All'aroma di cioccolato di Onlyna (/viewuser.php?uid=62969)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 1 *** Capitolo uno ***
Nickname: Only_
(Only_Me)
Titolo della storia: All'aroma
di cioccolato
Pairing:
Scorpius/Rose, Albus Severus/Scorpius
Prompt obbligatorio: cioccolato fondente
Prompt facoltativi inseriti: libro, occhiali, gufo, rosso
Genere: romantico,
commedia, malinconico
Avvertimenti: Het, Slash, Long-fic
Introduzione: Albus
sa che la
sua è una battaglia persa, ma ci prova lo stesso. Scorpius sa di non poter dire di no al cioccolato
fondente.
Note dell'autore: delirio
nato a causa del mio odio viscerale
per la prima coppia segnata in alto e, viceversa, l'amore
incondizionato verso
la seconda. Spero che questo primo tentativo di long sia riuscito
almeno un
po'.
All'aroma
di cioccolato
Capitolo
uno
Quando era entrato a casa del suo
migliore amico,
Scorpius non si aspettava di trovarsi una scena del genere davanti:
Albus
pareva incredibilmente concentrato su qualcosa che Malfoy non poteva
vedere,
gli dava le spalle nonostante si fosse sicuramente accorto del suo
arrivo - il
suono della Materializzazione l'avrebbero potuto sentire anche in
Scozia, per
Merlino! -, ma la cosa che lasciò piuttosto interdetto
l'altro ragazzo fu che
il padrone di casa sembrava essere completamente nudo, a parte un
grembiule
rosso da cucina allacciato dietro la schiena, poco sopra il sedere.
– Al?
Scorpius aveva la gola secca, non riusciva a
staccare gli occhi dal corpo dell'altro: perché, tutto d'un
tratto, Albus
doveva farsi trovare in quel modo proprio al suo arrivo? Cosa c'era di
difficile da comprendere, nella richiesta dello stesso Scorpius di
limitare i
comportamenti ambigui?
Albus sapeva che il suo “migliore amico” aveva in
programma di sposarsi con sua cugina Rose - una persona inutile, a suo
parere,
buona solo a far scoppiare le Pluffe altrui con discorsi senza senso
conditi
con paroloni di cui probabilmente non conosceva nemmeno il significato
- il
primo fine settimana di ottobre dell'anno successivo, ma non aveva
intenzione
di restare con le mani in mano mentre Scorpius si svendeva in quel modo
solo
perché non aveva il coraggio di affrontare davvero i suoi
sentimenti.
– Oh, ciao, – salutò Potter, voltando
appena il
capo nella sua direzione con le labbra piegate in un sorrisino
malizioso che
colpì direttamente l'inguine dell'altro. – Non ti
ho sentito arrivare, stavo
preparando dei dolci. Ne vuoi assaggiare uno? Sono al cioccolato.
Scorpius non rispose, deglutendo a vuoto, perché
aveva il presentimento che aprendo la bocca avrebbe di certo detto
qualcosa di
molto compromettente; si accorse con un certo stupore che i suoi
pantaloni si erano
fatti stranamente più stretti, l'imbarazzo lo fece arrossire
fino alla punta
dei capelli.
– Scorpius, va tutto bene? – domandò
Albus, con
un'espressione preoccupata che l'amico non seppe interpretare. Fece per
girarsi
del tutto verso di lui e andargli incontro, ma Malfoy lo
bloccò con
un'occhiata.
– Ho bisogno del bagno, – mormorò,
dileguandosi
in fretta nel corridoio.
Chiuse la porta sbattendola senza rendersene
conto e vi si appoggiò contro con le spalle; aveva il
respiro affannato come se
avesse corso fino a quel momento, gettò un'occhiataccia ai
piani bassi
maledicendo il comportamento di Albus e le reazioni spropositate del
suo corpo
davanti alla nudità di Potter. Si sentiva un idiota,
eccitato alla sola vista
del sedere sodo ed invitante dell'amico, e in colpa per aver lasciato
Rose da
sola per andare da suo cugino e fare certi pensieri su di lui: doveva
davvero
esserci qualcosa che non andava per il verso giusto, nella sua testa.
Quando
tornò in cucina, diversi minuti e con la
situazione nelle mutande ritornata normale, trovò Albus
davanti al tavolo con
una teglia piena di palline di cioccolato: non era una
novità vederlo cucinare,
creare dolci era sempre stata una sua passione sin da quando era un
ragazzino e
tutti lo prendevano in giro per il suo hobby “da
checca”. Nessuno dei loro
compagni di dormitorio aveva mai avuto la possibilità di
assaggiare quello che
preparava, solo Scorpius aveva avuto il privilegio di gustare le sue
prelibatezze.
Rimase
fermo sulla soglia e lo guardò mentre
spolverava una sostanza granulosa sopra il cioccolato, cercando di
ignorare il
fatto che fosse ancora nudo: era bello vederlo disporre con cura
maniacale gli
strumenti che gli sarebbero serviti per cucinare, la sua espressione
sempre
corrucciata si distendeva in una rilassata, sembrava che entrasse in un
mondo
tutto suo e che quello reale non lo sfiorasse più in alcun
modo.
–
Va meglio? – domandò Albus senza alzare gli
occhi dai dolcetti, gli occhiali che scivolavano piano sul suo naso
fino a
fermarsi poco prima di cadere. Li tirò su con il dorso di
una mano, in un gesto
automatico che per Scorpius era diventato familiare: alcune cose non
erano
cambiate con il passare degli anni, quelle abitudini che aveva sin da
piccolo e
che con il tempo non erano variate erano sempre un toccasana per Malfoy.
Il
ragazzo annuì, avvicinandosi piano al tavolo
di lavoro dell'amico e sedendosi sulla sedia di fronte a lui.
–
Festeggi qualcosa in particolare? – chiese
accennando alla teglia con un piccolo sorriso che nasceva sulle sue
labbra;
Albus riservava il cioccolato solo per le occasioni importanti, diceva
che era
un elemento troppo nobile per essere utilizzato ogni giorno e in ogni
torta,
diceva che avrebbe perso importanza se fosse stato sfruttato troppo
spesso.
–
Sei qui, – rispose semplicemente Potter,
appoggiando le mani al piano del tavolo e alzando gli occhi fino ad
incrociare
i suoi, serio. – È un'occasione speciale, no? Rose
ti ha lasciato venire da me.
Scorpius
fuggì il suo sguardo, uno spillo
colpevole che si piantava nel suo cuore. Da quando lui e la sua
fidanzata
avevano annunciato alle loro famiglie di volersi sposare, il
comportamento di
Albus nei confronti della cugina era cambiato: sin da quando l'aveva
sentita
prenderlo in giro per la sua passione per la cucina, aveva cominciato a
parlarle il minimo necessario, nel modo più scostante e
antipatico possibile,
ma i loro screzi si erano sempre e solo limitati a quello. Da quando,
invece,
aveva scoperto che la ragazza gli avrebbe portato via il suo migliore
amico,
era drasticamente peggiorato: nessuno, nella sua famiglia, aveva capito
perché
avesse cominciato a punzecchiarla crudelmente ad ogni pranzo di
famiglia alla
Tana e tutti avevano ovviamente preso le difese della ragazza, fino a
lasciarlo
solo nell'altro “schieramento”. Solo Lily, sua
sorella minore, aveva compreso
le sue motivazioni e gli era rimasta accanto.
Rose,
dal canto suo, aveva intuito che i
sentimenti di Albus verso il suo promesso sposo non erano di semplice
amicizia
e aveva fatto di tutto per guastare quello che rimaneva del loro
rapporto: ogni
volta che Scorpius le comunicava di voler andare a trovare suo cugino,
la
Weasley fingeva un malessere o cominciava a strepitare per non essere
lasciata
sola, e il fidanzato annullava puntualmente gli appuntamenti con
l'amico per
poter stare con lei e tranquillizzarla.
–
Rose non sa che sono qui, – mormorò
imbarazzato, pentendosi all'istante delle sue parole: con la coda
dell'occhio
vide i pugni di Albus stringersi fino a far sbiancare le nocche e il
brivido
che gli fece tremare le braccia tese. – Se glielo avessi
detto non mi avrebbe
fatto venire, – continuò, tentando di rimediare.
–
Certo, – sibilò Albus afferrando malamente la
teglia e la bacchetta che aveva posato lì accanto. Si
voltò ed aprì il
frigorifero con un incantesimo non verbale, spingendo i dolcetti in un
ripiano
completamente vuoto. – Da quando hai bisogno del suo
permesso? Da quando è
diventata tua madre? Per Merlino, Scorpius! Non sei un bambino, non hai
bisogno
che lei “ti lasci venire qui”.
–
Non voglio che stia male, – tentò ancora
Malfoy, senza rendersi conto di continuare a scavarsi la fossa.
–
Certo, povero tesoro, – sbottò Albus inacidito,
richiudendo il frigorifero con una manata. – Non ti sembra
strano che stia
sempre male quando le dici che dobbiamo incontrarci? Non pensi mai a
quanto
stia male io ogni volta
che annulliamo un appuntamento perché tu devi
rimanere a casa con lei?
Scorpius
rimase in silenzio, gli occhi bassi e le
mani sudate per la tensione; si asciugò i palmi contro i
pantaloni, senza
riuscire però a guardare l'amico in faccia.
–
Mi dispiace, – sussurrò. – Forse
è meglio che
vada.
–
Certo, scappa come al solito, – soffiò Albus
con asprezza. – Vai da lei, dai, che altrimenti sta male.
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Capitolo 2 *** Capitolo due ***
Capitolo
due
Erano
passate
alcune settimane da quell'incontro, e Scorpius non si era
più fatto sentire né
vedere.
Pareva che stesse
cercando di cancellarlo dalla sua vita e il suo comportamento non
faceva che
peggiorare ulteriormente l'umore di per sé tetro di Albus.
Quando era andato
via, Smaterializzandosi salutandolo appena, Potter era rimasto immobile
davanti
al frigorifero con le mani che tremavano per la rabbia e il dispiacere:
si era mosso
per andare a vestirsi in camera da letto - checché ne
potesse pensare Scorpius,
lui non si era conciato in quel modo per cercare di traviarlo,
ma solo perché non aveva calcolato bene i tempi e dopo
la doccia si era reso conto che l'amico sarebbe arrivato a momenti e
lui non
aveva ancora finito di preparare i tartufi al cioccolato fondente e
cocco che
aveva deciso di fare proprio per l'arrivo di Malfoy - ma all'ultimo ci
aveva
ripensato ed era tornato indietro. Con il cuore che piangeva, aveva
riaperto
l'anta del frigo e con un incantesimo aveva fatto levitare la teglia
fino a
svuotarla nella spazzatura. Era la prima volta che gettava via le sue
creazioni
senza nemmeno assaggiarle, ma in quel momento gli sembrava l'unica cosa
giusta
da fare: non aveva nulla da festeggiare, anzi.
Lily aveva capito
che qualcosa non andava quando, circa un mese dopo l'incontro tra Albus
e
Scorpius, aveva trovato il fratello maggiore raggomitolato sul divano
del
salotto con in mano un libro dal titolo incredibilmente deprimente e
una
coperta di maglia rossa - regalatagli sicuramente da nonna Molly -
gettata
sulle spalle per cercare di ripararsi un po' dall'umidità
che entrava dalla
finestra spalancata. Sembrava apatico, non l'aveva salutata al suo
arrivo né si
era tirato su gli occhiali - che in quel momento erano in precario
equilibrio
sulla punta del suo naso.
– Al, che hai? –
gli chiese, dopo aver chiuso la finestra ed essersi accoccolata accanto
al
fratello costringendolo a chiudere il libro e posarlo sul bracciolo del
divano.
Sfregò il volto contro il suo collo, imitando un gatto,
sperando di farlo
sorridere come quando erano più piccoli o almeno di farlo
allontanare
infastidito: Albus non fece nulla, fissando il vuoto davanti a
sé con
un'espressione persa sul volto.
– Albus Severus
Potter, – lo apostrofò allora la sorella,
incrociando le braccia al petto e
lanciandogli un'occhiataccia. – Dimmi immediatamente cos'hai.
Non costringermi
ad andare da Scorpius e farmi dire tutto da lui. Se Rose ha fatto di
nuovo
qualcuna delle sue stronzate questa volta la faccio finire al San Mungo!
– Non è colpa di
Rose, questa volta, – ribatté pacatamente il
ragazzo, senza cambiare posizione
né guardare la sorella in faccia. – È
Scorpius l'idiota. E pure io ho la mia
bella parte di colpa.
– Da quando siamo
nati ti prendi sempre tu la colpa delle cose, Al, non sono sicura di
poterti
credere nemmeno questa volta. Cosa potresti mai aver fatto per ridurti
in
questo stato? Giuro che appena Malfoy mi capita a tiro lo affatturo,
– sbottò,
addolcendo poi il tono mentre allungava una mano e cominciava ad
accarezzargli
i capelli corvini. – Andiamo, lo sai che puoi raccontarmi
tutto. Che ne dici se
intanto cuciniamo qualcosa? Ho un po' di fame, non mangio da ieri a
pranzo.
– Neppure io, –
rispose Albus, alzandosi dal divano come se in realtà non
avesse molta voglia
di farlo. – Dai, vieni. Se ti va posso prepararti il
semifreddo alle fragole
che ti piace tanto.
– Non siamo in
periodo di fragole, – ribatté la ragazza, contenta
di essere riuscita a
smuovere un po' il fratello: se parlava di dolci, voleva dire che stava
un po'
meglio. – Ma se ne hai la scorta da qualche parte mi
piacerebbe mangiare un po'
del tuo meraviglioso semifreddo, sì.
Albus accennò un
sorriso, indicando il balcone su cui una microscopica serra dava bella
mostra
di sé. La condusse al suo interno tenendola per mano come
quando erano bambini:
c'erano decine di piante in vaso disposte ordinatamente su dei tavolini
in
metallo e, al fondo della camera - resa immensa da un incantesimo -, vi
erano
le fragole.
– Sei un genio, –
ridacchiò la ragazza, allungando una mano verso uno dei
frutti e sfiorando
appena la polpa rossa ed evidentemente succosa. –
Chissà da chi hai ereditato
la bravura in questo genere di magie: sia James che io siamo
completamente negati,
come mamma e papà.
– Non ne ho idea,
ma sono contento di esserne capace, – ribatté lui,
cominciando a cogliere le
fregole e posandole in una terrina che aveva fatto levitare fino a
lì con un
altro incantesimo.
–
Mi dispiace
tantissimo, – mormorò Lily appoggiando il
cucchiaino sul piatto macchiato di
rosa. Albus aveva appena finito di raccontarle il suo ultimo incontro
con
Scorpius, dall'imbarazzo per essere stato trovato nudo nella propria
cucina ed
essere sicuramente stato frainteso, alla rabbia quando l'altro gli
aveva detto
di essere andato da lui in segreto, alla delusione di vederlo sparire
senza
poterlo né volerlo fermare in alcun modo, alla decisione
drastica di buttare i
tartufi di cioccolato nella spazzatura senza nemmeno averli toccati.
Per quanto
potesse sembrare stupido, i dolci erano qualcosa di sacro per Albus:
non
avrebbe mai avuto la forza né il coraggio di gettarli, in
un'altra situazione.
– Credo di aver sopravvalutato l'intelligenza di Scorpius, se
davvero non ha
capito quanto ti ferisce
il suo comportamento.
Albus
sorrise
appena, affondando il cucchiaino nella sua parte di dolce alla fragola
che non
aveva nemmeno assaggiato: Lily era sempre così rapida nello
schierarsi dalla
sua parte, era il suo porto sicuro nella tempesta emotiva che l'aveva
sorpreso
in un momento di relativa quiete.
–
Sono contento che
tu sia venuta a trovarmi, – le disse, incrociando per la
prima volta dal suo
arrivo gli occhi castani della sorella. La vide sorridere dolcemente.
– Grazie.
–
Lo sai che ti
voglio bene, Al, non mi devi ringraziare per questo.
Sparecchiarono
la
tavola in un silenzio non del tutto rilassato, incantarono le stoviglie
perché
si lavassero da sole e poi tornarono in salotto, sedendosi di nuovo sul
divano
color crema che troneggiava al centro della stanza.
–
E, in ogni caso,
tu non hai nessuna colpa, – commentò ad un tratto
Lily, mentre il fratello
accendeva la televisione sintonizzandosi su un notiziario babbano.
Albus
fremette appena, colto alla sprovvista dall'osservazione della ragazza.
– Se la
gente salta sempre alla conclusione sbagliata è
perché non è in grado di
pensare oltre all'apparenza: se avesse fatto un po' più di
attenzione, Scorpius
si sarebbe sicuramente accorto che avevi i capelli umidi o, non lo so,
che nel
bagno l'odore del tuo bagnoschiuma era più forte del solito.
Sono queste le
cose che ti fanno capire quanto una persona pensi alle cose prima di
saltare
alle ovvie e sbagliate conclusioni.
Albus
fece cadere
il discorso, lo stomaco stretto in una morsa dolorosa.
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Capitolo 3 *** Capitolo tre ***
Capitolo
tre
Scorpius
si fece vivo il giorno dopo la visita di Lily. Gli mandò un
messaggio tramite
il suo gufo grigio, chiedendogli se avesse voglia di incontrarlo per
parlare un
po' di ciò che era successo quella volta.
Albus accettò di vederlo, non
senza una sorta di timore rabbioso addosso, e gli diede appuntamento al
fine
settimana successivo, il primo di novembre, perché fino ad
allora il lavoro al
Ministero l'avrebbe assorbito completamente.
Il
sabato mattina, quando Albus si svegliò, il suo naso
captò subito il profumo di
caffè appena fatto che arrivava dalla cucina. Si
infilò svogliatamente un paio
di pantaloni - di una tuta, probabilmente - e scese dal letto infilando
i
piedi gelidi nelle pantofole, poi si diresse verso la stanza ancora
assonnato
ma con la mente abbastanza lucida.
Scorpius
stava versando il caffè e del latte in due tazze, incantate
per mantenere alta
la temperatura dei liquidi, e sul tavolo dava bella mostra di
sé un sacchetto
di carta con il logo di una pasticceria che il padrone di casa
conosceva bene.
Albus si sedette sulla prima sedia che gli capitò a portata
di mano, allungando
le gambe e trattenendo a stento uno sbadiglio quando si rese conto che
era
ancora incredibilmente presto per i suoi standard: l'orologio appeso
alla
parete segnava le otto e un quarto, la lancetta dei secondi ticchettava
e
andava avanti dolcemente, come se volesse ipnotizzarlo e convincerlo a
tornare
a letto.
–
Merlino, Al, non ti avevo sentito arrivare, –
esclamò Scorpius, tentando di
tenere il tono più basso possibile nonostante la sorpresa di
trovarselo alle
spalle senza aver avvertito in alcun modo la sua presenza: sapeva che
ad Albus
dava fastidio sentire la gente parlare a voce alta già di
prima mattina, lo
faceva innervosire così tanto da rovinargli completamente
tutto il resto della
giornata - sin da quando erano piccoli. – Buongiorno,
comunque, pensavo stessi
ancora dormendo.
–
Infatti, – bofonchiò Albus senza riuscire a
trattenere l'impulso di sbadigliare
ancora una volta. – Mi ha svegliato l'odore del
caffè.
Scorpius
accennò un sorriso, porgendogli una tazza e sedendosi
accanto a lui.
–
E io che volevo portarti la colazione a letto, –
mormorò un po' imbarazzato,
fissando la superficie marroncina del liquido caldo che riempiva la sua
scodella
senza trovare il coraggio di guardare l'amico.
–
Non penserai davvero che basterebbe una cosa del genere per farti
perdonare,
vero? – domandò Albus un po' stizzito, ingollando
un lungo sorso di
caffellatte.
–
No, non lo penso, – ribatté Scorpius prendendo il
sacchetto di carta e, dopo
avergliene mostrato il contenuto, lo esortò a prendere un
croissant. – So che
ti piacciono, li ho comprati nella pasticceria qui all'angolo; una
volta mi hai
detto che erano i migliori di tutta Londra.
–
Lo sono.
Rimasero
entrambi in silenzio, l'uno ancora troppo stanco per poter
intraprendere un
discorso serio e l'altro troppo nervoso per poter parlare senza
balbettare per
la tensione come non gli capitava da anni, finché Albus non
si portò alla bocca
il croissant e diede il primo morso. Masticò un paio di
volte, poi si bloccò
all'improvviso, avvertendo sulla lingua il sapore dolce e amaro del
cioccolato
fondente.
–
Perché? – domandò stupito, voltandosi
verso l'altro, senza davvero aspettarsi
una risposta: quella parola gli era sfuggita prima che potesse
rendersene
conto.
Scorpius
comprese e sorrise appena, allungando una mano fino ad accarezzargli il
labbro
superiore con un dito, ripulendolo delle tracce di zucchero a velo e
cacao in
polvere che lo sporcavano.
–
Volevo festeggiare, Albus, – mormorò Malfoy,
arrossendo suo malgrado - uno dei
peggiori difetti dell'avere la carnagione molto chiara. – Con
te.
Potter
deglutì a fatica, il croissant al cioccolato ancora
sollevato a mezz'aria a
pochi centimetri dal volto.
–
Cosa volevi festeggiare con me? – chiese con la voce
leggermente arrochita.
Temeva la risposta che l'altro poteva dargli, ma allo stesso tempo la
sua
fantasia aveva cominciato a galoppare, portandolo a sperare qualcosa
che fino
al giorno prima non aveva nemmeno osato immaginare.
–
Rose ed io... – Scorpius ingoiò a vuoto, cercando
le parole giuste. Gli occhi
verdi dell'altro erano sgranati, dietro le lenti degli occhiali, le
pupille
molto più dilatate del normale, le labbra rosee appena
schiuse, in attesa: Malfoy
pensò di non aver mai visto nulla di più bello
del viso di Albus in quel
preciso istante. – Rose ed io abbiamo rotto il fidanzamento,
– annunciò infine
senza distogliere lo sguardo e, anzi, cercando di cogliere ogni minima
sfumatura delle espressioni che si susseguivano sul viso dell'amico.
Albus
spalancò ancora di più gli occhi, lasciando quasi
cadere il dolce a terra, e
sentì chiaramente il suo volto surriscaldarsi; si diede
dello stupido - anche
se aveva lasciato Rose non era detto che Malfoy fosse deciso ad
impegnarsi con
lui, anzi - per la serie di immagini che il suo cervello aveva prodotto
contro
la sua volontà.
–
Perché? – domandò ancora una volta,
senza riuscire, di nuovo, a trattenersi.
–
Una fatina con i capelli rossi mi ha fatto capire quanto fossi ingiusto
con te,
con Rose e con me stesso negando i miei sentimenti e cercando di
nasconderli, –
sorrise Scorpius, un lampo di divertimento negli occhi celesti quando
in quelli
di Albus lesse la gratitudine verso la sorellina - sì, Lily
non riusciva mai a
farsi gli affari suoi, non poteva essere che lei. – Mi
dispiace tanto, Al, –
continuò poi, tornando serio.
Era
una situazione paradossale, Albus si sentiva come se entrando in cucina
un
mattino avesse trovato le pareti chiare dipinte di rosso - la sua mente
continuava a proporgli immagini demenziali.
–
Io... – mormorò, abbassando gli occhi fino a
posargli sul croissant pressoché
intatto che teneva ancora in mano. Lo posò su un piattino
pulito che Scorpius
aveva fatto levitare poco prima sul tavolo, senza distogliere lo
sguardo. – Non
so cosa dire, – confessò. Era vero: aveva sognato
ad occhi aperti quel momento
per mesi, ma viverlo davvero era tutta un'altra cosa. Sentiva la lingua
incredibilmente pesante, non trovava le parole per esprimere quello che
stava
pensando.
–
Non importa, – disse Scorpius, arrossendo ancora -
maledì un paio di volte i
suoi geni - e prendendo a guardare a sua volta, con insistenza, il
croissant di
Albus. – Non voglio che ti senta in imbarazzo per qualcosa,
Al, ti ho fatto
star male abbastanza con il mio comportamento, – si
alzò piano dalla sedia. –
Forse è meglio che me ne vada, –
mormorò.
–
No, – lo fermò subito il padrone di casa,
afferrando la manica del suo maglione
e alzando gli occhi su di lui: sembrava che gli stesse chiedendo di non
scappare ancora, con quel sorriso appena accennato che gli sollevava un
poco
gli angoli delle labbra. – Ti va di aiutarmi a preparare una
torta?
Se
qualcuno li avesse visti dall'esterno, probabilmente avrebbe pensato
che
fossero impazziti tutto d'un colpo: quanto poteva essere normale, per
due nelle
loro condizioni, mettersi a cucinare un dolce, rendendo tra l'altro la
cucina
un campo di battaglia?
Albus
cercava di spiegare all'amico come preparare la base della torta,
ridendo forte
ogni volta che uno sbuffo di farina mista a uovo e zucchero si
sollevava a
tradimento dalla ciotola - gli stava facendo i dispetti come se fosse
tornato
improvvisamente ad avere dodici anni - e macchiava il viso di Scorpius
o il
grembiule celeste che gli aveva prestato. Malfoy aveva sul viso
un'espressione
appena schifata, che rendeva il quadretto ancora più comico,
mentre affondava
le mani nel composto molliccio che aveva preparato sotto gli occhi
divertiti
dell'altro.
–
Se ti si appiccica alle dita, aggiungiamo un po' di farina, –
sorrise Albus,
voltandosi verso il bancone per prendere un'altra ciotola pulita dove
preparare
la guarnizione per la torta. Neanche a dirlo, al cioccolato fondente.
A un
osservatore esterno quello che stavano facendo sarebbe parso una
sciocchezza: ma, sin a quando Albus aveva cominciato a cucinare dolci,
non
aveva mai chiesto aiuto a nessuno per farlo.
Scorpius
lo sapeva, sapeva di essere il primo a condividere quell'esperienza con
lui:
per questo si sentì pervaso da un'emozione nuova, quando si
sedettero sul
divano in salotto per assaggiare la torta che avevano preparato insieme.
Il
sapore della torta assunse un significato nuovo per entrambi; e anche
se si
limitarono a scherzare e ridere come semplici amici, quel giorno
cominciò la loro
nuova vita.
Una
vita all'aroma di cioccolato.
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