlava con una ragazza alta e magra, tanto magra da sembrare anoressica e aveva capelli lunghi, lisci e biondi. Indossava un vestito fucsia, collant color pelle e ballerine bianche.
Da parte alla foto una didascalia. ‘Harry con una giovane ragazza, mentre passeggiano per le strade di Londra. Si dice che sia una grande amica della sorella Gemma e che il cantante abbia già avuto un flirt con lei. Un ritorno di fiamma?’.
Altra foto, insieme a Harry un’altra ragazza. Non era né troppo alta, né troppo bassa, ma era sorprendentemente bella. O almeno, per me lo era davvero, quella ragazza. Cappelli liscissimi anche i suoi, castano chiari, ma non era magrissima, come la prima. Era giusta. E se dovessi descriverla con una sola parola, proporzionata. Sembrava disegnata. Nella didascalia non c’erano molte informazioni. ‘Complimenti caro Harold, hai puntato in alto, questa volta, eh? D'altronde in poche riescono a resisterti!’
E poi la terza foto. Sgranai gli occhi, incredula.
Ero io. E se non lo ero, be’, mi sarebbe dispiaciuto davvero tanto per quella ragazza che mi assomigliava tanto.
No, ero io. La mia felpa grigia, i miei jeans, le mie converse.
A guardarmi nel globale, sembravo una pazza. Avrei voluto sprofondare. Perché a me? Che cosa avevo fatto di male per meritarmi un castigo del genere? Messa in ridicolo su un giornalino, che praticamente mezzo mondo legge.
Non mi era mai importato di quello che pensavano gli altri, ma forse era anche perché a nessuno era importato di me più di tanto.
Carol mi guardava con un sorrisetto malizioso sulle labbra. Mi limitai a sussurrare un ‘Non ci credo.. Che.. Bo’.’
Fissavo quella foto in cerca di ogni minimo particolare, sperando di accorgermi che quella era solo una mia sosia, o una sorella gemella da cui ero stata separata alla nascita.
Come avevano potuto mettermi a confronto con delle ragazze perfette? Ero, anzi sono, bassa, con ciccia in ogni punto del corpo. Non mi so vestire, ho scarpe rotte, vecchie e sporche, e potrei benissimo essere scambiata per un maschio.
E molto spesso rinuncio a pettinarmi, avendo capelli con vita propria.
Capelli.. Nella disperazione del momento, non mi ero accorta del fatto che Harry avesse le labbra perse nella mia folta chioma. Un brivido.
‘FEDERICA, SMETTILA! .. Ti prego.’ – supplicai a me stessa.
‘Foto scattata al St. James Hospital, qualche giorno fa. Cosa ci nascondi Harry?! Chi è quella ragazza? Di sicuro non una star dello spettacolo. Una semplice fan? Non sembrerebbe. La tua nuova fidanzata? Sai che certe cose non ce le puoi tenere nascoste! Inoltre, il nostro ‘paparazzo’ ha affermato di aver assistito a tutta la scena: i due giovani si sono incontrati su una panchina, lei ha tentato di mandarlo via, lui inizialmente provato, si è alzato, ma poi l’ha accolta tra le sue braccia e son rimasti così per una decina di minuti. Purtroppo, però, le fan ricoverate all’ospedale l’hanno riconosciuto e travolto. Così la ragazza misteriosa si è allontanata in autobus.’
Non riuscivo a crederci. Guardai la mia migliore amica, le scappò una risatina.
‘Ce l’hai fatta, eh? Il tuo primo fidanzato, Puzzola! Hai aspettato 15 anni, ma te lo sei scelto bello e famoso! Me lo potevi dire però che..’ – la fermai.
‘Puzzola un corno! Io non ho nessun fidanzato, non ne avrò mai uno e lo sai! E poi.. Non sapevo fosse famoso..’ –Non sapevo più che dire, quel giornalino mi aveva spiazzato. E Carol, che sapeva bene quanto in quel momento fossi in imbarazzo, rideva, sicuramente pensando a battute di pessimo gusto su questa storia.
Presi il cellulare, erano le 8.15, o giù di lì.
Di dormire mi era passata la voglia, soprattutto dopo la doccia ghiacciata e l’aria che mi picchiava dalla finestra sulla schiena.
Mi alzai senza troppe parole e mi andai a fare una doccia calda.
Insieme allo sporco, l’acqua e il sapone, portarono via anche tutti i pensieri. Penso sia stata la doccia più lunga di tutta la mia vita.
Mi sembrava di essere in allenamento, dove in testa avevo solo il rumore del mio corpo mentre si muoveva nell’acqua.
Erano quasi mezzogiorno, e io avevo già finito di mangiare. E perché?
Perché la mia migliore amica alle 2 aveva gli allenamenti, e se non digeriva prima di entrare in acqua rischiava di crepare.
Mangiai due forchettate di pasta, a quell’ora come facevo ad aver fame? Ma Carol mi aveva implorata.
‘Da nuotatrice che sei sai che non posso entrare in acqua senza aver prima digerito. Rischio di crepare, ti prego!’.
‘Magari crepassi sul serio! Magari la smetteresti di essere così logorroica!’
– le dissi seria. Ma non lo pensavo sul serio, e lei lo sapeva benissimo. Sapeva che senza di lei la mia vita non avrebbe avuto un senso, e che se non fosse rimasta con me io a quest’ora sarei già un cadavere tra le onde di qualche fiume.
‘Oh, parla la taciturna di turno! Non so se qualcuno si ricorda la Federica di qualche mese fa. Quella che scherza e ride con tutti, quella alternativa,’ – era dannatamente seria, ma sapevo che stava scherzando, soprattutto dopo aver sentito la fine della frase –‘quella che tutto d’un tratto si trasforma in una emo, e che senza di me sempre dietro al culo, si troverebbe in un angolino a tagliarsi le vene con una cannuccia.’
Scoppiò a ridere. E dopo pochi secondi contagiò anche me.
‘Prima o poi troverò il modo di rimanere seria, sai?’
E così l’accontentai: io non potevo vivere il mio sogno, ma non trovavo giusto che lei non potesse contare su di me per il suo.
Passammo un’ora a guardare la televisione, e poi lei se ne andò. Mi chiese di accompagnarla in piscina, ma non me la sentivo, e così la salutai sull’uscio della porta.
Andai in camera mia e accesi il computer; mentre aspettavo si accendesse notai tre riviste sulla scrivania, e un biglietto sopra. La scrittura era quella della mia migliore amica.
‘Goditi il tuo momento di gloria, c’è un articolo su di te in questi giornalini’.
Riappoggiai il biglietto senza sfogliarle: il mio cervello non voleva accumulare falsità.
Ma su Facebook non c’era nessuno d’interessante, e quelle riviste sembravano dirmi ‘Leggici, dai Federica, sappiamo che lo vuoi.’
E io cedetti a quelle stupide vocine.
In poche parole? Tutte stupidaggini.
Ero passata da essere un’amorevole fidanzata, a una fan ossessionata. Fan di qualcuno di cui non sconoscevo l’esistenza fino a due giorni prima.
Dlin.
Una notifica mi distolse da quelle assurdità.
‘Hilary Jones ha accettato la tua richiesta di amicizia’
Quella ragazza che sapeva tutto su quell’Harry Styles. Dovevo capirci qualcosa, e dovevo parlarci, anche a costo di fare figuracce.
Aprii la chat, presi un respiro profondo e le scrissi. ‘Ciao, scusa il disturbo, so che non ci conosciamo ma ho bisogno di te.’
‘Ehm.. Ok.. Cosa posso fare?’
‘Se non hai tempo, o non vuoi, dimmelo pure. Non farti problemi, so che la situazione non è una delle migliori.’
‘No, tranquilla! Dai, come posso esserti utile?’
‘Mi sento tanto stupida. Non puoi immaginarti quanto!’
‘Non preoccuparti, sputa il rospo.’
– sembrava così simpatica quella ragazza, mi sentii a mio agio dopo poco.
‘Ho visto tutti quei link, sulla tua bacheca, riguardo un certo Harry Styles.. Non sapresti darmi delle informazioni veloci?’
‘Oh, il mio Harold Edward Styles.. Certo, ma dipende come devono essere queste informazioni. Informazioni di base o la modalità Vita, morte e miracoli? ‘Una via di mezzo, dai!’
Mi raccontò tutto quello che sapeva. Mi spiegò che Harry faceva parte di una boy band, i One Direction, con altri quattro ragazzi, e che lui era il più giovane. Mi disse che erano arrivati terzi in un Talent show di nome XFactor, e che oltre a essere dannatamente belli, erano anche stramaledettamente bravi e che la loro voce molto spesso la faceva stare meglio.
Parlava di loro dicendo che erano il suo sogno ricorrente, e che non aspettava altro che il momento in cui li avrebbe anche solo visti da lontano, dicendo che le sarebbe bastato ammirarli perché non voleva aspettarsi troppo e rimanere delusa.
Il tempo passò in fretta, davvero in fretta, parlando con lei, fino a quando, verso le cinque le dissi che la dovevo lasciare, che dovevo andare da mio papà in ospedale.
‘Oh, mi dispiace.. Spero si riprenda presto.’
‘Lo spero anche io. Il St. James Hospital mi attende.’
‘ST. JAMES HOSPITAL?’
– ecco, ultimamente parlo poco, e quando parlo faccio solo casini.
Mi disconnessi. ‘Federica, sei un’idiota!’ pensai ad alta voce.

E poi mi accorsi di quanto questa situazione non avesse senso. Avevo abbracciato il sogno di Hilary, e di tante mie coetanee come lei. L’unica a cui non fregava davvero niente, si era trovata tra le braccia di quello Styles. Mi sentivo male, avrei voluto tornare indietro ed evitare che tutto quello fosse davvero successo.
Questo era quello che mi ripetevo, ma era davvero quello che provavo?

Piacere, sono una Carota.


Salve! Qui è Federica che scrive.
Volevo mettere in chiaro una cosa:
si, questa è una fan fiction.
Se i personaggi ci mettono un po’
a saltar fuori è solo perché cerco di rendere
la storia il più credibile possibile,
e perché non voglio infilarci cose in cui non credo,
come l’amore a prima vista,
sbaciucchiamenti con personaggi famosi vari,
e qualsiasi cosa di questo genere.
Forse sarà un po’ lunga, questo sì,
Ma ci sto mettendo l’anima.
Pace, amore e One Direction.
Federica.

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Capitolo 10
*** Nuovi incontri ***


Nuovi incontri.

Ormai ero ‘pronta’, ma Joe mi sarebbe passato a prendere solo mezzora dopo; i minuti passavano lenti, tanto da sembrarmi ore intere e la noia si stava impossessando di me.
Andai a distendermi sul letto, e, senza accorgermene, mi diressi verso le braccia di Morfeo, che mi accolse senza fare troppe storie.
Mi addormentai e sognai, credo.
Non mi sono mai ricordata i sogni che ho fatto, e anche quel pomeriggio, le cose non cambiarono.

‘Ei, dormigliona?!’ – qualcuno stava cercando di svegliarmi, ma io non risposi.
‘Fede, sono Harry.. Su, devo portarti in ospedale’
‘Lasciami dormire, idiota!’
– risposi.
‘Io cosa sarei?’ – fece il ricciolone con aria di sfida.
‘Un idiota! Devo farti lo spelling?’ – nascosi la testa sotto il cuscino.
‘Bene, ma sono un idiota che ti deve portare in ospedale. Hai 5 minuti per svegliarti, metterti a posto e seguirmi.’
‘Oggi resto a casa, mi può portare solo Joe in ospedale.’
– risposi senza togliermi il cuscino dalla faccia.
‘Joe ha la febbre, muoviti idiota.’
‘No, qua dentro c’è solo un idiota. E sei tu.’
– mi alzai senza dargli troppo retta, e andai a mettermi le scarpe.
‘Sono pronta, andiamo.’ – ero talmente stanca da non trasmettere nessuna emozione. – ‘Ah, ed entra ancora una volta in casa mia senza suonare, e ti denuncio.’
Rise, ma io ero seria.

‘Ti passo a prendere tra un’ora. Fatti trovare qua fuori.’
Scesi dalla macchina e andai nella camera di ospedale.
Papà era ancora in coma, e non sapevo più cosa fare, stavo perdendo anche la speranza.
Passarono circa 40 minuti, mi stufai, e andai nel parcheggio.
Mi sedetti davanti all’ospedale e aspettai per più di mezzora Harry e la sua macchina.
Finalmente arrivò, salii in macchina e iniziò a cantare.
‘La smetti di cantare? Mi dai fastidio.’
‘Fino a prova contraria la macchina è mia, e se vuoi tornare a casa, ti tocca ascoltarmi.’
– arrogante. Era una Star, lui. Lui può fare così, certo.
Non risposi, non volevo farmi tutta quella strada a piedi, da sola. Così nell’auto il silenzio prese il sopravvento.
Mi misi a guardare fuori dal finestrino ascoltando il frastuono di Londra.

‘Il tuo senso dell’orientamento non è il massimo. Sai che casa mia è dall’altra parte della città? Ah, l’Alzheimer fa brutti scherzi!’ – gli dissi con tono sgarbato dopo una decina di minuti.
Accostò.
‘Bene, adesso si è offeso e dovrò tornare a casa in taxi. Federica sei una testa di cazzo!’- pensai. Ma decisi che, finché non mi avrebbe detto di scendere, sarei rimasta in macchina.
Si girò verso di me per dirmi qualcosa, poi si fermò, aprii la portiera, scese e si fermò davanti alla mia.
Mi scoraggiai. Presi un bel respiro: ero pronta a camminare.
Mi aprii la portiera e mi disse una frase che inizialmente mi face rimanere di sasso.
‘Benvenuta a casa mia, ragazza!’
Guardai bene la villa che si trovava davanti ai miei occhi.
Chiamarla villa era una presa in giro. Quella era enorme. Mi lasciai scappare un ‘wow’, che fortunatamente il ragazzo che mi stava a neanche mezzo metro di distanza non sentì.
Mi ripresi e lo guardai.
‘Allora non sei solo un idiota, ragazzo! Sei un idiota, ricco e famoso, che esce con una ventina di ragazze diverse ogni settimana!’
Rise. Ma la mia non era una battuta, era una semplice osservazione.
‘Quindi sai chi sono!’ – mi disse, strizzandomi l’occhio.

‘Sai com’è, la mia migliore amica mi ha trovato su ben tre riviste di gossip. Sai quelle che si inventano mille storie su personaggi famosi e che leggono solo le ragazze a cui frega qualcosa della vita di sconosciuti?’ – dissi. – ‘E quindi ho cercato un po’ di informazioni.. Harold.’
‘Oh, capisco..’
‘Bene, ora che mi hai fatto vedere la tua dimora felice, mi poti a casa?’
‘No.’
‘Bene, torno a casa a piedi.’
– mi girai.
Lui, prontamente, mi prese per un braccio, mi bloccò e rimasi ferma.
‘Senti, me lo ha chiesto Joe! E’ stufo di vederti sempre in casa, e quindi stasera rimani qua, che tu lo voglia o no.’
Stava gridando, si girarono molte perone, un flash.
‘Mettiti il cappuccio ed entra in casa, se non vuoi che oltre che le tue foto sulle riviste ci sia anche il tuo nome!’
Feci come mi disse: misi da parte l’orgoglio ed entrai.

Entrai nella villa: era qualcosa di spettacolare.
Appena sorpassato l’uscio, un profumo mi travolse. Mi fermai, chiusi gli occhi e mi lasciai invadere da quell’aria. Sapeva di.. Buono.
Sembra un pensiero di una bambina di 5 anni, lo so. Ma è l’unico aggettivo che mi viene in mente ricordando quel giorno.
Aprii gli occhi, e mi misi ad osservare ogni minimo particolare. Era una casa abbastanza classica.
Ma non vi annoio con i particolari.
Harry si era tolto il giubbotto, e si stava spostando in un’altra stanza; decisi di lasciar perdere e seguirlo.
Delle voci provenivano dalla stanza in cui stavamo entrando, sembrava la televisione. Non avevamo ancora aperto bocca, e così, strano a dirsi, decisi di rompere io il ghiaccio.
‘Per favore, portami a casa. Racconta pure a Joe che son stata qui tutta sera. Non m’interessa se agli zii non si disobbedisce. Ti prego.’ – chiesi, con aria implorante. D’altronde era tutto quello che stavo desiderando in quel momento.
Lui inizialmente non rispose. Alzai lo sguardo e rimasi bloccata subito dopo essere entrata nella stanza.
‘Ragazzi, lei è Fede.’
Bene, mi aveva messo al centro dell’attenzione il ricciolino!
Abbassai lo sguardo.
Sentivo i loro occhi fissi su di me, mi sembrava di sentire i loro pensieri.
‘Tra tutte le belle ragazze di Londra, doveva portarci in casa questa?’
‘Perché questo, Harry, perché ci hai fatto questo?’

Voci nella mia testa, erano solo delle stupide voci nella mia testa. Ma avrei tanto voluto scappare, girarmi e scappare lontano da tutto e da tutti. Scappare da quel caos, trovare il mio angolino felice e lasciare che tutti si dimenticassero di me, per iniziare un’altra vita da zero. Una vita dove la ruota girasse a mio favore.
‘Ciao Fede!’
‘Ehi!..’
‘Salve ragazza! Ti fermi con noi a cena?’
‘Ciao!’
Alzai leggermente la testa, salutai e tornai a fissare il pavimento.
Una mano mi prese il braccio, un dito mi alzò il viso. Due occhi verdi mi guardavano, una bocca sorrideva.
‘Dai, Fede, non fare la timida! Non sei così, vero?!’
In quel momento capii tutto. Capii di essere felice, capii che quella che da qualche minuto c’era nel mio stomaco, era soltanto una reazione esagerata di farfalle appena nate. Capii che per la prima volta nella mia vita qualcuno era capace di provocare brividi anche al mio cuore freddo, e duro. Mi resi conto di star bene, perché per la prima volta qualcuno stava cercando di farmi uscire dal mio guscio, nonostante il mio caratteraccio. Capii che anche gli idioti servono a qualcosa. Che non desideravo altro che la sua bocca pronunciasse un ‘Ti prego resta’, o qualcosa del genere, anche mentre eravamo in strada.

Distolsi lo sguardo e mi soffermai sul gruppo. Sorridevano tutti, ed erano tutti fottutamente bellissimi.
Avendo sempre creduto in Dio, nonostante tutto quello che mi stava facendo passare, in quel momento pensai di essere in paradiso.

Piacere, sono una Carota.


La carota è ancora qui, a
a rompere i balooons (?)'
Ho scritto questa merda di capitolo
nel #Tomlinson Day,
e tra un po' spunterà bene fuori anche lui.
In più , ho anche cambiato il titolo alla storia:
l'altro era noioso.
Comunque tra un po' spunteranno
fuori personaggi nuovi
E forse anche una nuova Federica.
Ringrazio TUTTE VOI, e con tutte voi intendo
chiunque abbia recensito.
Ma un ringrazuamento aparticolare va a
Ilaria.
Qua è KeepSmiling, ma nella 'realtà'
è la mia migliore amica virtuale.
Pace, amore e One Direction.
Federica.

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Capitolo 11
*** .. Nuovi amici. ***


.. Nuovi amici.

‘Allora.. Lui è Zayn, lui Niall..’
‘Harry, sappiamo i nostri nomi, e non abbiamo più tre anni. Ci possiamo presentare noi.’
– disse il primo ragazzo che mi era stato presentato, alzandosi.
‘Piacere, - mi porse la mano – io sono Zayn’ Disse sorridendo.
Gli porsi la mia, di mano.
‘Federica’ – ricambiai il sorriso, ma non ero sicura che fosse sembrato sincero.
‘Ed io Niall’ mi si avvicinò un biondino, dagli occhi color del mare. Lo salutai con un cenno della mano.
Gli altri due erano rimasti sul divano, mi guardarono e sorrisero.
‘Ciao, di nuovo, sono Liam’ – disse il primo, quello più vicino a me. Aveva capelli mossi, chiari ma non biondi, e una voglia sul collo.
Spostai lo sguardo verso l’ultimo dei ragazzi, l’unico di cui non avevo ancora conosciuto il nome.
Ma qualcosa mi fece scappare una risata. Dove prima c’era una testa, adesso spuntavano due suole di scarpe, di mocassini più precisamente.
‘Hei, Louis, non ti presenti? – chiese Styles.
‘Io sono Louis '– spuntò fuori la testa dell'ultimo ragazzo – ‘Contento amore mio?’
Era strano, aveva l'aria del ragazzo maturo, ma si comportava da bambino.
‘Si, certo, Carotino mio’. – rispose Harry.
Risi, molto più forte di prima, ma smisi quando mi accorsi di essere la sola.
Solo a me quei due facevano ridere?
‘Ragazzi, dovete capirla.. Lei non conosce ancora bene i nostri due piccioncini’
– disse Liam, accorgendosi del mio imbarazzo.
Lo guardai e gli sorrisi.
Mi sedetti sul divano dopo che Harry mi invitò a farlo, e guardammo la tv.
Non fecero domande, non mi obbligarono a parlare di me.
Andarono avanti a fare quel che stavano facendo senza badare troppo a me: ero come uno spettatore, durante le prove del loro spettacolo.
Mi offrirono di tutto e di più, schifezze varie. Tranne Louis, che, per qualche strano motivo stava cercando di convincermi a mangiare una carota.
Non mi sono mai piaciute le carote, e non avrei di certo iniziato a mangiarle adesso solo perché me lo chiedeva lui.
‘Ma le carote sono buone’
‘E allora mangiatele tu!’
‘Sei in casa mia, qui si mangiano le carote.’
‘E allora ciao. Harry, accompagnami a casa!’
‘No, il mio amore non fa comunella con ragazze a cui non piacciono le carote.’
‘Ma io non sono una ragazza.. Sono una strega, non vedi?’
‘MA COSA CAVOLO TI HANNO FATTO LE CAROTE? Profumano anche..’
– disse poi esasperato.
‘Oh, buoni i cavoli!’
‘Ma.. Ma come? Non piacciono a nessuno i cavoli!’
‘E a me si. Te l’ho detto sono strana.. Una strega.’
Ridevano.
Stava uscendo la vera Federica, e sembrava divertire quei cinque.
Ah, no, quattro. Quella testarda, dalla risposta sempre pronta, e con un odio profondo verso le carote, a Louis non piaceva affatto.
Ma non m’importava.
Perché all’inizio sembrava che io fossi una delle tante ragazze passate in quella stanza, come me. Solo che io ero più brutta, e sembravo un maschio. Invece adesso mi stavo divertendo con loro, mi trattavano come una pari. Un maschiaccio, o qualcosa del genere. Ed era quello che ero, dopotutto. Mi facevano sentire accettata, tutto qui.
Passammo la serata a scherzare, mentre io mi divertivo a punzecchiare Louis, che ricambiava rispondendomi sempre a tono.

Driin. Driin. Driin.
Un telefono stava suonando.
Ci guardammo in faccia. Tutti controllarono il loro cellulare.
Driin. Driin. Driin.
Non poteva essere il mio.
Driin.
Tutti mi stavano fissando. Guardai il display del cellulare.
Era il mio. Stavano chiamando me. Avrei voluto sprofondare.
Come potevo essere così stupida?

‘Ei Carol, che c’è?’ – risposi.
‘Ma, niente, avevo solo voglia di sentirti.. Se venissi a casa tua?’
‘Ca’, puoi passare domani? Adesso non sono a casa. Sono da.. Amici.’
Guardai con aria interrogativa i cinque ragazzi, non ero sicura fossero miei amici. Avrei dovuto dire conoscenti?
‘E chi sono ‘sti amici?’
– Chiese Carol maliziosa – ‘Non mi starai tenendo nascosto un incontro romantico con Harry, vero?’.
‘No, Carol, c’è..’
– ero imbarazzatissima, cosa potevo dire?
‘Fede, dove cavolo sei?’
‘.. A casa di quell’idiota e dei suoi amici. Ma non è come pensi tu. Joe rompeva le palle e mi hanno portato qua con la forza, giuro.’
‘Non è vero, mi ha pregato in ginocchio di portarla qua. Ha anche cercato di convincermi spogliandosi completamente!’
Quelle risate risuonarono nelle mie orecchie.
‘Sì, certo, come no Harry..’
‘Ah, sempre la solita, eh Fede?’
– rispose Carol.
Risi anche io, questa volta.
‘Be’, puzzona, ci sentiamo domani allora?’
‘Ok, tu divertiti. A..’
‘Aspetta un attimo.’
Harry stava cercando di dirmi qualcosa.
‘Vuoi farla venire qui?’ – mi chiese.
‘Se per voi non è un problema, certo!’ – risposi entusiasta.
‘Ei, Carol, sei ufficialmente invitata dall’idiota a casa sua. Sbrigati, ti aspettiamo!’
Le buttai giù, ma poi realizzai di non averle detto dove si trovava la villa. Le mandai un messaggio.
Passarono una ventina di minuti e Carol arrivò. Lei non era ‘timida’ come me, lei fece subito amicizia.
Passammo una serata fantastica. Ero con la mia migliore amica nella casa di tre ragazzi fantastici, un idiota e il suo fidanzato.

Ma, ora che ci ripenso..
La mia migliore amica e Harry, ormai stavano facendo comunella.
Mi ero accorta di come lui la guardava, dei suoi tentativi per farsi notare, e di come Carol si trovava in imbarazzo quando lui le sorrideva, o la sfiorava.
In quel momento non mi diede fastidio. Non mi diede fastidio neanche quando lui passò più di dieci minuti fuori da casa sua, lasciandomi in macchina da sola ad aspettare, per parlare del più e del meno, magari per chiederle un appuntamento.
Quella che invece venne etichettata nella mia mente come ‘tremenda’ fu la notte, quando sotto il lenzuolo in camera mia non riuscivo a non pensare ai brividi che avevo provato, e agli sguardi tra quei due.
Sapevo cosa era successo: la mia migliore amica era innamorata.
Lo sapevo perché era già successo, più di una volta.
Era già successo che le sue guance prendessero colore parlando con qualcuno, che i suoi occhi brillassero più del solito.

Sapevo che lei stava per essere felice.
Così, quella notte, mentre mi giravo e rigiravo nel letto, rimisi i miei sentimenti nel cassetto, e decisi di tornare la Federica che non si innamora, quella che sta bene da sola, le basta un'amica.
Respinsi ogni immagine di Harry e mi addormentai.

Sono capace di controllare quasi tutti i miei sentimenti e le mie emozioni. Carol mi ha sempre detto che è una dei miei difetti, uno di quelli che mi avrebbe distrutto. Diceva di non fare l‘altruista, di tirare fuori quello che si prova nonostante possa ferire qualcuno.
Ma è così sbagliato preferire la felicità degli altri alla mia?


Piacere, sono una Carota.


L'aspirante carota è qui!
Bo', ringrazio chiunque abbia letto, o recensito.
Apprezzo anche chi mi ha lasciato messaggi colmi di complimenti,
alcuni tnengono a sta caccona di storia
e io non posso non esserne felice.
Dal prossimo capitolo, penso,
salterà furi un quasi nuovo personaggio.
Sarà anche lui importantisimo per la storia. :33
Comunque.. Bo', se leggete e recensite, non posso che ringraziarvi.
Io vi amo.
Pace, amore e One Direction.
Federica.

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Capitolo 12
*** Nuovi amori e nuove voci. ***


.. Nuovi amori e nuove voci.

Ero in macchina con Louis.
Si, io e il Carota-man in uno stesso posto, diretti all'ospedale. Non era stata una mia scelta, quasi un obbligo.

Quella mattina Carol si era precipitata alle otto a casa mia, svegliandomi, così agitata da spaventarmi. Camminava avanti e indietro e aveva evidenti occhiaie. 'Fede, non ho dormito tutta notte, ho una domanda importantissima. Spero la tua risposta sia negativa, ma se è positiva, dimmelo, perché io non voglio farti del male, anche se ci resterei male io.. Si, insomma, volevo chiederti..'
'Calma, Carol, stai calma e sputa il rospo.'
- quel monologo e il suo comportamento mi stava innervosendo.
Esitò un attimo, mi guardò dritta negli occhi.
'Ti piace Harry? Perché a me piace. E mi ha chiesto di uscire. Ma gli dico di no, se la cosa ti turba.'
Scoppiai in una fragorosa risata, era l'unico modo per distogliere lo sguardo, senza farle capire che stavo solo guadagnando tempo.
'Io.. Quell'idiota..' tra una risata e l'altra cercavo di trovare le parole giuste, senza far trasparire quello che davvero provavo.
'No, assolutamente no. Non avresti neanche dovuto pensarci. E' una cosa assurda!' - Continuavo a ridere, ma dentro stavo crollando.
'Meno male,' - mi venne incontro e mi abbracciò. – 'allora posso mandargli un messaggio e dirgli che oggi può passarmi a prendere.'
Un sorriso a trentadue denti: com'è bello vederla così felice.
'Dove ti porterà stasera, cucciolotta dell'idiota? Ah, e ricordagli che io ho l'assoluta priorità su di te.' - cercavo di sdrammatizzare.
'Cucciolotta un corno! E non usciamo stasera, ma oggi pomeriggio.'
'Ah, pomeriggio.. Quindi Joe non ha più la febbre!'
'Ehm, no.. Avrei dovuto parlarti anche di questo, in effetti..'
- si mordeva il labbro, tutto questo non avrebbe portato a niente di buono. Incrociai le braccia, in attesa di una risposta. - 'Harry, è via con me, no? Ecco, Joe ha la febbre, Zayn ha il suo appuntamento settimanale con lo shopping, Liam ha delle commissioni da fare..'
'E quindi mi accompagna Niall! Perché tutta questa paura di dirmelo?!'
'Perché lui non può, ha la famiglia qua a Londra..'
'Dovrò prendere il pullman. Eh, non è un problema! Se non c'è altra soluzione..'
'No, veramente.. Ti passa a prendere Louis, si è già messo d'accordo Harry. Sai che suo zio non vuole che tu prenda il pullman..'
'Oh, infatti, pieno di stupratori a cercarmi!'
'Dai, è solo un per un pomeriggio! Fallo pere me. Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, anzi ti preghissimo!'
'No, questa volta non ci saranno occhi dolci o preghiere che mi facciano cambiare idea, ragazza!' - risposi ferma.
Erano state le mie ultime parole, ero sicura di riuscire a non cedere.

Fanculo a quella ragazza, ai suoi occhioni color nocciola, e alla sua capicità di farmi venire i sensi di colpa. Ero seduta sul sedile, con una radio umana che non la smetteva di parlare da solo. PARLAVA, quanto parlava! LOGORROICO ERA DIR POCO. E tra un mio insulto, e una mia imprecazione, lui parlava di quanto bella fosse la vita e buone le carote.
Arrivammo a un patto. Lo lasciavo parlare solo se mi raccontava della band, di come erano arrivati al successo.
Mi raccontò di X Factor, del gruppo che si era formato lì, delle grandi amicizie che si erano fatte, e di quello strano rapporto che si era formato tra loro cinque. Spiegava così bene le emozione che aveva provato cantando per la prima volta sul palco, la tensione della competizione, la delusione nell'essere arrivati solo terzi, ma anche la gioia nell'avere tante fan.
'… E poi il grande successo con il nostro primo singolo, e adesso, il secondo tra qualche settimana. E pensare che qualche mese fa se me l'avessero raccontato, non ci avrei creduto!' Aveva un grande sorriso dipinto sul volto. Era un grande rompiscatole, ma era bello vederlo così felice.
E poi gli chiesi di cantare. Sinceramente non so neanche io esattamente perchè lo feci. Una sana curiosità si era impossessata di me.
'Ehi, Tomlinson, voglio sentirti cantare.'
Si girò verso di me, strabuzzò gli occhi, con faccia interrogativa.
'Sul serio, canta.'
'Tu?! Questa si che è bella! Quando racconterò agli altri che mi hai chiesto di cantare la prenderanno come battuta!'
'Ah-ah, simpatia portami via, ragazzo.'
'Grazie, grazie.'
- si asciugò quella lacrima immaginaria di commozione – 'Sono simpaticisimo, lo so.'
'Quando la finirai di fare certe scenate da bambino di tre anni e crescerai un po'?'
'Spero mai, ragazza.'
'Non ne avevo dubbi.'
- risposi seccata. Avrei tanto voluto discuterci, mi aiutava a sfogarmi, e mi divertiva. Ma sarebbe stato inutile. In quel momento la curiosità mi stava facendo impazzire, credo.- 'Allora cosa mi canti?'
'Tu dimmi una canzone e io.. Boom. Meglio che un Juke box!'
'Ehm.. Bo'. Io non ascolto molta musica.'
- dissi imbarazzata.
'Come non ascolti molta musica?'
'Non ascolto musica, punto.'
- quante domande inutili. - 'Scegli tu.'
'Tipo.. '
- ci furono alcuni minuti di silenzio.

You're insecure
Don't know what for
You're turning heads
When you walk through the do-o-or
Don't need make up
To cover up
Being the way that you are is en-o-ough


Distolsi lo sguardo dal paesaggio che passava, e mi girai per guardarlo. Stava cantando lui sul serio? La radio era spenta o era una presa in giro? No, non era possibile. Quella voce si impossessò delle mie orecchie ed arrivò al cervello.

Everyone else in the room can see it
Everyone else but you
Baby you light up my world like nobody else
The way that you flip your hair gets me overwhelmed
But when you smile at the ground it ain't hard to tell
You don't know oh oh
You don't know you're beautiful


Guardavo il ragazzo imbambolata. Bocca aperta, occhi sbarrati. Com'era possibile? Madre natura gli aveva voluto davvero bene. Quel talento era davvero tanto.

If only you saw what I can see
You'll understand why I want you so desperately
Right now I'm looking at you and I can't believe
You don't know oh oh
You don't know you're beautiful
Oh oh
That's what makes you beautiful


Non sapevo più che dire, ero spiazzata.
Si girò verso di me.
'Perchè quella faccia? Canto così male?! Pensavo che essere andato a X Factor significasse non essere proprio da buttar via..' - era tornato a fissare la strada.
'Ma tu hai dei seri problemi di autostima, Tomlinson! Le bretelle troppo strette non ti fanno ragionare lucidamente, mi sa. Non penso di aver mai sentito una voce così.'
Tornai a fissare fuori dal finestrino.
Lui staccò una mano dal volante, e la posò sulla mia fronte.
'Sei sicura di star bene? Non è che hai la febbre? No, non si direbbe! Ma appena arriviamo ti fai dare una controllatina da un dottore. TU, FEDERICA NADAI, CHE FAI COMPLIMENTI?! O sei malata, o sei diventata pazza, o forma di vite aliene si sono impossessate di te.'
'Direi decisamente la terza, ma shh. Non deve saperlo a nessuno.'
'Be', anche io se fossi stato un alieno ti avrei scelto come prima vittima. Non ti piacciono le carote.'
Scoppiai in una fragorosa risata.
'Sei un imbecille Tomlinson!'
Arrivammo in ospedale, mi disse che sarebbe passato a prendermi un'ora dopo, come al solito.
Andai da mio padre, quanto mi faceva male vederlo così. Mentre pensavo a quanto lui mi mancasse, a come potesse andare l'uscita tra Harry e Carol, e a quanto fosse bella la voce di Louis, mi arrivò un messaggio.
Cacchettah
'Oi, Merdy, tieni gli occhi aperti mentre sei all'ospedale. Potresti trovarti lì Styles. Oltre a saltargli addosso, chiedigli un autogtafo a questa Hilary tanto sfortunata.'

Sorrisi, era Hilary. Quel pomeriggio avevamo parlato per più di due ore, del più e del meno, e prima che passasse Louis ci eravamo scambiate i numeri di cellulare. Non si sa come ci eravamo anche dato dei soprannomi. Erano tanto infantili, ma li adoravo, e li adoro tutt'ora: Cacchettah lei, e Merdinah io.
'Stai tranquilla, non te lo uccido. E se lo incontrerò te lo porterò a casa. Io non saprei che farmene.' Se gli avessi detto la verità, sarebbe svenuta sul colpo. Ma non potevo fidarmi della prima ragazza simpatica che conoscevo in chat. Dovevo conoscerla meglio, e appena avessi ritenuto opportuno dirglielo, l'avrei fatto. Ormai ero decisa a portare avanti questa amicizia a distanza. Aveva qualcosa di speciale, non so neanche io cosa mi colpisse di lei.
Cacchettah
'Oh, io sì che saprei cosa farmene! Aahahah. No, ok, la devo smettere. Sono una ragazza tanto dolce, questi pensirti non sono miei.'

Carol fuori con Harold, papà in coma, Hilary era l'unica che mi teneva compagnia. E a essere sincera, la cosa non mi dispiaceva affatto.

Eravamo di nuovo in macchina, ormai erano passati quasi 5 minuti da quando avevo smesso di insultare Louis per il suo abnorme ritardo di 20 minuti, lasciandomi ad aspettarlo in una fredda giornata ormai invernale. Con tutti gli accidenti che gli avevo tirato, una qualsiasi persona si sarebbe un attimino offesa, o almeno infastidita; e invece lui no. Lui parlava, e rideva da solo. Dove prendeva tutto quel buonumore devo capirlo ancora adesso.
'Ma quindi tu non eri nostra fan?'
'No, non sono vostra fan.'
'Ah, è vero, preferite essere chiamate Directioners..'
'Ma sei tardo?! Se non sapevo neanche della vostra esistenza e sarei una fan?'
'Ho detto Directioner.'
'Si, Directioner, ok. Non sono una Directioner.'
'Ah, strano.'
'Cosa c'è di strano?!'
- nervosismo a go-go. In quella macchina la pace e la tranquillità ormai non esistevano più.
'Di solito trovo carine solo le nostre fans.'
'Mica si chiamavano Directioners?'
- lo guardai con sguardo di sfida, si era scavato la buca da solo, io lo stavo semplicemente aiutando ad andare a fondo. O almeno avrei sperato andasse a finire così.
'Touchè, Nadai, touchè. Ma resta il fatto che tu non sei una Directioners' – disse quella parola accentuandola – 'eppure sei carina.'
Mi girai per guardare la sua espressione, mi stava prendendo per il culo o si era fumato il cervello? Era tranquillo, fissava la strada, e fischiettava. In quel momento mi dimenticai perfino il mio odio verso il fischiettare.
Sentii le guance accendersi, e dove prima c'era un silenzioso e calmo bosco, qualcuno buttò un mozzicone di sigaretta, che diede il via a un incendio che devastò tutto. Era una sensazione stranissima, e anche molto fastidiosa.
Perchè non aveva peli sulla lingua? Perchè era così diretto? Perchè doveva farmi sentire così?
'Smettila di dire cagate, Tomlinson.' - risposi acida.
Federica, che ti succede? Sei stupida, smettila.
Fortunatamente dopo pochi minuti, arrivammo a casa loro.


Piacere, sono una Carota.

Allora, vorrei scusarmi con tutti voi
se ci ho messo così tanto tempo ad aggiornare:
il capitolo non mi entusiasma (quando mai lo fa?!)
e così perdevo tempo a sistemarlo,
ma tanto non è venuto fuori niente
di emozionevole (nuovo termine da aggiungere allo Zanichelli).
Ah, ci ho messo così tanto anche perchè d'ora in poi se quella asdghfj
di una Cacchy (KeepSmiling) non aggiornerà
non lo farò neanche io.
Così magari si spiccia.
Fan, prendetevela con lei! (Fan?! WTF?!)
Gemella siamese separata alla nascita,
colpa di una mamma tremendamente baldraccah,
e mandata con me sulla terra per salvarla dai Maya,
sei qualcosa di speciale.

Nel prossimo capitolo, forse, ci saranno
degli sconvolgimenti che neanche io avevo programmato
e la cosa non so se è un bene o un male.
Comunque.. RINGRAZIO ANCORA UNA VOLTA CHI SEGUE
QUELLO CHE SCRIVO, e lo informo che ha davvero del coraggio. (?)
Sarà meglio che vado.
Pace, amore e One Direction.
/Fede.

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Capitolo 13
*** Tu parla, c'è il cuore di qualcuno che ascolta. ***


Tu parla, c'è il cuore di qualcuno che ascolta.

Entrammo in casa, mentre Louis canticchiava e io fissavo il pavimento. Alzai lo sguardo, e osservai l'entrata: dal giorno prima era ancora tutto uguale. Cosa sarebbe dovuto cambiare? Mi assalì ancora quel profumo, a cui penso che non mi abituerò mai.
Dopo un paio di minuti, mi girai per guardare il ragazzo.
'Non è ancora tornato nessuno?' - mi chiese.
'Lo chiedi a me, che ero con te? Grande idea!' - risposi.
'Zaaaaaaaaaaayn? Haaaaaaaaaaaaarry?' -iniziò ad urlare affacciandosi alla scalinata.
'Niaaaaaaaaall? .. Liiiaaaaaaaam?' - Lo aiutai, ma nessuno rispose.
E poi uno dei momenti più lunghi ed imbarazzanti di tutta la mia vita: Louis aveva iniziato a salire le scale, per recarsi al piano di sopra. E io? Non conoscevo ancora la casa, non sapevo come comportarmi. Aspettai qualche minuto, che sembrò non finire più, e poi sentì una voce.
'Nadai,' - alzai lo sguardo, Louis era affacciato alle scale - 'fai come fossi a casa tua, io mi faccio una doccia intanto che Zayn non c'è..'
Annuì, ed entrai nella prima stanza che mi trovai davanti. Era una grande stanza, tinteggiata di bianco.
Non c'era niente di particolare che attirasse la mia attenzione, così mi sedetti sul divano e iniziai a fissare il grande televisore che mi trovavo davanti, al centro di un enorme mobile, che fungeva metà da libreria, metà da sorreggi-giochi per console, cd e soprammobili.
Drrr.
Un messaggio, sempre da Hilary.
'Merdy vado a danza, a dopo.'
Gli risposi con un semplice 'Buana lezione, a dopo Cacchy.'
Poi sentii una voce quasi sussurare delle note: era assolutamente Louis.
Chiusi gli occhi e mi rilassai, non accorgendomi che la stanchezza iniziava ad impossessarsi di me.

'Mi ucciderà, lo sento. Anzi.. Ci ucciderà!'
'Ma ne varrà la pena!'
'Ah, se lo dici tu.. Io la conosco.'
'Fidati, sarà divertente.'
Sentivo delle voci, e delle risate, troppe risate per i miei gusti.
'Dai, dai.. Sbrigati che si sveglia!'
'Ma se ha il sonno pesante quanto un elefente!'
- questo era Harry, la sua voce era impossibile da non riconosere.
Ma cosa caspita stavano facendo? Sentii qualcosa appoggiarsi sulla mia mano. Avevo una voglia matta di aprire gli occhi e mandarli tutti a cagare, ma poi mi trattenni.
Dopo qualche secondo qualcosa mi passava sotto il naso. Prurito. Resistetti, sentì il fiato di qualcuno sempre più vicino, e dei sussurri.
'Com'è possibile che non le dia fastidio?'
'Ha il sonno pesante, io l'avevo detto'
'Io mi tiro fuori, sia chiaro!'
'Ohh, il piccolo Niall ha paura?'
'No, voglio ridere fino a scoppiare quando lei vi toturerà, per poi vi mangerà vivi.'
'Shh, voi due!'
- quelle parole me li sentii addosso.
Ero sicura di chi mi stava facendo quello scherzo idiota. Erano convinti di ridere? Era convinto di farmela?
Si sbagliava di grosso.
Si avvicinò ancora, e quando fu abbastanza vicino, tirai su il braccio.
Sentì un fermento generale, Niall stava già ridendo.

Splash.

Aprii gli occhi, e mi ritrovai la faccia di Tomlinson tutta bianca a qualche centimetro da me. Mi guardava scioccato, di certo non se l'aspettava. Nè lui, nè gli altri.
Sentivo le risate di tutti, ma quella di Niall sormontava le altre. E così mi misi a ridere anche io. Mi pulì la mano nella maglia di Louis, tanto ormai sporco di panna lo era già.
'Batti il cinque, sorella!' - mi disse Niall tra una risata e l'altra.
Ma mentre mi giravo per battere il cinque, mi sentì travolgere.
E poi panna ovunque. Non vedevo più niente, non capivo cosa stava succedendo. Urlavo soltanto.
'Basta, smettila, Tomlinson!'
'Hai iniziato la guerra, non puoi pretendere la pace!'
'Non fare il grande uomo, Carota-men.'
Ma quanto cavolo pesa? Mi stava uccidendo.
'Togliti, togliti! Non respiro più! Togliti'
'Chiedimi scusa, Nadai, e vedrai che mi levo..'
'Mai Tomlinson, mai!'


Driin.

Fortuna che ra suonato il campanello. Liam andò ad aprire.
La nuova arrivata entrò nel soggiorno tenendo il ragazzo per mano, mentre Louis mi si toglieva di dosso e mi si sedeva da parte.
Sorrisi a Carol, che non avevo ancora salutato nel trambusto del mio risveglio. Ricambiò il sorriso e mi mimò con le labbra un 'Dopo ti racconto'. Ero davvero felice che anche lei lo fosse: era la mia migliore amica, non potevo chiedere di meglio.
Poi mi girai a guardare la ragazza che si trovava nella stanza.
Era una ragazza non troppo alta, magra, capelli lunghi, ricci e castani. Aveva un viso simpatico, e un sorrisone stampato sopra.
'Ciao ragazzi!' - esordì.
'Ei, Danielle.' - Niall si alzò e l'andò ad abbracciare. Lei non fece altro che ricambiare.
E così fecero tutti, fino a quando Liam non la presentò a me e alla mia miglore amica.
'Federica, Carol.. Lei è Danielle, la mia fidanzata.'
'Piacere, Danielle, io sono Carol.'
- si presentò prima lei, porgendogli la mano, che la ragazza strinse subito.
'Piacere Carol, felice di conoscerti.' - le sorrise.
Com'era possibile che in quella casa ci fossero così tante persone fantastiche e io mi trovavo lì in mezzo? Dire che sfiguravo è decisamente minimizzare le cose.
'E tu dovresti essere Federica..' - si girò per guardarmi, mentre mi alzavo dal divano.
'Si, ehm,.. Piacere, Federica, ma puoi chiamarmi semplicemente Fede.'
Mi guardò e scoppiò a ridere.
'Oddio, piacere Fede.. Scusa!.. Non volevo ridere è che..' - rideva davvero tanto, e io non riuscivo a capire cosa ci fosse in me di strano.
Poi mi guardai.
Sembravo un pupazzo di neve, avevo panna ovunque. Fulminai Louis e scoppiai a ridere anche io.
Daltronde che altro dovevo fare? Facevo davvero ridere.
'Questa me la paghi Tomlinson! Adesso se non sto al fresco cagio e puzzo!'
'Perchè prima che ti riempissi di panna montata come un bignè profumavi?'
'Ah, si, hai ragione. Mi dimentico sempre di farmi la doccia. Dovrei scrivermelo da qualche parte.. Ma sai, di solito mi lavo nelle pozzanghere, ultimamente le piogge acide hanno reso tutto più difficile.'
'Mah, secondo me le pioggie acide ti facilano la vita. Sradicano i peli alla radice.'
'Ma lo stile da Tarzan fa più effetto. Mi da quell'aspetto, come dire.. Ribelle.'
'Si, potresti prendere il posto di Chita in Tarzan! Saresti anche ben pagata.'
'Ohssì, mi piace la faccenda. Tu chi faresti? Secondo me Jane è il tuo ruolo!'
Lui prese una coperta dal divano, se la mise intorno alla vita a mo' di gonna ed iniziò ad urlare 'Tarzan, vienimi a salvare.'
Dopo qualche secondo gli si avvicinò Harry, che iniziò a gesticolare cuori con le mani, facendo poi finta di baciare la povera 'Jane'.
Risate di sottofondo. Niall era inconfondibile, ma anche gli altri non scherzavano.
'Liam, non vorrai lasciare questa povera ragazza sporca per tutta la sera, vero?' - disse Danielle.
'Ah, non preoccuparti Danielle. Vado a casa a cambiarmi e torno.' - la guardai e le sorrisi.
'Non ci pensare neanche! Sti cinque ragazzi vanno tenuti in riga, qua! Qualcuno la accompagni in bagno e le dia dei vestiti per cambiarsi!'
Rimasero tutti zitti, sembrava quasi fosse la loro madre.
'No, ma non ce n'è bisogno, ci metterò massimo un'oretta..' - dissi in completo imbarazzo. Ero decisamente di troppo, non volevo creare casini.
'L'accompagno su io' – disse Harry, e poi aggiunse con un sorrisino su quella faccia così perfetta da prendere a pugni e guardandomi – 'Seguimi idiota.'
'Te l'ho già detto, l'idiota qua dentro sei solo tu.' - gli risposi salendo le scale.
Ci furono attimi di silenzio, ma quando poi entrammo in una camera, probabilmente la sua, qualcosa cambiò.
Aprii l'armadio, tirò fuori una felpa e dei pantaloni di una tuta.
'Possiamo parlare?'
'Certo, che vuoi?'
- risposi guardando bene tutta la camera. Le pareti erano verdi, c'era un calendario, una sciarpa dell'Irlanda e un gran casino per terra. L'unica cosa ordinata era il porta cd, nel quale una sezione era riservata a Justin Bieber.
'.. Carol è la tua migliore amica, giusto?'
Annuì, appoggiandomi al muro vicino alla porta.
'Ecco..' - iniziò a mordersi il labro. Dio, se era cotto. Era STRAcotto. Bruciato quasi. - '.. Mi piace, mi piace da morire.'
'Lo so.' - sorrisi. Era ancora più bello innamorato, inutile nasconderlo.
'E Carol..'
'Carol..?'
- gli feci segno con le mani di andare avanti.
Si sedette, portò le mani davanti agli occhi, e sputò fuori quella domanda che lo stava torturando.
'..Prova quacosa per me?'
Lo guardai, senza rispondere.
Lui alzò gli occhi, il mio silenzio lo stava divorando, mi sentivo tremendamente stronza, si.
'Io la risposta la so, ma non voglio toglierti il piacere di scoprirlo. Vai da lei e parlaci.'
'Non posso.'
'Perchè no?'
- ero sorpresa.
'Perchè lei è la più bella ragazza che io conosca, perchè quando sono con lei mi sento così apprezzato, ma anche insicuro. Perchè la conosco da un solo giorno, e non oglio affrettare le cose. Perchè sono esageratamente insicuro, e non mi è mai successo prima, con nessun'altra.'
'Vai da lei e digli quello che hai detto a me.'
'No, no.. Sul serio..'
Ci sedemmo in mezzo a tutto quel disordine e parlammo, tanto. Mi parlò della sua storia, della sua reputazione da Don Giovanni e di come andasse smentita. '.. perchè alla fine io..' - si fermò e mi guardò. Distolsi lo sguardo e poi lui proseguì – 'Sei strana forte, sai?'
Rialzai lo sguardo, perplessa.
'Cioè.. Sei una gran rompiscatole, un'idiota di prima categoria. Sembri un'insensibile, ma sei una gran ascoltatrice. Carol è fortunata ad avere una migliore amica come te. Ne vorrei anche io una così..'
'Ma tu hai Louis, Liam, Niall, e Zayn. Sono ragazzi fantastici, molto meglio di me.'
'No, con loro non potrei mai fare un discorso come questo. Tu sai ascoltare, e dare consigli..'
'Be', non mi piace parlare.. Qualcosa dovrò pur divertirmi a fare.'
Mi alzai e mi diressi verso la porta.
'Ora.. Il bagno dov'è?'
Mi sorrise, insicuro.
'A destra, la' – si fermò a pensare facendo una buffa espessione – 'seconda porta.'
Sorrisi. Carol era dannatamente fortunata.
'Ah, Fede!'
'Si?!'
'Grazie.'

Con il sorriso sulle labbra mi diressi in bagno.
Quel grazie non me lo doveva, era totalmente inutile. Quel grazie non aveva bisogno di risposta.


Piacere, sono una Carota.

Quanto sono lenta, eh? Quanto?
Ma la colpa è ancora tutta della mia
Cacchettah, che non si spiccia ad aggiornare.
Le ho promesso che d'ora in poi aggiornerò
solo quando lo farà anche lei per farla
assalire dai sensi di colpa quando ci mette troppo ad aggiornare.
Ah, Cacchy, scusa se in questo capitolo ci sei poco,
ma è di paassaggio.
Prometto che poi sarai quasi tu la protagonista. (?)
E grazie a Ida (_malikseyes),
che mi ha rotto le palle così tanto,
da farmi scrivere così veloce. T.T
Vorrei ringraziarvi, se vi mettete d'impegno e recensite
le mie schifezze.
Grazie mille a tutti, davvero.
Pace, amore e One Direction.
/Fede.




Ps: Io non sono responsabile di eventuali vomitate o ricoveri in ospedale. Sdfghjkjdfghjkllsdcfgghfggdsjhbbbbbnsdjjsdklklbnxuymnk. Leggere attentamente il foglio illustrativo.

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Capitolo 14
*** Ma se la mia storia venisse allo scoperto e tutto cambiasse? ***


Ma se la mia storia venisse allo scoperto e tutto cambiasse?

Mi ritrovai in bagno, e dopo essermi guardata attorno, mi infilai subito sotto il getto caldo della doccia.
Ripensai alla conversazione con Harry e mi accorsi che quello che provavo per lui era solo la conseguenza di troppe attenzioni che mi aveva prestato.
Ero troppo felice per loro, perchè mi piacesse. Per me l'amore non esisteva, o se esisteva non c'era nel mio futuro, e non sapevo come comportarmi. Era stato tutto un malinteso, ed io ne ero felice.
Avevo cinque nuovi amici, e due nuove amiche, e per una ragazza che se ne stava sempre con la sua migliore amica e qualche ragazzo con cui giocava a calcio, era un gran passo avanti.
Mi risciacquai, uscì dalla doccia, e presi il primo asciugamano che trovai.
Lo specchio era appannato, e fortunatamente non vidi la mia immagine riflessa. Non ero come loro, e immaginarmi con qualche difetto in meno migliorava, anche di poco, la situazione.
Mi rivestì, e mentre m'infilavo la felpa che mi aveva dato Harry, venni inondata da un profumo che mi mandò in tilt. Ero sicura, però, non fosse il suo.
Ritornai in me, mi diedi una pettinata ai capelli e li raccolsi in una coda, per poi dirigermi verso la porta. Riguardai quella stanza, e mi scesi le scale.
Orientarsi in quella casa era impossibile, ma fortunatamente tornai in salotto sana e salva.

Nessuno si accorse di me, erano tutti troppo occupati. Solo Louis si alzò dal divano per andare a cambiarsi. Anche lui era nelle situazione in cui mi trovavo io venti minuti prima.
Li osservai dalla porta.
Danielle e Carol parlavano di qualcosa come scarpe, o unghie: il loro discorso non mi era molto chiaro, se devo essere sincera.
Sul divano, c'era Niall spaparanzato che mangiava patatine e beveva Coca Cola, e, davanti al divano Liam e Zayn sbraitavano contro la televisione con in mano un joystick a testa, mentre facevano una partita a FIFA.
Vidi Harry trafficare in cucina da solo, attraversai la stanza e, da brava ospite, gli andai a dare una mano.
'Harry hai bis..' - non feci in tempo a finire la frase che iniziò a urlarmi contro minacciandomi con una frusta per dolci.
'ESCI DALLA MIA CUCINA, RAGAZZA!'
'Ma volevo soltan'
– Mi interruppe ancora.
'HO DETTO FUORI!'
'Stai tranquillo, non ti rubo le ricette. Stavo facendo la brava ragazza, non lo farò più Mister Permaloso-è-il-mio-nome.'
- dissi appoggiandomi al lavandino.
'Ma esci o no?'
'Lasciami prendere solo quel pacchetto di patatine e vado.'
'Quella è la nostra cena, lascialo lì, ed esci.'
'Ho capito che ci vuoi avvelenare, sai? Io vado a mangiar fuori, torno fra un'oretta, se ci sarà ancora qualcuno vivo.'
'Fai un favore a tutti.'
'Più che altro faccio un favore a me stessa.'
- dissi uscendo dalla stanza.
Presi il giubbotto che era appoggiato sul bracciolo del divano, e mi diressi verso la porta.
Credevo che come prima nessuno mi avesse visto, e invece Niall mi prese per un braccio.
'Dove vai?'
'Fuori a mangiare. Ho scoperto che Harry ci vuole avvelenare tutti, ma shh'
– mi portai la mano alla bocca, in segno di silenzio.
'Uh, uh. Aspetta, prendo il giubbotto e vengo anch'io.'
'Intanto esco.'
Ero fuori dalla porta ad aspettare Niall da qualche minuto. Guardavo per terra, tirando di tanto in tanto dei calci ai sassi del vialetto.
Pensavo ad Alessia, che non sentivo da due giorni e mi mancava immensamente, per quanto mi costasse ammetterlo.
A papà che era da più di due mesi in quella dannata camera di ospedale, senza aprire occhio, o bocca. Sentivo, anzi sapevo, che non sarebbe ritornato più niente come prima. Stava morendo a poco a poco.
A mamma, che non andavo a trovare da mesi e mesi, ma che era sempre nel mio cuore. Sapevo che stava aspettando papà. Lui senza di lei non poteva resistere. Si amavano troppo, per stare così tanto tempo lontani.
Ero completamente persa nei miei pensieri, alla fioca luce dei lampione che illuminavano il sentiero, quando mi sentii prendere i fianchi e un Bu che mi fecero urlare. Tutto il vicinato mi aveva sentito, sicuramente.
Mi girai. Il biondino rideva come uno stupido piegato in due.
'Ma sei cretino? Stavo per morire! Mi avresti avuto sulla coscienza! Ma dove hai il cervello?!'
Rideva. Lo conoscevo solo da due giorni ma ormai avevo capito che rideva per tutto e per tutti.
Mi girai.
'Allora andiamo o no a mangiare?'
'Ti lascerei a digiuno, te lo meriteresti. Ma io ho troppa fame, quindi andiamo.'
- e poi aggiunsi – 'Ah, e smettila di ridere.'
'Tanto lo so che vorresti ridere anche tu, ma che per orgoglio ti trattieni!'
'Chi, io?'
'Si, tu.'
Mi si avvicinò e mi mise una mano intorno al collo.
'Tutta sta confidenza?!'
'Vedrà in che bel posto la porto, Nadai.'
'Ah, quindi paghi tu?'
'Vedremo..'
'Sbrigati, se non vuoi che ti mangi per traverso.'

Salimmo in macchina e ci dirigemmo verso il 'bel posto' in cui avremmo dovuto cenare.

Stare in macchina con Niall era diverso. Non era come con Harry o Louis, che o parlano troppo, o fischiettano facendoti venire il nervoso.
Niall parla quanto basta, e le domande più personali che può farti sono riguardo il tuo cibo preferito.
'Niall, fammi un favore. Non portarmi in un ristorante italiano.' - esordì non so come io.
'Da buona italiana che sono, quello che qua spacciano per cucina italiana è solo un'enorme schifezza. La pizza napoletana, la pasta.. Ah, non puoi capire!'
'Sei italiana?'
'Federica Nadai ti sembra un nome inglese?'
'Ma non lo so, magari i tuoi bisnonni si erano trasferiti qua e tu non avevi mai visto la tua terra d'origine.'
'E invece io ho vissuto fino ai tre anni in Italia, e fino a tre anni fa mangiavo tutte le estati le squisitezza di lì.'
'Oddio, ma qualche volte mi ci inviti, vero?'
- disse supplicandomi. Penso che neanche si accorse di non guardare più la strada, talmente preso dai suoi pensieri erotici con qualche bella pizza alla diavola.
'Guarda la strada!'
'Ah, si.. Ma tu mi ci porti vero?'
'Penso che non tornerò più in Italia.'
- mi girai per guardare fuori dal finestrino. Ormai era inverno e le giornate erano sempre più buie.
'Perchè?'
Passarono alcuni secondi, senza che nessuno dei due parlasse. Poi sbandammo, io mi girai di scatto, e spostai il volante.
'Ma dove hai trovato la patente? Come sorpresa in un pacchetto di patatine?!'
Scoppiò a ridere. Era proprio vero quello che mi aveva detto Hilary, lui rideva p..
Hilary!
Frugai nelle tasche, ma mi accorsi di aver lasciato il cellulare in bagno, nella tasca dei pantaloni.
'Merda!'
'Che è successo a Miss Finezza?'
'Ah-ah. Simpatico, davvero.'
- risposi ironica.
La macchina in quel momento si fermò, mi guardai attorno e vidi un piccolo locale con un insegna rossa.
'Benvenuta da Nando's. Qua i sogni di tutti i 'pozzi senza fondo' come me, diventano realtà.'
'E cosa aspettiamo ad entrare?'

Scendemmo dalla macchina, e ci dirigemmo insieme nel ristorante.

'Oh, Horan! Solito tavolo?'
'No, oggi non son da solo, c'è anche lei, Ed!'
Accennai un sorriso, mentre quell'Ed, ricambiando il sorriso, veniva verso di noi per poi farci accomodare a un tavolo.
'Il solito, Niall?'
'Si, Ed, il solito.'
'E tu?'
- chiese rivolgendosi a me.
'Non so in cosa consiste quel 'solito', ma lo prendo anch'io.' - e poi aggiunsi con un sorrisino – 'Tanto paghi tu..'
I due rimasero in silenzio per un po'.
'Il solito?' - chiese Ed con una faccia sorpresa. - 'E' chiaro che tu non sappia cos'è il 'solito' di Niall..'
'Non lo so, e non rovinatemi la sorpresa.'
- dissi sorridendo.
'Agli ordini, capo!' - per poi rivolgersi a Niall – 'Questa ragazza è forte, dove l'hai trovata?'
'Me la son trovata a casa. Non chiedermi da dove sbuchi.'
'Guardate che vi sento..'
- dissi scocciata.

Dopo neanche dieci minuti arrivò al tavolo la nostra ordinazione.
Su quei vassoi c'era praticamente tutto il menu, due volte. E non due volte in tutto. Due menu completi, a testa.
Niall si fiondò subito sul cibo, mentre io rimasi a contemplare tutto quel ben di Dio.
'Se è troppo lascialo lì. Io mangio tanto, non è cosa da tutti.'
'Tanto? Macchè, scherzi? Questa non è cena, è uno spuntino!'

Mangiammo in silenzio, totalmente presi dal cibo.
Poi, improvvisamente, Niall iniziò l'ennesima conversazione della serata.

'Prima che è successo?'
'Prima quando?'
- dissi continuando a mangiare.
'Ma, non saprei.. Forse quando hai tirato fuori la ragazza tutta finezza che c'è in te?'
'Ah, ' - sollevai lo sguardo – 'ho solo dimenticato a casa il cellulare.. Dovevano arrivarmi un messaggio e una chiamata importanti.' - mi fermai, guardai il cibo ed aggiunsi – 'credo'.
'Fammi indovinare..'
- disse con un mezzo sorrisetto – 'Scommetto che il messaggio era del tuo fidanzato e la chiamata del Presidente degli Stati Uniti D'America'. - disse con fare autoritario.
'Guardavi anche tu Cory alla Casa Bianca?' - chiesi.
'Sempre.' - e poi – 'Ho indovinato allora?'
'Si, Horan, si. In realtà sono una spia, mandata a casa vostra per controllarvi. Girano voci a Washington su voi cinque che non potete neanche immaginare..'
- dissi sussurrando mentre mi avvicinavo per farmi sentire.
'Lo sapevo!'
'Non dirmi che ci credi davvero!'
- iniziai a ridere. Era così stupido da mettere tenerezza.
Cioè, non a me, ma credo che a qualsiasi altra persona sulla faccia della Terra facesse tenerezza. Un po' come un cucciolo, o un bambino piccolo. Mi guardò con aria spaesata. Ci aveva creduto seriamente. Mi sentivo in colpa a ridere di lui, ma era più forte di me. È.. È.. È ingenuo, ecco.
'No, Niall, no. Sono due delle ose più assurde che potessi dire sul mio conto.'
'Ma io ci speravo. Eri così fredda, non volevi parlare della tua famiglia.. Una spia! Era tutto così ovvio..'
'Si, infatti, ovvio.'
- scoppiai in una fragorosa risata, di nuovo. Mi sentivo stupida, a dire il vero.
'Se ti serve..' - posò il suo cellulare vicino al mio piatto.
'No, grazie.. Quando torneremo a casa risponderò.'
'Ma erano importanti, l'hai detto tu. Almeno avvisa chi ti doveva chiamare che non hai con te il cellulare e lo richiami più tardi.'
- mi sorrise.
'Ti farei spendere una fortuna, non devo chiamare qua. Mia sorella è in Italia da mia zia.'
'Allora chiama e di alla zia che prima o poi dovrà ospitare anche me.'
'Quando torniamo l'avviso, prometto, adesso riprendilo.'
- gli porsi il cellulare.
'Come mai tu sei qua, e tua sorella in Italia? Harry ci ha detto che l'hai conosciuto per via di Joe, ma non ci ha voluto dire nient'altro..'
Speravo gli avesse detto tutto, ma era ovvio che non era stato così. Non sapevano niente di me, e andava bene così. Adesso cosa mi sarei inventata? Cosa gli avrei detto? Sono praticamente orfana, si. Certo, come no.
'Lunga storia..' - ma cosa?!
Stupida. Sono una stupida. Pensai.
'Mi piacciono le lunghe storie, credo..' - sorrise ancora.
Smettila, cazzo. Smettila. Quei sorrisi, quei bei modi. Smettila.
'La mia non è così bella' – sorrisi. Lui così gentile, e io scorbutica. Fantastico.
'Se mai vorrai raccontarmela, io sono qui.'
'Se mai vorrò raccontarla non sarà qui. E neanche a casa tua, dove quando pagherai, andremo.'
- sorrisi. Mi sentivo così in colpa da sorridere.
Dov'era finita Federica? Dov'era? Niente sorrisi, niente sensi di colpa. Sarebbe stato tutto più facile.
'Vado a pagare, allora.'
'T'aspetto qua.'
gli dissi mentre si allontanava.



Piacere, sono una Carota.

Sono 21 giorni dal capitolo precedente, ma, lo ririririripeto
(si, ci manca un altro ri, anche secondo me.) :
devo aspettare che KeepSmiling
aggiorni, prima di farlo io.
Sono testarda, si, lo so. èé
E sono anche una fottuta logorroica, che anche se
sta scrivendo, riempie i capitoli di dialoghi. :')
Oh, non so che farci, è la mia natura. LOL
Ringrazio voi gente, più coraggiosa di bear Grills (?)
Che recensisce anche su comando. :')
Non ho assolutamente voglia di dilungarmi troppo,
sto capitolo fa più schifo degli altri
ma salta fuori anche Niall.
Ps: sti sdfghjk di codici http mi fan girare le palle,
non mi si leva il corsivo, tenetevelo così. Ma con amore, però. <3
Pace, amore e One Direction.
/Fede.

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