Aroma di felicità; il pezzo di me che manca.

di Annabelle_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buio, scuola, eskimo. ***
Capitolo 2: *** Vendo fuoco e fiamme. ***
Capitolo 3: *** Alcol, madri e cuscini. ***
Capitolo 4: *** Plettri, baci e occhi. ***
Capitolo 5: *** Prospettive e abbracci. ***
Capitolo 6: *** Segreti, smeraldi e sogni. ***
Capitolo 7: *** Sogni, paure e lacrime. ***
Capitolo 8: *** Rosso, sbagli e prime volte. ***
Capitolo 9: *** Aria, musica e Francia. ***



Capitolo 1
*** Buio, scuola, eskimo. ***


La mia stanza. Il mio ipod. Luci spente ed una giornata che volge al termine.

Tutti i miei giorni finiscono così, si cancellano, si annullano, rimangono aria, polvere, un giorno in più vissuto ed uno in meno da vivere. So che detto così suona strano, anzi è trem endamente malinconico ma diciamo che la mia vita è tutto quello che un giorno che muore può lasciar immaginare.

Sono Annabelle, ho 17 anni e vivo nella periferia di Londra. Non sono inglese, sono nata a Perpignan in Francia, all'età di sei anni sono andata via da quell'orrido mondo per trasferirmi qui, senza un padre e con una madre che della mia vita ne farebbe volentieri a meno. Tutto sommato, da quel lontano 12 novembre del 2000, la mia vita è cambiata. La mia vita è migliorata.

Sono una studentessa del C. Darwin high school, e non per essere presuntuosa ma credo di essere una delle studentesse migliori dell'intero istituto. Sto per finire il mio ultimo anno e sinceramente non vedo l'ora che questo incubo finisca. La scuola è uno schifo. Nessuno ti premia veramente per quello che dai, per quanto ti impegni, no, loro ti premiano se riesci ad essere il più 'leccaculo' possibile ed io non ci sto.

Non chiedetemi se sono fidanzata, se sono innamorata perchè non vi risponderei, probabilmente vi insulterei. Odio l'amore. Lo odio perchè probabilmente non ne ho mai ricevuto, perchè i miei esempi di amore sono praticamente un disastro, perchè l'unica persona che ho mai amato è rimasta li in Francia e perchè io la Francia la odio con tutto il mio cuore.

 

E' lunedì, la vita ri-inizia, la vita prende forma ed io perdo la mia, mi poggio su quel banco, prendo appunti e torno a casa, come sempre. E' vuota, lei non c'è, probabilmente è a lavoro o probabilmente è da Lex, quel simpaticone del suo nuovo compagno. Papà è morto, e parte di me è morta con lui. Quell'incidente ha preso lui e ha lasciato la parte sbagliata di lei, quella che non sa cosa vuol dire soffrire, perchè forse lo ha fatto già troppo.

Prendo un barattolo di cioccolata, due fette di pane e pranzo così, pranzo male ma mi arrangio. Come tutti i pomeriggi alle tre, la band del mio vicino di casa suona, e quello è il momento della giornata che preferisco, il momento in cui niente e nessuno può sentirmi cantare, il momento in cui mi spoglio e indosso gli abiti della cantante che non sono, della bella ragazza che non sarò mai.

Lui è Harry, Harry Styles ha 18 anni e la sua band si chiama 'White Eskimo'. E' un ragazzo simpatico, tutto qui. E' uno a posto, uno che si fa i fatti suoi, uno straordinariamente bello, uno con un carattere terribile, tipo il mio. Non passa giorno senza litigare con sua sorella, o con qualcun'altro della famiglia. Lui non lo sa ma quando sale in mansarda, si affaccia alla finestra, si accende la sua Wiston Blue, io sono li che lo guardo, lo guardo perchè non lo conosco veramente ma è come se ogni cosa che lui faccia sia tutto quello che io vorrei fare, ma che non ho il coraggio di portare a termine.

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Capitolo 2
*** Vendo fuoco e fiamme. ***


 
 
 
Voglio scappare di casa, trovarmene una tutta mia e creare il mio mondo li dentro. Oggi non c'è scuola e stranamente mia madre è senza alcun impegno. Potremmo ritagliarci un po' del nostro tempo e trascorrere una giornata all'insegna dello shopping, guardare vetrine e urlare ad ogni vestito carino e a poco prezzo, come fanno in quei terribili e poco verosimili telefilm americani. Ed invece no, oggi come ieri saremo divise, non da kilometri di distanza ma da un sottile strato di menefreghismo ed indifferenza. A me manca mia madre, mi mancano le sue carezze e la sua bellezza fuori dal comune, mi manca guardarla negli occhi azzurri e vedere me stessa, con qualche ruga in più e qualche esperienza da cancellare in più. Io voglio mia madre, voglio ridere con lei, voglio parlarle di problemi che solo una madre può capire, ma io non ho una madre, ho un'amica sull'orlo di una crisi di nervi, un'adolescente che dimostra solo 30 anni in più di quelli che ha veramente. Io non ho una madre, io ho solo me stessa, una copia rovinata di quella che sarò.
 
Non sono bella, sono diversa. Tante persone che conosco mi ripetono sempre di fare concorsi, di provare ad entrare nel mondo della moda. Ho un viso particolare, uno di quei visi che "spaccano lo schermo". Oggi ho un vestito grigio leggero e le mie clarks, devo passare dal fruttivendolo e poi dal Pheobe. Pheobe è quella che voi chiamereste migliore amica, io la chiamo semplicemente Bebe, non ci diamo nomignoli, è solo un modo carino di stravolgere il suo terribile nome, tutto qui.
Pheobe è di origine pakistana, ed è di religione musulmana, è stata la prima persona che qui a Londra ho avuto la possibilità di conoscere ed è l'unica che per adesso, non mi ha ancora abbandonata. 
Esco di casa e attraverso la strada. Una folata di vento fa passare sotto il mio naso un odore acre, odore di fumo, di bruciato. Mi giro, seguendo la scia di quell'odore grigio. Vedo delle fiamme nella finestra della mansarda di casa Styles. Non so che fare, entro nella lavanderia di fronte casa e chiedo aiuto. Io e Mercedes, la lavandaia, ci precipitiamo fuori casa di Harry e suoniamo ripetutamente il campanello, nessuno risponde. Chiamiamo il numero delle emergenze.
Hanno trovato Harry steso sul pavimento, stava suonando e qualcosa è andato come non doveva andare, arriva l'ambulanza. Harry sembra riprendersi ma con urgenza è da portare via. Mercedes mi spinge con lui sull'ambulanza, liquidandomi con una frase del tipo: "Anna vai tu, io ho il negozio, tieni il picciotto sotto controllo". 
Lo farò, lo terrò sotto controllo, almeno ci proverò.
I medici tengono la mascherina dell'ossigeno premuta sul suo viso e chiedono a me informazioni.
"Sei la sua ragazza? Tranquilla, si riprenderà in meno che non si dica."
"No, davvero...lo conosco a malapena."
"E perchè sei qui allora?"
"In realtà perchè non c'era nessun'altro disposto a seguirlo."
"Capisco. Sai almeno come si chiama?"
"Si, è Harry Styles, ha 18 anni."
"Perfetto. Fuma che tu sappia?"
"Si..però non vorrei fosse una specie di segreto inconfessabile."
"Non ne sapranno nulla i genitori, tranquilla."
Arriviamo al pronto soccorso e credo che sia arrivato il momento di telefonare a casa e spiegare a mia madre, probabilmente ancora sotto le coperte, tutto quello che era successo.
 
"Aspetta qui, potrà volerci del tempo, qualsiasi cosa...noi siamo dentro. Procurati il numero della madre almeno."
Dove lo prendo il numero della madre? So solo che si chiama Tilda, il resto mi è decisamente oscuro. Chiedo alla barista della caffetteria ormai ottantenne ti prestarmi un elenco telefonico, avrei cercato un modo, avrei chiamato Mercedes, avrei chiamato Phi, avrei trovato quel numero. Di tempo ne avevo a quantità industriali.
 
Appunto sulla mia agenda numero, nome, via. Phi è un' esperta di ricerche e anche questa volta pare essere stata la migliore nel suo campo.
La porta della sala si apre, ormai sono passate tre ore e Harry sembra reduce da una guerra apocalittica, sembra figlio del polverone sui terreni di battaglia. Zoccoli, sangue e sabbia.
Mi alzo, l'istinto mi dice di farlo, e mi avvicino a lui che mi guarda, mi riconosce appena e mi chiede cosa stessi facendo li. Allungo la mia agenda al medico e faccio sedere Harry su una di quelle poltrone nella sala d'aspetto.
"Eri solo, qualcuno doveva seguirti qui ed eccomi qui."
"E' stato tremendo, non so cosa sia stato."
"Almeno possiamo dire che è tutto finito, e bene."
"Almeno quello." Mi sorride e si passa una mano tra i capelli ricci, vuole aggiustarli ma sono talmente impolverati che l'unica possibilità di renderli guardabili sarebbe uno shampoo instantaneo.
"Guarda, tua madre sta per arrivare, se non ti dispiace io vado."
"No, aspetta, se vuoi ti diamo un passaggio verso casa."
"Tranquillo, ho bisogno di fare due passi ma grazie lo stesso."
"Come vuoi. Ciao."
Mi alzo, prendo le mie cose e mi avvio verso l'uscita. 
"Annabelle!" grida, "Grazie e...ti devo un favore."
Non sono brava con le parole e quindi gli sorrido ed evito di sbagliare, per quanto mi riesce bene farlo.

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Capitolo 3
*** Alcol, madri e cuscini. ***


'Ehi Anne, sono Harry, ti va domani pomeriggio di venire da me? So che è una proposta abbastanza noiosa, ma è da troppo tempo che sappiamo uno dell'esistenza dell'altra ed è da altrettanto tempo che facciamo finta di non accorgene. Mia mamma vuole assolutamente ringraziarti, con dei pancakes decisamente invitanti presumo.
Fammi sapere xx'
 
Sono le due di notte, il telefono si illumina mentre gli altri sono andati via e rimango io, il mio bicchiere oramai vuoto e una sbronza con i fiocchi. Leggo ma non afferro il concetto, sono stanca, bevuta e voglio solo andare a casa.
Prendo le mie cose, lascio quel tavolino rotondo ed intagliato, esco dal pub e lascio che siano le mie lunghe e bianche gambe a portarmi via di li. Ogni venerdì è la stessa cosa, Phoebe che gioca a fare l'astemia, che gioca a fare la bambina innocente, io che cerco un modo per evadere, cancellare una settimana, una di quelle da film horror ed altri cinque o sei ragazzini viziati e finti ribelli che lottano per trovare un modo per rovinare la vita ai loro genitori. Li odio tutti. Loro hanno quello che io non ho più e fanno di tutto per mandarlo via. 
Sapete che c'è? Sto con la testa poggiata sul cuscino e gli occhi sbarrati, il rimmel colato ed un altro venerdì distrutto. Prendo il telefono, rileggo quelle righe e capisco che Harry mi ha inviato un messaggio, vuole vedermi. Sono io quella che non vuole.
E' oggettivamente uno dei ragazzi più carini dell'intero isolato. Pensa non me ne sia accorta? Pensa che adesso per averlo aiutato, debba essere sua amica? Si sbaglia. Non sono quel tipo di ragazza, non sono una facile. Non lo voglio essere, non lo voglio essere. Ad essere facili ci si innamora ed ad innamorarsi si muore. Fa male amare qualcuno quando non si ama abbastanza se stessi. Io questo vicino di casa voglio che rimanga tale. Sarà che amo i pancakes e che le mie idee non vanno mai nella stessa direzione delle mie azioni  ma gli rispondo che andrò da lui e che lo farò solo per i pancakes.
 
E' sabato, non c'è scuola e ne approfitto per studiare.
"Vuoi uscire con me? Andiamo a fare un po' di spesa e poi a mangiare qualcosa."
Non potevo credere che quello stava succedendo davvero. Mia madre si vergognava di me, più che altro si vergognava dell'essere madre, dell'ammettere di non essere più una ragazzina e non poteva uscire con me, non poteva e non doveva.
Non le rispondevo non perchè non volessi, più semplicemente erano le parole che non volevano venir fuori.
"Ascolta, se non vuoi non importa. Ho bisogno di passare del tempo con te. Di non perdere tempo, di vederti crescere e no, non pensare che io sia matta, che oramai è tardi. Una madre si perdona, sempre."
"Perdonare?"
"Non vorresti farlo?"
"Dovrei. Una madre non bistratta la figlia, non lo fa mai."
"Lo sai cosa ho passato, lo sai quello che ci è successo."
I toni si stavano alzando e andava bene così, i demoni dovevano uscire. Era il momento.
"Io cosa ho vissuto? Una favola? Mentre tu eri oggi con uno e domani con un altro, io, si io, questa stupida dieciassettenne che non merita attenzioni, ero chiusa in camera, ora a piangere, ora a studiare, ora a fare tutte e due le cose insieme. Non studio perchè amo farlo, studio per poi riuscire a scappare da te, da quello che stai vivendo. Io merito una vita migliore, io merito di VIVERE. Lo meriteresti anche tu se solo te ne rendessi conto. Mamma io ti voglio bene, mamma io ho bisogno di te, mamma mi manchi. Io queste frasi ormai le so troppo bene, sono cinque anni che non faccio altro che ripeterle, non faccio altro che urlare ma tu no, tu non mi senti. Non mi sentirai mai e forse quando ti sarai decisa a farlo sarà troppo tardi."
Ora piange, come una bambina. Ora piange perchè farlo è quello che le riesce meglio.
"Non mi merito le tue parole, io ti voglio bene e te ne ho sempre voluto."
"Hai uno strano modo di dimostrarlo. Non scherziamo, se oggi siamo qui a parlare è perchè qualcuno ti ha parlato di me, di cosa faccio quando ti racconto di andare da Pheobe a dormire o dalla nonna in campagna. Qualcuno deve averti riferito che la tua piccola figlioletta sta facendo di tutto per attirare attenzione, qualcuno deve averti rimproverata, perchè non sei una buona madre e perchè io, tua figlia, non faccio altro che tornare a casa tardi, sedermi sui gradini e piangere prima di aprire la porta di casa e spontaneamente entrare in un inferno, dal quale scappare sarebbe più semplice, come fai tu d'altronde, mentro io no, voglio restare e soffrire, voglio riparare tutto, anche l'irriparabile. Perchè l'unica che ama l'altra sono io. Sono il la 35enne, sono io la donna di casa ed anche l'uomo."
"La vita non mi ha mai sorriso. Lo sai e fai finta di non saperlo. Tuo padre è stato per me un fratello, quello che non mai avuto, una madre ed un padre. Tuo padre è tutto quello che mi ha ridotta in questo stato. Il suo non esserci più, la sua assenza. Ti sto portando via l'adolescenza, puoi rimprovermi di questo. Lo sto facendo come tu hai fatto con la mia. Non te ne do una colpa, è un merito, sono cresciuta in fretta grazie a te. Il tempo perso lo sto recuperando. Ma non mi vedi? Sono un quadro riuscito male, una nota stonata. Sono la tristezza. Non è tardi, voglio ripartire da zero, voglio vivere per te e con te. Ho capito che della mia vita c'è poco da vivere, quella che merita di essere vissuta è la tua e non posso commettere lo stesso errore che tua nonna commise con me. Ti prego di capirmi."
"Ti capisco perhè voglio farlo, perchè non sopporto più questa situazione. Voglio avere dei limiti. Non me ne faccio niente di una vita senza freni, voglio delle regole. Ma non credere sarà facile.
E comunque no, vai da sola. Devo studiare."
"Se cambi idea, chiamami."
Non voglio piangere, non lo voglio fare adesso. Voglio uscire, scappare, devo sfogarmi con qualcuno. Se non fosse che Pheobe è impegnata con il saggio di danza e con le prove, fuggirei da lei e le piangerei tra le braccia. Lei non c'è, sono le due di pomeriggio e vado da Harry.
 
"Scusa, so che è un po' presto, forse troppo. Ti dispiace se entro?"
"No figurati, a quest'ora non ho mai nulla da fare. Solitamente suono ma non importa, vieni pure."
"Ecco bravo, suona, te ne prego."
"Allora seguimi che ti porto in mansarda."
La casa è vuota, la madre è a lavoro ed io lo seguo. Porta un paio di jeans molto scuri, non larghi, un paio di converse ed un maglioncino blu. Ha dei ricci che fanno tenerezza e due occhi verdi che a confronto, i miei, sono una brutta imitazione.
"Vieni, siediti qui." Mi indica una poltroncina blu cielo ed impugna la sua chitarra.
Inizia a strimpellare qualcosa seduto di fronte a me. E' imbarazzante quanto sia bello ma io devo far finta di nulla, devo convincermi che così non è. E' solo un ragazzino carino, ed io una stupida bugiarda.
"Allora dimmi qualcosa su di te. Non ti conosco per niente, davvero. Sei ermetica, non so assolutamente nulla sul tuo conto e mi dispiace, davvero."
"Non so raccontarmi, non lo so fare per niente."
"Se dovessi scegliere una canzone per descriverti?"
"Per certi versi quella dei Maroon 5, come si chiama? Ah, si, She will be loved."
"Capisco. Dai, non farmi essere pesante. Dimmi la prima cosa su di te che ti passa per la testa."
"Sono vegetariana."
"Non ci credo."
"Perchè non dovresti?"
"Perchè lo sono anche io!"
"Non credevo ci fosse gente intelligente da queste parti!" Rido. "Scherzo ovviamente."
"Adesso tocca a me. So tre lingue."
"Davvero? Io ne so quattro! Fregato!"
"Sei un portento allora! Spagnolo, Inglese e Russo, tu?"
"Francese, Spagnolo, Inglese ed Italiano. Il mio sogno è quello di diventare una famosa giornalista."
"Il mio quello di diventare un cantante."
"Dai, fammi sentire qualcosa."
"Solo se mi prometti che domani mi porti qualcosa scritto da te."
"Da me?"
"Non solo tu sei una brava osservatrice."
"Vorresti dirmi che mi spii?"
"No, faccio quello che fai tu con me, curioso semplicemente."
"Ma brutto farabutto!" Prendo un cuscino e glielo schiaffo in faccia.
Scoppiamo a ridere entrambi ed è bello come le cose possano cambiare in men che non si dica.
Non voglio tornare a casa, voglio rimanere qui e ridere, ma ho bisogno di realizzare che lui è solo uno dei tanti e che io merito di più. E' l'unico modo per scamparla, che io lo voglia o no.

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Capitolo 4
*** Plettri, baci e occhi. ***


Harry è quello che io vorrei essere, quello che non riesco ad essere ed è, semplicemente è. Ho scoperto che anche lui ha una passione sfrenata per lo "spiare", guardare gli altri fare, fare qualcosa. Lui guarda me, ogni sera, quando prendo la mia agenda e scrivo.

Gli avevo promesso in effetti, che gli avrei portato qualcosa scritto da me in cambio di una canzone. Non avevo tanta scelta, tra le cose più belle che io abbia mai scritto c'è questo monologo:

'Restare sola, chiudere gli occhi e sentire un profumo, del calore che passa la pelle e arriva nelle vene, inietta aria e lentamente mi distrugge. Resto sola con me stessa perchè ho paura di tutti voi, che scappate se potete, correte via, vi dimenticate di me, del mio essere viva, del mio essere vera e del mio aver bisogno di amare. Preferisco questa matita, queste pagine sporche e delle dolci note che tutto quello di cui voi non fareste mai a meno, delle risate delle chiacchere dei baci dolciamari. Sono povera d'amore ma ricca di fantasia, sono una piuma che leggera fluttua nell'aria e aspetta di essere fermata, raccolta, magari usata per stuzzicare qualcuno, magari per formare il nido di qualche piccola rondinella indifesa. Perchè noi siamo tutti rondini, che volano alla ricerca di legnetti, piume e cotone, rondini che cercano un riparo, rondini che sentono se sta per arrivare la tempesta e volano basse. La tempesta finirà, tornerà il sole. Il mio sole. Quello che forse non ho mai avuto, piove da troppo tempo nella mia vita. Ho bisogno del mio inizio, del cambiamento, di crescere. E' per te questo, si tu che leggi, forse non sai chi io sia e perchè abbia mai scritto questo, forse sei americano, italiano, tedesco, forse non esisti del tutto...forse forse forse. Forse è arrivata l'ora per me di buttare questa matita e iniziare a vivere. Ma io non so come si faccia, invece so che scrivere mi riesce alla perfezione. Ho paura di cadere e quindi scrivo, alla ricerca della mia piuma, quella che mi cullerà nei miei sonni più tormentati."

Non è chissà cosa, non è una poesia o altro di emotivamente ricco e straziante, è quello che io sono in poche parole ed ogni volta che rileggo queste poche righe mi emoziono, in un modo o nell'altro, divento io realmente e tutto cambia senso di marcia.

A lui piacerà, ne sono certa, non so se capirà fino in fondo ma tentar non nuoce ed io avrei provato, provato a cercare una via d'uscita da tutto il male che mi ha sempre circondata. Lui è solo un ragazzo carino, si è vero. Per una volta però, voglio lasciarmi andare con il rischio di cadere e farmi male. Voglio prendere in mano la mia vita, quel tumulto nero e silenzioso che sono stati gli ultimi 5 anni.

Sono le due e Harry mi chiama per raggiungerlo nella mansarda di casa sua. E' lì pronto con la sua chitarra in mano e non sa che in fondo l'unico posto dove vorrei trovarmi in questo momento è tra le sue braccia. No, non sono diventata improvvisamente la quinta essenza della dolcezza, ho semplicemente scoperto una parte di me che non sapevo di possedere, che prima d'ora, nessuno mi aveva mai saputo mostrare. Con lui tutto è diverso, voglio procedere con cautela, non voglio farmi male ma la sua sola presenza rende tutto più facile, irresistibilmente invitante.

"Eccoti, finalmente." Si alza, posa l'acustica sul divano e viene verso di me con un sorriso da oscar, con un sorriso assurdo, con un sorriso che di più belli non ce n'è.

"Scusa, stavo finendo di pulire casa." Lo abbraccio e gli sorrido, forse per sorridere come lui ci vorranno anni di pratica, ma almeno ci provo.

Lo sguardo tagliente di chi non è mai stato felice sapevo che con lui era lo sguardo dolce di chi sa cosa vuol dire sentirsi voluti. In realtà io, non lo sapevo ma è facile fingere di essere qualcosa quando quello che hai intorno è tanto soffice da farti dimenticare chi sei veramente. Io voglio dimenticarmi di me, di chi sono e del perchè ogni cosa io faccia non va mai a destinazione.

"Allora? Hai portato qualche tuo 'capolavoro'?"

"Tieni" gli allungo la mia agenda e gli mostro la pagina, "domani deve tornare da me, sappilo."

"Certo, stai tranquilla è in buone mani."

"Ah, ti prego di non sbirciare cose che non ti riguardano."

"Sono un cavaliere, non sbircerò nulla."

"Adesso canta, ti prego canta."

"Solo se lo fai con me,"

"Ma non vale così."

"Vale eccome, sai cantare lo so. Vieni qui, siediti." Muove uno sgabello vicino al suo e mi fa cenno di sedermi.

"Ci provo, non ti prometto nulla." Sorrido imbarazzata, non ho mai cantato in vita mia di fronte a qualcuno, mai.

"La conosci 'Free Fallin' di John Mayer?"

"Si, solo il ritornello però..."

"Allora tu farai quello."

Afferra il plettro, poggia il piede sull'asta dello sgabello e inizia lentamente quella canzone, quelle splendide parole.

'She's a good girl, I'm a bad boy'. Sostanzialmente è questo il succo della canzone. Pare strano, anzi è ridicolo ma per noi la situazione è totalmente diversa. Sono io quella che lo farà soffrire, lo so. Lui ha un cuore tenero, buono, dolce, io invece no: il mio cuore è di pietra.

Quando canto mi trasformo, non trattengo i miei istinti, non trattengo me stessa e così la mia mano scivola sulla sua gamba, lui si scuote, si ferma e imbarazzato pronuncia le ultime parole della canzone. Me ne sono appena accorta, levo la mano e chiedo scusa. Silenzio. Le nostre guance facevano a gara, le più rosse avrebbero vinto.

"Sei davvero brava." Una frase che interrompe l'odioso silenzio che era sceso inesorabile tra noi.

"Credi?"

"Lo sei davvero."

Ero imbarazzata e l'imbarazzo aumenta la goffagine. Mi giro di scatto per prendere nella mia borsa il cellulare, per controllare l'ora - con lui i minuti diventano secondi e le ore minuti - urto contro un barattolo stracolmo di plettri, questo cade a terra, va in mille pezzi. Mi sento morire.

Imploro perdono per circa dieci minuti nonostante lui abbia già ripetuto più volte di non preoccuparmi.

"Tranquilla, succede." E mi sorride. Questa volta non riesce a tranquillizzarmi, peggiora solo le cose.

Mi chino per raccogliere quel disastro e lui fa la stessa cosa. Prendo tutti i plettri, quelli gialli, quelli blu, quelli con la bandiera dell'Inghilterra, quelli con la linguaccia dei Rolling Stones, li prendo tutti.

Perdo l'equilibrio e mi sbilancio in avanti, cadendo maldestra su di lui che scivolta sul pavimento come me.

Siamo occhi negli occhi, i suoi splendono, luccicano, il fiato si fa corto e la gola secca. Il mio corpo sopra il suo, il suo sotto il mio. Le mie gambe bianche tremano, i suoi piedi cercano i miei, li afferrano e li stringono a se. Mi sfiora il viso e leva le ciocche ebano dei miei capelli dai miei occhi, lentamente si avvicina a me ed io a lui. Così delicatamente mi bacia, come nessuno era mai stato in grado di fare. Nessuno era riuscito a farlo, mai prima di quel momento, mai in quel modo.

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Capitolo 5
*** Prospettive e abbracci. ***


"Lo sai cosa mi piace di te? Sai ridere di te e lo fai con tutto il cuore."
E io arrossivo, arrossivo perchè ripensavo a quello che era successo, a quel bacio, pensavo che qualcosa stava cambiando dentro me perchè io, in realtà, non ho mai saputo ridere di me stessa.
Mi baciava quando voleva, come voleva, era passata una settimana da quel giorno in casa sua e adesso, non eravamo ufficialmente ragazzo e ragazza, ma quasi tutti sapevano di noi. Anche mia madre sapeva di noi, le avevo chiesto di parlare e avevo trovato il coraggio in una vecchia lettera di papà.
Le ultime frasi mi colpirono maggiormente:
"La malattia ti porta via e lo fa senza problemi, ti strappa dalla tua vita e da chi ami. Teresa, ti prego di amarla finchè il tuo cuore reggerà e ti prego di amarla come hai sempre fatto, come mi hai sempre detto. Lei è tutto quello che abbiamo, è tutto quello che hai e non avere paura di te stessa, del tuo corpo che cambia, non aver paura di lei, anche quando diventerà più bella di te, più intelligente di te. E' tua figlia, è nostra figlia e lo sarà per sempre.
Un giorno, quando sarà grande abbastanza dille queste parole: 'la vita è piccola nelle mani di chi si sente grande. Prendi in mano te stessa e portati dove solo tu sai, ama chi hai intorno, amati e ricordati di me. Per sempre.'
Ti amo, vi amo. Non dimenticarti di me, non lo fare mai.
Tuo Ray."
Quella lettera era disfatta, rovinata, sdrucita, mia madre deve averla letta più e più volte, quelle parole però, non me le aveva mai dette. Ha preferito farmi trovare quella busta ingiallita sulla mia scrivania e lasciare che facessi tutto da sola, come sempre.
"Non me ne hai parlato, perchè?"
"Perchè non sapevo quando saresti stata in grado di capire."
"Non c'è molto da capire."
"Ecco, c'è qualcosa tra le righe che devi aver colto alla perfezione. Hai conosciuto tuo padre e anche se per poco hai potuto convivere con una delle persone più belle di sempre. Lui è tutto quello che ti auguro."
"Lo ami?"
"C'è qualche possibilità che io smetta di farlo? E' stata l'unica persona in grado di raccogliermi da terra e portarmi con se, è stata l'unica persona che io abbia mai amato. Io e te siamo più simili di quello che tu possa mai pensare."
Stavo per piangere, le lacrime si aggrappavano alle ciglia e non volevano scendere, gli occhi rossi di mia madre non mi facevano tenerezza, mi mostravano semplicemente che anche lei ha dei sentimenti. Lei li sigilla dentro se, forse non c'è cosa peggiore da fare. E forse è vero che siamo così simili.
"Mamma, voglio provare un attimo a comportarmi come una figlia normale e dirti che c'è un ragazzo, un ragazzo bellissimo, che da qualche settimana è entrato a far parte dei miei pensieri quotidiani e mi sta aiutando molto, più di quanto io avrei mai potuto pensare."
"Non ci credo. E chi è?"
"Perchè non dovresti?"
"Perchè non è da te."
"Adesso come fai a dire cosa è da me e cosa non lo è?"
"Non voglio discutere. Chi è?"
"E' il figlio di German, l'avvocato della casa qui a fianco, Harry Styles."
"Quel ragazzino riccio?"
"Si lui."
"Digli di smetterla di suonare con quei suoi amichetti alle due di ogni santo di pomeriggio."
"Tutto qui?"
"No, c'è anche che sono contenta per te."
Non che io mi aspettassi altro, non mi aspettavo che mi chiedesse di presentarglielo, non mi aspettavo che mi parlasse dello 'stare attenta' e dell' 'usare precauzioni', ma speravo, in tutta sincerità, che mi chiedesse di più, cosa provo, perchè lui e cose così. Ma forse per queste cose esistono gli amici, le mamme servono ad altro. Solo che io non l'ho mai saputo quale sia il compito di una madre e mai lo saprò.
"Vedrai che le cose andranno meglio con lei. Comunque lo voglio conoscere! Devo conoscere anche tutti i componenti della band. Annabelle, c'è bisogno di testosterone nella mia vita, lo devi capire!" Per questo ho chiamato Bebe, lei sa sempre cosa dire, sa come farlo e riesce sempre a strapparmi un sorriso, a volte due, tre.
"Tranquilla, riuscirò a trovare qualcosa anche per te."
"Dimmi, ha già provato a...insomma...ti è già saltato addosso?"
"Bebe! No e non deve provarci."
"Senti, vuoi provare a lasciarti andare? Devi cambiare quella cazzo di testa che ti ritrovi Anna! Non puoi, non puoi proprio essere felice così. Ma comunque hai conquistato quel belloccio, per cui devi mostrarmi quali sono le tue armi segrete."
"Non ho armi segrete, sono bellissima, ho delle gambe strepitose ed un sedere che fa paura."
"Chi stai prendendo in giro?"
"Ti sto solamente imitando, amica!"
"Senti, trovami un ragazzo disposto ad uscire con questa figa che hai come amica nella prossima settimana e ti sarò debitrice a vita."
"Ci provo."
"No, tu non ci devi provare, tu devi riuscirci."
"Ok, te ne procurerò uno. Ciao matta."
Siamo seduti su questa panchina scomoda e umidiccia, siamo nel suo 'posto segreto', ha appena smesso di piovere e tutta la città sta per svegliarsi.
"Come mai mi hai portata qui?"
"Perchè quando devo pensare vengo sempre qui e le migliori decisioni le prendo qui."
"Non ti seguo."
Si alza e mi invita ad andare con lui, verso una dunetta, sopra la quale potevi sentirti il re del mondo, quando infondo eri sempre il solito sciocco ragazzino di periferia.
"La vedi quella torre li infondo?"
"Si."
"Quello è il Big Ben."
"No, ti sbagli."
"Fidati, è lui."
"Ma...ma...non sembra."
"Non sembra, non è detto che non lo sia. Lo stai osservando dalla parte opposta rispetto a dove sei solita osservarlo."
"Questione di prospettive?"
"Esattamente."
"Però non capisco."
"Ecco. Volevo dirti che.." mi prende le mani e le stringe tra le sue, sudaticce ed enormi, "volevo dirti che ho cambiato prospettiva. Vedo le cose da un'altra prospettiva e lo so che tu non sai neanche quale fosse quella precedente, e a dirla tutta questa è solo una fortuna, ma spero che tu possa capire cosa intendo."
"Puoi provare ad essere meno ermetico? Te lo chiedo per favore, davvero."
"Non c'è molto da capire." Mi bacia. "Cosa hai provato?"
"Brividi. Ho lo stomaco sottosopra e le gambe che mi tremano. Va bene come risposta?"
"Fin troppo. Quello che provo io è addirittura di più. Io non sono mai stato con una ragazza prima d'ora come adesso riesco a stare con te e lo so che sembrerà stupido, perchè sono solo tre settimane, ma.."
Avvicino il mio indice alle sua bocca.
"Shh. Non ho bisogno di spiegazioni e di parole. Facciamo così, lasciamo che sia, viviamo quello che la vita ci ha regalato, non creiamoci problemi. E' una cosa bellissima, le parole la rovinerebbero solo."
E mi abbraccia, come un guscio abbraccia una noce, la copre e la custodisce.

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Capitolo 6
*** Segreti, smeraldi e sogni. ***


"Ieri ero vicino al dirtelo, poi ho pensato che potesse essere troppo presto, che avrei potuto spaventarti, che tu semplicemente non sei il tipo di persona che ama le dolcezze a sproposito, che sei una persona pratica, che ama i fatti e poco le parole, che sei una persona diversa da quelle che ho sempre frequentato e che quindi avrei dovuto aspettare, aspettare te.
Tutta questa notte ci ho pensato ed ho capito che non riesco ad aspettare e che tu apprezzerai quello che dirò, almeno spero che tu lo faccia" si schiarisce la voce e sorride timidamente "lasciami finire.
Una sera, quest'inverno, mi trovavo in mansarda e stavo provando a scrivere qualcosa, un nuovo pezzo magari, ma era proprio una di quelle sere in cui la testa è altrove e non riuscivo a pensare a quello che dovevo e volevo fare. Dovevo evadere, ne avevo bisogno. Mi sporsi fuori dalla finestra, fuori pioveva, pioveva molto e c'era pioggia anche dentro di te. Eri li rannicchiata sul tuo letto, vestita di rosso e quel cuscino che ti coccolava era pregno di te, delle tue lacrime. Ricordo, che ti appena voltasti verso di me, io come uno sciocco spione mi buttai all'indietro e caddi a terra. Non volevo che tu ti accorgessi di me, del fatto che 'quel ragazzo riccio' stesse guardando proprio te." Io sentivo che qualche lacrima stava rigando insensibilmente il mio viso ma lasciai che continuasse a parlarmene. "Quando mi rialzai da terra, lentamente cercai i tuoi occhi tra quelle lacrime, in quella pioggia fitta, dietro quella finestrella ma tu eri li seduta sulla tua scrivania, con quella tua agenda in mano e scrivevi, scrivevi di qualcuno che ti odia, di qualcuno che ti ferisce, di te stessa, del fatto che hai dimenticato come si faccia ad amarsi. Ed io improvvisamente capii che niente mi avrebbe fermato, che niente avrebbe impedito a questo ragazzo spione di capire cosa ci fosse nella vita di quella stupenda ragazza che non andasse così bene. Cominciai a scrivere una canzone, le prime strofe e, a dirla tutta, ad oggi è l'unico brano che io abbia mai scritto che riesce veramente a soddisfarmi. Quel giorno ho capito che sotto i miei occhi c'era una vita desiderosa di aiuto e non avrei mai pensato di trovarmi in questo momento, di trovarmi di fronte a te e di avere la possibilità di stringerti.
Ecco, non so se hai capito ma non ho mantenuto la promessa, ho sbirciato nella tua agenda, non volermene male, ho capito che non avevo mai incontrato qualcuno come te, che sa guardare negli altri e capirli così bene. Di me hai scritto" prende l'agenda e la apre "'lo vedo tutte le sere, è buio, è deluso, distrutto, distratto, è spento, stanto e non capisco come faccia ad esserlo. E' bello, è felice o almeno questo è quello che vuole dimostrare agli altri. Credo che abbia bisogno di urlare tanto forte da distruggere il mondo. Chi lo sa, magari vorrebbe urlare quello che voglio urlare io ma è spaventato, tanto quanto me, se non di più'. Te lo dico, io devo urlare, voglio urlare ma ho capito che forse devo farlo con te e per te. Ti giuro, questa cosa non finirà, non finirà come tutto quello che hai avuto fino ad ora, io ci sarò, te lo prometto."
Finiva quella frase con le lacrime agli occhi, con la voce tremolante ed io ero sempre li, sempre immobile, sempre congelata, sempre commossa, emozionata, sempre imabarazzata ed ipnotizzata da lui e da quelle parole. I miei occhi trattenevano le lacrime, io provavo a pensare a qualcosa che non fosse il 'per sempre' ma non riuscivo, dovevo urlare e quello era il momento giusto.
Lo abbracciai e una cascata di lacrime portò fuori di me quello che avevo sempre tenuto dentro. Lui è la prima persona che mi abbia mai vista piangere, debole, fatta di carne.
Mi accarezzava i capelli e ripeteva: "tranquilla, tranquilla. Piangere fa bene ed io voglio solo questo per te." La mia voce era rotta dal pianto, era distrutta dal pianto ma come sempre non importava.
"Non avresti dovuto farlo, non avresti dovuto leggere quelle pagine, me lo avevi promesso, avevi promesso che non ti saresti infilato nella me che ho sempre nascosto però è vero che anche io ho sempre promesso a me stessa che non sarei mai più stata così con qualcuno, che non avrei più passato notti insonni solo per pensare a qualche faccino carino, ma tu sei di più ed io ho tradito la mia promessa ma non mi interessa. La tradirei altre mille volte se fosse necessario."
"Ne varrà la pena, credimi."
"So che sarà così."
Quella stessa sera un amico di Harry aveva organizzato una festa a casa sua, aveva invitato tutti i WE ed anche me.
"Harry, che ne dici, posso far venire una mia amica? Vuole conoscerti e sai, le farebbe davvero piacere."
"Chiedo ad Oliver ma non credo ci siano grandi problemi."
"Perfetto, allora ci vediamo questa sera."
"Alle nove sono da te."
Un bacio e ci dividiamo.
"Bebe, questa sera hai da fare?"
"No. Dimmi che hai organizzato per me un incontro al buio, dimmelo ti prego!"
"Ancora meglio. Oliver, quel ragazzo biondo che abita dietro scuola, ci ha invitate alla sua festa!"
"Ha invitato me?"
"Si, ha invitato noi!"
"Ma ci pensi? Quel tipo non sa neanche chi sono io!"
"Lo saprà questa sera! E' alle nove ma tu per le sette cerca di essere qui, devi aiutarmi, non so proprio cosa mettermi!"
"A dopo allora."
Un vestito verde smeraldo poco più su del ginocchio, con un cinta in vita ed uno scollo a barca. Speravo di essere perfetta, speravo che quel colore mi donasse, speravo di essere giusta, giusta almeno per lui.
Harry suona il campanello ed io e Bebe ci avviamo verso la porta.
"Divertitevi." Grida mia madre dalla cucina ed io faccio finta di nulla, faccio finta di non averla sentita.
Apro la porta e lui è li con la sua camicia di jeans e i suoi pantaloni blu, le sue converse bianche e i suoi capelli arruffati e non sto qui a descrivere quanto bello fosse. C'era il cielo dietro lui che si confondeva con i suoi occhi ed il rosso scarlatto delle sue guancie era come quella luna, rossa ed innamorata.
"Sei...sei...sei bellissima." Non che queste fossere le parole più assurde e ricercate che avesse potuto dire ma suscitarono in me un qualcosa che niente aveva mai suscitato prima, forse proprio perchè bellissima non mi ero mai sentita.
Io accennai solo un timido sorriso, non volevo rimanere li a ripetergli innumerevoli volte quanto più bello fosse lui ed anche perchè Bebe era li dietro e cercava di non imbarazzarsi troppo con le nostre smancerie.
"Ah - mi tirai indietro e mi sclacciai dal suo abbraccio - lei è Bebe, te ne ho parlato, è la mia migliore amica, insomma!"
"Piacere, io sono Harry."
"Ne ero al corrente, piacere mio comunque."
"Capisco cosa vi lega." Il suo solito sorrisetto storto.
"E cosa vorresti insinuare?"
"Ma nulla!" E nonostante avesse chiaramente definito me e Bebe delle vere e proprie 'acidelle', lei era li che rideva.
Scendiamo dalla sua Mini e mi prende per mano, lentamente scivoliamo in quella folla chiassosa che per qualche istante rimane a fissarci, che quel ragazzo era abituata a vederlo ogni volta con una ragazza diversa, che quella ragazza dal vestito turchese non sapeva neanche chi fosse.
Si alzò un fitto chiacchericcio, qualche bionda ammiccava ad Harry e mi sembrava di avere tra le mani un qualcosa di tanto costoso e ricercato da dover stare attenta agli sguardi degli altri. Ma è così difficile essere di qualcuno? O almeno, essere la ragazza di qualcuno?
Arriviamo da Oliver e Bebe è accanto a me. Oliver, biondino, occhi azzurri, bello quanto spocchioso e quindi capitemi, era proprio bello.
"Hey Olly, lei è Annabelle e lei è Phoebe."
Da 'presunto galantuomo' prende le nostre mani e le bacia.
"Piacere mie bellezze."
Dopo quella frase pensai che chiaramente ci dovesse essere del fumo in quella casa e che Oliver avesse dovuto darci dentro di matto.
Incontriamo anche gli altri della band, Andy, Lucas e Tom e lasciamo Bebe in buone mani, con la ragazza di Lucas, Eleonor e gli altri due ricciolini della band. Non avevo dubbi, Bebe avrebbe finalmente trovato un nuovo giocattolo da portare in giro, un nuovo bel faccino da accostare al suo, color cioccolato.
Harry mi prende per mano e mi porta in camera di Oliver. Mi prende per le mani e mi fa sedere su quel letto azzurro, in quella camera bianca, che di candido aveva davvero poco.
"Aspetta."
E lui mette per un secondo di baciarmi.
"Cosa?"
"Non so tu ma io non credo sia la cosa giusta da fare."
"Baciarci? Lontani da quel trambusto e da tutte quelle male lingue? Tranquilla, se vuoi tornare da loro, andiamo da loro."
"No, aspetta - prendo il suo viso e cancello la lontananza tra noi - adesso va meglio."
"Non ti capisco."
"A volte è meglio non farlo."
Ci stendiamo su quel morbido letto a guardare il soffitto: bianco; e a raccontarci ogni piccola sciocchezza che ci passava per la testa. Le mie risate alle sue parole, dopo i suoi racconti, dopo i suoi aneddoti e grazie alla sue dolcissima goffagine cominciavano ad essere sempre di più, sempre più pesanti. I suoi occhi sempre più rossi, le sue braccia sempre più accoglienti e la camera sempre più calda.
Avevo sempre usato l'alcool come ' via d'uscita' e non mi ero mai resa conto di quanto bene potesse fare una persona, delle risate e immaginare. Si immaginare, immaginare che su quel muro bianco ci sia scritta la tua vita e perdere tutto il tempo del mondo a raccontarla, a quella persona, a lui...ad Harry. 

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Capitolo 7
*** Sogni, paure e lacrime. ***


"Svegliati, svegliati." Bebe mi chiama con i capelli tutti scompigliati ed il trucco colato sulle guancie paffutelle e rosse.
Sono distesa su quel materasso morbido, mano nella mano con Harry, entrambi stesi come la notte precedente, a guardare il soffitto, raccontandoci storie.
"Che ore sono Be?"
"E' mezzogiorno, non credi sia un po' tardi?"
"Cosa? O santi numi, dobbiamo volare!"
Prendo Harry dalla mano e lo muovo, lo scuoto, faccio sì che si svegli.
"Buongiorno dormiglione, dobbiamo muoverci, è tardi, tardissimo. Hai le audizioni alle due ed è mezzogiorno."
"Cavolo! Le audizioni..."
Si alza di fretta, prende le sue cose, si sistema i pantaloni e corre a casa, seguito da me e Bebe.
Le audizioni. Si, le audizioni. Sto parlando dei White Eskimo, la band di Harry.
Tutti cerchiamo in qualche modo di realizzare i nostri sogni e loro erano sulla giusta strada.
"Anne, io e gli altri della band abbiamo deciso di provarci, ci sono le audizioni in città, Sabato, di quella famosa scuola americana e non possiamo assolutamente farcele scappare. Tu lo sai cosa vuol dire avere un sogno e forse sei una delle poche persone a potermi capire e per questo sei anche la prima alla quale lo sto dicendo."
"Fatti abbracciare!" Un piccolo momento di dolcezza e coccole. "Sono felicissima! Sono anche sicura che andrà per il verso giusto, siete straordinari e lo sapete."
"Grazie, lo speriamo davvero..sai, la vita di un ragazzino come tanti può cambiare grazie a queste audizioni e quel tipo potrei essere io! Ma ci pensi?"
"Non riesco ad immaginarti su un palco di fronte a migliaia di ragazzine impazzite per quel ragazzino riccio dagli occhi verdi, imbranato ma bellissimo."
"Sei già gelosa?"
"No, ma sappi che posso diventarlo."
"Restiamo con i piedi per terra, per adesso sono semplicemente uno dei tantissimi speranzoni in cerca di successo."
"Ma gli altri non hanno qualcosa..."
"Te."
"No sciocco, non hanno il fattore X. Tu hai qualcosa dentro te, credici perchè è così, se lo dico io devi crederci."
Vinte le audizioni, ci sarebbero state le eliminatorie nell'O2 Arena e poi le semifinali e le finali a Los Angeles. Chi era pronto a tutto questo? Io ero certa che sarebbero arrivati lontano, ma davvero lontano...non ero preparata a questo, non era quello che desideravo, egoisticamente parlando. I giorni passano ed io creo intorno a noi una sorta di cornice, tutto è semplicemente perfetto, io sono finalmente io e sono finalmente felice. Ho paura di rovinare tutto, di non essere abbastanza matura da sostenere una cosa del genere. E se stessi lasciando che qualcun'altro viva questo sogno al posto mio? Lui vivrà il suo sogno e tutto quello che io devo fare è stargli accanto, sostenerlo, amarlo.
Il palacongressi del nostro quartiere è colmo di ragazzini con il ciuffo, con la loro amata acustica dietro la schiena, qualcuno suona per ingannare il tempo, altri baciano lentamente le loro ragazze ed altri ancora fumano una sigaretta. Sento vibrare nell'aria passione, felicità, ansia e tutto quello a cui riesco a pensare è la passione, la felicità, l'ansia di Harry. E' accanto a me con gli altri della band e ride, ride come un bimbo, ride con i suoi occhi verde smeraldo e mi guarda ogni tanto, felice. Ogni suo sorriso mi spinge ad amarlo sempre quel poco in più, sempre quel poco in più per raggiungere il nostro per sempre.
E' il loro turno, devono entrare e le mani sudaticce di Harry prendono le mie e le stringono.
"Dai, vai li sopra e fai vedere a tutti quello che sai fare, fidati, io lo so bene."
"E se dovessi sbagliare?"
"Meglio, dimostrerai a tutti quanto sei bravo a rialzarti e riiniziare. Ma poi, non sbaglierai. Vuoi o non vuoi vedere il tuo bel faccino su ogni tipo di giornalino?"
"No, non lo voglio...cioè si, dai hai capito."
Lo bacio. Un bacio che corrisponde a tutto e niente, come le mie emozioni in quel preciso istante.
"Il prossimo!" E' Oliver Downson che grida da sotto il palco, circondato dalla sua fedelissima giuria.
I WE entrano in fila, con i loro strumenti e le loro facce pulite, rosse ma pulite.
"E voi siete?"
"Siamo i White Eskimo ed io sono Lucas, il bassista. Loro sono Harry, voce, Andy, piano elettrico, Tom, percussioni."
"Bene ragazzi, cosa ci avete portato?"
"E' una versione nostra di 'Kiss Me Slowly' dei Parachute. E' poco conosciuta e spero vi piacerà."
La canzone è quello che qualsiasi canzone dovrebbe essere.
Harry cerca i miei occhi, li trova e dedica loro tutte le parole di quella canzone, dalla prima all'ultima. E non è facile pensare che quella voce un po' graffiata lo porterà lontano e ti ridurrà come una delle tante destinate a guardarlo da uno schermo, piccolo e scomodo.
Non è facile, non lo è per niente.
"Siete sensazionali ragazzi! Tu, Harry giusto?"
"Si, Harry, sir."
"Hai del talento ragazzo, ma anche voi...bravi davvero. Vi faremo sapere, ma preparatevi per l'O2 Arena."
Io la vedo, vedo qualche perlina scivolare sul viso di Harry che subito cerca di cancellarla via con la manica del suo maglioncino blu, quello del pomeriggio a casa sua, quello che gli porta fortuna.
"E' la cosa migliore di sempre, siete stati grandiosi! Bravi bravi!" Li abbraccio tutti ed esco silenziosa dal palacongressi. Li aspetto fuori tra la folla, tra ragazzine in lacrime per aver steccato alla grande, giovani punk felici di essere andati alla perfezione e fidanzate che aspettano, come me. Arriverà a Los Angeles, lo farà. Ma...
Ho bisogno di una sigaretta e di non vedere i suoi occhi per un po', ho bisogno di realizzare che le mie sono solo paranoie, stupide paranoie insensate.
"Ti va di venire da me questa sera?" Glielo chiedo senza problemi, ero convinta di ogni mia mossa, più che convinta.
Mi abbraccia e mi bacia, senza motivo. Forse ero io a non trovare il motivo, lui aveva appena passato un turno..stava portando a termine il suo lavoro.
E perchè? Perchè sono tutti dannatamente felici tranne me?
Ho bisogno di lui, adesso, ho bisogno che la sua felicità diventi anche la mia.
Mi vesto di rosso e lo aspetto.
Aspetto perchè ho imparato a farlo, aspetto e aspetto.
'Kiss me slowly' scivola dalle casse del mio stereo.
"
Stay with me, baby stay with me,
Tonight don't leave me alone.
Walk with me, come and walk with me,
To the edge of all we've ever known.
I can see you there with the city lights,
Fourteenth floor, pale blue eyes.
Don't run away...
And it's hard to love again,
When the only way it's been,
When the only love you know,
Just walked away...
If it's something that you want,
Darling you don't have to run,
You don't have to go ...
Just stay with me, baby stay with me."

 
E' difficile amare ancora, non andare via. Non conosco altri modi per dirti che l'unico tuo posto è accanto a me, io vorrei solo che fosse così.

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Capitolo 8
*** Rosso, sbagli e prime volte. ***




Quel vestito rosso sapeva di me, era rosso come il fuoco, ardeva. Ero distesa su quel letto con gli occhi puntati al soffitto, con la musica nelle orecchie, quando Harry suona al campanello e mia madre corre ad aprire alla porta.
"Buonasera signora, è in casa Annabelle?"
"Tu devi essere Harry, giusto?"
"Si sono proprio io." Le sorride, io mi nascondo sulle scale e ascolto attentamente la loro conversazione.
"Sai di essere molto fortunato? Sai che lei ti darà tutto quello che ha pur di non farti scappare?"
"Si signora, sono uno dei più fortunati e lei è fantastica, non potrei chiedere di più."
"Ecco, adesso vai. Lei è di sopra ma fate i bravi, io sono qui che guardo questa stupida telenovela e sento tutto."
"Certo, può stare tranquilla. Buona telenovela, allora!" La lascia andare verso il divano e sale le scale, mi trova seduta su un gradino: come una spiona.
"Cosa ci fai qui? Stavi spiando me e tua madre?"
"Si, lo stavo facendo. Bravo, ottime risposte!"
 
Entriamo in camera, una camera blu, con foto di me da bambina, di mio padre e del mio vecchio cane Grudge (un nome orribile, lo so). Una camera che era abituato a guardare dalla finestra, una camera che raccontava tutto di me, a partire da quelle scritte sul muro, tutti rimasugli di vita intrappolati da un pennarello indelebile nero sulle pareti della mia adolescenza. 'Solo i pesci morti nuotano con la corrente.' Questa è una delle mie frasi preferite, una di quelle frasi che più mi rappresenta.
"Questa camera è stupenda! Guarda, hai tutti i cd dei Beatles...non ci credo, gli Arctic!"
"Non te ne avevo parlato? Adoro gli scarafaggi, ma non lo dire in giro...nessuno mi fa tipo da sound anni 60."
Sorridevo, ma il mio sorriso era spento, spento da un soffio lieve di qualcuno che preferisce il buio alla luce, questo qualcuno è probabilmente dentro me.
"Che ti succede? Non sei tranquilla, ti vedo, lo sento."
"No, io sto alla perfezione! E poi..il mio ragazzo ha appena superato uno dei primi ostacoli di quello che sarà un cammino lunghissimo e felice..come potrei essere triste?"
"Non fare della retorica. Io l'ho capito e ho capito anche perchè mi hai fatto venire qui questa sera. Io non vado da nessuna parte e non devi lottare contro te stessa per farmi rimanere, perchè io voglio rimanere. Io voglio stare con te e non andrò via, non lo farò. Devi aiutarmi però, vederti così mi fa pensare che la mia sia stata la scelta sbagliata. So che non è così, so che tu capisci e so che sei una persona buona, intelligente...so che morirei se ti dovessi ferire ma, devi capire, non posso ferire un mio sogno. In questo sogno, però, ci sei anche tu! Non mi stai solo aiutando a sognare, fai già parte del sogno, sei il sogno e non potrei mai lasciare che parte del mio destino si allontanasse da me, non me lo perdonerei mai."
"La tua dolcezza mi commuove ma...io non voglio metterti i bastoni tra le ruote, non voglio fare la parte della fidanzatina gelosa, perchè è proprio quello che non sono. Mi fido di te, dal primo momento. Tu devi seguire la tua strada e lo farai...con o senza me."
"Senza te non sarà la stessa cosa."
"Sarà meglio forse."
"Non dire così e non piangere, ti prego di non farlo. Se piangi, piango anche io...muoio dentro. Non piangere e stringimi forte."
Si avvicina e mi prende nelle sue braccie, mi stringe e spera che tutto passi da un momento all'altro ma io continuo ad aver paura anche se, mi fido di lui e continuerò a farlo.
Io sono innamorata di lui, e l'ho finalmente ammesso a me stessa, sono innamorata e non so se questo sia amore ma mi rende felice. Voglio essere capace di dargli tutto quello di cui ha bisogno ma voglio dargli anche tutto quello di cui avrei bisogno io e non so se è così che si fa. Non esistono manuali per queste cose e non li voglio, perchè ho sempre odiato leggere i manuali e fare quello che gli altri dicono di fare, io devo fare ogni cosa a modo mio, con il rischio di sbagliare, con il rischio di perdere tempo e speranza.
 
"Vorresti sprecare questo bellissimo vestito così? Vuoi uscire?"
"No, oggi no. E' per te, solo per te e per nessun altro."
"Per me? Che cosa avevi in mente?"
Aveva capito cosa avevo in mente, aveva capito che quel vestito in realtà sarebbe rimasto incollato alla mia pelle per molto poco, aveva capito e faceva finta di nulla.
Leva le sue mani dalle mie, chiude la porta a chiave e mi sposta i capelli lontani dal collo. Incomincia a baciarmi e dolcemente a slacciare il vestito. Io lo seguo, mi faccio trasportare, almeno una volta, almeno questa volta decido di lasciare a lui, a qualcuno che non fossi io, le redini della situazione.
"Sei sicura?"
"Io voglio farlo, stai tranquillo."
E se qualcuno, ora, mi chiedesse che cosa ho provato, probabilmente non troverei le parole adatte, non troverei la sensibilità giusta perchè con lui è tutto superiore, tutto va oltre alle semplici parole. Non sono più la stessa, lo sento dentro, qualche mese fa non avrei mai parlato così di qualcuno, non avrei mai dato tutta me e tutta la mia fiducia a qualcuno, avrei dubitato di chiunque ma adesso è diverso. Ho capito che a fidarsi di qualcuno non si perde nulla, che lasciarsi andare fa bene, che dividere a metà il mio mondo mi sta aiutando a crescere.
 
Molti penserebbero il contrario, nessuno sa chi sono veramente e neanche io mi conosco alla perfezione, penserebbero di me cose dell'altro mondo, per molti sono una tipa facile ma nessuno sa che questa era la prima volta che il mio corpo giaceva seminudo accanto a quello di un ragazzo. La prima, l'unica. Ho sempre odiato il mio corpo e adesso, mi sento quasi bellissima. Non me ne importa nulla di quello che pensano gli altri, questa è LA volta, e quello che basta è che sia io a saperlo, quello che importa è che il suo caldo viso continui a sospirare poggiato sulla mia spalla, mentre la mia testa viaggia lontana e non riesco a dormire. L'importante sono le nostre gambe intrecciate, le nostre dita chiuse in un abbraccio, l'importante è il suo respiro che sa di buono, che sa di casa, sa di me. E questa me è la più bella che abbia mai incontrato.

"Grazie." Glielo sussurro lentamente mentre dorme, di nascosto. Per lui sarà un sogno ma per me sarà una bella realtà, che non cambierei con nulla al mondo.
Neanche con la tua, si la tua..tu che stai leggendo, che hai la fortuna di non essere me, di non vedere la vita come la vedo io. Oggi, non la cambio neanche con la tua, domani si vedrà.

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Capitolo 9
*** Aria, musica e Francia. ***


 
"Mi ha chiamata Tom e mi ha chiesto di uscire. Non è fantastico?" Bebe intanto dall'altra parte del telefono gridava la sua gioia ai quattro venti ma io non potevo fare altro che fingere di essere felice per lei. Se i ragazzi fossero davvero passati, avessero colpito i giudici al punto tale da vincere, lei avrebbe pianto con me, avrebbe passato notti insonni con me. Senza nessun cavolo di Harry pronto ad asciugarmi le lacrime, senza nessun Tom a chiederle di uscire!
Tutto si sta rovinando probabilmente ma ogni volta che mi stendo ad occhi chiusi in camera mia, sento il suo calore salire da quel letto, rivivo quei momenti leggeri sulla mia pelle, lo vedo accanto a me e mi prometto di non rovinare nulla, di non rovinare un momento come quello, dove tutto è perfetto e sembra non dover e poter finire mai.
"Ti va di venire a prendere una boccata d'aria con me?"
Mia madre fa capolino alla porta, mentre io sono ancora con la testa tra le nuvole ed il cuore da tutt'altra parte.
Lei ci prova, non demorde. Pensa che un futuro dove il "noi" può regnare felicemente possa davvero esserci, pensa che il peggio sia passato e tutto quello che dobbiamo fare è comportarci come se niente fosse, come se niente fosse stato.
"Dovrei dirti di si."
"Non sei obbligata, io voglio andare a fare una passeggiata e mi stavo chiedendo se fossi voluta venire con me."
"Si, mi cambio ed arrivo. Un momento."
Il viso le si colora, io la vedo, è felice ma a volte la felicità non è tutto, a volte la felicità è solo un antipasto di illusione che apre le danze ad un primo di delusione ed un secondo di tristezza.
A Londra oggi non piove, il clima è uggioso, grigio ma fa quasi caldo e ogni due o tre passi un raggio di sole mi illumina la chioma ebano, riscaldando quella conversazione finta e fredda che io e mia madre stavamo tenendo.
"Allora come va? Con Harry? E quella Phoebe?"
"Va ma potrebbe andare meglio. So che penserai che sono una stupida, che queste sono sciocchezze ma ho paura che tra me e Harry possa finire in men che non si dica."
"Perché? Quel ragazzo sembra volerti parecchio bene."
"Si, questo lo so ma le circostanze sono quelle a non volermene."
"Guarda che se un amore è vero, supera ogni limite, ogni barriera, tutto. Io e tuo padre ci amiamo ancora, io nel mio cuore ho solo lui ma il problema è che sono fatta di carne, e la carne, come ben sai, vuole altra carne."

Io i discorsi di mia madre non li ho mai ben capiti, forse non ho mai voluto farlo oppure era proprio lei a far in modo ch’io non capissi ma restassi con una domanda aperta, irrisolta.

 
"Scendi, forza!"
"Ecco, un attimo arrivo!"
Harry era sotto casa mia dentro la sua Mini e mi aspettava, mi avrebbe portata in un posto speciale, così aveva detto.
Mi benda e mi dice dolcemente di godermi quella mezzoretta di viaggio, accompagnata dalla sua musica alla radio.
"Ho paura del buio scemo! Quando arriviamo?"
"Sei peggio di una bambina, aspetta un po’, non ci vuole molto."
"Uffa, alza la radio almeno!"
Le note di Wonderwall risuonavano in tutta la carcassa della macchina e la mia voce canticchiava in sottofondo.
"Alza la voce, fammi sentire dai!"
"No, lo sai. Non mi piace cantare di fronte a qualcuno."
"Ma io non sono qualcuno, io sono io."
"E va bene, ma solo un ritornello."
 
‘And after all you’re my wonderwall’.
 
Scendiamo dall’auto e lentamente mi trascina accanto a lui, mi sistema i capelli e snoda quella benda. Davanti a me un’asta, Tom con un basso, Lucas alla batteria, due coriste e Andy al piano elettrico. Dietro, il Tamigi incorniciato dalla ruota panoramica.
"Questa persone cosa ci fanno qui?"
"Aspettavano te."
"Eh?"
"Si, nessun altro se non te."
"Harry, io non sono certa se questa cosa sia legale…insomma…questo è suolo pubblico, dai…" Una folta folla era li a guardarci, con macchine fotografiche, sorrisi curiosi e cappotti sulle spalle.
"Stai tranquilla, seguimi."
"Perché Andy sta portando altre due aste?"
"Perché questa è una sorpresa, la tua sorpresa."
Non potevo cantare, non dovevo farlo.
"Adesso canterai, ma non lo farai sola."
"No Harry no, non posso farlo."
"Non puoi perché? Hai una voce bellissima, sei bellissima e queste persone ricorderanno il tuo nome per molto tempo, non sprecare le tue possibilità, fallo per me. Te ne prego."
"E quelle due aste?"
"Una è per me e l’altra…"
"L’altra?"
"E’ per un qualcuno di speciale, molto speciale."
"Non posso crederci. Nina!" Corsi verso quella donna, la sorella di mia madre e l’abbracciai come nulla al mondo, lei era la donna alla quale mi sono sempre ispirata, cantante e attrice di teatro.
"Che ci fai qui?"
"Harry ha organizzato tutto questo per te, ha parlato con tua madre ed eccomi qui, sei cresciuta e sei bellissima piccola della zia!"
"Mi sei mancata."
"Anche tu! Ma adesso non farmi piangere, abbiamo della gente da soddisfare."
"Harry, cosa dovremmo cantare?"
"Hey Jude. Please, my dear…take a sad song and make it better."
"Io ti amo, davvero..tanto."
"Anche io. Questo è il mio regalo per te, non ti ringrazierò mai abbastanza."
La musica inizia e la scena è tutta per me, quello era lo spettacolo più bello di sempre.
Era la prima volta che mi capitava di cantare davanti a così tante persone, tutto stava prendendo senso e quella era la sensazione più bella che si potesse provare, uno dei miei sogni stava per realizzarsi e questo grazie a lui, grazie ad Harry.
Grazie a chi ha sempre creduto in me, dal primo momento che i nostri occhi si sono incrociati.
 
"Ho una brutta notizia per te." Mi dice mia zia dall’altra parte del telefono.
"Quanto brutta?"
"Dipende da quanto tu possa odiare la Francia."
"Più di ogni altra cosa."
"Tua mamma ha deciso di tornare in Francia con me."
"Ma come è possibile? No zia, io rimango qui, da sola, zia io in Francia non ci torno! La mia vita è qui. Andatevene ma senza me!"
"Ho paura che questo non sia possibile."
No, no. Le lacrime si incastravano tra le mie parole ed ogni singola particella del mio corpo avrebbe preferito morire pur di non tornare indietro. Harry era qui, io ero qui, noi eravamo qui. La mia vita non si sarebbe spostata, non adesso e forse non l’avrebbe fatto mai.

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