I sogni hanno le ali

di xwannabewriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


-          Capitolo primo -

 
Short blu o short bianchi? Questo è il dilemma. Il mio dilemma. Fra una settimana inizia la scuola e devo ancora decidermi. Ok, forse non vi sembrerà una cosa “essenziale” ma, diamine, è il mio primo giorno di Liceo! Devo assolutamente fare bella figura. Soprattutto perché –mannaggia a me- ho scelto il Classico. Quella scuola piena zeppa di tipi strafottenti, ricchi sfondati e snob bionde ossigenate. Ma io amo le sfide.
Amo molte cose, a dirla tutta.
La Nutella, la musica, la pallavolo, l’arcobaleno, i panda …
Mi sto dilungando.
Avete presente quando, il giorno prima di un’importante verifica, vi sentite come un’enorme macigno sullo stomaco che si allarga e dilaga sempre più? Ecco. Direi che è questa la sensazione che provo in questo momento. Mischiata alla paura, all’euforia e mille altre emozioni che non ho mai provato.
Sento il mio cellulare squillare; ancora in slip saltello da camera mia al tavolo della cucina, afferro velocemente il cellulare e rispondo.
“Pronto?”
Ehi Veronica, sono Ludovica.
“Ah, ciao Lù!”
Senti … io e gli altri abbiamo pensato di fare un giro al centro commerciale, vieni?
Perfetto. Almeno non penserò più di tanto a quel fatidico nove settembre.
“Mmh … ok. A che ore e dove.”
Ci troviamo davanti alla fermata dell’autobus per le 16:45
“Va bene, a dopo!”
Attacco la conversazione. Chissà come sarà la mia nuova classe. Cioè, una cosa la so: sarà piena di antipatiche ed odiose figlie di papà. Ed io, sola come un cane, dovrò farmele amiche a meno che non voglia sopportarmi le loro prese in giro. Perché è così, con quella gente. O sei con loro o sei spacciato.
E poi i ragazzi.
Un’amica di mia sorella và in quel Liceo, una volta mi ha raccontato che ci sono di quei fighi da paura!
Beh … l’unica cosa che farò sarà osservarli.
Ho una specie di selezione naturale. I ragazzi li guardo, ci scambio qualche parola e poi cerco il più possibile di passare inosservata. Non mi sento all’altezza, probabilmente; ma credo sia anche perché ho la netta convinzione che siano tutti, e dico tutti, indistintamente e senza esclusione dei veri cretini. Idioti che pensano solo a guardarti il lato B ed il lato A. Se ci fossero tanti lati quanti l’alfabeto cinese dovremmo uscire di casa con il burka. Sono seria.
Computer. Computer. Computer.
Ho bisogno di sentire musica. Mi alzo velocemente dal mio puffo zebrato e vado dalla parte opposta della mia camera da letto, a sedermi nella sedia vicino la scrivania. Accendo.
Digito velocemente “Youtube”, per poi passare alle parole chiavi “Someone Like You – Adele”.
Adoro sentire quella canzone. Conosco a memoria le parole –sia in inglese che in italiano- e trovo che sia così toccante. Adele poi, non ne parliamo! Unica.
E’ il mio idolo, molto probabilmente. Con la sua voce mi insegna giornalmente così tante cose.
 

Sometimes the lasts the love,
But sometimes It hurts instead.

 
L’amore dura, a volte. Altre fa solo male.
Condivido, anche se non ho ancora avuto modo di provare questo sentimento per qualcuno. Nessuno fin’ora che mi abbia fatto ricordare di lui, nessuno da sognare, nessuno a cui dedicare i cuoricini sulle pagine dei libri scolastici … Semplicemente, l’amore non mi è ancora stato amico. Fin’ora tutti quelli che conosco sono stati solo degli idioti con la mini-patente per i mini-motorini.
Eppure io ci spero, ci spero tanto. Ecco perché voglio essere perfetta al Liceo, sarà l’inizio di una nuova era.
L’inizio di una nuova Veronica.
Accedo a Facebook.
Mi cambio foto al profilo, opto per una assieme alle mie fedeli amicizie delle medie. Quanto mi mancheranno quelle ragazze. Vanno tutte al Linguistico o agli Istituti Tecnici, porca paletta.
Chi accede a faccia libro non è morto, allora B-)
Solo adesso mi accorgo che in linea c’è quel simpaticone di Matteo. Un amico delle medie. Ha sempre avuto un debole per me, ne sono convinta. Ero l’unica a cui dava sempre un pezzo della sua merenda a ricreazione, l’unica a cui faceva copiare i compiti di geometria … Nonostante questo, a me lui non piaceva e non piace nemmeno adesso.
Troppo alto e ossuto, occhi all’infuori e naso aquilino.
Forse ho io i gusti troppo difficili, ma non posso farci nulla se sogno di trovare, un giorno, il mio Principe Azzurro. Spero solo che non ci stia provando con me –ancora-. Speranzosa, decido di rispondergli.
“Ciao!”
Finiti i compiti estivi? (;
“ … C’erano dei compiti?!”
:-P Ci caschi sempre, ahaha.
“Spiritoso.” –forse anche troppo, per i miei gusti.- Chissà dove si è iscritto. Non lo so ancora.
“Dove andrai?”
Probabilmente a quel paese se continuo a farti battutine. Indovinato? B-)
“Si, certo, anche questo probabilmente ma, a dirla tutta, mi riferivo alle superiori stavolta.”
Andrò al Calvi. Come quasi tutti del resto … E tu?” Ecco. Un altro ex compagno di classe che non frequenterò più. Per lui non mi dispiace, eh, ma per tutte le mie amiche si. Hanno scelto la strada più facile, le capisco. Al giorno d’oggi è sempre meglio andare in un Istituto Tecnico Professionale dove, una volta uscito, puoi trovarti lavoro che al Liceo Classico. Odio come suona questo nome. Mi dà un orribile che di … boh, vecchio. Spero in nuove amiche. Possibilmente non snob e simpatiche, come le mie vecchie conoscenze.
“Andrò al Classico …”
Oh … Come mai? =/
“ -.- mica vado a morire Matty! Che felicità, eh?!”
Scusami è che dicono sia difficilissimo e soprattutto” –meglio precederlo, lo scrivo io-
“SNOB?”
Si.”
“Credo sia così, ma voglio diventare Qualcuno un giorno, e anche al costo di subirmi quattro ochette con le Hogan … ce la farò!”
Sono contento (:”
“Anche io.” Guardo per sbaglio l’orologio in basso a destra del pc e … sono le 16:32! Devo essere davanti alla fermata tra 8 minuti, cavoletti!
“Devo andare, sono in ritardo per un posto …”
Merda, anche io ora che me lo fai notare!! Devo andare con tutti al centro commerciale, ci sentiamo!
Matteo attacca la conversazione prima che io abbia il tempo di dirgli che ci sarò anch’io.
Avrà una sorpresa, e diventerà rosso come Sathana vedendomi. Come sempre. Riuscivo a parlucchiarci solo via facebook, dove non balbettava e non si grattava la testa ogni cinque secondi. Ehi, forse lo fa lo stesso via pc! Va beh, l’importante è che non lo veda io; mi urta i nervi.
 
Ed ecco arrivata la solita ritardataria, signori e signori ecco a voi Veronica!”
Guardo perplessa Claudia. Quando mai era così allegra? Lei, che di solito era una mezza emo psicopaticamente instabile mi sembra addirittura spensierata. Sarà il caldo. Effettivamente ci sono 39° gradi.
“Scusate ragazzi, non mi sono resa conto dell’ora e …”
Scherzavamo, non devi difenderti per ogni cosa Vero”  L’ultima cosa che voglio è una mezza lite. Il mio sistema nervoso non lo sopporterebbe. Ho già abbastanza stress accumulato per l’inizio della scuola, al momento e l’ultimo mio pensiero sono l’urlare e l’alzare le mani contro qualcuno. Specie se sono le mie amiche. Perciò mi limito ad un “ok.”
Saliamo sull’autobus.
Mi metto a sedere vicino ad Andrea. Un’amico, per così dire. Credo non sappia nemmeno di che colore ho gli occhi, ma di certo sa a memorie le magliette che ho indossato durante la terza media. Solo allora ho capito dove guardava. Lasciamo perdere.
Mi guardo intorno. Siamo tanti, quasi tutti dell’ex classe.
Durante il triennio ho trovato tante amiche vere.
Tante stronze.
Tanti idioti.
Ho provato Dio solo sa quanto odio verso la professoressa di educazione fisica –non sono molto sportiva, che pretendeva?- . Ma una cosa è certa. Sono stata benissimo. E lo devo a loro.
Faccio un sorrisetto sbilenco, ripensando a tutti i bei momenti vissuti con i miei compagni.
Stai male?” mi chiede Andrea, che deve aver notato la mia espressione tipica da –sto quasi per piangere-.
“No … tutto ok.”
Tiro fuori dalla borsa l’i-pod. Trascorro così, tra musica e frenate da vomito convulsivo circa un quarto d’ora. Poi eccoci arrivati.
Il centro commerciale non era come lo ricordavo, era più affollato e più piccolo.
“Ragazzi, sentite … Io proporrei di fare un giretto e poi ci troviamo di sopra al Mac Donald’s per la cena, va bene?” Cerco di essere convincente. Sembriamo una mandria di visitatori tedeschi.
Ok.” Dicono in coro. Dopo poco, ecco che tutti i maschi si dirigono verso negozi super tecnologici dove poter comprare chissà quale video games, le ragazze più antipatiche vanno a zonzo per l’edificio comprando vestiti a catena … e poi restiamo io e Ludovica.
“Dove andiamo?” le chiedo pensierosa
Non saprei … “ lampo di genio. Avevo letto che al Classico tutte le ragazze più popolari avevano diverse collanine al collo e anelli sbrilluccicosi.
“Accessorize!”
Uhm … ci sto, anche se non devo comprare niente.”
Ci dirigiamo così al negozio.
Io, con le stelline glitter negli occhi genere cartone Disney e Ludovica, che mi segue ansimando tra la folla.




Buongiorno a tutti!
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto ^^ *annuisce sognante*
Beh ... fatemi sapere che ne pensate, e sopratutto recensite! *Sguardo dolce come i panda* *pensa ai panda*
Ci sentiremo probabilmente fra 2-3 giorni =D
xwannabewriter.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-          Capitolo secondo

Quando finalmente entriamo ad Accessorize io e Ludovica constatiamo che, purtroppo, anche una quindicina di altre adolescenti aveva avuto la nostra, la mia idea. Pensavo che il fattore ingioiellamento fosse stata un’idea originale. Va beh.
Vero … non credi che questo posto sia un po’ troppo affollato?” Ed ecco che ci si metteva pure la mia amica. Ero condannata a presentarmi male, il primo giorno di scuola, dunque. Però devo ammettere che non ha tutti i torti; insomma, o entriamo rischiando di morire schiacciate prematuramente (non escludo l’ipotesi soffocamento) o provvediamo a comprare bracciali&company più tardi.
“Hai ragione, facciamo un giro e aspettiamo che il negozio si svuoti. Tanto i ragazzi ne avranno per un bel po’.” Faccio cenno con il dito al negozio super tecnologico.
Yes.
Iniziamo così una passeggiata fuori programma.
“Ma come farò senza di te, di voi, al Liceo?”
Non so nemmeno come farò io Vero! Ci sentiremo tutti i giorni per cellulare, promesso?”
“Promesso.”
Prendiamo un gelato in segno di giuramento?
Mi metto a ridere di gusto, fino alle lacrime, con la mia amica che continuava a chiedere perché facessi così. Con un mal di pancia tremendo per le troppe risate, rispondo soffocandone un’altra
“Per te ogni scusa è buona per mangiare, non cambierai mai!”
… Si mette a ridere anche lei.
Ma allora, lo prendiamo o no ‘sto gelato?
“Certo, certo …”
Mi accorgo che appena dopo una curva a sinistra c’è un grande negozio di gelati. Camminiamo entrambe a passo spedito e ci addentriamo nella mischia di gente affamata. Chi prende dal portafogli qualche monetina, chi ritira lo scontrino sul bancone con l’altra mano impegnata a tenere la coppeta di gelato, chi si lamenta per la troppa confusione –ammetto di far parte di quest’ultimo gruppo-.
Finalmente, tra una signora anziana che, indecisa sul gusto del gelato, ci ha fatto perdere un quarto d’ora e un bambino che ha voluto due coni gelati con tripla panna e smart sopra, tocca a noi.
“Dì prima tu” faccio cenno a Ludovica di ordinare
Mmh, allora. Prendo un cono gelato caffè e bacio, per favore mi dia anche qualche salvietta.”
E’ allora che mi accorgo del gelataio. Classico tipo bello-impossibile. Moro, occhi altrettanto scuri con le lucine dentro che li illuminavano il viso e sorriso veramente … wow. –Come al solito è un altro idiota patentato.- penso fra me e me. Era davvero bello, questo non lo metto in dubbio, ma … bah, basta pensieri stupidi. Ho ben’altro di cui preoccuparmi, adesso, no? Si. Assolutamente si.
Veronicaa sei sulla terra? Torna, ci manchi! Veroo?!” Uh, perfetto. Mi sono incantata con il gelataio. Altra figura di merda, aggiungiamola nella lista.
“Ci sono, ovviamente che domande.” Cerco di fare la ragazza diplomatica, forse un po’ con la testa tra le nuvole, ma matura “Vorrei gentilmente una coppetta nocciola. Grazie.” Funziona, evvai! Il ragazzo mi porge la coppetta, ci saluta educatamente e usciamo di filata. Il tutto si svolge molto velocemente.
Hai notato che figo?” Ludovica non perde colpi. La sua natura si fa sentire, odio questo suo aspetto caratteriale. Infondo una persona non può dare della bella persona ad un’altra persona se prima non la conosce. Forse il mio discorso è un po’ ingarbugliato, ma credo sia comprensibile.
“Come diavolo fai a sapere che sia figo, non lo conosci nemmeno Ludovica!”
Ah, dimenticavo con chi sto parlando. Miss Grandi Aspettative. Senti, forse non lo conosco ma a prima vista ho semplicemente detto che a mio parere è carino! Non scaldarti se non tutti pensano che prima di fare complimenti ad un ragazzo si debba conoscere l’ABC della sua vita!”
E adesso?
Ho fatto incavolare la mia amica. Perfetto. Mi scuso? Credo sia meglio, onde evitare epiche discussioni.
“Scusami …” le do una pacca sulla spalla, in segno di resa
Fa niente.” Ludovica mi sorride
“Va bene; buono il gelato?”
Si, gnam!”
“Già, è squisito!”
Trascorriamo circa mezz’ora sedute su una panchina del centro commerciale. Io, con la mia coppetta finita da un pezzo, e lei che era piuttosto lenta a finire il suo cono gelato. Finalmente Ludovica finisce di papparselo.
“Ludo, credo che si sia svuotato un po’ il negozio, non credi?”
Certo, let’s go!
“Ah, tu e il tuo inglese …” borbotto in sottofondo a tutto il caos generale dell’edificio. Generalmente –molto, molto generalmente- sono una tipa che adora uscire di casa e divertirsi, ma negli ultimi tempi ho una sottospecie di mania nello stare a casa, nella mia camera, sotto il tepore del mio lettino.
Io e Ludovica, quando ci siamo conosciute, all’inizio della prima media, eravamo completamente diverse da come siamo ora. Lei aveva dei problemi in famiglia, i suoi stavano iniziando ad attuare le pratiche per il divorzio e lei come diversivo, per non pensarci, usciva sempre di casa. Spesso dormiva nelle panchine dei parchi pubblici. Io, d’altro canto, ero la classica tipa … normale. A dir la verità, non ho mai trovato altro aggettivo per definirmi. Ho tanti pregi e altrettanti difetti, ma quando si tratta di dare dei nomi a tutti loro sono un disastro. Un colossale disastro. Poi è iniziata la scuola, ci siamo conosciute ed insieme abbiamo affrontato i nostri scheletri nell’armadio, mettendone altri di nuovi. Già perché questa mia ossessiva mania dell’etichettare tutti i ragazzi, indistintamente, stronzi è arrivata lì. I miei compagni di classe erano al livello dell’Homo Erectus. Lei invece è diventata una ragazza solare, tutta pepe e allegria, con, spesso, anche quattro-cinque cotte alla volta. Ma ho imparato ad accettarla. Ed ora è come re iniziare tutto d’accapo; al liceo però non si scherza, dovrò dare il meglio di me. Senza dubbio.
Ed eccoci davanti ad Accessorize. Dentro, ci sono solo due commesse: una è seduta in un tavolino con un portatile al grembo e l’altra, capelli corvini, era in piedi a sistemare qualche cianfrusaglia nella vetrina.
“Buongiorno … possiamo dare un occhiata?” Chiedo prontamente io
La commessa con il portatile, lentamente, ci squadra una alla volta e poi scandendo le parole si pronuncia “Si, ma chiudiamo fra cinque minuti. Perciò muovetevi.
In risposta, sento Ludovica accennare un “ah-ah” .
Entro dunque nel negozio. I muri fucsia ed il pavimento il legno bianco ricoperto di tappeti usufruisce a farmi credere di essere in una favola.
Alla fine, dopo qualche minuto di titubanza, decido cosa comprare: una catenina con  una nota musicale –chiave di violino-, una grande collana che mi arrivava fino a l’ombelico con pallini bianchi e blu glitterati e un anello che ricopriva tutto il mio indice.
“Che ne dici delle mie scelte?” chiedo a Ludovica, ritirando lo scontrino dal bancone prima di uscire
Carine. Sai che sono una tipa pratica, non ti nascondo che non indosserei mai niente di tutte e tre le cose che hai preso, ma i gusti son gusti, no?
“Chiaro!”
Appena attraversato il varco di Accessorize, vedo i ragazzi. Erano fuori da tempo indefinito, ad aspettarci.
Eccovi, finalmente”
“Scusateci, Vero ha avuto da fare con … beh, siamo andate da Accessorize, credo sia comprensibile!”
“Ragazzi, pensavo che al posto di andare al Mac Donald’s potremmo ordinare una pizza.”
In effetti non ho voglia di quel cibo spazzatura …” dice Andrea
Si ma dove mangiamo?” Ludovica era perplessa
“Ehm … non so. Qualcuno ha la casa libera?”
Potreste venire da me.” Dice Pietro “I miei sono in Norvegia per tre giorni, basta che non facciate casini.”
“Certo che no! E’ solo una pizza!” Replico io, sicura.
 
“Ragazzi, sono proprio piena … questa pizza alle quattro stagioni è stata davvero pesante!” bevo un bicchiere d’acqua, cercando di digerire meglio l’ultimo boccone
Vieni qua Vero, stiamo guardando i video e le foto delle gite di scuola!” Sento Chiara chiamarmi. Solo allora mi rendo conto che eravamo rimasti in pochi al tavolo.
Mi dirigo verso i tre divani beige situati in salotto, buttandomi a capofitto su quello a destra, tra Ludovica e Chiara.
Qui eravamo a Torino, ricordi?” Chiara indica la mega TV al plasma di Pietro e i suoi genitori
“Oddio, toglietemi dallo schermo, sono orribile!” quel giorno non ricordavo della gita. Mi presentai a scuola con la tuta da ginnastica pronta per due ore estenuanti di corsa ad ostacoli e tennis, invece … beh, altro esempio della mia colossale sfiga.
“Ragazzi, credo sia ora di andare per me, sono stanchissima” mi parte uno sbadiglio che, come a domino, fa sbadigliare tutti. In effetti erano già le 23:41. E per fortuna che mia madre mi ha detto che potevo tornare entro mezzanotte –ogni tanto aveva qualche giorno di bontà- , altrimenti avrei passato le ultime ore con il cellulare che squillava ogni trenta secondi e mia mamma in preda alla disperazione cronica.
Ti accompagno io a casa.”
“Ok Ludo.”
Salutiamo animatamente gli altri e usciamo in strada.
 
Finalmente sei arrivata a casa tesoro!”
“Ciao mamma, papà …” agito la mano salutando mio padre, arenato sulla poltrona del salotto come una balena sulla spiaggia lo sarebbe stata.
E’ molto stanco …”
“Si lo so mamma. Beh, io vado a letto che sono stufa!”
Domani mattina ti sveglio presto?”
“No, fammi dormire please.” –inizio ad usare il gergo di Ludovica? Preoccupante … -
Sogni d’oro.”
“’Notte mamma.”  Vado verso camera infastidita. Chi usa più dire sogni d’oro alle proprie figlie, magari quindicenni? Nessuno. Nessuno a parte mia madre, eterna nostalgica degli anni ’80. Sospiro un paio di volte. Apro l’armadio in cerca di un pigiama estivo da usare, non trovandone, uso una maglia a maniche corte lilla e un paio di pantaloncini cortissimi blue.
Prima d’addormentarmi do una veloce occhiata a facebook.
In linea c’è Erica. Che ci fa in linea a quest’ora? Bah. L’ho sempre detestata. E’ una falsa amica, una che ti sorride davanti e ti sparla dietro. E poi è bionda tinta. Segno del suo incitrullimento mentale.
Prima che potessi mettermi invisibile, ecco che mi saluta
Ehi!”
“Ciao. Che ci fai in linea a quest’ora?”
Affari miei.”
Wow. Com’era gentile, quando le si facevano domande un po’ più private. Era brava solo a darti consigli sul make-up, quella. Mi disconnetto. Arrancando arrivo fino al mio letto, mi stendo e cado in un sogno profondo.



Ciao gente!
Spero recensiate questo capitolo, mi sono impegnata a scriverlo u.u 
Comunque, piccola updates sulla storia, credo che questo sia l'ultimo capitolo che vede Veronica con i suoi ex compagni di classe. Insomma ... non siete curiosi di scoprire cosa succederà al Liceo? :3
Come vedete non cell'ho fatta a non pubblicarVi subito il seguito, avrei dovuto postarlo domani ma vabbè dai ... ;D 
Recensite recensite recensite!
Ci sentiamo tra 2-3 giorni,
baci&abbracci, 
xwannabewriter.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


-          Capitolo terzo

 
Ho un disperato bisogno di ascoltare musica. Solo con quella posso calmarmi, caspita. Respiro profondamente un paio di volte, finchè non mi calmo del tutto. Sono le 02:13 e non sono ancora riuscita a chiudere occhio. Seduta sul mio inseparabile puffo zebrato, aspetto. Ma aspetto cosa? Boh. Non lo so neanche io. So solo che domattina, alle sei circa, dovrò alzarmi ed iniziare a prepararmi perché domani inizia il Liceo. Se continuo così l’unica cosa che inizierò sarà quella di avere le occhiaie. Mi avvicino cauta, facendo attenzione a non far rumore, al davanzale della mia stanza. Apro le finestre. Un vento leggero mi travolge, sa da estate ma ha un sapore del tutto diverso, nuovo. E’ come se stesse cambiando anche lui, assieme alla mia vita. E tu, vento, come stai? Ok, l’ultima cosa che dovrei fare sarebbe parlare a vanvera da sola, ma almeno non mi tormento con il pensiero di domani.
Per tutta risposta, ottengo una flebile ondata di venticello che mi sfreggia il volto.
Ah, venticello, almeno tu non hai tutte queste preoccupazioni … devi rinfrescare le persone, o farle morire di freddo a seconda della stagione, ma non hai di che preoccuparti con i vestiti eccetera.
Do uno sguardo al mio cellulare, poi il mio sguardo cade sull’armadio. Sorrido lievemente, pensando a tutta la fatica fatta per trovare un vestito decente da mettere la mattina successiva. Ma alla fine ce l’avevo fatta. Short blu, camicetta bianca con maniche lievemente a sbuffo, cinturino blu in vita e ballerine. Il tutto completato con la collana comprata qualche giorno fa. Semplice, ma d’effetto. I capelli li terrò al naturale, e non ho intenzione di truccarmi più di tanto. Mi stringo nelle spalle, un brivido mi ha appena percorso la schiena. Chiudo le finestre, probabilmente il vento si sta inacidendo –è amareggiato che domani inizino le scuole?- forse sì. O forse sono solo le mie fantasie, quelle di una quindicenne troppo fantasiosa e paurosa. Raggiungo il mio portatile, destinazione youtube: Don’t You Remember.
Quella cantante è senza dubbio la mia preferita. Chissà chi sia stato il suo ex, ha dedicato i suoi album a lui, canzoni tristi incluse … Beh, chiunque sia, l’ha resa miliardaria. A volte la sfortuna porta fortuna, mai smettere di sperare, no? Magari un giorno anche io sarò Adele. –altra mia fantasia, probabilmente-.
Accedo a facebook, entro nella mia pagina e condivido una nuova frase: Non riesco a dormire, troppa ansia per domani; ascoltando Adele. Un giorno potrò dire di avere vissuto tutte le sue esperienze.
#Don’t You Remember.
Guardo l’ora: 03:01. Forse è ora di mettersi a dormire seriamente.
Chiudo gli occhi, sprofondando in un sonno imperturbato.
 
Vero, Vero! Tesoro … è ora di alzarsi!” sbadiglio, girandomi dalla parte opposta da quella in cui mia madre mi sta letteralmente strattonando.
“Ho sonno mam …” altro sbadiglio.
Ma come?! Sei andata a dormire presto ieri apposta perché volevi essere sveglia per oggi, non capisco.”
“Mamma, non sono in grado di mettere insieme due verbi per il momento, sono troppo assonnata. Non chiedermi di darti spiegazioni adesso. Cinque minuti e sono da te, mi sto per alzare.” Pronuncio l’ultima frase amareggiata, dormire era così rilassante. Mi alzo e mi vesto, poi cammino bofonchiando parole senza senso fino al bagno.
Accendo l’acqua. Che rumore così assordante, quel rubinetto! Altro che musica, era un vero rumoraccio!
Trattenendomi dall’imprecare, mi lavo il viso e i denti. Mi guardo allo specchio. I miei occhi marroni sembrano piuttosto stremati da tutto quello che in quest’ultima settimana mi è accaduto. Gli “addii” con i miei ex compagni, la preparazione estenuante per i nuovi … I capelli, invece, necessitano di un intervento chirurgico all’ultimo minuto. I miei ricci neri si sono trasformati in un ammasso di crespume che solo Harry Potter e la sua bacchetta potrebbero eventualmente sistemare. Raccolgo i capelli in una coda alta, così che abbia il viso libero e mi possa truccare meglio. Prendo la matita, faccio una riga né troppo profonda né troppo fina sulla palpebra superiore e la sfumo. Ci aggiungo un po’ di ombretto nero con riflessi brillantati, in modo che sembri un’unica sfumatura e faccio lo stesso in maniera molto più lieve nella palpebra inferiore. Un filo di lucido ed è fatta. Non aggiungo fard o terra poiché la mia pelle è già abbastanza abbrustolita di suo.
Ed ora i capelli. Apro l’armadietto sopra la mia testa e ne estraggo la boccetta di uno strano prodotto odorante di vaniglia che usavo sempre per domare i miei ricci. Funziona abbastanza bene. Decido di lasciarli al naturale senza mollette, pinze, elastici e treccine o quant’altro.
Vado in cucina, dove un invitante fetta di nutella mi aspettava.
Cara, sei favolosa!” mamma mi sembra sincera. Non è il classico complimento sei-mia-figlia-perciò-sei-stupenda, no, era più vero.
“Grazie, devo fare bella figura sui professori …”
E sui ragazzi, eh?” noto mio padre, intendo a leggere il Mattino, guardarmi con aria sapiente
“Ma và! Che dici? Bah … voglio solo essere presentabile, stop, chiudiamola qui.” I ragazzi erano il mio ultimo pensiero in quel senso. Il mio primo pensiero, invece, per quanto riguardasse la snobbosità di quest’ultimi. Andiamo … al Classico non ci sono i tipi alla mano, tutt’altro! Poco ma sicuro.
Finalmente addento la fetta biscottata. Gnam! Non c’è nulla da fare, la nutella è la migliore amica per le adolescenti in crisi. Riesco quasi a calmarmi. Ho un ansia che mi prende tutto lo stomaco e, se possibile, mi fa anche tremare le gambe.
Tesoro, è ora di partire!” mia madre mi porge il biglietto dell’autobus andata e ritorno.
“Ciao a tutti e due!” saluto i miei, chiudendomi piano la porta alle spalle.
 
Alla fermata, ci sono altre otto/nove persone. Tre di queste sono anziani, gli altri tutti studenti. Sembrano preoccupati quanto me. Osservo una ragazza, appollaiata vicino ad un palo della luce con le cuffiette nelle orecchie. E’ molto minuta e pallida, ma –a quanto mi sembra- è anche sprizzante di gioia: canticchia allegramente “Smile” e ha un sorriso stampato in volto.
Poi alla mia destra c’è un piccolo gruppetto di ragazzi. E poi ci sono io. La cretina seduta sulla panchina con lo zaino stretto al petto –non mi è mai piaciuto metterlo di spalle, quando dovevo aspettare seduta.-
Ecco finalmente che il veicolo ci si avvicina, alla guida un signore sulla cinquantina con un bicchiere di liquido bruno: probabilmente caffè, per tenere vivi gli animi.
Mi siedo vicino ad un’anziana.
E’ il tuo primo giorno, eh?” la vecchina sembrava intendersene
“Già. Sono spaventata.” Stropiccio le labbra, come sempre facevo quando ero pensierosa
Non preoccuparti, vedrai che ti troverai bene.” Noto una nota flebile nella sua voce, quasi da bambina
Come ti chiami?” continua “Veronica, piacere, e lei?” le porgo la mano
Oh, il mio nome è in disuso oramai … Sono Annalinda. Piacere di averti conosciuto, cara.” Mi porge anche lei la mano, che io stringo con quanta più maturità avessi in corpo. Sa di biscotti. Confortante, tutto sommato.
Ad un tratto l’autobus si ferma, e solo allora mi accorgo di essere arrivata finalmente al liceo “Ildo II”. Il Classico di cui a breve avrei fatto parte.
Mentre scendo, udisco la signora Annalinda dirmi “In bocca al lupo!” le porte dietro di me si chiudono e non faccio in tempo a dire “crepi”. Mi volto, e guardo tutte quelle ragazze e tutti quei ragazzi più grandi che con una mostruosa tranquillità varcano la soglia dell’edificio. E allora lo dico io, piano, da sola: “Crepi il lupo, ce la puoi fare …”
Varco la soglia. Sapevo di essere in quarta ginnasio, tutto qui. All’improvviso vedo un cartello appeso alla porta d’entrata: “Tutti gli studenti di quarta ginnasio si rechino in palestra, dove diremmo loro la sezione d’appartenenza.” Wow, mi sentivo quasi ad Hogwarts! Ma bando alle ciance. Dov’è la palestra? Noto una ragazza poco più distante da me, decido di chiedere a lei
“Ciao, ehm … scusa, vorrei sapere dov’è la palestra.” La signorina mi squadra, poi indicandomi la porta dice “Sempre dritta, poi quando vedi alla tua destra un quadro coloratissimo giri a sinistra. Prosegui fino alla terza porta a destra, è in legno bianca, bussi ed entri.” Mi fa l’occhiolino
“Grazie!” dico di corsa
Ed eccomi arrivata alla porta. Ci avevo messo un po’ ad orientarmi, ma ce l’avevo fatta. Respiro profondamente e poi busso. Non sento risposte, ciò che udisco sono delle voci, tante voci; apro io la porta. Guardo la scena: davanti a me, circa una quindicina di metri dopo, c’è un grande tavolo in cui sono seduti tutti i professori –o almeno così mi sembra, ma non credo che signori di quell’età vogliano iniziare il liceo adesso- e poi, seduti su delle sedie, tanti ragazzi e ragazze che mi davano le spalle, aspettando che “gli anziani” si pronunciassero. Noto poco più avanti una sedia libera, decido di sedermi poiché già dietro di me stavano altre ragazze allibite dalla confusione e dai nuovi spazi.
Mi tolgo lo zaino dalle spalle e lo poso vicino ai miei piedi. E poi ecco che una signora castana cotonata con un elegante tailleur si alza dalla sedia, era in centro.
Buongiorno ragazzi, benvenuti all’Ildo II!” la sua voce aveva assunto un innaturale tono alto, del resto sarà stata abituata a parlare, con il suo lavoro
“Buongiorno!” diciamo tutti, in coro
Sono la preside dell’istituto, chiamatemi professoressa Margarini. Siete qui perché vi diremmo in che classi andare, le sezioni saranno cinque: A, B, C, D, E.” –fin qui c’ero arrivata pure io, professoressa.- dico a bassa voce, fra me e me. Segue una spiegazione generale: regole da rispettare, compiti da eseguire, essere sempre pronti perché i professori –cattivi- potrebbero interrogarti sempre. Dopo di che, la preside inizia a “smistarci” nelle classi. Prende una cartellina rossa dal tavolo, e legge
Sezione A: Benuoli Alberto, Cianolo Federica … Zerella Sofia” no, non sono nella sezione A. Meglio per me, alle medie era la sezione con i professori più maligni. E poi i ragazzi nominati –una ventina circa- , tutti in posizione eretta che si stanno dirigendo assieme ad un professore nella loro nuova classe hanno un che da snob cronici che non sopporto. La preside legge dalla cartellina i ragazzi della sezione B, non ne faccio parte, poi procede con la sezione C e non è la mia classe; mi dispiace un po’, perché i ragazzi chiamati sembrano gentili. Va beh. Aspettiamo.
Inizia a elencare gli alunni della sezione D
… Doniselli Veronica.” Mi prende un colpo, ero oramai rassegnata a non essere chiamata e pensavo di essermi presentata al liceo sbagliato. Mi alzo in tutta fretta e raggiungo la postazione. Sono agitata. Ero la terza dell’elenco, per cui la maggior parte dei miei futuri compagni doveva ancora essere chiamata, quindi … Beh, prepariamoci all’esercito di biondine risatine e ragazzi idioti. Non datemi della masochista, in aula le persone rimanenti mi danno tutte quest’impressione! Prepariamoci, seriamente.


Ciao!
Piaciuto il capitolo, spero di sì *^* 
Come vi avevo anticipato, il capitolo precedente era l'ultimo che vedeva Veronica con i suoi amici -o dovremmo dire ex?- 
Vi mancherà Ludovica? Non temete ... nella storia lei e Veronica non smetteranno di sentirsi =D
Volevo inoltre dirvi GRAZIE MILLE, perchè anche se non tutti recensite ci sono una miriade di persone che leggono questa fan fic, perciò vi ringrazio. Grazie a chi ha messo la storia fra le seguite, Grazie a chi l'ha messa fra le preferite (*-*), Grazie a chi recensisce e Grazie anche a te, piccolo essere paffuto e pigro che non vuoi fare nulla di tutto ciò ma che hai letto, GRAZIE DI CUORE. 
Recensite il capitolo e ci sentiamo fra 2-3 giorni per il seguito, che classe avrà Veronica? *risata malefica, suspence* è.è 
A presto,
xwannabewriter.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


-          Capitolo quarto –

 
Finalmente la classe è composta. Siamo in ventitre, undici maschi e dodici femmine. Le mie compagne di classe sono tutte molto unite, si conoscono quasi tutte. I ragazzi invece sono più riservati, testa bassa, camminano fino alla classe. Noto che la ragazza mingherlina della fermata dell’autobus è nella mia classe. Almeno anche io posso dire di “conoscere” qualcuno. Arriviamo nell’aula. Il pavimento è in marmo –forse- e le pareti sono bianche e arancioni, le sedie sono in legno, così come i banchi.
Non appena varchiamo la soglia, tutta quell’accozzaglia di ragazze va a sedersi nei banchi più in fondo: si conoscono senza dubbio. I ragazzi –naturalmente- si mettono vicino a loro, fra sghignazzamenti e occhiate varie. Ci sono solo quattro posti liberi. La ragazza mingherlina si siede da tutt’altra parte, vicino ad un ragazzo di statura bassa. Io mi siedo nel banco vicino alla finestra. Vicino a me non c’è nessuno.
La professoressa che ci ha accompagnati inizia il discorso epico con un “Siamo tutti?
Nessuna risposta. Prendo coraggio io, dicendo “Non so se il banco vicino a me è in più o se manca qualcuno.” La professoressa mi sorride lievemente, poi indossa degli occhialini verdi e controlla l’appello “Effettivamente hai ragione, manca Ferretti.” –bene,- penso –almeno avrà una ragazza con cui stringere amicizia.- d’un tratto sento  un bussare frettolosamente alla porta, la prof si dirige ad aprirla e spunta … un ragazzo? No. Non è possibile, che cavolo. Desideravo solo un’amica, e invece con molte probabilità dovrò sopportarmelo io vicino. Però devo ammettere che è carino.
Scusi … ho perso l’autobus e ho dovuto prendere quello dopo. Scusi.”
Sbrigati, allora, c’è un posto libero vicino a Doniselli.” Cerco invano di sprofondare sotto i miei capelli. Il ragazzo in questione ha un’ andatura spedita, veloce. In men che non si dica sento una folata di vento attraversarmi. Poi, lentamente, mi volto e vedo il ragazzo prontamente seduto vicino a me. I suoi occhi verdi mi guardano interessati, poi si presenta
Ciao, sono Alessandro.” Si gratta i capelli castano scuro
“Ciao, Veronica.” Dico frettolosamente, cercando di apparire il più disinteressata possibile
Guardo la prof e cerco di catalizzarmi su ciò che dice, ma mi è difficile dal momento che questo Alessandro mi fissa. Sta iniziando ad innervosirmi parecchio.
“Scusa, mh … potresti guardare altrove?” forse sono apparsa troppo diretta, ma sembra funzionare: Alessandro annuisce e finalmente posso ascoltare la lezione in pace.
 
Mi do una leggera scrollata, di che sta parlando la prof? Ah, già, abiti consoni e non consoni da indossare per la scuola. Ah, la verità è che ho la mente altrove.
Lo ammetto, sono terrorizzata. Ho paura di questo Alessandro che mi sta vicino, che ora è girato dalla parte della professoressa e non mi sta guardando, ho paura della scuola. Ho paura di me stessa.
Non ho paura di quello che succederà, sono preoccupata per me. Sono sempre stata una ragazza chiusa, solitaria, ho sempre avuto dei complessi. Voglio cambiare questo mio aspetto e con tutte le probabilità del mondo succederà, ma non voglio rivoluzionare me stessa. Sono una persona singolare, una di quelle che quando incontri per strada ti chiedi da dove sia sbucata fuori, se da un invito di compleanno o da un altro mondo.
Sento la campanella suonare. Primo giorno di scuola finito. Sono paralizzata, non riesco a muovermi. Guardo tutti che se ne vanno, la classe è deserta. Mi alzo lentamente, guardo fuori dalla finestra. Penso.
Adoro farlo, è bello parlare con se stessi. Ci si intende. Ad un tratto sento qualcosa di liquido scendermi giù per le guancie. Ma che diavolo, sto piangendo? Perché sto piangendo? Non lo so nemmeno io. Baah.
Mi rigiro, lasciandomi la finestra alle spalle, per uscire dall’aula e prendere dallo zaino un fazzoletto. E’ allora che mi accordo che Alessandro è sulla soglia della classe, mi viene in contro
Stai bene?” mi da un fazzoletto
“Si tutto ok”
Non sembra sinceramente …” lo guardo sgranando gli occhi, solo dopo qualche secondo si rende conto della gaffe
Cioè, non tu … sei splendida, è che stavi piangendo, per questo ho detto così.”
“Ah.” Non riesco a dire altro
“Scusa, è che ho una giornata un po’ così; sarà il nervoso.”
D’accordo, io vado, ciao!” detto ciò, il ragazzo castano si gira e se ne va. Per la seconda volta nella giornata non ero riuscita a salutare una persona.
“Ciao, Ale.” Dico io, a voce impercettibile, da sola.
 
Ed ecco tornata la nostra principessina! Com’è andato il tuo primo giorno cara?” mamma sta mescolando energicamente un impasto per un dolce
“Abbastanza bene, dai. Sono in quarta D.” prendo una sedia dal tavolo della cucina e la giro dalla mia parte, sedendomi “Quarta tesoro?” dice pensosa mia madre
“Sì, quarta ginnasio. Non si inizia dalla prima superiore al classico, te l’avevo spiegato.”
Ah ma quindi fai la quarta superiore? E i tre anni quando li recuperi?!” il suo tono si fa estroso
“No, mamma. Faccio la prima solo che quelli del liceo classico per renderci la vita più difficile hanno deciso che la prima si chiama quarta ginnasio, la seconda quinta ginnasio, la terza prima superiore, la quarta seconda superiore e la quinta terza superiore. CHIARO?”
Bah.”
“Ok, mamma.” Guardai il frigorifero sognante “C’è qualcosa per merenda?”
Certo, tiramisù?”
“Oh si.” Dico, ho proprio bisogno di una sana dose di zuccheri e grassi da ingerire.
Il primo giorno di liceo era andato orribilmente. Non ero riuscita a socializzare con nessuno, e mi avevano appioppato come compagno di banco un ragazzo, ma ci rendiamo conto? Un cretino come gli altri, ecco chi mi avevano messo.
Ammetto che è stato gentile con me, ma ciò non toglie la sua natura da idiota. Come tutti, ovviamente.
Con la testa immersa in mille pantumine, addento il mio tiramisù.
All’improvviso mi viene in mente Ludovica! Chissà com’è andato il suo primo giorno di liceo.
Afferro il cellulare, scrivo veloce un sms:
 

Ciao dear =]] com’è andato il tuo primo gg?

 
In meno di sette secondi ecco che il mio Nokia squilla nuovamente. Probabilmente anche lei stava scrivendomi qualcosa, ma io l’ho preceduta.
 

Alla grande *-* Nn hai idea di qnt fighi … te? J
Ps. Ti va di incontrarci x un gelato il pomeriggio?

 
Non ho impegni, perciò accetto l’offerta e le rispondo:
 

Così e così, non è andata come speravo, ecco.
Ps. Accetto l’invito ma solo se andiamo al parco senza altri gelati ^^”

 
Ludovica non è una ragazza obesa, eh, è solo un po’ in carne. Adora mangiare e se ne frega degli altri, fa bene. Come Adele, del resto. A proposito di Adele!
Music Time.
Mi alzo dalla sedia in cucina dove il piatto con il tiramisù era oramai vuoto, salgo velocemente le scale prendendo il pc da camera mia e mi trasferisco sul divano del salotto.
Youtube. Rolling in the Deep.  Tengo il tempo con il piede, battendo sul divano.
 

Baby I have no story to be told
But I’ve heard one of you
And I’m gonna make your head burn
Think of me in the depths of your despair
Making a home down there
It Reminds you of the home we shared

 
Mi alzo. Come posso stare ferma? Inizio a danzettare qualcosa, improvviso. Una piroette, spaccata in aria, ed ora mi alzo, mettendomi in piedi sul divano. Prendo il telecomando della Tv e canto, sono stonata come un maiale, ma a chi importa? Devo solo sfogarmi. Voglio solo divertirmi.
 

There’s a fire starting in my heart
Reaching a fever pitch
And its bring me out the dark

The scars of your love remind me of us
They keep me thinking that we almost had it all
The scars of your love they leave me breathless
I can’t help feeling.

[…]
Rolling in The Deep.

 
Inizio una serie di passi di cui una ballerina potrebbe vergognarsi, anzi, dovrebbe. Scordinata è dire poco. Ma non m’interessa. Faccio tre piroette, inizio a saltellare, mi volto, mi butto sul divano scalcio in aria e ancora canto.
Ed ecco che la canzone finisce, lasciando un accordo sospeso.
Incredibile come la musica mi possa far cambiare. Sono felice quando la ascolto, non vivrei senza.
E’ una cosa che ti attraversa, ti fa vivere il momento e quando finisce devi ascoltare qualcos’altro per vivere.
Non sono una tipa che, ad esempio in macchina, riesce a parlare tranquillamente senza ascoltare la musica, tenere il tempo. Preferisco concentrarmi su di essa e pensare. Amo la musica più di ogni altra cosa.
Mi alzo dal divano ancora mezza stordita.
Nuovo messaggio sul cellulare:
 

Ok. Davanti casa mia alle 16:10.

 
Rispondo di fretta:
 

OK.

 
Salgo in camera a prepararmi. Stavolta avrei indossato capi più normali, non come questa mattina. Quel look non fa per me, forse è per questo che non mi sentivo sicura di fare nuove conoscenze, di presentarmi.
Prima di piacere agli altri devi piacere a te stessa.
Indosso dei jeans skinny beige ed una canottiera blu; all star bianche e borsa blu.
Metto gli occhiali da sole e via, si parte.
“Ciao mamma, vado da Ludovica.”
Quando torni?
“Verso l’ora di cena, bye!”
C’è il sole. Si respira una leggera brezza di vento fresco.
Mentre cammino mi accorgo di un bel cagnolino per la strada. Deve essere un golden retriver, ha il pelo beige e gli occhi azzurri. Ehi, un momento! Ma questo cane ha il guinzaglio! Dov’è la padrona?


Muahahah - ma quanto sono cattiva!
Che ci posso fare, carote, adoro la suspence *^* (?)
Aspetterete fino a mercoledì per il prossimo capitolo ;) Sono solo due giorni ... *risata malefica*
Mmh, momento sclero a parte, vi è piaciuto? Spero di sì. Come vedete la nuova classe inizia a formarsi, ne vedremo delle belle [...]
RECENSITE IN TANTI, CAPITO PUFFI ROSA? =]
Bye,
xwannabewriter.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


-          Capitolo quinto

 
Mi accuccio a terra all’altezza del cagnolino, intenta a cercare di tenerlo fermo.
“Ehi, buono!” dico fra una leccata e l’altra. Che coccoloso! Decido di prenderlo in braccio, infondo la padrona non s’è ancora fatta vedere, perciò magari con un buon discorso riuscirò a convincere i miei genitori a tenere il cucciolone. Insomma … qualche parola sul randagismo e un pizzico di compassione dovrebbero convincerli. “Io e te andiamo al parco con Ludovica, d’accordo?” accarezzo la morbida testolina all’animale, incamminandomi. Noto che sul collare c’è scritto Balù – 03.07.11
Il cucciolo quindi è una femmina! Ed ha circa due mesi. Non c’è da sorprendersi che sia così energica, è piccola e non addestrata. “E così ci chiamiamo Balù, eh? Bau!” Balù mi guarda perplessa, poi ricambia il verso abbaiando.
Mi infilo gli occhiali da sole, tenendo stretta Balù per il guinzaglio. Una volta arrivate al parco, vedo la mia amica seduta su una panchina. Si accorge di me e della mia nuova conoscenza.
What? Ehm … Vero! Chi è?” si alza, venendomi in contro e salutandomi
“E’ Balù. L’ho conosciuta poco fa … deliziosa, vero?”
… Non intenderai mangiarla!
“Ma va! Intendevo dire che è dolcissima. Tu e i tuoi doppi sensi.” Ci incamminiamo nel viale alberato, alla nostra sinistra intravediamo le giostre per bambini
Forse dovremmo farla salire sull’altalena, sarebbe divertente.
“Ma anche no!”
Dai”
“No.”
Please!” fa gli occhi dolci
“E va bene; ma” , aggiungo, “solo se la spingiamo piano. E’ piccola, anche se non sembra.”
“Perfetto.”
Una volta fatta montare Balù sulla giostra, la cucciola inizia ad abbaiare e scodinzolare. Mentre la tenevamo a bada in modo così bizzarro, io e Ludovica iniziamo a dialogare
Mi racconti il tuo primo giorno? Non hai voluto per sms, prima.
“Bah, che ti devo raccontare? Solito, non sono riuscita a integrarmi e a parlare con nessuno …”
Dovrai tentare di farlo al più presto” mi interrompe
“Lo so! Ho parlato solo con Alessandro …”
Alessandro? Ma Veronica! Non rimorchierai il primo giorno!
Scoppio in una fragorosa risata. Non ero così troia, io. Anzi … praticamente l’ho ignorato.
“Ma che sei matta? Io non rimorchio proprio nessuno bella, caso mai il contrario no? E poi lo sai come la penso : i ragazzi sono tutti stronzi.” Scandisco bene l’ultima frase “raccontami tu il tuo primo giorno, invece.”
Nulla di che, a dire la verità. Ci hanno messo nelle sezioni e poi ho ascoltato distrattamente quella vecchia professoressa rachitica … credo che non andremo d’accordo.”
“Cerca di essere un po’ … mmh … come Francesco alle medie, ecco.”
“Ahahah , toglietelo dalla testa. Non mi ridurrò a far complimenti sul trucco alla prof, né tanto meno ad elogiare il suo metodo d’insegnamento.”
“Dicevo per dire …” accarezzo Balù, facendomi mordicchiare l’indice
“La classe è bella?” chiedo
Si, è bella. Te l’ho detto che ci sono di quei …”
“Fighi?” la interrompo io
Yes dear.”
 
Trascorro a parlare del più e del meno, del meno e del più, con Ludovica e verso le 19:20 mi rendo conto che ho davvero perso troppo tempo a spettegolare. Saluto Ludovica, promettendole di farmi sentire ogni tanto.
 
Finalmente! La cena è servita da un pezzo cara!” mamma si accinge a sgridarmi  -come se me ne importasse qualcosa-
“Scusa, ehm …” tengo ferma la borsa, sono consapevole del fatto che Balù rischia il soffocamento, ma io rischio la vita se dico a mia madre così, di punto in bianco, della cagnolina.
“Vado in camera a mettermi mmh … il … il pigiama, si!”
Solo allora, nella stanzetta, lascio libera Balù. Sta tremando, deve essere stordita, povera.
La prendo in braccio un ennesima volta, con la paura che qualche suo bisognino tocchi il legno del pavimento. Metto qualche foglio di Vogue sul pavimento e uso un vecchio flacone di crema come contenitore per la sua acqua “Ecco fatto … fino a dopo cena sta qui, mi raccomando!”
“Eccomi mamma” mi siedo al tavolo
Non dovevi cambiarti?” mi guardo la spalla destra, cavolo! Ho dimenticato di cambiarmi!
“Si ma non trovavo il pigiama … Che c’è di buono?”
Risotto alle verdure
“…”
Tesoro, non posso cucinare sempre quello che ti piace!”
“… Ok. Mangiamo.”
Guardo la tv cercando di evitare lo sguardo dei miei. Non ho voglia di parlare. Sono in uno di quei momenti no; ascolto con falso interesse lo speciale del TG 1 su un tizio che ha costruito un’alternativa alla benzina per risparmiare. Utile, ma altrettanto sconosciuto.
Addento un pezzo di pane, cerco di sfamarmi un po’ almeno con quello dal momento che odio dal profondo del mio cuore il risotto alle verdure!
In testa continua a gironzolarmi Skyscraper: riesco persino a sentire la voce, la melodia … Ho un’immaginazione ferrea.
“Ho finito! Vado al pc, a domani!”
Ciao cara!”
Entro nella mia stanza, rimanendo piacevolmente sorpresa dal fatto che Balù non abbia combinato danni.
“E così sei un animaletto diligente, eh?” Balù mi lecca il mignolo mentre la prendo tra le braccia; il suo pelo è morbido e setoso, ha gli occhi profondi. Mi siedo con lei in grembo alla sedia posizionata davanti al mio fedele amico computer. Mentre ascolto Skyscraper, entro per curiosità in facebook.
In linea ci sono i miei vecchi amici –dovrò preoccuparmi di chiedere l’amicizia ai nuovi, se solo conoscessi i loro nomi-
“Ciao Chiara” decido improvvisamente di fare un salutino
Ehi!” pausa di circa tre minuti. Che dico? Preferisco non avventurarmi sull’argomento scuola, ma di sicuro Chiara vorrà parlarne, ma magari se non glielo ricordo … Oh, basta pensieri!
“Come stai?”
Bene tu?” una di poche parole, lei. Con Ludovica basta farle una domanda e lei parte a raffica raccontandoti tutti gli aneddoti più strani della sua vita, un giorno non ricordo come siamo finite a parlare persino della regina d’Inghilterra Elisabetta II!
“Bene … ora vado, ciao!”
Ciao :]” un’emoticon, finalmente un segno della sua simpatia. Sembrava di parlare ad un robot …
 
Ora ho un problema maggiore. Dove metto Balù per la notte? Non sono riuscita a dire ai miei di lei, è ancora presto e non ho la più vaga idea di come allacciare discorso “We belli, sapete … abbiamo un cane!” no. NO. Così è più da darla direttamente al canile, la loro reazione sarebbe negativamente eccessiva.
Non voglio arrischiarmi a metterla in una cuccia improvvisata senza nessuno che la controlli, potrebbe aprire la porta con le sue piccole zampettino arruffate e scivolare via dalla stanza nel bel mezzo della notte.
Sospiro, l’unica soluzione sarebbe farla dormire con me.
Mi dirigo al mio bagno, cercando dei pannoloni o qualcosa del genere. Apro i cassetti e spalanco gli armadietti, poi ricordo che a fine corridoio c’è un grande “mobile-ricordo” –o almeno così deve essere chiamato, secondo mamma- , lì dentro, oltre ad una vasta gamma di miei ex-ciucci e foto di me da piccola ci sono anche confezioni mai utilizzate di pannolini per neonati. Scruto Balù, e penso che la grandezza dovrebbe andare.
Apro l’anta destra ed ecco lì i Pampers!
Ne prendo uno cercando di non ciabattonare troppo con le mie pantofole e fugace torno alla mia stanza.
Dopo quasi un quarto d’ora di estenuante lavoro per infilare il pannolone a Balù ci riesco!
Esprimo la mia allegria facendo una breve danza da schizzati mentali, dopo di ché mi rendo conto della tarda ora. Lentamente mi stendo a letto e metto Balù abbracciata al mio petto “Starai qua tutta la notte, tutta tutta … capito?” immagino che il piccolo animaletto risponda di sì, chiudo così gli occhi e mi addormento pensando inevitabilmente che iniziavo ad affezionarmi a quella piccola orfanella di padroncini. 




... Vi chiedo scusa! Non ho pubblicato per giorni lasciandovi con il racconto sospeso, ma volevo dare l'opportunità a tutti di leggere.
Spero che questa storia nata per noia e voglia di buttar giù qualcosa vi piaccia ;D 
Ho notato che qualcuno di voi ha inserito la storia tra i preferiti ma non ha mai recensito, e questo mi dispiace molto sinceramente! Vorrei sapere che ne pensate, perchè vi piace la storia, cosa non vi piace e così via! So accettare anche commenti negativi, sia chiaro! Certo che quelli positivi sono più ben accetti *risata malvagia*
Mmhh ... che aggiungere?
Il capitolo parlava leggermente di Demi Lovato e della sua hit Skyscraper, quindi ...
Stay Strong people!
xwannabewriter.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


-          Capitolo sesto

 
Guardo distratta il paesaggio dalla finestra dell’aula di chimica. Una leggera brezza fa sventolare un albero da una parte all’altra, mentre il terreno umido si sta lentamente ricoprendo di foglie. L’autunno sta già arrivando, ed io mi sto perdendo fra i miei mille dubbi.
Sospiro.
Perché la mia vita deve essere così … strana? Cioè, ok, ho trovato Balù e ho un paio di amiche, una bella famiglia e tutto quanto, ma sento che qualcosa manca. Non so spiegarlo di preciso.
Sbuffo.
Doniselli, alla lavagna prego.” Osservo il professore, che con un dito su un punto preciso del registro, mi fa cenno di andare. Sento la classe tirare un sospiro di sollievo, mentre io –la povera malcapitata che probabilmente si prenderà un bel 2 per non aver studiato- non ho nemmeno il tempo di sfogliare il libro e ripetere le ultime nozioni su … un momento! Ma quella era la prima lezione, il secondo giorno e già mi devo prendere un due? Mi dirigo alla cattedra incerta.
Ho notato la tua disattenzione, signorina: che c’è? Esponi, grazie.” Impreco mentalmente in tutte le lingue che conosco aggiungendone di mia inventiva, notando che la classe mi guarda con aria incuriosita.
“Ehm … mi scusi prof è che … ehm … che …”
Stiamo aspettando, racconta.
Colpa mia prof! Stamattina le ho chiesto un consiglio su un importante tema di letteratura in qui non sapevo che scrivere, probabilmente ci stava pensando per darmi una mano, scusi non succederà più!” Squadro una ragazza piuttosto alta con dita lunghe e affusolate venirci incontro; la sua carnagione è scura, i capelli sono bruni e gli occhi di un innaturale castano carbonizzato
Non credi ehm …”
Vercelli Letizia, prof
Non credi, Letizia, che avresti potuto chiedere ciò in un altro momento evitando di distrarre Doniselli?” Odio quel professore, parla come un enciclopedia “Come parlare disinvoltamente in situazioni all’apparenza malvagie”. E non capisco chi sia questa Letizia, anche se la ringrazierò in eterno per avermi salvata dal professore e dal raccontare alla classe i miei problemi interiori.
Ha completamente ragione” questa ragazza è un’innata paracula
Tornate al posto. Guardate! Mi avete fatto perdere dieci minuti per queste cavolate!” si sistemò animatamente gli occhialini, stropicciando il lembo della sua camicia.
Sussurro un grazie a Letizia, mentre tornavo al mio banco. Guardo di sfuggita Alessandro, per poi sistematicamente ignorarlo per il resto dell’ora.
 
 
“Ci conosciamo per caso?” appena finita la pesante giornata di scuola, non ho resistito e mi sono diretta verso Letizia
No, non credo a dir la verità”
“Ah, comunque grazie mille per la seconda ora!”
Figurati, mi sembravi in difficoltà e ti ho aiutato, no problem” sembrava in ritardo per qualcosa
“Ok, ti saluto allora! E scusa il disturbo!”
No figurati, è che fra mezz’ora ho lezione di scherma e non voglio far tardi.”
Capisco … a domani!”
Forse e dico FORSE ho trovato un’amica che, per giunta, fa pure scherma! Wow.
Mi volto, percorrendo il viale alberato del cortile.
Noto che Alessandro sta distribuendo, poco più avanti, alcuni volantini.
Continuo indifferente la camminata, sperando non mi chieda di prendere un insulso pezzo di carta, vuole ripetizioni, forse, magari con una bella studentessa con l’ottava. Bah.
Veronica! Prendi un volantino, per piacere?
Ecco. Fottuta. Avrei dovuto conversare con lui, ancora. Mi fa strane sensazioni quel ragazzo, cose che non voglio provare. E’ solo un’idiota.
“Dipende da che cosa si tratta.”
Vieni che ti mostro.” Mi prende un colpo quando, nel volantino giallo a caratteri cubitali vedo scritto:
 

Smarrita cagnolina di due mesi. Balù, pelo beige, occhi azzurri. Golden Retriver, taglia grande.
Per qualsiasi avvistamento contattare qui: 06.82654215 – 34700111

 
“Oh merda.”
Hai detto qualcosa?”
“…”
Veronica!”
“E’ la tua cagnolina, questa?” indico il volantino
No, mi sono messo a distribuire volantini gratis ad uno svedese di 90 anni che si sente solo senza la sua fedele compagna.”
“Bastava dire sì.” Fa un sorrisino sbilenco
Si, è mia. L’hai vista?
“Se.”
Che vuol dire se?”
“Si!”
Ah, ok, dove?” parve allarmato
“Sotto una ferrari rossa fiammante che sfrecciava a tutta velocità, una suora di un convento là vicino le ha fatto il Padre Eterno.”
COSA?” Sorrido al suo modo
“Scherzavo cretino! E’ a casa mia, l’ho trovata ieri pomeriggio fuori da casa mia … che palle, la volevo tenere io!”
Grazie per non averla lasciata là fuori tutta sola”
Silenzio imbarazzante.
Ti scoccia se la vengo a prendere oggi pomeriggio verso le 16:00?”
E che cavolo. Certo che mi scoccerebbe! Non voglio che si metta a sbirciare a casa mia, tutto per un suo errore. Poteva tenerla bene al guinzaglio, così io non l’avrei trovata e di conseguenza non avrei avuto lo stress di sistemare casa e comportarmi civilmente con … quello.
“No.” cosa? Che mi è saltato in mente? Brutta cretina che non sono altro!
Ok, se la trovo messa male ti denuncio ahahah!” certo, provaci che così ti frullo e ti do da mangiare a Balù!
“Bella battuta, ah-ah.” Sarcasmo non guasta mai, no?
 
Mentre aspetto l’autobus  mi concentro sul traffico. E’ rilassante il rumore delle auto. Un po’ meno lo devono essere i guidatori –maggiormente sono trentenni alle prese con un lavoro, magari da segretario, con cartelline a destra e a manca da controllare-. Chissà che lavoro farò da grande.
Da piccola aspiravo a diventare una stella del cinema americano, una Audrey Hepburn moderna e sognavo di arrivare fino alla grande scritta “Hollywood” in una Lang Rover bianca con i vetri oscurati, in modo che i paparazzi non mi vedessero, speravo anche di far aggiungere la piccola scritta “Veronica’s here” assieme a quella grande ed imponente. Crescendo ho capito che è una gran cavolata, degna di me.
Così verso i dieci anni ho optato per diventare un’avvocatessa divorzista. Ero in un periodo decisamente emo. E’ là che ho iniziato a detestare i maschi, ora che ci penso.  Grandi e muscolosi ma con un pallone da calcio al posto del cervello.  Fatto sta che sono l’unica che sembra accorgersene, qui.
Tiro fuori dal mio zaino un succo alla pera, ho sete e tanto sonno. E odio le pere.
Chissà dove abita Alessandro, ammeno ché Balù non abbia corso per ore –e data la sua tenera età credo sia impossibile- io e lui abitiamo vicini. Che scherzi che fa questo fottuto mondo, che cavolo.
 
 


Ehi ehi ehi :'D
Come avrete sicuramente (?) letto, Veronica fa conoscienza di una nuova amica (?) di nome Letizia. E inizia a sentirsi strana ogni volta che parla con quel cretino di Alessandro.
Presentimenti?
Convinzioni?
Consigli?
Adulazioni?
(l'ultima l'ho messa solo per fare rima, eh u.u)
FATEVI SENTIRE RAGAZZI! VOGLIO TANTE RECENSIONI,

mille pizzicotti,
xwannabewriter.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


-          Capitolo settimo

 
Chiudo innervosita il libro di storia dell’arte, non riesco a capire nulla del procedimento per creare una volta a crociera e, per quanto sono convinta che domani al test d’ingresso prenderò un’insufficienza, non m’interessa assolutamente nulla.
E’ una brutta giornata. Oggi a scuola è iniziato un temporale e abbiamo passato l’ultima ora cercando di rimanere attenti, più che ascoltare la prof.
In compenso ho trovato una nuova amica, Letizia. Mi è stata simpatica sin dal primo momento, non sono convinta che avrei avuto il suo coraggio nel difendere e mentire così spudoratamente per una sconosciuta. Ieri pomeriggio Alessandro è venuto per portarsi via Balù, mi ha rincuorato il fatto di vederla leggermente triste. Magari le mancherò. Non si è dilungato molto, ha bussato e quando ho aperto gli ho fatto presente che è stato inventato un campanello, prima di dargli Balù e congedarlo.
Mi chiedo perché non riesco a guardarlo negli occhi.
Vorrei davvero che non fosse mai venuto, avevo le mani che sudavano freddo e balbettavo. E’ sembrato quasi che se ne accorgesse –spero vivamente che non lo abbia fatto- . Ad ogni modo, credo volesse entrare. Un po’ mi è dispiaciuto mandarlo via quasi a calci, ma mi mette troppa agitazione quel ragazzo.
E’ sempre successo, con qualcuno di ipoteticamente carino agli occhi delle mie amiche.
Io vedo e vedevo tutti come degli imbecilli, ma con quei pochi ragazzi “fighi” non riuscivo a intrattenere conversazione ne ad offenderli. Probabilmente è la soggezione; desidererei che la miss sloggiasse da me in quanto ogni qual volta che, puntualmente, questi scemi fanno soffrire le mie amiche io vorrei tanto difenderle ma non riesco a far di più che lanciarli un’ occhiataccia, mentre loro non guardano, naturalmente.
Tesoro! Devo andare a casa di Niles per quella riunione, sai … i prodotti della Estèe Lauder.”
“E io che mangio per cena?!” dissi cercando di farmi sentire da camera mia
Nel microonde ci sono i bastoncini di pesce. Ciao, porto con me tuo padre!”
“Ciao!”
Mi alzo barcollando dalla scrivania e spengo la luce.
Mi butto sul divano e accendo la tv. Su MTV c’è un interessantissimo programma, parla delle case dei teenagers americani. Di quegli ricchi. Stento a credere che esistano case con una piscina dentro e una sala cinema. Che odio che provo. Perché loro? Dio, non potevi scegliere me?
Mi è persino passata la fame. D’un tratto sento bussare la porta. Che mi prenda un colpo, chi si permette di disturbare a quest’ora? Mi alzo svogliata dal mio rifugio e apro la porta.
“Chiunque tu sia, c’è un campanel …”
C’è un campanello sa suonare, perché l’hanno inventato apposta. Giusto?” Sbianco, poi divento rossa, poi blu e infine viola. Alessandro?
“Che ci fai qui?”
Scusa il disturbo ehm …” si grattò la testa, ma che ha? I pidocchi? Bah. Comunque stavolta cerco di fare la carina, forse è meglio.
“Prego, entra!” dico melodrammaticamente
Sempre ospitale, tu.”
“Scusa, è che me ne stavo tranquillamente seduta sul divano a vedere due troie snob esporre le loro casa miliardarie alle telecamere di MTV, non mi aspettavo che uno sconosciuto bussasse per la seconda volta a casa mia!”
Scusa. Vuoi che me ne vada?”
“Vorrei dire di sì, ma credo che se tu sia venuto qui sia perché hai bisogno di qualcosa perciò parla su.”
Ho dimenticato il collare di Balù.”
“E’ vero, che scema scusa! Due notti fa dormiva con me e non ero pratica, pensavo si strozzasse o altro e gliel’ho tolto! Vado a prenderlo.” Dico correndo via, non voglio pensi che sono una ladra di collari. Non ho nemmeno un cane, ma data la mia ostilità dei suoi confronti non ho problemi a pensare che sia convinto lo voglia indossare io. Doppio bah.
Scendo velocemente le scale.
“Eccolo, scusa ancora …”
Basta accusarti e subito ti fai più gentile, utile.”
Mi trattengo dal dargli un bel pugno in faccia, che senz’altro non gli avrebbe fatto male, ma magari avrebbe alleviato la sua grande faccia tosta. Sii gentile Veronica, sennò qui scoppia la terza guerra mondiale.
“Posso fare qualcosa per te?”
Posso un bicchiere d’acqua?”
“Si, vieni in cucina”
Lo faccio accomodare sulla sedia e li metto davanti al naso la bottiglia con un bicchiere. Sembra paralizzato.
“Eccoti l’acqua” dico, magari si è dimenticato che mi ha chiesto di bere
E non me la versi? Bah.”
“Senti, vuoi un pugno? No? E allora taci!”
Stai calma, sennò ti vengono le rughe qui” mi indica la fronte, rabbrividisco a quel contatto così ravvicinato con il nemico. Mi siedo vicino a lui.
Hai studiato arte?”
“No, mi sono arresa. E’ troppo complicata.”
Ma và! E’ una cavolata.”
“Hai già studiato?”
Si, prima di venire qui.”
“Ma dove abiti? Cioè … non voglio venire ad ispezionarti casa, è solo per … beh, per sapere.” Farfuglio particelle di frasi, sembra divertito. Lo odio.
Abito dall’altra parte della strada, cinque case a sinistra e la mia è quella color crema con il prato rinsecchito.”
“Ok …” non so come far decollare la conversazione, ci pensa lui
Se vuoi ti do una mano con arte.”
“Sarebbe ok, ma non so … i miei tornano per le 23:00.” E questo che c’entra?! Mi odio.
Finiremo di sicuro prima.”
“Allora presumo che vada bene.”
 
Trascorriamo due ore a parlare di cemento, volte a crociera e non mancano le mie –puntuali- imprecazioni. Che cazzo si è messo a creare quel bastardo che ha inventato queste volte a crociera? Argh. Alla fine, però, devo dire di essere riuscita a capirci qualcosa.
“Grazie … secchione.”
Grazie a te, è bello sentirsi prendere per i fondelli da te dopo che ho sprecato voce e tempo per insegnare qualcosa alla tua mente mentecatta.”
“Sarcastico.”
Egocentrica.”
“Sbruffone.”
Ti detesto.”
“Io di più.”
Ci guardammo dritti negli occhi per qualche secondo, poi scoppiammo tutti e due in una grande risata di pancia. Era bella, la sua risata. Io invece sembravo un grizzly in calore, ma va beh.
Vorrei aiutarti più spesso.”
Fottuta. Se rispondo si chissà che si mette in testa, se dico no ha ragione a dire che sono un’egocentrica.
“Non so. Ti dirò.”
Ok, tieni il mio numero.”
Si era preparato il bigliettino? Ahahah.
Trattengo le risate.
“Allora a domani …” dico, accompagnandolo alla porta
Ciao Veronica!”
“Ciao Ale … ssandro, Alessandro!”
Chiudo la porta, sprofondando in una bella risata.
Con tutte quelle spiegazioni tecniche sulle volte a crociera mi è venuto un sonno micidiale.
Sarà meglio andare a letto. Vado in camera e accendo il computer, scrivo una nuova frase sulla pagina facebook.
 

Ci ha provato? Cretino due volte. Oggi lezioni sulle volte a crociera. Che palle, i suoi occhi erano bellissimi però … :O ‘Notte … mentecatti.

 
Era una parola che non avevo mai sentito. Detta da lui suonava molto bene. Troppo bene?




Mi stavo iniziando ad annoiare, così ho smosso un pò gli animi e ho fatto avvicinare Vero&Ale. 
Ho già in mente un seguito ;D Ma vi lascio con una domanda ... Alessandro è interessato o punta ad altro? Mmh. Segreto! =P
Ahahah, seguite la storia e lo scoprirete.
Ps. GRAZIE A CHI HA MESSO LA STORIA NELLE PREFERITE, SIETE AUMENTATI <3
Recensite brutte carote avariate, NOW. ;P

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


-          Capitolo ottavo –

 
La verifica è andata bene, quel mercoledì mattina. Ho preso 7. Alessandro me lo sta continuando a rinfacciare, ed io non posso fare a meno di guardarlo. E’ uno stronzo, ok, ma è l’idiota più bello che io abbia mai visto. E la sua voce è capace di entrarti dentro, un po’ come, alle sagre di paese, c’è la musica suonata e la cantante –solitamente cinquantenne con il rossetto sui denti-  ogni volta che canta senti la sua voce e la musica dentro di te. Lì è perché il volume è troppo alto, ma lui anche a bassa voce mi da quest’effetto. Nel frattempo io e Letizia siamo diventate molto amiche, mi ha presentato anche Beatrice e Maria. Sono simpatiche, ma sono le classiche tipe … snob. Vorrei dire anche rincoglionite senza un minimo di decenza ma ho promesso a Letizia di cercare di farmele stare simpatiche. La loro ultima conversazione –da me bellamente origliata- era una cosa davvero complicata, si sarebbero dovute rivolgere ad un medium per scoprire la verità, a parer mio. Si chiedevano che fondotinta usare. Potrebbe sembrare una cretinaggine ma non lo è, infondo loro due  hanno la pelle entrambe mulatta ed è normale che vogliano essere ancora più scure! Bah. Sarei voluta andare lì a dir loro che potrebbero spendere tutti quei caspita di soldi per i bambini malati dopo di ché pensare alla loro testa (malata). Oggi andrò dalla parrucchiera. Mia mamma mi ha praticamente convinta che era ora di dare un taglio ai miei ricci crespi e senza una forma precisa; all’inizio ero contraria all’idea, ho sempre pensato che –per quanto li odiassi- mi donassero. Del resto sono mora, ho gli occhi scuri e la carnagione altrettanto scura, perciò i ricci crespi sono un must, no? A quanto pare sbaglio.
Veronica, scendi che è ora di andare!
“Siii” percorro il breve tratto di strada che mi separa dalla porta d’uscita, prendendo al volo il cellulare e una borsa blu “Eccoci.”
In macchina parliamo del più e del meno.
Mentre canto Call Me Maybe a squarciagola, lei mi intrattiene raccontandomi delle creme che ha comprato alla riunione della Estèe Lauder. Interessante, interessantissimo … decido di proiettare il discorso su qualcosa che mi preoccupa maggiormente.
“Che cacchio di taglio mi faccio?”
Fin dove ti arrivano?” sciolgo i capelli dalla coda alta e misuro che arrivano quattro dita dopo le spalle.
In tal caso … che ne dici di farteli piastrare?
“Tanto poi basta una lavata e ritornano così.” Prendo una ciocca arricciolandola ancora di più
Ho sentito parlare di una stiratura che dura per circa sei mesi. Fino a che non ti ricrescono i capelli nuovi, questi rimangono lisci.”
“E’ terrificante.”
Non corri nessun rischio tesoro, e poi era solo una proposta per cambiare un po’.”
Cambio canale radio.
Finalmente eccoci arrivate.
L’edificio è interamente occupato per il negozio. Le porte sono tutte in vetro trasparente, perciò anche da fuori riesco a vedere quello che mi aspetta. Il pavimento è in marmo bianco, le pareti sono rosse corallo e ci sono un sacco di quadri con tagli di capelli strani e sicuramente difficili da fare, le cornici sono tigrate.
La reception è anch’essa tigrata, una parrucchiera ci si avvicina. Indossa un grembiule nero con la scritta “alia’s hairstyle” rossa corallo e porta una lunga chioma di capelli miele ondulati.
Buongiorno, avevamo l’appuntamento per le 15:05 …”
Si, prego entrate.”
“Grazie.” Faccio un faccino angelico –magari non mi farà una pettinatura da Dracula, se mi comporto educatamente-
Siediti lì che ti lavo i capelli, metto giù il phon e arrivo.” Prendo un giornale dal tavolino cristallizzato e mi siedo; wow, non sapevo che Kate Middleton avesse speso così tanto per la sua dieta personale, e Clooney dentro prigione? Doppio stupore.
Eccomi, allora come ti chiami?”  avrà avuto si e no 26-27 anni, le do comunque del lei
“Veronica, lei?”
Dammi pure del tu tesoro, mi chiamo Alia.”
“Sei la padrona del negozio?”
Si, ahah.” Che c’è di divertente? Boh.
Dunque” dice “come li vuoi i capelli?” lo shampoo che sta usando é davvero buonissimo
E’ molto indecisa, lei come li vedrebbe questi ricci?” chiede mia mamma
Penso che una bella stiratura farebbe risaltare i tuoi occhi!”
“Mia mamma mi ha detto che ne esiste una che dura 6 mesi.”
Vuoi quella?”
“… ok … e vorrei i capelli un po’ più corti delle spalle.”
Alia si mette così al lavoro.
Spero solo di non sembrare un clown. Che autostima alta, la mia. Dopo circa la bellezza di due ore e mezza ecco che ha finito. Mi sento la testa così leggera … oh mio dio! Chi è quella lì allo specchio? Io? Eh? Che? Neh? Calma, Veronica. Calma.
“Ma sono stupenda!”
Avremmo dovuto tentare in un cambiamento di look un po’ prima”
“Niente momenti di amarezza mamma.”
Sta bene, davvero bene. Sembri una modella!”
“Grazie Alia. Hai fatto magie!”
Posso farti una foto e appenderla alle altre nei muri? Faccio foto solo quando le clienti sono soddisfatte e stanno benissimo, questa mi sembra una di quelle volte.”
“Ok!”
Mi metto in posa, occhiolino e pollice alzato e non appena sento il “Ciak” della macchina fotografica ritorno alla mia normale espressione, notando una vecchia signora che sorride annuendo. Ho anche l’appoggio delle diversamente giovani, yeh!
Parlando seriamente. Sono contenta del risultato ottenuto, non mi sono mai sentita così carina.
Del resto con i compagni di classe che mi ritrovavo alle elementari, è stato tutto difficile.
Credere in me stessa in primis.
Ero allegra, spensierata e credevo nelle sirene, nelle fate e tutte quelle cose lì. Ero leggermente in sovrappeso. Mi chiamavano balena, culona, miss doppiomento e quando mi avvicinavo per giocare a nascondino dicevano che era meglio se facevo giochi più tranquilli, non sarei riuscita a correre veloce come loro. Ci sono rimasta male per tanti, troppi anni.
Poi con l’adolescenza il peso in eccesso è sparito e ora sono normale, ma se ripenso a tutti quegli insulti mi sento morire.
Non si dovrebbe giocare con i sentimenti dei più piccoli.
Aspetto di vedere cosa ne penseranno a scuola, domattina, del mio nuovo look.




Capitolo corto ... lo so lo so. Ma mi serve da collegamento per il prossimo, che sarà senz'altro più esilarante. 
In questo ho dato spazio alle emozioni di Veronica, più che ai fatti. Ad ogni modo vi ringrazio per le belle parole, sono felice che la mia storia vi piaccia ^^ 
Che dire? RECENSIRE E' D'OBBLIGO, SE SEI ARRIVATO FIN QUI DEVI LASCIARMI UN PARERE <3
Non sapete quanto mi rispecchi nella storia, sono la prima lettrice e critica de 'I sogni hanno le ali' e nel prossimo capitolo vi spiegherò perchè l'ho intitolata così ='D
Ps. Stavo pensando di mettere due foto:una di come mi immagino Alessandro e l'altra di come mi immagino Veronica? Volete? Dovete dirmi come fare il collegamento però >< 
Ciao e al prossimo chapter!
*svanisce in una nuvola di fumo glitter* (?)
xwannabewriter.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


-          Capitolo nono –

 
Sono in autobus e vicino a me c’è Alessandro. Ho il cappuccio in testa e non ho intenzione di toglierlo per tutta la mattinata. Fifona? Si, tanto. E se mi dicessero che sono ancora peggio piastrata? Sarebbe una catastrofe colossale.
Veronica non pensi che sia meglio toglierti il cappuccio? C’è un sole …”
“Fatti gli affari tuoi Alessandro” bofonchio io, con tutta la mia grazia
Ok ok, stai calmina.” Calmina lo dici a tua sorella, sempre che tu ne abbia una, cavolo!
Sono più nervosa dei miei nervi.
Finalmente l’autobus si ferma, scendo e percorro da sola quei pochi tratti di strada che mi separano da scuola. Sento che Beatrice e Maria parlano del compito il classe.
Hai studiato le formule inverse? Aiuto … “
“Già, mamma mia è difficilissimo. Ho portato la mini, poi alla seconda ora vado in bagno e la metto, dici che Diego mi suggerisce? Dai credo di si, no?!”
Certo, voglio dirle io, certo che ti suggerirà brutta cafona troia che non sei altro. Vieni a scuola nuda, già che ci sei, no?
Entro in classe. Mi metto a sedere e vedo Alessandro ed un paio di suoi amici che si avvicinano a me.
Hai studiato? Ci suggerisci vero?”
“No in tutte e due.”
Cattiva.”
“Ok.”
Se ne vanno delusi. Non so perché mi comporto così con i ragazzi, so’ solo che non ne posso fare altrimenti: è come un muro, non riesco a buttarlo giù. Forse sono una femminista, o forse ho solo paura.
Non mi piace questa parola, ma probabilmente è così che mi sento.
Non mi rendo conto che il compito era già stato posato sul mio banco dalla prof che, sarcastica, se la rideva. Basta uno sguardo per capire che ciò che mi aspetta è un bel 2. Osservo Letizia, che con sguardo complice mi ricambia l’occhiata. Leggo il suo labiale “Suggeriamoci.”
“Quanto dura la verifica, prof?”
Due ore.”
“Ok.”
… Avevamo mai studiato queste cose? Oddio, non so niente!
“Diego, Diego!” cerco di accattivarmi l’attenzione del secchione, intento a guardare la gonna di Beatrice. Ops, forse guardava qualcos’altro dato che la gonna era praticamente inesistente. Bleh.
“DIEGO!”
Che c’è?” oh, sei scocciato? Cos’è, ho interrotto qualcosa?
“Suggeriscimi.” Bofonchiare non è di certo un metodo per sedurre, ma chissene. A me interessa prendere la sufficienza, solo questo.
No.”
“Brutto idiota occhialuto che non sei altro o mi suggerisci o vengo li e te le do’ di santa ragione, ti faccio un occhio nero che nemmeno Madre Teresa di Calcutta riuscirà a toglierti e dovrai fare da protagonista per ‘Il Gobbo di Notre Dame’ a vita, CHIARO?!”
E’ dopo questa romantica dichiarazione d’affetto che Diego mi passa un foglio con su scritte tutte le soluzioni. Sorrido all’idea che –per una volta- avrei preso la sufficienza in un compito di matematica e sorrisi di nuovo pensando che, al classico, di matematica ce n’è ben poca.
Suona la campanella. Mi dirigo in atrio con Letizia al seguito.
Com’è andata?”
“Bene, ho chiesto tutto a Diego.”
Hai visto la gonna di Beatrice?”
Ah, aveva una gonna? Non me n’ero accorta che fosse vestita …”
“Già. Credo che non riuscirò più a esserle tanto amica … “
“Evvai! Sai, pensavo di fare una festa a casa mia con tutti quelli della classe. Così, per inaugurare il nuovo anno.”
Hai una bella casa?”
“Beh, è una casa ad un unico piano ma è spaziosa e sabato sera i miei se ne vanno per lavoro e tornano domenica pomeriggio.”
Ok, ma se inviti Beatrice e Maria sta sicura che la casa la troverai a pezzi.”
“Lo so …” “Mi consigli di invitarle Letizia?”
Ehm …” “Se non le inviti non verrà nessuno.”
“Sono così importanti?” Sbuffo. Le troie domineranno e non so proprio che farci.
Vedo passare Alessandro. Senza un motivo preciso, mi ci avvicino. Siamo diventati un po’ più amici, e poi devo invitarlo, perciò …
Cammino spedita, si sta allontanando.
“Ciao!” mi guarda per qualche secondo, non capisco che abbia.
Stai benissimo!”
“Eh?” tocco il cappuccio … dov’è il cappuccio? Cazzo. Perfetto, la persona a cui avrei mostrato meno volentieri il nuovo taglio di capelli è stata la prima persona a vederli.
“Ehm … si, li ho fatti ieri …” gesticolo senza motivo con le mani
Stai bene.” Dice ancora, prima di allontanarsi e salutarmi con un rapido fruscio della mano.
Dopo circa cinque secondi tutta la classe è su di me, pronta a farmi domande del tipo “Dove te li sei fatti? Li voglio anche io!” Odio la popolarità. Certo, sempre che questa lo sia. Nel frattempo penso a un modo per invitare tutti senza dare nell’occhio. Un invito scritto penso vada bene.
 
 
“Mamma … potrei, ecco, ehm … dare una festa?”
Quando?” mia madre è una tipa abbastanza permissiva. Finché non ti trova completamente sbronza o con la casa sottosopra, ti lascia fare le tue ‘esperienze di vita’ come le chiama lei; è un punto a mio favore. C’è sole fuori e, sebbene siamo a metà settembre, il paesaggio si è già ingrigito parecchio.
Mamma, seduta sul divano con in mano l’ultimo libro di cucina, mi guarda annoiata.
“Questo sabato.”
Ma è giovedì tesoro! Non posso fare un buffet in due giorni scarsi!” pausa “Oh … sabato io e papà dobbiamo uscire, ecco perché tanta fretta.” Un sorriso amaro le si dipinge in volto, una nota di nostalgia appare inevitabilmente sulla sua faccia. Credo che tutte le madri, infondo, sognino di avere sempre con sé i loro figli, solo che questo non sempre è possibile. Bisogna lasciarli andare.
Tempo fa’  sulla caldaia in terrazza una rondine aveva fatto un nido. Mio padre aveva intenzione di spazzarlo via, ma insistei tanto perché non lo facesse. Volevo vedere i piccoli rondinelli.
Qualche volta la mamma rondine si alzava e volava via a prendere qualche lombrico da dare ai figli, ancora piccolissimi e privi di forze. Poi a fine estate, un giorno qualunque, mi accorsi che se n’erano andati via lasciando solo un piccolo nido informe e sporco.
L’anno seguente, sempre in quel periodo, vidi che c’era un altro nido, solo che la rondine era diversa, assomigliava a quella di prima ma aveva qualcosa di particolare, non erano la stessa persona. Pensai che fosse la figlia,  ne ebbi la certezza. In un anno era cresciuta parecchio, e la sua mamma non c’era più. Triste, ma parte del ciclo vitale. Tutti crescono e cambiano.
“Allora, posso?”
Va bene, ma prometti che farai la brava.”
“Promesso.”
 
Che ne dici di questo?” Letizia mi mostra un vestito nero con un’ampia scollatura a V. Siamo al centro commerciale da ore e non abbiamo ancora trovato niente per la festa.
“No. Assolutamente no.”
Questo?” me ne fa vedere un altro, verde e giallo. Il corpetto verde senza spalline,  la gonna gonfia e un po’ spiegazzata gialla.
“Provalo.”
Ok.”
Mentre Letizia si dirige al camerino, noto un vestito abbastanza carino. Lo prendo in mano: ha un ampio scollo a V, è color petrolio con un cinturino nero in vita che fa apparire la stoffa prima di esso morbida e poco attillata, la gonna è 4-5 centimetri prima del ginocchio. Lo adoro, è così da me!
E’ dell’ultima collezione, bello vero? Lo abbinerei con queste scarpe, aspetta che le trovo …” sobbalzo. La commessa mi aveva spiata per tutto quel tempo? Va beh.
Tira fuori un paio di scarpe nere con tanto di tacco e plateau nere lucide aperte sulle dita. Non ne andavo matta, per niente. Un paio di ballerine sarebbero andate benissimo.
“Non saprei, sono un po’ troppo.”
Non ti piace qualcuno?
“Si … cioè no, no assolutamente no!”
Chiunque sia, queste scarpe andrebbero perfettamente. Mia figlia le ha messe per la laurea ed è passata con 110 e lode.”
Una marea di pensieri mi attraversano la mente. Forse era ora di osare un po’ di più … o forse no?
Proprio in quel momento esce dal camerino Letizia. Il vestito le stava a pennello, la carnagione pallida e rosata brillava con quei colori sgargianti, i capelli lisci e rossi risaltavano e gli occhi verdazzurro, assieme alle lentiggini, le donavano un aspetto perfetto, incredibile.
Come sto?
“Benissimo!”
Letizia vede il vestito che tengo in mano, non dice una parola: si limita a farmi il gesto dell’OK, con il pollice.
La tua amica stava pensando se comprare o no queste scarpe … Le starebbero perfettamente.
La commessa è un osso duro, oh.
E’ vero! Veronica, staresti benissimo cazzo!”
“Se se se.”
Diciamo sul serio.”
“Grazie dell’appoggio, Letizia.”
… Allora, comprate?” La signora aveva da fare, erano appena entrate tre ragazze e aveva gli occhi a forma di $.
Si, compriamo”
Letizia mi trascina alla cassa e paga tutto, anche le scarpe. Poi usciamo con due buste, contenenti i nostri acquisti e le nostre speranze.
“Che ti è saltato in mente? Avevo detto di no a quelle scarpe!”
Mi ringrazierai fra non molto. Ne sono sicura.”
“Ecco i soldi, hai pagato tu prima.”
No, figurati, è un regalo.” Sbuffo. Sono stanca di discutere e lei è troppo decisa, irremovibile.
Spero solo abbia ragione.




Ed eccovi il nono capitolo topolini ='D
Sono così curiosa di sentire che ne pensate >.< Sopratutto perché qui c'é aria di una festa ... Chissà cosa succederà °-°
Eheh, non ve lo dico! Lo scoprirete alla prossima puntata, RECENSITE! *svanisce in una nuvola di fumo ... glitter, possibilmente*
xwannabewriter.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


 
-          Capitolo decimo –

 
Tremolo leggermente.
L’idea di accogliere a casa mia tutta quella gente inizia a preoccuparmi. Ma ormai è tardi per tirarsi indietro, penso, ormai ho invitato le persone e fra un quarto d’ora dovrebbero iniziare ad arrivare.
Controllo per l’ennesima volta il rinfresco. Il tavolo della cucina era ricoperto da una tela color crema, sopra vi stavano molteplici vassoi con patatine, pizzette e cose varie.
Nel pomeriggio ero stata rintanata in casa per preparare tutto alla perfezione. Ho anche acceso il computer, andando ad ascoltare ‘My Heart Will Go One’. Mi maledico con tutto il mio disprezzo per averlo fatto. E’ una di quelle canzoni che ti entra dentro, fino al cuore, una di quelle a cui non puoi, non devi, fare a meno di pensare. Pensare al significato, intendo.
Titanic.
Nave affondata.
Jack.
Rose.
Oddio, basta! Ci sto ancora pensando, ecco che succede quando ti fai troppo trasportare. Ma che ci vuoi fare, se sei una tipa strana?
Faccio un sorrisino sbilenco, sedendomi silenziosamente nella poltrona del salotto. Mi tolgo le scarpe col tacco –che tanto Letizia si è raccomandata di farmi indossare- e prendo ancora una volta il pc dal tavolino in cristallo –a proposito, come ci è finito li il mio pc? Devo nasconderlo dagli invitati, dopo, altrimenti rischio che mi sbircino tutto- e vado ancora una volta ad ascoltare la canzone.
Una leggera lacrima sobbalza fuori dal mio occhio sinistro, mentre ringrazio il cielo per essermi truccata poco.
La prima volta che ho visto il film è stato circa cinque anni fa. Ero a casa. In certe scene, ricordo, giravo sempre canale. Come quella di Cal quando tentò di uccidere Jack con la pistola. Non ho voluto cambiare canale, però, nelle ultime scene –le più tristi- quando Jack stava morendo e hanno fatto vedere la Rose anziana che, in un fremore della voce, ha detto tutto d’un fiato ‘Non ho foto di Jack. Non ho mai detto a nessuno della sua esistenza. Nemmeno a tuo padre. Lo conservo nel mio cuore.’.
Probabilmente il più bel film di sempre. Anche io spero di trovare un ragazzo così, e forse è per questo che sono così diffidente da loro. Perché so che non sono quelli giusti. Troppe volte ne ho avuto la prova.
I ragazzi sono tutti stronzi, almeno quelli di adesso.
Quelli “dell’epoca Titanic” erano dei veri gentiluomini.
Baciamano, fiori, cioccolatini … E tanto rispetto. E’ questo che manca più di tutto.
Ho guardato spesso i film anni ’80 e anche lì c’erano questi ragazzi gentili e innamorati che non pensavano solo al sedere e al decolté. Voglio John Cusack con un boom box fuori dalla mia finestra, voglio andarmene su un taglia erba con Patrick Dempsey, voglio Jake di "Un compleanno da ricordare" che mi aspetta fuori dalla chiesa, voglio Judd Nelson che alza il pugno al cielo perché sa di avermi conquistata! Vorrei che la mia vita fosse come quella di un film anni ’80. Ma non è così. Siamo avanti, nel tempo, eppure così privi di emozioni vere.
Guardo l’orologio.
Meno di cinque minuti e la casa diventerà stracolma. Non nascondo di avere … beh, si, paura.
Raggiungo l’uscio della mia camera, attraversandolo e appoggiando il mio portatile sopra la scrivania. Poi esco e chiudo a chiave, come ho già chiuso la camera dei miei, quella per gli ospiti e il ripostiglio.
Il bagno naturalmente è aperto.
Scendo rapidamente le scale e il campanello tintinna. Aiuto! Le mani iniziano a sudarmi; metto rapidamente le scarpe e sistemo il tappeto, con  qualche grinza di troppo per i miei gusti. Poi mi dirigo alla porta d’ingresso.
Fuori ci sono già Letizia, Carolina, Giacomo, Samuele e tanti altri. Ma non Alessandro.
“Ciao! Entrate entrate …”
Spunto dalla lista i loro nomi mentre uno ad uno si lasciano la porta alle spalle, addentrandosi nella casa. Il sistema per la musica lo avevo trovato in mansarda, quattro mega casse capaci di sparare musica a tutto volume! Accendo e metto un remix genere locale. Così intanto si divertono.
Ritorno alla porta d’ingresso aspettando che qualcuno suoni. Dopo pochi secondi ecco che entrano Lorenzo e la sua fidanzata Camilla, accompagnati da altre ragazze e ragazzi della scuola. Si, è proprio una festa in piena regola, penso, mentre li saluto.
Sei bellissima stasera!” mi sussurra Camilla
“Grazie, anche tu! Che il divertimento abbia inizio!”
Dopo pochi secondi mi si avvicina Letizia.
Ti avevo detto che eri splendida così!
“Grazie cara, anche tu!” le scocco un occhiolino “… senti ma, sai dov’è Alessandro percaso?”
L’ho sentito questo pomeriggio. Aveva una partita di calcio, arriverà tra mezz’ora.”
“Perché non me l’ha detto?”
Dovrebbe interessarti? Oh, aspetta! Ti piace?”
“Ma no, i ragazzi …”
Sono tutti stronzi, lo so come la pensi ma che diamine, vivi e divertiti! Voglio dire, non pensare solo al ‘per sempre vissero tutti felici e contenti’” Detto ciò la mia amica si allontana iniziando a ballare scatenandosi. Ciò che ha detto lì per lì, buttandola sul semplice, mi ha fatto venire mal di stomaco. Come se ci fosse un masso sopra. E’ vero? Dovrei pensare solo a divertirmi e meno al ‘per sempre’ ? E’ difficile cambiare da un momento all’altro. Ma è in momenti così che ti rendi conto che solo tu sei padrone delle tue scelte, e responsabile delle conseguenze, soprattutto. Mi guardo intorno, il salotto è pieno di ragazze e ragazzi che ballano e si scambiano effusioni, ed io sto alla porta come una cretina imbambolata. La musica rimbomba, mi gira la testa. Ho la nausea. Ho sbagliato tutto. Dal primo momento. Ho sbagliato? Io ho sbagliato? Ho bisogno di un po’ d’acqua. Mi avvicino al tavolo del rinfresco e verso in un bicchiere un po’ d’acqua. E’ fredda, ma riesce apparentemente a calmarmi.
Il campanello squilla, ancora. Barcollando mi ci avvicino.
Ciao!” Mi accorgo che Alessandro è già arrivato ed è li, fuori dalla porta a guardarmi storto
“Ciao …”
Stai bene?
“Si, ho solo un po’ di mal di testa, sai, la musica.” “Entra, entra.” Dico dopo una pausa di pochi secondi.
Lo faccio accomodare e, non sapendo che altro aggiungere, mi giro e ritorno al tavolo del rinfresco, con l’intenzione di chiacchierare con Letizia. Mi blocca con il braccio. Mi giro.
“Che c’è?”
Devo … parlarti.”
“Devo preoccuparmi?” evita il mio sguardo
No, non credo, spero.”
“Ehm, ok. Vieni.”
Sono nella confusione più totale. C’è musica a tutto volume e non posso interrompere tutto solo perché mi deve dire qualcosa. Sono preoccupata. Decido di portarlo nella mia stanza, è l’unico posto abbastanza tranquillo in tutta la casa.
Appena varcata la soglia, mi siedo nel mio puffo e aspetto che dica qualcosa, ma non spiccica parola.
“Che c’è Alessandro?” nella mia voce una nota di impazienza
Veronica, tu … mi piaci. Dal primo momento che ti ho vista. Ho sempre pensato che tu fossi bellissima e sono sicuro che anche se sei così, così diffidente con i ragazzi, beh … è, è solo una copertura, secondo me. Non odi tutti davvero, hai solo paura. E stasera sei splendida, a proposito. Ti va di uscire con me?”


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