La voce dell'anima

di Arimi_chan
(/viewuser.php?uid=42533)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Capitolo 1* ***
Capitolo 2: *** *Capitolo 2* ***
Capitolo 3: *** *Capitolo 3* ***
Capitolo 4: *** *Capitolo 4* ***
Capitolo 5: *** *Capitolo 5* ***
Capitolo 6: *** *Capitolo 6* ***
Capitolo 7: *** *Capitolo 7* ***
Capitolo 8: *** *Capitolo 8* ***
Capitolo 9: *** *Capitolo 9* ***
Capitolo 10: *** *Capitolo 10* ***



Capitolo 1
*** *Capitolo 1* ***


cap 1

                                                                                                                                                                                                     

 

                              La voce dell'anima

 

 

Nonostante abitasse ad Atlantic City, nel New Jersey, da poco più di otto settimane, Carly sapeva esattamente come destreggiarsi per le vie della città.

Certo, non era proprio un paesino da un centinaio di abitanti, ma non era minimamente paragonabile agli immensi parchi, gli alti grattacieli e le sfavillanti luci di New York.

Abitava in una casa in stile coloniale costruita verso la fine del 1800. Vista da fuori somigliava più ad una catapecchia, ma pian piano era riuscita a modificare la veranda, sostuituito qualche asse e aggiustato i cardini alle finestre.

L'aveva arredata secondo i propri gusti, e nonostante possedesse solo due camere, una cucina, un bagno ed un salotto, era tutto quello che poteva desiderare.

Dalla vecchia casa a New York aveva portato solo lo stretto indispensabile, alcuni affetti personali, vestiti ed i giocattoli della piccola Victoria.

Victoria, sua figlia, aveva da poco compiuto quattro anni, ed era una dolce bambina dai boccoli castani e gli occhietti verdi ereditati dal padre, Alexander.

Dopo aver accompagnato la piccola alla scuola materna, Carly si recò verso il centro della città dove avrebbe fatto la spesa e pagato qualche bolletta.

Il mercoledì era il suo giorno libero, e sicuramente non lo avrebbe passato tra aspirapolvere e TV a casa.

Il suo era un misero lavoro, ma bastava a far condurre a lei e alla piccola, una vita dignitosa.

Il Mc Donald's dove lavorava era il più grande della città e si trovava esattamente tra il vecchio municipio e la scuola di polizia.

I primi giorni fù tutto molto caotico ed imprevisto, non conosceva la città, non aveva uno straccio di amica e l'unica cosa che faceva a lavoro era pulire il locale, e i tavoli che ospitava, per otto ore al giorno.

Per fortuna, era stata spostata in cucina, dove si sentiva una piccola chef, ma Nathan, ventunenne universitario con contratto part-time, la riportava con i piedi per terra chiedendole un Big Mac o una porzione di patatine.

Nonostante fosse il più umile dei lavori, la sera si addormentava con il sorriso sulle labbra.

Era si, una madre single, separata, come insisteva a definirla sua madre, ma poco le bastava per essere serena e orgogliosa della sua vita: un tetto sopra la testa, un pasto caldo, e il sorriso di Victoria.

Entrò nel piccolo mini-market per comprare lo stretto indispensabile -Pasta, pane, latte, uova e biscotti- .

Il cassiere, un uomo sulla quarantina, alto e pieno di muscoli, le faceva la radiografia ogni volta che la vedeva.

Certo, per essere una donna di 34 anni aveva proprio un bel fisico.

Dopo la gravidanza si era ripresa subito, tornando, in pochi mesi, alla sua forma abituale, e il non aver potuto allattare Victoria dopo il parto era stata la sua benedizione.

Probabilmente il fatto di essere una biondona dagli occhi azzurri la faceva apparire, agli occhi maschili, come una graziosa Barbie, dalle gambe snelle e vertiginose, pronta per essere corteggiata.

Dopo aver riempito il piccolo cestino con quello che le serviva, si avviò, come un condannato lungo il miglio verde, verso la cassa.

Bob, così si chiamava il tutto muscoli e niente cervello, le aveva subito fatto l'occhiolino e cercò di far risplendere il suo -fantastico!- sorriso.

Peccato che due denti, gli incisivi per la precisione, mancassero dalla parte sinistra della sua bocca.

Più che un omone di cui aver paura, sembrava un leone senza denti.

Mise i suoi acquisti nelle classiche buste di carta, e si avviò, sorridendo per l'assurdo paragone pensato, verso l'uscita.

***************************************************

Jared Leto era un uomo come gli altri...bè, quando non era attorniato da fan, o non saltellava su un palco, o non stava davanti ad una telecamera.

Si, lui era una di quelle persone che la gente chiamava comunemente "Star".

Ed effettivamente lo era.

Cantante, attore, regista, chitarrista e all'occorrenza si improvvisava anche pittore e bassista. Un artista poliedrico che riusciva a spaziare nell'arte a 360 gradi.

Nato in una fredda mattina di Dicembre dell'ormai lontano 1971, non aveva avuto nè un'infazia particolarmente felice, nè molti amici.

Il suo migliore amico, e un pò figura di riferimento maschile, era Shannon, suo fratello.

Di un anno e mezzo più grande di Jared, Shannon era, anche lui, un artista: batterista, fotografo e, occasionalmente, attore.

Qualcuno aveva definito il loro rapporto come "morboso", quasi fossero due amanti, ma prontamente rispondevano che il loro era un rapporto molto più intenso di quello che che lega 2 semplici fratelli, erano l'uno la spalla dell'altro.

Jared era sempre stata una persona profonda, sostenitore di alcuni vecchi ideali e sempre pronto ad aiutare il prossimo.

La notorietà e la fama l'avevano portato ad assumere un comportamento schivo e riservato, soprattutto con gli sconosciuti.

Ma se nella vita privata si mostrava abbastanza chiuso, nella vita pubblica, e soprattutto nel lavoro, era un vero e proprio leader.

Nulla doveva essere lasciato al caso e tutto era meticolosamente calcolato minuto per minuto.

Soprattutto se si trattava della sua band, i 30 Seconds to Mars.

Quel caldo giovedì di fine Agosto si era alzato di malavoglia.

Non aveva dormito molto, colpa dell'afa, ma anche di una nuova melodia che aveva deciso di tormentarlo alle tre del mattino.

Amava stare in tour, ma una cosa che proprio non gli andava giù era dover attraversare il paese, in lungo e in largo, su un tourbus.

Emma, la sua fidata assistente, o martire, dipende dai punti di vista, gli aveva già riepilogato il programma della giornata: Alle undici intervista con un giornaletto per teenagers, alle dodici appuntamento in radio, pranzo veloce, sicuramente un'insalata, verso l'una, e poi il sound-check per il concerto di quella sera. A volte si domandava come facesse a sopravvivere a tanta freneticità.

"Jared, mi stai ascoltando?" Lui, sentendosi chiamare, scosse il capo, quasi a scacciare via i pensieri che gli annebbiavano la mente.

"Scusami Emma, sono solo un pò stanco." Rispose avvicinando le mani al volto.

Con espressione quasi materna, Emma prese un profondo respiro e , appoggiata una mano sulla spalla del ragazzo, in segno di conforto, gli disse quelle paroline magiche che il ragazzo non aveva afferrato pochi secondi prima.

"Jay, dalle 4 alle 7 sei libero!" Ed accompagnò il tutto con un grande sorriso

"Davvero?" Quasi incredulo, gli occhi sbarrati per la sorpresa, Jared non riuscì a dire altro.

"Davvero." Rispose rassicurante Emma.

Ecco, quella sarebbe stata una bella giornata, pensò.

Regalò ad Emma uno dei suoi migliori sorrisi e poi si avviò placidamente verso il piccolo bagno del tourbus.

Per adesso il suo unico desiderio era arrivare, il più in fretta possibile, ad Atlantic City.

                                                             ********************************************************************************

Massalve a tutti! XD

Se siete arrivati fin qui, vuol dire che sono riuscita a non annoiarvi, e ne sarei già felice.

E' la prima fanfiction che scrivo su di loro, e devo dire che mi sento abbastanza impreparata rispetto a voi, quindi, se ci fosse qualcosa di sbagliato vi pregherei di farmelo notare! =)

Non so ancora da quanti capitoli sarà composta questa storia, è ancora in fase di scrittura, ma le idee ci sono, così come anche la fine.

Potrà sembrare la classica storiella d'amore, i due che si incontrano, si conoscono e si amano, ma non sarà così.

Saranno tanti i temi e le relazioni toccate e spero che qualcuno di voi apprezzi.

Detto questo, se volete spendere due parole per farmi sapere cosa ne pensate, io non mangio nessuno! XD

A presto, Simona.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** *Capitolo 2* ***


Capitolo 2

 

 

Ciao a tutti! XD

Finalmente anche il secondo capitolo è pronto.

Sono davvero felice di vedere in quanti abbiano letto e in quanti abbiano già messo la storia tra le seguite.

Certo, il vostro parere mi è ancora sconosciuto, e non vi nascondo che sia un pò demoralizzante.

Spero che questo capitolo possa piacervi. So che le cose sono un pò lente, e da perfetta pignola che sono, voglio che tutto sia perfetto e ben spiegato.

Detto questo, buona lettura. =)

 

                                                                                                                                      Simona

 

Il caldo era soffocante.

Per essere le 4 del pomeriggio, Atlantic City si manifestava ai suoi occhi come il deserto del Sahara.

Le due interviste fatte quella mattina erano andate bene. Certo, un pò noiosette, solite domande e solite risposte. Per fortuna c'era suo fratello che, non riuscendo a sopportare tanta serietà, sdrammatizzava con qualche battuta.

Il sound-check non era andato particolarmente bene, Shannon era stato grandioso, come sempre, ma sia lui che Tomo, il loro chitarrista, apparivano fisicamente e mentalmente stanchi.

Erano in tour da più di un anno e mezzo, e sebbene all'inizio l'idea lo affascinasse, adesso non ne poteva più, era davvero stanco.

Fare concerti, cantare, viaggiare erano le cose che più gli piacevano, ma dopo tanto tempo fare sempre le stesse cose lo innervosiva parecchio, e sapeva che, in tre ore di libertà, non avrebbe mai scaricato la tensione accumulata in tutti quei mesi.

Non aveva una vera e propria meta, gironzolava per la città più per sgranchirsi le gambe che per altro.

Aveva passato quasi tutta la mattinata seduto, ed era certo che se si fosse trovato a casa, a Los Angeles, avrebbe indossato i suoi pantaloni preferiti e si sarebbe fiondato a fare un pò di jogging, almeno per tenersi in forma.

Il suono del cellulare lo distrasse dai suoi pensieri, e quando realizzò che era il fratello a chiamarlo, provò un senso di tenerezza.

Aprì la chiamata e subito la voce così familiare e calda di Shannon lo invase. Il tono di voce era arrabbiato e divertente al tempo stesso.

Da quello che aveva compreso, suo fratello aveva bisogno di un nuovo paio di occhiali da sole.

Tomo, e solo Dio sapeva come, era riuscito ad inciapare su di un cavo, al palazzetto dove avrebbero suonato, e, cercando di aggrapparsi a Shannon, non solo gli aveva tolto gli occhiali, che erano andati a sbattere contro delle barre di metallo, me era anche caduto di faccia a terra, ("Un volo epocale" Lo aveva definito Shannon) procurandosi un enorme bernoccolo.

Jared, che non voleva scoppiare in una risata fragorosa, solo per rispetto verso il fratello, gli disse che si sarebbe fermato ad un Mc Donald's per prendere la solita insalata, e che lo avrebbe aspettato lì.

Riposto il suo, amato, Blackbarry in tasca, si avviò verso l'entrata del fast-food.

Non c'era tantissima gente, e per lo più si trattava di coppie con prole al seguito.

Un bambino tenerissimo, con due grandi occhi nocciola e la bocca sporca di gelato, lo salutò con la manina, anch'essa sporca, ed un sorriso non ancora perfettamente corredato di dentini.

Con una faccia buffissima e il più dolce dei suoi sorrisi, Jared pronunciò un piccolo "ciao" .

E con ancora l'immagine del piccolo in testa, decise di avviarsi verso la fila, per ordinare. C'era solo una famiglia davanti a lui, quindi pensò che prendere il suo adorato telefono e controllare twitter, gli avrebbe alleggerito l'attesa.

Dopo aver risposto a qualche fan e postato una vecchia foto, vide che la famiglia che lo precedeva andava via con i vassoi stracolmi. Fatto un passo avanti si ritrovò davanti ad una cameriera bionda.

La ragazza, con gli occhi sulla cassa , non lo aveva ancora notato e , detta una cosa ad un suo collega, tornò al suo posto.

"Prego." Disse lei ancora ad occhi bassi.

"Un'insalata e una sprite, grazie." Rispose lui, e vide la ragazza selezionare al computer il suo ordine.

"Serve altro?" Chiese la ragazza alzando lo sguardo e guardandolo negli occhi.

" Basta così..." riuscì a sussurrare lui.

Jared pagò e prese il vassoio che lei gli porgeva, salutandolo educatamente.

Jay ece un cenno con il capo, e lentamente, molto lentamente, si diresse verso il primo tavolo libero.

In testa, solo due profondi occhi blu come il mare.

**************************************************

Quella mattina era iniziata davvero male.

Victoria che, come al solito faceva i capricci perchè non voleva alzarsi, il lavandino della cucina che, inspiegabilmente aveva iniziato a perdere e per finire la chiamata del suo datore di lavoro.

Quel giorno, le aveva detto, avrebbe dovuto lavorare per 8 ore consecutivamente, invece del solito spezzato. Francis, una sua collega, era a casa con la febbre.

Avrebbe voluto dire di no, ma i soldi dello straordinario le servivano e, più per la figlia che per se stessa, era pronta a fare ogni sacrificio.

Prima di accompagnare la bimba all'asilo era passata dalla vicina per chiederle se poteva passare a prendere la piccola alla scuola materna alle 4.

La signora Jones era una simpatica donna anziana che abitava a pochi metri da lei e l'aveva presa sotto la sua ala protettiva dopo il suo arrivo. Non solo l'aveva aiutata in tutto, dopo il trasferimento, ma le teneva anche Victoria tutti i pomeriggi. Viveva da sola e ogni domenica, a pranzo, il figlio Oliver con la moglie e il piccolo Patrick le facevano visita. Non era un peso per lei tenerle la bambina, anzi, diceva che le risollevava lo spirito e che le faceva piacere rendersi utile.

Lasciata la piccola all'asilo, si era diretta verso il centro della città pronta per un'altra, stancante, giornata di lavoro.

Arrivata al fast-food sembrava che le cose sarebbero solo peggiorate. Un centinaio di ragazzi riempirono il locale e il bagno era praticamente inutilizzabile. Erano tutti, o quasi, vestiti di nero ed erano visibilmente eccitati per, così le sembrava di aver sentito, un concerto che si sarebbe svolto quella sera.

Se riusciva a sopravvivere ad una giornata come quella, pensava, avrebbe anche potuto scalare l'Himalaya.

La folla della mattinata sembrava essere scemata con il passare delle ore, anche se centinaia di ragazzini continuarono ad arrivare almeno fino alle due. Non era riuscita a mettere sotto i denti nemmeno una patatina, aveva fame ed era stanca. Alle tre non vedeva l'ora di andarsene, ma restavano ancora due ore e sapeva che, se avrebbe evitato di pensarci, sarebbero passate più in fretta.

E così fù.

Alle cinque, accontentato anche l'ultimo, bizzarro, cliente, aveva chiuso la cassa ed era andata a cambiarsi.

Entrò nel piccolo bagno privato e si sciacquò il viso. Vide la proprio immagine riflessa allo specchio e pensò di essere troppo magra, con occhiaie sempre più accentuate e la pelle spenta.

Nonostante fosse soddisfatta della sua vita, non poteva dire si essere davvero completa.

Le cose non erano cambiate poi molto dal suo arrivo, non aveva ancora molti amici, a parte i colleghi di lavoro non conosceva nessuno, e le sue attenzioni erano concentrate soprattutto su Victoria, la casa e il lavoro.

Afferrò la borsa, salutò i colleghi e uscì dal locale.

Non si era mai sentita osservata come in quel momento, effettivamente era da un pò che si sentiva inquieta.

Uno degli ultimi clienti si era comportato in maniera molto strana, quasi si fosse sorpreso di trovarla lì, ma era sicurissima di non aver mai visto quell'uomo in vita sua. L'aveva sorpreso più e più volte osservarla dal tavolino in fondo, vicino alla finestra, ed era stato raggiunto, poco dopo aver ordinato, da un altro uomo. Vide ancora i due fissarla e proprio mentre lei usciva, i due si alzarono.

Per un attimo aveva avuto paura, ma osservandoli bene si accorse che non sembravano tipi in grado di farle del male. Sperava solo che non fossero degli avvocati o degli investigatori mandati da Alexander.

I rapporti con il suo ex compagno non erano dei migliori, ma riuscivano ad avere delle conversazioni pacifiche e, prima che lei partisse, avevano sistemato tutti i documenti per l'affidamento della bambina. Inoltre, l'aveva sentito il giorno prima e non gli sembrava ci fossero problemi, la loro conversazione era stata la solita, sarebbe passato a prendere la bmbina il venerdì sera e l'avrebbe riportata la domenica pomeriggio, come sempre.

Si convinse che quei due non conoscessero Alexander e, facendo finta di niente, continuò a camminare.

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** *Capitolo 3* ***


*capitolo3*

Capitolo 3.

Come avrete capito, spero, aggiorno ogni lunedì. XD

Sono stata davvero felice di vedere quante persone abbiano letto, e ringrazio di cuore chi mi ha messo tra le storie seguite, ma soprattutto  CloserToMars_ 

che ha recensito il secondo capitolo. Spero ti piaccia anche questo! =)

Mi rendo conto sia un pò noiosa e me ne dispiace, ma purtroppo ho i miei tempi e le fanfiction che saltano subito a conclusione non mi sono mai piaiciute parecchio. Mi scuso se offendo qualcuno ovviamente.

Diciamo che preferisco soffermarmi più sulla psicologia e la vita dei miei personaggi (no, i Leto non mi appartengono!) che sulla fine della storia. Spero possiate perdonarmi, vedrete che l'azione arriverà. XD

Detto questo, e scritto l'ennesimo papiro, vi auguro una buona lettura, sperando che qualche anima pia, mi faccia sapere cosa ne pensa di questa fic.

Un bacio, a Lunedì, Simona.

 

 

Entrando nel fast-food, Shannon notò subito suo fratello, bhè chi non lo avrebbe riconosciuto? Con quel suo taglio di capelli anomalo, il blackbarry in mano e un'espressione delusa in volto. Mangiava la sua insalata placidamente, come se il mondo, attorno a lui, non esistesse.

Shannon gli scrollò leggermente la spalla e subito Jared rinsavì.

"Hey Bro, tutto ok? Si è spezzata un unghia?" Gli piaceva provocarlo, gli ricordava i bei tempi trascorsi in Louisina durante l'infanzia.

Jared lo guardò sorridendo, mentre Shannon prendeva posto di fronte a lui.

"No, è semplicemente finito il mio smalto preferito, idiota!"

"Oh, tutto qui? Non pensarci a Natale te lo regalo, ok?"

Niente era cambiato tra i due, nonostante avessero entrambi superato i quaranta, erano rimasti i soliti ragazzi che amavano prendersi in giro, con quella assurda complicità estranea perfino ai loro amici più intimi.

"Seriamente Jay, cosa succede?"

"La tizia bionda, alla cassa, la vedi?" Shannon annuì. "Bè, la trovo molto interessante, ma non mi ha colcolato di striscio. Non capisco se mi abbia riconosciuto o meno."

Shannon voleva ridere, trovava il discorso parecchio infantile, ma cercò comunque di darsi un contegno e rispondere decentemente.

"Jay, non vedo dove sia il problema. Vai lì e ti fai vedere, la abbordi e poi te la porti a letto." E concluse il tutto con un occhiolino da vecchio e viscido maniaco da pub.

"Ehm...si, sembra facile, soprattutto se consideri che sta andando via." E Jared fece segno con la mano indicando la ragazza.

Shannon si girò di scatto e la vide dirigersi verso l'uscita. Effettivamente era un bel bocconcino, ma non sarebbe mai stato così cattivo da provarci con una ragazza che interessava al fratello.

Si alzaro e subito la seguirono. Pensando, però, di sembrare due stalker, Shannon ebbe una brillante idea.

"Reggimi il gioco, o resta zitto! Ci pensa il tuo fratellone."

Nonostante l'età, Shannon non aveva abbandonato il suo essere protettivo, talvolta in maniera ossessiva, nei confronti del fratello, quasi fosse suo padre.

Jared lo guardò come se suo fratello fosse impazzito, ma si fidava, più o meno, di lui.

Shannon fece uno scatto avanti, che gli permise di raggiungere subito la ragazza.

"Scusi." Le disse, e in quel momento, Jareb avrebbe voluto scomparire alla velocità della luce.

**************************************

"Scusi?"

A quelle parole Carly ebbe seriamente paura. I due la chiamavano e non sapeva cosa avrebbe dovuto fare o dire. Ricordava semplicemente a se stessa di dover mantenere la calma e fingersi una persona normale. Aveva seriamente iniziato a pensare che Alexander avesse mandato qualcuno a controllarla, e sicuramente non l'avrebbe passata liscia, il giorno dopo gli avrebbe fatto una ramanzina con i fiocchi, e se non avesse voluto sentire ragioni, lo avrebbe anche denunciato. Ma per il momento la parola d'ordine era fingere, si armò del suo miglior sorriso e si girò.

"Si?" Stava sudando freddo, lo sentiva e le gambe le tremavano, soprattutto perchè il più basso dei due continuava a guardarla, anzi, fissarla negli occhi.

"Ehm...volevo sapere, dato che non siamo della città, mi servirebbero un paio di occhiali da sole, mi saprebbe consigliare un buon negozio?"

Carly rimase di sasso, si aspettava il ragazzo del fast-food, e infatti c'era, ma aveva tenuto la testa bassa e aveva fatto parlare il suo amico. -"E che amico!" pensò-

"Si, ehm io devo andare proprio da quelle parti, vi accompagno se non vi dà fastidio." Non sapeva perchè aveva risposto in quel modo, nè perchè aveva chiesto di poter proseguire con loro. Era vero, doveva andare da quelle parti, ma la curiosità la stava uccidendo, doveva riuscire a capire cosa volevano quei due da lei.

"Oh, certo, la ringrazio!" e vide il più basso dei due fare un gran sorriso all'altro, e subito pensò che il suo sesto senso non si sbagliava, gli occhiali erano una scusa banalissima.

"Comunque noi siamo Jake e Shane." Il nanetto le porse la mano e la strinse con forza, così come anche il tipo dagli occhi azzurri.

"Io sono Carly" -come se non lo sapesserò- pensò, -maledetto Alexander-.

*************************************************

Carly era appena entrata in pasticcieria e ripensava a ciò che era accaduto poco prima e a cosa potessero aspettarsi da lei quei due tizi.

Dopo essersi presentati, avevano parlato del più e del meno. Era riuscita a scoprire che i due si trovavano ad Atlantic City per lavoro e che sarebbero ripartiti dopo il week-end.

Niente domande strane o allusioni alla bambina, per un pò aveva anche pensato che fossero davvero due sconosciuti e che il suo cervello viaggiasse troppo di fantasia.

Uno volta arrivati dall'ottico li aveva salutati con un "Arrivederci" di circostanza e aveva proseguito per la sua meta.

 

 

Si era subito accertata che la torta al cioccolato, la preferita di Victoria, non fosse finita, e si fece fare una confezione da portar via con due fette di torta.

Dopo che la ragazza le consegnò la confezione si avviò verso la cassa per pagare.

Davanti a lei, una bellissima donna dai capelli lunghi, un pò particolare, a dirla tutta. -Tutta a me oggi, la gente strana- Pensò subito.

Portava una fede al dito e, alzando gli occhi al cielo, ringraziò mentalmente Dio che non fosse sposata con Alexander.

Sentì il suono di un telefono e vide sempre la stessa ragazza cercarlo nella borsa e rispondere alla chiamata. Nel prendere il resto, però, aveva, inavvertitamente, fatto cadere dieci dollari a terra.

Carly se ne accorse e subito si abbassò per prendere i soldi e consegnarli alla diretta interessata, che però, notò, era già andata via.

Pensò bene di pagare e poi cercarla una volta uscita.

Subito fuori dalla pasticcieria, sulla destra, la trovò davanti ad un grande cartellone intenta a sorridere, mentre continuava a parlare ancora al telefono.

Aspettò pazientemente e una volta che la ragazza ripose in borsa il telefono, la richiamò.

"Scusami, ti sono caduti questi prima!" Le disse sorridendo.

"Oh, grazie. Sei stata davvero gentile. Scusami ma già sono sbadata di mio, oggi poi sto facendo avanti e indietro come una trottola!" Rispose l'altra con un sorriso a tremila denti.

"Oh, non preoccuparti, non sei l'uni...ma cosa...?"

Inavvertitamente aveva poggiato gli occhi sul cartellone che la donna guardava prima.

C'erano tre ragazzi, e il cartellone pubblicizzava un concerto che si sarebbe svolto quella sera. Si guardò intorno come per cercare quei due strani individui, ma ovviamente non li trovò, e tornò a guardare il cartellone.

"Qualcosa che non va?" Le chiese la donna che, pazientemente, aveva osservato i suoi deliri.

"No, cioè...penso di si. Secondo te è possibile che io fino a dieci minuti fà stavo parlando con qui due?" E indicò proprio Jared e Shannon.

La donna accennò una breve risata e poi, avvicinandosi a lei disse. "Bè, penso proprio di si, sono in città, perchè mai non avresti dovuto incontrarli?"

"Non so, due personaggi famosi....si chiamano per caso Jake e Shane?" Non conosceva quel gruppo, non sapeva, ovviamente, nemmeno il nome dei componenti, ma il nome dei due ragazzi lo ricordava bene.

La donna di fronte a lei scosse piano la testa. "In verità si chiamano Jared e Shannon Leto, sono fratelli, e usano quei nomi solo per non farsi riconoscere."

Carly era rimasta spiazzata da una rivelazione del genere. E pensare che era stata davvero poco cortese nei confronti di quei due ragazzi.

"Quindi sei una fan?" Chiese per curiosità.

"Diciamo di si." Rispose l'altra dopo averci pensato qualche secondo.

"Ah, ok...grazie per avermi fatto aprire gli occhi allora! E scusami se ti ho fatto perdere tempo, sarà anche ora che io inizi a preparare la cena. Grazie della chiacchierata."
Così tagliò il discorso Carly, con una risata forzata e piuttosto nervosa. Doveva andare via, pensare. A tutto. A quanto era accaduto, a quanto poco si fidasse di Alexander, a quanto avesse pregiudicato due ragazzi apparentemente normali.

"Oh, grazie a te." Rispose la donna sventolando i dieci dollari. " E' stato un piacere rispondere alle tue domande. Ciao." E sorridendo andò via.

Carly guardò ancora una volta il cartellone, cercando di capire se davvero fossero gli uomini di prima, e più li guardava più se ne convinceva. Erano prorpio loro.

Con la mente annabbiata si avviò verso casa.

 

 

 

Carly aveva appena svoltato l'angolo e non vide che la donna di prima si era girata per chiamarla.

Non vedendola più, la donna continuò per la sua strada.

-Peccato, mi sarebbe piaciuto invitarla al concerto di stasera.- Pensò, e si diresse verso l'ottico dove, ad aspettarla, c'erano proprio i due ragazzi del cartellone.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** *Capitolo 4* ***


Capitolo 4

Capitolo 4

 

Macciao a tutti, questo capitolo è stato parecchio difficile, ma ce l'ho fatta e sono ancora qui. Non vi libererete facilmente di me! XD

Ringrazio tanto chi legge.  Siete davvero in tanti, e mi fà un piacere assurdo, sappiatelo.

E ringrazio soprattutto CloserToMars_   e   Marlary_killmydreams ( o la dolce Marty, dipende dai punti di vista)  per le bellissime parole che mi hanno lasciato. Vi amo ragazze! <3

Certo, se qualcun'altro mi facesse sapere il proprio parere, non mi offenderei, anzi, essendo la prima che scrivo, ho tanti dubbi, e sapere anche solo dove sbaglio o cosa sbaglio, mi aiuterebbe anche a capire meglio i 30 Seconds to Mars.

Detto questo, spero vi piaccia e vi lascio dicendo.....che il meglio sta per arrivare. XD 

Un bacio! Simona.

***************************************************************************************************************************

"Thank you so much and see you soon!"

Con queste parole, Jared, aveva salutato il suo pubblico di quella sera.

Si era divertito tantissimo, di imprevisti, per fortuna, non ce n'erano stati, e il pubblico era stato calorosissimo.

Era, però, sfinito. Colpa anche dell'età, forse, quarant'anni si facevano sentire, ma amava il suo lavoro, i suoi fan, e continuare a regalare emozioni era come una missione di vita, per lui.

Non vedeva l'ora di fare una bella doccia rilassante, una volta arrivato in albergo. Per fortuna avrebbero festeggiato due giorni dopo, quindi non aveva altri impegni per la serata.

Una volta entrato in camerino prese una bottiglietta d'acqua e svitò il tappo, poi si sedette sulla poltrona più vicina.

Lo faceva sempre dopo ogni concerto, rifletteva su cosa era andato bene e cosa male, su cosa dovevano migliorare e cosa avrebbero fatto meglio ad evitare. Ma era anche e soprattutto, per elaborare le mille emozioni, talvolta contrastanti che si possono provare in sole due ore di show.

Si, perchè in quelle due ore le emozioni e le sensazioni lo stordivano, lo facevano morire per poi farlo rinascere come una fenice.

Paura, nervosismo, ansia, il cuore a mille, prima di ogni concerto.

Ma quando l'ansia passava, una scarica di adrenalina si impossessava di lui e sarebbe stato capace di alzare una montagna se solo glielo avessero chiesto.

Era padrone delle lacrime, le urla, i sorrisi altrui e in quei piccoli frangenti si sentiva amato, nulla si prospettava impossibile ai suoi occhi, quasi fosse il re del mondo.

Ma quando il concerto finiva e le sensazioni non erano più amplificate e non c'er più gente ad applaudirlo o a cantare con lui, tornava nel suo silenzio opprimente.

Pensare a quanto fosse realmente solo nella vita lo faceva sentire un uomo fallito.

Sicuramente aveva una gran bella casa al centro di Los Angeles, aveva una macchina da migliaia di dollari, soldi a palate, faceva il lavoro che aveva sempre sognato e donne che non gli avevano mai fatto mancare i piaceri della carne.

Purtroppo, però, arrivato a quarant'anni, sentiva il pressante e crescente bisogno di qualcosa di più. Amici ne aveva, pochi sicuramente, ma fidati e per lui c'erano sempre stati. Sua madre lo adorava, così come suo fratello, ma quante volte era tornato a casa, dopo il lavoro e aveva avuto la sensazione di trovarsi in albergo? O a casa di uno sconosciuto? Quante volte immaginava di trovare qualcuno ad aspettarlo, ma puntualmente non c'era nessuno.

Aveva realizzato il suo sogno no? Riusciva ad emozionarsi emozionando, che male c'era?

Ma sapeva perfettamente che, nonostante tutto, gli umani erano alla continua ricerca di qualcosa di impossibile nella loro vita.
Ma lui non voleva niente, stava bene così. L'unica cosa che gli mancava era l'amore. Ne riceveva sicuramente molto dai fan, dagli amici, dai familiari, ma quello vero, che ti fà battere il cuore, dov'era?

Perso nelle sue riflessioni decise di cambiarsi la maglia, e sciacquare un attimo il viso, almeno per togliere le ultime gocce di sudore.

Il giorno dopo, pensava, avrebbe dormito fino a tardi, poi avrebbe mangiato un'insalata al McDonald's dove lavorava la ragazza misteriosa, ed infine sarebbe andato a cenare nel locale più esclusivo della città.

Non sapeva se Shannon lo avrebbe accompagnato o meno. O forse era lui a non volere suo fratello. Aveva un egoistico bisogno di stare solo, di pensare.

O a programmare la sua vita. Si, perchè ormai aveva una certa età, e il tempo che gli rimaneva per restare sulla terra, prima di volare verso Marte, si accorciava sempre di più, ogni minuto che passava. Quei primi quarant'anni di vita erano passati davvero in un baleno.

Chiudendo gli occhi si rivide bambino a giocare con un acquilone insieme a Shannon, e poi il primo provino, i primi film, i primi fan e i primi concerti. Gli ultimi quindici anni gli avevano insegnato tanto, ma erano passati troppo velocemente.

Se c'era una cosa che lo angosciava era la solitudine, la possibilità di rimanere da solo, senza nessuno che lo avesse accompagnato in quell'avventura che lo spaventava come poche: la vecchiaia.

Un bussare frenetico alla porta lo riscosse, dalla delicatezza, pensò, sarebbe stato Shannon.

Con passo strascicato si avviò verso la porta e la aprì. Suo fratello gli si parò davanti con il più bello e dolce dei suoi sorrisi.

"Hai finito? Siamo pronti per tornare in albergo!" Shannon entrò nel piccolo camerino e si sedette nella stessa poltrona che aveva usato lui poco prima per riflettere.

Sapeva che suo fratello non lo avrebbe abbandonato mai, che per lui ci sarebbe sempre stato. In tanti anni Shannon aveva ricoperto diversi ruoli: fratello, padre, amico, confidente, compagno di scorribande e di band e se proprio bisogna essere davvero sinceri, andavano spesso a caccia di donne la sera. Niente di troppo impegnativo ovviamente, solo uno sfogo puramente sessuale.

"Ti vedo pensieroso. Cos'è? Pensi ancora alla bionda?" Ecco, questo era l'amico, quello che cercava di tirarlo su di morale.

"No, come mai hai pensato a lei? Sinceramente pensavo a cosa farne della mia vita."

"E ti fai queste domande alla tua età? Non ti sembra tardi? Ascolta Jay..." E qui partivano i consigli da fratello maggiore. "Avremo anche un'età, ma dobbiamo divertirci, viaggiare, conoscere gente, fare del nostro meglio. Non ti basta essere uno degli uomini più fighi sulla faccia della terra? Dai, c'è gente che ti considera più divaH di Marilyn Monroe!" E detto questo prese a sgranocchiare uno degli amati biscotti di Jared.

"Sai bro, penso tu abbia ragione!" Disse Jay sorridendo. Sorriso falso, si intende. Da bravo attore qual'era riusciva ad ingannare anche suo fratello quando voleva.

"Togli quel sorriso e quell'espressione ebete dal viso. Mi stai prendendo per il culo, ti conosco. Quando hai voglia di parlare, sai dove trovarmi. Adesso sbrigati, che aspettiamo solo te! " Detto questo si alzò e uscì dal camerino.

Bè, forse quella volta, non era riuscito del tutto ad ingannare suo fratello.

**********************************************************

Quel venerdì mattina si era rivelato come gli altri.

Niente avvenimenti speciali e Victoria che faceva i capricci perchè non voleva andare all'asilo.

La sera precedente aveva ripensato ai due ragazzi. Le sembrava davvero così strano aver parlato con due star mondiali? All'inizio si, ma tornata a casa era stata subito distratta dalla bambina che le raccontava l'entusiasmante vicenda di un pesciolino che cercava disperatamente suo figlio Nemo in giro per l'oceano.

Al lavoro non c'era confusione, forse perchè era ancora presto e sapeva che quella sera ci sarebbe stata molta più gente, ma per fortuna, aveva il turno di mattina.

Quel pomeriggio Alexander sarebbe passato a prendere la bambina, e il fine settimana l'avrebbe passato tra il lavoro e il relax più assoluto in casa, magari, pensò, un giro per il centro commerciale, non le avrebbe fatto male. Aveva bisogno di qualche maglione, in vista dell'imminente autunno.

Stava prendendo l'ennesimo ordine quando vide entrare il ragazzo del giorno prima, Jared o Shannon, o come si chiamava lui. Vide il ragazzo salutarla con un piccolo cenno della mano destra e lei, accennando un piccolo sorriso, abbassò il volto imbarazzata. Non pensava minimamente che sarebbe ritornato. Si chiedeva come avesse dovuto comportarsi e cosa avrebbe dovuto dire, non aveva mai parlato con un personaggio famoso, escluso il giorno prima naturalmente. Non riuscì ad arrivare ad una conclusione, dato che Nathan le aveva chiesto aiuto in cucina.

Non voleva crederci, il tizio era sicuramente venuto per parlarle e lei non solo aveva accennato appena un sorriso, ma addirittura non poteva servirlo, quasi fosse una ragazzina alle prime armi che si nascondeva.

Lo vide discostarsi dalla fila e cercare di guardare nella sua direzione. Per un attimo i loro sguardi si erano incrociati e lui la salutò nuovamente.

Passati una quindicina di minuti tornò alla sua postazione e cercò per tutta la sala il ragazzo.

Non lo trovò e subito pensò che se ne fosse andato. Il giorno prima lo aveva trattato male e quel giorno il lavoro non le dava tregua. Possibile che fosse destinata ad essere così scortese?

"C'è molto lavoro a quest'ora eh?" Si girò in direzione della voce, e lo vide.

Appoggiato al muro, braccia incrociate e sorrisino beffardo.

"Bè, abbastanza. Scusami per prima." Rispose lei alquanto imbarazzata.

"Non preoccuparti, potrei ordinare?" E lo vide scostarsi dal muro per andarle di fronte.

"Mi stupisco di come tu non abbia già ordinato."

"Forse aspettavo te, Carly." Rispose sussurrando.

"E forse tu non dovresti prendermi in giro, Shannon." Vide il ragazzo sbarrare gli occhi. probabilmente non si aspettava di essere riconosciuto.

"Shannon? Forse ti confondi, io sono Jared."

"Oh scusami, ehm...vuoi ordinare?" Aveva fatto una figuraccia, effettivamente aveva il 50% di possibilità di indovinare, ma quella mattina l'oroscopo aveva parlato chiaro, non era una giornata particolarmente fortunata.

"No, ero solo passato per un saluto, magari torno domani." Era diventato acido, come se l'aver sbagliato nome lo avesse offeso. Maledette superstar, loro e i loro vizi, pensò Carly.

"Va bene, certo, e scusa ancora."

"Fà niente, comunque adesso devo proprio andare, ciao."

"Ok, ciao."

E lo vide sparire. Deluso, amareggiato e profondamente scosso.

"Carly, verresti a darmi una mano?" Ecco che di nuovo Nathan reclamava la sua presenza. Decise di non pensare a quel ragazzo e buttarsi a capofitto nel lavoro. Era inutile pensare ad una persona che si conosce appena, ma aver deluso le sane aspettative di qualcun'altro la rendeva parecchio triste.

Oh ma al diavolo quel Jared, lei era una persona normale, e in quanto tale doveva pensare a se stessa, alla sua bambina e quel giorno per dimenticarlo avrebbe fatto un pò di sano shopping.

**************************************************

Se c'era una cosa che odiava era proprio andare a fare shopping. Proprio non le andava di girare per negozi. Era sempre stata una tipa pratica della serie -mi serve questo vado e lo compro-.

Ma le serviva un vestito nuovo.

La sera dopo ci sarebbe stata la festa, e sicuramente non poteva presentarsi in jeans, suo marito non glielo avrebbe mai permesso.

Il centro commerciale di Atlantic City era alquanto piccolo, o forse era lei ad essere abituata a enormi centri commerciali? In ogni caso li odiava comunque.

Le serviva un vestito non troppo elegante, ma che comunque le consentisse di fare le sua bella figura. Non era molto alta, ma per fortuna aveva un gran bel fisico, a parte il seno, ma la sua seconda le bastava,o almeno, bastava a suo marito.

Era sposata da poco più di un anno, dopo anni e anni di fidanzamento avevano deciso di bruciare la tappa del matrimonio.

"Amore, che ne dici di questo?" Le chiese suo marito mostrandole un vestito. E vedendolo si innamorò.

Era un vestito nero, a tubino. Semplice, come piaceva a lei.

"Hai davvero buon gusto quando vuoi, sai?" Si avvicinò per prendere il vestito e lasciò un casto bacio sulla bocca del marito. "Vado a provarlo."

E detto questo si avviò verso il camerino più vicino. Tirò la tendina, entrò e lentamente si spogliò. Il vestito era, fortunatamente, della taglia giusta, suo marito avava occhio...oppure conosceva così bene il suo corpo? Scacciò il pensiero malizioso dalla testa e tirò su la lampo del vestito. Scostò le tende e si fece ammirare dal suo uomo.

"Uhm...direi che effettivamente, non potevo trovare di meglio! Ahahaha." Sempre il solito lui. Sempre a scherzare e a prendersi tutti i meriti. Lo amava, tanto, e avrebbe fatto di tutto per lui.

"Bel vestito!" Si girò per vedere chi avesse espresso il proprio parere e notò la ragazza del giorno prima.

"Hey, ciao! Davvero ti piace?" Le chiese.

"Si, ti sta molto bene. Non hai mangiato i pasticcini che hai comprato ieri eh?" Le piaceva quella ragazza, era simpatica, allegra e spensierata.

"Effettivamente ne ho solo assaggiato uno, sai com'è, questi uomini!" E indicò il marito.

Risero di gusto entrambe.

"Ti serve per un evento particolare?" Chiese Carly riferendosi al vestito.

"Una semplice festa, niente di particolare. Se ti va puoi venire a farci un salto."

Le era davvero dispiaciuto non averla potuta invitare al concerto il giorno prima, magari le avrebbe fatto una sorpresa invitandola.

"Cosa? E dovrei imbucarmi? No, ma grazie del pensiero."

"Ma che imbucarti, ti sto invitando io. Saremo solo io e un'altra ragazza, in un covo di uomini. Una donna in più, anche solo per cambiare discorsi, ci farebbe davvero piacere."

"Ancora a provare vestiti stai? Dai che è tardi!"

Le due ragazze si girano contemporaneamente.

"Hey, ma tu sei la ragazza di ieri, Carly giusto?" Si rivolse subito alla ragazza.

Quando aveva raggiunto i ragazzi dall'ottico aveva detto a Shannon cosa le era successo, e lui aveva annuito specificando che li aveva accompagnati lei e che piaceva parecchio a Jared. Vide i due parlare con calma e, a quanto aveva capito, la ragazza si stava scusando per essersi comportata in modo non molto educato il giorno prima.

Pensando subito di aiutare Jared, e soprattutto conoscendo Shannon, pensò di mettere la ragazza con le spalle al muro.

"Shan, sai, l'ho invitata alla festa di domani sera, ma non vuole venire."

Vide la ragazza sbarrare gli occhi.

"Che cosa? No, devi venire per forza, dai ci divertiamo, mangiamo e balliamo. Devi solo mettere un bel vestito! Al resto ci pensa zio Shan." E accompagnò il tutto con dei movimenti da "invasato da discoteca" e un occhiolino.

Quando doveva convincere una ragazza, Shan non usava mezzi termini...e non lasciava mai una possibilità. Sapeva di essersi comportata male nei confronti della ragazza, in fondo non la conosceva nemmeno, ma voleva aiutare Jared.

"Io, non so, cioè...ehm davvero ragazzi, mi sentirei di troppo." Era timida, molto timida, lo aveva capito subito. E decise di provare a convincerla.

"Ascolta, è solo una festa, se poi non ti piace puoi tornare a casa. Ci stai?" E usò il suo sguardo più dolce.

La ragazza la squadrò, e poi sbuffando disse: "Sappiate che lo faccio solo perchè voglio scusarmi con tuo fratello" e indicò Shannon "e perchè non voglio lasciare te e la tua amica da sola!"

Il batterista si era ormai dato ai festeggiamenti, e la ragazza era diventata rossa come un peperone.

"Se mi dai il tuo numero di telefono ci sentiamo per domani." Le disse.

"Oh ma certo, comunque, io sono Carly!" E le tese la mano sorridendo.

"Oh giusto, io mi chiamo Vicky e quel barbone" disse indicando il suo uomo "è mio marito, Tomo."

Sarebbe diventata sua amica? Non lo sapeva. Di una cosa era sicura, il giorno dopo, Carly sarebbe diventata la protagonista della serata.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** *Capitolo 5* ***


*capitolo 5 *

 

E anche se con qualche ora di ritardo, ahimè, sono tornata. XD

Colgo come sempre l'occasione per ringraziare tutte le persone che leggono e che mi seguono, seite sempre di più e non potete capire quanto questo riempia il mio cuore di gioia.

Ovviamente il ringraziamente più grande và a CloserToMars_   e a   Marlary_killmydreams.   Ragazze vi adoro, grazie per le belle parole e per la vostra disponibilità. <3

Voglio inoltre, ricordare che non mi piace la carne umana, non mangerò nessuno di voi se lasciate un commentino... No, non preoccupatevi...non mangio nemmeno in caso di recensioni negative. XD

Detto questo, preciso che questo capitolo è di passaggio, un pò...forse...più o meno....insomma..leggetelo ! XD

Un bacione grande a tutti, Simona.

*******************************************************************************************************************

 

 

 

Carly era seduta a gambe incrociate sul letto, una gran confusione in testa e niente di adatto da mettere alla festa. Vicky l'aveva chiamata quella mattina dicendole che la sarebbe andata a prendere Shannon e le aveva chiesto l'indirizzo e le indicazioni per arrivare a casa sua.

Era più di un'ora che cercava e ricercava, ma niente...nulla di bello o potenzialmente appariscente. Certo, non era il suo scopo farsi notare, ma finalmente aveva l'occasione di divertirsi e conoscere gente. Avrebbe fatto bene al suo ego sentirsi bella per una sera. Anche se poi ripensava a Vicky. A come fosse carina e a come le stesse bene il vestito che aveva acquistato, che subito si sentiva una moderna cenerentola vestita di stracci usati.

In un primo momento aveva addirittura pensato di chiamarla ed inventare una scusa, ma poi si era convinta che avrebbe dovuto chiedere scusa a Jake, no Jared. Si chiamava Jared.

Sapeva che Shannon non l'avrebbe aspettata tutta la sera, e doveva trovare un modo per rendersi presentabile. C'era un vestito che le piaceva, effettivamente. Non lo metteva da un pò ed era sicura che se lo avesse indossato, avrebbe fatto girare la testa a parecchi uomini.

Senza pensarci due volte, e senza nemmeno farsi poi tanti problemi, prese il vestito e lo indossò. Era un normalissimo vestito blu che evidenziava il suo seno, grazie alla fascia in raso, e che cadeva morbido sulle gambe magre. Non andò dal parrucchiere, e nemmeno dall'estetista, non poteva permetterselo, ma era riuscita a raccogliere i capelli in un semplice e grazioso chignon. Si guardò allo specchio e pensò di essere presentabile, mancava solo un filo di trucco. Un velo di cipria, una passata di mascara e un pò di lucido sulle labbra, ed era perfetta.

Erano personaggi famosi, non bastava la semplicità per colpirli, ma sicuramente si sarebbe sentita più a suo agio così, che con un trucco appariscente.

Si avviò verso l'armadio e lo aprì. Dietro tutte le borse, chiusi in una scatoletta, c'erano i suoi gioielli. I suoi pochi averi, come li definiva spesso. Pensò bene di mettere dei punti luce alle orecchie e una collana d'argento con un ciondolo a forma di delfino. L'unica cosa che richiamava un pò il vestito era il bracciale con zaffiri, che Alexander le aveva regalato per il loro primo anniversario.

Venne riscossa dal suono di un clacson. Sicuramente Shannon era arrivato e pensò che sarebbe stato scortese farlo aspettare. Infilò in fretta e furia le scarpe col tacco e il cappotto. Prese la borsa, infilò lo stretto necessario e, tornata di nuovo in camera, si era spruzzata un pò del suo profumo preferito.

Tornata in cucina, scostò le tende per accertarsi che l'uomo in macchina fosse Shannon. Una volta sicura, fece un bel respiro e aprì la porta.

Lui le fece un cenno con la mano e, dopo che lei scese i pochi gradini della veranda, molto volgarmente, fischiò. Carly arrossì un attimo, non era più abituata a sentirsi bella e piacente, ma forse, dopotutto, per avere trentaquattro anni era ancora sulla piazza.

Lentamente si avviò verso la macchina, una Mercedes CL S55.

Giustamente, se doveva affittare una macchina, perchè non una di gran classe?

E subito si chiese cosa stesse facendo e dove stesse andando. Lei, misera e squattrinata cameriera che andava ad una festa con dei VIP, c'era da far girare la testa.

Quando aprì la portiera dell'auto vide l'uomo farle una sorta di radiografia.

"Scusa, non avevo niente di più elegante." Si scusò lei entrando in macchina. Ma scusarsi di cosa?

Dopo una piccola risatina Shan le rispose. "Non preoccuparti, stai benissimo. E poi il blu ti dona."

E detto questo mise in moto e partirono verso il locale.

Carly era parecchio nervosa, era stata zitta per tutto il tempo e aveva paura che Jared non le avesse parlato. Lo conosceva da poco, era vero, ma dentro quegli occhi color del mare aveva visto tanta solitudine. Che fosse un bell'uomo, bè, era innegabile, ma se lui non avesse perdonato la svista del giorno prima? E se si fosse annoiata? E se Jared l'avesse cacciata via in malo modo? Continuava a torturarsi le mani e a mordersi il labbro inferiore, se qualcuno l'avesse vista in quel momento l'avrebbe scambiata per una pazza.

"Hey calmati, non ti mangia nessuno, e poi Emma è una ragazza dolcissima. Vedrai, insieme a Vicky formerete un bel trio." Shannon la guardava con la coda dell'occhio, per non distogliere l'attenzione dalla strada.

"Non so perchè, ma tuo fratello mi mette ansia." Era stata sorprendentemente sincera. Di solito non avrebbe mai detto una cosa del genere ad uno sconosciuto, ma sentiva che di Shannon poteva fidarsi.

"Fidati, può sembrare un pò rude, ma Jared è la persona più gentile e generosa mai esistita sulla faccia della terra." E sorrise a quelle parole, forse stava pensando a vecchi aneddoti.

Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Carly decise di soffermarsi sul suo accompagnatore. Aveva sicuramente un bel profilo, e gli occhi a mandorla gli donavano. Aveva indossato un pantalone nero, una maglietta bianca con delle stampe e una giacca nera. Da quanto aveva notato il giorno che lo aveva conosciuto, era parecchio muscoloso, aveva una bella schiena e le braccia evidenziavano ore e ore passate a suonare la sua batteria. Qualsiasi donna, pensò, si sarebbe sentita amata e protetta da un abbraccio di Shannon.

"Hey bellezza, siamo arrivati." Disse Shan, dopo aver spento il motore dell'auto.

E il cuore di Carly prese a battere ancora più velocemente. Prese un bel respiro e si costrinse a scendere dalla macchina. Vide Shannon porgerle il braccio e le venne naturale alzare un sopracciglio.

"Shan, addirittura?" E rise dell'espressione buffa del suo accompagnatore.

"Io sono un uomo raffinato sai? Adesso, mademoiselle, sarei felice di scortarla verso l'ingresso del locale." Concluse con finto accento francese.

"Oh monsieur, non vorrei deludere le sue aspettive." Gli resse il gioco Carly.

E tra una risata e un battito accelerato, Carly fece il suo ingresso.

********************************************************

Jared era intento a prepararsi per la festa, anche se la voglia di andarci scarseggiava perecchio. Il giorno prima, Carly lo aveva deluso, non si sarebbe mai aspettato di essere confuso per suo fratello. Non che la cosa gli desse particolarmente fastidio, certo, ma insomma, lui era o non era famoso in tutto il mondo? Passi il non conoscerlo come cantante, ma addirittura come attore...

Dopo la doccia aveva asciugato i capelli solo con l'asciugamano e dopo aver messo dei boxer neri aveva preso il primo paio di jeans che gli erano capitati sottomano, così come la maglia, e li aveva indossati. Aveva tirato indietro i capelli con un pò di gelatina e aveva fissato il tutto con un pò di lacca. Aveva messo le scarpe, due gocce di profumo ed il gioco era fatto. Guardandosi allo specchio si definì normale, non era appariscente come al solito, ma nemmeno da buttare via. In fondo era una festa tra amici intimi e membri dello staff, le uniche donne che avrebbero partecipato sarebbero state Vicky ed Emma, non valeva la pena di aggiustarsi più di tanto.

Quando scese verso la hall dell'albergo trovò i suoi amici ad aspettarlo.

"Alla buon ora, divaH." Esordì un Tomo particolarmente annoiato.

"E che sarà mai una mezz'ora di ritardo, e comunque manca ancora Shannon." Rispose irritato.

"Sbagliato, tuo fratello arriverà dopo. E' andato a prendere una ragazza." Lo ammonì Vicky scambiando un'occhiata con il suo uomo.

Bene, suo fratello si era messo in moto e aveva anche trovato una pollastrella con cui concludere la serata. Si prospettava una serata tristemente divertente.

"Bando alle ciancie...andiamo a questa festa prima che il sottoscritto cambi idea." E sempre più infastidito uscì dall'albergo diretto alla macchina.

Una volta entrati nella vettura, Jared sentì tre paia di occhi puntati su di lui. Vicky e Tomo gli ridevano spudoratamente in faccia, mentre Emma aveva più uno sguardo comprensivo. D'altronde, e Jared lo sapeva, lei odiava quelle feste. Lungo il tragitto non aveva proferito parola, e nemmeno gli altri si erano azzardati a fare domande. Conoscevano Jared da anni e sapevano che in certi casi era meglio stare zitti e assecondarlo in tutto. Una volta arrivato avrebbe sicuramente iniziato a bere qualche drink e si sarebbe sciolto, magari iniziando a raccontare barzellette.

Il luogo della festa non era lontano dall'albergo e ci misero scarsi dieci minuti per arrivare. Entrati nel locale si diedero un'occhiata in giro. Solito posto già visto, solito buffet, solita musica, solite persone. Iniziava a pensare che fingere uno svenimento fosse l'unica via d'uscita per scappare da quell'inferno.

"Jay, ma tu la conosci?" Emma si era avvicinata con due drink in mano, e uno glielo aveva porto.

"Chi?"

"La ragazza di Shannon."

"No, ma sarà sicuramente una di quelle facili, super-rifatte che piacciono a mio fratello." Rispose sempre più infastidito.

Suo malgrado, stava di spalle alla porta, e non poteva vedere Shannon entrare in sala con Carly sotto braccio.

"Sai Jay, penso che tu ti stia sbagliando." Esordì Emma.

"Perchè mai?"

"Girati." Ed eseguì l'ordine.

E fù in quel momento che la vide, anzi, li vide. Ridevano e scherzavano, come due vecchi amici. Che ci faceva lei, alla loro festa. Chi l'aveva invitata? E perchè si era presentata con suo fratello?

Era bella, anzi bellissima. L'unica parola che gli veniva in mente vedendo Carly era semplicità. Si, perchè nulla di lei era esagerato. Il vestito non era nulla di spettacolare, ma gli stava benissimo e il trucco era semplicissimo, molto naturale.

Rimase imbambolato a guardarli, una miriade di emozioni nel cuore, e non sapeva se arrabbiarsi o esserne felice. Proprio in quel momento Carly lo vide, un leggero sfiorarsi di sguardi. Lei arrossì e abbassò la testa. Li vide avvicinarsi sempre di più e, una volta arrivati davanti a lui, Carly lo guardò dritto negli occhi.

"Ciao Jared." Anche nel saluto la trovò semplice, il tono basso e pacato, lo sguardo che era un misto tra il provocante e il timido. Lui fece un mezzo sorrisino. Carly aveva pronunciato quel Jared come a volerlo sottolineare, quasi scudandosi per l'errore del giorno prima.

"Ciao Carly." Rispose lui educatamente.

Un colpo di tosse gli ricordò la presenza della sua assistente. Decise di fare gli onori di casa e presentare ad Emma la splendida donna che aveva di fronte.

********************************************************

Quando Jared le aveva presentato Carly, Emma si era irrigidita di colpo. Aveva notato qualcosa di strano negli occhi del ragazzo, come se non fosse più lo stesso. E anche adesso che la serata stata per terminare, Emma non riuciva a non osservarli. Che lei fosse una ragazza timida lo aveva capito subito, ma era lui quello davvero diverso. Non l'aveva persa di vista nemmeno un minuto, ballava con lei, mangiavano insieme, parlavano. Era come se Carly fosse il sole e lui la Terra, anzi, Marte.

Lo conosceva da parecchi anni, era praticamente sua sorella, ed effettivamente era così che si sentiva. Lavorava per lui, era la sua assistente e nel giro di pochi anni si era instaurato un rapporto eccezionale. Nei pochi momenti liberi che aveva, piuttosto che stare sola, preferiva farsi una chiacchierata con i ragazzi della band, ormai non erano più solo i suoi datori di lavoro, ma erano diventati una famiglia a tutti gli effetti, ogni membro aveva il proprio ruolo e lavoravano e cooperavano in modo che tutti fossero felici e soddisfatti.

Seguire Jay in ogni angolo del mondo era parecchio stressante, ma la cosa che odiava di più era partecipare a quelle squallide feste. Le uniche due donne, come al solito, erano lei e Vicky e tutti i ragazzi presenti in sala ci provano spudoratamente con lei. Non che avessero intenzioni serie, la maggior parte di quei ragazzi erano sposati e padri di famiglia, ma a lei proprio non andava di cadere così in basso da concedersi per una sera.

"Che te ne pare?" Vide Vicky di fronte a lei guardarla come se fosse appena atterrata dalla luna.

"Di cosa parli?" Chiese Emma sempre più confusa.

"Della festa, del cibo...della nuova amica del tuo datore di lavoro." E Vicky le lanciò uno sguardo malizioso.

Quella falsa notizia che girava da un pò di tempo le iniziava a dare parecchio fastidio. Lei non era innamorata di Jared, non le piaceva nemmeno un pò. Si certo, era un bell'uomo, con tanti soldi...e quindi? Non lo aveva mai visto sotto quella luce e nemmeno le sarebbe piaciuto.

"Sai Vicky, ormai certe feste non mi entusiasmano più."

"E di Carly?" Il tono pungente di Vicky iniziava a darle parecchio fastidio.

"E' una bella ragazza, sta benissimo nel suo vestito blu, è molto simpatica e gentile, ma soprattutto non capisco dove tu voglia arrivare." E il suo sguardo lanciava saette.

"Dai Emma, sto scherzando! Siamo un pò suscettibili stasera eh?"

"E' solo che mi sto annoiando parecchio. Meno male che siamo vicini alla fine."

"Andiamo a rubare Carly dalle grinfie del tuo datore di lavoro e facciamo una bella chiacchierata tra donne?"

"Ti sbagli tesoro, tu adesso balli con me!" Oh Santo Tomo, meno male, era arrivato in tempo. Non voleva disturbare Jay e non voleva nemmeno parlare di creme o scarpe.

Vedendo la situazione da fuori chiunque avrebbe pensato che fosse un'esclusa. Ma non era così, i ragazzi l'avevano sempre trattata come una loro pari, solo che ultimamente troppi problemi erano nati e preferiva rimanere da sola a pensare.

Probabilmente era proprio questo che aveva in comune con i Leto. Erano tutti e tre soli, e la reciproca compagnia era diventato come il più sacro degli antidoti contro un veleno mortale.

Era una ragazza misteriosa, piena di segreti, alcuni dei quali li sapeva solo Jared, e proprio su uno di questi voleva chiedergli consiglio. Lo aveva visto entrare nel privè della sala, quindi si diresse da quella parte e senza esitazioni aveva scosatato le tende.

Vedere Jared e Carly, ballare un ipotetico lento che passava solo nella loro mente, era destabilizzante. Sapeva che entrambi avevano bevuto, avevano le gote rosse e gli occhi lucidi, ma da entrambi proveniva una dolcezza e un rispetto fuori dal comune. Un sorriso nacque spontaneamente sul suo viso. Le piaceva Carly, non evrebbe ancora saputo dire se fosse stata la ragazza perfetta per il suo migliore amico, ma sicuramente era la migliore che avesse conosciuto fino a quel momento. Vide Jared accarezzarle piano la schiena, poi salire verso il suo viso. Le stava sfiorando delicatamente le labbra con le dita. Immaginava già cosa sarebbe successo, e proprio per questo pensò che sarebbe stato meglio andarsene. A cosa sarebbe servito rubare la dolcezza di quel momento? Dolcezza altrui, soprattutto. Diede un ultimo sguardo ai due. Si stavano baciando, delicatemente, spontaneamente, sembravano usciti da uno di quei film d'amore anni trenta. Sempre sorridendo uscì silenziosamente fuori, maledicendo quella piccola lacrima che si faceva spazio sul suo volto.

 

 

 

 

 

 

 

 

This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** *Capitolo 6* ***


*CAPITOLO 6* 1

Ed eccomi qua, puntuale come un orologio svizzero.

Cosa succederà? Mah, leggete! XD

A parte gli scherzi, parliamo di cose serie. Ringrazio come sempre tutti, per la fiducia, siete sempre di più, grazie!

Ringrazio anche CloserToMars_  che, come sempre, mi sprona ad andare avanti e a non mollare. Grazie di cuore per le bellissime parole.

Non vi nascondo un pò di tristezza e di amarezza, forse scrivere non è un mio talento, e mi dispiace davvero non esservi riusciti a colpire, nonostante le persone che mi seguono siano sempre di più. Ad essere sincera, mi piacerebbe leggere qualche altro parere, anche un "Ritirati che è meglio!" O semplicemente qualche consiglio di vario genere.

Vi ringrazio comunque per l'attenzione. Ah dimenticavo, viste le imminenti festività, il prossimo capitolo slitta a Martedì.

Adesso passiamo al capitolo, spero possa piacervi, un bacio, Simona.

*********************************************************************************************************************************************

 

Lo doveva ammettere, quei ragazzi sapevano come far festa e come divertirsi. Appena arrivata era parecchio impacciata, ma dopo essersi sciolta, complici gli occhi di Jared, o forse i diversi cocktail passatigli da Shannon, stava riuscendo a divertirsi e a parlare con naturalezza. Erano anni che non si divertiva così, probabilmente da quando Matthew Simmons, quarterback della squadra di football, la aveva accompagnata e corteggiata al ballo di fine anno. Ed era così che si sentiva. Una diciassettene, in piena crisi ormonale che saltellava e ballava a ritmo di musica. Jared non le aveva staccato gli occhi di dosso per un momento, e tra un ballo ed una chiacchierata, le aveva chiesto di appartarsi un momento.

Il privè del locale era vuoto e pensarono di approfittarne per sedersi e scambiare due parole. Carly non sapeva cosa dire, o cosa raccontargli, e pensò di far continuare a Jared il monologo sul dove fosse stato, quanti paesi avesse girato, i suoi film, ed i suoi amati Echelon. Si sorprese quando il ragazzo le parlò del suo ruolo in Alexander. Aveva visto quel film, le era piaciuto molto, ma mai si sarebbe immaginata di uscire con...Efestione. Quando ne parlò con Jared, lui scoppiò in una fragorosa risata. Sentiva di stare davvero bene con quell'uomo, la stava corteggiando in maniera esemplare, come un uomo d'altri tempi.

Si accorsero di urlare solo quando la musica cessò di colpo. Si guardarono negli occhi e risero. Tanto. Dopo essersi calmati un attimo, vide Jared porgerle delicatamente la mano, invitandola a danzare.

La musica ripartì, ed invece di un bel lento, partì la solita canzone house. Carly rise ancora, ma accettò volentieri l'invito. Lui la strinse a sè e portò le mani alla base della sua schiena, e lei si accoccolò dolcemente sul suo petto.

"E' strano ballare un lento con un sottofondo del genere." Era imbarazzata, parecchio, e per fortuna non aveva dovuto guardarlo in faccia, altrimenti lui si sarebbe accorto di quanto fosse arrossita.

"Non preoccuparti, immagina una ballata, magari la tua preferita." Rispose lui sussurrando.

E Carly per un attimò si ritrovò nel salone di casa sua, circondata dalla calma più assoluta, immaginando quelle canzoni che l'avevano fatta emozionare durante l'adolescenza. Si vedeva abbracciata a Jared, e ballavano, beandosi del contatto dei loro corpi.

Sentì la mano del ragazzo salire sempre di più; la schiena, il collo, i capelli. Non pensava che il suo corpo potesse reagire in quel modo, aveva la pelle d'oca, e il pensiero che a provocarla fosse stato solo il tocco gentile di un uomo, la faceva davvero sentire alle prese con la prima cotta. E per un attimo il suo pensiero andò ad Alexander. Era sempre stato il più esemplare dei padri, e in quel momento stava sicuramente dormendo con Victoria tra le braccia e lei che faceva? Stava abbracciata ad uno sconosciuto, che le piaceva, senza pensare alle conseguenze dei loro gesti.

La mano del ragazzo raggiunse il suo volto e le scostò un ciuffo ribelle. Delicatamente le sfiorò le labbra e Carly chiuse gli occhi.

"Posso baciarti?"

Le sembrava una richiesta strana, insomma, quale ragazzo ti fà una domanda del genere? Perchè farla poi? Alzò il viso per guardarlo dritto negli occhi, e lo strinse ancora di più a se, quasi fosse un tacito assenso. E lui senza pensarci poi tanto, la baciò.

Un bacio magico che sapeva d'alcool, ma che era anche lento e dolce. Un leggero sfiorarsi di lingue e corpi che le provocava brividi su tutto il corpo. Non c'era violenza, non c'era malizia, solo il desiderio di sentirsi più vicini.

Dopo il bacio Carly tornò a rifugiarsi sul petto di Jared. Nonostante la testa le girasse e la sentissa più leggera che mai, guardò l'orologio. Si era fatto davvero tardi, il giorno dopo doveva andare a lavoro, e nonostante dovesse andare a lavorare di pomeriggio, pensò che fare una bella dormita e dimenticarsi di quel bacio sarebbe stata un'ottima idea.

"Jay, io devo tornare a casa." Disse tristemente, quella splendida favola volgeva al termine.

"Andiamo, ti accompagno io." La prese per mano e uscirono dal privè. Quando gi altri videro le loro mani unite, spalancarono gli occhi e Carly, istintivamente, lasciò la mano di Jared per cercare il telefono in borsa e fingere di mandare un sms.

Salutò i suoi nuovi amici e lentamente, mano nella mano, uscirono dal locale.

Il viaggio in macchina era stato silenzioso, e Jared non aveva lasciato la sua mano nemmeno per un istante. Arrivati a casa, lui scese dalla macchina e la accompagnò fino alla porta.

Carly era sempre più imbarazzata, la situazione che si era venuta a creare non era delle migliori, e il fatto che lui vedesse la bettola dove lei abitasse la fece sentire inferiore al ragazzo.

"Hey." la richiamò Jared.

Lei sorrise.

"Ti ringrazio davvero tanto per la bellissima serata, erano anni che non mi divertivo così."

"Io...ehm, si...mi sono divertito parecchio anche io. E' stato bello, grazie a te." Sembrava quasi imbarazzato, e fece tanta tenerezza a Carly, come un bambino che è stato sorpreso a rubare marmellata e debba scusarsi.

Prese le chiavi di casa dalla borsa, le infilò nella toppa, e dopo due giri la serratura scattò e lasciò la porta socchiusa. Guardò per un attimo Jared, gli sorrise, si avvicinò e gli sfiorò le labbra con le sue. Un bacio che sapeva di addio.

"Grazie. Per tutto." E detto questo Carly aprì la porta.

***************************************************************************

Jared la guardava entrare in casa. In pochissimi secondi mille domande, prepotentemente, gli annebbiarono la mente. La stava lasciando andare? La stava abbandonando per sempre? L'avrebbe rivista? Non lo sapeva, e sicuramente avrebbe voluto che la serata si concludesse in maniera diversa. Non voleva andarci a letto. Bè, il pensierino lo aveva fatto, ma sperava che lei lo trattasse in modo diverso, che lo avesse almeno invitato ad entrare in casa, o che gli avesse lasciato il numero di telefono.

Non se ne accorse nemmeno, ma le sue gambe correvano, come fosse un automa, un movimento dettato dal cuore, dalle sensazioni, dalle emozioni. In poche falcate aveva raggiunto il portico, e Carly, spaventata, aveva riaperto la porta e lo guardava con occhi sbarrati.

Erano l'uno di fronte all'altra. Jared respirava affannosamente e non le staccava gli occhi di dosso.

"Jay..." Una voce angelica, la sua. Nei suoi occhi poteva leggere stupore e preoccupazione, ma anche speranza ed eccitazione.

Le sue gambe ripresero quella folle corsa iniziata poco prima. In un attimo la raggiunse e la baciò. Mai bacio fù tanto atteso e desiderato. A differenza del primo era molto più passionale, poichè ne sentivano l'urgenza, perchè avevano bisogno di quel contatto, perchè avevano bisogno di amare ed essere amati.

Probabilmente quei due...anche tre, drink di troppo si facevano sentire. Ma a Jared non importava, aveva poco tempo, l'indomani sarebbe partito alla volta del Texas e dato che poteva, voleva regalare e ricevere amore. Anche se il loro non era amore. Sicuramente c'era feeling, si piacevano, e Jared, ci avrebbe messo la mano sul fuoco, quella ragazza l'avrebbe rivista, ne era certo.

"Ti va di entrare?" Era arrossita Carly, e si guardava le scarpe, quasi fossero più interessanti di lui. Jared non riuscì a fare a meno di sorriderle. Dove erano nascoste donne come lei? Lui era abituato a fuggire dalle donne, non a rincorrerle. Di solito riceveva tanti inviti, ma era raro che raggiungesse una donna. Non che non ne avesse voglia, ma a cosa sarebbe servito? Si sarebbe sentito meglio, quello si, ma era solo sesso.

"Se non ti dispiace..." Carly lo prese per mano e lo guidò attraverso il buio di quello che, aveva capito, fosse il salone. Dopo che Carly accese la luce, i suoi occhi fecero un pò di fatica ad abituarsi, era stato al buio, o con poca luce, tutta la sera. Una volta abituato si guardò intorno. Non era un granchè, lo ammise a se stesso. C'era un divanetto al centro della stanza, qualche mobile e una televisione sicuramente risalente ai primi anni '90. La casa era molto vecchia, si capiva subito, ma si notava parecchio la mano femminile. Non c'era un oggetto fuoriposto, era una casa pulitissima e l'arredemento, seppur vecchio, era di buon gusto.

Sicuramente non stava benissimo economicamente parlando, ma per una persona che viveva da sola, quello poteva sembrare il paradiso, visto e considerato il lavoro al fast-food.

Automaticamente la strinse a sè ancora più forte, come a volerla rassicurare, e lei, per ricambiare, lo baciò.

Chi avrebbe mai potuto o voluto definire quel bacio? Nessuno, perchè non c'era niente da spiegare, niente da comprendere. Carly lo portò, quasi con urgenza, verso la camera da letto e lentamente gli sfilò la maglietta. Per un secondo Jared sentì un brivido di freddo, ma capì subito che la temperatura non centrava nulla, era bensì un brivido di piacere.

Probabilmente nessuno dei due ricorderà mai come si sono ritrovati, improvvissamente, nudi su quel letto. Perchè tutte le loro attenzioni erano dedicate al piacere.

Jared per primo rimase sbalordito dalla grandezza delle sue emozioni. Sentirla gemere per un suo solo ed innocente tocco, o vedere i suoi occhi lucidi di piacere, lo mandava in estasi.

Sembrò scoppiargli il cuore quando divennero una cosa sola. Poche donne gli avevano fatto quell'effetto, e ognuna di quelle donne gli aveva lasciato cicatrici indelebili di dolore. Ma erano i segni di un amore forte, vissuto e finito. E in quel momento pregò Dio di non portargliela via, quella donna la desiderava troppo ardentemente. Perchè con lei, e dentro di lei, si sentiva bene, completo. Non gli importava più di niente, lei era diventata il suo mondo, aveva forse trovato l'ultimo tassello della sua vita? Non riuscì a rispondere a quella domanda, perchè l'orgasmo lo travolse, veloce e potente. Si sentì catapultato per un attimo in paradiso, per poi ricadere nell'inferno della sua vita. Era stremato, accaldato, col fiatone, ma era felice. La vide farsi piccola piccola, con le gote arrossate, e accoccolarsi come una bimba tra le sue braccia.

Combatteva contro il sonno, non poteva addormentarsi, voleva godersela per tutto il tempo che gli era stato concesso. Avrebbe dormito nel tourbus, se ci fosse riuscito. Lei dormiva placidamente, e sorrideva nel sonno. Forse, non era stata solo per lui una gran bella serata. Voltò lo sguardo verso la radiosveglia sul comodino, erano le sei. Doveva andarsene. Il cielo iniziava a schiarirsi e lui delicatamente scendeva dal letto e raccattava i suoi vestiti. Vista da fuori poteva sembrare una scenetta davvero squallida, da film di serie B. Andò a vestirsi in salotto per non disturbare Carly, e fù lì, su di una piccola scrivania che trovò quello che cercava.

FInì di allacciare le scarpe e si diresse verso la scrivania. Prese un foglio ed una penna e iniziò a scrivere qualcosa. Non voleva essere romantico, ma nemmeno troppo insensibile. Scrisse qualche rigo, piegò il foglio e lo adagiò sul cuscino dove era stato poco prima.

Perse ancora qualche minuto a guardarla. Voleva imprimere nella mente il suo volto rilassato e felice, ricordare per un attimo tutto quello che era successo poche ore prima.

Le lasciò solo un ultimo bacio in fronte e poi lentamente, con tanta amarezza e tristezza nel cuore, uscì da quella casa.

***************************************************************************

Carly si svegliò con un mal di testa epocale. Ricordava di aver bevuto la sera prima, maledetto Shannon, ma svegliarsi così rincretinita e indolenzita...

Con la mano tastò l'altra parte del letto, aveva paura di non trovarlo, o anche di trovarlo, non lo sapeva nemmeno lei. Ci rimase male quando sentì le lenzuola fredde e vuote, ma nello stesso tempo si sentì meglio. Cosa avrebbe dovuto dire? L'unica cosa sicura di tutta quella soria era che si erano divertiti parecchio. Aprendo gli occhi si ritrovò nella sua camera da letto, come tutte le mattine, come se tutto quello che aveva vissuto fino a poche ore prima fosse stato un sogno. Vide il vestito che aveva indossato, appoggiato alla spalliera della sedia. E per un attimo cercò di ricordare. Non ricordava di aver sistemato così meticolasamente la sua roba. Anzi, se non ricordava male, i vestiti erano stati buttati a terra ai piedi del letto. Non poteva essere stato un sogno. E poi il suo profumo era ancora vivo nella camera, così come il lato del letto dove aveva dormito, era sfatto.

Guardando il cuscino notò un pezzo di carta. Cosa c'era scritto? Che era stato un errore? Che non si sarebbero mai più rivisti?

Tremante prese il biglietto e lo aprì.

"Buongiorno Carly,

Mi dispiace non poterti salutare, ma dormivi così profondamente che mi sembrava un peccato svegliarti. E' stata la notte più bella di tutta la mia vita, vorrei lo sapessi, e non mi pento di niente di quello che ho fatto. A fondo pagina c'è il mio numero di telefono, se ti va, puoi chiamarmi in ogni momento, e ti dico la verità, ci spero tantissimo, perchè mi piacerebbe passare altro tempo con te. Un bacio grande. Con affetto, Jared."

Dire che era confusa era dire poco. La sera prima era stata fantastica, non aveva mai provato sensazioni del genere, ma risentirlo? Era pronta a rivivere una storia d'amore? E poi c'era Victoria, e il fatto che Jared non sapesse nemmeno della sua esistenza.

Prese forse la più drastica delle decisioni. Doveva pensare prima alla bambina e poi a sè stessa. Quella notte sarebbe rimasto un bellissimo ricordo, aveva amato e si era lasciata amare. Ripose il bigliettino tra le cose più importanti che aveva, nel comodino accanto al letto. Chiuse un attimo gli occhi e lo rivide sorridere, ma quella, si promise, sarebbe stata l'ultima volta.

Con decisione si alzò dal letto e andò in bagno. Doveva preparare un dolce per Victoria, come ogni domenica, e sistemare la casa. Se Alexander fosse entrato in casa e avrebbe sentito un profumo maschile, avrebbe potuto arrabbiarsi, lo conosceva, e sapeva che se solo avesse voluto, non ci avrebbe messo molto a diventare violento. Non l'aveva mai minacciata di morte o robe simile, ma qualche parola pesante o schiaffo lo aveva ricevuto. Principalmente questo era uno dei motivi per cui si era trasferita da New york. La battaglia legale non durò molto, Alexander non l'aveva mai amata, se non fosse rimasta incinta non sarebbero mai rimasti insieme, ma amava Victoria sopra ogni cosa, e di questo doveva ringraziarlo.

Dopo due ore di pulizie la casa sembrava brillare ed era entusiasta del lavoro svolto. Andò in cucina ed iniziò ad impastare. La torta al cioccolato era la preferita di sua figlia, e tutte le domeniche adorava fare merenda con un pezzo di torta e un bicchiere di latte mentre guardava Spongebob, il suo cartone animato preferito.

Alexander le portò la bambina poco dopo pranzo e mangiarono la torta tutti e tre insieme, come una famigliola allegra. Per fortuna non si era accorto di niente, e sparì nel giro di una mezz'ora.

Si stava preparando per andare a lavoro, mentre Victoria le raccontava della gita al parco con il papà, quando accadde qualcosa che le fece rivalutare tutta la situazione avvenuta la sera prima.

Il telefono la avvisò dell'sms appena ricevuto. Sperava solo non fosse il suo capo, ma dovette fare i conti la realtà.

"Ehi, come stai? Tutto ok? Speriamo ti sia divertita ieri sera, un grosso bacio da tutti."

Appunto...come avrebbe potuto dimenticarsi di Jared, e di tutta quella situazione, sapendo che Emma e Vicky avevano il suo numero di telefono?

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** *Capitolo 7* ***


*CAPITOLO 7* -

Eccomi, sempre di lunedì... =)

Mi dispiace davvero un sacco non aver potuto aggiornare settimana scorsa, ma il mio computer ha deciso di darmi problemi. Per fortuna tutto è stato sistemato.

Come sempre vi ringrazio per l'affetto che mi dimostrate anche solo leggendo, e come sempre ringrazio la mia dolce Marty e Layra. Grazie mille ragazze, davvero, imparo qualcosa di nuovo ogni giorno, tramite voi, i vostri consigli e le vostre storie. Vi voglio bene. <3

Adesso vi lascio alla lettura del settimo capitolo. Se vi va, ogni tipo di commento è gradito.

Alla prossima settimana, un bacio a tutti, Simona.

**********************************************************************************************************************************************

 

Il tourbus viaggiava spedito verso Jacksonville, in Florida. Erano partiti da circa cinque ore, e ne mancavano ancora dieci all'arrivo. Jared Leto, in tuta e spettinato, guardava il paesaggio scorrergli davanti agli occhi. Il solito paesaggio americano da telefilm. Per un attimo sorrise all'assurdo pensiero. Erano da poco ripartiti da una squallida, nauseabonda e fatiscente area di servizio. Aveva scattato alcune foto con fan fortunate e lì per la prima volta si preoccupò più della sua espressione che del suo look. Cosa avrebbero pensato quelle fan? Nei suoi occhi si potevano leggere paura, anzi no, terrore allo stato puro, delusione e confusione. Immagini della sera prima lo tormentavano, proprio non riusciva a dimenticare . Se ne era andato nel modo peggiore possibile, lasciandole un bigliettino e due righe cercando di essere convincente. Ma chi voleva ingannare? Quelle due paroline non avrebbero ingannato nemmeno lui. Non aveva potuto salutarla e non aveva potuto dirle quelle semplici parole gurdandola negli occhi.

Si rendeva conto, purtroppo, di passare troppo tempo a rimuginare. Tutta la sua vita era stata così. Pensava pensava e pensava ancora. Non riusciva proprio a prendere decisioni affrettate, entrava nel panico più totale. Ponderava ogni scelta nei minimi particolari, nulla doveva essere tralasciato. Era stato già fregato dalla sua casa discografica, ci mancava solo qualche altra fregatura. Ma la musica prodotta da due battiti cardiaci, che suonavano una melodia tanto sconosciuta quanto bella, che fregatura poteva avere?

Quante volte, guardando Tomo e Vicky, si era chiesto perchè non fosse felice come loro? O perchè non riusciva ad essere entusiasta di ogni cosa come Shannon? O magari, perchè non era ordinato e meticoloso come Emma?

Certo, era un uomo dai mille talenti e dai mille pregi, ma anche lui aveva dei difetti. Difetti comunissimi. Per esempio, odiava doversi rifare il letto la mattina, alzarsi presto, era timido da fare schifo...ma, per quale motivo non riusciva ad essere felice? Continuando a guardare la sua grande famiglia allargata, notò uno strano broncio da parte di Emma. Con molta calma, e le migliori delle intenzioni, decise di tirarle su il morale. Ecco, uno dei suoi pregi era sicuramente quello di far ridere la gente, neanche fosse un pagliaccio.

Si sedette di fronte a lei ed iniziarono la loro conversazione.

"Tutto ok?" Jared pensò che iniziare con una frase classica sarebbe stato l'ideale.

Lei sorrise, un sorriso amaro, di quelli fìche fanno solo male a chi li riceve, perchè dentro a quei sorrisi ci sono solo delusione e frustrazione.

"Potrebbe andare meglio."

"Si vede. C'è qualcosa che ti preoccupa? Hai bisogno di qualche giorno di ferie?"

"No Jay, sto bene, davvero. Anzi perchè non parliamo di te? Che mi dici di Carly?"

Emma, sempre la solita. Mai che parli di un suo problema. Jared la conobbe parecchi anni prima, e da subito tra loro c'era stata una strana intesa. Si capivano, in tutto. Era stata lei che lo aveva aiutato, sempre. Era uno dei suoi pilastri. Da Emma aveva imparato tanto, anche a rifare il letto. La conosceva bene, e sapeva che anche volendo, non avrebbe ottenuto risposte alle sue domande, che Emma non avrebbe mai parlato dei suoi problemi, se non fosse stato altamente necessario, e il che, solitamente, andava a finire con un enorme pianto liberatorio da parte della ragazza. Decise di reggere il gioco e fare il suo dovere.

"Carly...bè, sinceramente mi piace, e anche parecchio. Il problema è che l'ho lasciata nel modo più squallido possibile."

"Racconta..."

E le raccontò tutto. Da l bacio nel privè del locale, alla splendida serata, per poi finire con il biglietto. Emma ascoltava ogni minimo dettaglio, non si lasciava sfuggire un particolare, quasi dovesse essere una confessione di vitale importanza. Jared si fidava ciecamente di lei, quasi quanto di suo fratello. Sapeva che non avrebbe detto niente a nessuno, e poi era una donna no? Chi meglio di lei poteva capire Carly e cercare di dargli un consiglio valido?

"Certi problemi ce li facciamo noi sai? Non puoi entrare nella sua testa, meglio che la smetti di fotterti il cervello pensando. Agisci e basta. Segui il tuo cuore. Chiamala e scusati, dille quello che ti passa per quella mente malata che ti ritrovi." E bevve un sorso d'acqua.

"A parte che non ho il suo numero, con che faccia le chiedo se le piacerebbe continuare con questa storia? Se tu fossi al suo posto, mi perdoneresti mai?"

"A parte che il numero lo abbiamo sia io che Vicky," ed Emma sorrise al cantante "chi se ne frega se io ti perdonerei o no? Insomma, siamo tutti diversi a questo mondo Jay, e se non glielo chiedi non lo saprai mai." Aveva abbassato lo sguardo la ragazza, e una piccola lacrima era scesa ancora una volta sul suo volto.

Jared la guardava come se avesse avuto un'illuminazione. Aveva capito, si finalmente aveva capito il reale significato delle parole di Emma.

"Stai parlando di me o di te?" Le chiese quasi senza pensarci.

"C-come scusa?" Rispose cercando di far sparire quella piccola lacrima.

"Ma certo. Tu stai cercando di consigliarmi di fare quello che tu stessa non hai il coraggio di ammettere e fare. Come pensi che io possa seguire il tuo consiglio?"

"Jay, io...non so se è il momento adatto per parlarti di una cosa del genere."

"Devi fidarti di me, lo sai, ti voglio un bene dell'anima e non sarei mai capace di tradirti o farti del male. Lascia che io ti aiuti, così come tu hai provato ad aiutare me."

Vide piano piano le difese della ragazza abbassarsi, aveva fatto centro, l'aveva colpita nel suo punto più debole.

"Allora? Che problema ti affligge?"

Emma indossò una felpa, e si posizionò all'angolino del divanetto, quasi avesse bisogno di protezione. Prese un profondo respiro e rivelò il suo grande problema.

*********************************************************************

Shannon Leto era tutto l'opposto di quello che aveva sempre fatto credere. La maggior parte dei giornali lo descriveva come uno dei donnaioli più spietati in circolazione, come se essere un batterista di enorme talento non contasse. Era testardo, troppo, e anche parecchio cinico, per non parlare della sua diffidenza. Sapeva che non avrebbe dovuto essere così freddo e severo nei confronti degli estranei, eppure faceva parte del suo carattere. Di fregature anche lui ne aveva avute parecchie nella vita, e suonare la sua adorata Christine, riusciva a metterlo a suo agio in ogni situazione. Pochi sapevano però, della sua passione più grande: La fotografia. Era una cosa che aveva sperimentato con Jared da piccolo, quando, ad un Natale di parecchi anni prima, aveva ricevuto una macchina fotografica. Ricordò di aver finito quel primo rullino in pochi minuti, e che il suo soggetto preferito era suo fratello. Gli aveva scattato una miriade di foto. Jared mentre scartava i regali, Jared che costruiva un pupazzo di neve, Jared che faceva colazione con i pancakes. Una serie infinita di sorrisi che oltre ad essere impressi in bianco e nero su della carta erano per prima cosa impressi nella sua mente. Il suo rapporto con Jared era qualcosa di indescrivibile. Suo fratello lo aveva aiutato parecchio in 40 anni di vita. Gli aveva dato speranza, aveva fatto sì che tornasse a sognare come quando era un bambino. Ne avevano dovute sopportare troppe insieme, ma lui c'era sempre stato. A volte si rendeva conto di essere parecchio geloso del fratello, quasi fosse di sua proprietà, ma poteva essere definita come paura di perderlo? O semplicemente come amore fraterno morboso?
A differenza di Jared, che anche con i parenti e gli amici più cari era freddo e distaccato, Shannon era parecchio affettuoso. Adorava abbracciare le persone, era il suo modo, poco formale, per fargli capire che li amava e che per loro avrebbe fatto di tutto.

Si era da poco unito ai coniugi Milicevic, che guardavano Inception, un film con -quel gran pezzo di gnocco di Leonardo Di Caprio- come lo definiva Vicky, e pensava a come dovesse essere realmente bello poter entrare nella mente e nei sogni delle persone. Finito il film cercò di interpretarne il vero significato e di cercare di capire la scelta del protagonista. Un pensiero che lo tenne occupato per parecchio tempo, fin quando, fù interrotto da un bisogno primario. Con poca voglia dovette alzarsi dal comodissimo divano, o la sua vescica sarebbe scoppiata. Il bagno era dalla parte opposta del tourbus, rispetto a dove si trovava lui, e avrebbe dovuto attraversare la piccola cucina dove, era certo, Jared stava confidando i suoi piccoli segreti alla sua assistente/amica/sorella/tuttofare/martire. Ed effettivamente, pensò dopo essere entrato in cucina, ci aveva azzeccato di brutto.

Mai, però, avrebbe immaginato che gli sguardi dei due fossero focalizzati su di lui. Di solito non si facevano problemi se qualcuno li interrompeva, ma nei loro occhi vedeva paura, quasi stessero parlando di qualcosa che lui non avrebbe potuto sapere, o come se cospirassero qualcosa.

"Ehm...vado al bagno." Disse giustificandosi di un crimine mai commesso.

E sotto lo sguardo di Jared ed Emma entrò nel bagno.

La cosa che però gli diede enormemente fastidio fù una frase di Jared.

"Meglio non parlarne qui, potrebbe capire o fraintendere qualcosa. Meglio parlarne in albergo ok?" Non sentì nessuna risposta da parte di Emma, e si chiese cosa stessero tramando quei due e soprattutto ai danni di chi.

"Conosci Shannon, meglio che non sappia niente di tutta questa storia."

Suo fratello aveva appena detto una cosa del genere. C'era qualcosa che non doveva sapere. Si, ma cosa?

E perchè poi tutta questa segretezza?

Jared non gli aveva mai tenuto nascosto niente, e tutto si sarebbe aspettato tranne questo. Si sentiva enormemente tradito e deluso. Come avrebbe dovuto comportarsi adesso? Uscì dal bagno senza degnarli di uno sguardo e cercando di reprimere la voglia di sbattere suo fratello sul muro più vicino e prenderlo a pugni, andò al piano di sopra e si chiuse nella sua cuccetta. Prese il suo lettore mp3 ed iniziò ad ascoltare i suoi amati Kiss.

**********************************************************************************

Dopo la serata ad Atlantic City, Emma aveva notato che diventava sempre più difficile fingere. Non era mai stata una grande attrice, non secondo Jared almeno, e dover parlare del problema, che la affliggeva da due anni a quella parte, le sembrava necessario. In due anni non si era confidata con nessuno, aveva sempre pensato di poter gestire tranquillamente la situazione, ma le cose, nell'ultimo periodo si stavano complicando parecchio. Carly le piaceva, era davvero una bravissima ragazza e la sera prima aveva parlato tranquillamente e si erano addirittura scambiate il numero di telefono. Proprio quella mattina, insieme a Vicky, le aveva mandato un sms, chiedendole se si fosse divertita alla festa. E lei era stata gentile e dolce come sempre. Le aveva risposto che si era divertita molto e che non vedeva l'ora di poter chiacchierare di nuovo con loro. E lo stesso pensava e desiderava lei. E allora perchè provava ancora un moto di gelosia nei suoi confronti?

Tremila domande le occupavano il cervello, e pensò di andare un attimo a riordinare alcune carte, o quel pignolo di Jared si sarebbe arrabbiato. Prese la sua agenda e scese in cucina. Non si sarebbe mai aspettata che fosse già occupata dal suo migliore amico. Lui le sorrise e poi andò nel salottino con gli altri. Per una buona oretta riuscì a lavorare tranquillamente, senza problemi. Il lavoro era l'unica cosa che riusciva a non farle pensare alla sua vita, e per questo ci metteva anima e corpo per soddisfare quel gran rompiscatole del suo datore di lavoro.

Non lo aveva nemmeno sentito entrare, ma sapeva che era lui.

"Tutto ok?" Le chiese.

Classico di Jared, preoccuparsi per gli amici. Un altro dei suoi grandi talenti era quello di riuscire a capire fino in fondo una persona. Potevi anche apparire sorridente e felice davanti a tutti, ma se c'era qualcosa che non andava, lui lo capiva a kilometri di distanza. Aveva voglia di parlare con lui? No, pensò. Non doveva...era meglio tenere la bocca chiusa. Optò per chiedergli qualcosa di Carly. E lui partì con il suo monologo. Perchè Jared era proprio come lo si vedeva nei video. Logorroico. Per spiegare un concetto partiva da lontano e spiegava tutto nei minimi particolari, compreso sensazioni ed emozioni. Notò come il problema di Jared fosse identico al suo. Aveva paura di parlare, di esternare le proprie emozioni, e glielo disse. Non aveva pensato, però, che Jared avrebbe potuto capire tutto.

E così fù. Lui era riuscito ad entrare nella sua anima, a spogliarla, con una sola frase.

"Tu stai cercando di consigliarmi di fare quello che tu stessa non hai il coraggio di ammettere e fare."

Ed era vero. Perchè lei non aveva il coraggio di parlare e affrontare il suo problema.

Jared la convinse a parlare, sapeva che avrebbe dovtuo liberarsi, perchè scoppiare a piangere, ogni volta, non le faceva bene. Era il suo carattere, certo, ma perchè ridursi in quello stato?

Un brivido le attraversò la schiena ed istintivamente indossò una felpa, la sua preferita, gliel'aveva regalata Shannon per il suo compleanno l'anno prima. Si mise all'angolo del divenetto e raccolse le gambe al petto. Prese un profondò respiro ed iniziò a raccontare.

"E' un problemino che mi tengo dentro da due anni, e credimi, se te lo sto dicendo è perchè non ne posso davvero più. Vedere determinati comportamenti mi dà fastidio, quelle ragazze mi danno fastidio, è tutto un circolo schifosamente doloroso che fà parte dell'amore."

Vide Jared sollevare un sopracciglio. "Potresti aggiungere il soggetto?"

Emma rise, ma dentro di lei sapeva che il nome del soggetto, sarebbe stata la parte più difficile da dire.

"Che importa del soggetto? Io sono innamorata Jared. Innamorata a tal punto da piangere, da ridere per scemenze, da evitare per la maggior parte delle volte questa persona, nonostante quello che desideri sia stringerlo forte tra le mie braccia, e essere stretta altrettanto forte. Solo che, come faccio a dirglielo? Come si può spiegare ad una persona cosa provi per lui, quando sai che quella persona ti considera come un'amica, che per te non ha occhi, ma che per lui daresti la vita."

Vide per un attimo Jared sbarrare gli occhi. "Non sono io, vero?"

Emma iniziò a ridere. "Ma no che non sei tu, non potrei mai innamorarmi di te, sei troppo perfettino per i miei gusti, e anche parecchio eccentrico, e vanitoso, e permaloso e..."

"Ok Emma, grazie, ho capito! Per un attimo mi sono spaventato seriamente, non famri prendere più questi spaventi. Ho una certa età sai?"

"Anche per quello non mi innamorerei mai di te, sei troppo vecchio!"

"Cosa? Vecchio io? Ma tu guarda un pò con chi deve avere a che fare io!" E risero ancora. "Seriamente, mi dici chi sarebbe il tuo lui?"

Stava per dirglielo quando Shannon entrò in cucina. I due lo guardarono come se fossero stati sgamati a...spacciare droga?

Lui li guardava con un enorme punto interrogativo in faccia.

"Ehm....devo andare al bagno." Disse. I due annuirono e poi Shannon si dileguò.

Jared si avvicinò ad Emma e bisbigliando le pose una domanda.

"Lui?"

"Si."

"Meglio non parlarne qui, potrebbe capire o fraintendere qualcosa. Meglio parlarne in albergo ok?"

E Emma acconsentì con un breve cenno del capo.

"Conosci Shannon, meglio che non sappia niente di tutta questa storia."

"Almeno, non per il momento."

Così come era arrivato, Shannon, passando dalla cucina si dileguò. I due lo guardarono intensamente, era arrabbiato, si capiva.

E come da previsione, Emma scoppiò in un enorme pianto liberatorio. Per fortuna, quel giorno, c'era Jared a sostenerla e a consolarla. Il suo segreto era stato svelato, e allora perchè non riusciva a sentirsi bene?

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** *Capitolo 8* ***


*Capitolo 8*

Strano ma veero, sono tornata tra i comuni mortali. Non potete sapere quanto mi dispiaccia non aver potuto aggiornare la settimana scorsa. Purtroppo, o per fortuna, devo partire per la stagione estiva. E sto incasinata tra i preparativi. Sarà difficile riuscire a scrivere e ad aggiornare costantemente ma vi assicuro che ci proverò. =)

Vi ringrazio come sempre per il seguito, sono sempre più felice, davvero. Mi date forza e coraggio, per non abbandonare. Spero possa piacervi questo capitolo. Adesso sono molto di fretta, maledetta partenza, quindi vi lascio solo queste poche parole. Ovviamente il GRAZIE più grande và a Layra, che continua a commentare tutti i capitoli.

Se vi và, sapete che i vostri pareri sono assolutamente graditi.

 A presto ragazze, un bacio, Simona

*******************************************************************************************************************************************

 

Erano appena arrivati in albergo, e Jared non vedeva l'ora di farsi una bella dormita. Peccato che avesse fatto una promessa ad Emma. Ne dovevano parlare, da soli, in modo che nessuno, soprattutto Shannon, potesse sentirli. Aveva gli occhi di suo fratello fissi su di lui da quel pomeriggio. Non gli aveva fatto niente, eppure non lo lasciava un attimo da solo. Prese il blackberry e pensò che l'unico modo per avvisare Emma fosse mandarle un sms. Scrisse poche parole e inviò. Vide Emma fargli un piccolo cenno con la testa. Aveva capito. Prese le chiavi e con molta disinvoltura si avviò verso la sua camera. Una volta entrato si stese un attimo sul letto e chiuse gli occhi. Quanto era complicata la sua vita? Ci mancava solo Emma in piena crisi per suo fratello. Riluttante si avviò verso il bagno. Aveva assolutamente bisogno di una doccia.

Una volta uscito dalla doccia, si vestì e si armò delle migliori intenzioni. Non era dell'umore adatto per parlare di amore e per sentire lamentele, ma per Emma avrebbe fatto di tutto. Prese il telefono e si richiuse la porta alle spalle. Quando arrivò in camera della ragazza, la vide concentrata a parlare al telefono. Aspettò qualche minuto e poi, seduti davanti ad un thè bollente, in veranda, iniziarono a parlare della situazione. Emma, sembrava ancora restia al parlarne, era una cosa che la imbarazzava parecchio, quindi Jared decise di giocare la carta della simpatia.

"E meno male che ero troppo vecchio per te eh?" Disse accavallando le gambe.

Finalmente la vide ridere.

"Bè, che posso farci? E' colpa sua no? Cos'è, non mi vorresti come cognata?" E continuò a ridere.

"Uhm...non so se mi piacerebbe sai? Mia cognata che lavora per me? Già ci sono tremila cose da fare, metti che litigate? Devo sorbirmi entrambi?"

"Il problema mio, è che per adesso sono solo la tua assitente. O magari lo sarò per sempre." E lo disse guardando la tazza di thè.

"Ascolta, per quanto tempo vorresti tenere segreta la cosa? Insomma, non ti conviene star zitta. Lui dovrebbe saperlo."

"E se poi il nostro rapporto si raffreddasse?"

"Mettete una sciarpa? Ascolta Emma, devi rischiare."

"Adesso sei tu che cerchi di darmi consigli che non metterai mai in pratica."

"Colpito e affondato. Ma qualcosa la dobbiamo fare. E' inutile stare qui a pensare, dobbiamo agire e..."Il telefono li interruppe. Controvoglia Jared aveva afferrato il blackberry e risposto alla chiamata.

"Jared, dove cavolo stai? Sono dieci minuti che busso in camera tua."

E come si dice? Parli del diavolo e...

"Shan, sto da Emma, ti serve qualcosa?"

"N-no, volevo fare due chiacchiere. Ciao."

E gli aveva chiuso il telefono in faccia. Per un attimo pensò fosse impazzito, ma purtroppo lo stress di quei giorni aveva contagiato tutti, e suo fratello non faceva eccezione.

"E' pazzo...sicura di volerlo? Una volta preso non lo puoi cambiare, sai? Non rivoglio la merce indietro!"

"Uhm...forse ci penso." E risero ancora di gusto.

"Non vorrei fare la guastafeste, ma...hai poi mandato il messaggio a Carly? Ti ho dato il numero, non dovresti avere dei problemi."

Emma aveva aperto il discorso più per non pensare a Shannon, che per vero interesse.

Lavorare a stretto contatto con Emma, o con altri dello staff, lo aveva portato a conoscerli meglio di loro stessi. Sapeva, per esempio, che se Tomo era nervoso, si grattava le orecchie. O che quando Emma era arrabbiata ascoltava gli Avenged Sevenfold, invece, se era triste, preferiva la lirica.

Tante piccole cose che, magari, nemmeno i diretti interessati notavano.

In questo caso, preferì cambiare discorso, e come al solito, lui resse il gioco.

"Ancora no. Non saprei cosa dirle, cosa scriverle. Secondo te se la invitassi alla festa di compleanno di Tomo verrebbe?"

"Perchè no? Sarebbe figo, e tu potresti replicare la fantastica nottata di ieri." E gli fece l'occhiolino.

Jay fece un mezzo sorriso e continuò a bere il suo thè nero.

"Non lo so, ci penso. E tu? Ti farai accompagnare da mio fratello al party di Tomo? Magari sperando in una notte bollente?" E accompagnò la frase con un faccia degna di un maniaco sessuale.

Lei infatti arrossì.

"Ma smettila. Mi ci vedresti? Insomma andare da lui e dirgli: -Mi accompagni alla festa? Dai, che poi il regalo te lo faccio io!- "

"Ma devi essere convincente, devi fare la faccia da donna cacciatrice, devi provocare il tuo uomo, e avere un tono di voce sexy." E abbassò il suo tono di voce, per cercare di farle capire come avrebbe dovuto approcciare.

"Io sono Emma, non Dita Von Teese. Un uomo lo corteggio a modo mio."

"Peccato, mi sarebbe piaciuto farti da testimone di nozze, invece a quanto pare non vuoi sposarti."

"Fottiti."

E bastò un attimo, un piccolo contatto visivo che di nuovo presero a ridere, finchè qualcuno li interruppe. Un bussare insistente.

"Se è ancora Tomo che vuole che gli sistemi i capelli, giuro che gli faccio volare una delle sue amate chitarre giù per il tourbus." Si lamentò lei.

Bè effettivamente Tomo era un tipo strano. Era suo amico e gli voleva bene, ma a volte aveva questa fissa per i capelli, che faceva entrare in crisi la SUA assaistente personale. Che poi, ormai era l'assistente di tutti.

Vide suo fratello fare un ingresso trionfale, braccia incrociate e petto in fuori. Eh si lui lo conosceva, e quello Shannon metteva paura a tutti. C'era qualcosa che non andava e prima o poi sarebbe esploso.

"Mi fà piacere vedervi. Ah stavate anche prendendo un thè, bene, perchè non ci sediamo tutti insieme e magari mi spiegate cosa succede?" Dire che il tono fosse ironico era sicuramente un eufemismo. Era arrabbiato come una bestia.

"Ehm...Shan...cosa succ..." Jared avrebbe voluto provare a calmarlo. Tentativo vano, in ogni caso.

"Shan un paio di palle. Vi ho sentiti sapete? Oggi pomeriggio, in bagno. Cosa mi nascondete di così grave? Cos'è che non dovrei sapere? Cosa potrei fraintendere o non capire?"

E in quel momento, dopo lo sfogo di Shannon, Jared provò un enorme senso di colpa. Avrebbe dovuto tappare quella sua maledetta bocca, quel pomeriggio. Perchè adesso nei guai, non era lui, ma la sua migliore amica.

**********************************************************************************

Era arrabbiato, frustrato, deluso e...non lo sapeva nemmeno lui. Seduto sul letto della sua camera d'albergo, stava ancora pensando a quello che era successo poche ore prima. Sentire quelle poche parole, quel pomeriggio, lo aveva distrutto. Mai avrebbe immaginato che suo fratello avesse potuto giocare alla doppiafaccia con lui. Eppure era successo, con Emma. Una delle persone di cui si fidasse di più. Non li aveva persi di vista un attimo quel pomeriggio, ascoltava tutte le loro conversazioni e stava anche attento a Tomo e Vicky, probabile che loro sapessero qualcosa. Ma nessuno si era tradito fino a quel momento, nè una battuta strana, o uno sguardo carico di intesa, niente di niente. Una cosa però l'aveva notata. Quando erano arrivati in albergo, Jared aveva inviato un sms, sicuramente ad Emma, dato che le arrivò un sms pochi secondi dopo, e lei, guardandolo, aveva acconsentito con un cenno del capo. Cosa le avesse scritto non lo poteva sapere, ma era qualcosa che non poteva sapere nessuno. Era salito in camera pensando a come avrebbe potuto smascherare quei due. Suo fratello non avrebbe parlato, era una tomba, non sarebbe riuscito a ricavare niente. Emma? Avrebbe potuto provare, ma anche lei non avrebbe aperto bocca.

Quando decise di doverne parlare con suo fratello, non trovò nessuno in camera. Dopo averlo chiamato, aveva scoperto che, in realtà stava proprio in camera della ragazza. Ancora a confabulare? Probabile. Si era avvicinato alla porta della camera di Emma e aveva potuto sentire indistintamente i due ridere. A quanto pare si divertivano parecchio alle sue spalle, c'era da lacrimare per le risate. Poi i due ripresero a parlare, ma non riuscì a capire una parola...erano lontani, probabilmente in veranda, e si maledisse per non aver avuto la brillante idea di uscire in veranda dalla sua camera, che si trovava a due balconi di distanza. Avrebbe potuto sentire tutta la conversazione, e invece si trovava lì a cercare di spiare.Per fortuna nessuno si vedeva nei paraggi...o sicuro si sarebbe preso una denuncia per violazione della privacy. Prese un pò di coraggio e bussò insistentemente.

Ad aprirgli la porta arrivò Emma. Sorpresa, sicuramente, ma anche un pò spaventata, come suo fratello. Bene, sicuramente aveva interrotto qualcosa.

"Mi fà piacere vedervi. Ah stavate anche prendendo un thè, bene, perchè non ci sediamo tutti insieme e magari mi spiegate cosa succede?"

Subito Jared si alzato e ed era andato verso di lui cercando di capire cosa stesse succedendo.

"Shan un paio di palle. Vi ho sentiti sapete? Oggi pomeriggio, in bagno. Cosa mi nascondete di così grave? Cos'è che non dovrei sapere? Cosa potrei fraintendere o non capire?"

Vedeva Emma sull'orlo di una crisi di pianto e suo fratello dispiaciuto. Aveva preso per mano la ragazza e l'aveva abbracciata d'istinto. In ogni caso, non avevano ancora risposto alla sua domanda.

"Allora? Cosa mi nascondete?" Piano Emma si staccò da Jared e iniziò a parlare, rossa in viso.

"E' colpa mia Shan, mi dispiace."

"Non dire scemenze, sono stato io a parlare, è colpa mia se Shannon ha sentito tutto." Subito Jared aveva preso le sue difese, anzi, preferiva addossarsi tutta la colpa. Si sentiva parecchio confuso, chi dei due mentiva?

"Jay, davvero...è inutile mentire. Anzi, adesso vai, mandale quel messaggio, penso sia giunto il momento della verità, per entrambi."

"Sicura? Io, torno in camera. Spero di non doverti aspettare." Rispose Jay sorridendole. Poi un ultimo fugace abbraccio e Jared li lasciò da soli.

Era riuscito a smascherarli, Emma stava per raccontargli il perchè di questi incontri segreti, ma nonostante tutto, si sentiva di troppo, quasi fosse il traditore della peggior specie. Si sedette sul letto e per un attimo riordinò le idee. Poi invitò Emma a sedersi di fronte a lui. Le prese le mani e guardondala negli occhi, cercando di essere il più dolce e calmo possibile, iniziò a parlare.

"Hey, so che ci sono dei problemi. Mi sono accorto che ultimamente sei cambiata nei miei confronti. Ma non pensi sia meglio parlarne direttamente con me, che con Jay?"

Sempre a testa bassa lei fece un cenno con la testa.

"Qual è il problema? Cosa ho fatto per meritarmi un simile trattamento?"

"Niente Shan, sei stato te stesso. Sono io che sono cambiata, è quello che porto dentro che è cambiato."

"Non capisco, scusami...cosa è cambiato?"

"Tutto. Ai miei occhi sei un'altra persona, per me sei un'altra persona."

"Mi sono comportato male? Ho detto qualcosa che non dovevo?"

La situazione era davvero complicata. Non riusciva a capire cosa avesse fatto di sbagliato, come avesse potuto ferire Emma, e lei ci si metteva anche con un discorso pieno di metafore, sarebbe impazzito.

"No no, assolutamente è che..."

"Che?"

"..."

"Dai Emma, sputa il rospo e vedrai che tutto andrà per il meglio, te lo prometto."

"Ok, tanto a quanto pare non ci arrivi, e siccome non c'è un modo più o meno delicato per dirtelo...Shan, tu mi piaci. Tanto. Troppo. Penso seriamente di amarti."

Ecco, perchè non si era fatto i fatti suoi? Rimaneva in camera sua a fregarsene di tutto, facendo finta di niente e questo casino non sarebbe saltato fuori. Come le avrebbe spiegato che per lui, era solo un'amica?

**********************************************************************************

Le giornate per Carly procedevano noiose come al solito. Lavoro-casa, casa-lavoro, casa-lavoro-bollette. La solita routine di ogni giorno. Coma sempre il mercoledì, il suo giorno libero, aveva tremila cose da fare. Pulisci, lava, stira, cucina. Per fortuna quell'angioletto di Victoria non era andata all'asilo e, per quanto gli consentisse la sua età, riusciva ad aiutarla anche nei lavori domestici.

"Mamma, dove lo metto questo?" Era arrivata tutta pimpante dalla cucina con un paio di forbici in mano. Inutile dire che Carly si spaventò parecchio.

"Tesoro, non giocare con le forbici, potresti farti male, dalle a me, ci penso io."

"E perchè?"

"Perchè cosa?"

"Perchè mi faccio male?"

"Perchè tagliano e potresti farti la bua."

"E perchè tu si e io no?"

"Perchè sono grande e so come usarle."

"E perchè io non sono ancora grande come te?"

Ecco, più o meno da una settimana i loro discorsi erano così. Era finalmente entrata nella fase critica di ogni bambino. La fase dei "perchè". Non faceva altro che fare domande e tutta l buona pazienza a volte non bastava. Era capitato che gli rispondesse male e che la bambina, arrabbiata, si rifugiasse in camera sua.

"Amore, ascolta, ti andrebbe una bella coppa di gelato? Te la mangi mentre guardi i cartoni ok?"

All'urlo affermativo di Victoria, tirò un sospiro di sollievo, almeno per un'oretta abbondante, non avrebbe sentito nessun "perchè".

Sistemata anche la bambina, decise che era il momento adatto per prendersi una pausa da tutta quella freneticità. Prese un sorso di limonata, preparata la mattina prima, e, sempre con un orecchio ben teso, uscì in veranda e si sedette sulla sedia a dondolo.

Era da una settimana che non riceveva notizie dai ragazzi. Capì subito che era stata solo la compagnia di una sera, che forse era meglio non pensarci più. Ma come avrebbe potuto? Il solo ricordo di quegli occhi magnetici le facevano tremare le gambe. Il ricordo della sua voce la stordiva e il ricordo del suo tocco delicato sulla sua pelle le faceva venire i brividi.

Aveva avuto un'ottima occasione, ma probabilmente non aveva giocato bene le sue carte. Magari sarebbe stato l'amore della sua vita, o forse era meglio così. Jared sarebbe stato troppo impegnato per stare con una come lei.

"Mammaaaaa"

Carly poggiò la testa indietro, stanca.

-Possibile che abbia ancora domande?- Stava pensando.

"Il telefono quilla."

Già, il telefono, avrebbe dovuto mandargli un messaggio, giusto per sapere cosa facevano e come se la passavano.

Entrò con passo strascicato e afferrò il telefono. Numero sconosciuto. Sperò solo che non fosse il suo datore che le offriva un turno extra.

"Pronto, sono Carly."

"Lo so che sei tu, altrimenti non ti avrei chiamata."

"J-Jared?"

"E chi se no? Sai ho aspettato tanto una tua chiamata, ma, sai come si dice no? Se Maometto non va alla montagna..."

"Scusa, mi dispiace, ma ho avuto davvero un sacco da fare. Mi stavo giusto rilassando cinque minuti."

Era davvero sorpresa di sentirlo, sicuramente aveva preso il numero da Emma o Vicky. Non lo aveva più chiamato per codardia, in verità. Non sapeva cosa chiedergli, cosa dirgli. Erano solo andati a letto, non c'erano legami tra loro.

"Ehy, tutto ok?"

"Ehm...si certo."

"Ascoltami, la settimana prossima è il compleanno di Tomo. Ti andrebbe un piccolo fine settimana a New York? Se vuoi ci parlo io con il tuo capo."

"Jared, ci sarebbero un pò di problemi, ti ringrazio tantissimo per l'invito, ma..."

"Ascoltami, tu non mi conosci ok? Non sai come ragiono e come mi comporto. Ti sembrerò presuntuoso in questo momento, lo so, ma sappi che se ti ho chiamata e ti ho invitata il prossimo fine settimana, è perchè tu mi interessi, tanto. Se non provi lo stesso per me, dimmelo, mi metterò l'anima in pace, ma se poco poco ti interesso, perchè non darci una possibilità?"

"Ci sono cose che non sai Jay, e non so se ti farebbe piacere sentire. Mi piacerebbe provarci, questo è vero, ma sinceramente ho troppe responsabilità."

Non sapeva se dire a Jred di Victoria. Diciamo che lei era il problema più grave, per non parlare del suo ex compagno. Come l'avrebbe presa lui? Avrebbe sicuramente pensato che sarebbe stata una di quelle squallide arrampicatrici sociali.

"Questa settimana, ho solo due live. Se ti và posso raggiungerti e magari ne possiamo parlare con calma."

"Non so Jay, posso farti sapere domani?"

"Certo, non ti preoccup..."

"Mammaaaaa, posso chiamare papà?" Victoria era entrata in cucina urlando.

"Cosa, chi è?" A quanto pare lui aveva sentito.

"Mia figlia Jay, scusami."

E detto questo chiuse la chiamata. Si, aveva fatto la scelta giusta.

Non avrebbe mai più dovuto parlare con quell'uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** *Capitolo 9* ***


Capitolo 9

Caspita ragazze, non potete capire quanto mi dispiaccia non aver potuto aggiornare prima, chiedo scusa in ginocchio. Purtroppo il lavoro non mi dà tregua e piano piano spero di riuscire ad aggiornare. Ringrazio sempre chi legge, mi fà davvero molto piacere vedere in quanti leggono, anche se le recensioni....vabbè...sono fiduciosa :) Ringraziamento speciale, come sempre, va a Layra che non mi abbandona mai. Grazie ragazza <3.  Buona lettura a tutti, un bacio, a presto, Simona.

*************************************************************************************

Ci pensava ormai da due giorni. Carly gli aveva nascosto una cosa davvero importante. Aveva una figlia, una magnifica bambina, di cui lui, fino a poco tempo prima, ignorava totalmente l'esistenza. Non è stato facile digerire la notizia, e probabilmente ancora doveva farsene una ragione. Capì che se Carly non lo aveva chiamato, era perchè non voleva avere una storia con lui a causa della bambina. Ma il problema di fondo qual era? Non potevano frequentarsi nonostante tutto? Sicuramente non saltava di gioia, ma avrebbe potuto imparare a voler bene a quella bambina. Avrebbe potuto viziarla, le avrebbe insegnato a suonare e sicuramente si sarebbe divertito tantissimo. Adorava i bambini, le uniche anime pure e semplici esistenti sulla faccia della terra. Il vero ed unico problema, rimaneva la mamma però. Sarebbe stato più difficile del solito cercare di conquistare Carly -ma non l'ho già conquistata?-si chiedeva spesso. Purtroppo però non riuscì mai a trovare risposta.

"Jay, scusami, disturbo?" Suo fratello, con una strana delicatezza, lo aveva interrotto dai suoi pensieri.

"Hey Shan, dimmi."

"Tutto bene? Ti vedo strano da un paio di giorni. Vuoi parlarne?"

"Bè, la mia assistente non si presenta a lavoro da due giorni, e la ragazza che mi piace ha una figlia...non so, secondo te come va?"

"A parte la tua assistente, che sicuro non è a casa con l'influenza, ma si parla di Carly?"

Emma era a casa con l'influenza, o almeno, era quello che sapevano tutti. In realtà dopo il rifiuto di Shannon, aveva chiesto una settimana di ferie, scombussolando lo staff e le loro abitudini.

"Si che si parla di lei. Qualcosa da dichiarare?" Chiese Jared sbuffando.

"Oh si, assolutamente. Toglitela dalla testa. Di arrampicatrici sociali ne conosco già troppe."

"Perchè devi essere sempre così negativo?"

"Perchè è la verità, e lo sai."

"E di Emma? Che mi racconti?" Cercò di provocarlo.

"Che vuoi che ti dica? Sotto quell'aspetto non l'ho mai considerata, e mi dispiace che ci stia così male. In ogni caso, non è il mio argomento preferito. Piuttosto, che fai domani? Siamo liberi."

"Ti va di venire con me da Carly?"

Come gli fosse venuto in mente non lo sapeva nemmeno lui, ma aveva detto alla ragazza che poteva andare a trovarla, anche se lei gli aveva chiuso il telefono in faccia sperando di chiudere per sempre con la loro storia. Peccato che lei non conoscesse ancora bene Jared, e non sapeva che non si sarebbe arreso di fronte a niente.

"Jay..."

"Ascolta Shan, andiamo, prendiamo un the, facciamo due chiacchiere e torniamo. Niente di troppo impegnativo. Domani è domenica e lavora di mattina, quindi per le 5 possiamo benissimo andare a trovarla."

" Se per te è così importante..."

"E' importante Shan, credimi, davvero importante."

"Ok, va bene, ma sappi che questa me la lego al dito. Dovrai ricambiare il favore."

"Mi prenoto come supertestimone di nozze." Disse Jared abbracciando suo fratello.

"Stai delirando..." Rispose Shannon allontanandolo.

"Chi, io? Naaaaa è solo che vi ci vedo bene insieme."

"Me e Carly?"

"Carly è mia fratellone, parlavo di Emma."

E come mai Shannon era arrossito? Jared sapeva che in fondo in fondo a Shannon piaceva la sua assistente...doveva solo trovare il modo di farglielo capire. E forse un'idea gli era appena venuta in mente.

***********************************************************************

C'era qualcosa che non andava. Si, decisamente. Doveva succedere qualcosa. Bella o brutta non lo sapeva. Ma qualcosa stava per succedere.

Quella domenica era stata particolarmente stancante. Avevano avuto parecchi clienti al Mc Donald's, e come se non bastasse aveva piovuto incessantemente dal mattino.

Quando finì il suo turno, alle tre, corse subito a casa per preparare la classica torta al cioccolato per Victoria, come ogni domenica.

Sarebbe arrivata per le 4, come sempre. E avrebbero mangiato una bella fetta di torta davanti ad una puntata di Spongebob, tutti e tre. Come d'abitudine Alexander faceva merenda con loro e poi tornava a New York.

Era parecchio stancante come situazione, la loro.

Si erano conosciuti circa 5 anni prima, e tra loro era scoppiata una grande passione. Peccato però che fosse rimasta incinta troppo presto. Decisero subito di convivere insieme, più per evitare fraintendimenti che per altro. E come da manuale le cose andarono sempre peggio.

Poco dopo la nascita della bambina Alexander perse il lavoro, e vivere ventiquattro ore su ventiquattro insieme era diventato sempre più difficile. I soldi non bastavano e Carly prese in mano la situazione trovando un lavoro. Non che fare la bidella fosse la sua aspirazione più grande, ma aveva una famiglia da mandare avanti. Alexander non la aiutava in niente, stava tutto il giorno seduto su un divano a guardare stupide partite di baseball, e a bere. C'erano state parecchie liti, a volte anche finite con schiaffi, ma Carly non aveva mai perduto il coraggio e la speranza. Dopo quasi quattro anni passati fingendo che tutto andasse bene e che non ci fossero problemi, decise di parlarne seriamente con Alexander e di riprendere in mano la sua vita. Decisero, in comune, di lasciarsi.

E adesso lei era lì. Ad Atlantic City a sfornare una torta aspettando l'arrivo di sua figlia e di un uomo. Quasi fossero la classica famigliola da telefilm.

Aveva appena finito di preparare la tavola -tre piattini, tre bicchieri, latte e succo d'arancia- quando il campanello suonò. Si armò del suo miglior sorriso e aprì la porta. Peccato che davanti a lei non ci fossero proprio Alexander e Victoria.

"Cosa ci fate qui?" Era incredula, scossa, quasi spaventata di vederli lì. Jared e Shannon.

"Ciao, scusami se non ti ho avvertito del nostro arrivo, ma volevo parlare un attimo di quello che ci siamo detti l'altro giorno. Non mi hai dato il tempo di spiegare, tu non mi hai spiegato. Vorrei che le cose fossero chiare tra noi." Disse Jared.

"Ascoltate ragazzi, non è il momento adatto. Aspetto un ospite e non penso gli farebbe piacere vedervi. Quindi, è meglio se ne parliamo un'altra volta ok?"

"Carly"-s'intromise Shannon- "Non penso che ti ruberemo parecchio tempo. Solo una chiacchierata."

"No ragazzi, davvero, non è il momento adatto e..."

"Carly, qualcosa non va? Questi due ragazzi ti stanno importunando?"

Era questo che non voleva. Alexander era appena arrivato. Aveva lasciato Victoria in macchina, per accertarsi che tutto andasse bene.

"No Alex, sono dei colleghi di lavoro, mi hanno informato per un cambio di turno, se ne stavano andando vero ragazzi?"

Il suo sguardo era implorante, ma Jared non aveva intenzione di mollare.

"No Carly. Io non me ne vado se non chiarisco la situazione che si è venuta a creare."

"Posso sapere chi siete?" Chiese Alexander.

"Jared e Shannon Leto, piacere. Tu sei?"

"Alexander, il suo ex compagno. Potreste spiegarmi cosa volete?"

Carly guardava i tre lanciarsi sguardi velenosi, aveva paura che potesse succedere qualcosa. Decise di andare verso la macchina a recuperare la piccola, anche per tranquillizzarla. Non si accorse, però, che le cose in veranda stavano degenerando.

***************************************************************************

Shannon aveva capito da subito che andare da Carly non era stata una buona idea, da quando l'aveva vista spaventata sulla porta di casa.

Li stava praticamente cacciando, senza voler spiegare niente a nessuno. Lui aveva visto quella macchina arrivare lungo il vialetto, e aveva anche visto che il guidatore, scendendo, li aveva squadrati dalla testa ai piedi. A quanto pare Carly aveva tenuto nascoste parecchie cose. Non solo la bambina, ma anche un ex compagno con cui aveva ancora rapporti e che, a quanto sembrava, non li trovava particolarmente simpatici.

La ragazza si era allontanata un attimo per prendere la bambina in macchina, quando iniziò tutto.

Alexander aveva malamente cacciato i due, aggiungendo anche qualche parola di troppo.

Jared, maledetto Jared, aveva risposto a tono e il passo dal ci facciamo due chiacchiere, al ci prendiamo a pugni, fù cortissimo.

"Ascoltami pivello. Tu adesso te ne vai e lasci in pace la mia ex e mia figlia. Non voglio mai più vederti qui." Alexander aveva alzato il tono di voce e gli puntava l'indice della mano destra contro.

"No, ascoltami tu. Io sono venuto qui per chiarire alcune questioni con Carly, e non sarai tu a farmene andare con la coda tra le gambe. Quindi adesso sei pregato di andartene e lasciarmi parlare con lei." Aveva risposto il fratello.

"Ma come ti permetti brutto disgraziato? Sparisci prima che ti lasci morto a terra." Disse Alexander avvicinandosi sempre più a suo fratello.

"Provaci, e vedi che fine ti faccio fare." Adesso stavano a pochi centimetri l'uno dall'altro.

Ebbe, purtroppo, la malsana idea di intrommettersi tra i due. E quando aveva toccato il petto di Alexander per cercare di allontanare i due ragazzi, tutto si sarebbe aspettato tranne di ricevere un pugno. Si era ritrovato per terra con il sangue che gli colava sul viso, in pochi secondi. Giusto il tempo di vedere che Jared aveva appena restituito il favore all'uomo. In lontananza si sentiva Carly gridare, così come la bambina.

"Alex, Jared. La smettete? State spaventando Victoria. Per l'amor del cielo, ma vi sembra un comportamento corretto? Siete due uomini adulti, caspita." Era accaldata e arrabbiata, adesso si che le cose andavano davvero male.

Alexander si alzò e si sistemò la giacca. Prese in braccio la bambina, ancora in lacrime, e cercò di calmarla. Mentre Jared aiutava lui a rimettersi in sesto e gli passava un fazzolettino di carta.

Una volta tranquillizzata la bambina Alexander andò via, incenerendoli con lo sguardo. Le cose non si erano sistemate tra loro, e sicuramente ci sarebbe stato il secondo round.

"Entriamo in casa dai. Shan, hai un brutto taglio, vieni a disinfettarlo."

Entrarono in casa e per la prima volta Shannon si rese conto di come vivesse la ragazza. Era un ambiente piccolo e modesto, e notò subito che il tavolo era apparecchiato per tre.

Lo fece stendere sul divano e cercò di pulirgli il viso con una salvietta.

"Mamma, posso aiutarti?"

Eccola finalmente, la famosa bambina. Victoria, se non ricordava male. Era davvero dolce e tenera. Aveva un bellissimo vestitino rosa e due codini sbarazzini in testa. Gli occhi erano verdi come quelli del padre e ancora un pò umidi per lo spavento di poco prima.

"Tesoro ascolta, continua a pulire qui, che io vado a prendere un cerotto grande grande ok?" Vedere Carly rapportarsi con una bambina gli fece uno strano effetto. Non ce la vedeva proprio, eppure quello sguardo non tradiva. C'era tutto l'amore del mondo.

Vide la bimba prendere una salvietta e continuare a pulire la ferita. Era tanto concentrata quanto delicata.

"Brucia?" Gli chiese innocentemente.

"Oh no, Sei proprio una brava infermiera sai?" Rispose lui accarezzandole i capelli.

"Shannon, non è un pò troppo piccola per te?" Chiese Carly ridendo. Aveva preso la cassettina del pronto soccorso ed aveva iniziato a medicare la ferita.

"Assolutamente." E provò a ridere anche lui, peccato che più che una risata ne uscì un verso di dolore.

Vide Jared, che fino a poco prima era stato in piedi di fianco alla porta, sedersi sulla poltroncina accanto al divano.

"Come vi chiamate?" Chiese la piccola.

"Io sono Shannon, e tu?"

"Io Victoria. E tu come ti chiami?" Disse rivolgendosi a Jared.

Vide suo fratello farle un sorrise e poi risponderle. "Io mi chiamo Jared."

"Bello, mi piace Jared."

"Davvero?"

E la bambina acconsentì.

"Anche il tuo è un bellissimo nome. E dimmi un pò, quanti anni hai?"

"Io ho...così." E indicò la sua età con le dita.

"Oh ma allora sei una bimba grande."

E vide la bambina arrossire a quel piccolo complimento. Certo che suo fratello ci sapeva fare con i bambini.

"Fatto!" Era stato troppo impegnato a guardare suo fratello che non si era accorto di Carly che lo medicava.

"Ti ringrazio Carly. Sei stata gentilissima, e sappi che mi dispiace per quello che è successo."

"Oh Shannon, lascia perdere, ormai è passato. Però se ti va potresti farmi un favore."

"E lo sapevo io...ahahah."

"Dovrei parlare con tuo fratello, quindi...ti andrebbe di mangiare una fetta di torta al cioccolato con Victoria?"

"C'è la fregatura...me lo sento."

"Dai Shan, dovete solo guardare Spongebob."

"E va bene, ma io non sono un bambino, e voglio la doppia razione di torta."

"Ok, affare fatto." E preparò due bei piatti di torta, che servì in tavola.

"Ehm, Jared?" Lo chiamò lei.

"Dimmi."

"Ti va di fare due chiacchiere?"

E vide il fratello alzarsi e sparire verso la cucina. In cuor suo sperò che tutto si risolvesse nel migliore dei modi.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** *Capitolo 10* ***


*Capitolo 10*

Si lo so, non ci credete nemmeno voi. Eppure sono ancora qui... di Mercoledì. Purtroppo starò fuori casa fino ad Ottobre per lavoro, e capiterà che i miei aggiornamenti non siano molto regolari, soprattutto a Luglio e ad Agosto. Vi chiedo solo un pò di pazienza. In ogni caso ringrazio, come sempre tutti, specialmente Layra, che commenta sempre i miei capitoli. RIcordo che non mangio nessuno e che le recensioni sono sempre gradite. Per adesso è tutto, spero di tornare presto. Un bacio grande a tutti, Simona.

*********************************************************************************************************************

 

 

 

Il momento era arrivato. Avrebbero dovuto parlare di parecchie cose. Che a Jared piacesse Carly era innegabile, insomma, per quante altre donne avrebbe fatto a botte? Nessuna.

Si era alzato dalla poltrona con il cuore a mille, e aveva lasciato suo fratello nelle mani, sicuramente più responsabili, di quella bellissima bambina dagli occhi verdi. Erano entrati in cucina e si misero a parlare, lei appoggiata al bancone della piccola e modesta cucina in legno, e lui su una sedia pieghevole vicino al tavolo.

"Mi dispiace tanto Jared, non volevo scoprissi tutto così." Era imbarazzata, ma nonostante tutto manteneva la sua fermezza.

"Carly, penso che prima di sapere del tuo passato e del perchè non mi hai accennato niente, sia meglio chiarire un punto. Tu mi piaci tanto. Non ti sto chiedendo di sposarmi, intendiamoci, ma solo di frequentarci. Non pretendo nemmeno di diventare una presenza fissa per la bambina ma solo di conoscerci meglio. Se per te va bene, nessun problema, anzi, mi piacerebbe conoscere la tua storia. Se per te non è il caso, o non ti piaccio...bè, è inutile addirittura che io stia ad ascoltarti."

Jared aveva fatto uno dei suoi soliti monologhi, ma la lasciò comunque sorpresa e intomorita.

"Tu mi piaci Jared, ma diciamoci la verità. Ho una figlia. Tu saresti disposto ad accettare anche lei?"

"Per me non ci sono problemi. Victoria è assolutamente adorabile, solo un pazzo potrebbe non volerle bene."

Ed era assolutamente sincero. Jared pensò subito che oltre ad essere bellissima, fosse anche tanto dolce quanto sensibile. Una vera forza della natura che adorava scoprire il mondo.

"Ok, ehm...adesso dovrei raccontarti di Alexander no? Da dove inizio?" Ed ecco che anche Carly aveva il suo adorabile difetto. Iniziava a grattarsi la fronte quando era imbarazzata.

"Hey, calmati, è solo la tua storia, bella o brutta che sia, io non giudicherò nè te nè Victoria." E Carly fece un sorriso. "Ma se si tratta di Alexander non avrò pietà, sappilo."

"Quanto sei scemo." Disse Carly alzando gli occhi.

"Dai che sono curioso, veloce eh!"

"Oh si, certo. Allora...io e Alexander ci siamo conosciuti dopo l'università e ci siamo frequentati per un pò di tempo. Sapevo non fosse l'uomo della mia vita, ma non saprei dirti perchè non lo abbia lasciato. Poco tempo dopo scoprii di essere incinta e decidemmo di andare a convivere in un appartamento alla periferia di New York. Poche settimane dopo la nascita di Vic, lui perse il lavoro, e passava le giornate a bere e ad essere anche aggressivo, non ti nego che qualche schiaffo mi sia arrivato, ma sapevo che era un bravo ragazzo e che quel periodo non sarebbe durato a lungo. Purtroppo non è stato così....Quindi 4 mesi fà ho deciso di lasciarlo e di trasferirmi in un posto un pò più tranquillo. E così ci siamo conosciuti, e adesso stai parlando con me nella mia cucina."

"Posso dire che l'ultima parte è sicuramente quella che mi piace di più?"

"Piace anche a me a dire il vero."

"Vieni qui." Jared la prese per il polso e la trascinò verso di sè, facendola sedere sulle sue gambe. "Ascoltami, io non sono lui, e non voglia che tu soffra, quindi...sabato vieni alla festa, balliamo, ci divertiamo, e...."

"Jared!" GLi diede un buffetto lei.

"E dai che stavo scherzando. Allora vieni?"

Sperava davvero in una risposta affermativa...Quasi ne andasse della sua stessa vita. Per un attimo la guardò negli occhi, e piano piano vide il suo occhio distendersi e sorridere. Lui lo diceva sempre, i sorrisi migliori sono quelli fatti con gli occhi e non con le labbra, perchè gli occhi, e solo loro, sono lo specchio in cui si riflette ogni singola emozione, e gli occhi di Carly sembravano dirgli un si.

***************************************************************************

A Shannon in bambini non erano mai piaciuti. E Victoria non faceva eccezione. Era molto tranquilla e dolce, è vero, ma non sapeva davvero come rapportarsi con lei.

Non avevano avuto una conversazione brillante , e non sapeva di cosa parlare con una bambina di quell'età. Poi pensò alla situazione. Viveva con sua madre ma vedeva il padre per due giorni alla settimana, e la poteva capire benissimo.

"Ascolta Victoria, ti piace vivere sola con la mamma?" Provò a chiederle.

Lei scrollò le spalle e poi rispose.

"Si."

Bene, forse doveva provare con qualcos'altro.

"E stare con il tuo papà ti piace?"

"Non tanto. Io sono femmina e le femmine stanno con le mamme."

A Shannon scappò un sorrisino.

"Non è sempre così. Prima non vivevi con mamma e papà?"

"Si, ma era brutto."

"E come mai?" Il discorso stava diventando pian piano interessante, secondo Shannon.

"Papà non andava a lavoro, e beveva sempre un acqua strana, che lo faceva ridere. Però poi si arrabbiava. E dava anche le botte a mamma."

"E tu lo sentivi?"

"Si, tante volte. Mi svegliavo di notte, e poi sentivo papà gridare e mamma piangere. Quando papà non gridava più mamma veniva in camera mia e dormiva nel mio letto. Però adesso non piange più."

Che avesse vissuto una vita difficile era innegabile. E da una parte la poteva comprendere. Anche la sua vita familiare era stata dolorosa. L'abbandono del padre, le feste senza di lui, sua madre che piangeva. Quante volte, per il suo compleanno, avrebbe voluto fare una grande festa, ma non c'erano i soldi, e doveva accontentarsi di mangiare il suo piatto preferito. Così come suo fratello, che doveva accontentarsi del regalo di Natale. Non avevano avuto un' infanzia ricca, anzi, era stata materialmente povera, ma dall'altra parte avevano ricevuto tantissimo amore da mamma Constance e da nonna Ruby. Avevano imparato a cavarsela da soli sin da piccoli, e a fare a meno di una figura paterna, fondamentale soprattutto nell'età scolare.

"E secondo te ora la mamma è felice?"

"Un pò, ma non ha amici."

"Non è vero, io sono amico di tua mamma, le voglio bene."

"Davvero?"

"Davvero. Ascolta, ma tu vai all'asilo?"

"Si."

"E ti piace?"

"Mhhh un pò. Lo so che ci sono tanti bimbi come me, però a volte mi annoio."

"Eh lo so. Anche io mi annoiavo da piccolo sai? Volevo giocare in giardino e invece mi facevano sempre disegnare."

Non era vero, assolutamente. Lui era il classico bimbetto attaccato alla gonna della maestra per tutto il giorno. Era proprio un bravo bambino da piccolo. Da grande poi....

"Anche io. A me mi piacciono tanto le farfalle."

"Davvero? Lo sai che ho un libro sulle farfalle a casa mia? Se vuoi la prossima volta te lo porto."

E vide la piccola spalancare occhi e bocca. L'aveva sicuramente sorpresa.

"Si che bello, grazie!" E gli saltò al collo.

Un senso di calore gli invase il cuore. Quella bambina era davvero speciale, e gli stava stranamente simpatica.

Bè, forse non tutti i bambini erano così capricciosi ed insopportabili come credeva.

*********************************************************************************

"E va bene. Andiamo alla festa di Tomo."

Carly aveva finalmente chiarito la questione con Jared, e sapere che lui l'aveva presa in modo positivo le aveva alleggerito la coscienza. Dopo la sua risposta affermativa aveva iniziato a battere le mani dicendo " Che bello! Che bello! Che bello!". Non voleva dirglielo ma assomigliava terribilmente a Victoria quando le veniva detto che sarebbero andate al luna park.

"Ok, basta. Jay, perchè non andiamo da quei due? Temo per la vita di mia figlia."

"Si, sarebbe meglio. Anzi, perchè non ti fai a fare bella, che vi porto a cena fuori?"

"Stai dicendo che non sono bella?" Stava scherzando, ma il viso di Jared si era tramutato in una tipica espressione di terrore.

"Assolutamante. Cioè, sei sempre bella, ma alla festa dell'altra volta...." E via con il suo solito monologo.

"Jared, bloccati. Stavo scherzando. In ogni caso, se vi va, potresste rimanere a cenare qui. Penso che Victoria sarebbe felicissima di farvi assaggiare i suoi fenomenali hamburger."

"Oh. E allora...che hamburger siano."

E risero, per la prima volta senza pesi sul cuore.

Carly si alzò pe andare a chiamare la bambina, ma Jared la bloccò, e le cinse la vita. Poggiò il mento sulla sua spalla e chiuse gli occhi.

"Mi sei mancata. Ti pensavo ogni singolo giorno."

Carly era arrossita ad una simile affermazione, o dichiarazione, che dir si voglia.

"Anche tu Jay. Spero davvero che possa funzionare." E si girò per guardarlo negli occhi, e vide sincerità e profondo affetto.

Il bacio che si scambiarono pochi attimi dopo fù tremendamente dolce e desiderato. Durò solo qualche secondo, ma le emozioni che era riuscito a trasmettergli erano enormi e profonde.

"Andiamo dai." E lo prese per mano, portandolo in soggiorno.

Si accorse subito dello sguardo e del sorriso di Shannon. Vide le loro mani intrecciate e scambiò un piccolo cenno d'assenso con il fratello. Decise di ignorarli e rivolgersi direttamente alla bambina.

"Victoria, mi ha detto Jared che non vede l'ora di assaggiare i tuoi fantastici hamburger. Ti va di cucinare per lui e per Shannon?"

"Siiii. Mi può aiutare Shannon?"

"Io?"

"Si dai aiutami. Mamma e Jared preparano la tavola. E mentre cuciniamo mi finisci di raccontare di quando hai preso quella farfalla."

"Ma certo. Devi sapere che però non sono bravissimo a cucinare."

"Non fà niente. Devi fare quello che ti dico io. E poi devi mettere gli hamburger nella pentola. Io non posso perchè sono piccola e mi brucio."

"Ah giusto. E va bene, andiamo a preparare gli hamburger di Victoria." E la prese in braccio portandosela in cucina, tra le risate generali.

"Mio fratello combinerà un casino in cucina, sappilo."

"Mia figlia si è innamorata di tuo fratello, sappilo."

"E allora dovrà vedersela con Emma."

"Mi sono persa qualcosa?"

"Che ne dici se invece di preparare la tavola, ce ne restassimo sul divano a farci un pò di coccole, e nel frattempo di racconto questa brillante storia?" Le chiese Jared accennando un piccolo massaggio alle spalle.

"Direi che sarebbe perfetto."

E mentre Jared le raccontava di Emma, e sentiva le risate provenire dalla cucina, Carly pensava che al mondo non esistesse vita migliore della sua.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=971563