The Final Chance.

di Simona_Lupin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Espresso per Hogwarts: liti e liste ***
Capitolo 2: *** Un inizio... col botto! ***
Capitolo 3: *** Tra foto, ripetizioni e punizioni ***
Capitolo 4: *** Una punizione... al bacio ***
Capitolo 5: *** Le dieci regole per una convivenza perlomeno civile con Lily Evans ***
Capitolo 6: *** La faticosa vita di un Malandrino: Quidditch, luna piena e... ***
Capitolo 7: *** ... uscite a Hogsmeade ***
Capitolo 8: *** Sotto mentite spoglie ***
Capitolo 9: *** Rossa di rabbia ***
Capitolo 10: *** La doppietta di James ***
Capitolo 11: *** Una notte da Grifoni ***
Capitolo 12: *** Un Halloween tra zucche volanti, tavolette di cioccolata e strani incontri ***
Capitolo 13: *** Quando manca un Malandrino ***
Capitolo 14: *** Rivelazioni ***
Capitolo 15: *** Tutta la verità ***
Capitolo 16: *** Cambiamenti ***
Capitolo 17: *** Vecchie ferite ***
Capitolo 18: *** Con chi ci vai tu? ***
Capitolo 19: *** E ora... festa! ***
Capitolo 20: *** Giù la maschera ***
Capitolo 21: *** Si torna a casa ***
Capitolo 22: *** In famiglia ***
Capitolo 23: *** Doni e liti sotto l'albero di Natale ***
Capitolo 24: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 25: *** Benvenuto, 1978 ***
Capitolo 26: *** Su fronti opposti ***
Capitolo 27: *** Il male dentro le mura ***
Capitolo 28: *** Giochi da bambini, scelte da grandi ***
Capitolo 29: *** 'Perché', in amore, è una domanda stupida ***
Capitolo 30: *** Di inviti mancati, strane alleanze e missioni impossibili ***
Capitolo 31: *** Hogsmeade, un villaggio miracoloso ***
Capitolo 32: *** Questioni irrisolte ***
Capitolo 33: *** Rotture ***
Capitolo 34: *** Quando il fine giustifica i mezzi (o forse no) ***
Capitolo 35: *** E come dicono i Babbani: chi la fa, l'aspetti ***
Capitolo 36: *** Confessioni d'argento ***
Capitolo 37: *** Erouc li amotlov li ottelfirnon ***
Capitolo 38: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 39: *** Il futuro è adesso ***
Capitolo 40: *** Un compleanno per due ***
Capitolo 41: *** Solo discorsi onesti ***



Capitolo 1
*** Espresso per Hogwarts: liti e liste ***


The Final Chance.






Capitolo 1

Espresso per Hogwarts: liti e liste




 

 
 
Quell'anno stava cominciando esattamente come tutti gli altri: stazione rumorosa e affollata, abbracci e saluti lacrimevoli in ogni angolo del grande binario, gufi e rospi che si agitavano indispettiti nelle gabbie o tra le mani dei padroni, e giovani maghi e streghe eccitati per l'incombere di un nuovo anno scolastico che si aspettavano ricco di sorprese affascinanti. La magia, infine, era l'ultimo elemento caratteristico di quella scena, e aleggiava attorno all'imponente treno e alle famiglie con invisibile grazia. E non solo la magia scagliata con le bacchette o racchiusa nelle persone dotate di poteri, ma la magia presente in ogni carezza di un genitore a un figlio, in ogni sguardo di due innamorati, in ogni particella d'aria che premeva in quel luogo e nei cuori di chi vi era presente. Se ne percepiva in qualche modo il sapore.
Mancava solo qualche minuto alla partenza, e quasi tutti erano ormai saliti a bordo del treno rosso acceso che cominciava a sbuffare vapore e che, in un gran trambusto di grida e risate, era pronto a incamminarsi lungo i binari.
Ecco, appunto. Quasi tutti.
In uno degli ultimi scompartimenti, infatti, sedevano due ragazzi all'apparenza ansiosi, in attesa di qualcosa, o meglio, di qualcuno.
Seduto accanto al finestrino, Remus Lupin indossava già la divisa scolastica e gettava occhiate nervose al binario, all'amico e al suo orologio in una successione talmente veloce da farlo sembrare sull'orlo di una crisi di nervi. I suoi morbidi capelli chiari splendevano alla luce del sole, mandando bagliori dorati, e gli occhi d'ambra erano accesi da una luce insolita.
Peter Minus, di fronte a lui, lo fissava con i piccoli occhi acquosi sgranati, chiedendosi se fosse lo stesso ragazzo calmo e pacato che aveva lasciato l'anno precedente. Sfregava nervosamente i piedi e si torceva le mani in grembo, impaziente e spaventato dall'inconsueta agitazione dell'amico.
E la domanda che si ponevano ormai da minuti interi era solo una: dov'erano finiti quegli scapestrati malandrini di James Potter e Sirius Black?
Non era di certo la prima volta che arrivavano in ritardo per l'Espresso di Hogwarts - anzi, per la precisione, quella era la settima -, ma che dopo sei anni non avessero ancora capito che bastava abbandonare il letargo appena cinque minuti prima per essere in orario era veramente troppo.
« E' tardissimo » stava borbottando Remus, fissando la lancetta dei minuti che segnava le dieci e cinquantotto. « Tardissimo, per Merlino ».
« Il ritardo peggiore di sempre » lo appoggiò prontamente Peter, mordicchiandosi una guancia mentre ripensava agli anni passati.
« Questa volta non ce la fanno... »
« Lo credo anch'io ».
« Questa volta lo perdono... »
« Di sicuro ».
« Questa volta li ammazzo... »
« Ti aiuto ».
« Questa volta... SIRIUS! JAMES! »
La risposta alla famigerata domanda, infatti, era finalmente lì di fronte a loro: James e Sirius inspiravano aria a pieni polmoni, abbandonati ai due lati opposti della porta scorrevole dello scompartimento, i volti imperlati di sudore freddo. Si lasciarono cadere sui sedili vuoti accanto agli altri due senza dire una parola, l'aria stremata di chi ha corso per chilometri senza mai fermarsi.
Alla fine, dopo qualche momento di attonito silenzio, James sollevò lo sguardo, incontrando quello disgustato di Remus, e alzò una mano come se intendesse giustificarsi.
« Ti giuro... » riuscì a bofonchiare in tono affannato, « che questa volta... non è stata colpa mia ».
Si passò le dita fra gli scompigliati capelli neri, scivolando ancor più giù lungo il sedile, per poi sistemarsi meglio sul naso i tondi occhiali che nascondevano i suoi grandi occhi nocciola da cerbiatto.
« Che cosa? » esclamò a quel punto Sirius, drizzandosi a sedere. « Che vorresti insinuare? Se ben ricordi, io mi sono svegliato all'alba, ho preparato la colazione a tutti, mi sono preparato per primo e sono stato velocissimo! E in tutto ciò tu stavi ancora russando sotto la coperta del Puddlemere United! »
Si abbandonò nuovamente sul sedile, inconsciamente elegante, gli occhi grigi impenetrabili come vero acciaio che scrutavano l'amico come a sfidarlo a contraddire la sua versione, mentre ciocche di ondulati capelli neri gli ricadevano sul volto malgrado lui le allontanasse a intervalli di pochi secondi.
« Ah, ma piantala! » ribattè James, sicuro di sé. « Hai smosso le chiappe da quel letto alle dieci e mezza, hai rivoltato la dispensa senza lasciare niente a nessuno e sei rimasto chiuso in bagno per un secolo! Papà pensava che ti fossi strozzato con la saponetta nuova, pensa un po' ».
Il ragazzo parve interdetto per quell'ultima affermazione, ma dopo aver constatato l'effettiva improbabilità della cosa, si riscosse.
« Tutte fandonie... » borbottò. « Questo cervo è pazzo, sopprimetelo » concluse, sventolando la mano in un gesto sbrigativo.
Remus diede in un basso sospiro esasperato che richiamò l'attenzione dei due, i quali si scambiarono un sorriso sghembo.
« Che c'è, Lunastorta, cos'è quell'aria afflitta? » gli chiese Sirius, scrutandolo da vicino con finta apprensione.
« Sperava che perdessimo il treno, ecco cosa » replicò James con l'aria di chi la sa lunga. « Ma andiamo, amico, non ci casca nessuno, sappiamo che ti siamo mancati! Vieni qui! »
Si avventò su di lui, gettandogli un braccio intorno alle spalle per abbracciarlo e prenderlo a cozzate violente nello stesso momento, e Sirius si unì presto a loro, lanciandosi rovinosamente sulla calca di corpi, uno dei quali ormai esanime. Si rotolarono con una certa foga per un po', urla di guerra e di dolore che si mescolavano, mentre Peter osservava la scena entusiasta, mangiando un pezzo di panino ammaccato.
Nessun pericolo, pensava, era questo il loro solito modo di manifestarsi affetto, e se ogni tanto qualcuno di loro - ad esempio Remus - ne usciva fuori con qualche osso maciullato o con arti fuori uso, nessuno se ne faceva un problema, spesso neanche il sopracitato esempio.
« Okay, per oggi può bastare » annunciò James quando ritenne opportuno smettere, emergendo illeso dalla mischia.
Sirius si alzò con disinvoltura a sua volta, scostandosi i capelli dagli occhi con uno scatto elegante della testa. 
« Alla prossima, amico » disse con un gran sorriso, ma non ottenne risposta, cosa che lo fece insospettire.
Chinò lo sguardo, e tutto ciò che vide fu un corpo disteso su due sedili, apparentemente morto.
« Amico? » fece allora, titubante. « Amico...? »
« Andiamo, Lunastorta, non puoi farti mettere sotto il primo giorno! » esclamò James, scrollandolo appena. « Di questo passo non arriverai mai alla fine dell'anno! »
Lui riaprì lentamente gli occhi, prese la bacchetta dalla tasca e la puntò distrattamente in aria, a quanto pareva incapace di intendere e di volere.
« Avada... » biascicò, e Sirius non riuscì a contenersi ed esplose nella sua risata simile a un latrato, sinceramente divertito.
« Ah, addirittura! » esclamò, scostando le gambe del ragazzo dal proprio sedile per accomodarvisi nuovamente. « Per così poco! »
Gli strappò di mano la bacchetta e gliela puntò dritta al petto. 
« Avanti, alzati, non fare l'idiota » aggiunse in tono spiccio, agitandola con un rapido scatto.
Remus rise, si ricompose e si mise di nuovo seduto, aprendo il finestrino per riprendere un po' d'aria.
« Ma di' un po', amico, com'è andata quest'estate? » chiese Sirius, il sorriso ormai scomparso.
Osservò il volto pallido dell'amico, solcato da lunghe cicatrici rossastre, un viso che irradiava allegria e serenità, ma che portava segni indelebili di una terribile maledizione. Stanco e affaticato, celava ancora i tratti di una semplice bellezza inconsapevole, che lui non era mai riuscito a vedere.
« Come sempre, direi » rispose. Poi un sorriso gli increspò un angolo della bocca. « Ma mi mancava qualcuno da azzannare, e sapete bene che non troverei mai prede migliori di voi ».
Gli altri risero, sollevati dalla sua spensieratezza, e anche il sorriso accennato del ragazzo finì per ampliarsi.
« Quest'anno ti frantumerò quelle corna che ti ritrovi in testa, Ramoso » disse Sirius a James, lanciando l'ormai abituale sfida.
« Io te le spacco dove non batte il sole, le mie meravigliose corna » rispose quello, ridacchiando. « E ho anche progettato un piano per mangiarti la coda ».
Sirius scattò sul sedile, improvvisamente allarmato, cercando invano quella coda che non aveva. 
« Non oseresti » sussurrò, tentando di suonare minaccioso, ma in cuor suo sapeva bene che l'amico l'aveva colpito nel suo punto debole. « La coda no! »
« Oh, sì » sussurrò serafico l'altro, un sopracciglio malignamente inarcato.
Battibeccarono per un po' su chi avrebbe fatto a pezzi chi, ma quando si fu stancato, Remus mise fine alla disputa dichiarando saggiamente e con consapevolezza che li avrebbe sbranati tutti vivi se non l'avessero piantata subito. Minaccia che, naturalmente, entrambi accolsero molto seriamente.
« E quel nullafacente di Frank, invece, che fine ha fatto? » chiese Sirius dopo qualche momento, stendendo le lunghe gambe e incrociandole con nonchalance.
« Ha mollato qui le sue reliquie e se l'è squagliata in un batter d'occhio con Alice » rispose Remus, scrollando le spalle noncurante.
« Ora » intervenne Peter, sogghignando, « non sappiamo esattamente cosa stiano combinando, ma qualcosa ci dice che Sirius sarebbe fiero di loro ».
Sirius annuì prontamente, confermando le sue parole, e parve anche piuttosto compiaciuto.
« Ah, il caro vecchio Frank sì che sa come ci si comporta con le donne... » sospirò. « Al contrario di certa gente, qui, di fronte a me... no, Ramoso? »
« Assolutamente d'accordo con te, Felpato » annuì James con vigore, fissando Remus, accanto a lui, con una certa insistenza.
Quello lasciò scorrere lo sguardo dall'uno all'altro, vagamente sbigottito, e sbuffò scuotendo impercettibilmente il capo. 
« Non la pianterete mai, vero? » disse, formulando una domanda palesemente retorica, e difatti il secco no dei due non lo sorprese affatto.
« Quest'anno è fatta » ci tenne ad aggiungere Sirius, sfregandosi le mani come se si stesse preparando a qualcosa di grosso.
« La nostra missione sarà: una ragazza per Remus! » annunciò James, sfoggiando i suoi soliti modi teatrali.
« E non una ragazza qualsiasi! »
« Già, amico, perché tu meriti il meglio! »
« Ma, sfortunamente, il meglio ce lo abbiamo noi... »
« Nulla di cui preoccuparsi, comunque, Hogwarts offre una vasta gamma di deliziose fanciulle, anche per te ».
« Quindi, nostro caro e innocente Lunastorta, preparati. E' arrivato il tuo momento! »
« E noi siamo già a caccia di qualche preda per il lupastro! »
Remus continuò a fissarli, ma dopo aver notato con quanto entusiasmo stessero tentando di coinvolgerlo in quella missione impossibile, decise che era meglio non replicare. Sapeva bene che, se solo avesse contraddetto qualche loro parola, sarebbero tornati all'attacco più agguerriti che mai.
« Ma a proposito di missioni » proseguì James, chinandosi e poggiando i gomiti alle ginocchia. « Dovete sapere che io e Sirius non ce ne siamo stati con le mani in mano tutta l'estate ».
« E' vero » convenne l'altro, annuendo gravemente. « Abbiamo avuto del lavoraccio da sbrigare. Naturalmente, a proposito degli scherzi in programma per quest'anno ».
Si scambiarono uno sguardo tipicamente malandrino, uno di quelli che precedevano quasi sempre una bravata degna di questo nome, e Remus gemette.
« Qui si mette male... » borbottò, poggiando una mano sulla fronte in un gesto stanco, ma dopo qualche secondo, in seguito a quella che parve una breve ma assai cruenta lotta interiore, si avvicinò e li esortò a parlare con un concitato: « Dai, sentiamo ».
Realizzato, James esultò con un furioso: « HA! » che fece quasi sussultare Peter, e brandì il pugno in aria in segno di vittoria.
« Mi piaci così malandrino, compare » fece invece Sirius all'amico. Poi proseguì dicendo: « Allora, gente, tralasciando il solito repertorio... »
« Pozione Invecchiante, Elisir Per Indurre Euforia... » elencò James all'istante.
« ... e la classica scorta... »
« ... di Caccabombe, Pallottole Puzzole e Frisbee Zannuti... »
« ... quest'anno » continuò Sirius, lo sguardo illuminato, « siamo andati oltre. Vi dico solo: Pozione Polisucco ».
Vi fu un primo, convinto applauso.
« Veritaserum ».
Secondo applauso, più rumoroso e colpito.
« E... Amortentia ».
Peter fischiò.
« Allora? » James era il volto della gioia. « Che ve ne pare? »
« E' grandioso! » esclamò Peter, in preda a un feroce e incontenibile entusiasmo. « Con tutta questa roba, la Mappa e il Mantello, potremo fare qualsiasi cosa! » Ma a uno sguardo particolarmente severo - e anche un po' ipocrita - lanciatogli da Remus, aggiunse cauto: « Cioè... intendiamoci. Qualche scherzetto innocente... senza usare nessuna delle cose che avete preparato... io non lo farei mai... voglio dire, è inaudito che... ecco... andare così oltre... »
Tutti scoppiarono a ridere, Remus compreso, e lui capì che forse sarebbe stato meglio stare zitto.
« In conclusione » ricapitolò Sirius allegramente, « abbiamo un mucchio di missioni, quest'anno ».
« Si sono fissati con queste missioni... » bisbigliò Remus fra sé e sé.
« ... ovvero: missione una ragazza per Remus, missione uno scherzo al giorno toglie il Guaritore di torno, missione... »
Ma Sirius si interruppe di botto: inaspettatamente, James aveva trattenuto il fiato così forte da spaventarli. 
Si guardarono tutti intorno, allarmati, aspettandosi come minimo di vedere un manipolo di Mangiamorte sbucare fuori dal corridoio del treno.
« Che c'è? » domandarono infine all'unisono, esasperati.
Lui, però, pareva aver perso il dono della parola, e apriva e richiudeva le labbra senza emettere il benché minimo suono.
« Abbiamo scordato... » riuscì a mormorare dopo un po'. « Abbiamo scordato... la missione Lily Evans! »
La reazione degli altri fu immediata: Sirius aprì la porta dello scompartimento e cominciò a tirar giù il baule dalla reticella portabagagli per andarsene; Peter aprì il finestrino urlando: « io mi butto, mi butto! »; Remus si lasciò scivolare lungo il sedile fino al pavimento, dove si abbandonò a braccia e gambe spalancate, mentre James guardava la scena in uno stato di shock.
« Ragazzi, sul serio... vi rendete conto che stavo per dimenticarmi di lei? » Il suo sguardo era fisso nel vuoto, perso in un turbine di pensieri a cui nessun altro avrebbe potuto - e neanche voluto - avere accesso. « Lily... » sussurrò, ma subito dopo si fece parecchio serio. « Devo trovarla » annunciò, deciso. « Tu! »
Si fiondò su Remus, ancora steso a terra, con la bacchetta sguainata come una spada, e gliela puntò dritto fra gli occhi.
« Dov'è? » lo aggredì, e il ragazzo pensò che non si sarebbe minimamente stupito se avesse cominciato a ringhiare. « Dimmi dov'è Lily! L'hai vista? »
« No che non l'ho vista, ma per Godric, datti una calmata! » rispose, decisamente irritato dalla sua reazione eccessiva.
« Com'è possibile? » bofonchiò allora James, ora spaventato. « Tu sei il suo grande amico di sempre... e quella maledetta cascata di capelli rossi non passa tanto inosservata... quindi non c'è! ODDIO! » gridò. « Lily non c'è! »
Si rimise seduto, le mani tra i capelli, determinato a scervellarsi finché non avesse trovato una risposta ai suoi interrogativi. 
« E se non fosse venuta? » prese a domandarsi, come impazzito. « E se i suoi genitori l'avessero ritirata? E se le fosse successo qualcosa? »
« E se la piantassi di fare l'idiota? » suggerì Sirius, scocciato. « Nel santissimo nome di Merlino, James, dacci un taglio con quella Evans! »
Ma Remus, placata la momentanea rabbia, optò per un approccio più pacato e comprensivo, nella speranza di vedere l'amico rinsavire.
« Sono sicuro che c'è, James, è ovvio che ci sia » mormorò con invidiabile calma.
« Nah, deve per forza essere stata sbranata da uno stormo di gufi incattiviti, è ovvio! » commentò allora Sirius, caustico.
Il volto di James, però, si fece all'improvviso bianco come un lenzuolo, quasi avesse udito la più agghiacciante delle profezie.
« Potrebbe essere successo? » sussurrò, paralizzato dall'orrore.
Sirius fu preso dall'impulso di andarsene davvero, ma ancor più allettante gli parve l'idea di strozzarlo e farla finita una volta per tutte.
« JAMES! » urlò invece, sfinito dal suo essere così patetico, ma quello non lo ascoltò e continuò indisturbato a borbottare le sue preoccupazioni al vento.
« James? » lo richiamò a sua volta Remus dopo un po', in tono totalmente diverso.
« Mmm? » mormorò lui distrattamente, con le dita ancora immerse fra i capelli più ritti che mai.
« Mi è venuto in mente solo ora... » rispose l'altro. « Lily è diventata Caposcuola, no? Magari è nella carrozza dei Prefetti ».
James non stava ascoltando, ancora troppo preso dai suoi pensieri, tanto che disse: « Già... sicuramente... », per poi esclamare ad occhi sgranati: « Aspetta, che cosa? »
Remus, sicuro di non aver detto nulla di particolarmente bizzarro o allarmante, lo fissò, interdetto.
« Ma... anch'io sono Caposcuola! » spiegò allora James. « Dovevamo riunirci nella... Oddio, è tardissimo! » aggiunse, dando una rapida occhiata all'orologio.
« Galoppa, Ramoso » fece Sirius, sorridendo soddisfatto.
James si ricacciò in gola gli epiteti poco gentili che avrebbe voluto urlargli addosso, promettendo a se stesso di rivolgerglieli al suo ritorno, e fece per uscire dallo scompartimento. Dopo un istante, però, parve ripensarci e fece nuovamente capolino dalla porta scorrevole, il dito indice ben diritto di fronte al viso.
« Ad ogni modo, quella a cui avete appena assistito nient'altro era che l'impeccabile imitazione di una povera vittima dell'Amortentia a cui è stato sottratto il suo illusorio e temporaneo grande amore » annunciò in tono pomposo, gonfiando il petto. « Grazie per l'attenzione e arrivederci » concluse, e schizzò via.
Per la seconda volta in quella sola mattina, perciò, si ritrovò a dover correre a perdifiato, questa volta diretto alla carrozza dei Prefetti, che era esattamente dal lato opposto del treno. Filò via per lo stretto corridoio, urtando chiunque come una folle palla da bowling con le gambe, gli occhi di tutti puntati addosso, e urlò a pieni polmoni: « SONO QUI! » ancor prima di aprire la porta.
Entrò come una furia, gli occhiali storti sul naso, e farfugliò di nuovo, col fiatone: « Sono qui... »
Stremato, chinò la schiena, le mani sulle ginocchia a causa dell'eccessiva stanchezza, poi notò una ragazza che lo osservava - a voler utilizzare un eufemismo - con interesse, e il suo viso si illuminò con un sorriso, mentre, soddisfatto, ripeteva: « Sono qui ».
Strizzò l'occhio alla sconosciuta, poi si voltò: alla sua destra, Lily Evans lo fissava, le sopracciglia inarcate quasi fino a sparire dietro il ciuffo di capelli rosso scuro che le ricadeva pesantemente sulla fronte.
« Evans, non applaudi? » le chiese allora, certo che non avesse colto l'importanza della sua venuta. « Sono qui! »
Ma prima che lei potesse dire qualsiasi cosa, una voce melliflua giunse alle orecchie del ragazzo, inducendolo a voltarsi.
« Bene bene... Guarda un po' chi ci degna della sua presenza ».
Severus Piton, capelli unticci che pendevano ai lati del viso giallastro, naso adunco e occhi scuri come pozzi profondi, lo fissava con palese disprezzo.
« Mocciosus » fece James, ghignando ringalluzzito. « Anche tu Caposcuola? Sarà un vero piacere ».
« Che cosa dici? » saltò su Lily all'improvviso, certa di essersi persa qualche passaggio fondamentale della conversazione. « Tu, Potter, sei Caposcuola? »
« I sogni si avverano, eh, Evans? » ribattè lui con prontezza, sorridendo con aria arrogante e spavalda.
Ma Lily era totalmente incredula, e non lo guardava nemmeno, troppo intenta a scuotere ripetutamente il capo.
« Ma... cosa diamine... ci dev'essere un errore... » borbottava, guardandosi intorno come in cerca di rassicurazioni in merito all'inspiegabile faccenda.
« Ci divertiremo un mondo, Evans, vedrai ».
James la osservò, e realizzò all'istante che non era mai stata così bella, con il mantello di folti capelli rossi che gli si adagiava sulle spalle e i brillanti occhi verde chiaro che spiccavano sul volto pallido. Notò che anche Piton la stava scrutando, con quei suoi occhi gelidi e indagatori che sembravano avidi e indiscreti mentre perlustravano ogni centimetro della ragazza, e il desiderio che James fu certo di avervi intravisto non gli piacque affatto. 
Provò un moto incontrollabile d'odio nei confronti del ragazzo, e la sua mano scattò verso Lily come di sua volontà, quasi a volerla proteggere da quella sorta di malsana radiografia che gli aveva fatto salire il sangue al cervello. Riuscì a frenarsi, ma sfiorò la mano di lei, che gli scoccò un'occhiata interrogativa, mentre lui e Piton si squadravano con amarezza e sdegno incisi in ogni lineamento.
« Ehm... comunque » intervenne titubante la Caposcuola di Corvonero. « Noi avremmo finito. Ogni tanto fate un giro di perlustrazione, per piacere ».
Ascoltando quella voce estranea, James riuscì ben presto a tornare perfettamente in sé.
« Bene... » mormorò, e si rivolse a Lily per un breve saluto. « E' stato un piacere, Evans, ci si vede in giro ».
« Mi augurerei vivamente di no » disse lei gelida, prima di uscire dallo scompartimento con la schiena ben diritta.
James, che non si era aspettato nulla di diverso, sorrise fra sé e sé, lanciò un'ultima occhiataccia a Piton e, senza ulteriori esitazioni, abbandonò a sua volta la carrozza dei Prefetti.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
« La Evans è uno splendore! »
James aveva spalancato la porta dello scompartimento dentro cui sedevano gli amici, gridandolo ai quattro venti.
I tre si scambiarono un'occhiata esasperata.
« ... e Mocciosus è Caposcuola » proseguì poi il ragazzo, mutando drasticamente tono, e la reazione dei presenti non fu molto diversa da quella che aveva immaginato.
« PREGO? » urlò Sirius con voce strozzata.
« Già » replicò tetro l'amico, abbandonandosi sul proprio sedile a braccia spalancate.
« Che sia maledetto... » commentò l'altro, esibendosi in una smorfia disgustata. « Comunque, dobbiamo sbrigarci. Ci sono le liste da fare! »
« Ah, ancora quella robaccia? » domandò James, agitando una mano a mezz'aria. « Lunastorta ha perfino smesso di innervosirsi! Beh, quasi, perlomeno » precisò, notando l'espressione che si era dipinta sul volto di Remus al suono delle sue fin troppo ottimistiche parole.
In effetti, quest'ultimo aveva ingenuamente sperato che lasciassero da parte quello stupido rituale almeno per quell'ultimo viaggio d'andata verso Hogwarts, ma naturalmente, con quella sola, fatidica parola, Sirius aveva archiviato i suoi sogni come irrealizzabili in un battibaleno.
Le celebri liste erano nientepopodimeno che elenchi di appuntamenti programmati dai due in vista del nuovo anno scolastico. Era ormai divenuta una secolare ed irrinunciabile usanza, infatti, scrivere su rotoli di pergamena (lunghi rotoli di pergamena, per quanto riguardava Sirius) i nomi delle ragazze con cui sarebbero usciti durante l'anno. Avevano cominciato a stilarle per scherzo a tredici anni, ma avevano notato che l'iniziale disappunto di Remus si era trasformato sempre più in esilarante esasperazione, così avevano deciso di proseguire con il solo obiettivo di ridere delle sue reazioni.
Proprio per quella ragione, per Sirius la risposta di James fu il più infame degli insulti. Come poteva interrompere quella tradizione al loro ultimo anno?
« Amico » disse, incredulo. « Ti rendi conto delle incredibili sventure che si abbatteranno sul tuo cammino quest'anno, se non rispetti il rituale? »
Lui rise, massaggiandosi la mascella, poi si strinse nelle spalle, disinteressato.
« Non riuscirai a convincermi, Felpato » replicò. « Che tu voglia accettarlo o no, niente liste per me quest'anno! La Evans è il mio unico obiettivo e devo concentrare tutti i miei sforzi su di lei. Sperando, ovviamente, nella clemenza di Merlino che... beh, sono certo mostri sempre particolare attenzione per questa rispettabile usanza » concluse, profondamente divertito.
Ma Sirius era sgomento.
« Aspetta, fammi capire » disse, agitando le mani di fronte al viso. « Mi stai dicendo che starai a secco tutto l'anno nella vana - o meglio nulla - speranza che Evans acconsenta? », e il suo tono esterrefatto era un chiaro manifesto di quanto in effetti considerasse assurda quell'ipotesi. « Ramoso, ma andiamo! Non ti sei forse sempre ritenuto, dopo il sottoscritto, il cacciatore di ragazze più famoso ad Hogwarts? E' l'ultimo anno, amico, dobbiamo finire col botto, su! »
« Ma io voglio finire col botto » replicò subito James, tranquillo. « E suddetto botto sarebbe Lily Evans, con nozze e pargoli annessi ».
Sirius lo fissò a lungo, cercando una traccia di ripensamento sul suo volto spavaldo e rilassato, poi decise di smetterla, ma rimase comunque infuriato.
« Bene! » esclamò, estrendo dal proprio baule inchiostro, penna d'oca e rotolo di pergamena. « Bene... Meglio per me! Me le prendo tutte io, me le prendo... »
« Come sei ingordo, Felpato » commentò James a bassa voce, ma quello non vi badò e cominciò a scrivere.
« Settembre. Lettera A » annunciò ad alta voce, lisciando il foglio sulle gambe. « Amanda Abbott. Un po' santarellina, ma ci si può lavorare ».
In quell'istante, si sentì un rumore sordo di colpi secchi e, quando i tre si voltarono, videro Remus prendere a testate il finestrino con aria disperata. 
Nessuno lo fermò.
Nei minuti successivi, Sirius continuò a scribacchiare sul suo rotolo di pergamena, assorto, ma ad un certo punto un sorriso malandrino sbocciò dalle sue labbra, attirando l'attenzione degli amici.
« Mmm » commentò, solleticandosi il mento con la punta della lunga piuma grigia. « Siamo già arrivati alla mia lettera preferita ».
« Ossia? » chiese Peter, curioso, e anche gli altri lo fissarono, in attesa.
« La B di... »
In quel momento si aprì la porta dello scompartimento e una bella ragazza dai lunghissimi capelli scuri e dai vispi occhi castani chiese con aria annoiata: « avete visto Lily E... James, ma sei tu! » esclamò poi, interrompendosi a metà frase ed entrando frettolosamente per abbracciare l'amico.
Sirius terminò la frase a mente: la B di Banks. Scarlett Banks.
Era una ragazza del loro anno appartenente a una famiglia Purosangue, grandissima amica di Lily, ottima Cercatrice della squadra di Quidditch di Grifondoro e pertanto adorata dal suo Capitano nonché amico d'infanzia James. E tanto quanto lui stravedeva per lei, tanto Sirius la detestava. Insopportabile, arrogante e altezzosa. Ecco i tre aggettivi con i quali usava etichettarla ogni volta che la incontrava, ma certamente non osava pronunciarli ad alta voce. Non avrebbe tollerato liti con lei, quel suo fare così saccente e presuntuoso, semplicemente perché non ne valeva la pena. Lasciarle pensare che aveva ragione, ecco qual era il trucco da utilizzare. E lei, d'altro canto, ricambiava con la medesima ostinazione quei sentimenti. Odiava anche solo guardarlo negli occhi, vederlo aggirarsi tronfio per i corridoi come se niente e nessuno potesse scalfirlo, e rimanere impassibile di fronte alle sue provocazioni diventava spesso una prova difficile. Perché di provocarla, Sirius non mancava proprio mai. Da tempo, ormai, solo per il puro piacere di farlo, insisteva nel cercare di farla impazzire con tutti i mezzi che aveva a disposizione. E per quanto potessero essere efficaci - e lo erano davvero - i risultati con lei erano assai scadenti.
« Remus! Come stai? » stava dicendo, abbracciando calorosamente anche l'altro ragazzo. 
Prese posto accanto a lui, rivolgendo un breve cenno a Peter e ignorando del tutto Sirius, poi riprese a parlare.
« James, ti abbiamo cercato per tutto il Binario, dov'eri finito? » domandò al ragazzo che sedeva sul sedile di fronte.
Lui rise e si passò una mano sulla nuca, sollevando le spalle, ma lei anticipò qualsivoglia risposta fosse in procinto di rifilarle.
« Stavi perdendo il treno » disse seccamente, rivolgendo un'occhiata in tralice a Remus. « Di nuovo ».
« Bah... » fece subito lui, allargando le braccia. « Di nuovo... Quante volte sarà capitato? »
« Mmm... » rispose lei, fingendo di rifletterci su. « Magari... sette? »
« Non sei mai stata brava con i conti, Scarlett, fidati di me » ridacchiò James di rimando, e le strizzò l'occhio in un gesto complice.
« Sì, certo » rise lei, rannicchiandosi sul sedile con le braccia che circondavano le gambe esili. « Che combinavate di bello? » chiese poi.
« Non sono affari che ti riguardano, Banks » intervenne Sirius che, seduto accanto a lei, non aveva mostrato fino ad allora particolare interesse nei confronti della conversazione.
Lei voltò lentamente il capo verso di lui, le sopracciglia inarcate, e lo scrutò per un istante. 
« Non mi pare di essermi rivolta a te, Black » rispose gelida alla fine, e James rivolse all'amico un'occhiata al tempo stesso rammaricata e pietosa.
« Comunque » riprese lei, come se nulla fosse successo, e si rivolse nuovamente all'amico tornando ad ignorare Sirius. « Quest'estate mi sono allenata tutti i giorni. Sono in forma, James, lo ha detto persino papà. Abbiamo la Coppa in tasca! »
« Come sempre, da quando siamo alla guida della squadra » ribattè lui affabile, battendo un poderoso cinque alla ragazza.
« E come fai ad essere tanto sicura di superare le selezioni? » domandò ancora Sirius, senza nemmeno guardarla. Stava scorrendo i nomi già scritti sulla lista, l'espressione concentrata e la piuma che gli sfiorava appena le labbra.
Lei non si scompose più di tanto e tornò a fissarlo, quasi con pietà, ma quasi. 
« Black, a quanto pare ti sfugge, ma io sono Scarlett Banks. Per me non esistono selezioni. E ora, per amor di Merlino, taci » lo liquidò, piccata.
Lui le rivolse uno sguardo di sfida, ma lei lo ignorò beatamente, inducendolo ad alzare gli occhi al cielo con un sorriso.
« Beh, sarà meglio che torni a cercare Lily, sembra svanita nel nulla » riprese la ragazza, rialzandosi. « Ci si vede! »
« Ti spiace se vengo con te? » si affrettò a dire Remus, ripensando terrorizzato alle liste, e Scarlett gli sorrise.
« Sta' tranquillo, Remus » rispose, affabile, « ti salvo io da questa banda di scalmanati. Ci vediamo a cena, James. Minus ».
Si avviò verso la porta dello scompartimento, ma prima che andasse via Sirius disse: « Ci vediamo, Banks ».
Lei fece una smorfia, come se si fosse appena scottata. 
« Il meno possibile, Black, se avrai l'accortezza di evitare di perseguitarmi come l'anno scorso. E quello prima. E quello prima ancora. Te ne sarei grata! » replicò, uscendo proprio mentre James cominciava a sbellicarsi.
« Ti ha... Ti ha proprio... » cercò di dire, ma fu sommerso da un'altra ondata di risate irrefrenabili e non riuscì a terminare la frase.
« Di' un'altra parola e diventerai una cerva » minacciò il ragazzo, rilassato come sempre. « Comunque, entro quest'anno finirà per adorarmi ».
« Pff! » James rise più forte che mai, rotolandosi sul sedile. « No, davvero » disse poi, ricomponendosi alla meno peggio. « Non so se hai notato, ma ti ha zittito tre volte in tre minuti! Per lei sei ancor meno di Peter e lei odia Peter! Senza offesa, amico, non comprende la tua magnificenza, è ovvio » aggiunse con reverenza in direzione dell'amico, ma lui scrollò le spalle con indifferenza.
« Vedrai poi chi zittirà chi » rispose invece Sirius, sogghignando. « Sta ancora con quel tipo? Mark, Matt o come diavolo si chiama... »
« Si chiama Matt Davies, e lo conosci benissimo » ribattè James con fermezza. « Si sono lasciati alla fine dell'anno scorso ».
Sirius annuì senza entusiasmo.
« Felpato, andiamo, non dirmi che ci vuoi davvero provare ancora? » insistette James, ancora incredulo.
« Guarda che se ci sei riuscito tu, io non avrò problemi » rise l'altro, distendendosi su due sedili con le mani intrecciate dietro la nuca.
James, infatti, era stato per un periodo il suo ragazzo, ma alla fine entrambi avevano capito di essere destinati a rimanere solo grandi amici.
« Certo, come no. Sappi, comunque, che sarà più dura del previsto ». Ci pensò e aggiunse: « E già il previsto era... »
« Ho capito » lo interruppe Sirius, stizzito. « Ma io vado oltre il previsto ».
 
 
 
*  *  *
 
 
 
Qualche scompartimento più in là, nel frattempo, si discuteva su dove diavolo si fosse cacciata Lily Evans.
« Deve entrarci qualcosa quel maniaco di Potter » stava borbottando Alice Prewett, il viso paffuto contratto nel tentativo di formulare nuove congetture.
« Ah, ma piantala, Alice, James non c'entra niente! » protestò subito Scarlett, mentre Remus annuiva con vigore accanto a lei. « Diglielo, Frank, è ora che si convinca che è un bravo ragazzo ».
Frank Paciock si allarmò all'idea di dover contraddire la sua secolare fidanzata, accoccolata sulle sue gambe da più di mezz'ora con un'espressione distesa sul volto, così optò per un giudizio piuttosto neutrale che non scatenasse la sua ira sempre poco desiderata.
« Beh » disse, stringendo le labbra. « Lo è a suo modo, diciamo così ». E in effetti, nessuno potè contraddirlo.
« Se l'ha di nuovo trattenuta quel Piton, giuro che lo faccio fuori » esclamò invece dopo un momento di silenzio Mary Macdonald, che di certo non era mai stata una gran fan del Serpeverde.
« Non le rivolge la parola da più di un anno, Mary » commentò Emmeline Vance, ragionevole. « Potresti anche abbassare un po' la guardia, con lui ».
In quel momento, però, prima che Mary potesse dire alcunché, la porta dello scompartimento venne spalancata con un sonoro botto e Lily Evans guardò dritto di fronte a sé con aria infuriata, senza neanche accorgersi degli amici che, per la maggior parte, non aveva visto per tutta la durata delle vacanze estive.
« Cosa diavolo è venuto in mente a Silente quando ha fatto Potter Caposcuola? » sbottò, rivolta più a se stessa che ai ragazzi intorno a lei.
Si abbandonò sull'unico sedile rimasto vuoto, con le braccia incrociate talmente strette che qualcuno, guardandola, si chiese come avrebbe fatto a scioglierle.
« E' entrato nella carrozza dei Prefetti con un ritardo madornale e mi ha chiesto di applaudire » disse secca, fissando ancora il vuoto. « Di applaudire! Come farebbe Silente a pensare che sia ancora adatto per quel ruolo se gli riferissi questo dettaglio succulento? Vorrei ben vedere come reagirebbe... »
Fissò le proprie ginocchia con rabbia, poi si voltò verso gli altri e, come accorgendosi solo in quel momento della loro presenza, sorrise.
« Ah, scusate » fece, rialzandosi di botto con aria dispiaciuta. « Quel Potter... a volte mi fa proprio perdere la bussola... »
Abbracciò tutti a turno, molto più serena rispetto a qualche istante prima, e Scarlett fu l'unica a tenerle il broncio ancora un po'.
« Gentile a salutarci, Lily... » borbottò infatti, fingendosi offesa, ma lei la zittì stringendola forte a sé.
« Oh, sta' zitta una buona volta » le fece, liquidandola in quattro e quattr'otto, e quella rise. 
Quando si fu rimessa a sedere, Lily osservò i volti degli amici con gioia e sorrise ad ognuno di loro.
« Mi siete mancati » disse con dolcezza. « Ma dite un po', come state? Avete trascorso una bella estate? »
« Anche tu ci sei mancata, tesoro » cinguettò Alice, ma non riuscì ad aggiungere nient'altro perché la porta dello scompartimento venne aperta nuovamente.
Sulla soglia vi era una ragazza dall'aria gentile e allegra, che sorrise radiosa a tutti quanti. Aveva grandi occhi verdi e una pelle chiarissima.
Salutò i presenti con un caloroso: « Ehi, gente! », ma arrossì di botto non appena Remus rispose con gentilezza: « Ciao, Miley ».
Lo fissò per un momento, poi sussurrò in tono piuttosto acuto: « Ciao, Remus », e richiuse in fretta la porta scorrevole dietro di sé.
Miley era la sorella di Scarlett, frequentava il sesto anno ed era Cacciatrice e Capitano della squadra di Tassorosso.
« Ehi, Miley, siediti pure! » esclamò Lily, facendole immediatamente posto accanto a sé.
La ragazza si riprese e sedette a fatica nello stretto spazio rimasto fra Lily e Mary, borbottando qualcosa di indefinito sulle dimensioni del suo posteriore.
« Allora... avete fatto buone vacanze? » chiese poi non appena si fu accomodata, e questa volta, gli altri ebbero modo di rispondere.
« Io sono stato a casa di James per un po'. Ti lascio immaginare... » rispose Remus, sorridendo. « E tu? »
« Beh » fece lei, imponendosi di restare calma. « Io stata a casa con mia sorella, come sempre. Ti lascio immaginare... »
Scarlett rise insieme agli altri e dopo un po' arrivò la signora dei dolci, in uno sbatacchiare del carrello stracolmo di leccornie.
« Qualcosa dal carrello, cari? » chiese dolcemente quando Mary si precipitò a riaprire la porta per bloccarla.
« Cioccolata! » annunciò Remus, e si fiondò verso il carrello mentre gli altri ridevano sonoramente.
Le ore successive passarono in fretta, senza che se ne accorgessero, lasciando l'una il posto all'altra con una rapidità sorprendente.
Mangiarono senza ritegno tutti i dolci acquistati, giocarono a Spara Schiocco finché non furono esausti di ascoltare esplosioni su esplosioni, si raccontarono le avventure estive vissute e risero spensierati, mentre il sole calava all'orizzonte, rannicchiandosi dietro le colline che animavano il quieto paesaggio intorno a loro. Campi smisurati, zone paludose e ripide montagne di terra friabile si alternarono ripetutamente armonizzandosi alla luce del sole, finché il sopraggiungere della sera non rese impossibile distinguere i fili dell'erba che scorrevano rapidissimi a un passo dai binari.
E mentre per la prima volta dopo ore calava il silenzio nello scompartimento, la porta venne aperta nuovamente, rivelando James e Sirius, che avevano lasciato Peter a sonnecchiare sul proprio sedile circondato dalle mille cartacce colorate dei dolci che aveva ingerito.
« Salve, gente » fece Sirius, rivolgendo un vago cenno col mento ai presenti.
« Apri quella porta, Black, per piacere, questo scompartimento è stracolmo » disse Lily, sventolandosi il viso con la mano destra.
Fu James, però, ad obbedire al suo ordine, per poi voltarsi nuovamente e rivolgerle un sorriso ammiccante.
« Di' la verità, Evans » le disse. « Ti sono mancato? », ma lei lo ignorò e si rivolse a Frank, impassibile.
« Frank, ti spiacerebbe aprire anche il finestrino? L'ego di Potter sta rendendo l'aria irrespirabile ».
Il ragazzo rise, e James pensò che, almeno per quella volta, sarebbe stato meglio lasciar perdere i punzecchiamenti.
« Frank » disse invece, allargando le braccia in direzione dell'amico. « Compare Frank. Caro, vecchio Frank! Vieni qui, fatti abbracciare. Molla un attimo Alice, su, sa vivere anche senza di te ».
« Già, amico, saluta un po' i tuoi compagni di vita! » lo appoggiò prontamente Sirius, e quello si alzò, ridacchiando divertito.
« Se proprio vogliamo essere precisi » intervenne severamente Alice, « io sono la sua compagna di vita ».
Tutti le rivolsero occhiate esasperate, ma lei li ignorò con una smorfia, mentre James procedeva con i saluti.
« Ehi, Miley, ma ciao! » esclamò, abbracciando l'amica dopo aver mollato Frank.
« Che bello vederti! » fece lei di rimando dopo aver salutato timidamente Sirius, che le sorrise. 
« Bellissima come sempre » disse James, scuotendo il capo. « Ma cosa vi dà da mangiare vostra madre? » domandò poi, rivolgendosi alle sorelle, e loro risero.
« Scusate tanto » annunciò invece Lily, richiamando l'attenzione di tutti. « Non vorrei interrompere il bel momento, ma potrei sapere qual buon vento vi porta qui? » 
Il suo sguardo andava da James a Sirius e viceversa, perplesso, ma il primo sollevò le mani in segno di pace e sorrise appena.
« Siamo solo venuti a dire ai nostri compari che stiamo per arrivare e dovremmo cambiarci, Evans » spiegò, scompigliandosi i capelli.
A quelle parole, tutti guardarono fuori dal finestrino e lo stesso sorriso rincuorato illuminò i volti di ognuno di loro.
« E' vero » mormorò Lily. « Hogwarts è qui ».










(CAPITOLO REVISIONATO).


Note della Malandrinautrice: Salve a tutti, cari!
Eccomi con una nuova fan fiction, una long (molto, molto long) sui nostri amati Malandrini e su due nuovi personaggi, che spero vi interesseranno, se mai andrete avanti con i capitoli per conoscerle meglio.
Beh, questa fanfiction ha inizio il primo giorno di scuola dell'ultimo anno, come avrete capito, e vedrà l'evolversi di questi personaggi in un percorso parecchio lungo. Il periodo di spensieratezza della scuola, l'ultimo prima di uscire fuori e affrontare la guerra, una guerra che li farà crescere troppo in fretta, e gli anni successivi, fino alla fine di tutto. Fino alla morte di Lily e James.
Insomma, io ho già scritto molti momenti di questa storia e vi assicuro che c'è tutta me stessa qui dentro. Mi sono cimentata in questo lavoro con anima e corpo, davvero.
Ma non solo io. La fanfiction, infatti, è stata ideata dalla mia splendida sorella, Rossella, una maniaca come me della Saga, a cui ho chiesto, quest'estate, di aiutarmi. Mai idea fu più geniale e produttiva, perché è stata eccezionale e questa storia non sarebbe nemmeno un briciolo di quello che è, se non ci fosse stata lei.
I Malandrini sono l'Era che più ci interessa. Una nostra grande passione.
A tal proposito, abbiamo scelto degli attori per rappresentarli, e in seguito pubblicheremo moltissime immagini che abbiamo creato su di loro. Ecco come li immaginiamo: 
http://oi41.tinypic.com/5cnntf.jpg.
James Potter è Andrew Garfield, Lily Evans è Karen Gillan, Sirius Black è Ben Barnes, Remus Lupin è Eddie Redmayne, Peter Minus è Charles Hughes, Scarlett Banks è Nina Dobrev, Miley Banks è Willa Holland, Mary Macdonald è Katie Melua, Emmeline Vance è Rooney Mara, Alice Prewett è Carey Mulligan, Frank Paciock è Russell Tovey, Severus Piton è Alec Hopkinse e Regulus Black è Ben Jelen.
Detto questo, ringraziamo infinitamente chi aprirà questa storia, la leggerà, o anche solo vi darà uno sguardo, e vi dico solo che una recensione sarebbe un regalo stupendo, un premio incredibile per l'attenzione che abbiamo riservato alla stesura di questo piccolo incipit.
Quindi GRAZIE sin da adesso. 
Un bacione!

Simona_Lupin 

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Capitolo 2
*** Un inizio... col botto! ***


 



There is a house built out of stone, C'è una casa fatta di pietra,
wooden floors, walls and window sills, Pavimenti di legno, mura e davanzali
tables and chairs worn by all of the dust. Tavoli e sedie consumati dalla polvere.
This is a place where I don't feel alone. Questo è il posto dove non mi sento solo.
This is a place where I feel at  home. Questo è il posto dove mi sento a casa.




 
 
Capitolo 2

Un inizio... col botto!





 
« Finalmente a casa ».
James era sceso dal treno con un balzo, seguito dagli amici, ammirando l'enorme castello che li attendeva alla riva opposta del lago.
Le torri che lo circondavano erano maestose, rese luminose dalle luci che filtravano attraverso le finestre e che si riflettevano traballanti sulla piatta superficie dell'ampio Lago Nero, mentre il cielo buio e tempestoso faceva da cornice alla scena. Il castello era stagliato su una rupe alta e diroccata, attorniato da un prato immenso e apparentemente sconfinato che veniva poi bruscamente interrotto dai primi arbusti, sempre più fitti man mano che ci si inoltrava all'interno della Foresta. Era il paesaggio che abitava i sogni di chiunque vi avesse vissuto, negli ultimi giorni d'estate prima dell'inizio della scuola.
Gli studenti scesero dal treno a frotte, alcuni dirigendosi verso le carrozze, altri andando a salutare Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts, appostato vicino al treno mentre richiamava a sé i ragazzini del primo anno per la prima visita del luogo in barca.
Quando vide avvicinarsi i suoi studenti preferiti, l'uomo alzò una delle sue mani grandi come scodelle in segno di saluto, e la sua folta barba nera tremò, nascondendo un bonario sorriso.
« Hagrid! » Lily fu la prima a raggiungerlo, e gli rivolse un gran sorriso. « Come stai? » chiese. « Mi sei mancato, quest'estate ».
« Lily » fece lui con la sua voce profonda, battendole una pacca sulla spalla e rischiando così di farla schiantare al suolo. « Ti fai sempre più bella, eh? »
Lei rise, mentre anche gli altri li raggiungevano e James correva ad abbracciare il grande amico.
« Hagrid, sei in gran forma! » esclamò, sollevando il capo per guardarlo bene in viso.
Lui ridacchiò divertito e scosse il capo. 
« Guardati un po' tu, ci sono già due ragazzette che ti fissano, là sotto » commentò, ma il ragazzo non si voltò e si limitò a ridere anche lui.
« Ma Hagrid » s'inserì Sirius, un sorriso rilassato dipinto sul volto, « fissano me, non quel pivello di James! »
Lui gli mollò un pugno sul braccio e battibeccarono finché Hagrid non li esortò ad andare per non perdere la carrozza che li avrebbe condotti fino a scuola. 
Rimasti soli, così, i quattro ragazzi si avviarono, mentre Lily e Scarlett, dietro di loro, continuarono a chiacchierare allegramente fra loro. 
« E' l'ultima carrozza, Evans! » esultò James in direzione di Lily una volta salito a bordo.
Lei lo fissò per qualche secondo, poi cominciò a guardarsi intorno orripilata, come se un'altra carrozza potesse piombarle addosso e salvarla da una forzata e pericolosa conversazione extra con James Potter. Merlino, però, dall'alto del suo potere, parve avere di meglio da fare che risparmiarle quell'atroce supplizio, così, presa a braccetto e condotta a forza nella carrozza da Scarlett, la ragazza sedette il più distante possibile da lui.
« Fin troppa fortuna per un solo giorno, eh, Evans? » attaccò subito James, mentre la carrozza cominciava a muoversi sul terriccio umido e irregolare, ma lei lo ignorò, lo sguardo ostinatamente fisso sulle proprie ginocchia.
Durante il breve viaggio, nessuno di loro proferì parola, e lo scricchiolio dei sassi sotto le ruote della carrozza fece da sottofondo alla scena, mentre il castello si andava pian piano avvicinando.
« Banks, il tuo gufo mi fissa » disse all'improvviso Sirius, spezzando il silenzio protrattosi per minuti interi.
Tutti si voltarono, e in effetti poterono notare che il minuscolo gufo di Scarlett stava scrutando il ragazzo con occhi attenti, la testolina inclinata.
« Avrà capito anche lui che razza di persona sei » commentò lei, scrollando le spalle con totale indifferenza.
« Ovvero? » disse lui con il solito ghigno arrogante. « Un fustaccio da paura? »
« No, Black, da paura e basta » rispose lei, sorridendo appena, e Sirius alzò gli occhi al cielo. 
« Tutte sciocchezze, sono sicuro che mi adora. Com'è che si chiama? »
« Tartufo » rispose Scarlett con palese diffidenza.
« Ehi, Tartufo! » esclamò Sirius giocoso, avvicinando una mano alla gabbia del piccolo animale per accarezzargli le piume grigio fumo. « Come st- AHIA! » 
Tutti scoppiarono a ridere. Il gufo, infatti, aveva morso il ragazzo con il suo becco appuntito sul dito indice.
« Non osare mai più disturbare Tartufo, Black, o ti trancio le mani » lo ammonì Scarlett quando ebbe smesso di ridere, severa.
Lui si asciugò il sangue dal dito e le rivolse un'occhiataccia, borbottando un risentito: « Me le trancia lui, semmai ».
« L'ho educato bene » spiegò allora lei, tornando a sorridere con aria angelica, ma la discussione non potè avere seguito perché la carrozza si arrestò di botto sull'asfalto, facendoli sobbalzare e costringendoli a scendere.
« Evans, sei uscita con me! » esclamò James inaspettatamente, sorridendo raggiante alla ragazza, e tutti si voltarono a guardarlo. 
« Di che diavolo stai blaterando, Potter? » disse Lily, sconcertata.
Ma lui non si perse d'animo e si affrettò a spiegarsi, facendo un cenno con il mento alle proprie spalle.
« Dalla carrozza » rispose, sorridendo come un idiota. « Sei uscita con me ».
Lily scambiò un'occhiata in tralice con Remus, immobile al suo fianco. 
« Sta scherzando, vero? » chiese, desiderosa di rassicurazioni sulla sanità mentale dell'individuo che le stava di fronte.
Remus, che era sicuro del contrario, prese James per il bavero della divisa e lo trascinò con sé, lanciando a Lily uno sguardo che diceva abbi pietà di lui.
« Mi fai male, depravato di un lupo » si lamentò quello, scrollandosi di dosso la mano dell'amico artigliata alla sua camicia.
« Ma sta' zitto » lo rimproverò aspramente Remus. « E non voglio più sentirti lamentare sul perché Lily non esce con te, intesi? Mai più ».
James, però, non lo ascoltò nemmeno: erano arrivati ai cancelli di Hogwarts, dove i due imponenti gargoyle di pietra li scrutavano sospettosi dall'alto.
Avrebbero varcato quella soglia per l'ultima volta, ma non riuscivano quasi a rendersene conto. Solo in quel momento, infatti, capirono che i tempi degli scherzi e delle punizioni, degli inviti ad Hogsmeade e delle partite di Quidditch, stavano ormai per finire.
Le solide mura del castello li avrebbero protetti solo per qualche mese ancora, poi sarebbero stati scaraventati via, catapultati tra le fauci della guerra che divampava lì fuori, uccidendo amici e spegnendo vite di uomini dai volti sconosciuti. Una guerra che fino ad allora li aveva risparmiati, ma di cui presto sarebbero divenuti protagonisti e vittime.
Eppure, mentre varcavano la soglia del castello, non poterono far altro che sorridere. 
Sorridevano all'idea di poter rimanere lì ancora un po', a godersi quella pace innaturale, a combinare scherzi solo perché ad uno di loro andava, a ridere dalla mattina in Dormitorio fino alla sera, quando poi crollavano sui loro letti caldi, stremati dall'ennesima sfiancante giornata.
Quel tempo sarebbe passato in una maniera incredibilmente veloce, e lo sapevano. Il cielo del soffitto incantato di Hogwarts li avrebbe visti attraversarlo come delle comete che lasciavano traccia, certo, ma che sarebbero presto fuggite via.
« Siamo tornati, gente! » annunciò James a gran voce appena entrato, facendo voltare parecchi studenti che lo fissavano sbigottiti.
« James, pian-... »
« Professoressa! »
Remus, come da copione, non venne ascoltato, e James e Sirius si diressero verso una già irritata professoressa McGranitt con due sorrisi sornioni spaventosamente simili sul volto. Le labbra della donna si serrarono di scatto e li fissò con cipiglio severo oltre gli occhiali squadrati in precario equilibrio sulla punta del naso.
« Professoressa, pensavamo di scriverle quest'estate! » esclamò Sirius, un braccio che circondava le spalle dell'amico.
« Già, ma non abbiamo avuto tempo » proseguì James. « Insomma, progetti e creazioni per lunghe e sfiancanti giornate... Lei può capire ».
L'insegnante drizzò le spalle e fremette di rabbia contenuta.
« Oh, io in verità credo proprio di no » ribattè, senza smettere di scrutarli, poi avanzò di un passo, minacciosa. « Vi avverto, Potter: quest'anno non si accetterà nessuna insolenza da parte vostra. Tu sei un Caposcuola, adesso: sta' attento e mantieni un comportamento adeguato o potrai scordarti il titolo di Capitano. E, Black, se non stai in riga, nessuno oserà contraddirmi quando proporrò la vostra espulsione ».
E si allontanò a grandi falcate dai due ragazzi che ridevano già a crepapelle, sorreggendosi l'un l'altro.
« E' la quarantunesima, vero? » disse James, asciugandosi gli occhi dietro le lenti dei tondi occhiali appannati.
« La quarantunesima cosa? » domandò Peter senza capire, scoccando a Remus un'occhiata confusa.
« La quarantunesima volta che ci minacciano con l'espulsione » rispose Sirius con un largo sorriso, e quest'ultimo scosse il capo, esasperato.
« Su, andiamo in Sala Grande » tagliò corto in tono spiccio.
Si avviarono così verso l'immensa Sala, e la trovarono più bella che mai: i quattro lunghi tavoli erano disposti in fila sotto lo stellato cielo incantato, di fronte alla lunga schiera di insegnanti al cui centro sedeva l'anziano preside Albus Silente, un lungo cappello a punta trapunto di stelle argentate, occhiali a mezzaluna sul lungo naso spezzato e una treccina che scendeva al centro della lunga barba bianca.
I quattro ragazzi presero posto sulla panca alla tavola di Grifondoro, mentre gli studenti attendevano l'entrata degli impauriti novellini del primo anno per lo Smistamento.
« Ho fame ».
Sirius aveva acchiappato all'istante forchetta e coltello, battendoli sul legno duro del tavolo a ritmo di un'insolita melodia tribale.
« Sirius, non cominciare » fece Remus, una mano tra i capelli, mentre qualcuno si voltava a guardarli incuriosito.
« Ho fame » ripetè quello, piccato.
« Sirius, per favore ».
« Ho fame ».
« C'è lo Smistamento ».
« Non m'importa dei mocciosi, ho fame! »
James fece segno a Remus di non prendersi tanta pena nel cercare di contrastarlo, e lui annuì, pienamente convinto che avesse ragione.
« Chi è quello che saluta Lily? » domandò il primo dopo un po', fissando sospettoso un tizio moro con cui la ragazza si era fermata a chiacchierare. « Chi è quello? Remus, dimmelo! »
« Cosa diamine vuoi che ne sappia io? » sbottò il ragazzo, ragionevole, e Peter gli battè compassionevole qualche pacca sulle spalle.
« Ma guardalo, quel verme viscido » stava imprecando nel frattempo James. « Ah, ma che diavolo, è uno schifoso Corvonero! Un secchione schifidissimo che osa flirtare con Evans! Merita decisamente qualcosa di terribile. Qualcosa tipo la morte. Sirius, mi dai una mano? »
« Spiacente, amico, ho troppa fame per mettere in atto un omicidio » rispose l'altro. « Rimandiamo a dopo cena ».
Ma i seri propositi di James di squartamenti e sanguinose uccisioni vennero mandati in fumo dall'ingresso di una frotta di undicenni terrorizzati. 
La professoressa McGranitt li aspettava ritta in piedi accanto a uno sgabello a tre gambe su cui era poggiato un cappello vecchio e logoro, un lunghissimo rotolo di pergamena stretto in mano che scivolava sul pavimento lucido.
« Non finiremo mai » gemette Sirius, osservando la fila di ragazzini che pareva non avere fine. 
« Soffri in silenzio » lo ammonì Remus, severo, e lui assunse un'espressione sofferente.
Ad un tratto, però, parve colpito da un'illuminazione, e i suoi occhi si accesero di malizia. 
« Nah, non credo che lo farò » replicò con prontezza. « Vado dalla Banks a divertirmi un po' ».
Fece per alzarsi, sorridente, ma Remus lo afferrò per la collottola e lo tirò giù con un violento strattone.
« Dove vorresti andare, stupido cane? C'è lo Smistamento » lo rimproverò. « E, per la miseria, vuoi deciderti a lasciare in pace Scarlett? Se non l'avessi ancora notato, sappi che ti detesta ».
Ma Sirius non si curò delle sue parole e rise.
« E' proprio questo il punto! » ribattè. « Così è divertente il doppio! »
« Felpato » intervenne a quel punto James, stranamente serio. « Lasciala stare ».
Sirius sbuffò, ma, anche se molto contrariato, decise di dar loro retta. Dopotutto, c'era sempre tempo per occuparsi della Banks. Così rimase seduto, limitandosi a lanciare un occhiolino alla ragazza quando la vide voltarsi per caso nella sua direzione. Lei parve innervosirsi; quanto era divertente.
Nel frattempo lo Smistamento era cominciato e una ragazzina dalle lunghe trecce scure era avanzata tremante verso lo sgabello. Il Cappello le aveva appena sfiorato la testa, quando urlò a tutta la Sala: « GRIFONDORO! », facendola quasi trasalire.
Gli studenti della Casata applaudirono fragorosamente, mentre lei trotterellava verso il loro tavolo, un sorriso radioso stampato sul viso angelico.
« Ehilà! » la salutò calorosamente James, porgendole la mano. « Io sono James! Contenta di essere finita in Grifondoro? E' la migliore delle Case, ti troverai benissimo ».
La ragazzina sorrise rincuorata, gli strinse la mano e lo guardò interessata con i grandi occhi azzurro cielo. 
« Piacere, io sono Sarah » cinguettò. « Sì, sono contenta di essere una Grifondoro. Nella mia famiglia lo siamo tutti quanti da generazioni ».
« Wow » commentò James, sinceramente colpito. « Un ottimo partito, allora », e lei ridacchiò, annuendo partecipe.
Qualche minuto dopo arrivò a balzi un altro ragazzino dalla pelle scura e dagli enormi occhi a mandorla di un marrone intensissimo.
« Ciao! » ripetè James, porgendo la mano anche a lui. « Io sono... »
« ... James! » completò Sarah allegramente. « E' il Caposcuola di Grifondoro » aggiunse poi, facendo un cello alla spilla che brillava sul petto del ragazzo.
In realtà, quando erano andati a cambiarsi nello scompartimento del treno, James l'aveva abbandonata senza la minima cura sul fondo del baule, ed era stato Remus ad obbigarlo ad indossarla, dicendogli con estrema serietà che la figura del Caposcuola doveva essere sempre riconoscibile, per qualsiasi evenienza. In seguito a diversi battibecchi, James aveva finito per cedere, appuntandosela di malavoglia sul mantello nero ben stirato mentre l'amico sorrideva soddisfatto.
« E tu chi sei, mio giovane amico? » chiese al ragazzino, scompigliandosi distrattamente i capelli.
« Michael » rispose lui, sorridendo. « Ascolta, James, sai mica quando inizia il banchetto? Mi sembra di non toccare cibo da un secolo ».
« Dobbiamo aspettare la fine dello Smistamento, temo » fece James in tono grave, e lo sentì gemere prima che affondasse la testa fra le braccia.
Sarah gli rivolse uno sguardo carico di disapprovazione, quasi avesse pronunciato la peggiore delle bestemmie.
« Come fai a pensare alla cena? » chiese, stizzita, e Michael risollevò il capo con la fronte aggrottata. « Siamo ad Hogwarts! Siamo appena arrivati! »
« Siamo appena arrivati dopo un viaggio lungo un giorno, quindi ho fame » replicò con prontezza, ancora accigliato.
La ragazzina preferì non replicare, troppo indignata dalla sua mancanza di entusiasmo per affrontare una simile conversazione. Così si rivolse a James.
« E dimmi, James, chi è l'altra Caposcuola, invece? » chiese, raddrizzando la schiena ed inclinando il capo.
James le indicò Lily senza farsi notare, e Sarah la guardò: la ragazza stava discutendo animatamente con le amiche, gesticolando ampiamente.
« Lei è Lily. Lily Evans » le spiegò James, sorridendo appena, e lei parve notare in quell'impercettibile gesto un qualcosa di sospetto.
« Ti piace, per caso? » domandò infatti, non più tardi di un secondo dopo.
« Co-...? » James strabuzzò gli occhi e scosse il capo. « No, lei? Ma no... voglio dire, no, per niente... beh, in effetti sì » concluse infine, sconfitto.
Sarah annuì con aria trionfante ed inarcò gli angoli della bocca in un sorrisetto malizioso.
« Beh, si vede parecchio, se mi è permesso dirlo » rise poi, giocherellando tranquilla con una treccia. « Quindi è la tua fidanzata? Siete una bella coppia ».
Un po' preoccupato dalla furbizia della ragazzina, James si affrettò a negare tutto quanto, tornando a scuotere con determinazione il capo.
« Oh, no, assolutamente no » disse fermamente. « Anzi, a dire il vero mi detesta. Ma se vuoi sapere come la penso... per me è tutta una copertura ».
Lo aveva bisbigliato come fosse il più oscuro dei segreti, il che aveva divertito Sarah immensamente.
« Faccio il tifo per voi, allora » sussurrò di rimando, e James le strizzò l'occhio con aria complice.
« Tu giochi a Quidditch? » intervenne poi Michael inaspettatamente, annoiato e con la guancia premuta sul palmo della mano.
Il ragazzo lo guardò e annuì con orgoglio.
« Sono Cacciatore e Capitano della squadra » rispose, ridestando il suo interesse fino ad allora sopito. « E tu? Sei bravo a giocare? »
« Eccome! » esclamò lui con energia, facendo sorridere James. « Gioco da quando avevo quattro anni, sono un Portiere. Per che squadra tifi? »
« Puddlemere United, naturale » rispose rilassato il ragazzo, sfilandosi gli occhiali per darvi una ripulita, e all'istante il volto di Michael si accese di gioia.
« Parole sante, James, batti un cinque! » esclamò, e James schiaffeggiò la mano destra sulla sua. « So che agli studenti del primo anno non è permesso entrare in squadra, comunque... » proseguì poi. « Magari per adesso mi accontenterò di fare il cronista. Dovrebbe essere divertente ».
James si esibì in un ghigno divertito e, senza smettere di fissare Michael, assestò una lieve gomitata fra le costole a Sirius, seduto di fianco a lui.
« Sentito, Felpato? » chiese all'amico. « Quest'anno hai un concorrente per il ruolo di cronista, a quanto pare ».
Sirius, che si era voltato di malavoglia, spostò lo sguardo da James al ragazzino e viceversa, interrogativo.
« Ascolta, amico, non vorrei demoralizzarti o roba simile, certo che no, ma... il cronista qui sono io » concluse con un tono che non ammetteva repliche.
Michael parve indispettirsi di fronte alle sue parole e, senza il benché minimo timore, gli rivolse un impavido sguardo di sfida.
« Beh, non mi sembra che questa decisione spetti a te » disse, deciso, e James dovette fare del proprio meglio per trattenersi dall'esplodere in una risata fragorosa: l'espressione dipinta sul volto di Sirius era impagabile, ma all'interno della Sala regnava pressocché il silenzio.
« La vedremo, ragazzo » disse quest'ultimo, punto sul vivo. « La vedremo ».
James scosse il capo, guardandolo voltarsi nuovamente verso gli amici, poi ricominciò a chiacchierare con Sarah e con molti altri ragazzini che, timorosi, si facevano largo fino alla tavolata di Grifondoro dopo essere stati smistati dall'assai riflessivo Cappello Parlante.
In effetti lo Smistamento durò parecchio a lungo (non si erano mai visti tanti Testurbanti tutti in una volta), ma, fra mille lamentele e tentativi di suicidio da parte di Sirius e molti, moltissimi rimproveri allo stesso da parte di Remus, alla fine l'ultimo bambino fu smistato a Serpeverde e il Cappello fu portato via.
Solo a quel punto, allora, Silente abbandonò il suo posto a sedere e guardò sorridente i ragazzi di fronte a sé.
« Miei cari ragazzi » annunciò, allargando le braccia come a voler abbracciare l'intera Sala. « E' finalmente giunto il momento di deliziare i vostri palati con il cibo che tutto il mondo magico ci invidia. E per non infastidire oltre il caro professor Lumacorno con gli insistenti borbottii del mio stomaco... che abbia inizio il banchetto! »
E così dicendo tornò a sedersi, soddisfatto, mentre un grande, unico sospiro di gioia riempiva l'intera Sala e i piatti si riempivano di prelibate pietanze.
« SI MANGIA! » urlò Sirius, cominciando a riempirsi il piatto, talmente forte che Silente alzò lo sguardo e sollevò il calice nella sua direzione. « Salute, Preside! » gridò allora in risposta, e lui ridacchiò divertito, mentre, con la coda dell'occhio, il ragazzo vedeva Scarlett scuotere il capo, disgustata. « Che c'è, Banks? » le domandò, provocatorio.
« Non ho fiatato, Black, non assillarmi » ribattè lei senza guardarlo, infilzando con la forchetta una patata al forno.
« Per la barba di Merlino, è sempre più antipatica... » borbottò Sirius fra sé e sé.
« E' antipatica solo con te, Felpato » intervenne Remus ragionevolmente. « Con noi è adorabile, ma tu la fai indiavolare, quindi fatti una domanda ».
« Andate d'accordo perché siete antipatici tutti quanti » ribattè lui, prima di tuffarsi su un piatto pieno di roast beef, patate bollite, a forno e fritte.
« Se pensarla così ti fa stare meglio... » mormorò l'altro, scrollando le spalle.
Il banchetto proseguì fra risate e chiacchiere allegre, mentre ciotole di salse, verdure o patate e i piatti colmi di pasticcio di rognone, pollo e salsicce cedevano il posto a quelli su cui dominavano dolci, pasticcini e torte di ogni sorta.
« La torta di melassa! » esclamò James adorante, prendendola fra le mani e sostituendo il piatto con quello vuoto che aveva di fronte.
« No, James, grazie, gentilissimo, mangiala pure tu » fece Peter sarcastico.
L'amico fece un cenno e cominciò a mangiare indisturbato, noncurante della palese ironia del ragazzo.
« E' la mia preferita » mugugnò tra un boccone e l'altro a mo' di spiegazione.
« L'abbiamo notato » risposero gli altri in coro, atoni.
Anche le ultime pietanze ben presto svanirono magicamente dai tavoli, e l'atmosfera nella Sala si fece molto più rilassata. Gli studenti si lasciarono scivolare sulle panche, sazi e sonnolenti, e il chiacchiericcio si fece più rado per poi spegnersi del tutto quando Silente si alzò nuovamente dalla sedia. 
Tutti lo fissarono, in attesa, e il suo sorriso gentile si soffermò sui tanti volti che lo scrutavano con attenzione.
« Il vostro ormai vetusto Preside voleva dare il benvenuto ai nuovi arrivati e il bentornato alle care, vecchie conoscenze » esordì. « Non voglio tediarvi più del necessario, ma il nostro custode, il signor Gazza, mi ha insistentemente rammentato di comunicarvi i soliti, noiosi avvisi. Ricordo allora che agli studenti del primo anno è severamente proibito entrare nella Foresta ai limiti della scuola, mentre a nessuno è permesso duellare per i corridoi. Per coloro che volessero entrare a far parte della squadra di Quidditch della propria Casa, questi dovranno consegnare i nominativi ai direttori delle Case e le selezioni avranno luogo alla seconda settimana di scuola. Infine, è per me una gioia dare il benvenuto al nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure: il professor Russell Dixon ».
Un giovane uomo dall'aria socievole e dagli spettinati capelli scuri si alzò e accolse l'applauso degli studenti. Anzi, in particolare, delle studentesse.
« Ha dei capelli orribili » inveì James, scrutando Lily mentre lo fissava con un sorriso radioso sul volto. 
« Sono uguali ai tuoi, Ramoso » gli fece notare Peter saggiamente.
« Ma per favore. Io sono inimitabile ».
Nessuno osò contraddirlo, e mentre nella Sala veniva ripristinato il silenzio, il Preside fece per parlare di nuovo, il sorriso ormai svanito dal suo volto stanco e segnato dall'età.
« Ora, però » riprese, più serio, « vi prego di lasciare che io spenda qualche parola per mettervi in guardia dinnanzi al pericolo che il mondo magico sta affrontando in questo momento, mentre noi siamo ben protetti dalle mura di questo castello ».
Nessuno fiatò nella vasta Sala, e pareva che centinaia di studenti stessero respirando come uno solo.
« Lord Voldemort e i suoi seguaci stanno acquistando sempre più potere » continuò a dire Silente, e le sue parole provocarono un lieve brusio e parecchi sussulti. « Pertanto, le nostre difese devono rafforzarsi contro di lui. Hogwarts è stata resa ancor più sicura contro eventuali attacchi, ma ricordatevi che fuori di qui la sua crudele potenza divampa contro chiunque gli si opponga... contro gli innocenti che tentano di fermarlo in ogni modo. I giornali ci informano di continue sparizioni, di violenti omicidi, e in un momento buio e difficile come questo è di vitale importanza rimanere uniti, fidarsi gli uni degli altri e non abbattersi di fronte alle avversità. Solo imboccando questa via possiamo continuare a sperare che qualcosa cambi, nel nostro mondo. Solo così possiamo dirci forti ».
Fece una pausa, come se stesse riflettendo, poi tornò a sorridere benevolo.
« Ma adesso non è decisamente il momento di pensarci » riprese, battendo le mani. « I vostri caldi letti a baldacchino vi attendono! Goodnight and goodbye! »
Tutti i ragazzi si alzarono in un fragoroso grattare di panche, allegri. I Prefetti guidarono i novellini del primo anno ai rispettivi Dormitori, mentre il resto degli studenti si allontanava per conto proprio e le voci di tutti ricominciavano a confondersi.
I ragazzini che avevano chiacchierato con James durante lo Smistamento gli si avvicinarono nuovamente.
« Ciao, James! Buonanotte! » esclamarono, salutandolo con la mano.
« Grazie, ragazzi, buonanotte! » rispose lui entusiasta, sorridendo, e osservò i ragazzini allontanarsi in branco.
Poi, insieme ai Malandrini, si avvicinò al gruppo delle ragazze.
« Scarlett » fece, spalancando le braccia con fare teatrale. « Imperituro amore della mia vita, dove sei stata tutto questo tempo? »
« James! » esclamò lei, ridendo e abbracciandolo.
Per quei due, ogni occasione era buona per scambiarsi dimostrazioni d'affetto, cosa che con tutti gli altri, in realtà, Scarlett non era solita fare.
Osservando la scena, Sirius fece finta di vomitare sulla spalla di Peter, e lei gli lanciò un'occhiataccia.
« James, io ero a due passi da te, ma tu eri impegnato a flirtare con tutte quelle undicenni, quindi non ho voluto disturbarti » disse scherzosa, e lui rise. 
« Già, le ho conquistate » disse fiero. « Non sono bravissimo? »
« Sì, su questo non ci sono dubbi, ma non sapevo che ti interessassi anche a delle fanciulle... beh... così giovani » replicò la ragazza, sempre sorridente.
« Bisogna allargare i propri orizzonti, amica mia, è naturale ».
Scarlett sorrise, mentre si voltava a cercare la sorella per salutarla nella confusione. La individuò insieme al solito gruppo di amici Tassorosso e alzò la mano. James fece lo stesso e lei rispose con un gran sorriso, sventolando la propria a sua volta.
« Comunque » riprese lui, « non preoccuparti, a me piacciono le ragazze grandi! » disse ad alta voce, tentando di richiamare l'attenzione di Lily che camminava qualche passo davanti a loro con Mary, Alice ed Emmeline, ma che, com'era prevedibile, lo ignorò beatamente.
« I bambini mi piacciono, ma solo perché ho un forte istinto paterno » continuò a dire lui, gesticolando.
« Ah, sì? » fece Scarlett, divertita.
« Oh, sì » ribattè lui. « Sai, Evans, da grande vorrei avere una famiglia numerosa » disse poi, rivolgendosi alla rossa.
« Davvero? » rispose quella, fingendosi entusiasta. « Sono contenta per te. Ora devi solo trovare qualcuno che ti accontenti ».
James assunse un'espressione delusa e imbronciata. 
« Beh, io avevo pensato a te » disse candidamente. « Per avere tanti bei bambini dai capelli rossi, sai ».
« Oh, Potter, mi dispiace tanto, ma non credo di essere la persona giusta a cui affidare questo onorevole compito » rispose lei, sorridendo angelica.
Lui le rivolse un'occhiataccia. 
« Ah, sì? » fece, infuriato. « Bene! In tal caso lo farà Scarlett! »
La ragazza scoppiò a ridere sonoramente, mentre Remus e Sirius si guardavano, scuotendo il capo contemporaneamente.
« Credo che, se succedesse, mio padre darebbe una festa » aggiunse James, ridendo e pensandoci su per un momento. 
In effetti, suo padre Charlus era completamente pazzo di Scarlett. La famiglia Banks e i Potter si conoscevano sin dai tempi della scuola, e i genitori di James avevano sempre pregato affinché il loro unico figlio scegliesse la loro prediletta. Inutile dire che i loro sogni erano andati in frantumi, perché Scarlett e James non sarebbero potuti essere più amici di così, come se ad unirli fosse un vero legame di sangue.
« E di' un po', come potremmo chiamare i nostri pargoli? » domandò Scarlett, grattandosi il mento per fingersi pensierosa.
« Mmm... » esordì James, anche lui molto serio. « Ti preannuncio che il primo maschietto deve chiamarsi Harry. E' una delle poche certezze della mia esistenza, oltre al fatto che Evans cadrà presto ai miei piedi e mi chiederà lei stessa di sposarla. Per il resto, ti lascio campo libero ».
Chiacchierarono allegramente su quali altri nomi avrebbero dato ai loro numerosi bambini, quando si ritrovarono di fronte al ritratto della Signora Grassa.
« Felix Felicis » disse Lily, e la donna annuì con un sorriso, lasciandoli passare.
Si issarono sul varco lasciato libero dall'ampio ritratto e la Sala Comune apparve nuovamente di fronte ai loro occhi, accogliente come sempre. 
Le comode poltrone di velluto rosso erano illuminate dal fuoco scoppientante che ardeva nel camino, le pareti circolari erano tappezzate di arazzi, mentre dalle scale a chiocciola si poteva accedere ai Dormitori su nella Torre di Grifondoro.
« EVVAI! Siamo tornati! » esclamò Scarlett, in preda a un'ondata di irrefrenabile euforia.
« Sì! EVVAI! » risposero le amiche in coro.
Si avviarono insieme verso i Dormitori femminili, ma prima di incamminarsi si fermarono a salutare.
« Buonanotte, tesoro » mormorò Frank, stringendo la fidanzata fra le braccia, e lei gli scoccò un tenero bacio a fior di labbra.
« Buonanotte, James! » disse Scarlett, lasciandosi stringere nuovamente dal ragazzo che le augurò affettuosamente la buonanotte a sua volta. 
« Sogni d'oro, Banks » aggiunse Sirius, tirandosi indietro i capelli.
« Va' al diavolo, Black ».
Le ragazze salutarono Remus, fecero un cenno a Peter e si allontanarono verso le scale.
« Che ho fatto adesso? » sbottò Sirius.
« Esisti, credo » rispose Remus, scrollando le spalle.
E anche loro si avviarono verso i propri Dormitori.




 
*  *  *




« Io voglio il letto vicino alla finestra! »
« Ma Scarlett, lo prendi sempre tu! »
« Se voi siete così poco combattive, Mary, non è colpa mia ».
« Ti faremo pentire di essertelo accaparrata anche stavolta ».
« Alice, tu ci starai poco e niente qui dentro, quindi per te sarebbe decisamente inutile ».
Guardando l'espressione offesa stampata sul volto della ragazza, tutte scoppiarono a ridere.
Si accucciò sul suo letto, le guance rosse come pomodori e le braccia incrociate, guardandole con gli occhi colmi di risentimento.
« E' inutile che facciate tanto le santarelline, voi » ribattè, con il tono più tagliente che riuscì a trovare.
« Che cosa vorresti insinuare? » rispose Scarlett, e lei assunse l'aria di chi la sa lunga. 
« Dico solo che neanche voi dormirete ogni giorno su questi letti ».
A quelle parole, tutte trattennero rumorosamente il fiato, indignate.
« Vedremo, Alice Prewett » minacciò Emmeline, scostandosi dietro la spalla i lunghissimi capelli biondi. « Vedremo ».
Lei sollevò il mento in un'espressione altezzosa per poi rivolgerle una breve linguaccia.
« E comunque » proseguì infine, « dopo queste accuse infamanti i miei biscotti potete anche scordarveli ».
Le ragazze si guardarono a turno.
« Quali biscotti? » domandarono in coro, sospettose.
Lei estrasse con fare teatrale un grosso pacco di biscotti al cioccolato dal baule, mostrandoli alle compagne ma tenendoli stretti a sé.
« Questi biscotti » rispose con perfidia.
Lily e Scarlett si scambiarono una rapida occhiata complice e annuirono, poi si voltarono a guardare le altre.
« PRENDIAMOLI! » urlarono all'unisono, avventosi contro la povera ragazza indifesa. 
Lei, vedendo quell'orda di corpi venirle addosso, decise di desistere prima di essere sopraffatta fatalmente. 
« OK! Ok, sono vostri! » esclamò, agitando le braccia per evitare il peggio.
Tutte scoppiarono a ridere e Mary si assicurò il bottino, strappando dalle mani di Alice il grosso pacco di biscotti.
« Allora » disse poi, un sorriso smagliante sul volto. « Pigiama party a base di biscotti di Alice e gossip? »
Senza indugio alcuno, le compagne risposero con un fragoroso: « SI'! »
Si cambiarono, indossando i pigiami più ridicoli che avessero nel baule: Lily ne indossò uno con un drago ricamato sulla maglietta, che sputava fiamme di mille colori; Scarlett ne aveva messo uno rosso fuoco tappezzato di Boccini svollazzanti; Mary, invece, ne aveva preferito uno della sua band preferita, le Sorelle Stravagarie, completamente nero ma con il logo del gruppo piazzato al centro della morbida felpa sformata; Alice era la più sgargiante, con la sua tuta giallo sole che spiccava e faceva male agli occhi; Emmeline, al contrario di tutte, aveva una camicia da notte bianco ottico, con gli orli ornati di pizzo.
« Alice, mettiti sotto le coperte, guardarti mi fa male agli occhi » disse Lily, ridendo.
« Vi siete accanite contro di me, stasera? » rispose lei, imbronciata.
« Dai, parliamo di roba seria » intervenne invece Scarlett, sorridendo sghemba. « Che ne pensate del signor Russell Dixon? »
« Mmm » commentò Mary, mordicchiandosi una guancia. « Non mi dispiace per niente, direi ».
« E' un bel fusto! » esclamò Alice, senza farsi tanti problemi.
« Molto carino, già » fece Lily, annuendo partecipe. « Adoro i suoi capelli ».
Scarlett scoppiò a ridere, apparentemente senza motivo. 
« Ah-ha! Sono uguali a quelli di James! Ti sei ingannata da sola! » cominciò a canticchiare, seguita a ruota dalle altre.
Un coro di Ti sei ingannata da sola, ti sei ingannata da sola, infatti, riempì presto la piccola stanza, e Lily fissò le compagne con aria sconvolta.
« Ma la volete smettere? I suoi capelli non hanno niente a che vedere con quelli di James! » disse, infervorandosi.
Ma tutte risero più forte che mai. 
« L'hai chiamato James! » esclamò Scarlett, e il coro tornò a risuonare tra le quattro mura, più forte che mai. « No, sul serio » disse poi lei. « Io ne sono pienamente convinta: quest'anno Lily cederà, mi gioco tutto. Scommetto la mia intera collezione di figurine delle Cioccorane - duemilacento pezzi, gente, non so se mi spiego - e la mia adorata Freccia d'Argento » disse decisa, inviando un bacio alla sua scopa poggiata al baule, « che quest'anno James ce la fa ».
« Ma a far cosa? » sbottò Lily. « E' solo uno stupido arrogante, puoi difenderlo quanto ti pare, Scarlett. Non cambierò idea ».
« Lily, ma andiamo, io lo conosco da una vita ed è un ragazzo incredibile. Tu vedi solo quello che vuoi vedere » disse Scarlett.
« Ha ragione, Lily » intervenne Mary. « Che cos'ha che non va? Faceva scherzi stupidi quand'era un quindicenne, ma, voglio dire, chi non ne fa? Non è arrogante, quando parla in quel modo scherza, è ovvio. E tu cederai, oh, se cederai ».
« Ma dai, non la vedete? E' impossibile! » disse invece Alice, determinata. « Lo detesta! »
« Infatti » convenne prontamente Emmeline. « Sarebbe un miracolo! Lo odia, è una di quelle cose che non cambieranno mai ».
« Chi disprezza compra » disse saggiamente Scarlett, addentando un biscotto con un mezzo ghigno ad arricciarle le labbra.
Lily a quel punto passò al contrattacco. 
« Senti chi parla! » la aggredì. « Se dovesse valere il motto che citi, questo dovrebbe significare che ti piace Sirius Black ».
« Pff! » Scarlett sputò il biscotto, mentre Mary iniziò a tossicchiare. « Starai scherzando, spero! C'è una bella differenza, cara. Tu lo odi, quindi vuol dire che sotto sotto qualche cosa c'è. Io, invece, non lo prendo minimamente in considerazione. Potrebbe affogarsi nel Lago Nero, non m'importerebbe un accidenti ».
« Quest'anno, però, sembra più agguerrito che mai » fece Alice, diffidente. « Se ci provava spudoratamente anche quando stavi con Matt, quest'anno non ti darà pace. Dico sul serio. Potrebbe dimostrarsi persino peggiore di quel Potter. Pensi di potergli resistere? »
Scarlett rise, divertita e sprezzante insieme. 
« E questo che cosa vorrebbe dire? Lo trovi irresistibile? E da quando? » disse, ironica e anche un po' spiazzata. « E' un ragazzo come tanti altri, ma è anche un irrecuperabile idiota, il che non credo gli faccia guadagnare punti ».
« Qualsiasi ragazza in questo castello farebbe carte false pur di essere al tuo posto » commentò Emmeline. « E' bellissimo, non lo si può negare ».
« Ce ne saranno migliaia, come e meglio di lui. Che cos'ha di tanto speciale? E' il pensare di essere il più bello al mondo che fa credere a tutte che lo sia ».
La ragazza scrollò le spalle con una certa noncuranza e agitò una mano a mezz'aria. 
« Bah... sarà... » borbottò. « A te è passata la cotta che avevi per lui, no, Mary? »
Lei sollevò lo sguardo per incontrare il suo. 
« Ehm... ma sì, certo » si affrettò a dire, sbrigativa.
« Ma parlando di te, Vance » fece Alice con un sorrisetto. « Un uccellino mi ha riferito che un certo Corvonero di tua conoscenza - David Walker, ti dice niente? - abbia una bella cottarella per te. Adesso la domanda è: è ricambiata? »
Emmeline arrossì di botto, coprendo il viso con l'orlo della camicia da notte così da lasciare scoperti solo gli occhi. 
« Non è vero » bisbigliò in tono appena udibile. « Studiamo Aritmanzia insieme... siamo solo amici... »
A quelle parole un boato di risa divampò nella stanza.
« E anche Emmeline è sistemata! » concluse Scarlett, battendosi un pugno sul palmo aperto della mano.
« Poi » proseguì Alice, la bocca impastata di biscotti. « So che per te, Scar, ce ne sono quattro: il Caposcuola di Corvonero, quell'Owen, è cotto di te; a due Tassorosso amici di Miley piaci un sacco, ma sono amici, il che complica le cose. Si chiamano... aspetta... » Aggrottò la fronte, continuando a mangiare. « John Tyler e Mark Stevens, ecco, sì. E poi un Grifondoro, oltre a Black, ovviamente... Dicono che farà i provini per diventare Portiere, ma non ha speranze contro il mio Frank... Mi pare faccia Gray di cognome ».
Scarlett fece per parlare, ma l'amica, a quanto pareva, non aveva ancora finito.
« Per te, Lily, tesoro, ce ne sono due, oltre a Potter che è una garanzia. Sono i fratelli Wright, di Grifondoro, infatti non corre buon sangue tra di loro ultimamente... Crei scompiglio, cara. E poi voci non del tutto accertate danno per tuo ammiratore anche Jason Morrison, il Corvonero con cui parlavi al banchetto. Mary, amore, per te, invece, Cindy Griffith mi ha confermato che Alan McGregory ha intenzione di chiederti di uscire quanto prima ».
Tutte la fissarono a bocca spalancata, Lily con un biscotto sospeso a un centimetro dalle labbra.
Alice, infatti, era la fonte del sapere riguardo ai gossip di tutta Hogwarts, ma le sue amiche dovevano ammettere che quella volta si era davvero superata.
« Hai... hai finito? » domandò Lily con voce stentata.
« Sì, ma questo è solo ciò che riguarda noi, perché ho delle news incredibili su... »
Ma non riuscì a terminare la frase perché Scarlett, acclamata con entusiasmo dalle altre, le aveva scagliato contro un cuscino, colpendola in pieno viso.
« EHI! » urlò quella, indignata. « Come hai osato? »
Glielo tirò di rimando, ma lei riuscì a scansarlo.
« AH-HA, non mi hai preso, Prewett! » esultò, agitando il pugno. « Ho i riflessi da Cercatrice, io, non mi hanno mica preso in squadra per nien- AHI! »
Si voltò, sconcertata dall'oltraggio subito.
« EVANS! Come hai potuto? »
Ma le sue parole furono sommerse dallo strillo dell'amica che Mary aveva appena attaccato, e il tutto terminò in una terribile guerra di cuscini.
Inutile dire che quella sera il pavimento del loro Dormitorio fu ricoperto di piume volanti e biscotti ridotti in briciole.



 

*  *  *




« Vuoi uscire da quel bagno? »
« Ci sono da cinque minuti, Felpato, non rompere le beneamate Pluffe ».
« Senti, James, esci dal fottuto bagno o sfondo la porta. Intesi? »
« Già, e io ci credo, come no ».
« JAMES! »
« Remus, fallo stare zitto, per favore ».
« Non mi mettere in mezzo, sottospecie di cervide ».
« Remus, aiutami a buttare giù la porta ».
« Chiami già aiuto, Sirius? »
« Ah, ma taci, non mi serve nessuno ».
« Sì, certo... soprattutto uno che pesa venti chili e che passa tre quarti della sua misera vita su un dannato letto dell'Infermeria ».
« Ramoso, vattene al diavolo ».
« Me lo meritavo ».
« Guarda che io sto entrando ».
« Sì, e io sto aspettando ».
Sirius guardò fisso la porta con aria truce, poi si decise ad agire. Tirò una potente spallata al legno duro e quella scricchiolò.
« Ma che cavolo stai facendo? » esclamò James da dentro il bagno. La sua voce suonava sconvolta.
Sirius, però, non lo ascoltò e dopo aver tentato altre due volte di buttare giù la porta riuscì ad aprirla con un sonoro botto, massaggiandosi la spalla.
« Quello che volevo, sono entrato. E ora vattene da questo bagno » disse, irremovibile.
James sbuffò, nascosto dalla tendina della doccia, e dopo un attimo Sirius sentì lo scroscio dell'acqua farsi più debole per poi cessare del tutto..
« Va bene » fece il primo. « Girati però, non vorrei che diventassi gay a causa mia ».
Sirius rise di cuore e, con le braccia incrociate all'altezza del petto, si abbandonò sullo stipite della porta.
« Sono la persona meno corruttibile al mondo da quel punto di vista, credimi » replicò. Poi aggiunse in tono spiccio: « Esci, dai ».
« Non si sa mai... » continuò a borbottare l'altro. « E comunque, se proprio dovevi entrare, avresti potuto usare Alohomora. Bombarda, se intendevi dare un effetto più scenografico alla cosa ».
« Sfondare la porta fa molto più macho » spiegò Sirius con nonchalance, stringendosi nelle spalle. 
« Sì, in effetti sì » convenne James.
Uscì dopo un paio di secondi con un asciugamano avvolto intorno alla vita, i capelli stranamente piatti che grondavano acqua.
« Paciock, perché sei sul mio letto? » domandò, mentre dietro di lui, Sirius si sbatteva la porta alle spalle.
« E' più comodo, entra aria dalla finestra... »
« ... sì, ed è mio » concluse James. « Alzati immediatamente ».
Rassegnato allo sfratto, Frank si diresse verso il proprio letto, sconsolato. In quel Dormitorio non poteva vantare la benché minima autorità.
Nel frattempo, da dietro la porta del bagno si sentì il rumore dell'acqua che cominciava a scorrere dentro la doccia, mentre James si puntava la bacchetta dritto in direzione dei propri capelli e ne faceva uscire dell'aria calda con un incantesimo.
« Remus, prendi le bottiglie di Whisky, sono nel baule di Sirius » disse, scompigliandosi i capelli umidi con la mano libera.
« Cosa? » fece l'altro senza capire, voltando il capo per guardarlo negli occhi.
« Ah, Sirius non te l'ha detto? » chiese James. « Beh, in effetti era abbastanza implicito, amico mio... Stasera si festeggia! »
Remus inarcò un sopracciglio e si rizzò a sedere, fissandolo come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie.
« Ramoso, sono le due » disse, incredulo. « Siamo rimasti svegli a parlare per tre ore, e domani abbiamo lezione. Stai scherzando o cosa? »
James schioccò la lingua e scosse ripetutamente il capo, facendo indispettire l'amico ancor di più.
« Quella lì era una banalissima chiacchierata pre-festa, Lunastorta, andiamo! » esclamò. « Un breve riepilogo delle nostre avventure estive, tutto qui ».
Il ragazzo premette il viso sul cuscino e gemette disperato.
« E come avete intenzione di... festeggiare? Sentiamo » disse, la voce soffocata dalla stoffa del guanciale.
« Come abbiamo intenzione di festeggiare, non tirarti fuori, amico! » rispose James allegramente. « E non fare finta di non capire, te l'ho detto: fiumi di Whisky Incendiario e Ogden Stravecchio... ah, ma che vuoi saperne, tu? »
« Infatti » convenne quello, desolato e abbandonato al proprio destino. « Che voglio saperne io? Niente! E comunque non puoi importi così in un Dormitorio in cui vivono cinque persone, questa volta la mettiamo ai voti » disse deciso, cercando, almeno quella volta, di prendere in pugno la situazione.
« Mi stai sfidando, Lunastorta? »
« Si chiama democrazia, Ramoso ».
« Okay, allora... democratizziamo » affermò James, facendo una smorfia per il suono cacofonico del suo neologismo. « Io sono per la festa ».
« Io ovviamente no ».
In quell'esatto momento, Sirius uscì dal bagno tirandosi indietro i capelli neri bagnati e guardando tutti a turno mentre si sistemava meglio sul bacino i lembi dell'asciugamano bianco.
« Perché mi guardate? » chiese, sentendosi squadrato.
« Stiamo votando » spiegò James, alzando gli occhi al cielo. « Remus non vuole festeggiare a modo nostro ».
Nel silenzio generale, Sirius fisso prima l'uno poi l'altro, scettico. 
« Dovrei dire la mia? Lo ritenete necessario? »
« Tranquillo, Felpato, sappiamo bene che tu e l'alcool siete una cosa sola » borbottò Remus. « Confido in voi, ragazzi ».
Fece un cenno in direzione di Peter e Frank, stravaccati sui propri letti mentre assistevano alla discussione. 
I due si scambiarono un'occhiata, come ponderando la questione, poi annuirono contemporaneamente.
« Che festa sia! » esclamò Frank, battendosi un pugno sul palmo della mano.
« Hai perso, vecchio mio » disse James, trionfante, mentre Remus si avviava alla finestra con l'intento di buttarsi giù e schiantarsi al suolo. « Lo sapevo che non ci avreste deluso » aggiunse poi il primo in direzione degli amici, sorridendo. 
« Come potevo abbandonarvi in occasione di una scelta tanto importante? » fece Peter, battendo un poderoso cinque all'amico.
« Sei un fratello, Codaliscia » rispose questi, poi andò ad aiutare Sirius che, i capelli ancora gocciolanti, stava tirando fuori dal baule le bottiglie di Whisky, mentre Remus, affacciato alla finestra, si domandava: « Che faccio, mi butto? », anche se nessuno gli prestava ascolto.
« Lunastorta, piantala di fare l'idiota e prendi una bottiglia » disse Sirius dopo un po', sbrigativo. « Anzi, nel tuo caso sarà meglio un bicchiere. E anche piccolo, magari » specificò con una smorfia.
Remus, suo malgrado, si avvicinò con aria afflitta e un'andatura un po' ingobbita e prese ciò che gli porse l'amico.
« Che cos'è di preciso? » domandò, fissando il liquido ambrato che ondeggiava appena nel suo calice.
« Acqua, Remus. Acqua » tagliò corto Sirius, stufo del suo essere sempre così schizzinoso.
« Dico sul serio! » s'inalberò lui.
« Bevi e sta' zitto ».
Il ragazzo bevve e sputò tutto quanto non più di un secondo dopo.
« ADDOSSO A ME? » urlò Sirius, infuriato. « Mi sono fatto la doccia adesso! »
« Ma questa roba è pesante, Sirius, cosa diamine mi dai? »
« Tu sei pesante, Remus. Sempre e solo tu ».
« Dai, non litigate, la vita è meravigliosa! » intervenne James festante, passando le braccia intorno alle spalle dei due. « Brindiamo a quest'ultimo anno! Brindiamo ad Hogwarts! Brindiamo al sacrosanto Whisky Incendiario! Brindiamo alla Evans! Brindiamo a Harry James Potter! BRINDIAMO A NOI! »
« E' già ubriaco? » disse Peter un po' spaventato, tirandosi subito indietro.
« Nah, è l'euforia pre-sbronza » rispose tranquillo Sirius, che ormai riconosceva i sintomi.
« Ma senti un po', Felpato, tu hai intenzione di ciondolare in questo stato per tutta la sera? » gli chiese Remus, guardando la pozza d'acqua che si era formata ai suoi piedi.
« Ah... » fece quello, annuendo gravemente. « Già, è vero. Grazie, amico, da solo non ci avrei mai pensato ». E quella volta non fu per niente sarcastico.
Si cambiò velocemente in bagno, i capelli ancora leggermente umidi che gli scivolavano sugli occhi, indossando solo un paio di mutande, le sue preferite, che riportavano in ogni angolo piccoli disegni di ossa per cani.
« Sirius, fai veramente schifo, mettiti qualcosa » disse James, lanciandogli un paio di pantaloni.
Lui li afferrò al volo ma li abbandonò sul letto, del tutto indifferente al consiglio appena ricevuto. 
« Frotte di ragazze non la pensano come te, e sinceramente tengo in considerazione il loro giudizio più del tuo » fu la sua risposta.
« D'accordo, ma qui non c'è nessuna ragazza » obiettò Remus, ragionevole. « E nessuno arde dalla voglia di vederti in mutande, puoi credermi ».
« Non m'interessa » fece lui. « Ho caldo e sto in mutande. Adesso datemi dell'Ogden ».
Si gettò sul proprio letto, afferrò la bottiglia che James gli porse e, in un colpo solo, riuscì a scolarsene un terzo senza riprendere fiato.
« Aah... » sospirò infine, passandosi la lingua sulle labbra con aria estasiata. « Buono ».
« Ma non gli fa niente? » domandò Peter, osservandolo con la fronte aggrottata.
« No, credimi: gli fa eccome, Codaliscia » rispose Remus, anche lui tutto intento a fissarlo.
Si abbandonò sul proprio letto, e per un po' tutto quello che fece fu guardare gli amici sprofondare nel baratro dell'ubriachezza irrecuperabile. 
Mezz'ora dopo, Frank ronfava con le tende di velluto rosso chiuse intorno al letto, Peter stava rannicchiato sul proprio con una scatola di Gelatine Tuttigusti+1 accanto a sé, mentre James e Sirius barcollavano per la stanza in uno stato decisamente pietoso.
« Sono caduto! » esclamò il primo quando un tonfo sordo si levò improvvisamente nella stanza, ridendo come un matto e massaggiandosi il fianco dolente. « Ma avete visto? Sono caduto! Sono caduto a terra! Ve la siete persa! »
E continuò a ridere, premendo entrambe le mani sul pavimento senza però riuscire ad alzarsi.
Dopo circa un minuto di quella scena imbarazzante, Remus si avvicinò e lo sollevò di peso, fissandolo disgustato.
« Grazie, amico mio! » disse l'altro ad alta voce. « Mi hai salvato! Qual è il tuo nome? Devo ricordarmelo ».
Senza una ragione che fosse una, Sirius scoppiò a ridere con la sua risata simile a un latrato, e James lo seguì allegramente a ruota.
Remus, invece, guardò orripilato le bottiglie che avevano svuotato e capì che sarebbe stata una lunga, lunghissima notte.
« Ma che cosa siete? » urlò, piuttosto scandalizzato. « Che cosa siete? »
« Io un cane » fece Sirius, ridendo come un matto.
« Sì, anch'io » gli fece eco James, accasciandosi ai piedi del suo letto.
« No, che vai dicendo? Tu sei un lupo mannaro, ce l'hai detto anni fa! »
« Sono un lupo mannaro? Davvero? Che roba! E da quando? »
« Ti ha morso Remus ».
« Chi è Remus? »
« Quel tizio laggiù ».
« Ah, sì, l'ho già visto da qualche parte. E tu chi sei, allora? »
« Dici a me? Io sono amico tuo ».
« Sul serio? Allora dovremmo abbracciarci! Che ne dici, eh? Eh? »
Sirius annuì allegramente e si alzò dal letto, precipitando rovinosamente addosso all'amico e facendo scivolare giù dal letto anche lui.
« SIAMO CADUTI! » urlarono in coro, rotolandosi a terra in preda a convulsioni di risa. « Siamo caduti e siamo ubriachi! E domani c'è lezione! EVVAI! »
Remus prese sconfortato l'ultima bottiglia di Whisky rimasta per nasconderla alla loro vista ed impedire il peggio, ma quando i due presero a intonare a squarciagola l'inno di Hogwarts tenendosi a braccetto, capì che niente avrebbe potuto essere peggiore di quello.
Guardò Peter, preoccupato quasi quanto lui, e scosse tristemente il capo.
« E' l'inizio della fine ».




 
*  *  *




La mattina dopo, in Sala Grande c'era un gran chiacchiericcio di studenti assonnati e ansiosi per l'inizio delle lezioni.
Frotte di gufi scendevano in picchiata dal magico soffitto incantato che quel giorno rifletteva un cielo azzurro limpido e privo di nuvole, portando pacchi, lettere e giornali per la posta del mattino.
Lily e Scarlett stavano chiacchierando al tavolo di Grifondoro insieme alle amiche e Frank, senza osare toccare cibo dopo l'abbuffata della sera prima. Avevano Moltiplicato i biscotti finché non erano state così sazie da scoppiare.
Mentre discutevano dell'orrida veste verdognola che indossava quel giorno la professoressa Sprite, in Sala Grande entrò Remus, l'aria stravolta, camminando a qualche metro di distanza dagli amici.
« Buongiorno, ragazze » salutò gentilmente non appena fu arrivato, abbandonandosi stancamente sulla panca accanto a Lily.
« Ciao, Remus. Dormito bene? » domandò lei distrattamente, tutta presa dalla sua tazza stracolma di caffè.
Lui sollevò lo sguardo e la fissò con un sopracciglio inarcato. 
« Prima notte ad Hogwarts dell'ultimo anno con i Malandrini e la complicità di Frank. Secondo te ho dormito bene? » chiese, educatamente perplesso.
Alice si voltò a guardare il fidanzato con aria severa, ma lui alzò le mani come a discolparsi.
Lily sorrise e bevve un sorso di caffè, tornando a guardarlo un istante dopo. 
« Beh, andiamo un po' a ritroso... » disse, divertita. « Hai dormito? »
« Dalle quattro alle sette » rispose quello mestamente. « Senza contare che Peter è caduto dal letto e mi ha svegliato e James ha parlato nel sonno per mezz'ora ».
« Ingiurie infondate, Evans ».
James si era appena avvicinato a loro insieme a Sirius e Peter, sedendosi accanto a Scarlett. 
« Bacino a James » mormorò con voce infantile, indicando la propria guancia in direzione della ragazza.
Lei sorrise, scoccandogli un sonoro bacio che lo rese parecchio più contento. 
Il bacino a James era un'abitudine ormai consolidata. Nessuno al mondo poteva impedire a James di ricevere il suo bacino a colazione. Che ci fossero uragani, stragi, terremoti o quant'altro, niente riusciva a smuoverlo dall'idea fissa che quel bacino desse un tocco magico alla sua giornata. Una volta era persino arrivato in ritardo a lezione perché Scarlett era stata ricoverata in Infermeria e lui era passato per avere ciò che gli spettava, senza curarsi del fatto che l'amica si trovava in uno stato di limbo tra la vita e la morte. Quella volta, Lily aveva mandato in Infermeria anche lui.
« Sirius, ti prego, non mangiare in quel modo, fa impressione » disse Remus dopo un po', implorante, osservando l'amico ingozzarsi di uova, pancetta e pane tostato a volontà. 
La sua forchetta roteava tra piatto e bocca a una tale velocità da sembrare invisibile. Ma Sirius era disgustoso, questo era risaputo, e se non aveva smesso di mangiare in quel modo per sei anni interi, Remus dubitava che lo avrebbe fatto quella volta sotto sua gentile richiesta. Anche lo sfrontato ottimismo di James pareva vano per quel particolare e incurabile caso. Sirius era disgustoso. Nemmeno la più potente magia di Merlino avrebbe potuto stravolgere quella triste realtà. Era posato ed elegante quando desiderava esserlo, ma i pasti lo rendevano più canino che mai. Era disgustoso, punto.
« Che fe? Famfi anjiare npafe » fu la sua brillante risposta.
Remus si passò una mano sugli occhi in un gesto carico di stanchezza e mormorò: « Certo, Sirius. Certo ».
In quel momento arrivò la professoressa McGranitt, una pila di foglietti in bilico tra le braccia. Li salutò, squadrandoli ad uno ad uno, poi parlò.
« I vostri orari » disse asciutta, porgendone uno a ciascuno di loro. « Cercate di essere puntuali e... Black, non mangiare in quel modo o rischi di affogarti ».
Sirius le scoccò un'occhiata obliqua e continuò a mangiare a modo suo, mentre l'insegnante andava via con la schiena ben diritta.
« Ehi! » arrivò poi una voce allegra, e tutti sollevarono lo sguardo per capire a chi appartenesse.
« Ciao, Miley » disse Scarlett, mentre lei sorrideva a tutti e si chinava per dare un bacio alla sorella.
« Com'è la vostra settimana? » chiese, sedendosi accanto al fianco di James. « La mia fa schifo, c'è Trasfigurazione sempre, ovunque... un vero incubo ».
« Mmm, vediamo » rispose James, prendendo in mano il suo orario. « Ooooh! » esclamò poi con un sorrisetto. « Lunastorta! C'è una bella notizia per te! »
Sirius si sporse per dare un'occhiata all'orario e ghignò a sua volta, sinceramente divertito. 
« Indovina chi abbiamo le prime due ore? » chiese, canzonando l'amico ancora ignaro di tutto.
Il colorito sul volto di Remus svanì in un istante, lasciando il posto a un bianco funereo, e il ragazzo li fissò a turno con aria implorante. 
« No... » sussurrò. « No... Non è possibile... Non ora, non... non adesso, io... Non sono pronto! »
« Oh, invece dovresti esserlo » infierì Sirius, maligno. « Doppie Pozioni, vecchio mio! Gran bel ritorno, eh? »
Ma Remus non lo ascoltò: aveva già cominciato a sbattere la testa contro il legno duro del tavolo.
« Mi dispiace, Remus... » mormorò Scarlett, comprensiva. « Vedrai, faremo solo un ripasso... Ci farà preparare qualcosa di semplice, qualcosa che abbiamo già fatto... » continuò a dire, ma il ragazzo era inconsolabile.
« Sta' tranquillo, Remus » disse Lily, battendogli qualche confortante pacca sulla spalla.
« Tu sei contenta, invece, non è vero, Lils? » fece Alice, un sorriso che le andava da un orecchio all'altro.
« Alice, ti ho detto un milione di volte che non voglio essere chiamata Lils. E' raccapricciante ».
« Alice, rispetta il volere di Lils » sghignazzò James, divertito.
« Tu sta' zitto, Potty » fece la ragazza, agitando la mano per zittirlo.
Lui rimase colpito dalla sua provocazione e il suo sorriso si fece se possibile ancora più largo. 
« Questo era un colpo basso, Evans » disse, afferrando una fetta di pane tostato. « Mi piaci così vendicativa ».
Lei non gli prestò ascolto e si versò altro caffè nella tazza, ricominciando a chiacchierare con Alice.
« Allora » fece quella in tono allegro. « Pronta per gli elogi del caro professor Lumacorno? »
Le altre sogghignarono malevole.
« Oooh, è vero » disse prontamente Scarlett, sorseggiando il suo cappuccino. « Adesso darà il via alla solita solfa: e Lily di qua... »
« ... e Lily di là... »
« ... e Lily di su... »
« ... e Lily di giù... »
« Sì, ho capito » tagliò corto lei, scocciata dalle prese in giro delle amiche. « Non fatemici pensare ».
« Puoi negarlo quanto vuoi, Rossa, ma sei la cocca del Luma! » scherzò Scarlett, pizzicandole una guancia.
« Andiamo, lasciami in pace! » esclamò, ma rideva anche lei. « E poi, se ci pensi bene, non sono l'unica vittima di Lumacorno! Anche Miley è sottoposta a questo genere di torture... non è vero, Miley? »
La ragazza sospirò stancamente, imburrandosi una fetta di pane tostato per consolarsi. 
« Già... » mormorò, piuttosto afflitta. « Tu sei in cima alla lista delle sue preferenze, ma è abbastanza sfiancante anche per me... Continua a ripetermi quanto vorrebbe che fossi nella sua orribile Casa. E una volta mi ha tolto dei punti perché ho alzato la voce con lui! Ah, ma insomma, mi manda in bestia! »
« Davvero? Non lo sapevo » intervenne James, incuriosito. « Lumacorno è proprio dotato di buon gusto in fatto di alunne, allora... »
Miley rise e gli battè un pugno giocoso sul braccio, mentre Lily scosse il capo e, con molta pazienza, decise di non replicare.
« Ti ho fatto un complimento, Evans, che aspetti a ringraziarmi? » si lamentò il ragazzo, deluso dalla sua reazione.
« Oh, davvero? Me lo sono persa, spiacente, ma gradirei altrettanto il tuo silenzio » rispose lei, sforzandosi di mostrarsi pacata.
« Certo, Evans, sarà fatto » rispose con un ghigno che diceva tutto il contrario. « Comunque, è tardi, dovremmo andare » aggiunse poi, guardando l'orologio.
Remus emise un flebile mormorio di protesta, ma gli amici lo sollevarono di peso, facendolo alzare dalla panca.
« Ciao, ragazzi » salutò Miley, guardando Remus con fare comprensivo. « Buona fortuna, Remus ».
« Grazie, Miley » mormorò l'altro tristemente.
Lei se ne andò, le guance un po' arrossate.
A quel punto, allora, tutti si incamminarono verso l'aula di Pozioni, e lì trovarono una serie di calderoni disposti ordinatamente su dei tavoli. 
Il professor Lumacorno li attendeva alla cattedra mentre trafficava con le cinghie della valigetta di cuoio. Era un uomo basso e grassoccio, con dei grossi baffoni da tricheco che gli svolazzavano sotto il naso, e indossava un panciotto striminzito che minacciava a ogni respiro di strapparsi sul tondo pancione.
« Buongiorno, ragazzi miei » salutò gioviale. « Lily cara, più bella ogni giorno che passa, vedo » commentò poi, rivolgendo un gran sorriso alla ragazza.
Lei annuì appena, ricambiando il sorriso in maniera un po' forzata.
« Bene, adesso che ci siamo tutti, dividetevi a coppie e vi dirò cosa ho in serbo per voi » annunciò il professore alla classe con fare incoraggiante.
Sirius prese Remus per la spalla e lo condusse al tavolo più lontano dalla cattedra, osservandolo preoccupato di sottecchi. James invece andò con Peter, mentre Scarlett e Lily presero il banco accanto a Remus perché Lily voleva tentare di dargli qualche suggerimento.
« Allora, ragazzi, per riprendere un po' ciò che abbiamo studiato l'anno scorso e metterci tutti in pari, vorrei che mi preparaste un antidoto a questi veleni che ho in cattedra. Ma prima ripassiamo insieme le leggi di Golpalott, che, come saprete sicuramente, ci saranno necessarie per la preparazione » spiegò Lumacorno, vagando per i banchi. « Qualcuno sa... sì, signorina Vance? »
La mano di Emmeline, infatti, era scattata in aria all'istante. 
« La prima legge afferma che un veleno naturale estratto da un vegetale richiede un antidoto naturale estratto da un altro vegetale ».
« Molto bene, cinque punti a Grifondoro » rispose lui compiaciuto. « Signor Black, lei sa dirmi la seconda? »
Sirius, che era stato sorpreso mentre sillabava chissà quali parole in direzione di James, richiuse le labbra e fissò l'insegnante. 
« Un veleno naturale estratto da un animale richiede un antidoto naturale estratto dall'animale superiore al primo nella catena alimentare... o una roba del genere » rispose, annoiato e senza la minima traccia d'imbarazzo sul volto spavaldo.
« Una roba del genere, Black, complimenti » fece il professore ridacchiando. « Mentre tu, Lily cara, sai citarmi la terza? »
Lily annuì. 
« L'antidoto per un veleno congiunto è maggiore alla somma degli antidoti per ogni singola pozione che compone il veleno congiunto » disse con sicurezza.
« Molto bene davvero, altri dieci punti a Grifondoro » concluse Lumacorno, battendo le mani, e tornò alla cattedra con aria allegra. « Bene, adesso voglio sperare che tutti sappiate trovare un buon antidoto » disse infine. « Prendete una fiaschetta per banco e buon lavoro! »
Sirius andò insieme agli altri al tavolo vicino alla cattedra, e ritornò presto da Remus con una piccola fiala di un veleno color viola intenso.
« Di che si tratta? » chiese, fissando il liquido con sguardo ansioso.
« E' quello che dobbiamo scoprire prima di preparare l'antidoto, amico, sveglia » ribattè l'altro, spiccio. « Piuttosto, aiutami, su, non sono Evans, io ».
Remus ammutolì e aprì il libro alla pagina sugli antidoti.
« Bene » disse. « Adesso che si fa? »
« Credo che bisogna che tu stia zitto » disse Sirius, lanciandogli un'occhiataccia.
« Sei un compagno di lavoro troppo irascibile, Felpato » commentò l'altro in tono piatto.
Sirius non lo ascoltò e cominciò a trafficare con la boccetta e il libro, analizzando chissà cosa e facendo calcoli complessi su un pezzo di pergamena, scribacchiando con la sua confusa grafia. Dopo cinque minuti buoni, sorrise compiaciuto.
« Sono un fottuto genio » annunciò, battendo un pugno sul tavolo.
« Sono contento di saperlo » disse Remus, annuendo.
Poi alzò lo sguardo all'improvviso, sorpreso: la risata di James aveva riempito la stanza e tutti stavano cercando di capirne la ragione.
« Signor Potter! » lo richiamò Lumacorno, irritato dalla sua mancanza di giudizio.
Lui ebbe qualche difficoltà a fermarsi, ma ci provò con tutte le sue forze. A quanto pareva, Peter si era soffiato addosso della polvere di pestello che gli era finita sugli occhi e James lo aveva trovato particolarmente divertente, come pensava fosse ogni singola cosa del mondo, o quasi.
« Chiedo venia, prof, non si ripeterà mai più, gliel'assicuro » rispose, nascondendo un ghigno.
Poi notò che Piton lo stava scrutando con aria di disapprovazione e inarcò le sopracciglia, ricambiando con disgusto il suo sguardo.
« E tu che vuoi? » gli fece, aggressivo.
Sirius sorrise e, nascondendosi dietro la schiena dell'amico seduto al banco di fronte, lanciò al ragazzo una bacca di vischio che lo colpì sulla nuca.
Piton e James si voltarono simultaneamente. Il primo lo fissò infuriato e lui lo guardò con superiorità, mentre i due amici si scambiarono un rapido sguardo d'intesa.
« Calmi, ragazzi, riprendete a lavorare, il tempo passa » li incoraggiò Lumacorno con un sorriso conciliante.
« Remus, renditi utile, prendi dalle scorte l'ingrediente base e... sì, anche un corno di unicorno » disse Sirius, consultando ancora una volta il libro.
Remus annuì e si avvicinò all'armadio delle scorte. C'erano decine e decine di pacchetti e fiale, alcune senza etichetta.
Cercò e ricercò, vagando a tentoni fra le scatole, e quando credette di aver trovato ciò che gli serviva, tornò al proprio posto.
« Metti due misurini di quell'erba nel calderone » gli fece Sirius, che stava sminuzzando una sorta di bulbo con il pugnale d'argento.
« Quale erba? » domandò Remus, confuso.
« L'ingrediente base! »
« Oh, già ».
Titubante, allora, fece come Sirius gli aveva ordinato e poi lo fissò, in attesa di ulteriori istruzioni.
« Riscalda a media temperatura per cinque secondi, poi da' un colpo di bacchetta » disse ancora Sirius, continuando a scribacchiare con aria distratta.
Remus annuì e accese il fuoco, trafficando con i pomelli con qualche difficoltà. Aspettò cinque secondi e non si accorse neanche per sbaglio che il fuoco era a una temperatura molto più alta di quella prevista dalle indicazioni scritte sul manuale.
E il tutto accadde con un semplice e apparentemente innocuo colpo di bacchetta.
Un incredibile e assordante boato risuonò nell'aula: il calderone di Remus e Sirius, ormai liquefatto, era esploso, schizzando pozione ovunque come una bislacca fontana impazzita. I due erano ricoperti da capo a piedi di una sostanza verdognola e puzzolente, e così anche i vicini.
Sirius si voltò a guardare il compagno con una lentezza inaudita, i pugni serrati e lo sguardo che lampeggiava.
« Ma che diavolo hai fatto? » esclamò, facendolo rimpicciolire.
Lumacorno, nel frattempo, si teneva distante dal lago di pozione e li osservava con aria sconvolta.
« Cos'avete combinato, qui? » chiese, guardandosi attorno disorientato.
« Lupin è un pericolo pubblico, ecco cosa. Una minaccia, ad essere precisi, io non c'entro niente » rispose Sirius, con tutta la serietà che un uomo può avere ritrovandosi completamente ricoperto di pozione.
« Signor Lupin... è... è stato lei? » chiese Lumacorno incredulo.
Remus annuì. 
« E' colpa mia » mormorò, il tono di voce talmente basso che l'insegnante fu costretto ad avvicinarsi per sentire.
Lo squadrò, come ragionando sul da farsi, poi sbuffò, facendo svolazzare i baffoni scuri.
« Lupin, siamo al settimo anno! Non può più permettersi di far esplodere calderoni e devastare aule di Pozioni, riesce a capirlo? Questa particolare materia necessita di accuratezza ed estrema precisione! Nell'anno dei M.A.G.O. non possono essere più tollerati errori così grossolani! Sono costretto a metterla in punizione, me ne dolgo! Questa sera, alle nove nel mio ufficio, nella speranza che lei impari qualcosa. E ora andate, l'aula è inagibile ».
Remus mosse appena il capo, immobilizzato da capo a piedi.
Era stata senza ombra di dubbio la più grande umiliazione mai subita in tutta la sua vita.
Non avrebbe mai dimenticato, mai, in tutta la vita, il suo ultimo primo giorno di scuola.








(CAPITOLO REVISIONATO).

Note della Malandrinautrice: Salve a tutti, gente  (se siete ancora lì)! Lo so, siamo in un ritardo madornale, ma questo capitolo era chilometrico (e abbiamo anche dovuto spezzarlo drasticamente) e tra gli impegni abbiamo perso tempo! Il prossimo arriverà più presto, voglio sperarlo!
Beh, ancora divertimento qui, siamo ancora all'inizio, e ci sono molti Malandrini (?). I tempi bui e gli innamoramenti arriveranno, avranno fin troppo spazio, ma ovviamente ogni cosa a suo tempo!
Spero che qualcuno passi a leggere e che questo capitolo possa far sorridere. Lo spero davvero.
Oh, tra parentesi, la canzone iniziale è 'To Build a Home' di The Cinematic Orchestra.
Ma adesso il momento più importante. I ringraziamenti.
Noi siamo rimaste SCONVOLTE dal vostro entusiasmo, dal successo che il primo capitolo ha avuto.
SETTE recensioni, UNDICI tra le preferite e TREDICI tra le seguite per noi è assurdo. E meraviglioso.
Non sappiamo come ringraziarvi per le splendide parole che avete speso, ci siete entrati tutti nel cuore, non sappiamo come spiegarci.
GRAZIE, davvero, con tutto il nostro cuore. Non ce lo aspettavamo.
Speriamo di risentirvi, un bacione! 
Ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 3
*** Tra foto, ripetizioni e punizioni ***





Capitolo 3

Tra foto, ripetizioni e punizioni







 
« E' uno scandalo ».
« Imperdonabile ».
« Un oltraggio ».
« Non ci passeremo sopra ».
« Puoi scordartelo ».
« Essere infimo ed egoista ».
« Questo non avresti dovuto farcelo ».
I Malandrini erano appena usciti dall'ormai disfatta aula di Pozioni. Si erano ripuliti in fretta con un semplice incantesimo, ma il fautore della totale distruzione della stanza non aveva ancora avuto il coraggio di proferir parola, l'aria totalmente stravolta e gli occhi ostinatamente fissi a terra.
James e Sirius, d'altra parte, non avevano minimamente pensato di doverlo consolare o tirare su in qualche modo per l'indimenticabile umiliazione subita, anzi, erano furiosi con lui. Perché? Ovviamente perché aveva osato farsi mettere in punizione da solo e prima di loro. 
Non si era mai sentito nulla del genere. Remus Lupin, lo studente modello sempre ordinato e pacato, in punizione alla prima ora del primo giorno di scuola così da battere ogni record dei compari malfattori? Impossibile. Era un'eresia. Era contronatura. Contro ogni legge dell'universo. Inaccettabile, punto.
Dopo tutti i propositi che si erano imposti sul voler finire col botto il loro corso di studi - o meglio, di scherzi - era inconcepibile che il botto (nel vero senso della parola) l'avesse fatto lui.
E gliel'avrebbero fatta pagare. Un giorno, presto o tardi, si sarebbero vendicati nel peggiore dei modi per l'affronto subito, ne erano certi.
« Felpato, dobbiamo organizzare subito qualcosa di grandioso » disse James con una luce maniacale negli occhi.
« Di eclatante, Ramoso, esatto » convenne l'altro, annuendo con vigore. « Remus, di' un po', tu come pensi di farti perdonare? »
Sirius, però, non ricevette alcuna risposta.
« Andiamo, Lunastorta, non fare l'idiota, mi stai deprimendo » disse, imbronciandosi. « E tirati su, per la miseria, ti serve solo un po' d'allenamento ».
James annuì energicamente al suo fianco, affondando le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni scuri. 
« Già, possiamo darti una mano » disse, fortemente fiducioso. « Se la pianti, però ».
Ma nelle ore di lezione seguenti l'umore di Remus non migliorò, e quando si diressero verso la Sala Grande per il pranzo aveva pronunciato a stento qualche parola. 
Si abbandonò pesantemente sulla panca, gettando la borsa sotto il tavolo, a quanto pareva senza aver intenzione di toccare cibo.
« Remus! » trillò Alice, guardandolo con apprensione mentre tagliuzzava con cura una fetta di carne. « Che ti è successo? Sembri sconvolto! »
« E' ancora sotto shock per quello che è successo oggi a Pozioni » spiegò Peter senza mostrare troppo tatto.
« Oh » fece lei, sinceramente dispiaciuta e, sentendosi parecchio imbarazzata, non aggiunse altro.
Lily, invece, gli riempì il piatto e glielo porse, un sorriso incoraggiante stampato sul volto gentile. 
« Su, mangia qualcosa » gli disse con calore. « Non pensarci più, posso aiutarti io. D'ora in poi considerami la tua insegnante personale ».
Remus le rivolse un debole sorriso e la ringraziò sottovoce, ma ancora non parve propenso a ingerire alcunché.
« E poi, se ci pensi bene » intervenne Mary con entusiasmo, « non è successo niente di grave. Non ti ricordi quando la mia pozione è finita dritta dritta su Lumacorno carbonizzando la sua cravatta preferita? Ho avuto tre settimane di punizione, ma poi gli è passata... più o meno ».
Suo malgrado, Remus rise insieme agli altri, e la ragazza gli strizzò l'occhio in un gesto amichevole.
« Non ho fame » borbottò però dopo qualche minuto, rialzandosi. « Vado su in Dormitorio. Ci vediamo a lezione ».
Gli amici lo fissarono e annuirono senza dire nulla.
« Ma...? » fece Lily, guardando a turno James, Sirius e Peter con aria stravolta. « E voi? Non andate con lui? E' uno straccio! »
« Quando sta così è meglio lasciarlo in pace » rispose Sirius, mandando giù un grosso boccone di carne e purè di patate. « Lasciagli il tempo di sbollire un po' e tornerà tranquillo, vedrai ».
Lei annuì, anche se con qualche riserva, mentre al suo fianco, Scarlett squadrava Sirius con espressione disgustata.
« Puoi evitare di mangiare e parlare nello stesso momento? » gli chiese educatamente, sorseggiando un po' d'acqua fresca dal proprio calice.
« Puoi evitare di guardarmi mentre lo faccio? » replicò con la medesima impassibilità il ragazzo, e lei alzò gli occhi al cielo, irritata.
Dopo un attimo, però, il suo sguardo si soffermò senza volerlo sulla sorella, seduta alla tavola dei Tassorosso in compagnia dei suoi amici. Aveva gli occhi incollati su Remus, il quale stava uscendo dalla Sala Grande con la borsa in spalla e l'andatura stanca.
E fu in quel momento che la colpì un'idea geniale.
Senza staccare gli occhi dalla ragazza e con un sorriso malizioso sulle labbra, così, si sporse verso la ragazza seduta al suo fianco e mormorò: « Lily ».
Lei si voltò e scosse impercettibilmente il capo per indurla a parlare. 
« Che c'è? » chiese, sistemandosi i capelli su una spalla.
« C'è che sono un genio » fu la risposta dell'amica.
A Lily non piacque affatto l'aria di malvagio trionfo dipinta sul suo volto, e si affrettò a chiedere delucidazioni, borbottando: « Ergo...? »
« Ergo, cara Lily, ho appena avuto l'idea del secolo » rispose, piuttosto criptica. « Conosci per caso un'eccellente Pozionista che, sempre per caso, sia anche cotta come una pera di Remus Lupin? »
Lily incrociò lo sguardo dell'amica e il suo volto si illuminò di colpo, tanto che dovette contenere a forza l'entusiasmo. 
« Amica mia... credo proprio di sì » sentenziò, sfregandosi le mani. « E' proprio vero, sei un genio! »
Si batterono un cinque allegramente, certe che il loro piano malefico sarebbe presto andato in porto.
Era perfetto: Miley, perdutamente ed evidentemente cotta di Remus, era la più brava del suo anno in Pozioni, anzi, ad essere precisi, la sua era una vera passione. Durante l'estate la si vedeva preparare intrugli ogni pomeriggio, semplicemente per il piacere di farlo, e i suoi capelli profumavano ogni giorno dei fumi delle sue particolari pozioni, spesso anche frutto delle sue invenzioni personali. 
Quindi chi meglio di lei poteva fare da insegnante a quel povero sventurato di Remus?
« Che avete da confabulare, voi due? » chiese Mary avvicinandosi, incuriosita.
Scarlett e Lily risero complici. 
« Dobbiamo attuare un piano » dissero in coro, incapaci di contenere la propria gioia.
« Piano? » intervenne Emmeline, confusa.
« Proprio così » fece Scarlett, annuendo con convinzione. « Agiamo in nome di Cupido, che sempre sia lodato ».
« Oh, interessante! » disse con fervore Alice, che solitamente prendeva molto a cuore cause come quella. « E chi sono le vittime predestinate? »
Altro sguardo complice fra le due amiche, che ridacchiarono.
« Ovviamente due nostre vecchie conoscenze » spiegò prontamente Lily. « Due cuori solitari che speriamo presto di unire: Remus e Miley! »
Le tre amiche accolsero con entusiasmo i nomi della nuova fantomatica coppia, applaudendo con faticata compostezza.
« Sì » proseguì Lily, ormai del tutto presa dalla sua nuova missione. « Dunque, tutto parte dalla tragica situazione di Remus in Pozioni...»
« ... materia in cui Miley, invece, è un fenomeno » aggiunse Scarlett, senza smettere un istante di sorridere.
« Proprio per questo, non esiste persona migliore per aiutare il nostro povero amico... »
« ... dunque Miley darà ripetizioni private a Remus... »
« ... e visto che è lampante che sia pazza di lui, qualcosa succederà di sicuro, perché rimarranno soli soletti nell'aula di Pozioni... »
« ... e di lezioni ce ne vorranno, oh, sì... »
« ... perciò il gioco è fatto, e io sono un genio » concluse Scarlett, battendo allegramente le mani, e le ragazze risero.
« Lo sapevo che le piaceva! » disse poi Alice. « Ma avete visto come lo ha guardato sul treno? Quando lui l'ha salutata è arrossita fino alla punta dei capelli! »
« Sì » cinguettò Emmeline, sognante. « Era così carina! Sono sicura che fra loro succederà qualcosa! Miley gli piacerà, ne sono certa! »
« Mel, non esaltarti troppo, però » le consigliò Scarlett, ridendo sommessamente.
« Che c'è? » fece lei, riportata bruscamente alla realtà. « Io amo l'amore, tu invece odi il mondo. Non rovinarmi la favola, guastafeste! »
« E' vero, Scarlett, tu odi l'amore con tutta te stessa, sei insopportabile » convenne Lily, ricominciando a mangiare.
« Non ho fiatato! » esclamò lei, sentendosi circondata da fermi oppositori. « Solo perché sono un po' cinica... »
« ... solo un po'? » 
« ... e acida... »
« ... infatti... »
« ... e odio tutte quelle coppiette smielate e schifose... insomma, che posso farci? » sbottò, indispettita.
« Nulla, tesoro, noi ti amiamo così come sei » disse Alice, dolce e affabile, e lei le inviò un bacio e rise.
Quando stavano per finire di pranzare, si avvicinò al loro tavolo la professoressa McGranitt, e tutti si voltarono a guardarla.
« Signorina Evans, signor Potter » esordì lei, le mani intrecciate all'altezza del grembo.
Quelle parole bastarono a rendere Lily molto meno contenta di quanto non fosse stata fino a quel momento. 
« Perché il mio nome e il suo nella stessa frase? » bisbigliò a Scarlett, afflitta, ma lei gli mollò una gomitata tra le costole e gli intimò di stare zitta.
« Oggi, alla fine delle lezioni, dovrete recarvi all'ufficio del Preside per maggiori informazioni sul vostro ruolo di Caposcuola » proseguì poi l'insegnante, lasciando scorrere lo sguardo dall'uno all'altra. « Vi raccomando la massima puntualità ».
Al termine dell'annuncio, James apparve decisamente radioso. 
« Che lieta novella, professoressa! » esclamò, rivolgendo a Lily un sorriso smagliante. « Stia tranquilla, io e Evans non mancheremo ».
Lei lo fulminò con un'occhiata raggelante, mentre l'insegnante andava via senza degnarli d'uno sguardo.
« Inutile continuare a negarlo, Evans, è ormai chiaro che il mondo vuole unire le nostre strade » disse James alla ragazza, alzandosi e venendole incontro.
Scarlett si fece da parte per lasciarlo sedere accanto a lei, ridacchiando divertita.
« Quindi non opporti al fato, mia diletta » concluse soavemente lui, osservandola con intensità.
« A me sembra più un complotto » obiettò lei, pensandoci su.
« Fato, complotto... che importa? » fece James. « Quando mi amerai non pensarai più a ciò che è stato ».
Lily alzò gli occhi al cielo e non si degnò di rispondere, cosa che il ragazzo parve accogliere con positività.
« Mi ama... » bisbigliò infatti a Scarlett, con l'aria di chi la sa lunga, e lei annuì convinta, mormorando: « Lo so ».
« Beh, io ho finito, saliamo in Sala Comune prima di andare a lezione? » propose Lily, prendendo la borsa con aria scocciata.
« Io devo fare una cosa » rispose Scarlett, alzandosi anche lei. « Ci vediamo in classe ».
Rivolse un cenno alle amiche e poi si diresse con fare sicuro verso la tavola di Tassorosso, immergendo le dita fra i capelli per spingerli via dalla fronte.
« Ehilà, sorella » salutò non appena fu arrivata, prendendo posto accanto a Miley.
« Chi non muore si rivede » rispose lei con un gran sorriso. « Qual buon vento ti porta qui? »
« Un buon vento » disse prontamente Scarlett, sorridendo maliziosamente. « Un buon vento davvero. Propizio, oserei dire ».
Miley la fissò con la sensazione di essersi persa qualche passaggio fondamentale della conversazione. 
« Devo aver paura o cosa? » domandò, interdetta.
« Ma no » fece subito Scarlett. « Al contrario, semmai. Sono venuta semplicemente a comunicarti che presto ci saranno lieti risvolti nella tua misera vita ».
Miley continuò ad osservarla, sempre più confusa e convinta che la sorella la stesse bellamente prendendo in giro. 
« Conoscendoti, si tratterà di una cosa che la renderà ancora più misera » rispose poi, agitando una mano a mezz'aria.
« Non ti fidi di me? » disse Scarlett con tono offeso, portandosi una mano al petto. « Questo mi addolora ».
Lei sbuffò, ridendo sonoramente. 
« Andiamo, di che si tratta? » domandò alla fine, curiosa. « Spara, dai », ma Scarlett scosse il capo. 
« Non ti anticipo nulla » rispose, e quella la fissò con l'espressione più dolce che riuscì a mettere insieme.
« Avanti, che hai combinato? » chiese ancora, tentando di cavare almeno qualche indizio dalla sorella. « L'hai fatta grossa, eh? »
« Io? » Scarlett rise. « Ti assicuro che la cosa riguarda solo te, cara. O meglio, te e qualcuno di tua conoscenza ».
« Odio quando fai la sibillina con me. Tanto sai bene che te la farò pagare ».
« Un giorno mi ringrazierai, fidati » concluse Scarlett, poggiandole una mano sulla spalla.
Miley la fissò, non del tutto convinta. Poi si voltò e notò che uno dei suoi migliori amici, John Tyler, la stava osservando, ansioso.
Lei sorrise e si ricordò solo in quel momento che voleva chiedere alla sorella di uscire. Gli fece un cenno d'incoraggiamento.
« Bene, Miley, io allora vado » disse Scarlett, alzandosi dalla panca.
John si affrettò a fare lo stesso e le si parò di fronte, sorridendo nervosamente.
« Ehm... ciao, Scarlett » fece, massaggiandosi la nuca, e lei lo scrutò, diffidente. 
« Ciao, John » rispose infine.
Lui indugiò, poi si decise a parlare. 
« Sai, Scarlett... » disse. « Stavo pensando... non è che ti andrebbe di uscire con me, questo sabato? »
Lei sorrise. Tutto tornava. Alice non aveva fallito neanche quella volta, e Scarlett si chiese come facesse a non mancare mai un gossip. Quella ragazza era incredibile. Mentre John... sì, lui poteva andare. Era molto carino, alto e dai corti capelli biondo cenere, le spalle larghe e un sorriso smagliante sul volto. E poi, se era tanto amico di sua sorella non poteva che essere un bravissimo ragazzo.
« Perdi il tuo tempo, Tyler ».
Entrambi alzarono lo sguardo: Sirius si era avvicinato a loro con disinvoltura, le mani in tasca e un mezzo sorriso spavaldo a increspargli le labbra.
Scarlett lo fissò con sguardo truce. Cosa diamine era venuto a fare lì?
« La Banks è una tipa troppo tosta per te » concluse lui, scrollando le spalle come se fosse dispiaciuto.
« Ah, sì? » ribattè John, aggrottando le sopracciglia. « E per te no, invece? So che negli ultimi anni non ti è andata troppo bene, o sbaglio? »
Lo sguardo di Scarlett scattava dall'uno all'altro ragazzo e non poteva negare di essere piuttosto soddisfatta per come John aveva reagito alle provocazioni di quello sciocco impiccione di Black. Adesso era certa che meritasse una possibilità.
« Magari sono stato impegnato in altri... affari, Tyler » replicò Sirius con nonchalance, per nulla colpito. « Non so se si possa dire lo stesso di te ».
« John, non starlo a sentire, è solo un arrogante » intervenne Scarlett, rivolgendogli la più velenosa delle occhiate. « Comunque sì, mi va di uscire con te ».
Lui sorrise, tornando ad ignorare totalmente Sirius. 
« Bene » disse, un po' imbarazzato. « Allora... a sabato, Scarlett », e andò via salutandola con un sorriso.
« Adesso puoi anche andare, Black » disse freddamente Scarlett, rivolgendosi nuovamente a Sirius. « La figura dell'idiota l'hai già fatta alla grande ».
Sirius ricambiò lo sguardo con indifferenza. 
« Guarda che non sono venuto qui per te, Banks » rispose, quasi sprezzante. « Ho altro da fare, al momento ».
La superò senza degnarla d'uno sguardo e tossicchiò leggermente mentre si parava di fronte a una ragazza seduta alla destra di Miley.
« Amanda » disse, e quella si voltò, vagamente perplessa. « Ciao... come stai? »
« Bene, grazie » rispose lei, osservandolo incuriosita.
« Sono contento. Senti un po', sei libera sabato sera? Ti andrebbe di farti un giro? » domandò, passandosi distrattamente una mano sulla mascella.
Amanda lo guardò e si prese qualche momento per riflettere, poi annuì brevemente. 
« Sì, con piacere » disse, sorridendo con fare gentile.
Scarlett, che era rimasta lì impalata a guardarli, voltò le spalle a tutti e si affrettò ad uscire dalla Sala a grandi passi, mentre Sirius alzava lo sguardo, osservandola divertito e soddisfatto.
Era furiosa. Chi si credeva di essere quel Sirius Black per venire lì a infiltrarsi nelle sue conversazioni e a fare lo spavaldo di fronte a lei? Se voleva continuare a comportarsi da sciocco come aveva fatto per tutta la sua stupida vita poteva farlo senza problemi, ma non davanti ai suoi occhi, perché non le importava un fico secco di quello che combinava con le ragazze, né tantomeno come le usava solo per ripicca.
Non tollerava quel suo atteggiamento tanto indifferente e sfrontato, quel suo essere tanto superbo in ogni occasione, in ogni momento... E lei, che cos'era diventata? Una sorta di vittima dei suoi giochetti e delle sue attenzioni? Il bersaglio da colpire a tutti costi o la perla della sua stupida collezione? Era già stanca di lui e non lo avrebbe sopportato ancora a lungo. In un giorno, solamente uno, era riuscito a farla scoppiare. 
Quali erano le sue intenzioni? Doveva passare un anno intero con lui tra i piedi? No. James avrebbe dovuto aiutarla. Quella situazione non poteva continuare.
« Banks ».
Lei sobbalzò sentendosi presa per il braccio e si voltò di scatto, facendo ondeggiare i lunghi capelli lucenti.
Per amor delle più nobili arti magiche di Merlino, no. Non lui, pensò.
Ma ovviamente era lui.
« Black, mollami subito e non prenderti tutta questa confidenza » disse tagliente, liberandosi con un veloce strattone dalla sua presa.
Si sistemò meglio la borsa di cuoio sulla spalla e fece per andarsene, ma lui le si parò nuovamente di fronte, alto e slanciato mentre l'affrontava.
Scarlett sospirò, al limite della sopportazione. 
Nessuno doveva osare bloccarla mentre camminava, perdipiù con una tale spavalderia. Nessuno. In particolar modo Sirius Black. In particolar modo dopo quello che aveva fatto appena un minuto prima.
« Avanti, Banks, vengo in pace. E' solo che non ti avevo salutato come si deve » disse lui.
« Ascoltami, Black, questi giochetti falli con tutte quelle oche che ti sbavano dietro, non con me che ho un cervello pensante » sbottò lei, tentando invano di controllare la rabbia. « E smettila di pedinarmi o mi spulcio tutti i libri di decreti del Ministero finché trovo una legge per farti arrestare ».
Il ghigno di Sirius si accentuò sul suo volto arrogante, facendole salire il sangue al cervello.
« Ehi ehi ehi, Banks, cos'è tutto questo risentimento? » disse a bassa voce, così che solo lei potesse udirlo. 
Scarlett era sicura che controllasse ogni dettaglio mentre le parlava, e che anche il suo tono di voce fosse una mossa ingegnosamente studiata. Ma con lei non attaccava. Quasi tutte si agitavano al solo suono della voce di Black, così profonda e suadente, ma di certo non lei.
« Volevo solo fare due chiacchiere » concluse lui innocentemente, ma lei schioccò la lingua e non gli prestò ascolto.
« Beh, non sono disponibile al momento, dispiaciuta di deluderti » tagliò corto senza giri di parole.
Lo scansò con una mano ma lui la afferrò prontamente.
« Lasciami passare o ti lancio una fattura » lo minacciò, estraendo la bacchetta dal mantello. « Ne so di fantastiche, Black, e poi vedremo se con i nuovi connotati riuscirai ancora a fare strage di cuori ».
Sirius parve scocciato dal suo atteggiamento, e la fissò con un sopracciglio inarcato. 
« Non sarai mica gelosa, Banks. Ho appena visto che anche tu sei molto ambita, quindi come mai tutto questo interesse nei confronti della mia vita privata? » domandò. 
Scarlett quasi rise, divertita.
« Non è che sia molto privata la tua, non credi? » gli fece notare.
Lui annuì brevemente, scrollando le spalle. 
« Voci di corridoio ».
« Voci di corridoio che sono tutte completamente... »
« ... vere, esatto ».
Scarlett sbuffò e lui rise. Era evidente che si stesse divertendo un mondo.
« Black, devo andare a lezione. Non ho intenzione di stare qui ancora a lungo a discutere delle tue stupidissime relazioni mordi e fuggi ».
Lui avanzò facendola indietreggiare per rimanere a debita distanza, finché non sfiorò il muro e lui appoggiò una mano a pochi centimetri dal suo orecchio.
« Non c'è fretta, Banks » sussurrò, ma la sua reazione non fu quella che aveva immaginato.
« O Merlino, Morgana e tutti i maghi ormai in cielo, muoio! Sirius Black mi ha inchiodata al muro! Ma per favore ».
Sbuffò nuovamente, sdegnata, fissandolo dritto negli occhi con aria sinceramente annoiata.
« Sei capricciosa, sai? »
« E tu arrogante ».
« Una ragazza difficile ».
« E tu troppo facile ».
« Ne sei sicura? »
La scrutò, i penetranti occhi grigi poco distanti dai suoi, ma lei non battè ciglio.
« Ovviamente ».
Si squadrarono, cercando di scorgere qualcosa di più di quel che mostravano, ma non trapelava nessun dettaglio, nessuna sensazione dai loro volti, dai loro sguardi fieri saldamente intrecciati.
« Adesso, se vuoi lasciarmi andare... » mormorò lei, spezzando il silenzio.
Ma Sirius la trattenne ancora.
« Non ti libererai facilmente di me, Banks » sussurrò, le labbra che sfioravano il suo orecchio.
« E' una minaccia? »
« No ». Le scostò un ciuffo ribelle di capelli che le ricadeva sulla fronte e si allontanò. « E' una promessa ».




 
*  *  *




Anche l'ultima lezione di quel pomeriggio era finita, e Lily Evans, impegnata a richiudere la borsa stracolma, aveva l'aria di una condannata a morte.
« Evans, sei pronta? »
La voce squillante ed estremamente allegra di James le aveva praticamente frantumato i timpani. Ma che cosa aveva da urlare?
« Evans, vuoi un mano? »
Lei rimase in silenzio e a capo chino, accingendosi a chiudere le cinghie della borsa, certa che stesse solo cercando di farla sboccare.
« Evans, se hai biso-... »
« No, Potter, non ho bisogno di niente! » sbottò alla fine, voltandosi con uno scatto dei voluminosi capelli rosso scuro.
« Andiamo, Evans, sii un po' più allegra » rispose James con calore. « La parte migliore della giornata deve ancora arrivare, ricordi? »
Lei sospirò stancamente. 
Migliore era decisamente l'ultima parola con cui avrebbe osato definire ciò che si apprestava ad affrontare in quel momento. 
« Sì... ricordo perfettamente, grazie » borbottò infine, rassegnandosi, e James sorrise raggiante.
« Allora non indugiare oltre, mia adorata Lily, seguimi! » esclamò a gran voce, festante.
Lily lanciò un'ultima occhiata implorante a Scarlett, ma lei rise e le diede una lieve spintarella verso l'amico.
« Ti divertirai un mondo, Evans » scherzò, allacciandosi il mantello alla gola. « Ci vediamo a cena ».
E, salutandola con un cenno della mano, si allontanò dall'aula insieme alle amiche, abbandonandola al suo crudele destino.
I due si incamminarono verso l'ufficio del Preside attraverso un passaggio dietro un ritratto - anzi, per essere precisi, Lily camminava a passo deciso mentre James le trotterellava dietro - e il rumore sordo dei loro passi era l'unico suono udibile in quel silenzio innaturale, tanto che rimbombava fra le pareti.
« Allora, Evans » esordì James. « Come procede la vita? Ti sono mancato quest'estate? Non hai risposto neanche a una delle mie lettere ».
Assunse un'infantile espressione imbronciata, e a lei venne quasi da ridere.
« Non me ne è arrivata nessuna » disse infine, guardandolo dispiaciuta.
Quella notizia lo indignò smisuratamente.
« Com'è possibile? » chiese in tono sconvolto, credendo davvero che quello che Lily gli stava dicendo fosse la pura verità. 
Si scompigliò i capelli, tormentandosi su come potesse essere accaduto un simile disguido. 
« Te ne avrò mandate un milione, com'è potuto succedere? Il mio gufo è una scheggia, non manca mai una consegna... »
Lei si finse pensierosa. 
« Allora non si spiega » disse infine, facendo spallucce. « Infatti, a dirla tutta, mi aspettavo che tu mi scrivessi, e mi è dispiaciuto moltissimo non veder arrivare neanche un tuo gufo... Adesso è tutto chiaro... »
Lily aveva deciso in maniera assai saggia che prendere bellamente in giro James fosse la migliore delle idee per impiegare i pochi minuti di cammino che erano costretti a intraprendere insieme. Ma non aveva un briciolo di umanità, perché prendere in giro James, in fondo, era come prendere in giro un bambino di dieci anni.
Il suo piano crudele, infatti, stava procedendo a gonfie vele, e l'ufficio di Silente era sempre più vicino.
« Ma, Evans, tu lo sai che sei sempre nei miei pensieri » disse James con infinita dolcezza.
« Ne sono felice, Potter » rispose soavemente lei, e il suo sorriso si fece se possibile ancor più ampio.
Dopodiché, entrambi alzarono lo sguardo: erano arrivati a destinazione e la professoressa McGranitt li aspettava all'ingresso.
« Signorina Evans, signor Potter, siete gli ultimi » annunciò con aria seccata.
Si voltò verso il grande gargoyle in pietra, borbottando: « Bacchette di liquirizia », e quello si spostò mostrando un varco e una lunga scala a chiocciola.
« Salite » ordinò l'insegnante, per poi allontanarsi a passi affrettati.
James si spostò per lasciar passare la ragazza, chinando il capo, e lei sorrise e alzò gli occhi al cielo.
Quando bussarono alla porta rispose quasi subito la voce pacata di Silente che li invitò ad entrare.
« Signor Potter, signorina Evans, che immenso piacere » li accolse il Preside con calore. « Accomodatevi ».
Lily e James si scambiarono un'occhiata e presero posto di fronte alla scrivania insieme agli altri Caposcuola. James fece ben attenzione a inserirsi tra Lily e Piton, sedendosi sulla sedia vuota accanto a lui, e lei non potè che ringraziarlo mentalmente, seppur a malincuore.
« Molto bene, adesso che ci siamo tutti possiamo cominciare » disse Silente. « Gradite un dolce? »
Qualcuno lo fissò un po' sbigottito e tutti scossero la testa, ma James esclamò: « Sì, grazie! »
Lily lo guardò esterrefatta, mentre Piton, dall'altro lato, disgustato.
Silente invece parve gioioso e porse a James una scatola di Api Frizzole.
« Le piacciono, signor Potter? » chiese gentilmente. « Ho ogni genere di dolciume in questo ufficio, dalle comunissime Cioccorane ai succulenti Scarafaggi a Grappolo, pertanto non esiti a chiedere ».
Ma il ragazzo sorrise e scosse la testa. 
« La ringrazio, signore, le Api Frizzole sono le mie preferite » disse, afferrandone una con palese gioia.
« Oh, anche le sue? Io ne vado matto » commentò l'anziano Preside, sinceramente interessato. « Ma vi prego di scusarmi » disse poi, rivolgendosi agli altri studenti. « Le solite ciarle di un vecchio golosone... » Si sfregò le mani, guardandoli ad uno ad uno con i penetranti occhi azzurri. « Bene, siamo qui oggi per programmare i turni di guardia di voi Caposcuola, per ricordarvi di quali compiti vi farete carico e per... immortalare questo momento ».
Ancora una volta, alcuni si scambiarono sguardi disorientati, ma lui non parve farci caso.
« Innanzitutto, prendete una di queste pergamene ciascuno » proseguì, facendo un cenno alla scrivania sulla quale erano poggiate. « Dentro troverete scritto il programma delle varie ronde, con gli orari e i turni di ogni Casa. Ovviamente, come già avrete intuito, durante le ronde sarete a coppie ». 
Silente sottolineò con cura l'ultima parola e abbassò lo sguardo, scrutando di sottecchi James che prontamente aveva passato un braccio attorno alle spalle di Lily ed era stato brutalmente respinto.
Avrebbe potuto giurare di aver sentito Piton agitarsi sulla sedia accanto alla sua.
« Vi ricordo che siete tenuti a segnalare qualsivoglia comportamento sospetto ad un insegnante e di non omettere informazioni che potrebbero essere importanti, tenendo conto che abbiamo assegnato questo incarico agli alunni secondo noi più responsabili e meritevoli » continuò il Preside. « Infine, non abusate del vostro potere a discapito degli altri studenti o vi saranno delle conseguenze, e fatevi carico delle richieste dei vostri compagni. E' tutto chiaro? »
Tutti si affrettarono ad annuire e Silente a quel punto si alzò, battendo le mani.
« Deduco quindi che il mio momento preferito dell'incontro sia già arrivato » annunciò ai ragazzi sempre più confusi. « Ovvero, il momento delle foto! »
La Caposcuola di Serpeverde emise un flebile strilletto e si portò le mani ai capelli, come se temesse di non averli acconciati abbastanza bene.
« Tranquilla, signorina Selwyn, state tutti benissimo » la rassicurò Silente con un gentile sorriso. « E adesso, su, tutti in fila! »
I ragazzi si alzarono di scatto e osservarono il Preside trafficare di fronte a un armadio dalle ante socchiuse, finché non lo videro allontanarsi con un'enorme e antica macchina fotografica tra le mani.
« Allora, chi è il primo? » chiese, sorridendo incoraggiante.
« Ma signore... » mormorò il Caposcuola di Corvonero, pronto a dare voce ai dubbi che tutti gli altri covavano dentro se stessi. « E' lei che... insomma, non c'è nessun fotografo? Fa... fa tutto da solo? »
Silente annuì con vigore, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. 
« Ma certamente! La fotografia è una delle mie più grandi passioni » rispose con entusiasmo. « E amo soprattutto immortalare i miei studenti. Spesso vado a riguardare i vecchi annuari e divento così nostalgico da risultare intollerabile... Allora, non siate timidi: avanti il primo! »
James si fece avanti, sorridendo sghembo e scompigliandosi i capelli.
« Come sto, professore? » chiese, sistemandosi meglio la spilla da Caposcuola appuntata al mantello.
« Mio caro ragazzo, uno splendore, direi » commentò Silente, preparando la vecchia macchina a scattare.
« Beh, lo dica alla signorina Evans qui presente, professore » fece James, rivolgendo un cenno a Lily.
Silente ridacchiò, mentre Lily, violentemente arrossita e furente, lo fissò come se avesse voluto disintegrarlo.
Dopo un istante la fotografia fu scattata, e James si fece da parte per cedere il posto a Lily, parecchio soddisfatto.
Di fronte all'obiettivo, lei tossicchiò imbarazzata e tentò di sorridere.
« Sei stupenda, Evans » si premurò di commentare James, solo per il piacere di guardarla innervosirsi.
E con molto tatto, Silente le lasciò il tempo di rivolgergli un'occhiataccia prima di premere il pulsante per fotografarla.
Lily si affrettò poi ad allontanarsi, tenendosi il più distante possibile da James.
Osservarono gli altri Caposcuola mentre venivano immortalati da un sempre più felice Silente, il quale dopo l'ultimo scatto annunciò: « E adesso tutti qui per la foto di gruppo! In realtà questa non è prevista, ma io la vorrei per me, se me lo concedete... »
I ragazzi sorrisero e si fecero nuovamente vicini.
« Le damigelle qui sedute, prego, i cavalieri in piedi » li dispose Silente con qualche gesto elegante della mano. « Vi ringrazio ».
Si diresse nuovamente alla sua postazione e li inquadrò, facendo qualche passo indietro per centrarli bene. 
E proprio mentre stava per scattare, James, nascosto dalla folta chioma di Lily, con un abile quanto repentino colpo di bacchetta, fece apparire per un attimo un paio di fantastiche corna di fumo che si posizionarono sulla testa di un completamente ignaro Severus Piton.
Forse anche la buona riuscita dello scherzo riuscì a rendere il suo sorriso il più smagliante tra tutti.
« Molto bene! » Silente lanciò un'occhiata severa ma insieme vagamente divertita a James, però fece finta di nulla. « Adesso abbiamo finito. Vi ringrazio immensamente, non voglio trattenervi oltre, quindi, ruggente gioventù... arrivederci! »
Vi fu un coro di saluti e tutti uscirono dallo studio, scombussolati e divertiti dalla follia del Preside.
James, invece, non perse tempo e si avvicinò di soppiatto a Piton.
« Ehilà, Mocciosus. Come va? » disse con voce squillante, facendolo sussultare. « Ti vedo giù, amico, che ti succede? Sei venuto male in foto? »
Piton si voltò di scatto, fissandolo con il più feroce degli sguardi. 
« Che cosa vuoi? » chiese, brusco.
« Come sei scontroso » borbottò infatti James. « Vengo in pace, bello, due chiacchiere fra buoni compagni di scuola... Tu, però, non sei per nulla amichevole ».
Piton non rispose.
« Se sei così abbattuto per la foto, caro il mio Mocciosus, tranquillo, eri uno schianto » proseguì l'altro, ghignando apertamente. « Io, personalmente, avrei fatto un po' più di attenzione alla testa ».
Lui lo fissò senza capire e ancora una volta rimase in silenzio, proprio mentre James notava che Lily si stava allontanando.
« Beh, ad ogni modo, mi dispiace di dover interrompere questa piacevole conversazione, ma il dovere mi chiama » disse a Piton, facendo un cenno verso Lily.
« Ci si vede, Mocciosus, stammi bene! », e si avviò a balzelloni verso la ragazza.
« Evans, stavi andando via senza di me? » le disse, offeso.
Lei sospirò. 
« Ho visto che eri molto impegnato a... fare conversazione e non volevo disturbarti » rispose. Poi inarcò un sopracciglio e lo fissò con maggiore intensità. « Ti diverti molto a tormentarlo, eh? Che cosa gli hai fatto? »
« Niente » fece lui innocentemente.
Lily si fece ancor più sospettosa.
« Ti ho sentito borbottare qualcosa mentre Silente scattava la foto ».
James ghignò divertito. 
« Non ti sfugge niente, eh, Evans? » disse, annuendo fra sé e sé. « Beh, diciamo che ho accidentalmente fatto spuntare un paio di innocentissime corna evanescenti sulla testa del caro Piton. Ho solo pensato che gli donassero, tutto qui ».
Cominciò a fischiettare in assoluta tranquillità, e a Lily scappò quasi un sorriso.
« Sembri un bambino di cinque anni, Potter » lo rimproverò, cercando di mantenersi seria. « Quando cresci fammelo sapere ».
James la scrutò a lungo, riflettendo, e lei ricambiò il suo sguardo senza capire.
« Beh... » fece lui, continuando ad osservarla. « Se può servire a farti cambiare idea su di me, lo farò di sicuro ».
Lei parve disorientata e non rispose. Anche James non disse più nulla, ma si limitò a lanciarle occhiate sempre più frequenti.
Dopo qualche minuto, comunque, arrivarono in Sala Grande, reduci da un silenzio estremamente prolisso. 
James si lasciò cadere sulla panca accanto a Sirius, mentre Lily si diresse verso le amiche.
« Lily! » la accolsero quelle in coro. « Com'è andata? »
Lei scrollò le spalle e cominciò a riempirsi il piatto. 
« Bene » rispose semplicemente, e le altre si guardarono.
« Beh » fece Scarlett, conciliante. « In effetti sono entrati in Sala Grande senza urlarsi addosso... è più o meno un record. Comunque, sbrigati a finire di mangiare, dobbiamo entrare in azione » disse poi in tono più spiccio, facendo un cenno complice verso Remus.
Lily sogghignò. 
« Con immenso piacere » ribattè, affrettandosi a ripulire il piatto.
Dopo un bel po', quando stava per finire la sua fetta di torta, vide Remus alzarsi, e lei e l'amica fecero immediatamente lo stesso, scambiandosi una fugace occhiata d'intesa. 
« Remus » cinguettarono in coro, le mani intrecciate dietro la schiena e la medesima espressione angelica dipinta sul volto. 
Lui si voltò di scatto, vagamente allarmato. 
« Co...? Lily, Scarlett... va tutto bene? » domandò, ancora piuttosto perplesso.
Le due ragazze sorrisero e non risposero, cosa che rese Remus ancor più dubbioso.
Rivolse uno sguardo interrogativo a James, Sirius e Peter, ma loro scossero il capo, scrollando le spalle.
« Spiacente, amico non sappiamo cos'hanno in mente » disse Sirius, continuando a mangiare. « Ma sono ragazze. Devi avere paura ».
« Black, prendi carta e piuma e appuntati che questa è la prima volta in cui siamo d'accordo » disse Scarlett, sorridendo.
Sirius ricambiò il gesto. 
« Sarà fatto, Banks » rispose prontamente.
E senza indugiare oltre, Lily e Scarlett presero Remus a braccetto e iniziarono a trascinarlo via sotto gli occhi dell'intero corpo studentesco.
« Lo rivedremo? » urlò James.
« Nessuna promessa! » rispose Scarlett, e i ragazzi scoppiarono a ridere sonoramente.
« Ragazze, per piacere... » supplicò invece Remus, implorante. « Sono in punizione con Lumacorno, e se faccio tardi... »
« Sta' tranquillo » disse Lily, sorridendo rassicurante. « Sei in buone mani, Remus. Davvero in buone mani ».
« Infatti » convenne prontamente Scarlett, quando furono giunti ormai fuori dalla Sala Grande. « Abbiamo qualcuno che è ancor meglio di Lumacorno. Noi abbiamo la soluzione a tutti i tuoi problemi. Arrivo subito » concluse poi, sbrigativa, e si diresse frettolosamente verso il tavolo di Tassorosso.
« Vieni » disse senza alcun tipo di preambolo alla sorella, fino a quel momento impegnata in una tranquilla conversazione con un'amica.
« Prego? » chiese lei, sgranando gli occhi per la sorpresa. 
« Ti ho detto vieni » insistette Scarlett.
« Oh, andiamo, cosa vuoi? » sbottò allora Miley, esasperata. « Sally mi sta raccontando di quando ha fatto esplodere il pannolino di suo fratello... »
« Sta' zitta e vieni » le ordinò la sorella, interrompendola bruscamente.
Lei infilzò la sua ultima patata al forno con una certa veemenza e la divorò, rabbiosa.
« Bene » disse, alzandosi contrariata. « Andiamo. Io sto ancora morendo di fame... »
Ma Scarlett non si degnò di ascoltarla e la guidò fuori dalla Sala Grande, laddove Remus implorava ancora Lily di lasciarlo andare.
« Eccola! » annunciò, mentre Lily dava il via ad un applauso.
Ma subito dopo piombò il silenzio, e Miley e Remus si fissarono, totalmente disorientati e anche parecchio sconvolti.
« Ehm... eccomi per cosa, esattamente? » chiese lei alla fine, un po' timorosa.
Lily e Scarlett si guardarono, trattenendo un sorriso che premeva per venire fuori.
« Tu non lo sai ancora, Miley, ma sei la soluzione a tutti i problemi del qui presente Remus Lupin! » esclamò la seconda, gioiosa. « Non sei contenta? »
Lei la guardò, sbigottita. Sua sorella era diventata pazza. Non che non lo fosse sempre stata, ma il peggioramento era grave ed evidente.
« Che dici, allora, glielo spieghiamo? » disse Lily, osservando con compassione lo sgomento stampato sui volti dei due sventurati.
« Bah » rispose Scarlett, maligna. « Sinceramente mi diverto un sacco a vederli guardarsi senza capire nulla, ma sì, spieghiamoglielo ».
« A te l'onore » fece l'altra.
Lei tossicchiò, assumendo un'aria seria e composta più adatta a un discorso ufficiale. 
« Il punto della questione, miei giovani e ignari amici » esordì, osservandoli, « è che Remus in Pozioni è una schiappa senza pari e senza precedenti. Vuoi negarlo? » chiese al ragazzo, e lui, senza esitare, scosse vigorosamente il capo. « Bene » proseguì allora Scarlett. « Posso affermare invece che la qui presente piccola Tassorosso è la più brava del suo anno nella suddetta materia. Il caso vuole, infatti, che la sua sia una vera passione. Vuoi negarlo? »
Anche lei scosse il capo.
« Detto questo, secondo voi, qual è la deduzione da trarre? » chiese così la ragazza, grattandosi il mento con aria pensierosa.
Ancora silenzio, e un altro sguardo attonito e vagamente spaventato tra i due.
« Li vedo in difficoltà, amica mia, posso venire in aiuto? » disse Lily dopo qualche attimo di imbarazzo.
« Prego » concesse Scarlett, chinando il capo, e lei si affrettò a spiegare.
« La soluzione a tutto è semplice da capire » disse. « Tu » e indicò Miley, « devi insegnare Pozioni a lui » e indicò Remus.
« Esatto » concluse l'altra con un sorriso. « Idea mia, grazie. Allora, che ne dite? »
Guardò l'amica con trepidazione, ma dopo un po' Remus smorzò il loro entusiasmo con la propria, secca risposta.
« Non si può fare » furono infatti le sue prime parole. « Insomma, Miley è impegnatissima, fra lo studio e il Quidditch e... voglio dire, non... non si può ».
Miley si morse il labbro e lo fissò a lungo prima di parlare, fortemente esitante. 
« Ma... » mormorò, quando riuscì a racimolare il coraggio necessario per aprire bocca. « A dire il vero... insomma, io non... non ho nulla da fare, ecco. Lo farei volentieri, io... lo farei con piacere, Remus, davvero. Sempre... sempre se ti va, ovviamente. Perché se non ti va, non è comunque un problema, io... »
Remus fece per parlare, ma Scarlett lo interruppe, facendo un passo indietro.
« Vi lasciamo da soli per parlarne » disse, guadagnandosi un'occhiata truce da parte della sorella. « Au revoir ».
E le due ragazze si allontanarono canticchiando, lasciandoli da soli.
Istintivamente, Miley abbassò lo sguardo: le sue scarpe da ginnastica non le erano mai parse tanto interessanti.
« Miley, ascolta » fece Remus. « Sei gentilissima, davvero, ma non potrei mai chiederti di occupare il tuo tempo libero per me ».
« Ma... » borbottò subito lei. « Io non ho un tempo libero... cioè, intendevo... nel senso... voglio dire che posso farlo senza problemi, ecco. Lo faccio spesso, quando ho un paio d'ore a disposizione, sai... rinchiudermi nell'aula di Pozione per mettere su qualcosa. Mi diverte ».
Mentre parlava, arrossì senza una ragione effettiva, e si odiò per questo. 
Bene, pensò infatti. Lui era semplicemente lì, fermo, a parlare di una faccenda normalissima in una situazione che non avrebbe dovuto essere neanche un briciolo emozionante... e lei perdeva già il controllo. E non solo quello, anche la facoltà e il dono della parola e della lingua corrente, a quanto pareva. E cosa stava accettando di fare? Lezioni con lui? Cosa avrebbe combinato in quelle occasioni? Se doveva insegnargli qualcosa, la capacità di mettere al posto giusto un soggetto, un predicato e un complemento era piuttosto importante.
« Sì, ma non voglio che tu ti senta costretta solo perché Lily e tua sorella ti hanno messo in questa situazione... e gliela farò pagare, certo... ma davvero, io non volevo che succedesse tutto questo » disse Remus, tormentandosi le mani senza nemmeno rendersene conto.
Ma lei scosse ancora il capo e consigliò a se stessa di rispondere nella maniera più breve e semplice possibile.
« Non mi sento costretta, credimi » rispose, accennando un sorriso tremulo. « Se hai bisogno di una mano e posso fare qualcosa, ti aiuterò con piacere ».
Lui la guardò a lungo, riflettendo intensamente sul da farsi.
« Io... » mormorò, mordicchiandosi il labbro. Poi sospirò. « Non so davvero come ringraziarti, Miley ».
Lei sorrise, spontanea e radiosa. 
« Non devi ringraziarmi di niente » rispose, scrollando le spalle. « Allora... quando vuoi cominciare, dimmelo pure. Sono disponibile quando vuoi ».
Lui sorrise di rimando e annuì, ancora parecchio imbarazzato per ciò a cui la stava costringendo. 
« Che ne dici di lunedì prossimo? » propose. « Hai degli impegni? »
« E' perfetto » rispose lei, scuotendo il capo. « Allora... ci vediamo » concluse, arrossendo ancora una volta. « Ciao, Remus ».
Il ragazzo le rivolse un cenno e arretrò di un passo.
« Ciao, Miley » disse. « Grazie ancora ».




 
*  *  *




Era sabato, e la mezzanotte era passata già da un pezzo.
Remus e James giocavano a Scacchi Magici sul pavimento, a gambe incrociate, Peter strillava eccitato ad ogni colpo ben riuscito, restando però imparziale, mentre Sirius e Frank, entrambi usciti per i loro appuntamenti, non si erano ancora fatti vedere, infischiandosene del coprifuoco.
Il Dormitorio, dopo solo qualche giorno, era piombato nel caos più totale, assumendo i tratti tipici di quei luoghi in cui i combinaguai di Hogwarts mettevano piede: scarpe appese alle aste dei letti a baldacchino usate a mo' di appendiabiti, lenzuola che scivolavano ammassandosi sul pavimento, carte di Cioccorane sparse per la stanza e fogli di pergamena stropicciati nei punti più improbabili del pavimento.
Anche Remus, solitamente ordinato e attento a tutto, si lasciava sempre andare quando viveva con gli amici. Persino i suoi calzini, infatti, erano molto normalmente accasciati sul cuscino del suo letto.
« AH-AH! » urlò James all'improvviso, tirando un pugno sul braccio di Peter per sfogarsi. « Hai perso come un idiota! »
« Non ho perso come un idiota » ribattè Remus, piccato. « Semplicemente non ho vinto, per... cause di forza maggiore ».
James rise se possibile ancor più forte di prima e si rotolò sul pavimento per la gioia. 
« IO sono la forza maggiore! » esclamò, e Remus, profondamente offeso, si alzò per gettarsi sul proprio letto a braccia spalancate.
« Datemi del cioccolato » disse, la voce soffocata dalla stoffa del cuscino.
James rispose con una sonora e straordinariamente prolissa pernacchia. 
« Prenditelo da solo, nullafacente » gli disse, rimettendo in ordine la Scacchiera e opponendosi ad un Alfiere che lo implorava per un'altra partita.
« Sono malato, dai » borbottò l'altro di malavoglia, la voce strascicata. 
« Sì, certo » scherzò l'altro, lanciandogli addosso una manciata di Cioccorane. « Te ne esci sempre con questa scusa ridicola... » 
Lui rise e divorò in un istante il primo dolce.
« Ma senti un po' » fece poi James, tornando stranamente serio. « Che ci inventiamo per la luna piena della settimana prossima? Che malanno ti tocca avere questa volta? »
« Mmm ». Remus parve pensieroso, mentre scartava già la seconda Cioccorana. « Una banale, grave, dolorosa indigestione? »
James guardò Peter, poi annuì con decisione.
« Ci sto » disse infine, e proprio in quel momento la porta del Dormitorio venne spalancata ed entrò Sirius.
« Alla buon'ora! » esclamò Peter.
« Guarda chi si rivede! » gli fece eco James.
« Solo perché voi siete degli asociali apatici asessuati non significa che debba esserlo anch'io » rispose lui con un ghigno, cominciando a spogliarsi.
« Notizie del buon Frank? » chiese Remus, ficcandosi in bocca l'ennesima Cioccorana.
« Nessuna... sarà imboscato da qualche parte con la Prewett » rispose brevemente il ragazzo.
« Buon per lui » commentò James, annuendo con convinzione. « E tu, piuttosto? Com'è andata con Amanda? »
Lui scrollò le spalle. 
« Bene » disse, sdraiandosi sul letto con le braccia incrociate dietro la testa. « E' simpatica ».
« Come se ti importasse... » borbottò l'altro, ridendo.
Anche Sirius rise, ma non rispose e affondò ancor di più la testa nel cuscino.
« Sono l'unico che avverte un certo languorino notturno? » intervenne a sorpresa Remus. « Chi ha voglia di fare un salto clandestino alle cucine? »
« Remus, per te ho già fatto abbastanza. Il minimo che potresti fare è non chiedermi più niente per il resto della vita » replicò subito James.
« Mi hai tirato addosso due Cioccorane » gli fece notare l'altro, ma il ragazzo non fece altro che indispettirsi.
« Il come io ti abbia aiutato è un dettaglio » disse infatti, piuttosto indignato.
« Vado io, mi sto annoiando » fece Sirius, alzandosi e dirigendosi verso la porta, ma James lo richiamò con un urlo, sconvolto. 
« SIRIUS! » strillò.
« Cosa? » fece lui.
James sembrava davvero sotto shock.
« I pantaloni! » esclamò. « E... e la camicia! »
Sirius abbassò lo sguardo. 
« Quali pa-... oh, sì, è vero ».
Agguantò i pantaloni gettati sul letto e se li infilò svogliatamente, si abbottonò distrattamente la camicia e si alzò di nuovo, sotto gli sguardi esterrefatti degli altri che si domandavano se fosse normale non avere la sensibilità del proprio corpo e voler uscire praticamente nudo. Ma Sirius era fatto così. 
Lui era quel genere di persona - che poi non esiste - che avrebbe voluto trascorrere ogni giorno della sua vita in mutande. Chissà perché, poi. Diceva sempre che in mutande si sentiva felice e in libertà, e gli amici non avevano trovato nessun motivo per privarlo di quella gioia, se non in quel momento, in cui il suo attaccamento alle mutande aveva varcato ogni limite di pudore, decenza e senso della civiltà umana.
« Prendi la Mappa! » si raccomandò James, ancora scombussolato. « E il mio Mantello ».
Remus, nel frattempo, continuò a seguire l'amico con lo sguardo. 
« Quindi, lasciami capire » disse infine. « Se non ci fossimo stati noi, tu ti saresti avventurato fuori da solo, senza pantaloni, senza camicia, senza Mappa e senza Mantello? Così, affidandoti alla benevolenza di Merlino? »
Sirius lo fissò, ponderando la questione, poi sollevò le spalle. 
« Può darsi » risolse infine, sbrigativo. « Arrivo subito... Arrivederci ».
E uscì dalla stanza, aprendo la Mappa e bisbigliando: « Giuro solennemente di non avere buone intenzioni... e di avere fame ».
La strada verso le cucine era libera, fatta eccezione per due ragazzi che si trovavano al primo piano.
« Eccellente » sussurrò Sirius, fissando le due targhette.
Scarlett e John, a quanto pareva, erano ancora in giro, ma al piano della Sala Comune del ragazzo. Probabilmente si stavano salutando.
Sirius sorrise, pregustando un'ottima conclusione di una serata già magnifica.
Si avviò verso le scale, il Mantello addosso, e quando arrivò al primo piano, nel corridoio delle cucine e della Sala Comune di Tassorosso, si appostò dietro un muro di pietra fredda, spiando i due ragazzi che chiacchieravano vicini.
« ... come se fosse possibile » stava dicendo lui, sorridendo appena.
Chissà di cosa stavano parlando.
Anche Scarlett rise, per poi dire: « Beh, allora... ci vediamo presto ».
John annuì con un secondo sorriso. 
« Sì, ci vediamo » mormorò. « Grazie di essere venuta. Sono stato benissimo ».
Lei lo osservò, un'espressione dolce sul viso che le si vedeva molto raramente. 
« Anch'io » rispose, poi gli augurò la buonanotte e lo guardò allontanarsi.
Sirius, invece, ancora immobile a qualche passo da lei, aspettò il momento più opportuno per uscire allo scoperto, bagnandosi con la lingua il labbro inferiore, e prima che lei gli passasse accanto si sfilò il Mantello, facendo finta di essere appena arrivato e di essere lì un po' per caso.
« BLACK! »
Lo strillo di Scarlett fu attenuato dalla mano di Sirius che si serrò prontamente sulla sua bocca.
« Ma che diamine urli? » esclamò in tono sommesso, liberandola dalla solida presa. « Gazza ha orecchie ovunque, qui dentro ».
Lei sbuffò, riacquistando immediatamente il controllo. 
« Si può sapere che diavolo ci fai tu qui? » sbottò, sistemandosi i capelli. « Sei una sanguisuga, Black, vedo la tua faccia dovunque ».
Sirius sorrise, compiaciuto. Sentirglielo dire non poteva essere altro che un piacere. 
« Non immaginavo che fossi già tanto presa da me, Banks » disse, passandosi una mano sugli accenni di barba delle guance scarne.
Scarlett lo fissò, palesemente disgustata. 
« Per piacere, Black, sentire troppe assurdità in una volta mi fa andare in palla il cervello. Evita » disse, piuttosto tagliente. « Se la tua seratina romantica è già finita e la tua ragazza se ne è andata dal tuo Dormitorio, cercatene un'altra o vai a dormire invece di importunarmi ».
Lui la guardò, le sopracciglia inarcate in un'espressione scettica. 
« Non fare tanto la santarellina, Banks, non ci crede nessuno » rispose, scuotendo impercettibilmente il capo.
« Io non faccio la santarellina, stupido » ribattè lei con forza, cominciando a camminare verso le scale con Sirius al seguito, completamente dimentico del vero motivo per il quale era sceso fin laggiù. « Ma non sono di certo come te » e sputò quelle due lettere come se fossero la cosa più disgustosa del mondo, « che cambi ragazza più in fretta di come cambi le mutande ».
Sirius rise, quella risata simile a un latrato che lei detestava con tutta se stessa. Perché quando Sirius Black rideva voleva dire che lei non doveva avere nessun motivo per essere allegra.
« Ti fai influenzare dalle dicerie della scuola, Banks? Mi credete davvero tutti così? » mormorò lui, nascondendo un ghigno.
« Anche peggio ».
Sirius e Scarlett si voltarono di scatto, poiché a rispondere non era stata la ragazza, ma una voce che li fece sobbalzare e fece gelare loro il sangue nelle vene.
Quando lui vide a chi apparteneva, però, si rilassò e il ghigno di poco prima si fece ancor più pronunciato e allegramente maligno.
« Mocciosus... buonasera » esordì, fissandolo sdegnosamente. « Un consiglio da amico, eh, evita di apparire così all'improvviso di fronte alla gente, fai un po' impressione di notte, sai? »
Piton rimase immobile, ma il suo volto si fece teso per la rabbia. 
« Che cosa ci fate voi due a zonzo per il castello a quest'ora della notte? » chiese, gelido.
Sirius sorrise. 
« Io e Banks ci siamo fatti un giretto » rispose, passando un braccio intorno alle spalle della ragazza. « Diglielo, dolcezza ».
Scarlett voltò il capo per fissarlo, sbalordita. 
« Io non ero affatto insieme lui! Ma neanche per idea! » protestò, piccata.
« Ah, sì? » fece Piton, compiaciuto. « E allora con chi eri, di grazia? »
Lei si immobilizzò sul posto. Colpita e affondata.
Sirius, invece, ancora attaccato a lei, scosse il capo, avvicinando nuovamente le labbra al suo orecchio. 
« Senti un po', Banks » sussurrò appena, « ci tieni tanto a infilare anche il tuo amichetto Tyler in questa storia? Dopotutto, lui è già al sicuro, nella sua Sala Comune... se tu lo mettessi in mezzo potrebbe andare presto in rovina un grande amore appena sbocciato, non credi? »
Scarlett serrò i pugni, furibonda, perché, sì, esatto: l'aveva incastrata.
Si voltò a guardarlo con un'incredibile lentezza, pregando ogni particella del suo corpo che a sua volta implorava Per favore, Scarlett, tagliagli la gola affinché mantenesse un briciolo di controllo e di padronanza della situazione, ormai probabilmente finiti nello scarico del bagno di Mirtilla Malcontenta e dimenticati dall'intera umanità. Si affrettò anche a pregare quei pugni chiusi perché servissero a trattenere la calma che non possedeva, piuttosto che a serrarsi attorno al suo collo o a colpire il punto del suo corpo che gli avrebbe provocato più dolore. Pregò se stessa più e più volte, perché quello non era il momento adatto per ucciderlo - quel momento, infatti, sarebbe piacevolmente arrivato più tardi, a concludere in bellezza la serata - ma era il momento, il terrificante e agghiacciante momento, in cui avrebbe dovuto sottostare alle sue regole per non finire in guai più grossi di quelli in cui non si era già cacciata.
Perciò si costrinse a partorire il sorriso più forzato e tirato che avesse mai fatto in vita sua e disse: « Okay, Piton. Avevo... ehm... assolutamente bisogno di uscire perché... mmm... stavo male, e Black, qui... lui, sì... mi ha... mi ha gentilmente accompagnata. Era... una necessità, ecco ».
Piton la scrutò con le sopracciglia talmente inarcate che sparivano quasi totalmente dietro un ciuffo dei suoi unticci capelli neri.
« A chi volete darla a bere, voi due? » rispose con il tono più sprezzante che riuscì a trovare. « Sono costretto a portarvi da un insegnante ».
Scarlett sbuffò. 
« Per amor del cielo, su, ho già detto che stavo male! » protestò, battendo un piede a terra.
« Mocciosus, perché non ti trovi una ragazza? » intervenne Sirius, scocciato. « Insomma, non dico una come la Banks, che per te è inarrivabile e tra l'altro non è nemmeno disponibile... » Scarlett gli diede una gomitata fra le costole, ma lui proseguì imperterrito. « ... ma, non saprei, una del tipo... » Finse di rifletterci su, poi ebbe un'illuminazione. « Giselda Stubbins! Lei è perfetta per te. Che ne dici, eh? »
Giselda Stubbins era una Corvonero del settimo anno, dai tondi occhiali a fondo di bottiglia e dagli stopposi capelli rossi. Insomma, non un gran bel vedere.
« Come siamo spiritosi, eh, Black? » fece Piton, mellifluo. « Adesso basta. Trenta punti in meno a Grifondoro e andiamo da Lumacorno ».
Sirius fece per ribattere, ma Scarlett gli pestò un piede e lo zittì.
« Non peggiorare la situazione » lo ammonì, borbottando tra i denti.
Lui assunse un'aria ribelle, ma non replicò, limitandosi a seguire Piton lungo il corridoio di fronte a loro e poi lungo diverse rampe di scale.
Quella sera Lumacorno teneva una delle sue cenette speciali a cui avevano accesso solo le vere elite del suo stesso club, e Lily vi partecipava, mentre Miley, che avrebbe dovuto esserci e che detestava con tutto il cuore quelle occasioni, aveva abilmente trovato una scusa per non prendervi parte. 
Quando arrivarono al suo ufficio, infatti, prima di bussare poterono sentire un certo chiacchiericcio provenire da dietro la porta.
L'insegnante si presentò ai loro occhi con uno dei suoi eleganti vestiti da camera e un panciotto dei soliti che gli stringeva pericolosamente il pancione.
« Severus... » balbettò, sorpreso. « Ragazzo mio, cosa ti porta qui a quest'ora con...? Oh, signorina Banks, signor Black... volete spiegarmi...? »
« Signore, mi dispiace, non avrei voluto disturbarla » disse Piton, lezioso.
« Ma no, nessun disturbo, entrate pure » rispose Lumacorno con un sorriso, facendosi da parte per lasciarli passare.
Poco più di dieci persone erano sedute a un tavolo ampio, e lo sguardo di Lily, il più lontana possibile dalla sedia del professore, andava da Sirius a Scarlett, interrogativo. 
Anche un'altra ragazza li fissava con lo stesso - se non maggiore - interesse, e Scarlett la riconobbe con un tuffo al cuore: era Betty Gilbert, una delle pettegole più famose di tutto il castello. E lei era rovinata, oh sì.
« Professore, ho appena sorpreso Black e Banks che camminavano e urlavano per i corridoi senza curarsi del coprifuoco » riferì Piton all'insegnante, senza riuscire a nascondere un'aria fin troppo compiaciuta. « Ho pensato che avrebbe dovuto saperlo ».
Lumacorno osservò i due ragazzi intensamente.
« E cosa ci facevate in giro a quest'ora della notte? » domandò.
Fu Sirius a rispondere. 
« Professore » disse, sogghignando. « Lo sa come sono le ragazze... Lei ci teneva molto a fare una passeggiata al chiaro di luna con me e... come potevo dirle di no? I capricci delle donne, signore, bisogna assecondarli... »
Scarlett non si era mai sentita tanto umiliata. Le guance le erano divenute dello stesso colore degli stendardi della sua Casa, ma non poteva dire nulla.
Era lui ad avere in mano la situazione.
Lumacorno, invece, ridacchiò divertito, facendo tremolare i lunghi baffoni.
« Ah, questa gioventù... » commentò tra sé e sé. « Beh, mi duole dovervelo dire, ma credo che una piccola punizione non faccia male a nessuno dei due ».
Per Scarlett era un'assurdità. C'erano una dozzina di studenti in quella stanza, tutti intenti a chiacchierare senza problemi, ma a loro non veniva assegnata nessuna punizione. Era un'ingiustizia bella e buona.
« Lunedì venite nel mio ufficio al termine delle lezioni... Ora è meglio che andiate » concluse l'insegnante frettolosamente. « Non mi ero accorto dell'ora così tarda... anche voi ragazzi, su... Buonanotte a tutti ».
Quando si richiuse la porta alle spalle e gli studenti si furono allontanati, Lily si rivolse a Scarlett e sbottò: « Ma che cavolo hai combinato? »
Lei non fece nulla per contenere la rabbia. 
« IO NON HO FATTO NIENTE! » urlò, decisamente al limite della sopportazione. « E' tutta colpa di questo grandissimo stronzo! » E mollò a Sirius un doloroso pugno sul braccio. « COME HAI POTUTO DIRE UNA COSA DEL GENERE DI FRONTE A TUTTI? DI FRONTE A UN PROFESSORE? DI FRONTE A BETTY GILBERT? E' STATA L'UMILIAZIONE PEGGIORE DELLA MIA VITA! »
« Addirittura... » mormorò Sirius, sarcastico.
« ... SEI RIPUGNANTE, DOVREBBERO BUTTARTI FUORI DA QUESTA SCUOLA IN QUESTO MOMENTO... ANZI! AVREBBERO DOVUTO FARLO ANNI FA, QUANDO AVEVI SOLO UNDICI ANNI E TE NE ANDAVI A SPASSO A COMBINARE CASINI SU CASINI! »
« ... Sì, ho lavorato sodo sin dall'inizio... »
« ... E CONTINUA A FARLO, SE VUOI, MA NON INTROMETTERMI NELLE TUE SCHIFOSE STORIE! LASCIAMI IN PACE! »
« ... Perché mai dovrei? »
« ... TU SEI UN PAZZO FURIOSO, UNO SQUILIBRATO! »
« ... Ti ringrazio, tesoro... »
« ... E NON OSARE MAI PIU' PERSEGUITARMI O NON DORMIRO' LA NOTTE SOLO PER PENSARE A COME POTERMI VENDICARE, HAI CAPITO? »
« ... Esagerata... »
« ... STRONZO! »
Aveva sbraitato quell'intero monologo senza quasi riprendere fiato, ma Sirius ghignava ancora. 
Quel ragazzo non percepiva l'aria di pericolo che si stava diffondendo intorno a loro, non comprendeva il fatto che fosse davvero possibile che lei si avvicinasse qualche notte al suo letto per accoltellarlo o roba del genere, e non pareva capire nemmeno di aver passato il limite, perché se c'era una cosa che Scarlett non tollerava, quella era essere umiliata. 
E lui aveva manipolato la situazione in una maniera davvero brillante, senza capire di stare andando incontro all'odio più profondo che lei avrebbe mai potuto provare nei confronti di qualcuno. Infatti sorrideva, rilassato.
« Mi stai dichiarando guerra, Banks » sussurrò, così che solo lei potesse udirlo. « Sarà una bella partita... ma stiamo uno a zero per me ».
Lei lo fissò con disprezzo crescente.
« Ti odio » sibilò, poi si allontanò a grandi passi verso le scale.
Lily, invece, continuò a fissare Sirius per un po', sinceramente disgustata.
« Che c'è? » chiese lui alla fine in tono innocente.
Lei scosse il capo e si affrettò a seguire l'amica, senza una parola.
Quando arrivarono alla Sala Comune videro James che stava per uscire dal buco dietro il ritratto.
« Scarlett » disse non appena le vide, sorpreso. « Evans... che ci fate qui? »
Ma nessuna delle due ebbe modo di rispondere, perché in quel momento arrivò alle loro spalle anche Sirius.
« Amico, eccoti, finalmente! » esclamò James, mentre anche Remus sbucava fuori dalla Sala Comune. « Ti credevamo disperso! »
« Sì, stavamo per venire a cercarti » disse Peter, appena arrivato accanto agli amici.
« Ma che cos'hai combinato? » domandò Remus.
« Cos'ha combinato? » Scarlett tornò a infuriarsi. « Un enorme casino, come sempre! Perché voi Malandrini è l'unica cosa che siete capaci di fare! Siete bravi solo a comportarvi come dei piccoli bastardi arroganti, nient'altro ».
E si affrettò ad entrare in Sala Comune con l'amica, chiudendosi il ritratto alle spalle con un sonoro tonfo.
I Malandrini si fissarono per qualche secondo, sbigottiti per quell'uscita furibonda, per poi notare che la Signora Grassa era andata via e ciò poteva significare solo una cosa: sicuramente era andata a spettegolare per il castello con l'amica Violet e loro non sarebbero potuti rientrare.
« Sirius... » Il tono di voce di James non lasciava intendere nulla di buono. « Corri ».








(CAPITOLO REVISIONATO).


Note della Malandrinautrice: Buongiorno! Come state? Sono passate altre due settimane alla fine, ma con questi capitoli chilometrici è davvero impossibile sbrigarsi... E io non sono ispirata 24 ore su 24, ahimè!
Beh, quindi scusate il ritardo ma il ritmo sarà sempre più o meno questo, credo.
Anche questo era un papiro più che un capitolo e anzi abbiamo fatto molti tagli!
Adesso... passiamo a qualche spiegazione. Come vedete Lily qui, anche se odia sempre assolutamente James, è leggermente più pacata. Ho fatto una piccola cosuccia, ovvero che a lei quasi scappa un sorriso quando James le parla del suo scherzo a Piton, perché ho letto nel ricordo di Severus che a lei era quasi venuto da ridere quando era stato appeso a testa in giù. Mi sono sentita di poterlo fare, quindi.
Poi, Scarlett. Vi posso assicurare che qui lei odia TOTALMENTE Sirius e non c'è un briciolo di nient'altro. Nessun interesse celato, niente di niente, ma lo detesta perché come ho scritto, tra l'altro, non sopporta di essere umiliata e sottomessa.
Poi ancora, qui c'è "poca Miley" di nuovo, ma presto potrete conoscerla un po' meglio.
Eeh... no, basta. Finalmente ho finito. Piuttosto inutili queste delucidazioni ma boh... dovevo farle!
E ora. Oddio. I ringraziamenti.
Ma voi vi rendete conto? 8 recensioni. OTTO RECENSIONI. Otto recensioni, otto recensioni.
Cioè, di solito è normale che già al secondo capitolo il livello medio si abbassi... e qui è stato il contrario!
Insomma, io non mi aspetto mai niente, e vedermi tutti quei complimenti e quelle recensioni sincere è stato così commovente che non posso spiegarmi... Ringrazio con tutto il mio cuore ognuno di voi. E poi 15 tra le preferite, 1 tra le ricordate e 23 tra le seguite, ringrazio anche voi, siete gentilissimi!
GRAZIE, grazie di cuore, sono emozionatissima. Spero di non avervi deluso.
Oh, un'ultima cosa. Qui c'è la foto intera dell'immagine iniziale del capitolo: Lily e James Caposcuola! 
http://oi39.tinypic.com/2eckpx3.jpg

Un bacione a tutti, carissimi! Grazie infinite, alla prossima!

Simona_Lupin

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Capitolo 4
*** Una punizione... al bacio ***





Capitolo 4
 
Una punizione... al bacio
 
 
 
 

La prima settimana di scuola era passata senza eventi particolari - se si escludevano l'esplosione del calderone di Remus, la nottata passata in bianco di fronte al ritratto vuoto della Signora Grassa e le urla isteriche di Scarlett che avevano martellato i timpani di Sirius - ma i dettagli potevano anche essere tralasciati.
Era ormai arrivato il lunedì e in quella giornata di Settembre il sole sovrastava pigro il cielo limpido, mentre un lieve venticello scuoteva le fronde degli alberi e carezzava leggero i fili d'erba fresca dell'ampio e sconfinato prato verde.
I Malandrini avevano appena finito di pranzare e, avendo ancora parecchi minuti liberi, avevano deciso di godersi quelle ultime giornate di bel tempo seduti attorno a un faggio maestoso accanto al lago, l'albero che era da sempre il loro preferito e il teatro di vari progetti di scherzi sempre riusciti al meglio.
Sarebbe stata una giornata particolare per tre di loro, anche se per motivi diversi.
Remus era in preda all'ansia poiché avrebbe dovuto affrontare la prima lezione con Miley e non aveva idea di dove mettere le mani quando aveva un calderone di fronte; James era talmente eccitato che sprizzava gioia da ogni poro e sorrideva da ore senza stancarsi, visto che quella sera, finalmente, dopo notti intere trascorse a sognare quel leggendario momento, avrebbe avuto la prima ronda insieme a Lily; Sirius, invece, sempre quel pomeriggio, avrebbe dovuto scontare la punizione di Lumacorno con Scarlett ed era certo che non sarebbe stata una conclusione di giornata tranquilla.
« Remus, non hai ancora risposto alla nostra domanda » stava dicendo Sirius con un sorriso malizioso sul volto.
« Che c'è? » sbottò lui, stremato dall'amico e dal suo essere così odiosamente tartassante.
« Sei contento o no che sia Miley a insegnarti? »
Remus sbuffò, voltando la testa per sbatterla pesantemente contro il tronco massicco dell'albero: era il suo modo preferito di sfogare la rabbia repressa.
« Rispondi, Lunastorta, è educato » convenne James con fare saccente.
« Ma secondo voi, dico io » esordì lo sventurato, tentando di ritrovare la pace interiore, « con tutta l'ansia che ho addosso, mi metto a pensare a questo? Siete due fissati malati mentali, io vado lì a fare Pozioni! »
Un coro di risate di scherno si sollevò rumoroso e sommerse le sue parole.
« Sono cretini proprio... » borbottò Remus tra sè e sè.
« No, amico mio, noi ci vediamo lungo, altro che cretini! » ribattè James, passando un braccio intorno alle spalle di Sirius. « Miley è bellissima e tu sei un idiota, e questo è quanto ».
« Sì, certo... » borbottò quello tra i denti, contrariato.
« Vorresti negare che Miley è figa? » chiese Sirius con fare accusatorio, puntandogli la bacchetta a pochi millimetri dal naso.
« Ehi » lo rimproverò James. « Occhio a come parli, Miley non si tocca ».
Sirius scrollò le spalle. « Non ho detto mica che è nella lista. E' tua amica ed è dolcissima, non lo farei mai ».
« Anche Scarlett è amica mia » obiettò l'altro ragionevolmente.
Sirius ghignò. « Lei è un caso a parte » rispose semplicemente. « Ma tornando a te, vecchio mio » proseguì, lasciando cadere l'argomento, « posso dirti solo che se non ti piace Miley e non ci provi con lei noi ti portiamo dritto dritto al San Mungo e ti facciamo ricoverare a vita ».
« Assolutamente d'accordo » disse James solennemente.
Anche Peter annuì, convinto. « Hanno ragione, Remus » intervenne. « Potrebbe essere la volta buona ».
« Ma la volta buona di fare COSA? » sospirò Remus. « Peter, ti ci metti anche tu? »
Lui alzò le spalle, tornando a stendersi sull'erba, senza esprimersi ulteriormente in merito alla questione.
« Coda ha centrato il punto » asserì James. « Hai vent'anni, amico, quand'è che vorresti...? »
« JAMES! » urlò Remus scandalizzato.
« E' vero, porco Salazar, sei un caso patologico... Ne parli come se fosse una cosa orrenda... »
« Sirius, piantala, sei tu il caso patologico, il tuo parere non conta ».
« Ma l'amore è così bello! » esclamò Sirius, sorridendo apertamente.
Remus lo fissò sbigottito. Peter, invece, si drizzò nuovamente a sedere, osservando l'amico interrogativo, e chiese: « Ho sentito bene? »
James, anche lui sconvolto, dopo parecchi secondi di incredulo silenzio attonito, si riprese e disse: « Okay. Lo so che sentire parlare Sirius d'amore è una bestialità di dimensioni immani, ma... ha ragione! »
Sirius annuì, noncurante dello stupore che le sue parole avevano destato negli amici. « L'amour » proseguì, con l'intenzione di chiarire bene il concetto e la sua posizione, « insieme a tutto ciò che ne segue, ovviamente, di cui tu, lupo asessuato, sei totalmente e spaventosamente all'oscuro ».
Oh. Adesso era tutto molto più chiaro.
Remus scosse il capo. « Fai schifo, Felpato » commentò, con un tono che sapeva di sentenza. « Sinceramente schifo ».
Sirius scoppiò a ridere. « Se Miley sapesse quanto poco sai in merito alla questione madre, nemmeno a lei piaceresti più, sei vergognoso ».
Remus arrossì. « Infatti io mica le piaccio, quindi non c'è motivo che sappia ».
James scoppiò a ridere, una risata ancor più fragorosa della precendente.
« Ma daaaaaai! » esclamò. « Quella povera ragazza non fa altro che guardarti, non dirmi che non l'hai notato! »
Remus si fece ancor più rosso e chinò il capo. « Non... non è vero... » mormorò.
« Oh, invece sì » rispose l'altro. « Le piaci un sacco, è evidente! E tu dovresti almeno conoscerla, è una ragazza straordinaria, fidati di me che la conosco da quand'era in pannolino! »
« Davvero le piace Remus? » chiese invece Sirius. « Non l'avevo notato... »
James sospirò, scuotendo il capo. Ovvio che Sirius non l'avesse notato. Lui non era esattamente il tipo di persona che sta attento alle sfumature degli sguardi e ai piccoli gesti. Non capiva mai nulla riguardo a quel genere di argomenti, a meno che non ci fossero segni manifesti e impossibili da fraintendere che dimostrassero ciò che lui da solo non coglieva. Ad esempio, se Miley fosse corsa da Remus al culmine del banchetto in Sala Grande di fine anno scolastico dichiarandogli e promettendogli amore eterno, forse, solo allora, avrebbe iniziato ad avere qualche dubbio. Però gli ottimistici pensieri di James non tenevano in considerazione che al banchetto finale di Hogwarts c'erano delle pietanze da urlo, quindi cominciò ben presto a credere che no, neanche in quella fantomatica occasione si sarebbe accorto di qualcosa di insolito.
« Sirius, tu sta' zitto, di queste cose non capisci mai un'acca, neanche se ti venissero sventolate a due centimetri dal naso! » rimbeccò infatti. « Non vedi che lo guarda ogni santa volta in Sala Grande? Sei tutto tonto tu ».
Sirius lo guardò e scrollò le spalle, senza neanche far caso al tono di disapprovazione e agli insulti dell'amico. « Ci farò attenzione... » mormorò.
« Comunque » riprese James, stiracchiandosi. « Parlando di un'argomento altrettanto serio, questo pomeriggio dobbiamo inventarci qualcosa per Divinazione, quindi preparati a dare sfogo alla tua fantasia galoppante ».
« E fantasia galoppante non include tutti i sogni scabrosi che l'altra volta hai scritto e consegnato alla professoressa Amalthea » ci tenne a precisare Remus.
Sirius rise, ricordando con nostalgia e orgoglio quella gloriosa volta in cui aveva messo per iscritto dei sogni non esattamente casti e puri - in realtà, molto più simili a quelli che le sue spasimanti facevano su di lui che ai suoi, considerato che la cosa più eclatante che avesse sognato negli ultimi dieci anni era una paperella che lo attaccava con un'ascia in mano - i quali avevano destato, com'era d'altronde prevedibile, l'ilarità e lo scompiglio nella classe.
« Non sono sogni, sono ricordi » replicò poi con aria spavalda.
Gli altri alzarono gli occhi al cielo e Remus, scuotendo il capo, mormorò: « Certo ».
« E comunque, Ramoso, oggi non posso, ho la punizione con la Banks » concluse Sirius.
« Ah, già... Beh, vedi di comportarti bene e di non farla innervosire » si raccomandò James, severo.
« Non mancherò » fece l'altro, ironico.
Abbassò distrattamente lo sguardo sulla Mappa aperta sulle sue gambe e intravide il nome di Scarlett ancora seduta in Sala Grande. E malgrado le dispiacesse un po' per lei, sorrise malandrino all'idea di quello che sarebbe accaduto alla punizione di quel pomeriggio.
 

*  *  *

 
Remus era seduto su uno degli sgabelli dell'aula di Pozioni, osservando curioso le varie boccette e fiale contenute dentro un armadio dalle ante socchiuse a un passo da lui. Dondolava una gamba, giocherellando distrattamente con la bacchetta, mentre aspettava che Miley arrivasse per la loro prima lezione.
Si sentiva teso come a un esame. E se le avesse fatto esplodere addosso un altro calderone? Era un inetto e un pericolo pubblico, ma non poteva fare una figura del genere proprio con lei che era stata tanto gentile a volerlo aiutare. Doveva semplicemente stare attento, in fondo, perché doveva essere così difficile?
I minuti scivolavano via accompagnati dal flebile ticchettio dell'orologio che teneva al polso e l'ansia cresceva e cresceva...
« Remus! »
Lui trasalì e alzò di scatto lo sguardo per vedere Miley correre affannata nell'aula, buttandosi su uno sgabello accanto a lui e gettando la borsa lì accanto, senza la minima cura. Le sorrise, ma lei non pareva capace di fiatare.
« Stai bene, Miley? » chiese preoccupato.
Lei annuì freneticamente. « Sì... » rispose tra un ampio respiro e l'altro. « Scusa tanto... il ritardo... Mi è scappato... il gattino... che avevo trasfigurato... e la McGranitt... me l'ha fatto cercare... per tutto... il castello... »
« Oh » fece lui, senza sapere bene se dover sorridere o no. « Tranquilla... ehm... respira, intanto... »
Miley annuì nuovamente, una mano sul petto, poi riuscì a calmarsi.
« Ci sono » annunciò infine. « Sì... Mi dispiace tanto di averti fatto aspettare. Cominciamo? »
« Certo » rispose lui, ora di nuovo ansioso, sistemandosi meglio sullo sgabello.
« Potresti darmi il tuo libro? » chiese lei, trafficando con il calderone. « Nel mio ci sono le pozioni del sesto anno che agli esami non ti chiederanno mai... Vediamo cosa trovo nel tuo ».
Lui glielo porse, un po' sbigottito. « Sai... sai preparare pozioni del settimo anno? » chiese, senza sapere se essere spaventato o colpito.
« Beh... sì » rispose lei, senza guardarlo. « D'estate mi esercito con i libri di mia sorella e con quelli che compro per me... e alla fine riesco anche a creare qualche intruglio tutto mio che non faccia morire nessuno ».
Remus continuò a fissarla, ammirato. « Wow » riuscì a sussurrare infine.
Lei sorrise, imbarazzata e cominciò a sfogliare il libro con dita tremanti, il viso nascosto dai lunghi capelli biondi.
« Remus » lo chiamò poi. « Che ne dici di questa? » domandò, indicando una pozione illustrata nel libro con pochi ingredienti e brevi passaggi. « Non è una pozione dell'ultimo anno ma la chiedono spesso anche ai M.A.G.O., quindi per iniziare credo vada bene. Tu che ne pensi? »
Lui, non sapendo cosa dire, annuì.
« Allora » esordì lei, imbarazzata all'idea di dovergli insegnare qualcosa. « La prima cosa da fare è concentrarsi. Quando devi preparare una pozione, non puoi pensare a... non so... a quant'è buono il cioccolato... »
Remus sorrise. Per una strana coincidenza, aveva preso ad esempio proprio una cosa a cui pensava spesso durante la giornata.
« ... quindi devi solo stare attento a quello che c'è scritto qui e vedrai che niente sarà difficile » proseguì lei. « Poi è bene preparare gli ingredienti prima di cominciare, così poi non penserai a dover correre di qua e di là per andarli a prendere... e potrai tenere d'occhio la pozione... »
« ... prima che mi esploda di nuovo in faccia » completò lui con un sorriso.
Miley rise, divertita. « Sì... era quello che volevo dire ».
Anche lui rise insieme a lei, sorpreso e divertito dalle sue parole. Si sentiva già molto più a suo agio. Forse grazie al suo sorriso... Era radioso, caloroso.
« Comunque » disse poi lei, tornando seria, « come ti dicevo, devi pensare solo alla pozione. Perché questa materia funziona così... ci vuole cura, precisione, attenzione... e poi passione e fantasia e... oh, scusami, sto divagando » si affrettò ad aggiungere poi, scuotendo forte il capo.
Lui, però, la guardò e le sorrise gentilmente. « Ma no » mormorò. « E' bello sentirti parlare così ».
Lei sorrise di rimando, ma si affrettò a dedicarsi nuovamente al libro.
« Vuoi cominciare tu? » chiese, dubbiosa. « Ovviamente ti aiuto io ».
« Certo » annuì lui, prendendole il libro dalle mani.
Doveva preparare una Bevanda della Pace, così si concentrò sul primo rigo di istruzioni per poi dedicarsi al calderone.
"Okay, pozione" si ritrovò a pensare. "A noi due".
Approfittando della sua attenzione verso il calderone, nel frattempo, lei si incantò a guardarlo. 
Era bello, ancor di più di quanto avesse notato, così da vicino... Il suo viso era delineato da tratti decisi e delicati insieme, l'espressione del viso era seria mentre scrutava i pomelli per accendere il fuoco e capire quale dovesse azionare. Un silenzio penetrante li avvolgeva, interrotto sommessamente dallo scoppiettio lieve delle fiamme e lei non si stancava di osservarlo.
« Miley, mi ascolti? »
« Cos-... come hai detto, scusa? »
Si diede mentalmente un colpo in testa. Ma quand'è che l'aveva chiamata?
« Dicevo, come si fa a tenere il fuoco basso? » chiese, trafficando con le manopole senza successo. « Non ci riesco! »
Cominciò a disperarsi, ma Miley sorrise e si affrettò ad aiutarlo.
« E' questa che devi girare » spiegò, indicando quella in mezzo. « No... non così di scatto, altrimenti lo spegni. Devi farlo lentamente, per gradi... ecco, bravo, proprio così ».
Lui si rianimò appena e continuò.
« Vedi, quando mescoli » disse lei, guardandolo di sottecchi mentre rimestava la pozione dal colore indefinibile, « non devi farlo così velocemente, altrimenti la pozione prende un colore che non è quello giusto. Cerca di andare più a fondo nel calderone. Prova ».
Gli rivolse un sorriso incoraggiante e lui fece come gli era stato detto. Il liquido assunse all'istante un colorito bluastro molto simile a quello descritto nel libro e Miley applaudì, entusiasta.
« Bravo! » esclamò. « Hai visto? Non è difficile ».
Lui sorrise, rincuorato. « E' vero... Ma... qui c'è scritto che deve bollire per venti minuti ».
« Oh » fece lei. « Beh, allora, se... insomma, se ti annoi vai e la controllo io ».
Ma Remus scosse subito il capo. « Certo che no » disse, con il suo solito tono gentile. « Nel frattempo possiamo parlare ».
No. Miley cominciò già ad agitarsi come una bambinetta di cinque anni al suo primo giorno di scuola.
Parlare era troppo difficile considerate le sue capacità oratorie ridotte a zero quando aveva Remus di fronte. Sentiva già la mente annebbiarsi e tentò di far passare inosservato il gesto di stringere le mani sui bordi dello sgabello, come se si sentisse in preda a una marea che tentava di portarla via con sè.
« Scarlett mi ha raccontato che ti hanno eletta Capitano della squadra » disse Remus, appoggiandosi al bancone con la tempia sul palmo della mano.
« Sì » rispose lei. « Ted Mills si è diplomato l'anno scorso ed era un gran Cacciatore... adesso non voglio immaginare la squadra che formeremo quest'anno ».
« Pensi che non si presenterà nessuno che sappia giocare decentemente? » chiese lui.
Lei fece un'espressione scettica. « Ne dubito grandemente, Remus, anche perché... insomma... non è che Tassorosso abbia mai avuto grandi squadre di Quidditch... sai meglio di me che siamo ultimi in qualsiasi cosa ».
Entrambi sorrisero, lei imbarazzata, lui comprensivo. « Ma no, dai » mormorò Remus. « Per le qualità, io ho sempre pensato che siate la Casa migliore ».
« Davvero? » chiese Miley, colpita.
« Certo » rispose lui. « Insomma, io amo Grifondoro ma spesso siamo presuntuosi. Serpeverde è... beh, lo sappiamo tutti com'è. E Corvonero non è molto amichevole, parlando in generale. Voi siete leali, buoni... e degli ottimi amici ».
Le rivolse un bel sorriso e lei arrossì. « Grazie... tu saresti stato un perfetto Tassorosso » mormorò. « Ma se sei stato assegnato a Grifondoro devi essere anche parecchio coraggioso ».
Lui scosse la testa. « Io... non credo di esserlo, sinceramente » borbottò, abbassando lo sguardo.
Miley sorrise appena. « Guarda che avere coraggio non significa per forza entrare in una gabbia di leoni. Si nota da come si affronta ogni giornata e ogni problema... E sono sicura che tu ne abbia parecchio » disse, pensierosa.
Remus la guardò senza parlare, stupito. Era coraggio il suo, quando andava incontro alla trasformazione? Aveva sempre pensato che non ci fosse nulla di un vero Grifondoro in lui, ma le sue parole erano state meravigliose e sperò che fossero vere. Sperò che lei credesse davvero in quel che diceva.
Si soffermò a osservarla e non potè non pensare che i suoi amici su una cosa avessero assolutamente ragione: Miley era bellissima.
Non trovò nulla da dire e annuì lentamente, continuando a scrutarla.
Nei minuti successivi si limitarono a chiacchierare di scuola, lanciandosi di tanto in tanto qualche timida occhiata.
« Credo sia pronta » disse lei dopo un po', facendo un cenno verso la pozione.
Lui si riscosse dai suoi pensieri e si voltò. « Devo aggiungere qualcos'altro » disse, guardando il libro e scorrendo la lista dei procedimenti.
Tagliuzzò delle radici e le gettò dentro il calderone, poi mescolò altre tre volte in senso antiorario come gli aveva insegnato lei. All fine dell'opera il colore della pozione era di un viola simile al lilla descritto e illustrato nel libro.
Lei la guardò soddisfatta per poi voltarsi, raggiante.
« Sei stato bravissimo! » disse con calore. « Io non ho praticamente fiatato ».
Lui sorrise di rimando, felice. « Se non ci fossi stata tu sarebbe esploso di nuovo, ne sono sicuro » ribattè, facendola ridere.
« Bene allora » concluse Miley. « Se hai ancora bisogno di me possiamo rivederci... che ne dici di lunedì prossimo? »
Lui si irrigidì. Lunedì sarebbe stato in Infermeria, troppo malato per poter fare alcunché. Incredibile quanto quella maledizione lo frenasse anche nelle cose più semplici. In ogni momento della giornata, sempre, doveva convivere con quel peso, doveva riflettere su quanto potesse fare e su cosa invece no. Ed erano troppe le cose che avrebbe voluto vivere e non poteva, troppe le volte in cui doveva sedersi a pensare e dire No, Remus, non puoi. E pensando alla discussione con gli amici di poche ore prima quasi rise, amaramente. Cosa avrebbe dovuto fare, secondo loro? Avvicinarsi a Miley? Per loro era semplice, certo. Ma non capivano che non era solo il suo carattere chiuso e taciturno a frenarlo, ma anche e soprattutto quella condanna che doveva scontare ogni giorno. 
Ma come diavolo faceva a spiegarle tutto questo? Avrebbe potuto rimanerci male e lui non aveva davvero idea di cosa dire. Dopotutto, Miley lo aveva aiutato con la massima disponibilità, quando avrebbe potuto benissimo infischiarsene di lui. Eppure non aveva scelta.
« Miley... » cominciò a dire, mordendosi il labbro, « lunedì io... insomma, mi dispiace moltissimo ma ho un... un impegno e non-... »
« Oh, no, scusami tu » si affrettò a ribattere lei, rossa in viso. « Non volevo... mi dispiace... Beh... se hai bisogno, quindi... sai dove trovarmi ».
Si alzò dallo sgabello, sistemandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio che le ricadde sugli occhi un attimo dopo.
Lui la fissò, tremedamente dispiaciuto, senza sapere cosa fare. Così si alzò anche lui.
« Allora... ehm... grazie infinite, Miley » mormorò, avvicinandosi. « Sei stata un angelo, davvero ».
Lei sorrise, imbarazzata. « Non ho fatto niente, è stato un piacere » borbottò, facendo un passo indietro per paura che le ginocchia le cedessero.
Remus le scoccò un piccolo bacio sulla guancia, un tocco lieve che le fece attorcigliare le budella, poi sorrise.
Merlino, aveva bisogno di una sedia. Bastava così poco a farla tremare? Evidentemente sì, e si sentì sollevata quando lui si allontanò.
« Ci vediamo, allora » stava dicendo. « Ciao, Miley ».
« Ciao, Remus » sussurrò lei, stentatamente. E si affrettò a uscire dall'aula, le guance praticamente in fiamme.
Remus, a quel punto, rimasto solo, prese il libro e lo infilò nella borsa, mettendosela in spalla. Prima di andare via, diede un'ultima occhiata alla sua pozione.
"Quasi quasi me ne porto una fiala" pensò, e così fece, deciso a conservarla come prova della prima volta in cui era stato decente nella materia che odiava.
 

*  *  *

 
« Buonasera, Banks ».
Scarlett si voltò. Era quasi arrivata all'ufficio di Lumacorno per la punizione quando quella voce assillante e fastidiosa l'aveva richiamata.
« Non mi devi parlare, Black » disse secca, camminando più veloce.
Lui la seguì. « Prova a impedirmelo » la provocò, con quel sorrisetto insopportabile sul viso. « E comunque, mi risulta difficile non parlarti visto che siamo in punizione insieme ».
Lei fece una smorfia. « Già » commentò. « Punizione che, come ben sai, ho preso solo per colpa tua ».
Scarlett, infatti, non lo aveva ancora perdonato per quello che aveva combinato il sabato prima, sia perché aveva finto che fossero stati insieme, umiliandola davanti a tutto il Lumaclub, al professore e, di conseguenza, in seguito alle chiacchiere di quella pettegola di Betty Gilbert, di fronte a tutta la scuola, sia perché l'aveva cacciata in guaio che, secondo lei, se lui non si fosse messo in mezzo, avrebbe senz'altro potuto evitare.
Per non parlare di tutte le spiegazioni che aveva dovuto dare a John in merito alla questione, visto che le voci che giravano per il castello erano gonfiate da far paura, anche se lui, grazie al cielo, aveva creduto alla sua verità. Ma il peso dei pettegolezzi le ricadeva comunque sopra in maniera assai pesante. Alcune ragazzine andavano raccontando con la massima sicurezza che lei e Sirius, quando erano stati scoperti da Piton, erano appena usciti da un'aula abbandonata in cui avevano combinato chissà cosa. E chi mai poteva dare le prove del contrario? Lei si limitava a lanciare incantesimi e fatture a tutte quelle oche che sentiva parlare dell'argomento, ovviamente senza farsi scoprire perché un'altra punizione non l'avrebbe retta proprio.
Era incredibile quello che succedeva ad Hogwarts quando qualche ragazzo abbastanza popolare muoveva un passo. Si scatenava un putiferio impressionante e nascevano dal nulla storie assurde e quasi totalmente inventate. Nei bagni delle ragazze si sentivano chiacchiere indecenti su chiunque: in quel castello, insomma, anche le mura avevano occhi e orecchie, sempre.
« Sono sicuro che non ti dispiace così tanto passare un po' di tempo con me » infierì Sirius, deciso più che mai a farla impazzire. « Sono forse un tipo noioso, Banks? Dimmi pure la tua opinione, sono umilmente pronto ad ascoltarla ».
« Se ti dicessi la mia opinione penso che anche il tuo gigantesco ego ne risentirebbe, quindi è meglio per te che io non mi esprima » replicò lei.
Lui fece per ribattere, ma Scarlett bussò alla porta dell'ufficio di Lumacorno e lui li invitò ad entrare quasi all'istante.
« Miei cari ragazzi » disse con un sorriso, alzando lo sguardo. « Venite pure ».
Loro si avvicinarono alla sua scrivania e aspettarono che parlasse.
« Mi dispiace di avervi dovuto mettere in punizione » borbottò lui, imbarazzato. « Ma non sarà nulla di che. Farete qualcosa di vantaggioso sia per me, che non riesco mai a trovare tempo, che per voi, che immagino vogliate fare in fretta. Dovrete solamente sistemare un po' le mie scorte di materiale di pozioni che sono un po' in disordine, tutto qui. Vi lascio da soli, ho un lavoretto da svolgere. Quando avrete finito, potete anche andare ».
Sirius e Scarlett annuirono contemporaneamente e rimasero in silenzio finché l'insegnante non si fu richiuso la porta alle spalle.
Lei si diresse verso un armadietto dentro il quale Lumacorno teneva fiale e ingredienti vari, decisa a terminare quel lavoro nel più breve tempo possibile. Anche Sirius si avvicinò, sorridendo sghembo per chissà quale motivo. Dopotutto, cosa poteva saperne lei dei pensieri malsani e contorti che vagavano per la mente bacata di quello lì? Meglio non conoscerli.
Lui, però, stranamente, cominciò a lavorare indistubato senza una parola e Scarlett ringraziò Merlino per quel dono dal valore inestimabile: il silenzio di Sirius Black, molto più prezioso di qualsiasi altro tesoro al mondo.
I minuti passarono, scanditi dal ticchettare di un grosso orologio appeso al muro di fronte, e lui le lanciò di tanto in tanto qualche occhiata di sbieco, aspettando il momento giusto per agire.
« Banks, questo che cos'è? » chiese dopo un po'.
Lei pensò che non fosse poi una domanda tanto indecente e si convinse a rispondere, guardando un barattolo dall'etichetta strappata che lui le mostrava.
« Elleboro » rispose, dopo averlo studiato per un po'.
Lui annuì e riscrisse con cura il nome a grandi lettere, riponendo poi il barattolo nel ripiano più basso dell'armadio.
« Ti stai divertendo, Banks? » domandò distrattamente, rovistando tra le fiale in cerca di qualcosa che andasse sistemato.
Lei rimase in silenzio. Forse era giunto il momento di rimangiarsi i ringraziamenti precedentemente rivolti a Merlino e pregare qualcun altro.
« Il popolo femminile di Hogwarts si venderebbe la bacchetta pur di essere al posto tuo ora » proseguì lui, senza però guardarla.
Scarlett ancora non rispose. Non doveva cadere nel suo tranello. Qualcosa le diceva che lui stesse macchinando qualcosa di losco e quindi era decisa, col suo silenzio, a stroncare ogni suo malvagio proposito sul nascere.
Ma Sirius non si arrese e continuò a parlare. « La negligenza va punita, Banks » stava borbottando. « E tu non fai eccezione ».
"Ah, che massima" pensò lei, innervosita dalla sua voce nelle orecchie. Non la sopportava.
« Avanti, Banks » si lamentò ancora lui dopo un minuto di assoluto silenzio. « E' come parlare con Remus quando studia! »
Lei sbuffò. Ma non la piantava mai di blaterare?
« Ho capito » concluse lui infine, sconfitto. « Tu mi detesti. Mi odi davvero, eh? »
« Oh, Black, notevole » commentò lei, senza più riuscire a trattenersi. « Ci sei arrivato tutto da solo o ti ha illuminato il nostro caro Godric da lassù? »
« Mmm, credo di esserci arrivato da solo » disse lui, grattandosi il mento con aria pensosa, « ma sai, Banks, il fatto è che in molte dicono di odiarmi ma in realtà mi amano. Comprendi? »
« Ma fammi il piacere » sbottò lei. « La tua bocca può sopravvivere anche da chiusa, non aprirla senza motivo ».
Scarlett si ritrovò a chiedersi se non dormisse la notte per programmare le idiozie da dire il giorno dopo. Insomma, era impossibile che gli venissero in mente così spontaneamente, o forse era un talento naturale.
« Il fatto che ti odio è la cosa più conclamata della terra » affermò. « Come se ti servisse qualche altra dimostrazione... »
Sirius a quelle parole si illuminò di colpo. Ecco l'idea. 
Dimostrazione. Quella parola suonava meravigliosamente alle sue orecchie. Dimostrazione... In fondo, in che modo lei gli aveva manifestato il suo odio? Urlandogli in faccia ogni volta che ne aveva l'occasione? Lanciandogli frecciatine e insulti a ogni provocazione? Certo, ma di quello potevano essere capaci tutti. Quelle parole potevano nascondere qualcosa di più, qualcosa di completamente opposto a quello che mostravano e non costituivano una prova d'odio.
Ma c'era qualcos'altro. C'era un modo per scoprire davvero quale sentimento nutrisse lei nei suoi confronti, ed era infallibile. Per riuscire a metterlo in atto, però, Sirius doveva colpirla sul suo tallone d'Achille, e fortunatamente sapeva bene qual era: la sua più grande forza ma anche la sua maggiore debolezza. Avrebbe mirato al suo orgoglio.
« In realtà sì, Banks, mi servirebbe » disse, una luce maliziosa nello sguardo. « Ci sarebbe la prova del fuoco ».
« Sarebbe? » domandò lei con aria annoiata.
Lui si prese tutto il tempo per rispondere, come a voler creare una certa atmosfera. Poggiò la fiala che teneva in mano su uno dei reparti dell'armadietto e si diresse con aria rilassata verso la parete, appoggiandosi ad essa a braccia incrociate. Poi la scrutò, l'aria di sfida, un sorriso accennato che non prometteva nulla di buono ma che lei non si era degnata neanche di guardare.
« Baciami ».
Scarlett trasalì. Non se l'era aspettato. Lo fissò, sprezzante e sconvolta allo stesso tempo per quella richiesta sfrontata, per quel suo tono sfacciato.
« Che cosa? » chiese, boccheggiando appena.
Il suo sorriso si fece ancor più pronunciato. « Mi hai sentito bene » ribattè. « Se provi tutto questo disprezzo per me, non credo che dovresti avere problemi a baciarmi... Servirà solo a dimostrarmi quanto mi odi, visto che non dovresti provare nulla ».
Lei lo guardò ancora a lungo, senza parole, poi sorrise. « Tu sei pazzo » borbottò, scuotendo la testa.
« Forse » concesse lui. « Ma non è una risposta ».
« Non te ne darò una » replicò lei, fingendosi decisa.
« Deduco quindi che la cosa ti turba ».
Scarlett si morse il labbro, innervosita. Sirius stava ottenendo ciò che desiderava. « Turbarmi? Ah, per l'amor del cielo, sei proprio uno stupido, Black » rispose, abbassando lo sguardo.
A lui non sfuggì neanche quel minimo gesto e capì di averla messa alle strette, ma che quel gioco era appena iniziato. 
« Non mi pare di aver chiesto molto » mormorò, allontanandosi dalla parete, le mani in tasca.
« No? » fece lei, sollevando un sopracciglio. « Forse per le ragazze che frequenti non è un problema baciare chiunque, ma per me sì ».
« Ma io non sono chiunque » replicò lui, arrestandosi solo quando fu a un passo da lei.
Scarlett alzò lo sguardo, e lo scrutò. « E chi saresti? » domandò, scettica.
« Qualcuno che, a quanto dici, odi con tutta te stessa » rispose lui. « Qualcuno che daresti qualsiasi cosa pur di zittire ».
« Esatto ».
« Allora fallo ».
Si guardarono, lui cercando la sfida, lei evitandola. Dalla penna d'oca che teneva stretta in mano colava inchiostro, un nero denso e lucido che macchiava il grosso barattolo poggiato alla scrivania su cui avrebbe dovuto scrivere, ma lei non parve farci caso.
Alla fine voltò la testa e non disse nulla. Lui invece le voltò le spalle e fece qualche passo, pronunciando la frase che, ne era certo, avrebbe cambiato tutto.
« Sapevo che non avresti avuto il coraggio ».
Scarlett infatti alzò lo sguardo. Quello non avrebbe dovuto dirlo. Si diresse verso di lui, fronteggiandolo, l'aria superba e altezzosa di sempre.
« Io ho il coraggio per tutto » disse, facendolo girare nuovamente.
E si sfidarono, senza timore.
« Tu hai paura, Banks » sussurrò lui. « Hai paura non solo di me, ma dell'effetto che potrebbe farti baciarmi ».
Scarlett trattenne il fiato, senza riuscire a credere alle sue orecchie. Adesso aveva superato ogni limite e non gliel'avrebbe permesso in alcun modo.
« Questo... questo è assolutamente... assurdo... E'... è ridicolo... » balbettò, indignata.
Lui sorrise di fronte alla sua rabbia e cominciò a fare qualche passo intorno a lei, così da farla ritrovare con le spalle alla parete.
« Spalle al muro, Banks » le fece notare con un ghigno. « Di nuovo ».
Lei lo fissò con disgusto, furibonda. « Io me ne vado » mormorò infine, facendo per allontanarsi. Ma lui la bloccò sul posto, scuotendo appena il capo.
« Scappi di già? » chiese innocentemente. « Non mi dire che ti stai tirando indietro ».
« Mai nella vita ».
« Beh, così sembrerebbe ». Sirius scrollò le spalle. « E se così fosse si metterebbe molto male per te... Due a zero, come recuperare? »
Scarlett lo allontanò con uno spintone e fece qualche passo verso la porta, mormorando: « a questo gioco giocaci da solo ».
« Non sarebbe divertente » rispose lui.
Lei non si voltò, ma lo sentì vicino, così vicino da avvertirne il respiro sulla pelle.
« Mi hai deluso, Banks, sai? » proseguì. « Ti facevo molto più audace... Sicura di essere una vera Grifondoro? » 
E a quel punto lei non riuscì più a reggerlo. Si girò così di scatto che il tutto accadde in un secondo, quando lo prese per la cravatta e lo attirò a sè, premendo rudemente le labbra sulle sue, baciandole con una rabbia incontrollata. Sirius sussultò appena a quel contatto, preso totalmente in contropiede, per poi rispondere con trasporto al bacio, passandole una mano sulla schiena. Quando lei sentì che stava andando troppo oltre si allontanò di scatto e lo fissò, furiosa. Lui invece ghignò, guardandola senza la minima traccia d'imbarazzo.
« Complimenti, Banks » disse a bassa voce. « Ci sai fare ».
« ZITTO! » Scarlett non lo lasciò parlare e lo colpì sulla guancia con un sonoro schiaffo. Aveva lo stomaco in subbuglio, una confusione dentro di sè che non era capace di spiegarsi, e non perché quel bacio avesse cambiato qualcosa in lei, ma solo perché non sopportava l'idea di aver fatto qualcosa che andava a suo vantaggio, qualcosa che aveva fatto solo per farlo star zitto, per rispondere a quella provocazione che non era più riuscita a tollerare.
Conviveva con il suo nervosismo da diciassette anni, conosceva bene i suoi punti deboli e il suo carattere impulsivo, e quella volta aveva tentato davvero di resistere, di rimanere calma e non dargli soddisfazione, ma come sempre l'istinto aveva avuto la meglio sui suoi buoni propositi. Aveva fatto la cosa sbagliata, era vero, ma non poteva nulla di fronte a quell'odiosa impulsività che la prendeva quando veniva provocata. Nulla. 
Così come non poteva negare che una minuscola, incredibilmente piccola parte di lei non aveva provato disgusto per quel bacio, ma l'aveva fisicamente gradito. Però era riuscita nel suo intento. Lui non se l'era aspettato. Quando aveva cominciato quel gioco perfido e malizioso non aveva creduto che sarebbe riuscito a concluderlo in quel modo, e quel bacio l'aveva spiazzato. Piacevolmente spiazzato.
« Hai visto? » urlò lei, cercando di dissumulare quel suo sentirsi tanto scombussolata. « Sono perfettamente in me, non sto sbavando ai tuoi piedi, non ho provato niente perché ti odio, ti basta questo? Bene! Uno a uno e non finisce qui! »
E si allontanò a grandi passi dall'aula, lasciandolo da solo, con quel sorriso compiaciuto sul viso ormai scivolato via.

 
*  *  *

 
Scarlett era distesa sul suo letto da più di mezz'ora, lo sguardo fisso sul soffitto scarlatto del Dormitorio, le mani incrociate in grembo.
Si tormentava per quello che era successo in punizione, per quello che lei stessa aveva fatto e per ciò che avrebbe comportato. Perché lui - lei ne era sicura - non si sarebbe tenuto tutto per sè, no. Ne avrebbe approfittato, avrebbe rivoltato la situazione in modo tale da renderla totalmente a suo favore, avrebbe sfruttato quell'atto di rabbia da lei compiuto e gliel'avrebbe rinfacciato fino alla morte, perché era una persona orribile e approfittatrice.
Non aveva mai pensato che una sola persona avrebbe mai potuto farla infuriare tanto, meritarsi tutto quell'odio e quel disgusto che indubbiamente provava, ma lui ci era riuscito al meglio e in un tempo sorprendentemente breve, solo attraverso qualche mossa ben studiata e qualche frase ben piazzata.
E fortunatamente era riuscita a far tacere quella vocina che continuava a sussurrarle che in fondo quel bacio non le era dispiaciuto, perché a nulla serviva sapere quanto affascinante potesse essere Black, a nulla serviva sapere quanto fosse bravo in quel genere di cose, perché il suo essere così disgustoso e infimo gettava alle ortiche qualsiasi strano pensiero di quel tipo.
« Scarlett! »
Lei sussultò al suono squillante di quella voce e si voltò di scatto: erano Lily, Mary, Alice ed Emmeline.
« Sei qui! » esclamò Lily. « Perché non sei venuta a cena? »
Scarlett non rispose.
« Black ti ha fatto qualcosa? » chiese Alice con aria omicida. « Ne parlerò con Frank, tesoro, dimmi tutto ».
Ma la ragazza non ricevette ancora nessuna risposta e le amiche si fissarono preoccupate, senza capire. 
Lily si sedette ai piedi del letto, osservandola.
« Scar, andiamo, a noi puoi dire tutto » mormorò. « Cos'è successo? Mi stai facendo preoccupare, parla ».
Lei scosse il capo e si coprì la faccia col cuscino, gettandoselo in faccia più forte che potè, e si lamentò con qualche piagnucolio di natura varia.
« Scarlett, ti lancio una fattura » minacciò Emmeline, sorprendendo tutti. In teoria doveva essere la più pacata del gruppo. « Lo sai che sono bravissima ».
« Sentite » si decise a dire lei, riemergendo. « Non è successo niente, lasciatemi stare, sono sconvolta perché... perché James oggi non mi ha chiesto il suo bacino, ecco perché! Non mi è successo niente. Niente, capito? E' stata una giornata normalissima, niente al di fuori dell'ordinario, NIENTE! Mi sono comportata nel più esemplare dei modi, sono una persona ragionevole e corretta io, non come gli altri che fanno giochetti schifidi e ripugnanti per ingannare la gente perbene come me che non ha fatto del male a nessuno! Avete capito? Alice, hai capito? Lily, hai capito? EMMELINE, MARY! L'AVETE CAPITO SI' O NO? Perché qui le cose vanno messe bene in chiaro! E dite a quelle oche del bagno delle ragazze che io non ho fatto niente, nè quella volta nè oggi, che ho patito le peggiori sofferenze senza batter ciglio! Capito? Io non sono una di quelle persone che non danno valore alle cose, so comportarmi, avete capito? E John, tu lo sai che io non ho fatto niente con quello stronzo! E' tutta colpa sua, è sempre colpa sua e io LO ODIO! Perché l'Avada Kedavra è illegale, PERCHE'? Merita di vivere un essere del genere? Perché non mi lascia stare? Io non ho fatto niente, non ho fatto niente, non ho fatto niente! E comunque non mi interessa! Io faccio quello voglio, non devo rendere conto a nessuno, sono una donna libera e indipendente, LO AVETE CAPITO? »
Lo sguardo delle ragazze era indecifrabile. Avevano ascoltato lo sproloquio di Scarlett senza aprir bocca, sconvolte dal fiume di parole che era riuscita a mettere insieme con quella foga. Però una cosa l'avevano capita di sicuro: aveva combinato qualcosa di grosso e il rimorso la stava facendo impazzire.
« Scarlett » disse Mary cauta. « Che cos'hai fatto? »
« Cos'ho fatto? Ho baciato Black, ecco cos'ho fatto! »
Lily cadde dal letto come una pera, frantumandosi l'osso sacro definitavamente e irreparabilmente, mentre le altre trattennero il respiro così forte da emettere un solo unico suono e Mary si affogò senza aver ingerito nulla.
« CHE COSA HAI FATTO?! » urlò Lily, tentando di alzarsi ma rinunciando subito, sconfitta dal dolore.
« PER FAVORE, NON FATE COSI'! » urlò Scarlett, in preda alla disperazione, cercando comprensione nei loro sguardi ma trovando solo incredulità e sgomento.
« No, aspetta! » disse Lily, incrociando le gambe e capendo di essere destinata a rimanere su quel pavimento per sempre. « Adesso ce lo spieghi! Perché l'hai baciato? E... ti prego, Scarlett, dimmi che non è stato un bacio... un bacio davvero... un bacio di quelli... un bacio di quelli in stile Black! »
Scarlett era sull'orlo delle lacrime. « Non... non... NON E' STATA COLPA MIAAA! »
Le ragazze disperarono: era stato in pieno stile Black. E Black di stile ne aveva solo uno.
« Mi ha provocata! » tentò di difendersi la ragazza. « Mi ha detto che non sono una vera Grifondoro, che avrei dovuto fare? »
« Ma che cavolo di risposta era un bacio?! » rispose Lily, scandalizzata.
« Perché è da lì che è partito tutto... e... oh, voi non capite! »
E affondò la testa nel cuscino. 
« Capire... capire che cosa? » esclamò Alice, sotto shock. « Un giorno lo odi, un altro giorno lo baci... »
« Ma lo odio, infatti! Nessuno, nessuno su questo pianeta lo odia più di me! Ed era proprio questo il punto! »
Emmeline la fissò, l'unica che provava compassione per lei in quella stanza. « Non ti seguiamo più, tesoro ».
Scarlett prese un respiro profondo e si convinse a spiegare tutto con calma. 
Al termine del racconto, le facce delle amiche parevano quelle di una famiglia a lutto.
« Scarlett... ma perché non te ne sei andata? » chiese Lily sconsolata. « Perché non l'hai Schiantato? In tutti questi anni non ti ho insegnato niente? Quelli come Black e Potter vanno Schiantati, e basta, capito? »
« Perché, vuoi dirmi che non avresti baciato James? » chiese lei, accalorandosi.
Lei scosse il capo. « Ma proprio no ».
E Scarlett sapeva bene che era vero, il che la fece stare ancor più male. Lily era una ragazza molto razionale, al contrario di lei. Riusciva ad essere paziente quando voleva - e lo voleva molto raramente - ma riusciva sempre a controllarsi, mentre lei no.
« Va bene, ho sbagliato » concluse infine Scarlett, accettando la sconfitta. « Ma ormai che posso farci? »
Nessuno rispose, e alla fine Mary, che fino ad allora era stata muta come un pesce, disse: « ma Scarlett... non ti è... piaciuto, vero? »
Lei la fissò, indignata. « NO! » urlò, come se dirlo più forte ne avesse dato la certezza. « Mi fa schifo Sirius Black, mi fa ribrezzo, mi fa accapponare la pelle, mi fa salire la nausea, mi fa vomitare... »
« ... però bacia bene » concluse Alice con l'aria di chi la sa lunga.
« MA STAI SCHERZANDO?! »
« Non urlare di nuovo ».
« Tu dici assurdità colossali! »
« Ma dai » s'inserì Emmeline. « Vuoi forse dirmi che il bacio in sè e per sè ti ha fatto schifo? A chi vuoi darla a bere, Scar? »
« Lily, per favore, aiutami tu » implorò Scarlett.
Lily annuì. « Dai, io le credo ».
E lei si sentì forse ancor più in colpa, perché sapeva che in fondo non era poi così vero.
Chi di sensi di colpa non ne aveva per niente, invece, era proprio Sirius Black che, ormai finito il lavoro nell'ufficio di Lumacorno, era quasi arrivato al suo Dormitorio, parecchio soddisfatto quanto scombussolato per quanto era accaduto poco prima.
E lui non era di certo un tipo che si lasciava sorprendere facilmente. Non ricordava di qualcosa in vita sua che l'avesse davvero spiazzato, se non i continui insegnamenti dei suoi genitori che alla fine lo avevano lasciato indifferente, o forse la notizia che uno dei suoi migliori amici era un Lupo Mannaro. In quel caso, infatti, si era semplicemente limitato a pensare che fosse la cosa più figa che avesse mai sentito. Gli aveva chiesto se sarebbe stato in grado di mangiarsi vivo James e quando lui aveva risposto, un po' sconvolto, di sì, aveva proposto in maniera assai entusiasta di provarlo.
Eppure era bastato solo un bacio a farlo destabilizzare, un bacio di quella ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa che detestava con tutta l'anima.
Ed era compiaciuto di essere riuscito a raggiungere il suo obiettivo, anche perché ancora, malgrado lei gli avesse urlato a pieni polmoni il contrario, era sinceramente convinto che quel punto appartenesse molto più a lui che a lei.
E poi aveva dato inizio a quel gioco che gli piaceva, gli piaceva molto. Con tutte le altre ragazze non esisteva quel botta e risposta, quel rapporto così altalenante e coinvolgente com'era quello con lei, perché tutte cedevano presto di fronte al suo particolare fascino e non esisteva alcun piacere, non esisteva alcuna partita da giocare.
Mentre con lei... con lei la voglia ardente di vincere aumentava di giorno in giorno.
Ormai arrivato in Dormitorio, Sirius aprì la porta, entrando come un eroe portato in trionfo.
Dal bagno si sentiva un forte scrosciare d'acqua: Frank doveva essere dentro la doccia, mentre gli altri Malandrini mangiavano a sbafo sui loro letti.
Tutti alzarono lo sguardo e si fissarono vedendolo entrare in quel modo, mentre Sirius sorrise beatamente.
« Che hai combinato? » chiese James senza preamboli. « Se hai fatto qualcosa a Scarlett stavolta ti spezzo le ossa, Sirius ».
« Provaci, Ramoso, perché sono stato un grande » rispose Sirius, afferrando una Cioccorana dal mucchio di Remus.
« Non osare rubarmi le Cioccorane, Sirius, te le spezzo io le ossa » lo minacciò la vittima dell'imperdonabile furto.
« Non sei credibile, mamma » rispose l'autore dello stesso, masticando soddisfatto la sua rana di cioccolato.
Mamma era il loro solito modo di chiamare Remus quando li rimproverava o li faceva vergognare in qualche modo per qualcuna delle loro malefatte: assumeva un tono talmente autoritario e severo da far pensare loro che Dorea Potter, madre naturale di James e acquisita di Sirius, si fosse incarnata in lui.
Dopo parecchie imprecazioni, però, Remus si calmò.
« Allora » proseguì James. « Che hai fatto, si può sapere? »
« Ma certo che si può sapere, sono assolutamente orgoglioso delle mie gesta » disse Sirius.
« L'hai messa in ridicolo di nuovo davanti a Lumacorno? » tirò a indovinare James.
« No » fece Sirius sorridendo.
« Sei stato per la prima volta zitto? » tentò Peter poco convinto.
« Non ci credi nemmeno tu, Pet ».
« Allora le hai lanciato le tue solite battutine idiote » disse Remus.
« Non sono idiote, sono geniali e... anche, ma non solo ».
Tutti si misero a riflettere, poi Remus assunse un'espressione indecifrabile e lo fissò.
« Non dirmi... » balbettò. « Per favore... Sirius, hai cercato di baciarla? » chiese, con un tono di voce che diceva Ti prego, fa' che io stia dicendo l'idiozia del millennio.
« Meglio! » rispose Sirius allegramente.
James si portò le mani ai capelli, Remus sbattè la testa sull'asta del suo letto - prima o poi se la sarebbe rotta, ma continuava a farlo -, mentre Peter lo guardava inebetito. Sirius sorrideva apertamente, poi si decise a spiegarsi.
« Mi ha baciato lei! » esclamò, battendo un pugno sul palmo aperto della mano e scoppiando a ridere.
Anche gli altri risero, ma solo perché la credevano una battuta, forse la più divertente che avessero mai sentito.
« Non sto scherzando » aggiunse lui infatti.
« Ma daaaaaai! » James continuò a ridere. « Che cavolo dici? »
« Scarlett, ma andiamo! » proseguì Remus, ridendo anche lui. « Ti sei bevuto il cervello... o otto litri di Ogden, non lo so ».
« Provvederò a breve, ma davvero, sono serio. Di nome e di fatto ». Sirius annuì. « Non è che mi abbia baciato perché sono l'uomo della sua vita o roba del genere, figurarsi... ma diciamo che io ho contribuito all'evento con qualche congettura malandrina ».
« Ossia? » chiese Remus, afflitto.
« Beh... le ho detto che se mi odiava non doveva avere dei problemi a baciarmi » raccontò allegramente lui. « E l'ho torturata fino alla morte dicendole che non aveva abbastanza fegato per farlo. E ha funzionato, perciò sono un mito! »
« Nooo... » commentò James, sinceramente ammirato. « Non posso crederci... Ma... E' una figata pazzesca! Tu non ti rendi conto... questa è l'idea del secolo! Sei un grande, amico mio, è geniale! »
Si alzò e corse ad abbracciare l'amico, ridendo insieme a lui fino a scoppiare.
« Ma qui siamo al delirio... » mormorò Remus, scuotendo la testa costernato.
« Felpato, questa devi prestarmela però » stava dicendo invece James. « La userò con Evans! »
I tre accolsero l'idea di James con un'altra sonora risata.
« Fratello, sai quanto ti voglio bene e quanta stima io abbia di te, ma dubito fortemente che funzionerebbe con la Rossa » disse Sirius, dando delle pacche consolatorie sulla spalla dell'amico.
« Dici? » fece l'altro, già rassegnato.
« Sirius ha forse detto la prima cosa sensata della sua vita, Ramoso » intervenne Remus. « Lily non è Scarlett, purtroppo per te ».
James incassò mestamente il colpo e si rimise al giudizio di Peter. « Coda, dimmi il tuo parere » fece. « E' l'unico che terrò in seria considerazione ».
Peter sentì il peso della responsabilità sulle sue spalle e optò per la decisione più sicura per l'incolumità del povero amico. « Bah... io eviterei » rispose. « Quella ragazza mi fa veramente paura ».
James fece il broncio. « Ok, ok, proposta bocciata all'unanimità, vedo » borbottò, tornando al suo letto. « Comunque » disse poi con aria solenne, facendo intendere agli altri che l'argomento successivo sarebbe stato della massima importanza. « Questa sera, mentre voi sarete qui a mangiare come dei maiali nullafacenti e a deprimervi senza di me e il mio meraviglioso sorriso contagioso... io sarò con la donna della mia vita, Lilian Evans! »
In quell'esatto momento, mentre James spalancava le braccia con aria teatrale, Frank uscì dal bagno, un'asciugamano stretto in vita.
« E basta, James! » si lagnò, scuotendo il capo e schizzando tutti d'acqua bollente. « Per favore, è una ronda che fai con lei, non il matrimonio! »
Lui lasciò che le braccia gli crollassero lungo i fianchi, deluso. « Frank » disse, addolorato. « Come puoi sminuire l'evento più importante dell'anno 1977? Ma non capisci? Questo è l'inizio di tutto... dopo questa ronda, lei uscirà ad Hogsmeade con me, mi bacerà, mi amerà alla follia, ci sposeremo - tu, Remus, preparerai il discorso da fare al matrimonio perché se lo facesse Sirius sarebbe capace di rovinarmelo -, compreremo una casa, avremo decine di bambini, un gatto, dei pesciolini, un orto, faremo dei viaggi strepitosi, invecchieremo insieme, e quando avremo centoquindici anni come Silente, ci congederemo da questa vita insieme! Capito? Oggi è l'inizio di un sogno! »
Sirius fu l'unico a ridere tra lo sgomento generale. Si avvicinò a Frank, borbottando tra i denti: « eh, Frank... è l'inizio di un sogno... » e James gli buttò un cuscino in piena faccia, facendolo traballare sul posto e quasi cadere.
« Maledetto cornuto » imprecò il malcapitato. « Se mi avessi fatto cadere... »
« ... avrei riso fino alla morte » concluse James, sghignazzando. « Dai, su, scherzi a parte, oggi è un giorno memorabile! »
« Perché verrai ucciso da Sirius? » disse Peter, osservando preoccupato lo sguardo di cieca furia dell'amico, che annuì.
« No » smentì invece James, contrariato. « Perché la Evans capirà quanto è grandioso James e non potrà far altro che amarlo come il resto del mondo ».
« Esclusi noi » precisò Remus. « E se vuoi che Lily ti ami ti consiglio di non ridurti all'ultimo minuto e di non ritardare stasera, quindi tieni d'occhio l'ora ».
Lui si portò le mani alla bocca. Corse per tutto il Dormitorio in cerca di un orologio che gli svelasse la verità che temeva - perché no, non poteva essere in ritardo proprio quel giorno - e alla fine lo intravide tra le pieghe del piumone, così che, senza chiedersi più di tanto come diavolo ci fosse finito, si buttò come un delfino sul letto e lo acchiappò, facendolo saltellare un paio di volte tra le mani per l'emozione. 
« NON E' POSSIBILE! »
L'urlo sferzò l'aria, facendo sobbalzare tutti. Ma a James non importava se l'avessero sentito anche gli Svedesi, il dilemma era un altro: l'orologio segnava le otto. Le otto passate da qualche minuto.
« James... » Remus ebbe qualche difficoltà a riprendersi. « Sono le otto... La ronda è alle dieci. Io lo dicevo come precauzione, non devi mica prepararti adesso... Mi hai capito? »
Ma lui non stava ascoltando nessuno, poiché era corso come una furia dentro il bagno e vi si era barricato dentro.
Le otto era tardissimo. Tardissimo. E lui doveva essere perfetto.
Si infilò sotto la doccia alla velocità della luce, senza sapere che pochi metri più in là Lily era chiusa nella sua, probabilmente tentando di affogarsi.
« Lily, ci sei dentro da due ore » la richiamò Alice. « Trova un modo per ucciderti che non implichi il prosciugamento della scorta d'acqua calda, per piacere. Scarlett, diglielo tu ».
« Sì, Lily, esci » disse lei con aria annoiata, mentre era seduta a gambe incrociate sul letto sfogliando una rivista di Quidditch.
« Perché detto da te dovrebbe cambiare qualcosa? » chiese lei ad alta voce per farsi sentire sopra il rumore dell'acqua scrosciante.
Scarlett si portò una mano al petto. « Ah, questo significa che io non conto nulla nella tua vita? » disse, fingendosi furibonda. « Bene! Allora dirò a James che ti sento parlare nel sonno e che dici il suo nome! MUAHAHAHAH! Ho sempre sognato di farlo ».
In quel momento, finalmente, Lily uscì dal bagno, avvolta in un accappatoio rosso enorme che la faceva sembrare una gigantesca fenice nel giorno del falò.
« Ma non è assolutamente vero! » protestò, indignata.
« Oh, invece sì, una volta l'hai fatto » convenne Mary, annuendo e lanciando all'amica uno sguardo d'intesa. « Era pomeriggio, tu ti eri addormentata come un'idiota sul libro di Erbologia e dicevi il suo nome ».
Lily le fissò, sconvolta, poi pian piano il suo viso tornò a rilassarsi. « Ooh » mormorò. « Può essere successo. Sogno spessissimo di ucciderlo ».
Scarlett la guardò, scettica, ma non disse nulla.
« Comunque sul serio, Scar » disse poi l'altra, strofinando i lunghi capelli vermigli con l'asciugamano. « Per piacere, non potresti andarci tu? Non lo saprà mai nessuno, avanti! »
Lei rise di nuovo, scuotendo il capo. « Ti divertirai » le confermò. « Cosa vuoi scommettere? James è fantastico, Lily, davvero non capisco come fai a non notarlo. E' idiota, certo, sembra un bambino di quattro anni e si crede il più il figo del mondo... » Sorrise mentre ne parlava. « ... ma è un angelo, e tu sei una scema con il porridge sugli occhi ».
Lily sbuffò, per nulla convinta, e si rivolse alle altre ragazze, gli occhi verdi a mandorla da cucciolo bastonato che riuscivano a conquistare sempre e solo la povera e dolce Emmeline. Nessuno infatti la degnò d'uno sguardo se non lei, quando chiese: « Ragazze, per piacere... io vi voglio bene... non potreste...? »
« Amore » sussurrò Emmeline, prendendole una mano tra le sue. « Lo farei, davvero, ma non si può... La Caposcuola sei tu... »
« Ma io non voglio andarci! » protestò lei con voce lacrimosa. Le compagne sospirarono all'unisono. « Io Potter non lo reggo proprio! »
« Lily, sei una lagna » la rimproverò Alice. « Asciugati quei dannatissimi capelli perché ogni volta ci impieghi vent'anni, vestiti, scendi e fai quella stramaledetta ronda con Potter ».
Lei, a quel punto, gettò le armi e si arrese. Sarebbe andata a quella ronda e sarebbe sopravvissuta, in un modo o nell'altro.
Finì di asciugarsi i capelli più di mezz'ora dopo - Alice non aveva esagerato poi molto - e si infilò la divisa scolastica con una lentezza impressionante e con un'aria afflitta degna di un condannato ai lavori forzati.
Alla fine, tra sfiorati piagnistei, sguardi esasperati, proteste verbali e fisiche e quant'altro l'orologio arrivò a segnare le dieci meno cinque e tutte quante in quella stanza si misero d'impegno per far uscire Lily di lì, spingendola fuori nella maniera più garbata che riuscirono a trovare.
Quando aprirono la porta, però, trovarono una scena sinceramente inaspettata e delirante.
James era vestito di tutto punto, una giacca nera che ricadeva perfettamente sui suoi fianchi, una rosa rossa stretta in mano, mentre Sirius e Peter sghignazzavano ai suoi lati e Remus fissava le ragazze chiedendo pietosamente perdono per lui.
Scarlett e Mary scoppiarono a ridere, Alice li fissò indignata, probabilmente pensando già di dover incolpare il suo Frank per non essere riuscito a fermarli, mentre Emmeline sorrideva e scuoteva il capo, in attesa che James facesse qualcosa oltre a sorridere sornione. Ma la faccia di Lily era impareggiabile. Le guance rosse di rabbia e disgusto parevano aver fatto diventare i suoi capelli di fiamma viva, i pugni serrati facevano presagire un attacco per nulla compassionevole e gli occhi bruciavano, sembrando capaci di uccidere chiunque li avesse incontrati.
A quel punto, però, terminato l'effetto sorpresa, James le si avvicinò con nonchalance e le porse la rosa, scompigliandosi i capelli con la mano libera.
« Evans » disse in tono solenne. « Aspettavo questa serata da tutta la vita ».









Note della Malandrinautrice: Ciao! Come state? Cioè, io non ho davvero idea del perché stia aggiornando il giorno di Pasqua e all'orario di pranzo, ma vabbè, della serie: questa volta non ci sarà manco un cane ma va bene così!
Comunque, dai, questa volta ho aggiornato presto, almeno questo! Avevo il capitolo pronto e non potevo aspettare!
Qui abbiamo dei Malandrini che si accaniscono sul povero Remus che non capisce mai niente e non ha la minima intenzione di fare alcunché con Miley, ma che inevitabilmente, visto che è dotato del senso della vista, nota quanto lei sia bella. Parentesi: ecco una fotina della piccola Tassorosso, guardate com'è bella! 
http://oi39.tinypic.com/2h3wz9g.jpg
Comunque, dopo abbiamo una Miley assolutamente imbranata, piccina, e un Remus che si sente molto a suo agio con lei!
E poi ancora, un Sirius assolutamente STRONZO. Questo qui non ha limiti, perdonatelo, e non giudicate male Scarlett, poverina, ma lei è del tutto impulsiva e quando viene provocata non riesce a ragionare... e le si ottura la vena come a zio Vernon! Qui è totalmente differente da Lily, come in molte altre cose. Mentre Sirius, c'è un po' rimasto per quel bacio, perché semplicemente non se l'aspettava.
E gli piace moltissimo il rapporto con lei. Mia sorella commenta così la differenza di rapporti con lei e con le altre ragazze, cito: "a lui piace questo rapporto con Scarlett perché c'è il botta e risposta... Invece con le altre c'è solo botta". A voi i commenti, io non me la sento. E mi ucciderà per averlo scritto, quindi non giudicatela male.
Poi, il solito casino dei Dormitori che ci sta sempre bene... e vabbè, su James stendiamo un velo pietoso magari. Scusatemi per quell'idiozia finale, ma davvero, la immagino come una cosa tipicamente Jamesiana... (???)
Oh, una cosina. L'immagine iniziale l'ho fatta io, una delle centinaia che pian piano, dopo, vi posterò! Non so come sia venuta fuori, ma beh... mica sono una professionista, sto ancora dietro Paint e Picnik!
Ma ora, dopo tutte queste spiegazioni meravigliosamente inutili, i ringraziamenti.
No, cioè. *Comincia a dimenticare come si parla come Miley*. UNDICI? Undici, dico io? Ma da dove spuntate, venite fuori come funghi! Cioè, 28 recensioni a tre capitoli è davvero assurdo, e io sono impazzita di gioia a ogni nuovo commento!
Siete fenomenali e questa storia è tutta per voi. E' inutile che io mi dilunghi con i miei lacrimevoli ringraziamenti perché l'ho fatto e lo farò ampiamente con ognuno di voi. Questa volta non credo ci sarà un gran successo, visto lo stato in cui ho pubblicato! Ahahah! Grazie sempre, davvero. E grazie ai 21 delle preferite, ai 3 delle ricordate e ai 34 delle seguite... GRAZIE.
Sono sinceramente commossa dal vostro entusiasmo, spero di ritrovare qualcuno di voi anche qui e di non avervi deluso! Accetto con piacere qualsiasi critica, grazie!
Baci e buona Pasqua a voi e alle vostre famiglie, col cuore.


Simona_Lupin

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Capitolo 5
*** Le dieci regole per una convivenza perlomeno civile con Lily Evans ***






Capitolo 5


Le dieci regole per una convivenza perlomeno civile con Lily Evans




 
 
 
James Potter era sempre stato un imbecille.
In più di diciassette anni di vita aveva sperimentato le idiozie più assurde e ad uscirne male era stato sempre e solo lui. Già da piccolo aveva dimostrato una spiccata tendenza all'essere stupido, e malgrado sua madre avesse sempre dato la colpa di tutto al marito che, se possibile, era ancor più ingenuo e infantile di lui, in realtà bisognava riconoscergli una buona dose di puro talento naturale. Da bambino però non aveva mai combinato qualcosa di davvero eclatante e si era limitato semplicemente al voler dare fuoco alle sue mutande, al cercare di far respirare il suo gatto sott'acqua per circa un quarto d'ora o al pretendere di riuscire a mangiare senza star male una dozzina di gelati ricoperti di Gelatine Tuttigusti+1. Solo col tempo poi, dopo aver conosciuto i compari malfattori e soprattutto un altro idiota sinceramente degno di lui qual era Sirius Black, era riuscito a far emergere le sue più grandi capacità. E Lily Evans era da sempre la vittima prediletta dei suoi scherzi balordi. Eppure mai, mai in quei sei anni di scuola aveva fatto un'idiozia più grande di quella. E non che fosse cattiva o maliziosa, perché era semplicemente e innegabilmente idiota, ma era riuscita a far arrabbiare Lily come poche cose al mondo avrebbero mai potuto. Lei, infatti, non riusciva neanche a parlare di fronte a quella scena pietosa, tanto che si limitò a rivolgere occhiate di fuoco a chiunque.
« Evans, non dici niente? »
A quanto pareva James aveva sinceramente pensato che fosse un'idea grandiosa quella di presentarsi in quello stato, e che le avrebbe fatto sicuramente un gran piacere, piacere che forse, con l'aiuto del suo immancabile umorismo e del suo animo sensibile, sarebbe riuscito a divenire qualcosa di molto più profondo, un sentimento capace di far cambiare ogni pensiero negativo che Lily aveva su di lui. Ma James, come già detto, era un idiota.
« Evans, non pensavo di riuscire ad abbagliarti al punto di lasciarti senza parole » proseguì, compiaciuto. « Su, dimmi qualcosa. Ti piaccio così? Mi preparo dalle otto, anzi, in realtà era anche piuttosto tardi... Ho cercato di essere perfetto, soprattutto i capelli che, lo sai, sono il mio punto di forza e... »
« James, può bastare, sta' zitto... » lo pregò Remus, tirandolo per un lembo della giacca. « Lily, per piacere, perdonalo... è un po' in fibrillazione... »
Ma Lily, lasciando tutti di stucco, con la massima serietà, voltò le spalle a lui e al resto della combriccola e rientrò nel Dormitorio, chiudendosi la porta alle spalle.
« Ma... » James parve afflosciarsi su se stesso. « Evans... Io... L'ho fatto per te... »
Assunse un'espressione da perfetto cane bastonato e Scarlett fu l'unica a guardarlo con apprensione, così che si affrettò ad abbracciarlo e a dargli un bacino extra. Nei casi disperati quello della colazione non era sufficiente, servivano rinforzi che solo il bacino riusciva a dare.
« Grazie, Scarlett, per fortuna ci sei tu » mormorò lui, assomigliando più a un peluche che a un essere umano malandrino.
Lei gli sorrise e gli accarezzò dolcemente i capelli quando Remus lo prese violentemente per la spalla e lo condusse nuovamente in Dormitorio.
« James » disse, mettendo anche l'altra mano sulla spalla libera. « Hai sbagliato tutto ».
Sirius rise, ma si zittì a un'occhiataccia dell'amico, che gli intimò: « Tu siediti, deficiente! »
Lui non se la sentì di disobbedire. La mamma era entrata in azione.
« James, dobbiamo ripassare di nuovo tutto il programma, siediti ».
« Ma devo sbrigar-... »
« Siediti! »
« Certamente ».
James si buttò sul suo letto, le braccia incrociate, mentre Remus frugava tra i suoi libri in cerca di un preziosissimo rotolo di pergamena.
« Allora » esordì, con l'aria di un vero insegnante. « Ricordi cosa stiamo ripassando? »
James sbuffò. « Secondo te? »
« Rispondimi! »
« Le dieci regole per una convivenza perlomeno civile con Lily Evans » recitò di malavoglia.
« Precisamente » confermò l'altro.
Quella lista era veramente un cimelio di valore inestimabile. Conteneva un decalogo di comportamenti che Lily detestava con tutta se stessa ma che purtoppo James metteva in atto abitualmente. Remus l'aveva stilata al quinto anno, quando aveva capito che per James lei non era più solo un passatempo o la vittima dei suoi scherzi migliori, ma forse qualcosa di più. Ed essendo amico di entrambi si era sentito in dovere di aiutarli ad avvicinarsi, mettendosi sulle spalle quell'incarico con grande responsabilità. James, però, persisteva nei suoi errori e quel rotolo di pergamena era diventato logoro e sgualcito per tutte le volte in cui lo aveva stretto in mano, pronto a un nuovo ripasso e a una successiva interrogazione.
« Ripetile in ordine » gli disse.
« Numero uno » cominciò lui, annoiato. « Non chiamarla Lils, Lillina, Lilly, o anche solo Lily perché la manda in bestia ».
« Esatto » annuì Remus, mentre Sirius, Peter e Frank osservavano la scena divertiti.
« Numero due » proseguì James. « Non cercare di farle dei complimenti sdolcinati perché non attacca ».
« E' come la Banks... » borbottò Sirius, alzando gli occhi al cielo.
Remus lo zittì con un'altra occhiata fulminante: non poteva deconcentrarlo durante l'interrogazione.
« Numero tre ». James cominciò ad annoiarsi. « Non scompigliarti i capelli perché, citandola, le dà la nausea ».
Sirius e Peter annuirono con fervore.
« Numero quattro: non attaccare briga con gli schifosi Serpeverde e non usare incantesimi su di loro tanto per divertirti ».
Questa volta Sirius protestò, zittito ben presto dalla madre.
« Numero cinque: non parlare solo di Quidditch e non vantarti delle tue innegabili e strabilianti abilità sul campo ».
« Non è esattamente così, ma va bene » disse Remus. « Comunque sbrigati, è tardi ».
« Usa un briciolo di cervello, non sfiorarla neanche con un dito, non fare il geloso perché non puoi permettertelo, non essere arrogante e non chiederle di uscire. Va bene? »
« Sì, okay, però devi applicarle, d'accordo? » si raccomandò Remus. « Io non posso diventare pazzo ogni volta per te se poi ti metti a fare sempre l'idiota! Ci perdo la salute io... »
« No, vecchio mio, proprio quel briciolo di salute che hai tienitela stretta » disse James, battendogli una mano sulla spalla.
Remus annuì, ben deciso a seguire il consiglio, perché James Potter di salute ne faceva perdere davvero, e tanta anche. 
« Adesso togliti quella giacca ridicola » disse, sfilandogliela di dosso, « ... dammi quella rosa » proseguì, prendendola e buttandola distrattamente sul letto di Sirius, « e con tutta la dignità che puoi recuperare da sotto le tue scarpe, esci da qui e cerca di chiedere scusa a Lily » concluse, mentre Sirius recuperava il fiore e lo studiava, come se non avesse mai visto nulla di simile.
« Questa la do alla Banks... vediamo se si arrabbia di nuovo... » borbottò tra sè e sè, rigirandosela tra le dita e alzandosi.
« TU NON TI MUOVERE DI LI'! » ruggì Remus, sembrando più che mai sull'orlo di una crisi di nervi visto che doveva avere a che fare con due casi disperati di quel genere contemporaneamente.
A quell'urlo inaspettato, Sirius alzò le mani in segno di resa. 
« NON HO ANCORA FINITO CON TE, ANZI, NON HO NEANCHE COMINCIATO! »
Lui tornò al suo letto, nascondendosi dietro Peter, altrettanto spaventato anche se non aveva fatto nulla per cui poter essere rimproverato.
James, nel frattempo, si era dato un contegno e si era scompigliato i capelli per bene perché sapeva di non poterlo fare per una serata intera.
« Hai finito con quei capelli? » fece Remus, scocciato.
« Sì, mamma, scusa » si affrettò a dire lui. « Posso andare? »
Il ragazzo sospirò, stancamente. « Sì... » borbottò. « Se Lily uscirà mai di lì, e ne dubito seriamente ».
« Grazie, Lunastorta » fece James, sconsolato, mentre usciva dal Dormitorio e si ritrovava di fronte un'Emmeline che sembrava una bislacca sentinella.
« Mel... » disse James.
« James » lo interruppe lei precipitosamente. « Lily è un pochino fuori di sè, mi dispiace, adesso Scarlett e le altre stanno cercando di convincerla a uscire e... Ma cosa sono quelle urla? » chiese poi, notando che un chiasso infernale proveniva dal Dormitorio maschile.
I due si guardarono, quando capirono che l'autore di quelle urla era Remus.
« ... PENSI CHE NON TI AVREI DETTO NIENTE PER LA BESTIALITA' CHE HAI COMBINATO? » stava urlando. « PENSI CHE TI AVREI RISPARMIATO? E NO, CARO MIO, NON TE LA CAVERAI COSI' FACILMENTE! ADESSO MI STAI A SENTIRE E NON TI NASCONDERE DIETRO PETER O ME LA PRENDO ANCHE CON LUI! »
James sorrise, felice per non essere stato il solo ad aver subito la paternale di Remus e nel frattempo tentò di spiegare ad una sempre più allibita Emmeline come mai il pacato Remus stesse facendo un tale chiasso. Prima, infatti, l'amico non aveva avuto particolari reazioni di fronte alla stupidaggine di Sirius, ma ora che Dorea Potter si era completamente impossessata di lui, era il tempo delle sue spaventose ramanzine.
« ... MA TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE HAI FATTO? CHE ATTEGGIAMENTO E', DICO IO? PENSI CHE SIA STATA UN'IDEA GENIALE LA TUA? BENE, QUESTO MI DA' DA PENSARE SU QUANTO LENTO POSSA ESSERE IL TUO CERVELLO! E POI TI SEMBRA NORMALE CHE PER QUALSIASI COSA DEL MONDO NOMINI SCARLETT? MA CHE COSA TI HA FATTO? LASCIALA STARE, PER MERLINO! COSA PENSI, CHE SE CONTINUI COSI' LE PIACERAI? CHE CADRA' AI TUOI PIEDI COME LE ALTRE? BEH, SEI PROPRIO FUORI STRADA ALLORA! INUTILE, SEI UN CRETINO DI DIMENSIONI COSMICHE, NON SO COME FANNO I GENITORI DI JAMES A TENERTI IN CASA, IO NON CI VIVO CON TE PER UN ALTRO ANNO INTERO! E ADESSO CERCA DI ANDARE A CHIEDERLE SCUSA! ORA! DI CORSA! E NON CON QUELLA STUPIDA ROSA IN MANO, BUTTALA! »
Dopo qualche attimo Remus uscì dal Dormitorio, sbattendosi furioso la porta alle spalle.
« Allora, non è ancora uscita? » chiese in tono neutro, come se non fosse stato lui a urlare come un folle.
James lo fissò impaurito e scosse il capo, certo che qualsiasi parola potesse essere usata contro di lui.
Alla fine però, dopo un'attesa interminabile, Lily uscì dal suo Dormitorio con Alice e Scarlett che la tenevano a braccetto e Mary che le accarezzava i capelli per tenerla calma. Ma trovandosi nuovamente James di fronte, scosse freneticamente la testa, borbottando: « No, non ce la posso fare » e tentò di ritornare dentro, trattenuta dalle amiche.
« Evans, mi dispiace » disse James, sinceramente in pena. « Io... non c'ho pensato... Voglio dire, scusami. Ti prometto che non farò l'idiota, giuro ».
Era la prima volta in vita sua in cui giurava di avere buone intenzioni. Fu una sensazione parecchio strana.
Lily sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
« Le accetti le mie scuse, Evans? Per favore » la pregò, il capo un po' inclinato come un bambino ansioso.
« Dai, Lily! » dissero le amiche in coro esclusa Alice, che si dissociava.
« Va bene » concesse lei. « Ma questa sera con te, Potter, non ci voglio parlare. Vengo solo per la ronda, altrimenti sei perduto. Intesi? »
« Intesi » borbottò lui.
« Bene! » esclamò Scarlett, spingendo l'amica verso di lui. « Andate! Buona serata! » e fece cenno a James di stare attento.
Lui annuì e si diresse con lei verso la scala a chiocciola che portava in Sala Comune. C'era ancora molta gente e in parecchi si voltarono al loro passaggio.
Tra il gruppo dei ragazzi del settimo anno, uno di loro si avvicinò a Lily, e James si chiese cosa diavolo volesse da lei.
« Lily, ciao » esordì, senza degnarlo d'uno sguardo.
Lei sorrise. Era Kurt Wright, un ragazzo del suo anno che, secondo Alice, aveva una cotta per lei. « Ciao, Kurt » salutò lei.
« Ascolta, volevo chiederti una cosa » esordì lui. « Per il compito di Aritmanzia... sai, non ho capito molto bene l'ultimo argomento e mi chiedevo se... insomma, visto che sei la più brava del corso... se potessimo vederci qualche pomeriggio così che... beh, magari potevi darmi una mano ».
James strinse i pugni. 
Aritmanzia... Certo, ma a chi voleva darla a bere? Quel tizio voleva provarci con la sua Lily, era chiaro. E lui che cosa poteva fare per fermarlo? 
Ovviamente dargli un bel pugno in faccia.
No. Qualcosa gli diceva che non poteva farlo.
Ma se lo merita!
No, quello non c'entrava. Non poteva farlo e basta. La regola numero otto del Codice per una convivenza perlomeno civile con Lily Evans recitava esplicitamente che comportarsi da fidanzato geloso era una cattiva mossa. Lily l'avrebbe ucciso.
Allora dovrei lasciare che quello schifoso brufoloso di Wright esca con Lily quando io non ci riuscirò mai?
Sì, esattamente. Doveva lasciar correre, non poteva intervenire.
« Ma certo » stava dicendo nel frattempo Lily, gentile come sempre, mentre il conflitto di James con se stesso diveniva ogni secondo più doloroso. « Quando vuoi, ti aiuterò con piacere. Spero solo di essere in grado, l'ultimo argomento è stato particolarmente difficile anche per me ».
Il ragazzo sorrise, trionfante, e James sentì le viscere attorcigliarsi in fondo allo stomaco. Avrebbe chiesto a Sirius di ucciderlo con le sue mani, così almeno le responsabilità non sarebbero ricadute su di lui. In fondo, una punizione in più, una in meno... Per lui non poteva essere altro che un piacere.
« Bene, allora ci vediamo » disse lui.
Lily sorrise e lo salutò con la mano, affrettandosi a uscire dal buco del ritratto con James accanto. Notò con piacevole incredulità che non aveva fatto nessun commento sul ragazzo che le si era avvicinato, com'era invece solito fare ogni qualvolta qualcuno si fermasse anche solo a parlare con lei. Aveva perso il conto di tutte le scenate di gelosia insensate che le aveva fatto in pubblico e di quante volte avesse mandato all'aria la sua vita sociale, ma non disse nulla di tutto ciò, e si affrettò a sfoderare la bacchetta e a camminare lungo uno dei tanti corridoi alla sua destra.
Le lanterne appese alle mura di pietra riflettevano la loro luce tremula sui pavimenti di marmo lucido e levigato, mentre il rumore sordo dei loro passi faceva da sottofondo. Nulla si muoveva attorno a loro, se non qualche armatura cigolante o qualche ritratto ancora sveglio appeso alla parete.
James era parecchio imbarazzato per quell'innaturale silenzio. Non osava parlare per paura di essere sgridato e di rovinare tutto, ma si limitava a lanciare a Lily occhiate frequenti e timorose, nella speranza che fosse lei a dire qualcosa. E così fu.
« Potter » disse, il tono stranamente calmo. Lui si voltò di scatto, sorpreso. « Volevo chiederti una cosa ».
« Dimmi » rispose James, scrutandola in attesa.
Lei si morse il labbro. « Mi chiedevo se sapessi quando Remus avrà la sua prossima luna piena » mormorò. « L'altra volta le ragazze chiacchieravano su di lui... Continuano a chiedersi come mai abbia un'aria così malaticcia, i tagli di quest'estate sono spaventosi... e la scusa della sua salute cagionevole inizia a non reggere più e io non so mai cosa inventarmi ».
Lily era l'unica, oltre ai Malandrini, ad essere a conoscenza della condizione di Remus. Erano diventati subito grandi amici, sin dal loro primo anno a Hogwarts, quando Sirius e James le avevano rubato la borsa e lui gliel'aveva riportata dopo averla ritrovata nel suo Dormitorio. Avevano molto in comune poiché erano entrambi abbastanza chiusi caratterialmente e piuttosto diligenti, anche se col tempo lui lo era stato sempre meno. Questo li aveva avvicinati più di ogni altra cosa, tanto che arrivarono a chiacchierare per pomeriggi interi seduti sulle comode poltrone della Sala Comune, e così accadeva anche allora, quando uno dei due aveva un problema o una preoccupazione particolari e capiva che nessuno meglio dell'altro avrebbe potuto capire.
Remus, però, inizialmente, proprio per paura di perdere un'amica così preziosa, aveva tentato di nascondere la sua condizione con le scuse più improbabili, esattamente come aveva fatto con i Malandrini. A loro ne aveva parlato al secondo anno, quando ormai non aveva trovato più nulla da nascondere, e la loro reazione lo aveva lasciato così di stucco che ancora in quel momento ricordava quel giorno come il più bello della sua vita. Malgrado sperasse che Lily con il suo carattere dolce e gentile lo comprendesse, non osava rivelarle la verità perché quella terribile paura di essere allontanato continuava ad assillarlo. 
Ma lei aveva capito tutto da sola, quando i segni si erano fatti sempre più evidenti e lasciavano pensare che l'unica spiegazione plausibile per quei periodi di malattia fosse quella che Remus era un Lupo Mannaro. Però aveva aspettato. Aveva aspettato che fosse lui a parlargliene, e Remus si era sentito di farlo solo al suo terzo anno di scuola. Entrambi ricordavano bene quel momento. Lei gli aveva tirato un cuscino in piena faccia e gli aveva detto che era un idiota patentato. Lui era rimasto spiazzato ancora una volta, anche se in fondo sapeva, conoscendola, che lei lo avrebbe accettato senza problemi: quella volta erano rimasti a mangiare cioccolata fumante davanti al camino per tutta la notte.
« Oh, capisco » mormorò James, pensieroso. « La prossima è questo sabato, e abbiamo pensato di dire in giro che Remus ha avuto un'indigestione. Però hai ragione, con le ragazze ormai è difficile mentire. Anch'io non so mai cosa dire quando Scarlett o Miley vengono a chiedermi di lui ».
Lily annuì lentamente. « E' normale che Remus non voglia parlarne con loro » osservò, guardandosi intorno. « Insomma, non le conosce al punto di fidarsi totalmente, e solo io posso sapere che non ci sarebbe nulla da temere. Ma ovviamente sta' a lui decidere e io lo capisco benissimo ».
« Sì, anch'io ». 
James tacque e per qualche minuto tornò il silenzio.
Poi tornò a guardarla, titubante. « Dimmi la verità » disse. « Pensavi che sarebbe stato lui il nuovo Caposcuola, vero? »
Lei sorrise. Era proprio vero. Remus era stato Prefetto con lei fino allo scorso anno e tutto avrebbe potuto immaginarsi, tranne che il ruolo di Caposcuola non venisse affidato a lui ma a quel malandrino scalmanato e combinaguai di James Potter, probabilmente la persona meno responsabile che conosceva insieme all'amico di sempre Sirius Black, quel pazzo furioso.
« Già, ne ero certa » rispose, annuendo appena e giocherellando distrattamente con la bacchetta.
James sorrise di rimando, un po' più rilassato nel vedere che ancora non avevano litigato ma che anzi lei sorrideva.
« Ne ero sicuro anch'io » disse. « E tutto avrei pensato tranne che la spilla arrivasse a me! » Si grattò il mento, come se ancora non fosse del tutto convinto che Silente avesse fatto la scelta giusta. 
« E' stato mio padre ad aprire la busta » raccontò con un sorriso. « Per poco non gli ha preso un colpo... Papà non è mai stato neanche Prefetto, il padre di Scarlett e Miley gli ha sempre tolto il posto e ancora lo prende in giro per non essere stato mai scelto. Anche la mamma glielo rinfaccia, visto che anche lei lo era stata, e una volta papà non ha mangiato di proposito quello che aveva cucinato anche se era il suo piatto preferito, le ha detto che era meglio come Caposcuola che come cuoca e di tornarsene a fare ronde! »
Lily lo guardava, interessata e divertita. Parlava precipitosamente e con entusiasmo, e questo la faceva sorridere. Non aveva mai potuto notarlo poiché non avevano mai avuto una conversazione decente e civile in più di sei anni di scuola. Era strano stare lì ad ascoltarlo mentre raccontava della sua famiglia.
« Quando ha aperto la busta » proseguì lui, « è salito in camera mia come una furia, e indovina che cos'ha fatto? »
Si voltò di scatto a guardarla, e lei si allarmò, chiedendosi se dovesse rispondere o se fosse una domanda retorica. Fortunatamente lui continuò a parlare e lei si rilassò, osservandolo mentre faceva grandi gesti da accompagnare al racconto. Lily si chiese dove trovasse tutta quell'energia.
« Tu che cosa ti saresti aspettata? » disse. « I tuoi genitori come hanno reagito? Sono stati felici, erano fieri, no? »
« Sì, certo... » rispose lei, alzando le spalle.
Lui annuì, frenetico. « Esatto, appunto! Tu credi che saranno contenti, orgogliosi... Credi che penseranno Ehi, mio figlio è un Caposcuola, fico! Invece no! Mio padre no! Mi ha detto che di sicuro avevano sbagliato! Ti rendi conto, un papà che dice una cosa del genere al suo unico figlio? »
Lily rideva di cuore. Era esilarante vederlo mentre era così preso dal suo stesso avvincente racconto e sentiva di non riuscire a smettere.
« Ti giuro, non sto scherzando! » fece lui, vedendola ridere a quel modo, senza neanche far caso al fatto che lei, proprio lei, Lily Evans, stava ridendo insieme a lui. 
« Guarda, te lo faccio, Sirius dice che mi viene benissimo » le disse, e lei annuì, le lacrime agli occhi. « Ha detto testuali parole: James, ma che diavolo hai combinato? E io gli ho detto che non avevo fatto niente e che la torta di mamma l'aveva mangiata tutta Sirius quella notte. E allora lui mi ha detto che la torta non c'entrava niente, e quindi io gli ho detto che il Whisky nascosto sotto il divano non era mio ma era tutto di Sirius - e questo era vero - ma non era neanche quello! E allora io ho pensato che forse l'avevo combinata grossa ma non ricordavo cosa avevo fatto e mi stavo scervellando, quando lui mi ha mostrato la spilla e ho letto la lettera! Stavo cadendo sui vestiti che avevo lasciato appallottolati a terra... »
Rise, ricordando come aveva rischiato di cadere rovinosamente a terra, e lei con lui.
« Sarebbe stato un volo epico... » borbottò, quasi tra sè e sè. « Comunque, a parte questo, ha cominciato a dire che era una vergogna che il suo unico figlio fosse diventato Caposcuola come i secchioni, che adesso il suo figlio prediletto era Sirius e roba del genere... e non mi ha parlato per quasi una settimana! No, dico, ti rendi conto? »
Lily era praticamente piegata in due dal ridere. James la guardò, sorpreso, accorgendosi solo in quel momento di quanto si fosse divertita... con lui. Solitamente quando doveva parlarle era teso e nervoso, ma quella volta no, era stato spontaneo, come se accanto a lui ci fosse stato uno dei Malandrini, un amico di sempre. Invece c'era lei, e notando la bellezza del suo sorriso, per la prima volta rivolto a lui, pensò di essere molto fortunato in quel momento. Pensò che avrebbe tanto voluto farla ridere ancora.
« Che tipo tuo padre! » esclamò lei. « Mi piacerebbe conoscerlo! »
« A me no » disse James, ridendo. « Comincerebbe a mettermi in ridicolo e sinceramente non ci tengo ».
« Chissà quante storie imbarazzanti cela nel suo passato il grandioso James Potter! » fece Lily con voce importante, come se lo stesse annunciando a una platea. E non lo disse con disprezzo o con gelido sarcasmo, lo disse con naturalezza, con semplicità.
« Beh, il grandioso James Potter ti può confermare che sono davvero troppe e che tu, Evans, non le saprai mai! »
Lily incrociò le braccia al petto e fece un'espressione scettica. « Posseggo mezzi che neanche immagini, Potter. Mezzi che tu non conoscerai mai! »
E James pensò che lei non stesse scherzando, perciò si appuntò mentalmente di minacciare tutte le persone del mondo che erano a conoscenza dei suoi oscuri segreti e dei suoi scheletri nell'armadio di non fiatare con lei per nessuna ragione.
« Ma spiegami una cosa » fece poi Lily, tornando seria. « Prima hai detto qualcosa del tipo 'Sirius adesso è il figlio preferito di mio padre'... ma... insomma, che intendevi dire? »
Lui fece un sorriso un po' obliquo. « Esattamente questo » rispose. « Sai, Sirius non... insomma, non vive più con la sua famiglia. Forse Remus non te ne ha mai parlato ».
Lily lo fissò, stupita. « No » sussurrò, scuotendo il capo. « Non mi ha mai detto nulla ».
Remus non avrebbe mai potuto parlare della storia di Sirius con chiunque. Loro tre erano i soli a conoscerla fino in fondo, i soli a sapere che lui non era ciò che appariva, una maschera gelida e imperturbabile, un'armatura impenetrabile e vuota come un pozzo buio e profondo. No. Loro sapevano bene chi era Sirius davvero, ciò che si nascondeva dietro il suo volto dalle espressioni indecifrabili, dentro quegli occhi insondabili e freddi, le sue sofferenze, il suo coraggio, la sua voglia di essere libero, di non essere più giudicato. Lui aveva spalancato le porte di se stesso a loro, serrandole poi di fronte agli altri in modo tale che non avrebbero neanche cigolato, che nulla avrebbe potuto aprirle e nessuno avrebbe potuto guardarvi dentro. Perché tutto ciò che Sirius aveva dentro se stesso era solo suo. Ma i Malandrini non esistevano separatamente. I Malandrini erano una sola, folle, splendida cosa che divisa sarebbe stata insensata, priva di ragione. Solo loro, perciò, avevano il potere di guardare aldilà di quelle mura invalicabili. Solo loro che erano parte di lui.
« Ha abbandonato casa sua l'anno scorso » stava raccontando James, titubante. « Non condivideva le idee della sua famiglia... Sai, loro hanno una vera e propria mania per il sangue puro e sono molto più vicini a Voldemort che alla resistenza. Sirius odia la sua famiglia e non è più riuscito a sopportarla, così è scappato... e io gli ho chiesto di venire a vivere da me. Mamma e papà sono stati felici di averlo in casa, lo conoscevano già da tempo... e adesso Sirius è come se fosse figlio loro. Esattamente come se fosse figlio loro, nulla di meno. Così come è mio fratello... puoi capirlo? »
Lily annuì, sovrappensiero. Non sapeva nulla di tutto quello. Si sentì stranamente in colpa per tutte le volte in cui aveva sparato a zero su di lui, in cui lo aveva giudicato. Adesso capiva molto meglio quel suo carattere scontroso e sfuggente, ma di certo questo non cambiava radicalmente l'idea che aveva di lui. Non giustificava tutti i suoi atteggiamenti stupidi e arroganti, ma lo vedeva sicuramente sotto una luce diversa.
« Lil-... ». James si morse il labbro. Regola numero uno, James, regola numero uno, dai. « ... Evans ». Ecco, bravo.
Lei alzò lo sguardo.
« Ascolta, non farne parola con nessuno, okay? » disse. « Sirius mi ucciderebbe se sapesse che te l'ho raccontato ».
« Ma certo ». Lily annuì con sicurezza, e James seppe che avrebbe mantenuto la parola. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere, non lei.
Tra loro ripiombò nuovamente il silenzio.
Camminarono fianco a fianco, guardando in direzioni opposte, persi ognuno nei propri pensieri.
Lily guardò il suo orologio da polso e vide con stupore che segnava le undici. Incredibile come il tempo fosse passato così velocemente, quando aveva creduto che non sarebbe volato mai. Eppure, stranamente, quella ronda con Potter non le stava pesando per niente.
Appena svoltarono l'angolo si fermarono entrambi di botto. Nel corridoio del terzo piano camminavano furtivi e all'ombra due ragazzi. Impossibile, da quella distanza e con quella luce così fioca, capire chi fossero o a che Casa appartenessero. Ma non li avevano notati, così James e Lily si scambiarono un'occhiata e si avvicinarono di nascosto, sorprendendoli.
« Ma buonasera » disse James e quelli sobbalzarono e si voltarono.
Erano due Serpeverde, Mulciber e Avery, sempre loro. Lily li guardò con disgusto.
« Qual buon vento vi porta qui, miei giovani compagni? » chiese ancora James, sorridendo angelico. « Desiderate qualcosa? Non lo so... facciamo un bel picnik notturno, noi quattro, o invitiamo qualcuno per una bella festa clandestina... »
« Ottima idea » convenne Lily, gettando a James uno sguardo d'approvazione. « Grandioso, eh, che ne pensate? »
« Tu pensa a tacere, sporca Mezzosangue ».
Lily rimase impassibile e fece solo una smorfia, ma James reagì d'istinto e puntò addosso a Mulciber la bacchetta così velocemente che Lily quasi non fece in tempo a fermarlo. Gli afferrò forte il braccio e lo costrinse ad abbassarlo.
« Calmati, non ne vale la pena » mormorò. « Sono solo dei piccoli insolenti che avranno quello che si meritano ».
Lui non staccò gli occhi da entrambi, furioso come raramente lo si era visto. Del suo solito sorriso luminoso non v'era traccia.
« Mi fate così schifo che non mi va neanche di fare la strada insieme a voi per portarvi da un insegnante » sibilò, il disprezzo inciso in ogni parola. « Quaranta punti in meno a Serpeverde perché eravate fuori oltre l'orario e per il vostro linguaggio vomitevole. E ora andatevene, non voglio più vedervi ».
I due ragazzi ghignarono. 
« Ma che succede, Potter? » chiese Avery. « Non avrai mica paura? Il grandioso Grifondoro... che fine ha fatto? »
Era una chiara provocazione. Troppe volte James si era ritrovato a duellare con loro a causa di quelle frecciatine, o anche - lui stesso lo ammetteva e su questo stava cercando di migliorare - solo perché non aveva nulla di meglio da fare.
Ma non poteva più comportarsi così. La regola numero quattro parlava chiaro: niente risse coi Serpeverde. E non poteva rovinare una serata così bella e tranquilla con Lily per quegli esseri luridi e spregevoli. Non ne valeva la pena. L'aveva detto Lily.
Decise allora che sarebbe stato meglio prenderli in giro, mettendoli nel sacco grazie a una delle loro caratteristiche migliori: un'abissale stupidità.
« Professoressa McGranitt, buonasera! » esclamò infatti, fingendo di salutare qualcuno in lontananza alle spalle dei due Serpeverde.
Loro si fissarono per un secondo e si voltarono di scatto, spaventati, per poi affrettarsi a correre via come due ladri colti in flagrante.
Quando si allontanarono, Lily e James scoppiarono a ridere di cuore.
« Sono due Troll, non c'è niente da fare! » disse James tra le risate mentre anche lei rideva forte.
« Comunque devo ammettere che dopotutto non sei così male come Caposcuola » commentò Lily dopo essersi ripresa. « Finalmente hai usato un po' il cervello! »
Lui la guardò, sorpreso, e a quelle parole si illuminò di colpo. Aveva seguito la regola numero sei senza neanche rendersene conto! 
Si sentì d'un tratto pienamente realizzato. Remus sarebbe stato fiero di lui. Sirius meno. E Peter con Sirius.
« Ti ringrazio, Evans, detto da te è un complimento incredibile » disse, sorridendo.
Lei lo ricambiò, e si avviarono nuovamente lungo uno dei tanti corridoi.
« Stavo pensando... » borbottò James. « Chissà quanti di quei Serpeverde si uniranno a Voldemort una volta fuori di qui... »
Lily si irrigidì.
Chissà quanti... Lei ne conosceva uno. Aveva creduto di conoscerlo, e aveva la certezza che l'avrebbe fatto, che sarebbe stato il primo a farlo, certo. Lo stomaco le si contrasse in maniera spiacevole a quel pensiero, un pensiero che da un po' non la perseguitava più, che non le provocava più dolore, ma che bastava poco per risvegliare, per riportare alla luce quando lo aveva sepolto con tutte le sue forze dentro di sè, sopprimendolo fino a che non ne aveva più sentito il peso.
Perché Severus Piton aveva fatto parte della sua vita in maniera indelebile, e quella perdita, ciò che ne era seguito, non potevano essere dimenticati. E spesso a niente serviva pensare che ormai non le importava più, anche se era vero. A nulla serviva convincersi che parlarne non l'avrebbe mai più neanche sfiorata. Lei lo aveva cancellato, completamente, irreversibilmente. Lo aveva gettato fuori da se stessa per sempre. Ma vi era ancora un po' di quel vecchio male interiore che doveva essere lavato via, ma che forse non se ne sarebbe mai andato.
E con l'espressione più impassibile che riuscì a trovare, senza guardare James che le camminava di fianco, gli rispose, con naturalezza.
« Già... » borbottò, mordicchiandosi il labbro. « Sarà la prima cosa che faranno, diventare Mangiamorte e combattere con lui... e Silente non può fare nulla ».
« Sì, non può cacciarli dalla scuola » disse James. « Lui vorrebbe portarli dalla sua parte, aiutarli, ma non ci riuscirà mai. Con le famiglie che si ritrovano alle spalle sarebbe praticamente un miracolo se non finnissero per unirsi a Lui... » Tacque un momento. « Mentre tu... » chiese poi, « hai idea di quello che farai dopo Hogwarts? Sempre... sempre se posso saperlo, ovviamente » si affrettò ad aggiungere.
Lily annuì appena. « Voglio diventare un Auror » rispose, « e unirmi all'Ordine della Fenice ».
Lui sorrise, e lei lo fissò, interrogativa.
« Era esattamente ciò che mi aspettavo mi dicessi » spiegò, scrollando le spalle. « Anch'io vorrei fare la stessa cosa, sai? »
« Davvero? » Lily lo guardò, sorpresa.
James annuì solennemente. « Certo » rispose. « Silente è sempre stato il mio punto di riferimento, voglio combattere al suo fianco ».
E non lo avrebbe detto se non ne fosse stato pienamente certo. Da sempre Silente rappresentava una guida, un protettore, e l'unica certezza che vedeva in quel traballante futuro spaventoso era quella che si sarebbe unito a lui e avrebbe lottato per difendere il suo mondo, le sue idee insieme a tutti coloro che avrebbero voluto fare come lui... insieme ai suoi amici, perché sarebbero stati uniti anche in quella scelta così difficile.
E Lily fu colpita da quella rivelazione. Non si sarebbe mai e poi mai aspettata che proprio lui, quell'idiota prepotente e senza cervello di Potter che pensava sempre e solo al Quidditch, avrebbe fatto una simile scelta. Potter, proprio lui che non correva pericoli in quella guerra, protetto dal suo stato di sangue puro.
Perché lei, invece... lei non aveva avuto scelta. Era una sporca Mezzosangue, una persona indegna del nome di strega, marchiata a vita e condannata a non essere accettata da tutti, per il suo sangue, sempre. Lei di quella guerra ne aveva sempre fatto parte, sin dalla nascita. Mentre lui no. Lui poteva scegliere. Poteva scegliere la via più semplice, quella che l'avrebbe portato alla serenità, che l'avrebbe tenuto fuori da ogni scompiglio, da ogni battaglia, che non l'avrebbe sporcato del sangue di nessuno. Oppure poteva prendere la via più giusta, la via più dura da percorrere. Una strada che l'avrebbe condotto a una vita un po' a metà, un'esistenza perennemente in bilico ma che pendeva verso l'infelicità. Eppure lui pareva deciso ad affrontarla, e lei ne fu stupita.
« E' una scelta difficile, lo sai, sì? » domandò, tentennante. « E' dura, e una volta entrato non puoi più uscirne, devi lottare ».
James la osservò. La sua non era stata una scelta presa da un giorno all'altro. Lui e i Malandrini ne aveva discusso tante e tante volte, in quei momenti in cui arrivavano notizie orribili di morti e sparizioni, dei momenti in cui ridere pareva difficile anche loro.
« Lo so » rispose infine. « Lo so bene, ma non posso restare a guardare. Leggi anche tu i giornali. Sai meglio di me cosa succede fuori di qui ».
Lei annuì di nuovo, ma non disse più nulla.
A loro il mondo appariva luminoso e bello dentro quelle mura, dentro quel castello in cui le loro uniche preoccupazioni erano le valanghe di compiti da fare o la Coppa del Quidditch che non poteva assolutamente andare a Serpeverde. Ma fuori di lì c'erano persone che combattevano per una guerra molto più grande. Una partita giocata su un campo diverso. Nessun verde brillante dei prati, se non quello di una maledizione irreversibile che uccide un amico; neanche un filo di vento che sa di libertà, solo una tempesta che non lascia il tempo di un respiro; nessun tifoso che esulta, sole le urla di un compagno che non vuole cedere, ma che alla fine sa di non avere scelta.
Era quella la realtà. E loro l'avrebbero conosciuta molto presto.
Trascorsero il resto del tempo chiacchierando su Silente, su ciò che aveva fatto, sulle sue stranezze, mentre lentamente si dirigevano verso la Sala Comune.
« Ti ricordi » fece James con un sorriso, « quando alla festa di Natale di Lumacorno del quinto anno si è messo a ballare il twist? »
Lily rise, ricordando perfettamente le sue mosse agili e scattanti e come si fosse mosso con slancio verso la pista. Quell'uomo era una leggenda.
« Certo » rispose, riprendendo ossigeno. « E tu ricordi quando a San Valentino si è messo a parlare delle coppie più popolari della scuola con tutti noi, in Sala Grande? Era aggiornato su tutti i gossip, secondo me lui e Alice si incontrano segretamente nel suo ufficio! »
Anche James rise di cuore, quando si accorse con stupore che erano già arrivati al settimo piano, di fronte al ritratto della Signora Grassa la quale sonnecchiava tranquilla e indisturbata con una tempia che premeva sul palmo aperto della mano.
« Puzzalinfa » disse Lily.
La donna continuò a ronfare tranquillamente e i due si scambiarono un'occhiata esasperata.
« Puzzalinfa! » ripeterono in coro, più sonoramente.
Finalmente lei sobbalzò e aprì gli occhi, guardandosi attorno spaventata. « Per amor di Merlino, non era necessario tutto questo chiasso! » esclamò, aprendo il ritratto per lasciarli passare, evidentemente stizzita.
I ragazzi sorrisero tra sè e si arrampicarono sul varco dietro il dipinto, sbucando nell'accogliente Sala Comune ormai deserta, dove il fuoco si stava consumando quasi del tutto e l'oscurità aveva spento ogni colore.
James guardò la ragazza di sottecchi, ansioso.
« Beh... » mormorò, passandosi una mano sulla nuca scoperta. « Allora... ehm... buonanotte, Evans ».
Lei gli rivolse un breve sorriso. « Buonanotte, Potter » rispose, per poi dirigersi verso la scala a chiocciola.
Appena entrò nel suo Dormitorio trovò le amiche che dormivano. Si cambiò silenziosamente e si accoccolò sotto le coperte, pensando a ciò che era accaduto.
Perché no, quella non era stata una normale serata, una normale ronda notturna.
Era stata a contatto con Potter per circa due ore e non aveva trovato un motivo che fosse uno per sgridarlo o allontanarlo in qualche modo.
Eppure, non è che non li avesse cercati. Aveva tentato di trovare delle ragioni per mandarlo al diavolo o roba del genere, ma non ne aveva trovate di valide.
Perché Potter l'aveva fatta ridere. Perché Potter l'aveva piacevolmente colpita. Perché Potter non si era comportato da stupido, alla fine.
E non si dava pace per questo, perché era impossibile che fosse stato proprio lui il suo compagno di ronda quella sera. Le era sembrato una persona diversa. Questo, però, non significava che qualcosa fosse cambiato tra di loro. Era semplicemente felice che la ronda fosse andata per il meglio e che lui non avesse fatto l'imbecille, tutto qui. Malgrado si fosse divertita, infatti, malgrado si fosse lasciata andare, malgrado avesse affrontato argomenti importanti con lui e ne fosse rimasta colpita, Potter rimaneva sempre Potter, e questo non poteva cambiare.
O almeno, non secondo lei.
Nel frattempo, James era rimasto un po' a ciondolare sul posto giù in Sala Comune e, quando alla fine si era riscosso, si era affrettato a recarsi anche lui al suo Dormitorio, sentendosi stordito come se avesse bevuto tutta d'un fiato una bottiglia intera di Whisky Incendiario bruciante. 
Appena arrivò, aprì la porta senza far rumore e trovò Sirius sveglio.
« Ehilà, amico » lo salutò lui a bassa voce. « Com'è andata? »
James sorrise e non rispose, tanto che lui si drizzò a sedere appoggiandosi ai gomiti e lo scrutò.
« Non dirmi che è andata bene » fece, scettico.
« Ti racconto domani » tagliò corto lui, sempre senza smettere di sorridere.
Sirius scrollò le spalle, senza sapere cosa pensare. Perché che la ronda con Evans fosse andata bene era impossibile e lui no, proprio non ci credeva.
James non badò all'amico e solo quando si fu cambiato e si fu buttato sul letto riuscì a ricostruire la situazione e ad avere un quadro completo di ciò che era accaduto quella sera con Lily Evans, ovvero l'impensabile.
Lei gli aveva parlato senza urlare, gli aveva sorriso, si era divertita con lui. Era stata al gioco, per una volta, non lo aveva disprezzato per principio.
E lui si sentiva felice come un bambino a cui avevano annunciato che Natale sarebbe arrivato con un mese di anticipo.
Era stordito dal senso di euforia che gli pervadeva il corpo come un formicolio incessante, e solo in quel momento si rese conto di quanto davvero fosse stato bene con lei durante quella ronda che tutti si erano aspettati infernale. E in fondo cos'era servito per riuscirci? Lui non aveva fatto nulla di speciale. E forse era questo che l'aveva fatta sentire a suo agio. Perché lui si era lasciato andare, aveva fatto sì che il vero James venisse fuori davvero, senza le solite sciocche trovate che avevano come unico risultato quello di farla imbestalire, e ora lo capiva.
Continuava a sorridere come un vero idiota, lo sguardo fisso sul soffitto oscurato dalle tenebre.
Quando si sfilò gli occhiali e fece per riporli sul comodino notò che la lista di Remus era appoggiata proprio lì. La prese in mano e la baciò. Era stata la fonte della sua salvezza. Senza quelle dritte avrebbe combinato sciocchezze su sciocchezze senza rendersene conto e Lily si sarebbe arrabbiata più e più volte.
Ma quel Codice, ah, quel sacro Codice, era stato una manna dal cielo. L'avrebbe incorniciato e adorato per l'eternità, ne era sicuro.
Lo poggiò con estrema delicatezza sul comodino, tirandosi le coperte fin sotto il mento e chiudendo gli occhi.
E fu proprio questo il pensiero che attraversò la sua mente prima di dormire: arriverà il giorno in cui Remus Lupin verrà santificato.










Note della Malandrinautrice: Salve a tutti! Eccomi qui dopo una settimana con un nuovo capitolo!
Per fortuna questa volta niente ritardi, anche perché il capitolo è più breve visto che si parla di un solo avvenimento.
Devo dire che questa volta non sono convinta pienamente. La prima parte mi pare poco scorrevole, e non so se sia solo un'impressione, mentre l'ultima mi pare troppo breve. Bah, se ne avrete voglia, a giudicare sarete voi.
Come avete visto è stata una ronda inaspettata! Lily e James hanno parlato e riso insieme, affrontando anche argomenti importanti.
Ma, ehi, questo non significa che in lei sia cambiato qualcosa. Semplicemente lui si è comportato al meglio e lei non aveva nessun motivo per rimproverarlo, ecco tutto. Ha avuto modo di conoscerlo meglio, però. Ha scoperto lati di lui che non aveva notato.
Okay, ora la pianto.
Passiamo a voi. Voi che siete riusciti a farmi raggiungere le 44 recensioni, ovvero una media dell'undici. Io, che a scuola stento ad avere quella del sei! Davvero, sono sconvolta da tutto questo. Avevo iniziato questa storia con l'intenzione di scriverla innanzitutto perché farlo appassionava me (e mia sorella, ovvio), ma un tale successo noi non ce lo aspettavamo proprio.
Non so davvero come ringraziare tutti voi per le parole meravigliose che spendete. E' un abbraccio, una carezza leggerle, ogni volta.
E vorrei tanto sfondare questo schermo per poter stringere ognuno di voi e farvi sentire l'emozione che provo leggendo i vostri commenti.
Beh, grazie davvero. Anche a chi legge silenziosamente, ai 25 che hanno questa storia tra i Preferiti, ai 4 delle Ricordate e ai 38 delle seguite.
GRAZIE. Con tutto il cuore. Semplicemente grazie.
Adesso solo un'altra cosa. Io partirò per una gita giorno 20 e tornerò 24 sera credo. Non credo assolutamente che riuscirò a pubblicare prima della partenza, ma intorno alla data del mio ritorno aspettatevi l'altro capitolo, non so dirvi quanti giorni mi prenderò per finirlo!
Infine, vi ringrazio nuovamente e vi saluto!
Un bacio, auguri alla nostra amata Watson e hasta la vista!


Simona_Lupin

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Capitolo 6
*** La faticosa vita di un Malandrino: Quidditch, luna piena e... ***





Capitolo 6
 

La faticosa vita di un Malandrino: Quidditch, luna piena e...
 
 




Era trascorsa un'altra settimana e gli studenti di Hogwarts non si accorgevano del tempo che passava così velocemente. Il vento aveva iniziato a soffiare più forte alle finestre, i gufi arrivavano dai destinatari con le penne più in disordine del solito, mentre Ottobre si avvicinava inesorabile.
Quel sabato pomeriggio la Sala Comune era quasi deserta poiché tutti probabilmente avevano approfittato del weekend per godersi le ultime giornate da poter trascorrere all'aperto. Oltre a un gruppetto di novellini seduti in cerchio a terra a giocare a Scacchi Magici, solo un'altra piccola combriccola la abitava: Lily ed Emmeline erano sedute sul divano circondate da parecchi libri, intente a scambiarsi appunti e a confrontare temi e compiti vari; Alice e Frank stavano accovacciati su una delle poltrone più comode davanti al camino mentre Scarlett, insieme a Mary, chiacchierava animatamente con il ragazzo, e l'oggetto della discussione era molto sentito da tutti e tre: il Quidditch.
L'argomento era di stretta attualità perché quel pomeriggio si sarebbero tenute le selezioni per la nuova squadra di Grifondoro, infatti sia Scarlett che Frank indossavano già la divisa, pronti a scendere in campo per confermare il loro posto in squadra. La questione, dunque, era nata spontaneamente e ogni volta che saltava fuori Scarlett, strenua tifosa del Puddlemore United, cercava a tutti i costi di convincere Frank, altrettanto convinto sostenitore dei Cannoni di Chudley, a convertirsi alla sua fede
La battaglia era serratissima: Scarlett, infatti, puntava tutto sul desolante rendimento della squadra tanto amata da Frank e ribatteva, invece, con i risultati esaltanti ottenuti dal Puddlemore in quegli ultimi anni. Al povero ragazzo, quindi, restavano ben pochi argomenti su cui basare la propria difesa ma, nonostante la pressione a cui era sottoposto, riusciva comunque ad uscirne abbastanza bene mantenendo la sua linea, anche se a fatica.
« Quand'è stata l'ultima volta che i Cannoni hanno vinto una partita? » stava chiedendo retoricamente Scarlett, guardandolo di sottecchi.
Frank sbuffò. Era arrivata al tasto dolente. « Il Campionato è appena cominciato... » borbottò.
« Sì » lo interruppe lei, « ma parlo di quello dell'anno scorso. Quindi, a quando risale l'ultima vittoria, mio caro Frank? »
Alice, innervosita dal maltrattamento psicologico subito dal suo fidanzato, lanciò all'amica un'occhiata di fuoco che lei ignorò senza problemi.
« A novembre » si arrese infine lui, sconfitto. « Okay. E allora? »
« E allora » ribattè lei senza pietà, « devono ringraziare Merlino, Morgana, Paracelso e tutta la compagnia se non sono fuori dal Campionato! ».
« Scarlett ha ragione, Frank » intervenne Mary, più conciliante. « Mi dispiace dirtelo, ma i tuoi Cannoni sono ormai al capolinea ».
« Esatto! » rimbeccò Scarlett, decisa a infliggere il colpo fatale. « Vedi Mary? Lei tifa per le Holyhead Harpies, quindi siamo avversarie. Ma io la rispetto, perché parteggia per una squadra di carattere e che merita la stima del mondo del Quidditch! Stessa cosa non si può dire per i Cannoni! »
A quelle parole Frank si rizzò a sedere, visibilmente colpito nell'onore. « Questo non è assolutamente vero! » fece, irritato. « I Cannoni di Chudley hanno vinto il Campionato ben ventuno volte! Abbiamo una storia gloriosa! »
« Hai detto bene, Frank » ribattè decisa Scarlett, mentre James, Sirius e Peter scendevano dai Dormitori, chiacchierando a bassa voce tra loro. « Storia. Una vecchia storia. Una storia passata, trapassata e remota! » terminò lei, con un tono che sembrava mettere un punto finale e incontestabile alla questione.
« Banks » fece subito Sirius, avvicinandosi a loro. « Che fai, ti metti a litigare anche con Frank? Credevo di avere l'esclusiva... »
Lei si accorse solo in quel momento dei tre ragazzi, e si voltò a guardare Sirius sprezzante. 
« Tranquillo, tu rimani il mio preferito sempre e comunque » disse, sarcastica.
« Oh » fece lui, ghignando. « Su questo non avevo dubbi ».
Scarlett gli lanciò un'ultima occhiata infuocata prima di rivolgersi a James.
« Comunque, è proprio di te che ho bisogno, Capitano » disse con un sorriso. « Frank anche quest'anno insiste a stare con i Cannoni. Diglielo anche tu che il Puddlemore è la squadra del secolo! »
James rise. « Rinunciaci, Scar » disse. « Frank è un caso disperato, sono anni che provo a convincerlo a passare dalla parte dei Grandi, ma non vuole ascoltarmi. A questo punto penso proprio che non sia degno di entrare nel nostro glorioso team dopo tutti quegli anni di Cannoni alle spalle »
« E poi, se proprio devi cambiare » intervenne Sirius, rivolgendosi a Frank, « unisciti ai Tornados! Giusto, Pet? »
Peter annuì convinto e diede un cinque all'amico.
« Black » fece Scarlett, al limite del disgusto. « Tu tifi per i Tornados? »
« Certo che sì » rispose lui, appoggiando un braccio sulla spalla di James. « Qualche problema? »
« Oh, non per me sicuramente » disse lei, scuotendo la testa. « Ma questo non fa altro che peggiorare l'opinione già pessima che ho di te »
« E ciò non può che riempirmi di orgoglio » ribattè Sirius, con un sorriso beffardo stampato in viso.
« Scarlett » si affrettò a dire James, allarmato dalla rabbia che si era fatta strada sul volto della ragazza. « Non starlo a sentire, anche lui è un caso disperato. Subito dopo Frank, è chiaro » concluse, battendo una pacca sulla spalla al ragazzo, ormai deciso a non replicare vista l'evidente congiura macchinata contro di lui e la sua squadra del cuore. 
« Su dai, alzati » lo esortò poi James, prendendolo per un braccio. « Hai un posto di Portiere da difendere, ti voglio carico! E tu, Scar, sei pronta? »
« Certo » rispose lei, sorridente. « Non vedo l'ora di giocare! Possiamo andare? »
« Direi di sì » disse lui, guardandosi intorno. « Evans, ciao, come va la vita? » aggiunse poi, accorgendosi solo in quel momento di Lily.
« Bene, Potter » rispose distrattamente lei, ancora concentrata sui libri.
Lui le rivolse un sorriso raggiante che lei non ricambiò, ma James pensò che non bisognava chiedere troppo al cielo. Così aspettò che Scarlett si sistemasse la divisa e stringesse con forza la sua coda di cavallo, e insieme si diressero verso il buco del ritratto per raggiungere il campo di Quidditch.
« Mel, Lily, voi non venite? » chiese Mary prima di seguire gli altri.
« Sì » rispose Emmeline. « Il tempo di posare i libri in Dormitorio. Ci aspetti qui? »
« Certo » disse l'altra, annuendo. « Scar, io aspetto le altre. Ci vediamo direttamente al campo » continuò, rivolta verso l'amica.
« Okay » rispose Scarlett. 
Poi, dopo aver mosso qualche passo insieme a tutti gli altri, si fermò di botto. 
« Aspetta » fece, brusca. « Lui deve venire a guardare? » domandò indicando Sirius, stizzita. James la fissò, un po' stupito, mentre Sirius disse: « Che c'è, Banks, ti metto in imbarazzo? » e lei strinse i pugni, infuriata.
« Beh... » balbettò invece James, scambiandosi un'occhiata veloce con Peter per capire se ci fosse qualcosa di sbagliato. « Sì ».
Scarlett guardò male anche lui. « E perché lui deve venire a guardare? » chiese ancora.
« Vengono anche le tue amiche a vedere te, Banks, non puoi essere la superstar delle selezioni, la gente viene anche per gli altri » ribattè Sirius pungente.
Se solo ci fosse stato Remus, pensò James, ricoverato in Infermeria per l'incombente luna piena, gli avrebbe mollato una gomitata tra le costole, ma lui non lo fece, e non si azzardò neanche Peter. Tanto lo sapevano già: Sirius avrebbe continuato a dire idiozie per far infuriare Scarlett probabilmente fino alla fine dei suoi giorni, e nessuno sarebbe stato in grado di impedirgli di farlo.
« Se credi che la mia presenza possa pregiudicare il tuo posto in squadra posso anche non venire, Banks » continuò lui. « Non vorrei avere sulla coscienza il tuo amato ruolo da Cercatrice ».
Scarlett lo guardò furiosa, gli occhi ridotti a fessure. « Nulla » disse, avvicinandosi a Sirius e fronteggiandolo a pochi centimetri dal suo viso con l'indice alzato che batteva sul suo petto. « Ripeto, nulla, pregiudica il mio posto in squadra. Men che meno tu. Sono stata chiara? »
« Chiarissima » rispose lui, facendosi ancora più vicino e rendendo quasi nulla la distanza che li separava.
« Lo sai che sei molto bella quando ti arrabbi? » sussurrò, ormai a un passo dalle sue labbra.
Lei non si allontanò di un centimetro e lo fissò senza batter ciglio. Poi, però, si voltò di scatto, schiaffeggiando con i lunghi capelli raccolti in una coda alta il volto di Sirius, e tornò accanto a James senza una parola. Lui sorrise, guardando l'amico che era rimasto impalato lì dove Scarlett lo aveva lasciato.
« Siete ancora qui? » 
Lily ed Emmeline erano appena scese dal Dormitorio e, vedendo tutto il gruppo ancora lì, si unirono così a loro che si erano trattenuti oltre il previsto in Sala Comune.
« Sì, Evans, non potevo andarmene senza di te! » rispose prontamente James, mentre Scarlett lo prendeva a braccetto, sussurandogli: « lascia stare... »
Lily alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla, e finalmente insieme agli altri si incamminò verso il campo.
« Quanta gente ci sarà quest'anno, James? » stava chiedendo Scarlett, guardando la lista dei nomi dei ragazzi iscritti alle selezioni che James aveva in mano.
« Un bel po', direi » fece lui, scorrendo velocemente le due colonne di nomi scritti sulla pergamena. « Ma ormai mi ci sono abituato, in questi ultimi anni c'è stato un vero e proprio boom di iscrizioni ».
« Già » convenne Frank. « Ormai si presenta veramente chiunque ».
« Ed è proprio questo che mi preoccupa » intervenne Scarlett. « Gli altri anni finivamo sempre con il confermare la squadra dell'anno prima, ma quest'anno abbiamo perso dei pezzi grossi. Ci manca il terzo Cacciatore, visto che credo che Alan Green si confermerà insieme a te, e poi dobbiamo pensare a trovare i Battitori. E dubito che chi si presenterà sia ai livelli di Gideon e Fabian ».
L'anno prima, infatti, si erano diplomate tre colonne portanti della squadra: Brandon Watson, che nella classifica dei Cacciatori si era piazzato secondo subito dopo James, e i gemelli Prewett, che erano dei Battitori fortissimi. La squadra era andata consolidandosi nel tempo e da anni Grifondoro non subiva delle defezioni così importanti. La vittoria della Coppa quell'anno non era per niente scontata.
« Hai ragione » disse James. « Però mi consolo pensando che l'ossatura della squadra è rimasta: abbiamo il Portiere, due Cacciatori e la Cercatrice, quindi non mi preoccupo più di tanto... »
« Sempre il solito ottimista... » fece Scarlett, sorridendo.
« E tu sempre la solita pessimista! » rispose James. Questo era forse l'aspetto del loro carattere in cui lui e Scarlett erano più distanti.
« Dai, Scar, pensa positivo! » la incoraggiò con un grande sorriso. « E poi non possiamo andarcene da Hogwarts senza aver vinto la nostra ultima Coppa! O sbaglio? » domandò, girando la testa verso Scarlett e Frank.
« Giusto! » fece il ragazzo con decisione.
« Giusto... » rispose lei, meno convinta.
Dopo un po' giunsero al campo di Quidditch e lì James, Scarlett e Frank si separarono dal resto del gruppo, loro scendendo verso gli spogliatoi, gli altri incamminandosi verso le tribune.
« Buona fortuna, Frankie! » disse animatamente Alice, saltando addosso al suo ragazzo per dargli un bacio di incoraggiamento.
« Alice, ci serve, non lo infortunare prima delle selezioni! » fece Scarlett con tono severo.
« Mamma mia, quanto la fai lunga! Non ti darò il mio in bocca al lupo, sappilo! » rispose Alice, offesa.
« Vuol dire che ne farò a meno... » disse l'altra, non particolarmente afflitta. 
« In bocca al lupo, Scar! » cinguettarono in coro le ragazze. 
« Crepi, amiche » rispose lei, sottolineando l'ultima parola con uno sguardo eloquente rivolto ad Alice.
« Buona fortuna, Frank » fece Peter, battendo un colpo sulla schiena al ragazzo.
« Vai, Frank, sei un grande » disse Sirius, colpendolo con un leggero pugno sul petto. « E in bocca al lupo anche a te, Banks » continuò rivolto a Scarlett, lanciandole un'occhiolino.
Lei lo ignorò bellamente e si inoltrò con i due ragazzi verso gli spogliatoi. Prima, però, James si fermò.
« Evans! » disse, richiamando l'attenzione della ragazza che aveva iniziato ad incamminarsi con le amiche. 
« Perché non mi hai fatto l'in bocca al lupo? » chiese con un tono sconsolato.
Lei inarcò le sopracciglia. « Forse perché sei il Capitano della squadra e hai il posto assicurato? » rispose semplicemente.
Lui parve rifletterci solo in quel momento. « Oh » fece, dopo un attimo di smarrimento. « Giusto ».
Poi, però, continuò. « Quindi solo per questo! Insomma, se non fossi stato il Capitano e avessi fatto normalmente le selezioni me l'avresti fatto, dico bene? »
Lily lo fissò, e con il sorriso più falso che riuscì a trovare disse: « Certo, contaci, Potter ».
Lui sorrise radioso, credendo senza alcun dubbio alle parole di Lily, e con una nuova energia si diresse con gli altri negli spogliatoi. Lì trovarono parecchi ragazzi che si stavano preparando, alcuni tesi, altri meno, e tutti quanti salutarono in coro James quando lo videro entrare.
« Ciao, ragazzi » rispose lui allegramente. « Siete pronti? »
« Puoi starne certo, Capitano » fece un ragazzo moro alla sinistra di James. Era Alan Green, Cacciatore di Grifondoro da ormai quattro anni.
« Alan, ciao! » lo salutò James abbracciandolo. « Bene, allora il tempo di prendere le scope e le scatole con le palle da gioco e iniziamo! Vieni, Frank, aiutami a portare tutto in campo ».
Frank lo seguì nello stanzino adiacente allo spogliatoio e insieme presero tutto il necessario per cominciare a giocare. Quando rientrarono in campo, James riprese la lista degli iscritti in mano e iniziò a parlare.
« Allora, ragazzi » fece, rivolgendosi al numeroso gruppo che aveva di fronte. « Per iniziare, dovete tutti dirmi per quale ruolo vi presentate. Come penso sappiate, quest'anno cerchiamo principalmente i due Battitori e il terzo Cacciatore, ma le selezioni sono aperte anche per gli altri ruoli, anche se per entrare in squadra dovrete chiaramente dimostrare di essere migliori dei giocatori che già ne facevano parte l'anno scorso. Quindi, cominciamo. C'è qualche aspirante Cercatore tra di voi? ».
Nessuno dei ragazzi presenti rispose. Negli ultimi anni, infatti, nessuno si presentava alle selezioni per il posto di Cercatore. Era già di per sè il ruolo più difficile e gli aspiranti erano di norma meno rispetto a quelli che giocavano negli altri ruoli, ma da quando Scarlett era entrata in squadra cinque anni prima aveva letteralmente sbaragliato la concorrenza, assicurandosi un posto fisso tra i sette Grifoni. Era veramente una Cercatrice formidabile.
« Bene » disse James dopo il silenzio dei ragazzi. « Vedo che nessuno vuole schiodare Scarlett dal suo posto! Complimenti, amica mia, sei la Cercatrice di Grifondoro per il sesto anno di fila! » concluse lui rivolto a Scarlett, che si affrettò ad abbracciarlo con un grande sorriso.
« Grazie! » disse allegramente, mentre dagli spalti arrivava la voce di Sirius che urlava: « Ti piace vincere facile, eh, Banks? »
Lei alzò lo sguardo, furiosa, e stava già salendo con aria minacciosa su una delle scope che aveva vicino, quando Lily colpì Sirius da dietro con un sonoro schiaffo in piena nuca, facendo ridere tutti quelli che avevano assistito alla scena.
« Lily, sei grande! » urlò Scarlett ridendo, mentre l'altra le lanciava un'occhiolino complice e soddisfatto dalle tribune.
« Okay, continuiamo gente » fece James, riprendendosi anche lui dalle risate. « Per il ruolo di Portiere, invece? » chiese.
Nel gruppo si fece largo un corpulento ragazzo dell'ultimo anno che, con aria piuttosto spavalda, disse: « Io, Thomas Gray ».
« Perfetto » disse James, affabile. « Allora vedremo in un confronto ai rigori se supererai il nostro veterano Frank! »
Si voltò verso di lui, che guardava Gray con aria truce. Frank teneva moltissimo al suo ruolo di Portiere e ogni anno era costretto a fronteggiare numerosi aspiranti che volevano soffiargli il posto. Fino a quel momento ci era riuscito alla grande, ma quel ragazzo sembrava predisposto come corporatura a quel ruolo, e poi ostentava sicurezza, quindi sarebbe stato un osso duro.
« Non vedo l'ora » rispose Gray con un mezzo sorriso, rivolgendo un'occhiata ammiccante a Scarlett.
Lei rise tra sè: ancora una volta Alice ci aveva preso in pieno. Non solo aveva saputo in anteprima che Gray si sarebbe presentato per il posto di Portiere, ma, dallo sguardo eloquente di lui, aveva anche azzeccato la sua cotta per Scarlett. Alzò lo sguardo verso le amiche sugli spalti, e notò che tutte erano rivolte proprio verso Alice che mostrava un'aria compiaciuta. Evidentemente era fiera del suo lavoro.
James, nel frattempo, continuava ad appuntarsi il ruolo degli aspiranti e, dopo aver interpellato tutti i presenti, disse: « Bene, allora, per prima cosa vi voglio vedere volare. Per esperienza, posso dire che non è così scontato che chi si presenta alle selezioni abbia una buona padronanza del volo, quindi iniziamo dalle basi. Preferisco che usiate le scope della scuola che sono tutte uguali, in modo che nessuno parta avvantaggiato, così posso valutarvi solo per le vostre capacità. Dunque, prendete tutti una scopa e fatemi vedere chi siete! In bocca al lupo a tutti! ».
Rivolse loro un grande sorriso e, mentre quelli andavano a prendere le scope, Scarlett lo guardava intenerita.
James era un grande Capitano. Il Quidditch era stata la sua passione sin da bambino e guidare la squadra di Grifondoro lo riempiva di orgoglio. Ogni anno metteva un impegno straordinario per allestire la squadra migliore, e poi in ogni allenamento pretendeva il massimo da tutti e da se stesso in primis, sempre il primo ad arrivare e l'ultimo a scendere dalla scopa, spesso anche controvoglia perché voleva rimanere ancora un po' a giocare. Viveva le partite con un'ansia mostruosa e in campo dava l'anima pur di alzare la Coppa alla fine del Torneo, e quell'anno ci teneva particolarmente. Era evidente l'amore che metteva in quel che faceva, e questo riusciva sempre a colpire Scarlett che, quando lo vedeva così concentrato e impegnato, ricordava quelle giornate estive in cui da piccolo organizzava le partite che loro due insieme dovevano disputare contro i loro papà, e quanto erano felici quando riuscivano a batterli.
« Che c'è? » fece James, notando che Scarlett lo stava fissando.
« Oh » rispose lei, riscuotendosi. « Niente... »
Lui sorrise, per poi concentrarsi sui ragazzi che avevano iniziato a fare qualche giro di campo. Ma non ebbe neanche il tempo di alzare lo sguardo, perché all' ingresso del campo si era radunato un gruppetto di ragazze ridacchianti che si spingevano l'un l'altra, forse in cerca di qualcuna che avesse il coraggio di annunciarsi.
« Eccole, James » disse Scarlett al suo orecchio, facendo un breve cenno con la testa verso le nuove arrivate. « E' arrivato il tuo fan club ».
Era un classico. Ogni santo anno da quando James era in squadra, ad ogni santa selezione, si presentava un manipolo di ragazzine perdutamente innamorate di lui. Il che, in sè e per sè, non rappresentava un problema, se solo le suddette ragazze fossero state in grado di giocare a Quidditch. Il problema stava proprio lì: queste dolci fanciulle non sapevano nemmeno cosa fosse il Quidditch. Nella maggior parte dei casi erano ragazzine stupide e dalla risatina facile che appena vedevano una scopa pensavano subito a spazzare in terra, non a cavalcarla. Nelle loro menti caratterizzate da un acume particolarmente sottosviluppato, il termine Quidditch significava solo una cosa:James. Salutare James, conoscere James, scambiare qualche parola con James, fare un occhiolino a James, e, nella migliore e più rosea delle ipotesi, per quelle più carine voleva dire chiedergli di uscire e magari ottenere un sì come risposta.
E' chiaro che in tutto ciò il Quidditch non c'entrava assolutamente e inequivocabilmente nulla.
« Sì, ci risiamo » fece lui, leggermente scocciato. « Solita tattica? » chiese, rivolto all'amica.
« Ovviamente sì » rispose lei con tono divertito.
Era giunto il momento di entrare in azione. James, infatti, nonostante gradisse la visita di qualche ragazza carina durante gli allenamenti, prendeva molto sul serio il Quidditch, specie da quando era diventato Capitano. Per evitare, quindi, di perdere tempo inutilmente con gente del tutto incapace a tenersi in equilibrio su una scopa, aveva lasciato il compito di occuparsi di quel particolare genere di aspiranti giocatori - o meglio, giocatrici - a Scarlett, che lo aveva accettato con grande gioia. La ragazza, infatti, si divertiva parecchio a prendersi gioco di loro senza avere nessuna pietà e, negli anni, aveva architettato una tecnica infallibile per liberarsene in maniera veloce e indolore con tre semplici mosse, passate alla storia come i tre tranelli di Scarlett.
In realtà erano tre semplici quesiti che non avrebbero neanche minimamente impensierito un ragazzo con una media cultura sul Quidditch, ma che bastavano invece a mettere k.o. come più semplicemente non si poteva quelle povere sventurate. 
Negli spalti, intanto, Lily commentava la scena con le sue amiche.
« Ecco » disse, il tono infastidito. « E' arrivato il momento preferito di Potter. Le sue oche sono qui, pronte per adorarlo! »
Sirius, un gradino sotto di lei, sorrise e si voltò a guardarla. « Che c'è, Evans? Sei gelosa? »
Lei arrossì di botto, un po' per rabbia, un po' per sincero imbarazzo. « Ma ci mancherebbe! Per me possono anche fargli una statua, non mi riguarda proprio! Stavo solo constatando che il suo momento di gloria è arrivato! Ora inizierà a scompigliarsi i capelli, a mostrare qualche volteggio sulla scopa, a... »
« Tu dici? » la interruppe Sirius, scambiandosi un'occhiata con Peter al suo fianco. « Io non ne sarei così sicuro. Vuoi scommettere che le manda via senza neanche degnarle di uno sguardo? »
Lily rise di cuore. « Ma figurati! Non aspettava altro e le manda via? Ma dai! »
« Stai a vedere... » rispose Sirius, sicuro di quel che diceva. Conosceva James come le sue tasche e sapeva che davanti a Lily non avrebbe mai neanche guardato di sfuggita un'altra ragazza che non fosse lei.
Nel frattempo, in campo James si stava dirigendo verso di loro.
« Ehm... » iniziò, rivolto alle ragazze. « Scusate... siete qui per le selezioni? »
Un risolino generale si era sparso in tutto il gruppo, come se James avesse fatto una battuta particolarmente divertente.
« Sì... » rispose una di loro, probabilmente la più spavalda. « Scusaci, siamo un po' in ritardo... » continuò, sbattendo le ciglia con fare da civetta.
« Ah... okay, non c'è problema » fece subito James. « Io però ho già iniziato e ho un bel gruppo da tenere d'occhio. Quindi, se non vi dispiace, a seguire voi ci penserà Scarlett, la Cercatrice della squadra. Se passerete la prima scrematura con lei, poi farete la selezione finale con me, va bene? »
Scarlett, qualche metro dietro James, le salutò con un gesto della mano e con un sorriso che più falso non si poteva stampato in volto.
La delusione che si impossessò dei volti delle ragazze era impressionante: rimasero tutte bloccate sul posto, immobili, e si buttarono ancor più giù quando videro James girare i tacchi e andarsene senza averle considerate neanche di striscio.
« Visto? » disse Sirius, soddisfatto. « Che ti avevo detto? »
Lily non gli rispose, sconvolta e sorpresa dalla reazione di James che realmente lei non aveva preso minimamente in considerazione. Tutto poteva aspettarsi, ma non che James Potter lasciasse di sasso una decina di ragazze venute lì per lui invece di esibirsi in qualche mossa particolarmente difficile sulla scopa e di farsi idolatrare da loro, vantandosi delle sue abilità con quell'aria boriosa che lei tanto odiava.Tutto, ma non quello.
« E' te che vuole » continuò Sirius, stavolta senza guardarla. « Non loro ».
A quelle parole, Lily si riprese e, con un'aria ancora un po' frastornata, mormorò: « Sì... figurarsi... io... »
James, intanto, era tornato ad occuparsi del suo gruppo, mentre Scarlett si era avvicinata alle ragazze, ormai in piena depressione.
« Salve, ragazze » le salutò allegramente. « Allora, pronte? »
Alcune annuirono debolmente. « Bene » continuò Scarlett, pronta a lanciare loro il primo tranello. 
« Allora ditemi » chiese, angelica. « Per quale ruolo vi presentate? ».
La delusione e l'abbattimento che fino ad un attimo prima animavano i volti delle ragazze svanirono in un lampo. 
In quell'esatto momento avevano lasciato il posto al panico più totale, dettato dalla fulminea presa di coscienza di dover realmentesostenere una selezione e dalla consapevolezza di non sapere veramente che pesci pigliare. Il primo tranello era andato a segno.
Alcune, dopo parecchi secondi di confusione generale, risposero di essere lì per il posto di Cercatrice, probabilmente perché avevano sentito prima James nominare quel ruolo e quindi appigliandosi all'unica certezza che avevano: in una squadra di Quidditch c'era un Cercatore. Altre, un po' più competenti, si proclamarono Battitrici e Cacciatrici, mentre una sola, parecchio in difficoltà, optò per il ruolo di Portiere.
« Okay » disse Scarlett, divertita e soddisfatta.
« Mi dispiace per voi, ragazze » continuò, rivolgendosi al gruppo delle "Cercatrici", « ma, come ha detto il Capitano, la Cercatrice anche quest'anno sono io. Sono mortificata, ma purtroppo devo dirvi di riprovare il prossimo anno. Se volete, potete assistere sugli spalti, grazie comunque di averci provato! »concluse, mentre quelle la scrutavano con aria truce.
« Voi, invece » proseguì lei, totalmente indifferente alla rabbia delle escluse, « avvicinatevi e prendete le palle che vi servono nel vostro rispettivo ruolo. Sono qui, dentro queste scatole. Su, non siate timide! »
Il secondo tranello era scattato. Se le ragazze rimaste erano riuscite a superare la prima prova con enorme sforzo, la seconda era decisamente molto più impegnativa. Saper collegare il proprio ruolo alla palla da utilizzare era una capacità non da tutti. Probabilmente non avevano mai visto nessuno di quegli arcani oggetti conosciuti generalmente come palle da gioco, infatti rimasero parecchio allarmate all'idea di dover superare questo ulteriore ostacolo.
Quale scegliere? La bella e lucente pallina dorata, la grossa palla rossa o una delle due palle nere tenute da delle cinghie?
La maggior parte di loro furono attratte dal Boccino, tanto che arrivarono anche a contenderselo come se fosse una rara pietra preziosa; alcune optarono per la Pluffa, la più voluminosa quindi anche la prima palla che saltava all'occhio; purtroppo per lei, una ragazza volle sfidare la sorte, liberando dalle cinghie un Bolide che la colpì in pieno stomaco.
« Attenzione! » disse Scarlett, per niente dispiaciuta. « I Bolidi sono pericolosi. Ti sei fatta male? » chiese con finto interesse, mentre riponeva con un po' di fatica il Bolide al suo posto.
La ragazza non rispose, piegata in due dal dolore, e senza una parola si incamminò da sola verso l'uscita del campo.
« Beh » fece Scarlett, guardandola andar via con un misto di compassione e divertimento. « Il Quidditch è uno sport duro. Si riprenderà, tranquilla » si affrettò a dire, rassicurando una ragazza particolarmente turbata per l'incidente.
« Comunque, passiamo alla verifica! » esclamò, sorridendo per il pasticcio che aveva visto fare alle ragazze e pregustando la loro esclusione quasi in massa.
Di tutte quelle rimaste, infatti, solo in due avevano azzeccato - sicuramente con un colpo di fortuna - la palla giusta. 
« Purtroppo devo chiedervi di uscire, ragazze » sentenziò Scarlett. « Quando cambieranno un po' le regole, così che i Cacciatori cercheranno il Boccino e i Battitori terranno la Pluffa, sarete le prime ad essere chiamate. Arrivederci! » le salutò, e quelle si allontanarono con aria sconfitta.
« Bene! Siete rimaste in due! » disse allegramente alle sole superstiti di quella strage. « Adesso viene il bello! Fatemi vedere un po' come volate! »
Ed ecco il terzo e ultimo tranello. Volare.
Volare non era per niente facile come poteva sembrare dall'esterno. Erano necessari equilibrio, dimestichezza con la scopa e una certa dose di talento. 
Era una certezza matematica che quelle due povere ragazze non avrebbero resistito per più di dieci secondi a cavallo delle loro scope.
E così fu. Una di loro salì in sella alla sua scopa con il terrore negli occhi, come se si stesse accingendo a cavalcare un Ippogrifo impazzito. Inutile dire che cadde a terra appena dopo essersi sollevata dal suolo. L'altra, invece, si mostrò più sicura, ormai rassegnata a finire con quanta dignità possibile la sua prova. Salì e partì a razzo, prendendo quota e abbassandosi così velocemente che sembrava che alla scopa fosse stato lanciato il malocchio. Subito dopo, però, iniziò a scendere pericolosamente e totalmente fuori controllo, infatti terminò la sua perfomance ruzzolando rovinosamente sull'erba.
« Ragazze », iniziò con tono teatrale Scarlett, « devo dire che confidavo molto in voi. Avevate superato le prime due prove in cui le altre hanno miseramente fallito, e pensavo veramente che voi ce la poteste fare! Ma evidentemente mi sbagliavo » concluse, mostrando sincero rammarico.
« Beh, sarà per la prossima volta... ciao ciao! » le salutò infine, voltando loro le spalle e tornando trionfante da James.
« Missione compiuta? » chiese lui.
« Egregiamente, Capitano » rispose lei, soddisfatta.
« Lo sai che ti amo, sì? » le disse lui, sorridendo.
« Farò finta di non aver sentito. Lily potrebbe non gradire » rispose lei, alzando un sopracciglio.
« Magari non gradisse! » rise James, e Scarlett insieme a lui.
« Come siamo messi qui? » chiese poi lei, facendo cenno ai ragazzi in volo in quel momento.
« Ho iniziato con i Cacciatori » disse lui, tornando concentrato. « Dal primo volo ne ho già eliminati parecchi e poi altri dopo, quando hanno iniziato a giocare con la Pluffa. Con quelli rimasti farò l'ultima selezione insieme a quella per i Portieri. Alan, comunque, l'ho riconfermato, nessuno di quelli che ci sono è forte come lui. Adesso sto vedendo i Battitori e lui mi piace » continuò, indicandole un ragazzo scuro che aveva appena dato una mazzata spaventosa al Bolide che gli era passato vicino. « E' forte e preciso nei rilanci. Lui è dentro. Si chiama... aspetta... ah ecco, Simon Phelps ».
« Bene » annuì Scarlett. « E il secondo? » 
« Per il secondo sono un po' più indeciso » rispose James, continuando a osservare il lavoro dei ragazzi. « Credo che alla fine, però, sceglierò quel ragazzo biondino là in alto, Robert Sanders, vedi? » e le indicò un altro giocatore con la mazza impugnata tra le mani. « Non è bravo quanto Phelps, ma è il migliore tra tutti gli altri ».
« Ho capito » fece Scarlett. « E di Frank che mi dici? Pensi ce la farà anche quest'anno? »
Entrambi si voltarono a guardare Frank, che era teso come una corda di violino e mandava occhiate malevole al suo avversario ad intervalli regolari.
« Ne sono sicuro » rispose James, tranquillo. « Questo Gray mi sembra più un pallone gonfiato che altro. E' tutto fumo e niente arrosto, credimi, Frank se ne sbarazzerà facilmente. E poi, sinceramente, il suo obiettivo mi sembri più tu che il posto in squadra, a dirla tutta ».
Evidentemente anche James si era accorto dell'occhiata che le aveva lanciato poco prima il ragazzo, che effettivamente lasciava spazio a poche interpretazioni.
« Se accetterai di uscire con lui sarà felicissimo anche dopo che Frank lo avrà battuto, fidati! » continuò lui, ridendo.
« Ma non ci penso proprio! » esclamò subito Scarlett, scandalizzata.
« Ah, bene » disse James. « Sirius sarà contento di saperlo... » e la lasciò sorridendo prima che lei potesse ribattere, dirigendosi verso il centro del campo.
« Bene, ragazzi, basta così. Potete scendere » li richiamò, e quelli lo raggiunsero per ascoltare la sua decisione.
« Ottimo lavoro. Sono felice di comunicarvi che ho scelto per questo ruolo Simon Phelps... » e il ragazzo esultò stringendo il pugno in segno di vittoria, «... e Robert Sanders », e anche l'altro festeggiò con un sonoro: « Sì! »
« Complimenti, siete dei nostri! » disse James, stringendo loro la mano. « Grazie a tutti voi, siete stati comunque bravi » concluse poi, rivolto agli esclusi.
« Adesso tocca a voi » continuò, richiamando l'attenzione dei due Portieri e dei quattro Cacciatori rimasti. « Faremo due serie di cinque rigori ciascuno. Voi due » e indicò i ragazzi alla sua destra, « Tirerete nella porta di Frank. Voi, invece, starete con Thomas. Tutto chiaro? » domandò, e tutti annuirono.
Frank salì con decisione sulla sua scopa, mentre Scarlett gli sussurrava: « vai Frank, distruggilo! ». Lui annuì con forza e spiccò il volo verso la sua porta, quando un urlo acuto dalla tribuna lo incitava: « vai, Frankie! Sei tutti noi! ». Ovviamente era Alice.
Lui le lanciò un'occhiata imbarazzata, leggermente rosso in viso, ma poi tornò subito a concentrarsi sul suo avversario. 
L'inizio non fu dei migliori: Gray fece una grande parata in allungo, mentre Frank mancò la Pluffa di un soffio, probabilmente a causa dell'eccessiva tensione. Lui, però, non si perse d'animo e recuperò subito parando il secondo tiro. Stessa cosa fece con il terzo, il quarto e via così fino al decimo, parandone quindi nove in totale. Gray, al contrario, dopo la prima parata, evidenziò tutte le sue lacune e confermò la sensazione di James, riuscendo a bloccare solamente altri tre tiri e mancando parate piuttosto semplici. Quando tornarono a terra, Frank era trionfante. Ce l'aveva fatta anche quell'anno.
« Bravo, Frank! » disse subito James, dandogli una pacca sulla schiena. « Ti sei meritato di nuovo il posto in squadra, complimenti! »
« Grazie, James » rispose lui, mentre Scarlett andava ad abbracciarlo. 
« Thomas, mi dispiace » fece poi James rivolto a Gray. Lui abbassò la testa, sconfitto, e guardò per l'ultima volta Scarlett, forse ormai convinto che dopo la sua brutta prestazione non avrebbe avuto più speranze con lei.
« Per il rimanente posto di Cacciatore, invece » riprese James, « ho deciso che a far parte della squadra sarà Josh Collins. Complimenti, Josh! » e strinse la mano anche all'ultimo componente della squadra.
« Grazie a tutti, ragazzi » li salutò James, e gli altri tre si allontanarono ricambiando il suo saluto.
Scarlett, Frank, Alan e i nuovi arrivati, gli unici ormai rimasti in campo, si misero tutti intorno a James, e lui si rivolse, quindi, alla sua nuova squadra.
« Eccoci qui, gente! » esclamò il Capitano. « Che ne dite di giocare mezz'oretta? Così, per riscaldare un po' i motori? »
Tutti acconsentirono e, dopo aver preso ognuno una scopa, spiccarono il volo.
Nonostante fosse la prima volta che giocassero insieme, quel primo allenamento andò abbastanza bene. James segnò parecchi punti, anche se spesso Frank gli si oppose brillantemente; i nuovi Cacciatori mostrarono una buona intesa nei passaggi e segnarono anche loro qualche punto; anche i Battitori se la cavarono abbastanza bene, allontanando qualche Bolide con discreta precisione; Scarlett, invece, riuscì a prendere il Boccino tre volte.
Dopo circa quaranta minuti, tutti scesero a terra e si riunirono al centro del campo. Fu lì che James iniziò a parlare.
« Ragazzi, mi siete piaciuti molto. Devo dire che non mi aspettavo un inizio così positivo. Ma è così che vi voglio. Quest'anno tocca a noi sette difendere il titolo che ormai portiamo a casa da cinque anni consecutivi. Tocca a noi sudare per vincere quella Coppa. Tocca a noi portare il alto il nome di Godric Grifondoro. Siete con me? ».
« SI'! » fu la pronta risposta del gruppo che, disposto in cerchio, si accodava con entusiasmo al discorso d'incoraggiamento di James.
« Adesso presenterò la squadra alla professoressa McGranitt e poi organizzerò il calendario degli allenamenti. Per date e orari, vi farò sapere io il prima possibile. Bravi ragazzi, vinceremo anche quest'anno, ne sono sicuro! », e battè un forte cinque ai suoi compagni prima di recarsi con loro negli spogliatoi.
Nel frattempo, il gruppo che aveva assistito alle prove sugli spalti era sceso per andare via, anche se con qualche impedimento.
« Voglio andare da Frank ORA! » stava strepitando infatti Alice, battendo un piede a terra.
Le ragazze si scambiarono degli sguardi esasperati.
« Alice, esce tra due secondi, non puoi aspettarlo qui? » chiese Lily con tutta la pazienza che riuscì a trovare.
« Ma se vuole andare a trovare il suo ragazzo, perché tu dovresti impedirglielo, Evans? » s'intromise Sirius, voltandosi a osservare la scena.
Alice sorrise entusiasta, forse il primo sorriso che rivolgeva in vita sua a un Malandrino. « Grazie, Black! » cinguettò. « Strano che proprio tu mi capisca! »
« Sì, chissà perché... » borbottò Lily. « Sappi che Scarlett non la troverai in nessuno stato esaltante, pervertito di un Black ».
Sirius sbuffò. « Guarda, mia cara rossa, che semmai è lei che desidera vedermi in uno stato esaltante, non io » precisò. « E comunque... tentar non nuoce ».
E, presa a braccetto Alice, la condusse agli spogliatoi dicendole: « Vieni, Prewett, andiamo ».
Bussarono alla porta dietro cui i giocatori erano rinchiusi e fu proprio Scarlett ad aprire, guardando fuori attraverso lo spiraglio lasciato aperto.
« Black, non è possibile! » sbottò, accalorandosi. « Non puoi entrare qui, sono gli spogliatoi, per Godric! »
« Perché, Banks, ti trovo in desabillè? » domandò Sirius con innocente curiosità.
Lei fece una smorfia. « Dispiaciuta di deludere te e la tua perversione, Black, ma sono perfettamente presentabile ».
Lui scrollò le spalle con indifferenza e la spinse leggermente per entrare. « Guarda che non mi impressioneresti mica » borbottò, guardandosi intorno mentre Alice faceva teatralmente incursione e bussava con insistenza alle docce.
« Alice, ci sono altri cinque ragazzi lì dentro, per piacere, non vogliamo scandali e... Black, se volevi ferirmi con questa tua affermazione, mi dispiace, hai fallito miseramente come sempre. Sei tu quello che non riesce mai a impressionarmi. Fai ogni giorno le stesse idiozie più vecchie di tua nonna ».
« Vuoi essere impressionata, Banks? » chiese lui, d'un tratto interessato, voltandosi a guardarla. 
Lei rise della sua espressione. « Immagino cosa saresti capace di architettare... niente » rispose, con quello sguardo superbo che lui detestava.
Ancora. Sempre. Insopportabile, arrogante e altezzosa. Ogni volta.
« Vedrai questo niente, come lo chiami tu... »
Scarlett continuò a ridere, quando James uscì dalle docce con un asciugamano avvolto in vita, sbattendo la porta addosso alla povera Alice.
« AHIA! » urlò lei, premendosi le mani sulla parte lesa.
« Alice! » esclamò lui, sorpreso. « Oh, Godric, mi dispiace! Aspetta, vieni qui, ti aiuto io... Scusami, ti fa tanto male? Non ti avevo vista, mi spiace tanto! »
Con tutte quelle urla il gruppetto rimasto fuori dagli spogliatoi si affrettò a entrare, spaventato, mentre Frank usciva a tutta velocità dalle docce con un accappatoio addosso, dopo aver sentito la sua ragazza urlare. Scivolò sulla pozza che si era formata ai suoi piedi ma James riuscì a tenerlo in piedi senza sforzo.
« Alice! » disse, accorrendo da lei bianco in volto. « Ma che ti è successo? Stai bene? Che ci fai qui? »
Lei alzò lo sguardo, gli occhi colmi di lacrime. « Volevo farti una sorpresa » mormorò, accucciandosi sul suo petto.
Lui sorrise e la strinse a sè, accarezzandole i capelli.
« Ti sei fatta male? » le chiese, premuroso.
Lei scosse il capo e non disse nulla, mettendosi più comoda su di lui senza pensare agli spettatori che osservavano la scena divertiti, eccetto Emmeline che aveva le mani intrecciate sul petto e uno sguardo innamorato rivolto verso i due che a Scarlett fece ribrezzo.
Ma lo sguardo di quest'ultima fu attratto da un'altra sua amica: Lily, infatti, stava guardando James un po' stordita, del tutto assente e senza badare alla situazione che si era creata di fronte a loro.
Scarlett sorrise. « Qualcosa non va, Lily? » chiese innocentemente.
Lei sussultò come se le avesse urlato in un orecchio e si voltò a guardarla, le guance più rosse del solito.
« Che vuoi? Sto benissimo » rispose, con tutta la naturalezza che riuscì a mettere insieme.
« Niente male James, eh? »
Lily sbuffò. « Il classico tutto muscoli e niente cervello, Scarlett, e tu ci sei cascata in pieno » ribattè.
Ma dopo la conversazione avvenuta durante la ronda non era più molto sicura neanche lei di ciò che affermava.
« Sì, certo » disse lei. « Mi sa che quella che ci sta cascando qui è un'altra, comunque ».
E prima che potesse dire qualcosa si allontanò e andò da James che non si era accorto di nulla, lasciandola con la paura che potesse riferirgli qualcosa.
Gli appoggiò una mano sulla spalla e lui si voltò, sorridendo.
« Ehi » mormorò.
« Hai visto chi è venuta a trovarti? »
« Co...? »
Lui alzò lo sguardo, confuso e incrociò quello di Lily che li fissava sospettosa e spaventata. La ragazza lo distolse in fretta.
« Oh, porca... » imprecò. « Lily era qui? E... e mi ha visto così?! »
« Sì! » rispose Scarlett entusiasta. « Appunto! Avanti, James, sii un po' più consapevole dei tuoi mezzi! In questo quel Black è migliore di te... »
Lui, però, scosse il capo. « Ma dai! Sembro un idiota con solo questo addosso! »
« Sei senza speranza, Potter » commentò lei ridendo, e si allontanò di nuovo, lasciandolo spaesato.
In quel momento uscirono dalle docce anche gli altri giocatori della squadra e si fissarono scombussolati: solitamente non c'era un tale affollamento in uno spogliatoio di sette persone.
Osservarono gli intrusi, quando Alan, alla vista di Mary, si illuminò di colpo e le si avvicinò.
« Mary, ciao! » esclamò.
Lei si voltò di scatto a guardarlo e sorrise. « Ciao » rispose. « Tutto bene? Sei stato grande in campo ».
Il ragazzo si passò una mano sulla nuca, imbarazzato. « Ti ringrazio » borbottò, piacevolmente sorpreso.
Lei scrollò le spalle e gli rivolse uno sguardo gentile, prima di guardarsi intorno e soffermarsi su Sirius, tutto intento a scrutare Scarlett di sottecchi.
« Sentite, gente » esclamò in quel momento la ragazza. « E' ora di levare le tende, cerchiamo di sgombrare, questo spogliatoio è troppo affollato. Ciao a tutti! »
Tutti si affrettarono a uscire, tranne chi ancora doveva cambiarsi.
Alla fine nello spogliatoio rimasero solo i Malandrini.
« Allora, scendiamo a cena, prendiamo il Mantello e si va da Remus? » chiese Peter agli altri due.
« Ottimo programma, Codaliscia » commentò Sirius. « Quindi, ragazzi, pronti per la prima luna piena? »
 

*  *  *

 
Remus era appena uscito dal castello, sorretto da Madama Chips che gli gettava occhiate nervose di tanto in tanto, e l'aria fresca del pomeriggio ormai giunto al termine e inghiottito dal buio sferzava i loro volti scoperti, accarezzandoli o schiaffeggiandoli a seconda dell'origine del vento.
Il ragazzo inciampò sull'asfalto, troppo debole per riuscire a camminare con disinvoltura sul terreno irregolare, ma scosse la testa in direzione dell'infermiera che si era subito allarmata. Non voleva procurarle ancor più fastidio di quello che già le provocava.
Si ritrovarono ben presto vicini all'imponente Platano Picchiatore e la donna fece volare un rametto sul nodo che immobilizzava l'albero con un abile gesto della sua lunga bacchetta magica. Si infilarono pian piano dentro la piccola apertura, e avvenne come sempre la breve e solita discussione. Remus non voleva che lei strisciasse lungo lo stretto passaggio per accompagnarlo alla Stamberga Strillante, ma ogni volta lei insisteva per sostenerlo anche lì.
« Madama Chips, non si preoccupi, posso farcela da solo » disse lui infatti, scuotendo con fermezza il capo.
« Lupin, è troppo debole, glielo ripeto ogni volta » replicò piccata la donna con quel suo cipiglio severo. « Attraversare il passaggio senza un aiuto è un ulteriore sforzo che la rende ancor più fragile. Perché non vuole mai ascoltarmi? Posso vantare una certa conoscenza in merito alla questione ».
« Mi ascolti, non volevo mancarle di rispetto, ma davvero, qui è così scomodo... » si affrettò a dire lui, implorante. « La prego, vada via, riesco a farcela da solo, come le altre volte, gliel'assicuro ».
L'infermiera lo fissò per qualche attimo con le mani che stringevano i fianchi, poi sbuffò e annuì con uno scatto della testa.
« E' testardo come un mulo, Lupin » commentò secca. « Da quando sono qui ho incontrato raramente persone testarde come lei ».
Remus sorrise. Quel suo modo di fare così intransigente gli provocava sempre quella reazione, forse perché sapeva che in fondo c'era molto altro. 
Lei lo aveva sempre accompagnato al Platano Picchiatore, ogni mese, gli era stata accanto ogni giorno quand'era stato ricoverato in Infermeria, era stata un conforto incredibile quando i suoi amici erano dovuti andare a lezione e non erano potuti rimanere con lui. Era stata lei, uno dei primi giorni in cui era rimasto in quella stanza bianco latte, a spiegargli il potere di un bel pezzo di cioccolato. Era stata lei a offrirglielo, facendolo sentire meravigliosamente meglio, come se una sfera di fuoco gli avesse invaso il corpo, confortandolo col suo calore. 
Madama Chips era stata nella sua vita una figura fondamentale, una persona che lo aveva aiutato immensamente a sorreggere il peso della sua condizione.
La donna girò i tacchi e fece per uscire, quando Remus la richiamò.
« Grazie infinite, Madama Chips » mormorò, appoggiandosi alla parete umida e rocciosa per sorreggersi.
E potè giurare di aver intravisto un breve sorriso arricciarle le labbra prima che uscisse dal varco.
Rimasto solo, si chinò fino a che il corpo non aderì al terreno sottostante e strisciò stancamente verso la casa abbandonata costruita anni prima per lui.
Gli parve che quel tunnel non finisse mai. Il corpo gli faceva incredibilmente male, si sentiva scosso da fitte lancinanti di dolore che lo scuotevano, facendolo tremare. Si morse le labbra fino a farsi male per non gemere o ansimare. Doveva dominare il dolore, non sopportava di sentirsi sconfitto e sopraffatto da lui. Lo odiava. Ma proseguì, senza fiatare, e la galleria non terminava mai...
Poi il tunnel prese a salire e curvò, e solo allora riuscì a intravedere una macchia di luce nuova che gli fece quasi male agli occhi.
Strisciò ancora un po', dolorante, finché non si ritrovò a osservare dal basso il luogo che odiava.
La stanza era disordinata come l'aveva lasciata l'anno prima. La carta da parati era lacerata e ricadeva sul muro, sbiadita, mentre uno spesso strato di polvere ricopriva il pavimento e tutti i mobili macchiati e danneggiati da lui. Le finestre, anch'esse oscurate dalla polvere, erano serrate da delle assi di legno inchiodate che lui aveva tentato di sradicare. Alle sedie mancavano spesso le gambe. Tutto era un caos, esattamente come ricordava.
Remus salì, facendo ancora un po' di forza sulle gambe che urlavano. Si diresse verso l'anticamera buia e deserta e si preparò a quel che lo aspettava. Guardando il cielo a intervalli regolari, si tolse gli indumenti di dosso per non strapparli quando si sarebbe trasformato e attese. I suoi amici sarebbero arrivati a momenti e l'avrebbero trovato già trasformato.
Stavano percorrendo il parco, parlottando tra loro sotto il Mantello dell'Invisibilità che li costringeva a stare scomodamente rannicchiati.
« Hai presente la tua coda, Felpato? » stava dicendo James. « Ti avevo avvisato. Preparati a dirle addio. Eh, Pet? »
« Proprio » confermò Peter ridacchiando. « Soffrirai come un cane ».
« Io sono un cane, Codaliscia » obiettò Sirius, fissando l'amico.
« Infatti, lo so » disse lui. « Era una battuta, non l'avete capita? »
« No, era troppo intelligente per noi » disse James, scuotendo il capo.
I due risero.
« Messer Codaliscia, prego » fece poi Sirius quando furono arrivati al Platano Picchiatore.
Peter annuì e in un attimo quello che era stato fino a quel momento il loro amico divenne un topo grigio e un po' spelacchiato, che corse verso il grande albero e salì di fretta sul tronco contorto, premendo il nodo che immobilizzava i suoi rami assassini così da permettere agli amici di entrare nel piccolo varco ai suoi piedi. Li seguì ben presto anche lui, zampettando sul terreno a gran velocità.
Percorsero il tunnel infinito in silenzio, ansimando durante la salita così scomoda, finché non si ritrovarono ai piedi della solita apertura che dava sulla stanza deserta e devastata, e fu lì che iniziarono a udire le ormai familiari urla perforanti.
James e Sirius si scambiarono un'occhiata e si affrettarono a trasformarsi. In un attimo, al loro posto sul pavimento polveroso, ci furono un imponente cervo dalle corna alte e possenti e un cane simile a un orso dall'ispido pelo nero che corsero fino all'anticamera dalle porte socchiuse con la massima fretta.
Remus - o ciò che rimaneva di lui da ragazzo - non si voltò a guardarli e non parve accorgersi di loro: era nel pieno della sua dolorosa trasformazione.
Tutto urlava in lui, ogni muscolo dilatato e squarciato dal dolore implorava a gran voce sollievo, ma nulla aveva il potere di darglielo. Desiderava avere un conforto per quell'agonia inimmaginabile, desiderava che una mano calda gli si posasse sulla pelle, che qualcuno lo aiutasse, in qualsiasi modo.
Ma pian piano questi pensieri svanirono, ogni desiderio umano abbandonò la sua mente, e questa si annebbiò...
Solo il dolore accomunava l'uomo e il lupo, adesso, solo la sofferenza di quella trasformazione che pareva non avere fine.
Avvertì ogni parete del suo corpo strapparsi, e non capì più nemmeno cosa fosse diventato, cosa fosse stato. Esisteva solo il suo corpo che bruciava, solo il dolore in sè. E nulla ricordava anche soltanto di qualche attimo prima. Non esisteva un tempo, soltanto quel perenne strazio che uccideva, e che sfociò in un lamento, in un grido che non aveva nulla di umano. Un ululato spaventoso, che però pose fine al dolore.
Il lupo aveva gli occhi ridotti a fessure, la schiena incurvata, gli artigli affilati, e li fissava. Si avventò su James, il più vicino a lui, graffiandolo sul dorso, sul muso, ma per un animale così potente non era nulla...
Tutti e tre si erano aspettati che il lupo avrebbe reagito in quel modo. Al ritorno delle vacanze estive tendeva a perdere anche la minima parte di lucidità che possedeva quando solitamente era con loro, non li ricordava, ma bastava poco a farlo calmare, solo il tempo di qualche lotta avvincente.
L'animale si gettò ben presto sull'enorme cane nero che guaì nel sentire i suoi artigli conficcarsi su di lui. Ma bastò qualche altro minuto perché Remus notasse qualcosa di familiare in loro. Ben presto ululò nuovamente e si allontanò da loro, fissandoli con ferocia, poi sempre meno...
Nei suoi occhi paurosamente dilatati e crudeli apparve una luce insolitamente conosciuta, l'ombra del suo sguardo d'ambra così dolce, così diverso...
Li osservò per un po' senza muovere un passo, poi si avvicinò lentamente con qualche agile movimento delle lunghe zampe piegate, ma non saltò addosso a nessuno di loro. Sirius abbaiò forte, scodinzolando. Aveva capito che li aveva già riconosciuti.
Percorse a balzi la stanza, senza che la sua coda smettesse di scattare da una parte all'altra, poi attraversò l'anticamera e si calò nuovamente dentro il tunnel, sentendo che gli altri animali lo seguivano. Vide Peter passargli accanto zampettando contento, e al contempo avvertì gli zoccoli duri del cervo premere sul terreno dietro di lui. Corsero insieme chini per il passaggio, chi ululando, chi abbaiando, finché non si ritrovarono nuovamente all'aperto a si affrettarono verso la Foresta per non essere visti da nessuno. Il lupo li seguì senza problemi.
Era da tempo che avevano preso la decisione di non rimanere chiusi nella Stamberga e uscire all'aperto. Rimanere in quella casa abbandonata poteva essere un pericolo poiché era uno spazio troppo ristretto, mentre quando correvano tra gli alberi l'aria pareva calmare anche l'animo feroce e violento del lupo. Era così che avevano scoperto ogni anfratto della vasta Foresta, arrivando fino al territorio di Hogsmeade, così da conoscerne ogni angolo alla perfezione. 
Era così che erano riusciti a fabbricare la loro famosa e gloriosa mappa, la loro compagna di malefatte in ogni occasione. La Mappa del Malandrino infatti era nata da due particolari desideri dei creatori. Tutti e quattro sognavano di combinare scherzi senza freni e senza essere mai beccati, ma ciò era sempre stato impossibile visto che Gazza e Mrs Purr insieme erano delle sentinelle infallibili. James, invece, aveva ancora un altro sogno: quello di riuscire a capire come Lily passasse ogni momento della sua giornata. Fu lì che decisero di mettersi all'opera per creare qualcosa di epico; impresa che riuscì loro al meglio.
Ormai nel pieno dell'ampia Foresta, furono accolti da un buio opprimente. Man mano che gli alberi si infittivano l'oscurità calava sempre di più su di loro. La luna filtrava con i suoi raggi attraverso i rami, gettando ombre strane sul terreno pieno di ostacoli, mentre le macchie di cielo visibili si facevano sempre più rade. Il vento frusciava tra gli alberi smuovendone le fronde ancora corpose, facendo volare le foglie ormai ingiallite e accartocciate che si posavano per brevi tratti sul pavimento d'erba fitta. Ogni tanto qualche rumore in lontananza li allarmava, ma quando calava il silenzio tornavano a trascurare ogni pericolo, ogni possibile calamità.
Lunastorta correva più veloce di tutti, lo sguardo solitamente attratto dalla luna spesso distratto dai suoi amici animali.
Felpato correva con Ramoso, il piccolo topolino aggrappato alle sue corna che tentava di non precipitare, e i due facevano a gara a chi riusciva ad andare più veloce, come facevano spesso durante quelle nottate.
Ad ogni luna piena si inventavano sempre sfide nuove e diverse. Era forse il loro ricordo più bello di quegli anni di scuola quello di loro quattro riuniti attorno alla Mappa del Malandrino per progettare la nuova splendida avventura. Si divertivano a minacciare Peter di una morte prematura e dolorosa, sbranato da Sirius e finito sanguinosamente da Remus, ma lui con dei lampi di insolita furbizia ribatteva con le sue tattiche, come quella di fare loro il solletico così da fare imbestialire il lupo. All'inizio era stato difficile riuscire a far divertire anche Remus, sempre troppo preoccupato di far loro del male per potersi godere quelle strane e indimenticabili riunioni segrete, ma alla fine si era lasciato andare alla spensieratezza che di solito non faceva parte di lui ma che quando era con gli amici riusciva a prendere il sopravvento e quelle serate erano divenute delle tradizioni incrollabili.
Cosa poteva renderli preoccupati, in momenti come quelli? Chi prestava orecchio agli spaventosi richiami della Foresta buia? Il vento li faceva sentire liberi, la luna era il loro unico punto di riferimento, e gli occhi così impregnati di emozioni e così umani, incastonati in quei volti di animali, erano la guida per qualsiasi via, per ogni strada. Si gettavano occhiate d'intesa di continuo e a nessuno mancava la parola; nessuno sentiva il bisogno di parlare.
Ben presto James iniziò a lanciarsi verso Sirius con il palco di corna puntato verso di lui, ben attento però a non fargli male davvero.
Ad un colpo particolarmente ben assestato Peter precipitò dalla sua postazione e anche nei suoi minuscoli occhietti acquosi James riuscì a cogliere il suo risentimento tanto che dentro di sè provò un gran desiderio di ridere. Un topolino infuriato era davvero divertente da guardare.
Remus nel frattempo correva intorno a loro, mollando di tanto in tanto qualche zampata che sferzava l'aria, tagliando se stesso, a volte.
Ma nessuno badava agli schizzi di sangue. Una volta trasformati nuovamente li avrebbero curati, non c'erano problemi. O almeno non per loro.
Un taglio o un livido in più, cosa importava? Un sorriso guariva anche la ferita più profonda. 
E non erano semplici parole, stupidi pensieri di ragazzi pieni di allegria, spensieratezza, forse anche un po' scellerati e noncuranti... Credevano semplicemente che fosse vero. Che fosse vero che la felicità del loro migliore amico e la loro valesse più di qualsiasi altra cosa.
E d'altra parte, cos'altro avrebbero dovuto pensare, immersi nel cuore di quella Foresta, vagando prima lentamente poi correndo fra gli alberi, scambiandosi sguardi carichi di soddisfazione per la riuscita di una nuova fantastica avventura? Erano quattro giovani ragazzi, l'uno aveva l'altro come miglior conforto al mondo, e avevano nel cuore una forza e un coraggio tali che nulla riusciva a intimorirli, nè l'oscurità di quel bosco così fitto, nè ciò che li attendeva oltre, fuori dalle mura. Avevano con sè tutto ciò di cui avevano bisogno.
James, Sirius, Remus e Peter avevano i Malandrini. E null'altro occorreva loro per proseguire lungo la strada, quella che in un modo o nell'altro avrebbero intrapreso insieme e che li avrebbe portati chissà dove.
Perché mentre correvano, ebbero la certezza che non si sarebbero fermati mai, e che se anche fosse successo, l'avrebbero fatto insieme.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come va? Sono tornata ieri dalla gita e ho aggiornato abbastanza presto.
C'è un motivo: praticamente tutta la prima parte del capitolo sulle selezioni è stata scritta da mia sorella mentre non c'ero. Mi ha fatto una sorpresa bellissima e mi ha colpito il suo talento poichè non aveva mai scritto nulla.
Comunque. Questo è un capitolo di passaggio ma spero che vi piaccia ugualmente. 
Ci tenevo moltissimo a ringraziarvi per quel numero assurdo di recensioni ricevute. Davvero non riesco ancora a crederci ma ho già ringraziato tutti singolarmente, quindi non mi dilungo.
Ringrazio anche tantissimo i 31 delle Preferite, i 5 delle Ricordate e i 51 delle Seguite.
Adesso devo scappare, un bacio a tutti e grazie infinite!


Simona_Lupin

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Capitolo 7
*** ... uscite a Hogsmeade ***






Capitolo 7
 
... uscite a Hogsmeade
 
 


L'ultima lezione di quel pomeriggio era appena terminata e gli studenti di Hogwarts si stavano riversando in massa nei corridoi.
I Malandrini stavano camminando tra gli spintoni dei ragazzi ammucchiati parlottando tra loro, appena venuti fuori dall'aula di Trasfigurazione. Remus era tornato proprio quel giorno tra loro, i tagli molto più evidenti sul viso e l'aria stremata, accesa però da una gioia indescrivibile per essere ritornato nel suo elemento.
« Non ho capito nulla, nulla sui Metamorfomagi » stava borbottando Peter afflitto, i capelli ritti in testa per tutte le volte in cui vi aveva passato in mezzo le dita in seguito a qualche attacco di disperazione. Gli insegnanti che ricordavano ad ogni santa lezione l'avvicinarsi degli esami, ancora in realtà lontanissimi, non lo aiutavano di certo a rimanere calmo. Ma era un classico di tutti i professori stare addosso agli alunni negli anni dei G.U.F.O. o dei M.A.G.O.
« Cos'è che non hai capito, Pet? » chiese Remus gentile. « Posso aiutarti io ».
« Remus, te l'ho detto » ripetè lui, vergognandosi di se stesso. « Non ho capito un accidente di quello che ha detto la McGranitt e sono perduto ».
Sirius e James scossero il capo contemporaneamente. 
« Sei senza speranza, Codaliscia » commentò il primo. « I Metamorfomagi sono degli stramaledetti fortunati perché possono rendersi fighi come gli pare e piace. E' tutto ciò che ti serve sapere. Mia cugina è una Metamorfomagus... » riflettè. « Quella piccola peste di Dora... Ma che non vi venisse il dubbio che lo sono anch'io. Quello che vedete è tutta farina del mio sacco. Anzi... della mia cara mammina ».
Gli altri risero; Peter un po' meno, ancora preso dalle sue preoccupazioni e da tutte le sue angoscie per i compiti che avrebbe dovuto svolgere quel pomeriggio, intento inoltre a pensare se davvero consistesse solo in quello l'argomento dei Metamorfomagi che a lui era parso tanto ostico.
Avanzando con qualche difficoltà per il lungo corridoio sempre meno pieno di gente, i quattro poterono intravedere Miley chiacchierare con la sorella e le sue amiche in un angolo. Sirius e James si scambiarono un sorriso.
« Ehi, amico, guarda chi c'è » esclamò James, facendo un cenno verso la bionda.
Remus distolse lo sguardo e scosse il capo, costernato. « Ricominciate? » borbottò.
« Che abbiamo detto? » si accodò Sirius con il solito fare innocente. « Miley Banks è lì e noi lo abbiamo constatato. Se la cosa ti colpisce... beh, compari, questa è un'altra storia ».
James annuì con vigore e Peter con lui. Remus si sentì abbandonato dal mondo.
« Sì, molto divertente... Comunque, levatevi dai piedi una buona volta, devo parlarle due minuti » disse, ben consapevole che se avesse tentato di parlarle insieme a loro il tutto si sarebbe risolto in un disastro memorabile.
« Oh oh oh oh » fece James, dando una gomitata a Sirius. « Senti un po' il lupastro! Levatevi dai piedi, devo parlarle... Wow, che intraprendenza! »
Sirius rise di cuore, tanto che molti studenti lì vicino si voltarono a fissarlo sbigottiti.
Anche a Remus scappò quasi un sorriso, probabilmente provocato dalle idiozie che i suoi amici continuavano a sparare a raffica.
« Dai, ci vediamo dopo, brutti idioti » tagliò corto infine, gettando loro un'occhiata divertita.
Loro annuirono solennemente e si allontarono ridendo come matti, mentre il ragazzo si avvicinò alle amiche a passo incerto.
« Ehi, ragazze, ciao » salutò, imbarazzato.
Loro gli sorrisero e ricambiarono il saluto, Miley sobbalzò ed evitò lo sguardo di chiunque.
« Vi disturbo? » chiese lui gentilmente. « Mi sarebbe piaciuto scambiare due parole con Miley se... », soffermò lo sguardo su di lei, « ... se è possibile ».
Scarlett la anticipò, sorridendo beffarda. « Ma certo che è possibile! » esclamò allegra. « Miley è tutta tua, Remus! Au revoir! »
E, prese le amiche a braccetto, si allontanò a balzi dai due ragazzi sbalorditi.
« Ehm... okay » disse Miley, parecchio imbarazzata. « Remus... come stai? James mi ha detto che sei stato male ».
Lui annuì. « Già, è stato un periodaccio... ma è passata, grazie ».
Miley sorrise, sistemandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio. « Volevi dirmi qualcosa? » domandò infine, senza guardarlo.
« Oh, io... sì, in effetti sì » rispose lui, annuendo. « Intanto io... insomma, volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto l'ultima volta. Mi è dispiaciuto moltissimo ma non ho nemmeno avuto l'occasione di parlarti perché sono stato in Infermeria e... »
« Ma, Remus, non mi hai detto nulla, è tutto okay » si affrettò a interromperlo lei, sorpresa.
Lui si tranquillizzò. Si era sentito terribilmente in colpa per tutto il tempo che aveva trascorso in Infermeria, ed era stato a rimuginare parecchio su ciò che era stato costretto a dirle alla loro prima e unica lezione. Non aveva nemmeno avuto la possibilità di darle delle spiegazioni, spiegazioni che in realtà non esistevano, motivazioni che non poteva rivelarle, che lei non avrebbe mai saputo. E il pensiero di come poteva esserci rimasta lei lo aveva fatto star male.
Ed in effetti, Miley si era domandata più e più volte cosa avesse fatto di sbagliato, se avesse compiuto qualche passo falso o se gli avesse insegnato così male da provocargli una confusione ancor più grande. E si era convinta, infine, che doveva per forza essere accaduto questo, visto che probabilmente non era nemmeno riuscita a formulare una frase di senso compiuto, come le capitava ogni volta che parlava con lui. In realtà non ricordava quasi nulla di quel pomeriggio, come se a viverlo fosse stata un'altra persona e quella strana, inaspettata e meravigliosa parentesi si fosse bruscamente chiusa lì.
« Ascolta » disse poi Remus, riportandola alla realtà. « Se per caso ne avessi ancora voglia... ti andrebbe di... di continuare a darmi lezioni? »
Lei sorrise e lo scrutò per un po' prima di rispondere. « Ma certo » disse infine. « Quando vuoi ».
Lui ricambiò il sorriso, fortemente rincuorato. « Magnifico » disse. « Beh, grazie, allora... quando sei disponibile, fammi sapere ».
« Io adesso non ho nulla da fare » riflettè lei, scrollando le spalle. « Tu hai...? »
« No, assolutamente no » si affrettò a rispondere lui. « Andiamo adesso? »
Lei rispose di sì, un po' agitata, e insieme si diressero verso l'aula di Pozioni, sperando di trovarla libera.
Camminarono in silenzio per un po' finché, varcata la porta cigolante, non scoprirono la stanza deserta e si scambiarono un sorriso.
« Oggi sii clemente, Remus » scherzò lei, prendendo posto al solito sgabello alto. « Non avevo ripassato per questa lezione ».
Lui rise e si accomodò nel posto accanto a lei, frugando nella borsa di cuoio dopo averne aperto le cinghie dorate. « Mi aspettavo che la sua preparazione non fosse mai manchevole, professoressa » replicò lui, con un guizzo divertito passato attraverso lo sguardo stanco.
« Mai detto di avere lacune, Lupin, adesso non approfittartene » ribattè altezzosa lei, scoppiando a ridere non più tardi di un attimo dopo, insieme a lui.
« Dai, cominciamo » disse poi, ritornando seria. « Che si fa oggi? Mmm ».
Cominciò a sfogliare il libro con aria assorta, fino a quando non picchiò il dito su una pagina e si rivolse di nuovo al ragazzo.
« Ecco » annunciò. « Questa potrebbe andare bene! »
Lui si sporse a guardare. « Distillato Soporifero... » lesse lentamente, scorrendo il foglio con lo sguardo. « D'accordo ».
Si mise subito al lavoro, trafficando con la bilancia e il calderone a turno. Pareva già avere molta più dimestichezza col materiale rispetto all'ultima volta e lei ne fu felice. Lo osservò senza parlare, dandogli di tanto in tanto qualche utile dritta che lui apprese annuendo, per il resto lo lasciò lavorare tranquillo e notò con piacere che se la cavava piuttosto bene, vista anche la media difficoltà della pozione scelta.
I minuti scivolarono via e non fecero che lavorare sul calderone fumante tutto il tempo, scambiandosi qualche battuta per non farla sembrare una lezione reale e troppo seria. Stavano bene insieme, fu soprattutto lui a farvi caso.
« Deve fermentare adesso, giusto? » chiese Remus dopo un po', scarabocchiando una crocetta sull'ultima riga di istruzioni svolta.
« Esatto » rispose Miley. « Per circa mezz'ora ».
Lui annuì e abbandonò libro e penna d'oca sul tavolo, sistemandosi qualche ciuffo di capelli che gli ricadeva sugli occhi.
Dopo un po' non potè non notare che Miley lo stava fissando intensamente, e senza capire come mai si sentì avvampare, chiedendosi il motivo di uno sguardo talmente insistente.
« C'è qualcosa che non va, Miley? » le chiese, aggrottando le sopracciglia. « Va tutto bene? »
Lei scosse appena il capo come se fosse stata svegliata bruscamente. « Sì, certo, scusa... »
Si morse il labbro, come se avesse voluto dire qualcos'altro ma alla fine non avesse trovato il coraggio per farlo e gli gettò un'altra occhiata di traverso, come se volesse convincersi sul da farsi. Remus continuò a non capire, ma lei non vi fece caso, tutta presa da pensieri che lui non poteva conoscere.
« Remus... » esordì alla fine lei, cauta. Lui le fece cenno di continuare. « Mi domandavo... Mi domandavo cosa ti fosse successo » mormorò.
Il ragazzo non smise di fissarla confuso e lei si affrettò a spiegare.
« Il tuo viso » sussurrò, e lui ebbe un tuffo al cuore. « Cos'è successo? »
Il volto di Remus infatti era solcato da cicatrici e tagli ben più visibili di prima, e in fondo lui avrebbe dovuto aspettarsi una domanda del genere da parte sua. Abbassò lo sguardo, la paura sugli occhi, senza avere il coraggio di rialzarlo. Lo aveva messo alle strette di nuovo e lui non aveva idea di cosa dire, di come riuscire a nascondere dei segni tanto evidenti oltre all'esistenza ormai chiara di segreti inconfessabili.
« Io... » Parlò, senza sapere cosa dire, tanto che non seppe continuare.
« Queste non sono ferite normali » proseguì lei, passandovi delicatamente un dito sopra. « Sono ferite magiche, non è vero? Sono potenti ».
« Ma no... » borbottò lui, impotente. « E' solo qualche graffio... »
« Madama Chips avrebbe saputo curare in un lampo qualche graffio, Remus » insistette lei, il volto serio e concentrato mentre lo studiava. « Questi sono segni di magia. Di una maledizione ».
Ma lui scosse il capo e prese la mano che sfiorava la sua guancia tra le sue, allontanandola con gentilezza.
« Miley, davvero, non è niente » disse piano. « Sto benissimo, ho solo avuto un piccolo incidente... Credimi ».
La ragazza sospirò stancamente e ritrasse la mano. Avrebbe tanto voluto sapere la verità su quelli che erano dei segni inconfondibili di una maledizione, ma non poteva insistere ancora, non ne aveva nessun diritto. Si vergognò, anzi, della pressione che doveva avergli messo addosso con tutte quelle insinuazioni, lei, che doveva essere lì solo per insegnargli qualche trucco in Pozioni e null'altro. Se ci fosse stato qualcun altro non sarebbe stato tanto gentile quanto lo era stato lui.
« Certo » disse. « Scusami, non avrei voluto essere indiscreta ».
« Nessun problema ». Remus sorrise, ancora leggermente frastornato. « Sta' tranquilla ».
Calò il silenzio, tra i più imbarazzanti in cui entrambi si fossero mai ritrovati, uno di quelli che sembrano essere destinati a non avere fine e anzi a sprofondare quanto più possibile nel tempo. Fu lui alla fine a spezzarlo, lo sguardo fisso sul calderone che ribolliva pigro sul fuoco.
« Come mai ti piace tanto distillare pozioni? » le chiese a bassa voce, come se temesse di spaventarla dopo un silenzio così profondo.
Lei alzò lentamente lo sguardo per soffermarlo su di lui, pensierosa. 
« Mia madre » rispose semplicemente dopo un po'. « La sua è una vera passione, sai? E' una Guaritrice del San Mungo, perciò per lei è importante essere brava in quel campo. Ma lei è molto più che brava... è un genio, non immagini quello che riesce a prepararti con niente ». Scosse appena il capo e proseguì. « E' da quand'ero bambina che amo preparare pozioni insieme a lei. In estate, quando Scarlett e papà giocavano fuori a Quidditch, noi stavamo rinchiuse nella nostra stanza delle pozioni e ci trascorrevamo pomeriggi interi. Io ammiravo l'amore che metteva dentro ad ogni intruglio... Notavo che era come un ingrediente in più un po' speciale. E' solo grazie a lei se adesso so cavarmela bene ».
Sorrise dolcemente quando aggiunse: « Dovresti vedere com'è bella quando è tutta presa dal suo calderone », e non potè che sorridere anche lui.
Per tutto il tempo in cui lei aveva parlato l'aveva guardata con il sorriso sugli occhi. C'era qualcosa di speciale nella sua maniera di raccontare, qualcosa che rapiva, forse la spontanea tenerezza che metteva in ogni parola e che non aveva mai notato in nessun'altra persona. Era del tutto diversa dalla passione e l'energia che James esternava nei suoi discorsi, molto distante dalla difficoltà e la sofferenza di Sirius quelle rare volte in cui parlava di sè, del tutto differente dalla timidezza e dall'insicurezza che Peter provava ogni momento, e ancora lontana dalla gentilezza di Lily che si univa a quei suoi tratti di insolita durezza.
Miley era diversa anche da lui. Lui era troppo chiuso per riuscire a mettere emozione nelle sue parole; lei era chiusa quanto lui, ma quando parlava, il suo cuore esplodeva. Eppure la stessa insicurezza li contraddistingueva e li avvicinava. E chissà quante altre cose avrebbero scoperto col tempo che li rendessero troppo distanti o li unissero ancor di più. Remus pensò che gli sarebbe piaciuto scoprirle tutte. Miley la stessa cosa, ma lo pensava già da tempo.
« Posso vedere come sei bella tu, quando prepari qualcosa con me ».
Parlò senza pensare, trasportato dai suoi pensieri. Solo quando lei lo guardò con gli occhi un po' lucidi e le guance arrossate, capì realmente quello che aveva detto. Anche lui arrossì, non perché se ne fosse pentito, in fondo aveva solo detto la verità... ma semplicemente non era da lui pronunciare tali pensieri ad alta voce.
Lei lo osservò stordita per un po'. 
Remus pensava che lei fosse bella. Si sentì così emozionata che le parve di precipitare dallo sgabello su cui era seduta.
« Io... » sussurrò infine, colpita e imbarazzata. « Ti ringrazio... »
Ma Remus scosse il capo con un sorriso e la ragazza gli rispose con uno ancor più ampio.
« Charlotte Banks, giusto? » riprese poi lui, guardandola di traverso. « Tua madre ».
Lei inarcò un sopracciglio, spaesata. « Come fai a saperlo? » domandò, incuriosita.
« James » rispose lui. « Ne parla in continuazione quando racconta gli aneddoti della sua vita, e lo fa spesso. E' innamorato di lei, credo. Dovresti proprio sentire come ne parla. Charlotte di qua, Charlotte di là... se non ci fosse Lily e tua madre non fosse sposata credo che farebbe di tutto per conquistarla ».
Lei rise. « Le porta dei fiori diversi ogni volta che viene da noi » raccontò. « E quando rimaneva a dormire, preparava la colazione e la aiutava sempre in casa come un elfo domestico ».
« Adesso non resta più a dormire da voi? » chiese Remus curioso, notando l'uso del tempo passato.
« Da quando Sirius vive con lui no » rispose lei. « James non lo lascerebbe mai da solo e Scarlett non vuole Sirius in casa nostra per nessuna ragione ».
Lui rise. « Posso capirlo » commentò. « Vivere con Sirius è l'esperienza più difficile che ti possa capitare nella vita. Però tempra il carattere ».
« Te la immagini mia sorella con lui? » fece Miley, lo sguardo perso in pensieri a quanto pareva simili alla fantascienza. « Sarebbe fantastico! Non so in che senso "fantastico", però... sarebbe anche parecchio pericoloso per tutti, credo ».
Remus si grattò il mento, riflettendo sulla possibile coppia che pareva lontana anni luce da qualsiasi forma d'amore vivente.
« Mi farebbero sinceramente paura, quei due, insieme » concluse infine. « Due incantesimi Bombarda congiunti non mi spaventerebbero quanto loro ».
Trascorsero il resto del tempo a fantasticare e ridere sulla fantomatica coppia, pensando anche che se i due avessero saputo ciò di cui avevano discusso li avrebbero trucidati senza tante futili cerimonie e poi avrebbero riso di cuore per l'assurdità della cosa.
Alla fine, quando i trenta minuti di fermentazione furono passati, tornarono alla loro pozione, accingendosi a inserire gli ultimi ingredienti e a eseguire le righe finali di istruzioni per la conclusione della preparazione del Distillato Soporifero.
« Un colpo di bacchetta e sarà pronta » disse Miley, gettando un'ultima occhiata al libro malconcio del ragazzo.
Lui fece come precisato dalle istruzioni così che dal liquido raddensato fuoriuscì qualche scintilla colorata, secondo lei un ottimo segno della buona riuscita del decotto. In teoria, uno o due sorsi sarebbero dovuti bastare per farli cadere in un sonno lungo, profondo e tranquillo, ma nessuno volle provare.
« Sei diventato bravissimo » disse Miley, guardando prima il calderone poi lui con un sorriso raggiante. « Hai fatto tutto da solo, sono fiera di te ».
Lui scrollò le spalle e sorrise, imbarazzato. « Grazie... » borbottò. « Ma non so cosa combinerò con le pozioni davvero difficili ».
« Se hai queste basi, fidati, saranno una passeggiata » lo tranquillizzò lei, agitando una mano. « E poi, per quanto posso, ti aiuterò io ».
Remus si sentì parecchio rincuorato e non seppe darle una risposta adeguata. Così ripulì il calderone, ripose libro, penna d'oca e calamaio dentro la borsa già piena e insieme alla ragazza riportò gli ingredienti delle scorte utilizzati all'armadietto dentro il quale erano solitamente contenuti.
« Bene » disse lui, allacciandosi il mantello alla gola e rimettendosi la borsa in spalla. « Scendiamo a cena, allora? »
Lei annuì e, afferrata anche lei la borsa dal tavolo, si diressero insieme verso la Sala Grande, chiacchierando del più e del meno.
Nel frattempo, proprio alla tavolata di Grifondoro, la discussione verteva sui due che non si erano fatti più vedere dalla fine delle lezioni.
« Ci aveva chiesto due minuti, il lupastro, e non si è fatto più vivo » stava dicendo Sirius, compiaciuto, ingoiando un boccone di pollo e patate bollite.
« Non starai mica sognando già in grande, eh, Felpato? » fece Peter, più ragionevole.
I castelli in aria che Sirius si faceva quando Remus anche solo parlava con una ragazza erano puntualmente destinati ad andare in fumo, e lui lo sapeva.
« No » rispose lui, scostandosi i capelli dagli occhi. « Però se due minuti si sono trasformati in un'ora, qualcosa dev'essere successo! »
« Sì » convenne James, un po' scettico, « ma sicuramente nulla che riguarda la tua idea di qualcosa ».
Sirius sbuffò, convinto delle sue certezze impossibili da scalfire e non ribattè. Aveva piena fiducia in Remus e non voleva pensare che avesse fallito dopo tutti gli insegnamenti che gli aveva dato - o meglio, inculcato - in quegli anni, anche perché se l'avesse tradito, le conseguenze sarebbero state severe e inevitabili, e lui non poteva tirarsi indietro di fronte all'esecuzione di una giusta e sana punizione per non averlo ascoltato adeguatamente.
In quel momento dal vasto e pesante portone della Sala Grande vennero fuori prima un gruppetto di minuscoli ragazzini del primo anno, e poi i due soggetti della discussione: Remus e Miley camminavano insieme, ridendo complici, e Sirius si sentì totalmente realizzato.
« Visto? » disse agli amici, battendosi un pugno sul palmo della mano. « Li avete visti? Li state vedendo? No, dico, guardateli! »
« Ma non stanno facendo niente! » esclamò Peter, osservandoli con attenzione per cercare di capire cosa notasse Sirius di tanto eclatante che a lui invece fosse completamente sfuggito. « Parlano e ridono come due persone normali! »
« E no, caro mio » ci tenne a precisare l'altro, che ancora sogghignava soddisfatto. « Guarda bene come si guardano! Eddai, su! Non guardare con i tuoi occhi minuscoli da topo, amplia le tue vedute, Codaliscia! Ah, ma che parlo a fare io con voi che non vedete aldilà dell'ovvio? »
« Senti chi parla! » intervenne James, senza riuscire a credere alle proprie orecchie. « Tu eri quello che non aveva capito che a Miley piacesse Remus! Non ho nemmeno la certezza che tu sappia che a me piace Lily! »
La ragazza, poco distante da lui, si affogò con il succo di zucca che stava bevendo e si battè da sola qualche pacca sul petto.
« Oddio, mi ha sentito » sussurrò James, che lo aveva notato, scompigliandosi i capelli nervoso.
« Perché, era un segreto? » disse Sirius con voce strascicata. « Ma smettila, su, lo sa pure Merlino ».
« Merlino sa tutto, è ovvio » borbottò Peter, riflettendo sulla grandezza del suddetto mago tanto invocato da tutti.
« Comunque, ritornando alla questione » riprese Sirius, che non aveva distolto lo sguardo un attimo dai due ragazzi ancora in piedi. « Parlano ancora! Adesso che mi dite, eh? »
James e Peter si scambiarono uno sguardo sbigottito. Ma che cosa ci vedeva di tanto entusiasmante in due ragazzi che chiacchieravano in Sala Grande?
« Cosa dovremmo dire? » fece infatti il primo, disorientato. « Evidentemente stanno terminando... che ne so... l'argomento del dialogo...! »
« Sì, certo, l'argomento del dialogo... » disse Sirius, sarcastico, poi quasi si affogò con una patata per esclamare: « Guarda, guarda, guarda! »
Remus, infatti, proprio in quel momento stava scoccando un lieve bacio sulla guancia di Miley, per poi dirigersi verso di loro con aria tranquilla, mentre lei tornava a passo incerto al tavolo di Tassorosso dove gli amici la aspettavano trepidanti, in attesa di un resoconto del pomeriggio appena trascorso.
« Eccolo qui! » urlò Sirius, così forte che alcuni accanto a lui si voltarono e Remus si arrestò, spaventato.
« Che c'è? » disse, senza osare sedersi visto anche che l'unico posto libero rimasto era accanto a lui. « Che ho fatto? »
« Eh, lo sai, amico mio, ciò che andava fatto! » ribattè lui, battendo qualche colpo sulla panca per invitarlo ad accomodarsi.
Lui però non si azzardò a muovere un passo. Sirius aveva sicuramente bevuto. « Cos'è che andava fatto? » domandò, senza capire.
« Avanti, Lunastorta, capiscimi però, mi sento incompreso dal mondo! » si lagnò, gettandosi nuovamente sul suo piatto come se fosse l'unico a capirlo.
« Peter, per piacere, fatti un po' più in là, io con quello non mi ci siedo » implorò Remus, ancora spaesato.
« Remus, non lo ascoltare, dicci che hai fatto con Miley » lo esortò James, continuando a mangiare indisturbato e scrutandolo curioso.
Lui si riempì il piatto e cominciò a tagliare lentamente la sua carne, poi rispose. « Lezione » disse infine, senza tanti particolari.
« Ah » commentò l'altro. « E poi? »
Remus alzò lo sguardo, interdetto. « Ma vi siete messi d'accordo stasera per non farmi capire niente di quello che volete dire? » domandò, guardando a turno l'uno e l'altro ragazzo. « Che significa e poi? Ti ho detto lezione, abbiamo fatto lezione! »
« E basta? » intervenne Sirius, sconcertato e deluso. « Ma mi stai prendendo in giro? »
« Voi mi state prendendo in giro! » ribattè l'altro, sempre più sconvolto. « Che avrei dovuto fare? Chi vi capisce è bravo... »
« No, dico » disse Sirius. « In tutto questo tempo... oltre a una pozioncina veloce, qualcos'altro ci sta, o no? »
Remus lasciò cadere forchetta e coltello sul suo piatto, facendoli tintinnare. « E' una domanda seria? » chiese. « No! »
« Bah... » Sirius non pareva affatto convinto. « Sei tutto particolare... »
L'altro lo fissò ancora un po', poi decise che era meglio non ribattere e si dedicò al suo piatto.
Stava iniziando a mangiare la sua torta di melassa, quando lo raggiunsero in coro due voci femminili.
« Remus, ciao! » 
Il ragazzo si voltò di scatto e sorrise a Lily e Scarlett, che si tenevano allegramente a braccetto.
« Ciao, ragazze » salutò.
« Ciao, Evans » si accodò James, sorridendo speranzoso verso di lei, che puntualmente non lo degnò di uno sguardo. « Ciao, Scarlett » proseguì, deluso.
« Ehi, Banks » fece invece Sirius, ammiccando. « Come stai? E' da tanto che non ci facciamo due chiacchiere ».
« Scusami, Black, ma quando mai noi due ci siamo fatti due chiacchiere nella nostra vita? Stammi alla larga, per favore » concluse secca, rivolgendosi nuovamente a Remus sorridente.
« Allora, Remus! » esordì, sfregandosi le mani. « Che mi dici? »
Lui la guardò, per l'ennesima volta senza capire. Ma che stava succedendo?!
« Non hai nulla da raccontarci, Remus? » fece eco Lily, incalzante.
« Remus, Evans vuole che le racconti qualcosa » intervenne James. « Fa' come Evans comanda ».
« Non ti intromettere, Potter » tagliò corto lei, stizzita. « Allora, parla ».
« Che devo dire? » fece Remus, sull'orlo della disperazione, guardando Peter che pareva essere rimasto l'unico sano di mente in quella banda di pazzi.
« Mah, non lo so... Cosa ti è capitato ultimamente? » domandò Scarlett. « Molto ultimamente... Proprio poco fa, diciamo ».
« Oh » rispose lui. « Ho cenato ».
« Mmm... Un po' prima! » lo incoraggiò Lily.
« Sono... ehm... arrivato in Sala Grande ».
« Oh, insomma! » sbottarono le due in coro. « Che hai fatto con Miley? »
Lui sgranò gli occhi, scioccato. Anche loro erano state coinvolte in quell'assurdo complotto. Non poteva che essere una congiura contro di lui.
« Ma si può sapere che avete, tutti? » sbottò, esterrefatto, alzandosi da tavola. « Ho fatto lezione con Miley, me l'avete consigliato voi! O sto diventando pazzo? »
E senza neanche avere cura di prendere la sua borsa, si diresse a grandi passi verso l'uscita, lasciando tutti di stucco.
Lily e Scarlett si fissarono, senza capire.
« Ma che abbiamo detto? » esclamarono contemporaneamente, allibite.
James scrollò le spalle. 
« Luna storta » spiegò. « Gli capita spesso ».
 

*  *  *

 
Quella mattina di inizio Ottobre era iniziata nella maniera più pacifica e normale possibile.
Il sole, stranamente, splendeva pigro tra le nuvole gonfie del cielo, gli uccellini cinguettavano allegramente tra le fronde degli alberi, qualcuno passeggiava sul prato per godersi le prime luci di un meraviglioso mattino, magari tenendosi per mano, e anche il violento Platano Picchiatore stava calmo e immobile al suo posto. Il lago era solleticato da una leggera brezza, e dalla Foresta proveniva un vento lieve che scuoteva appena i fili d'erba fresca.
Su Hogwarts regnava la pace.
Tutto questo fino a che...
« EEEEEEEEEEEEEEEEEEVAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAANS! »
L'urlo di James Potter squarciò l'aria.
Nel dormitorio femminile, in cui la suddetta Lily Evans dimorava, accaddero molte cose contemporaneamente: Alice, ancora tutta presa dal suo sonno ristoratore e avvolta dal suo adorato pigiama giallo canarino, sobbalzò di colpo e cadde dal letto con un sonoro tonfo che fece vibrare il pavimento, cominciando a borbottare il nome di Frank senza una motivazione ben precisa e aggrappandosi alle coperte scivolate a terra come fossero la sua unica ancora di salvezza; Emmeline, già vestita di tutto punto e pronta per la nuova giornata scolastica, fece cadere l'enorme spazzola decorata con pietre colorate con la quale si stava pettinando da quasi mezz'ora e si guardò intorno, spaventata; Mary, che si stava infilando un paio di collant con qualche difficoltà, saltellò un paio di volte sul posto prima di precipitare rovinosamente a terra accanto al corpo esanime di Alice; Scarlett spalancò la porta del bagno, un asciugamano avvolto intorno al corpo, guardando allarmata da una parte all'altra ed esclamando: « Ma che accidenti è stato?! »
Mentre, Lily... Lily sgranò gli occhi terrorizzata e si precipitò giù per le scale, ancora in pigiama, credendo che qualcuno avesse disperato bisogno di lei.
« Che succede? Cos'è stato? Chi è morto? » disse a raffica, prima ancora di arrivare in Sala Comune.
Ma terminati gli scalini e trovatasi di fronte la scena, il mondo le crollò addosso.
La Sala Comune era deserta a parte quattro persone dall'umore assai diverso: Remus stava seduto sul divano, la schiena curva, le mani tra i capelli, apparentemente disperato; Sirius, al contrario, era appoggiato al muro a braccia incrociate, rilassato, godendosi lo spettacolo con aria soddisfatta e un ghigno pronunciato stampato in viso; Peter pareva nervoso, come in attesa di una catastrofe imminente di cui non conosceva gli effetti ma di cui temeva le conseguenze, sia per la propria incolumità che per quella dell'amico; James, infine, aveva sul volto un sorriso a trentadue denti che stonava con il resto della situazione, e la fissava con gioia palese, come se l'avesse attesa per tutta una vita, in piedi accanto alla bacheca degli annunci.
« Tu? »
Lily era esterrefatta. Si era presa una paura tremenda, era scesa per le scale a tutta velocità con il rischio di cadere e perdipiù con addosso quel pigiama ridicolo... per James Potter?
« Sì, io! » rispose lui, allegramente. « E chi credevi che fosse? Grazie di essere venuta così presto, non me l'aspettavo, sono contento! Bello il tuo pigiama! »
Lei guardò in basso, orripilata. Indossava un pigiama rosso fuoco con l'enorme leone di Grifondoro stampato in petto e le pantofole identiche, che ruggivano.
Ma James aveva parlato sinceramente, come sempre. Ciò che lei indossava gli piaceva moltissimo.
« Vieni, Evans, devo assolutamente farti vedere una cosa! Dai! » la esortò, sempre con quel tono estremamente felice che faceva demoralizzare tanto Lily.
Lui attese e quando vide che non pareva capace di compiere un passo andò a prenderla, afferrandola delicatamente per un polso e guidandola verso la sua precedente postazione. Remus e Peter si prepararono al peggio, Sirius continuò a osservare la scena, sempre più compiaciuto.
« Leggi! » esclamò James, indicando un foglietto azzurro attaccato alla bacheca. « Avanti, Evans, leggi! Su! »
Ma vedendo che la ragazza non reagiva, James le prese il viso tra le mani e deviò la traiettoria fino alla giusta destinazione, poi ripetè: « Ora leggi! » e attese con ansia.
Lily, rassegnata al suo destino, lesse l'annuncio e le si raggelò il sangue nelle vene già al primo rigo.
 
Si avvisano gli studenti a partire dal terzo anno che la prima uscita ad Hogsmeade è prevista per sabato 9 Ottobre.
 
No. NO. No, no, no, no, no, no, no... NO.
« Sì, Evans, hai letto bene, il gran giorno sta per arrivare! » esclamò James al picco massimo della sua felicità. « Quando l'ho letto non riuscivo a credere ai miei occhi! Ma ti rendi conto, Evans? Finalmente potremo uscire insieme! »
La prese per le spalle per guardarla meglio e infonderle più che poteva la sua gioia, ma lei pareva spenta, vuota, priva di emozioni.
« Evans, che hai? Anch'io sono emozionato, lo so! Aspetta »
Tossicchiò un paio di volte, si scompigliò i capelli e si mise in ginocchio, prendendole una mano tra le sue.
« Lily Evans » esordì con voce profonda, guardandola intensamente. « Vuoi venire ad Hogsmeade con me? »
Sirius scoppiò a ridere silenziosamente, Peter si preparò mentalmente all'esplosione, mentre Remus affondò ancor di più le mani tra i capelli.
Proprio così. L'aveva fatto. L'aveva fatto davvero.
E dire che aveva intrapreso così bene la strada verso una convivenza pacifica e armoniosa con lei... Aveva osservato per bene ogni regola del famoso decalogo, era stato attento a non commettere più i vecchi errori e i risultati si erano fatti vedere ben presto, nella reazione positiva di lei di fronte al suo diverso approccio. Ma c'era una cosa che a James faceva perdere totalmente la ragione. C'era una cosa che riusciva a fargli dimenticare qualsiasi buon proposito, che gli faceva perdere di vista qualsiasi obiettivo positivo... che lo faceva letteralmente andare fuori di testa, senza rimedio: l'uscita a Hogsmeade.
Sì, perché bastava quel semplice annuncio a rovinare ogni cosa, anche quel minimo rapporto stretto con lei. Bastava che lui leggesse quelle poche righe per smarrirsi nella sconsideratezza, per perdere il lume della ragione, e nessuno, nulla al mondo riusciva a farlo tornare alla retta via. Neanche una seduta con Remus di un pomeriggio intero avrebbe potuto distoglierlo dalla sua ambizione massima, ovvero quella di invitarla a uscire fino alla morte o fino a quando non avesse accettato - molto più probabile la prima - e a quel punto, alla fine, il mondo si arrendeva di fronte a lui.
In quel momento, mentre James fremeva nell'attesa di una risposta che questa volta, sì, ne era certo, sarebbe stata sicuramente positiva, entrarono trafelate in Sala Comune Scarlett ed Emmeline, e i loro sguardi si posarono subito sull'anormale scena di James in ginocchio di fronte a Lily.
Doveva essere successo qualcosa di strano. Molto strano. E di pericoloso. Molto... molto pericoloso. Per tutti.
« Ma che diamine...? » cominciò Scarlett, guardando a turno i Malandrini sempre più esterrefatta. « Mi spiegate, per piacere, cosa diavolo succede? »
« Scarlett, mi hai rovinato la suspence! » si lagnò James, senza smuoversi dalla sua posizione.
Scarlett posò nuovamente gli occhi su di lui e decise di avvicinarsi per cercare qualche delucidazione, con Emmeline al seguito che pareva un po' sconvolta.
« Leggi là, Banks » le suggerì Sirius, parecchio divertito. « Sulla bacheca ».
Lei obbedì e, proprio come Lily, già al primo rigo capì ogni cosa e si sentì mancare il respiro.
Emmeline passò all'azione, decisa a risolvere la situazione nella massima calma, perché Lily pareva proprio una bomba sul punto di esplodere che però stava tardando molto a farlo, forse per lo shock ancora fresco dovuto a ciò che era appena accaduto. Così la prese a braccetto e la condusse lontano da James, la cui mano tentò di trattenere quella della ragazza ma che alla fine scivolò a terra, come afflosciandosi per la delusione.
« Ma... Mel... » balbettò lui, sembrando un bambino a cui avevano sottratto il suo giocattolo preferito. « Lily doveva darmi una risposta... »
Scarlett gli posò una mano sulla spalla e scosse appena il capo, dispiaciuta. Poi, sempre senza parlare, si avviò insieme all'altra ragazza verso i Dormitori, trasportando Lily con sè, un po' spaventata per la possibile esplosione.
In Sala Comune piombò il silenzio. James si rialzò a fatica e si buttò sul divano, e solo allora Remus risollevò il capo per guardarlo.
« Ma perché l'hai fatto? » disse, affranto. « Ti rendi conto almeno che l'hai messa sotto shock? »
L'altro sbuffò, scocciato. « Ma cosa dici, dai? » sbottò. « Stava per dirmi di sì ».
Sirius rise, e James gli lanciò prontamente un'occhiataccia malevola che non riuscì a farlo smettere, ripetendo ancora una volta che Lily stava sicuramente per rispondergli che sarebbe uscita con lui, senza ombra di dubbio.
Nel frattempo Scarlett era scesa nuovamente in Sala Comune, e si avvicinò a James, sedendosi sul divano accanto a lui.
« Ma che ti è saltato in testa? » gli chiese senza preamboli.
Lui si voltò a guardarla addolorato. « Ma, Scarlett, anche tu sei contro di me? »
« Come ha reagito Lily? » tagliò corto Remus rivolgendosi alla ragazza.
« E' ancora un po' sconvolta, poverina » mormorò lei, scuotendo il capo afflitta. « E' comprensibile, bisogna darle tempo ».
Remus annuì lentamente. Pareva che stessero parlando di una ragazza che aveva subito un grave shock provocandole dei danni permanenti.
« James, certo che anche tu quest'anno stai dando il meglio di te, eh » esclamò Scarlett all'improvviso, con tono di rimprovero. « Prima ti presenti alla ronda con una giacca elegante e una rosa in mano, ora ti inginocchi per invitarla a uscire... insomma, ci tieni proprio a farti odiare! »
Lui si sbattè uno dei morbidi cuscini scarlatti in piena faccia, sperando di farsi più male possibile.
« Non è colpa mia » biascicò, la voce alterata per il contatto con la stoffa spessa. « Quando vedo l'annuncio dell'uscita a Hogsmeade... è più forte di me, non so spiegarvelo, ma sento che devo assolutamente invitarla ».
Scarlett gli strinse una mano in segno di comprensione, mentre Remus parve molto più restio al perdono per l'atto commesso. Lo guardò severo, ben sapendo che non poteva vederlo, ma l'aria di rimprovero parve penetrare anche attraverso il cuscino e James riemerse, il volto segnato dalla disperazione.
« Ma, Scarlett » disse piano. « Tu credi davvero che mi avrebbe detto di no? »
Gli occhi della ragazza parvero dilatarsi per la tenerezza con cui lo guardò e non riuscì a trovare il coraggio o la crudeltà per rispondere a quella semplice domanda di cui conosceva perfettamente la risposta. Sembrava un vero cerbiatto impaurito.
« No, James, non lo so... » balbettò, in evidente difficoltà, mentre Sirius continuava a sghignazzare dietro di lei. « Magari no... Non saprei... »
« Okay » borbottò lui, chinando il capo, sconfitto. 
Ormai doveva ammettere di essersi abituato a ricevere continui no ogni volta che le chiedeva di uscire ad Hogsmeade, anzi era diventata una vera e propria tradizione secolare, una scena trita e ritrita nonostante lui cercasse sempre di cambiare il modo, la situazione, il luogo e la formula con cui proporsi a Lily. Ogni volta, però, era sempre una nuova sconfitta, e a quelle James non si abituava mai. Fortunatamente, comunque, a quel senso di vuoto e smarrimento seguiva sempre la voglia di riprovarci, la volontà di affrontare nuovamente quella sfida così ardua e difficile da vincere, perché, una volta raggiunto l'obiettivo, tutta la fatica e i dispiaceri per quei no sarebbero spariti in un lampo, lasciando spazio alla gioia, al trionfo e alla soddisfazione di poter finalmente dire: sì, io, James Charlus Potter, ce l'ho fatta.
« Io non mi arrendo » disse infatti James, rialzando la testa con fierezza. « Glielo richiederò. E lo farò in modo tale che non potrà dirmi di no! » concluse, come a suggellare un patto con se stesso e a volersi motivare per portarlo a compimento.
« Bravo, amico, questo è parlare! » lo incoraggiò Sirius che, ridendo, pensava già al prossimo due di picche che James avrebbe presto ricevuto.  
Scarlett gli rivolse un'occhiata sprezzante. Che razza di essere infido, rideva anche di fronte alle sventure del suo migliore amico...
« Bene » disse. « James, senti, però, cerca di non combinare altre idiozie, non so come potrebbe reagire Lily ».
Lui annuì con fermezza, convinto che da allora in poi avrebbe agito nel più esemplare dei modi mettendo in pratica alla lettera tutte le regole del Codice.
« Ma quand'è quest'uscita a Hogsmeade? » domandò poi Scarlett, alzandosi con leggiadria dal divano e dirigendosi alla bacheca degli annunci.
« Mmm » commentò infine in tono neutro.
« Noi scendiamo a colazione, Scarlett » le disse James dopo un po', alzandosi anche lui. « Vieni con noi o...? »
« Aspetto qui le ragazze » rispose lei, sorridendo. « Ci vediamo dopo ».
I Malandrini la salutarono e si avviarono verso il ritratto della Signora Grassa prima di voltarsi simultaneamente. Sirius era rimasto fermo in Sala Comune.
« Felpato, non vieni? » fece Peter.
« Tra un secondo » rispose lui. « Voi andate ».
Il ragazzo scrollò le spalle e, insieme agli altri, spinse da una parte il ritratto e andò via.
Nello stesso momento, senza una parola, Scarlett fece qualche passo verso la scala a chiocciola che conduceva ai Dormitori, ma Sirius la bloccò.
« Che maleducata, Banks » le disse, scuotendo il capo come a rimproverarla. « Te ne vai senza salutare? E dire che sono rimasto qui per te ».
Lei sbuffò rumorosamente. « Che noia che sei, Black » sbottò, tagliente. « Ancora non ti sei stancato? Mi blocchi per i corridoi, fai queste battutine idiote e tenti di comportarti da playboy provocante... con me non attacca, vuoi capirlo? »
Sirius sorrise. Lei si aspettava forse che quelle parole lo scalfissero anche solo minimamente? Come lo conosceva male...
« Chiariamo un paio di cosette, Banks » le disse col tono più angelico che riuscì a trovare. « Primo, io non ti blocco per i corridoi, al massimo ti saluto o ti dico qualcosa e alla fine decidi sempre tu di intrattenerti a litigare, perché farlo ti piace. Secondo, io non faccio battutine idiote, perché ogni volta ribatti e, a seconda dei casi, ne resti anche colpita. Terzo, io non tento di comportarmi da playboy provocante o roba del genere, io mi comporto come ho sempre fatto e se i miei atteggiamenti ti turbano, questo dipende solo da te. Comprendi? »
Lei boccheggiò, sconvolta per quelle assurdità colossali. Ma che cosa gli era preso? L'aveva fermata per spararle addosso idiozie e stupidaggini a raffica? Quel ragazzo era completamente pazzo e lei non riusciva più a sopportare anche solo la sua presenza.
« Ma si può sapere che diavolo ti prende? » esclamò, il tono di voce che raggiungeva picchi altissimi. « Dovresti riascoltare quello che hai detto! Tu... tu sei completamente pazzo, Black, sei pazzo, te lo dico io! »
Lo scansò per salire ai Dormitori ma lui non la lasciò andare e lei si infuriò come non mai.
« DEVI LASCIARMI CAMMINARE! » urlò. « Non lo sopporto, non sopporto che mi blocchi mentre cammino, mi fa salire il sangue al cervello, devi smetterla! Non mi lasci passare e alla fine non hai mai nulla di sensato da dirmi, ti sembra normale questo? Dici sempre che vuoi parlarmi, che devo ascoltare quello che dici, ma cos'è che vuoi, posso saperlo? »
« Ci vieni ad Hogsmeade con me, Banks? »
Si fece vicino come faceva sempre, ogni dannata volta. La pressione che riusciva a mettere addosso quel ragazzo era incredibile. Non sembrava abituato a ricevere dei no, pareva determinato a ottenere sempre ciò che desiderava e lei era diventata quasi un'ossessione, una fissa che non lo disturbava ma anzi lo divertiva immensamente. E quella volta era andato a segno, perché sì, come le aveva detto non molto tempo prima, lui era perfettamente capace di impressionare la gente. Di impressionare lei, che pareva assai difficile da sorprendere. 
Infatti lo fissò, senza sapere cosa dire, non perché fosse titubante riguardo la risposta alla diretta domanda, ma perché l'aveva lasciata di stucco, semplicemente.
« Allora? » la incalzò lui, come se davvero fosse curioso di scoprire quale fosse la risposta. « Ne hai voglia o no? »
« Io... » balbettò lei, sconvolta. « Ma... ma che domanda è? »
Lui rise e lei fu ancora più confusa. « Una domanda semplicissima, Banks » ribattè, scrollando le spalle. « Si va ad Hogsmeade questo sabato, volevo sapere se avessi voglia di andarci insieme a me. E' forse difficile da capire? »
Lei aprì ripetutamente le labbra per poi richiuderle. Non riusciva a credere alle sue orecchie.
« Io... Sei... E'... stai scherzando? » concluse infine, sotto shock.
« Ti sembro uno che scherza? » le domandò lui, inarcando un sopracciglio, così vicino che i capelli che gli ricadevano ai lati del viso quasi sfioravano il suo.
« Tu... tu sei completamente impazzito » risolse infine lei, immobilizzata sul posto.
Il ragazzo sbuffò. Sembrava un principe viziato e facile da stancare.
« Non mi hai risposto, Banks » mormorò. « Io sto aspettando ».
« Ma che cosa...? » biascicò Scarlett. « Aspettare che cosa? Io davvero... »
« Banks, non mi piace ripetermi, sai? » disse. « Vuoi venirci con me o no? »
Lei non rispose. Era completamente paralizzata da cosa non lo sapeva neppure lei.
« Cosa...? Cosa vuoi che ti dica, di sì? »
« Io non voglio niente, Banks, ho semplicemente chiesto e ancora aspetto che tu mi risponda ».
Scarlett lo fissò furibonda per un po', poi lo allontanò con uno strattone e fece per andarsene.
« La risposta è NO! » gli urlò addosso.
« Come previsto... » borbottò lui tra sè e sè, allontanandosi verso l'altro capo della stanza.
Lei si arrestò sul posto e si voltò di scatto. « Che cosa vorresti dire con questo? » sbottò, accalorandosi di colpo.
Sirius alzò le spalle e la guardò con aria annoiata. « Che era esattamente ciò che mi aspettavo da te e che per l'ennesima volta io avevo ragione ».
« Su cosa? » gli domandò lei, che inconsciamente gli stava dando corda. Eppure pareva rapita in qualche modo da lui, troppo curiosa di sapere dove volesse andare a parare con quel discorso all'apparenza insensato per andare via proprio in quel momento.
« Io sono riuscito a spiazzarti, tu neanche per idea » replicò inespressivo, come se fosse sinceramente deluso da lei e dal suo atteggiamento.
Lei pensò che quel dialogo fosse il più assurdo che avesse mai intrapreso in vita sua. Sirius era la persona più assurda e imprevedibile che avesse mai conosciuto in vita sua. Ma stava lì ad ascoltarlo, a ribattere ad ogni provocazione, stanca di lui, eppure del tutto assorbita dal suo particolare modo di fare.
« Quello che dici non ha senso » balbettò, spaesata per non avere il controllo della situazione.
Lui inarcò un sopracciglio e la fissò. « Mi hai capito benissimo, Banks » le disse. « Avevi detto che non sarei stato capace di impressionarti, invece eccoti qui, completamente sperduta solo perché ti ho invitato a uscire. E' stato facile, sai? Non lo credevo. E tu invece... che delusione. Mi aspettavo qualcosa di diverso al posto dei tuoi soliti rifiuti strillati in faccia ».
Lei si affrettò a scendere i pochi gradini che aveva iniziato a salire, fiondandosi su di lui con i lunghi capelli scuri che parevano smossi dal vento. 
« Come ti permetti di parlarmi così? » esclamò quando fu a un passo da lui, sconcertata dalla sua superbia. « Io non vivo in funzione di te, Black, la mia ambizione massima nella vita non è quella di riuscire a colpirti perché non m'importa un accidente di te o dell'opinione che hai di me, capito? Tu pensi che tutto l'universo ruoti intorno a te solo perché quattro sgualdrine ti corrono dietro, ma non è così, e io di quell'universo non ne faccio parte e non ne farò parte mai. Adesso è tutto chiaro? »
Sirius sorrise di fronte alla sua espressione sconvolta e sprezzante. L'aveva vista fin troppe volte stampata sul suo viso per poter ancora subirne gli effetti. Finalmente però aveva reagito, trovando un po' della vecchia se stessa, la ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa che lui non odiava più così tanto.
« Ci hai messo un po' a riprenderti, Banks » osservò lui, scostandole un ciuffo di capelli che per la rabbia le era ricaduto sugli occhi. « Ma alla fine ce l'hai fatta, sono contento. Ci siamo persi il fulcro della discussione, però, con questa tua sfuriata ».
« E qual era, sentiamo » sbuffò lei, senza però osare girare i tacchi e andare via.
« Non hai accettato di uscire con me » spiegò lui.
« Grazie tante » fece lei, sarcastica. « Ma non capisco dove vuoi arrivare ».
Sirius sospirò. « Se avessi accettato credo che ti avrei ritenuta davvero brava a giocare, Banks » disse secco. « Sarebbe stato un gran punto per te e mi avresti fregato in pieno, ma tu non ragioni con furbizia, e adesso vinco io ».
« Cosa...? » mormorò lei. « Tu farnetichi. Io non uscirei mai con te ».
« Allora non vincerai mai ».
Lei lo fissò con odio. « Questo è un gioco che hai cominciato tu! » urlò. « Non ho intenzione di sottostare alle tue stupide regole! »
« Quindi vincere non ti interessa? » chiese lui, curioso. « Perciò perché sei ancora qui? Perché discutiamo ancora? Credevo te ne stessi andando ».
Scarlett pensò che ne aveva davvero abbastanza. Quello sguardo d'acciaio così sicuro di sè, così tracotante... Dio, quanto lo detestava.
Ma non andava via. Perché non andava via? Stava lì a sentire ogni sua affermazione presuntuosa, provando maggiore disgusto ad ogni parola, eppure non si muoveva di lì, continuava a fissarlo, a sopportare, a tentare di tenere alta la testa e in pugno il gioco, senza però riuscirci troppo bene.
« Io... Me ne vado allora » disse, con finta fermezza, voltandogli le spalle per poi bloccarsi un attimo dopo. Lui ghignò. 
« No che non me ne vado! » esclamò poi lei, altezzosa. « Vattene tu! »
« La Sala Comune è comune, Banks » replicò lui, per nulla ferito. « Torno a ripeterti che non esisti solo tu ».
« Ma sta' zitto! » sbottò lei, esausta. « E io avrei dovuto trascorrere un intero pomeriggio con te? Neanche morta! »
Lui rise. Sentirglielo dire non poteva che fargli piacere.
« Io ti ho invitata per tentare di riportare la pace fra di noi, Banks » le disse innocentemente. « Ma tu vuoi sempre e solo litigare. Comincio a pensare che tu tenga a questa sfida molto più di quanto ci tenga io. Mi dispiace, però, stiamo due a uno per me ».
Scarlett fece una smorfia. « Te la farò pagare, Black » sibilò inviperita. « Vinco sempre io, sappilo ».
« Eccola tornata in sè » borbottò Sirius. « Sei insopportabile, arrogante e altezzosa, Banks. Ma con me non avrai vita facile ».
« Io con te non voglio averci a che fare, Black ».
« Ormai ci sei dentro, tesoro. La sfida è aperta e devi giocare ».
E, dopo averle rivolto un breve sorriso, la scansò per uscire a grandi falcate dalla Sala Comune, lasciandola smarrita e furiosa per quella sfida che non aveva fatto altro che alimentare.

 
*  *  *

 
Quando Sirius entrò in Sala Grande per la colazione del mattino, si diffuse all'istante un fitto chiacchiericcio, proveniente soprattutto da un gruppetto di ragazzine del quinto anno alla tavola di Grifondoro che cominciarono a guardarlo adoranti e a bisbigliare tra loro sghignazzando.
Lui non parve farci caso e si diresse a passo rilassato verso gli amici, le mani in tasca, il volto impassibile.
Scarlett, scesa prima di lui, che invece si era trattenuto ancora, strinse i pugni attorno alle sue posate e fissò il legno scuro del tavolo.
« Era ora! » lo accolse James, ficcandosi in bocca una forchettata di uova e bacon. « Uanto fai meffo? »
« Prego? » fece Sirius educatamente, sedendosi accanto a lui e avvicinando a sè tutti i piatti che aveva alla sua portata.
« Guarda che gli elfi cucinano per Grifondoro, Sirius. Non per te » lo redarguì Remus, puntandogli addosso una forchetta con fare minaccioso.
Sirius scrollò le spalle e continuò a versare sul suo piatto di tutto, anche solo per il piacere di vedere l'amico infuriarsi con lui.
Quel ragazzo provava un piacere perverso e del tutto immotivato nel provocare il disappunto degli altri o nel sentirsi perennemente rimproverato per qualcosa. Gli altri, infatti, non capivano che urlargli in faccia e dargli del maleducato, stupido irresponsabile o quant'altro gli faceva piacere.
« Si può sapere che hai combinato? » gli domandò ancora Remus, fissandolo sospettoso come se fosse ad un esame.
Sirius si prese tutto il tempo per rispondere, facendolo innervosire alquanto, poi, quando lo ritenne opportuno, parlò.
« Ho scambiato due parole con la Banks » spiegò, piuttosto vago. « Mi mancavano le chiacchierate amichevoli con lei. E' un tesoro, quella ragazza ».
Remus sbuffò. « Certo che è un tesoro, lo è infatti, ma tu la fai diventare un demonio... Sei incredibile, davvero » disse, scuotendo il capo.
« Lo so, Lunastorta » ribattè l'altro con un sorriso. « Ma le mie intenzioni con lei erano tutt'altro che belliche. Le ho semplicemente chiesto se le andava di venire ad Hogsmeade con me questo sabato ».
James e Remus, seduti l'uno di fronte all'altro, si sputarono reciprocamente in faccia il succo di zucca che stavano bevendo. Peter non ebbe particolari reazioni. Lo fissò, semplicemente sconcertato da ciò che aveva appena udito.
« Cos'hai fatto? » squittì a mezza voce. « Sono sicuro di aver sentito male ».
Lui rise della reazione degli amici. « Che c'è? » domandò, stupito. « Non posso sempre farmi invitare dalle altre. Sono un cavaliere o no? Ho pensato che le avrebbe fatto piacere sapere che volevo... come dire... rendere un po' più pacifici i nostri focosi rapporti ».
James sogghignò. « Tu non hai focosi rapporti con lei » gli ricordò, masticando una salsiccia. « Vorresti averli, ma da questo punto di vista siamo messi proprio male ».
Sirius alzò gli occhi al cielo. « Guarda che non sento la mancanza di suddetti rapporti con qualcuno » disse con la massima calma, e Remus sentì l'impulso di alzarsi e andare via. Non potendolo fare, cominciò a sbattere la testa sul tavolo come sempre, richiamando gli sguardi sbigottiti dei vicini.
« Remus, piantala, per piacere, mi fa male anche solo guardarti » lo implorò Peter, prendendolo per la collottola e allontanandolo dal piano del tavolo.
« Ti ringrazio, Pet, per fortuna ci sei tu » borbottò lui, dandogli qualche pacca amichevole sulla spalla. « Comunque, Sirius, sei veramente la persona più ripugnante che abbia mai avuto la sfortuna di conoscere. E ti assicuro che se mai incontrerò qualcuno che sia peggio di te, penserò seriamente di togliermi la vita e sarà solo per colpa tua ».
« Che fardello che mi toccherà portare... » sbuffò quello, sorridendo. « Evita, Remus ».
« Comunque » riprese Peter. « Vuoi spiegarci per bene perché l'hai invitata sapendo benissimo che ti avrebbe detto di no? »
« Lei non si aspettava che io lo facessi » spiegò semplicemente lui. « Avreste dovuto vedere come c'è rimasta... L'ho colta di sorpresa ed era l'unica cosa che volevo. Di sicuro non è che morissi per andare ad Hogsmeade con lei, non ci trovo nulla di entusiasmante in un'uscita con la Banks. Non farebbe altro che parlare di quanto sono idiota, di come con lei non attacchi, quando sa meglio di me che non è così! Bah... quella ragazza crede di potermi tenere testa, ma si sbaglia di grosso... »
Gli altri lo ascoltarono sempre più scioccati. Quella mattina si era svegliato con l'intento di sembrare insopportabile a tutti, e c'era riuscito alla grande.
« E quindi? » domandò James infine. « Quali sono i tuoi piani adesso? »
Sirius si grattò il mento con aria distratta. « Al solito » rispose noncurante. « Uscirò con la prima che me lo chiede. Se mi piace ».
Come se si fossero messi d'accordo, tutti e tre i Malandrini scossero il capo sconsolati.
« E voi, invece? » chiese ancora James, rivolto agli altri. « Che intenzioni avete? »
Loro si scambiarono un'occhiata. « Al solito anche noi » rispose Remus. « Insieme ».
« Ma Remus! » esclamò lui, picchiando un pugno sul tavolo e facendo saltellare le fettine di bacon sul suo piatto. « Pensavo che l'avresti chiesto a Miley! »
« A Miley? » fece lui, che non aveva preso minimamente in considerazione neanche l'ipotesi di uscire con lei.
« A Miley, certo! » rispose l'altro, sconvolto quanto lui. « Andiamo, non dirmi che non stai bene con lei! E' così carina, così gentile, su, perché? »
Remus lo fissò, confuso. « Perché... perché no! » ribattè. « Io non esco con le ragazze ».
In quell'istante calò il gelo.
« Sirius, dammi un pugno » disse James inespressivo. « Forte. Mi devo riprendere ».
Sirius annuì allegramente e obbedì. James imprecò a piena voce.
« Bastardo schifoso e peloso, piano! Io con questo braccio ci devo giocare! Ci devo vincere il fottutissimo Campionato! » inveì. « Comunque, Remus, la tua frase era penosa. Ma ti rendi conto di quello che dici? »
« Andiamo, James, mi parli come se non sapessi cosa sono...! » replicò l'altro, le guance arrossate. Non gli piaceva che si parlasse di lui.
« E' assurdo che tu non esca con Miley per il tuo piccolo problema peloso! » lo rimbeccò James. « Se stai così bene con lei, escici, non farti tutte queste paranoie inutili! Se la conoscessi più a fondo scopriresti che non è una di quelle persone che hanno dei pregiudizi. Non farti influenzare dal suo stato di sangue, è una persona magnifica come sua sorella, fidati di me ».
Remus sbuffò. « Non sto dicendo che Miley non sia... insomma, lo so che è... »
« Cosa? »
« Non lo so! E' fantastica, certo, ma ad ogni modo, è un'amica. Un'amica come Scarlett... o Lily... Non farti castelli in aria solo perché parlo con una ragazza, d'accordo? »
James lo guardò a lungo, poi decise che era meglio lasciar perdere. Remus era molto suscettibile riguardo a quell'argomento.
« Saliamo in Dormitorio un attimo? » domandò Sirius cauto.
« Vuoi salire sette piani per fare cosa di preciso? » chiese James, fissandolo.
Lui parve rifletterci. « Oh, giusto, nulla » disse infine, sollevando le spalle. « Beh, comunque, usciamo ».
Si alzarono dalla tavola e fecero per andare via, quando una ragazza, in compagnia dell'amica, richiamò James e lui si voltò.
« Ciao » dissero in coro.
« Ciao » rispose lui.
Le ragazze si scambiarono uno sguardo prima di parlare. Quella più bassa tossicchiò.
« James » esordì, e Lily e Scarlett, sedute lì vicino, si voltarono, la prima scocciata, la seconda curiosa e divertita. « Scusa se ti ho disturbato, mi chiedevo... mi chiedevo se magari... mi chiedevo se ti andasse di venire ad Hogsmeade con me » disse precipitosamente, rossa in viso.
« Oh » fece James, mordicchiandosi un labbro. Lei abbassò lo sguardo, torturandosi le mani e lui non seppe come rispondere in maniera gentile. In quello era bravo Remus, non lui, dannazione. « Io... ti... ti ringrazio, Lisa, ma... insomma, mi dispiace, però... io pensavo... pensavo di chiederlo a... a un'altra ragazza, ecco. Solo per questo, io... Scusami, non... »
« No no no, nessun problema! » lo interruppe lei, le guance in fiamme. « Davvero, tranquillo, capisco, va... okay. Ci... ci vediamo in giro, allora ».
« Sì » mormorò James dispiaciuto. « Ci... ci vediamo... »
La ragazza si allontanò insieme all'amica, piuttosto giù. James, dopo averla osservata per un po', gettò un'occhiata verso Lily.
Era rimasta a fissare il punto esatto in cui la ragazza era stata ferma un attimo prima. Quando si riprese alzò lo sguardo, intrecciandolo a quello di lui, che non parlò. Lei socchiuse le labbra come se avesse voluto dire qualcosa, ma poi le richiuse, più confusa che mai, e tornò a fissare il pavimento.
James la scrutò solo un secondo più del necessario prima di andare via.
Nessuno disse nulla, finché, quando avevano solo fatto qualche passo, ad avvicinarsi fu un'altra ragazza, alta e slanciata, dai lunghi capelli mossi.
« Ciao, Sirius » disse, ignorando del tutto gli altri.
Lui inarcò un sopracciglio, sorpreso, e la fissò. « Ciao, Lexie ».
« Come va? » chiese, e senza aspettare una risposta, proseguì: « Hai impegni questo sabato? Per l'uscita a Hogsmeade? »
Sirius la osservò a lungo, riflettendo. « Credo proprio di no » rispose infine, malizioso.
« Bene » disse lei senza traccia d'imbarazzo. «  Allora potremmo andare insieme ».
Lo guardò in attesa, arrotolandosi intorno al dito una ciocca di capelli con aria annoiata.
« Sì, potremmo » rispose infine lui. « Ci si vede, Lexie ».
Lei se ne andò solo con un cenno e a quel punto Sirius si voltò verso Scarlett, che dalla panca dei Grifondoro aveva assistito alla scena.
« Banks, qualcosa non va? » chiese a voce piuttosto alta. « Che hai da guardare? »
Lei a quel punto esplose. Si alzò di scatto, mettendosi la borsa in spalla, si diresse verso di lui come una furia e gli mollò uno schiaffo in pieno viso.
« Per oggi mi hai stancato abbastanza » sibilò, per poi spingerlo da parte e percorrere a grandi falcate il resto del corridoio verso il grande portone d'entrata.
« Signorina Banks! » esclamò la professoressa McGranitt che era lì vicino. « Le sembra una cosa da fare in piena Sala Grande? »
Ma la ragazza si voltò con i capelli che sventolavano, furibonda. « Cosa, dare uno schiaffo a Sirius Black perché è la persona più insopportabile della terra? » urlò, irata. « Certo che mi sembra una cosa da fare in piena Sala Grande! Perché LO ODIO! »
Nella vasta e rumorosa Sala piombò il silenzio più assoluto, infranto dai passi furibondi di Scarlett che si affrettava ad andare via e delle amiche che si erano precipitate da lei per seguirla, mentre la McGranitt si voltò verso i Malandrini in cerca di spiegazioni.
Sirius era rimasto immobile, i capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi per la potenza dello schiaffo che aveva ricevuto, una guancia arrossata.
« Deve proprio aver esagerato, Black » disse pungente, le labbra serrate. « Sarei proprio tentata di mettere lei in punizione, ma quella della signorina Banks credo sia bastata. E' d'accordo con me? »
Lui non si degnò di guardarla, ma scostò i capelli dal viso con uno scatto.
« Andiamo » borbottò James a bassa voce, strattonandogli piano il braccio e rivolgendo all'insegnante uno sguardo di scuse.
Tutti e quattro si avviarono verso l'uscita rapidamente, senza una parola.
« Certo che sei proprio un bastardo! » sbottò James quando furono abbastanza lontani. « Conosco Scarlett da tutta una vita, non si arrabbia così facilmente per nulla! Non oso immaginare quello che le hai detto su in Sala Comune per farla arrivare in così poco tempo al punto di rottura! Sei un vero stronzo! »
Sirius sbuffò. « Ci mancano solo le ramanzine tue e di Remus, Ramoso... » mormorò, continuando a camminare verso il portone d'Ingresso, diretto alle serre di Erbologia. « Stamattina ne ho già viste abbastanza ».
« Scarlett ne ha viste abbasta-... » cominciò Remus, ma lui lo zittì.
« Non mi parlare di lei » disse secco. « Quella ragazza mi farà impazzire ».
E senza un'altra parola affrettò il passo, da solo, pensando che forse ci stava già riuscendo.
 

  *  *  *

 
Quella era stata una giornata estremamente stancante sia per James Potter che per Lily Evans. Innanzitutto, entrambi avevano dovuto sopportare l'umore instabile e tempestoso dei loro rispettivi migliori amici, e soprattutto l'uno era stato causa dell'esasperazione dell'altra e viceversa.
James aveva trascorso quelle ore a perseguitare Lily ovunque andasse, e l'aveva invitata a uscire in tutti i modi possibili e immaginabili.
Alla fine di ogni lezione l'aveva pedinata e bloccata per i corridoi, riformulando la frase in qualsiasi maniera gli venisse in mente di fare; in aula le aveva lanciato bigliettini a dismisura fino a quando Vitious non ne aveva intercettato uno e non l'aveva messo in punizione, esasperato; gliel'aveva urlato dopo pranzo di fronte agli sguardi divertiti di mezza scuola e gliel'aveva sussurrato all'orecchio dieci minuti dopo facendola sobbalzare, perché sul serio aveva sperato che se ne fosse andato davvero; aveva mandato Peter a chiederglielo dopo averlo ricattato senza pietà, e lei aveva strillato addosso anche a lui; aveva insegnato a dire alle piante parlanti della Sprite Lily Evans, vai ad Hogsmeade con James e lei aveva abbandonato le serre con la piena compassione dell'insegnante; aveva incantato oggetti vari affinché le portassero messaggi sempre con la stessa identica frase, che adesso più che una domanda era divenuta un'imposizione; aveva anche riprovato con i fiori, trasfigurando un mucchio di erbacce in un mazzo di splendidee orchidee che lei gli aveva gettato in faccia senza pietà. Insomma, durante la cena sembrava un reduce di guerra, totalmente stremato da tutti i no che aveva ricevuto quel giorno.
« Ma dico io » disse Sirius durante il dessert, « ne vale la pena per quella rossa? Ce ne sono tante meglio di lei! »
« Felpato, piantala » gli consigliò Remus. « Sai benissimo come la pensa ».
« E poi anche tu hai una fissa per la Banks » intervenne Peter saggiamente, leccando la sua piuma di zucchero indisturbato. « Se io ti chiedessi se ne vale la pena, tu cosa mi risponderesti? »
Sirius alzò lo sguardo su di lui. « Ma la Banks è un gioco, Codaliscia » rispose lui ridendo. « Non sono mica innamorato perso come questo stupido cornuto ».
James sbuffò e chinò il capo. « Ma mi chiedo » disse con voce sepolcrale, « proprio lei doveva piacermi così tanto? Non mi vuole, basta! Non si metterebbe con me neanche se ne andasse della sua vita! »
Remus e Peter lo guardarono impietositi, Sirius meno.
« Dai, James, non fare così » mormorò Peter, battendogli qualche pacca sulle spalle. « Mangia qualcosa, ti sentirai meglio. Non hai toccato cibo stasera ».
Ma lui scosse il capo. « No, non ho fame » disse, facendo per alzarsi. « Voglio tornare in Sala Comune ».
« Veniamo con te, fratello » fece Sirius, alzandosi di scatto anche lui e gettandogli un'occhiata indecifrabile.
Scherzare sulle sue pene d'amore per la Evans era divertente, ma James sembrava davvero stanco di tutti quei no, come se gli avessero fatto male sul serio quella volta, tanto da non trovarci nulla da ridere ormai. Lui, che trovava qualcosa di cui ridere in qualsiasi cosa al mondo. Lui, che di sorridere non si stancava mai.
Si diressero insieme verso l'uscita della Sala, poi su per le scale incantate, verso la Sala Comune al settimo piano. Camminarono l'uno accanto all'altro senza parlare. Sirius gettava occhiate di continuo a James, ma lui non vi faceva caso. Attorno a loro il silenzio era assoluto, fino a quando non sentirono una voce familiare. Una voce femminile. Una voce che somigliava spaventosamente a quella di...
« Lily! » sussurrò James, appostandosi dietro una parete per ascoltare.
« James, non puo-... » cominciò Peter.
« Shh! » fece lui sbrigativo. « Andatevene! »
Loro sospirarono e annuirono, dirigendosi silenziosamente verso la successiva rampa di scale.
« Jason, c'è qualcosa che non va? » stava dicendo Lily.
Jason. E ora chi diavolo era quel Jason? Jason Morrison, certo. Quel cascamorto di un Corvonero che moriva dietro Lily. James si era informato al riguardo.
« Oh, io... » stava borbottando in risposta lui. « Io avrei voluto chiederti una cosa, Lily, ma non so se... »
« Dimmi tutto » fece lei col solito tono gentile che riservava a chiunque tranne che a James.
« Io... mi chiedevo se magari volevi venire ad Hogsmeade con me » disse lui tutto d'un fiato.
James imprecò. Avrebbe dovuto aspettarsi che qualcun altro oltre a lui l'avrebbe invitata a uscire. D'altra parte, a scuola Lily era piuttosto popolare e in molti erano attratti da lei. Ma lui non aveva pensato minimamente a quell'evenienza, nella sua mente non si era nemmeno mai formata l'idea di lei che andava ad Hogsmeade con qualcuno che non fosse lui. La sola immagine era insopportabile agli occhi, la figura del meraviglioso tramonto di Hogsmeade in cui la sua piccola ombra si accostava a quella alta di lui, che magari la teneva per mano... 
« Sì. Mi piacerebbe ».
Al suono di quelle parole, lui poggiò la testa al muro e scivolò giù, fino a toccare terra, le mani tra i capelli.
Non poteva averlo fatto davvero. Non poteva aver accettato sul serio. Aveva sentito sicuramente male, Lily era lontana, le pareti erano alte nel castello, le voci rimbombavano in maniera strana, venivano alterate... Sì, doveva per forza essere accaduto questo. E mentre rifletteva, pensò di essere davvero uno stupido.
Eppure non riusciva a capire, la sua mente si rifiutava di accettare quell'idea... Lui le aveva chiesto di uscire un milione di volte, in tutti i modi, ma lei aveva continuato a rifiutarlo. Cosa c'era che non andava in lui? Forse aveva ragione lei, forse era davvero uno stupido arrogante, un bulletto senza cervello... 
D'un tratto, tutti i rifiuti ricevuti in quella giornata e in tutti quegli anni gli rimpiombarono addosso come un torrente in piena, lo sommersero totalmente nei dubbi e nelle insicurezze, facendolo precipitare dentro un oceano di domande a cui non sapeva rispondere.
Cosa doveva fare per riuscire a piacerle? Per fare in modo che anche solo la piantasse di guardarlo con disprezzo? Il sorriso puro e raggiante di lei durante la ronda parve un ricordo lontano anni luce, quasi sbiadito, come se fossero passati interminabili mesi invece che giorni.
E ripensando a quel suo tono così aggressivo, a quel suo sguardo così tagliente, riflettendo sul fatto che lui era l'unico, forse, a cui lo rivolgeva, pensò anche che probabilmente a Lily non sarebbe piaciuto mai, neanche se fosse cambiato del tutto... neanche dopo un milione di anni.
« Potter ».
Una voce dura e sorpresa lo riportò alla realtà e si voltò. Era lei, Lily.
« Che cosa ci fai qui? » chiese in tono sospettoso, scrutandolo dall'alto con attenzione.
Lui si rialzò a fatica, passandosi distrattamente una mano tra i capelli. « Io... ehm... » balbettò. « Camminavo e... sono stato male... un giramento di testa... »
Lei inarcò le sopracciglia, evidentemente scettica. « Potter, a chi vuoi darla a bere? » domandò scocciata, incrociando le braccia al petto.
« Okay » si arrese subito lui. « Ti ho sentita, va bene? Passavo di qui e... beh, scusami, ma... non sono riuscito a trattenermi » borbottò infine, arrossendo leggermente, imbarazzato.
Si aspettava che Lily si mettesse a urlare, che lo piantasse lì o che gli facesse una ramanzina, invece il suo sguardo di pietra si addolcì appena, le braccia allentarono la stretta l'una all'altra, scivolando lungo i fianchi, inermi.
« Oh » rispose, piuttosto stralunata. « Capisco. Hai... sentito tutto, allora ».
Lui annuì con uno scatto nervoso del capo. E lei non seppe cos'altro dire.
Rimasero in silenzio per un po', lui fissando il pavimento, lei fissando lui con le labbra dischiuse.
Poi James esplose.
« Ma spiegami » disse, la voce carica di collera, « perché hai accettato di uscire con lui? Io... insomma, Evans, io te lo chiedo da una vita! E lui arriva, con... con quell'aria da idiota, il primo Corvonero che passa e tu gli dici di sì! Questo non è giusto! »
Lily fu sbalordita da quella reazione. Quel Potter riusciva a farle cambiare umore come niente al mondo.
« Potter, tu non devi interessarti della mia vita privata, chiaro? » disse secca, ritornando alle solite maniere brusche. « Non devi interessarti di nulla che mi riguardi, men che meno delle persone con cui esco! Io vado a Hogsmeade con chi voglio, che ti piaccia o no, quindi non hai nessun diritto di venire qui a origliare e poi a chiedermi anche perché esco con chicchessia! »
James le gettò un'occhiataccia. « Certo che mi interesso della persone con cui esci, Evans, visto che è da sette anni che vorrei esserci io al loro posto! » ribattè.
Lei fece un passo indietro, turbata. Non le aveva mai detto una cosa del genere così apertamente, anche se entrambi avevano sempre saputo che era vero.
« Ti chiedo una misera possibilità da non so quanto tempo, e tu preferisci uscire con chiunque piuttosto che con me! » proseguì lui, inarrestabile. « Io... credevo che alla ronda fossi stata bene, ma evidentemente mi sbagliavo ».
Lily boccheggiò, senza sapere cosa dire. Era totalmente confusa dal suo comportamento.
Non lo aveva mai visto sotto questa luce, poiché era evidente che le stesse parlando col cuore, senza pensare ad altro. Prima di allora aveva sempre cercato di fare lo splendido con lei, per tentare di impressionarla e senza capire che in realtà era proprio quel suo atteggiamento a mandarla in bestia. E adesso era lì, lo sguardo completamente sperduto che scrutava lei in cerca di una spiegazione che davvero lo aiutasse a capire cosa fare, con il coraggio o forse l'incoscienza di riuscire a dirle tutto quello che sentiva in quel momento. Qualcosa di importante.
« Ma... che... che significa, questo... » balbettò lei, piuttosto impotente. « Questo non c'entra un tubo, Potter, è... è un'altra cosa, tutt'altra cosa... » 
« No che non lo è » replicò James, cocciuto. « Avremmo fatto la stessa identica cosa se fossimo usciti questo sabato. Che differenza c'è tra una ronda e un'uscita a Hogsmeade? Abbiamo riso, ti ricordi? Abbiamo parlato di tutto, e per me è stato fantastico, ma... »
Sospirò e si passò una mano sulle guance, più confuso che mai. Non si rendeva neanche conto di quel che diceva, e continuava a parlare a raffica.
James era sempre stato un libro aperto, con chiunque. Non riusciva a nascondere un pensiero che fosse uno quando ad avvolgerlo erano sentimenti sinceri, aveva bisogno di rivelarli senza riserve, ne sentiva l'ardente necessità dentro il petto. Troppo spesso per questo suo modo di fare aveva messo in difficoltà Sirius, sotto questo aspetto completamente opposto a lui, parlandogli di quanto fosse fondamentale per lui avere i Malandrini sempre al suo fianco, avere lui, in particolar modo, vicino in qualsiasi momento. Raramente lui aveva detto qualcosa di fronte alle sue parole, così importanti, così vere, così preziose, perché semplicemente non ne era stato capace. Invece lui, James, riusciva sempre a esprimere ogni sfumatura delle sue emozioni, con gli occhi che bruciavano di quella luce familiare e intensa, con i suoi gesti e la sua voce così trascinante, focosa, limpida...
Guardò Lily, sempre più scossa dalla verità che vagava nel suo sguardo, che fluiva dalle sue parole.
« Tu però ormai ti sei decisa a odiarmi a tutti i costi, qualsiasi cosa faccia » disse secco.
« Questo non è vero... » ribattè lei, fingendosi decisa.
« Invece sì! » replicò lui. « Tu mi detesterai sempre perché mi chiamo James Potter e tutto il resto, mai per un motivo valido, e lo sai benissimo! »
Lily scosse il capo con veemenza, facendo sventolare appena i lunghi capelli rossi.
« E' un'idiozia... » borbottò.
« E allora dimmi » disse James. « Perché sei voluta uscire con lui invece che con me? Che cos'ha lui che a me manca? »
Lei lo fissò a lungo, infuriata per un motivo che non conosceva neppure lei, forse perché sapeva che lui aveva detto la pura verità. Decise perciò di mettere fine a quell'inaspettata conversazione, rendendosi conto di non avere più argomenti a suo vantaggio.
« Lui non è te, Potter » disse tagliente, pur sapendo che non si era meritato parole del genere.
E, lasciandolo smarrito, gli voltò le spalle per dirigersi a grandi passi verso le scale, le quali cambiarono direzione nel momento esatto in cui iniziò a salire la rampa successiva.
James rimase a fissare il punto esatto in cui la vide per l'ultima volta, spaesato e abbattuto per lo scontro insensato appena avvenuto.
Si diresse con aria afflitta verso le scale, a passo pesante, le parole di lei che gli rimbombavano nelle orecchie come se le avesse urlate.
Lui non è te, Potter... Lui non è te...
Lo aveva detto come se fosse stato il più spregevole degli insulti, e lui lo aveva preso come tale...
Lui non è te, Potter... Lui non è te...
Le aveva rivelato tutto ciò che sentiva e lei non aveva capito nulla, era rimasta impassibile di fronte a ogni parola...
Lui non è te, Potter... Lui non è te...
Non ne era valsa la pena. Non avrebbe dovuto confidarle quelle sensazioni, quei sentimenti, si era denudato troppo...
Lui non è te, Potter... Lui non è te.
Cosa serviva allora per uscire con lei? Semplicemente non essere James Potter?
Lui non è te.
Aveva detto esattamente così, sì, lo ricordava alla perfezione. Quindi ecco l'idea. Sapeva cosa doveva fare. E aveva assoluto bisogno di Sirius, l'unico che avrebbe potuto capirlo, l'unico che sarebbe stato disposto ad aiutarlo in quella folle, insensata, sbagliatissima e geniale idea.
Cominciò a correre su per le scale e lungo i corridoi fino al settimo piano, ansimando per la fatica, fino a quando non arrivò al ritratto della Signora Grassa e le urlò in faccia la parola d'ordine, terrorizzandola e facendola inveire contro di lui e i nuovi Grifondoro sempre più impertinenti, ma lui non ascoltò neanche una parola e si precipitò come un razzo dentro la Sala Comune, la fronte imperlata di sudore.
« Ragazzi » mormorò, piegandosi sulle ginocchia per riposare. « Dove... Dove diavolo è quel dannato canide? Non c'è mai quando serve... »
« In Dormitorio » rispose Peter, allarmato dalla sua condizione pietosa.
« Magnifico, grazie » si affrettò a borbottare lui, correndo come una furia verso la scala a chiocciola sotto lo sguardo sbalordito di Peter e Remus, fino a quel momento tutti presi dai loro compiti di cui evidentemente Sirius si era totalmente infischiato.
« Sirius! » urlò, barricandosi dentro come una furia e sbattendosi la porta dietro le spalle.
« CHE C'E'?! » strillò l'altro immediatamente, terrorizzato. « Non è stata colpa mia! »
James lo guardò disorientato. « Colpa tua? Amico, sono io... »
« Ooh » fece Sirius, rilassandosi nuovamente sui cuscini. « Pensavo fosse Peter... ho reso invisibili delle Caccabombe e gliele ho messe nelle mutande del baule... Eh, amico, che ne dici, non è un'idea spettacolare? »
« Grandioso, sì, ma io ne ho una più bella » tagliò corto James, sedendosi ai piedi del suo letto.
Sirius si illuminò di colpo. « Le mettiamo anche a Remus! » esclamò, come colpito dall'idea del millennio, colpendosi il palmo aperto con un pugno.
« Sirius » rispose James stranamente serio. « Allontana la tua mente bacata da quelle fottute Caccabombe, devo dirti una cosa, ho bisogno di te ».
Lui annuì e si mise diritto, seduto accanto a lui.
« Sono qui apposta, dimmi tutto » disse in fretta. « Cosa ti serve, di che si tratta? »
James gli rivolse un gran sorriso prima di rispondere, e lui lo ricambiò senza parlare.
« Felpato » annunciò con aria d'importanza. « So come uscire con Lily ».
Sirius tuffò la faccia sul cuscino. « Ancora una volta, James » disse con voce soffocata. « La Maledizione Imperius è illegale! Sono io che finirò ad Azkaban come non fa che ripetermi Remus da mattina a sera, e mi commuove sapere che tu voglia seguirmi, ma tranquillo, sopravviverò a... »
« Sirius, sta' zitto » lo interruppe lui, facendolo rialzare con la forza. « Ho davvero un modo infallibile per andare ad Hogsmeade con lei... ed è legale, sì! Come se t'importasse...! »
L'altro annuì, suo malgrado, confermando le sue parole. « Se vuoi illuminarmi... » borbottò, alzando un sopracciglio.
James lo prese per le spalle e lo strattonò appena. « Preparati a farmi un applauso, cane rognoso » gli disse con orgoglio. « Perché James Potter ha pensato veramente in grande stavolta ».
Sirius sbuffò apertamente. « Dacci un taglio, Ramoso, dimmi qual è questa pensata balorda » disse impaziente.
« Ho solo due parole per te, Sirius » rispose l'altro. « Pozione Polisucco ».









Note della Malandrinautrice: Ma salve! Come procede la vita?
Avete visto come aggiorno in fretta? Un applauso a prescindere da tutto, prego. Mia sorella dice che siamo le Usain Bolt degli aggiornamenti. Io vi posto tutte le sue perle, e lei mi odia per questo, ma non me lo può impedire. Comunque, pardon.
Qualche spiegazione noiosa, che ne dite? YEEEAH!
Allora. Innanzitutto Remus. Che non vi venga in mente che quell'idiota di un lupastro è già innamorato perso solo perché ha detto a Miley che è bella! Guardandola, senza pensare, ha detto ciò che sentiva, tutto qui. Ma l'ho già spiegato, quindi okay.
Una cosuccia su Miley. Forse può sembrarvi strano che abbia capito che le ferite di Remus non erano normali, ma come dice lei Madama Chips avrebbe saputo curarle facilmente e poi sua madre è Guaritrice e, avendo passato tanto tempo da sole insieme, ha avuto modo di insegnarle moltissimo anche sul suo mestiere. Quindi... bene, sì.
Poi James. Io ve l'ho presentato ovviamente come lo penso io (e mia sorella, come sempre). In questo capitolo si evidenziano di più i suoi tratti e ora non so come voi lo immaginiate, ma il nostro è così. Quando capisce che Lily non è più solo uno scherzo, smette di essere spavaldo e riesce a essere l'idiota di sempre, una persona dalla dolcezza infinita, che non riesce a tenersi nulla per sè, al contrario di Sirius. Così è come la penso io. Spero possa piacervi, non posso dire altro!
Ora. Sirius e Scarlett. Oh. Mio. Dio. Questa volta Sirius ha davvero esagerato... anche se lo dico ad ogni capitolo. E' stato così stronzo, ma così stronzo che... bah, non ho parole. E... e l'ho scritto io, ma questo non c'entra! Ahahahah!
Avete capito la reazione di Scarlett, no? *Immagina i lettori che annuiscono* Bene. Non è rimasta lì immobilizzata per qualche arcano motivo, semplicemente perché Sirius è stato spiazzante. Insomma, lei parla a raffica e lui la interrompe e... le chiede di USCIRE! A me è parso talmente assurdo che ho immaginato così la sua reazione. E' chiaro, quindi?
Per questo gli ha tirato uno schiaffo! Era troppo, TROPPO nervosa, troppo arrabbiata anche con se stessa per quella reazione... e non c'ha visto più, come si suol dire!
Infine, Lily. L'avete vista un po' spaesata in questo capitolo con James, eh? E un po' dall'umore ballerino. Sì, è così. Insomma, lei comincia davvero a notare l'interesse sincero di James, che non accetta di uscire con quella ragazza per lei, che le rivela tutto ciò che sente... e non capisce cosa davvero accada dentro di lui. Non sa se credergli o no, ma non si fida, perché c'è troppo dietro.
E infine, scoprirete meglio dell'idea di James nel prossimo capitolo!
Ommioddio, ho finito! Scusate, scusate, scusate per questo papiro! Già il capitolo è chilometrico, abbiamo superato il 2°, il più lungo finora!
Beh, però ci sta un angolino per i ringraziamenti. 14 recensioni, QUATTORDICI! Non ho parole per esprimere la mia gioia e il mio stupore. Siete i lettori migliori del mondo, non so come ringraziarvi, ma sappiate che parlo di voi continuamente e che amo i vostri commenti sinceri ed entusiasti. Mi rendete felice giorno dopo giorno.
E ringrazio i 38 delle preferite, i 5 delle ricordate e i 59 delle seguite, mamma, aumentate sempre più, grazie mille!
Un'ultimissima cosa! Vi posto qualche immagine, che ne dite? Innanzitutto abbiamo trovato Tartufino, ve lo ricordate, anche nell'esatta posizione in cui guardava Sirius! Eccolo: 
http://oi50.tinypic.com/1z2qh6x.jpg.
E poi questa è un'immagine fatta da me legata all'episodio di Sirius e Scarlett del terzo capitolo, ricordate? Eccola: http://oi50.tinypic.com/a3016o.jpg.
Ed ecco Lily e James in qualche immagine trovata sul web: http://oi48.tinypic.com/54sy01.jpghttp://oi46.tinypic.com/9i5pvk.jpg
http://oi47.tinypic.com/w0su4n.jpg.
Ultimo! Un Sirius che invita Scarlett a uscire, immagine sempre trovata e non mia: http://oi47.tinypic.com/33xfwvc.jpg.
L'immagine iniziale è tratta da un disegno di viria13, su deviantART. Il link del suo profilo sul sito: http://viria13.deviantart.com/.
Perdonate queste note chilometriche, spero che il capitolo vi piaccia, grazie infinite!
Un bacione,


Simona_Lupin

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Capitolo 8
*** Sotto mentite spoglie ***





Capitolo 8

Sotto mentite spoglie

 

 

 
 

« Pozione Polisucco » ripetè Sirius, inespressivo.
« Pozione Polisucco! » gli fece eco James, sorridendo trionfante.
« Pozione Polisucco? » fece l'altro, contraendo il viso in una smorfia confusa.
« Pozione Polisucco » confermò l'amico, annuendo solennemente.
« Okay, la cosa comincia a diventare ripetitiva ».
Sirius si scostò i capelli dagli occhi e si alzò, mettendosi seduto sul pavimento a gambe incrociate.
« Allora » disse, intrecciando le mani lunghe e sottili e poggiandovi sopra il mento. « Mi spieghi per bene che diavolo hai in mente? »
James annuì, preparandosi a trasporre al meglio quella che credeva essere senza ombra di dubbio l'idea più geniale che avesse mai avuto in vita sua.
« Prima » raccontò, « Lily ha accettato di uscire con un corvaccio idiota, schifoso, secchione, deficiente, brufoloso, orribile, privo di... »
« Puoi elaborare il concetto e procedere, Ramoso? »
« Certo » si affrettò a dire lui. « Beh, ha accettato di uscire con quel Morrison, che personalmente non gradisco moltissimo... ma comunque, non è questo il punto. Il punto è, mio ignaro amico, che abbiamo discusso e di fatto quasi litigato e io alla fine le ho chiesto cosa avesse quell'idiota che a me mancasse. E lei mi ha detto... mi ha detto che lui non è me » concluse, piuttosto abbattuto.
Sirius sbuffò. « Quella Evans... sa andarci giù pesante di brutto quando vuole » disse infuriato. « Ma ti rendi conto? E tu che le vai dietro! »
James scrollò le spalle, come per dire che c'era abituato. « Sì, hai ragione... » convenne. « E perdipiù io... non so cosa mi sia preso, in realtà, ma ho... ho cominciato a dirle tutto... »
« Tutto cosa? » chiese Sirius, guardandolo un po' obliquo.
Lui sospirò, fissandolo negli occhi. « Beh... le ho detto un mucchio di cose che forse non avrei dovuto dire... »
« Del tipo? »
« Tipo che è da anni che le chiedo una possibilità, che è da anni che vorrei essere io il ragazzo con cui lei vuole uscire, che quella ronda con lei per me è stata un qualcosa di stupendo, e... insomma, ho detto troppo, e lei non ha capito niente. E' stata una perdita di tempo ».
Sirius continuò a osservarlo, anche quando lui abbassò lo sguardo. Detestava con tutto il suo cuore quella Evans. Chi si credeva di essere?
« James, non devi dare troppa importanza a quello che ti dice » mormorò infine. « Anche se so... insomma, ho capito che... che lei quest'anno è più importante per te, dico bene? Ti vedo diverso con lei. Ci stai troppo male, e non ne vale la pena ».
Ma James scosse il capo e si alzò, cominciando a camminare avanti e indietro, sotto lo sguardo attento e preoccupato di Sirius.
« Tu non capisci » disse. « Non riesco a lasciar perdere. Lily è troppo... », ma non riuscì a completare la frase.
L'altro non disse nulla. Lo ascoltò.
« L'ho capito quest'estate, Sirius » raccontò James. « Mi mancava non vederla, mi mancava in maniera... diversa, non so come spiegare. Mi mancavano anche le sue urla, immagina. Avrei solo voluto rivederla, e questa sensazione non se ne andava mai... Era come avere mal di stomaco ogni santo giorno ».
Ed era vero, certo. Durante le vacanze estive Lily non aveva abbandonato la sua mente neanche per un istante, ma non lo aveva mai rivelato a nessuno. Era un malessere continuo, una fitta dolorosa ogni volta anche solo ricordare i suoi occhi verde chiaro e non poterli guardare. E anche quando finalmente se l'era ritrovata di fronte, quel sentimento aveva continuato a tormentarlo, a consumargli la mente. Era un'insopportabile insofferenza, un desiderio rivoltato nello stomaco e odiosamente represso quello che provava ogni volta che osservava i suoi capelli rosso scuro scivolarle lungo le spalle, un po' in disordine, ma lei non vi faceva caso. Era semplicemente una perpetua inquietudine, un turbamento che somigliava tanto all'amore.
« Quindi... quindi non posso mollare, Sirius » concluse infine, fermandosi di botto. « Lei è speciale e io... io... » Sospirò ancora. Sirius pendeva dalle sue labbra, in attesa, senza parlare. « Mi sa che ormai ci sono dentro fino al collo... Credo... sì, penso... penso di essermi innamorato di lei, Sirius ».
Lui, suo malgrado, sorrise, scuotendo appena il capo. Si alzò e gli si avvicinò. Quando James alzò lo sguardo intravide nei suoi occhi una luce nuova, diversa... meravigliosa.
In realtà, Sirius dentro di sè non capiva come si sentisse James nel profondo. E non perché non avesse compreso quello che il suo migliore amico gli aveva appena confidato, ma semplicemente perché non l'aveva mai provato in prima persona. Non riusciva a concepire l'idea che un ragazzo, e soprattutto James,  così pieno di vita, sempre allegro e gioioso, ottimista e positivo fino al midollo, potesse ridursi in quel modo per una ragazza. 
Per lui era impossibile. Ed era profondamente convinto che questa sensazione fosse l'unica che lui non riuscisse a capire appieno tra tutte quelle che provava James, perché per il resto tra di loro non c'era nessun sentimento, nessun turbamento, nessuna emozione che l'altro non potesse percepire. D'altro canto, però, guardandolo negli occhi, Sirius non potè che essere felice per lui, perché, per quanto rifiutasse quel sentimento, vedeva che riempiva il cuore di James completamente, ed essendo qualcosa di puro e sincero, in quel momento si convinse che prima o poi Lily se ne sarebbe accorta e non sarebbe riuscita a non ricambiarlo. 
La sua mano scattò come di propria volontà, serrandosi titubante sulla spalla dell'amico.
« Ti sei completamente fottuto il cervello, Ramoso » mormorò, e l'altro rise, pienamente sollevato. Si sentiva felice per averglielo confidato. 
Solo Sirius riusciva a farlo sentire così sereno quando aveva un problema e gliene parlava, quando era di cattivo umore e lui tentava di risollevarlo, o semplicemente quando raramente non aveva voglia di parlare e lui trovava sempre la cosa giusta da dirgli che era in grado di cambiargli la giornata. E quello era uno di quei casi. Adesso stava bene.
« Sarà bellissimo quando anche tu te lo sarai fottuto, amico mio » disse, battendogli una pacca veloce sulla schiena.
Sirius rise con la sua risata simile a un latrato. « E' già abbastanza fottuto di suo, ma di certo non lo sarà mai per una ragazza » rispose.
James alzò gli occhi al cielo. « Ne riparleremo un'altra volta... magari quando Scarlett sarà diventata più di un gioco, eh? »
Lui sbuffò e gli tirò un cuscino. « La Banks? » disse, esterrefatto. « E' l'ultima persona di cui potrei mai innamorarmi su questa terra, fidati ».
« E qui sta il punto » ribattè James, sorridendo. « Io non mi fido per niente di te ».
Sirius si buttò sul letto, pensando che fosse meglio lasciar cadere l'argomento.
Proprio in quel momento la porta venne aperta ed entrò Peter.
« Ciao, Pet! » esclamò James come se non lo vedesse da una vita.
Lui lo scrutò sospettoso e si voltò verso Sirius. « Che cos'ha? » chiese. « Che gli è successo? »
« Nulla » fece lui annoiato. « Esaltato come sempre ».
Peter scrollò le spalle e si tuffò sul suo letto. « Remus voleva sapere cosa macchinavi nel tuo cervello animale, testuali parole » disse all'amico.
James ghignò. « Cosa macchinavo? » ripetè, scambiando uno sguardo d'intesa con Sirius. « Un'idea geniale di cui lui non deve sapere nulla. Sta salendo qui su, per caso? » domandò.
« No » rispose Peter. « Si è messo a parlare con le ragazze. A me non andava e sono salito. Credo che ne avrà per un po' ».
« Bene » commentò l'altro, sfregandosi le mani e sedendosi ai piedi del suo letto. « Allora, posso fidarmi, vero, Codaliscia? »
Lui sorrise. « E lo chiedi pure? » replicò, battendogli una pacca sulla spalla.
James gli rivolse un sorriso se possibile ancor più grande. « Il mio piano riguarda Lily » cominciò a dire. Peter iniziò a disperare ma lui non ci badò. « So come uscire con lei. Devo trasformarmi con la Polisucco in quel Morrison con cui lei ha deciso di uscire ad Hogsmeade sabato ».
Nel Dormitorio piombò il silenzio più assoluto. James guardò gli amici speranzoso, un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro, mentre Sirius e Peter si fissavano, il primo sconsolato, il secondo decisamente sconvolto da ciò che aveva udito.
« Ma... dico, ti sei bevuto il cervello? » domandò con voce strozzata. « Se la Evans lo scopre, sei fritto, amico, finirai nei guai fino al collo e... »
« Peter, avanti, che Malandrino sei? » si lamentò James, deluso dalla mancanza di entusiasmo. « E' un'idea grandiosa, e poi non vedo cosa non possa funzionare... E' semplicemente perfetto! »
Sirius lo guardò scettico. « James, scusa, ma cosa vuoi farci con Evans in una sola ora? » domandò, cercando di ricavare un senso da quell'idea balorda.
« Sirius, certo che con te non si può proprio parlare! » fece James, alzando gli occhi al cielo, pensando di aver colto l'allusione dell'amico.
Lui gli lanciò un'altra volta il suo cuscino, colpendolo in piena faccia. « Non mi riferivo a quello, stupido co-... »
« Risparmiaci, Felpato » lo pregò Peter, alzando le mani nella sua direzione.
« Comunque » proseguì James, battendo un pugno sul piumone scarlatto del letto, « un'ora mi basterà. Prima che il tempo finisca, me ne andrò e la pianterò in asso, così che lei detesterà quel Corvonero delle mie balle e prenderò due gufi con una Cioccorana! Eh? »
« Certo » rispose Sirius in tono piatto. « E quando poi Evans andrà a strillare in faccia a Morrison e lui non saprà che accidenti è successo? O quando lui si chiederà perché diavolo non è più uscito con Lily quando avrebbe dovuto? »
James, dopo una lunga riflessione, sbuffò e i ciuffi di capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi svolazzarono. « Uffa, Felpato, che Pluffe che sei! Se la sbriga la Evans, cosa c'entro io? Lei non lo saprà mai e poi mai e poi mai e poi mai e poi mai e poi... »
« L'abbiamo capito! » sbottò l'altro. « Mai, sì, va bene! »
« Come sei nervoso... » borbottò James. « Ti ci vorrebbe una bella dose di Scarlett per... »
« Non me la nominare nemmeno! » lo interruppe lui. « E' tutta colpa sua ».
« Cosa? »
« Tutto ».
« Tutto cosa? »
« Lascia perdere ».
James gli diede retta senza pensarci due volte. Sirius era teso come una corda di violino e forse era meglio lasciarlo sbollire un po' prima di premere nuovamente sul tasto Scarlett Banks che tanto gli doleva. Ancora non era riuscito a mandar giù quello che era successo la mattina in Sala Grande. E non è che avesse tutti i torti a sentirsi così infuriato con lei, perché quello schiaffo di fronte a più di mezza scuola era stato davvero pesante per lui e non lo avrebbe mai accettato. Non era mai stato umiliato da qualcuno che non fosse la sua famiglia e James in fondo pensava che, per quanto lui se lo fosse meritato, era stato un po' un colpo basso da parte sua, una reazione che avrebbe fatto meglio a contenere o, meglio ancora, ad evitare del tutto.
« Allora, ci state? » domandò James dopo un po'.
Gli amici si scambiarono una veloce occhiata.
« Certo » disse Sirius, annuendo.
« Ovvio » fece Peter con un sorriso.
James battè un cinque a entrambi, felice. « Non una parola con Remus, d'accordo? » si raccomandò. « Mi ucciderebbe ».
Mentre lo diceva si sentì rivoltare lo stomaco per il senso di colpa. Si vergognava di dover mentire in qualche modo a uno dei suoi migliori amici, ma non poteva fare altrimenti. Remus era anche un grandissimo amico di Lily, perciò non gli avrebbe mai permesso una cosa del genere e lui teneva troppo a quel piano per lasciarlo perdere e rinunciare.
I due annuirono e James disse con un mezzo sorriso sul volto: « Giuro solennemente di non avere buone intenzioni ».
 
 
*  *  *
 
 
La famigerata giornata dell'uscita a Hogsmeade era ormai giunta e gli studenti erano piuttosto in fibrillazione per l'evento.
James e Sirius erano appena ritornati dalla loro missione segreta, ansiosi di riferire a Peter la perfetta riuscita del loro piano.
Lo trovarono in Dormitorio, stravaccato sul suo letto a mangiare Cioccorane insieme a Remus.
« Salve, popolo » salutò Sirius, gettandosi sul suo letto con un volo piuttosto pericoloso che terminò in un morbido ed elegante atterraggio.
I due si voltarono a guardarli e Remus spostò lo sguardo dall'uno all'altro, insospettito, fiutando aria di malefatta con il suo istinto lupesco.
« Come siamo felici... Che avete combinato? » domandò infatti. « Numero di Serpeverde feriti? E di giorni di punizione? Avanti, aggiornatemi ».
Sirius e James risero. « No, amico mio » fece il primo. « E' solo il profumo di Hogsmeade che risveglia i nostri spiriti sopiti. Merlino, come sono fottutamente poetico... E tu che ti credi un filosofo, eh, Lunastorta? »
Remus lo fissò sbigottito e rise. « Hogsmeade ti ha mandato in pappa il cervello » commentò. « Ma poi, non per essere cattivo perché non è nella mia natura tranne che una volta al mese... che diavolo ci trovate di allegro nell'uscita a Hogsmeade se siete stati brutalmente rifiutati entrambi dalle uniche ragazze che vi interessano davvero? » chiese, con evidente e genuina curiosità.
Sirius scoppiò a ridere fragorosamente, rotolandosi tra le coperte fin troppo ordinate per lui.
« Di nuovo » disse, quando si fu calmato. « Ma insomma, volete capirlo che della Banks non me ne importa un maledettissimo piffero? »
Questa volta fu il turno di Remus di ridere.
« Sì, certo! Infatti continui a tormentarla, a parlare di lei, a bloccarla ovunque vada per dirle chissà che, a guardarla sulla Mappa, così, per il puro piacere di farlo » lo provocò, sogghignando malefico.
Quando Remus ritrovava il suo spirito malandrino era di gran lunga più spietato di tutti i suoi amici. Non lo era diventato mica per nulla.
A quelle parole, Sirius scattò a sedere, spiazzato.
« Io non... Ma... che cosa...? » boccheggiò. « Tu non stai bene, Lupin ».
« Lupin sta alla grande » intervenne James, sogghignando. « Ti ho visto l'altra notte, Felpato. Hai fissato quella Mappa per non so quanto tempo e non penso tu stessi guardando Gazza... Guarda caso era la stessa sera in cui Scarlett era uscita con Tyler ».
Lui scosse il capo, furente. « Siete tutti pazzi » concluse infine. « Uno non è neanche libero di guardare la Mappa che ha creato... »
I tre Malandrini si scambiarono un sorriso trionfante.
« Comunque » riprese James, battendo le mani. « Felpato, vecchio mio, tranquillo, nessuno oltre a noi saprà che sei cotto di Scarlett ».
Sirius fece per ribattere ma James non stette a sentirlo e si avvicinò a Peter.
« Peter, brutto topastro, vieni con me, ti devo parlare » gli disse, passandogli un braccio attorno alle spalle.
Lui annuì e, insieme, uscirono dal Dormitorio.
« Allora » esordì James. « Io e Sirius siamo stati ciclopici. Abbiamo Schiantato quel bastardo, lo abbiamo rinchiuso a doppia mandata nello sgabuzzino inutilizzato del secondo piano, gli abbiamo fatto ingurgitare il Distillato Soporifero che abbiamo tra le nostre vecchie scorte, gli abbiamo strappato i capelli nella più brutale delle maniere - ne ho tenuto qualcuno in più come trofeo - e gli abbiamo modificato la memoria per concludere in bellezza ».
Peter lo guardò ammirato, a metà tra la paura e la venerazione. « Potreste essere mandati ad Azkaban per questo » commentò ridendo.
« Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori, caro mio, mica per nulla » rispose l'altro con un sorriso, per nulla preoccupato dal fatto che avessero commesso atti considerati dall'umanità veri e propri reati. « Quindi, mi raccomando, ad Hogsmeade tieni Remus a bada e ricordati che io sono uscito con...? »
« Abbie Price » ripetè lui per l'ennesima volta.
« Ottimo » confermò James, annuendo. « Ora vatti a prendere Lunastorta, portatelo via e non fatevi vedere fino a stasera, intesi? »
Peter rise e fece di sì col capo, mentre l'amico gli poggiava le mani sulle spalle, stringendole.
« Mi fido di te, Codaliscia » disse, per poi lasciarlo andare.
« Contaci » ribattè lui, risalendo la scala a chiocciola.
James rimase a ciondolare in Sala Comune finché i due non se ne furono andati, poi risalì di corsa a prendere la Polisucco fruttuosamente preparata l'estate prima dal suo baule e ridiscese con Sirius al seguito.
« Felpato » disse mentre camminavano. « Con chi è che esci tu? »
« Con... » rispose lui. Ebbe un attimo di incertezza e fissò il vuoto. James inarcò un sopracciglio, in attesa. « Ehm... Sa-... Lexie » disse infine, annuendo.
« Lexie » ripetè James. « E di cognome come fa? »
Sirius rise, passandosi una mano sulla nuca. « Andiamo, amico, Lexie non ti basta? » fece, disinvolto. « Lexie Lexie, io credo sia fantastico. I suoi genitori non hanno voluto tormentarsi l'esistenza come i miei. Insomma, ci hai mai pensato? Sirius Orion e Regulus Arcturus... non mi sarebbero venuti in mente neanche tra un milione di anni. Sempre detto che erano matti da legare ».
James rise di cuore, dandogli una potente cozzata sulla nuca a cui lui rispose con un pugno in pieno stomaco che quasi diede inizio a una rissa.
« Rimandiamo questo piacevole incontro di lotta libera alla babbana a stasera, Ramoso » fece Sirius quando furono arrivati al Salone d'Ingresso. « Le nostre strade si dividono, compare ».
Lui gli diede un colpo sul braccio come saluto che lui ricambiò con un sorriso.
« In bocca a Lupin » disse, ridendo.
« Cre-... No, povero amico mio, meglio di no » rispose lui.
Sirius rise e, dopo aver fatto un cenno di saluto a James, si diresse verso il Cortile d'Ingresso, perlustrando la zona con lo sguardo: Lexie Lexie non era ancora arrivata.
A passargli accanto in quel momento fu, però, un gruppetto di tre ragazze ridacchianti. Si voltò a guardare chi fossero e dalle tre chiome riconobbe quella di Scarlett, i lunghi capelli scuri quella volta ricci sulla schiena.
« Banks » la richiamò lui senza pensarci.
La ragazza girò su stessa e all'istante alzò gli occhi al cielo. Ma cos'era, un pedinamento continuo?
« Oh, Black, che piacere vederti » disse, tagliente come sempre. « Cosa fai tutto solo, aspetti la tua... dama di compagnia? »
Lui ghignò. « Che brutto modo di definirla » commentò. « Io la chiamerei più che altro ragazza, è più appropriato. Tu, piuttosto, non aspetti nessuno, tesoro? » le domandò con aria piuttosto dispiaciuta.
« Come vedi sono già in ottima compagnia » replicò lei, indicando Mary ed Emmeline ai suoi lati.
« Oh » fece lui, guardando le ragazze. « Che sia ottima non ci sono dubbi » e mandò un'occhiata maliziosa ad Emmeline, la quale sorrise scuotendo il capo, e un'occhiolino a Mary, che invece arrossì leggermente. Poi proseguì.
« Ma io mi riferivo ad una dolce compagnia » disse infine.
« Ah, ecco » rispose Scarlett, alzando le sopracciglia. « Beh, fortunatamente so stare benissimo anche senza quel tipo di compagnia, a differenza tua ».
« Non mi dirai che sei rimasta senza un cavaliere pronto ad invitarti, dolcezza » ribattè Sirius, provocandola. « Sarebbe parecchio triste e mi dispiacerebbe molto per te ».
Lei si avvicinò a passo lento, fronteggiandolo da vicino. « Ti vorrei ricordare che pochi giorni fa proprio tu mi hai invitata e ti sei beccato un bel no come risposta, quindi io al tuo posto resterei in silenzio » sussurrò, in modo che solo lui la sentisse.
Sirius parve incassare il colpo e per un attimo non seppe cosa rispondere, ma Scarlett gli risparmiò la fatica, dopo essere tornata indietro di qualche passo accanto alle amiche.
« E poi la vostra compagnia mi ha stancata in questo periodo » continuò infatti. « Voi uomini sapete essere così noiosi e petulanti quando vi ci mettete... »
A quel punto lui si riprese e subito tornò a risponderle, senza una traccia dello smarrimento che lo aveva colto poco prima.
« Dipende dagli uomini che frequenti » disse. 
« Forse » rispose lei. « Comunque, tu ed altri lo siete ».
Sirius inclinò appena il capo da un lato, scettico.
« Come mi conosci male, Banks » disse piano. « Comunque » proseguì, continuando a guardare Scarlett. « Non voglio trattenervi oltre, anche perché anch'io ho il mio da fare. Vi lascio alla vostra uscita tra amiche mentre io vado a godermi una bella trasferta con la mia Lexie » disse, molto più per punzecchiarla che non per l'ardente desiderio di stare in compagnia di quella ragazza di cui prima aveva fatto fatica a ricordare persino il nome.
« Oh, come siamo innamorati » rispose Scarlett con un tono inconfondibilmente sarcastico. « Guardate, ragazze, ha gli occhi a cuoricino! »
Sirius rise. « Non è che adesso solo perché tu hai deciso di astenerti dall'amore devi criticare chi invece vuole accoglierlo a braccia aperte... guarda, è arrivata! »
In quel momento, infatti, Lexie stava varcando il portone che introduceva al Cortile d'Ingresso, raggiungendo la combriccola.
« Ciao, Sirius » lo salutò con voce suadente, mentre lui le circondava la vita con un braccio per attirarla a sè e stamparle un bacio sulla guancia.
« Ragazze » continuò, facendo un cenno sdegnato alle tre, a cui tutte risposero nella stessa maniera.
« Bene » disse Sirius, mentre anche Lexie passava un braccio intorno al suo busto. « Noi andiamo. Vi auguro un buon pomeriggio ».
Mary ed Emmeline ricambiarono il saluto con un semplice ciao, mentre Scarlett, guardandoli con aria di sfida, disse: « Anch'io vi auguro di trascorrere un'ottima uscita insieme... divertitevi ».
E, mentre i due si allontanavano complici, lei continuò a fissarli con una strana luce negli occhi, dicendo tra i denti: « Anche se credo che a divertirmi sarò proprio io stavolta... »
Le due ragazze la guardarono preoccupate, presagendo che nella mente di Scarlett non stesse frullando niente di buono. Conoscevano bene quello sguardo malefico, e quando glielo vedevano stampato in volto, iniziavano a prepararsi al peggio.
« Scarlett » iniziò Emmeline, titubante. « Che intenzioni hai? »
Lei parve risvegliarsi da una sorta di trance e guardò l'amica con un sorriso malvagio. « Ottime, Mel. Ottime ».
« Se vuoi farci la grazia di illuminarci, per favore... » fece Mary, leggermente scocciata.
« Subito, amica mia » rispose Scarlett. « Vi comunico ufficialmente che oggi abbiamo una missione, ragazze. Rovinare l'appuntamento di quei due ».
A quelle parole, Emmeline si battè un colpo in piena fronte con fare disperato e si diresse verso un sedile di pietra, mentre Mary aprì le braccia sconsolata, dicendo: « Ecco, lo sapevo! Una aspetta l'uscita ad Hogsmeade per divertirsi un po' e saltano fuori i suoi piani geniali! »
Scarlett sbuffò, infastidita dalla mancanza di collaborazione delle due amiche, e si andò a sedere accanto ad Emmeline, seguita a ruota da Mary.
« Mary, smettila di lamentarti » le disse, secca. « Hai rifiutato l'invito di Alan Green senza un valido motivo e hai scelto di uscire con noi? Beh, peggio per te, ben ti sta! »
Mary, infatti, era stata invitata a uscire dal compagno di squadra di Scarlett che, a quanto pareva, era cotto di lei, ma aveva rifiutato. A Scarlett, che pubblicizzava in maniera entusiasta Alan agli occhi di Mary, non era andata giù la sua scelta, soprattutto perché l'amica non aveva saputo accamparle una scusa valida sul motivo per cui lei avesse declinato l'invito, visto che dopotutto a Mary quel ragazzo andava a genio.
« Me lo rinfacci da giorni, Scar, hai intenzione di continuare ancora per molto? » rispose lei stancamente.
« Certo che sì! » rimbeccò l'altra senza pietà. « Io proprio non ti capisco! Alan è un ragazzo fantastico, è palesemente cotto di te, avete un rapporto sereno e so che tu lo trovi carino e simpatico, però appena ti chiede di uscire gli dici di no! Certo che sei strana! »
« Scarlett non ha tutti i torti, Mary, te l'ho detto » confermò Emmeline ragionevole. « Fino all'anno scorso c'era un motivo per cui rifiutavi tutti i ragazzi che ti si avvicinavano... »
« Motivo che tra l'altro trovo assurdo e inconcepibile... »
« Dai, Scar, se era cotta di Sirius che vuoi farci? E' normale che pensava a lui e non provava interesse per altri ragazzi ».
L'anno prima, infatti, Mary non era uscita nè era stata intenzionata a conoscere nessun ragazzo, perché la sua mente era stata totalmente occupata da Sirius. Aveva avuto una cotta per lui più o meno dal terzo anno, ma fino all'anno prima non era stata niente di serio. Dal sesto anno, invece, la sua infatuazione era divenuta più forte e intensa, tanto da portarla a non dare neanche una possibilità a qualche ragazzo a cui interessava, nella speranza che Sirius finalmente la notasse. Lui, da parte sua, nonostante avesse un rapporto civile e cordiale con lei, a quanto pareva non l'aveva mai presa in considerazione da quel punto di vista, vedendola probabilmente solo come un'amica. 
« Ma piuttosto » fece Scarlett, aggressiva. « Non sarà mica per questo che non sei uscita con Alan! Avevi detto che Black non ti interessava più! »
« Ed infatti è così » rispose lei con un tono flebile che non convinse appieno le due. 
« Se lo dici tu... » disse infine Scarlett. « E allora perché non ci sei uscita? » riprese, aggredendola nuovamente.
« Uffa... » ribattè Mary, visibilmente scocciata. « Per lo stesso motivo per cui tu non sei uscita con John Tyler! »
« Eh no, cara mia » disse l'altra, scuotendo la testa. « Te l'ho già spiegato. Con John ho chiuso definitivamente perché era diventato troppo assillante. Dava credito a tutte le voci che giravano su me e Black, e dopo che mi ha visto tirargli quello schiaffone l'altro giorno in Sala Grande ha pensato che mi avesse mollata o roba simile. L'altra sera quando siamo usciti mi ha fatto una testa così con tutte le paranoie che si era creato e allora lì mi ha stancata e ho detto basta. E' sufficiente come motivazione? » chiese infine con tono ironico. 
« Sei tu che chiedi spiegazioni a me, non io » disse Mary, contrariata. « Comunque, non stavamo parlando di questo. Che cos'hai in quella mente bacata che ti ritrovi, si può sapere? » chiese infine, con un mezzo sorriso.
Scarlett lo ricambiò prima di risponderle. « Ho deciso che non può passarla liscia. Ne ho fin sopra i capelli della sua alterigia e della sua superbia. Devo fargliela pagare. Stavolta i piani glieli sconvolgo io al signorino qui... » e si alzò, voltandosi subito verso le amiche.
« Gli staremo dietro - senza farcene accorgere, ovviamente - e faremo di tutto per disturbarli. Li seguiremo e romperemo loro le Pluffe fino a quando non decideranno di gettare le armi. Ci state? »
Le due non parvero molto più entusiaste di prima. 
« Questo plurale che hai usato fino ad ora è obbligatorio o... » fece Emmeline, tentando di dissuaderla dai suoi intenti.
« Assolutamente obbligatorio » rispose perentoria Scarlett. « Al massimo, posso proporvi di guardarmi le spalle mentre io faccio il lavoro sporco. Sarete mie complici, ma la responsabilità dell'operazione ricadrà tutta sulle mie spalle. Ora che mi dite? »
Di fronte al silenzio delle due, Scarlett si giocò l'arma della pietà. « E dai, vi prego! » sbottò. « Non potete abbandonarmi proprio adesso! Lo sapete quanto mi fa innervosire quello lì ogni giorno ed è giunto il momento che io mi prenda la mia rivincita! »
« Sì, ma se ci scopre, Sirius ci decapita » disse Emmeline, che ormai da sei anni conosceva il soggetto in questione. « Lo sai com'è fatto ».
« Proprio perché lo so, sono convinta che questo... incidente lo manderà in bestia, ed è quello che voglio! Avanti, su! »
Mary ed Emmeline si guardarono un'ultima volta, sconsolate e rassegnate al proprio destino, prima di rispondere contemporaneamente: « Okay... »
Scarlett sorrise loro raggiante, e le circondò in un abbraccio stritolacostole che le fece ridere entrambe. 
« Lo sapete che vi amo? » disse, ancora appiccicata a loro.
« Beh, questo è il minimo » rispose Mary sorridendo.
« Sarai in debito con noi a vita, sappilo » fece Emmeline, anche lei divertita.
« Sarò felice di sdebitarmi » disse infine l'altra, mentre si allontanava da loro per poi prenderle entrambe per un braccio, facendole alzare. « Su, andiamo ».
Tutte e tre si incamminarono verso il villaggio di Hogsmeade a braccetto, sfottendo allegramente Lily, che aveva optato per un'uscita galante con un suo pretendente invece che per un pomeriggio di pura azione con le sue amiche, e Alice, della quale ormai erano abituate a fare a meno, visto che per lei ogni occasione era buona per stare con il suo Frank, tanto che tutte si erano ormai dimenticate dell'ultima volta in cui avevano trascorso un pomeriggio al villaggio insieme alla ragazza. Alice Prewett era un vero e proprio caso disperato.
Le ragazze accelerarono il passo per raggiungere le loro prede senza farsi notare e riuscirono a trovarle poco più in là che chiacchieravano tranquillamente, indisturbati, l'uno di fianco all'altra.
Scarlett sogghignò e decise che era meglio agire subito. Estrasse la bacchetta dalla tasca dei jeans e la puntò verso la ragazza ignara, in quel momento del tutto rapita dalle parole di Sirius o forse molto più attenta alle sue labbra che si muovevano piuttosto che alle frasi che stavano formulando.
« Bene » annunciò alle amiche. « Diamo inizio allo spettacolo ».
Loro ebbero il tempo di emettere dei lievi gemiti soffocati di pura disperazione prima che lei, con un solo, abile gesto della lunga bacchetta magica facesse sdrucciolare la ragazza e la facesse crollare a terra come una pera. Il tutto accadde troppo velocemente e Sirius non ebbe il tempo di far nulla, ma si abbassò immediatamente, piegandosi sulle ginocchia per aiutarla.
« Lexie, stai bene? » le chiese preoccupato. « Ti sei fatta male? »
Lei scosse il capo, le guance rosse, e prese la mano che lui le porse gentilmente. Quando fu di nuovo in piedi si assicurò che non avesse nulla di leso e la strinse nuovamente a sè con un braccio, sorridendole appena.
« Contenta? » fece Emmeline, ridendo a crepapelle.
Scarlett annuì, asciugandosi le lacrime dagli occhi con il dorso della mano, incapace di proferir parola.
« Contentissima » rispose dopo un po', riprendendosi a fatica dalle risate. « E' stato un volo magistrale! »
« Sì » commentò Mary, che ancora rideva. « Ma la parte migliore è stata l'atterraggio! » 
A quelle parole, tutte e tre ricominciarono a ridere nuovamente. Quando finalmente riuscirono a riprendersi definitivamente, Scarlett si rivolse alle amiche.
« Come inizio non c'è male » disse sorridendo. « Sapete quanto mi piace vedere la gente che cade, è più forte di me ».
Le ragazze annuirono, conoscendo il particolare effetto che le cadute provocavano a Scarlett, anche se a cascare era lei stessa.
« Non abbiamo ancora finito, comunque » continuò decisa. « Il pomeriggio è lungo... » 
Ed iniziò nuovamente a camminare verso il villaggio abbracciata alle due ragazze, pensando alla prossima mossa da mettere in atto.
Non appena entrarono ad Hogsmeade, ritrovarono Sirius e Lexie che parlottavano divertiti.
« Avviciniamoci, voglio sentire che dicono » sussurrò Scarlett alle amiche, che la trattennero entrambe per un braccio.
« Siamo già vicinissime, Scar, se ne accorgeranno » disse Mary preoccupata.
Ma l'altra aveva già fatto qualche passo in avanti verso di loro, i quali non parevano accorgersi della loro presenza.
« Allora, dove mi porti? » stava dicendo Lexie. 
« Dove vuole, signorina » rispose lui con un sorriso malizioso. 
« Beh » fece lei, accoccolandosi meglio sul suo braccio. « Io direi di iniziare con qualcosa di dolce... che ne dici di Mielandia? »
« Ottima scelta » concluse Sirius, mentre Scarlett tornava indietro dalle amiche con passo leggero e furtivo.
« Destinazione Mielandia » disse trionfante. « Ma dobbiamo arrivare prima di loro, così già ci troveranno lì e non si insospettiranno... quindi, datemi le mani, ragazze, ci si Materializza ».
Le due non ebbero neanche il tempo di replicare che Scarlett le aveva già prese per mano e in un attimo tutte e tre si ritrovarono davanti all'affollatissimo negozio di dolci di Mielandia.
Era un Paradiso: scaffali pieni zeppi di ogni tipo di dolciume e leccornia circondavano le pareti di quel luogo in cui gli studenti si accalcavano rendendolo quasi inaccessibile. Le tre ragazze, infatti, fecero parecchia fatica ad entrare, spintonando a destra e a sinistra i ragazzi che si apprestavano a lasciare il negozio trionfanti. Quando furono dentro, si guardarono intorno, avvistando i loro dolci preferiti e pregustandone già il sapore.
« Direi che abbiamo il tempo di fare una bella scorta di dolcetti, belle fanciulle » disse Scarlett, avvicinandosi alle alte pile di diversi tipi di cioccolato che si trovavano alla sua destra.
« Finalmente Alice smetterà di rinfacciarci che senza di lei e i suoi biscotti i nostri pigiama party sarebbero un fallimento » commentò Mary, iniziando a rifornirsi di piume di zucchero filato.
« Con tutta questa roba già stasera avremo un bel da fare » fece Emmeline, mentre raccoglieva una bella quantità di Api Frizzole.
Quando ebbero di fatto svaligiato il negozio, lasciando il proprietario di Mielandia alla cassa con un enorme sorriso raggiante, tanto che decise di omaggiarle tutte con una scorta extra di Gelatine Tuttigusti +1, fecero per uscire, quando si ritrovarono di fronte proprio Sirius e Lexie che tentavano di entrare.
« Eccoli » annunciò Scarlett, mettendosi all'improvviso di lato in modo da lasciare uscire altri ragazzi dietro di lei e sistemandosi in un angolo per non farsi notare. Anche Emmeline e Mary si posizionarono vicino a lei, un po' più avanti in modo da coprirla e lasciarle usare la bacchetta senza problemi.
« Brave, così è perfetto » disse lei, mentre estraeva nuovamente la bacchetta.
Nel frattempo, Sirius e Lexie erano entrati nel negozio ed erano fermi di fronte allo scaffale dei Rospi alla Menta. Subito dopo, si spostarono nuovamente e, senza accorgersene, si ritrovarono proprio nella direzione di Scarlett, che non ci pensò due volte e approfittò del momento propizio per colpire.
Nell'esatto momento in cui Lexie aveva abbassato una mano per prendere un po' di Gelatine Tuttigusti +1, Scarlett puntò la bacchetta sul contenitore di legno sul quale erano poste, sussurrando: « Evanesco ».
In un attimo il contenitore sparì e tutte le caramelle iniziarono a piovere a terra, mentre Scarlett si affrettava a farlo riapparire, facendo come se nulla fosse successo.
In tutto ciò, la povera Lexie era rimasta china con la mano ancora protesa verso le caramelle che si erano scaraventate sui suoi piedi, boccheggiando sconvolta per quello che aveva visto e che non aveva fatto.
« Signorina » tuonò alle sue spalle il proprietario del negozio, un uomo tarchiato e baffuto che tanto ricordava il professor Lumacorno. « Si può sapere cosa ha combinato? »
Scarlett, Mary ed Emmeline iniziarono a ridere sotto i baffi, confuse nella folla di studenti che adesso erano tutti rivolti verso la ragazza.
Lei guardò Sirius come a chierdergli di venirle in aiuto, poi si rivolse all'uomo.
« Io... » iniziò a dire, scioccata. « Mi dispiace... non ho fatto niente... il contenitore è... è sparito... »
« Sì, sparito » rispose quello brusco, dopo che il sorriso che gli acquisti di Scarlett, Mary ed Emmeline gli avevano provocato fu svanito del tutto. « E io sono Tosca Tassorosso! Io lo vedo benissimo il contenitore, non mi prenda in giro! Ed ora fuori, per favore, lasciatemi rimettere un po' in ordine! »
Le tre amiche, ancora in preda a risa irrefrenabili, si affrettarono ad uscire prima di Sirius e Lexie, aspettandoli nascoste nel vicolo adiacente a Mielandia.
I due uscirono poco dopo di loro, e la ragazza pareva completamente pietrificata, probabilmente più per la terrificante sensazione di essere diventata di colpo una pazza visionaria che per il disastro di cui era stata ingiustamente accusata.
« L'hai... l'hai visto anche tu che era scomparso... vero, Sirius? » chiese con tono funereo, cercando nelle sue parole la prova che il suo cervello fosse ancora sano.
« Ehm... sì, certo... » rispose lui, poco convinto, visto che in realtà in quel momento non stava guardando Lexie ma il suo sguardo era stato rapito da un nuovo tipo di cioccolato al gusto di Whisky Incendiario.
« Comunque, non preoccuparti, non è successo niente » la rassicurò, mettendole un braccio intorno alle spalle. « Vieni, andiamo a prendere qualcosa da Madama Rosmerta. Un bel bicchiere di Burrobirra e passa tutto », e lei a quelle parole sorrise debolmente. 
Scarlett si voltò di scatto verso le amiche, sbattendo in faccia a Mary i lunghi capelli scuri.
« Ops... scusa, Mary » disse, sorridendole dispiaciuta. « Comunque... »
« Non dirmelo » la interruppe l'altra. « Destinazione Tre Manici di Scopa? »
« Precisamente » annuì lei. « Che amiche sagaci e perspicaci che mi ritrovo... »
Si diedero nuovamente la mano e in un attimo si ritrovarono esattamente davanti ai Tre Manici di Scopa. 
Nel locale la temperatura era molto più alta rispetto all'esterno. I tavolini di legno scuro erano quasi tutti occupati da studenti schiamazzanti, maghi e streghe di tutte le età nonché qualche creatura magica, e da dietro il bancone provenivano i fumi di bevande di ogni tipo, offerti da una donna formosa e dal viso gentile che indossava una gonna giallo acceso stretta in vita e un paio di tacchi dello stesso colore dalla punta affilata.
Le amiche presero posto in uno degli unici tre tavoli rimasti vuoti vicino al bancone, e quando Rosmerta le raggiunse ordinarono due Burrobirre e un'Acquaviola, la preferita di Scarlett. Furono subito servite e iniziarono a bere, ridendo allegramente per l'ottima riuscita di tutto il loro malefico piano, che fino a quel momento non aveva fatto una piega.
La coppietta che loro tanto attendevano, comunque, non tardò ad arrivare: Lexie sembrava decisamente più sollevata da quando l'avevano lasciata all'uscita di Mielandia, poichè la videro che rideva sonoramente per qualcosa che le aveva detto Sirius, il quale, notando Scarlett non appena entrato nel locale, la fissò con aria di sfida e strinse di colpo il braccio intorno alla vita di Lexie.
Presero posto nel tavolo accanto al loro, l'unico rimasto visto che un'altra coppia ne aveva occupato uno poco prima. Sirius parve contento di essere stato costretto a sedere così vicino a Scarlett, tanto che le mandava occhiatine di continuo, non facendosi però notare da Lexie, tutta presa da un discorso che lui non stava ascoltando.
« Ti guarda ogni tre secondi » la informò Emmeline, che ricopriva la funzione di sentinella e spia, mentre Scarlett continuava ad ignorare totalmente quel tavolo, soprattutto per non destare sospetti.
Sorrise compiaciuta, ma non disse nulla.
Quando anche loro vennero serviti, Scarlett aspettò che Sirius finisse di chiacchierare sempre col suo fare intrigante con una decisamente ammaliata Rosmerta prima di comunicare alle altre le sue intenzioni.
« Guardate un po' che fine facciamo fare alla Burrobirra della cara Lexie » disse Scarlett a bassa voce, nascondendo il volto verso la loro direzione col suo bicchiere ormai mezzo vuoto.
Alla fine della frase lo abbassò, incrociando le braccia subito dopo aver impugnato la bacchetta.
Prima si assicurò che i due non stessero guardando, trovando il conforto di Emmeline, che le disse che Sirius pareva aver rinunciato ad attirare la sua attenzione, poi si voltò, in modo da prendere per bene la mira. Puntò dritto al bicchiere di Lexie, che, non appena lo alzò per bere, si ritrovò per una forza ignota alle leggi della fisica con tutto il suo contenuto sulla maglietta.
Scarlett, sorridendo soddisfatta per la perfetta riuscita del suo ennesimo agguato, ritrasse subito la bacchetta con disinvoltura.
« Lexie! » esclamò Sirius, avvicinandosi alla ragazza. « Oddio... lascia che ti aiuti... »
Lanciò un'occhiata furtiva a Scarlett, chiedendosi se quel gesto improvviso fosse davvero stato opera di Lexie o di una mano esterna, ma, vedendo che lei guardava altrove, tornò a concentrarsi sulla ragazza.
Lei, nuovamente in preda al panico, iniziò ad asciugarsi con i tovaglioli e a tamponare la macchia gigantesca che campeggiava sulla sua t-shirt azzurra, senza minimamente pensare di eliminarla con un semplice tocco di bacchetta.
Tipico delle ragazze di Sirius Black, pensò Scarlett, mentre tornava a fissarli con pietà.
Anche lui parve non riflettere sulla possibilità di usare la magia, ma il suo era un gesto consapevole.
Sirius, infatti, prese a aiutarla anche lui con un tovagliolo, non trovando l'opposizione della ragazza che lo lasciò fare, togliendo lei stessa la mano. Iniziò dal basso, risalendo piano lungo la maglietta, per poi sfiorarle le labbra su cui aveva un po' di schiuma.
« Così va meglio... » sussurrò, mentre si avvicinava ancor di più alla ragazza, inclinando il capo.
Scarlett, che aveva iniziato a parlottare divertita con Mary, non si accorse della scena, ma fu Emmeline a richiamarla all'attenzione.
« Scar! » le disse, scuotendole un braccio e facendole cenno di girarsi.
Lei obbedì, ed ebbe il tempo di vedere i due ormai ad un centimetro l'uno dall'altra quando la mano con cui impugnava la bacchetta, quasi di sua volontà, si mosse con un rapido e abile gesto, mentre nella sua mente risuonava Protego.
Appena un istante prima che le labbra di Sirius e Lexie si incontrassero, una barriera invisibile li separò, facendoli sobbalzare entrambi.
Scarlett sogghignò, trionfante. Anche quel colpo a sorpresa era riuscito alla perfezione.
« Ma... ma che cosa è stato? » chiese Lexie, spaesata.
Sirius non rispose subito, ma iniziò a fissare insistentemente Scarlett, mentre dentro di lui si rafforzava pian piano l'idea che tutte le stranezze di quella giornata non fossero una semplice coincidenza. Lei, però, parlava tranquillamente con le due amiche, apparentemente non curandosi dei due ragazzi al tavolo vicino, e dopo un po' Sirius tornò a guardare Lexie, anche lui un po' disorientato per quella giornata storta.
« Io... non lo so... » rispose alla ragazza.
« Sirius, forse è meglio tornare al castello » disse lei, girandosi a destra e sinistra cercando di trovare la fonte del loro disturbo. « Oggi non è proprio la giornata giusta ».
« Sì... » convenne lui, alzandosi. « Forse è meglio... »
Lasciò quattro falci sul tavolo e insieme a Lexie si incamminò verso l'uscita del locale, dopo aver lanciato un cenno di saluto a Rosmerta.
Scarlett, dopo averli osservati divertita fino a quando non furono usciti, bevve piano quello che restava della sua Acquaviola, il volto che emanava soddisfazione e gioia pura.
« Ti è bastato, Scar? » le chiese Emmeline, mentre anche lei finiva la sua Burrobirra. « Sei soddisfatta della tua vendetta? »
« Abbastanza direi » rispose lei, abbassando il bicchiere. « Era così convinto di passare una bella giornata con la sua Lexie... che peccato » e scoppiò a ridere.
Poi si riprese. « Se lo meritava » continuò. « Deve smetterla di importunarmi, mi fa salire il sangue al cervello, non lo sopporto. Crede di prendersi gioco di me, ma si sbaglia. Gli farò capire che può fare il galletto con tutte, ma non con me. Ha trovato pane per i suoi denti... »
Mary ed Emmeline la osservarono attentamente, cercando di capire se dietro quella voglia di sfida e rivincita nei confronti di Sirius si nascondesse in realtà qualcosa di diverso.
« Ma lascia perdere, Scar » disse Emmeline, mentre Mary continuava a scrutarla. « Fatti scivolare tutto addosso, non ne vale la pena se davvero non t'importa di lui ».
« Certo che non m'importa! » ribattè subito Scarlett sulla difensiva. « Ma tu non sai quanto riesce ad irritarmi col suo comportamento, e quest'anno è diventato veramente oppressivo. Quel ragazzo mi farà impazzire... »
Emmeline decise che era meglio non insistere. Conosceva bene Scarlett e sapeva che, quando aveva in testa una cosa, nulla a questo mondo poteva farle cambiare idea. Era testarda come un mulo, e per le sue amiche era veramente stancante tentare di dissuaderla dai suoi intenti quando credevano che stesse sbagliando, tanto che negli anni avevano sempre più evitato di mettere bocca sulle sue decisioni, sapendo benissimo che le avrebbe portate avanti comunque.
« Ormai ci sono dentro » continuò lei, quasi tra sè e sè. « E devo vincere io ».
Ecco. Vincere. Quello era importante. Perché se c'era una cosa che Scarlett non sopportava in assoluto, infatti, quello era perdere. Non lo tollerava, in campo come nella vita. Sentiva la competizione in maniera particolare, tanto da attirarsi l'antipatia di molti avversari nel Quidditch, anzi, soprattutto avversarie. E questo la rendeva la vittima preferita insieme a James dei tentativi di sabotaggio che caratterizzavano tutti i prepartita di Grifondoro.
Fuori dal campo, poi, non era da meno. E Sirius era diventato il nemico numero uno.
« Bene » disse poi, ridestandosi dai suoi pensieri. « Che ne dite, andiamo? »
« Sì » rispose Emmeline, mentre Mary sembrava parecchio pensierosa. « Abbiamo finito tutte... »
Le tre si alzarono e, dopo aver pagato al bancone da Rosmerta, uscirono nella strada principale del villaggio. A quel punto, Scarlett iniziò ad incamminarsi verso il castello, mentre le altre due proseguirono verso i negozi.
« Scarlett, dove vai? » chiese Emmeline, arrestandosi di botto.
« Al castello » rispose l'altra tranquillamente. « Devo parlare con una persona... »
Emmeline sgranò gli occhi. « Stai scherzando? » esclamò, scioccata. « Non vorrai raccontargli tutto! »
Lei sorrise beffarda. « Certo che no » disse. « Voglio solo dargli qualche indizio... mi sembrava così confuso... meglio chiarirgli le idee, no? »
Emmeline sbuffò. « Scar, smettila. Ci metterai nei guai ».
« Tranquille » rispose subito lei. « Non ho intenzione di mettervi in mezzo ».
L'altra non parve rassicurarsi. « Ma lascia stare! Vieni con noi, stiamo ancora un po' in giro, con una volta che possiamo uscire, approfittane, no? »
Scarlett scosse il capo. « Ho girato abbastanza, ho altro da fare adesso. Bacio ».
Si sporse verso Emmeline con la guancia, e quella le stampò un sonoro bacio, poi fece lo stesso con Mary, che la imitò.
« Grazie di avermi aiutato. Divertitevi! » e si voltò, dirigendosi verso il castello.
Nella strada di ritorno, Scarlett ripensò a tutti gli atti di disturbo che aveva architettato quel pomeriggio, e più volte le venne da scoppiare a ridere, contenendosi esclusivamente perché era da sola. 
Ottimo lavoro, Scarlett, davvero ottimo lavoro, pensò, parecchio divertita da quello che era accaduto e in parte sorpresa dalla sua abilità nell'agire di nascosto e senza farsi scoprire.
Poi, senza un vero motivo, la sua mente scattò improvvisamente alle parole di Emmeline. Non ne vale la pena se davvero non t'importa di lui...
A quel punto, il sorriso sul suo volto si spense. Stava dandogli davvero troppa importanza? Stava sul serio acconsentendo a continuare quel gioco stupido che lui aveva creato solo per provocarla? Voleva realmente dargli corda, pur sapendo che sicuramente questo sarebbe andato solo a suo sfavore? In fondo, era proprio quello che Sirius voleva. Farla cadere nella sua trappola era l'obiettivo. Quindi, non sarebbe stato meglio lasciar perdere come Emmeline le aveva consigliato e abbandonare quella sfida, lasciandolo da solo con la sua voglia di giocare?
Forse qualunque ragazza al suo posto si sarebbe arresa, nella convinzione che il gioco non valesse la candela, ma non lei. Lei voleva giocare. Ed era convinta che quella sfida non avrebbe potuto farle del male in nessun modo, nè ferirla per nessuna ragione, quindi mollare sarebbe stato solo un modo per lasciarlo vincere, e questo non poteva succedere.
A questo stava pensando Scarlett, quando si ritrovò a varcare il portone d'ingresso e ad entrare nel Cortile, dove trovò Sirius e Lexie l'uno di fronte all'altra che parlavano.
Lui si voltò distrattamente, e così incontrò lo sguardo di Scarlett, che era rimasta ferma ad osservarli. I suoi occhi si animarono di colpo e subito si rivolsero nuovamente a Lexie, che aveva appena finito di parlare.
« Allora, ci vediamo » stava dicendo la ragazza.
« Oh, sì » rispose lui con un sorriso. « Ci vediamo ».
Le pose una mano sul collo e la attirò a sè, sfiorandole appena le labbra, per poi premervi le sue con più decisione, baciandola inizialmente piano, in seguito più intensamente, tanto che lei gli poggiò una mano sul petto.
Quando si allontanarono, Sirius lasciò scivolare la mano e la fissò con insistenza.
« E' stato un piacere, Lexie » mormorò, prima di andare via a grandi passi, lasciandola totalmente e piacevolmente smarrita.
Scarlett rimase per un po' ferma lì, immobile. Avrebbe tanto voluto sabotare anche quel momento, riuscire fino in fondo a guastare quella giornata che lui si era aspettato splendida, ma il gesto di Sirius la colse totalmente impreparata, e anche solo provare a disturbarli sarebbe stato troppo azzardato.
Lei, però, non si perse d'animo, consapevole di essere riuscita in ogni caso a scombussolare i suoi piani, e si diresse di filato a cercare Sirius, decisa a prendersi tutti i meriti della sua impresa.
Non lo vide in Sala Grande, quindi pensò di trovarlo in Sala Comune, e così fu. Era seduto sulla poltrona che dava le spalle al ritratto, completamente solo. 
Lui non parve notarla, visto che non si era neanche girato per vedere chi fosse appena entrato.
Scarlett si avvicinò piano, senza farsi sentire, e chinandosi da dietro su di lui, gli sussurrò ad un orecchio: « Che bacio appassionato, complimenti ».
Lui non si scompose nè per la sorpresa nè per le sue parole, ma si girò piano, mentre lei andava a sedersi sul divano.
« Ti ringrazio » rispose, spavaldo. « Ma anche il nostro di qualche tempo fa non era stato male, non credi? »
« L'ho già rimosso » mentì lei, che invece ricordava molto bene quel momento. Sirius rise.
« Ma parliamo di te » continuò Scarlett imperterrita. « Come mai già di ritorno, Black? La tua... ragazza non è stata all'altezza delle tue aspettative? »
D'un tratto, Sirius si irrigidì. La sua uscita, nonostante con quel bacio avesse voluto dimostrare a Scarlett il contrario, era stata un vero e proprio fallimento. Questo lo aveva molto infastidito, non tanto perché fosse realmente interessato a Lexie, ma perché si era tanto vantato con lei di essere pronto a passare una giornata speciale solo per vederla arrabbiarsi nuovamente, mentre adesso si ritrovava senza sapere cosa dire con lei, che sembrava voler fargliela pagare. 
« Ti vedo triste... amareggiato... » proseguì Scarlett, decisa a fargli confessare la delusione per quell'uscita storta. « Qualcosa non è andato? »
A quelle parole, Sirius capì.
« Sei stata tu... » disse piano, guardandola fisso negli occhi.
Lei inarcò le sopracciglia, apparentemente confusa. « A fare cosa, esattamente? » chiese innocentemente.
« Non fare la finta tonta, lo sai benissimo! » rispose lui, alzandosi di botto dalla poltrona. « Sei stata tu a fare cadere Lexie all'ingresso del villaggio, tu a provocare quell'incidente da Mielandia, sempre tu a farle rovesciare la Burrobirra addosso e ancora tu a metterci una barriera prima che ci baciassimo! »
Lei a quel punto scoppiò a ridere di gusto. « Accidenti! » esclamò. « Quante disavventure vi sono capitate! Vedi? Mai parlare prima che qualcosa avvenga! Avevi previsto un'uscita megagalattica e ti sei ritrovato quasi vivo per miracolo! Che ti serva da lezione! » disse, canzonandolo senza pietà.
Lui si innervosì parecchio. Quella volta era stata brava. Troppo brava. E questo non se l'era aspettato. E soprattutto non poteva assolutamente permetterlo.
« Sei veramente squallida » sibilò, mettendosi di fronte a lei e guardandola dall'alto.
Lei lo fissò, ora seria anche lei. 
« Piano con le parole » disse, alzandosi dal divano e fronteggiandolo faccia a faccia. « E poi sentiamo, tu che prove avresti per dimostrare che sono stata io a fare tutte queste cose? »
Sirius non seppe cosa dire, convinto sempre più che in quell'occasione Scarlett avesse giocato davvero bene. Vero, sicuramente lui l'aveva sottovalutata, ma dovette comunque riconoscere a se stesso che in quel momento l'aveva proprio messo nel sacco, e non era cosa da poco riuscire a mettere nel sacco Sirius Black. Non era cosa da tutti.
« Che c'è? » continuò lei, parlandogli da vicino. « Hai perso la voce? E anche la tua arroganza, a quanto vedo ».
Lui continuò a tacere, guardandola però senza batter ciglio. Quando ricominciò a parlare, era sempre molto vicina. Troppo vicina.
« Visto, Black? » proseguì, visto il suo silenzio. « Non sai giocare solo tu. Mi hai sottovalutata, e questo è un male ».
Iniziò a girargli intorno, e dalle frasi che pronunciò pareva che stesse leggendo nella mente di Sirius.
« Mi hai detto che non sono capace di sorprenderti, invece ci sono riuscita » disse, mentre, girando, lo sfiorava con un leggero tocco delle dita.
« Mi hai detto che non ragiono con furbizia, ma l'ho fatto » continuò, imperterrita.
« Mi hai detto che vinci sempre tu » fece poi, fermandosi nuovamente di fronte a lui. « Ma stavolta ho vinto io. Due a due e Pluffa al centro. La partita è ancora tutta da giocare ».
E lo lasciò fermo sul posto, girando la testa con violenza e dirigendosi verso i Dormitori. Quando stava per salire il primo gradino, però, Sirius parlò.
« Questo significa solo una cosa » disse, calmo.
Scarlett si voltò. « Che cosa, signor Black? » chiese sarcastica.
Lui si avvicinò a lei, trovandosela di nuovo ad un passo.
« Che sono nei tuoi pensieri più di quanto tu ci tenga ad ammettere, signorina Banks » le sussurrò. « E che questa partita la vuoi giocare anche tu ».
In quel momento, avendola così vicina, non seppe spiegarselo, ma lo prese un ardente desiderio di baciarla. Nonostante l'avesse fatto innervosire, lo avesse preso in giro, lo avesse fatto arrabbiare sul serio, lo avesse beffato con le sue abili mosse, avesse pareggiato il conto in quella sfida in cui lui era sempre stato sicuro di vincere, nonostante fosse stata in quell'occasione più che mai la ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa che ormai conosceva bene, era riuscita anche e soprattutto a stuzzicarlo e provocarlo in un modo tale che non si era mai sentito tanto attratto da una ragazza come da lei in quel preciso momento.
E notò con stupore che non era solo attrazione fisica - perchè, comunque, esteticamente Scarlett gli era sempre piaciuta -, ma una questione di testa, un gioco mentale che lo portava quasi inconsciamente nella sua direzione, in un modo nuovo, strano, diverso. Piacevolmente diverso.
Si avvicinò piano e molto lentamente, ma lei non parve cogliere le sue intenzioni. Lo guardò, seria e impassibile, poi rispose.
« Io non voglio solo giocarla questa partita » disse. « Io voglio vincerla »
E, dopo avergli mandato un ultimo sguardo di fuoco, si voltò e prese a salire la scala a chiocciola, lasciando Sirius nuovamente da solo, con qualche certezza su di sè in meno, e con tanta voglia di giocare in più.
 
 
*  *  *
 
 
Mentre Sirius Black si era diretto verso il Cortile d'Ingresso, pronto ad affrontare un'uscita con la sua Lexie Lexie, James Potter si era nascosto in uno sgabuzzino vuoto lì accanto, in attesa dell'arrivo di Lily.
Passarono molti minuti quando finalmente, dalla fessura lasciata libera per osservare bene la scena, la vide entrare, i lunghi capelli rossi raccolti in una coda bassa che le scivolava sulla spalla fino all'altezza dello stomaco e un semplice maglioncino grigio che lasciava intravedere ben poco.
Stappò di fretta la fiala contenente la pozione e vi fece scivolare dentro qualche ciuffo di capelli strappato a Jason Morrison da lui e dall'amico, tanto che il contenuto denso ribollì e diede vita a un decotto dal colorito bluastro e parecchio intenso.
James pensò che quel ragazzo dovesse essere un Corvonero in tutto e per tutto e lui, in linea di massima e per delle buone ragioni, detestava i Corvonero.
Prese un respiro profondo e attaccò le labbra alla fiala di vetro, trangugiando in un solo sorso tutto il suo contenuto con una smorfia disgustata. Schioccò la lingua nell'esatto momento in cui avvertì il suo corpo vibrare, come se stesse eruttando qualcosa in lui che altro non era che il suo nuovo aspetto. Non riuscì a trattenere la fiala tra le dita tremanti e la lasciò crollare a terra, guardandola rompersi, mentre la trasformazione si avviava al termine con suo enorme sollievo. Quando capì che tutto era finito, acchiappò un aggeggio che aveva a portata di mano dalla superficie levigata e lucida, vi passò sopra il palmo della mano per ripulirlo dal fine strato di polvere che lo ricopriva e si specchiò: i capelli corvini si erano schiariti appena in un castano comunque abbastanza scuro, ma non avevano più il loro solito aspetto disordinato, con i ciuffi che sparavano in tutte le direzioni, poiché erano divenuti ricci e corti; il lieve nocciola degli occhi si era trasformato in azzuro chiaro, mentre le spalle si erano ritirate appena e le mani si erano fatte più nodose.
« E' con questo qui che sei voluta uscire, Evans? » borbottò tra sè e sè. « Non ti capirò mai, credo ».
E uscì di fretta dallo stanzino per dirigersi verso l'ampio Cortile d'Ingresso, dove vide Sirius parlare con Scarlett, Mary ed Emmeline. 
Diede un'occhiata all'orologio, prefissandosi un orario stabilito in cui andare via per non ritrasformarsi in se stesso davanti a Lily, poi si diresse con fare sicuro verso di lei, la quale, quando lo vide, incurvò gli angoli della bocca in un sorriso. James si sentì molto strano nel vederlo rivolto a lui, tanto che lo stomaco gli si contrasse per l'emozione, pur sapendo che era tutta pura illusione. La ragazza si avvicinò e lui rispose al sorriso.
« Ehi, Ev-... » cominciò a dire, imprecando a mente un attimo dopo. « ... Lily, ciao ».
Lei non notò l'attimo di sbandamento del ragazzo e rispose al saluto, dicendo: « Ciao, Jason, tutto bene? »
« Alla grande, grazie » rispose lui. « E tu? Sei... davvero un incanto ».
Lily arrossì appena e abbassò lo sguardo, scuotendo impercettibilmente il capo. « Oh, non ho niente di speciale, ti ringrazio... » borbottò, imbarazzata, facendo cenno verso gli abiti che indossava.
« Parlavo di te » mormorò lui, continuando a osservarla. « Non dei vestiti che porti ».
Lei non seppe rispondere e si limitò a sorridere, colpita. Non aveva mai ricevuto un complimento del genere.
James, invece, pensò che avrebbe dovuto piantarla di dire ciò che avrebbe detto se fosse stato in sè. La sua frase era stata detta assolutamente da James. Proveniva dal cuore di James e di nessun'altro. E non poteva farla passare per una detta da quello stupido corvaccio.
« Ti va di incamminarci? » le chiese dopo un po', inclinando il capo.
Lei annuì allegramente e, insieme, camminando l'uno accanto all'altra, si diressero verso il villaggio magico.
Il terreno ricoperto di ciottoli era umido per le recenti piogge ma sulle casupole dai tetti bassi battevano i raggi di un sole potente e luminoso. Sulla strada si stagliavano le figure di parecchi studenti, creando ombre allungate e surreali tutte dirette verso la stessa direzione, e lungo il percorso si potevano osservare coppie che si tenevano per mano, amici che si prendevano a cozzate ridendo, ragazze che parlottavano concitate tra loro o persone del luogo tra le più bizzare che si potessero trovare in giro.
« Allora » esordì James. « Dove vuoi che ti porti? »
Lei scrollò le spalle con un sorriso. « Dove ti va, non importa » rispose semplicemente.
« Ti andrebbe qualcosa da bere? » propose allegramente lui.
Lily annuì. « L'importante è che non mi porti da Madama Piediburro » ci tenne a precisare, pensando con un brivido di orrore alla sala da tè preferita dalle coppiette di mielosi innamorati che lei tanto detestava. « Ci tengo alla salute del mio stomaco ».
James rise. Anche lui odiava quel locale, ma ricordò che tutte le ragazze con cui era uscito avevano sempre desiderato che lui le portasse lì. Come sempre, però, Lily dimostrava di essere diversa. Come sempre, lui pensò che quella diversità fosse preziosa. Pensò che fosse proprio quella ad averlo fatto innamorare.
« Sta' tranquilla » la rassicurò. « Niente cuoricini, solo un bel boccale di Burrobirra, che ne dici? »
La ragazza gli rivolse un'occhiata raggiante. « Dico che mi piace proprio il tuo stile » commentò, e lui sorrise apertamente.
Si diressero verso i Tre Manici di Scopa, chiacchierando senza problemi del più e del meno, e lei pareva serena e felice in sua compagnia.
Quando furono arrivati, James spalancò la porta per lasciarla passare e chinò il capo, mentre lei varcava la soglia ridendo sottovoce, a suo agio.
Si avvicinarono al bancone, dietro il quale Rosmerta trafficava con degli enormi bicchieri dalla forma strana, mentre si scostava dalla fronte un ciuffo dei suoi capelli tanto elaborati e perfetti che in molte ammiravano.
« Salve, cari » li salutò gioviale quando alzò lo sguardo. « Cosa desiderate? »
« Due Burrobirre e un po' di Zuccotti di Zucca, per favore » disse James, appoggiando un gomito al bancone lucido.
Lily lo guardò. « Ti piacciono gli Zuccotti? » chiese, sorridendo.
« Io... » mormorò lui. « In realtà... so che piacciono a te ».
Gli occhi di Lily parvero dilatarsi appena. Lo scrutò, spiazzata e stupita, ma lui scosse appena il capo e lei non disse nulla, confusa.
Poco dopo furono serviti e si diressero a un tavolo lì vicino, accomodandosi sulle panche piuttosto vicini.
James le gettò un'occhiata di sbieco e gli sguardi si incrociarono per un istante, facendo arrossire appena entrambi.
Lui si sentì un vero idiota, pensando che in nessun pianeta potesse esistere un ragazzo che arrossiva quando una ragazza anche solo lo guardava, e tentò di ritornare in sè, di non cedere di fronte ai suoi occhi straordinari. Si concentrò sulla sua Burrobirra, quando la vide fare un cenno con la mano a due ragazzi appena entrati nel locale. Quando alzò lo sguardo, vide con terrore che si trattava di Remus e Peter e soffocò con le labbra sul boccale, bagnandosi il viso.
« Jason, tutto bene? » chiese lei, poggiandogli una mano sulla spalla.
Lui annuì senza riuscire a fiatare, proprio nel momento in cui i due si erano avvicinati: Remus pareva tranquillo e sorrideva, Peter decisamente ansioso.
« Remus, Minus, ciao » salutò Lily gentilmente. « Hai già svaligiato Mielandia? » domandò, rivolgendosi al primo.
Lui rise e annuì, mostrando diversi pacchetti. « Tutto il miglior cioccolato del negozio » rispose con orgoglio. « E tu, invece, ti diverti? »
Rivolse un'occhiata al ragazzo alla sua destra e gli porse la mano educatamente, sorridendo appena.
« Io sono Remus, tanto piacere » disse, mentre Peter si mangiucchiava le unghie e il suo sguardo scattava dall'uno all'altro in maniera nevrotica.
James pensò che fosse la cosa più assurda che avesse mai fatto in vita sua e strinse la mano dell'amico, rispondendo un po' titubante: « Jason, piacere mio ».
Remus non parve notare nulla di strano o di vagamente familiare in lui, e si rivolse nuovamente a Lily.
« Beh, allora ci vediamo in giro » le disse.
Lei annuì e li salutò mentre li guardava andare via, verso un altro dei pochi tavoli rimasti ancora liberi.
Ricominciò a mangiare Zuccotti di Zucca, quando alla fine pensò che fosse meglio rompere in silenzio.
« Allora » esordì. « Hai rifatto il provino di Quidditch quest'anno? » domandò.
James alzò lo sguardo e riflettè velocemente sulla risposta da dare. « No, io... » borbottò. « Ehm... Ho deciso di dedicarmi al Torneo di Scacchi Magici ».
Annuì, sicuro di aver fatto l'impressione del perfetto Corvonero che, ne era sicuro, a Lily non piaceva.
« Interessante » rispose infatti, senza però sembrare particolarmente entusiasta.
Ripiombò il silenzio, rotto solo dal rumore sordo dei boccali che raschiavano il tavolo e da quello dei biscotti infranti fra i denti di Lily.
James la osservò a lungo ma lei proseguì indisturbata finché non lo notò e arrossì di botto.
« Oh » disse all'improvviso, lasciando cadere l'ennesimo Zuccotto che aveva in mano. « Scusa, io... mangio davvero troppo... Merlino, non te ne ho lasciato neanche uno... Mi dispiace, non... Scusami... » balbettò, ormai divenuta dello stesso colore dei suoi capelli.
James rise dolcemente e scosse il capo, intenerito. « Ma scherzi? » le disse, senza smettere di sorridere. « Finalmente conosco una ragazza che mangia... Quelle con cui sono uscito finora bevevano una tazzina di tè e si dicevano sazie, era davvero triste! Insomma, gli Elfi Domestici prosciugano i loro poveri corpicini per cucinare quelle delizie e loro ogni volta al massimo prendono un paio di patatine e buttano via il resto! Andiamo, non si può! Mangiare è fantastico, nessuno può dire il contrario, non credi? Io, ad esempio, ho perennemente fame! Soffro di insonnia, sai? Ma non perché non mi piaccia dormire, ma perché anche di notte ho voglia di mangiare e... e non riesco a prendere sonno! E' stressante, sul serio, credo che un giorno diventerò enorme come... non so, due volte Hagrid o una roba del genere... Quindi... no, insomma, volevo semplicemente dire che... mi piaci, cioè... no, mi piace vederti mangiare, ecco... E poi si sa, gli Zuccotti di Zucca sono così, uno tira l'altro ».
Prese un respiro, stanco di quel discorso senza senso che aveva intrapreso per chissà quale ragione. Era partito a razzo, come spesso gli capitava, soprattutto in presenza di Lily quando si sentiva imbarazzato, e improvvisamente ebbe paura, perché si era comportato troppo da James invece che da Jason.
Lily, invece, rideva di cuore e lo guardava, pensando che il suo modo di fare fosse semplicemente amabile.
In un lampo le venne in mente il ricordo della ronda con James, quella sua maniera di parlare così frenetica e coinvolgente, ma subito scacciò via il pensiero.
« Hai ragione » disse tra le risate, mentre lui la fissava, meravigliato dalla sua reazione.
« Dai, allora, finisci l'ultimo biscotto. Ti porto da Zonko » le disse, sorridendo.
Lily lo guardò con un mezzo sorriso sul volto. Quel ragazzo iniziava davvero a piacerle.
Lui, per tutta risposta, le fece un rapido occhiolino che la fece ridere e rimanere a scrutarlo ancora un po'.
Dopodiché si alzarono, James lasciò sette falci sul tavolino e si diressero verso l'uscita. Quando si furono chiusi la porta cigolante alle spalle il vento sferzò i loro volti e li fece rabbrividere appena. Il sole non bastava a placare le temperature basse dell'esterno.
« Hai freddo? » le domandò, scrutandola.
Lei fece un gesto strano, annuendo e scrollando le spalle nello stesso momento.
« Che ne dici di una bella corsa per riscaldarci? »
Lei sorrise, pensando che stesse scherzando, ma lui la prese per mano, non lasciandole il tempo per nulla e cominciò a correre, ridendo insieme a lei.
« Jason... fermati... » biascicò dopo un po', esausta, scrollando la sua mano per attirare la sua attenzione, senza però riuscire a smettere di ridere.
James si voltò a guardarla, sorridente, prendendole anche l'altra mano tra le sue, stringendole appena.
« Già stanca? » le chiese, un sopracciglio inarcato in un'espressione superba e divertita allo stesso tempo.
Lei sorrise e giocò per un po' con le sue mani, intrecciando le dita alle sue, portandole al suo petto per poi avvicinarle a quello di lui. Si sorprese dei suoi stessi gesti, stupendosi della complicità che si era già creata tra loro. Conosceva bene se stessa, non era solita prendersi confidenze del genere con persone che conosceva appena, ma Jason aveva qualcosa di diverso, qualcosa che l'aveva inevitabilmente colpita. Era coinvolgente quando parlava, sorprendente in ogni momento, spesso anche goffo e impacciato, lo aveva notato prima.
« Ma no, pensavo lo fossi tu » rispose ridendo.
Lui, invece, per parecchi secondi non disse nulla. Rimase a fissare come inebetito le loro mani intrecciate, pensando che fosse sicuramente solo uno dei suoi soliti sogni, ma ne avvertì il calore fin troppo reale e alla fine alzò lo sguardo, osservandola, totalmente incantato.
Era stata sempre così bella? Gli occhi a mandorla di quel verde così intenso, il manto di capelli fiammeggianti raccolto in quel morbido nodo, le lentiggini spruzzate sul naso e le mani bianche, sottili e morbide...
« Jason ».
Lui si riscosse all'istante e fu come precipitare nuovamente a terra, sdrucciolando rovinosamente su un pavimento gelido e duro, così diverso dalle nuvole sulle quali aveva camminato poco prima... E gli parve troppo difficile rialzarsi. Le mani scivolavano sul piano lucido, le gambe non avevano la forza di rimetterlo in piedi e la mente era troppo lontana, ancora persa tra quei sogni incantevoli che aveva vissuto davvero ma per un tempo troppo breve. 
Sarebbe rimasto lì, esausto, steso a terra e lei non gli avrebbe mai porto la sua mano, l'unica che avrebbe potuto salvarlo.
Era caduto. Ogni sogno era divenuto polvere perché il nome che lei aveva chiamato non era il suo.
Jason. Cos'è che lei voleva? Aveva trascorso del tempo con James e pareva essere stata benissimo, ma lei odiava, odiava James.
Non era uscita con Jason, non era stato lui a farla sorridere quella volta, ma lei aveva accettato di uscire con lui, era lui che le interessava.
Erano le mani di Jason e Lily ad essere intrecciate, ma era il calore di James che lei avvertiva, il suo tremito, non quello di lui.
E James pensò che quei pensieri lo avrebbero fatto impazzire. Pensò che Jason non desiderava Lily neanche un briciolo di come invece l'amava lui.
« Scusami » borbottò. « Mi ero... un attimo... Scusa... »
Ma lei sorrise e, sempre tenendolo per mano, lo guidò verso il negozio di scherzi ormai molto vicino a loro.
Lui si lasciò portare, un po' intontito, ma all'improvviso pensò che non poteva lasciarsi sfuggire quell'occasione. Era ad Hogsmeade con Lily! Non poteva lasciare che pensieri ingarbugliati come quelli distogliessero la sua mente da momenti preziosi con lei, minuti dal valore inestimabile che probabilmente non avrebbe vissuto mai più. Quella poteva essere davvero l'ultima occasione. E lui non l'avrebbe lasciata correre via.
Così liberò la mente e sorrise, accingendosi a entrare nel negozio sovraffollato insieme a lei.
Gli schiamazzi ed i rumori più improbabili invadevano ogni angolo del negozio e riuscire a guardare i prodotti era un'impresa ardua, poiché vi erano studenti accalcati di fronte a ogni singola mensola. Lily riuscì a farsi largo, portando James con sè.
« Guarda, ci sono le Pallottole Puzzole! » trillò entusiasta, precipitandosi verso lo spazio libero appena formatosi. « Potrei usarle contro mia sorella... » ragionò, grattandosi il mento con aria piuttosto malvagia. Alla fine sorrise e annuì, prendendone più di un paio ed esclamando: « Mie! »
James rise, ma lei lo prese per il braccio e lo catapultò da un'altra parte.
« Jason, guarda, ci sono i Fresbee Zannuti! » disse ancora, indicandoli e prendendone uno. « Mio Dio, quanto adoro questo negozio! Vieni, dai! »
Lui la seguì, meravigliato: sembrava una trottola impazzita. Non sapeva nulla di questa sua passione per gli scherzi ma conosceva bene il suo spirito vivace.
Al contrario di quanto sosteneva, sarebbe stata benissimo accanto a un Malandrino.
Si spostarono verso l'altro lato del negozio. Quell'ala era dedicata agli scherzi ispirati al mondo babbano.
« Sai cosa sono questi? » le domandò James, indicando un paio di apparentemente innocui guantoni da boxe.
Lei scosse il capo, incuriosita, mentre lui sorrise e li indossò.
In un attimo, quelli parvero acquistare vita propria e iniziarono a tirare pugni a destra e a manca sullo stesso James, che rise e tentò inutilmente di scansarli.
« Ti farai male! » esclamò Lily, senza riuscire a smettere di ridere.
Lui scosse il capo, proprio nel momento in cui un altro colpo ben assestato lo colpì dritto nel naso.
Quando vide Lily piegata in due dal ridere, ricominciò a ridere anche lui.
« Ci provi gusto, eh? » le disse.
Lily fece di no con la mano e non riuscì a parlare, le lacrime agli occhi.
« Mi fa piacere che ti faccia ridere... » fece lui. « Ma i miei connotati non sono... » e scansò un colpo, « ... molto d'accordo, credo. Ti dispiacerebbe aiutarmi a...? »
« Certo » rispose lei, tentando di ridarsi un contegno. Glieli sfilò con qualche difficoltà e lui sospirò, esausto.
« Porca miseria... » borbottò, passandosi una mano tra i capelli. « Questi dovrei regalarli a Si-... a... Mike... il mio amico... di sempre, sì... »
Lily non lo stava ascoltando, tutta presa dagli ingranaggi babbani che nascondevano chissà quali altri scherzi.
Trascorsero nel negozio più di un quarto d'ora e lui la fece ridere in tutti i modi, tanto che quando uscirono nuovamente all'aria aperta non aveva ancora smesso, e lui con lei. 
Quando riuscirono a riprendere il controllo, Lily iniziò a fissarlo intensamente.
« Jason » lo chiamò, sorridendo.
« Sì? » fece lui.
Lily si mordicchiò il labbro inferiore e abbassò lo sguardo, senza parlare. Quando tornò a guardarlo notò che lui la stava scrutando con attenzione.
« Sono davvero felice di essere uscita con te » mormorò candidamente.
A James parve che il cuore gli fosse salito di colpo alla gola, impedendogli di parlare. La fissò ed ebbe paura del suo stesso sguardo, perché sapeva bene che i suoi, soprattutto in quel momento, erano gli occhi di un ragazzo innamorato.
Lily, invece, arrossì appena.
« Non immagini quanto lo sia io, Lily... credimi ».
Ebbe solo il tempo di un sorriso prima di sentire qualcosa di strano crescere dentro di sè. 
Era già passata un'ora.
D'un tratto avvertì i capelli sul capo farsi più lunghi, lisci... disordinati. Si guardò le mani. Anche quelle stavano cambiando. Ma non c'era più tempo.
Lily lo fissava immobilizzata, gli occhi sgranati. Passò qualche secondo prima che la trasformazione terminasse e lei fece un passo indietro, sconvolta.
La magia di un attimo prima era svanita, portata via dal vento.
Lily Evans fissava James Potter , ma della tenerezza di poco prima nei loro sguardi non v'era più nessuna traccia.










Note della Malandrinautrice: Buonsalve a voi, miei cari! Come state?
Sono in ritardo? Ma no dai, sono passati solo dieci giorni! Avrei dovuto pubblicare prima ma mi ha travolto la festa per lo scudetto della Juve e sono tornata a casa tardi! Quindi... finalmente eccomi qui!
Vorrei sottolineare che ancora una volta senza mia sorella sarei stata perduta, visto che oltre ad aiutarmi come sempre nel corso del capitolo, ha scritto nuovamente lei un pezzo, ovvero la rovina dell'uscita di Sirius e la cara LEXIE LEXIE! Allora, non è grande?
Poi. Qualche spiegazione.
Avete capito James, vero, quando ha deciso di non dire nulla a Remus? Beh, è ovvio, no? Lui non glielo permetterebbe mai e poi mai, ma lui tiene troppo a quell'uscita per mollare. Non è un tradimento, non prendetela così.
Poi. Solo un'altra cosa. Lily. Può sembrare che si prenda troppe confidenze con Jason/James, ma oltre a quello che ho già spiegato, bisogna aggiungere che lei già Jason lo conosceva abbastanza bene. Quindi mi è parso lecito!
Adesso non mi resta che ringraziare.
17 recensioni. DICIASSETTE. Un capitolo maggiorenne! *Si vergogna della frase nonsense, ma capitela, è emozionata*
No, dico, diciassette è un numero enorme! Io... io ci muoio in questo sito, ci lascio le penne, ve lo dico! Non so come ringraziare tutti voi per le splendide parole spese. GRAZIE DI CUORE.

Vorrei ringraziare in particolar modo la cara Francesca, Nearly Headless, che ha segnalato la mia storia per le Prescelte, come le chiamo io. Non ho parole, sappi solo che sono commossa come un'idiota e che ti adoro.
Ringrazio anche i 40 delle preferite, i 5 delle ricordate e i 62 delle seguite! Grazie di cuore!
Beh, mando un enorme bacio a tutti con la speranza che il capitolo vi piaccia!
Saluti, cari, e grazie sempre!

Simona_Lupin

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Capitolo 9
*** Rossa di rabbia ***


 
 

And out of all these things I've done, E senza contare tutte le cose che ho fatto,  
I will love you better now. ti amerò meglio adesso.
 
 

Capitolo 9
 
Rossa di rabbia
 
 




Il tempo parve fermarsi intorno a Lily e James per molti, infiniti attimi. Si fissarono, lei pietrificata, lui boccheggiante, ma neanche un suono fuoriuscì dalle loro labbra dischiuse, mentre gli occhi ribollivano di scuse impossibili da avere e cieca rabbia, di fredda paura raggelante e furioso sgomento, di tremula frustrazione e delusione ardente, vivida, impossibile da placare.
Lei rimase immobile sul posto, poi con uno sguardo di fuoco gli voltò le spalle e cominciò a correre verso il castello, i lunghi capelli rossi al vento.
« Lily! » la richiamò James, rincorrendola. « Lily, ti prego, ascolta! Lily! »
La raggiunse un attimo dopo e le afferrò un braccio ma lei si divincolò con una forza tale che i capelli sventolarono intorno al suo volto.
« Non mi toccare, Potter! » urlò, senza guardarlo. « NON osare toccarmi! »
« Lily, per favo-... »
« E non chiamarmi Lily! » lo ammonì furiosa. « Non ne hai nessun diritto! Stammi lontano! »
Ricominciò a marciare verso la scuola sempre più vicina, il cervello troppo offuscato dalla rabbia per riuscire a formulare anche un solo pensiero minimamente razionale e sentì i passi di James seguirla, la sua voce chiamare il suo nome inutilmente, come se in ogni lettera di quello ci fosse una preghiera, come se sperasse che bastasse ripeterlo per farla arrestare, per riuscire a convincerla a voltarsi e guardarlo, così che avrebbe potuto dirle cosa non lo sapeva neppure lui. Ma Lily non si voltò. Lily non rispose.
« Lily, per piacere, ho bisogno... » disse precipitosamente. « Ho bisogno di... di spiegarti... Lily... »
Lei si fermò di botto e lui, per un secondo, credette davvero che l'avrebbe ascoltato, che avrebbe avuto un'occasione per spiegarsi. Ma non fu così.
« Devi lasciarmi stare » disse con calma. « Devi lasciarmi stare, Potter! E non voglio ascoltarti, hai capito? Non voglio sentire una maledettissima parola, né oggi, né mai! Non meriti neanche un briciolo della mia fiducia o della mia pazienza, non meriti di essere ascoltato perché hai fatto una cosa orribile e non te lo perdonerò mai! Mi hai imbrogliata senza farti problemi, è così che ti è piaccio, eh? Gran bel modo di dimostrarlo! »
« Lily, è proprio per que-... »
« Come puoi avere il coraggio di parlare? » lo aggredì ancora, rossa di rabbia. « Come puoi avere la faccia tosta di spiegare una cosa come questa? Quello che hai fatto è imperdonabile e tu sei solo uno sporco imbroglione che non merita niente! Non fai che darmi fastidio dal primo anno, non ti sopporto più! Che cosa vuoi ancora? Se volevi farmi star male, mi dispiace, non ci sei riuscito! Non starò male neanche un secondo per colpa tua, non lo permetterei mai, non meriti nemmeno questo! »
Ma sapeva bene che non era altro che una stupida bugia.
Non stava male, era a pezzi. E non riusciva a credere a quello che James le aveva fatto, non riusciva a realizzare che fosse stato davvero lui l'autore di quell'inganno orribile e squallido, lui, che alla ronda l'aveva fatta ridere, che aveva condiviso con lei i suoi desideri e progetti, che per un attimo le aveva fatto pensare che forse, in fondo, non fosse un cattivo ragazzo, una persona capace di fare davvero del male.
Ma adesso tutto era crollato e ogni fragile pensiero positivo, ogni filo che aveva iniziato a unirli si era spezzato, insieme a quel rapporto che avevano cominciato a costruire, ormai ridotto in polvere sotto i loro piedi.
E quel giorno il vento era potente. Quel giorno, che era iniziato con uno strano, inaspettato sole splendente, ora era precipitato nel grigio più triste e quel vento che sferzava i volti aveva portato via le briciole del loro legame, lontano, così che anche se le avessero rincorse, sarebbero riuscite a sfuggire via dalle loro mani, tra le dita che solo poco prima erano state intrecciate tra loro e si erano riscaldate a vicenda.
« Lily » ricominciò James, in preda al panico. « Tu non capisci, l'ho fatto perché volevo stare con te e non-... »
« STA' ZITTO! » sbraitò lei, che non tollerava più il suono della sua voce implorante. « Io non starò mai con te! Vedi di cercarti una delle tue solite sgualdrine con cui passare il resto dei tuoi schifosi giorni e lascia in pace me, perché di te non voglio più saperne nulla, non ne ho mai voluto sapere niente! Oggi è stata solo l'ennesima dimostrazione di quello che sei! Non ti fai scrupoli a far soffrire la gente, a umiliarla, l'ho sempre saputo! E non so come facciano persone come Remus o Scarlett a esserti amiche perché sei una persona orribile e non meriti l'amicizia di nessuno se non di quegli altri bastardi schifosi come te! »
James aprì e richiuse la bocca senza dire nulla, pensando che tutto ormai fosse abbastanza, anche troppo per le sue orecchie.
Non sopportava quelle parole terribili e laceranti, la sua voce che si alzava di tono e spaccava timpani e cuore, le macchie rosse ai lati del viso e sulle orecchie, come sempre quando era arrabbiata, né quei continui sguardi di fuoco che non lampeggiavano solo di rabbia ma celavano anche gelida delusione. 
Perché Lily non sembrava solo adirata, ma più che altro, al contrario di quanto diceva con tanta foga, pareva ferita.
« Lily, so che ho sbagliato e mi dispiace, lo giuro, ma non posso tornare indietro » le disse con ardore. « Sono stato uno stupido, non ho pensato alle conseguenze, ma non sono riuscito a resistere... Non so cosa avrei dato pur di riuscire a passare del tempo con te... »
« E tu credi che m'importi? » ruggì lei, che non fu minimante addolcita dalle sue parole, anzi, parve ancora più infuriata. « Credi davvero che m'interessi perché l'hai fatto? Pensi che basti dire stupide falsità come queste per farmi dimenticare tutto? »
« Ma non sono falsità! » ribattè lui con veemenza. « Ti ho detto la verità, Lily, è per... »
« La verità? »
La sua voce si fece ancor più alta e penetrante. Avrebbe solo voluto correre via e gettarsi sul suo letto a baldacchino con le coperte fin sopra la testa, magari con un pacco dei suoi biscotti preferiti e Scarlett vicina, in silenzio, come succedeva sempre quando era abbattuta. Eppure rimaneva con i piedi piantati a terra e continuava a urlare, senza impietosirsi di fronte all'espressione sofferente di lui, che anzi riusciva solo a farla innervosire ancora di più.
« Tu non mi hai mai detto la verità, Potter! » sbraitò, tremante. « In tutti questi anni l'unica cosa che sei stato capace di fare con me è stato umiliarmi con i tuoi stupidi scherzi balordi, perseguitarmi per chiedermi di uscire anche se ho sempre pensato che fosse uno scherzo anche quello, che magari mi avresti dato buca per mettermi in ridicolo ancora, e prendermi in giro, come hai fatto adesso! Come puoi pensare che io ti creda? Io non ti sono mai piaciuta, Potter, la tua è solo un'ossessione perché mi credi il giocattolo più divertente di tutti, ma adesso devi lasciarmi in pace, una volta per tutte! »
E questa era forse l'unica verità che gli aveva gettato addosso fino a quel momento.
Aveva sempre avuto la sensazione che quella di James non fosse una cotta bruciante per lei, ma solo una malsana fissazione. In tutti quegli anni era arrivata a maturare l'idea che lui si divertisse tanto a stuzzicarla così pesantemente e insistentemente solo perché la riteneva un passatempo fin troppo divertente. In fondo, in che modo lui le aveva dimostrato di piacergli? Era da quando avevano undici anni che le combinava gli scherzi peggiori, insieme al suo fedele amichetto Black, che invece aveva dimostrato maggiore propensione per Scarlett, di sicuro altrettanto ossessiva. Ma mai aveva lasciato un segno, mai le aveva fatto capire in qualche modo che il suo era un vero interesse per lei.
Anche per questo non aveva mai accettato di uscire con lui. Non era stato solo quell'odio che lei continuava a sostenere di provare per lui a indurla a rifiutare, non era stato solo il peso di quegli anni fatti di sfide sempre più accese e neanche il risentimento dovuto a tutti i tormenti ai quali aveva sottoposto il suo vecchio amico Severus. Perché il motivo principale per il quale non era mai voluta uscire con lui era la paura. Paura che lui la mollasse senza problemi dopo che magari si fosse affezionata, che fosse davvero solo l'ennesimo scherzo, perché non lo avrebbe sopportato.
Non riusciva a fidarsi di lui. Non riusciva a credergli quando pareva le stesse parlando seriamente, perché i ricordi di tutte le sue malefatte e le sue prese in giro ritornavano ad assalirla e James ai suoi occhi non riusciva a risultare credibile.
La paura era alla base di tutto.
« Lily » mormorò ancora lui. « Non... non lo pensi sul serio, non è vero? Non puoi credere davvero che io... Io... non ti credo un giocattolo, non... »
« Non ti voglio più sentire, Potter » sibilò lei. « Lasciami stare ».
E James pensò che non avrebbe potuto fare altro che obbedire. La guardò andare via a grandi falcate, stringendosi nel suo maglioncino per ripararsi dal freddo, mentre lui rimase immobile, sotto gli sguardi di qualche passante che aveva ascoltato le loro urla e ne era rimasto basito.
Non badò a niente e alla fine si incamminò, lo sguardo basso, le mani affondate nelle tasche.
La strada verso il castello parve infinita e fu sorpreso quando alla fine varcò il cancello d'entrata. Senza nemmeno pensarci, come se le sue gambe stessero agendo da sole, si diresse verso la Sala Comune, sperando intensamente di trovarla deserta.
Quando varcò il buco dietro il ritratto, senza ascoltare minimamente le domande curiose della Signora Grassa che pareva desiderosa di sapere come mai fosse tornato tanto presto, vide la Sala vuota e salì gli scalini verso il Dormitorio con passo pesante e strascicato, sicuro di non trovare nessuno neanche lì.
Quando aprì la porta, però, trovò Sirius stravaccato sul letto di fronte, lo sguardo fisso sul soffitto, ancora perfettamente vestito.
« James » disse sorpreso, notando all'istante la sua aria abbattuta. Si alzò di scatto e gli andò incontro. « Che ti succede? Qualcosa è andato storto? Non-... »
Ma non riuscì a completare la frase perché James gli avvolse le braccia intorno al corpo e lo strinse in un forte abbraccio, cercando disperatamente risposta.
Sirius sgranò appena gli occhi, turbato, ma non attese né dubitò, abbracciandolo anche lui, senza riserve.
Rimasero così per alcuni secondi, in perfetto silenzio, e James ebbe paura di staccarsi da lui, paura di guardarlo, ma alla fine lo fece.
La mano di Sirius scese a stringergli il braccio, poi scivolò, crollando sul fianco, e lui fissò James con i suoi occhi d'acciaio, tentando di capire senza chiedere.
« Grazie, Felpato » borbottò lui con voce roca.
L'altro lo guardò stupito e scosse impercettibilmente il capo, prima di poggiargli una mano sulla spalla e condurlo verso il letto sul quale crollò.
« Raccontami tutto » disse, continuando insistentemente a scrutarlo, senza distogliere mai lo sguardo da lui.
James annuì e poggiò i gomiti sulle gambe, affondando le mani tra i capelli.
« Era tutto perfetto » mormorò. « Perfetto, Sirius. Non sembrava neanche vero, credevo che mi sarei svegliato da un momento all'altro. Lily era... così bella e io... io... non mi sono reso conto del tempo che passava e mi sono trasformato, proprio di fronte a lei ».
Sospirò, riflettendo su quanto fosse stato stupido a non tenere d'occhio l'orologio. Lei lo aveva totalmente stregato.
« Ha cominciato a urlarmi in faccia di tutto... » raccontò. « E' stato tremendo. Ha detto anche che non è vero che mi piace, che la ritengo solo il giocattolo più divertente, ma lei non capisce... » Si alzò e cominciò a fare avanti e indietro per la stanza come faceva sempre per calmare i nervi, sotto lo sguardo cupo di Sirius. « Lei non capisce mai quello che cerco di dirle ed è frustrante, dannazione! »
Tirò un calcio al suo baule, ma non servì a calmarlo, anzi, lo agitò ancor di più.
« Ho fatto la più grande stronzata della mia vita » disse con voce piatta. « E Lily non me lo perdonerà mai ».
Si passò una mano tra i capelli e tornò a sedersi. 
« L'ho persa, Sirius » mormorò. « E non l'ho mai avuta ».
Per Sirius sentirlo parlare in quel modo e vederlo in quello stato fu straziante, come se fosse stato lui a provare dolore, un male fisico, che lo tormentava.
Si alzò lentamente dal suo letto e sedette accanto a James, senza una parola, pensando che sarebbe rimasto lì fino a sera se fosse stato necessario, se avesse capito che lui ne aveva bisogno. E in effetti, James non desiderava altro che sentirlo accanto a sè. Gli bastava il suo silenzio, perché capiva che non esistevano parole adatte a consolarlo e che, anche se fossero esistite, a Sirius sarebbero parse troppo difficili da pronunciare. Sentiva il desiderio di avvertirlo, lì, al suo fianco, come sempre, o forse un po' di più. Perché il silenzio di Sirius era sempre stato per lui il conforto migliore al mondo.
Lanciava a James occhiate preoccupate a intervalli regolari, come se tentasse con tutte le sue forze di tenere il capo chino ma non ci riuscisse. Sentiva la necessità di osservarlo, nella speranza di intravedere un barlume della sua solita luce nello sguardo spento, ma quella non brillò. E Sirius si sentì perduto. 
Aveva sempre pensato che senza James non avrebbe avuto motivo di abitare ancora il mondo, che senza di lui la sua presenza e la vita stessa non avessero poi tanto senso. O almeno, lui non era ancora riuscito a trovarlo. Perché Sirius viveva esclusivamente del suo riflesso.
Lui era sempre stato pura ombra, circondato da un'oscurità del quale non era mai riuscito a liberarsi del tutto. Mentre James era stato il suo sole, in ogni momento, la luce che l'aveva fatto ardere di vita anche quando si era abbandonato completamente a se stesso, annoiato da essa, dal mondo intorno a lui, da gesti ed emozioni che non comprendeva e non condivideva, che non lo toccavano minimamente.
James gli aveva fatto conoscere il mondo per com'era realmente. Quando si era sentito totalmente solo - e lo era stato davvero - non si era sentito capace di apprezzarlo, anzi, lo aveva disdegnato con anima e corpo per la sofferenza e la tristezza che gli aveva procurato e fatto provare.
E forse James non comprendeva a fondo l'importanza vitale che aveva per Sirius. Forse non sarebbe mai riuscito a capire veramente ciò che rappresentava per lui, né il senso di appartenenza che Sirius avvertiva nei suoi confronti. E sicuramente, lui non ci teneva a spiegarlo. Quello era il suo segreto e nessuno mai avrebbe dovuto sapere cosa provava quando vedeva James così giù, come sentiva le viscere attorcigliarsi.
In quel momento, la porta socchiusa venne aperta di scatto ed entrarono Remus e Peter con due sorrisi raggianti e trionfanti stampati in volto.
« Ciao! » esclamò Remus, sventolando alcuni sacchetti dai colori più svariati. « Ho comprato tonnellate di cioccolato! Sono al verde, ma non fa niente... »
Esitò un attimo e dopo un po' chiese: « Ma voi che ci fate già qui? I vostri appuntamenti non sono andati in porto come volevate? »
Non trovando risposta e notando la schiena curva di James e Sirius così vicino a lui, il sorriso svanì e si avvicinò a loro, cauto, con Peter al seguito.
Si inginocchiò a terra e lanciò un'occhiata dubbiosa a Sirius, che non fece cenni di nessun tipo.
« James » mormorò piano. « Cos'è successo? »
Lui prese un ampio sospiro e alzò lo sguardo, incontrando quello rassicurante e cupo dell'amico che lo scrutava con attenzione.
« Devo raccontarti una cosa, Remus » borbottò. « Ti chiedo solo una cosa, però: lasciami finire e poi potrai anche picchiarmi a sangue, d'accordo? »
Remus rimase imperscrutabile e si sistemò meglio sul pavimento, aspettando che parlasse.
James gli raccontò della sua idea e di com'era andato l'appuntamento, per poi concludere con la tremenda lite che aveva avuto con Lily. Remus lo ascoltò senza fiatare e, quando terminò, si passò una mano tra i capelli chiari e tirò un lungo sospiro.
« Ma cosa diavolo ti è saltato in mente di imbrogliarla così, James? » disse con aria stanca. « Come puoi averle fatto una cosa del genere? E' inconcepibile, è ovvio che si sia infuriata così, che ti aspettavi? Era il minimo che potesse fare! »
James non disse nulla. Si sentiva troppo sperduto per riuscire a formulare un pensiero da tramutare in frase e sapeva fin troppo bene di meritare un rimprovero come si deve, oltre alle parole taglienti di Lily. Aveva tremendamente sbagliato e solo ora comprendeva appieno la grandezza del suo errore.
« Non puoi costringerla a uscire con te se non vuole! » fece ancora Remus. « Finché continui a disturbarla e a bloccarla ovunque vada, okay, sono le tue solite cavolate, ma questo è grave, James! Non puoi decidere della sua vita! Hai comandato tutti i suoi piani quando non ne avevi nessun diritto e lei odia che ci si intrometta nelle sue questioni personali! »
« E lei, allora? » s'intromise Sirius, infuriato. « E' lei che sta rovinando la vita di James, è lei che è sempre al centro di tutto e non vuole capire che valore ha per lui! Guarda come sta, Remus! E' tutta colpa sua, è capace di farlo ridurre a uno straccio con solo una parola! Credi che si meriti un trattamento del genere? Le corre dietro da una vita, meriterebbe una possibilità, invece lei lo sfrutta come le pare e piace, non le importa di fargli del male! »
Remus scosse il capo, incredulo. Non riusciva a credere alle sue orecchie.
« Lei sta vivendo la sua vita come le va, Sirius, è normale che sia così! » ribattè con una certa veemenza. « Lei non conosce il valore che ha nella vita di James, non pensa di procurargli dolore con ciò che fa o che non fa, pensa che lei sia una come le altre per lui! »
« Ma non è così! » replicò Sirius, alzandosi di botto. « Il punto è che lui sta uno schifo solo e soltanto per colpa sua, e non lo merita! »
« Non è colpa di Lily se James è cotto di lei! » esclamò l'altro, come se fosse un'ovvietà. « Cosa può saperne di come sta? Ragiona, Sirius! »
Ma lui sospirò rumorosamente e si diresse furioso al suo letto, sdraiandosi e continuando a osservare James, ancora completamente assente.
« E poi » insistette Remus, stavolta rivolto sia a Sirius che a Peter, « tutto questo non è stata solo opera sua. Voi l'avete aiutato! Insomma, a nessuno è saltato in testa di dirgli che era sbagliato ciò che voleva fare? E' anche colpa vostra se adesso è scoppiato questo casino! »
Sirius alzò gli occhi al cielo, decisamente scocciato. « Cosa avremmo dovuto fare? » disse aggressivo. « Se è cotto perduto di Evans, sta' a lui decidere! E se tu non fossi stato anche amico di Lily, in questo momento, lo avresti sostenuto esattamente come noi, e lo sai benissimo! »
Peter, in tutto quel tempo, non si era mosso di un millimetro, lo sguardo che scattava dall'uno all'altro, nervoso. Non sopportava di vedere i suoi amici litigare o star male senza poter fare nulla. Si sentiva impotente, come sempre, e detestava quella sensazione.
Sedette accanto a James senza avere il coraggio di parlare e si concentrò su Remus, sperando intensamente che avesse smesso di rimproverarlo.
E così fu. Per la prima volta in quei lunghi minuti, Remus concentrò il suo sguardo su James. Era distrutto. E lui non aveva fatto altro che rendere le crepe ancor più ampie e pericolose. Ma adesso aveva detto già troppo. Sentì di aver esagerato. Era il momento di consolarlo, di tentare di rimetterlo a posto, per quanto possibile, impresa in cui solo i Malandrini potevano sperare di avere successo.
Si chinò nuovamente per ritrovarsi i suoi occhi di fronte e per un attimo gli mancò la forza di parlare.
« Scusa » mormorò in tono appena udibile. « Mi dispiace... Non avrei dovuto dire... Perdonami, James ».
Lui scosse il capo, sbalordito. « Sono io che devo chiederti scusa » disse. « Hai ragione, ho sbagliato troppo e non immagini quanto mi dispiaccia, ora. E, anche se so che Lily non vorrà più saperne nulla di me, continuerò a mettermi in gioco, ma nella maniera giusta. Promesso. Ho fatto un errore terribile, ma cercherò di rimediare... e la amerò meglio, d'ora in poi ».
Remus sorrise, sollevato. Era come un balsamo sulla pelle scottata vedere reagire James in quel modo.
E si stupì delle sue parole. James aveva parlato d'amore. Malgrado lui avesse capito, in fondo, che quello che l'amico provava fosse un sentimento ben più importante, non potè che rimanere sorpreso. Sapeva che prima o poi a loro lo avrebbe rivelato, perché James era fatto così, non riusciva a nascondere nulla delle sue emozioni, avvertiva il bisogno di confessarle alle persone a cui teneva di più. Ai Malandrini, in primis, che erano la sua famiglia.
« Questo vorrebbe dire » intervenne Peter sorridendo, « che giuri solennemente di avere buone intenzioni? »
James e Remus risero e lui lanciò un'occhiata a Sirius per vedere se rideva anche lui. Fu straordinariamente felice nel notare che lo faceva.
« Andiamo, Codaliscia » rispose, battendogli una pacca sulla spalla. « Adesso non esagerare ».
I Malandrini scoppiarono a ridere all'unisono, mentre pochi metri più in là, Lily Evans trovava difficile sorridere per qualcosa.
Appena arrivata, non aveva risposto a nessuna delle domande di Scarlett e si era chiusa a doppia mandata in bagno, sfogandosi sotto la doccia.
Era troppo arrabbiata e scossa a causa di ciò che era appena accaduto per riuscire a parlare e sentiva il bisogno di sbollire un po' sotto il rumore confortante dell'acqua calda prima di uscire e affrontare Scarlett, rivivendo il pomeriggio e la lite appena trascorsi.
Alla fine, uscì dopo circa mezz'ora nel suo solito accappatoio rosso fuoco, i capelli bagnati appiccicati al viso.
« Lily! » esclamò Scarlett, alzandosi di scatto dal letto. « Vuoi spiegarmi cos'è successo? Mi hai fatto preoccupare! »
Lei si buttò stancamente su una sedia, gocciolante. « Mi dispiace » rispose, piuttosto secca. « Ma non me la sentivo di parlare ».
Scarlett la fissò e le si avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla. « Adesso ti va di parlare? » le chiese dolcemente.
La ragazza annuì e prese ad allisciarsi i capelli con la grande spazzola bianca, guardandosi con aria assente allo specchio che Alice aveva appeso in camera.
« E' successo l'incredibile, Scar » le raccontò. « Ancora... se ci ripenso... Dio, non riesco a crederci! Stavolta ha davvero superato il limite! »
Scarlett esitò. « Non... non starai mica parlando... di... »
« James Potter, esatto! » replicò lei, il tono di voce che raggiungeva picchi altissimi, al limite dell'umano, tanto da far sobbalzare l'amica. « Ma questa volta ha esagerato... e io non glielo perdonerò mai. E gliela farò pagare. Anzi no, non me ne importa un fico secco... Non deve più neanche guardarmi, quell'imbroglione schifoso e senza scrupoli, prepotente,arrogante, stupido e pieno di sè, con quel cervello a forma di mosca... e si crede un mito vivente... con quei suoi amicibalordi e idioti che fanno accapponare la pelle... »
Scarlett alzò gli occhi al cielo. Ecco. Erano arrivate al momento preferito delle giornate di Lily: il Quanto-Odio-James-Potter show.
Le amiche ne conoscevano ogni fase. Iniziava quasi sempre con la dicitura del suo nome e cognome. Solitamente, a questi seguivano colpa e pena del ragazzo sopracitato, mentre in seguito vi era l'elenco completo dei suoi innumerevoli difetti e di tutto ciò che lo rendeva una persona orribile, con tanto di paragoni azzardati e privi di senso, adeguatamente accompagnati e corredati da insulti disparati. Il tutto, infine, si concludeva in bellezza con delle formule svariate ma ben precise, come "maledetto Potter" - probabilmente, la sua preferita -, "dannato Potter", "che Merlino lo ammazzi" o ancora "quanto lo odio".
« Con quei... capelli... » proseguì infatti, inarrestabile. « O almeno lui li chiama così, perché non sono altro che una... una... una spazzola vecchia di cent'anni dell'ufficio di Gazza che lui si è appiccicato su quella testa vuota che si ritrova... Con quegli... quegli occhiali... come se non sembrasse abbastanza idiota senza... Non è vero che non ci vede, li toglie e li mette a suo piacimento! Quando deve adocchiare una delle sue fan se li sfila con quel fare ammaliatore del cavolo...! E si sente un grande, ovviamente, solo perché sa tirare quattro Pluffe in porta, ma per favore... siamo capaci tutti... E' solo un bullo senza cervello, che si diverte con gli scherzi più stupidi e di cattivo gusto a questo mondo e si vanta pure... Che faccia tosta... Quanto lo odio... E gli sembra che basti qualche parolina o una delle sue frasi ad effetto per farmi cambiare idea? Ma neanche per sogno! Chissà dove le avrà lette! Parlo di te, non di quello che indossi... ma a chi vuole darla a bere? Si stia zitto... Quel Potter... Maledetto Potter! » strillò infine, battendosi un pugno sulla gamba.
Scarlett la fissò, annoiata e per nulla sconvolta. Presentava il suo show anche per stupide sciocchezze e magari James le aveva solo mandato un occhiolino.
« Hai finito? » chiese, le mani che stringevano i fianchi come fosse stata sua madre. « Altro da dichiarare? »
« Oh, avrei di che parlare, credimi! » replicò lei, infuriata dalla punta dei capelli di fiamma all'alluce dei piedi scalzi e ancora umidi.
« Su questo non ho dubbi » borbottò l'amica. « Se adesso, magari, però, potessi illuminarmi e spiegarmi cos'ha fatto di tanto grave James, te ne sarei profondamente grata, dolce e cara Lily » concluse in un tono che trasudava sarcasmo da ogni dove.
« Certo » rispose Lily, arrabbiandosi anche con lei. « Pensi che io abbia un motivo stupido, non è così? Beh, avvocato del Diavolo, sappi che il tuo amichetto del cuore James ha preso la Pozione Polisucco e si è trasformato in Jason per uscire con me! Che mi dici adesso? Sono proprio curiosa di saperlo! »
Scarlett trattenne rumorosamente il fiato, premendosi le mani sulla bocca splalancata in una perfetta O.
« Proprio » confermò Lily.
L'amica crollò sul suo letto, totalmente spiazzata. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena udito, perché no, James non poteva aver fatto davvero una cosa del genere a Lily, era un'azione troppo stupida e rischiosa anche per un malandrino idiota come lui. Eppure la furia di lei poteva essere spiegata solo in quella maniera... Forse, quella volta, il famoso show aveva avuto ragione di essere fatto e Lily parve soddisfatta che Scarlett finalmente lo avesse capito.
Era curiosa di scoprire come questa volta avrebbe difeso il suo grande amico d'infanzia che non faceva che lodare di fronte a lei nella vana speranza che iniziasse ad apprezzarlo. Non faceva che difendere le sue ragioni ogni volta che litigavano, stando bene attenta, però, a giudicare in maniera obiettiva, com'era giusto che facesse una buona amica come lei. Eppure, chissà come, trovava sempre dei buoni motivi per stare dalla parte di James e fare innervosire Lily, la quale, in fondo, sapeva che quel suo disappunto era uno dei motivi per cui Scarlett persisteva nella difesa di lui.
« Non credevo potesse arrivare a tanto » mormorò Lily con aria pensosa, una tempia appoggiata al palmo della mano.
Scarlett sospirò, riprendendosi dal colpo subito. « E tu cos'hai fatto? » chiese a bassa voce, scrutandola di sottecchi. « Come... come hai reagito? »
Lei ripensò alla maniera brutale con cui gli aveva urlato contro, a tutti gli insulti che gli aveva sparato addosso senza riserve. Era stata tremenda, pesante e aveva provato, doveva ammetterlo, un furioso desiderio di ferirlo. Ma non se ne pentiva. Quello che James aveva fatto era stato altrettando orribile.
« Abbiamo litigato, ovviamente » rispose, piuttosto mesta. « O meglio, io gli ho urlato contro e lui tentava di spiegare le sue stupidissime ragioni ».
« E tu le hai ascoltate? » domandò ancora l'altra, un tono di voce che alle orecchie di Lily nascondeva un rimprovero prevenuto.
Per questo si voltò e la guardò storta. « No che non le ho ascoltate! » ribattè, scocciata. « Cosa c'era da ascoltare? Solo stupidaggini, come sempre ».
Scarlett sbuffò, evidentemente contrariata. « Ecco, lo sapevo! » esclamò. « Tu non ascolti mai, Lily! Soprattutto quando si tratta di James! »
« Ma cosa dici? » replicò l'altra, incrociando le braccia al petto. « Non l'ho ascoltato perché non ho intenzione di perdonargli quello che ha fatto, ecco perché! Tu stai sempre dalla sua parte! Ma come fai a dargli ragione anche questa volta? Mi ha ingannata! »
« Non gli sto dando ragione, Lily » rispose Scarlett, più pacata. « Ha sbagliato e non avrebbe mai dovuto fare una cosa del genere... Ti capisco e hai tutti i motivi del mondo per essere arrabbiata. Ma non ho intenzione di condannarlo come fai tu per un errore che ha commesso! Sai com'è fatto James, a volte si comporta da ragazzino e non riflette, ma non farebbe del male a nessuno, men che meno a te ». La guardò dritto negli occhi e lei non rispose. « Ma tu tutte queste cose non le sai, perché non hai mai voluto conoscerlo un po' più a fondo e lo giudichi senza veri elementi per farlo ».
Lily non riuscì a credere alle proprie orecchie. Era semplicemente ovvio che non avesse mai avuto voglia di conoscere a fondo James. Cosa doveva trovarci di vagamente interessante nella persona che aveva dedicato i suoi anni di scuola a combinare scherzi anche tremendi - spesso rivolti a lei o ai suoi amici - e a chiederle di uscire nelle maniere più sciocche e insistenti che il mondo avesse mai visto? James Potter le aveva dimostrato, e senza lasciare l'ombra del benché minimo dubbio, di essere una persona irresponsabile, arrogante e priva di senno. Non era stata una sua impressione e poteva provarlo, elencando tutto ciò che aveva combinato in quegli anni anche se con qualche difficoltà, visto il gran numero di idiozie commesse.
« James » riprese Scarlett, notando che l'amica non fiatava, « non è solo il Malandrino combinaguai di Hogwarts che ti perseguita solo per il piacere di vederti arrabbiata quando ti invita uscire. Prima era questo, devo ammetterlo, ma anche di più, mentre adesso è totalmente cambiato. Che tu voglia capirlo o no, non è più la persona che era prima, c'è molto altro dietro ».
« Gran bel modo di dimostrarlo! » reagì finalmente Lily. « Imbrogliarmi come se nulla fosse, bella maniera di farmi vedere cosa c'è dietro, come dici tu! »
Scarlett non disse nulla, riflettendo. In effetti, quella volta Lily aveva centrato il punto, perché James l'aveva combinata proprio grossa.
« Ma dimmi un po' » fece Scarlett, dopo qualche secondo di silenzio. « Prima che scoprissi chi fosse in realtà... com'è andata l'uscita? »
Lei la fissò e seppe che l'aveva messa con le spalle al muro. Perché non poteva cancellare le sensazioni che aveva provato stando a contatto con quel ragazzo che aveva scoperto essere lui, non poteva dimenticare i pensieri che erano corsi per la sua mente durante l'appuntamento, né i ricordi delle emozioni che aveva avvertito, perché il ragazzo con cui era uscita aveva iniziato a piacerle davvero.
Si affrettò a scacciare via quel pensiero. James non le piaceva, neanche un po'. Era semplicemente stata bene, tutto lì.
« Sì che è andata male » rispose invece, mostrandosi spavalda. Come poteva confessare a Scarlett di aver trascorso un'ora meravigliosa in sua compagnia? Non lo avrebbe mai ammesso, neanche a se stessa, per nessuna ragione al mondo. « Mi sono annoiata ».
Scarlett sollevò un sopracciglio, incredula.
« Proprio » confermò Lily, annuendo con fermezza. « Non faceva... non faceva che parlare di se stesso e... no, non sono stata bene per niente ».
L'amica stentò a crederci, ma lasciò cadere l'argomento, pensando che non fosse opportuno calcare troppo la mano e darle maggiore fastidio.
« Comunque » riprese. « Hai intenzione di tenergli il muso per molto? »
Lily la guardò, come soppesando la risposta.
« No » risolse infine. « Non gli terrò il muso. Semplicemente non gli parlerò per il resto della mia vita ».
E Scarlett, inevitabilmente, pensò che fossero le ultime parole famose.

 
*  *  *
 
 
Lily, al contrario di tutte le aspettative di Scarlett, mantenne la parola e, col passare di qualche giorno, le amiche notarono che non aveva ancora degnato d'uno sguardo James, sempre più abbattuto per la totale mancanza di risposta da parte sua. Anche i Malandrini trovavano ormai difficile riuscire a consolarlo, sapendo che probabilmente l'unica cosa capace di tirarlo su sarebbe stato un gesto, seppur minimo, di Lily nei suoi confronti, anche uno dei suoi soliti urli, che almeno non lo avrebbe più fatto sentire come se portasse addosso il Mantello dell'Invisibilità a tempo pieno e tutti i santi giorni.
Ma la ragazza pareva assolutamente irremovibile sotto quel punto di vista e James cominciava a disperare.
Era appena terminata l'ultima lezione di quel pomeriggio di metà Ottobre e gli studenti si stavano riversando fuori dalle aule, nei corridoi.
Gli studenti di Grifondoro, insieme a quelli di Tassorosso, stavano scendendo le scale, chi diretto alla Sala Grande, chi alla Sala Comune, tutti piuttosto sonnolenti e appesantiti dalla lezione infinita e noiosa della professoressa Amalthea.
Lo sguardo di Scarlett, impegnata in una fitta conversazione con Alice sulla nuova interessante coppia formatasi ad Hogwarts tra un Grifondoro e una Serpeverde, fu attratto dall'andatura gobba e strascicata di James a pochi passi da loro.
« Gladys non ci scommetterebbe, dice che non sono molto affiatati, ma... Scarlett, mi ascolti? »
Alice seguì la traiettoia dello sguardo di Scarlett, un po' stizzita per l'improvviso calo di attenzione da parte dell'amica.
« Scusa, Alice, ti dispiace se ne riparliamo più tardi? » fece Scarlett con fare frettoloso.
L'amica annuì con un sorriso e la guardò allontanarsi, senza capire.
« James ». La voce di Scarlett fu dolce e pacata quando, dopo avergli poggiato una mano sulla spalla, chiamò piano il suo nome.
Lui si voltò con un sorriso debole sul volto. « Ciao » mormorò.
« Ciao » rispose lei. « Potremmo parlare un attimo? »
« Scarlett, scusami tanto, vado... ehm... di fretta » replicò lui, grattandosi il capo. « Parliamo più tardi, d'accordo? Comunque, c'è un allenamento domani alle otto, mi ero dimenticato di dirtelo ».
Le accarezzò il viso e si allontanò, lasciandola spaesata e giù di morale mentre gli faceva segno di aver capito.
Evidentemente, non aveva voglia di parlare. O forse, non ne aveva di parlare con lei, il che le fece venire un doloroso nodo allo stomaco. James stava così male da riuscire a far star male anche lei, ma doveva saperne di più, capire se almeno i suoi amici potessero tirarlo su in qualche modo.
Si avvicinò frettolosamente a Sirius, il quale stava seguendo l'amico.
« Black » mormorò, quando gli fu vicina.
Lui si voltò, ma dalla sua espressione capì che non c'era nulla da sorridere e che era lì per un motivo serio, così non lo fece.
« Banks » rispose, piuttosto sorpreso. « Hai bisogno d'aiuto? »
Scarlett scosse subito il capo, fissando i suoi occhi su di lui. « No, io... » rispose, titubante. « In realtà... avrei voluto sapere come sta James ».
« Oh » fece Sirius, che ora capiva. « Beh... puoi immaginarlo, è davvero giù di corda, in continuazione... E' dura riuscire a farlo ridere, a volte, ma... insomma, non preoccuparti per lui » disse, annuendo appena. « Ci siamo noi. E non prendertela se non ha voglia di parlarti... Non lo fa con cattiveria, ma proprio non ce la fa. Devi aspettare che gli passi ».
Lei lo guardò a lungo e infine annuì, ridestandosi. « Capisco » mormorò. « Beh... ci si vede, Black ».
Sirius non rispose e la guardò voltargli le spalle prima di riflettere velocemente e decidere di richiamarla. Non la punzecchiava da fin troppo tempo per i suoi così mirabilmente alti standard, il che era assolutamente un male a cui bisognava rimediare in fretta. Magari in quel momento, sì.
Quando la ragazza udì nuovamente il suo nome, si voltò con aria annoiata, certa che non avrebbe sentito nulla di vagamente serio questa volta, ma tutto che riguardasse loro due, anche se, lei continuava a sostenerlo, non avrebbero dovuto avere nulla di cui parlare, in nessuna occasione.
« Cosa vuoi, Black? » domandò, inclinando il capo e scrutandolo con disinteressata attenzione.
« Che caratteraccio, Banks » commentò Sirius, grattandosi il mento. « Io ti ho risposto così gentilmente... »
« Che cosa vuoi? » ripetè Scarlett in tono inespressivo, cominciando a stufarsi. O quel ragazzo andava al sodo - anche se, aveva notato, quel famoso sodo con lui non esisteva mai - o lei avrebbe girato i tacchi e sarebbe andata via senza tanti problemi.
Lui, però, come se avesse letto nei suoi pensieri, finse di ponderare la questione, come se la sua fosse stata una domanda particolarmente ardua da interpretare, e si prese tutto il tempo che riteneva necessario per argomentare la risposta e presentarla al meglio.
« Com'è andata la lezione? »
Scarlett lo fissò, sgranando gli occhi. L'aveva fermata, le aveva già mollato il primo elegante insulto e le aveva fatto perdere tempo... per chiederle com'era andata la lezione?! Dopotutto allora aveva ragione. Sirius era pazzo. Quale sarebbe stata l'ipotesi alternativa? Era pazzo, irrimediabilmente.
« Co...? Cosa... Vuoi sapere come è andata la lezione? » ripetè, allibita e boccheggiante. « Tu ti sei liquefatto il cervello e te lo sei scolato in un sorso, Black ».
Sirius rise, probabilmente pensando o che fosse un'operazione interessante da provare il più presto possibile, magari coinvolgendo anche James, o se magari fosse stato buono il gusto di un cervello liquefatto e adeguatamente trattato... Chissà, poteva somigliare al Whisky Incendiario.
« Accidenti, Banks, ultimamente rimani sconvolta per nulla, che ti succede? » fece, con l'aria di chi è profondamente spiazzato dall'altrui stupore.
Scarlett gli fece una smorfia. « Tu fai domande troppo stupide anche per la concezione che ho del tuo essere estremamente stupido, Black » disse secca, incrociando le braccia al petto. « E, credimi, non è per nulla semplice. Dovrei congratularmi ».
« Te lo risparmio, Banks » replicò Sirius, facendo un gesto sbrigativo con la mano. « Comunque, io ti ho fatto una domanda, sarebbe cortese da parte tua rispondere adeguatamente da persona civile, non credi? »
Lei scosse il capo, rassegnata. Ormai si era abituata ai suoi modi di fare e nulla la impressionava. Ma era cosìdannatamente irritante.
« Sì, Black, certo, hai ragione » rispose dolcemente. « La lezione è andata magnificamente, ti ringrazio di cuore dell'interessamento ».
Sirius sorrise, fingendosi cordiale. Scarlett notò che neanche la parodia del gesto gli riusciva bene, perché il suo viso e la sua espressione lasciavano perennemente trapelare l'aria di sfida, il sarcasmo e l'ironia con cui la guardavano.
« Cos'hai visto di interessante nella tua sfera di cristallo? » domandò, utilizzando lo stesso tono misterioso dell'insegnante.
Lei sbuffò. « Nebbia » rispose semplicemente.
Fece per andarsene, pensando che quell'insulsa conversazione indesiderata fosse durata abbastanza e non avesse motivo di proseguire.
« Non mi hai chiesto cos'ho visto io, Banks » disse invece lui, avvicinandosi di un passo, lentamente, come se avesse voluto che non vi facesse caso. 
Scarlett si voltò nuovamente. Superbo, noioso e irritante. Ecco com'era Sirius Black. Magari sarebbe stato felice di scoprire che anche lei gli aveva trovato tre splendidi e calzanti aggettivi con cui etichettarlo.
« Cos'hai visto? » domandò, guardandosi intorno nel tentativo di fargli capire che non le interessava per niente.
Lui sorrise angelico. « Ho visto te » disse.
L'espressione di lei rimase imperturbabile. Aveva imparato, ormai, a comportarsi proprio come lui.
« Tu, nel mio futuro » proseguì Sirius. « Un futuro piuttosto immediato », e si avvicinò ancora. « Sei bella anche vista da dentro una sfera, dolcezza » commentò in conclusione, accarezzandole una guancia.
Lei allontanò la mano dal suo viso con un gesto brusco, ma non si scompose. « Spero per te che non sia vero » mormorò soavemente. « Altrimenti credo che prenderai una grossa T in Divinazione. Ti consiglio di impegnarti di più, è l'anno dei M.A.G.O.! »
Lui inarcò le sopracciglia e ghignò. « Guarda che le profezie spesso ci azzeccano, Banks » ribattè, con l'aria di chi la sa lunga.
« Non credo sia questo il caso » disse lei, piatta. « Tu non mi vuoi nella tua vita tanto quanto io non voglio te nella mia ».
Per qualche secondo, Sirius non disse nulla, sul viso un'espressione indecifrabile. A Scarlett sembrò che stesse ragionando velocemente.
« Tu non te ne accorgi, Banks » mormorò infine, riprendendo il controllo, « ma ti sbagli di grosso un mucchio di volte sul mio conto ».
La guardò ancora un po' dritto negli occhi, poi le fece un breve cenno e le voltò le spalle, lasciandola da sola.
Superbo, noioso e irritante, era così che lo aveva definito? Non lo avrebbe mai ammesso, ma c'era dell'altro. Affascinante, sorprendente e provocante.
Era anche questo Sirius Black.
 
 
*  *  *
 

A quanto pareva, neanche il Quidditch era in grado di risollevare totalmente l'animo di James. Dall'inizio di Ottobre, infatti, la squadra aveva iniziato ad allenarsi in vista della prima partita del Campionato contro Corvonero, prevista per la fine del mese. James, però, non sembrava felice come al solito di dedicarsi alla sua grande passione, e, nonostante il suo impegno e la sua dedizione non fossero diminuiti, il suo entusiasmo era decisamente calato.
Anche quel mercoledì pomeriggio si stava preparando per recarsi al campo di Quidditch, mentre i Malandrini erano stravaccati ognuno nel proprio letto a mangiare schifezze varie. I tre non poterono non notare il modo fiacco e annoiato con cui James aveva indossato la sua divisa e con cui continuava a cercare qualcosa che evidentemente non trovava.
« James, che cosa cerchi? » chiese Remus dopo un po'.
« La scopa, maledizione, la scopa » rispose l'altro, evidentemente nervoso.
Remus lo guardò comprensivo, poi disse: « E' lì, accanto alla finestra ».
Lui si voltò di scatto. « Ah, già » fece, individuandola. 
Remus e Sirius si scambiarono un'occhiata preoccupata, capendo che entrambi stavano pensando la stessa cosa: James non ci stava più con la testa.
Era passato davanti alla finestra vicino alla quale si trovava la scopa almeno cinque volte senza vederla.
A quel punto, si sentì bussare alla porta e subito dopo apparve Scarlett.
« James, sei pronto? » domandò.
« Sì » rispose lui distrattamente.
Lei annuì, poi passò in rassegna tutto il Dormitorio, in cerca di Frank.
« Esci da quel bagno, Frankie » disse a voce alta, sorridendo. « Non perdere altro tempo, sei bellissimo così! »
Lui aprì subito la porta, alzando le braccia. « Ci sono, ci sono! » disse. « Pronto come sempre! »
Scarlett rise. « Andiamo, allora? » 
Anche i due ragazzi fecero per uscire, e salutarono gli altri.
Appena James si chiuse la porta alle spalle, Sirius si rizzò subito a sedere sul letto.
« Non so voi, ma io non ce la faccio più a vederlo così » disse di botto, guardando a turno Remus e Peter.
« Neanch'io » fece Peter, mestamente.
« Il fatto è che noi non possiamo aiutarlo » borbottò Remus, scuotendo la testa. « Se Lily non si decide a passare sopra a questa storia, possiamo fare ben poco ».
« Prova a convincerla tu, allora » ribattè Sirius. « Siete amici, parlate sempre, solo tu puoi farle cambiare idea. E poi tu ci sai fare con le parole, nessuno meglio di te può farcela ».
Remus lo fissò, riflettendo sulla possibilità. Conosceva bene Lily e sapeva che era molto testarda, soprattutto quando si parlava di James, e che non si sarebbe fatta convincere così facilmente a superare quello che era successo. Un tentativo, però, andava fatto. Per James bisognava almeno provare.
« Forse hai ragione » convenne infine Remus. « Posso andare a parlarle. Non credo che cambierà idea, ma almeno posso provare a farla ragionare ».
« Ecco, bravo » approvò Sirius, battendo un pugno sul palmo della mano. « Vai a cercarla ».
Gli lanciò la Mappa del Malandrino e subito Remus la aprì, pronunciando la solita formula.
« Buona fortuna, amico » disse Peter, quando vide che Remus fece per alzarsi.
« Grazie, Pet » rispose lui, avvicinandosi alla porta. « A dopo ».
Lily si trovava in cima alla Guferia, luogo che, lui lo sapeva bene, amava particolarmente. Le aveva raccontato, anni addietro, che quel posto riusciva a farla sentire davvero magica. Altri avrebbero potuto dire che era un luogo angusto, in cui rare o nulle erano le bellezze da trovare, e forse avrebbero avuto ragione, perché le pareti grigie e scure dalla forma circolare e stretta davano l'idea di un grosso tubo delle fognature babbane, visto che anche l'odore non aiutava granché a farlo apprezzare. I gufi stridevano di continuo e fissavano con insistenza chi entrava, disposti ordinatamente sulle aperture alle pareti o in degli appigli particolari da loro scoperti, e il pavimento era ricoperto da escrementi puzzolenti che facevano venir voglia di correre via a gambe levate. Eppure Lily adorava quel posto. Forse perché tutti quei gufi le ricordavano la sua appartenenza al mondo della magia, che a volte aveva creduto quasi di non meritare, soprattutto da bambina, quando i Serpeverde più infimi le correvano dietro per i corridoi per gridarle o sibilarle quanto fosse ripugnante e indegno il sangue babbano che le scorreva nelle vene. Col tempo, aveva imparato a non prestare orecchio ai loro orribili pregiudizi, ma l'affetto che la legava a quel luogo non era mai scomparso. Tutti quei gufi ansiosi di compiere le loro consegne rappresentavano il suo mondo, quel mondo che lei amava profondamente, che aveva sempre fatto parte di lei.
Quando Remus arrivò, si piegò sulle ginocchia, esausto per la salita sfiancante. Aprì piano la porta e trovò Lily seduta su degli scalini in alto, le gambe raggomitolate al petto e strette tra le braccia, che guardava dall'unica ampia finestra di tutta la Guferia.
« Remus » disse, sorpresa, voltando lo sguardo nella sua direzione. « Cosa ci fai qui? »
Lui salì i pochi scalini che lo separavano da lei e le si sedette accanto prima di parlare.
« Ti cercavo » rispose semplicemente, tenendo lo sguardo basso.
Lily lo osservò. « Oh » riuscì a dire solamente.
Cadde il silenzio tra di loro, fino a quando lui non alzò lo sguardo e decise di parlare.
« Ti ricordi del secondo anno? » domandò sottovoce. « Quando ti ho trovata qui sopra a piangere e siamo stati qui fino a sera? »
Gli angoli della bocca di lei si sollevarono in un dolce sorriso, mentre gli occhi rimasero fissi sulle ginocchia di lui, poiché era totalmente immersa in ricordi che stavano rivivendo entrambi nelle loro menti.
« Certo » rispose, tornando a guardare lui. « Ricordo che non feci che pensarti tutta la notte, anche quando ce ne fummo andati... Ero rimasta colpita dalla tua straordinaria capacità di capire le persone fino in fondo, anche solo attraverso uno sguardo... »
Remus la scrutò, meravigliato. Non gli aveva mai rivelato quei pensieri e gli parve un dono incredibilmente bello.
« Tu mi capivi come nessun altro » proseguì lei. « Neanche Severus riusciva a comprendermi così profondamente » ricordò, mentre il sorriso svaniva ma ricompariva un attimo dopo, nostalgico. « Solo Scarlett riusciva a guardare così tanto dentro di me... Mentre tu... tu mi sentivi ».
Ed era completamente vero. Remus era stato capace di ascoltare il grido che delle volte le aveva squarciato il petto, un urlo potente che non era mai fuoriuscito dalle sue labbra.
« E ti sento ancora » mormorò lui, inclinando il capo. « Sento che non stai bene, ultimamente ».
Lily si irrigidì di botto e tornò a guardare in basso. Aveva sperato che Remus non fosse venuto per parlare di quello di cui, ne era certa, stavano per discutere.
« Ti va di parlare con me, Lily? » domandò gentilmente, mantenendo il solito tono di voce pacato.
Lei si mordicchiò il labbro e scostò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. « Non c'è niente di cui parlare, Remus » disse. « Davvero, proprio nulla, credimi ».
« Non sopporto di vedere due dei miei migliori amici stare in questo stato l'uno per l'altra » replicò lui.
Lily si voltò di scatto. « Io non sto male per Potter! » esclamò, sputando il suo nome come se fosse qualcosa di disgustoso. « Anzi, io non sto male e basta! »
Remus la fissò intensamente, cosa che la fece arrossire. Era mai possibile che riuscisse a leggere nella sua mente così bene?
« Non doveva farmi una cosa del genere » si arrese infine, tornando calma improvvisamente. « Non riesco ancora a crederci. Ma che cos'ha, in quella testa marcia, segatura? Dove gli è venuto in mente? Perché alla fine ci vuole anche fantasia per fare una stupidaggine così colossale, non credi? »
« Beh... » fece lui, quasi sorridendo. « Diciamo che quando si parla di te, James di fantasia ne ha moltissima. Non sa più cosa inventarsi per riuscire a piacerti. Non capisce cosa abbia di sbagliato che ti porti a odiarlo tanto... Anche se, a dirla tutta, Lily, io non credo proprio che il tuo sia odio ».
Lei arrossì di nuovo, incapace di trattenersi. Pensò, e quasi le venne da sorridere, che avesse parlato a sproposito quando aveva lodato, qualche attimo prima, la capacità di Remus di comprendere a fondo la gente. Quell'abilità non doveva diventare per lei un immane stress. Non faceva parte dei piani.
« Se non lo odio, è solo perché io non odio nessuno! » ribattè. « L'odio provoca solo altro odio e odiare non è mai buono... L'odio non è nella mia natura e odiare significa provare dei sentimenti, quindi non lo odio... Odio il fatto che mi perseguiti, odio quel suo vizio di passarsi le dita tra i capelli, odio il suo fan club, odio il suo Boccino, odio come mi guarda e come mi parla, odio tutti gli scherzi idioti che combina, odio pensare a tutto quello che mi ha fatto passare in sei anni, odio il suo essere arrogante, presuntuoso e stupido e tutto quanto, ma non lo odio. L'odio provoca stress. Te lo ripeto, non odio nessuno, ma lui è così insopportabile che... Merlino, lo odio! » concluse, incrociando le braccia al petto, infuriata col mondo.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, interdetto. « Finito il tuo monologo pieno - o privo, ancora devo capirlo - di odio? » le domandò, sorridendo appena.
Anche lei si lasciò andare a una breve risata frizzante. « Il punto della questione era che... ehm... » Parve rifletterci, forse, cercando lei stessa di comprenderlo prima di tentare di spiegarlo a lui, che la fissava in attesa. « Sì, che non odio nessuno, normalmente... ma lui lo odio! »
« Oh » commentò Remus. « Ma tu stessa hai detto che l'odio è un sentimento. Se non t'importa di James, dovresti provare indifferenza ».
Lei sospirò. « Rettifico » disse. « E' te che odio, Remus ».
Lui scoppiò a ridere. « Oh, a questo ci credo » mormorò, facendo ridere anche lei.
Non fecero che ridere per un po', quando lei gli appoggiò il capo sulla spalla, sospirando.
« E' un periodo un po' strano, questo, Remus » disse piano, tornando seria. « Sono perennemente confusa, su qualsiasi cosa... E no, a te non negherò che quello che... che lui ha fatto, mi ha delusa e mi ha fatta stare male ».
Lui le diede una sola carezza tra i capelli, ma non la guardò. « Ero certo che ti fossi sentita così » rispose. « Ma vedrai che James sarà capace di farsi perdonare, ne sono altrettanto sicuro, Lily. James è buono. E' una persona rara da trovare in giro, perché è... come spiegarti James in qualche parola? » Sorrise, pensando a quanto l'amico somigliasse a un inarrestabile uragano. « James è puro di cuore, Lily, una persona rara da trovare in giro... unica, proprio come te. E posso giurarti senza paura che non farebbe male a una mosca e a te, in particolar modo, mai... mai nella vita ».
Lily lo fissò, avvertendo dentro di sè una strana, inspiegabile propensione a credere alle sue parole. Non lo disse ad alta voce, ma pensò che le sarebbe piaciuto scoprire se quelle straordinarie qualità esistessero davvero, senza però capire il perché di quell'insensata curiosità improvvisa.
« Spero che Potter non abbia sborsato galeoni per farti dire questo » commentò, con un tono di puro divertimento.
Remus rise. « E' Peter che si farebbe convincere a fargli pubblicità con te, forse... » disse. « Lo sai che non sono una persona corruttibile ».
Lei gli mollò un colpo leggero sul braccio, un'espressione scettica nonché parecchio divertita stampata in viso.
« Ma non farmi ridere » fece, trattenendo una risata. « Basta una schifosa Cioccorana a corromperti! »
Remus boccheggiò, sconvolto e colpito nell'onore. « Diventi più acida ogni giorno che passa, Lilly » replicò, sapendo di farla infuriare.
« Non chiamarmi con quel nome orribile » lo minacciò prontamente lei, come previsto.
« Acida ».
« Provocatore ».
« Scema ».
« Malandrino ».
Si scambiarono un sorriso e lei lo strinse in un abbraccio, nascondendo il volto mentre, spiazzandolo, mormorava: « Ti voglio bene ».
 
 
*  *  *
 
 
Erano passati dieci giorni da quando Lily e James avevano litigato, e ancora la ragazza non si era decisa a superare quello che era successo. Ovviamente, la rabbia nei suoi confronti era pian piano scemata, ma non era sparita del tutto o comunque non in misura tale da spingerla a perdonarlo. Aveva pensato molto a quell'uscita e a come si fosse svolta prima di scoprire che il ragazzo accanto a lei fosse James, ci aveva riflettuto, aveva rimuginato parecchio su ciò che le avevano detto Scarlett e Remus per spiegarle il comportamento di lui, e già questo la stupì notevolmente. Non riusciva a credere che quell'episodio avesse potuto colpirla così profondamente, e che, invece di superarlo cancellandolo dalla mente, le tornasse in testa così insistentemente. E non riusciva a spiegarselo. Perchè James non era così importante per lei da ferirla davvero, non era così importante da deluderla nel profondo, non era così importante da popolare i suoi pensieri così frequentemente. E quello che le dava più fastidio era che quelle certezze incrollabili che lei aveva fortemente affermato dentro di sè, con il passare dei giorni diventavano sempre più delle domande. James era così importante? 
Lily si ripeteva di no, che James non poteva essere stato in grado in così poco tempo di ribaltare quello che lei pensava di lui, che non sarebbe mai e poi mai diventato importante per lei, e che questo non sarebbe mai cambiato.
Quel martedì sera era prevista una ronda che entrambi avrebbero dovuto fare insieme, ma Lily, sdraiata nel suo letto in Dormitorio a guardare il soffitto, non aveva la minima intenzione di scendere. E non solo perchè non voleva parlare con James e aveva ancora intenzione di tenerlo distante, ma anche perchè non aveva nessuna voglia di fronteggiare il suo sguardo dopo che la rabbia verso di lui si era placata e nei suoi pensieri si erano insinuate quelle fastidiose e scomode domande, a cui lei voleva dare quelle risposte.
« Lily, devi andare » le stava dicendo Scarlett, dopo che Lily le aveva di fatto imposto di fare la ronda al posto suo. « E' un tuo dovere, non puoi scaricarlo su di me! »
« Scar, lo sai che non è per un capriccio » disse Lily, mettendosi dritta sul letto. « Te l'ho detto. Non voglio incontrarlo, non voglio parlarci, non voglio passare un solo minuto con lui, non voglio neanche guardarlo in faccia. E poi ti sto chiedendo di andare al mio posto solo questa volta, si tratta solamente di un paio d'ore in compagnia del tuo grande amico, no? »
« Non è necessario che tu lo dica in un tono così dispregiativo » rimbeccò Scarlett, che si infastidiva ogni volta che Lily sottolineava la sua amicizia con James come se fosse una colpa. « Siamo amici e ne sono felice, esattamente come lo sono di esserlo con te, infatti non è questo il problema, anzi mi fa piacere stare con James. Ma il punto è che questa potrebbe essere un'ottima occasione per ascoltare quello che ha da dirti e chiarivi una buona volta, e tu non vuoi neanche provarci » continuò, con tono più serio.
« Non mi interessa parlare con lui, Scar, come te lo devo dire? » rispose Lily, scaldandosi. « Non mi interessa ascoltarlo perchè so già che dirà solo stupidaggini e non mi interessa chiarire perchè non mi importa niente di lui! » terminò, sempre meno convinta di quello che diceva, anche se non lo diede a vedere.
Scarlett la osservò a lungo, avvertendo con forza il suo tono definitivo, poi scambiò alcuni sguardi silenziosi con le amiche, le quali, senza una parola, le suggerirono tacitamente di lasciar perdere. Alla fine anche lei si convinse di ciò, e decise di esaudire il desiderio della sua migliore amica.
« Va bene » le disse, sedendosi sul letto accanto a lei. « Andrò io ».
Lily la guardò con un sorriso, poi la abbracciò. 
« Grazie » le sussurrò all'orecchio. « Sapevo che avresti capito ».
Scarlett sorrise. « Sei una testa dura, sai? Forse anche peggio di me... non puoi superarmi, ragazzina! »
Si staccarono e Lily scoppiò a ridere. « Non potrei mai! » e anche Scarlett rise con lei. Poi tornò seria, e la osservò.
« Ti chiedo solo di pensarci » le disse piano. « Solo questo ».
Lily la guardò, poi annuì debolmente.
« Ecco, brava » fece allegramente, alzandosi. « Allora io vado, buonanotte a tutte! »
Fece un giro di letti per ricevere un bacio da tutte le ragazze, poi scese in Sala Comune.
Quando scese dalla scala a chiocciola, trovò James seduto sul divano a guardare il fuoco. Era lì da circa mezz'ora, sia perchè voleva stare un po' da solo, lontano dai suoi amici che cercavano disperatamente di tirarlo su di morale, visto che, anche se lui apprezzava sinceramente la loro vicinanza, sentiva il bisogno di allontanarsi dai loro sguardi preoccupati, sia perchè attendeva con ansia quella ronda, intanto per la forte curiosità di scoprire se Lily sarebbe venuta, o si sarebbe rifiutata mandando qualche sua amica, e poi perchè, se lei ci fosse stata, doveva necessariamente parlarle e farle capire i motivi che lo avevano spinto a fare quell'errore di cui solo ora capiva la gravità.
Scarlett lo guardò da dietro, la testa un po' inclinata, estremamente dispiaciuta nel vederlo così abbattuto e pensando già alla sua delusione nel non veder arrivare Lily.
Si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla, e fu lì che lui si girò. 
Dopo essersi voltato di scatto a quel tocco, nei suoi occhi si fece largo proprio quella delusione che Scarlett aveva temuto di vedere, e per lei fu un ulteriore colpo al cuore.
« Mi dispiace » gli disse piano, scompigliandogli i capelli con la mano. « Ho tentato di convincerla, ma... »
« Sta' tranquilla » rispose lui, abbassando la testa e lasciandosi accarezzare da lei. « Sapevo che non sarebbe venuta. Ci speravo, ma... non posso darle torto ».
Scarlett lo guardo per un po', poi gli strinse una spalla.
« Andiamo? » gli chiese.
James annuì e si alzò, e insieme uscirono, varcando il buco del ritratto.
Lui rimase in silenzio, e mai Scarlett si era sentita così imbarazzata standogli accanto.
Lei e James erano nati a due giorni di distanza, erano cresciuti insieme grazie alla profonda amicizia che legava i loro rispettivi genitori, e tra loro c'era sempre stata una grande complicità, un feeling particolare che li aveva accompagnati in tutti quegli anni passati insieme. Crescendo, entrambi erano addirittura arrivati a pensare che quella forte empatia potesse diventare qualcosa di più profondo, che andasse oltre l'affetto tra due amici, e, visto che avevano iniziato a piacersi anche fisicamente, all'inizio del quarto anno si erano messi insieme. La loro unione, però, fu abbastanza breve, perchè, dopo il primo periodo di furore, entrambi si resero conto che la loro complicità era effettivamente diversa e più forte di quella che poteva unire due amici, ma non era quella tipica dell'amore, bensì quella di un legame fraterno, quasi di sangue. Decisero, quindi, di chiudere la loro storia d'amore finita ancora prima di iniziare, e continuare a godersi quel rapporto che li portava a divertirsi, scherzare, parlare di tutto, consolarsi e confidarsi come raramente un ragazzo e una ragazza riuscivano a fare. 
Proprio per questo, Scarlett si sentiva molto distante da lui in quel momento, impotente per non poterlo aiutare e anche dispiaciuta perchè quella volta lui aveva deciso di non condividere con lei quel periodo triste. Lo guardava di continuo, aspettando che fosse lui a parlare per primo, ma vedendo che non lo faceva, decise di prendere lei la parola.
« James... » iniziò, cauta. Lui si voltò a guardarla.
« Scarlett, so già che cosa vuoi dirmi » disse precipitosamente. 
In quei giorni, infatti, aveva respinto tutti i suoi tentativi di parlare con lui, e per questo si era sentito molto in colpa. Non voleva tenerla lontana, ma in quel momento ne aveva bisogno. Aveva difficoltà anche a stare con i Malandrini, infatti a volte si isolava, però spesso faceva finta di niente perchè sapeva che li avrebbe fatti preoccupare ancor di più. Sirius, di tanto in tanto, riusciva a distrarlo con qualche battuta o stupidaggine e con qualche sguardo di cui solo lui poteva cogliere il pieno significato, ma adesso che aveva Scarlett così vicina, e avendo visto come lei aveva accettato la sua distanza e il suo silenzio, sentì che aveva nuovamente voglia di parlare con lei.
Lei lo guardò, stupita, e lo ascoltò.
« In questi giorni ti ho respinta tutte le volte che ti sei avvicinata a me e mi dispiace tanto. So che volevi solo starmi vicino, e non puoi capire quanto mi faccia piace-... »
« James, non mi devi spiegare niente » lo interruppe lei, vedendolo così accorato nel chiederle delle scuse che non erano quello che lei voleva sentire da lui.
« Invece sì, perchè non mi sono comportato bene. Ultimamente non lo faccio con nessuno, a quanto pare... » continuò, abbassando la testa.
Lei lo guardò con un sorriso, intenerita dal suo atteggiamento dolce e quasi infantile.
« James, io ho capito. Se non ti va di parlarne con me, non fa niente, non devi farlo per forza. E' solo che volevo sapere come stavi, se potevo aiutarti... tutto qui ».
Lui la guardò nuovamente, e lei ritrovò in quello sguardo quel James che gli era mancato in quei lunghi giorni. 
« Abbracciami, stupido » gli disse Scarlett sorridendo, e si gettò tra le sue braccia, stringendolo a sè. Rimasero così per un po', quasi a voler recuperare tutte quelle dimostrazioni d'affetto che frequentemente si scambiavano e di cui avevano entrambi sentito la mancanza.
Quando si staccarono, fu James a parlare.
« Sono stato un cretino, Scar. Come mai nella mia vita, credo » disse, sconsolato.
Scarlett, a quelle parole, sorrise. 
« Ti sei dato parecchio da fare, allora. Essere più cretino di come già sei è difficile, concordi? »
Lui rise, sentendo che non c'era nessuna traccia di rimprovero o di condanna nelle sue parole.
« Hai ragione » rispose con un sorriso amaro sul volto. « Stavolta ho superato me stesso ».
Scarlett lo fissò. « Ma si può sapere dove ti è venuta in mente una cosa del genere? »
James sospirò, cercando di capirlo anche lui. « Non ne ho idea » rispose mestamente. « O meglio, sì che ce l'ho, ma non aveva senso... Non ha mai avuto senso questo piano, lo capisco solo adesso... ma è tardi ».
E lo disse con un tono così definitivo da infonderle una tristezza inesprimibile. Lo stomaco le si strinse in una morsa spiacevole e non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. Era troppa la paura di vedervi dipinta quella certezza, non l'avrebbe tollerato nello sguardo sempre luminoso di James.
« Dov'è finito il James perennemente ottimista? » chiese, scrollandogli appena il braccio. « Non ti riconosco più ».
Lui alzò le spalle, odiosamente indifferente. « Non c'è nulla per cui essere ottimisti » commentò. « Avresti dovuto sentire le parole di Lily. Erano terribili ».
« Lily esagera sempre » si affrettò a spiegare Scarlett, che conosceva come nessun altro l'amica. « Con te in modo particolare. Parla e condanna tutti, ma poi le passa. Ha bisogno di riflettere, di stare calma, in solitudine e solo così riesce a razionalizzare ciò che le succede ».
James la guardò, piuttosto dubbioso. Non ricordava che a Lily fosse mai passata con lui. Tutti sapevano bene, in quella scuola, che in quei sei anni, Lily Evans non aveva smesso neanche un giorno di essere infuriata con James Potter per qualunque cosa. Spesso anche semplicemente per la sua esistenza che, per uno sfortunato corso degli eventi, si era intrecciata alla sua, senza che lei lo avesse desiderato.
« Sono io quello che non riesce ad essere razionale, qui » fece James, riflettendo. « Non riesco a ragionare, anzi, il che è ben diverso. La mia idea iniziale era quella di comportarmi in maniera orribile per farle odiare Morrison, ma non ce l'ho fatta. Lei mi ha mandato in tilt, mi ha fatto dimenticare tutto e alla fine... beh, mi sono comportato da James ».
« E? » fece lei, cercando di capire se a Lily quel James fosse in qualche modo piaciuto.
« E lei stava benissimo, porca Puffola! » sbottò lui, profondamente frustrato. « Mi guardava e sorrideva e... e poi...Merlino, quando mi ha stretto le mani credevo che sarei morto lì... E' stata la sensazione più bella del mondo, sentirle così calde, sulle mie... Non puoi capire, Scarlett, davvero ».
Ricordava come se fosse accaduto un attimo prima il senso di torpore e di pace che aveva sentito quando le mani di lei si erano intrecciate alle sue.
Era stata una sensazione straordinaria. Meglio del volo, meglio del Whisky Incendiario, meglio di uno scherzo a Mocciosus riuscito.
Meglio di una punizione con Sirius. Meglio di un Natale con i Malandrini. Meglio di tutto quanto.
Scarlett lo osservava, ammirata, prima che un pensiero la colpisse all'improvviso. Lily aveva detto che l'uscita era stata un fiasco.
E lei si chiese se fosse diventata tonta in un secondo, perché se le aveva creduto altro non poteva essere.
 
« Sì che è andata male. Mi sono annoiata. Non faceva... non faceva che parlare di se stesso e... no, non sono stata bene per niente ».
 
Figurarsi. Lily non avrebbe mai ammesso, forse in tutta la sua vita, che l'uscita con James era andata bene. Molto bene, da come ne parlava lui.
E ciò poteva significare solo una cosa: Lily, in compagnia di James, era felice. In fondo gli piaceva e non esisteva prova più eclatante di quella. Sembrava che i due avessero fatto mille passi indietro, ma magari, in qualche strano modo, lui era riuscito ad acquistare punti. Ciò se solo lei lo avesse perdonato, il che pareva un'idea lontana migliaia di anni luce dalla realtà.
« Non sei cambiato di un briciolo da quando eri bambino, James, sai? » mormorò Scarlett, sorridendo appena mentre lo scrutava. « Andavi fuori di testa quando ti piaceva sul serio una bambina... Ti ricordi di Haley? »
James la fissò, meravigliato e scoppiò a ridere. « Mio Dio, certo! » esclamò. « Quella bambina mi aveva fatto impazzire sul serio... Non so, mi piacevano le sue guance rosse! Era dolcissima, ma non mi degnava d'uno sguardo... »
« ... e tu hai deciso di regalarle delle margherite senza sapere che era allergica al polline! » proseguì Scarlett, ridendo di cuore.
Anche lui rise. « Sono sempre stato un po' sfigato con le ragazze » riflettè.
« Ma no » fece lei. « Fidati, col tempo ti sei ripreso alla grande ».
Lui la guardò, fingendosi malizioso ma riuscendo solamente a creare un'espressione buffa e per nulla da lui. « Ah, sì? » mormorò. « Mmm... Mi fa piacere sentirtelo dire. Eravamo una coppia fantastica, eh? » e rise di nuovo, mentre lei si aggrappava al suo braccio.
« Dai, è stato divertente! » esclamò tra le risate. « Eravamo la coppia del momento! »
Non fecero che ridere e scherzare per tutta la serata, rispolverando pagine dei bei tempi andati, i loro giorni da fidanzati ricordati con gioia e nostalgia dalle migliori pettegole del castello, gli scherzi che si combinavano a vicenda da bambini creando tutte le alleanze possibili insieme a Miley, le partite di Quidditch contro i genitori che continuavano a perdere miseramente, forse di proposito, per non dispiacerli...
Quando tornarono al ritratto della Signora Grassa ed entrarono in Sala Comune, James strinse Scarlett al suo petto, profondamente grato per la serata tranquilla e divertente che gli aveva regalato. Era stata preziosa, come sempre.
« Si aggiusterà tutto, James » gli sussurrò lei, facendosi abbracciare. « Molto presto, vedrai, andrà tutto bene ».
Lui le accarezzò il viso e i capelli, osservandola con un dolce sorriso.
« Su, Capitano » lo incoraggiò, tirandogli un colpetto sul braccio. « Ti voglio carico per il primo match ».
James sorrise appena. « Hai ragione... »
« Certo che ho ragione! » ribattè lei con forza. « Sai che ci tengo particolarmente a battere quei Corvacci del malaugurio ».
Lui la guardò intensamente, avendo capito all'istante il riferimento per niente casuale di Scarlett a quella partita per lei molto particolare.
« Li batteremo » disse infine, annuendo. « Ne sono certo ».
Lei sorrise e lo abbracciò di nuovo. 
« Buonanotte, James » gli sussurrò.
« Buonanotte, Scarlett ».
E si diressero verso i loro Dormitori, entrambi felici di sapere di poter contare davvero l'uno sull'altro, sempre.









Note della Malandrinautrice: Ciao a tutti! Come state?
Merlino santo, questo capitolo, ahimè, non mi piace per niente. Mi pare noioso e ripetitivo, ma serviva. Purtroppo non può succedere sempre qualcosa di eclatante e devono esserci anche capitoli statici come questo, mi spiace.
Beh, dovevo spiegarvi qualcosa, ma non mi ricordo! Ah, che mente che mi ritrovo, a soli quindici anni!
Spero solo che il capitolo non sia troppo deludente. Soprattutto dopo tutte quelle recensioni!
Perché erano 20, ragazzi miei. Venti, non si scherza. Venti, che per me è un sogno incredibile che non riesco ancora a realizzare.
Non so più cosa dire di fronte a commenti come quelli che mi lasciate... Sono parole stupende che non scorderò mai, davvero.
Grazie per la vostra fiducia e il vostro entusiasmo, sempre. Siete i lettori migliori che potessi desiderare.
Concludo col dirvi che l'immagine a inizio capitolo è mia... e che vorrei ringraziare i 51 delle preferite, i 6 delle ricordate e i 70 delle seguite! Grazie infinite!
E, ovviamente, un grazie speciale va a 
Sarah Jones 13 e a robyevanspotter che hanno segnalato la storia per le Scelte. Ancora non riesco a crederci... GRAZIE. Siete fantastiche.
Saluti a tutti!


Simona_Lupin

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Capitolo 10
*** La doppietta di James ***



 


Questo capitolo è per te, bastarda.
Tu, che mi chiedevi una storia sui Malandrini da secoli.
Tu, che mi hai aiutata non sai quanto, senza rendertene conto.
Tu, che dopo questa dedica, se lascio matematica non puoi farmi la ramanzina.
Tu, che sei la mia migliore amica, insieme a tutte quelle altre pazze che mi ritrovo intorno.
Tu, che ti fai voler bene ma che fai anche venir voglia di picchiarti.
Tu, che alla fine picchi sempre me.
Tu, che tra Cunctator, Coldplay, Ariel, Smagriti, pizza ai frutti di mare, temporeggiatori imboscati e Judas mi hai fatta morire dal ridere.
Tu, che ci sei sempre, e continuo a notarlo con sorpresa ogni giorno.
Ti voglio bene e scusa se ho rovinato i tuoi denti perfetti con questa dedica. Sei bellissima lo stesso, ma già lo sai bene!
Grazie sempre. E fuck.





Capitolo 10


La doppietta di James





 

 

 
« SVEGLIAAAAAAAA! »
L'urlo di Remus andò a vuoto, inutile dirlo.
Quel sabato mattina, il giorno del primo incontro del Campionato, stava cominciando esattamente come tutti gli altri: Frank, come suo solito, stava in bilico sull'orlo del letto, le labbra dischiuse, rantolando appena; Peter era raggomitolato a riccio, il piumone attorcigliato intorno alle gambe in maniera tanto intricata che sarebbe stato più che lecito domandarsi come avrebbe fatto a uscirne; Sirius dormiva al contrario, beatamente, il volto rilassato mentre stringeva il suo cuscino come se ne andasse della sua vita; James, invece, sembrava un cadavere rivoltato, ma aveva un viso angelico coperto da qualche ciuffo dei suoi arruffati capelli corvini.
« SIRIUS! » sbraitò ancora Remus, scrollandolo senza tante cerimonie.
Lui sobbalzò di scatto e gli rivolse un'occhiata truce che sarebbe stata capace di uccidere. « Spiegami » esordì con voce assonnata, « perché cavolo cominci sempre da me, Lupin! »
Il ragazzo non gli diede retta e passò al letto di Frank, borbottando: « Mi fai venire il mal di testa così, a testa in giù... », e smosse anche lui, il quale sbarrò gli occhi allarmato, balbettando qualcosa su degli impegni improrogabili che aveva avuto la sera prima inframmezzate dal nome di Alice.
« James, svegliati » proseguì Remus, mentre si accingeva a slegare Peter dal suo labirinto di coperte per paura che un movimento brusco potesse strangolarlo. « C'è la partita, James, state perdendo cento a zero... » disse ad alta voce, con tono eloquente.
« Coscomedic? » balbettò lui, rizzandosi di botto a sedere con i capelli più elettrizzati del solito. Poi vide Sirius sghignazzare e focalizzò la stanza, così capì e puntò un dito accusatore contro Remus. « Mi hai mentito! » inveì, addolorato. « Mi sono spaventato sul serio, idiota, non puoi farmi questo il giorno della partita, andiamo! E tu che ti ridi, cane pulcioso? A cuccia » concluse, rivolto a Sirius.
« Ma dico io » intervenne Frank, ragionevole. « Secondo te, io, Frank Paciock, avrei fatto passare dieci tiri? Fantascienza, amico mio, fantascienza... »
James rise. « Lo spero per te, Paciock » lo ammonì, fingendosi serio. « O Alice provvederà a punirti. E sai come è brava a punire Alice Prewett in Paciock ».
Frank rabbrividì, portandosi le coperte fino al mento. La sua ragazza aveva la capacità di farlo sentire un verme con una semplice sgridata. Spesso si ritrovava a chiedersi se lo spaventasse più lei o sua madre. Il pensiero corse alla dolce e cara Augusta e realizzò che no, Alice non era ancora riuscita a superarla o eguagliarla, anche se non per sua mancanza. Era sua madre, infatti, a possedere un talento sbalorditivo in quel particolare campo.
« Aiuto... »
Arrivò un lamento pietoso dal letto di Peter e tutti si voltarono: malgrado Remus avesse districato parte del groviglio, per qualche assurda legge della fisica, il ragazzo aveva il lembo di un lenzuolo ancora attorcigliato intorno al braccio e poi alla gola. Tutti sospirarono, ma nessuno si alzò.
« Aiuto! » ripetè lui, facendosi prendere dal panico, mentre gli altri ridevano senza contegno e non si smuovevano dai propri letti. « MAAAAAAAAAAMMA! »
Dal bagno dentro il quale Remus si era chiuso da poco più di un minuto arrivarono tonfi in successione alternata e imprecazioni varie. Spalancò la porta, mezzo svestito e si guardò intorno, finché non individuò il problema. Peter stava per perdere la vita e i suoi migliori amici ridevano.
« Siete dei bastardi... » cominciò, accorrendo verso il ragazzo, « ... schifosi... » e iniziò ad allentare la presa delle mordaci lenzuola, « ... vergognosi... » e gli liberò il collo che stava divenendo bluastro, « ... pezzenti! » concluse, gettando le coperte da un lato e aiutando Peter a riprendere fiato.
« Ora la mamma ci mette in punizione » borbottò a mezza voce Sirius in direzione di James, che annuì ridendo. « Meriteresti una foto in questo stato, Lunastorta » osservò poi, parecchio divertito.
Lui gli lanciò un cuscino con uno scatto fulmineo. Aveva affinato la tecnica con il passare degli anni, infatti Sirius fu abbattuto in pieno.
« Ti sei guardato tu? » gli fece notare, facendo un cenno verso i suoi boxer decorati dal disegno di un perfetto campo da Quidditch. 
I boxer, sì. A fine Ottobre. Nient'altro.
« Che c'è? » ribattè lui, osservandoli. « Dovevo essere in tema con la giornata! Se voi peccate di originalità mutandosa, è un problema vostro, non siate invidiosi della mia collezione » disse, con aria parecchio compiaciuta.
Remus, in mancanza di altri cuscini, preferì non ribattere ed entrò nuovamente in bagno, girando più e più volte la chiave nella serratura come a voler mettere una distanza invalicabile tra lui e quel territorio di pazzi assassini. Non sarebbe più uscito di lì.
Nel frattempo gli altri iniziarono ad alzarsi. James e Sirius sembravano usciti da una zuffa, i capelli scompigliati, l'aria stordita, mentre Peter si mise in piedi un po' titubante, come se temesse che le coperte potessero assalirlo nuovamente e ucciderlo una volta per tutte. Ciò, fortunatamente, non accadde.
In seguito a varie vicissitudini e peripezie, scesero pesantemente la scala a chiocciola per poi dirigersi verso la Sala Grande. James apriva il corteo con aria fiera, seguito da Frank, che discuteva animatamente con lui sulle tattiche da adottare contro il tempo instabile.
Arrivati in Sala Grande, li accolsero fischi acuti e applausi fragorosi. Un classico, per le giornate di Campionato.
Due ragazzine addobbate con sciarpe, guanti, bandierine, coccarde e ornamenti vari di Grifondoro lo richiamarono in coro e gli mandarono dei baci.
Lui sorrise e strizzò loro l'occhio, mentre Remus alzava gli occhi al cielo.
« Ehi, Potter! » lo chiamò a gran voce qualcuno, in modo che tutti si voltassero a guardarlo. Era un Serpeverde, Larry Lewis, famoso per le sue idiozie.
« Dimmi tutto, caro » fece James con un ghigno, squadrandolo, mentre anche Sirius si bloccava al suo fianco, sembrando più che mai un cane che annusa la preda. Ricordava quel Lewis. Ci aveva litigato al quinto anno. Lo aveva spedito in Infermeria, in realtà. Per un mese.
« Occhio a non confondere Bolide e Pluffa, potresti farti male sul serio e il tuo fan club sarebbe a lutto! » esclamò il ragazzo, squallido.
James scoppiò a ridere. « Grazie, amico, lo terrò presente » disse, sollevando un pollice. « E poi mi dispiacerebbe davvero per il mio fan club... Non ne fa parte anche la tua ragazza, Lewis? » domandò, ingenuamente, mentre le sue parole venivano sommerse da un boato che fece molto indispettire la McGranitt.
Il Serpeverde si voltò a fissare la fidanzata, la giovane Grifondoro di cui tanto si era parlato negli ultimi tempi al castello e di cui Alice sapeva davvero tutto.
Tornò a sedersi, furibondo, mentre lei era arrossita fino alla punta dei capelli. Probabilmente ciò che James aveva detto era vero.
Si fece dare il cinque a manetta da tutti i compagni di Casa e alla fine si sedette sulla panca, con Remus e Sirius di fianco.
« Ah, il Quidditch » sospirò, rilassandosi e riempiendosi il piatto. « Che spasso ».
Poco dopo, arrivarono in Sala Grande le ragazze. Anche in questo caso, Scarlett fu accolta da grida di diversa tipologia, accompagnate anche da qualcos'altro. Un getto di luce rossa, infatti, l'avrebbe presa in pieno se lei non l'avesse scansato con un gesto elegante della bacchetta, ormai sempre a portata di mano. Era una guerra il periodo precedente agli scontri di Quidditch, senza esclusione di colpi.
« C'hai provato, McGregory » disse con aria annoiata in direzione di una giocatrice di Corvonero, che le fece una smorfia. « Mi spiace per te, ma credo che ci rivedremo in campo ».
La professoressa McGranitt, seduta al tavolo degli insegnanti, si diresse verso di lei come una furia e le assegnò un castigo, oltre ai venti punti sottratti alla Casa. Scarlett rise e andò con le altre alla panca, cercando James con lo sguardo, finché non lo trovò impegnato in una fitta conversazione con i Malandrini.
Appena vide arrivare il gruppetto alzò lo sguardo e perse il sorriso, soffermandosi a osservare Lily, che invece si sforzò di non guardarlo.
Erano ormai trascorse tre settimane dalla loro lite. James era ormai venuto a patti con l'idea che lei non gli avrebbe rivolto la parola ancora per molto, ma quando la vedeva non riusciva a trattenere una stretta allo stomaco piuttosto dolorosa. Era triste e sconfortante non sentire più le sue urla continue maledirlo da mattina a sera, minacciarlo delle peggiori morti o insultarlo nelle maniere più strane e disparate. Tutto era diventato odiosamente piatto da quando lei aveva smesso di parlargli. Sentiva la terribile mancanza anche dei suoi incantesimi mancati. Sentiva la terribile mancanza di lei. 
La guardò per un po', poi decise che era meglio smettere. Non poteva buttarsi così giù prima di una partita di Quidditch.
Scarlett gli avvolse le braccia intorno al collo e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
« Ciao, meraviglia » la salutò lui, sorridendo. « Me lo merito un doppio bacino come incoraggiamento? »
Lei rise e parve ponderare seriamente la questione. Alla fine annuì e lo baciò nuovamente.
« Allora, come andiamo? » disse con tono incoraggiante, dopo aver salutato Remus con un largo sorriso.
« Sono pronto » fece lui con fermezza. « E tu? Sei in gran forma, vedo. Li abbaglierai tutti, vedrai ».
Scarlett sorrise raggiante. « Questa notte non ho chiuso occhio, in realtà » ammise, grattandosi distrattamente il capo.
« Che hai combinato, Banks? » intervenne Sirius, malizioso.
Lei venne bruscamente riportata all'agghiacciante e triste realtà: Sirius, purtroppo, esisteva.
« Nottata interessante? » domandò, ingenuamente incuriosito. « Hai finalmente trovato l'altra metà della mela? Te lo meriti, Banks, davvero ».
Remus e Peter lo fissarono. Loro non erano abituati ai suoi discorsi sconclusionati come Scarlett, era normale che rimanessero basiti.
« Sì, Black, nottata interessante, proprio » convenne Scarlett in tono piuttosto pietoso. « Non posso stressarmi prima della partita, giusto? » bisbigliò a James. Aveva deciso, infatti, di non dare retta alle stravaganti - per dirla con un eufemismo - affermazioni di Sirius, altrimenti si sarebbe innervosita troppo.
L'amico annuì, approvando la saggia scelta. « Ottima decisione » commentò, battendole una pacca sulla spalla mentre le metteva qualcosa su un piatto.
« Mangia » fece in tono gentile. « Devi mandare giù qualcosa o starai male ».
Lei scosse il capo come una bambina capricciosa. « No, James, lo sai che non mangio mai prima delle partite » mormorò.
James scrollò le spalle e porse il piatto a Sirius, che gli fece un cenno di ringraziamento.
In quel momento, Miley arrivò dal tavolo dei Tassorosso, un gran sorriso stampato in volto.
« Ciao! » salutò allegramente.
« Miley! » esclamò James, alzandosi per abbracciarla. Lei rise e si lasciò stringere.
« Come stiamo, Capitano? » domandò, battendogli un colpo sul braccio e chinandosi per dare un bacio alla sorella.
« Alla grande, Capitano! » ribattè lui, ridendo e facendole posto. Lei notò che il successivo era occupato da Remus e rivolse a James un'occhiataccia.
« Siediti, Miley » la invitò calorosamente Scarlett, sottolineando il nome con particolare enfasi.
La ragazza sospirò sconsolata e sedette sulla panca mentre Remus si voltava.
« Ehi, Miley » disse con un sorriso. « Come stai? »
Lei ricambiò timidamente il sorriso. « Bene, grazie » mormorò.
« Non ho avuto modo di dirtelo, sei stata grande contro i Serpeverde » si congratulò lui, facendo riferimento alla partita della settimana prima in cui Miley aveva segnato a raffica ma che, però, i Tassi avevano perso.
« Oh... beh, grazie... » balbettò lei. « Non che sia servito a molto... »
Remus scrollò le spalle, come se fosse stato un dettaglio irrilevante. « Hai fatto un figurone, è questo che conta » replicò con il solito tono gentile che non smetteva mai di stupirla.
Non riuscì a non arrossire e abbassò lo sguardo, sorridendo.
Dopo un po', mentre lei, James e Scarlett ricominciavano a chiacchierare tra loro su schemi e formazioni di Quidditch, arrivò il ragazzo delle scommesse, Oscar Clark.
« Baldi giovani leoni belli, come stiamo? » disse allegramente.
Quel ragazzo era adorabile, sprizzava simpatia da tutti i pori. I rossi capelli arruffati e la moltitudine di lentiggini sul naso lo rendevano davvero buffo.
« Oscar, amico, dammi un cinque! » fece James in tono amichevole. « Non portarmi sfiga con quelle scommesse, eh, ti tengo d'occhio ».
« Tranquillo, James, la gente punta tutto su una dozzina di tuoi gol » disse lui, annuendo convinto. « Nonché su un'ennesima brillante prestazione di Scarlett » aggiunse, sorridendo alla ragazza, che rise.
« La settimana scorsa, invece, tutti scommettevano su Miley » proseguì. « Fantastica come sempre, voi due avete il Quidditch nel sangue ».
La ragazza lo ringraziò, sorridendo radiosa.
« Niente scommesse allora qui, eh, siamo nella cerchia dei giocatori ».
« Io punterei qualcosa » intervenne Sirius, facendo voltare tutti. James gli lanciò un'occhiataccia che lui ignorò beatamente.
« Sirius, vecchio mio, dimmi tutto » rispose festaiolo Oscar, avvicinandosi a lui.
Sirius ghignò e fissò dritto negli occhi Scarlett mentre parlava. « Punto cinque galeoni sulla vittoria di Grifondoro... ma il Boccino lo prende la McGregory ».
Scarlett scoppiò a ridere di botto.
« Sirius... vuoi restare in mutande? » fece Oscar, ragionevole. « Insomma, è Scarlett Banks... e la McGregory non è che sia questo gran fenomeno... »
Lui fece un gesto impaziente con la mano e sborsò il denaro senza una parola.
« Lascialo scommettere, Oscar, se ha voglia di perdere i suoi soldi... » disse Scarlett, divertita. « E' proprio vero che di Quidditch non capisci un'acca ».
Sirius non ribattè, per nulla colpito, mentre Oscar, un po' allibito, salutava tutti e andava via.
« Mi piace azzardare, Banks » rispose infine, senza riuscire a trattenersi. « Mi piace sempre azzardare ».
Lei sorrise, rilassata. « Oh, mi fa piacere sapere che abbiamo qualcosa in comune » replicò. « Che ne dici di una scommessa tra noi, allora, Black? » propose, tamburellando le dita sul tavolo.
Sirius parve sinceramente interessato. « Mi piace, Banks » mormorò. « Continua ».
Scarlett si arrotolò una ciocca di capelli intorno al dito e lo guardò. « Io scommetto, Black, che prenderò il Boccino in massimo dieci minuti » disse secca.
Miley e James si portarono le mani ai capelli nello stesso momento. Non che non avessero fiducia in Scarlett, ma dieci minuti erano veramente troppo pochi e scommetterci su era da pazzi. Follie che tutti potevano aspettarsi da Sirius, non certo dalla sua ragionevole rivale.
« Se vinco, mi prendo un gran bel punto » proseguì la ragazza, indisturbata. « Se vinci tu, il punto andrà a te ».
« Mmm ». Sirius parve deluso. « Mi aspettavo una posta più alta, Banks. Non mi sembri una tipa che azzarda granché, in realtà ».
Scarlett scrollò le spalle. « Questa volta non attacca » disse. « Non cado più nei tuoi stupidi tranelli... Una volta mi è bastata ».
« A me no » replicò lui, mentre gli sguardi di James e Miley andavano dall'uno all'altra, sincronizzati. « Un bel giorno ripeteremo l'evento, tesoro. E tu sarai del tutto consensiente, vedrai ».
Lei rise. « Sei divertente da morire, Black » commentò. « Ma i sogni non sempre si avverano ».
Sirius inarcò le sopracciglia. « Non essere così pessimista » rispose. « Sono ben disposto a realizzare i tuoi ».
I due spettatori si scambiarono un gran sorriso e iniziarono a mangiare e sgranocchiare tutto ciò che capitava loro a tiro, come fossero in uno di quei cinema babbani, del tutto rapiti, commentando a bassa voce quell'interessante scontro epico.
« Pesanti, eh? » fece James, ingoiando quasi un'uovo intero.
« Già » convenne Miley, addentando il suo toast. « E' avvincente, però, speriamo ne abbiano per molto! »
E Scarlett non pareva una che avesse intenzione di arrendersi. « Il mio unico desiderio nella vita è farti stare zitto » continuò, imperterrita.
James sogghignò. « Mi è piaciuta » disse, annuendo. « Chiama Peter e Remus, non sanno cosa si perdono ».
Miley rise, assolutamente d'accordo con lui e picchiettò sul braccio di Remus. Lui si voltò.
« Guardate un po' lì » fece la ragazza, entusiasta, indicando con un cenno i due.
« Stanno guerreggiando » aggiunse James con un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro.
I due risero, mentre Miley passava loro un piatto stracolmo di fette di pane tostato per renderli totalmente partecipi all'azione.
« Dovresti macchinare una maniera per riuscirci, bellezza » stava dicendo Sirius con un ghigno.
« Una chiara provocazione » commentò Remus, grattandosi il mento, riuscendo a inquadrare la situazione in seguito al breve ma efficace riassunto di Miley e James. « Tipico di Sirius ».
« Adesso lei dirà che non vuole che la chiami così » gli bisbigliò Miley, annuendo alle sue stesse parole.
« Mmm » fece lui, osservando la scena, in attesa.
« Non chiamarmi in quel modo, Black » disse infatti lei.
La sorella applaudì silenziosamente e gli altri si congratularono.
« Che c'è? » fece Sirius innocentemente. « Ti ho fatto un complimento. Ho sempre detto che sei meravigliosa, non dovrebbe essere una novità ».
Tutti trattennero il fiato, presi in contropiede, tranne Peter.
« Voleva colpirla, è chiaro » spiegò di fronte alle espressioni allibite degli amici.
« Peter, i tuoi preziosi e rari lampi di genio mi lasciano spiazzato » borbottò James, sinceramente ammirato. « E' vero, l'ha lasciata di stucco, guardatela ».
Scarlett, infatti, aveva assunto un'espressione piuttosto stupita e non aveva idea di cosa rispondere.
« Non è che i tuoi complimenti valgano granché, visto che li dispensi a mezza Hogwarts » borbottò infine.
« Non sono un tipo molto complimentoso, in realtà » osservò lui. « Dico solo ciò che penso, quando non posso farne a meno ».
Lei lo scrutò, indecifrabile. « E questa volta non potevi farne a meno? » domandò.
Sirius scosse il capo, tranquillo. « Sei bellissima. Volevo dirtelo. L'ho detto » rispose semplicemente. « Qualcosa da rimproverarmi? »
Miley soffocò col suo toast, profondamente colpita. Remus e James le batterono qualche pacca sulla schiena che non fece altro che peggiorare la situazione, tanto che Peter, saggiamente, si affrettò a riempirle un calice d'acqua e a porgerglielo nervosamente. Aveva provato sulla sua pelle il rischio di morire soffocato.
« La tua sfacciataggine, ecco cosa » stava replicando Scarlett, tentando di nascondere il lieve imbarazzo.
Lui rise. « Tu vuoi detestarmi a tutti i costi » disse. « Se sono gentile, mi odi, se sono galante, mi odi... »
« Tu non sei galante...! » esclamò lei, sbalordita. « Sei solo uno squallido provocatore arrogante ».
« Quando passa agli insulti è in difficoltà » spiegò Miley, con il pieno consenso di James.
Remus e Peter capirono e continuarono a mangiare.
« Vecchio repertorio » commentò Sirius, apparentemente deluso dalla mancanza di originalità. « Siamo in difficoltà, Banks? »
« Wow » commentò ancora Miley. « Che fottuto Legilimens... Quel ragazzo è un mito vivente, lo voglio come cognato, assolutamente ».
I tre Malandrini la fissarono ad occhi sgranati, pensando che fosse una povera fanciulla ingenua.
« Sirius è pericoloso, Miley » mormorò Remus, sinceramente preoccupato per lei. « Non dirgli mai una cosa del genere, non so cosa potrebbe suscitargli ».
La ragazza lo guardò, spaventata. « Davvero? » domandò, con la massima serietà.
Ad annuire furono tutti e tre e lei chinò il capo, comprendendo la gravità del suo errore.
« Ti piacerebbe » disse nel frattempo la sorella. « Ma tu non sei capace di mettermi in difficoltà, sia ben chiaro il concetto ».
« Non è vero » sghignazzò James, senza smettere di mangiare di tutto. « E' capace, invece, oh, sì ».
« Esatto » annuì Miley. « Gli tiene testa, ma è un po' scombussolata, ah ah! »
Gli altri risero, pienamente d'accordo.
« Allora quando mi hai baciato eri perfettamente in te, giusto? » replicò Sirius, con fare sicuro. « Non l'hai fatto perché eri in difficoltà ».
Miley rise, entusiasta.
« Ma tu non stai con tua sorella? » le domandò Remus, incuriosito.
« No! » rispose lei, ridacchiando. « Lui è un grande, ma lo sentite? Merlino, sto morendo dal ridere... »
E si tappò la bocca con un tovagliolo per non scoppiare in una delle sue risate fragorose. I Malandrini tentarono inutilmente di calmarla e farla respirare.
« L'ho fatto solo per zittirti, stupido! » si infuriò Scarlett nel frattempo, rossa in viso. « Non dirmi che me lo rinfacci! »
Sirius ghignò apertamente. « No, ricordavo solo il bel momento » disse in tono canzonatorio.
« Cosa fai, mi prendi in giro? » fece lei tagliente. « Mi pare che a te sia piaciuto parecchio, visto com'eri... preso ».
Il suo sorriso si fece ancor più ampio e annuì con ardore. « Ma certo! » rispose, allegro. « E chi lo nega, mia adorata Banks? Te l'ho anche detto, ricordi? Ci sai fare ».
Lei si fece livida di rabbia, mentre il pubblico si entusiasmava fortemente.
« Ha tirato fuori un argomento tutto a vantaggio suo! » sghignazzò Miley. « Ho una sorella deficiente! »
« E lui se l'è giocata bene » convenne Peter, bevendo dal suo calice un gran sorso di succo di zucca ristoratore.
« Sei... sei... sei ripugnante » balbettò Scarlett, ormai sconfitta. Lui fu clemente a non aggiudicarsi un punto e lasciò correre.
« Guarda che non è facile stupirmi » disse, sinceramente. « Penso che tu sappia che non era esattamente il mio primo bacio, ho esperienza in materia... era un gran complimento il mio, ma tu non sai apprezzarli a quanto vedo ».
Lei strinse i pugni sotto il tavolo. « Allora preparati a complimentarti di nuovo, Black, perché quel Boccino te lo farò ingoiare e spero ti avveleni » sibilò, alzandosi di botto.
Richiamò le amiche e, insieme, si diressero fuori dalla Sala Grande, cercando di capire cosa fosse accaduto.
A quel punto, James, Miley, Remus e Peter scoppiarono a ridere sonoramente, chi battendosi pugni sulle gambe, chi aggrappandosi al vicino.
Sirius li fissò, allibito. « Si può sapere che diavolo vi prende a voi quattro? » domandò. « Cos'è, vi siete presi una Malandrina di riserva e ve la ridete alle mie spalle? »
I ragazzi si asciugarono gli occhi lucidi e ripresero fiato e contegno. Poi si alzarono e si diressero verso Sirius per stringergli la mano.
« Sei stato grandioso, fratello » disse James, una mano al petto. Lui lo fissò ad occhi sgranati.
« Ammirevole, amico mio » convenne Peter, annuendo.
« Sono colpito, Felpato » ammise Remus, ridendo ancora.
« E' stato un onore vederti in azione » si congratulò Miley, radiosa.
« Ma...? »
Sirius si chiese se il mondo fosse all'improvviso impazzito e nessuno pareva disposto a dargli qualche delucidazione.
« Ci siamo goduti la scena » spiegò James dopo un po'. « E' stato fantastico, come uno di quei flim babbani! »
« Film, James. Si dice film » borbottò Miley, che studiava Babbanologia e adorava tutto riguardo all'altro mondo fino all'età di tredici anni quasi totalmente sconosciuto.
« Oh » fece lui, annuendo allegro. « Ti ricordi quando abbiamo visto quel film fantastico a casa tua, Remus? Santissimo Merlino, uno dei giorni più belli della mia vita... che cosa stupenda! »
« Sì! » esclamò Remus. « Rocky! Bello, vero? »
« Nooooo, avete visto un film vero? » chiese Miley, intrecciando le mani al petto, gli occhi lucidi. « Come mi piacerebbe! »
« E' emozionante, dovresti sentire cosa si prova! » disse James, totalmente esaltato.
Lei pareva tutta emozionata e scosse il capo di continuo per una buona quindicina di secondi.
Sirius fissava tutti, ancora sotto shock, senza osare chiedere altro.
In quel momento arrivò Frank.
« Allora, l'andiamo a vincere questa partita o no? » chiese senza preamboli, picchiettando un dito sul suo orologio da polso.
James corse a battergli una pacca sulla spalla. « Mio caro Frank » annunciò solennemente, « sì, andiamo ».
Si tolse un cappello immaginario dal capo in direzione degli amici e tossicchiò.
« Io andrei a mangiarmi quelle sette schiappe in blu, voi che ne dite? » disse, sorridendo tranquillo. « Chi mi ama - tutti - mi segua! »
I Malandrini alzarono gli occhi al cielo, esasperati. James Potter era tornato.
Miley lo strinse in un veloce abbraccio. « In bocca al lupo, campione! » esclamò sorridendo.
Remus, a quella particolare espressione, impallidì e soffocò violentemente, tanto che Peter soccorse anche lui, allarmato. Aveva paura che quel giorno potesse davvero scapparci il morto. Soffocato, ovviamente.
« Ciao, ragazzi, ci vediamo! » salutò la ragazza, che non vi aveva fatto caso.
Si soffermò un secondo in più su Remus, che la salutò con un sorriso e andò via allegramente com'era venuta.
James e Frank si affrettarono a salire in Dormitorio per prendere le proprie scope da corsa e scesero in fretta e furia. Quando furono quasi arrivati al Salone d'Ingresso, un coro di voci angeliche intonarono alle loro spalle un: « Jaaaames! » squillante e festante.
Lui sobbalzò e si voltò di scatto, ritrovandosi circondato dai suoi piccoli amici conosciuti il primo giorno di scuola subito dopo lo Smistamento.
« Ciao, ragazzi! » salutò James, stringendoli tutti in un abbraccio collettivo che risollevò gli animi di tutti i bambini.
« James, volevamo augurarti buona fortuna! » fece Sarah, sorridendo radiosa a lui e Frank, che li guardava intenerito.
« Sappiamo che sarai il migliore! » intervenne Michael. « E Lily si fidanzerà con te! »
James si passò una mano tra i capelli, imbarazzato.
« Ehm... grazie, ragazzi, davvero » borbottò. « Ora però non ho tempo, io e Frank dobbiamo and-... »
« Ma tu sei Frank Paciock! » esclamò improvvisamente un bambino riccioluto dalla pelle color cioccolato. « Il Portiere! Sei un grande! »
Le orecchie di Frank si fecero all'improvviso rosse e sorrise, scrollando le spalle.
« James, guarda, ti abbiamo preparato un cartellone! » disse un'altra bambina dai chilometrici capelli biondo platino, facendo per srotolarlo.
« Grandioso, sul serio, non so come ringraziarvi, ma... noi dovremmo proprio andare, piccoli » balbettò James, guardando l'orologio, ansioso.
« Hai ragione, James » mormorò Sarah. « Scusaci. Ci vediamo presto! Mi daresti un bacio? »
Lui rise e annuì. Le accarezzò il viso e le scoccò un bacio sulla guancia, facendo lo stesso con le altre bambine e battendo un cinque ai bambini.
Alla fine si allontanarono, chiacchierando tutti insieme allegramente.
« Corri, Frank » disse concitato James, spiccando una corsa insieme all'amico.
Trovarono Scarlett ad attenderli al Salone d'Ingresso insieme al resto della squadra, le mani sui fianchi, infuriata.
« Ma dove eravate? » sibilò, incrociando le braccia al petto. « Stavo mandando i Battitori a cercarvi ».
Simon Phelps e Robert Sanders, ai due lati della ragazza, batterono le mazze sul palmo della mano, minacciosi.
Frank e James deglutirono. « Ehm... Scusate tanto » fece il primo. « Non ci agitiamo più del dovuto, però ».
I ragazzi risero e, tutti insieme, si incamminarono verso il campo di Quidditch, in formazione compatta.
« Scarlett » mormorò James all'improvviso, sovrappensiero. « Hai notato che sei sempre l'unica ragazza in squadra? »
« Perché, ti da fastidio? » ribattè lei, fingendosi offesa.
Lui scosse il capo più volte. « Per niente, amore mio ».
La ragazza annuì, soddisfatta. « Bacino a Scarlett » mormorò, imitando la sua voce e porgendo una guancia.
Lui si rallegrò tutto e le scoccò un dolce bacio, per poi passarle un braccio intorno alle spalle e camminare con lei.
Il bacino, in tutte le sue forme, gli dava una carica indescrivibile. Il bacino poteva tutto.
« James, ho paura » mormorò Scarlett, sbattendo più volte la testa sul suo braccio. « E se faccio una figuraccia? E se perdo contro Black? »
Lui sorrise. « In cinque anni non ti ho mai visto fare una figuraccia in campo, Scar, e di certo non ne farai adesso » la rassicurò lui. « Sta' tranquilla e divertiti. E' per questo che giochi, no? Il bello è volare ».
Lei si rianimò e strinse più forte la scopa tra le dita, rivolgendogli un gran sorriso.
Appena arrivati allo spogliatoio, si cambiarono, indossando le divise e si riunirono per il discorso d'incoraggiamento e il ripasso degli ultimi schemi di gioco.
Lo stadio, nel frattempo, iniziava a riempirsi.
« Bene, ragazzi » esordì James, appoggiandosi alla parete a braccia incrociate. « Sono venuto a sapere qualcosa sulla nuova squadra dei Corvonero ».
« Come hai fatto? » chiese Alan prontamente. « So che non hanno permesso a nessuno di assistere ».
Lui sorrise. « Beh » rispose. « Diciamo che ho le mie fonti ».
« Sì » intervenne Scarlett. « La fondatrice del fan club di quest'anno, Olivia Burke ».
« Esattamente » rispose il ragazzo, ridendo. « Comunque, non è questo il punto. Allora, la squadra non è granché, ve l'assicuro. Hanno un gran Portiere, quell'Amowitz o come si chiama, e un paio di buoni Cacciatori, Davies e Parnell, ma per il resto non c'è compattezza né particolare talento ».
I compagni annuirono, rinfrancati.
« Simon, Robert, vi consiglio di puntare le mazze su Davies, è il più forte » si raccomandò James, lanciando un'occhiata di sbieco a Scarlett.
Matt Davies era il suo ex fidanzato e rappresentava il motivo per il quale Scarlett aveva tanto a cuore quella partita. E James, ovviamente, lo sapeva.
« Poi, per quanto riguarda il Cercatore, Dorcas Meadowes si è diplomata l'anno scorso ed è stata rimpiaz-... »
« Oooh, Dorcas Meadowes si è diplomata l'anno scorso? » fece Scarlett, fingendosi sorpresa. « Ma che peccato, volevo concederle l'ennesima rivincita! »
James rise e scosse il capo, sconsolato.
Dorcas era stata la Cercatrice di Corvonero fino all'anno precedente e fra lei e Scarlett certamente non scorreva buon sangue. Un eufemismo, questo, visto che in realtà le due si detestavano con tutto il cuore. Entrambe superbe, entrambe orgogliose, entrambe brillanti, non erano mai riuscite a intrattenere una conversazione pacifica. Tutta la scuola era venuta a conoscenza di tutti i loro litigi, mai eclatanti, sempre sottili, ma comunque pungenti.
Era stata una delle fiamme di Sirius alla fine dell'anno precedente e le pettegole di Hogwarts avevano fatto di loro la coppia del momento. Lei gli era piaciuta più delle altre, forse perché riusciva a tenergli testa grazie al suo cervello, anche se alla fine cedeva sempre di fronte alle sue avances. Dopo poco più di un mese, però, terminato l'incantesimo iniziale, lui si era stancato anche di lei e l'aveva lasciata un giorno prima della fine della scuola. In seguito, Sirius si era sentito un po' in colpa per il trattamento che le aveva riservato - o meglio, Remus, con delle lunghe sedute, era riuscito a fargli venire qualche lieve rimorso di coscienza -, anche perché Dorcas non era una delle sue solite ragazzine stupide, ma una persona davvero intelligente che aveva intrapreso quella storia con lui con i migliori propositi. Si era deciso perciò a scriverle una breve lettera di scuse che li aveva fatti rimanere in rapporti amichevoli e assolutamente civili.
Scarlett, comunque, la detestava da molto più tempo e per ben altre ragioni. A scuola erano sempre state le ragazze più in vista, ma la differenza tra loro era sostanziale. Dorcas si era ricercata quel ruolo da protagonista e si era sempre premurata di tenerlo stretto a sé, mentre Scarlett lo aveva ricevuto senza chiederlo e non se n'era mai curata, continuando ad essere ciò che era sempre stata. Inoltre, le sconfitte frequenti di Dorcas sul campo da Quidditch non avevano fatto altro che accentuare la rivalità e incrementare l'odio tra di loro. Lei, infatti, solo una volta era riuscita a strappare il Boccino dalle dita di Scarlett.
« Come sta, la cara Meadowes, avete notizie? » stava domandando Scarlett, soavemente. « Come mi manca, la biondina, era un piacere vederla scorrazzare per tutto il campo in cerca del Boccino e poi strapparglielo proprio di fronte al naso. Ricordate quelle imprese epiche, ragazzi? »
Tutti risero. Chi conosceva Scarlett, sapeva bene che non parlava con presunzione e che la sua era tutta ironia dettata dall'odio per quella ragazza.
« Comunque, James caro, prosegui » riprese lei. « Porgerò i miei complimenti alla dolce Dorcas di persona, se mai avrò l'incredibile fortuna di rivederla ».
Lui sorrise. Scarlett non cambiava proprio mai.
« Allora » ricominciò. « Dopo la piacevole parentesi sull'affetto che lega Dorcas e Scarlett, passiamo ad altro. Oggi il sole va e viene, potrebbe confondere la vista, quindi, per noi Cacciatori, passaggi stretti e ravvicinati, ragazzi, voliamo compatti, d'accordo? »
I due Cacciatori annuirono.
« Scarlett, tu sai cosa devi fare » disse poi James. « Scatta di tanto in tanto anche se non avvisti il Boccino, riuscirà a confondere la novellina ».
« Sarà fatto » ribattè lei con un sorriso.
« Frank, tu sei troppo un mito perché io possa darti istruzioni ».
Nello spogliatoio sbocciò un applauso immediato e spontaneo, e Frank si inchinò di fronte a tutti.
« Felice che mi vengano riconosciuti i giusti meriti » rispose lui, ridendo.
Quando l'entusiasmo si spense nuovamente, James riprese a parlare.
« Bene » disse. « Non mi resta che dirvi: forza, ragazzi. Siamo forti. Siamo carichi. E soprattutto, siamo Grifondoro ».
« Godric è con noi! » esclamò Frank in un lampo di furioso orgoglio.
Tutti batterono i piedi a terra, in preda all'euforia.
« Chi vince? » urlò James.
« GRIFONDORO! »
« Chi vince? » ripetè a gran voce.
« GRIFONDORO! »
Si avviarono fuori dallo spogliatoio, l'ansia a mille, il cuore che scoppiava in petto, i muscoli che scalpitavano.
Ad accoglierli in campo furono urla assordanti e fischi acuti provenienti da ogni dove. James, in prima fila con Scarlett, le strinse forte una mano.
« Spacca tutto » le mormorò, scoccandole un bacio piuttosto ruvido sulla guancia.
Lei gli scompigliò i capelli e sorrise.
Lo stadio pareva esplodere intorno a loro. Sulla curva in rosso e oro spiccavano bandierine impazzite e striscioni enormi che si stendevano sulle teste di decine di studenti. Alcuni recitavano semplicemente Grifondoro, vinci per noi o Corvi, tremate, altri erano più originali o riportavano dediche particolari.
Uno di questi era stato abilmente disegnato con un leone ruggente che divorava dei corvi, immagine piuttosto cruda e sanguinosa.
Moltissimi erano rivolti esclusivamente a James, alcuni delle sue fan, altri di ragazzi che lo consideravano un mito e un modello da seguire.
Per la prima categoria, il più significativo recava un immagine immane del volto di James circondato da cuoricini insieme a un'aperta dichiarazione d'amore: James, hai fatto goal nei nostri cuori. Per la seconda, invece, ne padroneggiava uno che recitava: Dopo Godric, solo James Potter.
I bambini del baby fan club di James, inoltre, poterono finalmente mostrare la loro opera sensazionale: un semplicissimo James, sei tutti noi scritto con discutibili precisione e accuratezza.
Qualche ammiratore di Scarlett doveva essersi dedicato a un meraviglioso striscione. La sua immagine mobile mentre correva appiattita sulla scopa spiccava sul rosso fuoco dello sfondo. La dedica era parecchio sentita: Scarlett Banks, la splendida leonessa e, tra parentesi, anche se non vuoi uscire con me.
Un altro ancora riportava un'immagine di Scarlett e James con su scritto: Potter e Banks: un solo cuore, un solo Capitano.
Alcune fan di Frank, con gran disappunto di Alice, invece, tenevano ben in mostra uno striscione che presentava un testo poetico davvero complesso e ricercato: Se Frank gioca la partita, la vittoria è garantita, allegata a una sua gigantografia imponente.
Per tutta risposta, la fidanzata ribatteva con un cartellone gigantesco tenuto in aria per magia su cui troneggiava la frase: Frank, para per me, con un'enorme freccia colorata e luminosa che la indicava.
Mentre le urla dominavano il campo e facevano fremere l'erba, la voce di Sirius tuonò dalla cabina del cronista.
« Buona serata, Hogwarts! » stava dicendo.
« Iniziamo bene... » si sentì borbottare la professoressa McGranitt. « Sono le undici e mezza, Black... » 
« Merlino, professoressa, non capisce che l'atmosfera della sera è tutt'altra storia? » si lamentò lui. « E poi giorno, notte, che differenza fa? L'importante è che SI GIOCHI! Gente, siete con me? »
Un boato si alzò dagli spalti, assordante.
« Visto, prof? Mi lasci fare il mio lavoro » disse, scocciato. « Qui è Sirius Black, ovviamente, sì, lo conosciamo tutti, colui che anima le vostre giornate sportive, colui che vi è vicino mentre i vostri cuori scalpitano come Ippogrifi imbestialiti alla vista degli eroi che lottano tra pioggia e saette verso il trionfo! Colui che... »
« ... dovrebbe degnarsi di riferire le formazioni visto che l'arbitro sta per fischiare » intervenne l'insegnante.
« Anche quel colui, sì » convenne lui. « Oggi si affrontano i gloriosi, imbattibili, epici, inarrestabili e invincibili Grifondoro... », e le parole di Sirius vennero accompagnate prontamente da una hola dei tifosi in rosso e oro, « e i Corvonero ». Gli avversari fischiarono e inveirono contro di lui.
« Andiamo, per favore, so che ci sono mie fan anche in mezzo a voi » fece lui con l'aria di chi la sa lunga. « Ma vediamo un po'... Chi abbiamo qui? Suggerisca, prof, sono tanti... Scherzo, lo sa che sono un cronista serio e un lavoratore onesto... » si affrettò ad aggiungere, notando le narici della professoressa fremere e quasi mandare scintille. « Li ho scritti qui, tutti i nomi! » disse, ridendo. « Non sono uno sprovveduto... Comunque, sì, le formazioni. I Corvonero schierano: Amowitz, Davies, Parnell, Cox, Powell, Wilkinson e McGregory ».
La curva dei Corvi esultò.
« Per i Grifoni, invece, abbiamo sette leggende... non lo neghi, professoressa, sono i suoi, sono leggende, come me! Quindi, nell'ordine: Paciock, meglio noto come Avada Frank per la sua abilità nel neutralizzare Pluffe ». Frank salutò i tifosi in delirio con la mano. « Potter, il Capitano che il mondo ci invidia, il lanciatore di Pluffe infuocate più famoso del castello nonché stramaledetto sfigato! » E, a quelle parole, lo stadio parve crollare. 
James, dopo aver ricambiato il boato dei suoi tifosi alzando le braccia verso di loro, fece un gestaccio con la mano a Sirius che lasciò scandalizzata la professoressa McGranitt, tanto che si appropriò del microfono per dargli una settimana di punizione. Lui, in risposta, poggiò una mano al petto in segno di profondo rammarico.
« Scusa, fratello, ma sono sicuro che nel giro di dieci minuti ci finirò anch'io, vero, prof? Almeno saremo insieme... » commentò Sirius, sogghignando. « Poi! Green, colui che tutto può e che tutto segna! Collins, il nuovo che avanza! E i nuovi scagliabolidi, Phelps e Sanders! » Applausi calorosi accompagnarono anche i loro nomi. « E poi lei, signore e signori, ladies and gentlemen, mesdames et messieurs: la punta di diamante, la ragazza più sexy di Hogwarts, la scheggia della squadra e la leonessa più ruggente... Scarlett Banks! »
Tutti batterono le mani in preda all'entusiasmo, mentre la ragazza si appropriava di una delle mazze da Battitore e si colpiva ripetutamente il capo.
« Ciao, Banks! » la salutò. « Sei bellissima anche da quassù! Comunque, ritorneremo sulla Banks più tardi... I giocatori si alzano in volo... lei, ovviamente, con particolare grazia... Grande, Banks... »
L'arbitrò ordinò ai Capitani di stringersi la mano. James rimase impassibile di fronte alla potente stretta di Davies e gli lanciò un cenno di sfida.
« Il Boccino d'Oro è libero e la Pluffa viene lanciata in aria, mentre la Banks inizia a volteggiare elegantemente » annunciò Sirius, mentre la McGranitt maturava l'idea di occuparsi da sè della telecronaca. « Potter in possesso... Posso chiamarlo James? Mi fa impressione... Su, prof, James in possesso, spintona Davies, scambia con Green, TIRA e SEGNA! E figurati, amico mio, lo sanno tutti che sei un grande! Era un Bolide quello, non una Pluffa! Banks, sei d'accordo? »
La curva tremò, ruggente e fiera. James aizzò i tifosi, sentendosi parte di loro, battendo le mani sopra la testa. Lo sguardo perlustrò gli spalti, alla disperata ricerca di una chioma rosso scuro e riuscì a individuarla con un tuffo al cuore: Lily stava applaudendo e sorrideva. Sentì che nessun Portiere sarebbe stato capace di fermarlo, ora. 
« Grifondoro in vantaggio e il gioco riparte... Parnell ha la Pluffa, scarta Collins, si imbatte quindi in Avada Frank e... wow, bel Bolide di Phelps, le ragazze ti ameranno per questo, amico. I Bolidi colpiscono anche loro, fidati » disse Sirius, che subito riprese a causa del gioco frenetico e senza sosta. « Green riconquista la Pluffa, si avventura in solitaria e scatta veloce tra i due Battitori... Green, Green, Green... GREEN! Venti a zero per noi e non se ne parla più! »
Le bandierine sventolarono più che mai sulle teste dei tifosi.
« Banks, i tuoi compagni stanno svolgendo onorevolmente il loro compito » annunciò ancora Sirius, ghignando. « Tu che stai facendo? »
Scarlett, nel frattempo, setacciava la zona con sguardo assassino. Aveva capito alla perfezione i piani di quel maledetto di Black. Voleva distrarla, ovvio. Ma lei avrebbe acchiappato quel Boccino anche a costo della vita nei prossimi minuti. E mentre se lo ripeteva, la paura e la consapevolezza della sua ingenuità presero il sopravvento su di lei. Presa dalla rabbia, scattò in picchiata come James le aveva consigliato, senza che avesse visto nulla.
« Occhio gente, la Banks va! » annunciò Sirius, cominciando a intristirsi all'idea di dover perdere i suoi poveri galeoni. « Corre e va, corre e va, corre e... no, non corre più » disse, arrestandosi di botto. « Tranquilli, ragazzi, rimettetevi a sedere, falso allarme. Sei un'imbrogliona, Banks ».
« E tu un incompetente, Black, prosegui con la cronaca! » intervenne acida la McGranitt.
« I timpani, professoressa, i timpani... » si lamentò il ragazzo. « Ma... PROFESSORESSA, ODDIO, GUARDI! PARALA, FRANK! »
Un fulmineo scatto di Davies, infatti, aveva sorpreso il Portiere, distratto dall'azione di Scarlett. Si riprese appena in tempo per tuffarsi sull'anello di destra, scaraventando la Pluffa lontano con la forza del palmo della mano.
« E L'AVADA PARA! » ruggì Sirius. « Alice Prewett fa bella mostra di sé... sposalo, Alice! »
La ragazza saltellò sul posto e urlò a squarciagola: « LO FARO'! » ma la sua voce fu sommersa dalla folla in visibilio. Emmeline, accanto a lei, si mummificò il capo con i chilometrici capelli biondi, mentre Mary, Lily e Miley - per l'occasione, divenuta Grifondoro acquisita - si aggrappavano l'una all'altra, ridendo come matte. Alice era degna di Azkaban.
Nei pochi minuti che seguirono, il gioco si era fatto sempre più frenetico e duro, infatti il punteggio era già di centosettanta a cinquanta per Grifondoro. 
James aveva segnato nove goal, Collins due, Alan sei, i Corvonero solo cinque, tutti di Davies. Frank sembrava infallibile.
« Sono già passati sette minuti » annunciò Sirius allegramente. « Banks, come procede lassù? Vuoi una mano con quel Boccino? Non ti sei vista molto in giro, i tuoi ammiratori fremono nell'attesa di una tua sfilata volante... Scusi, professoressa, con la Banks mi intrattengo sempre ».
Lei non lo ascoltò. Mancavano solo tre minuti. Tre miseri minuti che stavano già andando via, mentre lei cercava affannosamente la scattante pallina dorata.
Se solo avesse potuto stringere le dita attorno alla sua superficie liscia e fredda, renderla prigioniera della sua mano, allora lei sarebbe stata libera e avrebbe vinto. Ma tre minuti - due, ormai - non erano abbastanza, neanche lontanamente...
« Cox è in possesso, gente, attenzione » fece Sirius. « Occhio, Cox, arrivano due Bolidi in picchiata... no, scherzavo, non è vero... Cox non cade nel mio ingegnoso tranello e avanza... Maledizione, va in porta » commentò, mesto. « Grazie, Avada, per averci dimostrato che sei umano ».
Il tiro di Cox, infatti, andò a segno e Frank si scusò con lo stadio.
« Nel frattempo, cosa accade di bello? Mmm... La Banks va a zonzo... »
Scarlett, al punto di rottura, si voltò di scatto pronta a scendere in picchiata per ucciderlo, e quel gesto la salvò.
Quando ormai l'ottavo minuto di gioco stava cedendo il posto al nono, il Boccino sfrecciò di fronte al suo viso, luccicando alla luce di un frammento di sole.
« Bastardo, eccoti » imprecò, piegandosi sulla sua Freccia d'Argento per darle il massimo della velocità.
Quasi aderì con tutto il corpo al manico lucido e sottile, i capelli al vento, l'elastico che li aveva tenuti stretti finito chissà dove... La McGregory non poteva raggiungerla, era troppo distante, così come il Boccino, però, che sfrecciava via a razzo.
« Stiamo a vedere se si tratta di un'altra finta della Banks » disse Sirius.
No, Black, pensò Scarlett, furiosa e agguerrita, non stavolta.
La minuscola pallina alata virò a destra e ancor più giù, verso gli spalti di Corvonero. Zigzagò, confondendola, finché non scese diretta proprio alla cabina del cronista. Sarebbe stato fantastico prendere il Boccino e uccidere Sirius un attimo dopo. Un sogno che diventava realtà.
« E la Banks mi viene addosso » annunciò Sirius con tranquillità. « Vieni, Banks, ti aspetto a braccia aperte, sono qui ».
« Black! » sbraitò l'insegnante.
« Professoressa, è vero, si sta gettando proprio qui, non vede? » fece lui, illuminandola, adesso un po' più preoccupato mentre la vedeva avvicinarsi. « Fa sul serio, la bella Banks, tenterà di farmi fuori... No, prof, sono troppo impegnato a vivere gli ultimi attimi di vita per fare la cronaca. I tifosi possono guardare con i loro occhi, io devo pregare ».
Ma Scarlett non ascoltò una parola e continuò a volare furiosamente, spronando la scopa a tutta forza.
« Corri, cosa inutile, corri! » urlò, allungando un braccio.
« La Banks è qui » proclamò ancora Sirius. « James, ti ho voluto bene, amico. Remus... Peter... sembrate così lontani, ora... »
« La partita, Black! »
« La vita, prof! »
L'insegnante affondò il viso nella sua sciarpa di Grifondoro, disperata.
Ma Scarlett era lì, sfiorava le ali impazzite del Boccino. Scarlett era lì, a un passo da Sirius, e gli sfilava di tasca la vittoria, agguantandolo di colpo. Fece una sorta di giro della morte per evitare di schiantarglisi addosso, mentre sentiva lo stadio esplodere di gioia pura intorno a lei.
Sirius rimase talmente stupefatto che non annunciò la vittoria e la fissò. Ma sorrideva. 
Scarlett aveva vinto, e lui, incredibilmente, ne era felice. 
Scarlett aveva vinto e lui, in realtà, aveva sempre creduto che avrebbe potuto farcela. 
Scarlett aveva vinto e a lui non importava, perché aveva giocato alla grande, di nuovo. E pensò che nessun'altra, forse, sarebbe stata capace di vincere così bene. Provò una strana sensazione, inspiegabile, stupida. Era come se si sentisse fiero di ciò che lei aveva fatto, ma questo non aveva il minimo senso. Lei si voltò a guardarlo, vittoriosa, ma il sorriso si spense di fronte al suo. Non riusciva a capire cosa ci trovasse di divertente nella sconfitta.
Ma Sirius sollevò un pollice e le fece l'occhiolino, gridando per farsi sentire a quei due metri di distanza: « Ottima partita, Banks! »
Scarlett lo fissò allibita e alla fine, per un motivo ignoto al mondo e anche a lei, sorrise di rimando, senza malizia o sarcasmo, come lui.
E quella fu la prima volta in cui, senza un vero motivo, Sirius Black sorrise a Scarlett Banks ed ebbe risposta.
« GRIFONDORO VINCE! » urlò la professoressa McGranitt, gettando la sciarpa addosso a Sirius, dopo aver agguantato il microfono.
Lui rise e distolse lo sguardo da una Scarlett stordita, un attimo dopo travolta dall'abbraccio dei compagni arrivati in volo da lei.
Era un corpo a corpo straordinario, fatto d'affetto e sapore di vittoria. Meraviglioso come solo un abbraccio di squadra poteva essere.
Gli studenti, nel frattempo, cominciarono a scendere giù dagli spalti, chi riversandosi sul campo, chi diretto al castello.
James sussurrò a Scarlett qualcosa che lei non afferrò e si fiondò sulla cabina del cronista, abbracciando Sirius.
« Sei stato fantastico, fratello » si congratulò lui, battendogli una forte manata sulla schiena.
« Non si può dire altrettanto di te, Felpato » ribattè l'altro, ridendo. Poi ritornò serio. « Ascolta, Sirius, devo fare una cosa, mi serve il microfono e... Merlino, anche un po' di silenzio. Pensi di...? »
« Solo un secondo, certo » si affrettò a dire lui. Battè un colpo di bacchetta sul microfono spento e tossicchiò.
« Ragazzi, dopo questa esaltante vittoria, mi servirebbe un attimo di silenzio, se fosse possibile » annunciò sopra l'insieme di voci tonanti dello stadio.
Quasi immediatamente tutti si zittirono, come per magia.
Sirius lanciò un'occhiata eloquente all'amico, come a voler sottolineare la sua potenza devastante. James sbuffò e rise, facendogli cenno di proseguire.
« Il nostro amato Capitano ha qualcosa da dire... Speriamo non siano le solite caz-... »
James gli strappò di mano il microfono. « Grazie, Sirius » disse, mentre lui si inchinava.
Al suono della sua voce uno scoppio di applausi esplose dalla calca di Grifondoro e questa volta fu il turno di James di lanciare un'occhiata eloquente a Sirius.
« Ehm... grazie mille » borbottò, leggermente imbarazzato, mentre il silenzio calava nuovamente e tutti aspettavano che parlasse, trepidanti. « Volevo semplicemente dire che questa vittoria è stata grandiosa, grazie ai miei compagni, ma... beh, io non riesco a godermi appieno questa felicità ».
Il silenzio, almeno così parve, si fece ancora più profondo. Sirius lo fissava, senza capire, in attesa anche lui.
« E non ci riesco » proseguì James, più sicuro, « perché mi manca tremendamente una persona... una persona a cui devo ancora delle scuse ».
Molti trattennero il fiato, colpiti. Sirius continuò a osservarlo, sorridendo appena.
Lily, invece, che al suono della sua voce, prima, si era fermata come gli altri insieme alle amiche, fissò il punto lontano in cui James parlava e sentiva il cuore battere più velocemente del normale. Loro la scrutavano, in attesa di un segno di rabbia, ma quello non arrivò. La ragazza era completamente assorbita dalle parole di lui e aspettava con una strana stretta allo stomaco che proseguisse.
« So di averle fatto del male » stava continuando James, cercandola con lo sguardo senza trovarla. « So di essermi comportato da idiota patentato quale sono, ma... so anche che non avrei voluto ingannarla né ferirla, perché non lo merita. E vorrei solo chiederle, adesso, di perdonarmi. Per me la vita qui ad Hogwarts non è la stessa senza di lei ».
Rimase per un attimo con le labbra socchiuse, poi spense il microfono e crollò sul posto accanto a Sirius, il boato dello stadio lontano miglia da lui. Sentì la mano dell'amico stringersi attorno alla spalla e sorrise, gettandogli un'occhiata di sbieco, ringraziandolo in silenzio.
Nel frattempo, Lily era rimasta immobile sul posto, il capo chino, profondamente scombussolata. Non riusciva a credere alle parole che aveva ascoltato e, per un attimo, si chiese se fosse possibile che fossero rivolte proprio a lei e non a qualcun altro. Un tempo, forse, avrebbe pensato che il gesto di James fosse un'ennesima prova del suo stupido esibizionismo, ma non riusciva a pensarlo in quel momento. Il ricordo dell'emozione nella sua voce faceva crollare ogni congettura di carettere negativo nei suoi confronti, l'evidente sincerità con cui aveva pronunciato quelle parole la fece rimanere sbalordita e non potè che pensare che forse qualcosa in lui fosse cambiato davvero dall'anno precedente.
Per me la vita qui ad Hogwarts non è la stessa senza di lei...
Aveva detto proprio così, James. Ed erano state parole importanti. Anche lei, in un certo senso, non aveva più vissuto alla stessa maniera dal giorno in cui avevano litigato. Le urla per i corridoi, gli incantesimi che gli lanciava ma che lui riusciva sempre ad evitare, gli inviti a uscire sempre più creativi, tutti i sorrisi da ebete che le rivolgeva e i tentativi di approcciarsi sempre nuovi, beh, quelli erano stranamente mancati anche a lei.
« Lily... »
Il sussurro di Emmeline arrivò alle sue orecchie come da una distanza interminabile. Fece cenno alle amiche di non dire nulla e, insieme, si avviarono verso l'uscita del campo, senza neanche pensare che erano scese fin laggiù per salutare Scarlett e uscire insieme a lei.
Mentre camminavano, la loro attenzione fu richiamata dalle voci di alcuni bambini che discutevano tra loro. Erano i piccoli amici di James.
« Tu pensi che stesse parlando di Lily? » stava dicendo Michael. « Ma come facciamo a esserne sicuri? Poteva essere chiunque! »
« Ma hai sentito come ne ha parlato? » rispose Sarah, cocciuta. « Era così dolce... non poteva essere altro che lei ».
I bambini annuirono, iniziando a convincersi che dovesse essere stato proprio così.
« Ha fatto un discorso bellissimo » sospirò un'altra bambina, estatica. « Deve amarla proprio tanto... Il mio papà è romantico come lui e lui ama la mamma! Lily e James diventeranno come loro, ne sono sicura! Sono così belli, insieme! »
Lily li fissava, sbigottita, ma loro non parvero farci caso. Come diavolo facevano a sapere di lei?
« Hai sentito? » intervenne invece Mary, sorridendo. « La bocca della verità, Lily ».
Lei non rispose.
Non sapeva, non poteva sapere, che tutto quello che i bambini avevano detto sarebbe divenuto realtà.
 
 
*  *  *
 
 
Come da tradizione, finita la partita, la festa che i tifosi avevano animato in campo attorno ai giocatori si era presto spostata in Sala Comune.
Dentro la stanza circolare era difficile anche riuscire a respirare. La musica, amplificata per magia da minuscole e innocue radioline, rimbombava tra le pareti, mentre striscioni e immense bandiere di Grifondoro stavano in bella mostra sulle mura scarlatte. I tavoli erano stati riempiti in fretta e furia di bevande di vario tipo e cibo, il tutto proveniente dalle efficienti cucine mandate avanti dagli elfi domestici instancabili.
James, quasi totalmente sommerso dalle sciarpe rosso e oro che i suoi compagni gli avevano lanciato addosso, aveva una bottiglia di Burrobirra mezza vuota stretta in mano e fissava con insistenza Lily, tutta intenta, a quanto pareva, a conversare con Alice ed Emmeline.
Sirius, nel frattempo, beveva direttamente da una bottiglia di Ogden ed era al centro della festa. Fece ruotare su se stessa una ragazza che gli si era praticamente appiccicata addosso da cinque minuti buoni per liberarsene e, quando si voltò, si ritrovò Scarlett di fronte.
« Ehilà, Banks » la salutò, sorridendo sghembo. « Non ti ho visto molto in giro, dove sei stata? »
Lei scrollò le spalle. « Proprio qui, Black, dove altrimenti? » rispose, guardandosi intorno. « Tu, però, eri troppo impegnato con le tue amate Grifondoro per badare a me, ecco tutto ».
Sirius la fissò negli occhi con grande interesse. « Cos'è, Banks, mi stai chiedendo attenzioni? » chiese, curioso. « Eppure sai benissimo che io un'occhiata, per quanto rapida, te la getto di continuo... Un momento per te lo trovo sempre, tesoro, posso assicurartelo ».
La ragazza alzò gli occhi al cielo. « Non intendevo questo » replicò secca, prendendolo per un braccio e portandolo fuori dalla calca di gente festante.
Lui la scrutò, senza capire, e la seguì senza fare obiezioni. Era curioso di scoprire cosa desiderava dirgli.
« Mi chiedevo se ti fossi dimenticato della nostra piccola scommessa » riprese lei, quando furono un po' più appartati e lontani dalla folla.
Lui sorrise. « Ma certo che no, mia bella Banks » fu la soave risposta. « Come potrei? »
Scarlett iniziò a innervosirsi per la sua imperturbabile tranquillità e strinse le dita attorno al Boccino d'Oro che non aveva ancora lasciato andare e che ormai aveva totalmente smesso di lottare per la libertà. Le ali trasparenti giacevano inerti ai suoi lati e solo di tanto in tanto si smuovevano appena.
« Bella partita, vero? » commentò. « Entusiasmante ».
« Senza ombra di dubbio » disse lui. « Ma anche il post sembra promettere molto bene. Non lo credi anche tu, Banks? »
Il volto di lei si stese in un sorriso che non prometteva nulla di buono. Strano, solitamente quel ghigno vittorioso era stampato sul viso di Sirius, ma non quella volta. Lui pensò che quell'espressione furba e sexy le donasse davvero e ne rimase incredibilmente rapito.
« Lo credo anch'io, Black, sì » sussurrò, pizzicandosi la punta del mento con le unghie curate delle dita. « Allora, alla luce di quanto appena accaduto, credi sia stato interessante fare affari con me? »
Sirius inarcò le sopracciglia. « Affari... » ripetè, sbuffando. « Io e te dobbiamo fermarci sempre e solo agli affari? Non credi che alla lunga potrebbe diventare noioso? Potremmo dedicarci a qualcosa di nuovo, Banks. Altri tipi di affari ».
Scarlett incrociò le braccia al petto. « Ah, sì? » mormorò. « E sentiamo, Black, cosa intendi tu per affari? Sono proprio curiosa di capirlo ».
Lui parve rifletterci. « Bah » rispose infine, sul vago. « L'ultima volta che abbiamo... come dire... trattato come piace a me, è stato intrigante, vero? »
Le parole suscitarono il riso della ragazza. « Capisco » disse, divertita. « Vuoi trattare, sì... Davvero stimolante, l'idea ».
Continuò a sorridere, determinata a confonderlo, poi si fece vicina, osservandolo con il capo un po' inclinato.
Sfiorandogli il petto con le dita, sussurrò: « Sai... forse ti avevo sottovalutato come affarista » e lui ghignò, compiaciuto. « Stasera, però, mi sembri più convincente... Vediamo un po', quali sarebbero i tuoi piani, quindi? Potrebbero interessarmi ».
Sirius osservò le sue dita risalire sul tessuto della camicia, poi si riprese.
« Innanzitutto, questo non è un posto adatto per trattare » osservò, sottile e arrogante. « Sarebbe produttivo parlare di tutto questo in una sede diversa, Banks. Un luogo che ci permetta di... come dire... esprimerci in libertà nelle trattative, non so se mi spiego ».
« Tipo? » fece lei, interessata, notando con piacere la convinzione con la quale lui portava avanti l'argomento, come se lei gli stesse davvero dando corda.
Il ragazzo, infatti, frugò il suo volto in cerca di ogni più piccolo particolare e rispose: « Il Dormitorio sarebbe un'ottima location ».
Scarlett rise, incapace di trattenersi. Era veramente spassoso esaminare il coinvolgimento di Sirius, ben consapevole della tragica fine che avrebbe fatto.
« Il Dormitorio, eh? » sussurrò, mentre il limite di distanza media di dialogo era ormai stato oltrepassato di parecchio. « Come siamo velati, come siamo allusivi, eh, Black? Sei la sottigliezza e l'eleganza che si personificano, davvero complimenti. Ma continua, ti prego, sono curiosa di scoprire le tue intenzioni ».
Si spostò i capelli da un lato con un gesto lento della mano e lui esitò prima di parlare, leggermente disorientato.
« Oh » mormorò infine. « Beh... le attività praticabili sarebbero molteplici. Ma sai, Banks, discuterne sarebbe così noioso e inutile... Passare all'azione, invece, quella sì che sarebbe un'ottima idea. Quando si parla d'affari, d'altronde, bisogna agire e basta. Subito ».
Scarlett annuì, a quanto pareva molto d'accordo. La mano andò su, a lambire la pelle della sua guancia e poi ancora a scostargli dagli occhi i lucenti capelli scuri. Lui la prese e la spostò verso il basso, così che le sue labbra la toccarono lievemente.
« Agire, dici? » stava rispondendo lei nel frattempo, affatto turbata, o almeno non all'apparenza. « Mmm... non vedevo l'ora che me lo proponessi ».
Sirius, inizialmente, sorrise compiaciuto. Poi, riflettendo sulle sue parole, pensò che dovesse essere ubriaca per forza.
« Vuoi vedere come agisco io? » chiese la ragazza, a pochi centimetri da lui.
« Non aspetto altro » fu la risposta. Con il dorso della mano, le sfiorò il collo scoperto in un tocco che la fece rabbrividire.
« Allora chiudi gli occhi » gli suggerì, riprendendo il controllo che aveva perso per qualche secondo. « Voglio darti un antipasto del mio genere di affari ».
Gli prese il mento tra pollice ed indice, pronta a neutralizzare tutte le sue idee malsane anche se pareva volesse fare tutto il contrario. Lui, infatti, fraintese il gesto e le premette una mano sulla schiena all'improvviso, così da spingerla ancor di più verso di lui. Scarlett gli diede un assaggio delle sue labbra che fu quasi meno di un respiro, poi, con una sorta di scatto felino interpose tra le loro labbra il Boccino che aveva in mano.
« Portati questo in Dormitorio, Black » sussurrò, un'espressione esultante sul viso. « Di solito conservo tutti i Boccini che catturo, ma questo te lo sei meritato... Spero che ti ricorderai di me, quando lo guarderai. Oh... quasi dimenticavo. Stiamo tre a due per me, adesso ».
Lui rimase di sasso e afferrò la pallina dorata dalle sue dita, continuando a guardarla mentre frapponeva una nuova distanza tra loro e gli voltava le spalle.
Fissò la sua schiena mentre si allontanava, completamente stordito, senza dire una parola. Scarlett tornò tranquillamente a ballare.
Merlino, quella ragazza iniziava davvero a farlo impazzire. Aveva giocato con lui, lo aveva abilmente ingannato e si era dimostrata un'ottima avversaria. Un'avversaria, però, che cominciava a diventare sempre di più una conquista, quella che lui desiderava alla fine di quella partita.
Non smise un attimo di scrutarla o di esaminare i suoi movimenti fluidi e non riuscì a non riflettere su quanto si muovesse dannatamente bene in armonia con la musica. Era bella, maledizione, bella da morire. Osservarla ballare lo faceva andare completamente in tilt. Lui, che aveva smesso da tempo di impressionarsi per qualcosa, lui, che alle ragazze era ormai abbastanza avvezzo... Lui, che desiderava ardentemente averla per sé. Solo per sé. Pensò che sarebbe stato meraviglioso poter stringere quei fianchi che ancheggiavano appena, far scivolare le mani lungo il ventre e baciarla, ottenendo risposta... Ma si riscosse da quei pensieri al suono di una risata fragorosa.
Si voltò. Era Remus. Ma non poteva esserlo. Il ragazzo che gli si avvicinava aveva un calice di Whisky stretto in mano. No, decisamente non era Remus Lupin.
« Quella ragazza è davvero sveglia » esordì, senza smettere di ridere. « Forse troppo per te, Felpato ».
Felpato. Il ragazzo misterioso lo aveva chiamato così. Ma allora era davvero...?
« Lunastorta, si può sapere che diavolo ti prende? » chiese, scioccato. « E' Whisky Incendiario quello che stai bevendo? »
Lui annuì, imperturbabile. « Un bicchierino » rispose, scrollando le spalle. « Comunque, parliamo di Scarlett ».
« Ma...? » Sirius si chiese cosa stesse succedendo. « Che... che significa parliamo di Scarlett? Di... di che diavolo vorresti parlare, posso saperlo? E poi scusa, che cavolo...? Ti sei messo a spiarci, per caso? »
« Spiarvi? » ripetè lui, offeso. « Che brutta parola... Guarda che siamo a una festa, Sirius, poteva ascoltarvi chiunque ».
Lui assunse un'espressione scettica e impaziente. « Comunque » disse, « che cos'avevi tanto da gongolare? »
Remus ricominciò a ridere sommessamente, ma si riprese subito. « Scarlett ha capito qual è il tuo punto debole, fratello » disse, con l'aria di chi la sa lunga.
« E sarebbe? » domandò lui, a metà tra il curioso e l'infuriato.
Il ragazzo si prese tutto il tempo per rispondere, continuando a bere, come a voler creare un effetto suspence e Sirius attese, corrucciato.
« E' lei il tuo punto debole, Sirius » spiegò lui infine, sorridendo di fronte alla faccia stravolta dell'amico. « E tu stai perdendo colpi, vecchio mio, fattelo dire da me... Riprenditi o ti mette sotto alla grande, ascoltami ».
Gli fece un cenno eloquente col capo e si allontanò, lasciandolo ancor più sconvolto di prima. A quel punto, Sirius si avvicinò al bancone delle bibite e afferrò una bottiglia di Ogden, deciso a scolarsela tutta per dimenticare.
Nel frattempo Scarlett, che stava ballando insieme ai compagni Alan e Simon, ridendo con loro, notò che Lily se ne stava in disparte, ora da sola, osservando i festeggiamenti con aria assente e bevendo una bottiglia di Burrobirra, come assorta nei suoi pensieri. Borbottò qualcosa agli amici e le si avvicinò, ma lei non se ne accorse. Seguì la direzione del suo sguardo e capì: stava fissando James, che in quel momento rideva insieme a Frank.
« Lily » mormorò. Lei sobbalzò e si versò quasi tutta la bibita addosso. 
« Dannazione » imprecò, estraendo la bacchetta e asciugando la maglietta con un semplice tocco. « Scarlett, mi hai spaventata ».
Scarlett rise. « Certo... » borbottò. « O, meglio ancora, ti ha spaventata il fatto che avessi visto come fissavi il nostro James ».
La ragazza arrossì violentemente, incapace di trattenere la vergogna. « Stavo... non stavo... Okay » mormorò infine. « Lo stavo fissando. E allora? »
« E allora nulla, amica mia » rispose l'altra. « Ma se hai voglia di parlargli, vai da lui, Merlino! Vuoi capirlo che non ce la fa più senza di te? »
Quelle parole non fecero altro che turbarla ulteriormente. Erano passati molti lunghi giorni ormai da quella lite e lei aveva riflettuto parecchio. La rabbia e il risentimento si erano pian piano placati e poco prima, con le sue parole alla fine della partita, erano svaniti del tutto. Era divenuto troppo semplice, adesso, al contrario di prima, credere a ciò che le diceva. Così semplice, in realtà, da spaventarla. Forse era la luce nei suoi occhi, il suo buffo imbarazzo, la sua adorabile goffaggine, ma era dura pensare che le sue fossero bugie, ora. Lily voleva credergli.
« Ascoltami ». Scarlett l'aveva presa per le spalle e la guardava dritto negli occhi. « Nessun ragazzo prenderebbe la Pozione Polisucco per trascorrere una sola misera ora con una ragazza. Nessun ragazzo correrebbe dietro a una ragazza per sei anni senza arrendersi mai. Nessun ragazzo riuscirebbe a parlare con la stessa intensità con cui James ha parlato oggi. Nessuno, Lily, puoi starne certa ».
La ragazza chinò il capo, riflettendo. La verità di Scarlett era innegabile e lei si sentì più confusa che mai. Guardò James, che aveva smesso di sorridere e faceva ondeggiare nel calice le ultime gocce rimaste del suo Whisky, e pensò che avrebbe desiderato vederlo sorridere come sempre.
« Devo...? Io... » balbettò, rivolta a Scarlett. « Vado ».
Lei sorrise trionfante, battendogli un colpo sulla spalla.
« Maschiaccio » commentò Lily, ridendo.
« Antipatica » replicò lei con una smorfia divertita. Le scoccò un bacio sulla guancia e le diede una spintarella d'incoraggiamento.
Lily, camminando titubante, pensò che quei pochi metri tra la gente fossero la distanza più lunga e interminabile che avesse mai percorso. Quando si ritrovò James di fronte, sentì il forte impulso di voltargli le spalle e correre via, ma prese un respiro e si fece coraggio. Lui non si era accorto di nulla.
« Ehi, James ».
Lui sussultò, proprio come lei pochi minuti prima, cosa che la fece inspiegabilmente sorridere. E non fece nemmeno caso al modo in cui lo aveva chiamato. James. Era la prima volta in cui lo chiamava così e pensò che la dolcezza del suo nome si addicesse perfettamente a lui.
Osservò la sorpresa dilagare negli occhi del ragazzo, per nulla celata, e le sue labbra dischiudersi per poi serrarsi di nuovo.
« Li-... Ev-... Lily » balbettò, confuso e stralunato.
Lei sorrise appena. « Potrei parlarti un attimo? » chiese, esitante, guardando più il suo petto che i suoi occhi.
James si passò una mano tra i capelli, nervoso, e annuì parecchie volte prima di rispondere: « Sì... certo che sì... », ancora sconvolto.
Lily lo guidò verso la scala a chiocciola che portava ai Dormitori e sedette sui gradini, le gambe raggomitolate tra le braccia, aspettando che anche lui si chinasse per sedere accanto a lei. Quando lo fece, la guardò con ansia e lei si morse il labbro inferiore, riflettendo rapidamente su come cominciare.
« James... » mormorò, e lui quasi trasalì di nuovo al suono del suo nome pronunciato da lei. « Io... prima, ho... ho ascoltato quello che hai detto, dopo la partita... e ho pensato... ho pensato che tu ti stessi rivolgendo a me ».
Deglutì, il capo chino, cercando di scrutare la sua espressione con la coda dell'occhio.
« E' così » rispose lui. « Parlavo di te ».
Lei annuì, come per dare conferma a quelle parole, e si chiese cosa avrebbe dovuto dire adesso. D'un tratto, si sentì parecchio stupida.
« Beh... » riprese, sempre senza guardarlo. « Io ci ho pensato molto... Quello che hai detto è stato... » Cercò un aggettivo adatto, ma non gliene venne in mente nessuno e sospirò. « Il punto è che sono qui per chiederti scusa, James ».
Il suo cuore fece un balzo di venti metri, o almeno così gli parve, perché non riusciva a credere alle parole che aveva udito. Non era possibile.
« Non so neanch'io che cos'ho urlato, quel giorno... » continuò Lily, alzando lo sguardo. « Ero sconvolta e arrabbiata e... Merlino, mi rendo conto di essere stata pesante, forse anche troppo, e di aver detto parole che non meritavi. E... »
« Lily, sono io che devo chiederti scusa » la interruppe lui serio, riprendendosi. « Ho combinato un casino, solo perché... beh, solo perché volevo uscire con te. E' stato un errore grande quanto... quanto... un Troll di montagna... » Si maledisse mentalmente per il paragone leggermente azzardato e sciocco.
Lei, però, rise. « Tutti commettiamo errori grandi quanto Troll di montagna » replicò, scrollando le spalle e facendolo sorridere, più rilassato.
« Già... » borbottò lui in risposta. « Soprattutto quando hai un cervello grande quanto quello di un Troll di montagna, come il mio ».
La risata di Lily riscaldò l'ambiente, mescolandosi alla sua. Erano così diverse... la sua era frizzante e cristallina, quella di lui dirompente e un po' idiota.
« Questo significa... » mormorò poi lui, guardandola, « ... che adesso è di nuovo tutto okay? Beh » aggiunse, ripensandoci. « Per quanto possa essere okay il nostro rapporto, si intende ».
La ragazza sorrise e annuì con fermezza. « Esatto » disse. « Io tornerò a insultarti tutte le volte che mi è possibile... »
« ... ed io a bloccarti dopo le lezioni per le stupidaggini più assurde » fece James, allegro.
« Poi mi chiederai di venire ad Hogsmeade con te anche quando non è in programma nessuna uscita... » proseguì Lily, poggiandosi alla parete con le spalle.
« ... e tu declinerai l'invito con il tuo fare amabile e dolce » concluse lui, con l'aria di uno che si è ormai rassegnato. « Giusto? »
« In linea di massima, direi proprio di sì » annuì lei, divertita.
Risero, senza un vero motivo, sentendosi più leggeri di quanto non fossero mai stati in quei lunghi giorni. James si distese sui gradini, i gomiti poggiati al marmo duro e la osservò, mentre lei ruotava il capo per guardarlo e sorrideva, teneramente.
« E ora baciala ».
Una vocetta infantile proveniente da un punto imprecisato sopra di loro li fece sussultare contemporaneamente. Si voltarono e videro, un bel po' di scalini più su, il gruppetto di bambini amici di James riunito in cerchio a scrutarli. Sembravano un branco di piccoli gufetti curiosi, il che era un po' inquietante.
« Ma...? » James li fissò, sbalordito. « Ma si può sapere cosa ci fate voi qui? »
I bambini sorrisero, alzando le spalle. Sembravano sincronizzati, cosa che li rendeva ancor più spaventosi.
« Il ragazzo carino e gentile ci ha detto di andare a dormire tanto tempo fa » disse Sarah. « Remus... sì, si chiama così. E' il tuo amico ».
James annuì, come a dire che lo sapeva bene.
« E l'altro tuo amico, quello bello e cattivo, ci ha detto di levarci dai piedi perché i marmocchi non possono partecipare alle feste » proseguì un'altra bambina, Sally, incrociando le braccia al petto contrariata. « Io mi ero innamorata di lui, ma poi è stato così antipatico che mi è passata ».
Lily e James scoppiarono a ridere, scambiandosi uno sguardo e mormorando nello stesso momento: « Sirius... », leggermente sconsolati.
« Quindi, dai, baciala, James » intervenne Michael, ritornando al punto cruciale della questione. « Non lo vedi com'è bella? Lily, bacialo tu! »
I due risero ancor più forte. Quei bambini erano adorabili.
« Perché ridete? » domandò il bambino, senza capire. « Dovete baciarvi, dai! Come siete lenti, uffa, io ho sonno, non sono mai stato sveglio fino a quest'ora! »
Gli altri annuirono, palesemente d'accordo, ma non ottenendo risposta, si fiondarono su di loro, circondandoli.
« Se non vi baciate, noi non andiamo a letto » disse piccata Sarah, in attesa.
I ragazzi si fissarono, in difficoltà. No, quei bambini non erano adorabili. Erano terribili, e basta.
James guardò Lily, sinceramente preoccupato. Lei, stranamente, sorrise.
« I bambini vanno resi felici, James » disse, alzando le spalle. Si sporse verso di lui e gli scoccò un morbido bacio sulla guancia. James chiuse gli occhi a quel tocco e avvertì le budella attorcigliarsi in fondo allo stomaco. Quando lei si allontanò, ridendo sommessamente, si accorse di essere arrossito appena.
I bambini applaudirono, entusiasti, e tutti abbracciarono l'uno o l'altra, profondamente contenti per l'accaduto.
Alla fine, si decisero ad andare a letto, saltellando di gioia.
« Non se ne sarebbero mai andati, altrimenti » spiegò Lily, che sorrideva ancora, timidamente.
« Assolutamente d'accordo » disse lui in fretta, facendola ridere. « Adesso sento davvero di aver vinto qualcosa, oggi ».
Lei lo guardò, stupita, senza sapere cosa dire.
« Torniamo alla festa? » chiese poi James, facendo per alzarsi e togliendola dall'imbarazzo.
La ragazza annuì e si sollevò da terra, sistemandosi la gonna nera. Poi lo seguì lungo le scale. Appena furono di nuovo in Sala Comune, Scarlett intercettò lo sguardo dell'amica e le lanciò un occhiolino. Lei sorrise.
« Oh, Lily, guarda! » esclamò James all'improvviso, guardando il piano su cui erano riposti cibi e bevande. Lei si voltò e gli vide stretto in mano un pacco di biscotti. Rise. Zuccotti di Zucca.
« Gradisce, signorina Evans? » chiese lui, con un mezzo inchino. « Stia attenta: se comincia, li finisce tutti, gliel'assicuro ».
« A qualcuno piacciono le ragazze che mangiano, sa? » fece lei, strappandogli il pacco di mano e aprendolo. « Mi ricordo di un ragazzo buffo che disse così... Fu un appuntamento un po' strano, ma è una lunga storia ».
James rise di cuore e addentò un biscotto, quando una scena attrasse la loro attenzione. A quanto pareva, l'alcool aveva dato alla testa un po' a tutti, anche agli elementi più insospettabili.
Al centro della Sala Comune, infatti, cinque ragazzi avevano deciso di impersonare il gruppo esordiente delle Sorelle Stravagarie, complesso rock che stava travolgendo migliaia di giovani maghi e streghe in tutto il mondo. Un capo d'abbigliamento comune li identificava come entità musicale, distinguendoli dalla massa di fan impazziti, ovvero la cravatta di Grifondoro allacciata intorno al capo come una bislacca cordicella da Indiani. Sirius Black, a quanto pareva, era il solista, messo bene in mostra in piedi su un tavolinetto piuttosto basso della stanza, una bottiglia mezza vuota di Whisky come microfono dalla quale beveva ad ogni pausa, la camicia sbottonata e i capelli in disordine. Era piuttosto preso dal brano e si muoveva da veneranda star musicale, additando il pubblico e lanciando occhiolini alle ragazze più festanti. Accanto a lui, Frank Paciock non pareva brillo, ma consapevole delle azioni che stava compiendo: il suo ruolo era quello del chitarrista, poiché era tutto intento a strimpellare note su una chitarra invisibile. A coreografare il tutto, intorno a loro, vi erano gli altri tre componenti della band. Alan Green faceva volteggiare le ragazze che gli si avvicinavano, ballando sul posto in maniera assai abile con i lembi della cravatta rosso e oro che rimbalzavano dietro il capo; Peter Minus non sembrava molto in sé in quel momento e si muoveva da robot in maniera impeccabile, stupendosi delle sue fino ad allora sopite capacità nell'arte della danza; ed infine, a completare il quadro c'era lui. Remus Lupin. Remus John Lupin. Sì, proprio lui, la mamma dei Malandrini e il ragazzo studioso e sempre responsabile. In tutta la serata aveva bevuto più o meno tre bicchieri di Whisky, e questi erano già riusciti a stravolgerlo, vista la scarsa abitudine del ragazzo di bere qualsivoglia alcolico, soprattutto quando a offrirglielo era Sirius.
Scarlett, Mary, Emmeline e Alice osservavano la scena profondamente interessate, ridendo come matte e ballando a tutta forza.
Sirius, nel frattempo, si era completamente abbandonato al suo ruolo e cantava a squarciagola. Cantava bene, in realtà.
« So take your hands off me... Tonight I’m breaking free... This is the night! This is the night! » urlava.
« This is the night! » gli faceva eco Frank, alzando il pugno verso la folla di Grifondoro.
La canzone terminò con un'accozzaglia di suoni indefiniti.
« GRAZIE, GRIFONI! » gridò Sirius, battendo le mani sopra la testa. In molte strillarono al seguito.
« BUONANOTTE! » aggiunse Frank, anche lui molto acclamato.
In quel momento, il ritratto venne spostato e tutti si voltarono di scatto. Un ragazzo dall'aria stravolta entrò di corsa, una mano stretta in quella della sua fidanzata, spaventata quanto lui.
« Ragazzi, svignamocela subito! » urlò, terrorizzato. « Un Corvonero ha fatto la spia, la McGranitt sta venendo qui! Correte! »
Il panico. I Grifondoro si diressero in massa verso la scaletta a chiocciola, troppo stretta per contenere tutti, tanto che inizialmente non passò nessuno; l'alter ego delle Sorelle Stravagarie si sbarazzò di tutti gli accessori; le ragazze si affrettarono a nascondere le bottiglie di alcool sotto i divani o il tavolo, mentre James chiamava a gran voce la sua squadra, causa della festa, che non avrebbe dovuto tirarsi indietro.
Dopo tutto quel trambusto, il ritratto fu spostato nuovamente e apparve un'irata professoressa McGranitt, seguita da nientepopodimeno che Matt Davies.
Sirius pareva stravolto. Non aveva avuto il tempo di aggiustarsi la camicia e aveva mancato un bottone. Scarlett e Lily si tenevano a braccetto, fingendosi rilassate, come se fossero capitate lì per caso. Mary ed Emmeline si erano distese sul divano, simulando posture naturali molto poco credibili. Alice era ancorata al braccio di Frank, bloccandogli la circolazione, ma lui non fiatava, schierato insieme ad Alan, Simon, Robert e Josh dietro il Capitano, come da formazione. Peter divorava le unghie delle mani, nervoso, mentre Remus, preso dal panico, aveva dimenticato di slacciarsi la cravatta dalla testa.
Fu proprio a lui che la McGranitt si rivolse per prima.
« Lupin... » mormorò, scuotendo il capo sdegnata.
Lui sussultò, capendo solo in quel momento di trovarsi in condizioni pessime e in uno stato impresentabile. Con uno scatto della mano si tolse la cravatta e chinò il capo, sinceramente mortificato.
« Signorina Evans... Banks... Vance... Santo cielo, anche voi? » disse, guardando ad una ad una tutte le ragazze. « Ma si può sapere cosa avete combinato? »
Tutti si fissarono a vicenda.
« Professoressa » tentò di difendersi James. « Era solo una festicciola post-partita... Si sa come vanno le cose... Dopo una vittoria di Quidditch, si fa un po' di baldo-... cioè, no, si... ehm... insomma, si organizza un po' qualcosa... Davies, tu dovresti saperlo. O forse non vinci una partita da troppo tempo e hai rimosso questo piacevole dettaglio » aggiunse, tagliente, rivolto al Corvonero, che lo fissava schifato.
« Potter, non si permetta di giustificarsi » sibilò l'insegnante. « Ma vi rendete conto della gravità delle vostre azioni? Sono le due e mezza di notte! »
Tutti trattennero il respiro. Com'era possibile? Nessuno aveva badato all'ora, tutto quel tempo.
« Cinquanta punti in meno a Grifondoro » disse, intransigente. « E siete tutti in punizione! ».
Sirius sbuffò. « Ma prof, c'era tutta la Casa presente! » esclamò.
« Non mi interessa! » replicò lei, furibonda. « Bisogna punire qualcuno, e la squadra di Quidditch al completo insieme ai più fedeli compari mi pare la combriccola perfetta! Che nessuno osi contraddirmi! Innanzitutto, pulirete questo scempio. Domattina, vi voglio alle sette puntuali nel mio ufficio per decidere in che modo punirvi. Buon lavoro ».
E si diresse a grandi falcate fuori dalla Sala Comune. Davies lanciò a tutti un'occhiata di sfida.
« Buonanotte, Leoni » disse, facendo un cenno. Poi si rivolse a Scarlett e ghignò appena, mormorando: « E sogni d'oro a te, Scar ».
Lei lo fissò con odio ed estrasse la bacchetta, pronta a lanciargli una fattura e anche a una nuova punizione, se fosse stato necessario. Sirius le bloccò il braccio e la costrinse ad abbassarlo con calma, senza smettere di fissare il ragazzo, particolarmente innervosito.
Davies parve notarlo e rise. « Scarlett è la tua nuova fiamma, Black? » chiese, incuriosito. « Mmm. Gran coppia ».
« Se per te è stata solo una fiamma, beh, Davies, c'hai perso solo tu » replicò lui. « E lei non è mai stata la fiamma di nessuno ».
Scarlett gli gettò un'occhiata, interdetta e meravigliata, ma lui non vi fece caso, troppo impegnato a disprezzare l'altro con tutto se stesso.
« Oh, beh, in tal caso rettifico » fece lui. « Il tuo nuovo amore... va bene così? »
« Oh, sì, suona molto meglio » disse ironico Sirius. Lei, suo malgrado, sorrise debolmente. 
« Levati dai piedi e salva un po' di dignità » gli consigliò. « Non ne hai più un briciolo, a quanto vedo ».
Davies non ribattè. Voltò le spalle a tutti e uscì dal buco del ritratto. Scarlett chinò il capo, i capelli che le coprivano il viso. La mano di Sirius, ancora sul suo braccio, le diede una stretta prima di ritrarsi.
Lui e James si scambiarono un'occhiata d'intesa e, insieme, seguirono il Corvonero, con tutti gli altri che volevano assistere alla scena.
« Senti un po', Davies » lo richiamò James, le braccia incrociate al petto, mentre lui e l'amico si avvicinavano.
« Avremmo qualche altra parolina da dirti » proseguì Sirius, il passo felpato e rilassato, le mani affondate nelle tasche.
Lui si bloccò, improvvisamente all'erta.
« Ti viene in mente qualcosa di particolarmente geniale ed efficace, amico mio? » disse ancora Sirius, passandosi una mano sugli accenni di barba ispida.
« Mmm » ragionò James. « Me ne ispira una in particolare... Che ne dici di... Languelingua! »
Lo scatto della bacchetta di lui fu talmente veloce da prendere Davies totalmente alla sprovvista. La lingua gli si incollò al palato e tutti risero.
« Il tuo problema sta proprio lì, Davies » disse Sirius. « La lingua. Usala in maniera più produttiva, te lo consiglio. Oh, dimenticavo » aggiunse, puntandogli contro la bacchetta mentre lui si premeva le mani alla gola, « Elettro » sussurrò soavemente, provocandogli una scossa su tutto il corpo.
« Black! » esclamò Lily, sconvolta, mentre Scarlett lo fissava spaventata.
« Tranquilla, Evans, è poco più di un solletico » rispose lui con un sorriso.
Remus rassicurò le ragazze. Non era nulla di troppo forte, altrimenti Sirius non lo avrebbe mai usato.
« E balla qualcosa anche tu, brutto bastardo » aggiunse, mormorando a bassa voce l'incantesimo Tarantallegra per concludere in bellezza l'opera.
Davies fu preso da un furioso attacco di tip tap, ma loro lo lasciarono a terra e gli si avvicinarono.
« Sai bene che te lo sei meritato » disse James. « Non solo per questa sera, ma soprattutto per ben altro, Davies ».
E, detto questo, si allontanarono senza degnarlo d'uno sguardo.
James battè una pacca sulla spalla di Sirius e lui rispose con una botta dietro il capo.
Fatto il misfatto.









Note della Malandrinautrice: Salve a tutti! Innanzitutto, vi devo delle spiegazioni. Ho risposto solo a pochissime vostre recensioni e dovete scusarmi davvero. Maggio è terribile a scuola, ho tanto da riparare e nei ritagli di tempo libero scrivo per non rimanere indietro e poter pubblicare. Davvero, scusatemi. La scuola, tanto, sta ormai per finire. Adesso corro a rispondere e spero di farne abbastanza. In tutti i casi, conoscete il motivo e tra una settimana il problema non esisterà più.
Detto questo, qualche spiegazione.
Sirius e Scarlett. Oh, che bello nominarli insieme! Scusate. Parte Blanks di me che prende il sopravvento. Allora. Non so se sia stato chiaro quel sorriso. Quello che, secondo me, è uno strano ma enorme passo avanti. Sirius ha sempre saputo che Scarlett avrebbe potuto farcela e quasi, stranamente, ha sperato che ce la facesse. Perché se fosse riuscita a vincere, avrebbe significato che per quella sfida c'aveva messo anima e corpo e che le importava. Proprio come importa a lui. Quindi, beh, si è sentito di comportarsi in quella maniera e per una volta è stato spontaneo. Lei, a quel sorriso sincero, non ha resistito, non ha pensato... e l'ha ricambiato. Alla fine, alla festa, sono tornati quelli di sempre, anche se più scherzosi, più partecipi al gioco. Scarlett ha voluto scherzare sul suo lato sexy! Ahahahah! E c'è riuscita alla grande, inutile dirlo. Chiaro tutto?
Poi, Lily. Lily ha ragionato moltissimo in tutti questi giorni e il discorso di Scarlett racchiude in pieno tutta la verità. E lei l'ha capita, alla fine, dopo tre settimane. A Lily mancava James e a James mancava Lily. Perciò, eccoli lì, fin troppo teneri, forse, a causa della confusione e della timidezza. Spero vi siano piaciuti.
Ora, Dorcas Meadowes. L'abbiamo presentata indirettamente e, un giorno, credo proprio che la rivedremo! Questo è come la immaginiamo noi (una piccola parte di lei, ovvio), come sarà nella nostra storia. Ne vedremo delle belle.
Infine, Matt Davies. Anche qui, un giorno, tutto verrà spiegato. E' ovvio che non capiate il suo comportamento o l'ultima frase di James, ma arriverà il momento delle spiegazioni.
Ora, non mi resta che ringraziare. VENTUNO recensioni. Non è normale, ragazzi. In questo sito non mi conoscevo neanch'io, quasi, e ora guardate qui. E' assurdo. Mi fate sempre piangere, non so come spiegare le emozioni che mi fate provare con le vostre parole. Ogni giorno mi sento in debito con voi. E' TUTTO GRAZIE A VOI. Questa è la vostra storia.
Solo un'ultima minuscola cosa prima di dileguarmi!
This Is The Night è una canzone delle Sorelle Stravagarie, presente nel Calice di Fuoco. Io l'ho trovata fighissima e ho pensato di inserirla! Ahahahah! 
Beh, ora vi saluto! Un bacione enorme e grazie a tutti, anche ai 52 delle preferite, ai 7 delle ricordate e ai 79 delle seguite! Grazie mille!
E un grazie speciale, infinito, di cuore a loro: 
allodola e  Albie che mi hanno segnalata per le Prescelte. Sono commossa, non so cosa dire, ma vi ringrazierò personalmente più tardi. Un bacione!

Simona_Lupin

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Capitolo 11
*** Una notte da Grifoni ***






Capitolo 11


Una notte da Grifoni




 

 

La Sala Comune di Grifondoro era devastata.
Sul pavimento vi erano bandierine scarlatte e dorate calpestate da chiunque, sulle poltrone erano depositati sciarpe e mantelli abbandonati, mentre qualche striscione si era afflosciato sulle pareti, scivolando a terra. Le ragazze cominciarono a riprendere le bottiglie che avevano nascosto sotto il divano o il tavolo, l'aria distrutta, mentre gli altri sistemavano in giro. Il caos regnava sovrano e loro sembravano quattordici elfi domestici stremati dal duro lavoro.
Per un po', nessuno fiatò durante l'opera di pulizia della stanza, fino a quando un rumore di vetro infranto ruppe il silenzio.
« Scusate » mormorò Peter con una vocina. Si era lasciato scivolare dalle mani una bottiglia mezza piena di Ogden Stravecchio.
« NO! » urlò Sirius, fissando la macchia scura che si allargava sul pavimento e inginocchiandosi a terra, dilaniato dal dolore. « Amore mio, non andare via... Non lasciarmi, adesso... Mi aspetta una lunga notte, ho bisogno di te... Ti prego... »
Remus lo colpì con una potente cuscinata, ormai ritornato nuovamente in sé.
« Alzati e pulisci, idiota » gli intimò, tirandolo su per il colletto della camicia. « E abbottonati meglio quella cosa, sembri un evaso da Azkaban ».
Lui scoppiò a ridere. « Certo, mamma » rispose, fingendosi remissivo. Simon e Josh, accanto a loro, si chiesero cosa diavolo volesse significare mamma. 
« Anzi, quasi quasi la camicia la tolgo, eh? » proseguì Sirius, iniziando a sbottonarsi. « Fa un caldo qui dentro... »
Remus gemette, disperato. « Andiamo, Sirius, non puoi stare nudo anche qui! » lo rimproverò.
« I pantaloni li tengo » replicò l'altro, come se questo mettesse un punto alla questione. « Dovresti congratularti per questo ».
Il ragazzo sospirò e si allontanò, borbottando qualcosa di poco carino nei confronti dell'amico che è meglio non riportare.
« Black... » fece Lily quando lo vide, scuotendo il capo disgustata. « Per piacere, questa non è una riunione del tuo fan club, evita di fare bella mostra delle tue grazie, non siamo interessati ad ammirarti ».
Lui la fissò, per nulla colpito. « Evans, se non apprezzi le meraviglie che un uomo può offrire, guarda altrove » disse, gettando distrattamente la camicia sul bracciolo del divano. Mary si incantò qualche secondo a osservare il busto del ragazzo, poi scosse impercettibilmente il capo e distolse lo sguardo.
Lily, invece, preferì ignorarlo e tornare a sistemare, corrucciata.
Rimasero a pulire per circa mezz'ora, immersi nel silenzio, fino a quando la Sala Comune non ritornò più o meno quella di sempre.
Alla fine, tutti si fissarono a vicenda, come a voler capire cosa fare.
« Andiamo a letto, finalmente? » disse Peter, soffocando a fatica uno sbadiglio.
« Ma ragazzi » fece James. « Che senso ha andare a letto adesso? Sono le tre passate e dobbiamo essere dalla McGranitt alle sette. Restiamo svegli, dai! »
Qualcuno lo fissò, sbigottito.
« Ma che dici, James? » fece Josh, incredulo. « Domani non ci arriviamo vivi dalla McGranitt, se non dormiamo un po' ».
« Io sono con James! » esclamò invece Scarlett. « Sarà divertente, su! »
« Se lo dice la Banks, si fa, ragazzi » convenne Sirius, dandole un colpetto sul braccio. Lei rise.
« A me sembra una buona idea... » fece Frank. « Cioè, buona è un parolone... Però, dai, è un'idea da sballo! »
Quasi tutti furono entusiasti quanto lui e qualcuno applaudì.
« Tanto, ormai... » si sentì mormorare Remus, decisamente scoraggiato, allargando le braccia.
I ragazzi si sistemarono per la Sala Comune. Lily e Scarlett si gettarono sul divano, vicine, mentre Frank prese posto su una poltrona, ben presto sotterrato da Alice. Mary ed Emmeline si strinsero su un'altra, abbracciate, mentre Remus ruotava una sedia e si ci sedeva sopra, a braccia incrociate. Alan sorrise a Mary e si accomodò sul bracciolo, scambiando qualche parola con lei mentre l'amica fingeva di non esistere e sorrideva in direzione delle altre ragazze. Simon, Robert e Josh sedettero a terra, stremati, mentre Peter prese posto accanto a Remus. Sirius non esitò e Scarlett lo vide sedersi con eleganza al suo fianco.
« Come te la passi, Banks? » chiese, il capo poggiato allo schienale del divano, guardando il soffitto.
« Alla grande, Black » rispose lei, rilassata. Poi lo guardò e rise.
« Potresti anche vestirti, eh... Sei ridicolo » commentò, spietata. « E poi siedi accanto a Scarlett Banks, devi avere un certo contegno ».
Anche lui scoppiò a ridere, pensando che quel tono pomposo non le si addicesse proprio. « Pensavo di fare colpo » borbottò, fingendosi profondamente frustrato. « Così mi smonti, però, non vale... Ora diventerò un complessato come Lupin ».
Scarlett rise ancor più forte, insieme a lui, che la guardava. In quel momento, nessuno fece caso a loro e tantomeno loro fecero caso a nessuno.
James, rimasto in piedi, guardò titubante Lily, che sorrise e battè qualche colpo sul posto accanto a lei.
« Che si fa, allora? » chiese Alan, sfregandosi le mani, mentre James si accomodava, sorridendo come un idiota. « Fuori le idee, dai ».
« Io propongo lo strip poker » disse Sirius all'improvviso. « Personalmente, in realtà, ho ben poco da giocarmi, ma va bene così... »
Tutti risero, mentre Scarlett diceva: « Io ci sto! » e tutti la fissavano ad occhi sgranati, compreso Sirius.
« Che c'è? » domandò. « A poker sono un asso, gente. Non dovrò togliermi neanche un braccialetto, ci metto la mano sul fuoco. Vi lascerei in mutande ».
Nessuno volle tentare la sorte, perciò si riaprirono i piani e le congetture.
« Altra idea » fece Sirius. « Non facciamo un beatissimo caz-... »
« Sirius! » lo redarguì Remus. Il ragazzo rise, con la sua risata simile a un latrato, mentre gli amici scuotevano il capo.
« Spara Schiocco e via? » propose Simon. « Chi perde, subisce una penitenza, però ».
Tutti furono subito d'accordo e James corse a prendere le carte dal suo Dormitorio, ritornando un attimo dopo.
« Eccoleee! » annunciò, leggermente esaltato, forse a causa dell'accumulo di eventi straordinari accaduti durante la giornata.
I ragazzi si avvicinarono per giocare. La lotta fu ardua, tra strilli - soprattutto di Alice - e risate. La prima a perdere fu Lily.
« Come sono scarsa... » borbottò, afflitta, nascondendo il volto tra le mani. « Cosa devo fare? Non siate cattivi, vi prego » implorò dolcemente.
« Gliela do io la penitenza! » esclamò Scarlett, malevola. Guardò negli occhi l'amica, facendola tremare.
« Cara e bella amica mia » iniziò, sfoggiando un sorriso malandrino. « Tu dovrai baciare l'ultima persona che baceresti mai tra i presenti e sull'intero pianeta, credo... »
Lily si mangiucchiò le unghie, già consapevole del suo destino. Anche tra gli altri giocatori erano salite la tensione e la curiosità.
La ragazza sorrise, felice per il risultato ottenuto grazie alla sua abilità nel generare suspence. « ... Sirius Black! » concluse, lasciando tutti di sasso.
« Cosa?! » fece lei con voce strozzata.
La ragazza rise. « Che c'è? » disse. « Non dirmi che non ti sta bene! Avrei voluto dire James, ma avete fatto pace da poco, non vorrei rovinare l'opera... E poi, diciamocelo, sarei stata troppo banale. Quindi, dai, bacia il nudista! »
La folla si animò, mentre Lily si alzava in piedi, le braccia incrociate al petto, e Sirius stendeva le sue sullo schienale del divano, rilassato.
« Sono qui, Evans, prendimi » le disse, sorridendo. « Non ho aspettato altro per tutta la vita ».
« No, Scarlett, senti, io questo non lo accetto » intervenne James, cercando di mettere in chiaro le cose. « Sirius non può baciare Lily prima di me! »
La ragazza in questione si voltò di scatto. « E per quando sarebbe previsto questo nostro bacio, Potter? Sentiamo » disse.
James sorrise radioso, inarcando un sopracciglio. « Facciamo stanotte, Evans, cinque in punto, quando tutti crolleranno? »
Lei non riuscì a resistere e rise, per poi voltarsi nuovamente verso Sirius.
« A noi, Black » mormorò, afflitta. Tutti batterono i piedi a terra, in un'atmosfera carica d'attesa.
Lily si chinò e schioccò un rapido bacio sulla guancia di Sirius. Il gesto provocò il disappunto degli spettatori.
« Lily cara, mi hai fraintesa » disse Scarlett, dispiaciuta. « Sai, nel profondo, cosa devi fare ».
Applausi vari scoppiarono nella Sala Comune. Frank fischiò. Lily, invece, impallidì visibilmente e James con lei.
« NO! » urlò. « No no no no no no... no, NO! »
La ragazza lo fissò, in attesa che la piantasse.
« Lily, andiamo, non puoi baciare quel fottuto di Sirius! » la implorò lui. « E se poi cominci a piacergli, eh? Eh? Cosa facciamo? »
« Cosa facciamo? » ripetè lei, senza capire.
« Che vuoi che ti dica, amico? Ci ammazziamo di botte per la Rossa » intervenne Sirius, placido. « Grandioso, vero? Un triangolo inaspettato... Se vuoi unirti anche tu, Banks, sei assolutamente gradita. Ti piacciono le relazioni un po' affollate? E' divertente ».
« Già provate prima d'ora, Black? » chiese lei, curiosa.
« Non rilascio dichiarazioni in merito alla mia vita professionale, Banks » fece lui, divertito. « Se vuoi capire come funziona, entra a farne parte ».
Scarlett rise di cuore. « Ci penserò seriamente, credimi » rispose, sarcastica. Lui annuì con un sorriso. « Comunque, ritorniamo a noi. Lily Evans, è il tuo momento di gloria. Datti coraggio e lascia di stucco il rubacuori di Hogwarts, non vediamo l'ora di goderci la scena ».
Un coro di bacio, bacio, bacio si sollevò dal gruppo, facendosi sempre più insistente e pressante. Sirius si unì al canto, sogghignando, mentre James non guardava e aveva le braccia incrociate strette al petto. Scarlett gli fece coraggio, accarezzandogli i capelli come una madre a un figlio.
« Black, se te ne approfitti, in qualsiasi modo strategico e malsano ti salti in mente, giuro che non avrò pace finché non ti vedrò appeso per le mutande alla torre di Astronomia » lo minacciò Lily, con uno sguardo talmente severo che nessuno avrebbe osato disobbedire agli ordini.
« Tranquilla, dolce e cara Lily, sarò casto come mai sono stato in vita mia, puoi credermi » rispose il ragazzo, angelico. « Su, velocizziamo i tempi ».
La sventurata sospirò e si chinò, borbottando tra i denti qualcosa che somigliava a un: « Non si degna neanche di alzarsi... », poi si avvicinò con una certa riluttanza e gli diede un velocissimo e lieve bacio sulle labbra. Un applauso scrosciante accompagnò il gesto.
« Contento? » disse James con grande risentimento, tornando a voltarsi verso Sirius. « Bello, vero? Emozionante, vero? Entusiasmante, vero? Elet-... »
« James, tanto perché tu lo sappia, probabilmente bacio le mie amiche molto meglio di come ho baciato Black » lo rassicurò Lily, sedendogli accanto.
Lui acquistò un po' del colorito perduto e borbottò qualcosa di indistinto. Tutti risero.
« Seconda manche! » annunciò Alan. « Fatevi sotto, gente. Simon, posa la stramaledetta carta e non barare, ti vedo ».
Il gioco ricominciò e la sfida si fece più accesa che mai. A perdere clamorosamente, quella volta, fu Frank. Alice iniziò ad allarmarsi.
« Allora, Frank » disse Alan, parecchio felice dell'accaduto. « Di te mi occupo io ».
Un nuovo clima elettrizzato e ansioso si sparse tra i ragazzi.
« Tu dovrai deliziare le nostre fanciulle con uno spogliarello! »
A quell'annuncio, le ragazze applaudirono e urlarono con enfasi, acclamandolo.
« Tutto ciò sotto insistente richiesta di tutte, come vedi » continuò Alan imperterrito. « Allieterai la serata delle nostre fantastiche ragazze, Paciock? »
Tutte lo incitarono, mentre la fidanzata stringeva i pugni sui braccioli della poltrona, irata.
« Frank è mio » ci tenne a sottolineare. « Solo io posso vederlo in particolari condizioni, è chiaro? »
« Alice! » esclamò il ragazzo, le orecchie rosse. « Per favore... »
« Che c'è? » ribattè lei, infuriandosi anche con lui. « Cos'ho detto di sbagliato? »
Lui si passò le dita tra i capelli, parecchio imbarazzato. « No... niente, però... qui... ci sono... insomma... » borbottò a mezza voce, piuttosto incomprensibile.
« Paciock, tanto lo sappiamo che sei uno zozzaro zozzone » disse Sirius, ridendo. « Ti vediamo quando vai via dal Dormitorio e poi... evanesci ».
« Già, è vero » convenne James, annuendo convinto. « Te ne vai e non torni più! Neanche Sirius fa così! In realtà, le dicerie sul suo conto dovrebbero essere rivolte a te, amico mio... Sirius, qui, lo vediamo sempre che dorme come un cane con noi, altro che rubacuori! »
Tutti trattennero il fiato all'unisono, sconvolti dalla notizia sconcertante. Sirius si voltò a fissare l'amico lentamente.
« E' vero » disse. « E quindi? Perché mai dovrei preferire una notte di zozzate alla Frank a una di sonno profondo? »
A quelle parole, un coro di risate nacque spontaneo tra i presenti. Sirius non era per niente credibile.
« Okay ». Iniziò a tornare sui suoi passi. « Non nego che ogni tanto mi piace passare la notte in compagnia, ma capita raramente! Una goccia nell'oceano, insomma ».
Una seconda ondata di risa incontrollate si sollevò all'istante.
« Ma per piacere, Black, non ci crede nessuno » intervenne Scarlett, scettica. « Prima del tuo nome viene la tua fama di zozzone ».
« Oh, Banks, cos'è, ti informi sulle mie... abitudini amorose in giro? » chiese lui, interessato alla faccenda.
La ragazza sbuffò. « C'è ben poco da informarsi, sai? » rispose. « Nel bagno delle ragazze, la gente passa più tempo a parlare di te che a usare il water! »
Sirius rise. « Mmm » commentò. « Mi fa piacere ».
« Comunque » disse Alan, riportando tutti quanti al fulcro della questione. « Frank, Alice, la penitenza è questa. Adeguatevi ».
Lei continuò a borbottare tra sé e sé, evidentemente scocciata, mentre il ragazzo la fissava in attesa di un responso definitivo.
« Fallo » mormorò alla fine la fidanzata, alzando gli occhi al cielo. « Ma contieniti, per cortesia ».
Lui lo promise solennemente, poi si voltò verso il suo pubblico che, con l'intento di renderlo nervoso, lo scrutava attentamente, in attesa. Tossicchiò.
« Ehm... Bene » disse. « Dovrei...? »
« Conosci la procedura, Frank » tagliò corto James, ridacchiando sotto i baffi.
« Forza, in postazione » lo esortò Sirius, mettendosi più comodo sul divano per godersi lo spettacolo. « Il palco è tutto tuo! »
Il povero e malcapitato Frank deglutì, rassegnandosi ormai al fato che incombeva su di lui. Appena mise piede sul tavolinetto che poche ore prima lo aveva visto protagonista insieme agli altri nella rivisitazione delle Sorelle Stravagarie, un coro di fischi e urletti esaltati, insieme ad applausi fragorosi, accolsero l'inizio dello spettacolo. Si domandò cosa diamine si aspettassero da lui, ma gli incitamenti sempre più insistenti lo costrinsero all'azione.
Il buonsenso e la raffinatezza consiglierebbero di non descrivere l'esibizione nei dettagli... E' sufficiente dire che Frank, semplicemente, alla fine ci prese gusto.
Terminati gli effetti e le risate dovuti allo show, molti cominciarono ad annoiarsi e ad accoccolarsi sulle poltrone, assonnati.
« Ragazzi, ma Remus è vivo o...? » domandò James, accorgendosi solo in quel momento che non sentiva la sua voce da un pezzo.
Tutti si voltarono verso il tavolo accanto a cui si era seduto e lo trovarono profondamente addormentato, il capo tra le braccia, sul piano di legno scuro.
« Oh, com'è carino! » fece Scarlett, intenerita. Qualcuno rise e propose di scattargli una foto, ma il tentativo andò in fumo.
« Sono le quattro e un quarto » annunciò Emmeline, senza una particolare ragione. « Io levo le tende, ragazzi. Sono esausta ».
Mary, accanto a lei, soffocò uno sbadiglio e si sistemò meglio sulla poltrona.
« Mamma mia... » disse, evidentemente molto stanca. « Se penso che alle sei dobbiamo essere già tutti in piedi, mi viene il mal di testa ».
Entrambe si accoccolarono ognuna nel suo rispettivo bracciolo e chiusero gli occhi.
« Buonanotte » mormorò Emmeline.
« Non fate troppo casino, per favore » si raccomandò l'amica.
Se solo Mary non avesse avuto i capelli ricci e neri ed Emmeline biondi e lisci, l'una avrebbe tranquillamente potuto sembrare il riflesso dell'altra. Dormivano nella stessa identica posizione.
« E già tre ci hanno abbandonato » borbottò Alan, sconfitto. « Possibile che nessuno sappia resistere al richiamo di Morfeo? »
« Hai ragione, amico » convenne Simon. « Una partita a Scacchi Magici? »
« Con piacere, compare ». I due si alzarono, dirigendosi al tavolo dove abitualmente avvenivano le sfide di Scacchi all'interno della Sala Comune, ed iniziarono a giocare. Josh, Peter e Robert, invece, continuarono con Spara Schiocco.
« Pet, passami quella rivista di Quidditch » disse Sirius, mentre Alice si accomodava senza troppe cerimonie su Frank per addormentarsi con lui.
Peter diede il giornale a Sirius, che iniziò a sfogliarlo distrattamente. Scarlett gli si avvicinò, curiosa, leggendolo da sopra la sua spalla.
« Questo è l'unico modo che ho di avvicinarti, eh, Banks? » fece lui, sorridendo. « Credo che lo utilizzerò più spesso... »
Lei rise e gli colpì appena il braccio. « Sei sempre il solito, Black » gli disse, divertita.
« Certo » rispose lui, complice. « Altrimenti, quale sarebbe il bello? »
Continuarono a chiacchierare, stranamente civili e spontanei, mentre James, sullo stesso divano, si era incantato a fissare Lily, tutta intenta a osservare un ciuffo di capelli dal colore piuttosto spento, tanto che non lo notò.
« Perché ha un colore diverso? » borbottò infine, probabilmente parlando con se stessa.
James rise piano e lei si voltò a guardarlo, come ricordandosi solo in quel momento che le sedeva accanto. « Guarda » gli disse, mostrandogli il ciuffo oggetto dei suoi studi. « E' un rosso diverso! E' più chiaro, è orribile... Sembra... sembra che stia appassendo, non lo so! »
Lui rise più forte, facendola indispettire. « Che hai da ridere? » lo aggredì infatti, incrociando le braccia al petto. « Trovi orribili i miei capelli in generale? Puoi dirlo, non mi offendo! Ti ho chiesto un parere e mi ridi in faccia... Sei sempre il solito, Potter! »
Il ragazzo la fissò, leggermente sconvolto. « Io... non ho fiatato... » balbettò. « Lo sai che... insomma, io amo i tuoi capelli... sono meravigliosi ».
Lei parve rimanere infuriata, finché le parole non si fecero strada dentro di lei e la addolcirono. Così scrollò di scatto le spalle in un gesto strano e sorrise.
« Mmm » mormorò. « Ti ringrazio ».
« Dovere, Evans » rispose lui, ora più rilassato, passandosi una mano tra i capelli.
« Ecco » disse lei. « Quelli sono un mistero. Come fanno a stare dritti in quel modo? »
James rise, riflettendoci. « Lo sai che non ne ho idea? » rispose. « Insomma, sono sempre stati così, credo... Avevo più capelli io che mio padre, quando sono nato! »
Si fermò un attimo, ma subito riprese a parlare. « E quand'ero bambino, gli altri mi prendevano sempre in giro, pensavano che usassi i prodotti della mamma per farli stare su in quel modo! E io dicevo che erano così naturalmente, ma non mi credevano mai e alla fine lasciavo perdere! Cosa ti sembra, che sono sempre stato così? Adesso mi vedi, amico di tutti, la gente mi crede simpatico, ma a scuola ero un emarginato sociale! Per via dei capelli, sì! Anche tu pensi che siano orribili, non è vero? »
Ma la ragazza non rispose, troppo presa dalle risate. « Ma no... » rispose infine, senza fiato. « Sono strani, questo sì... Ma, aspetta, Potter, vuoi che ti faccia un complimento? Bella strategia, ma non funziona! »
Lui sorrise. « Ti ho chiesto un parere e mi ridi in faccia... Sei sempre la solita, Evans! » esclamò, lasciandola piacevolmente sorpresa.
Lo guardò con il capo inclinato, studiandolo con attenzione. « Mi piacciono i tuoi capelli » disse infine, annuendo appena, piuttosto seria.
Fu il turno di James di stupirsi alle sue parole. Lei tossicchiò e poggiò il capo sullo schienale del divano, riflettendo.
« Sai » mormorò. « Ad Hogsmeade, quand'eravamo ai Tre Manici di Scopa, ti ricordi? Beh, hai cominciato a parlare delle ragazze che mangiano e tutta quella roba che sai solo tu... e, per un momento, quel ragazzo mi ha ricordato tanto te ».
Fece una pausa e lui la fissò, senza fiatare.
« Alla nostra prima ronda, mi sono accorta del tuo modo di raccontare così... così accorato e... e coinvolgente... e non l'ho più dimenticato » proseguì lei. « Lo sai anche tu, vero, che parli sempre così? » Rise. « E' strano anche questo aspetto di te » osservò, prima di rendersi conto improvvisamente di aver parlato troppo. Non sapeva cosa l'avesse indotta a dirgli tutto quanto, perché in realtà non ci aveva neanche riflettuto sopra. Le parole erano affiorate alle labbra di loro spontanea volontà, senza chiederle permesso. E lui non capiva. Non capiva davvero.
« Beh, comunque, è tardi » si affrettò a dire lei, leggermente rossa in viso. « Non sei stanco? Non hai sonno? Io sì! Un sacco! Guarda, già dormo! Buonanotte, eh! Ci vediamo domani... cioè oggi... cioè dopo... Ci vediamo, insomma! Dormi bene! »
E si buttò sulla spalla di Scarlett, lasciando James nuovamente spiazzato.
« Buonanotte, Lily... » mormorò, pensando che fosse una frase troppo semplice in confronto al complesso discorso fatto da lei.
« Pesi come un ippopotamo » le disse Scarlett, scocciata. « Mi hai lussato la spalla, donna! »
Lei rise e le diede un pugno sul braccio.
« Evans, non nuocere alla salute della Banks » intervenne Sirius, severo. « Quello è compito mio ».
Scarlett sbuffò, trattenendo una risata. « Sono in mezzo a due probabili assassini seriali... » borbottò. « Avrei dovuto sedermi accanto a Remus ».
Nel giro di pochi minuti, Lily non fu la sola ad addormentarsi. I tre giocatori incalliti di Spara Schiocco Peter, Josh e Robert crollarono a terra assumendo posizioni abbastanza bizzarre, con le carte ancora tra le mani. Alice dormiva tenendo per il collo Frank con entrambe le braccia, mentre Simon e Alan si erano appisolati ognuno su un lato della scacchiera, dopo aver buttato a terra con un braccio parecchi pezzi del gioco.
« Guardatelo » disse Scarlett a James e Sirius, gli unici ancora svegli, facendo un cenno verso Alan. « E' crollato anche il nemico di Morfeo ».
I due risero piano, e in quel momento Lily, forse inconsciamente disturbata dalle loro risa, si mosse cercando una posizione migliore. Ad occhi chiusi, si voltò dalla parte opposta e, trovando la spalla di James, vi si accoccolò sopra, tenendola con un braccio e poggiandovi delicatamente il capo sopra.
Lui rimase di sasso, sia per evitare di svegliarla, sia - e soprattutto - perché Lily si era di fatto sistemata su di lui, e sembrava molto a suo agio.
Scarlett scoppiò a ridere, guardando il volto beato dell'amica. 
« Shhh! » la riprese subito James. « La sveglierai! »
« Giusto, scusa » rispose lei, trattenendosi dal continuare a ridere. 
« Sembra contenta, la Rossa » commentò Sirius, guardando compiaciuto il quadretto. « Secondo me, non si schioderà di lì tutta la notte... Bravo, fratello, ce l'hai fatta » disse, congratulandosi.
« Ma smettila » ribattè James, che sembrava leggermente in imbarazzo e scosso. « Se sapesse dove sta dormendo, non avrei più questo braccio domani ».
Scarlett continuò a guardarli per un po', incantata. « Come siete belli insieme... »
James, che a quelle parole si riscosse dopo essersi imbambolato a guardare Lily da vicino, quasi a convincersi che davvero stava dormendo sulla sua spalla, alzò lo sguardo. Non sapendo cosa rispondere, si passò una mano tra i capelli e sospirò.
« Beh » disse. « A questo punto provo ad addormentarmi anch'io... Buonanotte, ragazzi »
« 'Notte, James » rispose Scarlett con un grande sorriso, prima di prendere dalle mani di Sirius la rivista e sfogliarla da sola.
Il ragazzo si appoggiò al bracciolo del divano, cercando con meno movimenti possibili per non svegliare Lily di trovare una posizione comoda, e dopo poco si addormentò.
« Sarà meglio spegnere le luci » disse Sirius dopo un po'. « Ormai dormono tutti... »
« Oh » fece Scarlett, rendendosi conto all'improvviso di essere rimasta l'unica insieme a Sirius ad essere sveglia. « Certo... Beh, allora buonanotte ».
« Dormi bene, bella Banks » mormorò lui, facendola sorridere.
Scarlett si rannicchiò su se stessa. Era impossibile trovare una posizione comoda, visto che aveva da un lato una Lily accoccolata su James e dall'altro un Sirius senza camicia che le gettava occhiate di continuo.
I minuti passarono lentamente e il silenzio avvolgeva la Sala Comune immersa nell'oscurità.
La ragazza, ormai rassegnata a una nottata in bianco, si mise a osservare le sagome scure dei compagni nell'oscurità, senza riuscire a prendere sonno.
Piegò la testa all'indietro, contro lo schienale del divano, quando notò che neanche Sirius si era addormentato. Si affrettò a chiudere gli occhi, fingendo di essere caduta invece in un sonno profondo, senza sapere che lui la stava osservando da un pezzo.
« Lo so che sei sveglia, Banks » sussurrò al suo orecchio, sorridendo.
Lei trasalì, colta di sorpresa e riaprì gli occhi, guardandolo. Era impossibile imbrogliare quel ragazzo.
« Dannazione, Black, sei un incubo... » borbottò, contrariata. « Non sei stanco? »
Lui assunse un'espressione piuttosto neutra e scrollò le spalle. « Sì... » rispose. « Anzi, no... Non ne ho idea. Ma non riesco a dormire ».
« Neanch'io » mormorò lei, fissando l'ombra scura delle sue ginocchia.
Piombò il silenzio, rotto dai respiri cupi di Sirius e dalle sue dita tra i capelli. Lontano da lì, un gufo tubava sommessamente.
« Lily sta ancora dormendo sul braccio di James » sussurrò Scarlett, sorridendo.
Sentì sorridere anche lui, nel buio. « Domattina, probabilmente, dirà che è stata colpa di lui » rispose, e lei fu pienamente d'accordo.
« Bella giornata, oggi, eh? » fece lui dopo un po'. « Hai giocato davvero benissimo ».
Lei si chiese se avesse per caso udito male, ma si riprese. « Grazie » replicò. « Devo complimentarmi per la tua cronaca? Sei stato penoso... Cercavi di distrarmi, vero? »
« Non posso negare di averci provato, sì » rispose Sirius sorridendo.
« Sei un gran bastardo » commentò Scarlett, scuotendo la testa. « Ma io non mi faccio abbindolare così facilmente ».
Lui rise piano. « Oh, lo so bene » disse allegramente. « In fondo, cosa si può contro Scarlett Banks in campo, dopo una scommessa con Sirius Black? »
« Assolutamente nulla » convenne lei, divertita. 
A quel punto ripiombò il silenzio.
« Ascolta » fece poi lui. « Me lo sono sempre chiesto... Ma come diavolo fai a giocare con tutti quei capelli al vento? No, perché ci vuole abilità! »
La ragazza riflettè. Nessuno le aveva mai posto una domanda del genere, prima. Ma stava conversando con Sirius, avrebbe dovuto aspettarselo.
Ma, ehi. Merlino santo. Possibile? Stava conversando con Sirius.
« Ho dei capelli magici » gli sussurrò. « Vanno dove io comando loro di andare. Ma non dirlo a nessuno, è un segreto ».
Sirius rise ancora, un po' più forte, incontenibile.
« Sta' zitto! » lo rimproverò lei, trattenendo una risata, per nulla severa. « Sveglierai tutti i piccioncini della stanza... »
« Oh, che non sia mai » disse lui, ritornando serio. « Ma qui gli unici svegli siamo tu, io e il tuo Tartufo... Lo senti, quel gufo? Magari è lui ».
« Beh, delle centinaia di gufi nella scuola, le probabilità che sia lui sono elevatissime, hai ragione » fu la risposta.
Lui sbuffò, contrariato. « Sempre la solita pignola » si lamentò, facendola ridere. « Ti servirebbero un po' di lezioni malandrine. Staresti bene più... come dire... disordinata. Ha senso? Meno perfetta, ecco. Così » e le scompigliò i capelli, tanto che lei dovette tapparsi la bocca con le mani per non ridere più forte.
Appena Sirius allontanò la mano, Scarlett si ritrovò con tutti i capelli in disordine.
Subito si finse offesa, trattenendo indignata il fiato. « Hai fatto una cosa gravissima! » disse piano, una mano sul petto. « Nessuno mai aveva osato scompigliare i miei capelli! Ci tengo troppo! »
Lui rise, cogliendo il suo tono falsamente polemico. « Beh, ormai il danno è fatto ».
« Mmm, effettivamente... » borbottò, scompigliata come non lo era mai stata e stranamente buffa. « Beh, allora, come sto? » chiese infine.
Lui la osservò alla luce che penetrava dalla finestra, il capo inclinato. « Mmm » commentò. « Alla grande. Sempre perfetta, ma divertente. C'è di meglio? »
Scarlett sorrise. « Guarda che anche tu vai sempre in giro da perfetto principino » disse, grattandosi distrattamente una guancia.
Sirius, cogliendo la sua provocazione, si portò tutti i capelli da un lato, sistemandoli dietro l'orecchio, ma gli ricaddero sul viso, sollevati poi dalla sua risata.
« Belli, vero? » disse, scombinandoli con la mano così che fossero alla pari. « Così somiglio a James... con i capelli lunghi ».
« Aspetta » sussurrò lei, ghignando e facendogli segno di star zitto. Si sporse dall'altra parte e sfilò gli occhiali dal viso di James, che dormiva angelico.
Lui colse l'iniziativa e glieli sfilò dalle mani, indossandoli.
« Mi vedi? » chiese tra una risata e l'altra, pensando che Scarlett potesse vedere solo la sua sagoma scura. « Gli somiglio? »
« Oh, sei indubbiamente attraente » ribattè lei. « Dovresti presentarti a uno dei tuoi appuntamenti in questo stato ».
« Se fosse con te, approveresti, vero? »
Lei sorrise e annuì. « Parecchio » disse. 
Sirius la osservò, in silenzio. Era così semplice parlare con lei e riderci insieme? Quella non sembrava molto diversa da una normale conversazione insensata con James, in fondo. Era altrettanto piacevole, altrettanto divertente... Ma a quello si aggiungevano la continua sorpresa a ogni suo sorriso e la sua incantevole bellezza che lui non poteva far altro che ammirare. Aveva perso tempo a farla infuriare, senza sapere di essersi perso momenti meravigliosi come quello. Ma la sfida era fantastica, a pensarci bene. Era quello che li caratterizzava. Riflettè su tutto quanto e arrivò alla conclusione che tutto era bello insieme a lei. Lei. La ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa. La stessa persona che adesso stava al gioco e rideva, la stessa che si lasciava andare e parlava sincera, la stessa che non aveva nulla di costruito e che a lui piaceva.
Perché sì, quella consapevolezza lo assalì come un potente soffio di vento caldo... Scarlett gli piaceva. Gli piaceva tanto.
« Sirius, perché non gli nascondiamo gli occhiali? » stava esclamandò lei, allegra, per poi bloccarsi di colpo.
Qualcosa stonava nella frase. O, al contrario, la rendeva particolarmente musicale. Sirius. Nome troppo bello per non essere pronunciato.
Anche lui parve notarlo e le sue labbra rimasero dischiuse, senza formulare risposta.
Alla fine sorrise, bellissimo.
« Oh... » mormorò, cercando di riprendersi. « Oh, sì... sì, è un'idea grandiosa... sì... »
Sorrise anche lei, debolmente, e li nascose, per poi abbandonarsi nuovamente sullo schienale del divano. Sirius le passò un cuscino dietro la schiena.
« Vuoi dormire, ora? » le chiese. « E' tardissimo. Prova a chiudere gli occhi ».
Lei obbedì, rilassandosi.
« Buonanotte » le sussurrò lui, sorridendo. « Non sognarmi in cose sconce, Banks, o lo capirò dalla tua espressione appagata ».
Scarlett non riuscì a trattenere un sorriso e gli tirò un pugno sullo stomaco, senza una parola. Merlino santo, si era dimenticata che non indossava nemmeno la camicia, e arrossì. Quando ritrasse la mano, avvertì la sua pelle sotto le dita. Era fredda.
« Sei congelato » osservò a bassa voce, senza guardarlo. « Mettiti qualcosa addosso, non hai freddo? »
Lui scrollò le spalle e si infilò la camicia, lasciandola sbottonata. Non aveva freddo per niente.
« Adesso dormi » sussurrò, scostandole dalla fronte qualche ciuffo di capelli della frangia scura.
E lei lo fece presto. Pochi minuti dopo, il capo le ricadde sulla spalla di Sirius, che la osservava. 
Le prese una mano tra le proprie e la studiò da vicino, osservando le sue dita affusolate, un breve taglio rossastro vicino al polso, il calore che emanavano... Intrecciò le dita alle sue, immaginando che fosse lei a compiere quel movimento. Con il dorso della mano libera le accarezzò, delicatamente, in seguito meccanicamente mentre scrutava il suo viso. Aveva lunghe ciglia scure che gettavano ombre sulle guance, labbra disegnate e increspate per il freddo della stagione... Era più che semplicemente bella.
Col trascorrere dei minuti, però, Sirius iniziò a provare una strana sensazione. Cominciò ad aver paura della dolcezza con cui la osservava, dell'attenzione che riservava a ogni suo dettaglio. Perché tante volte aveva tenuto nella propria la mano di qualche ragazza, ma mai si era soffermato a esaminarne la forma o ad avvertirne il calore. Gli era anche capitato di guardare qualcuna dormire al suo fianco, ma non ne aveva mai colto la vera bellezza, tanto che si era annoiato pochi attimi dopo.
Stava accadendo qualcosa, dentro di lui, qualcosa di surreale e spaventoso, di sbalorditivo e meraviglioso. Qualcosa che, pensandoci bene, lo terrorizzava.
Perché passare una notte insieme a una ragazza non gli dava neanche un briciolo dell'emozione che stava provando stando semplicemente accanto a lei, sfiorandola appena? Perché, tutto a un tratto, si sentiva così strano? Non capiva e non voleva capire. Sapeva solo che Scarlett lo stava prendendo. Fin troppo.
Quei pensieri lo accompagnarono e lo tormentarono per tutta la notte, fino a quando non crollò anche lui e si addormentò, dimenticando di slegare le loro mani intrecciate, facendo ricadere il capo sul suo, inconsciamente.
E mentre dormiva, sognando mondi indistinti e inesistenti, solo per un attimo, le sue labbra si arricciarono in un breve sorriso inconsapevole.
La felicità e la sorpresa vinsero sulla confusione... e quella notte fu meravigliosa.
 
 

*  *  *

 
 
Quella mattina presto, Scarlett fu la prima a svegliarsi.
Aprì gli occhi di scatto, svegliandosi improvvisamente in seguito a un brutto sogno.
La prima cosa che avvertì fu il capo di Sirius poggiato al suo. Ne fu stupita. Non ricordava di essersi addormentata sulla sua spalla e la cosa la turbò parecchio. Quando si allontanò, lui sospirò appena e si mosse, gli occhi chiusi. Il sonno profondo lo rendeva angelico come raramente sembrava. La pelle candida e perfetta, il profilo impeccabile e i capelli ondulati lo facevano apparire immacolato e semplicemente incantevole.
Lo osservò a lungo, scendendo poi con lo sguardo lungo il collo e il torace scoperto. Dal collo gli pendeva un po' storta una collana che non aveva mai notato prima: il ciondolo era un cerchio d'acciaio sul quale erano sovrapposte le lettere S e B. Se ne innamorò all'istante. Era un ciondolo meraviglioso, un po' segnato dal tempo, il che lo rendeva ancor più bello.
All'improvviso, realizzò che le loro mani erano intrecciate e poggiate al suo ventre. Ancora una volta non riuscì a spiegarselo, ma d'impulso sfiorò il dorso della sua mano con un dito. Lui, inconsciamente, dischiuse appena le labbra e voltò dall'altra parte il capo, così che i capelli gli ricoprirono parzialmente il viso. A quella vista, le labbra di Scarlett si incurvarono in un sorriso e si affrettò a liberarlo da quei ciuffi scuri, facendolo sussultare senza volerlo.
Aprì lentamente gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza e, girandosi, la vide, mentre lo scrutava.
Il suo sguardo scattò subito alle loro mani unite in grembo e quello di lei lo seguì. Nessuno parlò per molti secondi e il silenzio li sommerse.
« Sirius... » sussurrò lei, senza avere la minima idea su come continuare. Lui non rispose e non la guardò, ancora tutto concentrato a fissare in basso. Con un tocco impercettibile del pollice le accarezzò la mano per poi allentare la stretta e lasciare che lei la ritraesse. Scarlett non lo fece immediatamente. Esitò, poi la allontanò lentamente, senza una parola.
Entrambi si scrutarono di sottecchi, cercando invano una risposta che non possedevano e che forse non esisteva proprio.
Dopo qualche attimo di profondo imbarazzo, un caos terrificante li fece finalmente distrarre.
Alle sei in punto, la sveglia che Alice aveva previdentemente programmato squillò come una tromba, facendo svegliare di colpo tutti. Remus sobbalzò e battè la testa sul tavolo al quale era poggiato, probabilmente provocandosi un trauma cranico dai risvolti spaventosi e ancora sconosciuti; Frank sussultò così forte che fece crollare la fidanzata a terra, chinandosi subito per soccorrerla mentre imprecava e si massaggiava dappertutto; la caduta di Alice fece a sua volta svegliare Peter, lì accanto, il quale tirò un calcio a Josh e fece trasalire Robert; Alan e Simon riversarono la scacchiera a terra, provocando un gran baccano e facendo irritare i vari pezzi che iniziarono ad inveire contro di loro; Emmeline e Mary si sollevarono dalle loro postazioni contemporaneamente e fecero cozzare le teste dolorosamente; Lily e James, invece, furono gli unici a non subire danni fisici o morali e a svegliarsi lentamente, a malapena consci del mondo intorno a loro.
« Ma... che cosa...? » borbottò lui con voce assonnata, massaggiandosi le tempie con gli occhi ancora chiusi.
Lily, nel frattempo, li aveva appena aperti, sgranandoli di botto quando si era accorta della posizione nella quale aveva dormito tutto il tempo.
James si voltò a guardarla, riuscendo solo a intravedere una sagoma informe, privato degli occhiali che erano per lui una salvezza perenne.
« Lily » mormorò. « Mio Dio, non ti vedo... Stai bene? CHI ACCIDENTI HA PRESO I MIEI OCCHIALI? » urlò poi, rivolto a tutti.
Ci fu uno scoppio di risa e Sirius e Scarlett si gettarono un'occhiata, ragionando sul da farsi.
« Sirius, dammi i fottuti occhiali! » ordinò all'amico, guardando la direzione sbagliata.
« James, sono io, Mary... » rispose infatti la ragazza che lui aveva fissato.
« Oh... ciao, Mary » borbottò. « Scusa... Sirius ha quei capelli così dannatamente lunghi... SIRIUS, DOVE SEI?! » esclamò di nuovo, in preda alla rabbia e alla disperazione. « Lily, ti prego, potresti aiutarmi? Se non hai la bacchetta, è nella mia tasca, prendila e di' Avada Kedavra... Non è difficile... »
Lei soffocò una risata, gli prese il viso tra le mani e lo puntò verso Sirius. « Il tuo amico di sempre è quello lì » mormorò con dolcezza. « E l'altra è Scarlett, sì, piacere... »
« Bene » rispose lui, trovando ancora difficile distinguerli. « Uccidilo tu, ho paura di colpire gli innocenti ».
« Dai, James, tieni, te li ha rubati Sirius » intervenne Scarlett, porgendoglieli. Lui li afferrò con uno scatto e li indossò, ritrovando la luce.
« Lily... » disse, riuscendo finalmente a focalizzarla. « Come sei bella... »
Lei alzò gli occhi al cielo. « Guarda che te li tolgo di nuovo » lo minacciò, assolutamente seria.
Lui si affrettò a chiedere scusa, mentre Scarlett e Sirius battibeccavano su quanto lei fosse capace di imbrogliare la gente perbene.
« Allora » fece James, riacquistato il controllo, cercando di riportare l'ordine. « Saliamo a prepararci e non svegliamo tutta la Torre, okay? Alle sette meno un quarto, dobbiamo essere tutti qui giù anche a costo della vita! Ho già due punizioni con la McGranitt, ormai l'età avanza e si fa sentire, non ne reggo così tante... Comunque, Remus è vivo sì o no? Me lo chiedo da ieri! »
« Ahi » disse per tutta risposta lui, massaggiandosi il cranio irreparabilmente leso. « Merlino santissimo, fa un male... »
Sirius e James andarono da lui e lo sollevarono di peso, reclamando Peter e Frank.
« A più tardi e che Godric sia con noi » concluse Sirius, solenne, prima di dirigersi con gli altri verso il Dormitorio.
Appena si guardarono allo specchio, per poco non urlarono. Erano cadaveri, nulla di meno.
« Non sono più un figo... » si lagnò Sirius, sistemandosi i capelli. Poi scoppiò in una delle sue solite risate. « Ma per piacere, non succederà mai! »
I compagni lo fissarono allibiti ma lui non vi fece caso ed entrò in bagno, cominciando a spogliarsi per entrare nella doccia.
« SIRIUS, CHIUDI LA MALEDETTA PORTA! » urlò Remus. « Ma dico io, un briciolo di senso del pudore non ce l'ha? »
La risata di Sirius si fece sentire, fragorosa. « Amico, andiamo, in fondo siamo tutti uguali! » rispose. « Io più figo, ovviamente, ma siamo tutti uguali ».
Per tutta risposta, il ragazzo gli sbattè la porta in faccia e la serrò con un tocco di bacchetta.
« Sia lodata Morgana... » sussurrò, passandosi una mano tra i capelli.
« Mamma » lo chiamò James all'improvviso, tutto preso dal suo baule.
« Sì? » fece lui con la massima naturalezza.
Frank, che dopo sei anni non si era ancora abituato al nomignolo e soprattutto alla tranquilla reazione di Remus, scosse il capo, sconsolato.
« Che mi metto? » disse James, osservando una camicia nera. « C'è Lily oggi »
Remus trattenne il forte impulso di sbattere la testa da qualche parte solo perché gli doleva già abbastanza e non desiderava diventare a tutti gli effetti un masochista o un autolesionista ammalato. Prese un gran respiro e tentò di calmarsi.
« Fammi capire » disse lentamente. « Tu, che ti stai diplomando e vuoi entrare a far parte dell'Ordine della Fenice e tutto il resto, mi vieni a chiedere cosa metterti come una ragazzina di tredici anni perché c'è Lily? Lily c'è ogni giorno! »
« Ma nei giorni scolastici devo indossare la divisa, Lunastorta » osservò ragionevolmente l'altro. « Oggi è domenica! E... ehi, aspetta! E' anche Halloween! »
« Certo che lo è! » arrivò la voce tonante di Sirius dal bagno. Le sue parole furono sommerse da parecchi tonfi in successione e imprecazioni del ragazzo. 
« PERCHE' L'ARMADIETTO E' SEMPRE STRAPIENO DI COSE, DANNAZIONE! » urlò, probabilmente riferendosi a tutti i prodotti che ammassavano a forza dentro il piccolo armadietto sopra il lavabo che poi precipitavano inevitabilmente appena lo si apriva.
« Sono i prodotti di bellezza di Frank! » esclamò Peter, sdraiato sul suo letto con le braccia dietro la testa.
« Non è vero! » si difese lui. « Alice dice che sono bello così, non ho bisogno di prodotti di bellezza come James ».
Il ragazzo rise, per nulla toccato. « Ma per favore » disse. « La natura è stata generosa con me, perché forzare ancora la mano? »
In quel momento, però, l'argomento cadde spontaneamente. Sirius era uscito dal bagno, sfoggiando un nuovissimo paio di mutande rappresentanti Halloween in tutte le sue sfaccettature. Ragnatele, zucche, zombie e pipistrelli facevano capolino da ogni dove, accesi da colori sgargianti su sfondo arancione.
« Belle queste! » approvò James, annuendo. « Dove le hai prese? »
« Segreto professionale, Ramoso » rispose lui, con tutta la serietà che un uomo può avere indossando delle mutande acconciate per Halloween.
« Sei inguardabile » commentò Remus, secco.
Lui allargò appena l'elastico dei boxer per poi rilasciarlo con uno schianto. « Perché? » chiese, sorridendo. « Io mi stimo immensamente ».
James gli si avvicinò. « Anche io ti stimo, Felpato » disse, battendogli una pacca sulla spalla. « Lascialo stare, non capisce niente di moda... »
Remus si disse che di replicare a quella accusa non valesse obiettivamente la pena e decise di stare zitto, mentre James annunciava: « Bagno mio » e si ci barricava dentro.
Nel frattempo, ci si preparava anche nel Dormitorio femminile. Alice era sotto la doccia da un mucchio di tempo, mentre le altre erano radunate intorno a Lily, tartassandola di domande su James e su come si fossero riconciliati la sera precedente. Lei appariva molto spaventata dai loro sguardi insistenti.
« Di nuovo » ripetè, scocciata. « Gli ho chiesto scusa per quello che ho detto e abbiamo fatto pace, fine! »
Le amiche non parvero totalmente convinte e si scambiarono sguardi dubbiosi, elaborando altre ardue domande.
« E allora perché siete così carini, coccolosi e complici, eh? » chiese Mary. « Eh, Lily? Rispondi! »
Lei si buttò un cuscino in faccia, probabilmente con l'intento di soffocarsi o perlomeno di svenire e perdere i sensi fino a quando non si fossero dimenticate tutto. Speranze vane, riflettè, perché le ragazze parevano più agguerrite che mai e non avrebbero mollato l'osso così facilmente.
« Non siamo né carini, né... coccolosi » disse con un brivido di orrore, « né tantomeno complici! Parliamo civilmente, ecco tutto! »
Scarlett sbuffò, contrariata. Aveva sinceramente sperato che Lily le rivelasse il suo improvviso eppure irrefrenabile amore infinito per James.
« Ma eravate così dolci, mentre dormivate! » disse in tono implorante. « Eravate la tenerezza personificata! Se avessi saputo disegnare, vi avrei fatto un quadro! E poi tu te lo stringevi bene, eh, il bel James... Ben piazzato, il ragazzo, hai notato, Lilly? »
« NON chiamarmi Lilly! » esclamò la ragazza, esasperata. « E non m'importa di quanto figo possa essere James Potter, è chiaro? Siete sempre esagerate! »
« Però lo è » intervenne Emmeline. « E' un figo, ti guarda con gli occhi a cuoricino, è divertente, è più maturo, è brillante, intelligente, dolce, premuroso, amichevole... Cosa pretendi di più dalla vita? »
Lily ascoltò l'elogio di James ad occhi sgranati. « Se lo vuoi tu, Mel, è tutto tuo » borbottò.
« No » replicò lei. « Stavo solo cercando di farti capire quanto sei fortunata, capricciosa e cieca! »
Le altre annuirono contemporaneamente, con dura fermezza, come a mettere un punto fermo alla discussione. La povera accusata si alzò di scatto dal letto e si chinò sul suo baule, ricercando chissà cosa.
« Non ne parliamo più » disse, fingendosi occupata, mentre Alice apriva la porta del bagno, salvandola.
Si chiuse dentro a doppia mandata e schizzò verso la doccia, confusa e infuriata, mentre le altre continuavano a parlottare tra loro.
« Ce la stiamo facendo, ragazze » disse Mary, trionfante. « Lily Evans sta cedendo e io, gente, me lo segno sul calendario ».
Le ragazze risero e Alice si aggiunse a loro, desiderosa di saperne di più.
« Praticamente lo ama! » esclamò alla fine del resoconto delle amiche, raggiante. « Anche se a me Potter non piace, intendiamoci... »
« VI SENTO! » arrivò tonante la voce di Lily.
Tutte scoppiarono a ridere, divertite.
Finirono di prepararsi in fretta e furia, tra vicissitudini varie come accadeva sempre nel loro Dormitorio. Emmeline era già pronta da venti minuti quando le altre terminarono di vestirsi e pettinarsi, mentre Alice, alle sette meno venti, doveva ancora mettersi le scarpe e truccarsi.
« Se non ti metti il maledetto rossetto, non muori, Prewett! » la redarguì Mary, che non era mai stata una gran sostenitrice dei cosmetici.
« A Frank il rossetto piace! » replicò lei, piccata, schioccando le labbra in direzione dell'amica.
Lei sospirò e, alla fine, scesero insieme cinque minuti dopo.
In Sala Comune erano presenti tutti. Tutti, tranne i Malandrini e Frank, ovviamente.
« Benedetto Godric... » disse Lily. « Come mai me lo aspettavo? »
« Andateli a chiamare » disse Simon, sconsolato.
Le ragazze sospirarono all'unisono e si guardarono a vicenda.
Lily e Scarlett, le più agguerrite, si offrirono volontarie per salire a prenderli, e Alice si accodò con entusiasmo.
Risalirono la scaletta a chiocciola a passo di marcia e spalancarono la porta di scatto, furibonde. Ma la scena che si ritrovarono di fronte le lasciò di sasso.
James, in mutande, era chinato sul baule, scagliando camicie e maglioncini per la stanza e pronunciando un ritmico: « Questo no... Questo no... Questo no... »; Sirius, indossando anche lui solo le sue ruggenti mutande da Halloween, era disteso sul letto, le mani intrecciate dietro il capo, probabilmente aspettando l'ultimo minuto per vestirsi visto che stare praticamente nudo lo rendeva felice e completo; Frank si era assopito sul suo letto, già vestito di tutto punto, come al solito in bilico sull'orlo del materasso; Peter, invece, schizzava da una parte all'altra della stanza, ricercando affannosamente le scarpe che Sirius gli aveva nascosto in un punto strategico dietro le tende mentre si faceva la doccia, sotto lo sguardo divertito del Malandrino; di Remus, invece, non vi era traccia.
« MA QUANDO DIAVOLO PENSATE DI SCE-... Mio Dio » fu l'entrata in scena di Lily.
Tutti alzarono lo sguardo di scatto. James arrossì come un pomodoro, Frank cadde come sempre dal letto - ormai aveva il fianco deformato -, Peter si bloccò di botto e Sirius ghignò, senza scomporsi minimamente.
« Ehilà, belle signore » disse. « Qual buon vento vi porta qui? Entrate pure, siete le benvenute ».
Le ragazze sospirarono.
« Che ci fate qui? » chiese James con un filo di voce, nascosto dietro il suo letto. « Potevate... non lo so, annunciarvi! »
« James, ti vedo in mutande da quando sei nato » gli ricordò Scarlett. « Esci di lì, dai. I nostri genitori ci facevano il bagno insieme, accidenti! »
Lui farfugliò qualcosa che conteneva la parola "Lily".
« Lily non si scandalizza, ha già visto Black » disse.
Il ragazzo, alla fine, titubante, fuoriuscì. Scarlett si chiese cosa diavolo avesse da vergognarsi tanto.
« Scusa, Lily » mormorò, il capo chino. « Mi stavo vestendo... Dimenticati tutto... »
Lei scoppiò a ridere e scosse il capo, cercando di non guardarlo, grattandosi il capo distrattamente.
« Comunque » riprese Scarlett, mentre Alice soccorreva il dolorante Frank, « noi di qui non ce ne andiamo finché non siete pronti. Sbrigatevi ».
Ad un tratto, dal bagno arrivò la voce di Remus.
« Con chi parlate? » disse.
Quando aprì la porta, il suo volto si trasformò. D'un tratto divenne bianco come un lenzuolo, gli occhi di fatto quasi fuori dalle orbite e la bocca spalancata. 
Perché? 
Semplice. Perché, ebbene sì, era in mutande anche lui.
Tutti lo fissarono. I ragazzi scoppiarono all'unisono in un coro di risa assordanti, mentre le ragazze lo guardarono inebetite, fermamente convinte che la convivenza con Sirius Black, Sua Maestà delle mutande, e James Potter, a quanto pareva anche lui avvezzo a stare in quella particolare veste, lo avesse profondamente scosso e traumatizzato, tanto da indurlo ad adeguarsi a quel genere di vita.
« Remus... » sussurrò Lily, che si era seduta sul suo letto. « Anche tu? »
Il ragazzo, che da un colorito bianco ottico era passato a un rosso acceso, non sopportò la vergogna e si richiuse la porta alle spalle con uno schianto, senza una parola. Le tre si guardarono, come a cercare l'una una risposta negli occhi delle altre, poi si unirono alle risate dei ragazzi.
« Grande, Lunastorta! » si congratulò Sirius. « Ottima entrata, complimenti! Le hai stese, vecchio mio... tu sì che ci sai fare! »
« Lupin, da oggi sei il mio mito! » disse James tra le risate, e soprattutto dopo aver indossato i pantaloni. « Ma ricordati che Lily è mia e non la conquisterai con un paio di mutande accompagnate al tuo fisico scultoreo! »
Lily gli tirò un cuscino che lo colpì in pieno, e James, forse anche per il colpo ricevuto, continuò a ridere incontrollabilmente.
« Sta' tranquillo, Remus » fece Scarlett ad alta voce. « Noi non abbiamo visto niente ».
Continuarono a ridere per un po', mentre dal bagno non proveniva alcun segno di vita di Remus. Poi, quando l'effetto che l'entrata poco felice del Malandrino aveva provocato si spense, Scarlett fece tornare tutti alla realtà.
« Ragazzi » disse di colpo incrociando le braccia, ancora in piedi . « Che cosa aspettate ancora? Siamo in un ritardo mostruoso, vestitevi! »
James e Sirius, gli unici ancora impresentabili, si alzarono di botto, ricordandosi solo in quel momento di dover affrontare una furiosa professoressa McGranitt, perlopiù con un ritardo pazzesco. Si fiondarono sui loro bauli in cerca di qualcosa da indossare, mentre Scarlett, avvicinandosi al letto di Sirius per accomodarsi nell'attesa dopo che lui si era alzato, notava con estremo stupore il capolavoro nonchè unico indumento indosso al ragazzo in quel momento.
« Black, ma che mutande hai? » chiese orripilata, spalancando gli occhi.
Lui alzò lo sguardo verso di lei, scostandosi i capelli dal viso e ostentando un'aria compiaciuta.
« Hai notato, vedo » rispose, fiero. « Buongustaia... belle, vero? »
Lei scoppiò a ridere di cuore. « Stai scherzando? » disse. « Sono orrende! Ma indossi sempre roba del genere? »
« Trecentosessantacinque giorni all'anno, baby » ribattè, mentre si infilava una maglietta nera.
« Non ci posso credere... » mormorò lei, sconvolta.
« Sono la mia passione, che vuoi farci? » continuò lui, convinto. « Dovresti vedere tutta la mia collezione... »
« Effettivamente non ci tengo, grazie lo stesso » precisò subito Scarlett, agitando una mano. « Più che altro mi chiedo se mai nessuna ragazza ti abbia riso in faccia vedendotele addosso ».
A quelle parole, James, seguito a ruota da tutti gli altri, scoppiò in una fragorosa risata.
« Hai ragione, Scar! » convenne, battendole subito un cinque. « Me lo sono sempre chiesto anch'io! »
Sirius gli gettò un'occhiataccia, accompagnata da un potente colpo sulla nuca.
« Ma tu non eri quello che mi stimava, stupido cornuto? »
« Certo che sì! » rispose James, ancora in preda alle risate. « Per il coraggio, sicuramente! »
Sirius continuò a guardarlo con odio, poi gli diede una pedata, cercando di scaraventarlo sul suo letto, e si rivolse nuovamente a Scarlett.
« Queste » disse, avvicinandosi e indicando il suo cimelio, « sono il mio vanto. E per la cronaca, tutte le ragazze che me le hanno viste indosso hanno apprezzato. Molto » 
Lei lo osservò, cercando di mostrarsi seria e trattenendo a stento una risata. 
« E ti dirò di più » proseguì lui, sorridendo malizioso. « Un giorno ti rimangerai tutto quello che hai detto perchè anche tu gradirai parecchio, mia cara ».
A quelle parole Scarlett lasciò che le risate che aveva tentato di reprimere esplodessero.
« Se ho due certezze nella vita, sono che non ti vedrò mai più in mutande e che comunque le troverò sempre orribili » ribattè, secca.
« Mmm » commentò lui, mettendosi finalmente i pantaloni. « Sbagli ad avere certezze, tesoro. Vedi me? Ero assolutamente certo che non ti avrei mai vista sul mio letto, invece eccoti qui... » 
Si chinò verso di lei, sollevandole il viso con un leggero tocco delle dita sotto il mento. « Mi ci potrei abituare, sai? » le sussurrò, sorridendo.
Scarlett lo guardò, senza scomporsi. « Imprimi bene questa immagine nella tua mente, allora, perché non si ripeterà più, fidati ».
A quel punto, Sirius si allontanò, ridendo di gusto. Evidentemente, era convinto del contrario.
Dopo cinque minuti, il nutrito gruppo di ragazzi - di cui faceva parte anche un mortificato e funereo Remus Lupin - si decise a scendere, andando incontro alla furia del resto della combriccola, parecchio infastidita dal loro ritardo che, ne erano certi, avrebbe avuto serie conseguenze.
« Era ora! » sbottò Alan. « Vogliamo proprio rimanere nella storia con la punizione di oggi, eh? »
« Hai ragione, amico, scusa » fece subito James. « Ma temo che la McGranitt non ci risparmierà comunque, con o senza ritardo ».
A quelle parole, un'ondata di paura mista a rassegnazione e abbattimento invase i quattordici ragazzi presenti. Quasi tutti, infatti, a parte poche eccezioni, non erano proprio esempi di perfetta condotta e rigore, quindi conoscevano bene l'arte della professoressa McGranitt nel saper punire i suoi studenti.
« Andiamo, dai » borbottò Frank, guidando un corteo di quattordici anime che parevano essere destinate alla pena capitale.
Durante il tragitto nessuno fiatò. Evidentemente erano tutti troppo intenti a immaginare la funesta collera della McGranitt per parlare.
Quando arrivarono al suo ufficio, bussarono e il tono irato della voce dell'insegnante li fece trasalire, tanto che entrarono piuttosto titubanti, reprimendo il forte impulso di correre via a gambe levate. La donna li aspettava seduta dietro la scrivania su una sedia dallo schienale alto e rigido.
« Alla buon'ora! » esclamò, le narici che fremevano dalla rabbia. « Prendetevi pure tutti i comodi, tanto in questa scuola non esistono regole, vero? Quisquilie come la puntualità, il rispetto e la decenza non si addicono certo a gente come voi! »
Quasi tutti chinarono il capo, mortificati dal brusco rimprovero. Le ragazze, in particolare, provarono profondo rammarico, mentre James e Sirius si scambiarono un ghigno divertito, troppo abituati a sermoni ben peggiori da parte della professoressa per badarci e dare peso alla cosa.
« Potter. Black » sibilò l'insegnante. « Un altro di quei ghigni impertinenti e vi sbatto fuori dalla scuola ».
Ma James represse a stento una risata quando Sirius sillabò: « Quarantadue » nella sua direzione, aggiornandolo sul numero di volte in cui erano stati minacciati con l'espulsione, senza ottenerla.
« Questa mattina, comunque » annunciò la donna, cercando di calmarsi, « visto quanto ho apprezzato il vostro spirito festaiolo, ho pensato che potreste essere perfetti per aiutare gli elfi domestici ad addobbare il castello in occasione di Halloween ».
Un silenzio attonito accolse le sue parole cariche di sarcasmo.
« I... i-il castello? » balbettò Simon.
« Esattamente, signor Phelps, è quello che ho detto » replicò lei, imperturbabile.
« Tutto? » fece Alan con voce strozzata, deglutendo a fatica. « Professoressa, sia ragionevole, andiamo, non siamo mica dei-... »
« Signor Green, ci tiene tanto a contraddirmi? »
Il ragazzo ci pensò seriamente su, poi scosse il capo e si zittì.
« Mastro Gazza e una gran moltitudine di elfi domestici vi attendono al Salone d'Ingresso » proseguì la McGranitt. « Buon divertimento ».
Qualcuno borbottò di malavoglia un saluto prima di uscire.
« Ma vi rendete conto? » sbottò Alan un attimo dopo. « Quella donna è pazza! E se penso che è tutta colpa di quel Davies... accidenti, appena lo pesco credo che gli dirò due paroline anch'io! Quel brutto invidioso di un Corvonero... »
I compagni di squadra lo supportarono con grande entusiasmo e anche le ragazze sorrisero, esasperate e divertite dalle modalità di vendetta dei maschi.
« Beh, meglio darci da fare, comunque » sospirò Emmeline. « Prima finiamo, meglio è ».
« Perché, Mel, non ti piace la nostra compagnia? » fece Sirius, sorridendo.
La ragazza rise e, tutti insieme, si avviarono verso il Salone d'Ingresso per scontare la punizione.
Appena li vide, Gazza ridacchiò sotto i baffi, evidentemente felice del destino che li attendeva. Di sicuro avrebbe scaricato su di loro tutto il lavoro pesante.
« Ma buongiorno » sogghignò con voce roca.
Nessuno gli rispose.
« Voi e i piccoletti, qui, sarete una gran bella squadra, eh? Cominciate » ordinò. « La Sala Grande è tutta vostra ».
James e Sirius gli rivolsero una smorfia che lui ricambiò. Poi, quando il custode voltò loro le spalle per andarsene, James pensò che non sarebbe stato moralmente corretto nei confronti del suo spirito malandrino lasciarlo andare sano e salvo. Così afferrò la bacchetta e, con un abile gesto, sussurrò: « Mucus ad nauseam », facendo sorridere Sirius, trionfante.
L'effetto fu istantaneo. Il naso rossastro dell'uomo iniziò a colare copiosamente, facendo inorridire le ragazze.
« Ma che diamine... » imprecò.
I due Malandrini scoppiarono a ridere ma lui non potè fare nulla e si affrettò ad andare via, borbottando maledizioni a destra e a manca.
Tutti ebbero difficoltà a smettere di ridere per un bel po', ma alla fine si calmarono e gli elfi, fino ad allora zitti e fermi, si avvicinarono.
« Salve, signori e signorine! » esclamò uno di loro dal lungo naso all'insù, inchinandosi insieme a tutti gli altri. « Per Trixy e gli altri sarà un onore lavorare con i padroni, signori e signorine, sì sì, un vero onore! »
I ragazzi sorrisero debolmente. Non condividevano per nulla l'entusiasmo degli elfi domestici, purtroppo.
Si diressero verso la Sala Grande e Trixy, che era l'immagine della felicità, esclamò gioioso: « Buon lavoro! », facendo un cenno verso l'immensa sala.
 
E tutti e quattordici, a quelle parole, nello stesso momento, pensarono seriamente che lì dentro ci avrebbero lasciato la pelle.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, baldi giovani? Finita bene la scuola? Adesso finalmente potrò rispondere a tutte le vostre magnifiche recensioni! Oh, che bello!
Vi lascio questo capitolo orrendo. Merlino santo, non mi piace proprio per niente e mi scuso. Ci sarebbero dovute essere due scene piuttosto carine e importanti e in più questa nottata. La nottata, che doveva essere una cosa molto breve, ha preso la lunghezza di un capitolo! Quindi, ahimè, ho tagliato tutto e vedrete il resto la prossima volta! Mi scuso di nuovo per la schifezza che ho partorito.
L'ha scritta anche mia sorella, eh, prendetevela anche con lei, muahahahahah! Povera sorellona.
Comunque, cosa c'è da spiegare?
Uh, c'è Sirius! Amore eterno delle nostre esistenze. Non pensate che sia già innamorato, eh. Però, miseriaccia, i passi avanti che hanno fatto lui e Scarlett sono mostruosi! Più lui che lei, in realtà. E' successo tutto all'improvviso, tutto per quel sorriso immotivato, così, un po' per caso. L'ho pensata in questa maniera e, beh, spero che apprezziate.
Null'altro da dire. Devo ringraziarvi per le... le... le VENTI recensioni che... *piange*
Non ce la faccio. VENTI! Dopo le passate VENTIDUE dello scorso capitolo! Troverò una parola che non sia grazie e che sia tremila volte più bella di questa e ve la stamperò a caratteri cubitali sulle risposte alle recensioni. VI AMO.
Grazie infinite con tutto il mio cuore, tra poco avrete le mie logorroiche risposte svenevoli!
Ringrazio moltissimo anche i 58 delle preferite, gli 8 delle ricordate e gli 86 delle seguite! Aumentate sempre più, grazie mille di cuore!
Un bacione a tutti!


Simona_Lupin

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Capitolo 12
*** Un Halloween tra zucche volanti, tavolette di cioccolata e strani incontri ***



Capitolo 12

 
 
Un Halloween tra zucche volanti, tavolette di cioccolata e strani incontri
 
 
 



A tutte le quattordici anime punite la Sala Grande non era mai parsa tanto immensa.
Gli elfi domestici scorrazzavano da una parte all'altra, frenetici e desiderosi di lavorare a più non posso, mentre i ragazzi stavano immobili all'ingresso, fissandoli correre e schizzare dappertutto, spesso con un'aria talmente felice da dar loro ai nervi.
« Solo io mi sento stremato al solo guardarli? » domandò Peter, sinceramente preoccupato dalla sua totale mancanza di energia.
Nessuno fu capace di rispondergli. Sembrava che avessero ingerito Felix Felicis o Ogden Stravecchio in quantità industriali e che questi avessero dato loro alla testa, rendendoli fulminei ed elettrizzati come mine vaganti babbane. Era leggermente inquietante vederli all'opera.
« Dite che dovremmo fare qualcosa anche noi? » chiese James dopo un po', senza staccare loro gli occhi di dosso.
« Fra due secondi avranno già finito » osservò Sirius, studiandone uno particolarmente infervorato con il capo leggermente inclinato.
« Dai » disse invece Lily, « diamoci una mossa ».
Si ripresero dallo shock iniziale e si divisero a gruppetti per tutta la Sala, la bacchetta stretta in pugno per creare le decorazioni.
James era bravissimo. Riusciva a Trasfigurare tutto ciò che di inutile gli capitava a tiro in pipistrelli in carne e ossa. Lily, lì vicino, osservava il suo lavoro.
« Sono bravo, Evans? » le disse, con un sorriso smagliante sul volto.
Lei sorrise, grattandosi il mento e annuendo appena. « Tutti abbiamo una materia in cui eccelliamo, Potter, non montarti » rispose, fingendosi acida.
« Mmm » commentò lui. « Dici così perché non hai ancora visto niente ».
Effettuò un movimento elegante della lunga bacchetta magica, mormorando sottovoce: « Orchideous ».
All'istante, apparve tra le sue dita un meraviglioso mazzo di gigli bianchi che le porse con un mezzo inchino, ridendo.
Lei rimase un attimo a fissare i fiori, colpita, poi li afferrò per il lungo gambo.
« G-Grazie... » balbettò, le guance leggermente rosse. « Sono bellissimi. Complimenti, Potter... qualcosa sei capace di farla anche tu, allora ».
James scoppiò a ridere e scrollò le spalle.
« Anch'io voglio un mazzo di fiori! » esclamò Scarlett all'improvviso, offesa. « Nessuno ne regala più, è mai possibile? »
Sirius, a quelle parole, si voltò di scatto e allargò le braccia con un gran sorriso.
« Ma mia bella Banks, Sirius è qui per questo! » disse, ammiccante. « Ogni tuo desiderio è un ordine per me, lo sai ».
Agitò la bacchetta anche lui e un mazzo di rose rosse apparve tra le sue mani. Lui glielo porse con un bel sorriso.
« Eh, Banks? » fece con fare ammaliatore. « Sono le tue preferite, vero? »
Scarlett lo guardò con furbizia. « No, Black, non lo sono » rispose, dispettosa.
Lui inarcò le sopracciglia, incredulo. « Guarda che James, quando gli prendono i cinque minuti, si mette a raccontare tutti i più oscuri dettagli della sua vita e tu e Miley siete sempre incluse. So tutto di voi. E quelle fottutissime rose rosse sono le tue preferite, Banks ».
Lei fece una smorfia indispettita. « I gusti cambiano » replicò, non del tutto convinta. « Puoi fare di meglio ».
« Lo faccio io! » intervenne James allegramente. « Io, io, io lo so quali fiori piacciono a Scarlett! Posso, amore? » le chiese, sorridendo a trentadue denti.
« Ma certo » rispose lei ridendo.
Un attimo dopo, lui le evocò dal nulla un mazzo di splendide orchidee variopinte. Scarlett battè le mani.
« Oooh, sono meravigliose! » esclamò, gettandogli le braccia al collo. « Grazie, James! »
Sirius fissò la scena corrucciato, le mani in tasca, come in attesa che la piantassero. Lei incrociò il suo sguardo e rise silenziosamente, lanciandogli un occhiolino. Le rose rosse erano davvero le sue preferite. E quelle di Sirius, in particolare, erano splendide.
« Banks, molla il cornuto, la Evans è gelosa » intervenne lui, molto più di buonumore.
Lily gli lanciò uno sguardo di fuoco che fece ridere tutti, lei compresa.
« Comunque » riprese James, dopo aver lasciato Scarlett e avendo ricevuto il suo bacino mattutino, « voi non ci crederete, ma io sono un esperto di fiori! Capisco perfettamente i gusti delle donne! Ho affinato la tecnica negli anni, grazie alla tua bella mammina » disse, rivolgendosi a Scarlett.
Lily e le altre ragazze si interessarono al suo discorso e abbandonarono le loro attività per ascoltarlo con maggiore attenzione.
« Ebbene sì, Evans, non sei l'unica donna della mia vita » iniziò a raccontare lui. « Devi sapere che Charlotte Banks è la donna che, insieme a te, popola i miei sogni. Ogni volta che la incontro le regalo sempre fiori diversi e sono sicuro di averla conquistata così ».
« Ah, bene, questo non lo sapevo » fece Lily, fingendosi gelosa. « Allora, date le circostanze, ti comunico ufficialmente che ti sei giocato anche quella inesistente, microscopica, insignificante e del tutto inarrivabile possibilità con me, Potter ».
« Oh, ma tu sei la prima della lista! » si affrettò a dire James, stando al gioco. « L'amore per Charlotte è del tutto platonico, sono straconvinto e felice di sposarti e avere tanti bambini con te, tranquilla... »
Lily alzò gli occhi al cielo, sorridendo.
« Se, però, cosa assolutamente improbabile, tu deciderai di vivere una vita triste e desolante senza di me e Richard, evento ancor meno possibile, deciderà di abbandonare la bella Charlotte... »
« James! » lo rimproverò subito Scarlett, dandogli una botta sul braccio. « Lascia i miei genitori felici e uniti, per piacere! »
« Certo, certo » rispose precipitosamente James. « Infatti ho detto che è praticamente impossibile... comunque, se queste vicende completamente prive di fondamento dovessero verificarsi, allora sposerò lei! E' il mio piano alternativo, ogni uomo ne ha uno » concluse, sorridendo angelico.
« Mmm » commentò Lily, mentre lui la fissava, come in attesa di un verdetto sul suo discorso. « Non mi hai convinto » disse alla fine, scuotendo il capo di scatto, come a sottolineare il suo dissenso.
« Ne riparleremo, Evans » rispose lui, tranquillo. Tutti risero.
« James, hai sviato dalla questione, però » intervenne Emmeline. « I fiori. Nessun uomo al mondo si intende di fiori. Nessuno. Con Scarlett era facile, la conosci da una vita, e per Lily hai preso spunto dal suo nome ».
James le si avvicinò, un dito accusatore puntato verso di lei. « Emmeline Vance » disse. « Avverto un tono di sfida nelle tue parole. E' così? »
Lei rise, divertita dalla sua serietà, e annuì con fermezza.
« Bene » ribattè lui. Ad un tratto, fece apparire dal nulla un mazzo di girasoli e glieli porse, orgoglioso del suo operato. « Sono per caso i tuoi preferiti i girasoli, Mel? »
Lei li prese, sconvolta, e lo guardò. Ma come faceva a saperlo? 
« Mel, non mi dirai che... ? » chiese Lily, notando lo stupore dell'amica. Emmeline annuì, senza una parola.
Ma James non sembrava soddisfatto. « Mary » disse, rivolgendosi alla ragazza. « Pensavi ti lasciassi all'asciutto? »
Lei non ebbe neanche il tempo di rispondere che lui le diede in dono un bellissimo mazzo di tulipani. Inutile dire che, sì, erano i suoi preferiti. 
« E ora il caso più spinoso » continuò James, deciso a dimostrare a tutti il suo talento. « Alice Prewett. Se riesco a superare questo scoglio, posso realmente proclamarmi Re della flora terrestre ».
A quella bizzarra definizione tutti risero, tranne Alice, che era troppo impegnata a guardarlo con aria di sfida, come se fosse una lotta tra loro due.
« Con il tacito consenso di Frank » iniziò, rivolgendosi al ragazzo, che annuì ripetutamente col capo, « questi sono per te, Alice ».
E, con un gesto della bacchetta, fece comparire un mazzo di margherite.
Tutte le ragazze la fissarono, in attesa di vedere la sua reazione, convinte che, se non avesse azzeccato, lei non si sarebbe certo risparmiata di ridergli in faccia. Ciò, stranamente, non avvenne. Alice guardava i fiori con un'espressione indecifrabile, e rimase in quella posizione per un po'. Poi, alzò lo sguardo.
« Gliel'hai detto tu, Frank! » sbottò, incapace di accettare che James fosse stato in grado di indovinare anche con lei.
« Ma se non lo sapevo neanch'io che ti piacessero le margherite! » rispose il ragazzo, allarmato.
Tutti scoppiarono a ridere. Scarlett, Mary ed Emmeline applaudirono calorosamente James, mentre Lily lo guardava con un sorriso, scuotendo il capo.
« Wow, James, devi insegnarmi! » disse Alan, colpito. « E' una mossa da urlo con le ragazze! »
James gli circondò le spalle con un braccio. « Vedi, amico, il mio è un talento naturale... negli anni mi sono solo perfezionato, ma già di bas-... »
La fine della frase rimase impigliata nella gola a James. Quando si voltò con Alan al suo fianco, infatti, si ritrovò la professoressa McGranitt ad un palmo di naso, ritta a braccia conserte, che lo fissava sbattendo un piede a terra, probabilmente dopo aver assistito a tutta la scena senza che nessuno se ne fosse minimamente accorto.
« Ha intenzione di dispensare composizioni floreali ancora per molto, Potter? » disse, severa. « Vuole omaggiare anche me, per caso? O, meglio ancora, tutto il popolo femminile di Hogwarts? »
Alan, alla vista della professoressa, si sfilò lentamente dalla stretta di James, lasciandolo da solo a fronteggiarla. 
« Torno immediatamente alla mia precedente attività, prof » disse subito il ragazzo, voltandosi per riprendere a sistemare la Sala Grande. Un attimo dopo, però, ci ripensò, e, sorridendo malandrino, con un veloce gesto della bacchetta creò un bel mazzo di mimose.
« Ecco a lei, professoressa » le disse porgendogliele. « Sono un galantuomo, non potevo non donarle anche a lei. Spero le piacciano ».
La professoressa prese i fiori, li osservò attentamente, poi tornò a guardare James. 
« Bravo, Potter » rispose, lasciando tutti a bocca aperta. « Le mimose sono quelle che preferisco ».
Lui, stupito dalla sua reazione come gli altri, si aprì in un sorriso smagliante, rilassandosi nella convinzione che quei fiori l'avessero ammorbidita.
« Ma credo le sia sfuggito, Potter » continuò la donna, anche lei sorridendo angelica, « che dobbiamo ancora discutere della sua punizione. E dopo il suo gesto meraviglioso, sarò spietata, mi creda » concluse, mentre James impallidiva di botto e gli altri iniziavano a ridere.
La professoressa si voltò e se ne andò a passo di marcia, lasciando che le risate prima sommesse dei ragazzi esplodessero del tutto.
« Ti ha... ti ha... » tentò di dire Sirius, senza riuscire a smettere di ridere sguaiatamente. « Ti ha proprio fottuto, amico...! HA! »
Remus e Peter gli batterono qualche pacca sulle spalle e lui soffocò tra le risate, appoggiandosi a James che se lo scrollò di dosso con uno strattone.
« Levati, cane rognoso » sibilò, fingendosi arrabbiato senza riuscirci granché bene.
Quando l'effetto dell'uscita di scena della McGranitt fu svanito del tutto, i ragazzi tornarono a lavorare sodo e, dopo un po', venne a dar loro una mano Hagrid, trasportando a fatica una larga carriola carica delle sue enormi zucche un po' gonfiate dalla magia.
« Hagrid, amico mio! » esclamò James non appena lo vide, battendogli una pacca sul braccio, il punto più alto che riusciva a toccare.
« James » fece lui in tono affettuoso, « ma che ci fate tutti qua? »
« Ci hanno messi in punizione » rispose mestamente il ragazzo. « Abbiamo fatto baldoria in Sala Comune fino a notte tarda e la McGranitt... beh, diciamo che non ha gradito granché i nostri festeggiamenti. Perciò eccoci qui ».
Hagrid rise, facendo tremolare la folta barba scura. « Sempre a combinare guai, eh? »
« Sempre » rispose solennemente James, una mano sul petto.
Si affrettò ad aiutarlo a scaricare le zucche insieme agli altri, lavoro che richiese non poca fatica da parte di tutti. Le ragazze, nel frattempo, li osservavano sgobbare senza batter ciglio, lanciandosi di tanto in tanto qualche sguardo d'approvazione per la scena che si svolgeva di fronte a loro.
« Per la miseria... » borbottò alla fine Sirius, scostandosi dagli occhi qualche ciuffo di capelli sudaticci. « Hagrid, la prossima volta, gonfiale quando le abbiamo già deposte queste stramaledette zucche ».
« Shh! » lo implorò l'uomo. Non gli era permesso compiere magie, in verità, ma di tanto in tanto non rinunciava alla tentazione di rendere meno inutili i resti della sua bacchetta magica ben camuffati sotto il suo ombrellino rosa.
« Scusa » mormorò Sirius, sorridendo.
Hagrid rispose al sorriso. « Beh, me ne devo andare » disse poi. « Ci vediamo al banchetto ».
Tutti lo salutarono con calore, guardandolo andar via a passi pesanti. Dopodiché, cominciarono a ragionare su cosa fare con quelle zucche gigantesche.
« Dobbiamo svuotarle, metterci dentro una candela e lasciarle sospese? » chiese Alan. « Ma qui dentro ce ne vanno duemila di candele... »
« Bisogna anche intagliarle, credo... » disse Robert, al suo fianco. « Meglio mettersi al lavoro ».
Tutti si dedicarono a una zucca per ciascuno, seduti sulle panche di una delle lunghe tavolate della Sala. Intagliarle richiedeva grande precisione e controllo del proprio incantesimo, ma per maghi prossimi al diploma come loro non era poi così complicato. Ritagliarono un gran buco alla base delle zucche per inserire le candele e farle rimanere sospese dentro a brillare e le resero spaventose nello sguardo e nei sorrisi minacciosi.
« Questa zucca mi inquieta » osservò Mary, studiando il suo stesso operato con il capo inclinato e una smorfia.
Effettivamente, l'espressione che le aveva creato la rendeva stranamente terrificante.
« Fammi vedere » disse Sirius con un ghigno, seduto di fronte a lei. La ragazza la voltò nella sua direzione.
« Mmm » commentò lui. Effettuò qualche movimento con la bacchetta magica e la girò nuovamente verso Mary, domandando: « Adesso com'è? »
Ci aveva scritto sopra: Mary, ti ucciderò nel tuo letto. Lei scoppiò a ridere, scuotendo il capo.
« Spiacente, i maschi non possono entrare nei nostri Dormitori » disse, picchiettandosi la bacchetta sul palmo aperto della mano.
« Ma lui è una zucca » obiettò lui. « Nessuna regola vieta alle zucche di entrare nei Dormitori femminili ».
« E' una zucca maschio » spiegò Mary, come se fosse una cosa ovvia, indicandola con un cenno. « Guardalo bene, è evidente che sia un maschio ».
Sirius la scrutò con interesse. « Hai ragione » convenne, mentre gli altri continuavano ad ascoltare l'assurda conversazione. « Ma le zucche hanno poteri a noi sconosciuti. Credi davvero che questa zucca non abbia le capacità per entrare nel tuo Dormitorio? No, Mary cara. Le zucche conquisteranno il mondo ».
Mary rise, sistemandosi distrattamente i capelli da un lato e Sirius con lei, riflettendo sulle sue parole prive del benché minimo senso.
Emmeline, lì vicino, diede una gomitata a Scarlett e le fece un cenno verso i due, bisbigliando: « Visti Mary e Sirius? »
Lei, che non vi aveva fatto caso, li guardò, piuttosto stranita. « Oh » disse solo. « Vedo ».
« Ho sempre pensato che Sirius non abbia mai smesso di piacere a Mary » borbottò Emmeline, pensierosa. « Tu che ne pensi? »
Scarlett continuò a scrutarli e non seppe cosa rispondere. Non seppe spiegare nemmeno cosa avesse attraversato la sua mente quando li aveva visti ridere insieme.
« Può darsi » mormorò, tornando presto a concentrarsi sulla sua zucca.
Il momento più difficile arrivò quando dovettero farle levitare e rimanere sospese a mezz'aria.
« Sono al settimo anno, sono un mito in tutte le materie, ma il dannatissimo incantesimo di Levitazione non riesco mai a farlo » disse Alan, guardando prima la sua bacchetta, poi la zucca e viceversa, come chiedendo loro di fare tutto il lavoro da sole.
« E' di una semplicità bestiale, amico, su! » esclamò James.
« Non mi aiuti, Capitano » fece mestamente lui, passandosi una mano tra i capelli, lievemente disperato. « Se qualcuno potesse aiutarmi, per piacere... »
« Ti aiuto io, Green » intervenne Scarlett con un sorriso. « Guarda e impara ».
Agitò la bacchetta in un movimento elegante del polso e diede un colpetto alla fine, facendo levitare la grande zucca.
« Wow » commentò Alan. « Io ci provo dal primo anno e non riesco a far sollevare niente neanche di mezzo metro ».
Scarlett rise. « Sei veramente un idiota » gli disse limpidamente. « Agita la bacchetta così » e ripetè il movimento, « dai un colpetto e pronuncia l'incantesimo con chiarezza. Dai, prova ».
Lui la fissò, un po' titubante e obbedì. « Wingardium Leviosa » disse, e la zucca levitò, traballando appena e molto lentamente.
« Evvai! » esclamò. « Adesso sono un mito completo! Grazie mille, Scar! » e le battè un lieve colpo sul braccio, facendola sorridere.
Nel frattempo, tutti gli altri stavano compiendo la stessa magia, ma non senza qualche incidente. Peter, infatti, non aveva sostenuto l'incantesimo e la zucca che aveva fatto levitare gli era ricaduta addosso, inglobandogli la testa e facendolo sembrare uno strano scherzo della natura.
A quella vista, tutti scoppiarono a ridere sonoramente, piegandosi in due, tenendosi la pancia tra le braccia e lacrimando.
Peter, la testa nella zucca, non vedeva e non capiva un accidenti di nulla.
« Aiuto, ragazzi, si è incastrata » piagnucolò, cercando di liberarsene senza successo. Nessuno gli diede retta.
« Ragazzi, andiamo, per favore, non respiro! » li implorò ancora, rischiando di slogarsi il collo a forza di tirare la zucca.
« Peter, tu morirai soffocato un giorno, te lo dico io » sospirò Remus, liberandolo senza troppe difficoltà. Lui prese un gran respiro.
« Grazie mille, Remus » mormorò, accasciandosi sulla panca.
Finirono di addobbare tutto il castello all'ora di pranzo e tornarono in Sala Grande per mandare giù un boccone, completamente stremati.
« Ho faaaameeee... » si lagnò Sirius, trascinandosi fino alla panca di Grifondoro a fatica per poi buttarcisi sopra. « Cibo! »
E avvicinò a sé tutti i piatti e le ciotole che aveva a portata di mano. « Non mi basta un piatto » disse, osservandolo storto.
« Scusa se mi permetto, Felpato, ma potresti, in teoria, mangiare una cosa alla volta » intervenne Remus. « Non sarebbe una cattiva idea ».
Lui scrollò le spalle e riversò sul suo piatto tutto quello che gli fu possibile, cominciando a mangiare nel suo solito stile.
« E' un piacere pranzare con te, amico » disse Peter, che ormai si era abituato ai modi canini del Malandrino.
Sirius sollevò un pollice e continuò a mangiare, indisturbato.
Quando finì e fu definitivamente sazio, cosa che avvenne dopo parecchio tempo, sospirò. « Vorrei un osso » mormorò, pensieroso.
« E io del formaggio » aggiunse Peter.
« E io dell'erba » fece James.
« Sì, e io uno di voi! » rise Remus. « O anche tutti e tre ».
I Malandrini scoppiarono a ridere, mentre le ragazze si avvicinarono e Scarlett avvolse le braccia intorno al collo di James, che gettò il capo all'indietro per guardarla e sorrise amorevole.
« Sei bella anche al contrario » osservò, solleticandole il naso. Lei rise e gli scompigliò i capelli.
« Come sei cascamorto, amico » fece Sirius, ghignando appena. « La Banks si aspetta certi complimenti solo da me, non è vero, tesoro? » chiese, rivolto a lei.
La ragazza fece una smorfia indispettita. « I complimenti di James sono sinceri, Black » replicò. « Tu di complimenti veri non me ne fai mai ».
Lui la osservò, le sopracciglia inarcate. « Proprio perché mi complimento raramente, i miei dovrebbero avere più valore degli altri » disse con tranquillità.
Scarlett non rispose, ma si limitò a concentrarsi per sostenere il suo sguardo fiero e provocatore. Fu lei a distoglierlo, alla fine.
« Bene... ero passata solo per un saluto » borbottò, giocherellando con qualche ciuffo sparato dei capelli di James. « Noi andiamo a letto, siamo esauste... Ci vediamo più tardi ».
Scoccò un bacio sulla guancia dell'amico e salutò gli altri con la mano come le ragazze, rivolgendo un'ultima occhiata a Sirius prima di allontanarsi. Passando accanto al tavolo di Tassorosso, notò la sorella che mangiava in silenzio in compagnia degli amici e non resistette alla tentazione di dirle qualcosa in vista della lezione che doveva tenere poco dopo insieme a Remus. Fece cenno alle amiche e si avvicinò.
« Salve, sorella Banks » salutò, battendole un colpo poco gentile sul capo.
Lei si voltò e rispose con un pugno sul braccio altrettanto impietoso. Entrambe scoppiarono a ridere. Era il loro tipico modo di dimostrarsi affetto.
« Qual buon vento ti porta alla calorosa tavolata dei Tassorosso? » chiese Miley, infilzando due patate al forno e ficcandosele in bocca.
« Non mi mangiare in faccia » rise l'altra, che ormai era abituata alla fame inarrestabile della sorella. « Sei disgustosa ».
Lei scoppiò a ridere e annuì, consapevole di quella verità. « Che vuoi? » le domandò, fingendosi scortese.
« Ti voglio fare gli auguri per oggi » rispose Scarlett, sorridendo raggiante. « Spero tanto che Remus continui... a migliorare, ecco ».
« Certo » disse Miley, scuotendo il capo. « Se non si dimentica che abbiamo lezione, magari ».
« Perché dovrebbe dimenticarsi? » chiese la sorella, interdetta.
Lei scrollò le spalle. « Boh » borbottò. « Ho sempre paura che si dimentichi ».
« Scema » fu il commento della ragazza. « E comunque, guarda, sta venendo qui! A proposito » aggiunse concitata, mentre vedeva Miley agitarsi. « Vuoi sapere che mutande indosserà oggi il bel Remus Lupin? Io lo so! »
Miley soffocò. « CHE COSA? » strillò, sotto shock. 
« Calmati, occhi a cuoricino » la rimbeccò la sorella, ridendo malefica. « Sono entrata nel loro Dormitorio e lui, diciamo, non era ancora presentabile ».
« Che diavolo ci facevi nel loro Dormi-... ciao, Remus! »
Remus era appena arrivato, sorridendo.
« Ciao » salutò. « Come stai? »
« Mai stata meglio » disse lei, radiosa. « E tu? »
« Benissimo, grazie » fu la risposta.
« Beh, io vado! » intervenne Scarlett, trattenendo una risata. « Adieu! »
I due la salutarono e la guardarono andar via.
« Vuoi che andiamo adesso? » domandò Miley.
« Oh, no, finisci pure, ero venuto solo per fare due chiacchiere prima di andare » rispose, immancabilmente gentile. « Posso sedermi? »
« Ma certo » borbottò lei, leggermente rossa in viso. Era venuto per fare due chiacchiere. Perché pretendeva sempre così tanto da lei?
Rimasero a parlare per un po', mentre lei continuava a mangiare distrattamente, abbandonando poi la forchetta sul piatto.
Alla fine, decisero di alzarsi e si diressero insieme verso l'aula di Pozioni, chiacchierando sulle ultime novità. Quando aprirono la porta, però, vi trovarono dentro un nutrito gruppo di ragazzi ed entrambi si stupirono, considerato che era domenica nonchè Halloween. I due si scambiarono uno sguardo, mentre tutti si voltavano a fissarli. Ognuno di loro aveva un calderone fumante di fronte.
« Vi serve l'aula? » domandò una ragazza, smettendo di trafficare con le code di ratto che stava aggiungendo al suo decotto.
« Sì » rispose Miley, titubante. « Pensavamo di trovarla vuota... »
« Noi siamo rimasti indietro col programma di Lumacorno e siamo qui per esercitarci » disse la ragazza, dispiaciuta.
Lei sorrise e scrollò le spalle. « Ma certo... torneremo un'altra volta » replicò gentilmente, chiedendo conferma a Remus con lo sguardo. « Buona giornata ».
I due uscirono fuori dall'aula, richiudendosi piano la porta alle spalle.
« Mi spiace » disse Miley.
« Oh, non fa nulla, verremo un altro giorno » rispose lui, sorridendo. « Torni al tuo Dormitorio? »
« Ehm... » riflettè lei. « Sì, credo proprio di sì ».
« Ti andrebbe di fare una passeggiata? »
Remus lo chiese con naturalezza, come fosse stata la cosa più semplice del mondo. Aveva avvertito il desiderio di trascorrere un po' di tempo insieme a lei e chiedere non era stato difficile, per niente. Solo dopo averlo detto, si chiese se avesse parlato troppo.
Lei rimase leggermente stupita dalla richiesta, ma alla fine sorrise, raggiante come sempre e timida allo stesso tempo.
« Ma certo » disse, cercando di mascherare l'imbarazzo. E si avviarono.
« Sai » fece Remus, pensieroso, « in realtà speravo che l'aula fosse occupata. Oggi non ci sono con la testa e avrei fatto saltare in aria tutto... »
Lei rise sommessamente, pensando di essere stata fortunata, se davvero era così. « Come mai? » gli chiese. « E' successo qualcosa? »
« Non sai nulla di tutto il casino che abbiamo combinato? » disse Remus, guardandola.
« Mmm... in realtà no » fece lei, grattandosi il mento. « Fammi indovinare... festino post-partita clandestino alla massima potenza, giusto? Danni inclusi, scommetto ».
« Precisamente » rise lui. « E' successo di tutto... »
Miley incominciò davvero ad interessarsi. « Mi fa piacere... su, racconta! »
« Allora » cominciò lui. « Per prima cosa, tua sorella si è presa una bella rivincita su Sirius, evidentemente i galeoni che lui ha perso non le bastavano ».
Inutile, pensò Miley, quella maledetta di sua sorella non le raccontava mai i dettagli piccanti delle vicende che la vedevano protagonista. Era assurdo che a raccontarglieli dovesse essere Remus Lupin, ma si accontentò e gli fece cenno di proseguire.
« Riassumendo, tua sorella gli si è avvicinata, gli sussurrava non so che cosa e si comportava in maniera... molto... come dire... » Remus esitò, ricercando un termine adatto, mentre Miley cercava di non sorridere. Sicuramente Scarlett aveva sfoggiato il suo innato sex appeal, ma era curiosa di scoprire come lui lo avrebbe definito, e attese. « ... molto intima, diciamo così. Gli ha fatto credere che lo avrebbe baciato, lui c'è caduto con tutte le scarpe e, proprio un attimo prima che succedesse, lo ha piantato in asso! E io ho riso in faccia a Sirius, il che era il minimo, credo ».
Miley scoppiò a ridere, immaginando alla perfezione la scena. Era delusa da Sirius, però. In fondo, lei parteggiava per lui.
« E dimmi un po' » disse, divertita. « E' stata brava la sorellina? Non ho mai avuto il piacere di vederla in queste vesti ».
Lui sorrise, passandosi una mano tra i capelli. « Mi stai chiedendo un parere? » le chiese.
« Obiettivo, Lupin, non allarmarti ».
« Oh, bene » fece lui, ridendo. « Sì, è stata bravissima. Sirius non è facilmente impressionabile, posso assicurartelo. Ma ieri mi è parso parecchio scosso ».
« Immagino » commentò lei, allegra. « E cos'altro è successo a questa festa dell'anno? »
Remus riflettè, ripercorrendo la serata ricca di eventi. « Lily e James hanno fatto pace » raccontò, annuendo. « Hanno fatto pace alla grande ».
Miley intrecciò le mani al petto, in adorazione, come sempre quando era emozionata per qualcosa. « Sono felice » sussurrò, sorridendo. « Come sono belli, insieme... James è meraviglioso e sarebbe perfetto per lei. Non riesco a vederlo bene con nessun'altra ragazza, davvero ».
« Neanch'io » convenne lui. « Ma sono certo che un giorno anche lei se ne renderà conto ».
Rimasero qualche secondo in silenzio, mentre varcavano il grande portone di quercia e uscivano dal castello, verso il parco, come se l'avessero deciso.
« Alla fine, comunque, la festa è degenerata » raccontò ancora lui. « Alle due e mezza è arrivata la McGranitt e ci ha messo tutti in punizione. Anche se, in realtà, è stata una soffiata di un Corvonero a tradirci... sai chi è stato? Quel Davies, l'ex ragazzo di tua sorella ».
« Ah, ecco » disse lei, leggermente disgustata. « L'idiota. Ancora non capisco come siano stati insieme tutto quel tempo ».
A Miley, infatti, Matt non era mai piaciuto e spesso ne aveva parlato con Scarlett, senza, però, farle pesare la sua posizione su di lui.
« Sì, è strano » convenne lui. « Comunque, James e Sirius non hanno esitato e si sono vendicati. Ora non credo si metterà più contro di loro ».
Miley rise. « Hanno fatto bene! Se lo merita! » esclamò, entusiasta. 
« E per finire in bellezza » terminò Remus, « a James è venuta la splendida idea di restare svegli tutta la notte e ovviamente sono stati tutti d'accordo. Alla fine sono crollati anche i più insospettabili, però è stata comunque una lunga notte. Ed eccoti spiegata la mia potenziale pericolosità oggi a Pozioni ».
« Oh, capisco » rise lei. « Ma ogni tanto ci sta una serata diversa... punizione compresa! E poi, parlo proprio con Remus Lupin... voi Malandrini ci siete parecchio abituati, no? »
Remus annuì, sorridendo. Incredibile come le loro malefatte avessero fatto storia ad Hogwarts. Ormai, tutti e quattro avevano una fama, lì al castello.
« Ti va di sederti? » le chiese, facendo un cenno verso un faggio accanto al lago. Lei annuì e si sedettero vicini sull'erba fresca e umida di pioggia.
L'aria era piuttosto pungente intorno a loro e la superficie del Lago Nero non era levigata come sempre, ma solleticata da una brezza lieve e gentile.
« Hai un'aria strana, Miley » mormorò Remus, scrutandola di sottecchi. « Che ti succede? »
Lei si riscosse e si fissò le ginocchia. « Niente » rispose. « Stavo solo pensando ».
Lui, però, non parve convinto e continuò a studiarla, sovrappensiero. « Se qualcosa non va, puoi parlarmene... se ne hai voglia » sussurrò.
Miley sospirò e uno sbuffo di fumo fuoriuscì dalle sue labbra increspate. C'era un pensiero che la tormentava e non riusciva a scrollarselo di dosso, neanche in un momento meraviglioso come quello, un momento che lei aveva sempre distrattamente sognato. Perché anche una semplice chiacchierata con lui, lei l'aveva sempre desiderata. Ma ora, se solo avesse iniziato a pensare alle sue preoccupazioni, probabilmente avrebbe rovinato ogni cosa.
Remus intanto non smetteva di osservarla con attenzione, cercando di capire cosa le fosse successo. Voleva che lei provasse a raccontare.
« Conosci Meredith Foster? » domandò lei infine, tenendo lo sguardo basso.
Lui annuì lentamente. « Hanno assassinato tutta la sua famiglia una settimana fa » mormorò, ricordando l'articolo sulla Gazzetta del Profeta.
Lei restò per qualche attimo in silenzio, accarezzando l'erba. « E' la mia migliore amica ».
Remus trattenne d'istinto il fiato e serrò gli occhi, riaprendoli un istante dopo.
« Erano Babbani... e non c'entravano niente » disse Miley, i capelli che le coprivano il viso. « Adesso è tornata a scuola. Mi ha detto che l'unico posto in cui ha voglia di vivere è qui ad Hogwarts, che ha bisogno di me... ma io non riesco nemmeno a guardarla negli occhi ».
Lui ascoltò il suono della sua voce flebile, un groppo alla gola che gli impediva di parlare. Avrebbe dovuto dire qualcosa, provare a consolarla, ma non riuscì a fare nulla. Si limitò a guardarla, immobilizzato dall'orrore per quel che lei gli stava raccontando.
« Il dolore degli altri è la cosa che odio di più al mondo » proseguì lei. « Ho sempre pensato che preferirei star male io piuttosto che le persone vicine a me. Forse riuscirei a sostenere il dolore chiudendo gli occhi, sognando qualcosa di bello, come faccio sempre, mentre gli altri... ho sempre paura che non abbiano la forza necessaria per riuscirci. E quando sono gli altri a provare dolore, so che non esiste un modo per aiutarli ed è frustrante ».
Si voltò a guardarlo negli occhi e si morse il labbro, cercando di fermarsi lì ma senza riuscirci.
« Come si fa a sopportare la sofferenza negli occhi degli altri? » gli chiese, come se desiderasse davvero una risposta da parte sua. « Come si fa a restare lì a guardarla senza fare niente? Io non ce la faccio... Non riesco a... » Sospirò, stancamente, abbassando nuovamente lo sguardo. « Vorrei solo che stesse bene, ma non è possibile. Vorrei... solo che qualcuno la aiutasse. Una ragazza di sedici anni dovrebbe preoccuparsi dei M.A.G.O. dell'anno dopo, dell'insegnante che odia... non... non di questo. Non è giusto ».
Remus pendeva dalle sue labbra e non riusciva a respirare. Si sentiva come se avesse appena scoperchiato un tesoro dal valore inestimabile, come se avesse scoperto qualcosa di meraviglioso senza esserselo aspettato. Miley, improvvisamente, si mostrava a lui, per bisogno, per irrefrenabile necessità, nella sua purezza, in quella che forse non era neanche bontà, ma più un sentimento di umanità che le scoppiava nel cuore e dilagava ovunque, travolgendo ogni cosa. L'aveva sempre pensata come una ragazza solare ed estremamente gentile, ma non avrebbe mai potuto credere che nascondesse un mondo interiore tanto vasto, tanto unico, tanto stupefacente. Perché, si sa, le persone che soffrono si mostrano per ciò che sono, non hanno la forza di provare a fingere.
« Ci sono un miliardo di ingiustizie a questo mondo, adesso più che mai » mormorò lui infine. « Questa guerra sta mettendo tutti alla prova in maniera terribile, brutale, a volte. Sai meglio di me che Voldemort non guarda in faccia nessuno quando decide di distruggere una vita. L'innocenza, la bontà smettono di esistere con lui, ma allo stesso tempo sono la nostra vera forza. Non c'è niente che possiamo fare se non resistere e cercare di tenerlo a bada, e lo faremo. Tu... tu sei forte, io lo sento. Forse non ti conosco fino in fondo, forse non so, quello che dico per te non ha senso, ma... sappi che se Meredith ha bisogno di te, non devi per forza cercare chissà quale modo per aiutarla, perché basti tu ».
Quando Miley alzò lo sguardo, aveva gli occhi colmi di stupore. Remus le aveva mostrato una verità semplicissima che lei non era riuscita a cogliere. A 
Meredith non serviva una cura al dolore che non esisteva, non servivano chissà quali discorsi inutili per tirarla su di morale... 
A Meredith servivano affetto, vicinanza, silenzio. A Meredith serviva Miley e lei ci sarebbe stata.
« Grazie » disse, la voce piena di sentimento. « Grazie, Remus ».
Lui sorrise appena e le accarezzò una guancia, dolcemente. Miley aveva gli occhi lucidi e sbattè più volte le palpebre per calmarsi.
Tra loro ricadde il silenzio e si abbandonarono col capo poggiato alla corteccia dura dell'albero, osservando il cielo. Per un po', nessuno dei due disse nulla.
« Profumi di cioccolato » mormorò lei dopo un po', voltandosi a guardarlo. « Perché profumi di cioccolato? »
Remus sorrise e trafficò con le tasche della felpa, estraendone una tavoletta del miglior cioccolato di Mielandia.
« Per questo » rispose, mostrandogliela.
« Lupin » disse lentamente Miley, « tu vai in giro con il cioccolato in tasca? »
« Da anni » precisò lui allegramente. « Il cioccolato è la mia vita, Miley... Vuoi? » le chiese, scartandolo.
La ragazza annuì. « E dimmi un po', come mai tutto questo amore per la cioccolata? » chiese, prendendo un po' sbigottita la mezza tavoletta che lui le porgeva.
« Perché il cioccolato è la cosa più buona del mondo » spiegò Remus con semplicità, addentandone un pezzo.
« E tu riesci a mangiarne mezza tavoletta in un colpo solo? » si incuriosì lei, disorientata.
« Mezza tavoletta è una routine ormai assodata » fu la risposta. « Riesco a fare molto meglio. Tu, invece... riusciresti mai a farlo? »
Miley ingoiò il cioccolato e riflettè con calma, poi incrociò le braccia al petto e lo studiò. « Mi stai sfidando, per caso? »
Remus trattenne una mezza risata e scrollò le spalle, senza riuscire a mascherare il divertimento. « Se dicessi di sì? »
« Oh, John, vedrai » rise di rimando lei, guardando prima lui, poi il cioccolato con aria di sfida.
« John? » chiese lui, stranito, inclinando il capo.
« John » ripetè lei, annuendo. « E' il tuo secondo nome, no? Ti sta bene ».
John. Nessuno lo aveva mai chiamato così. Sorrise. Gli piaceva. « Come lo conosci? » domandò, incuriosito.
« Una volta, l'anno scorso, credo, ho sentito Sirius gridarlo per tutto il corridoio del terzo piano » spiegò Miley, cercando di ricordare il perché. « Credo che a nessuno qui al castello sia sfuggito che ti chiami Remus John Lupin... Adesso non mi ricordo bene, mi pare che Sirius borbottasse qualcosa su delle mutande che gli avevi bruciato » concluse, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Remus scoppiò a ridere. Ricordava benissimo la scena. « Mi ha rincorso per tutti e sette i piani e giù per il parco perché ho dato fuoco a qualche paio delle sue mutande, le sue preferite » raccontò. « Devi sapere che Sirius ha una passione perversa per le mutande ed io dovevo vendicarmi perché lui aveva copiato il mio tema di Storia della Magia. Penso che nulla lo avrebbe fatto infuriare più di quello, neanche se avessi dato fuoco a James ».
Miley era piegata in due dalle risate. Non capiva perché ultimamente dovesse sentire tante chiacchiere sulle mutande di chiunque.
« Fai tanto il santarellino, ma sotto sotto sei il più Malandrino di tutti, eh, Remus? » disse, picchiettandosi l'indice sul mento.
« Lo credi davvero? » chiese lui, sorridente. « Beh... non riesco a trovare argomenti validi per difendermi ».
Ed effettivamente, malgrado il viso angelico, i modi educati e la fama di perfetto studente, Remus spesso si ritrovava ad essere una delle vere menti del gruppo, pronto ad architettare la nuova epica impresa dei Malandrini che sarebbe dovuta entrare negli annali ad Hogwarts e imprimersi nelle menti di tutti.
La luce malandrina nello sguardo non gli mancava di certo, e Miley l'aveva notata, soprattutto quel giorno.
Per un po' non fecero che accarezzare l'erba su cui sedevano, gettandosi occhiate distratte, senza parlare. Quel pomeriggio si stava rivelando meraviglioso per entrambi. Miley si sentiva quasi galleggiare tra le nuvole, perché ancora le pareva impossibile che fosse finita lì, sotto quel faggio, a ridere e a confidarsi in libertà con il ragazzo che le piaceva da tempo. Remus, d'altro canto, aveva trovato in lei una continua sorpresa e non si stancava di star lì in sua compagnia.
« Ti sei mai ritrovato a fantasticare sulle persone intorno a te? » domandò lei all'improvviso.
Lui la scrutò, senza capire.
« Io spesso comincio a osservare la gente e a immaginarmi quello che le capita » proseguì Miley. « Ad esempio, mmm... guarda quella lì » e indicò una ragazza dai lunghi capelli biondo cenere che vagava da sola, un po' incerta sulle sue stesse gambe. « Sembra totalmente sperduta, no? Magari... magari ha appena dato il suo primo bacio! Oppure, quei due bambini » e fece un cenno verso due ragazzini del primo anno, a giudicare dall'aspetto, seduti a terra a parlottare tra loro, « chissà, forse stanno pensando di combinare qualche guaio, proprio come facevate voi quattro sin dal primo anno! »
Rise sommessamente, osservandoli con sincero interesse, perdendosi in chissà quali pensieri. Remus la osservava, piacevolmente stupito, e non riusciva a distogliere lo sguardo. Miley era strana sotto certi punti di vista. Viveva in un mondo tutto suo che sembrava meraviglioso. E lui era curioso, voleva saperne di più, scoprire ancora, cercare più a fondo.
« Prova anche tu! » lo incoraggiò allegramente dopo qualche secondo di silenzio. « Guarda quel ragazzo laggiù! »
Remus seguì la traiettoria del suo sguardo e intravide un ragazzo seduto sulla riva del lago con il capo fra le braccia.
« Oh, quello lì... » cominciò a dire.
« ... lo ha sicuramente mollato la sua ragazza » completarono in coro, scoppiando a ridere un attimo dopo.
Non riuscirono a smettere per un po' e Miley, alla fine, si ficcò in bocca l'ultimo pezzo di cioccolato per soffocare le risate, con il solo risultato che si affogò, battè la testa contro il tronco dell'albero, ricominciò a ridere più forte di prima con le lacrime agli occhi e smise di respirare.
Era davvero un'imbranata, ma la cosa aveva smesso di pesarle. Inoltre, Remus trovava i suoi modi goffi estremamente divertenti.
« Ti sei fatta male? » le chiese tra le risate, cercando di reprimerle in qualche modo.
Lei asciugò le lacrime che le rigavano le guance con il dorso della mano, scossa ancora da convulsioni di risa. « Oh, come sei premuroso, John, ti vedo veramente preoccupato per la mia salute! » scherzò, massaggiandosi il capo. « In tutti i casi, guarda un po'... ho finito il cioccolato e ho vinto! »
« Non avevamo scommesso nulla » obiettò lui con finto fare saccente.
Miley scrollò le spalle. « Ho vinto la soddisfazione di aver vinto » replicò. « E ho vinto anche cinque chili in più, credo, perché mangiare tutto quel cioccolato è stato micidiale, per Merlino... »
Remus ricominciò a ridere. Non ricordava di essersi mai divertito tanto, se non in compagnia dei Malandrini. Ridere era sempre così bello... e lei pareva non stancarsi mai. Il suo sorriso era meraviglioso e aveva il labbro inferiore leggermente imbrattato di cioccolata, cosa che, secondo lui, la rendeva perfetta.
Trascorsero insieme gran parte del pomeriggio, ridendo insieme, chiacchierando su tutto, passeggiando lungo la riva del lago.
Miley iniziò ad arrossire raramente, Remus sempre più. Fu semplice per entrambi passare del tempo insieme. Alla fine, quando si salutarono, pensarono di dover ringraziare l'altro per qualcosa, ma lo fecero in silenzio. Quando tornarono alle rispettive Sale Comuni, sia lui che lei sentirono rimbombare ripetutamente il suono della risata dell'altro nella mente... Nessuno dei due, però, volle chiedersi perché.
 
 
*  *  *
 
 
Il banchetto di Halloween si preannunciava spettacolare come sempre, grazie anche al duro lavoro di quei poveri quattordici ragazzi.
Era quasi ora di cena e i Malandrini si stavano dirigendo in Sala Grande, ridendo spensierati tra loro.
« Secondo voi, sarebbe buono un pipistrello in crosta? » domandò Sirius, sempre curioso di scoprire nuovi sapori. « Io proverei... »
« Magari, se non sapessimo di che si tratta, lo mangeremmo senza problemi » convenne James, annuendo convinto. « Dovremmo chiedere a mamma di prepararcelo, quando torniamo a casa. Papà lo mangerebbe di sicuro ».
« Charlus mangerebbe di tutto » precisò l'altro. « Anche te in crosta, Ramoso ».
« Ma i pipistrelli ci voleranno intorno anche mentre mangiamo? » squittì Peter, terrorizzato. « Che schifo! »
« Codaliscia, sei davvero un idiota » intervenne Remus, scuotendo il capo. « I pipistrelli sono tanti te con le ali, di che diavolo hai paura? »
Il ragazzo riflettè a lungo sulla questione. « Hai ragione » risolse infine. « Non fa una piega ».
Arrivati in Sala Grande, presero posto sulle panche accanto alle ragazze, come da abitudine.
« Evans, ciao, ti va di uscire con me? » chiese James appena vide la chioma rosso scuro della ragazza.
Lei lo fissò, imperscrutabile e per nulla sorpresa. « No, Potter » rispose semplicemente.
« Grazie, Lily, era da tanto che non me lo sentivo dire » sospirò lui, sorridendo.
Lily sorrise di rimando. « Non c'è di che, James, è sempre un piacere » rispose, facendolo ridere.
Si guardarono un po' intorno, congratulandosi con se stessi per la bellezza delle decorazioni, mentre si sentiva Alan, lì vicino, vantarsi con chiunque gli capitasse a tiro del suo splendido lavoro. Sulle loro teste volteggiava la zucca sulla quale Sirius aveva inciso la condanna a morte di Mary senza curarsi di rimuoverla, tanto che era ancora perfettamente visibile anche a quella distanza. La zucca un po' ammaccata che era atterrata su quel malcapitato di Peter, invece, vagava attorno al tavolo di Corvonero e James sperò che precipitasse nuovamente, magari sulla testa vuota di Matt Davies.
Da lì l'idea. La pensata geniale. Lo scherzo di Halloween perfetto. La malandrinata.
« Ragazzi » disse James, fissando un punto indistinto del tavolo, tutto preso dai suoi contorti ragionamenti.
« Quello sguardo non mi piace » disse subito Peter, osservandolo con attenzione e paura. « Spara, dai ».
James fece per parlare, ma Sirius lo interruppe, estremamente entusiasmato.
« Ha avuto un'idea geniale, di sicuro » asserì con fermezza, una strana luce nello sguardo. « Avanti, amico, parla, stiamo aspettando ».
Lui dischiuse nuovamente le labbra per iniziare a raccontare, ma a impedirglielo fu Remus.
« Senti, James, conosco quello sguardo, non puoi combinare guai al banchetto di Halloween » lo redarguì, severo. « Noi non ci stiamo, qualunque cosa sia ».
« Lunastorta, ma per piacere, parla per te! » esclamò Sirius, scocciato, mentre James iniziava un tantino a stancarsi. « Dai, James, spiegati ».
« Tu non farai niente di niente » lo rimproverò l'altro, cercando di sembrare intransigente senza riuscirci molto bene.
« Sei un Malandrino delle mie regali balle ».
James li fissò, esasperato. « Avete finito? » chiese, le sopracciglia inarcate. Loro annuirono contemporaneamente. « Bene. Allora, vi va di movimentare un po' questo altrimenti piattissimo nonché nostro ultimo Halloween ad Hogwarts? »
Raccontò loro il suo brillante progetto malandrino e, al termine della spiegazione, Sirius si accese di un tale entusiasmo che cominciò a ridere incontrollabilmente, sotto lo sguardo sbigottito dei Grifondoro vicini, a cui lui pareva non prestare la minima attenzione.
« E' la cosa più fica che abbia mai sentito nello squallore di quest'inizio d'anno! » esclamò, senza neanche accorgersi che i piatti d'oro avevano iniziato a rimpiersi di pietanze, sintomo della colossale importanza che attribuiva al piano malandrino di James. « Lo facciamo per concludere in bellezza il banchetto? Dev'essere qualcosa di indimenticabile, HA! »
« Calmati, Felpato » rise James, cominciando a mangiare. « Sarà difficile non farci vedere. Lunastorta, Codaliscia... voi siete con noi? »
Peter annuì immediatamente, senza neanche pensarci due volte, mentre Remus pareva in guerra con se stesso. Aveva una mano tra i capelli e pareva che stesse ragionando velocemente sul da farsi, nel tentativo di ritrovare il buonsenso che gli impedisse di prendere parte a quella follia.
Il Prefetto e la mamma che erano in lui gli consigliavano vivamente di discostarsi da quell'idea balorda, che non avrebbe fatto altro che cacciarli di nuovo nei pasticci, mentre la parte malandrina della sua mente altrimenti sana lo incitava ad aiutare gli amici nell'epica impresa.
« Però sarebbe davvero fantastico... » stava borbottando tra i denti, probabilmente parlando con se stesso. « Ma io non posso... però è l'ultimo anno... Tanto, ormai, ne abbiamo fatte tante... Okay » disse poi a voce più alta. « Ci sto ».
Seguirono manifestazioni varie di giubilo da parte dei Malandrini e Remus già si pentì di aver accettato.
Mangiarono a gran velocità, aspettando il momento propizio per agire. Alla fine, arrivati al dessert, decisero di dare il via al piano.
« Che abbia inizio lo show » sussurrò James con un sorriso.
Peter e Remus si misero in posizione strategica, pronti a coprire i veri e propri malfattori che si sarebbero occupati della parte pratica dell'operazione.
Quando James fu sicuro di essere ben nascosto alla vista di tutti, almeno per quanto riguardava la bacchetta stretta in mano, si voltò ed individuò la vittima predesignata: Gazza e Mrs Purr stavano come sempre ritti all'entrata della Sala Grande, osservando il banchetto. Il custode, con i suoi abiti laceri e sporchi, gettava di tanto in tanto qualche occhiata amorevole verso la gatta spelacchiata accucciata ai suoi piedi.
Era tutto perfetto e Sirius, con uno sguardo, suggerì a James di iniziare. Il ragazzo agitò la bacchetta in direzione dell'ignaro animale e la gatta, all'istante, si sollevò da terra e iniziò a volteggiare sempre più su, seguendo la direzione che l'artefice dell'incantesimo suggeriva come un direttore d'orchestra. L'attenzione di tutti fu subito attratta dall'insolito spettacolo e molti studenti scoppiarono a ridere, mentre altri trattennero il fiato, confusi, volgendosi verso il compagno al loro fianco per cercare di capirci qualcosa. Gli insegnanti, invece, fissavano il custode che iniziava a perdere il senno, pietrificati.
« La mia gatta! La mia gatta! » strillava, cercando di rincorrerla. « Mettetela giù! Maledetti studenti... canaglie... lo so che c'entrate voi! Appena vi prendo... »
I Malandrini tentarono di non dare nell'occhio e si limitarono a ridere come gran parte dei Grifondoro della tavolata.
Il volo di Mrs Purr, che aveva iniziato a miagolare sguaiatamente, graffiando l'aria, terminò quando James la fece atterrare su una zucca che volteggiava serenamente tra il tavolo di Serpeverde e quello di Corvonero. La povera gatta iniziò a camminare avanti e indietro, troppo spaventata dall'altezza per fare un passo più del dovuto. Alla fine, si accucciò al centro della zucca e continuò a miagolare disperata, mentre Gazza accorreva verso di lei, posizionandosi esattamente sotto la sua nuova postazione.
« Scendi! » esclamò il custode, protendendo le braccia al vuoto. « Ti prendo! Mrs Purr! »
Sirius non riuscì a trattenere le risate. Scarlett, lì vicino, si voltò a guardarlo, comprendendo tutto all'istante. Lui lo notò e le lanciò un occhiolino complice che la fece stranamente arrossire e sorridere.
« Tocca a te, Felpato » bisbigliò James. Il ragazzo si riprese e tornò a concentrarsi, mentre Remus lo copriva alla perfezione.
Con un solo colpo di bacchetta e un semplice incantesimo non verbale fece precipitare la zucca che aveva fatto da trono a Mrs Purr, così che atterrò esattamente sulla testa di Gazza proprio come quella mattina era capitato a Peter.
Nella Sala Grande scoppiò il tripudio. Sirius, utilizzando l'Incanto Locomotor, prese possesso dei movimenti della zucca, pregustando il divertimento.
« Mrs Purr! » gridava il custode nel frattempo. « Sei viva? Non ci vedo! Non vedo niente! »
La gatta, che era atterrata saldamente sulle quattro zampe, saltellava intorno al padrone nel tentativo di aiutarlo, infastidita dal fumo che fuoriusciva dalla candela ormai spenta e poggiata a terra.
Ma per il povero Gazza non era affatto finita lì. In quel momento, Sirius iniziò a far muovere la zucca a suo piacimento, e con essa l'uomo. Lo fece andare a sbattere contro Matt Davies, il primo della lista che avrebbe dovuto subire danni. Il ragazzo tentò di ripararsi dietro un compagno ma il custode gli cadde rovinosamente addosso, facendolo cozzare contro il tavolo. In seguito, il Malandrino lo fece volteggiare per un po' per poi farlo crollare contro Piton, che aveva osservato la scena sotto shock. Il Serpeverde cozzò contro la ragazza che gli sedeva vicino, facendola indispettire non poco.
« Posso completare in grande? » domandò Sirius a bassa voce.
« Devi, fratello » rispose James con un gran sorriso.
Il ragazzo annuì e guidò la zucca verso il tavolo degli insegnanti. Gazza precipitò sugli scalini, probabilmente frantumandosi la gabbia toracica, ma Sirius lo fece rialzare, portandolo verso la lunga tavolata. La povera vittima, come previsto, sbattè contro il tavolo e ci finì sopra, facendo schizzare il succo di zucca della brocca di fronte a lui sulla faccia degli insegnanti vicini. I Malandrini pensarono di aver fatto abbastanza e il viaggio del custode terminò lì.
Scoppiarono a ridere insieme agli altri, mentre Lumacorno si affrettava a liberarlo dalla zucca ben piazzata sulla sua testa.
« Per la barba di Merlino... » borbottò non appena libero, l'aria totalmente stravolta. « Signor Preside! Professor Silente! »
Zoppicò verso di lui, rosso in volto e si poggiò al bordo del tavolo per tenersi fermo, visto che la testa gli girava dolorosamente.
« Professor Silente, è stato uno studente, sono sicuro! » esclamò, annuendo ripetutamente. « Quei quattro ragazzacci... devono entrarci qualcosa... Qui bisogna punire qualcuno! La mia gatta... Dov'è la mia gatta? Sta bene? » domandò poi, guardandosi intorno con aria maniacale.
Mrs Purr gli venne subito incontro, zampettando a gran velocità, viva, vegeta e in salute.
« Bisogna acciuffarli, signor Preside » proseguì l'uomo, determinato a punire adeguatamente i colpevoli di cui già immaginava l'identità.
« Li troveremo, Argus, sta' tranquillo » lo rassicurò Silente in tono pacato. « Adesso va', su... »
Il custode si allontanò con la gatta fra le braccia, furioso, gettando occhiate malevole verso tutti quanti gli studenti.
Silente, con la massima tranquillità e un lievissimo sorriso, soffermò per qualche istante lo sguardo sui quattro Malandrini che ridevano, ma loro non vi fecero caso. Il piano era riuscito alla grande.
In Sala Grande si fece fatica a riportare l'ordine. Le risate non si esaurirono per un bel po', ma alla fine il banchetto giunse al termine in maniera piuttosto tranquilla. Quando tutti stavano per andare via, un Tassorosso raggiunse James di corsa.
« James, James! » lo richiamò, affannato. Il ragazzo si voltò. « Amico, ciao, devo dirti una cosa... »
« Dimmi tutto » rispose il ragazzo, affabile.
« Questa sera, i nostri Caposcuola non possono fare la ronda. Sono in Infermeria per colpa di un gruppo di Serpeverde e i Corvonero l'hanno avuta pochi giorni fa, non abbiamo molta voglia di chiederla a loro... Mi dispiace tanto dovertelo chiedere, amico, tu e Lily, per caso, potreste...? »
« Ma certo » si affrettò James, sorridendo gentile. « Però, beh, per me va bene, ovviamente, ma dovrei chiederlo a Lily... Solo un secondo ».
Si voltò in cerca della ragazza e la individuò poco distante da lì, diretta verso l'uscita della Sala Grande.
« LILY! » urlò, per farsi sentire oltre il chiacchericcio fitto degli studenti ammassati. « LIIIIILY! EVANS! Dai, non voglio invitarti a uscire, Evans! »
La ragazza si voltò, mascherando un sorriso e gli si avvicinò. « Questo mi rincuora, Potter » disse, quando gli fu accanto. « Che hai da urlare? »
« Evans, c'è un problema » rispose lui, passandosi una mano tra i capelli. « Cioè, per me non è un problema, è un dono meraviglioso che Godric mi ha mandato, in realtà... Beh, questa sera dovremmo sostituire i Tassorosso per la ronda. Tu... insomma... potresti...? »
Lily sospirò. « Tempo extra con te, Potter? » chiese, incrociando le braccia al petto. « Merlino mi vuole proprio male! » ma sorrideva. « Sì, facciamola pure ».
James esultò interiormente e salutò l'amico, che andò via più rilassato.
Dopodiché, i due si diressero verso gli amici per avvisarli.
« Sei una gran sfigata, amica mia » commentò francamente Alice alla notizia.
« Sfigata? » fece Scarlett, ridendo. « E' una seratina con James, andiamo! Il dolce James... il bel James... quel figo di James! Avete presente? »
« Sei da sposare, Scarlett » arrivò la voce del tanto lodato ragazzo, che si era avvicinato. Le circondò la vita con le braccia e la baciò tra i capelli.
Le ragazze sorrisero. Tutte tranne Lily, che osservava la scena senza batter ciglio, immobile e con una luce nello sguardo piuttosto strana.
« Non aspetto altro, lo sai » stava rispondendo invece Scarlett, ridendo.
James si allontanò e le accarezzò una guancia. « Comunque, adesso, io e quello splendore della Evans dobbiamo andare. Giusto, Evans? »
Lily annuì distrattamente, senza far molto caso alle sue parole. Le ragazze la salutarono allegramente e li guardarono andar via.
Camminarono in silenzio fino al primo piano, poi James decise di rompere il ghiaccio.
« Mi dispiace che tu non abbia potuto goderti i festeggiamenti per Halloween » borbottò, piuttosto imbarazzato. Aveva l'impressione che Lily fosse molto scocciata per l'imprevisto, ma era solo una sua paura. Lei non lo era affatto.
« Ma no, a me dispiace per te » rispose lei con un sorriso. « Lo so che sei sempre l'anima delle feste ».
« Oh ». James sorrise e scosse il capo. « Sì, è vero, mi piace fare baldoria insieme a Sirius... Comunque, no, io... io sto bene qui ».
Annuì e Lily fu felice di sentirglielo dire. Aveva notato con crescente stupore che James, in fondo, al contrario di quanto credeva, era sempre molto carino.
« Bello scherzo, prima » buttò lì lei, giocherellando con la bacchetta.
Lui si voltò a fissarla, con un mezzo sorriso. « E sentiamo, Evans, chi ti ha detto che sono stato io? » domandò, inarcando un sopracciglio.
« Un pipistrello di passaggio » rispose lei soave. « Su, Potter, non prendiamoci in giro, quello scherzo portava la tua firma! E poi mi sono divertita ».
« Ti sei divertita? » ripetè James, sgranando gli occhi. « Allora okay, sì, sono stato io ».
Lily rise, alzando gli occhi al cielo.
« Ma aspetta » riprese lui, confuso. « Tu non eri il super Prefetto Perfetto, Lily Evans? »
« Mai stata, James Potter » replicò lei, sorridendo beffarda. « Che concezione che avete voi Malandrini di me... mi fate sembrare un'insopportabile Caposcuola secchiona ».
« Perché, non lo sei? » fece James, sogghignando malandrino.
Lily si voltò come una furia. « Ma come ti permetti? » esclamò. « Inutile, Potter, sei sempre lo stesso, sempre il solito tonto che spara a zero su tutti e... »
« Oh, certo, sono un tonto » annuì lui, facendola innervosire non poco. « Una non insopportabile Caposcuola secchiona avrebbe riso alla mia provocazione ».
La ragazza boccheggiò, sconvolta, mentre l'aria di James si faceva sempre più soddisfatta e compiaciuta.
« Non rido perché non sei simpatico, Potter, ecco perché » replicò pungente.
Il sorriso di lui si accentuò. Stuzzicare Lily era una delle cose più divertenti del mondo. E lui trovava del divertimento praticamente ovunque.
« Tu sei simpatica, invece? » chiese, affondando le mani nelle tasche e fischiettando tranquillo.
« Molto » ribattè lei, annuendo più volte. « Moltissimo. Lo dicono tutti, chiedi in giro ».
James scoppiò a ridere, guadagnandosi un pugno ben assestato sul braccio. « Grande senso dell'umorismo » commentò, senza perdere il suo ghigno.
« Sei un maledetto idiota ».
« E tu una credulona ».
« Ti odio ».
« Io neanche un po' ».
Lily arrossì e rise. Maledetto idiota.
« Comunque, miss divertimento, io dovrei detestarti sul serio, lo sai, sì? » proseguì James, sovrappensiero. « In sei lunghissimi anni hai sventato innumerevoli piani malandrini, il che, per me, è imperdonabile. Come pensi di farti perdonare, a tal proposito? Parla, Rossa ».
La ragazza pensò che non avesse tutti i torti. Durante la sua carriera scolastica si era occupata in prima persona, proprio come fosse stata una questione strettamente personale a cui teneva particolarmente, dell'operazione che prevedeva il mandare a monte qualsiasi piano avessero in mente quei quattro delinquenti. Non è che avesse trionfato molto spesso, visto che i suddetti quattro elementi non erano dei novellini nel mestiere e sapevano bene come muoversi, ma si era comunque data da fare in maniera assai lodevole, sfruttando tutte le sue qualità di detective, che i Malandrini, tra parentesi, non avevano mai osato sottovalutare. Malgrado il terrore che quella ragazza infondeva in molti, però, e l'attenzione che i quattro riservavano ai suoi movimenti quando era in corso una malefatta, i piani diabolici dei ragazzi erano quasi sempre andati in porto e Lily aveva sempre pensato - e a ragione - che avessero armi a lei e a tutti sconosciute.
« Farmi perdonare, dici? » scherzò lei, con un'aria furba e dispettosa sul viso. « Voi, e tu in particolar modo, dovreste prostarvi ai miei piedi chiedendomi scusa per la salute mentale e fisica che mi avete fatto perdere, per il tempo che mi avete sottratto con le vostre malefatte e per... per... »
« ... per la ragazza schizofrenica che ti abbiamo fatto diventare? » completò James, avvicinandosi a lei con un sorrisetto stampato in volto.
« In realtà sì, anche per quello » rise lei, dandogli un buffetto sulla guancia. « Ecco perché non sono più simpatica come una volta... »
« Lily, io scherzavo » si affrettò a dire James, d'un tratto preoccupato che si fosse offesa. « Davvero, io ti trovo simpaticissima, anche per questo io... »
Si morse il labbro. Completare la frase non era una buona idea visto che sarebbe suonata un po' come ... voglio mettermi con te in questo esatto momento, urlarlo al mondo, sposarti subito dopo, costruire una famiglia, avere tanti bambini e una casa da sogno e vivere con te per sempre.
« Lo so, Potter » rise lei. « Anch'io scherzo. Ma mi piace troppo vederti mentre ti affanni a chiedermi scusa. Ti prego di farlo più spesso ».
James prese un lungo respiro e scoppiò a ridere. Quella ragazza...
Continuarono a camminare e ridere per un bel po', percorrendo corridoi semibui, passaggi segreti, passando accanto ad aule vuote, intravedendo Pix che cercava di scaraventare a terra un armadio alto cinque metri... quando, arrivati al settimo piano, avvertirono delle voci che parlottavano concitate tra loro.
Si accostarono silenziosamete contro il muro, la bacchetta stretta in pugno, cercando di capire cosa dicessero.
« ... strano che non siano ancora arrivati » stava finendo di dire un ragazzo dalla voce cupa.
« Quegli stupidi idioti » commentò qualcun'altro, il tono derisorio che lo faceva sembrare piuttosto ottuso. « Digli pure che vengono e li faccio saltare in aria in un secondo. Mi ci diverto un mondo se hanno il fegato di venire ».
« Smettila, Goyle » disse una voce melliflua che James e Lily riconobbero all'istante. « Non farai saltare in aria proprio nessuno. Piuttosto, dobbiamo stare attenti. Se Avery non si sbriga, cominceremo senza di lui. Io non voglio ospiti ».
James e Lily si scambiarono uno sguardo d'intesa e si mostrarono all'improvviso. Lui stette ben attento a precederla e a tenerla dietro di sé.
Si ritrovarono di fronte un gran bel gruppetto di loro vecchie conoscenze: Mulciber, Goyle, Macnair, Regulus Black e Piton.
« Qualche ospite, invece, credo che dovrai proprio accoglierlo, Mocciosus » disse James, facendo sobbalzare tutti. « E, Goyle, è meglio se rimetti a posto quella bacchetta se non vuoi finire in Infermeria in meno di due minuti ».
Il ragazzo, fissandolo con enorme disgusto, riabbassò la bacchetta ma non la ripose nel mantello.
« Allora » proseguì lui, osservando con aria compiaciuta il quadretto. « Cosa ci fanno qui riuniti tutti questi bravi ragazzi la notte di Halloween? Non era di vostro gradimento la festa in Sala Comune e avete pensato di organizzarne un'altra più divertente tra di voi? Lily, tu che ne pensi? » domandò, voltandosi a guardare la ragazza. « Secondo te stavano solo tentando di mettere in piedi un triste festino solitario? »
Lei non rispose. Era tutta intenta a squadrare ad uno ad uno i Serpeverde, evitando accuratamente di incrociare il freddo sguardo di Piton che dardeggiava tra i due Caposcuola. A lui, infatti, non era sfuggito affatto il modo in cui James l'aveva chiamata. Lily. Da quando gli permetteva di chiamarla così?
« Che ci fai tu qui? » esclamò Mulciber. « Non toccava a voi essere di guardia, stanotte ».
« Oh, ma guarda un po', come siamo informati » disse Lily, picchiettandosi le punte delle dita sulla guancia. « E sentiamo, tu come lo sai? »
Lui si zittì, lo sguardo sperduto, consapevole di aver commesso un passo falso.
« Gliel'ho detto io » intervenne Piton.
Lily sollevò di scatto lo sguardo e lo riabbassò in fretta, ritraendosi.
« Beh » riprese James, lanciandole un'occhiata rapida. « Allora saprai anche che per colpa di qualche vostro amico i Tassorosso sono in Infermeria. Avreste dovuto avvisarli della vostra festicciola, mi sa... Aspettavate loro con tanta gioia, quindi? Tu, Goyle, avevi voglia di un po' di... fuochi d'artificio? »
Tra i Serpeverde piombò il silenzio. Alcuni iniziarono a fissarsi le scarpe, mentre altri, i più spavaldi, tra cui Piton, continuarono a sfidare con lo sguardo i due ragazzi, pur sapendo di essere palesemente con le spalle al muro.
« Stai sempre a ficcare il naso ovunque, Potter » ricominciò infatti Piton, scontroso. « Cos'è, adesso ti è venuta voglia di fare il Caposcuola responsabile? Sei ridicolo... Lo hanno capito tutti, prima, che a fare quello scherzo idiota a Gazza siete stati tu e il tuo inseparabile amichetto Black ».
James sorrise, imperturbabile. « Oh, notevole, Mocciosus, e dimmi, ci sei arrivato tutto da solo o hai seguito le voci? » chiese, fingendosi ingenuamente curioso. Le guance pallide del ragazzo si tinsero leggermente di rosso.
« Come sei spiritoso, Potter... » commentò a bassa voce, sprezzante.
« Mai quanto te » lo derise James. « Ma tornando all'argomento centrale della questione... cos'è che facevate qui riuniti? Vogliamo saperlo ».
Inaspettatamente, Regulus scoppiò in una risata tetra, per certi versi molto simile a quella del fratello, ma totalmente priva della pienezza e della gioia di quella di Sirius. Anche i capelli neri sugli occhi gli conferivano un alone di mistero che richiamava molto l'aria di distratta eleganza dell'altro Black.
« E per quale arcano motivo dovremmo dirlo a te, Potter? » disse, spavaldo.
« Perché siamo Caposcuola, Black, e voi siete in giro senza permesso a parlottare tra voi su come far fuori quelli di Tassorosso » rispose Lily. « E quello che ci chiediamo, a questo punto, è perché vi interessa tanto mettere fuori gioco i Caposcuola che hanno il turno di guardia se non avete nulla da nascondere ».
Esatto. Lily aveva centrato il punto. I Serpeverde, infatti, non replicarono.
« Rivolgeremo i nostri dubbi alla professoressa McGranitt e vedremo cosa ci saprà dire lei » concluse la ragazza. « Dopo di voi, prego ».
I cinque ragazzi si scambiarono occhiate tetre di sottecchi e si trovarono costretti a precederli. James e Lily rimasero qualche passo indietro, gli occhi puntati su di loro mentre parlottavano sul da farsi.
« Credi che avremmo dovuto portarli da Silente? » chiese Lily a bassa voce, titubante.
James scosse il capo. « No » rispose secco. « La McGranitt saprà cosa farne. Potrebbe anche decidere di portarglieli lei... Noi non abbiamo nemmeno la parola d'ordine, quindi non avremmo potuto ».
La ragazza annuì, convinta.
« Comunque, ottimo lavoro » aggiunse lui, sorridendo. « Non sono solo i piani malandrini che ami mandare a monte, allora ».
Lei rise, colpendolo piano sul braccio in maniera affettuosa. Piton lo notò e non riuscì a guardare. Deglutì e continuò a camminare tenendo lo sguardo ben piantato a terra, una strana stretta allo stomaco che non smetteva di infastidirlo.
Per il resto del tragitto nessuno fiatò. Alla fine, James bussò all'ufficio della McGranitt e l'insegnante aprì quasi immediatamente la porta.
« Santo cielo » borbottò, fissando la combriccola senza capire. « Cos'è successo? »
« Professoressa, abbiamo trovato questi cinque mentre chiacchieravano in maniera sospetta al settimo piano » riferì il ragazzo. « A quanto abbiamo capito, aspettavano Avery per iniziare a fare qualcosa, ma non sappiamo cosa. E si aspettavano che arrivassero i Caposcuola di Tassorosso ».
La McGranitt li squadrò uno ad uno, poi si rivolse nuovamente a James e annuì.
« Molto bene » disse. « Potter, Evans... lasciateli a me, vi ringrazio. Buonanotte ».
« Buonanotte, professoressa » risposero i due in coro, allontanandosi.
Sentirono la porta dell'ufficio chiudersi alle spalle dell'insegnante e dopo un po' ricominciarono a parlare.
« Se erano così lontani dalla loro Sala Comune e avevano tutto quest'interesse a far fuori i Caposcuola di guardia, nascondevano qualcosa » disse James, pensieroso. « Non conosco nessun posto al settimo piano che possa servire come nascondiglio a qualcuno... E poi, nascondiglio per cosa? Non capisco ».
Lily ragionò in silenzio per un po'. « Un gruppo di probabilissimi Mangiamorte che si riuniscono per fare qualcosa la notte di Halloween, proprio mentre tutti festeggiano » mormorò. « Tramano di sicuro qualcosa... ma nemmeno Silente potrebbe fare nulla che vada oltre una punizione. In fin dei conti, non abbiamo prove che stessero facendo qualcosa di particolarmente strano o... oscuro ».
« Hai ragione » convenne James. « A Sirius farà piacere sapere i nuovi amichetti che si è fatto suo fratello... »
Lily sorrise amaramente e non rispose, così che tra loro ripiombò il silenzio.
« Lily » fece James dopo un po', piuttosto titubante.
Lei lo guardò con i luminosi occhi verde chiaro. « Sì, James? »
Il ragazzo si mordicchiò il labbro inferiore, esitando. « Mi chiedevo se... » mormorò. « Insomma, posso farti una domanda? Non sei... non sei obbligata a rispondermi, ma ti prego, non arrabbiarti ».
Lily sorrise e scosse il capo. « Certo che no » rispose, limpida. « Dimmi pure ».
James annuì, come per convincere se stesso a parlare, e deglutì prima di iniziare.
« Beh... » cominciò, « io mi chiedevo se... insomma, sto cercando di capire... tu e Piton non vi siete più parlati da quel giorno dopo i G.U.F.O.? »
Si pentì di averlo detto un attimo dopo. Forse - anzi, sicuramente - era stata una domanda troppo indiscreta. Lui, d'altra parte, non aveva nulla a che fare con quella faccenda e la cosa non lo riguardava. O meglio, aveva sempre pensato che fosse stata anche un po' colpa sua se i due avevano litigato, visto che era stato lui a portare Piton al punto di rottura. Solo per la rabbia, infatti, lui aveva insultato Lily, altrimenti non lo avrebbe mai fatto.
La ragazza fissò il pavimento. Non si era aspettata una domanda del genere, ma al contrario di quanto credeva lui, non la trovava inadeguata, stranamente. Era passato quasi un anno e mezzo da quell'accaduto e dentro di lei erano cambiate tante cose. Era cambiata la sua voglia di accettare gli sbagli di Severus, che non erano più solo delle amicizie sbagliate, ma rappresentavano la scelta di una determinata strada da percorrere, strada che, necessariamente, li portava in direzioni opposte; era cambiata la sua tolleranza, che fin troppe volte le aveva fatto sorvolare su comportamenti e atteggiamenti che in altri non avrebbe sopportato; era cambiata la sua visione di Severus, che se prima considerava vittima delle sue debolezze, adesso riteneva artefice pienamente consapevole delle proprie decisioni; era cambiata lei, che col tempo aveva dolorosamente accettato lo stato delle cose ed era andata avanti senza rimpianti, facendo pian piano rimarginare le ferite che la fine di quell'amicizia le aveva lasciato e rafforzando se stessa, nella convinzione che la scelta di mettere un punto a quel rapporto era stata senza dubbio quella giusta. Non poteva negare che ogni tanto ripensava a Severus e a come sarebbe potuto andare tutto senza quella lite, ma poi si rendeva conto che la cosa non la toccava più, che anche il ricordo di quel legame la lasciava fredda e indifferente, forse per la profonda delusione che aveva provato lei nel vedere la freddezza di lui quando aveva pronunciato quelle parole terribili. 
Si accorse in quel momento che, probabilmente, se James le avesse rivolto quella domanda qualche tempo prima, lei si sarebbe infuriata e gli avrebbe urlato contro, tacciandolo di mancanza di tatto ed eccessiva e inopportuna curiosità. Adesso, invece, non vedeva nulla di tutto ciò in lui, forse per quel tono sincero che solo da poco aveva iniziato a notare nelle sue parole, o forse anche per quella leggera titubanza nel porgerle una domanda che magari riteneva scomoda.
O forse perché un'altra cosa era cambiata in lei, almeno in piccola parte: la sua opinione di James. Fu quel piccolo cambiamento, probabilmente, che la portò a rispondere sinceramente, senza filtri né barriere. A mostrarsi del tutto, come faceva lui, e come piaceva fare a lei.
« Sì » rispose lentamente. « Lui è venuto a chiedermi scusa, ma è stato tutto inutile... Non potevo continuare a fingere che andasse tutto bene. Lui ormai aveva deciso della sua vita ed io della mia. Le nostre scelte ci vedevano schierati su fronti opposti, quindi ho detto basta ».
James non seppe cosa dire, infatti tra i due piombò il silenzio. Fu lei, improvvisamente, a riprendere la parola.
« A me fa piacere dare una seconda possibilità a chi se la merita » disse, secca. « Ma lui non se l'è meritata ».
James rimase colpito dalla sua frase, non solo per il suo contenuto, ma soprattutto per il tono che aveva usato. La guardò intensamente, leggendo nel suo volto proprio quello che aveva avvertito dal suono delle sue parole: risolutezza e fermezza, ma anche un po' di durezza che non era solito vedere in lei, al contrario sempre molto morbida, gentile e dolce. Lui capì da ciò che era un tasto che forse non doleva più ma di cui comunque non parlava serenamente, ma dalle sue parole fu certo anche che ormai si trattava di una vicenda giunta a un punto di non ritorno, di un capitolo chiuso, definitivamente.
« Capisco » mormorò infine, distogliendo lo sguardo dal suo volto e guardando in basso.
A quel punto fu il turno di Lily di soffermarsi a guardare James. Lo vide serio, pensieroso, quasi turbato, come se tutta quella vicenda e i vari sentimenti che ne seguivano avessero toccato anche lui. Certo non si aspettava che facesse salti di gioia e ridesse a crepapelle per quello che lei le aveva raccontato, però, in fondo, lui e Severus erano sempre stati nemici e si erano sempre detestati con tutto il cuore, quindi era se non altro umano che James fosse almeno un po' soddisfatto della rottura del suo rapporto con Lily. Ma questo sentimento, se c'era, non trapelava dal suo viso in quel momento, e Lily ne rimase visibilmente colpita, mentre sentiva rafforzarsi dentro di sé la convinzione che sì, aveva fatto bene a rispondere a James e a parlargli di quell'argomento.
Rimasero in silenzio per tutto il tempo, fino a quando non arrivarono davanti il ritratto della Signora Grassa. 
« Amo questa parola d'ordine » disse Lily con un sorriso. « Zuccotti di zucca ».
James rise e la seguì verso la Sala Comune.
Non c'era la confusione che si erano aspettati di trovare, ma molti festeggiavano tra loro, bevendo e chiacchierando in allegria.
Sirius stava costringendo Remus a bere qualcosa di indefinito, ma lui pareva molto restio a cedere, mentre Peter osservava la scena ridacchiando.
Le ragazze, invece, erano ammassate sul divano a bere Burrobirra e Mary le stava costringendo a tenerla sulle gambe.
« Salve, gente » salutò James, avvicinandosi alle due combriccole vicine. « Ve la spassate? »
« Quel fottuto deficiente di Lupin non vuole bere questa roba! » si lamentò Sirius, dondolandosi sulla sedia con aria annoiata.
« Cos'è? » chiese l'altro, curioso, non riuscendo ad identificare la bevanda.
Sirius ghignò e scrollò le spalle. « Boh » disse. « Un mix firmato Sirius Black, amico, una vera bomba! Neanche la Banks ha voluto provare ».
« Chissà perché... » sospirò James, affondando le mani nelle tasche dei jeans.
« Ragazze, io ho un sonno da pazzi, vado a letto » stava dicendo invece Lily alle amiche, che protestarono senza ottenere risultati. « Ci vediamo su... Remus, Black, Minus... James, buonanotte ».
I ragazzi le sorrisero e fecero un cenno, mentre James, in uno slancio di valoroso coraggio da vero Grifondoro, le afferrò lievemente il braccio e le scoccò un bacio sulla guancia, facendola arrossire fino alla punta dei capelli.
Perché James Potter, malgrado la dolcezza e l'imbarazzo infiniti soprattutto in compagnia di Lily, era comunque James Potter. 
E James Potter, per sua natura, aveva sempre osato.
« Buonanotte, Lily » mormorò, sorridendo appena.
Lei scosse lievemente il capo e sorrise debolmente, affrettandosi verso la scala a chiocciola.
James rimase a fissare il punto in cui l'aveva vista sparire, continuando a sorridere come un idiota, mentre tutti lo guardavano sbalorditi.
« Che c'è? » chiese, quando alla fine lo notò. « Che ho fatto? »
Sirius fece atterrare la sedia con uno schianto e scosse il capo. « Ti sei rammollito, fratello » commentò. « Hai perso il tuo vecchio piglio virile ».
« Ma certo che non capisci davvero un tubo, Black! » scattò all'istante Scarlett. « La dolcezza con te finisce dritta alle fogne! »
Lui continuò a ghignare come suo solito, rilassandosi sulla sedia senza smettere di guardarla.
« Dolcezza, dolcezza... è tutta questione di piglio, tesoro » rispose. « Forse nessuno ti ha mai mostrato cos'è veramente... Io posso fartelo vedere ».
Scarlett rise, sprezzante. Quel Black tirava avanti a chiacchiere, ma lei non era disposta ad ascoltarle.
« Per oggi passo, Black, ma ti ringrazio dell'offerta » replicò, angelica.
Lui annuì, indifferente, e si passò una mano tra i capelli neri e lucidi.
Nel silenzio, si sentì un forte singhiozzo e tutti si voltarono. Peter teneva stretto in mano il calice colmo del grande mix di Sirius.
« Però... » borbottò, fissandolo. « E' buono! »
Chissà se lo avrebbe detto anche nei giorni seguenti... quando venne ricoverato in Infermeria per tre giorni.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come procede l'estate, prodi lettori? Per gli immuni agli esami, ovviamente!
Bene, il capitolo è forse un po' più interessante del precedente, no? Cerco di farmi perdonare per la mezza schifezza.
Beh, cosa abbiamo qui? Un po' di danni al gusto di zucca, Remus e Miley molto dolciosi e cioccolatosi (?) e... beh, Lily e James coi Serpeverde! Cosa ci facevano lì, i bravi ragazzotti? Beh, lo scopriremo solo vivendo...
Non ho nulla da aggiungere. Se qualcosa non è chiaro, ovviamente, non esitate a chiedere.
Adesso, devo ringraziare!
DICIOTTO recensioni! Ma sarete sempre così meravigliosi? Non ci voglio credere, no. Oddio. GRAZIE. Non ci sono parole.
Devo finire di rispondere alle recensioni dello scorso capitolo, ma posso farlo presto, forse anche stasera!
Siete i lettori migliori che potessi desiderare, ci tengo tanto a dirlo. Grazie di tutto cuore, per ogni parola.
E grazie infinite, come sempre, ai 67 delle preferite, agli 11 delle ricordate e ai 92 delle seguite! Grazie, grazie, grazie!
E un grazie speciale a una fantastica lettrice, 
RAB 95, che ha segnalato la mia storia per le Prescelte! Grazie, tesoro, sei incredibile! Sono commossa dal tuo gesto.
E ora vi saluto, miei tesori, spero di non avervi deluso con questo capitolo! Un bacione!


Simona_Lupin

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Capitolo 13
*** Quando manca un Malandrino ***






Capitolo 13


Quando manca un Malandrino


 

 

 

Le piogge avevano iniziato a farsi più frequenti con il proseguire di Novembre e l'aria fredda e pungente penetrava anche attraverso le spesse mura del castello, invadendo persino i corridoi più affollati e tutte le aule, in qualsiasi loro anfratto.
Arrivare alla metà del mese, per i Malandrini, poteva significare solamente una cosa: luna piena.
James e Peter, infatti, proprio quel lunedì pomeriggio, si stavano dirigendo verso l'Infermeria per tenere compagnia a Remus, ricoverato ormai da qualche giorno sotto le cure di Madama Chips. Sirius, nel frattempo, era andato alle cucine per prendere un po' di buon cioccolato all'amico.
« Ehilà » fece allegramente James, varcando la porta dell'Infermeria. « Siamo in gran forma, eh? »
Remus rise, cercando di tirarsi su contro i cuscini senza, però, ottenere grandi risultati.
« Sta' giù, amico, starai male » disse l'altro premuroso, sedendogli accanto insieme a Peter.
« Dov'è Sirius? » domandò Remus, curioso, notando l'assenza dell'amico.
« Arriverà tra poco » rispose Peter, annuendo.
« Per ora assistiamo noi al tuo capezzale » rise James, prendendo una Cioccorana dal mucchietto sul comodino di Remus. « E' venuto qualcuno? »
Lui annuì, prendendone una a sua volta. « Sì » mormorò. « Le ragazze e Frank, proprio poco fa... e dopo pranzo è venuta anche Miley ».
« Hai avuto problemi? » domandò Peter, nervoso. « Ti hanno chiesto perché stessi tanto male? »
Lui annuì, guardandolo in maniera piuttosto eloquente. Ovvio che avessero fatto delle domande, e risultare credibile diveniva sempre più difficile.
« Già, come sempre » rispose mestamente. « Lily è stata bravissima e ha sviato la conversazione, per fortuna. Stavo entrando un po' nel panico perché Scarlett sembrava piuttosto agguerrita, questa volta ». Sorrise appena, suo malgrado. « Anche con Miley è stata dura, ma era più preoccupata di tenermi di buon umore che di capire come mai fossi qui ».
Tacque, riflettendo. Ogni volta era difficile cercare di mettere a tacere i dubbi di tutti, ma, in fondo, vedere tante persone così preoccupate per la sua salute lo rendeva estremamente felice. Quando era arrivato a scuola, non aveva assolutamente creduto possibile trovare degli amici. La sua enorme fortuna era stata poterla frequentare, ma trovare qualcuno che lo apprezzasse gli era sempre parsa un'impresa impossibile da realizzare. Eppure eccolo lì, trafitto da fitte di dolore lancinanti, ma profondamente felice per la vicinanza e l'amicizia di tante persone meravigliose. Eccolo lì, costretto su quel letto scomodo, ma con un gran mucchio di dolci sul comodino. Il male fisico era un'altra cosa, una piccolezza di nessuna importanza.
Passò un po' di tempo prima che la porta dell'Infermeria venisse aperta nuovamente ed entrasse Sirius.
« Ecco il pulcioso » scherzò James. « Dove ti eri cacciato, canide? Sei via da un secolo ».
Ma Sirius non rise. Il suo volto era teso quando si avvicinò al letto di Remus e si scostò dagli occhi i lunghi capelli neri con un gesto nervoso della mano.
« Cos'è successo? » domandò James, ora preoccupato, scrutando avidamente il suo viso. « Hai una faccia tremenda ».
Il ragazzo si buttò sulla sedia accanto a Peter, i gomiti poggiati alle gambe.
« Ho fatto a pugni con Jenkins, quel Serpeverde idiota » disse con voce piatta.
James scoppiò a ridere, seguito a ruota da Peter.
« Andiamo, amico, che razza di notizia è? » esclamò, chiedendosi cosa fosse preso a Sirius. « E sentiamo, perché lo hai ammazzato di botte? Perché lo hai ammazzato, vero? Non deludermi, ti prego ».
« James, lascia stare perché, non è questo il punto » sbottò lui, facendo tornare serio l'amico. « Il punto è che mi hanno messo in punizione. Stasera ».
« Oh » disse James, comprendendo la preoccupazione dell'amico. « Porca miseria, questa non ci voleva... »
Tutti tacquero, assimilando la notizia. Perché quello era un problema. Un problema serio.
Nessuno fiatò per molti secondi e alla fine fu James a rompere il silenzio.
« Hai provato a chiedere se può essere rimandata? » domandò, neanche lui molto sicuro delle sue stesse parole.
Sirius annuì con uno scatto della testa. « Lumacorno non ha voluto sentire ragioni » rispose. « E la cosa peggiore è che sarò con Gazza. Dovevate vederlo, era tutto contento, perché sicuramente adesso me la farà pagare per lo scherzo di Halloween, finalmente, visto che è assolutamente certo che sia stato io... Non mi libererò mai in tempo ».
Ricadde il silenzio, interrotto solo dal cigolio del materasso di Remus che cercava di trovare una posizione più comoda.
« Quindi che si fa? » chiese infine Peter, osservando i volti di tutti con attenzione.
« Vado da solo, ovviamente » rispose Remus. « Ragazzi, guardate che non è un dramma, mi sono trasformato da solo moltissime volte ».
Durante tutte le estati, infatti, e prima che i suoi amici riuscissero ad ultimare la trasformazione in Animagi, ogni mese era andato incontro alle notti di luna piena in completa solitudine. Affrontare quelle nottate era stato difficile, il dolore veniva amplificato, perché in mancanza di compagnia non faceva che mordere e graffiare se stesso. La prima luna piena dopo la fine della scuola, poi, era terribile. Il lupo si sentiva tradito, ritrovandosi da solo, ed era più infuriato che mai.
I Malandrini, da quando avevano imparato a trasformarsi, erano sempre stati con lui durante quelle notti e la loro presenza lo rendeva più mansueto. Non ne avevano mancata una, infatti da due anni il comportamento di Remus da lupo si era decisamente placato, poiché invece di essere rivolto alla violenza, come avveniva quando era da solo e necessariamente prevaleva la sua parte animale, era dedicato al gioco, che, anche se sempre abbastanza rude e aggressivo, era pur sempre un modo diverso di affrontare la sua condanna. Era come se il Remus ragazzo rimanesse quasi immutato, e a trasformarsi fosse solo il suo corpo, e quella sorta di lucidità umana che gli rimaneva gli permetteva di riconoscere i suoi amici e di impedirgli di ferirli gravemente o addirittura di ucciderli, come invece poteva succedere ad altre creature a lui sconosciute.
« Remus, non puoi, sarai uno straccio » disse James.
« Ma non c'è soluzione » rispose lui tranquillamente.
« Certo che c'è, invece » ribattè l'altro, convinto. « Verremo solo io e Peter ».
« No, James, mi dispiace ma non posso lasciartelo fare » replicò Remus in fretta. « E' troppo pericoloso, non riuscirai a tenermi testa da solo, perderò il controllo. Non so neanche come potrei reagire vedendo che Sirius non c'è, e Peter non può fare nulla, è troppo piccolo. No, non se ne parla neanche » concluse infine, determinato a mettere un punto alla discussione.
Ma James non parve per nulla convinto, anzi, sì mostrò più agguerrito di prima.
« Sono un cervo enorme » obiettò. « Certo che posso tentare di tenerti a bada. E poi mi riconoscerai, ne sono sicuro ».
Sirius ascoltava il dialogo a capo chino, sentendosi dannatamente impotente. Aveva provocato lui quel disastro e non possedeva mezzi per rimediare.
« Veniamo con te, Remus » stava ripetendo James, deciso come non mai. « Ci proveremo. Cosa potrà mai capitarci? Abbiamo la pellaccia dura, io e il vecchio Pet, eh, Codaliscia? » disse, rivolgendosi all'amico con un sorriso. « Sei d'accordo con me, vero? »
Peter si mordicchiò il labbro, titubante, ma annuì. « Sì... certo... » balbettò, e James approvò.
Remus, però, quella volta era assolutamente deciso a fermare i piani degli amici, che fin troppe volte avevano rischiato per lui.
Quella volta si sarebbe opposto ai loro tentativi di aiutarlo, trovando la forza di mettere a tacere la voce dentro di sé che, in realtà, gli diceva che li avrebbe voluti accanto a lui in quella lunga nottata. Molte volte, infatti, gli era capitato di rimproverarsi la debolezza che gli aveva permesso di acconsentire a tutti i rischi a cui si erano esposti i suoi amici, perché in fondo, non poteva negare a se stesso che quella compagnia notturna era vita per lui. Era l'unico modo per non farlo sentire quello che ogni giorno si ripeteva di essere: un mostro. E, anche se la sua coscienza gli ripeteva di mettere un punto a quella abitudine per evitare che i suoi amici potessero realmente farsi del male, alla fine cedeva sempre alla voglia di rischiare, perché, prima di essere un lupo, era un Malandrino. E un Malandrino rischia. Sempre.   
« James, per favore, non sei più un bambino, non farti ripetere le cose cento volte » ribattè lui, duro. « Ti sto dicendo che è pericoloso. Più di quanto non lo sia ogni volta che venite con me. E' un rischio troppo grande. Tornate malconci già quando siete in tre, non so come potreste ridurvi questa volta ».
James sbuffò e scambiò un'occhiata con Sirius. Avrebbero dovuto aspettarsi una reazione del genere da parte dell'amico, ma come avrebbero fatto a convincerlo? Sembrava irremovibile, fermo sulle sue posizioni come non lo era mai stato.
« Sirius, tu che ne pensi? » domandò James, passandosi stancamente una mano tra i capelli. Era sicuro che Sirius lo avrebbe sostenuto, perché lo conosceva troppo bene, ma sapeva benissimo anche che in quel momento si sentiva terribilmente in colpa.
Infatti, era così. Stranamente, non aveva detto una parola durante la discussione, cosa che non era assolutamente da lui. Sirius prendeva sempre una posizione e non aveva mai paura di esprimere il suo parere su tutto, ma quella volta era diverso. Alla base della questione, infatti, c'era un suo errore.
Sollevò lo sguardo, allarmato all'idea di dover intervenire. Non poteva parteggiare per nessuno dei due.
« Io... » borbottò, parecchio in difficoltà. « Beh, non lo so... Insomma, potrebbe succedere di tutto e potresti farti male sul serio, James, ma... allo stesso tempo... Remus, tu non puoi andare da solo, quindi... quindi davvero, non lo so ».
Ma James sapeva che, se fosse stato al suo posto, avrebbe avuto il suo pieno appoggio. Sirius sarebbe stato il primo a voler accompagnare l'amico, per quanto rischiosa la situazione sarebbe potuta essere. Vista la sua posizione, però, comprendeva benissimo la confusione che albergava nella sua mente.
« James » disse Remus, sospirando e guardandolo negli occhi. « Tu devi giurarmi che non mi seguirai, adesso. E anche tu, Peter ».
Ma il ragazzo scosse immediatamente il capo. 
« Io non ti giuro un bel niente, Remus » rispose. « Hai troppe ferite addosso, stai troppo male adesso, non puoi affrontare una luna piena da solo, perché sarebbe troppo. Quest'estate ti sei maciullato per bene... non puoi procurarti altro male ».
Remus, a quelle parole, battè un pugno sul materasso, infuriato con l'amico che non voleva capire.
« Non posso procurarne a te, James! » esclamò. « Ti ho già detto che non è una tragedia! Starò un paio di giorni in più in Infermeria, dov'è il problema? Non capisci che mi sento già uno schifo quando vi vedo ridotti in quel modo, anche se ormai è diventata normale routine? Non farmi sentire ancora peggio e mettiti nei miei panni, dannazione, non posso permettere che veniate, non stavolta! D'accordo? »
James fece per ribattere, ma fu zittito dal suono dei passi di Madama Chips che si avvicinava, un boccale colmo di pozione stretto in mano.
« Lupin, devi berla subito » disse al ragazzo, aiutandolo a mettersi diritto contro i cuscini e poi porgendogliela. 
Lui annuì distrattamente, ancora scosso dalla discussione con James. 
« Ragazzi, mi dispiace ma dovete uscire » continuò, rivolta agli altri tre. « Lasciatelo riposare ».
James annuì. « Sì, Madama Chips, andiamo subito » disse.
Remus lo guardò ancora, mentre l'infermiera si allontanava.
« Avete fatto già troppo per me » gli disse, avvicinando il calice alle labbra. « Almeno per questa volta, ce la farò da solo ».
Annuì, come a confermare le sue stesse parole, e bevve dal boccale la Pozione Soporifera che era solito prendere per riposare prima che fosse sera. L'effetto fu istantaneo e si addormentò subito profondamente, sui morbidi cuscini poggiati allo schienale del letto.
James sospirò, tirando indietro il capo e fissando il basso soffitto bianco dell'Infermeria. 
« Ci andremo, vero, Peter? » domandò all'amico, senza guardarlo.
Lui tacque qualche momento prima di rispondere. « Sì » mormorò infine, senza aggiungere altro.
E così fecero.
Quella sera, quando furono certi che Remus fosse già alla Stamberga Strillante, James e Peter si prepararono a raggiungerlo.
Sirius era stato tutto il tempo immobile sul suo letto, fissandosi le ginocchia, immerso in chissà quali pensieri, tanto che si ridestò solo quando notò del movimento. Non ebbe la forza di smuoversi dalla sua posizione, anche se sapeva che avrebbe dovuto farlo dopo, per andare a scontare la sua punizione.
« Noi andiamo, allora » disse James, il Mantello dell'Invisibilità stretto in mano. « Ci vediamo dopo ».
Lui annuì appena. 
« Sta' attento » mormorò, una mano sulla nuca.
L'altro sorrise, rassicurante, prima di gettare il mantello addosso a se stesso e all'amico.
Si diressero verso la scala a chiocciola, attraversando con qualche difficoltà la Sala Comune affollata. Non incontrarono nessuno lungo tutto il tragitto e arrivarono presto al Platano Picchiatore. 
« Pronto, Pet? » disse James, rivolto all'amico.
« Pronto » rispose lui, mostrando una sicurezza che in realtà non aveva.
L'altro annuì, prima che lui si trasformasse lì di fronte, premendo il nodo nascosto per immobilizzare l'albero.
Si calarono dentro lo stretto tunnel buio, annaspando e strisciando sul terreno sempre più in salita, respirando a brevi tratti per la fatica.
James avanzava in fretta, il pensiero fisso su Remus e sul dolore che doveva aver provato durante la trasformazione, come sempre. Era questa l'immagine fissa che li accompagnava ogni volta durante quella salita, e nessun'altra.
Peter, invece, quella volta, non aveva la mente rivolta alle sofferenze dell'amico, ma a se stesso e a James. Aveva paura che potesse succedere qualcosa di grave, ma non voleva pensarci. Lo stava facendo per Remus.
Quando lo stretto percorso prese a salire ancor più ripidamente e a svoltare, i due iniziarono ad avvertire dei rumori provenienti da sopra. I gemiti di dolore del lupo si mescolavano a quelli dei mobili mutilati, ma ormai erano vicini all'anticamera buia.
Appena arrivato, James si trasformò in fretta e si diresse verso l'origine di tutto quel chiasso, seguito dal grasso topo timoroso.
Appena entrarono nella grande stanza semibuia, il lupo mannaro avvertì la loro presenza e si voltò di scatto allo scricchiolare del pavimento, fissandoli con ferocia. Si tuffò verso il cervo senza esitazioni, affondando gli artigli nella carne, graffiandolo in profondità... L'animale tentò di reagire, gettandosi sull'altro con le possenti corna, così da spaventarlo.
Il topo, nel frattempo, si era nascosto in angolo, osservando terrorizzato la scena, il sangue che sgorgava dal pelo di entrambi.
Ma il cervo era potente, aveva ancora tutta la forza necessaria per contrastare il lupo, anche se James, James, dentro di sé, aveva paura di fargli male davvero, di ferirlo profondamente. 
La consapevolezza della gravità della situazione lo sommerse come un'ondata di acqua gelida, soffocandolo. Stava diventando una lotta, e lo sapeva. Si era subito accorto che Remus non aveva reagito come al solito quando lo aveva visto, ma era apparso più violento, più agguerrito. Sapeva che doveva attaccare, per proteggere se stesso, ma non voleva ferire. Allo stesso tempo, però, se non si fosse difeso, il lupo lo avrebbe totalmente sopraffatto e chissà quanto gravi sarebbero state le conseguenze. Ma a James non importava. Non poteva permettere che Remus fosse leso gravemente, il suo corpo fragile e la sua salute cagionevole non lo avrebbero tollerato. Doveva cercare di schivare i colpi senza infliggerne, ma era dura.
L'idea di andare da Remus gli si presentò in tutta la sua scelleratezza, ma anche in quel momento, non riuscì a pentirsene.
Quando il lupo si fiondò nuovamente su di lui lo scansò, cosa che riuscì solo a farlo innervosire maggiormente.
Al secondo colpo, il cervo non riuscì a sottrarsi e ne rimase ferito. Il sangue che stava perdendo lo indeboliva fortemente.
Il lupo, invece, era più violento che mai. Aveva riconosciuto l'animale amico, ma non riusciva a comprendere l'assenza dell'altro e la avvertiva come un tradimento imperdonabile. Doveva attaccare, provocare dolore al cervo che era arrivato da solo, che lo teneva lontano dal cane, suo amico...
E lo colpì ripetutamente. Ancora e ancora, fino a quando il sangue iniziò ad uscire copioso, facendolo crollare a terra.
Il lupo stava nuovamente per fiondarsi sul cervo ormai molto debole, quando si guardò intorno avido e dalla finestra intravide la luna, luminosa, bella, ammaliatrice. Ululò nella sua direzione e corse via, verso la foresta.
Nello stesso momento, al castello, Sirius era sotto il controllo di Gazza, ma avvertiva dentro di sé una strana, orribile sensazione. Aveva paura. Come gli capitava rarissime volte, aveva tremendamente paura. Raggiungere Remus era stata un'idea fin troppo rischiosa e se ne rendeva conto solo ora.
James poteva rimanere seriamente ferito...
James. Non aveva fatto altro che pensare a lui da quando era andato via, sempre.
Il tempo scorreva lentissimo e Gazza pareva non volerlo lasciare andare tanto in fretta. Il buio, nel frattempo, si faceva sempre più profondo.
L'orologio che teneva al polso scandiva i secondi e cominciò a pensare che sarebbe rimasto lì tutta la notte. Dalla finestra al suo fianco vedeva il parco immerso nel buio, scorgeva i riflessi dei possenti rami assassini del Platano Picchiatore e sentiva il cuore battere velocissimo, in preda ad un'ansia che non aveva mai avvertito prima. Chissà cosa succedeva a molti metri da lì...
James aveva bisogno di lui, ne era certo. Lo sentiva.
Nel cielo, la luna splendeva e sorrideva, enigmatica e malevola, attirando il suo sguardo, come se stesse godendo per il turbamento e l'angoscia che si dibattevano dentro di lui come serpenti animati dalla fame, come se osservasse con aria vendicativa le sofferenze che sicuramente James e Remus stavano patendo dentro la Stamberga nella quale erano rinchiusi. E Sirius odiò quel sorriso, lo detestò come non mai.
Parve trascorso un secolo, quando Gazza, evidentemente malvolentieri, gli disse che poteva andare. Ormai era notte fonda.
Abbandonò la stanza simulando naturalezza e per qualche rampa di scale non osò mostrare troppa fretta. Quando fu certo, però, di essere nascosto e lontano da Gazza o da chiunque altro, iniziò a correre all'impazzata, sperando e pregando con tutto se stesso di non essere ostacolato da niente.
Quella volta, con suo grande sollievo, la fortuna gli giovò e riuscì ad attraversare il castello ed il parco senza impedimenti. Immobilizzò il Platano Picchiatore facendo levitare un rametto ai suoi piedi fino al nodo che lo teneva fermo, poi si calò dentro il tunnel ed iniziò a strisciare più veloce possibile sul terreno. I gomiti gli bruciavano e non aveva più aria nei polmoni, non tanto per la la salita sfiancante o per lo spazio limitato del passaggio, ma per l'inquietudine che non gli lasciava un attimo di tregua.
Dopo un po', il tunnel prese a salire e poi ebbe una svolta. La Stamberga Strillante si faceva più vicina, così come la realtà che temeva. Gli parve strano non sentire ululati, gemiti o rumori di qualsiasi genere mentre si avvicinava. Accelerò i movimenti e ben presto si ritrovò nell'anticamera buia. Non aspettò un attimo e si trasformò, certo, malgrado il silenzio sospetto, di trovare il lupo, il cervo e il topo immersi in una lotta.
Quello che trovò, invece, fu ben altro. Una scena che gli mozzò il respiro.
Peter, in forma umana, trafficava con la bacchetta senza sapere bene cosa fare ed era tutto tremante. James, anche lui nel suo corpo, era accasciato a terra, privo di sensi e perdeva copiosamente sangue, macchiando il pavimento di assi sconnesse e polverose della stanza.
« Sirius! » strillò Peter quando vide il cane fare irruzione nella stanza.
Del lupo non vi era nessuna traccia e Sirius si trasformò nuovamente in se stesso, stravolto.
« Sirius, Remus è andato via, nella foresta... » raccontò ancora l'altro con tono disperato, mentre lui si inginocchiava al fianco dell'amico, borbottando incantesimi complessi e tentando di tenere ferma la voce per non commettere errori. « James ha avuto il tempo di ritrasformarsi, voleva andare in Infermeria, ma è svenuto un attimo dopo e io... io non sapevo cosa fare... ho pensato... se l'avessi portato via, avrebbe perso ancora sangue e... e c-continuava a uscirne, sempre di più e-e... »
Non riuscì più a parlare e si limitò a fissare i complicati movimenti della bacchetta di Sirius e le sue labbra tremule che formulavano incanti sconosciuti. Il sangue che macchiava le vesti di James rallentò il suo continuo flusso, ma non si bloccò del tutto. Il ragazzo imprecò e si rialzò.
« Non so fare altro » mormorò. « Dobbiamo sbrigarci, Peter, è pallidissimo ».
Si chinò nuovamente e lo prese tra le braccia, issandolo con qualche difficoltà da terra e tenendolo stretto a sé. Non aveva il coraggio di guardarlo. Il corpo di suo fratello era sfigurato dalle ferite e il suo viso era bianco come i petali di un giglio.
Attraversare il tunnel fu complicato. Sirius non potè portarlo tra le braccia, poiché il passaggio era troppo stretto e non si poteva né stare in piedi, né chini. O almeno, non con la loro altezza. Lo resse con un incantesimo, facendo estrema attenzione a non fargli altro male, aiutato dalla bacchetta illuminata di Peter che strisciava al suo fianco, ansimando. Non fu facile avanzare velocemente, ma alla fine riuscirono a emergere fuori, all'aria aperta, nel parco.
Sirius si caricò nuovamente di James, macchiandosi del suo sangue. Farlo levitare lo faceva sanguinare ancor di più e non poteva permetterlo, così lo strinse tra le mani e cominciò a correre più forte che potè verso il castello e poi su, diretto all'Infermeria.
James aveva ancora gli occhi chiusi e respirava debolmente, a fatica. I suoi soffi irregolari si depositavano sul collo scoperto di Sirius e lui desiderò con tutto se stesso che si facessero più rapidi, regolari e frequenti. Non riusciva a pensare, aveva il cervello momentaneamente spento e inabissato del tutto nella paura, sentiva solo il sangue macchiargli la felpa e le mani con cui teneva il corpo dell'amico ancorato a sé, il suo respiro mozzato, i passi rapidi di Peter, dietro di lui... Vedeva tutto sfocato e aveva un male terribile alle gambe, che imploravano riposo. James era alto, robusto e pesava, ma lui non allentò la stretta neanche per un istante e non smise di correre fino a quando la porta dell'Infermeria non fu visibile.
Corse furiosamente durante il tragitto finale e si catapultò dentro la stanza di quel bianco immacolato come un uragano, chiamando a gran voce l'infermiera.
« MADAMA CHIPS! » urlò, facendo sdraiare James su uno dei letti dalle lenzuona lisce e candide.
La donna si catapultò da loro immediatamente, avvicinandosi a James.
« Cosa gli è successo? » domandò, impugnando la bacchetta. « Uscite subito di qui, ha bisogno di interventi immediati » disse poi, senza aspettare risposte.
I due ragazzi obbedirono, abbandonando la stanza, totalmente sconvolti.
Non si scambiarono neanche una parola, tutto il tempo. Peter si accasciò sulla panca lì vicino, ancora tremante da capo a piedi, l'aria stravolta. Sirius, invece, sembrava fuori di sé e andava continuamente avanti e indietro, passandosi le dita tra i capelli, completamente dimentico del sangue di cui erano macchiate.
Passò un po' di tempo prima che la donna uscisse dall'Infermeria. Sirius si fermò di scatto e le andò incontro. 
« Allora? » chiese, brusco.
L'infermiera lo guardò comprensiva. « Ho bloccato le ferite » rispose. « Avete usato qualche incantesimo per fermare il flusso di sangue, vero? »
Sirius annuì più volte.  « Sì... ma non sono riuscito a fare altro... » confermò precipitosamente.
« E' bastato a non fargli perdere altro sangue » disse lei. « Ne ha perso già molto... Devo ancora valutare se trasferirlo al San Mungo o meno, non posso dirvi altro, ragazzi, mi dispiace ».
Si allontanò per raggiungere il suo ufficio e Sirius crollò sulla panca, come svuotato di tutto quanto.
Madama Chips fece parecchie volte avanti e indietro, portando con sé unguenti, pozioni e medicazioni varie, ma non si fermò neanche una volta a dar loro informazioni sulle condizioni di James. E fu straziante star lì ad aspettare una notizia che non arrivava.
Alle prime luci dell'alba, l'infermiera lasciò la stanza per andare da Remus.
« Vado a prendere Lupin » disse sbrigativa. « Vi raccomando di non entrare ».
Peter annuì freneticamente, mentre Sirius non le prestò ascolto.
Quando tornarono, videro che anche lui era ridotto malissimo. Profondamente ferito, pallido ed evidentemente malato.
Madama Chips lo guidò in Infermeria e sparì lì dentro, senza fare ritorno.
Sirius e Peter attesero, tutto il tempo... ma nessuno venne a tranquillizzarli. Rimasero in silenzio, a guardarsi di tanto in tanto.
Faceva freddo in quel corridoio deserto, lo avvertirono penetrare nelle loro ossa. Faceva freddo e il sole pareva essersi spento. 
E per loro era così. Per loro, il sole sanguinava a pochi passi da lì, sopra un letto bianco dell'Infermeria.
 
 
*  *  *
 
 
La mattina dopo, in Sala Grande, quando mancava ormai poco all'inizio delle lezioni, in molti notarono l'assenza dei Malandrini e si domandarono quale fosse la ragione della loro mancanza. Solitamente non saltavano mai un pasto ed attiravano l'attenzione con le loro perenni risate.
Scarlett fu la prima ad accorgersi dell'assenza dei ragazzi.
« Dov'è il mio James? » si chiese, guardandosi intorno e tendendo il collo.
Lily la guardò storta. « Come sei possessiva... » disse, prendendo una fetta di pane tostato.
« Che c'è? Sei gelosa? » ribattè subito l'altra, incuriosita dalla sua reazione. « Guarda che te lo lascio volentieri, sai che tifo per voi... ma sappi che anche quando starete insieme, lui resterà sempre il mio James! ».
« Lo terrò presente... » rispose lei con un sorriso, sarcastica.
Tutte risero.
« Comunque, non manca solo il tuo James, Scar » osservò Mary, bevendo il suo succo di zucca. « Anche Sirius e Peter non ci sono ».
« Già... Magari li hanno beccati in giro questa notte e li hanno messi in punizione seduta stante » suppose Emmeline, spalmando sulla sua fetta di pane tostato una generosa dose di marmellata ai mirtilli.
« Probabile » convenne Scarlett alla fine.
Le amiche scrollarono le spalle. 
« Forse Frank ne sa qualcosa » disse Alice, vedendolo entrare di corsa in quel momento, dopo che era risalito in Sala Comune, essendosi ricordato di prendere la borsa con i libri quando era ormai giunto insieme a loro al secondo piano.
« Tesoro, la prossima volta pensaci prima a portarti dietro i libri, magari » lo rimproverò non appena si sedette accanto a lei.
« Assolutamente d'accordo » convenne subito lui.
« Comunque, tu sai che fine hanno fatto Potter, Black e Minus per caso? » chiese Alice, versandogli del caffè caldo in una tazza.
Lui la ringraziò e scosse il capo. « Questa notte non sono saliti a dormire » rispose. « Sinceramente, non ho idea di dove siano finiti ».
Tutte rimasero piuttosto sorprese da quella risposta e iniziarono a chiedersi cosa fosse successo loro.
« Sto iniziando a preoccuparmi » ammise Scarlett. « Qui c'è qualcosa di strano ».
Le ragazze la tranquillizzarono subito.
« Dai, Scar non pensarci... magari sono andati a trovare Remus » tentò Emmeline. « Che ne sai? Forse sono rimasti a parlare fino a tardi e hanno finito per addormentarsi in Infermeria! »
« Mmm » commentò l'altra, non particolarmente convinta.
« A proposito » annunciò Lily dopo un po'. « Io passo un attimo da Remus prima di andare a lezione... ci vediamo in classe ».
Lily, infatti, era solita andarlo a trovare ogni volta prima di dare inizio alla giornata scolastica. Lo trovava quasi sempre sveglio e sapeva bene quanto gli facesse piacere avere la sua compagnia.
Le altre annuirono e la salutarono con un gesto della mano.
La ragazza si diresse a passo leggero verso il portone della Sala Grande e cominciò a salire le rampe di scale fino all'Infermeria.
Quando arrivò, però, trovò qualcosa di insolito. Sirius e Peter stavano seduti all'ingresso a capo chino e senza fiatare, aspettando chissà cosa, ma soprattutto, il primo aveva i vestiti imbrattati di quello che non poteva essere altro che sangue. Lily si avvicinò di fretta.
« Ragazzi... » balbettò, guardandoli a turno con aria stralunata. « Cos'è successo? I tuoi vestiti... » sussurrò, rivolta a Sirius.
Loro alzarono lo sguardo, soffermandolo su di lei. Sembrava spaventata e non faceva che fissarli con ansia, in attesa che parlassero. Ma loro non potevano parlare. Non potevano dirle niente, o meglio, non la verità. Nessuno dei due, però, era abbastanza in sé da riuscire a formulare scuse.
« E' successo... è successo qualcosa a Remus? » chiese, pensando subito all'amico.
Sirius scosse il capo stancamente, senza avere la forza di parlare.
« James... James ha avuto un incidente » tentò poi con voce piatta, senza guardarla. « In Infermeria non si può entrare per adesso ».
Lily trattenne appena il fiato. 
« James? Ma che cos'ha? » chiese precipitosamente. « Quello che hai addosso è sangue, Black! Per favore, spiegami ».
Lui la scrutò a lungo, le labbra secche, senza avere idea di cos'altro dire. Peter, fortunatamente, gli venne in aiuto.
« Noi... noi non ne sappiamo molto più di te » mormorò, timoroso. « Sta male, ma non sappiamo nulla ».
La ragazza rimase per un attimo paralizzata. Poi, quando le parole di Peter si fecero largo dentro di lei, scosse il capo con veemenza, deglutendo.
« Non ci credo » disse con fermezza. « Voi non potete dirmelo... o non volete, non lo so... ma almeno ditemi come sta, non vi sto chiedendo niente ».
Li fissò a turno, decisa ad ottenere almeno quella risposta che, ne era certa, loro possedevano. Non si sarebbe mossa d'un passo da lì se non le avessero spiegato cos'era capitato a James o almeno cosa avesse di tanto grave da impedire l'accesso in Infermeria. Doveva scoprirlo.
« Ha perso molto... molto sangue » disse Sirius, passandosi le dita tra i capelli e poi sugli occhi. « E Madama Chips non ci ha ancora detto nulla ».
Lei si allarmò.
« Ma come mai non l'hanno portato al San Mungo? Perché è anc-... ».
« Ne sappiamo quanto te. Niente, quindi » la interruppe Sirius, come a mettere un punto alle sue domande a cui, loro malgrado, non sapevano rispondere. Era stancante e frustrante sentire anche la preoccupazione altrui in un momento del genere.
Lei annuì, senza distogliere gli occhi dai suoi, e gli credette. Evidentemente, non sapeva davvero altro.
« Ho capito » mormorò.
Voltò loro le spalle, sconvolta, e subito il suo pensiero andò a Scarlett. Lei si era accorta della loro assenza, aveva sentito che c'era qualcosa che non andava, ma nessuno avrebbe potuto pensare che avesse avuto ragione di preoccuparsi.
Rifece la strada per la Sala Grande correndo furiosamente, la borsa che le rimbalzava sul fianco. Scarlett doveva assolutamente sapere tutto e subito, doveva essere informata. E mentre correva, il pensiero saettò a James, chiuso dentro quella stanza in chissà quali condizioni.
Ma cosa diavolo poteva essere successo quella notte? Possibile che in qualche modo c'entrassero Remus e la sua trasformazione? James, però, sapeva meglio di lei quanto fosse pericoloso avvicinarsi al lupo mannaro, e a che pro allora farlo, sapendo bene di non poterlo aiutare in alcun modo?
Lily non riusciva a capire, non riusciva davvero a ricavare un senso da quella storia, da quell'improvvisa rivelazione. E non riusciva a far altro che pensare a James, al sangue che doveva aver versato e a cosa quella perdita dovesse aver portato... e lo stomaco, nel frattempo, non smetteva di far male.
Fortunatamente, non dovette cercare a lungo l'amica, perché la trovò insieme alle altre ragazze e Frank mentre usciva dalla Sala Grande.
« Scarlett! » disse, non appena le fu di fianco, scostandosi dalla fronte umidiccia qualche ciuffo di capelli rossi.
« Lily » fece l'altra, scrutandola. « Che ti succede? Sei pallidissima ».
La ragazza prese un gran respiro per riprendersi dalla corsa e allo stesso tempo per calmarsi. « Scarlett, è successa una cosa ».
Lei la fissò preoccupata, e così le altre.
« James ha avuto un incidente » raccontò, riprendendo fiato. « Non so cosa gli sia capitato, ma ha perso moltissimo sangue... Minus e Black erano all'entrata dell'Infermeria, dicevano che Madama Chips aveva proibito l'accesso e... non so, non so nient'altro ».
Il volto di Scarlett impallidì visibilmente. Non disse nulla e si catapultò verso l'uscita, seguita di corsa dalle amiche, sconvolte.
Corsero a perdifiato, senza fermarsi, ritrovandosi ben presto nuovamente all'ingresso dell'Infermeria. I due alzarono lo sguardo e imprecarono mentalmente. In realtà, si erano aspettati che Lily, saputa la notizia, sarebbe andata ad informare Scarlett, però avevano sperato che non la trovasse, o che almeno non si precipitassero lì tutte insieme, perché già sarebbe stato difficile inventare qualcosa con Lily che già sapeva di Remus, figurarsi con tutte loro che, invece, non sapevano un bel niente.
« Sirius... » sussurrò Scarlett quando lo vide, e lui ricambiò il suo sguardo. Poi si rivolse a Lily.
« Evans, mi spieghi perché diavolo hai chiamato tutta questa gente? » domandò, senza nemmeno avere la forza di apparire scocciato. « Le lezioni cominciano tra cinque minuti e almeno voi dovete andare o daremo nell'occhio ».
Lily sospirò. Sirius aveva maledettamente ragione, lo sapeva. Se non si fossero presentati a lezione tutti quanti, molti si sarebbero domandati come mai tutti e quattro i Malandrini e le cinque ragazze si fossero assentati nello stesso momento, qualcuno si sarebbe informato e tutti avrebbero iniziato a fare domande.
« Sirius ha ragione » disse Scarlett alle altre. « Ma io... io voglio sapere... James... »
« Abbiamo già detto ad Evans tutto quello che sappiamo » rispose Peter, mentre Sirius la guardava.
Lei sospirò.
« Scarlett, in realtà tu e Mary potete restare » intervenne Alice, sovrappensiero. « Noi abbiamo Aritmanzia, ma voi non la seguite, quindi avete un'ora buca ».
« Cosa? » domandò Scarlett, completamente assente, mentre con una mano tremante si scostava un ciuffo di capelli dal viso. « Oh... sì... sì, hai ragione... »
Sirius si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla. « Siediti » mormorò, vedendola così scossa.
Lei gli gettò un'occhiata e si sedette, il capo tra le mani.
« Noi andiamo allora » disse Emmeline, fissando l'amica. « Torniamo alla fine della lezione ».
I quattro fecero un cenno e loro si allontanarono. Lily inizialmente non mosse un passo. Alzò lo sguardo verso la porta dell'Infermeria, poi guardò Sirius intensamente e lui non seppe cosa dire. Alla fine andò via anche lei, gli occhi lucidi e le mani tremanti.
Scarlett, non appena le altre se ne furono andate, si rivolse subito a Sirius, seduto accanto a lei.
« Sirius, per favore, spiegami cos'è successo » disse con voce tremula, senza mostrare il viso.
« Io non... »
« No, Sirius, non cominciare » lo interruppe immediatamente lei. « Devo saperlo e tu devi dirmelo ».
Lui sospirò stancamente, poggiandosi alla parete, fissando il corridoio vuoto. « Non cominciare tu, Banks » ribattè, duro. « Non ho voglia di litigare ».
Lei lo guardò ad occhi sgranati, stordita. 
« Ma di che stai parlando? » domandò. « Litigare per cosa? Voglio solo sapere cos'è successo a James, ho tutto il diritto di saperlo! Non sei suo amico soltanto tu! Per piacere, non fare lo stupido ».
Il suo volto non fece una piega. Rimase impassibile, totalmente.
« Ti ho già detto tutto quello che so » disse infine con forza. « Non essere insistente, Banks ».
A quelle parole, il nervosismo che Scarlett aveva accumulato in quei pochi minuti esplose.
« Insistente un corno! » saltò su infatti, riscaldandosi all'istante. « James non mi ha mai nascosto niente in tutta la sua vita, adesso non vedo che potere potresti avere tu per impedirmi di capire che cosa gli è successo! Chi ti credi di essere? Sono la sua migliore amica, maledizione! »
« Anch'io sono il suo migliore amico e, se permetti, so benissimo cosa James vorrebbe che facessi, d'accordo? » replicò lui a tono, livido.
Peter e Mary li osservavano, preoccupati, scambiandosi qualche occhiata di tanto in tanto. Quei due erano terribili insieme... incontenibili.
« No che non sono d'accordo! » urlò Scarlett, che non intendeva piegarsi. « Mettiti nei miei panni, per una volta! Non essere sempre così indifferente di fronte a tutto, mi fa andare in bestia! Tu puoi capirmi, insomma! Sei qui, con i vestiti tutti sporchi di sangue, James è chiuso lì dentro da chissà quanto tempo e tu non vuoi dirmi un accidenti di niente! Come credi che mi senta, adesso? Ero a fare colazione come tutte le dannate mattine e vengo a sapere che il mio migliore amico sta morendo dissanguato o non so cosa! Mettiti nei miei panni, dannazione! »
Sirius trattenne il respiro per calmarsi. Non voleva capirla, non voleva mettersi nei suoi panni e non voleva neanche ascoltarla. Era lui a stare male davvero.
Anche in lui la frustrazione, la tensione e la preoccupazione accumulatesi in tutta quella lunga notte si fecero sentire, portandolo al punto di rottura. Già doveva preoccuparsi di James, pensare anche alle scuse da accampare agli altri era troppo per lui.
« Sei la solita ragazzina capricciosa » disse, scuotendo appena il capo. « Vuoi risposte da me che le aspetto da tutta la notte! Ma che cosa vuoi? Credi sempre di avere tutti i diritti, di essere sempre quella che merita di sapere e tutte quelle altre stronzate...! Ma non è così! Ci sono cose di James che non sai! »
Lei si infuriò se possibile ancor di più. Detestava quando si comportava da incompreso, da viziato qual era, odiava quando credeva di sapere cose che gli altri disconoscevano quando non era per niente vero. Non sopportava il suo essere così egoista anche in momenti come quello.
« Io conosco James da tutta la vita! » ribattè, stringendo i pugni. « Tu non sei nessuno per impedirmi di sapere! Sei solo un bastardo egoista! »
« Sei tu l'egoista, stupida! » urlò lui. « In questo momento non stai pensando a James, stai pensando soltanto a te! Sapere, sapere... cos'è che vuoi sapere? Ti ho già detto tutto! »
« Non osare parlarmi in questo modo! » replicò lei, irata. « Tu non capisci nulla, cosa vuoi saperne di come mi sento? »
« Infatti non voglio saperne niente! » ribattè lui, furioso.
Lei socchiuse le labbra e le richiuse di scatto un attimo dopo, serrandole. Gli occhi le bruciarono. Voltò le spalle a tutti e si allontanò di fretta, in silenzio.
Sirius rimase immobile a guardarla andar via, rendendosi conto solo in quel momento delle parole che le sue labbra avevano pronunciato e pentendosi di averle dette. Si passò una mano tra i capelli e tirò un calcio al muro, urlando: « Maledizione! » ma non riuscì a calmarsi.
Mary e Peter non dissero nulla e riuscirono solamente a fissarlo con aria cupa. Non sembrava molto in sé, in quel momento.
Si gettò sulla panca accanto a loro, ma si rialzò un attimo dopo, guardandosi intorno come un folle.
« Io vado da Scarlett » disse Mary, non appena vide Sirius rialzarsi. « E' a pezzi ».
« No... vado io da lei » rispose subito lui. « Se sapete qualcosa, chiamatemi subito » disse ai due. 
Poi, senza aspettare neanche un cenno di assenso, si affrettò verso il corridoio dietro il quale era sparita Scarlett. Anche se in quel momento non aveva voglia di pensare ad altro se non a James, sentì la necessità di andare da lei a scusarsi e a vedere come stava. Aveva esagerato, come sempre gli succedeva quando era teso e nervoso, e Scarlett non lo meritava. In fondo, aveva fatto delle domande lecite ed era suo diritto, in verità, sapere come erano andate le cose, e lui lo capiva, perché al suo posto avrebbe fatto la stessa cosa, se non peggio.
Non fu difficile trovarla, in realtà. Era appoggiata ad una delle ampie vetrate che filtravano la luce nel corridoio adiacente all'Infermeria, guardando l'esterno e asciugandosi con rabbia le lacrime che le rigavano il viso. Non si accorse neanche di lui che si stava avvicinando.
« Vattene subito » sibilò, quando alla fine lo vide, voltandosi dall'altra parte. « Voglio solo notizie di James ».
Lui scosse appena il capo e le afferrò delicatamente un polso per farla voltare e guardarla dritto negli occhi, ma lei lo allontanò bruscamente.
« Ti ho detto di andartene » disse più forte. « Lasciami stare ».
Sirius sospirò. 
« Scusami... per prima » mormorò infine. « Sono impazzito, credo... e mi dispiace ». Deglutì e si bagnò le labbra intorpidite. « Non so neanch'io cos'ho detto... smettila di piangere, per favore ».
« Non sto piangendo per te! » sbottò lei, per nulla colpita dalle sue scuse. « Ora togliti di qui ».
« No » sussurrò lui, sfiorandole un braccio. « Noi... noi non avremmo dovuto litigare. Avremmo dovuto stare insieme ».
Lei non rispose. Non si mosse. Non lo scansò quando le accarezzò il viso, ma pianse un po' più forte.
Sirius la fissò intensamente, con una strana luce nello sguardo. Non l'aveva mai vista piangere prima e in quel momento le parve finalmente umana. Quell'aria altezzosa e arrogante, quel suo sentirsi intoccabile e impenetrabile non esistevano più in lei in quel momento. Provò una stretta al petto nel vederla in quello stato ma, allo stesso tempo, gli fece piacere scoprirla capace di versare delle lacrime, di lasciarsi andare alle emozioni.
Era lui, invece, a non saperlo fare.
Sicuramente avrebbe dovuto consolarla, dire qualcosa per confortarla e rassicurarla sulla salute di James, ma non ci riusciva. Lui stesso aveva bisogno delle stesse cose, ma non c'era nessuno a dargliele. Aveva bisogno di conforto, ma aveva rovinato tutto con lei, che sarebbe stata pronta a darglielo.
« Hai paura? » mormorò. « Non stare così male... James si riprenderà... Madama Chips è eccezionale... lo sai... »
« Che t'importa di come sto? » domandò lei brusca. « Appena un secondo fa hai detto che non vuoi saperne niente, quindi non c'è bisogno che porti avanti questo teatrino... ti risparmio la fatica ».
Lui quasi sorrise. Se parlava in quel modo, aveva dato peso alle sue parole. Se ne era rimasta ferita, evidentemente lui aveva un valore per lei.
« Smettila » le disse piano. « Te l'ho già detto, non so neanch'io cosa mi è uscito dalla bocca »
Fece una pausa, ma poi si riprese. « Mi importa » mormorò. « Certo che mi importa ».
Scarlett non disse nulla e si morse il labbro, fissando il pavimento. Non voleva pensare a Sirius, in quel momento, non voleva mandarsi in fumo il cervello nel tentativo di capire se le stesse dicendo la verità o meno... Quello non era il momento adatto. Doveva preoccuparsi di James.
Per un po', nessuno dei due disse nulla e rimasero vicini accanto alla finestra, lei guardando fuori, lui fissando lei.
« Tu pensi che guarirà? » mormorò Scarlett dopo un po', titubante. « Ha perso davvero tutto questo sangue? »
Sirius annuì lentamente. « Ne ha perso molto, sì » rispose. « Ma io credo... spero che non sia così grave ».
Ripiombò il silenzio, ma poi fu nuovamente Scarlett a parlare.
« E' un brutto segno che Madama Chips non abbia ancora detto niente » disse, convinta. 
Sirius non seppe cosa dire, perché in fondo anche lui pensava la stessa cosa. Era passato troppo tempo, quindi qualcosa stava andando storto.
« Tu... » riprese lei, scossa. « Tu... ti sei fatto male anche tu? Eri presente quando...? »
« No » rispose subito lui. « Io non mi sono fatto niente. L'ho trovato già ferito quando sono arrivato... Ho fatto qualche incantesimo per cercare di bloccare il sangue che scorreva, ma non so fino a che punto sia servito... »
Sospirò nuovamente, ricordando quei momenti di puro terrore che sembravano essere accaduti una vita fa. Si afflosciò sulla panca che trovò accanto alla finestra e infilò le dita tra i capelli, stremato.
Solo in quel momento Scarlett si voltò a guardarlo. Non lo aveva mai visto così preoccupato e nervoso. Era bianco come un lenzuolo e aveva lo sguardo perso, vuoto, segnato dalla stanchezza e da quell'incessante attesa. D'impulso, mosse qualche passo verso di lui e tese la mano per poggiarla sulla sua spalla, ma si arrestò, mordendosi forte il labbro inferiore, senza che lui si accorgesse di nulla.
Aveva paura di toccarlo, paura di avvicinarsi o tentare di consolarlo. Sembrava stranamente fragile, seduto lì con la schiena curva e tremante appena, con le dita che continuavano a perlustare i capelli per l'incontenibile nervosismo, e lei non era abituata a vederlo in quello stato. Non aveva idea di come comportarsi, non poteva sapere di cosa avesse bisogno in quel momento. Come si consolava Sirius Black?
Avrebbe potuto sentire il bisogno di silenzio e solitudine, ma lei non voleva andar via e lasciarlo. 
Avrebbe potuto sentire il bisogno di un contatto, di una parola di conforto, ma a lei non ne veniva in mente nessuna.
Avrebbe potuto sentire il bisogno di un abbraccio, ma lei non avrebbe mai e poi mai avuto il coraggio di darglielo.
Eppure, doveva fare ciò che si sentiva di fare. Forse a Sirius non servivano né lei né i suoi tentativi di confortarlo, ma Scarlett avrebbe tentato.
Gli si avvicinò ancora e gli avvolse la spalla con le dita sottili. Lui non si mosse e non sollevò il capo, cosa che le fece temere di aver sbagliato tutto. Un attimo dopo, però, si rese conto che una delle sue mani vagava in cerca di quella di lei e arrivò a stringerla.
Lei sorrise appena a quel tocco, tristemente, e gli sedette accanto, cauta. Lo scrutò avidamente, finché lui non ricambiò lo sguardo.
« Dovresti tagliarti i capelli » mormorò lei, scostandogliene un ciuffo dalla fronte e facendolo sorridere appena.
« Senti chi parla » scherzò lui, osservando la lunghissima chioma scura della ragazza.
Lei scrollò le spalle, annuendo. « Tra un po' finirai per assomigliarmi ».
Sirius sorrise e pensò che avrebbe dovuto ringraziarla per essere rimasta lì con lui. Ancora una volta, però, non ci riuscì.
« Bisogna arrivare a tanto per far sì che tu sia dolce con me, Banks? » mormorò, senza perdere quell'accenno di sorriso che gli incurvava le labbra.
Scarlett lo osservò col capo inclinato. « Perché, Black, da quando in qua vuoi che io sia dolce con te? » domandò.
Lui parve rifletterci su prima di rispondere. « Beh... chi ti ha detto che non lo voglio? » rispose. « Con te è bello stare in pace come in guerra, in realtà ».
E quella era per entrambi una grande verità. Litigare e punzecchiarsi di continuo era probabilmente il loro passatempo preferito, ma rimanere a parlare civilmente per un po', scherzando sulle cose più assurde e ridendo complici, stava quasi togliendo il primato all'altra attività.
« Noi non stiamo mai in pace » disse lei. « Al massimo, ci prendiamo brevissime tregue per respirare un po' ».
Sirius sorrise e annuì più volte. « Non per nostra decisione » ribattè. « Comincio a credere che sia più forte di noi, ormai ».
Tacquero entrambi per un po', sovrappensiero.
« A me va bene così, sai? » mormorò lei alla fine, tornando a guardarlo.
Lui strinse inconsciamente la sua mano prima di parlare. « Anche a me » rispose. « Altrimenti, beh... non saremmo noi ».
E Scarlett non potè che essere d'accordo.
Altrimenti non saremmo noi...
Noi. Da quando Banks e Black erano diventati un noi? Qualcosa stava cambiando, era innegabile. Qualcosa, in verità, era già cambiato.
Dopo un po', Sirius le chiese di tornare dagli altri e lei annuì. 
Voltato l'angolo, trovarono Mary che parlava a bassa voce a Peter e lui la ascoltava rapito, in silenzio. Quando lei li vide arrivare, però, si bloccò e spostò lo sguardo dall'uno all'altra. « Tutto... bene? » chiese, titubante, soffermando lo sguardo sull'amica, che annuì.
« Ancora nessuna notizia, vero? » disse Sirius.
I due scossero il capo simultaneamente, piuttosto cupi. Lui annuì e crollò sulla panca, apparentemente sfinito.
Il silenzio dilagò tra loro, pervadendo i loro corpi totalmente, ghiacciandoli sul posto. Il sole non aveva ancora fatto ritorno.
All'improvviso, però, la porta dell'Infermeria venne aperta ed uscì fuori Madama Chips, il volto imperlato di sudore, meno impeccabile del solito.
Tutti si voltarono a guardarla, ansiosi, e non ebbero bisogno di chiedere. La donna sorrise appena, come faceva molto raramente.
« Non dev'essere trasferito al San Mungo » disse ai ragazzi. « Presto starà bene. Guarirà del tutto ».
Tutti si lasciarono andare a manifestazioni di gioia. Lo strazio era finito.
« Fottuto Merlino, sì! » ruggì Sirius, rinvigorito, rivolgendo un sorriso splendente a Scarlett, che scoppiò a ridere.
Mary saltellò verso l'amica e la stritolò in un abbraccio, sorridendo festante, mentre Peter era rimasto immobile sulla panca, forse in preda a uno shock post buona notizia. La ragazza gli battè qualche pacca sulle spalle e lui, alla fine, le rivolse un debole sorriso, riprendendosi a fatica.
Solo in quel momento, alla fine, il sole bruciò rovente in tutti loro.
E in realtà, forse aveva semplicemente atteso, nascosto tra le nuvole. Perché quella mattina, alla fine, brillò caloroso come non mai.









Note della Malandrinautrice: Salve, gente! Scusate tanto il lieve ritardo, ma questo capitolo per me è stato davvero, davvero molto difficile da scrivere e non so perché. Non sono convintissima, ma eccolo qui. E devo dare qualche piccola spiegazione.
Intanto, perché la cara Poppy meglio nota come Madama Chips non fa domande? Beh, nei libri si è detto che non ne faceva mai troppe. Ad esempio, quando Hermione si è trasformata in un gatto utilizzando una pozione proibita o quando Ron è stato morso da un drago... beh, avrebbero dovuto trovarsi in guai grossi, ma mi pare sia proprio Harry a dire che l'infermiera non chiede mai nulla. Nel prossimo capitolo, in realtà, qualcosa chiederà, in questo senso. Poi vedrete.
Un'altra cosuccia. Forse sembra strano che si parli solo di James e ci si preoccupi solo di lui, quando c'è anche Peter, ma lui è un topo minuscolo e non correva alcun rischio. Non è un volerlo sminuire, assolutamente.
Ultima cosuccia... beh, nulla, James ha insistito molto per seguire Remus perché quell'estate si era ridotto davvero malissimo. Non sopportava l'idea che potesse farsi ancora del male.
Se avete dubbi su qualcosa, la vostra autrice è qui solo per voi!
Detto questo, devo ringraziare! Eccome se devo ringraziare!
VENTIQUATTRO recensioni. 24. Ma cosa diamine è successo, volete spiegarmelo?! Io sono sconvolta dal vostro entusiasmo, ve lo ripeto. Non mi sarei mai potuta aspettare un tale successo, perché per me lo è, un successo straordinario.
Non ho parole, sul serio. GRAZIE DI TUTTO CUORE, ma questo ve l'ho già detto personalmente e non voglio annoiarvi ancora. Già sono l'unica autrice che scrive risposte più lunghe delle recensioni... ahahahahah, non sprofondiamo ancora nello svenevole!

Oh, un ringraziamento superspeciale va a tre persone superspeciali: 
  
che mi hanno segnalata per le Prescelte! Maledizione, vi sommergerei di abbracci, se solo potessi! Non so come ringraziarvi, davvero, GRAZIE!
E ringrazio anche i 70 delle preferite, i 13 delle ricordate e i 103 delle seguite, che, santo Merlino, aumentano sempre di più! Grazie!
Ora vi posto alcune immagini di Sirius e Scarlett fatte da me, tanto per gradire! 
Ora mi dileguo e vi mando un bacione.
 
Simona_Lupin
 

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Capitolo 14
*** Rivelazioni ***




 

Questo capitolo è per te, Sarah Jones 13.
Tu, che sei stata con me ad ogni passo.
Tu, che ami la Blanks più di tutti.
Tu, che sei una lettrice austrabracinese.
Tu, che mi fai morire morta per le risate e le lacrime.
Tu, che sei meravigliosa e non so mai come ringraziarti.
Tanti auguri di buon compleanno, tesoro mio.


 


Capitolo 14

Rivelazioni




                                                                     
 
I ragazzi fecero fatica a riprendersi dalla loro gioia incontenibile. Schiamazzarono per qualche altro minuto, ma alla fine Scarlett fece zittire tutti, ansiosa di sapere di più sulla salute di James e sulle sue condizioni.
« L'ho curato e medicato » disse Madama Chips, mettendosi a posto lo chignon. « Dovrà passare qualche giorno in Infermeria per rimettersi in sesto, ma starà benissimo e tornerà su come nuovo. Forse rimarranno delle cicatrici, ma nulla di spaventoso, posso assicurarvelo ».
Loro si rilassarono, lasciandosi andare a larghi sorrisi sereni.
« Possiamo vederlo? » domandò Sirius irrequieto, gli occhi che lampeggiavano di una nuova luce.
L'infermiera scosse il capo in segno di diniego. « Non ancora, mi spiace » rispose. « Deve risvegliarsi e ha bisogno di riposo. Vi chiamerò, quando riaprirà gli occhi e avrò fatto gli ultimi accertamenti, state tranquilli ».
« E Remus, invece? » chiese ancora il ragazzo, di nuovo ansioso. « Come sta? Sta bene? »
La donna annuì, rassicurante. « Anche lui dovrà passare qui alcuni giorni, ma tornerà in piedi » li tranquillizzò, per poi fare un cenno e rientrare nella stanza.
Tutti si guardarono a vicenda, senza sapere cosa dire. Scarlett battè una pacca sulla schiena di Sirius e lui sorrise, strizzandole l'occhio.
« Tutto grazie a Godric! » saltò su Mary, battendo le mani contenta. « Godric può, gente, può tutto! »
Gli altri risero, decisamente sollevati.
La ragazza, poi, si voltò verso Peter e lo trovò ancora seduto sulla panca, lo sguardo vuoto e l'espressione sperduta. Evidentemente era ancora sotto shock. Subito si chinò verso di lui e lo prese per un braccio, aiutandolo ad alzarsi.
« Peter, vieni, prendi un po' d'aria, mi sembri ancora leggermente scosso... sarà la felicità che ti ha portato la notizia » osservò la ragazza, un po' su di giri. « Su dai, alzati... Voi non venite, ragazzi? »
Scarlett annuì e fece per dire di sì, ma fu Sirius a parlare al posto suo.
« Arriviamo tra un attimo, Mary » rispose, con uno dei suoi bei sorrisi. « Andate, vi raggiungiamo ».
Mary lo guardò qualche secondo, poi sorrise debolmente di rimando e andò via insieme a Peter, dandogli qualche pacca sulla spalla per farlo riprendere.
Quando furono scomparsi dietro l'angolo, Sirius si voltò ad osservare Scarlett, che invece teneva lo sguardo basso.
Le sollevò il viso con due dita, poi fece scivolare le mani sulle spalle, a stringerle le braccia esili.
Lei avvertì un brivido che non aveva nulla a che fare con il freddo pungente del corridoio. Ebbe qualche difficoltà a sostenere il suo sguardo così vicino.
« Grazie » disse lui alla fine, sorridendo come lei non lo aveva mai visto sorridere. « Non... non so cosa avrei fatto senza di te ».
Scarlett inclinò il capo, interdetta e meravigliata. « Di cosa parli? » chiese dolcemente. « Non ho fatto nulla ».
Ma Sirius fece di no con la testa, senza smettere di sorridere. « Oh, invece sì » mormorò. « Credo che avrei dato di matto davvero se non ci fossi stata tu... O meglio, l'ho fatto, ma... tu mi sei stata vicino comunque, quindi... quindi grazie, bella Banks ».
Scarlett sorrise radiosa e sentì le sue dita stringersi attorno alle braccia per poi lasciarla andare.
« Andiamo a vedere come sta il vecchio Peter? » propose allegro. « So che non rientra alla perfezione nelle tue simpatie... »
« ... Infatti... » confermò lei prontamente.
« ... ma non ci rientro neanch'io, quindi, beh... meglio che ritrovi Mary per avere una compagnia gradevole, che ne dici? »
Lei rise e annuì. « Senz'altro » scherzò, incamminandosi al suo fianco. « Troppi contatti ravvicinati con Malandrini che non sono il mio James, ultimamente... Questo non va bene. Non va bene per niente ».
Anche lui rise, scompigliandole i capelli teneramente.
Non tardarono a ritrovare i due amici, che parlottavano accanto a una delle tante vetrate luminose.
« Peter, amico mio, tornato un po' di colore? » fece Sirius, avvicinandosi. « Il meraviglioso sorriso di Mary ha contagiato anche te, finalmente? »
Il ragazzo sorrise appena, mentre lei, inspiegabilmente, arrossì.
« Mary, noi andiamo? » domandò Scarlett all'amica, che distolse lo sguardo da Sirius per guardarla. « Aritmanzia starà per finire, possiamo dare noi la bella notizia agli altri ».
Lei annuì allegramente e le saltellò accanto, prendendola a braccetto. 
« Tanti saluti, allora » disse, rivolta agli altri due. « Sirius, fa' sedere Peter, non si è ancora ripreso del tutto ».
Lui rise e annuì. « Ci vediamo dopo » mormorò, salutando.
Le ragazze ricambiarono e andarono via, ridendo e chiacchierando tra loro sulla fantastica notizia ricevuta.
« Tutto bene, Codaliscia? » fece Sirius, sedendoglisi accanto e battendogli una manata sulla nuca. « Te la sei passata bene con Mary? »
Peter lo fissò un po' stranito. « Te la sei passata bene non è che mi piaccia tanto come espressione » commentò. « Ma... beh... sì ».
L'altro sogghignò. « Non pensare male, amico, tranquillo » gli disse.
Si scambiarono un sorriso e attesero. 
Passò un po' di tempo prima che James e Remus si risvegliassero, ma alla fine l'infermiera venne a chiamarli, raccomandando loro di non fare troppo baccano e di non stritolare in abbracci frantumacostole i due amici appena guariti, così si precipitarono nella stanza.
I due ragazzi erano sdraiati su letti vicini.
James aveva scalciato via le lenzuola e aveva il busto interamente fasciato, mentre sulla spalla e sulle braccia recava dei tagli cicatrizzati. Aveva riacquistato un po' di colore sul viso e i suoi capelli erano in disordine come non mai.
Remus, invece, era ancora piuttosto pallido, ferito più del normale su tutto il corpo, ma sorrise agli amici quando entrarono.
« Guarda un po' chi si rivede » fece Sirius, sorridendo e avvicinandosi al letto più vicino, quello di James.
« Sirius... » mormorò quello, che non indossava gli occhiali ed era praticamente cieco. « Sei tu? »
« Certo che sono io, brutto idiota » ribattè l'altro, infilandogli gli occhiali sul naso.
Al sorgere della luce e delle forme, James rise, profondamente contento. 
« Sirius! » esclamò. « Abbracciami, amico! Ho bisogno d'affetto! »
Allargò le braccia, aspettando, e Sirius imprecò qualcosa di indistinto, per poi chinarsi e farsi stringere dall'amico.
« Ti ammazzerei di botte se non avessi già rischiato la pelle, Ramoso » borbottò, però sorrideva. « Remus, tu sì che meriti di essere abbracciato da me! Guardati, sei un vero splendore » scherzò, dirigendosi verso l'altro letto, mentre James insisteva per abbracciare anche Peter.
Alla fine di tutte quelle svariate manifestazioni d'affetto, Sirius e Peter presero posto tra un letto e l'altro.
« Allora » cominciò il primo, sfregandosi le mani. « Come state? »
James sorrise radioso e allargò le braccia, come per farsi ammirare.
« Come vuoi che stia, Felpato? » rispose gioioso. « Una favola! Insomma, guardami! Sembro una mummia appena arrivata dall'Egitto pronta a essere srotolata! Sto alla grande! E poi, scusami, non potevo lasciare questo mondo senza essere uscito almeno una volta con Lily, non credi? »
Gli altri due risero, mentre Remus rimase ad osservarli in silenzio.
« Non puoi capire che razza di tagli mi ritrovo, fratello, sono mostruosi! » continuò, esaltato. « Ne ho uno qui » e tracciò con un dito una linea immaginaria lungo il suo torace, « che è spaventoso, ti giuro! E anche questo sul petto è piuttosto profondo... Non appena si saranno cicatrizzate, queste ferite mi faranno davvero fare il salto di qualità da semplice figo a eroe macho e virile! »
Sirius sbuffò, divertito, e si finse scettico.
« Sarà » disse, scrollando le spalle, « ma dubito che qualche taglietto basti a farti raggiungere i miei livelli... Non ci arriverai mai, Ramoso, rassegnati ».
James rise di cuore.
« Ma smettila! » ribattè con forza. « Sei spacciato, Felpato. I tuoi affari di cuore andranno in declino da adesso in poi, fidati ».
« Il giorno in cui i miei affari di cuore, come li chiami tu, andranno in declino, Mocciosus avrà i capelli puliti e profumati e una bella ragazza al suo fianco » replicò il ragazzo, tranquillo e disinvolto.
James scoppiò a ridere sonoramente, seguito a ruota da Peter.
« Mocciosus... » iniziò a farfugliare tra le risate, immaginandosi la scena effettivamente poco verosimile. « Puliti... ragazza... » continuò, asciugandosi le lacrime dagli occhi. Anche Sirius si unì a lui, con la sua risata simile a un latrato.
« Comunque » riprese poi, dopo un po'. « A parte Mocciosus, che sono sicuro ti verrà a trovare con una bella confezione di Gelatine Tuttigusti+1 non appena saprà che sei qui, sono curioso di scoprire i retroscena di stanotte. Allora, che avete combinato senza di me? »
Non fece trasparire neanche un briciolo dell'angoscia che lo aveva tormentato per tutto il tempo, anzi, simulò serenità, com'era nel suo carattere. 
Tra Malandrini, era così che funzionava. Rendere gli avvenimenti seri ancor più pesanti di come già erano non serviva a nulla, mentre parlarne con leggerezza era utile a tutti per passare oltre e riderci su. Era come se avessero stilato un accordo silenzioso da questo punto di vista, da sempre.
Solo Remus, dei quattro, in quell'occasione, non riusciva a sorridere. Sentiva di avere addosso tutto il peso dell'accaduto e aveva avvertito il senso di colpa intensificarsi paradossalmente con l'affetto immutato che gli amici gli avevano dimostrato. La loro serenità rendeva il suo fardello ancor più duro da trasportare.
« Io ho fatto esattamente quello che pensavo sarebbe successo » mormorò lui, il capo chino. « Ero certo che sarebbe finita così ».
Tutti ritornarono seri di fronte al suo tono di voce. Capirono all'istante quello che doveva essere il suo stato d'animo, ma lo lasciarono parlare.
« James, saresti potuto morire » disse, battendo la testa sullo schienale del letto. « E io... lo sapevo, io... sapevo che non sarei riuscito a controllarmi... Ma tu sei venuto lo stesso. Quando ti avevo detto di promettermi il contrario ».
James si fece parecchio serio.
« Certo che sono venuto » rispose, risoluto. « E non me ne pento, Remus. Neanche un po' ».
La sua sicurezza e il tono fermo con il quale gli parlava lo fecero esplodere. Loro non capivano. Non avevano idea di come si ci potesse sentire al suo posto, ed era la loro incoscienza a farli parlare in quel modo. James la faceva sembrare un'avventura particolarmente avvincente e ricca di azione, ma in realtà non era altro che una tragedia sfiorata.
« Avrei potuto ucciderti, James! » ribattè Remus forte. « Lo capisci? Renderti uguale a me, magari! Parli così solo perché sei sopravvissuto per raccontarlo, ma non è stato per niente divertente! »
« No che non lo è stato! » replicò l'altro a tono. « Ma è passata, Remus! Io sono qui, tu sei qui, e basta. Non ha senso ripensarci, tanto sai benissimo che io resterò della mia fottutissima idea e tu della tua! Però, ti prego, ora lascia stare tutte le paranoie su quello che sarebbe potuto succedere perché lo so anch'io, credimi. Resta il fatto che non è successo ».
Remus sospirò stancamente.
« Se non ci fosse stato... se non fosse arrivato... Mio Dio, non riesco a pensarci... » borbottò tra sé e sé, agitato.
« Remus » sussurrò James, sbalordito. Non riusciva a credere alle sue orecchie. « Siamo degli stramaledetti amici da sette anni, ormai. Mi conosci come pochi, ti pare il caso di continuare ancora con questa storia? Smettila di scherzare ».
« Ragazzi, ma io non sto scherzando! » sbottò Remus, frustrato, vedendo la totale mancanza di appoggio anche da parte degli altri due. « Davvero non capite? Io non... »
« No, Remus, sei tu che non capisci » lo interruppe James. « Rifarei anche adesso quello che ho fatto. E così Peter... E anche Sirius lo avrebbe fatto, ma senza neanche pensarci un secondo, nemmeno per idea... Sul serio, basta. Pensavo fosse tutto chiaro, dopo sei anni di noiosissime paranoie. La vita è il minimo per te, amico ». 
E sorrise, puro come solo James riusciva ad essere.
Lui boccheggiò, scuotendo impercettibilmente il capo, senza essere in grado di fissare nella mente quelle parole meravigliose. Li osservò uno ad uno, stupito, senza emettere un suono.
« Sei un imbecille, Lupin » commentò Sirius. « Noi daremmo la vita per chi? Un imbecille. Maledetto lupastro, per giunta. Godric solo sa perché ».
A quelle parole, una risata spontanea sgorgò dalle labbra di tutti, Remus compreso. Dopo quello che James gli aveva detto, con la sincerità disarmante che solo lui sapeva infondere alle sue parole, e vedendo la tranquillità con cui Sirius e Peter appoggiavano l'amico, senza dubbi né titubanze, come si poteva non sorridere? La tensione e la rabbia che covavano dentro di lui fino a poco prima non avevano più ragione di esistere di fronte all'evidente consapevolezza che i Malandrini erano i Malandrini, incoscienti e sventati, testardi e parecchio folli, spericolati e sempre uniti, e non c'era niente che potesse cambiarli.
« Ora » riprese James, guardandolo con aria d'approvazione, « se hai finito con le tue lupesche stronzate, io vorrei avere l'onore di narrare le mie gesta al mio eccezionale amico Sirius, se lui è d'accordo ».
« Fratello » disse quello con aria solenne, « lo sono ».
E così James si lanciò nel suo racconto denso di imprese epiche di dimensioni immani.
« Allora » iniziò, sistemandosi meglio sul letto, « è successo che mi sono trasformato e ho trovato il Lupin che faceva a brandelli i mobili. Appena mi ha visto, mi si è gettato contro e mi voleva sbranare, credo, ma io sono un cervo troppo figo per poter essere abbattuto così facilmente. Gli ho dato una gran cornata e l'ho fatto indietreggiare, eh, Remus? Ma lui non si arrendeva, anzi, mi sa che l'ho fatto solo infuriare di più in quel modo... »
I Malandrini ridevano, ma lui continuava a parlare con foga e sentimento, come sempre. Remus non riusciva a credere alle proprie orecchie. Per James, tutto poteva risolversi con una risata, perché sorridere rendeva sempre le cose più semplici. Malgrado lo conoscesse bene, però, non avrebbe mai smesso di stupirsi per la sua incrollabile allegria, quella che lo rendeva davvero unico e semplicemente meraviglioso.
« Ha cercato di farmi a pezzi, il lupastro » stava continuando a raccontare, sempre più preso dalle sue epiche avventure. « E io con tutta la mia forza possente, ingente, senza limiti e indescrivibilmente... ehm... beh, forte, gli ho tenuto testa! Diglielo, Peter. Ed è stata una lotta furiosa, tra sangue, ferite e cose eroiche di questo tipo... Alla fine, dopo aver combattuto valorosamente e strenuamente, il mio tenero amico mi ha infilzato... e sono morto. Cioè, no, non sono morto, ma da lì in poi ho un vuoto totale di non so quante ore. In conclusione, quindi, credo a ragione di meritare un fragoroso applauso ».
Peter obbedì immediatamente, colpito dal racconto malgrado avesse già vissuto la scena con i suoi stessi occhi, mentre Sirius fece per dare un colpo sulla nuca all'amico ma si trattenne, limitandosi a ridere della sua immane idiozia.
« Ma Sirius » fece dopo un attimo James, fissandolo, « hai ancora il mio sangue super puro addosso? »
Lui si guardò la felpa, ricordandosi solo in quel momento delle pessime condizioni nelle quali si trovava. 
« Sì, maledizione » disse, squadrandosi per bene. « Devo darmi una bella sistemata prima di andare a lezione... e comunque, non ti vantare, perché il mio sangue è puro quanto il tuo, se non di più, quindi taci. Sai quanto ci tengo » concluse, mettendo nell'ultima frase quanto più sarcasmo riuscì a trovare.
James rise e annuì vigorosamente.
« Lo so, nobile e antichissimo rampollo dei Black » disse, ironico.
« Grazie per averlo sottolineato, fratello » commentò lui, fintamente compiaciuto. 
« Proprio perché so chi sei ti do questo consiglio, amico... non sprecarlo, mi raccomando, e conserva quei vestiti intatti come cimelio. Un giorno varranno moltissimo, vedrai » ribattè l'altro, serio.
Lui sbuffò, divertito. « La tua testa tagliata varrà moltissimo, Ramoso, corna comprese » ribattè, trattenendo una risata.
« Ah, le mie corna... » sospirò l'altro, malinconico. « Colpa della Evans. Chissà quante me ne ha messe in tutti questi anni... »
« Tante quante ne hai messe tu a lei » replicò l'amico, con l'aria di chi la sa lunga.
James si portò una mano al petto, ferito nel profondo dell'anima.
« Sirius » disse con tono pomposo. « Io sono più casto del qui presente Remus Lupin! E Remus Lupin non ha mai fatto un pensiero poco casto su nessuna creatura di questa terra, quindi immagina quanto io sia casto, Felpato! »
Sirius scoppiò a ridere, mentre Remus assistiva alla scena divertito ed esasperato, le braccia incrociate all'altezza del petto.
« Certo, fratello, sei casto più o meno quanto me » ribattè. « Io sono insuperabile, quello è ovvio, ma devo dire che ti sei dato parecchio da fare per tentare di sfiorare la mia posizione elevatissima. E ci tengo a sottolineare che nessuno crede che la mamma, qui, non abbia mai fatto pensieri poco casti su nessuna ».
La mamma in questione fece per scagliargli contro il suo cuscino ma si rese conto di non averne la forza.
« Se ti presenti alla prossima luna piena, ti ammazzo per davvero, Felpato » lo minacciò, tentando con scarsi risultati di apparire serio.
Lui annuì. « Mai mettere in dubbio la castità di Remus Lupin » borbottò, alzando le mani in segno di resa. « Comunque, ritornando all'argomento Evans, c'è un grande problema, ragazzi » riprese, tornando stranamente serio.
I due, notando il suo cambiamento di tono, lo ascoltarono in silenzio.
« Era venuta qui a trovarti questa mattina, Remus, e ha trovato noi » raccontò. « Ci ha chiesto cosa fosse successo e io le ho detto che James aveva avuto un incidente. Non sapevo cosa diavolo inventarmi in quel momento, comunque lei si è spaventata moltissimo, è diventata bianca come un lenzuolo e voleva saperne di più ».
James, a quelle parole, sgranò gli occhi, senza capire.
« No, aspetta, fermi tutti » lo interruppe, una mano tra i capelli. « Lily Evans, Grifondoro, settimo anno, capelli rossi e occhi verdi, bella come nessuna, mia futura moglie e madre dei miei bambini... era preoccupata per me? James Charlus Potter, Grifondoro, settimo anno, capelli fighi e occhi ammaliatori, bello come nessuno, su-... »
« Sì, okay, abbiamo afferrato il concetto » tagliò corto Sirius. « E sì, Evans era preoccupata per te, ma non farti castelli in aria, maledetto cornuto. La cosa è seria » disse con fermezza, spegnendo l'entusiasmo che era sorto nell'amico a quella rivelazione sconvolgente. « La tua ragazza è andata via e si è portata dietro mezza tavolata di Grifondoro... le ragazze, Frank, erano tutti lì e adesso vorranno capire cosa accidenti è successo, perché stavi morendo dissanguato e tutto il resto ».
James e Remus si scambiarono uno sguardo, pallidi in volto. 
« Maledizione... » imprecò James. « Hanno fatto tante domande? »
« In realtà, non ne hanno avuto il tempo » raccontò Sirius. « Ho detto loro di andare a lezione per non dare troppo nell'occhio con un'assenza di massa, ma Mary e la Banks sono rimaste perché non seguono Aritmanzia quindi avevano un'ora libera ».
« Scarlett è rimasta? » chiese subito James. « Sicuramente avrà voluto sapere tutto ».
« Infatti » rispose l'altro. « Mary non ha chiesto niente, ma lei era fuori di sé dalla preoccupazione... Ha iniziato a fare domande a raffica, ad insistere per sapere ogni cosa, e... beh, io ero già parecchio nervoso, visto che Madama Chips non ci dava nessuna notizia, e... »
« Non mi dire che avete litigato! » lo interruppe l'amico, allarmandosi.
Sirius si grattò distrattamente il capo, poi rispose.
« Sì » ammise, incrociando lo sguardo severo dell'amico. « Anche pesantemente, in realtà... »
« Pure! » esclamò James, sconvolto.
Il ragazzo sospirò. « Le ho chiesto subito scusa, idiota » replicò. « Era molto scossa e... terribilmente preoccupata per te ».
James sorrise teneramente. « Oh, la mia Scarlett... » disse in tono affettuoso. « Com'è dolce ».
Sirius alzò gli occhi al cielo, esasperato. 
« Mamma mia, come sei mieloso... » fece, leggermente scocciato. « Sembrate sposati ».
« E la cosa chiaramente ti da' fastidio » commentò James, soddisfatto.
« Sì, d'accordo » rispose in tono sbrigativo, eludendo la sua provocazione. « Ma tornando a noi, adesso cosa raccontiamo a tutti quanti? » domandò poi, in tono nervoso.
Tra i ragazzi cadde il silenzio. A quanto pareva, tutti stavano iniziando a rimuginare in cerca di una soluzione, sperando intensamente che una soluzione esistesse.
Remus, in particolare, rifletteva sul da farsi. In fin dei conti, tutto partiva da lui, da quel che era, dal segreto che aveva custodito per tutto quel tempo e rivelato solamente a quattro persone speciali, nascondendolo agli altri a causa di quella paura che non lo aveva mai abbandonato davvero.
Ma adesso... possibile che fosse arrivato il momento di lasciare da parte quella paura e rivelare tutto quanto?
Conosceva tutti loro ormai da più di sei anni e li considerava dei veri amici. Forse avrebbe dovuto fidarsi completamente. Forse, avrebbe dovuto essere sincero e leale come in realtà non era mai stato. Forse era arrivato il momento di parlare chiaro, anche se sicuramente lui non si sentiva ancora pronto. E forse non lo sarebbe mai stato.
« Ragazzi » mormorò alla fine, torcendosi le mani, « a questo punto, credo... credo che l'unica soluzione sia dire la verità ».
Gli altri tre lo fissarono, piuttosto sorpresi. Non si erano assolutamente aspettati una risposta del genere da lui, conoscendo benissimo le barriere che si era creato verso il mondo esterno a causa della sua condizione. Barriere che gli impedivano di vivere con tranquillità la sua vita da adolescente.
« Dici sul serio, Remus? » domandò Sirius, studiando la sua espressione attentamente.
Lui tacque qualche secondo, sinceramente confuso. « Io non... non so, in realtà » borbottò infine, senza guardare nessuno. « Ma il fatto è che non crederanno a nessuna delle storie che potremmo inventarci e io sono davvero stanco di mentire ogni volta a tutti loro, quindi... »
« Quindi? » lo incalzò Peter, cercando di capire qualcosa dal suo contorto ragionamento.
Remus sospirò stancamente. « Quindi non ho assolutamente idea di quello che dovrei fare adesso » rispose, tirando indietro la testa contro i cuscini.
« Insomma, in realtà è dall'inizio di quest'anno che ci penso » riprese dopo un attimo. « Mi fido di tutti loro, so bene quanto siano meravigliosi, ma è difficile... Non so come potrebbero prenderla. Li capirei se non volessero più guardarmi in faccia ».
« Remus, non ricominciare » disse duro Sirius. « Non voglio più sentirti dire certe stronzate, d'accordo? »
Lo fissò intensamente, ma lui non riuscì a sostenere il suo sguardo e scrollò le spalle, come se non sapesse cosa pensare.
« Io non so cosa potrebbe succedere » ricominciò a dire. « Vorrei fidarmi, davvero, ma... ho paura ».
James quasi sorrise a quelle parole. Aveva imparato a conoscere bene l'insicurezza di Remus, durante tutti quegli anni di intensa amicizia. Il suo piccolo problema peloso lo ostacolava da sempre, in ogni passo, sradicando ogni più piccola certezza così da plasmarla in dubbio, rendendo quelle poche sicurezze che possedeva un tesoro prezioso da custodire. Aveva paura, Remus, di tutto quanto il mondo. Ma non aveva mai esitato ad affrontarlo.
Erano stati loro ad aiutarlo, sin dal principio, dal loro primo anno ad Hogwarts. Era stato così semplice diventare amici, stringere un rapporto che col tempo era divenuto indissolubile... Perché, si sa, ai bambini sembra la cosa più facile della terra fare amicizia, ma loro erano anche stati aiutati da una sintonia innata, un qualcosa di speciale che tendeva ad unirli, una magia che avevano accolto e coltivato con estrema gioia.
Remus ricordava di essersi spesso soffermato a pensare su quanto fosse stato strano e meraviglioso aver trovato persone tanto pure di cuore e disponibili. Inizialmente, quando i tre gli avevano ingenuamente chiesto come mai avesse un'aria tanto sciupata, aveva raccontato loro di non essere molto in salute e loro si erano dati un gran da fare per dargli una mano a riacquistarla. 
Sirius lo aveva costretto ogni santo giorno a mangiare doppia razione di qualsiasi piatto a colazione, pranzo e cena, sollecitando la sua passione per la cioccolata con entusiasmo. James gli aveva consigliato qualche giro sulla scopa per prendere aria fresca e farlo respirare, acconsentendo felicemente a prestargli quella che aveva portato clandestinamente a scuola, visto che ai primini non era consentito di possederne di personali. Peter gli aveva confidato di essere affetto da una forte allergia che lo rendeva spesso debole e privo di forze, sostenendo che era assai probabile che soffrisse dello stesso male e cercando di consigliargli tutti i suoi medicinali dagli effetti più disparati.
Quando, invece, aveva iniziato a raccontare loro di come fosse sua madre, in realtà, ad essere ammalata, avevano iniziato a costruire o comprare regali per lei, così che Remus glieli avrebbe spediti insieme ai loro più cari e affettuosi auguri di pronta guarigione.
A metà del secondo anno, tutto era iniziato a divenire intollerabile per lui e, alla fine, aveva confidato agli amici il suo segreto.
Neanche in quell'occasione si era sentito pienamente sicuro nel confidarlo. Semplicemente si era sentito di farlo, e, in uno slancio di coraggio, anche se lui non lo definiva tale, aveva mandato al diavolo l'insicurezza, decidendo di fare ciò che il suo istinto gli aveva suggerito. Inutile dire che proprio quell'istinto aveva avuto ragione.
James aveva riso con dolcezza dei suoi timori, Sirius si era dimostrato addirittura entusiasta, visto che riteneva quella maledizione un vanto di cui andar fieri oltre che, testuali parole, una figata pazzesca, mentre Peter lo aveva tranquillizzato con parecchi sorrisi sinceri inframmezzati da qualche parola sentita. Il tutto era precipitato nel divertimento e poco dopo James aveva coniato l'espressione che sapeva non avrebbe mai dimenticato, ovvero quella del piccolo problema peloso, ormai divenuta leggenda.
Con loro era stato diverso, però. Un'eccezione irripetibile. Non si sarebbe mai fidato di qualcuno come si fidava di loro tre.
Eppure, anche se non allo stesso modo, in quel momento, sentiva il desiderio di dire la verità come lo aveva sentito cinque anni prima.
« Avrai sempre paura, Remus, e sarà sempre normale averne » mormorò James, osservandolo di sottecchi. « Ma se senti il bisogno di dire la verità e piantarla con le scuse... fallo e non pensarci. Sappiamo bene chi sono davvero. Scarlett è una delle persone più belle che io abbia mai conosciuto in vita mia, una di quelle di cui più mi fido... Alice è così buona che non riderà nemmeno della tua idiozia come faranno gli altri... Frank lo conosciamo bene da sei anni, è la persona più giusta e semplice di questo mondo... Mary ed Emmeline potranno solo riderci su, sono così dolci... Puoi stare tranquillo, Remus ».
Lui lo ascoltò con attenzione, credendo ciecamente a ogni sua parola, perché anche lui, in realtà, era fermamente convinto che fossero degli amici fantastici.
« Felpato, diglielo anche tu » disse James, voltandosi verso il fratello in cerca di supporto.
Lui sollevò lo sguardo, fissandolo su di lui, ma inizialmente non disse nulla.
Se James sarebbe stato pronto a mettere la mano sul fuoco riguardo la lealtà che tutti quei ragazzi avrebbero mostrato a Remus, Sirius, al contrario, non riusciva a fidarsi così profondamente. La sua diffidenza nei confronti di tutti era una caratteristica ormai radicata in lui che non riusciva a scrollarsi di dosso. Aprirsi con qualcuno era un'idea lontana anni luce per uno come lui, che trovava difficile riuscirci anche con gli amici più fidati. Ogni persona intorno a lui, per quanto meravigliosa potesse apparire, poteva celare dei segreti, delle pecche vaste come voragini che magari non venivano subito fuori, ma che, scavando un po' più a fondo, si sarebbero sicuramente trovate. E come fare, allora, a capire chi era degno della sua fiducia o meno? Preferiva avere conoscenze piuttosto superficiali e rimanere distaccato, non farsi coinvolgere emotivamente da nessuno, piuttosto che rischiare di far scoprire qualcosa di sé agli altri. Perché era questa, in realtà, la sua vera e più grande paura. Trovare qualcuno che riuscisse a denudarlo delle sue armature, lasciando libera la parte di sé che quasi nessuno conosceva davvero. E in questo, James era totalmente e assolutamente diverso da lui. James non aveva timore di mostrarsi, di far vedere quello che era, mai. Non si tratteneva mai dal dire ciò che gli passava per la mente, forse in maniera fin troppo ingenua e spontanea, ma per com'era nel suo carattere. Sirius, al contrario, si faceva conoscere per la persona che desiderava sembrare, invece che per quella che era davvero.
« Ti fidi veramente, James? » chiese a bassa voce, dopo un po'. « Di tutti quanti loro? »
James lo guardò sbalordito, senza capire. « Co...? Ma... ma certo che mi fido » rispose, interdetto. « Tu... tu no? »
Sirius distolse lo sguardo e iniziò a dondolarsi sulle gambe posteriori della sedia, riflettendo in silenzio per un po', sotto lo sguardo dei tre.
« Non mi fido di qualcuno... non completamente, ecco » borbottò infine, piuttosto vago. « Non so, sono quasi tutti Purosangue... »
« Anche tu sei Purosangue! » esclamò James, accorato. « Anch'io lo sono! Ma questo che cosa vuol dire? »
L'altro scrollò le spalle. « Nulla » disse, continuando a parlare con estrema lentezza. « Solo che... personalmente, non so fino a che punto sia bene fidarsi ».
Tacque nuovamente e l'amico lo fissò storto per un po', in attesa che ricominciasse.
« Sirius, per amor di Merlino, spiegati chiaramente » sbottò, battendo una mano sul materasso. « Di chi non ti fidi? Parla ».
Lui lasciò ricadere la sedia con uno schianto e poggiò i gomiti alle ginocchia, studiando con interesse il pavimento di piastrelle bianche.
« Beh... » cominciò, senza incrociare lo sguardo di nessuno. « La Prewett, la Vance... sono tutte e due Purosangue e, almeno io, non le conosco neanche così bene... Frank, no, lui... di lui mi fido, credo. Mi fido anche di Mary, in realtà. E poi c'è la Banks. Il mio più grande punto interrogativo ».
Il più grande davvero, senza dubbio. Lei era un vero mistero che, stranamente, aveva un gran desiderio di scoprire, una domanda perenne a cui voleva a tutti i costi trovare una risposta, una porta serrata che doveva riuscire a far aprire senza rumore. Fidarsi di lei pareva impossibile, al momento; non esserne interessato, o meglio rapito, però, lo era altrettanto. Il punto era che non riusciva ad avere un'idea precisa su di lei, visto che non la conosceva granché bene, se non nei comportamenti che adottava con lui. 
Forse, in realtà, non la conosceva affatto. Per l'opinione che, però, aveva sempre avuto di lei, di certo non si sarebbe azzardato a rivelarle una cosa del genere, e per quanto nell'ultimo periodo si fossero in un certo senso avvicinati, rendendo più pacifici i loro rapporti, Sirius non sentiva ancora la serenità di poterle comunicare una notizia come quella della condizione di Remus. Era una questione delicata, profonda, spigolosa da affrontare nel mondo magico, e non era scontata una reazione benevola da parte sua, neanche da quella ragazza che pian piano aveva scoperto essere sempre meno insopportabile, arrogante e altezzosa. 
« Sirius, ti sbagli » rispose James, serio. « Il tuo problema è che non ti fidi di nessuno, quindi vedi minacce dove non ci sono. E' vero che non conosci molto Alice ed Emmeline, ma in sei anni avrai capito più o meno che tipo di persone sono, no? Con Frank e Mary, almeno, vedo che sei più sicuro, ma solo perché li conosci più profondamente. E su Scarlett, poi, io non ho nessun tipo di dubbio. Fidati, Felpato, la conosco da quando avevo due fottutissimi giorni! Parli così perché è una Purosangue? Beh, devi sapere che lei, Miley e i loro genitori non hanno mai avuto pregiudizi, anzi, tutt'altro! Non li ho mai sentiti nominare la purezza di sangue o altre stronzate simili neanche per scherzo, non sono quel genere di maghi ».
Lui non disse nulla, riflettendo. Aveva espresso la sua opinione onestamente e sinceramente, ma non voleva influenzare troppo Remus che, intanto, lo fissava, più confuso di prima.
« E' Remus che deve decidere, non io » concluse infine, riprendendo a far ondeggiare la sedia avanti e indietro.
L'altro fu d'accordo. « E' vero » mormorò. « La decisione spetta a te, Lunastorta ».
Lui si passò le dita tra i capelli e annuì. A quelle parole, la prima cosa che gli venne in mente di rispondere fu: dillo. Di' la verità. Fu un pensiero spontaneo, incontrollato, che era sfuggito alla ragione e a tutte le paranoie, e Remus lo prese come il segno tangibile che era davvero giunto il momento di parlare.
« Sì » disse alla fine. « Io credo... credo proprio che glielo dirò ».
James sorrise radioso e si battè un pugno sul palmo aperto della mano. 
« Bravo, amico mio! » approvò, allegro. « E' la scelta giusta! Almeno ti renderai conto che non siamo solo noi ad apprezzare i lupastri! Secondo me, anzi, farai parecchio colpo sulle ragazze... Amico, lupo fa un sacco figo! »
Remus lo fissò ad occhi sgranati per l'assurdità dell'affermazione, poi scoppiò a ridere. Anche gli altri si unirono a lui, in fondo contenti che avesse deciso di aprirsi e lasciarsi alle spalle tutti i timori.
« Credo sia colpa mia » intervenne Sirius, guardando l'amico con apprensione. « Non so cos'ho fatto per bloccare quel sangue, avrò provocato dei danni permanenti a quel briciolo di cervello che vagava senza meta sotto quell'ammasso di capelli deformi ».
Ma lui continuò a ridere, apparentemente inconsapevole di aver appena ricevuto degli insulti. « Ma no, Sirius, mi hai salvato la vita! » esclamò, grato.
« Non c'è di che, Ramoso » rise l'altro, scuotendo il capo, senza capire come facesse ad avere ancora tanta energia dopo tutto quello che aveva passato poco prima. « Comunque, ritorniamo seri un momento » riprese. « Se Remus racconta la verità, parte del problema persiste. I ragazzi vorranno sapere cosa diavolo hai combinato tu per ridurti in quel modo, no? Quindi dovremmo raccontare di quello che abbiamo fatto al quinto anno ».
James ricadde con la testa tra i cuscini. Ecco il problema numero due.
« Hai ragione, non ci avevo pensato » borbottò, passandosi una mano sugli occhi chiusi.
« Ma non possiamo farlo » fece Peter, allarmato. « Insomma, lo abbiamo fatto illegalmente. E se spifferassero tutto? »
« Io vi ho già detto che mi fido ciecamente » insistette l'altro, risollevandosi dal letto e facendo una smorfia di dolore per una ferita al torace particolarmente dolorosa. « Però... devo ammettere che più persone vengono a saperlo, più la faccenda diventa pericolosa. Siamo dei fuorilegge in piena regola, gente ».
« Infatti, è quello che penso anch'io » convenne subito Sirius. « Io non lo direi a nessuno ».
« Neanch'io » confermò Peter.
I due guardarono l'amico, in attesa, ma lui parve sovrappensiero e non rispose subito.
« Io, invece » mormorò lentamente alla fine, « credo che ci siano almeno due persone a cui mi sento di dirlo ».
Sirius gli fece cenno di continuare.
« Voglio dirlo a Scarlett e Lily, Sirius » disse, annuendo.
Lui scosse il capo, contrariato. « James, dai, non fare lo stupido, non puoi! »
« Sirius, te l'ho detto » ribattè l'altro prontamente. « Scarlett è mia sorella, tra noi non esistono segreti. Lo so, sono sicuro che non dirà niente e, anzi, ci appoggerà quando saprà perché l'abbiamo fatto. E poi, se la conosco bene come la conosco, non crederà a qualsiasi storia strana che possiamo inventarci, lo capisce quando le sto raccontando una balla ».
« E la Evans? » domandò subito Peter.
James inizialmente non seppe cosa rispondere. In realtà, per Lily non esistevano dei motivi razionali ben precisi. L'unica ragione era che lui era innamorato di lei, e questo gli bastava.
« Beh... » disse dopo un po'. « Lily... insomma... io vorrei essere sincero con lei, tutto qui ».
Era convinto della sua decisione. Aveva la certezza che loro non avrebbe reagito male alla notizia, che avrebbero compreso i motivi della loro scelta e avrebbero mantenuto il segreto con la massima lealtà. Inoltre, era anche totalmente sicuro che nessuna delle due avrebbe creduto alle scuse che avrebbero potuto raccontare. Gli altri, magari, non si sarebbero presi la briga di contraddire la loro versione dei fatti, accettandola anche con qualche riserva, mentre Scarlett e Lily avrebbero fatto domande su domande, approfittando del rapporto che le legava rispettivamente a James e Remus.
Sirius, invece, non era dello stesso avviso e parlò chiaramente.
« Se la Evans si tratterrà dallo spifferare tutto, sarà solo perché tiene molto a Remus » disse con fermezza, sicuro sulla sua posizione. « La Banks, invece, potrebbe voler proteggere te, ma non so come potrebbe reagire, e in ogni caso, metterebbe nei guai me e Peter. E su questo non ho dubbi ».
James sbuffò, scocciato dal comportamento dell'amico che non riusciva mai a fidarsi della gente.
« Hai una concezione sbagliata di loro, Felpato » lo ammonì, guardandolo di sottecchi. « Saranno anche solitamente attente alle regole e tutto quanto, ma capiranno perché lo abbiamo fatto, ne sono sicurissimo. Non ci tradirebbero mai ».
Calò nuovamente il silenzio, mentre ognuno rimaneva immerso nei propri pensieri.
« Se vi fidate di me » disse ad un tratto James, serio, « dovete fidarvi anche di loro, ragazzi ».
A quelle parole, Sirius e Peter lo fissarono attentamente. Loro si fidavano di James, completamente. Se non fosse stato realmente certo di quel che diceva, non avrebbe messo a rischio i suoi amici in una situazione tanto intricata. Quindi, forse, avrebbero dovuto rischiare. Come solo i Malandrini erano capaci di fare.
Sirius scrollò le spalle, senza sapere cosa aggiungere.
« Sei sicuro, quindi? » gli domandò, diffidente.
« Sicurissimo » ribattè lui, convinto.
L'altro annuì, e James capì che lo avrebbe sostenuto. Come sempre.
« Se ci fanno arrestare è colpa tua » disse serio il ragazzo.
Gli altri risero.
« Tanto Azkaban te la fai lo stesso, vecchio mio » gli disse Remus. « Credimi, un bel soggiorno di qualche anno non te lo leva nessuno ».
Sirius annuì, ormai abituato alla solito solfa dell'amico sul fatto che fosse un criminale e meritasse la galera.
« Magari ci passo per una buona causa » mormorò. « Tipo il tuo omicidio, Lunastorta ».
Tutti scoppiarono a ridere di nuovo, fino a quando non entrò nella stanza Madama Chips.
« Ragazzi, devo chiedervi di uscire » disse, sistemando due calici di pozione sui comodini dei due.
« Sì, Madama Chips » rispose Peter, alzandosi.
Lei li osservò, come se volesse dir loro qualcosa, infatti subito dopo parlò, l'espressione seria e severa.
« Il signor Potter è stato molto fortunato » iniziò, scrutandoli uno per uno. « Davvero molto, credetemi. Che non vi venga mai più in mente di seguire il signor Lupin per nessuna ragione al mondo. Non siete stupidi, sapete di cosa si tratta, quindi spero non ripetiate mai più questo gesto sconsiderato ».
Tutti i ragazzi annuirono, leggermente storditi. Evidentemente Madama Chips, sapendo che loro erano a conoscenza della condizione di Remus, aveva fatto due più due. E a loro andò bene così. Se avesse sospettato qualcosa di più di quello che aveva già capito sarebbe stata la fine.
« Grazie, Madama Chips » mormorò James. « Senza di lei, io non sarei qui ».
Lei lo guardò, ostentando un'espressione impassibile nonostante le sue parole l'avessero intenerita.
« Senza di me, mezza scolaresca di Hogwarts non sarebbe qui, gliel'assicuro, signor Potter » rispose, secca.
I ragazzi scoppiarono a ridere, e anche nel suo volto si fece largo un breve sorriso.
Dopodiché i due salutarono gli amici, Sirius fece il baciamano a Madama Chips, facendola innervosire non poco, e uscirono di corsa dall'Infermeria, prima che la donna facesse ricoverare anche loro. 
 
 
*  *  *
 
 
« ... Quindi, per la prossima volta esercitatevi con l'Incantesimo di Disillusione perché farò una verifica. Alla prossima, ragazzi ».
Anche l'ultima lezione di quella mattinata era terminata e il professor Vitious, dopo aver ritirato tutti i rotoli di pergamena dai banchi degli studenti, li lasciò andare per l'ora di pranzo. La maggior parte dei ragazzi era diretta alla Sala Grande, pregustando le succulente pietanze preparate dagli elfi domestici, mentre un altro ristretto gruppetto aveva la mente rivolta a tutt'altra parte.
Scarlett e Mary avevano portato la buona notizia agli altri, così che tutti, al termine delle due ore di Antiche Rune, si erano nuovamente diretti all'Infermeria per visitare i due amici. Madama Chips, però, aveva detto loro che entrambi avevano avuto un risveglio positivo, ma che, dopo aver praticato ulteriori medicazioni, aveva consigliato loro di riposare per il resto della mattina. Per trovarli svegli, quindi, sarebbero dovuti tornare all'ora di pranzo.
Anche Sirius e Peter si erano uniti al gruppo durante le ultime due ore di lezione, leggermente nervosi all'idea di ciò che stavano andando ad affrontare.
« Alice, aggiusterai dopo la tua super fottuta borsa, cammina! » sbottò irritata Scarlett, sistemandosi i lunghi capelli scuri prima su una spalla, poi sull'altra.
« Banks, non ti facevo così volgare » commentò Sirius, che, malgrado tutto, non aveva perso il suo sarcasmo. « Inutile, i segni ci sono tutti e sono anche chiari come il sole... sei la donna della mia vita, anche se ancora il tuo cervello ha difficoltà ad accettarlo ».
Lei scoppiò in una mezza risata leggermente isterica. « Senti, uomo della mia vita, almeno tu, cammina veloce! » lo esortò, divertita e iperattiva.
« Vuoi che ti porti in braccio, bella Banks? » propose lui, tenendo il passo della ragazza piuttosto rilassato. « Lo sai che sono un tipo molto romantico ».
« Oh, ma che bellezza, Black, dovremmo sposarci al più presto » convenne lei, complice.
Sirius annuì, seriamente partecipe. « Sì, tesoro mio, quando l'amore chiama, bisogna rispondere presente ».
Scarlett rise e alzò gli occhi al cielo, voltandosi per l'ennesima volta verso gli altri che le correvano dietro.
« Lily, il tuo ragazzo ha bisogno di te, corri » disse all'amica, che rispose con una delle sue poco gentili gomitate tra le costole.
Per tutta la mattina aveva avuto la testa fra le nuvole e Scarlett era sicura che avesse pensato a James per tutto il tempo. Era così, infatti.
Durante la prima ora, quando ancora non aveva ricevuto nessuna notizia, era stata completamente assente, immersa totalmente nelle sue paure. L'insegnante, che la vedeva come una delle sue pupille, le aveva rivolto come sempre una domanda a cui, inaspettatamente, lei non aveva risposto. Il ricordo della felpa e dei capelli impregnati di sangue di Sirius non aveva fatto che focalizzarsi davanti ai suoi occhi a intervalli regolari, tutto il tempo. Aveva immaginato, pur non avendolo visto, il corpo sfigurato di James, sopportando in silenzio l'angoscia che non le aveva lasciato un attimo di tregua.
Dopo essere stata rassicurata dalle amiche, si era sentita straordinariamente leggera, ma aveva continuato a riflettere su cosa potesse essere successo, certa che in quella faccenda dovesse entrarci anche Remus.
« James era un tantino ansioso di rivederti, Evans » disse Sirius, ghignando. « Ha detto, testuali parole, di non poter lasciare questo mondo senza essere uscito con te almeno una volta. Ti salterà addosso, quando ti vedrà, te lo dico, quindi preparati mentalmente ».
Lily rise. « Vuol dire che mi avvicinerò con la massima cautela, grazie, Black » ribattè.
« E poi vai dicendo che sono scontroso e prevenuto nei tuoi confronti, eh, Evans? » replicò lui. « Ti ho salvato la vita ».
« La salvi a parecchi, ultimamente » commentò Scarlett, e lui assunse un'aria compiaciuta, ma non disse nulla.
Ben presto arrivarono alla porta dell'Infermeria e la ragazza si catapultò dentro come una scheggia impazzita, tanto che Sirius, accanto a lei, si guardò intorno con aria stralunata, chiedendosi come diavolo avesse fatto a Smaterializzarsi dentro i confini del castello.
« JAMES! » urlò, facendolo sobbalzare di mezzo metro sul materasso e gettandogli le braccia al collo.
Quando lui si rilassò e si rese conto di chi gli aveva appena offuscato la vista, la strinse forte a sé, dondolandola tra le braccia.
« Scarlett... » mormorò, la voce carica d'affetto. « Che bello vederti! »
Lei rise, sciogliendosi dolcemente dal suo abbraccio e scompigliandogli i capelli. 
« Hai visto? Stavo morendo, non è fantastico? Lo racconterò ai miei nipoti! »
La ragazza lo osservò attentamente, cercando di assicurarsi che stesse bene e che non riportasse danni gravi.
« Maledetto » disse poi, accarezzandolo dolcemente, « non sai quanto mi hai fatto stare in pena ».
« Certo che lo so » rispose lui, sorridendo. « Mi dispiace, ma avresti dovuto capire che io, James Potter l'Insuperabile, non sarei potuto morire così, in una maniera tanto disdicevole. James Potter merita una morte gloriosa, da eroe qual è e... oh, ma ci sono tutti! » esclamò poi, accorgendosi del gruppetto che si era formato intorno a lui. « Mio Dio, è un'allucinazione o la signora Alice Prewett in Paciock è venuta a fare visita a me? »
Per parecchi minuti non fece che salutare, gioire, abbracciare e baciare chiunque gli capitasse a tiro. Nel frattempo, chi si liberava di lui e delle sue manifestazioni d'affetto, correva da Remus per ripetere l'operazione. Lui rispose a tutti con un debole sorriso, troppo teso e nervoso per mostrarsi felice della loro presenza.
In tutto ciò, però, mancava evidentemente qualcuno.
Lily era rimasta fuori a torcersi le mani, totalmente confusa e in preda a una feroce guerra con se stessa.
L'Infermeria era piena di tutti gli amici di James e lei si sarebbe sentita fortemente inadeguata e fuori luogo tra loro. Non era di certo sua amica, non lo era mai stata, e dubitava che lui ci tenesse davvero a rivederla. Black aveva sicuramente lanciato una delle sue solite battutine, perché lei non aveva nessun valore per James, era solo la ragazzina antipatica che aveva brutalmente rifiutato tutti i suoi inviti a uscire per sei lunghissimi anni. D'altro canto, però, la voglia di incontrarlo era irrefrenabile. Desiderava guardarlo, assicurarsi che stesse davvero bene. Nient'altro.
Era talmente immersa nei suoi pensieri che trasalì quando la raggiunse, inaspettata, la voce bassa e profonda di Sirius.
« Cosa fai? » chiese, senza preamboli. « Non entri? »
Lei si voltò di scatto. « Io... » mormorò. « Io, beh... non so... non so se sia il caso, ecco ».
Lui sorrise appena, facendo qualche passo verso di lei. « Beh, è un vero peccato che tu non voglia » replicò. « Penso che lo avresti fatto felice ».
« Non dire sciocchezze » fece lei, incrociando le braccia al petto. « E' con tutti i suoi amici, non starà mica... »
« Aspetta te » la interruppe lui, affondando le mani nelle tasche e dondolandosi appena sul posto. « Per una volta, dovresti fidarti di me, Evans ».
Sorrise nuovamente di fronte alla sua espressione confusa e le voltò le spalle, ritornando dentro.
Lei si fissò le scarpe per qualche momento, poi prese un respiro e lo seguì.
« Si può? » mormorò lei timidamente, indugiando all'entrata.
Non appena la vide, James rimase fulminato. Non si era aspettato che venisse da lui. Non ci aveva sperato. Sentì uno strano calore farsi largo dentro il petto, mentre la guardava sorridere dolcemente nella sua direzione come raramente aveva fatto prima. Era bellissima.
Anche lui sorrise, raggiante. « Lily » disse, felice. « Sei venuta ».
La ragazza ricambiò il sorriso e gli si avvicinò, più rilassata. « Mi è giunta voce che il più grande Cacciatore del pianeta era sul punto di lasciare questa vita ed ero curiosa di scoprire cosa fosse stato in grado di abbatterlo » scherzò, sedendogli accanto.
James rise, senza smettere di guardarla e senza avere la minima idea di cosa dire. Il cervello non era connesso granché bene alla bocca, in quel momento.
« Come stai? » mormorò lei a bassa voce, sorridendo ancora.
Lui annuì, per poi accorgersi che non era una domanda a cui rispondere con un sì o un no e riprendersi.
« Molto... molto bene, grazie » rispose, passandosi una mano tra i capelli. « Sono contento di vederti ».
« E io sono contenta che tu sia vivo » rise lei. « Così potrò realizzare uno dei sogni della mia vita ».
« Cosa? » fece lui, fingendosi ammiccante. « Uscire con me? »
« No » rispose lei, allegra. « Ucciderti personalmente ».
Tutti risero e James tentò di mettersi diritto contro i cuscini, imprecando sottovoce per la solita ferita al torace che gli faceva tremendamente male.
Lily lo notò e lo aiutò a sistemarsi, premurosa. Osservò il suo busto fasciato e lo sfiorò con le dita affusolate in un gesto involontario, poi lasciò scivolare la mano sul bordo del letto, le guance leggermente rosse, e lui, in un gesto altrettanto spontaneo, poggiò la sua su quella di lei, che non si ritrasse.
Gli altri si sistemarono tra i due letti e fu Scarlett a prendere la parola.
« Allora » disse, « cosa ti ha detto Madama Chips? Devi rimanere molto qui dentro? »
James scosse il capo con un sorriso. « Mi dimetterà tra qualche giorno, credo » rispose. « Dice che mi sono ripreso molto in fretta, ma che queste bende basteranno a tenermi buono per un po', parole sue ».
« Ti fanno molto male? » domandò ancora lei, guardandolo con immenso affetto.
« Ma no » la tranquillizzò lui, scrollando le spalle. « Solo qualche fitta, ogni tanto. Sto benissimo. Anche se c'è qualcosa che mi farebbe stare meglio! »
La guardò con aria speranzosa, ma la ragazza non capì e assunse un'espressione interrogativa.
« Ma... il bacino a James, ovviamente! » esclamò, dispiaciuto che lei non avesse colto la sua muta proposta.
« Oh! » fece lei, illuminandosi di colpo. Si chinò su di lui e gli scoccò diversi baci sulla guancia. « Ora va meglio? » domandò poi, ridendo.
Il ragazzo annuì più volte, palesemente felice. Lei gli prese una mano tra le proprie e la strinse, e Lily lo notò, fissando con espressione seria e intensa le loro mani intrecciate.
« Adesso ci vuoi dire cosa diamine ti è successo, per favore? » chiese poi Scarlett, a bassa voce.
Lui si fece improvvisamente serio e tacque, cercando una posizione più comoda per guadagnare tempo e riflettere su come rispondere. Alla fine, sospirò.
« Ragazzi » disse, tenendo lo sguardo basso. « A questo proposito... ehm... c'è... c'è qualcosa che dovreste sapere ».
Tutti lo fissarono, in particolare Lily, che si chiese se James stesse per dire quello che pensava.
« Sono io, in realtà, che non vi ho mai detto una cosa » intervenne Remus, e gli sguardi si concentrarono su di lui, disorientati.
Per qualche attimo calò il silenzio e lui ricercò le parole adatte per iniziare quel discorso tanto difficile che aveva già dovuto affrontare più volte. Ben presto, capì che quelle famigerate parole non esistevano, che doveva dirlo e basta, seguendo quell'istinto che fino ad allora gli era stato sempre favorevole. 
Prese coraggio e si schiarì la voce.
« C'è una cosa » mormorò, lentamente, « di me... che in pochi sanno. E' una cosa che mi fa vergognare di me stesso ed è per questo che non ho mai avuto il coraggio di raccontarla a gran parte di voi. Però... adesso... ho capito di potermi fidare davvero. Voi siete miei amici, vi conosco da sette anni ormai, e io... devo essere sincero fino in fondo, perché sono stanco di inventarmi bugie su bugie, con voi soprattutto ».
Nessuno disse nulla. Lily guardò James, meravigliata, e lui ricambiò lo sguardo, annuendo appena.
« Quand'ero bambino » riprese Remus, serio, « sono stato morso da un Lupo Mannaro ».
Qualcuno trattenne il fiato, altri semplicemente lo fissarono, sbalorditi. Lui chinò il capo, tormentandosi i capelli. Aveva paura di incontrare lo sguardo degli altri, per timore di trovarvi disprezzo o disgusto, per timore di non ritrovare più amicizia o familiarità in loro.
« Io... non so chi sia stato, in realtà » proseguì. « L'unica cosa che so è che mi ha fatto diventare esattamente come lui. Ed è per questo che manco ogni mese per alcuni giorni, è per questo che sto sempre così male e... beh, adesso lo sapete ».
Nessuno seppe cosa dire. Tutti, in un modo o nell'altro, erano ovviamente sconvolti dalla notizia.
Remus non sopportava quel silenzio assordante, il non avere una risposta, una qualsiasi risposta da parte loro. Desiderava che parlassero, che non lo fissassero con aria tanto compassionevole, perché non faceva che farlo stare peggio.
« Ascoltate » riprese di nuovo. « Io so benissimo come vengono considerati quelli... quelli come me dalla maggior parte delle persone ed era proprio per questo che non riuscivo a raccontarvi della mia condizione. Preferivo continuare ad avere la vostra amicizia e mentire, piuttosto che raccontarvi la verità con l'immensa probabilità di perderla per sempre. E so quanto sia stato sbagliato e da codardi, ma... io... Insomma, io quindi vi capisco se... se non volete più starmi vicino. Lo capisco benissimo ».
I ragazzi rimasero colpiti e sconvolti dalle sue parole. Erano crudeli, dure, maledettamente amare. E loro non poterono accettare quel tono da parte sua, non riuscivano a capire come fosse quasi concorde con ciò che diceva, come se fosse lui stesso il primo a ghettizzarsi per ciò che era.
« Remus... » Fu Frank a parlare, scuotendo il capo, senza parole. « Ma cosa cavolo stai dicendo? E' assurdo... vivo con te da sei anni, sei sempre tu. Perché dovremmo vederti diversamente? Non capisco ».
Lui dischiuse le labbra, stordito quanto l'amico. Possibile che stesse dicendo quello che pensava? Possibile che non lo vedesse come una bestia, adesso?
« Neanch'io capisco » intervenne Scarlett, che ancora teneva stretta la mano di James tra le proprie. « Remus... quella che ci hai dato è una notizia terribile, ma pensi davvero che noi avremmo potuto voltarti le spalle? Quello che è capitato a te... insomma, sarebbe potuto capitare anche a uno qualsiasi di noi. Tu ne parli come se fosse una colpa, quando... quando è solo una condanna che non ti meriti ».
Cercò lo sguardo degli altri e tutti annuirono, sinceramente d'accordo.
Sirius era l'unico ad essere spiazzato. Fissava Scarlett come se fosse venuta da un altro pianeta, come se la stesse vedendo per la prima volta. Non distolse lo sguardo da lei neanche quando Remus riprese a parlare.
« Beh, la maggior parte del mondo magico non la pensa così, Scarlett » replicò, serio ma decisamente più tranquillo. « Fuori di qui quelli come me sono messi ai margini della società e... per me sarà la stessa cosa. Non è così scontato come può sembrare a voi essere accettati ».
« Hai ragione, Remus » convenne Emmeline, conciliante. « E' vero, il mondo è crudele là fuori. Ma sai quello che sta succedendo, c'è una guerra in atto. Una guerra in cui vengono considerati mostri anche maghi che hanno un solo membro della propria famiglia Babbano. E questa è follia, Remus, tanto quanto condannare quelli come te ».
Lui la guardò attentamente, analizzando con cura ogni sua parola, e trovando quel discorso davvero profondo e veritiero.
« Infatti » intervenne Scarlett, annuendo. « Quella non è la normalità, ma neanche per idea. Alla fine, dipende tutto dalle singole persone, e se queste tengono a te, non importa il mondo in cui vivono, per quanto crudele e spietato questo possa essere. Se ci tengono davvero, ci saranno sempre ».
Remus fissò anche lei, profondamente grato. Il sorriso fiorì spontaneo dalle sue labbra e Scarlett lo ricambiò subito, radiosa.
James, nel frattempo, aveva tenuto lo sguardo fisso su Sirius, senza incontrarlo mai. Aveva notato la maniera in cui continuava a fissare Scarlett. I suoi occhi solitamente imperscrutabili erano colmi di sorpresa e pareva non stancarsi di guardarla o di ascoltare quel che diceva. Non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto, perché sì, era assolutamente vero... conosceva Sirius meglio delle sue tasche. Ed era certo che Scarlett, in quel momento, lo avesse totalmente spiazzato con le sue parole.
« Quindi, Remus » stava dicendo Mary, « fammi capire un po'. Tu ti trasformi in un maledetto lupo quando c'è la luna piena, no? Ammazzi qualche povero animaletto di passaggio e sei leggermente più scontroso del solito, giusto? Anche un po' più peloso, credo... e per questo noi dovremmo avercela con te? Insomma, qui o sei idiota tu o siamo idioti noi. E fidati, io ho un fiuto infallibile per gli idioti, e tu, caro mio, meriteresti una medaglia per le stronzate che hai detto ».
Ci fu uno scoppio di risa fragorose e neanche Remus riuscì a trattenersi. Si sentiva straordinariamente leggero, come se si fosse lasciato alle spalle un macigno di chissà quanti chili. I sorrisi sui volti di tutti erano così sinceri da farlo sentire uno stupido per aver dubitato del fatto che ci sarebbero stati comunque per lui. 
« Ho centrato il punto, eh? » disse Mary con un largo sorriso stampato in faccia. « Sempre detto che sono un genio ».
« Sì » rise Remus. « Diciamo che è più o meno così che divento... Soprattutto un po' più scontroso, direi ».
« Già scontroso lo sei, Lupin » intervenne fintamente severa Alice. « Diventi intrattabile in periodo di esami, lo sai? »
Lui annuì, del tutto d'accordo con lei, che rise.
« Ma voi lo sapevate già? » domandò Scarlett, voltandosi a guardare ad uno ad uno i Malandrini.
« Ovvio che sì » rispose James, annuendo con aria importante. « Remus ce lo ha detto al secondo anno, perché a James Potter non si può nascondere nulla. Io avevo capito ogni cosa, per filo e per segno e la sua è stata solo una conferma dei miei sospetti... »
« Non è vero » smentì Remus. « C'è rimasto secco per dieci minuti dopo che gliel'ho detto ».
Tutti risero un'altra volta e il ragazzo incrociò le braccia al petto, profondamente offeso.
« Lily, mia adorata, non mi credi neanche tu? » chiese alla ragazza al suo fianco, speranzoso.
Lei annuì. « Conoscendo il tuo intuito infallibile, Potter, non posso che crederti, veramente » rispose seria.
James sorrise come un idiota e borbottò qualcosa su come fosse davvero la sua donna perfetta e la sua futura moglie.
« Lo sapevo anch'io » disse lei dopo un po', scrollando le spalle.
Le amiche trattennero il fiato, sbalordite.
« Davvero? » fece Mary, sconvolta. « Ecco perché approvavi sempre le scuse che si inventava l'idiota, qui! Adesso capisco... E noi che pensavamo che ci fosse una specie di tresca amorosa tra di voi... »
« Lo pensavi solo tu, Mary » precisò Emmeline, ridendo.
Mary la guardò torva per un secondo, fingendosi arrabbiata, poi la abbracciò con affetto.
« E brava la nostra Evans! » esclamò Scarlett, dando all'amica un colpo sul braccio. « Sei un asso a mentire! »
« Omettere, Scarlett, omettere » rispose l'altra, compiaciuta. « Comunque sì, me la sono cavata bene ».
Guardò Remus sorridente e gli lanciò un occhiolino.
« James, scusami » riprese Emmeline, ancora perplessa. « Ma la storia di Remus cosa c'entra con te? »
Una nuova curiosità tornò a farsi largo nei volti di tutti i ragazzi, che tornarono ad osservare l'amico, pronti a saperne di più.
« Non mi dirai che sei andato con Remus, James » disse Scarlett, facendo un tentativo. 
Lui la guardò, prendendo qualche secondo per rispondere. Avrebbe voluto raccontare la storia come si deve, essendo sincero fino in fondo come lo era stato Remus pochi istanti prima, ma in quel caso la questione era ben diversa, e ben più grave. La cosa era illegale. Quindi non poteva dire la verità così apertamente, non a tutti loro, almeno.
« Beh, sì » fece lui dopo un po'. « Remus ultimamente mi è sembrato più abbattuto e debole del solito, quindi ho... ho pensato di andare con lui. In realtà è stata un'idea assurda, sapevo benissimo cosa poteva succedere, ma non... non ci ho pensato, ecco. Ci sono andato e basta, senza rifletterci... e quindi eccomi qui » concluse poi, cercando di capire se quella versione dei fatti avesse convinto gli amici.
Loro rimasero interdetti per un po', ma James, in seguito, capì dalle loro parole che il loro stupore era dovuto alla sua estrema stupidità e non al fatto che non avessero creduto al suo racconto.
« Certo che sei veramente un idiota, James, posso dirtelo? » saltò su Mary, convinta. 
Lui rise, rilassandosi nella sicurezza di essere stato abbastanza convincente. Poi, però, guardò Scarlett, che non si era unita alle loro risate, e si accorse che lo guardava interrogativa. Era sicuro che lei non avrebbe creduto alla sua storia, la conosceva troppo bene. Fu sollevato del fatto che almeno con lei non avrebbe dovuto mentire ancora a lungo, e cercò di distrarla dai suoi dubbi almeno in quel momento.
« Che c'è? » le chiese, accarezzandole delicatamente il volto.
Lei si riscosse dai suoi pensieri e scosse il capo, ancora leggermente interdetta.
Rimasero lì a parlare e scherzare per un po'. Dopo una decina di minuti, però, fu Frank a interrompere l'allegra chiacchierata della combriccola.
« Cari amici » disse, raccogliendo l'attenzione dei presenti, « ho un annuncio da fare. Ho fame ».
A quelle parole, partì una risata generale che riempì la stanza. Sirius si catapultò sul ragazzo, dandogli una potente botta sulla schiena.
« Come sempre, sei il più grande di tutti, Paciock » fece, ammirato. « Gente, io direi di seguire le orme del ciclopico Frank e recarci tutti a rimpinzarci come maiali. Siete con me? »
Un boato accolse la proposta del ragazzo, che con aria trionfante si avvicinò al letto di James.
« Sempre molto delicato tu, Black » osservò Scarlett, ridendo.
Lui le strizzò l'occhio, con un sorriso provocante sul volto spavaldo. « Altrimenti non ti piacerei così tanto, no, Banks? »
La ragazza trattenne il fiato con fare teatrale e lo colpì sul braccio.
« Sempre molto delicata anche tu, Banks » commentò lui, massaggiando la parte lesa.
Lei rise, a quanto pareva molto soddisfatta. « Altrimenti non ti piacerei così tanto, no, Black? »
Sirius annuì più volte, fissandola intensamente con un sopracciglio inarcato. Quanto gli piacevano, i giochetti della Banks...
La osservò mentre si chinava e scoccava un bacio a James, che la abbracciò con affetto per una buona manciata di secondi.
« Torna presto » le raccomandò, lasciandola andare. « Ti voglio bene ».
Scarlett sorrise teneramente. « Anch'io » rispose, allontanandosi poi insieme a Lily.
« E quando vieni, porta Lily con te, ci tengo! » le urlò dietro, ridendo.
La ragazza in questione si voltò e gli rivolse una linguaccia dispettosa, che lui ricambiò con un occhiolino ammiccante.
« Ecco perché vuoi che torni! » esclamò Scarlett, divertita. « Ti sei giocato la tua amica, Potter, mi dispiace ».
A quel punto, fu Remus a richiamare nuovamente la sua attenzione.
« Scarlett » la chiamò. « Puoi venire un attimo, per piacere? »
Lei lo guardò e si avvicinò, cercando di capire perché avesse assunto un'altra volta l'aria seria e preoccupata che aveva avuto in precedenza.
« Sì, dimmi, Remus » disse, facendogli cenno di proseguire.
Lui si sfregò leggermente le mani, poi parlò.
« Ehm... vedi... » iniziò a dire, titubante. « Volevo chiederti un favore. Non... non dire a Miley quello che ti ho raccontato. E' una ragazza fantastica, ma la conosco ancora molto poco e non mi sento pronto a... »
Lei lo guardò comprensiva e subito scosse il capo. « Tranquillo » rispose, sorridendo. « Non le dirò niente. Sarai tu a dirglielo, se e quando vorrai ».
Remus la fissò, profondamente grato. « Grazie » mormorò.
Scarlett non smise di sorridergli. « Sappi, comunque, che Miley è la ragazza più buona di questa terra, puoi fidarti di lei » aggiunse in tono leggero. « Non cambierebbe niente per lei, anzi, sarebbe un supporto in più per te ».
Lui annuì, convinto che in realtà avesse ragione, ma ciò non bastò a fargli cambiare idea.
Scarlett si alzò, salutandolo, e si diresse verso l'uscita, ma si arrestò di botto.
« James » disse lentamente, riflettendo con l'indice che picchiettava sul mento. « Sai che ti dico? Invita Lily a uscire in queste condizioni. Chissà, magari riesci a strapparle un sì, stavolta ».
Il ragazzo sgranò gli occhi, sconcertato. « Magari riesco a strapparle un sì? » ripetè, scettico. « Sarà lei a chiedermi di uscire, Scarlett. Vedrai ».









Note della Malandrinautrice: Salve a tutti! Come state, miei adorati? Spero vi stiate godendo l'estate, fa un caldo Sirius credo ovunque e se non avessi il mare, creperei nel giro di pochi giorni. Comunque, a parte questo, ecco il nuovo schifoso capitolo!
Ultimamente non sono mai contenta di come scrivo e, se non ci fosse stata mia sorella che ha riparato l'irriparabile, il capitolo sarebbe stato un completo fallimento, come secondo me continua ad essere. Ma, in tutti i casi, eccolo qui, solo e soltanto grazie alla sorellona!
Non credo ci sia molto da spiegare, le riflessioni sono tutte lì, ma per qualsiasi cosa, come sempre, chiedete pure!
Intanto vi ringrazio per le VENTIDUE, dico ventidue bellissime recensioni che mi avete lasciato! Siete incredibili, non so più cosa dire. Mi fate commuovere e mia sorella dice che rispondo sempre in maniera troppo svenevole, ma credo di non riuscire mai ad esprimere appieno la mia gratitudine. Vi adoro, davvero, grazie infinite col cuore!
E ringrazio anche i 76 delle preferite, i 13 delle ricordate e i 124 delle seguite! Adoro anche voi, lettori silenziosi!
Beh, non mi resta che mandarvi un bacione, io vado su Pottermore a stracciare nemici, muahahahah!
Adios!


Simona_Lupin

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Capitolo 15
*** Tutta la verità ***






Capitolo 15


Tutta la verità


 
 
 
 
Quella sera in Sala Grande, tra gli studenti delle quattro tavolate, non si faceva che parlare di James Potter e del suo misterioso incidente.
Nessuno, però, pareva capace di limitarsi a chiedere in giro cosa gli fosse capitato di tanto grave da spedirlo in Infermeria così malridotto e tutti continuavano a fare supposizioni sulle avventure che doveva aver vissuto, congetture che si facevano sempre più assurde con il passare delle ore.
I Malandrini e le ragazze si divertivano un mondo ad alimentare le ipotesi sulla sua sfiorata morte prematura, assai sollevati nel notare che erano tutte molto lontane dalla verità che solo loro conoscevano. Non riuscirono, però, a non rimanere meravigliati dalla fantasia di molti studenti.
Durante la lezione di Erbologia di quel pomeriggio, Mary ed Emmeline avevano giurato di aver sentito due Corvonero parlottare su un presunto corpo a corpo tra James e il Platano Picchiatore; al termine dell'ora di pranzo, Sirius era corso da Scarlett ridendo come un matto, dicendole tra una pausa per riprendere fiato e l'altra che aveva appena ascoltato la conversazione di un gruppo di studentesse del quinto anno che sostenevano che James si fosse battuto per ognuna di loro, tanto che avevano finito per accapigliarsi. Erano rimasti a ridere di fronte all'aula di Trasfigurazione per cinque minuti buoni senza avere il coraggio di entrare per paura di non riuscire a trattenersi, ma alla fine la professoressa McGranitt aveva aperto la porta e li aveva sgridati dicendo che tanto valeva entrare in aula e continuare a ridere, visto che si sentivano perfettamente anche dall'interno. In questo modo, almeno, secondo lei, avrebbero coinvolto tutta la classe e avrebbero riso tutti insieme, non solo per la storia divertente che sicuramente avrebbero raccontanto per spiegarsi, ma anche per la severa punizione che avrebbe assegnato loro se non avessero smesso immediatamente. Scarlett era entrata in aula con le guance rosse e il capo chino dalla vergogna, mentre Sirius si era dilungato un attimo di troppo a complimentarsi con l'insegnante per l'ottimo accostamento di colori di cappello e veste. Si era guadagnato ben due sere di punizione, una per la sua solita insolenza, un'altra perché si ostinava a non voler indossare la divisa scolastica.
« Mi vesto come diavolo voglio » diceva sempre a chiunque gli chiedesse come mai dovesse trasgredire anche quell'ennesima regola. 
« Sono in una scuola, non in un fottutissimo riformatorio » aggiungeva anche piuttosto spesso.
Altrettante, comunque, erano le storie su James che stavano circolando quella sera tra gli studenti di tutte e quattro le Case.
Quando i Malandrini erano entrati, avevano sentito un Grifondoro raccontare a un nutrito gruppetto di ragazzine adoranti la gloriosa ed epica impresa di James, che, secondo la sua versione dei fatti, aveva sfidato un branco di centauri inferociti, colpevoli di aver osato infangare il suo onorevole nome di mago.
« Commovente, questa » commentò Mary quando Sirius e Peter la riferirono alle ragazze, sghignazzando. « Degna di essere ricordata ».
« E tra l'altro » proseguì Sirius, brandendo la forchetta, « quel gran cogl-... »
« Sirius! » lo riprese la ragazza, dandogli un colpo sul braccio. « C'è una bambinetta che ti ascolta rapita, per piacere ».
Lui si voltò, notando una novellina dai capelli disordinati che lo osservava con i suoi enormi occhi scuri, tutta presa dal suo racconto.
« Oh » si limitò a dire, annuendo, suo malgrado. « Quell'emerito stupidotto » si corresse con sarcasmo, ridendo e facendo ridere anche lei. « Così va bene? »
Mary fece di sì col capo, molto seria. « Più adeguato e meno scurrile, sì » convenne, fingendosi severa.
Lui sbuffò divertito e le diede un leggero buffetto sulla guancia.
« Comunque, dicevo » riprese poi. « C'era quell'idiota che all'inizio sosteneva che James stesse per avere la meglio sul branco di centauri! Poi, però, alla fine, per uno sfortunato corso degli eventi, è stato inspiegabilmente sopraffatto e, forse grazie a un'aiuto celeste, è stato raggiunto da Nick-Quasi-Senza-Testa, che vagava per la Foresta Proibita in cerca del nulla e che a sua volta ha fatto scattare l'allarme precipitandosi da un insegnante, che a sua volta è corso da Madama Chips, il tutto come se James non sarebbe morto dissanguato cento volte nel frattempo! » rise, scuotendo il capo, seguito dai suoi compagni.
« Credo che ci scriverò un libro e mi sfonderò di soldi » commentò Mary pensierosa, osservando con interesse la sua patata farcita.
Sirius rise, addentando la sua. « Ma io voglio i diritti, cara » la ammonì. « La trama te l'ha fornita Sirius e di Sirius rimane ».
« Di' a Sirius di piantarla » tagliò corto lei. « E che mangiasse le sue fottutissime patate invece di importunare una promettente autrice di successo ».
Il ragazzo trattenne rumorosamente il fiato, facendo finta di essersi strozzato col suo succo di zucca.
« Mary! » esclamò, sinceramente sconcertato. « La bambina! Che razza di modi... »
Lei rise, mentre Lily ed Emmeline si scambiavano uno sguardo complice e annuivano con l'aria di chi la sa lunga. Che strano modo di scherzare, quei due...
« Io vado da James » annunciò Scarlett all'improvviso, facendo cadere le posate sul piatto e alzandosi dalla panca. « Voi venite o no? »
Le amiche la fissarono per un po', interdette.
« Dobbiamo studiare » rispose Emmeline alla fine, dispiaciuta. « Io e Lily non abbiamo finito il tema per Lumacorno, ad Alice lo fa Frank e... beh, portagli i nostri saluti, d'accordo? Spiegagli che non potevamo proprio ».
Scarlett annuì e fece per andarsene, quando Sirius si alzò di botto e la bloccò per un braccio.
« Ti dispiace se ti faccio compagnia, bella Banks? » le chiese, sorridendo. « Peter, vieni anche tu ».
Lei fece un cenno e non disse nulla, limitandosi a scrollare appena il braccio per far sì che lui la lasciasse, infastidita.
« Va tutto bene? » domandò lui a bassa voce, studiandola con espressione seria e concentrata.
« Certo » rispose lei, ma continuò ad avvertire il suo sguardo che la penetrava.
Lo distolse solamente quando Peter gli chiese se avesse intenzione di ciondolare ancora lì per molto o di andare.
« Mary, tu non vieni? » disse distrattamente alla ragazza, grattandosi la nuca.
Lei scosse il capo, desolata. « Non posso » rispose, scrollando le spalle. « Io non ce l'ho un Frank che mi scrive i temi. E poi devo finire la mappa per Astronomia e il disegno di Cura delle Creature Magiche... senza contare che non ho ripassato neanche Difesa per l'esercitazione di domani e... »
« Okay, okay, ho capito » la interruppe Sirius, sorridendo. « Sei una gran secchiona, a quanto vedo ».
Mary rise, consapevole della sua scarsa attitudine allo studio di qualsiasi tipo e genere.
« Beh, ci vediamo allora » salutò il ragazzo. « Arrivederci, signore... e Frank ».
Tutti ricambiarono il saluto e i tre si allontanarono insieme, anche se Scarlett fece ben attenzione a tenersi distante.
« Bella Banks, solo tu hai studiato tutto per bene? » le domandò Sirius, avvicinandosi con un bel sorriso sul volto. « Sempre detto che sei la migliore ».
Lei sbuffò contrariata e rimarcò la distanza che li separava, affrettando il passo verso l'uscita della Sala Grande così da lasciarlo totalmente sperduto.
« Si può sapere che ho detto stavolta? » borbottò cupo, affondando le mani nelle tasche. « Io non la capisco... »
« Non pensarci, amico » lo consolò Peter, battendogli qualche pacca sulla spalla.
All'improvviso, però, la loro attenzione fu attratta da una chioma rossa che sfrecciò loro accanto. Lily si era alzata di scatto dalla panca per rincorrere Scarlett e raggiungerla, così, quando le fu dietro, la richiamò.
« Scarlett... » disse. 
La ragazza si voltò e la fissò, piuttosto sorpresa. 
« Ascolta... ehm... tu... tu stai andando in Infermeria, giusto? A trovare James »
Lei corrugò la fronte, chiedendosi se per caso la stesse prendendo in giro o meno. Eppure pareva serissima.
« Sì, Lily, l'ho detto un secondo fa » rispose, stizzita. « Qualcosa non va? Hai un'aria davvero strana ».
Ma la ragazza scosse il capo, torcendosi le mani nervosamente, all'apparenza senza un motivo.
« No, non ho niente » ribattè. « Solo... beh, vengo anch'io. Sì, vengo ».
Il volto di Scarlett si distese in un largo sorriso compiaciuto che la fece inevitabilmente arrossire appena.
« Ah, vieni? » chiese all'amica, incrociando le braccia al petto lentamente. « Che bella notizia. E come mai questo cambio di programma? »
Lei scrollò le spalle, sentendosi messa alle strette. Scarlett, infatti, aveva capito tutto. Aveva capito, e a ragione, che Lily voleva fare visita a James. Ma perché mai privarsi del sottile piacere di tormentarla innocentemente con le sue innocentissime domande visto che sicuramente le sue intenzioni erano innocenti?
« Beh... niente di che » fu l'incerta risposta. « Avevo promesso a Remus che sarei venuta a trovarlo e... beh, mi manca poco per finire il tema, quindi cinque minuti non mi cambiano niente... Insomma, un saluto e via, non voglio mica... E' per Remus, che... beh, povero Remus... »
Scarlett annuì con un ghigno ad ogni sua pausa, osservandola con grande interesse come se stesse davvero credendo alle sue parole balbettate.
« Oh, sì, povero Remus » convenne con trasporto. « Effettivamente, questa sera non aveva proprio compagnia... Dai, cammina ».
Lily si mordicchiò il labbro e la seguì senza una parola, grata che non avesse continuato a prenderla in giro in quel modo.
Mentre proseguivano per l'ormai nota strada verso l'Infermeria, però, la ragazza spezzò il silenzio.
« Ma hai visto prima Mary e Black? » bisbigliò all'amica, sottovoce. « Da quando in qua sono così complici? Strano, no? »
Scarlett si irrigidì e si limitò a sollevare le spalle, come se non sapesse cosa pensare sulla questione.
« In realtà, sono sempre stati piuttosto amici » osservò ancora Lily, pensierosa. « Insomma, lui scherza spesso con lei... »
« Magari finalmente l'ha notata » commentò l'altra, secca. « Magari finalmente si metteranno insieme », ma non aggiunse altro perché varcò la porta dell'Infermeria e corse ad abbracciare James, che l'accolse con un gran sorriso.
« Meraviglia, sei tornata! » esclamò, baciandole teneramente il capo. « Com'è andata oggi? Ti sono mancato? Tu a me moltissimo! »
Scarlett rise. « Anche tu a me » rispose, per poi avvicinarsi al letto di Remus per salutare affettuosamente anche lui.
« Tutto bene, Scarlett? » le domandò James sottovoce, osservandola raggomitolarsi come un gatto sulla sedia accanto al suo letto. « Sembri arrabbiata ».
Lei scosse il capo, sorridendo. « Sto bene » rispose, senza convincerlo granché. « Tu, piuttosto, come sei messo? »
Il ragazzo scrollò le spalle, facendo una smorfia pressocché neutra. Fece per parlare, ma si accorse della presenza di Lily e parve illuminarsi.
« Lily, ciao » disse, felice. « Mi fa piacere che tu sia venuta... stai bene? »
Lei annuì con un sorriso. « Sì, grazie » replicò. « E tu, invece? Ti trovo in forma ».
Lui continuò a sorridere come un ebete e a fissarla mentre prendeva una sedia e si sistemava tra il suo letto e quello di Remus.
« Lo sono » rispose alla fine, riprendendosi. « Vederti poi mi fa sempre molto bene » continuò con un sorriso accattivante.
La ragazza lo osservò divertita e si finse disperata. 
« Noto con piacere che non hai perso il tuo solito modo di fare lo splendido » disse, scuotendo il capo sconsolata. « Neanche un incontro ravvicinato con la morte riesce a cambiarti, eh, James? »
« Neanche quello » convenne lui, compiaciuto. Lei rise, insieme agli altri.
« Ma quei balordi bastardi dove sono finiti, si può sapere? » sbottò all'improvviso James, puntellandosi sul materasso. 
In quell'esatto momento, come se lui li avesse in qualche modo invocati, Peter e Sirius fecero il loro ingresso in Infermeria. A quanto pareva, se l'erano presa abbastanza comoda.
« Siamo qui, stupido idiota » rispose prontamente Sirius, avvicinandosi. « E' la Banks qui che ha un passo troppo veloce ».
« Solo perché ha molta voglia di vedermi, a differenza vostra » la difese l'altro, battendo un pugno sul braccio dell'amico che si era seduto accanto a lui.
« Come sei melodrammatico... » si lamentò il ragazzo, facendo una smorfia annoiata. « Fammi parlare con Remus, lui sì che è una persona seria... come stai, amico? Tutto okay? »
Lui si sistemò meglio sui cuscini e sospirò. « Non c'è male » rispose. « Ma mi annoio ».
James, a quelle parole, sbuffò sonoramente. « Ma smettila, Lupin » esclamò. « Tu almeno ci sei abituato a stare qui dentro! Io sto letteralmente uscendo pazzo » continuò, esasperato. « Non faccio che mangiare dolci e schifezze varie, parlare col fottuto Remus e leggere quella stramaledetta rivista di Quidditch! »
Scarlett fece per calmarlo, facendo scorrere una mano lungo il suo braccio, ma evidentemente non fu sufficiente, visto che riprese subito il suo sfogo.
« Lo sai, Scar, che il Puddlemore ha preso un nuovo Battitore, Thomas Hummels, tre volte campione di Germania con gli Heidelberg Harriers? Beh, io lo so! » sbottò, parecchio frustrato e anche abbastanza difficile da domare. « E tu, Sirius, lo sai che Patrick Jones, Cercatore e giovane promessa, è passato dalle Vespe di Wimboume ai Pipistrelli di Ballycastle? No? Beh, io lo so! So anche questo! E lo sai... »
« James, basta » lo bloccò Scarlett, prendendolo per le spalle. « Respira ».
Lui seguì il suo consiglio e prese un respiro profondo. La cosa sembrò avere effetto.
« Va meglio? » disse poi, vedendolo più rilassato.
Il ragazzo annuì, tornando sereno e riappoggiandosi ai cuscini. « Sì, grazie, Scar » mormorò. « Però forse è meglio se mi dai anche un bacio, così sono sicuro che passa tutto » aggiunse teneramente.
Scarlett rise e si chinò per accogliere la sua accorata richiesta. 
« Te ne stai approfittando parecchio stando qui dentro, caro il mio James » commentò, dandogli un pizzicotto sulla guancia.
« Sono malato... » ribattè lui, ostentando un'aria da cucciolo bastonato.
Tutti risero, fino a quando Sirius non prese la parola.
« A proposito » disse in fretta. « Non puoi capire cosa si dice di te a scuola. E' una lotta a chi la spara più grossa, credimi! »
E iniziò a raccontare all'amico tutte le storie che aveva sentito su di lui e la misteriosa vicenda che lo aveva visto finire in Infermeria, interrotto solo dalle risate fragorose del ragazzo e dagli interventi delle ragazze, le quali riportarono anche loro testimonianze abbastanza inquietanti di quanto il corpo studentesco di Hogwarts desse i segni di seri problemi psicologici.
« Fantastico! » commentò James, entusiasta. « Stavolta si sono davvero sbizzarriti tutti quanti! Quella del branco di centauri è la mia preferita, anche se quella del Platano Picchiatore non è affatto male! »
Rimasero a ridere per un po', commentando le diverse storie che avevano appena riportato al ragazzo.
« Comunque, conoscete la versione ufficiale della mia disavventura, no? » disse lui, masticando un'Ape Frizzola. « Che ho duellato a morte con un Serpeverde bastardo e che mi ha lanciato una maledizione illegale per poi abbandonarmi esanime senza soccorrermi ».
Tutti ascoltarono rapiti il suo discorso, annuendo. 
« Bella storia » commentò Peter, sinceramente colpito.
« Sì, beh, è stata la prima cosa che mi è venuta in mente quando mi sono venuti a trovare i ragazzi della squadra » rispose l'altro. « Alan, appena l'ha sentita, ha subito iniziato a dire che sicuramente era stato Zac Logan, il Battitore degli idioti, e che prima che giocassimo contro lo avrebbe ammazzato di botte ».
« Alan è sempre stato un tipo molto riflessivo, devo dire » intervenne Scarlett, scuotendo il capo divertita. Alan era una vera forza della natura. « E chi altri è venuto a trovarti? »
« Allora » iniziò lui, facendo presagire che fosse un elenco di persone abbastanza lungo. « Oltre tutti i ragazzi della squadra, tutta la formazione dei Tassorosso, Oscar Clark, che mi ha detto di aver dato vita a un giro di scommesse clandestino su di me e la mia guarigione, gran parte dei Grifondoro del settimo anno, alcune ragazze del quinto anno di Corvonero che mi fermano sempre a colazione, tutte quelle che si sono presentate al provino per il Quidditch, le fondatrici del mio fan club, che mi hanno imbottito di dolci e regali vari, i Caposcuola di Tassorosso... »
« Ok, basta, mi sta scoppiando la testa » fece Scarlett, leggermente stordita. « Ho decisamente sbagliato domanda. Ma quindi Miley è venuta con la sua squadra, no? »
« In realtà no » rispose James. « I suoi compagni mi hanno detto che aveva parecchio da fare e non era riuscita a liberarsi ».
La ragazza si grattò distrattamente il capo, pensierosa. « Strano » disse poi, « l'ho incrociata per un attimo a pranzo e mi aveva detto che avrebbe trovato un momento per venire a trovarvi... sicuramente verrà domani. E speriamo che creda alla storia che gli racconterai ».
Lui si fece serio in volto e guardò di sfuggita i tre Malandrini. Forse era arrivato il momento di intraprendere il discorso che si erano preparati a fare. Non sarebbe capitato molto spesso ancora di avere solamente sia Lily che Scarlett vicine, né di trovarsi immersi nel silenzio di un luogo indisturbato come l'Infermeria deserta. Era senz'altro il momento più adatto per raccontare loro del segreto che avevano continuato a custodire e che avevano deciso di rivelare esclusivamente a loro. Chissà quando si sarebbe presentata un'altra occasione come quella.
« Ragazze » disse James. « A proposito di questo, noi... ehm... insomma, c'è un'altra cosa che non sapete e che dobbiamo dirvi ».
Lily e Scarlett lo fissarono, sorprese. Quella era proprio una giornata di rivelazioni ed entrambe intuirono cosa potesse riguardare quella che stava per dire.
« Ti ascoltiamo » fece la prima, scambiando una rapida occhiata con l'amica seduta al suo fianco.
Il ragazzo deglutì e si issò sul materasso per guadagnare tempo, indeciso su come cominciare e ansioso come gli altri tre Malandrini. Li guardò prima di iniziare a parlare, notando il volto preoccupato di Peter e quello contrariato di Sirius. James si soffermò su quest'ultimo, come a chiedergli ancora un permesso per parlare, e quello annuì controvoglia.
« Quando abbiamo saputo di Remus, al secondo anno » esordì, tenendo lo sguardo basso, « tutti e tre siamo rimasti molto colpiti dalla sua storia. Allora avevamo solo dodici anni e ci risultava difficile accettare la condanna che era costretto a patire senza che ne avesse la minima colpa. Anche adesso, in realtà, non ci riusciamo, ma questa è un'altra storia ».
Remus, a quelle parole, lo fissò, profondamente colpito. Nonostante conoscesse perfettamente il bene che James gli voleva e quanto tenesse a lui e alla sua amicizia, sentirgli pronunciare quelle parole in maniera così spontanea, quasi infantile, lo riempì di gioia. Il suo modo di manifestare affetto verso gli altri così trasparente e palesemente sincero era straordinario e disarmante.
« Quindi, abbiamo subito pensato di dover fare qualcosa per lui » riprese. « Trovare un modo per cercare di aiutarlo a vivere meglio la sua condizione, per quanto potesse essere possibile. Stargli vicino prima e dopo la trasformazione non ci sembrava abbastanza, volevamo accompagnarlo durante i momenti di maggior dolore per lui, ma evidentemente non potevamo ».
Si bloccò, guardando le ragazze che lo fissavano sempre più confuse e disorientate.
« Non da umani, almeno... » aggiunse poi, arrestandosi nuovamente, visto che il momento della verità era ormai a un passo. « Sirius, allora, propose a Remus con una delle sue idee più brillanti di tutta una vita di morderci tutti alla luna piena successiva, visto che considerava - e considera tuttora, credo - la sua licantropia una straordinaria fortuna ».
Lily e Scarlett si voltarono a guardarlo, tra lo shock e il divertimento, e lui annuì sorridendo, come ad ammettere la sua stessa idiozia.
« Banks, piantala di fissarmi così o mi emoziono » disse alla ragazza in tono scherzoso, visto che aveva continuato a guardarlo fisso.
Lei si riprese e scoppiò a ridere, guadagnandosi un occhiolino divertito che la fece rimanere incollata ai suoi occhi ancora qualche secondo.
« Comunque, occhi a me, gente » riprese James, battendo le mani per riportare l'attenzione su di sé. « Stavo dicendo... che stavo dicendo? Ah, sì, stavo dicendo che non abbiamo accolto con l'entusiasmo che sicuramente meritava la proposta di Sirius e abbiamo tentato di escogitare qualcos'altro per riuscire nel nostro intento apparentemente impossibile ».
Le ragazze lo ascoltavano rapite, senza riuscire a capire dove volesse andare a parare con quel discorso, ma ad ogni modo parecchio interessate.
« E' a me che è venuta l'idea » proseguì lui, grattandosi distrattamente i capelli ingarbugliati. « Eravamo a Trasfigurazione e la McGranitt aveva seguito la lezione sottoforma di gatto, quando all'improvviso si è ritrasformata in se stessa per ritirare i compiti prima che suonasse la campanella. Credo di aver fatto un salto di un metro sulla sedia e, quando la lezione è finita, ci siamo barricati dentro uno sgabuzzino e io ho raccontato agli altri della mia pensata ».
Fece una pausa, ma ricominciò quasi subito, sistemandosi meglio sul naso i tondi occhiali.
« La mia idea » proseguì, « è stata di diventare Animagi ».
Scarlett lo guardò ad occhi sgranati, mentre Lily si portò una mano alla bocca.
« Animagi? » ripetè, sconvolta. « James, ma è difficilissimo! Al secondo anno, poi, è praticamente impossibile ».
« Non dirmi... » balbettò Scarlett, al suo fianco. « Non dirmi che ci siete riusciti? »
James sorrise, scrollando le spalle con tranquillità, come se confermare le sue parole fosse la cosa più ovvia del mondo.
« Non al secondo anno, ovviamente » rispose. « Ma, dopo aver studiato come dei pazzi, sì, al quinto anno ci siamo riusciti ».
Le due ragazze rimasero sconvolte. Era davvero una cosa da matti. Anche se, dovevano ammetterlo, tipicamente in stile Malandrini.
« James... » tentò Scarlett, parecchio turbata. « Stai scherzando? »
« Per niente » rispose lui con sicurezza. « Siamo Animagi da due anni ormai ».
Lei parve subire un secondo colpo dopo la sua affermazione, come se la notizia non fosse penetrata del tutto la prima volta.
« Ma... » riprese. « Ma è pericolosissimo! Se... se qualcosa fosse andato storto, avreste potuto rimanerci secchi! »
Si voltò a guardare anche Peter e Sirius, l'uno ancora in preda al panico, l'altro che sembrava in attesa, come se si aspettasse una sua imminente sfuriata, che, dopo una serie di eventi, li avrebbe portati inevitabilmente dritti ad Azkaban.
« Vi rendete conto di quello che avete fatto? Avete rischiato la pelle! Voi siete pazzi! » sbottò, sbigottita, mentre Lily la guardava senza una parola. Era pietrificata.
« Sono le stesse parole che gli ho detto io » intervenne Remus. « Ho cercato dal primo istante di dissuaderli dalla loro idea folle, ma più ne parlavano, più ne sembravano entusiasti. Hanno iniziato a studiare come mai gli avevo visto fare in vita mia, ed è inutile dire che ogni mio tentativo di fargli cambiare idea è stato un fallimento totale ».
Gli sguardi vacui delle ragazze passarono da Remus nuovamente a tutti gli altri. Non riuscivano a credere alle proprie orecchie.
« Ma aspetta » fece Lily, prendendo la parola dopo un po'. « Per diventare Animagi è necessario registrarsi al Ministero della Magia. Voi...? »
James per un attimo la guardò allarmato, temendo dalle sue parole che non avrebbe preso bene la notizia della loro clandestinità. Poi, però, si decise a scuotere il capo e a dire la verità, come si era deciso a fare con tanta fermezza malgrado la scarsa convinzione degli altri.
« No » ammise, leggermente mortificato. « Noi non siamo registrati ».  
Le pupille delle due ragazze si dilatarono se possibile ancor di più. Oltre che pazzi, erano anche dei fuorilegge.
« Ma lo sapete che potreste essere sbattuti ad Azkaban per questo? » esclamò Scarlett, totalmente sconvolta. « Ma che vi salta in mente? »
Sirius, a quelle parole, scosse il capo sconsolato. Come aveva previsto, Scarlett non aveva capito niente. Era sicuro che sarebbe successo quello che stava per accadere e che lei avrebbe reagito in quel modo, come del resto anche Lily. James aveva riposto troppa fiducia in loro, ma ormai era tardi per tornare indietro.
« Scarlett... » mormorò James, tentando di calmarla. 
« No, fratello, fa' parlare me » lo interruppe Sirius, avvicinandosi al suo letto per guardarle bene negli occhi. Non avrebbe tollerato una loro ramanzina, né un noiosissimo elenco delle regole che avevano infranto o dei rischi che avevano corso. Loro sapevano perché lo avevano fatto, e tanto bastava.
« Ascolta » iniziò, rivolgendosi quasi senza volerlo principalmente a Scarlett, che lo guardò, ancora sconcertata. « Abbiamo diciassette anni, siamo tutti maggiorenni e vaccinati qui, e anche due anni fa sapevamo quello che significava tentare di diventare Animagi e cosa rischiavamo senza registrarci. Ma se l'abbiamo fatto, è stato solo per Remus. Nessuno di noi ha pensato di tirarsi indietro, perché lui era più importante e lo è anche adesso. Ora, se vuoi andare a spifferare tutto e hai intenzione di denunciarci, fallo pure, però non iniziare con rimpro-... »
« Denunciarvi? » domandò subito la ragazza, interdetta. Era rimasta colpita dalle sue parole. Non lo aveva mai visto tanto serio e risoluto, perdipiù per un argomento tanto delicato. Lo aveva trovato diverso dal solito, poiché senza quel tono sempre sarcastico e ironico che lasciava trapelare in ogni sua affermazione, era uscito fuori un lato di lui che non era mai emerso, non davanti a lei, comunque. Sirius era deciso e rigido sulle sue posizioni, non in maniera arrogante e prepotente, come spesso risultava a chi lo conosceva poco, ma semplicemente consapevole delle proprie scelte e profondamente convinto di essere nel giusto. Non riuscì a capire, però, come potesse aver pensato anche solo per un istante che lei avrebbe potuto rivelare tutto e smascherarli. La sola idea risultava assurda e inconcepibile, quasi ridicola. Non lo avrebbe mai fatto. Non a loro. Non conoscendo il motivo per cui avevano deciso di farlo.
« Sei impazzito? » continuò lei, cercando di capire. « Pensi che potrei mai dire una cosa del genere e farvi arrestare tutti quanti? »
Lui rimase a fissarla sbigottito, le labbra dischiuse e lo sguardo totalmente sperduto. 
Quelle tre domande che Scarlett aveva posto una dietro l'altra erano state in grado di disintegrare ogni congettura si fosse creata nella sua mente. Lei sembrava sconvolta, profondamente toccata da quella insinuazione e parecchio sorpresa nel vedere la sua convinzione nel pensare che li avrebbe denunciati. E lui, a sua volta, fu altrettanto sconvolto, toccato e sorpreso proprio dalla sua reazione. 
Era lui, in realtà, a non aver capito niente, non Scarlett.
Guardò James, come a volersi sincerare di aver sentito bene, e lo trovò che lo fissava con uno strano sguardo, compiaciuto e soddisfatto. Aveva avuto ragione lui, come sempre.
« Non... » disse, nuovamente rivolto alla ragazza. « Non ci... non ci denuncerai? »
Lei sollevò le sopracciglia, come se Sirius avesse appena fatto una domanda talmente stupida da non meritare risposta. 
« Ma certo che no! » esclamò, con un tono che pareva dichiarare l'ovvio. « Ma ti sei bevuto il cervello? Accidenti, ti credevo stupido, ma non fino a questo punto, Black! »
Lui rimase talmente stranito e sconvolto che non si prese neanche la briga di ribattere, né rise alla sua provocazione.
« E tu, Evans? » chiese poi, rivolto a Lily.
« No, Scarlett, è stupido fino all'inverosimile, fidati » rispose quella, rivolgendosi complice all'amica che ancora non si capacitava. « La tentazione di vedervi sbattuti ad Azkaban è davvero forte, non lo nego » proseguì ironica, decisa a scherzare sulla totale idiozia di Sirius, « ma credo che sia ancora troppo presto, siete così giovani... tra qualche anno, sicuramente, non mancherò di trovare un motivo per farvi arrestare, ma questo mi sembra obiettivamente troppo ridicolo, non trovate? »
James scoppiò a ridere sonoramente, divertito e decisamente sollevato. Nonostante fosse assolutamente convinto che Lily e Scarlett sarebbero rimaste loro leali e meritassero la loro totale fiducia, un briciolo di timore si era fatto largo dentro di lui senza volerlo, ma era svanito così come si era presentato.
« Allora, spiegami, ogni mese voi correte da Remus e gli state vicini tutta la notte? » domandò Lily, ritornando curiosa. « E non è pericoloso? »
« Beh... » replicò James, riflettendo, « quando noi siamo con lui, Remus riesce a riacquistare un briciolo della sua umanità. E' come se ci riconoscesse, come se capisse che siamo suoi amici. Non cerca di sbranarci o roba simile, è più un gioco tra animali, è divertente. Ovviamente qualche ferita ce la procuriamo, ma non è nulla... Così anche lui si fa molto meno male, altrimenti sarebbe un vero straccio in questo momento ».
La ragazza annuì più volte, assimilando le sue parole con interesse.
« Allora cos'è successo ieri notte? » chiese Scarlett, capendo che ovviamente la storia che avevano raccontato non fosse veritiera.
« Questa volta abbiamo avuto dei problemi » spiegò il ragazzo. « Hanno messo Sirius in punizione con Gazza proprio ieri sera e non si sarebbe liberato in tempo per venire con noi. Remus aveva raccomandato a me e a Peter di non seguirlo per nessuna ragione al mondo, ma... »
« ... ma voi naturalmente non lo avete ascoltato » concluse per lui Scarlett, sorridendo dolcemente. « Questa storia si prospetta più banale e meno avvincente di quella di prima, James, quindi cerca di riprenderti e rendi tutto più avventuroso ».
James rise e annuì.
« Poi si fa più interessante, giuro » confermò, per poi riprendere il racconto. « Comunque, noi, come hai inspiegabilmente indovinato tu, non abbiamo ascoltato il nostro saggio amico e lo abbiamo seguito, mentre Sirius andava ad affrontare una pena ben peggiore della nostra, ovvero la sua punizione col caro vecchio Argus. La cosa, però, stranamente, non è andata granché bene. Remus si è un pochino alterato non vedendo il suo compagnetto di giochi preferito e ha azzannato me, il maledetto, come se non lo avessi accompagnato anch'io tutte le stramaledette notti di luna piena » e qui fissò Remus fingendosi risentito. « Tanto lo so che ti diverti di più con Sirius » aggiunse con una vocetta da bambino arrabbiato.
Gli altri risero, pensando che quell'espressione infantile gli calzasse sempre a pennello.
« Ma di questo ne riparleremo in privato » disse lui, facendo un cenno minaccioso in direzione di Remus, che annuì con espressione seria. « Dicevo, quindi, che il lupastro ha cercato di farmi fuori, ma io sono un animale possente, fiero, imbattibile... sono potente e forzuto, prestante e... »
« ... e cornuto, sì, abbiamo capito » tagliò corto Sirius.
James rivolse un'occhiataccia anche a lui, indispettito dal comportamento degli amici che volevano rovinare il suo epico racconto a tutti i costi.
« Insomma, sono un animale forte » risolse infine, scocciato dall'interruzione. « Quindi ho resistito fieramente agli attacchi, ho versato sangue e dolore, ma sono rimasto in piedi a lottare fino alla fine, senza mollare, senza abbattermi, senza crollare o dare segni di cedimento, con coraggio, con orgoglio, con un innegabile e incredibile senso dell'onore e... sì, ho finito » si affrettò a dire, notando gli sguardi esasperati di tutti. « Alla fine, però, Remus mi ha messo al tappeto, ma dopo un po' è arrivato Sirius e mi ha salvato la vita! »
Fece un gran sorriso, fiero del suo racconto avventuroso.
« Sei stato un folle » commentò Scarlett, sorridendo. « Ma folle, in realtà, lo sei sempre stato, proprio come il tuo amico signor Black, qui ».
Sirius sorrise, scrollando le spalle.
« Ma in quali animali vi trasformate? » domandò invece Lily, guardando James. « Non credo si possano scegliere ».
« No, infatti » confermò lui. « Rispecchiano alcune caratteristiche della personalità, se non ricordo male. Noi siamo... »
« No! » lo interruppe subito la ragazza, sollevando una mano. « Io e Scarlett vogliamo indovinare! »
Ridacchiò insieme all'amica e iniziarono a grattarsi il mento, riflettendo intensamente.
« Allora » ricominciò Lily dopo qualche attimo. « Tu, Black, sei sicuramente un maiale ».
Sirius scoppiò a ridere. Anche lui, in effetti, trovava molto azzeccato il paragone e non poteva che ammirarla per il tentativo.
« No, Sirius è un cane » replicò Scarlett con naturalezza, osservandolo con attenzione di sottecchi.
Il suo sorriso scivolò via e la fissò intensamente, smarrito.
Come aveva fatto ad indovinare? Singolare il modo in cui aveva fatto centro al primo colpo. Forse ci era riuscita perché non aveva nominato un animale a caso, ma qualcosa di indefinito l'aveva spinta a dire proprio quello... o forse il semplice istinto. Non distolse lo sguardo da lei per parecchi secondi, le labbra dischiuse che non emettevano suoni, ma la vide sorridere serena e si riprese.
« Ho indovinato, non è vero? » gli chiese, scostandosi sull'altra spalla i lunghi capelli scuri e lucenti. « Ne ero certa ».
Lui annuì, ancora vagamente disorientato, studiando il suo sorriso incantevole e ammaliante con una strana luce negli occhi insondabili.
« Come hai fatto a indovinare? » mormorò infine, passandosi una mano sugli accenni di barba delle guance.
Lei assunse un'espressione neutra e sollevò le spalle.
« Intuito, immagino » bofonchiò distrattamente, facendo un gesto noncurante con la mano.
« Forse hai fiutato il pericolo, sorellina » le disse James, ridendo. « I cani non sono forse i tuoi animali preferiti? »
Scarlett si portò una mano alla fronte e scosse il capo ripetutamente, seria in volto, mentre Sirius la guardava senza capire.
« Li odia » spiegò James con nonchalance, rilassandosi sui cuscini con le braccia incrociate dietro la testa. « Ti è andata male, Felpato. Ancora ».
« Davvero non ti piacciono? » le domandò Sirius, incredulo. « Ma andiamo, sono i migliori amici dell'uomo! Fedeli, leali, affettuosi... cavoli, ora che ci penso, credo di avere più qualità da cane che da uomo. Comunque, su, io sono un cane tranquillissimo, non faccio male a nessuno ».
Per tutta risposta, lei fece una smorfia disgustata e impaurita.
« Sono spaventosi! » sussurrò, passandosi la lingua sulle labbra secche. « Come ringhiano... Merlino, sembra sempre che ti vogliano azzannare! »
Il ragazzo rise, incredulo e scettico, facendola infuriare. Non riusciva a concepire come un innocuo cane potesse terrorizzare qualcuno.
« Comunque è vero » intervenne ancora James. « Sirius è un cane buonissimo. Io non faccio che ripetergli di diventarlo a tempo pieno. Un cambiamento permanente, sì, sarebbe l'ideale per un folle squilibrato di queste proporzioni, ne rimango fermamente convinto ».
Lui sorrise soddisfatto, come se sentirgli pronunciare quelle parole lo rendesse parecchio fiero.
« Beh, se Black è un cane » riprese Lily rivolta a James, « allora il maiale devi essere tu. Insomma, qui un maiale dev'esserci per forza! »
Tutti scoppiarono a ridere nuovamente, lei compresa.
« Mi dispiace deluderti, Evans, ma no » replicò il ragazzo allegramente. « Io sono un bellissimo, elegante, prestante, magnifico, possente, imponente... »
« E' un dannatissimo cervo » tagliò corto Sirius, deludendo visibilmente James per avergli rovinato la presentazione.
« Fottiti, Felpato » sbuffò infatti, contrariato.
« Grazie del consiglio, amico, lo farò senz'altro ».
Lanciò un'occhiata ammiccante a Scarlett e lei rispose con un'espressione stizzita e schifata.
« Il caro vecchio saggio Peter, invece, è un topastro » concluse James, e il ragazzo annuì confermando le sue parole.
Tra i ragazzi cadde il silenzio, inframmezzato da qualche sospiro e da alcuni commenti sussurrati da parte di Scarlett e Lily che ancora mormoravano: « Comunque siete pazzi... » o ancora: « Animagi... roba da matti ».
« Idea! » esclamò James all'improvviso, entusiasta. « Che ne dite di mangiarci tutti questi dolci col rischio di passare ancora altro tempo in Infermeria per indigestione? Così potrò anche leggere tutti i bigliettini che mi hanno scritto le mie numerose ammiratrici ».
Lily alzò gli occhi al cielo, esasperata, mentre gli altri annuirono con gioia. Remus, in particolare, acclamò la proposta esaltato.
« EVVAI! » ruggì, felice, stirando il braccio per prendere una manciata di Cioccorane dal mucchio parecchio nutrito di James.
« Lupastro ingordo » commentò James, scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
Tutti cominciarono a mangiare a sbafo, mentre il ragazzo leggeva con passione i messaggi delle fan.
« Sirius, senti questa! » esclamò, brandendo un bigliettino rosa confetto verso di lui. « Sei come lo zenzero sulla Burrobirra: dai un tocco speciale a ogni giornata. Sposami, ti prego e guarisci presto. Baci zuccherosi, Susan ».
Sirius fece finta di vomitare sulle gambe di Peter, che istintivamente si ritrasse spaventato.
« Oh, vediamo questo » fece ancora lui, aprendone un altro. « Mio amato James... fa' goal... nel mio anello?! » lesse, sconcertato. « Ma dai, che squallore! Questo è veramente degno di te, Felpato ».
Glielo lanciò, ma lui era piegato in due dal ridere e non lo afferrò. Scarlett e Lily si scambiarono uno sguardo orripilato.
« Oh, le mie ammiratrici sono grandiose » disse Sirius quando si fu ripreso. « Scrivono anche componimenti in versi ».
« Già, è vero » lo canzonò James. « Davvero poetiche... Ne ricordo uno che faceva tipo Sirius Sirius dei miei sogni, sfoga pure i tuoi bisogni ».
Scarlett, a quelle parole, soffocò con la Cioccorana che stava masticando e Lily le battè prontamente qualche pacca sulla schiena.
« Quello era commovente » fece l'altro, asciugandosi una lacrima immaginaria dall'occhio destro. « Indimenticabile... Che ti succede, Banks? » chiese poi, notando i colpi di tosse di Scarlett.
« Era una Cioccorana grossa » ribattè lei in tono piatto.
« Dura da digerire, eh? »
« Taci, cane ».
Il banchetto improvvisato terminò poco dopo. Peter, massaggiandosi lo stomaco, annunciò con voce strascicata che aveva bisogno di dormire e andò via, mentre gli altri rimasero a scherzare ancora un po', certi che Madama Chips sarebbe venuta a rimproverarli da un momento all'altro.
« Lily, andiamo anche noi? » domandò Scarlett alla fine, soffocando uno sbadiglio.
Lei si mordicchiò il labbro e non rispose subito, fissando il pavimento come se lo trovasse estremamente interessante.
« Tu... voi andate » bofonchiò dopo qualche secondo. « Io vi raggiungo... arrivo tra un po', d'accordo? »
L'amica la guardò intensamente con un sorrisetto felice stampato in volto e annuì.
« Certo, mia cara Lily » le rispose, soave. « Ci vediamo dopo... Rimani quanto vuoi, eh ».
Si alzò e Sirius fece lo stesso.
« Vengo con te, bella Banks » le disse, sorridendo. « Chissà quanti pericoli si celano tra le mura di questo castello... andiamo ».
Lei rise, scosse il capo e, dopo aver salutato gli amici e abbracciato calorosamente James, uscì dall'Infermeria con il ragazzo al seguito.
Nella piccola stanza bianca rimasero solo in tre e Remus tossicchiò, imbarazzato. Si sentiva decisamente di troppo e dubitava che lei fosse rimasta lì per lui.
« Ehm... » balbettò. « Io... io vado in bagno, d'accordo? Troppi dolci... sì... » Ridacchiò senza un vero motivo e si allontanò, lasciando Lily e James da soli.
Il ragazzo la fissò, beandosi della sua bellezza.
« Credo che Remus ne avrà per un po' » osservò, senza sapere bene cosa dire. « Forse dovresti tornare domani, Lily ».
Lei sollevò lo sguardo, le guance leggermente arrossate e scosse appena il capo, scrollando le spalle.
« Beh... ci sei tu » mormorò, sorridendo appena. « Potremmo parlare... noi, ecco. Se... se non sei stanco, certo, altrimenti me ne vado subito e... »
« No » si affrettò a dire lui. « No, certo che no... Stanco... io... ma no ».
James era pietrificato. La prospettiva di un dialogo con Lily Evans era meravigliosa ma allo stesso tempo terribile. Non aveva neanche preso in considerazione l'idea che lei potesse essersi fermata lì per parlare con lui. Il solo pensiero era surreale, quasi ridicolo e semplicemente impossibile. Eppure...
« Allora » fece Lily, titubante. « Sei un cervo, eh? »
Lui annuì, fiero. Era felice che fosse stata lei ad aver preso la parola per prima. Se fosse stato per lui, probabilmente, sarebbero rimasti lì a fissarsi fino al ritorno di Remus. Da quando era diventato così difficile parlare con una ragazza? Non riusciva a darsi una risposta.
« Sì » rispose infine, sorridendo. « Proprio un cervo... Non sai che palco di corna mi ritrovo in testa, Lily, è incredibile! Ma, ehi, aspetta, per i cervi è un gran vanto, intendiamoci. Le mie sono invidiate da tutta la Foresta Proibita, te l'assicuro ».
« Oh, ci credo eccome » rise lei, più rilassata. « Sei il più ammirato anche tra i cervi, quindi... e anche il solito rubacuori, scommetto ».
« Già » rispose lui, ridendo. « Non per vantarmi, ma il mio fascino di cervide fa strage di cuori tra quegli alberi ».
Lily rise più forte, divertita. 
« Mi piacciono i cervi » disse infine, seria. « Mi sono sempre piaciuti. Da bambina, quando mia madre leggeva le favole a me e a mia sorella, Bambi era di gran lunga la mia preferita ».
« Cos'è Banfi? » domandò lui, senza capire.
« Bambi, James, Bambi » lo corresse la ragazza con un sorriso. « E' una favola babbana. Ma dimenticavo, tu conosci solo Beda il Bardo, ovviamente ».
« Il mitico Beda il Bardo » sottolineò James. « L'incomparabile. Se sono cresciuto così pieno di valori e sani principi, è solo grazie a lui ».
« Piacciono molto anche a me, le sue storie » convenne Lily. « Le ho lette tutte d'un fiato al primo anno e me ne sono innamorata, davvero. Ma ti assicuro che quelle babbane non sono da meno. Bambi è meravigliosa ».
« Me la racconti? » chiese lui spontaneamente, mettendosi comodo contro i cuscini per ascoltare.
Lei lo guardò, stupita, ma alla fine si sciolse in un sorriso intenerito. In più di sei anni, non si era mai resa conto di quanto James fosse dolce. Si era sempre mostrato borioso e arrogante ai suoi occhi, ma, a pensarci bene, forse era stata anche lei a non voler andare oltre quell'aria da sbruffone.
Lo fissò attentamente e gli accarezzò delicatamente il volto.
« Certo che sei proprio un bambinone, James Potter » disse sorridendo.
Lui rise. « Ci trovi qualcosa di male? » domandò.
« Oh, no, assolutamente no » rispose lei, scuotendo piano il capo. « Beh, la storia parla di un piccolo cerbiatto, Bambi, appunto... »
Gli raccontò tutta la favola come se la stesse leggendo da un libro, mentre lui la osservava sinceramente interessato, rapito dalle sue parole e dal suo modo soave e gentile di narrare.
« Così, alla fine » terminò Lily dopo un po', « Bambi e la sua amata Faline si ricongiungono sani e salvi. La foresta, la primavera seguente, tornerà a fiorire, i due innamorati vivranno felici e contenti, dando alla luce due piccoli cerbiatti, e Bambi diverrà il nuovo Principe della Foresta »
Lui non battè ciglio, come se attendesse che lei proseguisse con il suo racconto.
« Piaciuta? » disse lei, notando la sua mancanza di reazione.
« Oh » rispose James, ridestandosi da quella sorta di trance. « Sì, molto... Hai ragione, è davvero una bella storia. E poi, Bambi mi piace molto. Potrei decidere di chiamarmi così, d'ora in poi » concluse, pensando a come suonasse quel nome su di lui.
Lily rise, contenta. « Allora vuol dire che ti chiamerò Bambi, adesso ».
Rimasero a ridere per un po', totalmente persi nel loro piccolo mondo, poi calò nuovamente il silenzio.
James rimase a guardarla fisso, riflettendo su quanto stesse bene con lei, e realizzando che forse era molto di più di quanto lui stesso avesse mai potuto immaginare, mentre Lily tenne lo sguardo basso, portandosi ripetutamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio che puntualmente le ricadeva davanti al viso. Continuava a mordicchiarsi il labbro e rimuginava, come se tentasse di dire qualcosa che faceva fatica a uscire dalla sua bocca. Però doveva dirlo, era più forte di lei. Non riusciva a tenersi tutto dentro.
« E'... è una cosa meravigliosa, quella che avete fatto per Remus » disse infine piano, alzando lo sguardo e incrociandolo al suo. « Avete rischiato molto e siete stati straordinari. Davvero. E poi... »
Si bloccò, timorosa. Lui la guardava meravigliato, incredulo nel sentire quelle parole pronunciate da lei.
« E poi... tu sei stato molto coraggioso, ieri notte » continuò, decisa ormai a confessargli tutto quello che pensava.
James rimase senza fiato. Non smise di fissarla un istante, tanto che lei arrossì, imbarazzata. In tutti quegli anni le uniche parole che gli aveva rivolto erano state pressocché tutti insulti in risposta ai suoi continui inviti a uscire e alle idiozie che continuava a sparare nel tentativo stupido di fare colpo. Solo in quei due mesi erano riusciti a sostenere un dialogo civile, anche piuttosto piacevole, a dirla tutta. Ma mai James avrebbe potuto aspettarsi una cosa del genere. La vedeva diversa di fronte a lui, non pareva più scontrosa come sempre, ma tranquilla, dolce, se stessa, come aveva iniziato ad essere anche lui da qualche tempo.
E in quel momento, solo una cosa importava: Lily Evans pensava che fosse coraggioso. E lui, semplicemente, non riusciva a crederci.
« Io... » balbettò. « Io, beh... ti ringrazio, Lily. Non ho fatto niente, in realtà, era... l'ho fatto per Remus, insomma, l'avrei fatto cento volte ancora... come gli altri, esattamente come loro... nulla... nulla di speciale, ecco. E poi... poi, beh, mi è anche finita piuttosto male, quindi... quindi sono stato un idiota, più che altro... Remus mi ha rimproverato e aveva ragione... però che avrei dovuto fare? Non potevo permettere che stesse da solo... e c'era anche Peter, anche lui è stato coraggioso, non pensi? »
Lei fece per parlare, vagamente allarmata, ma lui riprese immediatamente con il suo monologo e non attese risposta.
« Già, povero Peter, non poteva fare niente... » continuò a borbottare. « E Sirius! Sirius, te lo immagini? In punizione, senza sapere come stavamo... e poi mi ha visto in quello stato, chissà che spavento si sarà preso... lui non lo dice, ovviamente, ma io so che è stato in ansia mentre ero ricoverato... Lui non dice mai niente, è fatto così... sempre stato, sì... ma io lo conosco, lo conosco meglio delle mie tasche e lo so che... sei d'accordo, Lily? »
La ragazza annuì freneticamente senza neanche pensarci due volte.
Solo a quel punto, James si rese conto delle stupidaggini che doveva aver detto in quello sproloquio insensato. Ricapitolando la situazione, lei gli aveva inaspettatamente detto delle parole importanti e sentite e lui aveva risposto con dei discorsi vaghi e sconclusionati su quanto fosse stato coraggioso Peter, su come fosse caratterialmente Sirius e su quanto fosse stato idiota a seguire Remus quella notte. 
Mossa davvero ottima, James, complimenti. La vocina nella sua testa somigliava spaventosamente a quella di Remus e si affrettò a metterla a tacere.
Doveva rimediare. Subito.
« Comunque, Lily » ricominciò a dire, prendendole una mano, serio. « Beh, io volevo dirti che... »
Ma non fece in tempo a terminare la frase, poiché Madama Chips entrò e si avvicinò al suo letto, due calici di Pozione Soporifera stretti in mano.
« Signorina Evans, il signor Potter dovrebbe riposare, adesso » disse alla ragazza, poggiandoli sui comodini dei due ragazzi.
« Certo » si affrettò a dire lei, annuendo più volte. « Vado, allora. James... » mormorò in direzione del ragazzo, sorridendo. « Dormi bene, a domani ».
Lui annuì con un sorriso, incapace di dire altro e la guardò allontanarsi fino a quando non si fu chiusa la porta alle spalle.
« Su, Potter, si riprenda e beva » lo richiamò bruscamente l'infermiera. « Ma dov'è Lupin? »
« E' in bagno, Madama Chips » rispose James, tornando alla realtà. « Non si preoccupi, vada pure ».
La donna si guardò intorno come a voler controllare che fosse tutto a posto e si allontanò. Solo dopo un minuto, Remus ritornò nella stanza.
Si sdraiò sul suo letto e guardò insistentemente l'amico, senza dire una parola.
« Si può sapere che c'è? » domandò James dopo un pezzo, esasperato. 
« Non hai nulla da raccontarmi? » fece l'altro, sorridendo sghembo. « Non sono rimasto un quarto d'ora in bagno a guardare le piastrelle per niente ».
Lui fece per rispondere, ridendo, ma si zittì al suono di alcune voci che provenivano da dietro la porta dell'Infermeria.
« ... solo un minuto, per vedere come stanno, andiamo, Madama Chips! » stava dicendo in tono infuriato la voce di una ragazza.
« Non se ne parla nemmeno, signorina Banks, ha guardato l'ora, per caso? » rispose l'infermiera.
« In realtà no, ma su, per favore, solo un saluto, me ne vado subito! » proseguì Miley, questa volta implorante. « Va bene, grazie, entro ».
« Signorina Banks! »
Miley fece irruzione in Infermeria con Madama Chips al seguito e si fiondò sul letto di James, abbracciandolo.
« James! » esclamò, mentre lui rideva e la stringeva a sé. « Come stai? Andiamo, Madama Chips, mi lasci stare, cinque minuti... » continuò, rivolta all'infermiera che ancora la rimproverava e indicava di continuo la porta d'uscita.
« Già da un minuto siamo passati a cinque! » sbraitò la donna. « Ascolti, signorina Banks, io non dormo da due giorni... »
« E allora vada a dormire! » la esortò la ragazza. « Cioè... si riposi pure, voglio dire... andrò via tra due minuti, davvero. Mi conosce, sono una ragazza responsabile... »
Madama Chips sbuffò e annuì, contrariata.
« Allora io vado » annunciò. « Che non le venga in mente di rimanere qui più di cinque minuti. Mi ha sentito? »
« L'ho sentita » rispose Miley, trattenendo un sorriso.
La guardò andare via stizzita, mentre James e Remus scoppiavano a ridere.
« Sei una maleducata » scherzò James, scuotendo il capo e fingendosi severo. « Richard non approverebbe questo atteggiamento, signorina ».
« Ma sta' zitto » rise lei. « Non mi farò certo rimproverare da un Malandrino maciullato. E poi mio padre è fiero di me... ciao, Remus, come stai? » aggiunse, rivolgendosi con un dolce sorriso all'altro ragazzo.
« Benissimo, grazie » rispose lui, ricambiando il sorriso. « Da dove vieni? »
« Già » fece James, osservandola. « Che eleganza! »
La ragazza, in realtà, non era così elegante come sosteneva James. Indossava un abitino giallo molto carino e delle scarpe da ginnastica in tinta. Miley non teneva molto al suo abbigliamento e non si separava mai dai suoi jeans e dalle sue scarpe comode. Per le occasioni importanti, sua madre la costringeva ad indossare almeno un paio di semplici ballerine e il tutto si concludeva quasi sempre in una lotta feroce, con Scarlett nettamente schierata dalla parte di Charlotte e Richard che difendeva la povera figlia, affermando che era libera di indossare ciò che desiderava. Quando era ad Hogwarts, però, mandava al diavolo sua sorella e i suoi versi di disapprovazione su come non sfruttasse minimamente la propria femminilità e faceva di testa sua.
« Ma quale eleganza, per favore, non me ne parlare! » sbottò, apparentemente senza motivo, lasciandosi cadere su una sedia tra i due letti. « Oggi è stata una giornata tremenda! Mi dispiace tantissimo di non essere venuta prima, ho saputo tutto all'ora di pranzo da Scarlett, ma avevo lezione e dovevo recuperare una marea di compiti arretrati... quando ho finito di studiare, anche se non ho finito, ho avuto la punizione con la McGranitt e... »
« Punizione? » domandò James. « Che hai combinato? »
« Oh » fece lei. « Ho lanciato una fattura... ehm... poco legale a Steve Bennett, il Serpeverde schifoso del mio anno, hai presente? »
James rise e annuì.
« Me l'hai insegnata tu, tra l'altro e... beh, avevo ragione, se l'è presa con Amanda perché non voleva uscire con lui! Comunque, dopo la punizione, Lumacorno mi ha beccata e mi ha detto che dovevo assolutamente venire alla sua cena! Le salto praticamente sempre, queste stramaledette festicciole, ma oggi mi ha incastrata e non c'era neanche Lily... insomma, è stato uno strazio dover ascoltare quel Butler sproloquiare su quanto fosse figo suo padre per aver inventato quella pozione totalmente inutile per far crescere rapidamente i capelli e ora... »
« Calmati » le consigliò l'amico, poggiandole una mano sulla spalla. 
Lei prese un gran respiro e si afflosciò sulla sedia, buttando indietro la testa sullo schienale.
« Ma tu stai bene? » saltò su un attimo dopo, spaventandolo. « Si può sapere che ti è successo? Mio Dio, guarda come sei ridotto... »
« Sto benissimo, Miley » la tranquillizzò lui, sorridendo. « Ho litigato di brutto con un Serpeverde e mi ha lanciato contro una maledizione ».
La ragazza trattenne il fiato e si portò una mano al petto.
« Un Serpeverde? » ripetè, scioccata. « Un altro? Ma cos'è, diventano più luridi ad ogni anno che passa? Brutti bastardi codardi... »
« Non farti prendere dalla sete di vendetta » si raccomandò James, divertito. « E non lanciare altre fatture, d'accordo? »
« Troppo tardi, caro » replicò lei. « Ormai me le hai insegnate e sono tutte nel mio repertorio ».
L'altro si portò le mani ai capelli.
« Diventerai una criminale, tesoro » mormorò, disperato. « Non come Sirius, ovviamente, che è irraggiungibile... ma pare che tu stia seguendo le sue orme ».
Miley rise, apparentemente candida e innocente.
« Comunque » riprese James, guardando fisso Remus. Doveva assolutamente restituirgli il favore di poco prima, anche se non era sicuro che l'amico lo avrebbe considerato tale. « Io mi farei una bella dormita. Ma tu resta pure, Miley, ti lascio in ottime mani! Buonanotte! »
Le scoccò un bacio sulla guancia e bevve tutta d'un fiato la Pozione Soporifera, addormentandosi di botto un attimo dopo.
La ragazza si voltò lentamente a guardare Remus, realizzando a fatica la situazione.
« Beh, è tardi, immagino che voglia dormire anche tu » balbettò, sorridendo appena, imbarazzata. « Io, allora... »
« Ma no » la interruppe lui. « Se non sei stanca, resta ancora un po' ».
Il sorriso sul suo volto si allargò e le viscere in fondo allo stomaco si contrassero dolorosamente dall'ansia. Perché, come sempre, parlare con Remus Lupin era e rimaneva un gran problema e un ostacolo apparentemente insormontabile.
« Sai » mormorò, sovrappensiero, « non ti facevo così casinista ».
Lei rise, divertita, e scrollò le spalle.
« Oh, io non sono una casinista » disse. « Semplicemente faccio danni di continuo, da sempre, spesso senza rendermene conto ».
« Esclusa la fattura illegale » scherzò lui. « Lì sì che sapevi cosa stavi facendo, giusto? »
« Non posso negare, no » convenne lei. « E comunque non sono certa che fosse illegale... la McGranitt sbraitava di sì, ma magari era solo la rabbia a farle ingigantire tutto. James me l'ha sempre presentata come una fattura di autodifesa. Apparentementa innocua, sì, come no ».
Remus rise. Sì, era esattamente nello stile di James minimizzare un atto illegale a una banale cosetta da niente, magari un innocente errore di percorso.
« Non siete solo tu e Sirius i criminali, qui » riflettè. « Lui, con quel sorriso d'angelo, è il peggiore di tutti ».
« Già, proprio come te, John » esclamò la ragazza, incrociando le braccia al petto e facendolo ridere ancora.
Rimasero a scrutarsi in silenzio per un po', nella stanza che si faceva pian piano sempre più buia.
« Stai molto bene vestita così » osservò lui alla fine, studiandola.
Miley, inevitabilmente, avvampò e, altrettanto inevitabilmente, si sentì parecchio stupida.
« Oh... beh... grazie » balbettò, mentre già il cervello faceva ciao ciao con la mano e partiva di gran carriera molto lontano dalla sua normale residenza. « Insomma... in realtà... indosso delle scarpe da ginnastica... » Sorrise, in preda al panico. « Mia sorella non sarebbe molto d'accordo, ecco ».
Remus rise. « Siete così diverse... » mormorò poi, pensieroso. « Anche sotto questo punto di vista, a quanto pare ».
Lei annuì. Aveva assolutamente ragione. Malgrado l'affinità innata e il feeling ineguagliabile che le due sorelle possedevano, non potevano essere più diverse, a partire dalle cose più stupide fino ad arrivare ai tratti più radicati della loro personalità. Se Scarlett adorava sperimentare acconciature e curare i capelli, Miley preferiva lasciarli andare dove volevano e limitarsi a pettinarli di malavoglia ogni mattina; mentre a Scarlett piaceva divertirsi alle feste e ballare scatenata, Miley preferiva stare seduta a bere al massimo una Burrobirra, perché non sapeva mettere un piede davanti all'altro; Scarlett faceva parecchia fatica ad aprirsi, a dimostrare affetto, a fidarsi e a condividere le emozioni, mentre Miley, seppur molto timida, non tratteneva mai i suoi sentimenti.
« Già, è proprio vero » convenne lei, annuendo.
« Ti piace il giallo, allora? » fece lui con un sorriso.
« E' il mio colore preferito » confermò Miley. « Che Tassorosso sarei altrimenti? E poi... il giallo è luce, luce come l'anima ».
Remus la osservò intensamente. Aveva avuto modo di conoscere un po' Miley, e aveva notato che era capace di intraprendere discorsi particolari e diversi dal solito. E quella frase pareva proprio strana, ma lo incuriosì molto.
« Credi davvero che tutte le anime siano luce? » le domandò. « Non credi che a volte l'ombra sia capace di sommergere tutto quanto? »
« No » rispose subito lei, scuotendo il capo con un sorriso accennato. « E' la luce ad avere il potere di coprire il resto. Tutti siamo luce, nessuno escluso ».
Lei era luce. Miley possedeva quel potere. Non lui, no. Lui era ossessionato dall'ombra, da sempre.
« Può essere difficile combattere l'oscurità, sai? » mormorò. « Può essere più forte di tutto ».
« Non lo sarà mai, se si conosce la propria luce » replicò lei con passione. Lo osservò con attenzione, poi continuò. « Tu puoi brillare, ne avrai sempre l'occasione. Nonostante possa sentirti sommerso dall'ombra, avrai sempre una luce più potente da usare. Io... io ho sempre creduto molto in questo ».
Tacquero di nuovo, per molti secondi. Fuori di lì, i gufi tubavano forte, come immersi in conversazioni notturne come loro.
« E' molto bello » disse Remus alla fine. « So che ci credi... ed è bello per questo ».
Miley sorrise, candida come sempre quando si apriva in un sorriso sincero.
« Ti insegnerò a crederci » mormorò lentamente. « Promesso ».
Rimasero a osservarsi ancora un po', senza timore, ma con tanta voglia di scoprire.
« Beh » borbottò lei all'improvviso. « Si è fatto molto tardi, dovrei andare via. Se Madama Chips sapesse... »
« La conosco » scherzò lui. « Sta' attenta, potrebbe aspettarti con un'ascia in mano all'uscita dell'Infermeria ».
Miley rise, scuotendo il capo divertita.
« Mi metti paura, John! » esclamò, per poi alzarsi dalla sedia e stringersi le braccia intorno al busto come faceva spesso quand'era in imbarazzo. « Ci vediamo, allora » concluse. « Guarisci presto... buonanotte ».
« Buonanotte, Miley » rispose lui. « Grazie di tutto ».
La ragazza arrossì e scrollò le spalle, per poi voltarsi, sbattere le ginocchia contro la sedia e allontanarsi di fretta ridendo sottovoce.
Remus, rimasto solo, prese il calice di pozione tra le mani e il suo ultimo pensiero prima di ricadere tra i cuscini fu che Miley, in qualsiasi modo ma sempre, riusciva a farlo sentire davvero bene.
 
 
*  *  *
 
 
Il castello era deserto a quell'ora tarda della sera e Sirius e Scarlett camminavano fianco a fianco, guardando in direzioni opposte. Lui teneva le mani affondate nelle tasche e fischiettava distrattamente l'inno di Hogwarts, mentre lei si fissava le ballerine di cuoio con i capelli che ondeggiavano ai lati del viso.
Era passato già qualche minuto da quando si erano allontanati dall'Infermeria e nessuno dei due aveva fiatato. Sirius, però, aveva preso a fissarla insistentemente a intervalli regolari, in attesa che ricambiasse il suo sguardo, ritornando poi, deluso, a osservare le rampe di scale muoversi sopra di lui. Passò qualche altro secondo prima che lei si decidesse a parlare.
« Come mai mi fissi in quel modo? » domandò senza preamboli, studiandolo con attenzione.
Lui interruppe bruscamente il suo motivetto e la guardò senza sapere bene cosa dire.
« Così come? » disse infine, evasivo. Si chiese perché fosse stato così idiota da non essere stato capace di controllare il suo sguardo forse troppo penetrante.
« Mi guardi in modo strano » osservò lei con un sorrisetto enigmatico che lui trovò inspiegabilmente adorabile. « E' vero ».
« No, non lo è » rise lui, scuotendo il capo con forza. « Ti guardo perché sei attraente, bella Banks ».
La ragazza fece una smorfia scocciata da ragazzina capricciosa e scontenta che lo fece sorridere, esattamente come lei un attimo dopo. Alla fine scrollò le spalle, non del tutto convinta e gli gettò un'occhiata in tralice, mentre il silenzio si diffondeva nuovamente tra loro.
« Se non vuoi dirmelo tu » riprese dopo un po' con tono fermo e deciso, « ti spiegherò io perché mi guardi così ».
Sirius non capì. Certamente non poteva conoscere il motivo del suo atteggiamento un po' diverso dal solito, ma era curioso di scoprire cosa avesse da dire.
« Sentiamo un po', allora » rispose, facendole cenno di andare avanti.
« Beh » fece lei, riflettendo con calma, « io credo che il tuo sguardo sia dovuto a quello che è successo poco fa ». 
Fece una breve pausa prima di proseguire con il ragionamento e lui la ascoltò, il volto impassibile. 
« Sì, credo che tu sia rimasto sorpreso dalla mia reazione alla notizia degli Animagi e tutto il resto » continuò. « Tu, secondo me, non eri d'accordo con l'idea di raccontare tutto a noi... né la storia della licantropia di Remus, perché forse credevi che avrei potuto considerarlo diverso o magari spargere addirittura la voce, né tutta quella roba sulla vostra trasformazione, perché era un segreto tra voi Malandrini e pensavi che avrei potuto spifferare tutto a Silente ».
Annuì, come a dare conferma ai suoi stessi pensieri e trattenne una risata di fronte alla sua espressione sbigottita.
« Non mi dirai che ho azzeccato anche questo, eh? » lo stuzzicò, compiaciuta. « Questo significa che i tuoi pensieri non sono così inaccessibili a tutti ».
Lui era palesemente sgomento. Non fece che fissarla, incredulo, incapace di proferir parola.
Non era possibile che avesse centrato così perfettamente il punto. In fondo, non aveva dato dei segni così evidenti del suo stupore, e non riusciva a credere che lei avesse capito tutto così bene, così facilmente, come se gli avesse letto nella mente con un incantesimo.
Proprio lui, che aveva sempre guardato in faccia tutti con indifferenza, forte della sua corazza inviolabile, adesso era stato smascherato dalla ragazza che, seppur gli piacesse da morire, non conosceva ancora troppo bene. Era questo a farlo impazzire, più di ogni altra cosa. 
Scarlett aveva capito tutto di lui in quell'occasione e gestiva il gioco; Sirius, di lei e di tutto il resto, non aveva capito nulla e la osservava giocare.
Che poi, in verità, il comprendersi l'un l'altro non aveva mai fatto parte della loro strana partita. Non avevano previsto un possibile interesse reciproco, ma adesso in ballo c'era anche e soprattutto quello, anche se nessuno dei due era disposto ad ammetterlo.
« Io... » balbettò alla fine, sconvolto. « Io... cavoli, io c'ho pensato, ma... »
« Oh, sì, l'avevo intuito » annuì lei, serena, come a voler ribattere al suo palese turbamento. « Magari ti sei anche fatto influenzare dal mio stato di sangue... Sai meglio di me come spesso vengono educati i Purosangue, ma avresti anche dovuto sapere che le concezioni di alcuni vecchi fissati sono una massa di sciocchezze, anche perché lo sei anche tu... e James. Quindi, beh, lasciatelo dire, sei stato davvero un idiota ».
Sorrise, accorgendosi solo in quel momento che da qualche istante avevano smesso di camminare. Si appoggiò alla parete e scrutò il suo volto avidamente, in cerca di un segno tangibile della sua estrema sorpresa, trovandolo nei suoi occhi vacui, nelle sue labbra socchiuse, perfette e seducenti... anche se quello, in effetti, non c'entrava granché con la ragione del suo tanto indagare.
« Tu non mi conosci, Black » mormorò infine, il sorriso non ancora del tutto scomparso. « Potrei sorprenderti, sai? »
Lui si riprese a fatica e fece un passo verso di lei, scrutandola senza stancarsi mai. Era un volto tutto da scoprire. Il volto di una persona tutta da scoprire.
« In realtà lo hai già fatto, Banks » replicò con franchezza. « E se non ti conosco, non puoi avere l'arroganza di addossarmi tutte le colpe. Sei tu che me lo impedisci di continuo, da sempre. Non puoi negarlo. Le tue difese si fanno incrollabili di fronte a me. O almeno all'apparenza ».
Scarlett inarcò un sopracciglio. Eccolo partire al contrattacco, il suo nemico di sempre. 
Nemico... Forse non gli si addiceva più molto quella sorta di ruolo.
« Tu non conosci la differenza tra quello che sono e quello che mostro di me » rispose con naturalezza. « E poi a te non interessa affatto conoscermi ».
« Questo lo credi tu, bella Banks ».
Lei fece per ribattere ma tacque, scossa. Quella volta le fu impossibile leggere nei suoi pensieri, scavare sul suo volto fino alla mente, fino al cuore...
Verità o menzogna, presa in giro o parola sentita... con Sirius non si capiva mai la differenza ed era snervante.
« Neanche tu conosci me » proseguì, serio. « Potrei sorprenderti, sai? »
« Lo so ».
Lui sorrise appena, annuendo.
« E neanche tu mi permetteresti mai di scoprirti » aggiunse lei.
« Lo permetto solo alle persone speciali ».
« Infatti, lo so bene ».
« Potresti riuscirci anche tu ».
Occhi contro occhi, spaventosamente vicini, eppure ancora non riuscivano a spogliarsi delle maschere che li avvolgevano in viso. Forse erano entrambi spaventati. Forse erano andati troppo in là senza davvero rendersene conto. Forse si stavano mostrando per ciò che erano, o forse stavano solo continuando a nascondersi dietro inutili veli. Veli sottili, bruciati dal desiderio di essere oltrepassati. Veli dietro i quali era possibile intravedere qualcosa di vago e indefinito, che magari col tempo sarebbe divenuto prezioso. Veli che pian piano scivolavano via, solleticati dalle dita di chi desiderava vedere.
« Io un tuo segreto lo conosco già » mormorò Scarlett dopo essersi ripresa, cercando di deviare il nucleo centrale della discussione sempre più dura da sostenere. « Sono in vantaggio, Black, spiacente ».
« Allora vuol dire che mi darò da fare per rimontare » replicò Sirius con sicurezza.
« Io non nascondo segreti » disse invece lei, scrollando le spalle. « Al contrario di te, posseggo questa sola, misera forma ».
« Non mortificarti così, Banks » le consigliò lui, sorridendo appena. « La tua misera forma va più che bene, te l'assicuro. E comunque, a pensarci bene, diventeresti un bell'animale. Ad esempio, un gatto. Un elegante, altezzoso, misterioso e bellissimo gatto » riflettè, grattandosi il mento.
Lei rise sottovoce e annuì più volte, lentamente. L'aveva inquadrata piuttosto bene, doveva ammetterlo.
« Ma gatti e cani non sono quasi sempre nemici? » osservò poi. « Litigano di continuo, si detestano... è così dall'inizio dei tempi ».
« Beh, proprio come noi » convenne lui, come se fosse ovvio. « Anche se quello che hai detto, nel nostro caso, è vero solo a metà ».
Scarlett deglutì, confusa. Aveva ripreso in mano la situazione, come sempre, e riusciva ogni volta a confonderla come nessun altro.
Lo vide avvicinarsi ancora, scostarle un ciuffo di capelli dal viso e accarezzarne il profilo, lo sguardo attento, assorto, profondo.
« Io non ti odio, Banks » le sussurrò. « Ho smesso ».
Lei trascurò i brividi che la scuotevano e non abbassò lo sguardo, ma inclinò il capo per studiarlo meglio.
« Io ti odio perché ho smesso anch'io ».
E un sorriso incurvò le labbra di lui, indecifrabile, ammaliatore. Si allontanò e lei riprese ossigeno, per poi seguirlo mentre ricominciava a camminare.
Per tutto il resto del percorso non dissero altro e non si guardarono. Fu un sollievo arrivare di fronte al ritratto della Signora Grassa, più per lei che per lui.
« Piovra tentaculum » disse tranquillamente Sirius, e l'anziana donna gli rivolse un sorriso ammiccante e un occhiolino.
La lasciò issarsi per prima dentro il buco dietro il ritratto e la seguì, arrampicandosi con eleganza dietro di lei per poi chiudere il passaggio alle sue spalle.
Appena furono in Sala Comune, si guardarono, dubbiosi. E naturalmente, fu lui ad agire.
« Dolce notte, bella Banks » le sussurrò all'orecchio. Le labbra scivolarono sulla sua pelle per poi frenarsi su un punto della guancia molto vicino alla sua bocca. Le scoccò un bacio piuttosto rude e si allontanò di scatto, mentre lei lo guardava andar via.
Il gioco finiva sempre nelle sue mani, alla fine. Anche quella volta. Anche quando, forse, aveva smesso di giocare.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, tutti? L'estate procede bene? Mi auguro di sì!
Bene, ecco un bel capitoletto tutto per voi. Abbiamo un po' di tutto, tra ultime rivelazioni e momenti di tutte e tre le coppie!
Lily e James si stanno sciogliendo e sono molto imbarazzati l'uno davanti all'altra, avete visto?
Poi, beh, si scopre un po' di più il personaggio di Miley, che, beh... è possibile che vi abbia sorpreso qui, ma questa è lei.
E poi la Blanks, ahahahah, immancabile! Fanno qualche passo avanti, i due!
Va bene, dopo tutte queste affermazioni sinceramente inutili, mi dileguo.
Anzi, no, spiacente, non mi dileguo. Immagini, ringraziamenti... queste note non finiranno mai.
Allora, intanto, anche se non c'entra niente, questo è Alan Green: 
http://oi48.tinypic.com/29gnbzr.jpghttp://oi47.tinypic.com/314c9dz.jpg, Robert Sheehan, che per me è un figo semplicemente perché fa morire dal ridere, sopratutto in coppia con il mio Sirius, Ben Barnes! Merlino, conosco le loro interviste a memoria!

Comunque, vi lascio anche alcune immagini di Lily e James trovate sul web: http://oi46.tinypic.com/2uetzpt.jpghttp://oi48.tinypic.com/2qa91l0.jpghttp://oi46.tinypic.com/acy2pk.jpg.
Mentre l'immagine ad inizio capitolo è mia, spero non la troviate orripilante e in tal caso mi scuso. Utilizzo Paint e un sito gratis sul web, quindi perdonatemi, ahahahah!
Beh, ringrazio infinitamente le... un attimo... occhi appannati, sapete... sì, ci sono, le VENTICINQUE recensioni, che... oddio, io non ci credo. Non credete anche voi che sia assurdo? Davvero, faccio fatica a realizzare. Siete fantastici, sul serio. GRAZIE.
E grazie agli 81 delle preferite, ai 13 delle ricordate e ai 128 delle seguite, che sono davvero tantissimi! Grazie!
E grazie anche ai lettori silenziosi!
Grazie a ognuno di voi, con tutto il mio cuore. E, più di tutti, a mia sorella che scrive con me ed è eccezionale in tutto ciò che fa!
Un bacione grande, a presto!


Simona_Lupin

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Capitolo 16
*** Cambiamenti ***






Capitolo 16


Cambiamenti




 
Novembre stava già giungendo al termine e gli studenti di quinto e settimo anno erano sotto pressione come non mai.
Continuavano a ricevere carichi di compiti non indifferenti in vista degli esami che li attendevano alla fine dell'anno scolastico, e perdipiù il freddo gelido della stagione li costringeva a star chiusi in Biblioteca o in Sala Comune a studiare su pile di libri e pergamene stropicciate, le mani tra i capelli o intente a rovistare tra i fogli pieni di appunti, gli occhi arrossati che tendevano a socchiudersi per la stanchezza e la mente attraversata di continuo da formule, definizioni e immagini di disegni e mappe astrali totalmente incomprensibili.
Quel giorno, alla lezione di Storia della Magia del professor Rüf, tutti si stavano appunto lamentando della valanga di compiti arretrati da svolgere.
« Io oggi non faccio niente » stava dicendo Mary, senza curarsi di tenere basso il tono della voce. « Non mi interessa niente di niente, non voglio sentire niente, non voglio fare niente, sono stanca! E libri di qua, e appunti di là, e Incantesimi su, e Pozioni giù... non studio e risolvo la situazione ».
Emmeline le lanciò un'occhiata raggelante di pura disapprovazione, che l'amica ignorò beatamente.
« Mary, non si tratta solamente di oggi » la rimproverò, severa. « Tu non studi ogni santissimo giorno della tua misera vita ».
La ragazza le rivolse uno sguardo indifferente e continuò a osservare con aria assente l'insegnante che leggeva con il suo solito tono piatto e tetro.
« E comunque » riprese l'altra ragazza, voltandosi verso Lily e Scarlett sedute proprio dietro di loro, « per domani dobbiamo fare i due rotoli di pergamena per Vitious, il milione di esercizi che ci ha assegnato la McGranitt, il tema di Erbologia e la traduzione di Antiche Rune ».
« Però è vero, Mel, tu metti proprio l'ansia » sbottò Scarlett, già leggermente nervosa. « Ce la faremo, tranquilla. Alice, Frank ti ha già fatto copiare la traduzione? » domandò poi rivolta all'amica, seduta insieme al fidanzato alla sua destra.
Fu Frank ad annuire, l'aria sconfitta e stanca.
« Ho fatto dodici righe ieri pomeriggio e Remus mi ha aiutato a finire le ultime otto » confermò. « Alice, la prossima, però, te la fai da sola ».
La ragazza si voltò lentamente per guardarlo e lo fulminò come se avesse appena pronunciato una sorta di bestemmia inaudita.
« Chi è che ti fa copiare ogni volta Erbologia, Frank, tesoro mio? » sibilò, fingendosi tenera e dolce.
« Tu » mormorò di malavoglia lui, annuendo lentamente.
« E allora, amore mio, di cosa ti lamenti, sentiamo? » proseguì inviperita Alice, incrociando le braccia al petto con il viso rotondo arrossato.
Frank farfugliò qualcosa che somigliava a un: « Non mi lamento mai, io... »
« Oh, ti lamenti troppo, invece! » esclamò lei. « Abbiamo fatto un patto, Frank! Antiche Rune per Erbologia! Vorresti forse tirarti indietro? »
« Ma non è equo! » piagnucolò lui, disperato. « La professoressa Sprite lascia un quarto dei compiti che abbiamo di Antiche Rune! Comunque, va bene, fai finta che non abbia parlato... »
Alice annuì con fermezza, compiaciuta, sotto lo sguardo sbalordito e impietosito delle altre ragazze che osservavano il volto sciupato del povero Frank.
« Sei disumana, Alice » commentò Lily, molto provata dalla scena alla quale aveva appena assistito. « Guarda come sta... Non preoccuparti, Frank, la prossima volta faremo i compiti insieme, d'accordo? Non devi fare tutto da solo ».
Lo sventurato la ringraziò sentitamente, una mano sul petto, gli occhi umidi di gioia pura. Un'ultima speranza di sopravvivenza si era appena accesa in lui.
Chi non aveva problemi di questo genere, invece, erano i Malandrini, stravaccati come sempre agli ultimi banchi a ridere e ad annoiarsi. 
O almeno, tre dei quattro Malandrini lo facevano. Remus prendeva appunti e seguiva l'insegnante con attenzione, totalmente solo nella sua attività, visto che quella volta, stranamente, anche persone come Lily, Emmeline o la secchiona del loro corso Josephine Griffiths avevano abbandonato l'impresa.
James e Sirius giocavano indisturbati all'Impiccato, dove per vincere, oltre che indovinare la parola, bisognava anche saper mettere giù la più volgare che riuscissero a trovare, mentre Peter, seduto un banco più avanti insieme a Remus, rideva con loro.
« L'ho capita » fece James, studiando la parola che Sirius aveva scritto con ancora cinque lettere mancanti. « Ma non ho nessuna intenzione di dirla ad alta voce. Andiamo, Felpato, fa davvero schifo! Pet, diglielo anche tu! Se Remus sapesse... gli bloccheresti la crescita » sospirò, osservando con commiserazione l'amico dalla mente priva di pensieri malsani che gli sedeva di fronte, ignaro di tutto.
« Allora ho vinto! » esultò Sirius, battendo un pugno sulla spalla del compagno. « Sei una femminuccia, Ramoso, ritirati. Fai pena ».
« Solo perché non sono una persona squallida come te, non significa che non so giocare » replicò piccato l'altro, colpito nell'orgoglio.
Sirius fece un gesto noncurante col capo, come se volesse dar ragione a un bambino testardo ma parecchio stupido di cui non gli importava sinceramente nulla. Scivolò ancor di più sulla sua sedia, dondolandosi annoiato avanti e indietro, lo sguardo che perlustrava la classe e che puntualmente si soffermava su Scarlett decisamente più del dovuto. Era molto bella anche vista da dietro. La luce che filtrava dalle finestre le faceva splendere i capelli più del solito.
Si riscosse dopo un po' dal suo temporaneo stato di trance e si voltò nuovamente verso James.
« Dai, facciamo qualcosa » borbottò, guardandolo mentre scribacchiava e faceva schizzi su un foglietto di pergamena. « Che stai facendo? »
« Disegno » rispose distrattamente lui, mordicchiandosi la lingua come faceva sempre quand'era particolarmente concentrato.
« Disegni » ripetè Sirius in tono inespressivo. « Si può sapere cosa diavolo hai da disegnare? »
James interruppe il suo lavoro certosino per lanciargli un'occhiataccia.
« Se non hai un'occupazione » disse lentamente, « trovatene una e non rompere i gioielli alla gente ».
Lui sbuffò. Evidentemente, doveva divertirsi da solo. 
Prese in pugno la bacchetta e individuò la sua vittima, un Corvonero piuttosto allampanato seduto a poca distanza da lì. Non valeva la pena, pensò, di mettere in atto uno scherzo troppo originale o eclatante, ma solo di movimentare un po' quella lezione noiosa con un piccolo diversivo. Puntò la bacchetta in direzione della sua testa e, di colpo, al posto delle sue normali orecchie, ne comparvero un paio da coniglio.
Sirius ghignò e ripose la bacchetta, facendo un cenno soddisfatto agli amici.
« AAAAAAAAAAAAAAAAH! » stava urlando nel frattempo il malcapitato ragazzo. « PROFESSORE! »
« Cosa? » fece Rüf, staccando a fatica gli occhi dai suoi appunti per guardare con aria stralunata gli alunni di fronte a lui. « Chi mi chiama? »
« PROFESSORE! » urlò di nuovo il Corvonero, richiamando l'attenzione su di sé, mentre tutta la classe rideva. « Che mi è successo? Le mie orecchie! »
« Cos'hanno? » chiese l'insegnante, non notando nulla di sospetto o di vagamente strano. « Oh, sì, capisco... si rechi in Infermeria, Talker ».
Il ragazzo, che in realtà si chiamava Walker, corse via dall'aula a rotta di collo, tenendosi le orecchie con le mani tremanti.
« Sirius » fece James quando si fu ripreso dalle risate - Rüf aveva già ricominciato a leggere -, « ma quel Corvonero non era forse quello che una settimana fa aveva invitato Scarlett a uscire? Semplice curiosità, eh ».
« Lo era? » domandò lui, impassibile. « Non mi interesso di gossip, non saprei ».
James lo guardò divertito, ma non disse nulla. Era inutile anche chiedere. Per lui, in effetti, quella era solo l'ennesima prova del suo amore incondizionato verso Scarlett.
« Remus, si può sapere che hai? » domandò Sirius dopo un po', prestando attenzione all'amico solo in quel momento anche se scuoteva forte il capo da circa un minuto in attesa che lui lo guardasse.
« Ma che razza di essere sei tu? » fece quello alla fine col tono più sprezzante che riuscì a trovare. « Si può sapere quanti anni hai? James, qui, quello che un giorno sì e uno no rimane almeno mezz'ora imbronciato perché gli manca la mamma » e qui sottolineò le parole con delle virgolette immaginarie, « è più maturo di te. Ti sembra normale? »
« Non fare così, Lunastorta » rispose placidamente l'altro. « O ti ammalerai di nuovo ».
Remus lo guardò furioso, ma non si prese la briga di replicare alla sua affermazione, voltandosi nuovamente per riprendere a scrivere appunti.
Rimanere attento alle lezioni, tenere il passo con i compiti e stare dietro a Sirius, comunque, non erano le uniche preoccupazioni del ragazzo. Quel pomeriggio, infatti, la professoressa McGranitt, alla fine della sua lezione, diede un annuncio a tutta la classe.
« Allora, ragazzi » aveva esordito, dopo essersi accomodata dietro la sua cattedra, « devo comunicarvi che domani non avrete lezione per tutta la giornata ».
A quelle parole, un boato di gioia ed esaltazione allo stato puro riempì l'aula, con estrema disapprovazione dell'insegnante. Urla, battimani e risate varie avevano sommerso il tentativo della professoressa di continuare il suo discorso, anche se la donna riuscì quasi subito a riportare l'ordine grazie alla sua eccezionale austerità.
« Non esultate troppo, baldi giovani » disse subito, riprendendosi, « non sarà una vacanza premio per i vostri estremi sforzi nello studio, potete starne certi. E poi, vedendo la vostra ben poco celata felicità per la notizia, non mancherò di assegnarvi un bel po' di lavoro extra da svolgere per curare la vostra eccelsa attitudine allo studio ».
L'allegria e la contentezza che popolavano i volti di tutti gli studenti svanirono nello stesso brusco modo in cui erano comparse, sostituite da un velo di enorme tristezza e di improvviso ritorno alla penosa realtà.
« Comunque » riprese l'insegnante seria, « stavo dicendo che non avrete lezione perché domani sarà una giornata dedicata al vostro futuro al di fuori di Hogwarts ».
Una nuova curiosità si insinuò tra i ragazzi, che iniziarono ad ascoltarla con sincero interesse.
« Domani, infatti, a degli orari stabiliti avrete degli incontri di orientamento professionale con dei rappresentanti di vari ambiti lavorativi del mondo magico. Come ricorderete, al quinto anno vi siete confrontati con i vostri Direttori di Casa per iniziare a pensare a quello che avreste potuto fare una volta usciti da questa scuola, soprattutto per fare il quadro dei G.U.F.O. che sarebbero stati fondamentali per scegliere la vostra carriera. Adesso, però, la scelta si fa più vicina, quindi è necessario e utile per voi approcciarvi direttamente a quella che credete potrà essere la vostra futura professione. Otterrete tutti i chiarimenti e le delucidazioni che vorrete per fare una scelta serena e ben ponderata ».
« E chi verrà domani a questo orientamento, professoressa? » chiese Emmeline, parecchio attenta al suo discorso.
« Ci raggiungeranno rappresentanti di tutti e sette i dipartimenti del Ministero della Magia » iniziò ad elencare la professoressa, « giornalisti della Gazzetta del Profeta, Medimagi dell'ospedale San Mungo, professionisti della Gringott, alcuni Auror e membri del Wizengamot e, per chi fosse interessato, anche dei rappresentanti di alcune tra le squadre di Quidditch del nostro campionato hanno deciso di venire ad Hogwarts per scovare giovani talenti ».
« Evvai! » saltò su Alan, esultando alla buona nuova. « Che figata! »
« Grazie, signor Green, la sua gioia mi delizia » disse la professoressa, guardandolo con un misto di compassione e divertimento. « Comunque, non è tutto, ragazzi. Dopo questo incontro, che spero vi aiuterà a chiarirvi le idee sul vostro futuro, vi spetta la scelta vera e propria, che dovrete compiere a breve. Più o meno a metà marzo, infatti, tutti i Direttori delle rispettive Case vi convocheranno perché consegniate loro le domande per intraprendere i corsi di formazione professionale che intendete svolgere alla fine della scuola. Queste domande verranno spedite a chi selezionerà gli studenti da ammettere nel prossimo corso di studi e, dopo aver preso atto dei risultati dei M.A.G.O. che avrete raggiunto e avervi sottoposto a delle prove preliminari, sceglierà i ragazzi idonei. Tutto chiaro? »
Tutti annuirono silenziosamente, leggermente storditi dal suo discorso. Era strano, a dire il vero, sentir parlare di futuro.
Il futuro era lì, a un passo da loro. Il futuro stava diventando ogni giorno sempre più un presente che dovevano affrontare senza possibilità di scelta, ed era questo, forse più di tutto, a spaventarli: la consapevolezza di non avere vie di fuga. Niente avrebbe impedito al tempo di continuare la sua corsa... I loro ultimi momenti da adolescenti sarebbero terminati per non ritornare, e loro sarebbero rimasti lì a guardare, impotenti, come dei bambini che osservano speranzosi il loro aquilone volar via e capiscono, dopo averlo guardato a lungo, che non potrà tornare nelle loro mani tese.
Chissà, forse avevano pensato che Hogwarts non sarebbe mai finita davvero, che sarebbero rimasti tra quelle mura per sempre, cullati dalla dolce certezza che nulla avrebbe mai potuto sfiorarli. Ma ormai per quella vana e meravigliosa illusione era giunto il momento di morire.
La realtà li attendeva e si avvicinava inesorabile. Era arrivato il momento di affrontare scelte importanti alle quali non potevano sottrarsi, e sentivano addosso l'ansia e la pressione dei tempi ristretti che di certo non li aiutavano a riflettere con calma, ma che anzi li facevano ancor di più entrare in confusione.
C'era profumo di cambiamento nell'aria, ma loro se ne erano accorti solo in quel momento.
« Allora? » domandò James agli altri Malandrini quando furono fuori dall'aula di Trasfigurazione. « Che ve ne pare? »
« Che ce ne pare? » ripetè Peter, piatto. « Non so voi, ma io mi sento terrorizzato ».
« Andiamo, Pet, non devi mica decidere adesso » lo consolò l'amico, sorridendo. « C'è ancora tutto il tempo, questa roba ci chiarirà le idee ».
Il ragazzo scrollò le spalle, non del tutto convinto, e tacque.
« Tu vieni con me a sentire quegli Auror, no, Sirius? » chiese James.
L'altro annuì, piuttosto serio.
« E tu, Lunastorta? » domandò poi a Remus.
Ma lui, in quel momento, non pareva molto attento alla loro discussione e sembrava assorto nei suoi pensieri.
« Lunastorta? » lo richiamò James, sventolandogli una mano davanti agli occhi. « Il grande James sta parlando, dovresti dargli ascolto ».
Ma l'altro non rise e non diede segni di aver recepito granché bene il messaggio. James scambiò una fugace occhiata con Sirius e si fece serio in volto. Entrambi avevano capito il problema.
« Remus » disse a bassa voce, « non mandarti in pappa in cervello già adesso, d'accordo? »
Lui non disse nulla e tenne lo sguardo basso. Ciuffi di capelli chiari gli coprivano lo sguardo indecifrabile.
« Non mi mando in pappa il cervello » replicò poi, secco. « Stavo solo pensando, tutto qui. E pensavo proprio che domani resterò tutto il giorno in Dormitorio perché è inutile anche solo presentarmi a questi incontri ».
Sbuffò, senza riuscire a trattenersi, affondando le mani nelle tasche. Per lui, quella notizia era stata proprio un fulmine a ciel sereno. Se per tutti gli altri ragazzi signicava cominciare a pensare al futuro e mettere un punto all'adolescenza, per lui era qualcosa di ben più duro da accettare. Fuori da Hogwarts, nel mondo magico, persone come lui venivano additate come feccia. Chissà quanti maghi, lì, nel mondo reale, al contrario dei suoi amici, avrebbero provato disgusto stando alla sua presenza. Trovare un lavoro sarebbe stata un'impresa impossibile e il solo pensiero di dover vivere così, di dover sopportare tutte le porte chiuse in faccia per la sua innegabile diversità, diveniva ogni secondo più insopportabile.
« Remus, ma che dici? » sbottò Sirius, sconcertato. « Avanti, non cominciare con questa storia ».
« Infatti » convenne subito James con convinzione. « Dai, non fare lo stupido. Tu domani vieni senza lamentarti tanto e basta ».
« Ci sono un mucchio di cose che potresti fare » intervenne Peter in tono incoraggiante. « Vedi me, invece, che non sono capace nemmeno di trasformare un ago in un fiammifero... Se fossi certo di prendere anche solo la metà dei M.A.G.O. che prenderai tu, sarei felice come... come... »
« ... come un James » concluse Sirius per lui, trovando parecchio azzeccato il termine di paragone.
Remus fece un sorriso divertito e un po' obliquo che fece rincuorare non poco gli amici.
« C'è il Wizengamot » fece James. « Potresti diventare uno strafottuto giudice supremo... Ti ci vedo ».
« Già » convenne prontamente Sirius. « Con quella veste color prugna, tutto elegante, il lupastro... mmm, saresti figo, Remus ».
« Tu nemmeno lo sai com'è il color prugna, Felpato » lo canzonò l'amico, scuotendo il capo. « Comunque, sì, saresti indubbiamente figo ».
Remus rise. Era impossibile rimanere incupiti in loro compagnia.
« Sì, lo credo anch'io » scherzò, decisamente più allegro, facendo ridere anche gli altri.
Incredibile come solo una battuta dei Malandrini riuscisse a tirarlo così su di morale.
« Oppure » disse ancora James, come illuminato, « cosa ancor più grandiosa, punti tutto sul Quidditch, entri nel Puddlemore e diventi il mio mito ».
« Bleah » commentò Sirius, disgustato. « Il blu notte lo intristisce, non te lo immagini? L'azzurro dei Tornados, invece, lo valorizzerebbe molto ».
« Va bene » sentenziò alla fine l'altro, « abbiamo capito che Sirius diventerà un maledetto stilista gay. Giornata da ricordare, gente ».
Sirius scoppiò nella sua risata simile a un latrato.
« Quando io diventerò gay, amico mio » disse lentamente, come a dare importanza alla frase, « la Banks diventerà brutta! » concluse ad alta voce, così che Scarlett, lì vicino, potesse benissimo sentirlo.
La ragazza si voltò di scatto, come una furia.
« Che cosa divento io? » sbottò, irata. « Ma come ti permetti, Black? Va' al diavolo! »
A Sirius, improvvisamente, scomparve del tutto il sorriso dalle labbra.
« Ma Banks... » borbottò, andandole dietro. « Per amor di Merlino, ti ho fatto un complimento... »
« Mi hai detto che diventerò brutta, deficiente! » rispose lei, parecchio alterata. « Lo hai urlato davanti a tutti! Allontanati da me! »
« Ma... ti sei persa la prima parte della frase... » cercò di precisare lui. « Era il ragionamento per assurdo... il ragionamento del contrario... hai capito? Banks! »
Ma Scarlett si allontanò a grandi passi, sotto lo sguardo furibondo di tutte le sue amiche e quello divertito dei Malandrini.
« Porca miseria... » imprecò Sirius, scocciato. 
Gli altri fecero fatica a riprendersi dalle risate, soprattutto vedendo lo sguardo totalmente sperduto di Sirius.
« Non ne fai mai una giusta, eh, Felpato? » esclamò James tra una risata e l'altra. « Vuoi proprio farti odiare, ammettilo! »
Lui si avvicinò nuovamente agli amici, ancora parecchio scosso, e non disse nulla.
« Stavolta la vedo dura per te » commentò Remus saggiamente. « L'hai fatta grossa, vecchio mio ».
E Sirius non potè che essere assolutamente d'accordo con lui. Si incamminò insieme agli amici mestamente, iniziando già a riflettere attentamente sulle scuse che avrebbe dovuto fare a Scarlett e su quanto avrebbe faticato per riconquistarla. Sempre che l'avesse mai conquistata davvero.
 
 
*  *  *
 
 
La mattina seguente, in Sala Grande, le quattro tavolate erano animate da un subbuglio e un'agitazione diversi dal solito. Tutti i ragazzi dell'ultimo anno, infatti, erano parecchio ansiosi e curiosi di affrontare la loro giornata di orientamento professionale ed erano tutti intenti a confrontarsi su quali incontri avrebbero seguito e sulle carriere che avrebbero voluto intraprendere.
Al tavolo di Grifondoro, le ragazze erano tutte già particolarmente prese dalle loro chiacchiere mattutine quando i Malandrini le raggiunsero insieme a Frank.
« Buondì, belle fanciulle » salutò James con un sorriso smagliante, chinandosi verso Scarlett per ricevere il suo bacino giornaliero, mentre anche gli altri ragazzi salutavano l'allegra combriccola. « Tutto bene? », domandò, lanciando un'occhiolino a Lily, che abbassò timidamente lo sguardo, sorridendo.
« Alla grande » rispose Scarlett, ricambiando il sorriso. Sirius la guardò titubante, poi si decise a parlarle.
« Ce l'hai ancora con me, bella Banks? » chiese, scrutandola in attesa.
La sera prima, infatti, Sirius aveva preso coraggio e si era deciso di affrontare di petto Scarlett, ancora furibonda con lui per quello che era successo alla fine dell'ora di Trasfigurazione. Si era scusato per la frase poco felice e, solo dopo un'attenta ricostruzione dei fatti accompagnata dalle testimonianze dei Malandrini, la ragazza si era convinta a prendere per buono il fatto che si fosse trattato solo di un malinteso e aveva accettato con qualche riserva le scuse di Sirius, il quale, però, non era ancora sicuro di aver ricevuto il suo pieno perdono.
« Quando mai io non ce l'ho con te, Black? » rispose lei piccata, anche se un sorriso le aveva increspato le labbra subito dopo aver finito la frase.
Sirius capì dal suo volto a metà tra il severo e il divertito che stava solo giocando, e le rivolse un gran sorriso, che lei ricambiò.
« Pronte per gli incontri di oggi? » chiese dopo un po' James a tutte, iniziando a prendere una bella scorta di pane tostato e uova.
« Stavamo proprio parlando di questo » rispose Emmeline, sorseggiando il suo succo di zucca. « Ci chiedevamo quando ci daranno gli orari precisi ».
Tutti si voltarono verso il tavolo degli insegnanti per vedere se i professori avessero intenzione di consegnare loro l'elenco dei colloqui con gli orari, e si accorsero che la professoressa McGranitt aveva appena iniziato a distribuire dei fogli ad alcuni ragazzi seduti all'inizio della tavolata.
« Mi sa che sono quelli, Mel » fece Remus, sporgendosi per vedere meglio.
La professoressa non tardò ad arrivare ai loro posti e lasciò una decina di pergamene sul tavolo. Poi si rivolse a James e Sirius.
« Che non vi venga in mente di combinarne una delle vostre durante gli incontri di oggi, signorini » disse la McGranitt, osservandoli con aria severa. « Sappiate che vi giocate la carriera, quindi comportatevi bene per una volta ».
I ragazzi risero, mentre la donna si allontanava per completare il suo lavoro. 
« Non si preoccupi, prof » le rispose James, alzando un braccio. « Saremo degli angioletti! »
« Come sempre! » gli fece eco Sirius, sogghignando.
Tutti scoppiarono a ridere, e James potè giurare di aver visto un mezzo sorriso spuntare anche sul volto della professoressa.
« Accidenti, non avevo pensato di combinare qualche casino oggi, » stava commentando Sirius, iniziando a mangiare la sua lauta colazione, « ma adesso che la prof è stata così gentile da farmici pensare, quasi quasi... »
« Sirius, smettila » lo redarguì subito Remus, guardandolo severo. « Vuoi rimanere disoccupato a vita? »
« Mmm » rispose lui, riflettendo sulla possibilità. « Non sarebbe una cattiva idea, sai? Però, dai, mi annoierei troppo a stare sempre a casa, non trovate? »
« Saggia decisione, Felpato, saggia decisione » convenne James, mentre iniziava a scorrere la lista degli incontri. « E poi si sa che il lavoro è il primo antidoto contro la noia, no? Si lavora principalmente per quello ».
Sirius rise e annuì. « Tu sì che mi capisci, Ramoso ».
Anche James sorrise di rimando e iniziò a studiare il suo foglio con più attenzione.
« L'incontro con gli Auror è alle sei del pomeriggio » disse quasi subito rivolto all'amico, individuando la sua meta predefinita. 
« Già » rispose invece Lily, annuendo. « Vai anche tu, no, James? » chiese, ricordando ciò che lui le aveva detto alla loro prima ronda riguardo la sua volontà di diventare un Auror.
« Sì, certo » rispose lui, sollevando lo sguardo. « Possiamo andarci insieme, se ti va ».
Lei lo osservò e annuì con un sorriso. Era strano sentire James proporle qualcosa da fare insieme senza quel tono perennemente borioso e presuntuoso, ma anzi al contrario con estrema tranquillità e spontaneità. Piacevolmente strano.
« Noi ci uniamo a voi, allora » intervenne Alice, mentre Frank annuiva.
« Siamo un bel po', quindi » fece Sirius, iniziando a contare gli aspiranti Auror. « Quattro, cinque... Mary, tu che intenzioni hai? ».
La ragazza distolse lo sguardo dalla sua pergamena e lo guardò. « No, non se ne parla » rispose, scuotendo il capo. « Troppo difficile, e poi non mi appassiona. Credo che andrò dai giornalisti della Gazzetta del Profeta, magari potrei occuparmi della sezione sul Quidditch, mi piacerebbe ».
Sirius annuì, concentrandosi nuovamente sulla sua lista.
« Andrai anche ad altri incontri? » domandò poi Lily a James.
« Non saprei... » rispose lui, continuando a leggere. « Io voglio fare quello, è chiaro, però a questo punto non sarebbe male informarsi anche su altro, visto che non è sicuro che saremo ammessi... tu che cosa hai intenzione di fare, Lily? »
« Ieri avevo pensato di passare anche dai Medimagi del San Mungo » rispose lei, riflettendo. « Non mi dispiacerebbe fare Guarigione, anche se la mia ambizione è senza dubbio quella di diventare Auror. Credo che ci passerò, comunque ».
« Non vieni con noi da quelli del Wizengamot, Lily? » chiese Emmeline. « Io e Scarlett andiamo lì ».
« No » rispose subito lei. « Magisprudenza non fa per me ».
« Già, Scar, tu che fai? » chiese James a quel punto. « A parte andare dai tipi del Wizengamot, ovviamente » aggiunse, conoscendo bene il desiderio dell'amica di entrare nell' Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia.
« Non lo so, sai? » rispose lei, pensierosa. « Vorrei passare anch'io dalla Gazzetta del Profeta con Mary, non sarebbe male fare giornalismo. E poi magari faccio una capatina anche dagli Auror, almeno per informarmi ».
« Niente Gringott come papà? » fece James, sorridendole. Il signor Banks, infatti, era uno dei pochi maghi a lavorare alla Banca magica, perlopiù gestita dai folletti.
« No, niente Gringott come papà » confermò la ragazza, « né Guarigione come mamma ».
« A proposito di tua madre, Scar » fece Lily, gli occhi ancora puntati sul suo foglio. « Guarda un po' chi viene oggi dal San Mungo! ».
Scarlett prese la sua pergamena e ricercò la sezione che riguardava la Guarigione che prima aveva saltato, leggendo tra i Medimagi che sarebbero intervenuti il nome di sua madre.
« No! » esclamò Scarlett, portandosi una mano alla bocca. « Viene mamma oggi, James! » 
Il ragazzo si illuminò. « Charlotte Banks verrà qui oggi? » domandò, come se fosse una notizia particolarmente sconvolgente. 
« Sì » confermò la ragazza. « E dovrebbe essere qui tra poco, visto che è il primo incontro di oggi ».
James parve leggermente sconvolto dalla notizia, e anche parecchio esaltato.
« La mia Charlotte! » esclamò, palesemente emozionato. « Quanto tempo che non la vedo... Sirius! »
« Cosa? » fece quello, annoiato.
« La mia Charlotte! »
« Ho capito! »
« E comunque » intervenne Scarlett, ridendo. « Sarebbe di mio padre, se proprio vogliamo essere precisi e giusti... »
Ma il ragazzo non le prestò ascolto, troppo preso dalla sua felicità per replicare. Una voce squillante alle sue spalle, però, lo fece sobbalzare insieme a Scarlett.
« Hai visto? » esclamò senza preamboli Miley, piombando sulla panca come un razzo.
« Brutta idiota, mi hai spaventata! » sbottò Scarlett, massaggiandosi piano il petto. « Visto cosa? Diamine, saluta almeno! »
La ragazza le battè qualche pacca sulla spalla.
« Scusa, sorella. Ciao a tutti, eh » salutò, sorridendo. « Comunque, hai visto che viene la mamma? Me l'ha detto John! Che bello, mi mancava da morire! »
« A te manca già dopo due giorni, a dire il vero » precisò l'altra, offrendole un calice di succo di zucca.
« Esatto » confermò Miley, bevendone un sorso. « Non sono mica come te, che sei insensibile e senza cuore ».
« Tranne che con me » s'inserì James, sorridendo compiaciuto. « Snobba chiunque e non vuole essere mai abbracciata, ma James... beh, è James ».
Le ragazze risero. A pensarci bene, in realtà, era proprio così.
« Comunque, sì, l'ho letto, cara e affettuosa sorellina » riprese Scarlett. « Stavo parlando proprio di questo. Che fiori le regalerai stavolta, James? »
Il ragazzo divenne d'un tratto serio. Non aveva pensato al tradizionale rituale dei fiori che lo legava a Charlotte. Quella visita inattesa lo aveva colto impreparato.
« Hai ragione » rispose, pensieroso. « I fiori... mmm... vediamo... Che ne dite di un bel mazzo di viole? »
Le due si scambiarono uno sguardo di approvazione e annuirono col capo.
« Ottime » commentò Miley, convinta. « Farai sicuramente colpo ».
Tutti e tre scoppiarono a ridere. Era esilarante vedere l'impegno che James metteva ogni volta che incontrava Charlotte per essere galante e perfetto.
« A questo punto potremmo andare nel Salone d'Ingresso... dovrebbe arrivare a momenti » fece Miley, alzandosi.
Anche gli altri due la seguirono. « Sì, andiamo! » esclamò James.
« Calmati, però » lo tranquillizzò Scarlett, notando il suo entusiasmo fin troppo evidente. « Ragazze, noi andiamo a vedere se mia madre è già arrivata, siamo nel Salone d'Ingresso » disse poi, rivolta alle amiche.
« Okay » rispose Lily per tutte. « Finiamo la colazione e ti raggiungiamo ».
« Miley, aspetta ».
Remus si era alzato dalla panca e aveva fatto qualche passo verso la ragazza, che si fermò.
« Remus... dimmi » fece lei, guardandolo con un lieve sorriso sul volto.
« Ascolta » disse lui passandosi la lingua sulle labbra. « Ehm... volevo dirti che questo pomeriggio non posso venire a fare Pozioni, perché l'incontro di Magisprudenza è alle quattro, quello con la Gazzetta alle cinque e ancora subito dopo ci sono gli Auror, quindi... quindi beh, mi dispiace, davvero, ma non posso proprio... »
« Ma non fa niente » lo interruppe lei, il sorriso più ampio e caloroso. « Tranquillo. Lo sai che ci sono quando vuoi ».
Lui ricambiò debolmente il sorriso. Gli dispiaceva sinceramente tanto non poterla incontrare, quel pomeriggio. Sarebbe stato bello avere l'opportunità di fare ancora due chiacchiere con lei, discutere su qualsiasi cosa passasse loro per la mente ascoltando il lento ribollire della pozione sul fuoco. Si era accorto che con Miley, infatti, poteva parlare di qualsiasi cosa, e lei, con i suoi soliti strani discorsi, riusciva a catapultarlo da un argomento all'altro con estrema e sbalorditiva facilità. Andava a quelle ripetizioni per imparare, ovviamente, ma erano diventate così piacevoli che rimandare un incontro gli sembrava come perdere un'occasione preziosa per stare in sua compagnia, e questo, inspiegabilmente, lo dispiaceva molto più del normale.
« Grazie mille, Miley » mormorò, grattandosi distrattamente il capo.
« Non fare lo stupido » sorrise di rimando lei. Si allontanò con James e Scarlett, facendo un cenno con la mano, e per un attimo rimase intontita a contemplare il sorriso che lui le aveva rivolto in risposta.
« Sto bene? » fece ansioso James, passandosi entrambe le mani tra i capelli e guardando a turno le due sorelle. « Scar, aggiustami la cravatta, per favore ».
La ragazza sospirò e gli sistemò velocemente il nodo della cravatta rosso e oro che lui teneva parecchio lento.
« Allora, ora sto bene? » chiese di nuovo. « Dai, voglio un parere sincero ».
« Sei un gran figo » commentò Miley, battendogli un colpetto sul braccio.
« Un figo da paura » confermò Scarlett. « Concordo pienamente con la piccola Banks ».
James sorrise radioso e passò un braccio intorno alle spalle di entrambe, stringendole a sé.
« Quanto vi voglio bene... » mormorò con affetto, scoccando un bacio sul capo delle due, che risero sottovoce, intenerite.
Rimasero a chiacchierare per un po', in attesa, quando videro arrivare dal Cortile d'Ingresso un nutrito gruppo di maghi e streghe, guidato dalla professoressa McGranitt, che chiacchierava animatamente con uno stregone stempiato e una donna di mezza età dal volto sereno e rilassato.
Le sorelle si fiondarono su di lei senza esitare.
« Sorpresa! » esclamarono simultaneamente, battendo le mani contente.
Miley strinse la madre in un caloroso abbraccio, mentre Scarlett si limitò a sorridere.
« Ragazze! » fece la donna. Aveva un tono di voce leggero e frizzante, molto soave. I capelli biondi e ondulati le donavano un'aria elegante e circondavano il suo volto gentile e gioviale, mentre gli occhi scuri risaltavano sulla carnagione pallida. « Siete già qui? Non me l'aspettavo... Che belle che siete. Scarlett, abbraccia tua madre, non fare la sostenuta come sempre, su ».
La ragazza rise e si lasciò stringere con dolcezza.
« Come state? » chiese infine Charlotte, osservandole con attenzione. « Oh, ma quello è James! Tesoro, ma ciao, dammi un bacio ».
James si diresse senza indugiare verso di lei, facendo subito comparire dal nulla il mazzo di viole che aveva programmato di donarle.
« Per te, Charlotte » disse, porgendogliele con un sorriso brillante sul volto. « Bella come non mai ».
La donna gli scoccò un bacio sulla guancia, affettuosa.
« Viole questa volta, James caro? » osservò, sorridendo anche lei. « Meravigliose, sono senza parole, ti ringrazio ».
Lui fece un cenno col capo, parecchio felice di aver fatto centro anche quella volta.
« Come stai? » domandò Scarlett alla madre. « Ti vedo in forma ».
« Grazie, tesoro, sto molto bene » replicò lei.
« E papà? » fece Miley.
« Benissimo anche lui » fu la risposta. « Vi manda i suoi saluti e vi abbraccia forte. E' partito ieri per la Francia, starà fuori qualche giorno per lavoro, ma tornerà presto... Ho visto spesso i tuoi genitori ultimamente, James caro, e... oh, a proposito di questo, temo di avere cattive notizie ».
James si incupì di botto e ascoltò con attenzione, temendo il peggio.
« Ieri, quando ho detto a Dorea che sarei venuta qui a scuola, mi ha raccomandato di ricordarti che non devi mai più dimenticare la lettera settimanale che le invii » spiegò la donna. « Dice che è meglio che tu e Sirius non la facciate preoccupare o potrebbe mandarvi una Strillettera per la colazione del mattino ».
Il ragazzo si allarmò parecchio venendo a sapere delle tremende intenzioni della madre e tornò ad avvertire dentro di sé il senso di terrore che solo lei riusciva a incutergli. Dopotutto, nelle sue vene scorreva il sangue dei Black.
« Ti consiglierei di scriverle subito, anzi » lo esortò Charlotte, tranquilla, e lui annuì fermamente. Lo avrebbe fatto di corsa.
A quel punto, giunsero nel Salone d'Ingresso le ragazze, chiacchierando tra di loro, e si avvicinarono alle amiche.
« Signora Banks! » esclamò Lily, salutandola con calore.
« Lily, tesoro, fatti abbracciare » la attirò subito a sè la donna. « Quanto tempo che non ti vedo... »
Quando si staccò dalla ragazza, notò anche le altre che si avvicinavano.
« Salve, signora Banks » dissero in coro, sorridendo.
« Ragazze, che piacere rivedervi » ricambiò il saluto Charlotte, guardandole una ad una. « Diventate più belle ogni giorno che passa! E' proprio vero che il cibo di Hogwarts fa miracoli! » 
Tutte risero, leggermente imbarazzate, mentre al già nutrito gruppetto si aggiungevano anche i restanti Malandrini.
Fu Sirius ad avanzare per primo, riconoscendo subito Charlotte, anche se non l'aveva mai vista prima. Il suo primo pensiero fu che era assolutamente identica a Scarlett, a partire dai brillanti occhi scuri e dalla forma del viso per poi finire al meraviglioso sorriso lucente.
« Questi sono i miei amici, Charlotte » disse subito James, facendo un cenno verso i tre ragazzi.
La donna li osservò con il suo solito sorriso gentile, soffermandosi a lungo su Sirius.
« Sirius Black » si presentò lui, un accenno di sorriso sul volto rilassato. « Molto lieto, signora Banks ».
Le prese una mano tra le sue e la sfiorò con le labbra sottili. Scarlett, nel frattempo, lo scrutava di sottecchi, attenta. Incredibile come riuscisse sempre ad essere elegante, in qualsiasi occasione e quasi inconsciamente. Sirius non smetteva di stupirla.
« Oh, caro, come sei galante » commentò sua madre, colpita. « Finalmente ci conosciamo. Charlus e Dorea mi parlano di te continuamente ».
La donna, infatti, sapeva che ormai da due anni i Potter avevano accolto in casa loro un altro ragazzo, adottandolo praticamente come un secondo figlio. Fino ad allora, però, non aveva mai avuto occasione di vederlo di persona. Era, se possibile, ancor più bello di come Dorea glielo aveva descritto.
« Sua figlia Scarlett le somiglia in maniera incredibile » osservò Sirius, dopo aver brevemente sorriso. « L'ho notato subito ».
« Beh, sì, me lo dicono tutti » rispose lei, senza smettere di sorridere. « Spero che sia un bene per mia figlia! »
« Lo è senz'altro » confermò lui. 
Lanciò un'occhiata a Scarlett, accorgendosi che era ancora tutta intenta a scrutarlo con estremo interesse. Fu lei che raggiunse quando si allontanò.
« Questo è Remus » stava continuando a dire James a Charlotte, indicando il secondo ragazzo.
Remus sorrise appena e le porse la mano, mormorando timidamente un: « Tanto piacere, signora Banks ».
« Oh, il piacere è tutto mio, caro » trillò lei, stringendola con calore.
« Lui è Peter... » proseguì James, mentre anche lui eseguiva lo stesso procedimento, « e poi, beh, Frank lo conosci già » concluse. Frank salutò.
« Mamma » intervenne poi Miley, « ma tu non dovresti andare con gli altri? Se ne sono già andati tutti ».
« Hai ragione, tesoro » convenne lei. « Vado subito, datemi un bacio. Ma... Scarlett, James, voi chi andrete ad ascoltare oggi? »
« Io vado dal Wizengamot, dalla Gazzetta e faccio un salto dagli Auror » disse Scarlett. « Adesso non posso venire con te, ho un sacco di compiti da fare ».
La donna annuì con un sorriso e le diede un buffetto sull guancia, per poi rivolgersi a James.
« Oh, io andrò ad ascoltare gli Auror e passerò da quelli della Gringott, forse... » rispose lui.
« Capisco, caro » mormorò Charlotte. « Io allora vado... ci vediamo più tardi ».
Rivolse un vago sorriso a tutti e si allontanò, raggiungendo il gruppetto di maghi e streghe che la McGranitt aveva guidato poco lontano da lì.
« Ah... » sospirò James, guardandola andar via. « Ora sì che sono felice ».
Tutti risero, mentre lui si voltava e notava lo sguardo stranamente severo di Lily.
« Potter » disse dura, le braccia sui fianchi, « che cosa dovrei dedurre da questo tuo atteggiamento? Guarda che ti osservo. Non mi piaci così. Non mi piaci affatto ».
Non riuscì a resistere e scoppiò a ridere un attimo dopo, sotto lo sguardo allibito di James.
« Ma Lily » cominciò subito lui, allargando le braccia, « tu conosci il mio amore sconfinato per te. Il mio amore puro, infinito, intriso di storia, ricco di sofferenze e gioie, profondo, impareggiabile e unicamente rivolto a te, mia diletta Lily. Non trafiggermi il cuore con parole così dure e perforanti, non distruggere i miei sentimenti con quel tono tagliente e crudele. Sii magnanima con il misero uomo che ti sta di fronte e non può fare a meno di amarti ».
Quando l'opera teatrale fu ultimata, cadde il silenzio, e lo sguardo di tutti fu puntato verso le sopracciglia di Lily ormai divenute un'unica linea.
« Hai finito? » disse secca, le braccia incrociate al petto.
« Sì » rispose lui, serio. « E dopo questa eclatante dichiarazione d'amore... me lo dai un bacio? »
« Potter! » esclamò lei, colta alla sprovvista. « Ma come ti salta in mente? Quanto sei arrogante, non cambi mai! »
« Dai, Lily, uno piccolo! » insistette James, l'espressione da cucciolo bastonato che solo Sirius riusciva ad eguagliare. « Sulla guancia! »
« Non ti avvicinare, Potter, non provarci nemmeno » lo ammonì lei. Gli voltò le spalle e si diresse verso le scale.
« Minuscolo! » continuò lui, imperterrito, andandole dietro.
« Non mi seguire, lo sai che mi dà fastidio » fu il pronto rimprovero.
« Non ti sto seguendo » la corresse James. « Sto camminando e, ironia della sorte, tu mi stai davanti e parli con me. Dai, su, non farti pregare! »
« Vattene al diavolo » tagliò corto Lily, affrettando il passo.
« Ci vado, se mi dai un bacio » rispose lui innocentemente.
La scenetta andò avanti per molto e si concluse quando Lily lanciò un incantesimo a James per farlo zittire e lui tornò dagli amici con la coda tra le gambe.
La cosa che lo faceva sorridere amaramente, di tutta quella scena, era pensare di poter ridere ancora di quell'amore che dello scherzo, ormai, aveva perso ogni traccia.
 
 
*  *  *
 
 
Alle sei di quel pomeriggio, i ragazzi del settimo anno che dovevano recarsi dagli Auror si incamminarono verso l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure nella quale si sarebbe tenuto l'incontro. Nella Sala Comune di Grifondoro, in quel momento, Alice teneva già a braccetto Frank, mentre Remus e James parlottavano in attesa che scendesse Sirius dal Dormitorio, visto che aveva perso tempo cercando le sue mutande preferite non si sa come disperse e aveva giurato che non sarebbe sceso se prima non le avesse ritrovate. Passarono alcuni minuti prima che arrivasse rilassato dagli amici, le mani come sempre affondate nelle tasche e l'espressione del tutto distesa.
« Sono quasi le sei! » lo rimproverò James, picchiettando un dito sul suo orologio. « Non possiamo arrivare in ritardo! »
« Ma dai, e secondo te cominceranno alle sei in punto? » rispose lui, indifferente. « Quei fottutissimi Auror se la prenderanno più che comoda, fidati ».
« Vorrei proprio vedere come la prenderesti se qualcuno, quando lo diventerai anche tu, ti chiamasse quel fottutissimo Auror » lo apostrofò Remus.
« Perché, sarebbe un insulto? »
Remus e James decisero che era meglio lasciar perdere e si scambiarono un'occhiata a metà tra il rassegnato e l'esasperato.
« E poi » proseguì con fermezza Sirius, fissando lo sguardo su James, « anche la tua dolce metà deve ancora arrivare, quindi dovresti fare la ramanzina soprattutto a lei ».
Alle parole "dolce metà" James parve illuminarsi e probabilmente si perse tutto il resto della frase.
« La mia Lily può arrivare quando vuole » disse. « Il mondo deve adeguarsi a lei, non il contrario. Ricordatelo sempre, Felpato e... oh, eccola lì! »
Senza guardare nient'altro che lei, si avvicinò e le sorrise radioso mentre scendeva trafelata gli ultimi scalini rischiando di cadere a terra.
« James! » esclamò quando lo vide, riprendendo fiato. « Scusami, è tardi, lo so... Mary mi ha nascosto tutte le scarpe per vendicarsi di uno scherzo che le abbiamo fatto l'altro giorno e... e nessuna delle altre porta il trentacinque, allora... non potevo scendere scalza, no? E... »
« Lily... » la interruppe James, ridendo. « Per Merlino, respira. Sta' calma, aspetta, sei tutta scombinata... »
Le sistemò i capelli arruffati con qualche gesto rapido della mano e le sorrise.
« Mamma mia, non mi sono pettinata! » saltò su, portandosi entrambe le mani alla bocca. « Scusa, James, non... grazie per avermi... resa... decente... »
Lui scosse la testa, senza smettere di sorridere. Era straordinariamente carina.
« Tranquilla » mormorò. « Andiamo, signorina porto il trentacinque? » scherzò, facendola ridere. « Ma hai davvero un piede così piccolo? »
« E' minuscolo, sì » fece lei, annuendo più volte. « Non trovo mai delle scarpe carine, dovrei andare nel reparto per bambini... oh, Remus, ciao! Black... »
Sirius fece un cenno, Remus sorrise gentile.
« Sbrighiamoci, su » disse inespressivo il primo, cominciando a camminare.
Lo lasciarono andare per conto suo e camminarono insieme ad Alice e Frank chiacchierando su ciò che stavano andando ad affrontare.
Quando giunsero all'ingresso dell'aula, gli Auror erano già arrivati ma, a quanto pareva, non avevano ancora iniziato e discutevano sottovoce tra loro.
Il gruppetto si avvicinò il più possibile e aspettò in silenzio, come il resto degli studenti presenti.
Gli Auror erano solo in tre. C'era una strega dall'aspetto atletico che mostrava una cicatrice lungo tutto quanto il braccio destro, un giovane ragazzo magrolino dai lunghi capelli ricci che indossava abiti larghi il triplo della sua corporatura e un uomo dal volto deformato da tagli profondi che teneva stretto in mano un lungo bastone intarsiato. Quest'ultimo mancava di un occhio e, a quanto pareva, lo aveva sostituito con un bulbo blu elettrico che vagava per tutta l'aula come per conto proprio, il che lo rendeva piuttosto inquitante.
« Bene, ci siamo tutti? » disse dopo un po' ad alta voce il ragazzo dall'aspetto singolare. Si sfregò le mani e guardò tutti con un gran sorriso. « D'accordo, io sono Jim Ward e lei è Cindy Rogers. Noi due stiamo per diplomarci e concludere il corso per Auror, mentre lui, sicuramente lo conoscete già, è uno dei cacciatori di maghi oscuri più importanti del Dipartimento Auror al Ministero, Alastor Moody ».
La ragazza salutò con un gran sorriso gioviale, mentre Moody grugnì indistintamente.
« Bella presentazione, Ward, ma non credere che questo cambierà le sorti del tuo esame di Occultamento e Travestimento » disse burbero, rivelando una voce roca. Il ragazzo arrossì e sorrise appena, imbarazzato. « Su, parla e cerca di andare al sodo. Non abbiamo tutta la giornata ».
« Certo » si affrettò a dire lui, annuendo freneticamente. « Bene, ehm... »
« Okay, prendete pure posto, ragazzi » intervenne decisa Cindy, sorridendo al compagno e notando che si era fatto prendere dal panico. Effettivamente, Moody aveva una straordinaria capacità di mettere in soggezione chiunque, e tutti i ragazzi se ne accorsero subito.
Iniziarono a sistemarsi a due a due nei banchi dell'aula: Alice prese, come suo solito, posto accanto a Frank, mentre Sirius, che si stava sedendo accanto a James, venne bruscamente afferrato per la collottola da Remus, il quale lo condusse al banco insieme a lui, lasciando che fosse Lily a prendere posto accanto all'amico, che, quando la vide accomodarsi vicino a lui, le sorrise estasiato.
« Bene » iniziò lei, rivolgendosi al suo pubblico. « Siete in tanti, vedo! Beh, spero restiate così numerosi anche al momento della vostra iscrizione ai corsi! Ma sì, lo sarete, voglio essere ottimista! »
Tutti i ragazzi risero e Sirius commentò: « Che figa, questa tizia », facendo sbuffare annoiato Remus.
« Allora, gente, come ovviamente tutti saprete, gli Auror sono membri del Ministero della Magia e fanno parte di uno dei suoi sette dipartimenti. Il nostro compito è quello di combattere le Arti Oscure e tutti i suoi sostenitori e il percorso di studi che dovete affrontare per unirvi a noi dura tre anni. Il nostro Quartier Generale si trova al secondo livello all'interno della sede del Ministero ».
La ragazza conquistò immediatamente la piena attenzione di tutti, e proseguì.
« Dunque, iniziamo con i requisiti preliminari che servono agli aspiranti Auror per frequentare il corso di formazione » riprese. « Innanzitutto, il primo passo per essere scelti è raggiungere al termine della vostra esperienza scolastica un totale di non meno di cinque M.A.G.O. con una votazione non inferiore a Oltre Ogni Previsione... eh, lo so, ragazzi, è dura » fece subito, notando il brusio deluso che era sorto in seguito alle sue parole.
« Significa che dovrete impegnarvi parecchio in questi ultimi mesi » li esortò. « Beh, vi consiglierei di mettervi sotto soprattutto in Incantesimi, Trasfigurazione, Pozioni e in particolare Difesa contro le Arti Oscure, che sarà il fulcro del vostro studio in futuro, perché sono le materie che più di tutte vi serviranno anche dopo Hogwarts ».
Alcuni ragazzi annuirono stancamente, immaginando già la fatica e i sacrifici che avrebbero dovuto affrontare per raggiungere quei maledetti M.A.G.O.
« Una sezione del nostro dipartimento dedicata alla recluta dei nuovi iscritti esaminerà le vostre domande che manderete più o meno a marzo, e farà una prima scrematura, promuovendo solo chi avrà raggiunto i risultati che vi ho elencato prima. Chi passerà questa prima selezione, verrà poi convocato nel mese di agosto per sostenere una serie di esami attitudinali e psicologici, utili a valutare la vostra motivazione a intraprendere questa difficile carriera, e una prova di Difesa pratica, per testare il vostro livello base di capacità nel combattimento ».
L'attenzione che i ragazzi le rivolsero man mano che andava avanti nella sua spiegazione fu crescente. 
« I risultati dei vostri test vi giungeranno presto » continuò lei. « Entro la fine di agosto vi verrà comunicato se siete ammessi al corso di Auror, che avrà inizio il primo settembre, esattamente come ad Hogwarts. Non è una scelta casuale, gente, lo hanno fatto per non farvi subire il trauma del vostro primo non primo giorno di scuola »
Un'altra fragorosa risata si fece largo tra gli studenti, a cui si unì anche la stessa ragazza e Jim, che, nel frattempo, sembrava essersi ripreso dallo shock post sgridata di Moody. Il ragazzo, infatti, si unì a Cindy nella spiegazione di tutte le materie teoriche e pratiche che sarebbero state oggetto del loro studio e degli esami che avrebbero dovuto affrontare. Avevano di fronte un percorso davvero difficile e tortuoso, questo era indubbio.
Dopo la loro dettagliata spiegazione su ogni aspetto del corso, i ragazzi diedero spazio alle domande e ai dubbi degli studenti, alcuni dei quali si fecero avanti e chiesero tutto ciò che passasse loro per la mente. I giovani risposero a tutti i loro quesiti, gentili e disponibili, e, giunti alla fine dell'incontro, lasciarono la parola a Moody.
« Abbiate ben chiara una cosa » esordì senza preamboli, scrutandoli attentamente sia con l'occhio normale che con quello magico. « Diventare Auror è una cosa seria, chiaro? Si corrono pericoli che voi non riuscite neanche ad immaginare, quindi non pensate che sarà una passeggiata o che basti conoscere gente importante per diventarci, perché non è così. Solo i migliori ce la fanno, e di solito sono pochissimi. Pensateci bene e fatelo solo se vi sentite realmente pronti, non voglio mollaccioni o perditempo tra i piedi ».
Quel discorso finale lasciò terrorizzati non pochi studenti che lo stavano ascoltando, sia per quello che aveva detto, sia perché già il solo aspetto di Moody non lasciava presagire nulla di buono. Fu Cindy, infatti, a riprendere in mano la situazione, tentando di riportare la tranquillità.
« Bene! » esclamò, incoraggiante. « Spero di essere stata abbastanza chiara ed esaustiva nelle spiegazioni... e anche Jim, ovviamente » aggiunse, facendo cenno al compagno. « E mi auguro che le parole di Alastor non vi abbiano terrorizzato a tal punto da farci attendere invano le vostre iscrizioni il prossimo anno! »
La tensione portata dal discorso di Moody si allentò notevolmente grazie alla sua battuta, e anche alcuni tra i ragazzi maggiormente traumatizzati sorrisero debolmente, leggermente rincuorati.
« E' stato un piacere, ragazzi » concluse la ragazza, sorridente. « Vi ringrazio per l'attenzione e vi auguro un buon proseguimento di anno scolastico. E mi raccomando, studiate! »
I ragazzi ricambiarono il suo saluto al quale si era unito quello di Jim e un verso incomprensibile di Moody, poi iniziarono a lasciare tutti l'aula.
Lily e James si scambiarono uno sguardo prima di alzarsi, poi aspettarono gli amici e seguirono gli altri verso l'uscita.
« Grandioso, eh? » commentò Frank, acceso dall'entusiasmo. « Io e Alice non vediamo l'ora di cominciare... sempre se ci prendono, è chiaro ».
« Se non prendono noi due, tesoro, non prenderanno nessuno per i prossimi vent'anni » fece la fidanzata, ridendo divertita.
« Ah, ovviamente lo penso anch'io » rispose l'altro, ridendo anche lui. « Ma avete visto quel Moody? »
« Bel soggetto » fece Sirius, annuendo convinto. « Proprio un tipo okay, non c'è che dire. Porco Salazar, ha una faccia spaventosa! Ma è così che dobbiamo ridurci? Wow, addio ragazze allora... »
James, Remus e Frank sospirarono all'unisono. Eccolo, il pallino di Sirius.
« Temi per la tua beltà, Felpato? » scherzò James. « Ti ci vedo, a camminare con un bastone e un occhio in meno, già ».
« Credo che preferirebbe morire piuttosto che vedere il suo bel viso anche solo leggermente graffiato » intervenne Remus. « Evidentemente, non vuole proprio seguire il mio stile » concluse con un sorriso, facendo riferimento al suo volto deturpato dalle numerose ferite.
« No, Lunastorta » lo contraddisse Sirius. « Tu sei un fottutissimo modello di stile per tutti noi, fidati ».
Remus scoppiò a ridere e scosse il capo.
« Comunque, devo farti i miei complimenti, Sirius » disse di nuovo James, serio. « Con la ragazza Auror non ci hai neanche provato... Bravo ».
Lui ghignò, gettandogli un'occhiata, ma non disse nulla.
« Ha detto che era figa, però... sto citando » aggiunse Remus, ben attento a prendere le distanze dal pensiero dell'amico.
« Oh, beh, figa lo era » convenne l'altro, annuendo comprensivo.
Continuarono a chiacchierare allegramente tra loro fin quando non arrivarono in Sala Comune. Dopo aver varcato il buco dietro il ritratto, videro Scarlett, Emmeline e Mary intente a giocare una partita di Spara Schiocco sul pavimento.
« Mel, anche quello sfigato di mio cugino Pierce se la cava meglio di te a questo gioco » commentò Scarlett, scuotendo il capo.
« Pierce? » fece James, avvicinandosi. « Quel tipo secchione e lentigginoso che sostiene di essere vostro parente e viene a rompere ogni tanto in estate? »
« Proprio lui » confermò la ragazza, ridendo. « Ti ricordi quando io, tu e Miley lo abbiamo fatto gettare nello stagno e suo fratello Stefan gli ha fatto Evanescere le mutande? »
Lui rise e annuì.
« Già... » mormorò, perso tra i pensieri. « Che grande suo fratello... Comunque, ma voi che state facendo? Non dovevate studiare? »
« Ho fatto copiare loro i compiti » rispose Emmeline, sorridendo. « Non andava neanche a me di guardarle studiare... è noioso ».
« E brava la nostra Emmeline! » intervenne Alice, entusiasta. « Datemi il tema di Incantesimi, allora, su ».
« Certo » annuì subito Mary. « Ma prima, ringrazia sentitamente la tua generosa amica per la sua disponibilità ».
Lei annuì, e si inchinò alla ragazza. « Emmeline Vance » disse, solennemente, « grazie ».
Emmeline scoppiò a ridere. « Smettetela! » esclamò alla fine, fintamente esasperata dalla loro presa in giro.
Mary e Scarlett si scambiarono un sorriso soddisfatto e, contemporaneamente, diedero dei colpetti sulle spalle dell'amica.
« Abbiamo fatto un ottimo lavoro con lei » fece la prima, osservandola fiera da capo a piedi.
« Ci abbiamo messo sette anni, ma alla fine ci siamo riuscite » convenne Scarlett, battendo un cinque a Mary. 
James rise e si sistemò sul divano, dove si accomodò anche una troppo silenziosa Lily.
« Alla fine non sei neanche passata dagli Auror, quindi » disse James rivolto a Scarlett.
« No » rispose lei. « Ho pensato che mi avreste informato voi e ho preferito andare a studiare... o meglio, copiare » precisò infine, sorridendo soave ad Emmeline. « Piuttosto, come è andato l'incontro? »
Lily alzò lo sguardo, ma non disse nulla. Fu James a parlare.
« Bene » fece tranquillo, rilassandosi sullo schienale del divano. « Moody, uno degli Auror più importanti del Ministero, ha tentato di traumatizzarci e di farci cambiare mestiere, ma a parte questo tutto okay. I ragazzi ci hanno fatto una bella impressione, invece... soprattutto a Sirius » concluse, guardando l'amico che si avvicinava e aveva un ghigno accennato sul viso.
Si chinò a terra e sedette accanto a Scarlett, guardandola.
« A te com'è andata con i tipi del Wizengamot? » le chiese, sorridendo.
« Bene » rispose lei, ricambiando il sorriso. « Magisprudenza mi sembra una scelta giusta ».
Lui annuì e per qualche secondo tacquero entrambi.
« Prova ad immaginarti il nostro futuro » disse all'improvviso Scarlett, riprendendo a parlare dopo qualche momento di riflessione, e lui a quelle parole trasalì appena, chiedendosi cosa diavolo intendesse. « Io sarò un giudice rinomato e darò la caccia a te, che, dopo essere diventato Auror, hai rivelato la tua natura criminale, uccidendo gente innocente e seminando il panico al Ministero in un giorno di particolare follia. Che ne dici? Ti piace come idea? »
Lui la fissò qualche secondo, riprendendosi, poi scoppiò nella sua solita risata simile a un latrato.
« Parecchio » approvò. « Posso aggiungere qualche dettaglio piccante, se mi permetti? » 
Non attese risposta e proseguì con un ghigno. « Tu mi acciufferai, ovviamente, perché sei astuta, intelligente e tutto quanto... rimarrai sedotta dal mio fascino indiscutibile e ti innamorerai di me, così trascorreremo il resto della nostra vita da clandestini e il mondo ci cercherà invano. Eh? »
Scarlett aggrottò le sopracciglia, trattenendo il sorriso che lottava per liberarsi.
« Cos'è, un fantasy? » domandò, cedendo alla tentazione di mostrare il suo divertimento. « La fantasia non ti manca di certo, Black, complimenti ».
« Ti ringrazio, bella Banks » rispose lui. « Ma ricordati che la realtà spesso supera la fantasia... quindi pensa un po' a che grandiosa storia d'amore stiamo andando incontro ».
« Oh » commentò lei, partecipe. « Ma visto che la realtà supera la fantasia, potresti essere tu ad innamorarti di me, rimanendo sedotto dalla mia sconvolgente e sfolgorante bellezza, ovviamente » concluse, sarcastica.
Sirius la osservò, divertito. Adorava il suo modo di stare sempre al gioco e farlo divenire totalmente suo.
« In tal caso allora... non lo escludo » ribattè.
Scarlett lo osservò, senza sapere cosa dire, se sorridere o meno, ma alla fine fu distratta da Lily che si stava alzando dal divano, diretta alla scala a chiocciola.
« Lily... dove vai? » le chiese, sollevando lo sguardo su di lei.
« Oh... a studiare » fu la risposta piuttosto evasiva. Aveva uno strano tono di voce, che Scarlett non aveva mai udito prima.
Scarlett scambiò una rapida occhiata con James, mentre la ragazza si allontanava in silenzio, senza neanche fare un cenno di saluto.
« Che cos'ha? » gli chiese l'amica, senza capire. « E' stata zitta tutto il tempo e ora... è successo qualcosa, James? »
Lui scrollò le spalle, senza smettere di fissare il punto in cui era sparita qualche attimo prima.
« Vado a parlarle » disse infine, riprendendosi.
Si affrettò verso la scalinata prima che si chiudesse la porta del Dormitorio femminile alle spalle e arrivò appena in tempo, richiamandola.
Lily si voltò a guardarlo, stupita. Era salita in Dormitorio col desiderio di stare un po' da sola a riflettere, ma non voleva essere sgarbata con James.
« Hai... bisogno di qualcosa, James? » gli domandò, titubante.
Lui scosse il capo, senza sapere bene come cominciare a parlare. Si mordicchiò il labbro inferiore e fece qualche passo verso di lei.
« No » disse, lentamente. « Io... beh... mi chiedevo se stessi bene. Sei stata in silenzio tutto il tempo da quando siamo usciti dall'aula di Difesa e ho pensato che... che forse hai qualcosa che non va, ecco ». Tacque qualche momento, in attesa, poi chiese: « Ho ragione? »
Lily non rispose immediatamente. Fece uno strano gesto, scrollando le spalle e scuotendo il capo contemporaneamente, poi fissò il pavimento, pensierosa.
« Io... » cominciò a dire. « Non è che ci sia qualcosa che non va... è solo che... »
Non riuscì a trovare nulla da inventarsi lì su due piedi, e alla fine decise di confessare quello che aveva dentro.
« Insomma, è per quello che ci hanno detto quegli Auror » ammise infine, e James la ascoltò con attenzione, serio, senza parlare. « Lo so che ti sembrerà la cosa più stupida del mondo, sono una sciocca, ma... non so, dopo questo incontro ho cominciato a pensare che forse questa carriera non faccia per me. Magari non sono adatta e crollerò dopo un minuto... è così difficile, li hai sentiti... eppure voi sembrate tutti così sicuri... sono così confusa... »
Evitò accuratamente il suo sguardo penetrante per timore di trovarvi commiserazione, ma James provava tutt'altro.
Scelse con cura le parole da utilizzare e parlò con pacatezza, ma animato dal suo solito ardore.
« Lily, nessuno di noi ha la certezza che tutto filerà liscio, posso assicurartelo » le disse. « Credo sia normale avere paura di non farcela, anch'io ce l'ho, ma questo non mi frena. Sta tutto nella forza che possiedi e tu ne hai moltissima, lo sai bene ».
Lily sollevò lo sguardo e incontrò quello di James. Capì che era sincero, come sempre. Parlava con sentimento ed evidentemente credeva nella sua forza molto più di quanto ci credesse lei. Nonostante si mostrasse sempre piuttosto sicura di sé, in certi momenti non poteva negare a se stessa di sentirsi parecchio fragile e insicura di fronte al mondo e, in quei momenti, non era capace di nascondere le sue debolezze.
« E' difficile, lo sappiamo bene, e saremmo veramente degli incoscienti a sottovalutare quello che ci aspetta pensando che sarà una passeggiata di salute... ma non pensi che partendo già con la paura di non farcela saremo sconfitti in partenza? »
James aveva ragione. Abbattersi ancora prima di provarci era inutile, insensato e stupido.
« Lo so, però... forse sono io che non sono all'altezza... »
« Tu non sei all'altezza? » ripetè lui, senza riuscire a credere alle sue orecchie. « Accidenti, Lily, se tu non sei all'altezza, io posso mettermi il cuore in pace sin da subito! »
Lei non potè che sorridere a quella sua esclamazione.
« Sei senza dubbio la studentessa più brillante del nostro anno » proseguì con veemenza. « Sai di cosa sei capace, puoi fare di tutto, ma devi esserne convinta. Sei pronta ad affrontare tutti gli stramaledetti corsi di questo mondo, ma devi avere fiducia in te, d'accordo? »
Lily annuì, continuando a tenere lo sguardo basso senza sapere bene cosa dire. Le parole di James erano state importanti e voleva credere che fossero vere. L'unica cosa di cui era certa, però, era che erano riuscite a rincuorarla come mai avrebbe potuto pensare.
« Guardami » mormorò lui, prendendole con delicatezza il volto tra le mani, e lei lo fece, ricercando dentro di sé la forza per sostenere il suo sguardo.
« Ce la faremo, Lily » disse, convinto, guardando fisso dentro i suoi occhi verdi. « Ce la faremo, te lo prometto. Mi credi? »
Lei raccolse tra le sue le mani di James e le strinse forte. Non seppe spiegarsi perché, ma in quel momento avvertiva il bisogno di sentirlo, di inalare la sua forza e farla propria.
« Ti credo » rispose, sorridendo luminosa, e James fece lo stesso.
Nulla importava che quella promessa non sarebbe stata mantenuta. 
Nulla importava che il tempo non sarebbe bastato per tenerle fede. 
Nulla importava che forze più potenti di loro gli avrebbero impedito di realizzarla.
Ci avrebbero creduto, fin proprio alla fine.









Note della Malandrinautrice: Salve! Allora, eccomi di nuovo qui. Come state? Superato senza lacrime l'Harry Potter Day? Ieri... ci pensate? Il nostro primo anno senza Harry, eppure siamo tutti qui ammucchiati su questo sito a leggere e scrivere balle per ricordarci che non è finito niente. Questo è vero amore, non credete? :') Va bene, la smetto.
Comunque, io non so cosa dire su questo capitolo. E' statico, scritto male e non posso far altro che chiedervi scusa per come è venuto fuori. Davvero, credo di poter essere obiettiva su quel che scrivo e questo capitolo è... un fallimento, sì. Mi dispiace di aver deluso le aspettative, spero intensamente di riuscire a risollevarmi con il prossimo, mi impegnerò moltissimo, promesso!
Comunque, volevo postarvi un'immagine di Charlotte Banks. Indovinate un po' chi è? Proprio la madre di Nina Dobrev! Ho trovato (ovviamente) che fosse assolutamente perfetta per il ruolo! Eccola qui con la nostra Scarlett: 
http://oi49.tinypic.com/23svihs.jpg. Non sono identiche?
Bene, adesso i ringraziamenti. 24, 24, 24! Ventiquattro, vi rendete conto? E stiamo per raggiungere le TRECENTO recensioni! Oddio, vi ripeto che proprio non riesco a crederci. Per me e mia sorella è un sogno.
E ovviamente è lei che devo ringraziare più di tutti. Se non ci fosse, non so proprio cosa farei!
Poi, volevo informarvi che a quanto pare la mia storia non è stata giudicata idonea per le Scelte, quindi ci tengo moltissimo a ringraziare di nuovo tutte le splendide persone che hanno utilizzato del tempo per scrivere quelle magnifiche segnalazioni all'amministrazione: Nearly Headless, Sarah Jones 13, robyevanspotter, Albie, allodola, RAB 95, CatherineC, _LenadAvena_, Sprotte98 e Miri Weasley (che ci ha provato, ma mi ha informata che l'operazione non era più possibile). Vi avrò sempre nel cuore.
E grazie infinite ai 90 delle preferite, ai 14 delle ricordate e ai 128 delle seguite! Grazie mille di cuore!
Grazie ancora, scusate per la schifezza e un bacio enorme a tutti!


Simona_Lupin

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Capitolo 17
*** Vecchie ferite ***






Capitolo 17

Vecchie ferite




Dicembre era arrivato ad Hogwarts portando folate di neve continue che irrigidivano l'aria, e gli studenti cominciavano a desiderare sempre più ardentemente l'arrivo immediato delle vacanze di Natale ancora piuttosto lontane. Il freddo gelido pareva aver indurito più che mai anche gli insegnanti, che non si mostravano clementi in nessuna occasione e consegnavano alle loro vittime carichi di compiti insostenibili.
Quel pomeriggio, i Malandrini si stavano dirigendo come gli altri all'ultima lezione di quella giornata, Difesa Contro le Arti Oscure.
« Conclusione grandiosa, ogni stramaledetto giovedì » si stava lamentando James, fissando il pavimento. « Vedere la brutta faccia di quell'idiota di Dixon ».
Remus e Peter sospirarono. Ogni volta che si incamminavano per l'aula di Difesa, infatti, erano costretti a sorbirsi la solita solfa dell'amico su come il professor Dixon fosse troppo stupido per poter ricoprire il ruolo di insegnante, su quanto fossero assurdi i suoi capelli - stranamente molto simili ai suoi -, su quanto fossero idiote tutte le studentesse che lo adoravano e, infine, come chiosa immancabile del suo discorso, su come fosse molto meglio lui, sotto ogni aspetto e punto di vista.
« Ti prego, Ramoso, almeno questa volta, risparmiaci » lo implorò Remus, reprimendo il desiderio di strangolarlo con la sua tracolla.
« Già... evita » convenne prontamente Peter, anche lui parecchio stufo di ascoltare le sue lagne ogni santissima volta.
Sirius, invece, pareva molto d'accordo con lui e lo appoggiava nella sua campagna anti-Russell Dixon.
« Ma ha ragione » disse infatti, scrollando le spalle. « E' un imbecille. Silente dev'essere stato proprio disperato quest'anno ».
« Tutte idiozie » farfugliò Remus, agitando una mano. « E' un insegnante eccellente. Voi siete solo invidiosi perché piace a tutte le ragazze ».
James e Sirius trattennero teatralmente il fiato nello stesso momento, come se l'avessero programmato.
« Noi non abbiamo bisogno di essere invidiosi di nessuno! » fece il primo.
« E le ragazze non ci mancano di certo » aggiunse l'altro con fermezza. « Non è figo neanche un briciolo di quanto lo siamo noi ».
« Diglielo, Felpato! » approvò entusiasta il ragazzo, battendo un pugno sul suo braccio.
Fortunatamente, Remus e Peter non dovettero sopportare altro, e varcarono la porta dell'aula prendendo come sempre posto ai banchi delle ultime file.
Un gran chiacchiericcio pervadeva la stanza mentre tutti attendevano l'insegnante. La campanella era suonata solo da qualche minuto e Dixon fece il suo ingresso in aula poco dopo.
« Ciao a tutti, ragazzi! » disse con un gran sorriso, poggiando la valigetta alla cattedra. « Come andiamo? Che brutta cera che avete... »
« Certo! » saltò su Alan all'istante. « Prof, ci stanno massacrando! Sono impazziti tutti, assegnano valanghe di compiti, e soprattutto Vitious e la McGranitt sono proprio senza pietà ».
Il professore rise. « I tempi dei M.A.G.O. sono duri, gente... Comunque, viste le pessime condizioni in cui vi trovo, potrei rivolgere due paroline alla professoressa McGranitt in merito ai compiti che vi assegna, o almeno posso provarci ».
Tutti si lasciarono andare a un'ovazione di consenso che lui accolse con un sorriso.
« Okay, okay, grazie » riprese poi, quando la classe si fu calmata. « Bene, oggi ho deciso di affrontare con voi un lavoro un po' particolare. Quello di cui vi parlerò è un argomento assai complesso, che riguarda due branche poco conosciute dell'arte magica. Non è prevista la trattazione di queste discipline nel programma didattico, ma con voi voglio fare un esperimento. Mi sembrate pronti, siete un corso molto avanzato. E poi, visto che siete parecchio sotto pressione e noi siamo piuttosto al passo col programma, in questo periodo prenatalizio vi voglio proporre un lavoro sì impegnativo ma che non sarà oggetto di esame, così da non gravare troppo sulla vostra mole di stress. Badate bene, non è certo che tutti voi riuscirete nel tentativo, ma vi voglio allenare. In tempi bui come questi, credo sia un bene conoscere anche questo tipo di magia ».
I ragazzi lo ascoltavano rapiti, tentando di capire quali potessero essere quelle discipline così poco note.
« Qualcuno ha mai sentito parlare di Legilimanzia e Occlumanzia? » domandò l'insegnante alla classe, osservando i volti di tutti con interesse.
Qualcuno alzò la mano e lui accennò un sorriso incoraggiante.
« Frank, dicci tu quello che sai » disse al ragazzo, avvicinandosi al suo banco.
« Sì, beh, la Legilimanzia è l'arte magica che permette di penetrare la mente di una persona » rispose lui, « mentre l'Occlumanzia è la capacità di resistere a qualsiasi tentativo di intrusione mentale esterna... credo » borbottò infine.
Dixon gli rivolse un gran sorriso e annuì.
« Ottimo, Frank, dieci punti a Grifondoro » esclamò, soddisfatto. « Bene, allora, adesso permettetemi di dirvi qualcosina in più ».
Gli studenti tacquero, in attesa, mentre l'insegnante cominciava a vagare tra i banchi con le mani intrecciate dietro la schiena.
« Come ha appena detto il vostro compagno, la Legilimanzia è l'abilità magica che permette attraverso l'utilizzo di un incantesimo - Legilimens, appunto - di entrare nella mente di una persona. Ciò che un mago può fare con questa particolare forma di magia è leggere nella mente di qualcun altro le intenzioni, gli intenti e i propositi, e scovare i ricordi del suo passato, facendo emergere in particolare quelli che hanno avuto per la vittima un forte impatto emotivo ».
I ragazzi iniziarono a prendere appunti, mentre lui continuava a spiegare.
« Ciò che, invece, è precluso a chi penetra la mente di un'altra persona, sono i suoi pensieri » proseguì, senza smettere di camminare per l'aula. « Questi rimangono inaccessibili, al contrario di intenzioni e ricordi. Inoltre, è possibile, sempre con questo incanto, immettere nella mente della vittima falsi ricordi o visioni, facendoli apparire come reali, anche se sono solo immaginari e fittizi. La Legilimanzia, quindi, non si risolve solo in una lettura della mente altrui, ma nella possibilità di modificarla e sconvolgerla del tutto, anche se per fare ciò sono necessarie abilità straordinarie e capacità spesso innate. La condizione necessaria per fare in modo che l'incantesimo funzioni è mantenere il contatto visivo con l'altra persona ».
Tutti gli studenti parevano molto interessati a quell'argomento, tanto affascinante quanto oscuro e per certi versi inquietante.
« L'Occlumanzia, invece » proseguì il professore, « è l'arte magica opposta alla Legilimanzia. Questa consiste nella capacità di resistere ad ogni tentativo di penetrazione ed influenza mentale esterna, e si attua con una tecnica molto complessa. Attraverso questo meccanismo, è possibile occultare a chi prova qualsiasi intrusione mentale ricordi ed emozioni, precludendo ogni accesso a ciò che il Legilimens può vedere. Per l'Occlumante non è necessario l'utilizzo di alcuna formula magica, ma basta - se così si può dire - liberare totalmente la mente da qualsiasi emozione ed esercitare un forte controllo su di sé. E' una branca della magia davvero poco nota, ma estremamente utile, soprattutto in certi ambiti della magia, come, ad esempio, nel percorso per diventare Auror ».
James e Sirius si scambiarono all'istante uno sguardo soddisfatto.
Dixon rimase per gran parte della lezione ad approfondire e spiegare dettagliatamente i due argomenti. Alla fine, si sfregò le mani e smise di camminare.
« Bene, dopo questa lunga e credo per molti di voi tediosa spiegazione » disse, ritornando alla cattedra, « adesso passeremo alla pratica. Ci state? »
Un mormorio eccitato si sparse per tutta l'aula.
« Lavorerete in coppia, ovviamente » proseguì l'insegnante. « Ma, ehi. Non credete di poter essere liberi di scegliere il vostro amichetto del cuore come compagno, perché tutto verrà affidato al caso ».
« Ma non è giusto! » intervenne prontamente Alice, scandalizzata, strattonando con fare possessivo il braccio del povero Frank, che chinò il capo.
« Mi dispiace, Alice cara, ma sarebbe troppo semplice » fece lui, dispiaciuto. « Ho preparato quindi questi contenitori, e ogni Casa ha il proprio. Preferisco non mettere in coppia studenti di Case diverse, perché esercitarvi al di fuori dell'aula sarà difficile e la Sala Grande non mi pare proprio il luogo più indicato per questo genere di lavoro. Vi consiglio, invece, le vostre Sale Comuni, quando riuscite a trovarle semideserte, o i Dormitori. Detto questo, dicevo che all'interno dei contenitori troverete dei biglietti con dei numeri. Ognuno ne estrarrà uno e chi si ritroverà con lo stesso numero, lavorerà insieme. Deciderà il fato, gente! Forza, ordinati, venite qui! »
I ragazzi si avvicinarono in fila ed estrassero tutti un bigliettino. Dopodiché, Dixon iniziò ad appuntarsi le varie coppie.
Stava per dedicarsi ai Corvonero, quando ad un tratto qualcuno bussò alla porta ed entrò la professoressa McGranitt.
« Professor Dixon, perdoni l'interruzione, ma dovrei urgentemente scambiare qualche parola con lei, se possibile » disse, e l'insegnante la raggiunse subito.
« Mi dica, professoressa... e mi raccomando, non imbrogliate » si premurò di ricordare ai ragazzi, prima di sparire oltre la porta.
Immediatamente, tra i Corvonero e i Grifondoro, le uniche Case che Dixon non aveva ancora interpellato, si scatenò il putiferio.
James lanciò subito una pallina di carta a Scarlett, centrandola senza problemi, e lei si voltò, stranita, per poi individuare l'autore del gesto.
« Che numero ha Lily? » sillabò lui, senza parlare ad alta voce per paura di essere scoperto dalla ragazza.
Scarlett scosse il capo con un sorriso e si voltò verso la compagna di banco, guardando di sottecchi il bigliettino tra le sue mani.
« Otto » fece in risposta.
James le rivolse un gran sorriso e un occhiolino. Il suo numero era il sei.
« Sirius, che numero hai? » chiese all'amico, iniziando la sua caccia all'otto, che fortunatamente, però, si concluse prima del previsto.
« Otto » rispose infatti il ragazzo, inespressivo.
« Sì! » esclamò l'altro, esultante. « Dammelo! » disse, strappandogli il biglietto di mano.
« Ma ti sei fottuto il cervello? » saltò su Sirius, offeso. « L'otto mi piace, è mio, ridammelo! »
« E' il numero di Lily, deficiente! » ribattè James, abbassando il tono della voce .
« Non mi interessa! » replicò l'amico, realmente scocciato. « Il tuo numero fa schifo! Che razza di numero è il sei? »
« Si può sapere cosa diavolo state facendo? »
Remus si era voltato verso il loro banco, senza capire il motivo di tutto quel chiasso.
« Remus, che numero hai tu? » chiese Sirius senza prestargli ascolto.
« Il cinque » rispose lui, interdetto.
« Ma che schifo... » commentò l'altro sottovoce. « Peter, tu? »
« Il due » fece Peter, scambiandosi un'occhiata disorientata con l'amico.
« Bleah, ancora peggio... » borbottò, voltandosi alla disperata ricerca di un numero che fosse di suo gradimento. « FRANK! Frank, che numero hai? »
« Non ci provare, Black » lo ammonì Alice, senza neanche lasciar parlare il fidanzato. « Il destino ha voluto unirci ancora, ci ha dato l'uno ».
Sirius imprecò sottovoce e ricercò qualcun altro per l'aula.
« ALAN! ALAN! GREEN! » urlò, sovrastando il vocio che invadeva la classe.
« Chi mi reclama? » fece quello, guardandosi intorno.
« Io, idiota » disse Sirius. « Che numero hai? »
« Il sette. Perché, di chi è? »
« Di nessuno, dammelo ».
« Ma è il mio numero! »
« Dammelo, su, non fare l'idiota ».
Alan fece una smorfia e chiese a una ragazza di passarglielo.
« Ti conviene che io capiti con una tipa carina, Sirius, o vengo a picchiarti! » si premurò di urlargli, minaccioso.
« Quando vuoi! » rise Sirius di rimando, sollevando un pollice.
I Malandrini lo fissavano sbalorditi e disgustati, ma lui non vi fece caso e giocherellò allegramente con il suo biglietto adorato, parecchio soddisfatto.
« Che c'è? » chiese infine, scocciato, visto che non smettevano di guardarlo. « Il sette mi piace. E' il numero magico più potente ».
Gli furono risparmiati versi di disapprovazione e incredulità vari grazie all'entrata del professor Dixon, che riportò l'ordine all'interno dell'aula.
Tornò ad occuparsi della sua lista di coppie, prima con i Corvonero - che avevano bellamente imbrogliato anche loro - e infine con i Grifondoro.
« Il numero uno? » fece l'insegnante in tono piatto, leggermente annoiato dal lavoro poco entusiasmante che era costretto a svolgere.
Alice fece scattare in alto la mano, la felicità dipinta sul volto, e Frank fece lo stesso ma sicuramente passando più inosservato.
« Visto, Alice? » fece Dixon, allegro. « Alla fine, hai avuto quello che volevi. Il numero due? »
Peter e Mary alzarono la mano, scambiandosi un sorriso quando si accorsero del compagno che era capitato loro.
« Il tre? »
Fu il turno di Emmeline e un ragazzo dall'aria timida che sollevò titubante il braccio e le rivolse una rapida occhiata.
A loro seguirono due ragazze dall'aria svampita che scoppiarono a ridere quando arrivò il loro turno, visto che avevano fatto in modo di finire insieme... per la gioia di tutti gli altri Grifondoro, è bene aggiungere.
« Number five, please » scherzò l'insegnante, sollevando per l'ennesima volta lo sguardo dal suo rotolo di pergamena.
Remus alzò il braccio e si guardò intorno, scoprendo come sua compagna una splendida ragazza dall'aria altezzosa che gli rivolse un'occhiata diffidente.
« Thanks » stava dicendo Dixon, mentre già i Malandrini davano inizio alla loro tortura.
« Però, Lunastorta » commentò Sirius, ghignando, « la Carter, eh? Bella figa! »
Remus lo fissò sconcertato, distogliendo lo sguardo dalla ragazza seduta fra i primi banchi.
« Sì, bella figa... facciamo a cambio, se vuoi » borbottò mestamente, mentre Alan scopriva di essere in coppia con Camilla Hughes, una ragazza occhialuta dai capelli ingarbugliati a cui lui rivolse una smorfia che, probabilmente, doveva assomigliare a un gentile sorriso di circostanza.
« Aspetta... » rispose Sirius. « Magari mi capita una figa più bella della tua bella figa... o addirittura la Banks, che è il sogno irraggiungibile » e rise.
« Il sette? » chiese in quel momento Dixon.
A quanto pareva, però, il sogno non era poi così lontano. La fantomatica coppia Scarlett-Sirius venne prescelta dal fato beffardo.
Lo sguardo della ragazza fu così disgustato e irato che chiunque - a parte Sirius - sarebbe rimpicciolito all'istante.
« Ti giuro, bella Banks, che io non c'entro niente » si affrettò a precisare lui alzando le braccia, mascherando un ghigno divertito e compiaciuto e senza preoccuparsi del silenzio che regnava in classe. Ma Scarlett non lo degnò neppure di un altro dei suoi sguardi e tornò a fissare l'insegnante, che sorrideva e proseguì quasi subito.
Inspiegabilmente, come se un vento propizio avesse spinto le loro mani ad afferrare quei precisi biglietti, anche Lily e James finirono in coppia insieme.
Lo sguardo di Lily fu meno duro di quello dell'amica, ma comunque esasperato. Era pienamente convinta, ovviamente, che avesse barato in qualche modo.
Quando Dixon terminò di stilare la sua lista, non ci fu molto tempo per fare altro e la campanella suonò dopo qualche minuto.
« A me sembra una figata » commentò Sirius una volta fuori dall'aula. « Anche se la Banks sarà un osso duro... »
« Però ti vedo contento, Felpato » fece James, osservandolo con un sorriso malcelato sul volto allegro. « Sei felice di essere finito in coppia con lei, eh? »
Sirius lo fissò con un'espressione piuttosto indecrifrabile, senza sapere bene come rispondere.
« Mi sarebbe andato bene chiunque » disse infine in tono indifferente. « Mi piace l'idea di provare a fare una cosa del genere, ecco ».
« Sì, certo... » lo canzonò l'amico, ma non aggiunse altro e si rivolse a Remus. « E tu, invece? Hai una delle ragazze più carine del nostro corso! »
L'occhiata che lui gli rivolse fu quasi disperata.
« Ma che m'importa quanto sia carina! » sbottò, frustrato. « Hai visto come mi ha guardato? Non oso immaginare come sarà lavorare con lei... »
E la profezia di Remus, come spesso succedeva, non si rivelò per nulla errata, anzi venne confermata nel peggiore dei modi.
Lavorare con quella ragazza era un vero e proprio incubo. Aveva praticamente fatto irruzione nel loro Dormitorio il giorno dopo, in seguito a un'altra lezione di Difesa nella quale avevano fatto un po' di pratica con lo stesso Dixon, che aveva consigliato loro di allenarsi dopo le lezioni con il compagno assegnato, e aveva ordinato senza ammettere repliche ai Malandrini di andare via, perché desiderava avere spazio e silenzio in modo tale da dedicarsi con attenzione al suo duro lavoro. I tre erano andati via ridendo sotto i baffi, sorvolando sul fatto che erano appena stati cacciati via da una ragazza e dal loro stesso Dormitorio, prevedendo già i disguidi che sarebbero venuti fuori tra i due vista l'evidente incompatibilità che li metteva su fronti del tutto opposti.
L'esercitazione non era stata delle più lunghe e produttive, visto che la ragazza era venuta fuori dopo un quarto d'ora scarso, strillando che Remus era un tipo impossibile, inetto e insopportabile, che avrebbe dovuto trovarsi un altro compagno e che meritava di lavorare con qualcuno di competente.
Lo sventurato aveva raccontato agli amici di non aver fatto altro che il suo dovere, ma non aveva neanche approfondito la narrazione della triste vicenda perché loro avevano iniziato a prenderlo in giro senza pietà su come non ci sapesse proprio fare con le ragazze e altre sciocchezze dello stesso genere.
Le preoccupazioni del ragazzo, però, purtroppo, non si limitavano a una compagna di lavoro indisponente e facilmente irascibile e a un gruppo di amici insensibili e totalmente idioti, perché il giorno successivo a quello della disastrosa prova, alla lezione di Pozioni, Lumacorno aveva dato una notizia poco piacevole, che segnava senza ombra di dubbio la sua precoce e tragica fine.
L'insegnante, infatti, aveva annunciato alla fine della lezione di quel pomeriggio che aveva intenzione di sottoporre gli allievi a una verifica, come spesso succedeva in quel periodo con tutti i professori di tutte quante le discipline. Tutta la cioccolata del mondo non sarebbe minimamente bastata a rincuorare o almeno tentare di placare i nervi tesi di Remus, che era apparso d'un tratto angosciato come mai era stato prima di quel momento.
« Di che ti preoccupi, Lunastorta? » aveva detto James con nonchalance al termine della lezione. « C'è Miley! »
Ma lui aveva scosso il capo con tristezza, senza neanche sollevare lo sguardo.
« Con Miley decidiamo il giorno in cui incontrarci insieme e prima, ovviamente » aveva risposto mestamente. « Non posso presentarmi da lei e chiederle di farmi una lezione extra così, su due piedi! Chissà quante cose avrà da fare, non può sempre darmi una mano con le maledette Pozioni... »
« Ascolta, complessato di un lupastro non fottuto » era stato l'incipit delle parole di Sirius. « Miley è gentile come non so chi, non so neanche se è più gentile di te, il che non è da poco, e ti adora... »
« ... per non dire che è cotta » aggiunse distrattamente James, quasi tra sé e sé, provocando una serie di borbottii infuriati da parte di Remus.
« ... quindi per lei è tutt'altro che un peso aiutarti, no? » concluse Sirius. « Ramoso, Codaliscia, diteglielo anche voi, che queste cose le capite meglio di me! »
I due annuirono con la massima serietà, sembrando quasi sincronizzati.
« Dovrei presentarmi da lei a quest'ora e chiederle come un disperato di correre a fare lezione? » fece Remus, il volto più pallido del solito.
Questa volta ad annuire come deficienti erano stati in tre, sempre con la stessa aria terribilimente seria e composta.
« Certo che sono proprio messo male... » commentò il ragazzo, scuotendo il capo. « Come sono arrivato al livello Troll in Pozioni? Anzi, devo dire che Miley ha fatto miracoli veri e propri... ormai sfioro lo Scadente ».
« Perdonaci se abbiamo dimenticato di complimentarci vivamente » lo prese in giro Sirius, una mano sul petto. « Ma ti assicuro che siamo davvero colpiti ».
« Direi che è impressionante il genio di questo lupastroso uomo » si accodò James, facendo un mezzo inchino.
« A me viene da piangere » concluse sentitamente Peter, ostentando un'espressione commossa.
Lo sguardo di Remus sarebbe stato tremendo, se non l'avesse del tutto rovinato con la sua risata incontenibile.
« Sentite, a questo punto preferisco fare la più brutta figura del secolo con Miley che stare qui a farmi prendere in giro da tre animali » annunciò.
Gli amici scoppiarono a ridere, divertiti.
« Vai, Lupin, vai » lo esortò James, illuminandogli il cammino con un gesto pomposo della mano. « Tanto ormai passi tutto il tuo tempo libero con le belle ragazze ».
Lui si allontanò di fretta, ridendo e scuotendo il capo allo stesso tempo, accompagnato dalle risate squillanti e assai diverse dei tre amici.
Trovò Miley in Biblioteca con l'aiuto della Mappa del Malandrino che ripose previdente nella tasca del mantello prima di entrare.
Vagò tra gli alti scaffali, in cerca, e la trovò appollaiata su una sedia accanto a uno dei tavoli utilizzati da tutti per studiare, del tutto presa da un libro rilegato in pelle di cui non riusciva a scorgere l'immagine che faceva da copertina.
« Ehi » mormorò, tossicchiando imbarazzato.
Lei sussultò e trattenne il fiato, per poi premersi una mano sul petto e tornare calma quando lo vide.
« Remus... scusa, mi ha preso un colpo, non ti avevo visto... » disse ridendo. Gli fece posto accanto a sé e lui si sedette, sorridendole.
« Studiavi? Ti ho disturbato? » le chiese, osservando il libro che aveva chiuso di scatto e che ora teneva fra le mani.
« Ma certo che no » fece lei, mostrandoglielo. « Beh, in realtà non è un libro di scuola... E' un romanzo di una scrittrice esordiente eccezionale. L'ho già letto quattro volte, ma ne sono innamorata ».
Remus le sorrise e lei arrossì leggermente sulle guance, come non le capitava più troppo spesso.
« Di cosa parla? » le domandò ancora, interessato. « E' un romanzo d'amore? »
« Oh, no » si affrettò a rispondere lei, facendo un po' una smorfia. « Non mi piacciono le storie d'amore, sono quasi sempre scialbe. Preferisco dei romanzi più di tipo psicologico, in cui viene approfondita la natura dell'anima di ognuno di noi, con delle trame coinvolgenti, non per forza troppo barocche ma che posseggano qualcosa di speciale... una storia d'amore, però, è presente anche qui, tra le altre cose. Credo sia sempre presente. L'amore, in qualsiasi forma, non manca mai, no? Né nei romanzi, né nella vita reale, in qualche modo ».
Lui la ascoltava rapito. Impressionante come riuscisse sempre a colpirlo. Miley possedeva qualcosa di così profondo da incantarlo...
« E' proprio vero... » mormorò. E lo pensava davvero. L'amore non era solo e per forza avere una compagna con cui condividere emozioni e baci. L'amore poteva essere quello di una madre a un figlio, quello di un amico, quello di un animale a un fratello umano... Di amore lui, allora, ne aveva ricevuto tanto. L'amore era anche l'affetto dei Malandrini, quello che si dimostravano silenziosamente ogni giorno.
« Tu leggi molto, non è così? » gli chiese Miley, osservandolo.
« Sì, in effetti sì » rispose lui, annuendo. « Come fai a saperlo? »
La ragazza scrollò le spalle, senza smettere di studiarlo con interesse.
« Hai l'aria di uno che legge tanto » spiegò infine, sorridendo appena. « Come mai sei qui, comunque? »
Lui si diede mentalmente un colpo in testa. Aveva completamente dimenticato il motivo per cui era venuto sin lì a cercarla.
« Oh » esclamò, tornando a disagio. « Beh, in realtà, io... insomma... avrei bisogno di... di un favore, ma so che... »
« Posso aiutarti? » fece subito lei, vedendolo tentennante. « Dimmi tutto ».
« Io... » ricominciò lui. « Beh, è successo che Lumacorno ci ha detto che domani farà una verifica... ma i-... »
« Allora andiamo, no? » lo interruppe di nuovo lei, sorridendo. « Sbrighiamoci o ci sarà poco tempo. Su, muoviti, John ».
Remus la fissò, incredulo, ma lei gli rivolse un largo sorriso e non potè che ricambiarlo, sollevato e felice.
Si diressero all'aula di Pozioni, chiacchierando come sempre sulle ultime novità.
« Dovresti provare a stare dieci minuti in sua compagnia » stava dicendo Remus, raccontandole della ragazza con cui era stato messo in coppia per l'esercitazione di Difesa. « Impazziresti, davvero. E' così antipatica e saccente... riuscirebbe a mandiare in bestia anche un santo! »
« O anche Remus Lupin, che è quasi la stessa cosa » fece lei, facendolo ridere. « Ma sei sicuro di non aver fatto qualcosa per farla innervosire tanto? »
« Ma no! » esclamò lui, scuotendo con veemenza il capo. « Ho semplicemente tentato di fare quello che dovevo fare, cioè penetrare la sua mente. Ci sono riuscito e si è arrabbiata, e quando ci ha provato lei e l'ho respinta si è arrabbiata di nuovo! »
« Allora è fuori di testa » dedusse Miley, convinta.
Erano ormai arrivati in classe e si stavano sistemando sui soliti due sgabelli, preparando il materiale e il calderone.
« Oggi preparerai una pozione piuttosto complicata, John » lo informò Miley in tono grave. « Così Lumacorno non ti metterà sotto... o almeno lo spero ».
Remus annuì, teso. L'idea non era forse delle più incoraggianti, ma poteva farcela, se trovava la concentrazione. I suoi buoni propositi andarono a farsi benedire quando la ragazza, con la massima naturalezza e un'espressione serena, gli porse il libro e gli indicò la pozione da preparare. Le istruzioni erano lunghe quasi due pagine, e pareva impossibile che lei non se ne fosse accorta da sola.
« Stai scherzando » affermò, certo che lo stesse prendendo bellamente in giro come era certo che avrebbe saputo fare.
« Ma certo che no » fece lei, poggiandogli il libro sulle gambe, visto che si era praticamente rifiutato di afferrarlo. « Su, non fare il mollaccione ».
Ma l'espressione che il ragazzo riservava al libro era vacua, incredula e quasi terrificata. Miley si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo.
« No, non ci riuscirò mai » asserì lui infine, con la massima sicurezza, e le porse nuovamente il libro malefico, che lei respinse con un mezzo sorriso.
« Non m'importa di non avere un qualche permesso per dirtelo, ma sei un'idiota, Remus » gli disse.
Lui fece per ribattere, ma un sorriso spontaneo gli increspò le labbra.
« Questo è il genere di pozioni che si dovrebbero affrontare in questo periodo dell'anno » proseguì la ragazza, senza perdere quell'accenno di divertimento sul viso. « Sarebbe inutile preparare un decotto da quattro soldi, domani ti ritroveresti nella melma più oscura e profonda, quindi mettiti al lavoro ».
Remus la fissò sbalordito, ma lei tornò a sorridere, un sorriso più ampio, uno dei suoi tipici sorrisi incantevoli.
« Ti aiuterò io, naturalmente, come sempre » aggiunse, utilizzando un tono gentile.
Chissà con quale coraggio, lui le sorrise, agguantò il libro, lo poggiò al tavolo da lavoro e lesse la prima riga di istruzioni, mettendosi all'opera.
Doveva frantumare delle radici di una pianta dal nome impronunciabile nel mortaio.
« Dovresti farlo più velocemente » intervenne Miley, osservandolo. « Impugna il pestello dall'alto e vai più veloce, la polvere sarà più fine ».
Lui annuì e seguì il suo consiglio, che ovviamente si rivelò efficace. La riga di istruzioni successiva diceva di tagliare una sorta di baccello con il pugnale.
« Zio Libatius spara idiozie come se lo pagassero per farlo » commentò sottovoce Miley, sbirciando con aria critica le scritte sul libro e facendo riferimento all'autore del secondo volume di Pozioni Avanzate. « Ascolta, Remus, non dare retta a quell'idiota, con il baccello fai così ».
Gli prese il baccello dalle mani e cominciò a premere con il pugnale.
« Miley, lascia fare a me, potresti farti male » fece lui, osservandola lavorare preoccupato. La superficie del baccello era estremamente liscia e il pugnale poteva sfuggirle facilmente via dalle mani, ma lei inizialmente non badò per niente alle sue parole.
« Mi è già successo altre volte » disse infine, continuando a premere e schiacciare. « Non è la fine del mondo... ahia! » esclamò poi, perché era accaduto proprio quello che Remus aveva pensato. Il pugnale le era scivolato, tagliandole il dorso della mano con cui teneva fermo il baccello.
Lui si affrettò a prenderle la mano lesa ed estrasse frettolosamente la bacchetta.
« Sta' tranquilla » mormorò, prima di pronunciare un incanto a bassa voce, tenendo ben ferma la bacchetta a pochi millimetri dalla ferita, che si rimarginò pian piano, completamente. Il sangue che le aveva macchiato la mano rimase lì a luccicare, denso e scarlatto.
Con un altro colpo di bacchetta, Remus fece apparire dal nulla un fazzoletto candido con il quale lo asciugò, lasciando la mano immacolata come prima.
« Ti ringrazio » disse Miley.
« Fa ancora male? » le domandò lui, accarezzando delicatamente il dorso della mano con il pollice.
Lei tentò di ignorare la scossa di brividi che quel semplice tocco le aveva provocato, e annuì, per poi ricordarsi che il gesto esatto era proprio quello contrario.
« Va... tutto bene » balbettò infine, riprendendosi. « Grazie infinite di averla rimessa a posto ».
Remus scosse il capo con un lieve sorriso, ripercorse un'ultima volta il tratto di pelle precedentemente leso e le lasciò dolcemente la mano.
Quando terminò il lavoro con il pugnale, riversò il succo del baccello nel calderone e si dedicò a una boccetta di sangue di Salamandra, mentre Miley esaminava l'immagine dell'autore e pozionista ritratta sulle ultime pagine del libro.
« Questo Libatius Borragine sembra l'incrocio tra un Troll e un Umpa Lumpa » osservò, sovrappensiero, osservandola con attenzione mista a divertimento.
Lui scoppiò a ridere e fece cadere nel calderone molte più gocce di sangue di Salamandra di quelle richieste.
Il colorito della pozione divenne d'un tratto arancione quando avrebbe dovuto essere di una tenue tonalità di rosa.
« Oh, cavoli! Cavoli, cavoli, cavoli, è color Cannoni di Chudley! » imprecò la ragazza, coprendosi la mano con la bocca.
« Si può sapere come diavolo fai a conoscere gli Umpa Lumpa? » domandò invece Remus, che ancora rideva.
Anche lei rise, trafficando con mestolo e pomelli per tentare di rimediare al danno.
« Io so tutto sui Babbani, John » rispose distrattamente. « Li adoro. In fondo, spesso sono molto più ingegnosi dei maghi. Non conoscevo nulla del loro mondo fino al mio terzo anno, quando ho iniziato a seguire le lezioni di Babbanologia. Ho letto un mucchio di libri babbani, so come funziona l'elettricità e prego ogni giorno mia madre affinché mi compri un televisore » aggiunse, sorridendo. « Non so cosa darei per guardare un film al cinema, ad esempio ».
Lui la osservò, incuriosito. Strano che una Purosangue provasse tutto questo interesse per il mondo babbano, per cose così semplici.
« Se davvero ci tieni, un giorno ti ci porterò » mormorò, le labbra leggermente incurvate. « Promesso ».
Miley non potè che sorridere, meravigliata e sinceramente emozionata, e per un po' non fecero altro che guardarsi negli occhi. Per sbaglio, dopo un po', ruotò il pomello per regolare la temperatura dove aveva posizionato la mano e la pozione divenne subito più densa, mentre il calderone prese a sibilare.
« Porco Salazar, ma che sto combinando? » esclamò, in preda al panico, sventolando insensatamente le mani sulla pozione che fumava.
« Grandioso! » fece Remus, ridendo. « La nostra pozionista perfettamente infallibile va in confusione. Questa non voglio proprio perdermela! ».
La ragazza gli gettò un'occhiata fintamente scocciata e nascose un sorriso.
« Senti, scansafatiche di un Lupin, io sto lavorando per te » lo rimproverò, ma il tono aspro e duro non le riusciva granché bene.
« Oh, chiedo umilmente perdono » fece lui, fingendosi serio. « Ma è divertente vederti nel pallone di fronte a un calderone, sai? In tre secondi, hai messo le mani ovunque, dal mestolo a quelle bacche di vischio che non c'entrano assolutamente niente ».
« Ringrazia che non le abbia messe sulla tua boccaccia o, peggio ancora, direttamente intorno alla tua gola » lo minacciò lei. « E poi, è evidente che non capisci un tubo. Le proprietà delle bacche di vischio agiscono contro il sangue di Salamandra, stavo tentando di annullare gli effetti del tuo disastro imperiale, John. In Pozioni sei più impedito del mio pesce rosso... e il mio pesce rosso è morto un anno fa ».
Remus rise di nuovo, e lei si unì a lui, abbandonando la pozione per affondare il viso tra le mani, scossa dai singhiozzi.
« Sei un - ih! - un idio... - ih! - ... ta! » e scoppiò a ridere nuovamente con lui al seguito a causa del singhiozzo che le impediva di parlare. Da bambina era stata quasi una malattia cronica, la prendeva per minuti e minuti anche più volte al giorno, ma il medico aveva spiegato che succedeva quando rideva di cuore, e lei di ridere fino alle lacrime non si stancava mai. Era sempre stato così. Cercò di spiegarlo a Remus, ma il tentativo fu un fallimento e il solo risultato fu che ricominciarono a ridere, fino a quando non ne ebbero dimenticato addirittura il motivo iniziale.
« Mi fa male lo stomaco, non ce la faccio più » sospirò lei alla fine, cercando di riprendersi e tenendosi una mano sulla pancia dolorante.
« Idem » riuscì a dire lui, prendendo un respiro profondo. « Ma... la pozione? »
Si scambiarono uno sguardo teso e contemporaneamente si sporsero a guardare dentro il calderone. Il liquido si era raddensato in una sostanza di natura sconosciuta dal colorito bordeaux. Un risultato da ricordare e immortalare, senza ombra di dubbio.
« Che carina » fece Miley, il capo inclinato. « Fantastico... che si fa? Domani c'è la maledetta verifica, no? »
« Sono spacciato... » concluse Remus, con un gemito afflitto.
« Ma no, dai » lo incoraggiò lei, sorridendo. « Possiamo prepararne un'altra, però è ora di cena... tu hai fame? »
« Un po' » ammise lui. « Ma tu scendi in Sala Grande, non puoi... »
« No » lo interruppe lei, scuotendo il capo. « Se ti va, possiamo mangiare qui ».
Approvata l'idea, Miley Appellò dei tramezzini e una brocca di succo di zucca dalle cucine, e si rimisero più seri al lavoro. O meglio, Remus si rimise al lavoro e Miley si mise a mangiare quanti più tramezzini possibile. Pareva non saziarsi mai, era incredibile.
« Perché mi guardi? » chiese a Remus dopo averne inghiottito quasi uno intero.
« Sto cercando di capire dove metti tutta la roba che mangi... però non ci sono ancora arrivato » rispose lui in tono piatto, osservandola.
Lei rise e scrollò le spalle, borbottando qualcosa del tipo: « Io mangio... quello che mangio può finire dove diavolo vuole ».
Tra tramezzini, risate e pozioni miracolasamente riuscite, lasciarono l'aula a un'ora piuttosto tarda e Remus accompagnò Miley alla sua Sala Comune.
« Grazie mille di cuore, Miley » le disse, guardandola negli occhi, le mani nelle tasche. « Non so cosa farei senza di te ».
Lei sorrise e scosse il capo, le guance leggermente arrossate. Di nuovo.
« In Pozioni, John, faresti decisamente schifo ».
Mentre rideva sinceramente divertito, lei si avvicinò e gli scoccò un lieve bacio sulla guancia, sconvolgendo anche se stessa per la propria audacia.
« Buonanotte » mormorò, imbarazzatissima, quasi correndo via verso le botti ammassate sul pavimento che facevano da ingresso alla Sala Comune.
Remus non potè nemmeno farle un saluto, ma si voltò per salire gli ultimi piani fino al ritratto della Signora Grassa. Sbagliò per due volte la parola d'Ordine prima di ricordare quella esatta. Probabilmente, se una di quelle botti lo avesse colpito in testa, non avrebbe potuto sentirsi più frastornato di quanto non lo fosse già in quel momento, e l'unica cosa che riuscì a capire, quella sera, fu che, inspiegabilmente, si era addormentato con il suono della voce di Miley nella mente, e il tocco delle sue labbra sulla guancia era ancora un ricordo più che vivido.
Non avrebbe mai ammesso, tuttavia, per nessuna ragione, che Miley gli piaceva.
 
 
*  *  *
 
 
Mentre Remus era corso via disperato in cerca di Miley, Sirius aveva salutato i Malandrini e si era diretto al terzo piano, dove Scarlett lo aspettava per la loro esercitazione di quel pomeriggio. Avevano deciso di lavorare in una delle aule in disuso, perché in Sala Comune il caos era troppo elevato per poter lavorare in pace e nessun altro posto era adatto o comunque disponibile. Quando arrivò di fronte all'ingresso dell'aula, però, non la vide. Arrivò solo dopo qualche minuto, e Sirius le rivolse un gran sorriso, che lei ricambiò.
« Ehilà, bella Banks » fu il suo saluto. « Ti sei data una rinfrescata? »
« Esatto » rispose lei, varcando la porta che lui aveva tenuto aperta per lasciarla passare. « Aspetti da molto? »
« No, ma figurati » fece lui, scrollando le spalle, per poi seguirla e chiudersi la porta alle spalle. « Cominciamo subito? »
Scarlett annuì, leggermente contrariata e titubante. Lui lo notò, e la scrutò a fondo.
« Che succede? » le domandò, avvicinandosi di qualche passo. « Qualcosa non va? »
Lei inizialmente si morse il labbro e non disse nulla. Le pareva piuttosto sciocco confessare il suo disappunto per quel tipo di esercizio, ma lo fece comunque.
« Niente di che » rispose, sul vago. « In realtà... Non mi attira molto l'idea che la mia mente possa essere... penetrata. E' un po' come se si violi l'anima, no? »
Sirius la guardò con un'espressione piuttosto comprensiva dipinta in volto. Capiva benissimo cosa intendeva.
« Hai ragione, ma è un lavoro utile » disse, giocherellando distrattamente con la bacchetta. « Insomma, immagina se qualcuno ci provasse là fuori e tu ti trovassi completamente impreparata. Credo sia per questo che Dixon abbia deciso di farci tentare. Dobbiamo lavorare sul nostro stesso controllo ».
Scarlett pensò che non avesse affatto tutti i torti, ma non riusciva a farsi piacere l'idea della Legilimanzia applicata su di lei. Avrebbe volentieri evitato quell'esperienza, ma non poteva fare altro che lavorare sodo e cercare di prendere in pugno tutto l'autocontrollo che possedeva per utilizzarlo al meglio.
« Iniziamo con me, se vuoi » suggerì Sirius, il tono rassicurante.
« Sì... ti ringrazio » rispose lei, annuendo con un lieve sorriso sulle labbra.
Agguantò la bacchetta e agì solo quando fu sicura che fosse pronto. Al suo cenno, gli puntò contro la bacchetta e disse forte e chiaro: « Legilimens! »
Gli parve che gli occhi di Sirius si dilatassero, avvolgendo tutto intorno a lei, anche se stessa, ma la sensazione svanì quasi immediatamente e la stanza tornò a prendere forma. Lui non pareva stordito, ma semplicemente curioso.
« Ah, bella Banks, spiacente » disse, ridendo, « ma con me non sarà facile, ti avverto ».
Lei lo fulminò con uno sguardo, ma rise. « Sempre il solito arrogante, eh, Black? » fece di rimando. « Vuoi la sfida anche qui? »
« Con te, sempre » rispose lui prontamente.
Scarlett lo scrutò serrando gli occhi, ma sorrideva. « La vedremo... sei pronto? »
Sirius annuì con un sorriso canzonatorio e le fece cenno di proseguire.
« Legilimens! » disse di nuovo lei, ma ancora non accadde nulla di significativo.
« Niente da fare, tesoro » mormorò lui, scrollando le spalle.
« Non chiamarmi tesoro » lo riprese subito lei. « E piantala, mi distrai ».
« Ah, sì? » Un ghigno si dipinse sulle sue labbra disegnate. « Buono a sapersi ».
Scarlett a quel punto, per ripicca, lo prese di sorpresa, lanciando l'incantesimo senza avvisarlo, e per un attimo le parve di affondare nei suoi occhi, ma di nuovo tutto cessò presto.
« Giochi sporco, Banks » la rimproverò Sirius, sorridendo arrogante.
« Come fai sempre tu » ribattè lei, rivolgendogli una smorfia. « Voglio proprio vedere cosa sei capace di fare. Su, provaci con me ».
« Lo faccio sempre » fu la pronta risposta. 
Ignorò i suoi borbottii contrariati e le chiese: « Sei pronta? »
La vide guardare fisso il pavimento qualche istante, poi annuì. L'incantesimo la colpì qualche istante dopo e la stanza tremolò di fronte ai suoi occhi, fino a scomparire per cedere il posto a delle immagini sfuocate. Di fronte all'incertezza dell'incanto, Scarlett raccolse tutta la concentrazione e riuscì a far fallire il tentativo di Sirius.
« Peccato » disse lei. « Il signor Sirius Black non ha avuto molta più fortuna di me, mi pare ».
Sirius sogghignò, scuotendo piano il capo.
« Era solo il mio primo tentativo » puntualizzò, facendo scorrere la bacchetta tra le mani. « Sai che quando voglio faccio sempre... centro ».
Scarlett non disse niente, ma lo sfidò con lo sguardo, altezzosa e fiera. Meglio non prendersi la briga di ribattere alle sue stupide battutine prive di senso.
« Provaci ancora, magari ci riesci, Black » rispose infine, un sopracciglio inarcato.
Lui sollevò la bacchetta e, al suo solito cenno, ripetè l'incantesimo. Questa volta, però, parve funzionare. L'aula si dissolse agli occhi di Scarlett e le immagini di alcuni ricordi apparirono più vivide che mai nella mente.
Era una bambina... su un parquet lucido e splendente, danzava con addosso un tutù bianco e stirato... 
Ora aveva undici anni, era l'alba... stava seduta insieme a James sullo zerbino alla porta d'ingresso, aspettando trepidante la lettera da Hogwarts... 
La scena mutò e adesso volava a una rapidità sensazionale sulla sua Freccia d'Argento, rincorrendo il Boccino d'Oro, strappandolo dopo un attimo proprio a pochi millimetri dalle dita tese di Dorcas Meadowes... l'urlo di gioia e poi la discesa in picchiata, verso i compagni, per festeggiare la vittoria dell Coppa...
Il contatto si interruppe e la stanza tornò pian piano a focalizzarsi. Scarlett barcollò e serrò gli occhi di scatto, appoggiandosi a un banco dietro di lei proprio mentre Sirius la raggiungeva e le poggiava una mano sulla spalla.
« Ehi » mormorò, sorreggendola. « Stai bene? Riesci a vedere? »
Lei riaprì gli occhi, la mente affaticata, il corpo fragile, e annuì debolmente.
« Sì... » disse con voce fioca. « Scusa... ma questa cosa mi fa male da morire alla testa, mi dispiace... »
Lui scosse il capo più volte e la tenne stretta per tutte e due le braccia mentre si rimetteva diritta.
« Vuoi che smettiamo? » domandò, scrutandola con attenzione. « Dovresti dire a Dixon che questa roba ti fa star male, capirebbe, ne sono sicuro, e... »
« No » lo interruppe lei, rassicurandolo con un lieve sorriso. « Va tutto bene, sul serio, è solo un momento di... sbandamento, ecco. Va tutto alla grande ».
Sirius la fissò a lungo, per nulla convinto, ma alla fine allentò la presa e la lasciò andare, facendo qualche passo indietro.
« Possiamo aspettare solo un minuto prima di rifarlo? » mormorò lei, mettendosi seduta sul banco.
« Ma certo » rispose lui, avvicinandosi per sederle accanto e sorriderle.
Cadde il silenzio, infranto solo dal banco che cigolava quando Scarlett si spostava un po' più indietro. Sirius, dopo un po', decise di rompere il ghiaccio.
« Ballavi quand'eri bambina? » le chiese, osservandola di sottecchi.
Lei annuì con un sorriso, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 
« Ho ballato fino a undici anni » disse. « Poi ho smesso, quando ho iniziato a frequentare Hogwarts ».
« Però ti piace ancora adesso, scommetto » proseguì Sirius, mettendosi più comodo sul banco senza smettere di scrutarla.
Scarlett annuì nuovamente e con maggior vigore.
« Non ha mai smesso di piacermi, in realtà » mormorò, sovrappensiero. « Ballare mi faceva sentire bene, ma non era il mio sogno, per questo non è stato drammatico dover lasciare la danza... mi manca, certo, ma non credo questi siano tempi adatti per trascorrere del tempo a ballare ».
Per un attimo rimase a fissare il vuoto e quando tornò a guardarlo notò che la stava fissando con una strana espressione.
« Cosa c'è? » gli domandò, incuriosita e, come potè notare da sé, anche vagamente imbarazzata.
Lui si affrettò a scrollare le spalle, sorridendo appena, pensieroso.
« Nulla » rispose. « Pensavo solo che il tutù ti stava bene, bella Banks » e rise sottovoce, dolcemente. « Mi sarebbe piaciuto vederti ballare » aggiunse infine.
Era serio, adesso, e sincero. Scarlett non seppe bene cosa dire, ma tentò un sorriso, che lui ricambiò ampiamente. I rari e luminosi sorrisi di Sirius erano vere schegge di luce da tenere ben focalizzate nella mente.
« Per fortuna spazi molto e posso vederti svolazzare sul campo di Quidditch » riprese poi, divertito. « Ottima presa, l'anno scorso... Dorcas mi ha fatto impazzire quel giorno, non sai quanto ti ha odiata per averle rubato il Boccino da sotto il naso! Cavoli, per fortuna dopo un po' sono riuscito a liberarmene, non voleva capire che io ero... beh, felice per la vittoria! Insomma, voleva forse che diventassi un Corvonero per lei? Mi ha praticamente rovinato la festa ».
« Oh, giusto, in quel periodo era la tua ragazza » fece lei, un tono a metà tra il canzonatorio e lo scocciato. « Tra tutte quelle hai avuto, o che si dice che tu abbia avuto » e qui Sirius rise, « sicuramente una delle migliori. Mi complimento di cuore con te, Black. Peccato tra di voi sia finita ».
« Beh » fece lui, senza perdere quel sorriso che Scarlett non trovava più tanto irritante, « diciamo che ho puntato gli occhi altrove ».
Lei lo fissò, interdetta.
« Ma proprio altrove... su una ragazza che, a quanto sembra, con lei non vorrebbe proprio averci nulla a che fare... » continuò lui, divertito dal fatto che lei non avesse ancora capito. « Capelli scuri e luminosi, occhi brillanti... sorriso attraente, fisico mozzafiato... passa dalla danza al Quidditch con una naturalezza disarmante, sorride dolcemente e poi ti molla un ceffone in piena Sala Grande... enigmatica, affascinante, astuta e dannatamente bella... ti ricorda qualcuno, Banks? »
Scarlett spalancò gli occhi, boccheggiando, indecisa su cosa fare, se scoppiare a ridere, tirargli un pugno sul braccio o arrossire come aveva già inevitabilmente fatto.
Maledetto, maledetto, maledettissimo Black. Come diamine faceva a farla avvampare?
« Sei un idiota » borbottò alla fine, scuotendo stentatamente il capo.
« Per fortuna, bella Banks, altrimenti non ti avrei mai detto nulla di tutto questo » replicò, sorridendo di fronte alla sua reazione inaspettata.
« Che vorresti dire? » gli domandò. Odiava non riuscire a capire quando scherzava e quando invece faceva sul serio.
« Ah, i significati reconditi devi coglierli da sola, tesoro » fu la criptica risposta, prima che scivolasse giù dal banco e si allontanasse di qualche passo.
« Allora » disse. « Te la senti di ricominciare? »
Scarlett lo fissò, sbigottita. Avrebbe voluto cancellargli quel sorrisetto prepotente dalla faccia, ma allo stesso tempo lo trovava irresistibile.
« Certo » rispose infine, saltando giù dal banco. Cercò di liberare la mente da ogni pensiero come Dixon le aveva insegnato e annuì. « Fallo. Sono pronta ».
Sirius si fece serio e le puntò contro la bacchetta, pronunciando l'incantesimo. Per la seconda volta, la stanza svanì.
Scarlett era nuovamente bambina... lei e Miley erano accovacciate sotto il tavolo della cucina, da sole, a progettare uno scherzo da mettere in atto su James... Era in Dormitorio... lei e Lily si urlavano a qualche metro di distanza... era stata la prima e l'unica volta in cui avevano litigato seriamente...
Ora, invece, si trovava ad Hogsmeade, parlava molto vicina a Matt Davies che, improvvisamente, la attirò a sé e la baciò, ottenendo risposta da lei...
L'incantesimo si interruppe bruscamente e Scarlett avvertì nuovamente le vertigini, ma quella volta fu più pronta e si poggiò più forte al banco.
Non capiva cosa fosse successo, perché non era stata lei a bloccare Sirius, ma lui a perdere il contatto visivo e mollare.
Sollevò titubante lo sguardo e lo vide fissare il pavimento, lo sguardo vagamente sperduto.
« Tutto... tutto bene, Sirius? » gli chiese, osservandolo con il capo un po' inclinato.
Lui non le rispose. Non capì il motivo, ma vederla baciare il suo ex fidanzato gli aveva provocato una tale irritazione che non riusciva a guardarla negli occhi, oltre a non averne nessuna voglia. Non sapeva spiegarsi il motivo di una sensazione tanto inaspettata e bruciante, ma l'aveva avvertita chiaramente.
« Sirius? » fece ancora lei, dubbiosa. « Parlo con te... mi ascolti? »
« Cosa? » rispose lui distrattamente. « Sì... »
« Sicuro di stare bene? » insistette Scarlett, preoccupata. « Hai interrotto tu l'incantesimo? »
Lui annuì, ancora leggermente stordito. « Ho interrotto per sbaglio il... il... come diavolo si dice? Il contatto visivo, ecco » disse infine, fissando la bacchetta per non dover guardare lei.
« Capisco » mormorò, poi fece un sospiro e incrociò le braccia al petto, infastidita.
« Non riesco a respingerti » disse, frustrata. « Potresti andare in là quanto vuoi, non ho il controllo, non... non ci riesco. Sono negata per questa cosa. E' troppo difficile per me ».
Sirius si decise a sollevare lo sguardo per puntarlo su di lei. D'un tratto, si sentì uno sciocco egoista. Era lei, in quel momento, ad aver bisogno di rassicurazioni e aiuto, di certo non lui, che aveva provato quell'inspiegabile moto di gelosia del tutto immotivato. Cancellò dalla mente quella sensazione, o almeno ci provò, e si concentrò solo su Scarlett, che pareva abbattuta e pensierosa.
« Non metterti fretta » le disse. « E' un lavoro difficilissimo, non è detto che si ci riesca neanche dopo allenamenti su allenamenti. Rilassati, sul serio ».
Ma lei non diede segni di aver compreso bene le sue parole. Era un insieme di cose a farla stare male davvero. Innanzitutto, non riuscire in qualcosa o addirittura fallire miseramente come stava facendo non era di certo un'abitudine, ma un'eccezione. Metteva sempre impegno in qualsiasi cosa facesse, ma quella volta pareva non essere sufficiente, neanche un po', perché forse era necessario davvero qualcosa di innato per riuscirci. Il fatto che Sirius, invece, riuscisse a bloccarla con una tale facilità, la metteva ancora più in crisi e in confusione. E, infine, più di ogni altra cosa, a darle fastidio era sapere che la sua mente era vulnerabile e debole, manipolabile... sapere che Sirius o chiunque altro avrebbero potuto leggervi dentro senza problemi, senza che lei potesse impedirlo in alcun modo, era questo a farla quasi rabbrividire. I suoi ricordi, i suoi segreti esposti a chiunque... non lo sopportava.
« Vuoi riprovarci tu? » le chiese lui, cercando il suo sguardo.
Lei annuì appena, scostandosi i capelli dagli occhi e si allontanò nuovamente per ritentare. 
Scagliò l'incantesimo due volte, senza ottenere risultati.
« Maledizione! » sbottò alla fine, gettando la bacchetta su uno dei banchi. « Non ci riesco! Basta, ci rinuncio, mi sono stancata! »
Sirius la osservò preoccupato.
« E' il primo allenamento che facciamo » le disse, rassicurante. « Sta' calma, c'è ancora tanto tempo per lavora-... »
« No! » esclamò lei, infuriata con se stessa. « Non ci riuscirò mai, è più forte di me! Dirò a Dixon che non sono capace... »
« E' una sciocchezza » la riprese subito lui, avvicinandosi per poggiarle una mano sul braccio. « Riposati, svuota la mente... ci proveremo un'altra volta ».
Ma Scarlett scosse con veemenza il capo, rifiutando le sue parole incoraggianti.
« La mia mente è un libro aperto per chiunque, a quanto pare » disse, amara. « Non c'è bisogno che mi sforzi più di tanto inutilmente... »
Era scossa. Chissà cosa significava per lei vedere la sua mente invasa e perlustrata. Però poteva capire la sua rabbia, la sua cocente delusione.
« Non è inutile » ribadì, facendo risalire la mano alla sua spalla, stringendola con forza. « Se ti concentri, ce la puoi fare. Davvero. Non scoraggiarti così ». Sorrise appena quando aggiunse: « Non è nel tuo stile, bella Banks ».
Ma lei non ricambiò il sorriso. Non lo guardò nemmeno, rifiutandosi ostinatamente di farlo.
« Non lo sopporto » mormorò con rabbia. Alla fine, sollevò per qualche attimo lo sguardo. « Non lo sopporto, Sirius. Non sopporto di essere così debole ».
« Tu non sei debole » la contraddisse lui, scostandole un ciuffo di capelli dagli occhi. « Non guardi in faccia nessuno quando vuoi qualcosa, saresti capace di tenere testa a chiunque e hai il controllo di te stessa, ne sono certo. Adesso sei solo agitata ».
La guidò verso la schiera di banchi, la prese leggermente per la vita e la fece sedere, così che i loro volti furono alla stessa altezza.
« Hai bisogno di sbollire un po' quello che hai dentro, credo » mormorò, tenendo le sue mani ben strette tra le proprie, « ma riuscirai a bloccare me e tutti quelli che cercheranno di invadere la tua mente, fidati ».
Una delle mani di Scarlett sfuggì alla presa di Sirius, salì a togliersi i capelli dal viso e ritornò subito su quella di lui.
« Non so perché » sussurrò, « ma più tento di resistere ai tuoi tentativi di entrare nella mia mente, più la sento andare allo sbaraglio ».
« E' naturale » mormorò lui. « Sei entrata nel pallone e hai perso il controllo. Ma adesso sta' tranquilla... rilassati... non pensare a niente, d'accordo? »
Le accarezzò il viso con le nocche e poi con i palmi delle mani affusolate e lei inclinò il capo, sollevata da quel tocco garbato, caldo e gentile.
Sirius non capì perché e non volle chiederselo, ma non tollerava di vederla in quello stato. Era abituato ad una Scarlett combattiva, orgogliosa e fiera, a uno spirito indipendente e forte, non a questo suo improvviso e violento abbattimento. Avvertiva dentro di sé un insolito eppure irrefrenabile senso di protezione nei suoi confronti, in quel momento più che mai. Il desiderio di attirarla sul suo petto e stringerla era ardente, ma lo mise a tacere.
Continuò a sfiorare la pelle delle guance, i capelli morbidi e lei alla fine trovò il coraggio di guardarlo negli occhi.
« Stai meglio? » domandò lui a bassa voce.
Lei annuì e si stupì di scoprire che la sua risposta era sincera. In effetti, si sentiva davvero molto meglio, colma di uno strano calore che non avrebbe saputo definire. Non riusciva neanche a capire bene come mai qualche sua carezza le avesse procurato quell'effetto, come mai gli avesse concesso di andare oltre... Aveva apprezzato immensamente ogni suo gesto, ogni sua parola, ma non aveva il coraggio di ringraziarlo, di dirgli che l'aveva davvero aiutata.
« Sì... credo proprio di sì » mormorò, annuendo appena.
Lui smise lentamente di carezzarle il volto e le accennò un sorriso. Per un folle momento, Scarlett provò il furioso desiderio di raccogliere le sue mani e riportarle su di sé, ma si riprese e fece finta di niente. Forse era stata la sua vicinanza a provocarle quella sensazione.
In effetti, era spaventosamente vicino... così vicino da avvertirne il respiro sul viso.
« La smettiamo qui, per oggi? » le chiese Sirius, allontanandosi. « Torniamo in Sala Comune o...? »
« No, proviamoci un'altra volta » disse con decisione lei, saltando giù dal banco.
« Sicura? » fece lui, stupito. « Lo fai tu su di me? »
Lei annuì, riprendendo la bacchetta e concentrandosi. Si sentiva più convinta, motivata. Aveva più fiducia in sé ed era pronta.
Al cenno di Sirius, lanciò l'incantesimo. Quella volta, la sensazione che le faceva credere di penetrare negli occhi di Sirius si concretizzò e affondò nel buio fino a quando vide delle immagini. I suoi ricordi. 
Era un ragazzino e fronteggiava la madre che urlava parole incomprensibili... lanciava di frequente delle occhiate al fratello minore, che però teneva lo sguardo basso e stava in un angolo... 
Ora era al Binario 9 e tre quarti, lontano dai genitori, e un bambino dai capelli corvini spettinati venne a presentarsi allegramente, senza smettere un attimo di sorridere... 
La scena mutò ancora ed era un ragazzo, si trovava nell'ufficio di Lumacorno... un ghigno stampato in viso, fronteggiava Scarlett, che ad un tratto lo tirò a sé per la cravatta e lo baciò...
L'incantesimo si ruppe nella stessa brusca maniera con cui l'aveva interrotto Sirius in precedenza.
Un silenzio attonito si propagò per l'aula e Scarlett abbassò lentamente la bacchetta, sconvolta dalla visione. Le parole di Dixon le tornarono alla mente...
Ciò che un mago può fare con questa particolare forma di magia è scovare i ricordi del suo passato, facendo emergere in particolare quelli che hanno avuto nella vittima un forte impatto emotivo... Un forte impatto emotivo...
Sirius stava impietrito e immobile, gli occhi fissi sul pavimento che non riusciva neanche a vedere. Avrebbe voluto gettarsi addosso il Mantello dell'Invisibilità di James e sparire, ma rimase lì, chiedendosi quando e come avrebbe avuto il coraggio di posare lo sguardo su Scarlett dopo quello che entrambi avevano visto. Non riusciva a credere a quello che era emerso dalla sua mente, a quel ricordo che era venuto fuori come fosse stato realmente importante, qualcosa che fosse rimasto impresso, che non lo avesse più abbandonato. Ed ebbe paura. Paura, perché non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo, paura per quello che Scarlett gli provocava, paura per quello che iniziava a provare, perché provava qualcosa e non capiva cosa...
« Forse... » mormorò lei, imbarazzata. « Forse dovremmo smettere per oggi, che ne dici? »
Lui annuì, passandosi una mano sulla nuca, il fiato corto.
« Sì... » borbottò. « Sì, è meglio smettere... Io... io vado. Ciao » e quasi schizzò fuori dall'aula.
Camminò il più velocemente possibile, ansioso di entrare in Dormitorio per stare da solo in santa pace a scervellarsi su quanto era successo. Non riusciva a togliersi dalla testa le immagini del suo bacio con Scarlett e di quello di lei con Matt Davies... tornavano ad attraversargli la mente senza tregua, il primo meraviglioso, bello da rivivere, l'altro che avrebbe volentieri fatto a meno di vedere.
Con suo gran sollievo, arrivò ben presto a varcare il buco dietro il ritratto della Signora Grassa, ritrovandosi in una Sala Comune piuttosto affollata.
Salì pesantemente la scala a chiocciola, lo sguardo basso, la testa che gli pulsava fastidiosamente come quando studiava troppo. La testa, infatti, non gli pulsava mai. Si buttò sul letto senza neanche togliersi le scarpe, chiuse di scatto le tende e fissò il buio, rincorrendo i pensieri, le idee, senza riuscire ad afferrarne una. Sentiva di voler riposare, dormire senza sognare per ore ed ore, ma desiderava anche starsene lì a rimuginare su cosa non sapeva neppure lui. Agguantò il cuscino e se lo pigiò sulla nuca, affondando il capo sul materasso morbido.
Forse lasciar fluttuare i pensieri lo avrebbe aiutato a venir a capo di una ragione per quella strana confusione. Lasciò piena libertà alla sua mente e questa, senza tanto indugiare, si focalizzò ancora su Scarlett, sul loro bacio, ma questo non riuscì ad aiutarlo a capire. Quel pensiero, infatti, fu solo capace di spaventarlo. All'improvviso si sentiva stanco, quasi insofferente e desiderava stare completamente solo, lontano da tutto, anche dai rumori. La voce di lei risuonava di tanto in tanto nella mente e lui la cacciava via, cercando la forza per riflettere con estrema freddezza, come suo solito.
Gli sembrava così difficile, in quel momento... Non aveva il controllo della situazione, pensieri e immagini sfuggivano dal suo potere, lasciandolo scoperto come detestava essere, anche con se stesso. Era Scarlett il centro di quel turbinio informe e caotico, questo era l'unico punto fermo, l'unica certezza che possedeva.
Erano successe parecchie cose strane, quel pomeriggio. Era stato protettivo con lei, quando l'aveva vista abbattuta, aveva provato il desiderio di poter fare qualcosa di più di una semplice carezza sul viso, ma forse si era già lasciato andare fin troppo. Lei, però, non aveva tentato minimamente di respingerlo.
E poi il moto di rabbia che lo aveva preso quando aveva visto il ricordo di lei e Matt... vedere le loro labbra incollate, il trasporto con cui lei aveva risposto, era stato intollerabile, e non aveva desiderato altro che interrompere quella visione e cancellarla dalla mente.
Per non parlare della grande conclusione. Non riusciva a credere che quel bacio gli fosse rimasto tanto dentro, eppure doveva ammettere che la mente correva spesso a riviverlo, nei momenti tra il sonno e la veglia, facendogli lievemente contrarre lo stomaco per chissà quale razza di motivo.
Starle vicino non lo lasciava più indifferente, cercava contatti con maggiore prudenza e non rimaneva impassibile osservando i suoi occhi da vicino, ascoltando il suo respiro irregolare, come era sempre accaduto prima. Lo aveva inevitabilmente notato, quella volta. 
E adesso si metteva a combinare scherzi a chi anche solo le chiedeva di uscire, a fissarla durante le ore di lezione e ad avvicinarsi ogni volta che poteva.
Non sapeva spiegarsi cosa diavolo gli stesse succedendo. 
Da un bel po' di tempo aveva smesso anche di interessarsi alle ragazze della sua preziosa lista. L'ultima con cui era stato si chiamava Gwen Baker. Baker. Il nome successivo, guardacaso, era Banks.
Ma la verità era che non aveva voglia di stare con nessuna, in quel periodo. La sola idea di dover stare dietro una ragazza era estremamente fastidiosa. Solo il pensiero di Scarlett non era più così lontano, surreale e assurdo. 
Avevano percorso della strada insieme, questo dimostravano i suoi sentimenti in quel momento. L'odio si era trasformato in sfida, la sfida era pian piano divenuta un'ossessione, poi l'ossessione si era arrestata, lasciando il posto allo stupore, lo stupore lo aveva incitato alla ricerca, e la ricerca era infine sbocciata in quello strano, inspiegabile senso di protezione. Scoprire Scarlett, capirla, andare a fondo con lei... era una prospettiva che non gli dispiaceva affatto e che anzi lo ammaliava. Cominciava a capirci qualcosa, adesso, di lei. Era complicata, innegabilmente. Era affascinante, innegabilmente.
Ma sentire così forte il desiderio di conoscere qualcuno lo spaventava tanto quanto lo attraeva. Non era abituato a quel tipo di sentimento e non lo aveva mai provato prima. Aveva paura di come quelle sensazioni sarebbero ancora potute mutare, di come avrebbero potuto evolversi...
Quel vortice di idee confuse e sconnesse, però, venne bruscamente interrotto dal rumore della porta del Dormitorio che si apriva. Dal rumore dei passi, riconobbe James, e si chiese se avesse voglia di mostrarsi o stare chiuso dentro quelle tende fino al mattino seguente.
« Tende sigillate, eh, Felpato? » fece la voce di James. « Cattivo segno ».
Sirius, infatti, chiudeva intorno a sé le tende di velluto rosso del suo letto a baldacchino solo per motivi un po' particolari. Se, casualmente, ospitava qualcuno, si prendeva la briga di utilizzare anche qualche incantesimo di protezione in modo tale da non essere disturbato, ma nessuno, a dire il vero, ne aveva mai molta voglia. La compagnia, però, non era l'unica motivazione delle tende tirate, perché si premurava di nascondersi bene dagli altri anche quando la testa frullava idee su idee tanto da farlo star male, esattamente come accadeva in quel momento. E James lo sapeva. Lo sapeva meglio di chiunque altro.
Non gli avrebbe detto di venire fuori e parlargli, non gli avrebbe chiesto cosa non andasse in lui, cosa lo facesse stare male, non gli avrebbe chiesto se esistesse un modo per lui di aiutarlo. Non gli avrebbe chiesto niente, James, perché non ce n'era bisogno. Ed entrambi lo sapevano. Lo sapevano bene.
Sirius riaprì lentamente le tende, per poi stendersi nuovamente sul letto a pancia in su, fissando il soffitto.
James si sistemò a terra, la testa poggiata al suo comodino, le gambe lunghe incrociate all'altezza dei polpacci.
« Qualcosa mi dice che si tratta di Scarlett » esordì, sorridendo leggermente. « Il mio infallibile fiuto da futuro Auror si sbaglia? »
Sirius non rispose subito, pensieroso. « No » fece poi in tono piuttosto piatto. « Il tuo fiuto animale non sbaglia ».
Tacque qualche momento, cercando di capire da dove cominciare. Non voleva parlare troppo di cose che non riusciva a capire nemmeno lui.
« Oggi... è successo qualcosa di strano » cominciò a dire, dubbioso. « Più di qualcosa, in realtà »
James si voltò a guardarlo, interessato.
« Scarlett è stata male » raccontò Sirius. « Questa roba le fa saltare i nervi. Non sopporta, credo, che la sua mente venga invasa e perlustrata. Io riuscivo a entrare nella sua, ma lei no e alla fine... beh, si è innervosita e... era davvero giù. Non l'avevo mai vista così ». 
James lo ascoltò con attenzione, capendo perfettamente di cosa stesse parlando.
« Ero sicuro che questo esercizio avrebbe dato parecchio fastidio a Scarlett » disse, annuendo tra sé. Sirius si voltò verso di lui, cercando di capire il perché di quel malessere così evidente, visto che sicuramente James conosceva molte cose di lei che lui non sapeva.
« Lei... lei ha molta difficoltà ad aprirsi con le persone » iniziò, pensieroso. « Ha sempre paura che la gente la prenda in giro e non si fida di nessuno, a parte me, le ragazze e Miley, e spesso anche noi facciamo fatica ad aiutarla quando ha un problema, perché non parla. Crea delle barriere tra sé e gli altri, e pensare che qualcuno possa infrangerle senza il suo permesso la spaventa, credo ».
Si voltò a guardare Sirius, che lo stava ascoltando serio.
« Da questo punto di vista siete molto simili, Sirius » osservò James, e a quelle parole l'amico abbassò lo sguardo. « E sono convinto che abbia avuto parecchia paura a mostrarsi proprio a te ».
« Perché? » domandò subito l'altro, corrucciato.
James non rispose subito. Immaginava il motivo, ne era abbastanza sicuro in effetti, ma non poteva parlare chiaramente. « Io credo... » rispose, titubante, « credo che ti ritenga una persona di cui non potersi fidare... più di altri, ecco ».
Sirius rimase qualche secondo immobile, poi annuì lentamente più volte, in silenzio. 
« Comunque, credo che il problema non sia solo il malessere di Scarlett » riprese poi James. « Il problema, se di questo si tratta, è dentro di te, Sirius ».
Lui a quel punto sospirò pesantemente, facendosi ricadere con pesantezza di nuovo disteso sul letto.
« Non so che mi succede » farfugliò indistintamente, controvoglia. « Non te lo so spiegare... Mi sento... mi sento come quando ci siamo presi quella sbronza colossale il Capodanno scorso ».
James si lasciò andare a una breve risata fragorosa. Strano paragone, in perfetto stile Sirius, ma aveva capito benissimo quello che intendeva dire.
Non aveva bisogno che scendesse nei particolari, anche perché aveva la certezza che non lo avrebbe mai fatto, conoscendolo meglio delle sue tasche come di fatto lo conosceva. Aveva capito tutto molto più di lui, che non riusciva a spiegarsi quei sentimenti ingarbugliati e sconosciuti, ma non lo avrebbe aiutato a scoprirli. Sirius doveva comprendere se stesso e le sue emozioni da solo, fino a quando non si sarebbe sentito pronto ad accettarle.
Gli faceva uno strano effetto stare lì in sua compagnia a discutere seriamente - anche se in un modo alquanto vago e indefinito - di quello che provava per una ragazza, e ancor più assurdo era pensare che la ragazza in questione era Scarlett Banks. Neanche Sirius, in realtà, riusciva a spiegarsi perché lei. 
Lei, la ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa che aveva sempre detestato eppure, lo sapeva bene, anche ammirato. La Banks, sì. Proprio la Banks.
« Chi l'avrebbe mai detto, eh, Felpato? » fece James, sorridendo. « Proprio Scarlett, poi... »
« Scarlett cosa? » saltò su Sirius sulla difensiva, rialzandosi così di botto da far cigolare il materasso. « Di che diamine stai parlando? »
Lui trattenne un sorriso compiaciuto e lo fissò con espressione innocente e serena, scrollando le spalle.
« Non agitarti tanto, non ho detto niente » rispose, e lo vide quasi sgonfiarsi lentamente. « Piuttosto... da quando la Banks è diventata Scarlett? »
Il volto dell'amico parve leggermente impallidire, ma non diede ulteriori segni di sconvolgimento. Non si era minimamente accorto del cambiamento.
« E' uguale » borbottò, rituffandosi mollemente tra i cuscini. « Se ti dispiace, posso chiamarla Banks, non... »
« Oh, no » si affrettò a interromperlo James, scuotendo il capo. « Dico solo... beh, varrà sicuramente di più di... che ne so, una Lexie Lexie, no? »
Sirius inizialmente non rispose e sospirò sottovoce.
« Beh... » riprese, ridendo e distendendo le braccia dietro la testa. « Lexie Lexie, però, rimane indimenticabile ».
Anche James scoppiò a ridere, scagliandogli addosso un cuscino che lo colpì in piena faccia.
« Sirius, ti ricordi quando ti ho detto che un giorno ti saresti fottuto il cervello per una ragazza? » gli chiese poi, voltandosi a guardarlo.
« Sì » rispose lui, le sopracciglia inarcate.
« E ti ricordi quando mi hai detto che Scarlett sarebbe stata l'ultima persona al mondo per la quale te lo saresti fottuto? » proseguì James, sorridendo.
Sirius ripetè il cenno del capo, curioso di scoprire dove diavolo volesse andare a parare con tutte quelle domande.
« E ti ricordi che io ti ho detto che delle tue parole non mi fidavo per niente? » concluse l'altro in tono cantilenante, allargando il sorriso quando lo vide annuire di nuovo. 
« Bene » sentenziò, « perché oggi ci tenevo proprio a confermare quello che ti avevo detto ».
 
 
*  *  *
 
 
Era trascorsa solo una settimana da quel giorno, e Scarlett e Sirius non si erano più incontrati per allenarsi. Anzi, per essere maggiormente precisi, non si erano neanche rivolti la parola. Quel giorno, però, a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, Dixon avrebbe controllato i progressi di alcune coppie scelte a caso, non per valutare o metterli alla prova, ma esclusivamente per osservare il lavoro compiuto e il livello raggiunto da alcuni di loro.
Entrò in classe rivolgendo un ampio sorriso a tutti, come faceva ogni volta, e poggiò la valigetta sulla cattedra.
« Niente da fare, continuate a sembrare dei cadaveri in putrefazione » scherzò, osservando i loro volti affaticati. « Noi professori stiamo consumando un'intera generazione di ruggenti giovani dallo spirito combattivo... ah, ma ce ne pentiremo quando il mondo sarà in mano a un branco di mollaccioni... »
In molti risero, ma alcuni - tra cui Alan - che detestavano e repellevano l'intera categoria degli insegnanti senza distinzione, rimasero corrucciati e cupi.
« Le occhiaie ce le abbiamo fin sotto le scarpe, con tutto questo sgobbare » si lagnò il ragazzo, le braccia incrociate e l'aria ribelle. Non che lui trascorresse la sua vita dietro a quisquilie come lo studio, no di certo, ma lo rendeva stanco anche solo venire a sapere del carico di lavoro che veniva loro assegnato.
« Sì, Alan, tu mi sembri uno tra i più meritevoli di riposo, qui » convenne ironicamente l'insegnante. « Su, facciamo sparire sedie e banchi, ci serve spazio come alle scorse lezioni, e tu, Alan, sarai il primo. Chi è il tuo compagno? »
Camilla Hughes sollevò timidamente il braccio e sorrise senza un vero motivo, avvicinandosi ad Alan con aria estasiata. Lui le rivolse un cenno poco felice.
La loro prestazione non fu delle migliori, ma dopo numerosi tentativi, la ragazza riuscì a bloccare l'incantesimo di Alan.
L'insegnante chiamò qualcun altro a caso e fu il turno delle due amiche ridacchianti, che non riuscirono a mantenere il contatto visivo neanche una volta.
In seguito a Mary e Peter, che ebbero qualche difficoltà con la potenza dell'incantesimo, fu il turno di Scarlett e Sirius.
Il ragazzo le lanciò un'occhiata titubante e annuì con fare incoraggiante quando incrociò il suo sguardo impaurito.
« Vai, Scarlett, comincia tu » disse il professore con un sorriso.
Lei deglutì e puntò la bacchetta verso Sirius, cercando i suoi occhi di ghiaccio, più morbidi del solito mentre la guardavano.
« Legilimens » disse con chiarezza, e la solita sensazione che le faceva sembrare di immergersi dentro di lui la avvolse, abbandonandola un attimo dopo.
« Ottimo, Sirius » si complimentò l'insegnante. « E tu, tranquilla, Scarlett, riprovaci ».
Annuì, incapace di fare altro e tentò ancora, tornando a fallire. Un'altra volta, e fallì di nuovo. 
Avrebbe volentieri mollato tutto per andare via, ma non poteva farlo.
« Riprova, su, concentrati » la esortò Dixon, incoraggiante. « Non perdere la determinazione, d'accordo? »
Lei non si prese nemmeno la briga di annuire e ritentò senza troppa convinzione. Sollevò nuovamente la bacchetta, sibilando stancamente l'incantesimo, ma lui la respinse e l'immagine della stanza intorno a loro non tremolò neanche. Si sentiva stremata, come se avesse corso per chilometri, e non aveva fatto nulla.
« Non scoraggiarti, Scarlett » la rassicurò l'insegnante, sorridendo appena. « Quando ti sarai esercitata di più e avrai assunto padronanza e controllo maggiori, andrà sicuramente meglio. Non preoccuparti. Te la senti di far tentare Sirius su di te? »
Sospirò, stringendo convulsamente l'impugnatura della bacchetta intagliata. Non poteva assolutamente rifiutarsi, così annuì appena, senza fiatare.
Vide Sirius scrutarla a lungo e attentamente, prima che sollevasse la bacchetta e pronunciasse sottovoce l'incantesimo.
Le immagini intorno a lei si dissolsero in un attimo, lasciando il posto ai ricordi confusi che aleggiavano nitidi di fronte ai suoi occhi e, lo sapeva bene, anche davanti a quelli di Sirius.
Era una bambina e piangeva a dirotto nella sua camera, stringendo con una forza inaudita le lenzuola... aveva appena perso suo nonno... Richard teneva strette a sé lei e Miley... era appena ritornato da un viaggio lungo un mese...
Sirius le si avvicinava, augurandole la buonanotte per poi far scorrere le labbra sulla guancia e scoccarle un rapido bacio...
Guardava da dietro un muro di pietra... Matt Davies stava baciando una ragazza dai lunghi capelli biondo cenere, tenendole una mano sulla schiena...
L'immagine si distolse di botto e si ritrovò inginocchiata a terra, la testa che pulsava dolorosamente. Gli parve di essere rimasta lì per ore, sotto lo sguardo di tutti i suoi compagni, quando alla fine si alzò, tenendo chino il capo e stretti i pugni lungo i fianchi.
« Mi scusi... » borbottò con voce spezzata, per poi affrettarsi verso la porta dell'aula, spingendola con violenza.
Non riusciva a crederci. Non riusciva a credere di aver rivissuto quella scena, di nuovo. Non riusciva a credere di averla mostrata anche a Sirius, di avergli concesso un altro granello di lei e di quel che aveva passato... Si sentiva a pezzi, e si accorse delle sue lacrime solo quando il viso ne era già stato sommerso.
Non capiva perché le risultasse così difficile chiudere la mente, quando mascherare i sentimenti e le emozioni le era sempre parso naturale, ma non era in grado di reggere quei continui ed incessanti tentativi di penetrarla e si sentiva debole come forse mai si era sentita prima.
Non possedeva più nulla di totalmente suo, tutto era stato condiviso contro il suo volere e non le apparteneva più completamente. Il potere su se stessa era svanito e non aveva più la facoltà di esercitarlo. Semplicemente puntando la bacchetta, chiunque poteva leggere dentro di lei ogni singolo ricordo, qualsiasi segreto, senza alcun limite. Senza che lei, comunque, potesse imporlo. Non aveva armi per difendersi, era nuda e spoglia di ogni velo, la sensazione che aveva sempre detestato più di ogni altra. E si sentiva così dalla prima volta in cui avevano tentato quel maledetto Incanto, ma adesso era arrivata al punto di rottura, perché il ricordo che l'aveva perseguitata per mesi era tornato a vivere più nitidamente che mai, bruciante.
Il tradimento di Matt, la delusione, la rabbia cocente e il senso di solitudine e smarrimento angosciante che aveva provato sulla sua pelle, eccoli giungere di nuovo, logoranti, ardenti e odiosamente intensi. Le lacrime che scavavano il suo viso avevano lo stesso sapore di quelle che aveva già versato.
Le asciugò con foga, ma tornarono a bagnarle le guance, e le lasciò correre, arrendevole. Scivolando sul pavimento, si augurò che di lì non passasse neanche un fantasma. Non aveva voglia di vedere nessuno e sentiva di aver paura di chiunque, come se tutti potessero farle del male senza sforzo.
Non seppe spiegare il sentimento che le invase il petto quando, sollevando il capo, trovò inaspettatamente Sirius in piedi di fronte a lei. Ebbe semplicemente la certezza improvvisa che non lo avrebbe cacciato via, che non ne avrebbe avuto la forza.
Lui si sedette al suo fianco, senza una parola, poggiando il capo al muro di pietra fredda. Il pavimento era gelido come l'aria di Dicembre intorno a loro.
Non dissero nulla. Per molti minuti rimasero semplicemente lì, in silenzio, lei a piangere, lui a fissare il soffisso tentando di tenere a bada l'incontrollabile impulso di avvicinarsi e toccarla, di stringerla a sé e pregarla di smetterla, di non pensarci più. Avrebbe desiderato con tutto se stesso agire in qualche modo, ma non aveva idea di cosa potesse darle fastidio e cosa invece sollievo. Poteva leggere nella sua mente con la bacchetta in mano e pronunciando quello stupido incantesimo, ma guardarle dentro senza quelle armi era impossibile per lui.
« Perché non te ne vai? » domandò lei alla fine, la voce tremula e spezzata dal pianto. Non lo disse con cattiveria. Voleva semplicemente capire.
Lui per un po' non rispose e mosse le ginocchia verso il petto, senza guardarla.
« Vorrei vederti smettere di piangere, prima » disse. « E poi sento che tu non vuoi che vada via ».
Lei fece un mezzo sbuffo e guardò altrove, passandosi una manica del maglioncino sulle guance umide.
« Cominci a sapere troppe cose di me » ribattè, piuttosto dura. « Ti sentirai in vantaggio adesso... Dieci punti per Sirius Black che conosce ogni segreto della sua avversaria e può attraversare la sua mente quando e quanto vuole! Ma che meraviglia, che... »
« Io non sono il tuo avversario » la interruppe lui con forza, poggiando una mano sulla sua. « Ti voglio solo aiutare ».
Scarlett serrò le labbra e non disse niente. Il calore che emanava la sua pelle era incredibile, lo avvertiva intensamente.
« Perché devi sempre vedere tutti come tuoi nemici? » proseguì lui con la sua solita veemenza, inarrestabile. 
Lei non si era aspettata una frase del genere, e abbassò lo sguardo. « Se lo faccio, ho i miei buoni motivi » rispose secca, tirando su col naso.
Sirius notò con profondo dispiacere l'amarezza con cui gli aveva risposto, e questo lo fece inspiegabilmente arrabbiare. Dopo quello che aveva visto, il legame tra quel ricordo e la sua attuale durezza gli parve fin troppo semplice. E lo trovò profondamente ingiusto. Sapeva benissimo di non essere nella posizione di potersi esprimere in quella situazione, sia perché per Scarlett lui non rappresentava niente di importante, sia perché non era la persona più adatta per affrontare un discorso del genere, ma non ebbe la forza di trattenersi e decise di parlare.
« Solo perché quello stronzo di Matt Davies ti ha trattata uno schifo, non significa che-... ».
« Non parlarmi di... » lo bloccò subito lei, sibilando.
« Vuoi che faccia finta di non aver visto? » la interruppe a sua volta lui, la voce che si alzava di tono. « Beh, ho visto, invece, mi dispiace! Ho visto e ho capito. Ho capito che se sei diventata così dura, scontrosa e diffidente nei confronti di tutti, è a causa di quel bastardo, e ti capisco. Ma stai sbagliando ».
Improvvisamente, lei desiderò che andasse via. Sentirsi giudicata, sentirsi compatita... era l'ultima cosa che voleva, e detestava che fosse proprio lui a tentare di capirla, quando invece non aveva capito nulla. Non aveva nessun diritto di parlarle come se la conoscesse a fondo, perché non era così. Non lo era affatto.
« Proprio tu vuoi metterti a fare il maestro di vita con me? » replicò, furiosa. « Proprio tu? Sentiamo, pensi davvero di essere diverso da lui? Quando mai ti è importato che una delle tue ragazze soffrisse mentre l'hai piantata? Ti è mai interessato qualcosa di quello che potessero provare loro mentre già stavi con un'altra e neanche le degnavi di uno sguardo? Sai che c'è? Tu pensi a dispensare consigli a destra e a manca, pensi di essere sempre nel giusto, ma sbagli, sbagli di continuo e non t'importa di continuare a sbagliare. E poi sei l'ultima persona che può venirmi a fare un discorso del genere, e lo sai »
Lui per un attimo rimase a fissarla, le labbra serrate in una linea sottile. Non voleva credere che le sue parole fossero vere. Era venuto sin lì per aiutarla e tenderle la mano, per tentare di approcciarsi a lei in maniera diversa, ma aveva fallito. Stavano finendo per litigare, ancora.
« Così è questo che pensi » mormorò infine, calmo come in realtà non si sentiva per niente. « Pensi che io sia come lui ».
« Certo che lo penso » confermò lei con durezza. Non le importava di essere crudele. « A te non importa di ferire la gente ».
E Sirius non potè che subire nuovamente il colpo, come uno schiaffo in pieno volto.
« Non ho mai ferito le persone a cui tenevo davvero » disse. « Non se ho potuto evitarlo, comunque ».
« Tu non sai cosa si prova a stare dall'altra parte della barricata, è questo il punto » fece ancora lei. « Tu non sai niente »
A quel punto, Sirius tornò ad infiammarsi. Se prima era stato lui a parlare magari senza conoscerla così a fondo, adesso era lei che stava sputando sentenze troppo superficialmente, sicuramente per rabbia, ma di fatto stava commettendo il suo stesso sbaglio.
« Che cos'è che non so? » le domandò, irato. « Cosa si prova a perdere una persona a cui tieni per un suo errore? A lasciarla andare perché capisci che non merita la tua fiducia, anche se la ami? E tu come fai a sapere che non lo so? Tu non conosci me tanto quanto io non conosco te ».
« Allora forse non dovremmo più parlare di noi! » sbottò lei, tentando di nascondere il turbamento che quelle parole avevano suscitato in lei. Forse non poteva avere l'egoismo di pensare che fosse stata l'unica a soffrire. Forse, sicuramente, non era l'unica a possedere dei segreti.
« Oh, bene! » ribattè lui di rimando. « Ti ho già detto che ero venuto qui per aiutarti, ma a te di questo non interessa, perché io non potrei mai capire quello che provi, giusto? Beh, non è così! So bene che cose come quella che è capitata a te ti cambiano e ti rendono diverso, so bene che ti fanno chiudere di fronte a tutti, che è un meccanismo di difesa o non so che altro! Ma è proprio perché so cosa significa che non voglio vederti fare la stessa cosa! Se tu aprissi gli occhi un po' di più, lo capiresti! »
Respirò a fondo, cercando di calmare quella rabbia incontrollata che di certo, però, non era rivolta a lei.
« Credo di poterti essere vicino più di chiunque altro in questo momento » mormorò infine, il tono pacato, « ma tu ti chiudi di fronte a me ».
Scarlett riabbassò di scatto lo sguardo, la bocca vuota di qualsiasi parola, la mente priva di risposte, perché di fatto non ne esistevano. Non riusciva a comprendere Sirius, non capiva cosa volesse da lei, non sapeva se credergli o lasciarsi scivolare addosso tutto il suo discorso all'apparenza sentito. Mentre lui, lui era lì a un passo, indeciso su cosa fare, certo che le sue parole non l'avessero minimamente toccata. Protese una mano verso il suo volto e lo sfiorò delicatamente con le nocche, trovandolo ancora umido delle lacrime gettate. E fu una carezza così piena d'affetto che la fece fremere di una strana emozione.
« Nessuno vuole farti del male » le sussurrò, senza smettere di misurare la sua pelle con le dita. « E puoi fidarti di me ».
Scarlett pensò che non sarebbe stato facile come forse credeva lui, ma si sentiva più propensa a credergli, a fidarsi delle sue parole. Non glielo disse, naturalmente, e si sentì sollevata quando dopo un po' lo squillo della campanella la fece quasi trasalire. Si alzò in fretta, desiderosa di tornare in Dormitorio il più velocemente possibile così da non essere vista da nessuno e, per la prima volta dopo parecchi minuti, tornò a guardare Sirius, in piedi di fronte a lei.
Nonostante avessero avuto l'ennesimo scontro, nonostante si fossero nuovamente urlati contro e detti cose che forse neanche pensavano realmente, in qualche modo quello sfogo l'aveva aiutata parecchio. A quanto pareva, forse quel modo violento e rude di approcciarsi l'uno all'altra era l'unico che riusciva ad avvicinarli davvero.
« Grazie » fu solo capace di dirgli, posandogli una mano all'altezza del petto.
Non rimase lì un attimo di più e si allontanò, diretta alle scale incantate verso la Sala Comune.
Poco dopo, quando Scarlett fu sparita dietro il corridoio, iniziarono ad uscire i ragazzi dall'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, chiacchierando concitati. Sirius, non appena vide James insieme agli altri Malandrini, si fiondò su di lui.
« James! » lo richiamò, avvicinandosi e battendogli una mano sulla spalla.
« Sirius... dov'è Scarlett? Come sta? » domandò subito lui, guardandosi intorno senza scorgerla.
« E'... è andata in Dormitorio, sta meglio adesso » rispose subito l'altro, leggermente agitato. « James, ascolta, ti devo chiedere una cosa ».
D'un tratto James si fece più serio, notando il turbamento dell'amico, e si allontanò dal resto del gruppo insieme a lui.
« Noi siamo in Sala Comune » fece Remus, dirigendosi verso la direzione opposta, in modo da lasciarli soli a parlare. 
« Sì... arriviamo » rispose James distrattamente, per poi rivolgersi nuovamente a Sirius. « Che succede? »
Il ragazzo sospirò pesantemente e si passò una mano sulla nuca.
« Poco fa, quando abbiamo fatto l'esercitazione e Scarlett non è riuscita a bloccare il mio incantesimo... ho visto delle cose » rispose lui stancamente. « Una di queste è stata che quel bastardo di Davies stava baciando un'altra ragazza di fronte a lei ».
James trattenne silenziosamente il fiato, allarmato. Ora capiva. La sua reazione di prima non poteva essere dovuta semplicemente al fatto che avesse fallito nella verifica, evidentemente doveva aver visto qualcosa di particolarmente doloroso, e questo spiegava tutto.
« Maledizione... » imprecò piano lui.
« James, voglio sapere che cosa è successo » disse subito Sirius, deciso a voler capire tutto di quella situazione, e ad iniziare a capirci qualcosa anche di lei.
James si passò una mano tra i capelli, facendo qualche passo verso la grande finestra che stava loro di fronte, e si appoggiò al muro, le mani in tasca.
« Lei e Matt si sono messi insieme a Dicembre del quinto anno » iniziò. « Sia io che le ragazze le avevamo più volte ripetuto che non era un ragazzo adatto a lei, che era troppo presuntuoso e stupido, ma lei ripeteva sempre che quando stavano insieme era diverso e sembrava molto presa. Stranamente, in realtà, lo sembrava anche lui, infatti la loro storia è durata parecchio, un anno e mezzo circa. Alla fine, però, avevano iniziato a litigare e ad andare sempre meno d'accordo, anche se continuavano a stare insieme ».
« Lui già la... » lo interruppe Sirius, nervoso.
« No » rispose all'istante James, capendo subito a cosa si riferisse. « Sai come girano i pettegolezzi ad Hogwarts, perfino quelli inventati, quindi se ci fosse stato qualcosa si sarebbe saputo. No, è stato un fulmine a ciel sereno per lei, e forse è stato ancora peggio »
Tacque un istante, poi riprese. « E' successo l'ultimo giorno di scuola, prima di andare a prendere il treno. Scarlett lo stava cercando e una ragazza, credo un'amica di quella che era con Matt in quel momento, le disse dove si trovava. Penso sapesse che cosa aveva in mente di fare l'amichetta, infatti Scarlett li trovò proprio mentre si stavano baciando e lui se ne accorse. Litigarono pesantemente, lui continuò a ripeterle che quel bacio non valeva nulla per lui, che non gli importava niente di lei e che non c'era stato niente prima, ma lei non lo ascoltò e lo lasciò subito. Quella storia non fece in tempo a girare tra gli studenti, infatti credo la sappiano in pochi, e Scarlett mi ha fatto giurare di non raccontarla a nessuno ».
Sirius abbassò lo sguardo, pensieroso.
« Ci ha sofferto molto » proseguì James. « Ci è stata molto male e questo ha contribuito a renderla ancora più diffidente e prevenuta verso tutti, più di quanto non lo fosse già. Per quanto possa sembrarti dura e forte, in realtà Scarlett è molto, molto fragile ».
Si staccò dalla parete e fece qualche passo verso Sirius, che sollevò lo sguardo.
« Era innamorata di lui? » chiese, il tono della voce piuttosto duro.
James lo guardò, serio, pensando con convinzione che la sua domanda non fosse dovuta a semplice e disinteressata curiosità.
« Io... non posso darti la certezza, ma so che teneva molto a lui, visto quanto ci ha sofferto, e credo... beh, sì, credo fosse innamorata » rispose infine, mentre Sirius riabbassava lo sguardo e avvertiva una strana sensazione dentro di sé, simile a quella di un pugno che ti colpisce allo stomaco ma che non seppe spiegarsi.
Alla fine annuì lentamente, e James gli posò una mano sulla spalla.
« Vado da lei, okay? » gli disse piano, e lui fece nuovamente cenno di sì con la testa.
L'amico gli strinse forte la spalla e poi si allontanò, lasciandolo da solo in quel corridoio ormai totalmente deserto.
Adesso capiva. Adesso sì, capiva finalmente ogni cosa. Scarlett aveva sofferto a causa di quel tradimento inaspettato, e i suoi sentimenti per Davies si erano ritorti contro di lei, danneggiandola, facendola mutare interiormente in una persona assai diversa, più dura anche con se stessa, più chiusa verso chiunque. Ed era chiaro che non desiderasse riporre in lui la minima fiducia, era chiaro che lo trovasse in qualche modo simile a Matt. D'altra parte, durante quegli anni, non le aveva mai dato modo di credere il contrario, anzi aveva soltanto incrementato il disprezzo che nutriva nei suoi confronti, comportandosi da arrogante, da insensibile, da stupido adolescente quale forse era. Qualcuno che non aveva nulla da dare, che non possedeva niente e non conosceva valori.
Chissà se era tardi, ormai, per riparare, per cercare di apparire, di essere migliore... Ma migliore per chi? arrivò a chiedersi. Perché quell'improvvisa voglia di cambiare? Non riusciva a credere che fosse davvero lei la causa di tutto.
A quanto pareva, però, Scarlett iniziava a diventare la causa di molte, molte cose nella sua vita.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, tutti? Vi state godendo l'estate?
Bene, finalmente posto questo capitolo che, in teoria, dovrebbe risollevarmi dallo scorso un po' pessimo. Bah, a voi la parola, se vi va!
Comunque, intanto mi scuso perché è davvero chilometrico, ma non ho potuto accorciarlo più di così, anzi forse gli eventi scorrono un po' frettolosamente... Fatto sta, che il prossimo capitolo tratta di tutt'altra cosa, perciò non potevo spezzarlo o ridurlo.
Come vedete, questo per Sirius è un momento importante. Comincia davvero a sentire qualcosa smuoversi dentro di sé. Scarlett gli fa uno strano effetto, adesso. Sirius prova
emozioni con lei. E anche Scarlett inizia a provarne.
Entrambi hanno tra i loro ricordi più vividi dei contatti ravvicinati: lui il bacio durante la punizione, lei il suo particolare augurio di dolce notte dopo l'uscita dall'Infermeria. Hanno un valore l'uno per l'altra adesso. Tutto cambia.
Finalmente abbiamo capito la storia di Matt Davies, la storia più vecchia del mondo, ahimè. E' per colpa di questo tradimento che adesso è così chiusa e prevenuta nei confronti di chiunque, per questo vuole stare lontana da Sirius, perché lui in effetti si comporta con tutte come Davies si è comportato con lei. Non sarebbe mai così masochista da lasciarsi andare con lui, pensandolo come un bastardo, ma noi sappiamo che Sirius è molto di più. Questo, però, l'ho ribadito parecchie volte già all'interno del capitolo, quindi la pianto.
Poi vabè, finalmente anche il lupastro apre gli occhi e si accorge che Miley, in effetti, gli piace parecchio. Lei si lascia andare sempre di più con lui, riesce ad essere se stessa fino in fondo e senza paura, ma stargli vicino le provoca ancora un certo effetto. Dopotutto, Remus le piace tanto e da un mucchio di tempo.
Beh, le mie ciarle sono finite.
Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma ci mancava il titolo e io e mia sorella mi siamo scervellate per ore. Ultimamente, l'ispirazione per i titoli è andata a farsi benedire.
Adesso vi ringrazio per le... *singulto ormai abituale*... ventisette... dico, VENTISETTE recensioni. Ventisette. Non è più come al primo capitolo. Lì era sette e basta, ora c'è un VENTI prima di quel sette e... oddio, credo che morirò dall'emozione.
Siete dei lettori meravigliosi e speciali, ormai ho un instaurato un rapporto d'affetto reale con parecchi di voi e vi voglio bene.
Grazie di cuore per le splendide parole che mi rivolgete, le tengo sempre con me.
E grazie ai 95 delle preferite, ai 22 delle ricordate e ai 135 delle seguite, siete sempre di più, grazie infinite di cuore!
E grazie a mia sorella Rossella, più di tutti, perché è unica. Punto.
Beh, non mi resta che salutarvi e mandarvi un grosso bacio. Ciao, ragazzi, vi abbraccio!


Simona_Lupin

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Capitolo 18
*** Con chi ci vai tu? ***






Capitolo 18

Con chi ci vai tu?



 
 
Era già Dicembre inoltrato quando Hogwarts fu sommersa dalla neve e gli studenti si ritrovarono in una splendente Sala Grande addobbata per il Natale.
Le lezioni stavano ormai per terminare, i Direttori delle Case stilavano liste con i nomi dei ragazzi che dovevano prendere il treno e tornare a casa per le vacanze, e per i corridoi le armature intonavano canti natalizi piuttosto lugubri, spaventando i poveri ragazzini del primo anno.
Hagrid aveva trasportato i dodici enormi abeti fino alla Sala d'Ingresso, gli insegnanti e i Prefetti si erano curati di adornarli con del ghiaccio incantato o delle candele, e tutti, indistintamente, tentavano invano di combattere il freddo, vagando per il castello con il cappuccio dei mantelli sul capo e magari dei barattoli contenenti fiammelle magiche tra le pieghe delle toghe, in modo da avere un po' di conforto.
L'aria natalizia, come sempre, si era impossessata in particolar modo di Sirius, e fu difficile per tutti non notarlo.
Una domenica mattina, infatti, fu in piedi a un'ora piuttosto insolita per i suoi standard, quando ancora anche Remus era immerso nel suo pacifico sonno. Si apprestò a svegliare tutti allegramente, annunciando che dovevano avere inizio i lavori di addobbo del loro triste Dormitorio.
« Sarà come l'anno scorso? » chiese terrorizzato James, stringendo convulsamente le mani al bordo duro del suo letto a baldacchino.
« E quello prima ancora » confermò Remus con un gemito soffocato, senza avere il coraggio di guardare nessuno.
« Non potremmo buttarlo fuori e farla finita? » suggerì Peter con una lieve nota di speranza nella voce.
Il terrore dei Malandrini era più che motivato, a dire il vero. Conoscevano bene la mania che Sirius aveva del Natale, ma negli ultimi anni, in particolar modo, era diventata irritante e decisamente malsana. Cantava a squarciagola carole famose e inni di propria composizione - spesso unendosi alle armature incantate in duetti piuttosto improbabili -, augurava buon Natale a chiunque gli passasse accanto, indossava più che spesso stupidi cappelli da Babbo Natale, pretendendo insistentemente che li mettessero anche i suoi amici e, cosa peggiore, si cimentava nell'addobbamento meticoloso del Dormitorio in cui vivevano.
« Che brutte facce che avete » commentò, osservando i loro volti pallidi. « E' Natale, su! »
« Non è Natale » lo contraddisse Remus. « A Dicembre non è ogni giorno Natale, non so se te l'hanno mai riferito ».
Sirius sbuffò, infastidito. Odiava la mancanza di spirito natalizio degli amici, ma questo non bastava a fargli passare la voglia di festeggiare allegramente.
« Su, muovete le chiappe, è tempo di addobbi » li esortò, impaziente. « E svegliate quel Paciock ».
Tirò fuori la bacchetta e iniziò a far apparire ghirlande di agrifoglio dal nulla, drappeggiando le pareti e le aste dei letti.
« Ah, guardate cosa mi ha dato Hagrid! » esclamò poi, bloccandosi di colpo tutto contento.
Si avvicinò a un angolo del Dormitorio ed estrasse un piccolo alberello spoglio di decorazioni.
« Adesso addobbiamo anche questo! » annunciò, sfoderando l'ennesimo sorriso smagliante.
E partì in quarta, spostandosi con leggerezza da una parte all'altra della piccola stanza adornando qualunque cosa potesse essere adornata.
« Astro del ciel... » cominciò a cantare dopo un po', affondando la punta della bacchetta sulla spalla di Frank, che sobbalzò e cadde come sempre dal letto con un sonoro tonfo. « ... Sirio divin... » proseguì, mettendo all'erta i compagni di stanza su una delle sue solite carole leggermente storpiate.
« Non dirmi che è un altro inno a se stesso » gemette James, le mani tra i capelli più scarmigliati che mai.
Nessuno ebbe il coraggio di rispondere, mentre il ragazzo, indisturbato, proseguiva con il verso: « Grande figo di Hogwarts... »
« Non è possibile » fece Frank, rialzandosi a fatica da terra con l'aiuto di Peter. « Vi prego, fatelo smettere ».
Ma Sirius continuò imperterrito a cantare: « Tu, che donne riempisti d'amor... »
« Oh, certo, amore vero » fece eco James, ridacchiando sotto i baffi.
« Senti chi parla » commentò Remus con franchezza, lanciandogli contro una pallina dorata che lui acchiappò al volo.
« Tu, che bicchier svuotasti di liquor... »
« Lui non beve liquore » borbottò Peter, sbigottito ma interessato al canto.
« Lui beve tutto, Codaliscia » lo corresse prontamente James. « E comunque questo verso stava un po' stretto... »
« Qualcosa dona alla Banks... » e a queste parole Sirius iniziò a ricercare chissà cosa per la stanza. « Tu, Malandrino nel cuor » concluse, intonando una nota profonda e prolungata. Peter applaudì, guadagnandosi le occhiate agghiacciate degli amici.
« Grazie, caro amico mio » disse il cantante, facendo un mezzo inchino. « Tu sì che capisci qualcosa di musica ».
Il ragazzo lo ringraziò e non esitò oltre ad aiutarlo, cimentandosi al suo fianco nell'allestimento del loro alberello di Natale piuttosto spoglio.
Sirius fece apparire dal nulla dei festoni in oro e rosso scarlatto, mentre Peter si dedicò alle palline che l'amico portava sempre nel suo baule per l'occasione.
« Guardate che cos'ho portato ancora! » esclamò all'improvviso, rovistando tra vestiti e pergamene stropicciate. Sotto gli sguardi curiosi e tesi dei compagni di stanza, estrasse teatralmente quelli che si rivelarono essere...
« Babbi Natale e renne a volontà! » annunciò, mostrando con orgoglio quella sorta di oggettini in miniatura da sistemare, secondo i suoi progetti, per tutto il Dormitorio. Alcuni di questi possedevano anche particolari talenti nascosti, come ad esempio un Babbo Natale piuttosto grasso e brutto che suonava il sax e una renna dalle corna dirompenti che cantava sguaiatamente le carole più famose tanto adorate da Sirius. Evidentemente, quell'anno aveva voluto dare il meglio di sé perché era l'ultimo che avrebbero trascorso ad Hogwarts. Il Dormitorio doveva rispecchiare il suo accentuato spirito natalizio.
« Non sono fantastici? » domandò agli amici, entusiasta. « Ramoso, tieni, questa renna è tua, siete uguali! »
James sbuffò, nascondendo una mezza risata divertita.
« Io non sono una maledetta renna » precisò, osservando con aria critica l'animale che lo fissava. « I cervi non fanno da schiavi a Babbo Natale ».
Ma l'amico non gli prestò ascolto, troppo impegnato a seminare ovunque gli omini che, aumentando nel numero, divenivano sempre più inquietanti. Tutti quegli occhi e quei sorrisetti angelici rivolti verso i letti nei quali dormivano non erano esattamente piacevoli, ma Sirius non pareva dello stesso avviso.
Trascorse così il resto della mattinata, diventando così insopportabile che alla fine, intorno alle dieci, i Malandrini e Frank lo mandarono al diavolo e scesero in Sala Grande per fare colazione, costringendolo a seguirli a ruota con i capelli ancora parecchio scompigliati che non aveva avuto il tempo di sistemare.
Alla tavolata di Grifondoro trovarono le ragazze che, pur avendo finito di mangiare, erano rimaste lì a chiacchierare allegramente tra loro.
Le salutarono e sedettero loro accanto. Sirius, naturalmente, si premurò di augurare loro un felice Natale, come tutte le mattine.
« Bacino a James » mormorò invece James a Scarlett, porgendole la guancia con un sorriso speranzoso.
Lei gli scoccò il solito bacio mattutino e lui iniziò a servirsi di uova e pancetta con la felicità dipinta sul volto.
« Quanti giorni mancano all'inizio delle vacanze? » stava domandando Mary, facendo scorrere lo sguardo sulle sue amiche.
A rispondere con prontezza, però, fu James, che, per la fretta di parlare, rischiò di strozzarsi col suo succo di zucca.
« Sei giorni, un'ora e... mmm... all'incirca dodici minuti » disse, consultando il suo orologio da polso.
« Risposta più che soddisfacente » commentò la ragazza, rivolgendogli un bel sorriso. « Grazie, Capitano ».
Lui ricambiò il sorriso ampiamente. Adorava essere apostrofato in quel modo, doveva ammetterlo.
« Secondo voi ci assegneranno dei compiti per le vacanze? » chiese invece Emmeline con aria preoccupata.
Le ragazze si esibirono in uno sbuffo corale che fece quasi sobbalzare la povera ragazza, tanto che le guardò profondamente offesa.
« Mel, per l'amor del cielo, basta con questi compiti » sospirò stancamente Lily, giocherellando con le punte dei capelli rossi. « E' Natale ».
« Piuttosto » intervenne Remus, rivolto alle ragazze, « voi che piani avete per le vacanze? »
« Già » gli fece eco Sirius, sorridendo per chissà quale motivo, « come avete intenzione di celebrare questa magnifica festa che è il Natale? » e tirò fuori apparentemente dal nulla il suo ormai ben noto cappello da Babbo Natale, ficcandoselo in testa con evidente gioia.
« Black » fece Scarlett, fissandolo con un misto di compassione e divertimento, « quando la pianterai di fare il buffone? »
« Quando Natale sarà finito, bella e dolce Banks » rispose prontamente lui, scostandosi dalla spalla la punta del cappello per poter mangiare liberamente.
Gli altri pensarono che fosse meglio lasciarlo perdere e tornarono a discutere tranquillamente tra loro.
« Io vado in vacanza con i miei genitori, ma resto in Inghilterra » stava dicendo Alice. « Frank vuole che passi da lui qualche giorno, ma io non mi avvicino a casa sua neanche per un saluto, questo è poco ma sicuro ».
« E perché? » domandò James incuriosito, spostando lo sguardo da lei al fidanzato. Fu proprio lui, difatti, a rispondergli.
« Alice ha paura di mia madre » rispose in tono piatto. « Hanno parlato per cinque minuti l'anno scorso al Binario e ne è rimasta terrorizzata ».
« Il solito esagerato... » borbottò la ragazza, minimizzando la questione. « Dico solo che a tua madre mancano solo artigli e zanne per assomigliare a un drago inferocito che vorrebbe neutralizzarmi con la sola potenza dello sguardo. Tutto qui, nulla di preoccupante ».
« Ha ragione, vecchio Frank, Augusta è proprio tosta » convenne James annuendo con vigore.
Lui si limitò a scrollare le spalle, piuttosto rassegnato. Non poteva di certo dare tutti i torti alla ragazza, visto che sua madre non era per così dire una donna dai modi amichevoli. L'anno precedente, infatti, quando si era deciso a presentarle Alice come sua fidanzata, in seguito ai convenevoli liquidati in una manciata di minuti, era passata immediatamente all'attacco, sottoponendo la povera ragazza impaurita a quello che era parso a tutti un vero e proprio terzo grado. Ovvio che lei non avesse più avuto il piacere di incontrarla, anche se Frank le aveva ripetuto fino alla sfinimento che in realtà alla madre era piaciuta parecchio e che quella sorta di interrogatorio era stato più che altro il suo modo di approcciarsi alla ragazza del suo adorato figlio.
« Comunque, io resterò a casa in compagnia della cara mammina » disse il ragazzo, sorridendo.
« Idem » fece Mary in tono piuttosto triste. Se fosse dipeso da lei, infatti, ogni vacanza sarebbe stata un'ottima occasione per andare il più lontano possibile.
« Anch'io rimarrò a casa » intervenne Lily, dedicandosi con aria annoiata a una seconda ciocca di capelli.
« E con me siamo in quattro » concluse Scarlett, lasciandosi andare a un sospiro. « E voi, invece, cosa farete? » chiese poi, rivolta ai Malandrini.
« Io passerò gran parte delle vacanze da James » rispose Remus. « I miei genitori festeggiano il venticinquesimo anniversario di matrimonio e partono ».
« Oh, che cosa meravigliosa! » esclamò Emmeline, intrecciando le mani come in preghiera. Come sempre, quella ragazza dimostrava di amare l'amore.
« Quanti? » chiese invece Sirius con voce strozzata. « Venticinque anni? Ma sei sicuro, Remus? Non ti sembrano un po' troppi? »
Lui e James si scambiarono uno sguardo esasperato, e non si presero la briga di commentare l'affermazione.
« Tu dov'è che mi hai detto che vai, Pet? » domandò invece Mary a Peter, incurvando la schiena per poterlo vedere dietro gli altri.
Il ragazzo si allarmò apparentemente senza una ragione e si voltò a guardarla, imbarazzato.
« Io... ehm... vado in Scozia, dai miei zii e torno pochi giorni prima che ricominci la scuola » rispose infine, grattandosi la nuca.
Lei annuì e gli rivolse un breve sorriso cordiale, che lui ricambiò debolmente.
La combriccola rimase a chiacchierare per un po' anche quando tutti ebbero terminato la colazione. Alice era immersa in una discussione con Lily ed Emmeline e raccontava loro di tutte le sue preoccupazioni in merito alla temibile Augusta Paciock; Remus spiegava pazientemente a Sirius che esistevano ancora nel mondo magico e non persone disposte a trascorrere una vita intera insieme, per una cosa a lui del tutto sconosciuta nota come amore; Mary, invece, parlottava allegramente con Peter sui viaggi che aveva compiuto, e lui la ascoltava sinceramente affascinato; James, infine, si era lanciato con Frank e Scarlett in un'articolata spiegazione dei nuovi schemi di gioco che avrebbero adottato in campo subito dopo le vacanze durante gli allenamenti precendenti alla partita contro Tassorosso che si sarebbe tenuta nel mese di Febbraio.
Le loro chiacchiere, però, furono interrotte dall'arrivo del professor Lumacorno, che attirò la loro attenzione con uno dei suoi soliti saluti gioviali.
« Buongiorno, giovani! » esclamò, sorridendo a tutti quanti i ragazzi, che risposero con qualche borbottio indistinto.
« Lily, ragazza mia, come stai? » disse poi l'insegnante, rivolgendosi alla sua allieva preferita. « Ti godi in santa pace la colazione della domenica? »
Lei rivolse di sottecchi un'occhiata a Scarlett, poi sorrise stiracchiata e annuì appena.
« Sì, ehm... tutto bene, professore, la ringrazio » borbottò, senza sapere bene cosa dire.
« Bene, Lily cara, bene... » farfugliò il professore, passandosi una mano sul pancione rigonfio. « Volevo approfittare dell'occasione per invitarti alla mia festa di Natale, il giorno prima dell'inizio delle vacanze. Non dovresti perdertela, c'è tanta gente che vorrei presentarti ».
La ragazza si mordicchiò il labbro, poi sorrise e annuì.
« Con piacere, signore » rispose, gentile come sempre.
« E anche voi, ragazzi » fece poi Lumacorno, battendo dei colpi sulle spalle di James e Sirius. « Se aveste voglia di fare un salto, sareste i benvenuti ».
I due, infatti, pur non rientrando nella stretta cerchia di allievi prediletti del Lumaclub, erano comunque assai apprezzati dall'insegnante, che tra l'altro, alle sue feste, allargava di parecchio gli inviti come invece non accadeva mai per le sue cenette intime, a cui partecipavano davvero in pochi.
« Certo che ne abbiamo voglia, prof! » esclamò Sirius, ridendo. « Mancheremmo mai alla festa più importante dell'anno? »
« Già, naturale » fece eco James, lanciando un'occhiata d'intesa all'amico. « Ci metteremo il vestito buono, vedrà che figurini! »
Lumacorno ridacchiò divertito, continuando a battere sulle loro spalle.
« Lo so bene, ragazzi miei, lo so bene... » disse, annuendo.
« Ma senta un po', prof » riprese poi Sirius, riflettendo. « E questi baldi giovani, qui? Questi leoni ruggenti, vogliamo lasciarli a marcire in quel buco di Dormitorio mentre noi siamo alla sua festa a spassarcela? Cosa dice in merito a tale questione, lei, signore? Guardi quante dame ci sono da accompagnare » aggiunse, facendo un cenno verso le ragazze, che sorrisero ammiccanti nella sua direzione.
« Sono d'accordo con Black, professore » intervenne Lily, il tono di voce limpido e l'aria innocente. « Guardi un po' che belle amiche che mi ritrovo. Sono le migliori del suo corso, sarebbe bello averle alla festa, non trova? »
Il professore, vagamente spiazzato, si riprese subito e annuì più volte con un sorriso.
« Ma certo, naturalmente! » rispose, pomposo. « Signorine Banks, Vance, Prewett, Macdonald... signor Lupin, signor Minus, signor Paciock... siete tutti invitati alla festa. Trovate un accompagnatore e divertitevi! » augurò loro, prima di salutarli gioioso e andare via.
James e Sirius si scambiarono un ghigno soddisfatto, rivolgendolo anche ai due amici, che sorrisero.
« E anche per quest'anno è fatta » decretò James. « E' come imbucarsi alla sua festa ed essere accolti a braccia aperte... una figata ».
Era una routine ormai assodata quella degli inviti allargati di Lumacorno. Sirius e James facevano in modo che anche gli amici venissero invitati, utilizzando con arguzia la loro faccia tosta, mentre Lily convinceva senza tanti problemi l'insegnante a far venire anche le ragazze.
« Ottima tattica, Evans, complimenti » si congratulò ancora James, sorridendo nella sua direzione. « Ti giochi l'arma sexy con il vecchio Luma, eh? »
Lily scoppiò a ridere, scuotendo il capo divertita.
« Non è che serva molto, in realtà » borbottò, scrollando le spalle. « Sotto questo punto di vista, è facilmente corruttibile... e poi io non andrei mai a una sua festa senza di loro. Merlino, mi annoierei a morte come a quelle cene stressanti e barbose! »
La festa di Natale, però, sarebbe stata tutt'altro che stressante e barbosa, e questo gli studenti di Hogwarts lo sapevano bene.
Quella stessa mattina, tutti i prescelti che dovevano essere invitati ricevettero la notizia, così che la calma piatta che regnava nel castello e la noia che albergava in tutti gli studenti furono spazzate via, cedendo il posto a un nuovo fremente entusiasmo per l'evento di quel periodo dell'anno.
Ben presto ebbe inizio per gli uomini la caccia alla dama, attività che prevedeva una buona dose di sex appeal, una vista d'aquila per individuare la preda, tempismo e scaltrezza per agire al meglio senza impedimenti e coraggio per affrontare un possibile no, che prima o poi, purtroppo, ricevevano tutti.
Le ragazze, invece, necessitavano altre qualità egualmente importanti, quali la capacità di comunicare attraverso il linguaggio del corpo, la furbizia nel far sì di trovarsi in situazioni compromettenti che inducessero il possibile partner a pronunciare le fatidiche parole che popolavano i loro sogni, la meticolosità nel prepararsi anche solo per scendere in Sala Grande per la colazione e ancora l'abilità di sbaragliare eventuali concorrenti più o meno temibili.
Tutte, infatti, si premuravano di migliorare il proprio aspetto per tentare di accalappiarsi il bersaglio prescelto, utilizzando scadenti cosmetici babbani o prodotti di bellezza magici dagli effetti sbalorditivi, per non parlare delle cascate di profumo che si spruzzavano addosso, capaci di stordire chi ne inspirava un po' più del dovuto e anche, inevitabilmente, di incrementare le allergie.
Le ragazze più agguerrite, inoltre, avevano dato vita a un commercio clandestino di filtri d'amore nel bagno di Mirtilla Malcontenta al secondo piano, sventato però dall'intervento dei Caposcuola di Corvonero che, con quel gesto, avevano praticamente mandato in fumo tutte le loro speranze di ricevere il famigerato invito.
La frase che maggiormente si udiva nei corridoi, in Biblioteca, tra le tavolate della Sala Grande e, in realtà, davvero ovunque, era solo una: con chi ci vai tu?
Ed era quella domanda cruciale a mandare in subbuglio il castello, che aveva fatto da palcoscenico agli episodi più improbabili e inimmaginabili che si potessero vedere.
Fra quelli maggiormente degni di nota, è bene ricordare quello di un ragazzo dai capelli rasta del sesto anno che aveva urlato a una povera studentessa di un anno più piccola in un affollato corridoio del terzo piano un sonoro: « VUOI VENIRE ALLA FESTA CON ME? » che aveva squarciato l'aria.
La ragazza, tramortita dalla modalità della richiesta, aveva annuito per un minuto intero, gli occhi sbarrati, forse troppo spaventata per rifiutare.
Un Tassorosso dell'ultimo anno, invece, aveva giurato con tanto di testimoni che si sarebbe appeso al Platano Picchiatore se la ragazza dei suoi sogni gli avesse detto di no. Chissà perché, il giorno dopo tutti li videro passeggiare mano nella mano, lui felice, lei molto meno.
L'episodio più eclatante, però, era forse stato quello di quel Grifondoro che aveva rincorso la sua aspirante dama per tutto il Cortile di Trasfigurazione, chiedendole insistentemente di venire alla festa con lui.
« ME LO HAI GIA' CHIESTO SEDICI VOLTE! » aveva urlato lei alla fine, stremata, rifugiandosi tra le braccia delle amiche che l'avevano stretta con fare protettivo.
Ma lui, imperterrito, si era inginocchiato di fronte a lei, ripetendo per l'ennesima volta la richiesta e facendo ridere ancor più forte tutti i presenti, tanto che la sventurata, stressata dall'intera faccenda, era scoppiata in lacrime e si era affrettata a correre via, balbettando che avrebbe denunciato il ragazzo a Silente.
Anche le amicizie più solide e durature venivano distrutte a causa della festa. Due ragazze, migliori amiche sin dall'infanzia, erano arrivate addirittura a sfidarsi a duello per contendersi uno degli scapoli più ambiti dell'intera scuola. Gli unici risultati di quella battaglia, però, erano stati un'amicizia andata in frantumi, un due di picche per entrambe e una settimana di punizione con la McGranitt che aveva posto fine a quel duello degno di Silente e Grindelwald con un incantesimo così potente che le aveva fatte quasi precipitare a terra.
Il castello, la settimana prima dell'inizio delle vacanze, pareva totalmente impazzito.
Gli unici a non avere problemi in quella situazione erano i fidanzati felici, che non avevano bisogno di inviti e cerimonie di vario genere poiché avevano l'accompagnatore assicurato. Tale tesi, però, valeva per l'intera categoria delle coppie, tranne che per una, la solita eccezione che conferma la regola, ovvero quella formata da Alice e Frank.
« Ma secondo voi Frank me lo chiederà? » si era cominciata a chiedere Alice ogni santo minuto, nervosa.
Si comportava esattamente come tutte le povere ragazze che davvero attendevano trepidanti un invito, senza riuscire a cogliere la sfumatura che la distingueva da loro. Nessuna delle amiche, infatti, era stata capace di farle comprendere che l'unico motivo per cui Frank non le aveva ancora rivolto un invito formale era che lo riteneva talmente superfluo e sciocco da sfociare nel ridicolo.
« Siete fidanzati » aveva ripetuto Emmeline pazientemente fino allo sfinimento. « Da tre anni, Alice. Perché mai dovrebbe chiedertelo? »
« Perché sì! » esclamava lei, frustrata. « Potrebbe essersi stancato di andare con me dappertutto... potrebbe essersi stancato di me! »
E a quelle parole, tutte cessavano di tentare inutilmente, così da non sprecare energie invano.
Arrivò il giorno, comunque, in cui Alice ebbe ciò che desiderava. Lily, infatti, si era così scocciata del comportamento della ragazza che aveva rivelato a Frank le sue stupide preoccupazioni. Lui non aveva esitato un attimo più del necessario, precipitandosi da lei con l'incoraggiamento di tutti i Malandrini.
« Eccola, la principessa » sussurrò Sirius quando vide Alice in Sala Comune, appostato insieme a tutti gli altri sulla scala a chiocciola.
« Vai, Frank, non dubitare » lo esortò sottovoce James, scrollandolo per le spalle. « Sii pronto a tutto, mi raccomando. E sii un figo quale sei ».
Il ragazzò annuì, febbrile, serrando gli occhi qualche secondo per appellare tutto il coraggio che aveva in corpo.
« Remus, tu sei sicuro che sia la cosa giusta da fare? » domandò al più saggio degli amici, serio e preoccupato.
Lui, con la stessa serietà, annuì con fermezza, rassicurante.
« Sì, io credo di sì » rispose, battendogli qualche pacca sulla schiena. « Andrà tutto bene. Sarai grande, fidati. Non temere e sii forte. In bocca a me, Frank ».
Sirius gli diede una spintarella, rischiando di farlo ruzzolare giù per le scale, e mentre lui si dirigeva traballante verso la meta, si avviò insieme ai Malandrini e alle ragazze su, affacciandosi dalla sorta di balconcino che, dai Dormitori, dava sulla Sala Comune circolare.
« Alice, tesoro » sentirono dire Frank, e si sporsero per ascoltare meglio e avere una visuale migliore. Una ragazzina, dirigendosi alla scalinata, li fissò interdetta, probabilmente chiedendosi cosa diavolo stessero facendo messi lì come piccioni a guardare in basso, ma Mary la cacciò senza pietà.
« Ascoltami, io... volevo chiederti una cosa » proseguì nel frattempo il cavalier Paciock, titubante.
« E se si confondesse e le chiedesse di sposarla? » borbottò concitato James, del tutto assorbito - come gli altri - dall'appassionante vicenda.
« La risposta sarebbe la stessa » rispose senza pensarci Lily, facendolo ridere. « Shh, parla Alice! » aggiunse poi.
La ragazza, difatti, si era fatta d'un tratto emozionata e pendeva dalle sue labbra, trepidante.
« Dimmi tutto, Frank » disse, facendosi più vicina e osservandolo con i grandi occhi marroni.
« Beh... » esordì lui, dimenticando la semplice formula che Remus e Sirius gli avevano ripetuto più e più volte nel caso andasse nel pallone. « Io... hai... hai saputo della festa che ha organizzato Lumacorno? Sì? Oh, bene... no, perché... insomma, mi domandavo... se non hai già qualcuno... »
« Okay, è andato » mormorò Remus, scuotendo il capo desolato.
« L'abbiamo perso » fu la triste sentenza di Scarlett.
E in effetti, era proprio così. Alice lo fissava vagamente disorientata, e lui continuava a farfugliare, finché...
« Insomma, quello che volevo chiederti è... beh, ti andrebbe di andarci insieme a me? »
D'un tratto, il sole squarciò le nuvole, invadendo la Sala Comune e illuminando il volto raggiante di Alice e quello speranzoso di Frank. Gli angeli cantarono lodi all'amore, arpe e violini risuonarono nell'aria dando vita a una sinfonia celestiale e una leggera brezza scosse qualche ciuffo di capelli sui loro visi.
Ecco, no, in realtà non andò esattamente così.
Alice diede in uno strilletto e si portò le mani alla bocca, balbettando parole sconnesse.
« Sì! » esclamò infine, gettandogli le braccia al collo e spalmandolo sul divano. « Certo, certo che sì! »
« I petali, i petali! » si affrettò a dire Sirius nel frattempo, mentre James correva a prendere un grosso sacco colmo di petali di rosa.
Il ragazzo, infatti, qualche ora prima, si era messo a far apparire dal nulla rose su rose, e Sirius, Remus e Peter si erano messi di impegno per raccoglierne i petali e riempirne un sacco intero per la coreografia della scena d'amore.
« Ragazze, a voi l'onore » disse solennemente James, porgendo loro il sacco.
Scarlett e Mary lo acciuffarono con foga e, insieme alle altre, cominciarono a farli svolazzare in gran quantità in direzione dei due piccioncini innamorati, che sollevarono lo sguardo sconvolti, individuando l'origine di quella pioggia di petali e il loro piccolo ma assai entusiasta pubblico.
« Ma che fate? » urlò Frank, rosso per l'imbarazzo visto che la Sala Comune era esplosa in un fragoroso applauso.
« Ci vuole l'atmosfera giusta! » ribattè prontamente Sirius. « Un momento del genere merita di essere celebrato! E baciatevi, su! »
« Sì! » esclamò Emmeline, sconvolgendo tutti. « Baciatevi! »
Com'era prevedibile, fu Alice a prendere l'iniziativa, serrando le sue labbra su quelle del fidanzato che le accarezzò i capelli.
« Evans! » esclamò James, voltandosi verso Lily a braccia spalancate e con un sorriso smagliante sul volto. « Baciamoci! »
« Ma che razza di bacio è? » urlò invece Sirius rivolto ai due di sotto, schifato, mentre lei cominciava a battibeccare con l'amico. « Paciock, andiamo, facci vedere quello che sai fare! »
Frank avvampò e non si mosse di un millimetro.
« Bella Banks » fece l'altro serio, rivolgendosi alla ragazza, « dovremmo dare una dimostrazione. Te la senti? » domandò, e lei scoppiò a ridere.
« Bella Banks! » si lamentò a quel punto. « Dicevo sul serio! Andiamo, su, non fare la sostenuta, è Natale e io lo so che ti piaccio da morire... »
« Oh, e va bene » disse infine Scarlett, sorridendogli dolcemente.
Tutti si voltarono così di scatto che parvero attirati dalla potenza di una calamita di dimensioni ingenti. Sirius la fissò, credendoci davvero.
« Ricordati, però, che questo bacio varrà per ora e per sempre » lo ammonì, avvicinandosi. « Vieni qui ».
Gli prese il volto tra le mani e, con tutta la naturalezza possibile, poggiò le labbra sulle su-... no. 
Con grande delusione di Sirius, le poggiò... sulla sua fronte.
« Ti è andata male, Felpato » commentò James con franchezza, mentre gli altri scoppiavano a ridere sonoramente.
Scarlett scrollò le spalle e gli lanciò un occhiolino, sorridendo.
« Black, andiamo, facci vedere quello che sai fare! » arrivò la voce di Frank, appena risalito mano nella mano con Alice.
« Come se non l'avessi fatto abbastanza in tutti questi anni » rispose quello con nonchalance.
Se per Frank e Alice, comunque, la questione "festa di Lumacorno" si era conclusa nel più idilliaco dei modi, per qualcun altro non fu proprio così.
James, infatti, dopo essere stato invitato insieme agli altri, non si attardò a dare inizio alla sua personale caccia, ovvero quella a Lily Evans.
Quello stesso pomeriggio, come primo approccio, la raggiunse all'uscita della Biblioteca e si annunciò tossicchiando, le mani intrecciate dietro la schiena.
« Buondì, signorina Evans » la salutò, chinando il capo.
« A lei, signor Potter » rispose lei, cordiale, trattenendo una risatina sommessa. Era già pronta a tutte le trovate che James avrebbe messo in atto, come ogni anno, per invitarla alla festa, e si rese conto che la cosa non la infastidiva più, anzi la divertiva parecchio.
« Vengo in vece di ambasciatore » annunciò lui, in tono ufficiale. « Ho un un messaggio per lei ».
Scarlett ed Emmeline, che erano insieme alla ragazza in quel momento, si allontanarono subito lasciandoli soli, ridacchiando e sistemandosi davanti a loro, come a volersi godere una bella commedia teatrale dalla prima fila.
« Prego, mi dica » lo incalzò lei. « Potrei sapere chi è il mittente di questo messaggio, gentilmente? »
« Oh, certo » fece subito lui. « Mi manda il nobile cavaliere Sir James Charlus Potter ».
Lily annuì più volte col capo, non riuscendo a soffocare una risata. « Ho capito » disse poi. « Vada avanti ».
« Sì » si affrettò a proseguire lui, composto. « Sir James Charlus Potter vorrebbe avere l'onore di accompagnare vostra signoria Lily Evans al gran ballo che il prode Horace Lumacorno ha indetto in data 22 dicembre 1977 alla sua corte ».
Scarlett ed Emmeline, intanto, ridevano senza ritegno in faccia ai due, ma questo non fu motivo di distrazione per James, che continuò tranquillamente la sua pantomima.
« Alla qui presente nobile contessa aggrada questo invito? » domandò infine, facendole un piccolo inchino e attendendo la sua risposta.
Lily parve riflettere a fondo sulla questione, ponderandola in ogni suo aspetto, finché, dopo qualche attimo di suspence, diede il suo verdetto.
« Riferisca a Sir James Charlus Potter che il suo invito mi ha lusingata non poco » esordì, adattandosi velocemente al suo registro linguistico, e sul volto del ragazzo parve comparire un barlume di speranza. « Ma, ahimè, devo declinarlo ».
James, a quelle parole, si afflosciò su se stesso, profondamente deluso. « Posso chiederle il perché? » domandò, continuando seppur con estrema tristezza la sua messinscena, deciso a portarla a termine fino in fondo.
« Oh, sì, certo » lo rassicurò lei, soave. « Beh, il motivo è molto semplice. Purtroppo, credo che l'invito non sia rivolto a me ».
Lui rimase disorientato e confuso dopo quell'affermazione, non capendo a cosa si riferisse, ma lei continuò.
« Vede » disse a voce più bassa, avvicinandosi a lui come a volergli fare una confidenza. « Io non sono una contessa. Il mio titolo nobiliare è quello di baronessa ».
Le due amiche, a quella frase ad effetto, scoppiarono in una risata fragorosa, colpite dalla trovata escogitata da Lily.
Lei sorrise, osservando la delusione dipinta sul volto del ragazzo, e si allontanò. « Lo ringrazi comunque e gli porga i miei ossequi ».
Prese le ragazze a braccetto e si incamminò con loro, lasciando James solo e abbattuto a riflettere su cosa avesse sbagliato quella volta.
« Sei terribile, Lily » la rimproverò Emmeline, mentre continuava a sorridere per la scena a cui aveva appena assistito.
« Già » convenne Scarlett, dandole un colpo sul braccio. « E' stata la trovata più divertente di tutte, questa qui! Come hai potuto dirgli di no? »
« Sì, beh » rispose Lily, sorridendo compiaciuta. « Devo dire che questa volta anch'io ho apprezzato il tentativo. Originale, ben costruito, niente da eccepire ».
« Ma...? » chiesero le altre due in coro.
Lei sospirò. « Ma niente! Avanti, come posso andare alla festa di Lumacorno con James Potter? E'... è ridicolo! »
Scarlett ed Emmeline sbuffarono, contrariate.
« Certo che sei proprio strana, amica mia... » disse la prima, scuotendo il capo. « Guardami negli occhi e dimmi che non vuoi andare alla festa con lui! »
Lily rise. Effettivamente, non poteva negare a se stessa che per la prima volta era stata tentata di accettare il suo invito. Ciò che realmente le aveva impedito di farlo, alla fine, era stata un po' la vergogna di dire di sì, e un po' il pensiero di quello che James avrebbe potuto pensare se effettivamente avesse accettato. Chissà quanto si sarebbe potuto montare la testa, chissà quanti castelli in aria si sarebbe fatto, e questa era l'ultima cosa che desiderava, quando ancora neanche lei riusciva a capire bene quale fosse il suo pensiero su di lui in quel momento.
« Senti » disse con fermezza. « Io... non potrei mai accettare un suo invito, ora come ora. Punto ».
Scarlett tentò di ribattere, ma Lily si affrettò a lasciar cadere l'argomento, sviandolo in una direzione molto più sicura per se stessa.
« Voi, piuttosto, con chi avete intenzione di andarci? » chiese alle due, il volto sereno.
« Io vorrei tanto che David Walker mi invitasse... » sospirò Emmeline, sognante.
« Walker? » ripetè Scarlett, voltandosi a guardarla. « Il Corvonero? Il fratello del tizio che mi ha invitato a uscire? »
« Il gemello » la corresse l'amica, annuendo. « Chissà cosa aveva sentito Alice quando ha detto che a lui piacevo... »
« Se l'ha detto Alice, puoi star certa che è vero » disse Lily con la massima sicurezza. « Ti inviterà, stai tranquilla. Dalle solo il tempo di informarsi sulle ultime indiscrezioni per la festa e già stasera avremo un quadro più chiaro della situazione » concluse, fidandosi pienamente delle capacità dell'amica di essere sempre sul pezzo in fatto di gossip. « E tu, Scar? » chiese poi alla ragazza.
« Mmm, non so » rispose lei, quasi annoiata. « Aspetto le news di Alice sui possibili pretendenti e poi vedrò... sinceramente, ci andrei benissimo anche da sola, in questo momento ».
« E se te lo chiedesse Sirius? » le domandò Emmeline. « Secondo me, ti inviterà ».
Scarlett scosse subito il capo con fermezza. « Non lo farà, ne sono sicura » disse. « E' un'occasione troppo ghiotta per rimorchiare una nuova preda e festeggiare come si deve a suo modo, non perderebbe mai tempo con me ».
Sia Lily che Emmeline aggrottarono le sopracciglia, perplesse.
« Sarà... » fece dubbiosa la prima. « Ultimamente, però, non l'ho visto molto... attivo, ecco, in questo senso. Prima lo vedevo sempre con qualche ragazza accanto, ma da qualche tempo a questa parte non mi è sembrato per niente preso da nessuna... Non è vero, Mel? »
« Già » convenne l'amica, annuendo. « L'ho notato anch'io... »
Anche Scarlett, in realtà, si era accorta che nell'ultimo periodo Sirius passava tutto il suo tempo solo con i Malandrini e anche insieme a loro ragazze quando stavano tutti insieme, e non lo si vedeva più appartato con qualche sua fiamma passeggera a scambiarsi tenere e dolci effusioni.
« Non lo so e non mi interessa » intervenne alla fine. « Anche se fosse, sicuramente non sono io il motivo della sua astinenza. Magari si è stancato di tutte quelle stupide oche... ne avrà avute talmente tante che adesso forse le detesta... »
Quella teoria non parve convincere parecchio le due amiche, le quali, però, non riaprirono la questione.
Una questione che, invece, venne riaperta quasi subito fu quella di James e delle sue tecniche di convincimento per invitare Lily alla festa.
Quella sera, quando le ragazze stavano per scendere a cena, il ragazzo le raggiunse di fretta, prendendo Lily a braccetto e conducendola con sé verso le scale. Dopo aver rinnovato l'invito, si lanciò nella dissertazione di una complessa teoria secondo cui era giusto che lei dovesse accettarlo, e lei non potè far altro che ascoltarlo, annuendo di tanto in tanto o esprimendosi in una sorta di grugniti del tutto neutri. La spiegazione ebbe la durata di ben sette piani e terminò quando stavano per fare il loro ingresso in Sala Grande e Lily si bloccò, fissandolo.
« Apprezzo molto il tuo impegno, Potter » gli disse, seria. « Ma, per l'ultima volta, non ci vengo alla festa con te. E' chiaro? »
James sbuffò sonoramente, infastidito. Non si sarebbe dato per vinto.
« Ma non è giusto, Lily! » sbottò. « Se tu ci venissi con me, ti divertiresti un mondo! »
« Non lo metto in dubbio... » fece lei, conciliante.
« Potremmo ballare... »
« Certo... »
« Sono bravissimo! Faccio tutto, dal valzer al tip tap! »
« Addirittura... »
« Ti farei ridere un sacco! »
« Come se non lo facessi già abbastanza... »
« Ti potrei aiutare a scappare dalle grinfie di Lumacorno... »
« Mmm... questo potrebbe essermi davvero utile... »
« E potremmo... potremmo bere a volontà, prendere in giro Sirius e Peter che non sanno ballare, ridere di tutte le ragazze vestite male... »
Il delirio di James sarebbe potuto andare davvero per le lunghe, visto che quando partiva così spedito con le sue idiozie poteva continuare a sparare a zero per ore ed ore, ma i Malandrini decisero di porre fine a quello sproloquio in modo definitivo sia per il bene di James, che, soprattutto, per quello di tutti coloro che erano costretti ad ascoltarlo.
Sirius e Peter lo presero entrambi per un braccio, mentre Remus si avvicinò a Lily, dicendole a bassa voce, serio in volto: « Se volete cenare in pace stasera, sedetevi nei posti più lontani da noi che riuscite a trovare. La tua vicinanza potrebbe aizzarlo nuovamente ».
Lei annuì, mostrando di aver recepito il messaggio, e guardò il gruppo allontanarsi insieme alle amiche, ascoltando gli ultimi frammenti dello sconclusionato discorso del ragazzo.
« Io potrei fare tutto questo per te! » stava urlando, trascinato dai due amici a forza verso la Sala Grande, mentre alcuni ragazzi che si stavano recando a cena si fermarono a godersi la scena. « Perché tu sei l'amore della mia vita, la donna dei miei sogni, la luce che illumina le mie giornate! Tu... tu... TU SCENDI DALLE STELLE, O LILY EVANS! »
E quella perla in pieno stile natalizio fu l'ultima che James lasciò alla ragazza, che scoppiò a ridere di cuore, sinceramente divertita.
Ma il tormento del Malandrino non trovò pace neanche dopo quell'ennesimo rifiuto e dopo quella cena passata lontano dalla donna amata. Quando tornarono tutti in Dormitorio, infatti, James iniziò a passeggiare nervosamente per tutta la stanza, cercando di capire il reale motivo per il quale Lily continuava a rifiutarlo, ma senza ottenere risposte. Giunse poi alla conclusione che per quei profondi interrogativi non bastava l'impegno e l'energia di una sola mente, ma si rendeva necessario l'intervento tempestivo di una riunione di gruppo.
« Ma è mai possibile che anche quest'anno non riesco a beccarmi un sì da Lily neanche a pregarla? » si stava domandando il ragazzo, tormentandosi.
Remus, che era il soggetto predestinato a sedare i malumori dell'amico grazie alla sua estrema calma e invidiabile pacatezza, raccolse tutte le sue energie e si sdraiò sul letto masticando la prima di una lunga serie di Cioccorane, la benzina che gli serviva per adempiere al suo arduo compito.
« James, te l'ho detto » iniziò a dire, paziente. « Questa volta, non avresti dovuto invitarla. Così sì che avresti fatto colpo! »
« Ha ragione il lupo, qui » convenne Sirius, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'amico. « Non puoi sempre sbavarle addosso, Ramoso... il cane qui sono io » e rise della sua battuta per nulla divertente. « Comunque, davvero, stai diventando ridicolo. E fatti desiderare un po', su! »
James sospirò, crollando sul pavimento e passando in rassegna i letti con lo sguardo, per poi soffermarsi su quello di Peter.
« Codaliscia » disse in tono implorante, « tu che sei senza ombra di dubbio il più saggio tra noi... »
« Ehi, no, ero io! » rimbeccò prontamente Remus, offeso nell'orgoglio, ma James non gli diede retta e proseguì.
« Cosa ne pensi? Dammi un consiglio, amico » fece stancamente.
Peter si allarmò all'idea di dover prendere una posizione e cominciò a ragionare, grattandosi il mento con fare pensoso. Poi espresse il suo verdetto.
« Io dico che se la lasciassi respirare un po', si accorgerebbe di te ».
Silenzio. Le parole del ragazzo parvero rimbombare tra le pareti della piccola stanza, riecheggiando nelle menti di ognuno di loro. Tutti si voltarono a fissarlo, increduli e assai meravigliati e fu Sirius a dare il via al fragoroso applauso a cui si unirono presto anche gli altri due.
Remus, addirittura, si diresse verso l'autore della perla di pura saggezza e, solennemente, gli consegnò una delle sue preziosissime Cioccorane, tesoro inviolabile per chiunque lo bramasse, in segno della sua enorme ammirazione.
« Te la meriti » mormorò, profondamente commosso. « Te la meriti tutta, Peter ».
Lui scoppiò a ridere, accettando il dono con gioia, mentre l'applauso, pian piano, si andava spegnendo.
« Non so se merito davvero di avere un amico come te, Codaliscia » disse James, asciugandosi una lacrima invisibile da dietro i tondi occhiali.
« Sei troppo in alto per noi » annuì Sirius, con un tono di voce che sfociava nella venerazione. « Solo il mio essere un fottutissimo figo potrebbe rendermi degno di te. Comunque » riprese poi, tornando a rivolgersi a James. « Peter, come tutti abbiamo capito, ha ragione ».
« Appunto » rimarcò Remus, convinto. « Non hai visto che da quando ti mostri meno assillante, lei si pone in modo più gentile nei tuoi confronti? »
James non disse nulla, assimilando le sue parole. In effetti, era proprio vero. Il loro rapporto era migliorato parecchio dall'anno precedente, e tutto forse era dipeso dal suo cambiamento, un cambiamento che stava ancora maturando ma che aveva già portato risultati evidenti.
« D'accordo » risolse infine. « Allora domani glielo chiederò per l'ultima volta, okay? Se mi dirà di no - cosa alquanto probabile - la lascerò in pace ».
Sirius stava per far partire un altro applauso, ma lo sguardo di Remus su di lui lo indusse a lasciar perdere.
« Detto ciò » riprese James, sfregandosi le mani, « veniamo a voi. Remus, dicci un po', qual è la donzella dei tuoi sogni? »
Lui, preso in contropiede dal repentino cambio di argomento, lo fissò con sguardo vacuo, riflettendo sulla domanda che non si era mai posto prima.
« E' Miley, è chiaro! » intervenne prontamente Sirius, concentrato su un esperimento piuttosto complicato che prevedeva le sue gambe agganciate alle due aste del letto a baldacchino che tenevano le tende di velluto scarlatto. « Non avete notato come torna tutto gongolante dopo le lezioni con lei? »
Remus, per tutta risposta, si ficcò in bocca l'ennesima Cioccorana e non disse nulla, restando impassibile.
« Sirius, per carità divina, scendi con quelle gambe, fai veramente schifo » fece invece James con una smorfia, ovviamente senza essere minimamente ascoltato. « E figurati se mi dà retta... » borbottò, scuotendo il capo. « Comunque... la inviterai, vero, Lunastorta? »
Lui si prese tutto il tempo per masticare il suo cioccolato, riflettendo intensamente. Alla fine, afferrando un altra Cioccorana, disse: « No » e la mangiò.
Sirius cadde con un sonoro tonfo dritto disteso sul letto, imprecando sonoramente.
« Che cos'hai detto? » domandò infine all'amico, aggressivo. « Non iniziare a fare il fottutissimo timido incompreso o io... » e si esibì in segni di dura violenza fisica che è meglio non descrivere. « Hai capito, Lupin? Lo hai capito? » concluse, piuttosto minaccioso.
« Calmati, squilibrato » fece inespressivo Remus. « Tanto non la invito, ve l'ho detto ».
« Ma perché? » gli chiese James, frustrato, picchiando un pugno a terra. « Non dirmi che non ti piacerebbe andarci con lei, perché non ci credo ».
E avrebbe fatto sicuramente bene a non credergli, visto che non ci avrebbe creduto neanche lui. Sarebbe stato da stupidi dire che non gli sarebbe piaciuto invitarla, anche perché Miley era stata la prima ragazza a venirgli in mente quando James gli aveva ricordato che avrebbero dovuto portare qualcuno.
« Io... non dico che... insomma, questo cosa c'entra? » sbottò infine, imbarazzato. « Non posso invitarla, punto. E poi... è il Capitano della squadra di Quidditch, è una delle ragazze più carine della scuola, chissà quanti ragazzi vorrebbero invitarla e lo faranno, no? Di sicuro avrà già trovato qualcuno ».
Ma James scosse il capo, non molto d'accordo.
« Guarda che Miley sarà popolare quanto vuoi, ma non è mai stata con nessuno. Non fa molto caso a tutte queste attenzioni ».
Remus sollevò lo sguardo, stupito, e James annuì come a dar conferma delle sue parole.
« E poi » aggiunse con un sorriso, « è solo il tuo invito che aspetta ».
La frase sarebbe stata molto ad effetto se Sirius, tornato penzoloni a tentare quell'esperimento insensato, non fosse intervenuto con un soffocato: « E' vero ».
James sbuffò, sconsolato. « E tu, ginnasta delle mie balle, inviterai Scarlett? » chiese a lui, facendolo precipitare nuovamente.
« Cosa? » domandò, spaesato e stordito dalla caduta. « Oh, sì... cioè, no. No che non la invito. Per fare cosa, sentirmi dire un'altra volta di no? »
« Si vede che non ci sei proprio abituato... » sospirò James, scuotendo il capo sconsolato. « Prima, comunque, non t'importava di come avrebbe risposto ».
Sirius non replicò. Adesso gli importava, invece. Gli importava eccome.
Si alzò e iniziò a cercare un asciugamano pulito dentro il baule tanto per non farsi guardare in faccia dagli altri. Aveva paura che il suo volto avesse radicalmente cambiato espressione e non desiderava che gli amici lo notassero. Appena ebbe trovato ciò che cercava, si diresse verso il bagno.
« Allora, con chi ci andrai? » lo richiamò James, incalzante.
Lui rimase a fissare la maniglia della porta che stava per aprire e borbottò un: « Con una » prima di entrare e chiudersela alle spalle.
« Ah, beh, credevo almeno una decina... » farfugliò sarcastico l'amico tra sé e sé, alzandosi dal pavimento per gettarsi sul suo letto a braccia aperte.
« Ma si può sapere che cos'ha? » domandò Peter sottovoce, mentre il rumore dell'acqua scrosciante arrivava da dietro la porta del bagno.
James e Remus si scambiarono una rapida occhiata. Il primo sapeva già tutto, il secondo aveva semplicemente intuito.
« Scarlett gli sta mandando in pappa il cervello, ecco che cos'ha » spiegò nella più semplice delle maniere James, mettendosi seduto comodo e abbracciando il cuscino. « E' diverso, ultimamente. E io... io credo che stia cercando di nascondere a noi e soprattutto a se stesso qualcosa di molto, molto serio ».
Peter lo fissò con sguardo vacuo prima di annuire lentamente, assorbendo pian piano le sue parole.
« James ». La voce di Remus aveva qualcosa di strano. « Tu credi... che Sirius si sia innamorato di Scarlett? »
Lui inizialmente non rispose, riflettendo intensamente di fronte a quella nuova, surreale prospettiva che di certo non aveva mai preso in considerazione.
« Io non... non lo so, Remus » rispose infine, parlando molto lentamente, come se stesse scegliendo con una cura particolare ogni parola. « Sai com'è fatto, no? Di sicuro, se lo è, non se n'è ancora reso conto. Ma sono certo che provi qualcosa di forte. Io... io lo sento. C'è qualcosa che li lega, e credo che questo qualcosa sia più forte di tutti e due loro. Non so se se ne siano accorti, ma si guardano in una maniera... speciale » concluse, bagnandosi le labbra.
L'altro ascoltò con attenzione ogni parola, trovandole tutte straordinariamente sensate.
« La penso come te » convenne infine, annuendo più volte. « Credo che nella sua mente, l'idea di innamorarsi di Scarlett non gli appaia più troppo lontana. Anzi, magari l'intensità del pensiero lo spaventa. Dev'essere strano per uno come lui, no? Ha sempre detto che non gli sarebbe mai capitata una cosa così ».
E James sorrise a quelle parole. Perché Sirius, a volte, sapeva essere davvero un idiota.
Uscì dal bagno qualche minuto dopo, l'aria vagamente turbata, le punte dei capelli lucenti che gocciolavano. Scosse con veemenza la testa, esattamente come un cane bagnato appena uscito dall'acqua, e guardò gli amici che lo fissavano, per quanto ne sapeva senza una ragione.
« Che avete da guardare? » chiese brusco, tornando a scavare dentro il baule in cerca di un paio delle sue preziose mutande.
« Niente » borbottarono i tre in coro con aria innocente, osservando con la stessa aria schifata le mutande con le renne e le ghirlande d'agrifoglio che aveva appena tirato fuori e che stava andando ad indossare.
« Hanno una specie di sensore » spiegò con orgoglio, sbandierandole di fronte agli amici. « Se qualcuno si avvicina troppo - e sapete cosa intendo, tranne Remus - si illuminano e suonano Jingle Bells! Grandiose, vero? Le ho comprate quest'anno ».
« Questo dimostra quant'è grande la tua voglia di andare a spassartela in questo periodo » commentò prontamente James, ridendo.
Lui annuì, scrollando le spalle con indifferenza.
« Mmm » mugugnò in tono d'assenso. « Direi che hai ragione. Mi sono stancato » e si infilò nuovamente in bagno, socchiudendo la porta.
I tre Malandrini si scambiarono occhiate stupefatte, per dirla con un eufemismo, e boccheggiarono.
« La faccenda è più seria di quanto credevamo » mormorò Remus saggiamente, massaggiandosi distrattamente la mascella.
Quando Sirius ritornò dal bagno, comunque, fecero finta di niente e lo guardarono buttarsi sul letto parecchio a suo agio con quelle mutande addosso.
« Come fai a non avere freddo? » domandò Peter sgranando gli occhi, come se ancora non si fosse abituato all'amico che ogni santo giorno e senza conoscere stagioni e condizioni meteorologiche gironzolava per il Dormitorio indossando solo quelle e solo perché si trovava in compagnia.
« Il freddo non esiste » rispose piatto lui, stiracchiandosi.
I compagni preferirono ignorare quell'affermazione e James si rivolse a un ancora allibito Peter, scuotendo il capo per dimenticare.
« Coda, tu con chi vorresti andare alla festa? » gli chiese, ripulendosi gli occhiali con le lenzuola.
Peter, a quelle parole, parve congelare sul posto e avvampò violentemente, tanto che tutti lo fissarono allibiti.
« Cosa ci nascondi, topastro da fogna? » sussurrò in tono inquisitorio Sirius, rizzandosi a sedere. « Cos'è quella faccia da ratto innamorato? »
I tre si agitarono nei propri letti e si misero in ascolto, curiosi di capire e Peter si sentì sotto i riflettori, tanto che tossicchiò, imbarazzato.
« Io non ho una faccia da... cosa? » domandò poi, interdetto.
« Ratto innamorato, sì, ce l'hai » confermò l'altro in tono sbrigativo. « Dai, chi è la prescelta? Su, spara, vogliamo sapere ».
« Sirius » intervenne Remus, severo, « tu e il tatto vi siete mai incontrati, per caso? Così, magari un saluto. Breve. Un cenno ».
Sirius si voltò a fissarlo, esplodendo nella sua risata simile a un latrato. « Direi di no » rispose. « Con te, invece, il tatto è convolato a nozze, Lunastorta ».
Anche lui rise, ma l'attenzione tornò presto su Peter che aveva ingenuamente sperato di aver scampato il pericolo almeno per quella volta.
« Allora, Peter Minus » proseguì James, puntandogli contro gli occhiali, senza rendersi conto che ciò che aveva di fronte era la porta del Dormitorio, « parla e non avere pudore. Tanto, qui, il pudore se ne è andato a farsi fottere, ormai ».
« Sì » mormorò Peter, d'accordo. « Ma io sono qui, James » e sventolò entrambe le mani per farsi notare.
« Oh! » esclamò lui, indossandoli nuovamente. « Oh... già... ciao, Peter. Comunque, dai, parla. Chi ti piace, eh? Eh? Dai, noi ti diciamo i nostri segreti, così siamo pari. A me piace Lily. Sì, lo so, è sconvolgente. Ora tocca a te ».
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, stralunato, poi iniziò a mangiucchiarsi le unghie delle mani come faceva sempre quand'era nervoso.
« Io... » balbettò, evidentemente in forte imbarazzo. « Beh, io... mi sono accorto che... insomma, non è niente, però... è solo una cosa... piccola... niente di importante, ma... ecco... il fatto è che... mipcmry » concluse infine, arrossendo nuovamente.
Un coro di « PREGO? » accolse le sue parole ingarbugliate e del tutto incomprensibili.
Lui sospirò e ripetè con un filo di voce: « Mi piace Mary ».
Gli amici, che avevano finalmente capito nonostante il tono di voce che sfiorava l'impercettibile, ghignarono e scoppiarono a ridere un attimo dopo.
« Mary! » esclamò Sirius, trionfante. « Mary Macdonald! Proprio lei! »
Peter annuì timidamente, nascondendosi dietro le coperte.
Ci fu una seconda esplosione di risa e, a un fugace sguardo d'intesa, tutti e tre si catapultarono sul suo letto per riempirlo di affettuosissime botte.
« E PETER E' INNAMORATO, E PETER E' INNAMORATO... E PETER E' INNAAAAAAAAAAAAAMORATO! » intonarono in coro, improvvisando una sorta di danza della pioggia assai poco riuscita. 
Nel frattempo, nel Dormitorio entrò Frank, che li fissò e scoppiò a ridere, per nulla colpito dalla scena visto come li conosceva bene.
« Chi è che è innamorato? » domandò, incuriosito, cercando di sovrastare le urla.
« Peter! » esclamò James, palesemente felice.
« Oh! » Frank sorrise radioso e battè qualche pacca sulla spalla del povero Peter. « Congratulazioni, Pet! Sono proprio contento! »
Lui annuì senza sapere cosa dire, felice che non avesse chiesto qualcosa del tipo e chi è la fortunata?
Quando i Malandrini misero fine alla loro danza tribale, abbandonarono Peter alle cure di Sirius, che avrebbe dovuto impartirgli alcune lezioni fondamentali sull'arte della conquista, di cui, naturalmente, lui era un veterano. Al termine di tutte quelle delucidazioni, Peter, però, espresse la sua vera preoccupazione.
« Sirius, senti, devo chiederti un favore » gli disse in tono implorante.
« Dimmi tutto, amico mio » ribattè quello senza pensarci.
Lui prese fiato e si fissò i palmi delle mani, senza sapere come esprimere la richiesta che avrebbe voluto fargli.
« Ascolta, io volevo invitare Mary alla festa » disse infine tutto d'un fiato. « Però... beh, non ho il coraggio. Non è che potresti farlo tu al posto mio? »
Sirius spalancò la bocca.
« Cosa dovrei fare io? » chiese con voce strozzata. « Dai, Peter, non puoi chiedermi questo! Puoi farlo da solo, non è difficile! »
« Ma non ti costa nulla! » replicò l'altro, pietoso. « Andiamo, Sirius, se non lo fai tu non avrò mai il coraggio di farlo io... fallo per me! »
Lui sbuffò e fece ciondolare il capo sul collo, inerte, i capelli ancora umidi, visto che non si era neanche premurato di asciugarli.
« D'accordo » mormorò alla fine. « Lo farò. Sei in debito con me, Codaliscia. Sappilo ».
Peter sorrise e annuì, battendogli un colpo sul braccio per ringraziarlo.
« Domani avrai la tua ragazza » gli assicurò Sirius.
 
 
*  *  *
 
 
La mattina dopo, James si alzò dal letto risoluto come mai era stato prima. Quel giorno, ogni domanda avrebbe avuto una risposta. 
Una domanda, in effetti.
« Ci vieni alla fottutissima festa con me? »
« Nah, troppo aggressivo ».
James era fermo di fronte a uno specchio che aveva fatto apparire dal nulla in pieno Dormitorio, fissando il suo riflesso per provare con varie intonazioni e modalità la richiesta che avrebbe formulato nuovamente a Lily quel giorno, per l'ultima volta. L'ultima davvero.
Sirius, nel frattempo, si vestiva svogliatamente al suo fianco, dandogli qualche consiglio spassionato per aiutarlo nell'imminente impresa.
« Lily, ti prego, ci vieni alla festa di Lumacorno con me? » tentò ancora James, implorando il suo stesso riflesso.
« Ma no » fece in tono di disapprovazione l'amico. « Troppo supplichevole! Dai, riprovaci ».
« Mmm... » Il ragazzo parve spremersi le meningi. « Vediamo, ehm... Vieni alla festa con me, Evans ».
Sirius fece un saltello per infilarsi la seconda gamba di pantaloni, rischiando di ruzzolare a terra rovinosamente.
« Troppo categorico, è una minaccia questa » disse, scuotendo forte il capo mentre tirava su la lampo. « Sei veramente un incapace ».
« Oh, sentiamo, tu come lo diresti allora? » sbottò James infastidito, cedendogli il posto di fronte allo specchio.
Lui si esibì in un'espressione da lascia fare a me e gli fece cenno di star zitto e ammirarlo mentre era all'opera.
« Ti avvicini tutto rilassato » gli disse, mostrandogli la sua camminata tipo, « sorriso accennato della serie io so qualcosa che tu non sai » proseguì, mentre James lo fissava grattandosi il mento interessato, « sguardo ammiccante, ma non esagerato, e paff! Le dici, che ne so... Ehi, Evans... che ne diresti di venire alla festa con me? Ed è fatta. Non potrà dirti di no ».
James lo fissò per nulla convinto e, senza degnarlo neanche d'uno sguardo, urlò a pieni polmoni: « MAAAAAAAAAAAAAMMA! »
Remus, che si stava allacciando il cravattino, si avvicinò stancamente lasciandolo penzolare ai lati del maglione scuro.
« Che cosa c'è? » domandò tristemente, reprimendo il desiderio di strozzarsi seduta stante. « Che state facendo? Siete lì da due ore... »
« Remus, tu come lo diresti? » chiese James per l'ennesima volta, ansioso. « Me lo rifai, per favore? »
Il ragazzo sbuffò. Se James Potter era arrivato al punto di chiedere a lui consigli su come invitare a una festa una ragazza, era veramente alla frutta.
« Non è che ci sia qualcosa di speciale » disse, scocciato. « E' semplice. La saluti, le fai un bel sorriso e le chiedi: Lily, per caso ti andrebbe di venire alla festa con me? Mi piacerebbe molto poterti accompagnare ».
Lui lo guardò ammirato, come se avesse appena detto qualcosa di meraviglioso e sconvolgente, poi annuì frenetico.
« D'accordo, sono pronto » annunciò agli amici. « Scendiamo ».
« Mettiti i pantaloni » gli consigliò Remus, lanciandoglieli con aria vagamente disperata.
« Giusto » fece convinto lui, afferrandoli con una nuova determinazione e infilandoseli. « Ora sono pronto » concluse, e così dicendo precedette i tre Malandrini fuori dal Dormitorio e giù in Sala Comune, diretti alle scale. A metà strada, Sirius incrociò lo sguardo di una ragazza che gli sorrise e disse agli amici che aveva da fare, allontanandosi per seguirla.
Gli altri proseguirono e, arrivati all'ingresso, incontrarono proprio Lily e Scarlett, chine sulla borsa della prima che pareva essersi rotta.
« Ehi, ragazze! » esclamò James a gran voce, facendola cadere di mano a entrambe.
« Per l'amor del cielo, James! » sbottò Scarlett, riprendendola. « Maledizione, a Lily si è macchiato di inchiostro tutto il tema di Storia della Magia! »
Il ragazzo assunse un'aria mortificata, poi si rallegrò e disse: « Lily, dallo pure a me, ci penso io », porgendo la mano.
La ragazza accampò un sorriso non del tutto convinto e glielo consegnò, guardandolo mentre sguainava la bacchetta e la puntava sul foglio di pergamena.
Pian piano, l'inchiostro versato sulla carta fu aspirato dall'incantesimo, mentre le scritte rimasero intatte. Al termine dell'operazione, glielo ridiede.
« Grazie, Potter » fece Lily sbrigativa. « Ma guarda che ci sarei riuscita anche da sola ».
« Non lo metto in dubbio, Evans » rispose prontamente James, sorridendo sornione.
Lei non riuscì a trattenere un sorriso divertito e scosse il capo, facendo per entrare in Sala Grande.
« Ehi, Evans, aspetta! » la richiamò lui, mentre Peter e Remus si avvicinavano per dargli supporto.
« Cosa c'è? » domandò lei, fissandolo con le sopracciglia inarcate. In cuor suo, però, conosceva già la risposta.
James raccolse tutto il suo coraggio e prese un gran respiro, poi la fissò dritto negli occhi verdi, perdendo già parte della sua sicurezza.
« Allora » esordì, come se stesse dando inizio a una complessa trattazione, « ascoltami attentamente, Evans, perché è molto importante. Io, James, sto per farti una richiesta. E' una domanda semplicissima, a cui dovrai rispondere o di sì o di no. Tutto chiaro fin qui? Bene. Devi sapere, però, che questa è l'ultima volta che ti rivolgerò suddetta domanda. Tu, Lily, non avrai più la possibilità di cambiare idea ». James ci ripensò e aggiunse: « Beh... se mi dicessi di no e poi ci ripensassi, potrei anche accettarlo. Ma è tutto da vedere. Resta comunque la tua ultima occasione. Sei pronta a rispondermi? »
Lily si trattenne dallo scoppiare a ridere e annuì, senza una parola.
« Lily Evans » fece come al solito James, solenne, « tu, che sei la ragazza più bella del mondo - tanto per sottolineare il concetto -, ci vieni alla festa con me? »
Lei lo guardò seria in volto per qualche secondo e, alla fine, si espresse in un secco: « No ».
James sbuffò così sonoramente che quasi tutti trasalirono.
« Ma Lily! » esclamò, infuriato. « E' mai possibile che mi dici sempre di no? Non è giusto! Che cosa ti ho fatto? »
Lily cercò di dire qualcosa, ma lui riprese senza fermarsi a sbraitare.
« Mi sono impegnato tanto per chiedertelo nel migliore dei modi, e tu non mi dai neanche una spiegazione! » continuò a dire. « Insomma, non me lo merito! Si può sapere che ti ho fatto di male? Dammi un motivo! Su, dammi un motivo! »
La ragazza lo fissò, allarmata e stupefatta.
« Ci vado con Remus » rispose semplicemente.
Alla rabbia di James si sostituì di colpo la meraviglia e, in coro con Scarlett, ripetè: « Ci vai con Remus? » e lo sguardo dei due andò dall'una all'altro.
« Ci vai con me? » domandò lo stesso Remus, disorientato.
« Sì » replicò serena la ragazza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. « Come ogni anno ».
Era diventata quasi una tradizione, ormai, che Lily si presentasse alle feste di Lumacorno in compagnia di Remus. Aveva già avuto qualche ragazzo - con enorme disappunto di James - ma, guardacaso, non le era mai capitato di essere impegnata durante il Natale, quando solitamente l'insegnante le organizzava. E chi altri avrebbe potuto accompagnarla se non il suo migliore amico? Lui non era di certo un tipo da feste, e lei lo aveva praticamente costretto, ma alla fine non poteva negare di divertirsi sempre parecchio.
A quella notizia, comunque, James parve profondamente colpito nell'onore e lanciò occhiate di fuoco sia a Lily che a Remus.
« Bene! » sbottò. « Bene... che bella coppia, complimenti. Questa me la lego al dito, razza di Lupin che non sei altro ».
Lui lo fissò dispiaciuto, cercando di ricordargli che lui, in realtà, in quella faccenda non c'entrava proprio niente, ma l'amico non parve volerlo ascoltare.
« E' il mio migliore amico... » borbottò Lily, vagamente turbata dalla sua reazione.
« Sì, certo! » ribattè subito James. « Allora io ci vado con la mia migliore amica, okay? Okay, Lily Evans? »
La ragazza lo fissava ad occhi sbarrati, atterrita. Forse rifiutare i suoi inviti per sette anni lo aveva indotto alla follia. Personalmente, avrebbe consigliato Azkaban, ma fece ben attenzione a non esprimere quel pensiero ad alta voce, o l'ira funesta di James Potter si sarebbe scatenata su di lei, ancora.
« Scarlett, vieni alla festa con me! » esclamò lui, ancora parecchio arrabbiato.
Lei scrollò le spalle e, non avendo nulla da obiettare anche se un po' stizzita per la forma della richiesta, disse: « Okay ».
« Anzi, no! » proseguì lui, ripensandoci bruscamente. « Te lo chiedo! »
Le prese una mano tra le proprie e la strinse, fissandola negli occhi con intensità.
« Scarlett, meraviglia delle meraviglie, per caso ti andrebbe di venire alla festa con me? Mi piacerebbe molto poterti accompagnare » disse, ripetendo esattamente le parole di Remus e fissandolo con ira.
« Certo, James » rispose tranquillamente lei, annuendo nella sua direzione.
« Bene » ripetè il ragazzo, leggermente più calmo. « Vieni, dammi un bacio, andiamo a fare colazione ».
Le passò un braccio intorno alla vita e le scoccò un rude bacio sulla guancia, conducendola con sé verso la Sala Grande. Scarlett, durante il tragitto, tentò invano di calmare i suoi nervi tesi.
Dietro di loro, Remus e Lily camminavano fianco a fianco, ancora scossi dalla scena brutale alla quale avevano appena assistito.
« Ma si può sapere che cos'ha? » gli domandò lei, senza capire. « E' diventato pazzo così, di punto in bianco o cosa? »
« Beh » mormorò pacatamente Remus, conciliante, « è esploso. Il solito esagerato, certo, ma questa volta credo ci tenesse particolarmente ad ottenere un tuo sì. Non sai quello che ha combinato per presentarsi al meglio, oggi e... insomma, ci sarà rimasto male, ecco ».
Lily lo fissò, sovrappensiero, avvertendo una strana stretta allo stomaco che somigliava spaventosamente al senso di colpa. Non desiderava che James stesse male a causa sua, ma non avrebbe mai potuto pensare che quell'invito avesse per lui una tale importanza. Era difficile da credere, in effetti, visto che riceveva no da parte sua da sette lunghissimi anni e non pareva essersene mai curato più di tanto, ma non potè che provare del rimorso per ciò che aveva fatto.
E si domandò: se James, in quel momento, avesse sciolto Scarlett dal suo abbraccio, si fosse voltato, e per chissà quale ragione, avesse rinnovato la richiesta? A quel punto, lei come avrebbe risposto? Purtroppo, però, non fu capace o forse non ebbe il coraggio di darsi una risposta sincera.
I suoi pensieri, comunque, furono interrotti da un lieve spintone che le arrivò sulla spalla.
« Oh, Evans, chiedo perdono » fece Sirius, sorridendo distrattamente, per poi dirigersi verso Scarlett e James a qualche passo da loro.
« Ciao, bella Banks » salutò, dandole un colpetto affettuoso sul braccio.
« Oh, che bello, è arrivato Black » fece lei, ridendo. « Mi stavo preoccupando ».
« Sentivi la mia mancanza, eh? » replicò prontamente lui, ghignando. « Ascolta, possiamo scambiare due parole? »
« No! » intervenne a sorpresa James, brusco e parecchio alterato. « Che c'è, anche tu vuoi fregarmi la ragazza? Begli amici che mi ritrovo! »
Sirius impallidì di botto e lo fissò, sconvolto. Forse aveva dell'acqua intrappolata nelle orecchie e aveva capito male, ma non ci credette neanche lui.
« La raga...? Quale ragazza? » si affrettò a chiedere, disorientato. « Che significa? »
« Niente, Black, lascialo stare » gli sussurrò Scarlett, sospirando. « James... ehm... tu siediti, okay? Arrivo tra un secondo, tu... tu mangia e sta' calmo ».
James annuì ripetutamente, dirigendosi verso la tavolata di Grifondoro mentre Sirius la guidava di nuovo fuori dalla Sala Grande sotto gli sguardi omicidi del fan club di lui, bloccandosi vicino al portone d'ingresso.
« Che cos'ha? » le chiese subito, facendo riferimento a James. « La Evans gli ha di nuovo detto di no? »
« Esatto » confermò tristemente lei, scuotendo il capo afflitta. « Si è leggermente alterato e... insomma, non so perché, ma l'ha presa malissimo ».
Sirius imprecò sottovoce e si passò una mano tra i capelli leggermente in disordine.
« Grandioso » borbottò infine, annuendo.
Tra loro calò il silenzio, poi lui prese a fissarla insistentemente, curioso, una strana ombra nello sguardo solitamente scintillante.
« E tu, invece? » le domandò, facendo un cenno col mento. « Hai già accettato la mano di uno dei tuoi pretendenti o stai ancora maturando una scelta? »
Scarlett lo guardò, interrogativa, cercando di capire dove volesse arrivare. Non si spiegò come mai le stesse rivolgendo quella domanda.
« Perché tanta curiosità? » fece di rimando, guardinga. « Non mi pare ti sia mai interessato di faccende come questa ».
Sirius inarcò le sopracciglia, incredulo. Quell'affermazione era piuttosto inverosimile, in realtà, ma forse lei si era ritrovata senza parole di fronte al suo sguardo imperscrutabile. Nella sua espressione, però, aveva scovato qualcosa di diverso dal solito, che non riusciva a comprendere e spiegarsi. Notò, infatti, che pareva corrucciato, ma senza una ragione a lei nota. Sembrava arrabbiato, era evidente. Arrabbiato con lei, per chissà quale motivo.
« A me risulta il contrario » replicò, piuttosto freddamente. « E comunque, ho fatto una semplice domanda, nulla di strano ».
Lei continuò a scrutarlo, turbata da quel drastico cambio di tono del tutto inspiegabile.
« Sì, ho trovato un accompagnatore » rispose, mantenendosi indifferente anche se si sentiva in tutt'altro modo. « E tu? Hai già invitato la nuova fiamma? »
Sirius accennò un sorriso amareggiato e scosse il capo. Scarlett non aveva capito nulla.
Si stava comportando in maniera illogica e stupida, ma la verità era che si sentiva arrabbiato con lei perché non l'aveva invitata, il che non aveva il minimo senso. Non lo aveva fatto perché era già certo della risposta che avrebbe ottenuto da lei e non si era sentito pronto a riascoltarla. E si comportava come se fosse tutta colpa sua, come se realmente le avesse rivolto l'invito e lei avesse brutalmente rifiutato, quando invece non era accaduto nulla di tutto questo.
Avrebbe desiderato ardentemente essere lui il ragazzo che la attendeva giù in Sala Comune, quello che la conduceva all'ufficio di Lumacorno ridendo con lei, ma quella fantasia sarebbe rimasta nell'angolo più remoto della sua mente, un anfratto buio che avrebbe fatto in modo di non tornare a visitare.
« Ho invitato una ragazza, sì » rispose, quasi annoiato. E, in verità, non pareva affatto contento.
Lei serrò le labbra, annuendo appena. Aveva fatto in fretta, pensò... ma a lei non doveva importare.
« Mi fa piacere » ribattè, glaciale, e lui parve credere alle sue parole. 
Stava per voltargli le spalle e andare via, ma il suono della sua voce la fece rimanere con i piedi piantati lì.
« Con chi ci vai? » domandò brusco, senza riuscire a trattenersi.
Scarlett sbuffò, stanca di quelle domande insistenti e di quel tono quasi accusatorio. 
« Ci vado con James, Sirius » rispose, guardandolo scocciata, e vide il suo volto subire una trasformazione dovuta allo stupore.
« Ci... ci vai con James? » ripetè, disorientato. Questo non se l'era davvero aspettato e per un attimo pensò che avesse mentito.
Lei, però, annuì con uno scatto della testa, confermando le sue stesse parole. Poi sollevò lo sguardo.
« Contento? » gli chiese, infastidita.
Lui la guardò, serio. « Solo se lo sei tu ».
Lei abbassò per un attimo lo sguardo, ma tornò subito a fissarlo. « Beh, sì, lo sono » disse poi, fingendosi sicura, e lui annuì. 
« E la tua donzella, invece, chi è? » riprese, tentando di accennare un sorriso che potesse abbassare la tensione che si era pian piano creata durante quella strana conversazione.
« Emily Colfer » fu la distratta risposta, mentre si impegnava a guardare tutto tranne che lei.
Scarlett annuì più volte, lentamente. « Capisco... » fece alla fine. « Beh... allora io vado. Ci vediamo » e si allontanò velocemente, raggiungendo le ragazze al tavolo dei Grifondoro. Dopo qualche attimo di esitazione, anche lui raggiunse gli amici.
« Era ora! » esclamò Lily, quando Scarlett si fu accomodata accanto a lei. « Ma che fine hai fatto? »
Lei, ancora leggermente scossa dallo strano dialogo avuto appena poco prima con Sirius, rispose con un vago: « Niente... Ho fame » e iniziò a raccattare tutto ciò che le capitò di fronte, senza fare distinzione tra ciò che le piaceva e ciò che detestava.
Alle ragazze non sfuggì quell'atteggiamento poco consueto, e si guardarono tutte perplesse, anche se alla fine decisero di non approfondire la cosa. Solo Mary, seduta alla sua destra, iniziò a lanciarle occhiate di continuo, seria e pensierosa. Scarlett non parve farci subito caso, ma, dopo un po', si rese conto dell'insistente attenzione che l'amica le rivolgeva e la fissò, stranita.
« Mary, che hai? » le chiese alla fine, tra una forchettata di uova e l'altra. 
La ragazza si affrettò a scrollare le spalle. « Niente » rispose semplicemente. « Da quando ti piacciono le uova, Scar? »
A quelle parole, lei parve accorgersi improvvisamente di quello che stava mangiando, come se prima non fosse riuscita a sentirne il sapore, e allontanò il piatto, schifata.
« Da mai » fece, dopo aver bevuto un lungo sorso di succo di zucca. « Mi fanno schifo ».
Mary rise piano e annuì, ma l'amica avvertì che c'era qualcosa che voleva chiederle e che nulla c'entrava con le uova.
« Scar, tu con chi vai alla festa? » le domandò infatti, cercando di suonare il più disinteressata possibile. « Insomma... ti ho vista parlare con Sirius prima... per caso... ? »
« Sirius non mi ha invitata, se è questo che vuoi sapere » rispose subito lei, il tono più brusco di quanto avesse voluto. « Ci vado con James » continuò poi, più rilassata, e ostentò un bel sorriso.
Anche Mary sorrise ampiamente, quasi sollevata dalla notizia che aveva ricevuto dall'amica.
« Oh... » disse, sorpresa. « Pensavo ci tentasse fino alla fine con Lily! Non me l'aspettavo questa resa così veloce ».
« Invece, a quanto pare, stavolta ha rinunciato presto » ribattè l'altra, sospirando. « Penso che sette anni di categorici rifiuti inizino a farsi sentire ».
Mary rise, e Scarlett con lei.
Continuarono tranquillamente la loro colazione, Scarlett che gettava di tanto in tanto qualche occhiata ai Malandrini seduti all'altro capo del tavolo, quando alla loro panca si avvicinò Miley, sorridendo calorosamente come sempre in direzione di tutti e chinandosi a stringere la sorella.
« Salve, Grifondoro » salutò, accomodandosi e sistemandosi la gonna sulle gambe. « Come state? »
Cominciò a servirsi di uova e pane tostato e gettò la borsa colma di libri in un punto imprecisato sotto di lei.
« Ma tu non hai già mangiato di là o voi Tassorosso vivete negli stenti? » fece Scarlett, studiandola con disapprovazione.
« No, noi siamo i re delle salsicce, ma ho fame » disse la ragazza serena, continuando a mangiare. « Allora, sorellina, trovato un cavaliere per la festa? »
Lei fece per rispondere ma fu distratta da un gesto inaspettato di Lily, che si diede un colpo sulla fronte con il palmo aperto della mano.
« Che succede? » domandò Emmeline al suo fianco, fissandola con aria preoccupata. « Che cos'hai? »
Ma la ragazza scosse il capo senza una parola, le labbra serrate e gli occhi sbarrati come quando combinava qualcosa di irreparabile.
« Che cosa ho fatto? » sussurrò infine, sconvolta da chissà quale pensiero. « Miley... mi dispiace... »
Lei sgranò gli occhi, senza capire cosa diavolo stesse blaterando con quell'aria colpevole e mortificata.
« Ti dispiace per cosa? » le chiese gentilmente, chinando il capo per osservarla meglio. « Ehm... Lily, parla, mi stai spaventando... »
« Ho detto... » balbettò lei, portandosi una mano alla bocca. « La festa... con Remus... ma tu... »
« Oh! » esclamò Scarlett, facendo voltare la sorella verso di lei. « Ho capito cos'hai. Miley... Lily ha chiesto a Remus di andare insieme alla festa ».
Il volto di Miley rimase impassibile, come se non avesse compreso il motivo di tanta disperazione. Infatti, non lo aveva capito per niente.
« E allora? » fece in tono neutro, tentando di cavare un senso da quella conversazione.
« Di sicuro avresti voluto chiederglielo tu! » esclamò Lily, in preda al dispiacere. « O magari ti avrebbe invitata lui! E... oh, aspetta, vado ad annullare... »
« Lily, mi stai prendendo in giro? » mormorò Miley con un gran sorriso. « Ma io non voglio... cioè, io non glielo avrei mai e poi mai chiesto. Anzi, sono felice che ci vada insieme a te. Dico davvero, puoi credermi ».
Lily si calmò e si sporse per abbracciarla, rincuorata, mentre l'altra la stringeva e rideva sottovoce. Quella ragazza possedeva una dolcezza unica, in fondo.
« Scusami... » borbottò ancora, non del tutto convinta di aver ricevuto un perdono che non necessitava di avere. « Sei sicura che...? »
« Non mi avrebbe mai invitata e neanch'io avrei mai avuto il coraggio di farlo, te l'assicuro » concluse Miley, sciogliendosi dall'abbraccio e sorridendole.
Una voce alle sue spalle, però, la fece trasalire. Una voce spaventosamente familiare.
« Chi è che non avresti mai avuto il coraggio di invitare? »
Miley si voltò, spiacevolmente consapevole dell'identità dell'autore di quella domanda. Maledetto John.
« Remus! » trillò, in preda al panico, tentando un sorriso poco convinto. « Ehm... come dici? Ah, sì... no, io... volevo invitare... »
Si guardò intorno con aria disperata, ma fu la sorella a salvarla in extremis.
« Minus! » esclamò, annuendo più volte e facendo un cenno verso Peter che parlottava con Sirius a bassa voce. « Miley voleva invitare Minus ».
« Sì » confermò subito lei, rilassandosi e ringraziandola interiormente. « Volevo invitare Peter... già... così carino... » e rise, imbarazzatissima.
Remus la fissò senza batter ciglio, piuttosto rabbuiato anche se non lo diede a vedere.
« Oh » disse solo. « Volevi invitare Peter ». Annuì, poi riprese. « Se vuoi, allora, te lo chiamo, così... »
« No! » si affrettò a dire lei, scuotendo il capo. « No, ehm... stavo proprio dicendo che... non avendo il coraggio di invitarlo, ci vado con un'altra persona... »
« Ah » fece questa volta Remus, sempre serio. « Un'altra persona. Ho capito » e annuì nuovamente. « Beh... Lily, ero venuto per restituirti questo » riprese poi, porgendole un libro dall'aria malconcia. « Mi ero dimenticato di ridartelo. Ci vediamo a lezione... ciao, Miley ».
Lei rispose con scarso entusiasmo, vagamente turbata dalla sua mancanza di sorrisi e per il suo comportamento in generale.
« Non sembrava troppo contento, eh? » fece Scarlett sottovoce, indicandolo con un cenno. « Magari è per la notizia che gli hai dato ».
Ma la ragazza fece una smorfia scettica e non disse nulla.
« Comunque » riprese l'altra, sorridendo, « non mi hai detto chi è il tuo accompagnatore. Spara, sorella, stupiscimi ».
« Dylan Brown » rispose prontamente lei. « Tassorosso, sesto anno, capelli biondi, occhi verdi, innegabilmente figo, Battitore della mia squadra, nonché mio migliore amico da quando ero una nana » concluse, guadagnandosi una botta sul braccio da parte della sorella.
« Brava! » commentò, sinceramente colpita. « Brown mi piace! E' vero, me lo ricordo, il secondo giorno del tuo primo anno già camminavate insieme... »
Miley rise e annuì. « E tu, invece? » domandò. « Con chi è che ci vai? »
« James Potter » fece lei, imitando il tono di voce della ragazza. « Grifondoro, settimo anno, capelli neri, occhi nocciola, innegabilmente figo, Cacciatore e Capitano della mia squadra, nonché mio migliore amico da quando sono nata ».
Scoppiarono a ridere entrambe e si batterono un cinque.
« Complimenti anche a te, sorella » disse Miley con sincerità. « Ottima accoppiata ».
Ma mentre tra le sorelle Banks si festeggiava la scelta degli accompagnatori, a pochi passi da lì, si stava consumando un dramma. Perché c'era chi ancora, a differenza di molti altri, non aveva nulla da festeggiare.
« Dai, Sirius, che ti prende, perché non vuoi farlo più? »
Peter, infatti, stava implorando Sirius di approfittare dell'occasione per andare da Mary e mantenere la promessa che gli aveva fatto la sera precedente. In quel momento, però, lui non pareva più avere molta voglia di procedere con l'operazione, anzi, sembrava decisamente scocciato.
« Peter, non rompere » sbuffò, infastidito. « Non sto dicendo che non lo farò. Semplicemente, non lo farò adesso ».
« Ma di sicuro la inviteranno prima! » si lagnò l'altro. « Andiamo, che ti costa? Devi solo farle una domanda ed è finita, su! »
Sirius, in quel momento, avrebbe desiderato solo ucciderlo e starsene da solo a pensare a sé, ma più per esasperazione che per altro, annuì.
« Va bene, glielo vado a chiedere » sbottò brusco, felice almeno all'idea di togliersi quel peso fastidioso dalle spalle. « Basta che la pianti, però ».
Il ragazzo lo ringraziò e corse via, lasciandolo al suo lavoro assai poco desiderato.
« Mary » mormorò, avvicinandosi alla panca sulla quale sedeva la ragazza. Tentò in tutti i modi di non far cadere lo sguardo su Scarlett, ma invano.
« Mary » ripetè più forte, e lei si voltò a guardarlo, sorridendogli.
« Ciao, Sirius » lo salutò, sistemandosi i capelli dietro l'orecchio con un gesto ansioso della mano.
« Ciao » fece lui poco entusiasta. « Senti, puoi venire un secondo? Devo parlarti ».
Mary annuì febbrilmente, borbottò qualcosa a Scarlett che nemmeno la ascoltò e lo seguì fuori dalla Sala Grande, le dita incrociate dentro le tasche.
« Mary » disse Sirius, poggiandosi alla parete, « ascolta, ho bisogno di chiederti una cosa ».
La ragazza annuì nuovamente, senza smettere di fissarlo, il cuore che batteva più velocemente del normale.
« Tu sei ancora libera per la festa di Lumacorno? » le chiese lui in tono serio.
A lei balzò il cuore fuori dal petto e per un attimo non ebbe idea di cosa dire, stordita dal suo sguardo inconsciamente penetrante.
« Sì » rispose infine con il filo di voce che le era rimasto in gola. « Sì, sono libera ».
« Bene » fece Sirius, staccandosi dalla parete, le mani affondate nelle tasche, « allora, non è che ti andrebbe di andarci insieme a Peter? »
Mary trasalì, del tutto spiazzata. Non riusciva a credere alle sue orecchie, ma era certa di aver udito chiaramente. Eppure ci aveva creduto davvero, quella volta. Aveva creduto fino in fondo che Sirius Black stesse per invitarla alla festa, ma evidentemente si era illusa inutilmente.
« E' un secolo che mi parla di te » proseguì lui, dicendo senza curarsi ciò che gli passava per la mente, « ma è troppo timido e per questo ha chiesto a me di invitarti al posto suo. Gli farebbe molto piacere se lo accompagnassi... sempre se ti va, è chiaro » terminò poi, più gentile.
Lei non seppe cosa dire e, in mancanza di parole, annuì, lo sguardo vacuo.
Sirius accennò un sorriso e le si avvicinò.
« D'accordo, allora... beh, se vuoi dirglielo tu stessa... non so » borbottò, pensando che ormai avrebbero potuto sbrigarsela da soli.
« Sì » mormorò lei, senza guardarlo. « Adesso vado a parlargli ».
Lui annuì e le scoccò un bacio sulla guancia, salutandola con un semplice: « Bene, allora... allora ciao, Mary » che la lasciò congelata sul posto.
Era paradossale, ma quella festa stava evidentemente procurando più danni che gioie, al castello, anche se nessuno pareva disposto ad ammetterlo.
 
 
*  *  *
 
 
Anche quando quasi tutti gli invitati alla festa di Lumacorno ebbero trovato un accompagnatore, l'entusiasmo prenatalizio non si spense a Hogwarts.
Da quando il castello era stato addobbato, con l'avvicinarsi delle vacanze, infatti, i corridoi pullulavano di rametti di vischio, spesso dotati di un qualche incantesimo che li faceva sparire e ricomparire a loro piacimento in qualsiasi luogo fosse possibile averli.
Bande intere di ragazzine ridacchianti si stagliavano intorno alle foglionine tremanti al passaggio di James e Sirius, che lanciavano loro sorrisi e andavano via, impauriti anche se non lo davano a vedere, perché avevano imparato a conoscere le loro fan e avevano capito che, soprattutto in quel periodo dell'anno, divenivano molto agguerrite e pericolose. Si tiravano gomitate e calci sugli stinchi davvero impietosi per appostarsi proprio sotto la piantina in modo da avere, secondo il loro cervello bacato e contorto, maggiori possibilità di ricevere il tanto atteso bacio, ma ciò non avveniva mai.
Il bacio che James desiderava ardentemente, invece, era quello di Lily Evans. Nessuna novità.
La sua rabbia furiosa e implacabile dovuto al suo ennesimo e brutale rifiuto aveva avuto la durata di mezza giornata scarsa, poiché non aveva resistito ed era tornato a parlarle normalmente già all'ora di pranzo. Fallita la missione festa, comunque, si era cimentato nella missione bacio, più ardua, eppure fattibile se avesse architettato una strategia. 
Il suo tentativo più eclatante richiese l'aiuto dei Malandrini e delle amiche di Lily, nonché la partecipazione straordinaria di Frank e Alan.
I due avrebbero dovuto tenere il corridoio del secondo piano sgombro, inventando scuse credibili.
« Mirtilla Malcontenta ha giurato che perseguiterà a vita il primo che attraverserà questo corridoio oggi » aveva annunciato Alan a un Tassorosso imbronciato. « Non ti conviene, amico mio, non è questa gran compagnia, né tutta questa gran figa. Anzi » e lasciò la frase in sospeso.
Il ragazzo non potè che andare via, cercando disperato un'altra strada per raggiungere la sua Sala Comune.
Le ragazze, invece, avevano il compito di condurre Lily alla postazione stabilita, senza farle capire che c'era un motivo particolare e recondito.
I Malandrini, infine, dovevano occuparsi ancora una volta della coreografia e di tenere calmo James nell'attesa della sua donna.
Appena la videro spuntare all'imboccatura del corridoio, Peter spense tutte le luci con un colpo della bacchetta, Sirius ne creò alcune soffuse attorno al vischio, mentre Remus fece diffondere una melodia leggera e sensuale per tutto lo spazio circostante.
James, sfidando le condizioni atmosferiche solo leggermente polari, aveva indossato solo la camicia e la cravatta slacciata e abbandonata su di essa.
« Evans » disse in tono ammiccante, quando la vide avvicinarsi spiazzata, « finalmente ».
Le amiche si affrettarono a raggiungere i Malandrini e rimasero a guardare, ansiose. Lily, nel frattempo, fissava James con una strana espressione.
« Potter, non dirmi che... » cominciò a dire, infervorandosi.
Ma James non gliene diede il tempo, le poggiò una mano sulla schiena e la attirò a sé, mormorando: « Non dire niente, Evans ».
La ragazza lo fissò e tanto fu sconvolta che non tentò nemmeno di sottrarsi alla sua stretta. O forse, magari, la cosa non le dispiaceva troppo.
« Potter, si può sapere...? » ricominciò a dire, il fiato corto. « Toglimi le mani di dosso e non azzardarti a fare nulla di cui ti dovrai pentire in seguito alla tua prematura morte. Intesi? » fece poi, riprendendosi tutt'a un tratto. « Potter » intimò, minacciosa, sguainando la bacchetta che sprizzò scintille.
James la mollò, sospirando afflitto e la musica crollò in una nota delusa e si spense.
« Andiamo, Evans, mi rovini sempre tutto! » si lamentò tristemente. « Ma lo sai quanta gente è servita per organizzare una cosa come questa? »
Lei lo fissò con aria esasperata. James Potter non cambiava proprio mai.
« No, Potter, non lo so e non lo voglio sapere » tagliò corto bruscamente, raggiungendo le amiche che iniziarono a protestare, assai deluse.
Ma la ragazza, impettita, non ascoltò nessuno e andò via, seguita dalla luce proveniente dalla bacchetta di Sirius.
« LEVAMI DI DOSSO QUELLE LUCI, BLACK! »
E lui non potè che ubbidire, divertito.
A Sirius, però, non è che le cose andassero molto meglio. Aveva deciso di lasciare da parte lo strano groviglio di pensieri e sentimenti che gli impediva di stare sereno, ripromettendo a se stesso di ritrovare un po' del vecchio Sirius Black, tornando a giocare con Scarlett come se non ci fosse nulla di importante in ballo tra loro.
Un giorno, la bloccò di fronte all'aula di Incantesimi, mentre passeggiava durante un'ora buca per entrambi.
« Ehi, bella Banks » la salutò, facendola trasalire dallo spavento. « Chiedo venia, avrei dovuto annunciare la mia presenza ».
Scarlett si voltò a guardarlo, scocciata, ma allo stesso tempo incapace di trattenere un breve sorriso.
« Black, spero che tu non mi abbia raggiunto per augurarmi ancora buon Natale » disse secca, intrecciando le braccia all'altezza del petto. « A proposito » aggiunse poi, inarcando un sopracciglio, « dov'è finito il tuo grazioso berretto? Adoro vedertelo in testa, ti rende straordinariamente sexy ».
Le labbra attraenti di Sirius si arricciarono in un delizioso sorriso divertito, e il ragazzo scrollò le spalle.
« La tua ironia mi smonta l'autostima, dolcezza » mormorò, simulando un'espressione di ineffabile dolore tradita dal lampo di divertimento nei suoi occhi.
Lei sbuffò, borbottando tra i denti un: « Non chiamarmi così » che non era riuscita a trattenere. Detestava quei nomignoli irritanti, e lui lo sapeva bene.
« Ho un po' la memoria corta, tesoro, dovresti ricordarmelo più spesso » le disse, ostentando un'aria innocente che non gli si addiceva per nulla.
Se c'era una cosa che Sirius Black non conosceva affatto, questa era l'innocenza. E Scarlett aveva imparato a capirlo, in effetti, meglio di chiunque altro.
« Si può sapere perché mi hai chiamata, tesoro? » replicò, inclinando appena il capo e studiandolo da vicino.
Quando si ritrovavano, come spesso accadeva, direttamente faccia a faccia, si rendeva pienamente conto di quanto fosse maledettamente alto. Il fatto di dover reclinare il capo per guardarlo fisso negli occhi, misto al senso di smarrimento che si faceva largo dentro di lei in quelle occasioni, le recava non poco fastidio. Eppure, non aveva problemi a mascherare il suo disappunto e ad affrontarlo senza batter ciglio. Quasi sempre.
« Scambiare due chiacchiere con te è di gran lunga il mio passatempo preferito » fu la sua pronta risposta.
« Non credo di voler avere il piacere di diventare il tuo passatempo, Black » rispose lei con un sospiro, allentando la stretta delle braccia.
Ma lui scosse il capo ripetutamente e le sfiorò distrattamente il braccio con la punta delle dita, fissando quello piuttosto che lei.
« Non il mio passatempo, no » rispose, il tono di voce piuttosto basso. « Tu sei la mia sfida, Banks. Lo sai bene ».
Scarlett si chiese se avesse dovuto sentirsi in qualche modo lusingata da quella precisazione. Stupido Black.
« Oh, guardami, sono arrossita » commentò, la voce intrisa di sarcasmo. « Per l'amor del cielo... » borbottò poi, stranamente amara. « Non voglio sapere cosa sono per te. Lo hai detto anche tu, lo so già... e sinceramente non me ne potrebbe importare di meno ».
Sirius sollevò di scatto lo sguardo, trafiggendola. Non c'era traccia del vecchio sorriso sul suo volto impassibile, e parve serio.
« Io tengo parecchio alle sfide » mormorò, senza aver timore di guardarla. « Sono importanti, per me. Credevo sapessi anche questo ».
Certo di essere stato fin troppo allusivo e impaurito dalle sue stesse parole, scosse impercettibilmente il capo e tornò a sorridere. Scarlett, invece, impiegò un po' più di tempo per riprendersi. Quella sorta di metafora era arrivata forte e chiara, ma lei non voleva credere che le sue parole nascondessero davvero qualcosa di più profondo. In Sirius, di profondo non c'era mai nulla. E continuava a pensarlo, anche con l'assoluta certezza che non fosse vero.
« Oh, Banks, ma guarda un po' dove siamo finiti » sussurrò lui dopo un po', il ghigno più pronunciato, lo sguardo puntato in alto.
Evidentemente, il famigerato vischio giocherellone di Hogwarts aveva captato nell'aria la presenza di due individui di sesso opposto e non aveva resistito alla tentazione di sbucare dal nulla, minaccioso e trionfante, anche se era un semplice insieme di innocue foglioline verdastre.
« Mmm » fu il commento di Scarlett. « Vischio, eh, Black? Ma che originalità. Sei così sorprendente che ho la pelle d'oca dall'emozione, credimi ».
Sirius rise sottovoce. Quel suono, inspiegabilmente, la ammaliava in maniera spaventosa.
« Beh, sono abituato a rispettare le tradizioni » replicò lui, ironico visto che in realtà era tutto il contrario. « Sai cosa abitualmente si fa sotto il vischio, no? »
« Certo che lo so » ribattè lei irritata. « Ma so anche che è impossibile che ciò accada tra noi ».
« Impossibile è una parola che non esiste nel mio vocabolario ».
Scarlett trattenne teatralmente il fiato, una mano aperta a ventaglio sul petto, l'espressione falsamente stupita, quasi commossa.
« Oh, cielo... » mormorò, totalmente spiazzata. « Ma come ti vengono in mente certe perle? Mi hai tramortita con questa, davvero. E comunque » aggiunse, ritornando al suo tono duro e abituale, « rimembrando, Black, la nostra precedente esperienza, preferirei evitare che si ripetesse ».
Ma Sirius non parve della stessa idea e non si trattenne dal far trasparire il proprio disappunto.
« Proprio in merito a quella, come la chiami tu, esperienza, potremmo ripeterla, visto che non mi è affatto dispiaciuta » replicò senza la minima traccia d'imbarazzo. Quel ragazzo era incredibile, con quella sfacciataggine che non smetteva mai di dimostrare.
« Ah, parla per te! » esclamò lei, esibendosi in una smorfia disgustata ma per niente vera. « E poi, perdonami, ma non hai trovato nessuna disposta a soddisfare le tue... voglie natalizie? Dev'essere molto triste per lo scapolo d'oro Sirius Black... sono sicura che ti rifarai, però, ho piena fiducia in te ».
Sirius fece schioccare la lingua, come se quella di Scarlett fosse stata un'idiozia così colossale che avrebbe preferito non udirla.
« Banks, forse sei rimasta un po' indietro, ma devi sapere che a me le ragazze non mancano mai » rispose, sottolineando con forza l'ultima, fondamentale parola. « A Natale, poi, non ne parliamo. Ingorghi vari sotto i rametti di vischio sono ormai una routine... ma anche per te c'è una certa folla ».
Le sopracciglia della ragazza si inarcarono quasi fino a sparire dietro il ciuffo di capelli scuri. Dover sopportare sciocchezze come quelle era sfiancante per le sue povere orecchie, ma parlando con Sirius Black erano certamente inevitabili, perciò si limitò a storcere il naso, spazientita. Nel compiere quel gesto, si distrasse un attimo dai suoi occhi e notò una ragazza molto carina appena sbucata dall'aula di Incantesimi insieme ai compagni che si bloccò non appena li vide. La conosceva, oh, sì. Proprio per questo pensò che sarebbe stato in qualche modo produttivo portare a termine quel pericoloso dialogo con l'idiota e trattenne un ghigno.
« Una certa folla » ripetè, inespressiva, tornando a fissarlo. « Bene... non me la sento neanche di commentare tutto quello che dici, altrimenti ci arriveremmo davvero a Natale. Ma, assodato il fatto che per te le sgualdrine fanno la fila, potresti gentilmente spiegarmi perché sei ancora qui a parlare con me? »
Sirius, che ovviamente non si era accorto di nulla, distese il volto spavaldo in un sorriso enigmatico.
« Anch'io ho le mie preferenze, bellezza » sussurrò, facendosi pericolosamente vicino. « E, guarda un po', tu sei proprio in cima alla lista ».
Come previsto, tentò di attirarla a sé poggiandole una mano sul collo, così da sfiorare quasi la sua bocca, ma lei gli poggiò un dito sulle labbra.
« Oh, Black, non sai quanto mi piacerebbe proseguire » mormorò, fingendosi dispiaciuta, « ma credo che ci sia qualche impedimento ».
« Cosa? » domandò lui, come se davvero fosse stato convinto che, senza quel misterioso impedimento, lei lo avrebbe baciato senza problemi.
Scarlett fece un cenno dietro di lui, sussurrando: « Forse qualcun altro vorrebbe essere al mio posto, in questo momento ».
Il ragazzo la fissò interdetto e voltò di scatto la testa, ritrovando a qualche metro da lui la ragazza che aveva invitato alla festa di Lumacorno.
Lei lo fissò disgustata, le lacrime agli occhi, voltò i tacchi e se andò di gran carriera, senza dire una parola.
« Dannazione » imprecò sottovoce Sirius, passandosi una mano tra i capelli, e andò via.
Scarlett scoppiò a ridere e solo allora notò che la ragazza non era stata la loro unica spettatrice. Regulus Black, infatti, era poggiato a un muro lì vicino e le rivolse un cenno, che lei ricambiò controvoglia prima di vederlo allontanarsi dal lato opposto, nella direzione presa da Sirius. I due, infatti, si conoscevano poiché si erano affrontati sul campo da Quidditch, ma di certo non provavano troppa simpatia l'uno verso l'altra.
Sirius, nel frattempo, era impegnato ad andare dietro alla ragazza chiamando il suo nome, piuttosto scocciato. Lui, Sirius Orion Black, costretto a correre dietro una sedicenne per giustificarsi e... possibile? anche chiederle scusa.
« Emily! » chiamò, finché non la raggiunse e le poggiò una mano sulla spalla. « Emily, scusa... io e Scarlett stavamo scambiando solo due parole e... »
« Sì, due parole! » esclamò la ragazza, fuori di sé, le guance arrossate. « E fammi indovinare, scommetto che lei aveva qualcosa nell'occhio! » 
« Esatto! » si affrettò a dire lui, annuendo ripetutamente. « Con tutti questi spifferi, chissà cosa svolazza per tutto il caste-... no, Emily, ascoltami! » la richiamò ancora, visto che si era voltata nuovamente sbuffando per andare via. « D'accordo, io e lei... ehm... no, io e lei niente, non... insomma, Emily, non ho fatto niente! Chiedilo a lei, chiedilo a Scarlett e vedrai che ti dirà la stessa... dai, Emily! »
Lei continuava a sfuggire dalla sua presa, ansiosa di correre via, ma lui la riacciuffava senza problemi.
« Senti, se è questo che vuoi sapere, non ci vengo alla festa con te, chiaro? » decretò, spingendolo via e trattenendo stentatamente le lacrime che minacciavano di venir fuori.
Lui sospirò, dispiaciuto, in fondo, per averla fatta stare così male.
« D'accordo... sì, lo capisco » convenne infine. « Però... beh, non piangere, okay? Mi dispiace che tu... Non avrebbe funzionato tra noi » concluse, evasivo.
Emily gli rivolse un'ultima occhiata di fuoco e si affrettò a correre via, furibonda, lasciandolo da solo a rimuginare sul terribile problema appena sorto. Doveva trovarsi un'altra compagna per la festa di quella sera. Aveva poco tempo per agire e sicuramente tutte quelle carine erano già state prenotate.
Maledizione.
« Sempre assassino di cuori, eh, fratellino? » arrivò una voce cupa dietro di lui, facendolo irrigidire all'istante.
Con naturalezza, però, si voltò a fronteggiare il fratello, che gli si avvicinava lentamente, i pollici nelle tasche dei pantaloni scuri.
I capelli di un nero lucente gli scivolavano elegantemente sul volto, donandogli un'aria misteriosa, mentre gli occhi erano schegge di metallo opalescente e scrutavano avidi il volto di Sirius, cercando e ricercando chissà cosa. Era un ragazzo attraente, senza ombra di dubbio, ma non al punto tale da eguagliare la bellezza e il fascino del fratello, che adesso si trovava a pochi passi da lui, il portamento fiero e il viso impassibile, eppure, al contempo, vagamente curioso.
« Ciao, Regulus » lo salutò, guardandolo diffidente. « A cosa devo il piacere? Mamma e papà non ti hanno ancora impedito di rivolgermi la parola? »
Regulus ghignò, lo stesso sorrisetto arrogante del fratello quando gli attraversava la mente un pensiero che gli altri non potevano conoscere.
« Mamma e papà non mi hanno mai impedito nulla » replicò impassibile. « Anzi, ti salutano con affetto, sai? » proseguì, sarcastico.
Sirius rise, una risata tetra e priva di gioia che gli illuminò lo sguardo per un istante.
« Oh, naturalmente » rispose, annuendo. « Credo che provino molto più affetto per me da quando me ne sono andato. Lo trovo giusto » osservò, ironico.
Lui lo fissò, stranamente serio, il viso in ombra, senza dire nulla. Non era mai facile parlare con Sirius, quelle più che rare volte in cui lo facevano, e non sempre si poteva nascondere ogni emozione dietro un ghigno. Entrambi, però, continuavano a farlo, come fosse una lotta a chi ci riusciva meglio.
« Chiediti come mai » lo provocò, facendo un cenno col mento come a invitarlo a riflettere.
Sirius serrò gli occhi. « Me lo sono già chiesto » replicò, amaro. « E la risposta la conosci anche meglio di me ».
Regulus piegò le labbra in una smorfia. « Non credo, sai? No... non credo proprio » rispose sottovoce, un sopracciglio inarcato.
« Che stupido che sei » commentò l'altro senza riuscire a trattenersi, quasi ridendo. « Mi sono sempre chiesto dove ti fosse sparito il cervello, a un certo punto. Non credo che tu sia sempre stato così sciocco... o almeno voglio sperare che sia così. Sarebbe anche peggio se mi dicessi che lo usi per essere volontariamente così idiota ».
Sirius possedeva la straordinaria capacità di farlo sentire sempre inferiore a lui. Inferiore rispetto a chiunque, in realtà, nella peggior accezione del termine.
Il suo volto, però, non fece una piega e continuò a fissarlo senza batter ciglio.
« Pensi che sia stupido? » gli chiese, accennando un sorriso arrogante. « Beh, siamo in due, allora ».
« Lo sei diventato, sì, e parecchio » confermò lui. « Da bambino eri diverso... a Scacchi mi battevi sempre ».
« Ti batterei anche adesso » replicò Regulus, sicuro di sé. « Sei tu che sei cambiato, non io ».
Sirius lo guardò a lungo prima di cominciare ad annuire più volte, rileggendo le sue parole nella mente, comprendendole.
« Io sono cresciuto » lo corresse alla fine, più serio che mai. « Tu sei rimasto indietro, invece. E quello che hai qui » aggiunse con forza, picchiando l'indice sulla sua stessa tempia, « non lo dimostri con una partita a Scacchi. Abbiamo smesso di giocare da un bel po', noi due, Regulus ».
Lui ebbe un moto di rabbia e amarezza, a quelle parole così maledettamente vere, ma non lo diede a vedere. D'un tratto, lo assalì un furioso desiderio di fargli sparire quel tono saccente dalla voce, quel sorrisetto denso di superiorità e arroganza, di dimostrargli che poteva vincere, una volta tanto, e riuscire a farlo star male come spesso stava male lui. E voleva colpirlo nel punto in cui avrebbe fatto più male.
« Hai ragione » convenne dopo un po'. « Ma sono cresciuto anch'io, credimi ».
Dopo un attimo riprese a ghignare e aggiunse: « A questo proposito, che ne dici di parlare di cose da grandi, fratello? »
« Ero certo che non eri venuto qui a fare semplicemente due chiacchiere » fece Sirius, annuendo. « Che cosa vuoi? »
« Beh » riprese Regulus, l'aria soddisfatta, « avevo una curiosità. Di' un po', Sirius, stai per caso con Scarlett Banks? »
Lui fece saettare lo sguardo sul fratello, spiazzato dal cambio repentino di argomento e da quella domanda che non nascondeva nulla di buono.
E il ghignò dell'altro si accentuò. Con quella reazione, fu sicuro di aver fatto centro.
« Io... » balbettò, senza sapere cosa dire. « No » rispose infine. « Non stiamo insieme. Perché, tu che cosa vuoi? » ripetè con veemenza.
« Nulla » replicò innocentemente Regulus. « Solo... vi ho visti così vicini e intimi, poco fa... ho pensato... »
« Che cosa vuoi? » ripetè Sirius, scandendo le parole con lentezza, minaccioso.
Lui, per nulla spaventato, scrollò le spalle, senza smettere un secondo di fissarlo con aria trionfante. Uno sguardo che al fratello non piacque affatto.
« Semplice curiosità, te l'ho detto » mormorò, sereno. « In effetti, mi sarebbe proprio dispiaciuto dover togliere la ragazza al mio caro fratellino ».
La reazione di Sirius fu rabbiosa, proprio come lui si era aspettato. Gli si avvicinò, furioso, piantandosi a un passo da lui.
« Non osare avvicinarti a Scarlett » gli intimò, gli occhi fiammeggianti.
« Hai appena detto che non è la tua ragazza » osservò l'altro con un sorrisetto.
Sirius insipirò a fondo per calmarsi, senza riuscirci. Regulus lo stava provocando di proposito, lo sapeva, ma questo non gli impediva di reagire.
« Se scopro che l'hai anche solo sfiorata » lo ammonì, più serio che mai, « tu sei morto, Regulus ».
Ma lui non mutò espressione e si allontanò, apparentemente sereno.
« Ci vediamo stasera, fratellino... » lo liquidò, voltandogli le spalle.
Sirius lo guardò andare via, il respiro corto, il petto che si alzava e si riabbassava a un ritmo frenetico.
Eppure, del tutto solo in quel corridoio deserto, pensò che la cosa che gli aveva fatto più paura non era stata l'idea di ciò che Regulus avrebbe potuto fare a Scarlett, perché era sicuro che fossero 
solo parole campate in aria. Ciò che realmente lo aveva spaventato, infatti, era stata la sua stessa reazione al pensiero che qualcun altro potesse toccarla.
Perché Scarlett era preziosa. E lui la sentiva sua.









Note della Malandrinautrice: Salve, bella gente! Come procedono le vostre esistenze?
Alors, torno come
quasi sempre dopo una settimana con il nuovo capitolo. E sì, ragazzi, è proprio Natale. Le condizioni atmosferiche sono ideali, in effetti, per parlare di Natale... ma vabè.
Cosa c'è da dire su questo capitolo? Intanto, avrebbe dovuto essere vuoto ed eravamo disperate. Alla fine abbiamo perso il controllo ed è venuto fuori chilometrico come non mai. Spero solo non faccia schifo, non ero molto convinta quando lo abbiamo corretto.
Quindi, dicevo. Allora, per esempio, quello strano dialogo tra Sirius e Scarlett vicino alla Sala Grande. E' come se entrambi fossero stati arrabbiati con l'altro... lei perché lui non aveva neanche tentato di invitarla, lui perché si sentiva sicuro in partenza che avrebbe rifiutato. Erano arrabbiati, insomma, perché non potevano andare alla festa insieme e nessuno di loro aveva provato a cambiare le cose.
Ma, insomma, vi chiederete, perché Scarlett dovrebbe esserlo? Lei non avrebbe mai accettato un suo invito, Sirius ha ragione! E invece chissà... chi vi dice che non avrebbe detto di sì, in un lampo di follia? Scarlett comincia ad essere molto ma molto presa da lui.
Anche Lily. Praticamente, l'unica cosa che le ha impedito di accettare l'invito è stata l'idea di: io, Lily Evans, visto che ho odiato James Potter per sei anni, non posso assolutamente andare alla festa con lui. E' una legge non scritta. Però vorrei.
Insomma... una sciocchezza. E poi Peter, molti lo avevano capito benissimo, ovviamente, gli piace Mary perché è gentile con lui, il che non è consuetudine per Peter. E lei, poverina, che crede che Sirius la stia per invitare e invece... che delusione, povera Mary.
Dopo tutte queste spiegazioni alquanto inutili e scritte coi piedi, vi lascio due immagini natalizie di James e Lily trovate sul web: 
http://oi50.tinypic.com/2wok5yu.jpg
http://oi50.tinypic.com/25f6byc.jpg.
Detto questo, come sempre, ci tengo moltissimo a ringraziare di cuore le VENTICINQUE *oddio, Merlino, Morgana e tutti, non fatemi piangere* persone che mi hanno recensito! Ancora non riesco a credere che tante persone siano affezionate alla mia storia.
Grazie a ognuno di voi, davvero, siete fantastici.
E un grazie infinito anche ai 101 delle preferite, ai 26 delle ricordate e ai 149 delle seguite! Santo cielo, ma quanti siete?
E un grazie speciale, naturalmente, come ogni volta, a mia sorella Rossella, perché senza di lei nulla di tutto questo sarebbe possibile.
Grazie mille a tutti, di cuore! Un bacione!


Simona_Lupin

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Capitolo 19
*** E ora... festa! ***






Capitolo 19


E ora... festa!


 

 

  
Si avvicinava inesorabile la sera e per tutti gli invitati alla festa di Lumacorno fu tempo di preparativi vari in onore dell'occasione.
Nel Dormitorio delle ragazze, salite a prepararsi ben due ore prima dell'inizio della festa, regnava il caos più assoluto, causato in particolar modo da Alice, letteralmente in crisi perché non aveva idea di cosa indossare per piacere al suo Frank. Gettava via gli abiti, scagliandoli con violenza attraverso la stanza, e le amiche cominciarono a prendere in seria considerazione l'idea di abbandonarla alle sue follie per andare a prepararsi in santa pace in un posto tranquillo e del tutto privo di gonne e abitini volanti.
L'affetto incondizionato che nutrivano per la ragazza, però, unito alle minacce di morte che continuava a sibilare tra i denti quando accennavano al loro desiderio di abbandonarla in piena crisi isterica le indussero a rimanere e anche, in uno slancio di amicizia e generosità, a tentare di calmarla ed aiutarla.
« Se posso dire la mia, Alice, tesoro, il vestito color lavanda era un incanto » mormorò cauta Emmeline, sorridendo incoraggiante e mostrandole l'abito.
Lei, in tutta risposta, grugnì in segno di diniego e si concentrò nuovamente sul baule ormai quasi vuoto.
« NON HO NIENTE! » urlò, squarciando l'aria. « Frank mi lascerà! Mi lascerà e non ci sposeremo mai! E' finita! »
Lily si premette un cuscino sulle orecchie, esausta. Non ne poteva già più.
« Alice, adesso la pianti di strillare e fai quello che ti diciamo noi » disse Scarlett, decisa, prendendo finalmente in pugno la situazione. « Vuoi essere elegante come una principessa? Metti il vestito rosa! Vuoi essere carina e meno formale? Metti quella camicia e la gonna, che è fantastica! Vuoi essere una cavolo di bomba sexy? Mettiti quel vestitino nero! E' semplice! » le spiegò, leggermente alterata a causa del forte mal di testa.
« E va bene » mugugnò lei, incrociando le braccia al petto. « Quello rosa vi piace? Datemi il vostro parere, almeno! »
Un coro di esasperati: « Sì, ci piace » invase la stanza, e Alice non potè che sorridere più contenta e iniziare ad indossarlo. Era abbastanza corto, di un rosa acceso, decorato di pietruzze brillanti e ricami vari. In pieno stile Alice Prewett, ecco.
« Scarlett, posso dirti che sei una gran figa con quell'abito addosso? » osservò Mary sorridendo e guardando ammirata l'amica, che rise.
« Grazie, Mary! » rispose, calorosa. In effetti, era davvero bellissima. Indossava un abito di un colore rosso bordeaux abbastanza attillato e aveva arricciato i capelli in modo che le ricadessero morbidi sulle spalle. Anche Mary, però, era molto carina nel suo vestito azzurro pallido molto semplice, qualche ricciolo scuro raccolto in una piccola pinzetta nera. « Anche tu sei bellissima! »
La ragazza scrollò le spalle con un sorriso e si lasciò cadere sul suo letto per indossare le ballerine in tinta.
« Mel, cosa hai fatto ai capelli? » fece Lily, guardando la crocchia che l'amica stava sistemando. « Ti stanno davvero bene ».
« Oh, niente di complicato » rispose lei. « Due trecce, uno chignon. Nulla di che ».
Nel frattempo, Alice fissava Mary con aria critica e severa, e lei lo notò, assai meravigliata.
« Alice, perché mi guardi in quel modo? » le domandò, aggrottando le sopracciglia. « Ho qualcosa che non va, per caso? »
A quelle parole, lei si riprese e scosse il capo, sorridendole affettuosa.
« No, tesoro, sei perfetta » la rassicurò. « Stavo pensando al tuo accompagnatore, ecco cosa non va. Ancora non riesco a credere che tu abbia accettato l'invito di Peter faccia da topo Minus! »
A quelle parole, Scarlett e Lily si scambiarono uno sguardo allarmato, ma poi trattennero un sorriso. Alice aveva sempre pensato che Peter somigliasse a un ratto, quindi non c'era nulla di cui preoccuparsi.
« Con tutti i ragazzi che avrebbero voluto invitarti, tu hai deciso di andare con lui! » proseguì la ragazza, piccata. « E' assurdo! E' ridicolo! »
Mary sbuffò, stufa di sentir ripetere per l'ennesima volta quel discorsetto assai irritante. Non aveva avuto molta libertà di scelta, in realtà, ma questo le amiche non lo sapevano. La prima a pensare che quella situazione fosse abbastanza triste era lei, e quella festa non si preannunciava di certo troppo divertente. Per quanto gli fosse simpatico Peter, per quanto potesse farle piacere stare in sua compagnia, sicuramente non era lui il ragazzo che avrebbe desiderato al suo fianco quella sera.
« Avevo capito come la pensi anche le precendenti ventisette volte in cui mi hai illuminata, Alice » replicò, scocciata.
« Già, per amor di Merlino, piantala » fece Lily, provando compassione per l'amica che, già di per sé, non pareva troppo contenta.
« No che non la pianto! » rimbeccò invece Alice, le mani strette sui fianchi. « Non è giusto, per Mary c'era la fila, maledizione! Quel gran figaccione di Johnson non vedeva l'ora di invitarla, quell'altro tipo muscoloso di Corvonero con quel nome tedesco era altrettanto interessato, Alan McGregory ti ha già chiesto di uscire due volte e l'hai brutalmente respinto senza neanche una spiegazione e l'altro Alan, poveretto, ti ha fatto capire in tutti i modi possibili e immaginabili che venire invitato da te sarebbe stato il sogno più grande della sua misera esistenza! Adesso, per piacere, mi spieghi perché quel ratto? »
Mary trattenne il forte impulso di lanciarle una delle sue ballerine in piena fronte e la guardò in cagnesco.
« Smettila di stressarmi » scandì, infuriata. « Peter è un bravo ragazzo... non devo mica sposarmici! »
Alice borbottò qualcos'altro di indefinito ma poi tacque, dando inizio al lungo e meticoloso processo di make up.
Le altre si unirono presto a lei e nella stanza cadde improvvisamente un religioso silenzio, dettato dal profondo impegno che ognuna di loro stava mettendo in quella complessa operazione. Ad un tratto, però, Alice parve illuminarsi di botto ed esclamò a gran voce: « Mi raccomando! Truccatevi bene, ragazze! »
Tutte si guardarono, perplesse.
« Grazie del consiglio, Alice... » mormorò Lily alla fine. 
« Indovinate cosa ho portato! » proseguì poi Alice, notando lo sguardo spaesato delle amiche. Si avvicinò al baule e ne estrasse una macchina fotografica, che mise in bella mostra verso le ragazze, subito entusiaste.
« Evvai! » esclamò Scarlett, battendo un cinque all'amica. « Stasera ci divertiamo! »
E mentre le ragazze si impegnavano ad essere perfette e impeccabili nella loro stanza, tutt'altro accadeva nel Dormitorio dei Malandrini.
James, bellissimo nel suo completo blu scuro, si sistemava il cravattino bordeaux di fronte allo specchio che ormai era rimasto come parte dell'arredamento della stanza; Frank stava indossando la sua giacca grigia con qualche difficoltà, aiutato da Peter che pareva essere sul punto di morire, strozzato da una cintura troppo stretta per la sua vita piuttosto abbondante; Remus era tutto intento a preparare i nodi delle cravatte dei due, che non erano neanche lontanamente capaci di farlo da soli, mentre Sirius stava sdraiato sul letto a gambe incrociate, le braccia dietro la testa, perfetto nel suo vestito nero.
« Odio quest'affare » borbottò, allentando il nodo del lucido cravattino nero. « Lumacorno dovrebbe organizzare un mutanda party, piuttosto che una festa del genere... » sbottò infine.
« Felpato, devi lamentarti ancora molto? » fece Remus, lanciandogli un'occhiataccia. « Piuttosto, è tardissimo, se sei pronto, scendi giù e controlla se ci sono le ragazze ».
« Io non ci vado più con la Grifondoro » rispose annoiato lui. « Ci vado con un'altra ».
Remus e James si scambiarono un'occhiata, interdetti.
« Che significa? » domandò quest'ultimo. « Emily non aveva accettato? »
« Sì » rispose lui. « Ma poi oggi pomeriggio mi ha visto quando ho tentato di baciare Scarlett e mi ha detto che non voleva più accompagnarmi ».
« CHE COSA HAI FATTO TU? » fece James con voce strozzata. « Hai provato a baciare Scarlett? Ma allora sei davvero un idiota! »
« Senti chi parla » commentò l'amico. « Comunque, beh, che c'è di male? Il fatto è che me ne sono dovuto cercare subito un'altra... e questa qui è un'imbecille ».
L'altro sospirò, tornando a trafficare con la cravatta per non dire altro.
« Se ci vai con una ragazza di un'altra Casa, sbrigati, per la miseria, sei in un ritardo pazzesco » disse poi, senza riuscire a trattenersi.
Sirius si alzò con nonchalance dal letto, imprecando sottovoce e borbottando chissà che cosa.
« Che Pluffe » concluse infine in un linguaggio noto agli umani. « Devo pure passare dal Salone d'Ingresso a prenderla! Come se non ci fosse mezzo castello da qui a lì... cercate di venire presto » borbottò, prima di sbattersi la porta alle spalle.
Gli amici si scambiarono occhiate esasperate e finirono di prepararsi in silenzio.
Dopo dieci minuti buoni, James era ancora di fronte allo specchio a sistemarsi la cravatta con espressione corrucciata e non si sarebbe smosso per nessun motivo al mondo se Remus non l'avesse preso per la collottola e trascinato via con la forza.
« Quella dannata cravatta va benissimo » sbottò, al limite della sopportazione. « E poi io sono malato, non posso pensare a portarti giù di peso, d'accordo? »
« Scusa, mamma » mormorò James, mortificato, mentre Frank e Peter ridacchiavano dietro di loro.
Quando furono arrivati in Sala Comune le ragazze non erano ancora scese, ma trovarono Alan disteso sul tappeto vicino al fuoco, lo sguardo sperduto.
« Alan, vecchio mio, cos'è quest'aria devastata? » fece James, avvicinandosi all'amico.
Lui parve accorgersi della sua presenza solo in quel momento e puntò gli occhi su di lui, lasciandosi andare a un sospiro affaticato.
« Mary non mi ha invitato » disse in tono sepolcrale, picchiando ripetutamente il capo a terra. « Niente festa per Alan ».
James assunse un'aria dispiaciuta e gli porse una mano.
« Su, amico, alzati » lo incoraggiò. « So cosa significa subire una cocente delusione d'amore. Conviveremo per sempre con le nostre batoste sentimentali ».
Alan afferrò la sua mano e si tirò su con uno sforzo immane, come se quel movimento gli fosse costato un'enorme e indescrivibile fatica.
« Pensavo di imbucarmi insieme a Simon » fece poi, più allegro. « Tu che dici, il tricheco se ne accorge? Non vorrei fare una brutta fine, sai, mia madre sarebbe capace di prendermi a padellate per ventiquattr'ore senza fermarsi... te l'ho fatta vedere al Binario, ti ricordi? E' matta, quella donna ».
James scoppiò a ridere. In effetti, la madre di Alan era terrificante, con quel cespuglio di capelli alto mezzo metro che le si ergeva in testa e le unghie smaltate di un rosso sgargiante lunghe anche il doppio. Chissà, magari era simpatica. Come no.
« Fatti una bella dormita oggi, Green, che è meglio » gli consigliò, battendo qualche pacca sulla sua spalla.
Lui annuì, a quanto pareva molto d'accordo, poi salutò tutti e si diresse ingobbito verso i Dormitori maschili, rassegnato all'idea di una serata piatta e noiosa.
Qualche minuto dopo, a scendere giù fu Emmeline, molto carina nel suo abito color salmone lungo fino al ginocchio e le guance meno pallide del solito.
« Mel, sei uno splendore! » fece subito James, sorridendole radioso, e lei arrossì.
« Grazie, James » mormorò, sollevando le spalle. « Le altre stanno per arrivare. Io devo incontrare... beh, devo andare. Ci vediamo alla festa! »
E si allontanò saltellando. I ragazzi non l'avevano mai vista così felice e raggiante, e si scambiarono uno sguardo divertito.
Non molto dopo, anche le altre ragazze fecero il loro ingresso in Sala Comune.
James, che ancora una volta stava aggiustando il cravattino, sollevò lo sguardo e fissò Lily, estasiato. Malgrado non fosse troppo diversa dal solito, semplice nel suo abitino bianco su cui spiccavano delle rose grigio scuro, non aveva occhi che per lei. La trovava semplicemente splendida.
« Lily... » mormorò, facendo un passo verso di lei e sorridendo appena. « Sei... così... » ma non riuscì a completare la frase e scosse il capo.
Anche lei lo guardava intensamente, meravigliata. Era così bello che, quando lo vide, avvertì una stretta in fondo allo stomaco, come se il solo osservarlo la rendesse nervosa, la agitasse e non poco. Gli sorrise, stupita del fatto che James non provasse del risentimento nei suoi confronti. In fondo, anche se ad avvicinarsi era stato lui, era Remus il suo accompagnatore, e lo aveva deciso lei, rifiutando il suo invito. D'un tratto, pensò a come sarebbe stato se avesse scelto James, e si sentì parecchio stupida per aver detto di no ancora una volta. Subito, però, si affrettò a scacciare quella strana fantasia dalla mente.
« Anche tu stai molto bene, James » gli disse, le guance rosse e non per colpa del trucco.
Fece fatica a staccargli gli occhi di dosso, ma alla fine abbassò lo sguardo e si avvicinò a Remus, che la guardava sorridendo.
Solo allora James notò anche le altre ragazze e si affrettò ad abbracciare Scarlett con calore, stringendola a sé.
« Cavoli, Scarlett » le disse quando si fu allontanata. « Sei davvero fantastica! Potresti... non lo so... che ne diresti di un bacino a James? »
Lei rise e gli scoccò un bacio sulla guancia, stampandogli delle labbra scarlatte sulla pelle.
« Così sembro un figo strapieno di ragazze » disse, scoppiando a ridere.
« Tu sei un figo strapieno di ragazze, James » gli fece notare Scarlett, eliminando il rossetto con un tocco delicato del pollice.
Ma lui scosse il capo senza smettere di sorridere. « Ho la cravatta in tinta con il tuo vestito, hai notato? » osservò poi.
Lo sguardo della ragazza andò dal suo petto all'abito che indossava e ricambiò il sorriso.
« Feeling da fratelli, immagino » rispose, sollevandosi appena sui tacchi per scompigliargli affettuosamente i capelli.
Dopo che Alice si fu buttata tra le braccia di Frank, stritolandolo con la sua forza bruta, e che Mary ebbe salutato timidamente Peter, il gruppetto si avviò verso l'ufficio di Lumacorno, chiacchierando e ridendo allegramente.
Quando varcarono la porta d'ingresso, si sentirono come immersi in un'enorme tenda afosa e affollata. Alle pareti erano stati appesi arazzi di tonalità piuttosto tenui e un enorme lampadario dalle numerose braccia al centro della stanza gettava luci soffuse ovunque, rendendo l'atmosfera suggestiva. Dei vassoi svolazzavano tra la gente per magia, o almeno così parve a loro finché non si resero conto che a trasportarli erano degli elfi domestici vaganti. Oltre ai ragazzi vestiti di tutto punto, erano presenti quasi tutti gli insegnanti e anche parecchi stregoni a loro sconosciuti, intenti a chiacchierare con Lumacorno e la professoressa Amalthea.
Presero un respiro e si inserirono tra la folla, osservando la festa e ascoltando la musica piuttosto alta. 
E Scarlett lo vide quasi subito: Sirius era poggiato alla parete in compagnia della sua ragazza, osservando con aria assente i festeggiamenti, mentre lei era artigliata al suo braccio e parlava senza prendere fiato.
I loro sguardi si incrociarono un istante dopo, quando lui si voltò a dare un'occhiata all'entrata e la vide. Non sorrise, né fece cenni di saluto, ma il suo volto parve illuminarsi e la fissò con una strana espressione indefinibile. Era bella come non mai, e avrebbe voluto poterglielo dire.
« Vado a salutare Sirius » mormorò James a Scarlett. « Torno tra poco ».
Lei non si prese neanche la briga di annuire e lo guardò allontanarsi, tornando in sé solo quando Lily la richiamò. Si diressero insieme verso la direzione opposta a quella in cui si trovava Lumacorno e lì incontrarono Miley, molto carina nel suo abitino blu notte anche se accompagnato dalle fedelissime scarpe da ginnastica, in compagnia di un assai più elegante Dylan Brown.
« Sorella, quelle scarpe sono uno scempio » fu il saluto affettuoso di Scarlett, che le diede un colpetto sul braccio. « Ciao, Dylan ».
Lei si voltò, accorgendosi solo in quel momento delle ragazze, e sorrise radiosa, mentre Dylan ricambiava il saluto con un sorriso splendente.
« Tanto figa anche tu, Big Banks » rispose con nonchalance, ridendo. « Ciao, ragazze! » fece poi, rivolgendosi alle altre allegramente. « Siete tutte quante fighe! Mi spiace farvi sfigurare, ma io e l'eleganza abbiamo fatto a pugni da piccole... oh, beh, pazienza. E questo è Dylan » aggiunse infine, indicando il ragazzo al suo fianco, che rivolse un gran sorriso a tutte. « Dylan, loro sono Lily, Alice e Mary. Come puoi notare da te, le più belle ragazze della scuola ».
Loro risero e strinsero a turno la mano del ragazzo. Era altissimo e aveva spalle molto larghe, tipica corporatura da Battitore.
« Io e Dylan stavamo parlando di Quidditch » disse la ragazza rivolgendosi alla sorella. « In realtà, stavamo parlando più precisamente di come spaccarvi il deretano a Febbraio, cosa altamente improbabile a meno che mamma Tosca non decida di inviarci dall'alto dei cieli un Cercatore decente » e sospirò.
« Ecco, infatti » convenne Scarlett convinta, « l'hai detto tu, non avete speranze ».
« Sei l'avversaria più temibile, Scarlett » fece Dylan, guardandola con un sorriso accennato.
« Oh, davvero? » replicò lei, inarcando un sopracciglio, divertita. « Questo significa che non devo aspettarmi nessun Bolide da te? »
« Naturalmente » ribattè lui, ampliando il sorriso. « Nessun tiro mancino alle belle giocatrici ».
Lo sguardo di Miley andava dall'uno all'altra ed ebbe bisogno di tutta la forza di volontà che possedeva per non scoppiare a ridere. Era divertente veder flirtare sua sorella. Con il suo migliore amico, poi, ancor di più. Si chiese se avrebbe dovuto allontanarsi, ma il desiderio di assistere fu più forte.
« Me lo aspetto comunque » stava dicendo Scarlett. « Il Quidditch è un gioco duro. Non si guarda in faccia nessuno ».
« In certi casi, è difficile non guardare in faccia l'avversario » fu la pronta risposta di Dylan, piuttosto eloquente. « O almeno, per me lo è ».
Lei gli sorrise, ma tacque e continuò a scrutarlo, incuriosita.
Lily e Miley si scambiarono un'occhiata sinceramente divertita che diceva esplicitamente ma guarda un po' quei due, e si affrettarono a distogliere lo sguardo per non ridere, quando dalla folla apparvero James, Remus e Peter, sorridenti.
« Allora, belle signore, che ne dite di iniziare a divertirci? » fece il primo, sfregandosi le mani.
« Ecco il re della festa! » esclamò Miley, allegra. « Aspettavamo solo te. Senza James Potter, il party non si movimenta ».
« Miley! » esclamò lui, notandola solo in quel momento. « Mamma mia, tu e tua sorella siete lo splendore che si personifica... vieni, abbracciami! »
Lei gli circondò il collo con le braccia e si fece stringere, ridendo sottovoce.
« Dylan, grandioso, ciao! » fece poi James, battendogli un cinque amichevole. « Preparati, amico, a Febbraio te la vedrai proprio brutta ».
Lui rise. « Ne parlavo proprio adesso con Scarlett » rispose. « Ci distruggerete, lo so, ma siamo pronti psicologicamente ».
« Ragazzi, lui è quel grandioso di Dylan Brown » fu la presentazione di James. « Amico, loro sono Remus e Peter, altrettanto grandiosi, naturalmente ».
Peter gli strinse la mano, ammirato, mentre Remus lo squadrò con tutta la naturalezza che riuscì a mettere insieme e fece un cenno col capo.
A quanto pareva, era lui il misterioso accompagnatore di Miley. Sinceramente, non gli piaceva affatto. Neanche un po'.
« Ciao, Miley » disse poi, rivolgendosi alla ragazza con un debole sorriso. Forse non aveva nulla di speciale, forse quelle scarpe da ginnastiche annodate alla buona non erano il massimo della femminilità, forse non era più attraente di gran parte delle ragazze, quella sera, ma a lui parve splendida. « Come stai? »
Lei ricambiò il sorriso in maniera più ampia. « Benissimo, grazie, Remus » rispose, osservandolo. Era strano vederlo così elegante. Non che lo fosse particolarmente, indossava un semplicissimo completo chiaro, ma lo era comunque più del solito. E, ai suoi occhi, era ugualmente bellissimo.
« Facciamo un brindisi! » propose a gran voce James, sollevando il suo calice colmo di Whisky. « A questo ultimo anno - anche se non per tutti -, a questa festa strafiga, a queste ragazze strafighe, a questa scuola gloriosa, a quest-... professore! » esclamò poi, adocchiando Lumacorno che passava di lì.
L'insegnante trasalì e si voltò, distendendo il viso in un largo sorriso non appena riconobbe l'autore di quell'urlo.
« James, ragazzo mio » fece, battendogli una pacca sulla spalla. « Ma quanta eleganza, tutti quanti! » aggiunse poi, guardando il nutrito gruppetto.
« Anche lei è un figurino, prof, complimentoni! » disse James con aria d'approvazione.
« Ti ringrazio, ragazzo mio, ti ringrazio... » bofonchiò Lumacorno. « E il caro Sirius, invece? Non è venuto? »
Scarlett si irrigidì e prese la parola, piuttosto infastidita.
« Il caro Sirius è occupato con una ragazza, laggiù, in qualche angolo oscuro » rispose, rimarcando ogni parola come se anche l'articolo nascondesse un significato recondito celato dal sarcasmo, e tutti la fissarono, Lumacorno compreso, un po' allibiti.
« Capisco » commentò l'insegnante, annuendo più volte. Poi si rivolse a Lily e Miley. « Ragazze, c'è un mio ex alunno, adesso Pozionista formidabile, che vorrei farvi conoscere! Gli ho già parlato di voi... e di Severus, naturalmente... venite con me, su ».
« Ma professore! » saltò su Miley, scocciata. « Siamo appena arrivate! Ci faccia divertire un po', su ».
Lily si limitò ad annuire al suo fianco, assolutamente d'accordo con la ragazza. Lumacorno sospirò, sconfitto in partenza.
« Miley Banks... sempre la solita ribelle » ridacchiò, scuotendo il capo divertito. « Vi ho solo chiesto cinque minuti del vostro sicuramente prezioso tempo ».
Miley fece per ribattere nuovamente, ma Lily le poggiò una mano sul braccio e assunse un'espressione conciliante.
« Solo cinque minuti » le sussurrò, scrollando le spalle, e lei, dopo una lotta con se stessa, annuì, indispettita. « Ci guidi, signore » disse poi a Lumacorno.
Lui sorrise e fece segno di precederlo, così Miley consegnò a Dylan il suo calice ancora pieno per metà con un gesto fulmineo e si incamminò insieme a Lily.
Quando avvistarono lo stregone, notarono che era già immerso in una fitta conversazione con un ragazzo dai lunghi capelli unticci e neri che portava un completo dello stesso colore piuttosto largo per la sua corporatura esile. Lily, a quella vista, si irrigidì visibilmente e fissò il pavimento, agitata.
« Amadeus, perdona l'interruzione » fece Lumacorno gioviale. « Queste sono le ragazze di cui ti parlavo, le signorine Lily Evans e Miley Banks ».
A quelle parole, Piton voltò di scatto la testa e fissò lo sguardo su Lily, che non lo degnò minimamente di un'occhiata. I suoi occhi neri come il carbone parvero dilatarsi e le labbra stringersi mentre la squadrava da capo a piedi, avido. E lei odiò, odiò quello sguardo.
« Ragazze, lui è Amadeus Hipworth, discendente del famoso Glover Hipworth, inventore della Pozione Peperina » proseguì Lumacorno, sorridendo.
Il mago dalle lunghissime basette color miele e gli occhi sporgenti porse loro la mano con gentilezza, e loro la strinsero.
Cominciò a parlare delle qualità che un abile Pozionista dovrebbe possedere, delle caratteristiche innate che lo contraddistinguono, ma Lily non gli prestò ascolto. Si sentiva a disagio così vicina a Piton, ma non lo diede a vedere. Percepiva il suo sguardo su di lei e la sua intensità la inorridiva. Avrebbe solo voluto andare via, non dovergli stare accanto e pensare solo a divertirsi insieme agli amici.
« A voi quali carriere piacerebbe intraprendere una volta fuori da Hogwarts? » stava domandando loro Hipworth, le mani intrecciate dietro la schiena.
« Oh ». Lily tentò di riprendersi e di scacciare via i pensieri. « A me piacerebbe diventare un Auror ».
« Oh, è una carriera molto difficile » commentò lui con passione. « Ma lei mi pare una ragazza davvero molto capace. Lei, invece, signorina Banks? »
La ragazza scrollò le spalle. « Beh... a me piacerebbe diventare una Pozionista... come lei » rispose timidamente.
« E sicuramente diventerai un'eccellente Pozionista! » intervenne Lumacorno allegro, battendole una pacca sulla spalla.
Miley sorrise debolmente, imbarazzata.
Nel frattempo, dall'altra parte della stanza, James stava incitando gli amici a dare il via alle danze.
« Scarlett, amore mio, vuoi concedermi l'onore di ballare insieme a te? » chiese all'amica, porgendole una mano e facendola scoppiare a ridere.
« James, tesoro adorato, non chiedo altro che questo ballo » fu la risposta sentita di Scarlett, che la afferrò prontamente.
« Dai, allora! » esclamò il ragazzo con vigore. « Peter, su, lanciati in pista! Alice e Frank dove sono? Oh, ma certo, sono già imboscati da qualche parte... Remus, Dylan, voi non indugiate quando vi raggiungeranno le vostre dame, eh, vi tengo d'occhio » concluse infine, minaccioso, prima di allontanarsi.
I due ragazzi rimasero da soli, poggiati alla parete accanto al bancone dei drink. Tra loro calò un silenzio profondo e vagamente imbarazzante e Dylan, più per fare qualcosa che per altro, afferrò una caraffa di Idromele Barricato e se ne versò un po' in un calice di vetro pulito.
« Ehm... Remus, vuoi qualcosa? » domandò gentilmente al ragazzo, indugiando con la caraffa stretta in mano.
« No » rispose lui, piuttosto secco, e Dylan lo fissò interdetto per un po' prima di scrollare le spalle e tornare ad appoggiarsi spalle al muro, osservando i festeggiamenti e i ragazzi che ballavano e ridevano al centro della stanza afosa.
« Allora » riprese dopo un po', sorseggiando la sua bibita con aria tranquilla, « simpatiche le vostre amiche. Me le ha presentate Miley poco fa ».
Remus fece un cenno poco entusiasta e continuò a non guardarlo, le mani affondate nelle tasche profonde dei pantaloni.
« Tu sei venuto qui con... Lily, giusto? » proseguì Dylan imperterrito. « Già » annuì poi. « Molto carina anche lei... voi due... insomma, state...? »
« No » ripetè lui, senza dilungarsi esageratamente in successive spiegazioni extra.
Il ragazzo, comunque, non si lasciò scalfire dalla sua poca propensione al dialogo e rimase tranquillo, tentando, suo malgrado, di risultare amichevole.
« E tu e Miley? » chiese Remus dopo un po', brusco. In realtà, non avrebbe voluto porgergli quella domanda, ma non riuscì a resistere.
Non capiva nemmeno come mai provasse una tale antipatia per Dylan, ma non riusciva a combatterla. Non gli andava a genio, punto.
Lo sentì ridere sottovoce, e capì che la sua risposta avrebbe confermato ogni sospetto, senza sapere che il reale motivo di quella risata era tutt'altro. Dylan, infatti, non provava alcun interesse sentimentale nei confronti di Miley, semplicemente perché la considerava una sorella da quando aveva undici anni. Appunto per questo, lei gli aveva raccontato forse anche più di un anno prima della cotta che si era presa per Remus e, in quell'ultimo periodo, aveva provveduto ad informarlo su ogni novità con lui. E quale miglior occasione se non quella per indagare un po' sulla faccenda e scoprire se anche lui iniziava a provare qualcosa per lei? Dylan ne approfittò, cercando di essere il più sottile possibile, altrimenti Miley lo avrebbe strangolato con le sue stesse mani.
Dalla domanda di Remus, comunque, ebbe modo di capire con chiarezza che qualcosa sotto doveva esserci per forza. Non era una frase buttata lì a caso.
« No, ma certo che no » rispose, divertito. Il solo pensiero di vedere Miley in quel senso era ridicolo. « E' la mia migliore amica ».
L'altro gli lanciò un'occhiata piuttosto diffidente, ma fece finta di niente e si concentrò su James che, poco lontano da lì, faceva volteggiare Scarlett.
Dopo qualche altro minuto di agghiacciante silenzio, Lily e Miley fecero ritorno, chiacchierando.
« James si è già ubriacato? » s'incuriosì quest'ultima. « Mi stava scaraventando mia sorella addosso, per Tosca ».
« Sì, sembra piuttosto preso » fece Remus, più sereno e sorridente.
« Voleva che ci buttassimo in pista anche noi, al vostro ritorno » aggiunse Dylan, ridendo piano.
Lily parve felice e fece per raggiungere lui e Scarlett, pensando di essere seguita dagli altri, ma solo Dylan si fece avanti.
« Io non ballo » dissero Miley e Remus in coro, scambiandosi un'occhiata divertita.
« Chi è che non balla? » arrivò la voce di James, festante mentre trasportava Scarlett con sé. « Miley, non ti vedo ballare da quando avevi quattro anni, quindi non fare storie. Remus, con te non ho mai avuto l'onore. Non rompete le Pluffe, che servono sempre. Scarlett, diglielo tu ».
La ragazza rise e annuì con fin troppo entusiasmo. Pareva leggermente su di giri, chissà perché.
« Allora, James, troviamoci un'occupazione » disse, battendogli una mano sulla spalla. « Tu prendi quell'impedita di Little Banks e le insegni a mettere un piede davanti all'altro senza fare stragi » e James, a quelle parole, non esitò e le cinse la vita con un braccio, ignorando i suoi borbottii, « mentre io, se permettete » proseguì Scarlett, « mi prendo il bel Lupin che, ne sono certa, darà prova delle sue finora sopite capacità nella danza. Andiamo! »
« No, ti prego, Scarlett » la implorò Remus, ma lei non volle sentire ragioni e lo trascinò al centro della stanza, seguita dagli altri due.
Lily e Dylan, rimasti soli, si affrettarono a raggiungerli scambiandosi un timido sorriso.
« E' facile » stava spiegando James a una rigidissima e anche piuttosto pallida Miley. « Ascolta la musica e fa' quello che non ti passa per la testa ».
« Ha ragione James » disse Scarlett a Remus. « Non avrei saputo dirlo meglio ».
E, chissà grazie a quale miracolo, alla fine riuscirono a sciogliersi un po' anche loro.
Dopo un po', emersi da un qualche misterioso anfratto, li raggiunsero anche Alice e Frank, ridendo a crepapelle per un motivo noto solo a loro due.
« Oh, siete qui allora! » esclamò Lily. « Vi credevamo dispersi. Dove vi eravate cacciati, si può sapere? »
« In giro » fece Alice con estrema tranquillità, e prese anche lei a ballare fin quando non la colpì un'improvvisa illuminazione. « Aspettate! » esclamò infatti, mettendo paura a un allarmato Frank che sollevò le mani e rimase immobile. « Non abbiamo ancora fatto neanche una foto! »
Le ragazze risero, sollevate, mentre James sbarrò teatralmente gli occhi e strinse una mano intorno al braccio di Alice, che lo fulminò con lo sguardo.
« Hai detto foto? » le chiese, fissandola. « Hai detto proprio così? Tu possiedi una macchina fotografica? »
La ragazza sbuffò, infastidita, e scrollò il braccio. « Sì, Potter » rispose, piuttosto scocciata. « La posseggo ».
Il volto di James parve illuminarsi di una luce celestiale e fissò il vuoto, sorridendo come un ebete. Si sentiva improvvisamente realizzato.
« Santo Godric, perché non l'hai detto subito? » fece festante non appena si fu ripreso dalla gioia. « Io amo la fotografia! Quello stramaledetto di mio padre non ha voluto che portassi a scuola la mia macchina fotografica, ma quando torno a casa me la riprendo... oh, sì che me la riprendo... » borbottò tra sé e sé, meditando piani di guerra noti solo al cricetino che correva piuttosto affaticato nella sua mente.
« Neanche papà ha voluto darla a noi » si lamentò Scarlett. « Si mettono sempre lì, lui e tuo padre, a parlare di macchine professionali... ma che cos'avranno mai da fotografare, loro? Sinceramente non l'ho mai capito ».
James sospirò, perfettamente d'accordo. La fotografia era uno dei tanti hobby che accomunavano Richard e Charlus. E quando un hobby accomunava Richard e Charlus, era davvero la fine. Avrebbero potuto rimanere seduti sul divano sfondato di casa Banks per giornate intere, senza stancarsi di parlarne.
« Davvero ti piace la fotografia? » domandò invece Alice cambiando drasticamente tono. « Oh, Potter, allora esiste una cosa in cui possiamo andare d'accordo! »
« Ma certo che sì! » annuì lui, prendendola a braccetto, e stranamente lei non protestò. « Che cosa aspettiamo, allora? » esclamò, iniziando a raccattare gli amici, alcuni dei quali avevano tentato la fuga. « Alice, dove diavolo l'hai messa questa macchina fotografica? »
A quelle parole, la ragazza sorrise ampiamente, fiera, e fece ciondolare la sua piccola borsetta di fronte al naso del ragazzo.
« Una donna, Potter » gli disse, « ha sempre un asso nella manica. Qui dentro c'è tutto il materiale per il mio make up, un abito di riserva, un paio di ballerine per ritornare in Sala Comune senza l'aiuto di una dozzina di persone e... ma che cosa racconto a te? Tanto non apprezzerai mai » aggiunse.
« Incantesimo Estensivo Irriconoscibile? » fece James, ammirato. « Ovvio che apprezzo, se c'hai ficcato dentro anche la macchina! »
E così, senza perdere altro tempo, Alice Appellò l'aggeggio che balzò fuori dalla borsetta e diede inizio al servizio fotografico improvvisato. Lei e James si divisero i compiti: il ruolo della ragazza era quello di sistemare i modelli e organizzare il servizio fotografico, mentre James era il fotografo.
« Allora, intanto le coppie, per piacere! » esclamò Alice.
James prese la macchina e, dopo averla studiata per qualche minuto, si sistemò per scattare. « Frank, dai, mettiti in posa da Portiere! Cosa? Non sai com'è la posa da Portiere? Dai, Paciock! »
Il ragazzo rise e si limitò a stringere per la vita la fidanzata che, al momento dello scatto, gli scoccò sonoro un bacio sulla guancia, facendolo arrossire.
« Bellissima! » si congratulò il fotografo con immenso orgoglio. « Siete la coppia più fotogenica di Hogwarts! Dopo me e Scarlett, naturale » e le rivolse uno sguardo ammiccante che li fece scoppiare a ridere entrambi.
« Allora, avanti voi due » disse Alice, incoraggiante. « Mi aspetto grandi cose da voi, d'accordo? Mi raccomando ».
James cominciò a macchinare una qualche idea grandiosa con la quale rendere la foto straordinaria e, quando fu colpito dall'illuminazione divina, senza preavviso, prese Scarlett per i fianchi e la sollevò tra le braccia, facendola letteralmente terrorizzare e impallidire di botto.
Cominciò a prendere respiri profondi per calmarsi mentre tutti quanti ridevano, e lo ascoltò scusarsi, terribilmente dispiaciuto dell'attacco di cuore che le aveva assai probabilmente procurato. In effetti, avrebbe anche potuto avvisare e non sarebbe stata cosa poco gradita.
« Mi dispiace, davvero, non intendevo spaventarti... » continuò a fargugliare, preoccupato, ma lei lo zittì scompigliandogli i capelli.
« Io e l'idiota siamo pronti » annunciò all'amica, mettendosi più comoda su di lui. « E sbrigati perché non mi sento più le gambe ».
Alice rise allegramente e scattò, mentre tutti sorridevano e li guardavano. L'unica a non sembrare troppo allegra era Lily, che li fissava un po' storta.
« Su, avanti il prossimo! Mary, Peter, dai! » proseguì Alice, facendo loro cenno di avvicinarsi, mentre James riacquistava il suo ruolo di fotografo e Scarlett controllava la buona riuscita dello scatto.
Se non fosse stato per Mary, che lo strinse a sé per le spalle, Peter non l'avrebbe neanche sfiorata. Il sorriso della ragazza parve abbagliare la macchina fotografica, mentre Peter venne fuori con una smorfia che doveva somigliare a un timido sorriso.
« Miley bella, tocca a te! » fece Alice, mentre tutti si passavano le foto appena scattate e commentavano allegramente.
La ragazza avanzò borbottando, incoraggiata da Dylan. Detestava con tutto il suo cuore essere fotografata. 
Il ragazzo, appostato dietro di lei, le circondò la vita con le braccia e lei gli sorrise.
« James, non prendere le scarpe » lo pregò. « Se mamma sa che le ho messe mi uccide ».
Lui rise, la tranquillizzò e scattò la foto, richiamando Lily e Remus. Lei prese a braccetto l'amico e gli poggiò il capo sulla spalla, facendolo sorridere.
« Eccola, la mia modella preferita » disse James estasiato, mettendola a fuoco. « La mia musa ispiratrice... Ah, Evans... » e scattò, ridendo.
Non appena la foto fuoriuscì dalla macchina, James la prese e si soffermò ad osservare Lily, che sorrideva serena. Era un incanto.
« Vuoi vederla, Evans? » le chiese, quando lei si fu avvicinata per guardarla.
« Certo » rispose lei. « Dai, dammela ».
Lui, con uno scatto felino, la fece saettare in alto, fuori dalla sua portata. « Per averla, mia bella, devi pagare un pegno » la avvisò, sorridendo arrogante. « Ergo, Evans, devi lasciarti immortalare insieme al sottoscritto, cosa che, se permetti, dovrebbe esserti assai gradita ».
Lily sbuffò, cercando di apparire indispettita quando invece si stava solo divertendo, e annuì.
« Una cosa rapida e indolore, per piacere » mormorò, arretrando nuovamente verso il luogo adibito alle foto.
« Tutti attenti, eh » annunciò a gran voce, avvolgendo il bacino di Lily con un braccio. « Questo giorno sarà presto rosso sul calendario ».
Lily scoppiò a ridere proprio mentre Alice scattava. La sua risata fu bellissima sulla carta lucida.
« Guardate un po'! » disse loro Alice, porgendo la foto. Lily la prese e, insieme a James, la osservò. Erano venuti bene entrambi, e alla ragazza fece uno strano effetto vedersi accanto a lui così serena e sorridente. Uno strano, piacevolissimo effetto.
« Questo è il mio trofeo di stasera! » esclamò James, sventolando la foto sopra la testa. « Basta trovargli una bella cornice e la metterò sul comodino! »
Lei rise di cuore e si trattenne dal dire a James che avrebbe voluto tenerla anche lei. 
« Vado a farle vedere a Sirius! » annunciò, raccogliendole tutte. « Gli ho lanciato un paio di occhiate e non mi pare si stia divertendo parecchio... » disse poi più piano, guardando Scarlett di sottecchi come a volerle fare capire che il messaggio era rivolto principalmente a lei. Per tutta risposta, la ragazza abbassò lo sguardo.
« Torno subito! » e si allontanò come un razzo tra la folla di ragazzi in festa, mentre il gruppo continuava a divertirsi con la macchina fotografica di Alice. 
Lo trovò poggiato alla stessa parete di prima, nella stessa identica posizione, come se non si fosse mosso di un millimetro. Le mani affondate nelle tasche, i capelli scurissimi sugli occhi, una gamba ritratta, poggiata al muro, l'aria più annoiata e cupa che mai. A James non parve neanche il vecchio Felpato.
« Amico » gli disse, avvicinandosi e battendogli una pacca sulla spalla, « allora, come andiamo? »
Sirius non si prese neanche la briga di guardarlo e continuò a osservare la gente che ballava, mentre a pochi passi da lì, la ragazza che lo accompagnava, Melanie, chiacchierava concitata con una ragazza ricciuta e mingherlina che doveva essere sua amica.
« Non fa che parlare e toccarmi » rispose inespressivo, con una nota di fastidio nella voce. « Se ho una manica della giacca che mi arriva a terra è colpa sua. Si aggrappa come fossi... ah, è insopportabile » sbottò infine con una smorfia. « E non mi posso neanche ubriacare » aggiunse. « Ogni volta che tocco un bicchiere, che ci sia dentro acqua o Ogden, comincia a strillare che bere fa male... cosa vuole, che mi basti mangiare per sopravvivere? »
Sbuffò, rivolgendo per la prima volta lo sguardo all'amico, che lo osservava.
« Te la passi bene, vedo » commentò. « Ma perché non vieni? Noi ci stiamo divertendo! Vieni con me, dai. Puoi anche non portarti la tipa ».
Ma lui scosse il capo. « No, meglio di no » rispose, passandosi le dita tra i capelli. « Cosa facevate? Vi guardavo... da dove sbuca quella macchina fotografica? »
« Alice » rispose solo James, e gli porse il mucchietto di foto che lui prese con un mezzo sorriso. Nella prima, Lily sorrideva sulla spalla di Remus, serena.
« Guarda qui » gli disse l'amico, ridendo sottovoce e prendendo quella insieme a Lily.
Il sorriso di Sirius si fece più largo e sincero e gli gettò un'occhiata. « Cavoli » borbottò. « Foto con la Evans? Vai alla grande, Ramoso, complimenti ».
« Già » confermò l'altro, soddisfatto, mentre lui continuava a far scorrere le foto tra le dita, osservandole una ad una.
Si soffermò su quella di Scarlett, che sorrideva tra le braccia di James, e un pensiero del tutto irrazionale s'impadronì di lui: il pensiero che avrebbe voluto esserci lui lì, al posto del suo migliore amico. Si affrettò a scacciarlo, ma continuò a studiare l'immagine con il capo lievemente inclinato.
« Dovresti venire davvero » mormorò James, che non aveva smesso di guardarlo neanche per un istante. « Non daresti fastidio a nessuno, puoi credermi ».
Lui sollevò lentamente lo sguardo e parve rifletterci su seriamente. In quel momento, però, lo raggiunse Melanie e prese a strattonargli il braccio.
« Sirius! » trillò, la felicità dipinta sul suo volto. « Janette se n'è andata, andiamo a ballare! Non mi hai fatto ballare neanche una volta, Sirius, dai! »
Sirius roteò gli occhi con aria profodamente scocciata e si voltò a guardarla, scrollando lievemente il braccio per far sì che lo mollasse.
« Melanie » disse, brusco, « non lo vedi che sto parlando con James? E lasciami il braccio, me lo stai deformando » aggiunse.
Lei non parve neanche vagamente toccata dal suo tono duro e rivolse a James un sorriso esageratamente ampio e luminoso.
« Oh, tu sei James Potter! » esclamò, battendo le mani contenta.
« Ti ringrazio dell'informazione » rispose lui, allibito per la stupidità abissale di quella ragazza.
« Io sono Melanie Cartwright, tanto piacere! » fece lei, senza badare alla sua risposta. « Sono contenta di conoscerti! Io tifo per te! »
James tentò un sorriso stiracchiato. Lei era una Tassorosso. Non era granché normale, ma sorvolò sulla notizia sconvolgente.
« Io sto andando con James » le disse Sirius, facendo per allontanarsi insieme all'amico.
« E io? » chiese subito lei, disorientata. « Posso venire anch'io, Sirius? »
« No » rispose secco lui. « Janette ti fa segno di raggiungerla, credo abbia da dirti qualcos'altro... ciao, eh » e si affrettò ad andare via con James.
« Per la miseria » commentò lui, sotto shock. « Più stupida no, eh? »
Ma Sirius non se la sentì neanche di ribattere. Non avrebbe mai potuto pensare che una tale idiozia esistesse, e che potesse essere concentrata in una sola persona. Aveva capito di aver terribilmente sbagliato quando lei aveva accettato l'invito saltellando e gettandogli le braccia al collo. L'inizio della fine.
Quando ebbero attraversato la folla di ballerini per una notte, raggiunsero senza problemi gli amici, e Sirius, alla vista di Scarlett, ebbe un tuffo al cuore.
Era bella da togliere il fiato. Così bella da fargli dimenticare qualsiasi cosa.
« Guardate un po' chi vi ho portato! » esclamò James allegramente, battendo una forte pacca sulla schiena di Sirius.
Tutti si voltarono a guardarlo, e fu il turno di Scarlett di subire il colpo allo stomaco. Si guardarono per qualche istante e non riuscì a non arrossire.
« Mancavi solo tu, Black! » esclamò invece Alice che, senza avvisarlo di ciò che stava per fare, gli puntò addosso la macchina fotografica e lo immortalò.
Lui strizzò gli occhi, accecato dalla luce, e imprecò.
« Prewett, maledizione, ci vedo triplo » borbottò, contrariato, massaggiandosi gli occhi con la mano.
« Sei il solito esagerato » rispose quella stizzita, agitando a mezz'aria una mano.
« Ma si può sapere perché diavolo non sei più venuto? » intervenne Frank, mentre cercava di impedire alla fidanzata di scattargli l'ennesima fotografia.
Lui si fece serio e scrollò le spalle. « Beh... non mi andava di portare fastidio a tutti con la mia accompagnatrice » disse infine, anche se quella non era esattamente la verità. Non si era unito agli amici solo per timore di dover guardare Scarlett negli occhi mentre era in compagnia di Melanie.
« Perché, chi è che hai invitato? » domandò Alice, curiosa. Strano che non fosse arrivato alle sue orecchie quel particolare.
« Melanie Cartwright, di Tassorosso » rispose lui atono, fissandola.
Nessuno parve riconoscere quel nome, tranne Miley, che trattenne il fiato e si portò entrambe le mani alla bocca, gli occhi sbarrati dall'incredulità.
« Hai invitato Melanie Cartwright? » gli chiese, mentre tutti la guardavano senza capire il motivo di quella reazione.
« La conosci? » le domandò Sirius, inclinando il capo per osservarla. In effetti, era del suo anno e della sua stessa Casa.
« Ah, se la conosco! » fece lei con una smorfia. « Condividiamo il Dormitorio. E' un metro e sessanta di idiozia. Ma come ti è saltato in mente di invitarla? »
« Beh... » Sirius puntò lo sguardo su Scarlett. « Ho... come dire... perso la compagna che avevo scelto molto tardi e... ecco, non ho avuto molta scelta ».
A lei quasi scappò un sorriso, ma si trattenne e si limitò a fissarlo, impassibile. Lui distolse lo sguardo solo dopo parecchi istanti.
« Comunque! » esclamò a gran voce Alice, facendo trasalire molti di loro. « Andatemi a chiamare subito Emmeline, voglio una super foto di gruppo! »
Lily si avventurò alla ricerca dell'amica, seguita a ruota da un trotterellante James, e riemerse poco dopo insieme a un ragazzo altissimo e magro dai capelli lunghi e ondulati che sorrise gentilmente a tutti.
« Ciao, belli! » salutò Emmeline, un po' su di giri, o almeno più del solito. « Lui è David. David, loro sono... beh, lasciamo perdere, tanto non ti ricorderesti i nomi di tutti quanti » e rise, divertita. Pareva una delle poche persone davvero felici in quella combriccola di scontenti.
« Mel, chi non muore si rivede! » esclamò Mary. « Stiamo facendo una foto di gruppo, vieni ».
La ragazza avanzò saltellando e si unì agli altri che iniziarono a prendere posto.
« David, non fare il timido, vieni anche tu! » disse Emmeline, facendogli cenno di raggiungerla, e lui annuì timidamente e si avvicinò.
Nel frattempo, James cercava qualcuno che scattasse la foto. Interruppe una coppia che ballava appassionatamente lì vicino e il ragazzo lo mandò al diavolo. Tra i due stava per nascere una lite, ma Lily e Scarlett si affrettarono a tirarlo via per i gomiti e a chiedere scusa ai due. A quel punto, James, più calmo, lo domandò a un ragazzino dai capelli rossi, che non solo accettò, ma lo ringraziò, probabilmente onorato di essere stato scelto come fotografo da James Potter in persona.
A quel punto, si andò a posizionare tra Lily e Scarlett. Alla sinistra di quest'ultima prese posto Sirius, che le lanciò un mezzo sorriso, mentre accanto a Lily si posizionò Remus. Miley gli lanciò una timida occhiata, ma lui sorrise, così gli si avvicinò insieme a Dylan, mentre accanto a Sirius si disponevano le restanti tre coppie.
« Stringetevi » fece il ragazzino, cercando di centrarli tutti con non poche difficoltà.
« Evans, se vuoi abbracciarmi non mi oppongo » mormorò James all'orecchio di Lily, facendola trasalire, e per la seconda volta le cinse la vita con un braccio.
Lei gli sorrise, le guance un po' più rosse di prima, e si strinse un po' di più al suo petto, il respiro d'un tratto irregolare.
Nello stesso momento, Sirius fece scorrere una mano sulla schiena di Scarlett, facendole bloccare il battito cardiaco. Lo guardò di sottecchi, senza osare dire una parola, e lui per tutta risposta le strinse un fianco, inducendola a riabbassarlo di scatto.
« Tutti pronti... » annunciò il ragazzino. « Dite cheese... »
« Scatta! » sbottò Mary, che come al solito dava prova delle sue buone maniere e dei suoi modi gentili.
Lui trasalì e si affrettò a premere il pulsante, così che dopo un attimo dalla parte anteriore della macchina fuoriuscì una foto di gruppo meravigliosa.
« Sono un figo! » esclamarono in coro James e Sirius, guardandola con orgoglio. Poi si squadrarono.
« Sono più figo io » sibilò minaccioso James, picchiettando la figura di se stesso sulla foto.
« No, sono più figo io » fece Sirius di rimando, indicando il Sirius in carne ed ossa.
« Io sono più figo perché ho ragazze più fighe » replicò l'altro. « La mia dama è più figa della tua ».
Lui lanciò uno sguardo a Scarlett e sollevò le mani in segno di resa, sorridendo.
« Okay, Ramoso, mi arrendo. Hai vinto » scherzò, e lei non potè trattenere un sorriso.
Distolsero lo sguardo l'uno dall'altra solo quando Frank si avvicinò, prese in mano la foto e, con tutta la naturalezza del mondo, dichiarò: « Il più figo, comunque, sono senza dubbio io. Il caso è chiuso ». 
E tutti non poterono che essere d'accordo.
 
 
*  *  *
 
 
Ciò che le ragazze capirono durante quella festa fu che James era un ballerino instancabile. Le aveva tenute al centro della stanza a danzare per un mucchio di tempo, fin quando, esauste, non gli avevano chiesto una pausa e lui, piuttosto deluso, le aveva seguite al bancone dei drink, portandole via nuovamente quando avevano ingoiato l'ultima sorsata delle loro bevande e ignorando ogni loro protesta senza fare una piega.
La festa era proseguita nel migliore dei modi per tutti quanti. Alice, piuttosto esaltata a causa dell'eccesso di Whisky, aveva preso a scattare foto a chiunque riuscendo a infastidire più di metà degli invitati e infischiandosene dei continui richiami di Frank; Emmeline si era dileguata insieme al suo Corvonero senza più riemergere dalle tenebre, e le amiche avevano trascorso un quarto d'ora buono a ridere e a formulare ipotesi sempre più assurde sulla fine che poteva aver subito; Remus e Miley avevano trascorso quasi tutto il loro tempo insieme, chiacchierando e ridendo vicini sotto gli sguardi divertiti dei restanti Malandrini, i quali lodavano se stessi per i passi lupastrosamente giganti che avevano fatto compiere all'amico in poco tempo; James e Sirius si erano divertiti a mescolare i diversi tipi di bevande, dando vita a mix di loro invenzione che, a parer loro, erano deliziosi, ma che nessuno - chissà come mai - aveva voluto anche solo annusare; e infine, ad un certo punto, James, Sirius, Peter e Miley avevano deciso di andare ad abbuffarsi ad un tavolo vicino a quello dei drink, mentre le ragazze si erano occupate di criticare i loro stomaci insaziabili con battutine che non li avevano minimamente feriti.
Anche gli insegnanti presenti alla festa, comunque, parevano divertirsi parecchio. Vitious, ad esempio, si era ben presto unito ai quattro musicisti relegati in un angolo buio e remoto della stanza, insegnando loro nuove speciali tecniche da utilizzare con i loro strumenti e anche prendendo il posto di uno di loro per l'esecuzione di una canzone un po' particolare, mentre la professoressa Amalthea aveva creato una sorta di angolo delle previsioni, seduta a un tavolino e disposta a rivelare a chi lo avesse richiesto un futuro piuttosto imminente, ovvero quello riguardante gli incontri di tipo sentimentale che sarebbero avvenuti durante la festa. Il professor Dixon, infine, si era divertito moltissimo a ballare con la giovane insegnante di Babbanologia, Dulcibella Fisher, dimostrando uno stile impareggiabile e, secondo tutte quante le ragazze, davvero molto sexy.
« Andiamo a salutarlo! » propose Alice con entusiasmo dopo aver osservato una sua performance particolarmente convincente.
« Ma Alice, non possiamo! » disse subito Emmeline, guardandola con aria severa. « E' un insegnante! »
Lei la fissò ad occhi sgranati. « Da quando è proibito salutare un insegnante? » chiese, esterrefatta dall'estremo senso del pudore dell'amica.
La ragazza parve ponderare seriamente la questione e, al termine di una lunga riflessione, pensò che Alice non avesse poi tutti i torti. La cosa che la preoccupava, però, era che il suo semplice ed educato saluto potesse divenire qualcos'altro ed essere causa di una catastrofe firmata Alice Prewett.
« Andiamo, su » le incoraggiò Scarlett, prendendo Alice e Mary a braccetto ed avanzando verso l'insegnante.
In quel momento, Dixon si era preso una pausa e aveva preso un bicchiere di punch, mentre osservava con aria divertita i festeggiamenti.
« Salve, professore! » fu il gioviale saluto di Mary, che si avvicinò insieme alle altre sorridendo allegramente.
« Ragazze » fece quello, ricambiando ancor più ampiamente il sorriso, « ma che splendore! Siete stupende! Vi divertite? »
« Sì, molto » rispose la ragazza, annuendo. « E lei? »
« L'abbiamo vista ballare » proseguì prontamente Alice, sorridente. « Dove ha imparato a farlo così bene? »
L'insegnante rise sommessamente. « Ti ringrazio, Alice » rispose. « Mia moglie è una ballerina eccezionale, mi ha praticamente obbligato a starle dietro tutto il tempo e mi sono accorto che la cosa non mi dispiace affatto ».
« Oh, che bello! » saltò su Alice, battendo le mani. « Anche a noi piace moltissimo ballare! ».
Dixon parve felice della notizia. « Allora » propose, « se i vostri cavalieri me lo consentono, potrei avere l'onore di ballare con le mie splendide studentesse? »
Le ragazze furono subito entusiaste e scoppiarono a ridere tra loro, mentre si dirigevano insieme all'insegnante un po' più in là, dove tutti ballavano.
Le fece volteggiare e ruotare su se stesse ad una ad una, ridendo e complimentandosi per la loro abilità. Anche Lily, Miley ed Emmeline, le più timide, si lasciarono andare a ritmo di musica, ballando e ridendo tra loro accanto al professore.
Nessuna di loro aveva notato, però, che a qualche metro da lì qualcuno li stava osservando. 
Sirius, James e Peter studiavano la scena con aria di disapprovazione. Un eufemismo per dire che erano gelosi marci. Di un insegnante. Trentenne. Sposato.
« Sempre detto che è un brutto idiota » borbottò James, le braccia serrate intorno al petto, parecchio infastidito mentre guardava Lily ridere serena.
« Pensa di essere ancora un ragazzino, il cretino bastardo » fece Sirius, scuotendo il capo con una smorfia scocciata. Scarlett gli si era appena avvicinata.
« Credo di essermi sbagliato su di lui » commentò Peter, anche lui giù di morale mentre guardava Mary ridere come non aveva mai fatto con lui per tutta la sera.
Erano piuttosto comici, messi lì in fila con quell'espressione da cani bastonati a guardare la combriccola che si divertiva da matti.
« Ma che dia-...? » La voce di Remus li raggiunse, e lo videro unirsi a loro, gli occhi serrati. « Che cosa fa? Merlino, è un insegnante, non può davvero... »
« Non ti stava simpatico, Dixon? » gli disse Sirius, senza staccare gli occhi di dosso a Scarlett.
Remus storse il naso. « Inizio a non pensarla più così, vecchio mio... » mormorò, osservando un po' allibito Miley che ballava con la sorella accanto a Dixon.
James e Sirius si scambiarono un'occhiata e ghignarono.
« Il lupastro è geloso... » fece il primo, mollando una gomitata tra le costole all'amico.
« Il lupastro non vuole che gli tocchino la sua piccola Tassorosso... » proseguì lui, ghignando ormai apertamente.
« Il lupastro avrebbe potuto invitarla, ma non l'ha fatto... e lo stesso il canide, ora che ci penso! » concluse James, scoppiando a ridere. « Eh, già... il canide è geloso... il canide non vuole che gli tocchino la sua ragazza strafiga... e ora il lupastro e il canide non possono far altro che guardarle mentre si divertono... »
« E il lupastro e il canide ammazzeranno di botte il cervide se non la pianta di dire stronzate a raffica » terminò Sirius, evidentemente seccato.
Continuarono a battibeccare, mentre le ragazze non facevano che divertirsi, ballando e ridendo mentre la canzone giungeva al termine.
« E' stato un piacere, ragazze! » esclamò Dixon non appena la melodia si spense. « Divertitevi! »
Loro lo salutarono e si diressero verso la direzione opposta, ridacchiando divertite.
« Che figata! » esclamò Alice, afferrando un altro bicchiere di Burrobirra. « Russell è un figo da paura, non c'è che dire... »
« Chi è che è un figo da paura? »
La voce di Frank arrivò alle sue spalle, facendola sussultare e voltare di scatto, terrorizzata e molto più lucida di prima.
« Frank, tesoro mio! » lo salutò, gettandogli le braccia al collo. « Tu sei un figo da paura, naturalmente! Chi altri, se non tu? »
Lui parve già calmarsi. Gli sprazzi di rabbia di Frank avevano la durata massima di una manciata di secondi, il che era tutto dire.
Ben presto, i due si allontanarono, e anche le ragazze tornarono a ballare. Non tutte però, perché Emmeline raggiunse presto il suo ragazzo e Scarlett rimase a bere, indecisa su cosa prendere, perché desiderava assaggiare per la prima volta il Whisky Incendiario. Ne riempì mezzo bicchiere e lo annusò.
« E' forte » disse una voce dietro di lei, inducendola a voltarsi.
Aveva creduto - sperato, forse - che appartenesse a Sirius, ma c'era Dylan di fronte a lei, un mezzo sorriso a increspargli le labbra.
« Brucia da morire » proseguì lui, avanzando verso di lei. « Le labbra, la gola, lo stomaco. Tutto. Però è buono ». Esitò e aggiunse: « Provalo ».
Lei ricambiò il sorriso e bevve un sorso di Whisky. In effetti, era corrosivo, ma aveva un ottimo sapore. Tossicchiò, e Dylan le poggiò una mano sulla spalla.
« Tutto bene? » le chiese, scrutandola preoccupato, ma lei annuì e poggiò il calice sul tavolo.
« Sì » mormorò, la voce leggermente arrochita. « Ma non credo faccia per me. Preferisco l'Acquaviola... molto più delicata ».
Lui rise e annuì, comprensivo, lasciando la sua spalla ma continuando a osservarla con una strana attenzione.
« Allora... ti stai divertendo? » le chiese dopo un po', allegro. « Ti ho vista ballare con Dixon, prima... è davvero un mito. E tu balli benissimo ».
Scarlett sorrise. « Ti ringrazio » rispose, scrollando le spalle. « Comunque, sì... sì, mi sto divertendo. E tu? La tua compagna è un po' sfuggente, vedo ».
« Oh, già » rise lui, passandosi una mano sulla nuca. « Sono davvero contento che sia stata tutto il tempo con Remus... è cotta a puntino, tua sorella ».
« E da un pezzo, aggiungerei! » fece lei, partecipe. « E' da più di un anno che ha solo lui per la testa ».
Dylan annuì. Conosceva fin troppo bene l'argomento cotta di Miley, ma quello che voleva era scoprire qualcosa in più sulla sorella. Di lei non sapeva quasi nulla, ma si accorse che cominciava a interessargli.
« E tu, invece? » le chiese, facendo un cenno col mento. « Hai qualcuno per la testa, per adesso? Sempre se non sono troppo indiscreto ».
Scarlett inizialmente non rispose e fissò il pavimento. In realtà, qualcuno per la testa ce l'aveva, ma ammetterlo avrebbe significato renderlo definitivo, e non voleva. Era ancora sommersa da dubbi di ogni genere e non avrebbe mai risposto affermativamente a quella domanda. Allo stesso tempo, però, non desiderava che Dylan pensasse che non c'era davvero nessuno tra i suoi pensieri. Quel qualcuno esisteva e di certo non poteva cancellarlo così, di punto in bianco. Sentiva di non aver voglia di cominciare ad avere un rapporto con qualcuno, ma Dylan le piaceva e voleva conoscerlo. Solo conoscerlo.
« No » rispose infine. « Nessuno. E tu? Immagino che le ragazze non ti manchino ».
« La pensi così? » fece lui, sorridendo. « Lo prenderò come un complimento. E comunque, beh... in realtà, le ragazze non sono mai state una priorità per me. Sono più un tipo da immense comitive di amici che da file e file di ragazze inutili »
Black 0 - Brown 1, fu il pensiero immediato di Scarlett.
« Ma ci sono le dovute eccezioni, è naturale » concluse Dylan, sorridendole di traverso.
Lei annuì, assimilando le informazioni. Un tipo più diverso da Sirius di lui sarebbe stato difficile da trovare. La sua bilancia, però, continuava a pendere pericolosamente dal lato sbagliato, e non trovava modo di raddrizzarla.
Poco più in là, il protagonista di tutti i terribili dubbi di Scarlett aveva la mente rivolta a lei, incessantemente.
« Felpato, ci sei? » domandò James, sventolandogli una mano davanti agli occhi. L'amico pareva totalmente assente.
« Cosa? » fece infatti, disorientato. « Ripeti, non ti stavo ascoltando ».
« Ho detto » replicò lui, infastidito, « dove diavolo è finita la Cartwright? Non dirmi che sei riuscito a sbarazzartene o potresti diventare il mio mito! »
« D'accordo, sono il tuo mito » confermò Sirius, sogghignando. « Le ho detto che mi pareva di aver visto una delle Sorelle Stravagarie ed è schizzata via ».
James parve sinceramente ammirato dalla trovata geniale dell'amico, e gli battè una pacca d'approvazione sulla spalla.
« Cavoli, questa è davvero grandiosa! » si complimentò. « Ma non credi che ci resterà male quando scoprirà che le hai raccontato una balla? »
Sirius sbuffò, ridendo. « Non si offende praticamente per niente » replicò, tranquillo. « Potresti benissimo darle della donna di facili costumi e si metterebbe a parlare con gioia di tutti i suoi bikini e bla bla bla. E' assurda, dico davvero. E comunque, figurati se m'importa ».
James rise di rimando e annuì. « Ma parlando di qualcuno di cui ti importa, invece » disse, osservandolo, « perché non vai da Scarlett? So che pensavi a lei, prima ».
Lui sollevò lo sguardo, stupito. Possibile che non fosse più capace di nascondere ciò che provava? Non capiva cosa gli stesse succedendo.
« Dov'è? » chiese, brusco.
L'altro quasi sorrise, ma si trattenne. « Non ne ho idea. Ma possiamo cercarla » suggerì. « Vieni ».
Si spostarono per avere una visuale migliore della stanza, e da lì non fu difficile individuarla. Chiacchierava amabilmente con Dylan, serena. 
A quella vista, Sirius si immobilizzò e li fissò, mentre James, al suo fianco, individuò la causa di quel cambio repentino d'espressione e capì.
« Cosa diavolo ci fa con quel Brown? » domandò Sirius, teso.
James distolse lo sguardo e lo puntò su di lui, studiandolo. « Non lo so, ma è un bravo ragazzo » rispose.
« Ah, tutto bene allora, è un bravo ragazzo » replicò, sarcastico. « Mi stavo proprio preoccupando per questo. Non è il Battitore di Tassorosso? »
L'amico annuì, senza osare aggiungere altro per paura di compiere un passo falso.
« Bene » mormorò Sirius tra sé e sé. « Tassorosso... Battitore... un bravo ragazzo... ha tutte le carte in regola » e imprecò contro di lui. « Io ci vado ».
Ma James lo bloccò, trattenendolo per un gomito e sospirando. Sarebbe finita male. Per tutti.
« Sirius, piantala » gli disse. « Fare l'idiota non ti servirà a niente ».
Lui strattonò il braccio per farsi lasciare e gli lanciò un'occhiataccia.
« E' lui l'idiota, qui » ribattè, senza staccargli gli occhi di dosso. « E poi, non voglio litigare. Voglio solo dirgli che è un brutto coglio- ».
« Glielo dico io, d'accordo? » lo interruppe subito l'altro, notando la sua rabbia. « Ci vado, mi porto Scarlett a ballare ed è fatta. Okay? »
Sirius non fece cenni d'assenso e continuò a scrutare con aria cupa i festeggiamenti. Per la prima volta in tutta la serata, vide Regulus accanto a una ragazza mora e notò che lo stava fissando con un sorriso accennato da cattivo ragazzo. Il suo tipico ghigno insopportabile. Sollevò il suo calice nella sua direzione, ma Sirius gli rivolse una smorfia e distolse lo sguardo. Non poteva pensare anche al suo maledetto fratello idiota.
« Vado, allora » gli disse James, battendogli una pacca sulla spalla, e si allontanò, dirigendosi verso i due a passo deciso.
« Ehilà! » esclamò a gran voce, allegro. « Che combinate di bello? »
Dylan e Scarlett gli sorrisero e scrollarono le spalle contemporaneamente.
« Chiacchieravamo » rispose semplicemente lei, molto serena.
« Ma avete sentito? » riprese James. « La musica è cambiata. Le coppiette innamorate sono tutte in pista ».
La melodia in sottofondo, infatti, era passata dall'essere ritmata e ballabile a lenta e coinvolgente. 
« Scarlett » disse, rivolto alla ragazza, « noi che ci amiamo come nessun altro al mondo, cosa facciamo ancora qui? Balliamo! »
Lei si trattenne dallo scoppiare a ridere e scosse il capo, alzando gli occhi al cielo.
« Te la rubo, Dylan » fece poi, e il ragazzo sorrise divertito, annuendo, mentre li guardava tuffarsi fra la moltitudine di coppie danzanti.
Scarlett poggiò le mani sulle spalle di James e si lasciò guidare, muovendosi lentamente sul posto.
« Ti interessa Dylan? » le chiese lui dopo un po', cercando di farla sembrare una domanda disinteressata buttata lì un po' per caso.
A quanto parve ottenne l'effetto desiderato, poiché lei non la trovò per nulla strana e si limitò a guardarlo, il viso disteso, ma pensieroso.
« Non molto » rispose infine. « O meglio, mi piace, sì... ma lo sto solo conoscendo, nulla di che ».
James annuì, pensando già alla reazione che Sirius avrebbe potuto avere se avesse udito le parole mi piace.
Tra loro calò il silenzio e continuarono a ballare, tranquilli. Dopo un po', però, Scarlett notò qualcosa di strano che la fece incuriosire.
Lo sguardo di James era concentrato su qualcosa aldilà della sua spalla e lei, senza doverlo chiedere, seppe qual era l'oggetto di tanta attenzione.
Pareva assorto e profondamente concentrato, totalmente perso nei propri pensieri come se non avesse la minima percezione di ciò che accadeva intorno a lui.
Naturalmente, ogni angolo della sua mente, era totalmente occupato da Lily che, in quel momento, chiacchierava allegramente con Mary e Peter.
« Sei davvero molto innamorato di lei, vero? »
La voce di Scarlett lo colse di sorpresa e sussultò, allacciando nuovamente lo sguardo al suo e notando che lo stava osservando con attenzione.
« Cosa? » farfugliò, disorientato. « Di chi...? Stai parlando con me? »
Un sorriso si fece largo sul volto della ragazza. « No, parlo alla tua cravatta » rispose, guardandolo con immenso affetto. « So chi stai guardando, James ».
« Io... » balbettò lui, preso alla sprovvista. « Per Godric... si nota davvero così tanto? » chiese precipitosamente infine, d'un tratto spaventato.
Scarlett gli accarezzò una guancia. James sapeva essere così dolce da stupirla sempre, come se scoprisse di volta in volta quel suo particolare aspetto.
« Si nota perché è vero » rispose semplicemente, sollevando appena le spalle. « E' bellissimo quello che provi per lei, lo sai, sì? »
Lui la fissò, meravigliato. « Sapevo che prima o poi lo avresti capito » mormorò. « Altrimenti, te lo avrei detto io stesso ».
Lei gli sorrise nuovamente. « Ti si legge negli occhi, dico davvero » disse con passione. « Qualche tempo fa non la guardavi in questo modo ».
James annuì, del tutto d'accordo. Sicuramente, il cambiamento drastico avvenuto dentro di lui si rifletteva anche all'esterno.
« Porca miseria, in realtà non so cosa mi sia successo » confessò, senza sapere se sorridere o meno. « Lei è sempre stata così bella... così... così Lily Evans, così speciale... quindi devo essere cambiato io ».
Scarlett lo guardò a lungo e intensamente. « Cambierà anche lei con te » mormorò, sovrappensiero. « Sta già cambiando, in realtà ».
Continuò a riflettere, finché non si bloccò sul posto e sorrise tra sé e sé.
« Chiedile di ballare » gli disse tranquilla. « Sono sicura che ti dirà di sì, questa volta ».
James la fissò con gli occhi leggermente sbarrati. « Oh, no, io non credo... » 
« Fidati » lo esortò Scarlett. « Siete stati insieme praticamente tutta la sera, avete ballato, scherzato, riso, e lei era contentissima, l'hai visto anche tu ».
Lui continuò a guardarla, riflettendo sulle sue parole. Effettivamente, nonostante formalmente non fossero andati alla festa in coppia, avevano passato gran parte del tempo insieme e senza che lui avesse fatto nulla per far in modo che ciò accadesse. Era avvenuto tutto in modo molto naturale, e lei non aveva mostrato alcun fastidio a stare in sua compagnia, anzi, non aveva trascorso un solo istante senza ridere e divertirsi. Anche quando, per diverse ragioni, si erano persi di vista durante la festa, alla fine si erano sempre ritrovati e avevano continuato a ballare e scherzare insieme, come se una calamita invisibile li avesse attirati l'uno verso l'altra.
« Vai tranquillo » continuò Scarlett, annuendo. « Se la conosco un po', sarà felicissima di ballare con te, stasera ».
James, a quelle parole, si convinse, fidandosi totalmente dell'istinto di Scarlett. Anche lui moriva dalla voglia di ballare con lei con il sottofondo di quella musica lenta e rilassante, e si disse che doveva buttarsi.
« Grazie » mormorò, accarezzandole dolcemente una guancia.
Lei gli sorrise ampiamente e, prendendolo per mano, lo condusse fuori dalla folla di ragazzi che ballavano.
« Sei bellissimo » gli disse, sistemandogli la cravatta. « Vai e conquistala ».
Gli scoccò un veloce bacio sulla guancia e si allontanò.
A quel punto, James realizzò la situazione. Avrebbe dovuto invitare Lily a ballare. Da soli. Quella canzone meravigliosa di cui non conosceva il titolo. Da soli. Affrontando il rischio di ricevere un ennesimo, brutale e crudele no secco. Oh, Godric.
Eppure, chissà con quale coraggio, avanzò verso di lei con spirito combattivo, a testa alta, da degno Grifondoro. Avrebbe fatto quel che andava fatto.
Dopotutto, Sirius lo diceva sempre... cos'era la vita senza qualche rischio?
« Evans ». Lo disse in tono disinvolto, ma dentro di sé si sentiva in tutt'altro modo.
Lei puntò gli occhi verdi su di lui e sorrise. « Ciao, James » rispose, bevendo un altro sorso del suo punch con aria tranquilla. Mentre sollevava nuovamente il calice e lo portava alle labbra, però, sgranò gli occhi e si affrettò a poggiarlo al lungo tavolo lì vicino.
« Santissimo cielo » sussurrò, fissandosi il polso. « Oh, ma andiamo, non è possibile! »
« Che succede? » si affrettò a chiederle James, osservandola preoccupato.
« Il mio bracciale! » esclamò lei, tastandosi il braccio come se potesse essere diventato d'un tratto invisibile. « L'ho perso! Di nuovo! »
James capì. Lily teneva sempre legato al polso destro un sottile bracciale dorato a cui teneva particolarmente, anche se non gli aveva mai spiegato il perché. Non era la prima volta che lo smarriva. Una volta, l'anno precedente, in prossimità delle vacanze di Pasqua, James l'aveva trovata sotto uno dei tavoli della Biblioteca in ginocchio e, quando le aveva domandato come mai si trovasse in una tale posizione, lei gli aveva strillato che aveva perso il suo prezioso bracciale, così che la giovane Madama Pince l'aveva cacciata via senza pensarci due volte. James si era preso l'impegno di ritrovarlo in modo tale da fare colpo su di lei, e in effetti ci era riuscito, poiché lo aveva ritrovato il giorno dopo in un angolo del pavimento della casa di Hagrid.
Quella volta, Lily non aveva saputo cosa dirgli e si era limitata a ringraziarlo e andare via di fretta. James si era comunque sentito realizzato, perché aveva fatto, una volta tanto, qualcosa di buono per lei.
« Lo avevi quando sei arrivata qui? » le chiese, cercando di rendersi utile in qualche modo mentre lei già impazziva.
« Sì... cioè, no... non mi ricordo! » esclamò lei, portandosi le mani ai capelli. « Ah, sono sempre la solita! E tu, tu che lo sai, non affidarmi mai niente, James, mai, mai nella vita, perché lo perderò di sicuro! Mi hai sentito? Ricordatelo! Lo perderò! »
James non riuscì a trattenere un sorriso dolce e le diede una carezza sulla guancia che riuscì a farla calmare di botto.
« Scusa » mormorò, guardandolo di sottecchi. « E' che... tengo molto a quel bracciale e... beh, dovrei avere più cura delle mie cose ».
Ma lui scosse il capo. « Sta' tranquilla » la rassicurò. « L'ho ritrovato l'anno scorso e lo ritroverò anche quest'anno. Promesso ».
Lily si lasciò andare a un debole sorriso rincuorato e annuì. 
James, approfittando di quel momentaneo silenzio, prese coraggio e decise di parlare.
« Lily » le disse, nervoso, « ti andrebbe di ballare con me? »
La ragazza sollevò lo sguardo, presa in contropiede dalla richiesta, e in un secondo le balzò il cuore in gola, inspiegabilmente. Aveva ballato con lui tutta la sera, ma quello era diverso... la stanza era invasa da una musica lenta e melodiosa e avrebbero dovuto stare vicini... da soli... La prospettiva era paurosa, terrificante, imbarazzante... ma anche, doveva ammetterlo almeno a se stessa, estremamente elettrizzante. Possibile che anche quella volta, dopo tutti i tentativi che James aveva fatto per avvicinarsi a lei, avrebbe ancora dovuto dirgli di no? In fondo, che cos'era un ballo? No, non poteva, non voleva dirgli di no. Non quella volta. Forse non più.
« Certo » rispose, come se fosse la cosa più naturale del mondo, e gli sorrise.
Lui, che non aveva neanche preso in considerazione l'idea di un sì, impiegò qualche attimo di troppo a comprendere la risposta ricevuta. Alla fine si riscosse e la prese per mano, ricambiando il sorriso e conducendola verso il centro della stanza, dove parecchi ragazzi danzavano lentamente sul posto.
Non aveva la minima idea di cosa fare e si sentiva paralizzato. I suoi occhi a mandorla puntati su di lui di certo non lo aiutavano a sbloccarsi e a pensare razionalmente, ma non smise di guardarli un istante, troppo attratto dalla loro bellezza per distogliere lo sguardo. Un po' come quando si fissa il sole tra le nuvole... gli occhi lacrimano e bruciano, ma è dura smettere di guardarlo, anche perché, quando lo si fa, la sua impronta resta intrappolata sotto le palpebre sottili e non cessa di apparire per minuti, ogni volta che le ciglia si abbassano a sfiorare la guancia e poi si risollevano in un rapido scatto.
Le poggiò una mano sulla schiena, stringendola appena, e lei si fece vicina, così vicina che a separare i loro corpi rimase un centimetro di aria pura.
James avvertì le sue dita sottili intrecciarsi tra loro sulla sua nuca, solleticate da qualche ciuffo dei suoi capelli corvini e fuori controllo. Lo stomaco si contrasse dolorosamente, ma era una stretta piacevole, e tentò di tenerla a bada.
« Spero per te che saprai dimostrarmi quelle tanto vantate abilità nella danza, Potter » mormorò lei, sorridendo con aria altezzosa.
Lui rise sommessamente. « Non ti è bastato quanto ti ho dimostrato tutta la sera, Evans? » le disse, divertito. « Sempre detto che sei incontentabile ».
Le mani scivolarono sul bacino con garbo, facendola rabbrividire. Fu in quel momento che scoprì che il suo tocco, seppur leggero, la mandava in tilt. Era innegabile.
« Ho bisogno di ulteriori conferme » rispose soave, tentando di tenere ferma la voce. 
James le sorrise, furbo, e, intrecciando una mano alla sua, la fece ruotare su stessa, facendola ridere con la sua risata fresca e cristallina, quella che lui adorava ascoltare. Era così diversa dalla sua... forse per questo gli piaceva tanto. Gli piaceva, in realtà, sentirle mescolarsi, perché se Lily rideva insieme a lui, allora aveva un valido motivo per essere felice.
« Questo andava bene? » le chiese, sorridendo e attirandola nuovamente a sé.
Lei parve rifletterci a lungo, come se fosse una domanda particolarmente insidiosa. « Non eri a tempo, Potter » rispose infine, sorridendo anche lei.
« Questo non è vero! » protestò James, scoppiando a ridere.
Lily scrollò le spalle. « Lo so » disse, ampliando il sorriso ancor di più. « Ma sei ancora in fase di prova, dovresti saperlo ».
E James capì dal suo tono più serio che di certo non si riferiva al ballo. E, se davvero era arrivato il momento in cui si diceva disposta a cambiare idea, allora quello era il momento giusto per dimostrarle qualcosa, per inviarle qualche messaggio e farle capire. Farle capire che era importante.
« Dipende tutto da me, non è vero? » le chiese, inclinando appena il capo per poterla scrutare meglio.
« No » rispose lei dopo un attimo di esitazione, sorprendendolo. « Dipende molto anche da me, adesso ».
Lui la fissò, meravigliato, mentre sentiva le sue mani scivolare sul petto e bloccargli il respiro, come se vi avesse lanciato un incantesimo. 
Rimasero a studiarsi per parecchi secondi, lui curioso, lei divertita. Alla fine, Lily poggiò il capo sul suo petto e lasciò che la musica risuonasse in lei, che James la facesse danzare lentamente sul posto, come se non si stessero quasi muovendo affatto. Sentiva il suo cuore battere furiosamente e sorrise, senza farsi notare da lui. Lui, che era rimasto spiazzato da quel semplice gesto e che adesso poteva solo continuare a muoversi e a tenerle una mano sulla schiena, tentando di non far trasparire quel che provava standole così vicino, tradito, però, dalle sue frenetiche pulsazioni.
« Sappi che farò di tutto per far sì che dipenda solo da te, Lily » sussurrò, accarezzandole lentamente i capelli. « Io ho già scelto da un po' ».
Lei rimase immobilizzata, in preda alle emozioni che quelle parole miste al suo tocco le infondevano. Dopo un po' trovò la forza di sollevare lo sguardo e lo allacciò saldamente a quello intenso di James. Pareva che stesse cercando di dirle qualcos'altro, ma le sue labbra disegnate e carnose non formularono nessun altra parola e restarono leggermente dischiuse, come in attesa di qualcosa. Lui le sfiorò il profilo del viso con la punta delle dita, risalì alla guancia e la accarezzò con le nocche, mentre i suoi occhi di quel verde incredibile lo fissavano incantati.
La melodia si spense in una nota bassa e prolungata e molte coppie si sciolsero intorno a loro due, che invece rimasero a fissarsi.
Lily non poteva sapere che quella di James non era una semplice frase buttata lì per caso, ma una promessa che avrebbe mantenuto.
E James, allo stesso modo, non poteva sapere che Lily aveva compiuto un'altro passo verso quella scelta che l'avrebbe condotta solo e soltanto a lui.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come andiamo? Scusate il lieve ritardo, ma ho dovuto spezzare in due il capitolo e ne sono venuti fuori due chilometrici. Comincio a pensare di essere leggermente logorroica nello scrivere. Voi che dite?
Comunque, ecco qui la festa! Neanche questo capitolo mi fa impazzire, però il prossimo... oh, sì, il prossimo, finalmente, è un capitolo che mi piace! Cosa più unica che rara. Sappiate, comunque, che la festa non è ancora finita...
Bene! Do qualche spiegazione. Vi sembrano un po' tutti su di giri, qui, no? Lily così presa nel suo ballo con James, Scarlett e Sirius così gelosi, Remus lo stesso... beh, è un po' l'aria della festa che amplifica tutto.
Scarlett, ad esempio, è ancora sommersa dai dubbi. Non sa cosa sia quella stretta allo stomaco che prova ogni volta che è in compagnia di Sirius. Stranamente, è lui ad avere le idee più chiare tra i due.
Anche Lily. Si è fatta assorbire dal momento, è andata completamente in tilt, perché James l'ha colpita. Quel ballo era davvero una situazione molto particolare. Questo per lei è un passo avanti, ma la sua parte razionale tornerà subito alla ribalta!
Poi, un'altra cosuccia. Scarlett e Dylan. Lui comincia a interessarsi a lei, gli è subito piaciuta. Anche a Scarlett lui piace, ma non è troppo entusiasta, perché, malgrado tutto, non può evitare di far andare la mente a Sirius e a quello che prova.
Credo di aver detto tutto! Se avete dubbi, non esitate a chiedere.
Adesso vi posto le immagini degli abiti che indossavano i nostri protagonisti! Purtroppo, di Miley non ne ho trovato uno adatto, e Remus... beh, lui ha due immagini in croce, quindi figurarsi.
James: 
http://oi50.tinypic.com/358xxfq.jpg, Lily: http://oi49.tinypic.com/33vnr07.jpg, Sirius: http://oi46.tinypic.com/345zaqc.jpg, Scarlett: 
http://oi46.tinypic.com/n3nkp.jpg.
Poi, per chi lo avesse dimenticato, lui è Regulus, ma non conosco il suo nome: http://oi46.tinypic.com/2liehw8.jpg.
Lui, invece, è Dylan Brown, Hunter Parrish: http://oi49.tinypic.com/25qet0g.jpg, e qui è in compagnia di Miley: http://oi50.tinypic.com/2lj2pp5.jpg.
Adesso, i miei ringraziamenti. Questa volta c'è stato un boom delle recensioni e non ho idea di che cosa sia successo. Cos'è stato? Una rimpatriata mista ai nuovi arrivi? Oddio, non riesco neanche a dire quel numero ENORME... ancora non riesco a crederci.
Ringrazio quindi le TRENTADUE... Merlino, aiutami... persone che mi hanno recensito e... sappiate solo che, se volevate uccidermi di gioia, ci siete riusciti alla grande. GRAZIE INFINITE DI CUORE.
E ringrazio i 110 delle preferite, i 30 delle ricordate e i 160 delle seguite! Non fate che aumentare, grazie davvero!
E, ultima, ma più importante di tutti quanti, Rossella, che E' questa storia ed è la sorella più formidabile di tutto quanto il mondo!
Grazie di cuore a ognuno di voi! A presto!


Simona_Lupin

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Capitolo 20
*** Giù la maschera ***





A Roberta,
perché è la mia migliore amica dai tempi in cui mettevo le gonne fino al ginocchio al catechismo,
perché è completamente pazza e mi ha coinvolto nei piani malandrini più idioti e terribili,
perché è una folletta stronza fino al midollo e un juke box di canzoni di Cristina D'Avena,
perché, senza di lei, sarei la persona più serena del mondo, il mio mondo non sarebbe lo stesso.
Perché le voglio bene, semplicemente. Anche se è una zoccola di proporzioni cosmiche e mi provoca danni fisici e mentali costantemente.
Grazie di tutto.

A Claudia,
perché è una fatina isterica,
perché mi è vicina dai tempi del concerto di Pierdavide Carone, quando cantavamo Dammela La Mano e mi si è appiccicata la chewing gum alla scarpa,
perché sono la sua psicologa, ma è sempre lei che aiuta me,
perché mi sostiene quando voglio indossare abitini e Converse come Miley e fare di testa mia.
Perché le voglio bene, semplicemente. Anche se è una bastarda rompipluffe piena di problemi e urla come una forsennata canzoni degli Articolo 31 a tutte le ore del giorno e della notte.
Grazie di tutto.

A Carola,
perché il soprannome che le troveremo sarà ridicolo e stupendo,
perché ho capito quant'era fantastica il giorno in cui ci siamo conosciute, quando mi ha raccontato di aver urlato come una sclerotica in faccia a Chris dei Coldplay,
perché è la mia motivatrice, e io sto diventando la sua,
perché scrive in maniera fantastica e poi fa crollare tutto con un "fa schifo" che ti fa venire voglia di prenderla a sberle notte e giorno,
perché è pazza di Gossip Girl e solo lei poteva raccontarmi tutte quelle follie in una sola serata.
Perché le voglio bene, semplicemente. Anche se è una scema cronica e paccomane che non fa che sminuirsi e dire stronzate.
Grazie di tutto.




Capitolo 20


Giù la maschera





 
« Mamma, ho bisogno di te ».
Queste erano state le parole d'esordio di James che, di ritorno dal magico momento vissuto con Lily, si era diretto verso Remus con le gambe tremanti e un volto bianco e teso che il ragazzo non gli aveva mai visto prima, se non durante le sere precedenti ai grandi scontri di Quidditch o il primo giorno di scuola di quell'anno, quando aveva creduto che Lily non sarebbe venuta ad Hogwarts per chissà quale arcano motivo.
Lo shock si era impadronito completamente di lui non appena si era separato da Lily e aveva avuto modo di realizzare l'accaduto con lucidità. Non ricordava nemmeno come avesse fatto a raggiungere Remus visto lo stato confusionale in cui si trovava. Aveva decisamente bisogno dell'intervento di sua madre.
« Cos'è successo? » si affrettò a chiedergli lui, fissandolo preoccupato. « Hai l'aria stravolta ».
James annuì, forse perché era l'unica cosa che si sentiva in grado di fare. Doveva avere l'espressione di un ubriaco. O un idiota. O entrambi.
« E' successo qualcosa con Lily? » domandò improvvisamente Remus, come colpito da un'illuminazione. « L'hai baciata? »
Ma lui scosse il capo e si chiese se avrebbe mai riacquistato il dono della parola in quella vita o, magari, anche nella successiva.
« E allora cosa? » lo incalzò l'amico, cominciando a diventare impaziente. « Sirius ti ha dato uno dei suoi cocktail e ti ha bruciato la lingua? »
« Ho ballato con Lily » rispose lui, passandosi una mano tra i capelli scarmigliati. In quel momento, erano più in disordine che mai. Pareva che ogni ciuffo avesse irrimediabilmente litigato con quello accanto, così che tutti prendevano ostinatamente una direzione differente, dando vita a quel nero groviglio.
« Ci hai ballato tutta la sera, James » gli fece notare Remus, osservandolo con un'espressione vagamente compassionevole.
Ma James scosse nuovamente il capo. « No » mormorò, cercando di spiegarsi meglio. « Abbiamo ballato... quella canzone... solo io e lei... ed era così vicina... »
Sospirò, sperando intensamente che l'altro capisse senza che dovesse scendere ancor di più nei particolari. Remus, sinceramente, non si era accorto di loro, trovandosi in un angolo abbastanza distante da dove poco prima James e Lily avevano ballato, quindi la notizia che l'amico gli portò gli giunse del tutto nuova e lo incuriosì parecchio. 
« Mmm... » riflettè infatti alle sue parole. « Cavoli, qualcosa di buono hai combinato, allora. E dimmi, lei sembrava presa? »
Lui ci pensò su, cercando di ricostruire la situazione nel modo più lucido e fedele possibile, poi annuì, il capo inclinato. Non voleva fantasticare troppo, ma sì, Lily si era lasciata prendere dalla situazione, lo aveva notato.
« Mmm... » ripetè l'amico, grattandosi distrattamente il mento. Effettivamente, il fatto che Lily avesse ballato da sola con James non sortì in lui l'effetto che quella notizia avrebbe avuto qualche tempo addietro. Anzi, Remus considerò quell'evento quasi la normale conclusione di una serata, e di un periodo più in generale, in cui era evidente che Lily si fosse avvicinata a James in maniera palese. Era il migliore amico di entrambi, e non aveva potuto evitare di notare il cambiamento che lei stava maturando nei suoi confronti, insieme al nuovo modo con cui James si approcciava a lei, non più tipico di uno spaccone che non ha meglio da fare che tormentare una ragazza solo per puro divertimento, ma con i chiari segni di chi dà tutta l'impressione di essere innamorato perso. James, comunque, non si sarebbe mai accorto da solo del progressivo avvicinamento di Lily, tonto e ingenuo com'era, quindi, era necessario l'intervento di una persona lucida, sveglia e presente a se stessa, oltre che molto attenta e profondamente sensibile. Guardacaso, proprio Remus rispondeva a questo tipo di requisiti, quindi chi meglio di lui avrebbe potuto tentare di aprire gli occhi a quell'idiota comunemente noto come James Potter?
« Ti ha guardato per tutta la sera, lo sai? » gli annunciò con un sorriso.
James, a quelle parole, sollevò lo sguardo, come illuminato. Non riusciva a credere alle proprie orecchie, e pensò che l'amico gli stesse mentendo.
« Dico sul serio » confermò lui, come se gli avesse letto nel pensiero, e sorrise. « E poi, io... la trovo diversa, ultimamente. E' molto cambiata nei tuoi confronti. Prima, quando ti ha visto, in Sala Comune, non hai visto in che modo ti guardava? Non riusciva a staccarti gli occhi di dosso, James, e secondo me » aggiunse con passione, mentre James lo scrutava disorientato, « secondo me sta iniziando a vederti sotto una luce diversa. Sì, io la penso così ».
E quella fu la sentenza di Remus Lupin, psicologo personale di James Potter, il quale, di fronte a quella strabiliante prospettiva, non ebbe neanche la forza di annuire o dissentire, e si limitò a riempirsi un calice stracolmo di Whisky Incendiario e a scolarserlo tutto d'un fiato, non è ben chiaro se per riprendersi o per dimenticare.
A poca distanza da lì, nel frattempo, la psicologa personale di Lily Evans, Scarlett Banks, svolgeva il medesimo compito del collega Remus Lupin.
Lily, infatti, era tornata dall'amica dopo aver ballato con James esattamente con lo stesso stordimento e smarrimento che avevano colpito il ragazzo, sebbene per ragioni diverse. Dal momento in cui lui le aveva chiesto di ballare sino a quando non si erano separati, lei aveva di fatto disconnesso il cervello, evento più unico che raro vista l'estrema razionalità della ragazza, abbandonandosi completamente all'istinto e al cuore, che le diceva di seguire James. Quando, però, dopo quel momento magico, era tornata alla realtà, si era bruscamente resa conto di quello che era successo, ripensando all'accaduto come se fosse stata un'altra persona ad agire al posto suo. Non che si fosse pentita di ciò che aveva fatto, anzi non poteva negare a se stessa di essere stata fin troppo bene durante quei tre minuti tra le sue braccia, però non riuscì a spiegarsi quel comportamento, e ne fu spaventata. La prima cosa che le venne in mente fu quella di correre da Scarlett e raccontarle tutto, in modo da rendersi conto di tutto con chiarezza e di ascoltare il suo parere, che per lei contava moltissimo.
Iniziò a ripercorrere tutto con un discorso privo di pause ed indugi, buttando fuori le parole come una valanga inarrestabile, e Scarlett l'aveva ascoltata con attenzione, un sorriso sornione sulle labbra visto che dalla sua postazione aveva osservato la scena con le dita incrociate dietro la schiena e uno sguardo molto simile a quello di Emmeline quando intravedeva una coppia di innamorati. Attraverso il suo racconto, però, riuscì ad avere la conferma di quello che aveva visto in precedenza: Lily era rimasta molto turbata, imbarazzata e indiscutibilmente elettrizzata per quel ballo, e questo bastava a confermare quello che da qualche tempo a questa parte stava diventando pian piano una certezza, ovvero che James stava iniziando a fare breccia nel suo cuore.
« Scarlett, non ho la minima idea di cosa fare » stava confessando la ragazza alla migliore amica dopo averle raccontato per filo e per segno l'accaduto.
Lei sospirò, un leggero sorriso a incresparle le labbra.
« Che cosa vorresti fare? » le chiese, scrollando le spalle. « Non è successo nulla, Lily. L'unica cosa di cui devi preoccuparti è quello che succede dentro di te ».
La ragazza la fissò, più confusa che mai. Si era fatta totalmente coinvolgere dalla situazione, con le mani di lui sulla schiena che l'avevano scossa di brividi, le sue carezze accennate e quelle parole che non riusciva a togliersi dalla mente. Adesso che si rendeva conto di quanto dovesse essere sembrata presa e avvolta nel momento, si domandò seriamente cosa le fosse successo.
« Merlino santissimo, ho combinato un casino » mormorò, scossa e frastornata. « Adesso Potter si monterà la testa e chissà cosa penserà di me e... »
« Ehi ». Scarlett la interruppe immediatamente, prendendola delicatamente per le spalle. « Intanto, piantala di chiamarlo Potter. Non ti aiuterà a pensare che di lui non ti importa niente e non ci credi nemmeno tu. E poi » aggiunse in fretta e innalzando il tono della voce per mettere a tacere i suoi tentativi di protesta, « lui non si monta la testa. E' un insicuro idiota quando ci sei di mezzo tu. Anzi, è un insicuro idiota sempre, ma sa mascherarlo bene, fattelo dire da me che lo conosco bene ».
Lily la fissò, riflettendo sulle sue parole. Si rese conto che dire sciocchezze non l'avrebbe aiutata a far finta di niente e tacque qualche momento.
« Ma tu cosa ne pensi? » domandò infine, una nota implorante celata nella voce. « Di tutta questa storia... tu cosa pensi? »
Scarlett rise sommessamente. Vedere la sua migliore amica così in crisi proprio per James era una scena quasi comica. In tutti quegli anni non aveva aspettato altro che il momento in cui Lily si fosse accorta della bella persona che era James, perché era certa che prima o poi sarebbe arrivato, conoscendo il ragazzo e tutto quello che di buono aveva da offrire. Effettivamente, non doveva essere facile per lei accettare che tutte le convinzioni e le congetture che si era pian piano costruita in mente venissero sgretolate così, di punto in bianco, apparentemente dopo un semplice ballo.
« Io penso » mormorò Scarlett dolcemente, « che James stia cercando con tutte le sue forze di piacerti. E penso anche che, pian piano, ci stia riuscendo ».
Le sorrise, ma lei non riuscì a ricambiare il gesto e, dopo averla guardata a lungo, chinò il capo, più confusa che mai. Scarlett le scrollò leggermente le spalle in modo da attirare nuovamente la sua attenzione, e lei lo risollevò.
« Non farti troppi problemi » le disse piano, guardandola fissa negli occhi. « Non hai fatto niente di sbagliato, anzi credo che tu abbia fatto la cosa migliore che potessi fare, questa sera ». Rise piano, e Lily non potè far altro che imitarla. « Sono sicura che se ci fosse stato un altro ragazzo al posto di James, in questo momento saresti qui a dirmi quanto ti piace e a raccontarmi quanto vorresti tornare lì a ballarci insieme ».
Lily abbassò nuovamente lo sguardo, imbarazzata.
« Non farti influenzare dal fatto che si chiama James Potter e che lo detesti da sei anni - o almeno, questo è quello che dici tu, io non ci ho mai creduto veramente - comunque, » riprese subito Scarlett, « lasciati andare e basta, senza pensarci. Se ci stai bene, allora vuol dire che è la cosa giusta per te ».
Lily sospirò stancamente, mille pensieri in testa e neanche uno che avesse minimamente senso. Tornò a guardare Scarlett e subito la abbracciò.
« Grazie di tutto, Scar » mormorò al suo orecchio mentre la stringeva. « Ti voglio bene ».
Lei sorrise e si allontanò. « Anche io, Rossa » rispose, dandole un colpo sul braccio. « E se non credi a quello che ti dico, vai da Remus e vedrai che ti dirà esattamente la stessa cosa. L'unica differenza è che lui lo ascolti, invece dei miei consigli non te ne importa un accidente » aggiunse infine, fingendo un tono risentito.
« Questo non è vero! » ribattè subito l'altra, ridendo. « Qui l'unica testa dura tra noi due sei tu, amica mia ».
« Mmm... forse » convenne Scarlett, che obiettivamente non poteva proclamarsi la persona più aperta ai pareri altrui di questo mondo. Ci riflettè ancora qualche secondo, poi scoppiò in un: « Okay, hai ragione, hai vinto ».
Entrambe scoppiarono a ridere.
« Dai, dicevo sul serio, vai da Remus » la invitò Scarlett, che contava sull'aiuto del suo alleato per formare quella coppia da anni tanto agognata. « Questa sera ti ci vuole proprio una doppia seduta ».
Lily annuì più volte, decisamente d'accordo. « Già... » convenne. « Allora a dopo, Scar ».
Le scoccò un veloce bacio sulla guancia e lei sorrise prima di vederla allontanarsi tra la folla. L'idea che le acque avessero cominciato a smuoversi tra lei e James la rendeva felice. 
Meno di un minuto dopo, si vide apparire di fronte proprio James, stravolto, con un bicchiere di una sostanza indefinita stretto in mano. Oltre ad essere comprensibilmente eccitato per l'elettrizzante incontro ravvicinato con Lily, a Scarlett parve anche leggermente alticcio.
« E' stato fantastico! » esordì, poggiandole le mani sulle spalle e stringendole con forza. « Ed è tutto merito tuo, Scar! Merlino solo sa quanto ti sono grato! »
Scarlett rise e lo abbracciò con enorme affetto, scompigliandogli i capelli già fuori controllo.
« Vi guardavo » mormorò quando si furono separati. « Eravate meravigliosi ».
Lui le rivolse uno dei suoi sorrisi luminosi e sinceri e le baciò con un rapido gesto le nocche della mano.
« Vado a raccontare tutto a Peter » disse frettolosamente. « Sirius non lo vedo da nessuna parte, quel cane pulcioso... ci vediamo dopo! »
« Okay » annuì lei. « Solo... ecco, non ridurti troppo male con quel Whisky, non vorrei combinassi qualche danno irrep-... »
« Sta' tranquilla! » urlò di rimando lui, dileguandosi tra la folla, e cominciò a ricercare l'amico, lasciandola nuovamente da sola, un lieve sorriso che le si spense lentamente in volto.
Rimase a osservare la gente che ballava al centro dell'ufficio, scorgendo Emmeline e David del tutto presi, a quanto pareva, dalla musica lenta e travolgente che invadeva la stanza e, poco distanti, Alice e Frank che si scambiavano un bacio appassionato. 
Si voltò verso il bancone dei drink, afferrando un calice e versandosi dell'Acquaviola, la sua bevanda preferita.
D'un tratto, però, avvertì le mani di qualcuno posarsi sui suoi fianchi con leggerezza, e quel tocco le fece scivolare il calice colmo del liquido violaceo dalle mani.
« Sei un vero schianto, stasera » sussurrò una voce calda e familiare al suo orecchio, scuotendola di brividi da capo a piedi.
Si voltò di scatto e si ritrovò Sirius a un passo da lei, il solito sorriso accennato, un luccichio negli occhi.
« Sirius... » mormorò, un po' sconvolta, lasciandosi andare a un sospiro. « Che cosa ci fai qui? »
Lui scrollò le spalle, scrutandola avidamente come se non si stancasse mai di guardare.
« Non ti avevo ancora salutato come si deve » rispose, senza poter impedire a un sorriso di farsi largo sul suo volto splendente. « Ti stai divertendo? »
Lei, ancora scossa dal suo tocco improvviso, annuì col capo e lo osservò con la sua stessa curiosità. Era semplicemente bellissimo.
« Abbastanza » commentò infine, azzardando un sorriso. « Ma tu non dovresti essere con la tua ragazza? Non sarebbe stata contenta di vederti un attimo fa ».
Sirius si fece più vicino e le scostò un ciuffo di capelli dal viso. Sembrava totalmente incantato da lei, e lo era davvero.
« Non è la mia ragazza » la corresse. « Comunque, le ho detto che l'avrei raggiunta tra qualche minuto ed è andata a rifarsi il trucco ».
Sospirò, esasperato e divertito a un tempo, e Scarlett notò che, per quanto ci provasse, non riusciva in alcun modo a staccargli gli occhi di dosso.
Lo vide allontanarsi qualche attimo e trafficare con un calice pulito, che le porse. Glielo aveva nuovamente riempito di Acquaviola.
« Grazie » borbottò lei, prendendolo e bevendo un sorso della bevanda per rianimarsi. Sentiva lo stomaco in subbuglio, come se qualcosa stesse sbattacchiando dentro e non accennasse a fermarsi. Una sensazione strana, mai provata prima, e piacevole, in fondo, che non seppe spiegarsi con razionalità.
« Piuttosto » fece Sirius, poggiandosi lievemente al bancone e osservandola di sottecchi, « tu hai trovato compagnia, a quanto ho visto. Brown, eh? »
A Scarlett andò di traverso l'Acquaviola e tossicchiò, una mano premuta sul petto finché non si fu ripresa del tutto.
« Conoscendo il tuo concetto di compagnia, credo proprio che tu ti sia fatto un'idea sbagliata » replicò infine, sorridendo appena.
E lui non potè che rallegrarsi a quella notizia, e sperò con tutto se stesso che le sue parole fossero vere.
« Ti fissa di continuo » osservò, fingendosi impassibile. « Credo proprio che tu abbia fatto colpo, bella Banks ».
Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo. « Oh, me ne rallegro, Black » fece, sarcastica. « E dimmi un po', come mai tu lo hai notato? »
Sirius si voltò a guardarla, serio in volto. « Brown non è l'unico che ti fissa » rispose, senza che la sua espressione mutasse minimamente. « Ma forse tu non te ne accorgi ».
Scarlett non replicò e si limitò a riabbassare in fretta lo sguardo, imbarazzata. Se ne accorgeva, invece. Se ne accorgeva eccome.
« Ma con tutti questi pretendenti » riprese Sirius, rendendo l'atmosfera meno tesa con un tono di voce più leggero, « chi si è permesso di lasciare da sola a bere la ragazza più bella di tutta la festa? Mi chiedo cosa abbia al posto del cervello quel misterioso qualcuno ».
Scarlett rise sommessamente, sorseggiando la sua Acquaviola più per occupare il tempo che per il reale desiderio di bere.
« Il nostro amichetto James sembra piuttosto preso da altro » rispose infine, allegra. « Anzi, ti cercava per raccontarti la sua ultima impresa ».
Lui le rivolse uno sguardo interrogativo, così lei si spiegò con un sorriso: « Ha ballato un lento con Lily e sembra che la cosa sia andata piuttosto bene ».
Sirius rise. « Ah, bene! » disse, scuotendo il capo. « Tu non hai idea di ciò che significa quello che hai detto... Mi sbriciolerà i testicoli fino all'anno prossimo con questa storia ».
Anche lei scoppiò a ridere, certa che avesse ragione. « Tutta questa eleganza stava per farmi scivolare di nuovo il bicchiere di mano » scherzò, divertita. « E poi, comunque, anche tutti gli altri sembrano impegnati nelle loro faccende sentimentali. Meglio non disturbare nessuno ».
Passò qualche attimo e lui non rispose, poi tornò a piantarsi di fronte a lei.
« Sirius Black, però, è tutto per te, bella Banks » le assicurò, inviandole un rapido occhiolino mozzafiato.
Lei lo fissò, l'allegria scomparsa e scivolata via dal suo volto. Nelle sue parole non c'era nulla di vero, e lo sapevano entrambi fin troppo bene. Melanie, infatti, proprio in quel momento era apparsa a qualche metro da lì, probabilmente reduce da un restauro parecchio impegnativo, e Scarlett la vide.
« La tua ragazza è tornata, Sirius » gli disse, abbassando lo sguardo sul suo calice pieno a metà.
Anche il suo sorriso splendente si affievolì per poi spegnersi del tutto, ma lui non si voltò, anzi, si fece più vicino e scosse piano il capo.
« Balla con me » mormorò, afferrandole una delle mani serrate attorno al vetro sottile, lo sguardo insistente su di lei, perforante.
Pareva ardere di quella stessa richiesta, come infuocato, e lei non ebbe la forza di sostenerlo. Era potente come una lama d'acciaio.
« Melanie è qui » ripetè, cercando con gli occhi una via di fuga, tentando di sottrarsi alla stretta della sua mano, che lui non lasciò andare.
« Non m'importa » rispose in tono pacato, stringendola tra le sue con più forza. « Ti prego, balla con me ».
Si scrutarono a lungo e profondamente. Lui continuava a chiedere, senza avere risposta, e lei continuava a implorarlo, senza venire ascoltata. Melanie, lontana da lì, cercava Sirius per tutta la stanza, tendendo il collo per vedere oltre la piccola folla di coppie che danzavano. In fondo, avrebbero potuto unirsi a loro, nascondendosi per bene così che sarebbe stato impossibile per lei ritrovarli. Avrebbero potuto farlo, e lo desideravano, ma Scarlett scosse il capo.
Sirius non aveva invitato lei a quella festa. Non era con lei che avrebbe dovuto ballare. Quella sera, Sirius era di Melanie e non suo.
Eppure, lui sentiva di voler appartenere a lei, di voler ballare con lei, fino a stancarsi. Sentiva anche di volerla baciare, con tutto se stesso.
« Va bene » mormorò invece, lasciando piano la sua mano e guardandola tornare a stringere il calice trasparente.
Ed era una bugia. Una fottutissima bugia. Nulla andava bene, quella lontananza non andava bene, il non poterla toccare non andava bene. Per niente.
« Ti lascio, allora » disse, sfiorandole la guancia con una carezza lieve.
E un saluto sarebbe stato stupido e scomodo per entrambi, così lei non disse nulla e non lo guardò andar via.
Non avrebbe guardato Melanie riprenderselo e convincerlo a ballare con lei. Non avrebbe guardato la sua felicità nell'averlo accanto, no, così si allontanò e per poco non andò a sbattere contro il petto di Dylan. Sollevò lo sguardo e vide che sorrideva, gentile.
« Ehilà » disse, senza arretrare di un passo, ma il sorriso scomparve quando la scrutò con più attenzione. « Cos'è questo faccino triste? » le chiese.
Lei scrollò le spalle e tentò di assumere un'espressione più distesa. Inutile dire che i suoi tentativi furono parecchio vani.
« Non è niente » lo rassicurò, con un tono che sperava sfociasse nell'indifferenza. « Va tutto bene. Tu, piuttosto, da dove vieni? »
« Il mio stomaco reclamava nutrimento » scherzò, abbozzando un altro sorriso. « E mi sono riempito parecchio. Dovrei smaltire un po'. Vuoi ballare? »
Scarlett, presa in contropiede, annuì senza neanche pensarci e si lasciò guidare verso il centro della stanza, assente.
Gli poggiò le mani sulle spalle e avvertì le sue posarsi garbatamente sui fianchi. Non potè non notare che l'effetto non era neanche lontananente simile a quello che gli infondeva il tocco di Sirius, ma scacciò via il pensiero e si fissò le scarpe.
« Sei davvero giù, Scarlett » mormorò Dylan, accarezzandole i capelli. « Non posso aiutarti in alcun modo? Vuoi andare via di qui? »
Lei scosse il capo stancamente. « Ho solo un po' di mal di testa » mentì. « Sto bene, dico davvero ».
Lui tacque, ma continuò ad osservarla preoccupato, il volto cupo, perché aveva la certezza che ci fosse molto più di un mal di testa dietro quell'aria affaticata. E quello, di sicuro, lo sapeva benissimo anche lei, che continuava a negarlo anche a se stessa.
Si avvicinò di più a Dylan e chiuse gli occhi, immaginando che ci fosse Sirius al suo posto. L'incantesimo non parve funzionare, anche perché quando risollevò lo sguardo, lo vide ballare poco distante da lì, le mani di Melanie serrate intorno al collo e lei incollata a lui come una sanguisuga viscida e odiosa.
Avrebbe tanto voluto serrarli nuovamente e non vedere, ma la tentazione fu più forte del buonsenso, e come sempre dimostrò di essere un po' autolesionista.
Sirius osservava con aria annoiata qualcosa alla sua destra, e Scarlett capì che lo faceva per non dover guardare la ragazza negli occhi. Si muoveva quel tanto che bastava a non rimanere totalmente bloccato sul posto, mentre Melanie parlava e parlava, senza smettere un secondo di sorridere.
Gli stava raccontando di come tutte le sue amiche fossero invidiose di lei, la stupida, ma Scarlett non poteva sentirla, e, a quanto pareva, Sirius la ascoltava più o meno quanto lei. Si voltò solo dopo un minuto e la fissò, un sopracciglio inarcato e una mezza smorfia sul viso.
« Hai capito, Sirius? » stava domandando allegramente lei, stringendosi ancor di più contro di lui. « Capito? Non lo trovi incredibile, Sir? »
Sir. Lui odiava, odiava quel diminuitivo stupido. Odiava tutti i diminuitivi, in realtà. Erano tutti stupidi.
« Cos'è che dici? » le chiese con voce strascicata, cercando di farle allentare la stretta. Gli stava praticamente logorando la nuca.
« Ho detto che Janette mi ha raccontato... » cominciò a dire, per poi interrompersi bruscamente. « Oh, ma che importa? Vieni qui! »
In un gesto improvviso e fulmineo, lo attirò a sé e tentò di baciare le sue labbra, ma lui prontamente voltò la testa, evidentemente infastidito.
A Scarlett, che aveva osservato la scena per intero, il cuore balzò in gola e poi precipitò giù nello stomaco. Dopo aver visto la reazione di Sirius, però, sorrise appena tra sé e sé, trionfante.
L'espressione delusa di Melanie era da immortalare, ma non ebbe lunga durata. A quanto pareva, nulla riusciva a scalfire minimante la gioia di quella ragazza. Esattamente come nulla riusciva a curare la sua patologica idiozia.
Mentre continuava a scrutarli oltre la spalla di Dylan, la musica andò affievolendosi e la canzone terminò. Si slacciò lentamente dall'abbraccio di Dylan e gli sorrise, cercando di apparire serena in modo da non rabbuiarlo.
« Ci vediamo tra poco » gli disse, e lo vide annuire un po' perplesso prima di allontanarsi in cerca di un bagno.
Si fece largo tra i ragazzi di fronte a lei e incontrò nuovamente James.
« Dove vai, splendore? » le chiese, scoccandole un rapido bacio sulla guancia. « Posso aiutarti a ritrovare la retta via? »
« La via del bagno, per favore » rispose, ridendo. « Oh, scherzavo, l'ho trovato. Scusa ma ho fretta, James ».
Ma lui la trattenne per un braccio e la fece voltare nuovamente.
« Non mi pare una buona idea » mormorò, osservando l'entrata del bagno con il capo inclinato. « Ci sono un paio di ragazze che vomitano palle di drago. Non è esattamente quello che si suole definire un bello spettacolo ».
Scarlett si esibì in una smorfia disgustata e sollevò un pollice, annuendo grata.
« Messaggio ricevuto » disse. « Sala Comune, arrivo! A dopo, bellissimo » e si dileguò senza attendere oltre, scansando Regulus Black che le stava quasi venendo addosso. Notò che le rivolse un vago sorriso, ma lei non lo ricambiò e si affrettò ad uscire per scrollarsi il suo penetrante sguardo di dosso.
Fortunatamente, non vi era molta strada da fare per raggiungere la Sala Comune. Fuori dall'ufficio di Lumacorno si gelava e non potè che avvolgersi il torace con le braccia e camminare il più velocemente possibile. Una volta dentro, la temperatura tornò ad innalzarsi di qualche grado, ma decise comunque di sbrigarsi e tornare velocemente alla festa per riscaldarsi nuovamente.
Fuoriuscire dal buco dietro il ritratto della Signora Grassa richiese una buona dose di coraggio. Le spalle nude le tremavano e vi sfregò contro i palmi delle mani mentre si dirigeva verso il corridoio da cui era sbucata pochi minuti prima, il rumore sordo dei tacchi che rimbombava tra le pareti di pietra.
Fu quando stava per svoltare l'angolo che udì una voce richiamarla. Una voce cupa, sommessa, piuttosto familiare.
« Tutta sola, Banks? » furono le parole che udì e che la fecero voltare di scatto.
« Sirius, cosa...? » cominciò a dire, scocciata perché l'aveva praticamente pedinata fin lì, ma si bloccò a metà frase.
Il ragazzo che aveva di fronte e che si avvicinava a passi misurati e lenti non era Sirius. Era Regulus.
« Black » mormorò con una nota di disprezzo nella voce, « che cosa ci fai qui? »
Lui accennò un ghigno arrogante, smettendo di camminare solo quando fu a qualche passo da lei.
« Passeggiavo » rispose distrattamente, scrollando le spalle. « E tu, piuttosto? Non ti divertivi alla festa? »
Scarlett si chiese come mai le stesse rivolgendo quelle domande e, soprattutto, perché si stesse intrattenendo a chiacchierare quando non si erano praticamente mai rivolti la parola prima. L'unica cosa che capì fu che il suo tono di voce non le piaceva per niente, così come le sue labbra arricciate.
« Black, per caso c'è qualcosa che vuoi dirmi? » gli domandò, inarcando un sopracciglio. « Se è così, ti prego di arrivare in fretta al dunque ».
Regulus si prese tutto il tempo per rispondere, e Scarlett pensò che forse gli piaceva mantenere una certa tensione così da dare maggiore peso ad ogni parola. Anche Sirius si comportava spesso così, d'altra parte. Se la prendeva assai comoda e le faceva attendere una risposta che tardava sempre ad arrivare.
« Stavo solo domandando » disse infine, più che tranquillo. « Se ne hai voglia, potremmo divertirci insieme ».
A Scarlett quell'affermazione non piacque affatto e trasalì, arretrando di un passo.
« Lasciami stare, Black » sbottò, rude, voltandogli le spalle e cominciando a marciare verso l'imboccatura opposta del corridoio.
La mano di Regulus, però, arrivò a stringere il suo gomito con forza, facendola nuovamente voltare di scatto, turbata.
« Black, non mi piace ripetermi, sai? » sibilò, strattonando il braccio per far sì che la mollasse. « Lasciami stare ».
Ma lui non le prestò ascolto e la strinse al punto tale da bloccarle la circolazione. O almeno così le parve, perché d'un tratto le mancò persino il respiro.
« Rilassati, carina » lo sentì sussurrare, serafico. « Va tutto bene. Piuttosto, cerca di respirare. Quest'aria pallida non ti dona per niente ».
Scarlett avvertì un fiotto di paura scuoterle la gabbia toracica, impossessarsi delle ossa, dei muscoli tesi e contratti, serrarsi sulla gola e occuparle del tutto la mente in quel momento completamente annebbiata. La mano libera scese d'istinto a tastare l'abito, che però non possedeva tasche. Non aveva con sé la bacchetta, e se ne rese conto solo in quel momento. Darsi mentalmente della sciocca non aveva più nemmeno molto senso. Aveva sempre saputo difendersi da sola, pronta a tutto ovunque andasse, ma senza quel piccolo bastoncino tra le mani era completamente impotente. Voleva solo andare via.
« Che cosa vuoi? » gli chiese furiosa, cercando di apparire sicura di sé anche se non lo era per niente. « Sono certa che possiamo discutere ».
« Tu sei certa di troppe cose, tesoro mio » mormorò Regulus, sorridendo con finta dolcezza. « Non è un bene, sappilo ».
Ma lei non gli prestò ascolto, troppo occupata a pensare a come potersi liberare di lui per fare qualsiasi altra cosa. 
Lo sguardo scattò verso i due lati del buio corridoio e con un'altra stretta al cuore vide che erano soli. Il battito accelerò di parecchio.
« Non è molto affollato qui, hai notato? » borbottò quasi distrattamente lui, seguendo la direzione del suo sguardo. « La fortuna mi sorride, a quanto pare ».
Parlando, allentò impercettibilmente la stretta e lei tentò con tutte le sue forze di liberarsi dalle sue dita, ma ciò non fece altro che farlo infuriare.
Premette con forza il suo corpo contro il muro, tenendola bloccata con la forza delle ginocchia e con le mani, serrate attorno ai polsi.
« LASCIAMI STARE! » urlò lei a pieni polmoni, sferrandogli un potente calcio sugli stinchi che lui, però, riuscì ad evitare.
« Ferma un po', tesoro » le consigliò, annoiato. « Mi dai fastidio. E sta' calma, per Merlino. Non sono il lupo cattivo ».
A quelle parole, i suoi pensieri scattarono senza volerlo a Remus... James, Lily, Miley, la festa... possibile che nessuno si fosse accorto della sua assenza prolungata?
« Perché così tesa? » proseguì lui con voce suadente, scostandogli i capelli impiastricciati di sudore dal viso.
Lei lo scansò e ancora lottò per liberarsi, senza riuscire a smuoverlo. Era magro, ma possedeva una forza straordinaria che non avrebbe mai immaginato.
« Se non ti allontani immediatamente da me » lo minacciò, la voce che quasi tremava, « giuro che... Giuro che... »
« Che cosa? » ghignò lui, provocatorio. « Non mi sembri proprio nella posizione di fare minacce, bella mia ».
Ed era così vero che si sentì debole come uno straccio e si abbandonò alla parete. 
La paura non riusciva a farla ragionare, non vedeva nient'altro che lui che si faceva sempre più vicino, con quelle sue mani orribilmente feroci artigliate a lei.
Era terrorizzata, completamente, e si sentiva come una di quelle stupide damigelle in difficoltà che aveva sempre detestato con tutto il cuore, consapevole e forte della sua personalità invincibile e delle sue capacità tanto da biasimarle per la loro debolezza. Eppure adesso nella loro posizione c'era lei. E la sua forza, insieme alle sue capacità, andavano a braccetto a farsi un giro.
« Per favore, lasciami andare » mormorò, sfinita.
E Regulus le sorrise, senza dire una parola. Non le avrebbe fatto del male, non ci pensava nemmeno. Sarebbe stata una tale perdita di tempo... Ma voleva spaventarla, quanto bastava perché Sirius si preoccupasse per lei. Era solo quello il suo intento: fare uno sgarbo a lui, per una sorta di stupida vendetta, mentre lei rappresentava soltanto il mezzo attraverso cui riuscirci.
Sentendola tremare appena sotto il suo peso, però, non potè che ripensare alle parole di Sirius. E per un solo, brevissimo istante pensò che, per fare una cosa del genere, un po' sciocco, in effetti, doveva esserlo davvero.
 
 
* * *
 
 
« So che tieni per i Tornados, Sirius! Anch'io sono una loro grandissima fan, sai? »
« Davvero? Già, hanno molti... fan, loro, sì ».
« Immagini come sarebbe bello guardare una partita insieme, eh, Sirius? Te lo immagini? »
« Mmm... Quasi non ci riesco. Fantastico, davvero ».
« Vedi, Sirius? Siamo sempre d'accordo! »
« Incredibile, no? »
« Sì, quello che penso anch'io! »
La ragazza scoppiò in una risatina fastidiosa e Sirius fece parecchia fatica a trattenere uno sbuffo soffocato. Era stanco. Per tutta la serata si era sorbito le sciocchezze di quella stupida ragazza e si pentì amaramente di averla invitata. Aveva trascorso il tempo immaginando come sarebbe stato avere Scarlett con sé, ma adesso voleva ritrovarla, provare ancora a fare qualcosa, insistere, se si fosse reso necessario. 
Cercò James per tutta la stanza affollata, finché non lo trovò mentre parlava animatamente con Frank in compagnia dell'ennesimo bicchiere di Whisky.
« Emily, ti dispiace se vado a salutare un amico? » borbottò distrattamente, facendo per allontanarsi senza neanche degnarla di un ulteriore sguardo.
« Oh... certo, va' pure » cinguettò lei dopo un breve attimo di smarrimento.
Lei si chiamava Melanie. Non Emily. Ma probabilmente Sirius aveva fatto ingenuamente confusione, tanto che sorrise tra sé e sé.
Sirius, comunque, non vi fece caso e, dirigendosi verso gli amici, si accorse che Scarlett non era con loro. Si arrestò un attimo tra la gente, cercando di scorgerla in qualche angolo, quando il suo sguardo fu attratto da un'altra ragazza. Una ragazza mora e parecchio alta, che sorseggiava il suo drink con aria annoiata. La riconobbe all'istante come la ragazza che accompagnava Regulus e la sua mente scattò prima che riuscisse a capire: dov'era lui? Perché aveva lasciato la festa?
La paura lo assalì, anche se inizialmente non riuscì a comprenderne il motivo. Poi le sue parole gli echeggiarono nella mente all'improvviso, paralizzandolo.
 
« Di' un po', Sirius, stai per caso con Scarlett Banks? »
« Io... No. Non stiamo insieme. Perché, tu che cosa vuoi? » 
« Semplice curiosità, te l'ho detto. In effetti, mi sarebbe proprio dispiaciuto dover togliere la ragazza al mio caro fratellino ».
 
Corse senza pensare verso James, il cuore che già batteva all'impazzata, allentandosi il nodo della cravatta che non riusciva a farlo respirare.
Non appena lo raggiunse, gli poggiò una mano sulla spalla, stringendola quasi involontariamente. « James » mormorò concitato. 
Lui si voltò, facendosi subito serio di fronte alla sua espressione. « Che succede? » domandò con aria preoccupata.
« Hai visto Scarlett? Non è con te? »
« E' andata in Sala Comune per usare il bagno » rispose lui. Poi controllò l'orologio. « E' andata via... » aggiunse lentamente, « ... più di dieci minuti fa ».
Si fissarono per un attimo, la paura dipinta sui loro volti.
« Andiamo a cercarla » disse subito James, la mano già stretta attorno all'impugnatura della bacchetta.
« No, tu resta, vado io » rispose in fretta Sirius, scuotendo il capo senza pensarci due volte.
« Tutto bene? » chiese subito Frank, la fronte aggrottata.
« Sì, sta' tranquillo, amico » fece James, rassicurante. « Sirius...? »
« Sì. A dopo ».
Urtò parecchie persone mentre si affrettava verso l'uscita. 
Appena fu fuori, corse a rotta di collo verso il primo corridoio, scivolando sul marmo lucido ma senza fermarsi. Scese i pochi gradini quattro alla volta, la paura che gli bloccava la saliva in gola e il respiro nella gabbia toracica, doloroso e rimbombante come se fosse stato di metallo più che d'aria.
Aveva paura. Paura per lei. Non aveva pensato che Regulus avrebbe davvero potuto farle del male e solo allora si chiese se avesse dovuto proteggerla in qualche modo da lui, anche se davvero non capiva come.
Controllò le tasche della giacca e dei pantaloni nella speranza di trovarci la Mappa del Malandrino, ma niente.
Doveva trovarla subito.
 
 
* * *
 
 
« Allora, dolcezza, ti muovi da te o ti do un aiutino? »
« Leva quelle mani schifose da me, brutto stronzo! »
« Mi piacciono le ragazze difficili, sai? Ma mi pare che tu stia calcando un po' la mano ».
Scarlett era stanca di divincolarsi sotto il suo peso. I polsi le facevano male, le gambe erano esauste per tutti i calci che aveva tentato di sferrargli e nella sua mente non era nata nessuna idea geniale che la aiutasse a fuggire. Non ricordava di aver mai avuto tanta paura come in quel momento.
Lo vide farsi vicino, stringerle il mento con forza, farle male. Sentiva le sue mani ovunque, ma al tempo stesso non sentiva più nulla.
« Qualcuno mi starà già cercando » sussurrò stentatamente in un ennesimo sforzo di apparire coraggiosa e forte quando non lo era. « Faresti meglio a lasciarmi. Ti cacceranno via dalla scuola per questo... e non ne vale la pena ».
Ma Regulus non esitò neanche per un istante e anzi rafforzò la presa, tenendola stretta per i fianchi, facendo scivolare le mani sul suo abito in un tocco pressante. A Scarlett veniva da vomitare e le labbra tremavano incontrollabilmente, così le strinse per non scoppiare a piangere. Gli occhi bruciavano e voleva solo scappare via e non rivedere mai più il volto di Regulus a pochi millimetri da lei, ma non poteva farlo e non si udiva il suono di passi neanche in lontananza.
Nessuno si era accorto della sua assenza. Nessuno la stava cercando. Nessuno sarebbe arrivato.
Fissando il volto di Regulus ripensò a Sirius, a quanto fosse simile a lui, eppure così diverso. Quando Sirius le stava così vicino, il cuore balzava in gola e il respiro si faceva stentato e irregolare, ma quando la stringeva, quando le sussurrava parole all'orecchio, erano adrenalina e conforto a prendere possesso di lei. La presenza ravvicinata di Sirius la faceva sentire sicura e protetta, nonostante tutto, nonostante lui fosse sempre stato 
spericolato e un po' folle... Regulus, invece, era viscido, ripugnante e la stava terrorizzando. Desiderava che qualcuno lo costringesse ad allontanarsi da lei... desiderava tornare alla festa, tornare indietro nel tempo, magari, e accettare di ballare con Sirius così da perdersi tra la folla... avere le sue mani sui fianchi, sempre così prudenti su di lei...
« Che stai facendo? » scandì con chiarezza una voce profonda, echeggiante nel corridoio deserto.
Lei si voltò di scatto, cercando un viso nell'ombra. Non aveva avvertito il minimo rumore di passi, se non un fruscio a cui non aveva neanche badato.
Eppure qualcuno era arrivato e stava fermo a pochi passi da loro. Era Sirius.
« Sirius... » riuscì a sussurrare con l'unico filo di voce rimasto.
Sentì Black lasciarla andare, il respiro trapassarla nuovamente. Una sensazione indefinita di calore la pervase da capo a piedi... e capì di essere salva.
« Buonasera, fratellino » disse Regulus, anche se un lampo di paura aveva lampeggiato nei suoi occhi per un breve istante.
Sirius non indugiò oltre, prese Scarlett per un braccio e la allontanò da Regulus, mentre lui gli si fece vicino.
« Volevi finire la festa in grande, Regulus? » chiese in tono stranamente calmo, un tono che stonava con la rabbia che gli pulsava nelle vene.
« Dimmi invece perché me l'hai rovinata » rispose l'altro, che non pareva intimorito all'apparenza.
« Dovrei permetterti di maltrattare una ragazza senza dire nulla? » Si fece d'un tratto più serio. « Ti avevo avvertito. Ti avevo detto di non toccarla ».
« Pensavo non ci tenessi, altrimenti non mi sarei mai e poi mai permesso » disse con un ghigno che diceva tutto il contrario.
Sirius fece qualche passo in avanti, finché non si ritrovarono faccia a faccia, a squadrarsi con odio e disprezzo incisi in ogni lineamento.
« Che cosa volevi farle, brutto bastardo? »
Lui non rispose, e si limitò a squadrarlo. Era molto più basso del fratello maggiore e lo notava adesso più che mai.
« Prova a metterle di nuovo le mani addosso e giuro che te ne pentirai » sibilò Sirius, furioso, così piano che per Scarlett fu davvero difficile udirlo. « Stalle lontano e non ti azzardare a sfiorarla mai più o non so se risponderò di me stesso. Sono stato chiaro? »
Regulus lo fissò, nel volto pallido e spaurito ancora un'aria di sfida, negli occhi ancora una traccia di spavalderia.
« Avanti, fratellino, volevo solo farle fare un giretto della nostra Sala Comu... »
Senza neanche riuscire a terminare la frase, però, Regulus si ritrovò a terra, un rivolo di sangue che colava dal labbro, lo sguardo fisso sul pugno serrato di Sirius, mentre Scarlett osservava la scena raggelata, le braccia strette intorno alla vita come a volersi proteggere da chissà cosa.
E mentre il codardo fuggiva via, Sirius la prese per mano, mormorando: « Andiamo via » e conducendola con sé.
Lei non protestò e lo seguì, ancora sconvolta, troppo tesa per poter pronunciare anche una sola parola.
« Che ti è venuto in mente ad andartene via da sola a quest'ora? » sbottò lui dopo parecchi secondi di assordante silenzio. « Andare in giro senza bacchetta... Ma che ti salta in testa? Poteva succederti di tutto, poteva farti qualunque cosa... »
Arrivarono presto alla vicina Sala Comune, e lui la aiutò a issarsi sul buco dietro il ritratto, finché non fu seduta sul divano, raggomitolata su se stessa.
« Devi stare più attenta a come ti muovi » proseguì lui, apprestandosi ad accendere il fuoco. « Anche qui dentro ci sono dei pericoli, lo capisci? »
Cominciò a camminare avanti e indietro, evidentemente nervoso, lanciando la bacchetta sulla poltrona senza la minima cura.
« Se non fossi... Se avesse... Dio, non voglio neanche pensarci... »
Dopo qualche altro borbottio, però, si accorse che Scarlett era rimasta in silenzio per tutto quel tempo. L'ultima cosa che si sarebbe aspettato da lei.
Si bloccò di scatto e sollevò lo sguardo, notando così il suo colorito pallido, le mani tremanti intrecciate in grembo, lo sguardo totalmente sperduto. E si odiò per non aver pensato a starle accanto, dopo tutto quello che aveva passato. Rimproverarla per la sua imprudenza era stato sciocco. Dopotutto, si era resa conto benissimo da sola del proprio errore e non le servivano le ramanzine di uno sventato come lui. Così, lentamente, le si avvicinò, cauto.
« Ehi » mormorò dolcemente, e parlando si abbassò per poterla guardare negli occhi, prendendole il viso tra le mani e accarezzandolo con la punta delle dita.
« Va tutto bene » le sussurrò, rassicurante. « E' passata ».
Ma il suo sguardo era immobile, fisso su qualcosa che lui non poteva vedere, e fu questo a spaventarlo più di ogni altra cosa. Era paralizzata.
« Sta' tranquilla, ora » continuò a dire, preoccupato anche se non lo diede a vedere. « Ci sono io qui... sei al sicuro, sei con me adesso... »
Appoggiò la fronte alla sua, cercando di infonderle coraggio, calore, mentre lei serrava gli occhi come se volesse proteggersi da qualcosa.
« Credevo che mi avrebbe... pensavo... » balbettò dopo un po', la voce incrinata. « Grazie di essere venuto, io... »
« Shh » sussurrò lui, scuotendo appena la testa ancora a contatto con la sua. « Non dirlo nemmeno. Ma sta' tranquilla... nessuno ti si avvicinerà più ».
Scarlett inspirò a fondo e si allontanò. Non doveva mostrarsi debole, soprattutto di fronte a lui. Si era già lasciata andare troppo alle emozioni, e ciò la danneggiava sempre, alla fine.
« Grazie, Sirius » disse, il capo chino. « Ora torna pure alla festa, la tua... Melanie ti starà aspettando ».
Fece per alzarsi, desiderosa di chiudersi la porta del Dormitorio alle spalle, infilarsi nel suo pigiama e stare finalmente tranquilla, ma lui la bloccò sul posto.
« Te l'ho già detto » le rispose con fermezza. « Non m'importa della festa, né tantomeno di lei ».
Il suo sguardo la trapassò, facendola arrossire.
« Vuoi salire a dormire? » le domandò poi, serio. « O vuoi che resti a farti compagnia? »
Lei lo osservò e sollevò le spalle, ma crollò nuovamente sul divano senza una parola e tenne lo sguardo basso mentre lui le si sedeva accanto, slacciandosi la cravatta e togliendosi la giacca per poi gettarla sulla poltrona lì vicino.
« Stai meglio? Vuoi che ti porti qualcosa? » chiese, arrotolandosi le maniche della camicia. Aveva maledettamente caldo.
Scarlett si limitò a scuotere il capo, incapace di formulare altre parole. Aveva il respiro mozzato e avvertiva ancora l'orribile sensazione di quelle mani che la dominavano, come se il ricordo di esse fosse intrappolato nella pelle e non accennasse a svanire.
« Sicura? » domandò ancora lui, scrutandola con attenzione. « Posso chiamarti Lily, Miley... o James... »
« No » mormorò lei, la voce roca. « Sto bene così... grazie ».
I capelli le coprivano il viso mentre stava rannicchiata su se stessa, come a ripararsi e nascondersi da qualcosa, ma quando ne scostò una ciocca dietro l'orecchio con un gesto brusco, Sirius potè vedere che qualche lacrima le era sfuggita dagli occhi. Senza pensare per più di un istante, si sporse verso di lei e la avvolse in un abbraccio, così da avvertire il suo corpo fragile a contatto col proprio.
Era la prima volta che la teneva tra le braccia. La strinse a sé, protettivo come non si era mai sentito verso qualcuno, e si chiese perché, perché mai quel momento dovesse finire. Perché fosse destinato a rimanere solo un piccolo sprazzo di gioia isolata in una vita costellata di dolori e flebili attimi di felicità inespressa. Perché per lei non potesse significare quello che significava per lui. Perché non potesse durare solo... solo per sempre.
Tutto si infranse quando lei si allontanò lentamente, gli occhi colmi di stupore a causa di chissà quale pensiero.
« E dire che vi somigliate così tanto... » mormorò, fissando il pavimento con sguardo vacuo, come se lo stesse trapassando con la mente.
« Cosa? » domandò lui con voce roca, totalmente stordito.
« Tu e tuo fratello » spiegò lei, tornando a guardarlo. « Siete così simili... eppure così diversi, in fondo. E' strano... lo trovo strano ».
Lui annuì, incapace di dire alcunché. Lei lo trovava strano, forse, ma per lui era certezza ormai assodata. Non ricordava più neanche quante volte si fosse sentito dire parole come quelle. Perché Regulus era diverso da lui, era un figlio migliore, un ragazzo migliore, in tutti quanti i sensi, e lui era stanco di sentirselo ripetere. Un sorriso amaro gli arricciò le labbra e lei lo fissò, senza capire.
« Mia... mia madre non faceva che ripeterlo » disse, senza neanche rendersene conto. « Quanto siamo diversi, intendo. Diceva che io non valevo nulla, che se non ci fosse stato lui, la nostra famiglia avrebbe perso l'onore che aveva sempre meritato... In continuazione, ogni giorno, non smetteva mai di ripetere quanto fossi inutile e... e sbagliato in tutto quello che facevo. E anche se continuavo a fare di tutto proprio per tenermi distante da loro, per continuare sulla mia strada, non potevo evitare di sentirmi davvero così. Un... un errore ».
Aveva lo sguardo perso nel vuoto e aveva sussurrato le ultime parole, lasciando che si perdessero nell'aria attorno a loro.
Lei pendeva dalle sue labbra e fece fatica a parlare. Aveva paura di spezzare il filo dei suoi pensieri, di violare un qualcosa di molto intimo. Ma lo fece.
« Non capisco, Sirius » mormorò, inclinando lievemente il capo. « E' a causa di tua madre che sei andato via di casa? »
Lui si riscosse di botto dai suoi pensieri e solo allora si rese davvero conto di avervi dato voce proprio con lei. Non sapeva nulla, naturalmente, e non aveva compreso le sue parole, insensate per chiunque non conoscesse il suo passato. In questo modo, si sentì costretto a rivelarglielo e notò con sorpresa che non gli dispiaceva doverlo fare. L'idea che lei sapesse quel che aveva vissuto non lo intimoriva né lo irritava. Era normale che lei sapesse. Normale e giusto.
« Credo che tu abbia sentito parlare della fama dei Black » disse in tono amaro. « Tra i Purosangue è parecchio conosciuta... sia per il suo nome che per lo schifo che c'è dietro. Avrai capito che genere di maghi sono... sempre in prima linea per la difesa del sangue puro e la condanna dei Babbani di nascita, più dalla parte di Voldemort che dalla nostra... gente proprio perbene, insomma, un esempio da seguire » e rise sommessamente, senza allegria. « Hanno tentato in tutti i modi di rendermi come loro. Ci sono riusciti con mio fratello, ma non con me. E' per questo che sono scappato... Non ce la facevo più... non riuscivo a restare chiuso in quella casa di squilibrati, o sarei diventato più pazzo di tutti quanti loro... e... per fortuna c'era James ». Sorrise, distendendo il viso in un'espressione più luminosa. « Sì » mormorò, quasi tra sé e sé. « C'era James ».
Scarlett sorrise appena insieme a lui, completamente assorbita dal suo racconto. Aveva la mente così stipata di pensieri da non riuscire a slegarne uno dagli altri, eppure in quel momento sentiva di capire meglio tutto quanto. Sentiva di capire molto meglio lui.
« Ho perso ogni contatto con loro » proseguì Sirius, la schiena ricurva, i gomiti poggiati alle ginocchia, le mani intrecciate come in preghiera. « Ho voluto perdere ogni contatto con loro. Mi sono allontanato per questo... per provare ad essere giusto... o continuare ad essere sbagliato lontano da loro ».
Dopo aver rivelato tutto quanto, si rese conto di sentirsi totalmente nudo, nudo della sua maschera tanto ben costruita, ma non si vergognava di guardarla negli occhi, e ancora una volta non sapeva perché e non volle chiederselo.
« Non sapevo nulla di tutto questo... » mormorò lei, che mentre lo guardava, vedeva qualcun altro. Qualcuno di diverso dal Sirius di sempre. Qualcuno con un cuore colmo di sentimenti da versare in qualcun altro. Qualcuno che aveva bisogno di riceverli, tanto quanto lui ne aveva di donarli e condividerli. 
E non riusciva ancora a realizzare che il ragazzo che le aveva appena parlato con tanta emozione fosse lo stesso che le faceva quelle battutine stupide ogni giorno. Lui, quello che credeva si sentisse il migliore al mondo, in realtà non riusciva a scrollarsi di dosso l'idea di essere solo un terribile sbaglio. 
E lei non capiva più nulla ormai. Forse era stata lei a sbagliare, a credere a quello che lui mostrava di essere ma che in realtà non era. Perché doveva esistere qualcosa dietro quel perfetto viso di pietra. Doveva esserci qualche briciola di semplice e goffo sentimento, dietro quei gesti eleganti e posati. E lei aveva scoperto solo in quel momento che c'era molto più di questo. Semplicemente un cuore che pulsava odio e amore, vene stracolme di dolori passati e mai scomparsi, di rivoluzionaria gioia nel mondo crudele in cui era stato costretto a vivere, interrotta e soppressa di continuo dal rimorso, da ossessivi pensieri che sussurravano odiose bugie, menzogne a cui non riusciva a non credere e che lo aggredivano come maledette verità, mescolandosi e avvelenandogli la mente, pugnalandolo con forza, così che nemmeno la mano più calda o la medicina più potente potessero curarlo, fargli dimenticare il sangue di dolorose emozioni che aveva versato... Un cuore sigillato e chiuso dentro un'imbattibile armatura costruita intrecciando finte sicurezze e false convinzioni, e che lei non aveva mai voluto penetrare. Eppure eccola lì, costretta a farlo, e scoprendo che non era poi così complicato riuscirci. Eccola lì, spiazzata da quello che conteneva, colpita dal suo volerlo rivelare.
« Sirius... » si ritrovò a sussurrare, senza saper proseguire. Gli strinse una mano tra le proprie, e lui sollevò lo sguardo a quel tocco, meravigliato.
E fu così che lo vide. Riuscì a vederlo per la prima volta. Quegli occhi grigi e gelidi non erano più una barriera inespugnabile, ma un pozzo di emozioni mai rivelate, sotterrate dall'indifferenza per anni e mai portate alla luce. E c'era qualcosa in quello sguardo, una traccia di infelicità malcelata, qualcosa di rotto e mai riparato, perché forse non si poteva. Un dolore, una mancanza... un vuoto.
E senza sapere come, si disse che qualcuno doveva colmarlo e che, anche solo per quella volta, a provarci doveva essere lei.
« Sirius... » ripetè, guardandolo negli occhi senza paura, senza capire realmente quel che stava per dire. « Stringimi ».
Lui rimase spiazzato da quella richiesta. La osservò, lo stupore che si faceva largo sul suo volto, ma lei non parve accorgersene, e poggiò piano la testa sul suo petto. Dopo la paura che aveva provato prima e lo stupore per quello che lui gli aveva detto, sentiva il bisogno di stargli accanto. Dopo l'orribile sensazione che aveva provato avvertendo quelle mani indiscrete e avide su di lei, quel viso spavaldo troppo vicino al suo, aveva bisogno di lui, delle sue mani gentili e calde che la rassicuravano, di un suo dolce abbraccio, un qualcosa che la facesse sentire preziosa piuttosto che stupida come un oggetto nelle mani sbagliate. E voleva lui vicino, in quel momento. Non il suo grande amico James, non la sua adorata sorella, né Lily o le sue amiche di sempre. Lui. Quella persona che non sapeva dove collocare, perché amico non era, non lo era mai stato, e adesso che si era mostrato in quel modo a lei nemmeno un nemico, un avversario da vincere come lo aveva sempre considerato. E non volle neanche pensare all'altra categoria... No, neanche per sogno. Lui andava messo in una classe a sé. Il solo che riuscisse a farla impazzire. 
Ma proprio lui, lui che la desiderava da tanto, adesso quasi non voleva toccarla, aveva paura. Non sapeva cosa fare, se stringerla a sé o sfiorarla appena, se dire qualcosa o restare in silenzio... Lui, che aveva sempre saputo come comportarsi, che non perdeva mai la testa, adesso era impacciato come un bambino, con lei che respirava piano sul suo petto e che finalmente desiderava averlo accanto.
Prese un respiro e la strinse più forte a sé, un braccio che la circondava e l'altro che si avvicinava al suo per lambirle il dorso della mano.
Le accarezzò la guancia con le nocche, quasi tremando, poi le sfiorò il braccio con le dita delicate, vezzeggiandone la pelle per tutta la sua lunghezza. Era un tocco lieve, più leggero di una carezza, ma li fece fremere entrambi di un sentimento mai provato prima, a cui non volevano dare un nome stupido o azzardato, poiché lo avrebbero reso d'un tratto grottesco. Lo lasciarono scorrere nei loro corpi, pulsare nei loro cuori, attanagliargli la mente come una morsa lieta e feroce, senza comprenderlo e senza spiegarlo, ma cullandosi nel suo insolito e piacevole effetto.
I minuti scorrevano e Sirius non si stancava di guardarla, di passarle le dita tra i capelli, di averla con sé. Respiravano a brevi tratti, ansiosi, e lei dopo un po' sollevò lo sguardo per incontrare quello di lui, che le sorrise debolmente. Le sfiorò la punta del naso con un dito, facendo sorridere anche lei, e quando strinse appena la sua camicia, nel punto in cui c'era il cuore, le si avvicinò ancor di più per inspirare l'odore dei suoi capelli che profumavano di fiori freschi. Capì così che da quel momento non avrebbe più avuto dubbi su quale fosse il suo aroma preferito. 
Avvicinò le labbra al suo collo, sfiorandolo appena, e carezzò il profilo del suo bel viso con la punta del naso, il respiro che si depositava su di lei senza rumore, facendola rabbrividire.
« Il tuo profumo è maledettamente bello » sussurrò, accostando le labbra umide al suo orecchio.
Lei accennò un sorriso e sollevò lo sguardo per allacciarlo al suo. Gli parve di vedere i suoi occhi fremere e bruciare. Riflettevano la luce danzante delle fiamme a un passo da loro, ed erano incantevoli come non mai. Percorrendo il suo collo con lo sguardo, notò un ciondolo che gli pendeva giù per il petto, nascosto dalla camicia. Era il ciondolo che aveva visto il giorno seguente alla notte trascorsa insieme agli amici in Sala Comune dopo la partita con i Corvonero. Avvicinò lentamente le dita per riguardarlo. Era bello come lo ricordava, un cerchio d'acciaio scuro su cui stavano bene in vista le lettere S e B.
« E' bellissimo... » mormorò. « Sono le tue iniziali ».
« E le tue » rispose lui, incurvando le labbra in un accenno di sorriso.
« E' vero... » Sorrise anche lei. « Non ci avevo mai fatto caso ».
E mentre si riappoggiava alla sua spalla, una mano che gli stringeva piacevolmente il collo, Sirius si chiese perché non potesse andare sempre così. Avrebbero potuto stare abbracciati per l'eternità, baciarsi in ogni luogo senza pensare a nulla, consolarsi se ne avevano bisogno e ridere insieme per ogni singola cosa. Amarsi liberamente, senza paura, senza aspettare e senza perder tempo. 
Ma, ehi, da quando si parlava d'amore?
Da quando ti incanti a guardarla a colazione, suggerì una voce dentro di lui.
Da quando hai iniziato ad odiare quelli che anche solo la salutano, proseguì malvagia.
Da adesso, quando hai smesso di fare il bastardo per aiutarla e proteggerla.
Da quando hai deciso di averla, Sirius, non solo per il suo bel viso, ma per qualcosa che non hai mai visto con i tuoi stupidi occhi. Un qualcosa che solo adesso cominci a capire: il cuore, e il suo strano modo di agire.
Quando lei risollevò il volto, incontrò il suo, più vicino che mai. Vide le sue labbra avvicinarsi, posarsi tra i suoi capelli, scoccare un bacio lieve. Le sentì scivolare sulla fronte, a contatto con la pelle che parve sciogliersi come neve al loro passaggio, per poi scendere sul naso diritto e allontanarsi alla fine, per non cedere alla tentazione bruciante di premersi sulle labbra socchiuse che bravama di toccare. La mano di lei gli sfiorò una guancia, trovandola umida di un sottile strato di sudore freddo che il calore della cute assorbì in qualche istante. Era solo un breve tratto d'aria a separare le loro labbra, una distanza carica di tensione e desiderio, di incertezza e trepidazione, di timore e voglia irresistibile... voglia irresistibile di annullarla.
Con un tocco lieve del pollice, lui sfiorò la sua bocca. Era secca, intorpidita dal freddo. Un bacio, seppur leggero, sarebbe bastato a farla rinascere.
Invece tornò ad accarezzarle con calma i capelli, sfuggendo al suo sguardo. Perché un bacio, forse, avrebbe potuto far rinascere le sue labbra, ma avrebbe ucciso e distrutto qualcosa di molto più importante, che non doveva per nessuna ragione andare in frantumi. E questo era ciò che credeva anche lei.
Nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto tempo passò, ma alla fine Sirius si rese conto che Scarlett si era addormentata sul suo petto.
Si alzò silenziosamente, facendole poggiare il capo sul bracciolo del divano, e si inginocchiò per osservarla mentre dormiva indisturbata.
Era la cosa più bella che avesse mai visto. Un incanto. Bella come nient'altro al mondo. 
Le sfiorò una gamba, risalendo piano fino all'orlo del suo abito rosso, ma a quel tocco lei si svegliò di colpo, guardandosi attorno allarmata. Sirius allontanò subito la mano, come scottato, ma lei non vi fece caso.
« Sirius... » mormorò, la voce arrochita dal sonno. « Mi sono addormentata, scusa... »
« Va tutto bene » rispose lui, sorridendo appena. « Come ti senti? Stai bene? »
Lei annuì, osservandolo, poi si riscosse e fece per alzarsi.
« Salgo in Dormitorio » disse nervosamente, sistemandosi i capelli da un lato.
Sirius non disse nulla, ma le si avvicinò, insicuro, e le scoccò un morbido bacio sulla fronte. Entrambi chiusero gli occhi a quel lieve tocco e lui indugiò qualche secondo in più a un millimetro dalla sua pelle, le labbra leggermente dischiuse, ancora desiderose di lei.
Alla fine diede retta al suo buonsenso, e si allontanò, vagamente imbarazzato.
« Riposa tranquilla, bella Banks » sussurrò con affetto, dandole un'ultima carezza sulla guancia. « Buonanotte ».
La guardò allontanarsi, e sorrise quando mormorò: « Sirius... grazie » per poi risalire frettolosamente la scaletta a chiocciola.
Si diresse anche lui al suo Dormitorio e, dopo essersi chiuso la porta alle spalle con un calcio, si buttò sul letto, sconvolto, con la consapevolezza che nulla era realmente cambiato. Perché l'indomani lui l'avrebbe ancora chiamata Banks e lei di nuovo Black. Si sarebbero sfidati come al solito, con lo sguardo o con le solite frecciatine. Nessun abbraccio, nessuna carezza, nulla di tutto ciò che era accaduto quella notte. Avevano solo vissuto un'esperienza diversa, momenti che avrebbero ricordato, ma solo dentro se stessi.
A questo pensava Sirius, confuso e spaesato, guardando il cielo, proprio mentre Scarlett, sciacquandosi il viso, ricordava il battito feroce del cuore di lui per tutto il tempo in cui gli era stata accanto.
E malgrado la confusione che infuriava nelle loro menti, riuscivano ancora a distinguere tra i fili ingarbugliati di idee sconnesse un semplice e insolito desiderio. Qualcosa che davvero li faceva bruciare dentro. Inspiegabile. Ma vero.
Volevano solo una semplice, straripante novità.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state? E' stato bello il vostro Ferragosto?
Beh, eccovi il capitolo. Devo dire che a me piace. Sì, segnatelo sul calendario. E scommetto che a voi farà schifo, perché il vostro livello di gradimento dei capitoli è sempre inversamente proporzionale al mio. Sì, ho raggiunto il sei + in matematica. E occhio a quel più, eh, è il mio vanto. Ahahahahahah, ma lasciamo stare.
Cosa c'è da spiegare? Mmm... allora, l'argomento Regulus non si chiude qui. Quindi vedremo cosa succederà.
Poi, il mega momento Blanks (awww, lo avevo scritto secoli fa e non vedevo l'ora di pubblicarlo)... beh, Scarlett, come Lily nello scorso capitolo, non è molto in sé. Si è fatta trascinare dal momento, dalle sensazioni, dalle emozioni e comunque, anche da quel che prova per lui. Per Sirius, invece, questo momento è stato fondamentale. Ha capito di essersi davvero innamorato di lei, mentre Scarlett ha ancora mille dubbi e non prova qualcosa di così grande, no. Inoltre, ha parlato della sua famiglia, del suo passato, un qualcosa che non aveva mai condiviso con nessuno, esclusi i Malandrini. Fondamentale, quindi.
Cos'altro posso dire? Nulla, dai, vi posto qualche immagine.

Allora, questa l'ho fatta io. Non so se abbia senso, ma racconta un po' della fuga di Sirius: 
http://oi48.tinypic.com/uwi1k.jpg.

La mia Walburga è Kristin Scott Thomas, la trovo perfetta per quel ruolo. Visto che un giorno la rivedremo, vi posterò lì delle immagini sue e del "mio" Orion Black.
Quest'altra immagine, sempre fatta da me, è... puahahahah, non so cosa dovrebbe essere in realtà! E' la versione demenziale della suddetta fuga! Ahahahah! Scusate, ma non potevo non postarla: 
http://oi46.tinypic.com/o8iik4.jpg

Beh, Tynipic è troppo lento, quindi per altre immagini attenderemo...
Adesso i ringraziamenti! Ok, qui stiamo precipitando nell'incredibile. Sogno o son desta? TRENTACINQUE recensioni? Ma... io non credevo assolutamente di poter ripetere la trentina e addirittura... superarla così? Santa Tosca, siete davvero i lettori migliori del mondo.
Non so cosa dire... sono commossa dal vostro affetto e vorrei poter dare un mega bacio ad ognuno di voi. GRAZIE.
E mille grazie anche ai 119 delle preferite, ai 35 delle ricordate e ai 168 delle seguite! Cavoli, siete tantissimi!
Insomma, grazie mille a tutti quanti. Siete fantastici.
Vi mando un bacione, a presto, ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 21
*** Si torna a casa ***




A Ele, la cara verdazzurro_, che finalmente diventa sedicenne.
Grazie per le tue cazzate, per le recensioni che mi fanno rotolare dal ridere e prosciugare dal piangere,
grazie perché ci sei.
Buon compleanno.




Capitolo 21

Si torna a casa




 
 
Non erano molte le cose capaci di sconvolgere Sirius Black.
Impressionarlo era un'impresa alla quale tutti avevano detto addio da tempo, stanchi della sua solita espressione impassibile anche di fronte a delle assurdità conclamate. Pareva che nulla riuscisse minimamente a toccarlo, a scuoterlo, come se ogni avvenimento lo attraversasse senza in realtà sfiorarlo davvero.
Qualsiasi notizia, qualsiasi parola, per quanto strana o magari d'impatto, non era in grado di stupirlo. Era parte della sua natura.
Eppure era bastato un contatto, l'abbraccio di una ragazza che tempo prima non avrebbe esitato ad evitare e la consapevolezza improvvisa di essersene inspiegabilmente innamorato a turbarlo profondamente, tanto che in quel momento si trovava disteso a terra con le gambe sollevate e poggiate al letto, tutto intento a fissare il soffitto senza un pensiero che fosse uno per la mente.
Il rumore della porta del Dormitorio che si apriva non lo fece trasalire e non lo indusse a smuoversi dalla posizione in cui si trovava. Si limitò a lanciare un'occhiata all'entrata e non emise alcun suono, evitando accuratamente lo sguardo degli amici che lo scrutavano incuriositi e dubbiosi.
« Felpato, amico! » esordì James, passandosi una mano tra i capelli. Sembrava leggermente fuori di sé. « Che ti succede, eh? Scarlett dov'è? Credevo foste ancora insieme... vi ho visti sulla Mappa! Che avete combinato? » chiese poi, malizioso. « E' sotto il tuo letto? Ha il mio Mantello? SCAAAAAARLETT! »
« E' ubriaco » sillabò Remus in direzione di Sirius, conducendo l'amico verso il suo letto, una mano sulla sua spalla.
Sirius non parlò. Distese le braccia e incrociò le mani dietro la testa, osservando i suoi pantaloni con aria assente.
E fu questo a preoccupare gli altri più di ogni altra cosa. Indossava i pantaloni. Era tornato dalla festa e indossava ancora i pantaloni e la camicia. Un evento assolutamente contro natura che meritava un'analisi approfondita e ricerche meticolose, per cui era necessario un intervento tempestivo.
« Sirius... » fece quindi Remus, chinandosi per studiare meglio il suo volto e capire se si trattasse davvero del suo migliore amico. « Andiamo, di' qualcosa ».
Lui sospirò e sollevò lo sguardo, puntando gli occhi grigi e spenti sul ragazzo.
« Che c'è? » disse, atono. « Non mi guardare così. L'ubriaco qui è James, non io ».
Remus scrollò le spalle, ma continuò a fissarlo a lungo anche quando si fu allontanato.
« Amico, sembra che ti si sia schiantato un Troll sulla testa! » osservò James, ridendo. « Dai, raccontami che hai fatto con Scarlett! Cose indicibili, vero? » e qui fece dei segni eloquenti, « Ah, non dire niente... » si affrettò a dire dopo un attimo. « Tanto già lo so che avete fatto, sì. Oh, sì. Cose zozze. Zozze anche per i tuoi zozzissimi standard. Eh, già... ma fa bene, amico, fa bene... ogni tanto, una sana zozzata... anche tu, Remus, ascolta me... fa bene... »
Il ragazzo, tutto intento a slacciarsi la cravatta, si voltò e gli lanciò un occhiata compassionevole.
« ASPETTA! » urlò all'improvviso James, facendo un salto sul letto. « Io ti devo raccontare le mie imprese! »
Si gettò sul pavimento con un tonfo e imitò la posizione di Sirius, che gli lanciò un'occhiataccia e non disse nulla.
« Ho ballato con Lily Evans » sussurrò, annuendo più volte. « Lily Evans, ti rendi conto? Per la miseria... amo Lily Evans » sospirò, estatico. « Le ho chiesto di ballare, Felpato. E lei era tutta contenta, non aspettava altro! Mi ha gettato le braccia la collo e mi ha detto: oh, James, credevo non me l'avresti più chiesto! E allora io le ho detto che stavo solo aspettando il momento giusto... e lei mi ha trascinato a ballare, saltellante come il Pentolone Salterino di Beda il Bardo... »
Sirius inclinò il capo all'indietro e guardò Remus, che scosse il capo in segno di diniego.
« E allora abbiamo ballato... » stava continuando a raccontare James, felice. « E lei mi ha confessato di essersi perdutamente innamorata di me... quindi adesso vivremo insieme per sempre e avremo una squadra di Quidditch di bambini... lei è d'accordo, Felpato, sai? Tu quanti figli vuoi? »
A quel punto, lui si rimise composto e si rialzò, passandosi le dita tra i lunghi capelli neri.
« Non ditemi che si è ridotto così solo perché ha ballato con la Evans » disse, lo sguardo che andava da Remus a Peter.
I due si guardarono e annuirono, senza aggiungere neanche una sillaba in più.
« Però non è giusto, amico » arrivò squillante la voce di James, ancora steso a terra. « Io ti racconto tutti i dettagli e tu niente! Che razza di amico sei? »
Sirius sbuffò, indeciso se ridere, suo malgrado, o meno.
« Già, dove ti eri cacciato? » fece eco Remus, serio. « Melanie stava maturando l'idea di armare un esercito per cercarti. Era spaventosa, dico davvero ».
Per un attimo, le sue labbra si schiusero per dire qualcosa, poi si serrarono di scatto. Si era completamente dimenticato dell'esistenza di Melanie.
« Io... » mormorò, massaggiandosi la nuca. « Io stavo... stavo cercando Scarlett ».
Un accenno di sorriso arricciò le labbra di Remus, ma svanì così in fretta che pensò non fosse mai apparso.
« Era andata via da un po' e non ritornava » proseguì, cercando di mantenere un tono neutro. « Così mi sono preoccupato, e per un buon motivo ».
Remus si fece serio. « Perché? » chiese, spaesato.
« Oggi pomeriggio ho incontrato Regulus » raccontò Sirius, e l'altro aggrottò le sopracciglia, senza capire. « Beh, sai come va a finire quando parliamo, no? Alla fine, mi ha chiesto se io e Scarlett stessimo insieme. Io ho risposto di no, e lui mi ha detto che era una fortuna, perché gli sarebbe dispiaciuto dover togliere la ragazza a suo fratello » disse, disegnando delle virgolette immaginarie in aria. « E infatti è stato lui a trattenerla. L'ho trovato mentre la teneva sul muro, le stava facendo del male e... »
Per un attimo tacque, rivivendo la scena. Vedere così lampante la paura negli occhi di Scarlett era stato terribile e nessuno avrebbe più dovuto toccarla.
« Lei non aveva con sé la bacchetta » proseguì, riprendendosi. « Ma per fortuna sono arrivato in tempo, ho mollato un pugno a quello stronzo bastardo e l'ho accompagnata qui. Adesso sta bene. Fine della storia » concluse, definitivo.
James, che nel frattempo si era chiuso in bagno, riemerse, un sorriso ebete disegnato in volto. « Cos'è che è successo? » domandò con voce strascicata.
Sirius gli si avvicinò, lo esortò a crollare sul letto e dopo un attimo lo imitò, tuffandosi tra i cuscini.
« Te lo racconto domani, James » mormorò stancamente, e lui annuì, sollevando il pollice.
« D'accordo, Sirius » rispose con voce infantile. « Buonanotte a tutti, allora. Grazie della bella serata » e si addormentò qualche secondo dopo.
L'amico lo fissò per parecchi secondi, poi tornò a guardare Remus, ancora sconvolto a causa del suo racconto.
« Non riesco a crederci » mormorò. « Ma cos'aveva intenzione di farle? »
« Non lo so » rispose lui, poggiando l'avambraccio sugli occhi. « Non lo so e non voglio pensarci ».
Remus si lasciò cadere sul proprio letto e a lungo rimase a riflettere e ad osservare l'amico che fissava il soffitto. Aveva la certezza che gli stesse nascondendo qualcosa di importante, ma non voleva costringerlo a dire nulla. Sembrava - ed era davvero - profondamente scosso, ma lui non sapeva da cosa.
« Le hai detto qualcosa? » domandò a bruciapelo. « L'hai... rassicurata, vero? »
Lui puntò lo sguardo sull'amico e ragionò su come rispondere a quell'insidiosa domanda. Non voleva raccontare a nessuno ciò che era successo, o almeno non in quel momento, quando si sentiva ancora lo stomaco in subbuglio e la mente stipata di pensieri.
« Sì » rispose infine. « Ci ho provato ». E tacque, tornando pensieroso.
Nessuno fiatò per il resto del tempo, se non Peter, che augurò agli amici la buonanotte pochi minuti dopo. Sirius rimase steso sul letto insonne e turbato, le braccia incrociate sul viso e le tende tirate, senza riuscire a chiudere occhio. Sentì Frank entrare silenziosamente nella stanza poco dopo, mettersi a letto, e neanche quando iniziò a russare riuscì a dormire. 
Il pensiero di quella serata lo tormentava e gli bloccava il respiro in gola, lo faceva impazzire, eppure gli donava conforto. Durante la notte, ripercorse quei momenti di puro oblio più e più volte, così intensamente che gli parve di poter avvertire nuovamente la pelle di lei scivolare tra le dita, il suo respiro depositarsi sul petto, anche se non c'era niente intorno a lui, in quel momento, se non i suoi pensieri e un'unica, inconfutabile certezza: si era innamorato della ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa che aveva a lungo disprezzato.
Cosa avrebbe fatto da quel momento in poi? Avrebbe iniziato a corteggiarla come James faceva con Lily? Avrebbe cominciato ad ignorarla per vergogna? No, assolutamente no. In realtà, non aveva la minima idea di quel che sarebbe successo, ma al momento non importava.
 
 
*  *  *
 
 
La mattina dopo, il risveglio fu per James particolarmente traumatico. Tentò di mettersi diritto sul letto e di alzarsi, ma barcollò e per poco non cadde a terra. Fortunatamente, Peter riuscì a sorreggerlo e lo riportò a sedersi, asciugandosi del sudore immaginario dalla fronte.
« James, sembri appena uscito da Azkaban » osservò Remus, scrutando il suo volto pallido e i capelli più ritti che mai.
Lui sospirò e vi passò le dita in mezzo, sconvolto. « Cristo santo... » borbottò. « Chi mi ha dato una padellata in testa? La mamma? Sono già a casa? »
Si guardò intorno, ma riconobbe pian piano il Dormitorio che abitava da più di sei anni e scosse il capo, sfinito.
« Te la meriteresti, la padellata in testa » lo rimproverò l'amico, gettandogli un'occhiataccia. « Ti sei scolato cento litri di Whisky, maledizione a te ».
« Esagerato... » bofonchiò James, agitando una mano a mezz'aria. « Un bicchierino, niente di che... non reggo l'alcool... »
Remus sbuffò, scettico. « Sì, come no... » mormorò, per poi avvicinarsi al letto di Frank e scrollarlo per farlo svegliare.
« Frank, alzati, dai! » sbottò. « Si può sapere quand'è tornato ieri? » domandò poi, rivolto agli altri. « E' possibile che non ritorna mai, ogni santa volta? »
Gli amici scrollarono le spalle, indifferenti, e ripresero le loro attività.
« E svegliate quel cane » fece Remus prima di chiudersi la porta del bagno alle spalle con un tonfo sonoro.
Il cosiddetto cane, però, che non aveva chiuso occhio per tutta la notte, nell'udire quelle parole si mise seduto e spalancò le tende.
« Ciao, amico! » lo salutò James, per poi sbarrare gli occhi e fissarlo. « Amico, perché hai ancora addosso la roba della festa? »
Sirius fece parecchia fatica a comprendere le sue parole, finché non si rese conto di ciò che ancora indossava. Pantaloni, camicia... anche le scarpe.
« Oh » mormorò, passandosi una mano sulla nuca. « Non... non ho dormito, stanotte ».
Si chinò sul baule per non farsi guardare da nessuno, fingendo di cercare chissà cosa, mentre James continuava a studiare ogni suo movimento, allibito.
Qualcosa non andava. Qualcosa non andava affatto.
« Senti un po' » gli disse, avvicinandosi. « Ci ho appena pensato. Adesso che sono lucido... raccontami cos'è successo con Scarlett ieri ».
Lui si voltò di scatto, somigliando a un cane che rizza il pelo.
« Cosa? » chiese subito, sulla difensiva. « Cos'è successo con...? Niente. Perché me lo chiedi? »
James scrollò le spalle, guardandolo con aria sospettosa. « Sta' calmo, amico. Curiosità » disse. « E comunque, intendevo dire quando sei andato via ».
Sirius rilassò le spalle e la sua espressione si fece più distesa. « Ah » rispose, e gli raccontò la stessa versione dei fatti che aveva proposto a Remus.
Al termine del discorso, il ragazzo parve furioso e decisamente incredulo. Sembrava pronto a commettere un sanguinoso omicidio.
« Non riesco a crederci » borbottò, lasciandosi cadere sul letto di Sirius.
« Sì, lo so » fece lui, avvertendo a quelle parole un senso di dejavù. « Ma adesso è tutto sistemato ».
« Sistemato le mie corna! » sbottò l'altro, per nulla deciso a calmarsi. « Se lo vedo gli spacco la faccia, e non sto scherzando! »
Sirius sospirò. « Ramoso, ci ho già pensato io, d'accordo? » gli disse, e non prestò ascolto alle sue proteste perché si fiondò in bagno nell'esatto momento in cui Remus uscì fuori.
Circa mezz'ora dopo, i Malandrini e Frank scesero la scaletta a chiocciola e fecero per avviarsi verso la Sala Grande, ma James li obbligò a non muoversi.
« Dobbiamo aspettare le ragazze » spiegò, osservando le loro espressioni interrogative. « Devo assicurarmi che Scarlett stia bene! »
Gli altri annuirono, tranne Sirius, che li guardò ad uno ad uno, vagamente allarmato, e cominciò a scuotere il capo.
« Ma non... » mormorò. « Andiamo, James, non ce n'è bisogno, ti ho già detto che sta bene! Non fare il fratellone appiccicoso ».
Lui lo fissò, risentito. « Qual è il tuo problema, amico? » gli chiese, le braccia incrociate al petto.
Sirius sbuffò. Non riusciva a immaginare cosa sarebbe successo nel momento in cui avrebbe dovuto guardare nuovamente Scarlett negli occhi. Era certo che anche lei provasse timore e imbarazzo all'idea di quell'incontro, ma evidentemente non c'era modo di rimandarlo. 
Sospirò e si mise seduto sul divano, le mani intrecciate dietro la testa, le gambe distese e incrociate, in attesa.
Passarono parecchi minuti prima che le ragazze si decidessero a scendere dal loro Dormitorio. Emmeline stava chiacchierando allegramente con Alice sui retroscena della serata precedente - era ancora in fibrillazione per il suo primo bacio con David - e lei ascoltava rapita, commentando di tanto in tanto; Lily e Mary, invece, parlavano a bassa voce con Scarlett, che al contrario pareva piuttosto taciturna e aveva l'aria stanca di chi non ha chiuso occhio.
« Scarlett! » urlò James non appena la vide, facendola trasalire visto che non si era minimamente accorta della sua presenza.
Le andò incontro, sottraendola alle amiche per passarle un braccio intorno alle spalle.
« Stai bene? Va tutto bene? » le chiese precipitosamente. « Ancora non riesco a crederci, quel verme bastardo... Sirius mi ha raccontato tutto e... »
A quelle parole, lei impallidì e lo fissò ad occhi sgranati. « Tutto cosa? » gli chiese, interrompendo bruscamente il suo monologo di preoccupazione.
« Tutto... che quello stronzo ti voleva fare del male, che lui è arrivato e ti ha accompagnata in Sala Comune » rispose lui con semplicità. « Perché, c'è altro? »
Per la prima volta, Scarlett si costrinse a incontrare lo sguardo di Sirius, che si era alzato e si era appoggiato al fianco di una delle tante poltrone comode.
« No » mormorò infine, riabbassandolo frettolosamente. « No... nient'altro ».
Sirius continuò a scrutarla, assorto, il capo lievemente inclinato, ma non disse nulla.
« Io dico che dovrebbe denunciarlo a un insegnante » stava dicendo Lily animatamente, rivolta a James. « E' assurdo, è disdicevole! »
« Anche io la penso così » fece Alice, annuendo ripetutamente. « Dovrebbe denunciarlo a Silente. Lo caccerebbe via in un baleno, ma lei non vuole ».
« Ma non c'è problema! » rispose James. « Se lo incontro posso benissimo ucciderlo con queste preziose mani da Cacciatore! »
Si aprì un dibattito che coinvolse tutti, meno che Scarlett, che rimase in disparte, le braccia incrociate al petto e lo sguardo basso.
Sirius notò che pareva turbata come la sera prima, quando si era raggomitolata sul divano, spaventata da tutto, e si disse che James non era l'unico a volersi assicurare che stesse bene. Anche perché Scarlett non stava bene, in quel momento. Non stava bene per niente, e lui lo sapeva.
Le si avvicinò, cauto, e le poggiò una mano sulla spalla, facendole sollevare lo sguardo dal pavimento, dritto verso il suo.
« Ehi » mormorò, accennando un debole sorriso che lei tentò di ricambiare. « Non hai dormito bene? Sembri stanca ».
Lei lo fissò qualche momento e annuì. « Ho dormito malissimo » rispose. « Ho avuto un incubo. Ma anche tu sembri stanco » aggiunse.
« Non ho chiuso occhio » disse lui, e tacque qualche momento. « Come stai? » le chiese infine, studiandola.
Scarlett scrollò le spalle. Non sapeva neanche lei come si sentiva. Spiegarlo a qualcuno le era praticamente impossibile.
« Io... » mormorò, senza sapere come continuare. « Sto bene, adesso. Ma tutto questo clamore per quello che è successo... non lo sopporto » sospirò.
La stretta di Sirius si fece più forte sulla sua spalla. Capiva ciò che intendeva dire. Sentir parlare così tanto da tutti quanti di ciò che desiderava solo dimenticare doveva essere dura. Neanche lui avrebbe tollerato una cosa simile.
« Sta' tranquilla » le disse, accarezzandole la guancia. « Ci penso io ».
Si avvicinò agli altri e li guardò per un attimo discutere. Ne avevano davvero fatto una questione di stato.
« Ragazzi, basta » disse, e tutti si zittirono e lo fissarono. « Non fatela tanto lunga, d'accordo? Piantatela ».
« Che problema hai, Black? » domandò Alice, stizzita dalla brusca interruzione.
Lui alzò gli occhi al cielo. « Nessuno, Prewett » rispose, scocciato. « Penso solo che per la diretta interessata questo non sia l'argomento più piacevole da affrontare a colazione, non credete? »
Il tono definito e le parole di Sirius furono parecchio eloquenti, così gli altri capirono e non replicarono.
« Adesso vogliamo andare, per favore? » disse infine.
Nessuno fiatò, e tutti si diressero in massa verso il ritratto della Signora Grassa. Quando Scarlett fece per raggiungere le amiche, rivolse un rapido sguardo a Sirius, e lui le sorrise e le lanciò un occhiolino.
La colazione fu piuttosto tranquilla, ma non fu altro che il preludio alla loro sfacchinata tipica di ogni ritorno a casa: dovettero risalire sette piani di scale per prendere i bauli e ridiscendere al Salone d'Ingresso, dove già parecchi ragazzi erano in attesa dell'arrivo delle carrozze e di direttive da parte della professoressa McGranitt. 
Remus, arrivato lì, si defilò e disse agli amici che si sarebbe fermato qualche minuto nelle cucine per prendere il cioccolato preferito di sua madre, oltre che per fare rifornimento di dolciumi anche lui, così si avviò verso la strada ormai nota, diretto al quadro che ritraeva un'enorme ciotola d'argento colma di frutta.
Quando stava per avvicinarsi al dipinto, però, vide un gruppetto di persone avvicinarsi e udì qualche voce conosciuta.
« Tienimi questi... no, non quello, quello mi serve! » esclamò l'inconfondibile voce di Miley. « Dylan, sei l'inutilità racchiusa in un corpo! » e imprecò.
Teneva in bilico in un solo braccio una montagna di pacchetti infiocchettati, mentre con l'altra mano trasportava un baule con quasi tutte le cinghie aperte.
« Certo che anche tu sei pazza a fare il baule la mattina in cui partiamo! » rispose il ragazzo, ridendo e cercando di aiutarla, ma lei non gli prestò ascolto.
« Meredith, ti prego, prendi un po' di questi... » ma parecchi pacchetti caddero a terra con dei tonfi sordi e ripetuti e lei imprecò nuovamente.
Remus fece qualche passo avanti e li raccolse, porgendoglieli con un gentile sorriso, che lei ricambiò, sorpresa.
« La vedo leggermente in difficoltà, signorina Banks » scherzò, liberandola dal peso della moltitudine di pacchetti.
« Remus... » mormorò lei, mentre lui faceva un cenno a Dylan. « Ma ciao... Che ci fai qui? »
« Faccio un salto alle cucine » rispose lui, allegro. « Mia madre impazzisce per il cioccolato di Hogwarts... dice che è magico » sospirò.
Lei rise e fece per parlare, quando un'altra voce li raggiunse, fragorosa.
« Ah, siete qui, tutti quanti! Ma dove vi eravate cacciati? » 
Era John Tyler, e si avvicinava sorridendo.
« Non metterti in mezzo anche tu » sbottò Miley, nervosa. « Piuttosto, fa' qualcosa per l'umanità - io, cioè -... portami questo maledetto baule ».
« Agli ordini, Capitano » rispose lui prontamente, afferrandolo. « Serve altro, milady? »
« Sì, vattene » ribattè dura la ragazza, per poi sorridergli e mollargli un pugno giocoso sul braccio.
Gli amici si allontanarono, salutandola, e lei rivolse a Remus un sorriso imbarazzato.
« Tanto per sapere » esordì lui, sistemandosi meglio la montagna di pacchetti sulle braccia. « Questi per chi diavolo sono? »
Lei si avvicinò al quadro della ciotola, fece il solletico alla pera e abbassò la maniglia verde che si era appena materializzata.
« Lo vedrai, John » gli disse, entrando per prima.
Le cucine erano piuttosto afose, ma in compenso il soffitto era parecchio alto e l'ambiente luminoso. Alle pareti di pietra erano appese stoviglie e utensili in rame, che splendevano alla luce di un ardente focolare dall'altra parte della stanza. Quattro lunghi tavoli erano disposti al centro, in corrispondenza di quelli delle Case in Sala Grande, e circa un centinaio di elfi in uniforme si affollavano ovunque, sorridendo entusiasti e inchinandosi alla ragazza e a Remus.
« Frizzy! » esclamò lei, mettendosi in ginocchio per abbracciare un elfo dalle lunghissime orecchie sbattacchianti e dall'aria vispa e allegra.
« Signorina Banks! » squittì lui, commosso da quel gesto d'affetto, gli occhi già colmi di lacrime di gioia. « Come sta, signorina? Frizzy si domandava se poteva venire a trovarla per augurarle un buon Natale, signorina, ma Frizzy ha pensato che non poteva permettersi, allora Frizzy ha sperato che venisse lei, Miley Banks, signorina, e adesso lei è qui, signorina, che onore! »
Si premette i lembi della divisa sugli occhi, mentre Miley lo liberava dolcemente dall'abbraccio e si metteva comoda sul pavimento a gambe incrociate.
« Anch'io sono contenta di vederti, Frizzy! » rispose allegramente. « Oh, e lui è Remus! » Indicò il ragazzo ma vide che il suo volto era invisibile dietro la catasta di pacchetti. « Ehm... John... dammeli pure, grazie mille » e se li sistemò accanto. « Bene, lui è Jo-... è Remus, sì. E lui è Frizzy, un mio amico ».
Lui la fissò, stupito, e porse la mano all'elfo, mormorando un: « Tanto piacere », mentre lui scoppiava in un pianto a dirotto, irrefrenabile.
« Oh... ehm... mi dispiace » fece Remus, mortificato, guardando la ragazza con aria allarmata. « Io non... scusami se... »
« Ma no, è solo emozionato, diglielo, Frizzy » lo tranquillizzò lei, scrollando le spalle. « Non credo sia abituato a stringere la mano a qualcuno ».
Lui parve capire, mentre l'elfo si calmava e stringeva commosso la sua mano, le labbra tremule.
« Frizzy conosce il signor Lupin, signore! » esclamò. « Frizzy e gli altri elfi offre sempre al signor Lupin la cioccolata che gli piace tanto, vero, Remus Lupin, signore? Frizzy sa anche che il signor Lupin è amico del signor Potter e del signor Black, e loro è tanto gentili con Frizzy, e Frizzy è contento quando loro viene! »
Remus sorrise, annuendo. « Già » disse.
« Mmm, quindi venite spesso qui » mormorò la ragazza. « Anch'io, vengo almeno una volta a settimana, ho un sacco di amici qui ».
« Noi è già impegnati per la cena di Natale, signorina » rispose Frizzy, annuendo freneticamente così che le orecchie sbattacchiarono ancor di più. « Noi preparerà piatti mai visti, Miley Banks, signorina, vere delizie, signorina! E se la signorina vuole, Frizzy conserva alla signorina e al signore le cose più buone, o anche tutti i piatti, signorina, a lei e ai suoi amici! Qualsiasi cosa per la signorina, che è così nobile di spirito, così generosa, così... »
« Grazie, Frizzy » farfugliò lei, che era arrossita. « Sei gentilissimo, ma non ce n'è bisogno, davvero. Oh, quasi dimenticavo » aggiunse poi in fretta, « vi ho portato dei regali. No, non piangere, non sono nulla di che... ehm... io dovrei sbrigarmi, o rischio di far tardi... Abbraccia forte tutti da parte mia, okay? »
L'elfo tentò di riprendersi dall'enorme commozione, ma non riuscì a dire niente, così le strinse le gracili braccine intorno allo stomaco e si lasciò abbracciare.
« Passa un buon Natale » mormorò Miley, intenerita. « Passerò a trovarti al mio ritorno, d'accordo? Ti voglio bene ».
Sentì Frizzy piangere più forte che mai e quasi soffocare. « Anche per Frizzy è lo stesso, Miley Banks, signorina! » rispose, tirando su col naso. « Grazie di tutto, signorina, grazie davvero! »
Prima che lei e Remus andassero via, offrì loro qualsiasi cosa gli passasse per la mente, ma loro non accettarono nulla. Solo allora, Miley ebbe un'illuminazione e chiese a Remus come mai non avesse preso il cioccolato per la madre. Lui se ne era completamente dimenticato, e si domandò come mai gli capitasse sempre la stessa cosa quando la incontrava: perdeva la bussola e non prestava attenzione praticamente a nulla.
Quando furono usciti, si guardarono e si scambiarono un sorriso, in silenzio. Entrambi camminavano con le mani in tasca, senza parlare.
« E così hai degli amici elfi » buttò lì Remus, guardandola. « Wow. Se tutti si comportassero come te, l'intero mondo magico sarebbe molto migliore ».
Lei scrollò le spalle, come se fosse una cosa di poco conto. « E' dal mio primo anno che conosco gran parte di loro » raccontò. « Sono davvero adorabili... e meriterebbero delle vite normali. Mia madre, tempo fa, ne voleva uno per sé e abbiamo litigato... alla fine ho vinto io, ovviamente ».
Lui le sorrise, senza sapere bene cosa dire. La fissava e non poteva non restare incantato.
Non aveva mai incontrato qualcuno che trattasse con una tale gentilezza creature solitamente considerate inferiori. Vedere con i propri occhi un reale sentimento di amicizia legare una strega a un elfo domestico, gli fece comprendere quanto Miley dovesse essere speciale.
Ogni volta che trascorrevano del tempo insieme, scopriva qualcosa di nuovo e di diverso su di lei, particolari che lo inducevano a guardarla sotto una luce sempre differente.
« Mi sorprendi sempre, Miley » mormorò infatti, senza riuscire a trattenersi. « Più ti conosco, più mi colpisci ».
Lei arrossì e gli gettò un'occhiata di sbieco, imbarazzata e sorpresa da quelle parole che non si aspettava da un tipo timido e introverso come Remus. Per sua fortuna avevano raggiunto gli amici e non fu necessario dire nulla.
Si salutarono - Miley abbracciò un po' tutti - e si separarono tra la folla.
« Cavoli, hai visto quanta gente, Lunastorta? » commentò James, circondandogli le spalle con un braccio e osservando la moltitudine di studenti chiacchierini. « Chi rimane, quest'anno? Silente, la Signora Grassa e Barnaba il Babbeo? Cosa? » chiese poi, rivolto a un ragazzino dall'aria stralunata che lo aveva chiamato.
Si distrasse a parlargli qualche momento, poi si voltò nuovamente e disse: « Ragazzi, devo andare con Evans dalla Mc » e loro annuirono.
Lo guardarono allontanarsi, saltellante e gioioso, e scossero il capo all'unisono.
« SIRIUS! » strillò improvvisamente una vocetta acuta alle spalle del ragazzo, facendolo trasalire. Era voce familiare. Una voce che aveva ascoltato fin troppo.
« Sirius, ciao, sono io! » esclamò Melanie, gettandogli le braccia al collo e soffocandolo in un abbraccio.
Lui alzò gli occhi al cielo e si liberò in fretta, parecchio indispettito. Ecco a chi apparteneva la voce. L'idiota. 
« Ieri sei svanito nel nulla! » trillò la ragazza con un'espressione dispiaciuta. « Mi sono spaventata moltissimo! Si dice che qui nel castello abitino le peggiori creature... non sapevo cosa pensare! Ma i tuoi amici mi hanno detto che eri in ottima compagnia, allora mi sono tranquillizzata! »
A Sirius scappò un sorriso e lanciò uno sguardo ai Malandrini, che sollevarono tutti e due il pollice, ben attenti a non farsi vedere da Melanie, che aveva occhi solo per lui. A pochi passi da loro, nel frattempo, Scarlett ascoltava, le labbra lievemente incurvate, anche se, naturalmente, per nessuna ragione particolare.
« Sì, avevano ragione » rispose Sirius, il sorriso più largo. « Ero in ottima compagnia ».
Scarlett si voltò, ma lui si limitò a rivolgerle un'occhiata di traverso che diceva parecchio, senza osare fare altro.
« E con chi eri, Sirius? » domandò Melanie, dondolandosi sul posto. « Mi sei mancato! Adesso possiamo trovarci uno scompartimento e... »
« Senti » la interruppe lui, sospirando. Ora era parecchio serio, ma lei non parve minimamente turbata dal suo cambio d'espressione. « Grazie per la proposta, ma passo. Niente scompartimento. E noi non stiamo insieme » aggiunse in tono definitivo.
Lei spalancò teatralmente gli occhi, portandosi entrambe le mani al cuore, come se stesse provando un dolore che valicava ogni confine immaginabile.
« Ma... ma... » balbettò, incapace di formulare una frase di senso compiuto. « Ma ieri siamo stati alla festa insieme, Sir, e... »
Sirius sospirò stancamente. Aveva creduto, sperato per un istante, che a quelle parole si sarebbe messa il cuore in pace per sempre. Illuso di un Black.
« Melanie » rispose, sfinito, « se ti invito a una festa, non significa che voglio chiederti di sposarmi, d'accordo? E piantala con quel Sir, lo odio ».
La ragazza boccheggiò, sconvolta e trafitta dalla sofferenza dovuta a quella notizia che davvero non si sarebbe mai aspettata.
« Pensavo di piacerti... » mormorò, e Sirius si chiese in che modo le avesse potuto anche vagamente far pensare una cosa simile. « Non ci credo... »
« C'est la vie » fece lui tra sé e sé, ma sfortunatamente lei lo sentì e il suo viso si arrossò per la rabbia e la vergogna.
« Sei davvero uno stronzo! » urlò, tanto che in parecchi si voltarono a fissarli. « Mi lasci così, con una frase di un'altra lingua? »
Scarlett non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, portandosi una mano alla bocca.
« Non ti sto lasciando » rispose Sirius, sorridendo a Scarlett. « Semplicemente perché non ci siamo mai presi, noi ».
« E tu! » urlò la ragazza senza ascoltarlo, puntando un dito accusatore contro Scarlett, che la fissò sconvolta. « Tu perché ridi? Cosa c'è tra voi? Una tresca segreta? Alle mie spalle? Sei una stronza anche tu! Scommetto che era con te, ieri sera! Prova a negarlo! »
Lei la fissò, sotto shock, senza sapere cosa dire. « Fammi capire » disse. « Lui ti sta lasciando... »
« Non la sto lasciando! » sbottò Sirius, scocciato.
« ... e la colpa sarebbe mia? » completò Scarlett senza prestargli ascolto. « Tu sei pazza! Sei completamente pazza! Io non ti conosco nemmeno! »
Lo sguardo di Melanie andava dall'uno all'altra, fiammeggiante. Pareva pronta a commettere un omicidio di massa.
« Sei un essere sperge-... sei un essere... un essere spregre-... come si dice? » sbottò, incrociando le braccia al petto.
« Spregevole » risposero in tono amabile Scarlett e Sirius in coro, scambiandosi un altro sorriso divertito.
« Spregevole, sì! » fece l'altra, furibonda. « Janette aveva ragione, mi aveva detto di non fidarmi di uno stronzo come te! »
« Sì, Janette non sbaglia mai... » convenne Sirius a bassa voce, annuendo.
« Ora che ci penso, c'erano delle voci su voi due, all'inizio dell'anno! » proseguì, irrefrenabile. « Era tutto vero, allora! Vi frequentate ancora! »
Scarlett scoppiò a ridere nuovamente, aggrappandosi al braccio di Remus, che le battè qualche pacca sulla spalla.
« Basta, me ne vado! » concluse Melanie, ferita. « Non accetto di essere umiliata! Addio! » e si allontanò impettita, sotto gli sguardi attoniti di mezza scuola.
Remus e Peter cominciarono a ridere e non riuscirono più a fermarsi. Il secondo si avvicinò all'amico e gli passò un braccio intorno alle spalle.
« Complimenti, Felpato » disse, annuendo. « Mi ha fatto piacere vederti all'opera... Ed è stata anche una delle più difficili da lasciare... »
« Non l'ho lasciata! » ripetè Sirius per l'ennesima volta.
« E' lo stesso, amico » tagliò corto Remus, sbrigativo. « Comunque, sei stato davvero un gran bastardo, e su questo non ci piove ».
Peter gli battè un colpo sulla nuca e si allontanò, ridendo.
« Scusala ». Sirius si era avvicinato a Scarlett, e le sorrideva. « Non so perché se la sia presa con te. Avrai capito da sola che... beh, non è proprio quel che si dice un genio ».
Lei scrollò le spalle, divertita. « E tu non sei stato proprio quel che si dice un genio nell'invitarla » rispose, scherzosa.
« A mia discolpa posso dire che, nell'aspetto, non mi pareva una pazza forsennata, ma ho di che vergognarmi » fece lui di rimando, ridendo sommessamente.
« Appunto » rispose prontamente lei, annuendo con vigore. « Soprattutto di una cosa, però. Insomma, come hai potuto lasciarla con una frase di un'altra lingua? » e scoppiò a ridere insieme a lui, pensando che non avrebbe mai dimenticato quella magnifica perla firmata Melanie Cartwright.
« Anch'io mi sarei offesa » proseguì, fingendosi seria anche se con scarsi risultati. « Lasciare una ragazza in francese è davvero offensivo, non credi? »
« Ah, assolutamente » convenne pomposamente lui. « Una caduta di stile... lasciarla in inglese è molto più di classe, non c'è ombra di dubbio ».
Scarlett rise, scuotendo il capo. « Anche su un'altra cosa non c'è ombra di dubbio » gli disse, guardandolo negli occhi. « Sei un vero stronzo, Sirius Black ».
Lui la fissò, un sopracciglio inarcato e un'espressione furba sul volto spavaldo. Le scostò un ciuffetto di capelli dietro l'orecchio e si avvicinò.
« Non con te, però, bella Banks » sussurrò, sollevando appena le spalle e allontanandosi nuovamente. « Non più, almeno ».
Scarlett non disse nulla. Lo squadrò dall'alto in basso, le braccia serrate all'altezza del petto, ma non aggiunse altro, anche perché in quel momento comparvero Lily e James, riemersi dalla massa di studenti accalcati.
« Io e Evans ci dilegueremo un po' durante il viaggio » annunciò James a tutti, festante. « Cosa posso dire? La vita mi sorride ».
La ragazza alzò gli occhi al cielo, ma sorrise quando lui si passò una mano tra i capelli e le lanciò un ammiccante occhiolino.
Un gridolino corale li fece sussultare e voltare di scatto. Solo allora si accorsero che la frotta di ragazzini del primo anno fan di James li aveva accerchiati.
« Ciao, James! » esclamò Michael, porgendo il pugno che James battè prontamente col proprio. « Torni a casa? »
« Già » rispose lui, annuendo. « E tu, invece? »
Lui sospirò. « Per forza! » sbottò, costernato. « Ho detto a mamma che mi sarebbe piaciuto restare, visto che era il mio primo Natale ad Hogwarts, ma lei mi ha obbligato a tornare a casa, e mi ha mandato una lettera chilometrica, ed era tipo non ti vedo da quattro mesi, sarai già diventato un ometto, ho voglia di riabbracciarti, e io ero tipo ma qui c'è un sacco da vedere, Sarah resta, i miei amici restano... ma è più cocciuta di un Troll » concluse infine, triste.
James gli scompigliò affettuosamente i capelli, comprensivo, e gli sorrise teneramente. Michael era semplicemente adorabile.
« Avrai altri sei anni per girare in tondo» gli disse, scrollando le spalle. « Questo posto ti annoierà e tornerai ad amarlo solo alla fine, quando capirai che, una volta averlo lasciato, ti mancherà proprio come fosse casa tua ».
Il ragazzino annuì, sorridendo rincuorato, mentre Sarah si avvicinava e circondava la vita di James con le braccia.
« James, sei bellissimo! » esclamò, senza accennare a mollarlo. « Come stai? Sei in gran forma! Lo sai che hai la pancia dura? »
Lui rise, ricambiando l'abbraccio con affetto. « Sto benissimo, tesoro » rispose dolcemente. « Anche tu sei più bella che mai. Ho la pancia dura, dici? Beh, sì, ce l'ho » fece in tono compiaciuto. « Addominali, per il Quidditch. E per la signorina Evans qui presente, ovviamente. Lei, però, non apprezza gli sforzi ».
« Sì che apprezza! » intervenne Michael, annuendo. « A tutte le ragazze piacciono gli addominali. Eh, Lily? Ammettilo, James è ben piazzato! »
Lily arrossì, senza sapere cosa dire. James le sorrise, rassicurante, come a volerle dire che non era necessario che ammettesse alcunché.
« Gli altri ci stanno chiamando » fece Sarah, spezzando il silenzio. « James... è Natale... potresti darmi un bacio? »
Lui rise e si chinò per scoccarle un rumoroso bacio sulla guancia che la rese assai contenta.
« Lily » mormorò invece Michael, le mani dietro la schiena. « E' Natale... potresti darmi un bacio anche tu? »
Anche la ragazza sorrise, intenerita.
« No, no, no, no » disse James, severo. « Ma stiamo scherzando? No, Michael, lei non bacia me, quindi non deve baciare nessun altro organismo maschile sulla faccia della terra. No, Evans, mi dispiace, non lo accetto. E Michael » aggiunse, rivolto al ragazzo, « ti ritenevo un amico ».
Lily sbuffò, baciò Michael sulla guancia e salutò i ragazzini, augurando loro un buon Natale insieme a James, che aveva preso a ridere.
« Sono fantastici » commentò lei quando li vide andar via. « E tu sei un idiota, Potter » scherzò poi, rivolgendosi a lui con le mani strette sui fianchi.
Voltandosi, James notò che un rametto di vischio era appena sbucato proprio sopra le loro teste.
« Sono un idiota? » chiese, scrutandola con il capo inclinato. « Guarda che io non scherzavo ».
Senza preavviso, le avvolse le braccia intorno alla vita e l'attirò a sé, tanto che la sentì trattennere il fiato, sorpresa.
« Hai baciato Michael, adesso baci me » le disse, e premette lievemente le labbra sulle sue, spiazzandola, ma scostandosi un attimo dopo.
Lily aveva fatto appena in tempo ad avvertire quella leggera pressione sulla sua bocca che era già svanita, eppure, in quell'istante le era balzato il cuore in gola. Si morse il labbro inferiore, totalmente incredula per ciò che era appena accaduto, ma si riscosse quando vide James sorridere, sornione.
« Potter! » ringhiò, colpendolo con il pugno chiuso sul petto. « Ma che ti salta in testa? »
James rise, senza avvertire il pericolo imminente che stava per abbattersi su di lui. « Andiamo, Evans, era un bacetto innocente » si difese, senza apparire minimamente mortificato per l'accaduto. « Li do anche a mia madre, su, non esagerare ».
« Sei uno sporco approfittatore » inveì lei, gli occhi ridotti a fessure che mandavano scintille. « Sempre il solito insopportabile sbruffone! »
Lui non replicò, ma non smise di sorridere. « Dai, non arrabbiarti. Piuttosto, sai cosa significa questo? » le chiese, allegro. « Sai cosa dice la tradizione? Ci siamo baciati sotto il vischio, no? La sacrosanta tradizione, devi sapere, Evans, dice che ci sposeremo entro l'anno! Ti rendi conto? Posso cominciare a fare la lista degli invitati! Non credo di farcela per Capodanno, ma il 1978 sarà periodo di nozze! Adesso lo dico a tutti! Non sei contenta? Lo so che sei contenta ».
Lily invocò tutta la pazienza che non possedeva, ma le sue preghiere furono vane. Fece per parlare, ma lui si allontanò, dirigendosi verso un gruppetto di ragazzi lì vicino.
« Ehi, gente! » esclamò, richiamando l'attenzione dei membri della combriccola. « La sapete l'ultima? Mi sposo con Lily Evans! Sì, con lei! »
Schivò la ragazza e raggiunse in un nanosecondo gli amici, sorridendo come un ebete.
« Ragazzi » disse, la voce carica d'emozione, « devo darvi una notizia! Sì, so che sapevate che sarebbe successo, ma adesso è sicuro! Tenetevi forte, perché il prossimo anno io... » e tacque un momento per evocare la giusta tensione, « ... mi sposo con Lily Evans! Sirius, mi fai da testimone? » domandò all'amico, battendogli una pacca sulla schiena. « Il discorso però lo prepara Remus, o la cosa potrebbe finire male, e... »
« Potter, piantala immediatamente! » sbottò Lily, che lo aveva raggiunto, l'aria furente.
Lui la fissò e si portò una mano al petto. « Perdonami, Lily » le disse con voce sincera. « Avresti preferito una cerimonia più intima? »
Ma la ragazza non tollerò altro e sguainò la bacchetta con un gesto talmente fulmineo che, se anche James avesse voluto difendersi, non avrebbe potuto farlo.
« Silencio! » esclamò, puntandola contro di lui con forza, e lui si portò le mani alla gola.
Tentò di parlare, ma non ci riuscì, e gli amici scoppiarono a ridere all'unisono, guadagnandosi le occhiatacce del ragazzo che, evidentemente, non trovava l'accaduto divertente quanto loro. Lasciò crollare le braccia e fissò Lily con aria vagamente implorante. La tipica faccia da cervo bastonato.
« No! » fece lei, inviperita, rispondendo alla domanda che si leggeva nei suoi occhioni dolci. « Hai superato il limite, razza di animale, e non te lo perdono! »
James, come sempre quando subiva una cocente delusione, si afflosciò su se stesso, ma dopo un attimo il suo sguardo prese a brillare. Estrasse la bacchetta e la puntò in direzione della sua gola, ma Lily, naturalmente, fu più svelta e molto più furba, e borbottò un pigro Expelliarmus che gliela fece velocemente volare via di mano.
« Gran tentativo, Potter » commentò, sarcastica. « Questa te la restituirò... mmm... non saprei. Quando te la sarai meritata. Au revoir ».
Se ne andò impettita con le amiche al seguito, ma si arrestò a metà strada e si voltò a squadrare i Malandrini.
« Oh, quasi dimenticavo » disse, un dito puntato verso il gruppetto che la ascoltava, « che nessuno di voi si azzardi a liberarlo dall'incantesimo, o saranno guai. Mi conoscete da più di sei anni, sapete benissimo di cosa sono capace. Vi tengo d'occhio, Malandrini » intimò, sottolineando l'ultima parola.
I ragazzi la fissarono, impassibili, senza osare contraddirla. Non avrebbero tentato per nessuna ragione al mondo di ridare la parola a James, anche perché la cosa giovava parecchio a tutti loro. Mettersi contro Lily Evans, ad ogni modo, era davvero una cattiva mossa. Meglio rispettare il suo volere.
Gli sguardi pietosi di James non li toccarono minimamente, tanto che rimase lì, ingobbito e triste, rassegnato al proprio destino.
« Mi spiace, amico » mormorò Frank, battendogli una pacca sulla spalla con fare amichevole. « Ma se c'è una cosa che ho imparato qui dentro in tutti questi anni è che non bisogna mai contraddire Lily Evans. Beh » aggiunse un attimo dopo, riflettendo, « non solo lei. Anche Alice, decisamente. E Scarlett. E quando Mary si arrabbia è terribile... per... insomma, per non parlare di Emmeline quando è nervosa ».
« Cavoli... » commentò Sirius, riflettendoci su. « Teneri agnellini, tutte quante ».
Scosse il capo, e si avviò insieme agli altri verso l'uscita. La professoressa McGranitt li avrebbe guidati fino ai cancelli, dove li attendevano le carrozze.
Il viaggio fu, tutto sommato, sorprendentemente breve, e ben presto si ritrovarono a salire sull'enorme treno scarlatto e a ricercare uno scompartimento.
« Ci sono nanerottoli ovunque » si lamentò Sirius sottovoce, guardando attraverso il vetro dell'ennesimo scompartimento occupato da primini.
« Sirius, piantala » gli consigliò Remus, continuando ad avanzare lungo lo stretto corridoio con il pesante baule stretto in mano.
Accanto a lui, però, una porta si spalancò di scatto e comparve Mary, che sorrise.
« Ragazzi, vi abbiamo occupato uno scompartimento qui di fronte » disse loro con il suo solito tono gentile.
Remus le rivolse un bel sorriso. « Grazie mille » rispose, allegro. « Lasciamo i bauli e veniamo a disturbarvi ».
La ragazza rise. « Siete i benvenuti! » disse, divertita, e tornò dentro.
Raggiunsero lo scompartimento successivo a quello delle ragazze e, dopo aver sistemato i bagagli ed essersi liberati dei mantelli, uscirono nuovamente per andare dalle amiche.
« Chi è così gentile tra voi dolci donzelle da fare un po' di spazio a questi baldi giovani? » chiese Sirius, spalancando la porta dello scompartimento. 
Fece il suo ingresso insieme agli altri, e subito Frank prese posto sul sedile lasciato vuoto da Alice, che si sistemò sulle sue gambe, mentre le ragazze si accovacciarono tra di loro per far accomodare tutti. Subito, Lily rivolse uno sguardo di fuoco a James, che era ancora in piedi.
« Sei ancora muto? » domandò brusca, e lui annuì mestamente. Soddisfatta, rivolse un cenno di approvazione a tutti i ragazzi. « Bravi » disse, seria. « Così si fa ». 
Loro non emisero un suono, nè mossero un muscolo per paura di sbagliare, e si limitarono a osservarla attentamente, come in attesa di un nuovo agguato.
« La rivuoi questa, Potter? » fece poi la ragazza, rivolta nuovamente alla sua vittima, estraendo la bacchetta che gli aveva precedentemente sottratto.
Lui, rivedendola, si illuminò e annuì più volte col capo, frenetico.
« Bene » proseguì Lily, un tono che rasentava il malefico. « E quanto la rivuoi? »
James allargò le braccia, mimando una quantità enormemente grande. A Lily scappò un sorriso.
« Allora dimmi » riprese, « giuri solennemente... » e a quelle parole, i Malandrini si scambiarono una fugace occhiata divertita, « di non importunarmi più e di smetterla con le tue idiozie almeno per oggi? »
Lui fece di sì col capo più e più volte, felice di essere ad un passo dal ritornare a parlare.
« Sappi che la pagherai se non starai ai patti » lo ammonì lei con fermezza, e James, per tutta risposta, alzò le mani in segno di resa.
Lily, alla fine, si decise a ridargli il dono della parola e, con un colpo di bacchetta, eseguì il controincantesimo.
« Io... » mormorò James con qualche difficoltà, come se in quei dieci minuti avesse dimenticato come si faceva a parlare. « Io parlo! Parlo di nuovo! »
Tutti scoppiarono a ridere e gli fecero un applauso, durante il quale lui si inchinò a tutti gli amici, mentre Lily scuoteva il capo sorridendo, esasperata. Si accomodò anche lui, facendo sistemare Scarlett sulle sue gambe.
Il treno partì dopo qualche minuto e all'interno dello scompartimento delle ragazze regnavano risate e schiamazzi. Alice aveva iniziato a raccontare tutti i retroscena della festa di Lumacorno della sera prima che era riuscita a scovare nel giro di quella mattina, lanciandosi in resoconti che andavano dall'assurdo e grottesco all'inquietante.
« ... e allora la Finnick lo ha trovato mentre era avvinghiato a Stephanie Strauss, ha mollato uno schiaffone ad entrambi ed è scappata piangendo! » stava finendo di dire, portando a termine il racconto di uno squallido tradimento che, però, aveva reso simile ad una barzelletta. 
« Povera Lucy! » esclamò Emmeline, fortemente dispiaciuta. « Certo che George è proprio un bastardo patentato! »
« George? » si inserì Sirius, curioso. « George chi? »
Alice lo fissò stranita. « E da quando ti interessi di gossip, Black? » gli chiese, aggrottando le sopracciglia.
Lui rise. « Da quando c'è qualcuno che li racconta così bene, Prewett » rispose, sincero. « Giuro, hai un talento naturale! »
La ragazza parve ammorbidirsi, compiaciuta per il complimento. « Grazie » disse, tentando di restare distaccata. Poi, però, non resistette alla tentazione. « Comunque è George Harris, Serpeverde, sesto anno ».
Sirius, a quel nome, scoppiò a ridere, la sua solita risata simile a un latrato. « Ah sì, Harris, che idiota! » esclamò, continuando a ridere. « Beh, la Finnick può considerarsi vendicata, allora ».
Alice si fece curiosa e lo fissò, cercando di saperne di più. « Perché? » domandò subito.
Lui ghignò, soddisfatto. « L'anno scorso ho avuto il piacere di fregargli la ragazza, ecco perché » rispose, compiaciuto. « Ti ricordi, James? E' venuto da me a urlarmi in faccia la qualsiasi, ma quando ho uscito fuori la bacchetta se l'è squagliata, il vigliacco. Sono contento, almeno ho fatto una buona azione ».
« Togliere la ragazza ad un altro ti sembra una buona azione? » si inserì Scarlett, le sopracciglia inarcate.
Sirius la fissò, indifferente. « Beh, sì » confermò, sicuro. « Se l'ho tolta a un bastardo, ho fatto bene ».
Lei lo guardò severa, mentre gli altri scoppiavano a ridere. 
« Senti chi parla! » esclamò Mary, battendogli un colpo sul braccio.
« Ehi! » ribattè lui, divertito. « Che vorresti dire, Macdonald? »
Lei continuò a ridere. « Che sei un bastardo tanto quanto lui, se non di più » rispose, mentre Scarlett si voltava dall'altra parte, infastidita.
Gli avvincenti racconti di Alice proseguirono per un po', fino a quando Lily saltò su improvvisamente, esclamando: « Dovevamo controllare il treno! » e si barricò fuori dallo scompartimento esortando James a darsi una mossa.
« Un attimo, Evans, calmati, maledizione... » borbottò, avvicinandosi con estrema calma proprio per farla innervosire maggiormente. « Dopo di te, prego ».
Lei lo precedette, farfugliando insulti a cui lui non prestò attenzione, e un attimo dopo sparirono.
Dopo qualche minuto, anche Scarlett si alzò, insieme ad Emmeline che desiderava raggiungere il fidanzato, e si diresse verso il corridoio, affacciandosi al finestrino e inspirando ampie boccate d'aria pulita.
Passò solo qualche istante quando Miley aprì la porta del proprio scompartimento e uno scroscio di risa riempì il corridoio. Si affrettò a richiuderla e solo allora notò Scarlett. Le si avvicinò, ma lei non parve notare la presenza di nessuno, così le battè un colpo sulla nuca.
« Ahia! » esclamò lei, ridendo non appena l'ebbe vista. « Brutta idiota, che ci fai qui? »
La ragazza scrollò le spalle. « Lì dentro c'è il casino più assoluto » rispose, facendo un cenno verso lo scompartimento. « Sembra che tutta la Casata ci abbia messo le radici » sbuffò, scuotendo il capo. « E tu, invece? Stai riflettendo sull'esistenza o cosa? »
Scarlett sorrise. « Pensieri profondi come questi li lascio a te, sorella » scherzò, dandole un leggero colpo d'anca sul fianco.
Miley ricambiò il sorriso e tacque qualche momento, scrutandola. Qualcosa non andava in sua sorella, ma non riusciva a capire cosa.
« Dove sei sparita ieri sera? » le domandò, affondando le mani nelle tasche dei jeans.
Inizialmente, lei non rispose e continuò a osservare il paesaggio. Dopo un po' si voltò a guardarla e si mordicchiò il labbro inferiore, pensierosa.
« E' successa una cosa » rispose, poggiando il gomito alla base del finestrino. « Più di una cosa, in realtà » 
Vide Miley farsi più seria e si decise a parlare. Con sua sorella non poteva avere segreti.
« Ti va di ascoltare una storia? » disse alla fine.
Miley annuì, serrando gli occhi in un'espressione curiosa, così Scarlett si lanciò nel racconto di ciò che era avvenuto la sera prima con Regulus. Al termine di quel monologo, la ragazza parve fuori di sé e non fu facile calmarla.
« Ma ti rendi conto? » esclamò per l'ennesima volta, assolutamente sconvolta per ciò che aveva appena udito.
« Miley » mormorò Scarlett, sorridendo appena, « l'hai detto quindici volte in due minuti. Lascia perdere, okay? Va tutto bene, adesso ».
Lei prese dei profondi respiri, una mano poggiata sullo stomaco e si voltò nuovamente a guardarla.
« Continuo a pensare che dovresti denunciare quel brutto bastardo » disse, senza riuscire a trattenersi. « Silente lo sbatterebbe fuori in un nanosecondo ».
Ma la sorella scosse nuovamente il capo. Non avrebbe mai denunciato Regulus Black. Anche se Sirius le aveva parlato dei rapporti ormai deteriorati con la sua famiglia, restava comunque suo fratello. E inoltre gli avrebbe dato non poco fastidio tirare nuovamente fuori quella vicenda. Meglio dimenticarla.
« E io che pensavo che fossi finita chissà dove con Sirius! »
A quelle parole, Scarlett soffocò e lei scoppiò a ridere, senza pensare minimamente di doverla aiutare a riprendere fiato.
« Sì » proseguì, rispondendo alla domanda che Scarlett non le aveva posto. « Ho chiesto a James dove diavolo ti fossi cacciata e mi ha detto che eri con lui. Non sai quanto mi sono sentita felice! Pensavo che vi foste appartati in qualche zona oscura del castello a combinare... ah, lasciamo perdere. Insomma, stavo già progettando di comprare l'abito da damigella! Maledizione a te » sbuffò, evidentemente delusa.
L'altra la fissò ad occhi sbarrati, senza osare credere alle proprie orecchie. Sua sorella era pazza. Avrebbe informato a tal proposito i genitori non appena il treno fosse arrivato alla stazione di King's Cross e insieme avrebbero provveduto a una cura mentale ben approfondita.
« Io non mi apparto nelle zone oscure del castello a combinare quello che pensa la tua mente bacata » ci tenne a sottolineare.
Lei ghignò e rise sotto i baffi, annuendo. « Sì, certo, come no » borbottò, agitando una mano a mezz'aria.
« Stronza » commentò l'altra, ridendo.
Per un po' nessuna delle due disse niente e rimasero lì a ciondolare accanto al finestrino. Scarlett pareva pensierosa ed era tutta presa, a quanto pareva, dal paesaggio boscoso che si affacciava di fronte ai suoi occhi, e non vedeva che, a qualche passo da lì, nello scompartimento dalle porte aperte in cui vi erano tutti i suoi amici, Sirius non faceva altro che gettarle occhiate a intervalli di pochi secondi.
Miley lo notò e la cosa le parve alquanto sospetta. Gli sorrise non appena intercettò il suo sguardo, e lui esitò un attimo prima di ricambiare debolmente il sorriso e voltarsi. Si chiese se avrebbe detto alla sorella che la fissava da un mucchio di tempo.
« Scarlett » mormorò lei, tornando a guardarla. « C'è qualcos'altro che mi vorresti dire? »
La ragazza abbassò lo sguardo e si mordicchiò il labbro. Non aveva rivelato a nessuno ciò che era successo con Sirius in Sala Comune, gli strani sentimenti che aveva provato e il pensiero continuo di quella serata che l'aveva tormentata per tutta la notte. Si chiese come Miley avesse fatto a capire che qualcos'altro la turbava, oltre alla vicenda di Regulus, ma d'altro canto, era sua sorella.
« Credi che abbia qualcos'altro da dirti? » le chiese, guardandola di sottecchi con un mezzo sorriso.
« Lo presumo, sì » fece quella, annuendo. « Presumo bene? »
Scarlett esitò, poi prese un bel respiro e parlò. Forse buttare fuori tutti i pensieri insensati e il groviglio di sensazioni che covava dentro le avrebbe fatto bene, e poi Miley era una ragazza molto equilibrata e sensibile, sicuramente l'avrebbe aiutata a capire meglio tutto quanto.
« Beh » esordì, facendosi seria in volto, « quando Sirius mi ha accompagnata in Sala Comune, noi... beh, in effetti siamo stati insieme per un po' ». Tacque un momento, e sul volto di Miley si distese un largo sorriso dolce, poi riprese. « Io l'ho ringraziato per essere venuto e gli ho detto che poteva tornare alla festa e che stavo bene, ma lui ha voluto restare con me. Abbiamo parlato un po'... » ricordò, senza soffermarsi sulle rivelazioni che Sirius le aveva fatto sul suo passato e che lei avrebbe custodito dentro di sé, « e... » si bloccò, non sapendo come continuare.
Miley, che l'aveva ascoltata con attenzione, capì che era successo qualcosa di importante. Conosceva benissimo la difficoltà che aveva Scarlett nel parlare di sé con gli altri, anche con la sua stessa sorella, e non si stupì di trovarla così incerta e titubante nel suo tentativo di aprirsi. Per lei rappresentava uno sforzo enorme mostrarsi, esternare le proprie sensazioni, manifestare dubbi e insicurezze, e preferiva mille volte tenersi tutto dentro e sopportare in silenzio piuttosto che liberarsi e sentirsi, però, eccessivamente esposta e vulnerabile. Era molto brava a fingersi forte e inattaccabile, spesso fino a sfiorare quasi il menefreghismo, come se nessuna cosa riuscisse a toccarla davvero, ma esistevano occhi particolarmente attenti che riuscivano a smascherarla, come quelli di Miley.
« Io non so cosa mi sia preso, in realtà » proseguì, continuando a mordicchiarsi il labbro. « Era molto vicino... insomma... mi è sembrato così diverso dal Sirius di sempre, così protettivo con me, e... beh, gli ho chiesto di abbracciarmi ». Guardò Miley, come se si aspettasse che scoppiasse a ridere, ma lei non lo fece. « Così siamo rimasti su quel divano per non so quanto tempo... lui mi accarezzava, e alla fine mi sono addormentata e sono risalita in Dormitorio ».
Tacque, giocherellando con una ciocca di capelli scuri per evitare di incontrare gli occhi della sorella, impaurita da ciò che avrebbe potuto trovarvi. Sapeva già cosa le avrebbe detto a proposito di ciò che era accaduto. Sicuramente, avrebbe detto che non voleva influenzarla verso nessuna scelta ma che, secondo il suo parere, Sirius era esattamente la copia di Matt Davies e avrebbe dovuto stare attenta a controllare i sentimenti verso di lui.
« Avevo capito che c'era qualcosa tra di voi » disse invece, sorridendo. « Lui ti guarda in maniera speciale, lo sai, sì? E' da un po' che ho iniziato a notarlo ».
Scarlett la fissò. « Io... » balbettò, boccheggiando. « Ma guarda che tra noi non c'è niente! Io non... chi... lui... dici che mi guarda? »
Miley si trattenne dal sorridere e annuì. « Fino a cinque secondi fa, baby » rispose con sicurezza. « Ma ascolta un po'... ti sei pentita di ieri sera? »
Il suo volto inclinato era serio, curioso, interessato. Voleva andare più a fondo nella faccenda e comprendere ciò che le sfuggiva.
« No » rispose Scarlett dopo un lungo silenzio, osservandola. « Non mi sono pentita. Ci ho riflettuto molto e ho capito che non ne ho alcun motivo ».
La sorella annuì, assimilando la risposta. « Quindi, da quel che ho capito... insomma, non provi semplice attrazione nei suoi confronti, giusto? »
Lei maledisse mentalmente tutte quelle domande difficili e sospirò, parecchio in difficoltà, cercando di capire ciò su cui fino ad allora non aveva mai riflettuto. Rispondere non era semplice, dire la verità non era semplice... non quando la vedeva così distante da lei.
« Non ho mai pensato che Sirius potesse piacermi » mormorò infine, sinceramente. « Neanche fisicamente, no. E adesso è arrivato tutto quanto in una volta sola e comincio a non capirci più niente ». Si massaggiò le tempie, cercando di rilassare la mente. « Ieri non ho chiesto a Sirius di abbracciarmi perché l'ho visto bello o solo perché ero attratta da lui... gliel'ho chiesto perché mi sono sentita di farlo. Non so che cosa sia, questo. Mi dispiace, ma non lo capisco ».
Chinò il capo, più confusa che mai, e Miley la avvolse in un abbraccio, cullandola appena.
« Non scervellarti, d'accordo? » mormorò dolcemente. « E, per una volta nella tua strafottuta vita, lasciati andare un po'. Sono sicura che non ti farà male ».
Lei non disse nulla, ma annuì e si sciolse con delicatezza dall'abbraccio. Un attimo dopo, rientrarono nello scompartimento di fronte.
Alice era ancora seduta sul povero Frank, aggrappata al suo collo con entrambe le mani; Sirius stava a braccia incrociate sul sedile accanto alla porta, ascoltando col capo inclinato Mary che gli parlava, mentre Remus e Peter mangiavano Cioccorane a volontà, a quanto pareva sinceramente realizzati.
« Ciao a tutti, belli e brutti! » fu il gioviale saluto di Miley, che si appollaiò sull'ultimo sedile rimasto libero e afferrò una Cioccorana dal mucchio di Remus.
« Se non fossi tu, ti avrebbe già uccisa per l'atrocità che hai commesso » scherzò Sirius, guardando Scarlett che si accomodava sulle gambe della sorella.
« Lo so » ghignò Miley, annuendo e masticando il cioccolato. « L'ho fatto apposta. Sei arrabbiato, John? Oh, guarda! » esclamò poi. « Ho trovato Burdock Muldoon! Mi mancava! Evvai! »
Remus la fissò ad occhi sgranati. Non era possibile. Burdock Muldoon era una delle due sole figurine che mancavano alla sua collezione.
« Ma non è giusto! » protestò, offeso. « Lo cerco da una vita! Rischio ogni giorno di diventare obeso per colpa sua! »
Miley gli rivolse un'occhiata fredda e indifferente. « Oh, davvero? » chiese, distaccata. « Tanto non te lo darò mai. Crepa, Lupin ».
Lui parve profondamente deluso. « Ma Miley... » mormorò, tristemente. « Non potresti...? Insomma, sei così buona... una Tassorosso coi fiocchi... »
« Così non mi aduli, cioccolatomane » fece lei, scuotendo il capo, dispettosa. « Questa figurina fa ufficialmente parte del mio patrimonio personale ».
« Ma la Cioccorana era mia! » rispose l'altro, costernato.
« Tu me l'hai offerta » replicò soavemente lei, sventolandosi con il prezioso cartoncino per dargli ancor di più sui nervi.
« Non è vero! » obiettò Remus, mentre Scarlett si spostava sulle gambe di Mary per tenersi distante dalla diatriba. « Me l'hai rubata! »
« Lunastorta, sei un vero pezzente » commentò con voce strascicata Sirius, scuotendo il capo. « E' sua. E ti vanti tanto del tuo essere un galantuomo... »
« Diglielo! » esclamò con veemenza Miley, indignata. « E ti vanti tanto del tuo essere un galantuomo... E' mia » ripetè, sollevando le spalle.
Il ragazzo parve mortificato e si arrese, decidendosi a gettare le armi. « Va bene » mormorò, senza aggiungere altro.
« Non basta » fece Sirius, severo. « Chiedile scusa come si deve per la tua indecente impertinenza. Il tuo comportamento è vergognoso ».
« Vergognoso » fece eco la ragazza, senza pietà.
« Scusami, Miley » borbottò quello, le mani alzate in segno di resa, senza riuscire a cogliere la volontà dei due di umiliarlo a tutti i costi.
« Mmm » commentò l'amico, grattandosi il mento. « Molto minimal. Avrei preferito delle scuse più sofferte. Tu che dici, Miley, può bastare? »
Lei parve ponderare a lungo la questione. « Abbiamo appurato che è un pezzente, no? » rispose. « Lo è anche nello scusarsi. Può bastare, dai ».
Lui le battè un poderoso cinque. « Mi piace il tuo stile! » si complimentò, allegro. « Ti somiglia davvero un sacco, bella Banks! »
Scarlett rise e scosse forte il capo. « Io non voglio avere nulla a che fare con quell'essere spregevole » disse, fingendosi disgustata. « Siete dei bastardi, tutti e due. Guardate come sta il povero Lupin » mormorò, una mano sul petto e un'espressione impietosita.
« Ma John, tirati su! Tieni! » esclamò Miley, sorridendo. « Cavoli, è strano fare la cattiva. Mi sento in colpa. Remus, ti prego, assolvimi ».
Lui scoppiò a ridere. « Ma io stavo scherzando! » rispose, allegro.
« Anch'io! Di Muldoon ne ho già due! » e scoppiò in una risata malefica, lanciandogli in grembo la figurina.
In quel momento, la porta dello scompartimento venne aperta nuovamente e ad entrare furono due stressatissimi Lily e James, che si accomodarono sul sicuramente comodo pavimento dello scompartimento, a braccia incrociate e l'uno di fronte all'altra come due veri idioti.
« Che succede? » chiese Mary, scrutando i loro volti lividi. « Problemi con le ronde? »
Loro si guardarono in cagnesco, per poi esclamare in coro: « E' colpa sua! » e puntarsi un dito contro con fare accusatore.
Tutti si scambiarono occhiate stupefatte e si chiesero in silenzio chi avrebbe avuto il coraggio di approfondire la questione.
« Avete litigato? » tentò Scarlett, cauta, e i due si voltarono di scatto a fissarla, infuriati. « Va bene, scusate » si affrettò a mormorare la povera ragazza.
« Certo che abbiamo litigato, perché lui è un deficiente! » sbraitò Lily, squadrandolo con il più puro disprezzo. « Non è capace di fare il suo lavoro, mi intralcia e vuole anche che gli dia ragione! Ma vi rendete conto, tutti voi, di che individuo è? Remus, ti rendi conto? Frank, ti rendi conto? »
I due ragazzi citati annuirono senza pensarci due volte, troppo spaventati dal suo tono sottile e sibilante per osare contraddirla in alcun modo.
« Io sono perfettamente in grado di svolgere il mio lavoro! » replicò James, altrettanto inviperito. « Abbiamo trovato due ragazzi che facevano a cazzotti, e lei voleva togliere loro venti punti per ciascuno! Porca miseria, erano Grifondoro e stavano anche scherzando! E' una maniaca del controllo, li ha sgridati come fossero stati criminali! E' così che vuoi crescere i nostri figli? Non te li affiderò mai, Evans, sappilo! Mai nella vita! Harry sta con me! »
La ragazza boccheggiò, sconvolta da quelle parole del tutto prive di senso che lui aveva pronunciato con la massima convinzione.
« Ma quali figli? » sbottò, stravolta dall'ira. « Non esisterà mai nessun Harry e nessuna Harriett, stupido di un Potter! E quei due idioti avrebbero potuto ammazzarsi! Ma tanto a te che importa? Se fosse stato tuo figlio, non lo avresti neanche rimproverato! Sei un pessimo Caposcuola e un pessimo padre! »
Il loro modesto pubblico si tratteneva dallo scoppiare a ridere. Nessuno si permetteva di muovere un muscolo per paura che la rabbia rovente di uno dei due - o, nel più terribile dei casi, di entrambi - si gettasse su di loro senza ragione. Perciò si limitavano ad assistere e a scambiarsi fra vicini lievi gomitate, rivolgendosi accenni di sorriso impercettibili e stando ben attenti a non farsi scoprire dai due temibili avversari.
« E tu sei insopportabile e antipatica! » ribattè con inaudita veemenza James, profondamente offeso in particolar modo dall'ultimo, pesantissimo insulto sul suo essere un cattivo padre. « Come puoi dire che sono un pessimo padre? Io ho cresciuto più di una dozzina di cugini, Evans! Diteglielo voi! » esclamò, lanciando uno sguardo di fuoco a Scarlett e Miley, che trasalirono contemporaneamente e si guardarono terrorizzate.
« Io ero troppo piccola, non mi ricordo » borbottò Miley, evasiva, con una scusa che non reggeva per niente.
« Io... io ero troppo grande, non mi ricordo » fece invece Scarlett, maledicendosi mentalmente per la bestialità appena pronunciata.
« Certo! » esplose James, rialzandosi di scatto. « Sì, ho capito... me ne vado... tanto qui non vengo apprezzato neanche come padre... »
E, così dicendo, fece la sua trionfale uscita melodrammatica, rischiando di andare a sbattare contro Emmeline che stava per entrare.
« E tu da che parte stai? » ruggì, puntando lo sguardo su di lei, che lo fissò, impassibile.
« Scherza? » chiese agli amici, indicandolo con un cenno del capo, ma tutti scossero all'unisono il capo, così si mantenne a debita distanza.
Lo vide andare via, senza attendere risposta, pestando con ferocia i piedi a terra come se volesse creare dei crateri sul pavimento.
« Ma che cos'ha? » domandò la ragazza, vagamente turbata anche se non l'aveva dato a vedere.
« Lascia perdere » mormorò a bassa voce Mary, preoccupandosi per l'incolumità dell'amica visto che Lily era ancora presente sul campo di battaglia.
Sprofondò il silenzio, e nessuno fiatò neanche quando i restanti Malandrini uscirono per andare a prelevare James.
Lo trovarono che vagava come un'anima in pena per il corridoio lungo e stretto del treno, sotto gli sguardi incuriositi di quasi tutti gli studenti chiusi nei vari scompartimenti. Quando lo raggiunsero, lui li guardò con aria dispiaciuta.
« Sono un idiota » mormorò, afflitto. « Evans non mi amerà mai. E' finita. Mi butto e mi sfracello fra le rotaie, ho deciso ».
« Dai, James, piantala! » borbottò Peter, toccato dall'immagine cruenta che si era formata nella sua mente. « Soffro di incubi... »
Ma lui non gli prestò ascolto, troppo preso dai suoi tremendi problemi per pensare a quelli altrui.
« Per Godric, Ramoso, per una volta mi eri piaciuto » commentò invece Sirius, visibilmente deluso. « Quel piglio così aggressivo e feroce, da vero maschio...! Insomma, cedi così e torni ad essere il solito mollaccione innamorato coglio-... »
« Sirius! » lo rimproverò Remus, severo, e lui sbuffò.
« Che Pluffe che siete » sbottò. « Non esiste virilità in voi. Ma per favore... siete penosi... »
« Piantala di brontolare » tagliò corto l'amico, accompagnando le parole a un impietoso colpo secco sulla nuca.
« Vuoi fare a botte con me, Lunastorta? » fece subito Sirius, entusiasmato dall'atto di violenza profonda del ragazzo. « Eh? Vuoi fare a botte con me? »
Si mise in posizione d'attacco e cominciò a sferrargli pugni sul petto, mentre lui lo fissava impassibile e immobile.
« Hai finito o la cosa andrà per le lunghe? » s'informò, sinceramente annoiato.
Lui fece crollare le braccia sui fianchi. « Che noia... volevo fare a pugni » commentò, scrollando le spalle. « Sarà per un'altra volta. Ci conto, Remus ».
Il ragazzo annuì, battendo sulla sua spalla qualche colpo lieve, in modo tale da non istigarlo nuovamente alla violenza.
« Chiusa questa parentesi alquanto inutile » riprese, come se niente fosse accaduto, « James, di' addio ai tuoi propositi di suicidio e vieni ».
Precedette tutti, e James lo seguì con il capo chino, ripulendosi gli occhiali con un lembo del maglioncino nero.
Non appena varcarono nuovamente la porta dello scompartimento, Lily sollevò lo sguardo così di scatto che parve un felino che annusa la preda. Nel momento esatto in cui il suo - di nuovo - più acerrimo nemico entrò, infatti, estrasse la bacchetta e gliela puntò contro.
« Oh, Evans, non di nuovo! » piagnucolò il ragazzo, implorante. « Oggi sono stato zitto come mai in tutta la mia vita... sono venuto per chiederti scusa ».
L'arma di Lily parve abbassarsi lievemente, ma lei continuò a stringerla tra le dita, guardandolo con un misto di curiosità e fierezza.
« Mi dispiace, Lily » mormorò lui. « Non volevo dirti che sei insopportabile e antipatica... lo sai che sei l'amore della mia vita... mi perdoni? »
Rimase in attesa, trepidante, nel silenzio profondo che regnava fra le quattro pareti, finché lei non emise un suono a metà fra uno sbuffo e un sospiro.
« Per questa volta passi, Potter » lo ammonì, brandendo ancora la bacchetta. « Ma la prossima volta... » e si esibì in un gesto di aperta violenza.
« E' così che si fa, Evans! » approvò Sirius, battendo le mani. « Sì, mi sa che adesso mi coalizzo con Evans... ha molto più stile di te, Ramoso, che sei un rammollito fallito in partenza. E poi con me c'è la bella Banks, vero, bella Banks? » domandò, soave, rivolgendosi alla ragazza.
« Ah, no » rispose prontamente lei, scuotendo il capo. « Se tu stai con Lily, scambio di coppie, bello. Io vado con James ».
Lui la ringraziò con un largo sorriso e mormorò un sospirato: « Mi ama... » a cui Scarlett rispose con un cenno d'assenso.
Gli fece posto e si accomodò sulle sue gambe, così che Sirius lanciò all'amico uno sguardo d'avvertimento e un gesto di aperta sfida che la fece ridere.
Alice propose di giocare a Spara Schiocco, così si cimentarono in un ardua partita di gruppo. A perdere per primo, naturalmente, fu Frank.
E mentre tutte le ragazze lo acclamavano per un secondo spogliarello, con gran disappunto della fidanzata che non trovava la cosa divertente neanche quella volta, parecchi scompartimenti più avanti, praticamente dall'altra parte della gigantesca locomotiva scarlatta, qualcuno non si stava divertendo troppo.
Regulus Black era in compagnia della solita combriccola di Serpeverde. In realtà, non proprio la solita, visto che era entrato a farne parte solo da un po'. Più esattamente, da quando era diventato un Mangiamorte poco tempo prima. Era stato il suo sogno, la sua più grande ambizione, avvicinarsi a Voldemort e poter vivere al suo servizio, giurargli eterna fedeltà e seguire le sue orme all'ombra della sua grandezza. E ci era riuscito, a soli sedici anni, quando nessuno pensava che ce l'avrebbe fatta. Quando nessuno aveva avuto fiducia in lui. L'aveva fatto, aveva promesso a Voldemort una vita di servigi devoti ed era stato marchiato, per l'eternità. Da quel momento, infatti, un tenebroso teschio lucente dalle fauci che liberavano un temibile serpente aveva preso a brillare sul suo pallido avambraccio sinistro, attirando il suo sguardo ogniqualvolta lo scopriva. Persino i suoi genitori, così rigidi, così inflessibili, erano stati fieri di lui. Gli avevano persino sorriso, non appena aveva portato la notizia. Adesso sentiva che nulla l'avrebbe ostacolato, e voleva diventare grande, voleva che Voldemort si fidasse ciecamente di lui... divenire il suo braccio destro, il suo servo più fedele, ecco a cosa ambiva.
A partire da quell'anno, proprio per quella ragione, si era unito alla banda di giovani Mangiamorte della scuola, che lo avevano subito accolto nella cerchia.
In quel momento, difatti, Piton, Mulciber, Avery, Goyle e Macnair erano seduti intorno a lui, e lo fissavano tutti con una certa insistenza.
« Ma si può sapere perché hai quella faccia da morto e quel labbro gonfio? » gli chiese rudemente Avery, le braccia incrociate dietro la testa.
Lui si limitò a scrollare le spalle, senza emettere un suono, e si lasciò scivolare sul sedile, visibilmente annoiato.
« Hai fatto a botte? » chiese Macnair, ghignando. « Cavoli, ci credo che ti hanno fatto nero, sei gracilino, Black ».
Ma il ragazzo non replicò e si limitò a rivolgergli una smorfia sdegnosa, che l'altro ignorò bellamente.
« Oh, Black non sembra in vena di scherzi » lo schernì Mulciber, ridacchiando. « Che c'è, ti sei pestato per una ragazza? Ti stai rammollendo, per caso? »
Regulus imprecò, sinceramente scocciato e si voltò a squadrarlo con disprezzo. « Ma a te che diavolo importa? » sputò fuori, gli occhi opalescenti che bruciavano. « Vuoi che facciamo a pugni noi, così ci fai vedere che non sai stendere neanche un Vermicolo? Fammi il piacere, Mulciber, sta' zitto ».
Gli altri esplosero in una risata sguaiata di scherno, mentre Mulciber grugniva qualcosa di indistinto e si decideva a tacere. L'unico a non unirsi a quelle risa fu Piton.
« Basta, ragazzi » disse con tono piatto. « E' chiaro che Regulus non ha fatto a botte con nessuno, altrimenti ce lo avrebbe detto ».
Di colpo, gli altri ragazzi lo fissarono, attenti. Il cambio drastico di atmosfera all'interno dello scompartimento che seguì quelle poche parole suggeriva che Piton venisse visto dagli altri quasi come un leader, l'unico che sembrassero disposti ad ascoltare.
« Credo proprio che non voglia dircelo perché le ha solamente prese, le botte » proseguì, mellifluo, anche se non vi era traccia di derisione nelle sue parole. « Dovresti dirci chi è stato, Regulus. Lo sai che siamo una squadra, ormai ».
Lui abbassò lo sguardo, corrucciato. Non voleva raccontare agli altri dello scontro che la sera prima aveva avuto con Sirius, soprattutto perché lo aveva visto uscire malconcio. Piton, però, lo aveva di fatto smascherato. Non aveva senso continuare a tacere.
« Ieri sera ho litigato con mio fratello » disse, guardando fisso il ragazzo. « Mi ha visto mentre circuivo la Banks e... »
« Quale Banks? » domandò Avery, curioso. 
« La Grifondoro » rispose lui meccanicamente.
« E da quando ti piace la Banks? » fece brusco Mulciber, dandogli un colpo sul braccio.
Regulus lo guardò subito torvo. « Idiota, non mi piace! » gli rispose con forza. « In compenso, piace a lui. Li ho visti insieme e l'ho disturbata solo per farlo incazzare. E ci sono riuscito, ovviamente » concluse, orgoglioso.
Sul volto di Piton si formò un accenno di ghigno, mentre gli altri scoppiavano nuovamente a ridere.
« E bravo il piccolo Black! » grugnì Macnair tra le risate. « Però ti sei preso un bel cazzotto! »
La risata fragorosa del gruppo proseguì più forte, incontenibile, quando fu nuovamente Piton a smorzare l'entusiasmo degli altri.
« Ne sarà valsa la pena, Regulus » mormorò, una strana luce negli occhi. Gli altri lo notarono e si fecero subito curiosi.
« Che hai in mente, Piton? » fece di botto Avery, già esaltato.
Lui si prese tutto il tempo per rispondere, evidentemente soddisfatto. In fondo, qualsiasi occasione andava presa al volo se serviva a provocare qualche danno ai cosiddetti Malandrini. Quella pareva assolutamente perfetta, e lui pensò che sarebbe stato un peccato mortale non coglierla.
« La violenza, di qualsiasi genere, non è permessa alla scuola di Silente » spiegò, con una lentezza sinceramente esasperante. « Se Regulus denunciasse l'accaduto al nostro Preside, lui non si potrebbe tirare indietro di fronte all'ovvietà del fatto, e Black verrebbe sbattuto fuori in un istante ».
Le parole furono assorbite da tutti lentamente, e nessuno parve avere nulla da obiettare. Al contrario, la maggioranza di loro fu semplicemente entusiasta.
« Lo butteranno fuori a calci! » rise Goyle, pestando un pugno sul bracciolo del proprio sedile. « E possiamo immischiarci pure gli altri nella roba dei cazzotti, così ce li leviamo tutti dai piedi e ci facciamo capire chi comanda, a quei tonti! Eh, che dite voi? »
Le labbra di Piton si irrigidirono in una perfetta linea sottile. « Possiedi acume e arguzia in gran quantità, Goyle » commentò, sardonico. « Ti prego di perdonarci nel caso non fossimo in grado di mettere in atto il tuo indubbiamente astuto piano ».
« In parole povere » tagliò corto Avery, alzando gli occhi al cielo, « vuoi che Regulus dica a Silente che suo fratello l'ha ammazzato di botte, così lo espellerà? Non buttano fuori chiunque tiri un pugno, Piton. Dovremmo gonfiare la storia... ma non è un problema. Non esistono testimoni ».
Regulus parve irrigidirsi, e fece scorrere lo sguardo dall'uno all'altro ragazzo, cercando di decidere se dire qualcosa o meno.
« Io non denuncio niente » disse infine, a voce piuttosto alta, e tutti si voltarono a fissarlo, sbalorditi. « Non... non farò la figura dell'idiota, no ».
Non era parso neanche a lui un tono troppo convinto. In fondo, sapeva benissimo che la motivazione della sua scelta era tutt'altra, e nulla aveva a che vedere con l'immagine che avrebbe dato di se stesso se avesse agito come i compagni suggerivano. Poteva dare fastidio a Sirius, stuzzicarlo, creargli problemi, anche... ma farlo espellere da Hogwarts, lontano da casa sua e dalla sua vera famiglia... era assurdo, insensato e crudele, e sapeva bene che non avrebbe mai avuto il fegato per compiere un atto come quello. Sirius l'avrebbe considerato un vero vigliacco, e qualcosa gli faceva pensare che non avrebbe sopportato quel fardello sulle spalle. Forse a suggerirglielo era la stretta allo stomaco che avvertiva pensando allo sguardo con cui l'avrebbe trapassato se avesse osato mettere in atto la pensata, o forse immaginando il suo dolore per essere di nuovo costretto a lasciare un fratello. Quello vero. La stretta si fece più dolorosa, al sorgere di quell'idea, ma fece finta di niente, come sempre.
« Abbiamo la possibilità di buttarne fuori uno, Regulus! » insistette Avery, chinandosi verso di lui e guardandolo fisso negli occhi.
« Anche se ne abbiamo altri due da sistemare » aggiunse Macnair, digrignando i denti con rabbia. « Non vi sarete mica dimenticati di quel Potter e della sporca Mezzosangue? Vi rendete conto di come ci hanno umiliati, quei due mocciosi? Devono pagarla, e abbiamo anche aspettato troppo ».
Gli occhi di Piton dardeggiarono dal volto duro del ragazzo al pavimento. Adesso era il suo turno di essere in difficoltà.
« Ci hanno semplicemente assegnato una punizione e tolto un paio di punti, Macnair, non farla tanto lunga » buttò lì, rabbioso anche se non lo diede a vedere. « Pensiamo a Black, piuttosto. Abbiamo la possibilità di levarcelo dai piedi una volta per tutte ».
Avery ghignò, e gli altri volsero lo sguardo su di lui. « Che c'è, Piton, stai ancora dietro alla lurida Babbana? » lo derise.
Le guance smunte e pallide del ragazzo si tinsero leggermente di rosso, ma tentò in tutti i modi di mascherare il lampo di ira che gli era balenato dentro dietro un'espressione gelida e sprezzante. « Non dire sciocchezze, Avery » sibilò, senza staccargli gli occhi di dosso. « Sto solo ragionando con un briciolo di cervello e ti ho già spiegato che agire a una così breve distanza di tempo da quel che è accaduto sarebbe stato imprudente e sciocco ».
L'altro fece schioccare la lingua, contrariato, ma non aggiunse altro e si distese nuovamente sul proprio sedile, guardando fuori dal finestrino.
« Secondo me ha ragione » intervenne invece Regulus, facendo un cenno verso di lui. « Abbiamo lasciato correre, ma quando torneremo a scuola saranno passati più di due mesi. Non ci hanno solo umiliati, ma ci hanno anche impedito di esercitarci... come se non avessimo già abbastanza impedimenti ».
La sera del 31 Ottobre, infatti, la combriccola di Serpeverde non si trovava al settimo piano per caso. Era la Stanza della Necessità il loro luogo di ritrovo, la misteriosa camera magica che svaniva e riappariva all'occorenza di chi vi passava accanto. Era stata la loro salvezza, perché Voldemort in persona aveva raccomandato loro di esercitarsi nelle arti magiche oscure anche all'interno di Hogwarts, nella massima segretezza, perché desiderava giovani combattenti e servitori pronti, fedeli e attivi. Tutte le volte in cui era possibile, quindi, i Mangiamorte del castello si radunavano lì per praticare incantesimi e sortilegi che la scuola, naturalmente, impediva di conoscere, stando ben attenti a non far conoscere i loro piani a chiunque non avesse il Marchio Nero tatuato addosso.
« Ci vendicheremo » sussurrò tra i denti Mulciber, incattivito. « Non sanno ancora di che cosa siamo capaci ».
Avery ghignò, il suo solito ghigno provocatore. « A suo tempo, ci siamo già occupati della Macdonald e tu hai fatto prendere un bello spavento alla Banks » commentò, facendo un breve cenno a Regulus. « Al nostro ritorno faremo una vera e propria strage di traditori. E vedremo di che cosa sono capaci i Malandrini, di fronte a noi ».
 
 
*  *  *
 
 
« Ragazzi, oddio, è saltato in aria il buon Frank! »
Nello scompartimento dei Malandrini - e tutta la compagnia - le partite di Spara Schiocco si facevano sempre più dure e i giocatori sempre più spietati, e dentro quelle quattro, strette pareti, regnava il caos. Vi erano sei sedili per undici persone e per accamparsi dentro quella tana da tutti definita scompartimento avevano dovuto escogitare metodi alternativi di sistemazione. Frank teneva ancora Alice sulle gambe, tanto che non ne avvertiva più l'esistenza; Peter era l'unico a sedere da solo, comodo e felice sul suo sedile; Remus, invece, teneva in braccio una Lily Evans piuttosto a suo agio, incurante del disturbo che gli procurava; Emmeline era elegantemente seduta su Miley e ridevano insieme, anche se quest'ultima era spesso costretta a scostarsi dal viso qualche ciuffo dei suoi chilometrici capelli biondi; Sirius, accanto a loro, stava rilassato sul suo sedile, le braccia distese sulle spalliere di quelli vicini e Mary sulle gambe, la quale aveva un'aria leggermente stordita anche se pareva averci fatto l'abitudine; James, infine, teneva tra le braccia Scarlett, facendola saltellare sul posto per divertirla e scoccandole qualche bacio tra i capelli ogni volta che ne aveva voglia, sempre, naturalmente, sotto lo sguardo falsamente severo dell'amico.
Frank - il buon, povero Frank - continuava a perdere miseramente, rifiutandosi categoricamente di prestarsi a umilianti penitenze, soprattutto se ideate da Sirius e James o, ancora peggio, dalle temibilissime ragazze che lo spaventavano sicuramente più dei due amici.
« Queste carte sono truccate » si lamentò, abbandonando la partita, disgustato. « La prossima volta porto le mie, gente, e si fa sul serio... »
« Sì, certo, Paciock » fece Sirius, gettandogliene una dozzina addosso e rischiando di colpire Alice. « Sei una schiappa a questo gioco. Sarai anche un Avada Frank e tutto quello che vuoi, ma le carte non sono Pluffe, amico. Bisogna avere ingegno » concluse, con aria saggia.
James scoppiò a ridere. « Ma di che ingegno stai parlando? » disse tra gli schiamazzi. « Lo sanno tutti che Spara Schiocco è un gioco di cu-... »
« James! » L'aspro rimprovero di Remus arrivò immediato come una stoccata.
« Remus, dai! » esclamarono Mary e Miley in coro, e lui le fissò, risentito.
« Loro sì che sono ragazze come si deve, Lunastorta » commentò Sirius. « Non come te, che ti scandalizzi per un nonnulla ».
Lui lo guardò, sprezzante. « Io non mi scandalizzo » protestò, mentre Lily gli batteva pacche sulla spalla per aizzarlo. « Tu hai la critica radicata in te ».
Il ragazzo sbuffò, divertito, e si mosse, rischiando di far ruzzolare a terra Mary e stringendola per la vita appena in tempo.
« Scusa, Mary » mormorò, sorridendole. « E' colpa del cretino, qui. Vuole fare a pugni, oggi, l'ho capito, ma non ha il coraggio di affrontarmi ».
Gli lanciò uno sguardo di sfida e lui rise, scuotendo il capo esasperato.
« Ehi, ma siamo arrivati! » esclamò improvvisamente James. « C'è la mamma! C'è mia madre! Mamma! »
Scarlett e Sirius si scambiarono uno sguardo e risero, mentre tutti iniziavano a sistemarsi per scendere dal treno.
« Per quanto tempo non ci vedremo? » domandò Emmeline, le mani sul petto. « Mi viene da piangere! Dovete scrivermi tutti! Merlino, non guardatemi! »
E si sventolò una mano in direzione degli occhi, cercando di ridarsi un contegno.
I Malandrini, Frank e Miley uscirono per prendere i bauli dai rispettivi scompartimenti, e alla fine si rincontrarono fuori dal treno, al Binario 9 e ¾.
James era già corso via, in direzione della madre, e quando gli altri lo raggiunsero lo trovarono abbracciato stretto a lei.
« La mamma! » annunciò agli amici, senza osare lasciarla. « La mia bella mamma! Si è sciupata... ovvio, manca James ».
Lei rise e alzò gli occhi al cielo. 
Dorea Potter era una donna piuttosto minuta e portava i capelli neri raccolti in un'alta crocchia perfettamente acconciata. Aveva un portamento fiero, la schiena diritta, eppure i suoi tratti erano dolci, gli occhi a mandorla scuri e profondi, l'espressione gentile.
Al suo fianco vi era una sorridente Charlotte Banks, i boccoli biondi al vento e un gran sorriso che le dipingeva il volto.
Quando vide le figlie, corse ad abbracciarle e le tenne strette a sé.
« Ciao, mamma! » esclamò Miley, continuando a stringerla anche quando Scarlett si fu sciolta dall'abbraccio.
« Sono così contenta di vedervi » chiocciò lei, affettuosa. « Venite, Dorea freme dalla voglia di vedervi ».
Si avvicinarono alla donna a cui James era ancora aggrappato, e si affrettarono ad abbracciarla, cacciandolo brutalmente via.
« Scarlett, Miley, ma come siete belle! » esclamò la donna, guardandole con gli occhi umidi. « Charlus avrebbe tanto voluto venire, ma è così impegnato, sapete... vi manda i suoi più cari saluti, naturalmente ».
« Già, neanche papà è riuscito a farcela » intervenne Charlotte, dispiaciuta. « Tornerà oggi intorno alla mezzanotte. E' stato in Australia per una settimana ».
Le ragazze annuirono e scrollarono le spalle contemporaneamente.
« Ma dove diavolo si è cacciato Sirius? » sbottò improvvisamente Dorea, guardandosi intorno.
Lui non tardò ad arrivare, trasportando il pesante baule con nonchalance, quando la donna lo investì col suo abbraccio.
« Sempre il solito ritardatario! » lo rimproverò affettuosamente, mentre lui soffocava e si sentiva parecchio in imbarazzo.
« Ehm... Dorea... » borbottò, cercando di liberarsi dalla sua stretta. « Anch'io sono felice di... d'accordo, sto morendo! »
E solo allora, lei si decise a lasciarlo e gli sorrise. « Oh, Sirius, sei così magro » mormorò, squadrandolo. « Proprio come James... ma dov'è, quello screanzato? Ah, mi sfuggono figli da ogni dove » sospirò, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli volata via dal nodo sul capo. « Ma quello è Remus! » esclamò poi, avvicinandosi all'altro ragazzo, che sorrise imbarazzato.
« Ehm... salve, signora Potter » mormorò, poggiando a terra il baule dall'aria malandata.
Ma lei avvolse anche lui in un abbraccio. « Quando ti deciderai a chiamarmi Dorea? » gli disse. « Sei cocciuto, più degli altri due ».
Il ragazzo sorrise, ma non rispose.
« Questo Natale avrò tre figli... anzi, quattro, c'è anche Charlus! » fece la donna non appena l'ebbe lasciato, rivolta all'amica, che rise.
Anche le ragazze fecero lo stesso, ma Scarlett fu distratta da qualcuno che le batteva ripetutamente una mano sulla spalla. Era Lily.
« Io devo andare » disse, sorridendo. « Me lo dai un abbraccio? »
Lei ricambiò il sorriso e l'abbracciò forte. « Scrivimi e mandami un bel regalo » si raccomandò, scherzosa. « Va bene, Rossa? »
« Va bene, Mora » rispose lei, ridendo e abbracciando anche Miley. « Io allora vado... ci sentiamo presto! »
E si allontanò, salutandola con la mano, avvicinandosi ai genitori che aveva già salutato e che la aspettavano poco distanti, guardandola con affetto.
A metà strada, però, una voce la richiamò, e voltandosi scoprì che apparteneva a James.
« Volevi andartene senza salutare? » scherzò, sorridendo e scrutando il suo bel volto. « Dovrei darti della maleducata, Evans ».
« Io ce l'ho ancora con te, in realtà » replicò lei, fingendosi offesa e incrociando le braccia al petto.
James scoppiò a ridere, la sua tipica risata contagiosa, e, senza alcun preavviso, l'abbracciò, chiudendo gli occhi e inspirando il profumo dei suoi capelli.
« Buon Natale, Lily » mormorò, mentre lei sorrideva debolmente sulla sua spalla, certa che non potesse vederla. « Per qualsiasi cosa, scrivimi. E non rifilarmi di nuovo quella balla dei gufi che non arrivano ». Rise, e la lasciò con dolcezza.
« Buon Natale anche a te, James » rispose Lily, le guance lievemente arrossate. « Ti scriverò. Niente scuse, promesso ».
Lui le regalò un altro sorriso, stupito e bello come non mai, e la guardò allontanarsi.
« Ogni tanto pensami, Evans! » le urlò dietro, e potè udire la sua risata fresca risuonare a pochi passi da lui.
Ritornò dagli amici e fece per raggiungere Sirius, ma si bloccò. Stava fissando Scarlett, intenta a chiacchierare con la madre, e le si stava avvicinando.
« Signora Banks, posso rubargliela un minuto? » domandò gentilemente, sorridendo alla donna e facendo avvampare la ragazza.
« Ma certo, caro » mormorò lei, guardandolo con affetto e affrettandosi ad andar via.
I due rimasero soli, e lui si voltò lentamente a guardarla. Le strinse le braccia, osservandola con il capo inclinato.
« Passa buone vacanze, Banks » mormorò, sorridendo. « Non sognarmi troppo spesso, intesi? »
Lei rise di cuore, e lui con lei. « Buon Natale, Black » rispose, allegra. « E non addobbare troppo in giro, o tutte quelle renne ti daranno alla testa ».
Sirius le diede un tenero buffetto sulla guancia e si fece più serio. « Se hai bisogno di me, inviami una lettera, d'accordo? » si raccomandò.
Scarlett annuì, lievemente sorpresa, e non disse nulla. Qualsiasi parola, comunque, sarebbe stata sommersa dal suo gesto improvviso, quando si avvicinò per posarle le labbra fra i capelli e scoccarle un bacio leggero, che la fece rabbrividire.
« A presto, bella Banks » mormorò, sorridendo ancora, e lei non riuscì a dire nulla e lo guardò andar via.
Rimase a ciondolare lì per parecchi secondi, ma dopo un po' si riscosse e raggiunse la madre e la sorella, che trafficavano con i bauli.
« Beh, direi che possiamo andare » annunciò Charlotte con un gran sorriso, guardando le figlie, che annuirono. « Ci vediamo domani in ospedale, Dorea! » esclamò, salutando con la mano la sorridente amica, che annuì.
Scarlett chiese alla madre di aspettare e corse ad abbracciare James insieme a Miley, lasciando che la donna le aspettasse lì vicino.
« Buon Natale » augurò James, abbracciandole e sorridendo. « Vi voglio bene. Bacino natalizio a James? » domandò poi, speranzoso.
La ragazza adempì al proprio compito, seguita dalla sorella che gli scoccò anche lei un bel bacio sulla guancia.
« Si prospetta un gran bel Natale » sospirò lui, molto più allegro di prima. « Ci vediamo, ragazze! » e mandò un bacio anche a Charlotte, che rise.
Scarlett e Miley si allontanarono, ma all'improvviso quest'ultima si arrestò. Senza una parola, sotto lo sguardo incuriosito della sorella, si morse il labbro e si decise a fare marcia indietro, ripercorrendo la stessa strada di qualche attimo prima e dirigendosi verso Remus, che, insieme agli altri Malandrini, stava salutando Peter prima che raggiungesse i genitori.
Armata di un coraggio che non credeva di possedere, si affrettò in quella direzione e lo strinse in un abbraccio.
« Buon Natale, John! » esclamò, mentre lui, stupito e paralizzato, ricambiava stentatamente l'abbraccio e Sirius li fissava con un largo sorriso compiaciuto sul volto. « Ed esercitati con le Pozioni, perché sei una schiappa mai vista, intesi? »
Lui scoppiò a ridere e annuì, liberandola dall'abbraccio. « Buon Natale anche a te, Miley » rispose, sorridendole. « Non mangiare troppo ».
Lei gli mollò un pugno sul braccio, e Sirius sospirò un: « L'avevo detto io... oggi vuole proprio fare a pugni... », ridendo anche lui.
« Buon Natale, Sirius! » fece la ragazza, rivolgendo un enorme sorriso anche a lui.
« Buon Natale, piccola Banks » mormorò lui, ricambiandolo. « Tieni d'occhio quella scapestrata di tua sorella per me ».
Lei rise, gli battè un cinque e si allontanò. Potè benissimo vedere, però, che aveva lanciato un occhiolino furtivo a Scarlett, facendola arrossire.
Fra saluti ed auguri, tutti presero direzioni differenti, e si allontanarono verso l'uscita del Binario, diretti a casa.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, tutti? Un po' di depressione per l'estate che lentamente se ne v-... *evita un ferro da stiro scagliatole contro*. Okay, no, ehm... ci sono ancora molti giorni di vaca-... *evita un letto a baldacchino*.
Okay, forse è meglio venire al capitolo. Come al solito - ma che vi aspettavate? - non sono troppo soddisfatta e spero che non risulti confusionario. Ci sono davvero un po' tutti: James e Lily, Sirius e Scarlett, Miley e John, i Serpeverde, le sorelle Banks, i Malandrini... insomma, un ritorno a casa piuttosto pieno.
Abbiamo finalmente scoperto cosa facevano i Serpeverde al settimo piano, ma riparleremo di loro. E... cosa dire?
Non mi viene in mente nulla, perdonatemi. Se ci fosse qualcosa di poco chiaro, non esitate a chiedere.
Prima dei ringraziamenti, voglio postarvi qualche immagine della mia Dorea Black in Potter, ovvero Sally Field: 
http://oi50.tinypic.com/11rgk6v.jpg
http://oi47.tinypic.com/ajm0cg.jpg... e qui è con il nostro James perché hanno recitato insieme in The Amazing Spiderman: http://oi50.tinypic.com/333z4t1.jpg.
Detto questo, passo ai ringraziamenti. Okay, dopo aver superato le trenta recensioni al capitolo 19, penso sempre che non ci arriverò mai di nuovo. E invece... voi vi siete superati sia nel capitolo precedente che in questo.
Non so cosa dire. I vostri complimenti sono incredibili, mi fanno commuovere, e le vostre recensioni sempre sincere, sempre nuove, sono la gioia più grande. Ringrazio quindi con tutto il mio cuore le TRENTASEI persone che mi hanno scritto. Non so cosa dire.
E i 127 delle preferite, i 35 delle ricordate e i 175 delle seguite! Grazie! E, non so se vi rendete conto, ma anche tutte le visite sono moltissime... al primo capitolo abbiamo superato i 5000! Grazie di tutto cuore, davvero!
Adesso mi dileguo. Devo ancora rispondere a due meravigliose recensioni, sono sempre in ritardo... un bacione e grazie a tutti!


Simona_Lupin

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Capitolo 22
*** In famiglia ***






Capitolo 22

In famiglia




 
 
Lily aveva sempre adorato viaggiare in macchina. 
Quando non c'era Petunia, amava distendersi su tutti e tre i sedili posteriori, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo rivolto alle macchie di cielo visibili attraverso il finestrino. Amava persino le lievi scosse che facevano rimbalzare l'auto e che tutti quanti, solitamente, trovavano davvero fastidiose. Petunia si lamentava sempre dei dossi e delle strade scoscese e piene di ciottoli, ma Lily la zittiva e continuava ad osservare ammirata il paesaggio, isolandosi dalle chiacchiere fino a quando il padre non parcheggiava l'automobile all'ingresso di casa.
Erano anni, però, che Petunia non saltava in macchina con lei. Erano anni che Lily non aveva nessuno da zittire. Da anni, ormai, Petunia non c'era mai.
La sua mente era stata rivolta a lei per tutta la durata del viaggio e, proprio per questo, aveva risposto molto distrattamente alle domande dei genitori.
« Viaggiare in treno è stancante » aveva spiegato quando le avevano chiesto come mai fosse tanto taciturna, ma non era stata per nulla convincente.
L'idea di rivederla, ogni anno, in occasione delle vacanze natalizie o estive, la preoccupava e la rendeva pensierosa e cupa.
Sapeva bene che non era con un abbraccio che l'avrebbe accolta, ma piuttosto con un piatto: « Ciao » che sapeva sempre di distacco e mai di bentornato.
Non era mai venuta a prenderla insieme ai genitori sin dal secondo anno di Lily ad Hogwarts, quando era riuscita a farsi valere e a costringere i genitori a lasciarla in casa in compagnia dei vicini, amici fidati di famiglia. I loro incontri si erano fatti sempre più freddi, come se una distanza invalicabile impedisse ai loro corpi di sfiorarsi in un abbraccio o una semplice pacca sulla spalla, come se una forza incontrastabile non permettesse alle loro labbra di piegarsi in un sorriso caloroso, piuttosto che di semplice cortesia, e ai loro occhi di brillare di gioia intensa alla vista di una sorella mancata per mesi.
Lily si sentiva impotente di fronte a quella situazione, ma aveva imparato a non farsi toccare più di tanto dalla freddezza della sorella, a farsi scivolare le sue punzecchiature addosso senza darvi peso, come invece aveva fatto spesso da piccola. Non avrebbe permesso a Petunia di rovinarle anche quelle vacanze, ed era sinceramente stufa del suo comportamento immaturo. 
Qualcosa, però, le diceva che non sarebbe cambiato nulla neanche dopo decine di anni. Qualcosa le suggeriva che Petunia non avrebbe mai messo da parte il suo astio, e che il loro rapporto non sarebbe mai tornato ad essere quello di prima.
Quando l'automobile di Jack Evans si piantò con un sobbalzo su un quadrato di terreno privo di neve accanto al vialetto di casa, Lily si raddrizzò e aprì la portiera, balzando fuori con le gambe che formicolavano e la testa che pulsava lievemente.
Sua madre, Caroline, una donna di straordinaria bellezza dai lunghi capelli rossicci e dall'aria nobile, le poggiò una mano sulla spalla e la guidò verso l'entrata. La chiave scattò dentro la serratura finché la porta non si spalancò, rivelando un ingresso piuttosto piccolo che attraversarono nel giro di un paio di secondi. Varcando la porta frontale, si ritrovarono in un accogliente salotto dai toni scarlatti, presenti sia sulle pareti che sui divani e gli ampi tappeti.
Petunia stava leggendo un libro di cucina sulla poltrona accanto al camino e non sollevò lo sguardo quando entrarono.
I lunghi capelli di un biondo spento le ricadevano lungo le spalle, nascondendo il collo lungo e la faccia cavallina.
Lily le si avvicinò, cauta, e tentò un debole sorriso, mentre lei non la degnò d'uno sguardo.
« Ciao, Tunia » la salutò, arrotolandosi tra le dita una ciocca di capelli rosso scuro. « Come stai? »
« Ciao » fece lei in tutta risposta, senza neanche prendersi la briga di rispondere alla sua domanda.
Lily si mordicchiò il labbro e fece qualche passo indietro. La madre, appoggiata allo stipite della porta, osservava la scena con aria rammaricata, immobile.
« Porto di sopra il mio baule » le borbottò, il capo chino, avviandosi nuovamente verso l'ingresso per prenderlo.
« Tesoro, lascia fare a tuo padre, è molto pesante » rispose con gentilezza la donna.
Lei tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la bacchetta magica e gliela mostrò con un'occhiata eloquente. Caroline si battè la mano su una tempia, annuendo.
« Non è neanche arrivata, e già tira fuori quella cosa ».
La voce bassa e glaciale di Petunia giunse alle orecchie di Lily come da un'immensa distanza. Si voltò a guardarla, le sopracciglia unite in una riga sottile.
« Non sono neanche arrivata e già tiri fuori le tue frecciatine, direi » replicò con lo stesso tono duro.
La ragazza distolse finalmente lo sguardo dal libro, lo richiuse di scatto e lo abbandonò sulla federa spessa del divano. In un attimo la videro correre fuori, sulle scale, e la sentirono sbattersi alle spalle la porta della sua camera. Al suono di quel feroce schianto, Lily trasalì e fissò il pavimento.
« Tesoro... » tentò la madre, titubante, protendendo verso di lei una mano per rassicurarla, ma lei la scansò, e senza una parola sollevò con un tocco di bacchetta il baule e salì pesantemente le scale, premurandosi di chiudere anche lei la porta della propria camera da letto.
Non c'era nulla di speciale in quella stanza. Una carta da parati color giallo tenue ricopriva le pareti prive di ornamenti, mentre il comodino accanto al letto, seppur piccolo, era pieno zeppo di oggetti. Vi era poggiato un piccolo lume basso e tondo, un libriccino dall'aria malandata, una boccetta di profumo alla lavanda, un minuscolo portagioie in argento decorato e, al centro, una vasta cornice spessa che racchiudeva una fotografia magica. 
L'immagine ritraeva Lily insieme alle amiche, e tutte agitavano la mano sorridendo. Mary si stava esibendo in una boccaccia storta, Scarlett teneva stretta Lily per la vita, Alice aveva indice e medio sollevati in segno di vittoria, mentre Emmeline si sistemava i capelli con una falsa aria snob. Sulla cornice tutte e quattro avevano scritto qualcosa. La grafia sottile e allungata di Emmeline si riconosceva immediatamente in alto a destra. Aveva scritto: Lily, sarai sempre la nostra rossa preferita. Mary, con i suoi soliti scarabocchi disordinati, aveva scribacchiato: stronza, sono venuta malissimo, ma aveva disegnato un piccolo cuore accanto. Alice, invece, aveva lasciato un messaggio a lettere tondeggianti che recitava: sei nel nostro cuore, tesoro. Scarlett, infine, con la sua grafia difficilmente decifrabile ma assai particolare, aveva scritto: siamo le più fighe, Rossa. Ti voglio bene.
Lily adorava quella foto. Sorrideva sempre riguardandola, e avrebbe voluto averla ogni momento con sé, come un conforto sotto la stoffa della giacca.
Abbandonò il baule sul pavimento e lo spalancò, borbottando un incantesimo in modo tale che tutti i suoi vestiti prendessero a svolazzare per la stanza e a posizionarsi nella loro postazione. Si gettò sul letto senza neanche sfilarsi dai piedi le ballerine di cuoio e sospirò, fissando il soffitto biancastro.
Avrebbe dovuto prepararsi a un Natale terribile, come tutti i precedenti. Silenzio glaciale a tavola, sguardi tesi tra i suoi genitori, aria di festa completamente assente. Un Natale che non somigliava affatto a quelli vissuti da bambina, quando la magia non era altro che un sogno racchiuso nelle favole invece che una semplice realtà, quando lei e Petunia si scambiavano ancora i regali ai piedi dell'albero di Natale e strappavano via gli incarti con foga, quando i tappeti di neve sul viottolo di casa rappresentavano un terreno di gioco invece che di solitudine. Non si sentiva pronta a vivere un Natale in famiglia da ben sei anni, eppure avrebbe dovuto affrontarlo. Fortunatamente, almeno, avrebbe avuto il conforto dei suoi genitori, che l'avevano sempre sostenuta e appoggiata.
A quel pensiero, decise di rialzarsi e scendere nuovamente da loro in salotto. Ripercorse la scalinata e vide che anche suo padre era rientrato.
Era tutto intento a chiacchierare con la moglie, ma non appena avvertì il suono dei suoi passi, si voltò e fece un gran sorriso.
Sul suo volto cordiale spiccavano occhi verde smeraldo, straordinariamente simili a quelli della figlia, che ricambiò il sorriso.
« Tutto bene, Lily? » le chiese, scrutandola con attenzione.
Lei annuì, cercando di apparire convincente, e si raggomitolò sul divano insieme ai genitori.
« Allora » esordì, guardando entrambi con un sorriso, « cosa avete fatto in questi tre mesi? Vi sono mancata almeno un po'? »
« Certo che sì! » chiocciò la madre, affettuosa. « Ma noi non abbiamo niente di speciale da raccontare... tu, piuttosto, come va la tua vita da Caposcuola? »
Lei scrollò le spalle, accocolandosi meglio sul braccio del padre. « Sorprendentemente bene, direi » rispose, annuendo. « James si sta dimostrando un ottimo compagno di lavoro, sapete. Non mi trovo affatto male insieme a lui ».
Caroline sbarrò gli occhi, colta alla sprovvista. « Dici sul serio? » le domandò, incredula. « E... oh, ma santo cielo, da quando lo chiami James? »
« E' vero » convenne il marito, altrettanto stupito dall'inattesa rivelazione. « Non era quel montato di Potter, fino a poco tempo fa? Devo preoccuparmi? »
Lei ridacchiò divertita e scosse il capo. Un mucchio di volte, in vita sua, era esplosa in valanghe di critiche e infiniti sproloqui sul comportamento immaturo di Potter, sul suo ego smisurato, sul suo essere insopportabile, sui suoi capelli ritti e del tutto privi di senso, sui suoi ghigni, sui suoi scherzi, sulla sua perenne maleducazione nei confronti di chiunque... ecco perché i genitori parevano così sconvolti. Ne avevano tutte le ragioni.
« Beh » disse, piuttosto vaga, « diciamo che... i nostri rapporti non sono più quelli di una volta. Le cose sono cambiate tra di noi. Sono cambiate parecchio ».
Jack e Caroline si scambiarono uno sguardo perplesso, ma non insistettero oltre sull'argomento e si ripresero.
« E le tue amiche come stanno? » chiese lei, ritrovando il sorriso. « Mi manca vederle, quest'estate non hanno neanche fatto un salto qui ».
« Stanno bene, mamma » rispose Lily. « Ti mandano i loro saluti ».
« E il professor Silente, invece? » domandò Jack a voce bassa, interessato.
La ragazza sorrise. Sapeva bene che il padre nutriva una grande ammirazione verso il mago, come fosse un mito da idolatrare, e anche se non lo aveva mai visto di persona ma solo nell'immagine delle figurine delle Cioccorane, non mancava mai di chiedere di lui alla figlia, che gli aveva raccontato delle sue straordinarie gesta, della sua intelligenza assolutamente fuori dal comune e anche, inevitabilmente, della sua nota vena un po' folle.
« Capita spesso di non vederlo ad Hogwarts » rispose, riflettendoci su. « Pensiamo che si occupi di missioni per l'O-... voglio dire, di... faccende della scuola o... o del Ministero, con cui ha frequenti contatti... credo » borbottò, evasiva.
Calò un profondo silenzio, durante il quale Lily si mise diritta contro lo schienale del divano e si circondò le gambe raggomitolate con le braccia.
« Tesoro ». La voce di sua madre pareva fin troppo comprensiva, e non si voltò a guardarla. « Per quanto riguarda Petunia... io... io so che è difficile, d'accordo? Ma tu devi avere pazienza. Continuo a sperare che prima o poi cambierà idea sul tuo dono, ne sono certa ».
« Non cambierà idea, mamma » replicò dura Lily, senza riuscire a trattenere una traccia di rabbia nella voce. « E' da più di sei anni che questa storia va avanti, da mille Natali che discutiamo di questo. Anch'io ci speravo » mormorò, avvicinando le gambe al petto e nascondendovi il volto. « Ma comincio a non crederci più ».
Avvertì la sua mano calda poggiarsi sulla spalla e stringerla. Avrebbe tanto voluto che quel calore si impadronisse di lei, ma non pareva così potente.
« Non dare tutto per scontato, Lily » le disse, rassicurante. « So che Tunia ti vuole molto bene. Lo so per certo ».
Lei sollevò le spalle. « Me lo dirai la prossima estate e ogni giorno e sempre, mamma » ribattè. « E non sarà mai vero ».
Caroline la strinse in un abbraccio, sotto lo sguardo cupo del marito che pareva senza parole.
« Quello che voglio che tu sappia » proseguì la donna sottovoce, passando le dita fra i suoi capelli di fiamma, « è che, malgrado tutto quello che può pensare Petunia, noi siamo molto fieri di quello che sei... una strega piena di talento e una figlia meravigliosa. Credimi, tesoro ».
Si strinse più forte al petto della madre, senza dire nulla, poi riemerse e si alzò di scatto. Non riusciva a rimanere lì un attimo di più.
« Torno di sopra » borbottò, sistemandosi i capelli su una spalla e poi sull'altra, e si allontanò di fretta, diretta nuovamente alla sua camera.
Non sopportava l'idea di rimanere lì ad ascoltare quelle parole, di venire delusa ancora. Non sopportava nulla in quel momento e desiderava solo stare da sola, per capire se voleva credere ancora o lasciare andare ogni speranza. Speranze ormai andate in fumo.
 
 
*  *  *
 
 
« Mamma, ci prepari la cioccolata? Ho una fame da lupi ».
« Sì, mamma, anch'io ho un certo languorino... su, dai, preparala ».
« Ragazze, è quasi mezzanotte... vi farà male. Da quando siete tornate avete già svuotato una confezione mega di Cioccalderoni e vi siete ingozzate di Topoghiacci e Rospi alla Menta come dei maschiacci ingordi. Per la barba di Merlino, contenetevi un po' ».
Scarlett e Miley sbuffarono forte in contemporanea, sprofondando ancor di più sul divano del salotto.
« Mamma, andiamo » si lagnò Miley, scocciata. « Il cioccolato non ha mai fatto male a nessuno a memoria d'uomo. Preparaci quella dannata cosa ».
Charlotte, che solitamente manteneva un'espressione distesa e dolce, fissò la figlia a braccia conserte.
« Non la ascoltare » fece Scarlett, agitando una mano a mezz'aria. « E' sempre più maleducata. Però, dai, mamma, non ci farà niente, su! Siamo appena tornate e la tua cioccolata ci è mancata tantissimo... concluderemmo in bellezza una splendida serata ».
Intrecciò le mani come in preghiera, sbattendo rapidamente le palpebre, e alla fine la donna, esasperata, sospirò e si diresse verso la cucina, borbottando.
Le sorelle si batterono un cinque, il trionfo dipinto sui loro volti compiaciuti, e la seguirono trotterellando.
A casa Banks si era consumata un'allegra cenetta fra donne, in attesa del ritorno ormai imminente di Richard dall'Australia.
Scarlett e Miley avevano ingannato il tempo giocando a Scacchi Magici sul tavolo da cucina mentre la madre dava una ripulita al piano da lavoro, e poi si erano tuffate insieme a lei sull'ampio divano sfondato del salotto, chiacchierando sulle ultime novità e sui loro primi tre mesi passati ad Hogwarts.
« Quando arriva papà? » domandò Miley per quella che doveva essere la centocinquantesima volta.
« Tesoro, dovrebbero mancare pochi minuti » rispose paziente sua madre, gettandole un'occhiata mentre trafficava sui fornelli ben lustri. « Non stressarmi, me lo chiedi da quattro a ore a intervalli regolari ».
La ragazza sollevò le spalle e appiattì la guancia sul tavolo, distendendovi le braccia. « Chiederlo mi dà conforto » mugugnò.
A quelle parole, Scarlett sbuffò. La prendeva sempre in giro per il suo attaccamento ai genitori, ma lei non vi faceva caso.
Si rimise diritta sulla sedia solo quando la madre le porse una tazza di cioccolata densa e fumante e ne bevve un lungo sorso, scottandosi la lingua.
« Se non mi ha portato qualcosa dall'Australia non lo faccio entrare in casa » scherzò Scarlett, soffiando sulla sua tazza.
La sorella rise. « Io spero ancora che mi porti un cucciolo di canguro » sospirò, poggiando il mento sul palmo aperto della mano.
In quel momento, si sentì il rumore di una porta che scattava, e le due sobbalzarono sulla sedia e spiccarono una corsa verso l'entrata.
Richard Banks, un uomo alto e corpulento dai capelli lievemente brizzolati e ricciolini, si stava disfando del lungo mantello per riporlo sull'appendiabiti. Dava l'impressione di un padre austero e inflessibile, ma il sorriso affettuoso che si fece largo sul suo volto non appena vide le figlie corrergli incontro gli donò tutt'altra espressione. Gli occhi color marroncino e le guance ben pronunciate addolcivano immensamente i suoi tratti, e fu con uno sguardo amorevole che strinse tra le braccia le due ragazze festanti.
« Papà! » esclamarono in coro, allontanandosi per guardarlo meglio.
« Meraviglie! » fece lui, accarezzando dolcemente i volti di entrambe. « Mi siete mancate! »
« Come stai? » domandò Scarlett, sorridendogli. « Sembri stanchissimo ».
Lui scrollò le spalle, scoccò un bacio sulla guancia alla moglie e sorrise nuovamente. « Ho solo bisogno di dormire » rispose, tranquillo. « Ma non ancora! Adesso voglio stare un po' con le mie belle figlie... che ne dite, eh? »
Cinse le spalle delle due ragazze con le braccia e le condusse in salotto, sprofondando sul suo amato divano e sospirando pesantemente.
« Ho preparato la cioccolata, Richard » disse Charlotte amorevole. « Ne vuoi una tazza? »
« Grazie, tesoro » rispose gentilmente il marito.
La donna si affrettò verso la cucina, riemergendo poco dopo con un'altra tazza colma di cioccolata fumante. Gliela porse, poggiandogli le mani sulle spalle, poi si accomodò sulla poltrona, raggomitolandosi comodamente.
« Allora, papà? » lo incalzò Miley, stringendogli il braccio. « Com'è andato il viaggio? Ti sei divertito? »
Lui sorrise, scuotendo il capo. « Non è stata esattamente una vacanza » disse, distendendo le gambe. « Ma l'Australia è magnifica. Vi ci porterò ».
La ragazza diede in una festante esultanza, che si aggiunse a quella di Scarlett non appena il padre disse: « Vi ho comprato lì i regali di Natale ».
Quando entrambe si furono calmate, proseguì. 
« Allora, ditemi » esordì, « come sta andando la scuola? »
« Alla grande, padre » rispose prontamente Miley. « Mi sto riposando ».
A quelle parole, Richard scambiò una fugace occhiata con Charlotte, senza capire.
« Che significa "ti stai riposando"? » domandò, perplesso.
Lei diede in un profondo sospiro. « Beh » spiegò, « dopo la faticaccia dei G.U.F.O. dell'anno scorso... »
I genitori si guardarono nuovamente. Miley era riuscita a strappare un Accettabile in gran parte della materie ed era stata bocciata in Storia della Magia e Divinazione, riuscendo ad ottenere un Eccezionale in Pozioni e un Oltre Ogni Previsione in Babbanologia. Non esattamente la faticaccia di cui parlava.
« ... ho deciso che quest'anno mi servirà a recuperare le energie per i M.A.G.O. dell'anno prossimo » concluse, tranquilla. « Già al pensiero sto male ».
Il padre, spiazzato dalla serenità e dal candore con i quali la figlia aveva annunciato la sua pausa di riflessione dagli studi per quell'annata, decise di non ribattere.
« E tu, Scar? » chiese alla figlia maggiore, riprendendosi. « Come va con i M.A.G.O.? »
Lei sospirò stancamente. « Uno schifo » borbottò in tono tetro. « Ci caricano dal 2 di settembre. E' terribile, non abbiamo un attimo di tregua, soprattutto la McGranitt, Vitious e Lumacorno ci sommergono di temi, esercizi e robe varie. E poi, mai come quest'anno mi sono pentita di aver scelto Antiche Rune come materia opzionale ».
« Oh, tesoro, ti capisco » intervenne Charlotte, comprensiva. « Anche per me era un tormento ».
« Eh sì, l'ultimo anno è duro » convenne Richard. « Ma non stressarti troppo, tesoro, e goditelo, perché Hogwarts ti mancherà ».
Lei annuì, pienamente d'accordo. « A proposito di questo » riprese, « sono venuti dei tizi per quella sorta di orientamento professionale avanzato... ovviamente lo sai, c'era mamma... ed è stato davvero interessante, papà, mi sono schiarita le idee ».
Lui annuì, compiaciuto. « Niente banca, allora? » domandò poi, rassegnato. « Nessuna delle due vuole seguire le orme del papà? »
« No » risposero loro in coro con aria dispettosa, ridacchiando sotto i baffi.
« Richard, sarebbe ora che la smettessi con questa storia della Gringott » intervenne Charlotte, alzando gli occhi al cielo. « Già mi ritrovo da sola quando le ragazze sono ad Hogwarts e tu viaggi qua e là per il mondo... non cercare di rubarmele ancora! »
L'uomo rise, sollevando le mani in segno di resa. Il suo desiderio che almeno una delle sue figlie intraprendesse la sua stessa carriera pareva decisamente destinato ad andare in fumo, e capì che era meglio arrendersi sin da subito di fronte all'evidenza dei fatti.
« Va bene, va bene » concesse infine. « Era una battuta, d'accordo? Bene » concluse, sconfitto ma sorridente.
I quattro sprofondarono in un momentaneo silenzio, poi Miley strattonò nuovamente il braccio del padre e lui si voltò a guardarla.
« Abbiamo perso la prima partita del Campionato, papà » racconto, picchiando la testa contro la sua spalla. « Facciamo schifo. Più schifo dei Pipistrelli di Ballycastle quattro stagioni fa, quando hanno vinto una partita su venti e solo perché i Cannoni di Chudley erano stati costretti a giocare con quel Cercatore di quattordici anni perché avevano avuto dieci infortuni ».
Il padre le accarezzò i capelli. Ogni anno era sempre la stessa storia. « Neanche quest'anno si è presentato qualcuno di decente? » chiese, comprensivo.
Lei scosse il capo con immensa tristezza e si spalmò un cuscino in piena faccia. « Il nostro Cercatore non acciufferebbe il Boccino neanche se gli si ficcasse dentro quelle orecchie da ottuso che si ritrova » raccontò, la voce alterata dal contatto con la stoffa spessa. « Il Portiere è un insulto vivente al Quidditch. Non si smuoverebbe da quell'anello sinistro neanche se gli lanciassero una di quelle bombe a mano babbane addosso. Non ho idea di che cosa abbia... sembra una malformazione al cervello che non lo fa schiodare da lì. Per non parlare della nuova Cacciatrice! Al secondo allenamento ha fatto due autogol, mentre alla partita non faceva che volare appiccicata a Dylan e commentare quello che le succedeva intorno! Lo distraeva, un Bolide mi stava ammazzando, se non ci fosse stato John ti saresti ritrovato senza la figlia migliore! »
Scarlett le tirò un cuscino in faccia, ma quello rimbalzò addosso all'altro che Miley si teneva ancora addosso e cadde a terra con un lieve tonfo.
« Mmm... mi dispiace molto, tesoro » commentò il padre. « Purtroppo, quando non si ha la stoffa c'è poco da fare. Però, qualche elemento valido c'è, no? Puntate su quello ».
« Gli unici salvabili sono Dylan e John, che sono davvero bravi, e Gary Reagan, l'altro Cacciatore... e, beh, io ovviamente » ribattè Miley, mesta. « Cosa mi consigli di fare? »
Richard pensò velocemente a qualche accorgimento da suggerire alla figlia, rispolverando le sue vecchie doti di Capitano e grande appassionato di Quidditch.
« Beh, intanto, se come mi dici i Battitori sono bravi, potresti farli esercitare molto sulla precisione, in modo da bloccare l'iniziativa degli avversari oltre che salvare la faccia a voi compagni » iniziò a spiegare lui, particolarmente partecipe. « E poi, visto che a quanto pare i centocinquanta punti del Boccino potete scordarveli » e subito Miley confermò, annuendo vigorosamente, « dovete necessariamente aumentare il numero di gol. Quindi tu e il tuo compagno Reagan potete allenarvi su passaggi corti e veloci per confondere gli avversari e cercare di segnare il più possibile ».
Miley assimilò pian piano le informazioni e alla fine annuì. « Grazie, papà » mormorò, accoccolandosi sulla sua spalla.
« Dai, però, non è giusto! » protestò Scarlett. « Papà, scusa, tu eri un Grifondoro, e lo rimarrai per sempre! Non puoi dare consigli ai Tassorosso, su! »
Richard rise e accarezzò il volto della figlia. « Ma voi non avete bisogno di consigli, tesoro. Vincerete la coppa senza problemi ».
« Papà! » saltò su Miley, guardandolo risentita. 
Lui rise più sonoramente e si voltò a guardarla. « Ammettilo, tesoro, senza Cercatore e senza Portiere è molto dura, non credi? Potete almeno non arrivare ultimi, ecco ».
La ragazza continuò a fissarlo senza ribattere, offesa, finché anche lei non si arrese all'evidenza e annuì, sconfitta, mentre il padre l'abbracciava nuovamente e lei si riappoggiava alla sua spalla.
« In conclusione, anche tu pensi che siamo perduti » fu la sua sepolcrale conclusione. « Hogwarts ci ricorderà come la squadra peggiore di sempre, quindi ricorderà me come il peggiore Capitano della storia, e come se non bastasse, a febbraio i Grifondoro ci faranno il cu-... »
« Miley! » la rimproverarono aspramente i genitori, indispettiti, e lei sbuffò contrariata.
« Il sedere, va bene? » sbottò con una smorfia. « Il deretano, il fondoschiena... le chiappe! Grifondoro ci farà le chiappe. Le chiappe oro e scarlatto ».
Scarlett scoppiò a ridere. « Puoi dirlo forte, sorella! » esclamò, rincarando la dose.
« Puoi dirlo forte, sorella » ripetè Miley, facendole il verso in tono infastidito.
« Sei solo invidiosa » commentò l'altra sprezzante. « Comunque, davvero papà, abbiamo messo su una squadra fantastica. E poi quest'anno per metà di noi è l'ultimo anno, quindi non possiamo fallire ».
« Già... Vincere l'ultima coppa ha un sapore speciale... » disse lui, ricordando il suo ultimo trionfo ad Hogwarts. « James va alla grande, quindi, come Capitano! Come sta quel tormento di figlioccio che mi ritrovo? »
Scarlett rise. « Sta benissimo, anzi mi ha chiesto di salutarti » rispose lei. « Quest'anno è in formissima, è una macchina da gol. Comunque anch'io alla prima partita mi sono superata, papà! Ho preso il Boccino dopo soli nove minuti! »
« Lo so, tesoro, l'ho letto nella tua lettera » rispose il padre, fiero. « Ma tu sei una campionessa, l'ho sempre detto » e le diede un bacio tra i capelli.
« Bene, miei tre campioni e campionesse, è ora di andare a letto, non credete? » fece Charlotte, alzandosi dalla poltrona. 
« Hai ragione, amore, sono stanchissimo » disse Richard, mettendosi anche lui in piedi. « Sei di turno in ospedale domani mattina? » chiese alla moglie.
« Sì » rispose la donna con un sospiro. « Ma tornerò per pranzo ».
« Tu, papà, resterai per tutte le vacanze? » domandò Miley, seguendo la sorella e i genitori verso la scala che portava al piano superiore.
« Fortunatamente sì, tesoro » fece il padre, sorridendo. « Per un po' resterò in Inghilterra. Se non ci saranno cambiamenti, il prossimo viaggio è previsto per fine febbraio ».
« Ah, che bella notizia! » festeggiò subito Charlotte, che per diversi periodi era costretta a restare da sola per gli impegni lavorativi del marito.
Lui la prese per la vita e la baciò sulla guancia. « Dovrai sopportarmi per due mesi interi, tesoro » 
Lei rise sommessamente. « Sai che lo faccio volentieri » rispose, lasciandosi abbracciare dal marito. 
« Ma come siamo romantici! » li prese in giro Scarlett, guardandoli dalla cima della scala. « Quanto amore, eh, Miley? »
« Già, sorella » convenne lei, sorridendo beffarda. « Sembrano due piccioncini, non trovi? »
La madre salì i pochi scalini che le mancavano per raggiungerle. « Smettetela, voi due » disse, dando loro dei buffetti sulle guance. « Proprio non capisco da dove provenga tutta questa acidità... »
Le prese a braccetto e si avvicinò alle porte delle loro camere, mentre Richard le salutava e si recava nella sua camera da letto.
« Non avete nulla da raccontarmi, signorine? » chiese loro con tono malizioso, d'un tratto curiosa. « Nessuno ha fatto breccia nel vostro cuore in questi tre mesi? »
Come ogni volta, la madre tentava di carpire da entrambe qualche gossip e di sapere qualcosa in più sulle loro vite sentimentali, ma, purtroppo per lei, si trovava di fronte un muro. Anzi, due. 
Le ragazze si scambiarono uno sguardo d'intesa e, nello stesso momento, risposero con un secco e perentorio: « No », sciogliendosi dalla sua stretta e dirigendosi verso le rispettive stanze. Lei le fissò con uno sguardo di sfida, e serrò le mani sui fianchi.
« Sì, certo, non dite niente a vostra madre, brave » commentò, mentre le due si scambiavano un cinque, « tanto lo scoprirò comunque, da sola ».
Scarlett e Miley scoppiarono a ridere. Non ci credevano neanche un po'.
« Buonanotte, mamma » disse Miley, ridendo ancora.
« E se ti viene in mente qualche nome su un nostro possibile fidanzato, scordatelo » aggiunse Scarlett. « Sicuramente lo avrai sognato ».
La madre, che ormai era scesa nuovamente al piano inferiore, rise. « Lo vedremo » rispose. « Ma è meglio per voi non sottovalutarmi ».
E dopo quella velata minaccia, le due si chiusero la porta delle loro camere alle spalle, senza smettere di ridere.
 
 
*  *  *
 
 
« ... e a quel punto, ho schivato tutti quei corvacci del malaugurio, ho lanciato la Pluffa verso l'anello più difficile, l'ho centrata e, oltre ad aver avuto modo di festeggiare da vero figo quale sono, sono anche riuscito a fare una pernacchia lunga quanto un acuto di Celestina Warbeck a quel deretano di Davies! Capito, mamma? Non hai un figlio grandioso? Eh? Mamma? MAMMA! »
James aveva sempre dedicato i primi momenti del proprio ritorno a casa per le vacanze natalizie al racconto delle epiche vicende che lo vedevano protagonista durante il primo periodo dell'anno scolastico. Malefatte, punizioni, scherzi... ma soprattutto quello: il Quidditch.
Quando sua madre Dorea, in passato Cacciatrice e Capitano della squadra di Serpeverde, infatti, gli domandava come fosse andata la prima partita del Campionato, giungeva immediata la fine più nera per tutti quelli che si ritrovavano a dover ascoltare la sua assai logorroica risposta.
Si lanciava in interminabili dissertazioni sulle sue magnifiche imprese sul campo, gonfiandole un po' per rendere la narrazione più piacevole e avvincente alle orecchie dei suoi ascoltatori, che, al contrario di ciò che ingenuamente credeva lui, trovavano la cosa decisamente esasperante. Non si limitava, quindi, alla semplice descrizione delle sorti del match, ma si sforzava, anche se con incredibile piacere, di entrare nei dettagli, non solo con tutti quanti i suoi strabilianti tiri, ma anche con le azioni dei compagni e degli avversari che registrava attraverso la cronaca di Sirius.
Il problema principale di tutta la questione, però, non era tanto il dover ascoltare i suoi pomposi racconti, visto che ad un certo punto tutti smettevano di farlo e pensavano ad altro, ma il desiderio di James di sentire dei commenti, o meglio, lodi e complimenti per le sue prestazioni da fuoriclasse.
Nessuno, ovviamente, si diceva mai disposto ad assolvere a quello spiacevole ed ingrato compito, e il tutto si concludeva solitamente con una sfuriata del ragazzo, che si sentiva profondamente incompreso e addirittura maltrattato, e che progettava fughe per allontanarsi da una famiglia che non lo apprezzava affatto, né per il suo talento immane in più e più campi, né per la perfezione che rasentava nel ruolo di figlio.
« Bravo, James » tagliò corto Dorea quella volta, piuttosto scocciata dal suo comportamento.
Lui attese, speranzoso, con la certezza che la sua amata madre avrebbe aggiunto qualcos'altro per gratificarlo, ma venne terribilmente deluso.
« Ramoso, continua a parlare di quelle fottutissime partite e appenderò le mie balle all'albero di Natale » fece Sirius con voce strascicata.
Dorea si voltò di scatto a fissarlo, gli occhi serrati che lampeggiavano e le braccia serrate all'altezza del petto, ben salde.
« Non provare mai più a utilizzare quel linguaggio scurrile, Sirius, o ti metto in punizione » lo rimproverò, severa e irremovibile.
Lui le rivolse un sorriso brillante. « Andiamo, Dory, non ho detto niente di sconvolgente » scherzò, per nulla turbato.
La donna serrò le labbra. « Bene, allora, se vuoi continuare a fare lo spavaldo, domani mi aiuterai a ripulire la casa » replicò, il tono della voce fermo mentre il sorriso scivolava via dal volto del ragazzo e gli altri due ridevano. « E non osare chiamarmi Dory, o ti assegnerò la pulizia del water tutti i giorni! »
Sirius sbuffò, mollando due gomitate fra le costole a James e Remus senza che lei se ne accorgesse, ma non aggiunse altro.
Quando finalmente furono arrivati all'ingresso di casa Potter, videro la porta principale spalancarsi senza che l'avessero sfiorata, e Charlus Potter apparire sulla soglia. Un enorme sorriso accogliente rendeva il suo volto gioviale e parecchio comico, e i capelli bianchi lievemente ritti sul capo lo facevano somigliare a un Babbo Natale senza la barba. Era basso e un po' grassoccio, e in quel momento indossava degli ampi pantaloni di lino bianco, un paio di sandali e un maglione spesso dal colore indefinibile. Per completare il tutto, si era allacciato intorno all'ampia vita un grembiule da cucina giallo sole.
« I miei figlioli! » ululò, piombandosi verso James e Sirius per stritolarli in un abbraccio soffocante. « Così belli... così alti, maledizione... e quello è Remus! » esclamò poi, allargando le braccia per far sì che il ragazzo prendesse parte all'abbraccio mentre Sirius tentava di fuggire via. « Come state? »
« Charlus, lasciali, James sta diventando blu » intervenne Dorea, scuotendo il capo. « Charlus ».
« Sì, tesoro » si affrettò a dire lui, lasciando andare i tre ragazzi, che tornarono pian piano a respirare. « Questo Natale ci divertiamo, ragazzoni! Ho comprato dei guanti Lancia Palle per tutti e la neve sarà presto alta più di me, quindi... » ma si zittì nel momento esatto in cui incrociò lo sguardo intimidatorio della moglie.
I tre ridacchiarono sotto i baffi, ma lui parve sinceramente mortificato e chinò il capo.
« Ma tu cosa ci fai qui? » domandò Dorea, squadrandolo. « Non credevo che saresti tornato prima delle dieci ».
L'uomo si ricompose e sorrise gioioso. « Mi sono liberato in fretta » rispose. « Sono stato tutto il tempo accanto alla porta ad aspettarvi, poi ho sentito le vostre voci e ho aperto la porta ».
James lo fissò, interdetto. « Sei rimasto accanto alla porta ad aspettarci? » ripetè, sconvolto. « Da quando sei arrivato? »
« Ma certo! » rispose immediatamente lui. « I miei ragazzoni... vi aspettavo con ansia! »
Il ragazzo continuò a fissarlo, ma non aggiunse altro e lo seguì dentro casa, chiudendosi la porta alle spalle e serrandola con un rapido tocco di bacchetta.
L'ingresso dell'abitazione era piuttosto ampio e davvero molto accogliente. Un larghissimo tappeto color miele era steso sul pavimento lustro, mentre accanto al lungo appendiabiti vi era un grazioso tavolinetto intarsiato coronato da un vaso di girasoli. Dalla parte opposta alla porta d'ingresso stava ben in vista una scala di un chiaro legno lucido simile al ciliegio, che portava a uno stretto corridoio a ferro di cavallo su cui si susseguivano le diverse camere.
I Malandrini attraversarono l'ingresso e si fiondarono in salotto, attraverso un arco sulla parete destra, gettandosi sul comodo divano color bordeaux e accendendo con un colpo di bacchetta il fuoco dentro il maestoso camino di mattoni che si parava loro di fronte.
« Ho fame » brontolò Sirius, tenendosi una mano sullo stomaco. « DOREA! » chiamò in un urlo. « DOREA, HO FAME! »
La donna apparve un attimo dopo sulla soglia della stanza, le mani sui fianchi. « Sono appena arrivata, Sirius, abbi pazienza » ribattè, piccata. « E togliti quelle maledette scarpe prima di salire sul mio divano. Lo stesso vale per te, signorino » aggiunse poi, rivolta a James. « Salite su a sistemare i bauli, datevi una ripulita e riscendete. Su, svelti » ordinò, facendo un cenno imperioso verso il piano di sopra e dirigendosi nuovamente in cucina.
James diede in un lunghissimo sbuffo esasperato e si rialzò di malavoglia, seguito dagli altri, verso la propria camera.
Dietro la porta socchiusa si apriva una stanza che faceva a pugni con il resto della casa. Le pareti scarlatte erano brillanti e balzavano immediatamente all'occhio, tappezzate da numerosissimi stendardi di Grifondoro e da poster della sua squadra del cuore, il Puddlemore United. 
Al centro della parete principale stava ben in vista una teca in vetro contenente la sua prima scopa, minuscola e malridotta, ma tenuta in alto come un trofeo, con tanto di didascalia che recitava: Questo cimelio nient'altro è che la prima scopa da corsa di James Charlus Potter, Cacciatore dal talento impareggiabile, Capitano di una squadra infallibile e figo da paura mentre vola (e non solo, fanciulle. Anche mentre è fermo, mentre dorme, mentre mangia... 'sempre' mi pare la parola più appropriata). Non toccare senza il permesso di suddetto figo. E, Sirius, se anche solo la sfiori dichiarati pure castrato.
Accanto all'enorme armadio sulla sinistra vi era una bacheca ricca di fotografie vecchie e nuove. Una piuttosto ingiallita vedeva quattro sorridenti ragazzi in primo piano: Sirius teneva un braccio intorno alla spalla di Remus e con la mano libera scompigliava i capelli corvini di James, che tendeva le mani speranzoso verso un lontano Peter con in mano i suoi tondi e preziosi occhiali. Era il loro secondo anno ad Hogwarts. 
In un'altra immagine un James di appena cinque anni giocava con Scarlett sul pavimento, mentre una minuscola Miley si divertiva a scagliare loro contro oggetti di vario genere.
Quella più in vista, però, era una foto piuttosto recente, che ritraeva i Malandrini al loro sesto anno: all'estrema sinistra c'era James, un'espressione ammiccante dipinta sul volto e un sopracciglio inarcato; al suo fianco, Sirius portava la cravatta di Grifondoro allacciata intorno al capo e strizzava l'occhio in direzione dell'obiettivo, mentre Remus, accanto, pareva reduce da una terribile luna piena e ne portava i segni; un sorridente Peter, infine, chiudeva in bellezza lo scatto, i capelli lievemente in disordine come a voler imitare quelli dell'amico.
Sulla scrivania erano sparpagliati rotoli di pergamena accartocciati, penne d'oca spezzate e libri impolverati, oltre a qualche incarto di caramella. Regnava il caos, visto che James aveva vietato categoricamente alla madre anche solo di sfiorare la maniglia della porta, però a lui la camera piaceva così com'era, stipata di oggetti e soffocante, forse, ma nel suo stile.
« Ho trovato una Cioccorana sotto il cuscino! » esclamò Sirius, portandola in alto come un trofeo. La scartò e se la ficcò in bocca per intero.
Gli amici lo fissarono. « Poteva anche essere lì da due anni » osservò ragionevolmente James in tono piatto, ma lui scrollò le spalle e la ingoiò, compiaciuto.
« Invece di mangiare rifiuti, Felpato, porta il tuo stramaledetto baule nella tua stramaledetta camera. Qui non c'è spazio » aggiunse il ragazzo.
Lui obbedì e varcò l'entrata della camera accanto a quella dell'amico. Un tempo era stata la stanza degli ospiti, ma era diventata sua non appena i Potter lo avevano accolto in casa. Non c'era nulla di speciale nell'arredamento semplice, ma anche lui aveva appeso un grande stendardo di Grifondoro sopra il letto. Un'enorme fotografia che ritraeva lui e James aggrappati l'uno all'altro per non essere sopraffatti dalle risate stava ben in mostra sulla parete bianca, accanto a un'altra immagine dei Malandrini, impegnati in una partita di Spara Schiocco in cui Remus stava miseramente perdendo e ad una più recente in cui lui e James, sotto lo sguardo divertito degli altri due, erano in procinto di gettare sulla schiena di un addormentato Frank un'abbondante dose di cioccolata bollente.
Gettò un'occhiata alle immagini e sorrise appena, poi lasciò cadere il baule a terra e lo aprì, cominciando a sistemare le proprie cose.
« Quella non me la ricordavo ».
La voce bassa e profonda di Remus arrivò alle sue orecchie e si voltò a guardarlo, un paio di mutande natalizie strette in mano, mentre nell'altra teneva un paio di vecchi jeans logori. Sorrise. Era fermo sulla soglia e osservava le tre fotografie che spiccavano sulla parete.
« Devo invitarti a entrare? » domandò, facendolo riscuotere.
« Oh, sì, sarebbe carino » scherzò lui, varcando la soglia e avvicinandosi. « Io sono l'ospite, no? Dovresti fare gli onori di casa ».
Sempre sorridendo in maniera vaga, si lasciò sprofondare sul letto e osservò l'amico che, con estrema cura, riponeva le proprie mutande in un ampio cassetto dell'armadio. Aveva un'aria strana, cupa, corrucciata, un'espressione che i Malandrini avevano imparato a conoscere. 
Sirius, per quanto potesse apparire sempre spensierato e con la mente rivolta solo a sciocchezze come il rimorchiare ragazze, le moto o il Quidditch, aveva sempre qualche tormento che non lo lasciava in pace e lo faceva rabbuiare nei momenti di solitudine, anche se si allontanava dagli amici solamente per sistemare il baule di scuola.
« Non sei più ospite tu di quanto non lo sia io » rispose, il volto nascosto dai lunghi capelli ondulati mentre era chino di fronte all'armadio.
E Remus, a quelle parole, capì al volo cosa non andava. Sospirò silenziosamente e si distese sul letto, senza smettere di guardarlo.
« Su dieci cose che dici, almeno sei o sette sono sempre sciocchezze, Sirius » buttò lì, sereno.
Lui gli gettò un'occhiata di sbieco. « Si dice stronzate, Lunastorta » gli fece notare, sorridendo appena per poi voltarsi di nuovo un attimo dopo.
« Ho tanto da imparare » fu la sua risposta.
Tacque qualche momento, riflettendo. « E' questo il problema? » domandò infine, sottovoce.
Inizialmente, Sirius non rispose, ma smise di fare qualsiasi cosa stesse facendo, lo sguardo immobile. Non aveva idea di cosa rispondere.
Era quello il problema, esattamente. Uno dei tanti, in realtà, ma per lui i problemi erano pane quotidiano sin dalla nascita.
Ogni volta che rientrava in quella casa, così accogliente e bella in ogni singolo e più impercettibile particolare, si sentiva felice. Abbracciare Dorea e Charlus, avvertire l'affetto nelle loro braccia che lo stringevano, nelle loro parole cariche di gioia, in quel figliolo che Charlus ripeteva sempre come un'ovvietà, era forse una delle cose più belle e speciali che avesse mai conosciuto. Eppure, immediatamente dopo, anche se non desiderata, arrivava sempre quella spiacevole stretta allo stomaco che gli ricordava costantemente l'unica vera certezza esistente: quella non era casa sua. E quella non era la sua vera famiglia.
Non poteva rispondere a quel figliolo con un papà, e non poteva sentirsi parte integrante di quelle mura, come invece accadeva a chi viveva in una casa davvero sua. E ad amplificare il tutto vi era quella realtà sempre più spaventosa e vicina che gli sussurrava notte e giorno che tutto stava per cambiare. Che tutto, forse, era cambiato già. Presto la scuola sarebbe finita, e avrebbe dovuto trovarsi un posto tutto suo. Un posto che non avrebbe potuto condividere con nessuno, perché sentiva che tutti avrebbero trovato la propria strada, mentre lui sarebbe rimasto indietro.
Era un periodo strano, quello, in cui tutto gli appariva gigantesco e orribile, persino e soprattutto dei sentimenti che chiunque altro avrebbe trovato fonte di gioia e rinascita, ma in cui lui non riusciva a trovare altro che insensatezza e dubbio. Era tutto instabile, tutto più nero di quanto non fosse mai stato, e sarebbe peggiorato, sì, lo sapeva... Sarebbe andato tutto in frantumi un'altra volta, di nuovo, come sempre.
« Sono io il problema, Remus » rispose, più brusco di quanto avrebbe voluto essere. « Sono sempre io il problema, un problema vivente ».
L'altro scosse lentamente il capo. « Il problema è che tu vedi problemi ovunque, Sirius, e non ti rilassi mai » replicò, con la sua solita, estrema calma e pacatezza. « Il problema è che non sei mai tranquillo e ti senti sempre fuori posto. Non ho mai capito perché ».
Sirius sbuffò stancamente e sbattè l'anta dell'armadio, rialzandosi di botto. Remus non battè ciglio, ma continuò a scrutarlo con aria cupa.
« I problemi ci sono, Remus! » sbottò, nervoso. « Non sono solo io che li vedo, spuntano fuori sempre, ovunque, e non riesco a tenere sotto controllo tutto quanto! Ed è normale che mi senta sempre a disagio, non credi? Questa non è casa mia, io non mi chiamo Potter e non faccio parte di questa famiglia! »
Aveva urlato senza rendersene conto, ma Remus, previdente, aveva lanciato un Muffliato sulla porta prima che si voltasse.
Si rimise diritto sul letto, i gomiti sulle ginocchia e le mani unite come in preghiera.
« Tu non vuoi vederla come casa tua » replicò a bassa voce. « Ma so che ti senti come se lo fosse, quando sei qui. Vuoi a tutti i costi ripeterti che questo posto non ti appartiene, ma sono certo che lo senti tuo. Non c'entra niente come ti chiami, Sirius. Scordatelo una volta per tutte. Credevo che l'essere Malandrini fosse questo, no? E' come se... come se avessimo tutti lo stesso cognome ».
Sirius lo fissò, per qualche attimo lievemente stordito e senza parole. In effetti, era quello il significato dei Malandrini.
« Scommetto che quando sei scappato di casa, non hai pensato neanche un istante a dove andare, perché lo sapevi già » riprese Remus, osservandolo. « Ed è stato James a chiederti di restare per tutto il resto del tempo. L'hai notato? Non sei stato tu a chiedere, ma lui ad offrirti tutto ».
E lui pensò che era vero. Quando si era sbattuto alle spalle la porta di Grimmauld Place, non aveva avuto dubbi sulla propria destinazione. E quando era arrivato sull'uscio di quella stessa casa e James aveva aperto la porta, soffocandolo in uno dei suoi soliti caldi abbracci, era stato lui a chiedergli di restare. In quel momento, si era sentito salvo, libero e felice.
« Dovrò comunque andare via, alla fine » mormorò, facendo scorrere le dita tra i capelli. « Sarà tutto diverso. E orribile » aggiunse.
« No ». Remus scosse il capo. « Diverso e orribile non sono la stessa cosa. Tutto cambierà, e lo sappiamo, ma c'è sempre qualcosa che resta. Sirius » disse poi, scrutandolo col capo inclinato, « credi davvero che possa arrivare un giorno, un qualsiasi momento, in cui noi quattro non ci saremo l'uno per l'altro? »
Sirius lo fissò. « Io... » balbettò, preso in contropiede. « Non... » Sospirò. « L'unica cosa che so è che cambia sempre tutto, alla fine, anche quello che non ti aspetti possa cambiare. Chi ti dice che andrà sempre tutto così, Remus? »
Si guardarono, le iridi color metallo di Sirius, così spente, che incontravano quelle ardenti di Remus.
« Tu » rispose lui. « E James, e Peter. Siete voi a farmelo credere. Me lo avete fatto capire cinque anni fa, quando vi ho raccontato che ero una bestia feroce e un emarginato sociale e mi avete semplicemente risposto che l'unica cosa che ero era un idiota... e me lo farete capire tra vent'anni, se mi reggerò ancora in piedi, ne sono sicuro ».
E ne era certo davvero. Credeva che la loro fosse una di quelle amicizie incrollabili e rare, che possedevano davvero un tocco di magia. Credeva che avrebbero potuto rimanere distanti anche per anni, ma al momento di rivedersi si sarebbero sentiti come se non fosse cambiato assolutamente nulla dall'ultima volta. Voleva davvero sperare che, se fossero sopravvissuti a quella guerra, anche dopo cinquant'anni, avrebbero continuato a chiamarsi Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso, come avevano iniziato a fare da quindicenni.
Ma Sirius sbuffò, scettico. « Schiatteremo tutti e andrà tutto a puttane, come succede sempre » sputò fuori.
Remus si passò una mano sul viso in un gesto stanco. « Piantala » mormorò, tornando a guardarlo. « Non sai neanche tu quel che dici, Sirius. Sei tu che mandi sempre tutto all'aria, solo perché non vuoi credere che ti possa capitare qualcosa di bello ».
« Esatto! » urlò lui, frustrato. « Sì, hai ragione, è così! Non ci credo! Perché questa è la realtà, Remus, e nella realtà tutte le persone cambiano e vanno via, nella realtà tutte le amicizie vanno sempre a farsi fottere e la gente muore, ogni santo giorno! E niente va bene, niente di niente! »
L'amico si alzò e gli si avvicinò, stringendogli forte le spalle così da costringerlo a guardarlo. Notò che respirava a fatica. Pareva esausto.
Quella era una delle rare volte in cui esplodeva e cominciava a urlare tutto ciò che gli attraversava la mente. Partiva da ciò che lo faceva star male e lo tormentava e alla fine si ritrovava a sbraitare di tutto, tutto ciò che gli faceva paura, perché Sirius Black di paura ne aveva, eccome.
« Nella realtà » gli disse Remus, « adesso, questa è casa tua, noi siamo la tua famiglia e ci uniremo all'Ordine della Fenice per combattere tutto questo schifo ».
Lo scrollò appena e lui prese un profondo respiro, annuendo lievemente ma tenendo lo sguardo piantato sul pavimento.
« Ma a parte tutte le cavolate che hai sparato » riprese lui, allentando la stretta senza però lasciarlo, « qual è il vero problema? »
Sirius pareva sfinito. Non aveva neanche dormito, ed era pallido, con i capelli neri che risaltavano intorno al suo volto.
« Il problema è che... » mormorò, guardando ovunque tranne che nella sua direzione. « Il problema è come mi sento, credo. In questo periodo... è tutto così strano, non capisco cosa mi succede e non lo sopporto... E ieri sera... ieri, io... è Scarlett il problema » disse infine, brusco. « Scarlett. Mi sta facendo impazzire... non ci sto capendo niente, Remus... »
Lui sorrise appena. Fece per parlare, ma in quel momento James aprì la porta della stanza e rimase fermo a fissarli. Indossava un accappatoio rosso scuro, e gocciolava copiosamente, i capelli scombinati anche da bagnati e il viso arrossato.
« Scusate » disse, leggermente stordito. « Stavate facendo una riunione malandrina senza di me o devo pensare che c'è una tresca tra voi due? »
Remus rise e persino Sirius si lasciò andare a un sorriso debole. Il primo lo lasciò andare e si allontanò appena.
« Quindi siete gay » dedusse James, annuendo. « Cavoli... potevate dirmelo. Adesso devo prendermi Peter, quindi? E' questa l'idea? Mmm... Codaliscia ha il suo fascino, non c'è ombra di dubbio... d'accordo, allora, glielo farò sapere ».
I due scoppiarono a ridere, poi lui disse: « Vado ad asciugarmi prima che mamma mi ficchi un mestolo in... okay, torno tra poco » e uscì di fretta.
Tornò una manciata di secondi dopo, un paio di mutande addosso e un pigiama di lana pesante stretto in mano, mentre nell'altra aveva un paio di pantofole imbottite e gonfie. I capelli gocciolavano ancora, così si gettò sul capo un asciugamano. Sembrava appena fuggito da un manicomio.
« Eccomi! » annunciò, spiccando il volo per atterrare comodamente sul letto e cominciando a rivestirsi per non congelare.
« Allora » riprese dopo un attimo. « Qual è il problema? Ditelo a James, e James lo risolve. Perché James può, ragazzi ».
« Gli effetti della sbronza... » sospirò Remus, alzando gli occhi al cielo. « Comunque, il problema è che il complessato del gruppo non sono io, ma il qui presente Sirius-Niente-Mi-Tocca-Black. Credo abbia qualcosa da dichiarare ai nostri microfoni. Lo lascio a te, amico ».
Sorrise. Sapeva che lasciarlo a James era la cosa migliore da fare. Uscì silenziosamente, richiudendosi la porta alle spalle.
Nella stanza calò il silenzio. James notò che qualcosa non andava in Sirius. Capì che non era il momento di scherzare e lo scrutò a lungo, profondamente.
« Cosa c'è che non va, Felpato? » domandò sottovoce. « Dimmi tutto ».
Lui esitò. Non sapeva bene se aveva voglia di buttare fuori tutto o continuare a convivere con quel tormento, sopportando in silenzio come faceva sempre, finché la preoccupazione non si attenuava o, cosa parecchio rara, non lo abbandonava completamente. Incrociò lo sguardo di James e si passò la lingua sulle labbra. Proprio guardando quegli occhi così familiari, alla fine, pensò che, maledizione, se non gettava fuori l'anima con lui, non avrebbe potuto farlo con nessun altro. Perché quando il suo migliore amico gli si piantava di fronte e lo esortava, anche in silenzio, a liberarsi di ciò che aveva dentro, era lì solo per lui. Solo per ascoltarlo, stargli vicino e provare a comprenderlo, a incoraggiarlo e nient'altro. Avrebbe potuto scatenarsi una guerra accanto a loro, e lui non si sarebbe mosso fin quando Sirius non si fosse calmato e non fosse riuscito a svuotarsi di ogni preoccupazione. Era sempre stato così.
« Non ti ho raccontato tutto di quel che è successo ieri sera, James » esordì, crollando sul pavimento.
« Ma dai » fece lui, sorridendo. « Mi sconvolgi, amico ».
Lui, suo malgrado, rise e fece un'altra lunga pausa. 
« Quando ho riaccompagnato Scarlett in Sala Comune » riprese infine, sospirando, « sono rimasto a farle compagnia. Lei aveva bisogno di essere rassicurata, di sentirsi protetta, dopo tutto quello che aveva passato, e... e io non ho avuto il coraggio di lasciarla lì e tornare alla festa ».
Tacque nuovamente, poi ricominciò a raccontare. « Ad un certo punto » disse, « lei ha tirato fuori il nome di Regulus e... non so come sia successo, in realtà... ma io ho cominciato a parlarle di lui, di... di mia madre, della mia famiglia e... insomma, le ho raccontato tutto ».
James lo guardò stupefatto mentre si sistemava i capelli sulla fronte. Sirius non aveva mai raccontato a nessuno del suo passato, esclusi i Malandrini. Il fatto che si fosse aperto con qualcun altro, con Scarlett, in particolar modo, era davvero sconvolgente, ma non disse nulla e lo lasciò continuare.
« Il fatto strano » proseguì lui, lo sguardo fisso in un punto imprecisato del pavimento di piastrelle color latte, « è che mi sono sentito pronto a raccontarle tutto. Il mio unico pensiero è stato... beh, insomma, credevo che fosse normale che lei sapesse. Non ho pensato neanche un momento di lasciar cadere l'argomento ».
Sollevò lo sguardo per incontrare nuovamente quello di James, come se lui potesse in qualche modo spiegargli il suo stesso comportamento, e lui lo osservò con il medesimo interesse. Quella notizia non faceva altro che confermare tutti i suoi sospetti.
« Non è così difficile, sai, Sirius? » gli disse, sorridendo appena, e lui lo fissò. « Scarlett è diventata importante per te » spiegò, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Per Sirius, però, era probabilmente una rivelazione scioccante.
Al contrario di ciò che l'amico pensava, invece, lui riflettè a lungo e mormorò tra sé e sé un flebile: « Lo so » che fece ampliare il sorriso di James. « Ma non è normale, James » proseguì, frustrato. « Non capisco cosa sia cambiato. Scarlett è sempre la stessa, no? E io... »
« Tu non sei sempre lo stesso, Sirius » concluse l'amico per lui, scuotendo il capo. « Questa mattina sei stato tu a capire di cosa aveva bisogno Scarlett, ieri sera sei stato tu ad andare da lei e a rimanerle vicino, sempre tu ad andarle incontro quando è scoppiata a piangere per quella stupida lezione di Legilimanzia. E hai smesso di uscire con tutte le ragazze idiote di quella lista, hai cominciato a prendertela con tutti quelli che le stanno intorno... Tyler, Walker, Davies, Dylan e tuo fratello... non capisci che è cambiato tutto? Non solo in te, ma nel vostro rapporto ».
Sirius lo fissò, completamente spiazzato da quella verità fino ad allora sconosciuta ai suoi occhi. Si sentiva davvero uno sciocco.
« Sei diventato geloso marcio, amico » proseguì James, sorridendo appena. « E hai perso interesse per qualsiasi cosa che non sia lei. Non so tu, ma io lo so di che si tratta. Sono soggiogato da questo genere di cosa da un bel po' ».
Scrollò le spalle, come se avesse appena dichiarato qualcosa di incontestabile. E in effetti aveva totalmente ragione.
« Ma io non sono come te » ribattè Sirius alla fine, ancora smarrito. « Tu sei un fottutissimo sentimentale, non io ».
Lui sbuffò e rise. « Non si tratta di essere fottutamente sentimentali o roba del genere » gli disse con sicurezza. « Quando succedono cose come questa, credimi, siamo tutti uguali. Insomma, voglio dire » fece, mettendosi più diritto sul letto, « quando siamo seduti in Sala Grande, dove guardi se non nella sua direzione? A lezione, mentre Remus prende appunti, chi è che fissi tutto il tempo se non lei? E quando non hai niente da fare, non ti metti a pensarci tutto il tempo, anche involontariamente? Non ti senti bene quando sei con lei? E' questo che succede, amico. E' così che funziona ».
Cadde il silenzio, durante il quale Sirius prese a riflettere su tutto quello che James gli aveva detto. Non trovava nulla da obiettare e si era ritrovato in tutti quelli che, a quanto pareva, lui credeva i sintomi dell'innamoramento. Forse era davvero inutile continuare a negare a se stesso la realtà, e se ne rese conto.
« Mi sento un idiota » borbottò alla fine, atono. « E' normale anche questo, guru dei sentimenti? »
Lui scoppiò a ridere e gli lanciò il cuscino addosso, ma Sirius riuscì ad evitarlo con un agile scatto.
« Sei tu quello strano, Felpato » gli disse James, ridendo ancora. « Non quello che ti succede ».
E lui, dopo un momento, si lasciò andare a un sorriso.
All'improvviso, la tonante voce di Charlus li raggiunse urlando: « TUTTI A TAVOLA! » e li fece sobbalzare.
Si scambiarono uno sguardo e uscirono dalla camera, chiedendosi dove si fosse cacciato Remus.
« LUNASTOOOOOOOOOORTA! » urlò James, che non aveva per niente voglia di mettersi a cercarlo.
Si sentirono parecchi tonfi provenire dal bagno e, dopo diverse imprecazioni sommesse, il ragazzo uscì trafelato.
« Cosa, che succede? » domandò frettolosamente. Si era infilato l'accappatoio al contrario.
James e Sirius scoppiarono a ridere. « Calmati, amico, è tutto okay » lo rassicurò il primo, che rideva ancora.
Il ragazzo gli lanciò uno sguardo rancoroso. Aveva praticamente rischiato di morire, ma certo, a lui non importava. Si richiuse la porta alle spalle e fuoriuscì nuovamente qualche momento dopo, vestito e apparentemente sano, così da seguire gli altri verso la cucina al piano di sotto.
Era piuttosto piccola, con le pareti dipinte di una leggera sfumatura verde foglia, ma molto ordinata e accogliente. Un tavolo rettangolare ornato di una tovaglia di lino bianco era piazzato al centro della stanza, e un delizioso profumo di zuppa invadeva la stanza. Dorea, proprio come l'amica Charlotte, era un'ottima cuoca.
« Vostro padre mi ha fatto perdere tempo » disse, sentendoli arrivare senza neanche voltarsi. Stava versando da una gran pentola in acciaio la densa zuppa dentro cinque piatti in porcellana. « Qualsiasi cosa tocchi, provoca danni di dimensioni abnormi ».
« Non è vero! » protestò Charlus, offeso. « Ho imparato a cucinare con nonna Abilene, sono un maestro! »
Si alzò da tavola mentre i ragazzi prendevano posto, ridendo, e si avvicinò alla moglie, facendo per aiutarla.
« Molla, Charlus, faccio da sola » lo bacchettò all'istante lei, assestandogli un lieve colpo d'anca. « Non metterti sempre in mezzo ».
Lui le rivolse un sorriso radioso. « Ma tesoro » mormorò, gentile, « volevo solo darti una mano. Durante i primi anni di matrimonio cucinavamo sempre insieme, ti ricordi? Ah, ci divertivamo... i fornelli potevano anche esplodere e noi non ce ne accorgevamo... oh, sì... »
« Charlus, per piacere! » sbottò la moglie, esasperata, gettando un'occhiata ai tre ragazzi che avevano preso a ridere più forte. « Non hai il minimo giudizio... scriteriato... sei come tuo figlio James... sempre a mettermi in imbarazzo... » farfugliò, le guance lievemente arrossate.
Per tutta risposta, il marito le circondò la vita con le braccia e le scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
« Charlus, ma che schifo! » fece Sirius, mentre il fratello applaudiva entusiasta. « Proprio di fronte a noi? Prima di cena? Andiamo, su! Remus si impressiona facilmente! » e si guadagnò una gomitata dell'amico tra le costole.
L'uomo ridacchiò allegramente. « Io amo mia moglie » annunciò poi rivolto al ragazzo, con la massima solennità. « E trentadue anni fa ho giurato su quell'altare che glielo avrei dimostrato ogni giorno della mia vita. Manterrò la mia promessa, fino alla fine dei miei giorni ».
E James esplose in un altro applauso, battendo sulla schiena del padre una poderosa pacca. « Questo è parlare, papà! » si congratulò, annuendo.
« Ti ringrazio, figliolo » rispose lui con sincerità. « Mi auguro che tu possa fare altrettanto con la tua bella Lily. A proposito, come va con lei? »
Sirius e Remus si scambiarono uno sguardo e, nello stesso istante, affondarono il volto fra le mani. Era di nuovo giunta la fine.
« Charlus » disse il primo in tono melodrammatico, « perché glielo hai chiesto? Dimmelo. Perché mai lo hai fatto? »
Ma lui non gli prestò ascolto e, mentre la moglie porgeva a tutti i loro piatti, si sporse verso il figlio e borbottò: « Raccontami tutto, ragazzone ».
Lui annuì, ingoiò una cucchiaiata di zuppa bollente e diede il via ai suoi racconti.
I genitori conoscevano ogni dettaglio del suo rapporto con Lily e di quel che provava per lei. Non aveva problemi a rivelare loro tutto quanto, anzi, sentiva il bisogno di aprirsi anche con loro per ricevere consigli, per avere comprensione e supporto.
« Le acque si stanno muovendo, papà » disse con ardore, ficcandosi nuovamente il cucchiaio in bocca. « Faffo paffi fa fifante ».
« Non parlare con la bocca piena, James » lo redarguì Dorea. « Spero che tu non faccia lo stesso di fronte a Lily, almeno ».
« Fefto fe no » rispose prontamente lui, mandando giù tutto. « Sono un gentiluomo, io! Davvero, mamma, dovresti essere fiera di come sono venuto su ».
Lei, suo malgrado, sorrise. « Lo sono, tesoro » rispose, in uno sprazzo di dolcezza. « Sai bene che lo sono ».
James parve illuminarsi e si allungò sul tavolo per abbracciarla. « Grazie, mamma » mormorò con immenso affetto, per poi tornare a sedersi sotto lo sguardo esasperato di Sirius. « Comunque, dicevo. Con Lily va molto meglio, sapete? Insomma, ci capita di litigare di brutto, ma poi ci passa... La prima ronda è stata fantastica. Abbiamo parlato un sacco, e lei è così... è così meravigliosa, sul serio... vorrei ascoltarla tutto il giorno, ma lei odia che io le stia tra i piedi, quindi, beh, magari evito di esprimere questo particolare sentimento. Quindi... nulla, stiamo bene. Alla festa di Lumacorno abbiamo ballato... per Godric, mi sentivo stordito, un vero coglio-... un vero cretino, già... e stamattina l'ho baciata! »
Charlus, per la foga di congratularsi, soffocò, e Remus si affrettò a riempirgli un calice d'acqua e a porgerglielo frettolosamente.
« Ah, grazie, mio caro ragazzo » fece l'uomo, tornando a respirare. « Ma cos'è che hai fatto? » tuonò poi, rivolto al figlio.
« L'ho baciata! » ripetè lui con allegria, mentre la madre lo fissava ad occhi sbarrati. « Sotto il vischio! Un bacio innocente, naturalmente... ma la tradizione dice che ci sposeremo! Capito, papà? Ci sposeremo! Te l'avevo detto che ci saremmo sposati! E tu devi vestirti elegante, HA! »
Scoppiò in una risata un filino troppo esaltata, e tutti lo fissarono.
« James, tesoro » intervenne Dorea, cauta, « perdonami, ma... Lily era... come dire... consensiente? »
La risata del ragazzo si spense nell'aria. « Beh » rispose, scrollando le spalle, « ovviamente no ».
La donna serrò le labbra e drizzò la schiena. Cattivissimo segno. « Come ti sei permesso, James? » lo rimproverò, indignata. « Prenderti gioco a tuo piacimento di una ragazza innocente! Dov'è finita la tua galanteria? Sei stato un vero screanzato! Le donne vanno rispettate, James! Io e Charlotte ci battiamo per questo da sempre! Insomma, come hai potuto approfittarti di lei? »
James si fece piccolo piccolo e fece cadere il cucchiaio, che tintinnò sonoramente a contatto con la porcellana lucente. « Io... » farfugliò. « Io... »
« Stiamo lavorando sulla sua impulsività » intervenne Remus in tono pratico e professionale. « Devo ammettere che fa progressi piuttosto velocemente, ma c'è ancora molto lavoro da fare. Ho bisogno di tempo, signora Potter, ma posso farcela. Ho molto a cuore questa faccenda, visto che anche Lily è mia amica ».
Dorea lo ascoltò interessata, e annuì. « Capisco » mormorò, sovrappensiero. « Sei molto generoso, caro, non deve essere semplice cercare di educare James. Io lo so bene. E' impulsivo e, quando ha degli sprazzi di estrema fiducia in se stesso, combina guai. Non si rende conto, ma è così ».
Remus annuì, totalmente d'accordo. « Il fatto è » disse, intrecciando le mani sotto il mento, « che se si impegna a fondo, riesce a compiere passi importanti in avanti, ma poi rovina tutto facendone mille indietro. E questo gioca a suo svantaggio, perché poi cerca di rimediare con le sue solite sciocchezze e la situazione precipita del tutto ».
Lo sguardo di James e Sirius andava dall'uno all'altra, affascinato. Pareva che stessero assistendo a un lancio di Pluffe infinito.
« Cavoli » bisbigliò quest'ultimo all'amico, « un dibattito tra mamme è interessante. Finalmente Lunastorta ha trovato qualcuno alla sua altezza ».
James annuì di rimando. « Già » rispose. « Almeno mi ha salvato dalla strigliata ».
Tornarono a fissare i due che discutevano e sorrisero. Quando ebbero finito di disquisire, James terminò la discussione.
« Dunque convolerò a nozze con Lily Evans! » esclamò, allargando le braccia come in attesa di un applauso che, naturalmente, non venne.
« E bravo il mio ragazzone innamorato! » si complimentò Charlus, fiero, scompigliandogli i capelli ancora umidi. « E tu, invece, Sirius? Come procede la tua vita sentimentale? Hai conosciuto qualche ragazzona capace di farti mettere la testa a posto? »
Sirius lo fissò, lievemente a disagio, e si affrettò a prendere un'altra cucchiaiata di zuppa per non essere costretto a rispondere. Sfortunatamente, però, si rese conto di averla finita un minuto prima, e pensò di essere seriamente nei pasticci.
« Sì, Sirius » fece James, dando man forte al padre, « come procede la tua vita sentimentale? L'hai trovata, la ragazzona per te? »
Lui gli rivolse un'occhiata intrisa del più puro disprezzo, ma l'amico si limitò a sorridere, compiaciuto, scambiando un cenno con Remus.
« Ehm... non procede » rispose, secco. « Mi sono... come dire... preso una pausa ».
« Non ti piace nessuna? » domandò interessato Charlus, scrutandolo con attenzione. « Seriamente, intendo? »
Sirius cominciò ad agitarsi e si passò una mano sulla nuca. « Non... » balbettò, in difficoltà. « Non proprio... cioè, sì, però... no. Non mi piace nessuna » concluse infine, tentando di apparire convincente. « Andiamo » aggiunse poi, riprendendosi e riacquistando una certa padronanza, « Charlus, ti sembro un tipo da relazione seria? Mi conosci... non fa per me. Sono uno spirito libero, io ».
Charlus ridacchiò sotto i baffi. « Puoi essere uno spirito libero anche con una ragazzona accanto » osservò saggiamente. « Vedrai, figliolo, un giorno riderai delle tue stesse parole ». Afferrò la brocca d'acqua e se ne versò un po' dentro il proprio calice. « Sai chi era proprio come te? » aggiunse dopo un po', sovrappensiero. « Richard Banks, il padre di Scarlett e Miley ».
A quel nome, Sirius soffocò, e James gli battè qualche pacca sulla schiena.
« Papà, ma che dici? » fece nel frattempo, rivolto al padre. « Zio Richard! E' la persona più diversa da Sirius che ci sia sulla terra ».
Lui scosse il capo con un sorrisetto. « Tu lo conosci come un uomo tutto d'un pezzo, distinto, in giacca e cravatta anche mentre dorme » scherzò, anche se era la verità, « ma a scuola era un'altra persona. Un vero latin lover, non puoi capire! A Hogwarts era il ragazzo più desiderato, con quei capelli ricciolini che tanto piacevano a tutte e quell'aria da bel tenebroso... e non si risparmiava in fatto di ragazze, per niente! »
James lo fissava ad occhi sgranati, sconvolto. Per tutta la vita, sin dalla nascita, si era abituato a un Richard piuttosto rigido, fermo sulle sue posizioni sempre e comunque, anche se molto affettuoso con le persone che gli stavano a cuore. Non riusciva a credere che in passato fosse stato così diverso.
« Partiva spedito, chiedeva di uscire alla ragazza prescelta, e lei accettava balbettando » continuò a raccontare Charlus, ormai preso dal suo stesso racconto. « Inoltre, era il Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, il Caposcuola... il ragazzo più popolare, senza ombra di dubbio! Ti ricordi, cara? » domandò, rivolto alla moglie, che annuì con entusiasmo.
« E' proprio vero » confermò lei, sorridendo. « Non si fermava mai. Era uno studente modello, un Portiere eccezionale e un vero rubacuori. Gli insegnanti lo adoravano, le studentesse impazzivano per lui e i ragazzi lo invidiavano immensamente. Si parlava molto spesso di lui... ma poi è arrivata Charlotte ».
« Esatto! » esclamò Charlus, annuendo freneticamente, e James fissò lo sguardo nuovamente su di lui, rapito. « Verso la fine del sesto anno, ha cominciato a punzecchiare Charlotte. Lei era una ragazza con la testa sulle spalle, sempre sui libri, sempre educata. I ragazzi erano l'ultimo dei suoi pensieri, non faceva che studiare tutto il giorno, perché già allora sognava di diventare Guaritrice al San Mungo. E poi era timidissima, arrossiva ad ogni complimento e si portava sempre una mano sulla bocca quando rideva » raccontò, la voce carica d'affetto, perso tra i ricordi. « Io ho capito che a Richard piaceva, perché ero il suo migliore amico e non riusciva a nascondermi niente, il ragazzone... così gli ho detto di mettersi la testa a posto. Inutile dire che non mi ha ascoltato ».
Lui e Dorea si scambiarono un sorriso. Ricordare i vecchi tempi era sempre un piacere.
« E allora? » incalzò James, scocciato dal breve silenzio. « Continua, papà! »
« Oh » fece lui, riprendendosi. « Sì, dicevo... continuava a comportarsi da sciocco con lei. Le lanciava battutine piene di doppi sensi, ma lei andava in confusione e scappava via quando possibile. L'anno successivo, però, l'ho visto piuttosto agguerrito. Ha cominciato ad andarle dietro seriamente, quasi non le lasciava un attimo di pace, e a lei in fondo piaceva molto, perché riusciva a distrarla e a divertirla. Già, Richard ci sapeva fare con le ragazze » ricordò, ridendo sottovoce. « Eppure, guardava Charlotte in maniera speciale. Un giorno si fece coraggio e le chiese di uscire, ma lei entrò così nel pallone che disse di no senza neanche pensarci. Per lui fu un duro colpo e, al contrario di te, figliolo, gettò subito la spugna ».
James parve profondamente deluso e scosso, come se non conoscesse la fine della storia e si stesse preoccupando seriamente per le sorti di quella storia d'amore appassionante. Gli fece cenno di continuare, ansioso di ascoltare il lieto fine, e Charlus proseguì col suo racconto.
« Dopo un po', però » disse, riempiendosi nuovamente il calice, « Charlotte si rese conto di aver commesso una sciocchezza, e accadde l'incredibile ».
Si interruppe, e fu Dorea a prendere la parola. Sorrideva ancora. « E' vero » convenne. « Lei, così timida e chiusa, si fece forza e gli andò incontro dopo una partita di Quidditch... non ricordo cosa fosse accaduto, ma fu lei a chiedergli di uscire ».
James trattenne il fiato, portandosi entrambe le mani alla bocca, meravigliato dall'inaspettato colpo di scena.
« E già » fece Charlus, ridendo della reazione del figlio. « E uscirono... la prima volta andò benissimo, Richard era al settimo cielo... e da quella volta in poi presero a darsi appuntamento in riva al lago per passeggiare e chiacchierare, passeggiare e chiacchierare... Trascorse un mucchio di tempo prima che si decidessero a mettersi insieme davvero. Charlotte aveva un po' timore di lui, paura, forse, che la stesse prendendo solo in giro... ma alla fine riuscì a lasciarsi andare e decise di fidarsi. E oggi, direi che fece proprio un'ottima scelta, viste le due belle ragazzone che sono venute fuori! »
Ridacchiò, mentre James picchiava la testa sullo schienale della sedia, borbottando: « Assurdo... » ripetutamente. « E come ha fatto a diventare così? Insomma, adesso sembra zia Charlotte quella rilassata e sicura di sé... mentre lui è... insomma, tutto il contrario di com'era prima ».
Il padre annuì più volte. « E' come se si fossero un po' scambiati i ruoli » rispose, riflettendo. « Adesso è lei che lo punzecchia, di tanto in tanto, e lui ad andare in confusione. Charlotte è diventata scherzosa ed elastica, mentre lui si è irrigidito come un palo. E poi è iperprotettivo, per Merlino... capisco che con due figlie femmine sia naturale, ma lui esagera un po'. Ma tanto non mi ascolta neanche adesso che siamo vecchi » concluse infine, sospirando. Poi, più serio, si rivolse a Sirius e aggiunse: « Morale della favola, mio caro ragazzone: mai pensare che uno sciupafemmine non possa innamorarsi. Se trovi la tua ragazzona, non hai scampo ».
« Non hai scampo » fecero eco James e Remus in coro, sorridendo con aria malandrina.
Sirius li fissò senza batter ciglio, ma per fortuna Charlus riprese a parlare.
« A proposito » disse, illuminandosi all'improvviso, « come stanno quelle ragazzone? »
« Scarlett e Miley? » domandò James, e il padre annuì. « Benissimo! E, proprio come me, diventano più belle ogni giorno che passa. Non è vero, Sirius, Remus? » chiese agli amici, subdolo. « Sono belle, non credete? Su, dite la vostra, il mio parere non conta, sono di parte! »
Entrambi alzarono gli occhi al cielo e non risposero, ma Charlus si fece curioso.
« Voi siete amici delle ragazzone? » s'informò, addentando una fetta di pane imburrato. « Scarlett è del vostro stesso anno, la conoscerete bene ».
James annuì con vigore. « Sirius la conosce molto bene » confermò, sempre più malvagio. « Vero, Sirius? E' del tuo stesso anno! »
« Sì » sbuffò lui, scocciato. « La conosco. Quest'anno abbiamo... come dire... allargato un po' la comitiva, quindi sì, siamo... siamo... amici » concluse con una smorfia. "Amici" era la peggior definizione esistente per il rapporto che legava lui e Scarlett, ma non gli era venuto in mente altro.
« Remus invece ha legato molto con Miley, ultimamente » proseguì beffardo James, battendo una pacca sulla schiena dell'amico. « Diglielo, amico mio! »
Lui scansò il suo braccio, infastidito. « Mi dà una mano in Pozioni » rispose, evasivo.
« Oh, ma certo! » esclamò Charlus. « Lei è un fenomeno in Pozioni! Anche Charlotte era eccezionale in quel campo... eh, già... »
Continuò a borbottare mentre Dorea serviva a tutti una generosa fetta di torta alla melassa e, quando finirono di cenare, si massaggiò lo stomaco.
« La mia bella moglie è la cuoca migliore del mondo » commentò con affetto, e lei gli battè una mano sulla spalla per ringraziarlo.
« Mamma, dammi il resto della torta! » saltò su James, la forchetta stretta in pugno come un'arma impropria.
Per tutta risposta, la madre agitò la bacchetta e la fece adagiare sul piano da cucina.
« Ne hai mangiate tre fette, James » rispose, secca. « Lo sai che il cacao ti fa star male. Una volta ho dovuto portarti con me in ospedale ».
Lui borbottò qualcosa di indistinto, infastidito, e incrociò le braccia al petto, offeso come un bambino di cinque anni.
« Dorea, a me invece ne dai un'altra fetta, vero? » fece Sirius, sorridendo angelico. « Sono denutrito, lo dici sempre anche tu ».
La donna ricambiò il sorriso. « A te sì, Sirius caro » disse, porgendogliela.
Gli occhi di James si dilatarono per la delusione, e il suo viso divenne così dolce che Dorea preferì voltargli le spalle.
« Lo faccio per te, tesoro » rispose, dispiaciuta. « Ho già parecchio da fare al San Mungo, risparmiami almeno un paziente ».
Lui annuì, intristito. « Va bene, mamma » mormorò, mentre Sirius mangiava felicemente la sua torta.
Gli mollò un potente colpo sulla nuca per vendicarsi dell'oltraggio subito, e lui rispose con un calcio ben assestato sugli stinchi. James non si lasciò sopraffare e lo colpì con un pugno sul braccio. Il litigio prese una brutta piega e si trasformò in una muta rissa improvvisata.
« RAGAZZI! » tuonò Dorea scandalizzata, prendendoli entrambi per la collottola e allontanandoli l'uno dall'altro. « Ma insomma, quanti anni avete? »
« Pochi » rispose mestamente Remus, scuotendo il capo. « Davvero troppo pochi ».
La donna annuì, fin troppo d'accordo, e li lasciò andare, uscendo dalla cucina con aria impettita e borbottando tra i denti parole indistinte.
Il marito si assicurò che fosse sparita al piano di sopra, poi scattò a sedere e si diresse verso il piano da cucina.
« Vieni, ragazzone » disse in tono concitato al figlio. « Non esagerare, però ».
James si armò di coltello e tagliò una sottilissima fetta di torta, duplicandola più di una volta con un rapido incantesimo per renderla di dimensioni accettabili, poi mangiò il più velocemente possibile.
« Grazie, papà » mormorò al padre. « Ci sono tracce di cioccolato? »
« Nessuna » lo tranquillizzò lui, annuendo come a dar conferma delle sue parole.
Uscirono dalla cucina insieme a Remus e Sirius, che ridevano, e si accomodarono in salotto, dove Charlus era solito bere un bicchierino prima di dormire.
« Dov'è il brandy, tesoro? » domandò alla moglie, ricercando fra i vari sportelli.
« L'ho nascosto » rispose lei, riemergendo dalle scale. « Chiedi a Sirius perché ».
Ma il ragazzo era fermo accanto all'entrata del salotto, fissando qualcosa che inizialmente gli era sfuggito.
« Cos'è quello? » domandò con voce sepolcrale indicando l'enorme albero di Natale all'angolo della stanza.
Dorea seguì il suo sguardo, poi tornò a fissare lui. « L'albero di Natale, Sirius caro » rispose con ovvietà.
« Ma... » balbettò lui, incredulo e profondamente addolorato. « Ma dovevo addobbarlo io! E' compito mio mettere le decorazioni! Perché non mi avete aspettato? »
« Io avrei voluto » rispose la donna, sinceramente dispiaciuta. « So quanto ti piace addobbare l'albero, ma Charlus non ha voluto aspettare ».
« Colpa mia, ragazzone » fece l'uomo, una mano sul petto. « Mi dispiace, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione ».
Questo non bastò a far calmare Sirius, che si lasciò cadere sulla poltrona libera, infuriato.
« Questo non avresti dovuto farmelo, Charlus » disse, più serio che mai. « E' un affronto a me, che sono l'addetto alle decorazioni, e al mio lavoro ».
Il padre parve affranto. « Devi perdonarmi, figliolo » lo pregò. « Domani avrò la giornata libera, fortunatamente, perciò butteremo giù tutto e potrai rifare tutto da solo. Sei contento? »
Lui bofonchiò qualcosa e sollevò le spalle, cercando di mostrare ancora un certo risentimento.
« D'accordo » disse infine, mantenendo comunque un tono distaccato e scivolando sulla poltrona alla ricerca di una posizione comoda.
Charlus ridacchiò divertito e si sporse per dargli uno scalpellotto sulla nuca.
« Hai lavorato molto ultimamente, papà? » domandò James dopo un po' con aria seria, raggomitolandosi sul divano.
Il padre annuì e bevve un sorso del brandy che la moglie gli porgeva, guardandola mentre prendeva posto accanto a lui e James sul divano.
« Come sempre, in questo periodo » rispose stancamente. « Non esiste lavoro extra, non esistono pagamenti speciali... ormai lavoriamo tutti notte e giorno e nessuno osa lamentarsi. Non so neanche come sia riuscito a liberarmi per domani. Potrebbero anche richiamarmi al lavoro e non fiaterei ».
Charlus, infatti, lavorava al dipartimento Auror al Ministero della Magia da quasi trentacinque anni. Anche per questo James aveva iniziato ad aspirare a quella carriera sin da piccolo, perché suo padre era sempre stato per lui un modello da seguire e i suoi racconti lo avevano sempre affascinato. Vedere la passione con cui Charlus affrontava il suo lavoro lo aveva inconsciamente spinto verso la stessa direzione e, giunto ormai al momento di decidere cosa fare da grande, era più convinto che mai a seguire le sue orme.
« E quell'impiegato dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia? Non è stato ancora ritrovato? » chiese ancora, curioso.
« No » rispose il padre, scuotendo il capo. « E' sparito più di un mese fa e... la verità è che non sappiamo che pesci prendere ».
Premette nuovamente le labbra sul vetro del suo calice e lo vuotò in un sorso.
« Al Ministero aleggia uno stato di confusione mai visto prima » proseguì in tono grave. « Il Ministro non si fa vedere, nessuno ha la minima idea di cosa fare e la gente continua a scomparirci sotto il naso, senza lasciare traccia... è un inferno. Perdipiù, nessuno sembra capace di prendere in mano le redini della situazione, men che meno il Ministro, che si ostina a voler fare tutto il contrario di quel che Silente suggerisce ».
Diede in un altro sospiro affaticato, e la moglie gli poggiò una mano sul ginocchio.
« Ma fammi capire » fece James, raddrizzandosi contro lo schienale del divano, « il Ministro non sa realmente cosa fare o vuole solo cercare di creare una sorta di pace apparente per non far sapere al mondo magico che cosa sta succedendo? »
Charlus soppesò la domanda per qualche secondo. « Beh » disse poi, « in realtà, un po' entrambe le cose. Da una parte, la situazione è veramente difficile e tenere tutto sotto controllo diventa davvero un'impresa. Dall'altra, però, non si può non notare che il Ministero abbia di fatto scelto una linea morbida, per così dire, preferendo mettere a tacere e tranquillizzare tutti piuttosto che informare e preparare il mondo magico a una possibile guerra ».
« In più, credo ci sia anche chi preferisce non vedere » intervenne Sirius, riflettendo. « Non a tutti piace l'idea di essere in pericolo ».
« Esatto » convenne subito Charlus. « L'atteggiamento generale è proprio questo. Negare, negare fino alla morte, visto che vivere nell'ignoranza è molto più comodo. E questo non può che fare gioco al Ministero ».
Tacquero qualche secondo, poi fu Remus a parlare.
« E all'interno del Dipartimento Auror com'è la situazione, invece? » domandò, cercando di capire. « Anche lì si tende a far finta di non sapere o c'è una maggiore consapevolezza? »
« Noi Auror ci siamo dentro fino al collo, Remus, è difficile far finta di niente » rispose, massaggiandosi le tempie. « E' tutta gente di esperienza, sanno tutti contro chi stiamo combattendo e quanto è grave la situazione attuale. Non ti nascondo che anche tra di noi, però, qualcuno fa lo gnorri e parla di "incidenti occasionali", "sparizioni misteriose" e "uccisioni isolate", ma è chiaro che è solo una copertura, sanno tutti bene chi c'è dietro. Uno dei più attivi in questo senso è Alastor Moody, il migliore dei nostri ».
« Ah, sì, Moody » intervenne James, annuendo ripetutamente. « E' venuto a scuola per l'orientamento professionale. Ricordo che me ne avevi parlato, ma non lo avevo mai visto di persona. E'... è davvero assurdo! »
Charlus sorrise. « Già » rispose, annuendo. « Il vecchio Alastor è tosto ».
« E si vede! » commentò Sirius, che ancora ricordava le numerose cicatrici che deformavano il suo volto, l'occhio roteante e la sua aria arcigna.
« Sì, beh, è un po' inquietante nell'aspetto » ammise l'uomo, mentre Dorea sorrideva, « ma sa il fatto suo ed è capace come nessuno. E' grazie alla sua guida che il nostro Dipartimento continua a funzionare anche in questo caos generale, per quanto possibile ».
Calò nuovamente il silenzio. Ognuno era perso nei propri pensieri.
« Sono tempi bui, ragazzi » riprese nuovamente Charlus, sollevando lo sguardo da terra. « Sono tempi molto, molto bui e duri, e il mondo magico si prepara a qualcosa di oscuro. Per questo vi consiglio di godervi appieno questi ultimi mesi di scuola » proseguì, guardando fisso negli occhi i tre ragazzi, « perché saranno gli ultimi in cui potrete vivere in totale gioia e spensieratezza ».
Loro annuirono lentamente, fin troppo consapevoli del fatto che Charlus avesse pienamente ragione, vista la loro scelta di unirsi all'Ordine della Fenice non appena fossero usciti da Hogwarts. Avevano fatto i conti con quella realtà, decidendo di affrontarla comunque, quindi gli avvertimenti appena ricevuti non erano altro che nuove conferme del mondo che li attendeva lì fuori di lì a poco.
« Ma ora basta con questi discorsi tristi! » saltò su Charlus, incapace di trattenere un sorriso per troppo tempo. « Proprio in questi momenti capisco che ho tutto quello che mi serve. Mia moglie è qui al mio fianco » e battè un colpo sulla gamba di Dorea, che sorrise radiosa, « i miei ragazzoni sono tornati » e qui guardò i figli e Remus con palese affetto, « e passeremo un felice Natale tutti insieme. Che posso volere di più? » 
Si alzò dal divano, pimpante e gioioso, e si rivolse al figlio.
« Avanti, James, da' un abbraccio al tuo vecchio, così vado a letto contento » gli disse, spalancando le braccia.
James scoppiò a ridere e si alzò per abbracciarlo.
« Bravo il mio figliolo! » fece il padre, felice. « Domani, mentre Sirius addobba l'albero, io, tu e Remus ce ne andiamo a fare un bel giretto a Diagon Alley, così io compro il regalo di Natale per tua madre e voi... »
« E no, Charlus! » lo interruppe subito Sirius, contrariato. « A Diagon Alley ci vengo anch'io, non fare storie! »
Lui scoppiò in una fragorosa risata e diede un colpetto sulla nuca al ragazzo.
« Ci sei cascato, ragazzone! » ribattè, divertito. « Ci andremo quando finirai con le tue cianfrusaglie natalizie, è ovvio! »
Anche lui rise, mentre Charlus si avvicinava alla porta, augurando la buonanotte ai ragazzi.
« Anch'io vado a dormire » disse Dorea, afferrando il bicchiere che il marito aveva lasciato sul tavolinetto. « Domani mattina sono di turno in ospedale, quindi finisco in cucina e corro a letto. Mi raccomando, non fate troppo tardi e niente baccano, intesi? »
James le si avvicinò e le cinse la vita con le braccia, scoccandole un dolce bacio sulla guancia.
« Promesso, mon amour » rispose, tenendola stretta.
Lei, per tutta risposta, gli diede un affettuoso buffetto sulla guancia.
« Buonanotte, ragazzi » disse, allontanandosi.
Loro ricambiarono il saluto, e Sirius azzardò un: « Buonanotte, Dory » che la fece voltare indispettita. I tre rimasero in salotto, rilassati, ma proprio mentre James si risistemava comodo sul divano, distendendosi in tutta la sua lunghezza, un urlo proveniente dalla cucina sferzò l'aria.
« JAMES CHARLUS POTTER, METTI DI NUOVO LE MANI SULLA MIA TORTA E A QUIDDITCH POTRAI GIOCARCI CON I PIEDI! »









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, tutti quanti? Procede bene la vita?
Bene, ecco il primo vero capitolo natalizio, piuttosto tranquillo, credo, ma spero non vi dispiaccia troppo.
Vediamo cosa c'è da spiegare. Mmm... allora, ovviamente torneremo presto sull'argomento Lily-Petunia. Come vedete, le cose vanno malissimo tra le due sorelle, una rottura davvero insanabile, come noi ben sappiamo. I signori Evans, però, amano Lily per ciò che è e le stanno vicini, com'è giusto che sia.
Poi c'è la parentesi Sirius-Tormentato-Black. Allora, non è stato un attacco di follia immotivato, ma una serie di emozioni accumulate e mai rivelate che lo hanno fatto scoppiare. E quando il mio Sirius scoppia, comincia a urlare cose del tutto prive di senso, ma che comunque pensa, e non si tiene nulla per sé, come invece fa praticamente ogni giorno della sua vita. Quindi gli incomprensibili sentimenti verso Scarlett, così inaspettati, la sua convinzione che quella casa non gli appartenga davvero, di non avere una famiglia, la paura che tutto finisca, con la guerra che divide anche le amicizie più solide... insomma, mille cose che lo turbano e lo rendono insofferente. Per fortuna, però, Remus e James riescono a calmarlo davvero e a schiarirgli le idee.
E poi, beh... ecco tutti i genitori. Spero vi piaccia come sono nella mia mente, ma ne parleremo meglio con l'avanzare del Natale.
Non so se avevo altro da dire, ma se ci fosse qualcosa di poco chiaro, come sempre, chiedetemi tutto ciò che vi passa per la testa.
Adesso cosa abbiamo? Oh, ecco un quadretto di tutti i genitori! 
http://oi50.tinypic.com/jg6vph.jpg. Avevamo detto che Charlotte era la madre di Nina Dobrev e che Sally Field era Dorea. Bene, Richard è Colin Firth, Charlus Dustin Hoffman, Jack David Duchovny, mentre Caroline Julianne Moore.

Detto questo, passo ai ringraziamenti! Oh, ma miseriaccia, vi rendete conto che siamo per raggiungere le 500 recensioni? E siamo solo al ventiduesimo capitolo! Stento a crederci! E non ho parole per ringraziare le ventisette meravigliose persone che mi hanno lasciato dei commenti... grazie infinite di cuore!
E un grazie enorme anche ai 133 delle preferite, ai 37 delle ricordate e ai 180 delle seguite... grazie mille!
Beh, adesso mi dileguo. Un bacio grande grande a tutti voi, vi abbraccio forte... grazie ancora!


Simona_Lupin

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Capitolo 23
*** Doni e liti sotto l'albero di Natale ***






Capitolo 23

Doni e liti sotto l'albero di Natale



 
 
 
« Ragazzoni, sveglia! Il gallo ha cantato più o meno sette ore fa e se non vi date una mossa a venir giù, sarà il vecchio Charlus ad aprire tutti i vostri pacchi! »
« Oh, Charlus, per l'amor del cielo, non fare il bambino! »
Era la mattina - si fa per dire - di Natale e James, Sirius e Remus sobbalzarono al suono della voce di Charlus amplificata per magia, imprecando sottovoce maledizioni di genere e natura vari e spalmandosi sulle facce da zombie i guanciali ancora caldi per pura disperazione. 
Decisamente, avrebbero preferito una sveglia.
La stanza di James pareva ancor più soffocante del solito, visto che ad occuparla erano ben tre letti. La notte stessa in cui erano arrivati, infatti, quando avevano deciso di continuare con le loro chiacchiere in camera piuttosto che in salotto, James aveva insistito perché dormissero tutti insieme. Avevano rischiato di provocare un baccano terribile trasportando il letto dalla camera di Sirius alla sua, ma alla fine l'operazione era andata in porto e, anche se lievemente stretti, erano riusciti a dormire tranquillamente, infischiandosene della disapprovazione di Dorea per quella sistemazione parecchio discutibile.
Erano passati ormai tre giorni dal loro arrivo a casa Potter e le vacanze procedevano per il meglio. I guanti Lancia Palle di Charlus si erano rivelati un acquisto formidabile e avevano giocato un pomeriggio intero sulla neve, rischiando di uccidersi o mutilarsi con l'inaudita potenza di ogni lancio fino a quando Dorea non era andata a riprenderli, costringendoli a rientrare in casa a suon di minacce che implicavano l'utilizzo di dolorose fatture.
Le compere a Diagon Alley, invece, erano state davvero divertenti. James aveva trascorso l'intera mattinata a rovistare fra gli scaffali di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch e aveva insistito per avere la divisa ufficiale del Puddlemore United di cui solo lui conosceva l'utilità. Il negoziante, con aria lievemente perplessa, gli aveva spiegato che le divise delle squadre professionali servivano solamente ad essere messe in vetrina e non potevano essere vendute. James era parso così deluso e infuriato che era uscito fuori dal negozio borbottando sottovoce commenti malevoli sul personale, sbattendosi la porta alle spalle e marciando verso Gambol & Jape: Scherzi da maghi con una tale furia da far pensare che ogni tratto di terreno lo avesse oltraggiato con un imperdonabile sgarbo. Fortunatamente, il vasto assortimento di scherzi del vecchio negozio lo aveva rallegrato, e quando alla fine si erano diretti da Florian Fortebraccio per prendere un gelato e congelare del tutto il suo umore era tornato ottimo come sempre.
Sirius aveva realizzato il suo desiderio più alto e aveva riaddobbato tutto quanto l'appartamento, canticchiando inni natalizi sempre nuovi per celebrare la sua persona che avevano irritato così tanto Dorea da indurla a minacciarlo con una grossa padella stretta in mano a mo' di arma. A Diagon Alley, inoltre, si era premurato di comperare cappelli da Babbo Natale per tutti e un paio di corna da renna per James, motivo per cui avevano litigato una buona mezz'ora.
Anche Remus si stava divertendo un mondo. La cioccolata calda di Dorea era così buona da farlo andare in estasi ogni volta che la assaggiava. Per fortuna, James e Sirius non si facevano problemi a chiederle costantemente di prepararla, così ne bevevano una tazza a tutte le ore del giorno. Una volta, però, Sirius aveva avuto la brillante idea di pianificare uno scherzo che prevedeva una Caccabomba liquefatta nella cioccolata degli amici. Aveva insistito affinché Dorea abbandonasse i fornelli affidandogli le ultime mescolate e aveva versato la cioccolata in tre tazze, mettendone da parte una per lui. A quel punto, aveva estratto la prima Caccabomba dalla grossa confezione che aveva acquistato a Diagon Alley per inserirla in una delle due tazze destinate a James e Remus, ma quella gli era sfuggita di mano ed era esplosa con un boato assordante, macchiando le pareti, il tavolo, il piano da cucina e tutto ciò che era presente in cucina, lui compreso. Quel colpo di genio gli aveva fatto guadagnare una punizione che sarebbe durata da quel giorno fino alla fine delle vacanze di Natale e che difficilmente avrebbe dimenticato.
Insomma, a parte qualche piccolo incidente, le vacanze proseguivano al meglio ed era finalmente giunto il tanto atteso giorno di Natale.
« Odio mio padre » mugugnò James, la voce ancora impastata di sonno mentre si districava tra le coperte con parecchie difficoltà.
Sirius grugnì in segno di approvazione, la testa affondata sotto il cuscino e le coperte che lo mummificavano.
« Dove sono i miei occhiali? » domandò l'altro, senza riuscire a trovarli sul comodino. « Sirius, andiamo, non puoi rubarmeli ogni mattina, e che Pluffe! Dammeli, dai, non fare il pulcioso » si lamentò, rituffandosi sul materasso in attesa che l'amico glieli porgesse.
« Non ricordo più dove li ho messi, mi dispia-... » rispose quello, soffocando il resto della frase in uno sbadiglio. « ... mi dispiace » concluse.
James lo colpì forte con il cuscino, ma lui non si mosse e aggiunse: « Te lo giuro, amico, non me lo ricordo ».
« TROVALI! » urlò James, che cominciava già ad essere nervoso a causa della vista troppo offuscata. « Non riesco neanche a vedere la porta! »
Lui riemerse dall'ammasso di coperte e se le avvolse intorno come un mantello, cominciando a perlustrare la stanza con aria depressa.
« Remus, tu sei sveglio? » domandò James al ragazzo che non vedeva, cercando di scorgere il suo letto, ma con scarsi risultati.
« No » borbottò lui di malavoglia in risposta, senza aggiungere altro.
Il ragazzo sbuffò e fece per parlare, quando un sonoro e sinistro crac raggiunse le sue orecchie, annunciandogli che i suoi occhiali erano stati distrutti per quella che, facendo due conti, doveva essere la trecentoventisettesima volta nella sua vita.
« SIRIUS! » sbraitò, frustrato.
« Calmati » fece quello di rimando, annoiato. « Sono un fottuto mago, idiota, te li riparo. Dammi la bacchetta ».
L'amico gli rivolse un'occhiata intrisa d'odio e gliela lanciò. « Se li riparo con la magia venticinque volte al giorno cominciano a non tornare più completamente a posto, lo sai questo tu, razza di cane che non sei altro? No, dico, lo sai? »
Sirius sospirò e li riparò con un colpo secco di bacchetta, restituendoglieli. « Sono perfetti » gli disse. « E se ti ostini a portare ancora questi occhiali da secchione e a romperli come rompi a me le balle non è colpa mia, d'accordo? » aggiunse, liberandosi del mantello di coperte e restando in mutande.
« Ti ammalerai, deficiente » arrivò la voce di Remus, severa.
« Ah, sei vivo allora » fece quello con noncuranza. « Nah, non c'è tutto questo freddo ».
« Devi vestirti comunque, salame » intervenne James, alzando gli occhi al cielo. « Dobbiamo scendere, ci sono i regali, e la mamma odia vederti camminare nudo per casa ».
Il ragazzo si rassegnò al suo dovere e si mise addosso qualcosa, per poi scendere frettolosamente giù per le scale insieme agli altri.
« Buongiorno, ragazzoni! » fu l'accogliente saluto di Charlus, che allargò le braccia non appena li vide.
« Buon Natale, direi io! » fece Sirius, afferrando un berretto da Babbo Natale ai piedi dell'albero e ficcandoselo in testa.
Il padre ridacchiò allegramente e li lasciò alla loro occupazione, abbandonando a balzelloni la cucina.
« Gran bel mucchio, quest'anno! » commentò James, osservando la moltitudine di regali intorno all'imponente albero di Natale.
Si sedette a terra e diede inizio all'apertura dei suoi doni, afferrandone uno a caso. Era di Scarlett. Lo scartò e si ritrovò fra le mani un enorme libro rettangolare dalla copertina rigida. Era la raccolta ufficiale della storia del Puddlemere United, con tanto di immagini, autografi e interviste ai giocatori che avevano lasciato il segno nel club. Aveva già visto quel cimelio al Ghiriogro pochi giorni prima, ma con suo sommo dolore, non aveva potuto acquistarlo, essendo rimasto a secco di galeoni dopo aver svaligiato mezza Diagon Alley. Si era ripromesso di ordinarlo al più presto, ma Scarlett era riuscita ad esaudire il suo desiderio in anticipo. Guardandolo e sfogliandolo, James quasi pianse di gioia.
« LA SPOSERO'! » urlò, portando il libro in trionfo con un ruggito. « SPOSERO' QUELLA DONNA, LO FARO'! »
Gli amici lo fissarono ad occhi sgranati, certi che il regalo fosse della sua amata Lily. In fondo, cosa avrebbe potuto compromettere quel matrimonio?
« Chi è che sposerai, ragazzone? » arrivò la voce di Charlus dalla cucina. « La tua Lily? »
« No! » fece lui di rimando, ancora colmo di quella feroce euforia. « Scarlett! La sposo, dico davvero! »
Sirius sbuffò, alzando gli occhi al cielo e afferrando anche lui un pacco destinato a lui. « Davvero, Ramoso » disse, « vaffa-... »
« Scherzo, idiota, lo so che è tua! » rise quello, gettandogli addosso la carta lucida che impacchettava il regalo.
Lui gli fece un gestaccio con la mano. Non gli andava bene proprio niente, ma a James poco importava. Avrebbe sposato Lily Evans.
« IO SPOSERO' QUELLA DONNA! » urlò all'improvviso Remus, facendo precipitare le mascelle dei due. « CIOCCOLATINI! UN SACCO DI CIOCCOLATINI! LA AMO! »
Sirius tossicchiò, apprestandosi a slegare il fiocco del pacco che aveva in mano.
« Tutto bene, Felpato? » fece James, sogghignando compiaciuto.
« Benissimo » replicò lui impassibile, rivolgendogli una smorfia, e si rimise al lavoro con quel fiocco.
« Comunque, Lunastorta » riprese l'altro, riflettendo, « credevo amassi sua sorella ».
Remus avvampò e il sorriso sparì dal suo volto. « Io... che cosa? » balbettò, imbarazzato. « E'... che cosa... stupido cervo... lei... io... »
« Tranquillo, Remus » lo rassicurò l'amico, battendo piano sulla sua spalla. « Tranquillo ».
« Oh, a proposito » intervenne Sirius con un ghigno che prometteva guai, « se ti sono piaciuti tanto i cioccolatini di Scarlett, scarta i miei ».
Il ragazzo gli lanciò un'occhiata prolungata e perforante, come se volesse penetrare la sua mente. Dopo un esame approfondito, che Sirius aveva passato senza batter ciglio, Remus si apprestò a scartare il suo regalo che si rivelò essere...
« Cioccolatini alcolici? » domandò esterrefatto. « Ma che cosa diavolo dovrebbe significare? »
Sirius rise e si scostò i capelli che gli ricadevano sugli occhi con uno scatto della testa. « Esattamente questo, santarellino » lo canzonò, annuendo. « Sono ripieni di tutta roba buona, amico, fidati e assaggiali » gli consigliò, prendendone uno lui stesso.
« Mmm » mormorò, estasiato. « Santo Ogden... il mio preferito ».
Rise dell'espressione corrucciata di Remus, e James con lui, rubandogli come l'amico un cioccolatino ripieno di Idromele.
Dopodiché, tornò a ricercare altri regali indirizzati a lui e ne trovò uno dalla carta rosso fiamma. Quando lesse il nome sul bigliettino, un sorriso incredulo gli si dipinse sul volto: Lily. 
Lily gli aveva comprato un dono, Lily aveva pensato a lui, in qualche modo. Era la prima volta che riceveva un suo regalo per Natale, visto che per tutti gli anni precedenti lui si era sempre premurato di farle un pensiero, attendendo invano che lei facesse lo stesso. 
Ma quell'anno era diverso, tutto stava cambiando, e il regalo di Lily ne era la prova.
Lo scartò con mani tremanti e rimase sbalordito da quel che conteneva: una macchina fotografica molto accessoriata, simile a quella di Alice.
Si affrettò ad estrarre il biglietto dalla piccola busta che lo conteneva e lesse ciò che la grafia ordinata di Lily aveva messo su carta.
 
Buon Natale, James!
Spero che il regalo ti piaccia. Non sarà proprio l'ultimo modello, ma almeno sarai libero di portarla ad Hogwarts senza problemi.
Non consumare tutto il rullino con gli autoscatti, però, lo so che sei sempre il solito megalomane narcisista.
Fai buone vacanze, Potter, e mandami almeno un gufo, altrimenti penserò che sei passato a miglior vita.
Un bacio (non montarti la testa).
 
Con affetto,
tua Lily.
 
James rilesse quelle quattro righe più di dieci volte, lo sguardo vacuo e qualche ciuffo disparato di capelli corvini sugli occhi. Non riusciva a credere a quel che leggeva. Non riusciva a credere a quel minuscolo 'tua Lily' che brillava sulla pergamena giallastra e attirava il suo sguardo con una potenza straordinaria. Erano le due parole più belle che avesse mai letto e pensò che avrebbe tenuto quel cartoncino sotto il guanciale per il resto della vita.
In quel momento, riuscì a percepire appieno l'aria di Natale, la fragranza della magia intorno a lui. Si sentì felice come un bambino.
« Amico, che ti succede? » domandò Sirius, scrutandolo. « Sembri illuminato da una luce divina. Fammi indovinare... Evans? »
Lui rise e annuì. « Evans » confermò, spostando con cura il pacco da un lato e conservando il biglietto in tasca.
« Che regalo grosso che ti ha fatto » osservò ancora l'altro, studiandolo. « Ha speso un patrimonio per te? Ti sta amando di brutto, fratello ».
James sbuffò, divertito, e cominciò a scartare gli altri pacchetti. Frank gli aveva regalato un set di scherzi di Zonko davvero magnifico, Peter una confezione mega di Api Frizzole, Alan un modellino della sua Comet, mentre Miley un libro intitolato...
« Cosa Fare Quando la Ragazza che ti Piace E' più Interessata al tuo Manico di Scopa che a Te? »
Sirius e Remus scoppiarono a ridere, rotolandosi sul pavimento, e James li fissò, ancora sotto shock per ciò che aveva appena letto.
« Ma io... io sono il più figo della scuola! » si lamentò, mentre le sue certezze si sgretolavano di fronte ai suoi occhi.
Gli amici non gli diedero retta, troppo impegnati a sconquassarsi dalle risate per pensare ad ascoltarlo. Il volume dei loro schiamazzi aumentò quando James, suo malgrado, cominciò a sfogliare il libro e a leggere, l'aria distrutta di chi ha perso tutto ciò che possedeva.
« Però, Remus, sveglia la tua ragazza! » commentò Sirius non appena si fu ripreso, tenendosi una mano sullo stomaco e raddrizzandosi.
Invece di arrossire, quella volta il ragazzo impallidì. « Non è la mia ragazza » ripetè con uno stanco sospiro.
L'amico fece un gesto con la mano a mezz'aria, come se fosse un dettaglio di poco conto. 
« Lo sarà... » borbottò James, ancora totalmente immerso nella lettura del primo capitolo.
« Invece di fare tanto gli spiritosi, aprite i miei regali » fece Remus, con un'aria compiaciuta che ai due non piacque affatto.
Si scambiarono uno sguardo interrogativo e ricercarono i pacchi a loro indirizzati da parte di Remus. Erano impacchettati allo stesso modo.
Quando li scartarono, videro che contenevano due piccole boccette di profumo. 
Sulle targhette vi era scritto: Le Parfum d'Amour - un solo spruzzo e la donna dei vostri sogni cadrà ai vostri piedi. Effetto garantito.
James e Sirius si guardarono, allibiti, senza riuscire a pronunciare neanche una parola. Remus li osservava con aria soddisfatta.
« Puoi... puoi spiegarci? » chiese Sirius con le sopracciglia inarcate. « Che cosa dovrebbe essere? »
« Beh » fece lui, sempre sogghignando, « vi ho visti un po' in difficoltà nel campo amoroso, ultimamente. Allora ho pensato che questo fosse il regalo perfetto. E' una sorta di variante del filtro d'amore, lo stanno brevettando. Eh, già... le parfum d'amour » sospirò. « Fatemi sapere se funziona ».
I due si scambiarono un secondo sguardo sbigottito. Lo sgomento si faceva prepotentemente largo sui loro volti.
« E' impazzito » suppose con evidente perplessità James. « Sì, dev'essere per forza così... povero, vecchio, saggio Lunastorta... »
« Amico » fece invece l'altro, rivolto a un Remus sempre più compiaciuto, « forse hai dimenticato chi siamo noi. Insomma, hai presente Potter e Black? Siamo i playboy più famosi nella storia di Hogwarts! Scriveranno volumi interi su di noi! »
Lui scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi, e li guardò con infinita compassione. « Siete scaduti peggio dello yogurt, amico » commentò amaramente. « Comunque, dai, era uno scherzo. Vi ho comprato dei veri regali e... oh, non provate quella robaccia, non funziona e non voglio avervi sulla coscienza ».
Loro lo fissarono per un momento, poi risero di cuore, mentre lui Appellava i due regali che sfrecciarono dalla camera di James e rimasero di fronte a lui a mezz'aria, finché lui non li ebbe afferrati e consegnati agli amici.
Sirius divenne l'immagine della felicità non appena scartò un libro che trattava di moto, altra sua grande passione, dalle più antiche agli ultimissimi modelli appena immessi sul mercato. James, invece, esultò con veemenza non appena ebbe scartato un nuovo set di Gobbiglie, suo desiderio da quando, l'estate precedente, Sirius gliele aveva buttate tutte fuori dalla finestra in seguito a una furiosa lite culminata in risse e vendette varie.
« Lunastorta è un mago dei regali » commentò Sirius con allegria. « Non ha fallito neanche quest'anno! »
Mise da parte il dono dell'amico e afferrò il regalo successivo con gioia, notando immediatamente la disordinata calligrafia di Scarlett sul biglietto. Fissò il suo nome per alcuni istanti, sorpreso, e per un attimo lo fulminò l'idea stupida che avesse sbagliato indirizzo, o che magari il gufo addetto alla consegna avesse ingerito alcool al posto di semplicissima acqua pura. Anche se lui le aveva spedito un regalo, non si era minimamente aspettato che lei ricambiasse, ma d'un tratto anche quel pensiero gli apparve incredibilmente sciocco. D'altro canto, malgrado non esistesse un termine adatto a definire il loro rapporto in quel momento, durante quei primi mesi di scuola si erano avvicinati molto, in maniera strana, curiosa, eppure bella, e forse poteva davvero cominciare ad aspettarsi qualcosa da quella ragazza che lo aveva così a lungo ignorato.
Sorridendo curioso, scartò il pacchetto e, non appena vi guardò dentro, rise. Non riusciva a crederci, eppure era molto in stile Scarlett. Non avrebbe davvero potuto desiderare regalo migliore.
« Mutande? » domandò James allibito, scoppiando a ridere un attimo dopo. « E quei disegni sono... bottiglie? »
« Sì! » esclamò Sirius, evidentemente realizzato. « Whisky, Ogden, Acquaviola, Burrobirra, Idromele, vino elfico... c'è tutto! »
Rise di nuovo. Era il dono perfetto, non c'era ombra di dubbio. Erano mutande, da sempre una delle sue più grandi passioni, decorate con disegni di bottiglie, altro suo intramontabile amore, e a comprarle era stata Scarlett Banks. Un connubio incredibilmente azzeccato.
Senza smettere di sorridere, aprì il bigliettino che aveva lasciato scivolare sul pavimento e lesse il suo messaggio.
 
Buon Natale, maniaco del Natale!
Spero che il mio regalo ti piaccia, mi è costato molto comprartelo, e di certo non parlo di denaro, ma di dignità. 
Per il caro Black, però, il playboy più sfigato di tutta Hogwarts (vedi Melanie Cartwright) è davvero il minimo. Con queste addosso farai faville, vedrai, e magari finalmente ti troverai una ragazza fissa che ami te e le tue mutande e non sarai più costretto a lasciare la gente in francese. 
Ripeto: sei stato orribile.
Beh, passa buone vacanze, non ubriacarti e non fare stronzate. Oh, già... dimenticavo che Babbo Natale non esiste.
Un bacio (casto, puro e del tutto immaginario),
 
S.B.
 
Dopo averlo riletto ben cinque volte, Sirius pensò che non avrebbe potuto aspettarsi nulla di più romantico e poetico dalla ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa che gli aveva donato un paio di mutande da alcolizzato. E pensò anche che quello era il più bel messaggio che avrebbe mai potuto ricevere e l'unico che Scarlett avrebbe mai potuto scrivere, con il suo solito tono canzonatorio, con la sua immancabile ironia sottile... firmato Scarlett Banks, in ogni singolo particolare. Lo conservò nella tasca dei pantaloni, sorridendo quasi senza rendersene conto.
« Non posso crederci ».
Si voltò e vide che Remus, accanto a lui, aveva un'aria sbalordita e fissava incredulo un libro dalla copertina rigida piuttosto grosso.
« Che succede? » chiesero lui e James in coro, scrutandolo per capire cosa non andasse, ma lui scosse il capo.
« Non posso crederci... » ripetè, poggiando lentamente il libro a terra con un lieve sorriso stordito. « E'... è il regalo di Miley » spiegò.
Gli amici si scambiarono uno sguardo perplesso, più confusi che mai. Un tale shock per un semplice regalo era esagerato, anche per Remus John Lupin.
« Che cosa c'è di tanto assurdo? » domandò James, cercando di riportare un briciolo di ragionevolezza alla conversazione.
Ma Remus scosse di nuovo la testa e il sorriso si ampliò quando guardò prima lui, poi l'altro ragazzo, entrambi preoccupati per la sua salute mentale.
« E' lo stesso romanzo che le ho regalato io » disse, ridendo. « Non è...? Insomma, è strano, non credete? »
I due si guardarono sornioni e risero. Ora era tutto chiaro.
« Ti sembra strano? » rispose Sirius con la massima naturalezza, sorprendendolo. « Si chiama feeling, amico. Semplicemente feeling ».
Lui fece una smorfia scettica e si dedicò invece al biglietto che lei aveva allegato al regalo. La sua grafia era minuscola e incomprensibile e di parola in parola cambiava spesso la forma delle lettere. Sorrise e cominciò a leggere.
 
Caro John,
buon Natale! Spero che ti abbiano riempito di cioccolatosi regali quest'anno e so che mi odierai per averti regalato un inutile libro.
Però, insomma, invece di ingoiare il mio regalo potrai tenerlo... se non lo ritieni una schifezza, certo. Mi sto impappinando.
Beh, ad ogni modo, questo romanzo mi ha fatto subito pensare a te e sapendo che, oltre ad essere un cioccolatomane, sei anche un erudito e colto bibliotecomane, ho pensato che ti sarebbe piaciuto. 
Mi ricorda quello di cui abbiamo parlato quella notte in Infermeria. Avevo promesso che ti avrei insegnato a credere nella bellezza di ogni anima, nella luce di ogni spirito, e spero davvero che questo libro ti convinca almeno un po'.
Fai buone vacanze e non ingozzarti troppo. Ti abbraccio forte.
 
Tua Miley.
 
Remus riguardò la sua firma per un po', sorridendo al pensiero di quel che Miley avrebbe fatto non appena avesse aperto il suo regalo. Quando fece per posarlo, però, notò che dentro l'incarto ve ne era un altro, più piccolo, e si affrettò ad estrarlo, improvvisamente curioso.
Il titolo recitava: Primi Passi per un Pozionista: Come Riuscire a Non Fare Esplodere il tuo Calderone. Una piccola dicitura sul retro della copertina, invece, recava scritto: per apprendisti stregoni dai nove agli undici anni.
Scoppiò a ridere, incredulo e totalmente spiazzato. Miley riusciva a racchiudere dentro di sé tutta la bontà e tutta la crudeltà del mondo in un mix stupefacente che riusciva sempre a strappargli un sorriso. 
Inoltre, non contenta, sulla prima pagina aveva scribacchiato: leggilo da cima a fondo, John, ne hai bisogno. Ti interrogherò al ritorno delle vacanze e scoprirò se non hai studiato. Con affetto, tua prof.
« Amico, basta » fece Sirius, battendogli una potente pacca sulla schiena. « E' da una roba tipo due ore che sorridi come un idiota. Mi stai spaventando ».
Lui lo colpì con il pesante libro sul braccio, alzando gli occhi al cielo, e lui gli rivolse uno sguardo bellicoso e intimidatorio.
« Faremo a botte questo Natale, Lunastorta » gli intimò con sicurezza. « Avrai quel che ti meriti. Faremo a pugni, amico, a pugni come si deve ».
« Felpato, sto scartando il tuo regalo! » fece James zelante sventolando un gran pacco, mentre Remus tornava con aria rassegnata ai suoi regali. « Spero per te che sia buono altrimenti ti appenderò per il mio regalo alla Torre di Astronomia ».
« Che cosa? » fece Sirius, confuso. « Per cos'è che mi appenderai? Senti, Ramoso, nessuno può oltraggiarmi, lo sai beni-... »
« Apri il mio regalo » tagliò corto l'altro, agitando la mano a mezz'aria per poi dedicarsi al voluminoso pacco che teneva sulle gambe.
E dopo averlo scartato, non potè non pensare che Sirius era veramente la persona più figa che avesse mai conosciuto. Senza dubbio.
« Se non fossi così innamorato di Evans e così maschio, virile e assolutamente etero, ti sposerei, Felpato! » ruggì, abbracciando un'enorme custodia di pelle nera che riportava una scritta, ovvero: Kit di Manutenzione per Manici di Scopa. 
« MAMMA! Mamma, mamma, mamma, mamma! Vieni immediatamente, subito! » urlò.
Un attimo dopo, Dorea si precipitò nella stanza con aria preoccupata, accorrendo verso il figlio, i capelli raccolti nel suo solito alto chignon e un carinissimo grembiulino da cucina rosa confetto che le aveva regalato l'amica Charlotte proprio quel Natale .
« Che succede, James? » domandò frettolosamente, chinandosi per guardarlo bene come se potesse recare ferite o portasse i segni di un qualche malanno.
Lui, però, fece un gran sorriso rassicurante e le mostrò la grande custodia. « Guarda cosa mi ha regalato Sirius! » esclamò con immensa gioia.
La madre gli rivolse un'occhiata furente. Tipico di James, farla correre per motivi totalmente futili, ma questo non le impediva di infuriarsi comunque.
« Stavo cucinando » lo rimproverò, aspra. « Mi hai fatta preoccupare, non farlo mai più! »
« Ma mamma » fece lui, deluso dalla mancanza di entusiasmo e sorpreso dal rimprovero inaspettato, « hai guardato bene? Non capisci? »
Lei, spazientita, rivolse lo sguardo alla custodia e parve illuminarsi di colpo, tanto che si chinò nuovamente e la prese tra le mani, contemplandola.
« Tesoro, ma è magnifico! » esclamò, emozionata, e James annuì compiaciuto. « Ti servirà moltissimo... hai ringraziato Sirius? »
Il ragazzo sbuffò. « Mamma » disse paziente, « io e Sirius non ci scambiamo le mutande solo perché lui è troppo geloso delle sue... non ci ringraziamo, noi! » spiegò, mentre l'amico annuiva ad ogni parola con visibile approvazione.
Dorea parve leggermente perplessa, ma accettò la cosa. « Oh, d'accordo » commentò infine. « Se per voi... insomma, se fa parte... va bene » concluse.
E si diresse nuovamente verso la cucina, sistemandosi meglio sulla vita il grembiule.
« Ma dai, Ramoso! » sbottò Sirius all'improvviso, e lui si voltò, sogghignando non appena vide che aveva scartato il suo regalo.
Mutande. Di nuovo. Quella volta arricchite da disegni di Ippogrifi di varie razze allineati lungo il bordo inferiore. Sicuramente di gran classe.
« Ma ti sei messo d'accordo con Scarlett, per caso? » gli chiese, senza sapere se ridere o meno.
James sorrise disinvolto. « Qualcuno una volta ha detto che si chiama feeling » rispose, sottolineando con forza l'ultima parola.
Sirius scoppiò a ridere e si infilò le mutande sulla testa con gran disgusto di Remus. « In effetti » borbottò, tirando a sé un altro pacco, « queste mi mancavano. Godric, credevo di averle proprio tutte, e invece... è la nuova collezione? » s'informò, incuriosito.
« Guarda, non lo so » rispose James distrattamente. « Non seguo la... com'è che avevi detto tu? Ah, già, la... moda mutandosa o quello che era ».
« Parlavo di originalità » lo corresse l'altro, preciso. « Originalità mutandosa. Non è da tutti, sai? »
« Per fortuna... » mormorò Remus tra sé e sé, scuotendo il capo, proprio mentre Charlus faceva il suo ingresso in salotto.
Si sfregò le mani e rivolse un gran sorriso a tutti. « Gran bel bottino questo Natale, ragazzoni! » osservò in tono contento. « Belle quelle mutande, Sirius! » si complimentò poi, pescando una Cioccorana dal mucchio di Remus, che lo guardò storto senza che lui lo notasse. 
« Io ne avevo alcune simili, sai? » proseguì, immerso fra i ricordi. « Con gli unicorni, con le mandragole, con i-... »
« IL PRANZO E' PRONTO! » urlò Dorea dalla cucina, interrompendo il suo monologo.
A quelle parole, James e Sirius fecero cadere le cartacce e i pacchetti che avevano in mano, festeggiando con un sonoro: « Sì! » per poi fiondarsi precipitosamente in cucina, dove li seguirono un altrettanto festante Charlus e un esasperato Remus. Il pranzo di Natale di Dorea era un'istituzione in casa Potter.
« Amo mia moglie » esordì Charlus, accomodandosi a capotavola e massaggiandosi lo stomaco come a volerlo preparare al lauto banchetto che lo aspettava. « Se mi chiedessero di elencare i motivi per i quali l'ho sposata, la cucina sarebbe sicuramente fra i primi tre. Gli altri due, però, miei cari ragazzoni, non posso proprio rivelarveli. Mi dispiace ». Sollevò le spalle con aria dispiaciuta, mentre i figli esplodevano in fragorose risate.
Dorea avvampò e lo colpì forte con lo strofinaccio, inacidita. « Niente dolce di Natale per te » lo rimproverò, tornando ad impiattare il pasticcio di rognone. « Che insolenza inaudita... sempre con queste sciocchezze a tutte le ore del giorno... e stiamo anche ospitando quel povero ragazzo... »
« Remus vive con noi, mamma » gli ricordò James. « Nulla lo sconvolge, dopo tutti questi anni di assolutamente forzata e dura convivenza ».
« Confermo » fece tristemente il ragazzo, annuendo con amarezza con lo sguardo fisso a terra.
La donna gli rivolse un sorriso affettuoso e lo servì per primo, con gran disappunto degli altri due ragazzi che protestarono con veemenza.
« Tappatevi quelle boccacce, voi due » li riprese lei, consegnando loro i piatti. « Non meritate affatto questo delizioso pasticcio di rognone ».
Per tutta risposta, loro risero, fecero scontrare con un tintinnio le forchette a mo' di brindisi e si tuffarono sui piatti fumanti.
« Ma io devo ancora raccontarvi delle mie mutande! » saltò su Charlus, colpito da un'improvvisa illuminazione.
« Fafà, feffafore! » fece James, allargando le braccia in un gesto eloquente.
Dorea lo fulminò con lo sguardo e lui tacque, ingoiando la forchettata di pasticcio. « Risparmiaci! » aggiunse un attimo dopo.
Ma nulla riuscì a dissuadere il padre dal suo intento, e il resoconto dettagliato di tutti gli indumenti intimi indossati da giovane fu solo uno dei tanti argomenti strampalati affrontati a tavola in quel giorno di festa a casa Potter.
 
 
*  *  *
 
 
« MILEY, SE NON TI SVEGLI SUBITO, PRENDO LA MIA FRECCIA D'ARGENTO E TE LA FICCO SU PER IL... »
« Scarlett, tesoro, questo linguaggio non ti si addice per niente. Smettila di urlare in quel modo e lascia in pace tua sorella ».
La ragazza sbuffò esasperata e rivolse un'occhiataccia alla madre. 
Era da circa venti minuti che tentava inutilmente di far alzare sua sorella da quel maledetto letto a cui era così visceralmente attaccata, ma le sue urla e le sue continue minacce non avevano sortito il benché minimo effetto, tanto che Miley, in quel momento, era ancora raggomitolata a riccio sotto il vasto piumone e la moltitudine di coperte, completamente ignara di quel che le succedeva intorno.
Ma Scarlett ne aveva fin sopra i capelli di lei e del suo morboso bisogno di dormire per dodici ore di fila e voleva scartare i suoi regali, cosa che, per tradizione non scritta, doveva fare insieme alla sorella. Decise quindi di barricarsi in camera sua come una furia, senza bussare, ovviamente, e con la seria intenzione di buttarla giù dal materasso con la forza e condurla giù in salotto anche a costo di utilizzare le cosiddette maniere forti.
« MILEY! » ruggì non appena fu dentro, scrollando il gran rigonfiamento sotto il piumone che segnalava la presenza della sorella sotterrata.
Lei mugugnò qualcosa di indistinto e fece emergere la testa dalla massa di coperte, scostandosi i capelli dal viso.
« Che cosa diavolo vuoi? » domandò, scocciata, serrando gli occhi per proteggersi dall'impatto con la luce del sole.
« Che cosa... che cosa voglio, dici? » fece quella sbalordita. « Ti chiedo di svegliarti da trentasei ore! Maledizione, è quasi ora di pranzo! »
Lei sorrise con aria malevola. « Davvero mi chiami da così tanto tempo? » le chiese, ridendo. « Sei un'idiota, ho gettato un incantesimo sulla porta. Lo sapevo che avresti combinato tutto questo casino, fai così ogni anno... dovresti dormire di più, sorella, davvero ».
Scarlett prese un profondo respiro per calmarsi. Da qualche parte in quella stanza, Miley teneva una scorta di Caccabombe segreta. Se non si fosse alzata, avrebbe scovato quelle armi e le avrebbe usate contro di lei senza la minima traccia di pietà. I regali avevano atteso fin troppo.
« Sei tu l'idiota » rispose, crollando con tutto il suo peso sul corpo della sorella che gemette di dolore. « Alzati subito, ci sono i regali ».
Con una forza sovrumana, però, la ragazza la spinse facendola precipitare sul pavimento con un tonfo. « I regali non si Smaterializzano » replicò.
E proprio quando Scarlett, al limite della sopportazione, stava per maturare l'idea di attaccarla con l'arma segreta, suo padre entrò nella camera.
« Buon Natale, Miley! » fece ad alta voce, sorridendo. « Dimostratevi un po' meno il vostro affetto, d'accordo? Di questo passo farete esplodere la casa ».
Scarlett si lasciò andare a un sorriso, ma assunse un'espressione esterrefatta quando Miley sbucò fuori dal letto e corse ad abbracciare l'uomo.
« Buon Natale anche a te, papà! » esclamò, vispa e sveglissima, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia.
« Ma...? » Scarlett era sconvolta. « E' così, allora? Arriva papà e sei su in un baleno? Sei una maledetta bastarda, ecco cosa sei ».
« Non dare della bastarda a tua sorella, tesoro » fece Richard, battendo sulla spalla di entrambe. « Su, andate a scartare i regali ».
Le due si scambiarono uno sguardo di sfida e si spintonarono lungo le scale finché non furono in salotto. Sotto l'imponente albero di Natale adornato di decorazioni in blu e argento vi erano un mucchio di pacchi infiocchettati.
« Che figata, sono un sacco! » disse Miley tutta contenta, lasciandosi cadere sul pavimento insieme alla sorella.
Afferrò due pacchetti vicini e li scartò sorridendo allegra. Erano i regali di Lily e sua sorella, che parevano essersi messe d'accordo su cosa comprarle. Il primo, infatti, conteneva il nuovo disco del suo gruppo preferito, le Sorelle Stravagarie, con dodici brani inediti, mentre il secondo una maglietta con il loro logo, ampia e lunga ben oltre la vita, proprio come amava indossarle lei.
« Ma che roba fantastica! » esultò, abbracciando forte Scarlett. « Grazie, grazie, grazie! »
« E' solo una stupida t-shirt » fece quella, sorridendo. « Datti una calmata. Oh, e quel disco devi prestarmelo, voglio ascoltarlo anch'io! »
« Certo, certo » tagliò corto lei, liberandola dalla stretta, e si dedicò agli altri regali mentre la sorella tirava a sé il primo.
Era molto piccolo, avvolto da una lucida carta nera e privo di un fiocco o di qualsiasi altro ornamento. 
Sul retro del bigliettino allegato vi era il nome di Sirius, scritto con la sua grafia ordinata, elegante e sottile. Scartò prima il regalo e rimase colpita da quel che conteneva. Non se l'era aspettato.
Il ciondolo che solitamente portava al collo, su cui spiccavano le iniziali di entrambi, era adagiato sul fondo di una piccola scatolina. Lo prese in mano. La catena e il cerchio d'acciaio non erano gelidi come avrebbero dovuto essere, ma ancora impregnati del calore della sua pelle.
Tenendo la collana stretta in mano, aprì il biglietto e lesse il suo messaggio, ancora un po' stordita.
 
Buon Natale, bella Banks!
Come procede la vita? Scommetto che ti manco da morire, ma sta' tranquilla, questo segreto rimarrà tra noi. Anch'io sento la tua mancanza, dolcezza, tanto che spesso mi autoinsulto nel tentativo di imitarti per cercare di colmare il vuoto nel mio cuore provocato dalla tua lontananza. Adoro l'espressione scettica del tuo viso in questo momento, anche se è ancor più bello il sorriso che hai appena fatto. 
Ma non sentirti troppo emozionata, bella Banks, ho da scrivere ancora qualcosina e non vorrei che le tue lacrime facessero sbavare l'inchiostro.
Ho pensato di regalarti il mio ciondolo perché ero certo che qualsiasi cosa avessi potuto comprarti non ti sarebbe piaciuta, anzi avrei sicuramente combinato un gran casino e tu mi avresti odiato ancor di più di quanto già non fai, mentre questa collana... beh, so per certo che invece ti piace molto. Non l'ho mai tolta da quando l'ho presa alla mia prima visita in Diagon Alley e per me rappresenta tutta la magia e la bellezza del nostro mondo, ma mi ricorda molto anche la sera in cui siamo stati insieme, qualche giorno fa. E' stato bello aprirmi un po' e prendermi cura di te. Davvero.
Divertiti e fai la brava.
 
Sirius.
 
Scarlett sorrise, senza parole. 
Trovava strano che avesse accennato ai momenti trascorsi insieme, forse non era da lui, ma in effetti qualcosa in Sirius era cambiato e non poteva far altro che stupirsi per quel che di nuovo le stava dimostrando. Rilesse le sue parole, ridendo sottovoce per le previsioni del tutto azzeccate che aveva fatto sulle sue reazioni, e si soffermò sulle ultime con particolare attenzione: è stato bello aprirmi un po' e prendermi cura di te...
Aveva avuto il coraggio di scriverlo, mentre lei si era limitata a far finta di nulla e a scrivere un biglietto forse privo di significato, senza osare accennare a quel che era accaduto e a ciò che lui aveva fatto per lei. Si chiese, intimorita, se non avesse fatto uno sbaglio ad inviargli quel dono e quel messaggio, e non aveva la minima idea di quanto a lui, invece, fosse piaciuto tutto ciò.
« Chi ti ha regalato quella collana? » s'incuriosì Miley, osservandola con interesse. « Perché hai quell'espressione? »
« Quale espressione? » domandò lei, riprendendosi. « E'... è il regalo di Sirius. E mi ha scritto... mi ha scritto questo... leggi » le disse, porgendole il biglietto.
La ragazza lesse rapidamente e, quando ebbe finito, rivolse un gran sorriso alla sorella, che la guardò interrogativa.
« E' innamorato cotto di te! » esclamò, sprizzando felicità da tutti i pori e improvvisando un balletto sul posto. « Si legge in ogni parola, in ogni riga! Ma hai letto cosa ti ha scritto? Forse non ti rendi conto dell'importanza di questo cimelio! Oh, santo cielo, vi amate! »
Battè le mani con entusiasmo e strinse il bigliettino al petto, mentre Scarlett la fissava con sguardo vacuo, come se pensasse di essersi persa un passaggio fondamentale della conversazione. Le prese di mano il piccolo rotolo di pergamena e se lo mise in tasca, scuotendo il capo.
« Tu hai qualche problema con il cervello, sorella » commentò saggiamente. « Piuttosto, dammi il tuo regalo ».
Lei glielo porse. Era piuttosto grande, cosa che fece insospettire Scarlett.
« Non ci sarà mica una fornitura a vita di Caccabombe? » fece, scuotendo il pacco per cercare di percepire qualcosa.
Miley sbuffò. « Dopo quello che hai detto, sappi che ho già pronto il regalo per il tuo compleanno » rispose secca, e lei rise.
Quando lo scartò, però, dovette ammettere che Miley si era davvero superata. Era ciò che desiderava da secoli: un Kit di Manutenzione per Manici di Scopa.
« Non è possibile! » esclamò, gioiosa. « O santissimo Merlino, non ci credo! Sei un mito, sorella, grazie! »
« Sono un mito da ben sedici anni, baby » commentò Miley, fingendosi altezzosa. « Mi stupisce che tu te ne sia accorta solo ora ».
Scarlett rise, e la sorella la imitò. « Ma smettila » disse lei, dandole un colpo sul braccio. « James morirà d'invidia quando lo vedrà! »
« Oh, credo proprio di no » fece Miley, intenta a slegare un fiocco, e lei la fissò con aria perplessa. « Anche lui l'ha ricevuto in regalo, sai? Da Sirius. Già. Me l'ha detto Remus » spiegò, poi tornò al suo pacco e riuscì ad estrarre un voluminoso libro. « Non riesco a crederci » disse, atona.
Scarlett diede un'occhiata al libro e sbarrò gli occhi. « Ma dai » disse, incredula. « E' il regalo di Remus? Non... non è lo stesso libro che gli hai comprato al Ghirigoro? Cavoli, è incredibile » rise poi, sinceramente sbalordita dall'accaduto. « Avete feeling, voi due ».
Miley sorrise, senza sapere cosa dire, e si affrettò a leggere il biglietto allegato al pacco.
 
Cara Miley,
buon Natale! Spero che tu ti stia divertendo a casa e che tra una pozione e l'altra riesca a trovare il tempo per un - spero - buon libro.
Non avevo idea di cosa regalarti, perché ero certo che di calderoni e bilance ne avessi abbastanza, ma poi mi sono ricordato di quel giorno, in biblioteca, quando mi hai parlato un po' del genere di romanzi che ami leggere e ho pensato di tentare la sorte e comprartene uno io stesso.
Mi hai parlato della luce che alberga in ogni anima, una volta, e questo libro è dalla tua. Però comincio a capire anch'io, sai? Comincio a credere a te, alle parole di questo libro e non posso che ringraziarti per tutto quello che mi hai insegnato.
Beh, ti auguro buone vacanze, allora. Un abbraccio.
 
Tuo John.
 
« Per un momento ho pensato che fosse quel rompipluffe del tuo amico John Tyler » fece Scarlett, sbirciando il bigliettino oltre la spalla di Miley.
Lei rise e lo ripiegò, accarezzando la superficie della pergamena con un dito. « Non capisco perché mai ce l'hai con lui » rispose, intascandolo. « Insomma, vi stavate frequentando e ha fatto un po' il geloso per delle voci che circolavano e a cui tutti davano credito. Dovresti sentirti lusingata ».
Lei sbuffò, agitando una mano a mezz'aria. « E' un rompipluffe, Miley » disse decisa. « Geloso... non stavamo neanche insieme... Ma wow! » esclamò un attimo dopo, sollevando quello che pareva un semplice abitino.
Guardandolo meglio, però, Miley capì che era un'assai femminile divisa da Quidditch. Era di un color rosso acceso, molto corto e con un gigante numero sette sulla schiena. Il top era stretto e abbastanza scollato sulla schiena, mentre la gonna era svolazzante, ma vi era una pesante calzamaglia in tinta abbinata del tutto coprente. Il tipico regalo che avrebbe reso felice Scarlett, ma che avrebbe fatto inorridire la sorella.
« Sposerò James! » annunciò Scarlett, fuori di sé dalla gioia. « E' meraviglioso! E' meraviglioso! Lo sposerò, alla faccia di quella perenne indecisa di Lily! »
Rise malefica, mentre suo padre entrava nella stanza. « Approvo, tesoro » le disse. « James è l'unico ragazzo al mondo a cui affiderei le mie preziose figlie. Chiunque altro tenti l'impresa, naturalmente, verrà neutralizzato all'istante. Ma posso chiederti il motivo di questa scelta? »
Scarlett continuò a ridere, senza un motivo preciso. « Guarda cosa mi ha regalato! » disse, lanciandogli la divisa.
Lui la portò di fronte agli occhi e parve sconvolto. Guardò la figlia, poi l'abitino e poi ancora la figlia.
« Tu... non... » balbettò. « Non... non hai seriamente intenzione di... di indossarlo, vero? »
Lei lo guardò, sbattendo le palpebre, confusa. « Certo che sì, papà » rispose con disinvoltura. « Perché mai non dovrei farlo? »
« Non dare ascolto a tuo padre, tesoro, brava » fece Charlotte, facendo anche lei il suo ingresso in salotto. « Richard, non fare il padre geloso, è un regalo fantastico. E nostra figlia è un incantevole dono della natura, deve valorizzare la sua bellezza. Cosa che Miley non fa » e lanciò un'occhiata severa alla figlia, che scrollò le spalle con indifferenza e tornò a sfogliare il libro che James le aveva regalato e che aveva appena scartato.
« Non è neanche così scollato » proseguì la donna, strappando dalle mani del marito la divisa, che aveva uno scollo a V sul petto e uno più profondo sulla schiena. Aveva ragione, non era per niente eccessivo, ma solo bello. Ovviamente, però, non agli occhi di Richard, che continuava a fissarlo orripilato.
I genitori si allontanarono, discutendo animatamente sull'abitino, e Scarlett lesse il bigliettino di James, ridendo.
 
Amore mio, meraviglia ineguagliabile, portatrice di gioia, gran figa,
buon Natale! Come stai? Ti manca il tuo bellissimo James, non è vero? Ah, beh, mi rivedrai presto e potrai rifarti gli occhi.
Come vanno le vacanze? Zia Charlotte mi ama ancora o il ritorno di Richard dalla terra dei canguri l'ha distratta dal suo vero amore?
Spero che il mio regalo ti piaccia. Quando l'ho visto mi si sono illuminati gli occhi e l'ho subito immaginato addosso a quell'incanto che sei tu, così l'ho comprato. Sirius impazzirà quando te lo vedrà indosso, ne sono sicuro. Mi sa proprio che lo inviterò ai prossimi allenamenti...
Beh, fai buone vacanze con la tua fantastica famiglia assurda e abbraccia i tuoi da parte mia.
Ti voglio tanto bene e ti mando mille bacini. A proposito, quando ci rivediamo ne pretendo una dose extra. A prestissimo.
 
Tuo per sempre,
James il Magnifico.
 
« Sempre il solito idiota... » commentò, ridendo. « Vado subito a provarlo! » e si dileguò, salendo la scala per entrare in camera sua.
Dopo alcuni minuti, durante i quali Miley si dedicò alla degustazione di mezza scatola di Calderotti, ridiscese per farsi ammirare dal resto della famiglia.
« Allora? » chiese, ruotando su se stessa per farsi guardare meglio. « Come mi sta? »
« Figa, mi piace » fece Miley, annuendo con forza.
La ragazza sorrise radiosa, mentre la madre si avvicinava per studiarla più attentamente.
« Bello, davvero bello, tesoro » fu il suo commento, mentre le sistemava la gonna. « Non farlo vedere a tuo padre, però » aggiunse poi, sottovoce. « Non vogliamo fargli passare un brutto Natale, non è così? » e si allontanò con un vago sorriso, controllando che il marito fosse ancora in cucina e dicendo ad alta voce: « Le patate sono pronte, Rich? »
Scarlett e Miley risero, e la prima si affrettò a ritornare in camera per cambiarsi ed evitare scenate di gelosia da parte del padre.
Tornò dopo poco, insieme alla sorella, e iniziò ad aiutare la madre con gli ultimi preparativi in cucina.
« Vediamo un po' cosa abbiamo qui » borbottò Miley, avvicinandosi ai fornelli. « Mmm... roast beef. Brava, mamma ».
Le diede un colpetto sulla spalla, poi si rivolse alla sorella con un sorriso radioso e le fece: « Ricordami un po' qual è la missione di oggi, Big Banks ».
La ragazza, per tutta risposta, le battè un cinque ed esclamò con forza: « Mangiare fino a scoppiare! »
E lo fecero. Lo fecero davvero.
 
 
*  *  *
 
 
La mattina di Natale, Lily fu svegliata dai genitori che bussavano alla porta della sua camera.
Inizialmente le fu difficile riuscire a capire cosa stesse succedendo, che giorno fosse o dove si trovasse. Quei rumori avevano interrotto un sogno confuso e insensato in cui James le chiedeva di sposarla e Voldemort impartiva la sua benedizione. Gli stupidi dettagli del sogno svanirono non appena tentò di ricordarli, ma decise di scacciare via i pensieri e lasciare il letto caldo. Si infilò le pantofole ai piedi e aprì la porta, sorridendo ai genitori.
« Buon Natale » borbottò, stropicciandosi gli occhi e soffocando uno sbadiglio. Si avvicinò al padre e gli scoccò un bacio sulla guancia, e lui rispose scompigliandole i capelli con un sorriso.
« Anche a te, Lils » fece sua madre amorevole, stringendola a sè, e lei le lanciò un'occhiataccia che la fece sorridere. « Oh, già » disse, battendosi il palmo della mano sulla fronte, « detesti essere chiamata Lils. Perdonami, tesoro » e le scoccò un bacio fra i capelli disordinati.
« Esatto » rispose, cominciando a incamminarsi verso il salotto. « Merlino, ho un nome di quattro lettere, non c'è bisogno di diminuitivi! »
I genitori risero, per poi dirigersi entrambi verso la cucina e lasciarla da sola in salotto. 
Alcuni dei pacchi ai piedi dell'albero di Natale erano già stati aperti, ma la maggior parte erano ancora chiusi e infiocchettati. Petunia doveva averli aperti mentre lei ancora dormiva, ma pensò che fosse stato meglio così.
Durante quei primi giorni di vacanza non si erano rivolte quasi mai la parola. Lei sbucava fuori dalla sua camera solo a pranzo e a cena, ma non fiatava mai, neanche con i genitori, e si affrettava a vuotare il piatto per allontanarsi e non dover guardare nessuno negli occhi. Quando Caroline aveva proposto di uscire e fare compere natalizie tra le vie babbane, lei aveva rifiutato senza neanche prendersi la briga di accampare una scusa e Lily aveva chiesto alla madre di disdire tutto, decidendo invece di trascorrere il pomeriggio in camera sua a leggere. 
Nei giorni seguenti, però, si era detta che non poteva sprecare i giorni di vacanza che aveva a disposizione per stare in famiglia chiusa in camera solo per colpa della mancanza di partecipazione di Petunia, e aveva cominciato a rimanere più tempo in compagnia dei genitori, di solito raggomitolata sul divano del salotto con una tazza di cioccolata calda stretta in mano, aiutando la madre con le pulizie della casa o rimanendo a parlare al parco vicino casa con suo padre di pozioni, incantesimi e tutto ciò che riguardava quel mondo che lo affascinava in maniera eccezionale.
Non avrebbe badato più di tanto a sua sorella e non avrebbe rovinato l'ennesimo Natale a tutta la famiglia. Allo stesso tempo, però, si era ripromessa di tentare con lei per l'ultima volta, magari cercando di venirle incontro come in realtà aveva sempre fatto, senza apparire prevenuta, con la speranza che lei facesse altrettanto. Dopotutto era Natale e avrebbe dato a se stessa e alla sorella un'ultima occasione per sistemare le cose.
Gettando un'ultima occhiata ai pacchi già scartati, si accoccolò sul pavimento gelido, stringendosi nel pigiama di lana pesante, e cominciò ad avvicinare qualche regalo. Il primo che scartò fu quello di Remus, che le aveva regalato un libro, com'era tradizione tra loro, mentre Scarlett le aveva donato un grazioso cappello di un colore molto simile ai suoi occhi che le era piaciuto moltissimo. Mary aveva optato per una confezione mega di scherzi magici assortiti con l'augurio che li utilizzasse dal primo all'ultimo contro sua sorella, mentre Alice le aveva regalato una trousse molto accessoriata che Lily di sicuro non avrebbe mai usato. Emmeline, invece, aveva impacchettato una scatolina che conteneva una penna d'oca affilata e ricca di decorazioni e pietruzze luminose, molto elegante e dall'aria costosa. Una piuma che certamente non andava utilizzata per uno squallido compito di Aritmanzia.
Mise da parte tutti questi pacchetti e ne afferrò un altro. Sulla targhetta vi era il nome di James. 
Non rimase stupita, poiché lui le aveva sempre inviato dei regali, anche se quello era stato il primo anno in cui lei aveva contraccambiato, e lo scartò curiosa. Nel momento in cui strappò la carta e aprì la scatola trattenne il fiato per poi scoppiare a ridere, incredula. Il primo pensiero che attraversò la sua mente fu che l'avrebbe picchiato alla babbana non appena lo avesse visto, ma subito dopo riflettè sul fatto che da lui non avrebbe potuto aspettarsi nulla di molto più sofisticato. Perché non è che un completino intimo in pizzo rosso fuoco fosse un regalo troppo di classe, ma magari era una questione di punti di vista.
Scocciata e divertita allo stesso tempo, lesse il breve biglietto che aveva allegato al pacco.
 
Cara Evans,
buon Natale! Spero che le tue vacanze vadano alla grande, anche se sono certo che senti molto la mia mancanza. Perchè io lo so, mia bella Lily, di mancarti molto, e sappi che questo vale anche per me.
Allora... vogliamo parlare del regalo? Bello, vero? 
Sono sicuro che avrai ricevuto tanti libri, oggetti carini, dolci e robe varie, ma credo che nessuno (per fortuna) ti abbia fatto un regalo del genere. Beh, diciamo solo che mi sono fatto guidare dal tuo fascino da bomba sexy che, è inutile dirlo, apprezzo non poco.
Mi piacerebbe tantissimo vedere la tua faccia in questo momento, forse tanto quanto vederti questo delizioso completino addosso, ma confido nel fatto che, prima o poi, accadrà anche questo.
Ti auguro buone feste e ti mando un grande bacio, profondamente grato alla distanza che ci separa visto che in questo modo non potrai affatturarmi.
 
With love,
your love.
 
Lily rise, scuotendo il capo mentre metteva da parte il bigliettino e il regalo, con la seria intenzione di nasconderlo per bene agli occhi del padre. Afferrò uno degli ultimi pacchi da scartare e, con sua enorme sorpresa, scoprì che anche quello apparteneva a James. Si chiese se si trattasse di un errore o, magari, se potesse essere una delle sue solite burle, come se il completino intimo non gli fosse già sembrato abbastanza. Lo scartò con estrema lentezza, cauta, pronta a tutto anche se non aveva un'idea che fosse una su ciò che l'incarto multicolor potesse contenere, e quello che trovò fu un libro dalla rilegatura in pelle, uno di quei romanzi di avventura che non si stancava mai di leggere. Era strano che James avesse indovinato così prodigiosamente il suo genere di lettura preferito, ma sospettò che ci fosse di mezzo lo zampino di Remus. O forse, James conosceva più cose su di lei di quanto immaginasse.
Vi era un altro bigliettino allegato e si affrettò a leggerlo.
 
Cara Evans,
se tutto va secondo i piani, questa dovrebbe essere la seconda volta in cui ti auguro un buon Natale. Ma visto che ti amo, questo mi pare anche il minimo.
E' un po' strano il regalo di quest'anno, lo so bene, ma è proprio quest'anno ad essere davvero strano. Tu che hai smesso di chiamarmi Potter, di urlarmi addosso insulti sempre più originali, di picchiarmi e affatturarmi, anche se con le dovute eccezioni. Siamo cambiati. Tu, io, tutti noi, anche se per fortuna sono riuscito a mantenere la mia bellezza impareggiabile e la mia travolgente simpatia completamente intatte.
Ecco perché questi regali un po' particolari. Il pacco stronzo, chiamiamolo così, per farti infuriare da morire e trasformarti nella solita pericolosa Evans, così stronzo che magari ti ha fatto infiammare le guance di rabbia e di vergogna, se assistevano alla scena anche i tuoi. Poi il regalo semplice, mirato, che mi ha fatto scervellare un po', ma che spero ti piaccia davvero. E ho ancora qualcos'altro per te, Lily.
Vai a pagina 304 prima di continuare a leggere.
 
Lily indugiò, scorrendo con lo sguardo le righe appena lette con un sorriso, poi riprese il libro fra le mani e fece come James le aveva detto.
Lì, dove la pagina 304 si univa alla successiva, era adagiato il bracciale che si era accorta di aver perduto alla festa di Lumacorno. La catenina sottile in oro, la lavorazione antica, proprio quello che James le aveva ritrovato già una volta. Se lo allacciò al polso e, con dita tremanti, riprese il biglietto e proseguì.
 
Avevo promesso che l'avrei ritrovato. E non potevo tradire la promessa.
Lo cercherò tutte le volte che lo perderai, tanto ho il presentimento che succederà di nuovo, visto quanto sei sbadata, Evans. Cos'è, hai la testa fra le nuvole? Chi c'è tra i tuoi pensieri? Devo diventare geloso?
Beh, divertiti in questi giorni e passa un buon Natale. Non vedo l'ora di rivederti.
Ti abbraccio, Lily.
 
Con affetto,
tuo James.
 
Rimase a fissare la sua firma per un po' con un sorriso incerto sulle labbra. Quel che James aveva fatto per lei era meraviglioso e non se l'era aspettato. Rileggendo le sue parole, pensò per un momento che anche a lei sarebbe tanto piaciuto rivederlo, perché era innegabile che quando James non era fra i piedi, la sua mancanza si avvertiva in maniera davvero evidente. La sua risata fragorosa, le sue dita che frugavano perennemente i capelli scompigliati, gli occhiali sempre un po' storti sul naso lungo e diritto e il nodo della cravatta rosso e oro allentato sulla camicia perennemente fuori posto...
« Lily, hai finito con quei regali? »
La voce roca di suo padre la fece sussultare e spezzò il filo dei suoi pensieri. Il libro le volò via dalle mani, ma non ci badò e si lanciò verso il pacco ancora aperto che conteneva il completino intimo; vi ammassò sopra della carta appallottolata e si voltò, scostandosi i capelli dagli occhi. 
Jack la guardava con aria sperduta.
« Tutto bene, tesoro? » domandò, scrutando la sua espressione disinvolta con aria sospettosa. « C'è... qualcosa che non va? »
« No! » trillò lei, scuotendo vigorosamente il capo. « No, ma certo che no, è tutto okay... ehm... cosa volevi? Dimmi pure ».
Sorrise serena, sistemandosi i capelli su una spalla e poi sull'altra. Se suo padre fosse riuscito a mettere gli occhi sul pacco stronzo di James, sarebbe stata la fine. Si azzardò a lanciare un'occhiata alle sue spalle e potè constatare con sollievo che fra le cartacce non si intravedeva nulla.
« Il pranzo è quasi pronto » rispose il padre, ancora non del tutto rassicurato. « Sbrigati con gli ultimi pacchi ».
Lei annuì frenentica e lo guardò andar via, senza distogliere gli occhi da lui finché non si fu chiuso la porta alle spalle. Dopodiché, sguainò la bacchetta dalla tasca del pigiama e fece sparire il delizioso regalo di James con l'intenzione di gettarlo fra le fiamme alla prima occasione. O forse no.
In quel momento, un rumore di passi la fece voltare nuovamente. Petunia aveva appena varcato la soglia del salotto, un pacco infiocchettato alla buona stretto in mano e una lunga treccia bionda che le ricadeva sulla schiena. Si avvicinò con aria impassibile, senza una parola, e porse il pacco a Lily, che la fissò.
« Buon Natale » disse, senza la minima traccia di un sorriso.
La sorella, invece, parve illuminarsi di gioia. « Buon Natale anche a te » rispose, allegra. « Grazie del regalo. Ti sono piaciute le scarpe? »
Cominciò a scartare il pacco, gettandole occhiate ogni due secondi in attesa che rispondesse. Le aveva regalato un paio di eleganti tacchi color pesca, la sua tonalità di rosa preferita, con la speranza che le piacessero e che trovasse qualcosa da abbinarvi.
« Sì » replicò lei dopo un attimo di esitazione. « Sono del mio colore preferito » osservò, cercando di apparire distaccata.
Lily annuì con entusiasmo. « Sì, lo so » rispose, sorridendo. « Le ho comprate per questo. Ti è sempre piaciuto questo colore, sin da piccola ».
Petunia le rivolse un'occhiata penetrante e la studiò a lungo, stupita. « E te ne sei ricordata? » le domandò, il capo inclinato.
Il sorriso della ragazza si allargò se possibile ancor di più. « Ma certo » rispose con semplicità, e le parve di intravedere un accenno di sorriso incurvare le sue labbra rigide e sottili, anche se scomparve così in fretta che pensò seriamente di averlo solo immaginato.
Dopo averla guardata qualche altro momento, Petunia se ne andò e Lily rimase a fissarla fin quando non fu sparita, per poi rivolgere nuovamente la sua attenzione al pacco, che si rivelò contenere una sciarpa di lana pesante di un colore che ricordava vagamente una Gelatina Tuttigusti+1 al gusto di vomito. Felice comunque che la sorella le avesse comprato qualcosa, puntò la bacchetta verso l'ammasso di pacchi e cartacce e li fece sparire, in modo che si depositassero nella sua stanza al piano di sopra. Dopodiché, si diresse in cucina.
La stanza era piuttosto afosa a causa dei fornelli ancora accesi, ma il calore che aleggiava era piacevole. Era piuttosto piccola, ma graziosa e meticolosamente ordinata, anche grazie all'aiuto di Petunia che adorava dare una mano alla madre con le pulizie quotidiane della casa quando tornava a Cokeworth.
Lily si accomodò sulla solita sedia dallo schienale rigido e alto, di fronte alla sorella che, per un qualche motivo, evitò accuratamente il suo sguardo, mentre Caroline serviva dei piatti di stufato bollente e si accomodava alla destra di Petunia.
Durante il pranzo si dimostrò stranamente propensa al dialogo, anche se preferiva fissare il suo piatto piuttosto che Lily quando la ragazza le rivolgeva una domanda. Le parve un buon segno, come se in qualche modo le stesse inviando dei segnali, e sperò con tutta se stessa di coglierli bene. Si sentì molto più leggera e sollevata, e questo la aiutò molto nel provare ad avere la prima conversazione civile con lei da quando era tornata a casa.
« Allora, come va al lavoro? » le domandò dopo un po', curiosa. « Rimarrai qui per molto? »
Petunia, infatti, lavorava come dattilografa in un ufficio a Londra e di solito tornava a Cokeworth solo per le vacanze e per qualche visita ai genitori, ma andava via molto presto.
« Mi hanno concesso due settimane di ferie, perciò resterò un po' più del solito » rispose, affondando il cucchiaio nella fetta di torta alla crema. « Anzi, a proposito di questo... verrà qui Vernon a cena, uno di questi giorni. Io andrò a casa sua dopo Capodanno ».
« Chi è Vernon? » domandò Lily a bruciapelo, prima che i genitori potessero anche solo aprire bocca per parlare. « Hai un ragazzo? »
Lei la fissò, le labbra sottili ritratte e tese. « Sono fidanzata, sì » replicò, abbassando lo sguardo.
« E da quando? » fece l'altra, sbalordita. Non l'aveva mai sentita parlare di nessun Vernon e di nessun ragazzo. « Perché non me l'hai detto? »
« L'ho conosciuto sul lavoro, siamo fidanzati da un po' » rispose lei, evitando accuratamente di rispondere alla seconda domanda.
La sorella parve profondamente offesa. Se Petunia non le raccontava neanche di avere un ragazzo, chissà di quante altre cose non era a conoscenza.
« Perché quella faccia? » chiese lei, scrutandola con il lungo collo piuttosto irrigidito. « Non credi che io possa avere un fidanzato? »
Lily aggrottò le sopracciglia in un'espressione confusa e stupita. « Cosa diavolo significa? » esclamò, senza capire il motivo di quella strana domanda. « Certo che puoi avere un ragazzo, perché non dovresti? Mi hai fraintesa... ero solo meravigliata, visto che non me l'hai mai accennato ».
Si rivolse ai suoi genitori e chiese loro: « Voi lo sapevate? » guardando prima l'uno poi l'altra con il suo sguardo penetrante.
Loro si scambiarono una rapida occhiata e annuirono. Fu la madre a prendere la parola, cauta, mentre Petunia la studiava con attenzione.
« Ce lo aveva raccontato, sì » confessò, a malincuore. « Ce lo ha presentato un paio di mesi fa, mentre eri a scuola. Però ci ha chiesto di non dirti nulla, perché... beh, voleva essere lei a raccontarti tutto e... sicuramente lo avrebbe fatto presto, tesoro. Non è vero, Tunia? » aggiunse incalzante, rivolta alla figlia.
La ragazza non diede segno di aver sentito e continuò a fissare il piatto ormai quasi del tutto vuoto. Lily la guardava spaesata.
« Se non ti ho parlato di Vernon, ho i miei buoni motivi » fece dopo qualche secondo, lo sguardo ora fisso su quello della sorella. 
E in quel momento, a Lily apparve tutto molto più chiaro. 
Petunia stava continuando a comportarsi come aveva cominciato a fare da bambina. Da quando Lily aveva scoperto di essere una strega, lei aveva tentato in ogni modo di tenerla lontana dalla sua vita, di non permetterle più di rovinarla come aveva sempre fatto, secondo il suo parere, da quel momento in poi. Il suo unico desiderio era stato quello di continuare a vivere una vita normale, senza strampalate scuole di magia o orribili piante parlanti, senza stupide bacchette magiche o libri svolazzanti... senza la sorella che aveva ormai deciso di abbandonare.
Per questo, forse, aveva trovato in Vernon Dursley il ragazzo ideale. Il fidanzato che aveva sempre sognato, con un lavoro normale, un auto normale, un aspetto normale e nulla che fosse anche solo un po' fuori dall'ordinario. Un ragazzo che Lily, ne era certa, non avrebbe mai saputo apprezzare.
« Sentiamo, allora » la provocò, squadrandola con risentimento. « Scommetto di conoscerli già tutti, questi stupidi motivi ».
Petunia non parve scomporsi più di tanto. « Tu non ci sei mai stata » replicò con freddezza. « Quand'è che avrei dovuto dirtelo? »
Lily esplose in una risata priva di gioia e i genitori la fissarono. Parevano preoccupati e avevano lasciato cadere le posate sui piatti per osservarle, tesi.
« Spero che tu stia scherzando » disse lei, incredula. « Io frequento una scuola, Petunia, oppure hai dimenticato anche questo? »
La ragazza sorrise amaramente. « Oh, ma certo » disse, annuendo lentamente. « La tua amata scuola di matti... beh, se eri rinchiusa lì tutto il tempo come potevo raccontarti di Vernon? Eri così impegnata, con i tuoi intrugli e i tuoi doveri da capoclasse o quello che è... »
« Non fare la stupida » la interruppe Lily, inviperita. Quel discorso non aveva né capo né coda ed era pronta a smontarlo in quattro e quattr'otto, in modo da farle capire le assurdità di cui stava parlando con tanto rancore. « Non mi hai mai spedito una lettera in tutti questi anni, né hai risposto a quelle che inizialmente ti ho inviato io. Non ti è più importato nulla di me, da quando sono stata ammessa ad Hogwarts, quindi non tirare fuori queste sciocchezze ».
Petunia strinse con forza le labbra, momentaneamente spiazzata. Ricordava ancora i gufi che erano planati in camera sua facendola strillare di terrore, le lettere che le aveva scritto piene zeppe di richieste mai esaudite, i fogli di pergamena colmi di affetto mai ricambiato... Dopo un po', naturalmente, Lily aveva smesso di tentare e nessun gufo aveva più fatto irruzione in camera sua, portando lettere da quella scuola di pazzi che aveva tanto desiderato frequentare. Il loro rapporto si era logorato fino a spezzarsi del tutto e a lei nulla era importato della preoccupazione e dell'amore fraterno che Lily non aveva mai smesso di nutrire nei suoi confronti, nulla era importato di tutte le domande che aveva rivolto ai genitori su di lei nelle sue lettere, per avere notizie sulla vita di quella sorella che aveva avuto timore di perdere davvero... a lei nulla era importato di Lily, dal giorno in cui lei aveva appreso di essere una strega.
« Ti vergogni di quello che sono, ecco qual è il vero problema » proseguì lei, notando il suo silenzio. « Tu ti vergogni di me, Petunia ».
« Io non voglio che la tua anormalità rovini il mio rapporto con Vernon! » ribattè l'altra con forza.
Lily tacque e deglutì. Doveva incassare il colpo un'altra volta. Doveva accettare l'idea che sua sorella la considerasse un'anormale e nulla di più.
« Allora lo ammetti » disse in tono glaciale. « Cos'è, tu e il tuo Vernon avete paura che il mostro cattivo rovini la vostra bolla di perfetta normalità? Bene, non m'importa. Non voglio conoscerlo, non voglio vederlo, puoi anche fare finta che io non esista, come fai sempre, d'altra parte. Non m'importa più ».
Spinse indietro la sedia e si alzò da tavola, ma udì chiaramente i passi di Petunia seguirla, e si voltò di nuovo.
« A te non è mai importato nulla » le disse, bloccandosi a un metro di distanza da lei. « Niente di niente, di tutta la mia vita! »
Ma Lily scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli rosso scuro. « Sei stata tu ad allontanarti da me! » ribattè con fermezza. « Sei stata tu a far finta che io non fossi tua sorella fino a crederci davvero, sempre tu a rendere il nostro rapporto un inferno! » Sospirò, desiderando solamente salire in camera e chiudersi dentro per poter esplodere. « Io non ho mai voluto questo, Tunia. Lo sai anche meglio di me ».
Lei fece per parlare, ma Lily la interruppe nuovamente. « Non voglio più ascoltarti » disse, decisa. « Ma ascoltami bene tu, perché io non rinnegherò mai quello che sono e se non ti sta bene, io non posso più farci niente. Sono una strega, Petunia, e tutta questa gelosia non ha senso. Non ho scelto io cosa essere, è successo. Mi incolpi di un qualcosa che non ho deciso io, ma sappi che sono stanca di correrti dietro, perché tu non ragioni e non tieni abbastanza a me da superare quello che provi! Ho sempre pensato che fosse una cosa stupida, ma è da anni che andiamo avanti così e sento che non cambierai mai idea. Sono stanca di stare male per te, ma non c'è nulla che posso fare per rimediare a quello che è successo, e se volevi liberarti di me, beh, ce l'hai fatta, finalmente ».
Le voltò le spalle e corse lungo le scale, chiudendosi in camera e gettandosi sul letto.
Si sentiva svuotata, come se avesse rigettato tutto quel che aveva dentro e non fosse riuscita a trattenere nulla. Sapeva che se avesse ceduto alle lacrime quella sensazione non avrebbe fatto che rafforzarsi, ma non riuscì a resistere al bruciore che le pizzicava gli occhi e non potè far altro che asciugare le lacrime bollenti nel momento esatto in cui sgorgavano fuori dagli occhi.
Pianse e strinse forte il cuscino contro il petto, ricordando una per una le parole che Petunia aveva pronunciato... era come riavvolgere il nastro di uno di quei dischi babbani, ma era un gioco che faceva male. Non voleva ricordare, non voleva odiare la sorella per cui un tempo aveva nutrito immenso affetto... e infatti odiarla, come cercare di capirla, era impossibile, e Lily era stanca di provare, di sperare e di correre dietro a un desiderio che non si sarebbe mai realizzato. Quegli ultimi giorni di tensione e trepidazione si tramutarono in lacrime copiose e incontrollabili che bagnarono la stoffa del cuscino fra le sue braccia e fu con voce rotta che pregò la madre di non entrare quando bussò alla porta della stanza. Si odiò per il dolore che le stava procurando, ma tentare di parlare dell'accaduto in quel momento le pareva un'impresa troppo dura per poter essere affrontata e la voglia di abbracciarla fu vinta dal bisogno incredibilmente forte di stare da sola.
Si rannicchiò su se stessa, fragile come appare chiunque quando ha un volto umido di lacrime, fragile davvero, perché ne aveva sopportate tante.
Desiderava disperatamente andare via... e quella volta lo avrebbe fatto davvero.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state? *coro di 'male' molto fragoroso* Eh, già, anche a me è iniziata la scuola. Proprio oggi. E il mio prof di filosofia è matto da legare. Ma a parte questo, veniamo al capitolo.
Intanto, beh, mi dispiace per il ritardo, ma ho avuto dei problemi e mi è risultato molto difficile da realizzare. Ovviamente, non mi piace neanche, ma a voi il giudizio. E, a questo proposito, credo capirete da voi che a causa della scuola gli aggiornamenti rallenteranno. E sempre per la stessa ragione, purtroppo non potrò dilungarmi esageratamente - come faccio sempre e come mia sorella non smette di farmi notare - nelle risposte alle recensioni, anche se OVVIAMENTE risponderò a tutti con enorme piacere. Credo sia veramente il minimo che io possa fare per voi, perché vi adoro e mi date il massimo.
Ma passiamo al contenuto di questo capitolo.
Beh, povera Lily, vero? E' stato davvero terribile dover scrivere quella lite. Fra parentesi, le informazioni su Petunia le ho ricavate dai contenuti speciali di Pottermore riportati da Jo The Queen. (?)
Bene... in realtà non so cosa dire, immagino che lo abbiate capito. Come al solito, per qualsiasi dubbio ci sono.
Beh, vi posto qualche immagine, direi! Innanzitutto, la 'mia Petunia' è l'attrice Kelly MacDonald, ecco una sua foto: 
http://oi48.tinypic.com/xg9nb6.jpg.

Poi, magari le avrete già viste, ma vi posto le foto della nostra bellissima Nina Dobrev/Scarlett Banks al Wizarding World of Harry Potter, con la Mappa del Malandrino (e cosa avrebbe potuto scegliere se non la magistrale creazione del suo raga-... ok, del suo non ancora ragazzo...?) e sotto l'insegna di Hogsmeade: http://oi47.tinypic.com/2qxvy83.jpghttp://oi50.tinypic.com/ay6jxk.jpg. Proprio figa lei, sì.
E infine, questo è il magnifico, splendido, meraviglioso, magistrale, bellissimo... ok, questo è il sensazionale disegno di Miley Banks creato da una lettrice (anche lei magnifica, splendida...):
 http://oi46.tinypic.com/24dn75z.jpg. L'artista (perché di questo si tratta) è la iuwefhneridklm 
candycola.
Bene, passo ai ringraziamenti! Beh... oddio, siamo ritornati ai fasti del passato? Cavoli, non credevo che avremmo nuovamente raggiunto la trentina e invece... TRENTADUE recensioni! Io non so davvero cosa dire, ma sapete che sono commossa. Lo sapete perché le mie svenevoli risposte sono sempre più lunghe dei vostri fantastici commenti, ahahahahah!
Beh, ringrazio anche i 142 delle preferite, i 39 delle ricordate e i 187 delle seguite... mamma mia, QUANTI SIETE?
Mando un bacio enorme a tutti e auguro un buon anno scolastico agli studenti come me! Ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 24
*** Di nuovo insieme ***






Capitolo 24

Di nuovo insieme




 
 
Erano state ore terribili per Lily, ore interminabili di occhi che bruciavano per rigettare lacrime, di disintegrati fazzoletti umidi di pianto fresco, di ripensamenti e fastidiose parole che tornavano a bussare alla sua mente e la affollavano, facendola impazzire.
La testa vibrava di continuo, le tempie pulsavano insopportabilmente e la punta del naso rosso bruciava, ma Lily non abbandonò la camera da letto e rimase rannicchiata su se stessa, avvolta dal piumone e dalle lenzuola stropicciate, con mille pensieri per la mente e neanche uno che riuscisse a slegarsi dagli altri per permetterle di capire, di compiere una scelta. Perché in quel momento possedeva una sola certezza, ed era su quella che ruotavano tutti i suoi pensieri: doveva lasciare quella casa al più presto, lasciare Petunia e quella perenne sensazione di ansia che la assaliva ogniqualvolta doveva fronteggiarla. Voleva abbandonare quella parte di sé che ancora credeva al loro rapporto, a quell'affetto ormai accantonato, e dimenticare quel Natale che non aveva avuto neanche un briciolo della magia che lo rendeva sempre così speciale, perché quell'anno non lo era stato per niente.
Lasciare da parte per un po' quell'incubo l'avrebbe fatta stare meglio, tentare di passare oltre sarebbe stato un bene, ma non riusciva a trovare la forza di decidere, e la bilancia continuava a pendere da un lato e poi dall'altro senza riuscire a rimanere stabile. Eppure qualcosa la punzecchiava sin dal momento in cui si era rinchiusa in camera, un'idea, un desiderio represso, una voglia incontrastabile di scappare via e trovare conforto. Avrebbe tanto desiderato ricercarlo fra le braccia della madre, nelle carezze di suo padre, ma sentiva che rimanere a Cokeworth non era la decisione giusta per lei, e malgrado capisse che l'idea di abbandonare i genitori era tremenda, non riusciva a immaginare la sua vita in quella casa per tutta la durata delle vacanze natalizie, la forzata convivenza con Petunia e il suo sguardo tagliente sempre puntato addosso. Era una prospettiva agghiacciante, e fu con uno slancio improvviso che sbucò fuori dal letto e afferrò il primo foglio di pergamena a portata di mano, rischiando di abbattere la boccetta dell'inchiostro nella foga di impugnare la piuma.
Intingendola nel calamaio, scrisse un messaggio.
 
Scarlett,
ho bisogno di te. Io e mia sorella abbiamo litigato, è stato orribile... non faccio che pensare a tutto quello che ci siamo dette e sento che ho davvero bisogno di riabbracciarti. Non te lo chiederei se non mi sentissi così giù, ma potrei fare un salto da te per una chiacchierata? Voglio andare via di qui e tu sei l'unica a cui posso affidarmi.
Rimarrò al Paiolo Magico per il resto delle vacanze, ma mi piacerebbe stare un po' con te.
Scrivimi presto. Ti voglio bene.
 
Con affetto,
tua Lily.
 
Arrotolò la breve lettera e si avvicinò alla gabbia nella quale teneva chiuso il suo barbagianni. La aprì con un tocco della bacchetta magica, scrisse in fretta il nome di Scarlett sul retro e allacciò il rotolo di pergamena alla sua zampetta tesa. Il gufo trangugiò qualche sorso d'acqua prima che Lily lo facesse aggrappare alle sue dita e uscire. Non appena fu di fronte alla finestra, la ragazza accarezzò il morbido pelo della sua testolina.
« Fai buon viaggio, Alban » mormorò, prima di lasciarlo librare nell'aria gelida di quel Natale nevoso. Per un po' rimase lì a osservare le sue ali ondeggiare con leggiadria, finché non divenne un puntino nero nel cielo nuvoloso e cupo. 
Il freddo non la toccava più di tanto. Le pareva persino piacevole quel vento sferzante sul viso scoperto, quel gelo che si impossessava della pelle e la irrigidiva, perché dentro ardeva di fiamme dirompenti e accese.
Trascorse il resto del pomeriggio sul letto, fissando il soffitto e aspettando con ansia il ritorno di Alban. La camera fu ben presto sommersa dal buio e il pensiero di Lily andò ancora una volta ai genitori, a quel che di sicuro stavano soffrendo in quel momento. Una fitta allo stomaco la costrinse ad accartocciarsi su se stessa e prese a fissare con insistenza la finestra finché il barbagianni non vi picchiettò contro.
Lily corse ad aprirla e fece entrare il gufo infreddolito, che scosse le penne arruffate dal forte vento. Lo aiutò a rientrare nella gabbia e lui le mordicchiò affettuosamente un dito, mentre con l'altra mano Lily apriva febbrilmente il biglietto.
 
Cara Lily,
ho appena ricevuto la tua lettera e mi spiace se il gufo arriverà in ritardo. C'è un tempaccio, ma spero arrivi il più presto possibile.
Vieni quando vuoi, ma non pensare di cavartela con una semplice chiacchierata. 
Prepara il baule e resta qui da me, d'accordo? Sei sempre la solita idiota. Il Paiolo Magico... ma come ti è saltato in mente?
Non vedo l'ora di riabbracciarti. Sta' attenta e vieni qui non appena puoi. Hai tutto il mio affetto.
Ti voglio bene anch'io.
 
Scarlett.
 
Lily sorrise appena. Se non avesse avuto Scarlett, sarebbe stata perduta. Sempre.
Ripose il biglietto sulla scrivania e afferrò la bacchetta, puntandola contro il baule. Nel momento in cui stava per compiere l'incantesimo per sistemarvi dentro tutte le proprie cose, però, la riabbassò e la ripose in tasca. Sarebbe stato meglio rifarlo senza magia, così da occupare il tempo. Almeno si sarebbe distratta.
Mentre iniziava a ripiegare un paio di jeans, pensò a quel che avrebbe dovuto fare quella notte. Perché no, non avrebbe atteso la mattina seguente per andare via e non si sarebbe fermata a salutare i genitori. Loro le avrebbero impedito di scappare, avrebbero fatto in modo che restasse, e quella era l'ultima cosa che desiderava fare. Avrebbe lasciato loro un biglietto, per spiegare i motivi della sua scelta e chiedere scusa, anche se sicuramente l'avrebbero capita, lo sapeva. La lite di quel giorno era stata terribile, molto più di quelle degli anni precedenti, e questo lo sapeva Lily e lo sapevano anche Jack e Caroline.
Si chiese, per un momento, se anche Petunia stesse riflettendo sull'accaduto, e subito si disse che no, non era possibile. Probabilmente, per lei quella lite era stata solo una liberazione, un'occasione per allontanarla definitivamente dalla sua vita come aveva sempre cercato di fare.
Scacciò via quei pensieri e continuò a ripiegare gli indumenti disposti sui ripiani dell'armadio, quando udì qualcuno bussare alla sua porta.
« Tesoro... sono io » mormorò la voce di sua madre, titubante.
Quella doveva essere la quindicesima volta in cui veniva a trovarla, ma Lily non aveva mai aperto la porta per lasciarla entrare, cercando con tutte le sue forze di ignorare il feroce senso di colpa che le attanagliava le viscere ogni volta che si ritrovava costretta a farla andar via. 
« Lily, per favore, lasciami entrare ». La voce di Caroline pareva arrochita. Aveva pianto. « Parliamo un po'. Ti ho portato la cena ».
Lei scosse il capo, ricordandosi un attimo dopo che la madre non poteva vederla. Prese un respiro profondo e fissò la porta.
« Non ho fame, mamma » rispose. « Scusami, ma... non ho voglia di parlare. Sto bene, tu... tu sta' tranquilla ».
La donna sospirò. « D'accordo, tesoro » disse piano, prima di allontanarsi e andar via.
Lily crollò sul letto senza neanche premurarsi di richiudere il baule con le cinghie. Rimase distesa, lo sguardo che perlustrava la camera già impressa nella mente in ogni più piccolo particolare. L'aveva guardata e riguardata per ore durante quel lungo pomeriggio, in modo da ricordare ogni dettaglio, ogni oggetto fuori posto, ogni centimetro di quelle pareti color giallo spento... ogni cosa, di quel luogo che avrebbe finalmente lasciato.
Calò la notte senza che se ne accorgesse e, alla fine, avvolta dalla completa oscurità nella quale era precipitata la stanza, si addormentò.
Quando riaprì gli occhi, fuori dalla finestra stava per risorgere il sole e un chiarore rosato invadeva il cielo striato di colori.
Si alzò di scatto, afferrando la sveglia poggiata al comodino di fianco al letto. Le lancette segnavano le sei e otto minuti.
Solo allora si ricordò di non aver finito di preparare il baule, così impugnò la bacchetta magica e fece svolazzare dentro gli ultimi oggetti, per poi richiuderlo il più velocemente possibile. Afferrò i vestiti che aveva lasciato ai piedi del letto per la partenza, infilò i jeans scuri rischiando di ruzzolare a terra e il maglioncino verde bosco che pungeva un po' sulla pelle scoperta. Sistemò i capelli scompigliati passandovi in mezzo le dita e li strinse in una coda bassa, per poi ficcarsi in testa il cappello donatole da Scarlett e riprendere la bacchetta in mano.
Aprì cauta la porta ed eseguì un incantesimo di protezione in modo tale che nessuno la sentisse, poi si diresse alla scrivania per scrivere un messaggio ai genitori.
 
Mamma, papà,
sto andando via di casa. 
Scarlett mi ospiterà per il resto delle vacanze di Natale, per cui sarò al sicuro. Non preoccupatevi per me, starò benissimo, e almeno Petunia potrà invitare a casa Vernon senza il timore che io possa rovinare tutto.
Non immaginate quanto mi dispiaccia andare via così, ma ero certa che se vi avessi parlato delle mie intenzioni mi avreste indotta a rimanere, e questa è l'ultima cosa che voglio. Ho bisogno di allontanarmi da qui e vivere meglio questo Natale, anche se senza di voi non sarà mai lo stesso. Spero che capiate.
Se ne avete voglia, potremmo rivederci al Binario 9 e ¾ il 3 gennaio, intorno alle dieci e trenta, quando prenderò il treno per tornare a scuola.
Vi voglio un mondo di bene. Spero che mi perdonerete. Un bacio.
 
Vostra Lily.
 
Afferrò il rotolo di pergamena appena scritto e lo poggiò sul letto in modo tale che fosse ben visibile, poi puntò la bacchetta contro il baule, facendolo levitare, e afferrò la gabbia nella quale era rinchiuso Alban, che stridette per essere stato svegliato così bruscamente e la guardò torvo.
Non appena fu arrivata all'ingresso, gettò uno sguardo alla casa e uscì fuori, il vento che le schiaffeggiava il viso.
La via era deserta e la neve si stendeva sul terreno in un cumulo regolare, risplendendo ai raggi del sole appena sorto, sui tetti bassi delle case identiche messe in fila come mattoni di una muraglia di cui non si intravedeva la fine. Si avviò lungo la stradina, infreddolita, e si strinse il collo ampio del maglione sulle orecchie per ripararle dal gelo impetuoso di quella mattina invernale, chiedendosi che cosa fare.
Materializzarsi pareva una scelta un po' azzardata in quel villaggio di soli Babbani, e aveva paura che qualche occhio indiscreto potesse scrutarla da dietro una finestra socchiusa, mettendola nei guai. Riflettè intensamente sulle possibilità da poter scegliere e si appartò in un vicolo buio e parecchio stretto, in cui vi era solo un cassonetto vuoto e un gatto dal pelo corto che fuggì via con un rapido scatto. Non c'era nessuno che potesse vederla, così sguainò la bacchetta e se la rigirò fra le dita, rimuginando rapidamente. Lì, in effetti, pareva piuttosto improbabile che la vedessero sparire in un momento e, proprio quando stava decidendo di spedire le proprie cose sull'uscio di casa Banks e Smaterializzarsi, il rumore sordo di un motore la fece sobbalzare e sollevare la bacchetta.
Nel momento in cui conobbe la causa di quel rombo improvviso, spalancò la bocca e arretrò, senza sapere minimamente cosa pensare.
Un autobus a tre piani di un accesissimo viola si era piazzato esattamente di fronte al vicolo. La scritta sul parabrezza, in lettere dorate e luminose, recitava: il Nottetempo, mentre due grossi fanali illuminavano la via solitaria di una luce giallastra e accecante.
Una ragazza che poteva avere più o meno l'età di Lily saltò giù dal pullman, intrecciò le mani dietro la schiena e cominciò a declamare ad alta voce, guardando a terra: « Benvenuti sul Nottetempo, mezzo di trasporto di emergenza per maghi e streghe in difficoltà. Allungate la bacchetta, salite a bordo e vi portiamo dove volete. Mi chiamo Candace Leighton e sarò la vostra bigliettaia per questa notte. Per qualsiasi destinazione, pagate undici falci e salite su. Se gradite una tazza di cioccolata calda, il prezzo sale a tredici, quindici per una borsa dell'acqua calda e uno spazzolino da denti del colore che desiderate ».
Sollevò lo sguardo e squadrò Lily da capo a piedi. Aveva capelli crespi e arruffati di un'indefinita tonalità di rosso, labbra voluttuose e un'aria scocciata. Masticava un chewing gum e indossava una divisa dello stesso colore dell'autobus alle sue spalle.
« Allora? » sbottò dopo un po', trattenendo uno sbuffo. « Sali o cosa, bella? Non abbiamo tutta la giornata ».
Ma Lily continuò a fissarla, senza parole. In effetti, a pensarci bene, aveva già sentito parlare di quell'autobus da qualche parte...
« Questo pullman va davvero ovunque? » domandò, incuriosita.
La ragazza annuì, fissandosi le unghie smaltate di un rosso acceso. « Naturale » rispose. « E molto più in fretta di quei rottami babbani ».
Lily annuì, chiedendosi come diavolo avesse fatto quell'autobus a trovarla, ma non aggiunse altro e cominciò a trafficare con la borsa a tracolla, frugandovi dentro finché non trovò alcune monete d'argento che porse alla ragazza. Dopodiché, salì e la aiutò a caricare il baule e la gabbia di Alban, che aveva ripreso a dormire, e guardandosi intorno rimase una seconda volta assai meravigliata. Dentro il pullman, infatti, non vi era alcun sedile. Al loro posto, vi erano un mucchio di letti disposti in ordine accanto ai finestrini, illuminati dalla luce di alcune candele. Al volante vi era un uomo dagli occhiali spessi e i capelli arruffati, che sedeva su una comoda poltrona, mentre quella libera accanto alla sua venne presto occupata nuovamente dalla ragazza, che accavallò le gambe e fece cenno a Lily di prendere posto sul letto accanto a lei.
« Riparti, Ern » disse all'autista con aria annoiata, e quello ingranò la marcia e partì in quarta, schizzando come un fulmine lungo la via.
Lily, che era rimasta in piedi a sistemare la borsa, venne scaraventata a petto in giù sul letto e per poco non ruzzolò sul pavimento. Candace ridacchiò, guadagnandosi un'occhiataccia a cui non prestò la minima attenzione, e quando Lily si fu rimessa a sedere, vide che l'autobus viaggiava per una stradina di campagna a tutta velocità, una via completamente diversa da quella in cui si trovava casa sua.
« Sei rossa naturale, tu? » domandò senza alcun tipo di preambolo la ragazza, fissandola con insistenza.
Lei si voltò a guardarla, lievemente perplessa, e annuì. « Sì, ehm... sono... rossa naturale, sì » confermò, chiedendosi perché accidenti le importasse.
« Si vede » buttò lì Candace, tornando a dedicare la propria attenzione alle unghie affilate. « Io ho cambiato un mucchio di tinte... da piccola ero mora, poi da ragazza mi sono fatta bionda, ho provato col nero e con tutti i tipi di rosso... e questo è il risultato. Com'è che ti chiami, tu? » chiese poi.
Lily si distese sul letto, cercando di non precipitare giù. « Lily » rispose, senza guardarla. « Lily Evans ».
La ragazza grugnì. « E dov'è che vai? » domandò ancora, stendendo le gambe e poggiandole ai piedi del suo letto. « C'è un po' di gente al piano di sopra, dovrai aspettare un po', ma non muore nessuno, facciamo in fretta ».
« Non c'è problema » fece lei, scrollando le spalle. « Vado a Mayfair, comunque, a Londra ».
Candace annuì e si voltò, dandole le spalle e borbottando ad Ern qualcosa che però Lily non riuscì a cogliere.
Mise le braccia dietro la testa e incrociò le gambe sul letto, fissando il vuoto. Aveva lo stomaco in subbuglio, la testa che scoppiava e un gran desiderio di mandare giù qualcosa per non svenire, ma su quell'autobus non sarebbe riuscita a mangiare un bel niente, e di certo non se la sentiva di provare.
Ascoltò il rumore assordante delle gigantesche ruote che sfrecciavano sull'asfalto, si tenne aggrappata ai bordi del letto e tentò di tenere la mente occupata, così da non farla deviare verso direzioni spiacevoli, come la zona genitori. Chissà come avrebbero reagito leggendo il suo biglietto... non potè evitare di sentirsi terribilmente in colpa, ma scacciò immediatamente il pensiero e si dedicò all'osservazione di un buco sulla coperta giallastra che ricopriva il letto.
Non vedeva l'ora di rivedere Scarlett. Sapeva benissimo che l'unica in grado di capirla davvero era lei, l'unica che sarebbe rimasta lì ad ascoltarla finché ne avrebbe avuto bisogno, l'unica da cui avrebbe mai potuto rifugiarsi in un momento di totale sconforto come quello che stava vivendo.
In fondo, Scarlett c'era sempre stata. Era stata lì per calmarla ogni volta che, furiosa, era corsa da lei dopo uno dei soliti scherzi idioti di Potter; era stata lì per consolarla il giorno di Natale al primo anno, quando fra i suoi regali non aveva trovato quello di Petunia; era stata lì quando aveva perso la testa in vista dei G.U.F.O. e dopo la prova di Antiche Rune, quando, inspiegabilmente, non era riuscita a tradurre più di due righi interi e aveva cominciato a darsi il dizionario sulla fronte; era stata lì quando il suo primo ragazzo l'aveva mollata senza una motivazione e aveva preso a inveire contro qualsiasi essere maschile sulla terra, affatturando James quando le aveva semplicemente augurato una buona giornata; era stata lì quando Severus l'aveva chiamata Mezzosangue. 
E sarebbe rimasta, sempre. Era una delle poche cose al mondo su cui non aveva dubbi.
L'autobus sussultò e Lily rischiò di capitolare a terra, ma riuscì ad agganciarsi all'asta metallica del letto appena in tempo. Dopo un momento, notò che Candace non era più seduta sulla poltrona accanto all'autista, ma era salita al piano di sopra attraverso una scaletta e adesso stava aiutando una signora incinta dall'aria stravolta a scendere giù dal pullman. Quando fu giù insieme ai propri bagagli, Ern ripartì a tutto gas e a Lily vennero i conati di vomito.
Odiava lo stramaledetto Nottetempo, ma almeno essere sballottata a destra e a sinistra con le orecchie che dolevano per lo sferragliare del pullman le permetteva di non pensare a cose spiacevoli. Le permetteva, con suo enorme sollievo, di non pensare proprio a nulla.
Prese a guardare fuori dal finestrino e vide che l'autobus non procedeva sempre lungo la strada. Finiva sui marciapiedi, sulla corsia vicina, ma cassonetti, alberi e intere abitazioni balzavano indietro per scansarlo, ritornando al loro posto non appena schizzava via. Era davvero qualcosa di inimmaginabile.
Il viaggio durò un bel po' e Lily osservò un mucchio di gente saltare giù dal pullman e andare via barcollante. Stava davvero per chiedere a Candace di farla scendere giù, che si trovassero in Marocco o a un passo da Mayfair non importava, quando lei le fece cenno di alzarsi.
« Puoi scendere, rossa » le disse, precedendola verso l'uscita mentre l'autobus si fermava di botto rischiando di far finire Lily lunga distesa sul pavimento. Afferrò i bagagli e li portò giù, salutò la ragazza con un sorriso che lei non ricambiò e si guardò intorno mentre il pullman filava via.
Riconobbe quasi all'istante quel luogo. Si trovava in una strada molto ampia ricoperta di neve, così lunga da sembrare interminabile. Era ornata da una fila di alberi macchiati anch'essi di neve, dai tronchi massicci e dalle radici così corpose da deformare i marciapiedi, mentre le abitazioni si stagliavano sul fondo della strada, tutte identiche.
Lily si avviò, trascinando il pesante baule sulla neve. Ricordava che i Banks abitavano in una delle prime villette sulla via, ma non ricordava con precisione quale fosse tra le tante, così cominciò a ricercare la casa giusta. Il freddo penetrava fin sotto i vestiti, facendola tremare, ma non fu difficile trovarla.
Le finestre erano ornate da vasi in terracotta su cui fiorivano enormi girasoli e Lily pensò bene che ci fosse lo zampino di una bacchetta magica di mezzo, capendo subito, a quella vista, di aver trovato il posto che cercava. Attraversò il piccolo giardino ben curato, soffermandosi a guardare un meraviglioso cespuglio di rose di cui, ne era sicura, si stava prendendo cura Charlotte, e bussò alla porta di casa Banks.
Dopo qualche momento, ad accoglierla fu Scarlett che, senza neanche preoccuparsi di verificare che ci fosse proprio Lily dietro la porta d'ingresso, si fiondò su di lei e l'abbracciò con forza. La ragazza, inizialmente paralizzata da quella ventata di capelli scuri che l'aveva travolta, si riprese subito e ricambiò l'abbraccio con affetto, sentendo in quel momento, proprio con Scarlett, il calore che si avverte quando si abbraccia una sorella.
Dopo un po' si separarono, e Scarlett cominciò ad osservare Lily con attenzione, come ad assicurarsi che stesse bene senza doverglielo chiedere.
« Allora? » le domandò poi, fissandola con aria comprensiva. « Come stai? »
Lily abbassò lo sguardo, emettendo un lieve sospiro, ma quando lo rialzò per rispondere all'amica, le sue parole furono bloccate dall'arrivo di Charlotte.
« Lily! » esclamò festante, avvicinandosi e stringendo anche lei la ragazza a sé. « Tesoro, sei arrivata! Come stai? Oh, spostati, cara, porto il baule in camera di Scarlett » e, con un colpo di bacchetta, fece sparire quello e la gabbia di Alban per magia. 
« Salve, signora Banks » la salutò Lily, titubante. Nonostante conoscesse Charlotte ormai da tempo, si sentì un po' in imbarazzo nel doverle chiedere, anche solo in silenzio, di ospitarla per il resto delle vacanze natalizie. « Volevo... volevo ringraziarla per... insomma, per l'ospitalità... »
« Ah, Lily, non essere sciocca » la interruppe subito la donna, accompagnando le parole ad un gesto noncurante della mano. « Sai che sei sempre la benvenuta qui da noi, anzi, quando Scarlett mi ha detto che saresti rimasta per il resto delle vacanze, sono stata felicissima ».
Le rivolse un gran sorriso carico d'affetto e Lily capì che era assolutamente sincera. Capì di potersi sentire finalmente a casa.
« Stavamo facendo colazione, tesoro » disse poi, invitandola ad entrare. « Vuoi unirti a noi? Cosa posso prepararti? Uova e bacon? Frittelle? Dimmi cosa preferisci ».
« Mamma, non cominciare » fece subito Scarlett, conoscendo fin troppo bene gli scatti di eccessiva maternità che mostrava la donna. « Io e Lily abbiamo alcune cose da raccontarci, prima » e lanciò un'occhiata complice all'amica. « Scenderemo a fare colazione più tardi, okay? »
La madre annuì. « Come comandate, madame » disse, sbeffeggiando il tono autoritario di Scarlett. Lei, per tutta risposta, le rivolse una smorfia, poi rise.
« Comunque, se Lily è troppo educata per dirmi cosa vuole, sceglierò io » aggiunse Charlotte, facendo per tornare in cucina. « Sempre che la memoria non mi inganni, ricordo che le frittelle ti piacciono tanto, tesoro. Vada per quelle ».
Lily diede in una risata sommessa, segno che la donna aveva centrato in pieno i suoi gusti. « Grazie, signora Banks » le disse ad alta voce, e la sentì ridere mentre entrava nella stanza in fondo a sinistra dalla quale, nello stesso momento, sbucò Miley, mezza ciambella in bocca, un enorme pigiama di un giallino tenue addosso e l'aria assonnata di chi ha dormito troppo ma non è ancora per nulla soddisfatto.
« Ciao, Lily » salutò, avvicinandosi per abbracciare la ragazza. « Sono contenta di vederti! So che resterai da noi ».
Lily le sorrise radiosa e annuì. « Sì... sì, resterò qui » rispose, sollevando timidamente le spalle. « Grazie, Miley ».
Lei ricambiò il sorriso in maniera, se possibile, ancor più ampia. « Il tuo regalo è stato pazzesco! » esclamò poi, improvvisamente più sveglia. « Ora che ci penso, meriti un bacio extra come ringraziamento, quindi ne approfitto » e le scoccò un bacio sulla guancia che la fece ridere. 
Miley era sempre stata estremamente affettuosa con lei, anche se era nella sua natura esserlo un po' con tutti quanti.
« Comunque, basta, vi lascio alle vostre chiacchiere tra amiche » annunciò infine, allontanandosi. « Torno a mangiare. Quando scenderete, comunque, mi troverete ancora lì. E questa, signori miei, è una solenne promessa. Ossequi ».
« Ecco, brava, continua il tuo processo di trasformazione in una scrofa, vai » la prese in giro Scarlett, mentre Lily scoppiava a ridere. 
Miley non parve ferita dalle sue parole e, in cambio, le rivolse un gestaccio che sarebbe stato capace di far infuriare anche la dolce, assai cara Charlotte.
« Che stronza! » si lamentò Scarlett, iniziando a salire le scale per andare in camera. « E poi lei sarebbe quella dolce, gentile ed educata... ma guardala! »
Arrivate al piano di sopra, le due ragazze entrarono nella prima camera che si affacciava di fronte alla scala. Era ampia e luminosa, con un grande balcone che dava sul retro dell'abitazione, dove vi era l'altra parte del giardino. Una parete era stata dipinta di un rosso fiammeggiante, mentre su quelle bianco sporco spiccavano stendardi di Grifondoro e una sciarpa firmata da tutti i suoi compagni di squadra, nonché alcune fotografie insieme alle amiche, con la sorella e anche una in cui lei e James neonati facevano il bagno insieme. Un letto a castello dominava la stanza, un tempo appartenuto anche a Miley finché la sorella non l'aveva affettuosamente cacciata per poter avere maggiore spazio a disposizione e tutta la privacy che avrebbe potuto desiderare, mentre dal lato opposto troneggiava un enorme armadio - magicamente ampliato all'interno - che conteneva tutti quanti i vestiti di Scarlett da una parte, ordinatamente suddivisi per occasioni o colori, e dall'altra tutte le sue paia di scarpe, dalle più banali e sportive simili a quelle che indossava la sorella a tutte le ore del giorno a quelle col tacco che indossava in occasione di eventi particolari. Miley non si asteneva mai dal fare smorfie ogni volta in cui guardava Scarlett aprirlo, ma lei non le prestava la minima attenzione e le consigliava di dare invece un'occhiata per apprendere le basi del semplice concetto di stile.
Le due si accomodarono sul morbido materasso l'una di fronte all'altra, incrociando le gambe. Scarlett strinse al petto il suo leoncino di peluche e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre Lily si toglieva il cappellino dalla testa e scioglieva la coda bassa.
« Lo hai messo » osservò Scarlett, sorridendo. « Devo dedurre che ho fatto centro ».
Lily annuì, sorridendo debolmente. « Hai fatto centro, sì. Come sempre » convenne, afferrando il cuscino. « Ancora non capisco come fai a non sbagliare mai regalo ».
« Ti conosco, baby » scherzò l'altra, dandole un colpo sul braccio. « E' questo il trucco ».
La ragazza rise sottovoce, poi calò il silenzio. Strinse forte a sé il cuscino, come se si stesse proteggendo da qualcosa, pensierosa.
« Sei a pezzi » esordì Scarlett dopo un po', guardando seria l'amica con il capo inclinato. « Si vede lontano un miglio ».
Lily, a quelle parole, sollevò lo sguardo, incontrando quello della ragazza. « Lo vedi tu » rispose semplicemente.
Scarlett sorrise appena, stringendo le labbra. « E chi altrimenti? » e le si avvicinò nuovamente, stringendola a sé in un abbraccio caloroso. 
Lily, a differenza sua, non sapeva minimamente nascondere i sentimenti che provava, e il dolore in particolare. Le si leggeva chiaramente in volto quando soffriva terribilmente per qualcosa, quando aveva bisogno di un abbraccio, quando desiderava ardentemente stare da sola o sfogare pensieri e paure senza alcun freno. Scarlett, in particolare, aveva imparato a distinguere esattamente ognuno di questi momenti, riuscendo come nessun altro a leggere in quegli occhi verdi che tanto sapevano comunicare ed esprimere, senza riserve.
Anche in quell'occasione, infatti, aveva capito ogni cosa. 
Lily aveva bisogno di un abbraccio di una vera sorella, aveva bisogno di affetto sincero, di essere accettata nella sua vera essenza, di sentirsi bene con se stessa senza la paura di turbare i sentimenti altrui, di essere semplicemente Lily. Solamente Lily.
Accolse l'abbraccio di Scarlett come una ventata di aria fresca, e si aggrappò a lei come se fosse il suo unico sostegno, stringendosi a lei con forza, affondando le dita nella pelle, mentre lei le accarezzava dolcemente i capelli folti.
« Va tutto bene... » le sussurrò, rassicurante. « Si risolverà tutto... sta' tranquilla... »
Rimasero così per qualche minuto, poi Lily si separò dall'amica, riuscendo a stento a reprimere le lacrime che minacciavano nuovamente di venir fuori.
« Hai ragione, sono a pezzi » disse alla fine, sistemandosi i capelli dietro le spalle. « E il fatto è che non è solo tristezza o amarezza » spiegò, mentre Scarlett la ascoltava attenta, « sono... sono stanca, tesa, nervosa, terribilmente in colpa per i miei genitori... ho passato delle giornate terribili e ho accumulato tutto in silenzio, finché ieri non sono esplosa, e... e ora sto davvero male ».
Iniziò a raccontare tutto su quei tre giorni passati a casa, i continui scontri con Petunia, i suoi tentativi e quelli dei suoi genitori di rimettere a posto un rapporto ormai fortemente incrinato, il muro incrollabile costruito della ragazza per evitare ogni tipo di contatto con lei e infine la lite che aveva messo fine a tutte le speranze di Lily di ritrovare sua sorella, quella che l'aveva costretta a scappare da quella casa in cui aveva sentito la sua presenza farsi troppo ingombrante.
« Sono stanca, Scar » mormorò alla fine, sospirando pesantemente. « Sono stanca di provare ad avvicinarmi a qualcosa che non raggiungerò mai. Perché so bene che lei non cambierà col tempo e non riuscirà a superare la rabbia che prova verso di me... credo che per farlo si aspetti che sia io a fare qualcosa ».
« In che senso? » chiese Scarlett, spaesata.
Lily diede in un altro stanco sospiro. « Io penso che lei tornerebbe ad essere mia sorella solo se io rinunciassi alla mia vita da strega » spiegò, lo sguardo basso. « Sono convinta che sarebbe disposta a cancellare tutto solo se io riportassi tutto alla normalità, come la chiama lei ».
« Ma essere una strega è la normalità, per te » replicò immediatamente l'amica. « Non puoi abbandonarla... è parte di te ».
« Lo so » convenne l'altra con forza. « E non ci rinuncerò per compiacerla. Se davvero provasse affetto per me, vorrebbe solo il meglio per sua sorella, come io lo desidero per lei ».
Tornò a trafficare con i capelli, torturandosi una ciocca rossa del ciuffo. 
« Non riesco neanche ad odiarla » sbottò poi, lasciandola perdere per guardare l'amica. « Se la odiassi, sarebbe tutto molto più semplice... non mi importerebbe più, vivrei più serena e senza la preoccupazione di farle del male o di cercare il suo affetto, ma... non ci riesco ».
Scarlett la osservò con attenzione, sorridendo affettuosa. Lily, talvolta, sapeva raggiungere un tale grado di dolcezza da riuscire ad essere disarmante.
« Tu non saresti capace di odiare neanche uno Schiopodo Sparacoda, figurarsi tua sorella » disse, ridendo sottovoce, e Lily la imitò. « Non è nella tua natura, ed è bello e giusto così. Io sono sicura che neanche lei ti odi... non riesco proprio a concepire come possa esistere un reale odio tra due sorelle ».
« Lo credevo anch'io » fece l'altra, scuotendo lievemente il capo. « Ma adesso non ne sono più così sicura. Il suo comportamento è una continua prova del fatto che l'odio tra due sorelle può esistere, eccome ».
« Sei troppo scossa e coinvolta per vedere la faccenda con lucidità » la contraddisse Scarlett. « E' normale da parte tua pensare che il suo sia odio. Ma io che guardo dall'esterno posso dirti che, se fosse come dici tu, Petunia sarebbe già passata all'indifferenza, che fa ancora più male. Invece no, continua a punzecchiarti, a provocarti e queste altro non sono che richieste di attenzione ».
Lily la ascoltò con interesse, soppesando e vagliando il punto di vista della sua migliore amica. Non aveva mai preso in considerazione quella ipotesi.
« Lei tiene molto a te » proseguì lei, convinta. « Ne sono certa... E' solo troppo orgogliosa per fare un passo verso di te, visto che ritiene di essere lei quella che ha subito questa situazione e tu la colpevole. Non è capace di superare questa diversità che vi distingue, non la accetta, quindi continua a fare la dura e a mostrarsi arrabbiata. Certo, sette anni sono tanti, ma prima o poi le passerà. Adesso non è più una bambina, presto o tardi si renderà conto che sta perdendo qualcosa di troppo importante ».
Lily continuò a guardarla negli occhi, riflettendo per la prima volta su quella che probabilmente era la realtà dei fatti che non le si era mai presentata davanti agli occhi. Effettivamente, il discorso di Scarlett era molto saggio e obiettivo, e lei sperò che fosse anche vero. 
Da quel punto di vista, l'amica si sbagliava raramente. Era capace di centrare sempre il punto, riuscendo spesso ad indovinare la vera essenza delle persone e spesso a prevederne reazioni e comportamenti. Le amiche, infatti, si rivolgevano a lei proprio nella consapevolezza di ricevere un parere che molte volte risultava azzeccato. Il suo intuito e l'istinto che in parecchie occasioni l'avevano portata ad affermare il vero, però, svanivano quando si trattava di se stessa. Se avessero entrambi funzionato anche con le persone intorno a lei e l'avessero guidata in alcune scelte passate, sicuramente Scarlett si sarebbe ritrovata con qualche ferita in meno e con un pizzico di fiducia negli altri in più.  
Dopo averla ascoltata totalmente assorta, Lily le sorrise e si gettò su di lei per abbracciarla nuovamente.
« Grazie, Scar » le sussurrò, mentre lei la stringeva e rideva sommessamente. « Non so cosa farei senza di te ».
La ragazza continuò a ridere sottovoce. Non era molto il tipo da frasi sdolcinate e mielose tra amiche, e neanche Lily lo era, però, a differenza sua, sapeva essere molto più calorosa e non sapeva tenere per sé il desiderio di manifestare il proprio affetto.
« Mmm... cosa faresti? » riflettè, fingendosi pensierosa. « Beh, fammi pensare... penso che in questo momento ti troveresti al Paiolo Magico a parlare disperata con Tom il barista che, vedendoti così giù, ti avrebbe offerto un'ottima zuppa di cipolle con un bicchierino di Ogden per dimenticare. Tu, credendo di risolvere i tuoi problemi affogandoli nell'alcool, a quel punto ti saresti ritrovata mezza ubriaca a girare per Notturn Alley finché non ti avrebbe trovata Hagrid che, impietosito, ti avrebbe accolto nella sua capanna dove avresti trascorso il resto delle vacanze. Mi sono sbagliata di molto? »
Lily scoppiò a ridere e, senza slegarsi dall'abbraccio, le diede un forte colpo sul braccio.
« Maledetta » la insultò, continuando a ridere. « Ti voglio bene » disse poi, stringendosi ancora di più sulla sua spalla.
Scarlett si allontanò e le scostò qualche ciuffo spettinato di capelli dal volto.
« Ti voglio bene anch'io » rispose, intenerita, e Lily le rivolse un gran sorriso, quando all'improvviso una voce arrivò dal piano di sotto.
« Chiacchierone, le frittelle sono pronte! » urlò Charlotte, richiamando le due ragazze. « Vi avviso, c'è Miley in agguato, qui, se non vi sbrigate a scendere! »
Le due scoppiarono a ridere e si alzarono dal letto, abbandonando il peluche e il cuscino sul piumone scarlatto. 
« Preparati a prendere qualche chilo in questi giorni » la avvisò Scarlett, infilandosi le pantofole fucsia acceso. « Mia madre tenterà di ingrassarti come un vitello... e ci riuscirà, sorella. Oh, se ci riuscirà ».
Lily rise e aprì la porta della camera, respirando a fondo. Si sentiva stranamente bene, e non le importava, al momento, l'idea che il dolore sarebbe presto ricomparso. Guardò Scarlett, di fianco a lei, e le diede un giocoso colpo d'anca sul fianco.
« Sempre meglio della zuppa di cipolle di Tom il barista » rispose, e fu il turno di Scarlett di scoppiare a ridere.
 
 
*  *  *
 
 
La mattina del 31 Dicembre fu più nevosa e gelida che mai. Il vento spazzava i fiocchi di neve aggrappati ai ramoscelli degli alberi messi in fila sull'ampio viale, le ante delle finestre sbatacchiavano e sibilavano e nessuna delle fiammelle magiche seminate in casa Banks pareva riuscire a riscaldare minimamente l'ambiente. Il paesaggio, però, era meraviglioso. Burrascoso, certo, ma incantevole da osservare attraverso i vetri appannati, magari avvolti da strati di coperte e armati di una tazza di cioccolata calda stretta tra le dita.
Quei giorni di festa erano stati sereni, privi di avvenimenti particolari ma assolutamente divertenti. 
Lily aveva deciso di lasciare da parte le sue preoccupazioni almeno per la durata delle vacanze natalizie e anche perché non intendeva rovinarle alla sua migliore amica, che tanto le era stata d'aiuto in quel momento di totale sconforto. Qualche giorno prima, insieme a lei, Miley e Charlotte, era andata a fare compere per la notte di Capodanno e avevano trascorso un tranquillo pomeriggio fra donne, spendendo gran parte del denaro che avevano conservato nelle borse senza il minimo riguardo. Solitamente, le tre erano rimaste tutte le sere a chiacchierare nella camera di Scarlett fino a notte fonda, tanto che un paio di volte Charlotte le aveva trovate la mattina seguente tutte accovacciate in posizioni improponibili in un solo letto, probabilmente dopo essere crollate per la stanchezza senza neanche accorgersene.
Quella mattina dell'ultimo dell'anno, però, le ragazze si erano fatte trovare ognuna nei propri letti e, cosa ancor più strana, Miley era già in piedi quando Scarlett e Lily stavano ancora dormendo. Non che fosse un orario normale per trattenersi ancora fra le braccia di Morfeo, visto che mezzogiorno era passato da un quarto d'ora abbondante, ma di solito era Miley l'ultima a compiere il sacrificio di abbandonare il proprio letto caldo per concedersi alla vita diurna.
Dopo numerosi tentativi da parte di Charlotte di svegliare le due dormiglione in modo soft, la donna si ritrovò costretta a dover utilizzare le maniere forti.
Notando con disappunto che nessuna delle due dava segni di vita al suono del suo picchiare alla porta della camera, decise allora di entrare.
« Scarlett... » mormorò scrollandola, con la vaga sensazione che avrebbe ripetuto quel nome a lungo... e anche a vuoto. « Scarlett, svegliati ».
La ragazza diede in una serie di mugugni indistinti e si voltò dall'altra parte. La madre, dunque, con un mezzo sbuffo, si allontanò per aprire le tende e far penetrare la luce del sole attraverso i vetri del grande balcone di fronte ai due letti. 
La reazione a quel gesto fu immediata, ed entrambe si coprirono di scatto il viso con le pesanti coperte.
« Mamma! » protestò subito Scarlett con la voce ancora impastata di sonno. « Ma che fai? Chiudi subito quelle dannate tende! »
« Scarlett, sono le dodici e venti, quando avete intenzione di alzarvi, tutte e due? » fece la donna, sbigottita. 
« Quando vogliamo, come sempre » replicò la ragazza, infastidita. « Scommetto che Miley dorme ancora ».
La donna rise piano. La fama della figlia minore era ormai divenuta leggenda. 
« Ti sbagli » rispose Charlotte, accarezzando dolcemente la figlia e sedendole accanto. « Miley è in piedi da un pezzo. Ma ti sei scordata che giorno è oggi? »
Scarlett guardò la madre interrogativa. Si era sicuramente persa qualche passaggio fondamentale della conversazione.
« 31 Dicembre 1977 » rispose subito, saccente. « E con questo? Non sapevo che la mattina di Capodanno ci si dovesse svegliare prima... al massimo, si fa il pieno di sonno per affrontare la notte successiva, non credi? »
La madre rise, notando che, come sempre, Scarlett sapeva essere graffiante nelle sue risposte. 
« Buongiorno, signora Banks » arrivò la debole voce di Lily dal letto di sopra. « Ci scusi, siamo un completo disast-... »
« Ci scusi un corno! » la interruppe subito Scarlett, furiosa. « Miley può sempre farsi i suoi comodi, dormire fino all'inverosimile e non essere mai disturbata, e per una volta che, non si capisce come, si alza prima di me, allora io non posso più dormire? E' assurdo! »
« Non se c'è un motivo per cui bisogna alzarsi » spiegò la madre con calma. « Comunque, fai come vuoi. Se preferisci farti trovare in pigiama, a me va bene ».
« Ma farmi trovare in pigiama da chi? » domandò la ragazza, sempre più confusa.
La donna scosse il capo, sorridendo. « Scarlett, ci sei? » la prese in giro, dandole un buffetto sulla fronte. « E' il 31 Dicembre, non ricordi chi viene a trovarci oggi? E dire che è tradizione di ogni anno praticamente da sempre ».
Scarlett sbarrò gli occhi. Non aveva la minima idea di ciò di cui stava parlando sua madre.
« Mamma, guarda che io non so niente » la informò, sistemandosi meglio sul letto.
« Com'è possibile? » si domandò Charlotte, incredula. « Ne ho parlato con Miley e mi aveva assicurato che te l'avrebbe detto lei... oggi verranno Charlus e Dorea con James a mangiare qui da noi ».
« COSA? » saltò su Lily, che si affacciò dal letto superiore per guardare meglio la donna e Scarlett. 
Charlotte rise, conoscendo, come tutti, del resto, la travagliata storia d'amore e d'odio - solo d'odio, in effetti - di Lily e James.
« Sì, Lily cara, ti toccherà questa sofferenza anche a Capodanno » le comunicò, sorridendo.
In realtà, era ormai un appuntamento consolidato nel tempo quello che vedeva la famiglia Potter e la famiglia Banks riunirsi durante le vacanze natalizie per trascorrere una giornata insieme. Ogni anno, infatti, quando i ragazzi tornavano da Hogwarts, i genitori organizzavano tra Natale e Capodanno un giorno da passare in compagnia, approfittando della mancanza di impegni lavorativi degli adulti e della scuola dei figli per vedersi tutti al completo e passare almeno un giorno di festa insieme. L'anno precedente erano stati proprio i Banks a fare visita ai Potter poco dopo Natale, quindi quell'anno toccava ai Banks ospitare gli amici, poiché la famosa tradizione prevedeva anche che quella bella rimpatriata avesse luogo un anno a casa degli uni e quello seguente a casa degli altri.
« E non è tutto » aggiunse la madre, informando la figlia su ciò che non sapeva. « Quest'anno, oltre ai Potter, abbiamo altri due ospiti... Sirius e Remus hanno trascorso le vacanze a casa di James, quindi verranno qui anche loro ».
« COSA? » fu la pronta reazione di Scarlett, che scattò a sedere sul letto. « Stai scherzando, vero? »
« Per niente, Scarlett » cercò di tranquillizzarla la madre. « E poi non capisco perché sei tanto stupita... sai che ogni anno organizziamo questa giornata con Charlus e Dorea, lo facciamo da secoli ».
« Sì, ma non me ne hai neanche accennato, quindi pensavo che quest'anno non si potesse far nulla! » spiegò la ragazza, sconvolta.
« Mi dispiace, tesoro » sospirò alla fine Charlotte. « Pensavo che lo sapessi, Miley mi aveva fatto giurare di non dirti niente perché voleva essere lei a farlo... »
D'un tratto, Scarlett capì ogni cosa. Ecco di chi era la colpa di tutto. E di chi altri avrebbe potuto essere? Di chi altri se non di lei? La maledetta.
« Chiamami Miley. Subito » disse alla madre, dura, mentre anche Lily scendeva dal letto per sedersi accanto a lei. Non poteva che essere stata lei l'autrice di quel macello. Miley, infatti, non perdeva mai occasione per combinare scherzi e burle a chiunque le capitasse a tiro, e Scarlett era senza dubbio la sua vittima preferita. Sicuramente, quella volta aveva trovato divertente il fatto di nascondere alla sorella e a Lily la visita dei ragazzi, in modo tale da vederseli piombare in casa senza un minimo di preavviso.
La ragazza non tardò a fare il suo ingresso in camera di Scarlett, un sorriso soddisfatto stampato in volto e le braccia incrociate al petto.
« Bella sorpresa, eh? » esordì, trattenendosi dallo scoppiare a ridere di fronte alle espressioni furiose e sbigottite di Scarlett e Lily.
« Spiegati » replicò secca la sorella, lo sguardo truce di chi vorrebbe uccidere attraverso una sola occhiata. 
Miley sospirò soavemente. « Beh » iniziò a dire, innocente, « la mamma mi ha detto di questa bella visita e, sapendo che entrambe non nutrite particolare simpatia per due dei tre componenti della combriccola, ho pensato di omettere la notizia del loro arrivo per non turbare la vostra... quiete natalizia, ecco ».
Il volto di Scarlett non fece una piega, anzi si indurì ulteriormente.
« James non mi ha detto niente » aggiunse, seria e decisa a capire la congiura ordita dalla sorella. « Eri d'accordo con lui, non è così? »
« Ovviamente » fu la placida risposta di Miley. « Ma ci sarà una sorpresa anche per lui. Ho anche omesso il dettaglio Lily. Gli verrà un colpo quando ti vedrà » disse infine, rivolta all'amica.
Lei e Scarlett la osservarono a lungo, serie in volto. 
« Sei una maledetta stronza » la apostrofò dopo un po' la sorella, in tono definitivo. « E lo è anche quel bastardo di James ».
« Il tuo problema è che non hai senso dell'umorismo » replicò invece Miley, tranquilla. « Sul serio, vi ho solo risparmiato le lagne che avreste portato avanti per James e Sirius, e non ditemi che non vi sareste lagnate, perché non ci credete neanche voi ».
In effetti, le due ragazze si guardarono ma non osarono contraddirla, optando piuttosto per un momentaneo silenzio.
« E comunque, ti ringrazio per il tenero insulto che mi hai rivolto, lo apprezzo molto » proseguì Miley, imperterrita. « E se vuoi, potrai anche rivolgerlo a James in persona. Dovrebbero essere tutti qui a minuti ».
Il panico che pervase la stanza al suono di quelle parole fu palpabile. Un gelo improvviso si impadronì dei corpi delle due povere sciagurate, che si scambiarono uno sguardo pietrificato e quasi tremarono per il terrore. Calò il buio più nero e ciò che rimase fu quell'incubo oscuro e il suo arrivo incombente... una sorte inevitabile per due sventurate che non lo meritavano, ma che avrebbero dovuto subirla senza fiatare...
« DOBBIAMO PREPARARCI... SUBITO! »
E quel grido di guerra scatenò l'inferno. In un attimo, infatti, Lily e Scarlett schizzarono fuori dalla stanza così velocemente che quasi trascinarono Miley con sé; si sbatterono la porta del bagno alle spalle e cercarono di sciacquarsi il viso, lavare i denti e pettinare i capelli nello stesso momento, provocando la caduta di quasi tutti i prodotti di Charlotte chiusi dentro il piccolo armadietto accanto al lavabo e il caos più totale dentro le quattro lucide pareti. Terminata più o meno bene l'operazione, si catapultarono nuovamente in camera come due schegge e cominciarono a frugare fra i vestiti mentre, al piano inferiore, qualcuno bussava alla porta. Quel rumore provocò una seconda ondata di panico, tanto che Lily si fece cadere il baule sul piede e gemette di dolore, mentre Scarlett, intenta a infilarsi una calza al piede, ruzzolò sul pavimento con un sonoro botto.
Nel frattempo, mentre la disperazione dilagava, al piano di sotto facevano il loro ingresso la famiglia Potter e i componenti aggiunti, accolti da mamma e papà Banks che sollevarono lo sguardo al soffitto domandandosi cosa stesse accadendo di tanto catastrofico nella camera della loro primogenita per provocare tutto quel trambusto. Con un rapido scambio di sguardi, decisero silenziosamente di restare nell'ignoranza e aprirono la porta di casa.
« RAGAZZONE! » fu il ruggente saluto di Charlus, che allargò le braccia per stringere a sé l'amico di sempre. « E' un mese che non ti vedo e hai ancora tutti i maledetti capelli in testa! Ma cadranno, oh, se cadranno... »
Richard rise di cuore. Charlus si chiedeva sempre come facessero i suoi capelli a essere gli stessi di trent'anni prima, e lui rispondeva spesso che a svelargli i suoi trucchi era proprio suo figlio James, un mentore nell'arte del parrucco anche se non rivelava al padre nessuno dei suoi segreti.
« Smettila di sperarci tanto, Charl, mio marito è bellissimo così » cinguettò Charlotte, abbracciando a sua volta l'uomo, che ridacchiò.
In quel momento, finalmente, entrarono nella stanza le ragazze, due delle quali col fiatone, al contrario dell'altra che era assolutamente rilassata.
Nessuno parve accorgersi della loro presenza, finché James, voltandosi, non le vide e non spalancò la bocca, apparentemente sconcertato.
« Li... Lily? » domandò, sconvolto, mentre anche gli amici seguivano il suo sguardo. « Sei... proprio tu? »
La ragazza rise e si avvicinò. « Lily » confermò, scoccandogli un bacio sulla guancia e sorridendogli con calore. « Sì, mi chiamano così ».
Ma James era così sconvolto da non riuscire neanche a ridere e continuò a fissarla a bocca aperta, come se fosse stata una sorta di essere soprannaturale. Fortunatamente, Richard lo riportò alla realtà e gli avvolse un braccio intorno alle spalle, stringendolo a sé con un caloroso: « Ragazzo mio! » che lo fece sorridere.
Charlotte, invece, aveva occhi solo per Sirius, che in quel momento fissava Scarlett, tutta intenta a osservare con aria allegra il padre e l'amico abbracciati.
« Sirius, mio caro, come sei bello! » trillò, scompigliandogli affettuosamente i lunghi capelli neri. « Come stai? Hai fatto buone vacanze? »
Il ragazzo si riprese e le rivolse un sorriso gentile, proprio mentre Scarlett rivolgeva a lui la sua attenzione. 
« E' un piacere rivederla » disse, concedendole il consueto baciamano che la fece arrossire.
Richard intercettò il gesto e guardò Sirius per la prima volta, guardingo. Quel volto affascinante e quell'aria altera non preannunciavano nulla di buono.
« Rich, questo è Sirius » fece Charlotte tutta contenta, rivolgendosi al marito. « E lui è Remus, sono due splendidi ragazzi ».
Annuì con vigore, scostandosi su una spalla un ampio boccolo biondo. « E lui è mio marito Richard, cari » proseguì, affettuosa.
Remus tese educatamente la mano, sorridendo e mormorando: « Piacere, signor Banks », e Richard la strinse con qualche riguardo, osservandolo a lungo. Dopodiché, anche Sirius porse la propria, un angolo della bocca sollevato in un accenno di sorriso e uno sguardo attento che frugava il volto dell'uomo.
« Piacere di conoscerla, signor Banks » disse sottovoce, attendendo che lui stringesse la sua mano tesa.
Dopo parecchi secondi, Richard lo fece, ma non rispose e la ritrasse in fretta, continuando a studiarlo anche mentre si allontanava con assoluta nonchalance.
Lo vide fare qualche passo e raggiungere Scarlett, sorriderle. La cosa puzzava. Puzzava parecchio.
« Bella Banks » disse in un soffio, scostandole dietro l'orecchio un ciuffo di capelli sfuggito all'elastico che li stringeva. « E' bello rivederti ».
Lei sorrise, stupita, ripassando le dita sui capelli ormai ritratti. « Risparmiatela per la prossima ragazza, Black » scherzò poi, mollandogli un pugno giocoso sul braccio, e lui rise, scuotendo il capo con una finta aria esasperata.
« Tu dovrai fare i conti con me, invece » fece Scarlett d'un tratto seria, avvicinandosi con aria minacciosa a James che, voltandosi dopo aver salutato Charlotte e averla omaggiata con un mazzo di ciclamini, impallidì.
« Oh... ehm... » balbettò, evidentemente alle strette. « E' colpa di Miley. Mi ha fatto il lavaggio del cervello. Non c'entro assolutamente niente ».
« Oh, certo! » sbottò lei, serrando le braccia, inviperita. « E da quando in qua James Potter il Magnifico si lascia fare il lavaggio del cervello? Ma sai che ti dico? Avevo in serbo un milione di bacini natalizi per te, ma puoi scordarteli tutti! »
La sofferenza dipinta sul volto di James era indescrivibile. I suoi occhi da cerbiatto erano così colmi di tristezza da far venire le lacrime agli occhi. Chiunque si sarebbe rimangiato le parole nel giro di due secondi scarsi. 
Chiunque. Tranne lei. Perché diciassette anni di occhi dolci rendono impermeabili, si sa.
« E non fare quella faccia da cerbiatto bastonato! » aggiunse, feroce. « Non mi tange, Potter, non meriti nulla da me! »
Lui, ormai in preda alla più pura disperazione, decise di giocarsi l'ultima carta a disposizione e la strinse in un abbraccio affettuoso nella speranza che la rabbia evaporasse. Beh... funzionò.
« Maledetto stronzo » fece la ragazza tra i denti, lasciandosi stringere. « Sappi che la dose di bacini è comunque ridotta. Io non dimentico ».
Lui scoppiò a ridere e la lasciò andare. « Miley ha fatto il doppiogioco anche con me, comunque » aggiunse, accennando alla sorella. « Insomma, non avevo la minima idea che ci fosse anche Lily. Ho rischiato di rimanerci secco, sai? Il Natale l'ha resa più bella » sospirò, palesemente innamorato.
Scarlett sorrise, decisa a sorvolare sull'ultima affermazione alquanto pietosa, e rivolse a Sirius un'occhiata eloquente, ricevendo in cambio un sorriso.
Nel voltarsi, notò che Remus e Miley erano già impegnati in una fitta conversazione, e sorrise tra sé e sé, compiaciuta, prima di andare ad abbracciare Dorea e farsi stritolare da Charlus.
« Ma chi è questa bella ragazzona? » tuonò proprio quest'ultimo dopo aver lasciato andare la ragazza, osservando Lily con sincero interesse. « Mi pare di averti già visto da qualche parte... »
« Oh » fece lei timidamente, sorridendo. « Sono Lily, signor Potter. Lily Evans ».
L'uomo spalancò la bocca, portandosi una mano al cuore. Con l'altra, ricercò a tentoni il braccio della moglie e lo strinse convulsamente, senza smettere un attimo di fissarla. Lily arrossì, senza sapere cosa pensare, mentre James cominciava a farsi prendere dal panico e a fare gesti eloquenti in direzione del padre che, lo sapeva perfettamente, avrebbe combinato nel giro di un minuto uno dei suoi soliti disastri.
« Tesoro, è lei » bisbigliò a Dorea, ancora sconvolto. Pareva che non avesse mai visto nulla di simile. « E' Lily... »
« Santo cielo » fece la moglie, osservandola a sua volta, e la ragazza divenne del colore dei suoi capelli. « E' proprio come ce l'ha descritta James... »
A quelle parole, lui si tirò il collo del maglione sul viso, sperando intensamente di svanire nel nulla e dissolversi per sempre.
« Lily, è meraviglioso conoscerti! » esclamò Charlus, ora a gran voce, porgendole la mano e sorridendole con calore. « Sei ancor più bella di quanto James ci ha detto e, credimi, per lui sei quasi una divinità! Merlino santissimo, tutti gli scatti di James non ti rendono giustizia a sufficienza! »
« E' proprio vero! » cinguettò Dorea, e James si domandò con crescente disperazione perché la severa Dorea dovesse cedere il posto alla mamma dolce proprio in quel momento. « Ci chiedevamo quando ti avremmo conosciuta! James ci parla così bene di te, tesoro! »
Lily tentò un sorriso, decisamente sbigottita, e strinse le mani ai signori Potter, senza osare guardare James. Sentiva le guance bruciare.
« Tutti dentro, su, il pranzo è quasi pronto! » annunciò Charlotte, invitandoli ad avanzare lungo l'ingresso.
Chiacchierando, il gruppetto si fece strada verso il salone, dove una lunga tavola imbandita attendeva i piatti di Charlotte.
Charlus e Richard sedettero a capotavola, accanto alle mogli, James si mise allegramente in mezzo alle sorelle Banks, mentre Lily prese posto accanto a Remus e Sirius e, per sua enorme sfortuna, proprio alla destra di Charlus. Quando James se ne rese conto, tentò di tagliarsi la gola col coltello, ma le amiche glielo impedirono, e il tempestivo arrivo delle bistecche fumanti di Charlotte risolse momentaneamente la situazione.
Subito, Charlus e Richard, sotto richiesta del primo, iniziarono a discutere del viaggio appena concluso da quest'ultimo in Australia, di cui l'amico volle descritta ogni sfumatura e pretese, alla fine, di ammirare le foto che aveva scattato durante il suo soggiorno, essendo entrambi molto amanti della fotografia.
Dorea iniziò a parlare in maniera fitta con Miley, con la quale aveva un legame speciale, Lily, che, iniziando a conoscere la donna ne rimase subito positivamente colpita, e Remus, mentre James e Scarlett scherzavano fra di loro e Sirius discuteva amabilmente con Charlotte. 
Dopo un po', Charlus iniziò a dedicarsi totalmente a Lily, avendo in mente di fare una buona impressione come suocero, e cominciò a tartassarla di domande alle quali la ragazza rispose volentieri, anche se con leggero imbarazzo, ma comunque parecchio divertita sotto lo sguardo terrificato di James, mentre Richard si unì alla conversazione della moglie con Sirius, sembrando molto attento a studiare il ragazzo che, a pelle, non lo convinceva affatto.
Tra una portata e l'altra si susseguirono risate, racconti e discussioni, e tutto, comunque, pareva procedere per il meglio, fatta eccezione per James, che di fatto non toccò cibo a causa della terribile figura che il padre gli stava facendo fare, e per Scarlett, che dall'atteggiamento del padre capì che i rapporti tra lui e Sirius si stavano mettendo su un binario per niente buono già dai primi scambi di opinioni e di sguardi tra i due.
« Allora, ragazzone » esplose Charlus rivolto a Scarlett e Miley, dopo aver concluso un dibattito molto interessante con Lily sul tema della formazione di una famiglia, « come va la scuola? Non mi avete raccontato niente, neanche una lettera... ci sono rimasto molto male ».
« Non è vero, zio Charl » ribattè subito Scarlett, puntandogli contro la forchetta. « Ti ho mandato una lettera lunghissima per il tuo compleanno, l'hai dimenticato? »
L'uomo rise gioioso. « Hai ragione, tesoro, scusa » si corresse subito. « Ma io e te dobbiamo fare comunque due chiacchiere... non mi bastano le lettere! »
Quella volta, fu il turno di Scarlett di ridere. « Ovviamente » rispose con un sorriso. Fra Charlus e Scarlett c'era sempre stato un feeling particolare. Lui la adorava, la definiva la "sua fidanzatina" da quando aveva tre anni, e lei si divertiva molto a stare in sua compagnia, facendogli anche parecchie confidenze.
« E come procedono le vacanze? » riprese, nuovamente rivolto a entrambe, anche se l'attenzione di Miley era totalmente rivolta a Remus, con cui stava parlando da più di dieci minuti. « Avete fatto qualche incontro piccante per Natale? »
« Ma piantala! » intervenne Richard, scoccandogli un'occhiataccia carica di rancore, mentre le due ridevano. « Sono state due angeli, vero, ragazze? »
L'uomo rise di cuore. « Sono tutti angeli fino a un certo punto » gli disse, saggio. « Poi arriva il ragazzone che le fa sbarellare ed è finita! »
« Charlus! » lo rimproverò la moglie, sbattendo la forchetta contro il piatto. « Insomma, ma che cosa dici? »
Lui sollevò entrambe le mani e assunse un'aria innocente molto simile a quella che spesso si dipingeva sul volto del figlio.
« La verità, amore mio » fece con aria grave. « Non vedi James, com'è sempre un po' schizzato? Perché ha incontrato Lily, la bella Lily, ecco perché! »
« Papà! » sbottò James con le guance rosse, evitando accuratamente lo sguardo della ragazza, che sorrideva.
« Ma perché mai tutto questo pudore, figliolo? » fece il padre, senza capire. « Lily è così felice, guardala, è il volto della gioia più pura! »
Lei rise sottovoce, cosa che confermò tutti i pensieri di Charlus. Per quanto fosse imbarazzante, il padre di James era davvero comico, proprio come lui. Ricordò la sera della loro prima ronda, quando le aveva raccontato di quanto fosse strambo, e rise più forte, tanto che tutti la fissarono.
« Scusate » mormorò, scuotendo il capo per scacciare via il pensiero. Intercettò lo sguardo di James e gli sorrise, complice.
Per qualche momento, l'unico rumore fu quello delle posate contro i piatti, e nessuno parlò. Sirius stava fissando intensamente Scarlett, seduta di fronte a lui, che con la bistecca intatta sul piatto, dopo aver finito di mangiare una dose extra di patate al forno, giocherellava con la catenina della sua collana. Non appena sollevò lo sguardo, però, la lasciò andare di botto e si dedicò alla sua carne, anche se sapeva benissimo di non volerla mangiare per nessuna ragione.
« Allora, James, ragazzo mio » fece Richard dopo un po', sorseggiando un calice d'acqua, « quante punizioni hai totalizzato in questi tre mesi? Una decina? »
« Richard! » lo riprese prontamente Dorea. « Insomma, già è scalmanato di suo, non istigarlo! »
L'uomo rise. « Sta' tranquilla, Dorea » le rispose, « James non aspetta di certo i miei consigli per combinare guai ».
Scambiò un'occhiata complice con suo figlioccio, che sorrise soddisfatto.
« Comunque, qualcuna in più, a dire il vero, zio Rich » rispose lui con noncuranza, sorridendo appena e cercando di evitare lo sguardo severo della madre. « Qualche punizione singola, alcune con Sirius, una con la squadra e tutta quanta la combriccola... mi sto dando da fare, ma c'è ancora un mucchio di tempo per raggiungere il record ».
L'uomo ridacchiò, scuotendo il capo. 
« E tu, ragazzo? » aggiunse, rivolto a Sirius, stavolta più serio. « So che sei il più fedele compagno di scherzi del mio figlioccio. E' così? »
Lo guardò a lungo, ma Sirius non si scompose e si rilassò sulla sedia, sorridendo appena. « Da sei lunghi anni, ormai, signor Banks » confermò, annuendo.
« Mmm » commentò Richard, sovrappensiero. « E tu, Remus? » fece poi, rivolgendosi al ragazzo che, dopo parecchi minuti, distolse lo sguardo da Miley.
« Oh... io... » rispose, impacciato. « Beh, a volte mi ritrovo anch'io coinvolto in alcune malefatte, ma... non sono di certo ai livelli di questi due balordi, ecco ».
Una risata si fece largo intorno a tutta la tavola, mentre Richard tornava a rivolgere la sua attenzione a Sirius. 
« E anche tu gareggi per il record di punizioni? » gli chiese, sinceramente interessato.
Lui fece di sì col capo. « Naturalmente » disse, afferrando il suo calice. « Ho una sola punizione in più di James... proprio con sua figlia, ora che ci penso ».
Rivolse a Scarlett un sorriso incantevole, e lei lo fulminò con lo sguardo. 
Possibile che dovesse rivangare quella dannata punizione anche con suo padre? Evidentemente la riteneva una mossa geniale, e in effetti Richard fece saettare lo sguardo verso di lei così in fretta da spaventarla. La squadrò a lungo, sospettoso, come se volesse carpire informazioni dal suo volto prima ancora che rispondesse o tentasse di giustificarsi. Scarlett era pallida.
« Non mi avevi detto nulla al riguardo, tesoro » disse, tentando di mantenere un tono distaccato. « Miley mi ha già raccontato con immenso orgoglio delle sue imprese, ma tu... cos'hai combinato col ragazzo, qui? »
Lei cominciò ad avvertire una vaga sensazione di panico percuoterla a ondate, e la rabbia ribollì più che mai nelle viscere non appena vide l'espressione rilassata sul volto di Sirius e il suo ghigno compiaciuto appena accennato. Gli avrebbe lanciato un coltello nel giro di secondi, se non l'avesse piantata.
« Ci hanno sorpreso insieme in giro per il castello dopo il coprifuoco » intervenne, facendo sprofondare definitivamente le budella di Scarlett chissà dove.
Richard assunse l'espressione di chi sta per compiere un omicidio. « Come dici, scusa? » chiese, stringendo le dita intorno all'impugnatura della forchetta.
Il ghigno di Sirius si allargò. « Ah, nulla di bollente, signor Banks, gliel'assicuro » disse, e Scarlett non riuscì a capire come facesse a trovare il coraggio per un'affermazione del genere. « Chiacchiere notturne fra buoni amici, ma il nostro insegnante non è stato troppo indulgente e... c'est ce qui ».
« C'est che cosa? » sbottò Scarlett, sbigottita. « Papà, non ascoltarlo, è un maledetto idiota bugiardo, si diverte... non ero con lui, quella sera! »
Ma il padre pareva troppo scosso per parlare e non disse nulla, limitandosi a fissare un punto imprecisato del tavolo con l'aria di chi sta seriamente pensando di togliersi la vita.
« Oh, e con chi eri, di grazia, se non con me? » proseguì Sirius, sempre più soddisfatto. « Dillo a tuo padre, su ».
Lei lo guardò in cagnesco e non rispose, ma il padre le fece segno di farlo e lei fu certa che fosse finita. Era finita.
« Ero andata a trovare Miley » disse, cercando di apparire convincente. « Avevo bisogno di parlarle e mi hanno beccata, non ero insieme all'idiota ».
« Sii più garbata, Banks » la rimbeccò Sirius, giocherellando con le ultime gocce d'acqua depositate sul fondo del suo calice.
Scarlett lo incenerì con lo sguardo, e le sue labbra sillabarono chiaramente la parola stronzo, a cui lui rispose con uno dei suoi sorrisi smaglianti, sereno.
« Rich, tesoro, aiutami a portare via questi! » intervenne a voce alta Charlotte, alzandosi e cominciando a sbarazzarsi dei piatti.
Il marito, con aria mortifera, allontanò la sedia dal tavolo e sparì in fretta, seguito dalla moglie che pareva seriamente preoccupata per lui.
Lungo la tavola calò il gelo. L'unico che pareva a proprio agio era Sirius, gioioso per la malefatta messa in atto e fiero della riuscita del piano. Scarlett, al contrario, pareva furibonda, e neanche i tentativi di James di calmarla riuscirono a placare i suoi nervi tesi.
Dopo un attimo, però, Charlotte ricomparve con il dolce e l'atmosfera si rilassò. Le torte di quella donna possedevano qualcosa di magico.
« Devi passarmi la ricetta, tesoro! » cinguettò Dorea, deliziata. « E' davvero squisita, non so come ci riesci! »
La donna agitò una mano a mezz'aria e sorrise. « E' semplicissima da preparare, te l'assicuro » le disse, ingoiando il primo boccone.
« Tu sei brava ai fornelli, Lily cara? » intervenne Charlus d'un tratto, rivolto alla ragazza.
A lei andò di traverso un boccone di torta e cominciò a tossire convulsamente. James le riempì in fretta e furia un calice d'acqua e glielo ficcò tra le mani senza guardarla, ma lanciando un'occhiata malevola al padre, che al contrario sembrava più che tranquillo.
« Ehm... » esordì Lily quando si fu ripresa, respirando a fondo. « Me la cavo... insomma, nulla di troppo elaborato, ma i piatti semplici... »
« Al mio figliolo piacciono le cose semplici » affermò l'uomo con fermezza. « Diglielo, James! Su, non le hai neanche rivolto la parola finora! »
La ragazza sorrise di fronte alla sua espressione spaesata, ma non disse nulla e si limitò a sorseggiare la sua acqua.
« Io non... » balbettò James, totalmente nel pallone. « Sono contento che tu sappia... ehm... destreggiarti... tra i fornelli... è... beh, utile... »
« Grazie, James » tagliò corto Lily, sorridendo in maniera più ampia.
Lui abbozzò una smorfia sollevata e tornò alla sua fetta di torta, decisamente frastornato. Scarlett e Miley si scambiarono un sorriso silenzioso.
« Anche mio figlio è timido come te, Lily » osservò Charlus dopo un po', pensieroso. « Sempre sulle sue, sempre educato e di poche parole... »
Sirius sbuffò, sotterrando fra i denti una risata. « Crede che sia tu suo figlio, Lunastorta » bisbigliò a Remus.
Lui rise sottovoce. « Quando James sarà di poche parole, io diventerò un donnaiolo come te » mormorò in risposta, alzando gli occhi al cielo.
« Un fottuto donnaiolo, Remus » lo corresse l'altro, allegro.
Lui sospirò stancamente. « Un fottuto donnaiolo » ripetè poi con una risata, e l'amico lo guardò con le lacrime agli occhi. Era cresciuto.
« ... per questo ha scelto te come ragazzona ufficiale! » stava concludendo Charlus, rivolgendo un sorrisone a Lily, che sembrava impaurita. « Chissà quanto ci vorrà perché si decida a dichiararsi... è così timido, vero, figliolo? Lo ero anch'io, alla sua età, un vero imbranato... ti ricordi, Dorea? »
La donna ridacchiò e annuì allegramente. « Eri un totale disastro, Charl » disse con affetto. « Tutto il contrario di Richard... per nulla sicuro di te, impacciato e timido come un bambino ». Annuì con fervore di fronte all'espressione stupita di Lily e le sorrise. « Era proprio così! »
« Invece Dorea era di tutt'altra pasta » fece eco Charlotte, scambiando con la donna uno sguardo complice. « Così rigida, non dava molta confidenza a nessuno... era un'ottima studentessa, il Capitano della squadra... Forse anche per questo credevano tutti che si sarebbe messa con Richard ».
Lui rise, mentre Scarlett e James si scambiavano un'occhiata stupefatta. 
« Spettegolavano tutti su di noi » raccontò con un sorriso. « Ma a noi le chiacchiere facevano solo ridere. Solo noi potevamo sapere che io altro non ero che l'ambasciatore che Charlus portava avanti per attirare l'attenzione di Dorea ».
James scoppiò a ridere, battendo il pugno sul tavolo. « Eri davvero così idiota, papà? » disse, trattenendosi a stento dal continuare a ridere.
« Oh, sì » confermò lui, per niente offeso dal non troppo velato insulto del figlio. « Lo ero eccome! E non mi è di certo passata » aggiunse, provocando uno scoppio di risa fra tutti i presenti. « Ma posso considerarla la mia fortuna, visto che è con le risate che ho conquistato mia moglie ».
Lei lo guardò con uno dei suoi rari sguardi dolci, e lui le diede una veloce carezza sulla guancia. « All'inizio non riuscivo a parlarle » iniziò a raccontare, « la salutavo a malapena, e quando rare volte Richard riusciva a farmi rimanere solo con lei, facevo esattamente l'opposto, cominciavo a ciarlare senza sosta, sparando assurdità a raffica! »
Dorea rise, ricordando quei tempi, e alla sua risata seguì quella di Lily. Il racconto di Charlus, infatti, le aveva portato alla mente alcune sue conversazioni con James in cui erano rimasti da soli e che, proprio come il padre, lo avevano visto parlare senza prendere aria per parecchio tempo, assommando idiozie a catena. Quella caratteristica di James l'aveva colpita molto, e in quel momento si rese davvero conto di quanto le piacesse.
« Poi, un giorno, ho deciso di buttarmi » proseguì Charlus. « Ho iniziato a farle trovare i fiori a colazione, a scriverle qualche bella frase d'amore... »
« Ma chi? » intervenne Sirius ad un tratto, divertito e stupito. « Tu? E da quando sai scrivere frasi d'amore? »
L'uomo lo fissò con risentimento. « Potresti avere bisogno di me, un giorno » rispose piccato. « Sono davvero bravo. Comunque » continuò, non curandosi della smorfia di incredulità dipinta sul volto del ragazzo, « il mio vero punto di forza era la simpatia. Riuscivo a farla ridere, a divertirla, e piano piano grazie a questo sono riuscito a conquistarla... non è vero, tesoro? »
Lei annuì con un ampio sorriso. « E' vero » confermò. « All'inizio pensavo fosse solo un buffone patentato, ma poi ho capito che solo lui riusciva a rendermi allegra, leggera e felice, e... beh, eccoci qui! »
Lily guardò i due con un sorriso dolce e partecipe. Anche lei avrebbe desiderato un amore e un matrimonio come quello di Charlus e Dorea, ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da Charlus, che riprese a parlare.
« Quindi, ragazzone mie, se qualcuno vi fa ridere e divertire come nessuno, beh, allora molto probabilmente è quello giusto » concluse saggiamente.
Lily lo osservò intensamente, sovrappensiero. Non seppe perché, ma il suo primo pensiero fu che James la faceva ridere molto, in un modo in cui nessuno riusciva a farlo. Lo fissò sorridendo, ma lui non parve accorgersene, visto che era impegnato dall'inizio del pranzo ad evitare accuratamente il suo sguardo.
Dopo aver finito il dolce, rimasero tutti ancora un po' a parlare, fin quando Miley non propose a tutti di alzarsi e di mandare giù come si deve tutto quello che avevano mangiato durante quel delizioso pranzetto.
« Ci resterà tutto sullo stomaco, altrimenti! » era stata la sua esortazione, e tutti l'avevano accolta ridendo. 
Con un rapido tocco di bacchetta, Charlotte fece sparire tutto il caos che popolava la lunga tavola del salone e tutti gli adulti presero posto sul divano o sulle poltrone vicine.
« Il nostro solito bicchierino, amico mio » disse Richard a Charlus, porgendogli un calice di Ogden. « Alla tua salute ».
L'uomo rise e brindò con lui. « Alla nostra » fece allegro, accomodandosi accanto all'amico. « Dai, su, fammi vedere le foto dell'Australia! »
« Ah, sì » ricordò Richard. « Tesoro, dove hai messo l'album che ho portato? » chiese poi alla moglie, impegnata in una fitta conversazione con Dorea.
« E' sul primo ripiano della libreria, Rich » rispose lei. « Ragazze, perché voi non fate vedere il resto della casa ai ragazzi? »
Miley e Scarlett alzarono gli occhi al cielo contemporaneamente.
« Pensi davvero che gli importi qualcosa, mamma? » le rispose la prima, allargando le braccia.
« Miley, non essere scortese! » la rimproverò la madre. « Su, fate le brave padrone di casa! »
Le due si arresero e condussero gli altri fuori dal salone, borbottando tra i denti. 
Non appena furono fuori dalla stanza, si incamminarono verso la cucina. Scarlett, però, si bloccò quasi subito sul posto.
« Noi arriviamo tra un attimo » disse agli amici, mentre prendeva Sirius per il braccio e lo trascinava con sé.
« Ma io volevo vedere la cas-... » fece lui, sinceramente dispiaciuto.
« Sta' zitto » rispose subito lei, entrando nella prima stanza che trovò, il bagno, e sbattendosi la porta alle spalle per poi tornare a fronteggiarlo.
Sirius la osservò senza batter ciglio, educatamente perplesso, e rivolse lo sguardo intorno a sé con aria vaga prima di tornare a fissarla.
« Banks » disse in tono eloquente. « Andiamo, su, dov'è finita tutta la tua classe? »
Lei, all'inizio, non parve capire, così lui proseguì.
« Nel bagno di casa tua? » domandò, strabuzzando gli occhi. « Con tutta la famigliola di là? E' di cattivo gusto ».
A quel punto, avendo colto l'allusione, lo colpì sul petto con un pugno e Sirius rise, senza scansarsi. « Parla, tesoro, sono tutto orecchie » disse poi, appoggiandosi al muro a braccia conserte.
Scarlett prese un profondo respiro e gli rivolse la sua occhiata più velenosa, anche se non riuscì a sortire il benché minimo effetto.
« Ascoltami bene » esordì, puntandogli contro un dito accusatore, « tu non puoi comportarti da stronzo in casa mia, d'accordo? E si può sapere da dove diavolo ti è saltato in mente di tirare fuori quella punizione? Sei stupido o cosa? »
Lui sorrise, rilassato, e la indusse ad abbassare il suo minaccioso e davvero terrificante indice.
« Non è buona educazione additare la gente » la riprese, con quel perenne tono sarcastico davvero insopportabile. « Il tuo papà non te l'ha insegnato? E, oh, a proposito di lui... dimmi un po', che male c'è nel dire la verità? Sei tu che dovresti vergognarti. Gli hai rifilato una balla mostruosa, Banks ».
Assunse un'espressione da prova-a-contraddirmi e spalancò le braccia, come se avesse dichiarato l'ovvio ma lei non lo avesse ancora colto.
« Cosa avrei dovuto dire esattamente? » ringhiò Scarlett, decisamente furiosa. « Che mi hai incastrata, messa alle strette e costretta a mentire? »
« E' un'idea » osservò lui con aria pensosa. « Piuttosto dovresti ringraziarmi, bella Banks. Forse il dettaglio ti sfugge sotto il tuo bel nasino, ma ho accuratamente evitato di narrare le tue gesta durante la punizione, se ancora ricordi. Insomma, la mia storia era carente dei dettagli più piccanti... tuo padre avrebbe sicuramente desiderato un resoconto completo e dettagliato. Penserai tu a fornirglielo o...? »
« Non osare » lo interruppe immediatamente lei, rossa come un pomodoro, avvicinandosi con aria intimidatoria. « Ti taglierò la lingua, Black ».
« Non ti conviene » fece lui di rimando con aria noncurante. « Ne sentiresti terribilmente la mancanza un secondo più tardi ».
Sorrise appena di fronte alla sua espressione esasperata, ma lei non trovava davvero nulla di divertente in tutta quanta la faccenda.
« Sei uno stronzo » affermò, sputando odio.
Di nuovo, le sue parole non sortirono l'effetto desiderato. Il volto di Sirius non fece una piega. Pareva semplicemente divertito.
« Questo l'hai già detto » ribattè, fingendosi ora annoiato. « Riprova, su, puoi fare di meglio ».
Scarlett sbuffò sonoramente, stufa del suo comportamento. « Piantala, Sirius » sbottò, guardandolo di traverso.
Lui sollevò le mani in segno di resa. « Non sto facendo niente! » rispose con naturalezza. « E' mai possibile che hai paura del tuo stesso procreatore? »
Stavolta, un'espressione sconcertata si dipinse sul volto della ragazza.
« Io non ho paura di mio padre! » esclamò, offesa. « Sei tu che dovresti avere paura di lui » lo rimbeccò con l'aria di chi la sa lunga. « Se papà dovesse venire a sapere di tutti i maltrattamenti ai quali mi sottoponi quotidianamente, se dovesse anche solo intercettare qualche frecciatina, qualche sguardo sospetto... insomma, qualcosa, tu saresti un uomo morto. Morto, sepolto, decomposto e sofferente fra le fiamme dell'Inferno ».
Sirius, a quel punto, scoppiò a ridere.
« Addirittura! » commentò, estremamente allegro. « E sentiamo, questo significherebbe che ti stai in qualche modo preoccupando per me? »
Scarlett lo guardò negli occhi, le sopracciglia inarcate e un'espressione tra il furbo e il divertito sul volto. « Lo farei mai? » scherzò, sollevando le spalle.
Lui scoppiò a ridere una seconda volta e le diede un leggero buffetto affettuoso sulla guancia. 
« Dai, sta' tranquilla, rilassati » la incalzò, tra le risate. « Tuo padre è davvero forte! E' simpaticissimo, a parte quando mi guarda male - cioè sempre -, molto espansivo... non sai quante domande mi ha fatto, quasi tutte con un mezzo tranello o comunque qualche trabocchetto sotto... insomma, è fantastico! Lo adoro, davvero, e penso sia un sentimento ricambiato, cosa ancor più grandiosa! »
Per quanto Scarlett si fosse sforzata di tenere il broncio, dopo quelle parole non potè evitare di scoppiare a ridere, e lui la seguì. 
« Vuoi smetterla, per piacere? » disse poi, cercando di tornare seria, senza riuscirci granché bene. « Dico sul serio, evita battutacce, allusioni e roba tipica del tuo repertorio, e soprattutto parla il meno possibile ».
« Mmm » commentò lui, pensioroso, dopo averla fissata a lungo. « Grazie del consiglio. Ma se facessi come mi dici, mi perderei tutto il divertimento, non trovi? »
A quel punto, Scarlett, esasperata e sconfitta, non sapendo come fargli capire la pericolosità della situazione in cui si stavano mettendo, probabilmente per la frustrazione, iniziò a sferrare pugni in continuazione contro il suo petto.
« Smettila di picchiarmi! » la fermò lui ridendo, prendendola per i polsi.
« E tu smettila di fare l'idiota » gli intimò lei, decisa. « Giuro che stavolta ti finirà male ».
Sirius la fissò con uno sguardo incredulo e divertito al tempo stesso, e la avvicinò un po' di più a sé, tenendola sempre stretta per i polsi. 
« Davvero? » rispose alla sua minaccia, le sopracciglia inarcate. 
« Davvero » confermò lei, annuendo.
Lui la fissò a lungo, senza batter ciglio, poi rise sottovoce. « Ma dai, Banks, tu mi adori » replicò dopo un attimo, strizzandole rapidamente l'occhio. 
Anche lei rise piano, scuotendo incredula il capo e allontanandosi leggermente, nonostante lui non mollasse la presa e lei non accennasse a farsi lasciare. « Guarda che è il contrario, Black » lo corresse, sollevando le sopracciglia, giocosa.
Sirius si fece nuovamente vicino e la lasciò, prendendo ad accarezzarle la guancia con il dorso delle dita. 
« Vero » mormorò, un accenno di sorriso sulle labbra. « Assolutamente vero ».
Scarlett lo fissò, senza sapere cosa dire. Nelle sue parole non aveva letto ironia o sarcasmo, ma solo verità, e nel tocco delle sue dita vi era un'infinita dolcezza, una delicatezza che le ricordava tanto quella delle sue carezze durante quella sera in Sala Comune...
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dal rumore della porta aperta di scatto e si voltò a guardare chi fosse entrato, individuando con terrore il volto di...
« Papà! » trillò, allontanandosi rapidamente da Sirius. « Cosa...? Ehm... devi usare il bagno? » domandò, presa dal panico.
Si morse la lingua, inorridita dalla propria idiozia, e tentò in tutti i modi di evitare lo sguardo raggelato del padre che andava da lei a Sirius, tramortito.
« Che cosa stavi facendo qui con mia figlia? » gli domandò con estrema freddezza, squadrandolo con un qualcosa di molto simile all'odio.
Lui scambiò la più fugace delle occhiate con Scarlett prima di parlare. « La Ba-... sua figlia mi stava... rimproverando per il mio comportamento a tavola » disse, poggiandosi di fianco alla parete. « Crede che io sia stato... come dire... un po' troppo simpatico con lei, ecco. Temeva che non avrebbe apprezzato ».
Sorrise a Scarlett, che gli fece segno di tacere all'istante e guardò il padre, azzardando temeraria un sorriso conciliante.
« Papà, è solo che... » esordì, tormentandosi un ciuffetto di capelli scuri. « Beh, non vorrei mai che... un mio così caro amico... » e qui diede in una risatina del tutto insensata, « ecco... che non ti andasse a genio. Mi dispiacerebbe che tu... ti facessi un'idea sbagliata su di lui. E'... un bravo ragazzo ».
Sirius la fissò un momento, poi si rivolse a Richard e annuì con un sorriso. « Sono un bravo ragazzo » confermò, sollevando le spalle.
L'uomo pareva sgomento. « Uscite fuori di qui » disse, facendosi da parte per lasciarli passare, e loro non se lo fecero ripetere.
Non appena furono lontani, Sirius prese a trotterellarle dietro con un largo sorriso compiaciuto.
« Allora sono un bravo ragazzo, eh, Banks? » esclamò, passandole un braccio intorno alle spalle. « E un tuo caro amico, per giunta! Wow... che fico. Potevi anche dirmelo, però, non ne sapevo niente! Insomma, credevo di essere... non so, una sorta di sogno proibito, per te, o qualcosa del genere... vuol dire che mi adeguerò a questa nuova linea ».
Scarlett sbuffò, costringendolo a ritrarre il braccio. « Fuori dai piedi, Black » sbottò, infuriata. « Mi hai cacciata in un guaio serio. Papà ti starà col fiato sul collo per tutto il giorno, perciò non credo tu abbia tanto da gioire! »
Ma lui rise, del tutto disinteressato. « E' a te che starà addosso come una sanguisuga, dolcezza, non a me » rispose, fingendosi dispiaciuto. « Ma visto che adesso siamo amici » e sottolineò con un sorriso l'ultima parola, « le tue preoccupazioni sono anche le mie, giusto? E d'ora in poi ci comporteremo da veri migliori amici, ci racconteremo tutto, faremo... faremo i pigiama party! Ci pensi? I pigiama party... » sospirò, incantato alla sola idea.
Scarlett scoppiò a ridere, senza riuscire a trattenersi. « Ma smettila » sbuffò, alzando gli occhi al cielo. « Tu non potresti mai fare un pigiama party... penso seriamente che tu non abbia mai avuto un pigiama in vita tua».
Anche lui rise sonoramente, notando con piacere che lei stava alla scherzo. « Ottima osservazione » mormorò, scostandosi i capelli dagli occhi. « Beh, vuol dire che realizzerò il mio sogno sui mutanda party... tanto siamo amici, Banks, che male c'è a stare nudi tutti insieme? Eh? » Esplose nella sua risata simile a un latrato prima di rivolgersi a lei nuovamente. « Sai? » le sussurrò all'orecchio. « Potrebbe iniziare a piacermi questa storia dell'amicizia... »
Le fece l'occhiolino e avanzò, entrando in cucina, dove trovarono tutti gli altri ad aspettarli.
« Bella cucina! » esclamò, dopo che ebbe fatto il suo ingresso. « Davvero bella, complimenti ».
« Eccovi! » esclamò James non appena li vide arrivare. « Ma dove eravate finiti? »
Sirius rise sommessamente e circondò la vita di Scarlett con un braccio.
« Ero con la mia migliore amica » rispose semplicemente, guadagnandosi l'occhiata stupita e divertita di tutti gli amici.
Scarlett, per tutta risposta, gli diede una gomitata sullo stomaco e lui si lamentò in silenzio, borbottando qualcosa sui tradimenti da parte degli amici. 
« E' una lunga storia... » cercò di spiegare a tutti. « Vi basterà sapere che quest'essere è un idiota. Saliamo, allora? »
Tutti i ragazzi annuirono e fecero per uscire dalla stanza.
« Io prendo un bicchiere d'acqua e arrivo » disse invece Lily, avvicinandosi alla credenza per prendere un calice. Gli altri annuirono e uscirono, mentre lei, passando accanto a James, lo afferrò per la manica della camicia e lo bloccò.
Attese che tutti furono usciti dalla stanza, mentre lui la guardava stupito e, anche se tentò di non darlo a vedere, anche vagamente spaventato.
« Sei arrabbiato con me, per caso? » gli chiese lei, lo sguardo basso, senza alcun tipo di preambolo.
James strabuzzò leggermente gli occhi, ancor più confuso. « No » rispose subito, spaesato. « Certo che no... perché pensi questo? »
Lei fece rigirare l'acqua nel suo bicchiere, senza guardarlo. « Beh » fece, titubante, « non mi rivolgi neanche la parola ».
Lui sorrise debolmente, passandosi una mano sulla nuca, imbarazzato.
« Non è come credi » disse, continuando a sorridere, e lei sollevò lo sguardo. « Non potendo sotterrarmi la testa sottoterra come uno struzzo, ho preferito far finta di non esistere, ecco ».
La ragazza scoppiò a ridere. 
« Addirittura! » lo prese in giro lei, allegra. « Oh, ma avevo dimenticato che eri... com'era? Ah, già. Timido... di poche parole... »
Anche lui si lasciò andare ad una risata. « Guarda, Lily, lascia stare » replicò, mentre lei continuava a sorridere. « Mio padre è un caso disperato, un soggetto pericoloso, e ti prego di dimenticare tutte le strane domande che sicuramente ti ha fatto prima a pranzo, ma l'hai visto, è... è assurdo! »
Lily diede in un'altra risatina sommessa. « Ma dai, no » lo contraddisse, posando il calice ancora colmo d'acqua sul ripiano della cucina. « E' simpatico, molto... e straordinariamente divertente e buffo, a dirla tutta! Certo, non posso negare che le sue domande su quanti figli mi piacerebbe avere o sul tipo di cerimonia che desidererei per il mio matrimonio mi abbiano leggermente messo in difficoltà, ma ti assicuro che era curiosità del tutto disinteressata » concluse, sorridendo ironica.
James, al contrario, parve allarmarsi ulteriormente. « Ti ha davvero chiesto questo? » esclamò, sotto shock.
Lei annuì più volte, ridendo, e lui si passò una mano tra i capelli, nervoso.
« Oddio... » mormorò tra sé e sé. « Non pensavo potesse arrivare a tanto... ma stavolta mi sente... deve smetterla di mettermi in ridicolo, questa volta lo uccido, lo giuro... una vita ad Azkaban è un prezzo ragionevole da pagare... »
« Sta' tranquillo » lo rassicurò lei, poggiandogli una mano sulla spalla. « Non è stato per niente fastidioso, anzi ho riso molto grazie a lui. Anche tua madre è molto simpatica, una donna davvero in gamba ».
James la osservò, serio, cercando di capire se stesse dicendo la verità o stesse solo cercando di consolarlo.
« Non... non ti vedo convinto » disse poi Lily, scrutandolo e individuando sul suo volto lo stesso sgomento di prima.
Lui sbuffò e poi sorrise. « No, ti credo » rispose invece, grattandosi distrattamente la nuca. « Se lo dici tu... comunque, davvero, non ce l'ho con te, anzi ».
Lily annuì, sorridendo. « Sono contenta » disse poi, apparendo sinceramente rincuorata.
Fece per andare di sopra, ma quella volta fu James a bloccarla.
« Comunque mi fa piacere che tu l'abbia notato » le disse, tenendola per un polso.
Lei lo guardò inclinando il capo, perplessa. « Notato cosa? » chiese, vagamente spaesata.
Lui sorrise ampiamente. « La mia mancanza di attenzioni » rispose semplicemente, fissandola con dolcezza.
Lily, a quelle parole, sentendosi terribilmente smascherata, arrossì di colpo e per l'imbarazzo scoppiò a ridere. 
« Non ci provare, Potter! » rispose, mollandogli un colpo sul braccio. « Non sei nella posizione di fare lo spavaldo, oggi! » tentò imbarazzata, cercando di cambiare argomento. « Così parli di me ai tuoi genitori, eh? Per tua fortuna mi hai descritta bene! »
Lui scoppiò a ridere, ora più rilassato e sciolto. « Come avrei dovuto descriverti, scusa? » replicò, sinceramente convinto. « Dico, guardati! »
Anche lei rise, serena, e per la seconda volta lo colpì sul braccio. « Sempre il solito ruffiano! »
« No no no » la contraddisse lui. « Solo sincero ».
Risero entrambi insieme, e uscirono dalla cucina per recarsi al piano di sopra, dove tutti erano riuniti nella camera di Scarlett.
« Eccoli, gli zozzi! » fu l'accoglienza di Sirius, che se la rise. « Cosa avete fatto, eh? No, non dite niente. Cose proibite, lo so. Grandi zozzate ».
Lily gli scagliò contro un cuscino, colpendolo in piena faccia e facendolo stendere morente sul pavimento.
« Cosa facevate di bello? » domandò poi la ragazza con la massima calma. « A parte assurde congetture su di noi, è chiaro ».
« Congetture » fece James, sollevando l'indice, « del tutto fondate, mia bella Lily. Ma quello che è successo in cucina, naturalmente, rimarrà tra noi ».
Le fece l'occhiolino e lei rise, mentre Sirius riemergeva illeso dal momentaneo abbattimento e assumeva un'espressione compiaciuta da io-lo-sapevo.
« Comunque, a parte le vostre scottanti avventure nella nostra cucina » intervenne Miley, « stavamo pensando che non c'è modo di uscire per adesso ».
Scarlett annuì gravemente. « C'è una fottuta tormenta, fuori » spiegò, distendendosi sul letto e fissando la rete del materasso di sopra.
« Impara in fretta, la Banks » commentò Sirius con immensa allegria. « Una fottuta tormenta... che musica. Va meglio di te, Lunastorta ».
Remus sbuffò, ridendo sommessamente. « Invece di fare il fottuto » gli disse, lanciandogli un'occhiata di traverso, « cerca di tirare fuori un'idea per questo pomeriggio. Ragazze, io vi avviso, quando rimane chiuso in casa per troppo tempo finisce sempre per far casino... o per deprimersi. Il che è terribile ».
Sirius annuì, tornando a stendersi sul pavimento con le braccia dietro la testa. « Già... è vero » mormorò, sospirando. « Non voglio deprimermi. Quindi... non saprei... potremmo... potremmo impanare le Caccabombe con la neve e fare la lotta! »
Un coro di insulti esplose nella stanza, mentre Miley e James furono gli unici a dire, all'unisono: « Figo... » con un tono di voce che rasentava l'adorazione.
« Appunto! » esultò lui, rallegrato da quei consensi. « Sarebbe una cosa epica! »
Si raddrizzò, pronto a mettere a punto il suo piano, e cominciò a camminare in tondo per la stanza sotto lo sguardo di tutti, finché, all'improvviso, non si bloccò di botto, fissando qualcosa sul letto di Scarlett, proprio accanto a lei. Tutti lo scrutarono, in attesa.
Dopo qualche momento di tensione, lui mosse qualche passo e, con uno sguardo carico di commozione, prese tra le mani il leoncino di peluche della ragazza.
« E' BELLISSIMO! » ruggì, lanciandolo in aria per poi riprenderlo. « Ramoso, ma l'hai visto? E' bellissimo! »
Gli altri si scambiarono occhiate raggelate, ma James annuì con aria adorante. « Gliel'ho regalato io » disse. « Anch'io ne sono innamorato ».
Sirius annuì con vigore. « Banks, come si chiama? » domandò, mettendoselo sotto il braccio.
Lei sospirò, soppesando la domanda. Non riusciva a capire se meritasse una risposta o meno, ma optò per un atto magnanimo.
« Leo, Black » rispose, stringendosi un cuscino al petto e osservando la sua reazione.
Lui la fissò, le sopracciglia aggrottate. « Mi prendi in giro? » fece, sconcertato. « No, dico, mi prendi in giro? Chiami un leone... Leo? »
« Avevo quattro anni quando James me l'ha regalato » obiettò la ragazza, sulla difensiva. « E sentiamo, tu in che modo geniale l'avresti chiamato? »
Sirius spalancò le braccia, rischiando di far cadere il prezioso peluche a terra. « Ma Sirius, ovviamente! » esclamò. « E adesso pretendo una cerimonia ufficiale per il cambio di identità di questo fottutissimo peluche! Su, Banks, non c'è tempo da perdere. Informalo della faccenda ».
Scarlett scoppiò a ridere, afferrando il leoncino che lui le lanciò. « Non chiamerò mai il mio adorato peluche come uno stronzo » dichiarò, e lui parve offeso.
« Ma ha proprio una faccia da Sirius! » protestò, indicandola. « Con quel nome soffre! Salvalo, finché sei in tempo! »
« Sirius » intervenne James, stranamente serio, « devi dire molte altre cazza-... »
« James! » lo rimproverò, come da tradizione, mamma Remus.
« Remus! » lo redarguì a sua volta Miley, lanciandogli un'occhiataccia. « Insomma, lascia la gente libera di dire cazzate, lo fai sempre anche tu! »
Lui la fissò per qualche interminabile momento, poi scoppiò a ridere insieme agli altri.
« Questa la useremo a vita, vero, Ramoso? » fece Sirius, ridendo divertito. « Sempre se Little Banks ce la presta, è ovvio ».
Lei agitò una mano a mezz'aria. « E' tutta vostra » confermò, battendo sulla spalla di Remus, che le sorrise.
Esaurito lo scroscio di risate, Sirius prese a perlustrare la stanza alla ricerca di altre geniali idee riguardo a quel pomeriggio. Studiò tutte le fotografie appese ai muri, gli oggettini sul comodino di Scarlett e persino il contenuto del suo armadio.
« Wow, Banks! » esclamò dopo un po', e lei si risvegliò dalla trans temporanea accorgendosi solo in quel momento di lui che ricercava chissà cosa dentro un cassetto. « Questo è davvero sexy! » e le mostrò uno dei suoi reggiseni di pizzo nero.
Scarlett trattenne il fiato, schizzò verso di lui e glielo strappò di mano con furia, mentre tutti ridevano a crepapelle.
« Sei un uomo morto, Sirius Black » gli disse, le guance rosse, riponendo l'indumento intimo nel cassetto senza tante cerimonie.
Lui assunse un'aria innocente. « Conosciamo tutti questo genere di cose, Banks » la tranquillizzò, scrollando le spalle. « Persino Lunastorta ».
Il ragazzo si astenne dal rispondere.
« Comunque » sospirò Scarlett, rassegnata, tornando a sedersi sul letto, « Miley, prendi tutta la cioccolata che puoi. Se non abbiamo davvero nulla da fare, almeno mangeremo, ingrasseremo e moriremo felici » e si accoccolò sul petto di James, che rise e prese ad accarezzarle i capelli.
« Remus, va' con lei » disse all'amico, facendo un cenno col mento. « Ti sarà utile, Miley. Lui fiuta la cioccolata ».
Il ragazzo rise e si alzò. « Andiamo a caccia, allora » scherzò, e si allontanò insieme a lei.
« Innanzitutto, andremo in camera mia » annunciò Miley allegramente non appena furono usciti. « Lì il cibo regna sovrano ».
Remus annuì. « Come mai la cosa non mi stupisce? » chiese innocentemente, affondando le mani nelle tasche.
Lei gli lanciò un'occhiata divertita. « Senti chi parla » lo rimbeccò, fingendosi offesa. « Tu dov'è che vivi? In una casa di marzapane? »
Lui scoppiò a ridere, seguendola dentro la sua camera. « Siamo gli Hänsel e Gretel del mondo magico » disse, annuendo.
« Ooooh! » esclamò Miley, intrecciando le mani sul cuore. « Li conosco! Non mi ricordo mai chi sia il maschio e chi la femmina, ma li conosco! »
Remus scosse il capo. « Prendi quella cioccolata, Miley » le consigliò, e lei rise.
Mentre cercava, lui cominciò a passare in rassegna la stanza. Era piccola rispetto a quella della sorella, ma carina. Le pareti erano di un giallo acceso, ricoperte da poster delle Sorelle Stravagarie o del Puddlemere United, da foto sparse e, come da tradizione per tutti gli studenti di Hogwarts, anche da uno stendardo di Tassorosso. Accanto alla finestra si ergeva una libreria di legno scuro, carica di libri di scuola, romanzi di vario genere e raccolte di tutti i tipi. L'unico libro fuori posto era quello che Remus le aveva regalato per Natale, aperto a pagina 212 sul letto carico di cuscini e peluches.
« Lo hai letto, allora? » le chiese, sedendosi sul materasso per sfogliarlo.
Lei si voltò e annuì, sorridendo. « In sole sei ore, John » aggiunse. « Lo stavo riguardando questa mattina ».
Remus ricambiò il sorriso. « Credo ancora che quello che è successo sia assurdo » rise, richiudendo il libro. « E, tra parentesi, io l'ho finito in cinque ».
Miley gli rivolse una smorfia indispettita e tornò a trafficare con la sua scacchiera, intrappolata fra una montagnetta di vecchi libri ammucchiati a terra.
« E' stato davvero utile » proseguì lui, rialzandosi. « Il libro, intendo. Non sembra un'idea poi troppo fiabesca la tua... all'inizio non la pensavo così ».
Lei si distrasse per ascoltarlo, lasciandosi cadere qualche pesante tomo sui piedi e imprecando.
« Sono proprio felice » disse alla fine, scansandoli con un calcio. « Ogni libro ti cambia, in bene o in male, almeno un po'. Io la penso così ».
Il ragazzo le sorrise, annuendo appena. Per qualche momento non fece altro che guardarla, riflettendo, poi si riprese e le si avvicinò.
« Devi... devi prendere questa? » le domandò, indicando la scacchiera incastrata fra la parete e il fianco della libreria.
Miley annuì, massaggiandosi la nuca con la mano. « Non la uso da un mucchio di tempo, per questo è piantata lì » disse, cercando insieme a lui di estrarla con la forza. « Scarlett ha una fissa per Spara Schiocco, papà non vince mai e mamma ha sempre qualcosa da fare, per cui... addio Scacchi ».
Lui sorrise. « Adesso pretendo una sfida, allora » scherzò. « Vediamo se sei riuscita a non perdere la stoffa ».
La ragazza rise e annuì, poi, all'improvviso, si battè una mano sulla fronte. 
« La bacchetta! » esclamò. « Possiamo usare... sono un'idiota » concluse.
L'espressione sul volto di Remus era piuttosto vacua. Era successo di nuovo. Si appuntò mentalmente di acquistare una Ricordella da utilizzare quand'era in compagnia di Miley, perché la cosa stava diventando davvero ridicola. Quella ragazza agiva su di lui come un Oblivion vivente.
« Oh, già... » borbottò, afferrando la propria bacchetta. « Lo avevo dimenticato anch'io... »
Sorrise a mo' di scusa ed estrasse la scacchiera con un semplice incantesimo, mentre Miley continuava a insultare se stessa sottovoce.
« Tieni » le disse, porgendogliela. « E assolviti. In due non riusciamo a mettere insieme un cervello funzionante ».
Risero, e continuarono a cercare. L'operazione di approvigionamento ebbe la durata di alcuni minuti, ma andò a buon fine. Quando fecero ritorno alla camera di Scarlett, infatti, avevano le braccia cariche di dolciumi di tutti i tipi e anche di qualche passatempo magico raccattato nel ripostiglio della casa.
Trascorsero il pomeriggio lamentandosi del tempaccio che li aveva costretti in casa fra una partita a Gobbiglie e l'altra, ridendo e scherzando, finché, al tramonto, non decisero di ridiscendere al piano di sotto, dove trovarono Charlotte e Dorea intente a sferruzzare sciarpe di lana.
« Oh, eccoli qui » li accolse la prima, sorridendo gioviale. « Mi dispiace che ci sia questa tormenta... mi pare che stia per finire, per fortuna ».
« Certo » sbottò James, contrariato, « però noi siamo rimasti un pomeriggio intero chiusi in casa! Santo Godric, credo che non vorrò mai più vedere un Cioccalderone per il resto della mia vita » e si massaggiò lo stomaco con aria affranta.
« Ah, James, non fare il mollaccione » fece Dorea con noncuranza. « E sì, in effetti non vedrai più un grammo di cioccolata per molto, molto tempo. Comunque » riprese, impedendogli di protestare, « questa sera noi adulti responsabili andremo al cenone di Capodanno dei Fawley e non credo che voi abbiate voglia di partecipare. Sbaglio? »
Un coro di no secchi arrivò presto in risposta, e la donna annuì, sorridendo. « Bene, quindi che programmi avete? Sappiate che non voglio che torniate più tardi delle tre, e Charlotte è d'accordo con me. Piuttosto, ringraziateci di cuore perché Richard desiderava che voi rimaneste a casa... ma naturalmente quello che dice Richard non ha la minima importanza. Dunque, sono stata chiara? »
« Cristallina, mamma » fece James, mettendosi sull'attenti e strizzando l'occhio a Charlotte. Le due risero, scambiandosi uno sguardo.
« Allora... andiamo a ballare, no? » disse subito Scarlett, mentre il gruppetto si allontanava nuovamente per decidere sul da farsi.
James le scoccò un bacio sulla fronte. « Tu sì che sai come ci si diverte, ragione della mia esistenza » rispose, facendola sorridere.
« Io ci sto » intervenne Lily con forza. « Non ho mai fatto nulla di speciale per Capodanno... sì, mi piace l'idea ».
Il ragazzo fece per dare un bacio anche a lei, ma si trattenne, assumendo un'espressione colpevole. « Magari stasera, Evans » le disse, sorridendo con fare ammiccante. « Il tuo entusiasmo mi fa pensare che tu voglia bere. Quindi, non appena la tua lucidità farà ciao ciao, io... »
« ... morirai » concluse Lily per lui, battendo sulla sua spalla. « Allora è deciso ».
« Basta che ci sia da bere... » borbottò Sirius, « e la mia bella Banks, ovviamente, la mia amica del cuore » aggiunse, e lei rise.
« Immagino che la nostra opinione conti quanto un ammasso di cacca di Troll » fece Miley rassegnata scambiando un'occhiata con un mesto Remus, e tutti annuirono senza la minima compassione.
« Avanti, su, non fate i rompiballe! » fece James, allegro. « Ci divertiremo! E poi dobbiamo dare il benvenuto a un anno strafigo... l'anno in cui sposerò Lily! »
La ragazza fece di sì col capo con aria triste. « Annuite, su » bisbigliò agli altri. « Non è il caso di contraddirlo ».
Tutti risero, e alla fine anche Remus e Miley si arresero.
« Ci stiamo » annunciò la ragazza, e gli altri applaudirono con aria soddisfatta.
James, in particolare, era il volto della felicità.
« Bene, è fatta, gente! » esclamò alla fine. « Per accogliere il 1978, non c'è niente di meglio di un Capodanno malandrino, no? »









Note della Malandrinautrice: Salve! Santa Tosca, da quanto non ci si sente! Ma, beh, conoscete benissimo il motivo di questo ritardo. Spero che non sarà sempre così, altrimenti lascerò la scuola... muahahahahah, lo farò comunque!
Okay, basta con le cazzate. Dicevo? Oh, sì. Ecco a voi un altro capitolo non troppo utile (?), ma il prossimo me gusta di più.
Cosa dire? Finalmente un vero momento awwawwoso (?) tra Lily e Scarlett e qualche frammento di tutte le coppie...
Ehm... non so cosa dire. Come al solito, per qualsiasi dubbio, ci sono.
Ma passiamo subito ai ringraziamenti! Prima di tutto, a mia sorella Rossella, perché voi non immaginate quanto lei abbia fatto per aiutarmi. Questo capitolo è suo, si è occupata di tutto mentre io ero un po' incasinata a causa della scuola e, davvero, è lei che dovete ringraziare. Ma dopotutto, lei è questa storia.
Poi, naturalmente, ci siete voi. Voi, che siete meravigliosi. Voi, che mi avete scritto fino alla fine, tanto che ho ricevuto recensioni fino a qualche giorno fa. Voi, che avete fatto arrivare tutti i santi capitoli a più di 1000 visite ciascuno.
Voi, che mi avete lasciato TRENTASEI stupende recensioni all'ultimo capitolo. GRAZIE, anche se grazie non sarà mai abbastanza.
E grazie ai 144 delle preferite, ai 40 delle ricordate e alle 192 delle seguite! Grazie di cuore!
E un grazie speciale va di nuovo a lei, la mia adorata Sara, 
candycolache ha creato il banner di The Final Chance, cosa che io non sono mai riuscita a fare a causa del mio essere una vera impedita. Ecco il capolavoro: http://oi46.tinypic.com/30a3xuu.jpg e questa è la sua pagina di grafica su Facebook: http://www.facebook.com/pages/C%CE%B1ndyCol%CE%B1/149009198519588.
Per concludere, ancora grazie a tutti voi e un bacione! A presto!

Simona_Lupin

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Capitolo 25
*** Benvenuto, 1978 ***






Capitolo 25


Benvenuto, 1978





Con l'avvicinarsi della notte di Capodanno, tutti quanti a casa Banks erano leggermente in fibrillazione.
Richard brontolava contrariato, vagando per le stanze e contestando la decisione della moglie sull'orario dato ai ragazzi, secondo il suo parere davvero inaccettabile, mentre Charlotte lo rimproverava aspramente per la sua mancanza di entusiasmo verso le esperienze delle figlie, da lui vissute in passato.
Charlus inseguiva James pregandolo di lasciarlo venire a festeggiare insieme a loro, ma il ragazzo lo deludeva senza alcuna pietà con ripetuti no secchi, ignorando i suoi piagnucolii su quanto fossero noiosi i cenoni in casa Fawley e incalzando la madre a dissuaderlo con le sue maniere brusche, ma pur sempre efficaci. Scarlett discuteva con Lily su cosa indossare, passando in rassegna ogni singolo abito e soffermandosi in dibattiti approfonditi sulle qualità e le pecche di ognuno di loro. Quando si trovava particolarmente indecisa su un capo, vagava per la casa in cerca di pareri, ma il suo entusiasmo veniva sempre malamente stroncato. Miley, del tutto noncurante, al contrario della sorella, del suo look per la serata, per passare il tempo aveva iniziato a frugare fra pacchi e scatoloni impolverati su in soffitta e aveva ritrovato casualmente dei cappellini a punta ricoperti di brillantini dorati che riportavano la scritta 1971, ma che lei aveva Trasfigurato in 1978. Lei, James, Charlus e Sirius - armato di peluche in piena crisi d'identità - li avevano indossati con immensa allegria, improvvisando canti su e giù per le scale e danze tribali intorno al divano per invocare un anno ricco di gioia.
In tutto quel trambusto, l'unico a restare calmo e imperturbabile era stato il buon Remus John Lupin, placido e tranquillo in compagnia delle sue Cioccorane.
Escluso lui, comunque, in casa Banks dominava il caos.
« Richard! » trillò Charlotte, ricercandolo frettolosamente per tutta la casa. « Richard, per la barba di Merlino, non ti sei ancora preparato? »
L'uomo borbottò qualcosa di poco distinto e si diresse verso la camera da letto, piuttosto ingobbito. Prima che entrasse, però, lo raggiunse Charlus, arrivato dal piano di sotto insieme agli altri, e gli passò un braccio intorno alle spalle.
« Faremo diventare quel mortorio una festa da urlo, ragazzone! » esclamò con entusiasmo. « Festa da urlo, ho detto bene? Non dite così, voi ragazzoni? »
James e Sirius si scambiarono uno sguardo di gelido panico ed evitarono di rispondere, turbati.
« Dai, vecchio mio, decidiamo cosa indossare per le nostre bellissime mogli! » fece l'uomo, e si chiuse la porta della camera da letto alle spalle.
Proprio in quel momento, piombò lì Scarlett attraverso la scalinata, rischiando di scivolare sull'ultimo gradino.
« Ho deciso che vestitino indossare! » annunciò, reggendosi appena in tempo alla ringhiera. « Vi piace? »
E mostrò un abito dalla gonna a palloncino bianco ottico tappezzato di disegni intarsiati color nero lucido e una cinturina intorno alla vita dello stesso colore.
« Figo, brava » si complimentò la sorella, annuendo. « Fa molto Capodanno. No, in realtà no, ma è figo. Tu che ne dici, Sirius? »
Lui rivolse a Miley un'occhiata di traverso, poi si concentrò sul vestito. « Farai faville, Banks » le disse. « Non potevo chiedere di meglio ».
La ragazza sbuffò, ma sorrise, si caricò sulle spalle l'abito e ridiscese le scale, stando ben attenta a guardare i gradini.
« Ehi, amico » fece Sirius quando se ne fu andata, rivolto a James, « ma noi non possiamo presentarci in questo modo a una festa ».
Lui si grattò il mento con aria pensosa e si squadrò da capo a piedi. « E' vero... » mormorò. « Facciamo proprio schifo. Dovremmo cambiarci ».
Il ragazzo fu subito d'accordo. I jeans, sicuramente, erano troppo casual per il loro stile.
Scesero al piano di sotto, dove trovarono il resto della combriccola e Dorea, che applicava il rossetto alle labbra guardandosi allo specchio.
« Dory, noi andiamo a casa a cambiarci » annunciò Sirius con un sorrisetto, e la donna si voltò così di scatto da far cadere il rossetto a terra.
« Chiamami ancora in quel modo e in quella casa ci rimarrai tutta la sera » lo ammonì, minacciosa. « Comunque, certo, cari ».
I due si scambiarono uno sguardo stupefatto, sollevarono le spalle e fecero per raggiungere la porta d'ingresso.
« Remus, tu non vieni? » domandò James all'amico, mentre Miley fuggiva furtivamente in cucina.
« No » rispose lui con aria annoiata. « Andate voi ».
Gli amici annuirono, uscirono di casa e si Smaterializzarono, mentre in casa procedevano i preparativi per la festa.
Charlotte sistemò i vestiti di tutti e diede una rapida riordinata alla casa, Scarlett, con il paziente aiuto di Lily, si dedicò anima e corpo alla ricerca delle scarpe da abbinare al suo abito e Remus ciondolò per casa senza meta per ammazzare il tempo. Miley, invece, filò dentro la doccia senza avere la minima idea di cosa indossare, inconsapevole del fatto che la sorella stesse provvedendo anche al suo look per quella sera.
E forse avrebbe fatto meglio a rimanere con lei a progettare il suo abbigliamento, perché una terribile sventura la colpì non appena fu fuori dal bagno.
Terminata la lunga doccia, infatti, diede inizio alla ricerca del suo accappatoio misteriosamente scomparso. Imprecando, capì immediatamente che c'era di mezzo lo zampino della sua malvagia sorella vendicativa, così si avvolse intorno al corpo un ampio asciugamano, tremando per il gelo che i capelli bagnati infondevano sulle spalle e canticchiando una delle canzoni più rock delle sue amate Sorelle Stravagarie per riscaldarsi.
Dopodiché, con tutta la nonchalance che si può avere tremando come una foglia durante una tormenta di neve, uscì dal bagno.
« Groove around like a scary ghost... spooking himself the most... shake your booty like a boggart in pain... again and again and... » ma si bloccò.
Sentì il sangue raggelare nelle vene, fluire al cervello e annebbiarlo. Non era possibile. 
La cosa sarebbe stata alquanto comica e divertente se non fosse capitata proprio a lei, ma la pozione era ormai stata versata ed era inutile piangerci sopra. Il fato era stato orribilmente beffardo con lei.
Remus, in quell'esatto momento, si ritrovò proprio lì di fronte a lei, un calice d'acqua stretto in mano e l'espressione stordita di chi ha preso una brutale botta in testa.
« ... again » concluse la sua canzone Miley in un sussurro, rossa come un peperone. « Remus... oh, mi dispiace... io... mia sorella... mi ha rubato l'accappatoio e allora... non sapevo... non sapevo cosa... insomma, non c'era niente da... sto anche gelando, per cui... ecco, se magari... tu... tu... tu non eri andato via con gli altri? »
Decise di lasciar perdere, tanto provare a formulare una frase di senso compiuto era un'impresa semplicemente impossibile.
Lui pareva altrettanto imbarazzato e senza parole, la fissava pietrificato e cercava con tutte le sue forze di mantenere lo sguardo fisso sui suoi occhi.
« No, io... sono rimasto qui » rispose, massaggiandosi la nuca. « E... beh, scusami, ma... sai, tua sorella... mi ha chiesto... mi ha chiesto un po' d'acqua e allora... insomma, è impegnata con... con le scarpe, ecco. Sì... »
Al suono della voce del ragazzo, Scarlett sbucò fuori dalla sua camera. 
« Remus, la mia a-... » iniziò a dire, ma si bloccò esattamente come la sorella un minuto prima, lo sguardo che vagava fra i due, indecifrabile. Entrambi la guardarono con intensità, in attesa di una reazione, una qualsiasi reazione, anche se in fondo sapevano benissimo quel che sarebbe successo di lì a un paio di secondi. E difatti, Scarlett non tradì le aspettative e scoppiò in una risata così fragorosa che persino Lily, fino ad allora seduta sul letto superiore nella camera della ragazza, balzò giù utilizzando la scaletta e si precipitò fuori per capire la ragione di tutto quel divertimento. Al contrario dell'amica, però, si limitò semplicemente a reprimere un sorriso e fissò Scarlett che si sventolava il viso con entrambe le mani, così presa da quella ventata di risate incontrollabili da non riuscire a respirare.
Miley alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto. « Ne hai ancora per molto? » sbottò, rivolgendole un'occhiataccia.
Lei annuì, senza riuscire a pronunciare neanche una sillaba, e si guadagnò in questo modo un gestaccio da parte della sorella che si affrettò a ritirarsi in camera propria. Remus, rimasto solo, impotente e indifeso, con aria traumatizzata e mortifera, lasciò il calice d'acqua fra le mani di Lily e andò via.
Furono necessarie tutte le capacità persuasive di Lily per far calmare Scarlett e riuscire a far scemare il flusso ininterrotto di risa. Alla fine, però, dopo tutti quegli sforzi, la cosa andò a buon fine e la ragazza si sdraiò sul proprio letto, massaggiandosi lo stomaco con la mano.
« Se lo meritava... » riuscì a dire in uno stanco sussurro divertito, prima di rivoltarsi e immergere il volto in un cuscino per continuare a ridere.
Lily decise di lasciar perdere. La sua salute, fisica e psichica, era senza ombra di dubbio più importante.
Quando fecero ritorno da casa James e Sirius, Scarlett aveva finalmente deciso di piantarla con le risate e i genitori furono pronti per uscire.
Prima di andare via, però, richiamarono in salotto i ragazzi per le solite, infinitamente prolisse raccomandazioni.
« Allora » esordì Dorea, intimando silenziosamente a tutti e sei di tacere e ascoltarla con la massima attenzione, « abbiamo già detto che l'orario da non superare per nessuna ragione al mondo è quello delle tre. Poi, mi aspetto da voi che non frequentiate locali pericolosi o qualcosa del genere, perché potrebbe succedervi qualsiasi cosa. Tenete la bacchetta sempre a portata di mano, state sempre in gruppo e non bevete ».
« O almeno » aggiunse tristemente Charlotte, rimanendo ancorata alla realtà più dell'amica, « contenetevi e non venite a rimettere sul tappetino all'entrata ».
Sirius e James si scambiarono un fugace sorriso, ma per loro fortuna nessuno lo notò, poiché i genitori stavano cominciando a prendere i cappotti per uscire.
Mentre Charlotte e Dorea si dedicavano a un'ultimo ritocco al makeup, Richard si avvicinò a James e gli passò un braccio intorno alle spalle.
« James, ragazzo mio » mormorò con aria terribilmente seria, « sai quanto io mi fidi di te ».
« Certo che sì, zio Rich » convenne subito lui.
« Ecco » riprese l'uomo, stringendo la sua spalla. « Mi raccomando, tieni lontane le mie adorate figlie da tutti i possibili maniaci balordi che si trovano in giro. Compreso il tuo amico. Soprattutto il tuo amico. D'accordo? »
Lui fece di tutto per non lasciarsi sfuggire un sorriso e annuì con solennità. « D'accordo, tranquillo » gli assicurò. « Goditi la serata e attento a papà ».
Anche l'uomo annuì con serietà, prima di battere sulla sua spalla e allontanarsi con un pizzico di serenità in più.
Charlus spalancò la porta di casa e i genitori cominciarono a uscire, ma Dorea si bloccò all'entrata e si voltò, tentennante.
« Remus, caro » disse, rivolta al ragazzo con aria amorevole, « mi affido a te, okay? »
Lui rivolse un'occhiata agli amici e annuì. Sarebbe stata una lunga serata. Una difficile, difficile notte.
« Non si preoccupi, signora Potter » confermò, con quell'espressione rassicurante da sono-senza-dubbio-la-mamma-più-efficiente-che-esiste.
Anche il volto della donna si rilassò distendendosi in un sorriso, e fu con un saluto corale che si chiuse la porta di casa alle spalle.
« ANDIAMO A VESTIRCI! » urlò Scarlett un attimo dopo, e l'accorata proposta fu acclamata con energia.
Lei e Lily schizzarono verso la camera della prima, Miley si mosse annoiata verso la propria, mentre i Malandrini rimasero a chiacchierare in salotto.
James era seduto a terra con le gambe distese sull'ampio tappeto e la schiena poggiata al divano, Sirius stava comodo su una delle poltrone con una gamba accavallata sul bracciolo, mentre Remus, l'unico composto, era normalmente seduto sul divano. Il fuoco ardeva vivo dentro il camino, riflettendosi sulle pareti, disegnando distrattamente ombre, forme indistinte, tutte da immaginare.
« Amico, ti vedo preoccupato » osservò Sirius con un ghigno dopo che ebbero esaurito praticamente tutti gli argomenti che fossero venuti loro in mente, studiando il volto di Remus che guardava con attenzione la legna che bruciava. « Scommetto i miei capelli di incomparabile splendore che l'idea di passare un Capodanno insieme a noi non ti esalta particolarmente. Erro, mamma? »
Lui rise, distogliendo lo sguardo dal camino. « Evitate vittime, perlomeno, o io sarò quella di mamma Potter » ironizzò, e gli amici risero.
« Mamma beveva, da ragazza » disse James dopo un po', pensieroso. « Me l'ha raccontato papà. Si è ridotta malissimo un mucchio di volte ».
Remus e Sirius si scambiarono un'occhiata esterrefatta. « Ma dai! » esclamò il primo, sbigottito. « Stai davvero parlando di tua madre? »
« E' la persona più retta sulla faccia di questo fottuto pianeta! » fece eco Sirius, seriamente convinto che l'amico lo stesse prendendo in giro.
Ma lui scosse il capo con un sorriso. « E' vero » confermò con naturalezza. « Poi le è passata, però. Charlotte l'ha disintossicata » aggiunse, ridendo.
Sirius continuò a scuotere il capo con aria profondamente turbata. « E si permette di fare la predica a noi... per un goccetto! »
Remus, come suo solito, dopo aver ascoltato quella bestialità, gli scagliò contro un cuscino che finì dritto sulla sua faccia risoluta e scandalizzata.
« Non si lanciano i cuscini che non ci appartengono, John » intervenne improvvisamente la voce di Miley, apparsa in quel momento in salotto.
Il ragazzo parve sinceramente mortificato, mentre Sirius decisamente compiaciuto mentre se lo sistemava dietro la nuca.
« Ehm... scusami, Miley » borbottò, imbarazzato, mentre lei si lasciava cadere sul posto accanto a lui e scoppiava a ridere.
« Santo cielo » esclamò, chinandosi per intrecciare i lacci delle scarpe da ginnastica, « non ti sei ancora abituato ai miei tentativi di mortificarti, Remus? »
Lui sorrise, evidentemente rincuorato. « No » rispose, ridendo. « Decisamente no ».
Miley gli sorrise, complice, poi tornò a dedicarsi ai suoi lacci. « Lily e Scarlett ne avranno ancora per molto, secondo voi? » sbuffò.
James annuì con aria costernata. « Conosco tua sorella da diciassette anni » esordì in tono melodrammatico. « Quando deve prepararsi a uscire, non lascia mai nulla al caso. Se non dovesse trovare i precisi orecchini che vuole indossare, o il trucco che ha scelto per la serata non si addicesse esattamente al vestito, non si fermerebbe di fronte a niente ».
E la ragazza si ritrovò costretta a confermare l'affermazione con dolore inespresso. « E poi, quando mamma le dà corda è davvero terribile » aggiunse, contraendo il volto in una smorfia. « Abbinano, scambiano, afferrano, ripiegano vestiti per minuti, finché non arriva l'illuminazione, o quello che è ».
« Più o meno come te quando sai di dover incontrare Lily » intervenne Remus rivolto a James. « Ma con te è senza dubbio peggio ».
Il ragazzo parve piuttosto offeso e prese a farfugliare parole sconnesse. « Si ci deve presentare adeguatamente... » borbottò alla fine, sollevando le spalle.
« Sì » convenne l'amico, riflettendo, « ma la cosa comincia a divenire un tantino preoccupante non appena inizi a chiedermi quale tonalità di verde si abbina meglio ai pantaloni neri, non credi? O... non so... quando sistemi tutte le tue dannate camicie sui nostri letti per avere una panoramica completa della tua - è scandaloso anche solo dirlo - situazione vestiti ».
A quel punto, James, mentre Miley scoppiava a ridere di cuore, messo al tappeto, gli rivolse un gestaccio con la mano che lui ignorò serenamente.
« E alla fine della fiera » concluse Sirius, allargando le braccia, « si veste comunque in maniera orribile ».
« Questo non è vero! » protestò immediatamente lui, rizzandosi a sedere. « Lo dici solo perché sai che il mio stile è impareggiabile e... »
« Stiamo davvero parlando di vestiti? » lo interruppe Remus in tono sbigottito, strabuzzando gli occhi.
I due si scambiarono uno sguardo vagamente preoccupato, riflettendo. Quella sera si sarebbero impegnati a ristabilire il loro altissimo grado di virilità.
« Perché, non è forse un ottimo argomento, Lupin? » arrivò la voce di Scarlett, che entrò sorridente in salotto seguita da Lily.
Dal momento in cui lo sguardo di Sirius scattò verso di lei, non si mosse per il resto del tempo.
« Sorella, hai davvero intenzione di uscire con quelle? » domandò poi la ragazza, esterrefatta, indicando con un cenno le vecchie scarpe di Miley.
Lei si alzò di botto, alzando gli occhi al cielo. « Volete che balli o no? » sbottò in tono annoiato, incrociando le braccia al petto.
Scarlett la fissò a lungo, intensamente, senza mostrare la minima espressione. Alla fine, quando si ritenne abbastanza pronta, avanzò per stringerle la mano.
« Questo è parlare » mormorò con la voce rotta dall'emozione. « Però, santo cielo, io ballerò con queste due bacchette da quindici pollici, su! »
L'altra rise, rivolgendo un rapido sguardo terrificato ai vertiginosi tacchi scarlatti della sorella. « Tieniteli pure » le suggerì, annuendo.
« Allora, possiamo andare? » fece Lily, sorridendo.
« Sì! » esclamò James con ruggente gioia, alzandosi da terra per prenderla a braccetto. « Ma io devo innanzitutto dirti, mia Lily, amore eterno della mia esistenza, che sei bella come la più splendente delle creature e ancor di più » e le sorrise con aria angelica.
La ragazza lo scrutò a lungo, come cercando di capire se stesse scherzando o meno. Purtroppo, ovviamente, James non scherzava affatto.
« Potter, ti prego » disse, premendosi una mano sul cuore, « non dire mai più simili atrocità. Uccidono ».
Lui scoppiò a ridere, annuendo. « Beh, sei una gran figa, Evans » disse, scrollando le spalle, e Lily gli rivolse uno sguardo carico di divertimento.
Dopodiché, l'allegra combriccola si avviò verso la porta e uscì fuori, nella fredda aria invernale.
« Te lo avevo detto, Scarlett » disse Lily all'amica con aria di rimprovero, coprendosi le orecchie, « acconciarsi i capelli era l'idea più inutile del secolo ».
Lei sbuffò con aria palesemente contrariata, cercando di non far svolazzare troppo i capelli, e non rispose.
« Tanto per sapere » fece Sirius, pensieroso, « dov'è che andremo? »
« C'è un locale, sulla via centrale » rispose Scarlett, stringendosi nel suo cappotto. « Vediamo un po' come si divertono i Babbani a Capodanno! Se ci annoiamo, comunque, possiamo sempre Materializzarci dove vogliamo, a meno che non sia dall'altra parte dell'emisfero ».
Gli altri annuirono, d'accordo, Miley borbottò un triste: « Io no » poiché non aveva ancora raggiunto l'età richiesta per la Materializzazione, e, alla fine, il gruppetto cominciò a camminare per raggiungere l'ampia e infinita via al centro della zona.
Il vento fischiava nelle orecchie in maniera terribilmente fastidiosa, un vento gelido che pietrificava i volti, riducendo a zero la voglia di intrattenersi a chiacchierare durante il cammino, e il rumore delle fronde degli alberi lungo i marciapiedi che si scontravano con furia era potente.
Avanzarono rapidamente, compatti, finché Scarlett, con gran sollievo di tutti, non fece cenno verso l'entrata di un locale affollato, chiamato Moonlight. Subito, James, Sirius e Remus si scambiarono un'occhiata complice.
« Moonlight » lesse Sirius, annuendo. Remus sperò con tutto se stesso che si ricordasse che Miley, a differenza di tutto il resto del gruppo, non era a conoscenza del segreto sulla sua condizione e che evitasse di fare allusioni o battute tipiche del suo repertorio, e l'amico non lo deluse. « Bel nome » si limitò a dire, e iniziò ad entrare, seguito a ruota dagli altri.
Non appena furono dentro, una ventata di aria calda li avvolse, facendoli sospirare con gioia. 
Era un locale abbastanza grande, dove al centro si stagliava una pista da ballo circolare, circondata da tavoli e sedie, sgabelli e divanetti, tutti sulle tonalità del bianco e del nero. La musica era alta, quasi tutti ballavano, e bisognava tapparsi le orecchie e alzare il tono della voce per farsi udire, tanto che in molti si avvicinavano più che potevano per scambiare qualche parola. Le luci erano soffuse, ma di colori accesi, e illuminavano il lungo bancone dei drink affiancato da una fila di alti sgabelli e le schegge di pavimento visibili fra la calca di piedi danzanti.
« Fico! » urlò James guardandosi intorno, le mani in tasca, e si addentrò tra la folla, seguito ben presto dagli altri.
Il locale pullulava di gente, e non era difficile perdersi di vista. Avanzarono compatti, osservando i festeggiamenti con aria allegra, finché non trovarono un angolo libero dove poter parlare con maggior facilità. Il sorriso di James andava da un orecchio all'altro.
« Attenta alle concorrenti babbane, Evans » disse alla ragazza, facendosi ora serio. « Un paio di ragazze mi ha fatto l'occhiolino ».
La ragazza inarcò le sopracciglia, incrociando le braccia al petto. « Primo, Potter: l'intera area femminile del pianeta potrebbe ammiccare verso di te, e non m'importerebbe un accidenti ugualmente » esordì, interrompendo Sirius che aveva aperto bocca per parlare. « Secondo - e non riesco a credere che io lo stia dicendo sul serio - quelle due biondine miravano a Black, non a te che eri un metro e mezzo avanti » e qui il ragazzo precedentemente zittito prese ad annuire compiaciuto, « terzo, e qui concludo, una rossa non deve mai temere una bionda. Sappilo ».
James boccheggiò, spiazzato, e per qualche momento non fece altro che aprire e richiudere le labbra senza emettere suoni.
« Era un biondo ramato... » borbottò infine senza la minima logica, e Lily lo fissò serrando gli occhi. Aveva perso il senno.
« Okay, gente » intervenne Scarlett, cercando senza riuscirci di salvare la faccia a James. « Io direi che un bel brindisi al nuovo anno è quel che ci vuole! Vediamo un po' cosa bevono i Babbani! »
Tutti quanti accolsero la proposta con entusiasmo e si avvicinarono al bancone dei drink.
Sirius e James presero subito posto su due dei tanti sgabelli e osservarono la barista dai voluminosi boccoli neri che serviva bevande mai viste prima.
« E' buona quella roba trasparente? » fece James rivolto a Remus, e lui lo fissò a lungo e intensamente prima di rispondere.
« Tu... stai sul serio chiedendo a me se è buona? » sbottò, sbigottito. 
« Beh... » fece l'altro, titubante. « Solo tu e Lily ne sapete qualcosa... magari così, per sentito dire... »
Remus non parve convinto dalla spiegazione dell'amico e ostentò un'espressione scettica. « E' Vodka » rispose però dopo un po', con naturalezza. « Per te può andare ».
Il ragazzo annuì e si rivolse alla ragazza che gli sorrideva apertamente. 
« Una Vonka » le disse ad alta voce, e il sorriso sul volto della barista si spense di botto.
« Vuole dire Vodka » fece Sirius lanciandogli un'occhiata di traverso e una gomitata tra le costole, e la ragazza abbozzò un sorrisetto, ancora perplessa. « Perdonalo, bellezza, è già un po' andato. Per me... uhm... Rum. Rum Black! » esclamò poi, scorrendo lungo la lista degli alcolici. « Sì, quello ».
Quando la barista si rivolse alle ragazze per prendere la loro ordinazione ed ebbe poi dato loro le spalle, Sirius tornò a rivolgersi a James. 
« Sei un idiota » si premurò di dirgli. « Una Vonka... ma andiamo! »
James parve sinceramente mortificato e chinò il capo. « Avevo capito male... » mormorò, dispiaciuto, e lui alzò gli occhi al cielo.
Un attimo dopo la barista fece scivolare sul lucido bancone un bicchiere colmo di un liquido ambrato, qualche istante più tardi già completamente vuoto.
« Ehi! » protestò Scarlett, che aveva appena afferrato il suo drink. « Dovevamo fare un brindisi! Sei sempre il solito idiota ubriacone, Black ».
Gli rivolse la più sdegnosa delle occhiate e Sirius l'accontentò subito facendosi riempire nuovamente il bicchiere dalla barista, poi le strizzò l'occhio.
« Allora » esordì poi James con un tono terribilmente serio e solenne, « Facciamo un brindisi come si deve. Io sono l'addetto ai brindisi, quindi decido io ».
Tutti si scambiarono occhiate perplesse, ma nessuno fiatò. Quando a James saltavano in mente idee del genere, era meglio lasciarlo libero di esprimersi.
« Bene » esordì, galvanizzato, « il meccanismo del brindisi sarà il seguente: io, ovviamente, darò il via con il mio solito e breve discorso » e a quelle parole Remus e Scarlett si scambiarono un'occhiata esasperata, « poi, ognuno di voi dirà quello che desidera per questo 1978... tutto chiaro? »
Gli amici annuirono, chi molto partecipe, chi decisamente meno, e James diede il via alla sua operazione.
« Io, James Potter, con questo bicchiere di Von-... di Vodka » iniziò a dire, solenne, « voglio esprimere tutta la mia gioia e la mia felicità nel vedere tutti i miei più grandi amici » e battè una pacca sulle spalle di Remus e Sirius, « a parte Peter, ma purtroppo non si può avere tutto nella vita... comunque, dicevo. I miei amici, le mie secolari amiche », e strizzò l'occhio ad entrambe, che risero, « e la donna che amo » proseguì, rivolgendo un sorriso smagliante a Lily, « tutti qui con me in questo Capodanno che sperò sarà figo quasi quanto me. Che sia un 1978 pieno di... »
Sollevò il suo calice verso Sirius, che capì di essere il primo a dover esprimere il suo auspicio per il nuovo anno. 
« Pieno di... » riflettè, pensieroso. « Pieno di zozzate! » esclamò poi, come colpito da un lampo di genio.
Un'esplosione di proteste scandalizzate unite a risate del tutto inevitabili accolsero l'augurio di Sirius, che assunse un'espressione di educata perplessità.
« Amico, ma ti pare il modo? » lo rimproverò James, fintamente aspro. « Di fronte alle signore? »
Sirius sbuffò, contrariato. « Se lo augurano anche loro, fratello » disse, provocando una nuova ondata di improperi. « Comunque, se volete essere tanto ipocriti e le zozzate non vi stanno bene la cambio, okay? »
Attese che si ripristinasse l'atmosfera che aleggiava in precedenza e tornò serio. « Un 1978 pieno di... piacevoli sorprese » mormorò, rivolgendo un sorriso a Scarlett e sollevando il bicchiere verso di lei, che tossicchiò e sostenne il suo sguardo.
« Serenità » disse poi, annuendo appena. « Un anno pieno di serenità » e passò la parola a Miley, che fissò il proprio bicchiere con sguardo vacuo.
« Un 1978 pieno di sincerità » mormorò, sollevandolo come avevano fatto gli altri, e sorrise a Remus, che la ricambiò.
Il ragazzo riflettè qualche momento prima di parlare, il bicchiere inclinato. « Fiducia » disse infine, convinto. « Che sia un anno pieno di fiducia... e di cioccolato, naturalmente » scherzò poi, e Sirius se ne uscì con un qualcosa tipo: « Cioccolato... è come le zozzate. Se lo augurano tutti » a cui nessuno volle prestare orecchio. Remus diede infine la parola a Lily, sollevando il bicchiere, e lei si sistemò i capelli su una spalla, riflettendo.
« Un 1978 pieno... pieno... » Si massaggiò la guancia, indecisa. « Pieno di leggerezza » concluse, sorridendo in direzione di James.
Lui rimase qualche secondo incantato e rapito dal suo sguardo, poi si riprese.
« Sì... » balbettò, ancora un po' scosso. « Ora tocca a me e, se permettete, in quanto autore del brindisi, merito un illimitato numero di desideri. Quindi » fece, dando l'impressione di dover dare inizio ad un lungo elenco, « che sia un anno pieno di risate, di punizioni, di uscite ad Hogsmeade - si spera con Evans - , di Quidditch, di ronde, di M.A.G.O. - più sono, e meglio è -, di Coppe delle Case e del Campionato... di Hogwarts, perché dobbiamo godercela fino alla fine » disse alla fine, e tutti sorrisero con un velo di malinconia. « Ma tutto questo » riprese subito James, pimpante, « solo nella prima parte, ovviamente! Dopo sarà un anno di cambiamenti, esami d'ammissione, matrimoni... di pace, si spera. E di crescita. Perché quest'anno si diventa grandi, gente ».
Gli amici annuirono tutti, guardandolo con intensità. Si prospettava davvero un anno importante, e se ne resero tutti conto in quel momento.
« E ora beviamo! » saltò su all'improvviso Sirius, rovinando del tutto l'atmosfera che si era creata. « A noi! »
Tutti quanti risposero al coro, facendo tintinnare i bicchieri, e bevvero, ridendo e cominciando a commentare gli strani sapori che sperimentavano i Babbani nelle loro bevande. Lily e Remus osservavano l'entusiasmo degli amici piuttosto increduli e furono costretti a calmare gli animi quando James, in uno slancio di genio, innescò un pesante dubbio sul contenuto del suo bicchiere: e se non si fosse trattato di Vodka ma di Veritaserum? In questo modo avrebbe potuto rivelare a Lily il suo segretissimo amore per lei, rischiando di provocarle uno shock dai gravi risvolti, e no, non se la sentiva di rovinare così quel Capodanno.
« Comunque, la Vodka è una bevanda ottenuta dalla distillazione dei cereali » intervenne Miley con aria sapiente. « Lo sanno tutti ».
Nessuno si astenne dal fissarla, e lei assunse un'espressione ancor più stupita di quella loro. « Babbanologia » spiegò. « Ho approfondito i miei studi ».
In seguito alla brillante e assolutamente utile spiegazione tecnica della Purosangue babbanofila, il gruppetto filò compatto a ballare. O meglio, Lily e Scarlett si addentrarono tra la folla di braccia e corpi in movimento in compagnia di Remus e Miley, lievemente titubanti, e di un sempre più esaltato James, mentre Sirius rimase seduto al bancone dei drink a fare conversazione con un tizio sconosciuto dai capelli lunghi fino alla vita.
« Come fanno i Babbani a mettere la musica a così alto volume? » domandò James, guardandosi intorno incuriosito, alla ricerca della fonte di tutti quei rumori.
« Si chiamano casse, James » rispose Lily paziente. « Il volume può essere regolato, e con le casse la musica viene amplificata ».
Il ragazzo annuì più volte con aria seriamente colpita. « Wow » commentò, ammirato. « E sono bravi i cantanti babbani? »
Lei annuì, scambiando un'occhiata esasperata con Scarlett. « Sì, sono bravi » disse. « E... oh, Scarlett, devo assolutamente farti ascoltare i Queen! Santissimo cielo, non puoi non conoscerli, sarebbe un crimine, spero tanto che mettano qualcosa! Sono... sono... Merlino, quanto vorrei poterli vedere! »
L'amica la fissò, cercando di placare i suoi bollenti spiriti. « Okay, okay » replicò. « Però calmati, d'accordo? Metti paura ».
Lily parve ritrovare la pace interiore, prese un profondo respiro e tornò la serena ragazza di sempre. La momentanea situazione di calma, però, ebbe davvero vita breve. Infatti, non appena la canzone precedente terminò e cominciò a diffondersi una nuova e ritmica melodia, Lily saltò su ed emise uno strilletto.
« E' la febbre del sabato sera! » esclamò, battendo convulsamente le mani. « La febbre del sabato sera, capisci? Merlino! »
Scarlett corse a rifugiarsi dietro le spalle di James, spaventata. « Cosa diavolo è la febbre del sabato sera? » domandò, sconcertata.
Lei sbuffò, sentendosi terribilmente incompresa. « E' un film, è uscito due settimane fa » spiegò, ancora in piena fibrillazione. « Io e mamma siamo corse a guardarlo al cinema! C'è John Travolta, capisci? L'inimitabile John Travolta, l'intramontabile! »
« Oh, no » intervenne Remus con aria disperata, guardando la ragazza che andava su di giri. « Anche tu? Mia madre è ossessionata da quel ragazzo... ormai la sua minaccia preferita a mio padre è diventata: quando mi stancherò di te, John, cambierò John e scapperò con lui » e fece una smorfia, alzando gli occhi al cielo. « Beh, sai, assistere a una lite del genere non è molto normale. Voglio dire, ti turba ».
Lily scoppiò a ridere, scuotendo il capo. « Amo tua madre » disse, e rise nuovamente di fronte all'espressione totalmente sconfitta di Remus.
« State parlando di John Travolta? » fece Miley, strabuzzando gli occhi. « Il più figo tra i fighi babbani? Io lo conosco! La mia amica Meredith è pazza di lui ».
« Lo conosci? » ripetè l'altra, premendosi una mano sul cuore. « Qualcuno mi capisce, per fortuna! Allora? E' o non è il massimo? »
« Se state parlando di me » intervenne improvvisamente una voce, che scoprirono appartenere a un rilassatissimo Sirius, « sì. Lo è ».
Annuì con aria grave e si avvicinò scivolando a James e Scarlett. « Allora? » chiese, sorridendo. « Come andiamo? »
« Male! » esclamò James con veemenza. « Malissimo! Evans è innamorata persa di uno stupidissimo attore babbano. Va più che male ».
La ragazza riuscì a sentirlo e si voltò, sorridendo con aria divertita e facendo per parlare.
« Ascolta, Evans » la anticipò invece lui, serio. « Ristabiliamo l'ordine naturale delle cose. Io sono il massimo. Io sono il più figo tra i fighi, babbani e non. Io sono inimitabile e intramontabile. Io sono colui che tu devi amare. E io, naturalmente, sono anche il re indiscusso del ballo ».
Lily emise un suono strano, a metà tra uno sbuffo esasperato e una risatina di scherno. « Tony Manero è il re del ballo, Potter » replicò con ovvietà.
Lui si passò una mano fra i capelli già ritti e la fissò. « E adesso chi diavolo è Tony Maniero? » sbottò. « Non ti piaceva quel John coso? Ce n'è un altro? »
« Hai un fronte contro, amico » commentò partecipe Sirius, battendogli una pacca comprensiva sulla spalla.
« Idioti » commentò sottovoce Lily. « Tony Manero è John Travolta nel film. Lui sì che è davvero il re della pista ».
James rise, provocatorio. « Ma andiamo » fece, scettico. « Il re della pista lo conoscerai stasera, Evans. Vieni ».
Le porse la mano, e lei lo squadrò a lungo prima di afferrarla. Quando lo fece, James, senza preavviso, la attirò a sé facendola atterrare sul suo petto.
Lei trattenne il fiato, presa in contropiede, e sollevò lo sguardo per incontrare quello compiaciuto di lui.
« Allora? » le disse, un sopracciglio inarcato. « Pronta a ricrederti, Evans? »
La vide totalmente spiazzata e rise, conducendola con sé verso il fulcro di tutta la festa fin quando non sparirono totalmente alla vista.
« Mi stai trascinando con la forza » asserì lei, piccata, piantando i piedi sul pavimento lustro e rimanendo immobile. « Non è carino, lo sai, sì? »
Il ragazzo diede in un mezzo sbuffo divertito. « Ma dai » le disse, « non aspettavi altro che ballare con me, questa sera ».
Lily non riuscì a trattenere una risata e si decise a sciogliersi. Intorno a loro, nessuno stava fermo un attimo.
« Ma sono... ehm... uomini, quelli che cantano? » domandò James all'improvviso, titubante. « Insomma... non sono molto... come dire... virili, ecco ».
A quelle parole, lei si bloccò di nuovo e incrociò le braccia al petto, rivolgendogli un'occhiata irata e sdegnosa che lo fece rimpicciolire.
« Sono i Bee Gees, Potter » replicò, seriamente infuriata. « Santo cielo, i Bee Gees! Non puoi offendere i Bee Gees! E' reato, reato penale! »
Lui rise, mentre il ritornello si diffondeva all'interno della sala: « Ah, ah, ah, ah, stayin' alive, stayin' alive... ah, ah, ah, ah, stayin' alive...! »
Accanto ai due passò in quel momento un ragazzo dall'aria sicura di sé, i capelli tirati indietro con un'ingente quantità di gel, vestito di tutto punto con un completo bianco ottico e un paio di scarpe tirate a lucido. Un clone malriuscito - molto malriuscito - dell'inimitabile Tony Manero.
Scivolava sul pavimento, agitando in maniera inconsulta le braccia, e in molti lo fissavano, ridendo senza farsi notare.
« Guarda quel tipo! » esclamò Lily divertita. « Vorrebbe imitare le sue mosse! Merlino... è davvero ridicolo ».
James continuò a guardare il tizio sconosciuto per un po'. « E' così che si muove Tony Manero? » chiese, perplesso. « Non mi pare tanto grandioso ».
Ma lei scosse con decisione il capo. « Certo che no » dissentì prontamente. « Quella è una squallida imitazione. Tony Manero è più così » e ripropose il gesto delle braccia effettuato dal ragazzo con molta più grazia e coerenza, sorridendo.
Lui la osservò con attenzione e ammirazione in parti uguali. « Wow » commentò infine, colpito. « Così è figo, Evans. Brava ».
Lily rise e fece spallucce, sistemandosi dietro l'orecchio una ciocca ribelle di capelli. « Provaci » lo incalzò, sfidandolo. « Fammi vedere che sai fare ».
James assunse tutt'a un tratto un'aria ammiccante che la fece ridere di gusto, poi si allontanò di un passo per farsi guardare meglio e ripetè la mossa con evidente disinvoltura, tanto che lei rise più forte, stupita, e osservò i suoi movimenti con le mani strette sui fianchi.
« Ehi, James, ci sai fare! » esclamò, sinceramente colpita, e lui le rivolse un'espressione da che-ti-aspettavi? davvero eccezionale, e si avvicinò.
« Sono un professionista, Evans » replicò, passandosi una mano fra i capelli. « Apprendo in fretta ».
Lei annuì, inumidendosi le labbra. « Noto, Potter » convenne, partecipe. « Ma adesso muoviamoci, per favore, siamo fermi al centro della festa e ci stanno guardando tutti » proseguì, notando gli sguardi perplessi dei vicini che li vedevano immobili fra quella calca di ballerini improvvisati.
« Agli ordini, Rossa » scherzò lui, e le premette lievemente una mano sulla schiena per attirarla a sé e farla ballare con lui.
Lily si rese conto di quanto fosse maledettamente alto, e sollevò lo sguardo, incontrando il suo sorriso. Le piaceva molto guardarlo mentre sorrideva, era un qualcosa che le infondeva serenità e beatitudine, come un balsamo sulla pelle scottata. James aveva un sorriso dolce, pacifico, un po' storto, come lo erano quasi sempre gli occhiali che portava sul naso, un sorriso che non riusciva a farle credere nulla di male sul suo conto, che le faceva sembrare sciocchi tutti i pregiudizi che aveva covato verso di lui. Era un sorriso genuino, semplice, bello, che faceva sparire tutto il resto o lo rendeva più luminoso. E a Lily al momento non importava di quanto fossero strani tutti quei pensieri... meglio ancora, non le importava proprio di niente.
« Mi fissi da un quarto d'ora, Evans » osservò James ridendo sottovoce. « E' un brutto segno o posso iniziare a montarmi la testa? »
Lei si riprese e scosse il capo, stordita. « Tu hai iniziato a montarti la testa il giorno in cui sei nato, Potter » replicò dopo aver ripreso il controllo, ridendo.
Il ragazzo sbuffò, contrariato. « Devi rivedere un paio di cosette sul mio conto, Lily » ribattè, scrutandola intensamente. « A cominciare dal ballo ».
E la fece ruotare per poi accoglierla fra le sue braccia, la schiena contro il suo petto.
Pochi metri più in là, al bancone dei drink, tutta la combriccola li guardava, commentando a gran voce ogni mossa.
« James ci sa fare, gente » commentò Scarlett, mandando giù un'altro sorso della sua Vodka Lemon. « Ammettiamolo, è proprio un figo ».
Accanto a lei, Miley annuì, le labbra incollate al suo bicchiere colmo d'acqua cristallina - la barista l'aveva fissata per trenta secondi buoni quando l'aveva richiesta - e si lasciò scivolare sullo sgabello. « Lo pagherò per un corso di ballo accelerato » disse, riflettendoci su.
Sirius e Remus si scambiarono un'occhiata. 
« Amico » fece il primo in tono tetro, « anche il buon vecchio Peter saprebbe cavarsela meglio di noi sulla pista ».
L'altro fu palesemente d'accordo. « Ah, il buon vecchio Peter... ma, in fondo, di cosa non è capace? » si domandò, sorseggiando la sua birra.
Sirius annuì lentamente, stendendo un braccio lungo il bancone. Le due sorelle li fissarono con aria sdegnata, le sopracciglia inarcate.
« Sia benedetto il cielo » borbottò Scarlett continuando a fissarli. « E' mai possibile che fate i depressi a Capodanno? »
La sorella scosse il capo, costernata. « Anche i novantenni con un piede nella fossa sono più festaioli di voi » disse in tono di disapprovazione.
« Noi andiamo a ballare » concluse Scarlett, poggiando il bicchiere vuoto al bancone e scivolando giù dallo sgabello, altezzosa. « Venite con noi o no? »
Per la seconda volta, i due si guardarono e parvero riflettere sulla proposta. Alla fine, apparentemente rinvigoriti, risposero con un secco: « Sì » e si alzarono.
Le ragazze si diedero il cinque e si incamminarono verso la pista, chiacchierando concitate fra loro.
Raggiunsero James e Lily che ancora ballavano e rivolsero loro un sorriso. Non appena quelli li videro, si avvicinarono con aria allegra.
« Eccovi, finalmente! » fece lei, gettando le braccia al collo dell'amica senza un motivo particolare. « Dove siete stati? »
« A bere » rispose Scarlett lievemente scocciata. « Quei due idioti non volevano scollarsi da quegli sgabelli. Bah... prova a capirli » sospirò.
« Io vado a riprendermi con qualcosa di forte » annunciò James, battendo una pacca sulla spalla degli amici.
« Veniamo anche noi » fece subito Remus, e i tre si avviarono, lasciando le ragazze da sole.
Non appena furono lontani, Scarlett si voltò verso Lily con le mani strette sui fianchi e un'espressione trionfante sul volto.
« Allora, Rossa » fu il suo esordio, « te la spassi anche senza di noi, eh? Vedevo come ti faceva ridere James, dolcezza, non tentare di fare la furba con me ».
Lily rise, scuotendo incredula il capo. « Abbiamo solo ballato » rispose, ricercando un tono perfettamente neutro. « Stai sempre a gonfiare tutto, tu ».
Scarlett le fece il verso e cominciarono a battibeccare, finché Miley, stanca, non le prese saldamente per il braccio e le condusse a ballare.
Nel frattempo, di nuovo al bancone dei drink, i ragazzi si apprestavano ad operare un secondo brindisi tra Malandrini con tre bicchieri di Rum, ormai divenuto ufficialmente la bevanda babbana preferita di Sirius in assoluto - considerato anche che aveva avuto modo di testarne parecchie durante la serata tanto da ritenersi ormai un vero e proprio esperto - in onore di un qualcosa ancora tutto da definire.
James fu il primo a sollevare il calice, ovviamente. « Dedico questo bicchiere di... » e qui i due amici sperarono intensamente che azzeccasse il nome della bevanda, credendoci un po' semplicemente perché vi erano solo tre semplici lettere, « ... Rum » e si scambiarono un sorriso, « ai miei amici bastardi qui presenti, al buon Peter e al compare Frank, che invece sono venuti a mancare... »
« Non sono morti, James » precisò Remus a quelle parole, esasperato.
« Certo che no, porco Salazar » ribattè James, indispettito dall'interruzione. « Questa sera sono venuti a mancare, questa sera » si corresse, per poi proseguire. « Miei compagni di viaggio e di avventure in questi lunghi anni, a cui auguro tanta felicità, gioia e cento di questi Capodanni! Alla salute! »
Fece urtare il suo bicchiere contro quello degli altri due e se lo scolò tutto d'un fiato come Sirius, mentre Remus fu molto più cauto.
« E' buono! » esclamò James dopo aver vuotato il calice, rinfrancato. 
« Ci credo » convenne subito Sirius, anche lui un po' su di giri. « E' Black! Che c'è di meglio? »
James scambiò un'occhiata esasperata con Remus e lo ignorò. Due galli come loro non potevano stare nello stesso pollaio, decisamente no, era troppo.
« Andiamo a ballare che è meglio » disse tutt'a un tratto Remus, inaspettatamente.
James lo fissò, come se a stento riconoscesse il suo vecchio amico. Evidentemente, sentire i continui sproloqui autocelebrativi di Sirius aveva portato il ragazzo a preferire il ballo, disciplina nella quale non si sentiva per niente a suo agio, all'ascolto di quei deliri.
« Hai ragione, andiamo, prima che tu te ne penta » si affrettò a rispondere James, approfittando del momento sì dell'amico. Non sarebbe più capitato. « E tu, brutto idiota? » chiese poi, rivolto a Sirius.
« No, io resto qui » rispose lui con tono strascicato. « Vi raggiungo tra un po' ».
I due, a quel punto, si allontanarono e raggiunsero le ragazze che stavano ballando e divertendosi un mondo.
« Ehilà, belle fanciulle! » si annunciò James, facendo fare prima un rapido caschè a Miley e prendendo poi per un braccio sia Scarlett che Lily, così da farle volteggiare. « Vi sono mancato, lo so. Ma ora balliamo » e si lanciò nelle danze, attirando anche l'attenzione di parecchie ragazze.
Remus, al contrario, si fece avanti timidamente, e fu Miley ad avvicinarsi a lui.
« Ti sei deciso a buttarti, alla fine? » gli domandò, scrutandolo curiosa. 
Lui rise sottovoce, scuotendo il capo. « Beh, diciamo di sì » rispose, sorridendo. « Non ho molta scelta in realtà, visto il posto in cui ci troviamo. Quindi ho dovuto scegliere se scendere in pista o fare l'alcolizzato come Sirius. Ho scelto la prima opzione ».
Miley rise di gusto. « Ho capito » disse poi, scostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. « Neanch'io sono particolarmente portata per il ballo. Diciamo che sono completamente scoordinata in tutto quello che faccio, ma... ti dirò che mi sto divertendo tanto! Non è poi così male, piacerà anche a te ».
Lui le sorrise di rimando, notando che era davvero molto serena e divertita, nonché estremamente carina nel suo abitino viola molto semplice e con i capelli un po' in disordine, ma si ridestò presto da quei pensieri.
« A dire la verità » riprese, massaggiandosi la base del mento con le nocche, « non sono molto un tipo da disco dance ».
Rise della stessa serietà con cui aveva annunciato la sua tendenza musicale, e Miley con lui.
« E cosa ascolta in genere il signor Lupin, invece? » gli domandò lei quando ebbe smesso di ridere, picchiettandosi l'indice sulle labbra.
« Beh » fece lui, mentre James al suo fianco ballava in maniera assolutamente disinvolta con tutte e due le ragazze contemporaneamente, « ascolto un po' di tutto, ma più che altro preferisco il jazz » confessò, sorridendo timidamente.
Miley, a quelle parole, si bloccò di scatto sul posto e lo fissò. « Il jazz? » chiese, incredula. « Davvero ti piace il jazz? »
Remus, sentendosi improvvisamente in imbarazzo, accolse le parole della ragazza quasi come un'accusa.
« Beh, io... » balbettò, tentando di giustificare in modo razionale i suoi gusti musicali. « Sì... cioè, non ci trovo... nulla di male, ecco... »
Lei, vedendolo così spaesato e quasi pentito della sua scelta, scoppiò a ridere. Remus sapeva essere davvero comico senza neanche volerlo.
« Oh, beh, non è un reato, questo lo so anch'io » scherzò, e a quel punto il ragazzo si sentì molto meno sotto pressione, avendo afferrato il suo tono giocoso. « Il jazz... beh, è sicuramente... interessante, sì. Un po' datato, ma... »
« Ehi! » reagì prontamente Remus, sulla difensiva. « Il jazz non è datato! Il problema è che nessuno apprezza più i classici, al giorno d'oggi ».
« Così parlò il vecchietto di novant'anni che mi ritrovo di fronte » lo canzonò prontamente lei, ridendo. Anche lui non potè fare altrimenti.
« E sentiamo, ragazzina » ribattè, fingendosi scontroso anche se con scarsi risultati, « quale genere musicale ami tu? Il punk? »
Lei lo guardò con le sopracciglia inarcate, come a volerlo sfidare. « Beh, è chiaro » fece, sicura di sé. « Solo il meglio per le mie amatissime orecchie. Quindi cosa se non del buono e sano rock and roll? »
Mimò il gesto di un musicista alle prese con un'immaginaria chitarra elettrica, e Remus rise.
« Sei una rockettara? » domandò, decisamente stupito. « Cavoli, non l'avrei mai detto ».
« Non si giudica un libro dalla copertina, Lupin » ribattè lei con prontezza, senza però assumere un tono polemico. « Il fatto che io sia un'imbranata non pregiudica l'esistenza di una mia presunta anima rock » fece con tono d'importanza, gonfiando il petto.
Lui continuò ad osservarla, sorridendo quasi senza rendersene conto. Miley era davvero tutta da scoprire, e lo capiva ogni volta che parlava con lei.
« Hai ragione » commentò, sinceramente senza parole. « Però ammetti che un po' strano lo è ».
« Beh, sì, ho una doppia personalità, e allora? » scherzò lei, ridendo e allargando le braccia. « Forse la mia parte più dolce e pacata... la mia parte più Remus Lupin, chiamiamola così, potrebbe amare il jazz, che ne sappiamo? »
Remus sorrise, senza smettere di guardarla, rapito da lei. « Dovremmo scoprirlo » disse, inclinando appena il capo.
Miley si accorse di quello sguardo e arrossì, ringraziando mentalmente l'oscurità da cui erano circondati in quel momento. « Già, dovremmo » convenne, imbarazzata. « Ma dovremmo anche fare qualcos'altro adesso, John. Qualcosa tipo... ballare! »
E così dicendo, iniziò nuovamente a scatenarsi, coinvolgendo anche Remus che, ormai incurante della sua reticenza, si lasciò andare alla musica e al divertimento, unendosi agli altri tre amici. 
Continuarono così per quasi un'ora e, stranamente, la prima a decidere di staccare un po' la spina fu Scarlett.
« Questi tacchi mi stanno uccidendo » borbottò contrariata, saltellando su un piede e appoggiandosi alla spalla di James per massaggiarsi i polpacci.
« Non ho compassione di te, amore mio » replicò quello, sorreggendola. « Perché diavolo ti ostini a metterli? Sono spaventosi! »
Lei lo fulminò con lo sguardo, risentita. « Vorresti dire che non ti piacciono? » chiese, palesemente offesa. « Li ho messi per te. Sono del tuo colore preferito ».
Il volto del ragazzo si distese in un'espressione addolcita. « Ti stanno benissimo » disse con affetto. « Meravigliosi quasi quanto te ».
Scarlett alzò gli occhi al cielo e gli scoccò un rapido bacio sulla guancia. « Sei sempre il migliore, Capitano » scherzò, assestandogli un pugno giocoso sul braccio. « Vado a bere » annunciò poi in tono pomposo. « Credo che prenderò una... com'era? Oh, già. Una bella Vonka ».
James scoppiò a ridere sonoramente. « Ti ci metti anche tu? » fece tra le risate. « Vai, piccola stronza ingrata » e le concesse una carezza fra i capelli.
Lei si allontanò con un sorriso sulle labbra, facendosi strada tra la moltitudine di corpi ammassati che agitavano le braccia in maniera sconnessa, finché non intravide il banco dei drink e il sorriso svanì rapido com'era venuto. 
Chi avrebbe mai potuto esserci seduto lì se non lui? Ma certo, Sirius Black, il pozzo vivente di alcolici, la calamita per tutte le donne, lo stalker a tempo perso. L'idiota, in una semplice e breve parola. E chi mai, ancora, avrebbe potuto essere di compagnia a tale idiota? Chi, se non le solite quattro o cinque oche senza penne che gli starnazzavano intorno? Sempre loro, ovunque, nel mondo magico come in quello babbano. Parevamo piombare direttamente giù dal cielo, e Scarlett si convinse di questa particolare teoria proprio quella sera. Si avvicinò, decisa ad evitare sia lui che le sue dolci dame da compagnia, ma notò che vi erano solo due posti liberi: uno alla destra di Sirius, l'altro più in là, accanto a un uomo robusto e barbuto che si stava versando qualche goccia di Gin sui pantaloni strappati.
Si convinse ben presto che, insomma, in fin dei conti Black e le sue amichette non potessero essere poi tanto male. Li avrebbe ignorati, semplicemente.
Determinata, quindi, questa difficile scelta e armata di una nuova convinzione, partì in quarta verso lo sgabello libero, lo sguardo fisso, impettita come sempre.
« Un bicchiere di Vodka » ordinò alla barista non appena si fu seduta, e lei le sorrise gentile.
Sirius non si voltò. La musica era particolarmente alta e inoltre stava chiacchierando con una ragazza dai voluminosi ricci biondi. Era troppo occupato.
« Allora, Sirius, che lavoro fai? » gli stava chiedendo la tizia in tono lezioso, giocherellando con i propri capelli. « Io frequento ancora il college ».
« Il college » ripetè lui interessato. No, non aveva la minima idea di cosa fosse. « Wow... interessante. No, io... faccio il barista » rispose, evasivo.
Il sorriso della ragazza si ampliò. « Oh, e dove di preciso? » gli domandò. « Potrei venire a trovarti una di queste sere, ho appena comprato l'auto ».
Lui ricambiò il sorriso. « Oh, beh, sai, io non sono di qui » replicò, fingendosi dispiaciuto. « Sono di Birmingham, lavoro lì tutte le settimane ».
« Posso comunque passare! » esclamò lei con immensa gioia. « Qualche chilometro in più non ha mai ucciso nessuno, dopotutto. Non credi? »
Sirius si voltò e chiese da bere alla barista, lasciando cadere l'argomento. Quando tornò a guardarla, la ragazza parve lievemente delusa.
« Stai molto bene con quel vestito » le disse, senza però neanche guardarla, e il sorriso tornò a splendere sul volto della ragazza.
Al suo fianco, Scarlett sbuffò sonoramente, ma ancora lui non se ne accorse. Dopo un attimo, però, finita la sua Vodka, fece per alzarsi, ma notando che la ragazza bionda stava ricominciando a parlare, si bloccò sullo sgabello qualche momento in più, le orecchie tese.
La vide scrivere qualcosa su un biglietto di carta. In cima aveva scribacchiato Jane, poi, sotto, un numero di parecchie cifre. Lo fissò, confusa.
« Tieni » disse Jane a Sirius, porgendoglielo. Il ragazzo pareva perplesso quanto Scarlett. « Il mio numero. Chiama quando vuoi ».
Lui, benché parecchio spaesato, lo prese e la fissò, inespressivo. 
« Grazie » fece poi in tono affabile, sorridendo e brandendo il biglietto. « Sì, grazie tante... »
E mentre Jane sorrideva, Scarlett si alzò di scatto e urtò di proposito la spalla di Sirius, così che finalmente lui si voltò e sollevò lo sguardo, prima risentito, poi d'un tratto illuminato. Non ebbe tempo di dire nulla, poiché lei lo liquidò con un rigido: « Scusa tanto » e si allontanò di fretta, lasciandolo fermo a fissarla.
Scarlett era furiosa. Camminava a passo di marcia e non guardava in faccia nessuno, troppo infastidita per interessarsi delle persone che urtava per errore o dei piedi indolenziti che urlavano riposo. Vide gli amici ballare poco lontano da lì, ma rimase per qualche istante ferma sul posto a riflettere, perché non sapeva se desiderava riunirsi a loro o stare un po' da sola a smaltire la rabbia. Mentre ragionava rapidamente, udì la voce di Sirius alle sue spalle.
« Ehi, Banks » disse, facendo qualche passo per averla di fronte a sé. Notò che aveva le labbra serrate e un'espressione livida in volto. « Qualcosa non va? »
« Assolutamente no » ribattè prontamente lei, pungente. « Sto andando dai miei amici, Black. Sai, io a differenza tua rimango in loro compagnia quando vado a una festa, non mi isolo nella zona degli alcolizzati facendo amicizia con una dozzina di babbani che vogliono saltarmi addosso ».
Gli rivolse una smorfia indispettita e gli voltò le spalle, ma lui le strinse il polso per bloccarla e lei respirò a fondo prima di tornare a fronteggiarlo.
« Non mi sto isolando » le disse, le sopracciglia quasi unite in una linea sottile. « Semplicemente non amo ballare. E stavo solo chiacchierando » aggiunse.
Scarlett rimase piuttosto gelida. « Torna a chiacchierare, allora » sbottò, fingendo un tono disinteressato. « Jane - si chiama così, vero? - è lì che ti aspetta ».
Sirius sospirò e scosse il capo con un sorriso incredulo e per nulla allegro. « Andiamo, Banks, ho solo scambiato qualche parola con una ragazza, non vorrai mica fare la gelosa per questo! » esclamò, tentando di scherzare, ma a quelle parole lei girò i tacchi, incredula e ancor più arrabbiata, e si incamminò nuovamente verso gli amici. E nuovamente Sirius la trattenne, impedendole di andare via.
« Era una battuta » le disse in tono neutro, un sopracciglio inarcato. « Lo so benissimo che non sei gelosa ».
Si scambiarono un lungo sguardo carico di tensione, in silenzio. La sua mano stringeva ancora il piccolo polso di lei, avvertendone le pulsazioni.
« Ti ho vista ballare » mormorò poi, lasciandola per tirarsi indietro i capelli. « Sai, quand'eri insieme a James e Lily... Ti stavo guardando ».
Scarlett lo scrutò, massaggiandosi distrattamente l'avambraccio con la mano. « E con questo? » replicò, anche se il suo tono era cambiato.
Lui, sorprendendola, sorrise. « Beh » esordì, soppesando la risposta con estrema calma, « diciamo che... ho anche imparato qualche mossa ».
E a quelle parole, senza preavviso, la prese per mano facendola roteare su se stessa, afferrandola per la vita nel momento in cui completò il giro.
Spiazzata, quasi inconsapevolmente, lei rise, rise di cuore, e Sirius si sentì finalmente bene.
« James continua a farlo comunque meglio di te » scherzò, d'un tratto molto più serena. « Dovrai lavorare sodo per reggere il confronto ».
Lui rise sommessamente e la guardò intensamente negli occhi. « Balla con me » le disse, inclinando appena il capo. « Sono certo che ti ricrederai ».
Scarlett lo studiò, mordendosi la lingua fra i denti, ma alla fine si lasciò trascinare nella mischia, la mano che stringeva la sua.
Per una buona mezz'ora, Sirius la fece ridere, ballare, volteggiare, e insieme a lei parlò di sciocchezze, e rise anche lui, e si sentì libero. Solo quando furono esausti, decisero allora di raggiungere gli altri finiti chissà dove, e li ritrovarono poco lontani da dove Scarlett li aveva lasciati.
« Amico! » esclamò James con estrema gioia non appena vide Sirius. « Ehi, amico, dove sei stato? Mi sei mancato! Dico sul serio! Sirius! »
« Ho capito! » fece quello, allontanandosi per non essere assordato dalle sue urla. « Piantala di strillare! Sì... okay, sì, mi sei mancato anche tu... »
Tentò di scrollarselo di dosso, chiedendo con gli occhi l'aiuto di Remus che subito accorse, paziente.
« Ma che cos'ha? » fece Sirius allibito, guardandolo mentre cominciava, senza la benché minima ragione logica, a lodare Lily parlando con Scarlett.
Remus sospirò, sofferente, e guardò l'amico negli occhi con aria grave. « Vonka » rispose poi semplicemente, e lui si coprì gli occhi con la mano, disperato.
« Sto scherzando! » annunciò James, passandosi una mano fra i capelli. « Sono perfettamente in me, guardatemi: un figo! Un vero e proprio figo! »
Scarlett affondò il capo sulla spalla della sorella, che le concesse qualche colpetto consolatorio sulla schiena.
« Vi sono vicino » disse loro Remus, e le due prima annuirono con sentimento, poi scoppiarono inevitabilmente a ridere.
« Ehi! » urlò dopo un istante James, e tutti lo fissarono. « Vedo movimento, gente! Si sta avvicinando la mezzanotte o è entrato un rinoceronte nel locale? »
Sirius guardò il proprio orologio e notò che segnava mezzanotte meno due minuti. « Lo sbronzo dice bene! » disse, mostrando agli altri l'orario.
« Cosa? Mi hai chiamato stronzo? » domandò James risentito, e gli amici trascorsero il minuto seguente tentando di fargli capire che non era così.
A mezzanotte meno un minuto, il caos cominciò a farsi più acceso, finché, quando mancavano solo dieci secondi, un gruppo di ragazzi diede inizio al conto alla rovescia, urlando a gran voce i secondi che scorrevano con l'aiuto di numerosi altri presenti, tra cui la combriccola di maghi in clandestinità.
« Tre! » In molti stringevano un bicchiere in mano, pronti a brindare. « Due! » Già parecchi ragazzi tenevano per la vita le fidanzate, pronti al tradizionale bacio della mezzanotte. « Uno! » Pareva proprio che James fosse il più ubriaco di tutti in quel locale...
Scoccò la mezzanotte e nella piccola sala esplose un boato di urla, risa e applausi. 
James, all'improvviso, lasciando basiti un po' tutti, cinse Scarlett per la vita e le sfiorò le labbra con le proprie in un bacio leggero e quasi infantile. Dopo solo un paio di secondi, Scarlett si ritrovò costretta ad allontanarsi, in preda a un attacco di risa. Ed era troppo occupata a tenersi la pancia anche per notare lo sguardo raggelato di Lily alla sua destra.
« Te lo sei ricordato! » esclamò, ridendo ancora. « Merlino, io lo avevo dimenticato! Sei davvero assurdo, fratello » e lo strinse in un abbraccio.
Lui le scompigliò affettuosamente i capelli. « Assurdo? Dal 1960, piccola » rispose, sorridendo. « E poi, come avrei potuto dimenticare il nostro bacino speciale di Capodanno? Ce lo scambiamo da quando eravamo nella culla! »
La ragazza annuì, sorridente, e si slacciò da lui. « Perdona la mia dimenticanza » gli disse con sentimento. « E' sempre colpa della tua adorata Vonka ».
Tra le risate l'atmosfera si distese, Lily riacquistò un po' di colore sul viso e Sirius smise di fissare insistentemente e con aria corrucciata l'amico.
« Buon anno, gente! » urlò poi Miley battendo le mani, e tutti la seguirono a ruota, scambiandosi abbracci e auguri.
« Lily! » ruggì James, piantandosi di fronte alla ragazza. « E' il 1978! Ti dice qualcosa? Certo che te lo dice! Ci sposiamo, Evans! »
Lei scoppiò a ridere, scuotendo il capo, e lui la sorprese posandole con garbo una mano sulla schiena e scoccandole un dolce bacio sulla guancia.
« A parte le nozze » le disse con un sorriso un po' obliquo, « buon anno, Lily ».
La ragazza arrossì e chinò il capo, sorridendo. « Grazie » mormorò, ma poi scosse il capo e si riprese. « Cioè... beh, buon anno anche a te, James ».
Il sorriso di James si fece ancor più ampio e caloroso. In fondo, bastava davvero poco per rendere felice James Potter.
Accanto a lui, nel frattempo, Sirius fissava Scarlett che abbracciava la sorella con un'aria strana, come se riflettesse sul da farsi. Alla fine, quando le due si separarono e Scarlett prese a sistemarsi i capelli scompigliati, le si avvicinò lentamente, le mani affondate nelle tasche, senza che se ne accorgesse.
« Ehi » mormorò, e lei sollevò lo sguardo. « Guarda che... un buon anno, Black sarebbe stato carino ».
Scarlett sollevò un sopracciglio. « Davvero? » fece, incredula. « Anche un buon anno, Banks non sarebbe stato male, sai? »
Lui sorrise, gettò uno sguardo alla festa intorno a loro e poi lo riabbassò, annuendo appena, in silenzio. Scarlett lo fissava, in attesa, e si sentì mancare un battito quando avvertì le sue labbra posarsi sulla fronte e scoccarle un leggero bacio. I suoi occhi erano luminosi quando si allontanò.
« Buon anno, Banks » disse, rivolgendole un occhiolino, e lei rise, felice che si fosse allontanato permettendole di tornare a respirare.
Notò che sua sorella li guardava un po' più in là, sorridendo adorante con le mani incrociate al petto, e improvvisamente avvertì un gran desiderio di ridere.
« Stanno diventando romantici, hai notato? » disse una voce accanto a lei che, voltandosi, scoprì appartenere a Remus.
Lei sorrise, annuendo con sincero entusiasmo. « Chi l'avrebbe mai detto? » esclamò, ridendo. Sembrava davvero felice.
« Già... » Anche Remus sorrise. « Beh, ad ogni modo... buon anno, Miley » mormorò, guardandola.
La ragazza si dondolò sul posto, tormentandosi le mani. Alla fine si protese verso di lui e gli posò le labbra sulla guancia, allontanandosi un attimo dopo.
« Buon anno, Remus » disse in un sussurro imbarazzato, e lui non riuscì a non sorridere, lo sguardo basso.
Forse nessuno se n'era realmente accorto ma, nel giro di soli due minuti, quel 1978 era decisamente partito col piede giusto.
 
 
*  *  *
 
 
Circa due ore dopo, il gruppetto di maghi si decise a lasciare il locale ancora sovraffollato.
Dallo scoccare della mezzanotte al momento in cui si chiusero la porta sibilante del Moonlight alle spalle successe davvero di tutto: James aveva costretto gli amici a imparare le ormai note mosse di Tony Manero, senza premurarsi di ascoltare le loro futili lamentele su quanto potessero sembrare ridicoli e - nel preciso caso di Sirius - di quanto una cosa del genere potesse gravemente nuocere alla sua immagine; Lily si era ben presto vista accerchiata da numerose ragazze ridacchianti che le avevano domandato curiose dove il suo ragazzo avesse imparato a ballare così bene, e, come se non si fosse già infuriata abbastanza, era subito arrivato James dicendo loro che il suo ragazzo aveva fatto tutto da solo; poco più tardi, quando la ragazza aveva preso la decisione di non rivolgergli più la parola per il resto dei suoi giorni, se l'era visto spuntare dietro nuovamente quando un tizio che pareva ubriaco fradicio aveva iniziato a provarci con lei senza il minimo ritegno, così spudoratamente che James aveva quasi provocato una rissa, placata sul nascere grazie al tempestivo ed efficace intervento di Remus; Sirius, con suo immenso orgoglio, aveva ufficialmente sperimentato tutti quanti i drink babbani, e, non contento, aveva anche stilato una lista elencandoli nell'ordine a partire dal suo preferito per comprovare il suo stato di perfetta lucidità malgrado tutti i bicchieri mandati giù in un baleno; Scarlett aveva impiegato più di una buona mezz'ora a cercare di insegnare qualche passo di danza base a una più che contrariata Miley, senza sortire il minimo risultato, se non quello di farla infuriare pesantemente quando alla fine le aveva detto senza giri di parole che era la persona più scoordinata che il mondo avesse mai conosciuto; Sirius, infine, in uno slancio di spirito malandrino, aveva fatto bere a Remus una bevanda ad alto tasso alcolico spacciandola per semplice e assolutamente innocua birra e guadagnandosi le minacce di quest'ultimo sulle sue intenzioni di raccontare tutto a Dorea.
La serata, ad ogni modo, si era conclusa più o meno pacificamente, e quando i sei ragazzi uscirono dal locale, notarono che il gelo si era lievemente placato. Il vento continuava a soffiare rumoroso lungo le vie, fra i rami spogli degli alberi, e la neve a terra era terribilmente fredda, ma con un buon cappotto era un clima possibile da affrontare. Armati contro il freddo, si diressero quindi verso casa, camminando lungo la via principale circondata da due file di alberi.
Dopo un po', come colpito da un'improvvisa illuminazione, James si bloccò di scatto, così rapidamente che tutti sguainarono le bacchette, all'erta.
« Ehi, cos'avete? » fece quello, sconvolto. « Mettete via quelle fottute bacchette, potrebbero esserci dei Babbani, qui... ho solamente avuto un'idea! »
Qualcuno sospirò di sollievo, altri, che avevano preso più seriamente la cosa, cominciarono a inveire pesantemente contro di lui.
« Scusate, scusate, non si ripeterà più » continuò a borbottare James, mortificato. « Pace, gente. Allora, la mia idea geniale, ahimè, non comprende tutti voi ma solo la donna della mia vita qui presente, la bellissima e ineguagliabile Lily E-... sì, d'accordo, solo Lily Evans » si affrettò a dire notando lo sguardo lievemente omicida della ragazza. « Dunque, solo Lily Evans, vuoi ascoltare ciò che la mia mente arguta ha congegnato? Eh? »
Lei guardò gli amici come a voler chiedere loro aiuto in silenzio, ma rimasero tutti perfettamente impassibili, così che si ritrovò a dover annuire, abbattuta.
« Sentiamo, genio del male » borbottò, ironica, anche se James non parve farvi caso e il suo entusiasmo non venne minimamente smorzato.
« Voglio portarti in un posto » annunciò tutto contento, affondando le mani nelle tasche del cappotto per riscaldarle e fissando Lily speranzoso.
Lei alzò gli occhi al cielo. « Tutto qui? » sbuffò, incredula e vagamente risentita. « Mi aspettavo qualcosa di più... grandioso! »
Tutta la gioia di James parve sgonfiarsi come un palloncino bucato. « Ma... » balbettò, boccheggiando. « Ma è un bel posto... »
Lily, suo malgrado, sorrise. « Scherzavo, stupido idiota » gli disse, scuotendo divertita il capo. « E sentiamo, dov'è che vuoi portarmi? »
Lui prese a fischiettare, dondolandosi sul posto. « Oh, beh... nei dintorni » rispose, piuttosto vago. « Allora, Evans, vieni o no? »
« Vengo, vengo » sbottò, fingendosi annoiata anche se sorrideva. « Guidami, maestro del mistero. Su » e gli porse la mano.
James sorrise raggiante e la afferrò. « Ci si vede, gente! » esclamò, salutando gli amici con la mano, il trionfo dipinto sul volto gioioso.
« Cerca di non fare tardi, Ramoso! » gli urlò dietro Remus, severo. « Lo sai cosa potrebbe succedere alla tua vita se ritardassi! »
« Certo, mamma! » fece eco il ragazzo, e lui e Sirius scoppiarono a ridere, scambiandosi una rapida occhiata.
I due presero un sentiero piuttosto buio sulla sinistra, circondato da cespugli e piccoli arbusti. James estrasse la bacchetta e si fece luce.
« Io so dove la sta portando » disse Scarlett, guardandoli camminare. « Lily sarà felicissima, ne sono certa ».
E infatti, l'amica di sempre dei due fuggiaschi non si sarebbe affatto sbagliata.
« Potter, non voglio andare in un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, d'accordo? » gli disse la ragazza, inciampando su un grande masso e andando a sbattere sulla schiena di James, che riuscì a sorreggerla. « Scusami » si affrettò ad aggiungere. « Stavo per cadere... »
Lui rise e scosse il capo. « Ma figurati » la tranquillizzò. « Adesso però non lamentarti e chiudi gli occhi. Siamo quasi arrivati ».
« Di già? » domandò lei, spaesata, guardandosi intorno. « Siamo ancora nel bel mezzo del nulla, lo sai, non è vero? »
James non rispose e le tappò delicatamente gli occhi, mettendosi la bacchetta fra i denti. « Fe fi laffo » disse, ma si rese conto che non funzionava e la afferrò con una mano, tenendo chiusi gli occhi della ragazza con l'altra. « Volevo dire: se ti lascio, prometti che non apri gli occhi? » chiese.
Lei annuì senza parlare, così James fece scivolare via la mano. Camminarono per qualche altro metro, lui che la guidava affinché non inciampasse, lei che gli stringeva il braccio ogni volta che le pareva di barcollare. Quando teneva gli occhi chiusi o c'era buio, avvertiva sempre questa sensazione.
« Ecco » disse James dopo un po', il sorriso che si leggeva fra le sue parole anche se Lily non poteva vederlo. « E' qui, puoi aprire gli occhi ».
Lei obbedì, serrò le palpebre per un momento e quello seguente le spalancò, guardandosi curiosamente intorno.
Alberi maestosi li circondavano, possenti e dai rami infiniti, mentre al centro di quel paesaggio vi era un piccolo laghetto d'acqua ghiacciata, quieto e rilassante al solo sguardo. Nell'aria frizzante di quel freddo inverno si avvertiva un'aroma di fiori, sopravvissuti alle tempeste e nascosti dalla neve, mentre le foglie rimaste aggrappate agli alberi erano rare e fragili, o aride e accartocciate sul tappeto candido su cui scivolavano solleticate dal vento.
« E' meraviglioso » mormorò Lily dopo un po', ammirata, e si voltò a guardare il ragazzo dietro di lei, sorridendo. « E' davvero, davvero incantevole ».
Lui ricambiò il sorriso in maniera ancor più ampia, osservando lei piuttosto che il paesaggio tutto intorno a loro. 
« E' solo la natura » rispose, riflettendo. « Un posto come questo dev'esserci più o meno ovunque... è solo che noi non ci facciamo caso ».
Lily lo ascoltò con attenzione, le guance arrossate per il gelo, e annuì lentamente. James, senza quasi rendersene conto, pensò che era davvero carina con gli occhi splendenti sul volto chiaro e le labbra scarlatte. Chissà, qualcuno avrebbe potuto dire che come lei ce n'erano un milione, ma per lui quelle lentiggini e quel sorriso da bambina erano impossibili da eguagliare. Per lui, Lily sarebbe sempre stata la più bella.
« Vieni » disse, accorgendosi con un'improvvisa ondata di panico di averla osservata troppo a lungo. « Scaldiamoci un po' ».
Si avvicinarono alla riva del lago e James assorbì un po' di neve con la bacchetta, così che poterono sedersi sull'erba umida, poi evocò dal nulla una fiamma azzurrina che veleggiò a pochi centimetri da terra, tremante. La ragazza la osservò meravigliata. Sembrava felice.
« Adoro quei fuochi » mormorò tra sé e sé, per poi tornare a guardarlo. « Allora » riprese poi, sorridendo ancora. « Come mai mi hai portata qui? » chiese.
James la studiò per un po'. « Amo questo posto » spiegò infine, candidamente. « Scarlett non te ne ha mai parlato? »
Lei fece spallucce. « Credo di sì... » disse lentamente, ragionando. « Oh, sì, adesso ricordo, ma certo! Non sono mai venuta, però ».
Lui poggiò i gomiti alle ginocchia e fissò il lago ghiacciato attraverso le lenti degli occhiali rotondi. « Abitavo qui da piccolo » le raccontò. « Sai, i miei genitori hanno deciso di sposarsi quand'erano ancora giovani, solo che hanno... beh, avuto qualche difficoltà a generare questo splendore che hai di fronte. Alla fine ce l'hanno fatta, però » scherzò, e la vide alzare gli occhi al cielo. « Abitavano già qui da tempo, proprio accanto alla villetta dei Banks quando anche Richard e Charlotte hanno deciso di sposarsi. Allora la casa in cui vivono adesso era in vendita, perciò, beh... era perfetto ».
Lily lo fissò, sorridendo appena, e ritrasse le gambe contro il petto. « Come mai non abitate più qui, allora? » chiese, incuriosita dal suo racconto.
Lui le rivolse un rapido sguardo. « Siamo andati via quando avevo più o meno sette anni » rispose. « Mia nonna non stava bene, non riusciva più a badare a se stessa, per cui papà doveva starle costantemente vicino... alla fine non siamo più ritornati, abbiamo venduto la casa ».
Avvicinò le mani ricoperte dai guanti al fuoco, avvertendone potentemente il calore. Anche Lily tese le proprie, e si scambiarono un sorriso.
« Quindi tu, Scarlett e Miley...? » esordì lei, le sopracciglia aggrottate.
« Siamo cresciuti insieme » concluse lui, annuendo. « Io sono più grande di Scarlett di soli due giorni, quindi ho davvero vissuto tutta la mia vita in sua compagnia... e un anno dopo, anche della mini Banks biondina » aggiunse, sorridendo. « Venivamo qui a giocare quasi tutti i giorni. Ci fermavamo per un po' al parco giochi qui vicino, e quando eravamo stufi correvamo qui al lago e tornavamo a casa sempre zuppi. Era... davvero bello ».
Lily lo guardava incantata. « Non devi mai aver sentito la mancanza di un fratello, allora » dedusse, avvicinandosi al fuoco e anche a lui. « Da piccolo hai avuto loro, poi... poi anche Sirius. E i Malandrini, naturalmente ».
James annuì con entusiasmo. « Diciamo che sono il figlio unico con la famiglia più numerosa del mondo » scherzò, sistemandosi gli occhiali sul naso, e lei rise. « Ed è fantastico, sul serio. Provi sempre quella sensazione un po' strana che ti dice che questo non cambierà mai... ed è così che vai avanti ».
Si distese sull'erba, le braccia dietro la testa, osservando i capelli un po' ingarbugliati di Lily.
Come se gli avesse letto nella mente o si fosse voltata a guardarlo, gli disse: « Non guardarmi i capelli, James » e lui sorrise e scosse il capo. « Sono orribili, ingarbugliati, arruffati, stopposi, crespi, deformi, gonfi, inguardabili... »
Ma, mentre contava sulle dita delle mani gli attributi affibbiati ai propri capelli, avvertì un braccio di James cingerle la vita e tirarla giù, verso l'erba.
« Ti decidi a star zitta, Evans? » disse, ridendo della sua espressione sconvolta.
Distesa sul prato, i capelli vermigli sparsi confusionariamente, guardò il suo volto che la sovrastava e rise, le guance un po' più rosse di prima.
« Solo se lo fai anche tu, Potter » replicò con aria allegra, stringendo il tessuto del suo cappotto per tirarlo giù di fianco a lei.
Lo sentì ridere. La risata di James era un suono inconfondibile, identica a quella di sei anni prima, solo un po' più profonda.
« Dobbiamo rimanere in silenzio tutto il tempo, allora? » le chiese, e lei annuì con aria furba e insolente, le braccia incrociate al petto. « Oh, beh, sarà divertente » commentò, ironico. « Possiamo sempre guardarci » e voltò il capo verso di lei, che lo fissava con una risata impressa sul volto.
Erano vicini. Entrambi sentivano un gran desiderio di ridere, di dire qualcosa e spezzare il silenzio, di riscaldare l'aria che aleggiava su di loro. Entrambi si sentivano inevitabilmente attratti l'uno verso l'altra, gli sguardi allacciati, dei sorrisi soltanto una traccia.
« Hai gli occhi da Bambi, non vale » rise infine lei, distogliendo lo sguardo. « Non è giusto, non ci riesco! »
James scoppiò a ridere. « Non è colpa dei miei occhi, è che non sei una persona seria quanto me... » disse pomposo, e lei gli rifilò una gomitata.
« Ma sta' zitto » fece, agitando una mano a mezz'aria. « Sei la persona meno seria che conosco e che abbia mai conosciuto in vita mia, davvero ».
Lui diede in un sospiro fintamente esasperato e si distese nuovamente accanto a Lily. « Lo prenderò come un complimento » disse, rassegnato. « Tanto so benissimo che non ne sentirò uscire mai uno migliore di questo da quella boccuccia di rosa che ti ritrovi ».
Lei rise di gusto e scosse il capo, ma non disse nulla.
« Allora » fece di nuovo James dopo un po', « ti propongo qualcosa che sicuramente ti piacerà ».
« Come lo sai? » ribattè subito lei, mettendolo alla prova.
« Beh » iniziò a spiegare lui, « perché è qualcosa che riesce ad unire il tuo lato romantico a quello da secchiona ».
A quelle parole, Lily scattò come una molla e si mise seduta sull'erba, strizzando gli occhi e fissandolo come se avesse voluto annientarlo con lo sguardo. Prese un profondo respiro e, senza neanche una parola, cominciò a prendere a pugni il petto e lo stomaco di un, fino ad allora, rilassatissimo e compiaciuto James,  facendolo contorcere per evitare i suoi colpi. 
« Evans... oddio, Evans, sta' calma! » esclamò lui, schivando un destro ben assestato della ragazza. « Non ho detto ni- » un colpo allo sterno lo lasciò senza fiato, « non ho detto niente, fermati! »
Con uno scatto, James riuscì ad afferrarle i pugni e a tenerli stretti tra le sue mani, tanto che Lily iniziò a divincolarsi per liberarsi, senza successo.
« Ah, è così? » rispose, furiosa. « Non hai detto niente? Hai rotto sul serio con questa storia della secchiona, sai? Io. non. sono. una. secchiona » scandì, e vedendola così infuriata e sinceramente offesa, James non potè che scoppiare a ridere, cosa che la fece arrabbiare ancor di più.
« Ridi? » gli domandò, aggressiva. « Io ti prendo a pugni e tu ti permetti anche di ridere? »
Lui continuò a farlo, battendosi una mano sullo stomaco, e a lei risultò molto difficile continuare a mantenere quell'espressione seria e furibonda che era decisa a palesare di fronte alle sue dilaganti risa. Per James, fare arrabbiare Lily Evans era davvero uno dei modi migliori di ridere a crepapelle e di godere di sano divertimento. E nell'ultimo periodo, anche alla diretta interessata quel modo non dispiaceva affatto. 
« Sei la mia secchiona preferita, lo sai » disse dopo parecchi secondi lui, riprendendosi, mentre lei lo fissava con le braccia incrociate e gli occhi ridotti a fessure. « E poi so che questo appellativo ti manda in bestia. Non puoi capire quanto sei sexy quando sei arrabbiata ».
Inizialmente, Lily parve non avere reazioni di fronte a quella frase, ma l'impressione durò poco, perché qualche secondo più tardi un sonoro schiaffo colpì la guancia di James senza alcun preavviso.
« Porco Salazar, Evans! » imprecò lui, massaggiandosi la parte lesa. « Solo perché tu non mi fai mai complimenti degni di questo nome, non significa che io non debba farteli! »
Solo in quel momento Lily accusò dentro di sé un leggero, lievissimo senso di colpa, a causa del quale si decise ad abbandonare la sua espressione belligerante per dar libero sfogo ad un sorriso. A James bastò quel piccolo gesto di distensione per imitarla, nonostante per un secondo si fosse soffermato a pensare a quanta facilità avesse avuto quella ragazza nel passare dalla guerra alla pace.
« Accidenti, Evans... picchi di brutto! » la informò lui con una certa veemenza. « Preso a botte da una ragazza... che tragica fine per James Potter ».
Lily scoppiò a ridere, una risata leggermente sadica. « Ho sempre picchiato i maschi » disse poi, tranquilla. « Sin da piccola. Una volta, alle elementari convocarono i miei genitori a scuola. Io non raccontai nulla di quello che era successo, quindi loro iniziarono a pensare che fossi troppo traumatizzata e che qualcuno mi avesse fatto uno sgarbo molto grave ». 
Il racconto parve prendere molto James, che si sistemò meglio le braccia dietro la testa e continuò ad ascoltarla, curioso di saperne di più su di lei e approfittando di quel raro momento in cui era proprio lei a parlare di sé.
« Arrivarono dalla maestra con il piede di guerra » proseguì lei, partecipe, « pronti a difendermi a spada tratta dal mio "aggressore", quando si ritrovarono di fronte al fatto compiuto. Ero stata io a picchiare un mio compagno ».
James scoppiò a ridere, e lei lo seguì. « Kevin Gilbert, me lo ricordo ancora! » esclamò tra le risate. « E non puoi immaginare perché l'ho picchiato! »
« Sicuramente ti avrà fatto una proposta indecente... » la buttò lì lui, distrattamente.
« Esatto! » fece a sorpresa lei, sbarrando gli occhi, e James rimase colpito della sua stessa perspicacia. « Cioè, indecente per dei bambini di otto anni, intendiamoci... mi aveva mandato un bigliettino dove mi chiedeva di diventare la sua fidanzata. Io, non so perché, ma ho preso quella proposta come un insulto, come un'offesa! Allora, a ricreazione, mi sono avvicinata, facendogli credere di dovergli dare una risposta, invece l'ho picchiato! »
James si asciugò le lacrime da sotto gli occhiali tondi. « Santo Godric, e io che pensavo che fossi diventata terribile da quando mi hai conosciuto! » disse, mentre ancora rideva. « Eri un terremoto da molto prima, invece! Anche se non posso negare di essere contento per la fine che hai fatto fare a questo tuo ex pretendente... eri allergica ai ragazzi già da bambina, allora ».
« No, l'allergia è tutta farina del tuo sacco, Potter » lo rimbeccò subito lei. « Comunque, pensavo che conoscessi già la mia fama di lottatrice contro il "sesso forte" » e a quelle parole accompagnò una smorfia scettica. « Hai dimenticato quando ti ho pesantemente bastonato alla fine del terzo anno? »
James fece rapidamente mente locale. No, non si era scordato di quel ricordo davvero, davvero felice. 
Uno degli ultimi giorni di scuola del terzo anno, infatti, James aveva deciso, come spesso gli accadeva, di lanciare un brutto tiro a Lily. In un bel pomeriggio soleggiato, si era recato insieme ai Malandrini al campo di Quidditch per passare il tempo e giocare un po', con Sirius nelle vesti di Portiere e lui nel suo amato e solito ruolo da Cacciatore. Quando avevano fatto il loro ingresso, i ragazzi si erano accorti che qualcuno li aveva preceduti: Scarlett, infatti, aveva radunato un nutrito gruppetto di amiche insieme a Miley per fare una partita tra ragazze, Grifondoro contro Tassorosso. Appena arrivati, avevano trovato Miley impegnata a fare un solenne discorso d'incoraggiamento alle sue amiche per ricordare loro di portare alto il nome di Tosca Tassorosso, mentre Scarlett ancora occupata ad istruire per bene Emmeline, Lily e Alice, assai poco propense al Quidditch al contrario di Mary, che scorrazzava indisturbata per tutto il perimetro del campo. A quella vista, i due Malandrini si erano scambiati un'occhiata d'intesa e avevano proposto alle ragazze di potersi unire a loro, uno per parte. Lily, prontamente, aveva affermato con decisione di non voler stare nella stessa squadra di James e, ignorando le proteste di Scarlett che l'aveva ammonita sul fatto che con Sirius avrebbero perso di sicuro, aveva fatto in modo che il ragazzo si unisse alle Tassorosso, con grande gioia di Miley. A James quel rifiuto non era piaciuto per niente, e la vendetta era arrivata istantanea. Dopo pochi minuti dall'inizio della partita, Lily e James si erano ritrovati contro, l'uno a contendere la Pluffa all'altra: il ragazzo, allora, aveva approfittato di quel momento per mettere in atto il suo piano, e quando la ragazza lo aveva superato con la scopa per involarsi verso la porta, da dietro le aveva lanciato un Incantesimo delle Pastoie Total Body che l'aveva colpita in pieno, facendola precipitare con tutta la scopa. Fortunatamente, il volo era stato molto breve perché i due si trovavano a pochissimi metri dal suolo e inoltre la sabbia del campo aveva attutito la caduta, ma in ogni caso tutte le ragazze erano accorse velocemente, rimproverando aspramente James, il quale aveva invece ricevuto le congratulazioni sentitissime di Sirius. Subito, Lily era stata liberata dall'incantesimo e, alzandosi senza una parola, si era avvicinata a James con sguardo livido e aveva iniziato a picchiarlo di santa ragione, inizialmente solo con braccia e gambe, poi servendosi anche della scopa come arma. Nessuna delle ragazze aveva osato avvicinarsi, sia per paura dell'ira dell'amica, sia per solidarietà nei suoi confronti, mentre Sirius aveva continuato a sbellicarsi, incurante delle sofferenze dell'amico. L'operazione era durata per un bel po', finché non era accorso Remus che, con la sua proverbiale calma, era riuscito a placare Lily e ad allontanarla dal corpo quasi esanime del ragazzo.
Da allora, James aveva capito di dover stare seriamente alla larga da Lily, e aveva iniziato a rivolgerle scherzi molto più leggeri e innocenti, riservando quelli più crudeli e pesanti a vittime meno propense alla reazione e alla violenza.
« Oh, sì che me lo ricordo » rispose con una nota di terrore nella voce. « E' stato il pestaggio più violento che io abbia mai ricevuto, visto che non potevo reagire. Almeno con i ragazzi me la gioco e spesso riesco ad averla vinta, ma ho imparato che con una ragazza è proprio una partita persa ».
Lily rise, contenta di aver intimorito al punto giusto James, e si distese nuovamente, rinfrancata e soddisfatta.
« Beh, allora? » domandò quando si fu sistemata bene sull'erba. 
James la fissò, disorientato. « Allora cosa? » chiese a sua volta.
« Cosa volevi propormi prima che mi sarebbe sicuramente piaciuto? » fece innocentemente, come se poco prima fosse stata un'altra persona ad averlo ammazzato di botte proprio per quella proposta. « Forse, a pensarci bene, effettivamente sono un po' secchiona ».
Lui continuò a guardarla, le sopracciglia aggrottate e lo sguardo perplesso. Lily era strana.
Quando si accorse che James la stava scrutando, si voltò e diede in una risatina. « Che c'è? » chiese, alzando le spalle.
Lui attese prima di parlare. « Ho troppa paura di venire picchiato di nuovo per dirti quello che penso » rispose poi, e Lily scoppiò a ridere.
« Comunque, sul serio » riprese James, « volevo proporti un ripasso di Astronomia ».
Quella volta fu il turno di Lily di rimanere perplessa.
« Sì! » esclamò lui, come a volerla convincere della bontà della sua idea. « Siamo distesi sulla riva del lago, è una notte stellata, ci sono tutti i presupposti per un momento estremamente romantico, ma siccome so che se la mettessi su questo piano mi annegheresti seduta stante » si affrettò a spiegare, intercettando l'espressione truce di Lily, « vedi questa proposta come un innocentissimo ma pur sempre utilissimo ripasso di Astronomia. Che ne dici? »
Lei parve meditare sulla questione e, dopo un'attenta analisi, annuì. « Sì » disse, secca. « Mi hai convinto ».
James sorrise, felice della sua complicità, e rivolse il suo sguardo al cielo, come Lily. « Dunque » esordì. « Illuminami, Evans ».
La ragazza distese le gambe sull'erba, accavallandole. « Quella è Sirio, naturalmente, ignorante di un Potter » fu la sua premessa.
« Oh, ma certo, lo so bene » fece subito lui, osservando la stella più brillante della volta celeste. « Sirius mi riempie sempre la testa di stronzate su quanto sia figo essere - cito - l'astro più luminoso su quel fottuto cielo... quindi, sai, è difficile non riconoscerla, alla fine » concluse, sollevando le spalle.
Lei si portò una mano alla fronte e scosse il capo. « E' davvero molto peggio di te » sospirò, sconfitta. « Comunque, visto che sembri così preparato, ti metto alla prova. A quale costellazione appartiene l'astro più luminoso su quel fottuto cielo? Hai cinque secondi ».
Lui rise e lasciò scivolare le mani dentro il cappotto. « E' facile! » esclamò, allegro. « A quella del Cane Maggiore, ovviamente! »
« Oh, giusto... sono un'idiota » borbottò Lily, poi zittì se stessa con un rapido gesto della mano. Il fatto che Sirius fosse un Animagus e si trasformasse proprio in un cane doveva suggerirle che si trattava di una domanda stupida. « E allora dimmi: cosa dice la mitologia sulla costellazione? »
Si voltò per poterlo guardare negli occhi, in attesa, e lui le rivolse un sorriso smagliante. « E' facile anche questa! » rispose, battendo il pugno chiuso sull'erba. « Dice che ci sono due cani, appunto quello maggiore e quello minore, che seguono il cacciatore Orione, cioè il padre di Sirius » e annuì per confermare le proprie parole. « Sì, Evans. Sirius, però, insulta il valore del mito affermando con convinzione che è solo il cane minore, ovvero Regulus l'idiota, a seguire il cacciatore, mentre il cane maggiore, il più figo, scorrazza per il cielo in libertà in cerca della sua supernova, Scarlett... questa è una mia aggiunta » precisò.
Lei rise, incredula. « Ma non dirmi che il padre di Sirius si chiama sul serio...? »
« Orion, sì » confermò James con estrema naturalezza. « Sono una banda di fissati, hanno tutti nomi del genere... »
Continuarono a parlare di stelle per un po', Lily che le indicava con un dito, James che tentava, sempre con maggiori difficoltà, di indovinare quali fossero sotto il suo sguardo penetrante e severo. Alla fine, mentre la brezza invernale cominciava a schiaffeggiare i loro volti, piombò lentamente il silenzio, e Lily si rimise diritta, rannicchiandosi su se stessa per proteggersi dalle ventate di gelo improvvise che facevano smuovere le aride fronde degli alberi.
James, disteso sul prato, la osservò a lungo. Il profilo della schiena lievemente ricurva, i riccioli sulle punte dei capelli rossi, la luce della luna che batteva sulle sue guance piene e spruzzate di lentiggini... Dopo un po' decise di rizzarsi a sedere anche lui, allora estrasse la bacchetta e fece apparire dal nulla un pesante telo di lana, che poggiò sulle spalle tremanti della ragazza. A quel tocco inaspettato, lei si voltò a guardarlo.
« Oh... grazie » mormorò, stringendosi nella coperta calda. « Tu non hai freddo? »
Lui sorrise. « Beh, io non... Sto bene » rispose, annuendo e passandosi una mano fra i capelli arruffati. « Sì, sto benissimo ».
Lily ricambiò il sorriso e gli si avvicinò. « Sai » mormorò, guardandolo di traverso, « stavo pensando a quello che mi hai detto prima ».
James la osservò a lungo, interrogativo, e lei aggiunse: « La famiglia » e si avvolse la coperta intorno alle gambe. « Il valore del legame di sangue, che per quanto sia importante, non ti impedisce di considerare tuoi fratelli persone che non lo sono realmente. Pensavo che... io vivo un po' la cosa inversa ».
Abbassò lo sguardo e prese a rigirarsi fra le dita i lembi del fiocco sulla punta delle ballerine.
« La Vodka mi fa pensare a cose strane » disse, ridendo sottovoce. « Forse faresti meglio a non fare attenzione alle sciocchezze che dirò ».
Le labbra di James si incurvarono lievemente, e scosse il capo. « Ascolterei tutte le tue sciocchezze anche se lo fossero davvero » la rassicurò, e lei sorrise con così tanto calore che James riuscì a vedere il sole sul suo volto, anche se l'oscurità della notte li avvolgeva.
La vide torcersi le mani, piegare e stringere le gambe al petto, serrandole e avvolgendole con le braccia, ma senza parlare. Lui attendeva, cauto e paziente, lasciandole il suo spazio, tutto il tempo per rimuginare un po', ma facendole sentire la sua vicinanza che - voleva almeno sperarci - era importante.
Alla fine, Lily voltò il capo nella sua direzione, fissando un punto imprecisato laddove vi erano le sue scarpe, senza osare sollevarlo.
« Scarlett mi ha ospitata perché sono scappata di casa » esordì, e lui la fissò, accigliato. « Da quando ho scoperto di essere una strega, il rapporto tra me e mia sorella è cominciato a precipitare, perché... sai, lei crede che io sia... anormale » e alzò gli occhi al cielo, infastidita. « Petunia pensa che Hogwarts sia una scuola di matti, che io... non sia più sua sorella, che voglia rovinarle la vita con le mie magie. E io... non sono più riuscita a reggere questo peso ».
Tacque, confusa, mentre James non smetteva di studiare i suoi lineamenti, riflettendo. Non sapeva nulla di quella situazione, anche se Remus gli aveva accennato qualcosa sul loro rapporto non esattamente idilliaco.
« Non pensi mai che potrebbe essere invidiosa di ciò che sei? » suggerì a bassa voce, sistemandosi gli occhiali sul naso. « Non pensi che... che magari dire tutto questo è solo un modo per credersi forte di fronte a una debolezza? »
Lei sospirò e finalmente lo guardò dritto negli occhi. « Certo che ci penso » mormorò, annuendo. « Ma ciò che credo davvero è che una sorella, una vera sorella, dovrebbe desiderare solo il meglio per l'altra. Una vera sorella non metterebbe al primo posto l'orgoglio e l'invidia, ma l'affetto. E tutto questo in lei non esiste, James. Non più, almeno. E io... io ce l'ho a morte con lei. E con me, perché a volte penso che forse sarebbe stato meglio non avvicinarmi al mondo della magia e lasciar perdere tutto, così almeno... almeno avrei avuto lei, e tutto sarebbe rimasto identico a prima ».
Poggiò i gomiti alle ginocchia e si passò le dita fra i capelli. James si fece vicino, tentando di farle sentire il suo calore, ma non osò sfiorarla.
Non riusciva a intravedere il suo volto, ma immaginò che avesse gli occhi serrati, le labbra strette, cariche di rabbia. Non poteva mettersi totalmente nei suoi panni, ma in qualche modo riusciva a comprenderla, a leggere fra i suoi pensieri quelle stupide preoccupazioni che sorgono quando si hanno troppi dubbi per la testa e nessuno pronto a chiarirli. Forse, James era anche l'unico in grado di aiutarla, ma questo Lily non lo sapeva o tentava di ignorarlo.
« Questo non ha il minimo senso, Lily » le rispose, pacato. « Tu sei e sarai sempre una strega, non avresti mai potuto rifiutare i tuoi poteri. Questo è quello che sei, e solo e soltanto tua sorella avrebbe dovuto risolvere la cosa, accettarla e ingoiare il rospo come prima o poi siamo costretti a fare tutti nella vita. Perciò » proseguì con veemenza, « non sta a te maciullarti il cervello, d'accordo? Non dipende da te, il problema è solo suo ».
« Non è vero! » esclamò lei, frustrata, e lui diede in un basso sospiro e la osservò. « Il problema è mio, James, sono io a non avere più una sorella! Forse sta a me tentare di rimettere a posto le cose, perché per certi aspetti io la capisco! Si sarà sentita abbandonata, diversa, gelosa... è lei che non può far svolazzare una spazzola dalla stanza accanto quando ha voglia di pettinarsi i capelli e non le va di alzarsi per andare a prenderla, è lei che si è vista rifiutata da una scuola alla quale, ne sono certa, in fondo voleva appartenere! Ma io... io non posso farci niente ».
A quel punto, la sua voce si incrinò e calde lacrime le rigarono le guance, rotolando giù a gran velocità. Lei non fu altrettanto rapida nell'asciugarle, e James schiuse le labbra senza sapere cosa dire, sentendosi impotente, stordito da quella situazione. Poteva solo guardarla mentre si lasciava scivolare le maniche del cappotto lungo le mani per poi stringerle fra i pugni e passarle sulle guance umide, con rabbia, e nient'altro. Poteva solo star lì come un idiota proprio nel momento in cui aveva bisogno di aiuto e si mostrava debole come raramente faceva, cosa di cui si sarebbe tremendamente pentito dopo. 
Per cui non lo fece.
Le passò un braccio intorno alle spalle e la attirò a sé in un abbraccio confortante. Lily non si tirò indietro, si lasciò stringere e affondò il volto sul suo petto per non lasciarsi guardare e continuare a piangere, mentre sentiva le sue mani stringerla e accarezzarla lungo le braccia nel tentativo di infonderle coraggio.
« Sta' calma... » sussurrò lui con affetto. « Hai ragione, tu non puoi farci niente, e capisco che è proprio questo a farti soffrire di più, perché se avessi avuto a disposizione una soluzione per tutto questo, l'avresti già usata » le disse con ardore, continuando ad accarezzarle i capelli. « E so per certo che tu, a parti invertite, non ti saresti mai comportata come lei sta facendo con te ».
Lei singhiozzò, asciugandosi gli occhi ormai pieni di lacrime. « E' normale... » riuscì a mormorare a stento. « E' mia sorella... non ci riuscirei mai ».
« Ed è giusto così » convenne subito James, deciso. « L'unica cosa che puoi fare è proprio questa... aspettare che anche lei si comporti da sorella. Se vi siete volute bene in passato lo farà, e se anche questo non dovesse succedere, non puoi colpevolizzarti. E' una sua scelta, anche se a soffrirci sarai tu ».
Lily annuì e si strinse al suo maglione. 
Era felice di essersi confidata con James, e adesso riusciva quasi a sentirsi più serena. Lui aveva avuto il coraggio di parlarle senza mezzi termini, mettendola di fronte alla realtà anche se a malincuore. Chiunque al suo posto si sarebbe limitato alle solite sciocchezze di circostanza, non sarebbe andato aldilà dello stupido, inutile ed esasperante andrà tutto bene che diventa insopportabile quando si soffre davvero. Ma lui non aveva pronunciato quelle parole, non le aveva promesso che tutto sarebbe andato per il meglio, che quella situazione si sarebbe presto risolta... no. Lui l'aveva abbracciata, capita e consolata, non con parole vuote e cariche di fronzoli, ma con le proprie, quelle reali. Quelle che hanno senso, quelle che contano. E a lei quel dettaglio non sfuggì, anzi fu il particolare che più apprezzò in lui: la sua totale, completa onestà.
Rimasero abbracciati per un po' e lei avvolse la coperta intorno a entrambi, lasciandosi cullare, silenziosa. Di tanto in tanto, James la sentiva tirare su col naso e rafforzava la stretta; lei, ognuna di quelle volte, sorrideva appena e si stringeva a lui.
Stava trafficando con la manica del cappotto, tormentandola, quando notò il bracciale dorato che teneva legato al polso, il bracciale che James le aveva ritrovato. Lo sganciò, rigirandoselo fra le mani, poi alzò lo sguardo per la prima volta dopo molti minuti.
« Io e Petunia ci siamo scambiate questo braccialetto quando avevo nove anni » disse, la voce ancora un po' impastata dal pianto, mentre James is affrettava a liberare il suo volto da alcune ciocche di capelli rimaste attaccate alle sue guance bagnate. « Allora ci facemmo la promessa di tenerlo come simbolo della nostra - ricordo ancora di aver coniato questo neologismo - sorellaggine ».
James rise piano, e lei con lui. « Sorellaggine » ripetè, riflettendo. « Beh, sì, ci sta. Mi piace, ci sai fare con i neologismi, brava ».
Lily scosse il capo divertita e proseguì. « Lei disse che avremmo dovuto custodire questo bracciale come la cosa più cara che possedessimo, e che avremmo dovuto portarlo sempre, in modo da non scordarci mai l'una dell'altra ».
James la osservò, ora serio in volto, avendo come il presentimento che quel racconto dovesse andare a parare da qualche parte.
« Non ho più notato, da grande, se lei avesse continuato a portarlo come facevo io » continuò, assorta nei suoi pensieri. Poi tornò a fissare James. « Fino a questo Natale. Lei non l'aveva, James » disse con durezza, e lui istintivamente le accarezzò una guancia, protettivo.
« Io la conosco bene » fece poi, abbassando lo sguardo. « E so con certezza che non era un caso. Lei è molto precisa, tiene molto anche a queste piccole cose, quindi non era un caso, per niente. Così ho deciso che non ho motivo di tenerlo più neanch'io ».
Lo fece saltare per l'ultima volta da una mano all'altra, poi lo strinse sulla sinistra e con la destra prese la mano di James. La aprì e vi posò il braccialetto, richiudendola delicatamente.
« Tu me lo hai ritrovato per ben due volte » disse Lily, rivolgendo il suo sguardo a quello perplesso di James. « E considerando che il posto in cui l'avevo perso era Hogwarts, è stata un'impresa davvero notevole » e rise piano. « Ormai, se c'è una persona a cui mi lega questo braccialetto, quello sei tu. Quindi voglio che sia tu a tenerlo ».
James aggrottò ancor di più le sopracciglia, come se non avesse afferrato bene ciò che Lily gli aveva appena detto.
« No... Lily, io non... » balbettò, scuotendo il capo. « Cioè, mi fa davvero piacere che tu... ma io... »
Lei, vedendolo così confuso e spaesato, rise piano e, in risposta ai suoi tentennamenti, prese il braccialetto e glielo agganciò al polso destro.
« Sta' tranquillo, non c'è il rischio che io ti affatturi tra qualche minuto perché lo rivoglio, sono nelle mie piene facoltà mentali, giuro » scherzò, e anche James rise, rilassandosi. « Prendilo come un segno di tregua tra di noi... e come un immenso grazie ».
Il suo volto si distese in un dolce sorriso, e James non potè che ricambiarlo ampiamente. In quel momento, notò più che mai la bellezza degli occhi di Lily, ancora un po' lucidi, che brillavano di una luce meravigliosa.
« Adesso sei tu l'addetta al ritrovamento se dovessi perderlo, però, lo sai, sì? » disse serio James, iniziando a ridere un secondo dopo insieme a lei. 
« Okay, va bene » convenne lei, annuendo più volte. « Ma non posso garantire la massima efficienza del servizio, mi dispiace ».
Lui le diede un buffetto sulla guancia. « Farò meglio a non perderlo, ho capito » rispose, scherzoso, poi tornò a fissarla insistentemente. « Grazie » disse infine, con un'intensità che fece leggermente arrossire Lily, portandola ad abbassare lo sguardo per non sostenere il suo.
Tornò a stringersi a lui, che l'abbracciò e poggiò il capo al suo, chiudendo gli occhi. 
Non avrebbe potuto desiderare un inizio d'anno migliore di quello.
 
 
*  *  *
 
 
« Ho le mani gelate ».
Miley aveva iniziato a lamentarsi per il freddo l'attimo dopo in cui Lily e James erano spariti imboccando quel sentiero. 
Si avvolse la vita con le braccia, tremando come una foglia da capo a piedi. « La faccia gelata. I piedi gelati. Il naso gelato. Ho anche le chiappe gelate ».
« Grazie dell'informazione, sorella » fece Scarlett, sbuffando per camuffare una risata. « Sempre molto fine ».
Lei scrollò le spalle, indifferente. « Vado a casa » borbottò, tentando di abbottonarsi anche il bottone proprio sotto il mento ma lasciando perdere non appena comprese che ciò avrebbe provocato la sua morte. « Di corsa, anche. Chi mi ama, mi segua ».
« Vengo anch'io » si affrettò a dire Remus, annuendo. « Voi cosa fate? » chiese poi, rivolto agli altri due, che si scambiarono un'occhiata.
Sirius fece per parlare, ma Scarlett lo anticipò, lasciandolo spiazzato con un semplicissimo: « Noi restiamo ancora un po' » che stupì anche gli amici.
Un largo ghigno si fece strada sul volto di Miley, che lanciò un'occhiata complice alla sorella, mentre i due ragazzi si scambiavano uno sguardo interrogativo.
« Ci vediamo dopo, allora » salutò la ragazza, affrettandosi a tirare Remus per un braccio e a condurlo con sé.
Lui, però, si voltò e urlò a Sirius: « Non fare tardi anche tu! » ma quello gli rivolse un gestaccio e lo ignorò.
Miley scoppiò a ridere. « Te lo meritavi » commentò, affondando le mani nelle tasche del cappotto. « Oh, se te lo meritavi ».
Remus parve offeso e la fissò. « Guarda che se non ci pensassi io, loro arriverebbero a casa con un ritardo madornale, e allora con la madre di James sarebbero guai, per non parlare di tuo padre, che se sapesse con chi si trova sua figlia non ho idea di cosa direbbe, perché insomma, Sirius non-... »
« Respira » lo interruppe lei, sorridendo con invidiabile calma. « Ho capito. Però, ehi, prendila un po' più alla leggera, no? La cosa peggiore che può succederti è finire morto in un lago di sangue perché hai osato intrometterti nell'ira funesta di Dorea, ma non è poi così grave. Cavoli, la vita è breve ».
Lui rise, scuotendo incredulo il capo. Aveva parlato con una serietà davvero comica, ma forse non se n'era neanche accorta.
« Quindi pensi che io sia pesante » dedusse, annuendo come a voler assimilare quell'informazione. « Che piacere saperlo ».
« No che non lo sei » replicò lei, sempre serena. « Sei papà Malandrino. Anzi, mamma, a quanto ho capito. Che c'è di male? »
Lo guardò di traverso e gli sorrise, complice. « Da quand'è che sei così responsabile? » gli chiese. « Dalla nascita? »
Lui scosse il capo, divertito. « A volte ti capitano delle cose che ti costringono a diventarlo » spiegò, sollevando le spalle.
Miley rallentò il passo, facendosi seria in volto. « E' vero » convenne, annuendo con vigore. « Ma qualunque cosa ti abbia reso così come sei, è meraviglioso che tu riesca a mantenere intatta la tua anima di Malandrino. Credo sia questo a renderti... » Lasciò la frase in sospeso, esitante, ma notò il suo sguardo penetrante che la studiava e si decise a concluderla, deglutendo. « A renderti speciale, ecco » concluse, cominciando a studiare i lacci delle scarpe da ginnastica come faceva sempre quand'era imbarazzata. Come faceva sempre quand'era in compagnia di Remus, e le due situazioni collimavano sempre.
Tentò di non badare ai suoi occhi che la scrutavano, sorpresi, ma alla fine capì di doverli incontrare, e risollevò il capo, sorridendogli appena.
« Grazie » mormorò lui con voce roca, passandosi una mano sulla nuca, e Miley scosse il capo, le guance rosse.
Fra loro piombò il silenzio, un silenzio profondo che parve protrarsi all'infinito, finché lei non tossicchiò e riprese a parlare.
« Ricordi il brindisi che abbiamo fatto prima? » gli domandò, e lui annuì più volte. « Tu... tu hai detto "fiducia" come augurio per questo nuovo anno ».
Remus riflettè sulle sue parole. Non riusciva a capire dove volesse arrivare, così si limitò ad annuire nuovamente, lasciando che proseguisse.
« Ti fidi facilmente delle persone? » chiese, inclinando il capo. « So che a volte è dura riuscirci... ma dipende sempre dal carattere che abbiamo ».
Fu il turno di Remus di sentirsi in imbarazzo. Quell'argomento lo toccava in maniera particolare, e si chiese come mai avesse deciso di discuterne.
« No » rispose infine, titubante. « Io non... non riesco a fidarmi con facilità. Ma credo che non si tratti tanto di diffidenza prevenuta, ma più di... di paura » mormorò, distogliendo lo sguardo da lei. « Non è semplice mostrarsi agli altri per quello che sei, anche quando... anche quando vorresti davvero farlo ».
Miley si strinse le braccia intorno alla vita, rimuginando sulle sue parole e continuando a camminare a passo lento.
« Lì entra in campo il rischio » disse, grattandosi distrattamente un sopracciglio. « Devi buttarti, se non riesci a fidarti davvero ».
« Non è semplice » mormorò lui, fissando la neve di fronte a sé.
« Non sto dicendo che lo è » rispose lei con calma. « So quanto sia difficile, o almeno posso immaginarlo. Ma i Malandrini vivono di rischi, no? »
Remus le rivolse un bel sorriso. « Vero » disse, divertito. « Assolutamente vero ». Poi cambiò espressione e si fece curioso. « E tu, invece? Riesci a fidarti? »
La ragazza sorrise e annuì. « Sì, ci riesco » rispose. « Questa roba della fiducia mi ha fregata un mucchio di volte, ma ci riesco ancora, perché... perché la fiducia è necessaria, ci serve per sopravvivere. Da soli non potremmo andare da nessuna parte, mentre se riusciamo a fidarci abbiamo la possibilità di trovare delle persone che ci aiutano ad andare avanti. Magari ti abbandoneranno, succede spesso così, ma io sono una di quelli che crede nella minoranza. Spero sempre di trovare qualcuno che non mi lasci mai, come... come mia sorella, ecco. Come siete voi Malandrini... inseparabili, fratelli ».
Remus la ascoltava senza parole, riflettendo intensamente su ciò che diceva. Era come se gli avesse mostrato la chiave per scoprire un mondo tutto nuovo, sconosciuto. Era come se gli avesse fatto compiere mille di quei passi avanti che non era mai riuscito a fare da solo neanche per metà.
« Riesci... riesci davvero a fidarti nonostante tutto? » chiese, meravigliato.
Miley annuì, senza smettere di sorridere. « Sempre, se le persone riescono a trasmettermi qualcosa » rispose con sicurezza. « E' una sensazione particolare, capisci quando è giusto e quando invece non lo è... perciò mi fido di tutti i miei amici, della mia famiglia, di quelli a cui sorrido... così come mi fido di te, e lo faccio perché... perché ti sento ».
Lo sguardo di Remus era colmo di sorpresa e pensò che anche lui avrebbe voluto fidarsi. Lo avrebbe voluto davvero.
Si guardarono a lungo, finché lei non chinò il capo e fu scossa da un potente brivido.
« Sento anche tanto freddo » scherzò, ridendo e strofinandosi le mani sulle braccia per cercare di scaldarsi almeno un po'.
« Stai proprio gelando » osservò Remus. « Però sei fortunata. Il mio spirito responsabile mi ha indotto a indossare questa sciarpa di... mmm... a occhio e croce dovrebbero essere due metri e mezzo circa e che ti dono con immenso piacere ».
Miley rise, osservando divertita la sciarpa del ragazzo in effetti davvero chilometrica. « Ma no, tienila » gli disse, scuotendo il capo.
« Dovrei lasciarti congelare? » fece lui, inarcando un sopracciglio.
« Beh, ma... » replicò lei, titubante, « se la dai a me, sarai tu a ibernarti, no? Non voglio averti sulla coscienza, sappilo ».
Anche Remus rise insieme a lei. « Facciamo a metà, allora » propose, allegro. « Basterebbe per un esercito, noi siamo solo in due ».
Lei annuì, senza smettere di sorridere. Guardò il ragazzo cominciare a srotolare la lunghissima sciarpa, e mentre lo osservava realizzò la situazione. Aveva accettato di condividere una sciarpa con Remus Lupin. Stava per condividere una sciarpa con Remus Lupin. Oh, cielo.
« Ci sei? » la richiamò lui, sventolandogli un lembo della sciarpa di fronte agli occhi.
Miley sussultò, scivolò sulla neve e quasi cadde, riuscendo però a reggersi sulla spalla di Remus appena in tempo. A quel punto, prese un profondo respiro, cercando di calmarsi. « Scusami tanto » sussurrò, mortificata. « Sono scivolata ».
Lui rise. « Ho notato, sì » rispose, facendo ridere anche lei. « Adesso copriti, stai tremando ».
Le avvolse le spalle con un braccio, stendendovi sopra la calda sciarpa, e lasciò che si stringesse a lui. D'un tratto, lei avvertì vampate di calore del tutto immotivate. O forse non proprio del tutto.
Camminarono in silenzio per un po', abbracciati, lasciando impronte diverse sul tappeto di neve.
Dopo un po', lui voltò appena il capo per guardarla. « Sai » mormorò, « mi fa sempre bene parlare con te. Riesci... riesci a farmi vedere le cose secondo un'altra prospettiva. E questo mi fa molto bene. Davvero ».
Miley sorrise lievemente. Stargli così vicina le annebbiava la mente, la mandava completamente nel pallone. Avvertiva il suo calore, il suo profumo che sapeva di buono, di pulito... di menta. « E' lo stesso per me » rispose, annuendo appena. E le parve di avvertire la stretta sulla spalla farsi più forte.
 
 
*  *  *
 
 
Quando Miley e Remus si furono allontanati, in quella strada ampia e deserta rimasero solamente Scarlett e Sirius, soli.
Lei rimase a lungo immobile a fissare le orme che le scarpe dei ragazzi stampavano sulla neve, incapace di risollevare lo sguardo.
« Vuoi farmi un regalo di Natale extra, bella Banks? » fece Sirius allegro, spezzando il silenzio.
Lei rise e si decise a guardarlo. « Puoi scordartelo, Black » rispose, battendogli un leggero pugno sul braccio. « Credi di meritarlo? »
Lui sorrise, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi, e le poggiò una mano sulla schiena. « Facciamo una passeggiata » mormorò, accennando alla strada.
Si incamminarono, fianco a fianco, fissando le case dai tetti bassi addobbate di luci colorate che davano fastidio alla vista, in silenzio.
« Hai messo il ciondolo » disse improvvisamente Sirius, voltandosi a guardarla.
Scarlett annuì. « Certo » rispose, accennando un sorriso. « Credevi che l'avrei lasciato sul comodino? »
Lui sorrise e scrollò le spalle. « Beh, no » rispose. « Speravo di no ».
Lei afferrò la catenina, rigirandoselo fra le dita. « Non avrei mai immaginato che me l'avresti regalato » gli confessò, senza guardarlo.
Il suo sorriso non si spense. « La cosa strana » rispose, « è che non lo avrei mai immaginato neanch'io ».
Si scambiarono uno sguardo, ma lei tornò presto a concentrarsi sul ciondolo.
« A dire la verità » riprese lui, un po' incerto, « non ero sicuro che l'avresti indossato. In fondo rappresenta... è una sorta di... di legame. Ecco ».
Scarlett lo lasciò ricadere sul petto. Non aveva idea di cosa dire. « Lo so » mormorò, annuendo. « So cos'è. E non ho intenzione di toglierlo ».
Rimirò per qualche momento il suo sorriso, poi tossicchiò e disse: « E tu, invece? Del mio regalo che ne hai fatto? Sentiamo ».
La risata sommessa di Sirius le provocò una lieve scossa di brividi lungo la schiena, ma si disse che era tutta colpa del freddo pungente intorno a loro.
« Quelle mutande sono diventate le mie preferite » disse lui con convinzione.
« Ah, non ci credo! » sbuffò lei, ridendo. « Sei solo un brutto ruffiano di bassa lega, ma tanto lo sai che con me non attacca ».
Lui annuì con serietà. « Con te non attacca mai un bel niente, Banks » scherzò, scuotendo il capo tristemente. « E comunque dico davvero. Se non ci credi, da' pure un'occhiata. In realtà, puoi darla anche se ci credi. Per sicurezza ».
La risata di Scarlett, così diversa dalla sua, parve riscaldare l'aria, ma al contempo gli fece drizzare i peli sulla nuca. Ma tanto, era tutta colpa del freddo.
« Il parco giochi! » esclamò ad un tratto lei, attirando la sua attenzione.
Senza neanche accorgersene, infatti, erano arrivati ad un piccolo spazio in mezzo al verde costeggiato da due villette, dove si trovavano una serie di giochi per bambini. Dietro questi, si stagliava un piccolo stagno d'acqua verdognola, ghiacciato a causa della bassissima temperatura, e accanto ad esso, un sentiero acciottolato molto caratteristico.
« Ci venivo con James e mia sorella quando eravamo bambini » spiegò lei, entrando dal piccolo cancello di legno.
Sirius rise sommessamente. « Sì, lo so » rispose, e Scarlett lo guardò interrogativa. « Me l'ha raccontato James » spiegò allora. « Uno dei suoi soliti sproloqui su quand'era un lattante e ne combinava di tutti i colori insieme a voi piccole pesti ».
Anche Scarlett rise, e si accoccolò sul piccolo sedile dell'altalena, dondolandosi e facendo strisciare i piedi sull'erba.
Per un po', nessuno dei due disse nulla e il silenzio li avvolse. Lui camminava a testa bassa in giro per il parco giochi, lei trafficava con le catene che sorreggevano l'altalena, gelide e bagnate dalle gocce di pioggia.
« Mi annoio » sbuffò alla fine, incrociando le braccia al petto e fissandolo. « Fai qualcosa, Black. Su ».
Sirius la fissò, aggrottando la fronte. « Ti sembro un pagliaccio, per caso? » domandò, e lei scoppiò a ridere.
« Una cosa del genere » rispose poi, sorridendo e alzandosi dal seggiolino. « Dai, forza, divertiamoci un po' ».
Lui inarcò un sopracciglio, serissimo. « E' possibile che la mia concezione di divertimento non ti aggradi, tesoro » rispose, sollevando le spalle.
Lei camuffò una risata con una mezza smorfia mal riuscita e poggiò le spalle alla lunga asta che sorreggeva l'altalena.
« Non la smetti mai di fare lo sbruffone, tu? » chiese, fingendo un'aria infastidita. « Sai, non è un bene pronunciare ad alta voce tutte le stronzate che attraversano la nostra mente. Ma... beh, in questo caso, tu dovresti star zitto almeno ventitrè ore su ventiquattro, per cui... »
« Ma piantala » rise lui, scuotendo il capo senza smettere di fissarla. « Devo ancora capire bene se il tuo passatempo preferito è quello di insultarmi o di provocarmi, Banks. Propendo maggiormente per la seconda » aggiunse, picchiettandosi l'indice sul mento.
Scarlett gli lanciò uno sguardo carico di furbizia e si allontanò dall'altalena, cominciando a camminare in tondo, le mani incrociate dietro la schiena. Fissava l'erba umida e picchiettata di neve, e non si accorgeva dello sguardo penetrante che le attraversava la schiena senza osare distogliersi un istante.
« Ti senti provocato da me, Black? » s'incuriosì, bloccandosi per tornare a guardarlo.
Lui fece schioccare la lingua, guardandola con aria scettica. « Devo rispondere? » domandò dopo qualche momento. « Sul serio? »
« Naturale » fece lei soddisfatta, allargando le braccia per poi serrarle nuovamente a stringere il cappotto intorno al corpo.
Sirius si passò una mano fra i capelli, soppesando la risposta. « Beh, devo dire che hai un debole per le domande scomode » borbottò, impensierito. « Ma sì, è proprio così. E' questo l'effetto che mi fai » rispose, più tranquillo di quanto in realtà non fosse.
Scarlett lo scrutò a lungo, senza sapere se sorridere o meno. 
« Devi essere davvero ubriaco, signor Black » scherzò infine, tentando di portare la questione su un piano più leggero per non venire schiacciata dalla tensione del momento. Lui, però, non pareva proprio aver intenzione di buttarla sul ridere.
« Abbastanza da dire tutto quello che mi passa per la testa » rispose. Tutto quello che provo, avrebbe desiderato aggiungere, ma non lo fece. « Considerati privilegiata, bella Banks » disse invece. « Non lo faccio molto spesso. Non lo faccio mai, lo sai ».
Lei deglutì, tentando di mandar giù la tensione e disperderla da qualche altra parte purché non fosse la lingua, del tutto asciutta e incapace di formulare frasi. Quella, però, le rimase impigliata in gola, impedendole di dire alcunché.
« Facciamo un gioco » fece lui all'improvviso, spezzando il silenzio, e lei gli rivolse un'occhiata interrogativa. « Non eri tu quella che si annoiava? »
« Oh! » Scarlett rise, annuendo. « Certo... e sentiamo, cos'hai in mente? Scommetto che ho di che preoccuparmi. Mi smentisci? »
Lui diede in un suono indistinto e difficilmente decifrabile. « Sano divertimento, Banks. Sicuramente » affermò, convinto. « Mmm... vediamo... che ne dici di far rimbalzare le pietre sul pelo dell'acqua? E' un tassello fondamentale in tutte le più grandi storie d'amore ».
Lei lo colpì giocosamente sul petto, facendolo ridere, quella risata sommessa di quand'era divertito davvero.
« Io non l'ho mai fatto » disse poi, lanciando uno sguardo allo stagno lì vicino ormai divenuto un'ampia lastra di ghiaccio ben solido. « E lo stagno è ghiacciato. E » aggiunse, sorridendo appena, « non credo che nessuno qui abbia intenzione di dare il via a una grande storia d'amore ».
Sirius la guardò impassibile per molti secondi, poi le diede le spalle e cominciò a camminare verso lo stagno gelato, le mani affondate nelle tasche.
« Possiamo far sciogliere il ghiaccio » disse, estraendo la bacchetta. « Siamo maghi o no? Sempre se ti va, ovviamente ».
Si voltò nuovamente a guardarla e lei abbozzò un sorriso incerto. Qualcosa le diceva di aver sbagliato battuta, ma decise di non pensarci.
« Neanch'io ci ho mai provato » riprese lui, scrollando le spalle con leggerezza. « Ma se fossimo davvero bravi, uno stagno non basterebbe, no? »
Aspettò che dicesse qualcosa e la vide riflettere, finché non annuì con un convinto: « Andata » che le fece guadagnare un sorriso.
« Comincia tu » gli disse, accennando col mento al sentiero acciottolato poco distante mentre lui faceva sì che il ghiaccio che ricopriva interamente la superficie dello stagno si sciogliesse sprofondando verso il basso. « Ma non prenderti le pietre migliori ».
Lo sentì ridere mentre si allontanava. « Come se tu sapessi quali sono » le fece eco, e lei scosse il capo, mordendosi le labbra per non ridere.
Quando fece ritorno, stringeva fra le mani due o tre pietre piatte e lisce almeno su uno dei due fianchi e pareva piuttosto soddisfatto.
« Premessa » annunciò, poggiandone due a terra e facendo saltellare l'altra fra le mani, « io non gioco mai senza che ci sia una posta in palio abbastanza importante. Ergo, direi che sia giunto il momento di riprendere in mano le redini della nostra partita. Che ne dici, Banks? »
Lei sorrise in maniera accennata, bagnandosi le labbra con la punta della lingua. 
A pensarci bene, le era mancata la loro sfida. Non giocavano, a quanto ricordava, dalla sera della festa per la prima vittoria di Grifondoro in campionato, quando avevano scommesso sulla presa record del Boccino d'Oro.
« Mmm » commentò, sinceramente interessata. « Io ero in vantaggio, ricordi? Tre a due, sì... Cos'è, ti è venuta voglia di rimontare? Ti avverto che non sarà così semplice, Black. Io sono brava a giocare ». Ci ripensò e aggiunse: « Non a questo gioco, ma... sono brava. Genericamente brava ».
Sirius rise, annuendo. Cominciò ad osservare la sua pietra, rigirandosela fra le dita. « Non ti sottovaluto mai, Banks. Ho imparato a non farlo » rispose, lanciandole un'occhiata di sbieco. « Comunque, non mi basta un semplice punto. Tutti i fottutissimi giochi hanno una caratteristica, no? Chi perde paga pegno. La ricompensa, naturalmente, è decisa dal vincitore. Quindi » concluse, soddisfatto, « ci stai? »
Lei esplose in una fragorosa risata di scherno. « Se ci sto? » chiese, totalmente incredula. « Parli per non far congelare la lingua, Black? Certo che ci sto ».
Lui si battè la pietra sul palmo della mano. « Ottimo, dolcezza » commentò, e si preparò al lancio, flettendo lievemente le ginocchia.
Scarlett lo osservò con attenzione. Manteneva sul viso un'espressione concentrata, lo sguardo era fisso su un punto preciso dell'acqua verdognola e poco profonda, rifletteva le flebili luci dei lampioni che accerchiavano il piccolo parco giochi, mentre le labbra erano strette, serrate, piegate in una linea sensuale, come sempre. Probabilmente non avvertiva lo sguardo della ragazza puntato addosso, ma le rivolse comunque un'occhiata e un rapido sorriso.
« Com'eri serio » osservò lei, chinandosi per sedersi sullo stretto sedile freddo di un cavalluccio di legno.
« Quando non lo sono? » scherzò lui. « E non distrarmi, tesoro, stavo lanciando, ero concentrato ».
« Oh » si affrettò a mormorare lei, sollevando le mani. « Scusa tanto. Vai, vai, lancia pure. Hai proprio l'aria di chi ci sta credendo sul serio ma non concluderà un bel niente. E ti dona, Black » aggiunse, ridendo sommessamente.
Lui sbuffò, trattenendo a sua volta una risata. « Oltre che sul lancio delle pietre, dovresti lavorare anche su altre capacità, sai, bella Banks? » le disse, giocoso. « Tipo stare zitta e giocare pulito. La tua voce sexy è motivo di distrazione per me, dovresti saperlo ».
Lei sospirò, scuotendo il capo. « Tira quella fottuta pietra e non tentare di lusingarmi, brutto idiota, tanto non riesci a fare nessuna delle due cose ».
Sirius scoppiò a ridere e fece il suo lancio. La pietra rimbalzò una, due volte, poi affondò con un sommesso plop e sulla superficie dello stagno scivolarono due cerchi concentrici d'acqua smossa. Dopo un attimo, questa tornò piatta e levigata come prima.
« Non sono abituato a non essere un grande in qualcosa » mormorò lui con aria delusa. « E' strano. Davvero strano ».
Scarlett gli diede un giocoso spintone. « Ma taci » disse, sorridendo. « Vado a prendere le pietre. Tu preparati alla sconfitta, nel frattempo ».
Il ragazzo annuì, l'ironia che si leggeva in ogni centimetro di pelle, e la guardò allontanarsi verso il sentiero a cui aveva sottratto alcuni sassi poco prima. Quando fu di nuovo lì, teneva in mano anche lei tre pietre dalla forma simile a quelle che aveva scelto lui.
« Fuori dai piedi, su » gli intimò, spingendolo da parte. « Devo allacciare un rapporto mentale con questo sasso, ho bisogno di concentrarmi ».
Sirius, remissivo, si fece da parte e la osservò mentre raccoglieva ispirazione da chissà cosa.
« Traggo potere dagli elementi della natura, Black » lo informò in tono formale. « Gli alberi, l'acqua, il vento... infondono forza in questa pietra ».
Lui annuì con interesse. Non era sicuramente a posto con il cervello, in quel momento.
« Quanto hai bevuto, Banks? » s'informò infatti, piuttosto neutro, ma sicuramente incuriosito.
Scarlett diede in una risatina divertita. « Ah, beh, un po' » borbottò, scrollando le spalle. « Non reggo l'alcool bene come te. Ho alzato un po' il gomito ».
Si piegò anche lei per bilanciare la potenza del lancio e non notò che lui si era fatto vicino.
« Devi chinarti un po' di più da una parte » le disse, posandole le mani sui fianchi.
Lei quasi si lasciò sfuggire il sasso dalle mani, ma riuscì a trattenerlo senza che lui notasse nulla. Serrò per un momento gli occhi, tentando di ritrovare la completa calma di qualche istante prima, ma quando li riaprì continuò ad avvertire la presa lieve delle sue mani sul bacino e capì di non poterci riuscire.
« Non eri un esperto fino a qualche minuto fa » osservò, tentando di risultare rilassata e del tutto immune all'effetto del suo tocco.
Lo sentì sorridere. Doveva trovarsi esattamente a un soffio da lei. « Si tratta di logica, Banks » le fece notare, saccente.
Scarlett sbuffò. « Chi era che distraeva, qui? » domandò, ironizzando. « Sirius, davvero. Così mi deconcentri parecchio ».
Anche se non lo vide, riuscì a immaginare alla perfezione l'espressione di grande soddisfazione che doveva essersi dipinta sul suo volto al suono di quelle parole. Sperò, perlomeno, che si limitasse a sogghignare come suo solito senza aggiungere altro per provocarla o ridere della sua frase, altrimenti sentiva che la situazione sarebbe pericolosamente degenerata. Tutto sommato, comunque, lui riuscì a contenersi.
« Sul serio? » sussurrò, un sorriso che si leggeva chiaramente fra le sue parole. « Ma io non userei mai le mie armi di seduzione per vincere facile, Banks. Sono un tipo corretto, lo sai ». E così dicendo si slacciò da lei e si fece da parte per osservare il suo lancio, profondamente compiaciuto.
« Se sbaglio, è comunque colpa tua » si premurò di precisare lei, inviandogli un'occhiata rancorosa per poi rivolgerla nuovamente alla sua pietra.
Sirius fece segno di aver recepito il messaggio, rilassato, e la vide lanciare il sasso con un gesto rapido ma un po' rigido, che non portò a grandi risultati. Quello, infatti, rimbalzò sulla superficie dello stagno una volta e subito dopo si depositò sul fondo.
« Bleah » commentò la ragazza, infastidita dall'insuccesso. « Faccio schifo sul serio... »
« Chi è sfortunato nel gioco è fortunato in amore, bella Banks » fece Sirius, in un inutile tentativo di consolarla. « Ricordalo, è importante ».
Lei tornò a sedersi sul cavalluccio di legno, abbattuta, e non rispose, ma incrociò strette le braccia al petto e prese a fissarlo.
« Non essere crudele con quel dannato pegno » gli disse, sentendosi già sconfitta, e lui rise. « Non farò nulla di umiliante, degradante, lesivo della mia immagine e della mia moralità incrollabile, per cui cerca di impostare il tuo cervellino su qualcosa di fattibile o qualcosa di più grosso di un sasso abiterà presto quello stagno ».
Lo guardò fisso ad occhi serrati, infuriata perché aveva ironicamente annuito ad ogni singola parola da lei pronunciata, ma lui non parve turbato.
« Invece di implorarmi mi minacci, allora? » chiese, piuttosto incredulo. « E' un atteggiamento sbagliato, signorina, in questo modo non andrai lontano ».
Scarlett sospirò, decisamente rassegnata. « Non voglio andare lontano » borbottò. « Voglio solo tornare a casa questa notte senza dover rimanere sveglia tutto il tempo a vergognarmi per qualcosa che mi hai costretto a fare o sentire la necessità di non rivolgerti più la parola per il resto della mia vita ».
Sirius annuì, sorridendo. « Vedrò cosa posso fare » le disse, facendole l'occhiolino, poi afferrò uno dei sassi poggiati sull'erba e lo studiò.
Fra loro cadde il silenzio, e per la seconda volta Scarlett cominciò a scrutarlo intensamente, felice che lui non potesse vederla. 
Stava rimuginando su un pensiero che la tormentava da giorni, su cui ritornava ogni maledetta notte prima di cedere alla stanchezza e sprofondare tra i cuscini, un qualcosa che forse era arrivato il momento di tirare fuori, così che, bene o male, potesse lasciarla in pace e libera di ragionare su tutt'altro.
Il filo continuo di idee fu spezzato dal suono della pietra che sfiorava il pelo dell'acqua torbida, e sollevò lo sguardo appena in tempo per vederla compiere uno, due, ben tre salti prima di cadere giù e sparire alla vista. Sirius applaudì se stesso con entusiasmo.
« Sono diventato proprio un mito! » e imprecò per la contentezza. « Fossi in te mi preoccuperei sul serio, Banks. La felicità mi rende crudele ».
Lei si rialzò di malavoglia e gli fece il verso, suscitando le sue risate. « Chiudi quella bocca e guardami perdere con nobiltà di spirito » disse, severa.
Lui poggiò una mano laddove batteva il cuore. « Sono un cavaliere » le ricordò. « Non riderò della tua terribile disfatta ».
E non terminò neanche la frase che Scarlett aveva già effettuato il suo lancio. Il sasso era precipitato in basso senza compiere il benché minimo saltello.
Anche lei prese a imprecare sonoramente e calpestò l'erba con forza mentre ritornava alla sua ormai precisa postazione.
« E' così che ci si sfoga, brava, Banks! » si complimentò Sirius, sinceramente ammirato. « Hai imparato da me, suppongo. Sono il miglior insegnante, sì ».
Afferrò l'ultimo sasso, sfregandolo fra i palmi delle mani. « Adesso, massima concentrazione » annunciò. « Devo terminare in bellezza ».
Voltò le spalle alla ragazza e studiò con attenzione prima la pietra, poi lo stagno. Attorno a loro gli unici rumori erano il frinire dei grilli e il ritmo di una musica lontana di chissà quale locale ancora nel pieno dei festeggiamenti, ma loro erano ognuno immerso nei propri pensieri, distanti.
Scarlett era in guerra con se stessa. Non aveva idea di cosa fare, e detestava essere indecisa, anche se detestava ancor di più l'idea di pronunciare ad alta voce quei pensieri che le frullavano per la testa tutti i giorni. Aveva timore, sì, di quello che sarebbe potuto accadere. Aveva paura di rovinare quei momenti di tranquillità, di gioco, che si stava gustando appieno nella loro semplice, nuova importanza. Eppure continuava a credere di non poter andare avanti a lungo con quella domanda mai posta, con quella risposta non ricevuta ma attesa, che restava così incastrata in lei senza possibilità di liberarsi. Perché se non l'avesse sciolta dalle sue catene quella volta, sentiva che non avrebbe potuto farlo mai più. E il desiderio di svelare quel perché era insopportabile.
« Sirius » mormorò dopo un momento, ma lui inizialmente non rispose; era tutto concentrato sul suo sasso. « Sirius » ripetè allora, un po' più forte.
« Uhm? » fece lui, voltandosi a guardarla. « Dimmi ».
Lei diede in un basso sospiro. « Sirius, ascolta, io... » esordì, titubante. « Io vorrei chiederti una cosa, ma tu non... insomma, non sei costretto a rispondere ».
La sua espressione si fece più seria e cominciò a scrutarla più a fondo. « Quello che vuoi » rispose, affondando le mani nelle tasche.
« Beh... » fece lei, giocherellando con il suo ciondolo senza farci neanche caso. « Riguarda... riguarda la sera della festa. Sai... in Sala Comune ».
Lui annuì, facendole cenno di proseguire. 
« Ecco, tu... quella sera mi hai detto qualcosa » continuò Scarlett, tormentando la sottile catenina d'acciaio. « Mi hai raccontato della tua famiglia. Di tutto quello che hai passato nella casa dei tuoi genitori, di come sei riuscito a... a salvarti ».
Sirius piantò gli occhi dentro i suoi. Impossibile capire cosa stesse pensando, ma il suo sguardo era assorto, cupo, concentrato.
« Io mi chiedevo... » riprese lei, senza riuscire a sostenerlo. « Mi chiedevo come mai avessi deciso di raccontarlo proprio a me » disse, risollevando lo sguardo in uno slancio di coraggio. « E' da quella sera che non faccio che pensarci » aggiunse, mordendosi forte il labbro.
Lui rimase a lungo in silenzio, guardandola con un'intensità spaventosa. Dopo un po' riabbassò lo sguardo e prese a spostare il suo sasso da una mano all'altra, riflettendo. 
« Non l'ho deciso » disse alla fine, guardandola per un istante. « In realtà, non so neanche perché te l'abbia raccontato. L'unica cosa che ho capito è stata che non me ne sono affatto pentito, perché... perché tu dovevi sapere ». Sospirò e si affrettò ad aggiungere: « Adesso non chiedermi che senso abbia, perché io non lo so, ma... » Un altro sospiro. « Quella sera ero certo che avresti capito ».
Scarlett non smise di fissarlo un istante, assorbendo pian piano ogni sua parola. 
Sirius stava cominciando ad essere sincero, e lei iniziava a provare vergogna per la sua continua diffidenza... forse, alla resa dei conti, lui meritava di più. Non si era domandata, a dire il vero, cos'è che sarebbe successo se lui avesse deciso di risponderle, forse perché non aveva avuto la più pallida idea di quel che avrebbe potuto dire. Adesso, però, si ritrovava con la bocca asciutta, le labbra aride e intorpidite dal freddo, la mente annebbiata da sconosciuti pensieri e lo sguardo penetrante e assorto di Sirius piantato addosso.
« Avevi ragione » disse infine, annuendo lievemente col capo. « Ho capito un mucchio di cose. E sono felice che... insomma, che tu ti sia aperto con me. Non lo avrei mai creduto possibile » aggiunse, riflettendoci su con un sorriso. « Roba da non crederci, no? »
Il volto di Sirius parve distendersi, e rise. « Surreale, direi » commentò, partecipe. « Eppure, credo che dovremmo cominciare a farci l'abitudine ».
Lei sorrise, studiando la sua espressione serena. « Vero » confermò, incrociando le braccia sul capo del cavalluccio di legno. « Dovremmo. Ma non lanciarmi quegli sguardi di fiamma, bello, o ritiro tutto quello che ho detto. Intesi? »
Lui continuò imperterrito a fissarla con aria furba. « Intesi » replicò, per poi rivolgere nuovamente la sua attenzione allo stagno fangoso.
Dopo qualche attimo di ricognizione cerebrale si preparò al lancio, senza accorgersi di Scarlett che si era appena alzata e adesso si trovava a un passo da lui. Non appena fece per effettuare il tiro, lei si avvicinò furtiva e gli diede una spintarella, facendo in modo che la pietra affondasse senza rimbalzare.
Il silenzio glaciale che seguì quel gesto fu spezzato dalla sonora risata di Scarlett, un filino malefica e inquietante, ma mai quanto l'espressione livida di Sirius.
« Cosa hai fatto? » sillabò, serrando le braccia all'altezza del petto. « Spiegati, Banks. E sii convincente ».
Ma la ragazza era piegata in due dal ridere e non trovava il fiato per ribattere. « Dovevi... dovevi smettere di fare il fenomeno! » esclamò, trionfante.
Lui non riuscì a trattenere una risata. « Doppia punizione, in tal caso » annunciò con aria tranquilla. « Te la sei proprio cercata ».
Scarlett tornò diritta, una mano sullo stomaco dolorante per l'eccesso di risa. « Tutto è lecito in guerra e in amore » recitò, allegra.
Lo vide contrarre le labbra in una smorfia divertita, scrutarla. 
« E sentiamo, Banks, questo che cos'è? » domandò, curioso.
« Beh » rispose lei, sollevando le spalle, « naturalmente entrambi » e ricambiò il sorriso che lui le rivolse.
« Datti una mossa con quest'ultimo lancio » fece dopo un momento. « Sirius Black vuole riscuotere, non ha intenzione di aspettare ».
Lei sbuffò, mollandogli una gomitata poco gentile fra le costole. « Di' a Sirius Black che si tappi quella bocca al più presto, allora » concluse, infastidita.
Sirius rise e si allontanò per lasciarla tirare. Inutile dire che il lancio non fu tra i più grandiosi. In effetti, fu il peggiore mai visto quella notte.
La risata del ragazzo si fece più fragorosa. « E Sirius Black trionfa! Tre a tre e non se ne parla più! » le disse, avvicinandosi nuovamente. « Merlino, sei una frana! » la canzonò, impietoso.
La ragazza lo colpì sul petto, ma lui non si ritrasse e rise più forte. 
« E tu uno stronzo! » ribattè, piccata ma sinceramente divertita. « E' tutta colpa tua e delle tue idee balorde! Far rimbalzare i sassi... ma come ti è venuto il mente? E per la cronaca, sappi che non credo affatto che tu non ci abbia mai nemmeno provato! Perché tu giochi sempre sporco, Black, e io non mi fido affatto di quella faccia da stronzo che ti ritrovi, né di tutte le altre cose da stronzo che hai, hai capito? E sì, la potenza dell'alcool comincia a farsi sentire, ma non sono ubriaca! Tu, invece, che io lo sia o no, sei uno stronzo comunque! »
Incrociò le braccia al petto, così strette da aderire completamente, e lo fissò con una furia omicida simile all'odio più puro. Dopo qualche attimo di pura tensione, durante il quale lui non fece che ricambiare il suo sguardo con aria profondamente perplessa, Scarlett scoppiò a ridere.
« Ci sei cascato! » esclamò, senza smettere di sbellicarsi dalle risate. « Sì, okay, sono un pochino su di giri... la roba babbana è forte, non credi? »
Sirius pareva ancora lievemente intimorito, ma alla fine non riuscì a trattenersi e rise di cuore con lei. « Io non faccio testo, baby » rispose, rilassato. « Mando giù qualsiasi cosa, niente mi fa più effetto... beh, non proprio, ma... »
« L'effetto è che sei costantemente mezzo ubriaco » concluse saggiamente lei, annuendo con veemenza. « Ammettilo, Black, non hai idea di quello che dici e di quello che fai per più di metà del tempo, e non è neanche colpa dell'alcool! Voglio dire, il problema sei proprio tu e il tuo essere tutto matto, ecco cosa ».
Lui annuì con tutta l'aria di una presa in giro bella e buona. 
« Oh, davvero? » disse. « Attenta, allora. Sono pazzo, potrei farti qualsiasi cosa » sussurrò con fare mistico, e senza che lei potesse in qualche modo fermarlo, prese a farle il solletico sotto il cappotto.
Scarlett cominciò a ridere convulsamente, tentando di scansarlo con le unghie e con i denti, senza riuscirci.
« Lasciami... » ordinò, contorcendosi, « Sirius, lasciami... lasciami stare, Sirius, dai! » esclamò, picchiando i pugni sul suo petto.
Lui smise quasi all'istante, il sorriso ancora sul volto, ma non si allontanò.
Le avvolse invece il bacino con le braccia, attirandola a sé in un abbraccio caloroso, il mento poggiato al suo capo, dolcemente. Scarlett rimase senza fiato. Avvertiva la forza delle sue braccia che la stringevano sotto la pesante pelliccia del cappotto, la lieve pressione del suo capo sul proprio, che però svanì in un attimo, nel momento in cui lui lo lasciò scivolare via fra i suoi capelli e lei, titubante, sollevò lo sguardo per incontrare il suo.
« Fa freddo qui » mormorò lui, un angolo della bocca lievemente incurvato. « Tu stai bene? »
Lei lo fissò a lungo senza parlare, poi annuì e poggiò la testa sul suo petto. 
Il cuore batteva a un ritmo incalzante e, ascoltandolo, si chiese cosa diavolo stesse facendo e come le fosse saltato in mente di farlo. Perché no, proprio non sapeva spiegarsi perché in un così breve arco di tempo si era ritrovata ben due volte cullata fra le braccia di Sirius Black, con una sensazione di piacevole e indescrivibile conforto che le pervadeva ogni singola parte del corpo e la mente libera dalle preoccupazioni, anche se avrebbe dovuto esserne stipata. Durante quella notte, in Sala Comune, si era ritrovata con il capo poggiato al suo petto in seguito a una vicenda che non avrebbe mai augurato di vivere a nessuno. Quella volta si era sentita turbata, emotivamente vicina a lui, in una maniera insolita, eppure totalmente vera. Ma adesso, adesso proprio non capiva come mai avesse permesso che lui la stringesse, come mai avesse finito per rimanere così vicina a lui, quasi fino al punto di lasciarsi andare completamente al suo corpo, ipnotizzata da quell'indefinibile calore che pareva emanare anche durante quella notte di puro gelo. Non capiva, e forse capire non era in cima alle sue priorità del momento, perché il suo unico desiderio era che Sirius non la lasciasse, che quell'abbraccio le rimanesse impresso nella pelle e che magari marchiasse anche la sua. E ancora una volta, maledizione, proprio non capiva.
Ebbe timore di sollevare nuovamente lo sguardo, ma alla fine lo fece, e notò che lui non aveva smesso di fissarla.
« Hai le guance rosse » osservò a bassa voce, sorridendo e tracciandovi sopra una linea immaginaria con un dito.
« Tu la punta del naso » rise lei, scrutandolo.
Sirius non smise di sorridere e continuò ad accarezzarle la guancia. 
« Non sapevo soffrissi il solletico » disse poi, le sopracciglia che si incontravano.
Si slacciò lentamente da lei, lasciandola libera di fare un timido passo indietro. « Oh, già... sì » borbottò, annuendo. « Ma non osare usarlo come arma ».
Lui portò entrambe le mani all'altezza della testa. « Io, sfruttare un punto debole dell'avversario? » fece, incredulo. « Giammai ».
Scarlett rise, ma non ebbe tempo di far nulla che lui ricominciò a farle il solletico, crudele.
« Ehi! » protestò, accartocciandosi su se stessa. « Maledetto, lasciami! Sei un... insomma! Sei proprio uno stronzo! » esclamò, ridendo.
Per la seconda volta nel giro di minuti, Sirius si bloccò. 
« Stronzo » ripetè, inespressivo. « Posso sapere, di grazia, perché mi dai sempre dello stronzo? Semplice curiosità, naturalmente. Anche perché sì, adesso lo sono stato sul serio ».
La ragazza parve rifletterci seriamente, solleticandosi la punta del mento. In effetti, era un quesito assai complesso.
« Mi piace darti dello stronzo » spiegò infine, con la massima naturalezza. « Sì, stronzo. Lo sei, comunque, questa è una verità assolutamente lampante ».
Lui accettò la risposta, curvando le labbra in un'espressione neutra. « Quindi sono stronzo » mormorò infine. « Mmm... interessante. Tuo padre sarebbe d'accordo. E a proposito di lui, sappi, per la cronaca, che vedendo tornare Miley e Remus senza di noi, mi aspetterà con la bacchetta in mano e l'Avada Kedavra in bocca ».
Scarlett scrollò le spalle. « Sei tu che ti fai detestare » gli disse. « Non puoi comportarti da cretino con me mentre ci sono i miei genitori in giro. Ma neanche quando non ci sono, in realtà » si affrettò ad aggiungere, puntandogli contro un dito ammonitore e sicuramente assai spaventoso.
Lui si esibì in un ghigno che prometteva guai e si avvicinò pericolosamente.
« Comportarmi come? » le chiese, serrando le dita intorno ai suoi polsi esili e facendola indietreggiare. « Da cretino, hai detto? »
Lei annuì con aria insolente, il mento in su. « Oh, sì » confermò, tentando di liberarsi dalla sua presa. « Proprio così ».
« Mmm » commentò lui, riflettendo. Un sorrisetto furbo e maledettamente sexy gli arricciava le labbra, e Scarlett aveva già toccato il tronco di un albero possente vicino all'altalena umida di pioggia. 
« Com'è comportarsi da cretino? » domandò, lasciando le sue braccia per far scorrere le mani sulla sua schiena e attirarla a sé. « Così forse? »
Scarlett lo fissò, tentando di capire le sue intenzioni. « Questo è un ottimo esempio, sì » rispose, mantenendo una certa nonchalance.
Il suo sorriso si ampliò. « Non sai quanto mi piace comportarmi da cretino » le sussurrò, lasciando che le punte gelide dei loro nasi si sfiorassero.
Lei iniziò ad avere tremendamente caldo, un caldo soffocante che si diffuse a potenti ondate per tutto il corpo. Cattivo segno.
« Sirius... » mormorò, ora lievemente spaventata da quelle che era certa non fossero del tutto buone intenzioni. « Non fare... »
« ... il cretino? » completò lui al suo posto, ampliando il sorriso. « Non posso. Quando sei così vicina, ti trovo irresistibile ».
Le accarezzò la guancia fredda con il pollice, scrutandola profondamente, facendola avvampare. 
Capì che quella sera le era impossibile controllare le proprie reazioni, e tentò di non badare alle guance rosse, al fiammeggiante calore che si faceva strada dentro il suo corpo, ai brividi ovunque, al sudore ghiacciato sulla fronte. Non aveva il controllo del proprio corpo e, in un folle e rapido istante, pensò che avrebbe voluto dire addio al freddo di quel Natale facendosi ancora una volta stringere da lui, facendo aderire il proprio corpo tremante al suo, lasciandosi cullare fino a non capire più se stesse gelando o avesse così caldo da sciogliersi.
« Sirius, allontanati » disse però con voce tremante, premendo le mani sul suo petto, ma lui scosse appena il capo.
« No » rispose. Tacque qualche momento, poi si fece più serio. « Voglio il mio premio, Banks » disse piano.
Scarlett lo fissò, un mondo di emozioni che le mozzavano il respiro. Curiosità, paura, tensione. Adrenalina pura, irresistibile attrazione.
Vide la sua mano scendere dalla guancia, sfiorare l'ampia svolta del suo cappotto. 
Con un tocco lieve di pollice e indice la fece abbassare appena, scoprendo un lembo sempre più ampio di pelle. Avvicinò il viso alla curva del collo, lasciando che il tessuto scivolasse più giù, scoprendo la gola, rincorrendo la linea della spalla.
« Sirius... » sussurrò lei stentatamente, avvertendo il suo respiro sulla pelle.
Inizialmente, lui non rispose. Stava perlustrando il suo collo con la punta del naso, assorto.
« Il tuo profumo » mormorò infine, senza allontanarsi di un millimetro. « Voglio risentirlo ancora ».
Mentre parlava, le sua labbra la sfioravano, facendole battere il cuore a una velocità incredibile. Si sentiva debole, come se stesse per svenire.
« Ancora... » ripetè lui, stringendole la mano sinistra sulla schiena, chiudendo gli occhi per assaporare meglio ogni sensazione. « Qui... sulla tua pelle... »
Quell'aroma lo mandava completamente in tilt. Non riusciva a resistere alla morbidezza della sua pelle, al suo profumo intrigante, a lei. Non ne era capace.
La pressione della sue labbra si fece più vivida e Scarlett tentò di tenere a bada le emozioni, senza riuscirci. Ora erano entrambe le mani di Sirius a stringerla, ad attirare ogni cellula del suo corpo verso di lui, e lei non riusciva a resistere a quel continuo, sottile invito a farsi vicinissima, sempre di più.
« Sirius... basta, smettila... » disse, la voce ridotta a un sussurro tremolante che si perse nell'aria in una nuvoletta di fumo.
Lo sentì scuotere impercettibilmente il capo. La morbidezza delle sue labbra che le sfioravano la pelle per poi allontanarsi era insopportabile.
Fu quando capì che sarebbe davvero scoppiata che sentì quelle voci. Lily e James li richiamavano da lontano, fuori dal cancello del parco giochi.
« Ah, ma siete qui, allora! » sentì dire a Lily, vedendola avvicinarsi all'entrata con James al seguito.
Sirius la lasciò andare immediatamente. I suoi occhi bruciavano, e dissero un milione di cose quando incontrarono quelli di lei.
Il contatto, però, fu bruscamente interrotto quando gli amici furono a un passo da loro e si ritrovarono costretti a simulare una situazione di perfetta calma.
« Come mai siete ancora qui? » domandò Lily sorridendo all'amica, che la ricambiò un po' titubante.
« Oh, beh... » Parlando, potè constatare con orrore che la voce le tremava. Tossicchiò e riprese: « Abbiamo fatto una passeggiata ».
James e Sirius si stavano fissando. Il primo scrutava l'amico con un'intensità perforante, l'altro lo guardava un po' a intermittenza, nervoso.
« Torniamo a casa, allora? » propose Scarlett, il tono non esattamente disinvolto, e gli altri annuirono senza una parola.
Il tragitto verso casa parve incredibilmente lungo. Lily e James ridevano e chiacchieravano, tentando di rendere partecipi anche gli altri due, che però si limitavano a qualche sorriso stiracchiato o a un breve commento poco entusiasta. Anche Lily si accorse ben presto del malessere che turbava l'amica, e cominciò a camminare di fianco a lei, gettandole occhiate frequenti e preoccupate senza che lei, però, le ricambiasse.
Arrivarono a casa in tempo per il coprifuoco. I quattro genitori erano riuniti in salotto, ancora vestiti di tutto punto e con un bicchiere di quello che sembrava vino elfico stretto in mano. Li accolsero con calorosi sorrisi, tutti tranne Richard, il cui sguardo guizzava da Scarlett a Sirius con una rapidità spaventosa, come a voler scoprire se qualche misfatto era stato compiuto o meno solo attraverso l'espressione dei loro volti.
« Vi siete divertiti, ragazzoni? » chiese Charlus, il tono stranamente privo del suo solito giocoso entusiasmo.
« Sì » rispose James, fissandolo come fosse stato un alieno. « Ma come mai tutta questa tristezza, papà? Che diavolo ti è successo? »
L'uomo sospirò stancamente, sorseggiando dal suo calice un altro po' di vino. « Mi sono annoiato a morte, figliolo » confessò con amarezza.
James scosse il capo, rassegnato. « Alla tua età un po' di sana noia non è mica male, eh, papà? » gli disse, lanciandogli addosso un cuscino.
Lui rise, posando una mano sulla gamba della moglie che già pareva in procinto di cimentarsi in un rimprovero coi fiocchi per l'atto pericoloso compiuto dal figlio. A quel gesto, fulminò con lo sguardo il marito e finì il suo calice di vino in un solo sorso, decisamente scocciata.
« Dove sono Miley e il ragazzo? » domandò poi Richard a bruciapelo, notando l'assenza di una delle sue preziose figlie e di uno di quei pericolosi, sconosciuti ragazzi.
« Sono tornati a casa prima di noi » rispose Scarlett, guardando nervosa il padre. « Dovrebbero essere qui, da qualche parte ».
Lo sguardo dell'uomo mutò in maniera istantanea. Cominciò a guardare in tutte le direzioni, come se i due potessero essere nascosti fra le crepe del soffitto o sotto il divano. Quando comprese che magari era piuttosto improbabile che si trovassero lì, fortunatamente intervenne James.
« Zio Rich » fece, titubante. « Guarda che... voglio dire, Remus è a posto. Cioè, non c'è proprio il minimo rischio. Parola di figlioccio ».
Ma a Richard la parola di figlioccio non bastava. Lanciò uno sguardo carico di tensione alla moglie, che lo colse e si rivolse ai ragazzi.
« Andate voi » disse, sorridendo tranquilla. « Quello sciocco di mio marito non ha il coraggio ».
Loro non se lo fecero ripetere e salirono le scale che conducevano al piano di sopra. La camera di Miley era posta sulla sinistra e da lì provenivano voci.
« Bussiamo o facciamo brutalmente irruzione? » domandò James agli altri, come se stesse progettando un piano di guerra dagli esiti incerti.
« Irruzione, irruzione! » esclamò Lily, sorprendendo tutti, e notando quegli sguardi assunse un'aria innocente. « Busso io » mormorò.
Ma James non fu per nulla d'accordo. « Ma Evans, no, mi era piaciuto il tuo stile! » esclamò. « Non se ne parla, facciamo irruzione, non resisto alla tentazione di cogliere Remus in flagranza di reato. E' un'occasione troppo fottutamente ghiotta. Andiamo! »
E così fecero. Il ragazzo si avvicinò di soppiatto, la bacchetta sguainata, e tutti lo seguirono nel massimo silenzio.
Senza causare il minimo rumore, James fece scattare la maniglia e la porta si aprì. Lo spettacolo che vi trovarono fu agghiacciante.
« FULL! E MILEY BANKS VINCE ANCORA! » stava annunciando a gran voce la ragazza, seduta a gambe incrociate sul pavimento con indosso il suo adorato, deforme pigiama giallo. Teneva in mano cinque carte da gioco babbane e le brandiva come una sorta di trofeo.
Remus gettò sul pavimento le sue, sconfitto. « La fortuna del principiante... » borbottò, contrariato.
« Sì, certo, la scusa del perdente! » lo prese in giro lei, parecchio compiaciuta, e solo allora notò che qualcuno aveva aperto la porta della camera.
« Ehi, ciao! » esclamò, sorridendo con gioia. « Volete giocare anche voi? E' poker, me l'ha insegnato Remus, e io sto vincendo tutte le sue Cioccorane! »
Scoppiò in una risata malefica, e gli amici si scambiarono sguardi stupefatti.
« Ehi, ma quelle sono mie! » intervenne Scarlett, indicando con un cenno del capo il mazzo di carte sparso sul pavimento.
La sorella annuì candidamente. « Le ho rubate » disse. « E adesso puoi giocare con me, sorella, ti farò vedere io cos'è il poker! »
Scarlett si sentì colpita nell'onore. Lei era un'amante del gioco dall'età di cinque anni e nessuno poteva insinuare di poterla battere.
« Oh, sì che giochiamo! » disse, sicura di sé. « E tutto il patrimonio che tieni segregato in quel tuo maiale di porcellana canterino sarà mio! »
Miley corse al suo comodino, stringendo al petto il suo salvadanaio a forma di maialino che cantava quando s'inserivano somme importanti e si lagnava per minuti interi quando rimaneva a secco troppo a lungo o si vedeva ricoperto di insulsi zellini.
« Non toccherai Johnny Piggy! » esclamò, ferita, mentre nella stanza entrava anche Charlotte.
« Ma che succede qui? » chiese, guardandosi confusa intorno.
Fu James a risponderle. « Erano qui » disse, livido. Non riusciva a credere di non aver trovato nulla di compromettente dentro quella stanza. « Giocavano a poker. Normalissimo poker ».
La donna pareva ancora perplessa, ma annuì con un sorriso. « Su, adesso scendete, Dorea dice che è ora di andare » disse loro.
Si ritrovarono tutti giù in salotto. Richard aveva ripreso un po' di colore sul viso, felice che le sue figlie non avessero riportato danni dopo quel Capodanno potenzialmente pericolosissimo, anche se Charlus continuava a dirgli che qualcosa doveva pur essere successa durante tutte quelle ore.
« Invece di fare il bambino, mettiti il cappotto, Charlus! » lo rimproverò aspramente la moglie, allacciandosi al collo un foulard.
Il marito obbedì all'istante, mentre i ragazzi si scambiavano abbracci e saluti e così facevano anche i genitori.
« Ci vediamo a scuola! » esclamò James quando furono sulla soglia, agitando la mano.
Lanciò un occhiolino a Lily e lei sorrise, guardandolo andar via. « Non ricordarmelo, Potter » gli disse, anche se in realtà, l'idea di rivederlo era uno di quei pensieri che le facevano sperare che il giorno del ritorno a Hogwarts arrivasse il più presto possibile.









Note della Malandrinautrice: Salve! Bene, che ne dite di cominciare con una bella montagnola di scuse?
Sì, lo so, è passato un mese dall'ultimo aggiornamento, e non avete idea di quanto mi dispiaccia. Questo Ottobre è stato terribile, ho scoperto che il triennio al Liceo Classico è davvero tremendo, perché se non lavori duro, non riesci a stare al passo.
Se non avessi avuto tutto quanto l'aiuto di mia sorella, che ha fatto davvero di tutto, non so davvero quando avrei potuto aggiornare.
Perciò mi scuso, mi scuso davvero per questo ritardo tremendo e per non aver risposto a molti dei vostri messaggi per posta, ma il tempo scarseggia davvero.
Ma veniamo a noi. Questo capitolo non è normale, lo so. E' una sorta di papiro, come una somma di due capitoli chilometrici, ma non potevo dividerlo. Avevo promesso che ci sarebbero state scene abbastanza importanti, per cui non potevo proprio. So che è pesante, spero solo che riusciate a leggerlo senza maledirmi. Non so che altro dire, posso solo sperare che non vi deluda.
Detto questo, cosa posso spiegare? Erano tutti un po' su di giri, la Vonka procura danni al cervello, ahahahahah!
Lily è matta di suo, ha avuto sbalzi d'umore, e ha capito quanto James sia importante per lei. Lui ha fatto quello che nessuno - forse - avrebbe fatto.
Per il resto, anche con Sirius è lo stesso. Non si sarebbe mai comportato come ha fatto se non avesse bevuto tanto, ma di questo parleremo prestissimo, sarà lui in persona a spiegarsi! E lo stesso farà Scarlett, che era piuttosto presa... già.
Poi anche Remus e Miley, affrontano tematiche molto vicine alla situazione di Remus. Chissà come mai sono andati a parare proprio lì...
Non ho altro da dire. Come sempre, per qualsiasi dubbio ci sono. Adesso, però, voglio ringraziarvi.
Intanto, ringraziarvi per i messaggi che mi avete inviato sulla vostra 'astinenza da The Final Chance', che sono stati davvero commoventi. Ringraziarvi per il record raggiunto, le trentotto recensioni, che sono un botto indescrivibile e mi hanno lasciata senza parole. Ringraziarvi se sarete ancora qui dopo questa lunga assenza per cui mi scuso ancora.
Grazie infinite perché, lo dico col cuore in mano, siete i lettori migliori di questo fottutissimo pianeta. GRAZIE.
E un grazie speciale ancora a lei, mia sorella. Ve l'ho detto, no? Non ce l'avrei mai fatta senza di lei.
Prima di andare vorrei postarvi, per chi non l'avesse visto sul mio profilo Facebook, il nuovo (ormai vecchio) splendido lavoro della mia amata Sara, 
candycolahttp://oi48.tinypic.com/35dce51.jpg sulla mia adorata Blanks. Io amo quest'immagine.
E un ultimo ringraziamento, prima di dileguarmi, ai 153 delle preferite, ai 39 delle ricordate e ai 196 delle seguite, che aumentano sempre di più! Grazie mille a tutti!
Un bacione, ciao!

 
Simona_Lupin

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Capitolo 26
*** Su fronti opposti ***




 

Non m'importa ora di fingere;
il mio sguardo lo sai leggere.



Capitolo 26

Su fronti opposti





 
Il giorno del ritorno ad Hogwarts arrivò presto.
Armati di bauli, gli studenti che avevano trascorso le vacanze fuori dalla scuola si ritrovarono nell'accogliente e fumoso Binario 9 e ¾, ansiosi di ricominciare l'abitudinaria vita scolastica. C'era qualcuno, però, che si sentiva ansioso anche per altri motivi, una tipa dagli spumeggianti capelli rossi che sfogava la tensione maltrattando la migliore amica e tirandole la manica del maglioncino fino a condurla all'esasperazione.
« Lily, per favore, è un tessuto delicato » la stava implorando Scarlett, scansando la sua mano. « Calmati, non hai motivo di preoccuparti, d'accordo? »
La ragazza sbuffò sonoramente, pestando ripetutamente un piede a terra e mordicchiandosi le unghie delle mani già devastate.
« Certo che ho ragione di preoccuparmi » ribattè, tesa come una corda di violino. « I miei non sono ancora arrivati, e non verranno, ne sono sicura ».
Scarlett scosse il capo, stringendole la spalla per donarle un po' di conforto. « Certo che verranno » le disse, pacata. « Devi solo avere pazienza ».
Ma era più facile a dirsi che a farsi, di questo Lily era assolutamente certa, anche se riuscì a trattenersi dal dirlo ad alta voce.
Qualcosa le diceva che i suoi genitori non avrebbero accolto il suo invito alla stazione come occasione per incontrarsi lontano da casa prima che lei partisse nuovamente. C'era una voce maligna, dentro di lei, che sussurrava idee terrificanti, che le faceva credere di essere stata una stupida per aver sperato che i genitori avrebbero potuto perdonarle quel gesto inconsulto e impulsivo, quell'addio non detto, quella stupida e infantile pensata. Anche se per lei scappare di casa era diventato necessario come respirare, questo non voleva necessariamente dire che fosse stato un atto ragionevole o giusto, e questo Lily lo sapeva. Ora provava paura per quel che sarebbe successo. Non aveva idea di cosa aspettarsi da un confronto con loro, se un aspro rimprovero, un gelido saluto, o magari - ci sperava davvero - un perdono per quella fuga improvvisa. Ciò che più la terrorizzava, però, era l'idea che i genitori non venissero lì a parlarle.
Erano le dieci e trenta in punto, e Scarlett e Lily erano sedute sui propri bauli da circa un quarto d'ora. Il giorno prima, Scarlett, per fare in modo che Lily riuscisse a incontrare i genitori, aveva chiesto a Richard e Charlotte se fosse stato possibile partire da casa in anticipo, anche se non aveva spiegato loro il perché. Loro, anche se lievemente perplessi, avevano subito acconsentito, ma per motivi di lavoro si erano ritrovati costretti a lasciarle lì e andar via prima che il treno partisse. Così adesso stavano lì, accoccolate scomodamente sulle proprie valigie, Lily che si portava ciocche di capelli dietro l'orecchio a intervalli di pochi secondi, anche quando neanche un misero capello era fuori posto, Scarlett che tentava inutilmente di calmarla e nel frattempo dondolava le gambe, e Miley che, per lasciarle chiacchierare in pace, vagava senza una meta per la stazione affollata, canticchiando sottovoce tra sé e sé.
« Sono le dieci e trentadue » mormorò Lily, portando il proprio orologio a un palmo dal naso. « Tra ventidue secondi, saranno e trentatré... »
« Lily! » sbottò Scarlett, alzando gli occhi al cielo, e lei sollevò le mani in segno di resa.
« D'accordo » sospirò, annuendo tristemente. « D'accordo, la pianto ».
L'amica le battè una pacca sulla spalla, felice che si fosse decisa a stare calma almeno per un po'. Fortunatamente, però, attesero lì sedute solo per pochi minuti ancora: i genitori di Lily arrivarono poco dopo e corsero immediatamente ad abbracciarla.
« Lily! » esclamò Caroline, accarezzandole i capelli con una mano tremante. « Santo cielo, stai bene? Ci sei mancata così tanto... »
Lei si strinse di più al suo petto e accolse con gioia il sorriso affettuoso del padre che la guardava. Aveva un groppo in gola che le impediva di parlare.
« Sto benissimo, mamma » mormorò, senza accennare a slacciarsi da lei. 
Rimase stretta tra le sue braccia per un po', in modo da potersi godere quell'affetto che troppo spesso le era mancato e, allo stesso tempo, da non dover incontrare lo sguardo dei genitori, almeno per qualche attimo in più.
Alla fine, però, decise di allontanarsi e li guardò entrambi, in silenzio. Loro ricambiarono lo sguardo, attendendo che fosse lei a parlare, a dire quello che si sentiva, senza costringerla.
« Mi dispiace di essere andata via così » iniziò a dire Lily, lo sguardo basso e la voce più debole del solito. « Ma ne avevo bisogno. E' una situazione che mi opprime da troppi anni, e lo sapete anche voi, so quanto ci soffrite... » proseguì, sollevando gli occhi verso di loro, che la stavano fissando con attenzione e un velo di tristezza. « Dopo quella discussione non ho potuto più resistere e ho deciso di andarmene e vivermi queste vacanze senza quel peso insopportabile... anche se senza di voi. Non sapete quanto mi siete mancati, e io, davvero, non so come scusarmi... »
« E' tutto okay, Lily » la rassicurò Jack, scoccandole un lieve bacio fra i capelli. « Abbiamo capito, davvero ».
« Sì » convenne subito Caroline, accarezzandole una guancia. « Nessuno meglio di noi due può conoscere la situazione che c'è state vivendo... e non c'è niente che ci ferisca di più del vedere le nostre figlie così distanti ».
Per un attimo, la donna abbassò lo sguardo, ma si riprese subito dopo e tornò a guardare la figlia. « Questa questione potete risolverla solo voi due. Noi non possiamo fare niente, purtroppo. Però io spero che Petunia, presto o tardi, si renda conto di quello a cui sta portando il suo comportamento, e superi i suoi pregiudizi e il suo rancore ».
Lily, a quelle parole, stava prontamente per ribattere, ma la madre la interruppe. « Sono vostra madre » disse, guardandola intensamente. « Devo sperarci per forza ».
L'abbracciò di nuovo, passandole distrattamente una mano tra i capelli, e Lily sorrise, profondamente rincuorata. Non aveva sperato in una così completa comprensione da parte dei genitori, eppure l'aveva trovata, e si sentì una vera stupida per aver, anche solo per un istante, pensato che loro non avrebbero capito, perché lo avevano sempre fatto.
« Dobbiamo darti una notizia, tesoro » disse poi la donna, dopo che Lily si fu slacciata da lei. « Prima che tu lo venga a sapere a bruciapelo, visto quello che è successo a Natale, abbiamo deciso che siamo una famiglia e, che a Petunia piaccia o no, tu devi sapere tutto ».
Lily fissò entrambi i genitori, interrogativa, e la sua perplessità trovò subito risposta.
« Sai che Vernon doveva venire a casa nostra per le feste » spiegò la madre. « Bene, è venuto. E per un motivo ben preciso. Ha chiesto a Petunia di sposarlo ».
Lily sbarrò gli occhi per la sorpresa. « Davvero? » domandò, facendo scorrere lo sguardo dal padre alla madre.
« Davvero » commentò amaramente Jack, annuendo tristemente. Lily, vedendolo, scoppiò a ridere. Evidentemente, al padre non andava del tutto a genio Vernon.
« Sì! » rispose invece Caroline, festante. « Con tanto di richiesta formale e anello di fidanzamento! Ovviamente, Petunia ha subito detto di sì, quindi... beh, a fine giugno saremo tutti quanti al matrimonio di tua sorella ».
Lily scuoteva il capo dall'inizio del discorso di sua madre, incredula, ma sorrideva.
« Sono felice per lei » disse alla fine, riprendendosi. « Anche se non so se gradirà la mia presenza, quel giorno ».
« Non dire così » la rimbeccò subito la madre. « E' un giorno importante per lei. Per quanto possa avercela con te, non potrebbe mai negarsi la gioia di avere sua sorella al suo matrimonio. Ci saremo tutti, promesso ».
Lily sorrise e sollevò le spalle. « Lo spero » sospirò poi.
La madre le diede un'ultima carezza sulla guancia per poi spostare il suo sguardo su Scarlett, che osservava la scena da lontano.
« Oh, ma quella è Scarlett! » esclamò, sorridendo raggiante alla ragazza, e le si avvicinò.
« Signora Evans, salve! » fece quella, alzandosi per salutarla. « Tutto bene? »
La donna annuì, stringendola in un abbraccio. 
« Grazie per quello che hai fatto per mia figlia » le disse con affetto. « A te e ai tuoi genitori, che avrei tanto voluto ringraziare di persona... non ci sono? »
« Oh, no » rispose subito Scarlett. « Sono dovuti andar via per questioni di lavoro, sa... »
« Ah, capisco » fece la donna, sbrigativa. « Beh, allora porgi loro i miei saluti e ringraziali di cuore da parte mia, naturalmente. Santi numi » aggiunse poi, guardandola meglio, « sei cresciuta moltissimo dall'ultima volta in cui ti ho vista! Come sei bella, sei proprio come Lily! Tutti quei capelli... e quella è tua sorella? Miley, non è vero? Sì, Lily mi parla sempre di voi... meravigliose entrambe, davvero ».
Scarlett sorrise, senza avere la minima idea di cosa dire. Stava per borbottare un grazie quando Lily accorse in suo aiuto.
« La stavi devastando di complimenti, vero, mamma? » chiese in tono accusatorio a Caroline, scoppiando a ridere un attimo dopo.
Scarlett rise e strizzò l'occhio in direzione dell'amica, che sorrise. Ancora una volta, aveva avuto ragione lei.
« Tesoro, resti un po' con noi prima che il treno parta? » le domandò il padre, poggiandole una mano sulla spalla.
Lei annuì. « Certo » rispose, e si strinse a lui.
« Bene » intervenne Scarlett, sorridente. « Io vi lascio. Vado a cercare uno scompartimento prima che sia troppo tardi. Arrivederci! »
Salutò i genitori di Lily e si allontanò con Miley verso la locomotica scarlatta.
Caroline e Jack lasciarono la stazione solo quando mancavano pochi minuti alle undici e il treno stava per partire. Lily lo raggiunse appena in tempo, saltando su quando aveva già cominciato a sbuffare vapore, i capelli scarmigliati e il fiatone per aver trasportato il pesante baule a gran velocità.
Si fece strada lungo lo stretto corridoio occupato da ragazzi chiacchierini, e trovò le amiche tutte riunite in uno scompartimento sulla sinistra.
Quando stava per aprire la porta, uno strillo acutissimo la fece sobbalzare e quasi le fece cadere il baule sui piedi.
« Alice, non gridare! » disse in tono severo Emmeline, bacchettando l'amica che si era fiondata a capofitto su Lily.
Ma quella non la ascoltò. « Lily, Lily, Lily, Lily, Lily! » prese a urlare, stringendola in un abbraccio stritolacostole che le fece arrossare tutto il viso.
« Alice... » biascicò infatti, tentando di farle allentare la stretta. « La cassa toracica... mi serve... »
A quelle parole, la ragazza la lasciò di botto, sorridendo radiosa. Il viso paffutto e l'espressione di perenne allegria erano quelli di sempre.
« Datele il colpo di grazia » ordinò imperiosa a Mary ed Emmeline, che non se lo fecero ripetere e corsero ad abbracciarla.
Emmeline le sorrise con affetto, stringendola a sé in maniera senza dubbio più garbata rispetto ad Alice, mentre Mary non deluse le aspettative di quest'ultima e tentò di ucciderla con una stretta micidiale simile all'attacco di un cobra che si avvolge intorno alla preda.
Quando si mise fine ai saluti, Lily era decisamente stremata, e si gettò su uno dei due sedili rimasti liberi con una lieve espressione disperata.
« Bene » esordì, sospirando e massaggiandosi le costole, « deduco che almeno un po' vi sono mancata ».
Le tre si scambiarono uno sguardo, la stessa espressione neutra sul volto, e Lily assistette alla scena con aria divertita, immaginando già quel che avrebbero detto.
« Ci è mancata? » fece infatti Emmeline, soppesando la questione. « Mah, non direi poi così tanto... no, siamo state benissimo anche senza di te ».
La ragazza scoppiò a ridere e le rivolse un gestaccio che la fece scandalizzare. 
« Sii più educata, Evans » la rimproverò infatti, e lei si finse mortificata.
« Comunque » riprese Alice, sdraiandosi sulle gambe delle amiche e ignorando beatamente le loro proteste, « non sentirti privilegiata, Rossa, abbiamo riservato lo stesso trattamento alla bella Banks qui presente... è così che ti chiama qualcuno, o forse mi sbaglio? » domandò poi, innocente.
Scarlett assunse un'aria di dignitoso contegno e strinse le labbra, fulminando la ragazza con lo sguardo. 
« Taci, Alice » ordinò, tradita da un sorriso.
Lei parve parecchio soddisfatta e si ritirò in un compiaciuto silenzio. Almeno fino a cinque secondi dopo, ma Alice Prewett era fatta così.
« A parte tutto, devo raccontarvi un mucchio di cose! » annunciò, rizzandosi a sedere in un lampo e guardando le amiche con gli occhi che bruciavano dalla voglia di cominciare a raccontare. « Sapete che sono stata in vacanza con i miei, no? Ecco » proseguì, senza attendere una risposta, « ci sono andata, naturalmente, ma alla fine ho trascorso anche una giornata a casa di Frank! »
« A CASA DI FRANK? » fu il coro sconvolto che seguì alle sue parole da parte delle ragazze. « CON SUA MADRE? »
« Sì, a casa di Frank! » confermò lei con fervore. « Con sua madre! »
A quel punto, le altre si fecero tutte vicine, assai interessate alla narrazione delle gesta di Alice durante il periodo natalizio. D'altra parte, la guerra fra lei e la madre di Frank era ormai aperta, e l'idea che ci fossero succulenti novità sulla faccenda era sicuramente motivo di curiosità per tutte.
« Allora, a pranzo ha cucinato l'unico piatto a questo mondo che odio » proseguì con entusiasmo, ancora incredula per l'avvenimento. 
« Non mi dire! » esclamò Lily, sbarrando gli occhi. « Ti ha fatto trovare la zuppa di cipolle? »
« Sì! » rispose lei, scandalizzata. « Sicuramente Frank le avrà detto che a me non piaceva, e lei l'ha preparata di proposito, per mettermi alla prova! Non riuscivo a crederci, era disgustosa! Però ho dovuto mandar giù tutto e, per la miseria, c'è mancato poco che rigettassi tutto sul piatto. A parte questo » riprese, sventolando a mezz'aria una mano, « nulla, per tutto il tempo ho dovuto sorridere, annuire, dire la cosa giusta al momento giusto - cosa di cui non sono minimamente capace -, comportarmi bene e tutto il resto. Insomma, un'inferno. Però » annunciò poi con orgoglio, « Frank mi ha confidato che quando sono andata via gli ha detto che le ero piaciuta un sacco, che secondo lei ero quella giusta e... oh, sono così contenta! Adesso potremo sposarci! »
Le ragazze si scambiarono occhiate decisamente esasperate: i sogni di Alice sulle proprie nozze con Frank erano piuttosto frequenti e dettagliati.
« Ma a parte il mio matrimonio e la benedizione di Augusta » ricominciò a dire, raggomitolandosi sul sedile e afferrando una ciocca di capelli, « voi cos'avete fatto di divertente? Capodanno in grande, cenette noiose, cosa? Dite, dite, Alice vi ascolta ».
Scarlett e Lily si lanciarono un brevissimo e fugace sorriso. Forse non era il caso di raccontare nei dettagli come avevano trascorso il loro Capodanno.
« Io sono rimasta a casa, come previsto » si lagnò Mary, permettendo loro di riflettere su cosa dire. « Ho passato Capodanno insieme ai miei e alla mia prozia americana, quella che non fa che ciarlare di malattie e sventure, sapete? Perciò siamo rimasti in salotto fino a notte tarda ad ascoltare i suoi aneddoti sulle epidemie che invadono la sua città - che poi non esistono, ve l'assicuro - e a sperare che le arrivasse davvero uno di quei tanti malanni ».
« Mary! » la rimproverò aspramente Emmeline, strabuzzando gli occhi. « Non puoi augurare del male a tua zia! »
Le amiche risero, ma lei sbuffò tanto che il ciuffo di capelli che le ricadeva sulla fronte svolazzò. « Prozia » precisò, sollevando l'indice. « E, credimi sulla parola, se lo meritava. Ad ogni modo » riprese, ignorando i suoi borbottii contrariati, « grande racconto, vero? Esperienza eccitante, sì ».
Alice allungò il braccio per batterle qualche pacca consolatoria sulla spalla, che lei parve apprezzare, tanto che le sorrise anche se un po' tristemente.
« E tu? » domandò poi a Emmeline, maliziosa. « Hai per caso incontrato un certo David Walker di recente? Così, per volere del fato? »
A quelle parole - anzi, a quell'insinuazione - lei arrossì violentemente e chinò il capo, farfugliando parole prive del benché minimo senso.
« Non recepisco, tesoro » cinguettò Alice, avvicinandosi e scostandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio per poter ascoltare meglio.
Le diede una lieve spintarella e alla fine lei borbottò: « Sì, l'ho visto » e nello scompartimento risuonò un fragoroso applauso che le fece arrossare le guance ancor di più. « Beh, abbiamo solo fatto una passeggiata! » aggiunse la ragazza, sulla difensiva. « Qualche ora nel pomeriggio... per il resto, nulla ».
Alice ridacchiò senza il minimo ritegno, rotolandosi sul proprio sedile. « Non ci crede nessuno, Mel! » esclamò, tenendosi lo stomaco.
« Sono d'accordo » convennero Mary e Scarlett in coro, scoppiando a ridere un attimo dopo, complici.
Emmeline pareva decisamente sconfitta. « E' la verità » mormorò, e malgrado lo fosse davvero, seppe che nessuno le avrebbe mai creduto.
« Basta, dai, lasciamola in pace » tagliò corto Lily, clemente. « Tanto lo sappiamo che porterà i suoi segreti sentimentali nella tomba ».
La ragazza annuì con rinnovato vigore, così che le altre capirono di dover lasciare stare. Piuttosto delusa anche se ancora agguerrita, a quel punto Alice si rivolse con tono inquisitorio a Lily e Scarlett, puntando loro un dito contro. « E voi, invece? » chiese, tagliente. « Capodanno. Dettagli. Ora ».
Le due, sinceramente tramortite, si spalmarono sui sedili per stare il più lontano possibile da lei e si guardarono spaventate.
« Babbani. Vonka. Malandrini » rispose Scarlett di getto, e Lily aggiunse: « John Travolta. Bee Gees. Queen » sollevando le mani all'altezza del capo.
Alice, che si era rizzata a sedere con estremo entusiasmo alle parole di Scarlett, fissò Lily senza capire, come se fosse stata matta.
« I Queen? Ma che fighi! » intervenne invece Mary, battendosi un pugno sul ginocchio. « Voglio vedere Freddy. Voglio sposare Freddy ».
Anche Emmeline pareva piuttosto turbata, come se avesse perso un passaggio fondamentale della discussione, e guardò Alice interrogativa.
« Sono una band babbana » spiegò Scarlett, alzando gli occhi al cielo, così venne chiarito il motivo per cui solo Mary poteva aver capito quel passaggio della discussione. « Però è vero, è musica figa. Forte, davvero, dovreste ascoltarli ».
La ragazza non parve totalmente convinta, ma assunse un'espressione neutra e annuì brevemente. 
« D'accordo, okay » concluse, disinteressata. « Ma veniamo al punto saliente del vostro maledetto Capodanno. Analizziamo punto dopo punto. Babbani? Vonka? Malandrini? » domandò, curiosa ed esterrefatta insieme.
Scarlett scoppiò inevitabilmente a ridere, e annuì. 
« Io e Lily eravamo insieme » raccontò, lanciandole un'occhiata di traverso. « E' venuta a casa mia e per Capodanno la famiglia di James è venuta da noi, e con loro anche Sirius e Remus. Quindi, beh... ecco cos'è Malandrini » disse con un sorriso.
Alice fece per parlare, ma Lily la interruppe in tempo. 
« Babbani » annunciò ad alta voce. « Siamo andati in un locale babbano, ergo musica babbana, alcolici babbani e... storpiature dei suddetti firmate James Potter » aggiunse con una risatina. « La cosiddetta Vonka - che cosiddetta non è - sarebbe un drink dei Babbani, che però preferiscono decisamente chiamarlo Vodka. James, però, è... un tantino recidivo, ecco. Beh, fine ».
Il volto di Alice parve deformarsi in un'espressione irata e incredula. 
« Fine? » sbottò. « Fine? Fine un corno! Avete trascorso il dannato Capodanno con i dannatissimi Malandrini! Non voglio neanche immaginare quello che avrete combinato! Anzi, sì che lo voglio immaginare, e voi dovete raccontare tutto, per filo e per segno! Vance, Macdonald, diteglielo anche voi! » ordinò infine, imperiosa come sempre.
Emmeline, resa perfida dall'umiliazione subita in precedenza e dalla sete di vendetta, curvò le labbra in un sottile sorriso maligno e annuì lentamente.
« Oh, sì » confermò con entusiasmo. « Dovete raccontarci tutto, ragazze. Non crediamo che non abbiate fatto nulla di che, sapete? »
Scarlett scosse il capo, indignata da come la situazione era stata abilmente rivoltata, mentre Lily ridacchiò, divertita.
« Mary, tu cosa dici? » proseguì con voce affettata Emmeline, volgendosi verso l'amica e sbattendo rapidamente le ciglia bionde.
La ragazza, per qualche ignoto motivo, parve un po' a disagio e tentò un sorriso stiracchiato. 
« Sì, noi... vogliamo sapere, ragazze » fece, non troppo convinta.
L'amica la guardò con aria indagatrice, ma non disse nulla e alla fine decise di volgere nuovamente la propria attenzione verso le due accusate. Quelle si fissarono, Scarlett profondamente risentita per ciò che le parole di Lily avevano provocato, lei piuttosto tranquilla, fingendosi innocente.
« Comincia la mora! » sbraitò Alice, puntando un dito contro l'amica, che trasalì e gemette disperata. « E niente giri di parole! Fatti, Banks, fatti! »
Lei si rannicchiò sul sedile, le ginocchia piegate fino a nascondervi dietro il capo, lamentandosi della propria sventura e delle violenze verbali subite.
« Non è successo niente di significativo, okay? » esclamò infine, riemergendo. « La cosa più interessante è stata baciare James ».
Quelle parole provocarono nelle amiche un'ondata di indignazione e stupore, tanto che presero a fissarsi a vicenda, sconvolte nel profondo. 
« Un ritorno di fiamma? » tentò incredula Emmeline, portandosi una mano alla bocca.
Scarlett scoppiò a ridere così sonoramente da far sussultare Lily, seduta accanto a sé. Si rotolò in maniera convulsa per quasi un minuto intero prima di riuscire a riprendere minimamente il controllo, poi prese dei profondi respiri per calmarsi e scosse il capo, asciugandosi gli occhi.
« Oh, sì, certo, è stato molto intenso » disse, trasudando sarcasmo. « Ma andiamo, ragazze! L'ho visto nella sua versione più sexy e affascinante nelle docce e ci giocavo insieme quando andavamo in giro in pannolino... vi pare possibile? E poi non l'ho mai visto così determinato come adesso a sposare una certa Lily Evans. E non dico conquistare, ma proprio sposare. Insomma, non fa che guardarla tutto il tempo! Chiedetelo a lei » aggiunse, maliziosa.
Lily l'aveva fissata tutto il tempo, seria e imbarazzata. Alla fine sorrise timidamente e scosse il capo.
« Ma no... » mormorò, massaggiandosi distrattamente la nuca. « Non è così, lui... non mi guarda... e comunque, voglio dire, non è successo proprio niente. James è... è gentile con me, ecco. E siamo stati bene, tutto qui » concluse, le guance del colore dei suoi capelli.
Alice si battè un pugno sul palmo della mano. « Allora siete stati insieme! » esclamò, trionfante, e Lily si portò di scatto una mano ai capelli.
« Solo per poco! » disse, sulla difensiva. « Abbiamo chiacchierato, per la miseria! Davvero! »
Ma ciò non bastò ad Alice, che non credette neanche per un istante alla povera ragazza. 
« Indagherò » la ammonì, e Lily deglutì spaventata, prendendo sul serio - a ragione - le sue minacciose parole.
« Gli unici che si sono divertiti davvero » riprese Scarlett con un nuovo entusiasmo, « sono stati Remus e Miley. Tartassa lei, quando verrà » consigliò alla fine, un velo non troppo celato di perfidia nella voce.
Alice la guardò estasiata, un sorriso luminoso sul volto. « Sarà fatto » disse con gioia, e battè un cinque all'amica, nonché sua nuova fonte di gossip.
« Ma come mai voi due eravate insieme? » domandò poi Mary, stringendo le ginocchia al petto. « Ci avete per caso escluso da un Capodanno organizzato con i fiocchi per godervela tra di voi? »
Le ragazze risero. 
« Esatto » fece Scarlett, annuendo con convinzione. « Mi hai stancata, Macdonald. Già stare con te ogni santo giorno ad Hogwarts mi sta privando della mia salute, averti anche a Capodanno mi sembrava sinceramente troppo ».
« Ehi! » fu la pronta reazione della ragazza, che le scagliò contro l'ultimo numero della loro rivista di Quidditch preferita. Scarlett lo afferrò al volo.
« Grazie, amica mia » disse, inarcando un sopracciglio. « Ti stavo proprio chiedendo di passarmela ».
« Stronza... » ribattè lei con un sorriso, sferrandole allo stesso tempo un calcio sulle gambe, a cui le rispose con un'occhiolino complice. « Comunque non mi avete risposto » concluse la ragazza, rivolgendosi anche a Lily.
Lei diede in un sorrisetto amaro e si rivolse all'amica. 
« Diciamo che le sono capitata a casa tra capo e collo » rispose, e le ragazze si rivolsero sguardi perplessi a vicenda, così lei si decise a spiegarsi. « Ho per l'ennesima volta litigato con mia sorella. Solo che questa volta non ho retto e sono scappata di casa, così Scarlett mi ha ospitata ».
Raccontò tutto quello che era successo durante le vacanze di Natale alle amiche, le quali conoscevano da tempo la situazione che Lily viveva con Petunia, tanto che l'avevano spesso sostenuta nei momenti di sconforto. 
« Tesoro, mi dispiace così tanto... » le disse alla fine Alice, stringendola a sé con affetto. 
« Lily, scusami, ma io continuo a pensare che tua sorella sia davvero una stronza » fu, invece, il secco commento di Mary, che aveva sempre provato una forte antipatia nei confronti di Petunia, anche se non l'aveva mai vista di persona.
« Mary! » la riprese Emmeline. « Insomma, è sua sorella! Non puoi insultarla così, neanche la conosci! »
« E ti assicuro che non ci tengo a farlo! » ribattè lei, convinta. « Mel, mi dispiace, sai che non riesco a tenermi dentro quello che sento, e purtroppo credo che una persona che si comporta come lei non meriti tutta l'importanza che Lily le dà! » esclamò, per poi rivolgersi alla ragazza. « Tu lo sai che non dico tutto questo per insultare gratuitamente tua sorella, ma solo perché ti voglio bene, non è vero? »
Lei sorrise dolcemente e annuì, e Mary ricambiò il suo gesto, stringendole una mano con calore.
« Anch'io so che non lo fai per questo, Mary » rispose Emmeline, pacata. « Ma credo anche che sia più complicato di come la metti tu. E' sua sorella, per quanto si comporti in modo pessimo con lei, le è impossibile odiarla. Tu sei figlia unica, non puoi capire cosa si prova » e vedendo Mary pronta a ribattere, la incalzò immediatamente, « e non voglio dire che tu non puoi comprendere un legame così profondo, ma solo che il rapporto tra sorelle non è la stesso rispetto a quello di due amiche, per quanto questo possa essere viscerale. Quella è una questione di sangue, è un'altra cosa ».
Guardò Lily, sperando di aver detto la cosa giusta, e lei, infatti, annuì ancora, sorridendole. 
Emmeline, tra di loro, era sempre stata la più riflessiva e pacata, e molto spesso sapeva trovare le parole più adatte nelle situazioni difficili; Mary, al contrario, era molto impulsiva, diretta, soprattutto nei casi in cui doveva difendere le persone a lei care, e proprio per questo suo lato si ritrovava spesso d'accordo con Scarlett nelle discussioni ma, allo stesso tempo, paradossalmente era maggiormente legata tra tutte loro ad Emmeline, la ragazza più distante caratterialmente da lei; infine, Alice era quella più affettuosa, dolce e premurosa, sempre pronta ad ascoltare e consolare tutte quante, dotata di un senso di protezione quasi materno verso tutte loro. 
Proprio in momenti come quello, Lily sentiva dentro di sé di essere davvero molto fortunata ad averle vicine.
« Mel ha ragione, Mary » disse Lily all'amica, che sembrava ancora molto alterata. « Non la odierò mai. Però, ho iniziato a capire che devo fare i conti con questa situazione, e non devo solo subirla. Io ho fatto tutto il possibile, quindi da adesso in poi mi comporterò di conseguenza. Rispetterò la sua decisione di starmi lontana, e quando vorrà tornare ad essere mia sorella, la accoglierò a braccia aperte. Intanto, io le auguro tutta la felicità di questo mondo, perché le vorrò sempre bene. Anzi, a proposito di questo, prima i miei genitori mi hanno dato una notizia ».
Le quattro ragazze la fissarono tutte con sguardo interrogativo.
« Che notizia? » domandò Scarlett, curiosa.
Lei sorrise appena. « Beh, diciamo che quest'anno il matrimonio di Alice non sarà l'unico a cui parteciperò » rispose. « Anche Petunia si sposa, a fine giugno ».
« Si sposa? » ripetè Mary, profondamente stupita. 
« Sì » fece Lily, annuendo. « A Natale ho scoperto che sta con un certo Vernon da un po' di tempo, lo ha conosciuto al lavoro e... dopo che sono andata via, lui è venuto a casa nostra e le ha chiesto di sposarlo davanti ai miei genitori ».
« Ah, bene... » fu l'immediato commento di Mary. « Magari questo matrimonio e il suo Vernon - ma che nome è, poi, Vernon? - comunque... magari un po' di... non so, amore e dolcezza sono quello che le serve per scaldare un pizzico quel cuore da zitella che si ritrova ».
« Mary! » fu, per l'ennesima volta, il richiamo di Emmeline, che in quell'occasione accompagnò il rimprovero con una botta sul braccio della ragazza. 
La reazione delle altre, però, Lily compresa, fu ben diversa. Tutte, infatti, scoppiarono immediatamente a ridere, e, alla fine, anche Emmeline dovette cedere e si accodò alle amiche.
« Certo che sei tremenda, tu » le disse poi Lily, ancora con il sorriso sulle labbra.
« Solo estremamente sincera, tesoro » ribattè lei, l'indice alzato a mo' di precisazione. « Estremamente. Sincera ».
Continuarono a ridere, serene e divertite, finché la porta del loro scompartimento non venne aperta e comparve Miley. 
« Ehilà, bellezze! » salutò con la sua solita energia. « Come siamo allegre, oggi! »
« Ciao, Miley! » fu il corale saluto delle ragazze. « Vieni, siediti ».
Lei sollevò una mano a mezz'aria. « Momento, momento, momento » disse, sorridendo gioiosa. « Abbiamo un altro ospite qui ».
Tirò per un braccio qualcuno poco distante da lei, un ragazzo corpulento dai capelli biondi che si rivelò essere niente meno che Dylan Brown.
« Tadan! » annunciò la ragazza, battendo entusiasta le mani. « Vi mancava il mio amico figo? Eccovi il mio amico figo! Dai, su, entra » gli ordinò.
Lui salutò tutte con qualche cenno e un sorriso, passandosi una mano sulla nuca scoperta. « Buondì » fece, poggiandosi alla porta di vetro dello scompartimento mentre Miley prendeva posto fra Lily e Alice. « Come state, ragazze? Fatte buone vacanze? » chiese, gentile.
Tutte annuirono con un sorriso. Dylan era così piacevole da risultare simpatico davvero a chiunque... soprattutto alle ragazze.
« Per alcune, un po' movimentate » cinguettò Alice, gettando occhiate eloquenti in direzione di Scarlett e Lily, « ma sì, magnifiche ».
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e sorrise appena. 
« Ah, beh, qualsiasi cosa sia successa, vi invidio » commentò amaramente. « Ho trascorso le vacanze a casa di mia nonna, a Liverpool, e durante il conto alla rovescia stavo giocando a Scacchi con lei. Voglio dire, mia nonna è il massimo, sul serio, ma... dire che avrei potuto passare un Capodanno migliore è fortemente riduttivo, ecco » concluse, provocando le risate delle ragazze, poi si rivolse a Scarlett con un sorriso e affondò le mani nelle tasche. « Scarlett, ti va di venire fuori a fare due chiacchiere? » le chiese, incrociando le gambe.
A quelle parole, nello stesso istante, tutte volsero lo sguardo verso Scarlett, che rispose al sorriso e annuì, alzandosi.
« Ma certo » rispose, avvolgendosi la sciarpa intorno al collo e avvicinandosi.
« Ve la rubo solo per un po' » scherzò Dylan, rassicurante, e Alice agitò la mano verso la porta dello scompartimento, serissima.
« Fate, fate » disse loro, senza smettere di compiere il gesto. « Noi ci intratteniamo con delle sane chiacchiere fra donne ».
I due salutarono sorridenti e uscirono fuori dallo scompartimento, mentre, contemporaneamente, Alice si scagliava furiosamente contro Miley.
« Allora » esordì bruscamente, guardandola fissa negli occhi per non permetterle di distogliere lo sguardo. « Cosa è successo esattamente tra te e Remus Lupin durante questo misterioso quanto interessante Capodanno? »
Miley sbarrò gli occhi, fortemente allarmata, e si rifugiò fra le braccia di Lily, che la tranquillizzò sussurrandole parole di conforto.
« Farà male solo un po' » mormorò, rassicurante.
Ma non era affatto vero. La tortura di Alice Prewett era appena iniziata.
 
 
*  *  *
 
 
« Felpato, ho dimenticato a casa la scopa ».
« Ti sei... scusa, ti sei portato la fottutissima scopa a casa per cosa, di preciso, posso saperlo? »
« Amico, sei da prigione per quello che hai detto. Insomma, James Potter, il Capitano dei Leoni, dovrebbe lasciare incustodita la propria preziosissima scopa con gente come Alan Green ancora a piede libero? Tu sei matto, dico sul serio. Ma la roba figa è che mi sono dimenticato la scopa, ma ho portato il Kit di Manutenzione, capisci? »
« Beh, Ramoso, che fossi un genio lo sapevamo tutti... comunque, la tua scopa non è niente in confronto alle mie mutande. Le ho dimenticate... le mie mutande di Grifondoro! »
« Sì, so quali sono, visto che, voglio dire... le veneri a tutte le ore del giorno. Ad ogni modo, ci manda tutto mamma via gufo ».
« Insieme a una maledizione ».
« Già. Anche quella ».
James e Sirius stavano trascinando i propri bauli lungo lo stretto corridoio del treno, verso quello che era ormai noto come lo scompartimento dei Malandrini, visto che era occupato ogni singolo anno da loro e nessuno osava neanche avvicinarsi per accaparrarselo. Si fecero largo fra la gente appostata accanto ai finestrini, inviando distrattamente cenni a chi li salutava e cercando di non calpestare loro i piedi con le piccole rotelle dei bauli. Alla fine, dopo essere riusciti ad oltrepassare senza farsi vedere lo scompartimento in cui sedeva Melanie Cartwright, la sventurata ragazza che Sirius aveva brutalmente lasciato in francese, arrivarono allo scompartimento, e, proprio quando James stava per aprire la portiera, una voce e un tonfo li raggiunsero in successione.
Quando si voltarono, si ritrovarono di fronte Peter, appena inciampato sui propri piedi rischiando di portare giù con sé anche il baule.
« Amico! » esclamò James, lasciando il proprio accanto a Sirius e allargando le braccia. « Cos'era, un tentato suicidio? »
Gli porse la mano, aiutandolo a tirarsi su, e lo strinse in un caloroso abbraccio. « Grande entrata, comunque » gli disse, battendo sulla sua schiena.
Il ragazzo rise, e si diresse verso Sirius, che sollevò entrambe le mani all'altezza del petto. « Vuoi abbracciarmi, Codaliscia? » gli chiese, fingendosi esterrefatto. « Andiamo, c'è gente, mi conoscono tutti! Vuoi farmi perdere la reputazione? »
Peter parve pensarci. « No... » borbottò, lievemente confuso. « Ecco, io pensavo... »
Sirius esplose nella sua risata simile a un latrato e lo strinse velocemente a sé in uno dei suoi rudi abbracci. « Sei uno zuccone, amico » gli disse, e lui rise ancora, per poi andare a riprendere il proprio baule e seguire gli altri all'interno dello scompartimento, che era inaspettatamente vuoto.
« Ah ah, Lunastorta ha perso il treno! » esclamò Sirius, gettandosi su tre sedili, le braccia dietro la testa.
Ma in quell'esatto momento, il grande assente apparve, corrucciato. 
« Lunastorta non ha perso proprio niente » si annunciò. « E togliti di mezzo, devo sedermi ».
Fece per scansarlo, quando vide Peter e gli sorrise con calore. « Ma guarda un po' chi si vede! » disse, battendogli una pacca sulla spalla.
« Ti vedo in forma, Remus » fece lui, sorridendo di rimando.
Lui sollevò le spalle. « Ah, beh, non saprei » borbottò, costringendo con la forza Sirius a liberare il suo sedile. « Sembra proprio una giornataccia, questa ». 
James aggrottò la fronte. « Che ti è successo, compare? » domandò subito, mentre sistemava il suo baule sulla reticella portabagagli.
« Di tutto » sospirò lui, depresso. « Insomma, prima mia madre che fa ancora i conti con il fuso orario perché da quando è tornata dal viaggio con papà vive come un gufo... poi, dopo essere arrivato qui appena in tempo, mi ferma una ragazza sul treno, l'avevano Confusa per prenderla in giro, e comincia a chiedermi dov'ero finito, perché non le avevo inviato neanche una lettera, e alla fine ho capito che credeva fossi il suo ragazzo. Insomma, un incubo ». Sospirò nuovamente e distese le gambe, evidentemente stressato.
« Era carina, Lunastorta? » gli chiese distrattamente Sirius, giocherellando con un buco delle tende scarlatte proprio appena sopra il suo capo.
Remus lo fissò, sbalordito. Sirius sapeva sempre come spiazzarlo con le sue domande stupide.
« Ma che razza di domanda è? » sbottò, cercando di capire. « Insomma, ero impegnato a liberarmene senza essere sgarbato, sai, non sono stato attento a quanto fosse carina... sei assurdo, dico davvero » concluse infine, scuotendo il capo.
Sirius sbuffò. « Guarda che non ci vuole mica un'analisi approfondita » obiettò, ragionevole. « Guardi, sai. E' facile ».
Il ragazzo continuò a guardarlo a lungo, in perfetto silenzio, tanto che per parecchi secondi nello scompartimento non si sentì volare una mosca.
« Comunque, qualcuno ha visto Evans? » intervenne James con voce squillante, guardando tutti con aria curiosa e innocente.
Tutti si scambiarono sguardi carichi di afflizione, ma Peter disse tranquillamente: « Io sì » anche se la sua voce fu sommersa da mille proteste.
« Zitti, maledetti idioti » intimò James a Remus e Sirius, minaccioso. « Dov'era, amico? Dillo a James ».
Lui si sforzò di ricordare. « Era accanto allo scompartimento di Josh Collins, il tuo compagno di squadra » rispose infine. « Non penserai mica di andarci già da adesso! »
James scosse il capo, rilassandosi sul proprio sedile e passandosi una mano fra i capelli. 
« No, mi interessava accertarmi che ci fosse » rispose, sereno.
A quelle parole, Sirius aggrottò le sopracciglia, decisamente confuso. 
« Mi spiegheresti, cortesemente, perché ogni santa volta che prendiamo questo fottuto treno devi pensare che Evans non ci sia? » gli chiese, mettendosi diritto e poggiando i gomiti alle ginocchia. « E voglio una spiegazione logica » aggiunse.
Gli concesse la parola con un gesto della mano e si mise in posizione da ascolto, guardandolo attentamente. James ragionò a lungo.
« Boh » fu la sua finale conclusione, che non rispecchiava precisamente i canoni che doveva possedere la risposta desiderata dall'amico.
Sirius rise, tornando a mettersi comodo sul sedile, le gambe incrociate. 
« Grazie, amico » disse, sollevando un pollice. « Adesso è tutto chiaro ».
Lui, che si stava ripulendo gli occhiali con la manica del maglione, sorrise distrattamente in direzione del finestrino. Mentre se li infilava nuovamente sul naso, la porta dello scompartimento venne aperta ed entrò Frank.
« AMICO! » L'urlo di James fece trasalire Peter, seduto proprio accanto a lui. « Avada Frank, fatti abbracciare! »
Il ragazzo battè una potente pacca sulla schiena di James. « Pensavo di incontrarvi al Binario » disse, salutando anche gli altri.
« Oh, no » rispose Sirius, scuotendo il capo. « Noi oltrepassiamo la fase Binario. Il piano è: casa, arrivo alle undici, corsa per il treno, treno ».
Frank rise di cuore, lasciandosi cadere su uno dei due sedili ancora liberi. « Avevo dimenticato questo dettaglio » rispose, annuendo. « Comunque » riprese poi, strofinandosi le mani, « che avete combinato per tutto questo tempo? »
I cinque ragazzi cominciarono a ridere e a chiacchierare delle proprie vacanze, finché non arrivò la signora dei dolci e svaligiarono il carrello come loro solito, lasciando deserte le tasche dei pantaloni. Ingoiarono dolciumi fino allo sfinimento, e ben presto l'ultimo sedile ancora vuoto fu sommerso di carte di Mou, mini pacchetti di Gelatine Tuttigusti+1 e figurine delle Cioccorane che avevano gettato via perché ennesimi doppioni. Quando scartarono l'ultima, sulla montagnola di cartacce regnavano ben otto Albus Silente.
Il momento topico giunse quando Remus, sconvolgendo se stesso e la propria esistenza, trovò l'ultima figurina per la sua preziosa collezione: Bertie Bott, l'inventore delle Gelatine Tuttigusti+1 di cui si erano sfondati fino a un attimo prima.
« BERTIE! » urlò, strapazzando la figurina. « BERTIE BOTT! Finalmente! Per quanti anni ti ho cercato! »
Sirius gliela strappò di mano, schifato, e la guardò come a volersi assicurare che fosse vera. « Sei ridicolo » sbuffò, lanciandogliela di nuovo addosso.
Lui lo fulminò con lo sguardo. Sirius non capiva l'importanza di Bertie Bott nella vita di Remus. Non l'avrebbe mai capita.
« Mai quanto te » lo rimbeccò lui, severo. « Ricordo ancora di averti visto piangere quando hai trovato il tuo amato Amarillo Lestoat » gli ricordò.
Il ragazzo rise, scuotendo il capo. « Guarda che era James, amico » precisò con sicurezza, e quello chinò il capo, mortificato. « La mia ultima figurina è stata quella di Fulbert il Pavido, me lo ricordo ancora. Grand'uomo, Fulbert. Grand'uomo davvero ».
Remus rise. « Oh, già, è vero » fece, sogghignando. « E' James che ha pianto in bagno, ora ricordo ».
« Avevo dodici anni! » disse lui, cercando di difendere il proprio onore. « Completare quella collezione era il mio sogno da quando l'avevo cominciata a cinque anni! Insomma, è comprensibile, no? Anche Peter si è emozionato per me, ti ricordi, amico? E poi... beh, da piccolo ero particolarmente sensibile ».
Gli amici scoppiarono a ridere sonoramente, e il barbagianni rinchiuso nella gabbia di James prese a stridere fastidiosamente.
« Comunque » intervenne Frank dopo un po', « io vado da Alice. Qualcuno vuole venire? »
James si rizzò a sedere. « Beh, non da Alice, ma da Evans sicuramente! » disse, energico. « Dai, andiamo. Sirius, scolla le chiappe da lì ».
Lui si alzò senza protestare, scostandosi dalla fronte i lunghi capelli neri. 
Avrebbe approfittato dell'occasione per scambiare qualche parola con Scarlett. Dopo quel che era successo a Capodanno, sentiva un gran bisogno di parlarle, e quello pareva proprio il momento giusto per farlo.
Remus e Peter imitarono gli amici un attimo dopo, e, insieme, si diressero verso lo scompartimento delle ragazze, non molto distante da lì.
Frank bussò educatamente contro il vetro, salutando la fidanzata con la mano. Quella rise, facendogli segno di entrare.
« Sei un'idiota » lo accolse, alzandosi. « Cosa diamine hai da bussare? Anzi, no, aspetta. Volevi essere educato, lo so ».
Il ragazzo annuì con vigore, poi la cinse per la vita e la baciò fra i capelli. Dietro di lui, fecero il loro ingresso anche Remus, Peter e Sirius, che salutarono le ragazze, sorridendo. Guardandosi intorno, Sirius notò la mancanza di Scarlett, ma non disse nulla.
« Ehilà, fanciulle! » salutò invece James, apparso teatralmente dopo essersi trattenuto a chiacchierare con Josh nello scompartimento accanto. « Evans, maledizione a te, sei uno splendore » disse poi, quando fu arrivato al suo sedile, e lei sorrise, lasciando che la baciasse sulla guancia e che le sedesse accanto.
« Dove si è cacciata Scarlett? » domandò dopo un attimo, guardandosi intorno come se la ragazza avesse potuto essere nascosta sulla retina portabagagli.
« Ooooooh » rispose Alice, scollandosi da Frank solo per un momento. « Scarlett è impegnata, al momento. E' insieme a Dylan Brown, sapete? Ha detto che voleva fare due chiacchiere ».
A quelle parole, Sirius avvertì una fastidiosa stretta allo stomaco e si sentì scattare qualcosa dentro.
« E' insieme a Brown? » chiese brusco, senza riuscire a trattenersi, e la ragazza si voltò stupita a guardarlo, annuendo con assoluta nonchalance.
« Sono via da un po' » osservò, controllando il proprio orologio. « Non ho idea di dove siano andati ».
Lui annuì, chinando il capo senza pronunciare un'altra parola. James, Miley e Remus si scambiarono occhiate vicendevolmente, osservandolo di sottecchi.
Per qualche momento nessuno parlò, finché Mary non ruppe il silenzio. « Sirius, vedi un po' se le tue chiappe trovano un po' di spazio qui, non stare così in piedi » disse al ragazzo con allegria, facendogli posto accanto a sé, e lui sorrise appena e si accomodò, ringraziandola.
« Ho una grande notizia! » annunciò invece Remus a gran voce, richiamando l'attenzione dei presenti. « Sì, volevo comunicarvi ufficialmente che il sottoscritto, proprio pochi minuti fa - quindi ritenetevi privilegiati per aver saputo dell'evento così presto - ha... ebbene sì, credetemi... trovato l'ultima figurina delle Cioccorane: Bertie Bott! »
Un fragoroso applauso esplose nel piccolo scompartimento: Frank e James cominciarono anche a battere i piedi a terra, fischiando con entusiasmo, mentre le ragazze cominciarono a stringergli la mano, a complimentarsi e a dargli calorose pacche sulle spalle. Lui ringraziò sentitamente.
« A chi dedichi questa vittoria, Lupin? » gli chiese James, simulando la voce di un intervistatore e porgendogli un immaginario microfono.
« Beh » esordì lui, del tutto calato nella parte, « non avrei mai raggiunto tale risultato se non fosse miracolosamente intervenuta la ragazza seduta al mio fianco: Miley Banks, colei che, grazie a un atto di estrema generosità, mi donò quella che rappresenta la penultima tappa nella mia scalata verso il successo. Quindi un grazie speciale va a lei, gente » concluse, annuendo con aria partecipe.
Un nuovo e ruggente applauso fece tremare le porte dello scompartimento, e Alice esplose in un improvviso: « BRAVO! » che rinnovò l'entusiasmo. Remus, una mano premuta sul petto, chinò brevemente il capo verso tutti, e Miley lo ringraziò con aria sinceramente commossa.
Quando le risate e le congratulazioni si furono spente, Mary colse la palla al balzo e rivolse a tutti un'allettante proposta.
« Ma dato che siamo in tema di Cioccorane, no? » fece, grattandosi il mento. « Che ne dite di una bella scorpacciata di dolciumi? »
Le ragazze accolsero quelle parole con gioia, ma i Malandrini e Frank non parvero dello stesso avviso.
« Abbiamo già dato, ragazze, non ce ne vogliate » fece James, scuotendo il capo con fermezza. « Ho ancora mezzo Campionato da giocare, non voglio diventare una Pluffa vivente, e sono già sulla buona strada per esserlo » aggiunse, stiracchiandosi e distendendo le gambe.
« Ma smettila » sbuffò Lily, stizzita, assestandogli un calcio sugli stinchi perché, a causa della sua notevole altezza, stava invadendo il suo spazio personale.
« Ahi » si lagnò lui, risentito, ritraendo immediatamente le gambe. « Continui a picchiare di brutto, eh, Evans? »
Lei ghignò soddisfatta. « Sempre, Potter » rispose con naturalezza, e lui le lanciò un rapido occhiolino ammiccante, sinceramente divertito.
« Frank » stava dicendo nel frattempo Alice, avvicinandosi con fare seducente al fidanzato. « Hai forse intenzione di rifiutare questa meravigliosa Cioccorana offertati - si dice offertati? - dalla tua meravigliosa fidanzata? Non commettere tale sacrilegio ».
Fece più volte scorrere la Cioccorana davanti al suo naso, come a volerlo ipnotizzare, e il povero Frank parve già da subito parecchio tentennante.
« Alice ha ragione » incalzò subito Lily, rivolta a James. « Guarda questa Bacchetta di Liquirizia... sembra così buona, non credi? » 
Diede un morso al suo dolciume, gustandolo appieno. « Caso vuole » proseguì, imperterrita, « che io ne abbia un'altra da offrirti... sicuro di non voler accettare? »
Dopo che le due ebbero dato il la a quel sottile e perverso gioco psicologico, tutte le ragazze scelsero una vittima a cui rivolgere le loro moine e i loro tentativi di convincimento. Inutile dire che il primo a cedere fu Remus, con grande orgoglio di Miley.
« Sì! » esclamò la ragazza, trionfante. « Ho vinto! »
« Ma non vale! » saltò su Lily, indispettita. « Remus non fa testo! Avrebbe mangiato tranquillamente da solo! »
« Questo non è vero! » ribattè piccata Miley, rivendicando i propri meriti. « Remus sa benissimo tenere a bada i suoi istinti dolciari. Non è così, John? » 
Il ragazzo si affrettò ad annuire più volte. « E' così » disse, gustando una caramella Mou. « E' assolutamente così ».
Alla fine, chi prima chi dopo, i ragazzi si lasciarono tutti andare ad un secondo round di degustazione sfrenata di dolciumi, inframmezzata dai racconti delle loro vacanze, da insulti vari sulla spartizione del bottino di dolci rimasti e da una ricca dose di risate.
Gli ultimi ad abbandonare il campo furono Sirius e Mary, i quali, dopo che tutti quanti avevano terminato la loro scorpacciata, avevano iniziato a sfidarsi in merito alla loro resistenza con diverse prove, tutte riguardanti la loro abilità di ingurgitare più schifezze possibili nei modi più assurdi. Inizialmente, i ragazzi avevano a turno tentato di dissuadere i due da quello scontro senza esclusione di colpi, ma ben presto si erano stancati di riprenderli e avevano optato per una semplice e totale indifferenza, lasciando che si uccidessero a vicenda senza entrare nel merito della loro disfida.
« Prova numero 7 » stava dicendo Mary, agguerrita più che mai e decisa a portare a suo vantaggio il punteggio che vedeva i due in parità. 
« E' il mio numero preferito, Macdonald » ribattè subito Sirius, beffardo. « Non canto vittoria di già solo perché ti rispetto ».
La ragazza sbuffò, scettica. « Lo vedremo » rispose poi, seria. « Vince chi mette in bocca più Bolle Bollenti ».
« Ci sto » annuì subito lui, soddisfatto. 
Iniziarono a riempirsi la bocca di Gomme Bolle Bollenti, trattenendo il forte desiderio di ridere e rigettarle tutte fuori, e proprio quando Sirius, dopo la resa di Mary, urlò un trionfante: « Ho vinto! » che gli fece guadagnare un pugno sul braccio, si aprì la porta dello scompartimento ed entrò Scarlett. 
« Ehilà! » la salutò Alice, sorridendo, mentre lei si era soffermata a guardare Sirius e Mary, ancora alle prese con i loro dolci. « Rieccoti, finalmente! »
A quel richiamo, tornò a guardare l'amica e si accorse anche della presenza dei ragazzi. 
« Sì... » mormorò, ancora leggermente perplessa, mentre anche Sirius rivolgeva a lei la sua attenzione. « Ciao, ragazzi! James... » e abbracciò l'amico, prendendo poi posto sulle sue gambe. « Allora... che stavate facendo? »
« Noi chiacchieravamo come persone normali, splendore » rispose subito James, con il suo solito sorriso raggiante. « Solo quei due stavano facendo una sorta di gara a chi risultava più schifoso e ripugnante con i dolci ».
« Oh... » rispose lei, anneundo leggermente ed evitando lo sguardo di Sirius, mentre Mary rideva di cuore. « Capisco ».
« Quello che invece hai fatto tu ce lo dirai più tardi, tesoro » si inserì prontamente Alice, curiosa. « Non pensare di cavartela con un "abbiamo solo parlato". Alice non ci crede ».
Scarlett tentò un sorriso stentato e abbassò lo sguardo, in imbarazzo. 
« E' tardi » fece tutt'un tratto Sirius, alzandosi di botto dal sedile. « Io vado a cambiarmi. Venite anche voi? »
James e Remus si scambiarono una rapida occhiata, avendo entrambi colto il tono infastidito e parecchio seccato dell'amico, e si affrettarono ad alzarsi per seguirlo.
« Sì » rispose il primo, con un sorriso un po' stiracchiato. « Ci vediamo a cena, ragazze » e uscì insieme agli altri, dopo che Sirius si era già incamminato lungo il corridoio. Quando tutti furono fuori, tra le ragazze cadde il silenzio. Alice pareva sinceramente spaesata.
« Ho detto qualcosa di sbagliato? » chiese, perplessa. 
Nessuno le rispose.
 
 
*  *  *
 
 
Rivedere Hogwarts era uno spettacolo meraviglioso ogni volta che vi si faceva ritorno, e non lasciava mai nessuno indifferente.
I Malandrini varcarono la soglia del castello decisamente festanti, e si unirono alla folla di studenti accalcati accanto all'enorme portone della Sala Grande per accedervi e sedere al tavolo di Grifondoro in attesa del tanto agognato banchetto. Perché no, i dolci non erano stati abbastanza. Affatto.
Quando riuscirono a superare la marmaglia di ragazzi ridacchianti, perciò, ricercarono qualche posto vuoto alla propria tavolata e si accomodarono.
« Ho... » esordì Sirius con naturalezza, ma Remus interruppe la frase sul nascere.
« Non dirlo » gli intimò, puntandogli contro un coltello dall'aria letale. « Non provare a dirlo ».
James e Peter risero. « Felpato, dovresti cambiare un po' repertorio » gli consigliò il primo, passandosi distrattamente una mano fra i capelli. « E... Lunastorta, non si gioca con utensili così pericolosi. Da bravo, metti giù, o sguinzaglio Codaliscia. Il suo morso può essere mortale ».
Remus sbuffò, ridendo, ma Sirius gli lanciò contro una pagnotta che lui afferrò prontamente al volo, inarcando un sopracciglio.
« Amico, cosa sono io? » gli chiese, avvicinandosi e porgendo l'orecchio. « Come dici? Esatto. Il Cacciatore più fenomenale che l'universo abbia mai generato. Impari in fretta, complimenti. Ricordami di darti un osso, te lo meriti » aggiunse, battendo sulla sua spalla, gioioso.
Lui alzò gli occhi al cielo, ma l'espressione corrucciata non ebbe vita lunga sul suo volto, e ben presto decise di passare ad un'altra attività, cominciando a suonare un'insensata melodia battendo le posate sul piatto d'argento e sui calici che aveva di fronte. James, di fronte allo sguardo incredulo di Remus, gli diede subito corda e lo accompagnò musicalmente suonando con coltello e forchetta su una brocca d'acqua intarsiata. Peter batteva le mani sul tavolo, a ritmo.
« Ottima performance » intervenne all'improvviso la severa voce di Minerva McGranitt, appostatasi proprio dietro di loro. « Notevole, davvero ».
Sirius gettò indietro il capo e la guardò, sorridendo al suo viso capovolto e salutandola con la mano.
« 'Sera, prof » disse, lasciando cadere con un gran tintinnare le posate sul piatto. « Mmm, la vedo arrabbiata. Chi è fautore della sua ira? Dica ».
La donna strinse le labbra, contenendo un'aria esasperata. 
« Tirati su, Black » gli ordinò, imperiosa. « E voi, cercate di contenere i vostri indubbiamente straordinari talenti musicali, almeno durante la cena. Confido nel tuo buonsenso, Lupin. Tienili buoni, o finisci in punizione con loro ».
Lui aprì la bocca per ribattere, ma alla fine parve ripensarci e annuì con aria afflitta. « Va bene, professoressa » borbottò. « Li scusi ».
« Già » fece James, annuendo. « Deve scusarci, prof. Non dobbiamo abusare della sua palese e assolutamente speciale simpatia nei nostri confronti ».
A quelle parole, Remus affondò il volto fra le mani, sconfitto. Sapeva, nel profondo, che James non sarebbe rimasto zitto: aveva avvertito il fremito di una delle sue solite perle ardere nella sua bocca prima ancora che parlasse.
« Proprio per confermare questa mia insolita simpatia nei vostri confronti, credo proprio che vi assegnerò un bel castigo » fu l'asciutta risposta dell'insegnante.
Colpito e affondato, James assunse un'espressione contrita e sinceramente mortificata. 
« Chiedo perdono » disse. « Capita spesso che il mio devastante senso dell'umorismo prenda il sopravvento, ma... non succederà più. Almeno questa sera » concluse, sempre serio.
« Non chiedo altro » concluse secca la McGranitt, e si allontanò con la schiena diritta e la solita aria impettita.
Quando fu lontana, Remus prese a delirare con le sue ramanzine, affermando con rabbia e incredulità crescenti quanto fosse orripilato dal processo inverso di crescita che stavano affrontando, dalla loro idiozia abissale e ormai sicuramente irrecuperabile e anche da se stesso, che, malgrado tutto ciò, trovava ancora il coraggio di andare in giro di fianco a loro come se nulla fosse. Anche se forse, più che coraggio, era vera stupidità.
« Non condannarti in questo modo, Lunastorta » commentò con voce affranta James, devastato dal senso di sconfitta dell'innocente amico.
Lui lo fulminò con lo sguardo. « Non ti conviene fare ancora l'idiota, sai? » lo minacciò. « Io non sono la McGranitt. So escogitare qualcosa di meglio di una punizione per tenerti buono. Lo sai quanto riesco a essere originale, se voglio ».
Peter parve profondamente d'accordo. « Sa essere pericoloso » mormorò, spaventato. « Io non mi sono dimenticato di tutte le sue vendette malandrine, sapete? Insomma... sa andarci giù pesante di brutto quand'è arrabbiato. E morde pure » aggiunse, sorridendo.
« Abbassa la voce! » lo pregò Remus in un sussurro concitato, ma gli amici risero, e lui alzò gli occhi al cielo con un sorriso divertito sul volto.
« Comunque » intervenne Sirius, portandosi indietro i capelli con un rapido scatto della testa, « io avvertirei un certo languore ».
Gli altri sospirarono all'unisono. Sirius era un tantino recidivo a lasciar cadere l'argomento fame quando ne aveva così tanta.
« Dirlo in maniera lievemente diversa non ti rende originale, fratello » gli disse saggiamente James, ma proprio in quel momento i piatti si riempirono magicamente di pietanze e Sirius smise di ascoltarlo, cominciando com'era suo solito ad attirare verso se stesso quanti più vassoi e ciotole possibili.
Quando ebbe finito di versare sul proprio tutto il cibo che riuscì a racimolare, fece una sorta di rassegna pre-degustazione.
« Mmm » esordì, mordicchiandosi il labbro. « Vediamo... Pollo, roast beef, costolette, arrosto... c'è tutto » e diede il via al proprio banchetto.
Peter lo guardava esterrefatto, ma James lo convinse a distogliere lo sguardo, per salvaguardare la propria salute.
« Amifo, Efa fi fa fiffando » fece Sirius dopo un po', masticando un po' del suo roast beef.
James si voltò lentamente a guardarlo. « Come, prego? » chiese educatamente, assumendo un cipiglio perplesso.
Lui deglutì a fatica, prendendo un profondo respiro. « Ho detto » ripetè, scocciato, « che Evans ti sta fissando ».
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, incredulo, ma non si voltò. 
« Non ci credo » asserì, deciso. « Mi stai tendendo una qualche trappola. Evans non mi guarda mai, neanche per errore ».
« Ma è vero » fece Peter, tendendo il collo per riuscire a vedere meglio la ragazza. « Le altre stanno chiacchierando e lei... ti guarda » concluse con semplicità.
A quelle parole, lui non resistette oltre e si voltò, accorgendosi realmente con un tuffo al cuore che Lily, una mano che sorreggeva elegantemente il mento, lo guardava con i suoi grandi occhi verde chiaro, senza prestare orecchio alle amiche che parlottavano fra loro.
Rimase per un frammento di secondo a fissarla, profondamente sorpreso, poi le sorrise con calore e lei arrossì violentemente, chinando il capo. Lo risollevò appena solo per sorridergli di rimando, le guance infiammate, e lui continuò a osservarla anche quando ricominciò a trafficare con le sue patate al forno.
« L'hai cotta a puntino a Capodanno, eh? » arrivò la voce di Sirius, ghignante.
James si voltò di scatto, stordito. « Eh? » domandò, guardandosi intorno. « Oh... no, macché... si stava solo guardando intorno... »
L'amico se ne uscì con uno sbuffo e una risata. « Ah, beh, sei intorno parecchio spesso, allora » commentò, bevendo un sorso di succo di zucca ristoratore.
Lui rise e sollevò le spalle, facendo oscillare la forchetta sul piatto ancora colmo di cibo. 
« Certo che Lily è diventata strana, però » commentò, riflettendo con lo sguardo perso nel vuoto. « Voglio dire, un anno fa l'idea che ridesse insieme a me era lontana anni luce, mentre adesso... »
« ... adesso ha capito che razza di cazzone sei e si è innamorata perdutamente di te » concluse Sirius, massaggiandosi soddisfatto lo stomaco.
« Sirius! » lo riprese Remus, severo, e lui sollevò le mani in segno di resa, decidendosi a tacere per il bene altrui.
Il ragazzo parve grato nei suoi confronti per quella vaga parvenza di tatto, e si rivolse a James, intrecciando le mani come in preghiera.
« Non è strana, James » gli disse in tono pacato, mentre lui lo fissava con sguardo vacuo. « E' cambiata perché tu sei cambiato, e adesso riesce a comportarsi come la ragazza che è realmente, proprio come fai tu ».
James annuì lentamente, assimilando le sue parole pian piano, e risollevò lo sguardo quando Peter parlò, titubante.
« James » mormorò, gettando frequenti occhiate verso Lily che aveva ripreso a chiacchierare con le amiche, « io credo... credo che tu gli piaccia, in qualche modo. Insomma, si era imbambolata per bene un attimo fa e... e anche sul treno, non faceva che scherzare insieme a te, no? »
Gli amici lo fissarono con aria sbalordita, e lui ricambiò gli sguardi, altrettanto perplesso. 
« Cosa c'è? » domandò, spaesato.
Ma il grado di sgomento era troppo alto per poter permettere che qualcuno fiatasse, tanto che per i minuti seguenti nessuno parlò e Peter si convinse di aver detto qualcosa di sinceramente balordo, vergognandosi profondamente con la paura che gli amici non gli avrebbero più rivolto la parola.
Dopo essersi per la terza volta in quella giornata rimpinzati di dolci, si alzarono dalle panche e si diressero insieme a tutti gli altri nuovamente verso l'uscita.
Scarlett raggiunse allegramente James e lo prese a braccetto, poi, mentre camminavano, incontrarono uno sfuggente e sempre più scarmigliato Alan Green.
A mo' di saluto, James gli mollò uno scalpellotto sulla nuca e quello sussultò, spaventato.
« Amico! » esclamò, arruffandosi i capelli ancor di più. « Mi ha preso un colpo, sei da ammazzare di botte! »
Scosse il capo e strinse Scarlett in un abbraccio, mentre James rideva di cuore.
« Allora » disse dopo un po', ricominciando a camminare. « Come hai passato le vacanze? Guarda che fra qualche giorno cominciamo già ad allenarci ».
Il volto del ragazzo si illuminò di colpo, come abbagliato da una luce divina. « Sia... lodato... GODRIC! » urlò, brandendo un vittorioso pugno in aria.
Scarlett e James si scambiarono uno sguardo divertito e lui commentò: « Deduco che ti faccia piacere », al che Alan strabuzzò gli occhi.
« Piacere? » esclamò, sbalordito. « Stai scherzando! Andiamo, è da una vita che aspetto questo giorno! Il Quidditch mi è mancato in maniera bestiale, e poi... insomma, un passatempo mi ci vuole proprio, ho vissuto un incubo spaventoso durante le vacanze. Spaventoso, vi dico ».
« Che diavolo è successo? » fece subito James, guardandolo incuriosito, e lui cominciò a scuotere convulsamente il capo.
« Avete presente Camilla Hughes? » chiese loro sottovoce, guardandosi intorno per accertarsi che non fosse nei paraggi, e loro annuirono. « Beh, è pazza. Da quando abbiamo lavorato insieme per quella roba dell'Occlumanzia non fa che perseguitarmi. E non è uno scherzo, mi pedina sul serio, è agghiacciante ».
James e Scarlett strabuzzarono gli occhi, scambiandosi uno sguardo spaesato, poi lasciarono che Alan si spiegasse meglio.
« Una volta me la sono ritrovata in Biblioteca, no? » riprese lui, concitato. « E ho pensato, beh, dai, è la Biblioteca della scuola, ci vengono tutti, lei è una bestiale secchiona, è praticamente il suo habitat... poi ho visto che ha cominciato a fissarmi. Cinque minuti, un quarto d'ora, venti minuti... »
I due cominciarono a ridere, ma lui li zittì con un gesto della mano. Non c'era niente, ma davvero niente da ridere.
« Così ho deciso di sloggiare » continuò a dire, passandosi una mano fra la chioma di ricci indomabili. « Sono andato al lago, vicino al faggio, no? Ma lì c'erano Robert e la sua bionda, allora mi sono spostato un po' più in là, dove ci sono i cespugli e non può vederti neanche il cielo. Maledizione, era lì un secondo dopo. Non potete capire il panico, sul serio, non potete proprio capirlo. Io non l'avevo vista per tutto il tragitto, e mi sono pure guardato le spalle! »
Scarlett gli battè una pacca sulla spalla, stringendo le labbra per non scoppiare a ridere. 
« Ma ci hai mai parlato? » chiese, curiosa.
Lui annuì con una smorfia. « Non parla in un linguaggio umano » rispose. « Sono ultrasuoni, la percepiscono solo i pipistrelli! Giuro, non ho capito una parola, era tutta uno strillo, diceva parole sconnesse e... santo cielo, alla fine sono scappato. Comunque » ricominciò, affondando le mani nelle tasche, « in conclusione di tutto quel macello, ho deciso di nascondermi in Sala Comune. Pensavo di essere al sicuro, è un posto rassicurante. E invece no. No, perché è venuta due fottutissimi minuti dopo, si è seduta sul divano ritta come un palo e ha ripreso a fissarmi, sembrava un gufo... un gufo posseduto, davvero... e allora sono scappato di nuovo, questa volta in Dormitorio. Ed ero tutto un: ti ho fregato, stronza, questo è territorio di Alan! »
« E allora? » James era completamente assorbito dal racconto, e anche lievemente spaventato.
« E allora non era finita, amico » fece in tono teatrale Alan, scuotendo il capo con aria addolorata. « E' venuta a bussare, ma io avevo la porta chiusa. Ha bussato per dodici minuti, ragazzi, i dodici minuti più terrificanti della mia vita. E quando se n'è andata sono rimasto un'ora e mezza a fissare la finestra, ero sicuro che sarebbe arrivata da lì. Poi, quando è venuto Robert e mi ha chiesto di aprirgli, ci ho messo un po' a fidarmi. Gli ho fatto un interrogatorio, ero diventato paranoico, poi l'ho fatto entrare... » Sospirò pesantemente, l'aria distrutta. « Sono sconvolto. Non mi riprenderò mai. Comincio a pensare che sarebbe stato meglio un Natale con mia madre, quell'arpia da brividi, e... beh, questo dovrebbe farvi capire la gravità della situazione ».
James pareva molto scosso, e Scarlett si ritrovò a dover rassicurare entrambi, finché Alan non gettò un urlo che la fece sobbalzare.
« MARY! » gridò infatti, vedendo passare la ragazza proprio di fronte a loro. « Ragazzi, scusate, io vado... c'è Mary, sapete... »
I due ridacchiarono e gli fecero segno di allontanarsi. Lui strizzò l'occhio a entrambi e la seguì.
« Mary, ciao! » gli sentirono dire, « come stai? Facciamo strada insieme... »
James e Scarlett si scambiarono uno sguardo profondamente divertito e lui fece per parlare, quando comparve Sirius.
« Ehi, amico » lo accolse James, battendogli una pacca sulla schiena. « Qual buon vento ti porta qui? Hai la camicia abbottonata male ».
Lui gettò uno sguardo in giù e non notò nulla di strano, quando James gli mollò uno scalpellotto potentissimo sulla nuca.
« Ci sei cascato, stronzo! » esclamò, scoppiando in una fragorosa risata. « AH, AH! Ahi... Sirius, ahia... dai, Sirius, scherzavo...! »
Lui smise di picchiarlo ferocemente solo qualche momento dopo, quando potè ritenersi sufficientemente soddisfatto.
« Non farti vedere mai più » gli intimò alla fine. « E vattene, devo parlare con la Banks. Banks permettendo, ovviamente » aggiunse, guardandola di traverso.
La ragazza, molto a disagio di fronte ai suoi occhi, annuì rapidamente e guardò altrove, verso Alice che stava cercando di convincere Lily ed Emmeline a utilizzare il suo nuovo smalto color magenta non appena fossero arrivate in Dormitorio.
« Evaporo » rispose immediatamente James, ghignando. « Mi raccomando, Felpato, trattamela bene o ti picchio con la scopa ».
Lui annuì, del tutto disinteressato, e lo spinse via, per poi rivolgere il proprio sguardo a Scarlett, che invece lo teneva basso.
« Vieni con me, allora? » le chiese, cercando i suoi occhi senza riuscire a incontrarli.
Lei fece di sì col capo e lo seguì verso un posto più appartato, un po' più distante dalla calca di studenti che si affrettavano verso le Sale Comuni.
Quando furono arrivati, lei poggiò le spalle al muro e tossicchiò imbarazzata, chiedendosi di cosa avesse voglia di parlare e, soprattutto, dove avesse trovato il coraggio per guardarla negli occhi e farsi avanti dopo ciò che era accaduto la notte di Capodanno. Ad ogni modo, però, aspettò che dicesse qualcosa.
« Avevo bisogno di parlarti » esordì con un sospiro, passandosi una mano sulla nuca. « Ti ho cercata sul treno, ma so che eri... impegnata, ecco ».
Scarlett si mordicchiò il labbro, nervosa. Vi era una chiara allusione al suo prolungato incontro con Dylan Brown fra le sue parole, e riuscì a coglierla in pieno.
« Ora sono qui, comunque » rispose, evasiva, ma lui non parve apprezzare le sue parole e strinse le labbra, puntando lo sguardo a terra.
« Beh, io ci tenevo a scusarmi con te » disse dopo un momento di silenzio, avvicinandosi di un passo. « Per quello che ho fatto l'altra notte ».
Lei ne fu stupita e per la prima volta lo scrutò, frugando il suo volto. Sirius mantenne fermo lo sguardo, finché non fu lei a dover distogliere il proprio.
« Ho esagerato » riprese, massaggiandosi distrattamente un fianco per poi affondare le mani nelle tasche dei pantaloni. « Tu eri lì, e io... insomma, ti chiedo scusa per aver oltrepassato il limite. Non sono riuscito a controllarmi, così... voglio dire, spero solo di non aver rovinato tutto ».
Scarlett pareva essere rimasta incantata a fissarlo, le labbra dischiuse. Non si era aspettata un discorso simile, e non si sentiva pronta ad affrontarlo.
« Non devi scusarti » rispose alla fine, scuotendo il capo con fermezza. « Siamo andati oltre entrambi, ma è comprensibile... tu eri ubriaco, per cui... »
« No » la interruppe lui, deciso, e lei sollevò lo sguardo, profondamente sorpresa. « No, ascolta, questo non c'entra davvero un tubo. Non ero ubriaco, o almeno non così tanto... sapevo perfettamente cosa stavo facendo, secondo dopo secondo. Mi sono lasciato trascinare, ma ero consapevole di ciò che facevo, e se tu non mi avessi fermato, di certo non lo avrei fatto io ».
Il suo sguardo perforante la trapassava da parte a parte, facendola sentire impotente, con le spalle al muro. Era senza fiato.
« Non mi sto scusando per quello che ho fatto, perché era esattamente quello che volevo » disse ancora lui, sempre più determinato. « Lo sto facendo perché in una situazione diversa, se tu mi avessi respinto, io mi sarei allontanato, mentre in quel momento non sono riuscito a farlo e... e invece avrei dovuto. Non voglio raccontarti tutte quelle inutili stronzate sull'aver bevuto troppo. Meglio evitarle ».
Aveva parlato con tono estremamente deciso, anche piuttosto duro, e ancora una volta, lei non se l'era aspettato. Chiunque al posto suo avrebbe approfittato della scusa dell'alcool per discolparsi e poter voltare pagina. Ma lui non l'aveva fatto, e Scarlett si chiese se in quel modo volesse dirle qualcosa di più.
Quello che l'aveva spaventata, comunque, quello che le aveva impedito di dormire sonni tranquilli per giorni, era ciò che aveva provato quando lo aveva avuto a un briciolo di distanza da sé. Perché Scarlett lo sapeva: la colpa, se ne esisteva una, non era di certo tutta sua.
Ricordava perfettamente di non aver fatto nulla di particolare per ribellarsi e far sì che la lasciasse, così come aveva ben impressi nella mente il desiderio con cui aveva guardato le sue labbra e le scosse di brividi che l'avevano sconvolta quando aveva iniziato a perlustrarle il collo.
Lei non lo aveva respinto. Affatto. 
Si era lasciata trascinare dall'ondata di emozioni che l'aveva travolta e non era riuscita a far dominare la ragione, come invece era sempre solita fare in qualsiasi occasione. Aveva reagito in maniera sbagliata, come non si sarebbe mai aspettata di fare, e aveva perso il controllo, esattamente com'era accaduto a lui. Ecco perché colpevolizzare Sirius non aveva il minimo senso. Ecco perché adesso non aveva più il coraggio di guardarlo in faccia. Era stata anche lei a volere che quello che stava per accadere accadesse, e non riusciva più neanche a capire se se ne fosse pentita o meno.
« Sirius, amico... interrompo qualcosa? » 
Ad un tratto, una voce arrivò alle spalle del ragazzo, e quello si voltò, trovandosi di fronte il re delle scommesse, Oscar Clark.
« Ehi... » fece, tentando un sorriso. « Ma no, sta' tranquillo... come va la vita? »
Lo sguardo del ragazzo andò da Scarlett a Sirius, ancora titubante. Dopo un attimo, comunque, si ricompose, salutò l'amica e si rivolse a Sirius.
« Non male » rispose, sollevando le spalle. « Ascolta, Silente ti vuole nel suo studio adesso, mi ha bloccato quando stavo per uscire e mi ha chiesto di dirtelo. Dice che la parola d'ordine è Topoghiacci » e a quel punto esibì un'espressione perplessa.
Lui non si scompose, ma parve comunque sorpreso. « Oh... beh, grazie, amico » disse, battendo sulla spalla di Oscar.
« Ah, un'ultima cosa » fece quello prima di andare. « Per caso hai visto da qualche parte tuo fratello? » 
Sirius aggrottò le sopracciglia, perplesso. 
« Regulus? » domandò, mentre Oscar tendeva il collo per scovarlo tra gli studenti. « No... perché lo cerchi? »
Il ragazzo tornò a guardarlo. « Perché Silente ha convocato anche lui » rispose, tranquillo. « Però non lo trovo... ah, no, eccolo! Cerco di raggiungerlo, ci vediamo, ragazzi! » salutò, e filò via seguendo e chiamando Regulus a gran voce.
Sirius si voltò a guardare Scarlett, perplessa quanto lui. 
« Allora... io vado » le disse, arretrando di un passo. « Ci vediamo ».
Lei annuì rapidamente più volte, scostandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. 
« Certo » rispose, accennando un sorriso, e si allontanò verso le scale, laddove ancora molti studenti chiacchieravano in libertà. 
Intravide Regulus dirigersi nella stessa direzione di Sirius, un'espressione corrucciata sul volto, e mentre camminava si vide bloccare il passaggio da un gruppo di Serpeverde che scoprì essere i membri della sua graziosa comitiva. O almeno alcuni.
« Guardate un po' chi si vede! » esclamò Goyle, additandola con il suo indice tozzo. « Ma proprio lei, quella che fa litigare i Black! »
Scarlett lo squadrò da capo a piedi, lievemente schifata. 
« Naturalmente... » rispose, altezzosa come sempre, e lo scansò per continuare a camminare.
« Il tuo amichetto dovrebbe stare attento a chi ha di fronte prima di usare a sproposito le mani » intervenne Macnair, le braccia incrociate al petto.
Lei si bloccò sul posto, sorpresa da quelle parole, e si voltò di nuovo lentamente, scrutando il volto dai tratti rudi del Serpeverde.
« Ma questa volta se la passa brutta » ghignò ancora Goyle, ridacchiando come un idiota. « Questa volta deve capire chi è che comanda ».
Scarlett scoppiò a ridere di gusto, gettando indietro la testa. « Chi è che comanda? » ripetè, divertita. « E chi sarebbe? Tu? »
Scosse il capo, incredula, e fece per dirigersi alla rampa di scale superiore, impettita, quando la rozza voce di Macnair la richiamò ancora.
« La pagherai insieme a tutti i tuoi amici, piccola insolente » le disse, più serio e minaccioso di prima. « Non credo che riderai ancora a lungo ».
Scarlett non prestò loro attenzione, ma inarcò un sopracciglio con aria scettica. 
« Attendo il conto, allora » fece, ironica, e si allontanò senza più fiatare. 
Aveva decisamente faccende più importanti da sbrigare in quel momento, e il suo pensiero fu rivolto a Sirius durante tutto il tragitto.
Lui, nel frattempo, era arrivato insieme al fratello all'ingresso dell'ufficio di Silente sormontato da un imponente gargoyle di pietra.
Regulus recitò la parola d'ordine, sempre senza degnare l'altro di uno sguardo come aveva fatto per tutto il tempo in cui avevano camminato insieme.
Salirono sul primo gradino della stretta scala a chiocciola, e quella cominciò a risalire a spirale verso l'alto, conducendoli di fronte a un portone di quercia con un pesante battente in ottone. Senza aspettare, Sirius bussò un paio di volte, e la voce di Silente li raggiunse quasi immediatamente.
« Avanti » disse, e i due varcarono la soglia per entrare nell'ampio ufficio del Preside, con i dipinti dei direttori precedenti appesi alle alte pareti e gli oggetti più stravaganti ed eccentrici che sibilavano e si muovevano su fragili tavolinetti dalle gambe sottilissime.
« Buonasera, professor Silente » salutarono, guardando l'anziano Preside seduto alla propria scrivania, la lunga barba argentea serrata dalla cintura.
« Buonasera » rispose gentilmente lui, accennando un sorriso cordiale a entrambi, e fece loro cenno di accomodarsi.
Quando si furono seduti, l'uomo prese a scrutare attraverso gli occhiali a mezzaluna i volti di entrambi, osservandoli con intensità. Dopo un'attenta analisi, intrecciò lentamente le mani sotto il mento e fece per parlare, il volto rilassato.
« Bene » esordì, senza smettere di guardarli, « vi ho convocati qui questa sera per una ragione particolare e assai spiacevole ».
Loro continuarono a ricambiare il suo sguardo, impassibili ma incuriositi, perché non avevano idea del motivo per il quale Silente li avesse convocati all'improvviso.
« Mi è stato riferito » proseguì lui, sempre calmo, « che un avvenimento alquanto increscioso si è verificato durante la sera precedente all'inizio delle vacanze natalizie. Un avvenimento che ha visto protagonisti proprio voi due ».
Sirius rivolse un'occhiata penetrante al fratello, ma lui continuò a guardare fisso davanti a sé, pendendo dalle labbra di Silente.
« L'avvenimento di cui discutiamo è traducibile in una rissa improvvisata fra voi, dovuta a cause che non mi sono state ancora chiarite » disse ancora Silente, abbassando le mani ancora intrecciate. « Secondo quanto mi è stato raccontato, lei, signor Black » e rivolse il proprio sguardo a Sirius, « si sarebbe sentito provocato da una battuta di suo fratello e avrebbe di conseguenza reagito in maniera violenta e assai poco consona, malmenandolo piuttosto pesantemente ».
Inarcò lievemente le sopracciglia candide, e lasciò scorrere lo sguardo dall'uno all'altro, come in attesa di conferme.
Inaspettatamente, a quelle parole, Sirius scoppiò a ridere, la sua solita risata simile a un latrato.
« Malmenandolo piuttosto pesantemente? » ripetè, ironico. « Accidenti, non credevo di avere il fisico adatto per... malmenare la gente! Comunque, anche se un po' gonfiata, la storia è simile a questa ».
Silente lo fissò senza batter ciglio, ma lo sguardo di Regulus era decisamente sconcertato.
Sirius continuò a guardare il Preside, senza curarsi del fratello, anche se dentro ribolliva di rabbia. Non riusciva a credere che avesse spifferato tutto a Silente, presentando una versione completamente diversa dall'originale, ma forse avrebbe dovuto aspettarselo.
Quello che Regulus non si era aspettato per nulla, invece, era che il fratello gli avrebbe dato ragione. Ma Sirius non aveva dubitato neanche per un momento, tanto che non aveva neanche avvertito la necessità di riflettere sulla risposta: per tirarsi fuori dai guai, avrebbe dovuto tirare in ballo Scarlett, e lei non avrebbe mai sopportato che la vicenda in cui Regulus l'aveva coinvolta venisse a galla. Non le avrebbe rivolto un tale torto per nessuna ragione al mondo.
« Sta ammettendo di aver picchiato suo fratello, signor Black? » domandò Silente, adesso concentrandosi esclusivamente su di lui.
Sirius fece uno strano gesto, annuendo e sollevando le spalle a un tempo. « Picchiato è una parola grossa, professore » disse con tranquillità. « Non sottovalutiamo le potenzialità fisiche di Regulus, è un giocatore di Quidditch, avrebbe sicuramente saputo difendersi, ma... evidentemente la mia indole violenta è venuta fuori al momento sbagliato e... mi sono lasciato prendere. Giusto, fratello? »
Si rivolse con aria provocatoria verso Regulus, che ricambiò riluttante il suo sguardo. Mentre si guardavano e Silente li osservava, però, si sentì bussare pesantemente alla porta, e il Preside ripetè l'invito che aveva rivolto ai due fratelli quand'erano arrivati.
Un attimo dopo, con gran sorpresa di entrambi, si precipitò nella stanza Scarlett, il mantello allacciato fino al collo e l'aria un po' affannata.
« Professore, mi perdoni per... l'irruzione, ecco » disse immediatamente, prendendo un profondo respiro e gettando un rapido sguardo in direzione di Sirius.
Silente sorrise amabilmente. « Si figuri, signorina Banks, è la benvenuta » rispose, con un tono così cordiale da sembrare sarcastico. « Cosa desidera? »
La ragazza esitò, mordicchiandosi il labbro. 
« Professor Silente, ho bisogno che mi ascolti » disse, titubante.
All'istante, lui fece apparire un'altra comoda sedia con un colpo di bacchetta, così che Scarlett potè sedersi fra i due fratelli, incrociando le mani in grembo.
« Dica pure » la invitò con calore il Preside, allargando le braccia, e lei annuì freneticamente.
« Sì, beh, io so perché ha convocato qui loro... loro due » disse, senza guardare in faccia nessuno. « E conosco anche la verità, perché io... io c'ero ».
Silente la osservò con rinnovato interesse, e attese in silenzio, le mani giunte.
« Quella sera, Regulus mi ha bloccato mentre camminavo lungo un corridoio, da sola. Tutti erano alla festa del professor Lumacorno, o nelle Sale Comuni, perciò... » cominciò a raccontare, ma Sirius non resistette oltre e le premette una mano sull'avambraccio, guardandola con gli occhi fiammeggianti.
« Ho già detto tutta la verità » disse sottovoce, tentando in tutti i modi di dissuaderla, ma lei non si convinse a tacere e distolse lo sguardo.
« Ha iniziato a disturbarmi » proseguì, imperterrita, e Sirius imprecò in un sussurro, agitandosi sulla sedia. « Non era nulla di che, solo... solo battute sconvenienti, ma io ho avuto paura, non avevo con me la bacchetta e ho pensato che avrebbe potuto farmi del male. Ma non ha fatto nulla ».
A quel punto, anche Regulus si voltò a fissarla, gelido, ma con un lampo di sorpresa che baluginava negli occhi opalescenti. Non capiva perché Scarlett stesse cercando di scagionare anche lui. Quand'era entrata dalla porta dell'ufficio, era stato certo che avrebbe raccontato i fatti com'erano avvenuti, forse esagerando anche un po' la situazione per salvare Sirius da qualsiasi provvedimento potesse essere preso nei suoi confronti. 
E infatti non poteva capire perché stava agendo in quel modo, non poteva capire che Scarlett non avrebbe mai permesso che venisse buttato fuori dalla scuola solo perché Sirius non l'avrebbe voluto... semplicemente perché non immaginava che suo fratello non desiderasse il male per lui, quando invece era proprio così.
« Allora, dopo un po' è arrivato Sirius » stava continuando a dire Scarlett, più decisa. « Io ero assente dalla festa ormai da un pezzo, e aveva deciso di venire a cercarmi. Ha ascoltato qualcosa della nostra conversazione, e si è innervosito così tanto per le provocazioni di Regulus che gli ha tirato uno schiaffo. Ma non è stato nulla, professore, mi creda » disse con passione, guardandolo. « Sto raccontando la verità ».
Silente non si mosse, ma riflettè a lungo prima di rivolgersi a Regulus. « E' andata così, signor Black? » domandò, parlando lentamente.
Lui deglutì e rimase per un attimo in silenzio, mentre Scarlett lo fissava insistentemente, senza che se ne accorgesse.
« Sì » rispose infine, impassibile. « Sì, professore, è andata così ».
Il Preside chinò il capo, annuendo appena, e rivolse la medesima domanda a Sirius, che pareva nervoso e teso, come una bomba pronta a scoppiare.
Prima di rispondere, rivolse un'occhiata di traverso a Scarlett, un'occhiata carica di una furiosa rabbia mista a inconfondibile gratitudine. Lei sorrise appena, e annuì impercettibilmente, mentre Silente studiava la situazione con interesse. Scarlett era certa che avesse capito ogni cosa.
« Sì, è andata così » sbottò alla fine Sirius, sospirando pesantemente, e il sorriso della ragazza si ampliò lievemente.
« Una piccola faida tra fratelli, allora » dedusse Silente, battendo le mani. « Liti comprensibili, anche se sarebbe indubbiamente meglio cercare di limitare l'astio che ci lega ai nostri nemici... in particolar modo, quando non dovrebbero essere definiti tali » e rivolse uno sguardo eloquente ai due fratelli.
« A questo punto » riprese poi, « vi prego di comprendermi se mi ritroverò costretto ad assegnarvi un castigo. Questo vecchio bacucco ha il compito di dare l'esempio, e malgrado io comprenda le ragioni di questi scontri, dato anche l'eccezionale splendore della fanciulla che vi tiene divisi, sono obbligato a risolvere anche queste antipatiche faccende in maniere altrettanto fastidiose. Per cui, credo proprio che la punizione più adatta a voi sia farvi collaborare ».
I due fratelli si scambiarono uno sguardo, poi Silente riprese. 
« Proprio qualche minuto fa mi ha raggiunto un'irata Madama Pince per raccontarmi dell'ultima esilarante burla di Pix - non per lei, ovviamente -. A quanto ne so, il nostro adorabile amico si è sentito in dovere di festeggiare il ritorno degli studenti qui ad Hogwarts, e ha dato vita a uno spettacolino in Biblioteca mettendo sottosopra un'intera ala dedicata ai saggi sulle Creature Magiche. Credo sia opportuno che siate voi a dedicarvi al danno piuttosto che la nostra sventurata e giovane bibliotecaria. Ve ne occuperete domani sera, dopo cena, e spero che fra un libro devastato e l'altro riusciate a... appianare le vostre divergenze » e chinò il capo per fissarli oltre gli occhiali a mezzaluna.
« Potete andare » disse infine con un sorriso, le mani intrecciate sotto il mento, e i tre annuirono in silenzio, alzandosi. « Buonanotte ».
« Buonanotte, professore » mormorò Scarlett prima di chiudersi la porta dell'ufficio alle spalle.
Quando furono fuori e posarono piede sulla scaletta di pietra a chiocciola, la tensione era palpabile. La discesa parve infinita, finché, non appena arrivati nuovamente all'ingresso con i due gargoyle, Regulus non si avviò dalla parte opposta alla loro, il capo chino e un'espressione corrucciata sul viso.
Scarlett lo osservò andar via a passo svelto, al contrario di Sirius, che tenne lo sguardo fisso di fronte a sé e non lo degnò di un'occhiata.
Ben presto il silenzio si dilatò fra di loro, scomodo e pungente come una fastidiosa presenza, e lei cominciò a tormentarsi per cercare qualcosa da dire.
Si sorprese, infatti, quando fu lui a prendere la parola, spezzando la fredda tensione che si era creata tutt'intorno.
« Come l'hai saputo? » le chiese, senza alcun tipo di preambolo, e lei si voltò a fissarlo, spaventata dal suo tono brusco.
« I compagni di Regulus » rispose, titubante, cercando il suo sguardo senza però trovarlo. « Sono stati loro a dirmelo ».
Sirius annuì di scatto, continuando a camminare a passo sostenuto. 
« Non saresti dovuta venire » aggiunse dopo un po', gettandole una rapida occhiata per la prima volta dopo tempo. « So che non avresti voluto mai parlarne. Me lo hai detto tu stessa ».
Lei sorrise, incredula nell'ascoltare quelle parole inaspettate. 
« So distinguere le priorità dal resto, Sirius » rispose, sollevando le spalle. « Non era importante se volessi parlarne o meno, sono venuta perché non volevo che ti cacciassi nei guai. Dopotutto, è stata anche colpa mia ».
Lo vide rallentare un po' il passo, e aspettò che dicesse qualcos'altro. Non voleva che si sentisse in colpa per averla costretta a venire, perché non si era affatto sentita obbligata. Era corsa all'ufficio di Silente per dire la verità e scagionarlo. Il pensiero che potesse essere punito per una questione causata da lei era già abbastanza spiacevole, ma se fosse rimasta con le mani in mano pur sapendo di poterlo aiutare, allora sarebbe stato molto peggio.
« In tal caso... grazie » disse Sirius. « Malgrado tutto, allora, non deve dispiacerti così tanto avermi nella tua vita ».
Scarlett gli sorrise, scuotendo il capo. « Non esageratamente, no » scherzò, e notò che un'espressione divertita balenò nei suoi occhi per un istante.
Dopo di ciò, fra loro precipitò nuovamente il silenzio. Salivano le scale ognuno immerso nei propri pensieri, anche se Scarlett lo osservava con insistenza, studiando ogni particolare del suo volto, a partire dalle sopracciglia lievemente aggrottate, per poi passare alle labbra serrate e allo sguardo vacuo.
« Sei arrabbiato » disse, secca, e lui sollevò il capo per guardarla. La sua espressione non mutò minimamente.
Annuì, sospirando pesantemente. « Avrei dovuto aspettarmi una vigliaccheria del genere da parte sua » sbuffò, riabbassando lo sguardo. « Per l'imbecille che è diventato, il suo era un gesto assolutamente prevedibile ».
Lei strinse le labbra, senza sapere cosa dire. Sirius era livido di rabbia, quindi aveva paura di sbagliare.
« Adesso è un duro, capisci? » riprese, sempre più infervorato. « Adesso ha una gang di idioti che lo fanno sentire importante... un pezzo grosso come lui non può di certo accettare di beccarsi un pugno in faccia da suo fratello, perderebbe tutta la sua autorità... Quindi cos'è che fa, il valoroso Regulus? Va di filato a raccontarlo a Silente, insieme a quel mucchio di stronzate che si è inventato per farsi dare ragione! In questo modo può fare un altro sgarro al suo ex fratello diseredato, può finalmente riuscire a sbatterlo fuori dalla scuola, così mammina sarà fiera del suo piccolo eroe! » e imprecò velenosamente contro entrambi.
Continuava a camminare per i corridoi con passo pesante, come a voler sfogare la rabbia anche solo piantando i piedi a terra. Scarlett lo lasciò sfogare, sicura che fosse la cosa migliore per lui, in quel momento.
« E come se non bastasse » proseguì, ancora parecchio teso, « si ci mette anche Silente, con l'idea geniale di metterci a scontare la punizione insieme, a "collaborare", addirittura! Come se fosse possibile, collaborare con uno stupido idiota come lui! E più io voglio stargli lontano, più cerco di dimenticarmi della sua esistenza, più me lo ritrovo vicino, dannazione! » 
Si bloccò, tirando un violento pugno contro il muro, e lei trattenne il fiato. Gli si avvicinò e lo prese per le braccia, guardandolo preoccupata.
« Ehi... » mormorò, e lo indusse a poggiarsi alla ringhiera, standogli accanto. « Sta' tranquillo ».
Sirius respirò a fondo, sollevando il capo verso il soffitto, evidentemente nervoso. Sembrava proprio pronto a scoppiare.
« Guardami » gli disse Scarlett in un sussurro, stringendogli il braccio, e lui incrociò i suoi occhi, senza capire il perché di quella richiesta.
Lei lo scrutò a lungo e profondamente, senza permettergli di guardare altrove. 
Tutte quelle frasi sconnesse che aveva rudemente buttato fuori pochi secondi prima le avevano dato il sentore che, dietro quella rabbia apparentemente quasi immotivata, ci fossero dei sentimenti molto più profondi e ancora irrisolti dentro di lui. Non era la prima volta che Sirius apriva il suo cuore di fronte a lei, e, quando lo aveva fatto, le sue parole erano state scandite da ben altre emozioni: odio e tristezza, rancore e dolore, ma non da rabbia. Forse, quest'ultima era stata presente un tempo, quando le ferite dentro di lui erano state ancora aperte, ma nel presente quella rabbia si era spenta, perché il vincolo con la sua famiglia si era spezzato, e con esso tutti i sentimenti che ne discendevano. 
Per Regulus, invece, quella rabbia c'era ancora, rovente come lava, e questo poteva significare solo che la ferita per la sua perdita non si era ancora rimarginata.
« I tuoi occhi erano spenti quando mi parlavi della tua famiglia » mormorò Scarlett, posandogli delicatamente una mano sul petto. « Ma lui è diverso, Sirius ».
Le sue dita risalirono e gli accarezzò una guancia, senza smettere di fissarlo con estrema intensità. 
« Io lo vedo » disse ancora, annuendo appena. « Non te la prenderesti tanto se di tuo fratello non t'importasse nulla. E non serve che tu finga che sia così. Non con me, almeno ».
Malgrado avesse smesso di studiarlo, Sirius non riuscì a staccare lo sguardo da lei, anche se ci provò con tutte le sue forze. Era come una calamita: quand'era lontana avvertiva comunque l'attrazione che esercitava su di lui, ma quando la distanza si faceva minima, non riusciva a sottrarsi alla potenza del suo silenzioso richiamo, né a quella dei suoi nervi che lo spingevano verso di lei incessantemente.
« Io non fingo mai con te » rispose con fermezza, posando la propria mano su quella di lei, che deglutì e la ritrasse lentamente. « E non sto fingendo neanche adesso » proseguì, accompagnandola e accarezzandone il dorso. « In realtà, il fatto è che mi sono talmente tanto abituato a parlar male di lui e ad insultarlo, che pian piano vorrei iniziare a credere di odiarlo davvero. Così diventerebbe molto più facile, e potrei lasciarmi davvero tutto alle spalle ».
Sollevò le spalle, lo sguardo fisso sulle loro mani intrecciate, fin quando non si decise a scioglierle.
« Quelle rare volte in cui salta fuori il suo nome quando parlo con James o con gli altri » proseguì, lo sguardo ancora basso, « faccio di tutto per convincere me e loro che lo detesto. Soprattutto con James non posso fare altro. Lui è mio fratello, adesso, e non riesco a parlargli di Regulus in modo diverso... mi sembrerebbe quasi di tradirlo ».
Scarlett lo osservava tristemente, gli occhi un po' più lucidi del normale, e all'improvviso socchiuse le labbra come per dire qualcosa, ma le serrò un attimo dopo. Era confusa, ma sentiva di potergli parlare senza paura: lui non si sarebbe tirato indietro. 
Non quella volta. Non con lei.
« Tuo fratello ti manca, non è vero? »
Sirius la fissò, sorpreso. Non riusciva a credere che lei avesse capito quasi più di quanto aveva capito lui stesso.
Si passò una mano sulla nuca, fra i capelli, ragionando sulla domanda, anche se non c'era poi molto da pensare. Dopotutto, conosceva quella risposta da sempre; il fatto che non volesse ammetterlo a se stesso era un'altra storia.
Senza quasi rendersene conto, si ritrovò ad annuire, guardandola negli occhi con una sicurezza che non gli apparteneva.
« Il fatto che voglia prenderlo a pugni ogni volta che lo incontro, beh, non so cosa significhi... ma sì » concluse, la voce roca. « Lui... era davvero mio fratello, un tempo ». E questo non riusciva proprio a dimenticarlo. 
Delle tante cose che aveva imparato a strappare via dalla sua mente, dei tanti ricordi che ormai riusciva ad ignorare come pagine di vita mai vissute, l'unica che non aveva la forza di sradicare e gettare via era il suo vecchio rapporto con Regulus.
Malgrado ci mettesse tutto se stesso, malgrado tentasse con tutte le proprie forze, voltare pagina e lasciarlo da parte era un atto che non riusciva a compiere. E chissà, forse avrebbe anche potuto farlo, forse ce l'avrebbe fatta se avesse investito ogni sua energia per quello sforzo, ma la verità era una: non avrebbe mai voluto dimenticare suo fratello. Mai, per nessuna ragione. Aveva condiviso con quel bambino dai capelli neri e l'aria da aristocratico molti più momenti e molte più emozioni di quelle che forse ci teneva ad ammettere. Da piccoli erano stati uniti come non lo erano mai stati da ragazzi, perché ai bambini non importa mai delle faccende dei grandi, i bambini pensano sempre che quelle loro siano le più importanti... e in effetti lo sono. Al Regulus bambino non interessava quanto puro potesse essere il sangue che gli scorreva nelle vene, quanto fosse diverso da quello di altri bambini con cui magari avrebbe voluto giocare. Al piccolo Regulus interessavano le piccole cose, le notti trascorse insieme al fratello sotto le lenzuola, a parlare di tutto finché il torpore delle coperte e la voglia di chiudere gli occhi e riposare non prendevano il sopravvento, i giochi inventati sul momento nella buia stanza deserta in cui li mandava la madre quando avevano ospiti e non li voleva fra i piedi, i rari giorni in cui permetteva loro di andare al parco a vedere il sole, quando si divertivano semplicemente rincorrendosi, come fanno sempre tutti i bambini... Ma i tempi erano cambiati.
« Quando sono venuto ad Hogwarts » raccontò Sirius, le mani in tasca, « lui è rimasto da solo con i nostri genitori. Senza di me hanno avuto molte meno difficoltà a plasmarlo a loro piacimento, perché quando eravamo insieme io riuscivo a distrarlo, a fargli sempre credere che quelle che ci raccontavano erano solo una montagna di stronzate... ma durante quei mesi io non ci sono stato, e poi ho conosciuto James, e Remus, e Peter, così... quando ci siamo rivisti era già tutto diverso ».
Fece qualche passo verso il muro e vi si appoggiò con aria stanca, sospirando sottovoce.
« Poi, non appena ha cominciato anche lui la scuola » proseguì, « è finito in quella fogna di Serpeverde come tutti quegli squilibrati della mia famiglia, e la sua nuova comitiva ha... come dire... completato la trasformazione, ecco ».
Rise, una risata carica di amarezza, priva di gioia, e Scarlett lo guardò con enorme tristezza, facendo un passo verso di lui.
« Da allora ci siamo allontanati sempre di più » disse ancora, lo sguardo perso chissà dove. « Litigavamo sempre più spesso, sempre più ferocemente e... e alla fine sono andato via. L'unica ragione che mi teneva inchiodato a quell'inferno era lui, ma un giorno ci siamo urlati contro come matti e io... io ho capito che quella ragione non esisteva più. In realtà... mio fratello non esisteva più ».
Annuì lentamente, perso fra i ricordi, finché non si riscosse. 
« Che gran romanzo, eh? » commentò con un sorriso sarcastico sul viso. « Ma io lo dico sempre, Banks, il poetastro del gruppo sono io, ormai. Lupin si è un po' spento ultimamente, non c'è più concorrenza... »
« Sirius ». 
Lei gli strinse il braccio con la propria mano, e a quel tocco lui smise di sorridere all'istante, e la guardò.
E Scarlett potè vederlo con chiarezza: era turbato, profondamente, e spezzato. I suoi occhi dicevano questo. I suoi occhi, in quel momento, dicevano tanto.
« Devi smetterla di farmi sproloquiare, okay? » le disse, le labbra incurvate in un sorriso accennato, e anche lei si lasciò andare a un breve sorriso incerto. « Pare che sia diventato logorroico da qualche tempo a questa parte, il che non giova granché alla mia immagine... »
Rise insieme a lei, sentendosi improvvisamente più leggero, anche se sapeva bene che avrebbe dovuto fare i conti con se stesso ancora per un po'.
Le si avvicinò, scostandole i capelli dietro l'orecchio e accarezzandole la guancia con il pollice, poi con il dorso delle dita.
« Ma spiegami come fai, grande stregona » mormorò, un sopracciglio lievemente inarcato. « Un momento fa ero incazzato col mondo e avrei spaccato la faccia al primo che mi fosse passato di fronte, mentre adesso mi ritrovo a ridere insieme a te. Come ci riesci? »
Lei tornò a sorridere appena. « Non sono stata io » disse semplicemente. « Probabilmente, è merito del Remus Lupin che è in te, che finalmente è riuscito a venire fuori dalla tomba » scherzò poi, annuendo, e lui rise sottovoce, lasciando scivolare le dita fra i suoi capelli. « E, tra parentesi » aggiunse, « ti fa bene sproloquiare un po'. Dovresti farlo più spesso ».
Sirius sorrise. « Adesso non esageriamo, Banks » rispose, giocoso, e la lasciò facendo un passo indietro. 
Si allontanò, passandosi una mano tra i lunghi capelli neri, e iniziò a passeggiare in tondo, come faceva sempre quando aveva della rabbia da smaltire o dei pensieri che gli frullavano per la testa senza intenzione di lasciarla libera un momento. Dopo un po', comunque, quando si rese conto del silenzio che era calato tutt'intorno, sollevò lo sguardo verso Scarlett e la trovò ancora appoggiata al muro, persa anche lei fra i propri pensieri.
« A cosa pensi? » le domandò, avvicinandosi nuovamente e scrutando il suo profilo segnato dalle ombre. 
Lei, inizialmente, parve non aver sentito, e si riscosse solo dopo qualche secondo, incontrando il suo sguardo attento e molto, molto vicino al proprio.
« Oh... » disse, ancora un po' intontita, facendo per scostarsi qualche ciuffo di capelli dietro l'orecchio anche se non ve ne era nessuno fuori posto. « Beh, io stavo pensando che... beh, in realtà, ecco... non credo di potermi intromettere... »
Lui sorrise dolcemente, come faceva solo in occasioni assai rare. « Oh, sì che puoi » fece con naturalezza, e lei rispose timidamente al suo sorriso.
« Beh... » esordì, titubante, tormentandosi le dita delle mani, « io pensavo... pensavo che forse dovresti fare un ultimo tentativo con tuo fratello ».
Lui la fissò, sorpreso e perplesso allo stesso tempo da quelle parole pronunciate precipitosamente, e aspettò che continuasse a parlare.
« Vedi » proseguì infatti lei, un po' più decisa, « io non posso minimamente immaginare cosa si provi a perdere un fratello. Non riesco a pensare a me stessa senza Miley. E' come se non potessi esistere, altrimenti ».
Lui annuì lentamente, poi fece schioccare la lingua e inarcò un sopracciglio, facendo per parlare. 
« Ma tu e tua sorella non... » 
« Lo so » lo bloccò subito lei, capendo all'istante dove volesse andare a parare. « So benissimo che il nostro rapporto è molto diverso dal vostro, che non abbiamo mai avuto delle divergenze così grandi e che non siamo mai state così distanti come lo siete voi adesso... ma so anche, dopo tutto quello che mi hai detto, che tu tieni ancora a lui » concluse, osservandolo con apprensione.
Sirius si massaggiò il collo, senza sapere bene cosa dire. 
« Questo potrebbe non bastare, sai? » obiettò dopo un po', serio.
« E tu come fai a saperlo? » ribattè prontamente lei, allargando le braccia. « Hai mai realmente provato a riprenderti tuo fratello dopo esservi allontanati? Hai mai cercato di affrontare il vostro distacco insieme a lui? Hai mai veramente tentato? »
Lui riflettè rapidamente, e suo malgrado si ritrovò ad ammettere che sì, anche quella volta aveva ragione lei.
« No » rispose infatti, secco. « Non l'ho mai fatto ».
Sospirò, puntando nuovamente lo sguardo verso il pavimento di pietra. Lei continuò a fissarlo, il capo lievemente inclinato.
« Potrebbe non essere ancora troppo tardi, Sirius » mormorò poi. « Regulus potrebbe ancora essere il tuo vecchio fratello, magari troppo orgoglioso per farsi avanti... un po' come te ». Si allontanò dal muro e fece un passo verso di lui. « Hai già sofferto più di quanto tu stesso ci tenga ad ammettere. Non aggiungere a quello che hai passato anche il rimpianto di non aver provato per l'ultima volta a recuperare tuo fratello. Non hai davvero nulla da perdere, e se non dovessi farcela, almeno saprai di aver fatto di tutto per questo rapporto. Prendila come un'ultima occasione ».
Lo indusse a sollevare lo sguardo premendo appena due dita sul suo mento, e lui, remissivo, lo fece. 
« Ma... » mormorò, per poi serrare nuovamente le labbra.
Lei accennò un sorriso e lasciò scivolare la mano sul suo petto. « Fidati di me » sussurrò.
E lui, remissivo, lo fece.
 
 
*  *  *
 
 
La sera dopo, tutti gli studenti si riunirono nuovamente al banchetto in Sala Grande dopo una prima sfiancante giornata di lezioni, e i Malandrini e le ragazze cenarono insieme condividendo un enorme pollo arrosto e un gran numero di vassoi di patate, carotine, salse e contorni vari.
« Evans, mi passi il succo di zucca? » domandò cortesemente James a Lily, facendo un cenno verso la brocca accanto al suo bicchiere.
Lei annuì distrattamente e gliela porse, guadagnandosi un ammiccante occhiolino da parte del ragazzo, che lei tentò di ignorare ma che le provocò un sorrisetto sulle labbra che non riuscì a cancellare per qualche secondo. James, però, non parve notarlo.
« Stanno facendo le prove per quando saranno marito e moglie » bisbigliò Scarlett ad Emmeline, e lei esplose in una risatina divertita.
« Sono... sono così carini! » esclamò, tentando di tenere bassa la voce, e l'altra annuì con una risata, tornando a gustare le sue patatine.
« Cos'avete da borbottare, voi due? » s'inserì all'improvviso Alice, chinandosi per ascoltarle meglio. « E' un complotto supersegreto? »
Le due scossero contemporaneamente il capo. « Parliamo di James e Lily » riferì Emmeline, tutta contenta. « Sembrano così presi ultimamente... »
Lei annuì con aria consapevole e gettò un'occhiata a Lily, che in quel momento era immersa in una conversazione con Remus e Mary. « Cosa diamine le è preso? » sbottò, incredula. « Pare che durante le vacanze Potter l'abbia colpita con un incantesimo... »
« Infatti! » esclamò Scarlett a gran voce, e tutti si voltarono a fissarla, sbigottiti, comprese le due amiche.
« Infatti! » fece James con aria partecipe, senza avere la minima idea di ciò di cui si stava discutendo, e Scarlett rise.
« Comunque » riprese sottovoce, « James ha sul serio fatto colpo, ne sono sicura. Andiamo, le si legge negli occhi quanto le piaccia! »
Emmeline si esibì in un sorriso ebete. « E' proprio così » sussurrò incantata, guardando James e Lily con crescente felicità.
Le altre due le batterono qualche pacca sulle spalle, poi si allontanarono per non destare sospetti, anche perché Lily aveva preso a fissarle.
Nel frattempo, seduto a quello stesso tavolo, c'era qualcuno che non si stava divertendo affatto. Sirius, infatti, era rimasto in silenzio quasi tutto il tempo, e aveva mangiato assai meno del solito, limitandosi a bisticciare con la sua parte di pollo senza mandarne giù neanche la metà.
Scarlett gli aveva lanciato sguardi preoccupati e sempre più frequenti, ma lui aveva tenuto il capo chino e l'aveva sollevato verso di lei solo quand'era stato certo che non lo stesse osservando. In quel momento, però, i loro occhi si incontrarono, e quelli di lei erano pieni di coraggio.
« Io vado » disse sottovoce, mentre ancora si guardavano, poi rivolse la sua attenzione a James, che annuì.
Gli battè una mano sulla spalla e la strinse con forza, scrutandolo con spaventosa intensità. « Mi raccomando » gli disse sottovoce. « Non combinare stronzate, fratello. Okay? »
Lui lo guardò e annuì brevemente, con fermezza, poi si alzò, gettandosi la borsa di pelle sulla spalla. « Ci vediamo dopo » disse agli amici.
Prima di voltare le spalle a tutti, però, guardò Scarlett un'ultima volta e lei gli rivolse un breve sorriso rassicurante.
Dopodiché, abbandonò la Sala Grande a grandi falcate e si diresse verso la Biblioteca, la mente volutamente sgombra da ogni pensiero.
Quando arrivò e varcò la porta, Madama Pince puntò i suoi occhi da falco su di lui, squadrandolo da capo a piedi.
« Sei qui per la punizione? » gli chiese, brusca, e lui annuì senza parlare, annoiato. « Allora vai, e bada bene a dove metti le mani o potrei tranciartele ».
Lui sbattè le palpebre più volte, lievemente perplesso. 
« Sicuramente » rispose infine, ironico, e le voltò le spalle, continuando a camminare tra le alte file di scaffali stipati di libri e volumi polverosi. 
Quando arrivò al punto indicatogli da Silente, notò che Regulus non era ancora arrivato.
A terra vi erano una catasta di libri ammucchiati e più di un centinaio di pagine strappate e accartocciate. Avrebbe dovuto scoprire, senza l'uso della magia, a quali libri appartenessero, e riparare i tomi distrutti da Pix, di cui si sarebbe presto vendicato nel peggiore dei modi.
Si sedette sul gelido pavimento marmoreo, la schiena poggiata alla base di uno dei tanti scaffali, una gamba distesa a terra e l'altra lievemente ritratta verso il petto, e cominciò ad afferrare un libro e uno dei tantissimi fogli sparsi accanto a sé.
Ne aveva già sistemati tre, quando avvertì il suono di passi alle sue spalle. Decise, però, di non voltarsi a guardare.
Regulus lasciò cadere la propria borsa su uno dei tavoli della Biblioteca proprio lì vicino, e guardò il fratello trafficare con un paio di fogli accartocciati.
Non si scambiarono un saluto, né Sirius sollevò lo sguardo, e lavorarono entrambi in religioso silenzio.
Per quasi due ore gli unici rumori furono il fruscio delle pagine dei libri, i respiri di entrambi e i soffici tonfi dei tomi che si depositavano a terra o al loro posto all'interno degli scaffali. Di tanto in tanto, uno dei due sospirava o dava in sommessi sbuffi esasperati, ma i loro sguardi non si incrociarono mai, neanche per errore. Solo Regulus, dopo un po', prese a osservare Sirius a intervalli regolari, e ogni volta pareva che volesse dire qualcosa, ma che poi in qualche modo se ne pentisse, così ritornava al suo lavoro, la fronte aggrottata e lo sguardo cupo.
Fu quindi dopo che ebbero completato quasi tutto il lavoro che Regulus, spinto dal tempo che stringeva, si decise a parlare.
« Perché la Banks ha tolto dai casini anche me? » domandò a bruciapelo, spezzando il silenzio, la voce roca per mancanza di esercizio.
Lui sollevò lentamente il capo, entrambe le sopracciglia inarcate. 
« Ti consiglierei di chiederlo a lei, se solo avessi la certezza che non le metteresti di nuovo le mani addosso » replicò in tono gelido. « Credi di poterti frenare e andare a chiederle scusa o vuoi inscenare un'altra stupida ripicca da dodicenne? »
Regulus rimase spiazzato, come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno volto. Dalle sue parole, infatti, riuscì a capire che Sirius aveva compreso tutto su ciò che lo aveva spinto ad agire in quel modo usando Scarlett, e proprio a causa di ciò si sentì totalmente smascherato.
« Ti ho fatto una domanda » disse infine, evasivo.
Sirius sbuffò, riprendendo in mano l'ennesimo libro. « Non dovrebbe importarti » rispose, duro. « Hai la pelle salva, no? E' quello che cerchi da sempre ».
Il poco colorito rimasto sul volto del fratello svanì, lasciando la sua pelle bianca come la carta dei libri che stavano riparando in quel momento.
« Però non è andato tutto per il meglio, eh, fratellino? » proseguì Sirius, gettando a terra il libro e provocando un sonoro tonfo. « Volevi buttarmi fuori di qui, immagino. Ma i tuoi piani non sono andati in porto, anche se... devo ammetterlo, la tua versione dei fatti era straordinariamente convincente ».
A quelle parole, Regulus scostò di scatto la sedia di lato e si alzò, nervoso, mentre Sirius osservava i suoi movimenti con attenzione e scetticismo in parti uguali.
« Pensi che sia stato io? » sbottò il primo, aggressivo. « Pensi davvero che sia stato io a spifferare tutto quanto a Silente? »
Lui allargò le braccia e le battè sui fianchi, incredulo. 
« Ma no » rispose, trasudando sarcasmo. « Come potrei pensarlo? Di sicuro sarà stato uno dei fantasmi della scuola... Non so se hai notato, ma delle volte sanno essere così pettegoli... »
« Sirius » lo interruppe l'altro, serio, e quello si zittì e lo fissò, in attesa. « Credimi. Non sono stato io ».
Lo guardò risollevarsi da terra, poggiarsi allo scaffale con le braccia incrociate, l'espressione impassibile e le labbra serrate.
« Chi è stato, allora? » domandò, brusco.
Regulus sospirò impercettibilmente. « Sono stati... i miei amici » rispose, tentennando. « Io non ero d'accordo ».
Sorprendendolo, lui rise, annuendo per un qualcosa che l'altro non riusciva a capire. 
« Oh, già » fece, quando ebbe smesso. « Quasi dimenticavo, i tuoi grandi amici... hai cambiato comitiva, eh? L'ho notato, sei diventato pappa e ciccia anche con Mocciosus. Ottima scelta, davvero. Magari qualche volta possiamo andare a un concerto tutti insieme o roba simile, saremmo un bel gruppo, che ne pensi? »
Ma Regulus non rise, anzi ebbe uno sprazzo di rabbia che lo indusse a colpire la sedia con un calcio e ad avvicinarsi a lui, scontroso.
« Invece i tuoi amici sono i migliori, non è così? » sibilò, inviperito. « Ma certo, i Malandrini... darebbero la vita l'uno per l'altro, è così eroico...! »
« Sta' zitto » disse Sirius con voce ferma, velenoso. « E ingoia quell'invidia schifosa invece di sputarmela in faccia ».
Ironia della sorte, proprio in quel momento Regulus deglutì, distogliendo lo sguardo da lui e allontanandosi di un passo. Era livido, ma mai quanto Sirius.
« Ma piuttosto » fece ancora Regulus, tentando di riprendersi con un ghigno sarcastico, « come te la passi lontano da casa col tuo amichetto Potter? »
Sirius sbuffò, sdegnoso, poi scoppiò in una risata tetra e priva di gioia. 
« Lontano da dove? » gli chiese, incredulo. « Se quella fosse stata davvero casa mia non me ne sarei andato, non credi? »
« Sei tu che non hai mai voluto che quella casa fosse tua » rispose prontamente l'altro. « Nessuno ti ha mai impedito di sentirti in famiglia ».
« No, nessuno » ribattè Sirius, ironico, « a parte quelli che chiami i tuoi genitori. Se in quella casa non ci fossero stati anche loro, sarebbe stata decisamente più familiare per me, hai ragione ».
Regulus annuì, respirando affannosamente. Pareva che stesse sostenendo un furioso e sfiancante conflitto con se stesso, senza però riuscire a vincerlo.
« Dici bene » rispose infine. « I miei genitori. Solo perché tu non li hai mai considerati anche i tuoi. Come puoi pretendere che loro ti vedessero come un figlio? » sbottò, le sopracciglia che ormai si toccavano. « Sei stato sempre e solo tu a respingerli, mai il contrario ».
Sirius iniziò ad innervosirsi. 
Quello era un argomento che non toccava mai con nessuno, e quando inevitabilmente di tanto in tanto tornava alla sua mente, lo scacciava subito via, imponendo a se stesso di rimuoverlo ed andare avanti. Anche con i Malandrini, gli unici con i quali riusciva ad essere se stesso fino in fondo, aveva deciso di non esternare più nessun sentimento che riguardasse la sua famiglia e il vuoto che quella mancanza gli aveva provocato dentro. Loro, ovviamente, erano consapevoli di tutto ciò, conoscevano bene le sofferenze che aveva patito e le cicatrici che il passato aveva lasciato sulla sua pelle, ma sapevano anche che con lui non erano necessari tanti discorsi di vicinanza o parole di conforto, perché non facevano altro che riportare alla luce quelle ferite che a tutti i costi lui cercava di tenere nascoste, nella vana ed ingenua speranza che, prima o poi, occultandole, lo avrebbero abbandonato davvero. Così, con grande sollievo di Sirius, i suoi amici avevano acconsentito a non tirare fuori quella parte di lui che voleva dimenticare, come se fossero legati da una tacita ma incrollabile promessa. Parlarne, esternare quello che aveva dentro rappresentava per Sirius uno sforzo immane, una prova a cui non voleva sottoporsi, perché lo trovava inutile ed estremamente doloroso.
« Io non voglio essere figlio loro tanto quanto loro non hanno voluto essere dei genitori per me! » sbottò infatti, teso. « Sai benissimo come tua madre mi considera, solo perché non ho accettato di diventare la persona che lei voleva fare di me! L'unica colpa che ho è essere nato nella famiglia sbagliata! »
Regulus continuò ad osservarlo, anche lui parecchio nervoso, anche se fu abile nel non darlo a vedere. Sentirlo parlare in quel modo, non poteva negarlo, gli faceva un certo effetto. Perché, nonostante tutto, Sirius era e continuava ad essere suo fratello.
« Se per far parte di quella famiglia è necessario essere identico a loro, sto benissimo fuori, grazie » concluse Sirius, stanco. « E sappi che lei ti vuole bene come un figlio solo perché tu hai acconsentito a farti plasmare, perché se non lo avessi fatto, ti avrebbe ripudiato come ha fatto con me, Regulus ».
A quelle parole, i suoi occhi si riempirono all'istante di risentimento e rancore. 
Ecco il punto: il bene contro il male, la forza contro la debolezza, Sirius contro Regulus. Era quello che li aveva separati. La convinzione di Sirius che lui non fosse abbastanza coraggioso da mollare tutto e andarsene, come lui. Che non fosse abbastanza intelligente da capire la strada che i suoi genitori stavano tracciando per lui, come invece Sirius aveva fatto. Che non fosse abbastanza, punto. Che non fosse all'altezza di essere suo fratello.
« Io non sono come te, Sirius » ribattè Regulus, con una calma che faceva a pugni con la rabbia che infuriava dentro di lui. « Per questo la mamma mi vuole bene. Perché sono stato un buon figlio, un figlio migliore di te. E non credere che essere te sia uguale ad essere nel giusto, perché non è così ».
« Ah, no? » fece Sirius, avvicinandosi al fratello. « Certo, dimenticavo. Io sono quello sbagliato. E' così che ti ha insegnato mammina ».
« Sirius, ma con chi credi di parlare in questo momento? » ribattè Regulus, infervorandosi. « Con me o con mamma? »
« E' la stessa cosa! » rispose lui, alzando la voce. « In tutti questi anni non hai capito che di quello che eri tu è rimasto ben poco, perché ora c'è solo quello che lei ti ha fatto diventare! Non è rimasta una briciola della persona che eri, neanche una, Regulus! »
« Non è così! » urlò l'altro, infuriato. « Il problema è che tu non mi hai mai considerato abbastanza sveglio e intelligente da riuscire a scegliere e pensare con la mia testa! Non mi hai mai considerato degno di te! Beh, ti sbagli! Io sono migliore di te, Sirius, e la mamma lo sa. E tu te ne sei andato solo perché non lo hai mai accettato! Adesso sarà fiera di me, continuerà sempre ad esserlo, e prova ad ammettere che questo non ti disturba! Prova ad ammetterlo, Sirius! »
Si stavano fronteggiando, l'uno a un palmo di naso dall'altro, gli sguardi ardenti, i respiri affannosi. Sirius scosse impercettibilmente il capo, disgustato.
« Non m'importa più di quello che pensano loro » sibilò a labbra strette. « Non m'importa da non so quanto tempo, ormai. L'unica cosa per la quale avevo ancora speranza eri tu, Regulus. Ma credo sia ora di smetterla anche con te, no? Ormai è andato tutto perduto ».
Le sue parole grondavano delusione, e lui non riuscì a sopportarle. Erano troppo, davvero troppo per lui.
« Se è così » disse, la voce che tremava, « se davvero è tutto perduto, è anche colpa tua. Mi hai abbandonato, e poi sostituito, Sirius. Non negarlo ».
Lui esibì un sorriso amaro e abbassò lo sguardo, scuotendo il capo. 
« Non riesco a credere che tu ti stia aggrappando a questo » mormorò, senza smettere di muovere la testa. « Non ti avrei mai messo da parte se tu non fossi cambiato. Ma è successo. Quando sono ritornato a casa, eri già un'altra persona. Non riuscivo più a riconoscerti, continuavi a dire che mamma e papà avevano ragione su tutto... sei stato tu ad abbandonarmi contro di loro. Tu, Regulus ».
Il ragazzo deglutì, facendo qualche passo indietro. Non riusciva a sostenere il suo sguardo, al contrario di Sirius, che non lo lasciava un momento.
« Credo ancora che abbiano ragione » asserì sottovoce Regulus.
E a quelle parole, Sirius esplose. 
« Ma non capisci cosa ti hanno fatto? » urlò, avventandosi nuovamente su di lui con una rabbia accecante. « Ti hanno distrutto, e tu non hai fatto nulla per impedirglielo! Non sei più un bambino, puoi scegliere da che parte stare, hai ancora una possibilità! Ascoltami! »
Lui se lo scrollò di dosso con foga. 
« Io ho già scelto da che parte stare! » gridò di rimando, mentre Sirius annaspava. « Che tu ci sia o no, io sono uno dei suoi! » e accompagnò le parole a un gesto improvviso: sollevò di scatto la manica sinistra del mantello, tirando su anche il bordo del maglioncino, e Sirius potè vederlo distintamente. 
Un teschio riluceva sulla sua pelle, marchiandola come un lucido tatuaggio appena impresso, e dalle sue fauci fuoriusciva un serpente dall'aria letale. Guardandolo, Sirius non capì, ma parve comunque atterrito.
« Mi sono unito a Lui, Sirius, mi ha impresso il suo marchio, e ne sono fiero! » proseguì Regulus, inarrestabile, e il fratello arretrò d'istinto, inorridito.
Fissò il marchio, il volto d'un tratto ancor più pallido di quanto già normalmente non fosse, e gli occhi dardeggiarono da quelli terrificanti del teschio a quelli vacui di Regulus, che pareva essersi reso conto solo in quel momento di ciò che aveva fatto.
Per alcuni infiniti istanti, Sirius rimase immobile e con il fiato corto, senza riuscire a trovare la forza necessaria per andare via di lì. Aveva gli occhi un po' più lucidi del normale e fu di totale e gelida delusione l'ultimo sguardo che rivolse al fratello prima di voltargli le spalle.
Regulus, terrorizzato da quanto aveva appena fatto, estrasse in fretta la bacchetta dal mantello e la puntò verso il ragazzo che si allontanava. Con la voce roca e spezzata, mormorò sottovoce: « Oblivion » e, in un attimo, Sirius dimenticò della visione del Marchio Nero sul suo braccio.
Non avrebbe mai e poi mai dovuto mostrarglielo, sapeva bene che il suo padrone non lo avrebbe voluto, ma la rabbia lo aveva sconvolto e portato a tirare su la manica di quel maledetto mantello, così da mostrare il simbolo del suo più grande orgoglio, la prova tangibile del traguardo che aveva raggiunto facendo leva solo ed esclusivamente sulle proprie forze. E quello, quello Sirius doveva assolutamente dimenticarlo.
Ma non avrebbe mai fatto sì che cancellasse dalla mente anche quanto era successo poco prima. 
Le loro strade si erano divise, incontrovertibilmente, e da quel momento in poi avrebbero combattuto su fronti opposti, come se mai nulla li avesse legati prima di allora. Non rimaneva nulla di quel vecchio rapporto ormai dimenticato, se non i resti di un affetto incancellabile che non era riuscito a vincere su nulla, ma li aveva solo terribilmente sconfitti entrambi.
Sirius non capì mai realmente cosa avesse provato ascoltando quelle parole, anche se continuò sempre, incessantemente a domandarselo. Sapeva solo che per tutto il tragitto fino alla Sala Comune non aveva visto nulla del mondo intorno a lui, delle pareti, delle candele appese ai muri, delle scale lungo cui era salito, e tutto ciò che aveva percepito era stato un vuoto al centro di se stesso, una voragine dai confini indefiniti che stava inghiottendo tutto per poi divorare anche lui. E anche se sapeva bene che mai nella vita avrebbe potuto sentirsi pronto a conoscere quella verità, si disse che quello era stato il modo più terribile, sconvolgente e lacerante con cui avrebbe mai potuto scoprirlo. 
E odiò a morte suo fratello per questo, lo odiò per mille altre ragioni e lo odiò sempre, per tutta la vita, senza mai riuscire a smettere. Lo odiò perché aveva gettato via tutto quanto, e anche se stesso, senza che lui avesse potuto impedirglielo. Lo odiò perché forse si odiava anche lui, lui, che continuava a ripetersi cosa sarebbe successo se lo avesse supplicato di tornare indietro e scegliere la cosa giusta, se magari invece di rinfacciargli tutti gli errori di una vita lo avesse stretto a sé in un abbraccio da vero fratello... Ma non aveva fatto nulla di tutto ciò, e il rimpianto li avrebbe uniti come null'altro era mai riuscito a fare.
Quando varcò il buco dietro il ritratto della Signora Grassa e saltò giù chiudendoselo alle spalle, trovò la Sala Comune deserta e immersa nel buio, illuminata soltanto dall'ultima fiammella rimasta a bruciare nell'ampio camino di mattoni.
Si fece strada verso la scaletta a chiocciola che conduceva ai Dormitori maschili, quando intravide un'ombra dietro di sé. Si voltò con uno scatto fulmineo, la bacchetta sguainata, all'erta, per poi accorgersi che in effetti qualcuno c'era in quella Sala Comune, e non pareva un elemento potenzialmente pericoloso.
Scarlett, infatti, era accoccolata su una delle poltrone di velluto scarlatto, rannicchiata su se stessa con un libro aperto che oscillava sulle sue ginocchia e minacciava secondo dopo secondo di scivolare a terra. 
Guardandola, Sirius non potè trattenere un debole sorriso, e le si avvicinò lentamente riponendo la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni. Si inginocchiò, osservandola da vicino, e a quel punto lei cominciò a tentare di riaprire gli occhi.
« Mmm... » mugugnò, affondando il volto fra le braccia, così che il libro crollò sul pavimento con un tonfo sordo. « Chi sei? »
Il sorriso sul volto di Sirius si ampliò appena. 
« Il lupo cattivo » mormorò. « Cane lupo, in verità ».
Scarlett diede in una risatina sommessa e allungò una mano cercandolo a tentoni, il volto ancora sommerso e nascosto alla vista.
« Ahia » si lamentò lui quando lo colpì sull'occhio. « Ehm... che ne diresti di riemergere dalle tenebre? E' ora di andare a letto, bambina ».
Lei mugugnò qualcos'altro di poco distinto e sollevò il capo, stropicciandosi gli occhi e cercando di sistemarsi i capelli scarmigliati contemporaneamente.
« Scommetto che mi trovi molto sexy in questo momento » borbottò, la voce ancora impastata di sonno.
Sirius rise sommessamente e tese una mano, allontanando la sua dagli occhi che stava tormentando ormai da un pezzo. 
« Molto è riduttivo » le disse.
E Scarlett rise con lui, per poi decidersi a sistemarsi meglio sulla poltrona e riprendersi dal letale pisolino.
« Come mai ancora in piedi a quest'ora? » le domandò lui, curioso. « In piedi... si fa per dire, naturalmente ».
Lei deglutì, scrutandolo nella semioscurità. 
« Aspettavo te » rispose, semplicemente, e lo sguardo di Sirius si fece d'un tratto diverso. « Sembri distrutto » mormorò poi, osservandolo con maggiore intensità. « Lo sei » aggiunse, facendoglisi più vicina.
Lui si sollevò da terra, sospirando pesantemente, e quella sola spinta parve costargli uno sforzo immane. Sembrava esausto.
Quando si volse a guardarla, però, i suoi occhi bruciavano come il fuoco ancora vivo che illuminava fiocamente la stanza.
« E' uno dei suoi » disse, la voce che, inevitabilmente, tremava appena. « Si è unito a Lui. Me lo ha urlato in faccia un minuto fa ».
Scarlett non riuscì a non trattenere il fiato, e sbarrò gli occhi.
« Avresti dovuto vederlo, era così fiero... » sibilò, l'amarezza che permeava ogni sua parola. « Ma credo... credo che avrei dovuto aspettarmelo ».
Deglutì e si lasciò cadere contro il muro, sbattendovi volontariamente contro la testa. Si coprì gli occhi con un braccio e respirò a fondo. Scarlett era paralizzata, incapace di muoversi, di formulare parole. L'unica cosa che percepiva era dolore.
« Come... ? » disse in un sussurro appena udibile. « Non avresti mai potuto... ».  
Ma lui scosse il capo con vigore.
« Era destinato sin dalla nascita ad entrare fra le sue fila » rispose, lasciando ricadere il braccio lungo il fianco. « Lo ero anch'io, in realtà... ma mi sono ribellato ». Si staccò dalla parete, passandosi una mano fra i capelli. « Lui invece no, è felice di strisciare ai piedi di Voldemort... e posso solo immaginare quanto saranno contenti mamma e papà, adesso... Hanno avuto quello che volevano. Il loro eroe ce l'ha fatta, alla fine, così il nome dei Black potrà finalmente ritrovare un po' della luce e dell'onore che io gli ho fatto perdere ». Annuì con un sorriso amareggiato. « Un dolce lieto fine » commentò sottovoce.
Scarlett si morse il labbro con violenza, e si alzò di scatto, avvicinandoglisi. Non aveva idea di cosa dire, ma Sirius avvertiva chiara e forte la sua vicinanza.
« Forse... forse è meglio che ti lasci un po' da solo » mormorò, fortemente titubante, ma lui non rispose, come se non l'avesse sentita.
Stringendo i pugni e sentendosi maledettamente impotente, lei gli voltò lentamente le spalle e fece per andar via, quando avvertì la sua mano serrarsi intorno al suo polso e costringerla a voltarsi quasi con prepotenza. 
Il suo abbraccio arrivò immediato, come una ventata di benevolo calore che la avvolse e la agitò. 
Lo strinse a sé, profondamente turbata, accarezzandolo mentre sentiva la sua schiena tremare appena. Non lo aveva mai visto così fragile, come se quel cuore che le era sempre sembrato di pietra adesso potesse sgretolarsi di fronte ai suoi occhi senza che potesse far nulla per rimetterlo a posto.
« Sirius... » sussurrò, sentendo le sue braccia stringersi più forte intorno a lei. 
La forza con cui le sue mani stringevano la sua pelle era incredibile, come se anche solo l'idea di allontanarsi e lasciarla fosse spaventosa.
Rimase aggrappato a lei per un'eternità di tempo, e Scarlett ebbe paura ogni istante, paura per quel che avrebbe trovato sul suo volto una volta che si fosse allontanato. Quando alla fine lo fece, vide qualcosa brillare nei suoi occhi plumbei e spenti, una luce che si tramutò in lacrima, che scivolò fuori dai suoi occhi di ghiaccio, sulla guancia che non aveva mai solcato.
E d'un tratto, fu lui ad avere paura. Paura dei suoi sentimenti, delle emozioni che aveva sommerso e che si stavano ribellando a tutti quegli anni di silenzio. Volevano scoppiare fuori, e lui sapeva che l'unica a cui volesse mostrarle era lei. Lei che, al contrario di quanto credeva, sarebbe stata capace di aggiustare i pezzi di lui che non andavano, di crearne di nuovi, di sostituirli e guarirli, lasciando intatta l'anima che possedeva, ma mettendola in luce, purificandola da tutto ciò che teneva nascosto.
« Scusami... » mormorò lui quando l'ebbe lasciata, abbassando di scatto il capo.
Lei scosse la testa, assai stupita da quelle scuse prive di senso, e si avvicinò, sfiorando il suo mento per far sì che risollevasse lo sguardo. 
Si osservarono a lungo, mentre lei asciugava quell'unica dimostrazione di umanità mai vista in lui, con un tocco delle dita gentile e delicato. 
« Sirius... » ripetè in un sussurro quasi impercettibile. « Ricordati che tu hai una famiglia ». 
Non riuscì a trattenersi, notando la sorpresa nei suoi occhi, e lo abbracciò di nuovo. 
« Non dimenticarlo ».









Note della Malandrinautrice: Salve! Come andiamo, gente?
Questa volta ho ritardato un po' meno rispetto alla scandalosa volta scorsa, ma mi scuso comunque perché avevo detto su facebook - e a qualcuno che mi ha contattata qui per mail - che probabilmente avrei potuto aggiornare domenica, o lunedì, mentre per problemi vari mi sono ridotta a questo giovedì. Mi dispiace davvero.
Comunque, spero in un vostro perdono e, nel frattempo, mi soffermo un po' su alcuni punti di questo capitolo.
Sono curiosa, innanzitutto, di conoscere i vostri pareri in merito al rapporto tra Sirius e Regulus, anche se ne avevamo già parlato. Ho cercato di attenermi al massimo a ciò che sappiamo, a quanto detto dalla Rowling, e spero che il risultato sia positivo.
Per il piccolo episodio dell'incantesimo di memoria, ho deciso di far sì che Sirius dimenticasse perché, nel Calice di Fuoco, quando Harry gli racconta di aver visto Karkaroff mostrare a Piton un qualcosa che aveva sul braccio, lui riflette e dice infine di non avere idea di cosa possa essere. Ci tenevo, però, a mettere in atto la scena in cui Regulus gli mostra la prova di ciò che ha fatto.
Poi, cosa c'è da dire? I Blanks vanno alla grande, lei sarà sempre la persona che gli sarà più vicina riguardo a questo argomento, perché, come ha detto lo stesso Sirius, in questo particolare caso James non è la persona più adatta con cui parlare.
Poi, anche se sono comparsi assai poco, Lily e James. Lei è incredibilmente presa da lui, è un periodo in cui non vuole badare a nulla e lasciarsi andare a ciò che desidera fare davvero. Vedremo come la loro storia si evolverà.
Basta, la pianto. Come sempre, in caso di dubbi, io sono qui.
Poi, prima dei ringraziamenti voglio postarvi quest'immagine di un frammento di scena Blanks, fatta da me - e si vede, ahahahah -. Eccola: 
http://oi48.tinypic.com/21bu7wj.jpg.
Adesso, però, passiamo al momento più importante. Quello in cui vi parlo delle... quante? QUARANTATRE' recensioni. Cinque in più del nostro precedente record. Io e mia sorella siamo sotto shock. E' incredibile quanto sia immenso l'affetto che ci dimostrate, è incredibile tutto quello che ci sta succedendo. Vedo praticamente tutti voi come degli amici, dei veri amici, e il mio pensiero va a voi costantemente. Vado così fiera del rapporto che abbiamo creato tra noi, non avrei mai sperato di intrecciare legami così forti con i miei lettori, invece è successo... e, credetemi, io e mia sorella stiamo vivendo un sogno. GRAZIE, grazie infinite di cuore a ognuno di voi.
E grazie, come sempre, ai 162 delle preferite, ai 41 delle ricordate e ai 204 delle seguite! Grazie davvero, lettori silenziosi!
Vi abbraccio forte, un bacione!


Simona_Lupin

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Capitolo 27
*** Il male dentro le mura ***




A Mirko,
che segue con passione questa storia.
E che è l'unico esemplare maschile presente, il che non guasta.
Grazie sempre di tutto.

 


Capitolo 27


Il male dentro le mura






« Ramoso, ti prego, chiedimi perché siamo qui ».
« Perché siamo qui, mio peloso amico? »
« Non ne ho idea. E non sono peloso. Ma scappiamo, dico sul serio, mi si sta prosciugando il cervello ».
« Lo dici sempre, sai? In tutto questo tempo, ti si sarà prosciugato di sicuro. I sintomi ci sono tutti, direi ».
« Non ricordo di averti interpellato, Lunastorta. E prendi i fottutissimi appunti, o saremo... »
« ... fottuti. Mi aggrego, gente ».
« Il tuo supporto è sempre fondamentale, Codaliscia. Ti sono immensamente grato per il brillante intervento ».
« Sta' zitto, Sirius! Non riesco a sentire! »
« Sta' zitto tu, Remus. E poi, se vuoi, posso parlare un po' più forte ».
« Non voglio ascoltare te, razza di stupidissimo idiota criminale ».
« Sempre pungente, amico. Vai così, alle donne piace ».
Era la prima ora di lezione del mercoledì successivo al giorno del ritorno ad Hogwarts, e i Malandrini si sentivano già totalmente annientati.
Storia della Magia, fortunatamente, era un'occasione per riposare un po' la mente, ma Sirius la viveva come una sfiancante e atroce tortura, un'ora di prigionia interminabile, perché secondo la sua filosofia - anche se in realtà non ne aveva affatto una - la noia era la nemica più temibile per l'uomo.
« Ma non smette mai di ciarlare? » sbottò infatti un minuto dopo, a voce piuttosto alta. « E non posso neanche ucciderlo! Mi ha davvero fottuto! »
Tutti si voltarono a fissarlo, chi sorridendo, chi vagamente sconvolto, ma Rüf proseguì col proprio monologo con aria impassibile.
« Se non ti decidi a stare zitto » minacciò sibilando Remus, brandendo la propria penna d'oca, « ti ficco questa piuma... »
Ma non riuscì neanche a terminare la frase, perché il ragazzo esplose in una sonora risata che distrasse perfino l'insegnante, sempre sordo a qualsiasi vocio.
« Ha detto qualcosa, signor Brown? » domandò, un'espressione di educata perplessità sul volto perlaceo.
A quelle parole, Sirius sgranò gli occhi, sinceramente incredulo. 
« Com'è che mi ha chiamato? » fece, piuttosto aggressivo.
Scarlett azzardò un'occhiata nella sua direzione, ma ritornò a fissare il proprio banco molto in fretta, un po' confusa.
« Mi sono forse sbagliato? » si chiese l'insegnante parlando lentamente, come sempre estremamente calmo.
Sirius sbuffò. « Direi proprio di sì » ribattè con veemenza. « Sono Black, professore, stavo ridendo di gusto per la volgarità del mio amico Remus Lupin ».
Lui si voltò a fissarlo con lo sguardo più truce che riuscì a partorire, ma Sirius continuò beatamente a ghignare soddisfatto, e prese a dondolarsi sulla sedia.
« Oh, mi dispiace per il suo amico » rispose Rüf, che, da quella distanza, aveva capito chissà cosa, e riprese a leggere come se nulla l'avesse interrotto.
« Quell'idiota » inveì Sirius un attimo dopo, facendo avanti e indietro con la sedia sempre più pericolosamente. « Ma avete sentito come mi ha chiamato? Brown... ma dico, ho la faccia da Brown, io? Quante stronzate... Brown... inutile biondastro gonfiato... »
« Amico, ha sbagliato colore » rise James, battendo sulla sua spalla. « Black, Brown... ringrazia che abbia azzeccato la categoria, no? »
Ma lui non gli diede retta e continuò a borbottare ancora a lungo, esasperando un già infuriato Remus sempre di più, finché, portato all'esasperazione, questi non gli diede una spintarella, rischiando di farlo precipitare giù con tutta la sedia. Sirius, però, riuscì ad aggrapparsi appena in tempo al bordo del banco e lo maledisse con lo sguardo, mentre Peter, che aveva trattenuto il fiato quando aveva visto l'amico sul punto di cadere, prese un respiro profondo per calmarsi.
« Morirai entro oggi, Remus » lo minacciò Sirius, riprendendo a dondolarsi con assoluta nonchalance. « Ricorda le mie parole ».
Lui lo fissò a lungo e annuì brevemente, poi ritornò ai suoi preziosi appunti, indifferente.
La campanella suonò dopo dieci minuti, e Sirius saettò in aria esibendosi in un gesto di trionfo.
« Vorrei sapere cos'hai tanto da esultare » fece James, dandogli un colpo sulla schiena con la borsa stracolma di libri. « Abbiamo due ore di McGranitt e due di Vitious, e se ben ricordi, non abbiamo fatto un ca... »
« James » fu il pronto intervento di Remus, e il ragazzo sbuffò per cinque secondi interi.
« Non puoi rimproverarmi ogni volta che sto per dirlo! » esclamò, scandalizzato. « Sono solo lettere, amico, lettere messe insieme, andiamo! »
Sirius annuì con vigore a ogni sua parola, palesemente d'accordo. 
« E' vero » disse. « Puoi dire australopiteco e puoi dire ca... EHI! »
Anche in quell'occasione, la fatidica parola non venne completata, ma non per colpa di Remus, ormai tristemente rassegnato.
Sirius, infatti, era stato violentemente urtato da Macnair, che lo aveva oltrepassato insieme alla solita banda di Serpeverde del loro anno.
« Attento a dove cammini, Macnair » gli urlò dietro, e quello si voltò con un ghigno stampato in volto. « Cos'è, un corridoio intero non è abbastanza ampio da contenere la tua ciccia insieme a quella di Goyle? Ma va' al diavolo » sbuffò infine, sdegnoso.
Il ragazzo rise, sbeffeggiandolo apertamente. 
« Ancora così scontroso, Black? » gridò di rimando, cominciando ad avvicinarsi. « La lezioncina dell'altro giorno non ti è bastata? Ma sta' pure tranquillo, amico mio, ti assicuro che troveremo modi più creativi per vendicarci ».
James esplose in una risata sinceramente divertita e scosse il capo. 
« Attento a come parli, fratello » fece a Sirius, incrociando le braccia al petto. « Il ciccione ha cattive intenzioni. Cosa puoi saperne, potresti ritrovarti trasformato in un bignè e divorato dalle sue spaventose fauci nel giro di un secondo. O magari ti daranno in pasto a Mocciosus, eh? Hai bisogno di mettere su qualche chilo, amico, ti vedo messo un po' male ».
Tutti gli studenti presenti nel corridoio li fissavano, alcuni allarmati, altri semplicemente divertiti. Il silenzio regnava fra le pareti, tanto che le voci rimbombavano come amplificate su per le alte mura, e gli spettatori più attenti erano le ragazze, che si scambiavano sguardi di continuo con aria preoccupata.
« A me sembra il gran figo di sempre, invece » fece eco Sirius, osservandolo e annuendo in segno d'approvazione. « Come va con le ragazze, Mocciosus? Mi è giunta voce di alcune stragi di cuori davvero impressionanti, non so come tu faccia a reggere sulla coscienza il peso di tutte queste fanciulle in lacrime... »
Piton non mosse un muscolo, e si limitò a fissare i due con il più puro disprezzo. Il suo volto giallastro aveva perso anche la minima parvenza di vita.
« La vostra ironia mi devasta » replicò, muovendo appena le labbra sottili. « Non credo di sentirmi pronto ad affrontare un incontro di cervelli con voi due... non reggerei il confronto con delle menti brillanti come le vostre, vi prego di perdonarmi ».
James e Sirius scoppiarono nuovamente a ridere, sempre più divertiti, e il primo si aggrappò alla spalla dell'altro, tenendosi lo stomaco.
« Parli di cervelli, Mocciosus? » lo prese in giro James, sistemandosi gli occhiali scivolati lungo il naso. « Ma certo, dimenticavo che tu ne sei accerchiato! Guarda Goyle, per esempio! La sua fama di cervelloide lo precede, no, amico? » e diede una lieve gomitata a Sirius.
« Ancora mi domando come abbia fatto a non finire a Corvonero, con quel suo spiccato acume » fece quello, grattandosi il mento con aria seria e pensosa.
A quelle parole, Goyle si lanciò in avanti come se volesse picchiarlo, e in effetti lo voleva davvero, ma Piton lo trattenne per un braccio.
« No no, Mocciosus, lascialo pure » lo schernì Sirius, allargando teatralmente le braccia. « Cos'è, hai colto l'ironia? E da quando la capisci? Oh, ma certo... adesso che sei diventato un genio vuoi fare a botte come si deve. Fatti avanti, allora. O hai troppa paura che ti sbattano fuori come avete provato a fare voi con me? » 
Cominciò ad avvicinarsi sempre di più, provocatorio, con la sua solita andatura rilassata e decisa insieme. « Se ci tieni tanto, liberati dalla presa ferrea dei bicipiti di Mocciosus e avvicinati, così potrò spaccare la faccia a te e ai tuoi amici e l'espulsione me la sarò guadagnata davvero. Che ne dici? »
Goyle cominciò ad annaspare, irato, ma non si mosse e si limitò a fissarlo con aria truce, come se avesse voluto fargli del male solo con lo sguardo.
« Coraggiosi » commentò Sirius dopo parecchi secondi di assoluto silenzio. « Come sempre ».
Arretrò, senza staccare gli occhi di dosso da Piton e Goyle, lo sguardo infiammato di rabbia. James gli strinse la spalla, come a volergli suggerire di calmarsi.
« Che c'è, Potter, tu invece ti tiri indietro? » intervenne all'improvviso Avery, ghignando. « Devo dire che il tuo amico è molto più ammirevole di te ».
James, però, si limitò a sorridere con un chiaro atteggiamento di superiorità, irritando ancor di più la banda di Serpeverde.
« Potrei picchiarti, Avery » gli disse con assoluta tranquillità. « Potrei farti un incantesimo e spedirti in Infermeria con un Bubotubero al posto della testa, potrei fare in modo che ti buttino fuori dalla scuola... ma non ho voglia di perdere del tempo con te, quindi volta le chiappe e sta' alla larga, prima che decida di cambiare idea ».
Rivolse loro un ultimo sguardo velenoso, poi voltò loro le spalle trascinando Sirius con sé, e Peter e Remus vennero loro dietro, parecchio tesi.
I Serpeverde li guardarono allontanarsi, e solo quando li vide svoltare l'angolo Piton lasciò la presa sul braccio di Goyle, evidentemente infuriato.
« Dobbiamo fargli abbassare un po' la cresta » sbottò Avery, avanzando verso il lato opposto del corridoio con i compagni al seguito.
« Già, già! » saltò su Goyle, annuendo ripetutamente. « Dobbiamo farci vedere che non possono fare i re della scuola! »
Piton gli rivolse un'occhiata sdegnosa, ma non commentò e si limitò a restare in silenzio, lo sguardo fisso a terra.
« Aspetta » disse Avery, bloccandosi di colpo come se lo avesse colto un'improvvisa illuminazione. « E' stanotte, no? La ronda di quel bastardo di Potter e della sporca Mezzosangue, ma sì! Non è vero, Piton? » chiese al compagno, voltandosi a guardarlo.
Il poco colorito presente sul volto di Piton svanì di colpo. 
« Io... non ricordo » rispose, evasivo ma abbastanza convincente.
Macnair, però, non parve convinto dalla sua risposta, e sbuffò annoiato. 
« Certo, e noi ci crediamo » ribattè, schernendolo.
« Piantala, Macnair » fece Avery, brusco. « E tu cerca di fartelo venire in mente. Io sono sicuro che sia questa sera, non ho dubbi. Quindi » proseguì, riprendendo a camminare, « che stasera sia. Andremo ad esercitarci come stabilito, poi ci occuperemo di loro, e avranno quel che si meritano ».
Tacque un momento, ragionando intensamente sul da farsi, e i compagni si scambiarono degli sguardi.
« Dobbiamo avvisare Regulus » disse, affondando le mani nelle tasche. « Non possiamo rimandare la cosa ancora per molto, abbiamo aspettato anche troppo ».
Goyle si battè un pugno sul palmo aperto della mano. 
« E' la volta giusta! » esclamò, e Mulciber gli battè un colpo sulla nuca, zittendolo all'istante.
« Io ci sto » disse poi, annuendo con convinzione.
« Anch'io » affermò Macnair.
Tutti volsero lo sguardo a Piton, che non lo sollevò da terra. Pareva livido e corrucciato, e tutti aspettarono che parlasse.
« Va bene » sbottò, accelerando il passo, e i compagni sogghignarono soddisfatti.
Era deciso: quella notte avrebbero agito.
 
 
*  *  *
 
 
Era pomeriggio, e tutta la casata di Grifondoro era rintanata al caldo dentro la Sala Comune, lontana dal gelo che albergava intorno al prato o lungo i corridoi del castello e che tentava, suo malgrado, di penetrare anche nell'affollata stanza attraverso le fessure delle finestre serrate per magia.
In quel momento, Sirius, insieme a Mary, stava litigando con un gruppo di ragazzi del sesto anno perché pretendevano le poltrone accanto al camino che lui e gli altri occupavano ormai da ore, James stava giocando a Scacchi Magici da solo, esultando a ogni mossa particolarmente abile compiuta da se stesso, Remus stava tentando di spiegare a Peter come Trasfigurare i propri capelli, anche se con risultati davvero deludenti, Lily, Emmeline e Scarlett erano chine sul loro tema di Incantesimi, anche se da tre menti non stava venendo fuori nulla di particolarmente buono, mentre Alice e Frank, totalmente persi nel loro mondo fatato, si scambiavano tenere effusioni su una poltrona.
« Ho detto fuori dai piedi » stava concludendo Sirius in tono minaccioso, fissando senza batter ciglio i quattro ragazzi infuriati, e Mary annuì con veemenza.
Quelli ricambiarono lo sguardo con aria truce, come se avessero voluto spedirlo dentro il focolare del camino con la sola potenza mentale.
« Ce le prenderemo, quelle dannate poltrone » replicò quello che pareva il più agguerito, e Sirius inarcò le sopracciglia, perplesso.
« Non lo metto in dubbio » tagliò corto, voltando loro le spalle e accomodandosi su una delle poltrone, e battè un cinque a Mary, che gli sorrise radiosa.
« Bravo, amico, così si fa » si congratulò James, battendogli un colpetto sul ginocchio. « Devi difendere il tuo territorio ».
Lui annuì, spalmandogli la testa sul piano del tavolo. 
« Mi sa che il tuo alter ego ti ha fatto Scacco Matto, Ramoso » aggiunse, ridendo beffardo.
James gli sferrò una gomitata sugli stinchi che lo fece zittire, poi fissò la scacchiera e diede in un gesto di vittoriosa esultanza.
« SI'! » ruggì, battendo poi il pugno chiuso sul tavolo. « Sapevo che avrei vinto! Alla faccia tua! »
Sirius rise, accavallando una gamba sullo spesso bracciolo della poltrona sfondata, e preferì non proferire verbo.
« Chi gioca a Scacchi con me? » domandò dopo un attimo James, risistemando i pezzi che si ribellavano all'ennesima partita. « Andiamo, fatevi avanti, solo perché ho battuto James Potter il Magnifico non significa che io sia invincibile! O meglio, sì, ma è irrilevante! »
Qualcuno lo degnò di un'occhiata stupefatta, mentre altri proseguirono beati con le loro faccende, insensibili agli occhi di James che si facevano ogni istante più dolci, luminosi e imploranti, come faceva sempre quando desiderava ardentemente qualcosa.
« Ho chiesto » annunciò a gran voce, inalberandosi, « chi gioca a Scacchi con me? Adesso voglio una maledettissima fila, niente discussioni! »
Come previsto, nessuno rispose, cosa che lo offese profondamente, tanto che si alzò da terra e, con passo di marcia, si diresse verso Remus e Peter.
« ... se agiti il polso in quel modo sconclusionato, è ovvio che non verrà fuori niente » stava dicendo il primo all'amico sempre più confuso.
« Cosa posso farci se è complicato e mi riesce così male? » sbottò, ritentando il complesso movimento con la bacchetta.
Remus sbuffò, gli tolse la bacchetta di mano e se la mise in tasca. 
« Per oggi » asserì con fermezza, « questa non la tocchi più, Peter. Tanto non sei capace ».
« AMICO! » esclamò teatralmente James, accoccolatosi dietro di loro, ed entrambi sussultarono. « Ma che razza di comportamento è questo? »
Lui lo fulminò con lo sguardo. « La pianti di appostarti così alle spalle? » gli disse, furioso.
Quello sollevò le spalle, sorridendo sghembo. 
« No » rispose infine, allegro. « Comunque, non esiste nulla al mondo che il mio grandioso amico Peter non riesca a fare, d'accordo? Quest'uomo non conosce limiti, limiti insuperabili per qualsiasi altro mortale... e allora, mio divino amico, vuoi giocare a Scacchi con me? » concluse, guardandolo intensamente e con orgoglio.
Peter lo fissò con sguardo vacuo, scambiò un'occhiata con Remus e tornò a guardarlo, inespressivo.
« No » fu la sua risposta, piuttosto secca, e James, per la sorpresa, spalancò la bocca senza riuscire a pronunciare una parola dotata di senso compiuto.
« Brutto ratto da fogna viscido e rognoso! » inveì, e quello rise in maniera totalmente disinteressata. « Remus aveva ragione a trattarti in quel modo! Remus, sì, il mio magistrale amico, il più intelligente, il più sveglio, il... »
« Non giocherò a Scacchi con te, Ramoso » lo interruppe l'amico, atono, e per James lo shock si rinnovò.
Si alzò da terra con uno scatto fulmineo, si raddrizzò gli occhiali e additò i due amici con foga. 
« Voi » annunciò con rabbia, « sarete maledetti ».
Remus si esibì in un ghigno pronunciato. 
« Non farla tanto lunga » gli fece, tornando al suo lavoro. « Chiedilo a Sirius, non credo abbia nulla di meglio da fare al momento. Sta su quella poltrona da quasi due ore » e riprese in mano la piuma, voltandogli le spalle.
James si allontanò sbuffando come un bambino, e si diresse verso Sirius, che in quel momento era immerso in una fitta conversazione con Mary. Avevano avvicinato le poltrone e tenevano aperta sui braccioli una rivista di moto babbane un po' malconcia.
« Non ci provare » lo ammonì il ragazzo prima ancora che fiatasse, senza neanche sollevare lo sguardo.
« Non ho nemmeno... » esordì James, meravigliato e offeso insieme.
Ma quello scosse il capo. 
« Stiamo parlando di moto, amico » gli disse. « Spiacente, ma il primo amore sopra ogni altra cosa. E poi, voglio dire, quando mi ricapiterà nella vita di incontrare una così bella ragazza che si intende alla perfezione di moto? »
Mary arrossì e sorrise, ma lui non parve farci caso, e quando si voltò nuovamente si concentrò subito sulla rivista.
L'umore di James, con quell'ennesimo e crudele rifiuto, precipitò definitivamente a terra. La sua ultima, lontana speranza era svanita nel nulla ancor prima di cominciare a brillare, e la delusione ardeva in lui come fiamma viva.
Si lasciò cadere sul pavimento, poi cominciò a studiare la situazione, cercando di individuare possibili prede ancora da attaccare. Lo sguardo cadde immediatamente su Alice e Frank, impegnati in uno scambio reciproco di baci, e la voce gli morì in gola, tanto che scosse il capo con aria delusa. Dopodiché, si concentrò sul gruppo di studio, l'unico territorio che non era ancora stato minato. Pareva un'impresa ardua, anche se Scarlett scriveva piuttosto svogliatamente ed Emmeline si era appena coperta la bocca con la mano per nascondere un elegante e contenuto sbadiglio. Da tentare.
Senza neanche degnarsi di alzarsi da terra, scivolò a saltelli lungo il tappeto finché non si ritrovò con la spalla che toccava quella di Lily, che si distrasse.
Sollevò lo sguardo, incontrando quello vicino di James, e non riuscì a trattenere un sorriso divertito.
« Ciao » disse, solleticandosi il mento con la punta della morbida piuma d'oca intrisa d'inchiostro. « Qual buon vento ti porta qui? »
Lui ricambiò raggiante il sorriso. 
« Sono in missione, Evans » rispose con assoluta serietà, e lei corrugò la fronte, stando al suo gioco.
« In missione, dici? » gli chiese, posando lentamente la penna sul foglio scribacchiato per metà. « E chi ti manda? »
James parve rifletterci con attenzione. 
« Beh » concluse infine, pensando di aver trovato una buona risposta, « io, immagino ».
Lily annuì lentamente, assimilando l'informazione, e fra loro cadde un profondo silenzio, che si protrasse a lungo, dilatando il tempo.
« Di cosa stiamo parlando? » domandò infine la ragazza assai saggiamente, e James annuì con estremo vigore.
« In realtà non saprei, ma... è stato intrigante » disse, facendola ridere.
Le pizzicò la punta del naso con un dito, e lei si strinse nelle spalle, sorridendo complice al ragazzo che parve assai compiaciuto.
Lasciandola divertita e anche un po' spaesata, si spostò ancora un po' per avvicinarsi a Scarlett, e le picchiettò la spalla seguendo un ritmo regolare.
« Un momento » fece quella, brusca, continuando a scrivere sul proprio foglio di pergamena alla velocità della luce. « Devo completare la frase... Con un morbido... movimento... di polso. Okay, ci sono » asserì, e si voltò a guardare James, sorridendogli radiosa. « Salve, mio splendente amico ».
Il sorriso del ragazzo fu, se possibile, ancora più ampio. 
« Ossequi, affascinante donzella » fu il suo saluto. « Come butta con quel tema? »
Scarlett rise, scuotendo il capo con aria rassegnata. 
« I tuoi repentini cambi di registro linguistico mi spiazzano, Capitano » gli rispose, fingendo di darsi delle arie. « Comunque, butta proprio male, a dire il vero. Non riesco a scrivere nulla di decente ».
James la strinse prontamente in un abbraccio consolatorio. 
« Gioca a Scacchi con me » le propose in tono innocente, e lei si slacciò violentemente da lui per gettargli un'occhiataccia risentita. 
« Allora è per questo che mi abbracci! » esclamò, accusandolo, e lui trattenne il fiato per la sorpresa. « Sì, è così! » confermò Scarlett con rabbia.
« Ma no! » protestò quello, tentando di discolparsi. « Come puoi... insomma... mettere in dubbio il mio amore... ma come... Scarlett! »
Lei scoppiò a ridere, incapace di trattenersi, e lui si tranquillizzò. 
« Ascolta, James, non ho proprio tempo » gli disse dopo un po', sinceramente dispiaciuta. « E sai anche perché! Voglio dire, oggi abbiamo gli allenamenti e tutto, quindi non posso proprio, devo ancora studiare Erbologia e Antiche Rune, quindi... »
« Antiche Rune? » arrivò la voce di Sirius, suonando incredula. « Cosa, dici sul serio? Esiste ancora quella roba? »
Scarlett lo fissò come se fosse stata la creatura più ripugnante sulla faccia del pianeta. 
« Starai scherzando, spero » disse secca, stringendo gli occhi.
Ma lui scosse il capo. 
« Niente affatto, Banks » rispose con naturalezza, voltandosi per poterla guardare meglio. « Ma dai, insomma, neanche i secchioni più incalliti seguono quella fottutissima materia... ti prego, tesoro, dimmi che non sei fra quelli. Ti trovo troppo bella per poterti inserire in una simile categoria. Non smentirmi ».
Scarlett fece schioccare la lingua, scuotendo il capo, e Sirius sorrise, soddisfatto per aver fatto centro.
« Si dà il caso » fu l'acido esordio della risposta della ragazza, « che Antiche Rune sia una materia di incredibile interesse, carica di contenuti culturali e molto formativa, sia per l'intelletto che per lo spirito, serve anche per Magisprudenza e studia arti complesse, inesplorate e affascinanti come nient'altro... »
« ... e la detesti » concluse Sirius al suo posto con ovvietà, stendendo le lunghe gambe snelle per stiracchiarsi.
Scarlett lo fissò un momento, poi afferrò un pesante tomo e se lo battè sulla fronte, piagnucolando. 
« Sì! » esclamò, in preda alla disperazione. « Sì che la odio, la odio a morte, è la materia più inutile che esista e... e io non ce la faccio più, non posso tradurre ventidue righe al giorno, non ci riesco...! »
Sirius parve sinceramente impietosito, avvenimento più unico che raro. 
« Ti serve un po' di divertimento, bella Banks » sospirò, scivolando a terra e distendendosi sul tappeto in modo che il proprio capo si trovasse dietro la schiena di Scarlett. « Tanto per fare un nome, io sono divertente » le disse, sollevando le spalle.
Lei si voltò, esasperata dal suo comportamento. 
« No, ma dico, ti sembra il modo di sederti, questo? » lo rimproverò, scansandolo via.
Lui, però, rise e non si mosse, facendola innervosire ancor di più. 
« Non mi scollerai da qui, bella scolara » la schernì, intrecciando le mani dietro la testa.
Lei la prese come una sfida personale, e lo fissò in cagnesco, agguerrita. 
« Ne sei sicuro? » lo incalzò, provocandolo.
Gli voltò le spalle, afferrò la boccetta dell'inchiostro e la tenne sollevata e inclinata in direzione della sua bocca.
« Vuoi la mia personalissima benedizione, Black? » gli domandò, inclinandola ancor più pericolosamente.
Sirius non parve minimamente solleticato dalla minaccia, e accavallò le gambe con nonchalance, guardandola con un sorriso angelico.
« Nero come il mio nome » fece, serafico. « Poi dovrai smacchiare il tutto a modo mio, però, ti avverto ».
« Oh, BLACK! » sbottò Scarlett, fingendosi furiosa, ma non riuscì a trattenere una fragorosa risata.
Lui rise di cuore insieme a lei, la sua tonante risata simile a un latrato, poi si rimise diritto e le scompigliò affettuosamente i capelli.
« Più disordinata, meno perfetta » le sussurrò all'orecchio, sorridendo. « Ricordi? »
Scarlett lo guardò sorpresa. Ricordava perfettamente.
« Volete smetterla di flirtare e giocare a Scacchi con me? » sbottò James, decisamente scocciato, e i due risero, divertiti.
« Ti ho già detto che non posso » rispose la ragazza pazientemente. « Piuttosto, tu quand'è che intendi studiare tutta la roba che ci hanno assegnato per domani? »
Sollevò un sopracciglio, in attesa, ma la voce di Sirius la raggiunse nuovamente prima che James potesse anche solo aprir bocca.
« Secchiona! » le disse, decisamente allegro, e lei afferrò il cuscino accanto alla poltrona di Alice e Frank e glielo lanciò addosso, colpendolo sulla spalla.
« Secchiona aggressiva... » fece quello in tono mistico, stringendoselo al petto. « Meglio non provocarla ».
Lei annuì con un sorriso. 
« E' bello che tu capisca qualcosa, di tanto in tanto » cinguettò, per poi tornare a rivolgersi a James. « Dunque? »
Quello sbuffò svogliatamente, scombinandosi i capelli. 
« Scarlett, andiamo, sai bene che studiare prima degli allenamenti mi causa spossatezza » brontolò, giocherellando con il cinturino del proprio orologio d'oro. « E poi c'è sempre stasera. Anzi, in realtà no, devo uscire con Evans. E non contraddirmi, Evans, la ronda è un appuntamento a tutti gli effetti. Ad ogni modo, è mai successo che io non me la sia cavata? »
Scarlett riflettè intensamente, grattandosi il capo con l'indice. 
« Fammi pensare... mmm... sì » concluse, annuendo con forza.
« Infamie » fece il ragazzo, sbuffando. « Non ho mai studiato seriamente in vita mia eppure sono sempre il più brillante. Dopo Evans, ovvio » aggiunse.
Lei gli rivolse una linguaccia e tornò al suo lavoro, sorridendo.
« In conclusione, nessuno vuole giocare ai fottuti Scacchi con me? » domandò infine, passando in rassegna i volti di tutti, impassibili.
L'unica a sciogliersi di fronte ai suoi occhioni da cerbiatto fu Emmeline, che lo fissò con aria sinceramente affranta.
« James, mi dispiace tanto » mormorò, il capo inclinato. « Io... se non finisco questo tema... Vitious mi ucciderà... mi piacerebbe, ma... mi capisci? »
Il ragazzo annuì e le inviò un bacio di ringraziamento. 
« Sei sempre la più comprensiva, Mel » le disse con un sorriso. « Sempre la più comprensiva! » ripetè ad alta voce, prendendo a fissare Lily con assidua insistenza. « Evans, sto parlando con te! Dai, su, so che muori dalla voglia di fare una parti-... »
« FINITO! » urlò lei all'improvviso, premendo la punta della piuma sul foglio così forte da bucarlo. « Cos'è che dicevi? »
Sul volto di James si dipinse all'istante un ghigno malefico. 
« Dicevo » riprese, sorridendo angelico, « che il modo migliore per concludere il tuo studio sarebbe una grandiosa partita a Scacchi con me, James Potter, l'imbattibile ».
Lily lo fissò, battendo le palpebre rapidamente. 
« Tu credi? » chiese, allibita, e James, suo malgrado, annuì. « Sì, in effetti lo credo anch'io. Giochiamo ».
« Dai, Evans, non puoi dire sempre di no a qualsiasi cosa io ti chie-... aspetta, cosa? » fece poi, strabuzzando gli occhi.
Lei alzò gli occhi al cielo e si rimise in piedi per prendere la scacchiera di James e poggiarla sul basso tavolinetto su cui stavano ancora studiando le amiche.
« Io faccio i Bianchi, Potter » disse, decisa. « Su questo non si discute ».
James sorrise raggiante. 
« E chi fiata, Evans? Giochiamo! » esclamò, sfregandosi le mani con aria felice.
« Ti lasci comprare troppo facilmente, Lily » intervenne Alice, accoccolata sulla spalla di Frank.
Quella gettò indietro il capo, lasciando ondeggiare la chioma di capelli vermigli. 
« Oh, ma piantala » le fece, sorridendo. « Avevo voglia di giocare. E poi senti un po' chi parla, quante volte cerchi di comprare Frank con i tuoi squallidi mezzucci? »
La ragazza rise, inviandole un bacio a mezz'aria, poi si eclissò nuovamente dalla conversazione per tornare alla sua precedente attività.
I due iniziarono a giocare, e per James ben presto furono guai.
« Invece di brontolare potevi anche esercitarti un po' a giocare, eh, James? » disse Lily quando gli ebbe divorato il cavallo già alla seconda mossa.
Lui si imbronciò e ordinò al proprio pedone di avanzare. 
« E' colpa tua » rispose, lasciando che muovesse uno dei suoi pezzi. « Mi metti in agitazione ».
La vide sorridere, e si chiese se ciò fosse dovuto a quanto detto o al fatto che aveva appena eliminato il pedone mosso un attimo prima.
« Non ci crede nessuno » replicò, ridendo sottovoce. « E concentrati, sono abituata a sfide serie, non intendo darti Scacco Matto nel giro di dieci secondi ».
James fece per ribattere, ma non appena l'alfiere si arrestò, sollevò lo sguardo e vide...
« ALAN! » gridò, facendo un cenno al compagno di squadra che era schizzato fuori dall'entrata della scala a chiocciola ad una velocità fulminea. 
« Agli ordini! » rispose quello prontamente, cambiando direzione e avvicinandosi al gruppetto radunato accanto al camino. « Amico, sono di fretta, però ».
Lanciò uno sguardo al retro del ritratto della Signora Grassa, ansioso, e James corrugò la fronte.
« Appuntamento al buio? » suggerì, malizioso, ma dall'espressione cupa e funerea di Alan dedusse che di quello non si trattava.
« Non esattamente » replicò infatti, sospirando. « Punizione con Minerva. Dovevo essere lì cinque minuti fa ».
« Ahia » commentò James. « Che hai combinato? Roba grandiosa? Ci scommetto, amico ».
Ma lui scosse il capo con una tristezza quasi pietosa, umiliato. 
« Volevo combinarne una a Gazza, non fa che rompermi le balle da quando ho messo piede in questa scuola, e avevo pensato di rubargli quella gatta pulciosa, no? Allora ho aspettato che la lasciasse un po' per i fatti suoi invece di starle sempre appiccicato, e l'ho incontrata nel Cortile di Trasfigurazione ».
« E il colpo di scena sarebbe...? » chiese James, sinceramente incuriosito.
Alan si scompigliò i ricci capelli sparuti con un rapido gesto della mano. 
« Ovviamente non era Mrs Purr » spiegò in un tetro tono lugubre. « E indovina un po'? Era la McGranitt. Ecco il colpo di scena. Perciò applausi, si cala il sipario e punizione per Alan. Bella stronzata, davvero » commentò, battendosi da solo una mano sulla spalla.
Fu solo per il sentimento di amicizia che li legava che James si trattenne dallo scoppiare a ridere fino a consumarsi, perciò preferì assumere un'espressione contrita che avrebbe dovuto, in un certo qual senso, farlo sentire consolato. La smorfia, però, non sortì risultati significativi.
« Quindi tu hai rapito la McGranitt, lei ti ha messo in punizione, e il giorno del castigo ti intrattieni a chiacchierare amabilmente con noi sapendo di essere già in ritardo? » riassunse Sirius in un'intervento a sorpresa, e solo allora Alan si rese conto di quanto tragica fosse la vicenda.
Sbarrò gli occhi, si sistemò meglio la borsa sulla spalla e fece per correre via, inorridito dalla propria mancanza di buonsenso.
« Ehi, amico, guarda che stavo solo esprimendo la mia stima! » gli urlò dietro Sirius, sporgendosi dalla poltrona.
Alan ruzzolò sul tappeto della Sala Comune ma riuscì a mantenere l'equilibrio. 
« La roba grave è proprio questa! » rispose, ridendo, e Sirius rise di rimando.
« Torna in tempo per l'allenamento! » fece invece James prima che si arrampicasse sul buco dietro il ritratto della Signora Grassa.
Lo vide annuire, e l'ultima cosa che disse prima di sparire fu un sentito: « E' la mia ragione di vita! » che fece ridere James.
Quando se ne fu andato, tornò a concentrarsi sulla partita a Scacchi, notando solo in quel momento quanto drammatica fosse la situazione dei Neri già a pochissime mosse dall'inizio.
« Armistizio, Evans » annunciò, sollevando le mani all'altezza del capo. « Avrei dovuto capire che contro di te non c'è proprio partita ».
Lei scoppiò in una risatina. 
« Ma no » rispose in tono gentile. « Avresti dovuto capire che non riusciresti a giocartela contro nessuno, ecco cosa ».
James la fissò per un momento, indeciso sulla reazione da manifestare, ma alla fine non riuscì a reprimere la risata che premeva per venire fuori.
« Sei perfida » le disse, facendo ridere anche lei.
« Ci provo » rispose con una scrollata di spalle, palesemente allegra.
Ma di sicuro non era solo una questione di cattiveria. 
Lily, infatti, inflisse ben cinque sconfitte consecutive a un sempre più devastato James, sotto gli sguardi divertiti di un pubblico sempre più coinvolto, finché quello, distrutto a causa delle ripetute disfatte, non gettò la spugna e dichiarò a gran voce la propria inettitudine.
Persino Mary e Sirius avevano deciso di abbandonare la loro rivista per dedicarsi all'accesa sfida fra i due, e stessa cosa era accaduta al gruppo di studio che si era ufficialmente sciolto a metà della seconda partita, troppo distratto dalle cronache di ogni mossa per potersi dedicare con attenzione ai libri.
« Che questa scacchiera maledetta e indemoniata venga messa immediatamente al rogo » fece James con sdegno al termine della propria autoumilizione, spingendo via il tavolo basso su cui avevano giocato tutto il tempo e alzandosi con un dignitoso contegno.
« Sei davvero pietoso, vecchio mio » intervenne Remus, stiracchiandosi con aria stanca. « Cerca di riprenderti contro i Tassorosso o saremo... »
« ... fottuti, ecco cosa saremo » concluse Sirius per lui, anticipandolo. « Aleggia intorno a te un'aura di sconfitta, amico. Io starei attento ».
Per tutta risposta, James gli rivolse un gestaccio che lo fece soltanto ridere. Lily alzò gli occhi al cielo, evidentemente irritata.
« Hai perso smalto, mio caro Potter » commentò, scuotendo il capo con aria dispiaciuta ma allo stesso tempo palesemente provocatoria.
Lui, infatti, si voltò di scatto e la fissò, squadrandola da capo a piedi. 
« Non si accettano simili insulti, Evans » asserì in tono definitivo. « E adesso giochiamo un'altra partita, perché avete parlato fin troppo e qui bisogna ristabilire l'ordine. Io sono un Capitano, gente. Un Capitano nella vita ».
Lily rise, tentando di schernirlo, ma James non si lasciò tangere dal suo atteggiamento, e riprese posto a terra, riavvicinando a sé la scacchiera.
Fu una partita sofferta e carica di colpi di scena, una sfida equa e avvincente senza esclusione di colpi, giocata fino all'ultimo sangue. La voglia di rivincita di James era visibile in ogni sua giocata.
Mancavano ormai poche mosse alle battute finali, quando James distese le braccia dietro la testa e assunse un'espressione trionfante.
« Fai la tua mossa, Evans » fece, accennando ai suoi due ultimi pezzi rimasti.
Lei lo fulminò con lo sguardo, risentita, e concentrò tutta la propria attenzione sulla scacchiera, macchinando chissà quali possibili movimenti.
Alla fine, decise di portare avanti l'alfiere, e il ghigno sul volto di James si fece decisamente più pronunciato.
« Ebbene sì » disse, ordinando alla regina di avanzare. « Scacco matto ».
Lily spalancò la bocca, affondando il volto fra le braccia. 
« Non ci credo » mugugnò, la voce alterata poiché a contatto con la pesante lana del maglione.
Lui rise di cuore, estremamente divertito dall'incredulità della ragazza.
« Oh, credici, invece » rispose con aria compiaciuta, mentre il re dei Bianchi perdeva la sua spada. 
Attorno ai due sfidanti, tutti quanti erano attoniti quanto Lily. Non si erano mossi di un millimetro da quando James aveva proclamato la sua vittoria, guardando con insistenza la scacchiera, come se volessero accertarsi di non essere stati presi bellamente in giro da quelle pedine animate.
Lily era davvero abile nel gioco degli Scacchi Magici, e il fatto che fosse stata battuta, perdipiù proprio da James, era davvero un beffardo scherzo del fato.
« Allora? » esclamò lui, allargando le braccia in direzione degli amici. « Non dite niente, adesso? Non ero una schiappa fino a venti minuti fa? Su, avanti, non siate timidi, voglio conoscere il vostro parere! »
Tutti si scambiarono sguardi allibiti, mentre Lily sbuffò, scocciata, e prese a tamburellare le dita sul tavolo.
« Hai barato » disse in tono secco, battendo la mano sul tavolo così forte da far sobbalzare Emmeline dallo spavento. « Non c'è altra spiegazione ».
Inizialmente, lo sguardo di James fu colmo di una vacua sorpresa, poi si accese di divertimento non appena scoppiò a ridere.
« Non ci credo, Evans, sei invidiosa! » esclamò, additandola. « Boccino santo, credevo fossi più sportiva, Lily, il tuo comportamento mi delude. Insomma, ho solo stravinto come un maledetto bastardo facendoti mangiare la polvere, ma ciò non giustifica il tuo atteggiamento sleale ».
Dopo quelle assai poco modeste parole, nessuno si sarebbe stupito se Lily avesse cominciato a digrignare i denti come una tigre e si fosse lanciata su di lui per sbranarlo. Ma la fantasia dei presenti si dimostrò fin troppo galoppante, perché la ragazza si limitò a squadrarlo con aria avversa e a far scattare la chioma di capelli rossi sulle spalle, rischiando di colpire in piena faccia Sirius, che però riuscì a scostarsi appena in tempo.
« Sei un pessimo giocatore. E un maledetto stronzo » disse, sollevandosi da terra e sistemandosi meglio la gonna sulle gambe. « Non ti parlerò più ».
E si allontanò impettita verso la scaletta a chiocciola che conduceva ai Dormitori femminili.
« Il nemico si ritira a testa bassa dopo la terribile disfatta! » fece James ad alta voce, simulando la cadenza di un cronista.
Molti trattennero il fiato, certi che avesse decisamente superato il limite, e difatti così fu. 
Lily si voltò con un rapido scatto e piantò i piedi a terra, fissandolo con gli occhi verde chiaro ridotti a sottili e taglienti fessure. James non arretrò, né si finse spaventato, ma continuò a ricambiare il suo sguardo con aria assolutamente rilassata e anche parecchio allegra, cosa che non fece altro che aizzare ancor di più la sua ira.
« Cosa hai detto? » sibilò, battendo la scarpetta di cuoio sul pavimento. « Non credo di aver sentito bene, Potter ».
Il sorriso stampato sul suo volto si fece ancor più ampio, quasi abbagliante.
« Ti stai ritirando, Evans » disse, sottolineando con cura la parola. « Come una codarda. E, tanto per la cronaca, ti faccio notare che mi hai appena parlato ».
Le due fessure si assottigliarono ancor di più. Lily era letteralmente accecata dalla rabbia, e avrebbe ucciso James a momenti.
« Vinci una stupida partita balorda su venticinque e ti senti già un mito? » inveì, avvicinandoglisi a passo di marcia e premendogli con forza l'indice sul petto. « Sei un idiota, Potter, sei solo un idiota, e sappi che non mi batterai mai, perché questa volta te l'ho data vinta troppo facilmente, ma dovrai sudare sangue per battermi in futuro, hai capito? E togliti quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia, o provvederò io a farlo al posto tuo ».
Ma James continuò imperturbabile a sogghignare, le afferrò delicatamente l'indice e le pizzicò la punta del naso.
« Sei molto carina quando ti arrabbi » le fece notare, tranquillo. « C'è un motivo per cui ho fatto in modo che ti infuriassi sempre con me ».
L'espressione furibonda di Lily vacillò, ma la ragazza tentò di ristabilirla subito, con scarsi risultati. Le guance tinte di rosso la tradivano notevolmente.
« Sei molto carina anche quando arrossisci » aggiunse con un sorrisetto James, certo che la sua reazione, quella volta, sarebbe stata violenta.
Ma non andò esattamente come credeva. 
Lily contrasse le labbra in quella che doveva essere una smorfia di sdegno, ma poi scoppiò a ridere e lo colpì sul petto con il pugno serrato. 
« Ah, Potter! » esclamò, facendo ridere di gusto anche lui, e scosse il capo facendo ondeggiare i capelli. « Ma io sono arrabbiata con te » affermò dopo un po', ricomponendosi, e James annuì con l'aria di chi ha appena ricordato qualcosa all'improvviso. « Sì, perché sei un insolente, un irrispettoso, un arrogante e uno scansafatiche tronfio, con quel sorriso insopportabile... »
« ... che ti piace da impazzire... » aggiunse quello con disinvoltura, osservandola mentre stilava il suo prolisso elenco.
« Esatto... no, COSA? » urlò poi, sconvolta, e James ripropose il suo sorriso insopportabile, che sì, era la verità, le piaceva da impazzire.
« Le possibilità sono due, mia bella Lily » le disse, picchiettando sulla punta dell'indice sollevato. « O stai diventando completamente sorda, o » e qui passò al medio, « non ti piace affatto quello che dico. Sinceramente, non credo a nessuna delle due ipotesi » concluse, sollevando le spalle.
Lei incrociò con rabbia le braccia al petto, le labbra serrate in una linea dura e severa. Perché doveva sempre farle venir voglia di picchiarlo?
« Dici cose stupide e infantili, ecco perché non mi piacciono » replicò, inarcando appena il collo per guardarlo dritto negli occhi. « Cose da imbecille, e lo fai da quando avevi undici anni. Scommetterei che il problema risale alla nascita, ma non posso avere riscontri ufficiali ».
« Sì che puoi » arrivò la voce di Scarlett, che annuì con allegria e sollevò un pollice, e Lily assunse un'espressione trionfante.
James fece schioccare la lingua, scettico, e la mano risalì lesta a scompigliare i capelli. 
« Sei impossibile » disse, lasciando scorrere i pollici attraverso i passanti dei pantaloni.
Lei osservò i suoi movimenti, poi tornò a guardarlo in faccia. 
« E tu stupido » replicò, inarcando le sopracciglia.
« Ripetitiva » sbuffò lui, sorridendo e avvicinandosi di un passo.
« Presuntuoso » ribattè lei, sdegnosa, facendosi avanti a sua volta fino a ritrovarsi a un palmo dal suo naso.
« Bacchettona ».
« Melodrammatico ».
« Cocciuta ».
« Montato ».
Quello fu l'ultimo insulto che Lily riuscì a rivolgergli, perché James, inaspettatamente, rispose in un modo diverso alla sua ultima provocazione. 
Si avvicinò al punto tale da strapparle un rapido bacio sulle labbra che la fece zittire all'istante, e un attimo dopo si ritrasse, lasciandola pallida e palesemente confusa.
Pian piano, il suo volto cominciò a distendersi in un'espressione totalmente impassibile, che lui non riuscì a comprendere. Si era aspettato schiaffi, calci e pugni, urla spaccatimpani e fatture a manetta, ma non accadde nulla di tutto ciò, e intorno a loro ci fu solo silenzio. Un assoluto e perfetto silenzio.
Gli amici li fissavano da lontano, in attesa di una tempesta imminente, di un grido di guerra improvviso che scatenasse la bufera, ma la pace si protrasse troppo a lungo anche per gli standard di una comune suspence, e Lily non mosse un muscolo, né disse una parola.
Dopo un intero minuto di completo nulla, voltò le spalle alla Sala Comune e risalì la scaletta a chiocciola, lasciando tutti di stucco.
« Ma cosa le prende? » esclamò James quando fu lontana. « Avrebbe dovuto picchiarmi! Mi sentivo pronto! »
Gli altri si scambiarono sguardi stupefatti, ma nessuno di loro fiatò. Erano tutti troppo presi dallo shock per elaborare teorie.
« L'hai baciata sul serio? » sussurrò infine Emmeline, incredula, e pareva che il solo pronunciare quelle parole la spaventasse.
James rise. 
« Bacio la mia scopa in maniera molto più passionale » obiettò, divertito. « Non so se si possa definire un bacio. Però sì. Ci ho provato ».
La ragazza parve afflosciarsi su se stessa, delusa. 
« E io che vi credevo già fidanzati... » sospirò, lasciandosi cadere sulla spalla di Scarlett.
Quella le diede qualche colpetto sulla schiena per consolarla. 
« Manca poco, Mel » la rassicurò in tono dolce. « Manco poco, me lo sento... »
Lei annuì, stringendole le braccia intorno alla vita. 
« Speriamo » mormorò con voce infantile. « Perché insomma, si piacciono, cos'è che stanno aspettando? »
Scarlett diede in un basso sospiro solidale. 
« Non lo so » rispose, dispiaciuta. « Non lo so davvero ».
« Io sto aspettando lei » intervenne James, vagamente scocciato. « Da sei anni. Sinceramente? Non scommetterei neanche uno zellino su me stesso ».
Le due ragazze risero di cuore, ma lui non parve particolarmente contento.
« Se vuoi saperlo, amico, neanch'io lo farei » fece Sirius, stravaccato sulla poltrona con la testa penzoloni.
James si battè il pugno chiuso sul petto, laddove batteva il cuore. 
« Grazie, Felpato » disse con sentimento. « Significa molto per me ».
Lui rispose ripetendo il suo gesto, poi tornò alla sua precedente attività: poltrire.
All'improvviso, però, si udì il rumore di una porta sbattuta con violenza, e James si avvicinò all'ingresso della scaletta a chiocciola, curioso.
« Lily! » esclamò ad alta voce, riuscendo ad intravederla da lontano. « Eccoti, finalme-... NO, LILY, LA SCOPA NO! »
Tutti si voltarono di scatto, appena in tempo per vedere Lily fare la sua entrata trionfale con la scopa di Scarlett sulla spalla e James cominciare a correre per tenerla lontana, terrorizzato. Tutta la Sala Comune stava cominciando ad interessarsi alla faccenda, e osservava la scena trepidante.
Lily spiccò una corsa e riuscì a raggiungere James, picchiandolo con la scopa senza pietà. Sembrava furibonda.
« NON » urlò, e gli assestò un colpo sulla spalla, « DEVI » e gliela battè sulla schiena, « PIU' », quella volta sulla testa, « BACIARMI! », sul fianco.
« Lily, basta, mi rovini la scopa! » esclamò Scarlett, tentando di farla ragionare, ma quella non le prestò orecchio.
Assestò un altro colpo di scopa sul braccio del ragazzo, che gemette, e continuò a sbraitare.
« SEI UNA PERSONA RIPUGNANTE! » disse, senza smettere un secondo di picchiarlo.
James tentò di afferrare la scopa, ma lei lo colpì anche sulle mani. 
« Lily, ti prego, sta' buona! » la implorò, devastato. « Possiamo discuterne... »
« NO! » gridò lei in risposta, e tutti scoppiarono a ridere, per nulla provati dalla scena violenta a cui stavano assistendo. « SE SEI DAVVERO UN UOMO, DEVI LASCIARTI PICCHIARE! VIENI QUI O AVRAI DOPPIA RAZIONE, D'ACCORDO? »
Ma James continuò a correre, alla ricerca disperata di una via di fuga. 
« SIRIUS, AIUTO! » urlò, scansando un altro potente colpo.
« Aiuto? » ripetè quello, scandalizzato. « Amico, avrei dovuto farlo io secoli fa! Qualcuno ha una scopa, per caso? »
Lily si voltò a guardarlo, lo sguardo omicida. 
« NE HO IN SERBO ANCHE PER TE, BLACK! » gli disse, tornando a malmenare James.
Sirius sorrise elegantemente. 
« Ti aspetto qui, Evans » rispose con nonchalance.
« REMUS! » urlò ancora James, riparandosi la testa con entrambe le braccia. « FALLA CALMARE! »
Ma il ragazzo scosse il capo. 
« L'hai fatta infuriare » rispose, scrollando le spalle. « Te lo meriti ».
« Oh, andiamo... PETER! » gridò, scansando ancora un colpo per pura fortuna. « Ti prego, amico, vuoi vedermi morire? »
Quello parve riflettere sulla questione per qualche momento. 
« Prima mi hai offeso » obiettò infine, ragionevole. « La tua morte non mi riguarda affatto ».
Quello imprecò. I suoi amici lo avevano abbandonato, i suoi amati compagni di Casa peggio che mai, e così gli dei dell'Olimpo, Merlino, Morgana, Godric e tutta la compagnia dei cieli. 
Era perduto. Fottutamente perduto, come avrebbe carinamente detto quel bastardo traditore del suo pulcioso migliore amico.
Preso dal terrore, risalì alla svelta la scalinata che conduceva ai dormitori maschili, ma Lily lo seguì correndo a rotta di collo, sempre più infuriata.
« DOVE CREDI DI ANDARE, POTTER? » ruggì, indignata da quella codarda fuga improvvisa. « NON HO ANCORA FINITO CON TE! »
Il ragazzo gemette disperato. 
« Oh, Merli-... LILY, SULLA FACCIA NO! », ma il suo urlo disperato si disperse mentre risaliva le scale, finché un botto improvviso annunciò che una porta era stata sbattuta sui cardini e che i due si erano chiusi nel Dormitorio dei Malandrini.
Per un po' si udì ancora qualche urlo sparso di terrore o un grido che annunciava vendetta, poi tornò la pace, e tutti in Sala Comune presero a fissarsi, la stessa domanda che aleggiava nei volti, nelle menti di tutti loro, persino nell'aria gelida che pervadeva la stanza scaldata appena dal calore del camino.
« Secondo voi l'ha ucciso? » domandò infine Mary, dando voce ai dubbi di tutti quanti i Grifondoro presenti.
Qualcuno annuì con convinzione, altri sollevarono le spalle dubbiosi, Emmeline si coprì la bocca con entrambe le mani, spaventata.
« Potrebbe averlo tramortito » suggerì Remus grattandosi il mento, e guardò Peter di traverso per vederlo annuire. « Sì, è un'ipotesi plausibile ».
« O magari, o magari » trillò Alice tutta eccitata, « lo ha zittito con un incantesimo e adesso lo sta torturando! Eh? »
Tutti la fissarono, sbigottiti. Emmeline era ormai sull'orlo delle lacrime, e nessuno pareva in grado di consolarla.
« Che c'è? » sbottò Alice, allargando le braccia. « Sarebbe decisamente una cosa da Lily! E non guardatemi in quel modo, sapete benissimo che lo farebbe! »
Mary la mandò a quel paese, scocciata dalla sua estrema esagerazione, e lei si ritirò in un offeso silenzio, affondando il volto sulla spalla di Frank.
Dopo Emmeline, la più preoccupata pareva Scarlett, che si dondolava avanti e indietro ripetutamente e aveva un'aria cupa e pensierosa.
« Ho paura » mormorò, serissima. « Se dovesse succederle qualcosa... io non potrei... non potrei... oh, non voglio neanche pensarci! »
Si spalmò un cuscino in faccia e ricadde sul piano del tavolo, disperata. Remus le battè qualche colpetto sulla spalla, cauto.
« Guarda che è James ad essere in pericolo di vita » le fece notare Sirius, perplesso. « Non la tua amica perversa ».
Lei riemerse lentamente e si voltò a guardarlo, gli occhi velati di lacrime. Pareva aver vissuto anni e anni di dolore.
« Tu non capisci » disse con voce lacrimosa. « Parlo della mia Freccia d'Argento! Se dovesse farsi del male... che ne sarà di me e di questo Campionato? »
Sirius la guardò intensamente per parecchi secondi prima di esplodere nella sua risata simile a un latrato, e sul volto di Scarlett affiorò un sorriso.
Passarono parecchi minuti, e ancora nessun rumore giungeva dal Dormitorio sulla torre nel quale erano rinchiusi ormai da un pezzo Lily e James. Tutti continuarono a elaborare congetture e a macchinare teorie su ciò che stava avvenendo in quella stanza, ma nessuno riuscì a proporre idee convincenti. 
Fino a quando non arrivò il colpo di genio.
« Ragazzi, suvvia » intervenne infatti Sirius con aria d'importanza, raddrizzandosi sulla poltrona. « La cosa è fin troppo lampante ».
Molti sguardi curiosi si fissarono su di lui, in attesa, e Sirius sogghignò compiaciuto.
« Che cosa vuoi dire? » chiese Scarlett, aggrottando la fronte, e il suo ghigno si allargò, facendola notevolmente insospettire.
« Beh » rispose con misurata lentezza, senza lasciar intendere nulla di buono. « L'allusione era piuttosto evidente, no? La Evans non va molto per il sottile ».
L'espressione di Scarlett divenne ancor più spaesata e indagatrice, ma lui non si scompose.
« Sono lì dentro da un mucchio di tempo, no? » proseguì con nonchalance. « Non si sente più neanche un bisbiglio da parecchi minuti, e l'immagine della scopa appare fin troppo evocativa. Cosa vuoi che facciano, Banks? Stanno scopa-... »
Ma, come sempre gli accadeva, Sirius non riuscì a completare la frase perché Scarlett gli assestò un violento colpo di libro sul ginocchio.
« Sei la persona più volgare che io conosca » asserì velenosamente, indignata. « Ti meriteresti il triplo di quello che sta passando James ».
Lui sorrise spavaldo, massaggiandosi il ginocchio che pulsava. 
« Non sei molto minacciosa, sai? » la provocò. « Lily ha preso la tua scopa. Non hai molte armi a disposizione, a parte quel libro maledetto che... to' » e glielo rubò con un abile scatto della mano, « è sparito ».
Scarlett assunse un'espressione malefica di puro trionfo, e lo guardò giocherellare tranquillo con il pesante tomo.
« Credi che sia una sprovveduta, Black? » domandò, tamburellando le dita sul tavolo.
Sirius scosse il capo. 
« Mai creduto » affermò con nonchalance, sfogliando svogliatamente il libro. « Solo un tantino troppo sicura di te ».
Lei sorrise, e drizzò la schiena con l'aria di chi si prepara a una terribile vendetta. Lui, però, concentrato com'era sulle pagine del libro, non notò nulla.
« Bene, allora » fece Scarlett, serafica. « Frank! » chiamò poi ad alta voce. « Mio caro, vecchio amico Avada Frank... è forse la tua scopa, quella? Non l'avevi forse presa perché ti avevo prestato il mio Kit di Manutenzione? Sto forse sbagliandomi? »
Sbattè le ciglia rapidamente, e Frank sorrise raggiante. Era la sua occasione di vendicarsi per il male subito una vita intera.
« Ma sai che forse è proprio lei, mia cara, vecchia amica Scarlett? » ribattè, afferrandola e rigirandosela fra le mani. « Vuoi forse che io te la presti? »
Sirius si mise all'erta e chiuse di scatto il libro. Sembrava davvero un cane che annusa il pericolo farsi vicino, il che era una visione abbastanza comica.
« No, okay, non scherziamo » disse, battendosi le mani sulle cosce e alzandosi dalla poltrona. « Se vuoi formulare la tua sottile richiesta con lo stesso metodo della tua amica Evans, comincio dicendoti che non sono necessarie metafore. Chiedi e ti sarà dato, Banks ».
Si appoggiò al bracciolo della poltrona, incrociando le braccia al petto: era serissimo, il che fece arrabbiare Scarlett ancor di più.
Proprio per questo, afferrò la scopa che Frank le porgeva e la agguantò proprio come aveva fatto Lily, a mo' di ascia pronta a decapitare qualche testa.
« Vuoi picchiarmi? » le chiese Sirius, sollevando un sopracciglio, scettico. « Donne. Conosco la vostra psicologia inversa. In realtà, equivarrebbe a una dichiarazione d'amore. Ma che romantico, Banks, che roba plateale... proprio qui? Di fronte a mezza Sala Comune? Potrei arrossire ».
Sollevò un angolo della bocca in un sorriso accennato, e lei strinse le mani intorno al manico in faggio.
« Mi stai provocando » asserì in tono minaccioso, facendo un passo verso di lui.
Sirius allargò le braccia, facendole sbattere sui fianchi. 
« Lo faccio sempre » replicò con ovvietà.
« Black » ringhiò lei, serrando gli occhi per calmarsi e facendo ondeggiare la scopa sulla spalla. « Cosa vogliamo fare? »
Lui la osservò, poi scoppiò a ridere, una risata di scherno assai divertita che fece montare in Scarlett il desiderio di assestargli il primo colpo di scopa.
« Bella Banks » disse lui ridendo ancora, « così me le offri su un piatto d'argento! »
Ma quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. La ragazza non tollerò altro, strinse le dita intorno al manico di scopa e fece per schiantarglielo sulla testa, quando dei rumori di passi giunsero alle sue orecchie, passi provenienti dal piano superiore, quello in cui vi erano i Dormitori.
La scopa a mezz'aria, si voltò insieme a tutti gli altri per capire quale fosse la fonte di quei rumori, e un attimo dopo potè vedere Lily e James rientrare in Sala Comune dall'entrata della scala a chiocciola. L'espressione sui loro volti, però, la lasciò abbastanza basita.
James, infatti, sorrideva tranquillo, con gioia, e non pareva avere l'aria di qualcuno che è stato maltrattato, torturato o in qualche modo sottomesso con la forza. Lily, allo stesso modo, era il volto della calma e della serenità, e aveva sul volto lo stesso sorriso di James. Pareva perfettamente in sé.
« Va... va tutto bene? » domandò Scarlett, senza osare mettere giù la scopa.
I due la guardarono, per nulla sorpresi nel trovarla armata della scopa di Frank, forse perché quella tipologia di violenza era ormai entrata nell'ordinario.
« Certo che sì » rispose serafica Lily, sedendosi con eleganza sul pavimento e sorridendo con calore ad Emmeline.
« Tutto risolto, gente, potete anche scollarci gli occhi di dosso » aggiunse James, rivolto ai Grifondoro che non si erano persi un istante di tutta quella scena.
Alcuni di loro si imbarazzarono e tornarono in fretta e furia alle loro precedenti attività, mentre altri, più spavaldi, assunsero cipigli offesi.
« Cos'è accaduto di intrigante durante la nostra assenza? » fece poi James, risistemando la propria scacchiera.
Scarlett fece per rispondere, ma poi richiuse le labbra, ragionando. Rivolse una rapida occhiata a Sirius, che sospirò sollevato non appena la vide riabbassare la scopa, ma quando meno se lo aspettava lo colpì forte sul capo, facendogli imprecare maledizioni a destra e a manca.
« Non potevo lasciarti impunito » sussurrò con dolcezza la ragazza, porgendo nuovamente la scopa a Frank, che sollevò un pollice in segno d'approvazione.
Sirius si massaggiò il punto dolente, scompigliandosi i capelli ordinati. 
« Ah, Banks, dannazione a te » disse amaramente, ma sorrideva. « Sei insopportabile, arrogante, altezzosa e anche violenta, non so se te ne rendi conto ».
Sorrise, lei, per nulla toccata, e si lasciò cadere sul pavimento proprio ai suoi piedi, sotto il suo sguardo che non la lasciava un istante.
« Il tuo essere così irrimediabilmente ripetitivo mi stanca » sospirò con fare teatrale. « Dovresti cambiare repertorio, prospettive... »
« Aiutami a farlo » rispose lui a tono, poggiando i gomiti sulle ginocchia, lo sguardo basso per non perdersi un suo movimento. 
Lei rimase basita per un momento, poi voltò lentamente il capo per poter incontrare i suoi occhi, che la stavano scrutando.
« Credi che mi interessi? » domandò, entrambe le sopracciglia inarcate.
Lui accennò un breve sorriso enigmatico. 
« Ne sono certo » rispose con spavalderia, lasciandola nuovamente di stucco.
Boccheggiò, poi rise, incredula per quella sfrontatezza. Ma forse, pensò, ormai avrebbe dovuto farci l'abitudine. Sirius era anche quello.
« Troppe sicurezze e troppa sfacciataggine, Black » gli disse, scuotendo il capo, ancora scossa. « Non vanno d'accordo, e tu le metti insieme di continuo ».
Sirius la scrutò, intrecciando le dita sotto il mento lentamente. La studiava, i rapidi lampi nei suoi occhi scuri, gli impercettibili scatti di sorpresa delle labbra, l'inclinazione del volto che mutava, le sopracciglia che si univano per poi tornare a rilassarsi.
« Neanche noi andiamo d'accordo » replicò, slacciando le mani in un gesto che esprimeva ovvietà per poi tornare a ricongiungerle. « Però siamo insieme di continuo » proseguì, rimarcando con forza le ultime due parole. « Vuol dire qualcosa, secondo te? »
Scarlett fece per parlare, ma richiuse le labbra senza che ne fosse uscito un soffio, decisamente troppo confusa per azzardare una risposta.
Lui non aggiunse altro. Sorrise appena, ma non parve affatto felice, né divertito o in qualche modo soddisfatto. Si lasciò cadere sullo schienale della poltrona, in silenzio, ma non smise di osservarla malgrado lei facesse di tutto per evitare il suo sguardo penetrante.
Era spiazzata, ed era certa che lui avesse voluto mandarle un messaggio, forse troppo criptico perché lei potesse capirlo appieno. Ma Sirius era fatto così: covava tutto dentro e non fiatava mai, faceva finta di niente, mostrava tutto il contrario di ciò che era, di quel che provava, e tentava di esprimersi attraverso contorte metafore e messaggi ermetici quasi sempre incomprensibili. E aveva delle aspettative, Sirius. Credeva sempre che quei segnali venissero recepiti, e quando non riceveva risposta non riusciva a mascherare una traccia di delusione. Non dava niente, ma si aspettava tutto. Di quel tutto, Scarlett non dava mai neanche una briciola, ed entrambi restavano fermi al punto di partenza, troppo codardi per fare un passo avanti, troppo immersi in quel niente che era tanto per potersi tirare indietro. Ed era così difficile da farli impazzire.
Per un po' nessuno disse nulla, e il silenzio fu spezzato da James solo dopo parecchio tempo.
« E' ora » disse, sbirciando dall'orologio di Sirius. « Ci si allena, gente. Frank, Scarlett... diamoci una mossa ».
Frank scattò in piedi all'istante e si esibì in un gesto di obbedienza in direzione di James, che rise.
Scarlett, invece, si alzò da terra, scompigliò i capelli dell'amico e si diresse verso i Dormitori senza una parola, seguita dai due compagni di squadra.
Ci mise un po' più di tempo del solito a cambiarsi, e infine si guardò allo specchio, ammirando il risultato. Legò la lunga chioma di capelli scuri in un'alta coda di cavallo, strinse le ginocchiere di cuoio il più possibile e uscì dalla stanza, incontrando James che abbandonava la propria chiudendosi la porta alle spalle, la scopa dal manico levigato e lucido stretta in mano, i capelli più disordinati che mai e gli occhiali come sempre un po' storti sul naso.
« Porca Pluffa, Scarlett! » esclamò non appena la vide, sgranando gli occhi. « Sei fantastica! »
La ragazza sorrise raggiante: aveva indossato il completo da Quidditch che le aveva regalato quel Natale.
« Per il mio Capitano » fece lei, avvicinandoglisi per scoccargli un sonoro bacio sulla guancia. « Sperando che porti fortuna ».
Lui le cinse la vita con un braccio e ricambiò il sorriso con il solito calore. 
« Lascerai tutti senza fiato » disse, e lei rise, scuotendo il capo.
Dopodiché, la anticipò lungo gli scalini e, una volta arrivato dinnanzi agli amici, tossicchiò con l'aria di chi si appresta a fare un annuncio ufficiale.
« Vi invito a prepararvi, amici miei » disse, sfregandosi le mani. « Avrete l'onore di contemplare una creatu-... »
« Ah, James, piantala! » esclamò Scarlett, rientrando in Sala Comune e colpendolo sulla spalla.
Lui rise, sollevando le mani all'altezza del capo in segno di resa. 
« Volevo solo annunciarti » si giustificò, tornando a sedersi mentre anche Frank ritornava.
« Allora? » chiese invece Scarlett alle amiche, che la studiavano sorridenti. « Come sto? E' il regalo di Natale di James ».
Alice fu senza dubbio la più entusiasta, tanto che battè le mani e si alzò per esaminarla meglio, girandole intorno con circospezione.
« E' un incanto, Scarlett » le disse, la voce carica di emozione. « Certo, un tocco di rosa avrebbe sicuramente reso il tutto migliore, ma è comunque perfetto ».
L'altra rise, alzando gli occhi al cielo. Per quanto potesse amare il rosa, quella stessa divisa di quel colore sarebbe parsa un po' troppo appariscente.
« Ti dona moltissimo, tesoro » cinguettò Emmeline, gli occhi che luccicavano di gioia.
Scarlett abbozzò un inchino che la fece ridere, mentre Mary la studiava cercando di elaborare un verdetto finale.
« Figo » asserì dopo un po', sollevando un pollice. « Femminile, non da me, molto da te, figo. Mi piace! »
Il sorriso sul volto della ragazza si ampliò ancor di più. 
« Troppo gentili, troppo gentili » borbottò, facendo cenni con la mano, e sedette accanto a Lily.
« Sai che vorrò provarlo non appena torni dall'allenamento, non è vero? » le disse quella, serissima. « E sai che non mi entrerà mai, no? »
Lei strabuzzò gli occhi, come se non avesse sentito bene. 
« Mmm » commentò, grattandosi il mento. « Vediamo... sì, lo so, e... no, sei un'idiota ».
Lily scoppiò a ridere e poggiò il capo alla sua spalla. 
« Ovviamente era una battuta, so benissimo di avere un fisico mozzafiato ».
Rimase serissima alcuni istanti prima di esplodere in un altro improvviso attacco di risa, e l'amica la seguì a ruota, divertita.
Durante tutto quel tempo, Sirius non le aveva staccato un istante gli occhi di dosso, ancora. La fissava con insistenza, ma garbatamente, celando il desiderio e mostrando semplice apprezzamento, ma lei aveva timore di incontrare il suo sguardo, come se potesse rivelarle dell'altro.
Azzardò un'occhiata da sopra la spalla, curiosa e attratta dal peso di quegli occhi che non vedeva, ma percepiva su di sé, e vide che il suo rapido sguardo non gli sfuggì affatto. Sirius, infatti, increspò le labbra in un sorrisetto accennato e le lanciò un occhiolino, come un muto complimento, e lei sorrise, guardandolo mentre si alzava e, senza fiatare, saliva lungo la scaletta per raggiungere il proprio Dormitorio.
Un attimo dopo, però, fu distratta da quello che parve un tornado irrotto all'improvviso in Sala Comune, ma che si rivelò essere un trafelato Alan Green.
« Ci metto un secondo! » urlò a James, fiondandosi verso la scaletta a chiocciola e rischiando di andare a sbattere contro un'avvenente ragazza del suo anno.
« Se non ti suicidi prima... » fece quello di rimando, pensando seriamente che avrebbe potuto schiantarsi giù per le scale da un momento all'altro.
Ma Alan fu di parola. Dopo trenta secondi, scese a rotta di collo tenendosi alla ringhiera e atterrò con una scivolata di fronte alla squadra.
« Sei un fottuto supereroe, amico » si congratulò James, battendogli una pacca sulla spalla.
Lui sorrise, annaspando. 
« I muscoli però li ho lasciati a casa » commentò amaramente, allacciandosi il mantello al collo, e gli altri risero.
« Noi andiamo, allora » disse James agli altri, facendo un cenno di saluto con la mano. « Arrivederci, popolo » aggiunse rivolto a tutti i Grifondoro. « I vostri eroi vanno ad allenarsi, a spaccarsi le ossa per voi, per portare a casa questa Coppa che ci costerà sangue e sudore! Perché chi siamo noi? »
« I GRIFONDORO! » urlarono tutti in coro, e l'applauso esplose spontaneo e scrociante nella piccola Sala Comune.
James brandì un pugno in aria, orgoglioso della sua Casata, poi voltò le spalle a tutti e si avviò verso il ritratto della Signora Grassa.
« Oddio, ho dimenticato la scopa! » esclamò Scarlett, portandosi entrambe le mani alla bocca.
« Ma Scarlett » si lamentò James, « ci hai rovinato l'uscita trionfale! E' un evento che non si ripeterà mai più allo stesso modo! »
Lei assunse un'espressione contrita e addolorata. 
« Vado e torno » borbottò, mortificata.
« E' nel Dormitorio dei ragazzi » intervenne Lily, sorridendo con aria colpevole. « Ehm... colpa mia ».
Scarlett la fulminò con lo sguardo, poi risalì in fretta la scaletta e si diresse verso il Dormitorio dei Malandrini, la cui porta era chiusa.
Picchiettò le nocche sul legno un paio di volte, ma inizialmente nessuno rispose. Dopo un po', una voce strascicata la raggiunse attraverso la porta.
« Avanti » disse Sirius annoiato, e Scarlett abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, titubante.
Lo trovò sdraiato sul letto al contrario, le braccia dietro la testa, le gambe incrociate, tutto intento a scrutare il soffitto. Quando la vide entrare, posò gli occhi su di lei, vagamente sorpreso, ma non si mosse, né parlò. 
« Ehm... perdona l'irruzione » mormorò, tentando un sorriso. « Io ho... Lily, in realtà... ha lasciato qui la mia scopa ».
Lui si chinò e afferrò qualcosa ai piedi del proprio letto: la sua Freccia d'Argento. Si alzò dal letto e percorse la stanza in pochi passi, porgendole la scopa.
« Ecco a te » disse, sorridendo appena, e lei la afferrò. « Puoi picchiarci la tua amica, così sarai più carica per l'allenamento ».
Scarlett rise sommessamente, scuotendo in maniera impercettibile il capo. Non aveva idea di cosa dire, ma allo stesso tempo sentiva i piedi ancorati al pavimento, come se non una calamita, ma un intero campo magnetico la tenessero piantata lì per ragioni che non le era dato conoscere.
« Allora... io vado » disse invece, stringendo con maggiore vigore il manico della propria scopa. « Mi aspettano giù ».
Sirius annuì e la superò per poterle aprire la porta. Dopodiché sorrise e la guardò fare un passo avanti per uscire.
« Banks » la richiamò, prima che andasse via, e lei lo guardò incuriosita, aspettando che parlasse.
Il suo volto impassibile si illuminò di un sorrisetto poco rassicurante. Si appoggiò di fianco allo stipite della porta, poi finalmente parlò.
« Vacci piano con quei completini » disse, facendo un cenno verso la gonna svolazzante. « Non credo affatto di essere l'unico che apprezza ».
Scarlett alzò gli occhi al cielo, ma non riuscì a impedire a un sorriso di venir fuori. Sirius Black aveva uno strano modo di fare complimenti, questo era certo.
Le si avvicinò, bloccando la porta con il tallone, e le accarezzò il mento, quel sorrisetto che non accennava a svanire.
« Non stavo scherzando » mormorò in tono di rimprovero. « Sai, non faccio i salti di gioia all'idea che tu vada in giro così. Sei incredibilmente sexy ».
Lei tentò di evitare il suo sguardo, ma lui, le dita affusolate serrate sul suo mento, la costrinse a sostenerlo.
« Serve che impari a fare dei complimenti decenti a una donna, Black » ribattè, nascondendo la tensione con un'espressione provocatrice.
Gli afferrò il polso sottile, facendo sì che la lasciasse, ma notò che continuava imperterrito a sorridere.
« Serve che impari ad apprezzarli, Banks » replicò a tono, e lei si finse annoiata.
« Ho di meglio da fare che stare qui ad ascoltare le tue stupidaggini » concluse seccamente, mettendosi in spalla la scopa. « Con permesso ».
Gli voltò le spalle e andò via con andatura impettita, lasciandolo da solo sulla soglia. 
Il sorriso, però, non lasciò il suo volto neanche quando fu distante.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
Erano esattamente le dieci e quattordici minuti, e qualcosa al di fuori dall'ordinario si stava verificando in Sala Comune.
Primo: Lily Evans aspettava James Potter ai piedi della scaletta a chiocciola, tamburellando le dita dalle unghie mangiucchiate sulla gamba destra e sbuffando di tanto in tanto per la noia. Malgrado continuasse a guardarsi intorno, però, del ragazzo non vi era neanche l'ombra.
Secondo: James Potter era, a tutti gli effetti, in ritardo ad un appuntamento con Lily Evans. E non era morto.
Terzo: Lily Evans, che in quel momento aveva preso a giocherellare con i lacci delle ballerine che le calzavano i piedi minuscoli, poco più di quindici minuti prima, quando l'idea di un ritardo da parte di James Potter era stata ancora lontana anni luce, si era sentita persino entusiasmata all'idea di passare un'intera serata in sua compagnia. E, quando aveva realizzato la cosa, si era trovata nelle sue piene facoltà mentali.
A distanza di un quarto d'ora, però, le cose erano cambiate e non di poco.
L'entusiasmo di Lily era svanito, lasciando il posto a un'irrequieta impazienza e a un evidente fastidio, e l'unico sentimento che la pervadeva quando rifletteva sulle ore che avrebbe dovuto trascorrere in compagnia di James era una cieca rabbia che, ne era certa, sarebbe sfociata in un omicidio volontario.
La ronda di quel mercoledì era, come sempre, prevista per le dieci, e Lily non aveva avuto dubbi sulla puntualità di James, sempre impeccabile sotto quel punto di vista, soprattutto quando si trattava di passare un po' di tempo insieme a lei, cosa che sicuramente non gli era concessa in maniera frequente. 
Cosa che, in verità, non gli era concessa proprio mai. Ma la ragazza si era ritrovata costretta a ricredersi. James pareva essere svanito nel nulla.
Si alzò, sbuffando scocciata. Le amiche erano salite in Dormitorio per finire i compiti e anche - soprattutto, in realtà - perché Alice aveva promesso loro una scorpacciata di gossip freschi di giornata che a Lily non interessavano poi molto, e in Sala Comune non era presente nessuno dei suoi amici, ma un ragazzo del quinto anno che conosceva di vista la stava fissando con una certa insistenza da quasi dieci minuti, cosa che non rendeva più piacevole l'incessante attesa.
Si avvicinò al camino per scaldarsi un po', quando notò che il ritratto della Signora Grassa venne spostato per lasciar passare proprio lui, il gran ritardatario.
« LILY! » urlò non appena la vide, precipitandosi verso di lei. « Lily, per amor di Godric, perdonami, mi è capitata la qualsiasi... »
« Io non perdono proprio nulla, Potter » lo interruppe lei, un'ira contenuta che pareva pronta a scoppiare. « Ti ho aspettato qui per un mucchio di tempo, da sola, ho le gambe gelate per queste stupidissime gonne che siamo costrette ad indossare, sono rimasta qui anche se avrei potuto ripassare Aritmanzia, quel ragazzo mi guarda come un maledetto idiota da due ore e... »
« Quale ragazzo? » chiese subito James, allarmandosi all'istante, e cominciò a guardarsi intorno, premendosi gli occhiali sul naso per poter vedere meglio.
« LASCIA STARE QUALE RAGAZZO! » sbraitò lei, inalberandosi, e lui riabbassò di scatto lo sguardo, profondamente mortificato. « Io non sono tenuta a stare dietro i tuoi comodi, Potter » proseguì poi Lily, respirando a fondo per calmarsi. « E gradirei che mi avvisassi in anticipo, se anche la prossima volta non avrai voglia di fare la ronda con me, perché non ho intenzione di rispetta-... »
« Com'è che hai detto? » intervenne di nuovo lui, quasi ridendo. « Non credo di aver capito bene. Io non ho voglia di fare la ronda con te? »
Lily incrociò le braccia al petto, il mento alto da persona profondamente offesa e colpita nell'onore, e annuì.
James scosse il capo, incredulo, e le premette lievemente le mani sulle spalle, così che lei lo guardò, già molto meno risentita, il che era evidente.
« Vuoi ascoltarmi, per piacere? » le chiese lui, fissandola negli occhi. « Praticamente, ieri sono andato a fare un bagno nella vasca dei Prefetti, e, non so proprio come sia potuto accadere, ma sono scivolato... »
Lily diede in una risatina divertita che non riuscì a trattenere e che tradì la sua espressione fortemente ferita.
« No, non ridere... » fece James, ma stava facendo lo stesso. « Dicevo, sono scivolato e ho rotto l'orologio, che non ne vuole sapere di tornare a funzionare. Ora, nessun idiota si è preso la briga di avvisarmi durante gli allenamenti quando stava cominciando a farsi troppo tardi, e siamo usciti dal campo all'ora di cena. Sono andato in Sala Grande, sai, devo nutrirmi, Evans, e sono stato velocissimo, giuro, ma ho perso tempo facendo a botte con Remus in Dormitorio... »
« Cosa? » esclamò lei, sconvolta. « Hai fatto a pugni con Remus? Ma se non ha neanche la forza di reggersi in piedi! James, sai bene in che periodo siamo! »
Lui sbuffò, come se fosse una cosa di poco conto. 
« Appunto! » disse, lasciandola ancora più di stucco. « E' molto più irascibile del solito! Poi Peter ci mette anche del suo, voglio dire, mentre si esercitava per Incantesimi gli ha carbonizzato un tema di trenta centimetri e ha dovuto riscriverlo tutto daccapo... »
« Sì, lo so » fece lei, sorridendo appena. « E' successo durante il vostro allenamento, e stava per prendere fuoco anche il tappeto ».
« Ecco » convenne subito James, alzando gli occhi al cielo. « Infatti se l'idiozia avesse un nome, si chiamerebbe Peter Minus. Comunque » riprese, senza allentare la presa sulle sue spalle, « in conclusione, Remus era troppo arrabbiato per lasciarmi copiare i compiti e abbiamo fatto a pugni per questo, e visto che neanche quel fottuto di Sirius ha combinato nulla di produttivo durante il pomeriggio, ho capito che dovevo fare tutto da solo. Ma poi mi sono accorto che avevo lasciato la borsa in Sala Grande e... Lily, una vergogna, una gran vergogna, ti dico, nessuno ha voluto concedermi il fottutissimo favore di andarla a prendere, anche se sapevano che sarei arrivato in ritardo da te! E così vai con quattordici piani di scale, ma che vuoi che siano per uno sportivo come me? Beh, no, in realtà sono distrutto, ma non importa... per giunta » aggiunse, « devo risalire in Dormitorio perché il mio libro di Erbologia è lassù, e questa sera devi aiutarmi a studiare, altrimenti domani dovrò fingermi malato, ma l'ho già fatto due volte, perciò la scusa non regge. Ehm... cosa ne dici? »
Lily lo scrutò a lungo, soffermandosi sui suoi occhi imploranti da cerbiatto e sul volto leggermente imperlato di sudore, poi annuì.
« Ti do una mano, nulla di più » rispose, fingendosi sostenuta. « E datti una mossa ».
James sorrise raggiante, strinse più forte le sue spalle e le stampò un sonoro bacio sulla fronte che la fece arrossire.
« Grazie » le disse con sentimento, senza smettere di sorridere. « Solo un momento e sono da te ».
La lasciò e si affrettò verso il Dormitorio. Durante la sua breve assenza, Lily si sistemò i capelli, cercando di gonfiarli e dare loro forma con le mani, e stirò per bene la camicia sotto il maglioncino, trafficando parecchio tempo con il colletto.
« Posso dire la mia? » arrivò all'improvviso la voce di James.
La ragazza sussultò e lasciò perdere la camicia, voltandosi a guardarlo imbarazzata. Lui, però, sorrise con disinvoltura, affondando le mani nelle tasche.
Si avvicinò, percorrendo a passi lenti e misurati la distanza che li separava, e lei si massaggiò il braccio col palmo della mano, a disagio.
« Sei perfetta » le disse, ampliando il sorriso, e Lily lo ricambiò.
« Grazie » rispose, giocherellando con l'orlo della manica del maglioncino. « Stavo controllando... credevo di essermi macchiata, ecco... Possiamo andare? »
James annuì, si sistemò la borsa carica di libri in spalla, e allungò un braccio in direzione dell'uscita.
« Dopo di lei, signorina Evans » disse con fare elegante, e lei lo precedette, ridendo sottovoce.
Non appena furono fuori dalla Sala Comune, afferrarono le bacchette e si avventurarono verso un corridoio sulla destra, in silenzio.
Dopo un po', James frugò nella propria borsa ed estrasse il libro di Incantesimi.
« Allora, Evans » disse, leccandosi l'indice e cominciando a sfogliarlo alla ricerca della pagina giusta. « Incantesimi di Memoria ».
Lei annuì con forza.
« Okay » rispose prontamente. « Partiamo ».
Allungò il collo e diede una sbirciata al libro, ma James si affrettò a richiuderlo.
« Ah, Evans, dovresti conoscere la lezione a menadito » la rimproverò, giocoso. « Non si sbircia e non si ripassa. Non vale ».
Lily gli rivolse una smorfia e gli strappò il libro dalle mani, facendolo ridere. 
« Dammi qua » fece, brusca. « E' roba difficile, cosa credi? »
Rilesse rapidamente il paragrafo introduttivo, poi agitò impaziente una mano a mezz'aria.
« Di questo non importa a nessuno » tagliò corto, sbrigativa. « Andiamo avanti. Santo cielo, questa parte non la ricordo mai... devo ripassare! »
E cominciò a camminare, il volto immerso fra le pagine del libro. 
« Dimmi dove vado » si raccomandò a James.
Lui annuì e affondò le mani nelle tasche del mantello, fischiettando tranquillamente un'obsoleta canzone d'amore anni venti.
« Sinistra, Evans » disse dopo un po', e lei riuscì a scansare il muro. « Complimenti, venti punti a te ».
La ragazza rise, ma non staccò gli occhi dal libro e prese a leggere ad alta voce spezzoni di frasi che, messe insieme così a casaccio, risultavano davvero incomprensibili. James, però, la ascoltava con interesse e spesso la guardava sorridendo appena, soffermandosi sul suo viso concentrato un po' più del necessario. Osservarla senza che se ne accorgesse era una delle cose che preferiva fare, un qualcosa che, in qualche modo, lo rasserenava.
Rimase così tanto tempo a studiarla che non si accorse della parete contro cui stava per andare a sbattere.
« Destra, Lily, destra! » esclamò, afferrandola per la vita e facendole invertire direzione.
Non appena avvertì il suo tocco, Lily chiuse di scatto il libro e voltò il capo per guardarlo.
Lui sorrise. Era molto vicino.
« Stavi per schiantarti » disse con aria vagamente colpevole, come a volersi giustificare. « Chiedo venia, non sono una guida attenta ».
Lei assunse un cipiglio severo. 
« Potevo andare a sbattere e subire danni ai connotati » rispose, seria. « Dov'è che avevi la testa, eh, Potter? »
James rise, quasi senza accorgersi di non averla ancora lasciata malgrado avessero svoltato l'angolo ormai da un pezzo, e sollevò le spalle.
« Proprio a quei tuoi splendidi connotati, ecco dove » rispose spontaneamente, lasciando scivolare via le mani dai suoi fianchi.
Lily parve lievemente turbata dalle sue parole, e sorrise senza sapere cosa dire. La semplicità con cui James le parlava era sempre spiazzante, e le piaceva.
« Comunque » riprese lui dopo un po', giocherellando distrattamente con le cinghie della borsa, « facciamo il punto della situazione: hai trafugato il mio libro di Incantesimi, ti sei messa a ripassare con il naso incollato alle pagine da vera ossessionata quale sei, e mi hai deliberatamente impedito di fare alcunché ».
Allargò le braccia per poi stringerle all'altezza del petto, un'espressione furba sul volto gioviale. « Come la mettiamo, Evans? »
La ragazza lo squadrò e parve enormemente indignata, tanto che chiuse il libro con rabbia e se lo mise sotto il braccio.
« Come osi? » esclamò, la voce improvvisamente salita di tono. « Solo perché sei un ignorante scansafatiche il cui unico scopo nella vita è quello di vincere la dannatissima Coppa del Quidditch, non puoi pretendere che tutti siano come te e che ti aiutino anche. E' chiaro il concetto? »
James aggrottò la fronte, educatamente perplesso. 
« Chiedo perdono, ma... » disse, premendosi l'indice sulle labbra, « di preciso, come mi stavi aiutando? »
Lei spalancò la bocca, pronta a ribattere, ma la richiuse di scatto un attimo dopo, mordendosi il labbro inferiore con aria sperduta.
« Beh... » fece infine, evasiva, e James ridacchiò silenziosamente. « Io... stavo ripassando per te, okay? Stavo studiando per te, Potter, e tu sei un maledetto ingrato che non apprezza la fatica altrui! Me ne andrei via indignata se non stessimo... »
« ... passando una così splendida serata insieme tutti soli » concluse lui al suo posto, sogghignando con allegria.
Lily lo colpì sul braccio con il libro, facendolo ridere ancor più forte, e a quel punto si arrese, sconfitta.
« Facendo una ronda » disse con forza, esasperata. « Facendo una ronda, Potter, da bravi Caposcuola quale sono ».
La sua rabbia svanì nel momento in cui cominciò a ridere senza ritegno per la propria esilarante battuta, e James la seguì a ruota.
« Comunque » riprese, tornando di botto seria, e lui si ricompose in fretta e furia, anche se l'espressione che riuscì a partorire non fu delle migliori. « Per punizione, dato il tuo comportamento irrispettoso e molto poco lusinghiero nei confronti della donna che hai di fronte, il libro diventa ufficialmente mio ».
Lo strinse al petto come se fosse il suo effetto più caro, sollevando il mento con fare altezzoso, e James la fissò come se fosse sicuro che lo stesse prendendo in giro. Ma in cuor suo sapeva, con la massima certezza possibile, che così assolutamente non era.
« Ma è mio » obiettò, piuttosto stupidamente, anche se a ragione. « Voglio dire... l'ho comprato ».
Le sopracciglia di Lily si inarcavano di più a ogni sua sillaba, come se un burattinaio le controllasse dall'alto, muovendole in perfetta armonia.
« Evans, andiamo, abbi un po' di comprensione » riprese James con maggiore padronanza di sé. « Non hai pietà per la mia condizione? E' praticamente notte, Remus, pur morente com'era, ha preferito beccarsi un sinistro micidiale piuttosto che farmi copiare i dannati compiti, Peter è soggiogato al suo potere da gran saggio, e Sirius, anche se si è ammazzato sui libri quasi quanto me, domani se la caverà come sempre perché ha un culo di dimensioni spropositate. Evans » disse in tono implorante, ma lei sembrava tremendamente irremovibile.
James la fissò, sempre più lugubre in volto, la triste e incontrovertibile realtà che calava lenta su di lui. 
La vicenda, dunque, si sarebbe conclusa nell'unica maniera possibile. La più terribile, ma anche la più prevedibile: l'umiliazione.
Già si figurava la scena con tanto di dettagli vividissimi... dalle asfissianti richieste sarebbe passato alle preghiere, e così facendo avrebbe finito per inginocchiarsi ai suoi piedi a mani giunte, umiliando se stesso e il proprio onore solo in cambio di un misero aiuto.
O forse no.
« Evans, se fossi in te restituirei quel libro » disse, serafico e perfettamente calmo. « Sai bene che se non si ottiene qualcosa con le buone, la si ottiene con le cattive, e si dà il caso che io sappia essere spietato. Ordunque, quali sono le tue intenzioni? »
Lei fece scattare il braccio nella direzione opposta a lui, tenendolo lontano dal libro. 
« Non lo avrai mai » aggiunse con sicurezza, senza sorridere.
James sogghignò e decise di agire.
Con uno scatto degno di un vero Cacciatore, si appostò dietro di lei e prese a farle il solletico ovunque potesse, facendola scoppiare a ridere e ripiegarsi su se stessa come una foglia accartocciata.
« Ja-... Ja-... » tentò di dire, ma le parole venivano puntualmente sommerse dalle risate incontrollabili e dal suo incessante contorcersi.
« Cos'è, Evans, balbetti? » la provocò lui senza smettere di farle il solletico, ma la ragazza non lasciò andare il libro.
Scosse il capo, il suono della sua risata che rimbombava nel corridoio deserto. 
« N-no che non balbe-... JAMES! »
Lui rise di gusto. L'aveva sollevata da terra senza il minimo sforzo, ma le sue proteste lo avevano indotto a rimetterla subito giù.
« D'accordo, d'accordo, hai vinto » si arrese alla fine lei, ansimando senza fiato. « Tieni e studia, maledetto bastardo. Sei odioso ».
Lui afferrò il libro e schioccò la lingua con evidente disappunto. 
« Tutte sciocchezze » disse con leggerezza, sorridendole. « Tu mi ami, Evans ».
Lily sbuffò, scettica. 
« Oh, davvero? » replicò, incrociando le braccia al petto.
James annuì con una certa nonchalance. 
« Sì, tesoro » rispose, lanciandole un'occhiata complice mentre ricominciava a sfogliare il libro.
La piega dura nella quale si erano strette le labbra di Lily tremolò e, alla fine, si tramutò in sorriso.
« Dai qui, ti spiego io » fece poi, intenerita. « Questo testo è terribile, posso riassumerti i concetti fondamentali, così poi ci esercitiamo con l'incanto ».
Lui sollevò lo sguardo con aria sperduta, e pian piano il suo volto si distese in un raggiante sorriso.
Trascorsero un'ora abbondante fra definizioni e spiegazioni inframmezzate da scambi di battute stupide e tante risate, e il risultato fu semplicemente eccezionale: James riuscì a padroneggiare l'incantesimo con una rapidità sorprendente, tanto che Lily si ritrovò costretta ad ammettere di essersi sbagliata sulle sue capacità mentali. O almeno in parte.
Probabilmente, fu l'ora di studio più piacevole che avesse mai trascorso in vita sua, e questo, a se stessa non riuscì proprio a negarlo.
Quando richiusero anche il libro di Erbologia, erano arrivati al quarto piano, e stavano perlustrando l'ala ovest.
« Hai detto Butobuberi! » stava dicendo James ridendo a crepapelle, una mano sullo stomaco dolorante.
Lily scoppiò a ridere di cuore. 
« Cos'è che ho detto? » domandò, affondando le mani nelle tasche laterali del cardigan. « Tu farnetichi ».
Ma lui continuò a ridere sempre più forte, tanto che gli fu difficile ritrovare la voce per ribattere.
« Al contrario, Evans! » esclamò, scuotendo il capo con un brillio di furbizia negli occhi. « Assumiti la responsabilità delle bestialità che dici! »
Si stropicciò l'occhio destro dietro la lente degli occhiali, asciugando le lacrime che minacciavano di venir fuori.
« Tu ne spari a valanga da una vita e non l'hai mai fatto » obiettò la ragazza, colpendolo con una giocosa gomitata sul braccio.
« Questo non è vero! » protestò lui, sorridendole. « Per tutti i Butobuberi, Evans, diresti qualsiasi falsità pur di gettare fango sulla mia onorevole perso-... »
Ma non riuscì a completare la frase.
Un rumore metallico, infatti, aveva rotto il silenzio come un colpo di cannone inaspettato, un rumore che proveniva dall'angolo che avevano appena svoltato.
James si immobilizzò e sollevò di scatto la bacchetta, puntandola dritto di fronte a sé, e Lily lo imitò una frazione di secondo dopo, mettendosi all'erta e iniziando a guardarsi intorno con circospezione.
Guardandosi alle spalle, trovarono una delle armature del castello riversata sul pavimento di pietra, l'elmo distante mezzo metro dai loro piedi.
« Chi c'è? » chiese James ad alta voce, le dita serrate attorno all'impugnatura della sua bacchetta.
Lily gli lanciò uno sguardo, stringendo anche lei la propria. Non smetteva un istante di far scattare gli occhi da una parte all'altra.
Nessuno rispose. Il silenzio e la tensione erano palpabili all'interno dell'ampio corridoio, l'armatura a terra dava l'impressione di un morto caduto in battaglia.
James scansò l'elmo e tese le orecchie, ma non le raggiunse nessun rumore, neanche un fruscio, e questo lo fece insospettire ancor di più.
Senza fiatare, fece un cenno col mento a Lily verso il corridoio da cui era venuta giù l'armatura, e insieme si incamminarono verso quella direzione, le bacchette tese e tutti i sensi all'erta. Sentivano chiaro e forte che qualcosa non andava. Erano sicuri che non fosse stato Pix a scaraventare a terra l'armatura e a provocare tutto quel chiasso per poi far sprofondare nuovamente il silenzio. Pix amava il caos e amava attribuirsi i meriti delle proprie imprese, sempre.
Erano quasi arrivati all'imboccatura del corridoio che avevano svoltato minuti prima, quando qualcuno si mostrò di fronte a loro.
Tre figure incappucciate, infatti, si fecero avanti e sbarrarono loro il passaggio.
Impossibile riuscire a intravedere il viso, immerso nell'ombra, impossibile intravedere alcunché, perché parevano ombre, e tutto in loro era nero, solo nero.
« State andando dalla parte sbagliata » disse quello più vicino a Lily, e i due notarono che la sua voce pareva alterata, innaturale, quasi rimbombante. L'avevano camuffata con un incantesimo.
A quella vista, Lily trattenne d'istinto il fiato, spaventata, e James l'afferrò per un braccio, facendola indietreggiare, e la tenne vicina a sé.
Un altro fruscio di passi, però, li indusse a voltarsi di scatto, appena in tempo per vedere altre tre figure immerse nel buio che emergevano all'imboccatura opposta del corridoio, apparentemente identiche a quelle a cui stavano dando le spalle.
Sollevarono le bacchette, il cuore sprofondato da qualche parte vicina allo stomaco, e James non accennò a lasciare il braccio di Lily, anzi rafforzò la stretta.
« Bella serata, vero? » esordì uno dei tre individui vicini ai due, e loro tornarono a voltarsi. « Spero perdonerete l'interruzione ».
James squadrò lo sconosciuto da capo a piedi, ma nessun dettaglio riusciva a suggerirgli chi potesse nascondersi dietro quel mantello.
« Halloween è passato da un pezzo, amico » gli disse, serissimo. « Puoi anche mettere via quel cappuccio ».
Fece scattare la bacchetta e il mantello prese a scendere giù dal capo, ma quello bloccò l'incantesimo e riuscì a tenerlo fermo.
« Calma, Potter » disse in tono pacato, sollevando le mani. « Non è necessario usare la forza », e si abbassò il cappuccio, rivelando il volto mascherato, ancora irriconoscibile. « Se non desideriamo che sappiate chi siamo, non lo saprete ».
James rise amaramente. 
« Il vostro fegato mi fa venire in mente giusto un paio di nomi » ribattè in tono provocatorio.
Probabilmente il ragazzo sorrise, ma la maschera impediva di percepire movimenti così sottili, così come celava ogni singolo tratto del viso.
« E la bella Lily, invece? » disse, senza replicare. « Ha forse perso la lingua? »
La ragazza scoppiò a ridere, schernendoli. 
« Io non ho perso proprio niente » replicò a tono. « Voi, invece... avete perso la faccia insieme al coraggio ».
Avvertì le dita di James stringersi forte intorno al braccio, ma non ci badò. Qualunque cosa avesse detto, sarebbero comunque arrivati allo scontro. Temporeggiare o fingere che non sarebbe successo... quello non serviva a nulla, e lo sapevano entrambi.
« Piuttosto, questa che cosa sarebbe, precisamente? » proseguì Lily, facendo un passo in avanti così da trovarsi esattamente accanto a James. « Un'imboscata? » Rise di nuovo, sprezzante. « Proprio qui, sotto il naso di Silente? Faccia, coraggio e furbizia. Avete perso parecchia roba, direi ».
Il ragazzo accanto a quello che aveva parlato sino a quel momento avanzò di un passo.
« L'hai capita male, Evans » disse, la voce troppo cupa per poter sembrare naturale. « Questo è un messaggio. Ed è indirizzato proprio a lui ».
Lily tacque, ma non abbassò la guardia, e d'un tratto parve più preoccupata. Aveva capito perfettamente dove volevano arrivare.
« Voi siete i suoi fedeli, lo sappiamo bene » proseguì il ragazzo, velenoso. « E proprio voi dovreste cominciare ad avere paura ».
Fece un passo avanti, poi ancora un altro, tanto da ritrovarsi piuttosto vicino ai due, come a volerli volontariamente provocare.
« Sapete » disse, misurando ogni parola. « Silente sarà anche il Preside, ma fuori di qui c'è qualcuno di gran lunga più potente di lui ».
Prima ancora che concludesse la frase, James esplose in una risata di scherno che rimbombò per tutto il corridoio.
« Ti sei perso qualcosa, credo » ribattè, incredulo. « Qualcuno di più potente? Lo speri, forse, ma è una stronzata bella e buona ».
L'altro scosse il capo, senza scomporsi. 
« Il tempo di Silente è finito, Potter » rispose con dura fermezza. « E noi ci stiamo preparando a un nuovo inizio, al fianco di chi è più forte di lui, perché di certo saprai che di fedeli ne possiede, forse anche più del tuo amato Preside ».
Inutile chiedere di chi stesse parlando. A quanto pareva, Voldemort si era impadronito di seguaci anche all'interno delle mura di Hogwarts, una mossa che forse neanche Silente stesso si aspettava, e che lasciò James e Lily sconvolti, anche se non lo diedero a vedere.
Si scambiarono uno sguardo: quello di lui era straordinariamente acceso, mentre gli occhi di Lily parevano sperduti e carichi di paura.
« Ecco cosa siete » asserì Lily alla fine, deglutendo un groppo di saliva che pareva essergli rimasto appeso in gola. « Mangiamorte ».
Il ragazzo rimase immobile. 
« Bravi » disse semplicemente. « A Silente servono persone sveglie come voi, decisamente ».
Si voltò, tornando a schierarsi accanto ai compagni che, alle sue parole, scoppiarono a ridere. 
Nei pochissimi secondi in cui fu di spalle, approfittando della distrazione dei Mangiamorte, James si rivolse a Lily e fece cenno alla porta socchiusa accanto a lei.
« Appena sei vicina » sussurrò concitato, muovendo appena le labbra, « va' a chiamare aiuto ».
Lily annuì impercettibilmente e lanciò un'occhiata alla porta. Era già abbastanza vicina, ma James, la mano che ancora le stringeva il braccio, compì un piccolo passo verso destra, così che vi fu praticamente accanto. In questo modo sarebbe bastato un secondo per permetterle di varcarla e correre via, così almeno lei ne sarebbe uscita indenne. Era questo ciò che James non faceva che pensare incessantemente, e pregò con tutte le sue forze affinché il piano riuscisse. Era l'unica cosa importante, perché una volta venuto a sapere di ciò che erano gli sconosciuti che aveva di fronte e alle spalle, aveva iniziato a temere per lei. Lei, che avrebbe desiderato qualsiasi cosa tranne che piantarlo lì da solo, ma che non vedeva nessun'altra via di fuga.
Erano in due contro sei, li stavano accerchiando, e Lily era certa che padroneggiassero incanti oscuri a loro completamente sconosciuti. Qualcosa le suggeriva che non fossero venuti sin lì solo per far prendere loro uno spavento, ma che il messaggio per Silente dovesse essere scritto a chiare lettere.
« Avete davvero una bella faccia tosta se lo annunciate così apertamente » commentò James, lasciando scivolare la mano lungo l'avambraccio di Lily fino a stringerle la mano. « Perdipiù scorrazzando per il castello come se nulla possa toccarvi. Troppo sicuri di voi stessi, non trovate? »
Lily rispose alla stretta. Era a un passo dallo spiraglio aperto fra lo stipite della porta e la parete di pietra. Era tesa.
« Oh, ma certo, perché tu riconosci subito questo particolare genere di persone, no, Potter? » disse un altro dei ragazzi incappucciati.
Parlava lentamente, ma la sua voce, per quanto alterata, pareva carica di rabbia repressa.
« Stento ad immaginare qualcuno che abbia un'arroganza e una presunzione nausenti quanto la tua » proseguì, sibilando.
James fece un passo in avanti, un angolo della bocca sollevato in un ghigno provocatorio.
« Sai cosa? » fece in tono di sfida, dimenticandosi per un momento del piano e di tutto quanto il resto. « Qualcosa mi dice che sotto quello sporco mantello ci sei tu, Piton. Non credevo fossi così vigliacco da affrontarmi a viso coperto ».
Tutto accadde in un attimo. 
Piton agitò la bacchetta con rabbia, ma James bloccò con facilità il suo incantesimo e si liberò con un rabbioso e rapido gesto della borsa che portava ancora sulla spalla e che finì accantonata a terra, riversando il contenuto sul pavimento, mentre Lily, dietro di lui, spingeva verso il muro la porta per correre via.
Il Mangiamorte accanto a Piton, però, fu più rapido di lei, e lanciò un incantesimo di Ostacolo che la fece violentemente rimbalzare indietro.
James fece appena in tempo a prenderla, voltandosi e afferrandola per la vita così che non precipitasse rovinosamente a terra, ma lei si liberò quasi immediatamente dalla sua stretta e respinse una fattura che stava per centrare il petto del ragazzo.
Lui le rivolse una rapida occhiata, ma subito tornò con la mente allo scontro che aveva iniziato ad infuriare nel corridoio.
Dandole le spalle, lanciò un incantesimo al Mangiamorte che gli si parava di fronte, proprio mentre un lampo di luce rossa sfiorava la sua spalla e quella di Lily. Quello fu respinto all'indietro e si accasciò contro il muro, svenuto, ma il compagno spedì contro James una fattura che lui riuscì a scansare.
« STUPEFICIUM! » urlò, ma il Mangiamorte respinse l'incantesimo con un rapido scatto della bacchetta e glielo rispedì contro.
Riuscì ad evitarlo per un soffio, mentre dietro di lui Lily urlava: « PETRIFICUS TOTALUS! » e un Mangiamorte veniva colpito in pieno.
Le braccia si irrigidirono lungo il corpo, il volto si pietrificò, e il ragazzo cadde a terra con un tonfo, sollevando un alone di polvere.
James si distrasse per una frazione di secondo e si liberò in fretta e furia del mantello per potersi muovere più liberamente, ma quella bastò per permettere a un altro Mangiamorte di fargli volare via di mano la bacchetta.
In quell'istante, però, Lily si chinò a terra per schivare un incantesimo e riuscì ad afferrarla appena in tempo.
« Tieni! » disse a James, lanciandogliela, e lui la prese con uno scatto da abile Cacciatore qual era.
Schiantò il Mangiamorte che lo aveva Disarmato e cominciò a duellare con Piton, l'unico Mangiamorte rimasto di fronte a lui.
Le bacchette si muovevano così rapidamente da sferzare l'aria come spade, e i due non smettevano di guardarsi negli occhi un istante, rabbiosi.
Con uno scatto della bacchetta, come se stesse muovendo una frusta, Piton gli lanciò una maledizione, ma lui riuscì ad evitarla per un pelo.
Mentre lo faceva, lanciandosi verso la parete, sentì Lily urlare e si voltò di scatto, terrorizzato, mentre anche Piton si immobilizzava e cessava di lottare.
Era a terra, e le avevano sferzato la pelle lungo tutto l'avambraccio, laddove il sangue di un taglio profondo luccicava, gocciolando sulla manica del mantello.
« Lily! » esclamò James, afferrandole il braccio.
Urlò Impedimenta al Mangiamorte che stava levando la bacchetta per colpirlo e Schiantò quello che aveva inferto la ferita a Lily.
Momentaneamente dimentico di Piton e dei Mangiamorte colpiti che si stavano rialzando, si lasciò cadere a terra accanto a Lily e si liberò del maglione, avvolgendone le maniche intorno alla ferita di Lily e stringendole per tentare di bloccare il flusso di sangue. In quel momento, non gli venne in mente nessun incantesimo, neanche una formula, vedeva solo Lily stringere le labbra per non lasciarsi sfuggire neanche un gemito di dolore.
« Lily, dobbiamo sbrigarci » sussurrò con voce tremante, passandole un braccio intorno alla vita per aiutarla a farla rialzare.
Lei si risollevò, stringendosi al suo petto, e James le accarezzò il volto con affetto.
Si stavano allontanando, lui che la teneva stretta a sé, quando il braccio poggiato alla sua vita si afflosciò, e James ricadde lentamente a terra.
Piton, infatti, non aveva tollerato la vista di Lily e James abbracciati, e aveva agitato la bacchetta contro di lui, guidato da una rabbia incontrollata.
Era come se la bacchetta avesse agito da sola, come se la mano che la teneva stretta si fosse mossa senza che lui ne fosse padrone.
Aveva pronunciato l'incantesimo senza riflettere, e non seppe mai se se ne fosse pentito o meno. Un incantesimo che, in realtà, aveva progettato appositamente per lui, ma che credeva non avrebbe mai avuto il coraggio di utilizzare.
Contro i nemici, aveva scribacchiato sul suo libro di Pozioni l'anno precedente. E contro chi scagliarlo, se non contro il suo nemico più grande, proprio nel momento in cui lo aveva visto trionfare nel loro eterno scontro proprio di fronte a lui? La collera era stata insopportabile, più forte della ragione, e l'odio accumulato in tutti quegli anni era sfociato in quelle dodici terribili lettere che gli macchiavano le mani di sangue, irrimediabilmente.
« Sectumsempra! » urlò, agitando rabbiosamente la bacchetta in direzione di James.
All'istante, non appena il lampo di luce lo ebbe colpito in pieno, il petto e il volto di James si squarciarono come carta, schizzando fiotti di sangue scarlatto.
James crollò sul pavimento, tremando convulsamente da capo a piedi, mentre le vesti si inzuppavano di sangue e macchiavano la pietra su cui era accasciato.
L'urlo non sbocciò mai dalla bocca di Lily, che sbarrò gli occhi in preda al terrore e non riuscì ad emettere neanche un sospiro, la voce strozzata in gola.
Cadde in ginocchio accanto a James, il respiro mozzato, e sentì improvvisamente la testa esploderle nel cranio. La paura la immobilizzava totalmente.
« VIA, VIA! » urlò uno dei Mangiamorte ai compagni, e tutti corsero via, i mantelli che frusciavano sul pavimento.
Dopo un attimo, nel corridoio sprofondò nuovamente il silenzio, e l'unico rumore udibile fu il respiro affannoso di James che sfiorava le proprie ferite con la mano tremante, macchiandosi del suo stesso sangue.
Lily cercò a tentoni la bacchetta sul pavimento, finché non riuscì ad afferrarla. La puntò contro le ferite che gli squarciavano il petto e da cui continuava a sgorgare sangue, ma non riuscì a formulare alcun incanto. Tremava quasi quanto James.
« Mio Dio... » sussurrò, la voce ridotta a un flebile sussurro tremolante. « James... »
Imponendo a se stessa quel poco di concentrazione che in quel momento le era possibile avere, borbottò quei pochi incantesimi di cura che conosceva, ma le ferite rimasero pressocché simili a prima, e un singhiozzo soffocato affiorò alle sue labbra.
« James... ti prego... » sussurrò, anche se sapeva che non poteva sentirla, e continuò ad accarezzargli i capelli come non aveva smesso di fare tutto il tempo. « Vado... vado a chiamare aiuto ».
Si rialzò da terra e cominciò a correre a perdifiato, asciugandosi con la manica del mantello le guance bagnate.
Vedeva sangue ovunque, sulle pareti, lungo il pavimento, sulle maniglie di ogni porta... Persino gli uomini raffigurati nei ritratti le sembravano sfigurati e ricoperti di sangue come James. James, che stava disteso a terra da solo nel bel mezzo del castello, tremante da capo a piedi sulla pozza di sangue che si era andata formando intorno a lui e che aveva macchiato i vestiti di Lily e le sue mani bianco latte.
Quando arrivò in Infermeria era senza fiato, ma non si fermò un attimo.
« MADAMA CHIPS! » urlò, e l'infermiera apparve quasi subito, avvolta in una vestaglia azzurra, i capelli legati in un alto chignon.
« Madama Chips, James... » disse, ansimando. « James ha bisogno di aiuto. Una maledizione... c'è sangue ovunque... è al quarto piano... »
La donna annuì rapidamente e, senza una parola, le fece segno di precederla fuori dall'Infermeria.
Correva come un fulmine, e Lily sfrecciava fra corridoi e rampe di scale con i capelli che svolazzavano come fiamma viva.
Non le importava dei muscoli delle gambe che tiravano e urlavano per trovare riposo, sentiva solo il battito del proprio cuore accelerato di un milione di volte e gli occhi che si colmavano di lacrime ogni volta che li socchiudeva, perché quando le palpebre calavano e le ciglia sfioravano la guancia, l'immagine del corpo di James riverso a terra e ricoperto di sangue si focalizzava nella mente e appariva a intermittenza, facendola sentire nauseata.
Quando arrivarono, Lily pregò con tutta se stessa affinché potesse trovarlo ancora tremante, e non immobile e pallido come un cadavere.
L'immagine dell'armatura stesa sul pavimento le parve quasi un cattivo presagio, e quando svoltò l'angolo trovò James immerso in una pozza di sangue, ma ancora vivo, ancora smosso dal dolore, con una mano che premeva febbrilmente il petto ferito, sempre più debolmente.
Madama Chips non fiatò e non diede segni di sconvolgimento. Si gettò sul pavimento accanto a James e sguainò la bacchetta con uno scatto fulmineo, puntandola contro i profondi tagli che gli laceravano il petto.
« Hai per caso sentito quale incantesimo lo ha colpito? » chiese a Lily, la voce ferma.
Lei serrò gli occhi, tentando di ricordare la formula che Piton aveva urlato. 
« Sectumsempra » sussurrò. « Mi pare... una cosa del genere ».
L'infermiera scosse il capo e tornò a concentrarsi sulle ferite. 
« Non esiste in nessun manuale » rispose. « Ma è una maledizione molto potente, è evidente ».
Prese a borbottare contromaledizioni, facendo scorrere la punta della bacchetta lungo le sue ferite.
Lily avanzò a piccoli passi tremuli e si inginocchiò accanto a James, riprendendo ad accarezzargli i capelli come se quel gesto potesse essergli in qualche modo di conforto. Non aveva senso, pareva che stesse per morire, e forse in realtà lo faceva per donare un po' di conforto anche a se stessa. 
Inutile dire che non era abbastanza, per niente.
Per secondi e secondi parve che le ferite di James rimanessero sempre identiche, che il sangue che sgorgava fuori non rallentasse mai la sua corsa.
Quando, però, Madama Chips cominciò a borbottare un altro controincantesimo, quasi melodico come una filastrocca, il sangue prese a fluire più lentamente, fino a bloccarsi, e i tagli parvero rimarginarsi pian piano, come se la punta della bacchetta li stesse cucendo con ago e filo.
James, però, aveva smesso di muoversi da parecchi istanti, le palpebre chiuse, la mano che prima raspava sul petto afflosciata a terra accanto a quella di Lily.
Lei la prese, trovandola gelida come il pavimento su cui era poggiata. La strinse tra le proprie, accarezzandola. Il sangue pareva bollente come cera.
« Va tutto bene, signorina Evans... » la rassicurò Madama Chips, picchiettando un'ultima volta con la bacchetta sulla guancia di James.
Lei annuì ripetutamente. Le lacrime le rigavano il viso ormai da minuti, ma le lasciò cadere senza curarsene.
« Reinnerva » disse l'infermiera con forza, puntandogli nuovamente la bacchetta sul petto, e aspettarono.
Pian piano, James tornò a sollevare le palpebre. 
Non vedeva nulla, gli occhiali erano finiti chissà dove, ma l'immagine della chioma rossa di Lily si focalizzò immediatamente di fronte a lui, come il suono dei suoi respiri irregolari.
« Signorina Evans, presto, mi aiuti a portarlo in Infermeria » disse concitata Madama Chips, sollevandolo di peso con una forza che non pareva possedere.
Lily si affrettò ad aiutarla e si passò il suo braccio sinistro intorno alle spalle, tenendolo stretto anche se pareva riuscire a reggersi in piedi.
« Accio occhiali! » esclamò prima che svoltassero l'angolo, e quelli sfrecciarono verso di lei, che se li mise in tasca.
Lui non riusciva a parlare e a capire ciò che gli succedeva intorno. Le labbra erano ricoperte di sangue rappreso, il cervello pareva non essere connesso al resto del corpo, e i tagli ovunque bruciavano, pulsavano, tiravano e dolevano terribilmente. Si sentiva squarciato come se lo avessero pugnalato ripetutamente, dovunque, e fosse poi miracolosamente ritornato in vita.
Arrivarono in Infermeria pochi minuti dopo, spalancarono la porta e adagiarono James su uno dei tanti lettini bianchi.
L'unico paziente ricoverato era una ragazzina minuscola dai capelli trasformati in cespuglio di rose. Dormiva con un orso di peluche stretto fra le braccia.
« Signorina Evans, devo chiederle di uscire » disse Madama Chips a Lily.
La ragazza annuì. 
« Ma certo » rispose, affrettandosi nuovamente verso l'uscita, e si richiuse le porte alle spalle.
Una volta fuori, prese a camminare in tondo, tormentandosi le mani che ancora tremavano, portandosi ripetutamente i capelli dietro l'orecchio, completamente dimentica del sangue che macchiava le sue dita. Si sentiva scombussolata come se le avessero brutalmente rivoltato l'anima per poi riconficcarla in un corpo improvvisamente troppo stretto. Vedere James riaprire gli occhi era stata un'esplosione di sollievo quasi distruttiva.
Non seppe mai quanto tempo passò fuori da quell'Infermeria, ma si bloccò nel suo incessante camminare avanti e indietro solo quando le tornò alla mente la voce di Piton che urlava quella terribile maledizione mai udita prima. E si chiese, con una fitta al cuore, cosa lo avesse trasformato in quel mostro che era improvvisamente diventato.
Il filo di pensieri accatastati l'uno sull'altro venne spezzato dalle porte che tornarono ad aprirsi, rivelando un'accalorata Madama Chips.
Con enorme gioia di Lily, però, il suo volto sudaticcio si distese in uno dei suoi rari, splendidi e misurati sorrisi.
« E' tornato su in un baleno » annunciò, battendo le mani. « Forse l'ho già detto, ma non ho mai incontrato un ragazzo dotato di una forza pari a quella del signor Potter. Dovrebbe essere un caso da studiare, ma non mi pare questo il momento. Sembrava piuttosto ansioso di vederla, signorina Evans ».
Lily rise, senza avere la minima idea di cosa dire.
« Resteranno cicatrici? » chiese all'infermiera. Non riusciva a smettere di sorridere, e pensò di dover sembrare parecchio idiota.
La donna strinse le labbra e annuì a malincuore. 
« Se fossi riuscita ad intervenire tempestivamente avremmo potuto evitarlo » spiegò, dispiaciuta. « Ma ho applicato il dittamo sulle ferite troppo tardi, per cui quelle più profonde, quelle sul petto, dove l'incantesimo lo ha colpito direttamente, si sono cicatrizzate, e non riusciranno a sparire del tutto ».
Lily sollevò le spalle. 
« Dirà che lo fanno sembrare più virile » rispose, e scoppiò nuovamente a ridere, scuotendo il capo, poi si riscosse. « Dovrà restare qui per molto? »
« Lo terrò qui solo questa notte, fino a domani mattina » aggiunse poi Madama Chips. « Anche se volessi farlo restare di più... beh, non ci riuscirei ».
Sorrise nuovamente a Lily, quando notò il maglione di James che le stringeva il braccio.
« E' ferita? » domandò, avvicinandosi e prendendole il braccio fra le mani. « Faccio in un attimo ».
Slegò il nodo delle maniche del maglioncino, e scoprì la ferita, poi vi puntò la bacchetta e borbottò un incantesimo di cura. Si ricucì immediatamente.
« Ferula » disse infine, e delle bende si avvolsero intorno al suo avambraccio. « Ecco fatto ».
Lily sorrise. 
« Grazie infinite, Madama Chips » le disse con sentimento. « Grazie di tutto. Davvero ».
La donna non rispose, ma le labbra erano arricciate in un sorriso.
« Un'ultima cosa, signorina Evans » aggiunse a bassa voce, tornando di colpo seria. « Io non faccio mai troppe domande quando gli studenti si presentano qui colpiti dalle fatture più strane e disparate, ma... le condizioni del signor Potter erano terrificanti. La maledizione che lo ha colpito era di natura oscura, molto oscura, e da quando ho a che fare con la Guarigione non ho mai incontrato ferite di questo tipo. Quindi mi permetta di chiederle: cos'è che ha potuto ridurlo in quello stato? Persino lei è stata ferita, e pare quasi che siate reduci da una vera battaglia ».
Lily incontrò il suo sguardo cupo e apprensivo, e si passò la lingua sulle labbra aride, annuendo.
« Siamo stati attaccati, Madama Chips » spiegò, e la donna si portò una mano al cuore, sconvolta. « Eravamo di guardia per la ronda notturna, e sei ragazzi ci hanno accerchiati. Domani mattina avvertirò il professor Silente di quanto è successo, naturalmente, ma... al momento non so dirle altro ».
L'infermiera annuì ripetutamente. Si era fatta pallida, ma non aggiunse altro e lasciò passare Lily, che avanzò verso l'entrata dell'Infermeria.
Spalancò le porte, ma si bloccò immediatamente, come se una barriera invisibile l'avesse costretta ad arrestarsi.
James era ricoperto di bende da capo a piedi, come se lo avessero mummificato, ma sorrise raggiante quando la vide varcare la soglia.
Lei, però, non riuscì a ricambiare il gesto. Malgrado non avesse fatto altro che sorridere tutto il tempo fino ad allora, non appena lo vide le labbra tremolarono, il sorriso vacillò e le lacrime tornarono a pizzicarle gli occhi. Non capì cosa fosse successo, ma era troppo sconvolta per capire cosa provava realmente.
Scoppiò a piangere quasi senza rendersene conto, realizzando pienamente solo in quel momento tutta la tensione accumulata, e si affrettò verso il letto di James, gettandogli le braccia al collo.
« Ma... Lily... » mormorò lui, spiazzato dalla sua reazione. 
Le accarezzò i capelli con garbo, cauto, e la sentì singhiozzare e tremare sulla spalla.
« Ehi... » le disse, sorridendo appena. « Va tutto bene... sembro una fottuta mummia, ma sto alla grande, puoi credermi... »
La sentì ridere tra le lacrime, e le accarezzò la schiena tremante, toccandola con estrema delicatezza, come se avesse potuto sbriciolarsi su di lui.
Quando si allontanò, aveva gli occhi gonfi e arrossati, il volto bagnato di lacrime, ma sorrideva con gioia.
« James... » disse, intrecciando le mani in grembo. « James, sono così felice, io... ero terrorizzata, credevo... cielo, credevo che fossi... non avevo idea di cosa fare, t-tu tremavi, e sono scappati tutti... ero sola, e c'era... c'era sangue ovunque, ovunque... »
James scosse il capo, preoccupato, e tese una mano per asciugarle le guance umide con il palmo della mano.
« Basta » mormorò, con dolcezza, eppure con decisione. « Non devi più pensarci. Sono come nuovo, ormai è passata. Credimi, Lily ».
E lei lo fece. Gli prese una mano e la strinse con affetto fra le proprie, guardandolo.
Anche quando chinò il capo, James non smise di osservarla, assorto, e per parecchi secondi nessuno disse niente. Lui la scrutava, in silenzio.
« Lily » disse dopo un po', grattandosi il mento con la mano libera.
« Mmm? » fece lei, voltandosi a guardarlo.
James parve riflettere sulla formulazione della frase. 
« Ehm... » esordì, titubante. « Mi chiedevo... sai, non vorrei mai rovinare il momento, anche perché sono abbastanza sicuro che non si ripeterà mai più, ma... non è che per caso hai preso i miei occhiali? » Si mordicchiò il labbro, dubbioso. « Non vedo praticamente nulla ».
Lily rise, e frugò nella tasca del mantello, afferrandoli e ripulendoli con un incantesimo.
« Ecco a te, uomo talpa » scherzò, infilandoglieli lungo la linea del naso diritto.
Lui parve rallegrarsi, e si guardò intorno come se vedesse il mondo sotto una nuova luce.
« Ecco in cosa avrei dovuto trasformarmi » disse, sorridendo. « In una talpa! Una talpa, Lily, sarebbe stata una figata! »
Lei parve rifletterci su, seria. 
« In effetti, sarebbe stato più appropriato » commentò, annuendo. « Certo, magari non saresti stato molto utile a Remus... »
« ... ma c'è sempre il maledetto pulcioso! » esclamò James, completando la frase al posto suo. « Non so se ti rendi conto, ma giuro, passo ogni istante della mia fottuta vita insieme a Sirius e non l'ho mai, mai visto entrare in Infermeria e mettersi su uno di questi dannati lettini. Mai. E' sempre immacolato, sempre in salute, anche se sta in mutande mentre fuori nevica. Riesci a spiegartelo razionalmente? »
Lily scosse il capo e rise, divertita dall'intensità con cui parlava del problema. 
Sempre la solita foga, il solito entusiasmo, quelli di sempre, quelli che amava di lui. Lui, che non cambiava mai, neanche quando lo infilzavano come uno spiedino o quando subiva la più tremenda sconfitta.
« E tu, invece? » disse, dondolando le gambe intrecciate. « Com'è che fai? Non ho mai incontrato una persona... una persona così energica e... »
Ma si bloccò, mordendosi il labbro inferiore. 
James era dotato di una stravolgente bellezza, una forza interiore che non aveva mai trovato in nessun altro. Ma non poteva dirlo ad alta voce. 
Lui era bello, bello in tutti quanti i sensi possibili e immaginabili, e riuscire a scoprirlo era stata per lei una vera conquista.
« Senza energia non siamo niente » rispose lui, sollevando le spalle. « Niente. E credo... credo di avere la stessa energia di papà, che è identico a me. Sì, penso sia una questione di sangue. Certo, questa sera ne ho perso parecchio, ma forse questa roba è intrappolata nei globuli rossi che sono rimasti... »
Rise, accorgendosi parola dopo parola delle sciocchezze a cui stava dando voce, e lei rise di gusto con lui, riempiendo la stanza con il suono della sua voce.
« Lily, piano, la bambina! » esclamò James concitato, ridendo sottovoce. « Si sveglierà e ci scaglierà contro l'orso ».
Lei si ficcò le nocche in bocca per trattenere le risate, e contrasse lo stomaco, cercando di non esplodere.
Quando ebbero smesso di ridere e di soffocare, cadde nuovamente il silenzio. 
Fuori stava piovendo, e le gocce di pioggia sui vetri delle finestre scivolavano giù rincorrendosi, fino a quando non si scioglievano lungo il margine e cascavano giù, precipitando senza una meta, spinte dai soffi di vento improvvisi.
Lily accarezzava la mano di James quasi inconsciamente, e lui osservava le loro dita intrecciate come se stesse guardando quelle di qualcun altro.
Era felice, e scombussolato, e confuso, e amava il tocco delle sue mani quasi quanto amava i suoi occhi, quando sfuggivano e lui riusciva ad acciuffarli e catturarli nei suoi.
E lei era felice, e scombussolata, e confusa, e si rese conto di amare le sue belle mani nodose quasi quanto sapeva di amare i suoi occhi, quando erano a caccia dei suoi e, in un modo o nell'altro, riuscivano a farli propri, anche solo per un breve istante.
« A cosa stai pensando? » chiese all'improvviso James, dopo alcuni minuti di silenzio. Lily sembrava pensierosa.
Si riscosse di colpo e volse lo sguardo al ragazzo, riflettendo su come rispondere.
« Sono qui dentro, James » mormorò, rafforzando la stretta. « Tu Sai Chi si è infiltrato anche dentro Hogwarts... riesci a crederci? »
Lui la osservò a lungo, comprendendo la ragione del suo sguardo cupo.
Realizzare che Voldemort, fuori di lì, continuava a impadronirsi di anime fino a plasmarle e farle inchinare al suo volere, realizzare che possedeva realmente il potere di infiltrarsi in qualsiasi luogo senza dover temere nulla, era una prospettiva spaventosa, eppure si erano ritrovati a toccarla con le loro stesse mani.
« Già » rispose, annuendo appena. « Non credevo avrebbe reclutato gente così... così acerba, ma evidentemente gli serve. E credo che Silente non potesse aspettarsi una mossa come questa ».
Lily chinò il capo, guardandosi le ginocchia. 
« Dobbiamo prepararci » disse con decisione. « Questo era solo un assaggio... insomma, stavamo combattendo con ragazzi come noi, che non avevano neanche intenzione di ucciderci, e posso solo provare a immaginare cosa succederà quando saremo fuori di qui ». 
Tacque un momento, ascoltando il rumore della pioggia. 
« James » mormorò poi, guardando la sua mano, e lui la fissò, attento. « E' normale avere paura? »
Lui mosse la mano fra le sue così da accoglierle fra le proprie, e si raddrizzò contro i cuscini, scrutandola.
« Certo che lo è » rispose, annuendo. « E' umano. Ma Lui non lo è, perciò... perciò, anche se può sembrare una debolezza, credo che sia questa la nostra vera forza. Dobbiamo... sì, mantenere intatta la nostra umanità, ecco ».
Lily lo guardò con una strana luce negli occhi. Non aveva mai riflettuto su questo aspetto della questione, e notò che le parole di James avevano sempre un effetto particolare su di lei, come se fossero capaci di convincerla in una maniera in cui nessun altro riusciva a fare.
« Grazie » mormorò, sorridendo, e James incrociò nuovamente il suo sguardo, curioso. « Quello che hai fatto mentre stavamo combattendo è stato... » Tentò di trovare le parole giuste, ma non ci riuscì. « Beh... » riprese, giocherellando con le sue dita così da non doverlo guardare negli occhi. « Ero felice che ci fossi tu accanto a me. Mi hai protetta ».
A quelle parole, James dischiuse le labbra per poi serrarle nuovamente, più confuso che mai. 
Non riusciva a credere che fosse davvero Lily Evans la ragazza che gli stava parlando con tanto affetto, e in quel momento più che mai si rese conto di quanto avessero costruito insieme e di quanto tutto quel percorso lo avesse cambiato.
L'entrata di Madama Chips fu provvidenziale e gli impedì, o forse gli risparmiò di risponderle. Non avrebbe mai saputo trovare delle parole adatte.
« Signor Potter, dovrebbe bere questo per farsi una bella dormita » disse, portando fra le mani uno di quei boccali fumanti che poggiava ogni mese sul comodino di Remus. « Vuole provvedere lei, signorina Evans? »
La ragazza sorrise e annuì, ma inaspettatamente fu James a protestare, rizzandosi a sedere.
« No, la prego, Madama Chips, non può lasciare che sia lei a darmi la pozione! » esclamò, fingendosi spaventato. « Vuole uccidermi dal primo anno, in questa scuola lo sanno tutti, coglierà al volo l'occasione per avvelenarmi una volta per tutte! Il salvataggio di oggi è stato solo una copertura! »
Lily scoppiò a ridere di cuore e si premette una mano sulla bocca per soffocare il rumore. James la seguì a ruota un secondo dopo.
« Venga a controllare, più tardi » si raccomandò all'infermiera, tornando serio. « La supplico, ne va di quella vita che ha salvato tante volte, mi creda ».
La donna alzò gli occhi al cielo e si incamminò verso il suo ufficio dopo aver dato un'occhiata alla ragazzina che dormiva nel letto di fronte.
« Buonanotte, Madama Chips » disse Lily educatamente, e quella rispose con un cenno. « E tu sta' zitto, una buona volta » fece a James, giocosa.
Prese il calice fra le mani e glielo porse, sorridendo rassicurante. 
« Immagina che sia Vonka » gli disse, e lui scoppiò a ridere.
Lo afferrò e annusò l'intruglio, esibendosi in una smorfia disgustata. 
« Ah, la Vonka... » sospirò, nostalgico. « Bei tempi. Grande sbronza ».
Sorrise, poi tornò serio e si sfilò gli occhiali, poggiandoli sul comodino. 
« Buonanotte, Lily » disse. « Grazie di tutto ».
Lei non disse nulla. Si limitò a sorridere e a guardarlo mentre beveva, ridendo per le smorfie di disgusto che gli storcevano la bocca.
L'effetto della pozione, però, fu istantaneo, e James non ebbe il tempo di fare nient'altro. Ricadde fra i cuscini, profondamente addormentato.
Lily si alzò, sistemandogli le coperte e i cuscini, poi spostò gli occhiali sul comodino perché li aveva sistemati al margine e stavano per cadere.
Fece per andarsene, ma lo sguardo si posò nuovamente su di lui. 
Provava una strana sensazione di vuoto, come se ci fosse qualcosa che dovesse fare prima di andar via, ma non capiva cosa. James dormiva beato e Madama Chips si era ritirata nel proprio ufficio per godersi un po' di meritato riposo, lei aveva ancora le vesti sporche di sangue, anche se si era ripulita le mani mentre James veniva curato, e la testa non aveva smesso di pulsare un momento. Doveva andare via, cercare di dormire, di dimenticare solo per qualche ora. Eppure non riusciva a muovere un passo. Pareva che anche l'aria attendesse trepidante una sua mossa, e la sentiva fremere intorno a lei.
Si morse il labbro e si avvicinò nuovamente al letto di James, osservandolo con aria titubante. Poi, inspiegabilmente, sorrise.
E premendogli appena una mano sul petto, si chinò e posò lievemente le labbra sulle sue, in un bacio che forse bacio non era; questo non riusciva a capirlo.
Fu un contatto quasi impercettibile, ma lei captò comunque il calore della sua bocca e, inaspettatamente, sentì il cuore balzarle in gola.
« Questa sera sono io a rubare un bacio a te, Potter » sussurrò, accarezzandogli delicatamente il petto bendato.
Poi si allontanò, ma prima di uscire gli lanciò un ultimo sguardo, chiedendosi se tutto fosse cambiato quella notte, se fosse stato lui a trasformare i suoi sentimenti o lei a compiere quel percorso da sola, domandandosi se fosse possibile stravolgere un legame in qualche istante o se magari il suo cuore covasse qualcosa di nascosto già da tempo... e non seppe rispondere a nessuna di quelle domande, ma si disse che ci sarebbe stato tempo per farlo, dopo, se ne avesse avuto voglia, tempo per tormentarsi notti intere in cerca di soluzioni che non era necessario trovare, ma che in quel momento più che mai voleva possedere.
Si chiuse la porta alle spalle, pensierosa. Aveva smesso di piovere e nell'Infermeria buia calò definitivamente il silenzio. 
Quella fu la prima volta in cui Lily Evans rubò un bacio a James Potter. 
E anche se nessuno dei due poteva saperlo, proprio quel bacio sarebbe stato il primo di molti, molti altri ancora.









Note della Malandrinautrice: Salve! Sappiate che mi mostro a voi con una padella gigante, per cui riuscirò a scansare tutti i pomodori, buahahahah! Niente pomodorate (?), gente, ok?
Ok. Sì, non pubblico da un mese. Oddio, da un mese? VIA ALLE POMODORATE. E che siano potenti e numerose, mi raccomando.
Bene, davvero, vi chiedo scusa con tutto il cuore, ma mia sorella ha dato un esame e io sono stata impegnatissima con la fine del trimestre. Poi questo capitolo era particolarmente lungo e complesso, anche se magari non sembra, ed è stato difficilissimo portarlo a termine. Infatti, tra parentesi, per me è un totale schifo. E lo odio. E guardarlo mi provoca conati.
Ma voi leggete e amatelo, mio cari lettori! Ahahahahahah!
Comunque. La Jily, Pevans, Evotter o come dir si voglia, insomma, la fottuta James/Lily va che è una meraviglia. Passi in avanti davvero importanti, la sora Rossella ha ragione, si va al galoppo e, se ve lo state chiedendo, sì, scriverò sempre tutte le dannate cazzate che spara. Ho firmato un contratto con... con Sirius. Sì, perché lui ama le cazzate.
Anyway. Cosa c'è da dire? Che i Serpeverde sono delle merdacce caccomani? Che banalità, gente.
No, sul serio, non so cosa dire. Come sempre - nel contratto c'è anche questo - in caso di dubbi, sono qui.
Adesso veniamo ai ringraziamenti.
Bien, ringrazio le fottutissime TRENTATRE' persone che ci hanno recensito, perché sono sempre formidabili. Grazie, grazie infinite.
E grazie ai 180 delle preferite, ai 45 delle ricordate e ai 212 delle seguite. Grazie di cuore anche a voi!
E grazie a mia madre. Perché ci sono sempre delle diatribe relative ai finali tra me e mia sorella, e lei sistema sempre tutto, buahahah! E poi perché la amo, no? Più che ovvio.
Quindi ancora grazie a tutti voi, auguro un meraviglioso Natale a voi e alle vostre famiglie, e tanta, tanta felicità!
E mi raccomando, sentiamoci fighi. SIAMO TUTTI FOTTUTAMENTE VIVI, Maya dimmerda.
Ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 28
*** Giochi da bambini, scelte da grandi ***





Capitolo 28

 
Giochi da bambini, scelte da grandi




 
 
Come sapevano bene tutti coloro che conoscevano James Potter, tutto ciò che il soggetto in questione desiderava una volta messo piede in Infermeria non era tanto essere curato, guarire e tornare in perfetta salute, ma piuttosto fuggire via non appena avvertiva anche le più flebili e remote avvisaglie di noia, cosa che nel suo caso avveniva in un tempo straordinariamente breve.
Le sue esigenze di libertà, però, si infrangevano puntualmente di fronte al professionale puntiglio di Madama Chips, e anche in quell'occasione lo scontro si presentava inevitabile: quel giorno, infatti, la solita diatriba tra i due ebbe inizio subito dopo l'alba.
L'infermiera aveva abbandonato l'ufficio intorno alle sei e trenta e si era subito diretta verso il letto occupato dalla bambina dai capelli fioriti, ancora profondamente addormentata, poi si era voltata per controllare le ferite di James e, in quello stesso istante, si era portata una mano al petto, spaventata.
James era già più che sveglio, con gli occhiali stranamente dritti sul naso, i capelli disordinati un po' appiattiti dai cuscini e la schiena diritta contro lo schienale del letto. Fissava la donna con un sorrisetto furbo e appena accennato, e lei immaginò che stesse già macchinando qualche piano per evadere prima di quanto stabilito, anche se forse, a giudicare dal modo in cui si era svegliato, aveva già provveduto a farlo prima di addormentarsi.
« Buondì, Madama Chips » fu il suo allegro saluto. « L'ho forse spaventata? Chiedo venia, non era mia intenzione ».
Lei sbuffò, un po' scocciata, e si avvicinò al suo letto per controllare le ferite e dare un'occhiata alle bende.
« Devo cambiare queste medicazioni, signor Potter » lo informò, passando delicatamente un dito lungo la ferita più ampia sul petto.
James si rizzò a sedere mettendosi ancor più diritto, e intrecciò le mani sulla nuca, rilassato.
« Ecco, prima di questo » disse, dandosi l'aria di un uomo d'affari pronto a dare il via ai suoi traffici, « dobbiamo trattare. Lo ritengo necessario ».
Madama Chips parve indispettirsi all'istante, e incrociò le braccia al petto con una veemenza tale che James raccomandò a se stesso di agire con maggiore cautela, o sarebbero stati guai seri. L'autorevolezza che emanava quella donna non era da sottovalutare. Un po' come quella di sua madre.
« So già che cosa intende dire » tagliò corto lei, dandogli le spalle e avviandosi nuovamente verso il proprio ufficio. « E le consiglio di non cominciare neanche a parlarne, signor Potter, o le rifilerò un'altra pozione Soporifera prima che riesca a sbattere le ciglia » concluse, e si richiuse con forza la porta alle spalle.
James trasalì, e diede in un prolisso sbuffo carico di noia. Si lasciò scivolare lungo il materasso, gettandosi le lenzuola fin sopra il viso, e lì rimase.
L'infermiera riapparve qualche minuto dopo, portando fra le braccia unguenti, bende, e altri affari che dovevano servire a cicatrizzare le ferite.
« Riemerga » gli ordinò, portando giù le lenzuola in un solo, deciso gesto, e si fece sorda alle lagne del ragazzo. « E si metta seduto. Su ».
James obbedì senza pensarci due volte, ma ricominciò con il suo discorso un minuto dopo, quando lei si stava occupando di una ferita sul fianco.
« Io voglio uscire » fu il suo esordio, e Madama Chips non mosse un muscolo, cosa che poteva essere in egual misura un buono e un cattivo segno.
James la osservò a lungo, come a voler capire se proseguire poteva in qualche modo essere pericoloso o meno, e alla fine optò per il rischio.
« Se ci riflette, è un patto equo » disse ancora in tono innocente. « Lei mi medica e, non appena ha finito, mi lascia andare, così saremo tutti felici e contenti ».
Battè le mani come se avesse proposto una tesi inconfutabile, e attese una reazione che non arrivò, perché l'infermiera continuò indisturbata a trafficare con le bende e gli unguenti che teneva sul comodino e non lo degnò neanche della più miserabile occhiata.
« Madama Chips, andiamo, guardi che sto parlando con lei! Siamo nel pieno dei nostri affari! » esclamò James, imbronciato.
Lei sospirò e si lasciò cadere sullo sgabello accanto al letto, decisamente infastidita per essere stata disturbata in maniera così frequente e assidua mentre svolgeva il proprio lavoro, cosa che nessuno prima di lui aveva mai osato fare.
« Appunto, signor Potter » rispose, e quello sorrise raggiante, certo di aver raggiunto il traguardo. « Io mi faccio gli affari miei, e lei si fa i suoi, almeno finché non ho finito con queste maledette bende. D'accordo? Santo cielo, nessuno al mondo crederebbe che ha rischiato la vita solo la notte scorsa! »
Alzò gli occhi al cielo per poi rimettersi al lavoro, le labbra strette e le mani ferme come sempre mentre lavoravano sul taglio da curare.
« Lei ha la mania dei pazienti » sbottò James, reso più rabbioso dalla cocente delusione subita. « La gente è sana come un pesce, e lei vuole a tutti i costi tenerla chiusa qui. Voglio dire, so che anche lei, come tutta la scuola e mezzo corpo insegnanti, è innamorata di me, ma stiamo precipitando nell'attaccamento ossessivo, non crede? Dovremmo allentare un po' i nostri rapporti » aggiunse in tono grave. « Prenderci... come si dice? Oh, già. Una pausa di riflessione. Sì, credo che ci serva. Questo nostro legame sancito dal sangue sta un po' vacillando, in questi tempi bui, e forse... »
« Stia zitto » lo interruppe bruscamente lei, e James ammutolì all'istante, sconfitto.
Durante il processo di medicazione tornò più e più volte all'attacco, escogitando gli stratagemmi più insoliti e, secondo il suo singolare parere, potenzialmente efficaci, che però non sortirono il benché minimo risultato, se non quello di far inalberare la povera donna e far svegliare di colpo la bambina addormentata, che cominciò a lamentarsi delle condizioni di disagio in cui era costretta a vivere, quando necessitava invece di riposo e tranquillità.
James, quindi, decise di gettare le armi solo quando capì di stare sprecando inutilmente il fiato ormai da un pezzo.
Guardò Madama Chips completare le proprie cure senza una parola, e anche lei, pian piano, tornò la donna serena e apprensiva di sempre. O quasi sempre.
« Dimenticavo » aggiunse quest'ultima all'improvviso, arrestandosi di colpo mentre si dirigeva verso il proprio ufficio. « Sarà meglio che non tocchi il suo manico di scopa per una settimana, o non le permetterò di giocare la prossima partita. Intesi? »
James spalancò la bocca, inorridito e sconcertato dalla notizia e dalla maniera in cui gli era stata data. Inaccettabile.
« Sta scherzando, non è vero? » boccheggiò, tentando di riprendersi. « E' la mia ultima stagione, come faccio a vincere senza allenarmi, Madama Chips? »
Lei sollevò le spalle con aria totalmente indifferente, cosa che fece scendere la mascella di James di un bel po' di millimetri ancora.
« La faccenda non mi riguarda » ribattè seccamente. « Io ho il dovere di stare attenta alla sua salute, Potter. Tutto qui ».
Fece per andare via, ma James la costrinse a voltarsi nuovamente. Non poteva accettare quelle inammissibili condizioni, affatto.
« Ma lei può capirmi, Madama Chips! » disse, scalciando via le lenzuola. « Sono il Capitano dei Grifondoro, devo vincere il Campionato, o il mio nome verrà sempre associato al disonore e alla sconfitta! Lei sa cosa significa, ne sono sicuro, e non può permettere che abbandoni la mia squadra proprio ora! »
Lei sollevò entrambe le sopracciglia, perplessa, ma non diede segni di rabbia che potessero intimorire James, agguerrito più che mai.
« A me del Quidditch non è mai importato nulla » asserì, impassibile, e il ragazzo scosse il capo, frustrato.
« E' un dettaglio irrilevante! » disse a voce ancor più alta. « La prego, Madama Chips » aggiunse in tono implorante, sfoggiando la sua aria da cervo bastonato, una carta che solitamente si giocava nelle occasioni più disperate e che quasi sempre gli faceva guadagnare un successo.
La donna, però, lo osservò a lungo, per nulla impietosita, e solo al termine di un approfondito esame disse: « No » e si allontanò verso il suo ufficio.
« LEI E' TROPPO PREMUROSA, DONNA! » le urlò dietro James prima che si chiudesse la porta alle spalle, poi ricadde fra i cuscini, stremato.
Durante la notte il cielo si era rasserenato, così si mise a fissare i vetri della finestra, terribilmente annoiato.
Era una battaglia persa in partenza, quella con Madama Chips, ma anni di esperienza non erano bastati a convincerlo a gettare la spugna, anche se qualunque altro individuo dotato di un briciolo di buonsenso avrebbe lasciato perdere, rassegnandosi. James, però, non mollava, né si lasciava intimidire dal pensiero delle passate, terribili disfatte, anche se non otteneva mai grandi successi, ma al contrario ampliava la propria collezione di sconfitte.
Sbuffò, sistemandosi meglio sui cuscini, quando avvertì il rumore della porta dell'Infermeria che veniva aperta.
Non era passato neanche un minuto da quando Madama Chips si era allontanata, perciò si voltò, curioso, ritrovando sulla soglia i Malandrini, Scarlett e Lily.
Sirius fu il primo ad avanzare, ricoprendo a grandi falcate la distanza che li separava, con la sua solita andatura decisa, ma del tutto rilassata.
« Sei una fottutissima calamita di guai, Ramoso » disse sottovoce, chinandosi appena verso di lui. « Cerca di rimanere fra noi, però ».
Gli scompigliò i capelli con le nocche delle dita, e James rise, tirandogli un pugno giocoso sul braccio.
« Sono tutto intero, amico » rispose, senza smettere di sorridere. « Dovrai fare i conti con questo maledetto cornuto anche a questa luna piena, spiacente ».
Anche lui si lasciò andare a un sorriso, ma James notò che pareva ancor più pallido del solito, e annuì in un complice gesto accennato e rassicurante.
Guardò gli amici avvicinarsi al suo letto, e vi fu uno scambio di saluti e rassicurazioni così rumoroso che Madama Chips riaffiorò dal proprio ufficio.
« Cos'è tutta questa gente? » sbottò, altera. « Potter ha bisogno di tranquillità. La metà fuori, e niente discussioni ».
Sirius sorrise elegantemente e le si fece vicino, mentre la donna lo squadrava con aria guardinga. Conosceva bene Sirius Black anche se non aveva mai poggiato il sedere su uno di quei letti, sia per la sua fama, sia per le battutine che era solito lanciarle quando veniva a trovare i propri amici. Battutine che, naturalmente, non risparmiava a nessuno. A nessuno davvero.
« Siamo in cinque » obiettò, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni scuri. « Non starà mica perdendo colpi, eh, Poppy? »
L'infermiera alzò gli occhi al cielo. Chissà, forse quella sarebbe stata la prima volta da ricoverato in Infermeria per il brillante Sirius Black.
« In cinque? » replicò, scettica. Ma dovette rimangiarsi il proprio sarcasmo non appena gettò una seconda occhiata al gruppetto.
Lo sguardo di Sirius fu estremamente eloquente, e anche piuttosto compiaciuto. Ogni piccola, minuscola vittoria era per lui motivo di enorme orgoglio.
« Oh, allora va bene » tagliò corto Madama Chips, facendo ampliare il suo sorriso impertinente. « Ma badate a non fare troppo chiasso, o vi caccio fuori ».
Il ragazzo annuì solennemente e si mise sull'attenti, facendola quasi sorridere, poi la guardò ritirarsi nuovamente dentro l'ufficio e tornò dagli amici.
« Hai perso più sangue tu in questi mesi di quanto non ne faccia una donna in tutta una vita » fu il primo commento di Scarlett, che guardava James con aria apprensiva e preoccupata. « Comincio a credere davvero che solo Lily possa ucciderti. Sarà... non so... una specie di maledizione ».
Scoppiò a ridere, sconcertata e divertita dalla propria propensione al pronunciare sciocchezze a volontà, e la risata di James fu la più squillante.
« A forza di sentire stronzate si dissanguerà davvero, Banks, attenta » le fece Sirius, lanciandole uno sguardo divertito, e lei rise.
Quando il rumore della sua risata si spense, l'atmosfera parve mutare intorno al letto di James, come se fosse calato il buio all'improvviso.
« Fa paura, quello che è successo » mormorò Scarlett, prendendo posto ai piedi del letto e dondolando le gambe intrecciate.
« Nessuno di noi avrebbe potuto aspettarselo » aggiunse Remus, pensieroso.
Aveva un'aria cupa, e il suo volto era bianco come il latte, gli occhi solcati da occhiaie più scure del solito, le cicatrici più evidenti sul viso stanco, segni inconfondibili dell'imminente luna piena. James lo osservò a lungo, ma non disse una parola, e alla fine riabbassò lo sguardo.
« Sarà sempre così? » domandò a bassa voce Peter, tormentandosi le mani in grembo, e gli altri lo fissarono, interdetti.
Non si era rivolto a nessuno in particolare, ma James gli chiese: « Cosa intendi? » e lui volse lo sguardo all'amico, scrutandolo.
« Voglio dire... » rispose, titubante. « Sarà sempre un passo avanti? Voi Sapete Chi? »
Gli altri si scambiarono cupe occhiate, e nessuno ebbe la forza di rispondere, tanto che la domanda continuò ad aleggiare intorno a loro quasi come un'oscura, gelida presenza, e il silenzio si protrasse a lungo, spezzato infine dalla voce di Lily, che sedeva su uno sgabello accanto al comodino di James.
« Questa mattina ho parlato con Silente » disse, intrecciando le mani in grembo. « Ha detto che ci avrebbe raggiunti presto in Infermeria ».
James si rizzò a sedere, sistemandosi gli occhiali sul naso, e fece leva su un fianco per voltarsi verso Lily, anche se le ferite dolevano ancora.
« E ha aggiunto qualcos'altro? » le domandò, curioso, ma la ragazza scosse il capo.
« No » rispose infatti, giocherellando con un anello dorato che portava all'indice destro. « Ma avevi ragione tu, James. Quando gli ho raccontato quel che era successo... insomma, l'ho visto diverso. Era chiaro che non se lo aspettasse. Però no, non ha detto una parola, si è solo assicurato che stessimo bene ».
Il ragazzo annuì, pensieroso, e tornò a distendersi sul letto, coprendosi gli occhi con l'avambraccio in un gesto stanco.
Nello stesso modo brusco con cui era stato interrotto poco prima, il silenzio ripiombò dentro l'Infermeria semideserta, e tutti intorno al letto di James fissavano il pavimento, il soffitto, la finestra, persi ognuno nei propri pensieri. L'unico rumore era quello della pioggia che aveva ripreso a battere sui vetri.
James ascoltava il ticchettio irregolare delle gocce, e tentava di non pensare a nulla, senza riuscirci; Sirius, accanto a lui, lo osservava ormai da minuti.
Il suo sguardo vagò sulle ferite del volto che si erano ormai rimarginate, poi su quelle che gli avevano lacerato il petto, coperte dalle morbide bende bianche. Lo fissava con insistenza, aspettando impazientemente che ricambiasse il suo sguardo, e ciò accadde un attimo dopo, quando James lasciò ricadere il braccio lungo il fianco e intercettò i suoi occhi, cupi come se fosse calata all'improvviso una notte senza stelle.
« Chi è che ti ha ridotto in questo stato? » gli chiese sottovoce, senza nessun preambolo, e gli altri si voltarono a guardarlo.
James sostenne il suo sguardo a lungo, per poi lasciarlo scivolare giù, sulle lenzuola.
« Non lo so » rispose, bagnandosi le labbra con la punta della lingua. « Lo sai, erano incappucciati, io... non sono riuscito a capirlo ».
Sirius non smise comunque di fissarlo, e pareva che stesse cercando di penetrare la sua mente con lo sguardo.
« Sai meglio di me chi si nascondeva sotto quei cappucci » replicò, costringendolo a risollevare lo sguardo. « Non lo hai riconosciuto? »
Lui scosse il capo, deglutendo, e a Sirius non sfuggì neanche quell'impercettibile movimento. 
James non sapeva affatto mentire, e lui sapeva guardargli dentro come nessuno. Non gli stava raccontando la verità. O almeno, non tutta.
« Le voci erano camuffate » spiegò James, e l'altro annuì con uno scatto della testa. Sapeva anche quello. 
Lily, infatti, aveva raccontato loro tutto quello che era successo quella notte, e non aveva tralasciato alcun dettaglio. 
« Avrebbe potuto essere chiunque di loro » proseguì James, serio. « Non posso incolpare nessuno... Non abbiamo certezze neanche su chi fossero, in realtà ».
« Oh, ma andiamo, James, non dire stronzate! » sbottò d'un tratto Sirius, allontanando di scatto la sedia per alzarsi. « Dobbiamo aspettare di vederli andare in giro armati di cappellini con su scritto Sono un fottutissimo Mangiamorte per poter fare dei nomi? Erano sei, Ramoso, sei come gli stupidi idioti che non mi hanno neanche concesso il piacere di una rissa quella stessa mattina! Cinque, in realtà, cinque più Regulus, certo, che da novellino è diventato leader insieme a quel viscido imbecille di Mocciosus! Chi volevi che fossero, sei marmocchi che avevano voglia di divertirsi cercando di farvi fuori? Perché non so se te ne sei accorto, ma se Evans non avesse fatto in tempo a chiamare Madama Chips, saresti morto dissanguato! Per favore, non prendiamoci in giro ».
Si allontanò, camminando in tondo per l'Infermeria, le mani in tasca e lo sguardo fisso sul pavimento. James e Remus non smettevano di guardarlo, mentre Peter, forse, aveva troppa paura per farlo e guardava a terra, dondolando le gambe con aria evidentemente nervosa.
« Voi siete d'accordo con lui? » domandò poi Sirius a bruciapelo, volgendo lo sguardo ai due amici, e quelli lo fissarono.
Remus parve riflettere a lungo prima di elaborare una risposta, mentre Peter si limitò a lanciargli occhiate frequenti e preoccupate.
« Sirius, ragiona » gli disse il primo, poggiando i gomiti alle ginocchia, le mani intrecciate. « Se anche facessimo quei nomi a Silente, non concluderemmo assolutamente nulla. Non abbiamo prove di chi fossero realmente, e lui non solo non potrà espellerli, ma non avrà nemmeno alcun diritto di togliere loro anche solo un misero punto. E allora cos'avrai guadagnato? Credi sul serio che Silente non si sia fatto un'idea sui possibili futuri Mangiamorte presenti qui al castello? » gli domandò, ragionevole. « Io credo che l'unica sorpresa, per lui, sia stata quella di trovare studenti che si erano uniti a Lui ancor prima di finire la scuola. Per il resto, penso proprio che avesse un quadro della situazione ben preciso sulla questione Mangiamorte, molto più preciso del nostro ».
Guardò Sirius, in attesa di una sua reazione, e lo vide sorridere amaramente e scuotere il capo, mentre si faceva nuovamente vicino.
« Noi presenteremmo dei fatti, Remus » ribattè, schiaffeggiando il dorso della mano sul palmo aperto dell'altra. « Quanti erano i Serpeverde che James e Evans hanno beccato durante la ronda di Halloween? Cinque, e stavano aspettando un ritardatario! E che cosa ci facevano lì riuniti mentre tutti erano a festeggiare, così lontani dai loro Dormitori? Che cosa facevano, secondo te? »
Remus lo fissò senza batter ciglio, ascoltando senza parlare, guardandolo mentre si avvicinava lentamente e parlava con foga, sempre più accorato.
« Si incontrano in segreto per volere di Voldemort, ne sono sicuro! » proseguì, e al suono di quel nome Peter trasalì, mentre Scarlett e Lily si scambiarono un'occhiata in tralice. « Non so che cosa fanno o dove diavolo si incontrano, ma una cosa è certa, lo fanno per conto del loro padrone! E se facciamo quei dannatissimi nomi a Silente, lui potrà indagare, cercare di smascherarli meglio di come potremmo fare noi, ecco a che cosa serve informarlo di quello che sappiamo! E se stessero macchinando qualcosa per mettere in pericolo Hogwarts? Remus, certo che serve fare quei nomi, serve a tutto! »
Ma il ragazzo scosse il capo. Evidentemente, Sirius non lo aveva affatto convinto.
« Innanzitutto, calmati e risiediti » gli disse, cercando di farlo tornare almeno per qualche momento alla ragione.
Lui inarcò un sopracciglio, superbo come sempre, e non tornò a sedersi sulla sedia che aveva abbandonato qualche minuto prima.
« Non ne ho voglia » replicò, annoiato da quell'inutile momento di pausa. « Avanti, parla, Remus, sono proprio curioso di sentire cos'hai da dire ».
Remus lo guardò a lungo, e per un attimo gli altri pensarono che lo avrebbe costretto a sedersi, ma non lo fece.
« Restano comunque tutte ipotesi, Sirius » disse, sospirando con aria stanca. « Silente non può indagare su alcuni studenti senza avere prove di... »
« Ma le prove ci sono, Remus! » lo interruppe l'altro, frustrato. « Senti » disse poi, passandosi una mano tra i capelli che, puntualmente, gli ricaddero sulla fronte, « se aspettiamo che siano loro a fare una mossa sbagliata lasciandosi scoprire, non combineremo mai nulla. Abbiamo qualcosa in mente, no? Supposizioni, teorie, ipotesi, chiamale come vuoi, ma sono comunque informazioni. Che male c'è a cercare di capirci qualcosa in più insieme a Silente? Tenerci tutto per noi non ha senso, Silente vorrebbe che gli parlassimo di tutti i nostri dubbi, ne sono sicuro! »
Si lasciò cadere sulla sedia, nervoso, poi sollevò lo sguardo puntandolo verso Lily e Scarlett, che erano state in silenzio tutto il tempo.
« Voi cosa ne pensate? » chiese loro, guardandole intensamente.
Le due ragazze si scambiarono nuovamente uno sguardo, e Scarlett fu la prima a parlare.
« Io sono d'accordo con Remus » disse, lanciando uno sguardo all'amico.
Sirius sbuffò, alzando gli occhi al cielo, e lei lo fissò indispettita, in attesa di un suo commento che, ne era certa, stava per arrivare.
« Che novità » fece infatti, scivolando sulla sedia e intrecciando le gambe distese.
« Non essere arrogante, sei stato tu a chiedere il mio parere! » sbottò Scarlett, infastidita dal suo disappunto. « E posso spiegarti anche il motivo, se hai la buona educazione di starmi a sentire invece di fare quella faccia » proseguì, e lui non aggiunse altro e la ascoltò, guardandola di sottecchi.
« Sono d'accordo con Remus perché sono sicura che Silente sappia molto più di quanto credi di sapere tu, grande investigatore » disse, piuttosto acida, ma Sirius non battè ciglio e non diede segno di volerla interrompere. « Questo attacco lo avrà messo all'erta, no? Agirà come meglio crede. E poi non è affatto vero che esistono delle prove. Ammettilo, Sirius, hanno agito con fin troppa furbizia, e hanno fatto in modo che nulla potesse smascherarli. Dovevano essere certi di questo, altrimenti non avrebbero mai avuto il coraggio di spingersi così in là con le parole. Non è... non è cosa da poco quello che hanno detto, non credi? Hanno ammesso di essere Mangiamorte, hanno dichiarato di voler minacciare Silente, colpendo chi gli sta vicino. E' roba forte ».
Lily, al suo fianco, annuì con vigore, d'accordo con quanto appena detto dall'amica.
« Parlavano con spavalderia, era palese che fossero sicuri del fatto loro » convenne, guardando James in cerca di sostegno, e quello annuì. « Non gli abbiamo estorto informazioni. Ce le hanno date loro, senza alcun problema, e questo testimonia quanto si sentissero invincibili, in quel momento ».
Sirius non replicò. Si limitò ad incassare il colpo in silenzio, e riprese a fissare James, come in attesa del suo parere, quello che avrebbe messo fine alla discussione.
Lui avrebbe preferito tacere, ma non poteva farlo. Era palese che la ragione stesse dalla parte opposta a lui, ma comprendeva alla perfezione le ragioni della rabbia di Sirius, la sua voglia irrefrenabile di fare qualcosa, qualunque cosa, per fare in modo che quei Mangiamorte venissero finalmente messi alla porta. E sapeva bene che una delle ragioni per cui desiderava tanto vederli sbattuti fuori era ciò che avevano fatto a lui la notte precedente.
Perché quando a James succedeva qualcosa, quando lui stava male davvero, Sirius perdeva irrimediabilmente la testa.
« Dobbiamo andarci cauti, amico » gli disse James, scrutandolo con attenzione. « E' una faccenda seria, e non possiamo sparare nomi come se avessimo la sfera di cristallo, servono fatti, fatti importanti e totalmente veri, prove tangibili... e, che tu voglia ammetterlo o no, non ne abbiamo ».
Lo guardò, ed era sinceramente dispiaciuto per ciò che stava dicendo. L'espressione di Sirius, però, era indecifrabile. Anche per lui.
« So perché sei tanto incazzato, okay? » proseguì, puntellandosi sui gomiti per sistemarsi meglio sui cuscini. « Lo so, e lo capisco, e capisco anche quanto sia frustrante avere delle certezze e non poterle dimostrare, o vedere quei sei stronzi bastardi andare a zonzo per il castello come se uno di loro non avesse tentato di farmi fuori... credimi, capisco tutto. Ma, ehi, non possiamo permetterci di fare gli stupidi. C'è in ballo roba seria, fratello ».
Sirius lo fissò a lungo, ancora risentito, eppure stranamente calmo. 
Si sentiva molto più leggero grazie a James, ed era riuscito a comprendere le motivazioni di chi si opponeva al suo volere. Come sempre, suo fratello era l'unico ad avere una reale influenza su di lui, e anche quando sentiva di poter fare a pezzi il mondo, riusciva a renderlo sereno. Mansueto.
Alla fine di quello che parve un lungo esame, sollevò un angolo della bocca in un sorriso accennato e complice.
« Cerca di rimetterti in piedi presto, fratello » gli disse, mentre lui lo osservava. « Ho bisogno di te per rompere il culo a quei bastardi ».
« SIRIUS! » saltò su Remus, scandalizzato. « Maledizione, sto troppo male per bloccarti in tempo, non approfittartene ».
Lui rise, e l'atmosfera si fece d'un tratto più serena. 
Quel giorno sarebbe passato alla storia come il giorno in cui Sirius Black era riuscito a concludere una parola scurrile senza il tempestivo e sempre presente intervento di Remus Lupin. Una giornata sicuramente memorabile, da segnare in rosso su tutti i calendari.
« Ramoso, non ti hanno portato neanche una Cioccorana? » domandò all'improvviso Remus, facendo un cenno al suo comodino sprovvisto della solita montagnola di dolciumi. « Insensibili avari... proprio ieri ho finito l'ultima scatola » aggiunse in tono abbattuto.
Risero tutti, tranne James, che spalancò la bocca con il suo solito fare teatrale e si premette una mano sul cuore con aria ferita.
« Amico... » gli disse, sconvolto. « Per prima cosa, è praticamente l'alba ed è ovvio che non sia venuto a trovarmi neanche un cane... Anzi, mi sbaglio, in effetti un cane è venuto » aggiunse, ripensandoci e rivolgendo un breve cenno a Sirius. « Seconda cosa: amico, stavo per lasciare questa vita e tu pensi alla cioccolata? Insomma, dovresti piangere tutte le tue lacrime sul mio capezzale! Dov'è finita la tua sensibilità da grande saggio? Il buon Peter sarebbe molto più meritevole di quella carica! »
Remus scoppiò a ridere, battendo una pacca sulla spalla di Peter, che sorrideva al suo fianco.
« Dato lo stato attuale delle cose, allora » disse il primo solennemente, « abdico ufficialmente a favore di Peter Minus, grande saggio dei Malandrini ».
James annuì vigorosamente, battendo le mani in direzione di Peter, che fece cenni di ringraziamento col capo.
Mentre la cerimonia di nomina del nuovo grande saggio stava per concludersi, la porta dell'Infermeria venne aperta nuovamente, mostrando Alice, Frank, Mary ed Emmeline accompagnati da Silente, che si richiuse la porta alle spalle e volse subito lo sguardo al letto di James.
Nessuno ebbe il tempo necessario neanche per un saluto, perché Madama Chips uscì nuovamente dal proprio ufficio e guardò i ragazzi radunati intorno a James con aria severa e minacciosa. Quando stava per aprire bocca, però, notò all'improvviso la presenza di Silente e sussultò, presa alla sprovvista.
« Preside » disse, assai meravigliata, e lui le si fece vicino.
« Mia cara Poppy, chiedo perdono per quest'intrusione, ma devo chiederti di far rimanere questi ragazzi per un po' » le disse immediatamente Silente, con i suoi soliti modi gentili. « Permetteremo al signor Potter di riposare molto presto, immagino ne abbia sinceramente bisogno, ma mi è necessario parlargli ».
L'infermiera annuì, anche se non pareva troppo convinta, e gettò un'occhiata al letto di James, che ora pareva più sveglio e vispo che mai.
« Ma certo » rispose, rivolgendosi nuovamente a Silente. « Torno nel mio ufficio, allora. Arrivederci, Preside ».
Lui chinò il capo con galanteria e disse: « Arrivederci », guardandola mentre si richiudeva nuovamente la porta alle spalle.
Rimase in disparte mentre gli amici di James si apprestavano a salutarlo e chiedergli come si sentisse a distanza di ore dall'attacco, ritto in piedi accanto all'entrata con le mani intrecciate come in preghiera, e osservò i ragazzi scambiarsi saluti affettuosi e rassicurazioni con un accenno di sorriso sul volto.
Quando tutti ebbero preso posto su sedie o sgabelli intorno al letto di James, si fece vicino, sorridendo ai ragazzi che lo salutarono educatamente e in particolare a James, che si mise diritto sui cuscini e con l'indice spinse meglio sul naso gli occhiali rotondi.
« Allora, signor Potter » esordì Silente, battendo le mani, « direi che abbiamo vissuto una bella avventura questa notte. Come si sente adesso? »
« In perfetta forma, professore » rispose James in tono allegro, e il Preside ridacchiò divertito.
« Vedo che non ha affatto perduto la sua solita ruggente energia » commentò in tono orgoglioso. « Mi complimento con lei ».
Il ragazzo sorrise, radioso, poi guardò Silente agitare la bacchetta in aria e fare apparire un'elegante poltrona color panna sulla quale si sedette.
Una volta riposta la bacchetta in una delle tasche del lungo mantello argentato, guardò a turno James e Lily, scrutandoli con intensità, e si sistemò gli occhiali a mezzaluna sul lungo naso da sempre un po' storto, le mani intrecciate con disinvoltura sulle ginocchia.
« Innanzitutto, mi scuso con voi per essere riuscito ad arrivare solo adesso » esordì, mentre tutti lo ascoltavano nel più assoluto silenzio. « Quando questa mattina la signorina Evans mi ha raggiunto per raccontarmi brevemente dell'accaduto, avrei desiderato raggiungere immediatamente l'Infermeria, ma per impegni improrogabili mi è stato impossibile. Devo ammettere » proseguì, raddrizzandosi meglio sullo schienale della poltrona, « che la notizia non mi ha per nulla lasciato indifferente. Vale a dire che non mi sarei mai aspettato che un fatto simile potesse verificarsi all'interno di questo castello. Ma vi sarei grato » aggiunse, soffermandosi ancora una volta su James e Lily, « se aveste la pazienza di raccontarmi nuovamente quel che è successo, senza tralasciare particolari, perché sono certo sappiate quanto tutto, davvero tutto, possa essere potenzialmente importante per inquadrare meglio qualsiasi situazione, perdipiù di una tale gravità ».
I due si voltarono contemporaneamente per guardarsi l'un l'altra, e Lily fece cenno a James di cominciare a raccontare.
Lui tossicchiò sommessamente, passandosi la lingua lungo il labbro inferiore, e prese a parlare di come il rumore dell'armatura caduta a terra li avesse messi improvvisamente all'erta, di come i sei ragazzi incappucciati erano comparsi alle due imboccature del corridoio, accerchiandoli, e del dialogo che avevano avuto prima che lo scontro degenerasse del tutto, portandoli a combattere e a lanciare incantesimi, fatture e maledizioni senza esclusione di colpi.
« Hanno dichiarato esplicitamente di essere Mangiamorte » raccontò James, mentre Silente lo ascoltava con estrema attenzione. « Non sappiamo da quanto tempo lavorino per Voldemort, ma ci hanno spiegato che quest'attacco era stato organizzato per minacciare lei, professore, e dimostrare... dimostrare come Voldemort sia più potente di tutto, persino di lei... il che è una balla bella e buona » aggiunse in uno slancio di spontaneità, ma un attimo dopo si rese conto di quanto detto e si morse il labbro, imbarazzato. « Scusi, signore. Intendevo dire... beh, è un'assurdità. Ecco ».
Silente sorrise, e mentre osservava James farsi sempre più piccolo dalla vergogna, un lampo di divertimento brillò nei suoi vividi occhi azzurri.
« La ringrazio di cuore, signor Potter » gli disse in assoluta sincerità. « Credo che saper parlare in maniera così spiccia sia una virtù di incommensurabile valore per la mentalità ipocrita con la quale ci ritroviamo spesso a dover convivere. Ma la prego, prosegua con il suo avvincente racconto ».
James si massaggiò la nuca con il palmo della mano e abbozzò un sorriso prima di riprendere a parlare dell'accaduto.
Raccontò dell'incantesimo di Ostacolo che aveva impedito a Lily di andare a cercare aiuto, dello scontro e, infine, della maledizione che lo aveva colpito.
Quando ebbe finito, Silente rimase in silenzio per molti secondi, riflettendo e assimilando tutte le informazioni ricevute.
« Credo che avrei dovuto mettere in conto la possibilità che Voldemort reclutasse giovani così acerbi » commentò infine, fissando il pavimento come se avesse voluto penetrarlo. « In fin dei conti, ritengo che sia piuttosto nel suo stile. A Voldemort non importa delle vite delle persone che recluta come seguaci, non gli importa affatto di quanto possano essere inesperti dei ragazzi che non hanno ancora conseguito il diploma. Naturalmente sono certo che desideri alleati pronti e capaci al suo fianco, ma se qualcuno viene ucciso, di certo non se ne fa un dramma. E' suo interesse, innanzitutto, reclutare quante più persone possibili ».
James annuì lentamente, e lanciò uno sguardo agli amici, che parevano pensierosi tanto quanto lui.
« Professore » intervenne Alice dopo un po', titubante, e Silente volse lo sguardo verso di lei. « Mi stavo chiedendo... quei sei ragazzi non hanno dato nessuna prova concreta di essere realmente Mangiamorte. Quindi mi domando: esiste la possibilità che non lo fossero veramente? Che fossero soltanto... solo... come dire... »
« Fan di Voldemort? » le venne in aiuto Sirius, ironico, e lei annuì con un mezzo sorriso.
« Magari, non so, lo hanno detto solo per spaventare Lily e James » proseguì, sollevando le spalle come se non ne fosse convinta neanche lei.
Silente la scrutò intensamente attraverso gli occhiali a mezzaluna in bilico sulla punta del naso, poi annuì.
« Un'ipotesi potenzialmente valida, signorina Prewett » disse, intrecciando le mani in grembo. « Ho già preso in considerazione l'idea che i sei presunti Mangiamorte in realtà non lo fossero, ma credo che non dovremmo dare troppo peso a questa possibilità. In fin dei conti, se avessero effettivamente mentito avrebbero corso un rischio enorme, esponendosi al pericolo di venire accusati non soltanto di un attacco immotivato a dei ragazzi innocenti, ma anche della loro identità di Mangiamorte. Dubito che potessero sentirsi così certi della buona riuscita del piano al punto tale da rischiare così tanto ».
Alice annuì con convinzione, perfettamente d'accordo con lui, e non aggiunse altro.
Mentre calava nuovamente il silenzio, molti volsero lo sguardo a Silente, che aveva ricominciato a fissare il pavimento come se riuscisse a trarne in qualche modo consiglio, ma nessuno fiatò, e tutti attesero che continuasse a parlare, anche se pareva totalmente immerso nei suoi pensieri.
« Signor Potter » disse dopo un po', risollevando lo sguardo, « e signorina Evans, naturalmente... perdonate la domanda oltremodo superflua, ma siete assolutamente certi di non aver riconosciuto il minimo dettaglio nei vostri aggressori? »
Lily e James si scambiarono un fugace sguardo prima di scuotere contemporaneamente il capo, e Silente annuì lentamente.
« Professore » intervenne a quel punto Sirius, e i Malandrini, Scarlett e Lily si misero subito all'erta, prevedendo quel che era in procinto di dire. « Io ho un'idea su chi possano essere ».
« Sirius » disse James in tono eloquente, rivolgendogli un'occhiata penetrante, ma lui non gli diede retta.
Rivolse la sua attenzione a Silente, che lo osservava con aria incuriosita, e si schiarì la voce per parlare.
« Senta » disse, scivolando sul bordo della sedia, « James e Evans non sono riusciti a raccogliere prove questa notte, ma io so chi si nascondeva sotto quei mantelli, e sono certo che fossero loro ». Fece una pausa, spingendosi ancor di più sull'orlo della sedia, mentre tutti lasciavano scorrere lo sguardo da lui a Silente, che lo ascoltava con attenzione. « Piton » cominciò a dire, sollevando il pollice della mano sinistra, « è immerso fino al collo nelle Arti Oscure. Saprà che di tanto in tanto ci è capitato di duellare, e non usa fatture... normali. Evans mi ha raccontato che neanche Madama Chips conosceva la maledizione che ha colpito James », e qui lanciò all'amico uno sguardo. « Mulciber » proseguì, sollevando l'indice sinistro, « ha maltrattato Mary con la Magia Oscura tempo fa, e Avery » aggiunse, « sempre insieme a lui, no? Poi Macnair. E' violento. E perverso. E Goyle » disse ancora, « non avrebbero mai ammesso qualcuno di così ottuso nel loro club esclusivo, quindi deve per forza essere uno di loro ». Fece una pausa, poi sollevò il pollice destro. « E Black... infine. Mi ha fatto capire di essere entrato anche lui nella cerchia. Doveva essere lì anche lui. E loro » proseguì con forza, « sono gli stessi Serpeverde che James e Evans hanno beccato ad Halloween, radunati al settimo piano apparentemente senza motivo. Erano cinque, e stavano aspettando qualcuno. Avevano progettato tutto, parlavano di far saltare in aria i Caposcuola di Tassorosso, perché credevano fosse il loro turno di guardia, non è così? Dovevano radunarsi in segreto, e queste secondo me sono tutte prove, fatti che non possiamo ignorare, a meno che non vogliamo a tutti i costi tapparci gli occhi. E io non ho alcun desiderio di farlo ».
Si lasciò cadere sullo schienale della sedia, scrutando i volti degli amici come se avesse voluto sfidarli a contraddirlo. Poi rivolse nuovamente lo sguardo a Silente, che lo osservava con uno strana espressione nello sguardo, come se gli stesse attraversando la mente un qualcosa che lui non poteva capire.
« La ringrazio per avermi rivelato tutti i suoi sospetti, signor Black » rispose, chinando appena il capo nella sua direzione. « Sarebbe un comportamento sciocco non tenere in considerazione questi fatti, pertanto terrò a mente ciò che mi ha confidato. Sono certo che comprenderà, però, che le prove da lei riportate presentano limiti assai evidenti, limiti che non mi è permesso varcare senza ulteriori riscontri ancor più concreti ».
Sirius lo studiò a lungo, poi annuì brevemente, sfregandosi il dorso del pollice sugli accenni di barba della mascella.
Tutti gli lanciavano occhiate di sottecchi, pensando che alla fine, in effetti, forse era stato un bene condividere quelle informazioni con Silente. 
Il Preside, infatti, non aveva affatto preso sottogamba i fatti che Sirius gli aveva presentato, anche perché non credeva affatto che stesse esagerando o addirittura mentendo, anzi sapeva bene che gli studenti che aveva citato erano quelli che andavano maggiormente tenuti d'occhio.
« Bene » annunciò, guardandoli uno ad uno, « direi che avete tollerato la mia presenza per fin troppo tempo. Questo vecchio leva le tende! »
Si sfregò le mani e abbandonò la poltrona, sotto lo sguardo dei ragazzi che risero, tornando ad osservarlo.
« Rimettiamoci in fretta, signor Potter » disse a James con un sorriso, battendogli una lieve pacca sulla spalla. « C'è una Coppa del Quidditch che aspetta di essere conquistata. Ma io dovrei essere imparziale... » aggiunse, tornando sui propri passi. « Confido in voi affinché non divulghiate la mia precedente frase. Che rimanga tra noi » concluse, ridacchiando divertito. « Lascio a voi in custodia questa splendida poltrona. E' stato un piacere ».
Sorrise ai ragazzi che risposero al saluto e si congedò, voltando loro le spalle e dirigendosi verso l'uscita dell'Infermeria.
Quando stava per andare via, però, James, che da qualche minuto era in preda a una sorta di guerra con se stesso, lo richiamò.
« Professore? » disse, ancora fortemente titubante, e Silente si voltò, incuriosito.
« Dica pure, signor Potter » rispose con i suoi soliti modi gentili, richiudendosi nuovamente la porta alle spalle.
Lui si morse il labbro, domandandosi se fosse la cosa giusta da fare. Forse sarebbe stato meglio lasciarlo andare via e affrontare la questione in un momento più appropriato, ma lo aveva già richiamato, e forse rimandare la faccenda non sarebbe servito a nulla. Dopotutto, quel pensiero lo perseguitava sin dal momento in cui si era risvegliato quella mattina, e il desiderio di sapere di più risaliva ormai a un bel po' di tempo prima.
« Professore, ho bisogno di farle una domanda » disse a Silente, fissandosi le mani. « E' importante ».
Il Preside non parve minimamente indispettito né meravigliato dalla sua richiesta, tanto che si fece nuovamente vicino al suo letto.
« Ecco... » esordì James, passandosi una mano fra i capelli già ritti. « Io... è da questa mattina che ci penso, e... visto quello che è successo a me e Lily, e più in generale, quello che sta succedendo in tutto il mondo magico... ecco, mi chiedevo se potesse parlarci... dell'Ordine della Fenice ».
Tutti lo fissarono, increduli, ma James non distolse lo sguardo da Silente, l'unico a non essersi minimamente scomposto per le sue parole.
In compenso pareva curioso, e lo scrutò con rinnovato interesse, anche se non parlò per parecchi istanti, accostandosi alla poltrona che aveva Evocato in precedenza e, successivamente, passando in rassegna i volti di tutti i ragazzi.
« Siete tutti a conoscenza dell'esistenza dell'Ordine della Fenice? » fu la sua prima domanda, alla quale tutti risposero silenziosamente, annuendo.
Silente parve assimilare la notizia con calma, lo sguardo basso, poi tornò subito a guardarli.
« Bene » proseguì, sempre più sorpreso. « E - se posso saperlo - chi ve ne ha parlato? »
Lily e James, inaspettatamente, risposero in coro.
« Hagrid » dissero, e si voltarono entrambi di scatto l'uno verso l'altra, stupiti. 
« Anche tu lo hai saputo da Hagrid? » le chiese James, e lei gli rispose annuendo con un sorriso.
« Gli è scappato » spiegò, rivolgendosi anche al Preside. « Quella volta ero andata a trovarlo, e lo avevo visto preoccupato, così, senza volerlo, mi ha detto che aveva mille pensieri a causa di un compito che l'Ordine gli aveva affidato. Ovviamente, si è subito reso conto di aver parlato troppo, e mi ha riferito solo qualche informazione confusa. Aveva troppa paura che lei lo scoprisse e si arrabbiasse con lui, professore » concluse poi, e Silente sorrise, scuotendo il capo.
« Più o meno mi è successa la stessa cosa » raccontò invece James. « Tipico di Hagrid ».
« Ed è proprio il motivo per cui non sono particolarmente sorpreso » disse Silente, ridacchiando sommessamente. « Mi fido ciecamente di Rubeus, ma se c'è qualcosa in cui deve migliorare, è sicuramente quella di saper tenere un po' di più la bocca chiusa ».
I ragazzi risero, e Silente con loro. Quando smisero, fu Lily la prima a parlare, nuovamente rivolta al Preside.
« Io ne ho parlato a loro, professore » disse, facendo un cenno alle amiche, e James ne approfittò per aggiungere: « E io a loro », indicando i Malandrini.
« Ma lo abbiamo fatto - e credo di poter parlare anche per James - solo perché abbiamo ritenuto di poterci fidare pienamente dei nostri amici. Non ne avrebbero fatto parola con nessuno anche se non fossero stati interessati » proseguì Lily, scambiando una veloce occhiata con il ragazzo, che annuì come a confermare le sue parole. 
Silente la ascoltò con molta attenzione, poi annuì.
« In tal caso » disse alla fine, prendendo nuovamente posto sulla poltrona, « sarà meglio per tutti noi non venire interrotti ».
E così dicendo si sfilò la bacchetta da una tasca del lungo mantello e la agitò con noncuranza alle proprie spalle.
« Adesso credo che nessuno verrà a disturbarci » riprese, piuttosto criptico, ma nessuno fiatò. 
Dopo aver riposto la bacchetta nella tasca, intrecciò le dita sotto il mento e osservò i ragazzi da sopra gli occhiali a mezzaluna.
« Dunque » esordì, e tutti quanti catalizzarono la loro completa attenzione su di lui. « Dalle parole della signorina Evans ho potuto capire che tutti quanti siete interessati a conoscere qualche informazione in più riguardo l'Ordine della Fenice, e non posso negare che la cosa mi faccia enorme piacere. Sappiate, però, che decidere di farne parte non è una scelta facile, né, d'altra parte, una scelta che dovete compiere nell'immediato, e vi spiegherò il perché. Nel caso in cui, alla fine, decidiate di non parteciparvi, vi rinnovo l'invito a non farne parola con nessuno, se non con persone di cui vi fidate completamente e che pensate possano essere interessate, in modo da aiutarci a crescere numericamente ».
I ragazzi annuirono senza nemmeno guardarsi l'un l'altro. Avevano già discusso in privato dell'argomento, e tutti avevano sempre desiderato avere informazioni più precise direttamente da un membro dell'Ordine stesso, perché le domande che si erano posti e i dubbi che erano balzati loro in mente erano sicuramente molto profondi e necessitavano di risposte chiare.
Così, fu il Preside a riprendere la parola.
« L'Ordine della Fenice è, come credo abbiate capito, una società segreta » cominciò a dire, facendo ricadere le mani ancora intrecciate in grembo. « Si tratta di un'organizzazione che ho fondato e che dirigo per perseguire uno scopo ben preciso: combattere Voldemort » e, al suono di quel nome, alcuni sussultarono, anche se Silente non vi fece caso, « e cercare di impedire la sua ascesa al potere » proseguì, tornando ad avere la piena attenzione di tutti. 
« E come funziona in concreto l'organizzazione? » domandò di getto Sirius, lo sguardo concentrato.
« In primis » rispose Silente, « l'Ordine si pone l'obiettivo di portare dalla propria parte il maggior numero possibile di streghe e maghi che hanno intenzione di combattere gli atroci imperativi che Voldemort si è posto e che tutti noi, ahimè, conosciamo: sterminio dei Nati Babbani e dei Mezzosangue per la purificazione della razza magica, dominio dei Purosangue e, infine, sottomissione totale dei Babbani al potere dei maghi ».
Sul volto di tutti quanti si dipinse un'aria di triste consapevolezza mista a un senso di ribellione e di disgusto verso tutto quello che si ritrovavano a dover fronteggiare nel mondo magico in quel momento, e lasciarono che Silente proseguisse.
« Di conseguenza » riprese lui, « attrarre più persone possibili significa allo stesso tempo sottrarle a Voldemort. Uno dei mezzi che sta utilizzando per creare il panico in questi tempi bui e per raggiungere la presa del potere, infatti, è un forte e nutrito esercito, e non solo di streghe e maghi - quelli che si fanno chiamare Mangiamorte - ma anche di diverse creature Oscure. In più » proseguì, sistemandosi sullo schienale della poltrona, « a ciò si aggiunge tutta quella gente che passa dalla sua parte per paura, perché stregata e ricattata... beh, è sufficiente dire che i metodi che Lord Voldemort è solito adottare per raggiungere i propri scopi non sono dei più ortodossi, per usare un eufemismo ».
James e Lily si scambiarono uno sguardo, entrambi molto seri in volto. Sapevano bene ciò di cui Silente stava parlando, e avevano anche potuto provarlo sulla propria pelle.
« Un'altra finalità che l'Ordine si propone di perseguire è il tentativo di intercettare e sventare i piani di Lord Voldemort, combattendo in modo diretto la sua ascesa » continuò a dire il Preside. « E in questo consiste la parte più rischiosa e pericolosa della nostra attività. Molti dei componenti dell'Ordine sono Auror, quindi professionisti nella caccia ai Maghi Oscuri, e altri sono comunque membri interni al Ministero, e grazie al loro contributo ci è possibile lavorare per scoprire quanto più possibile sulle future mosse di Voldemort, così da poterlo affrontare direttamente. E questo è anche l'ambito in cui il mio ruolo è particolarmente attivo ».
I ragazzi annuirono tra sé e sé, tutti estremamente pensierosi.
« Quanti componenti conta attualmente l'Ordine, professore? » chiese Remus. 
Il volto di Silente, a quelle parole, si fece più cupo.
« Ha toccato un tasto dolente con questa domanda, signor Lupin » rispose infatti, guardandolo con aria grave. « Purtroppo, devo dirvi che l'Ordine, sia per il suo carattere di segretezza, sia per il clima attuale assai inviso a questo tipo di organizzazioni, non conta streghe e maghi a sufficienza per combattere Lord Voldemort ad armi pari. Voglio essere franco con voi. Siamo in netta inferiorità rispetto al suo esercito, anche solo contando i Mangiamorte. Il fatto che, quasi sicuramente, abbia reclutato tra le sue fila ragazzi non ancora diplomati la dice lunga su quanto poco Lui tenga alla vita delle persone che ha al suo seguito, e su quanto, invece, punti sulla schiacciante supremazia nei confronti dei suoi oppositori ».
« Quindi » intervenne Emmeline, e Silente puntò il suo sguardo su di lei, « se ho capito bene, l'Ordine non ammette al suo interno tutti indistintamente... non è così, professore? »
« Ha capito benissimo, signorina Vance » fece in risposta lui, annuendo lentamente. « Ed è questo il motivo per cui vi ho detto in precedenza che la vostra eventuale scelta non sarà imminente. L'Ordine, data la piena consapevolezza dei pericoli che ognuno dei propri componenti corre nel momento in cui entra a farne parte, ammette solo streghe e maghi maggiorenni e che hanno completato il loro percorso di studi con il diploma. Vogliamo solo gente pronta a questo tipo di rischi, non persone da offrire come carne al macello. E' una lotta estremamente ardua, e per la sicurezza di tutti, ci pare giusto dare spazio solo a chi possiede non soltanto spirito di iniziativa, ma capacità reali e spiccate per fronteggiare pericoli di tale entità ».
A quel punto, il Preside rimase in silenzio a guardare i volti dei ragazzi che aveva di fronte. 
Tutti quanti erano seri e attenti, e solo in quel momento iniziarono a scambiarsi occhiate a vicenda, come a voler leggere negli sguardi altrui la stessa voglia di partecipare che ardeva nei propri occhi. E a Silente non sfuggì quella luce, quella determinazione, quella voglia di esserci, e non potè non sentirsi orgoglioso e fiero dei propri ragazzi, che sentiva tutti quanti un po' come figli suoi.
« In linea di massima, questo è quanto » disse dopo un po', tornando a incrociare le mani. « Ovviamente, tutti i meccanismi specifici e i piani secondo cui agiamo sono noti esclusivamente ai membri dell'Ordine, quindi non posso essere più preciso. Se avete altre domande, sono qui per ascoltarvi ».
Tutti quanti rimasero in silenzio, e scossero la testa in segno di diniego.
« Bene » riprese allora Silente, facendo per alzarsi. « Spero di essere stato sufficientemente esauriente nelle delucidazioni, ragazzi miei ».
« Lo è stato senz'altro, professore » rispose Lily con gentilezza, sorridendogli. « Grazie mille ».
Lui rispose al sorriso con dolcezza, e annuì.
« Lasciate che vi dica un'ultima cosa, prima che me ne vada » disse poi, e tutti tornarono a guardarlo, nuovamente attenti. « Voglio una cosa da voi, e questa cosa si chiama riflessione. Vi invito con forza a pensare con razionalità, serietà e profondità a questo eventuale impegno, perché una volta intrapresa, vi ritroverete di fronte una strada irta di pericoli, rischi e, ahimè, anche di profonde difficoltà. So che il coraggio non vi manca, siete tutti Grifondoro qui di fronte a me » e a quelle parole tutti quanti sorrisero, « ma badate bene: il coraggio può manifestarsi solo di fronte alla paura. E se non vi sentite pronti ad affrontare una realtà tanto cruda che renderà molto più complicata e instabile la vostra vita, vi prego di non tacciarvi di codardia o di vigliaccheria, perché comprenderei in maniera totale la scelta di non portare sulle spalle un fardello tanto gravoso. Siate sinceri con voi stessi, e allora troverete la risposta ».
I ragazzi annuirono tutti, mostrando di aver assimilato pienamente le sue parole, e a quel punto Silente sorrise loro nuovamente.
« E' stato un piacere, ragazzi » disse, facendo loro un cenno col capo. « Trattenermi a parlare con voi funge da Elisir di Eterna Giovinezza per me, e non posso che ringraziarvi per questo. Ora, però, è giusto che vada, o agirò da Pozione Invecchiante per voi ».
Tutti quanti risero di cuore a quella battuta, e Silente li osservò, sorridendo dolcemente.
« Buona giornata, professore » disse James, e a lui si unirono i saluti di tutti quanti, a cui Silente rispose con un generico: « A voi, leoni ruggenti, a voi », per poi allontanarsi e chiudersi la porta dell'Infermeria alle spalle.
Nel momento esatto in cui il Preside andò via, intorno al letto di James calò il silenzio, e tutti presero a guardarsi l'un l'altro.
In realtà non si erano aspettati nulla di diverso sull'Ordine, e le parole di Silente erano state più che altro una conferma dell'idea che si erano fatti dell'organizzazione, un ampio chiarimento di quei dubbi che li avevano accompagnati fino a quel momento.
« E' un po' quello che potevamo aspettarci, no? » esordì Alice, osservando i volti degli amici. « Voglio dire, non ci ha detto nulla di nuovo ».
Frank, seduto accanto a lei, studiò attentamente il suo profilo e si sistemò meglio sulla sedia, senza smettere di scrutarla.
« Beh, non proprio » replicò, e la ragazza si voltò a guardarlo. « Non credevo che l'Ordine contasse così pochi membri attivi ».
In molti annuirono, Alice compresa. Quella notizia li aveva stroncati in pieno, e avevano notato lo sguardo di Silente farsi più cupo mentre ne parlava.
« E questo rende tutto molto più difficile » convenne Scarlett, una mano che premeva sulle tempie. « Una perdita per Tu Sai Chi non è nulla, mentre per noi... per noi sarebbe tutto. E a pensarci bene » aggiunse, lasciando ricadere la mano per guardare gli amici, « cos'è che leggiamo tutti i giorni sui giornali? Intere famiglie babbane uccise, gente torturata, sparizioni improvvise, corpi mutilati da maledizioni che non riusciremmo neanche a immaginare... insomma, pare che siano solo i nostri a perderci. Il suo esercito rimane intatto, e Lui diventa sempre più forte. Non si parla di un arresto importante da tempo, ormai ».
Tutti la fissavano, riflettendo. E in effetti - questo era innegabile - Scarlett aveva terribilmente ragione su tutti i fronti.
Sulla Gazzetta del Profeta non si leggeva quasi mai di Mangiamorte imprigionati o di seguaci di Voldemort rapiti, ancor meno uccisi. Gli Auror e l'Ordine agivano in maniera diversa, e non facevano uso dei modi barbari dei loro nemici, mentre i Mangiamorte attaccavano senza pietà e senza remore, provocando stragi e tragedie, seminando panico ovunque, persino nelle famiglie innocenti. Uccidere, per loro, era al tempo stesso un pretesto e una finalità che non abbandonavano mai, ed era sempre e solo dei loro colpi andati a segno che si leggeva sulle pagine dei giornali.
« Non è indistruttibile » intervenne James, e Scarlett lo guardò senza riuscire a trattenere un sorriso. James era l'eterno ottimista praticamente dalla nascita. « E' vero, ne ha fatti fuori molti dei nostri, ma sono certo che l'Ordine sia in perenne attività e riesca a sventare più piani di quelli che crediamo noi. Insomma, ci sarà gente davvero in gamba al fianco di Silente, no? E se decidiamo di aderire anche noi, saremo dieci persone in più, un vero botto di gente! »
Sirius lo scrutò a lungo, e James rivolse a lui il proprio sguardo, in cerca del suo supporto.
« James ha ragione » disse con forza. « Non conta quanti ne ha già fatti fuori Lui, ma quanti ne faremo fuori noi, e noi siamo in gamba, giusto? »
James annuì vigorosamente, e così Frank, Alice, Lily, Mary, Emmeline... Scarlett, invece, lo osservava meravigliata, una strana luce che splendeva nel suo sguardo, e furono i suoi occhi che Sirius volle incrociare, non quelli di tutti gli altri. Voleva che almeno uno dei suoi tanti timori venisse abbattuto, anche se forse non era in grado di annientarli tutti, e il suo sguardo riuscì a infonderle una forza tale che annuì anche lei, sorridendo appena.
Gli occhi di James, invece, incontrarono quelli di Remus, che lo osservava. Si stava accorgendo di quanto la forza che splendeva in lui fosse identica a quella che ardeva in Sirius, e anche lui si ritrovò ad annuire, volgendo poi la propria attenzione in direzione di Peter, che aveva le mani incrociate fra le gambe.
Guardò gli amici, mordicchiandosi il labbro inferiore, timoroso, ma alla fine annuì stentatamente, cercando di apparire sinceramente convinto, anche se in fondo sapeva bene di non esserlo affatto.
« Non sto dicendo che faremo il culo a Voldemort in quattro e quattr'otto, okay? » riprese Sirius, senza riuscire a distogliere lo sguardo da Scarlett. « Quello che io... e James... quello che tutti, in realtà, dovremmo tenere presente... è che non combatteremo una guerra già persa ».
James, com'era d'altronde prevedibile, parve il più entusiasta di fronte alle sue parole.
« Puoi dirlo forte, amico! » esclamò, battendosi un pugno sul petto, poi gemette e imprecò sottovoce per una buona decina di secondi.
« Devi aggiungere altro, Potter? » fece Lily, interrompendolo e ridendo divertita. « Le tue ingiurie arrivano fin qui alla perfezione ».
James rise, massaggiandosi il petto che ancora doleva, e lanciò un occhiolino alla ragazza, che riabbassò lo sguardo, imbarazzata.
« Chiedo perdono, Evans » rispose, senza smettere di sorridere. « Non desideravo turbare il tuo assai delicato animo puro ».
La ragazza rispose al sorriso e gli rivolse una smorfia divertita che lo fece ridere.
« Okay, abbiamo capito, vi lasciamo qui ad amoreggiare in pace » intervenne Alice ad alta voce, alzandosi con grazia dalla sedia, e Lily avvampò di botto.
« Che co-... ma no! » disse, agitando le mani in direzione degli amici già tutti in piedi. « Noi non... insomma... Alice! »
La ragazza ridacchiò soddisfatta e afferrò Scarlett ed Emmeline per i polsi, incatenando le proprie braccia alle loro.
« Adesso abbiamo qualcosa su cui spettegolare » cinguettò, sorridendo innocentemente. « Grazie, Lily. E, nel caso qualcosa te ne facesse dimenticare, ti ricordo che fra dieci minuti hai Incantesimi. Lezione. Scuola. Okay? Non tardare, mia cara, divertiti » e le inviò un bacio.
Mentre le amiche ridevano e Mary si aggregava saltellando a loro, Lily parve più confusa che mai, e così anche James, che sembrava aver perso il filo logico della conversazione da quando Lily gli aveva sorriso poco prima e ora aveva qualche difficoltà nel cercare di riprenderlo.
« Ci vediamo dopo, James! » salutò Scarlett, agitando una mano alle proprie spalle, e lui ricambiò con affetto il saluto.
Sirius gli assestò un pugno sulla testa e andò via con la solita andatura rilassata, seguito da Peter, mentre Remus rimase lì a ciondolare.
Quando Frank, l'ultimo della fila, si fu richiuso la porta alle spalle, James si voltò lentamente a guardarlo, un sopracciglio inarcato.
Gli fece un breve cenno verso la porta, e lui si passò una mano fra i capelli, imbarazzato. Quel giorno avrebbe dovuto restare in Infermeria per via dell'imminente luna piena, ma evidentemente, come James non smetteva di fargli capire, rimanere lì avrebbe creato un certo disturbo.
« Beh, io... » esordì, sfregandosi il braccio con il palmo della mano. « Vado... a discutere con Madama Chips del mio... del mio ricovero. Sì. Ehm... ciao ».
E andò via di fretta, bussando all'ufficio di Madama Chips per precipitarvisi dentro in un baleno e richiudersi da solo la porta alle spalle.
James sorrise. In quel modo andava senz'altro molto meglio. 
Si voltò verso Lily, e la trovò con il volto arrossato e le mani che si agitavano frenetiche in grembo. Sembrava davvero imbarazzatissima.
« Come va il braccio? » le chiese, tentando un sorriso per far sì che si rilassasse, e lei risollevò lo sguardo, ancora parecchio tesa.
« Braccio? » domandò, disorientata, e James fece cenno al suo braccio destro, laddove la notte prima quel Mangiamorte le aveva inferto una ferita. « Oh! » esclamò, annuendo ripetutamente. « Oh, ma certo... Madama Chips lo ha guarito in un attimo, sto davvero... bene, sì ».
Annuì ancora una volta, sorridendo, poi parve colpita da un pensiero improvviso e aggrottò le sopracciglia con aria interdetta.
« Mi chiedi come va il braccio quando tu sei ricoperto di ferite » disse, piuttosto incredula, poi sorrise con calore. « Insomma... grazie ».
James si fece più vicino al bordo del letto, facendo scivolare il fianco lungo il materasso che cigolò appena, e ricambiò il sorriso.
« Era un brutto taglio » osservò, sollevando le spalle. « Sirius ha ragione, quei Mangiamorte sono davvero perversi. Amano il sangue, a quanto pare ».
Lily annuì, rabbuiandosi in volto, e ripercorse con lo sguardo le bende che ricoprivano le ferite di James. L'immagine del suo corpo insanguinato non era ancora riuscita ad abbandonare la sua mente, e quella notte aveva popolato tutti i suoi sogni, impedendole di dormire.
« James » mormorò dopo un po', e lui si fece subito attento, scrutandola. « Posso farti una domanda? »
Lui la fissò, incuriosito, e annuì.
« Certo... dimmi » le disse, sistemandosi meglio sui cuscini.
« Mi chiedevo... » Fece una pausa, durante la quale lo osservò intensamente. « perché non hai raccontato a Sirius di Severus? » gli chiese alla fine, guardandolo interrogativa. « Ecco... l'ho trovato strano. Mi era parso di capire che fra voi non esistessero segreti ».
« E infatti è così » rispose subito lui, puntellandosi su un gomito. « Voglio dire, non abbiamo bisogno di raccontarci stronzate a vicenda, noi... ci conosciamo troppo bene per farlo, e crediamo che non abbia senso. Sirius, poi... » Rise sommessamente, scompigliandosi i capelli. « Lo conosco davvero meglio delle mie tasche, è solo che... Lily, se gli avessi parlato di Piton, lo avrebbe fatto fuori, o quasi. Lo odia, e odia l'idea di quel che sarebbe potuto succedermi, lo so. Prova a mescolare questo con quel carattere che si ritrova, e il risultato è un Mocciosus pestato mortalmente a sangue e un Sirius ad Azkaban, puoi credermi. Si sarebbe messo nei guai sul serio, e visto che lo fa già abbastanza da solo, volevo evitare ulteriori casini ».
Lily non sapeva se sorridere o meno, ma in realtà non credeva affatto che James stesse scherzando o esagerando. Anche se non lo conosceva troppo bene, sapeva che Sirius era impulsivo, avventato, e anche un po' fuori dalle righe. Scarlett gli dava dello squilibrato da quando aveva undici anni.
« Credo che ci sia arrivato lo stesso, però » gli confessò, inclinando il capo. « Anche se non abbiamo voluto ammetterlo aveva ragione su tutto, e credo che abbia più intuito di tutti noi. L'ho notato oggi. Sì, davvero... non gli sfugge nulla, e non dimentica. Ho ragione? »
James, senza un apparente motivo, stava sorridendo. Le sue labbra disegnate e carnose erano curvate all'insù, e la studiava con particolare intensità.
« Riesci a comprendere le persone come nessun'altro, Lily. Lo sai? » le disse sottovoce, facendosi ancora più vicino.
Inizialmente, lei non fu capace di rispondere, ma sorrise. 
Lo aveva notato già da un po' di tempo: il suono della voce di James la mandava in confusione.
« Beh, non sono infallibile » rispose dopo un po', scrollando le spalle. « Con te, per esempio... ho commesso parecchi errori ».
E quella volta non ebbe paura di guardarlo negli occhi. 
Osservò la sorpresa farsi largo sul suo volto, e sorrise, spontaneamente. Non aveva idea del perché lo avesse detto, ma quando stava insieme a James non riusciva a trattenere alcun pensiero, alcun gesto impulsivo, e desiderava solamente dire ciò che le passava per la mente, proprio come faceva sempre lui.
Non riusciva ad evitare di arrossire sulle guance quando lui le lanciava un sorriso particolarmente complice, non riusciva ad evitare di scambiare con lui qualche giocoso gesto d'affetto o di semplice armonia... Non riusciva ad evitare di sorridere e sentirsi in pace con se stessa ogni volta che le era vicino.
E da un po' di tempo aveva cominciato a capire che James meritava davvero tanto di quel che lei non gli aveva mai dato. E dentro di sé sentiva chiaro e forte che prima o poi avrebbe avuto modo e voglia di ripagare quel debito che in realtà non esisteva, ma che per qualche ragione desiderava saldare.
E tutto, tutto sarebbe partito da quello: dalla verità. Perché di fingere e dispensare odio verso Potter ne aveva abbastanza, ed era giunto il momento di invertire definitivamente rotta e andargli incontro, perché era quello che ogni cellula del suo corpo e ogni brandello della sua anima le stavano chiedendo.
All'improvviso squillò la campanella, facendola sobbalzare sulla sedia, e scattò a sedere così di fretta che fece crollare a terra la borsa di pelle scura che aveva tenuto in bilico sulle gambe, tanto che atterrò sul pavimento con un tonfo sonoro e riversò gran parte del suo contenuto tutto intorno.
James, in un gesto istintivo, fece per scendere giù dal letto ed aiutarla, ma Lily rise e lo respinse contro i cuscini.
« Sei tutto scemo o cosa? » rise, scuotendo il capo e chinandosi per raccogliere libri e fogli di pergamena. « Faccio da sola, stai seduto ».
Lui la osservò mentre raccattava di tutto sul pavimento, e rise tra sé e sé.
« Stai seduto » ripetè, allegro, e lei sollevò lo sguardo. « Mi sento tanto quel gran pulcioso di Felpato così ».
Lily rise, chiuse le cinghie della borsa e se la gettò sulla spalla, sistemandosi meglio sull'altra i voluminosi capelli rossi.
« Cerca di non farti andare in pappa anche il cervello con questa convalescenza, d'accordo? » gli disse, avvicinandosi per tirargli gli occhiali giù per il naso. « Sembra gravemente ferito anche quello, solo che... non ho idea di come salvarlo ».
James esplose in una fragorosa risata e ne approfittò per ripulire le lenti degli occhiali sulle lenzuola candide e pulite.
« Torna più tardi, Evans » le disse quando era già arrivata alla porta, e li infilò nuovamente lungo il naso. « Chissà che tu non riesca a curarlo ».
La ragazza sorrise imbarazzata, tenendo la porta aperta con il tallone, e sollevò le spalle tentando di fare la finta snob.
« Già » rispose, facendo un passo avanti. « Chissà che non mi venga voglia di fare un salto ».
Gli lanciò un ultimo sorriso, che James ricambiò con aria raggiante e divertita, e prima di chiudersi la porta alle spalle salutò con un: « Ci si vede, Potter » che riuscì a tenere vivo il sorriso sul suo volto non solo per qualche istante, ma per tutta la sua giornata.
 
 
  
*  *  *  
 
 
 
Erano trascorsi ormai cinque giorni, e anche Remus, come James prima di lui, aveva finalmente abbandonato l'Infermeria.
La luna piena era ormai passata, anche se aveva lasciato segni evidenti sul volto di Remus solcato da qualche taglio, e James non si era tirato indietro neanche quella volta, costringendo l'amico ad accettare le sue condizioni senza quasi permettergli di fiatare. 
E malgrado quella notte avesse incassato i colpi con minor vigore, nonostante tutto fosse stato molto più faticoso di quanto non lo fosse mai stato, dalla sua bocca non era fuoriuscito neanche un soffio, un rantolo o un gemito, per tutto quanto il tempo.
Fortunatamente, però, in quegli ultimi tre giorni era riuscito a riprendersi del tutto, complice anche il weekend di totale relax che aveva voluto regalare a se stesso come premio per essere sopravvissuto a tutto e tutti durante quella settimana infernale. Era rimasto tutto il tempo in Dormitorio o a gironzolare per la calorosa Sala Comune, divertendosi a ingurgitare dolciumi, a rassicurare Scarlett che non faceva che chiedergli se stesse meglio a intervalli di pochi minuti, e a chiacchierare con Lily, solitamente accoccolata sul divano accanto alla poltrona che occupava sempre lui. 
Si sporgevano entrambi più in là dei gonfi braccioli, e riuscivano a non stancarsi di ridere per ore. Erano momenti, quelli, che sapevano di vera magia.
Giunto quel lunedì mattina, però, si era ritrovato costretto a riprendere la dura vita da studente prossimo ai M.A.G.O., e in quel momento si stava dirigendo, insieme ai Malandrini, verso l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
« Amico » stava dicendo Sirius, infiltrandosi fra James e Remus per gettare un braccio intorno alle spalle di ques'ultimo, « mi domandavo se mi fossi già congratulato con te per l'emergere improvviso del tuo fino ad ora dormiente talento nell'arte delle Pozioni ».
Lui voltò appena il capo per guardarlo, e si scambiarono un sorriso divertito. Come da copione, infatti, Remus aveva dovuto affrontare il supplizio delle due terribili ore di Pozioni, ma, inaspettatamente, era riuscito a sopravvivere con notevole successo. 
« Beh, in realtà no » rispose Remus, trattenendo una risata. « E, se proprio vuoi saperlo, lo ritengo anche piuttosto necessario. Quindi prego, Felpato ».
Il ragazzo rise sommessamente e si schiarì la gola, tossicchiando elegantemente con le labbra che premevano sul pugno chiuso.
« Sai, comincio a pensare che forse tu e Miley facciate davvero lezione durante quelle misteriose ore in cui svanite nel nulla » osservò, pensieroso.
James rise, contagiando lo stesso Remus, e battè un colpo sulla nuca di Sirius, che imprecò contro di lui.
Per vendicarsi dell'oltraggio subito, gli assestò una gomitata fra le costole che, come previsto, diede il via a una delle loro solite risse improvvisate.
Quella volta, però, né Remus né Peter si presero la briga di tentare di placare gli animi, e la lotta furiosa cessò solo con l'arrivo improvviso di Lily.
« Ehilà, piantagrane » fu il suo saluto a James, che non si era minimanente accorto di lei.
Al suono della sua voce, però, abbandonò il campo di battaglia e mollò a Sirius un calcio sugli stinchi per far sì che lo lasciasse andare. Quando la ragazza era arrivata, infatti, si era ritrovato con il collo serrato dal braccio dell'amico che sfregava con forza il pugno chiuso fra i suoi capelli in disordine.
« Lily! » esclamò, tentando di darsi un contegno e raddrizzandosi gli occhiali storti sul naso. La sua chioma più scombinata che mai era uno spettacolo di una comicità inspiegabile, tanto che Lily rise sottovoce, scuotendo il capo.
« Hai dimenticato questo nell'aula di Lumacorno » gli disse, porgendogli il suo malconcio libro di Pozioni.
Lui lo afferrò, lanciandole un sorriso radioso, e lo cacciò a forza fra gli altri tomi che occupavano a casaccio la borsa.
« Merlino, Evans, sei il mio angelo » rispose, mentre tentava inutilmente di richiuderla. 
Lily arrossì, farfugliando parole sconnesse, e scrollò le spalle in un gesto noncurante, senza osare puntare lo sguardo su di lui.
« Ci vediamo in classe » disse infine, sorridendo in maniera vaga ai quattro ragazzi, e filò via raggiungendo le amiche che ridacchiavano poco lontano da lì, lasciando James a guardarla andar via, vagamente spiazzato per la sua reazione e il frettoloso congedo.
Si passò le dita fra i capelli, come se non fossero già abbastanza ritti ed elettrizzati, e scambiò uno sguardo allibito con Sirius, mentre Remus sorrideva sotto i baffi. Perché da sempre, com'era tipico del grande saggio che era stato, aveva capito molto più di Lily, James e quella testa bacata di Sirius messi insieme. Anche se, naturalmente, mai, neanche lontanamente, quanto il vero grande saggio Peter Minus, imperatore incontrastato del sapere dei mortali.
Fu proprio lui a varcare per primo l'aula di Difesa, prendendo posto, come accadeva ogni giorno da più di sei lunghi anni, in uno dei banchi all'ultima fila.
« Amico » gli disse Sirius non appena lo vide accomodarsi sulla sedia accanto al muro. « Non farei mai il fottuto bullo con te, sei un mito per l'intera umanità, lo sai, ma... quello è il mio posto » concluse in tono definitivo. « Da sempre » aggiunse. « Fottimelo, e sarai automaticamente fottuto. Okay? »
Peter abbozzò un mezzo inchino e si scostò immediatamente, cedendogli il posto senza pensarci due volte. Sirius lo osservò, sorridendo soddisfatto.
« Era la scelta migliore, Codaliscia » disse in tono d'approvazione, e gli battè una pacca sulla spalla, lasciandosi cadere sulla sedia libera e gettando la borsa a terra senza la minima cura. « Amico, non ciondolare come un idiota, siediti, dobbiamo giocare all'Impiccato con le parole zozze » disse poi a James.
Prese a dondolarsi sulle gambe posteriori della sedia, quando qualcuno ne afferrò saldamente lo schienale, facendola atterrare sul pavimento con uno schianto.
« E no, mio caro Sirius » disse una voce spaventosamente simile a quella del professor Dixon. « Mi dispiace, ma mi trovo costretto a comunicarti che il primo girone del torneo di Impiccato a luci rosse è rimandato a mai. Ora siediti composto e sta' zitto » concluse, battendogli un leggero scalpellotto sulla nuca.
Aveva parlato piuttosto ad alta voce, tanto che in tutta l'aula risuonò una fragorosa risata collettiva. L'insegnante sorrise benevolo a tutti, poi si diresse verso la cattedra, prendendo posto sul ripiano del tavolo per osservare tutti con aria rilassata.
« No, finché non lo fa lei » rispose Sirius, sogghignando e riprendendo a dondolarsi sulla sedia come se nulla fosse successo.
L'insegnante lo squadrò a lungo, poi sorrise, grattandosi distrattamente i capelli dietro l'orecchio.
« Piaceva anche a me dondolarmi in quel modo, quando ero qui ad Hogwarts » gli disse, intrecciando le mani fra le gambe. « Ma l'attività perse per me ogni attrattiva quando il mio compagno stronzo, Percy Owen, mi fece precipitare giù con tutta la sedia di fronte alla ragazza che corteggiavo da sei mesi ».
Qualcuno rise, altri si limitarono a scambiarsi occhiate divertite. Una ragazza seduta al primo banco, invece, fissava Dixon con aria sognante.
« Beh, con le sedie non sarà stato in gamba quanto me » fu la risposta di Sirius, che faceva avanti e indietro sempre più pericolosamente.
« No, forse non con quelle » fece invece Dixon, che ancora sorrideva. « Ma quella magnifica caduta è riuscita a farmi conquistare proprio quella ragazza che poi è diventata mia moglie, quindi non mi lamento. Anzi, spero che capiti lo stesso a te, Sirius. Sai, passare una vita attaccato a una sedia piuttosto che insieme alla donna che ami potrebbe essere piuttosto avvilente. Bene » proseguì poi, battendo fragorosamente le mani. « Via libri, piume, sedie e banchi. Oggi ci divertiremo ».
Fece segno ai ragazzi di alzarsi, mentre Sirius scuoteva il capo con aria scandalizzata, e tutti obbedirono all'istante.
Uno sciame di vocii eccitati si sparse per l'aula. Le lezioni pratiche erano sempre molto entusiasmanti, specialmente quelle di Dixon.
L'insegnante prese a far svolazzare sulle teste degli studenti sedie e banchi, depositandoli alle pareti laterali dell'aula fino a creare un ampio spazio vuoto proprio al centro, poi si appoggiò nuovamente alla cattedra e osservò gli alunni ciondolare a gruppetti di fronte a lui.
« Dunque » esordì, sorridendo con fare incoraggiante, « mi è parso di capire già qualche giorno fa, quando la notizia era ancora parecchio fresca, che tutti noi siamo al corrente di quanto è accaduto la settimana scorsa ai vostri compagni, James e Lily, durante la loro ronda notturna ».
Nell'aula precipitò il silenzio, e tutti annuirono, lanciando occhiate in tralice ai due, che si guardarono per qualche istante.
In effetti, la notizia dell'attacco ai loro danni culminato nel sangue si era diffusa nel castello - come spesso accadeva anche per eventi meno significativi di quello - molto velocemente, e aveva causato una notevole ondata di scalpore in tutta la scuola.
L'idea di sei ragazzi che frequentavano normalmente le lezioni e vagavano per il castello come normali studenti per poi nascondersi dietro un cappuccio e attentare alla vita di due compagni innocenti era agghiacciante, tanto che in molti si erano ritrovati costretti a tenere nascosta la faccenda ai genitori per paura di venire portati via dalla scuola, quella scuola che ancora tutti ritenevano il luogo più accogliente e sicuro fra tutti e che mai nessuno avrebbe desiderato abbandonare.
« Un avvenimento sconvolgente, inutile negarlo » proseguì Dixon, osservando le espressioni sui volti degli alunni. « Ed è proprio per questo che oggi ci eserciteremo nei duelli: voglio che siate pronti, forti, e che nulla riesca a disarmarvi. In tutti i sensi, direi ».
Qualcuno sorrise, e Dixon battè nuovamente le mani, balzando giù dalla cattedra con agilità.
« Disponetevi a coppie » disse, afferrando la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni e facendo un vago gesto ai ragazzi.
Tutti cominciarono a sistemarsi e a confabulare per capire come disporsi senza che nessuno venisse tagliato fuori, ma Dixon interruppe le trattative.
« Non era quello che intendevo » fece con un sorriso, mentre in molti lo guardavano allibiti. « Chiedo scusa, avrei dovuto essere più preciso. Ciò che intendo dire è: disponetevi secondo le coppie che avevamo stabilito in occasione delle lezioni di Legilimanzia e Occlumanzia. Avete tutti un compagno, giusto? »
Nel silenzio generale, arrivò alle orecchie di tutti un flebile gemito disperato. Un lamento che, com'era prevedibile, proveniva dalle labbra di Alan Green.
Cominciò a guardarsi intorno forsennatamente, alla ricerca della sua temibile compagna, Camilla Hughes, quando James gli si avvicinò, cauto.
« Amico, puoi rimettere in moto i polmoni » lo rassicurò, battendogli una mano sulla spalla. « Non c'è ».
Sul volto atterrito e pallido del ragazzo ricomparve pian piano qualche chiazza di colore, e la sua espressione si fece lentamente più distesa.
« Non mi prendi in giro, vero? » gli chiese, ancora non del tutto calmo. « Non mi piomberà fra capo e collo nel giro di un secondo, no? »
« No » rispose James, soffocando una risata divertita. « Oppure sarebbe già qui, pronta a saltarti addosso per la gioia ».
Alan esalò un sospiro di sollievo e battè la fronte sulla sua spalla e un pugno sul suo petto ripetutamente.
« C'è ancora qualcuno che mi ama, lassù » disse, la voce intrisa di emozione. « Qualcuno che ha a cuore la mia miserabile vita da sfigato ».
James rise sottovoce, sfregandogli una mano fra i ricci indomabili, e lui si diresse verso l'insegnante con un sorriso più largo di lui stampato in volto.
« Prof, sono un'anima solitaria » annunciò, allargando le braccia, e Dixon si grattò il mento con fare pensieroso.
« Puoi unirti ad un'altra coppia » rispose con semplicità. « Lavorerete a turno l'uno contro l'altro. Scegli pure tra i tuoi compagni ».
Alan sollevò un pollice, e si avvicinò gongolando a Mary e Peter, immersi in una conversazione fitta, ma un po' a senso unico: lei chiacchierava con evidente entusiasmo, gesticolando e arricciandosi di tanto in tanto qualche ciuffo di capelli intorno all'indice, mentre lui ascoltava in silenzio, palesemente rapito.
« Ehilà, Mary! » salutò Alan, lasciando scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni. « Come va la vita? Vi dispiace se mi unisco a... »
Ma non completò la frase, interrompendosi bruscamente quando la porta dell'aula venne spalancata all'improvviso, rivelando proprio lei: Camilla Hughes.
« ... voi » terminò Alan in un sussurro agghiacciato, mentre guardava la ragazza farsi vicina a Dixon per motivare il proprio ritardo.
Cercò con gli occhi James, trovandolo con lo sguardo fisso a terra. Quando notò che lo stava guardando, però, risollevò il capo e si premette una mano sul petto, un'espressione contrita e per nulla rassicurante dipinta sul viso.
E mentre Camilla zigzagava fra gli studenti sparpagliati ovunque per raggiungere un sempre più atterrito Alan, i compagni presero a disporsi a coppie in fondo all'aula, in attesa di nuove direttive da parte del professore.
« Magnifico, ragazzi » fece Dixon in tono d'approvazione. « Dunque, per questa esercitazione, ciò che voglio che facciate è... sbizzarrirvi. Fate come se vi trovaste di fronte un vero avversario. Non potete sapere quale sarà la sua prossima mossa, giusto? E' necessario che sviluppiate al massimo i vostri riflessi. Ovviamente, non voglio vedere fatture pericolose o maledizioni, sia chiaro. Non vogliamo stragi, quindi cercate di limitarvi a qualcosa di semplice. Voglio soltanto agilità ».
Gli sguardi di parecchi ragazzi erano ardenti, e bruciavano dalla voglia di mettersi alla prova. Altri, invece, parevano impauriti e un po' spaesati.
Ben presto, Dixon chiamò al centro della stanza la prima coppia tra i Corvonero, scegliendola a caso fra quelle presenti, e i due avanzarono.
Sirius, invece, si fece vicino a Scarlett, strizzandole l'occhio in un gesto di saluto, e lei rispose con un sorriso caloroso che riuscì a sorprenderlo.
« Allora, Banks » esordì, incrociando le braccia dietro la schiena e abbandonandosi contro il muro. « Di nuovo in coppia, vedo. Sarà forse il fato? »
Scarlett incrociò distrattamente le braccia al petto, lasciando dondolare la bacchetta, e poggiò le spalle alla parete proprio accanto a lui.
« Una condanna, oserei dire » obiettò, picchiettandosi la punta della bacchetta sul mento.
Lui rise, scuotendo impercettibilmente il capo, e prese ad osservarla di sottecchi, facendo attenzione affinché non lo notasse.
« So che mi stai fissando » fece lei dopo un po', arricciando le labbra. « Posso chiederti perché? » aggiunse, voltando il capo per guardarlo.
Ma Sirius scrollò le spalle con noncuranza, studiando la sua bocca che lottava con se stessa per non piegarsi in un sorriso. Era una smorfia che le vedeva fare spesso quando si trovava in sua compagnia, una smorfia che nell'intimo adorava guardare.
« Sono un po' preoccupato, sai? » disse poi, sorridendo e guardandola di traverso.
Lei lo fissò con le sopracciglia inarcate, perplessa. 
« Preoccupato? » chiese a sua volta, e lui sorrise ancor più apertamente.
« Sì, preoccupato » confermò, incrociando le braccia al petto. « Potresti tranquillamente farmi fuori con questa esercitazione, e come se non bastasse, farlo anche passare per un mero incidente. Non ti sembrano buone ragione per temerti? »
Scarlett rise sommessamente, mentre il duello tra i due compagni proseguiva al centro dell'aula.
« Non mi era neanche lontanamente passato per l'anticamera del cervello, Black » rispose alla fine, continuando a sorridere. « Ma ti consiglio di non tentarmi. Ti fidi troppo di me, se ti azzardi a darmi queste idee malsane ma geniali ».
Non riuscì a trattenere una nuova risata, e Sirius si unì subito a lei.
« In realtà, però, ho un'idea migliore, sai? » fece Scarlett, riprendendosi insieme a lui da quell'ondata di risa quasi immotivate, e lo vide farsi subito curioso. 
« Che hai intenzione di fare, sadica perversa? » le domandò, guadagnandosi all'istante un vigoroso pugno sul braccio.
« Niente di nocivo per la tua salute, anche se te lo meriteresti » rispose lei, facendogli una smorfia. « Ho pensato solo che questa mi sembra l'occasione più adatta per tornare in vantaggio nella nostra vecchia sfida » spiegò poi, e lui annuì, invitandola a continuare. « Ricorderai che mi hai deliberatamente derubata a Capodanno con tutta quella scemata dei sassi da far rimbalzare sull'acqua, no? »
« Ne conservo un vago ricordo, sì » ribattè Sirius, fingendosi pensieroso per poi ghignare apertamente.
« Bene » lo rimbeccò lei con un secco cenno del capo. « Perché è arrivato il momento di riportare la situazione nel suo più naturale equilibrio, ovvero con me in vantaggio ».
Lui parve parecchio interessato e la squadrò, ponderando la questione.
« Il vecchio e sano duello è un classico, dopotutto » disse, grattandosi distrattamente il mento.
« Esatto » convenne prontamente lei, annuendo con convinzione. « Questa sì che è una sfida di pura abilità. Vincerà davvero il migliore ».
Lui fece per ribattere, ma non ebbe il tempo di dire nulla, perché una voce raggiunse entrambi, troncando la loro conversazione.
« Sirius e Scarlett » li stava infatti richiamando il professor Dixon, e solo allora i due si resero conto che il duello dei compagni era giunto al termine. « Perché non venite qui a farci vedere quanto siete bravi, invece di chiacchierare tra di voi? » disse, invitandoli ad avanzare con un ampio gesto.
I due si scambiarono uno sguardo - lei vagamente imbarazzata, lui rilassato come sempre - e si fecero avanti. Prima di raggiungere il centro dell'aula, però, Sirius si fece parecchio vicino a Scarlett, e le sussurrò all'orecchio: « Ci sto ».
Lei si voltò a guardarlo, trovandolo concentrato e con un ghigno accennato sulle labbra, e gli sorrise di rimando, complice.
« Sirius, qui niente sedie con cui dondolarsi, quindi attenzione » lo ammonì il professore, non appena si sistemò di fronte a Scarlett.
« Avanti, prof » ribattè, evidentemente scocciato. « Oggi sta veramente rischiando grosso, sa? Avevo deciso di risparmiarla solo perché mi sta dando nuovamente la possibilità di lavorare con quello splendore di donna che ho di fronte... non mi faccia cambiare idea ».
Dixon rise di cuore insieme ai ragazzi, facendosi da parte per lasciare campo libero ai due, e quando Sirius spostò il proprio sguardo su Scarlett, la trovò apparentemente contrariata e infastidita, ma con un leggero rossore che le tingeva il viso proprio sulle guance.
« Non voglio scatenare la tua ira funesta, quindi sta' tranquillo, Sirius » rispose poi il professore. « Cerca solo di concentrarti un po' di più sul duello e un po' meno sull'indubbia bellezza di Scarlett, o potrebbe finirti molto male ».
In tutta l'aula risuonò la risata collettiva di tutti i ragazzi, e solo quando Dixon ripristinò il silenzio, Scarlett e Sirius iniziarono a duellare.
La voce cristallina della ragazza fu la prima a risuonare nell'aula, e Sirius si ritrovò ben presto a dover schivare il suo incantesimo.
Sollevò un sopracciglio, ammirato e provocatorio insieme, e con un morbido gesto della bacchetta le scagliò contro un incantesimo di Disarmo.
Lei riuscì facilmente ad evitarlo, balzando verso destra con agilità, e tornò immediatamente ad attaccare, senza scollare gli occhi dai suoi per un istante.
Le bacchette saettavano con spaventosa rapidità, squarciando l'aria gelida che aleggiava fra le mura dell'aula, e i lampi di luce che sprigionavano andavano a cozzare spesso contro le pareti, o venivano rispediti indietro come raggi di luce riflessi su uno specchio.
Dixon li osservò meravigliato, gli occhi che sfrecciavano dall'uno all'altra come se stesse assistendo a una partita a Quidditch in cui nessuna Pluffa andava a segno, ma loro non vi facevano caso, troppo presi dal duello per poter stare attenti a tutto ciò che li circondava in quel momento.
Dopo alcuni minuti di lotta furiosa, però, l'insegnante cominciò a preoccuparsi. Sui volti di entrambi era dipinto un desiderio di vittoria indescrivibilmente forte, e nessuno dei due pareva stancarsi di combattere, come se da quel duello dipendessero le sorti della loro vita. Dixon, dal canto suo, non poteva dedicare a loro l'intera ora di lezione, ma ben presto cominciò a chiedersi come diavolo avrebbe fatto ad interromperli. Temeva, e anche a ragione, che se solo ci avesse provato si sarebbe ritrovato entrambe le bacchette ormai simili a spade puntate contro il petto, pronte a scagliare un incantesimo mortale, e un paio di sguardi infuocati addosso ansiosi di maledirlo e metterlo definitivamente al tappeto.
Fortunatamente, però, non fu necessario mettere fine al duello. Si concluse da sé, decretando un palese vincitore.
« Complimenti, Sirius » fece Dixon alla fine, battendo una pacca sulla sua spalla. « Ma Scarlett è stata evidentemente migliore di te ».
La ragazza sorrise radiosa, e si battè la bacchetta lungo il fianco, riprendendo fiato mentre l'insegnante si congratulava anche con lei.
Gli aveva lanciato contro una fattura che lo aveva sfiorato senza però riuscire a centrarlo, e, approfittando della sua momentanea distrazione, aveva scagliato con una rapida stoccata un perfetto incantesimo di Disarmo che gli aveva fatto volare via di mano la bacchetta, lasciandolo di stucco.
Sorrise trionfante, compiaciuta per il successo ottenuto, e non appena l'insegnante chiamò la coppia seguente, si defilò.
Dopo un attimo di smarrimento, Sirius le venne dietro, lasciando scivolare la bacchetta dentro la tasca posteriore dei pantaloni, e la guardò mentre posava nuovamente la schiena alla parete.
« Te la sei giocata bene, Black » gli disse lei, una punta di ironia nella voce. « Ma che vuoi farci? Sono più brava di te. E, affinché tu lo sappia, stiamo quattro a tre per me ».
Lui sorrise, lanciando uno sguardo alla nuova coppia di duellanti, e si passò la lingua sulle labbra.
« Oh, non canterei vittoria così presto, tesoro » replicò, puntando nuovamente gli occhi su di lei. « Riuscirò a rifarmi, ne ho le piene capacità ».
Scarlett inarcò le sopracciglia, sorridendo con aria sorpresa e divertita.
« Credi di essere migliore di me? » esclamò, ridendo sottovoce con incredulità. « Merlino, oltre che un duellante mediocre sei anche un pessimo perdente ».
Sirius boccheggiò fra le risate, scuotendo il capo sconvolto. Ogni volta che Scarlett conquistava un punto, non si sentiva pienamente fiera di sé finché non lo umiliava, anche se, per quanto ci tentasse con frecciatine e insulti assai poco velati, non riusciva mai nell'impresa.
« Vincere ti dà alla testa, bella Banks » replicò. « Ma preparati a una grandiosa ribalta. Presto mi verrà in mente qualcosa per batterti ».
Lei sogghignò, annuendo col capo, e prese a osservare le due ragazze che duellavano con poco entusiasmo, troppo timorose di colpirsi per dare il meglio di sé.
« In caso contrario non prendertela troppo, d'accordo? » fece in tono derisorio e fintamente premuroso. « E sappi che non vedo l'ora di metterti al tappeto con un definitivo cinque a tre, quindi da' una ragione di vita al tuo criceto e partorisci un'idea, perché batterti diventa ogni volta più divertente ».
Sirius la fissò con l'entusiasmo acceso negli occhi. Vederla così agguerrita lo faceva sentire voglioso di sfide sempre più ardue da affrontare.
« Wow » commentò, sollevando un angolo della bocca in un sorrisetto accennato. « E' davvero stimolante sentirti parlare così, sai? »
Scarlett lo guardò, e lui le si fece improvvisamente più vicino, lasciandola vagamente spiazzata.
« Direi quasi... » sussurrò, « ... eccitante ».
La vide avvampare di botto e distogliere immediatamente lo sguardo, imbarazzata e profondamente scombussolata. Ripetè a mente per più di venti volte maledetto, maledettissimo Black, quasi come se fosse una preghiera, ma lui parve compiaciuto come non mai per la reazione dovuta alle sue parole, e questo la fece innervosire se possibile ancor di più, tanto che le guance divennero scarlatte quanto il suo nome e l'umore nero quanto quello di lui.
« Sirius, Scarlett, avete ancora parecchio da dirvi o...? » fece Dixon da lontano, guardandoli con aria scocciata.
« Ci scusi, professore » mormorò subito Scarlett, poi diede una gomitata a Sirius e bisbigliò: « Vattene! », facendolo ridere sommessamente e guardandolo allontanarsi e dirigersi verso Remus, un po' agitato all'idea di dover duellare con la sua sclerotica partner.
Trascorse con lui il resto della lezione, finché la campanella non squillò, segnando la fine dell'ora.
« Complimenti per la sconfitta, amico » fece James a Sirius, avvicinandosi per assestargli un vigoroso colpo sulla schiena.
« Anche a te, Ramoso, hai fatto veramente schifo » si congratulò quello, ricambiando il suo delicato gesto con altrettanta leggerezza.
James si guardò intorno per assicurarsi che Lily non fosse nei paraggi, poi si fece più vicino all'altro.
« L'ho fatto apposta » bisbigliò. « Pensavo che se avessi vinto mi avrebbe picchiato di nuovo con la scopa, quindi... ecco, volevo evitare il pericolo ».
Sirius rise, e lo spinse via con un pugno giocoso sul petto.
« Che diavolo abbiamo adesso? » domandò, mentre anche Remus e Peter si facevano vicini.
Il primo sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Tollerare Sirius dopo aver dovuto sopportare le lamentele e gli insulti che la Carter gli aveva rivolto soltanto perché l'aveva battuta a dieci secondi dall'inizio del duello era davvero troppo.
« Siamo a Gennaio » gli disse, scocciato. « A Gennaio, dico. E tu non conosci ancora l'orario della settimana? Dove diamine è finito il tuo cervello, Felpato? »
Sirius lo fissò, del tutto inespressivo, poi gli si avvicinò e lo strinse in un breve abbraccio.
« Se sei così acido per mancanza d'affetto » gli fece, serio in volto, « non devi far altro che dirlo. D'accordo, amico? Noi ci siamo ».
Si voltò verso gli altri, senza lasciar trapelare la minima traccia di divertimento, mentre già Remus rideva.
« Su, dai. Abbracciatelo » ordinò con un rapido gesto della mano.
James e Peter fecero per avvicinarglisi a braccia spalancate, ma lui li bloccò sollevando entrambe le mani.
« Cura delle Creature Magiche » disse, trattenendo un sorriso. « Tra un minuto. Vogliamo andare? »
James lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, deluso, e scambiò un'occhiata desolata con Peter.
« Lunastorta preferisce andare a lezione che restare qui ad amoreggiare con me » mormorò in tono triste, posando il capo sulla spalla di Sirius.
« Levati di mezzo » gli disse quello ridendo, e lui riemerse con aria profondamente divertita. « C'è la Banks. Si prospetta un'ora buca davvero interessante. Ci vediamo dopo » aggiunse infine, afferrando la borsa che aveva scaraventato sotto il banco e gettandosela in spalla.
« Ciao, amico, in bocca al lupo » salutò James, colpendolo sul fianco con la propria, e lui rise, facendogli un gestaccio con la mano che lasciò Remus scandalizzato.
Li guardò allontanarsi, poi si voltò verso la classe semideserta e intercettò Scarlett, china a terra mentre si accingeva ad allacciare una scarpa.
Si fece strada fra i banchi, cercando di essere quanto più silenzioso possibile, e la raggiunse, appostandosi alle sue spalle e squadrandola da capo a piedi.
« Hai ancora molto da guardare? » domandò lei all'improvviso, risollevandosi di scatto e voltandosi a guardarlo.
Lui ghignò apertamente, e non parve minimamente imbarazzato, anzi continuò a osservarla con aria piuttosto compiaciuta.
« Ammirare, Banks, è diverso. Contemplare, ancor meglio » la corresse, e lei alzò gli occhi al cielo. « E comunque, mi chiedevo solo se ti servisse aiuto ».
Scarlett sbuffò, richiuse la borsa con le cinghie e si allacciò il mantello, poi tornò a rivolgere a lui la propria attenzione.
« Grazie a Merlino sono ancora capace di allacciarmi una scarpa, grazie tante, Black » rispose, piuttosto acida, cominciando ad incamminarsi verso l'uscita dell'aula, e Sirius le venne dietro, sorridendo. « Oh » aggiunse poi, girandosi su se stessa per guardarlo negli occhi e puntandogli contro l'indice, « per la cronaca, dovresti migliorare le tue doti nell'arte dell'agguato, ammesso che esista. Vedi, non sai muoverti così bene in maniera furtiva, mi spiace deluderti... ti ho notato circa a tre banchi di distanza ».
Il sorriso sul volto del ragazzo si ampliò ancor di più, e, mentre si arrotolava le maniche della camicia fino ai gomiti, le lanciò diverse occhiate in tralice.
« Mi chiamano Felpato, tesoro » fu la sua risposta. « Sono il re delle camminate furtive. Di sicuro mi stavi guardando già da un po', ecco la verità ».
Scarlett rise di gusto, alzando gli occhi al cielo, e svoltò verso sinistra, imboccando un lungo corridoio.
« Ti guardo già abbastanza, Black, non richiedo occasioni extra » disse, lo sguardo fisso di fronte a sé. « E ti chiamano Felpato perché sei uno stramaledetto cane, non per le tue presunte doti da agente segreto ».
Ma mentre parlava non riuscì a trattenere un sorriso. 
Da qualche tempo, ormai, fingersi acida con lui non era più così semplice, mentre ricordava che mesi prima era stato un comportamento totalmente spontaneo e incontrollato. Doveva essere uno dei tanti cambiamenti che aveva subito in quel periodo.
« Ora capisco perché non segui Cura delle Creature Magiche » fece Sirius, rilassato. « Non mi pare che tu nutra tutto questo affetto incondizionato verso gli animali, se mi ritieni uno stramaledetto cane. Tra l'altro sono un esemplare meraviglioso, se mi è permesso dirlo. Un giorno te lo dimostrerò ».
Lei lo guardò con aria scettica, ma gli sorrise. Riteneva alquanto improbabile che un'esperienza del genere potesse risultarle gradita.
« Sai bene che i cani mi spaventano » sbottò, giocherellando distrattamente con le cinghie dorate della borsa.
Sirius rise di cuore, e lei lo fissò a lungo con gli occhi ridotti a fessure, come a voler capire quando diavolo avrebbe pensato di smettere.
« Ma sotto tutto il fottutissimo pelo ci sono io, no? » rispose, scrollando le spalle con leggerezza. « Hai paura che ti salti addosso, Banks? »
A quelle parole Scarlett non riuscì a trattenere una risata, e annuì con vigore, per nulla ironica.
« Ma è proprio quello che mi spaventa » replicò, facendolo ridere ancor più forte. « E poi avresti un mucchio di scuse per giustificare la cosa. Roba del tipo: è così che fanno i cani... è un segno di gioia, non un desiderio primordiale... Il mio spirito canino ha dominato sulla mia mente... »
« Ehi, guarda che sarebbe tutto vero! » esclamò lui, passandosi le dita fra i capelli. « Andiamo, pensi ancora che sia un maledetto pervertito? »
Lei si grattò il mento con fare pensoso, la fronte aggrottata, e fece di sì col capo, reprimendo un sorriso.
« Ora più che mai, Black » rispose in tono divertito, e imboccò un altro stretto corridoio sulla destra.
Nel momento esatto in cui svoltarono l'angolo, i loro sguardi furono attratti dall'unica persona che lo stava attraversando: Piton.
Il suo mantello era così lungo da scivolare sul pavimento, e si aggirava con andatura ingobbita, lo sguardo puntato a terra, stranamente solo. 
Alla sua vista, Sirius si immobilizzò di scatto, e Scarlett puntò gli occhi su di lui, tesa. Sul suo volto non si leggevano altro che odio e rancore, e non vi era più la minima traccia della serenità di un momento prima, né del sorriso che aveva albergato sulle sue labbra ora serrate e irrigidite.
Aspettava di incontrarlo da giorni, giorni in cui non si era fatto vedere in giro neanche durante i pasti, giorni in cui lo aveva osservato sulla Mappa del Malandrino ripetutamente, trovandolo sempre rinchiuso nel proprio Dormitorio e mai altrove. Stranamente, quella prolungata assenza aveva avuto inizio proprio il giorno successivo all'aggressione a Lily e James, il che non fece che confermare con assoluta certezza tutti i sospetti che già nutriva nei suoi confronti. 
Era tornato a seguire le lezioni solo quel giorno, e già alla prima ora di lezione, poco prima dell'arrivo di Lumacorno, Sirius aveva tentato di avvicinarlo, bloccato, però, da James e Remus. Non aveva fatto altro che aspettare l'occasione giusta per fronteggiarlo e sputargli in faccia tutto il disgusto che provava per lui, in quel momento più che mai, e finalmente sembrava essere arrivata.
Sguainò la bacchetta, puntandogliela addosso, ma Scarlett intervenne tempestivamente e gli serrò le dita sottili intorno al polso.
« Sirius, ti prego, non cacciarti nei guai » sussurrò concitata, scrutandolo ansiosamente, ma lui non accennò ad abbassare la bacchetta.
Scosse il capo, lanciandole una rapida occhiata di traverso, e sorrise appena, un sorriso che non aveva affatto sapore di gioia.
« Non preoccuparti per me » rispose, noncurante. « Voglio solo scambiare due paroline col mio caro amico Mocciosus ».
D'un tratto, però, si fece parecchio serio in volto e si rivolse a lei con la massima attenzione.
« Non intrometterti, d'accordo? » le disse, stringendola per le spalle. « Non voglio che tu... » Ma si bloccò, bagnandosi le labbra con la lingua.  « Beh, rimani qui, okay? » riprese, rafforzando la stretta. « Non ucciderò quel coglione bastardo. Non di fronte a te, comunque » aggiunse, e le rivolse un breve sorriso prima di affrettarsi nella direzione intrapresa da Piton, lasciandola confusa e preoccupata.
Camminò rapidamente e, quando fu vicino abbastanza, puntò la bacchetta verso di lui e borbottò un incantesimo, facendo sì che la borsa di cuoio un po' malconcia si strappasse, riversando a terra libri, pergamene, piume d'oca, e anche una boccetta colma fino all'orlo d'inchiostro nero.
Il ragazzo, a quel punto, ruotò su se stesso in un rapido scatto, sguainando la bacchetta, e i suoi occhi si assottigliarono non appena vide Sirius, la bacchetta ancora levata.
« Mocciosus » esordì, avanzando con la sua solita andatura rilassata. « E' un po' che non ci si vede ».
Lo fissò dritto nei suoi occhi neri e vuoti, percorrendo ad ampie falcate la distanza che li separava, poi, quando fu a pochi passi da lui, si arrestò.
« Allora... ti sei preso una bella vacanza? » riprese, fingendosi affabile. « Non saprei, un... ritiro spirituale, magari? O ti sei rintanato nelle fogne per non far vedere la tua brutta faccia in giro? » aggiunse alla fine in tono sprezzante, piegando le labbra in una smorfia disgustata.
Piton parve irrigidirsi, ma tenne alta la bacchetta e non smise di scrutarlo, come se avesse voluto cogliere le sue intenzioni semplicemente studiandolo.
« Che cosa vuoi, Black? » sbottò, le labbra ritratte sui denti per la rabbia. « E come mai da solo? I tuoi fedeli amichetti ti hanno abbandonato? »
Sirius sollevò entrambe le sopracciglia, guardandolo come se fosse certo che stesse scherzando, poi scoppiò a ridere amaramente.
« Oh, ma perché parlare dei miei amici, Mocciosus? » lo provocò, sempre più aggressivo. « Parliamo dei tuoi! Eh? Cosa ne dici? »
Lo squadrò senza il benché minimo timore, e lui parve divenire d'un tratto molto più pallido di quanto già normalmente non fosse.
« E' di questo che parlavamo prima con James » proseguì Sirius, inarrestabile. « Già, dicevamo proprio di quanto fossero cortesi e divertenti, e tu sei in cima alla lista delle nostre simpatie, Mocciosus, è chiaro. Ma sai una cosa? » aggiunse, sussurrando. « Peccate un po' di furbizia. Voglio dire, grande mossa, l'ultima, roba seria... i cappucci che vi davano un'aria da duri tenebrosi, le voci camuffate, la scenografia di sangue... cazzo, davvero magnifico. Ma, vedi, mio untuoso amico, se anche foste andati in giro con nomi e cognomi tatuati sulla fronte, non sarebbe cambiato nulla. A parte l'atmosfera da ehi, qui c'è un Mangiamorte party, qualcuno finirà ammazzato, ovvio ».
La sua ironia aveva un che di minaccioso che riuscì persino a intimorire Piton. 
Parlava sottovoce, con il suo solito tono sarcastico e suadente, e lasciava trapelare la rabbia solo a tratti, quando non riusciva a trattenerla e sfuggiva via dal suo controllo. E Sirius, quand'era arrabbiato come in quel momento, faceva terribilmente paura. Tutto, a partire dallo strano luccichio nei suoi occhi fino alle risate imprevedibili e folli, lo faceva sembrare pericoloso e instabile, come una bomba pronta a scoppiare. Il momento dell'esplosione, però, restava impossibile da prevedere, e questo lo rendeva ancor più minaccioso.
« Stai farneticando » mormorò Piton in tono convincente, serrando con forza le dita attorno all'impugnatura della bacchetta. « Non so di cosa parli ».
Ma Sirius non tollerò quelle parole, e avanzò fino a trovarsi a pochi centimetri da lui, premendogli sulla gola la punta della bacchetta.
Preso totalmente alla sprovvista, Piton fece per scuotere la propria, ma lui la lanciò lontano con un rabbioso scatto della mano, e affondò la propria ancor di più sulla sua pelle giallastra, mentre i suoi perforanti occhi inanimati lo fissavano con insistenza e ansia in parti uguali.
« Non lo sai? » sibilò Sirius, mentre avvertiva l'ira montare in lui e la rabbia pulsargli nelle vene. « Non lo sai, Piton? Beh, questo non fa che accrescere i miei dubbi sull'esistenza del tuo sistema intellettivo, e sai perché? » domandò, la voce ridotta a sussurro a malapena udibile. « Perché tu quella notte eri sotto quel fottutissimo mantello, hai tirato fuori da quella lurida fogna tutte le stronzate che ti passavano per la testa, ma non con la tua voce, né con la tua faccia, e hai quasi ammazzato mio fratello, perché non aspettavi altro da un'eternità di tempo, un'occasione per farlo fuori, finalmente, per togliertelo di mezzo e sentirti un po' meno un fallito schifoso, anche se è quello che sarai per tutta la tua vita ».
Aveva pronunciato le ultime parole con una lentezza esasperante, come se avesse desiderato con tutto se stesso marchiarle a fuoco sulla sua pelle così che non le dimenticasse mai più. E non gli importava di distruggerlo, perché era quello che voleva. Piton non meritava neanche una briciola del mondo che lo circondava, neanche una delle tante e meritate conquiste che James aveva ottenuto... Piton meritava di essere perseguitato a vita dalla sua stessa vigliaccheria, e la codardia di cui era vittima avrebbe dovuto consumarlo e finirlo.
« E dire che ti ha salvato la vita » sussurrò amaramente, gli occhi che percorrevano i suoi. « Ha fatto in modo che non perdessi la tua pellaccia indegna. Bel modo di saldare il debito, Piton. Lo hai lasciato in una pozza di sangue nel bel mezzo della notte. Sei un maledetto vigliacco ».
Ma quella volta, Piton reagì con rabbia e tentò di scansare via la bacchetta che premeva sulla sua gola. Sirius, però, non glielo lasciò fare.
« Era la sua stessa pelle che voleva salvare » sibilò Piton, accecato dalla rabbia. « Avevate in mente di uccidermi, e lui ha avuto solo troppa paura. E ti ricordo che è successo tutto soltanto perché lui è uno stupido idiota, e tu un pazzo assassino ».
Sirius non gli lasciò neanche completare la frase, e lo afferrò violentemente per la collottola, lasciando che la sua schiena battesse forte contro la parete.
« Prega affinché non lo diventi davvero, Piton, o saresti il primo della lista » gli disse in tono aggressivo. « Se non ti uccido adesso, è solo perché non voglio rovinarmi la vita, ma sappi che non mi pentirò mai del tuo sfiorato omicidio. Era quello che ti meritavi ».
Piton pareva ancora tramortito dal colpo quando, all'improvviso, la voce di Scarlett li raggiunse.
« Sirius! » esclamò, facendosi vicina. « Merlino, ti prego, lascialo andare... sta soffocando! »
La sua stretta, effettivamente, si era fatta insostenibile, e il volto di Piton aveva preso a divenire quasi bluastro per mancanza d'ossigeno.
Sirius guardò Scarlett, trovandola preoccupata e ansiosa proprio come l'aveva lasciata. E fu solo quando i loro occhi si incontrarono che la rabbia prese pian piano a placarsi e la stretta a farsi più blanda. Perché per Sirius, in qualche modo, Scarlett era sempre più forte di qualsiasi altra cosa. Più forte dei suoi istinti, delle sue insensate certezze, dei fuochi che lo dominavano senza lasciarlo libero... più forte di lui.
« Ti è andata bene, Mocciosus » sibilò a Piton. « Pare che sia nel tuo destino farti salvare da una ragazza ».
Lo premette rudemente ancora una volta contro il muro, poi lo lasciò andare con sdegno, guardandolo mentre raccoglieva la bacchetta e tutte le proprie cose e filava via in fretta e furia, senza guardare in faccia nessuno dei due.
Lo sguardo di Sirius era gelido, e rimase puntato su Piton finché non sparì alla sua vista. Si sentiva svuotato e privo di energie, stremato come dopo una lunga corsa, e avvertiva una sensazione di spossatezza che pian piano si disperdeva ovunque.
Sospirò, abbandonandosi sulla parete, e non si mosse fino a quando lei non si fece vicina, tentando di afferrare il suo sguardo che sfuggiva.
« Calmati » mormorò, premendogli una mano sul petto che si alzava e si riabbassava in rapida successione. « Calmati » ripetè con forza. « Okay? »
Lui sollevò il capo, battendolo contro il muro, e prese a osservare il soffitto con sguardo vacuo.
« Mi hai fatto paura » sussurrò Scarlett, inclinando il capo per scrutarlo meglio. « Sembravi impazzito ».
E, finalmente, Sirius tornò a guardarla. 
Forse avrebbe dovuto scusarsi per ciò che aveva fatto di fronte ai suoi occhi, ma sarebbe stato stupido: non si pentiva di nulla, ed era certo che fosse stata proprio quella determinazione a spaventarla tanto, la durezza con cui lo aveva pian piano neutralizzato del tutto.
« E' un maledetto assassino » disse a bassa voce, irrigidito. « Meritava di peggio. Ha quasi ucciso James ».
Scarlett si morse il labbro inferiore e chinò il capo, annuendo appena. 
Era inutile negare quanto si sentisse vicina a lui, in quel momento, quanto a fondo lo capisse malgrado forse avesse agito in maniera sbagliata. Perché avevano tentato di sottrargli ciò che aveva di più caro al mondo, e lei riuscì a realizzare ciò che era accaduto solo allora: James sarebbe potuto morire. Piton aveva tentato di ucciderlo.
« Lo so » mormorò dopo una lunga pausa. « Ma tu non devi fare altro, perché sei diverso da lui. Se ha cercato di uccidere James, non devi ripagarlo con la stessa moneta, altrimenti non te lo perdoneresti mai. E io neppure ». Tacque un momento, e lui la osservò in silenzio. Pareva già più calmo.
« Sei molto migliore di lui » gli disse, stringendogli la mano con forza. « E sarai anche un maledetto squilibrato, ma non faresti mai una simile follia ».
Sirius la scrutò a lungo, riflettendo. 
Quando aveva stretto le dita intorno alla collottola di Piton, aveva creduto di potergli, di volergli fare qualsiasi cosa. Ma non era affatto vero. Sapeva di non essere capace di squarciare il petto di qualcuno soltanto perché lo detestava, lasciandolo senza aiuto ad annaspare in una pozza di sangue, sapeva di non essere capace di fare del male gratuitamente senza pentirsene un secondo più tardi, altrimenti, se fosse stato così, si sarebbe schierato sul fronte opposto a quello che aveva scelto per se stesso, per la sua vita. Ma se ne rese conto soltanto in quel momento, quando la voce di Scarlett, così familiare, così rassicurante, gli spiegò per l'ennesima volta ciò che era, e quel che non sapeva di conoscere sulla sua stessa anima.
« Sai, anch'io l'ho sempre detestato » aggiunse lei dopo un po', pensierosa. « Né io né le altre riuscivamo a capire come Lily potesse essergli tanto amica, ma lei non voleva ascoltare ragioni. Si fidava ciecamente di lui e, se fosse dipeso da lei, non se ne sarebbe allontanata mai. Con il tempo, però, ha cominciato a vacillare. Le sue... come dire... tendenze si facevano sempre più evidenti, ma lei continuava comunque a stargli accanto, cercando di farlo cambiare. E io non credo che lui le abbia mai voluto abbastanza bene da riuscire a farlo. Lily ci ha provato in tutti i modi, ma evidentemente per lui non era così importante, altrimenti... beh, altrimenti avrebbe seguito lei, non i suoi amici perversi ».
Lui annuì lentamente, fissando il pavimento con i penetranti occhi color metallo. Avvertiva lo sguardo di Scarlett puntato addosso, e una sensazione di piacevole calore che dilagava lungo tutto il corpo, come se l'attenzione che lei gli rivolgeva riuscisse a riscaldarlo, a riscaldarlo dentro.
« L'ha chiamata schifosa Mezzosangue » mormorò, sollevando il capo per tornare a guardarla. « Non doveva esserle poi così legato ».
Scarlett sollevò le spalle e sospirò. In effetti, non aveva mai saputo cosa credere sull'affetto che Piton provava per Lily.
« E' quello che ho pensato anch'io » disse, massaggiandosi le braccia con i palmi delle mani. « Non ho mai creduto che meritasse la sua amicizia. Infatti quando è successo... quello che è successo, al quinto anno... beh, da un lato eravamo tutte dispiaciute per Lily, sapevamo quanto stesse soffrendo, ma dall'altro... non potevamo evitare di sentirci sollevate. Soltanto qualcosa di davvero grave avrebbe potuto separarli, ed è quello che è successo. Ho sempre creduto che sarebbe stato un bene, per lei, prendere finalmente le distanze da lui. E così è stato ».
Sospirò, lasciandosi scivolare lungo la parete fino a toccare il freddo pavimento di marmo, e strinse le gambe intorno alle braccia con delicatezza.
« Sarei un'ipocrita se ti dicessi che quello che hai fatto non è quello che avrei fatto anch'io al tuo posto » proseguì, sorridendo appena. « Ma sta già pagando, no? Se ha davvero scelto di stare dalla parte di Tu Sai Chi, è condannato a vita. E non è necessario che ci rimetta tu. Non voglio che succeda ».
Sollevò lo sguardo, appena in tempo per vederlo chinarsi a terra proprio accanto a lei, sorriderle.
Sembrava una persona del tutto diversa da quella che aveva minacciato Piton qualche minuto prima, una persona rinata, ed era così che si sentiva. 
Le parole di Scarlett non lo lasciavano mai indifferente, anzi avevano il potere di influenzarlo, calmarlo, agitarlo o cambiarlo. 
Lei riusciva quasi a manovrare il suo umore, e lui glielo lasciava fare, fidandosi ciecamente, anche se aveva sempre creduto che quell'insolito, straordinario potere appartenesse solo e soltanto a James, e a nessun altro. Scarlett, però, riusciva sempre a ribaltare ogni cosa, e l'imprevedibilità con cui veniva a sconvolgere ogni sua realtà lo impressionava volta dopo volta, sempre di più.
« Quello che devi fare, adesso » fece ancora lei, ricambiando il suo sorriso, « è filare dritto in Dormitorio, indossare le tue mutande preferite e stenderti sul letto a mangiare le scorte segrete di cioccolata di Remus. Per sbollire la rabbia, è un metodo infallibile, fidati. E poi sono sicura che quando rivedrai James vivo e vegeto e ti renderai conto che si è trattato solo di un pericolo scampato, passerà tutto in un istante ».
Sirius non riuscì a trattenere un sorriso, e poggiò il capo alla parete prima di rialzarsi da terra.
« Cominci a cavartela bene con la Legilimanzia » le disse in tono divertito, scostandosi con uno scatto della testa qualche ciuffo di capelli che gli ricadeva sulla fronte. « Ma adesso devi piantarla, Banks, non è divertente ».
Scarlett rise sommessamente, poggiando le braccia alle ginocchia, poi risollevò lo sguardo.
« E' uno dei tuoi modi insoliti e poco carini per dirmi che ci ho azzeccato? » gli fece.
Lui le porse la mano con un sorriso, e lei intrecciò le dita alle sue per rialzarsi da terra, trovandosi subito molto vicina a lui.
« E' uno dei miei modi insoliti e poco carini per dirti che ci azzecchi sempre, in qualche modo » le sussurrò.
Ed era vero.
Scarlett ci azzeccava sempre, in qualche modo, ma Sirius era certo che non ci riuscisse mai solo per caso o per semplice fortuna.
Come sempre, c'era molto di più.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
La giornata scolastica stava finalmente giungendo al termine e mancavano soltanto pochi minuti al suono dell'ultima campanella.
James stava già in bilico sull'orlo della sedia, il mantello allacciato al collo e la borsa in spalla, ansioso di schizzare via dall'aula di Trasfigurazione; Remus teneva ancora la piuma fra le dita, a un centimetro di distanza dal foglio di pergamena ricoperto di appunti, e la sua attenzione era catalizzata sulla professoressa McGranitt che parlava accompagnando la spiegazione ad ampi gesti delle mani indirizzati alla lavagna, anch'essa carica di formule ed esempi; Peter sonnecchiava con la testa fra le braccia, i capelli scompigliati che gli solleticavano la fronte e la bocca socchiusa da cui fuoriusciva di tanto in tanto qualche rantolo assonnato; Sirius, invece, scribacchiava pesanti autoinsulti su alcune striscioline di carta che applicava poi alla schiena di Peter con un semplice incantesimo di Adesione, stando ben attento a non farsi scoprire da Remus.
« Non accetterò nessun tema al di sotto dei trenta centimetri » stava concludendo la McGranitt, e qualcuno non riuscì a trattenere un gemito.
« E se dovessimo superarli? » domandò una ragazza seduta al primo banco ritta come un palo.
Sirius sbuffò così sonoramente che in molti si voltarono a fissarlo, McGranitt compresa.
« Bruci tutto quanto e ti butti nel falò » fece a voce piuttosto alta, e la ragazza lo guardò con aria truce, indignata, mentre in classe tutti scoppiavano a ridere.
« Ci risparmi le istigazioni al suicidio, Black » disse invece l'insegnante a labbra strette, voltandosi verso la cattedra e dando le spalle alla classe.
Sirius sorrise elegantemente, scivolando lentamente lungo la sedia.
« Mi scusi, prof, ma le mie orecchie non sono abituate a simili atrocità » rispose, rilassato. « Nulla contro di te, tesoro, è ovvio » aggiunse con disinvoltura, rivolto alla ragazza che pareva ancora furibonda, e quella gli rivolse un'ultima smorfia infastidita prima di voltarsi.
« Attaccagli uno di quelli » bisbigliò James all'amico, accennando ai bigliettini che stava ancora preparando, e Sirius soffocò a fatica una risata.
Il suono della campanella, subito dopo, fece sobbalzare Peter, che rischiò di ruzzolare giù dalla sedia, ed esultare James, che invece sferrò alla sua un calcio liberatorio.
« E' FINITA! » urlò, abbracciando Remus con una forza tale da compromettere le sue vie respiratorie.
« Felice di aver allietato la sua giornata, Potter » disse la McGranitt passandogli accanto, e lui si immobilizzò di botto, assumendo un'aria mortificata.
« Mi ha frainteso, prof! » le urlò dietro, cercando di giustificarsi. « Lei è stata il dolce dessert a conclusione di una cena da schifo! Prof! »
Ma l'insegnante andò via impettita e non gli rivolse neanche un'occhiata, lasciandolo abbattuto e terribilmente deluso.
« Era una gran bella metafora... » borbottò contrariato, sistemandosi meglio la borsa sulla spalla. « Non capi-... oh, ma c'è Evans! CIAO, EVANS! »
Zigzagò fra i banchi finché non la raggiunse e le passò un braccio intorno alle spalle, cominciando a parlottare insieme a lei e a guidarla verso l'uscita dell'aula sotto lo sguardo vagamente basito delle amiche, che li guardarono andar via a bocca aperta, spiazzate.
« E' completamente andato » sentenziò Sirius, scuotendo desolato il capo, e si avviò anche lui verso la porta, seguito dagli amici.
Attraversarono il cortile di Trasfigurazione, ma a metà strada Sirius si bloccò di scatto, fissando qualcosa che agli altri era sfuggito. O meglio, qualcuno.
« Mmm » fece, sollevando un angolo della bocca in un ghigno accennato. « Remus, guarda un po' chi si vede ».
Il ragazzo si voltò nella direzione indicata dall'amico, e anche lui si accorse del soggetto che aveva catalizzato la sua attenzione.
« Oh, ma è Miley » rispose, osservandola da lontano.
« Esatto » ribattè con forza Sirius. « Miley. Miley Banks. Avanti, amico, non essere maleducato, va' a salutarla » disse a Remus, battendogli un colpo sulla nuca, e quello lo fulminò con lo sguardo.
« Sei un idiota » sbottò, massaggiandosi il collo. « E poi, scusa, perché dovrei andare da solo? A te non va di salutarla? »
Lui sorrise sghembo e sollevò le spalle come se stesse per dichiarare un'ovvietà che lui, stupido com'era, non era riuscito a cogliere da solo.
« A me è già stata affidata una Banks » rispose in tono mistico. « Ha provveduto il fato. Tu, amico mio, hai l'altra. Quindi muovi il culo e va' a salutarla ».
Remus lo fissò a lungo, indeciso su come reagire. 
Avrebbe potuto ridere, picchiarlo, fargli una ramanzina, mandarlo a quel paese, o ignorarlo. Le possibilità erano piuttosto numerose. 
Molto saggiamente, optò per l'ultima, così voltò le spalle a lui e a Peter, dirigendosi verso Miley, che in quel momento stava seduta su una delle panche a mangiucchiarsi nervosamente le unghie delle mani e a leggere un libro di Difesa Contro le Arti Oscure in bilico sulle ginocchia.
« Ehi, Miley » fece Remus non appena l'ebbe raggiunta, sorridendole. « Ciao ».
La ragazza sollevò lo sguardo e sorrise di rimando, chiudendo di scatto il libro e mettendolo da parte. 
Remus notò che ogni unghia era smaltata di un colore diverso, secondo l'ordine dell'arcobaleno, anche se il colore stava venendo via pian piano.
« Remus » disse sorpresa, spostando la borsa per fargli posto accanto a lei. « Come stai? »
Lui si lasciò cadere sulla panca, gettando a terra la propria.
« Bene, grazie » rispose, annuendo. « E ho anche una grande notizia. Udite udite, oggi da Lumacorno ho preparato una pozione degna di questo nome ».
Miley, a quelle parole, si premette le mani sulle bocca, poi applaudì con evidente entusiasmo, ridendo allegra.
« Non ci credo! » esclamò, incredula. « Voglio dire, certo che ci credo, ma sai... è incredibile! Bravo! »
Lui rise, stirando le gambe per poi accavallarle, molto compiaciuto, anche se non lo diede a vedere.
« E tu, invece? » le domandò, osservandola di sottecchi. « Come va la vita? »
La sua espressione a quella domanda mutò drasticamente, e sospirò, affondando il volto fra le mani con aria sinceramente disperata.
« Da schifo » rispose, secca, e lui si rabbuiò, chinando il capo. « Ho intrapreso la via di non ritorno che porta dritto alla bocciatura. Difesa » spiegò poi, facendo un cenno al libro chiuso accanto a lei. « Oggi Dixon ci ha fatto duellare, e sono stata la peggiore. Non so che cosa mi stia prendendo ».
Riemerse solo per afferrare il libro e batterselo ripetutamente sulla fronte, finché Remus non glielò sfilò via dalle mani e lo ripose nella propria borsa.
« Basta » mormorò, trattenendo un sorriso. « Il libro di Difesa pesa più di quello di Pozioni, e so benissimo quanto faccia male picchiarsi con quello, quindi smettila, per favore ».
Lei mise su il broncio e lo fissò con l'espressione più dolce che riuscì a mettere insieme.
« Ti prego, ridammelo » mormorò, la voce spezzata dal dolore, ma lui non si lasciò scalfire minimamente, e rimase impassibile.
« No » rispose, secco, e quando la vide frugare nella sua borsa alla ricerca di un altro tomo da utilizzare come arma impropria, la afferrò per i polsi e li tenne serrati tra le dita, impedendole di muoversi. « No » ripetè con calma, e lei sbuffò, palesemente contrariata.
« Picchiarmi fino a un passo dalla morte rientra appieno nei miei diritti, John » disse, guardando con aria altezzosa dritto di fronte a sé.
« E salvarti rientra appieno nei miei doveri, Miley » rimbeccò l'altro, senza riuscire a trattenere un sorriso. 
La ragazza parve rifletterci su, ed evidentemente non riuscì a trovare modo di replicare, perché diede in un altro sbuffo annoiato e si zittì per qualche istante.
« John » mormorò dopo un po', dondolando le gambe intrecciate, e lui la guardò, in attesa. « Non è che avresti un po' di cioccolato? Sono davvero disperata ».
Remus scoppiò a ridere sonoramente, ed estrasse dalla tasca del mantello una tavoletta di cioccolato fondente.
« Sei fortunata » le disse con un sorriso. « E' il tuo preferito, no? »
Miley ricambiò il sorriso, decisamente sorpresa. 
Ricordava di averglielo detto per caso a una delle loro lezioni nell'aula di Lumacorno, ma il fatto che lo ricordasse la lasciò parecchio stupita.
« Sì, lo è » rispose allegra, e staccò un pezzo di cioccolato dalla tavoletta che lui le aveva dato, addentandolo con un sonoro schiocco.
Mentre lo frantumava fra i denti e sorrideva soddisfatta, Remus la osservò di sottecchi, riflettendo.
Malgrado l'avesse buttata sul ridere, com'era spesso solita fare con tutti i problemi, l'aveva trovata sinceramente preoccupata per lo scarso successo ottenuto alla lezione di Difesa, e qualcosa gli suggeriva che forse avrebbe dovuto aiutarla, esattamente come aveva sempre fatto lei. Dopotutto, nei duelli se la cavava anche piuttosto egregiamente, e si ritrovò a pensare che darle una mano avrebbe potuto essere estremamente piacevole, così come lo erano le loro solite lezioni, anche quando terminavano con un disastro immane. 
Perché sì, trascorrere del tempo con Miley era una delle cose che preferiva fare, una di quelle che lo rendevano sereno anche nei giorni più infernali, e aveva cominciato a notare che l'attesa per quei momenti cresceva sempre di più di volta in volta.
« Sai » le disse dopo un po', ancora pensieroso. « Stavo pensando... »
« Wow » lo interruppe lei, mordendosi il labbro inferiore per soffocare una risata. « Stavi pensando » ripetè lentamente con fare mistico, lo sguardo perso chissà dove e fisso dritto di fronte a sé. « Un applauso sarebbe figo, ma mi sto nutrendo, spiacente, Lupin ».
Remus rise e le fece il verso, guadagnandosi una smorfia divertita.
« Non farei tanto la spiritosa, se fossi in te » le disse in tono divertito, mentre lei rideva. « La cosa potrebbe interessarti ».
Miley gli gettò un'occhiata di traverso e continuò a mangiare indisturbata il suo cioccolato, sorridendo.
« Mi stai forse minacciando, John? » gli chiese in tono inquisitorio, puntandogli contro quel che rimaneva della sua tavoletta.
« Più o meno » fece lui tranquillo, scrollando le spalle. « Avevo in mente di aiutarti a duellare, se ne hai voglia. Una sorta di scambio di ruoli ».
A quel punto, sul suo volto si fece largo un sorriso, e si voltò a guardarlo con la felicità dipinta negli occhi.
« Dici sul serio? » gli domandò, premendosi una mano sul petto, e lui annuì con estrema naturalezza.
« Voglio provare l'ebbrezza di salire in cattedra per un po', sì » rispose divertito, ma lei lo ascoltò solo per metà e, in uno slancio di gioia improvvisa, gli gettò le braccia al collo.
« Grazie, grazie, grazie! » esclamò, euforica, e Remus rise sottovoce, piacevolmente spiazzato dal suo gesto.
Miley, invece, ci mise un po' di più a capire quel che aveva fatto. 
Non appena il cervello si ricollegò al resto del corpo, però, si slacciò subito da lui e si massaggiò la nuca, sorridendo imbarazzata.
« No, sai, ecco... io... ero davvero nei guai » disse, rendendosi conto della mancata connessione logica fra le parole. « Ecco perché... beh... insomma... quello. Dove credi che potremmo esercitarci? » si affrettò poi ad aggiungere, fingendosi disinvolta con qualche difficoltà.
Remus si grattò il mento, riflettendo, poi picchiò il pugno chiuso sul ginocchio e sorrise trionfante.
« Il parco! » disse con ovvietà. « Sì, il parco andrà benissimo. E se adesso sei libera, ti consiglio di armarti di cappello, sciarpa e guanti. Sai... per la sopravvivenza ».
Miley, allora, afferrò la borsa, poggiandosela sulle gambe, e cominciò a frugarvi dentro, estraendo un cappello che si ficcò in testa e un paio di guanti gialli.
« Pronta! » esclamò, battendo le mani con allegria. « Quanto sono previdente... »
Remus rise e si rialzò dalla panca, afferrando la borsa che aveva lasciato cadere a terra, e lei lo imitò un momento dopo, trafficando con i guanti che non volevano saperne di infilarsi lungo le dita e imprecando contro di essi a bassa voce.
Stavano per incamminarsi verso l'uscita del cortile, quando lui notò che Miley aveva lasciato la sua tavoletta di cioccolata sulla panca.
« Il mio cioccolato! » fece in tono allarmato, affrettandosi nuovamente in quella direzione, e la ragazza si coprì la bocca con entrambe le mani, sconvolta.
« Ho quasi commesso un sacrilegio » sussurrò, inorridita dalla propria imperdonabile disattenzione. « Chiedo umilmente perdono ».
Lui annuì con aria grave e afferrò l'amata tavoletta con estrema cura, come se avesse voluto scusarsi con lei per averla abbandonata.
« Ammettere i propri peccati è il primo passo verso la redenzione » rispose con fare saggio, poggiandole una mano sulla spalla. « Ti assolvo ».
Fece per rimettersi in tasca il cioccolato, ma lei, con un agile scatto della mano, lo sottrasse alla stretta della sua mano.
« Era un regalo, John » lo redarguì, severa. « Te ne comprerai dell'altra. Su, cammina ».
Remus rise, e la precedette verso l'uscita del cortile, guidandola lungo la via che portava all'ampio parco del castello.
Durante il tragitto, lei gli raccontò della sua misera disfatta a Difesa, arricchendo il proprio resoconto con le vicende che avevano visto protagonisti anche i suoi compagni di classe, di certo non troppo migliori di quanto non lo fosse stata lei.
« E per concludere » stava dicendo lei quando erano ormai giunti al parco innevato, « quell'idiota di Daphne Simpson ha colpito Dylan dritto nel punto X con una Fattura Pungente. Povero, avrà provato un dolore assurdo... Adesso è in Infermeria, sono andata a trovarlo un paio d'ore fa, e mi ha assicurato di non aver subito danni permanenti. Non che mi interessi, ovvio » aggiunse con una scrollata di spalle del tutto indifferente.
Si voltò, cercando Remus con gli occhi, e notò solo in quel momento che era piegato in due dalle risate. In effetti, la scena era stata davvero molto comica.
« Merlino... tu sei crudele! » le disse non appena si fu ripreso. « Non era il tuo migliore amico? »
Miley annuì con vigore, come se avesse dichiarato l'ovvio.
« Certo che lo è » rispose con semplicità. « Appunto per questo non mi interesso... insomma... sai... del suo affare, ecco. Andiamo, hai capito cosa intendo! »
Ma Remus fu sommerso da una nuova ondata di risate, e lei non riuscì ad evitare di unirsi a lui, parecchio divertita.
« Ma ora basta chiacchiere, professor Lupin » concluse infine, fingendosi improvvisamente seria. « Lei è davvero un insensibile. L'argomento mi imbarazza ».
Lui annuì e tentò di ridarsi un contegno, ma si appuntò mentalmente di andare da Sirius a riferire la notizia su Brown il più presto possibile.
« Chiedo scusa » rispose in tono educato, facendola sorridere. « Comunque » proseguì, sfregandosi le mani, « il professor Lupin ha in serbo per lei una lezione davvero speciale, signorina Banks. Cioè » fece poi, ripensandoci, « non ho idea di cosa fare, in realtà, ma inventerò qualcosa ».
Prese a camminare in tondo, mentre lei, nell'attesa, si accoccolò sul prato e prese a disegnare stelle sulla neve.
« Perché le punte in basso non mi vengono mai bene? » sbottò dopo un po', osservando la sua stella un po' storta. « Inutile nevischio » inveì, rialzandosi.
Ma Remus non la stava ascoltando, troppo concentrato sulle proprie macchinazioni per riuscire anche solo a sentire quel che diceva.
Dopo un po', però, si bloccò di scatto e scosse il capo, desolato.
« Nessuna idea brillante » annunciò in tono sconfortato. « Mi sa che dovremo esercitarci con banalissimi duelli l'uno contro l'altra ».
La ragazza scrollò le spalle e agguantò la bacchetta, strofinandola lungo la stoffa del mantello.
« Quello che vorrei capire » aggiunse lui, estraendo la propria, « ecco... quali sono in particolare le tue difficoltà? »
La osservò riflettere e ponderare la domanda, in attesa, finché non annuì e aprì bocca per parlare.
« I miei incantesimi sono deboli » spiegò, imbronciata. « Credo che sia a causa della paura. Sai... oggi ero davvero spaventata all'idea di colpire John, credo che sia questo a frenarmi tanto. E poi sbaglio quasi sempre mira, il che è strano, visto che sono una Cacciatrice di indubbio e straordinario talento ».
Rimase serissima per un istante prima di scoppiare a ridere, ma Remus non pensò che fosse una battuta e si limitò a sorridere, scuotendo il capo.
« E' vero » disse con naturalezza. « Ti ho vista giocare, e la mira non è di certo un tuo problema. Anzi, devo dire che sei piuttosto spietata nei tuoi lanci » aggiunse, facendola sorridere. « E, sai, credo che abbia ragione tu. Dev'essere tutto un problema psicologico, nient'altro ».
« Quindi sono tutta scema o cosa? » fece subito lei, grattandosi il mento con aria perplessa.
Remus rise, e premette una mano sul suo cappello per lasciarglielo scivolare sugli occhi.
« Non più di quanto credi, no » rispose divertito, e lei lo colpì alla cieca sul braccio, esultando non appena capì di averlo centrato, poi si risistemò il cappello e strinse le dita intorno all'impugnatura della bacchetta.
« Ti va di provare? » le domandò lui, giocherellando con la propria.
Lei parve rabbuiarsi, possibilmente immaginando una più che probabile figuraccia.
« Solo a patto che non mi riderai in faccia » replicò poi con determinazione, e Remus sollevò le mani all'altezza del capo in segno di innocenza.
« Al mio tre » disse, sollevando la bacchetta, e lei gemette impercettibilmente.
Il conto alla rovescia le parve incredibilmente breve, e ben presto si ritrovò a lanciargli un incantesimo senza neanche averci riflettuto su.
Lo mancò di parecchio, ma lui la incoraggiò a riprovarci, così lei gliene spedì contro un altro, che gli passò appena sopra la testa.
Dopo solo qualche momento, però, l'Expelliarmus di Remus la colpì in pieno, e la bacchetta le volò via di mano, atterrando sulla neve.
« Sono stata brava? » fece in tono ironico, andando a raccoglierla. « Per la miseria, sono una dannatissima frana ».
Non aveva neanche terminato la frase che, nel chinarsi per afferrare la bacchetta, scivolò sul nevischio e riuscì a reggersi in piedi per un vero e proprio miracolo.
« Ecco » asserì non appena ebbe riacquistato appieno l'equilibrio. « Appunto ».
Remus sorrise bonario, e le si fece vicino mentre lei si malediceva mentalmente.
« Non sei una frana » le disse in tono rassicurante, serrando le dita intorno alle sue braccia. « Hai solo paura di fare del male agli altri, ma imparerai a non preoccupartene. In quattro e quattr'otto dominerai in qualsiasi duello, ne sono assolutamente certo. Mi credi? »
La guardò fisso negli occhi con spaventosa intensità, finché lei non annuì, un po' più convinta di prima.
« Bene » concluse lui con fare incoraggiante, lasciandola andare. « Ricominciamo, allora. E ricorda che hai tutte le capacità per riuscire a farcela, d'accordo? Devi solo convincerti che puoi farlo sul serio, e tutto verrà da sé ».
Miley sorrise e annuì nuovamente, rafforzando la presa sulla bacchetta di peccio che teneva stretta fra le dita.
« D'accordo » disse con ferma determinazione. « Penso che il mio problema sia... insomma... il mio inconscio. Il mio inconscio non vuole colpirti, ecco ». Riflettè un momento prima di aggiungere: « In realtà non vuole colpire nessun essere umano, credo » e sorrise, grattandosi distrattamente la nuca.
Remus si massaggiò la mascella, assimilando lentamente le sue parole, quando all'improvviso lo colse un'illuminazione inaspettata.
« Ho trovato! » esclamò, battendosi il pugno serrato sul palmo aperto della mano. « Miley, se il tuo maledettissimo inconscio non vuole colpire i maledettissimi esseri umani, questo significa che hai bisogno di esseri non umani! »
Il suo sorriso radioso si spense di fronte all'espressione impassibile di Miley. Evidentemente, non aveva minimamente capito dove volesse andare a parare.
« Vuoi Appellare la Piovra Gigante? » gli domandò, inarcando un sopracciglio con aria scettica e divertita insieme. « Un Avvincino, un Tritone... cosa? »
Lui scoppiò a ridere, scuotendo vigorosamente il capo.
« Certo che no » replicò con decisione. « Ma guardati intorno! Potremmo usare dei pupazzi di neve, così colpirai loro, per cominciare! Non è un'idea grandiosa? »
Miley diede in uno strilletto e intrecciò le mani al petto, evidentemente euforica. Remus notò che bastava poco per renderla estremamente allegra, e sorrise.
« Non sono mai riuscita a metterne su uno decente! » esclamò, palesemente realizzata. « Sarebbe davvero fantastico! »
Remus accolse con gioia il suo entusiasmo, tanto che diedero subito il via alla divertente iniziativa dell'improvvisato professor Lupin, cominciando a raccogliere quanta più neve possibile fino a crearne un bel cumulo laddove desideravano dare vita al loro pupazzo.
Far rotolare la neve era divertentissimo, e dopo un po' presero a gareggiare su chi riusciva a raccoglierne di più.
« Mi stai lasciando vincere per galanteria o sei davvero così pessimo? » scherzò lei, ridendo di cuore.
Lui si finse immediatamente offeso, tanto che afferrò una manciata di neve fresca e gliela lanciò addosso, colpendola sul braccio.
« Questa qui è una lampante dimostrazione di mancanza di rispetto nei confronti dell'insegnante che ti segue » la redarguì, fintamente severo.
Ma Miley non gli diede retta e osservò la neve scivolare lungo la manica del mantello a bocca spalancata.
« E questa qui, John » ribattè in tono feroce, anche se un sorriso la tradiva, « è una lampante dichiarazione di guerra ».
Si chinò per raccogliere un pugno di neve e glielo scagliò addosso, guardandolo schizzare a gran velocità dritto a colpirgli la spalla.
« Accidenti, tu non hai affatto problemi di mira! » esclamò Remus, ridendo e spazzando via la neve dal mantello.
E mentre lo faceva, inaspettatamente, un secondo e più potente colpo gli arrivò allo stomaco.
« Uhm, davvero? » lo schernì lei, rivolgendogli una smorfia. « E come hai fatto a capirlo? »
La provocazione, seguita dalla sua limpida risata scrosciante, diede il via a una vera e propria battaglia a palle di neve senza esclusione di colpi, che si concluse non con la vittoria di Miley, nè tantomeno con quella di Remus. I due, infatti, finirono sdraiati sul prato innevato in seguito a due strabilianti cadute, e pensarono nello stesso istante che la foga del combattimento doveva averli condotti a qualche piccolo cumulo di neve che non avevano notato, ma che li aveva inevitabilmente fatti scivolare e ruzzolare a terra come mele cadute giù dall'albero.
Le mani a tenersi lo stomaco per tentare di soffocare i crampi, ridevano di gusto e non riuscivano a smettere. Si sentivano leggeri come i fiocchi di neve che aderivano ai loro guanti caldi, freschi come il tappeto bianco su cui erano caduti e da cui non accennavano a rialzarsi. 
Era una bella, meravigliosa sensazione.
« Due pupazzi di neve sono meglio di uno, no? » riuscì a dire Miley dopo un po' accennando a lui e a se stessa, le braccia ancora avviluppate intorno alla vita.
Remus annuì, il sorriso ancora acceso sul suo viso insolitamente luminoso.
« Concordo in pieno » asserì in tono divertito, rialzandosi a fatica da terra e avvicinandosi a lei.
Le porse una mano e lei la afferrò, rimettendosi in piedi con un saltello. Poi gli sorrise, e Remus rispose con complicità.
Ricominciarono a lavorare al loro pupazzo di neve, e quel che venne fuori fu un omino bianco e cicciotto un po' storto, ma pur sempre carino.
Strapparono due rametti dall'albero più vicino per le braccia, disegnarono la bocca con la bacchetta e si chiesero cosa utilizzare per il naso e gli occhi.
« Idea! » disse lei dopo un po', ed estrasse dalla tasca del mantello la tavoletta di cioccolata che aveva mangiato a metà.
Ne staccò due piccoli quadrati e li applicò sul pupazzo di neve laddove avrebbero dovuto esserci gli occhi, poi incartò nuovamente il cioccolato e lo conservò.
Non appena Remus lo vide, spalancò gli occhi, sconvolto.
« Hai sprecato un bene primario per l'umanità! » esclamò, quasi scandalizzato, e lei rise.
« Diventerai più ciccione di lui se non la pianti con questa fissazione » lo rimbeccò, e anche lui non riuscì a trattenere una risata. « Comunque, ahimè, dobbiamo soffocare le vie respiratorie. Non ho un naso da donare a quest'uomo gelato, neanche una minuscola carotina sommersa di muffa. Spiacente ».
Remus sollevò le spalle, diede un'ultima occhiata al pupazzo e si allontanò insieme a Miley fino a una distanza abbastanza ampia da permetterle di concentrarsi sulla mira senza renderle il lavoro troppo semplice.
« Se mi fai indietreggiare di un altro metro sarò in Dormitorio nel giro di dieci secondi » gli fece notare, e lui finalmente si arrestò, sorridendo.
« Il tuo nemico mortale è un pupazzo di neve immobile e senza naso » ribattè, sollevando un sopracciglio. « Vuoi ancora lamentarti? »
Miley rise e si strinse nelle spalle come a volersi giustificare, poi agguantò nuovamente la bacchetta, puntandola dritto di fronte a sé.
« Sembra un po' inquietante visto da qui, non trovi? » fece in tono rilassato, inclinando il capo per osservare meglio il pupazzo.
« Beh, devi cercare di staccargli la testa, no? » replicò lui, sollevando le spalle con noncuranza. « Immagino che potrebbe servirti da incentivo ».
Lei si massaggiò il collo, esibendosi in una smorfia stiracchiata.
« Immagini male, John » concluse infine, scuotendo tristemente il capo, e sollevò la bacchetta verso quella che credeva essere la direzione della testa. « Su » disse poi in tono austero, e lui corrugò la fronte, interrogativo. « Incoraggiami! » esclamò, fingendosi stizzita.
« Oh » si affrettò a dire Remus, sentendosi rimproverato, e annuì. « Ma certo, ehm... dunque. Immagina che il pupazzo sia qualcuno che detesti. Vorresti prenderlo brutalmente a cazzotti, no? Sì, so che sei una pacifista, fa lo stesso » la anticipò, e lei sorrise, più rilassata. « E' un metodo che non fallisce mai ».
La vide annuire con convinzione, e tornò a sorriderle, incoraggiante, appostandosi dietro di lei per stringerle appena le spalle.
« Vai non appena ti senti pronta » mormorò, e Miley prese un profondo respiro per calmarsi, facendolo passare per un gesto di autoincoraggiamento. 
Forse Remus desiderava che si rilassasse, ma il suono della sua voce così vicina e la stretta delle sue mani, al contrario, la agitavano.
Non appena si sentì più tranquilla e pronta a partire, strinse con forza la bacchetta e lanciò il primo incantesimo.
Il fiotto di luce rossa colpì in pieno il petto del pupazzo, che perse un po' di neve, ma non parve potente quanto avrebbe voluto che fosse.
« Bene » disse Remus con entusiasmo, battendo piano sulla sua spalla. « La mira è stata perfetta, il che significa che finalmente avevi intenzione di colpire ».
Miley annuì, rassicurata, ma non parve del tutto convinta e fece per parlare. Lui, però, la anticipò.
« L'unica pecca era la potenza » proseguì, e lei annuì con vigore, perché era ciò che era stata in procinto di dire. « L'incantesimo era un po' debole, ma possiamo migliorare. Devi partire dal presupposto che, se stai duellando con qualcuno, dev'esserci una ragione. E in quel momento l'unico tuo pensiero dev'essere: se non lo batto io, sarà lui a battere me. E, sai, il pericolo più grande che tu possa correre non è sempre un pomeriggio in Infermeria. Quindi concentrati e ce la farai. Intesi? »
Lei annuì ancora una volta e ruotò il capo per guardarlo e sorridergli.
Remus riusciva a caricarla e rilassarla in maniera straordinaria, e quasi senza rendersene conto. Le sue parole avevano il potere di rassicurarla e convincerla al tempo stesso, e quei suoi modi pacati uniti alla sua determinazione lo rendevano ancor più vicino a lei, che per alcuni versi, spesso gli somigliava. 
E forse era proprio per quella ragione che riusciva sempre a darle ciò che desiderava, a pronunciare quelle parole che le servivano davvero... perché malgrado ci fossero un'infinità di cose a dividerli, ne esistevano altrettante capaci di tenerli uniti.
« Intesi » replicò infatti con ardore, e lui non potè che sorridere.
Lo sguardo di Miley si concentrò allora sugli occhi di cioccolato del pupazzo, e cercò di seguire il consiglio di Remus e il suo metodo infallibile. 
La prima immagine che le balenò in mente fu quella di una tizia sconosciuta dal volto sfuocato che gli gettava le braccia al collo.
Armata di un nuovo senso di determinazione e voglia di battaglia, puntò la bacchetta verso il pupazzo-ragazza di Remus e scagliò uno Stupeficium.
Quella volta, il getto di luce scarlatta lo colpì sulla testa, facendola franare fino a crollare a terra. 
A quel colpo andato a segno, però, lei non abbassò la bacchetta, né diede segno di voler festeggiare quel successo inatteso.
Al contrario, tanto fu l'entusiasmo propagatosi dentro di lei che cominciò a scagliare fatture a raffica, con sempre maggiore potenza, fino a quando il pupazzo non fu altro che un basso cumulo di neve deforme.
Solo allora, quando il nemico le apparve totalmente annientato, decise di non infierire ulteriormente e lasciarsi andare all'esultanza.
« Allora? » esclamò con allegria, riprendendo fiato. « Eh, John? Che mi dici? Non dici nulla? Perchè sono un mito! Un fottutissimo mito! E non avrai mai gli attributi per duellare con me! Prova a negarlo, dai! Dai, su! Da-... Remus? » fece poi, visto che non lo sentiva fiatare, e si voltò.
Il ragazzo aveva un'aria sconvolta, come se un tornado lo avesse mancato di pochi centimetri e avesse travolto tutto intorno a lui.
« Stai bene? » gli chiese Miley, scrutandolo con attenzione. « Il mio essere un mito ti ha turbato, non è vero? »
Lui annuì lentamente, lo sguardo fisso sul pupazzo di neve totalmente distrutto.
« Non sei brava » disse in un sussurro, tornando a fissarla. « Sei pericolosa! No, dico, ti rendi conto? Se ci fossi stato io mi avresti ucciso! Avevi una luce nello sguardo che solo Sirius nei suoi momenti peggiori potrebbe eguagliare, ma lui non fa testo, è un pazzo criminale... E tu saresti la pacifista? »
Miley sorrise angelicamente e annuì con assoluta nonchalance.
« Combatto per la pace, John » rispose, poi scoppiò a ridere. « Dai, non farmi andare contro i miei principi morali, io sono una pacifista, è solo che... beh, ci ho preso gusto! Lo vedevo sciogliersi, così inerme, e inutile, e pensavo che fosse un pupazzo così idiota e malriuscito che meritava di essere raso al suolo... ma, ecco, tu puoi duellare con me. Insomma, non credo affatto che tu sia inutile, o idiota, o malriuscito... voglio dire, non sei affatto malriuscito ».
Remus la fissò, impassibile, e il silenzio calato fra loro si protrasse a lungo.
« A questo punto dovrei arrossire? » fece lui dopo un pezzo, senza riuscire a trattenere una risata, e lei lo seguì a ruota.
« Non lo ritengo necessario, ti vedo già parecchio lusingato » ribattè divertita, guardandolo scuotere il capo. 
Poi, all'improvviso, tornò seria in volto. 
« E allora? » chiese, allargando le braccia, e guardò Remus farsi perplesso.
« Allora cosa? » fece infatti di rimando, aggrottando la fronte, e lei alzò gli occhi al cielo.
« Duellare » spiegò con ovvietà. « Vuoi duellare con me o no? Dimmi la verità, tanto so che te la stai facendo sotto di brutto ».
Remus rise e sfoderò la bacchetta.
« Affatto » replicò con spavalderia. « E non esultare così presto, sai benissimo che con me sarà molto più difficile. Sai, io mi muovo, mi difendo, ti attacco e, cosa più importante, non sono fatto di neve, quindi non puoi radermi al suolo a meno che tu non conosca i più orripilanti incanti oscuri del pianeta. Oh, e in più ho anche un naso, il che non guasta ».
A quelle parole, lei scoppiò a ridere, per poi ricomporsi e assumere un'aria altezzosa che le si addiceva ben poco.
« Credi che io non possa farcela, John? » gli chiese in tono tendenzioso, facendo ondeggiare la bacchetta con aria di rimprovero.
« Ah, beh, ecco, in realtà penso tutto il contrario » disse lui in fretta, facendosi di nuovo preoccupato. « A dire il vero, sto cercando di smortarti per salvaguardare la mia esistenza, o almeno evitare una morte troppo cruenta e sanguinosa ».
Miley si picchiettò un dito sul mento e scosse il capo.
« Sta rinnegando i suoi stessi insegnamenti, professor Lupin » lo redarguì, severa. « Non è professionale ».
« Preferisco essere vivo che professionale » rispose immediatamente lui, serissimo. « E comunque, davvero, se ricordi tutto quello che ho detto sull'immaginare il pupazzo di neve come un nemico mortale, ecco... dimenticalo, d'accordo? Sono solo Remus, il tuo adorato allievo e il tuo adorato insegnante. Adorato. Si spera » aggiunse preoccupato.
« Ah, non farla tanto lunga! » esclamò lei, ridendo di cuore. « Se non vuoi che ti uccida, basta chiedere e dire per favore ».
Lui sollevò un pollice, segno che aveva recepito il messaggio, poi cominciò ad allontanarsi da lei e si arrestò ad alcuni metri di distanza.
Il duello che inscenarono fu duro e spietato, con fiotti di luce che svolazzavano ovunque, e si concluse solo quando entrambi furono troppo esausti per proseguire e decisero di fermarsi e riprendere fiato. Nessuno era riuscito a Disarmare l'altro.
Si sedettero sotto il faggio vicino al lago, l'uno accanto all'altra, e si scambiarono un sorriso.
« Sei stata bravissima » si congratulò lui, palesemente orgoglioso. « Ti sei difesa alla grande, e attaccavi in modo eccezionale. Sapevo che ce l'avresti fatta ». La fissò con sincera ammirazione, e lei gli sorrise di rimando. « E poi, pensavo... » riprese dopo un po', « un duello non dev'essere così diverso da una partita a Quidditch, no? Schivare, lanciare, fare centro, è quello che fai sempre volando, ecco perché sei stata così brava ».
Gli occhi di Miley splendevano di gioia.
« Era esattamente così che mi sentivo » mormorò, e prese anche lei a studiarlo con intensità, malgrado lui avesse spostato lo sguardo su un rametto con cui aveva preso a giocherellare.
« Saresti un meraviglioso insegnante, sai? » aggiunse lei dopo un po'.
Remus lasciò cadere il rametto a terra e la scrutò a lungo, sorridendole di rimando. 
Malgrado la stanchezza, si sentiva straordinariamente bene con se stesso. E con lei.
« I tuoi studenti ti adorerebbero » fece ancora Miley, annuendo con la sua solita, tipica allegria. « Davvero, grazie. Mi hai aiutata moltissimo, e... adesso mi sento un po' più sicura di me. E' una bella sensazione ».
Si osservarono a lungo, senza imbarazzo, e dopo un po' lui fece una cosa che lasciò spiazzati entrambi.
Le si avvicinò e, senza una parola, le avvolse le braccia intorno alla vita, stringendola a sé con affetto. A Miley balzò di colpo il cuore in gola.
Gli poggiò il capo sul petto, e avvertì il suo mento fra i propri capelli, poi chiuse gli occhi e si lasciò andare totalmente al suo abbraccio.
Remus la strinse ancora a lungo, e mentre godeva del suo calore, riflettè sulle parole che gli aveva rivolto poco prima.
Mi hai aiutata moltissimo, e... adesso mi sento un po' più sicura di me. E' una bella sensazione.
Erano parole cariche di significato, quelle che aveva pronunciato con tanta intensità, ma forse Miley non riusciva a comprendere fino in fondo quanto fosse grande l'aiuto che lei dava a lui costantemente. 
E non l'aiuto in Pozioni, anche se tutto aveva avuto inizio proprio da quello, non l'aiuto di una semplice amica alla quale rivolgersi quando ci si ritrova da soli... no.
Miley lo aveva aiutato, lo stava aiutando, ad accettare se stesso, a non odiarsi, a vivere con gioia quei momenti da adolescente che troppo spesso lasciava scorrere via tra mille tormenti. 
Lo stava aiutando a credere in ciò che era davvero, a lasciare da parte quella metà di lui che era maledetta, e che lei neanche conosceva. 
Lo stava aiutando a lasciarsi andare, a ridere anche nei momenti più impensati e senza la minima ragione logica, a sentirsi leggero come raramente si era sentito prima di allora, e ad andare avanti, nonostante tutto con il sorriso sulle labbra. 
Quel sorriso imperfetto, sincero e luminoso che splendeva sempre, sempre sulle sue.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state?
Santo cielo, riesco ad essere vergognosa anche quando sto per non esserlo. (?) Cioè, non ho aggiornato dopo un mese, il che è una vittoria incredibile, ma avevo detto ad alcuni di voi che avrei pubblicato il capitolo intorno a domenica, ma non ce l'ho fatta, per niente. Poi avevo praticamente promesso a una lettrice/amica che avrei aggiornato mercoledì - che poi è ieri - anche se fosse cascato il mondo, e indovinate un po'? Per alcune ragioni non ho proprio potuto, e mi sento uno schifo. FEDE/ALICE MCCORMICK, TESORO, SCUSA. Buahahah, tu capirai, ma potevo sentirmi un po' meno in colpa solo con delle scuse ufficiali. (?)
Okay, basta con le abominevoli cazzate, passiamo al capitolo.
Cosa c'è da dire? Ordine della Fenice! Tadàn! Finalmente sono riuscita a ficcarlo da qualche parte, con il Silly, che mi costringe a parlare in maniera forbita anche se non ne sono capace - e se vede -. Uh, a proposito, mi pare doveroso dire che è stata la mitica sora Rossella a scrivere tutto quanto il pezzo sull'Ordine. *boato* Oltre a tutto il casino di cose che fa con tutti quanti i capitoli. Ma è inutile anche dirlo, no? Insomma, siamo a tutti gli effetti due autrici, anzi, lei contribuisce molto più di me che non ho una mezza idea da mezzo secolo, buahahahah! Ma di che sto parlando? Boh, mi sono persa.
Uh, dunque, c'è una Blanks molto calma in questo capitolo... che sia la quiete PRIMA della tempesta? *musichetta di X Files*
E poi nada, ritorno della Johniley, scontro Sirius/Piton (sembra slash, madonna, sto per vomitare) e... questo. Nulla.
Ovviamente avrete capito che quando Sirius parla di un 'salvataggio di James a Piton' si riferisce a quando lui, da pazzo psicopatico qual è, voleva farlo morire maciullato e squartato dalle fauci di Remus, ma James, da persona vagamente dotata di buonsenso, lo ha fermato. Che nessuno si offenda per questo chiarimento oltremodo inutile, ma... mi sembrava giusto scriverlo. Che nessuno fiati. Muahahah!
Adesso i ringraziamenti, DOVEROSISSIMERRIMISSIMI. Quaaaaaaaante cazzate che dico, me lo fa notare la sora.
Sì, tipo che mi avete lasciato trentacinque recensioni. Tipo che ormai sono destinata a morire ogni mese e poi a resuscitare come i gatti che hanno nove vite. Tipo che vorrei dire grazie fino a dissanguarmi (???) e stritolare voi fino a dissanguarvi (???). Quanto amore, quanto sangue, quanto affetto. 
Sul serio, non so come faccia l'entusiasmo di voi lettori per questa storia a non scemare mai. Vi amo, col cuore.
E un grazie speciale anche ai 194 delle preferite, ai 48 delle ricordate e ai 216 delle seguite! Quanti cacchiarola siete? GRAZIE!
Un bacione a tutti, spero di aggiornare presto, e anche se questo capitolo mi fa sinceramente schifo, spero di rifarmi con il prossimo che sarà un po' più... piccante? O dolce? Non saprei, ma sarà un po' più movimentato. E daje.
Un abbraccio, ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 29
*** 'Perché', in amore, è una domanda stupida ***






 
 
 
 
Sette è il numero magico più potente al mondo, e a sette meravigliosi lettori vogliamo dedicare un frammento di questa storia.
Hoshi Kudo , perché è la nostra prima Blanksomane, perché è fuori di testa, ma non ci abbandona mai, perché ha avuto la pazienza di commentare ogni singolo capitolo di questa storia, il che è folle, e perché, malgrado quello che crede, è una persona semplicemente meravigliosa. Xoxo, dear cool girl.
Morgana_D, che è altrettanto matta, perché è con noi sin dal vero inizio di tutto e non si è ancora stancata dei nostri papiri, perché è l'unica Serpeverde figa a questo mondo, e perché ormai siamo legate da un qualcosa che somiglia tanto all'affetto, e questo... questo è semplicemente magico. Ti adoriamo, Melissa. Lo sai.
Kade, che, forse, è ancor più pazza di loro, perché un giorno le è saltato in mente di creare una pagina tutta Blanks, e l'ha fatto, lasciandoci spiazzate. Perché è dolce e disponibile come una vera amica, e lo è; perché il suo umorismo del picchio è fottutamente divertente, e rimarremmo a chiacchierare con lei per ore ed ore. Sei formidabile. Davvero.
Alice Williams, perché è sempre in prima linea per darci il suo parere, sempre sincero, sempre divertente, sempre vero, come lo è lei. Perché riusciamo a volerci bene col cuore anche senza esserci mai viste, e abbiamo preso a organizzare gite azzardate e a sognare assurdi pigiama party tutte insieme, credendoci davvero. Perché è la Cacciatrice di immagini più famosa al mondo. Sei un angelo, miss McCormick.
_Mik_ , per il suo compleanno di mille anni fa, e per infinite altre ragioni. Perché è seriamente folle, e ha intrapreso una complicata relazione con noi che, ne siamo certe, si risolverà in guerra aperta. Perché lei e la sua famiglia sono assolutamente meravigliosi, e non ci stanchiamo mai di leggere delle sue pazzie. Con te, non si smette mai di ridere, tesoro. Sarai sempre la mia moglio adorata.
Bobbin, per la sua dolcezza infinita, e perché, cosa credete? è matta da legare anche lei. Perché ha creato un meraviglioso video per questa nostra creatura, e per noi è un immenso orgoglio. Perché il suo entusiasmo e il suo affetto sono energia pura che ci rinforza sempre. Perché è da spupazzare fino al soffocamento, semplicemente. Ti amiamo, stupendevolezza.
Federchicca Hufflepuff, la cara compaesana - o quasi - perché insieme a lei si fanno le migliori risate, e le più belle chiacchierate - soprattutto in dialetto -. Perché è la MIA lettrice, ed è semplicemente adorabile, e perché merita tutto l'affetto del mondo, e anche qualcosa in più. T'abbrazzu forti, beddra mia.
 
 
 
 
Capitolo 29
 
'Perché', in amore, è una domanda stupida
 

 
 
Sometimes I think that it’s better A volte penso che sia meglio 
to never ask why. non chiedere mai perché. 
 

 
 
Fra tormente di neve e piogge scroscianti, anche il primo mese di quel 1978 stava finalmente per concludersi.
Il cielo non aveva smesso di ospitare grigie nubi cariche di tempesta, e il gelo che aveva accompagnato gli abitanti del castello per tutto l'inverno non li aveva ancora abbandonati, né pareva intenzionato a farlo in tempi troppo brevi.
Come al solito, però, la Sala Comune di Grifondoro era dominata da un avvolgente calore quasi innaturale, che proveniva dallo scoppiettante focolare acceso e si propagava a lievi ondate ovunque, permettendo agli studenti di liberarsi di quei mantelli che in qualsiasi altro luogo non avrebbero mai lasciato.
Nel tardo pomeriggio di quel 29 Gennaio, l'accogliente stanza circolare e tinta di scarlatto ospitava solo qualche sparuto studente: due ragazzine ridacchianti giocavano a Scacchi in un angolo, senza avere la minima idea di come muovere anche i pezzi più semplici da manovrare; un tizio bruno dell'ultimo anno leggeva in silenzio, lanciando loro occhiate frequenti e palesemente infastidite; infine, un'annoiata Mary Macdonald scriveva su un lungo rotolo di pergamena, sbuffando a intervalli di pochi secondi.
Il silenzio che regnava fra le mura ricoperte di arazzi fu spezzato qualche minuto dopo da un rumore di passi improvviso, ma Mary, ora impegnata a sistemare le proprie cose all'interno della borsa già stracolma, non fece caso al ragazzo slanciato che, terminata la scalinata, aveva preso a farsi vicino a lei.
« Mary Macdonald » fu l'esordio di Sirius, e lei si voltò di scatto, stupita, « la mia motociclista preferita ».
Gli sorrise, e le sue dita risalirono di scatto fra i capelli ricci per sistemarli meglio sulla spalla destra.
« Sirius Black » rispose con aria allegra, mentre lui ricambiava il gesto, « il mio perditempo preferito ».
Sirius rise sommessamente, afferrò un libro dalla copertina scolorita che aveva lasciato sul divano e glielo porse.
« Tutta sola? » domandò, mentre lei lo afferrava e lo ricacciava nella borsa un po' a fatica, e la vide annuire.
« Sì » rispose infatti, allacciandosi il mantello al collo. « Le altre sono ad Aritmanzia, ma io non la seguo, naturalmente. E tu dove hai lasciato i tuoi compari? » 
Lui sorrise e schioccò la lingua, affondando distrattamente le mani nelle tasche, un gesto abitudinario che lo accompagnava ormai da tempo.
« Facendo un breve riepilogo » rispose, liberando una mano per grattarsi la mascella, « James è in punizione con la McGranitt perché ha aiutato Pix con uno scherzo che avrebbe potuto mettere in pericolo la vita di mezzo corpo insegnanti, Remus è ad Aritmanzia con le tue amiche secchione, mentre Peter... ah, il caro vecchio Peter è fuori come un balcone. E' in crisi per gli esami, realizza di doverli affrontare più o meno una volta al mese e svalvola, per cui... sì, l'ho abbandonato a se stesso, mi ha sbriciolato i gioielli per un quarto d'ora ed è stato già abbastanza ».
Mary rise e scosse il capo in segno di disapprovazione, mettendosi la borsa in spalla. Sembrava divertita, e non faceva che scrutarlo.
« A quanto pare vado a dare il cambio a James, allora » gli disse. « La dolce Minerva aspetta anche me, e non è consigliabile farla attendere troppo ».
Sul volto di Sirius si dipinse un ghigno carico di divertimento, e inarcò un sopracciglio, osservandola.
« Che diavolo hai combinato, Macdonald? » le fece, e lei riabbassò in fretta lo sguardo, ridendo sottovoce.
« Ma nulla di che... » borbottò, sollevando le spalle. « Insomma, non ho consegnato il tema che ci aveva assegnato per la settimana scorsa, e... »
« E...? » la anticipò lui con fare tendenzioso.
« E... mi sono accapigliata con un'oca di Corvonero » disse frettolosamente lei, ridendo imbarazzata. « Ci odiamo dal primo giorno del primo anno di scuola, e non fa che parlar male dei miei capelli, quindi... insomma, quel giorno ero un po' presa male e il tutto si è concluso in una rissa ».
Sirius scoppiò a ridere sonoramente, e il ragazzo che dietro di lui era ancora impegnato con le proprie letture lo fulminò con lo sguardo, scocciato.
« Merlino, sei tremenda! » fece, ridendo ancora. « Non puoi buttarti in una rissa solo perché insultano i tuoi capelli! »
Ma la ragazza gli puntò contro l'indice e scosse lentamente il capo con aria truce.
« Oh, ma c'è molto di più » disse con assoluta serietà, sistemandosi meglio la borsa sulla spalla, e lui non potè che ridere nuovamente.
« Dai, facciamo strada insieme, ti accompagno » le propose, facendo un cenno al buco dietro il ritratto della Signora Grassa, e lei sorrise e annuì.
Durante il tragitto si dilettò nella trattazione di tutta quanta la storia riguardante la diatriba fra lei e la scorbutica Corvonero, e lui ascoltò il racconto con estremo interesse, ridendo di gusto nell'ascoltare gli episodi più divertenti della vicenda e intervenendo di tanto in tanto con qualche commento sporadico.
« ... e le ho gettato addosso gli escrementi di gufo quando mi ha chiamata battona » stava dicendo Mary, annuendo con vigore. « Insomma, dai, io sarei una battona? Non ho avuto neanche un ventesimo dei ragazzi che lei si è portata a letto! Ma andiamo... la gran battona è lei ».
Sirius rise, scuotendo il capo, e la osservò di sottecchi.
« Hai provveduto a farglielo sapere in quel momento o ti stai sfogando qui con me a un anno di distanza? » le domandò, curioso.
Lei assunse un cipiglio compiaciuto e incrociò le braccia al petto, scostandosi i ricci che le ricadevano sulla spalla con uno scatto della testa.
« Sì che gliel'ho fatto sapere! » replicò, sogghignando. « Le ho inviato una Strillettera per la colazione della mattina dopo. E' stato epico ».
Sirius si battè il pugno serrato sulla fronte e poi lo schiaffeggiò con violenza sul palmo della mano.
« Ma certo! » esclamò, facendola sussultare. « Mi ricordo! E' scappata via piangendo come una disperata... non riesco a crederci, sei stata tu? »
La ragazza annuì con visibile orgoglio, e svoltò all'imboccatura di un corridoio ampio e luminoso, diretta al Cortile di Trasfigurazione.
« Con il valido contributo delle altre, naturalmente » confermò, avanzando con andatura fiera. « Esclusa Alice, perché abbiamo progettato il tutto il giorno del suo anniversario con Frank e lei ha trascorso ogni minuto con lui per ventiquattr'ore, ininterrottamente. Poi però se n'è pentita di brutto e se l'è anche presa con noi perché avrebbe voluto esserci anche lei, continuava a dire che il suo supporto sarebbe stato assolutamente fondamentale. Se non ricordo male, ha anche Schiantato il mio peluche fuori dalla finestra per vendicarsi ». Scosse il capo tristemente, lo sguardo vacuo. Il ricordo la turbava ancora.
Osservandola, Sirius non potè che sorridere nuovamente. Pareva sinceramente addolorata, il che, paradossalmente, era uno spettacolo parecchio comico.
« Porti ancora i peluche a letto, Macdonald? » le fece in tono giocoso, scompigliandole i voluminosi ricci castani, e lei rise e arrossì.
« Lui era speciale! » protestò, e prese a risistemarsi i capelli con aria imbarazzata, anche se quelli le ricaddero disordinatamente sulla fronte un istante dopo.
« Ti donano » scherzò lui con un sorriso, studiandoli con il capo lievemente inclinato, e lei gli rivolse una smorfia, scostandoli di scatto dietro l'orecchio. 
Le sue guance, però, erano ancora lievemente arrossate, ma, come sempre, lui pareva non notarlo.
Svoltarono verso destra, ancora sorridenti, quando si imbatterono in un'altra coppia altrettanto allegra, e si arrestarono di botto.
Scarlett si trovava di fronte a loro, in compagnia di un ragazzo dai capelli biondo cenere che rideva spensierato insieme a lei.
Sirius lo riconobbe all'istante, ma rimase talmente spiazzato da credere che forse avrebbe potuto trattarsi di qualcun altro.
Il suo sguardo scattò subito in direzione di Scarlett, che si accorse di lui solo dopo qualche attimo, e reagì nella sua stessa, identica maniera.
Sirius pareva raggelato, e continuò a fissarla con un'insistenza quasi provocatoria. Lei, però, dopo un primo momento di assoluto smarrimento, puntò lo sguardo a terra e si ostinò a tenere il capo chino, sinceramente imbarazzata.
« Ehi, voi, ciao! » salutò Mary, sorridendo allegra. « Cos'è, Dylan, non starai mica marinando la scuola? »
Il ragazzo sorrise divertito e le si avvicinò per baciarla sulle guance, stringendole affettuosamente un braccio.
« Non sono io quello poco diligente, Mary » fece in tono scherzoso, strizzandole l'occhio, e lei rise, annuendo col capo.
Fra loro cadde il silenzio, e la ragazza notò che Sirius squadrava Scarlett con una strana espressione sul volto. Si chiese come mai, ma non volle rispondersi.
« Dylan Brown » disse lui dopo un po', spezzando il silenzio e rivolgendo finalmente a lui la sua attenzione.
Gli si avvicinò, e solo allora Scarlett si decise a risollevare lo sguardo. Il tono con cui lo aveva chiamato l'aveva allarmata.
« Non ci siamo ancora presentati o sbaglio? » gli fece, un sopracciglio inarcato. Poi, senza attendere una risposta, gli porse la mano. « Sirius Black » disse, e il ragazzo la strinse con vigore, sorridendogli, anche se parve accigliarsi leggermente quando la stretta si fece più forte.
« Difficile non conoscerti » gli disse però in tono amichevole. « La tua fama ti precede, amico ».
Lui abbozzò un sorriso poco riuscito e gli rivolse un breve cenno col mento.
« Ah, beh, ultimamente si parla molto anche di te, però » ribattè, e Dylan aggrottò la fronte, interdetto. « A proposito, come va laggiù? » e fece cenno ai suoi pantaloni. « Guarito tutto? Pronto a tornare in pista? »
Il ragazzo lo scrutò per qualche momento prima di sorridere, ma la sua espressione era distesa e persino divertita.
« Le notizie circolano in fretta, a quanto pare » fece, annuendo con vigore. « Ah, beh, fortuna che non si sia trattato di qualcosa di intimo, altrimenti... », ma lasciò la frase in sospeso e rise insieme a Mary, che parve trovare la sua ironia particolarmente divertente.
« Andavate da qualche parte? » chiese poi, dondolandosi sul posto con i pollici fra i passanti della gonna ben stirata.
Dylan scrollò le spalle e guardò Scarlett di traverso, anche se lei non incrociò i suoi occhi e prese a fissare qualcosa di indistinto nella direzione opposta.
« Pensavamo di fare una passeggiata al parco » rispose in tono tranquillo, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni neri, e Mary annuì, sorridendo.
Sirius, invece, che aveva riabbassato lo sguardo puntandolo verso il pavimento, lo risollevò lentamente, soffermandosi a lungo su Dylan.
Gli occhi di metallo erano lievemente assottigliati, proprio come lame taglienti, e non li staccò da lui per parecchi istanti. Desiderava davvero credere di non aver sentito bene, ma negare la realtà era da stupidi e da immaturi: Scarlett usciva con Brown.
« Vi lasciamo in santa pace, allora » stava dicendo Mary, ma Sirius non la stava ascoltando.
La vide distrattamente scambiarsi un saluto con Dylan e fare un cenno complice a Scarlett, poi si allontanò senza una parola, seguendola verso un altro corridoio adiacente a quello che stavano per abbandonare.
Aveva la mente stipata di pensieri impossibili da districare, ma desiderava innanzitutto avere qualche certezza in più, altrimenti nulla avrebbe avuto senso.
Si fece allora più vicino a Mary e tentò di mascherare l'aria scombussolata che doveva essersi dipinta sul suo volto, poi si bagnò le labbra con la lingua.
« Da quanto escono insieme? » buttò lì con indifferenza, affondando i pollici oltre il bordo dei jeans scuri.
Lei gli lanciò uno sguardo, sorpresa. Non capiva come mai gli importasse, ma non volle chiederlo... e forse non voleva neanche saperlo.
« Dylan le ha chiesto di uscire qualche giorno fa, quando Scarlett è andata a trovarlo in Infermeria » spiegò, osservandolo in tralice.
Sirius annuì lentamente e voltò il capo nella direzione opposta, incassando il colpo in silenzio.
« Lei sembra piacergli molto » aggiunse Mary con un sorriso. « Lo avevo notato anche alla festa di Natale di Lumacorno. Beh, piacerà anche a lei, credo. Insomma, Scarlett è piuttosto difficile in fatto di ragazzi, per cui credo ci sia una ragione se ha deciso di frequenta-... »
« Credo di aver visto James » la interruppe lui, piuttosto brusco.
La ragazza serrò le labbra, vagamente spiazzata, e lo guardò con aria meravigliata. Forse, le sue parole non gli avevano fatto piacere, ma non volle pensarci.
« Oh... beh, ci vediamo allora » gli disse, massaggiandosi il collo imbarazzata, e lui annuì, borbottando un freddo « Ciao » prima di andare via.
Mary lo vide percorrere il cortile ad ampie falcate, finché non sparì alla sua vista, e solo allora si decise a riprendere la strada verso l'aula di Trasfigurazione.
Arrivata alla porta d'ingresso, bussò un paio di volte sul legno intarsiato e attese risposta, picchiettando un piede a terra.
« Avanti » sentì dire alla professoressa McGranitt, e varcò l'entrata, spingendo da un lato la porta pesante quanto un macigno.
Avanzò di qualche passo prima di notare un ragazzo dai capelli ritti e neri seduto alla cattedra: stava chino su un rotolo di pergamena che percorreva il lungo tavolo fino a sfiorare il pavimento, e pareva piuttosto annoiato, tanto che, approfittando della momentanea distrazione dell'insegnante, diede in un prolisso sbuffo e lanciò un'occhiata all'orologio appeso alla parete frontale, tornando poi alla sua occupazione con aria decisamente riluttante. James.
« Buonasera, professoressa » salutò Mary, vagamente basita, e il ragazzo voltò il capo, sorridendo raggiante.
« Ciao, Mary! » esclamò, d'un tratto già molto più allegro. « Come va la vita? »
L'insegnante lo fulminò con lo sguardo, ma non ottenne l'espressione mortificata che desiderava ricevere, perché James sorrise con gioia anche a lei.
« Può prendere il posto del signor Potter, signorina Macdonald » disse a Mary, facendo un cenno alla sedia occupata dal ragazzo.
Quello si alzò di scatto e si gettò la borsa in spalla, più felice che mai.
« Allora posso andare, prof? » chiese alla McGranitt, scompigliandosi i capelli, e quella annuì brevemente. « Sì, ma domani niente punizione, no? Voglio dire, dobbiamo allenarci. Il Grifondoro, la Coppa, è tutto più importante di uno stupido scherzo stroncato in pieno dalla mancanza di umorismo del corpo docenti, giusto? »
Il sorriso si spense sul suo volto non appena la donna sollevò lo sguardo, puntandolo verso di lui. La sua espressione non preannunciava nulla di buono.
« Naturalmente, l'allenamento della squadra è un'occupazione della massima importanza » disse invece, e James esultò interiormente. « Ragion per cui sarà tenuto a guidare la squadra come stabilito, per poi raggiungere nuovamente quest'aula e scontare la sua meritata punizione. Adesso vada ».
Ma lui non mosse un passo e rimase piantato di fronte alla cattedra, boccheggiante come un pesce.
« Lei è crudele! » esclamò, scandalizzato. « Vuole consumare la mia vita fino all'ultimo grammo di felicità! »
Lei lo fissò, totalmente impassibile, e le sue labbra sottili rimasero serrate, tanto che James attese a lungo una risposta che non venne mai.
« Non... non dice nulla? » domandò infatti dopo un po', e ancora l'insegnante non diede segno di averlo sentito. « Bella tecnica, prof » commentò allora, irritato. « Bella tecnica! » ripetè con forza. « Ma sappia che sta definitivamente tagliando i ponti con il suo miglior studente, d'accordo? Se lo ricordi! »
E così dicendo, profondamente e sinceramente offeso, girò sui tacchi e si diresse a grandi passi verso l'uscita, bloccato però da Mary.
« Sirius ti stava cercando » gli disse sottovoce. « Dovrebbe essere qui in giro. Ci vediamo, James » aggiunse poi, e lui ricambiò il saluto prima di uscire dall'aula.
Una volta chiusosi la porta alle spalle, si guardò intorno, cercando di intravedere l'amico, quando lo vide proprio di fianco a sé, poggiato di spalle alla parete.
Non appena si accorse che James era uscito dall'aula, Sirius slacciò le gambe incrociate e, senza una parola, lo afferrò per una spalla, conducendolo con sé verso un angolo buio dell'ampio cortile.
« Amico! » esclamò James con enfasi, assolutamente spiazzato. « Qual è il tuo problema? »
Sirius si arrestò di botto e lo lasciò andare contro il muro, tenendogli una mano serrata sulla spalla.
« Perché non mi hai detto che quel Brown esce con Scarlett? » domandò senza alcun tipo di preambolo.
A quelle parole, James strabuzzò gli occhi e lo fissò senza capire. L'idea che lo stesse prendendo in giro cominciò seriamente a farsi strada nella sua mente.
« Scarlett esce con...? Aspetta, che cosa? » fece poi, sempre più incredulo e confuso, e l'altro alzò gli occhi al cielo con fare infastidito.
« Con Brown, sì, e non fare l'imbecille » sbottò, scocciato. « La tua migliore amica non si confida con te sulle sue faccende amorose? »
Lo studiò, in attesa di una risposta, ma James era troppo impegnato ad assimilare la sconcertante informazione ricevuta per ascoltarlo.
« Io... non ne sapevo niente » disse infine, scuotendo lentamente il capo. « Credi che non te l'avrei detto? Piuttosto, com'è che l'hai saputo? »
Sirius prese un profondo respiro e allentò la stretta sulla sua spalla fino a lasciar ricadere il braccio lungo il fianco.
« Li ho incontrati poco fa » rispose, mentre James cominciava a scrutarlo con attenzione. « Si preparavano a una romantica passeggiata in riva al lago ».
Sbuffò, ridendo sottovoce e scuotendo il capo. 
Pareva un po' fuori di sé, come quando qualcosa di inaspettato gli sbatteva contro e lo scombussolava. James ormai riconosceva i sintomi.
« Sei sicuro che non si fossero incontrati per caso? » gli domandò, azzardando un'ipotesi che non convinceva neanche lui. « Voglio dire, magari si sono visti e andavano nella stessa direzione, così... », ma Sirius lo interruppe, ridendo ancor più forte.
« Oh, no, ti assicuro di no » replicò, scostandosi i capelli dalla fronte. « Mary mi ha confermato il grande scoop. E poi lui le sbava dietro da Natale » aggiunse.
James lo fissò, serio in volto. Adesso cominciava a capire.
Avvertiva il suo nervosismo e la sua tensione trapassarlo a ondate come se fossero la sua stessa rabbia, il suo stesso rancore, e questo li rendeva ancora più vicini. James capì che Sirius aveva ardentemente bisogno di lui, di sfogarsi e dire qualcosa che forse non aveva mai detto. 
Era un'inspiegabile sensazione che percepiva dalle parti dello stomaco, e che si rivelava sempre, sempre vera.
In effetti, James aveva notato che da parecchio tempo, ormai, non si erano più ritrovati ad affrontare una delle loro solite chiacchierate da fratelli, di quelle in cui veniva sempre fuori tutto, dell'uno e dell'altro, senza che rimanesse nulla di non detto. E non erano mai loro a ricercarle, a chiederle, piuttosto venivano fuori spontaneamente, senza nulla di programmato, e quando accadeva nessuno dei due si tirava indietro, perché non avevano paura di rivelarsi. Affatto.
E malgrado James necessitasse di quei momenti molto più di quanto succedesse a Sirius, quella volta era lui ad averne davvero bisogno.
Succedeva di rado, al punto tale che in quelle isolate occasioni si ritrovava sempre con il cuore pronto a scoppiare, incapace di contenere altre emozioni senza esplodere e mandare in fiamme ogni cosa.
James lo osservò di sottecchi, e gli premette una mano sulla spalla proprio come lui aveva fatto poco prima, guidandolo verso una delle panche disseminate per il cortile e sedendogli accanto, le mani intrecciate sotto il mento, in attesa che Sirius iniziasse a parlare.
« Cosa diavolo vuole ottenere uscendo insieme a quel Brown? » sbottò infatti senza alcun preavviso, rivolto più a se stesso che a James. « Non le interessa affatto, neanche lontanamente... e poi, lei è la persona più incoerente, contraddittoria, incomprensibile, complicata e... »
« Sirius » lo interruppe James, fissandolo dritto negli occhi, e lui si zittì all'istante. « Avanti, amico, non prendermi in giro. Insultarla non ti servirà a niente, tantomeno a smaltire la rabbia ». Si premette gli indici sulle labbra e non smise di guardarlo un istante. « Ce l'hai a morte con lei, lo so. Ma devi fare un passo indietro, okay? Perché se adesso sei tanto incazzato, vuol dire che t'importa. E a te importa solo di pochissime cose al mondo, Sirius, lo sai ».
Si scrutarono, l'uno alla ricerca di risposte negli occhi dell'altro, finché Sirius non distolse lo sguardo, come se si fosse finalmente arreso.
« Ti ho lasciato un po' indietro, Ramoso » rispose, scuotendo impercettibilmente il capo. « Mi importa da un po', l'ho capito persino io. E m'importa per tante e tante ragioni... così tante che a malapena ne capisco la metà ». Rise, passandosi le dita fra i capelli. « E di questa metà » proseguì, ancora col sorriso sulle labbra, « nessuna delle ragioni ha senso. Perché io non la reggo, amico, e ancora adesso ci sono momenti in cui la detesto tremendamente! »
James lo fissò, aggrottando le sopracciglia con aria profondamente perplessa. 
Conosceva l'illogicità della maggior parte dei discorsi di Sirius, ma continuava a rimanerne spiazzato ogni volta che gliene sentiva fare uno. Ognuno aveva un suo fascino, un proprio modo di sconvolgerlo per la sua totale irrazionalità. E quello che aveva iniziato sembrava proprio essere uno dei più riusciti.
« Ha troppi difetti, troppe cose che non vanno, che odio alla follia » proseguì con la stessa veemenza. « E' insopportabile, e altera, e non ha il minimo senso dell'umorismo... vuole sempre aver ragione, anche quando sa benissimo di avere torto marcio, non accetta mai la sconfitta, ed è un'odiosa maniaca del controllo... poi studia troppo, ma è anche bellissima, un connubio fin troppo strano per una ragazza... ed è lei, prima di tutto, a non avere il minimo senso. Non ha senso insieme a me, perché a volte penso a quanto siamo identici fino alla spina dorsale, e l'attimo dopo a quanto fottutamente poco abbiamo in comune, e... » Prese un respiro, cercando di riordinare le idee, ma in lui non c'era mai stato nulla, nulla di ordinato, mai. « La cosa che più non ha senso è che sono innamorato di lei ».
Lo disse di getto, colto da un lampo d'impeto irrefrenabile, e non se ne pentì affatto. 
Dire la verità, almeno per una volta, lo avrebbe fatto sentire meglio. Lo avrebbe fatto sentire libero, finalmente privo delle solite imposizioni con cui si costringeva al silenzio, con cui obbligava se stesso ad arginare ogni sentimento prima che divampasse e prendesse il sopravvento su ciò che invece teneva ancora sotto controllo. E voleva una volta per tutte mettere fine a quel senso di oppressione, perché lo trovava intollerabile.
Sollevando lo sguardo, incontrò gli occhi di James, e li trovò colmi di ingenuo stupore.
Aveva capito quanto insolitamente profondi dovessero essere i sentimenti che Sirius nutriva nei confronti di Scarlett, ma non avrebbe mai potuto credere che si trattasse di un qualcosa di tanto importante, di tanto inaspettato, e fu a causa di ciò che rimase totalmente spiazzato.
Per parecchi istanti si guardarono e basta, in attesa l'uno delle parole dell'altro, e James continuò a rimuginare.
Pareva incredibile e surreale che Sirius avesse addirittura trovato la forza di accettare i propri sentimenti ed ammetterli. E forse era proprio perché lo conosceva in maniera così viscerale che non se lo sarebbe mai aspettato. Eppure, inspiegabilmente, era appena accaduto.
« Sì, amico, la suspence è la roba più figa che esista, lo sappiamo, ma dovresti riprenderti. Davvero » gli fece Sirius, colpendolo sul braccio con il gomito.
James non rise, e continuò a fissarlo con aria vagamente sperduta. Sembrava che avesse ricevuto un violento colpo sulla testa.
« Lo scoop dell'anno ti ha lasciato secco » commentò ancora l'altro, scrutando i suoi occhi colmi di sorpresa. « Se l'avessi saputo, te l'avrei detto con più delicatezza ».
Lui deglutì, annuendo e massaggiandosi la nuca con il palmo della mano, e finalmente si lasciò andare ad un sorriso.
« Devi ammettere che questa era pesante di brutto, Felpato » replicò, la voce lievemente arrochita per lo shock appena subito.
Sirius annuì di rimando, con fare comprensivo, e gli battè una poderosa pacca sulla schiena per riportarlo definitivamente in sé.
« Ah, che vuoi che sia? » gli disse poi, scrollando le spalle come se avesse effettivamente confessato un sentimento di scarsa importanza. « Mio zio Alphard me lo ha sempre detto: prima o poi succede a tutti. E io, ovviamente, ho sempre pensato che fosse uno dei suoi soliti deliri, ma... beh, evidentemente quell'alcolizzato di un vecchio aveva pienamente ragione. E ora che ci penso » aggiunse, voltandosi a guardarlo, « lo avevi detto anche tu ».
James ricambiò lo sguardo, ricordando le sue parole di parecchio tempo prima.
Effettivamente, una volta gli aveva detto - citando testuali parole - che anche lui si sarebbe fottuto il cervello per una ragazza. E, al contrario di quanto aveva affermato lui con convinzione, che gli sarebbe successo proprio a causa di Scarlett.
Probabilmente, aveva avuto ragione più di quanto lui stesso potesse credere, perché il fatto che Sirius lo avesse dichiarato con una così apparente semplicità non poteva che essere un effetto collaterale di quel processo di decomposizione cerebrale che James aveva pronosticato.
« Beh, sì » ammise infatti, dopo un po'. « Ma immaginavo che ti saresti dannato l'anima per secoli, che avresti negato fino alla morte, che ti saresti imposto di ignorare tutto quello che prov-... »
« L'ho fatto » lo interruppe Sirius con nonchalance. « Certo che l'ho fatto, cosa credi? C'è stato un momento in cui ero totalmente nel pallone, con un'ansia da far paura, e avevo preso tutto questo quasi come... » Si bloccò, cercando di trovare le parole giuste. « Come una malattia, ecco » riprese poi. « Come una malsana ossessione, una fissazione che mi stava mandando in tilt il cervello... Ma poi ho dovuto arrendermi. Mi sono sinceramente stancato di far finta che sia tutta una stronzata quando non lo è per niente ».
Serrò le labbra, sfregando l'uno contro l'altro i palmi delle mani.
Fingere che i suoi sentimenti per Scarlett non fossero reali si era rivelato più difficile che ritrovarne l'origine, la ragione scatenante, quella che aveva dato inizio a tutto. Aveva tormentato se stesso per capire come ciò che aveva vissuto con Scarlett avesse potuto portare a quello, in che modo fosse riuscito a perdere quel controllo che aveva sempre esercitato sulle proprie emozioni, ma non era riuscito a venirne a capo. Le domande che si era posto si erano fatte sempre più complesse, sempre più insensate, e avevano finito per condurlo allo stremo. E ancora in quel momento, mentre tentava di spiegare quel che gli stava succedendo, non riusciva a capire, e le risposte divenivano sempre più delle realtà lontane e astratte che, ne era consapevole, avrebbe potuto raggiungere solo con l'aiuto di lei. Lei, che a tutti gli effetti era la risposta, a tutte quelle domande che scatenava senza rendersene conto.
E forse... forse aveva piantato in asso quell'estenuante ricerca proprio per quella ragione: perché sapeva che solo e soltanto Scarlett avrebbe potuto risolvere i suoi dubbi, i suoi ossessionanti punti interrogativi, e anche perché, in fondo, sapeva bene quanto fossero inutili tutti quanti.
Sirius aveva capito l'unica vera realtà, quella che rispondeva a tutti i suoi quesiti: perché, in amore, è una domanda stupida.
« Ho smesso di farmi domande » aggiunse dopo qualche momento di silenzio. « E' sfiancante, e inutile, e controproducente. Per quanto possa essere autolesionista, non ho voglia di aggiungere quest'altro peso a tutto il carico che mi porto dietro, anche perché... insomma, credo abbia smesso... di essere un peso, ecco ».
Sollevò le spalle, e James prese a osservarlo, riflettendo intensamente, ma lui non se ne accorse, o fece finta di non notarlo.
Incredibile come Scarlett fosse riuscita a cambiarlo. In poco tempo, si erano avvicinati al punto tale che lei aveva potuto sradicare ciò che non andava in lui, coltivando invece quella luce che, di tanto in tanto, Sirius pareva dimenticare. E anche in quel momento, restava comunque la stessa creatura imperfetta che era sempre stata, ma aveva acquisito qualcosa in più, qualcosa che lo aveva valorizzato e che poteva farlo splendere, o anche farlo crollare giù per un precipizio senza fondo dal quale sarebbe dovuto riemergere da solo. Era un rischio, un rischio atroce e terribilmente pericoloso, un rischio che Sirius, però, com'era tipico della sua indole, si sentiva pronto a correre, e che stava già in qualche modo affrontando.
« Chiunque perderebbe la testa per Scarlett » disse all'improvviso, lo sguardo fisso di fronte a sé, e James si voltò a guardarlo, sorridendo appena. « Ma io non... » proseguì, chinando il capo, « non pensavo che sarebbe successo anche a me, in maniera così... così folle ».
Sospirò, affondando le dita fra i lunghi capelli scuri come se avesse voluto bloccare e trattenere il tornado di pensieri che vorticava nella sua mente confusa.
Ma tentava di mettere un freno a quel caos già da troppo tempo, e non era mai stato capace di riuscirci davvero.
« E' una maledettissima calamita, per me » fece ancora, lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia e il tono della voce deciso, quasi duro, come a voler trovare delle giustificazioni per un sentimento che, per sua natura, non ne aveva alcun bisogno. « E' sexy, da morire, e ha un fascino micidiale. Ma se si trattasse solo di questo, sarebbe tutto estremamente più semplice. Mi attrae in un modo che sconvolge anche me e perdipiù riesce a tenermi perennemente sulle spine. Credevo che le ragazze fossero tutte noiose, tutte uguali... ma non ricordo un singolo momento in cui mi sia annoiato insieme a lei. E può fingere di essere rigida come un palo quanto vuole, ma io so che è accesa, e piena di vita, e imprevedibile, perché lo vedo. Perché quando si lascia andare è splendida, e vorrei che si sentisse sempre, completamente viva. E a volte penso... » Diede in un altro stanco sospiro, e fissò un punto imprecisato del pavimento. « A volte penso che io riuscirei a farla sentire così » disse, sollevando le spalle. « Esattamente come lei riesce a fare con me ».
Voltò il capo verso James, e lo trovò concentrato sul suo volto, con un lieve sorriso a incurvargli le labbra.
« Lo dici sempre, no? » gli fece, annuendo. « La noia è la tua più acerrima nemica ».
Sirius sorrise inconsciamente, studiando la sua espressione, e annuì di rimando in maniera appena accennata.
« Già... » fece, pensieroso. « Un po' com'era Scarlett tempo fa » riflettè poi, sfregandosi un pollice sugli accenni di barba delle guance. « La mia sfida ». 
Sorrise, un'insolita traccia di malinconia sul volto altrimenti indecifrabile.
« E adesso, invece... adesso credo sia diventata il traguardo » disse, inclinando involontariamente il capo. « Continuiamo a sfidarci, di continuo, ma vincere... beh, non è più quello che vogliamo. O almeno, non quello che voglio io ».
Sospirò e si lasciò scivolare giù dalla panca, sedendo sul pavimento, attirando una gamba al petto e distendendo l'altra, mentre James ancora lo studiava.
« Ti ricordi la stronzata delle liste che ci siamo inventati al terzo anno, no? » chiese poi a James, e lui annuì brevemente. « Ecco... non sai quanto sia strano adesso per me pensare al suo nome scritto nel mucchio di quelle sconosciute di quell'elenco da idiota » sbuffò poi. « Sembra che sia passata una vita intera da quando l'ho scritta, e ora mi sembra tutto così... così stupido, così privo di senso... »
Si premette i palmi delle mani sulla fronte, cercando di ritrovare un po' di se stesso nelle sue parole, e meravigliandosi nello scoprire che tutto ciò che stava confidando a James nient'altro era che lui. Lui allo stato puro, lui per com'era diventato, meno restio al mondo intero, più propenso ad accettare ciò che aveva sempre rinnegato, restando comunque lo stesso ragazzo ironico, imprevedibile e perennemente tormentato che era sempre stato.
« E' stata lei a stravolgere tutto quanto » disse, serrando gli occhi in un gesto istintivo che non riuscì a motivarsi. « Io non l'avrei mai voluto, non prima di sapere a cosa mi avrebbe portato... Mi ha ribaltato, completamente, e la cosa che più mi ha sconvolto è che mi sono reso conto di averglielo lasciato fare. Senza fiatare, come se in qualche modo ne avessi avuto bisogno. Come ci sia riuscita, però, rimane un mistero ancora adesso, per me ».
James stava ascoltando ogni sua parola con estrema attenzione, pendendo quasi dalle sue labbra.
Sentirlo parlare con quella naturalezza, con una spontaneità di cui in quel campo era sempre stato quasi del tutto privo, era meraviglioso. Anche se era uno dei pochi che avevano il privilegio di poter conoscere quella parte di lui così autentica e vera, ogni volta che la manifestava era una nuova scoperta, un modo per conoscere suo fratello ancora di più, ancora più a fondo. E si sentiva sempre felice per lui, perché sapeva che quei momenti erano una liberazione per Sirius, sia nel bene che nel male.
« Ho toccato parti di me, con lei, che credevo ormai morte e sepolte » proseguì, battendo la schiena contro la panca. « E l'ho fatto volontariamente, James. Volevo raccontarle di me, volevo sentirla vicina, volevo che mi conoscesse completamente. Sentivo di dovermi fidare di lei, di potermi lasciare andare... e scoprire quanto mi abbia fatto stare bene mi ha stravolto. Perché è stato in quel momento che ho iniziato a capire quanto fosse preziosa per me ».
Si voltò a guardare James, stupito dalle sue stesse parole, quasi più di quanto lo era lui.
Le sue labbra si erano fatte aride e intorpidite, come se tutte le verità che stava pian piano pronunciando le prosciugassero del loro naturale rossore. 
E parlando, non riusciva neanche a rendersi conto di tutto quel che diceva. Era come se le parole non fossero sbocciate da pensieri già maturi, ma d'impeto, dal nulla... dal buio nelle quali le aveva costrette e rinchiuse, certo che non le avrebbe liberate mai più.
« Ho potuto constatare direttamente che in Legilimanzia non è per niente una cima » continuò a dire, un sorriso che gli arricciava la bocca. « Il che non mi ha lasciato molte alternative per capire come riesca a leggermi dentro. Però lo fa, James. E lo fa in un modo che mi spiazza ogni dannatissima volta, perché riesce a sentirmi, a dirmi esattamente quello che mi serve nel momento giusto, e mi libera. E' come... » Sospirò, riflettendo. « E' come se mi semplificasse ».
James lo fissava, serio e attento, e alla fine annuì, in silenzio.
Ogni spiegazione, ogni significato di quel rapporto così inaspettatamente forte, gli appariva un paesaggio nuovo, mai contemplato. Allo stesso tempo, però, tutto quel rimuginare su un sentimento che era semplicemente ciò che era, gli faceva pensare che, forse, non c'era nulla di insolito o di particolarmente sorprendente nella nascita di quel nuovo legame. Perché James aveva sempre, sempre pensato che, se mai Sirius fosse riuscito a innamorarsi come non aveva mai pensato di poter fare, lei sarebbe stata Scarlett. 
Sì, Scarlett e Sirius, che, anche se in una maniera del tutto singolare, finivano quasi per essere complementari. 
Simili sotto fin troppi aspetti, inequivocabilmente separati da concezioni che non si sarebbero incontrate mai, eppure anime affini, attirate da una stessa forza e da una stessa repulsione, anche se a prevalere sull'altra era sempre quell'innegabile e incontrastabile attrazione che li spingeva l'uno verso l'altra, e che andava aldilà della loro volontà, del loro potere, del loro controllo psicologico su quel cuore che batteva forse troppo forte, su quei polmoni che non ingerivano ossigeno, e anzi lo sputavano fuori a brevi tratti ansiosi, su quel loro radicato desiderio di voler tenere sempre tutto a bada, anche i sentimenti, quelli che crescono impetuosi e che nessun argine può trattenere, quelli che bruciano la pelle e premono ovunque, soffocando i pensieri e inaridendo le labbra, quelli che mai, mai dovrebbero essere soppressi, perché nascono per esplodere e spazzare via tutto il resto.
« Sono ridotto davvero uno schifo, Ramoso » concluse Sirius poi, ridendo sommessamente. « Sapevo che fottersi il cervello provoca demenza, rimbambimento e sdolcinatezza acuta, la tua esperienza è illuminante da questo punto di vista », e a quelle parole, James lo colpì con una potente botta sulla nuca, ridendo, « ma speravo che gli effetti su di me sarebbero stati molto meno evidenti... Cazzo, mi faccio paura ».
James continuò a ridere, e Sirius si unì a lui, divertito da se stesso. Era davvero irriconoscibile.
« Sono finiti i tempi d'oro in cui ti prendevi bellamente gioco di me, Felpato » gli rispose James, poggiandogli una mano sulla spalla. « Vedendoti, mi sa che gli effetti agiscono al contrario. Per i più stronzi, sono decisamente peggiori ».
Sirius non accolse le sue parole con la giusta ironia, e decise di approfondire la lotta con James che, come sempre, sfociò nella rissa più feroce.
Dopo un po', quando entrambi furono sazi di botte e risa in parti uguali, desistettero e si abbandonarono stremati sulla panca.
« Sappi, per la tua incolumità » esordì Sirius, passandosi una mano tra i capelli scuri, « che io e te non abbiamo mai affrontato questa conversazione, che dalla mia bocca non sono uscite quelle parole, e che non sono diventato un fottutissimo sentimentale. Sono stato chiaro, fratello? »
James scoppiò nuovamente a ridere. Sirius sapeva essere davvero ridicolo, quando voleva.
« Cristallino » confermò, alzando un pollice in segno di approvazione.
Tra loro cadde il silenzio, e James riprese ad osservarlo, studiandolo, mentre Sirius appariva nuovamente perso tra i suoi pensieri.
« Vorresti farlo fuori, eh? » gli chiese dopo un po', spezzando il silenzio, e Sirius si voltò a guardarlo, perplesso. « Dylan, intendo ».
Quello lo fissò per qualche attimo, serio, poi tornò a guardare un punto imprecisato di fronte a sé, la mascella irrigidita dalla rabbia e gli occhi un po' più assottigliati del normale.
« Potrei » rispose poi, aspro. « Ma la verità è che ce l'ho con lei, più che con lui. Perché tutto quello che è successo tra di noi non è stato frutto della mia fantasia ». Si bloccò, forse ricordando qualche episodio particolarmente significativo che gli era rimasto dentro. « Quando siamo insieme, lei c'è » riprese poi, determinato. « C'è, io la sento, anche perché non avrei mai potuto valicare certi confini se non fosse stata lei a permettermelo. E quello che mi fa più rabbia è che, anche quando riesce a lasciarsi andare, alla fine c'è qualcosa che la frena. Si blocca, ha paura, e non va fino in fondo ».
E forse era quello che trovava più insopportabile in lei e nei suoi comportamenti, perché il suo coinvolgimento lo illudeva, per poi spezzarsi e lasciarlo con l'amaro in bocca di un emozione vissuta a metà.
« Poi, senza un motivo, le salta in mente all'improvviso di frequentare Brown » sbottò ancora, inacidito dalla rabbia. « E allora non riesco più a capirla ».
James sospirò, scuotendo il capo ripetutamente, e lo osservò di sottecchi.
« Lo so, ma... ascolta, io la conosco da sempre » rispose con serietà. « Scarlett non è una di quelle ragazze che... volano di fiore in fiore o non so cos'altro, okay? E Dylan... » proseguì, mentre lui lo fissava, « Dylan è solo un diversivo per sviare i suoi pensieri. Non credo che dietro ci sia molto più di questo ».
Guardò l'amico con intensità, nel tentativo di convincerlo della sincerità delle sue parole, finché non lo vide annuire con un breve scatto del capo.
Era necessario che Sirius riuscisse a distinguere i veri ostacoli che lo tenevano lontano da Scarlett da quel futile e momentaneo problema che portava il nome di Dylan Brown. James era assolutamente convinto che per Scarlett non valesse nulla, e lo era stato ancor di più dopo aver ascoltato le parole di Sirius su quanto il loro legame, con il passare del tempo, fosse divenuto innegabilmente forte.
« Siamo messi male, vecchio mio » fece James dopo un po' in tono grave, spezzando il silenzio che si era venuto a creare fra loro. « Le ragazze ci mettono sotto di brutto e noi stiamo qui a brontolare come due pensionati balordi ».
Sirius rise, passandosi le mani sul viso in un gesto stanco, e si rialzò da terra lentamente, scostandosi i capelli via dalla fronte.
« Ah, parla per te » sbuffò, assestandogli un colpo impietoso sulla nuca. « Questo mio lato così sentimentale » e sputò la parola con un certo ribrezzo, « non fa che arricchire il ritratto dell'uomo perfetto che ti sta di fronte, amico. E' un aggiunta affascinante ».
Si scambiarono un fugace sorriso, poi anche James abbandonò la panca e gli passò un braccio intorno alle spalle, così che si incamminarono insieme verso l'uscita del vasto cortile.
« Sai cosa penso, amico? » gli fece Sirius dopo un po', pensieroso, e James aggrottò le sopracciglia, facendogli cenno di proseguire. « Ci capiamo fin troppo bene noi due, no? » disse allora lui, più serio che mai. « E, insomma, comincio a credere che tutta questa complicità prima o poi sfocerà in qualcosa di molto più profondo di una banalissima amicizia. Andiamo, non dirmi che non provi la stessa cosa! » esclamò, e l'espressione dell'altro fu così comica che dovette reprimere a forza una risata. « Siamo anime gemelle, Ramoso! Tu sei l'altra fottutissima metà della mela! Quelle maledette donne sono solo futili complicazioni... ergo, credo con convinzione che dovremmo assolutamente stare insieme ».
Annuì come a confermare le proprie parole, e James, mutando immediatamente espressione, sgranò gli occhi con aria sorpresa.
« Io e te? » chiese, il tono di voce volontariamente ridotto a un sussurro emozionato e assai poco virile. « Sia lodato Merlino, è ciò che ho sempre sognato! Ad esempio, ti ho mai fatto notare quanto affascinanti siano i tuoi occhi color... color piccione? »
Sirius diede in un teatrale sospiro commosso e, in un abile gesto fulmineo, afferrò fra le proprie la mano che James teneva penzoloni lungo il suo petto e la strinse con forza, abbassando lo sguardo per il troppo pudore.
« E io » disse, la voce che tremava, ma solo e soltanto per la risata che premeva per uscire, « ti ho mai detto quanto incantevoli siano quei tuoi capelli indomabili su cui i raggi del sole vanno a... sbattere? » fece, marcando con vigore l'ultima parola.
James non resistette oltre e rise di gusto, ma si arrestò qualche istante dopo, mordendosi il labbro inferiore.
« E' forse questo un sottile invito a compiere il grande passo? » domandò, portando le mani intrecciate al petto. « E' forse questa una velata richiesta affinché possiamo, dopo tante peripezie, coronare il nostro più alto desiderio e giacere insieme lasciandoci sopraffare dalla libidine più peccaminosa? E' forse que-... »
« Cosa diamine state facendo? » arrivò una voce alle loro spalle, e i due si voltarono di scatto, allontanandosi il più possibile l'uno dall'altro.
Non appena videro di chi si trattava, però, si scambiarono uno sguardo ed esplosero in una fragorosa risata.
E così, in un'atmosfera fin troppo leggera e spensierata, si metteva la parola fine a quello che avrebbe potuto essere un amore degno dei più grandi romanzi rosa nella storia della letteratura mondiale, magica e babbana.
Remus Lupin, da allora in poi considerato il nemico giurato di Cupido, fu reo della brutale fine di un rapporto che mai avrebbe dovuto consumarsi e abbandonare i corpi di coloro che aveva legato. E fu una pena, quella che avrebbe dovuto scontare, destinata ad affliggerlo per l'eternità.
 
 
 
*  *  *
 
 
Why do we fall in love so easy Perché ci si innamora così facilmente 
even when it's not right? anche quando non è giusto? 
 

 
 
« Ah, il Quidditch... croce e delizia. Rimarrò senza uno straccio di M.A.G.O., per colpa sua ».
Era quasi mezzanotte, e la Sala Comune di Grifondoro era deserta, se si escludeva un assai poco nutrito gruppo di studio improvvisato composto dai membri più anziani dell'imbattibile squadra di Quidditch della Casa, disposti intorno a un tavolo con libri sparsi ovunque e piume strette in mano, e costretti a stare in piedi fino a tardi a studiare proprio a causa dei sempre più frequenti allenamenti in vista del match successivo.
James teneva le dita della mano sinistra serrate fra i capelli più ritti ed elettrizzati che mai, e scribacchiava distrattamente sul proprio foglio, gettando frequenti occhiate al focolare acceso soltanto per distrarsi qualche istante; Scarlett non allontanava un istante la piuma dalla pergamena, e il fruscio che la punta affilata e inumidita d'inchiostro provocava a contatto con la carta era uno dei pochi rumori udibili nella stanza; Frank teneva un libro aperto sulle gambe e lo sfogliava a intervalli di pochi secondi, sbuffando altrettanto spesso e scambiando occhiate in tralice con James per trasmettergli un po' di quella disperazione che entrambi indubbiamente provavano; Alan, infine, teneva la penna d'oca fra le dita per puro sport, e la sua pergamena giallastra e ancora tendente all'arrotolarsi di continuo era quasi del tutto immacolata, poiché recava scritto soltanto il titolo in cima, con una grafia minuscola e sbilenca, e, poco più giù, qualche riga scopiazzata di malavoglia dagli amici che lo avevano lasciato fare senza lamentarsi. Di tanto in tanto, però, partoriva qualche perla finalizzata a far schiantare ancor più forte a terra l'umore di tutti, e solitamente pronunciata per lavarsi via di dosso tutte le mancanze del suo rendimento scolastico.
« Non dare a Sua Magnificenza il Quidditch la colpa dei tuoi voti da fogna, Green » replicò Frank, inacidito.
A quelle parole, Alan afferrò uno dei tanti fogli appallottolati e abbandonati sul pavimento e glielo lanciò addosso, ma quello lo afferrò con ostentata pigrizia.
« Amico » intervenne James, sollevando lentamente lo sguardo e puntandolo su Alan. « E' Avada. Avada Frank. Mostra un po' di rispetto, su ».
Frank annuì lentamente, così come Scarlett, palesemente d'accordo coi due.
« Avete ragione, chiedo umilmente perdono » si arrese alla fine Alan, alzando le mani in segno di resa. « Ma con te taglio i ponti, Paciock, che sia chiaro ».
Frank, immerso nella propria lettura, sollevò un pollice e non lo degnò di ulteriore attenzione.
« Ad ogni modo, Alan leva le tende » proseguì l'altro, sistemando le proprie cose e alzandosi da terra. « Per oggi ho dato abbastanza ».
Solo in quel momento, Scarlett risollevò lo sguardo dal proprio tema e lo fissò, sbigottita.
« Hai scritto tre righe e mezzo » gli fece notare, sbirciando il suo foglio di pergamena, e il ragazzo annuì con disivoltura.
« E' la qualità che conta » rispose in tono solenne, sventolando gloriosamente il proprio tema. « Dovresti saperlo, Scar, mi meraviglio di te. Au revoir » fece poi, agitando una mano verso gli amici, e si diresse verso la scaletta a chiocciola che conduceva ai Dormitori maschili.
Quando il rumore dei suoi passi fu svanito insieme alla sua ombra su per le scale, anche Frank chiuse di scatto il libro e diede in uno sbadiglio.
« Mi ritiro anch'io, gente » annunciò, ficcando il tomo nella borsa un po' a fatica. « Affari in sospeso col mio letto. Meglio risolvere in fretta ».
Battè un poderoso cinque a James e si chinò per scoccare un bacio sulla guancia a Scarlett.
Si incamminò lungo la scala a chiocciola, e presto si sentì il rumore sordo della porta del Dormitorio che si chiudeva alle sue spalle.
« Non ce la faccio più » gemette a quel punto Scarlett, afflitta, lasciando ricadere il capo fra le braccia in un gesto disperato.
James, impietosito, le battè qualche pacca comprensiva sulla spalla e prese fra le mani il suo tema, scorrendo rapidamente fra le righe.
« Almeno tu lo hai scritto in inglese » fece, scrollando le spalle. « Io nel mio mi sono espresso più o meno come un Ippogrifo ubriaco, e non credo che la cosa gioverà molto al mio voto... Maledetto Lunastorta » aggiunse, rabbioso. « E' da due strafottute settimane che non mi lascia copiare una riga ».
Scarlett lo ascoltò solo per metà, troppo impegnata a fustigarsi per potergli dare veramente retta. 
Il rimpianto di non aver studiato nulla prima di quella sera la assillava, ma ormai il danno era fatto. Inutile piangere sulla pozione versata.
Dopo un po', si rimise diritta, stringendo nuovamente la piuma fra le dita, pronta a riprendere il compito, e squadrò James, tutto intento a scopiazzare dal suo tema, con un sopracciglio inarcato. 
« Oh » fece, quando notò che lo stava fissando. « Scusa. Copiare è un istinto primordiale... difficile resistere ».
Scarlett rise e si sporse lungo il tavolo per scompigliargli affettuosamente i capelli.
« Copia quanto vuoi » gli fece, agitando una mano a mezz'aria. « Almeno prenderemo un bel Desolante entrambi, e ci consoleremo con tanti bei bacini ».
Il sorriso raggiante che si dipinse sul volto di James fu la prova tangibile di quanto l'idea lo allettasse.
« Scriverò da schifo di proposito, allora » le disse, strizzandole l'occhio, e la ragazza sorrise di rimando, scuotendo ripetutamente il capo.
Fra loro cadde pian piano il silenzio, e lei riprese a scrivere il più rapidamente possibile, sfogliando di tanto in tanto qualcuno dei libri sparsi per il tavolo o consultando il breve e confusionario tema di James senza riuscire mai ad ottenere grandi risposte.
Lui la osservava, scribacchiando di tanto in tanto qualche frase buttata giù senza cura, e sbuffava svogliatamente a intervalli di pochi secondi.
« O mio Dio, ce l'ho fatta » riprese lei stancamente dopo una decina di minuti, facendogli alzare lo sguardo. « Ho finito ».
Richiuse di scatto il libro che aveva tenuto aperto sulle gambe, tappò la boccetta dell'inchiostro e si abbandonò nuovamente sul tavolo, incrociando le braccia, poi afferrò il proprio tema e lo poggiò sopra quello di James.
« Copia tutto e fila a letto, o domani sembreremo zombie » disse all'amico, sorridendogli, e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
Riversò tutte le proprie cose nella borsa di cuoio che aveva tenuto accanto a sé e si rialzò da terra, sistemandosi la gonna sulle gambe.
« Credo proprio che lo finirò dopo » le rispose James, e prima che si fosse allontanata, la afferrò per un polso, bloccandola. « Mettiamoci qui » proseguì, facendo cenno al divano che si trovava alle sue spalle, « io e te dobbiamo fare quattro chiacchiere ».
Inizialmente, Scarlett parve vagamente sorpresa, ma subito dopo sul suo volto si fece largo un sorriso.
« Okay » rispose tranquillamente, mentre James si alzava da terra. « Ma sappi che ho intrapreso una relazione molto intensa col mio letto, e se lo trascuro è solo per stare con te. Ritieniti un uomo privilegiato ».
James scoppiò a ridere e si gettò sul divano spalancando le braccia, seguito da Scarlett che si sistemò comodamente, rannicchiandosi su di lui.
« Beh, guardami » rispose lui, stringendola per la vita, « sono un uomo assolutamente privilegiato! »
Lei rise, colpendolo prontamente con un vigoroso pugno sul braccio.
« Perché devi essere sempre così narcisista? » gli chiese, fingendosi esasperata. « Guarda che io lo so che sei un figo pazzesco, non è necessario che me lo ricordi! »
James, a quelle parole, la strinse affettuosamente a sé, e lei rintanò il capo sul suo petto, sorridendo.
« Sei un'idiota » la apostrofò, scompigliandole i capelli. « Intendevo dire che sono privilegiato perché ho l'immensa fortuna di poter tenere tra le braccia una creatura tanto splendente e meravigliosa quale sei tu ».
A quel punto, Scarlett tornò a fissarlo, un'espressione indecifrabile sul volto.
« Oh » disse, inclinando il capo per studiarlo meglio. « Beh, questo cambia tutto. Se le cose stanno così, un altro bacino è d'obbligo » e subito passò dalle parole ai fatti, stampandogli un rapido bacio sul naso.
Lui sorrise, divertito, e iniziò a scrutarla intensamente, scostandole una ciocca di capelli dal viso, per poi passare ad accarezzarli con delicatezza. Anche Scarlett lo osservò, seria e vagamente perplessa, le sopracciglia aggrottate, e aspettò che fosse lui a parlare.
« Sono un po' arrabbiato con te, sai? » fu il suo esordio, e lei apparve ancor più confusa, così James proseguì. « Credevo di essere il tuo consigliere ufficiale negli affari di cuore, ma evidentemente hai trovato qualcuno di più adatto » spiegò infatti, e a quelle parole Scarlett abbassò lo sguardo, evidentemente illuminata da quella delucidazione, e parve leggermente mortificata, nonostante il tono di James fosse stato tranquillo e per nulla severo. « Dubito sia Lily, però. Se avesse mai capito qualcosa sull'argomento, a questo punto staremmo insieme da parecchio, ormai ».
Sorrise, divertito dalla propria battuta, ma Scarlett non riuscì a fare lo stesso, lo sguardo ancora basso, le mani intrecciate nervosamente in grembo.
James aveva ragione. 
Per lei, non esisteva alcun ambito della sua vita entro il quale lui non giocasse un ruolo fondamentale. Avevano entrambi la fortuna di riuscire a parlare l'una all'altro di qualsiasi argomento, dubbio o problema, senza riserve né titubanze. Si conoscevano da troppo tempo per poter incontrare dei tabù nelle loro conversazioni, e per tutti e due l'opinione dell'altro rappresentava un parere estremamente rilevante, un consiglio sincero la cui fonte era solo ed esclusivamente il bene che entrambi desideravano l'uno per l'altra. 
Scarlett non potè negare a se stessa di essersi sentita parecchio in colpa per aver volutamente escluso James da alcune sue recenti decisioni e da certi avvenimenti che l'avevano toccata da vicino in quel periodo, e sapeva bene che, presto o tardi, avrebbe dovuto confrontarsi anche con lui. Ne avrebbe avvertito il bisogno lei per prima, di questo era assolutamente certa.
Il motivo per cui, però, aveva scelto di tenersi tutto per sé e rimandare il momento in cui avrebbe affrontato James le era ben chiaro. E, in realtà, più che di un motivo, si trattava essenzialmente di una persona. Sirius.
Sirius, sempre Sirius, che ormai da un po' di tempo era divenuto protagonista inconsapevole di gran parte dei suoi pensieri, delle sue scelte e, senza ombra di dubbio, delle sue emozioni più intense.
A James non sfuggì l'imbarazzo con il quale aveva accolto le sue parole, e, per dimostrarle quanto fosse lontano dalle sue intenzioni volerla rimproverare o bacchettarla in qualche modo, le fece sollevare lo sguardo e le sorrise, sereno.
« Hai deciso di uscire con Dylan, non con Mocciosus » le disse, pizzicandola sul naso e facendola sorridere. « Non mortificarti per così poco ».
A quel punto, prese un bel respiro e si sistemò meglio su di lui, appoggiandosi all'ampio bracciolo del divano.
« Perciò lo hai saputo » rispose, grattandosi distrattamente il capo. « Te l'ha detto Sirius, suppongo ».
« Esatto » fu la sua pronta risposta, e Scarlett annuì ripetutamente, assimilando la notizia.
Riprese a tormentarsi le mani convulsamente, quasi inconsciamente, e James attese, finché lei non si decise a parlare.
« Non è stata una scelta premeditata » cominciò a spiegare, e lui la osservò, attento. « Conosco Dylan da un po', lo sai, e l'ho sempre trovato carino, ma non l'ho mai visto come un mio ipotetico ragazzo. Dalla festa di Natale, poi, ci siamo conosciuti meglio e abbiamo parlato un po', finché non sono andata a trovarlo in Infermeria la scorsa settimana... sai, per il suo... »
« Sì, lo so » fece subito James, sorridendo divertito. « Sono andato anch'io al suo capezzale ».
« Ecco » riprese allora Scarlett, lasciandosi andare anche lei ad un sorriso. « Sono andata a trovarlo, e... allora lui mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto uscire con lui non appena si fosse ripreso ». Rise sottovoce, e inizialmente James non capì. « Mi ha detto che meritava un sì solo per le condizioni nelle quali versava in quel momento » spiegò, e anche lui si unì alla sua risata. « E' stato molto carino, così... gli ho detto di sì. Ho pensato che non fosse una cattiva idea, e... che probabilmente fosse arrivata nel momento più opportuno » concluse, e James fece particolare attenzione alla frase leggermente criptica con cui aveva chiuso la discussione.
Nonostante avesse finito di parlare, però, lui non disse nulla, e il suo sguardo suggerì a Scarlett di proseguire, spingendola a completare quello che in realtà non considerava un discorso concluso. Lei colse quell'intenzione, immaginando che James volesse qualche spiegazione in più rispetto alla mera ricostruzione dei fatti che gli aveva proposto.
« Te l'ho detto » riprese infatti, cercando di apparire il più convincente possibile. « E' carino. In più, lo trovo molto simpatico e dolce, quindi... beh, credo meriti un'occasione. E se non dovesse andare, non me ne farò un dramma. Non ho avuto bisogno di un ragazzo prima di conoscere lui, non ne avrò bisogno neanche dopo ».
James annuì lentamente, e dentro di sé iniziò a trarre le sue prime conclusioni. 
Non si era aspettato nulla di diverso. Conosceva Scarlett troppo bene, troppo in profondità per poter pensare a qualcosa di tanto distante da quanto lei gli aveva appena detto. In più, a confermare tutto quello che pensava di quella storia era stato il tono con cui aveva parlato: era fredda, distaccata, e a James parve quasi che stesse ripetendo una definizione del libro di Incantesimi, piuttosto che parlargli dei suoi sentimenti. E quello non era assolutamente da lei.
« Cosa ne pensi? » gli chiese dopo un po', cercando di capire il perché di quel suo silenzio. « Insomma... Dylan ti piace, no? Non credi che sia apposto? »
Sentirle porre quelle domande gli parve quasi comico, sapendo quanto Scarlett fosse testarda e spesso sorda a qualsiasi consiglio altrui. Altro indizio inequivocabile di quanto poco gli importasse di tutta quella situazione. Ma lui volle reggerle il gioco, almeno per il momento.
« Oh, sì, certo » rispose, scompigliandosi distrattamente i capelli. « E' apposto, per carità... Se solo fosse quello che vuoi veramente, sarebbe perfetto ».
Se sul volto di Scarlett si era rapidamente fatto largo un sorriso accennato non appena James aveva cominciato a parlare, con la stessa velocità se ne era andato. A quello, infatti, si sostituì subito un'espressione seria, accigliata e vagamente perplessa.
« Che cosa vuoi dire? » gli domandò, scostandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
A quel punto, James non riuscì più a resistere e rise sommessamente, lasciandola ancor più confusa. 
Aveva atteso fin troppo per mettere fine a quella messinscena, e non riusciva a capire come avesse potuto anche solo sperare che lui avrebbe creduto ad una sola parola di quel che lei gli aveva riferito. Se quello rappresentava il suo miglior tentativo di fingere con lui, avrebbe dovuto lavorare davvero sodo per riuscire ad ottenere un risultato anche solo leggermente convincente.
« Scar, vuoi prendermi in giro? » fece in risposta, allargando le braccia, come a sottolineare l'ovvietà della sua domanda. « Ma ti sei sentita? Mi hai chiesto cosa ne penso! Mi hai chiesto se è apposto! E io dovrei bermi la storia del "è carino, dolce e simpatico"? Merlino, lo hai detto come se mi stessi dettando la lista della spesa! » 
Scarlett rimase parecchio colpita dalle parole di James, e abbassò lo sguardo, tremendamente indifesa.
In quel momento più che mai si rese conto di quanto la conoscesse davvero nel profondo.
Aveva pensato di essere stata abbastanza convincente, di aver recitato bene la sua parte, ma evidentemente l'occhio del suo migliore amico era troppo attento perché potesse sfuggirgli una menzogna del genere.
« Se vuoi che io prenda questa versione dei fatti come vera, lo farò » proseguì lui, ormai deciso a mettere tutte le carte in tavola. « Ma non aspettarti che la accetti senza almeno averti detto come la penso ».
Scarlett risollevò lo sguardo, incontrando il suo.
« Voglio saperlo » gli disse, il tono della voce più basso del normale. « Sinceramente ».
Lui prese un profondo respiro e la guardò fisso negli occhi, catalizzando la propria attenzione su di lei.
« Beh, penso che sia tutta una balla gigantesca, ecco cosa » rispose prontamente, impetuoso come solo lui sapeva essere. « Penso che Dylan sia un bravo ragazzo, davvero, un ottimo ragazzo, ma penso anche che tu non provi la minima attrazione nei suoi confronti. Ti si legge in faccia, Scarlett ».
Lei si irrigidì, sentendosi totalmente smascherata, e deglutì, palesemente in difficoltà.
« Beh, non adesso » ammise, cercando disperatamente qualche ragione a cui aggrapparsi. « Ma questo non significa niente... Insomma, non esistono solo colpi di fulmine o amori a prima vista, no? Potrebbe essere un ottima cosa, noi due insieme, e secondo me vale la pena provarci ».
Lui la ascoltò attentamente, curioso di scoprire quale altra stupidaggine avrebbe partorito per giustificarsi.
« Ecco, adesso è diventato un ottimo investimento da tentare alla Gringott, ho capito » commentò, ironico, e Scarlett sbuffò. « Scar, per favore. Non ho voglia di stare qui a imbottirti di apprezzamenti e sincere felicitazioni per il tuo nuovo affare in amore, sul serio. Vorrei parlarti con onestà, e vorrei che tu facessi lo stesso con me. Altrimenti, dimmi chiaramente che non vuoi starmi a sentire, e me ne andrò a letto senza una parola ».
Lei non ebbe il coraggio di guardarlo, e lo ascoltò in silenzio, senza replicare. Quel silenzio, a James parve un invito a proseguire.
« Tu hai la testa da un'altra parte » disse infatti, accorato. « La testa, il cuore, le viscere... tu stai da tutt'altra parte ».
Scarlett non disse nulla, e continuò a tenere lo sguardo basso. Non aveva intenzione di ribattere, perché avrebbe significato arrivare all'argomento a cui lui stava tentando di portarla, e che lei voleva provare ad evitare finché poteva. 
« Che mi dici di Sirius? » chiese James dopo un po', e a quel nome Scarlett puntò gli occhi su di lui. 
Non potè non notare che in quel momento si erano accesi, e brillavano di una luce di cui in precedenza erano stati totalmente privi.
« Cosa c'entra Sirius? » gli domandò lei a sua volta, cercando di apparire sinceramente sorpresa da quella sua insinuazione.
« Oh, beh, dimmelo tu » rispose James d'impeto, e quella frase colpì Scarlett come uno schiaffo in pieno viso.
Erano arrivati al punto centrale della questione, e lei sapeva che sarebbero andati a parare proprio lì, nonostante i suoi tentativi più o meno riusciti di svicolare. Era inevitabile, perché tutto ruotava intorno a quello, e negarlo non le era riuscito molto bene solo qualche minuto prima.
Con James, inoltre, mentire o fingere in qualche modo le risultava particolarmente difficile. Era come se la straripante sincerità con la quale lui si poneva nei confronti di chiunque, e nei suoi confronti in quel momento, la spingessero ad essere altrettanto sincera con lui in un modo del tutto inspiegabile, ma estremamente forte.
« C'è un motivo per cui non ho voluto parlarti di tutta questa storia, e più in generale di quello che mi sta succedendo in questo periodo, James » esordì, dopo aver preso un gran respiro. « Hai ragione, Sirius c'entra, eccome, ma... voi due siete talmente uniti, quasi simbiotici, al punto che parlarti di lui mi sembra come parlarne a lui stesso, quindi... non ce l'ho fatta. Ed è fantastico il vostro rapporto, davvero, ma non riesco a pensare che quello che potrei dirti non arriverà a Sirius il momento dopo, così... »
« Scar, ascoltami » la interruppe lui, stringendole involontariamente una mano e facendole puntare lo sguardo su di lui. « Quello che sto facendo con te non è puro pettegolezzo, men che meno voglia di farmi i fatti tuoi solo perché non ho niente di meglio da fare. Sei la mia migliore amica, praticamente mia sorella, così come Sirius è mio fratello, e proprio per questo entrambi dovete sentirvi liberi di parlarmi di qualunque cosa, perché provo per voi lo stesso affetto e lo stesso rispetto. Se vuoi che questa conversazione rimanga tra noi e basta, lo rimarrà. Sai che puoi fidarti di me ».
Scarlett lo ascoltò con estrema attenzione, rapita come sempre dal trasporto che metteva nelle sue parole, e si ritrovò ad annuire quasi senza volerlo.
Non era la prima volta che James le prometteva di mantenere il segreto su qualcosa che la riguardava, e lui non l'aveva delusa, né mai l'avrebbe fatto.
A quel punto, perciò, capì di non avere altra scelta se non quella di vuotare il sacco fino alla fine, e sentì che forse ne aveva realmente bisogno. Portare dentro di sé un'enormità di emozioni, pensieri e sensazioni poteva diventare opprimente, a lungo andare.
« Lo so » gli rispose, e un angolo della sua bocca si piegò appena in un sorriso accennato. « E credo che fare un po' di chiarezza possa servire anche a me, perché... Merlino, James, mi sento così confusa... »
Lui la strinse più forte a sé, premendole la guancia contro il capo, e le scoccò un lieve bacio fra i capelli.
« Non ci capisco più niente » mormorò lei, rincuorata dalle sue braccia avvolte intorno alla vita. « Sono successe così tante cose fra me e Sirius... anche quello che ci allontanava, alla fine non ha fatto che renderci ancora più vicini. Perché lo siamo, e negarlo non ha senso. Per un motivo o per un altro, finiamo sempre per stare insieme, e non so se lo voglia lui, o se succeda anche a me, inconsciamente... ma è così. E io non riesco ad evitarlo ».
Sospirò, massaggiandosi le ginocchia con i palmi delle mani.
Credeva che parlare di quelle sensazioni fino ad allora inconfessate l'avrebbe messa in imbarazzo, ma non era affatto così che si sentiva. La difficoltà, infatti, stava nell'ammettere tutti i pensieri che le erano frullati per la mente e le emozioni che aveva segregato nei meandri di se stessa ad alta voce. Farlo rendeva tutto quanto irreversibile, definitivo, e si rese conto di aver paura di accettare i suoi stessi sentimenti. Non si sentiva pronta a farlo, al momento.
« Sirius ha la straordinaria quanto terribile capacità di mandarmi completamente in tilt » confessò, scuotendo impercettibilmente il capo. « Non riesco ad essere padrona di quello che faccio quando sono con lui, ma allo stesso tempo so che, qualunque cosa potrei fare, sarebbe esattamente quello che voglio. E lui sa quello che voglio, sa tutto quello che mi passa per la mente, e non so come riesca a leggermi dentro così bene, ma... è così. E' così da un po' di tempo, ormai ».
Si inumidì le labbra con la punta della lingua, e sollevò il capo verso James, ricercando i suoi occhi che fissavano intensamente il fuoco.
Lui li incrociò ai suoi solo qualche istante dopo, trovandoli sperduti, alla ricerca di qualcosa.
« Provi qualcosa per lui, Scarlett » le disse, inclinando il capo per scrutarla meglio. « Riesci a capire che cos'è? »
Lei sorrise amaramente. Come se fosse semplice... o forse lo era così tanto da spaventarla.
I suoi sentimenti per Sirius erano un enorme punto interrogativo da risolvere, e a questo si aggiungeva la sua precisa volontà di non porgersi domande scomode al riguardo, forse per salvaguardare un po' se stessa, e cercare di stare il più lontana possibile da lui, anche solo e soltanto con il pensiero.
« Inizialmente, pensavo fosse soltanto attrazione fisica » rispose dopo aver riflettuto, sollevando le spalle. « E mi sentivo tranquilla, perché avrei potuto dominarla senza problemi. Col passare del tempo, però, mi sono accorta che c'è molto più di questo ». Cercò di riflettere bene prima di proseguire, e James continuò a fissarla con attenzione. « In realtà, quella che sento è un'attrazione... totale » riprese poi. « Sirius mi stuzzica continuamente, mi mette alla prova, e tutto il nostro rapporto è un isterico gioco mentale a cui non sappiamo mai rinunciare. Lui riesce a catturare la mia attenzione, a stimolarmi e a tenermi sempre sulla corda... a volte mi manca il fiato, quando sono con lui ».
Mentre pronunciava quell'ultima frase, a James parve che si fosse estraniata dalla conversazione per un attimo, come persa in chissà quali pensieri o ricordi, e pensò che l'avesse detta senza neanche rifletterci un istante, spinta solo ed esclusivamente dalle sue emozioni. 
La sua sensazione venne confermata dal modo in cui la vide battere le ciglia più volte in rapida successione, come se si fosse appena risvegliata da un sogno.
Era sicuro che, con più razionalità, non avrebbe avuto il coraggio di riferirgli quella particolare confidenza.
« In più » riprese poi, tornando a guardarlo, « a questo si sono aggiunti tanti altri tasselli. In questi mesi, ho avuto modo di conoscerlo davvero, come non avevo mai fatto in sei anni prima di adesso. Sai... » continuò, facendosi d'un tratto ancor più seria e pensierosa. « Mi ha parlato della sua famiglia. Mi ha raccontato tutto quello che ha passato, il rapporto con suo fratello, e quando ha saputo che... » si bloccò, e James capì che si riferiva al momento in cui Sirius aveva scoperto che Regulus si era unito a Voldemort, « io... io ho provato a stargli vicino. E l'ho fatto perché in qualche modo mi sono sentita privilegiata, visto che... visto che lui aveva deciso di fare conoscere parte della sua vita proprio a me. E credo che lo abbia fatto solo con voi Malandrini, prima ».
James annuì, confermando in pieno le sue parole. 
Sirius gli aveva detto che Scarlett era riuscita a scavare davvero in profondità dentro di lui, e le parole di lei erano la prova di quanto quella voglia di aprirsi nei suoi confronti avesse scavato in modo altrettanto profondo dentro di lei. Era un vicendevole scambio, silenzioso e meravigliosamente intenso.
« Ho conosciuto una persona che non pensavo esistesse, James » spiegò lei, e più sentiva i suoi pensieri trasformarsi in parole, più riusciva a capire. « E ho capito che anche lui spesso dimentica di esserlo. Ma per quanto voglia nasconderla, quella è la sua vera essenza ».
A quelle parole, James sorrise e annuì brevemente.
Scarlett aveva capito davvero tante cose di Sirius. Aveva capito Sirius, in tutto e per tutto. E James pensò che si era innamorato di lei principalmente per quel motivo. 
Essere capito era uno dei desideri più tormentati di Sirius, e lei lo aveva esaudito nel modo più semplice, inatteso e spontaneo possibile.
« Ad ogni modo » proseguì Scarlett, scuotendo il capo, avendo avuto l'impressione di aver divagato, « io... io credo... » esitò, poi deglutì e si decise a continuare. « Io provo qualcosa di forte per lui. Comincio a fidarmi di lui » aggiunse, « e una parte di me sa che, se mi lasciassi andare, forse non avrei davvero nulla da temere ».
Abbassò lo sguardo, pensierosa, e James aggrottò le sopracciglia, perplesso.
« Una parte di te? » domandò, e lei tornò a fissarlo. Un sorriso era affiorato sulle sue labbra.
« Se tutta questa storia non avesse un ma, non starei di certo qui a raccontartela, no? » gli rispose, alzando le spalle. « E il ma in questione è parecchio forte. Ho imparato che sono solo due lettere, ma sanno essere davvero pesanti ».
Sospirò, e James strinse la sua mano, come a volerle infondere il coraggio per andare fino in fondo. 
« Io ho paura, James » disse alla fine, alzando nuovamente lo sguardo per incontrare il suo. « Io ho troppa paura, e... questo mi frena, e voglio che lo faccia, perché già una volta l'irruenza mi ha portata a farmi male, e questo non deve più accadere ».
A James, a quel punto, fu tutto molto, molto più chiaro.
Avrebbe dovuto capirlo subito, ma il fatto che lui conoscesse Sirius per quel che era davvero e che riponesse in lui la sua massima e totale fiducia, probabilmente non gli aveva fatto vedere le cose dal punto di vista di Scarlett. 
Come aveva detto prima, solo una parte di lei, quella che aveva completamente colto e accettato la vera natura di Sirius, quella più emotiva e libera, aveva iniziato a fidarsi di lui. Ne esisteva un'altra, però. E quell'altra era quella che si era brutalmente venuta a formare dentro di lei dal giorno in cui aveva subito il tradimento di Matt, il suo ragazzo di allora. Quella era la parte più razionale e opprimente, quella che aveva il compito di pesare e calcolare, quella che riusciva a vedere con lucidità anche laddove l'istinto era padrone. Quella dominata dalla diffidenza nei confronti di chiunque e dalla paura di soffrire ancora.
« Pensi che Sirius possa farti soffrire? » chiese James, pacato. 
Lei lo fissò a lungo, poi annuì.
« Sì, lo penso » confermò poi, la voce leggermente tremante. « Tu lo pensavi di Matt, e hai avuto ragione. Perciò, lo penseresti anche di lui, se non fosse il tuo migliore amico ».
James sospirò pesantemente, assumendo un'espressione contrariata e dura. 
« Quanta libertà e spontaneità ti ha tolto, quel bastardo » fece alla fine, il tono della voce stranamente aspro. « Quando ti sei messa con lui, non hai ascoltato una sola parola di quello che io e le ragazze ti abbiamo detto... Hai seguito il tuo istinto, testarda come sei. Ma il fatto che abbia fallito una volta, non signi-... »
« Significa che può rifarlo, James » lo interruppe lei, dura. « Significa che non posso più fidarmi del mio istinto. Infatti, ho deciso di non farlo, e di imparare ad essere fredda e razionale. E in maniera fredda e razionale, penso che Sirius sia la persona più pericolosa per me. E' inaffidabile, instabile, imprevedibile, volubile, folle, e in questo ambito anche molto superficiale e tremendamente incline a fregarsene della persona che ha accanto. E tutto questo mi basta per mettere da parte tutto quello che provo per lui, o almeno a provarci, perché mi ricorda che, se cedessi al mio istinto, sarebbe un fallimento garantito ».
Poggiò il capo allo schienale del divano, volgendo lo sguardo al soffitto, poi serrò le palpebre per richiamare a sé quella serenità che aveva perduto.
Parlando di come avrebbe dovuto tenere a bada il proprio istinto, realizzò quanto effettivamente le costasse farlo.
Negare a se stessa ciò che desiderava con tutta l'anima, privarsi di qualcosa che voleva quando era stata privata già di troppo, mentire quando avrebbe soltanto voluto gridare la verità, era chiedere troppo. E se ne rese conto in quel momento più che mai.
Frenare il proprio spirito, spegnere la fiamma che ardeva in lei a causa di un'incontrollabile paura cieca al pensiero di poter sbagliare di nuovo, era una maledizione che scagliava contro se stessa, una violenza alla sua libertà, una pugnalata che infliggeva al proprio cuore per una colpa che non era la sua.
E provava così tanto odio per le conseguenze di quella colpa non voluta, per gli ostacoli che stava piantando ai soli che non avrebbero dovuto pagarla, che si ritrovò a chiedersi con rabbia perché, perché fosse incappata nuovamente in un sentimento così avvolgente da scottarla malgrado fosse un errore.
Perché sì, forse avvicinarsi tanto a Sirius era stato uno sbaglio, ma commetterlo era stato così semplice da indurla a non voltarsi indietro per consultare la ragione, cosa che adesso si ritrovava costretta a fare.
« Non puoi farti condizionare ancora da quello che ti è successo » disse James all'improvviso nel tentativo di farla rinsavire, e lei riemerse a fatica dai propri contorti pensieri. « Non puoi permettere che quel figlio di puttana ti renda la vita difficile anche adesso che ne è totalmente fuori! »
« Invece sì che posso! » ribattè con forza. « Perché se c'è una cosa di vagamente positivo che ho potuto trarre da questa storia è che bisogna imparare a guardare la realtà con lucidità, senza farsi trasportare totalmente dalle emozioni. Il cervello ce lo avremo per qualche motivo, no? Quindi devo farmi condizionare da tutto quello che è successo, perché è stato un prezioso insegnamento ».
Si passò una mano tra i capelli, portandoli disordinatamente indietro con un gesto nervoso.
« Ma tu sai quanto questo mi risulti difficile » proseguì, più pacata. « E con Sirius la tentazione di lasciarmi andare come ho fatto in passato è notevolmente amplificata. Provo sempre a frenarmi, a controllarmi, e grazie a questo non sono andata oltre in certe situazioni. Ma ho capito che questo tentativo con lui non basta. E' per questo motivo che ho accettato di uscire con Dylan ».
James si fece d'un tratto perplesso, ma pian piano assimilò le sue parole, e tutto parve avere un senso.
« Prima di arrivare ad un punto di non ritorno » proseguì lei, decisa ormai a spiegargli tutto quanto, « ho pensato che allontanarmi da lui fosse la scelta migliore, il che però mi risulta parecchio complicato, visto che tutto sembra spingerci l'una verso l'altro. Così è arrivato Dylan, e... » Sospirò, riflettendo. « Lui rappresenta esattamente l'antitesi di Sirius. E l'antitesi di quello di cui ho paura. E' dolce, affidabile, tranquillo, e credo sia anche molto buono. E' una sicurezza, James. E credo di aver bisogno di una sicurezza, per potermi allontanare dall'incognita più grande ».
A quel punto, James riuscì a ricomporre tutti i pezzi del puzzle, cosa per niente facile, considerando la mente contorta con la quale si ritrovava ad avere a che fare. In quel momento, non poté non notare quanto lei e Sirius si assomigliassero, sotto quell'aspetto.
« Ho capito » disse, annuendo e fissandola intensamente. « Stai scappando ».
Scarlett lo osservò con altrettanta profondità, poi non riuscì a reggere la potenza del suo sguardo, e volse il suo verso il fuoco che pian piano si stava affievolendo dentro l'ampio camino in pietra.
« Forse » rispose, sugli occhi il riflesso delle fiamme che stava osservando. 
James continuò a guardarla, studiando il suo profilo con attenzione.
« Non credo sia una soluzione, questa » ribattè, serio. « Penso significhi soltanto rimandare il momento in cui affrontare il problema. Allontanarti da lui non ti porterà a niente, Scar » e a quel punto lei tornò a guardarlo, attenta. « Quello che provi rimarrà esattamente lo stesso, e dovrai farci i conti comunque. In realtà, però, penso che potrai capire tutto questo da sola, e soltanto dopo aver tentato anche questa strada ».
Scarlett lo fissò insistentemente, riflettendo sulle sue parole, poi annuì. 
Probabilmente aveva ragione lui. Sicuramente si sarebbe ritrovata ad ammetterlo qualche tempo dopo.
Si fece nuovamente vicina e lo abbracciò, stringendosi a lui con forza, e James le avvolse la vita con le braccia, sorridendo appena. 
Era una bella sensazione per entrambi, stare stretti l'una nelle braccia dell'altro. Amavano abbracciarsi, da sempre.
« Sirius non ti farà soffrire » le sussurrò dopo un po', facendo scorrere lentamente le dita tra i suoi capelli. « Se non ti fidi di lui, almeno puoi fidarti di me ».
Lei non si mosse, e assimilò le sue parole in silenzio.
Non potè non notare l'utilizzo che James aveva fatto del verbo. Aveva usato il futuro, non il condizionale, il che significava che, per lui, un futuro suo con Sirius non rappresentava una mera ipotesi, ma una realtà che si apprestava a concretizzarsi.
E, allo stesso tempo, non potè negare a se stessa che, non troppo in fondo, una parte di sé avrebbe disperatamente voluto fidarsi delle sue parole.
 
 
 
*  *  *
 

 
Where there is desire there is gonna be a flame, Dove c’è il desiderio ci sarà una fiamma, 
where there is a flame someone's bound to get burned, dove c’è una fiamma qualcuno è destinato a bruciarsi, 
but just because it burns doesn't mean you're gonna die; ma solo perché brucia, non vuol dire che morirai; 
you've gotta get up and try and try and try. devi alzarti e provare, provare e riprovare. 

 
 
 
Era l'alba del 30 Gennaio, e in cima alla torre di Grifondoro, più precisamente nel Dormitorio delle ragazze, era in atto un complotto ai danni della povera, addormentata, neodiciottenne Lily Evans, che in quel momento stava beatamente raggomitolata sul proprio letto, ignara dell'esistenza del resto del mondo.
Le compagne di stanza, al contrario, erano ben sveglie già da parecchi minuti, e sarebbero potute sembrare innocue e allegre ragazze in pigiama pronte ad augurare un felice compleanno all'amica di sempre, se non avessero avuto quelle espressioni malefiche dipinte sul volto e le bacchette magiche sguainate.
Evidentemente, non avevano intenzione di donare alla ragazza un pacifico e sereno risveglio, e l'unica ad avvertire dei lievi rimorsi di coscienza per la cattiveria immotivata che si apprestavano a compiere era, naturalmente, la dolce Emmeline.
« Le prenderà un colpo » sussurrò alle altre, mordicchiandosi il labbro inferiore e lanciando a Lily frequenti occhiate cariche d'ansia.
Alice sbuffò, esasperata dai suoi insopportabili sensi di colpa, e la zittì con un'occhiata fulminante.
« Ci perdonerà quando le daremo i nostri fantastici regali » disse con convinzione, sorridendo tranquilla. « Il mio, ad esempio, è una vera bomba ».
Scarlett e Mary si scambiarono un'occhiata complice e soffocarono una risata che, però, non sfuggì alle antenne sempre tese dell'amica.
« Non fare quella faccia » le fece immediatamente Scarlett, rivolgendole una smorfia. « Non vorrei risultare ipercritica o non so che altro, ma... benedetta Morgana, le hai regalato un paio di paraorecchie rosa shocking » disse in tono eloquente, inarcando un sopracciglio.
Ma l'appunto che Scarlett aveva osato fare, com'era ampiamente prevedibile, scatenò l'ira di Alice, che gonfiò il petto con orgoglio e serrò le labbra, facendo preoccupare Emmeline.
« Sono alla moda » asserì con rabbia, puntandole contro la bacchetta. « Li adorerà, e tu li invidierai. Già ti immagino inginocchiata ai miei piedi a implorarmi di svelarti dove diamine li ho comprati, ma io » aggiunse con aria compiaciuta, « non te lo dirò mai ».
Incrociò le braccia al petto, un'espressione trionfante stampata in viso, e Scarlett alzò gli occhi al cielo, ridendo divertita.
« Come sei amabile, a quest'ora del mattino... » commentò Mary con affetto, sorridendo ad Alice. « Mel, vieni qui, se a Lily non dovessero piacere i suoi stramaledetti paraorecchie fucsia, farà una strage e ti terrà come ostaggio. E, per favore, possiamo fare questa dannata cosa? » aggiunse poi, stizzita.
Tutte annuirono con entusiasmo e, in un batter d'occhio, si radunarono intorno al letto di Lily.
Il piano stava per essere messo in atto; il terremoto Lily Evans avrebbe potuto scatenarsi da un momento all'altro, abbattendo il castello, ma nulla avrebbe impedito alle menti geniali che avevano partorito il progetto di metterlo in scena esattamente come programmato, perciò procedettero senza rimorsi.
« Sonorus » sussurrarono tutte e quattro in coro, puntandosi le bacchette alla gola.
A quel punto, allora, Scarlett sollevò in alto il pollice, poi l'indice, infine il medio, e in quell'istante si scatenò l'inferno.
« TAAAAAAAAAAANTI AUGURI A TEEEEEEEEE! » sbraitarono insieme in un assordante boato, e Lily fece un balzo di mezzo metro sul letto per poi ripiombarvi sopra, gli occhi pieni di sonno sbarrati e i capelli rossi che parevano aver acquistato vita propria, elettrizzati come se avesse preso la scossa.
Dalle bacchette delle ragazze fuoriuscirono stelle filanti e coriandoli colorati che le finirono addosso e che lei sputò e scalciò via, mentre loro continuarono a cantare, il tono di voce talmente alto da far tremare le pareti scarlatte.
« TANTI AUGURI A LILY... » stavano urlando, sorridendo gioiose, « TANTI AUGURI A TEEEEEEEE! » e le piombarono tutte addosso, lottando per stringerla a sé e strozzarla fra le braccia per poi optare in maniera più ragionevole per un caloroso e stritolacostole abbraccio di gruppo.
Il groviglio di corpi si districò solo dopo un pezzo, e Lily prese ampie boccate d'aria per calmarsi e riazionare le vie respiratorie.
« Siete impazzite o cosa? » sbottò, scagliando contro di loro il proprio cuscino. « Poteva venirmi un infarto, potevo soffocare, pote-... »
« Potresti ringraziarci per la meravigliosa sorpresa e per il fatto che non abbiamo dimenticato il tuo compleanno » la anticipò Alice, sorridendo angelica.
Lei la fissò con aria truce per un po', ma non resistette a lungo e, alla fine, si lasciò andare anche lei a un sorriso radioso.
Abbandonò l'ammasso di coperte sotto il quale aveva dormito, e camminò in punta di piedi per andare ad abbracciarle nuovamente.
« E io che pensavo fosse domani! » disse non appena le ebbe lasciate, e loro la fissarono, interdette. « Il mio compleanno » spiegò, ridendo sottovoce. « Già, mi sono sbagliata... se me lo fossi ricordata, avrei dormito con un'occhio aperto, potete giurarci ».
Risero insieme, scompigliandole a turno i capelli, poi Mary tossicchiò sonoramente per richiamare l'attenzione di tutte, e sorrise a Lily.
« Allora » annunciò, dondolando sul posto con aria festosa. « Questa sera non prendere impegni, Rossa, il pigiama party è d'obbligo. Abbiamo già biscotti, cioccolata, schifezze, alcool... » e a quel punto Emmeline gemette, « ... la megatorta di compleanno, con tanto di innumerevoli candeline per i tuoi innumerevoli anni, e... i regali, ovviamente. E a proposito di questo » aggiunse con un sorriso ancor più grande, « chiudi gli occhi, perché ne abbiamo preparato uno tutte insieme come piccolo antipasto per quelli che ti aspettano questa sera. Su, dai ».
Lily guardò le amiche con aria curiosa e sorrise, poi obbedì, serrando gli occhi come Mary le aveva ordinato di fare.
Non appena lo fece, le ragazze diedero il via alla seconda e ultima fase del loro piano non ancora concluso.
Scarlett si diresse verso la finestra, laddove era nascosta, proprio dietro le tende, una grossa scatola rivestita di una carta scarlatta e dorata.
Sorrise malefica prima di porgerlo all'amica, e compiendo quel gesto, le permise di riaprire gli occhi.
« Che carine » fece Lily tutta contenta, intrecciando le mani e premendole sulle labbra. « Davvero, grazie! Lo apro subito ».
Si accoccolò nuovamente sul letto, e slacciò il nastro dorato, per poi strappare via la carta e gettarla a terra senza cura.
Sempre più curiosa, aprì lentamente la scatola, e ciò che vide le fece emettere uno strilletto assolutamente non da lei.
« Bello, eh? » le disse Scarlett, un sorriso che le andava da un orecchio all'altro. « La realizzazione finale è di Alice Prewett, ma tutte abbiamo dato il nostro contributo ».
« Non ringraziarmi, tesoro » aggiunse quella in tono affabile, agitando una mano a mezz'aria.
Lily deglutì, scuotendo incredula il capo. Avrebbe usato quel maledetto regalo per soffocarsi. 
Perché sì, in effetti un cuscino era l'arma migliore per un suicidio di quel tipo. E soprattutto un cuscino su cui campeggiava un'immagine di lei e James incorniciata da un enorme cuore rosso fuoco che le fece venire il voltastomaco e le raggelò il sangue nelle vene.
« E' opera di quell'idiota, vero? » sbottò, fissando Alice con gli occhi ridotti a fessure. « E' un'idea di Potter ».
Si alzò dal letto, il cuscino stretto sotto il braccio, e si avviò a passo di marcia verso la porta.
« Ma che diavolo...? » fece Scarlett, allibita, e guardò le altre come se avessero potuto darle una risposta.
Ma Lily non si fermò.
Agguerrita più che mai, giunse alla porta del Dormitorio dei Malandrini e, senza neanche curarsi di bussare, la spalancò e irruppe dentro la stanza.
Lo spettacolo che le si parò davanti agli occhi fu quello che avrebbe senz'altro potuto aspettarsi di trovare: Peter, che si stava infilando i calzini ed era ancora in mutande, divenne rosso come un pomodoro, afferrò i lembi delle coperte del proprio letto e se le gettò addosso, senza lasciare scoperto neanche un lembo di pelle; Remus, tutto intento ad allacciarsi il cravattino, sollevò lo sguardo e fece per sorridere, ma la sua espressione mutò di botto non appena notò di che umore tempestoso era Lily anche la mattina del suo compleanno; Frank, invece, dormiva ancora come un ghiro, un braccio che scendeva penzoloni fino a sfiorare il pavimento e i capelli scuri ritti in testa come se li avessero tirati a forza uno ad uno; James, che si stava allacciando i bottoni della camicia bianca, fu l'unico a sorridere alla ragazza con aria gioiosa, e, non appena la vide, senza alcun tipo di preambolo, prese a intonare la canzoncina di auguri che l'avrebbe accompagnata per tutta la giornata.
« TAAAAAAAAANTI AUGURI A TEEEEEEEE » cominciò, « TANTI AUGURI A TEEEEEEE... TANTI AUGU-... »
« Maledizione, basta con questa stupida canzone! » sbottò subito Lily, troncando l'entusiasmo di James, e gli si fece vicina.
Non appena fece per aprire bocca, però, la porta del bagno fu aperta e Sirius fece la propria entrata trionfale.
Si strofinò forte i capelli bagnati con il cappuccio dell'accappatoio, poi lo lasciò ricadere, scuotendo veementemente il capo come un cane bagnato.
« Evans » fece alla ragazza in tono grave, « Merlino, la vecchiaia ti rende sempre più acida ».
Passandole accanto, le scompigliò i capelli con la mano bagnata, facendola infuriare ancor di più.
« Tanti auguri, eh » le disse, annoiato, e cominciò a rovistare nel proprio baule alla ricerca del perfetto paio di mutande da indossare quel giorno.
Lily gli lanciò un'ultima occhiata furibonda, poi tornò a rivolgersi a James.
« Che cos'è questo? » gli domandò, afferrando il cuscino e portandolo a un centimetro dal suo naso.
Lui, perplesso, fece un passo indietro per guardarlo meglio e si raddrizzò gli occhiali su naso, osservandolo con attenzione.
« Ma che figo! » esclamò poi, sghignazzando senza ritegno. « Evans, non credevo che per i compleanni fosse il festeggiato a fare regali agli altri... wow, grazie! E, oh, ti amo anch'io » aggiunse, strappandole il cuscino dalle mani per studiarlo più a fondo. « Siamo venuti davvero bene... » borbottò sottovoce, prendendo a camminare per la stanza, e lo mostrò a Remus. « Amico, guarda, tu che ne pensi? »
Il ragazzo allungò il collo per guardarlo e inarcò le sopracciglia in segno d'approvazione.
« Il cuore è un tocco di classe » commentò, lasciando Lily ancor più di stucco, mentre James lo ringraziò e gli battè una pacca sulla schiena.
« Vuoi davvero farmi credere che tu, razza di idiota decerebrato, non c'entri niente? » esclamò allora la ragazza, tentando di riprendere in pugno la situazione.
« Ma certo che no! » arrivò all'improvviso la voce di Alice, e tutti si voltarono, trovando le ragazze fuori dalla porta del Dormitorio.
« Ah, ma buongiorno! » fece Sirius, rialzandosi da terra con un paio di mutande a motivo hawaiano strette in mano. « C'è una festa nei paraggi o cosa? »
James afferrò il cappuccio del suo accappatoio e glielo calò giù fino al mento.
« Evans, sul serio, non posso attribuirmi la brillante idea di questo fantastico cuscino » disse a Lily, mentre Sirius si liberava e inveiva contro di lui. « Mi piacerebbe davvero, ma... ahimè, non sono stato io ».
Lei parve prendere per la prima volta in considerazione l'ipotesi che James stesse dicendo la verità.
Si morse il labbro, e voltò il capo per guardare le amiche appena entrate nella stanza. Loro annuirono contemporaneamente.
« E' stata una vostra idea? » domandò in tono gutturale, e di nuovo le amiche annuirono. « Non eravate suoi complici? » chiese ancora, e ripeterono il gesto.
A quel punto, si sentì improvvisamente avvampare, e chinò il capo, piuttosto imbarazzata.
« Oh » fu tutto quello che riuscì a dire. « Ehm... capisco. Beh, mmm... allora è tutto sistemato. Ciao ».
Girò sui tacchi e si avviò verso l'uscita, ma James la bloccò quando era già arrivata ai piedi delle scale, e la afferrò per un braccio.
« Credi di cavartela con così poco, Evans? » le chiese, inarcando un sopracciglio.
Lei avvertì i muscoli irrigidirsi e il proprio corpo immobilizzarsi, come se James le avesse lanciato un Incantesimo delle Pastoie Total Body.
Deglutì, e tentò un sorriso accennato che non venne fuori al meglio, ma che James ricambiò con calore.
« Hai dimenticato il tuo cuscino » le disse, porgendoglielo, e lei lo afferrò senza una parola, improvvisando un'aria vagamente risentita. « Ah, beh, ti perdono solo perché oggi è la tua giornata. Ma non trattarlo male » si raccomandò, e Lily rise.
Un po' più sollevata, fece allora per andare via, ma James la riacciuffò in un baleno, avvolgendole le braccia intorno alla vita.
A quel tocco inaspettato, Lily trattenne il fiato e il cuscino le scivolò via dalle mani, ma nessuno dei due ci badò.
« Dimenticavo » mormorò James, e lei avvertì le sue labbra in un punto imprecisato molto vicino al suo orecchio. « Buon compleanno, Lily ».
Le posò lentamente la bocca sulla guancia, scoccandole un bacio lieve, misurato, che la indusse a socchiudere le palpebre e a sorridere appena, involontariamente. Fu un tocco leggero, ma Lily sentì il cuore pulsare un po' più rapido di prima, e non riuscì a controllarlo.
Solo quando James la lasciò andare e si chinò per prenderle il cuscino finito a terra, il respiro tornò a farsi regolare.
« Ci si vede in giro, Evans » fu il suo saluto, e lei si voltò appena in tempo per vedere il suo sorriso distratto prima di filare in Dormitorio, fortemente turbata.
Le ragazze, invece, stavano abbandonando quello dei Malandrini proprio in quel momento.
« Grazie della visita! » esclamò Sirius prima che si chiudessero la porta alle spalle, e loro risero di cuore.
Non appena furono uscite, si ritrovarono James di fronte, un sorriso sghembo stampato in volto, e lo salutarono prima di dirigersi dalla parte opposta.
« Ehi, ehi, ehi, Scarlett » disse però lui alla ragazza, afferrandola per un polso, e lei si voltò. « Intanto, bacino a James ».
La ragazza sorrise e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia, stringendolo a sé in un rapido abbraccio.
« Ah, molto meglio » commentò lui, gioioso. « Secondo, ho assolutamente bisogno di parlarti ».
Scarlett si morse il labbro, fissandolo dispiaciuta.
« Proprio adesso? » gli chiese. « Beh, sono tremendamente in ritardo, ma... dimmi, dai, di che si tratta? »
James sorrise con calore. Scarlett si mostrava sempre, sempre disponibile per lui, e questo lo meravigliava ogni volta.
« Sta' tranquilla, posso dirti tutto dopo » le disse, gentile. « Riguarda Lily » aggiunse poi sottovoce. « Ho una sorpresa per lei ».
Non aveva neanche finito di dirlo che lei diede in uno strilletto eccitato e si portò le mani alla bocca, nascondendo un sorriso.
« Non ha bisogno di altre ragioni valide per sposarti, fidati » scherzò, e lui rise. « Beh, ne parliamo più tardi, allora. Scappo ».
La vide schizzare via verso il Dormitorio, e la salutò prima di ritirarsi nuovamente nel proprio.
La prima occasione per tornare sull'argomento nel corso di quella giornata, però, arrivò solo nel tardo pomeriggio.
L'ennesimo allenamento di Quidditch per la squadra di Grifondoro era ormai giunto al termine, e James e Scarlett stavano abbandonando il campo per ultimi, parlottando fitto fitto fra loro con lui che le teneva un braccio intorno alla vita.
« La farai svenire! » stava dicendo Scarlett, gli occhi che splendevano di gioia. « Morirà. Sì, me lo sento. Morirà sul colpo ».
James rise, attirandola a sé per scoccarle un bacio sulla tempia, poi sollevò una mano in un gesto di saluto, e Scarlett notò solo in quel momento che Sirius era a pochi metri di distanza da loro, avvolto dall'oscurità del cielo buio.
« Ciao, amico! » gli fece James non appena fu vicino, slacciandosi da Scarlett per scompigliargli i capelli.
Lui, in segno di saluto, gli assestò una gomitata sul petto e rivolse un cenno a Scarlett, che sorrise appena.
« Sei venuto a guardare gli allenamenti, quale onore! » esclamò James in tono scherzoso, e Sirius rise sommessamente.
« Non avevo di meglio da fare » rispose con noncuranza. « Tu, piuttosto, che diamine ci fai ancora qui? » chiese poi all'amico, un sopracciglio inarcato. « Vuoi fare incazzare la McGranitt ancor di più? »
A quelle parole, James si sbattè il palmo della mano sulla fronte e imprecò a gran voce.
« Merlino, la punizione! » disse, concitato. « Me ne ero completamente dimenticato! Dannazione, devo ancora andarmi a cambiare... »
« Porta via questa » gli fece Scarlett, porgendogli la propria scopa. « Quel dannato Boccino mi ha fatto spezzare il braccio, mi scoccia portarmela dietro... Vengo a prenderla più tardi nel tuo Dormitorio ».
Lui annuì brevemente, afferrandola, poi sorrise ai due e si incamminò.
« Buona fortuna per questa sera! » gli urlò dietro Scarlett.
James le strizzò l'occhio e annuì, per poi allontanarsi a rotta di collo verso il castello, con la sua scopa e quella di Scarlett che strisciavano a terra tracciando solchi sulla neve.
Quando fu inghiottito dal buio e Scarlett non riuscì più a distinguere la sua figura nell'oscurità, gettò un'occhiata in direzione di Sirius, e vide che la stava scrutando. D'un tratto, si sentì smossa da una strana, inspiegabile agitazione, e gli occhi tornarono a fissarsi sul prato innevato, immobili e all'erta.
« Ti ho trovata in forma » disse lui dopo un po', spezzando il silenzio. « Sai, ti guardavo e... voli davvero bene, Banks ».
Lei strinse le braccia all'altezza del petto per ripararsi dal freddo perforante che li avvolgeva, e Sirius la vide rabbrividire appena.
Si slacciò il mantello che aveva legato a casaccio intorno al collo e se lo sfilò di dosso, posandolo con delicatezza sulle sue spalle.
« Tienilo » le disse non appena la vide aprire bocca con aria sorpresa, e accennò un sorriso che lei ricambiò con calore.
Fu sinceramente lieta di avvertire la sua voce così pacata e serena. 
Si era aspettata una burrasca dopo l'incontro spiacevole del giorno prima, ma Sirius non sembrava intenzionato a far guerra o a lanciarsi in uno di quei suoi discorsi ironici e criptici che tanto la infastidivano, e tanto la ammaliavano. Sembrava che tutto andasse bene, o almeno era quello che sperava.
« Il match di Febbraio è sempre micidiale » rispose, dilatando i lembi delle maniche del proprio maglione e serrandole fra le dita. « Il gelo ti paralizza. E poi ho una paura matta di sbagliare tutto e far perdere il Campionato al Grifondoro... non me lo perdonerei mai. E' l'ultima occasione per molti di noi di dimostrare quanto valiamo, no? E poi questa partita... » Sospirò, e una nuvoletta di fumo si dissolse nell'aria. « La vivo sempre in modo particolare. Mi fa uno strano effetto giocare contro mia sorella. Vederla come un'avversaria, sperare che non centri il bersaglio... mi risulta davvero difficile ».
Sirius la ascoltava senza guardarla, gli occhi di metallo fissi di fronte a sé, e annuiva di tanto in tanto.
« Beh, immagino sia insolito » convenne, annuendo brevemente. « E in più, questa volta si aggiunge anche qualcos'altro » aggiunse, e Scarlett aggrottò le sopracciglia, perplessa. « Oltre che contro tua sorella, giocherai anche contro il tuo ragazzo, non è così? »
A quelle parole, lei si irrigidì all'istante e si arrestò, voltandosi di scatto nella sua direzione. Lui, invece, mantenne fermo lo sguardo e non le rivolse la propria attenzione.
« Di che cosa stai parlando? » domandò, anche se forse era una domanda stupida, e lui difatti rise.
Puntandole finalmente gli occhi addosso, inclinò il capo, studiando la sua espressione. 
Quella domanda lo aveva infastidito. Avrebbe preferito che si fosse scagliata contro di lui per aver commentato un qualcosa che non avrebbe dovuto interessargli, persino una conferma di quanto aveva detto, così da scacciare via ogni dubbio... ma non quello. Suonava tanto come una superflua presa in giro.
« Andiamo, Banks, sai meglio di me quanto sei popolare qui a scuola » le fece, in tono tutto sommato rilassato. « Le voci su di te girano in fretta. E anche se solitamente non do molto credito ai pettegolezzi... ti ho vista con i miei occhi, no? Brown sembrava davvero realizzato al tuo fianco, ieri ».
Scarlett lo fissò con incredulità e imbarazzo in parti uguali, le guance un po' arrossate. 
Scavando sullo spesso strato di ironia, riuscì a scorgere fra le sue parole un velo di delusione, e questo non fece altro che scombussolarla ancora.
« Anche tu sembravi piuttosto contento insieme a Mary, se vuoi metterla su questo piano » replicò, sulla difensiva.
E forse aveva detto una stupidaggine solo per ribattere al suo tono d'accusa, ma il suo sguardo perforante la inchiodava sulla neve e la mandava nel pallone.
Lo vide sorridere, scuotere il capo con meraviglia e sfregarsi gli accenni di barba sul mento con il dorso dell'indice.
« Oh, sì, già, io e Mary » fece in tono canzonatorio, annuendo ripetutamente. « La coppia del secolo... Ma andiamo » sbottò poi, d'un tratto meno tranquillo, più tagliente. « Sei troppo intelligente per affermazioni come questa, Banks. Non mortificarti in questo modo ».
Lei serrò le labbra e chinò il capo, risentita. 
Odiava Sirius quando aveva così fottutamente ragione, e odiava se stessa quando si ritrovava priva di tutte le armi capaci di contrastarlo. Ma odiava anche tutti i suoi errori, e quello strano meccanismo non conosceva fine.
« Dylan non è affatto il mio ragazzo » ribattè, la voce ferma malgrado il gelo, e la confusione, e i suoi occhi freddi.
Sirius scrollò le spalle con indifferenza, lasciando scivolare le mani nelle tasche. Quello era un dettaglio del tutto irrilevante.
« Beh, se non lo è, lo diventerà a breve » disse con assoluta noncuranza. « Ha tutti i requisiti, no? Alto, biondo, occhi azzurri, ben piazzato... è persino un giocatore di Quidditch, e chissà quante altre qualità ha in serbo per te. E' il principe azzurro, dolcezza, credo che approverebbe anche tuo padre, il che è tutto dire. Dovresti dargli una possibilità ».
Lei scosse lievemente il capo, stringendo fra i denti il labbro inferiore. Sirius sapeva essere davvero odioso, quando si ci metteva.
« Come mai noto un sarcastico cinismo nelle tue parole? » sbottò, alzando gli occhi al cielo, e lui rise.
« Sarcasmo? » le fece di rimando, fingendosi sorpreso. « Ci hai visto anche del sarcasmo? Pensa... e io che volevo essere soltanto cinico ».
Le sue parole erano puro veleno, e lei non riuscì più a tollerarle.
Gli lanciò uno sguardo infiammato e riprese a camminare, la lunga chioma di capelli mossi che le si agitava sulle spalle con il soffiare del vento.
Era infuriata, e amareggiata, e non riusciva a capire cosa Sirius pretendesse da lei. Si mostrava geloso, colpito nell'orgoglio, addirittura ferito, ma non aveva mai messo in tavola nulla che potesse giustificare un comportamento come quello, e desiderava risposte senza neanche chiederle.
Scarlett avvertì il rumore dei suoi passi dietro di sé, ma non si voltò, anzi avanzò più rapidamente, nella speranza di fargli capire di non volerlo accanto.
« Fermati » gli sentì dire, in tono quasi annoiato, e questo la infastidì ancor di più, tanto che non si prese la briga di dargli retta.
Lui, però, non volle sottostare al suo silenzio, e serrò una mano intorno al suo avambraccio sottile, costringendola a voltarsi.
« Ho detto fermati ».
Lo ripetè lentamente, con forza, con dura decisione. Era a un passo da lei, e Scarlett fu costretta ad inarcare appena il collo per incontrare i suoi occhi. La sua disarmante altezza la dominava, e tutte le volte in cui si ritrovava a scrutarlo così da vicino si sentiva totalmente in balia di lui. Era una sensazione opprimente, insopportabile, ma mozzafiato, e la spaventava. Tutto in lui le metteva paura, dai suoi occhi d'acciaio bollente alla stretta delle sue dita, dalla fermezza nella sua voce alle sue risate imprevedibili. Tutto in lui le metteva paura, ma tutto la ammaliava incontrollabilmente.
Si slacciò bruscamente dalla sua morsa, e arretrò di un passo. Quel contatto l'aveva messa sottosopra.
« Che cosa vuoi? » sbottò, inacidita. « Non ho voglia di stare con te, non se hai intenzione di sputare altre freddure senza senso ».
Sirius non mosse un muscolo e si limitò a fissarla negli occhi.
« Hai ragione, parliamo d'altro » rispose prontamente lui, privo della benché minima espressione, e lei si accigliò. « Parliamo di quello che mi hai detto prima sulla tua paura di sbagliare tutto ».
Fece un passo verso di lei, ma quella volta, Scarlett non si mosse. Le scarpe erano piantate sul terreno, gli occhi incastrati fra i suoi. Non avrebbe potuto andar via, neanche se l'avesse voluto con tutte le proprie forze.
« Non parlavi soltanto del Quidditch » proseguì lui, sempre più deciso ad arrivare al punto. « Non parlavi soltanto di perdere il Campionato. Tu hai paura di perdere e basta » sussurrò, e il suo respiro si dissolse nell'aria pungente che li avvolgeva.
Non smise un istante di studiare ogni suo dettaglio con insistenza, e si fece ancor più serio in volto, così come era immobile e concentrata lei.
« Una sfida, una scommessa, qualcosa a cui tieni » disse ancora, facendosi sempre più vicino. « Però ti piace giocare. Ami il rischio, ami le vittorie, ami sentirti mancare la terra sotto i piedi, ma la paura è più forte, e allora soffochi te stessa, e cerchi di ingoiare tutto quello che provi. Ma è dura » mormorò.
Ormai non c'era più traccia di ironia o di sarcasmo nelle sue parole, e lei pendeva dalle sue labbra, assolutamente e completamente rapita.
« Hai paura delle tue stesse emozioni » disse lui, sfiorandole il fianco con la punta delle dita sotto il lembo del mantello. « Lo noto da un po' ». 
La vide sollevare lo sguardo e puntare i suoi occhi scuri e attraenti su di lui. Sirius percepiva il suo respiro, e tentava di captarne il ritmo.
« Lo capisco » aggiunse sottovoce, inclinando appena il capo. « Ti conosco molto meglio di quanto credi, e questa è una delle mille cose che so di te. Hai paura di quello che provi. Hai paura di un mucchio di cose, in realtà. Me compreso ».
La vide farsi sempre più sconvolta e confusa, tanto che boccheggiò un paio di volte prima di riuscire a dire qualcosa di sensato.
« Io non ho affatto paura di te » ribattè con sorprendente veemenza, le sopracciglia che si incontravano creando sulla fronte una verticale ruga sottile.
Lui schioccò la lingua, avvicinandosi a lei quanto più possibile, tanto che per non lasciare i suoi occhi Scarlett dovette sollevare il mento ancor di più.
Era sconvolta dalle sue parole, sconvolta nello scoprire quanto sapesse, quanto avesse capito, e quanto ancora poteva sentire di lei. Ed era vero. Aveva paura.
« Invece sì » ribattè lui in tono duro. « E' quello che hai dimostrato. Hai paura di quello che provi quando sono insieme a te, hai paura ogni istante quando ti sto accanto, perché sai che potrei fare qualsiasi cosa, esattamente come te. Non hai il controllo di te stessa quando siamo così vicini, e questo ti spaventa, perché non vorresti fare nulla di cui poi ti potresti pentire. Ma questo ti spegne, quando invece dovresti bruciare ».
Fece una pausa, scrutando ogni barlume di luce nei suoi occhi ansiosi, e respirò a fondo, avvertendo in fondo allo stomaco una rabbia immotivata.
« Quella notte hai avuto paura » mormorò ancora, facendo un passo indietro quasi involontariamente. « Ti sentivo tremare, maledizione, e mi hai allontanato comunque. Hai detto basta... » sussurrò, « ma non era quello che volevi ».
Lei fece per parlare, ma aveva il fiato corto, non riusciva a pensare, e tutto in lei era in continua agitazione, un moto perenne che non accennava a cessare.
« Quello che vuoi tu, quello che provi, non è necessariamente quello che voglio io » ribattè con forza, ma nei suoi occhi si leggevano le sue menzogne.
E Sirius non si sentiva più disposto a tollerarle.
« E se adesso facessi questo » le disse all'improvviso con rabbia, attirandola a sé e premendole una mano sulla schiena, « che cosa proveresti? »
Sfiorò la punta del suo naso col proprio e non staccò gli occhi da lei neanche per un istante. Scarlett pareva pietrificata, e respirava appena.
Lo sguardo tremolava di fronte al suo, fragile, pronto a spezzarsi, e alla fine vacillò al punto tale da crollare sulle sue labbra.
Erano arricciate da solchi rossastri, intorpidite dal freddo, ma lei immaginò che fossero roventi come lava. 
E allo stesso modo, lui cedette all'incontrastabile tentazione che attirava i suoi occhi verso la sua bocca, e dovette implorare ogni cellula del proprio corpo per non gettarvisi d'impeto e baciarla come desiderava fare ormai da tempo. Ma la studiò, così intensamente che gli parve quasi di sfiorarla, e la assaporò, divorandola con lo sguardo.
« Non senti davvero niente? » le domandò, la voce d'un tratto roca, tenendola sempre più stretta a sé. « Io so che non è così. Sento quello che provi, riesco ad avvertirlo ».
Scosse il capo, frustrato dalla sua mancanza di reazioni. Era certo che provasse esattamente ciò che credeva sentisse. E odiava, odiava le sue bugie.
« Per Brown non provi niente » mormorò. « Stai combinando un mucchio di stronzate solo perché vuoi stare lontana da me. E questa è paura ».
Lasciò scivolare la mano lungo la sua schiena, e si fece a malapena più distante, riprendendo fiato.
Scarlett serrò le labbra, facendo un traballante passo indietro. Sirius la sfiniva ogni volta, completamente.
« Non è affatto come dici » riuscì a dire in un sussurro, ma sapeva che era una terribile bugia, perché aveva centrato il punto come sempre, perfettamente. « Non è paura. Si tratta di scelte. Se ho deciso di starti lontana, è solo perché... perché forse... forse è la cosa migliore per me » concluse, deglutendo.
Lui rise, rise amaramente, facendola sentire indifesa, completamente disarmata.
« Allora, se non hai paura, stai con me! » la provocò, gli occhi che bruciavano come ogni volta che il suo spirito ardeva. « Stiamo un po' da soli, passiamo del tempo insieme... se hai bisogno di capire, questo è il modo migliore per farlo. E quel maledetto Brown... » aggiunse, scuotendo il capo. « Dannazione, non è quello che vuoi! »
Respirava a fatica, e pareva che ogni singola parola gli venisse sottratta con la forza, tirata fuori dalla gola contro il suo volere... allo stesso tempo, però, non riusciva ad arrestarsi, a bloccare il fiume di verità che finalmente era riuscito ad emergere. Verità, le sue, lasciate sempre un po' a metà.
« Lasciami libero, per una volta » disse ancora, bagnandosi le labbra aride con la punta della lingua. « Dimostrami che non hai paura. Se non ne avrai, allora riuscirai a scegliere. O di lasciarti andare... o di lasciar andare me ».
Lei socchiuse le labbra per dire qualcosa, ma le serrò nuovamente un istante dopo, e riabbassò lo sguardo, senza avere la minima idea di cosa dire.
Avrebbe desiderato con tutta se stessa concedergli tutte le possibilità che le stava silenziosamente chiedendo, buttarsi, per una volta, e non avere paura dell'avvenire, o dei ricordi che le facevano da ombra e la rendevano passiva, immobile e apatica come in realtà detestava sentirsi.
Perché, in fondo, sapeva bene che Sirius stava pagando il debito di qualcun altro. Ma non riusciva in alcun modo ad evitarlo.
« Anch'io voglio sentirmi libera, Sirius » mormorò. « Non puoi scegliere al posto mio ».
Si scrutarono a lungo, e la traccia di delusione che spegneva il suo sguardo le fece venire i crampi allo stomaco.
Lo vide annuire appena, spezzare il contatto dei loro occhi intrecciati, guardare ovunque, ovunque, tranne che verso di lei. 
Lo scorrere dei secondi li immobilizzava.
« Hai ragione, non posso » disse lui, dopo quella che parve a entrambi un'infinità di tempo. « Sei tu a dover decidere. Io l'ho già fatto ».
Scarlett fece per parlare, scossa dalle sue parole, ma non fece in tempo a dire una sola parola che lui le aveva già voltato le spalle.
La sua figura slanciata si disperse ben presto nel buio, e lei rimase da sola nel vasto prato deserto, immersa nella notte, soffocata dai dubbi.
E senza quasi rendersene conto si ritrovò a stringere con le dita che tremavano i lembi del mantello di lui, ad inalarne il profumo muschiato che pungeva sempre la sua pelle... e domandandosi se mai avrebbe potuto risentirlo, fu certa di non aver fatto la scelta giusta.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
« Gente, occhi a me, prego! Vorrei proporre un brindisi! »
« Mary, basta, è l'undicesimo! Dai, su, metti giù quel Whisky ».
« Andiamo, Mel, ti sembrano tanti? E' il diciottesimo compleanno di Lily, ergo diciotto è il numero minimo di brindisi da raggiungere ».
« E credi davvero che al diciottesimo riuscirai ad essere abbastanza lucida anche solo per centrare la bocca col bicchiere? »
« Beh... questo, se permettete, è affar mio. So badare a me stessa anche da ubriaca. Perciò in alto i calici per... mmm... cosa manca? Oh, già, per i capelli di Lily Evans! Affinché splendano eternamente del loro focoso rossore senza mai, mai appassire! Cin cin! »
Sollevò il bicchiere con fin troppo entusiasmo, tanto che qualche goccia di Whisky schizzò via e bagnò le lenzuola, e tracannò l'undicesimo drink senza batter ciglio, mentre le altre la fissavano un po' sbigottite e con i calici ostinatamente vuoti.
Era già trascorsa più di un'ora da quando i festeggiamenti in onore di Lily avevano avuto inizio nel Dormitorio femminile.
Per l'occasione, Emmeline aveva abilmente addobbato la stanza con festoni e ghirlande scarlatte disseminate qua e là, mentre sul letto di Lily troneggiava un lungo striscione con su scritto un semplice, ma sempre efficace Buon compleanno, Evans.
Avevano bevuto e schiamazzato tutto il tempo, mangiato qualsiasi cosa fosse capitata loro a tiro, fatto la classica lotta coi cuscini, e non erano affatto stanche.
Lily aveva già scartato tutti i regali, che adesso stavano ammucchiati accanto al suo letto, e della torta di compleanno che Miley - per quella particolare occasione ospite non autorizzata delle cinque Grifondoro - aveva fatto preparare agli amici elfi, ormai rimaneva soltanto qualche briciola.
Per tutta la serata, Mary non aveva fatto altro che incollare le labbra al collo della bottiglia di Whisky e bere ad intervalli sempre più frequenti, alternando di tanto in tanto l'alcool a qualche sparuta Cioccorana che, a detta sua, avrebbe dovuto fungere da digestivo; Emmeline aveva tentato con tutte le proprie forze di dissuaderla dal suo intento di scolarsi tutto il Whisky presente all'interno della stanza ormai irriconoscibile, ma alla fine si era stancata di starle dietro e aveva deciso di divertirsi, senza più curarsi dello stato in cui l'amica si sarebbe ridotta al termine della serata; Lily aveva ingurgitato Zuccotti di Zucca in quantità industriale, giustificando la propria ingordigia con l'aria di festa che si era del tutto impadronita di lei, e si stava divertendo come poche altre volte in vita sua era riuscita a fare; Miley, in quanto portatrice di cibo dalle cucine, aveva autorizzato se stessa ad esaurire tutte le risorse alimentari di cui erano state provviste all'inizio della serata, e aveva contribuito a dare animo ai festeggiamenti portando con sé gli album delle Sorelle Stravagarie che custodiva come reliquie nel proprio Dormitorio; Scarlett e Alice, invece, erano state più spente del solito per tutta la serata, l'una per lo scombussolamento che era seguito allo scontro con Sirius, l'altra perché Frank aveva dimenticato il loro mesiversario.
« Alice, per l'amor del cielo, molla quel fottutissimo pacco di biscotti e piantala di fare l'asociale » stava sbottando infatti Mary, gettandosi di schiena sul letto per guardarla sottosopra, ma la ragazza scosse il capo con vigore e si ficcò in bocca con risentimento un altro biscotto al cioccolato.
Il gonfio piumone scarlatto era già disseminato di briciole, ma lei non ci badò e frugò ancora nel pacchetto quasi del tutto vuoto.
« Frank detesta questi biscotti » disse con aria truce e terribilmente seria, deglutendo a fatica. « La mia è una pungente ed efficace metafora di protesta ».
Le altre si scambiarono occhiate sbigottite, ma nessuno osò obiettare. Quando Alice litigava con Frank, era meglio per tutti non istigarla alla violenza.
« Oh, guardate, guardate, guardate! » saltò su Miley all'improvviso, compiendo un balzo sul materasso tanto da farlo cigolare.
Indicò con l'indice ricoperto di granelli di zucchero la porta del Dormitorio, e tutte si voltarono a fissarla, perplesse.
Sul pavimento, a pochi centimetri dalla sottile fessura ai piedi della porta, vi era un bigliettino che arrecava una firma scarabocchiata.
Lily guardò le amiche, come se attendesse da loro risposte, e alla fine abbandonò il proprio letto - il più vicino alla porta - e si chinò per afferrarlo.
L'inchiostro era sbavato sulla carta giallastra, e recava la scritta Per Lily scribacchiata sul dorso del foglietto ripiegato.
Gettò un'altra occhiata alle amiche prima di aprire il biglietto, e subito gli occhi ricaddero sulla firma apposta in fondo al frammento di pergamena.
James.
D'un tratto agitata, un sorriso che le arricciava le labbra, si affrettò a risalire le poche righe che il ragazzo le aveva lasciato per iscritto, e lesse il messaggio.
 
 
Ehi, Lily.
Stavo pensando a te.
So che probabilmente te la starai spassando insieme alle tue amiche, immagino che siate già almeno un po' brille... ma ho una proposta da farti.
Oggi è il tuo giorno, e ho in serbo per te qualcosa di speciale.
Se ti va di scoprire di che si tratta, scrivimi.
 
James.
 
 
Terminata la breve lettura, sollevò lo sguardo, fissando il legno scuro della porta senza in realtà riuscire a vederlo.
Improvvisamente, si sentì solleticata ovunque dalla curiosità, e, dopo aver letto quella proposta espressa un po' a metà, moriva dalla voglia di scoprire cosa James avesse in mente per lei. Sorrise, e quasi non se ne rese conto.
« Allora? » fece Mary, che si stava appassionatamente leccando le dita. « Chi ti scrive? Novità piccanti all'orizzonte? »
Lily scosse il capo e sollevò le spalle in un solo gesto. Pareva imbarazzata, tanto che le ragazze si scambiarono qualche sguardo di complice intesa.
« E' di James » rispose, semplicemente, e un boato che fece tremare le pareti esplose nella piccola stanza, così inaspettato che Lily trasalì.
Persino Alice, fino ad allora del tutto apatica a qualsiasi tipo di iniziativa proposta, si scaraventò dal proprio letto verso di lei e le strappò il biglietto dalle mani.
E non aveva neanche avuto il tempo di aprirlo, che le amiche si erano già radunate in formazione compatta intorno a lei, avide di sapere.
Gli occhi di tutte saettarono da sinistra a destra con spaventosa e fulminea rapidità, poi si focalizzarono su Lily contemporaneamente e un secondo tripudio di strilli, urla isteriche e commenti entusiastici carichi di parole sconnesse accolse la lettura e perforò i timpani della sventurata destinataria del messaggio.
« Ma quando diavolo ti deciderai a sposarlo? » esclamò Miley, le mani intrecciate al petto e un'espressione sognante dipinta sul viso.
« Ho in serbo per te qualcosa di speciale... James ci sa davvero fare » sentenziò Scarlett, scuotendo il capo in segno di devota ammirazione.
« Io ero già svenuta per quel stavo pensando a te... » fece Emmeline, premendosi le mani sulle guance fino a perforarle.
« Secondo me vuole proporti qualche zozzeria » fu il commento ben accolto di Mary, che si grattò la nuca con fare pensieroso.
« Frank non mi ha mai scritto una roba come questa » disse invece Alice, amareggiata, e lasciò il biglietto alle altre, dirigendosi nuovamente verso il proprio letto, anche se arrivata a metà strada si bloccò di nuovo per voltarsi a guardare Lily, che pareva totalmente assente.
« HAI INTENZIONE DI RISPONDERGLI O NO? » le urlò dopo parecchi istanti di silenzio, e la vide sobbalzare nuovamente, come se fosse venuta fuori da uno stato di trans temporaneo.
Annuì ripetutamente, senza pronunciare il benché minimo suono, e cominciò a frugare nella propria borsa alla ricerca di pergamena, piuma e inchiostro.
Quando li ebbe trovati, strappò la carta e intinse la penna d'oca nella boccetta colma d'inchiostro nero, lasciandola in sospeso a un centimetro dal foglio.
« Cosa diamine scrivo? » domandò, nervosa, rispondendo agli sguardi carichi d'attesa delle amiche che avevano seguito ogni suo movimento.
Alice sbuffò sonoramente e la colpì sulla nuca in segno di rimprovero.
« Cosa vorresti scrivere, razza di stupida rossa? » sbottò, sempre più infuriata con il mondo. « Prendimi e fa' di me quel che vuoi. Hai un maledettissimo uomo che ti sbava dietro e ricorda le date importanti, commemorandole con impegno, onore e passione. Sfruttalo ».
Lily aveva la mente fin troppo occupata da idee totalmente sconnesse fra loro per ascoltarla e indignarsi.
Tentando di ignorare i commenti entusiastici delle amiche che accolsero la proposta di Alice con gioia, impugnò la piuma con maggior determinazione e cercò di concentrarsi sul messaggio che intendeva scrivere. Partorire un semplice pensiero non le era mai parso tanto difficile.
Ma cosa le stava succedendo? 
Non riusciva a capire se ad averla scombussolata tanto fosse stata la sorpresa in sé e per sé, o il fatto che a proporgliela fosse stato proprio James. 
In quel momento, non volle affatto pensarci, e si affrettò a scrivere, la mano che non riusciva a mantenersi ferma.
E proprio mentre la sua piuma viaggiava spedita lungo la pergamena, il mittente del tanto acclamato biglietto attendeva smaniosamente risposta, seduto in fondo alla scalinata del Dormitorio femminile con lo sguardo fisso sulla porta, l'aria quasi maniacale, e Peter accanto, che teneva fra le mani la boccetta d'inchiostro stappata e la piuma dalla punta ancora imbrattata, la funzione di grande saggio brutalmente toltagli via in sostituzione a quella di scrivano di corte.
« Tre... due... uno... » stava contando James, strizzando gli occhi per non sbattere le palpebre. « Oh, ma andiamo, Evans! » sbottò poi, quando vide che, per l'ennesima volta, neanche l'ombra di un biglietto era apparsa dalla porta serrata e invalicabile del Dormitorio.
Peter sospirò e dovette impiegare tutte le proprie forze per soffocare l'istinto di affogarsi con l'inchiostro del calamaio del ragazzo.
« Non credi che la faccenda stia diventando un po' ridicola, James? » azzardò, guardandolo di traverso, ma lui non lo degnò di un'occhiata.
« Sai cos'è ridicolo, amico? » sbottò, risentito. « E' ridicolo il fatto che questa maledettissima donna impieghi tre quarti d'ora per rispondere a un misero messaggio di due righe! »
L'amico non replicò ulteriormente e assunse un'aria di triste rassegnazione. In effetti, la si vedeva stampata sul suo volto abbastanza spesso.
« Ma... ecco... io non potrei rientra-... » esordì, ma non riuscì a terminare la frase.
In quell'esatto momento, infatti, un foglietto di carta era sbucato fuori dalla fessura ai piedi della porta, e James, con uno scatto fulmineo della bacchetta, lo aveva Appellato a sé, stringendolo fra le dita come se fosse quanto di più caro avesse al mondo.
« Peter, leggilo tu » disse, porgendoglielo, ma il ragazzo scosse con decisione il capo.
« Io sono lo scrivano » obiettò, sollevando le spalle con aria vagamente dispiaciuta. « Non è compito mio ».
James sbuffò e riflettè a lungo sulla questione. In effetti, l'incarico che gli aveva affidato era ben preciso, e non gli pareva corretto assegnargli ancora una mansione senza neanche pensare a un opportuno e adeguato pagamento.
Presosi di coraggio, dunque, aprì il biglietto e trasse un profondo respiro per placare i nervi. Solo allora, cominciò a leggere.
 
 
Si dà il caso che questo sia il tuo giorno fortunato, Potter.
Il mio maturo spirito da diciottenne mi spinge a darti un'occasione, quindi... dimmi un po' cos'hai in quella tua mente bacata.
Mi hai davvero incuriosita.
 
Lily.
 
 
Urlò il suo nome con feroce esultanza e si esibì in un gesto di gloriosa vittoria, ruggendo di gioia.
« E' fatta, amico! » fece a Peter, battendogli una possente pacca sulla spalla, e il colpo fu talmente forte che qualche goccia di inchiostro schizzò fuori dalla boccetta e gli macchiò il volto, lasciandolo pietrificato e decisamente afflitto.
Ma James non badò a nient'altro che non fosse il prezioso messaggio ricevuto da Lily, e corse alla porta del proprio Dormitorio, varcandola con l'andatura eroica di un grande condottiero reduce da un'epica battaglia conclusasi con una schiacciante vittoria.
« Inchinatevi al monumentale James Potter » esordì, le braccia sollevate come a voler invitare i compagni ad inchinarsi e idolatrarlo. « James Potter » ripetè con profonda intensità, lo sguardo ardente. « Instancabile guerriero e conquistatore di Lily Evans ».
Seguirono all'affermazione un po' azzardata sguardi perplessi e basiti, destinati, naturalmente, a rimanere vacui. 
Perché chiedere al monumentale James Potter quale razza di erba medicinale avesse fumato non risolveva alcun interrogativo. Mai. Al contrario, faceva sprofondare ogni quesito nell'abisso oscuro, infernale e privo di fondo del monologo sull'offesa a James Potter. 
E per l'autore dell'offesa arrecata a James Potter non vi era alcuna via di scampo. Mai.
« E' tempo di dire addio agli angosciosi giorni nei quali questo ciclopico uomo tollerava rifiuti e deplorevoli barbarie » proseguì infatti lui, inarrestabile. « Dimentichiamoli. Una nuova Era sta per avere origine dinnanzi a noi. L'Era di James Potter e Lily Evans... finalmente uniti ».
James chinò il capo, in attesa di un applauso che accogliesse la sua commovente orazione, ma nessuno emise un soffio.
Stava per giungere l'ora della fine. L'ora del sopracitato, temibile e interminabile... monologo sull'offesa a James Potter.
« Non ho tempo neanche per darvi degli stronzi, razza di stronzi » sbottò, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.
Si affrettò a strappare un'altro frammento di pergamena e afferrò dalle mani di Peter, appena arrivato alle sue spalle, penna d'oca e calamaio.
« Datti una mossa, sottospecie di mammifero, o la nuova Era si concluderà prima che ti spettini di nuovo i capelli » fece Remus, stravaccato sul proprio letto con un libro di Difesa fra le mani e una scatola di Cioccorane accanto a sé a tenergli compagnia.
James annuì febbrilmente e gli rivolse un breve cenno. 
In effetti, aveva fatto aspettare Lily fin troppo, ma il resoconto del successo aveva voluto la sua parte.
Mentre scriveva, Remus gli ricordò per l'ennesima volta le leggi ormai celeberrime in quel Dormitorio appartenenti al Codice per una convivenza perlomeno civile con Lily Evans, che James conosceva a memoria ormai alla perfezione, ma che, puntualmente, non applicava mai.
Lo ascoltò solo per metà, annuendo di tanto in tanto, ma la sua mente era totalmente rivolta al biglietto che si apprestava già a concludere.
Non aveva alcuna intenzione di spiegare a Lily un bel niente. Avrebbe visto tutto quanto con i suoi occhi.
Gli stessi occhi che in quel momento erano incollati alla porta del Dormitorio femminile proprio come lo erano stati poco prima quelli di James.
Perché Lily aspettava, aspettava e si sentiva straordinariamente trepidante, senza riuscire nemmeno a capire bene il perché.
Il pensiero che James le avesse preparato una sorpresa, una qualsiasi per festeggiare il suo compleanno, la entusiasmava e la innervosiva a un tempo.
Per ingannare l'attesa, si diresse verso il bagno, chiudendosi la porta alle spalle, e volse il proprio sguardo allo specchio.
I capelli erano un disastro, ricadevano gonfi all'altezza del seno e parevano un po' più spenti del solito; indossava ancora la divisa scolastica, anche se il cravattino rosso e oro era slacciato e ricadeva sul maglioncino che le teneva immobile la camicia sottostante; gli occhi, però, erano vispi, non anche solo minimamente appesantiti dalla stanchezza o dalla sonnolenza, e fu l'unico dettaglio di se stessa che si ritrovò ad apprezzare appena.
Afferrò la spazzola che teneva su una delle mensole, e tentò di districare i capelli un tantino ingarbugliati.
Mentre si occupava di un nodo all'estremità di un ciuffo più interno, però, sentì risuonare un coro di urla aldilà della porta.
D'istinto, abbandonò la spazzola sul ripiano del lavabo e spalancò la porta, trovando una situazione pressocché identica a quella a cui aveva assistito pochi minuti prima: le ragazze, infatti, stavano addossate l'una all'altra nel tentativo di leggere il biglietto appena passato sotto la porta, e nessuna di loro aveva minimamente preso in considerazione l'idea che, magari, a leggerlo per prima avrebbe dovuto essere Lily.
La ragazza le osservò con un sopracciglio inarcato, le braccia incrociate strette all'altezza del petto e un piede che batteva ripetutamente a terra.
Quando ebbero terminato la lettura, non prestò ascolto agli strilletti eccitati con cui si esibirono, e strappò loro di mano il foglietto scribacchiato di fretta.
 
 
Fregata, Evans! 
Credevi davvero che ti avrei spifferato tutto in anticipo? 
Ah, mio ingenuo, meraviglioso amore... serve che lavoriamo un po' sul tuo essere un'inguaribile credulona.
Ad ogni modo, sarò da te fra un minuto. Scoprirai tutto con i tuoi stessi occhi.
 
James.
 
 
« E adesso cosa diavolo vuol dire sarò da te fra un minuto? » domandò non appena ebbe finito di leggere il messaggio per la quarta volta di fila.
Le ragazze, ancora completamente prese dal loro entusiasmo, sollevarono le spalle con la stessa aria spaesata che albergava sul suo volto. 
Tutte, tranne Scarlett.
« Vuol dire esattamente questo » rispose infatti, e la sua espressione la diceva lunga su quanto sapesse del sorprendente piano di James.
Lily parve sconvolta, e le puntò contro l'indice, boccheggiando. Aveva recitato la propria parte davvero alla perfezione.
« Tu sapevi tutto! » esclamò, scuotendo ripetutamente il capo. « Dannazione, è mai possibile che tu sia sempre sua alleata? »
Scarlett sogghignò e si lasciò cadere teatralmente sul letto, le braccia spalancate. Un'espressione di puro trionfo splendeva sul suo viso.
« E poi, spiegami » proseguì Lily, inarrestabile, avvicinandosi per poterla osservare dall'alto. « Come accidenti farà ad arrivare fin quassù? Non è possibile accedere ai Dormitori femminili, lo sanno tutti, e non esistono altre vie d'accesso. Quindi, o James è matto da legare, o... »
Ma non riuscì neanche a completare la frase.
Un rumore di nocche picchiate contro i vetri, infatti, la indusse a volgere lo sguardo alla finestra dalle ante serrate posta sulla parete alle sue spalle.
Qualcuno stava bussando e chiedeva di entrare, e lei non riuscì a credere ai propri occhi. 
Il buio si stava prendendo decisamente gioco di lei.
« E' matto da legare » sussurrò, mentre le amiche si davano ai festeggiamenti senza mostrare la minima traccia di decenza.
James era proprio lì, a un passo dalla finestra, e sorrideva aldilà dei vetri. 
La sua figura era immersa nell'oscurità del cielo nero come l'inchiostro, ma Lily riuscì a intravedere una delle sue mani serrata intorno al manico della sua Comet, l'altra fra i capelli ritti e scombinati, e il suo bel sorriso stampato in volto.
Scarlett si affrettò ad aprire la finestra, e inveì contro Lily che era rimasta immobilizzata sul posto, incapace di proferire verbo.
Non appena le ante furono spalancate, James si piegò sul proprio manico di scopa e fece la propria entrata nel Dormitorio femminile.
« Buonasera, gente » salutò, smontando con agilità dalla scopa. « Ciao, Lily » aggiunse poi, rivolgendo un bel sorriso alla ragazza.
Lei scosse il capo ripetutamente, sempre più incredula, e per un po' non riuscì a dire nulla di vagamente sensato.
Le ragazze, al contrario, avevano esultato al suo ingresso come facevano soltanto durante i grandi match di Quidditch, e James si era affrettato a salutarle una per una, raggiante.
« Ma che bella festa! » esclamò dopo aver lasciato andare Emmeline. « Se avessi saputo quanto vi eravate organizzate, di certo sarei venuto prima! Complimenti davvero, ragazze... La prossima festa per la vittoria di Grifondoro la organizzate voi, ci conto ».
Tutte quante risero, e James si unì a loro, puntando poi lo sguardo su Lily, ancora pietrificata e con gli occhi puntati su di lui.
« Che c'è, Evans? » fece infatti James, cercando di scuoterla. « La mia presenza non è forse gradita alla festeggiata? »
Lei non parve riprendersi granché dallo shock, e rimase ancora immobile.
« Sei completamente pazzo » fu ciò che fuoriuscì dalle sue labbra non appena tornò a riaprirle, e James esplose in una fragorosa risata.
« Ah, ma andiamo, ho solo fatto un giretto serale di perlustrazione, nulla di più » fece di rimando. « E, tra parentesi, vi comunico ufficialmente che avete di fronte a voi il primo uomo della storia di questa gloriosa scuola che è riuscito a fare irruzione nei Dormitori femminili di questo castello senza subire lesioni fisiche e psichiche. Applauso, prego ».
E il suo invito fu accolto in pieno dalle ragazze, che si lanciarono in uno scrosciante battimani, sinceramente impressionate dalla sua impresa.
James ne parve sinceramente felice. Almeno qualcuno, allora, era capace di apprezzare e celebrare adeguatamente le sue memorabili gesta.
« Allora, Evans » fece poi, rivolgendosi alla ragazza che non aveva smesso un istante di fissarlo. « Salti su? »
Lei parve, se possibile, ancora più spaesata di prima, e non riuscì a capire cosa James intendesse con quel cenno che aveva fatto alla propria scopa.
« Cosa, mi prendi in giro? » fece, sbigottita. « James, per amor di Merlino, non dire sciocchezze. Non possiamo uscire dopo il coprifuoco, ci beccheranno, perdipiù lì fuori si gela, e... »
« Ragion per cui ti consiglio di coprirti per bene » concluse lui al suo posto, sorridendo. « Non voglio ucciderti proprio il giorno del tuo compleanno ».
Lily non parve affatto convinta, ma non potè resistere al suo sguardo dolce e accattivante al tempo stesso, né al suo sorriso contagioso.
Ben presto, allora, anche lei gli sorrise di rimando, poi annuì brevemente, provocando una nuova ondata di entusiasmo tra le amiche.
Gli voltò le spalle e andò a prendere il cappotto bluastro che indossava sempre quando il gelo si faceva infernale, circondandosi il collo con una pesante sciarpa azzurra e ficcandosi in testa un cappellino dello stesso colore.
Se la grandiosa idea di James era quella di un giro sulla scopa, gliel'avrebbe strappata di mano e gliele avrebbe date nuovamente di santa ragione. Ma volle sperare che, almeno per quella volta, i suoi progetti non includessero abissali idiozie tipiche del suo carattere, e ripose in lui la propria totale fiducia.
« Mi sono imballata per bene » annunciò al ragazzo quando fu di ritorno. « Possiamo andare ».
James la osservò a lungo, poi annuì e si mise nuovamente a cavalcioni sulla scopa dal manico lustro e levigato, voltando il capo per guardarla mentre si posizionava alle sue spalle.
« Divertitevi! » trillò Emmeline, sorridendo a Lily con fare incoraggiante.
« E riportala qui sana e salva, James, o saranno guai! » lo ammonì invece Scarlett, fingendosi minacciosa, e lui rise, sollevando un pollice.
Gettò a Lily un'occhiata di traverso, chiedendole silenziosamente se fosse pronta a partire, e lei annuì con un breve sorriso.
« Beh, ci si vede, allora » fu l'allegro saluto di lui. « Non aspettatela sveglie, potremmo far tardi ».
A quelle parole, Lily gli diede un colpo alla schiena, ma nello stesso istante scoppiò a ridere, così come lui.
L'attimo dopo, invece, si sentì mancare il pavimento sotto i piedi e si ritrovò già in volo, con James davanti a lei che stava chino sul manico di scopa per sbucare fuori dalla finestra aperta.
Fuori l'aria era gelida, pungeva il viso, raggelava il dorso delle mani, faceva quasi battere i denti, ma Lily si strinse a lui il più possibile, e subito le parve di sentirsi un po' più calda, come se già la sua vicinanza fosse un conforto contro il vento che le sferzava la pelle.
Si sentiva scombussolata e sempre più confusa, non aveva idea di cosa James avesse in mente, né di dove la stesse portando, ma la curiosità la divorava, e qualcosa le diceva che la sorpresa che le aveva preparato sarebbe stata splendida, e semplice, proprio com'era lui.
James riusciva a capire alla perfezione ciò che Lily desiderava nel profondo, e fu proprio per questa ragione che si fidò di lui completamente, lasciandosi andare contro la sua schiena senza più pensare a ciò che la aspettava, ma solo agli istanti che scorrevano, perché era certa di volerli ricordare tutti quanti.
« Non salivo su una scopa da non so quanto tempo! » disse a James dopo un po', mentre scendeva in picchiata verso il prato sempre più vicino.
Lo sentì ridere, e notò che le lanciò una fugace occhiata di traverso.
« Beh, è un onore essere il tuo cavaliere, Evans! » le urlò di rimando, superando il fruscio del vento che premeva sulle orecchie.
Lily sorrise, e si preparò all'atterraggio, le mani affondate nelle tasche del caldo giubbotto di James.
E fu solo quando furono a un passo dal prato innevato che si rese conto del luogo in cui si trovava. James l'aveva portata alla rimessa delle barche.
Non ebbe tempo di rimuginare sulla ragione per cui l'aveva condotta sin lì, e piantò i piedi a terra, smontando dalla scopa con le gambe tremanti.
« Stai bene? » le chiese subito James, sorridendole. « Tremi come una foglia ».
Lily si affrettò a scuotere il capo e ricambiò il sorriso con calore.
« Sto benissimo » gli rispose, la voce ferma nonostante il freddo, e James le rivolse un secondo sorriso prima di voltarle le spalle e varcare l'entrata a forma di arco che introduceva alla piccola e stretta banchina.
Le pareti erano nere come pece, ruvide, e ricoperte da un sottile strato di umido che si incollava alla pelle non appena le si sfiorava. Il soffitto non era visibile a quell'ora tarda della sera, e si disperdeva nel buio che filtrava dall'esterno e che oscurava ogni dettaglio altrimenti ravvisabile, mentre su un breve tratto d'acqua scura galleggiavano alcune barche poco spaziose, che si scontravano con il bordo roccioso della banchina tutte le volte che un soffio di vento smuoveva la superficie quasi sempre piatta del lago.
Non appena entrato, James prese a trafficare con un grosso nodo che teneva legata l'imbarcazione alla banchina, e Lily lo fissò, interdetta.
« Ma... cosa...? » balbettò, senza sapere cosa dire, e lui si distrasse per un istante e le lanciò un'occhiata.
La trovò assolutamente spaesata, e fu solo quando la studiò con maggiore attenzione che decise di fornirle, finalmente, qualche doverosa spiegazione in più.
« Il secondo giorno di scuola del nostro primo anno » spiegò infatti, sorridendo appena, « io e Scarlett ci siamo raccontati tutto quello che ci era successo fino a quel momento. Ricordo che, tra le altre cose, mi parlò in particolare della ragazzina dai capelli rossi che aveva conosciuto in Dormitorio. E mi disse che aveva amato più di ogni altra cosa salire in barca e guardare il paesaggio, e che aveva parlato del Lago Nero per più di un quarto d'ora, anche se nessun altro lo aveva considerato l'attrazione principale di tutta quella giornata fantastica. Allora ho pensato che... beh, ti sarebbe piaciuto fare un altro giro prima di andare via di qui ».
Sollevò le spalle, tentando un sorriso speranzoso, e lasciò andare la corda che aveva tentato di slegare, mentre Lily... Lily sorrise con una gioia tale che il cuore di James si colmò di sollievo.
« E' il tuo regalo? » gli domandò, senza riuscire a smettere di sorridere, e James annuì, massaggiandosi la nuca.
« Sì... diciamo di sì » rispose infatti. « Sai, da Mielandia avevano finito gli Zuccotti di Zucca, così... »
Lily scoppiò a ridere, travolgendo anche lui, e per molti secondi fu difficile smettere.
Alla fine, però, gli si fece vicina, e afferrò l'estremità della corda che lui aveva lasciato andare per dargli una mano a slacciare il nodo.
Quando fu finalmente sciolto, James tenne stretta la corda con una mano, porgendo l'altra a Lily così da aiutarla a salire a bordo.
« Prego, signorina Evans » le disse, chinando appena il capo, e lei rise sommessamente, poggiando la mano sulla sua per non rischiare di scivolare.
Si sistemò sull'imbarcazione, attirando le gambe al petto per poi circondarle con le braccia, e studiò James mentre si accomodava di fronte a lei.
Dopo aver sistemato la scopa di fianco a sé, lasciò andare la corda, e la barca andò a cozzare lievemente con quella vicina, ma una volta preso possesso dei remi, prese a spingere l'acqua verso l'uscita, e ben presto si ritrovarono fuori dalla rimessa delle barche, a galleggiare sulla superficie del Lago Nero.
Dopo alcuni minuti, James si rese conto che remare era estremamente faticoso, nonostante lui lavorasse sodo con le proprie braccia quasi giornalmente e fosse ormai avvezzo a sforzi di quel genere. Ben presto, però, cominciò ad avere caldo, tanto che si liberò del giubbotto, sistemandolo senza cura da qualche parte dietro di sé.
« Vuoi prenderlo tu? » domandò poi a Lily, ripensandoci all'improvviso, e lei parve rifletterci su per un po' prima di annuire.
Lo afferrò, gettandoselo sulle spalle, e il calore che emanava - non seppe spiegarsi il motivo - le fece subito pensare alle braccia di James che la stringevano. L'immagine che si ritrovava di fronte, poi, non la aiutava per niente a tenere lontana la mente da quel pensiero: il tessuto del suo maglioncino era leggero, sottile, e disegnava alla perfezione ogni contrazione, ogni movimento dei suoi muscoli. E lei, lei non riusciva a distogliere lo sguardo.
Non appena si accorse di quello di James puntato su di lei, però, serrò gli occhi per un istante, riacquistando il controllo che aveva perduto, e voltò il capo verso il castello che si allontanava sempre più, osservando la scogliera su cui si stagliava, la forma delle torri che dominavano su tutto il paesaggio, le ampie vetrate illuminate che, a quella distanza, parevano lucciole, e ancora l'immensa distesa del prato innevato che sfociava nella fitta schiera di alberi della foresta buia, la superficie dell'acqua dolcemente smossa dal lento movimento dei remi e il cielo che li avvolgeva come una bolla scura, tenendo loro compagnia...
Per Lily, fu come ritornare bambina. 
Un'undicenne danneggiata e delusa dalla rottura con la sorella, ma inevitabilmente emozionata per aver trovato un luogo dove sentirsi bella, nuova, felice; una ragazzina capace di meravigliarsi, nonostante tutto, di fronte a un paesaggio veramente magico, entusiasta nel sentirsi galleggiare sull'acqua troppo scura per potervisi tuffare con lo sguardo, verso il luogo che l'avrebbe cambiata, che sarebbe diventato casa sua.
Le sensazioni che avvertì in fondo allo stomaco furono stupefacenti, e sentirsi catapultata nel passato proprio allora, quando tutto stava per finire, le rese, se possibile, ancora più intense. Se James non avesse pensato a una sorpresa così bella, non avrebbe mai potuto rivivere così a fondo quei ricordi, né avrebbe potuto dire addio ad Hogwarts nell'esatta maniera in cui le aveva dato il benvenuto. E per questo gli era immensamente grata.
Mentre lei era persa fra i ricordi, lui non fece altro che osservarla.
Non voleva distoglierla dai suoi pensieri, e l'espressione distesa che albergava sul suo viso gli suggeriva che stesse riflettendo su qualcosa di bello.
Così continuò a remare, osservandola mentre si guardava intorno, senza sapere che lui, invece, non aveva occhi che per lei.
Solo quando furono parecchio distanti dalla riva, James lasciò ricadere i remi sui fianchi della barca, lasciandola galleggiare sulla superficie dell'acqua.
A Lily ci volle un po' per capire che si erano arrestati, ma alla fine voltò il capo verso di lui e gli sorrise appena.
« Devi scusarmi » gli disse, avvicinando il capo alla spalla. « Non sono stata particolarmente loquace ».
James rise, scuotendo con determinazione il capo, e serrò le mani sui bordi spessi dell'asta di legno sulla quale sedeva.
« Ti ho portata qui per farti rivivere alcuni ricordi » rispose con semplicità. « Non dovevi dire nulla, davvero ».
La guardò lasciarsi scivolare sull'incavo della barca, rannicchiarsi su se stessa, sorridergli di nuovo, come se non sapesse fare altro. E, senza neanche riflettere un istante, abbandonò il proprio posto per sederle accanto, la schiena che premeva contro il legno, il braccio che sfiorava il suo.
Lo sguardo di Lily si posò immediatamente su di lui, ma non si allontanò, anzi si fece un poco più vicina.
« E' una notte meravigliosa » mormorò, reclinando il capo all'indietro per osservare il cielo.
James annuì, e rimase incantato a scrutarla, anche se lei, concentrata com'era sulle stelle, non lo notò.
« Già » fu l'unica cosa che riuscì a dire inizialmente. « Beh, sono stato fortunato. Voglio dire, se avesse piovuto, o peggio ancora nevicato, non ho idea di cosa avrei mai potuto inventarmi, perché... insomma, il lago avrebbe potuto... avrebbe potuto straripare, no? E allora sarebbe stato un casino, perché rimandare non avrebbe avuto senso, è una sorpresa per il tuo compleanno... non che io non abbia voglia di prepararti sorprese anche per gli altri giorni dell'anno, ovviamente, io potrei... potrei avere delle pensate geniali 365 giorni all'anno, ma forse... ecco, forse la cosa andrebbe un po' per le lunghe, e si perderebbe anche l'effetto sorpresa che invece dovrebbe essere la chiave... la chiave della sorpresa, appunto... scusa il giro di parole, ma... ecco, quello che voglio dire è che... è una fortuna che ci sia il sole. Cioè, che non piova, intendo. Non ci serve altra acqua, no? Già... »
Annuì ripetutamente, sorridendo, finché Lily, dopo parecchi attimi di imbarazzante silenzio, non esplose in una fragorosa risata.
In effetti, da fin troppo tempo James non intraprendeva la via di non ritorno dei suoi discorsi assolutamente sconclusionati con lei. E questo le era mancato.
« No, James, non ci serve altra acqua » fece, rispondendo con gentilezza alla sua affermazione insensata, e rise ancora, scuotendo appena il capo.
James si unì presto a lei, rendendosi conto della valanga di stupidaggini alla quale aveva dato voce, e pensò che, malgrado fosse un suo comportamento abituale, gli succedeva molto più spesso del solito quand'era proprio in compagnia di Lily.
Continuarono a ridere ancora per un po', spensierati, e quando alla fine le loro risate si spensero, intorno a loro l'unico rumore udibile fu il frinire di grilli lontani.
Lily si sistemò meglio sulle spalle il caldo giubbotto di James, e attirò le gambe al petto per proteggersi dal freddo. 
Il sottile tessuto delle sue calze sfiorava quello scuro, quasi nero dei jeans di James.
« Ti ricordi la prima volta in cui siamo saliti su queste barche? » gli chiese dopo un po', picchettando il palmo della mano sul fianco dell'imbarcazione, e James annuì con aria allegra, sorridendo. « Quando stavo per salire, mi hai superata di corsa e mi hai fregato il posto solo per farmi uno sgarbo ».
Rise, rivivendo il momento, e anche James riuscì perfettamente a ricordarlo.
« Volevo attirare la tua attenzione » spiegò, sorridendo. « Avevo trovato... come dire... particolarmente divertente il nostro litigio sul treno ».
Lily annuì, scostando un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
« Eri un maledettissimo nanerottolo impertinente » sbuffò, divertita, e James, dal canto suo, non potè che darle ragione. « Da bambina, non riuscivo davvero a capire come mai mi avessi preso di mira ».
A quelle parole, lui puntò il proprio sguardo su di lei, stranamente serio in volto, e Lily si ritrovò a chiedersi se avesse detto qualcosa di sbagliato.
« Adesso hai capito, invece? » le domandò lui a bruciapelo, inclinando il capo per studiare la sua espressione.
Lei parve sorpresa dalla sua domanda, e serrò le labbra, troppo confusa per poter azzardare una qualsiasi risposta. 
Sapeva bene, però, che ciò che le impediva di farlo era il conoscerla fin troppo in fondo.
« Comincio a capire » mormorò infine con dolcezza, un angolo delle labbra intorpidite sollevato appena in un sorriso accennato, e non aggiunse nient'altro.
James, invece, continuò a scrutarla senza imbarazzo, senza paura, perché di guardarla e studiarne le mutevoli espressioni non si stancava mai.
« Uno dei primi giorni di scuola » ricordò con un sorriso, « mi hai versato addosso della marmellata di ciliegie solo perché ti avevo chiesto se i tuoi capelli avessero preso fuoco quand'eri nata, ti ricordi? » e lei rise, annuendo. « Sai, non ho mai avuto modo di spiegartelo, ma... ecco, è strano, ma fino a quel momento non avevo mai incontrato una persona dai capelli rossi ».
A quelle parole, Lily sgranò gli occhi per la sorpresa e scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con il dorso delle dita.
« Dici sul serio? » gli fece, sbigottita. « Oh, ma andiamo, com'è possibile? In undici anni di vita non avevi mai visto qualcuno dai capelli rossi? »
James scosse il capo come per discolparsi, poi annuì, ridendo.
« Giuro! » esclamò, divertito. « Ecco perché mi sono venute in mente le idee più strane. Poi, però, Sirius mi ha rivelato l'esistenza di quel particolare colore di capelli, e ha aggiunto che quelli da studiare, in realtà, avrebbero dovuto essere i miei » e qui rise più forte, ricordando l'espressione più che seria dell'amico quando gli aveva confidato i propri dubbi riguardo alla naturalezza della sua chioma elettrizzata e ribelle.
« Anch'io ho sempre pensato che fossero un fenomeno contronatura » osservò Lily, e senza alcun tipo di preavviso, si sporse per scompigliarli affettuosamente.
James rise di cuore, lasciandola fare, e i suoi capelli si fecero, se possibile, ancor più disordinati del solito.
« Che stai facendo? » le chiese fra le risate, e lei sollevò le spalle con nonchalance.
« Era da secoli che volevo farlo » gli disse, allegra, poi decise finalmente di allontanarsi.
E osservandolo, notò che ogni singolo ciuffo sulla sua testa andava in una direzione completamente opposta a tutti quelli accanto. Era parecchio buffo.
« Pensavo li odiassi, Evans » disse, sorridendo, ma lei scosse prontamente il capo.
« Pensavi male, Potter » rispose con prontezza, e, sorridendo, gli si fece più vicina. « Stavo pensando anche a un'altra cosa » gli fece poi, allegra.
Lui si girò a guardarla, incuriosito.
« Altri ricordi del nostro periodo d'oro? » suggerì con fare ammiccante, e Lily annuì con una risatina.
« Esattamente » replicò in tono rilassato. « Ricordo quando, al terzo anno, avevo preparato una pozione praticamente perfetta e tu sei riuscito a farla esplodere senza neanche farti beccare da Lumacorno. Quello è stato sicuramente uno dei momenti in cui ti ho odiato di più in assoluto ».
Lui la fissò, senza sapere se ridere o meno.
« Beh, lo avevo intuito, sai? » ribattè, ironico. « Dannazione, per vendicarti ti sei infiltrata nel mio Dormitorio e hai dato fuoco alla mia scopa davanti ai miei occhi! »
Lily rise di gusto, per nulla pentita della propria trovata, e James la fissò, sinceramente offeso.
« Cosa ci trovi di tanto divertente, razza di piromane da strapazzo? » fece, più serio e risentito che mai. « Con quella meravigliosa compagna di viaggio ero riuscito ad entrare in squadra al secondo anno e a vincere il Campionato! E' stato un colpo tremendamente basso, Evans ».
« E tu, allora? » ribattè lei, altrettanto infervorata. « Era una Pozione Restringente magnifica, ergo un Eccezionale assicurato, e tu l'hai fatta esplodere insieme al mio voto in un colpo solo! La mia, almeno, era una vendetta, non una cattiveria gratuita ».
« Ma non puoi mettere a confronto una pozione con una scopa! » fu la pronta risposta di James. « Il paragone non sussiste, e la tua vendetta, come l'hai definita con tanta leggerezza, dovrebbe essere considerata un reato degno di Azkaban! »
Continuarono a battibeccare per un po', con una foga e una partecipazione che non erano esattamente propri di una marachella ormai risalente a ben cinque anni prima. Solo dopo parecchi minuti, quando entrambi avevano terminato gli argomenti da presentare a vantaggio della propria posizione e si erano finalmente resi conto della stupidità della scenetta che avevano messo in atto, posero fine alla loro diatriba, ridendo di gusto insieme.
Ricordare i momenti salienti del loro rapporto fatto di eterni scontri e liti continue si stava rivelando estremamente divertente, tanto che non smisero di scambiarsi aneddoti e annesse considerazioni, riflettendo su quanto tutto sembrasse loro distante, in quel momento, perché tutto, in effetti, era diverso.
Risero senza stancarsi mai, scambiandosi di tanto in tanto qualche spontaneo, semplice gesto d'affetto, guardandosi sempre negli occhi come non avevano mai paura di fare, perché in loro, la sincerità era la base di ogni altra cosa. 
E restarono vicini l'uno all'altra, alternando chiacchiere infinite a brevi pause in cui osservavano le stelle, e si stupirono ogni istante per la sensazione che si era diffusa in ogni particella dei loro corpi, perché somigliava tanto, troppo alla felicità.
« Certo che è strano, però » disse lei dopo un po', lo sguardo rivolto al cielo. « Ho sempre pensato che fossi un arrogante stupido, e ho sempre creduto che non avrei mai smesso di vederti in questo modo... però, adesso sono qui con te ». Sospirò. « Che cosa è cambiato? »
Voltò il capo verso di lui, intrecciando le mani fra le gambe in un gesto distratto e inconsapevole, e attese una risposta che non tardò ad arrivare.
« Tutto » disse infatti James, sollevando le spalle. « Siamo cambiati noi, è cambiato tutto ciò che ci circonda... i nostri sentimenti. Sono cambiati ».
Pronunciò le ultime parole guardandola fisso negli occhi, e Lily non riuscì a reggere il suo sguardo, né le sue verità.
Perché James aveva ragione: i suoi sentimenti erano cambiati.
L'odio e la riluttanza che aveva sempre provato nei suoi confronti si erano pian piano trasformati in meraviglia, un tenue stupore che era sbocciato nella conoscenza e nella complicità per poi divenire emozione. Perché era sempre una forte emozione quella che provava stando a contatto con James, una parte di lei fino ad allora sconosciuta che vibrava al suo tocco, al suono della sua voce, allo splendente lampeggiare di un suo sorriso, o anche al solo saperlo vicino.
Tutto era stato ribaltato, e ancora in quel momento non riusciva a capire come ciò fosse accaduto senza che se ne rendesse conto.
Forse era stata la semplicità e la naturalezza con cui tutto si era trasformato, forse il fatto che lei stessa avesse ricercato il cambiamento... Non volle pensarci, e non volle domandare nulla a se stessa, non porsi i soliti, stupidi perché destinati a non avere mai risposta.
« Me ne accorgo anch'io, sai? » mormorò dopo un po'. « Adesso, va tutto un po' al contrario. Questa sera, per esempio... » Si morse il labbro, dubbiosa, ma si decise a proseguire, « ... ero felice che su quel biglietto ci fosse la tua firma ».
Gli sorrise con spontaneità, e l'espressione che si dipinse sul volto di James fu talmente meravigliata che un sorriso nacque spontaneo sul suo volto.
Lui, però, non disse nulla, perché forse non c'era davvero nulla da dire. 
Accolse sul palmo aperto della propria mano quella di Lily, e intrecciò lentamente le dita alle sue, studiandole una per una con straordinaria intensità. E ne accarezzò dolcemente il dorso, vezzeggiandone la pelle bianca, mentre lei si beava del suo tocco misurato e leggero, perché nessuno, nessuno l'aveva mai sfiorata come James stava facendo in quel momento.
Si lasciò andare alle sue carezze e, quasi senza rendersene conto, abbandonò il capo sulla sua spalla, socchiudendo le palpebre.
James le infondeva un'indescrivibile sensazione di sicurezza che, una volta penetrata in lei, non la abbandonava finché lui le era vicino. Le sue mani erano calde, e grandi, e confortanti, e sentì che avrebbe desiderato avvertirle sempre a contatto con le proprie.
Sollevò lo sguardo, incontrando quello intenso e penetrante di lui, e si rese conto della sua estrema, elettrizzante vicinanza.
Neanche James rimase impassibile di fronte al suo viso così poco distante dal proprio, anzi avvertì le viscere contrarsi dolorosamente in fondo allo stomaco, e un pensiero folle e fulmineo attraversargli la mente: desiderava, con ogni particella del proprio corpo, baciare le sue labbra e non lasciarla più andare.
In un solo istante, la smaniosa voglia di annullare ogni distanza fra loro si fece feroce, prepotente e dominante come non era mai stata. Quei sentimenti lo spaventarono, ma non li represse, né potè controllarli, tanto che la sua mano scattò involontariamente a sfiorarle la guancia.
Sfregò con leggerezza il pollice sulla sua pelle, osservando i suoi occhi grandi, verdi, lucidi ed emozionati, e fu proprio scrutandola che capì, però, di doversi arrestare, perché se si fosse avvicinato ancora un po', avrebbe corso un rischio troppo grande. Avrebbe potuto rovinare ogni cosa.
Dopo tutto ciò che avevano costruito insieme, dopo gli sforzi che aveva fatto per farle cambiare l'opinione che aveva di lui, agire d'impulso era quanto di più sbagliato avrebbe mai potuto fare. E James era certo che non avrebbe compromesso nulla del loro rapporto finché non avesse trovato qualche certezza in più.
Semplicemente, avrebbe aspettato, come aveva sempre fatto e doveva continuare a fare. 
A Lily avrebbe concesso tutto il tempo del mondo... solo perché l'amava.
Così, come se lo avessero silenziosamente deciso, presero ad allontanarsi lentamente, e James, con un groppo in gola che sapeva un po' di amara tristezza, lasciò scivolare le dita lungo la sua guancia e distolse lo sguardo, puntandolo altrove.
Lily, invece, continuò a fissarlo con insistenza e si morse il labbro, intrecciando le mani in grembo in un gesto nervoso.
L'adrenalina che si era impadronita del suo corpo quando le labbra di James si erano fatte vicine alle sue l'aveva quasi paralizzata, e l'idea di baciarlo non era mai stata tanto vivida nella sua mente come in quel momento.
Non seppe spiegarsi cosa l'avesse spinta a farlo, ma tutto accadde in pochi istanti.
Poggiò una mano su quella di James, inducendolo a voltarsi nuovamente, e con uno slancio gli gettò le braccia al collo, stringendolo forte a sé.
Lui parve spiazzato, ma dopo un primo momento di totale smarrimento, lasciò scorrere le mani lungo la sua vita, avvolgendola con calore.
Abbandonò il capo contro il suo, il mento che poggiava sulla sua spalla, e la dondolò appena fra le sue braccia, attirandola a sé il più possibile.
Rimasero così stretti l'uno all'altra per parecchi istanti, finché lei non affondò il capo sul suo petto, lasciandosi cullare.
« Grazie, James » mormorò con straripante intensità. « Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che fai per me ».
Lui sorrise, scoccandole un dolce bacio fra i capelli, e la sentì rintanarsi meglio sul suo petto.
« Questo è stato senza dubbio migliore di un pacco di Zuccotti di Zucca » aggiunse poi in tono divertito, sollevando lo sguardo su di lui. « Ti è andata bene che fossero finiti ».
E a quelle parole, James non potè che ridere e continuare a stringerla a sé, sentendosi sempre più straordinariamente a posto.
E il lago, il castello, il cielo, e tutto il resto, furono all'improvviso tutto un altro mondo.









Note della Malandrinautrice: Salve! OMG, questo capitolo è stato un fottutissimo parto.
E, indovinate un po'? Non mi soddisfa per nulla. O almeno, la Blanks mi piace abbastanza, e così anche la Jarlett, ma il resto... non so, mi pare che sia riuscito tutto in maniera un po' insipida. Comunque, come sempre, a voi il giudizio.
Non vorrei dilungarmi troppo, visto che in questo capitolo c'è davvero di tutto, perciò passo direttamente ai ringraziamenti e alle immagini. Nel caso di dubbi o errori, naturalmente, sono qui per voi.
Dunque, innanzitutto eccovi alcune immagini Blanks legate al capitolo create dalla sottoscritta - e se vede -: 
http://oi45.tinypic.com/2nq84yr.jpghttp://oi47.tinypic.com/2qkuyc2.jpghttp://oi47.tinypic.com/11afkw7.jpg.
Poi, vorrei pubblicarvi il meraviglioso video creato da Bobbin, http://www.youtube.com/watch?v=jMCN6TWSyL4&feature=youtu.be, proprio per la nostra fanfiction. Non so davvero come ringraziarti, tesoro.

E un ringraziamento particolare anche alla cara Giulia, che ha creato questa folle, meravigliosa pagina facebook Blanks, piena delle sue immagini stupende: http://www.facebook.com/pages/Sogni-doro-Banks-Va-al-diavolo-Black/543297775695531?fref=ts. Mille grazie anche a te, mon amour. E voi, mi raccomando, invadetela.
Detto ciò, devo assolutamente ritirarmi perché sono stremata.
Ma prima, naturalmente, ringrazio le trentadue, stupende persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Resto di volta in volta senza parole per il vostro entusiasmo. E, ovviamente, ringrazio anche le 211 delle preferite, le 53 delle ricordate e le 228 delle seguite. Miseriaccia, spupazzo di baci ognuno di voi.
E, non ho idea del perché io abbia parlato al singolare, ma ovviamente il tutto è anche da parte di mia sorella, che per questo capitolo ha scritto la scena Jarlett, e tanti altri frammenti. Non so davvero come farei senza di lei.
Per concludere, grazie ancora a tutti voi. Col cuore.
Vi abbraccio forte, un bacio!


Simona_Lupin

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Capitolo 30
*** Di inviti mancati, strane alleanze e missioni impossibili ***





A The Final Chance,
che oggi compie un anno.
A voi lettori, che avete fatto di questa semplice storia qualcosa di molto, molto più speciale.
A voi, perché siete questa storia, perché le date vita e amore, frammento dopo frammento, sempre.
A voi, che le avete permesso, a un solo anno di distanza dalla sua nascita, di diventare quello che è oggi.
A voi, che siete ancora qui a leggerla. A viverla.
Grazie davvero. Col cuore.
E anche a noi. A me, a Rossella. 
Perché è la nostra creatura, perché è al centro delle nostre giornate, 
perché ci impegnamo a portarla avanti con passione e dedizione crescenti... 
... e perché sì, ne siamo davvero fiere.
Buon compleanno, piccolina.


 

Capitolo 30

Di inviti mancati, strane alleanze e missioni impossibili

 
 
 

 
 
 
Febbraio aveva portato con sé nuove e ancor più frequenti tormente di neve, e una delle più violente di quel periodo si stava abbattendo proprio quella mattina sul castello, facendo sbatacchiare violentemente le finestre tanto da svegliare anche coloro che, pur di dormire beatamente e quanto più possibile, si facevano sordi alle intemperie che infuriavano fuori dal loro caldo e sicuro Dormitorio.
Ciò, naturalmente, valeva per chiunque all'interno di quel castello, tranne che per l'80% dei componenti di uno dei Dormitori maschili di Grifondoro.
Il Dormitorio in questione, come è possibile immaginare, era quello in cui albergavano Frank e i Malandrini, tutti ancora profondamente addormentati, fatta eccezione, com'è altrettanto facilmente prevedibile, per quel 20% della combriccola che rispondeva al nome di Remus John Lupin.
In quel momento, lo sventurato stava vagando fra i letti, scuotendo i lembi delle lenzuola, urlando nomi a volte anche sbagliati perché tutti avevano ficcato la testa sotto le coperte rendendogli impossibile distinguerli, sbraitando a destra e manca senza che nessuno lo degnasse di un grugnito, e imprecando per la mancanza di collaborazione di quei decerebrati che ancora si ostinava a chiamare suoi amici.
Dopo parecchi sforzi e una dozzina di grida andate a vuoto, Remus, stremato dalla loro insaziabile fame di sonno, decise di ricorrere all'unica arma ancora inutilizzata, che funzionava persino nelle situazioni più disperate, quando la condizione di coma profondo in cui versavano i compagni appariva del tutto irreversibile, e che infatti si ritrovava costretto a giocarsi nei momenti di pura e profonda depressione, come quello che stava tristemente vivendo.
Frugò nel proprio baule alla ricerca degli indumenti da indossare quella mattina, poi si diresse alla porta del bagno e la spalancò.
Guardando un'ultima volta i corpi esanimi degli amici, si convinse della necessarietà del crudele intervento che si apprestava a compiere, così agì.
Le dita strette intorno alla maniglia in ottone, richiamò a sé tutta la forza che aveva in corpo, e sbattè la porta sui cardini in maniera così potente da far quasi tremare le pareti.
E nell'esatto momento in cui il boato esplose nella stanza, tutti e quattro compirono un balzo di mezzo metro sui propri letti, imprecando sonoramente.
James sbarrò gli occhi e prese a borbottare insulti a rotazione senza mai fermarsi, Sirius sbraitò maledizioni contro Remus senza alcun ritegno, Peter si rintanò sotto le coperte, probabilmente riprendendo a dormire, mentre Frank, come da copione, cadde giù dal materasso, massacrandosi la gabbia toracica.
« Esci in fretta da quel bagno, Lupin, sono ansioso di spaccarti la faccia! » minacciò Sirius, alzandosi e sferrando un calcio alla porta del bagno.
Lui rispose con una fragorosa risata di scherno che lo fece infuriare ancor di più.
« Piantala di renderti ridicolo, Felpato » gli fece di rimando, chiudendo di scatto le tende della doccia. « Non sai la voglia che ho io di spaccare la faccia a tutti voi quando rimanete piantati su quei letti ogni santissima mattina ».
Sirius borbottò qualche altro velenoso insulto a mezza voce e tornò a stendersi sul letto, sistemandosi meglio i boxer sulla vita.
« Ci sono modi e modi di svegliare la gente, razza di animale peloso e senza cuore » sbottò invece James, passandosi le dita fra i capelli già in subbuglio.
« Sì » rispose prontamente Remus, piuttosto nervoso, « e li ho provati tutti, quindi è meglio che tu stia zitto, una volta tanto ».
Lui sollevò le mani in segno di resa e si allontanò dalla porta, gettando un'occhiata alla finestra per osservare la bufera che infuriava.
« Mai provocarlo di prima mattina » disse, serio. « Resta incazzato col mondo per tutta la giornata ».
« E non ti fa copiare » aggiunse Peter, la voce soffocata dall'ammasso di coperte che lo sommergevano, e tutti annuirono convinti al seguito.
Immediatamente dopo, un'improvviso e piuttosto sonoro grugnito li indusse a puntare lo sguardo su Frank.
Era ancora disteso sul pavimento, rannicchiato su stesso, e aveva ricominciato a dormire.
« AMICO! » esclamò James, indignato, e gli assestò un lieve calcio sulle ginocchia, facendolo trasalire. « Sei davvero pietoso ».
Lui si passò una mano sul viso con aria sconvolta, e si rizzò a sedere a fatica, rimettendosi in piedi soltanto grazie all'aiuto di James.
Borbottò qualche parola incomprensibile, grattandosi distrattamente la schiena, e si gettò nuovamente sul letto, affondando il volto fra i cuscini.
« Fa sempre così quando rimane fuori tutta la notte con Alice » disse Sirius con l'aria di chi la sa lunga. « Merlino solo sa dove vanno ad accamparsi... »
« EHI! » saltò su Frank, d'un tratto più che sveglio, e l'altro già rideva. « Abbiamo solo fatto una passeggiata, stupido idiota perverso! »
Sirius annuì con fare canzonatorio, e distese le braccia dietro la testa, pienamente rilassato.
« Ah, certo... » fece di rimando, un ghigno stampato in volto. « E' da più di tre anni che non fate altro che passeggiare, e passeggiare... e passeggiare... »
« Piantala » sbottò l'amico, scagliandogli contro un cuscino che lo mancò di parecchio, ma non potè fare a meno di sorridere.
In quel momento, Remus uscì dal bagno, già perfettamente vestito e pettinato, e James ne approfittò per catapultarsi dentro, veloce come un razzo.
« Io vorrei proprio capire cosa diavolo succede in quel bagno quando ci sei dentro tu » fu l'accoglienza che riservò Sirius all'amico, e lui lo fissò, sinceramente perplesso. « Fai tutto in cinque fottutissimi minuti. Cinque. Mai un nanosecondo in più. Ergo, conosci trucchi ignoti ai mortali ».
Il ragazzo sorrise e scrollò le spalle, distendendosi sul letto e incrociando le gambe.
« Rapidità, coordinazione, scaltrezza » spiegò con nonchalance, mentre Sirius lo fissava allibito. « Quello che ti pare ».
Si chinò per afferrare la borsa di cuoio riposta sotto il materasso e cominciò a rovistarvi dentro, alla ricerca di chissà cosa.
Dopo un'accurata e minuziosa perlustrazione, sollevò lo sguardo, le sopracciglia unite a formare una verticale ruga sottile lungo la fronte.
« Dov'è il mio tema sull'Incanto Proteus? » domandò in tono freddo e vagamente minaccioso.
Peter fece capolino da sotto lo strato di coperte e fissò Sirius con aria spaventata, ma lui non mosse un muscolo.
« Controlla bene, Lunastorta » gli disse con assoluta nonchalance. « Magari lo ritrovi sotto le tue chiappe ».
Lui lo fulminò con lo sguardo, producendo l'effetto contrario a quello desiderato. Perché Sirius non fece altro che ghignare, divertito.
« Mi hai rubato il tema » asserì con rabbia contenuta. « E sei un idiota. Nessuno sano di mente crederebbe che l'abbia scritto tu ».
Per tutta risposta, Sirius esplose nella sua solita risata simile a un latrato e scosse il capo ripetutamente, sistemandosi meglio sulle lenzuola.
« Sirius, piantala, maledizione, mi hai rubato il fottutissimo tema! » sbottò Remus, lasciando ricadere la borsa sul pavimento.
Il ragazzo, a quelle parole, si rizzò a sedere con fare teatrale, fissandolo con un'espressione a metà tra lo sconvolto e il compiaciuto.
« Acquisti carattere, vecchio mio » si complimentò, sinceramente ammirato. « Mi piace questo nuovo stile. Fa molto figo, molto... come dire... Black. E le due cose combaciano spesso ».
Inarcò un sopracciglio e accennò un sorriso, tuffandosi nuovamente sul materasso che cigolò appena, e agitò una mano in direzione di Remus.
« Rilassati, amico » gli consigliò, posando l'avambraccio sugli occhi chiusi. « La tua preziosa poesia salterà fuori. Hai così tanto tempo per trovarla... Non è da consegnare... mmm, vediamo un po'... alla prima ora di questo soleggiato e sereno giovedì? » 
Ma Sirius non riuscì ad aggiungere altro.
In un solo istante, Remus afferrò la bacchetta che teneva poggiata al comodino e la agitò in direzione dell'amico, che si ritrovò a penzolare a mezz'aria con i lunghi capelli neri sottosopra e la caviglia incastrata in una fune magica invisibile che gli impediva di compiere movimenti troppo audaci.
« LUNASTORTA, METTIMI SUBITO GIU'! » sbraitò, autoritario, ma lui scosse il capo con un sorrisetto trionfante stampato in volto.
« No categorico, fratello » fece in tono affabile, dondolando lentamente la bacchetta così da farlo andare su e giù come una sorta di yoyo umano.
Peter e Frank si rotolarono sui propri letti in preda ad attacchi di risa convulse e incontrollabili.
« Ho risparmiato la tua faccia appena dieci minuti fa » disse ancora Sirius con minacciosa calma. « Non ti conviene rischiare di perderla un'altra volta ».
A quelle parole, Remus fece per parlare, per nulla intimorito, ma in quell'esatto momento James fece la propria entrata trionfale, sbucando fuori dal bagno.
Indossava un accappatoio di un bianco immacolato, e la cintura era stata allacciata in fretta e furia. Gocciolava, e i capelli avevano assunto una forma indicibile, con mille ciuffi grondanti acqua che puntavano ognuno verso una direzione differente. Aveva un'aria decisamente stravolta.
« Che diavolo succede qui? » domandò, allibito, concentrando lo sguardo su Sirius che stava perdendo pian piano colore. « Mi sono perso lo spettacolo? »
« Ah, non lo so » sbottò immediatamente Remus, innervosito. « Non so cosa diamine ti sia perso tu, ma io ho perso il mio tema! »
James si massaggiò la nuca bagnata, imbarazzato, e l'amico lo fissò con uno sguardo talmente perforante che non pensò di mentirgli neanche per un istante.
« Sì, okay, ce lo abbiamo noi » disse, e Sirius gli rivolse con prontezza il peggior insulto che gli passò di mente in quel momento. « Te lo abbiamo rubato per farti uno scherzo, niente di che... te lo ridiamo subito, non c'è mica bisogno di infuriarsi tanto ».
Gli occhi assottigliati di Remus, però, dicevano tutt'altro. Pareva che la luna piena fosse giunta con parecchio anticipo, e anche in pieno giorno.
« Sarebbe stato carino aggiungere amico, metti giù Sirius, ma è okay, davvero! » sbottò Sirius in tono palesemente infastidito.
James, però, non lo degnò della minima attenzione e corse al proprio baule, rovistando finché non riuscì a ritrovare il tema stropicciato di Remus.
Glielo consegnò, mantenendo una distanza di sicurezza così da non incappare nella sua ira funesta, e lui glielo strappò di mano senza staccargli gli occhi di dosso. Perché quando lo voleva, Remus riusciva ad essere davvero, davvero terrificante.
« Armistizio? » fece James, speranzoso, tentando un sorriso pacifico. « Sirius sta diventando blu e io... beh, io in realtà non c'entro nulla, ovviamente... è stata un'idea di Peter. Sua l'idea, suo il furto, e l'ha persino copiato. Per filo e per segno, tutto quanto ».
Al suono di quelle infamanti parole, Peter si rizzò a sedere, gonfiando il petto con orgoglio e risentimento in parti uguali.
« Non è vero! » esclamò, e le sue autorevoli parole parvero destare gli animi dei presenti, persino quello di Frank, ancora assopito sul proprio letto. « E' stato James! Non aveva scritto neanche una riga e non voleva che Vitious lo mettesse in punizione perché deve allenarsi, ma Sirius non voleva lasciarlo copiare... »
« Sirius ha fatto il tema? » intervenne Remus, abbandonando per un momento la rabbia che cedette il posto a una dilagante sorpresa.
Peter annuì, mentre James lo fissava con l'aria di chi si prepara a un'atroce vendetta.
« Sirius lo ha copiato da Mary, che lo ha copiato da Alice, che lo ha copiato da Emmeline » rispose con convinzione, continuando ad annuire. « E Sirius non ha voluto farlo copiare a James perché lui gli aveva nascosto una Caccabomba nelle mutande... »
« Ancora » disse nuovamente Remus, atono, e diede in un triste sospiro carico di rassegnazione. « Quello scherzo è più vecchio di Merlino... »
« Infatti l'ho scoperto » fece Sirius con fare altezzoso, sogghignando compiaciuto, ma subito la sua espressione si trasfigurò e ridivenne infuriato come prima. « IO SONO ANCORA QUI SOPRA, COMUNQUE! » urlò, scostando via i lunghissimi capelli che gli dondolavano fastidiosamente sul viso quando Remus muoveva distrattamente la bacchetta. « Ti ucciderò con le mie mani, Remus, fosse l'ultima cosa che faccio! Maledizione, non respiro! »
Lui sbuffò, annoiato, e agitò la bacchetta così da farlo schiantare sul materasso con assai poca grazia.
Sirius prese un profondo respiro, cominciando pian piano a riacquistare quel poco colore che normalmente possedeva.
Una volta ripresosi dalla prolungata mancanza di ossigeno e dalla brusca caduta con conseguenti dolori a parti a lui molto care, afferrò la bacchetta che teneva sul comodino e la strinse fra le dita, pronto a scagliarsi contro Remus per vendicarsi dell'umiliante oltraggio appena subito.
L'intervento di James, però, fu tempestivo quanto provvidenziale. 
Secondo la sua particolare opinione, fare a fettine Remus Lupin quando si trovava in una delle sue tipiche giornate no era la peggiore idea che potesse balzare in mente a un qualsiasi essere umano.
Arrestare Sirius e i suoi irrefrenabili istinti omicidi, dunque, gli parve una pensata piuttosto saggia e assolutamente non da lui, così lo afferrò saldamente per le spalle e lo scaraventò nuovamente sul materasso, anche se Remus non aveva minimamente battuto ciglio.
« Oh, no, lascialo fare, Ramoso » gli disse, rilassato, ma James scosse prontamente il capo.
« Se vai in cerca di risse, amico, sono qui apposta » fece a Sirius, spalancando le braccia.
Lui sbuffò, rialzandosi con agilità dal letto e assestandogli una poderosa spallata che lo fece indignare.
« Questa è una dichiarazione di guerra » asserì, voltandosi per fronteggiarlo, ma ciò che si ritrovò di fronte fu la porta del bagno sbattuta sui cardini.
Si passò una mano fra i capelli, infuriato, e si raddrizzò gli occhiali lungo il naso, rischiando per sbaglio di cavarsi un occhio.
« ME LA LEGO AL DITO, FELPATO! » urlò, furente, e afferrò la bacchetta per asciugarsi i capelli bagnati.
Per parecchi istanti, nessun rumore provenì dal bagno, poi la voce di Sirius li raggiunse nuovamente, annoiata.
« Hai lasciato qui le muta-... » ma non riuscì a terminare la frase.
Un'esplosione improvvisa fece trasalire tutti, persino Frank, che riemerse dal proprio cuscino e si guardò intorno, allarmato dal colpo di cannone.
Peter si portò entrambe le mani alla bocca e dovette richiamare a sé tutto il proprio coraggio per non tornare a rifugiarsi sotto le coperte, mentre Remus e James si scambiarono uno sguardo terrificato, che si risolse infine con un enigmatico, malandrino ghigno accennato che non prometteva nulla di buono.
E Remus capì tutto prima che l'urlo di Sirius giungesse non solo alle sue orecchie, ma a quelle di tutto quanto il castello.
« DANNAZIONE A TE E ALLE TUE FOTTUTISSIME CACCABOMBE, IDIOTA! »
E fu una vittoria, quella di James, che gli costò un paio di occhiali rotti, una costola fuori uso, e un sorriso spento che non sarebbe ritornato per un bel po'.
I cinque superstiti alle disavventure del Dormitorio maledetto riuscirono ad abbandonare la stanza ad un orario tutto sommato decente, e, una volta giunti in Sala Comune, trovarono una piccola folla di Grifondoro festanti accalcata intorno alla bacheca.
Cattivo, cattivissimo presagio. Ottimo, più che ottimo presagio. A seconda dei punti di vista.
Naturalmente, come accadeva ogni santissima volta, James fu il primo a farsi largo fra la gente ammassata, lasciando il gruppo in disparte.
« Largo, largo, sono il Capitano » disse ad alta voce, e molti dei ragazzini più giovani si scostarono, guardandolo con qualcosa di simile alla reverenza.
Ben presto, infatti, James riuscì a scorgere un biglietto rosa confetto appeso alla bacheca, e si apprestò a leggerlo, curioso.
 
 
Si avvisano gli studenti a partire dal terzo anno che la seconda uscita ad Hogsmeade prevista per l'anno scolastico avrà luogo sabato 14 Febbraio, in occasione della festa di San Valentino.
 
 
« Puah » arrivò la voce di Sirius alle sue spalle, e lui si voltò, trovandolo sinceramente disgustato. « Bella festa del cazzo ».
Si allontanarono insieme, e una ragazza osservò Sirius andar via con un'espressione delusa e amareggiata sul volto. Lui, però, non lo notò affatto.
« Hogsmeade » annunciò James agli amici non appena li ebbero raggiunti all'ingresso della Sala Comune.
Al suono insolitamente spento di quella parola, Remus e Peter si scambiarono uno sguardo vagamente allibito, per poi rivolgerlo nuovamente a lui.
« Come mai quel tono neutro? » gli fece il primo, scrutandolo con particolare attenzione. « Non fai i salti di gioia o una delle tue solite idiozie? »
Il ragazzo sorrise, ma la sua espressione non parve né felice, né particolarmente divertita. Al contrario, sembrava un po' amareggiato.
« Non questa volta, no » rispose, tornando serio in volto, e anche Sirius rivolse a lui tutta la propria attenzione, d'un tratto accigliato. « Non chiederò a Lily di uscire, perché non ho intenzione di rimanerci uno schifo un'altra volta... mi sono stancato. Quindi no, tranquillo, amico. Niente stronzate ».
Accennò un sorriso, affondando le mani nelle tasche e precedendoli lungo la rampa di scale successiva.
Remus e Sirius si guardarono, e a quest'ultimo non servì affatto il cenno del primo, perché aveva già accelerato il passo per raggiungere l'amico.
Gli passò un braccio intorno alle spalle, e James gli lanciò una rapida occhiata trasversale, per poi tornare a fissare gli scalini di pietra.
« Hogsmeade ha effetti collaterali devastanti su di te, amico » gli disse Sirius, ironico. « Profonda depressione o incontenibile esaltazione... non conosci davvero mezzi termini ».
Lui sorrise, un sorriso sinceramente più convinto di quello che aveva abbozzato qualche istante prima.
« Non sapevo fossi il guru della moderazione, tu » replicò, scuotendo il capo, e un sorriso nacque anche sul volto cupo dell'altro.
Dopodiché, fra loro cadde il silenzio, e fu James, parecchi secondi dopo, a spezzarlo nuovamente.
« Guarda che sto bene » disse, e Sirius lo fissò, poco convinto. « Davvero. E' solo strano pensare che non le chiederò di uscire. Tutto qui ».
Il sopracciglio dell'altro si era sollevato al punto tale da scomparire sotto un ciuffo di capelli scuri.
« Non me la bevo » rispose francamente, schioccando la lingua. « Ma lasciami dire che è la scelta giusta. Per una volta, è bene che non abbia tutte le opportunità a disposizione. E se ha voglia di sceglierne una che tu non le offri... beh, dovrà cercare di prendersela da sola ».
James lo osservò a lungo, riflettendo sulle sue parole, pensando che fossero assolutamente vere.
Da quando aveva iniziato a maturare davvero, aveva sempre presentato a Lily ogni possibilità di scelta, e non l'aveva mai, mai messa nelle condizioni di dover decidere senza riflettere, in maniera affrettata o costretta, anzi, l'aveva sempre lasciata totalmente libera. E forse, per una volta, metterla alle strette non l'avrebbe danneggiata. Se avesse desiderato ardentemente qualcosa, avrebbe dovuto correre e prendere in pugno la situazione, cosa che non aveva mai fatto. E in fondo, James sapeva bene che non sarebbe accaduto neanche quella volta.
Lily si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di fargli capire qualcosa che non riusciva ad ammettere a parole, un qualcosa che lui credeva non provasse affatto. Perché no, ancora allora non riusciva a comprendere che il proprio sentimento verso Lily non era più un sentiero a senso unico, ma un'emozione corrisposta, condivisa e vissuta anche da lei, che non tentava più nemmeno di combattere. 
Credeva che Lily non provasse nulla. Ma non sapeva che Lily, per lui, provava anche troppo.
« Non devi sempre metterle tutto su un piatto d'argento » gli disse ancora Sirius, studiandolo. « Hai già fatto fin troppo per lei ».
E mentre James annuiva lentamente, Remus li raggiunse, con Peter che gli trotterellava dietro, e squadrò Sirius con un'espressione indecifrabile.
« Sirius, tu e le faccende di cuore non andate molto d'accordo, immagino che tu lo sappia » esordì, criptico. « Beh, stanne alla larga ».
Lui sogghignò, divertito, e sollevò le mani in segno di resa, lasciando ricadere quella sinistra sul petto di James.
« Come Lupin comanda » disse, e anche l'altro sorrise. « Cos'hai da dire, allora? Non ti avevamo eletto nemico giurato di Cupido? »
« Beh, non lo sono » rispose, ridendo sommessamente. « Semplicemente, voi due insieme non siete la mia coppia preferita. Ad ogni modo » riprese, mentre gli amici ridevano con lui, « secondo me, tanto per cambiare, Sirius non ha per niente ragione ».
A quelle parole, il ragazzo esplose nella sua risata simile a un latrato, tanto che parecchi ragazzini lì accanto si voltarono a fissarlo.
« Ma dai, non mi dire! » esclamò, scuotendo il capo. « Questa sì che è una fottuta novità... Allora illuminaci, Lunastorta, cosa ti suggerisce quella mente superiore che ti ritrovi per grazia del santissimo Merlino? »
Remus gli lanciò una lunga occhiata impassibile prima di rivolgersi a James con un sorriso.
« Io penso » gli disse, tentando di ignorare il sorriso provocatorio di Sirius, « che invece dovresti invitare Lily. E non fare quella faccia » aggiunse, quando lo vide impallidire tutt'un tratto. « Sì, dovresti chiederle di uscire. Magari in maniera seria e sentita invece che con quelle stupide pantomime che metti in scena da quando hai scoperto l'esistenza di quel luogo maledetto meglio noto come Hogsmeade ». Sospirò prima di proseguire. « Quello che intendo dire è che non credo affatto che Lily rifiuterebbe. Ultimamente è piuttosto presa da te, non credi? »
« No » rispose James, secco e atono, e Remus si schiaffeggiò il palmo della mano sulla fronte, sconsolato.
« Era una domanda retorica » ribattè, e gettò un'altra occhiata a Sirius, che stava cercando di ridere silenziosamente. « Lily è presa da te, solo uno stupido - tu, in tal caso - non se ne accorgerebbe. Quindi, secondo me dovresti cogliere l'occasione. Non rifiuterebbe mai. Non adesso. La conosco ».
Gli rifilò un altro intenso sguardo perforante, ma James era così preso dal proprio conflitto interiore che non ci badò affatto.
In tutta sincerità, non aveva idea di cosa fare, e si sentiva più confuso e spaesato che mai.
Quando aveva letto il biglietto, alcuni minuti prima, non aveva avuto il minimo dubbio sul da farsi, ma la sicurezza con cui Remus gli aveva esposto il proprio parere avevano messo in crisi le sue certezze, facendole improvvisamente vacillare e quasi pendere verso la direzione opposta.
Poteva avvertire, nonostante non li stesse incrociando, gli sguardi degli amici puntati su di lui, come in attesa di un responso ufficiale. Ma lui, lui non aveva proprio nulla da dire, e l'unica cosa che desiderava avere era una reale convinzione, quella che gli mancava in quel momento più che mai.
« Ho... bisogno di pensarci » rispose, evasivo, e tornò a incontrare gli occhi di Sirius, che strinse la sua spalla per poi lasciarla andare.
« Ci mancherebbe, fratello » gli fece, affabile, e gli battè una pacca sulla schiena.
« Prenditi tutto il tempo che vuoi » disse invece Remus, poi sollevò l'indice e glielo puntò addosso. « E se conosco bene Lily come sono certo di conoscerla » aggiunse con straordinaria risolutezza, « non accetterà l'invito di nessun altro. Aspetterà il tuo. Ne sono sicuro ».
Si sistemò meglio la borsa sulla spalla e li precedette verso il Salone d'Ingresso, lasciandoli a fissarsi reciprocamente con aria assai meravigliata.
La notizia dell'uscita ad Hogsmeade per il San Valentino, comunque, proprio come succedeva ogni anno, aveva agitato gli animi dell'intero corpo studentesco.
Anche le ragazze, sedute alla tavola del Grifondoro, stavano discutendo dell'avviso apposto in bacheca quella mattina; tutte tranne Scarlett, che si era avvicinata pochi minuti prima alla tavola dei Tassorosso per salutare la sorella e Dylan, accanto a cui sedeva in quel momento.
« Allora? » stava domandando Alice a Lily per quella che alla ragazza parve la sedicesima volta.
Alzò lo sguardo al cielo, trattenendosi a fatica dallo spruzzarle addosso un po' del suo succo di zucca, poi la fissò, lievemente scocciata.
« Allora chi vivrà vedrà » sbottò, ficcandosi in bocca un po' di bacon bruciacchiato. « Piantatela con tutti questi pronostici ».
Sospirò, riprendendo a fissare il piatto, ma prima non potè evitare di guardare di sfuggita il portone d'ingresso per dare un'occhiata ai ragazzi che entravano.
Era da quasi mezz'ora che le amiche non facevano che tormentarla.
Non appena avevano letto l'avviso sull'uscita ad Hogsmeade, quella mattina, si erano subito precipitate da lei per chiederle che cosa avrebbe fatto nel momento in cui James l'avesse invitata ad uscire con lui, come se fosse un qualcosa di scontato, su cui non potevano esistere dubbi o incertezze.
Lì per lì, lei aveva subito pensato che sì, quella volta avrebbe accettato, ma non aveva voluto confermarlo ad alta voce, ragion per cui le ragazze, e Alice in particolare, non avevano smesso un istante di tartassarla con quell'assillante domanda in attesa di una risposta certa che lei non avrebbe mai dato.
« Eccolo qui, finalmente » fece Alice all'improvviso a voce alta, piuttosto ringalluzzita. « Adesso tutti i nodi verranno al pettine ».
« Piantala, Alice » sbottò Emmeline, arrotolando la sua copia della Gazzetta del Profeta per colpirla sulla nuca con inaudita violenza.
Lei protestò, ma si zittì non appena Frank la raggiunse e gli gettò le braccia al collo, scoccandogli un sonoro bacio sulle labbra.
« Buongiorno, belle fanciulle » fu l'amabile saluto di James non appena prese posto accanto ad Emmeline.
Lily, di fronte a lui, rispose con calore al suo sorriso raggiante per poi dedicarsi nuovamente al proprio piatto.
Remus le sedette accanto, salutandola con gentilezza, mentre Sirius rimase in piedi qualche secondo in più, lo sguardo fisso su un punto imprecisato e parecchio distante da loro. Stava guardando Scarlett. 
Scarlett, che rideva insieme a Dylan, un calice colmo di succo di zucca stretto in mano, l'aria serena e distesa come sempre.
Remus rintracciò l'origine della sua distrazione, e lo osservò di sottecchi, afferrandolo per una manica così da indurlo a sedersi.
« Che fine ha fatto Scarlett? » domandò James, che, essendo stato impegnato in un breve scambio di battute con un ragazzo di Tassorosso di passaggio, non aveva notato nulla di particolarmente strano.
« Sta' tranquillo, è in buone mani » replicò d'istinto Sirius, simulando una perfetta aria disinvolta. « Insieme al suo ragazzo ».
Cacciò la borsa sotto la panca, evitando lo sguardo di James e di chiunque altro, e si riempì una tazza di caffè amaro fino all'orlo, bevendone un lungo sorso.
Per parecchio tempo, fra loro si dilatò il silenzio, e gli unici rumori furono il tintinnio delle posate e dei calici e il chiacchiericcio che invadeva la Sala.
Dopo un po', però, Alice prese a scrutare Mary ed Emmeline, facendo impercettibili cenni col capo in direzione di James, come se si stesse domandando quando avrebbe rivolto a Lily la fatidica domanda che non era mai, mai tardata ad arrivare. Nessuna di loro, però, seppe darsi una risposta.
« Avete saputo di Hogsmeade? » fece allora Alice quando non riuscì più a trattenersi. « E' il giorno di San Valentino! Grandioso, no? »
A quelle parole, sicuro che Alice non le avesse pronunciate a caso ma con un intento ben preciso, Frank si allarmò, ricordandosi solo in quel momento che, ogni maledettissima volta, lei pretendeva un invito formale come se il fatto che facessero coppia da più di tre anni non facesse testo.
« Ecco, a proposito, tesoro, ti piacere-...? » cominciò a dire, ma lei interruppe la domanda sul nascere.
« Sì, Frank, mi piacerebbe » tagliò corto, agitando una mano a mezz'aria, poi si sporse per guardare i Malandrini e sorrise, enigmatica. « Allora? »
Remus, educato come sempre, si sentì in dovere di rispondere.
« Beh... io non lo festeggio » disse in tono piuttosto ovvio, lo sguardo puntato sul proprio piatto. « Forse rimarrò qui al castello ».
« Mmm » commentò la ragazza, grattandosi il mento con le unghie affilate, « e voialtri, invece? » cinguettò, allegra.
Peter si limitò a sollevare le spalle, senza sapere cosa dire, mentre Sirius se ne uscì con un aspro: « San Valentino mi ha sempre fatto schifo » che fece raggelare gradualmente il suo solare sorriso angelico.
L'ultimo a rispondere fu proprio James, unico vero destinatario della tendenziosa ma apparentemente innocua domanda di Alice.
« Ho saputo » fu l'unica cosa che disse, privo del suo solito devastante entusiasmo. « Ci voleva proprio, uscire per un po'... speriamo non nevichi ».
Le sue parole spensero del tutto il sorriso di Alice, che si rabbuiò e lanciò una rapida occhiata a Lily, gli occhi celati dal ciuffo di capelli rosso scuro.
Non aveva intenzione di sollevare lo sguardo, né tantomeno di guardare James.
Non poteva dirsi dispiaciuta, pensò tra sé e sé, ma di sicuro la sua fredda risposta l'aveva delusa e lasciata un po' di stucco.
Dopotutto, non aveva voluto dare nulla per scontato soltanto per scaramanzia, ma doveva ammettere che non aveva pensato neanche per un istante all'eventualità che James non le chiedesse di accompagnarlo ad Hogsmeade, forse perché l'evento non si era mai verificato fino ad allora.
E trovò paradossale il fatto che, proprio quando avrebbe finalmente accettato, lui non glielo avesse nemmeno chiesto.
Stuzzicò gli ultimi resti della sua colazione con la forchetta, per poi farla crollare sul piatto, provocando un forte rumore metallico che attirò l'attenzione delle amiche, le quali si guardarono preoccupate a vicenda, e anche di James, che la studiò col capo inclinato, d'un tratto vagamente accigliato.
In quel momento, però, gli sguardi di tutti si posarono su Scarlett, arrivata proprio allora dalla tavola dei Tassorosso.
« Buongiorno » disse, accennando un sorriso, e Mary picchiettò il palmo della mano sul posto libero accanto a sé.
James, Remus e Frank ricambiarono il saluto, persino Peter borbottò un: « Ciao » di cortesia, ma non Sirius.
Durante quegli ultimi giorni si era comportato come se nulla fosse successo, limitandosi a brevi saluti quando si incrociavano in occasione dei pasti o delle lezioni giornaliere, e malgrado l'atteggiamento freddo che non era solito mostrarle, si era mantenuto calmo e garbato, facendo finta di niente.
Quella mattina, però, non aveva la minima voglia di continuare con quella sciocca messinscena. 
Era arrabbiato, terribilmente arrabbiato, troppo anche per poter ricambiare un semplice saluto di circostanza. Vederla ridere spensierata insieme a Brown lo aveva portato al punto di rottura, e lei gli era sembrata così in pace con se stessa, così felice, da fargli pensare che non avesse affatto bisogno del suo saluto. Che non avesse affatto bisogno di lui.
Mantenne lo sguardo puntato su un manipolo di ragazze ridacchianti di fronte a sé, annoiato da tutto e tutti, mentre Scarlett lo studiava di sottecchi, attenta a non farsi notare da nessuno, e da lui in modo particolare.
Dal momento in cui lo aveva visto, quella mattina, aveva perso persino la voglia di mandare giù qualcosa per la colazione.
Il suo volto cupo, ancor più impassibile e oscuro del solito, quei suoi capelli così dannatamente lunghi, come sempre quando era particolarmente giù di morale, le facevano pensare che il suo stato d'animo non dovesse essere esattamente alle stelle. Sirius pareva spento come raramente lo si vedeva.
Osservò ogni suo movimento, fingendo di guardare qualcos'altro, e avvertì una terribile e disarmante tristezza impossessarsi di lei.
Non che gli ultimi giorni fossero stati particolarmente felici. 
Aveva continuato a uscire con Dylan, e doveva ammettere di essersi anche divertita, ma la lontananza di Sirius le aveva messo addosso una malinconia tale da indurla a non pensare a nient'altro che a lui. E malgrado avesse tentato di scacciare via il pensiero tutte le volte in cui affiorava alla sua mente, i tentativi avevano sortito risultati quasi sempre deludenti, tanto da costringerla ad arrendersi all'evidenza.
Sirius le mancava. Le mancava da morire.
Tutto di lui le mancava, in realtà. 
Il suo solito occhiolino sfuggente a colazione - perché un semplice buongiorno per Sirius Black era scontato -, il suo sguardo puntato sulla chioma di capelli scuri abbandonata sulle spalle durante le lezioni, quando credeva che lei non lo notasse, gli scambi di provocazioni e frecciatine ormai abituali che animavano il loro rapporto, quando lui la bloccava in mezzo a un corridoio con le scuse più disparate solo per starle un po' vicino, le sue mani che di tanto in tanto la sfioravano come se una forza superiore alla volontà le attirasse verso la sua pelle, o ancora i suoi fugaci sorrisi, perché se n'era persa traccia, e il divertimento impresso nel suo sguardo quando lei, inevitabilmente, finiva per stare al suo gioco...
Erano tutte cose che avevano cominciato a far parte della quotinianità, piccoli frammenti di giornata che si era ritrovata ad attendere e non più ad evitare, episodi ormai abituali che però non smettevano di stupirla, semplici, spontanei, forse banali, ma che riuscivano a farla sentire meglio, sempre. E la sua freddezza era la punizione peggiore per un qualcosa che nell'intimo non aveva nemmeno voluto, ma per cui si ritrovava a dover pagare.
Lo osservò grattarsi la barba sulla mascella, controllare l'orologio che teneva legato al polso, fare un cenno agli amici, poi alzarsi insieme a loro.
« Ci vediamo a lezione » fu il saluto di James, e Lily sollevò di scatto lo sguardo su di lui.
« Ciao » mormorò, accennando un sorriso poco convinto, e per la seconda volta, James si ritrovò a chiedersi che cosa non andasse.
Stavano per andare via, quando Sirius si arrestò, come colpito da un'idea improvvisa, e gli amici lo fissarono.
« Arrivo tra un attimo » disse loro, e fece dietrofront, ripercorrendo ad ampie falcate il tratto di strada che aveva appena attraversato.
Smise di camminare soltanto quando si ritrovò alle spalle di Mary, e le ragazze puntarono lo sguardo su di lui, anche se Scarlett si ostinò a tenerlo basso.
« Mary » disse, sedendosi a cavalcioni sulla panca proprio accanto a lei.
La ragazza mandò giù il boccone che stava masticando e gli rivolse tutta la propria attenzione, accennando un sorriso.
« Dimmi, Sirius » rispose, cordiale, e lui si passò la lingua sul labbro inferiore, scostandosi un ciuffo di capelli via dalla fronte.
« Ascolta » fece a bassa voce, la solita espressione indecifrabile sul volto affascinante, « se sei libera, che ne dici di andare ad Hogsmeade insieme? »
A quelle parole, lei non riuscì a mascherare la sorpresa, e lo fissò con i grandi occhi scuri da bambina, le guance un po' più rosse del normale.
Per un attimo, pensò che dovesse esserci necessariamente qualcosa di sbagliato. Un inganno, uno scherzo, una stupida presa in giro. 
Ma Sirius la fissava, lo sguardo serio, forse anche fin troppo, in attesa che lei dicesse qualcosa.
L'idea lo aveva colpito all'improvviso, e non aveva voluto aspettare. Di sicuro, Hogsmeade non era in cima alla lista delle sue preoccupazioni in quel momento, ma preferiva indubbiamente visitare il villaggio con un'amica, piuttosto che una ragazza sconosciuta invitata solo per avere compagnia.
Sperava che Mary non avesse in mente nessun'altro e che la notizia si diffondesse il più presto possibile, così nessun'altra lo avrebbe importunato di lì al giorno di San Valentino, e si sarebbe risparmiato almeno quella noiosa routine.
Inoltre, i suoi interessi nei confronti del gentil sesso erano parecchio cambiati. Anzi, si erano praticamente annullati.
Di conseguenza, Mary sembrava la soluzione migliore ai suoi problemi, e lei, d'altro canto, non ebbe bisogno di pensare a una risposta.
« Sì » disse, sorridendo raggiante. « Sì, ma certo... mi piacerebbe ».
Un angolo della bocca di Sirius si arricciò in un lieve sorriso, ma a parte quel piccolo gesto non diede particolari segni di gioia.
Accanto a Mary, invece, Scarlett serrò gli occhi per un istante, cercando di realizzare quanto aveva appena sentito. 
E una rabbia immotivata s'impadronì totalmente di lei, agitandola al punto tale che avrebbe voluto abbandonare quella tavola anche lei, allontanarsi da tutti e rimanere ferma a pensare, alla ricerca della cosa giusta da fare, perché pareva che non sapesse più quale fosse realmente.
Invece non si mosse. Restò immobile, lo sguardo basso, e non volle guardare Sirius neanche quando si alzò, pronto a raggiungere gli amici.
Lui, invece, si soffermò a studiarla, cercando di scorgere la sua espressione, ma non riuscì a intercettarla a causa dei lunghi capelli scuri che la nascondevano.
Immaginò, comunque, che dovesse sentirsi sollevata per quella sua decisione. In fondo, era stata lei a chiedergli di lasciarla in pace, di allontanarsi e smetterla con tutte le sue pressioni indesiderate, per cui quella soluzione avrebbe dovuto renderla felice. Felice come lui non si sentiva affatto.
Perché se aveva invitato Mary, era stato solo e soltanto a causa sua.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
Il tanto atteso giorno di San Valentino si faceva sempre più vicino, e, come ogni anno, Hogwarts era in fermento, forse anche più del solito.
I bagni delle ragazze erano il luogo di ritrovo in cui i pettegolezzi più piccanti e succulenti venivano a galla, tanto che Alice vi faceva visita molto più spesso del normale, anche quando non la sollecitava nessun bisogno fisiologico, così da poter raccogliere quante più informazioni possibili.
Il lato negativo della faccenda consisteva nel fatto che agire da sola non le pareva abbastanza divertente, per cui non esitava a trascinare con sé le amiche da un bagno all'altro del castello, mai stanca di quei piani investigativi e mai sazia di tutte le notizie apprese tra uno scarico e l'altro.
D'altro canto, però, non era l'unica interessata ai gossip relativi all'uscita ad Hogsmeade di San Valentino. Ogni singola notizia di ogni singola coppia, infatti, circolava per il castello ad una rapidità impressionante, e l'intimità, ad Hogwarts, era ormai solo un lontano ricordo.
Triangoli inaspettati erano venuti a crearsi con il progredire delle faccende amorose in vista del gran giorno, traffici di Amortentia imbottigliata in piccole boccette apparentemente innocue avevano cominciato a circolare fra le ragazze più agguerrite, e quando gli scapoli più in voga attraversavano corridoi particolarmente affollati, si venivano a formare ingorghi che facevano infuriare gli insegnanti e indispettire quella parte del popolo femminile di Hogwarts che non condivideva l'entusiasmo per quei poveri giovani sempre accerchiati da ridacchianti donzelle.
In tutto quel marasma, gli unici, o quasi, a non sentire il peso di tutto quel folle meccanismo scatenato dal fatidico appuntamento al villaggio, erano Remus e Miley, chiusi nella loro bolla di ignorante felicità e ingenua noncuranza che li rendeva impermeabili alla pazzia dilagante che infuriava sempre più e che pareva essersi impossessata dell'intero castello dal maledetto giorno in cui quel maledetto avviso era stato apposto a tutte le maledette bacheche.
Era da parecchi giorni che non riuscivano a organizzare una lezione: lei era parecchio impegnata con gli allenamenti di Quidditch, e lavorava con la propria squadra quasi tutti i giorni, mentre lui doveva stare al passo con il programma in vista dei M.A.G.O., e ultimamente il carico di lavoro si era parecchio appesantito.
Quel pomeriggio, però, erano finalmente riusciti ad incontrarsi, e mentre fuori calava la sera, presero a sistemare il materiale utilizzato, preparandosi a lasciare l'aula deserta in cui avevano lavorato per quasi due ore e a dirigersi ognuno verso la propria Sala Comune.
« ... e allora, mentre flirtava spudoratamente con la tizia per cui sbavava, l'altra gli ha messo l'Amortentia nel succo di zucca, e... »
Miley si interruppe, sommersa dall'ennesima ondata di risa, e Remus si unì presto a lei, anche se non capiva ancora la ragione del suo divertimento. 
La sua risata, però, era così contagiosa da riuscire a trascinarlo senza un motivo. Semplicemente perché era vera.
Ridevano ormai da un pezzo, e la ragazza gli stava raccontando di un comico episodio a cui aveva assistito proprio quella mattina.
« Beh, quando la tipa ne ha avute piene le poppe, lo ha mollato, no? » proseguì, una mano sullo stomaco. « Non gli si filava per niente... quindi è tornato a sedersi un po' abbacchiato, e si è scolato in un sorso solo tutto il maledettissimo succo di zucca. Ma il piano ultrageniale non è andato a buon fine ».
Tacque per un momento, come a voler suscitare una certa suspense in attesa della conclusione del racconto, e Remus la fissò.
« Hai intenzione di proseguire o...? » domandò, spaesato.
« Oh, già » fece subito lei, annuendo. « Scusa, stavo rivivendo il momento. Quindi, in teoria lui avrebbe dovuto innamorarsi di lei immediatamente, invece, ovviamente, non è andata così. Povero, lui ha cominciato a ricoprirsi di bolle! E non bolle di dimensioni normali... erano pianeti, santissima Morgana! Non ho idea di chi abbia preparato quella pozione, ma di sicuro doveva essere ancor peggio di te, John ».
Alle sue parole, Remus scoppiò nuovamente a ridere, scuotendo ripetutamente il capo. Insultarlo doveva essere uno dei suoi passatempi preferiti.
« Ho strappato a Lumacorno un Accettabile, la settimana scorsa » replicò, fingendosi risentito, e lei gli fece il verso, gonfiando il petto con aria pomposa. « Non è roba da poco! » esclamò allora, tentando, anche se con scarsi risultati, di mantenersi serio e colpito nell'orgoglio.
Per tutta risposta, Miley inarcò le sopracciglia e gli porse il suo libro di Pozioni con un rapido scatto del braccio.
« Studia, invece di vantarti » lo rimproverò, ma subito le labbra serrate si arricciarono in un sorriso. « E la prossima volta voglio che il tuo Elisir Per Indurre Euforia faccia saltellare Rüf e la McGranitt a braccetto intorno a tutto il perimetro della scuola, d'accordo? »
Remus deglutì, vagamente spaventato dalla promessa che si apprestava a farle, e annuì.
« D'accordo » rispose, non del tutto convinto, e lei, passandogli accanto, gli battè qualche pacca sulla spalla in segno di approvazione.
« Questo è lo spirito giusto » asserì in tono allegro, e afferrò la propria borsa per poi lasciarsela ricadere sulla spalla.
Lui le sorrise, poi la seguì fuori dall'aula, richiudendosi con cura la porta alle spalle.
Nel tempo che impiegò per compiere il gesto, lei svoltò l'angolo e sbirciò il prato dalla vetrata più vicina, sollevandosi in punta di piedi per guardare quanto più in largo possibile per ciò che le permetteva la sua piccola statura. Non riuscendo più a trovarla, Remus si chiese cosa diavolo le fosse successo, ma non ci mise molto a rintracciarla. Quando la vide non potè che sorridere, e subito le si avvicinò.
« Guarda che se vuoi piantarmi in asso puoi dirlo senza problemi » le disse senza alcun preambolo, divertito.
Miley rise, ma non staccò gli occhi dal vetro, anzi si fece ancora più vicina e vi premette contro i palmi delle mani.
« Ho sentito il rumore della tempesta » rispose, se possibile più allegra di prima. « Mi fa paura, ma allo stesso tempo... beh, mi piace ».
Lui la scrutò, gli occhi che scattavano dal suo volto al prato innevato e viceversa, in un ciclo continuo e ripetuto.
« Ti fa paura la tempesta? » le domandò, incuriosito, e lei annuì lentamente.
« Soprattutto quando mi ritrovo a casa da sola, e non ritorna nessuno » mormorò, dondolandosi sui talloni. « Mi mette in agitazione ».
Scrollò le spalle, abbozzando un sorriso, poi si decise ad allontanarsi dall'ampia finestra, e affondò le mani nelle tasche del mantello.
Passeggiarono l'uno accanto all'altra, ridendo senza freni e chiacchierando su tutto ciò che passava loro per la mente, finché non giunsero dinnanzi alla catasta di botti che indicava l'entrata della Sala Comune dei Tassorosso. Lì si fermarono, scambiandosi uno sguardo.
« E' stato un piacere, John » gli disse lei, intrecciando le mani dietro la schiena e lanciandogli un sorriso.
Remus lo ricambiò, vagamente imbarazzato, e rivolse lo sguardo altrove per non dover sostenere il suo.
« Grazie ancora, Miley » mormorò poi, e vide il suo sorriso ampliarsi e farsi, se possibile, ancor più caloroso.
« Un giorno o l'altro sarò costretta a picchiarti » scherzò, appoggiando la schiena alla parete. « Potresti anche piantarla con tutti questi grazie ».
Lui rise sommessamente, scuotendo la testa in segno di diniego, e sollevò lo sguardo, continuando però a tenere chino il capo.
« Ripetimelo la prossima volta » replicò, un angolo delle labbra arricciato in un sorriso. « Forse riuscirò a tenerlo a mente ».
Miley arrossì appena sugli zigomi, tormentandosi le mani senza sosta.
« A presto, allora » lo salutò, sorridendo ancora, e gli voltò le spalle per raggiungere l'ingresso della Sala Comune a un passo da lei.
Remus rimase immobile a guardarla, gli occhi fissi sui suoi capelli color miele a tratti morbidi, a tratti più arricciati, quando all'improvviso avvertì un impulso irrefrenabile partire dalle viscere e risalire alla gola, dominandolo. Un impulso che non riuscì a contrastare.
« Miley » la richiamò, compiendo quasi inconsciamente un passo in avanti, e la vide voltarsi nuovamente, tornare a guardarlo, curiosa.
D'un tratto si sentì parecchio stupido, e pensò che non avrebbe mai avuto il coraggio di dire ciò che avrebbe voluto, che sarebbe rimasto lì impalato, magari cercando di abbozzare qualche scusa per averla richiamata senza una ragione, ma che sicuramente sarebbe venuta fuori come uno sciocco balbettio.
Probabilmente le parole non sarebbero mai venute fuori se non fosse riuscito a spegnere l'interruttore del cervello. Ma lo fece.
« Ti va di venire ad Hogsmeade con me? »
Seguì il silenzio, fra i più imbarazzanti in cui Remus fosse mai incappato in tutta la sua vita, e non fecero altro che guardarsi, lei totalmente spiazzata, con le labbra socchiuse, lui che non aveva il coraggio di guardarla, altrettanto stupito per le parole a cui aveva dato voce.
Miley si sentiva come se le avessero appena Schiantato il cervello. 
Durante quei giorni non aveva minimamente pensato all'uscita ad Hogsmeade. Era solita fare visita al villaggio con la solita banda di amici, e non accettava mai gli inviti di nessuno, semplicemente perché il suo unico interesse era sempre stato Remus e non trovava affatto divertente uscire con qualcuno senza una ragione. Anche quella volta, un paio di ragazzi si erano fatti avanti, ma lei li aveva rifiutati con i suoi soliti modi gentili, non perché sperasse in un invito da parte di Remus - l'idea era stata così lontana da non aver neanche preso forma nella sua mente -, ma piuttosto per abitudine, e assoluta mancanza di voglia.
Si era fatta sorda a tutte le sollecitazioni dell'amica Amanda che continuava a domandarle come mai non avesse mai voluto tentare una storia con qualcuno, e le aveva risposto con tutti i motivi che riteneva più veri: si sentiva ancora un po' una bambina, e non aveva affatto bisogno di un fidanzato; nessuno attirava la sua attenzione, ed era certa che ad un ipotetico appuntamento con qualcuno avrebbe combinato uno dei suoi soliti casini, complice l'imbarazzo unito al suo essere un'inguaribile imbranata; infine, la ragione più importante, che era proprio lui. Remus.
E adesso eccola lì, improvvisamente imbarazzata come poche altre volte in vita sua, con la gola secca e le labbra intorpidite, e con addosso la stupida paura che all'improvviso potesse rimangiarsi tutto, chiederle scusa per la domanda sciocca, non desiderata, e andare via.
Ma Remus non fiatava e non si muoveva, stava semplicemente lì, in attesa di una risposta.
« Sì » disse lei all'improvviso, e per lui fu come prendere una boccata d'aria dopo estenuanti secondi d'apnea. « Mi piacerebbe molto ».
Si scambiarono un sorriso carico di sollievo, e Remus si chiese cosa diamine si dovesse dire in casi come quello.
« Oh » fu tutto ciò che riuscì a dire inizialmente. « Beh... bene ». Annuì con convinzione, tentando un sorriso.
« Bene » ripetè lei, dondolando sul posto. « Allora... ci vediamo ».
Sorrise, poi andò via, ancora un po' scombussolata da quanto appena successo, mentre lui rimase piantato dov'era, sconvolto da se stesso e dalla sua audacia. O idiozia, a seconda dei punti di vista.
« Ci vediamo » mormorò, e riuscì a scollare i piedi dal pavimento solo qualche secondo dopo.
Si diresse col capo chino verso l'imboccatura del corridoio che aveva attraversato poco prima, percorrendo la strada fino alla Sala Comune dei Grifondoro come una sorta di robot telecomandato. Lo sguardo era fisso sul pavimento che non riusciva neanche a vedere, e il corpo andava da solo, senza il consenso della mente, ma soltanto del subconscio che conosceva a memoria il percorso da compiere.
Quando arrivò dinnanzi al ritratto della Signora Grassa, infatti, fu sorpreso nel constatare di essere giunto sin lì, ma borbottò la parola d'ordine e si arrampicò sul varco lasciato libero dal quadro spostato, rientrando nell'accogliente Sala Comune e avviandosi senza pensare verso il proprio Dormitorio.
Una volta terminate le scale, varcò l'ingresso e, senza rivolgere la parola a nessuno degli amici, si gettò di schiena sul proprio letto, lo sguardo vacuo.
James, Sirius e Peter lo seguirono con lo sguardo, poi si scambiarono un'occhiata stupefatta.
« Amico » esordì il primo, abbandonando il pavimento sul quale si era seduto per lucidare la scopa e avvicinandosi a Remus. « Che ti prende? »
Lui non rispose, né battè ciglio, e gli amici non poterono che guardarsi nuovamente, sempre più confusi e disorientati.
Fissandolo, Sirius si rialzò dal letto, ficcandosi in bocca l'ultima Cioccorana rimasta nella confezione che aveva svuotato.
« E' successo qualcosa con Miley? » domandò, scrutandolo con il capo inclinato, e nel frattempo Peter si avvicinò a sua volta, studiando il volto dell'amico.
« Di' sì o no » suggerì James, sventolandogli una mano di fronte agli occhi.
Ma Remus non reagì, e si ostinò a tenere lo sguardo fisso sul soffitto, come se fosse precipitato in una sorta di trance. Dopo un po', però, annuì impercettibilmente, e in quello stesso istante sul volto di Sirius si fece largo un ghigno soddisfatto.
« Ah, il sangue delle Banks... » sospirò James, lasciandosi cadere sul letto accanto a lui. « Manda in pappa il cervello ai Malandrini ».
Annuì con aria serafica, e sia Remus che Sirius lo fissarono con sguardo truce.
« Ma di' un po', vecchio marpione di un lupo, che hai combinato con la piccolina? » proseguì James, voltando il capo per guardarlo fisso negli occhi.
Il ragazzo, notando la sua vicinanza, gli premette una mano sulla fronte e lo spinse nella direzione opposta fino a farlo precipitare giù dal letto.
Naturalmente, nessuno prestò orecchio alle sue proteste, né lo aiutò a rialzarsi, e ben presto risuonò nella stanza un forte crack, segno che i suoi occhiali erano stati la vittima della punizione di Remus.
« Oh, andiamo! » esclamò, afferrandoli per l'asticella ancora tutta intera.
Li riparò con un colpo di bacchetta, poi si rimise in piedi con un abile saltello e li infilò nuovamente lungo il naso.
« E io che mi interesso dei tuoi affaracci amorosi... » brontolò, tenendosi a distanza dal letto dell'amico. « Dai, su, dicci che è successo o ti inchiodiamo a quel letto senza acqua né cioccolato per due giorni. E chiedimi scusa, per la miseria. Mi hai rotto gli occhiali » aggiunse, velenoso.
Remus inarcò un sopracciglio, incredulo, e, come da copione, non diede il minimo peso alle sue minacciose parole.
Sospirò, distendendo un braccio sopra la testa per afferrare il cuscino e pigiarselo sul viso.
« E allora? » lo incitò Sirius, tamburellando le dita sull'asta del letto a baldacchino. « Parla, ci stiamo annoiando a morte ».
Lui rimase per qualche altro istante in silenzio, poi riemerse da sotto il cuscino che lo soffocava e fissò un punto indistinto di fronte a sé.
« Andiamo ad Hogsmeade insieme » disse, la voce priva della benché minima intonazione. « Gliel'ho chiesto io ».
La scrosciante risata di Sirius fu la prima reazione che Remus ricevette. In effetti, dall'amico non avrebbe dovuto aspettarsi nulla di più gentile o sofisticato, ma non si astenne dal fulminarlo con lo sguardo, senza che ciò, comunque, lo toccasse minimamente.
« NON CI CREDO! » urlò invece James, senza riuscire a dimostrare il minimo contegno. « E lei ha detto di sì? Ha davvero detto di sì? »
« E' questo che ti stupisce di tutta la faccenda? » s'inserì a quel punto Peter, mostrandosi sinceramente allibito.
Lui riflettè a lungo, e d'un tratto si sentì parecchio stupido.
« Beh... » fece, tentando invano di giustificare le idiozie alle quali aveva dato voce. « Avrebbe anche potuto dire di no... »
« Volevi che mi dicesse di no? » lo aggredì allora Remus, sconvolto dalle sue parole insensate, e lui cominciò a scuotere convulsamente il capo.
« Ehi » intervenne Sirius, serio, passando un braccio intorno alle spalle di James. « Ora basta. Lo state mettendo in difficoltà ».
Il ragazzo si finse offeso e mortificato, poi scoppiò a ridere e fece cenno a Remus di proseguire.
« Non so perché l'ho fatto » ammise lui, sentendosi sempre più idiota ad ogni parola pronunciata. « Il pensiero non mi aveva mai neanche sfiorato, potrei giurarlo. Quindi... ecco, in realtà non capisco. Lei stava già andando via, ma io l'ho richiamata e... e gliel'ho chiesto ».
Sollevò le spalle, se possibile ancor più confuso di prima, e gli amici si scambiarono un secondo sguardo sbigottito.
« Non sei... felice? » azzardò James, sollevando le sopracciglia come se fosse - ed era realmente - una cosa del tutto ovvia. « Esci con Miley, è questo il punto, e allora? Perché ti stai flagellando così? La cosa dovrebbe renderti perlomeno allegro! Sei strano, Lunastorta, lo sai, sì? » fece infine, fissandolo.
Remus sorrise, e annuì. Suo malgrado, non poteva negare a se stesso che l'idea di uscire con Miley lo mettesse di buon umore. Sarebbe stato stupido.
« Certo che negli ultimi giorni è successo davvero di tutto, non trovate? » esclamò ancora James, allargando le braccia. « Sirius che per la prima volta in vita sua va al villaggio con un'amica e non con una sguattera, Peter che viene invitato ad uscire, Remus che addirittura prende l'iniziativa e invita lui stesso... manca solo che la Evans mi chieda di andare ad Hogsmeade con lei e il miracolo è compiuto! »
Effettivamente, James non aveva tutti i torti.
Nell'ultima settimana, infatti, ai Malandrini era accaduto ciò che mai prima avrebbero potuto immaginare succedesse loro. Il primo caso eclatante era stato proprio Sirius, il quale, abituato per ben quattro anni a visitare il villaggio con i fidati compari o in alternativa insieme a qualche dolce donzella, aveva optato in quell'occasione per la tranquilla compagnia di Mary; Remus, poi, che mai aveva avuto alcun tipo di approccio con l'universo femminile prima di allora, a quanto pareva si era deciso a buttarsi, proponendosi in prima persona, evento assolutamente fuori da ogni logica; infine, caso forse più unico che raro era stato quello di Peter, per anni del tutto ignorato dal popolo femminile del castello, che era stato invitato ad uscire nientepopodimeno che dalla mitica Camilla Hughes, a quanto pareva stanca dell'infruttuosa persecuzione su Alan. Gli amici avevano tempestivamente messo in guardia il ragazzo sulla pericolosità del soggetto in questione, portando come testimone proprio la sua ultima vittima: Alan, infatti, si era lanciato nel racconto della sua atroce esperienza, sollevato nel poterla considerare ormai solo un lontano ricordo, ma nulla era riuscito a scalfire Peter, il quale qualificava gli agguati e gli appostamenti di Camilla soltanto come chiare dimostrazioni d'affetto. Evidentemente, per lui Mary era ormai un capitolo chiuso, e si riteneva pronto ad affacciarsi ad una nuova, emozionante avventura sentimentale.
« Stai tranquillo, Ramoso, non correrai questo rischio » ribattè prontamente Sirius, battendo a James una pacca sulla spalla. « Se Evans ti chiede di andare ad Hogsmeade con lei, giuro che bacio Giselda Stubbins in piena Sala Grande! »
Gli amici scoppiarono a ridere, e lui si unì a loro, immaginando la scena.
« Quindi passerai un gran San Valentino con la piccola Banks, Lunastorta » concluse Sirius quando smisero di ridere, battendo le mani con un gran sorriso stampato in volto. « Complimenti davvero ».
A quelle parole, Remus si rizzò a sedere, strabuzzando gli occhi, e cominciò a tossire convulsamente, tanto che Peter fu costretto a battergli qualche pacca sulla schiena finché non si fu totalmente calmato. Una volta ripreso fiato, cominciò a scuotere il capo ripetutamente, sotto shock.
« Si può sapere che diavolo ti prende? » esclamò ancora Sirius, sconvolto quasi quanto lui.
Remus deglutì, passandosi le dita fra i capelli.
« E' a San Valentino » asserì, pallido in volto. « Si va al villaggio a San Valentino... e io l'ho dimenticato ».
« E grazie al cielo! » esclamò James, ridendo forte. « Se te lo fossi ricordato non gliel'avresti mai chiesto, il che sarebbe stato del tutto idiota da parte tua ».
Ma Remus non parve convinto dalla sua visione della questione.
« Maledizione » ribattè infatti, ancora fortemente provato. « Che diamine penserà Miley, adesso? »
« Che sei cotto di lei, il che è la verità. Amen » fu la saggia e caustica conclusione di Sirius, e l'altro parve troppo scombussolato per replicare.
Si limitò a lasciarsi ricadere sul materasso, e rimase lì disteso senza muoversi di un millimetro per i dieci minuti seguenti, smuovendosi solo quando James lo costrinse con la forza ad abbandonare la tomba per la cena, anche se, persino allora, ci volle tutto l'aiuto di Sirius e Peter per convincerlo ad alzarsi.
Quando riuscirono nell'impresa, ad ogni modo, lasciarono il Dormitorio, richiudendosi la porta alle spalle, e si diressero verso la Sala Grande.
Arrivati al quinto piano, però, James si sentì richiamato, e notò che una ragazza di Tassorosso di sua conoscenza gli stava venendo incontro.
« Ehi, Andie » la salutò, rivolgendole uno dei suoi smaglianti sorrisi. « Tutto bene? »
La ragazza annuì, ricambiando il sorriso, e si sistemò la lunga treccia nera su una spalla, guardando James dritto negli occhi.
« Benissimo, grazie » rispose in tono amichevole. « James, ascolta... volevo chiederti... se non hai già qualcuno, ti piacerebbe venire ad Hogsmeade con me? »
James, a quelle parole, maledì se stesso mentalmente, e rimase impassibile di fronte al volto angelico della ragazza.
Era già la nona volta che una ragazza gli chiedeva di accompagnarla in occasione della visita al villaggio, e non sapeva mai cosa rispondere, né quale scusa inventarsi per declinare l'invito. Gli sguardi speranzosi di tutte, poi, di certo non gli facilitavano il compito, anzi ne raddoppiavano la difficoltà.
I suoi rifiuti categorici e premeditati, comunque, non erano dovuti al fatto che le pretendenti non gli piacessero. La seconda ad averlo invitato, ad esempio, era fra le ragazze più ambite della scuola, mentre l'ultima era una coetenea con cui aveva uno splendido rapporto da sempre. Eppure, non aveva esitato neanche un istante, e aveva rifiutato i loro inviti uno per uno, anche se sempre con la dovuta gentilezza.
Perché malgrado avesse deciso di non invitare Lily, non aveva la minima voglia di uscire con nessuna ragazza che non fosse lei. 
« Oh, ehm... Andie » rispose, massaggiandosi il collo con aria imbarazzata. « Sarebbe bello, ma... beh, mi dispiace, però... ecco, è un periodo un po'... un po' strano. Insomma, pensavo di andare con qualche amico » concluse, e vide la ragazza rabbuiarsi un po', cosa che lo dispiacque moltissimo.
« Non preoccuparti » si affrettò però a replicare, abbozzando un sorriso. « Ci vediamo in giro, allora ».
Lui annuì, sentendosi un po' più uno schifo ogni secondo che passava, e tentò di rispondere al sorriso con calore.
« Ciao » salutò, e la guardò allontanarsi prima di riunirsi nuovamente agli amici che lo avevano aspettato un po' più in là, accanto alle scale.
« Strage di cuori, eh, Ramoso? » gli fece Sirius, affondando le mani nelle tasche. « Ah, beh... passerà anche a lei, vedrai ».
James annuì un po' di malavoglia, e scese i gradini due alla volta, slacciandosi la cravatta che gli segava la gola, lo sguardo fisso a terra.
Aveva appena terminato di percorrere la rampa di scale, quando una ragazza svoltò l'angolo e gli venne addosso, sbattendo dritto contro il suo petto.
Era Lily.
« Oh... ciao » mormorò James, sorridendo stupito. « Scusa, avevo la testa da un'altra parte, io... come stai? » le chiese, scuotendo impercettibilmente il capo.
Lei sorrise, massaggiandosi distrattamente le braccia, e scrollò le spalle con indifferenza.
« Bene » rispose, sistemandosi meglio la pesante borsa sulla spalla, « per quanto si possa stare bene essendo reduci da tre ore intere in Biblioteca, ovvio ».
James rise, e lanciò un'occhiata alla catasta di libri che impediva alla sua borsa di chiudersi, inarcando un sopracciglio.
« Però, Evans » commentò, divertito. « Ci vai giù pesante con quei libri ».
Lei diede in una risatina sommessa, e James la seguì a ruota.
« Ascolta » disse quando ebbero smesso. « Volevo chiederti una cosa ».
Immerse le mani nelle profonde tasche del mantello, e la vide sollevare lo sguardo lentamente, intrecciando gli occhi ai suoi.
Lily lo fissò a lungo, e non potè che sperare che la domanda di James fosse quella che si era ritrovata ad attendere durante quegli ultimi giorni.
Da quando era stato apposto su tutte le bacheche l'avviso dell'uscita ad Hogsmeade, infatti, non aveva fatto altro che pensare a lui, in continuazione. Alla vista del biglietto, la mente era scattata a James prima ancora che potesse bloccarla, e questo l'aveva impensierita, certo, ma aveva soppresso ogni scomodo quesito. Il desiderio di ricevere il suo invito, invece, si era fatto sempre più forte, sempre più acceso, e non aveva potuto fare a meno di domandarsi il perché di quel cambiamento così radicale e inaspettato, ritrovando la risposta in lui. Semplicemente in lui.
Da un po' di tempo, infatti, aveva cominciato a pensare che la drastica trasformazione che aveva subito durante quel breve periodo di tempo fosse dovuta esclusivamente a James, al suo essere diventato più maturo, ma anche più se stesso di fronte a lei. E questo l'aveva colpita sin dal loro primo vero dialogo, spingendola a mutare atteggiamento, a porsi in maniera del tutto diversa, persino a far accrescere dei sentimenti di cui non conosceva neanche l'esistenza, e a farne emergere di nuovi e sconosciuti, anche se cominciava a credere che un'insolita, contraddittoria attrazione per James, in realtà, l'avesse sempre, sempre provata.
Così rimase ferma ad osservarlo, speranzosa, anche se non lo diede a vedere, e pensò che tutti gli inviti che aveva rifiutato negli ultimi giorni non valessero neanche un briciolo di quello che invece stava aspettando di ricevere. 
Un invito che per troppo tempo aveva rifiutato senza una ragione. 
Un invito che in quel momento si ritrovava a desiderare ardentemente.
Un invito che - lei non poteva saperlo - quella volta non sarebbe arrivato.
« Mi chiedevo se sabato fossi libera » disse James, spingendo gli occhiali lungo il naso, e a quelle parole lo sguardo di Lily si accese. « Sai, ho incontrato Marion, prima » spiegò lui, « e mi ha chiesto se potessimo sostituire i Tassorosso per la prossima ronda. Per me non c'è problema, quindi... a te va bene? Non vorrei rovinarti la serata ».
Le sorrise con spontaneità, ma Lily non riuscì a ricambiare il gesto, anzi riabbassò lo sguardo, innegabilmente delusa.
« Ehi » mormorò James, avvicinandosi di un passo e inducendola a risollevare il volto con una lieve pressione delle dita sul mento. « Va tutto bene? »
Lei non riuscì a sostenere il suo sguardo e puntò il proprio altrove, annuendo con un breve scatto della testa.
« Certo » rispose, ma ancora non trovò la forza di sorridere. « Va tutto bene » confermò, tornando poi a guardarlo. 
Ma James non ne pareva affatto convinto.
Proprio come non lo era lei. Perché nulla, nulla andava bene. Per niente.
Non andava bene la sua delusione assolutamente immotivata, e il sorriso che non riusciva a piegare le sue labbra sottili. Non andava bene il formicolio che aveva avvertito lungo la schiena quando lui l'aveva semplicemente sfiorata, né quella luce carica di preoccupazione nel suo sguardo che le suggeriva quanto James fosse riuscito a captare di quel suo malessere. Non andava bene l'agitazione che si era impadronita di lei in quei giorni ogni volta che lui le si era avvicinato per parlarle, o semplicemente lanciarle un sorriso. Non andavano bene i pensieri su cui la sua mente indugiava in quel passaggio tra il sonno e la veglia, quando immaginava James farsi vicino, chiederle di andare ad Hogsmeade insieme, sorriderle con calore, come faceva sempre... 
« Lily » le disse James, richiamando la sua attenzione, « ascolta, so di non essere la persona più adatta a cui fare le tue confidenze, ma... ti ho vista piuttosto giù in questi giorni » fece, sospirando, e inclinò lievemente il capo per studiarla meglio. « Se qualcosa non va, io... io sono qui, d'accordo? In qualsiasi momento, per qualsiasi stupidaggine... io ci sono. Volevo... volevo che lo sapessi, ecco ».
Si strinse nelle spalle, attendendo una risposta che non tardò molto ad arrivare, accompagnata da un lieve sorriso.
« Lo so » fu ciò che disse Lily, ed era la pura verità. « E' tutto okay, puoi credermi. Sono solo un po'... confusa, ecco ». Pensò di aver detto fin troppo, tanto che ampliò il proprio sorriso e aggiunse: « Troppa roba da studiare, credo » con un po' di convinzione in più. « E... oh, quasi dimenticavo, sabato va bene. Sì, va... va benissimo. Se puoi, ricordamelo dopo Hogsmeade. Sono così sbadata... potrei dimenticarlo ».
Ma sapeva bene che avrebbe atteso quella serata proprio come aveva aspettato quell'invito mai arrivato.
« Ma certo » rispose James, ridendo. « Allora... beh, ci si vede in giro, Lily » salutò poi, un sorriso raggiante sul volto.
Lei rise e annuì, sollevando una mano in segno di saluto, poi lasciò ricadere il braccio lungo il fianco e lo guardò andar via.
Il sorriso si spense lentamente sul suo volto, scivolando via senza che riuscisse ad acciuffarlo, e magari a tentare di ricomporlo.
Tutto, nell'atteggiamento di James nei suoi confronti, le faceva pensare che il suo interesse per lei fosse mutato anch'esso. Forse non la desiderava più come un tempo, forse non era mai stato così, o forse... forse tutto questo era solo ciò che vedevano gli occhi di una ragazza spaventata che si vede scivolare via dalle dita ciò che avrebbe potuto stringere, ma che troppo a lungo non ha avuto il coraggio di sfiorare.
E pensò anche che James dovesse essersi sentito così tutte le volte in cui era stata lei a rifiutarlo, incurante di ciò che il suo secco, acido no avrebbe potuto significare per lui. Fu così che comprese quanto dovesse essere stanco di sentirselo ripetere, e di certo non potè biasimarlo.
Ma se quello significava che avrebbe dovuto fare qualcosa di vero e di importante per averlo, allora avrebbe corso... e lo avrebbe riconquistato.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
Il giorno tanto atteso dell'uscita ad Hogsmeade era finalmente arrivato, e nel Dormitorio delle ragazze regnava il caos.
In mezzo al tumulto generale, Alice era sicuramente la più esaltata fra tutte. Come sempre, infatti, sgambettava per la stanza alla disperata ricerca di consigli su cosa indossare, ma tutto ciò che riceveva in cambio delle sue preghiere erano continui sbuffi spazientiti, qualche insulto poco velato e, da parte di un'insolitamente violenta Emmeline, anche un ben assestato colpo di cuscino sulla nuca che l'aveva fatta sbraitare per dieci minuti buoni.
Scarlett, invece, era piuttosto silenziosa, ma appariva notevolmente irritabile tutte le volte che qualcuno le rivolgeva la parola anche solo per chiederle l'ora.
Al contrario, Lily se ne stava accoccolata con aria serena sul suo letto, cercando di leggere un libro che Remus le aveva dato in prestito proprio quel giorno, ma a causa delle continue urla che invadevano la stanza l'impresa si stava rivelando ancor più difficile di quanto mai avrebbe potuto prevedere.
Emmeline, per amor proprio e di tutte, tentava di ripristinare la pace e l'ordine nel Dormitorio, lasciandosi però andare anche lei, di tanto in tanto, a qualche atto isolato di schizofrenia piuttosto comprensibile, e nel frattempo cercava di tenere allegra Mary, che pareva aver perduto tutte le ragioni per esserlo.
Quella notte, infatti, si era svegliata di botto con il volto imperlato di sudore, e si era liberata in fretta e furia dell'ammasso di coperte sotto le quali dormiva sempre beatamente. A contatto con l'aria gelida, però, era stata scossa da brividi incontrollabili, e la pantomima era proseguita ancora a lungo, finché non aveva dovuto ammettere a se stessa di essere stata colpita da un attacco di febbre bello e buono.
Subito dopo l'alba, impaziente di essere curata da Madama Chips per poter avere la possibilità di presentarsi al meglio in occasione dell'appuntamento con Sirius, era corsa in Infermeria, e la donna le aveva somministrato una Pozione Peperina, che però non l'aveva guarita del tutto. Ciò che l'avrebbe fatta presto stare meglio, a detta sua, era un bel pomeriggio di riposo trascorso fra tazze di tè bollente e coperte di lana tirate su fino al mento.
Mary si era ribellata, l'aveva implorata di lasciarla andare al villaggio con tutte le proprie forze, ma l'infermiera era stata irremovibile, e questo l'aveva condotta in uno stato di depressione totale che la stava lentamente consumando fino all'osso.
« Bodede bassarmi i fazzoleddi? » stava domandando alle amiche, riemergendo per un istante dalla montagnola di coperte che la sotterravano.
Emmeline le si avvicinò, passandole una grossa scatola di fazzoletti, e le accarezzò i capelli con fare materno e apprensivo.
« Dedesdo Badaba Gips » borbottò, soffiandosi forte il naso. « Ghissà gosa mi ha rifilado, quella donna balededda... »
Scosse il capo con aria distrutta, e si asciugò una lacrima che era fuoriuscita dagli occhi gonfi, umidi e arrossati.
« Se ti sei beccata l'influenza, è solo colpa tua » la riprese Alice, severa. « Hai delle sciarpe fantastiche, non capisco proprio perché ti ostini a non indossarle ».
Ma Mary non se la sentì di ribattere, e diede in uno sbuffo che si tramutò immediatamente in un violento attacco di tosse.
Quando si fu placato, tornò al proprio sepolcro, anche se un istante dopo un violento starnuto smosse le coperte, facendola inveire contro il mondo intero.
« Ho l'impressione che a Frank il magenta non piaccia » stava dicendo invece Alice, solleticandosi il mento con le dita di una mano mentre con l'altra reggeva un abitino succinto di un fucsia quasi accecante, e le amiche si volsero tutte a fissarla, sbigottite.
« Ma dai! » esclamarono in coro, e scoppiarono a ridere un istante dopo, burlandosi della faccia offesa e arrossata di Alice, che rivolse loro una linguaccia.
« Vada per il rosso corallo, allora! » esclamò, ed Emmeline non riuscì a trattenere una smorfia di puro disgusto. « Guarda che ti ho vista, Vance! » la apostrofò infatti la ragazza, lievemente scorbutica. « Oh, ma andate al diavolo, a Frank piace da matti il rosso corallo! » sbottò, ma non pareva del tutto convinta. 
Prese a mordicchiarsi il labbro inferiore, poi a fissare Scarlett con spaventosa insistenza.
« Cosa c'è? » sbottò lei quando non riuscì più a tollerarlo, e inarcò le sopracciglia così tanto che sparirono dietro il ciuffo di capelli scuri.
Quel tono accusatorio fece indispettire Alice, tanto che si premette una mano aperta a ventaglio sul cuore, trattenendo teatralmente il fiato.
« Ignobile e incivile maleducata » la redarguì, indignata. « Comunque, io... » aggiunse poi in tutt'altro tono, e l'amica cominciò ad insospettirsi. « Ecco, visto che... ecco, sei già pronta... magari potresti... non so, andare da Frank e... beh, insomma, chiedergli se gli piace il rosso corallo! » esclamò, come se si stesse infuriando con se stessa. « La butti lì come se nulla fosse... gli assicuri che è solo un sondaggio che hai avviato da poco a livello scolastico... Frank non fa mai molte domande, è così buono, e gentile, ed educato, e meraviglioso... quindi non sarà poi così-... »
« No ».
La secca risposta riuscì a stroncare in pieno l'insensato e carico di speranze monologo di Alice, che apparve, se possibile, ancor più alterata di prima.
Incrociò le braccia al petto, gli occhi ridotti a fessure, mentre Scarlett ricambiò il suo sguardo quasi annoiata, tamburellando le dita sul fianco.
« No? » le fece Alice, provocatoria. « Ah, beh, d'accordo! Voltiamo le spalle alle amiche che ci sono sempre state accanto... che importa? Tanto ti perdoneranno sempre... e allora va', Scarlett Banks, va' e non tornare mai più! Va' dal tuo amichetto poco alla moda, va'... il tuo destino ti attende ».
Scarlett strabuzzò gli occhi, poi esplose in una risata profondamente divertita che finì per coinvolgere anche lei.
« Merlino, vado via sul serio » disse poi la ragazza, scuotendo il capo. « Qui è un covo di matte da galera. Ci vediamo più tardi ».
Afferrò il proprio cappotto dal letto e lo indossò, sistemandosi i voluminosi capelli lisci che si impigliavano ovunque.
« Sgarledd » la richiamò Mary, ponendo fine alla sua seconda, prolungata immersione. « Mi faresdi un biagere? »
Lei annuì, sorridendole dolcemente, e aspettò che proseguisse.
« Buoi dire du a Sirius ghe non gi sarò? » le chiese, stropicciandosi l'occhio destro con le nocche delle dita. « Non lo sa angora ».
Scarlett si morse la lingua per non dire nulla che non fosse un semplice , e si limitò ad annuire per la seconda volta, accennando un altro breve sorriso.
« Sta' tranquilla, ci penso io » la rassicurò, poi sollevò la mano in un gesto di saluto e si chiuse la porta del Dormitorio alle spalle.
Affondando le mani nelle calde tasche del cappotto blu notte, scese rapidamente i gradini della scaletta a chiocciola e uscì fuori dalla Sala Comune, cercando Sirius con lo sguardo lungo i corridoi e le rampe di scale, senza trovarne la minima traccia.
Non appena giunse di fronte al portone della Sala Grande, però, riuscì quasi immediatamente ad intercettarlo: era vestito di nero da capo a piedi, con un maglioncino serrato dalla lampo del giubbotto di pelle che gli dava un'aria da vero motociclista; i lunghissimi capelli color carbone non erano neanche vagamente perfetti, ma lievemente smossi ai lati del viso, come se avesse l'abitudine di passarvi in mezzo le dita fin troppo spesso, mentre i jeans neri segnavano la sua figura alta e slanciata, facendo spiccare la pelle bianca come la neve.
Era intento a chiacchierare con Oscar Clark, il mitico ragazzo delle scommesse, che però si allontanò nel momento stesso in cui Scarlett prese ad avvicinarsi. E Sirius la vide quasi subito.
I suoi occhi grigi e spenti avevano cominciato a vagare fra i ragazzi che parlottavano fra loro, e si erano posati proprio su di lei, che camminava a passo lesto e spedito. E se anche una sola emozione lo aveva trapassato quando aveva capito che si stava dirigendo proprio verso di lui, di certo non lo diede a vedere.
« Ehi » fu il saluto che Scarlett gli rivolse quando gli fu di fronte.
Lui la squadrò, un sopracciglio inarcato, e per alcuni istanti non proferì parola, come se stesse riflettendo su cosa rispondere.
« Ehi » ripetè infine, piatto, e il primo pensiero che balenò nella mente di lei fu che quell'incipit non prometteva una conversazione troppo amichevole.
Sospirò, ma tentò di ricomporre il suo volto in un'espressione serena e ben disposta al dialogo, cosa che lui invece non fece.
« Ascolta, Mary mi ha chiesto di dirti che non potrà venire al villaggio » gli disse, affondando ancor più a fondo le mani nelle tasche. « Questa notte è stata male ».
A quella notizia, Sirius non si scompose minimamente, e non smise di scrutarla neanche per un istante.
« Nulla di grave, spero » rispose, il tono di voce sempre privo di particolari sfumature, e Scarlett si affrettò ad annuire.
« Brutto raffreddore e un po' di febbre, nulla di più » lo rassicurò, scrollando le spalle. « Madama Chips le ha assicurato che si riprenderà perfettamente in giornata, ma le ha proibito di venire ad Hogsmeade. Credeva che le avrebbe dato il colpo di grazia » e così dicendo sorrise, sperando che lui ricambiasse, ma Sirius si limitò ad annuire, sempre serio in volto e perfettamente composto.
« Capisco » disse soltanto, distaccato, e lei si ritrovò a studiarlo con rinnovato interesse.
« Non sembri molto dispiaciuto » si lasciò sfuggire, e non potè che domandarsi perché diavolo lo avesse detto.
Lui, d'altro canto, parve esattamente dello stesso avviso. La sua affermazione lo spiazzò, e non riuscì a comprendere la ragione che l'aveva dettata.
« Vedo Mary tutti i santi giorni » obiettò, abbandonandosi contro la parete. « Dovrei trascinarla ad Hogsmeade con la forza o cosa? »
Scarlett si morse il labbro, pensando a qualcosa da dire, ma il suo sembrare così allibito era un atteggiamento del tutto giustificato.
« Beh, no, certo che no » replicò infine, facendo spallucce. « Ma oggi non è uguale a tutti gli altri giorni ».
Inaspettatamente, Sirius rise, scuotendo il capo con incredulità, come se ciò che aveva intuito dalle sue parole fosse quanto di più divertente avesse mai sentito.
« Ah, già, oggi è... com'è che dicono tutti? La festa degli innamorati » disse con enfasi, ironico e tagliente. « E tu ti sei ficcata in testa cosa di preciso? Che Mary sia il mio primo, grande, vero e unico amore? » E tornò a ridere, sprezzante come sempre. « Quindi che sarei stato devastato per la sua assenza? Beh, spiacente che la mia reazione ti abbia delusa. Comunque complimenti, Banks, sei un fulmine. Hai proprio centrato il punto ».
La fissò, e lei parve piuttosto indispettita dal suo incrollabile sarcasmo. La mandava in bestia, ma lui non riusciva proprio a farne a meno.
« Se l'hai invitata, una ragione ci sarà » buttò lì, tentando di apparire disinteressata quando invece non lo era affatto. « Avresti anche potuto non invitare nessuna, come ha fatto James, e andare ad Hogsmeade con lui... ma non l'hai fatto ».
Sirius sogghignò, lasciandosi scivolare addosso le sue inutili parole di immotivata gelosia, e puntò lo sguardo altrove, lontano dal suo viso.
« Da quando ti devo spiegazioni? » domandò dopo un po', e riuscì a scorgere di traverso la sua espressione sorpresa, smascherata.
Tornò a fissarla, ben felice nel notare che il suo sguardo riusciva a metterla ancor più in difficoltà, e attese la sua risposta, rilassato.
« Non te ne ho mai chieste » disse lei, altera, e poco mancò che Sirius cominciasse a ridere di nuovo.
« Beh, vorrei ben vedere » ribattè, lasciandola di stucco. « Sarebbe piuttosto ridicolo da parte tua chiederne, visto che tu per prima non ne dai mai, non trovi? »
Scarlett spalancò la bocca per replicare, ma la richiuse dopo un solo momento, senza sapere cosa dire. Negare era da sciocchi, ammettere da onesti. 
Ma lei e Sirius non lo erano mai l'uno di fronte all'altra, e questo... questo avrebbero ancora dovuto impararlo.
Si bagnò le labbra con la punta della lingua, quando vide uscire fuori dalla Sala Grande un altissimo ragazzo dai capelli biondo cenere che si rivelò essere Dylan Brown. Non appena li vide, fece per venire loro incontro, e sorrise a Scarlett quando notò che lo stava guardando.
« Ehilà » salutò, allegro, e Sirius puntò lo sguardo su di lui con una rapidità sorprendente. 
Dylan gli rivolse un breve cenno di saluto, poi avvolse la vita di Scarlett con un braccio e le scoccò un rapido bacio sulla guancia.
Quel gesto parve disturbare parecchio Sirius, che distolse lo sguardo con evidente fastidio, e Scarlett lo notò, tanto che sorrise brevemente a Dylan e, con delicatezza, allontanò la sua mano, slacciandosi abilmente dal suo abbraccio.
Al ragazzo non sfuggì l'imbarazzo di Scarlett, così la fissò con maggiore attenzione, facendo poi scattare lo sguardo anche a Sirius.
« Interrompo qualcosa? » si affrettò a dire, vagamente spaesato.
A quelle parole, Sirius e Scarlett si scambiarono un fugace sguardo di sottecchi, ma fu proprio Sirius a prendere la parola.
« Niente di importante » disse, secco come soltanto lui riusciva ad essere, e nel contempo tentò di ignorare gli occhi di lei piantati su di sé.
Dylan accolse la sua risposta con qualche riserva, ma annuì quasi immediatamente.
« Come va, Sirius? » domandò poi, cercando di distendere un po' l'aria di tensione che sicuramente avvertiva, ma che non riusciva a spiegarsi.
Lui lo fissò, assumendo una delle sue solite espressioni indecifrabili, anche se le sue sopracciglia leggermente inarcate tradivano il suo innegabile disappunto per quella conversazione che reputava francamente di troppo.
« Tutto a meraviglia » rispose, esasperando un tono gentile e piuttosto allegro che a Dylan parve sincero, ma che Scarlett colse per quello che era davvero. « Non ho nemmeno bisogno di chiederlo a te, invece. Ti vedo bene... vi vedo bene » si affrettò ad aggiungere.
L'effetto che la sua affermazione ebbe sui due fu diametralmente opposta: mentre Dylan rise sommessamente, stringendo nuovamente a sé Scarlett in un gesto istintivo, lei non smise un attimo di fissare Sirius, seria e accigliata, mentre lui osservava la sua silenziosa quanto eloquente reazione.
« Beh, non mi lamento » fece Dylan, sorridendo apertamente. « Ma non dirmi che a te manca una ragazza proprio il giorno di San Valentino! »
Sirius diede in una risata sommessa e leggermente forzata, e scosse impercettibilmente il capo.
« Temo di doverti smentire, amico » rispose poi, quasi dispiaciuto all'idea di dover dissentire. « A dire la verità, sono stato appena mollato. Cause di forza maggiore, è chiaro » si affrettò a spiegare, con la sua solita aria strafottente, « ma tant'è ».
Fece una pausa, incrociando le gambe con nonchalance, mentre Scarlett non scollava gli occhi da lui.
« E non è tutto » aggiunse poi in tono supponente. « Devi sapere che la ragazza con cui volevo davvero uscire... è già impegnata. Una vera disdetta ».
A quelle parole, Scarlett si immobilizzò sul posto, fissandolo allarmata e stupita allo stesso tempo.
Non avrebbe mai potuto neanche lontanamente aspettarsi un'affermazione del genere da parte sua. Non proprio a Dylan... non davanti a lei. 
Ma Sirius - ormai lo sapeva bene - era la persona più imprevedibile, folle e sorprendente che avesse mai conosciuto.
Lui, d'altra parte, le rivolse un'intensa occhiata, fiero e compiaciuto, gustando con soddisfazione la sorpresa nei suoi occhi.
« Mi dispiace, amico » fu invece la risposta di Dylan, del tutto ignaro del fatto che la fantomatica ragazza citata da Sirius fosse proprio quella che aveva accanto in quel momento. « Non credevo che anche il grande Sirius Black avesse di questi problemi! »
Lui rise sommessamente, passandosi una mano tra i lunghi capelli neri.
« Accade anche questo » rispose con noncuranza, scrollando appena le spalle. « A quanto pare, anche Sirius Black ha le sue debolezze ».
E in quell'occasione, lo sguardo che rivolse a Scarlett fu decisamente diverso dal precedente. 
La spavalderia e il compiacimento che erano trapelati dai suoi occhi qualche attimo prima erano andati perduti, e avevano lasciato il posto ad una seria fermezza, carica di un messaggio che arrivò a Scarlett forte e chiaro: anche Sirius Black aveva le sue debolezze, e quella più grande era senza dubbio lei. 
« Dai, sono certo che cederà anche lei, ci scommetto la bacchetta! » ribattè invece Dylan con tono divertito e scherzoso.
A Sirius, in quel momento, scappò la prima vera risata sincera di tutta quella bizzarra conversazione. 
Dylan era davvero indifeso e ignaro di tutto, e quel gioco tanto divertente quanto crudele stava appassionando molto Sirius, che, per un breve frammento, riuscì anche a provare un po' di pietà per lui. Inutile dire che, non appena il suo sguardo tornò sulla mano di lui che stringeva il fianco di Scarlett, quel sentimento svanì in fretta com'era arrivato, e la voglia di continuare quel tiro al bersaglio si fece più forte.
« Oh, non ne sarei così sicuro » gli disse in risposta, inarcando un sopracciglio. « Ma non ti nego che... beh, probabilmente tengo alla tua bacchetta anche più di te, puoi credermi ».
Scarlett, che aveva assistito a quel dialogo completamente in silenzio e del tutto concentrata su Sirius, lo fissò sempre più seria in volto, sentendosi bersagliata ogni dannatissima volta in cui lui apriva bocca. 
Nessuna delle sue frasi era buttata lì a caso, e tutti i significati reconditi nascosti dietro di esse l'avevano agitata, sconvolta e innegabilmente colpita.
Anche in quell'occasione, Sirius aveva saputo impressionarla come solo lui riusciva a fare. 
« Sono con te, amico » disse Dylan, battendogli una pacca sulla spalla, e anche in quel caso, Sirius non riuscì a trattenere un sorriso. « Beh, allora... se non ti dispiace, ti rubo Scarlett e non ti faccio perdere altro tempo. Ci si vede in giro ».
Gli rivolse un sorriso genuino, mentre quello che ricevette da Sirius fu decisamente amaro. 
Proprio in quell'ultima battuta, paradossalmente, era stato lui a metterlo nel sacco, senza neanche volerlo. 
Ti rubo Scarlett...
« Curiosa scelta di lessico » mormorò tra sé e sé, tanto che a Dylan sfuggì la sua frase, cosa che non successe invece a Scarlett. « Bene... divertitevi » aggiunse poi a voce più alta.
Battè una forte pacca sulla spalla di Dylan e si allontanò, senza soffermarsi neanche un secondo su Scarlett, che non ebbe nemmeno la forza di fiatare.
Le labbra serrate e le mani ancora in tasca, percorse ad ampie falcate la distanza che lo separava dalla prima rampa di scale, tentando con tutte le proprie forze di tenere la mente occupata per scacciare via i ricordi del breve e inatteso dialogo che si era ritrovato ad affrontare.
Quando meno se lo aspettava, però, avvertì una mano stringersi intorno alla sua spalla: era James, con Remus al suo fianco.
« Ehi, tutto bene? » gli fece il primo, stranamente scuro in volto, e Sirius ricambiò lo sguardo senza batter ciglio. « Quel bamboccio è una Piovra Tentaculum, ma se vuoi posso ancora centrarlo con una bella Fattura Pungente, così potrà dire addio per sempre al suo ca-... »
« James » lo redarguì immediatamente Remus, fulminandolo con un'occhiata raggelante, e lui si limitò a sbuffare.
« Sei pesante, amico » sbottò, arrabbiato quanto lui, ma il ragazzo non parve minimamente offeso dalle sue parole. « Pesante, va bene? Comunque » aggiunse, alzando gli occhi al cielo e rivolgendosi nuovamente a Sirius, « cos'è successo? Con Scarlett, intendo ».
Sirius scrollò le spalle con noncuranza, come se quanto si erano detti non avesse la minima rilevanza.
« Niente » rispose infatti, piuttosto vago. « Mi ha solo detto che Mary sta male e non verrà. Tutto qui ».
James gli rivolse un lungo sguardo indagatore, ma non gli chiese altro. 
Se ne avesse avuto voglia, avrebbero potuto parlarne dopo, da soli. Quella non pareva di sicuro la situazione giusta, né tantomeno il luogo più adatto; molte ragazze non facevano altro che fissarli, parlottando concitate fra loro.
« Allora puoi venire con me » gli disse, giocherellando con la lampo della felpa color amaranto. « Andrò insieme ad Alan e Simon... lui ha mollato la biondina, sai, si diceva che fosse un'habitué di Madama Piediburro... quindi puoi unirti a noi ».
« No » rispose subito Sirius, e James si accigliò.
« Andiamo, amico, mi rifiuti anche tu? » gli disse, fingendosi sconvolto. « Capisco Lily e tutto quanto, ma tu! » esclamò, palesemente ferito. « Hai chiuso con me, Felpato. Considera la nostra relazione finita. D'accordo? » concluse, e Sirius non potè che scoppiare a ridere, divertito.
« Non voglio che tu ti senta un ripiego » rispose nello stesso tono serio e contrito, poi mutò nuovamente espressione. « Come si chiama quella tipa laggiù? » domandò, accennando a una ragazza di media statura dai voluminosi capelli ricci e scuri. 
James e Remus si scambiarono uno sguardo esasperato, e il primo sospirò, schiacciandosi le lenti degli occhiali sul viso per poter inquadrarla meglio.
« E' Margareth qualcosa » rispose, cercando di racimolare dai cassettini della memoria qualche ricordo della ragazza. « Grifondoro. Sesto anno ».
Sirius annuì brevemente e, senza proferir parola, si allontanò per raggiungerla, lasciando gli amici praticamente sotto shock.
« Merlino » fece James dopo un po', schiaffeggiandosi il palmo della mano sulla fronte. « E' già impegnata! Con quel tipo grosso e malavitoso di Corvonero! Sono un idiota » terminò, atono, e fissò con sguardo vacuo Sirius che già si allontanava insieme alla ragazza con aria vagamente compiaciuta.
« Ne sei sicuro? » gli chiese Remus, che non pareva troppo convinto. « Guarda. Sembrerebbe che abbia accettato, no? »
Lui si grattò il mento con aria pensosa, soffiando via un ciuffo color carbone che gli ricadeva sulla fronte.
« In effetti... » convenne. « Santissimo Godric, che sia benedetto, ma come fa? Ha perennemente addosso un profumo all'Amortentia o... » 
Ma si interruppe e non completò la frase, lo sguardo perso nel vuoto, immerso in chissà qualche improvviso e fulminante pensiero.
Ma certo. Come aveva fatto a non pensarci prima? Era a dir poco geniale.
« Cosa c'è? » domandò Remus, allarmandosi, e tentò di rintracciare il punto che l'amico fissava con insistenza.
« Amico, ripeti con me: Amortentia » disse, e l'altro pensò che fosse completamente impazzito. « Non senti come suona meravigliosamente bene? »
Remus era sconcertato, e la sua mente lavorava frenetica nel tentativo di riuscire a cogliere il vero significato delle sue parole.
Amortentia, per James, poteva significare solo una cosa, ma lui davvero non capiva come diamine gli fosse saltato in mente proprio in quel momento.
« Per l'ultima volta, James » disse, serio e sinceramente preoccupato, « rifilare un litro di Amortentia a Lily non è una soluzione! »
Ma lui non lo ascoltava, e cominciò a camminare in tondo, rimuginando per portare a termine il suo piano geniale.
« Sì... » borbottava nel frattempo a mezza voce. « Sarà un evento magistrale... è perfetto ».
Si arrestò di colpo, avvicinandosi nuovamente a Remus con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto dipinto dalla gioia.
« E' perfetto, Remus! » esclamò, prendendolo per le spalle e attirando l'attenzione di parecchi ragazzi lì vicino. « Perfetto, ti dico! PER-FET-TO! »
« MA CHE DIAVOLO TI PRENDE? » urlò lui di rimando, ora assolutamente certo della sua follia. « E lasciami andare! » sbottò, scrollandoselo di dosso.
James parve sinceramente deluso dalla sua totale mancanza di entusiasmo, e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, mogio e spento.
« Sei uno stramaledetto idiota » gli disse. « Io sto cercando di far trionfare il fottuto amore. Sto cercando di elaborare un piano geniale. E sto cercando di farti capire che di certo non voglio dare la dannatissima Amortentia a Evans, Remus! »
Lui tirò un respiro di sollievo, e si accasciò contro la parete, evidentemente rassicurato dalla notizia.
« Beh, pensarlo è lecito, non credi? » si lasciò poi sfuggire, tornando ad essere vagamente stizzito. « Hai accarezzato l'idea almeno cinque volte in vita tua! »
James rise di cuore, e agitò la mano a mezz'aria come se fosse un insulso dettaglio di poco conto.
« Ubriaco per due volte, disperato per le restanti tre » tagliò corto, spazientito. « Allora, vuoi ascoltarlo il mio piano geniale o no? »
E l'amico avrebbe senz'altro voluto rispondere che no, non aveva alcuna intenzione di essere bersagliato dalle sue idiozie micidiali, perché tutte le volte che James progettava un piano lanciava perle di stupidità come una mitragliatrice umana, a discapito degli sventurati ascoltatori, nonché, per ricatto o per totale sfinimento, anche futuri collaboratori del geniale artefice del progetto.
Ma non riuscì a pronunciare quelle due semplici lettere, così pregò il cielo affinché il supplizio non durasse troppo a lungo, e annuì.
« Spara » gli disse, e a James bastò tanto per sentirsi pienamente realizzato.
« Dunque » esordì, battendo le mani, « presta attenzione, Lunastorta, o potresti riscontrare delle difficoltà nella comprensione... »
« Oh, ma per favore » lo interruppe lui, esasperato.
« Il perno di tutta la questione è: dobbiamo aiutare Sirius » disse James, determinato, e fissò ardentemente negli occhi Remus per ottenere il suo consenso.
« Dobbiamo aiutare te, Ramoso » lo corresse lui in tono pacato ma astioso, anche se l'altro non colse la palese ironia e sorrise.
« Ti ringrazio, amico » rispose infatti con assoluta franchezza, per poi riprendere il suo monologo. « Altro perno della questione - ammesso che ce ne possano essere due - è: dobbiamo aiutare Scarlett. Perché sì, amico, quei due non sono proprio capaci di venirsi incontro. Quindi noi potremmo... come dire... dar loro una spintarella » fece, sogghignando sotto i baffi. « La soluzione a tutti i nostri problemi è lei. L'Amortentia. E ce l'abbiamo, no? Grazie a me, naturalmente. Quindi com'è che dobbiamo utilizzarla? E' facile. Indovina ».
James stava spalancando nuovamente la bocca per proseguire, quando Remus lo interruppe nuovamente.
« Sai, James » gli disse, mantenendo la sua calma interiore. « Neanche dare l'Amortentia a Scarlett è una soluzione. Spero davvero che tu lo capisca ».
Una volta tanto, fu il turno di James di lanciargli un'occhiataccia, tanto che non si prese neanche la briga di indignarsi per la sua affermazione.
« Ah, sapiente dei sapienti, grazie per avermi illuminato » gli fece, sarcastico. « Il punto è - e se solo mettessi in moto quel cervello per ascoltarmi e non per insultare, lo capiresti - che tutti e due i grandissimi imbecilli del millennio stanno trotterellando verso il villaggio con la persona sbagliata. Sei d'accordo? Naturalmente. Ora, per fare in modo che gli stupidissimi idioti stiano insieme, dobbiamo tagliare fuori dall'equazione le persone sbagliate, e far rimanere solo quelle giuste! » esclamò, certo che quella volta il suo ragionamento fosse chiaro e lampante. Speranze, com'era prevedibile, assolutamente vane.
« Quindi vuoi dare l'Amortentia a Sirius e Scarlett » dedusse infatti Remus, massaggiandosi una tempia. « Le persone giuste ».
James era sull'orlo delle lacrime, ma si trattenne dall'urlare e prese un respiro profondo per calmarsi.
« No, dannazione, voglio darla alle persone sbagliate! » sbottò, afferrandosi in un gesto disperato i capelli scarmigliati.
Remus corrugò la fronte, spiazzato. Decisamente, non riusciva più a seguire il suo contorto ragionamento.
« Ti spiego » si affrettò a dire James, riordinando le idee. « Adesso tutti e quattro cercheranno un posto in cui stare al caldo, no? E quale sarà secondo te, se non i Tre Manici di Scopa? Andiamo, riesci a immaginarti Sirius e Scarlett da Madama Piediburro? Ecco, appunto » disse, ridendo non appena notò l'espressione eloquente sul volto dell'amico. « Ed ecco che entriamo in scena noi. Per prima cosa, bisogna corrompere Madama Rosmerta affinché si decida a correggere i suoi magnifici drink con l'Amortentia. E a quello ci penso io. Poi correremo a nasconderci, in attesa del fatidico momento in cui il bamboccio e la ricciuta berranno la Pozione. E allora è fatta. Esploderà l'amore, e Scarlett e Sirius trascorreranno il San Valentino insieme. Applauso, prego ».
James incrociò le braccia al petto, in attesa, ma l'altro era troppo sconvolto per poter soddisfare la sua richiesta.
« E' folle » fu tutto ciò che riuscì a dire inizialmente. « E' completamente folle, non funzionerà mai ».
Ma lui rise della sua poca fede, e si passò con allegria le dita fra i capelli, rendendoli ancor più disordinati di quanto già non fossero.
« Non è folle, è geniale » lo corresse, severo. « E sarà meglio che tu mi dia una mano, amico, o il tutto finirà in un casino abissale che neanche immagini ».
Al suono di quel terribile avvertimento, Remus deglutì, e pensò che avesse pienamente ragione.
Se non avesse accettato di collaborare, James, cocciuto com'era, avrebbe agito senza il suo aiuto, e il piano avrebbe sicuramente riportato conseguenze catastrofiche. Il solo pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere lo faceva già rabbrividire. D'altro canto, però, se davvero avesse acconsentito a dargli una mano nella realizzazione di quell'idea balorda, avrebbe inevitabilmente compromesso se stesso. E a quel punto, malgrado le probabilità di fallimento si sarebbero notevolmente ridotte proprio grazie all'intervento provvidenziale della sua invidiabile arguzia, la possibilità che il progetto non andasse in porto era spaventosa. Perché fallire significava andare incontro alla furia omicida di Sirius, e la furia omicida di Sirius era davvero, davvero agghiacciante.
« Su, andiamo... è a fin di bene » fece James in tono innocente, giocandosi l'arma letale degli occhi da cervo bastonato.
Remus lo fissò, in lotta con se stesso, e represse a forza il desiderio di urlargli addosso quanto quella mossa fosse squallida e assolutamente scorretta.
« Quanto tempo abbiamo? » sbottò, le labbra serrate in una linea rigida e severa.
James esultò interiormente, tentando di mantenere un'espressione seria e formale che non gli riuscì poi troppo bene.
« Più o meno mezz'ora » rispose in tono professionale dopo aver dato un'occhiata al proprio orologio d'oro, e Remus sospirò stancamente.
« Muoviamoci ».
Si affrettarono verso le scale, e durante il tragitto Remus si ritrovò più di una volta a dover rimproverare l'amico che si muoveva a mo' di agente segreto.
Scivolava lungo le pareti, guardandosi intorno furtivo come se un branco di spie lo stesse seguendo e lui dovesse a tutti costi fuggire, le mani intrecciate e gli indici uniti per dare l'idea di un'arma babbana, mentre l'altro lo seguiva annoiato e spazientito, minacciandolo e ricattandolo affinché la piantasse.
« Sono Pond. James Pond » disse James all'improvviso, lo sguardo duro e determinato fisso su un punto irrintracciabile.
Remus si portò una mano alla fronte, disperato, e richiamò a sé tutta quella calma che non credeva più di possedere.
« E' Bond, Ramoso. Bond, okay? » gli disse, paziente. « E piantala di fare l'idiota, o ti mollo qui alla prossima rampa di scale ».
Lui sbuffò e slacciò le mani intrecciate che fungevano da pistola.
« Primo: fa lo stesso » esordì, scocciato. « Secondo: Merlino, lasciami in pace, quel film mi è piaciuto da matti! Qual era il titolo? »
« La spia che mi amava » sospirò Remus, affondando le mani nelle tasche del giubbotto. « Ma L'uomo dalla pistola d'oro era nettamente migliore. Il più bello fra tutti gli 007, a mio parere » commentò poi, e a quelle parole, James strabuzzò gli occhi come se non riuscisse a credere a ciò che aveva udito.
« Ce ne sono altri? » esclamò, palesemente sconvolto. « E io... e tu... perché non me li hai fatti vedere? »
« TI SEMBRA IL MOMENTO DI PARLARE DI 007, JAMES? » sbraitò l'altro, spazientito, e lui sussultò e annuì ripetutamente.
Sollevò un pollice e ricominciò a salire le scale alla velocità della luce, tanto che giunse di fronte al ritratto della Signora Grassa assolutamente sfinito.
Poggiò le mani alle ginocchia, chinandosi in avanti per riprendere fiato, mentre Remus arrivava alle sue spalle con assoluta nonchalance, fissandolo.
« Guardalo, il grande sportivo » sbuffò, scuotendo il capo, poi si rivolse alla Signora Grassa che stava ridacchiando sotto i baffi e disse: « Ippocastano ».
Si introdussero allora nella Sala Comune semideserta, e risalirono a rotta di collo la scaletta a chiocciola verso i Dormitori maschili.
Una volta barricati dentro la stanza immersa nel più completo disordine, James sollevò la bacchetta e recitò l'incantesimo: « Accio Amortentia! »
All'istante, una boccetta schizzò fuori dal suo baule, e lui la afferrò al volo, mettendosela in tasca.
« Fase uno: ultimata » asserì, e porse un cinque a Remus in attesa che lo battesse.
Lui lo fissò, poi alzò gli occhi al cielo e sbattè il dorso della mano contro il palmo della sua, affrettandosi nuovamente verso l'uscita.
Durante il ritorno al Salone d'Ingresso James non si intrattenne a fare l'idiota, tanto che la discesa fu molto più serena e rilassante.
Quando giunsero al primo piano, però, si imbatterono in Miley, che stava sbucando fuori dal corridoio delle cucine proprio in quel momento, in compagnia di quattro amiche che, alla vista di Remus, si scambiarono sguardi complici e cominciarono a parlottare fra loro.
Lei lanciò loro uno sguardo minaccioso, poi mutò drasticamente espressione e sorrise con gioia a James e Remus.
« Ciao! » esclamò allegramente, e subito dopo si ritrovò intrappolata nell'abbraccio di James.
« Ciao a te, splendore » la salutò, scompigliandole i capelli con affetto, e lei rise di cuore, divertita.
Salutò timidamente anche Remus, poi intrecciò le mani e cominciò a dondolare sul posto, mentre le amiche andavano via di soppiatto.
« Che combinate di bello? » domandò, e loro si scambiarono uno sguardo terrificato.
Nello stesso esatto momento, entrambi compresero la gravità della situazione: Remus aveva un appuntamento con Miley al quale, naturalmente, non poteva - e non voleva - assolutamente mancare, ma per conciliare la loro uscita e il piano era necessario che la mettesse al corrente del piano stesso. Ma Miley era la migliore amica di Dylan, nonché la sorella di Scarlett, cosa che complicava non poco la situazione.
« Ehm... » esordì James, massaggiandosi la nuca. « Noi... ecco, Remus, in realtà... ti stava cercando. Sì, ti stava disperatamente cercando, perché... »
« Cosa mi nascondete? » lo interruppe lei, alzando gli occhi al cielo. « James, non sei grandioso come pensi nel raccontare stronzate. Fai schifo da sempre ».
E lui non potè che annuire, assolutamente d'accordo con lei. Inventare scuse non era affatto il suo forte.
Scambiò una fugace occhiata d'intesa con Remus, ed entrambi capirono che raccontarle la verità era l'unica soluzione possibile.
« Miley, ascolta » disse lui, un po' imbarazzato. « Noi... ecco, abbiamo in mente un qualcosa che... beh, non so fino a che punto possa farti piacere scoprire ».
Ma la ragazza sorrise, incrociò le braccia al petto e fece un cenno col mento ai due, in attesa.
« Di', John » lo esortò, battendo ritmicamente il piede a terra. « Sono pronta a tutto ».
E così dicendo, si ritrovò ad ascoltare sempre più sconvolta la narrazione del piano assolutamente folle che James aveva ideato.
Al termine del racconto, lui e Remus la fissarono, in attesa di un giudizio, e il suo silenzio fece pensare loro al peggio.
« Volete farlo davvero? » domandò alla fine, la voce priva di una qualsiasi particolare intonazione.
A quelle parole, Remus si passò una mano fra i capelli, disperato. 
Si era senza dubbio giocato l'uscita ad Hogsmeade con Miley. Si era senza dubbio giocato tutto quanto il rapporto con lei. Non gli avrebbe mai più rivolto neanche un saluto. E tutto per colpa di quell'imbecille del suo migliore amico.
L'avrebbe pagata, con tutti gli interessi. E pensò che mai più si sarebbe lasciato coinvolgere in un altro dei suoi piani stupidi e malsani. Mai più.
« Miley, sappiamo che... insomma, che non è moralmente corretto » provò a giustificarsi, in preda al panico. « Sì, è totalmente sbagliato... è da vili, infami bastardi, ma... ecco, lo facciamo a fin di bene. Affinché... beh, Scarlett e Sirius possano... avvicinarsi, no? Che è quello che tutti noi vogliamo... quindi... »
« Cosa diavolo stai dicendo? »
Remus la fissò, spaesato, e stava già per scusarsi per aver tentato di giustificare l'ingiustificabile, quando lei scoppiò a ridere sonoramente.
« E' PERFETTO! » esclamò, premendosi le mani intrecciate sul cuore, e James sogghignò con aria soddisfatta.
« Te l'avevo detto... » disse a Remus a mezza voce, ma lui era troppo scombussolato per potergli prestare ascolto, e lo ignorò.
« Dico sul serio » confermò Miley, ogni istante più eccitata all'idea della messa in atto del piano. « Siete geniali. Merlino, sposatemi ».
James rise, e scosse Remus per le spalle affinché si riprendesse dallo shock appena subito.
« Ma Brown è... e Scarlett è... » stava balbettando infatti lui, tentando di trovare una logica nel suo del tutto inaspettato entusiasmo.
« Esattamente » rispose lei, serissima. « Ma... sentite. Parlando francamente, sappiamo tutti che a Scarlett non importa nulla di Dylan. E io non voglio che lo prenda in giro, perché non lo merita affatto. Le ho parlato, e... insomma, è palese che provi qualcosa di forte per Sirius. E lui... ah, beh, lui è pazzo di lei, è evidente » disse, sorridendo con aria sognante. « Ergo, stiamo sicuramente facendo la cosa giusta ».
James tossicchiò, strabuzzando gli occhi per la sorpresa e per l'ammirazione verso la sua straordinaria capacità di sintesi, e lei si volse a guardarlo con educata perplessità.
« Stiamo? » domandò lui con voce strozzata, sorpreso, e Miley annuì con un sorriso se possibile ancor più ampio di prima.
« Vi do una mano » rispose, sollevando le spalle. « Come pensate di prendere un po' di capelli di Dylan da mettere nell'infuso per quella sciacquetta? Non potreste mai farcela senza di me » fece in tono falsamente pomposo. « Quindi dai, su, diamoci una mossa. Destinazione Dylan! »
E pronunciando quelle parole, li precedette lungo la successiva rampa di scale, pronta all'azione.
I due la seguirono senza una parola, e presto giunsero al Salone d'Ingresso, già parecchio più affollato rispetto a dieci minuti prima. 
Delle due coppie, però, non vi era la minima traccia.
Dopo essersi guardata più volte intorno, James e Remus videro Miley allontanarsi improvvisamente, per poi arrestarsi di fronte al portone della Sala Grande. Notarono che stava sbirciando dentro la vasta sala, ma già qualche attimo dopo fu di ritorno, sorridente.
« Sono lì dentro » comunicò loro, facendo un cenno col capo alla sua destra. « Dunque, dividiamoci, così risparmieremo tempo. Io vado da Dylan, mentre tu » e poggiò una mano sulla spalla di James, « andrai da Sirius e la moretta ».
« E io? » domandò a quel punto Remus, sentendosi bruscamente tagliato fuori dal piano.
« Tu resterai di guardia, ovviamente » fu la pronta risposta di Miley, che lo fissò con la massima serietà possibile.
Lui corrugò la fronte, palesemente perplesso, e pensò che probabilmente James doveva averla contagiata con le sue manie da agente segreto.
« Di guardia a cosa, di preciso? » domandò, più spaesato che mai, e Miley, di fronte alla sua espressione confusa, scoppiò a ridere di gusto.
« Lascia perdere, mi andava di dirlo perché fa tanto figo » spiegò, e Remus e James si unirono presto alla sua risata. « Comunque, dicevo sul serio. Tu rimani qui. James, noi ci ritroviamo in postazione tra tre minuti. Non fallire! » si raccomandò prima di schizzare via.
Sia lei che James, infatti, non persero tempo e si allontanarono a passo di marcia, ognuno diretto verso la coppia designata, mentre Remus rimase inchiodato sul posto, un'espressione delusa e parecchio incupita sul volto.
Guardò i due scambiarsi un'occhiata d'intesa, poi seguì Miley con lo sguardo, pensando che quel piano le avesse realmente dato alla testa.
In effetti, l'idea di aiutare sua sorella e Sirius ad avvicinarsi la rendeva parecchio euforica, tanto che prese a sorridere tra sé e sé mentre si dirigeva verso la propria preda.
In quel momento, Dylan e Scarlett stavano chiacchierando amabilmente, lei con le braccia serrate all'altezza del petto, lui con le mani in tasca, rilassato.
« Ehi, voi! » li salutò Miley, trotterellando loro incontro, e i due volsero lo sguardo verso di lei, sorridendo.
« Guarda un po' chi viene a rompere le scatole » l'accolse Dylan in tono divertito e affettuoso. « Il tuo amico non è ancora arrivato? »
Scarlett sogghignò sotto i baffi, e lei guardò entrambi con aria esasperata, scuotendo ripetutamente il capo.
« Non ancora, razza di stupidissimi impiccioni » replicò, piccata. « Sono solo passata a salutare, ma vado via subito ».
Scoccò un bacio sulla guancia della sorella, che sorrise, poi si sollevò in punta di piedi per scompigliare i capelli a Dylan, nel tentativo di riuscire a strappargli almeno un misero, cortissimo pelo biondo da utilizzare per la pozione. Inizialmente, però, non riuscì ad afferrarne neanche uno.
Presa dal panico, prese a sorridere imbarazzata, come se rimanere con la mano incollata ai capelli di qualcuno rientrasse almeno fra le dieci cose più normali della terra. Scarlett la fissava sempre più sbigottita, mentre il sorriso di Dylan si faceva ogni istante più confuso, fino a quando non svanì del tutto.
« Santa Tosca, Dylan, i tuoi capelli sono così morbidi... » disse, tentando, in un gesto disperato, di giustificare il suo colpo di follia.
Ma Dylan parve comunque esterrefatto dal suo comportamento, e la fissò come se fosse una matta appena uscita fuori da Azkaban.
« Miley, ti senti bene? » domandò, cauto, mentre lei era ancora impegnata a frugare fra i suoi capelli.
« Ma certo! » trillò lei, lievemente esaltata. « Sto benissimo! Cosa ti fa pensare che...? »
Ma non completò la frase, perché finalmente avvertì uno dei capelli di Dylan staccarsi dalla cute e rimanere intrappolato fra le sue dita.
Esultando, allontanò finalmente la mano dai capelli dell'amico ormai assolutamente in disordine, e sorrise raggiante.
« Allora ciao » salutò, e filò via senza una parola, appuntandosi mentalmente di modificare loro la memoria per fare in modo che dimenticassero tutto.
Quando giunse nuovamente in postazione, James era già arrivato, e stava discutendo animatamente con Remus.
« Scusate » disse, prendendo un ampio respiro. « E' stata più dura del previsto. I capelli di Dylan sembravano un po' restii a dirgli addio ».
Mostrò il capello portato via con la forza all'amico, e anche James sollevò pollice e indice, serrati l'uno contro l'altro a tenere un lungo capello ricciolino.
« Grandioso, missione compiuta » tagliò corto Remus. « Vogliamo darci una mossa? »
Entrambi gli rivolsero un'occhiataccia, poi si affrettarono nuovamente verso le scalinate, alla ricerca di un luogo un po' più intimo e celato agli occhi di tutti in cui mescolare i capelli raccolti alla pozione che James teneva ancora in tasca.
Si infilarono in uno sgabuzzino immerso nel buio, chiudendosi la porta alle spalle, e rimasero stretti come acciughe l'uno all'altro nell'oscurità.
« Che qualcuno faccia un po' di luce, per piacere » implorò Miley, schiacciata di schiena contro la parete. « La mia bacchetta si trova in un luogo da cui al momento non può essere richiamata ».
« Anche la mia » aggiunse James mestamente. « Lunastorta, tu che hai sempre la soluzione a tutti i problemi di noi poveri mortali... »
« Sì, un secondo » lo interruppe lui, e trafficò per qualche momento con la tasca dei pantaloni, cercando di afferrare la bacchetta.
« Remus, quello contro cui stai sgomitando è il mio braccio » lo informò Miley, severa. « Io con quello lì avrei anche delle partite da giocare ».
« Scusa » si affrettò a dire lui, mortificato, e lei rispose con una fragorosa risata.
Dopo un attimo, finalmente, Remus riuscì a illuminare lo strettissimo sgabuzzino, e tutti e tre poterono tornare a guardarsi in faccia.
« Allora » esordì James, sfilando via dalla tasca la boccetta contenente l'Amortentia, « per prima cosa... Cazzo, ci serve un'altra fiala » imprecò.
Miley agitò una mano a mezz'aria come se fosse un problema di poco conto, e cominciò a rovistare dentro la borsa che teneva a tracolla.
Dopo qualche momento, durante il quale James e Remus si fissarono con aria spaesata, estrasse teatralmente una sottile fiala in vetro.
« Un'aspirante pozionista deve sempre tenere qualcosa in borsa » spiegò, sorridendo, e passò la fiala a James, che la afferrò senza una parola.
« Capello di Brown, prego » disse, e Remus, che lo aveva tenuto a Miley mentre ricercava la fiala, glielo passò.
James, allora, lo infilò con attenzione nella boccetta, per poi versarvi dentro un po' della pozione contenuta nell'altra.
« Questa è per la tipa » disse, e la passò a Miley, che rubò a Remus la bacchetta e la contrassegnò con una X rossa.
Nel frattempo, James proseguì con la preparazione degli intrugli. 
La prima fiala era rimasta piena di pozione fino a metà, e Remus si affrettò a aggiungervi il lungo capello della ragazza. Dopodiché, Miley vi tracciò sopra una X verde e battè le mani con aria trionfante, fiera del secondo successo conseguito nella messa in atto del piano.
« Sto per diventare claustrofobica, usciamo » disse poi, e i tre si riversarono fuori dallo sgabuzzino, riprendendo fiato.
Fortunatamente, l'intero corridoio era totalmente deserto, così si avventurarono verso l'imboccatura opposta, diretti per l'ennesima volta al Salone d'Ingresso.
Già parecchi studenti avevano cominciato a uscire fuori dai cancelli della scuola, diretti al villaggio, perciò i tre si incamminarono a loro volta nella stessa direzione intrapresa dai compagni, e notarono che in molti li fissavano incuriositi, bisbigliando chissà cosa.
« Ah, beh, dovevo aspettarmelo » sospirò lei stancamente. « Adesso tutti diranno che sono una battona o roba del genere. Di sicuro staranno pensando che sono riuscita a conquistare due Malandrini in un colpo solo, e mi ritrovo indecisa su quale dei due scegliere. Benedetta Morgana, che gente » sbuffò.
James le passò un braccio intorno alle spalle, sfregando piano la tempia contro la sua per consolarla.
« O magari penseranno che io e Remus stiamo furiosamente lottando per ottenere il cuore della meravigliosa Miley Banks » le disse, sollevando le spalle.
« O magari penseranno che dobbiamo darci una mossa, visto che Dylan e Scarlett sono a venti metri di distanza da noi. Io lo penso » aggiunse Remus.
I due sussultarono, e Miley si premette una mano sul cuore, strabuzzando gli occhi.
« Sono più avanti di noi? » esclamò, sconvolta. « Stai scherzando? Non è possibile! »
« Dobbiamo Smaterializzarci » intervenne James, deciso, e lei lo fissò con il capo lievemente inclinato.
« Potete portarmi con voi? » domandò.
Miley, infatti, non aveva ancora sostenuto l'esame di Materializzazione, e avrebbe dovuto seguire i corsi l'anno successivo, poiché avrebbe compiuto diciassette anni soltanto a Settembre.
« Ma certo » rispose James dolcemente. « Salta su, baby ».
Lei scoppiò a ridere, poi si guardò intorno per assicurarsi che avessero già oltrepassato i confini del castello.
« Io direi di Materializzarci sul retro dei Tre Manici di Scopa » propose James con convinzione. « Non dobbiamo farci vedere ».
I due annuirono, assolutamente d'accordo, così Miley si affrettò ad afferrare saldamente la mano di James, mentre lui scambiava un cenno con Remus.
Ruotarono su se stessi, e in un istante furono risucchiati in una sorta di vortice che premeva i loro corpi al punto tale da portargli via il respiro.
Quando riuscirono a piantare nuovamente i piedi sul terreno, Miley barcollò e si accasciò contro la staccionata che si trovava a un passo da lei­.
« Ehi... va tutto bene? » le domandò subito Remus, poggiandole una mano sul braccio.
Lei annuì e si rimise diritta, prendendo ampi respiri per riprendersi dal breve ma spaventoso viaggio appena compiuto.
« Scusate, non mi ero mai Smaterializzata prima » mormorò, poi si riprese. « Preferisco nettamente la Polvere Volante. Dunque, siamo nel posto giusto? »
James si guardò intorno, e in effetti il vocio che proveniva dal locale che avevano di fronte faceva pensare che fossero arrivati proprio a destinazione.
Così avanzarono, e James varcò per primo l'ingresso che stava sul retro della locanda, ritrovandosi in un piccolo retrobottega stipato di scatololi impolverati accatastati l'uno sull'altro, che sicuramente dovevano contenere le bottiglie di scorta utilizzate da Madama Rosmerta per portare avanti il locale.
Stavano per raggiungere la porta successiva, quella che conduceva all'interno del pub, quando una donna avvenente dai voluminosi capelli biondi la spalancò e sussultò, premendosi una mano sul cuore con aria sinceramente spaventata.
« Perdona l'intrusione, Rosmerta » disse James, sorridendole. « E' solo James Potter che viene a farti una sorpresa ».
La donna riprese fiato e rise di cuore, poi si scostò via dalla fronte sudaticcia qualche ciuffo dorato e avanzò di qualche passo, facendo leva sui vertiginosi tacchi a spillo color aragosta, tempestati in ogni angolo di minuscoli strass luminosi.
« James Potter! » esclamò, gioviale. « E perché sbuchi così dal retro e non entri dalla porta principale come tutti gli altri? »
Lui allargò le braccia per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi, come a voler dire che la risposta si trovava proprio di fronte ai suoi occhi.
« Io non sono tutti gli altri » rispose con nonchalance. « E con questo vorresti forse farmi capire che la mia presenza non è gradita? »
La donna arricciò le labbra in un sorriso, serrando le mani sui fianchi prosperosi.
« E' l'ultima cosa che dovrebbe saltarti in mente » gli disse con affetto. « Ma di' un po', dov'è finito il tuo fedele compare? Mi sarebbe piaciuto salutarlo ».
A quelle parole, James guardò di sottecchi Remus e Miley, per poi tornare a sorridere con disinvoltura in direzione di Madama Rosmerta.
« Credo proprio che stia per arrivare » replicò, piuttosto criptico. « Ed è proprio di lui che ti volevo parlare. Hai tempo per scambiare due paroline? »
« Oh, ho tempo da vendere » sbottò lei in tono brusco, facendo comparire dal nulla con un gesto secco della bacchetta quattro boccali colmi di Burrobirra fumante. « Siamo nel 1978 e ancora la gente si ostina a festeggiare il San Valentino. Tutti filano senza pensarci due volte da quella sguattera di Madama Piediburro, a farsi insozzare di zucchero e coriandoli a forma di cuore! Non sa neanche preparare il tè, quella mollacciona ».
I tre ragazzi risero sommessamente, guardandola mentre beveva un lungo sorso ristoratore di Burrobirra.
« Allora, dite un po' » disse poi, tornando gentile e calorosa come sempre, « cosa sta combinando quel gran malandrino del vostro amico? »
James sorseggiò dal suo boccale, poi si passò la lingua sulle labbra umide.
« E' proprio questo il punto » rispose, lasciando ondeggiare la bevanda nel boccale. « Non combina niente. Niente di niente. Si tratta di una ragazza, Rosmerta, e noi vogliamo dargli una mano, perché da solo non muoverebbe le chiappe di un centimetro ».
Lei si grattò il mento con le unghie affilate smaltate dello stesso colore dei tacchi a spillo che calzava ai piedi.
« E da quando Sirius Black ha bisogno di una mano per conquistare una ragazza? » domandò, sbalordita.
James schioccò la lingua e poggiò il boccale su di uno scatolone alla sua destra, riflettendo sulla risposta da dare.
« Da quando ha inaspettatamente trovato... com'è che si dice? Oh, già... quella giusta » concluse con un sorriso, e la donna fu subito entusiasta.
« Dici sul serio? » chiese, abbastanza sconvolta dalla notizia. « Intendi dire che si è innamorato? Sia lodato Merlino, e chi sarebbe la fortunata? »
« Mia sorella » rispose Miley con un sorriso, sollevando le spalle, e per poco Madama Rosmerta non affogò nella sua Burrobirra.
Remus si affrettò ad aiutarla, battendole qualche lieve pacca sulla spalla.
« Mi prendete in giro o cosa? » sbottò, non appena si fu ripresa. « Sirius Black... innamorato di Scarlett Banks? No, è impossibile! Hanno litigato come belve qui al locale meno di un anno fa! Sembrava che volessero sbranarsi a vicenda, parecchi clienti si sono persino spaventati... o, santissimo cielo... »
« E il sentimento è tutto ricambiato » aggiunse Miley con l'aria di chi la sa lunga. « O almeno, siamo sulla buona strada affinché sia davvero così ».
Quella volta, Madama Rosmerta riuscì a contenersi, ma non potè evitare di strabuzzare gli occhi, ancor più sconvolta di prima.
« Assurdo... » bofonchiò tra sé e sé, ancora incredula.
« Ma, guarda un po', oggi è San Valentino e sono usciti entrambi con le persone sbagliate » proseguì James, mentre la donna tentava di ridarsi un contegno. « Quindi, ecco che entriamo in campo noi. E ti anticipo che quel che abbiamo intenzione di fare non è... esattamente legale, ecco ».
Lei assunse immediatamente un'aria severa e corrucciata, che James cercò di ammorbidire con un accattivante sorriso ammaliatore.
« E' a fin di bene » le disse. « Ascolta almeno l'idea che abbiamo avuto, poi potrai decidere se aiutarci o meno. D'accordo? »
La fissò, e lei finì per annuire con un brusco scatto della testa, anche se pareva ancora leggermente contrariata.
« Abbiamo pensato di-... ho pensato, in realtà » si affrettò a dire non appena intercettò lo sguardo ammonitore di Remus, « che sarebbe una buona idea fare in modo che si ritrovino da soli, perché sono certo che, se succedesse, finirebbero per stare insieme. In buona sostanza... » e a quel punto esitò, « vorremmo far bere ai loro accompagnatori dell'Amortentia » disse poi piuttosto rapidamente, e l'espressione che si dipinse sul volto di Madama Rosmerta non fu tra le più promettenti. « Non succederà nulla di che! » esclamò allora, sulla difensiva. « Si sbaciucchieranno per un po', e poi si ritroveranno a chiedersi come diavolo siano finiti avvinghiati l'uno all'altra e rideranno... fine. Non è poi così grave, no? »
La donna scosse ripetutamente il capo, incredula, e si passò una mano sulla fronte, massaggiandosi le tempie.
« Tu sei pazzo, James Potter » commentò, ma sorrideva. « Completamente pazzo, è questa la verità. Come diavolo ti è saltata in mente un'idea del genere? »
Lui rise e scrollò le spalle, come se volesse schernirsi di fronte a quello che in realtà un complimento non era.
« Una mente geniale l'ho sempre avuta » rispose, disinvolto e compiaciuto. « Che vuoi farci? Da lassù, Godric mi ama ».
Madama Rosmerta scoppiò a ridere, e prese a giocherellare distrattamente con uno degli ampi boccoli biondi che le ricadevano sulle spalle.
« Non è detto che tutti e quattro vengano proprio qui al locale » obiettò poi, tornando seria, e James inarcò un sopracciglio.
« Tu dici? » le rispose, certo delle sue convinzioni. « Va' un po' a dare un'occhiata al pub, Rosmerta ».
Lei gli rivolse una lunga occhiata curiosa, poi girò sui tacchi e riaprì la porta dalla quale era comparsa, dando una rapida occhiata al locale.
Si ritirò nuovamente solo qualche attimo dopo, quando già un po' del calore che invadeva la piccola sala era penetrato nel retrobottega.
« Come fai ad avere sempre ragione su tutto? » esclamò, vagamente divertita, e lui sorrise, soddisfatto. « Ma seriamente, James, non puoi mettermi in una situazione come questa. Vuoi far evaporare tutti i miei clienti? No, mi dispiace, non posso proprio farlo, neanche per te. Potrei compromettermi con le mie stesse mani! E non guardarmi con quegli occhioni, James Potter, hai capito? Vado a prendere le ordinazioni! »
E con quest'ultima esclamazione furibonda, uscì di scena, sbattendosi con straordinaria energia la porta alle spalle.
Remus gemette, mentre Miley si avvicinò alla parete più vicina e cominciò a picchiarvi contro la testa, sempre più forte, fino a farsi davvero male.
« Andiamo via, allora? » mormorò in tono mesto, massaggiandosi la fronte arrossata, e l'espressione sul suo volto era fra le più infelici che si possano immaginare.
« Scherzi? » replicò in fretta James, ridendo. « No no, noi restiamo qui! Sbucherà fuori tra meno di un minuto e cederà, vedrete se non ho ragione... andiamo, nessuno resiste al mio fascino! A parte Evans, è chiaro » aggiunse, piuttosto tristemente, e Remus gli battè qualche pacca consolatoria sulla spalla.
Così rimaserò lì ad attendere, accoccolandosi ognuno su uno scatolone diverso, sbuffando di tanto in tanto, finché Madama Rosmerta non ricomparve.
« Siete ancora qui? » domandò, esterrefatta, e James annuì con un sorriso. « Non potete... oh, insomma! » esclamò poi, quando lui sfoderò i suoi celeberrimi occhioni dolci da cerbiatto. « James, sai che per te farei qualsiasi cosa, ma è il mio lavoro, e non posso rischiare di perderlo per una tua bravata! »
« Ma non succederà! » ribattè frettolosamente lui. « Non ti chiederei mai una cosa del genere se esistesse davvero questo rischio! Ascolta, metterò in giro la voce che qualche idiota si è divertito a correggere le tue scorte e quelle di altri pub con dei filtri d'amore, okay? Ci crederanno tutti, la gente ha le pensate più assurde per il San Valentino! »
« Ah, lo so di certo! » rispose lei in tono eloquente, e James non potè che ridere, pensando che in effetti la sua era davvero una pensata assurda.
« Non succederà nulla al tuo locale » la rassicurò poi in tono serio. « Te lo prometto, Rosmerta. Non manderei mai all'aria i Tre Manici di Scopa solo per le pene d'amore di quel gran cazzone di Sirius, puoi credermi ».
Lei arricciò le labbra fino a esplodere in una fragorosa risata alla quale si unirono presto anche gli altri tre.
« Voglio sperarlo, ragazzo mio » aggiunse poi, d'un tratto minacciosa. « Perché se dovesse succedere qualcosa, te la farei pagare per il resto dei tuoi giorni! »
James rise ed esultò, battendo un cinque agli amici, che diedero anche loro in gesti vittoriosi.
« Allora, su, sbrighiamoci » fece concitata Madama Rosmerta, riportandoli all'ordine. « La ragazza ha ordinato un Idromele, il ragazzo una Burrobirra ».
E così dicendo si allontanò, per poi tornare con due boccali colmi fino all'orlo, pronti ad essere corretti con l'Amortentia.
Senza perdere tempo, Miley frugò nella propria borsa alla ricerca delle due fiale, poi le passò a James, mentre Madama Rosmerta borbottava parole indistinte, probabilmente maledizioni ai loro danni o atti di pentimento rivolti a Merlino, nella speranza che fosse in ascolto.
Nel frattempo, James versò il contenuto della fiala contrassegnata dalla X rossa nell'Idromele, quello dell'altra nel boccale di Burrobirra fumante.
« Fatto » annunciò al termine dell'operazione, battendo le mani, e con un colpo di bacchetta fece Evanescere le due boccette.
« La mia fiala! » esclamò Miley, fortemente risentita. « E se strada facendo trovassi un ingrediente fondamentale per una mia brillante invenzione? »
James la fissò con una perfetta aria da fai-sul-serio?, ma non se la sentì di commentare.
« Dovevo eliminare le prove, no? » rispose in tono ovvio, e Miley, suo malgrado, annuì.
Dopodiché, James si rivolse nuovamente a Madama Rosmerta, e le sorrise con disarmante calore.
« Grazie, Rosmerta » disse con sentimento. « Grazie di cuore, davvero. Ti devo un favore. O anche due o tre » aggiunse con una risata.
Lei agitò una mano a mezz'aria, rispondendo al sorriso, e afferrò i due boccali, tenendoli saldamente stretti fra le dita.
« Prega affinché vada tutto bene, piuttosto » rispose in tono spiccio, e James annuì. « E tornate a bere qualcosa, gli affari vanno a picco, qui ».
Così si congedò, ancheggiando lievemente e sparendo alla loro vista dietro la porta che conduceva al locale.
I tre si affrettarono allora a uscire, e si rifugiarono all'angolo della locanda, che dava sulla via di sbocco principale.
Lì attesero, ansiosi di scoprire cosa sarebbe successo, commentando di tanto in tanto con qualche sporadico pronostico o un'imprecazione dovuta alla noia.
« A pensarci bene, però, siamo davvero una massa di balordi » asserì Miley dopo un po', pensierosa.
Gli altri due si volsero a guardarla, e annuirono lentamente, riflettendo su quanto quel piano fosse stato incredibilmente assurdo.
In effetti, erano davvero una strana alleanza, loro tre insieme, ma avevano trovato un feeling incredibile che li stava portando al successo e, forse, anche alla buona riuscita di quella folle missione impossibile.
« E tu ci sei dentro fino al collo » le disse James, sorridendo. « Sei ufficialmente la nostra Malandrina aggiunta. Congratulazioni, Miley ».
Lei diede in uno strilletto eccitato e battè le mani, entusiasta della carica appena ottenuta.
« Oh, oh, oh, guardate! » esclamò poi, indicando l'imboccatura opposta della via, e si nascose meglio alle spalle di James.
Sia lui che Remus puntarono lo sguardo in quella direzione, appena in tempo per vedere una coppia di giovani ragazzi passeggiare serenamente mano nella mano. Come previsto, Dylan e Margareth si guardavano con aria adorante, come se stessero assistendo a una sorta di visione celestiale, e quasi non battevano le palpebre.
James dovette soffocare a forza una risata: era la vendetta su Brown che Sirius non aveva potuto tramare di persona.
« Non posso credere che abbia funzionato davvero » commentò Remus non appena furono spariti.
« Povero Dylan... » commentò invece Miley, le mani serrate sulla bocca. « Mi sento uno schifo. Remus, ti prego, dimmi quanto diamine faccio schifo. Su ».
Lui sorrise con gentilezza e scosse il capo, guardandola di sottecchi.
« Lo hai fatto per mettere fine a un rapporto che si sarebbe concluso con una cocente delusione » disse in tono saggio e pacato. « Non fai schifo ».
Miley ricambiò il sorriso, rincuorata, e annuì come se volesse convincere se stessa della validità delle sue parole.
« Grazie, John » rispose, limpida e innocente. « Hai sempre in serbo una perla di saggezza per tutti noi ».
Il ragazzo rise, mentre James prese a fissarli, come se stesse attendendo il momento giusto per dire qualcosa.
« Su, dai, andate a flirtare da soli da un'altra parte, qui abbiamo finito » disse, e i due arrossirono di botto.
« La solitudine ti rende acido » lo redarguì Miley, colpendolo sul braccio con la propria borsa.
James rise, poi battè una poderosa pacca sulla spalla di Remus, sorridendogli con fare incoraggiante.
« Trattala bene e non fare il cafone, Lunastorta » si raccomandò, e lui scoppiò a ridere, annuendo solennemente.
Dopodiché, i due si allontanarono, e Miley agitò la mano in direzione di James, salutandolo con un gran sorriso.
Rimasto solo, il ragazzo attraversò la stretta stradicciola ricoperta di neve, e rabbrividì quando un soffio di vento particolarmente gelido lo colpì sul viso.
Aveva cominciato a nevicare, anche se i fiocchi di neve erano così lievi che si avvertivano appena quando sfioravano la pelle e vi si scioglievano sopra.
Sospirando, James si tirò su il cappuccio della felpa e fece scattare la lampo del giubbotto per tentare di ripararsi dal freddo, affondando le mani nelle tasche.
Alan e Simon dovevano essere nei paraggi, magari proprio ai Tre Manici di Scopa, ma quello non era il momento adatto per entrare a dare un'occhiata: Scarlett e Sirius dovevano essere ancora dentro, e lui cominciò a chiedersi se il suo piano potesse avere davvero una qualche utilità.
Continuò a camminare, le scarpe da ginnastica dai lacci male annodati che si trascinavano lungo l'asfalto innevato, provocando un sonoro e piacevole fruscio, mentre la mente prese a vagare verso pensieri astratti che, dopo qualche secondo e alcuni passi in più, si focalizzarono su Lily.
James si chiese se alla fine avesse accettato di uscire con qualcuno. Sapeva per certo che i pretendenti erano stati parecchi, e la cosa lo aveva infastidito, certo, ma non sorpreso. Voci accertate, però, avevano anche confermato che, fino al giorno precedente, Lily non avesse accettato l'invito di nessuno di loro, e tutti si erano chiesti il motivo di quella scelta, perché in effetti, la ragazza aveva serenamente rifiutato ragazzi a cui nessun'altra studentessa del castello nella norma avrebbe detto di no. E James non potè che chiedersi perché, proprio come loro...
« James! »
D'un tratto, una lontana voce femminile lo richiamò, e James si voltò di scatto, strizzando gli occhi per riuscire a vedere chi fosse.
La ragazza sollevò una mano in segno di saluto, e finalmente, lui riuscì a riconoscerla: era Lily.
Le sorrise, e vide che, dopo aver scambiato qualche parola con le amiche, si stava avvicinando, piantando gli stivali ricoperti di un folto pelo color avano nella neve alta qualche centimetro.
« Ehi » lo salutò, non appena gli fu vicina, e sorrise dolcemente. « Tutto solo? » gli chiese poi, inclinando il capo.
Aveva le guance arrossate, e a James venne in mente il suo stesso volto, con quello stesso rossore sulle gote puntellate dalle lentiggini, durante l'ultima notte dell'anno, quando erano rimasti insieme sotto il calore di una stessa coperta a osservare il paesaggio innevato.
« Ho appena portato a termine una missione » rispose poi, baldanzoso, riprendendosi dai suoi pensieri, e lei lo fissò incuriosita, le mani serrate sui fianchi.
« Una preoccupante luce malandrina vaga per i tuoi occhioni da Bambi, Potter » gli disse, fingendosi severa e minacciosa. « Su. Che hai combinato? »
Lui scoppiò a ridere, contagiando anche lei, e sollevò le spalle come se volesse discolparsi.
« Tranquilla, Evans, ho agito in nome di Cupido » le disse, sorridendo rilassato. « Ma non posso svelarti nulla. E' top secret, e tu sei la Caposcuola più Caposcuola che io conosca, ergo, dopo una simile bravata, un Malandrino come me ha il dovere di starti alla larga ».
Lily si finse profondamente offesa, e incrociò lentamente le braccia al petto, gli occhi d'un tratto sottili come lame taglienti.
« Sei un mascalzone » lo rimproverò, acida. « E chi ti ha detto che io voglia sapere qualcosa sulla tua stupidissima missione segreta? »
James si grattò il mento con aria pensierosa, mentre lei lo fissava in attesa, tamburellando le dita sul braccio.
« Mmm, vediamo... tu? » le fece in tono ironico, e lei non potè che ridere.
« Guarda che so essere molto malandrina, se voglio » lo rimbeccò, divertita. « Mettimi alla prova. Scommetto che mi piacerà sapere della tua bravata ».
Lui la studiò a lungo, rimirando la sua espressione risoluta, e alla fine annuì con convinzione. 
Se doveva raccontarlo a qualcuno, Lily era la persona giusta.
Così si lanciò in uno dei suoi appassionanti racconti, soffermandosi sulla genialità del suo brillante piano, sull'indubbia scaltrezza con cui lo aveva portato avanti, sulle sue incomparabili doti da agente segreto, sull'ineguagliabile sex appeal che gli aveva consentito di convincere Madama Rosmerta alla messa in atto dell'imbroglio, e infine, anche sulla buona riuscita dell'operazione, cosa a cui però ritagliò solo un minuscolo spazio.
« Ora, sottrai a Grifondoro un misero punto e te lo rinfaccerò a vita, Evans » le disse James alla fine, ridendo sommessamente, e lei con lui.
« Non mi è neanche passato per l'anticamera del cervello » replicò con naturalezza. « Il piano è davvero grandioso, oh, sì... Ma di' al tuo amico Black di comportarsi adeguatamente, o incorrerà nella mia ira, d'accordo? » fece poi, d'un tratto seriamente minacciosa.
James annuì di scatto e ripetutamente, spaventato dalle sue parole.
« Riferirò il messaggio » le disse. « Ma, conoscendolo come lo conosco, posso assicurarti che... insomma, puoi stare tranquilla, Evans. Sul serio ».
Lei accennò un sorriso, un po' più rilassata, poi, mentre calava il silenzio, mutò lentamente espressione, facendosi più seria.
« E adesso che farai? » gli chiese, buttando lì la domanda come se nulla fosse. « Incontrerai qualcuna? »
Il ragazzo scosse prontamente il capo, e Lily non potè negare a se stessa di essere rimasta piacevolmente sorpresa da quella sua risposta.
« Credo che andrò a cercare Alan e Simon » rispose, scrollando le spalle. « Beviamo qualcosa, facciamo un giro... poi tornerò al castello ».
« Ah » rispose semplicemente lei, annuendo lentamente per assimilare le sue parole.
« E tu, invece? » le domandò James, inclinando il capo. « Tornerai dalle tue amiche o... beh, hai un appuntamento? » 
La guardò di sottecchi attraverso i tondi occhiali lievemente appannati, dondolandosi sui talloni, e aspettò che rispondesse.
« No, non ho... accettato l'invito di nessuno, ecco » replicò lei, e fu il turno di James di annuire appena.
« Già » disse. « Neanch'io ».
Si scrutarono, l'uno ricercando qualcosa negli occhi dell'altra, forse il vero significato delle parole apparentemente banali che avevano pronunciato, forse la voglia di chiarirne il senso, anche se nessuno dei due pareva avere il coraggio di farlo. Così non dissero nulla, e lasciarono ricadere a terra lo sguardo, delusi da se stessi, dal loro sciocco timore di incontrare un rifiuto, amareggiati per un silenzio fin troppo scomodo e penetrante, che li opprimeva, e da cui non riuscivano a uscire.
« Allora... non ti trattengo oltre » le disse James alla fine, spezzandolo di colpo, e lei annuì ancor prima che terminasse la frase, riprendendosi.
« Sì, beh... certo » rispose, piuttosto incerta, e tentò un sorriso che della spontaneità dei precedenti non racchiudeva la minima traccia. « Ci vediamo ».
James lasciò scivolare una mano sotto il cappuccio della felpa, massaggiandosi distrattamente la nuca.
« Ci vediamo, Lily » rispose, e fu lui, dopo qualche momento, a voltarle le spalle per primo.
Si incamminò verso la direzione opposta, avvertendo una rabbia ormai familiare ribollire nelle parti basse dello stomaco, una rabbia rivolta solo a se stesso, perché avrebbe dovuto cogliere l'occasione, crearla, e non lasciarla sfuggire insieme al vento di quel gelido, anonimo Febbraio.
Lily, al contrario, rimase lì, immobile, con i piedi piantati sul terreno innevato, a guardarlo mentre andava via.
E mentre lo osservava, un semplice, sconvolgente e improvviso pensiero attraversò la sua mente, trafiggendola.
Lei voleva stare con James. 
Voleva trascorrere del tempo insieme a lui, parlargli, lasciarsi trascinare dalla sua coinvolgente risata... e quella giornata, senza di lui, sarebbe stata vuota, e inutile, e da dimenticare. Perché se non lo avesse avuto accanto, la sua mente sarebbe comunque rimasta serrata intorno a quei pensieri, e si sarebbe pentita del suo mancato coraggio, continuando a domandarsi cosa mai avesse avuto da perdere se, mentre andava via, l'avesse richiamato.
Per fin troppo tempo aveva dato retta alla razionalità, ignorando il resto, e si era preclusa un qualcosa che forse, in fondo, aveva sempre incoerentemente desiderato. Ma ora era stanca di allontanare James solo a causa del suo nome, perché tutte le ragioni che l'avevano indotta a farlo erano crollate insieme alla sua voglia di continuare a tenerlo distante. Il suo stupido orgoglio non aveva più motivo di esistere, non quando il desiderio di avere James vicino era così straripante, perciò gettò al vento ogni buonsenso e tutti i suoi timori, e quando urlò forte il suo nome per farsi sentire oltre il fruscio del vento, lo fece senza remore, senza paura, con la sola speranza che si voltasse, e che tornasse a sorriderle.
« James! » gridò infatti, muovendo qualche passo avanti, e lui si voltò immediatamente, le sopracciglia appena aggrottate.
Le si avvicinò, mentre lei continuava ad andargli incontro, finché non si incrociarono nuovamente a metà strada.
Lily sollevò lo sguardo per incontrare il suo, maledicendo la sua devastante altezza, e si morse la guancia prima di parlare.
« James... » mormorò, mentre lui la ascoltava in silenzio. « Vuoi rimanere ad Hogsmeade con me? »









Note della Malandrinautrice: Salve! Io direi che sia doveroso dare il via a queste note con una bella canzoncina!
Dunque... TAAAAAANTI AUGURI A TEEEEEEEEEE, TANTI AUGURI A TEEEEEEEEE, TANTI AUGURI, THE FINAL CHAAAAANCE, TANTI AUGURI A TEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE! WHOAH! *applauso fragoroso*
Ah, come sono felice! E' davvero passato un anno! Un anno, gente, vi rompiamo le balle da 365 giorni! Ah... *si asciuga una lacrima*
Comunque, veniamo alla roba seria. Io... vorrei trattenermi dal dirlo, sul serio, ma... devo! Quindi, beh... questo capitolo non mi piace.
Ma a voi non interessa, quindi passiamo oltre, perché ho qualcosina da dire.
Primo: l'Amortentia. Non si è mai detto come funzioni realmente, no? Allora io e mia sorella abbiamo pensato che funzioni un po' come la Polisucco. Come la Polisucco riesce a farti trasformare nella persona a cui appartiene il dato capello, così l'Amortentia te ne fa innamorare. Non tutti preparano la pozione per far innamorare qualcuno di se stessi, ovvero di chi la prepara, come Merope, no? Quindi, ecco che l'abbiamo pensata così.
Poi, cos'altro dire? Inizialmente volevamo inserire in questo capitolo anche la scena Jily, ma abbiamo deciso di parlare di tutto nel prossimo capitolo che, al contrario di questo, sarà molto più... 'esplosivo'? Insomma, sicuramente più ricco.
Detto ciò, vi lascio una piccola immagine Blanks da me creata, sempre sullo stesso genere di quella pubblicata allo scorso capitolo. Di questo stesso tipo, ne ho già pronte 63. LOL. 
http://oi45.tinypic.com/2419kec.jpg
Inoltre, vi posto anche il folle, magico gruppo che alcune delle lettrici più fuori di testa hanno creato per questa storia, 'The Fucking Final Chance': http://www.facebook.com/groups/152697974886815/. Chiunque voglia unirsi a noi e a questo gran manicomio, può far richiesta e sarà immediatamente aggiunto. Ma, vi avverto: non è salutare. LOL
E infine, anche la pagina Jily che ha creato un nostro lettore, Marco. Grazie ancora di cuore, la tua gentilezza è stata incredibile: http://www.facebook.com/pages/For-James-Lily-would-always-be-the-most-beautiful/292388770887405?fref=ts.
Adesso, concludiamo con i ringraziamenti.
Un grazie infinito alle trentanove persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Le vostre parole sono impresse nel mio cuore, e io e mia sorella non abbiamo idea di come ripagarvi del vostro affetto, che è meraviglioso. Grazie infinite davvero.
E ancora ai 218 delle preferite, ai 57 delle ricordate e ai 241 delle seguite! Grazie, grazie anche a voi!
Vi stringo forte, ognuno di voi.
Grazie sempre, a presto, se vi va!


Simona_Lupin

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Capitolo 31
*** Hogsmeade, un villaggio miracoloso ***






Capitolo 31

Hogsmeade, un villaggio miracoloso




 
 
 
« James... vuoi rimanere ad Hogsmeade con me? »
Le parole di Lily gli rimbombavano nella mente, senza riuscire ad assumere fattezze reali.
La vide accennare un sorriso, guardarlo dritto negli occhi, mentre i suoi non facevano che colmarsi pian piano di una dilagante sorpresa.
James ricambiava il suo sguardo, incredulo e stordito, chiedendosi se fosse davvero possibile che le parole che aveva udito fossero vere, e non aveva minimamente idea di cosa dire, tanto che per qualche momento rimase in silenzio, la mente che lavorava frenetica.
Quel che stava succedendo era semplicemente assurdo. 
Per anni aveva rivolto a Lily quella domanda, ritrovandosi ad ascoltare ogni volta quel secco no sempre uguale, mentre adesso era lei a rivolgergliela, e la situazione gli parve così paradossale che quasi scoppiò a ridere.
E in un fulmineo istante, uno strano pensiero gli attraversò la mente: il miracolo era davvero stato compiuto. 
 
Certo che negli ultimi giorni è successo davvero di tutto, non trovate? Sirius che per la prima volta in vita sua va al villaggio con un'amica e non con una sguattera, Peter che viene invitato ad uscire, Remus che addirittura prende l'iniziativa e invita lui stesso... manca solo che la Evans mi chieda di andare ad Hogsmeade con lei e il miracolo è compiuto!
 
Ricordava perfettamente le sue stesse parole di qualche giorno prima, pronunciate con leggerezza ed ironia insieme, come ricordava con chiarezza anche le reazioni di palese ilarità manifestate dai suoi amici di fronte a quella ipotesi che, persino buttata lì come provocazione, risultava decisamente assurda.
E al pensiero di quel momento, gli venne in mente anche la promessa di Sirius.
 
Stai tranquillo, Ramoso, non correrai questo rischio. Se Evans ti chiede di andare ad Hogsmeade con lei, giuro che bacio Giselda Stubbins in piena Sala Grande! 
 
E di una cosa James fu assolutamente certo: quel bacio sarebbe stato decisamente epico.
« Mi... mi stai prendendo in giro, Lily? » domandò, totalmente sconvolto, e lei esplose in una fragorosa risata.
« Tu che ne dici, zuccone? » lo schernì, affondando le mani nelle tasche del giubbotto color avorio.
Lui non parve ancora del tutto convinto, e la fissò, come se volesse scorgere le sue reali intenzioni senza neanche chiedergliele.
« Allora è un test » replicò ancora, annuendo. « La tua domanda è un tranello e, nonostante tu me l'abbia posta come se volessi ricevere un sì, in realtà vuoi che ti dica no » spiegò poi, riflettendo ad alta voce, e le sopracciglia di Lily si fecero così vicine da toccarsi.
« Fallo, e io ti affatturo » ribattè prontamente, e James si lasciò andare ad una risata incerta.
« Guarda... guarda che potrei! » esclamò poi, cercando di convincere principalmente se stesso. « Rientra perfettamente nei miei diritti, Evans ».
Lei parve pensarci su, ponderando la questione.
« Mmm... sì, te lo concedo » ammise infine, sorridendo. « Ma ciò non cambia la mia precedente frase: fallo, e io ti affatturo, Potter » proseguì, il tono fintamente minaccioso, poi scoppiò a ridere, e lui con lei. « Allora? Che mi dici? »
L'espressione dipinta sul volto di James anticipò la sua stessa risposta, e Lily, inconsciamente, avvertì dentro di sé un forte senso di sollievo. 
« Dico che sei completamente impazzita, Evans » le disse, e il sorriso di lei fu quanto di più bello James avesse mai visto.
Lo ricambiò, con tutto il calore che riuscì a mettere insieme, poi le avvolse un braccio intorno alla vita, come se fosse il gesto più normale, semplice e spontaneo del mondo, e si incamminarono insieme lungo la via innevata, lui con quella sua chioma folle stagliata contro il sole, lei piccola al suo fianco, e finalmente serena.
« Allora, Potter » esordì, voltando il capo e sollevando lo sguardo per osservarlo. « Dove mi porti? »
A quelle parole, James prese ad allarmarsi, realizzando che, in effetti, se stavano uscendo insieme, lui doveva portarla da qualche parte.
Il suo compito era quello di divertirla, sorprenderla, ma non aveva la minima idea di cosa fare. Il panico si stava lentamente impossessando di lui. 
« Con tutto il tempo che hai avuto a disposizione per organizzare quest'appuntamento avrai mille idee, no? » lo spronò Lily, che, notando la sua profonda confusione, aveva deciso di mettere il dito nella piaga per divertirsi un po'. E in effetti, James parve entrare ancor di più nel pallone.
Lei attese, poi non riuscì più a trattenersi ed esplose in una risata così limpida e fragorosa da farlo quasi trasalire.
« E allora? » gli domandò fra le risate. « Dai, James, Hogsmeade non è New York, puoi farcela anche tu, se ci metti un po' di impegno ».
James rise, grattandosi distrattamente il capo, e volse lo sguardo verso di lei, divertito.
« Sai » le disse, la fronte lievemente aggrottata, « ho pensato così tante volte a questo appuntamento, e ho sempre creduto che fosse così impossibile che tu mi dicessi di sì che... insomma, non ho mai davvero immaginato come potesse essere realmente. Ed è strano » aggiunse, sollevando le spalle.
Lei sorrise, pensando che in realtà fosse davvero un qualcosa di assurdo. I ragazzi, passando loro accanto, parlottavano fra loro, fissandoli.
« Guarda un po', che razza di idioti » sbottò Lily, ricambiando il loro sguardo con aria velenosa. « Scommetto che adesso daranno il via ai pettegolezzi... »
« E allora? » le fece James, sorridendo appena. « Tutti conoscono i gossip del castello, ma tutti sanno che non sono veri neanche per metà. Una volta, durante il nostro quarto anno, avevano messo in giro la voce che frequentassi Miley in segreto mentre stavo con Scarlett. Voci accertate confermavano di avermi visto insieme a lei nei pressi della Foresta Proibita. Merlino » fece poi, ridendo insieme a Lily. « Miley era sconcertata... aveva solo tredici anni, la gente è folle! »
Lei scosse il capo, incredula e divertita, e capì che, in effetti, non le importava di ciò che avrebbero detto di loro. Non le importava affatto.
« E comunque » aggiunse dopo un po' James, sorridendo scherzoso, « anche tu sei una gran pettegola, Evans. Non negarlo, so che ti aggiorni su tutti quanti i gossip della scuola quotidianamente, e hai i migliori informatori che si possano desiderare, per giunta ».
Annuì con sicurezza, mentre lei boccheggiava, sconvolta dalla sua affermazione.
« Ehi! » esclamò, risentita. « Io mi limito ad ascoltare silenziosamente. E' forse colpa mia se mi ritrovo Alice come compagna di stanza? »
James rise e, istintivamente, la strinse a sé un po' di più. Lei, d'altro canto, glielo lasciò fare e sorrise, osservandolo di sottecchi.
E mentre avvertiva il calore di James penetrare fin sotto i vestiti, pensò che fra le sue braccia era felice, serena, e a suo agio. Qualcosa nel suo modo di fare così spontaneo, mai calcolato, riusciva a farla sentire bene, in pace con se stessa, e lei amava quella particolare sensazione.
« Allora, Evans » disse poi lui, più deciso. « Seriamente. Che ne dici di bere qualcosa? E' un evento per cui brindare, questo, non credi? »
Lily annuì con forza, sorridendo.
« Assolutamente d'accordo » replicò con convinzione, allegra. « Ma vedi di non ubriacarti, Potter, non ho intenzione di trascinare il tuo cadavere al castello ».
« Ah, ma no! » esclamò lui di rimando, divertito. « Mi ubriacherò dopo, ovviamente! » aggiunse poi, facendola ridere di cuore.
Varcarono insieme la soglia dei Tre Manici di Scopa, entrando nell'afosa locanda stipata di tavoli e boccali vuoti sparsi qua e là.
Evitando gli sguardi di tutti, presero posto ad un piccolo tavolino appartato e si liberarono entrambi dei giubbotti, poi si guardarono.
« Ti avverto, Lily, non ho abbastanza galeoni per pagare tutti gli Zuccotti di Zucca che vorresti ordinare » esordì James, giocoso.
Lei si rizzò a sedere, inviperita, e lo squadrò con un velo di disprezzo, tradita però da un sorriso che premeva per venire fuori.
« Galeoni? » ripetè, le sopracciglia inarcate. « Credi che servano dei galeoni per sfamarmi? »
« Valanghe di galeoni, sì » confermò lui con assoluta nonchalance, annuendo.
« Allora non prenderò nulla » scattò lei, incrociando le braccia al petto e schiacciando con forza la schiena contro il legno della panca. « Sono a dieta. Ferrea. Acqua e toast a colazione, pranzo e cena. Sei contento adesso? » chiese poi, inacidita, e James scoppiò a ridere.
« Oh, non è necessario » rispose, tranquillo. « Se mi indebitassi con Madama Rosmerta non sarebbe un problema... potrei chiedere un prestito alla Gringott, il mio padrino lavora lì, e poi restituirlo a rate per il resto della mia vita... », ma si arrestò, e si unì all'incontrollabile risata di Lily.
Tanto erano presi dal divertimento che, quando Madama Rosmerta si avvicinò ad occhi sgranati al loro tavolo, quasi non si accorsero di lei.
Quando finalmente la notarono, James le lanciò un sorriso smagliante e sollevò di scatto le sopracciglia in un'espressione parecchio compiaciuta.
Allargò le braccia lungo lo schienale della panca con invidiabile disinvoltura, e fece cenno verso Lily alla donna, ancora sconvolta.
« Visto, Rosmerta? » le disse, e lo sguardo di Lily andò da lui a lei, sperduto.
« Tu e...? Ma... » balbettò la donna, sinceramente incredula. « James, di' la verità: non hai fatto quel che io penso che tu abbia fatto, vero? »
Il ragazzo riflettè a lungo sulle sue parole, cercando di rintracciarvi un senso, e arrivò a pensare che Madama Rosmerta potesse essere giunta alla conclusione che James avesse conservato un po' della sua Amortentia allo scopo di somministrarla di nascosto a un'ignara Lily.
« Oh, no, assolutamente no » replicò, ridendo sommessamente. « E' tutto talento naturale, niente di più ».
Lei scoppiò a ridere, mentre Lily si faceva sempre più confusa, tanto che cominciò a chiedersi di cosa diamine stessero parlando quei due.
« Allora, miei cari ragazzi, cosa volete bere? » chiese dopo Madama Rosmerta, serrando le mani sui fianchi.
James stava facendo per parlare, quando Lily gli rivolse una lunga occhiata di sfida e ordinò per prima.
« Una tazza di cioccolata » disse, sicura di sé. « Con panna, se possibile. E un po' di Zuccotti di Zucca. Oh, e anche dei Calderotti, per piacere. Grazie ».
Volse il capo verso James, ancora ben rilassato sulla panca accanto a lei, e lo fissò con aria altezzosa, facendogli un cenno col mento.
Lui non riuscì a trattenersi e sorrise, scuotendo impercettibilmente il capo, per poi rivolgersi a Madama Rosmerta.
« E poi si chiedono perché mi piaccia tanto » disse, e Lily arrossì di botto, colta di sorpresa. « Due Whisky, Rosmerta. Dobbiamo festeggiare » aggiunse poi.
La donna annuì con un gran sorriso, poi voltò loro le spalle e si diresse al bancone.
Rimasti soli, Lily e James rimasero per qualche momento in silenzio, lei troppo concentrata a ripensare alle sue parole, lui troppo impegnato a scrutarla.
Si tormentava le mani intrecciate in grembo, maneggiando un sottile bracciale che teneva legato al polso, e non riusciva a risollevare lo sguardo.
Si sentiva imbarazzata, ansiosa per ciò che sarebbe successo, perché quei momenti passati insieme cominciavano già ad assumere le fattezze di un vero e proprio appuntamento, quello che credeva non avrebbe mai, mai concesso a James nella vita. Non aveva idea di quel che lui avrebbe fatto - James era così imprevedibile -, e si sentiva emozionata all'idea di ciò che la aspettava, certa che, in qualsiasi caso, quell'uscita sarebbe stata un divertimento mozzafiato.
Quando si decise a guardarlo, James era ancora tutto preso dal suo volto seminascosto dai capelli vermigli, e le sorrise con spontanea dolcezza.
Non ebbero il tempo di proferire parola che già Madama Rosmerta aveva fatto ritorno con un vassoio carico delle loro ordinazioni.
« Divertitevi, cari » fu l'affettuoso saluto della donna, che sorrise a Lily e lanciò un occhiolino a James prima di andare via.
Lui la osservò farsi strada fra i tavoli fin quando non arrivò al bancone, e Lily seguì il suo sguardo con aria sospettosa.
« Che donna » commentò James, scuotendo impercettibilmente il capo, e afferrò il proprio calice colmo di Whisky Incendiario.
Le sopracciglia di Lily si erano avvicinate al punto tale da formare una verticale ruga sottile lungo la fronte.
« E sentiamo, che cos'ha di tanto di speciale? » domandò, addentando con una certa rabbia il primo Zuccotto di Zucca.
Lui si riprese e ripercorse la sua domanda, tentando di capire cosa mai avesse detto di male, poi scoppiò a ridere di gusto.
« Non ti sembra un po' troppo presto per fare la gelosa, Evans? » replicò, facendosi spavaldo, e lei dovette sforzarsi parecchio per non sorridere.
« Cercavo solo di capire la mentalità maschile basandomi su un esemplare di intelligenza medio-bassa » disse con alterigia, sorseggiando un po' di cioccolata.
James la fissò, profondamente divertito dal suo risentimento, e le fregò il biscotto che stava per afferrare solo per vederla infuriarsi ancora un po'.
« E di' un po', allora » proseguì, liquidando la sua espressione offesa con un sorriso sfuggente, « come mai una ragazza di eccezionale bellezza e sorprendente genio come te è qui a chiacchierare con un ragazzo di intelligenza medio-bassa come me? »
Lily masticò con calma il proprio biscotto, guardandolo di sottecchi, e riflettè a lungo sulla sua insinuosa domanda.
« Forse perché questo ragazzo di intelligenza medio-bassa sa fare dei bei complimenti » rispose, sempre sulle sue, e bevve un altro lungo sorso di cioccolata.
James sorrise, annuendo lentamente.
« Ottima ragione » commentò, facendo sorridere anche lei, poi serrò più saldamente le dita intorno al calice e porse l'altro a Lily. « Molla la cioccolata, Evans, dobbiamo brindare » le disse, e lei lo afferrò, tenendolo sollevato e facendo ondeggiare lievemente il liquido ambrato.
« Quindi? » domandò, lasciandolo dondolare appena avanti e indietro. « A cosa brindiamo, per la precisione? »
Lui parve rifletterci su qualche momento, poi si schiarì con decisione la voce e si apprestò a parlare.
« Scusa, avevo bisogno di un attimo » disse, ricomponendosi. « Sono un serio e preciso professionista di brindisi, non posso sbagliare. Quindi » proseguì, mentre lei rideva sommessamente, « brindo a quest'occasione, Lily. Affinché non sia l'ultima ».
Lily lo osservò, un lieve sorriso a incresparle le labbra, e lasciò tintinnare il proprio calice contro il suo, annuendo appena.
E al suo cenno, James non potè che avvertire una sensazione di piacevole sollievo pervaderlo da capo a piedi, proprio come il calore bruciante del Whisky che gli corrodeva la gola prima di piombare giù.
Lo bevve tutto d'un fiato, passandosi la lingua sul labbro superiore, e lasciò ricadere il calice sul tavolo con un tonfo sommesso, guardandola mentre beveva.
« Brucia davvero » disse lei, serrando le labbra e deglutendo a fatica. « Come fai a mandarlo giù in quel modo? »
Lui scrollò le spalle. In realtà, non ci aveva mai riflettuto, ma pensò di attribuire l'origine di quella capacità alla compagnia di Sirius durante le feste.
« Basta farci l'abitudine » rispose in tono rilassato. « Dopo un po' ti senti solo accaldato. Nient'altro ».
Lily sorrise e annuì, poi fece un cenno a tutti i biscotti che non aveva ancora mangiato, e James parve accigliarsi.
« Ti prego, aiutami con quelli » gli disse, in palese difficoltà, e lui rise, scuotendo ripetutamente il capo.
« Ah, no, adesso li mangi » le fece, giocoso. « Su, dai, puoi farcela. Saranno solo... una ventina o giù di lì ».
Risero insieme, afferrandone uno per ciascuno, e continuarono ad ignorare le occhiate che alcuni ragazzi seduti lì vicino lanciavano loro di tanto in tanto.
Lily, poi, non le notava nemmeno. Era come se fossero tutti in un mondo a parte, esclusi da quello in cui invece stavano vivendo lei e James, e anche lui pensò che fossero insignificanti rispetto allo sguardo di lei che indugiava spesso sul suo viso.
Rimasero lì seduti a bere e a punzecchiarsi, finché sul piatto prima colmo di biscotti non rimase solo qualche briciola.
« E' normale sentirsi un Bolide piantato sullo stomaco, secondo te? » domandò Lily alla fine, massaggiandolo con cautela.
Lui scrollò le spalle e annuì con aria tranquilla, scompigliandosi distrattamente i capelli, e scivolò appena sulla panca.
« Assolviti, Evans » le disse in tono noncurante. « Erano ottimi. E il fatto che li abbia mangiati tutti tu non fa di te una peccatrice seriale ».
Lei rise e sollevò un pollice, rassicurata, senza neanche curarsi di negare la lampante verità a cui lui aveva dato voce.
« Grazie, James » rispose, riconoscente. « Ma avere la tua benedizione significa che sì, lo sono davvero ».
James rise sommessamente, poi la fissò, le sopracciglia inarcate e un'aria furba sul volto.
« Mmm... sono il diavolo tentatore, allora » rispose, annuendo lentamente, come se stesse riflettendo su quella particolare visione di se stesso, trovandola sinceramente interessante. « Mi piace ».
Lei rise sommessamente, mentre lui scivolò sulla panca per poi alzarsi. 
Sborsò alcune monete d'argento e le lasciò sul tavolo prima di rivolgersi a Lily, porgendole una mano.
« Vieni con me, donna scarlatta » le fece, e lei scoppiò a ridere sonoramente, rialzandosi come lui dalla panca. 
Si sistemò meglio il largo collo del maglioncino, quando avvertì il braccio di James circondarle la vita.
Sorpresa, sollevò lo sguardo, e tutto ciò che riuscì a fare di fronte alla sua espressione allegra e serena fu sorridere, semplicemente. Quel gesto, come d'altronde tutti quelli di James, erano frutto della sua istintività e della sua spiccata spontaneità, qualità che Lily amava di lui. E d'altra parte, non potè negare a se stessa che, quando aveva l'occasione di avvertire con maggiore intensità la vicinanza di James, le sensazioni che provava erano straordinariamente positive. In quell'occasione come in altre, infatti, lo lasciò fare, e potè notare che la stretta allo stomaco che sentiva ogni volta in cui la toccava si faceva sempre più viva, più forte.
Lo vide ricambiare il sorriso, rivolgere un cenno di saluto a Madama Rosmerta e poi guidarla verso l'uscita, richiudendosi la porta alle spalle.
Aveva iniziato a nevicare, e il vento si era fatto improvvisamente più forte, così entrambi si difesero come meglio poterono.
« Allora » esordì, fingendosi serio, « verso quale altro luogo di perdizione vuoi condurmi? Di', donna. Sono pronto a tutto ».
Lei, stando al suo gioco, ponderò per un po' la questione, grattandosi il mento con aria meditabonda.
« Beh, la scelta è molto ardua » esordì, pensierosa. « Hogsmeade è un villaggio che offre le migliori opportunità per lasciarsi andare ai piaceri più profondi e oscuri, questo è risaputo ».
Lui si trattenne dallo scoppiare a ridere, esattamente come lei, e continuò a fissarla, in attesa.
« E quale tra queste voglie fameliche brami di saziare, in questo momento? » le domandò, gli occhi assottigliati in uno sguardo indagatore.
« Mmm... fammi pensare... » ribattè lei con un sorriso che non potè evitare di mostrare. « Sì, ci sono. Si va da Scrivenshaft » disse infine con determinazione, annuendo. « Ho bisogno di piume. Un vorace bisogno di piume ».
Si voltò a guardarlo, come in attesa del suo parere, e lui, a quelle parole, si fece sinceramente serio in volto, abbandonando il velo di divertimento che aveva avuto il suo sguardo fino a qualche secondo prima.
« Scrivenshaft » ripetè con tono piatto. « Tu vuoi andare da Scrivenshaft ».
« Esatto » ribattè lei, risoluta. « E' quello che voglio, sì ».
Lo fissò per qualche secondo, ostentando un'espressione seria e impassibile, poi scoppiò a ridere, e lui, suo malgrado, fece altrettanto.
« No, fammi capire, Evans » fece lui, scuotendo rapidamente il capo. « Usciamo da Hogwarts dopo un mese e mezzo di reclusione forzata in un castello che, per quanto immenso, è pur sempre un luogo chiuso e soprattutto una scuola, siamo ad Hogsmeade, piccolo ma ridente villaggio ricco di negozi fantastici e divertenti, e tu vuoi andare da Scrivenshaft? Un negozio di piume? »
La risata di Lily si fece ancor più sonora e limpida, mentre lui la fissava, incredulo.
Doveva ammetterlo, James aveva ragione. Era una scelta decisamente discutibile da parte sua.
« E le ghiottonerie di Mielandia? » riprese James, accalorandosi. « E gli scherzi di Zonko? Diamine, non ci sono mai nemmeno andato da Scrivenshaft! A questo punto, preferirei anche Madama Piediburro, e non sto scherzando! » aggiunse infine in risposta alla sua espressione incredula.
« Beh, Alice mi ha detto che si trovano proprio uno di fronte all'altra, quindi se ci tieni tanto potremmo passarci » rispose lei con tranquillità. « E poi, vuoi davvero uscire da Hogwarts senza aver prima visitato tutti i negozi di Hogsmeade, Scrivenshaft compreso? Dovresti ringraziarmi perché ti ci sto portando, non lamentarti » lo provocò poi, mostrandosi ragionevole. « Da Zonko e Mielandia ci andremo dopo, non preoccuparti » concluse infine, sorridendo radiosa.
James la osservò ancora qualche istante, attento e concentrato.
« Quindi sei seria » disse, sconfitto, e Lily scoppiò a ridere.
« Mai stata più seria in vita mia » rispose, divertita. « Consumo le piume più velocemente di quanto non faccia con gli Zuccotti di Zucca, e questa volta mi sono dimenticata di ordinarle via gufo, così da ieri sono rimasta senza e ne ho presa in prestito una da Scarlett... non ci vorrà molto ».
Lui la fissò, poi annuì e sorrise senza un apparente motivo, tanto che Lily lo scrutò a lungo, perplessa.
« Adesso è tutto chiaro » fece lui dopo un po', facendo di sì col capo ripetutamente. « Ora capisco... Mi hai chiesto di venire ad Hogsmeade con te solo perché ti aiutassi a sbrigare le tue commissioni, lurida profittatrice! »
A quelle parole, Lily strabuzzò gli occhi, sorpresa, e si lasciò andare ad una fragorosa risata.
« Avrei dovuto pensare immediatamente che c'era qualcosa sotto! » esclamò ancora lui, allargando le braccia e scoppiando a ridere insieme a lei.
« Non è affatto così, e lo sai » lo rimbeccò lei, scuotendo il capo con rassegnazione. « E poi, tecnicamente non ti ho chiesto di andare ad Hogsmeade, che sia chiaro » replicò poi, simulando un tono stizzito. « Se ben ricordi, ti ho chiesto solo di restarci ».
« Dettaglio superficiale e del tutto irrilevante » disse James, sorridendo compiaciuto. « Passiamo direttamente alla parte davvero interessante del tuo discorso ».
Lily lo incenerì con lo sguardo, fingendosi sinceramente offesa e risentita, ma non riuscì a trattenersi a lungo, e alla fine sorrise, mentre lui le circondava le spalle con un braccio e la attirava a sè, affettuoso.
« Sei uno stupido, Potter » mormorò lei fra le risate, e gli assestò una gomitata tra le costole che lui parve quasi non sentire, poi abbandonò il capo contro la sua spalla, spontaneamente.
James sorrise e continuò a stringerla, sentendosi straordinariamente in pace con se stesso. La vicinanza di Lily era il miglior conforto contro il gelo che li opprimeva, e fu lieto di notare che lei non accennava a distanziarsi dal suo petto, anzi vi si faceva sempre più stretta.
Intorno a loro, nel frattempo, High Street continuava a ricoprirsi di neve e il vento li faceva tremare, inducendoli a ripararsi al meglio.
« Dove hai detto che si trova, questo negozio? » domandò lui in tono tendenzioso, rivolgendo un'occhiata al cielo ricoperto di nubi.
« Proprio in fondo alla via » rispose lei con disinvoltura. « E non lagnarti. Sei un giocatore di Quidditch, che diamine, sarai abituato a un po' di nevischio ».
James rise e sbuffò insieme, scuotendo il capo in risposta, e Lily sollevò lo sguardo per osservarlo, curiosa.
« Mi stavo preoccupando per te, Evans » rispose lui con ovvietà, divertito. « Quando mai quattro fiocchi di neve mi hanno impedito di fare qualcosa? »
La vide sollevare le spalle, tanto che assunse una perfetta aria compiaciuta e lei alzò gli occhi al cielo, proprio come faceva spesso a causa sua.
« Oh, è naturale » gli fece, il tono di voce tinto d'ironia. « James Potter sfida persino le tempeste, altroché... ma piantala, dai » lo liquidò, acida.
Ma lui avrebbe potuto giurare di aver visto un sorriso accennato muovere le sue labbra all'insù, incurvandole per un istante.
« Terzo anno » recitò, fissando il vuoto nello sforzo di ricordare, « Grifondoro - Corvonero. Match di Febbraio. Il vento stava per sradicare i bastioni del castello, ma io ho mandato a segno quattordici fottutissimi tiri contro il Portiere più temibile di tutta la fottutissima stagione. Cos'hai da dire, adesso? »
Lei storse la bocca più e più volte, cercando di celare un sorriso e di simulare un'espressione infastidita.
« Scommetto che sono stati tutti tiri orrendi ma che il vento li ha indirizzati verso gli anelli » asserì con sicurezza, annuendo, poi si lasciò trascinare dalla sua coinvolgente risata, imitandolo.
Non smisero, per una ragione o per un'altra, lungo tutto il tragitto percorso, finché non si ritrovarono a camminare accanto agli ultimi negozi della via.
Mentre si dirigevano verso quelli più in fondo, però, il vento si sollevò ancor più forte, scompigliando loro i capelli, e la neve prese a precipitare giù come grandine, sciogliendosi sui loro volti non appena sostava un attimo in più del necessario.
Quella volta, nessun colletto ritto intorno al collo potè aiutarli a combattere la tempesta che si era improvvisamente avventata sul villaggio, ma erano ormai giunti a destinazione, tanto che Lily, compiuto qualche altro passo tremolante e coraggioso controvento, si arrestò.
« Siamo arrivati » disse, affondando le mani nelle tasche del giubbotto, e sentì James tirare un sospiro di puro sollievo.
« Finalmente » le fece, e senza aspettare altro si accostò al negozio sulla sinistra e spalancò la porta, trascinando con sé anche Lily.
La scena che si parò loro di fronte li lasciò paralizzati sul posto, indecisi se scoppiare a ridere o meno.
Perché no, quello non era Scrivenshaft. Non lo era affatto, e non gli somigliava neanche vagamente.
Il negozio in cui si erano barricati in fretta e furia non era neanche un negozio. Era un locale. Una sala da tè, in effetti. La sala da tè infernale di cui tanto avevano riso insieme. La sala da tè che mai avrebbero pensato di visitare quel giorno.
La sala da tè di Madama Piediburro.
I tavoli rotondi che occupavano il locale erano di un ciliegio rossiccio e levigato, ricoperti da tovaglie ornate di pizzo bianco ottico e chiazzate di rosa pastello; sopra le teste delle varie coppie di giovani innamorati galleggiavano alcuni putti dorati, da cui spesso e volentieri fuoriuscivano getti di coriandoli rosa che si depositavano ovunque, creando un'atmosfera così simile a un mondo caramellato da far venire la carie semplicemente con uno sguardo, e tutto, tutto in quella piccola stanza era estremamente, schifosamente melenso.
James e Lily si scambiarono un'occhiata raggelata.
« Non avevi detto che eravamo arrivati? » domandò lui alla ragazza, sconvolto dallo spettacolo che si era improvvisamente mostrato ai suoi occhi.
« Infatti lo eravamo, se solo tu non mi avessi trascinato a sinistra quando dovevamo andare a destra » rispose prontamente lei, gettando un'altra occhiata al locale e deglutendo. « Scrivenshaft era il negozio di fronte » spiegò poi, tristemente amareggiata.
James si chiese come diamine avesse potuto commettere un simile errore, e non potè che darsi dell'idiota da solo.
Perché tutto poteva essere tollerato, ma che James Potter, creatore di nientepopodimeno che della Mappa del Malandrino, sbagliasse in modo così clamoroso era davvero troppo. Si appuntò mentalmente di andare a riguardare quella zona, ricordandosi che una volta era stato Remus a parlargli di quel piccolo negozio di piume, tanto che aveva provveduto egli stesso alla sua rappresentazione all'interno della mappa.
Prendendo la situazione come ridicola e surreale, per poco non scoppiò a ridere, poi fece un cenno alla porta da cui erano appena entrati, chiedendo silenziosamente a Lily di uscire di soppiatto, prima che una delle coppie si distraesse e li riconoscesse.
Lei annuì senza pensarci due volte, e stavano per varcare la soglia quando una voce squillante e possente di donna li richiamò.
« Salve, cari! » li salutò una donna piuttosto tarchiata di giovane età, dai lunghi capelli neri che ricadevano ad ampi boccoli sul petto e sulla schiena.
I due si arrestarono di scatto, come se li avesse colpiti un fulmine, e si voltarono lentamente a fronteggiare la donna, presi in contropiede.
« Ehm... salve » mormorò Lily, imbarazzata e fortemente titubante. « Oh, ma... guarda, James, che peccato, il locale è tutto occupato! Che disdetta ».
Assunse una convincente aria da ragazzina delusa, e James la assecondò prontamente, stringendola a sé come se volesse consolarla.
« Mi dispiace, tesoro » le disse sottovoce, mortificato. « Avrei dovuto prenotare un tavolo. Sarà per un'al-... »
Ma non riuscì neanche a completare la frase.
Madama Piediburro si guardò intorno e battè le mani con aria festante, così che gli sguardi di James e Lily si focalizzarono su una coppia di ragazzi della loro età che stavano abbandonando il loro tavolo proprio in quel momento, lasciando alcune monete sulla tovaglia dai colori zuccherosi.
« Oh, ma guardate, la fortuna vi assiste » cinguettò la donna, tornando a rivolgersi a loro. « Accomodatevi pure, arrivo subito per le ordinazioni ».
Si fece da parte per lasciarli passare, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di muoversi.
Dopo un momento di esitazione, però, il volto di James si illuminò con un largo sorriso, e si rivolse a Lily, raggiante.
« La fortuna ci assiste » ripetè con ardore, e lo sconvolgimento negli occhi di Lily fu uno spettacolo impagabile. « Su, andiamo ».
La prese per mano e la guidò verso il tavolo libero da qualche momento, poi accostò le labbra al suo orecchio e le sussurrò: « Sarà divertente ».
Al suono della sua voce, lei trasalì e lo fissò, prima vagamente disorientata, poi subito rinvigorita e divertita da ciò che stava già sicuramente macchinando.
Così non oppose resistenza e giunse al tavolo, lasciando che James le porgesse la sedia fin quando non fu comodamente seduta.
« Prego, cara » le disse in tono dolce e servizievole, ed entrambi risero sommessamente, mentre lui le si accomodava di fronte.
Avvicinando la sedia al bordo del tavolo, scansò uno sbuffo di coriandoli rosa che finì dritto sul pavimento, e osservò Madama Piediburro farsi nuovamente vicina, un blocchetto di fogli bianchi stretto fra le dita e un sorriso stampato sul volto gentile.
« Allora, cari, cosa vi porto? » domandò loro, spostando lo sguardo dall'uno all'altra in attesa di una risposta.
« Mmm » esordì James, grattandosi pensieroso una guancia. « Per me un caffè, direi. Mentre per la mia adorabile fidanzata... una tazza di tè ».
Lily si voltò di scatto a fissarlo, gli occhi improvvisamente ridotti a due fessure minacciose e taglienti.
Lei odiava il tè. E James lo sapeva bene. Tutti quanti erano a conoscenza del suo odio viscerale nei confronti di quell'intruglio aranciato. Tutti quanti.
L'ignara Madama Piediburro, però, sorrise ancora una volta a entrambi e si allontanò, dirigendosi verso un altro tavolo lì vicino.
Non appena ebbe voltato loro le spalle, Lily tirò un potente calcio sugli stinchi a James, che però lo colpì solo di striscio, facendolo ridere.
« Cosa ti turba, mia bella Lily? » domandò in tono innocente, sporgendosi appena per poterla osservare meglio.
La ragazza gli rivolse la più sdegnosa delle occhiate, e, senza preavviso, ripetè il gesto con maggiore determinazione, centrando finalmente il bersaglio.
James imprecò sottovoce, gli occhi che lacrimavano dal dolore, mentre lei rideva di gusto e si rilassava meglio sullo schienale della sedia.
« Tutto questo per un tè? » le chiese lui con voce strozzata, riprendendo fiato, e lei annuì lentamente, compiaciuta.
« Per il tuo essere uno spregevole individuo, in realtà » lo corresse, giocherellando con un cucchiaino e battendolo a tempo sulla zuccheriera.
Lui assimilò l'informazione, assumendo un'aria ferita e offesa che non la scalfì minimamente, anzi accentuò il suo ghigno.
« E tu sei una spregevole inglese » replicò, scompigliandosi i capelli. « Come diamine fa a non piacerti il tè? »
Lily scrollò le spalle, lasciando ricadere il cucchiaino sulla tovaglia merlettata.
« E' insipido, disgustoso e banale » disse in tono asciutto, incrociando le braccia al petto. « In questo Paese potrebbe piovere tutti i santi giorni e in giro ci sarebbe sempre più tè che acqua. E dire che in Inghilterra piove davvero tutti i santi giorni » aggiunse, riflettendo ad alta voce.
James rise, prendendo per vere le sue parole, poi sorrise a Madama Piediburro che si stava avvicinando con le loro ordinazioni.
« Ecco a voi, cari » disse loro, distribuendo sul tavolo il contenuto del vassoio, e andò via di nuovo, tenendolo su con la punta delle dita.
Risoluta, Lily afferrò la tazza di caffè ancora amaro di James, che si stava appunto apprestando ad aggiungervi un po' di zucchero, e la lasciò scivolare sul tavolo fin quando non la ebbe di fronte. Dopodiché, gli porse con gentilezza la propria tazza di tè, sorridendo tranquilla.
Lo sguardo allibito di lui, però, la fece scoppiare a ridere di cuore, al punto tale che il tè tremolò ai bordi della tazza, rischiando di traboccare fuori.
« Oh, beh, okay » disse lui alla fine, afferrando la tazza colma di liquido bollente. « Io, a differenza tua, so onorare la mia patria ».
Soffiò un paio di volte, poi, con un determinato e fiero: « Dio salvi la regina », avvicinò la tazza alle labbra e bevve un lungo sorso di tè.
Lily rise, osservandolo mentre rimetteva giù la tazza e sorrideva estasiato.
« Ah... Buono » disse in un sospiro carico di felicità, e si apprestò a svuotare la tazza, passandosi la lingua sulle labbra bagnate.
Per tutta risposta, lei sorseggiò tranquillamente il proprio caffè, guardandosi intorno, quando intravide una ragazza seduta ad un tavolo a un passo da loro che la fissava con insistenza, il mento poggiato al palmo della mano e un'espressione curiosa e compiaciuta insieme stampata in volto.
Lo sguardo di Lily non parve imbarazzarla, tanto che non accennò a distogliere il proprio, e dopo averla osservata per un po', a Lily venne in mente di chi si trattava, e il pensiero le fece raggelare il sangue nelle vene: Betty Gilbert, membro del Lumaclub, forse la più famosa pettegola di tutto quanto il castello.
« James » bisbigliò Lily in direzione del ragazzo, sporgendosi appena sul tavolo, e lui le fece segno di parlare. « Guarda un po' chi c'è lì ».
Gli occhi di James vagarono in cerca della persona da lei indicata, fin quando non riuscirono a rintracciarla, trovandola ancora tutta intenta a fissarli.
« Benedetto Merlino » sbuffò, tornando a rivolgersi a Lily. « Betty lingua-lunga Gilbert. Che abbiamo fatto di male per meritarci questo? »
Lei rise, scuotendo il capo, e immaginò quel che sarebbe successo a colazione la mattina dopo, o già al banchetto di quella stessa sera.
Tutti gli abitanti di quel castello avevano almeno una volta parlato o sentito parlare di James Potter e Lily Evans, per cui lo spargimento di una notizia come quella della loro inaspettata uscita avrebbe destabilizzato molti sostenitori dell'incrollabile ostilità di lei nei confronti di James, e fatto esultare chi invece, per qualche ragione, aveva sempre creduto nella possibile nascita di un loro intenso amore.
« Pronta a fare scalpore, Evans? » scherzò lui, facendo roteare i rimasugli del proprio tè sul fondo della tazza.
« Non vedo l'ora » rispose lei con una punta d'ironia nella voce, e bevve un altro lungo sorso di caffè caldo. « Avremo tutti i riflettori puntati su di noi ».
James la fissò per un po', vagamente disorientato, e si massaggiò una tempia nel tentativo di comprendere le sue parole.
« Ehm... cosa sono i rifrattori, Lily? » domandò, somigliando incredibilmente a un bambino pieno di dubbi e curiosità da soddisfare.
Lei scoppiò a ridere così forte da richiamare a sé parecchi sguardi, ma non ci badò, e non smise finché il bisogno di ossigeno non divenne vitale.
« Riflettori, James » lo corresse, sorridendo ancora, e lui sollevò le mani come a volersi scusare. « E' un modo di dire babbano. Vuol dire che avremo l'attenzione di tutti concentrata su noi due... almeno per i prossimi giorni » concluse, sospirando rassegnata. Poi tornò allegra come prima e sorrise a James. « Dovremmo lavorare un po' sul tuo vocabolario babbano, Potter. E sul tuo udito, direi ».
Il ragazzo rise fragorosamente, e annuì con sincera partecipazione, perfettamente d'accordo con lei.
« Comincio a pensare che sia una sorta di patologia » le disse, ridendo ancora mentre parlava. « Se conosci una cura, beh... grazie tante, davvero ».
Lily sorrise, divertita, poi fra loro calò il silenzio, ed entrambi presero a guardarsi intorno, spesso con aria disgustata.
« Non sembra molto presa dal suo tipo, la Gilbert » le fece James dopo un po'. « Secondo me è venuta qui solo per tenere d'occhio la situazione e trovare lo scoop più succulento sul quale spettegolare ».
Lei gettò un'occhiata nella sua direzione, e notò che in effetti non faceva altro che sbirciare fra i tavoli, ignorando del tutto il suo accompagnatore.
« Qui troverà il materiale migliore » convenne, maledicendo un istante dopo un putto per averle scaraventato addosso una buona manciata di coriandoli.
Si affrettò a liberarsene, passandosi le dita fra i capelli, e James la osservò sorridendo, in silenzio.
« C'è qualche superstite, credo » disse, e allungò appena il braccio per districare un paio di coriandoli dai suoi folti capelli rossi.
Quando riuscì a toglierli tutti, non ritirò immediatamente la mano, ma le concesse una lieve carezza sulla guancia che la fece inevitabilmente arrossire.
Fu un gesto semplice, spontaneo, che a lei però piacque immensamente. Il suo sorriso, almeno, diceva esattamente questo.
« Cominciamo da lei, allora? » proseguì poi James riferendosi a Betty, che, finito il giro di perlustrazione, aveva ripreso a fissare loro.
Lily sbattè più volte le palpebre, senza capire.
« Cominciamo con cosa? » gli chiese, senza avere la minima idea di ciò che lui intendesse dire.
« Credi che ti abbia fatta rimanere qui per bere un caffè al gusto di coriandoli con sottofondo musicale di baci umidi e viscidi? » fece allora James in risposta, eloquente, poi passò a spiegarsi. « Ti ho detto che sarebbe stato divertente. Ergo, rovineremo qualche dolce San Valentino ad alcuni poveri, prescelti sfortunati qui presenti ».
Guardò Lily in attesa di un parere, e la vide reprimere a forza una risata e coprirsi la bocca con la mano.
« Per l'amor del cielo, avrei dovuto aspettarmelo » disse, scuotendo ripetutamente il capo, e lui annuì, divertito.
« Sì » confermò infatti, deciso. « Avresti dovuto. Ma tu stessa mi hai detto di avere un animo malandrino nascosto in qualche oscuro cantuccio dentro di te, no? Quindi, tutto quello che devi fare oggi è... liberarlo. E chi meglio di me può aiutarti a farlo? Nessuno, infatti » rispose a se stesso, compiaciuto.
Lo sguardo di Lily era a metà tra lo sconvolto e il divertito, ma quello di James la incoraggiò, facendola sorridere.
« E sia » sospirò infine, sconsolata ma, in fondo, palesemente convinta della genialità della loro prossima missione. « Su, fammi un po' vedere come si comporta un Malandrino in azione. Sono ansiosa di imparare dal guru dell'illegalità ».
Gli fece un cenno col mento, mettendosi comoda sulla sedia, e James non potè che ridere nuovamente, piacevolmente sorpreso.
Estrasse la bacchetta, nascosto dal bordo della tovaglia adagiata sul tavolo, e la puntò contro la tazza da cui Betty stava bevendo.
Agitandola senza parlare, riuscì a far sì che il suo contenuto le venisse spruzzato in faccia, inondandola di tè caldo.
Lo strillo che fuoriuscì dalle sue labbra attirò lo sguardo di tutti, che la videro agitarsi e cercare di asciugarsi il viso bagnato.
Molti risero, altri si guardarono sospettosi intorno, mentre il ragazzo che sedeva di fronte a lei si sporse per aiutarla.
« Betty... » gli sentirono dire, ma adoperandosi per darle una mano rovesciò inavvertitamente la propria tazza, il cui contenuto allagò il tavolo fino a gocciolare sui pantaloni della ragazza, che diede in un altro urlo disperato e allontanò di scatto la sedia, andando a cozzare contro quella di un altro ragazzo.
« E tu avresti dovuto aiutarmi? » sbottò, scandalizzata, e così dicendo si alzò, correndo via e sfoderando la bacchetta per tentare di riparare il danno.
Il povero ragazzo, rimasto solo, parve confuso e indeciso sul da farsi, così lasciò un galeone sul tavolo e si allontanò mogio mogio, chiudendosi la porta alle spalle mentre un mormorio concitato cominciava ad allargarsi a macchia d'olio all'interno della piccola e accaldata sala da tè.
James e Lily trovarono parecchio difficile sopprimere le risate, ma riuscirono a non attirare l'attenzione, finché l'atmosfera non tornò quella distesa di prima.
« E la Gilbert è fuori gioco » concluse lui in tono affabile. « Adesso tocca a te, Evans. Sorprendimi ».
Lei assunse un'aria furba e divertita, e si apprestò ad individuare la sua prima preda, rintracciandola in una ragazza che pareva incollata per le labbra al proprio fidanzato ormai da quasi un minuto intero.
Afferrò saldamente la bacchetta fra le dita e, dopo essersi assicurata di essere totalmente coperta, la puntò contro la ragazza.
All'istante, lei si allontanò dal compagno, le mani serrate intorno alla gola come se non riuscisse a respirare. Lui tentò di aiutarla, anche se non gli passò neanche per l'anticamera del cervello di utilizzare la bacchetta, e Lily sciolse l'incantesimo solo quando la sconosciuta cominciò a diventare blu.
James era praticamente piegato in due dal ridere, e l'espressione soddisfatta sul volto di lei lo riempì d'orgoglio.
« Però, Evans! » si complimentò, sinceramente ammirato. « Non ti facevo così crudele con... insomma, con chiunque non fosse me, ecco ».
Lily scoppiò a ridere di gusto, riponendo in tasca la bacchetta, e scrollò le spalle come a volersi schernire.
« L'ho fatto per lei » si giustificò, fingendosi innocente. « Non prendeva una boccata d'aria da un secolo, povera ragazza ».
E si voltò a guardarla, notando che si era finalmente ripresa ma che pareva sinceramente provata per la propria sventura.
« Adesso punto a quel tizio che non fa che pastrugnare la sua ragazza » fece James, grattandosi il mento con aria malefica.
Prese a osservare di sottecchi un tizio moro che difatti non aveva scambiato neanche una parola con la propria fidanzata, troppo impegnato in altre attività, e aspettò che si sporgesse nuovamente verso di lei per concederle l'ennesimo, lungo, umido bacio appassionato.
Era a pochi centimetri da lei, quando James, con un abile movimento della bacchetta, Trasfigurò le sue labbra in un becco aguzzo e ricurvo.
« SANTO CIELO, TOD! » urlò la ragazza, inorridita, portandosi entrambe le mani alla bocca con aria sconvolta.
Lui tastò il becco, altrettanto sconcertato dall'avvenimento, e tentò di parlare, ma ciò che venne fuori fu soltanto un fastidioso stridio.
Attirata dall'urlo della ragazza e dalle voci dei presenti, Madama Piediburro riapparve nuovamente e trattenne il fiato per lo spavento.
« Ma che succede qui? » domandò, guardandosi intorno alla ricerca di qualcuno che potesse darle qualche spiegazione.
« Già, me lo chiedo anch'io » intervenne improvvisamente James in un tono terribilmente serio e maturo, quasi minaccioso, e si alzò in piedi, perlustrando la sala da tè con sguardo penetrante. « Sta' tranquillo, amico, ti do una mano io ».
Si avvicinò al ragazzo, e quasi sorrise alla vista del suo volto deforme e decisamente poco umano, ma si trattenne e sfoderò la bacchetta per riparare il danno.
Con un solo colpetto sul becco, fece tornare la sua bocca alle dimensioni e alla forma naturali, e lui tirò un sospiro di sollievo, rincuorato.
« Grazie, amico » balbettò in tono ammirato e lodevole, battendogli una pacca sul braccio.
James sollevò le spalle con nonchalance, poi tornò al proprio tavolo, ma non si sedette, e tornò a fissare tutti con aria indagatrice.
« E allora, chi è che si diverte, qui dentro? » domandò, e sentì Lily ridere sommessamente, senza riuscire a trattenersi. « Avete idea di quanto abbia lavorato Madama Piediburro per allestire il locale in un così bel modo? Guardatevi intorno: putti, coriandoli, tovaglie di pizzo... roba come questa non si vede mica tutti i giorni! E adesso tazze che spruzzano tè, gente che soffoca, bocche trasfigurate... no, dico, vogliamo scherzare? »
Madama Piediburro parve sinceramente commossa dalle sue parole, e si premette una mano sul cuore, avvicinandosi con aria amorevole a James.
« Che caro ragazzo » fece in tono affettuoso, gli occhi lucidi e la voce tremante. « Sei molto fortunata, tesoro » aggiunse poi, rivolta a Lily.
Lei, ormai lanciata nella parte, rivolse a James un'occhiata carica di orgoglio e affetto, e annuì.
« Lo so » rispose con sentimento, e il ragazzo le inviò un bacio a mezz'aria come ringraziamento, mentre Madama Piediburro si allontanava.
« State rovinando il mio primo appuntamento con Lily Evans, razza di stupidi imbecilli! » proseguì lui, tornando a fingersi furibondo. « Ho sudato anni e anni per ottenerlo, e nessuno di voi ha il diritto di mandare tutto a monte, okay? »
Tutti si scambiarono sguardi mortificati, e nessuno osò fiatare, così che James potè continuare con la sua messinscena.
« Qualcuno di voi ha una cotta per lei, non è vero? » domandò, facendo un cenno a Lily. « E' per questo che volete far saltare tutto! Ma sappiate » e qui la sua voce salì di tono, « che nessuno me la porterà via, capito? Né oggi, né finché avrò vita e aria nei polmoni! E adesso tornate a pomiciare, su! »
Una timida ragazza diede il via a un flebile applauso che però si spense quasi subito, non avendo trovato particolare eco negli altri.
James tornò a sedersi, irato, e notò che, nel tentativo di non scoppiare a ridere, il volto di Lily era diventato rosso quasi quanto i suoi capelli.
« Dovevamo comunque essere sotto i ritrettori, no? » le fece, sorridendo sghembo. « Allora facciamolo con stile ».
A quelle parole, lei non riuscì più a trattenersi e dovette tapparsi naso e bocca per impedire a se stessa di esplodere in una travolgente risata.
Allo stesso modo, James trovò l'impresa particolarmente difficile, così finse di bere dalla propria tazza vuota e rise, soffocando a fatica il rumore.
Ridendo ancora insieme, continuarono a lanciare incantesimi a destra e a manca senza mai essere visti, approfittando dei momenti propizi in cui i vari fidanzati parevano avere occhi soltanto l'uno per l'altra e divenivano ciechi di fronte a tutto il resto.
Fecero esplodere una zuccheriera nelle mani di una ragazza impaurita, che si vide d'un tratto ricoperta di granelli dolciastri da capo a piedi, incollarono l'una all'altra le mani di due fidanzati che non le avevano slacciate neanche per un istante, e infine, si presero gioco di un Serpeverde a loro non esattamente simpatico, facendo sparire a un centimetro dalle sue labbra tutti i bocconi di torta che si apprestava a degustare, cosa che lo fece impazzire di rabbia.
Non seppero mai quanto tempo fosse passato e quante risate avessero tentato invano di sopprimere, quando James ebbe un'altra brillante idea.
« Questo non ti piacerà, Evans » le preannunciò, una luce malandrina nello sguardo che si rifletteva anche negli occhi di Lily.
Lei corrugò la fronte, d'un tratto insospettita, ma non ebbe tempo di chiedere nulla che già lo vide mettersi all'opera, ben attento a non farsi scoprire.
« Accio putto » bisbigliò, puntando la bacchetta verso l'alto, e il piccolo angioletto sparacoriandoli finì dritto sul suo grembo senza che nessuno lo notasse.
Vi premette contro la punta della bacchetta, mentre Lily si faceva sempre più confusa e curiosa, e borbottò delle formule che lei non riuscì a capire.
Quando ebbe finito, sorrise con aria trionfante e sollevò lo sguardo in direzione della ragazza, fiero dell'impresa appena compiuta.
« La mia eccezionale propensione alla Trasfigurazione sta dando i suoi frutti » disse, piuttosto criptico.
Si guardò intorno, assicurandosi che tutti fossero presi da ben altro e non fissassero lui, poi mostrò di nascosto il proprio lavoro a Lily.
Alla vista del putto trasformato, lei dovette ficcarsi in bocca un pugno intero per non permettere alle risate di venir fuori dalla propria bocca.
« Lo so » si schernì James, annuendo lentamente. « Sono geniale dal 27 Marzo 1960. Ma sta' un po' a vedere. Il meglio arriva adesso ».
Fece svolazzare nuovamente il putto su uno dei tanti tavolini rotondi, laddove due ragazzi chiacchieravano amabilmente, guardandosi negli occhi.
Quando meno se lo aspettavano, però, la loro conversazione venne bruscamente interrotta.
Un improvviso e potente sbuffo di coriandoli, infatti, li colpì con forza in pieno viso, e lo scoppio fu accompagnato da un piacevolissimo rumore sordo molto simile a quello di un terribile peto.
Tutti, inorriditi, sollevarono lo sguardo, puntandolo nella stessa direzione, e poterono accorgersi della fonte di quel fragoroso rumore: al posto del putto, un sedere di grosse dimensioni galeggiava a una breve distanza dal tavolo, lucido e in bella vista così che tutti potessero ammirarlo anche a distanza.
« Che schifo! » urlò la ragazza che lo aveva a non molti centimetri dal capo, e subito allontanò la sedia, disgustata.
La sala da tè fu invasa da una scrosciante risata, e finalmente anche James e Lily poterono liberarsi di tutta l'aria che avevano trattenuto nei polmoni.
Lui, piegato in due per il divertimento, lasciò un galeone sul tavolo e fece cenno alla ragazza di uscire, prendendola per mano.
Afferrata la borsa, lei lo seguì senza opporre resistenza, e non appena si richiuse la porta alle spalle si abbandonò sul suo petto, scossa dai singhiozzi.
Ridevano incontrollabilmente, e avevano i crampi allo stomaco, ma malgrado gli sforzi non riuscivano proprio a smettere.
« Era... era... era enorme! » riuscì a dire Lily fra i singulti, ripensando alle dimensioni del sedere dorato e galleggiante.
Lui annuì, asciugandosi le lacrime dietro le lenti tonde e appannate, e per un po' non trovò nemmeno il fiato per rispondere.
« Santo cielo... » sospirò infine, accasciandosi contro il muro che aveva alle spalle. Si sentiva del tutto privo di forze.
Lily si sventolò una mano di fronte al viso, riprendendo fiato, quando notò che la neve aveva ricominciato a scendere forte come prima.
« Oh, ma andiamo, aveva smesso! » protestò James, scompigliandosi i capelli per far cadere la neve e tirando su il cappuccio della felpa. « Cinque minuti dopo essere entrati non ho più visto cadere neanche un fiocco di neve. Dannazione, questa è iella. Merlino non vuole che io esca con te, Evans ».
Lei sorrise, poi sbuffò, incrociando le braccia al petto per proteggersi dal freddo.
« La neve sembra già molto più alta » osservò, studiando il livello che il nevischio aveva raggiunto sulla strada.
« Torniamo al castello, allora? » propose lui, mentre il vento gli schiaffeggiava il viso, e lei annuì, un po' abbacchiata.
« Non si vedeva questo maltempo da quasi due settimane » si lagnò, trascinando i piedi sulla neve. « Doveva proprio tornare il giorno della gita al villaggio? »
Lui le lanciò uno sguardo dispiaciuto, ma suo malgrado sorrise fra sé e sé, pensando a quanto fosse surreale averla accanto mentre passeggiava lungo High Street e sentirla dispiaciuta mentre si trovavano costretti a fare ritorno a scuola.
Non disse nulla, ma le circondò le spalle con un braccio, lasciando che posasse il capo sulla propria.
Mentre camminavano così vicini, notarono che la via era completamente deserta, e che il vento si faceva sempre più forte, spazzando via la neve.
Su quella particolare frazione di Hogsmeade regnavano il silenzio e il gelo, ma loro, stretti l'uno all'altra, si sentirono stranamente al caldo.
« Non mi sento più i piedi » mormorò Lily dopo un po', arrestandosi per strusciarli come se avesse voluto ridar loro la vita. « Non reagiscono ».
Era assolutamente seria, ma James non potè che ridere, sinceramente divertito.
« Sicuramente dovranno amputarli » rispose in tono grave, scuotendo amareggiato il capo. « Ma James Potter il Magnifico potrebbe avere una soluzione ».
Lily lo squadrò con aria provocatoria, in attesa di conoscere la sua geniale pensata, e lui arricciò le labbra in un sorriso.
« Salta su » le fece, facendo un cenno alle proprie spalle. « Ti porto io ».
La sua espressione meravigliata lo divertì, e prese a scrutarla, cercando di capire cosa in effetti significasse.
« Potrei massacrarti » fu tutto ciò che lei riuscì a dire, e malgrado l'avesse buttata sul ridere parve piuttosto imbarazzata, e anche lusingata.
« Andiamo, Evans, non farti pregare » replicò James, sorridendo sghembo e rilassato. « Sei anni trascorsi a lanciare Pluffe saranno pur serviti a qualcosa, non credi? Ho le spalle larghe, io » le disse con assoluta nonchalance.
Lei arrossì appena sulle guance, e inizialmente non seppe cosa dire, né tantomeno cosa rispondere dinnanzi alla sua proposta.
« Non ti lascio cadere, se è questo che temi » la rassicurò lui, sempre sorridente. « Sei... come si dice? In buone mani » confermò.
La vide tentennare, finché non annuì, incoraggiata dalle sue parole, così gli si avvicinò e scambiò con lui uno sguardo d'intesa.
Non appena si fu abbassato per permetterle di arrampicarsi sulla sua schiena, allacciò le gambe sui suoi fianchi e scoppiò a ridere.
« Che meraviglia! » esclamò, decisamente felice. « James, per Merlino, quanto diamine sei alto per l'esattezza? »
« Un metro e ottantadue di pura bellezza, piccola » le fece lui, scoppiando a ridere un momento dopo, e lei lo seguì a ruota.
Gli circondò il collo con le braccia, e lui le lanciò un sorriso, beandosi del suo calore, delle sue risate, del suo corpo a contatto col proprio.
« Mettiamoci in marcia, allora » annunciò in tono allegro, e cominciò a incamminarsi, senza che il peso di lei gravasse troppo sui suoi passi.
Dopo un po', mentre lei si godeva con tranquillità il paesaggio, lui interruppe il silenzio che si era venuto a creare fra loro.
« Pesi meno di quanto pensassi » osservò. « Insomma, considerando che porti addosso il peso di un quintale di Zuccotti di Zucca, cioccolata, caffè, biscotti e alcool... » proseguì poi, certo che lei avrebbe reagito con violenza, e infatti ricevette un potente colpo sulla spalla.
« Sei uno screanzato, Potter » ribattè con finta freddezza. « E le tue spalle non sono niente di che ».
Lui scoppiò a ridere, lanciandole uno sguardo, e scosse ripetutamente il capo.
« Non mi sembra che stare lassù ti dispiaccia » obiettò, scherzoso. « Quindi non prendermi in giro, Evans ».
Lily fece una smorfia contrariata, e poggiò il mento alla sua spalla, sporgendosi appena per poter osservare il suo profilo.
James lo notò e volse il capo nella sua direzione, sorridendo appena. Guardandola, non potè che notare per l'ennesima volta lo splendore dei suoi occhi verde chiaro, illuminati dalla luce del sole che di tanto in tanto sbucava fra le nubi grigiastre e fitte. Erano semplicemente uno spettacolo.
Un attimo dopo, tutto accadde rapidamente.
La scarpa slacciata di James incontrò un sasso nascosto dallo strato di neve depositata a terra, tanto che barcollò e cadde inevitabilmente sulla strada, portando Lily con sé. Terrorizzato all'idea che potesse schiantarsi sul terreno, fece sì che potesse adagiarsi su di lui e la tenne ben stretta per i fianchi, senza osare lasciarla neanche quando furono saldamente piantati a terra.
Poi, un istante dopo, scoppiarono in una fragorosa risata irrefrenabile.
« In buone mani, eh? » lo prese in giro Lily, sinceramente divertita, e scosse il capo.
« Le mani sono ottime, i piedi un po' meno » rispose prontamente James, e lei non potè che ridere ancora, scostandosi i capelli su una spalla.
Non appena tornò a guardarlo, si rese conto di quanto fossero vicini, e nello stesso istante parve notarlo anche lui, tanto che smisero di ridere.
James poteva osservare l'ombra che le sue ciglia proiettavano sulle guance arrossate di Lily.
Lily poteva ammirare le sfumature degli occhi di James, fissi su di lei sempre più intensamente.
« Per convincerti ad uscire con me bastava solo smettere di chiedertelo? » mormorò lui dopo un po', sovrappensiero.
Aveva realizzato solo in quell'istante tutto ciò che di surreale era accaduto in quella giornata, quella devastante e inaspettata domanda che aveva stravolto tutto, squarciando la sua piatta e banale serenità proprio come quel temporale che, così inatteso, aveva investito il cielo, lacerandolo.
« Forse » disse Lily, guardandolo negli occhi senza timore. « O forse sono io che avrei dovuto dirti di sì parecchio tempo fa ».
A quelle parole, James sorrise appena e scosse impercettibilmente il capo, mentre lei lo osservava incuriosita.
« Ormai è andata » sussurrò, estremamente sereno. « Magari il nostro momento è adesso ».
Si guardarono, e lei si ritrovò a sorridere di rimando, riflettendo su quella verità che gli aveva spalancato innumerevoli porte.
Dopotutto, non avevano sprecato del tempo ad odiarsi inutilmente, perché tutto ciò che avevano costruito durante quegli anni aveva portato a far vivere loro quel che stavano attraversando in quel momento. E no, piangersi addosso non aveva alcun senso, non se riflettevano su quanto il loro percorso fosse stato singolare e perfetto, al punto tale da aver portato entrambi a creare qualcosa di bello, di inaspettato, e chissà se di voluto o meno.
Rimasero a scrutarsi così a lungo che Lily d'un tratto parve enormemente imbarazzata, e improvvisamente conscia dello stato in cui versavano.
Per alleviare la tensione che si era venuta a creare fra loro, gli sfilò gli occhiali dal naso prima che lui potesse impedirglielo, e si rialzò, sventolandoli.
« Oh, Evans, andiamo! » imprecò James, ridendo e mettendosi seduto, i gomiti poggiati alle ginocchia. « Questo è davvero un colpo basso! »
Lei rise in tono crudele, e indossò gli occhiali che gli aveva sottratto, strappandoseli via un istante dopo con un sussulto.
« Per l'amor del cielo, Potter, sei completamente cieco! » esclamò, decisamente sconvolta, e lui rise.
« Ecco, considerando che adesso lo sai, ridammeli » replicò civilmente, fissando un paletto di legno a due metri da Lily e credendo di parlare con lei.
« Tu sapevi quanto odiassi il tè, eppure lo hai ordinato lo stesso » fece quest'ultima, piccata.
« Caspita, Evans, sei rancorosa da morire! » rise immediatamente lui, passandosi le dita fra i capelli. « Ma sono serio, se non ho quei dannati cosi posso restare piantato qui a vita, non riuscirei a smuovermi neanche se mi venisse addosso un branco di ragni giganti o non so che altro ».
Per tutta risposta, Lily si grattò il mento con l'estremità dell'asticella dei suoi occhiali, riflettendo intensamente.
« Potrei ridarteli solo se tu mi portassi in spalla fino al castello » concluse infine, incrociando le braccia al petto.
James non parve sorpreso dalla richiesta, e annuì allegramente.
« Sarebbe un onore! » esclamò con fare pomposo, porgendo la mano, ma lei tenne gli occhiali stretti fra le dita e non glieli restituì.
« Non ci sfracelleremo di nuovo al suolo, vero? » domandò, titubante, e l'espressione di James non fu tra le più incoraggianti.
« Spiacente, non posso assicurarlo » disse, scuotendo il capo dispiaciuto, ed entrambi risero di cuore.
Una volta ricevuti nuovamente i tanto agognati occhiali, lui li infilò lungo il naso e sorrise radioso, felice nel ritrovare le forme del mondo circostante.
« Allora si parte? » propose, senza smettere di sorridere, e Lily annuì con aria entusiasta, tornando in postazione senza difficoltà.
James avvolse le braccia attorno alle sue ginocchia per tenerla stretta a sé, mentre lei incrociò le proprie intorno al suo collo, agganciandole.
E così, stretti l'uno all'altra, si fecero largo in mezzo alla tempesta, marciando verso il castello.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
Remus Lupin era sempre stato un tipo piuttosto lucido.
Ragionava sempre a mente fredda, in maniera perfettamente equilibrata, e ciò che chiunque avrebbe potuto invidiargli era proprio la sua capacità di non perdere mai la calma, se non in situazioni estreme che, per grazia di Merlino, si affacciavano nella sua vita assai raramente.
In alcuni particolari e singolari occasioni, però, anche il suo ingegnoso cervello si offuscava, facendolo sentire straordinariamente idiota.
Era possibile che capitasse, infatti, non solo di vederlo svalvolare e perdere le staffe al punto tale da urlare forsennatamente, ma anche di trovarlo impreparato e balbettante o straordinariamente silenzioso, situazione dovuta al totale spegnimento dell'encefalo che gli causava una certa demenza.
In quel momento, mentre passeggiava di fianco a Miley Banks dopo aver salutato James, non aveva la consapevolezza del proprio corpo e del proprio spirito, e si sentiva molto più simile all'ombra di se stesso che arrancava sulla neve piuttosto che al ragazzo di cui stava manovrando gli arti.
Non appena avevano svoltato l'angolo, ritrovandosi di fronte ai Tre Manici di Scopa, infatti, aveva realizzato nel giro di un istante l'inaudita impresa che si stava apprestando a compiere, e che mai, mai nella vita avrebbe pensato di dover affrontare: un'uscita ad Hogsmeade in compagnia di una ragazza.
Nel corso degli anni, più di un paio di compagne si erano avvicinate a lui per chiedergli di uscire, ma non aveva mai realmente contemplato l'ipotesi di un vero appuntamento. E quella era la sua prima, primissima volta, cosa che lo terrorizzava forse più di qualsiasi luna piena.
D'altro canto, anche per Miley quella era la prima esperienza in quel campo.
Era sempre stata certa del fatto che non sarebbe mai uscita con nessuno, anche se non riusciva a giustificare appieno questa sua totale convinzione.
Le sue gite ad Hogsmeade l'avevano sempre vista circondata dalla solita banda di amici, tra risate, dolciumi e divertenti sciocchezze. Adesso, l'idea di un'uscita con Remus, il ragazzo che aveva sbirciato per lungo tempo da lontano e con cui era riuscita a stringere negli anni solo un cordiale rapporto di superficiale amicizia, era surreale e meravigliosa al tempo stesso.
Quella notte, riflettendo su ciò che la aspettava il giorno dopo, non era riuscita a chiudere occhio tutto il tempo.
Rigirandosi fra le lenzuola alla ricerca di un po' di conforto, aveva immaginato ogni possibile situazione che si sarebbe potuta venire a creare, ma si era crogiolata nella triste consapevolezza che commettere un qualche strafalcione dei suoi sarebbe stato del tutto inevitabile.
Ora che si trovava al suo fianco, però, si sentiva stranamente tranquilla, perché in fondo sapeva che trascorrere del tempo con Remus era quanto di più bello, semplice e spontaneo potesse mai fare.
« Allora, John, dov'è che si va? » chiese a Remus, rompendo il ghiaccio, e lui le rivolse un fugace sorriso malandrino.
Questo la fece notevolmente insospettire, tanto che si allarmò e subito si mise all'erta, intrecciando indice e medio di entrambe le mani.
« Non essere così banale, non essere così banale, non essere così banale... » pregò, serrando gli occhi ma continuando a camminare.
« Beh... » esordì poi Remus, ridendo divertito. « Io proporrei... »
« ... non essere così banale, non essere così banale... » proseguiva lei nel frattempo, sempre più intensamente.
« ... insomma... » stava per concludere lui, fingendosi seriamente pensieroso. « ... Mielandia ».
« NO! » esclamò lei, slacciando le dita e riaprendo di scatto gli occhi, e lui scoppiò a ridere di gusto. « Oh, ma andiamo, ti pare possibile? »
Lo squadrò con risentimento, ma lui annuì con nonchalance, lasciandola ancor più di stucco.
« Non mi pare possibile il contrario, credo » rispose, e Miley rise con lui, scuotendo il capo rassegnata.
Camminarono fianco a fianco, lasciando orme di diversa grandezza sulla neve, diretti al negozio di dolciumi che si trovava lì vicino.
Durante il tragitto si divertirono a raccontarsi aneddoti sui loro ultimi giorni di scuola, e quando Remus le narrò dell'ennesimo burrascoso risveglio avuto quella mattina nel proprio Dormitorio, Miley dovette serrare un braccio intorno allo stomaco per attutire il dolore dovuto alle troppe risate.
« Quindi Peter stava per cadere dalla finestra e Frank lo ha salvato? » ricapitolò lei alla fine, cercando di ricostruire l'ultima tappa della vicenda.
« No » la corresse Remus, con l'aria di un'insegnante che smentisce gentilmente un'informazione errata. « Io ho salvato Peter. Frank era impegnato a sbavagliare James... »
« ... che Sirius aveva legato al letto con cinque delle sue preziosissime mutande, okay, ho capito » concluse Miley, annuendo ripetutamente. « Quel che non capisco è: come ha fatto James a non accorgersi di essere stato legato al letto? Voglio dire... avrà una certa sensibilità del proprio corpo, o no? »
« No » ripetè lui in tono sconsolato. « E ad ogni modo, Sirius gli ha lanciato un Incantesimo delle Pastoie Total Body e lo ha liberato solo quando ha stretto le mutande con la magia intorno ai polsi e alle caviglie. Quindi, sai, non è che avesse molte possibilità di ribellarsi ».
Lei annuì nuovamente, e per un po' nessuno dei due aggiunse altro, così che il silenzio si interpose fra loro come una barriera.
« Sai che tutto questo non è normale, sì? » osservò infine Miley, saggiamente, e lui rise e fece di sì col capo, completamente d'accordo.
« Eccoci arrivati » disse poi, serrando la mano intorno alla maniglia della porta d'ingresso di Mielandia.
Quella tintinnò appena, ma il flebile rumore cristallino si disperse ben presto fra la moltitudine di voci e risate che occupavano il negozio.
La piccola bottega, infatti, era stipata di ragazzi chiacchierini che si agitavano intorno agli scaffali e alle vetrine per osservare le novità che i signori Flume, i proprietari, proponevano in occasione di San Valentino. Un'aroma di zucchero aleggiava fra le pareti, suscitando desiderio di dolciumi anche nei più schizzinosi, mentre il calore che si attaccava alla pelle faceva a pugni con il gelo che dominava lungo la via.
« Benvenuta in Paradiso, Miley » disse Remus alla ragazza non appena cominciò a guardarsi intorno, e lei rise.
« Bentornato a casa, Remus » replicò in tono divertito, e mentre lui la seguiva a ruota, si fece loro vicino un uomo anziato dai folti baffi bianco-grigiastri.
« Salve, signor Flume » salutò Remus con calore, e strinse vigorosamente la mano al proprietario, che sorrise bonario.
« Ragazzo mio, è sempre un piacere rivederti » gli fece questi, affettuoso. « Dieci nuovi gusti di cioccolata aspettano solo te ».
Lo sguardo di Miley andò dall'uno all'altro, e Remus lo intercettò e sorrise, apprestandosi a spiegare.
« Qui dentro sono cliente del mese ogni mese » scherzò, e mentre lei rideva passò alle presentazioni. « Miley, lui è il signor Flume, il proprietario del negozio. Ordino roba ogni santissima settimana, ci conosciamo ormai da cinque anni. Signor Flume, Miley » concluse, sorridente.
Anche la ragazza porse con gentilezza la mano, rivolgendo all'uomo un timido: « Piacere », e quello la strinse, scrutando il suo volto.
« Ho visto spesso anche lei, signorina...? »
« Banks, signore » rispose lei, sorridendo radiosa, e l'uomo annuì più volte. « Sì, già, diciamo che è... un posto che fa per me, ecco ».
Il signor Flume le rivolse uno sguardo raggiante, per poi volgersi nuovamente verso Remus.
« Finalmente una ragazza, Remus » si congratulò, facendolo arrossire. « Credevo davvero che il tuo unico amore sarebbe sempre stato il cioccolato ».
Lui fece per parlare, parecchio imbarazzato, ma richiuse le labbra senza che ne fosse uscito un suono, e l'uomo fece finta di niente.
Dopodiché li precedette verso il lato opposto della bottega, inoltrandosi fra la marmaglia di studenti che assaggiavano e acquistavano qua e là.
Remus e Miley si stavano proprio domandando come fare a respirare nel bel mezzo di quella confusione, particolarmente esasperata a causa del freddo imponente che induceva i ragazzi a ripararsi al caldo nell'afoso negozietto, quando il signor Flume si arrestò, voltandosi a guardarli sorridente.
Si trovavano di fronte a una catasta di tavolette di cioccolata, disposte in pile a seconda del gusto, con accanto un paio di vetrine che mostravano grossi pezzi di cioccolato dai sapori più disparati, e che potevano essere degustati per coglierne il gusto prima dell'acquisto. 
« Buon divertimento, ragazzo mio » augurò a Remus il signor Flume, e si allontanò nuovamente per aiutare la moglie con i clienti.
Di fronte a cotanto ben di Dio, lo sguardo di Remus si illuminò, tanto che Miley dovette scrollargli il braccio per riportarlo alla realtà.
« Stai peccando, John » lo redarguì, fingendosi severa. « Dai, prendili tutti e che non se ne parli più » tagliò corto poi, sbrigativa.
Lui scoppiò a ridere e si grattò il mento, come se stesse ponderando con serietà la questione.
« Guarda che sono un degustatore selettivo, Miley » replicò, pronunciando con enfasi il suo nome. « Ad esempio, il cioccolato alle Piperille è orribile, mentre quello alle Gelatine Tuttigusti+1 le consiglierei solo a chi è forte di stomaco ».
Lei annuì e aspettò che continuasse, ma a quanto pareva il suo elenco era già terminato.
« E tutti gli altri? » lo esortò, interdetta, e Remus si morse una guancia, ripercorrendo mentalmente tutti i generi di cioccolato che conosceva.
« Beh, no... gli altri sono buoni » concluse infine, senza riuscire a mentire, e Miley assunse una perfetta espressione da che-ti-avevo-detto?
« Tanto per capire, hai mai guardato Mielandia nelle sezioni che non siano quella del cioccolato? » gli domandò, corrugando la fronte.
Lui parve riflettere sulla questione solo in quel momento, tanto che per un po' rimase in perfetto silenzio, ragionando.
« Non è che non lo abbia mai guardato... » esordì, massaggiandosi la mascella. « Più che altro, non sono un grande appassionato di altri tipi di dolci ».
« Ergo, sei un ignorante » asserì Miley con determinazione, e lui scoppiò inevitabilmente a ridere, fissandola sorpreso.
« Non sono un ignorante! » protestò fra le risate, scuotendo forte il capo.
L'espressione fintamente dura di lei cedette il posto ad un sorriso divertito, distendendo il suo volto.
« Limitato » rettificò, agitando una mano a mezz'aria come se fosse un appunto di poco conto. « Di vedute ristrette. Un somaro ».
« Un... cosa? » esclamò lui, scoppiando a ridere un attimo dopo, e lei non potè che imitarlo. « Insomma, vuoi insultarmi ancora un po' o...? »
« Tranquillo, John, per adesso va bene così » rispose subito lei, angelica.
Remus la ringraziò, poi si lasciò guidare verso un'altra zona del negozio, laddove erano esposti diversi tipi di dolci parecchio strani.
« La SuperPallaGomma di Drooble è fantastica » annunciò Miley, indicando dei piccoli pacchetti color genziana disposti su uno scaffale.
Erano apparentemente innocui, piccoli quanto dei normalissimi pacchetti di gomme da masticare, ma riempivano la stanza di enormi palloni dello stesso colore che faceva da sfondo alle confezioni, e che non sparivano per parecchi giorni. Erano una novità in commercio dal Settembre passato.
« Non sono un po'... come dire... scomode? » fece Remus, titubante, e lei alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo.
« No che non lo sono, puoi anche farle rimbalzare quanto vuoi » replicò con allegria, per poi afferrarne diversi pacchetti.
Dopodiché, lo tirò per la manica del cappotto e lo condusse poco lontano da lì, accanto a una vetrina che conteneva dei quadrotti rosa lucenti ricoperti di glassa al cocco, e attorno a cui erano radunati parecchi ragazzi poiché anche quella era una novità da poco messa sul mercato.
« Questi sono una bomba! » gli disse lei, entusiasta, e Remus si fece un po' più vicino per leggere la didascalia che li descriveva.
« Sembrano un po'... insomma... troppo femminili, no? » commentò infine, ritraendosi nuovamente.
Miley dovette trattenersi dal picchiarlo con la borsa, ma alla fine non ci riuscì e gli assestò un colpo sul braccio.
« Vuoi smetterla di lamentarti? » sbottò, poi afferrò uno dei quadrotti in omaggio e lo costrinse a ingoiarlo senza permettergli di fare storie.
Mentre masticava lentamente, l'espressione scettica sul volto di Remus si faceva sempre più distesa e soddisfatta, tanto che Miley sorrise, trionfante.
« Allora? » chiese infine, tendenziosa, e lui annuì con un'aria semplicemente estasiata sul volto.
« Wow » fu tutto ciò che riuscì a dire, bagnandosi le labbra con la punta della lingua. « Okay, sì, c'hai preso alla grande ».
Lei sorrise, compiaciuta, e afferrò una scatola di quadrotti, porgendogliela.
« Ti sto facendo scoprire il mondo, altroché » gli disse in tono sapiente.
Remus rise, poi, guardandosi intorno, notò uno scaffale contenente diversi blocchi di torrone cremoso che in molti si avvicinavano per assaggiare.
« Ecco cosa mi piace! » esclamò, battendo il pugno chiuso sul palmo della mano. « Il torrone è... ah, buono! »
A quelle parole, Miley si portò entrambe le mani sul viso, decisamente affranta per la notizia appena ricevuta.
« Ma dai, Remus... Il torrone è orribile » mormorò, sconsolata, ma lo seguì verso quella direzione, un po' abbacchiata.
Mentre lei si guardava intorno, Remus si rifornì allora di diversi tipi di torrone, per poi fare nuovamente tappa alla zona cioccolato, afferrandone diverse tavolette che tentò con qualche difficoltà di tenere in bilico su una sola mano.
Anche Miley fece un ultimo giro di perlustrazione prima di dirigersi alla cassa, e quando giunse dinnanzi alla signora Flume si ritrovò a scaricare sul bancone dalle braccia stracolme un nutrito bottino di dolciumi, tanto che la donna le rivolse un sorriso smagliante.
« Uh, i Cioccoli giganti per la mamma! » esclamò quando stava per sborsare il denaro, e partì in quarta nella direzione opposta senza aggiungere altro.
Fece ritorno dopo qualche secondo appena, tenendo fra le braccia non solo i Cioccoli ripieni di crema di panna e fragole, ma anche delle Piume di Zucchero.
« Oh, beh... c'è anche papà » si giustificò, scrollando le spalle, e porse alla signora Flume qualche galeone, che lei incassò con un altro sorriso.
Mentre riversava gli acquisti di Miley in una borsa, le si fece vicino il marito.
« Oh, ma che buongustaia che abbiamo qui! » esclamò, gioviale. « Per la tua ragazza, Remus, una bella confezione di Cioccalderoni in omaggio! »
« Ma veramente lei non... » esordì lui, ma Miley gli pestò un piede e si zittì all'istante, imprecando mentalmente per il dolore.
« Ma grazie, signor Flume! » ringraziò la ragazza, gentile, e la moglie dell'uomo inserì nella busta anche la confezione di dolci gratis.
Dopo che anche Remus ebbe pagato, salutarono i proprietari del negozio, decisamente più allegri, e si richiusero la porta della bottega alle spalle.
Ancora una volta, il contrasto di atmosfera fra l'interno del locale e la via ricoperta di neve fu spaventosamente agghiacciante. I due rabbrividirono, stringendosi nei cappotti, e si guardarono intorno alla ricerca di un posto dentro cui ripararsi.
L'idea geniale li colpì contemporaneamente, tanto che si guardarono e pronunciarono la stessa parola, nello stesso istante.
« Zonko? » si chiesero l'un l'altro, e subito si scambiarono un sorriso divertito.
Così dicendo, attraversarono High Street e si incamminarono verso il negozio di scherzi che si trovava a pochi passi da lì, fianco a fianco.
« Ti rendi conto di quel che stavi per fare? » lo rimproverò Miley mentre camminavano, e Remus inizialmente non capì. « Hai deliberatamente tentato di sabotarmi nel mio innocente desiderio di ricevere dei Cioccalderoni gratis! » esclamò, sconvolta. « Purgati, Remus ».
Il ragazzo parve sinceramente mortificato, e chinò il capo senza una parola, mentre lei annuiva soddisfatta. Solo ora si rendeva conto del terribile errore che aveva commesso. Non era ammissibile, men che meno da parte sua.
« Ecco, bravo » si complimentò, incrociando le braccia al petto.
Lui risollevò lo sguardo solo dopo un po', ancora vagamente turbato, e incontrò il suo.
« Adesso capisco come devono sentirsi James e Sirius quando li rimprovero » mormorò, gli occhi nuovamente rivolti alla strada.
A quelle parole, Miley scoppiò in una fragorosa risata, impietosita e divertita allo stesso tempo dal tono sinceramente contrito del ragazzo.
« Così impari » ribattè poi, fingendosi ancora severa, ma tradita dall'ampio sorriso che splendeva sul suo volto. « Dovresti essere meno duro nei confronti di quei poveri ragazzi... Sei fortunato, tu, a non avere nessuno che ti riprenda, di tanto in tanto ».
« Beh, non direi » rispose lui, le sopracciglia inarcate. « Tu non sei molto tenera con me, quindi... a quanto pare, anche mamma Remus ha trovato pane per i suoi denti ».
Si guardarono, seri in volto, ma non resistettero oltre e scoppiarono a ridere entrambi.
« Mamma Remus... » ripetè lei, riprendendosi dalle risa. « Adesso capisco perché alcune volte mi è capitato di sentire i ragazzi chiamarti così, e tu rispondevi  come se fosse la cosa più naturale del mondo! »
« Già » confermò lui, annuendo. « Ma ormai avrai capito che... »
« ... che non c'è nulla di normale in voi, sì » concluse lei, ridendo sommessamente.
E mentre lui si univa alle sue risate, entrambi fecero il loro ingresso da Zonko, trovandolo pieno zeppo di studenti, più o meno quanto Mielandia.
L'ingresso rosso acceso del negozio era il preludio di quella che si mostrava come una vera e propria esplosione di colori, capace di infondere immediata allegria ed enorme entusiasmo anche al più musone dei visitatori.
Gli scaffali su cui erano posti tutti gli scherzi si scorgevano appena, quasi del tutto occultati dalla calca di ragazzi intenti ad acquistare, mentre più in vista vi erano delle vetrinette al centro della bottega, dove alcuni dei congegni in vendita erano esposti come dimostrazione delle loro funzionalità. 
Le risate risuonavano continuamente tra quelle quattro mura, e non fu difficile per Remus e Miley adeguarsi a quella straordinaria energia positiva.
« Allora, mamma Remus » fece lei, voltandosi a guardarlo. « Fammi un po' vedere come si muove un Malandrino nel suo habitat naturale ».
Remus rise, scrollando le spalle.
« Beh, mi trovi in un momento propizio » rispose, sorridendo sghembo. « Devo proprio far rifornimento di un bel po' di roba... Quei maledetti con cui vivo hanno avuto la vita troppo facile, ultimamente. Devo assolutamente rimediare ».
Miley scoppiò a ridere, sinceramente colpita dalla sua così palese vena maladrina, e lo seguì mentre si faceva strada tra i ragazzi di fronte agli scaffali.
« Fai, fai, così potrò trarre qualche dritta » disse lei, sempre sorridente. « Anche io devo rinnovare un po' il mio repertorio... temo che le mie mosse stiano diventando troppo prevedibili ».
Remus la fissò, curioso e piacevolmente sorpreso, poi scoppiò a ridere, scuotendo il capo.
« Ah, già, dimenticavo la tua vera identità » ribattè, annuendo tra sé e sé. « Miley Banks, dolce e gentile Tassorosso, appassionata Pozionista e abile Cacciatrice, che nasconde un'anima rock e un'irrefrenabile passione per piani malandrini e scherzi malefici ».
Miley, dopo quella descrizione tanto inaspettata quanto veritiera, rise di gusto.
« Esatto » confermò poi in tono compiaciuto. « Dopotutto, sono appena stata nominata Malandrina aggiunta, giusto? Adesso voglio godermi appieno questa carica e dimostrare il mio valore sul campo ».
Remus la guardò con visibile orgoglio, e la precedette verso l'unico reparto libero, da cui era andata via una frotta di ragazzi festanti.
« Yo-yo Ululanti » esordì Miley, afferrandone uno dallo scaffale. « Ottimi per mandare all'aria una lezione quando hai di meglio da fare ».
Remus rise, e ne prese uno anche lui, sotto lo sguardo soddisfatto e insieme sospettoso di lei.
« Non eri quello studioso, tu? » gli domandò, e lui rise e scrollò le spalle con noncuranza.
« Servono a svegliare i miei adorabili compagni di stanza » spiegò con nonchalance. « E a rilassare me, che ne ho bisogno ».
Miley gli battè una pacca sulla spalla, annuendo con un gran sorriso.
« Mi piace il tuo stile » commentò, sincera. « Ma devi piantarla con questa mania di svegliare la gente. E' una faccenda che mi tocca particolarmente ».
Risero entrambi, poi si diressero verso la direzione opposta, ansiosi di scoprire qualche altro scherzo da utilizzare contro gli amici.
« Oh, questi li ho usati tempo fa » esclamò Miley, indicando una pila di apparentemente innocui pantaloni di diverso taglio disposti su uno scaffale.
Sul cartoncino che vi stava accanto era scritto un motto: Pantaloni Ingrassanti, se l'indossi t'ingrossi!
« Io e mia sorella avevamo litigato, e mi si era schierata contro tutta la famiglia » ricordò, imbronciata. « Così mi sono vendicata e li ho fatti indossare a tutti. Papà e mamma sono dovuti andare al lavoro grassi come balenotteri, mentre Scarlett ha urlato per un'ora prima che... beh, le dessi una cura ».
Remus scoppiò a ridere sonoramente, poi si accigliò e gli venne in mente un quesito.
« E quale sarebbe questa cura? » domandò, incuriosito, chiedendosi come mai i signori Banks non fossero stati capaci di annullarne gli effetti.
Miley indicò lo scaffale accanto, laddove stavano accatastati dei calzini giallognoli, descritti in breve da una seconda didascalia.
Sul biglietto, infatti, proprio sotto la scritta Calzini Dimagranti, vi era un secondo motto in rima: se ai tuoi piedi li inserisci, sta' sicuro, dimagrisci!
« Oh » fece Remus, ridendo. « Adesso capisco. Wow, mi piacerebbe vedere James e Sirius che entrano in Sala Grande grassi come Troll di montagna! »
« Sarebbe epico » convenne Miley, allegra, e afferrò i pantaloni e un paio di calze.
Si dedicarono poi alla perlustrazione di tutto quanto il negozio, scambiandosi aneddoti riguardanti i loro scherzi più memorabili.
Fu estremamente piacevole e rilassante passeggiare fra gli scaffali e ridere insieme per ogni piccola cosa, tanto che il tempo passò davvero in fretta.
Solo dopo aver fatto incetta di quanti più scherzi magici riuscirono a trovare, si recarono al bancone posto all'ingresso, pronti a pagare.
Mentre aspettavano che due ragazzi di fronte a loro completassero i loro acquisti, Miley si volse a guardare Remus.
« La pacchia è finita, John » gli annunciò, un'espressione furba e pericolosa stampata in volto. « Lo sai questo, vero? »
« Oh, andiamo, non dirmi che dicevi sul serio! » esclamò lui, ridendo. « Non possiamo andare a fare lezione adesso! »
« Oh, sì che possiamo, invece » gli disse lei, serissima. « Prima il dovere e poi il piacere. Dobbiamo gonfiare quell'Accettabile - -, è pessimo ».
Lui sospirò, sorridendo. In effetti, l'idea della lezione non gli pesava affatto. Anzi, era tutto il contrario.
Da quando gli allenamenti di lei si erano fatti più intensi, così come gli impegni scolastici di lui, avevano continuato a vedersi soltanto il sabato pomeriggio.
Anche quella volta, perciò, lei gli aveva assicurato che non avrebbero saltato la loro lezione per nessun motivo al mondo, ma probabilmente Remus aveva ingenuamente pensato che stesse scherzando, quando invece così assolutamente non era.
Stava per dire qualcosa, quando i ragazzi di fronte a loro andarono via e fu il loro turno di pagare. Miley lo zittì, sorridendo.
Mentre sborsava il denaro, però, il suo sguardo si fece d'un tratto luminoso, e si focalizzò su un punto poco distante dal bancone.
« Cosa stavo per dimenticare... » mormorò, sconvolta dalla propria negligenza. « Quello è il segreto del mio successo! »
Intrecciò le mani all'altezza del petto, estasiata da quella visione celestiale, al punto tale che Remus si preoccupò e corrugò la fronte.
« Non vorrai mica dire che conosci...? » esordì, ma la voce gli si spense in gola non appena la vide avvicinarsi e afferrare proprio quella.
« Polvere Ruttosa » sussurrò lei, rigirandosene un pacchetto fra le mani, e corse ad aggiungerla al mucchio di roba che il proprietario stava infilando in una busta. « L'ho usata con un tranello contro l'ex Capitano della mia squadra al suo esame di Difesa Contro le Arti Oscure... quell'idiota presuntuoso... e indovina un po' chi lo stava esaminando? Il tizio che adesso è il Capo del Dipartimento per l'Applicazione della Legge sulla Magia al Ministero! E lui ha sempre blaterato di voler lavorare lì! » bisbigliò a Remus, ridacchiando mentre afferrava la propria borsa stracolma.
Lui rise di cuore, pagando i propri acquisti, poi uscirono fuori dal negozio, con lei che ancora rideva, fiera della propria eccellente impresa.
« Mi ha dato una mano Dylan, quell'idiota » proseguì poi fra le risate, in tono affettuoso. « L'ho praticamente obbligato con la forza, ma ehi, dopo cinque anni di solida amicizia potevo anche permettermelo, no? No, forse no, visto quante volte me lo rinfaccia... ma non importa, non l'hanno espulso ».
Remus la fissò, e grazie alla sua espressione vagamente colpevole capì che c'era ancora qualcosa sotto, perciò s'insospetti.
« Non lo hanno espulso, ma...? » le chiese, fortemente tendenzioso, e la ragazza tentennò prima di sbuffare e decidersi a vuotare il sacco.
« Dodici settimane di punizione, ci ha beccato l'ex prof di Difesa, quel gran bastardo » disse tutto d'un fiato, terminando la frase in tono velenoso.
E Remus non riuscì a trattenere un'altra risata, scuotendo il capo per l'assurdità e, insieme, la grandiosità della cosa.
« Che razza di imbecille » commentò, ripensando all'anziano insegnante che si erano dovuti sorbire per un anno intero.
« Lo detestavo con tutta l'anima » convenne immediatamente lei, seria. « E non so se sai come lo hanno licenziato ».
« No, in realtà no » rispose lui, e subito si fece curioso.
« Intorno a Giugno mi aveva messa in punizione fino alla fine dell'anno scolastico » iniziò allora a raccontare Miley, stranamente cupa. « Ma io sono andata da Silente e lui lo ha cacciato via. Avevo litigato con lui in un corridoio perché lo avevo sentito inveire contro... » Si interruppe, esibendo un'espressione disgustata, « ... i semiumani, o come diavolo li chiamano » proseguì, scuotendo impercettibilmente il capo. « Credeva che nessuno avrebbe potuto sentirlo, stava chiacchierando in un luogo appartato con la supplente di Erbologia, e parlava del suo radicato desiderio di sterminare la popolazione di centauri che vive qui, nei pressi della scuola. Ma quando sono intervenuta io ha tirato fuori di tutto, e quando... quando... santo cielo, non riesco neanche a pensarci... quando ha detto... » Prese un respiro per calmarsi, poi riprese. « Remus, ricordi quella notizia sul giornale, l'anno scorso? Quando sono stati morsi da un Lupo Mannaro i quattro figli di una coppia di Nati Babbani? Ha detto che secondo lui tutti coloro che venivano morsi andavano subito uccisi, per non... non infettare il mondo magico ».
Deglutì, provata da quel ricordo, e scosse nuovamente il capo come a volerlo scacciare via.
« Ero sconvolta, avrebbero dovuto rinchiuderlo ad Azkaban » proseguì, lo sguardo a terra. « Davanti a Silente, poi, ha negato tutto, ovviamente, ma lui non ha creduto ad una sola parola e mi ha ascoltata, insieme agli altri che hanno assistito alla scena ». Fece una pausa, riflettendo. « Parlava di bestie » mormorò, « ma l'unica bestia era lui ».
Quando puntò gli occhi sul volto di Remus, rimase spiazzata dalla sua espressione. Non se l'era aspettato.
Il suo volto era ancor più pallido del solito, il suo sguardo vacuo, ma quando incrociò quello di Miley, si fece colmo di sorpresa.
Gli era parsa sinceramente turbata mentre cercava le parole per riproporre l'orripilante discorso che il loro vecchio insegnante aveva pronunciato. 
E questo lo aveva colpito come un violento pugno allo stomaco, ma del sapore di una leggera carezza.
« Va tutto bene? » gli domandò Miley, scrutandolo con attenzione. « So che è terrificante, forse io... scusa, non avrei dovuto parlarne... »
« No » la interruppe lui, scuotendo con decisione il capo. « Non è terrificante, è solo... vero. Esiste un mucchio di gente che la pensa come lui, e io non... non so dove stia la verità, so solo che... »
« Hai qualcosa contro di loro anche tu? » domandò lei, interrompendolo, d'un tratto estremamente seria. « Cosa significa non so dove stia la verità? La verità è una sola, Remus, ed è che ciò che di disumano c'è in questo mondo non sono i centauri, né i Lupi Mannari, ma persone che ancora adesso credono che chi è diverso da loro vada eliminato! Come puoi non capire questo? »
Lui aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse, più stordito che mai.
Era sconvolto da tutto ciò che aveva sentito nell'ultima manciata di secondi, e non aveva la minima idea di cosa dire o fare.
Le parole di Miley lo avevano toccato come poche altre cose erano mai riuscite a fare dentro di lui. Aveva parlato con ardore, con devastante padronanza, come se fosse una causa, quella che stava difendendo, che in qualche modo la toccava da vicino. Ma così non era. O quasi.
L'inaspettata e straordinaria verità che gli si era affacciata di fronte lo paralizzava, e per la confusione, non capiva come avrebbe dovuto sentirsi.
Miley accettava i semiumani. Miley li difendeva. Era una novità talmente sconvolgente da scombussolarlo, e provò una sensazione di sollievo incredibilmente forte, come se lei potesse essere l'unica persona al mondo in grado di capirlo, quando invece, fortunatamente, così non era.
Non conosceva il pensiero di tutte le persone che lo circondavano sull'argomento, e non sapeva se gliene importasse o meno, ma capire che lei, proprio lei era dalla sua parte, perdipiù con così tanta convinzione, sapere che non temeva la sua natura, ma la comprendeva... era una prospettiva meravigliosa.
« Io non... » balbettò dopo un po', decisamente confuso. « Non ho nulla contro... intendevo dire che ancora in molti la pensano così. Tutto qui. Davvero ».
Era quanto di più assurdo avesse mai sentito, venire quasi accusato di avercela con i Lupi Mannari.
In un certo senso, però, allo stesso tempo, non era un'affermazione così errata. 
Perché lui odiava se stesso. Odiava quel che era, ciò che non poteva cambiare.
Quand'era in compagnia di Miley, però, quelle spiacevoli sensazioni che lo assillavano in continuazione sembravano svanire nel nulla.
La sua allegria, il suo perenne buonumore, la sua spensieratezza uniti a quel suo essere sempre serena, positiva, sempre se stessa, lo facevano sentire altrettanto puro, altrettanto incontaminato, perché la sua compagnia lo spogliava e lo purificava di qualsiasi infezione o malattia, lasciando al fianco della ragazza dal sorriso sempre acceso qualcuno di straordinariamente simile al Remus che lui sarebbe stato se nessun Lupo Mannaro avesse squarciato la sua  gola da bambino. 
Ma questo non andava bene. Non andava bene affatto.
Quel che era accaduto parecchi anni addietro era immodificabile, una maledizione che si sarebbe portato dietro per la vita. E una maledizione come quella non andava condivisa con nessuno, tantomeno con una persona per la quale provava un'affetto ormai fuori dal comune.
Non poteva essere così egoista da mettere in ballo nel suo difficile percorso altre persone innocenti; Miley meritava tutto il meglio dalla vita, Miley poteva splendere, e lui sarebbe stato capace sempre e soltanto di oscurarla, di ottenebrare la sua luce, quella che però, in qualche modo, avrebbe sempre acceso lui.
Si maledisse per i sentimenti che avevano preso a dominarlo, sentimenti la cui natura lo spaventava, ma che tentava suo malgrado di sopprimere.
Il coinvolgimento con cui pian piano si stava legando a lei era incredibilmente forte, e non riusciva più a controllarlo.
Era un legame particolare, unico, che gli suscitava emozioni mai avvertite prima. E lui aveva paura di definirle.
L'unica soluzione sarebbe stata quella di tagliare qualsiasi filo che lo teneva ancorato a lei, ma non riusciva a farlo. E mai ci sarebbe riuscito.
In quel momento, l'idea di non avere più l'impagabile conforto che Miley rappresentava per lui lo trafiggeva, facendo crollare tutto.
Era un tesoro che aveva scoperto per caso, che si era ritrovato a scavare, e che adesso voleva gelosamente, egoisticamente custodire.
« Scusami » disse Miley, accennando un sorriso. « Non volevo aggredirti, è solo... insomma, vorrei che un giorno nessuno la pensasse più così ».
Lui annuì lentamente, e mentre camminava, i suoi occhi indugiarono per caso su un edificio pericolante in lontananza.
Incastrata nel candido paesaggio innevato del villaggio, la Stamberga Strillante dominava la valle, e pareva minacciosa.
Remus, forse stupidamente, prese quella visione come una sorta di avvertimento, e una sensazione spiacevole dilagò in lui.
Distolse lo sguardo, confuso e infastidito, e si concentrò sul profilo di Miley, che osservava la strada con sguardo pensieroso.
« Già » mormorò, quasi fra sé e sé. « Lo vorrei anch'io ».
 
 
 
*  *  *
 
 
 
Per la gioia di Madama Rosmerta, il suo locale si era finalmente riempito di gente, e a quanto pareva, anche a San Valentino i single erano davvero numerosi.
Un gruppo di chiassosi viaggiatori si erano radunati al bancone, bevendo fiumi di Whisky come se non ci fosse un domani e adulando di tanto in tanto una ragazza in piedi accanto a loro, la quale si limitava a replicare con qualche battuta pungente che, malgrado il basso stato di lucidità della fin troppo allegra combriccola, riusciva comunque a zittirli per un po'; i tavoli erano quasi tutti occupati da gruppi di amici e stregoni dall'aria stravagante, che bevevano in allegria, mentre alcuni dei posti a sedere ospitavano qualche sparuta coppia troppo poco sdolcinata per recarsi dalla zuccherosa Madama Piediburro.
Una di queste era composta da Scarlett e Dylan, seduti l'uno di fronte all'altra a scambiare due chiacchiere in attesa del ritorno di Madama Rosmerta, che non si faceva vedere da un pezzo e pareva essere evaporata nel retrobottega.
« Io ho visto il Puddlemere, quest'estate » stava raccontando lui, sorridente. « E' stato grandioso, lo stadio era tutto per loro ».
Scarlett ricambiò il sorriso e annuì, tamburellando le dita sul tavolo e gettando un'occhiata al bancone.
Parlavano di Quidditch dal momento in cui si erano visti. 
Dylan era divertente, l'aveva fatta ridere più volte, e Scarlett pensò che, se solo non avesse avuto la testa da tutt'altra parte, avrebbe potuto trovare quell'uscita piuttosto piacevole. Ma in effetti, la sua mente vagava ben lontano dai campi di Quidditch delle squadre internazionali che Dylan le aveva dettagliatamente descritto, era ancorata altrove, e non riusciva a scollarsi da quella che era ormai diventata una postazione fissa: Sirius.
« ... e tieni per il Puddlemere anche tu, no? » stava dicendo Dylan, e lei tornò bruscamente alla realtà e annuì rapidamente.
« Oh, sì » rispose, fingendosi entusiasta. « Sì, nella mia famiglia tifiamo per il Puddlemere da generazioni, è una tradizione consolidata ».
Il ragazzo rise sommessamente, poi si volse a guardare il bancone, e in quell'esatto momento la porta della locanda venne spalancata.
Scarlett diede un'occhiata ai nuovi arrivati e trasalì senza riuscire a controllarsi quando vide chi erano: Sirius era in compagnia di una ragazza.
Tentò di mascherare la sorpresa con un'espressione neutra, ma la mente lavorava frenetica alla disperata ricerca di una spiegazione. In realtà, però, sapeva già che il dialogo che avevano intrattenuto all'ingresso della Sala Grande doveva averlo spinto a reagire, a commettere una delle sue solite sciocche stupidaggini, come quella di invitare a uscire una ragazza di cui conosceva a malapena il nome, solo per infastidirla ancora un po'.
Lo studiò, una rabbia immotivata che le ribolliva nelle viscere, e notò che Sirius pareva annoiato dalle chiacchiere della ragazza. 
Lei parlava a voce piuttosto alta, tanto che riuscì a cogliere un frammento della loro pessima conversazione anche in mezzo al vocio generale.
« Sirius, non c'è neanche un tavolo libero, andiamo via » si stava lamentando la ragazza, strattonandolo per un braccio.
Ma lui non le diede retta, e anzi la costrinse a mollare la presa, avvicinandosi al bancone senza guardarla in faccia.
« Qui va benissimo » le rispose, accelerando il passo. « Prima o poi qualcuno andrà via ».
La ragazza sbuffò, ma lo seguì senza protestare e, una volta giunta al bancone, prese a tamburellare le dita dalle unghie affilate sul ripiano in ciliegio.
Scarlett distolse lo sguardo, infastidita, chiedendosi se per Sirius valesse la pena di annoiarsi in quel modo solo per ripicca. Dylan la stava fissando.
« Ci mette proprio tanto, eh? » si affrettò a dire lei, sorridendogli con disinvoltura e facendo un cenno al bancone.
« Già » rispose lui, annuendo con aria vagamente distratta, e Scarlett si affrettò a puntare lo sguardo altrove.
Madama Rosmerta non impiegò molto a tornare. Dopo un po', infatti, sbucò fuori dal retrobottega e prese a servire la clientela.
Dylan si affrettò ad alzarsi, dicendo a Scarlett che andava a prendere da bere a entrambi, e lei lo guardò andar via senza in realtà vederlo.
Intorno al bancone era ammassata così tanta gente che era impossibile vedere Madama Rosmerta affeccendarsi per servire tutti, ma gli occhi di Scarlett riuscirono a rintracciare le dita di Sirius perdersi fra i capelli neri, inconfondibili. Non distolse lo sguardo, certa che lui non potesse vederla, quando all'improvviso lo osservò riemergere dalla folla e fare un cenno alla ragazza che lo accompagnava in direzione di un tavolo libero da poco.
« Che ti dicevo? » gli sentì dire, in un tono piuttosto stizzito, e lei si limitò a scrollare le spalle, infastidita dai suoi modi bruschi.
Stava per prendere posto sulla sedia di fronte, quando il suo sguardo vagò inconsciamente per la sala, incontrando Scarlett.
E quella volta, non rimase affatto indifferente.
La scrutò, un'espressione indecifrabile sul viso che gli corrugava le labbra e gli illuminava lo sguardo, e lei lo sostenne con forza, finché non fu lui a doverlo distogliere. Sedette accanto al tavolo in maniera quasi goffa, dimenticando per un istante la solita disinvoltura, senza che la ragazza si fosse accorta di nulla.
« Troppa gente, Madama Rosmerta dice che farà un giro fra i tavoli lei stessa » arrivò all'improvviso la voce di Dylan, che per la seconda volta nel giro di alcuni minuti la fece ripiombare alla realtà, e in effetti Scarlett lo vide riprendere posto a mani vuote.
La donna arrivò da loro poco dopo, indaffarata, prese al volo le loro ordinazioni e le consegnò in un lampo, andando via con un sorriso.
Quando fu lontana, Dylan sollevò il proprio boccale di Burrobirra fumante, lasciandolo tintinnare appena contro il calice colmo di Acquaviola di Scarlett.
« Al match di Febbraio » annunciò, e lei suo malgrado accompagnò la sua risata, annuendo divertita e ripetendo le sue parole.
Posarono le labbra sul vetro quasi nello stesso istante, e Scarlett assaporò con piacere il gusto dolciastro del suo drink preferito.
Sorrise quando Dylan poggiò il boccale sul ripiano del tavolo, una traccia di schiuma a inumidirgli il labbro superiore. Stava per farglielo notare, divertita, quando vide qualcosa cambiare sul suo viso, cosa che la allarmò.
La sua pelle stava diventando pian piano pallida e giallastra, apparentemente senza una ragione, e il suo sguardo era vacuo, perso nel nulla.
« Dylan, tutto bene? » gli domandò Scarlett preoccupata, sporgendosi appena per farsi più vicina, ma lui non rispose, né diede segno di averla sentita.
Si voltò di scatto, come se qualcuno lo avesse richiamato all'improvviso, ma nessuno, nessuno aveva pronunciato il suo nome.
Scarlett si alzò e gli sedette accanto, e stava facendo per parlare quando, seguendo la direzione del suo sguardo, intercettò la fonte dell'immaginario richiamo.
La ragazza al fianco di Sirius aveva lo stesso, identico aspetto malaticcio, e lo fissava come se un raggio di sole lo avesse d'un tratto illuminato.
Dopo un istante, persino Sirius parve accorgersi che qualcosa di strano stava succedendo proprio sotto il suo naso, tanto che si accigliò, e i suoi occhi, proprio come quelli di Scarlett, si spostarono dall'uno all'altra, sempre più assottigliati nel tentativo di comprendere cosa diavolo fosse successo all'improvviso.
« Ma cosa ca-...? » stava per dire, sconvolto, ma non riuscì neanche a completare la frase.
I due, infatti, avevano abbandonato i posti a sedere nello stesso istante, guardandosi come se stessero assistendo a una sorta di miracolo divino.
I loro occhi parevano zampillare, e né Scarlett né Sirius pensarono di aver mai visto due persone guardarsi come si stavano fissando loro in quel momento.
Ma il colpo di scena li investì così in fretta da spaventarli. Perché no, quello non avrebbero mai potuto aspettarselo.
Dylan e Margareth si corsero incontro proprio come nei peggiori film d'amore babbani, avvolsero le braccia l'uno intorno alla vita dell'altra, e si scambiarono un intenso bacio passionale degno di una pellicola di spessore, tanto che all'interno del pub partirono fischi e applausi ammirati.
Scarlett si accasciò contro lo schienale della sedia, gli occhi sgranati e una mano premuta sul cuore, mentre Sirius fissava il calice da cui aveva bevuto Margareth con un misto di disapprovazione e disgusto, come se avesse capito all'improvviso qualcosa di profondamente sgradevole.
Dylan e la ragazza rimasero avviluppati a quel modo per un pezzo, e quando alla fine si separarono, non prestarono ascolto al tumulto generale, né degnarono di uno sguardo qualcuno, ma si presero per mano e si avviarono con passo elegante verso l'uscita, guardandosi negli occhi felici ed estasiati.
Non appena furono usciti, nella locanda si diede il via ai borbottii, e tutti gli sguardi si concentrarono allora su Sirius e Scarlett, rimasti soli ognuno al proprio tavolo con l'aria sconvolta di chi ha appena subito una pesante e inaspettata batosta.
Sirius fu il primo a riprendersi. 
Afferrò una manciata di falci e li gettò sul tavolo, poi si diresse a passo deciso verso Scarlett, percorrendo ad ampie falcate la distanza che li separava mentre lei lo fissava, ancora scombussolata per l'assurda scena alla quale aveva appena assistito.
La afferrò per un braccio, inducendola ad alzarsi, e lei era così disorientata che non oppose resistenza.
« Andiamo via di qui » le disse in tono rude, e sborsò altro denaro per pagare il suo drink ancora a metà e quello di Dylan.
« Non è necessario che pa-... »
« Vieni » la interruppe però lui, e la condusse verso l'uscita del locale, ignorando i fischi dei viaggiatori ormai perdutamente ubriachi.
Si sbattè la porta alle spalle, il volto totalmente inespressivo, e lasciò andare il braccio di Scarlett che ancora boccheggiava.
Fuori il gelo era palpabile, si insinuava fin sotto le vesti, tanto che lei si strinse nel proprio cappotto e rabbrividì.
« Ma che diavolo è successo? » domandò poi, voltandosi verso Sirius in cerca di risposte, e lui ricambiò lo sguardo.
« Te lo dico io che diavolo è successo » rispose stancamente. « James deve aver avuto la brillante idea di usare la nostra Amortentia di scorta ».
A quelle parole, lei sgranò gli occhi e, per qualche momento, non seppe minimamente cosa dire.
« Voi... » balbettò, incredula. « Voi... avete dell'Amortentia? Perché diamine avete dell'Amortentia? » chiese poi in tutt'altro tono, sospettosa.
« E' importante? » replicò lui, annoiato, e Scarlett si chiese se tenere chiuso in camera un decotto illegale fosse un dettaglio di poco conto.
Sirius si passò le dita fra i capelli, abbandonandosi contro la parete, e pensò che James dovesse essere completamente impazzito.
A cosa serviva indurre i loro accompagnatori ad andare via, lasciandoli da soli? Cosa sperava di ottenere James, mettendo in atto quell'assurda pensata? 
La situazione di scomodo stallo che stavano vivendo di certo non li avrebbe portati da nessuna parte, ma d'altro canto, l'ottimismo era uno dei suoi marchi di fabbrica.
Sirius, però, proprio come Scarlett, non era arrabbiato con lui per quanto aveva fatto. Pensava solo che fosse un'idea inutile, che non avrebbe portato a nulla di costruttivo, se non a un paio di uscite rovinate anche se già prematuramente destinate al fallimento.
Il punto era che James non capiva quanto fosse sciocco e controproducente indurre Scarlett a compiere una scelta forzata e affrettata, perché era l'ultima cosa che Sirius, in cuor suo, desiderava. In realtà, però, non era neanche del tempo quel che lei gli aveva chiesto. Tutto ciò che aveva detto di desiderare, infatti, era la sua lontananza, a quanto pareva, l'unica cosa che potesse aiutarla in quel momento di confusione e scombussolamento. 
E lui l'aveva accontentata. 
Si era tenuto distante, freddo, distaccato, certo che il suo atteggiamento non potesse neanche vagamente toccarla, semplicemente perché era ciò che lei, con tanta fermezza, aveva richiesto. E questo la rendeva l'unica fra loro capace di dare una svolta a quella pausa infinita, l'unica con il potere di farlo, senza che la sua scelta dipendesse da altro, come invece era capitato a Sirius, costretto a farsi da parte quand'era l'ultima cosa che avrebbe realmente voluto fare. 
Scarlett poteva ricominciare a correre, fare un passo indietro o rimanere immobile a guardare, senza che lui potesse far nulla per cambiarlo.
Aveva lasciato che conducesse il gioco, era come un burattino nelle sue mani, ma lei non pareva mai pronta a fargli compiere un passo, così come lui non era pronto a tagliare i fili.
« Ti accompagno al castello? » le domandò, voltandosi a guardarla.
Lei si sentì colta alla sprovvista e lo fissò a lungo senza parlare, come se la domanda che le aveva posto necessitasse di un'approfondita riflessione.
Sirius parve accigliarsi, tanto che le sue sopracciglia si avvicinarono sempre di più, fino ad incontrarsi.
« Banks? » le fece, schioccandole le dita a un centimetro dal viso. « Ci sei? »
Scarlett annuì, cercando di riprendersi, e si massaggiò la nuca in un gesto distratto nel tentativo di guadagnare tempo.
« No » rispose poi, scuotendo con decisione il capo. « Voglio dire, non... non devo andare al castello ».
Lo guardò intensamente, tormentandosi le mani, e lui si chiese cosa diamine le stesse prendendo. Non capiva dove volesse andare a parare.
« Sirius... » esordì lei, ricercando le parole giuste per esprimersi. « Credi che sarebbe una cattiva idea rimanere qui? Stare... beh... insieme? »
Si morse il labbro inferiore, e non si pentì affatto di averlo detto, malgrado la sua mancanza di espressioni la mettesse piuttosto in agitazione.
Quel che era successo al pub le era parso quasi un segno, e ritrovandosi di fronte a lui si era sentita come se avesse ricevuto una spinta. Una spinta verso la direzione che avrebbe dovuto intraprendere da sola. Una spinta verso ciò che realmente desiderava, a prescindere dal suo ostinato non volerlo ammettere.
L'idea di passare un po' di tempo con Sirius si era rapidamente fatta strada nella sua mente, acquistando tratti sempre più realistici, e dopo tutto il tempo che durante quell'ultimo periodo avevano trascorso in lontananza, si era fatta ancor più allettante, proprio come un desiderio da rincorrere.
E pensò che forse aveva sempre avuto ragione lui. 
Stare insieme avrebbe potuto schiarirle le idee, renderla più sicura su ciò che voleva, anche se già semplicemente standogli accanto era riuscita a cogliere alcune risposte. Perché il modo in cui aveva aspettato il suo appuntamento con Dylan era totalmente differente dalla voglia ardente con cui in quel momento stava attendendo la risposta di Sirius, e questo significava qualcosa. Qualcosa di importante e inaspettato.
« Sì, credo che sarebbe una cattiva idea » replicò lui, impassibile. « Una pessima idea, in realtà ».
A quelle parole, Scarlett lo fissò, sinceramente sconvolta da quella risposta sorprendente, raggelata sul posto.
Il momento di sbandamento, però, durò solo qualche attimo, dopodichè non ebbe dubbi su cosa fare.
Lo scansò senza neanche degnarlo d'uno sguardo, e si avventurò a grandi passi lungo la via ricoperta di neve, diretta al castello.
« Cos'è, adesso sei tu quella ferita? » le disse lui a gran voce, voltandosi senza però muovere un passo, e lei si girò di scatto, risentita.
« Mi stai prendendo in giro? » replicò, ridendo per l'assurdità della situazione. « Cos'altro dovrei fare, sentiamo? Implorarti di accettare o chiederti spiegazioni? Ti ho fatto una proposta, hai declinato l'invito, vado via. Te l'ho sempre detto, Black, puoi trattare male la gente quanto vuoi, ma non me ».
Il volto di lui si era fatto serio, quasi cupo, come se fosse improvvisamente calata la notte. Ma lei non se ne accorse nemmeno.
« Credi che abbia detto di no perché non voglio stare con te? » le disse, facendosi nuovamente vicino.
Scarlett socchiuse le labbra un paio di volte senza che ne fuoriuscisse un suono, poi le serrò nuovamente, senza sapere cosa dire.
« Spiegami, quali sarebbero i tuoi piani, adesso? » le chiese ancora lui, ingenuamente curioso. « Prendere un caffè, passeggiare, magari... e poi? »
Lasciò ricadere la domanda in sospeso, facendosi ancor più vicino per scrutarla meglio, poi proseguì, la voce così bassa che le fu difficile udirla.
« Poi cosa succede? » domandò. « Cosa succederà domani? »
Lei strinse le labbra con dura fermezza, e non riabbassò lo sguardo, anzi lo mantenne alto e fiero, specchiandosi dentro il suo.
« Che cosa intendi dire? » gli disse, cercando di strappare un senso alle sue parole, anche se dentro di sé sapeva quel che lui stava tentando di dirle.
Ma Sirius non si scompose alla sua domanda. Inarcò un sopracciglio, accennando un amaro sorriso, e si apprestò a rispondere, di nuovo.
« A te piace tenermi in pugno, Banks » spiegò in un sussurro. « Sai che non riesco a starti lontano troppo a lungo, e mi giostri come vuoi. Tenere le redini del gioco ti fa sentire padrona, forte. E lo sei, te lo concedo. Ma non è così che funziona. Non puoi manovrarmi così ». Scosse il capo, le labbra inaridite. « Non puoi ».
Scarlett pendeva dalle sue labbra, ma quando smise di parlare l'incantesimo parve spezzarsi, e i suoi occhi scattarono altrove, troppo colmi di lui.
Avrebbe quasi preferito che mentisse. Avrebbe preferito che dicesse qualcosa di rude, di sciocco, ma non quello. Non la verità.
Il fatto che riuscisse a parlare chiaro quando lei ne era così evidentemente incapace la mandava in collera, eppure non riusciva a cambiare se stessa.
« Anch'io mi sento manovrata, sai? » gli disse, scuotendo impercettibilmente il capo, e lui la osservò intensamente. « C'è qualcosa che mi controlla, Sirius, qualcosa che mi condiziona. Non fingere di non saperlo ». Tacque un momento, bagnandosi le labbra. « Sto cercando di aiutare me stessa, per una volta ».
Sirius la ascoltava in silenzio, gli occhi che ribollivano come fiamma ardente mentre il volto era imperscrutabile.
« Sei sicura? » le disse, senza smettere di guardarla. « A me sembra che tu ti stia solo ostacolando ».
Lei sorrise tristemente, sollevando appena le spalle, come se non ne fosse così sicura neanche lei.
« Cosa vuoi che ti dica? » rispose, allargando le braccia. « Forse hai ragione... forse sto sbagliando tutto ».
Prese a camminare in cerchio, le mani dentro le tasche del cappotto, lo sguardo a terra.
« Uscire con Dylan è stata una grossa sciocchezza » disse, quasi come se stesse parlando con se stessa, e Sirius la fissò, serio e vagamente sorpreso da quelle parole. « Probabilmente l'ho sempre saputo. E' stato tutto inutile, ho coinvolto senza motivo una persona che non c'entrava niente, e di certo tutta questa situazione non è servita a nulla. Forse solo a farmi capire che... se davvero ho avuto paura all'idea di passare del tempo con te, se davvero ho avuto paura di te... beh... io non voglio averne ».
Deglutì, costringendosi a guardarlo negli occhi proprio come lui non aveva smesso di fare, e fece una pausa prima di riprendere a parlare.
« E tu? » domandò poi, inclinando il capo. « Tu che cosa vuoi? »
Sirius dischiuse le labbra e vi lasciò penetrare un soffio d'aria gelida che gli trafisse i denti.
« Io voglio rimanere qui con te senza avere la certezza che ti pentirai di tutto il giorno dopo » mormorò.
E Scarlett non potè che lasciarsi andare a un debole, piccolo sorriso. Un sorriso che rilassò entrambi, che distese l'atmosfera e riscaldò l'aria... 
Un sorriso che fu per Sirius risposta e rassicurazione, e che accolse con innegabile sollievo. 
« Non mi sono mai pentita di nulla » rispose, scuotendo il capo. « Credevo lo sapessi ».
Lui la osservò a lungo, gli occhi che indugiavano sui suoi con attenzione.
« Se tu non dici nulla, non posso leggere nei tuoi pensieri » le disse con estrema serietà, sospirando.
« Neanche tu sei così bravo con le parole, però » replicò Scarlett, e lui scrollò appena le spalle, accennando un sorriso.
« Sto imparando a fare i conti anche con quelle ».
Si studiarono con la solita, disarmante complicità, finché lui non ruppe il ghiaccio, facendo un cenno col mento alla strada.
« Vieni con me » le disse, sorridendo come Scarlett non gli vedeva fare da tempo. « Ho qualcosa da mostrarti ».
Lei si fece immediatamente curiosa, e lo scrutò con rinnovato interesse, come se volesse carpire informazioni già semplicemente fissandolo.
Lo seguì senza obiezioni, procedendo verso la direzione opposta a quella che aveva cominciato ad intraprendere, e lo osservò di sottecchi.
Le provocava una sensazione insolita, camminargli accanto, quasi come se fosse la prima volta. 
Forse, a rendere così particolare e surreale quella situazione era la consapevolezza che mai, mai in vita sua avrebbe potuto immaginare di trascorrere un San Valentino insieme a lui, e pensò che, probabilmente, se qualcuno le avesse raccontato anche solo qualche mese prima che sarebbe stata lei stessa a desiderare quell'incontro, avrebbe riso per almeno mezz'ora.
« Di solito organizzi appuntamenti così su due piedi, Black? » gli chiese lei in tono leggero, sorridendo divertita.
Lui voltò il capo per guardarla, e rise sottovoce, passandosi le dita fra i capelli scuri, leggermente umidi a causa del nevischio.
« Chi ha parlato di un appuntamento? » replicò, sollevando le spalle. « E comunque fidati, quello che vedrai ti piacerà ».
Scarlett sfregò rapidamente le mani l'una contro l'altra, tentando di riscaldarle, e vi soffiò dentro.
« Lasciami indovinare » gli disse, spavalda. « E' qualcosa di pericoloso, vero? »
Il sorriso di Sirius si accentuò da un lato mentre le rivolgeva un'occhiata sfuggente, e lei pensò che non promettesse nulla di buono.
« Se non lo fosse, non ti piacerebbe » ribattè semplicemente, e fu certo che avesse sorriso a sua volta, malgrado non l'avesse affatto guardata.
Continuarono a camminare fianco a fianco, in silenzio, ignorando gli sguardi di alcune studentesse curiose che li fissavano ad occhi sgranati, finché Sirius non si arrestò di scatto, rintracciando un punto a una certa distanza da loro che lei non riuscì a individuare.
Si guardò intorno, mentre la neve cominciava a cadere sempre più forte, sferzando con furia i loro volti, e notò che il paesaggio era cambiato. 
Non ricordava di essere mai stata in quella zona di Hogsmeade.
La fila di negozi era terminata, e lungo la via erano disposte case tutte uguali, dai tetti bassi, spioventi e totalmente ricoperti di neve. A delineare il perimetro di ognuna di queste vi erano vecchie staccionate, mentre le stradicciole che separavano le piccole abitazioni dalle pareti scolorite e pallide davano in aperta campagna, anche se i prati giallognoli e inariditi erano anch'essi tinti di neve fresca.
« E' lì » disse Sirius, facendo un cenno col mento a una delle tante casupole che avevano di fronte.
Scarlett lo fissò senza capire, quando lui, senza neanche guardarla, la prese per mano e accelerò il passo, inducendola a fare lo stesso.
Non si fermarono fin quando non si ritrovarono dinnanzi all'unico cancelletto aperto, e allora lei si volse a guardarlo, perplessa.
« Chi diavolo lascia il cancello di casa aperto? » gli domandò, poi scosse il capo. « Sirius, dove mi stai portando? »
Lui sorrise, e varcò l'ingresso con aria risoluta e divertita a un tempo, portandola con sé fino all'entrata.
La porta era un po' malandata, con qualche graffio qua e là e una maniglia che un tempo doveva essere stata in ottone, ma ora era soltanto logora.
Scarlett pareva sempre più sconcertata e allibita, ma Sirius non vi fece caso e picchiò il pugno chiuso sul legno un paio di volte.
Attesero, guardandosi negli occhi, lui che sorrideva per chissà quale ragione, lei che lo credeva impazzito.
Prima ancora di vedere chi ci fosse aldilà della porta, Scarlett udì qualche borbottio misto a imprecazioni varie dovute a ragioni a lei assolutamente ignote, poi, dopo un po' di tempo, finalmente qualcuno comparve sulla soglia.
Alphard Black stringeva in una mano un boccale colmo fino all'orlo di un liquido violaceo, mentre con l'altra si grattava con aria sonnolenta la nuca.
Aveva un'aria assai poco curata, ma la cosa pareva non pesargli affatto. Tutto, a partire dagli accenni di barba bianca sulle guance fino ad arrivare ai capelli ingrigiti che filavano in tutte le direzioni o rimanevano incollati al capo, lo faceva sembrare uno squilibrato, totalmente abbandonato a se stesso.
Portava una camicia due volte più larga di lui - non che l'ampiezza del suo ventre fosse indifferente -, chiazzata di macchie scure in diversi punti. L'aveva abbandonata fuori dai calzoni giallastri, e poco mancò che vi versasse addosso tutta quanta la propria bibita, perché non appena i suoi occhi infossati e assai poco espressivi identificarono Sirius, parve perdere il lume della ragione, e il suo volto trascurato si illuminò di un largo sorriso.
« Ragazzo! » tuonò, e Scarlett notò che la sua voce era profondamente roca, soffocata e strascicata.
Ma non ebbe tempo di accorgersi di altro, perché l'uomo, come se non l'avesse neanche vista, le ficcò fra le mani il proprio boccale e si lasciò stringere da Sirius, che gli battè qualche calorosa pacca sulla schiena e lo lasciò andare, sorridendo a sua volta.
« Ehilà, vecchio, ti trovo in forma! » esclamò, ridendo, e lo zio borbottò qualcosa di indistinto. « E' un po' che non ci si vede ».
« Ah, ma io me la cavo alla grande, ragazzo mio » rispose quello. « Fatti guardare... Sei cresciuto, ragazzo... sei alto quanto un Troll... »
« Sono identico a quest'estate, zio... » rispose Sirius, continuando a ridere, ma Alphard non gli diede retta e continuò a borbottare indisturbato.
« Quanto sei alto... » bofonchiò, scuotendo il capo. « Guarda un po' com'è bello, eh? Sei diventato grande, ragazzo, grande... e chi ti ferma più? »
Il ragazzo si voltò verso Scarlett, pensando che non dargli retta fosse la decisione più saggia, e le vide il boccale fra le mani.
Rise di fronte alla sua espressione sbigottita, e glielo sfilò via dalle dita, porgendolo allo zio e dicendogli: « Questo dev'essere tuo, zio Alph ».
Lui lo afferrò, interdetto, completamente dimentico di averlo mai avuto tra le mani.
« Banks, questo è mio zio Alphard » annunciò Sirius alla ragazza. « E zio, lei è Scarlett Banks, la mia raga-... », ma si interruppe bruscamente, sconvolto da quanto era stato in procinto di dire. Senza osare guardare Scarlett, tentò di rimediare. « La mia ami-... », ma si bloccò nuovamente, pensando che amica era sicuramente il peggior modo con cui avrebbe mai potuto definirla. « La mia... compagna... di scuola » concluse infine, annuendo.
Alphard si rese realmente conto della presenza di un altro individuo solo in quell'istante, e si stropicciò gli occhi per riuscire a vedere meglio Scarlett.
« Oh, ma mi hai portato una ragazza » disse, meravigliato. « Non mi avevi mai portato una ragazza. Ma guarda un po' tu, che bella ragazza... »
Scosse il capo, osservandola con ammirazione, e lei gli porse la mano, un po' titubante.
« Tanto piacere, signor Black » gli disse, sorridendo, e lui guardò Sirius con una strana espressione, come se a non essere a posto fosse Scarlett invece che lui.
« Dannazione a me, non mi chiamano signore da anni... » borbottò, stringendo infine la sua mano. « Devi scusarmi, ragazza... Ma entrate, entrate... Un attimo, devo chiamare Doc... »
Si voltò, ma Sirius scosse ripetutamente il capo, improvvisamente allarmato, e si avvicinò allo zio.
« No no no, non Doc... » fu quel che riuscì a dire, ma Alphard aveva già preso a urlare a squarciagola in direzione del corridoio.
« DOC! » sbraitava, la voce ancora tremendamente rauca. « DOC! C'è Sirius! C'E' SIRIUS! Maledetta bestiaccia, non mi ascolta mai... »
Scarlett prese a guardarsi intorno, chiedendosi cosa diamine stesse per succedere ancora, poi Sirius le strinse il braccio.
« Adesso sta' calma, okay? » si raccomandò, ora più divertito che preoccupato. « Lo distraggo io, non ti farà nulla... »
E non aveva neanche terminato la frase che un enorme San Bernardo attraversò al trotto il corridoio, correndo incontro a Sirius.
Lui si parò di fronte a Scarlett, rimasta pietrificata, e si chinò, piegandosi sulle ginocchia per accarezzare il suo pelo folto e morbido.
« Ehi, bello, come andiamo? » gli fece, e quello diede in un latrato di gioia che lo fece sorridere. « Sei ingrassato, per la miseria, pesi un quintale... »
Il cane tentò di gettarlo sul pavimento ed annusare Scarlett, ma lui non glielo permise e continuò ad accarezzarlo per tenerlo buono.
Poi, colto da un improvviso lampo di genio, finse di lanciare qualcosa di invisibile verso il corridoio, e quello non esitò e spiccò una corsa verso quella direzione, così che Sirius potè richiudere la porta e serrarla con un colpo di bacchetta.
Scarlett tirò un sospiro di sollievo e si premette una mano sul cuore, ritrovando finalmente il fiato, mentre Alphard, che non si era minimamente reso conto di tutto quel trambusto perché impegnato a trafficare con la maniglia della porta che non voleva saperne di abbassarsi, mandò al diavolo la serratura e fece loro strada verso una seconda stanza sulla destra.
Le pareti dell'abitazione erano ricoperte da una carta da parati vecchia e ingiallita, strappata in alcuni punti così da ricadere giù inerme, e nell'ingresso non vi erano mobili, né quadri, né qualsiasi altra decorazione immaginabile, se non un impolverato portaombrelli a forma di teschio che Sirius gli aveva regalato.
Il ragazzo si volse a guardare Scarlett, rimasta immobile a guardarsi intorno, e la prese per mano così da condurla verso il minuscolo salotto.
Anche l'arredamento di quella stanza non era di certo fra i più raffinati: un divano ampio color fango troneggiava al centro della stanza, accanto a una poltrona dello stesso colore un po' sfondata dalla quale usciva fuori un bel po' d'imbottitura; in un angolo erano accantonate due ciotole per l'enorme cane che abitava in casa, mentre sul pavimento stava disteso un ampio tappeto di varie tonalità di marrone, un po' accartocciato su uno dei lati più estesi poiché andava a scontrarsi con le frange ai piedi del divano. Per il resto, la stanza era totalmente vuota.
« Non entro in questa stanza da cinque anni o una roba così » commentò Alphard non appena fece il suo ingresso.
Sirius rise sottovoce, per poi bisbigliare a Scarlett: « Non sederti » e strizzarle rapidamente l'occhio, cosa che la fece sorridere, divertita.
« Accomodatevi, ragazzi » disse loro Alphard, e lei si trattenne dal ridere. « Tu bevi, ragazza? Ho solo roba forte, credo, ma mi sembri bella robusta, mica tanto schizzinosa... Ah, bere fa bene, ragazza, bene davvero... rinforza tutto, altroché... » e così dicendo si allontanò, uscendo dalla stanza.
« Bella robusta? » scattò un istante dopo Scarlett, furente. « Io sarei bella robusta? Ah, bene! Buono a sapersi, certo! »
Sirius scoppiò a ridere, la sua risata simile a un latrato, e scosse ripetutamente il capo.
« Non ha una vista da falco, Banks, non prendertela tanto » le disse. « E poi... credo che volesse rivolgerti un complimento ».
Risero entrambi, proprio mentre Alphard faceva già ritorno, una bottiglia di vino elfico stretta in pugno.
« Questa me l'ha data Aberforth » disse, rigirandosela fra le mani. « Mi dà sempre roba buona, quel barbuto spilorcio... maledizione a lui... » Ma scosse il capo e abbozzò un sorriso a mezza bocca, allegro. « Propongo un brindisi, ragazzi... al mio bel nipote, che Dio lo benedica, e alla sua bella ragazza. Che ne dite, eh? » propose, e, con un colpo di bacchetta, fece apparire dal nulla tre calici, riempiendoli di vino fino all'orlo.
Sirius e Scarlett si scambiarono una fugace occhiata, lei imbarazzata, lui semplicemente divertito.
« Non è la mia ragazza, zio » gli fece notare, e lei, al suo fianco, si affrettò ad annuire, il capo lievemente inclinato.
Alphard assunse d'un tratto un'espressione perplessa, e corrugò la fronte, grattandosi gli accenni di barba sul mento e spostando lo sguardo dall'uno all'altra.
« Mi prendi in giro, ragazzo? » domandò con invidiabile calma. « Vi tenete per mano da quando siete arrivati. O sono diventato completamente cieco? »
Per entrambi fu come essere investiti da un getto d'acqua gelida.
Si fissarono, inizialmente sorpresi, poi i loro sguardi si focalizzarono sulle mani che tenevano intrecciate, e a quella vista si allontanarono all'istante, quasi che li avesse attraversati un'improvvisa scossa elettrica. E si resero conto solo e soltanto in quel momento di quel gesto involontario. 
Per tutto il tempo, infatti, non si erano minimamente accorti di nulla, malgrado di certo quel gesto non fosse tra i più naturali fra loro, e si ritrovarono a domandarsi come ciò potesse essere accaduto senza che ci facessero attenzione. Ma non seppero trovare una risposta.
« Cin cin » fece Scarlett, afferrando in fretta il proprio calice per distogliere l'attenzione da quanto appena successo, e bevve un lungo sorso di vino.
Solo dopo averlo ingoiato, le ritornò alla mente quanto il vino l'avesse sempre, sempre disgustata, e si esibì in una smorfia schifata.
« Prendi, ragazzo, prendi... » fece Alphard a Sirius, facendo per riempire nuovamente il suo calice, ma lui scosse il capo.
« Oh, no, stavolta non posso » disse, un accennato sorriso enigmatico che gli arricciava le labbra, e Scarlett si chiese a cosa si riferisse.
Ma lo zio non prestò particolare attenzione alle sue parole e sollevò le spalle, versandosi altro vino.
« E James? » domandò, lasciandosi cadere pesantemente sulla poltrona. « Mi manca, quel ragazzo, non lo vedo da un secolo... »
Sirius fece sparire il calice e assunse un'espressione neutra.
« Sempre più idiota... ma sta bene » concluse, passandosi le dita fra i capelli.
« E la ragazza che piace a James? » fece ancora lo zio, massaggiandosi il vasto pancione, e a quelle parole Scarlett fissò Sirius, interrogativa.
« Ma... » balbettò disorientata, lo sguardo che andava da lui ad Alphard, un po' sperduto. « Come...? »
« Credevi davvero che esistesse una persona al mondo ignorante sull'argomento? » la anticipò lui, rispondendo alla domanda che non gli aveva ancora posto.
E lei non potè che ridere, annuendo, perché in effetti, malgrado fosse un po' gonfiata, quella era davvero la verità.
« Benone, direi » rispose poi lui, rivolto allo zio. « Non glielo dirò mai, ma... lei ha completamente perso la testa per lui, è evidente ».
Alphard annuì con aria compiaciuta, continuando a bere dal suo calice colmo di vino, quando Sirius gli si avvicinò e si chinò sulle ginocchia.
« Se hai finito con quel dannato vino » esordì a mezza voce, sorridendo, « potresti portarmi dal mio gioiellino? »
Attese, ma l'uomo parve impiegare parecchio tempo per comprendere l'ardua allusione e annuì solo dopo un pezzo, rialzandosi a fatica dalla poltrona.
« Ah, lo sapevo che non eri venuto per me » gli disse, ridendo in tono burbero. « Maledetto ragazzo... Dai, vieni » gli fece poi, battendogli una pacca sulla spalla. « E' sul retro, immacolata come l'hai lasciata l'ultima volta. Contento? » gli chiese, fissandolo, ma Sirius parve un po' dubbioso.
« Lo vedremo » mormorò, non del tutto sicuro che fosse un bene far affidamento alle parole dello zio, poi fece segno a Scarlett di seguirlo.
Lei gli si avvicinò, sentendosi più confusa che mai, e si massaggiò le braccia con i palmi delle mani.
« Perché è... non so, la centesima volta che mi sento come se parlaste un'altra lingua? » domandò a Sirius, palesemente interdetta.
« Lo vedrai, Banks » replicò subito lui, e il suo sorriso si ampliò. « Stai per incontrare l'amore della mia vita ».
E congedandosi con queste enigmatiche parole, accelerò il passo e seguì lo zio lungo lo stretto corridoio dalle pareti bianche.
L'uomo aprì l'ultima porta in fondo, e li guidò in una piccola stanza immersa nel buio, stipata di scatoloni impolverati accatastati l'uno sull'altro, oggetti rotti e, in angolo, in mezzo ad alcune casse in legno, anche un telo grigio topo che ricopriva qualcosa di molto, davvero molto grande.
Fu proprio verso questo corpo ignoto che Sirius si diresse senza esitazioni, mentre lo zio si apprestava ad accendere le lanterne appese alle pareti.
Scarlett si avvicinò al ragazzo, curiosa, e lo vide afferrare un lembo del telo, lanciarle un rapido sguardo e sfilarlo via in un baleno.
Un'enorme motocicletta nera come la notte comparve allora agli occhi di Scarlett, facendole quasi spalancare la bocca dalla sorpresa. Era lucida e splendente, con delle ruote mostruosamente grandi, una sella lunga in pelle scura e numerosi accessori in metallo lucente.
« Triumph Bonneville T120 » la presentò Sirius, guardando l'espressione sul volto di Scarlett con un sorriso. « Lanciata nel 1959 come la miglior motocicletta del mondo. Tre anni fa, quando ho saputo che non l'avrebbero più prodotta, mi sono catapultato a comprarla. Che te ne pare, Banks? »
Lei scosse il capo, senza parole, lo sguardo che andava da lui alla moto e viceversa, colmo di stupore.
« E'... mostruosa! » gli disse, e lui rise di gusto, annuendo con convinzione. « Ti sarà costata un oceano di galeoni! »
Sirius scrollò le spalle, affondando le mani nelle tasche, e cominciò ad osservare attentamente la moto, girandovi intorno.
« Diciamo che ho... sottratto un galeone o due alla camera blindata del mio adorato padre » fece con nonchalance, controllando il manubrio.
Scarlett sorrise, poi vide Alphard farsi vicino e arrestarsi al suo fianco, lo sguardo fisso sulla moto.
« E' a posto, ragazzo? » gli domandò, ma inizialmente Sirius non si espresse e cominciò a trafficare con diversi aggeggi a Scarlett sconosciuti.
Si tirò un po' più su i pantaloni sulle ginocchia, chinandosi per poter studiare meglio il fianco della moto, mentre Alphard si fece più vicino a Scarlett, tutta intenta a osservare il ragazzo che, con sguardo serio e concentrato, studiava le ruote con attenzione.
« Ti piace il mio ragazzo, eh? » le fece Alphard, sorridendo bonario, e lei trasalì e lo fissò, sconvolta. « E' normale, è un gran bel ragazzo... Io gliel'ho sempre detto, di trovarsi una ragazza e mettere la testa apposto. Guarda me, gli dico sempre. Un poveraccio, no? Sempre da solo, o insieme al vecchio Ab... ah, maledetto, che gli venga un colpo... »
Scarlett lo ascoltava, un po' in imbarazzo, ma non riusciva a staccare gli occhi da Sirius, malgrado ci provasse con tutte le proprie forze.
I suoi occhi color fumo erano sottili, ardenti, e ciocche di capelli nerissimi li celavano parzialmente, gettando ombre sul suo viso sottile.
In quel momento più che mai, lo trovava dannatamente irresistibile.
« E poi, Sirius è un gran bravo ragazzo » stava dicendo ancora Alphard, e Scarlett tornò ad ascoltarlo, anche se sempre un po' a metà. « Viene sempre a farmi compagnia, a bere qualcosa... sì, beve tanto, ma è un bravo ragazzo, non c'è niente da dire... scommetto che le ragazze gli vanno dietro, eh? Ma tu sei la sua ragazza, quindi non dovrei dirlo... ah, beh, parlo sempre troppo, io, lo dice anche il vecchio Ab... sarà perché bevo troppo anch'io... »
Scarlett annuì inconsciamente, poi, quando Sirius mise in moto la motocicletta, sussultò di colpo.
Un poderoso rombo, infatti, aveva occupato la stanza facendo quasi tremare il pavimento, ma Sirius non parve impressionato.
Si rialzò e battè una pacca affettuosa sulla sella della moto, rivolgendo per la prima volta dopo minuti lo sguardo a Scarlett e sorridendole.
« E anche i tubi di scappamento sono apposto » disse, soddisfatto. « E' una fortuna per te, zio Alph, o ti avrei chiesto di pagarmi i danni ».
L'uomo si riscosse dai propri pensieri ed emise un grugnito neutro.
« Dovresti ringraziarmi, razza di ingrato » lo apostrofò. « Quella moto mi occupa tutta la stanza, maledizione... »
« Cos'è, hai paura di non avere abbastanza spazio per le tue casse di Whisky? » rise Sirius, scuotendo il capo, ma lo zio non lo sentì nemmeno. « Allora, Banks? » fece poi a Scarlett, sollevando un sopracciglio e appoggiandosi al fianco della moto. « Salti su? »
Scarlett fece per rispondere, leggermente turbata, ma fu Alphard a prendere la parola.
« Aspetta, fammi capire » borbottò, fissando Sirius con attenzione. « Vuoi portare la ragazza? » chiese, facendo un cenno verso di lei.
Lui parve egualmente smarrito e annuì. 
« Sì » rispose semplicemente, senza capire la ragione dell'espressione disorientata che ostentava lo zio.
« Senza casco? » proseguì lui in tono incalzante, facendo capire che considerava poco ragionevole l'idea di quel viaggetto un po' pericoloso.
« Beh... » rispose Sirius, scrollando le spalle. « Non ce l'ho. Quindi... presumo di sì. Sì » confermò, annuendo con tranquillità.
Alphard sgranò gli occhi come se avesse appena udito una sorta di bestemmia.
« Ma sei pazzo, ragazzo? » esclamò, evidentemente incredulo. « Non andare, ragazza » fece poi, rivolto a Scarlett. « E' pericoloso... »
« Ma andiamo! » sbottò il ragazzo, ridendo di cuore. « Senti, fa' una cosa » gli disse poi, avvicinandosi e stringendogli forte una spalla. « Rientra e bevi qualcosa, okay? Noi facciamo un giro e te la riportiamo. Vivi, vegeti e felici ».
Lui parve pensarci su per un po', riflettendo, ma alla fine annuì.
« Mi dovete sempre fare preoccupare, voi ragazzi... » bofonchiò, trascinandosi via. « Così allo sbando... fate sempre di testa vostra... poi vi capitano i guai e venite a raccontarli a noi... siete tutti pazzi, voi ragazzi... soprattutto tu, Sirius... sempre così spericolato... »
I due non riuscirono ad ascoltare altro, poiché si era richiuso la porta alle spalle, ma avrebbero scommesso la bacchetta sul fatto che avesse continuato a borbottare anche dopo essersi allontanato fino alla cucina.
« Dunque » fece Sirius, inducendo Scarlett a voltarsi nuovamente e a catalizzare su di lui la propria attenzione. « Te la senti di fare un giro? »
La risposta esatta sarebbe stata no, perché non ho nessuna voglia di morire giovane, ma lei la tenne per sé.
« Sirius... fuori nevica » disse, dubbiosa. « L'hai forse dimenticato? »
Lui imprecò e si diresse verso la porta che dava sul retro, aprendola per controllare quali fossero le condizioni meteorologiche del momento.
« Ha smesso » rispose con naturalezza, tornando alla moto. « Non hai più scuse, Banks ».
Scarlett si morse una guancia, fortemente titubante, ma alla fine annuì.
Sirius, trionfante, la prese per mano e la guidò verso la moto, saltando su con un gesto abile e fulmineo, poi la squadrò da capo a piedi, la fronte aggrottata.
« Ti conviene liberarti di un po' di quella roba, Banks » le disse, facendo un cenno al suo pesante cappotto blu e alla sua sciarpa dello stesso colore.
« Cosa, mi prendi in giro? » esclamò lei, scandalizzata. « Anche se non nevica più, fuori si gela comunque, e qualcosa mi dice che supererai il limite di velocità, quindi... »
« Vieni qui » la interruppe lui, sfilando la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans scuri, e lei si avvicinò, titubante.
Senza una parola, premette lievemente la punta fra i suoi capelli e borbottò una formula che Scarlett non riuscì ad afferrare.
All'istante, però, si sentì pervadere da un calore straripante, che pareva scivolare sulla sua pelle come una cascata d'acqua bollente.
« Un trucchetto che mi ha insegnato il tizio a cui mi sono rivolto per rendere questa moto davvero... magica » spiegò lui in tono criptico, sorridendo appena.
Lei non replicò, troppo impegnata a bearsi di quella piacevole sensazione per badare alle sue parole, e si affrettò a liberarsi di sciarpa e cappotto.
« Sentirai il vento, la pioggia, tutto quanto, ma non il freddo » le disse ancora Sirius, studiando il suo maglioncino attillato. « Con la temperatura che c'è lì fuori e la velocità che raggiungeremo, il tuo splendido viso diventerebbe una roccia in quattro e quattr'otto, Banks ».
La vide sorridere, gettare i propri indumenti su alcune casse serrate, poi puntò la bacchetta sul suo stesso capo, ripetendo l'incantesimo. Una volta terminato l'effetto, notò che Scarlett non era ancora salita a bordo della motocicletta, e la fissò, un sopracciglio inarcato.
« Hai già cambiato idea? » le chiese, intrecciando le mani e poggiandosi al manubrio basso senza smettere un attimo di studiarla.
Ma Scarlett gli rivolse un'espressione furba e ribelle e si accomodò sulla parte posteriore della sella, un po' a disagio.
« Sei salita, Banks? » gli chiese lui senza voltare il capo, e lei diede in un suono insolito, simile a uno sbuffo.
« Certo che sì » rispose, chiedendosi come diamine avesse fatto a non accorgersene, e lui rise.
« Io non ti sento » le disse, e finalmente si voltò, trovandola rannicchiata in fondo all'ampio sedile, ben distante da lui.
Si trattenne dal ridere ancora una volta, e scosse il capo, un'aria sfacciata sul volto che la fece insospettire ben più di quanto avrebbe potuto fare una risata.
« Le possibilità sono due » disse, deciso. « O accetti l'idea di morire sfracellata al suolo, o ti decidi a stringerti un po' ».
Lei sbuffò, nascondendo il divertimento. 
Si sentiva in bilico su quel sedile troppo stretto, come se parte del corpo la stesse abbandonando, e, se si fosse avvicinata, a separare i loro corpi vi sarebbero stati solo due centimetri molto scarsi. E se anche si fosse incollata a lui, avrebbe comunque continuato a pregare Merlino, Morgana e tutta la compagnia celeste per far sì che non la uccidessero proprio quel giorno e in quella maniera tanto cruenta, sperando intensamente che fossero in ascolto.
« Ti stai approfittando della situazione, motociclista dei miei stivali » sbottò, senza riuscire a trattenere un sorriso.
Lui voltò la testa e un'espressione assai sicura di sé gli si dipinse in volto. 
Tipica aria da Black. Tipica aria da guai. Guai neri quanto il suo nome.
« Lo faccio sempre » rispose con naturalezza, tornando a concentrarsi su ciò che aveva di fronte.
Per tutta risposta, Scarlett gli assestò un giocoso colpo sulla schiena che lo fece ridere sottovoce.
« Invece di dimenarti e cercare di picchiarmi, bella Banks, fa' qualcosa di più produttivo » la esortò, assai divertito. « Il motore sta entrando in letargo ».
Lei non rispose, ma si decise a stringersi di più, annullando la distanza che separava il suo petto dalla schiena di lui e poggiandogli le mani all'altezza del bacino. Nonostante ci fossero più strati di vestiti tra loro, Scarlett potè benissimo avvertire uno strano formicolio nella zona delle viscere, ma tentò invano di tenerlo a bada. Stava così vicina a lui per non fare una fine orripilante, ecco perché. Continuò a ripeterselo, finché la sua voce non spezzò il filo di pensieri.
« Ti accorgerai » le disse, voltando nuovamente il capo, « che la mia idea di stringersi giova maggiormente alla tua salute. A tutto gas, Banks! »
E, senza alcun preavviso, accelerò di botto, facendo rombare il motore così tanto da farla trasalire dallo spavento.
Svoltò e uscì dalla piccola stanza attraverso il varco lasciato libero dalla porta spalancata, ritrovandosi sul retro dell'abitazione.
L'erba era incolta, e ricoperta di neve, il prato molto più selvaggio rispetto a quello delle case vicine, le piante aride, tanto da sembrare abbandonate.
E Scarlett ebbe appena qualche momento per osservare tutto questo che Sirius diede un'altra spinta all'acceleratore, facendo il giro della casa fino a uscire fuori dal cancello, per poi svoltare ancora una volta e ritrovarsi in una strada secondaria che, come tutte, dava in aperta campagna. 
Quando fu arrivato lì, in quella via deserta dal terreno ruvido e seminato di ciottoli dalla forma irregolare, accelerò ancora un po', facendo scattare la moto parecchi metri avanti in un attimo sfuggente.
A Scarlett balzò il cuore il gola e, senza pensarci neanche per un istante, circondò la vita di Sirius con le braccia, tenendosi più vicina possibile a lui.
« Ecco di cosa parlavo! » urlò lui per farsi sentire oltre il rumore sordo del motore, e lei rise di cuore.
Come sempre, aveva avuto ragione lui.
« Tuo zio aveva ragione! » disse a voce alta, poggiandosi alla sua spalla per non avere i suoi lunghi capelli scuri sul viso. « Sei completamente pazzo! »
Lui, come a voler ribattere alla sua provocazione, accelerò ancora e ancora, mentre il paesaggio intorno a loro si faceva sempre più sfocato. 
Si sentivano come parte stessa del vento. Era una sensazione indescrivibile. Una sensazione che Scarlett, in vita sua, non aveva mai provato.
Sentì il vento schiaffeggiarle il volto, premere sulle orecchie, occupare tutto quanto, e pensò che, alla curva successiva, l'avrebbe portata via con sé.
Rimase adagiata alla schiena inclinata di Sirius, e potè avvertire i guizzi e i movimenti di ogni muscolo contratto nello sforzo di dominare il motore.
In quel momento, potè sentirsi finalmente viva. Viva come non si sentiva da troppo tempo.
E forse era proprio Sirius a farla sentire così. Il suo essere così folle, spericolato, e impulsivo, per una volta era riuscito a farle abbandonare la razionalità, a spogliarla di ogni preoccupazione, di ogni se e di ogni ma, lasciandola pura, libera... lasciandola se stessa.
Il vento aveva spazzato via qualsiasi pregiudizio, paura o macchinazione, e ciò che rimaneva di lei era quell'essenza di cui lui si era tanto innamorato. Scarlett in sé e per sé, senza tante maschere, senza tante finzioni, proprio come lui desiderava vederla. Ed era magico averla accanto così.
« A quanto andiamo? » urlò Scarlett al suo orecchio, cercando di non fissare lo sterrato ai loro piedi.
« Non credo che vorresti saperlo! » fece lui di rimando, ridendo forte, e lei non potè che seguirlo a ruota.
Non era affatto preoccupata, si disse. Sirius guidava con maestria, sapeva esattamente cosa fare e quando farlo, come se conoscesse quella strada meglio delle sue stesse tasche. Si chiese, però, dove avesse imparato a dominare una motocicletta del genere con una tale sicurezza e padronanza di sé.
« Cosa succederebbe se ti lasciassi andare? » gli domandò Scarlett ad alta voce guardandolo, mentre i capelli le si agitavano furiosamente intorno al volto.
Inizialmente, lui non disse nulla, cosa che le fece subito pensare che fosse una pessima idea anche secondo il suo spirito più folle e avventuriero.
« Ti preferivo quand'eri spaventata a morte, Banks! » esclamò di rimando, e curvò a sinistra, facendole quasi venire le vertigini.
« Non sono mai stata spaventata a morte! » replicò, scandalizzata da quell'insinuazione, e lo sentì ridere in tono soddisfatto.
Si aggrappò più forte al suo giubbotto, fissando con gli occhi che bruciavano la distesa d'erba innevata che si parava loro di fronte.
« Sono più bravo io a dissimulare » le disse lui, e distolse per un frammento di secondo gli occhi dall'asfalto per lanciarle uno sguardo eloquente.
Percorsero parecchi metri ancora, svoltando verso stradine secondarie per poi riaffiorare in campi all'aperto tutti uguali, poi Sirius prese a rallentare.
« Fine della corsa » annunciò a Scarlett, scambiando con lei un fugace sorriso. « Credo che mi si sia intrappolato il vento nel cervello ».
Scarlett rise e lasciò scivolare le braccia lungo la sua vita, tornando a distaccarsi un po' dalla sua schiena curva sul manubrio.
Accostarono la motocicletta accanto ai resti di un'antichissima casa di roccia grezza, e lui diede un calcio al cavalletto per bloccarla sul terreno e saltò giù, schizzando di neve gelida il cuoio degli stivaletti bassi e neri.
Porse una mano a Scarlett per aiutarla ad abbandonare la sella, ma lei gli rivolse uno sguardo furbo e scese dalla moto senza il suo aiuto, sorridendo serena.
« Wow! » commentò, battendo una volta le mani e strofinandole l'una all'altra. « E' stato pazzesco! »
Lui sorrise con aria compiaciuta e annuì, incrociando lentamente le braccia all'altezza del petto.
« Anche se il vento ti ha scombinato i capelli? » le chiese, ironico, e lei gli rivolse una smorfia divertita, facendogli il verso.
« Più disordinata, meno perfetta » gli disse poi con un largo sorriso, sollevando le spalle. « Dovrebbero piacerti ».
Si guardarono intensamente, e le labbra di Sirius si arricciarono in un sorriso mentre, passandole accanto, vi immergeva una mano per scompigliarli ancora un po'.
Scarlett rise e per una volta non pensò a lisciarli, ma li lasciò in disordine, un po' selvaggi, proprio come a lui piacevano tanto.
Lo osservò risalire con disinvoltura sulla moto, ritratto sul fondo dell'ampio sedile in pelle nera con le mani che stringevano le ginocchia, e notò il suo cenno qualche momento dopo, rivolto a lei in direzione dell'enorme motocicletta lucente.
« Su, Banks, non essere timida » le fece, sorridendo appena. « Se ci si stringe un po', c'è posto anche per te ».
Scarlett gli lanciò a sua volta un breve sorriso divertito, e risalì sulla moto nel verso opposto, per sedere esattamente di fronte a lui.
Si sentiva in bilico, fin troppo vicina all'orlo dello stretto sedile, e le ginocchia toccavano quelle di Sirius, così che il colore dei jeans quasi si fondeva.
Erano vicini. 
Vicini come troppo spesso si ritrovavano a restare, vicini come ogni volta che avevano perso il controllo, la razionalità, mandando tutto al diavolo per seguire un istinto che suggeriva loro sempre la stessa cosa. Un qualcosa che non era altro che il loro più radicato e recondito desiderio.
« Mi piace vederti in sella » disse lui dopo un po', spezzando il silenzio che si era venuto a creare. « Un gran bel connubio, direi ».
Lei lo scrutò, senza riuscire a capire se dover sorridere o meno. Come sempre, la sua espressione era totalmente indecifrabile.
« Un po' come te e la tua donna » replicò, battendo un lieve colpo sul fianco della moto. « Accoppiata vincente. Ma dimmi un po' » proseguì, sorridendo in maniera un po' più rilassata, « com'è nata la vostra relazione? E' stato un colpo di fulmine o...? »
Lasciò la domanda in sospeso, facendogli cenno di proseguire, e lui scrollò le spalle con una breve risata, rivolgendo lo sguardo altrove.
« Colpo di fulmine, naturalmente » rispose in tono leggero. « E' da una vita intera che sono appassionato di moto. Quella per lei era una vera e propria fissazione. Non potevo lasciarmela sfuggire, no? Così ho fatto un giretto alla Gringott senza... come dire... il pieno consenso di tutta la sacrosanta generazione a cui appartengo e... mi sono fatto un regalo ».
Studiò l'espressione colpita e divertita insieme sul bel volto di Scarlett, e non potè che sorridere, divertito dalla sua aria sorpresa.
« Sei sempre stato così ribelle? » gli domandò, il capo inclinato, e la sua espressione era stranamente seria, ma curiosa.
« Lo sono diventato » ribattè lui. « Nessuno viene al mondo con la voglia di mandare tutto al diavolo. E' quando arrivi al punto di sentirti circondato solo da schifo che ribellarti è l'unica cosa che ti resta ». Tacque un momento, lo sguardo fisso sulle mani intrecciate di Scarlett, immobili. « A volte penso che non avrei mai voluto esserlo » aggiunse, sovrappensiero. « Che non avrei... mai voluto avere il bisogno di diventarlo ».
Lei lo ascoltò in silenzio e, in un gesto impulsivo e del tutto involontario, allungò una mano per poter sfiorare la sua, stringendola appena.
Lo sguardo di Sirius, puntato sul suo viso, si colmò d'un tratto di gratitudine, o sollievo. Scarlett non riuscì a capirlo appieno.
Era riuscita ad afferrare, come tante volte aveva fatto, il significato reale delle sue parole.
E pensò che la sua fosse una perfetta verità: a nessuno piace essere un ribelle, quando non lo si fa solo per apparire diversi.
Se gettarsi tutto alle spalle e tentare di cambiare il mondo è una necessità solo quando tutto diventa troppo, nessuno è felice di farlo. E malgrado lo spirito rivoluzionario e fiammeggiante di Sirius sembrasse un qualcosa che lo rendeva fiero e padrone di sé, Scarlett immaginò che fosse un sentimento che gli arrecava anche un'infinita amarezza. Una tristezza dovuta alla gabbia che si era trovato costretto a distruggere, e in cui mai avrebbe desiderato venire rinchiuso.
« Non negherò, però, che infrangere le regole mi ha sempre affascinato » aggiunse lui in tutt'altro tono, smorzando la tensione con un sorriso accennato. « Ti lascio immaginare la reazione della mia adorabile madre quando sono arrivato a casa in sella a questa qui ».
Scarlett rise, figurandosi la scena, e scosse il capo ripetutamente, sistemandosi meglio sul sedile.
« Non da meno di quella che avrebbe potuto avere mio padre » rispose, sinceramente divertita. « Ma con tuo zio hai uno splendido rapporto, vedo. Insomma, se hai addirittura acconsentito a lasciargli in custodia la tua preziosa moto... » proseguì dopo un po', lasciando la frase in sospeso. 
La sua espressione eloquente fece ridere Sirius, che annuì e si sfregò la mascella con il dorso delle dita.
« In realtà, quando mi sono trasferito da James l'ho portata con me, a casa sua » spiegò, tornando a intrecciare le mani. « Ma non appena Dorea l'ha vista, ha cominciato a dare di matto e mi ha minacciato di mandarmi a vivere sotto un ponte se non me ne fossi liberato ».
Scarlett diede in una risatina divertita, e pensò che fosse un atteggiamento assolutamente tipico dell'apprensiva, pericolosa Dorea.
« Così, sai, le ho raccontato di averla venduta a un ragazzo di mia conoscenza e invece l'ho portata qui » proseguì lui in tono tranquillo. « Ogni tanto io e James veniamo a fare un giro, e puntualmente ci accorgiamo che tutte le volte mio zio dimentica di averla qui. In realtà, sarebbe capace di dimenticare qualsiasi cosa nel giro di secondi... Non so come abbia fatto a ricordarsene, prima » concluse, scrollando le spalle con un sorriso sghembo.
Lei lo ricambiò e annuì lentamente, lo sguardo fisso sui pedali della motocicletta.
« E' follemente innamorato di te, lo sai, sì? » disse poi, allegra.
« Oh, sì » rispose immediatamente lui, ridendo. « E, a proposito, spero che la visita non ti abbia infastidita, sai... è fuori come un balcone, lo avrai notato, ma io l'ho sempre trovato... beh, forte! Sì, grandioso » confermò, annuendo con aria allegra.
« Infastidita? » gli chiese allora lei, aggrottando la fronte. « Mi credi una di quelle stronze con la puzza sotto il naso o cosa, Black? »
Sirius se ne uscì con la sua solita risata simile a un latrato, e scosse il capo con determinazione.
« Vero solo a metà » rispose, provocatorio, e lei non potè che ridere, pensando che un po' stronza in realtà lo era anche lei.
« Beh, tuo zio rientra nella mia classifica di miti e modelli di vita da prendere ad esempio » disse in tono pomposo, storcendo le labbra per non scoppiare a ridere di nuovo. « Beve, sta sul divano, odia il mondo - tranne te, naturalmente - e non pensa ad altro. Sì, vorrei essere come lui » concluse, solenne.
Risero ancora, di gusto, come non facevano insieme da davvero troppo tempo, e fu una sensazione attesa e meravigliosa.
« E' sempre stato un po' fuori dai gangheri » proseguì Sirius, riflettendo. « Isolato dal mondo, in un universo tutto suo... e poi, andiamo, riesci a immaginartelo ad una cena di famiglia della Nobile e Antichissima Casata dei Black? » Rise, sprezzante nei confronti dell'ultima, ridicola definizione data. « E' anche per questo che abbiamo un così bel rapporto. Credo che sia... sì, fiero di quello che ho fatto ». Annuì lentamente. « Strana sensazione... » mormorò poi fra sé e sé, ma si riprese immediatamente. « Anch'io sono stato contento di avere almeno un alleato in questa... guerra fratricida. Non sono state molte le persone su cui ho potuto contare. Soltanto lui e mia cugina Andromeda. Lei è a posto. Ha sempre ragionato con la sua testa, e di testa ne ha, Andromeda, eccome... Dovrei presentartela, prima o poi. Ma non la vedo da anni e non le ho scritto per tutto l'inverno ».
Tacque, meditabondo, ma Scarlett continuò a fissarlo con lo stesso interesse e la stessa immedesimazione.
Era strano, quasi surreale sentirlo parlare così apertamente di quelle cose che tanto a lungo aveva tentato di tenere sepolte, e il tono leggero con cui ne discuteva le suggeriva che non fosse poi un'impresa così ardua, per lui, quella di aprirsi di fronte a lei e cercare un confronto. Forse, non si accorgeva neanche di tutto quel che diceva, quasi come se non ci fosse nessuno ad ascoltarlo. 
Ma Scarlett c'era. C'era, e lui lo sentiva.
« Anche lei nella lista nera? » suggerì lei, giocherellando con il lembo della manica del maglioncino, e Sirius annuì.
« Ah, naturale » rispose, passandosi le dita fra i capelli. « Ha avuto una figlia prima ancora di sposarsi. Da un Nato Babbano ».
« Peccato mortale » fece Scarlett, sarcastica.
Sirius rise, poi smontò dalla moto con un agile scatto, affondando le mani nelle tasche dei jeans neri. Lei, invece, si voltò e si mise diritta al posto di guida, afferrando saldamente il manubrio fra le mani per capire come ci si sentisse a dominare una moto come quella.
« Sembro una dura, Sirius? » gli chiese, curiosa e naturale come se desiderasse realmente il suo parere. « Una motociclista dura? »
Lui meditò a lungo sulle sue parole, grattandosi il mento, e dovette richiamare a sé tutta la propria forza di volontà per non scoppiare a ridere.
« Una motociclista dura » ripetè, l'ironia che trasudava da ogni lettera. « Attraente, direi. Quasi più sexy del solito ».
Scarlett gli lanciò un occhiolino, e lui lo ricambiò con un sorriso accennato, scrutandola con tutta l'attenzione possibile. 
« Ti va di provare? » buttò lì, incrociando le braccia al petto.
Lei fu presa alla sprovvista e lo fissò, senza capire. Il suo volto era assolutamente impassibile, la sua espressione indefinibile.
« A fare cosa? » domandò, piuttosto stupidamente, e lui sorrise, facendo un cenno alla motocicletta che stava cavalcando. 
« Guidare » rispose semplicemente, avvicinandosi e dando un colpetto alla sella.
L'espressione vacua di un attimo prima non abbandonò il viso di Scarlett, anzi si fece più intensa, e si chiese se la stesse bellamente prendendo in giro.
« Fai sul serio? » chiese, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.
« Naturale » fece lui in risposta, tranquillo come se stesse parlando del tempo. « Avanti, sarà divertente ».
Lei scoppiò a ridere, lasciandolo vagamente basito.
« E' una moto enorme » si affrettò a dire con un'ovvietà piuttosto palese.
« Me ne sono accorto » fu, come prevedibile, la caustica risposta di Sirius.
Scarlett non smise di studiarlo, come se stesse ancora cercando di capire dove fosse lo scherzo. Perché era uno scherzo, su quello non c'erano dubbi.
« Ti insegno io » le disse ancora, sorridendo. « Se non ti senti a tuo agio puoi anche lasciar perdere. Ma dovresti provare » aggiunse, sollevando le spalle.
E come dire di no a una richiesta come quella? 
Scarlett non trovò una risposta adeguata e ricambiò il sorriso, annuendo un po' titubante.
« Puoi sentirti privilegiata, Banks » fece lui, saltando nuovamente in sella alla moto. « James mi ha implorato in tutte le lingue del mondo, ma lo faccio a malapena salire quando è ben piantata a terra e anche a stretta sorveglianza. Ma lui si accontenta così » aggiunse, sorridendo.
Scarlett rise, ma si bloccò di scatto quando avvertì il petto di Sirius entrare in contatto con la sua schiena, tutto il suo corpo che sfiorava il suo.
Si era sistemato portando tutto il proprio peso esattamente dietro di lei, e Scarlett non se l'era aspettato. Era tesa.
Lui, però, non parve notare la sua agitazione, e strinse con le mani le ginocchia, in attesa.
« Sei tutta storta, Banks » le fece subito notare, il sorriso ancora accennato sulle sue labbra increspate dal freddo.
Le scostò con delicatezza i capelli su una spalla, lasciandoli ricadere lungo il petto, e le poggiò le mani sui fianchi, facendola spostare di qualche centimetro, raddrizzandole la schiena e migliorando come meglio potè la sua postura.
« Sei tesa » mormorò, stringendole appena le spalle, e Scarlett avvertì la sua voce in un punto indistinto molto vicino al suo orecchio destro. « Rilassati ».
Molto facile a dirsi, pensò, ma non era per nulla semplice controllare le ondate di brividi che la scuotevano ogni qualvolta la sfiorava. 
Il suo tocco non le era mai, mai indifferente, ma lui pareva non capirlo. Ad ogni modo, non aveva affatto intenzione di spiegarglielo.
« Appoggia le mani sul manubrio » le disse, e lei avvertì ancora una volta la sua voce infiltrarsi fra i propri capelli. Doveva essere vicinissimo.
Obbedì, serrando le dita intorno al manubrio. Non si era mai sentita più a disagio in vita propria, ma cercò di non darlo a vedere.
Sentì che le spiegava sottovoce come mettere in moto, accelerare e frenare, ma ascoltò le sue parole solo per metà. Ogni singola cellula del suo corpo era in tensione, il cervello non era collegato al resto del corpo, e la mente era fin troppo stipata di pensieri perché potesse realmente ascoltarlo.
« Adesso dovremmo togliere il cavalletto » concluse lui infine, battendo il tallone sul fianco della moto.
« Cosa? » saltò su lei, presa in contropiede. « No, davvero, io non posso tenerla... peserà dieci volte me e... »
« Sta' tranquilla » la rassicurò lui, sorridendo. « La reggo io. Tu devi solo tentare di trovare un equilibrio. E' più facile di quanto credi ».
Quando l'ebbe tolto, Sirius si affrettò a piantare un piede a terra e a far scivolare entrambe le mani su quelle di Scarlett.
« Magnifico » mormorò, stringendo maggiormente la presa delle mani sulle sue. « Ora accelera piano ».
Lei prese un profondo respiro per calmarsi e prese a trafficare con il manubrio, mostrando quanto poco avesse recepito dell'esauriente spiegazione di Sirius.
« Quello è il freno, Banks » le fece notare lui, sorridendo quando la vide andare in confusione, e lei arrossì, ringraziando Merlino che non potesse vederla.
« Oh... già » mormorò, ormai completamente nel pallone. « Sirius, ascolta, io... non credo di essere capace, sai... »
« Ehi » la interruppe lui, facendola zittire all'istante come se l'avesse colpita con un incantesimo. « Non è lo spirito giusto, questo ».
Lasciò la presa sul manubrio, lasciando che si raddrizzasse, e premette le mani sulle sue spalle, facendole scivolare lungo le braccia in un tocco pressante e misurato. E malgrado il tessuto del maglioncino separasse le dita dalla sua pelle, potè comunque avvertire tutto il loro devastante calore.
« Sta' calma » le suggerì sottovoce, poggiando lievemente il mento sulla sua spalla. 
Lei si immobilizzò, ma tentò di comportarsi con disinvoltura, cosa che non le riusciva mai troppo bene. 
« Devi lasciarti andare. Se non ti scaldi, il motore riesce a sentirlo ». 
La osservò sempre più insistentemente, anche se lei non poteva vederlo, e le mani scesero pian piano ad accarezzare le sue.
« Devi... entrare in contatto con lui, capisci? » proseguì, stringendosi di più alla sua schiena, e ogni centimetro del suo corpo aderì a quello di lei. « Servono complicità e fiducia, o resteremo piantati qui a vita. Quindi... te la senti di partire? » le domandò, intrecciando lentamente le dita alle sue. « Se non ti va, possiamo lasciar perdere, non voglio costringerti. Devi solo dirmelo ». 
Scarlett aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse un momento dopo, stordita, ripercorrendo le sue parole.
Di cos'è che stava parlando? Di stupidi motori o di ciò che li legava? 
Pareva che avesse misurato ogni parola con particolare cura, e aveva parlato con passione, come se farle comprendere quel meccanismo fosse una questione di vitale importanza. Come se avesse solo quell'occasione per farle capire tutto fino in fondo, e dovesse fare centro a tutti i costi, perché da quello dipendeva il resto, ciò che sarebbe arrivato, prima o poi.
Fissò le loro mani intrecciate, e parve incantarsi a guardarle, persa in pensieri troppo complessi per poter essere affrontati in quel momento.
« Partiamo » sussurrò, quasi tra sé e sé, tanto che lui non riuscì a sentirla. « Sì, partiamo » ripetè con maggiore vigore.
Lui sorrise, ma lei non ebbe il coraggio di voltarsi, e tornò a stringere con maggior vigore il manubrio.
Accelerò, fortemente titubante, e la moto scattò a due metri di distanza da lì, come volando, tanto che Scarlett dovette frenare di botto, facendola sobbalzare.
« O mio Dio... » sussurrò, stringendo convulsamente il manubrio come se fosse un'ancora di salvezza. « Merlino, stavo per schiantarmi ».
Sirius scoppiò a ridere, per nulla preoccupato, e Scarlett si chiese come avesse fatto a rimanere così calmo. A lei era passata tutta la vita di fronte agli occhi.
« Ti importa molto della mia vita, eh? » scherzò, senza smettere di ridere. « Dai, riproviamoci. Sei concentrata? »
Scarlett gemette impercettibilmente, serrando gli occhi nel tentativo di raccogliere ogni briciolo di forza di volontà presente in quel corpo che non rispondeva più ai comandi, agli impulsi inviati dal cervello, che si era scollegato dal resto del corpo già da un pezzo. Irrimediabilmente.
« Onestamente? » domandò, stringendosi nelle spalle e tentando una risatina conciliante. « No. Per niente ».
Sirius sorrise, e prese a scrutare la sua nuca, i capelli che le ricadevano sulla spalla, le braccia rigide.
« Ergo non ci schioderemo da qui » dedusse, battendosi le mani sui fianchi. « Ma di' un po', Banks... cos'è che ti distrae? »
Lei schioccò la lingua, alzando gli occhi al cielo. 
Maledizione a Black, alla sua moto, e alle sue domande dannatamente scomode.
« Insegnami qualcosa, invece di fare insinuose domande retoriche » sbottò, serrando con più forza le dita intorno al manubrio.
Il sorrisetto sghembo di Sirius si allargò, ma non ritornò sulla questione. Anche se in maniera contorta, Scarlett era stata abbastanza eloquente.
« Tieni quello stramaledetto manubrio come se volessi maciullarlo » esordì, passando le mani lungo gli avambracci per tornare a stabilirle sulle sue. « Allenta un po' la stretta, tieni le braccia morbide e guarda dritto di fronte a te. Devi stringerlo solo quando vai veloce come il vento, e allora devi tenerti ancorata alla moto, altrimenti senti che potrebbe spazzarti via. Hai capito? Devi trovare il giusto feeling, solo allora sarai pronta per partire ».
Scarlett annuì, un po' più sicura di sé. 
Smise di tenersi stretta al manubrio come se la sua vita ne dipendesse, e le nocche bianco latte riacquistarono colore; sciolse un po' le braccia rigide, sentendosi un po' più padrona della moto, e si raddrizzò sulla sella nel tentativo di trovare il giusto equilibrio. Ci riuscì.
« Adesso sei perfetta » disse lui con sicurezza, facendosi più vicino. « Andiamo. Questa volta ti guido io ».
Ruotò lievemente il manubrio, le dita che premevano sulle sue, e la moto prese a muoversi lentamente.
Pian piano, Sirius ritirò la gamba che la teneva ancorata a terra, ma quella non si inclinò, né traballò, e Scarlett riuscì a tenerla ferma e diritta.
« Brava » sussurrò lui, annuendo con vigore. « Ora andiamo un po' più veloci, ti va? »
Fece nuovamente leva sull'acceleratore, anche se le mani di Scarlett si erano mosse prima che fossero le sue ad agire, e il motore ruggì sommessamente, avanzando di colpo sull'asfalto e facendoli sobbalzare appena. Secondo Sirius, viaggiare a passo d'uomo lo faceva soffrire terribilmente.
« Sirius, maledizione, non riesco a controllarla! » fece lei dopo un po', presa dal panico, ma lui strinse le braccia alle sue e si fece vicino il più possibile, al punto tale che parevano un unico corpo, in sella alla moto che continuava ad avanzare sullo sterrato, smuovendo la neve adagiata sul terreno.
« Sta' tranquilla, e non guardare a terra » ribattè lui, e mentre parlava diede in un'altra accelerata che le fece trattenere il fiato per lo spavento.
Ormai il vento sferzava loro i capelli, trafiggendoli da parte a parte, facendoli svolazzare selvaggiamente intorno al viso, avvolgendoli.
Sirius accelerava sempre di più, quasi senza che lei se ne accorgesse, ma Scarlett non protestò e le sue mani rimasero saldamente ancorate al manubrio.
« Adesso ti lascio andare! » disse dopo un po' Sirius ad alta voce per superare il frastuono del vento.
Scarlett rimase così sconvolta da far sbandare la moto verso sinistra. Lui, però, riuscì a rimetterla diritta appena in tempo.
« Che cosa? » urlò lei, scuotendo ripetutamente il capo. « No, no, no! Sirius » disse, serissima, « vuoi per caso morire proprio oggi? »
Ma lui rise e non le prestò attenzione, allentando la stretta fino ad abbandonare del tutto le sue mani.
Scarlett gemette disperata, e tentò di mantenere la concentrazione, ma la moto traballava, ondeggiando da una parte all'altra, e lei non riusciva a trovare il modo di tenerla ben salda sul terreno, e sentiva che sarebbero sdrucciolati sull'asfalto facendola schiantare al suolo.
« Sguardo dritto, mani ferme, e non fermarti, ce la fai » le disse lui all'orecchio, parlando rapidamente e con foga, e lei annuì.
Sentì le sue mani stringersi sul ventre e per un attimo perse del tutto il controllo, ma subito serrò le mani sul manubrio e accelerò di botto, senza neanche pensarci, riuscendo, senza sapere come, a riacquistare il controllo della moto che non aveva fatto altro che vacillare pericolosamente.
« Brava! » urlò lui sopra il rombo del vento, e lei rise di cuore, chinandosi un po di più verso il manubrio, acquistando sempre più velocità.
« E' fantastico! » gridò di rimando, curvando un po' maldestramente ma rimettendosi subito in carreggiata.
Lui si strinse al suo bacino, ridendo con lei. Il motore rombava furiosamente, e il rumore spaccava il silenzio della strada abbandonata.
« Sirius! » disse lei dopo un po', rimbalzando insieme a lui sulla sella quando le ruote incontrarono un ciottolo particolarmente grande. 
« Sì? » fece lui di rimando, e le sue mani scivolarono ad avvolgerle il bacino, tanto che lei percepì i brividi risalire lungo lo sterno, fino alla gola.
« Non so come riuscirò a fermarmi! » urlò, accelerando ancora bruscamente sulla neve. « Credi che sia un problema? »
Sirius scosse il capo, e la sua risata simile a un latrato le penetrò i timpani, al punto tale che la sentì risuonare ovunque.
« No! » rispose, poggiando il mento alla sua schiena. « Quando senti il vento così forte nelle orecchie, non devi mai pensare a quando ti fermerai! Quindi sgombra la mente e accelera quanto vuoi, ci sono qui io! »
Scarlett annuì nuovamente, e non riuscì a non sorridere mentre portava l'acceleratore al massimo e si sentiva aria pura, e nulla di più.
Era tutto rumore, tutto movimento, tutto vento che si infiltrava ovunque, e l'unica realtà che la teneva ancorata a terra erano le mani di Sirius, e il suo corpo, e il suo calore, che erano dappertutto come l'aria che li avvolgeva e li agitava, senza sosta, come l'asfalto dipinto di neve lungo cui volavano, che non aveva mai fine, ed era sempre nuovo, sempre familiare, sempre imprevedibile e bello, anche se non lo baciava il sole.
« Mi sta scoppiando la testa! » esclamò Scarlett dopo un po', ridendo e scuotendo forte il capo per tornare concentrata sulla strada.
« Accosta laggiù » le disse lui, facendo cenno a un faggio spoglio e arido qualche metro più in là.
Lei annuì e prese a rallentare, diretta al punto indicatole da Sirius, fin quando, una volta arrivata all'ombra, frenò bruscamente e fece sobbalzare la moto.
« Grande atterraggio, motociclista dura » si complimentò lui, scalciando per piantare a terra il cavalletto, e lei rise.
« Puoi giurarci » replicò con sicurezza, fingendosi fiera di sé e della spericolata prova di guida appena conclusa. « Tutto merito dell'apprendista ».
Lo sentì ridere e, quasi senza rendersene conto, sfiancata dalla corsa e col fiato corto, si lasciò andare contro il suo petto, così che i loro volti furono uno accanto all'altro, i respiri così vicini da potersi udire, i capelli di lei che tornarono ad appiattirsi sulla sua giacca di pelle nera, i suoi occhi chiusi.
A quel tocco, Sirius parve irrigidirsi, e rivolse il proprio sguardo al suo viso, muovendo impercettibilmente il capo. 
Scarlett sembrava stranamente a proprio agio, l'espressione distesa come se avesse compiuto un gesto abituale, mentre lui era immobilizzato. 
Sentiva i muscoli tesi e contratti sulle spalle, la schiena, le braccia, ovunque, ma si abbandonò al calore del suo corpo e le lasciò scivolare lungo la sua vita sottile, lentamente, come se avesse voluto darle il tempo di bloccarlo. 
Lei, però, non si mosse di un millimetro.
Sentì le sue dita delicate e affusolate premere appena sul bacino, scendere ancor più giù, arrestarsi a contatto coi suoi jeans.
Affondò i pollici nelle sue tasche e strinse maggiormente le braccia intorno al suo corpo, facendolo aderire completamente al proprio.
Le labbra di Scarlett si arricciarono in un impercettibile sorriso, e le ondate di calore che la investirono la fecero sentire così insolitamente a posto che non osò muoversi o scansarlo, anzi, inconsciamente, pensò che avrebbe voluto rimanere così vicina a lui ancora a lungo.
Si era trattenuta così tante volte dal toccarlo, o dal dirgli la verità, che adesso tutto le sembrava inutile e sciocco, come in realtà era sempre, sempre stato.
Quelle due settimane erano state quanto di più utile avrebbe mai potuto ricercare, e la sua assenza aveva pesato così tanto sulla sua pelle da indurla a pensare che le ragioni per le quali Sirius andava allontanato stavano morendo insieme al suo coraggio. E si era odiata tante e tante volte per non averne avuto a sufficienza, per aver scelto la via più semplice, per essere fuggita... Si era odiata così tanto da scagliarsi contro di lui quando stava già subendo abbastanza.
Era sempre così, Scarlett, sempre orgogliosa e rigida fino al midollo, capace di attaccare per difendere se stessa fino al limite del possibile, abile nel montare una maschera di piena sicurezza anche quando questa si sgretolava di fronte ai suoi occhi, senza lasciare la minima traccia.
E non le importava di aggredire gli altri quando doveva difendere se stessa, o almeno fingeva che fosse così. Non le importava di ferire perché qualcuno lo aveva già fatto con lei, e Scarlett aveva subito il bruciore di una scottante perdita proprio sulla sua pelle.
In quel momento, però, così vicina a Sirius, così stretta fra quelle braccia che tanto a lungo aveva tentato di tenere lontane da lei, si sentiva come se ogni sensazione negativa, ogni dolore l'avesse abbandonata per sempre, magari impigliandosi fra i rami di un albero quando il vento l'aveva trapassata da parte a parte, esattamente come una lama tagliente. 
« E' stata la cosa più folle che abbia mai fatto » mormorò dopo un po', risollevando lentamente le palpebre.
Lui poggiò il mento alla sua spalla e la guardò senza che se ne accorgesse, studiando i suoi lineamenti, le imperfezioni sul suo viso che non aveva notato, la forma delle labbra increspate e scarlatte e le lunghe ciglia nere che ornavano i suoi occhi ammalianti.
« Non credo che avrei corso così tanto se avessi avuto accanto qualcun altro » disse ancora lei, seria e pensierosa. « Non credo nemmeno che avrei tentato ».
Volse appena il capo nella sua direzione, e lo trovò a un palmo di distanza da lei, il volto concentrato, lo sguardo fermo.
« Sapevo che alla fine lo avresti fatto » le disse sottovoce. « Il bello del commettere follie è che... sai, alla fine tutto il resto sembra facile ».
Si scrutarono a lungo, ognuno perso nei propri pensieri, finché lei non riabbassò lo sguardo, puntandolo distrattamente sulle proprie ginocchia.
« Il resto sembra facile » ripetè in un sussurro, annuendo impercettibilmente, e Sirius si chiese su cosa la sua mente fosse concentrata in quel momento.
Fece scivolare i pollici fuori dalle sue strette tasche, e adagiò le mani su quelle di lei, lasciando che le dita si intrecciassero.
« Ho qualcosa di ancora più folle, per te » le disse con un breve sorriso, e lei lo fissò, improvvisamente curiosa. « Hai voglia di rischiare ancora un po'? »
Avrebbe potuto dire di no, declinare la proposta con una semplice battuta... ma non lo fece. Quel giorno si sentiva davvero pronta a tutto.
Lo sguardo ardente di Sirius incendiò il suo, facendola sentire carica di un'energia che nemmeno sapeva di possedere.
Alla fine annuì, e sul volto di lui si dipinse un'espressione di orgoglio e indefinibile divertimento che lei trovò particolarmente incoraggiante.
Le loro mani si slacciarono, e lui smontò dalla moto tenendole poggiate alle sue spalle, per poi sorriderle fugacemente.
« Ti tocca ritornare dietro, bella Banks » le disse, facendo un cenno alla parte posteriore della sella.
Lei sospinse il proprio corpo indietro, mettendosi a sedere comodamente sul sedile, e lo guardò risalire a bordo della motocicletta.
« Ti avevo detto che questa meraviglia era un po'... magica, no? » disse a Scarlett, chinandosi per afferrare il manubrio, e le lanciò uno sguardo di sottecchi. « Sta' a vedere ».
Scalciò via il cavalletto e riaccese la moto, che sussultò appena e diede in un assordante ruggito che fece smuovere la neve ai loro piedi. Scarlett circondò la vita di Sirius con le braccia, poi, quando lui accelerò di botto, sussultò e si aggrappò più forte alla sua schiena.
Percorsero alcuni metri prima che lei potesse scoprire a cosa Sirius avesse alluso qualche momento prima. Dopo un po', infatti, la moto ebbe un vibrante fremito e, con un secondo e ancor più rumoroso rombo... si librò in volo.
Subito, Scarlett pensò di essere improvvisamente impazzita. 
Il terreno si faceva sempre più distante e dovette premere le gambe contro i fianchi della moto per non sentirsi cadere nel vuoto, ma non volle credere a quel che stava succedendo. Non era possibile. La moto di Sirius era solo una moto.
« Non che mi dia fastidio, Banks » le disse lui ad alta voce, « ma stringi ancora un po' e mi strapperai la giacca ».
A quelle parole, lei si rese conto di aver tenuto fra le dita i lembi della sua giacca con tutte le proprie forze, tanto che le nocche delle mani erano divenute bianco latte. Presa alla sprovvista, allora, lo lasciò andare così di colpo che ebbe le vertigini e si sentì mancare. 
Sirius, notando che le sue mani avevano smesso di stringerlo, lasciò immediatamente andare il manubrio, tenendolo soltanto con la sinistra, e la afferrò per un polso, costringendola a tornare ad appoggiarsi a lui.
« Okay, niente battute finché non passa lo shock » disse fra sé e sé, serrando nuovamente la mano destra sul manubrio.
Scarlett non replicò, anzi non lo ascoltò nemmeno. 
Era sconvolta, e si rese conto solo in quel momento dell'immensità del cielo che li avvolgeva, mentre Hogsmeade, sotto i loro piedi, diventava sempre più piccola e lontana.
Serrò gli occhi, prendendo ampi respiri per calmarsi e realizzare la situazione, perché volare su una moto non era affatto come volare su una scopa. La sua era rapida, certo, scattante rispetto ai modelli fabbricati in quel periodo, ma la motocicletta di Sirius non era minimamente paragonabile a quella fragile stecca di legno. Lui non pareva avere intenzione di badare al suo momentaneo sconvolgimento, e premeva al massimo sull'acceleratore, sferzando il cielo quanto più velocemente riusciva a fare.
Ma lei non ci mise troppo a riprendersi, e ben presto trovò il coraggio per gettare un'occhiata ai propri piedi.
Il villaggio si stendeva sotto i loro occhi, rimpicciolito come in una raffigurazione di una cartolina, e a Scarlett mancò il fiato dall'emozione.
I tetti innevati delle case parevano tutti uguali, a quella distanza, e le ombre che gettavano sulla strada occupavano la distanza che intercorreva fra due dita.
Lei aprì la mano a ventaglio, oscurando il paesaggio, poi la richiuse, quasi convinta di poter acciuffare l'intera cittadina e intrappolarla nel pugno serrato.
Sirius la sentì ridere, e avvertì una sensazione di incontrastabile libertà esplodergli nel petto, tanto che sorrise anche lui.
« Slalom fra le nuvole, ti va? » le suggerì, superando il rumore del vento, e lei poggiò il mento alla sua spalla per fissarlo, nuovamente sconvolta.
« Nuvole? » domandò, scuotendo il capo con aria disorientata, e lui fece un cenno sopra le loro teste.
Sollevando lo sguardo, lei trattenne bruscamente il fiato, stringendo inconsciamente le dita intorno alla vita di Sirius.
Un branco di nuvole si parava proprio dinnanzi a loro, e vederle così da vicino fu quanto di più strano e surreale Scarlett avesse mai provato.
Ma improvvisamente, senza che se ne rendesse conto, Sirius schivò la prima, dando uno strattone alla moto che deviò verso sinistra.
La successiva era di dimensioni enormi, e lui dovette far ruotare la motocicletta di novanta gradi per percorrerla in tutta la sua lunghezza e superarla.
« E' da matti! » gli urlò Scarlett all'orecchio, ridendo e inclinandosi per assecondare i movimenti del suo conducente.
Lui rise di cuore a sua volta, accelerando nuovamente per percorrere l'ampio tratto di cielo spoglio di nubi di fronte a loro.
« Nessuna novità! » le fece di rimando, ed evitò per un pelo un'altra piccola nuvola solitaria. « Tu stai bene? »
La sentì ridere, e subito capì di non aver bisogno di una risposta.
« Mai stata meglio! » disse, e la sua voce suonò straordinariamente gioiosa. « Stare quassù ti fa sentire... padrona del mondo! »
Sirius annuì con un sorriso, comprendendo perfettamente la sensazione che stava provando. La stessa, d'altra parte, che aveva provato lui per la sua prima volta sulla moto, quando era riuscito a dire addio a tutto per un paio d'ore, dimenticando ciò che lo avrebbe atteso al suo ritorno da quegli attimi di libertà, dimenticando il buio che sarebbe calato su di lui non appena avesse piantato di nuovo i piedi a terra, varcando la soglia che ospitava tutti i suoi incubi.
E lo stesso accadeva a lei.
Ridendo spensierata insieme a lui a chissà quanti metri da terra, aveva voltato definitivamente le spalle alle sciocche insicurezze che troppo a lungo l'avevano assillata, mortificando la sua vitalità, il suo essere, la sua passione per l'imprevedibile e l'ignoto, che non aveva mai più smesso di metterle paura.
Aveva commesso assurde follie fidandosi ciecamente di Sirius, e sentiva che ciò aveva un significato, un senso che finalmente riusciva a spiegarsi.
E in quel momento realizzò l'unica verità che troppo a lungo aveva cercato di ignorare.
Voleva fidarsi di lui. E finalmente si sentiva pronta a farlo, senza aver paura di rimpiangere le proprie scelte.
Sorrise inconsciamente, stringendosi a lui quanto più possibile, inalando il suo profumo muschiato, e lo vide lanciarle un sorriso di rimando, guardarla di traverso, lasciare che appoggiasse il capo al suo, delicatamente.
« Sei pronta, Banks? » le chiese, dando un colpo all'acceleratore per sentir tuonare il motore, e lei aggrottò le sopracciglia.
« Per cosa? » domandò in tono curioso, scrutando il suo volto alla ricerca di una risposta prima ancora che fosse lui a dargliela.
Sirius sorrise, quel sorriso appena pronunciato che gli curvava le labbra ogniqualvolta si accingeva a fare qualcosa di folle.
« Per questo » rispose in tutta calma, e spinse la motocicletta verso il basso, facendola scendere in picchiata alla massima velocità.
Scarlett urlò, e sentì il proprio petto aderire alla schiena di Sirius, premervi contro con forza, mentre il vento li colpiva schiaffeggiandoli violentemente e il paesaggio si faceva ogni istante più dettagliato e reale, più vicino ad ogni tappa di cielo che percorrevano volando.
Il cuore di Scarlett batteva all'impazzata, mentre Sirius pareva esattamente nel proprio elemento, e lei lo sentì ridere forte, incontrollabilmente.
Ancora qualche metro più avanti e molti colpi di vento dopo, l'atterraggio non fu dei più morbidi, ma la moto continuò a scivolare sullo sterrato finché non si arrestò con un rumoroso sferragliare, e i fanali si spensero di colpo, così come il motore, che potè finalmente riposare.
Scarlett ingerì un'ampia boccata d'ossigeno e, senza una parola e con la mente serrata nella morsa del vento che ancora la avvolgeva, smontò giù dalla moto e si passò le dita fra i capelli, scostandoli via dal viso per trovare un po' di respiro.
Non appena piantò i piedi a terra, però, tutto le parve divenire sfocato, e si sentì improvvisamente mancare. 
Traballò sul posto, portandosi una mano alla tempia, ma Sirius le fu subito dietro e le avvolse la vita con le braccia, tenendola ben stretta a sé.
« Ehi » mormorò preoccupato, scrutandola con attenzione. « Va tutto bene? »
Lei annuì più volte, sorridendo appena, e gli lanciò un rapido sguardo di traverso che lui riuscì a intercettare.
« Benissimo » rispose, la voce ferma e limpida, poi tacque per un momento e, mentre lui la lasciava andare, la sua espressione si fece diversa. 
Sembrava che stesse pensando a un qualcosa di cui Sirius non poteva avere il minimo sentore, e lui la osservò intensamente, tentando di capire.
« Bello avere le vertigini, vero? » disse lei dopo un po', rivolgendogli un altro fugace sguardo della durata di un istante.
A quelle parole il volto di lui si distese, e si limitò a scrutarla con il proprio sguardo perforante, in silenzio.
« E' vitale » sussurrò alla fine in un caldo soffio, e, mentre si abbandonava sul fianco della moto, Scarlett annuì impercettibilmente.
Riflettendo sulle sue parole, socchiuse le labbra più volte, facendo per parlare, e puntualmente le richiuse, tornando nuovamente a pensare.
« Tutte le volte che le provi pensi... a cos'altro potrebbe farti sentire così » proseguì alla fine. 
E mentre parlava le sue mani si protesero ad accogliere una di quelle di lui, stringendola appena. 
« Io non le provavo da una vita ».
Sirius sorrise, osservando le sue dita muoversi con lentezza fra le proprie, avvertendone il lieve tremore.
« Forse non le hai mai cercate » le disse poi, tornando a guardarla. 
Lei parve meravigliata dalle sue parole, come se avesse compreso in un istante una verità a lei ignota fino a quell'esatto momento. 
« Sai » fece ancora lui, scuotendo appena il capo, « ero certo che un giro in moto ti sarebbe piaciuto. Ho capito che è il tuo... genere di cose, se così si può dire. Anche se molti, guardandoti, non direbbero lo stesso » aggiunse, inclinando il capo per studiarla meglio.
Lei lo guardò, sorpresa dalle sue criptiche parole, e si concentrò sul suo volto per coglierne l'espressione.
« Che intendi dire? » replicò, un pizzico di curiosità nella voce.
Sirius sospirò sommessamente, cercando di scegliere con cura ogni parola da pronunciare.
« Intendo dire che alla prima occhiata sembri il contrario di quello che sei » rispose infine, senza smettere un istante di fissarla, e le scostò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. « Sembri pignola, presuntuosa, altera... una perfetta aristocratica » spiegò, un'aria come sempre indecifrabile. « Ma non è così ».
Tacque per un momento, e Scarlett lo studiò con estremo interesse, pendendo dalle sue labbra come se dopo qualche istante avesse potuto rivelarle l'ennesima verità su di lei che non conosceva ancora. Proprio come, prima di allora, aveva già fatto tante e tante volte.
« Tu sei la ragazza che andava contro il vento fino a qualche minuto fa » proseguì lui, serio. « Quella sei tu, sei tu allo stato puro ».
Fece una pausa. Poi, senza che lei se lo aspettasse, le strinse appena le mani intorno ai polsi e la attirò a sé.
« Tu non hai paura, Scarlett » disse, e quelle parole la colpirono come un pugno allo stomaco che lei incassò senza fiatare. 
E non le sfuggì affatto che avesse pronunciato il suo nome. Quel nome che così a lungo aveva evitato, forse per paura, forse per abitudine, e a cui in quel momento, per chissà quale ragione, aveva finalmente dato voce. Scarlett. 
Il suo primo pensiero fu di volerlo risentire ancora.
« Hai solo paura di smettere di averne » mormorò ancora lui, allentando la stretta sui polsi fino a lasciarla andare.
E il pensiero a cui aveva dato forma e suono era l'ennesima realtà che era riuscito a captare, e di cui forse lei non si rendeva ancora conto.
L'unica sua paura non era ciò che provava per Sirius, né la sua imprevedibilità. 
Quel che realmente la spaventava, paralizzandola più di tutto il resto, era l'idea di non temere più il proprio avvenire, perché se avesse smesso di farlo, si sarebbe lasciata andare senza preoccuparsi di ciò che l'avrebbe attesa alla fine della caduta, sia in positivo che, soprattutto, in negativo.
E credeva fermamente che la voglia di non farsi più male fosse più forte di qualsiasi altra cosa, ma non capiva che sarebbe stata capace di sopportare mille ferite ancora se solo questo le avesse concesso un briciolo di quella serenità tanto agognata da un anno a quella parte.
Non voleva accettare di non avere più paura, di essere pronta a tutto, di sentirsi di nuovo invulnerabile. 
Ma con Sirius, in realtà, si sentiva esattamente così.
« Riponi troppa fiducia in me » ribattè, sorridendo amaramente, lo sguardo ostinatamente puntato verso il basso.
« Forse » mormorò lui in risposta, premendole due dita sul mento per costringerla a guardarlo negli occhi. « Almeno io mi sto buttando ».
La fissò con aria eloquente, e lei sostenne con forza il suo sguardo.
Malgrado i loro occhi fossero strettamente agganciati, però, a lui quel contatto non parve bastare, e compì un passo verso di lei, facendosi vicinissimo.
Scarlett potè avvertire il suo respiro infrangersi sulle guance fredde, e senza che riuscisse a controllare il proprio istinto, indugiò con lo sguardo sulle sue labbra ancora socchiuse.
Scrutandole, si chiese per la prima volta come sarebbe stato baciarle. 
E non un bacio stupido, di ripicca, insignificante come quello che si erano scambiati parecchi mesi prima... no. 
Un bacio d'impeto, sentito, un bacio come quelli che si danno quando non si può più aspettare, di quelli che ti mozzano il fiato ma che, non appena li senti, ti fanno dimenticare persino come respirare.
Desiderava uno di quei baci, Scarlett, perché non sentiva un po' d'amore sulle proprie labbra da tanto tempo, e di tenerlo nascosto dentro al petto come un macigno che non vuole andare via proprio non ne poteva più.
Così, fissando senza riuscire a farne a meno le labbra di Sirius, le uniche da cui avrebbe mai potuto trarre una simile sensazione, fu certa di averne bisogno, e capì che quella volta non si sarebbe pentita di nessun gesto avventato, perché tutti quelli che aveva compiuto quel giorno erano la miglior dimostrazione di ciò che lui aveva sempre tentato di farle comprendere: buttarsi, malgrado non fosse mai facile, era sempre e comunque un rischio da correre.
« E' una bella sensazione, sai? » sussurrò ancora lui, sfiorandole il fianco sinistro con la punta delle dita.
Scarlett annuì quasi meccanicamente, osservando gli occhi di Sirius che tremolavano, posandosi sui suoi per poi precipitare inesorabilmente giù, come se ad attirarlo in quella direzione fosse una forza ingovernabile che non riusciva proprio a contrastare.
« Credo di saperlo » mormorò lei stentatamente, lasciando che la accarezzasse. « Ma ricordarlo non mi basta più ».
Gli prese il volto fra le mani, e le loro labbra si scontrarono con forza, senza che l'uno o l'altra si rendessero realmente conto di ciò che era accaduto.
Fu quanto di più esplosivo e inaspettato avessero mai provato in vita loro, e mentre la bocca di lui assaggiava la sua, sentirono la gola bruciare e la pelle fremere per quel contatto tanto desiderato, come se nei loro corpi albergasse una fiamma che aveva atteso a lungo di venire accesa.
La mano che aveva vezzeggiato il fianco di Scarlett le avvolse il bacino, tanto che il petto di Sirius aderì a quello di lei, mentre l'altra aveva preso ad accarezzarle il volto per poi perdersi fra i suoi capelli, vagando fra di essi senza una meta.
E si baciarono, continuarono a baciarsi come se, non appena le loro labbra si fossero separate, non avessero potuto farlo mai più.
Assaporarono l'uno la bocca dell'altra, con trasporto, con curiosità, e attraverso le palpebre chiuse riuscirono a captare ogni sensazione che, stretti a quel modo in un abbraccio mozzafiato, parve loro amplificata, più intensa di qualsiasi altra emozione avessero mai testato sulla loro stessa pelle.
Le labbra di Sirius erano rigide e infreddolite, ma con lo scorrere dei secondi si fecero bollenti e scarlatte come il sangue che pulsava loro nelle vene, così come quelle di Scarlett, che da gelide e screpolate si fecero via via più morbide, più sciolte... più ansiose di avere addosso le sue.
Nell'istante in cui si separarono non ebbero la forza di riaprire gli occhi, e le loro labbra rimasero immobili a un paio di millimetri le une dalle altre, ansiose di ingerire ossigeno ma troppo attratte dal sapore delle vicine per interporre una distanza anche solo appena più estesa.
Prima di lasciar ricadere la mano lungo il suo collo, Sirius tracciò con il pollice una linea immaginaria lungo la guancia di lei, accarezzandola, mentre Scarlett restò paralizzata sul posto, in balia di lui e dei suoi movimenti, riaprendo gli occhi con una lentezza esasperante, quasi timorosa di guardarlo.
« Bello avere le vertigini » soffiò lui in un sussurro a malapena udibile.
Lei lo scrutò con un'intensità perforante, e sfiorò le sue labbra con le proprie, distanziandosi per poi tornare a baciarle.
Le sue mani tremavano, ma lui le strinse fra le proprie, premendole ai lati del proprio viso. Le lasciò solo quando avvertì la sua stretta farsi più vigorosa, e a quel punto le dita si infiltrarono appena sotto il tessuto del suo maglioncino, a sfiorare un breve tratto della morbida pelle della sua schiena, tanto che, a quel tocco, lei si strinse più forte a lui, sorridendo impercettibilmente sulle sue labbra.
E all'improvviso, per entrambi, le corse spericolate sulla moto non furono altro che il flebile ricordo di brividi insignificanti.









Note della Malandrinautrice: Salve! Finalmente sono giunte le tanto agognate vacanze di Pasqua... ed eccoci qui di nuovo.
So che è passato praticamente un mese, ma questo capitolo vale davvero per due. Per lunghezza e... anche per importanza, credo.
Comunque, veniamo a noi.
Ebbene sì, è accaduto. Io, boh, sono qui insieme a mia sorella, stremata dopo questo parto emotivo (?).
Non ve lo aspettavate, no? Sì, abbiamo un po' bluffato con la storia del 'i baci non arriveranno mai'. Quindi, eccoci qui.
Spero davvero che sia stato soddisfacente, ma ho tanta, davvero tanta paura. Avvenimenti come questi mi mettono sempre in ansia.
Anyway, cosa c'è da dire? Quella di Lily e James è stata un po' un'anti-uscita, nel senso che... beh, è stata esattamente il contrario di come dovrebbe essere un'uscita di San Valentino fra due ragazzi - ormai possiamo dirlo - palesemente innamorati.
Credo che sarebbe stato troppo banale descriverla in maniera dolce, o romantica *vomita*. Si sono divertiti, punto. E, a quanto pare, non è ancora il loro momento.
John e Miley sono sempre gli stessi, ma hanno affrontato l'argomento per eccellenza, anche se per vie un po'... insolite.
Remus sta iniziando ad attraversare un periodo di crisi, e ne vedremo prestissimo i risvolti.
Infine, quei due scansafatiche dei Blanks. Oh, suvvia, che ci voleva? Sembrava impossibile, ma ce l'abbiamo fatta.
Ad ogni modo, da quei due aspettatevi sempre di tutto. Vedrete, vedrete come proseguirà la vicenda...
Boh, non mi viene nulla da dire. O almeno, nulla di intelligente. Che novità.
Quindi, passo alle immagini, che stavolta sono tante. Ve le metto in fila.
- Immagine intera di inizio capitolo, della mitica viria13: 
http://oi49.tinypic.com/mkj6x.jpg.
- Immagine del bacio Blanks, trovata su tumblr: http://oi49.tinypic.com/2qc3vco.jpg.

- Immagine di Jack Nicholson, alias Alphard Black: http://oi50.tinypic.com/122zyvd.jpg.
- Immagine di Ben Barnes, alias Sirius Black, sulla moto. *sbavo*: http://oi49.tinypic.com/sxbrer.jpg.
- Immagine dei Blanks creata da noi, sempre su quel fottuto genere: http://oi47.tinypic.com/2927hap.jpg.
- Immagine su Lily e James creata da una meravigliosa pagina di grafica su facebook, Hayley's (http://www.facebook.com/pages/Hayleys-/208100929231904?group_id=0)http://oi47.tinypic.com/2u5ygqe.jpg.

Ah, sono finite. 
Devo anche postarvi un fantastico, spassosissimo spin-off scritto da Mitsuki91 (
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=158486) sull'impiccato zozzo dei nostri amati Malandrini, LOL: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1680034&i=1.

Infine, vorremmo ringraziare tutti voi per l'incredibile record appena raggiunto.
QUARANTOTTO recensioni. Una roba impressionante. Una sorpresa continua che, credeteci, ci ha del tutto spiazzate.
Ad ogni risultato raggiunto e superato, non abbiamo mai smesso di sorprenderci. Il vostro immenso affetto ci ha avvolto in un abbraccio che ci stringe tutti quanti, un affetto nato da quella che - come dico sempre - era solo una semplice storia, ma adesso, grazie a voi, è diventata il nostro orgoglio più grande. Insomma, tutta 'sta roba per dirvi GRAZIE, dal profondo del nostro cuore.
Grazie di tutto, e grazie anche, come sempre, ai 239 delle preferite, ai 58 delle ricordate e ai 260 delle seguite. Siete pazzeschi.
Grazie infinite.
E un grazie speciale come sempre a Rossella, che oggi compie 21 anni. Sei sempre la migliore.
Un bacio, gente, e auguri di buona Pasqua a voi e alle vostre famiglie! Ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 32
*** Questioni irrisolte ***





Capitolo 32

Questioni irrisolte





 
 
Era notte fonda, e sul parco che circondava Hogwarts regnava un silenzio quasi innaturale.
La tempesta infuriata selvaggiamente nel corso della giornata si era finalmente placata, e al vento penetrante si era sostituito un gelo pungente che fremeva nell'aria perfettamente immobile, depositandosi sulla pelle, invisibile e silenzioso, ma capace di farla tremare appena.
Il Lago Nero era calmo come non lo si vedeva molto spesso durante l'inverno, e la neve depositata a terra o impigliata fra i rami degli alberi splendeva di un candore ipnotico al bagliore della luna, smossa solo dalle suole di un paio di anfibi che si muovevano con lentezza sull'erba.
Sirius camminava da più di un'ora, le mani affondate nelle tasche con i pollici che sbucavano fuori, lo sguardo cupo fisso davanti a sé, incapace di vedere ciò che in realtà guardava, del tutto insensibile al freddo che lo circondava, malgrado gli effetti del suo misterioso incantesimo fossero ormai svaniti da tempo. 
Era solo, minuscolo nell'immensità del prato che si stendeva ai suoi piedi, così come di fianco all'imponente castello buio che lo dominava. E rifletteva.
Rimuginava, lambiccandosi il cervello non per trovare una soluzione ad un problema, né per comprendere un qualche strano enigma, ma per il puro piacere di tenere la mente occupata, altrimenti sentiva che qualcosa sarebbe sfuggito al suo potere, e voleva a tutti i costi tenere il proprio cervello sotto controllo.
Quel che era successo solo alcune ore prima lo aveva scombussolato, rivoltato completamente, e non aveva idea di come avrebbe dovuto sentirsi.
La sensazione di fondo, quella che provava da quando le labbra di Scarlett avevano incontrato le sue, somigliava a una stordita, incredula felicità.
In effetti, non era un'emozione che lo pervadeva spesso. Anzi, ricordava solo rarissime occasioni nelle quali si era sentito rapito da quella stessa sensazione.
In quel momento, però, si sentiva avvinghiato così stretto alla morsa di quel sentimento quasi corrosivo da riuscire a toccarlo, a realizzarlo, finalmente. E non aveva mai provato nulla di più strano in vita propria, tanto che si ritrovò a desiderare di avvertire quel sollievo se non per sempre, almeno ancora a lungo.
Se si estraniava totalmente dal mondo circostante, abbandonandosi al buio di quella notte quasi priva di stelle, riusciva ancora ad avvertire la lieve pressione delle mani di Scarlett sul proprio viso, il respiro affannoso che si fondeva al suo, i suoi baci vogliosi... e il desiderio di rivederla si faceva sempre più ardente.
Malgrado lo volesse più di qualsiasi altra cosa in quel momento, però, non aveva idea di come avrebbe dovuto comportarsi quando l'avrebbe nuovamente incontrata. Sperò che la stessa felicità che si era impadronita di lui avesse avvolto anche lei, così, almeno, le cose sarebbero state senz'altro più semplici.
Perché sì, la gioia era spaventosa, naturalmente, quasi incontenibile, ma allo stesso tempo non poteva negare di essersi sentito annientato dall'inaspettata piega che avevano preso gli eventi, e una fastidiosa voce dentro di lui continuava a sussurrargli che, al suo risveglio, Scarlett si sarebbe ancora una volta tirata indietro, mandando tutto all'aria, di nuovo.
Pensieri come quello lo avevano accompagnato per tutta la notte durante le sue interminabili passeggiate intorno ai confini del castello, ma da qualche minuto la testa aveva cominciato a pulsargli fastidiosamente e decise che forse era ora di piantarla con quel vizio di arrovellarsi sempre il cervello.
Si passò le dita fra i capelli gelidi e ondulati, sospirando così pesantemente che uno sbuffo di fumo fuoriuscì dalle sue labbra e si dissolse nell'aria, poi si diresse al castello, percorrendo ad ampie falcate il vialetto che conduceva al portone d'ingresso.
Risalì i sette piani di scale controllando di tanto in tanto la Mappa del Malandrino, ma Gazza stava perlustrando i sotterranei, mentre gli insegnanti erano tutti a letto, tranne Silente, che faceva su e giù nel proprio ufficio, instancabilmente. Quando fu certo di essere al sicuro, salì le ultime rampe di scale a passo rilassato e gettò un'occhiata al Dormitorio femminile, osservando il cartellino di Scarlett nel punto esatto in cui avrebbe dovuto esserci il suo letto.
Le sue labbra si incurvarono in un sorriso, poi richiuse la Mappa e la intascò, svegliando la Signora Grassa che, come sempre, ronfava sonoramente.
« Andiamo, sto parlando con lei! » sbottò quando la vide continuare a russare dopo il quarto rumoroso richiamo.
Imprecò contro il genio che l'aveva posta a guardia della Sala Comune, quando tutti i ragazzi di tutte le generazioni passate per quel castello avevano sempre richiesto a gran voce il ritratto dell'affascinante fanciulla indiana appeso accanto alla Biblioteca, e tentò ancora una volta, decisamente scocciato.
« Senta » disse infine, mollando un calcio alla cornice dorata, « ho un coltello. Non mi costringa a usarlo contro di lei ».
Sogghignò quando la donna aprì di scatto gli occhi. Come ben sapeva, la tecnica del coltello funzionava praticamente sempre.
E, tra l'altro, non era affatto una menzogna. Possedeva un piccolo coltellino capace di aprire ogni serratura e disfare ogni nodo, e aveva minacciato la Signora Grassa con quello almeno una dozzina di volte, riuscendo sempre a spaventarla al punto da costringerla a dargli retta. Non che volesse utilizzarlo davvero.
« Comincio a non berla più, ragazzo » gli fece la Signora Grassa. « E potrei denunciarti al Preside, oh, se potre-... SANTO CIELO, BLACK! »
Si portò la mano grassoccia al cuore, premendola a ventaglio sul petto prosperoso.
Sirius, infatti, aveva afferrato il coltellino frugando in una tasca interna del giubbotto di pelle nera, facendolo dondolare lentamente di fronte ai suoi occhi.
« Mi faccia entrare, su » tagliò corto dopo un attimo, intascandolo nuovamente con nonchalance. « Non ho intenzione di restare qui tutta la notte ».
Lei, anche se di palese malavoglia, si fece da parte brontolando: « E invece ti starebbe proprio bene », e lo lasciò entrare.
Mentre attraversava il breve passaggio, cominciò a sentire delle voci provenienti dalla Sala Comune, e non appena saltò giù dal buco dietro il ritratto capì che appartenevano a Lily e James, raggomitolati l'uno sul divano, l'altra sulla poltrona di fronte al camino, in preda a irreprensibili e fresche risate.
« Guardate che vi si sente dalla Guferia » disse loro ad alta voce, e quelli sobbalzarono e si voltarono di scatto, sorpresi.
« AMICO! » esclamò James, saltando giù dal divano con agilità e raggiungendolo in fretta per piantargli una mano sulla spalla. « Dove sei stato? »
« In giro » rispose lui, vago, ma dal suo sguardo James capì che c'era qualcosa sotto, ma che ne avrebbero parlato più tardi, da soli.
« Potremmo metterti in punizione, Black » intervenne Lily, in ginocchio sulla poltrona così da affacciarsi con le braccia poggiate allo schienale.
Sorrideva, e Sirius trovò estremamente strano che quel gesto amichevole fosse rivolto proprio a lui. Ad ogni modo, però, non esitò a ricambiare.
« Non fare la furba con me, Evans » replicò prontamente, le labbra appena arricciate da un lato. « E fila a letto, dovresti dare il buon esempio ».
La ragazza rise e sbuffò, alzandosi e facendo un giro intorno alla poltrona per poi appoggiarvisi di schiena, le braccia incrociate al petto.
« Sono qui solo perché il tuo amico mi ha pregato in ginocchio di restare ancora un po' » disse, lanciando uno sguardo divertito a James.
A quelle parole, lui scoppiò a ridere e scosse il capo in segno di diniego, incredulo per l'assurdità che aveva appena udito.
« Sei una bugiarda cronica, Evans » le fece, puntandole contro gli occhiali per poi ripulirli sul bordo della manica, e la sentì ridere malgrado non riuscisse a vederla. « E non fingere che la cosa ti dispiaccia ».
Lei lo fissò, fintamente offesa dalla sua insinuazione, mentre Sirius faceva scorrere lo sguardo dall'uno all'altra, le sopracciglia inarcate.
« Okay, vi lascio flirtare in pace » intervenne alla fine, alzando le mani all'altezza del capo. « Evitate atti osceni in Sala Comune, però. All'alba mi viene spesso voglia di sgranchirmi le gambe, non vorrei sorprendervi in posizioni compromettenti. Au revoir » salutò infine, e si diresse verso la scaletta a chiocciola che portava ai Dormitori maschili, divertito.
Quando il rumore dei suoi passi si fu spento e un tonfo annunciò che la porta del Dormitorio si era chiusa, James e Lily si guardarono.
« Ha un senso dell'umorismo molto discutibile » disse Lily, simulando un tono schizzinoso e pungente, e si rimise a sedere, composta. « Comunque, vieni a sederti, ho ancora un mucchio di cose da insegnarti e non ho intenzione di farti andare a letto senza aver prima curato la tua abissale ignoranza ».
James scoppiò a ridere, eseguì una sorta di gesto militare e si accomodò nuovamente sul divano, scompigliandosi distrattamente i capelli.
Al ritorno da Hogsmeade, quel giorno, avevano continuato a passeggiare per i corridoi del castello, al riparo dalla neve che oscurava le finestre. 
James aveva accompagnato Lily in Biblioteca per farle compagnia mentre ritirava un libro, e si erano divertiti vagando fra gli scaffali, anche se dopo un quarto d'ora Madama Pince li aveva cacciati via, urlando che il suono delle loro risate echeggiava di lì sino a Durmstrang. Quando si erano ripresi dallo scroscio di risa irrefrenabili, lui le aveva proposto un giro di perlustrazione di tutti i passaggi segreti del castello che lei disconosceva, e fra una tappa e l'altra si era dilettato nel narrare le imprese compiute nel corso degli anni dai fantomatici Malandrini che lei non era riuscita a sventare. Nonostante qualche finto rimprovero di circostanza, Lily si era ritrovata a dover ammettere di essere rimasta notevolmente colpita dalle loro malefatte, alcune delle quali davvero molto divertenti, ed era stata persino capace di riconoscere apertamente a James quanto fossero abili, geniali e mai banali durante le loro scorribande.
Dopo essersi separati, si erano però rincontrati quella stessa sera per la ronda notturna, malgrado quel giorno non fosse prevista per loro.
A causa dell'ennesimo strafalcione di James su un termine babbano a lui ignoto, avevano passato l'ultima mezz'ora svolgendo delle divertenti ripetizioni di Babbanologia, di cui James aveva spesse volte dimostrato di necessitare.
Il primo argomento che Lily aveva voluto affrontare insieme a lui era stato quello dei mezzi di trasporto babbani.
« Allora, ripassiamo » esordì, battendosi i palmi delle mani sulle ginocchia. « Chi è che guida l'aereo? »
James aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordare, poi saltò su con un gran sorriso e annuì ripetutamente, esaltato dall'illuminazione divina ricevuta.
« Il pistola » disse con disarmante sicurezza, e Lily si sforzò di rimanere seria. « No, no, no, non il pistola! Stavo scherzando! E' la pistola, quella che usa James Pond! », e a quelle parole, lei scoppiò inevitabilmente a ridere, contagiandolo. « Oh, giusto. Era Bond. Fa lo stesso. E' il pilota, Evans. Il pilota ».
La fissò, in attesa di un giudizio, e la ragazza annuì con aria composta, senza elogiarlo troppo.
« Bravo » si limitò a dire, inclinando il capo. « E chi sta sull'aereo per assistere i passeggeri e dare loro le principali indicazioni? »
« Le hostess » rispose James senza esitazioni. « Quelle che portano il tailleur ».
Le sopracciglia di Lily si inarcarono notevolmente, tanto che James, che riconosceva i sintomi della sua pericolosità, si allarmò.
« E come mai questo te lo ricordi? » chiese, indispettita, picchiettandosi le dita sul mento e accavallando le gambe in uno scatto rabbioso.
Lui, inconsciamente attirato dal gesto, ci mise un paio di secondi a riprendersi, poi sbattè le palpebre e si morse una guancia.
« Uh, ehm... il nome suona bene » disse, sollevando le spalle con aria innocente. « Hostess. Senti come sibila? E'... davvero figo. Sì ».
Si massaggiò la nuca con la mano, imbarazzato, mentre lei lo scrutava come se avesse voluto disintegrarlo con la sola forza dello sguardo.
« Okay, amo le donne in tailleur » ammise alla fine, allargando le braccia. « Mi fanno impazzire, che posso farci? »
Lily, di fronte alla sua straripante sincerità, rise sommessamente, scuotendo il capo sconsolata, anche se, quasi involontariamente, si ritrovò ad appuntarsi mentalmente quella particolare informazione.
« E come si chiama quell'enorme aggeggio che vola con le pale che ruotano? » domandò dopo essersi riscossa, ammorbidendosi un po'.
Il quesito mise James decisamente in crisi, tanto che riflettè per quasi un minuto, in perfetto silenzio, senza riuscire a ricordare il nome esatto.
« Il... il... il almeno è giusto? » le chiese, e lei scosse il capo con una risata. « Dannazione, credevo fosse il fenicottero. Quello è un pesce, vero? »
La risata di Lily fu talmente incontrollabile che si chinò in avanti e premette la fronte sul ginocchio, incapace di proferir parola.
« Gli insegnanti babbani si rotolano dalle risate quando gli alunni sbagliano? » fece James quando, dopo quasi un minuto, non si era ancora ripresa, ma rideva anche lui. « Non è professionale, signorina Evans. Ma aspetta, ci riprovo. Uhm... Balenottero. No, ah... Plenicottero. Finisce con -ottero, vero? »
Lily, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, annuì, poi si decise a rispondere al posto suo, comprendendo quanto disperato fosse il caso.
« E' elicottero, James. Non era difficile » rispose con semplicità, abbandonandosi contro lo schienale della poltrona.
« Oh, andiamo, l'elicottero! » esclamò James, picchiando il pugno sul bracciolo del divano. « Perché gli elichi sono le pale che lo fanno volare, giusto? »
Lily non riuscì a trattenere un'altra fragorosa risata, cosa che fece chiaramente capire a James che un'altra sciocchezza era fuoriuscita dalla sua bocca.
La vide alzarsi, sistemarsi la gonna sulle gambe e avvicinarsi per scompigliargli affettuosamente i capelli.
« Il tuo cervello sta andando in fumo » gli disse sottovoce, sorridendo. « Direi che per questa sera può bastare. Salviamo i neuroni che restano ».
James sollevò lo sguardo, inarcando appena il collo, e rispose al sorriso con calore, per poi abbandonare il divano anche lui.
Si diressero verso la scaletta a chiocciola che portava ai Dormitori, e la risalirono insieme, bloccandosi quando furono giunti a destinazione.
« Sono un caso da studiare » fece James, ridendo sottovoce. « Sarai esausta, mi hai sopportato per quasi... » Diede un'occhiata al proprio orologio e sgranò gli occhi, sconvolto. « Benedetto Godric, sono quasi le tre! » esclamò, meravigliato, e lei ebbe più o meno la medesima reazione.
« Già » disse infine, annuendo impercettibilmente. « Ma io non ho affatto sonno. Ultimamente dormo pochissimo ».
Si imbronciò, mordicchiandosi il labbro inferiore, e James la osservò con il capo lievemente inclinato.
« Troppi pensieri? » ipotizzò, facendosi un po' più vicino, e lei lo scrutò di sottecchi, ben attenta a ogni suo movimento.
Scrollò le spalle. 
In realtà, non lo capiva bene neanche lei. Sapeva solo che sempre più spesso si ritrovava a riflettere proprio su di lui. Su James.
Durante le lezioni, quando le spiegazioni degli insegnanti divenivano alle sue orecchie solo un cupo ronzio, in quei brevi passaggi fra la veglia e il sonno, che però parevano spesso interminabili, o ancora durante i pasti, quando lei e le amiche erano troppo stanche per chiacchierare e allora, quasi inconsapevolmente, si incantava a guardarlo e a riflettere, incapace di allontanare quei pensieri che, col tempo, stavano diventando un chiodo fisso.
Ormai, con il passare dei giorni, erano divenuti per lei quasi una compagnia perenne, che non la abbandonava mai, ma che non era affatto fastidiosa, anzi, diveniva sempre più piacevole.
« Non ne servono troppi quando uno solo riesce già a toglierti il sonno » rispose infine, continuando ad osservarlo di sbieco.
James fece per parlare, ma si bloccò prima che potesse uscire dalle sue labbra anche un solo suono, tanto che le richiuse, senza una parola.
« Succede lo stesso anche a me » mormorò dopo un po', riflettendo sulle sue parole, poi tacque.
Si guardarono per un po' senza dire nulla, come se il silenzio seguito alle loro parole bastasse a entrambi come risposta alle domande non ancora espresse.
La mano di James si appoggiò al basso muretto che dava sulla Sala Comune, e fu lui a spezzare il silenzio per primo.
« Sai, Lily... » esordì, senza sapere bene cosa dire. « Oggi è stato... Trascorrere un'intera giornata con te... è stato... »
Scosse il capo, le labbra socchiuse, cercando e ricercando una parola abbastanza adatta senza riuscire a trovarla, mentre Lily lo fissava, curiosa.
« Fantastico? » propose, un sorriso appena accennato sul volto. « E' stato... fantastico » confermò poi, piuttosto timidamente, e riabbassò lo sguardo.
James parve stordito dalle sue parole, ma si riprese subito e le premette due dita alla base del mento, inducendola a puntare nuovamente gli occhi su di lui.
« Fantastico » ripetè in un sussurro, e accennò un sorriso quasi senza rendersene conto.
A quella distanza, riusciva a intercettare ogni luce negli occhi verdi di Lily, ogni minuscola pagliuzza dorata che si accostava alla pupilla nerissima.
Senza badare ai pensieri che gli arrovellavano il cervello, accostò le labbra alla sua fronte, lasciandovi un bacio lieve e silenzioso. 
A quel leggero contatto, il cuore di Lily fece un balzo in avanti, mentre le sue palpebre si chiudevano, come a volerle fare assaporare meglio quel momento. Era immobilizzata, ma i brividi che le si dibattevano dentro la rendevano elettrizzata come poche altre volte si era sentita in vita sua.
La mano di James si aprì sulla guancia bollente di Lily, vi indugiò a lungo, finché non si allontanò appena per tornare ad osservarla, timoroso.
Gettò un'occhiata alle sue labbra, quasi inconsciamente, ed emise un profondo sospiro. Averle così vicine alle proprie gli consumava la pelle.
Anche gli occhi di lei, però, indugiarono per una frazione di secondo sulle sue, e James riuscì a catturare quell'impercettibile movimento.
« Buonanotte, Lily » mormorò lui alla fine, lasciandole una carezza, e la sua voce suonò stranamente incrinata, forse per il subbuglio che infuriava in lui.
Si allontanò, e lei tentò un sorriso incerto, facendo un passo indietro.
« 'Notte, James » rispose, e subito gli voltò le spalle e salì i gradini per raggiungere il proprio Dormitorio, richiudendosi la porta alle spalle.
Rimasto solo, James si passò le dita tra i capelli, decisamente scombussolato, e rientrò in camera senza capire realmente dove metteva i piedi.
Nel Dormitorio regnava l'oscurità, ma lui, ancora provato da quanto era successo, avanzò con scarsa cautela e scivolò su quelle che avevano tutta l'aria di essere un paio delle preziose mutande di Sirius, probabilmente fra quelle che aveva utilizzato per legarlo al letto come un salame quella stessa mattina.
Compì un volo decisamente memorabile, atterrando sul duro pavimento gelido con una forza tale che imprecò senza trattenersi e svegliò tutti di colpo.
Sirius, che non si era ancora addormentato, accese la punta della bacchetta e scoppiò a ridere sguaiatamente, rotolandosi fra le lenzuola; Remus scattò a sedere, scostando via le tende di velluto rosso che circondavano il suo letto, poi, dopo aver riconosciuto la fonte di tutto quel rumore, alzò gli occhi al cielo e ricadde fra i cuscini, decisamente frustrato; Peter, invece, scagliò via le coperte con aria spaventata, ma alla vista di James non potè che ridere anche lui, divertito e sollevato, mentre Frank, in un caso più unico che raro, non ruzzolò giù dal materasso ma si limitò a sollevare le palpebre chiuse, maledire il povero sventurato, richiudere le tende e serrare nuovamente gli occhi, deciso a rimettersi a dormire.
« Ti farò ingoiare tutte quelle maledette mutande fino a fartele vomitare, Felpato » inveì James in direzione di Sirius, scocciato.
Si rialzò, dolorante, e si accasciò sul letto con qualche lamento sommesso, massaggiandosi il fondoschiena.
« Ma sta' zitto » replicò quello, riprendendosi a fatica. « Piuttosto, dov'è che avevi la testa? Hai pomiciato con Evans come se non ci fosse un domani? »
James brontolò qualcosa di indistinto, ancora troppo preso dalle fitte di dolore che gli pervadevano la schiena, poi ebbe l'illuminazione.
« A proposito di pomiciate epocali » disse, stringendo al petto il proprio cuscino con un ghigno che andava da un orecchio all'altro. « Di' a Giselda Stubbins che cominci a ritoccarsi il make-up, perché lo scapolo d'oro di Hogwarts domani sarà tutto per lei ».
A quelle parole, persino Remus si drizzò nuovamente a sedere, d'un tratto perfettamente sveglio, mentre Sirius sgranò gli occhi, incredulo.
Il sorriso di James rispose a tutte le loro domande, e non fece che sconvolgerli ancora di più, tanto che si scambiarono uno sguardo attonito.
James, infatti, non aveva ancora avuto modo di raccontare loro del miracolo da poco compiuto. Aveva cenato in Sala Grande in meno di cinque minuti, poi era filato in Dormitorio alla velocità della luce per prepararsi alla ronda.
Ma finalmente era giunta l'ora di renderli partecipi dell'avvenimento destinato a cambiare le sorti della storia.
« Evans mi ha chiesto di andare ad Hogsmeade insieme » annunciò con immenso orgoglio, annuendo come per confermare le proprie parole.
Remus parve il più sbigottito. 
In fondo, era rimasto con lui fin quando erano giunti al villaggio per la loro operazione super segreta.
« E quando te l'avrebbe chiesto, scusa? » domandò, decisamente poco convinto.
« A Hogsmeade! » esclamò James con semplicità. « Dopo... sai... insomma, dopo che ci siamo incrociati... hai presente? »
« Ho presente » sbuffò Remus, fissandolo minaccioso, e James si tappò la bocca e chinò il capo, un po' mortificato.
« E allora? » sbottò Sirius dopo parecchi secondi di assoluto silenzio. « Il tuo epico racconto è già finito? Sai, è un po' sconcertante venire a sapere che Evans ti ha invitato ad Hogsmeade... è da una vita che ci imbottisci le palle di dettagli rivoltanti sul tuo sconfinato amore per lei e adesso non ci dici un ca-...? »
« Sirius » lo riprese sottovoce Remus, atono e privo di forze, ma quello non gli prestò la minima attenzione.
Quella di tutti, piuttosto, era catalizzata su James, che risollevò prontamente lo sguardo e sorrise raggiante agli amici.
« Era solo una pausa per incalzare la suspense » spiegò, scrollando le spalle. « Vi racconto tutto per filo e per segno, naturalmente! »
E a quelle parole, nel tentativo di fingere un pianto feroce e disperato, Sirius tirò a sé le tende che circondavano il suo letto con una tale forza che si strapparono e ricaddero a terra, inermi, sotto gli sguardi attoniti degli amici che si domandarono cosa diamine avesse in quelle mani.
Ma l'avvenimento, com'era d'altronde immaginabile, non ostacolò il cavalcante entusiasmo di James, che si lanciò come promesso nella narrazione delle sue gesta senza risparmiare agli amici i dettagli più sottili e insignificanti che la sua mente, nonostante la sbadataggine, riusciva a ricordare alla perfezione.
Remus, però, notò qualcosa di diverso nel suo modo di raccontare. 
Il sorriso raggiante era sempre lo stesso, forse solo un po' più ampio del normale, ma qualcosa nelle sue parole suggeriva quanto realmente si sentisse realizzato per l'accaduto, al punto che non stava neanche romanzando le proprie avventure, ma semplicemente descrivendo con emozione la giornata che aveva trascorso insieme a Lily, con un pizzico di incredulità che non riusciva a mascherare. Era felice, pienamente felice.
Al termine del prolisso ma avvincente racconto, comunque, Peter si era riaddormentato, sprofondando fra le lenzuola senza che James se ne fosse accorto, Sirius era sul punto di vomitare sul pavimento, mentre Remus, stranamente, aveva un sorrisetto soddisfatto stampato in faccia che non accennava a scivolare via.
« Avete capito? » concluse James, sprizzando felicità da tutti i pori. « Ah, Evans... » sospirò poi, tuffandosi di schiena sul materasso.
Sirius lo fissò con l'espressione più schifata che riuscì a partorire, ma non pronunciò verbo e volse lo sguardo a Remus, disgustato quanto lui.
« Sei un caso patologico, Ramoso » fece il primo, scuotendo il capo. « Da trattamento intensivo di riabilitazione cerebrale. Ti manderemo dalla madre di Scarlett ».
Al suono di quelle parole, però, il volto di James non fece che illuminarsi ancor di più.
« Ah, Charlotte... » disse, sospirando con aria innamorata ancora una volta. « Ma, aspetta. Da quando Charlotte è diventata la madre di Scarlett? Eh? Ha anche un'altra figlia, lo sai, sì? Come lo spieghi, allora? » aggiunse in tono inquisitorio, rizzandosi a sedere per fissarlo meglio.
Il ragazzo sostenne lo sguardo con assoluta serenità, un po' annoiato, tanto che l'entusiasmo di James per aver interpretato un perfetto inquisitore venne presto smorzato, e l'espressione truce divenne pian piano piatta e persino lievemente delusa.
« Parlando di roba seria » riprese Sirius alla fine, passandosi le dita fra i capelli. « Devo baciare la Stubbins? No, dico... sul serio? »
« Sul serissimo » confermò l'altro con la massima serietà, e Remus gemette in segno di partecipazione emotiva nei confronti dell'amico.
« Mi hai tolto il gemito di bocca » gli disse Sirius, alzandosi dal letto e battendogli una pacca sulla spalla, poi si avvicinò alla finestra.
« Vuoi buttarti di sotto, eh? » fece l'amico, ridendo sommessamente, e lui rispose con un sorriso divertito.
« Sto solo prendendo una boccata d'aria fresca » replicò, lanciandogli uno sguardo di traverso. « Ma se vuoi darmi una spintarella... »
Gli altri risero, e anche Sirius non potè che lasciarsi travolgere dal loro divertimento, tanto che richiuse la finestra e sedette sul proprio letto con un sorriso, le gambe bellamente sollevate e poggiate all'asta del letto al baldacchino, rilassato.
« Ma aspetta un secondo » intervenne dopo un po', tornando serio. « Frena quelle dannate corna, Ramoso. Nel tuo trattato in lode di Lily Evans hai detto esplicitamente che lei ti ha chiesto di rimanere ad Hogsmeade con lei. E la scommessa diceva chiaramente che avrei baciato quella gnocca fenomenale della Stubbins se Evans ti avesse chiesto di andarci! AH! » esultò, agitando il pugno in aria. « Perdi anche quando vinci, Ramoso. Come diavolo fai? »
Remus scosse il capo, amareggiato, osservando James mentre si faceva sempre più confuso e deluso per la lampante verità da Sirius espressa.
« Già » convenne il primo, riflettendo. « Come diavolo fai? »
Il ragazzo, però, reagì con forza e non si lasciò abbattere dalle provocazioni della coalizione appena creatasi fra i due Malandrini.
« Questo non c'entra un tubo » disse con assoluta convinzione, categorico. « La realtà è una sola: io sono uscito con Evans. E tu devi pastrugnarti la Stubbins in Sala Grande scatenando il panico in quanti ancora credono che tu sia sano di mente. Cerca di venire a patti con questo, razza di inutile canide ».
Sirius stava per spalancare la bocca e ribattere, ma Remus gli fece segno di tacere e lo anticipò, pensieroso e assolutamente serio.
« Fermi tutti » esordì, sollevando le mani per invocare il silenzio, e gli amici lo fissarono, incuriositi. « Esiste solo una persona che può risolvere questa faccenda. Il detentore della verità ». Si schiarì la voce, il pugno chiuso che premeva appena sulle labbra. « PETER! » urlò poi a pieni polmoni.
Il ragazzo, raggomitolato fra le lenzuola, sobbalzò e aprì gli occhi di scatto, guardandosi intorno terrorizzato alla ricerca di un possibile pericolo.
Quando notò che gli amici ridevano, però, si lasciò ricadere sul materasso con un sospiro di sollievo e inveì contro di loro sottovoce.
« Abbiamo bisogno del nostro grande saggio » gli disse Remus, sorridendo divertito. « Te la senti di affrontare il caso o sei in ferie per il finesettimana? »
Peter rise e scosse il capo, passandosi una mano sul viso per riscuotersi dal pisolino appena schiacciato.
« Sì, okay, ci sono » rispose infine con altrettanta serietà, mettendosi diritto e afferrando da sotto il letto una confezione di Topoghiacci ancora sigillata.
James e Sirius si lanciarono uno sguardo di sfida, poi rivolsero la loro attenzione a Peter, che stava ascoltando con interesse il breve riepilogo di Remus.
Al termine dell'efficace sintesi, Peter annuì con determinazione e battè le mani, intrecciandole con solennità.
« Ho un verdetto » annunciò, e il silenzio fu istantaneo.
James, però, cominciò a lanciare segni a Sirius, come se intendesse dirgli di prepararsi alla bruciante sconfitta, e in risposta, lui sollevò il dito medio.
« Sirius » disse poi Peter, zittendo Remus che lo stava già rimproverando, e il ragazzo inarcò un sopracciglio, in attesa. « La devi baciare ».
Le urla esultanti di James riempirono la stanza, senza però riuscire a svegliare Frank, mentre il cuscino scagliato con violenza da Sirius colpì Peter in pieno, abbattendolo come un birillo travolto da una palla da bowling.
« Ma baciala tu! » sbottò, Appellando il cuscino di Remus e scagliandogli addosso anche quello.
Il ragazzo, colpito allo stomaco, si avvolse le braccia intorno alla vita e si lagnò sommessamente, senza che nessuno lo aiutasse.
« Non posso... » disse con voce strozzata, cercando di rimettersi diritto a fatica. « Sono impegnato, adesso ».
A quelle parole, le mascelle di tutti crollarono sul pavimento, e lo shock fu tale che per un pezzo nessuno fiatò, e tutti si limitarono a fissare Peter sbigottiti.
Doveva dar loro una spiegazione. E doveva farlo subito.
« L'appuntamento con Camilla... » si giustificò il ragazzo, dondolandosi sul materasso con aria fortemente imbarazzata. « E' andato bene ».
James, all'istante, gli assestò uno scalpellotto sulla nuca, ridendo forte, e gli altri lo seguirono a ruota, crollandogli addosso per festeggiare l'avvenimento.
« Il topastro ha morso, gente! » esultò James, riemergendo dalla calca di corpi con i capelli più scompigliati che mai. « E chi se lo aspettava? »
« Ehi! » protestò Peter, sinceramente offeso, e l'amico afferrò uno dei cuscini caduti a terra e gli diede un colpo in segno d'affetto.
Una volta che si furono nuovamente ritirati ognuno sul proprio letto, le guance di Peter erano decisamente più rosse del normale.
« E tu, Lunastorta? » chiese poi James, stiracchiandosi. « Hai qualcosa da raccontarci? Fonti attendibili ci informano che suddetto lupo non è mai stato visto più allegro in vita sua. Confermi le voci, uomo peloso? » lo esortò, intrecciando le dita sotto il mento.
Remus alzò gli occhi al cielo ma non diede in escandescenze, anzi parve persino rabbuiarsi, cosa che indusse James a scambiare un fugace sguardo con Sirius.
Si erano aspettati imbarazzo, magari qualche parola farfugliata o un paio di insulti... ma non quello. Non il suo volto improvvisamente così cupo.
« Sì, mi sono divertito » rispose semplicemente, massaggiandosi la nuca. « E tu, Felpato? »
Il tono con cui aveva posto la domanda aveva un non so che di definitivo, come se li stesse invitando a non approfondire ulteriormente l'argomento.
Gli amici conoscevano perfettamente quella particolare sfumatura del suo muto linguaggio, per cui decisero silenziosamente di soprassedere, appuntandosi mentalmente di andare a sviscerare la questione in un momento successivo, quando Remus lo avrebbe ritenuto opportuno, ma ritrovandosi a chiedersi inevitabilmente cosa mai potesse essere andato storto durante la sua uscita con Miley quello stesso giorno.
Sirius, così, si riprese dal momento di silenzio e pensò rapidamente a come architettare la propria risposta.
« Niente di speciale » rispose infine, sollevando le spalle. « Margareth non era poi tanto malaccio... ma una volta mi è bastata, credo ».
James, a quelle parole, sgranò appena gli occhi.
Era semplicemente sconcertato, e fissò Remus con evidente perplessità, cercando di trarre dalla sua espressione una spiegazione plausibile.
Possibile che la pozione non avesse funzionato? Eppure, avevano visto con i loro stessi occhi Margareth e Dylan uscire fuori dal locale insieme... ma se l'effetto fosse durato una manciata di minuti e poi entrambi fossero ritornati nelle loro piene facoltà mentali? 
No, non era possibile. Quell'Amortentia era un distillato perfetto.
Sirius, nel frattempo, potè godersi appieno le espressioni sbigottite stampate sui volti degli amici, mantenendo comunque un'aria seria e composta, poi si alzò, si chinò accanto al proprio baule e cominciò a rovistarvi dentro, lasciando che un ghigno si facesse prepotentemente largo sul suo volto.
« James, amico » fece, continuando a frugare. « Sai mica dove diavolo abbiamo cacciato la nostra Amortentia? »
Per la seconda volta nel giro di pochi secondi, James si ritrovò a sbarrare nuovamente gli occhi senza neanche tentare di celare la sorpresa, ma Sirius non lo notò poiché gli dava ancora le spalle.
« Pensavo di organizzare uno scherzo grandioso nel post San Valentino » proseguì, perfettamente credibile. « Ad Alan, magari... che ne dici? »
Voltò il capo, in attesa, e tutto ciò che vide fu l'espressione sconvolta di James farsi immediatamente seria.
« Io... » esordì, titubante, e si schiarì la voce. « Io non... non sono d'accordo » asserì infine.
Sirius inarcò un sopracciglio, scettico, e il suo sguardo penetrante fece deglutire l'amico, che si chiese dove volesse andare a parare con quella messinscena.
« Non sei d'accordo » ripetè Sirius, atono, e l'altro annuì ripetutamente e con maggior convinzione.
« Non sono d'accordo » disse, determinato. « E la ragione del mio disappunto è lampante e semplicissima » ci tenne ad aggiungere, sollevando un indice. « La partita, amico. C'è la maledettissima partita di Quidditch fra una settimana, non puoi destabilizzarmi così un campione. Quindi no, non sono d'accordo. Affatto ».
Sirius annuì lentamente, assimilando l'informazione con invidiabile serenità.
« Ah, beh... okay, allora » rispose, premendo le mani sulle ginocchia per rialzarsi con un abile slancio, e James tirò un sospiro di sollievo. « Ma in tal caso potrei sempre agire da solo, no? Dopotutto la pozione l'abbiamo preparata insieme, quindi è mia quanto tua. Perciò sì, organizzerò il mio scherzone ».
Si sfregò le mani con un sorriso, e per la seconda volta osservò il panico farsi largo sul volto di James.
« Dai, dimmi dov'è » lo esortò, passandosi le dita fra i lunghi capelli scuri.
A quelle parole, Remus intervenne prima che James potesse anche solo aprire bocca - ammesso che l'avrebbe fatto - e appoggiò inaspettatamente Sirius.
« Dai, digli dov'è » disse infatti, facendo un cenno col mento in direzione dell'amico, e James si voltò a fissarlo con aria sinceramente ferita.
Si sentiva tradito e pugnalato alle spalle, ma Remus non l'avrebbe passata tanto liscia. Era colpevole del misfatto tanto quanto lui.
« Non fare l'idiota, Lunastorta, eri complice anche tu! » esclamò, accusandolo platealmente, e Sirius si finse curioso e ingenuamente perplesso.
« Complice di cosa, amico mio? » gli fece, affabile. « Di aver costretto Madama Rosmerta a correggere i drink per Margareth e Brown in modo che io e la 
Banks rimanessimo insieme e sbocciasse finalmente l'amore? »
James, dopo la sua brillante intuizione, lo fissò senza batter ciglio e si premette meglio gli occhiali sul naso, riflettendo sulla risposta da dare.
« Dipende » disse infine, massaggiandosi la nuca con un filo d'imbarazzo. « Ho fatto bene? »
Sirius, dopo un breve attimo di suspence, ricambiò lo sguardo, poi si lasciò andare a una risata e l'altro parve pian piano tranquillizzarsi. 
Il pericolo era stato scampato.
« Sei stato un genio » gli disse, lasciandosi cadere sul materasso che cigolò appena. « Finalmente ne hai combinata una giusta, Ramoso ».
Attese una sua reazione, un sorriso accennato che gli incurvava le labbra, ma James volle prima assicurarsi di aver capito bene l'allusione.
« Quanto giusta, per l'esattezza? » domandò, inclinando appena il capo, e Sirius schioccò la lingua, ampliando il proprio sorriso.
« Un capolavoro, amico » replicò con naturalezza, e l'esplosione di urla e applausi gli fece capire di aver fatto finalmente centro.
Dopo Peter, anche lui fu quindi vittima di un brutale triplice attacco, ma si difese con maestria e riuscì a venirne fuori senza particolari lesioni.
« Ed era necessaria tutta quella messinscena per farcelo sapere? » sbottò James, ridendo per l'incontenibile felicità.
Lui scrollò le spalle e assunse un'espressione neutra, scostandosi lontano dal viso un ciuffo di capelli che lo infastidiva da un po'.
« Ringraziarti mi sembrava troppo banale » spiegò, puntellandosi sui gomiti appoggiati al materasso. « E poi, andiamo, che ti aspettavi? Un monologo di mezz'ora sulla mia uscita con la Banks o...? »
« La chiami ancora così? » lo interruppe Remus, incredulo, e lui agitò una mano a mezz'aria con noncuranza.
« E' l'abitudine, Lunastorta » gli fece di rimando, e lo vide scuotere il capo con aria francamente costernata.
Il silenzio che seguì avrebbe dovuto spingerlo a parlare, magari raccontare qualche dettaglio su quanto era accaduto, come si fosse svolta la vicenda... ma Remus, come gli altri, sapeva già che non avrebbe fatto nessuna di quelle cose, e gli amici di certo non gliene avrebbero fatta una colpa.
Anche sotto quel punto di vista, infatti, Sirius era diametralmente opposto a James, e lo sapevano benissimo entrambi.
Lui tendeva a non esternare mai le proprie ombre, e anche in quei momenti in cui era la luce più pura a splendere in lui, la teneva segregata dentro di sé; al contrario di James, che invece avvertiva perennemente la necessità di tirare fuori ogni briciola di sentimento, senza censure o giri di parole.
D'altra parte, però, in un'occasione come quella, dire qualcosa sarebbe sembrato persino superfluo, oltre che assolutamente inutile.
L'espressione sul volto di Sirius non necessitava di interpretazioni, anzi palesava apertamente quello che covava dentro ormai da parecchie ore.
« Quindi non ci dici niente, razza di pulcioso ingrato? » riprese James, sorridendo ancora. « Ah, ma così mi metti nei guai, amico. Io sono il sottotenente di Richard e tu il pericolo numero uno per l'incolumità di sua figlia. Il mio compito è riferirgli tutti i tuoi movimenti, nessuno escluso ».
Lui scoppiò a ridere, la sua risata simile a un latrato che contagiò presto anche gli altri.
« Riferiscigli del nostro bacio mozzafiato, allora » fece, divertito e rilassato. « O di quanto è dannatamente sexy sua figlia alla guida di una motocicletta... »
Al suono di quell'ultima parola, James si immobilizzò, sconvolto.
« MA AMICO! » esclamò infatti, decisamente scandalizzato. « Non dirmi che gliel'hai fatta guidare davvero! Io te lo chiedo da un secolo! »
Sirius sbuffò, scuotendo il capo.
« Non ti permetterei di farci un solo metro neanche sotto Imperius, amico » ribattè con un tono che non ammetteva repliche, e quello s'incupì, rassegnato.
« E comunque vacci piano con Scarlett, okay? » aggiunse con risentimento. « E' dura anche per me, non solo per Richard... sai quanto sono protettivo verso di lei e Miley. Quindi tieni le mani al loro posto e la lingua a freno, d'accordo? »
A quelle esilaranti parole, Sirius storse la bocca in una smorfia e rise di cuore.
« Le mani al loro posto e la lingua... ah, ma certo! » fece fra le risate. « Il loro posto so esattamente qual è, mentre sulla lingua avrei qualcosa da ridi-... EHI! »
Il cuscino scagliato da James con la stessa forza con cui lanciava le Pluffe lo aveva colpito sullo stomaco, abbattendolo e mozzandogli il respiro.
« Richard ti troverà e ti taglierà la gola » disse quello con assoluta serietà. « Anzi, la taglierà persino a me, Felpato ».
Lui rise di nuovo, sempre più divertito dalle sue parole.
« Correremo il rischio » rispose poi, tranquillo. « Almeno finché non minaccerà di tagliarci qualcos'altro ».
Risero insieme, contagiati dall'atmosfera carica di allegria, e James fu il primo a tornare nuovamente serio.
« Quindi... » riprese, grattandosi il mento con il dorso dell'indice. « Avete smesso con i vostri tira e molla? E'... tutto finito? »
Sirius sorrise, distendendo il capo sul letto con le mani intrecciate sulla nuca.
« Quasi » rispose con semplicità dopo un momento di silenzio, e James lo scrutò con aria interrogativa, inclinando il capo. 
Si osservarono per qualche istante, finché Sirius non scrollò le spalle.
« Non credo che rinunceremo mai ai nostri tira e molla, io e lei ».
 
 
 
 
*  *  *
 
 
 
 
Quando Scarlett Banks riaprì gli occhi, quella domenica mattina, si ritrovò come d'abitudine nel proprio letto, circondata dalle tende di velluto scarlatto che respingevano via la luce del sole ormai alto nel cielo insolitamente limpido. 
L'unica differenza rispetto a tutti gli altri risvegli era che non ricordava affatto di come fosse arrivata sin lì.
Si stropicciò con forza le palpebre serrate, sconvolgendo la propria vista al punto tale che, ogniqualvolta le riabbassava, intravedeva luci immaginarie che le galleggiavano intorno come presenze astratte e silenziose, poi si mise a sedere contro lo schienale del letto e posò l'avambraccio destro sulla fronte.
Si sentiva svuotata, fuori posto, confusa e scombussolata... ma ancora, non riusciva a capire il perché.
Scostando via le tende, vide che i letti delle amiche erano vuoti, tutti in disordine, tranne quello di Emmeline, perfettamente sistemato, e quello di Mary, che però presentava un anomalo rigonfiamento. Probabilmente, la ragazza stava ancora dormendo, raggomitolata sotto il piumone, ancora un po' malaticcia.
Fu proprio quando la vide che Scarlett cominciò a ricordare quel che sembrava aver abbandonato la sua mente nel corso di quei pochi minuti.
E la prima immagine che si focalizzò nella sua mente fu una sola, chiara e vivida come se stesse fissando una fotografia: Sirius. 
I pensieri e i ricordi si accavallarono disordinatamente, la riportarono indietro nel tempo, facendole rivivere daccapo ogni momento vissuto il giorno prima, e provare nuovamente quelle sensazioni fu quasi come avvertirle per la prima volta.
Abbandonò di scatto il letto, spingendo via le lenzuola con un calcio, e si catapultò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Regnava il silenzio intorno a lei, e questo la rese stranamente calma, tanto che riuscì persino a districare i fitti pensieri che le si aggrovigliavano nella mente.
Sospirò, poi si legò i capelli in un'alta coda di cavallo e li raggomitolò alla meno peggio in uno chignon improvvisato, gettando solo una rapida occhiata allo specchio appeso alla parete. Dopodiché, si liberò con un violento brivido dei vestiti e filò in fretta e furia dentro la doccia, immergendosi in un getto d'acqua bollente.
Era estremamente piacevole bearsi di quel calore avvolgente e poter chiudere gli occhi senza pensare a nulla, ma malgrado la cascata d'acqua che si era riversata sulle sue spalle per poi scivolare giù avesse spazzato via tutti i suoi assillanti pensieri, ben presto questi ritornarono nuovamente all'attacco.
Si sciacquò il viso, strofinandolo con vigore, e smise di far fuoriuscire l'acqua per abbandonarsi sulla parete della doccia umida di vapore.
La collana che portava sempre al collo, con incastonate le sue iniziali, gocciolava lentamente, e attirò la sua attenzione, tanto che la afferrò per la catena, rigirandosela fra le dita bagnate con particolare cautela.
E proprio mentre la osservava, la realtà le precipitò addosso all'improvviso, sgombrandole la mente: aveva baciato Sirius.
Un bacio travolgente, il loro, vertiginoso, un bacio che aveva fatto precipitare i loro cuori giù fino allo stomaco per poi farli risalire alla gola... un bacio che non avrebbe mai potuto dimenticare, neanche se avesse tentato tutti i giorni da allora in poi, esaurendo tutte le proprie forze.
La sera prima lo aveva rivissuto forse più di mille volte, ma ancora non riusciva a capacitarsi di quanto era accaduto.
Aveva trascorso la notte a rimuginarci sopra, tormentando i propri nervi fino all'esasperazione, nascosta e accoccolata sul proprio letto con le tende meticolosamente chiuse, così da far capire alle amiche che non avrebbe desiderato essere disturbata per nessuna ragione. Ed era riuscita a sorriderne, alla fine. Perché malgrado la stravolgente impulsività del gesto, quel bacio era tutto ciò che aveva desiderato, e non esistevano più ragioni per negarlo.
Era giunta a quella conclusione proprio il giorno prima, cosa che, insieme al lento abbandono che l'aveva vista cadere fra le braccia di Sirius, l'aveva spinta ad agire, senza più rimandare di momento in momento, senza quella vigliaccheria che tanto e tanto a lungo aveva mortificato i suoi desideri, senza quella paura che non aveva fatto altro che volersi scrollare di dosso, così che smettesse finalmente di assillarla.
Timori come questi l'avevano accompagnata per fin troppo tempo, abbandonandola solo in qualche raro momento di scarsa lucidità, tanto che ciò che forse l'aveva stupita più di tutto, inducendola inconsciamente a non realizzare l'accaduto, era proprio la rapidità con cui, da un momento all'altro, aveva dichiarato a se stessa di voler voltare pagina, e la semplicità con cui era riuscita a farlo veramente.
Ma mentre tornava a far scorrere l'acqua lungo la sua pelle, pensò che fosse giunto il momento di mettere da parte riflessioni e ricordi e tornare alla realtà.
E ciò che aveva priorità su tutto, al momento, era mettere in chiaro la situazione con Dylan, che non meritava affatto di essere trattato come lei aveva fatto.
Presa questa decisione, finì in fretta di fare la doccia e si avvolse un ampio asciugamano intorno al corpo, rabbrividendo da capo a piedi.
Vestirsi fu un'impresa altrettanto ardua, perché il freddo le attanagliava le ossa, ma quando fu al caldo nel suo maglioncino a collo alto si sentì decisamente meglio, e abbandonò il Dormitorio gettando un'ultima occhiata a Mary e richiudendosi la porta alle spalle con cautela.
Lungo le scale non circolavano molti ragazzi, se non qualche sparuto studente che camminava senza una meta, o almeno così pareva. 
Scarlett ricordò che quella domenica mattina i Tassorosso avevano un allenamento intensivo di Quidditch, perciò pensò che, malgrado fosse quasi ora di pranzo, non avessero ancora finito, o che almeno si stessero ancora cambiando per dirigersi in Sala Grande. Così si affrettò verso il campo.
Fuori dalle mura del castello l'aria era frizzante e gelida, ma non circolava neanche un soffio di vento. Camminò il più rapidamente possibile, con le braccia strette intorno alla vita, e strinse forte tra le dita i lembi del maglioncino così da proteggere le mani esposte al freddo di quella stagione.
Quando giunse al campo, proprio come aveva previsto, la squadra era ancora in volo. 
Si defilò, accomodandosi sugli spalti, e il primo a notarla fu il Cercatore della squadra, un ragazzo non troppo sveglio che era riuscito ad essere ammesso tra le loro fila solo grazie al totale disastro che i suoi concorrenti avevano combinato durante la loro performance per i provini di quella stagione. 
« C'E' UN'INFILTRATA! » urlò, additandola con un gesto teatrale, e tutti si voltarono verso quella direzione, spaventati.
Scarlett alzò gli occhi al cielo, scocciata, e inarcò un sopracciglio con un'aria scettica e infastidita sul volto.
« Se fossi veloce a trovare il Boccino come lo sei stato a beccare me, Trevis, forse avrei qualcosa da temere » gli fece di rimando. « Pensa a volare, su ».
La risata degli altri componenti della squadra accolse le sue parole, e lei sollevò un pollice in segno di ringraziamento.
Evidentemente, il ragazzo era una mela marcia non solo all'interno della squadra, ma per l'intera Casata di Tassorosso alla quale apparteneva.
Parve offeso dalle parole di Scarlett, e le voltò le spalle in un gesto così fulmineo che quasi ruzzolò giù dalla scopa. A quel punto, Miley gli si avvicinò.
« Va' a cambiarti, Trevis, facci il favore » gli fece, sinceramente scocciata. « E se ce la fai, cerca di infortunarti mentre torni agli spogliatoi, okay? Grazie ».
Gli battè qualche colpetto sulla spalla, poi sfrecciò verso le tribune e rimase sospesa a mezz'aria, distendendo i nervi della schiena.
« Come va, sorella? » chiese a Scarlett, sorridendo allegramente. « Mando la squadra a cambiarsi, sono da te fra un attimo ».
« In realtà » la anticipò lei prima che potesse voltarsi, « beh... sono venuta a parlare con Dylan. Ma ho bisogno di scambiare due chiacchiere anche con te ».
Miley gli rivolse un secondo sorriso, se possibile ancor più ampio del precedente, e annuì.
« Nessun problema. Vuol dire che rimarrò ad insaponarmi un po' di più » rispose in tono affabile, e Scarlett sorrise divertita di rimando.
Guardò la sorella sfrecciare nuovamente al centro del campo, la mano destra che stringeva il manico di scopa, e attese.
« D'accordo, potete andare » disse Miley alla squadra. « Sto morendo di fame... Avete tutti volato alla grande, complimenti, gente. E... Dylan, smettila di picchiare John con quella mazza, mi serve » aggiunse, strappandogliela via dalle mani, e il ragazzo si lagnò qualche momento prima di zittirsi.
Dopodiché, la squadra scese compatta a terra, entrando negli spogliatoi, e Scarlett si prese tutto il tempo per venire giù dalle tribune.
Quando giunse all'ingresso degli spogliatoi, attese solo qualche minuto prima che Dylan uscisse, in compagnia di John Tyler e di Steve Parkinson, il Portiere della squadra.
« Ehi » la salutò, rivolgendole un sorriso gentile, e si sporse per darle un bacio sulla guancia. « Ecco l'infiltrata ».
Scarlett rise, salutò John con un gesto della mano e rispose al sorriso di Steve, poi li guardò allontanarsi e si rivolse nuovamente a Dylan.
« Di' un po', quel Trevis è davvero geniale come sembra? » gli fece, divertita, e il ragazzo rise di rimando, scuotendo rassegnato il capo.
« Ah, lo è molto di più » rispose, ironico. « In campo, poi, dà davvero il meglio di sé. Se penso che dobbiamo tenerlo con noi fino a Giugno... » Sospirò, decisamente frustrato. « Diciamo che lo teniamo in squadra solo perché in sei non potremmo giocare ».
Lei assunse un'aria sinceramente dispiaciuta, incrociò le braccia al petto e si abbandonò contro la parete esterna degli spogliatoi, lo sguardo fisso a terra.
« Tu come stai, invece? » gli domandò, accennando un sorriso. « Ieri è stata una giornataccia, immagino... E'... beh... passato tutto? »
Dylan rise sottovoce e annuì, massaggiandosi il collo con aria un po' imbarazzata.
« Sì, adesso sono nelle mie piene facoltà mentali e... sentimentali, direi » aggiunse, sollevando le spalle. « So che il tizio con cui Margareth doveva uscire mi sta cercando, ma per il resto è tutto okay. John insisteva nel volermi organizzare una scorta, ma ho declinato l'offerta. E che Merlino me la mandi buona ».
Scarlett rise di rimando, poi, mentre il silenzio calava fra loro, si fece improvvisamente seria e fece per parlare, ma lui la interruppe involontariamente.
« Mi dispiace di aver rovinato tutto » disse, e Scarlett serrò le labbra con un groppo in gola. « Immagino che ci saremmo divertiti, insieme ».
Lei deglutì, e il senso di colpa per ciò che aveva fatto le attanagliò le viscere. Le parole che si stava apprestando a pronunciare le erano morte in gola.
Abbozzò un sorriso, tentando suo malgrado di ritrovare il coraggio e la forza per parlargli con franchezza, ma fu più difficile di quanto pensasse.
« Sì... sì, lo credo anch'io » mormorò, e il sorriso del ragazzo si fece ancor più ampio e caloroso.
Scrutando la sua espressione seria e cupa, però, gli si spense pian piano sulle labbra, e si ritrovò a studiarla con un velo di preoccupazione nello sguardo.
« Qualcosa non va, Scarlett? » domandò, cercando di rintracciare i suoi occhi, ma lei continuò a sfuggirgli.
Sapeva di dover affrontare la verità, ma Dylan era stato così gentile con lei da farle venir meno ogni grammo di sfacciataggine che le consentisse di spiegare.
« In realtà... » disse, fortemente titubante. « Dylan, ascolta, sono venuta qui perché ho bisogno di dirti... qualcosa ».
Il ragazzo annuì immediatamente, ma non aggiunse altro e lasciò che proseguisse, attento e perfettamente silenzioso.
« Ieri, quando... quando sei andato via... mi è successa una cosa importante » esordì Scarlett, massaggiandosi l'avambraccio in un gesto continuo e meccanico. « E' una situazione che mi porto dietro da un po' di tempo, e pensavo di potermela lasciare alle spalle, invece... beh, è successo tutto il contrario, perché... ho capito parecchie cose, ultimamente. Cose che avevo cercato di ignorare ».
Deglutì, e capì subito che quelle parole dovessero suonare incomprensibili alle sue orecchie, ma non trovò altro modo per affrontare l'argomento.
« Quello che sto cercando di dirti è che... non posso più uscire insieme a te, Dylan » concluse in fretta, poi si morse una guancia in un gesto nervoso. 
Il ragazzo non diede segni di sorpresa. 
Anzi, in realtà pareva che quelle che aveva appena ascoltato fossero parole che già conosceva.
« Non... dici niente? » lo spronò Scarlett dopo parecchi secondi di assoluto silenzio, credendo di aver usato il peggior modo per dire quello che doveva.
Lui scosse impercettibilmente il capo, riscuotendosi dai suoi pensieri, e rimase ancora qualche istante in silenzio prima di risponderle.
« Non posso dire di non essermelo aspettato » disse in tono tranquillo, sollevando le spalle. « Da un po' di tempo ti trovo piuttosto... assente. Ho capito che avevi la testa da tutt'altra parte, e speravo che fossi tu a parlarmi di quel che ti stava succedendo, così ho fatto finta di niente. Ehi » aggiunse poi, sorridendo e inducendola a risollevare lo sguardo. « Perché quell'aria così afflitta? Va tutto bene. Dev'esserci una ragione, immagino ».
E non lo disse come se volesse scoprire quale fosse. Lo disse perché si fidava delle sue intenzioni e del suo buon cuore, ed era certo che le sue uscite con lui non fossero state un semplice passatempo, né un capriccio, e che quella rottura nascondesse un significato ben preciso.
« Mi sono accorta di... beh, di provare qualcosa per qualcun altro » spiegò Scarlett, tormentandosi le mani. « Qualcosa di importante, se riesci a capirmi ».
Il sorriso sul volto di Dylan si allargò, rendendo il cuore di lei improvvisamente molto più leggero.
« Sei innamorata » mormorò con gioia, osservandola con attenzione. « E di' un po', chi è che ti ha rubato il cuore? »
Scarlett arrossì e rise, scuotendo il capo imbarazzata.
« Vorrà dire che estorcerò quest'informazione a Miley » proseguì lui giocoso, facendola ridere ancora. « Ma credo di sapere di chi si tratta. A tal proposito... penso proprio di essermi giocato la bacchetta » e accompagnò alle parole un sorrisetto compiaciuto.
Scarlett lo ricambiò, ricordando le parole che Sirius e Dylan si erano scambiati il giorno prima al Salone d'Ingresso, durante quella strana conversazione.
Lui aveva scommesso la propria bacchetta sulla certezza che Sirius sarebbe riuscito a conquistare la fantomatica ragazza che non voleva cadere ai suoi piedi.
« Dirò a Sirius di comprartene una nuova » rise lei in risposta, e Dylan le strizzò l'occhio in un gesto complice.
« Oh... è arrivata Miley » disse poi, notando che l'amica stava uscendo proprio in quel momento dagli spogliatoi femminili.
Lei annuì, poi lo guardò negli occhi e fece per parlare. Sentiva di dovergli dire qualcosa, qualunque cosa, ma ancora una volta, lui la tolse dall'imbarazzo.
« Mi auguro davvero che Sirius ti renda felice » le disse con palese sincerità, sorridendo cordiale. « Sono certo che farete scintille ».
Scarlett sorrise di rimando, e si grattò il mento con l'indice.
« Sei bravo in Divinazione? » gli chiese, osservandolo con il capo inclinato, e lui annuì con aria solenne e determinata.
« Il migliore del corso » rispose, premendosi una mano sul cuore, poi entrambi scoppiarono a ridere di cuore, molto più rilassati.
Mentre lo facevano, Scarlett si sporse verso di lui e gli avvolse le braccia intorno al collo, stringendolo a sé in un abbraccio.
Lui parve sorpreso e felice per quel gesto, e lo ricambiò con affetto, per poi lasciare che si slacciasse dal suo petto e tornasse a guardarlo, sorridente.
Con un cenno, si salutarono, scambiandosi un ultimo sorriso, e mentre lui imboccava la strada verso il castello, Scarlett si avvicinò a Miley.
Era rimasta appartata in un angolo remoto, e quando le fu alle spalle la sentì canticchiare fra sé una canzone ritmica e assai movimentata.
Le battè un colpo sul fondoschiena, e lei si voltò di scatto, sorridendole.
« Per la cronaca, sono rimasta sotto la doccia per un quarto d'ora » fu il suo esordio. « Ho le mani rattrappite ».
« Nessuno te l'ha chiesto » fu la pronta risposta della sorella. « Potevi anche volare ancora un po'... un giro di ricognizione, ecco ».
Si fissarono, entrambe serie, ma non resistettero a lungo e scoppiarono a ridere.
« Spero che almeno il vostro incontro sia andato bene » fece Miley, un'espressione indecifrabile dipinta sul volto. « Di' un po'... Come l'ha presa? » domandò poi, incrociando le braccia al petto.
Scarlett la fissò, decisamente disorientata.
Possibile che sua sorella sapesse sempre tutto? E molto spesso, anche prima di lei.
« Sono tua sorella e la sua migliore amica » spiegò ancora, e se ne uscì con un'indifferente scrollata di spalle. « Che ti aspettavi? »
Scarlett dovette arrendersi di fronte alla sicurezza di Miley, e per lei fu inevitabile pensare che probabilmente la mancanza di futuro della frequentazione tra lei e Dylan fosse più palese di quanto potesse immaginare.
« Beh... » disse, trafficando con un ciuffo di capelli. « Diciamo che lo aveva già capito. Fortunatamente, non abbiamo avuto il tempo di andare troppo a fondo... è stata una separazione indolore, ecco. E' davvero un bravo ragazzo » disse infine, e Miley annuì con un sorriso, battendole un colpo sulla schiena. 
Poi, si avventurarono insieme lungo la strada che conduceva al castello.
« Allora » fece Scarlett, sfregandosi le mani e soffiandovi dentro per scaldarle. « Com'è andato il tuo appuntamento con Remus? »
All'istante, le guance della ragazza si tinsero di rosso, e la sorella sogghignò apertamente, compiaciuta, meritandosi così una gomitata da parte di Miley.
« E' andato bene » rispose, soffocando a forza un sorriso. « Ci siamo divertiti » aggiunse poi in tono più morbido. 
« Vi siete divertiti e... ? » domandò Scarlett in tono tendenzioso. 
All'istante, Miley la colpì con una forte botta sul braccio. Tra di loro, la violenza e lo scontro fisico erano considerati segni di affetto.
« Ci siamo divertiti e basta! » esclamò lei, imbarazzata e indignata allo stesso tempo. « Insinui un po' troppo per i miei gusti, sorella ».
La ragazza rise, alzando le braccia in segno di resa.
« Stavo solo chiedendo » si giustificò innocentemente. « Sei tu che vedi malizia dove assolutamente non ve n'è traccia » e a quelle parole entrambe risero all'unisono, allegre.
Dopodiché calò il silenzio, e Miley, osservando di sottecchi la sorella, si rese conto che il sorriso sul volto di Scarlett non era ancora andato via.
Continuava a sorridere, persa in chissà quali pensieri a lei ignoti, e quello, per lei, fu un segno tangibile del fatto che la sorella avesse sicuramente qualcosa da raccontarle. Dopotutto, tra loro funzionava così.
Nonostante Miley potesse apparentemente sembrare la più timida e restia ad aprirsi e parlare di sé, in realtà era Scarlett quella più chiusa. 
Miley, infatti, riusciva ad annullare completamente quel lato del proprio carattere con Scarlett, mostrandosi come un libro aperto di fronte a lei, poiché necessitava in modo incondizionato dell'appoggio, del sostegno e del consiglio costante della sorella, l'unica che riuscisse a farla sentire forte e sicura in ogni situazione. Scarlett, invece, tendeva a mantenere anche con lei quella sorta di introversione che si traduceva in vera e propria protezione di sé e dei propri pensieri. Non perché non si fidasse di Miley - lei era la persona di cui più aveva fiducia sulla faccia della terra -, ma perché era un lato di sé talmente radicato che le sembrava impossibile abbandonarlo, persino di fronte a sua sorella. 
Inevitabilmente, però, Miley riusciva sempre a intercettare le sue emozioni, i suoi stati d'animo, tutto ciò che, in positivo e in negativo la agitava dentro, ma rimaneva in silenzio, analizzandola senza farglielo notare e aspettando il momento più opportuno in cui sarebbe stata lei stessa a vuotare il sacco, il momento in cui capiva che i freni che si poneva quando doveva parlare di sé erano del tutto inutili di fronte a Miley.
Così, dal silenzio e da qualche semplice sguardo d'intesa si arrivava alle parole, alle confessioni, ai racconti, alla condivisione. 
E quel silenzio sembrava proprio uno di quelli che avrebbero portato a tutto questo.
Miley, infatti, continuò a fissarla, un sorriso a fior di labbra, e Scarlett si rese conto del suo sguardo solo dopo alcuni momenti, riscuotendosi dai propri pensieri. Il sorriso, però, rimaneva ancora stampato sul suo volto.
« Devo raccontarti una cosa, Miley » fu l'esordio di Scarlett, e a quelle parole il sorriso della ragazza si fece decisamente più ampio.
« Era ora, non trovi? » rispose lei, e la sorella rise sommessamente, ammettendo silenziosamente il suo solito difetto.
« Immagino che Dylan ti abbia raccontato quello che è successo ai Tre Manici di Scopa » riprese Scarlett, e Miley annuì di rimando. « Beh, ho scoperto che è stato James a correggere i drink con l'Amortentia ».
Miley la fissò, fintamente stupita.
« Oh, è stato James, allora » rispose, mostrando una più che convincente aria di sorpresa. 
« Già » confermò lei, annuendo con forza. « Sinceramente, non so come abbia fatto, visto che è stata Madama Rosmerta in persona a... »
« Sì, chissà come avrà fatto... » commentò Miley sottovoce, e a quel punto Scarlett la fissò interrogativa, le sopracciglia aggrottate.
Miley, a quel punto, non riuscì a mantenere un'espressione seria e meditabonda, così smascherarla fu facile come bere un bicchier d'acqua.
« Tu... » fu l'unica parola che riuscì a dire Scarlett, sconvolta. « Tu eri sua complice... »
« No! » esclamò Miley in sua difesa, palesando però un ampio sorriso. « Non ero assolutamente insieme a James quando ha ideato il suo piano, non l'ho in nessun modo aiutato a realizzarlo, e non ero nella maniera più assoluta con lui e Remus quando siamo andati da Madama Rosmerta per corromperla e convincerla a rifilare in giro drink con pozioni illegali all'interno, proprio no! »
Lo sconvoglimento di Scarlett non potè durare a lungo, poiché la variopinta confessione di Miley l'aveva inevitabilmente spinta a lasciarsi andare ad una fragorosa risata.
« Siete una banda di criminali! » disse dopo essersi ripresa dalle risa. « Ma come vi è venuto in mente? E' assurdo... e mi stupisco di Remus! »
« Sa essere estremamente malandrino, quando vuole » fu il saggio commento di Miley.
« Non posso crederci... » stava continuando a borbottare Scarlett tra sé e sé. « E poi proprio a Dylan! Il tuo migliore amico! »
« L'ho fatto anche per lui, non farla tanto lunga » tagliò corto la ragazza, spiccia. « Dovevi raccontarmi qualcosa, e non credo riguardasse l'afflizione che hai provato non appena hai visto Dylan pastrugnare selvaggiamente quella tizia » commentò sarcastica. « Su, va' avanti ».
Scarlett rise, scuotendo il capo ancora incredula.
« Beh, se era quello il vostro intento, posso rassicurarti » riprese, rialzando lo sguardo. « Sono rimasta sola con Sirius ».
« E...? » fece Miley di rimando, imitando il suo tono di qualche minuto prima.
Scarlett esitò per qualche secondo, quasi volesse prendere coraggio per dar voce a ciò che stava pensando di dire. Poi si decise a parlare.
« E in quel momento ho capito che era con lui che volevo stare » mormorò a mezza voce, ma a Miley bastò anche quel tono dimesso per recepire il messaggio. « Ho sbagliato tutto con lui, Miley. Tutto » proseguì, guardandola negli occhi. « Sono stata cieca, volevo esserlo, e mi ero ripromessa di sotterrare tutto quanto... lui, le sue parole, le sue dimostrazioni, le emozioni che mi provocava e i sentimenti che provavo nei suoi confronti. Inutile dire che ho fallito clamorosamente » terminò, sollevando le spalle.
Miley rimase in silenzio, e Scarlett lo interpretò come un invito a proseguire.
« Ho cercato di fargli capire tutto questo, e alla fine... gli ho chiesto di rimanere insieme a me » raccontò, poi rise, apparentemente senza una ragione. « Quest'uscita è stata l'ennesima prova di quanto sia completamente pazzo » spiegò poi, e anche Miley rise a quelle parole. « Mi ha portata a casa di suo zio, un tipo che definire strano è più che riduttivo, e poi mi ha mostrato il suo gioiello... una ruggente moto babbana che ti farebbe impazzire ».
Miley sbarrò gli occhì, estremamente stupita, poi un'espressione adorante si fece largo sul suo volto, colmando il suo sguardo di pura gioia.
« Quel ragazzo è unico, per Merlino! » esclamò, entusiasta. « Non posso crederci... ha anche una moto! » 
« Un mostro della strada, a dire il vero » confermò Scarlett, sorridendo apertamente. « Ancora stento a credere di averla guidata ».
Lo sguardo di Miley, a quelle parole, si fece se possibile ancor più sconvolto di qualche attimo prima.
« L'hai...? » balbettò, incredula e sconcertata.
« Sì » annuì Scarlett, allegra e compiaciuta. « Prima abbiamo fatto un giro, e quando ci siamo fermati Sirius mi ha chiesto se mi andasse di provare. E' stato lui a convincermi, altrimenti non l'avrei mai fatto. E' stato magico » proseguì, ripercorrendo mentalmente quell'esperienza strepitosa. « Ma niente in confronto a quando abbiamo spiccato il volo ».
Per la terza volta nel giro di un minuto, Miley si ritrovò a sgranare gli occhi, ormai del tutto sconfitta dall'esaltante racconto della sorella.
« In... in che senso? » domandò, temendo che la risposta fosse quella che Scarlett stava per darle.
« Nel senso più letterale che conosci » rispose infatti lei, ridendo, e Miley subì il colpo fatale. « Un tizio l'ha modificata con la magia, così... ci siamo fatti un bel giretto tra le nuvole » raccontò, e fu certa di aver avvertito un brivido scorrere lungo la schiena al solo ricordo di quel momento.
Miley la ascoltò a bocca aperta, seriamente in difficoltà nel riprendere il controllo di se stessa.
Fece non poca fatica, ma alla fine, dopo aver fantasticato sul racconto quasi fiabesco dell'uscita di Scarlett, tornò in sé e iniziò a fissarla insistentemente.
Il suo discorso, infatti, si era interrotto, ma le pareva più che ovvio che necessitasse di un finale.
« Se adesso tu sei qui con me, immagino siate scesi da lassù » disse, titubante, e Scarlett rise sommessamente.
« Immagini bene » confermò con un sorriso, mantenendo lo sguardo basso. « E a quel punto è successo l'irreparabile ».
Sollevò lo sguardo, incontrando quello di Miley, e non dovette aggiungere altro, perché la sorella capì ogni cosa all'istante. 
I suoi brillanti occhi scuri accompagnati al suo ampio sorriso disteso, in quel momento, erano quanto di più eloquente si potesse avere.
Senza una parola, la strinse forte a sé, e lei si abbandonò sulla sua spalla, ridendo sommessamente.
In quell'abbraccio, entrambe comunicarono l'una all'altra tutto ciò che non avevano bisogno di dirsi a parole. 
Miley potè avvertire la felicità di Scarlett, la serenità del suo animo che forse aveva finalmente trovato pace, il sollievo di chi ha preso la decisione giusta, l'incredulità per quella nuova situazione tanto agognata ma altrettanto inattesa, il timore che fosse soltanto un'illusione, la libertà che prende forma a discapito della costrizione contro cui aveva lottato.
E Scarlett, dal canto suo, potè avvertire la felicità di Miley, la gioia nel vederla finalmente realizzata e gioiosa, l'orgoglio che provava nella consapevolezza che era stata lei a vincere contro le sue paure, la forza travolgente di tutto il suo affetto.
Riuscirono a godersi fino in fondo quel momento, e si slacciarono da quell'abbraccio dopo parecchio tempo.
« Finalmente ti sei decisa, allora, razza di stupidissima carogna! » fu il primo commento di Miley, e Scarlett rise di gusto. 
Non avrebbe potuto aspettarsi nulla di più delicato da lei. 
« Sono felice per te » proseguì, accorata e sincera. « E' la scelta giusta, fidati ».
E Scarlett annuì, finalmente convinta anche lei delle sue parole.
« E poi » riprese Miley, sorridendo, « non ha prezzo, per me, vederti con l'aria stordita e gli occhi a cuoricino! Davvero, è assurdo! Ti sei messa con Sirius Black il giorno di San Valentino! Ti prenderò in giro per un bel po', sorella, puoi starne certa! »
Scoppiarono a ridere entrambe, e Scarlett circondò la vita di Miley con un braccio, stringendosi a lei e abbandonando il capo sulla sua spalla, scossa come la sorella dalle risa.
Continuarono a camminare strette a quel modo, rendendosi conto solo in quel momento di essere giunte quasi al Salone d'Ingresso.
« Sto morendo di fame » annunciò Miley, slacciandosi lentamente dall'abbraccio della sorella. « Ho voglia di mangiare pesante di brutto ».
« Tu hai sempre voglia di mangiare pesante di brutto » osservò pacatamente Scarlett, e lei agitò una mano a mezz'aria come se fosse un dettaglio di poco conto.
Poi, però, si zittirono entrambe nello stesso istante, tendendo le orecchie e scambiandosi un'occhiata curiosa e confusa al tempo stesso.
Un gran vocio, molto più rumoroso del solito, infatti, proveniva dalla Sala Grande, tanto che le due affrettarono il passo per comprenderne la causa.
Giunte alla soglia del portone d'ingresso della vasta sala, gettarono un'occhiata alle quattro tavolate e notarono che molti ragazzi avevano abbandonato i posti a sedere sulle panche e si erano messi in piedi, tendendo il collo per osservare chissà cosa, mentre un gran clamore si diffondeva ovunque.
« Ma che...? » esordì Scarlett, sempre più disorientata, ma si zittì all'istante quando le si parò davanti agli occhi una scena assai improbabile.
Sirius si era fatto strada fra gli studenti verso il tavolo di Corvonero, e stava porgendo galantemente la mano destra a una ragazza.
Dopo aver scambiato qualche battuta, lei l'aveva afferrata, lasciandosi condurre verso il centro della sala. 
Solo allora, tutti avevano potuto finalmente scoprire di chi si trattava. 
E alla vista di un'emozionata Giselda Stubbins, una risata si levò dalle bocche di molti.
« Tanto per capire » fece Miley, grattandosi il mento. « Fino a che punto, di preciso, è effettivamente pazzo, il tuo fidanzato? »
Scarlett, gli occhi fissi su Sirius e una risata che premeva sulle sue labbra per venire fuori, scosse il capo e scrollò le spalle.
« Questa è una buona occasione per scoprirlo » rispose, poi incrociò le braccia al petto e non ebbe tempo di dire altro.
« Ragazzi e ragazze, studenti e insegnanti di Hogwarts » cominciò infatti a declamare Sirius. La sua voce era stata amplificata per magia. « Le mura di questo castello stanno per assistere a uno dei momenti più emozionanti e sbalorditivi della mia già esaltante esistenza ».
Molti ragazzi si scambiarono sguardi divertiti, mentre al tavolo degli insegnanti la situazione era appena un filino più tesa.
La professoressa McGranitt, infatti, stava per alzarsi dalla propria sedia, le dita sottili strette intorno ai braccioli, ma Silente la indusse a riprendere posto.
« Albus! » esclamò la donna, sconvolta e irritata, ma le parole le morirono in gola dinnanzi al sorriso pacato del Preside.
« Lascialo fare, Minerva » rispose, le mani intrecciate in grembo. « Mi pare che il signor Black sia stato cristallino: assisteremo a un avvenimento fondamentale per la sua vita. Vuoi forse tenere sulla coscienza il peso di averlo mandato brutalmente in rovina? »
L'insegnante era allibita e furente, ma si limitò a premere le spalle irrigidite sullo schienale della sedia, borbottando parole incomprensibili.
« Silenzio, per favore! » esclamò ancora Sirius, e tutti si zittirono all'istante, fissandolo. « Dicevo... la bella Giselda sta per dare una svolta alla mia vita. Questa mattina, quando ho aperto gli occhi, mi sono reso conto di un qualcosa che prima mi era sfuggito. Sono stato cieco, ma oggi tutto è cambiato. Oggi » e qui il suo tono si fece più solenne, « le nuvole avevano la forma del suo viso, e il sole lo splendore dei suoi occhi ».
Mentre recitava le proprie lodi e la mano di Giselda tremava nella sua, seduto alla tavola dei Grifondoro, James bisbigliava qualcosa fra sé e sé.
Erano le esatte, precise parole pronunciate da Sirius, nel discorso che aveva scritto di suo pugno, costringendolo poi a declamarlo in Sala Grande.
Avevano litigato violentemente per un quarto d'ora, finché il grande saggio Peter, nuovamente interpellato per mettere fine al diverbio divenuto anche fisico, non aveva dato una nuova sentenza: una scommessa è una scommessa, e va portata avanti fino alle sue estreme conseguenze. 
Queste erano state le sue solenni parole, che avevano così decretato la condanna di Sirius.
« Così, nella speranza che il fato mi sia favorevole, mi accingo a compiere un gesto di estremo coraggio, dettato dal mio ruggente amore » proseguì il ragazzo con fierezza, e Giselda si voltò a guardarlo con gli occhi grandi quanto scodelle, dietro gli spessi occhiali da vista. « Ci tengo a precisare, però, che con questo mio atto non desidero scatenare l'ira dell'unico uomo che realmente merita il cuore di questa donna. Il qui presente Severus Piton, da sempre grande ammiratore di colei che ha soffiato in me un nuovo e più benevolo spirito, facendo di me una persona indubbiamente migliore ».
A quelle parole, tutti si voltarono a fissare Piton, seduto al tavolo dei Serpeverde con un'aria furente dipinta sul viso giallognolo.
« Sta' sereno, Mocciosus » aggiunse Sirius, battendosi un pugno sul petto e puntandolo poi nella sua direzione. « So bene che non può esistere competizione fra noi ». E gli rivolse un ghigno compiaciuto, mentre James, seduto dal lato opposto, faceva fatica a respirare per le troppe risate. 
« Detto ciò » si apprestò a concludere Sirius, innescando un silenzio istantaneo, « Giselda, posso avere l'onore? »
La ragazza, senza neanche avere idea di cosa stesse parlando, annuì senza una parola, le labbra socchiuse per la trepidazione.
A Sirius venne quasi da ridere, ma si trattenne, e dopo aver lanciato un'occhiata eloquente a James, che ancora si rotolava sulla panca, la prese per la vita e la attirò a sé, premendo con decisione le labbra sulle sue.
A quel tocco, la ragazza sussultò e chiuse gli occhi, mentre un boato si levava in Sala Grande tutto intorno a loro, assordandoli.
James, naturalmente, era fra quelli che applaudivano e fischiavano più forte, entusiasta per la riuscita del suo malefico piano.
Dopo un po', quando Sirius capì che, se non si fosse allontanato subito, Giselda gli sarebbe inevitabilmente franata addosso, la lasciò andare.
« E' stato stupendo! » annunciò, ridendo incontrollabilmente. « Grazie mille per l'attenzione! »
E così dicendo, come se non avesse fatto assolutamente nulla al di fuori dell'ordinario, voltò le spalle a una decisamente sconvolta Giselda Stubbins e accolse il fragoroso applauso della Sala Grande con qualche cenno compiaciuto e un gesto della mano a mo' di ringraziamento, ignorando le espressioni deluse di alcune ragazzine che avevano già cominciato a confabulare sottovoce e a invocare Merlino per rivolgergli tutte la stessa domanda: perché non io?
Aveva compiuto solo qualche passo, che già sentì la voce della professoressa McGranitt venirgli dietro, facendosi sempre più vicina.
« Mi spieghi subito questa faccenda, Black » disse, gli occhi che, dietro le lenti rettangolari, lanciavano scintille.
Il ragazzo si voltò per fronteggiarla, le mani affondate nelle tasche, e si prese tutto il tempo necessario per elaborare una risposta dignitosa.
« Cos'è, non crede alla versione del mio colpo di fulmine? » chiese, inarcando un sopracciglio. « Anche lei, come tante altre, si sta chiedendo perché proprio lei? Ah, beh... l'amore è cieco » spiegò con nonchalance, scrollando le spalle, e stava per andare via quando l'insegnante lo richiamò, altera.
Sbuffò, irritato dal tempo prezioso che la donna gli stava sottraendo, ma tornò a fissarla e aspettò che parlasse, impassibile.
« Se desidera tanto ardentemente una settimana di punizione, deve solo chiederla » gli disse la McGranitt, mantenendo una certa calma.
Sirius parve ponderare la questione, e si massaggiò la mascella con aria pensierosa e assolutamente seria.
« Mi piacerebbe, prof, ma sa... impegni improrogabili... giornate affollate, le mie, immagino lo sappia » rispose infine, mostrandosi dispiaciuto.
« Alle otto nel mio ufficio, Black » tagliò corto l'insegnante, scocciata. « Ogni minuto di ritardo è un'ora in più di punizione. Intesi? »
« Intesi » replicò lui, strizzandole l'occhio, e si voltò nuovamente per avanzare nella direzione opposta.
Si arrestò solo a metà strada, laddove i Malandrini aspettavano di congratularsi con lui per l'impresa appena compiuta.
« E' stato epico, amico! » gli fece James, porgendogli un pugno che lui si affrettò a battere col proprio. « Alla fine, credevo che ti sarebbe crollata in braccio ».
Sirius scoppiò a ridere, passandosi le dita fra i capelli tagliati proprio quella mattina.
« In effetti l'ho vista un po' in difficoltà » disse in tono serio, rivivendo con dubbia gioia il momento. « Si riprenderà » aggiunse poi, indifferente.
Lanciò uno sguardo alla vasta sala, percorrendola in ogni angolo, finché non riuscì a rintracciare l'oggetto della sua ricerca.
Scarlett era in piedi accanto al portone, un po' defilata, e chiacchierava animatamente con Miley, che rideva di cuore.
A quella vista, le sue labbra si arricciarono in un sorriso accennato, poi si voltò verso gli amici, che ancora commentavano il bacio del secolo.
« Ci vediamo dopo » disse loro, e senza attendere una risposta, girò sui tacchi e percorse il corridoio della sala a grandi passi, gli occhi fissi su Scarlett.
Lei, però, non se ne accorse. Si era voltata di spalle e stava salutando la sorella, stringendola brevemente a sé in un abbraccio.
Fu proprio quando stava andando via che Sirius raggiunse Scarlett, così silenzioso che, ancora, lei non se ne rese affatto conto.
Le avvolse le braccia intorno al bacino, rapido e scaltro, e lei sobbalzò, voltando di scatto il capo e bofonchiando parole incomprensibili.
Non appena vide il volto di Sirius, poggiato alla sua spalla e straordinariamente vicino, però, sorrise appena, rilassandosi all'istante.
« Vieni con me » le sussurrò lui all'orecchio, poi la afferrò saldamente per un braccio e la condusse con sé fuori dalla Sala Grande, verso una zona più appartata poco lontano da lì.
Scarlett stava aprendo bocca per parlare, un po' spiazzata, ma lui non le diede il tempo di fiatare e le serrò le labbra con le proprie, premendola contro il muro e intrecciando le dita alle sue. La baciò con foga, stringendosi forte al suo petto, e lei rispose con entusiasmo, posandogli una mano sulla nuca per attirarlo a sé. Era strano non avvertire la calda sensazione dei suoi lunghi capelli morbidi che le pizzicavano la pelle, tanto che lasciò scivolare le dita un po' più su, immergendovele e accarezzandoli con delicatezza.
Quando si separarono, Scarlett riprese fiato e gli sorrise calorosamente.
« Questo sarebbe il tuo modo di salutarmi? » gli domandò, giocherellando con uno degli anelli di freddo metallo che indossava.
« Mi stai forse dicendo che non ti piace? » replicò in fretta lui, lasciandola fare. « Stavo proprio per dirti di cominciare a farci l'abitudine ».
Ricambiò il sorriso, rilassato e sicuro di sé, ma lei tenne lo sguardo fisso sulle sue dita e lo risollevò solo un paio di volte, e per un fuggente istante.
« Ah, beh... in tal caso vedrò di adeguarmi » fece in tono fintamente sostenuto, ma rise. « Nuovo esperimento? » chiese poi, scompigliando leggermente i suoi capelli corti.
Sirius sorrise, afferrò la mano che vi frugava dentro e la baciò sul dorso, per poi scrollare le spalle.
« Non proprio, in realtà » rispose, riflettendo. « Quando... come dire... la fortuna mi sorride, do un taglio netto a quel mantello. E' una tradizione ».
Per Scarlett fu come ricevere un'illuminazione. 
Non era mai arrivata da sola a quella conclusione, ma non aveva potuto evitare di notare nel tempo i cambi drastici che spesso i suoi capelli avevano subito a distanze a volte assai ravvicinate, e adesso tutto aveva molto più senso.
« Ora capisco » rispose con un ampio sorriso. « Da ragazzino, arrivavi sul treno con i capelli lunghi fino alle spalle e puntualmente, la mattina dopo, erano di gran lunga più sbarazzini. Non lo avevo mai collegato allo stato d'animo » aggiunse, pensierosa.
Lui la scrutò, accarezzandole il volto, poi non resistette oltre e, senza una vera ragione, tornò a baciarla, trovando subito risposta.
Aveva atteso fin troppo per incontrare quelle labbra tanto desiderate, e adesso che se le ritrovava così vicine e finalmente disposte ad accogliere le proprie, non riusciva a non gettarvisi d'impeto.
La sua mano stava pian piano scivolando lungo la sua schiena, quando lei improvvisamente gli morse la lingua, allontanandosi da lui.
« Banks! » esclamò, sorpreso. « Dannazione, e questo per cos'era? »
Scarlett lo fissò dritto negli occhi, i propri quasi ridotti a fessure, e incrociò le braccia all'altezza del petto.
« Non hai niente da spiegarmi, tu? » gli domandò, tendenziosa, e lui parve ancor più sperduto di prima. « Pensavi forse che con qualche bacetto mi dimenticassi di quello che ho appena visto? E no, Black, qui caschi male ».
Lui continuò a fissarla, un misto di incredulità e confusione nello sguardo, e non pensò nemmeno di aprire bocca.
« Allora, dimmi, su » proseguì lei, imperterrita, il suo tipico sguardo fiero dipinto sul volto. « Com'è che bacia Giselda Stubbins? » 
A quelle parole, Sirius strabuzzò leggermente gli occhi, sinceramente stupito, e scoppiò immediatamente nella sua risata simile ad un latrato, seguito ben presto dalla stessa Scarlett, che si era trattenuta fino a quel momento per ostentare un'aria infuriata.
« Che vuoi che dica? » rispose lui alla fine, la sua solita aria noncurante. « Da Dio ».
La reazione di Scarlett fu immediata. Mentre scoppiava nuovamente a ridere, infatti, lo colpì con entrambi i pugni sul petto, ma lui fu svelto e le circondò i polsi con le dita, e con forza le portò le mani dietro la schiena, cingendola con le braccia.
« Non ci crederai » esordì lui, le sopracciglia inarcate. « Ma ho perso una scommessa ».
« Oh, sì che ci credo » fu la pronta risposta di Scarlett, e lui rise sommessamente, facendo scontrare silenziosamente la propria fronte alla sua. 
« Ma non indovinerai mai con chi l'ho persa » ribattè subito Sirius, e lei si fece pensierosa.
« Beh... » fece, riflettendo ad alta voce. « Considerando, da come dici, l'assurdità della cosa, ad occhio e croce direi... o il tuo amico Minus, ma in quel caso ti saresti buttato giù dalla Torre di Astronomia... » e a quelle parole, Sirius rise, annuendo leggermente col capo, « ... o molto più probabilmente con James. Sì, opto per James » confermò alla fine, inclinando il capo per scrutarlo meglio, e lui si ritrovò ad annuire per la seconda volta, impercettibilmente.
« A quanto pare, ho trovato il momento peggiore per scommettere su un due di picche della tua amica rossa » raccontò, e Scarlett rimase pietrificata a quelle parole, tanto che lui lo notò subito. « Non mi dire... Evans non ti ha detto niente? » le domandò infatti, sorpreso tanto quanto lei.
« No... » fu la sua flebile risposta, e scosse il capo lentamente, sovrappensiero. « Non abbiamo ancora avuto modo di parlare, a dire il vero... ma... Lily è uscita con James? » esclamò alla fine, lasciando da parte lo stupore per dare sfogo all'immensa gioia che le provocava quella notizia.
« Ed è stata lei a chiederglielo » aggiunse Sirius, con un certo risentimento. « E' per questo che ho perso, accidenti a lei » proseguì poi, e il suo tono venne così chiarito dalle sue stesse parole. « Si sono incontrati ad Hogsmeade, e lei glielo ha chiesto. James ci ha raccontato ogni più insipido dettaglio, ieri notte dopo la ronda. Credo che se dovessi fallire totalmente nella vita, l'unica cosa che mi rimarebbe da fare sarebbe pubblicare romanzi sui racconti di James Potter. Spopolerei tra le casalinghe e le dodicenni in piena tempesta ormonale ».
Ma Scarlett non lo stava ascoltando, troppo impegnata a festeggiare quell'evento che aveva del miracoloso e a fantasticare sul loro appuntamento, in attesa di un preciso resoconto fornito dagli stessi protagonisti.
« Merlino, lo sapevo, è cotta a puntino, è palese! » esclamò, sorridendo apertamente. « Ora voglio proprio vedere quale scusa si inventerà, la stronzetta, quando mi racconterà tutto per filo e per segno... Magari eviterò di dirle che James aveva una scommessa aperta con te proprio su di lei, però. Sai, è capace di prenderla male e mandare tutto a monte, e non deve accadere ».
Annuì, come a confermare le sue stesse parole, poi si concentrò su Sirius, che la stava fissando in silenzio.
Ad un tratto, però, iniziò, apparentemente senza un motivo, a ridere da sola, e lui la osservò, disorientato.
« Quindi... » tentò di dire tra le risate. « Quindi tu... hai scommesso... che se lei... tu allora... Giselda Stubbins... » ma non riuscì a formulare un pensiero coerente, perché venne nuovamente sommersa dalle risa, e Sirius, suo malgrado, la imitò.
« Guarda che non c'è molto da ridere per te, Banks » le disse poi, stringendola ancor di più sui polsi che non aveva ancora lasciato. « Non stavo scherzando, prima. La bella Giselda bacia davvero da Dio ». La attirò a sé, ritrovando il suo volto a pochi centimetri dal proprio. « Bacia anche meglio di te » sussurrò infine, sorridendo sornione.
Lei lo scrutò, altera, e sollevò le sopracciglia, un'aria di sfida dipinta sul volto. 
Sirius pensò che quell'espressione le donasse terribilmente.
« Ah, davvero? » replicò lei con voce soffiata, e il ghigno di lui si fece più ampio. 
« Davvero » ribattè, cercando di azzerare la distanza tra di loro, ma tirandosi poi leggermente indietro, in un tira e molla che piaceva tremendamente a entrambi.
Lei annuì, come ad assimilare con più sicurezza la notizia, e le sue labbra si arricciarono in un sorriso sghembo.
« Mmm » rimuginò, sfiorando con la punta del naso quello di Sirius in una carezza leggera. « Beh, allora... »
« Allora? » domandò lui ad un soffio dalle sue labbra, continuando a sorridere.
Scarlett lo fissò con l'espressione più furba che riuscì a trovare, e lui non potè che rimanere rapito dai suoi occhi.
« Allora... » riprese lei, sciogliendosi delicatamente dalla stretta delle sue dita per poi accarezzarle ed iniziare ad intrecciarle alle proprie. « Allora forse è meglio che torni a baciare la tua bella Giselda ».
Fece per allontanarsi, ma lui fu altrettanto rapido e la bloccò per un polso, attirandola a sé e riportandola esattamente nella stessa posizione di qualche istante prima.
« Non ci provare, bellezza » bisbigliò, e la vide sorridere con aria provocante prima che si avvicinasse al suo collo per baciarlo.
A quel tocco improvviso e inaspettato, lei quasi trasalì. Avvertire le sue labbra che le assaggiavano la pelle era una sensazione di puro oblio, e la inondava di calore come poche altre cose riuscivano a fare. Ma ciò che più le infondeva piacere era la straordinaria cura con cui Sirius continuava a baciarla; baci misurati, sempre, anche quando perdeva il controllo, quasi come se temesse di sbagliare ma, in fondo, fosse certo che ciò non sarebbe accaduto.
Lo sentì risalire, vezzeggiare con la bocca la mascella, la guancia, finché non raggiuse le sue labbra scarlatte e vi si tuffò con desiderio, assaporandole.
Si separarono solo quando non riuscirono più a respirare, e lei, prima di lasciare la sua bocca, gli mordicchiò il labbro inferiore.
« Mordi spesso, bella Banks? » le domandò lui, la voce leggermente roca.
Lei sollevò le spalle, sorridendo, tornando poi a concentrarsi su uno degli anelli che Sirius portava al dito.
« Può darsi » rispose, evasiva, fissandolo divertita, e lui sorrise.
« Mi piace » disse lui in tono sinceramente colpito.
« E a me piace il tuo anello » ribattè inaspettatamente lei, e glielo sfilò con un rapido gesto.
Sirius la scrutò mentre lo lasciava saltare da una mano all'altra, e per un po' si limitò ad accarezzarle il braccio, in silenzio.
« Non credo che lo rivedrai mai più » asserì lei dopo qualche momento, beandosi dei brividi che il suo tocco scatenava in lei e mostrandogli l'anello.
« E' il mio preferito » fu la sua risposta, ma un angolo della sua bocca era curvato in un sorriso. « Dovresti darmi qualcosa in cambio ».
Le sopracciglia di Scarlett si sollevarono di scatto, e la sua espressione si fece furba e curiosa insieme.
« Qualcosa tipo... il mio tema di Incantesimi? » propose in tono assolutamente neutro e innocente.
Lucidò l'anello sulla manica del proprio maglioncino, e riprese a studiarlo, aspettando che Sirius rispondesse. Era sottile come una lamina quasi invisibile, notevolmente ampio in lunghezza, e su un lato arrecava delle incisioni, uno strano e complesso disegno che le ricordava tanto il mondo orientale.
« Acqua, Banks » rispose lui, poggiando il palmo della mano a un punto della parete molto vicino al suo orecchio. « Riprova ».
Lei parve rifletterci su intensamente, cercare di afferrare i suoi desideri, e tentò di non lasciar trapelare neanche un sorriso.
« Perché non fai tu un'offerta, invece? » gli disse infine, incrociando le braccia al petto. « L'affare potrebbe concludersi molto più velocemente ».
Il ghigno di Sirius si fece più pronunciato. 
Evidentemente, il tema degli affari continuava ad essergli particolarmente caro.
Dopo che l'ebbe guardata con quel sorrisetto da guai, però, parlò in tono stranamente serio, fissandola con uno sguardo perforante.
« Oggi manda al diavolo qualsiasi impegno, Banks » le disse, e Scarlett lo studiò con attenzione. « Dopo questa lunga agonia, dovremmo stare un po' da soli, io e te ».
Si scrutarono. La proposta non avrebbe potuto essere più allettante. Ma come sempre, qualcosa ostacolava i loro piani.
Scarlett, infatti, si mordicchiò il labbro inferiore con aria decisamente affranta, e le sue spalle parvero afflosciarsi quando parlò.
« Si sta diffondendo un'aria di rifiuto, ergo rettifico la mia proposta: dobbiamo stare un po' da soli, io e te » proseguì Sirius, determinato anche di fronte alla sua mancanza di collaborazione.
« Oggi ho allenamento » mormorò lei, sinceramente scocciata. « Ah, per piacere, non guardarmi in quel modo! James non si farà scrupoli a sbattermi fuori dalla squadra, per non parlare di quello che farà a te quando scoprirà che mi hai corrotto a una settimana dalla partita, e... »
« Ehi, ehi, ehi » la interruppe lui, ridendo sottovoce, e le scostò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. « Non cominciare a dare di matto o sarà la fine ».
Lei rise, scuotendo ripetutamente il capo.
« Stavo proprio per dirti di cominciare a farci l'abitudine » ribattè, sorridendo apertamente.
E il bacio di Sirius arrivò immediato a colmarla di calore, mentre lei sorrideva sulle sue labbra prima di abbandonarvisi completamente.
« Su, dai, liberami da questa prigionia e lasciami andare in Sala Grande » furono le prime parole di lei quando si allontanarono. « Non metto qualcosa sotto i denti da ieri a pranzo ».
Sirius, a quelle parole, si fece curioso, e la scrutò, mentre una mano giocherellava distrattamente con un ciuffo dei suoi capelli.
« E a cosa è dovuto questo digiuno? » domandò, provocatorio, e lei lo fissò con finto risentimento, nascondendo a fatica un sorriso. « Sono sicuro che è dovuto a qualche... beh, fattore scatenante » concluse, pronunciando con particolare peso le ultime parole.
Scarlett parve ponderare la questione, riflettendo silenziosamente e annuendo appena.
« Sì, credo proprio di sì » confermò alla fine, seria in volto. « Inizio a saltare pasti a caso una settimana prima del Quidditch » spiegò in tono pratico, e Sirius scoppiò a ridere, stringendola per la vita.
« Mai una soddisfazione con te, eh? » mormorò, la fronte contro la sua, e lei sorrise.
« La vorresti davvero? » ribattè, e Sirius la attirò a sé per lasciarle un breve bacio a fior di labbra.
« Touché » disse poi, e lei rise sommessamente, stringendosi a lui.
Rimasero per qualche secondo in silenzio, abbracciati, e poterono godersi quegli attimi insieme come una bella ventata di aria fresca.
« Mi sbarazzerò di Storia della Magia e Antiche Rune subito dopo pranzo » mormorò lei dopo un po', rimanendo accovacciata al suo petto. « Poi allenamento, cena, e dopo stiamo insieme » proseguì, e solo allora Sirius si slacciò dal suo abbraccio per poterla guardare negli occhi.
« Propositiva, Banks » rispose, sorridendo e pizzicandole la punta del naso con un dito. « Così ti voglio ».
Lei sorrise a mezza bocca, e parve totalmente immersa nei propri pensieri mentre lui le scostava delicatamente i capelli da un lato.
« Sì... anche perché credo sia il caso che stasera facciamo due chiacchiere, io e te » riprese poi, sovrappensiero, e a quelle parole lui rise sommessamente, facendo scivolare le mani lungo le sue braccia per poi unirle alle sue.
« Santo Godric, ecco che torna la maniaca del controllo » mormorò in tono annoiato, e lei lo fissò con aria truce.
« Stupido, non sono una maniaca del controllo! » sbottò, irritata, e lui rise, divertito dalle sue parole.
« Oh, no, certo che no » le bisbigliò ad un orecchio con aria canzonatoria, mentre iniziava a lasciarle baci distratti lungo la mascella.
« No che non lo sono » ribattè lei, anche se con minor convinzione di prima. « Dico soltanto che sarebbe ora che parlassimo... »
« Sono d'accordo... » biascicò lui, le labbra che pian piano raggiungevano il suo collo. 
« ... che chiarissimo alcune cose... » stava continuando lei, il tono della voce decisamente più flebile, e senza neanche accorgersene, inarcò leggermente il collo per abbandonarsi al suo tocco.
« Chiarire è importante... » replicò lui, ormai giunto alla sua spalla. 
« Lo è, vero? » mormorò Scarlett con un filo di voce, del tutto inerme, e solo la risata di Sirius riuscì a farla tornare in sé.
« Stai perdendo colpi, bella Banks » le disse infatti, guardandola divertito. « Prima eri decisamente più algida e molto meno corruttibile ».
Lei lo fissò con palese disprezzo, gli occhi puntati sui suoi, poi sferrò un pugno che lo colpì sul petto e che, dovette ammetterlo, non fu affatto delicato.
« Guarda che posso tornare ad essere algida e incorruttibile quando voglio » sbottò, ma non riuscì a mascherare il sorriso che premeva per venir fuori.
Gli gettò le braccia al collo, guardandolo sorridere un po' obliquo, e tornò a baciarlo sorridendo anche lei sulle sue labbra.
Ma mentre le braccia di Sirius stringevano con vigore la sua vita, qualcuno a qualche metro da loro si arrestò di scatto per osservarli.
Mary, infatti, finalmente in piena forma, era appena scesa dal Dormitorio per andare a pranzare in Sala Grande dopo una lunga dormita, ma si era bloccata a metà strada poiché aveva notato la presenza di Scarlett, appartata insieme a qualcuno in un angolo remoto del Salone d'Ingresso. E proprio mentre si stava dirigendo verso di lei a passo spedito, intravide il ragazzo a cui l'amica stava parlando. Che adesso, stava persino baciando.
Il cuore le sussultò così forte contro il petto che avvertì un dolore fisico allargarsi fino alle scapole, come una macchia di petrolio che galleggia rapida sulla superficie increspata dell'oceano. Vi premette il palmo della mano, cercando di alleviarlo almeno un po', ma non fu abbastanza.
Non riusciva a staccare gli occhi da Sirius e Scarlett, e più guardava, più il petto pulsava forte, incessantemente.
Anche quando il braccio scivolò nuovamente lungo il fianco, rimase piantata sul posto, quasi immobilizzata.
Ma non appena vide le loro labbra incontrarsi di nuovo, non appena avvertì le loro risate risuonare fra le pareti, voltò le spalle a entrambi, senza neanche badare ai propri passi.
 
 
 
 
*  *  *
 
 
 
 
Nel Dormitorio femminile di Grifondoro regnava un perfetto silenzio, e il letto di Scarlett era l'unico occupato.
Si era rintanata lì dentro per studiare, e dopo aver con fatica portato a termine la traduzione di Antiche Rune, si stava apprestando a studiare un noiosissimo capitolo di Storia della Magia lungo ben ventiquattro pagine, ma sfogliava il tomo malandato con svogliatezza, senza riuscire ad assimilare alcunché, cosa che le capitava solo quando aveva la testa catapultata da tutt'altra parte, e in quel momento era decisamente ben lontana da quelle pagine, piantata sulla serata che avrebbe trascorso in compagnia di Sirius subito dopo gli allenamenti di Quidditch.
Aveva lo sguardo vacuo, fisso sulla finestra dalle ante semichiuse che non riusciva neanche a vedere, e stava ripensando al loro incontro dell'ora di pranzo, quando la porta venne aperta bruscamente e le ragazze si barricarono nella stanza, gettando le borse sui letti con aria sfinita. 
All'appello, però, mancava ancora Mary, e Scarlett si chiese come mai non fosse insieme alle amiche.
« Oh, sei qui! » esclamò Alice, fissandola, e Scarlett sollevò le sopracciglia e annuì con palese ovvietà.
« Sì » rispose infatti. « Stamattina ho fatto tardi e non vi ho trovate... dove siete state? »
« Mattinata di studio intensivo » fece Emmeline, ancora distesa sul letto. 
« Eravamo troppo indietro con i compiti, anche grazie ad Hogsmeade » proseguì Lily, massaggiandosi la nuca. « Così siamo andate in Biblioteca per autoimporci di stare sui libri fino a scoppiare ».
« Ovviamente, il piano è fallito clamorosamente » riprese Alice, e tutte quante risero sonoramente. « Non ho quantificato bene, ma ad occhio e croce abbiamo studiato un decimo di quanto ci eravamo proposte di fare. Fa niente » si affrettò ad aggiungere con un gesto noncurante della mano. « Tu, invece, come sei messa? » 
Scarlett si intristì, passandosi le dita fra i capelli per sciogliere alcuni nodi.
« Io vengo da una sfiancante maratona di Antiche Rune » annunciò, stremata, e si gettò a braccia spalancate sul materasso, affondando il volto nel guanciale.
Lily afferrò la propria traduzione e la sventolò per aria, un'espressione rassegnata dipinta sul volto.
« Una sfacchinata, lo so » confermò. « Sono rimasta con il naso incollato a quel libro per due ore ».
Scarlett sospirò, chiuse con un colpo secco Storia della Magia e si sistemò i capelli su una spalla, rilassando i nervi tesi della schiena irrigidita.
« Che ore sono? » domandò a Lily, sbadigliando e stiracchiandosi con un lamento sommesso. « Devo prepararmi per l'allenamento ».
Improvvisamente, l'espressione delle tre ragazze cambiò in modo drastico. 
Da stanche e depresse parvero immediatamente sveglie e pimpanti, e tutte quante si scambiarono sguardi d'intesa, sorridendo maliziose.
« Troppo presto per scappare un'altra volta, razza di stronza fuggitiva » fu la dolce risposta di Lily, e sbattè le ciglia con un sorriso innocente.
Scarlett le fissò, sorpresa, ed Emmeline le si fece vicina, mentre le altre due si sistemavano comodamente vicino al suo letto.
« Saltiamo la parte in cui entrambe vogliono farti arrivare da sola a ciò che le loro menti contorte stanno pensando » spiegò Emmeline pacatamente, scuotendo il capo. « Vogliono sapere qu-... »
« Vogliamo, Mel » la corresse Alice, piccata. « Non far finta che l'argomento non ti tocchi. La curiosità è donna, dopotutto ».
Emmeline la fissò, colpita dalla sua trovata, e rise sommessamente.
« Vorremmo sapere, sempre se ti va di raccontarcelo » riprese poi, e quando Alice fece per parlare di nuovo la zittì con lo sguardo, « quello che ti è successo ad Hogsmeade. A scuola non si parla d'altro che di te e Sirius, alcuni vi hanno visti insieme al villaggio. E di James e Lily, naturalmente, ma lei ci ha già confessato tutto in Biblioteca » aggiunse, sorridendo.
Scarlett parve offesa, e si rivolse a Lily con un cipiglio severo che non prometteva nulla di buono.
« Ah, funziona così adesso? » fece, fingendosi aggressiva. « A me non racconti nulla ma pretendi di sapere tutto? Non ti dirò una parola, Rossa ».
Lei rise di cuore, mentre Alice si mostrò decisamente poco contenta per la sua risposta insoddisfacente.
« Guarda che Lily è stata più che propensa a vuotare il sacco, sei tu che ci sfuggi da ieri sera come un sapone e non vuoi raccontarci niente » disse tutto d'un fiato, infuriata, ed Emmeline le si accoccolò accanto per calmarla, compito che svolgeva egregiamente da ben sei anni.
« Non vi sto... sfuggendo come un sapone » replicò Scarlett con una risata. « Questa notte quasi non ho chiuso occhio e poi... »
« Oh, ma allora qui c'è in ballo roba seria! » esclamò Alice, elettrizzata, e abbracciò Emmeline per festeggiare l'accaduto.
Lei battè qualche cauta pacca sulla schiena, finché il suo travolgente entusiasmo non si fu almeno un po' placato.
« Sul serio, ragazze » riprese Scarlett, sorridendo. « Sapete come sono fatta, volevo prima... metabolizzare bene tutto quanto. E adesso che l'ho fatto - o almeno credo, ancora non l'ho ben capito - saprete tutto, sanguisughe di gossip a tradimento! »
Le ragazze scoppiarono a ridere, allegre, e Scarlett le colpì con i suoi due guanciali, innescando l'immancabile battaglia di cuscini che seguiva ad ogni attacco improvviso provocato da una delle cinque.
Le altre ebbero il tempo di prendere i propri cuscini e di vendicarsi con qualche colpo ben assestato, quando all'improvviso la porta del Dormitorio venne aperta ed entrò Mary, lo sguardo basso.
« Mary, tesoro! » esclamò Alice, avvicinandosi per scoccarle un bacio sulla guancia.  « Dove ti eri cacciata? » 
« Già » disse Scarlett, sistemandosi i capelli. « Pensavo di trovarti ancora a letto ».
« Anche noi » si aggiunse Lily,  posando il proprio cuscino per poi stringerla in un breve abbraccio. « Stamattina ti abbiamo controllato e sembravi ancora un po' febbricitante ».
Lei non ebbe particolari reazioni, ma si limitò ad avanzare verso il proprio letto e a sedersi, scrollando le spalle.
« Alan mi ha dato una mano con il compito di Cura delle Creature Magiche » rispose, piuttosto vaga.
Poi abbandonò il materasso sul quale si era appena seduta e cominciò a rovistare nel proprio baule alla ricerca di chissà cosa.
« Quindi ti sei ripresa » disse Emmeline, accoccolandosi sulla spalla di Alice. « Niente più d al posto delle t, finalmente ».
La ragazza, a differenza delle amiche, non rise, e si prese un po' di tempo prima di rispondere, continuando a scansare via il ciarpame del baule con il viso nascosto dai capelli. Le amiche si scambiarono sguardi sospettosi, ma aspettarono che dicesse qualcosa.
« Sto benissimo » rispose infine in tono asciutto. « Perfettamente » aggiunse, e parve piuttosto acida, cosa che non era assolutamente da lei.
« Tesoro... sicura che vada tutto bene? » insistette Alice, titubante, e il suo sguardo, insieme a quelli delle altre, si concentrò meglio su Mary.
Seguì un altro prolungato silenzio, spezzato soltanto dal tonfo del baule che veniva chiuso senza che ne avesse tirato fuori alcunché.
« Vado a fare una doccia, ho caldo » si limitò a dire, sventolandosi una mano a un centimetro dal viso, e si diresse verso il bagno.
Alice, però, scattò a sedere e la richiamò prontamente, facendola voltare di malavoglia.
« Alla doccia penserai dopo, regina del mistero » le fece in tono spiccio, decisa. « Scarlett ha in serbo per noi novità succulente sul suo travagliato rapporto con Black, e tu devi esserne informata. Qualunque sia il motivo del tuo turbamento, una bella scorpacciata di sano gossip tra ragazze ti farà bene ».
Terminò il proprio monologo con un ampio sorriso mirato a invogliare l'amica a rimanere, e sbattè le ciglia più volte, teneramente.
Mary, però, non fece caso alla sua espressione e si volse a guardare Scarlett, le gambe incrociate e i gomiti poggiati alle ginocchia.
« Novità succulente? » fece in tono tendenzioso, e lei la fissò, interrogativa. « Ah, beh, in questo caso non posso di certo tirarmi indietro... Sono tutta orecchi, Scarlett ».
Si accomodò sul proprio letto con uno svolazzo della gonna nera, accavallò le gambe e prese a tamburellare le dita fra le lenzuola, in attesa.
Era nervosa, irritata, e si sentiva stupida come tanto detestava sentirsi. 
Presa in giro quanto più possibile, cieca di fronte alla realtà. Una sciocca.
Possibile che avesse obbligato se stessa a ignorare tutti i segnali che da tempo le arrivavano forti e chiari? Scarlett e Sirius, oramai da un mucchio di tempo, avevano preso a manifestare un feeling straordinario, una chimica fuori dal comune che avrebbe senz'altro dovuto insospettirla. E di certo aveva notato i loro continui battibecchi, sempre più mirati alla provocazione, sempre meno generati dal disprezzo, ed era persino riuscita a intendere alcuni dei tanti giochi di parole con i quali Sirius si divertiva tanto a stuzzicare Scarlett, ma non aveva mai creduto possibile che quelle stesse frecciatine potessero nascondere qualcosa di più profondo. Forse perché ammetterlo le sarebbe costato troppo, e lei non aveva mai avuto voglia di pagare alcunché.
Il bruciore che percepiva allo stomaco ormai da ore era un indice inconfutabile del proprio stato d'animo, perché non poteva, non voleva negare di sentirsi ingannata da Scarlett, come se ciò che le aveva visto fare fosse stato un torto mirato a sgretolarla, ad umiliarla, a farla sentire così come si sentiva in quel momento. E ancor più difficile era ammettere a se stessa di essersi sentita usata anche da Sirius... ma era proprio così che si sentiva.
Perché l'aveva invitata ad Hogsmeade? Perché proprio lei, quando avrebbe potuto avere qualsiasi ragazza avesse desiderato?
Aveva rivolto a se stessa quei quesiti per tutto il pomeriggio, senza riuscire a cavarne una risposta, un senso, una spiegazione logica. 
E questo, il non capire, il non riuscire a venire a capo di quella insopportabile faccenda, la mandava in bestia forse più di qualsiasi altra cosa.
Quando Sirius le aveva posto quella richiesta, aveva realmente sperato di poter avere una possibilità, quella che non le era mai stata concessa prima. 
E invece si era ritrovata a sbattere il naso contro la realtà, proprio come succedeva alle stupide ragazzine illuse che non vogliono mai ascoltare la ragione e prestare attenzione ai fatti che si svolgono a un palmo di distanza dai loro occhi, e che puntualmente vengono deluse.
Quindi eccola lì, una bambina insoddisfatta, tradita da coloro che dei suoi sentimenti non conoscevano neanche l'ombra, e che mai avrebbero desiderato farla soffrire. Eccola lì, ansiosa di prendersela con il mondo intero, quando nessuno meritava di portare il peso di quella colpa che non esisteva.
Stava pagando per non aver mai dato voce alle proprie emozioni, ma non voleva ammettere, ancora una volta, di essere ingiusta a far pagare qualcun altro.
« A cosa devo la tua sottile ironia, Mary? » domandò Scarlett, fissandola con un misto di stupore e curiosità nello sguardo. 
Conosceva bene Mary, i suoi modi spesso bruschi e parecchio diretti, il tono infastidito con il quale si poneva quando qualcosa non le andava a genio... sotto questi aspetti era fin troppo simili, quindi non potè sfuggirle il tono derisorio con cui aveva parlato un attimo prima.
Quello che non sapeva, però, era la causa di quel risentimento, e fu sinceramente stupita di avvertirlo nelle sue parole.
« Non c'è nessuna ironia » ribattè lei, apparentemente pacata e sincera. « E' solo che credo di essermi rovinata la sorpresa. Voglio dire, il tuo sarebbe stato uno splendido racconto, immagino, con un finale decisamente inatteso e appassionante, ma... sai, ci sono già arrivata. Qualche ora fa, quando ti ho sorpresa in un cantuccio vicino alla Sala Grande avvinghiata con passione a Sirius. Quindi, beh... non subirò lo shock finale, ma ti prego, racconta ».
Le ragazze fissavano Mary con il medesimo sguardo. Serio, vagamente perplesso e decisamente agghiacciato. 
Non era usuale sentirla parlare a quel modo. Non senza la loro solidarietà, comunque.
« Non ho intenzione di raccontare un bel niente se prima non dici a tutte cosa diavolo ti prende, Mary » le rispose Scarlett, secca.
Lei si morse una guancia, tentando di contenere la rabbia, le parole che volevano sbocciare fuori.
« Oh, ma guarda » replicò, squadrandola con uno sguardo che Scarlett non le aveva mai visto prima. « Sembra quasi che t'importi ».
A quelle parole, lei si irrigidì di scatto. 
Pareva raggelata, ma Mary quasi non notò la sua reazione, troppo impegnata a guardare altrove per concentrarsi su di lei, mentre le amiche volgevano lo sguardo dall'una all'altra, assolutamente sconvolte e ancor di più disorientate.
« Okay, credo sia giunto il momento di smettere di fare l'acida e di parlare chiaramente » fece Scarlett, senza riuscire minimamente a comprendere le sue parole, e lei sbuffò sonoramente. « Si può sapere di che diavolo stai parlando? » 
« Sto parlando di te » ribattè lei, seria e cupa. « Di te, la ragazza più desiderata del castello, la Cercatrice di Grifondoro, la brillante studentessa che, impossibile da credere, ogni tanto sbaglia. Probabilmente per te sarà una novità, ma sarebbe il momento di cominciare a rivedere i tuoi difetti, Scarlett. Non voglio turbarti, ma sappi che ne hai parecchi anche tu ».
Scarlett inarcò entrambe le sopracciglia, colpita dalla sua ironia sfacciata e carica di risentimento, e la fissò con altrettanta freddezza.
« Molti più dei pregi, probabilmente, ma non mi risulta che ti abbia mai dato fastidio » rispose infatti, gelida. « Ora sto aspettando di sapere dove sta il punto, altrimenti questa discussione non ha il minimo senso ».
Mary si passò la lingua sulle labbra in un gesto rapido e istintivo.
« Ne avrebbe molto di più un bel trattato su quanto è bravo a baciare Sirius Black, però » la corresse, stizzita. « Ti apprestavi a farne uno stupendo e ricco di dettagli freschi di giornata, quindi non vorrei annoiarti con le mie inutili chiacchiere. Se ti fosse importato un minimo di me, dopotutto, non saremmo arrivate a questo punto ».
Seguì uno dei silenzi più impenetrabili che quel Dormitorio avesse mai racchiuso fra le proprie pareti scarlatte, e per un po' nessuno osò spezzarlo.
Scarlett guardava Mary come se fosse stata una completa estranea, quasi una creatura aliena, e lei ricambiava il suo sguardo con qualcosa di simile al disprezzo, un sentimento che le fece gelare il sangue nelle vene prima ancora che capisse la ragione che lo aveva scatenato così di punto in bianco.
« Lo aveva chiesto a me, Scarlett » mormorò alla fine Mary, la voce non del tutto ferma. « Sirius aveva invitato me. Ma tu te ne sei fregata e hai pensato ai tuoi comodi, come fossi una sconosciuta ».
Terminò il suo discorso a fatica, troppo frustrata per dar forza alla prima frase libera dal sarcasmo che aveva pronunciato di fronte a lei, e si morse il labbro inferiore, scuotendo il capo.
Scarlett, invece, si sentì improvvisamente pervasa da una strana sensazione: in un qualche strano, assurdo modo... si sentiva terribilmente presa in giro.
Sirius? Non riusciva a capire perché avesse tirato in ballo il suo nome, né tantomeno perché sembrasse tanto turbata da ciò che aveva visto.
Era passato quasi un anno da quando Mary aveva finalmente voltato pagina, dicendo addio a Sirius e alla propria cotta per lui. Lo aveva ribadito più volte, aveva sempre detto di essere stata sciocca e un po' infantile, e di aver forse confuso il loro legame di amicizia con qualcosa di diverso, al punto che le amiche si erano convinte della sua determinazione nel volerlo dimenticare e non avevano più avvertito segni che facessero pensare loro il contrario.
« Mary, hai voglia di scherzare o cosa? » chiese infatti Scarlett, un turbine di pensieri che le vorticava in testa senza meta. « Vuoi dirmi che, dopo mesi di continui no, stai ammettendo che ti piace ancora Sirius? E' questo il tuo problema? »
« No » ribattè subito lei, gelida. « Il mio problema è avere un'amica che mi ignora, che s'interessa di tutto tranne che di sapere quello che mi passa per la testa, e che, non contenta, mi pugnala alle spalle senza un briciolo di pentimento. Ecco qual è il mio problema ».
Si squadrarono reciprocamente, l'una sconvolta, amareggiata, colpita, l'altra furente, avvelenata, con un rossore sulle guance che non andava via.
Accanto a loro, Alice, Lily ed Emmeline erano agghiacciate, pietrificate sul posto, e non avevano la forza di pronunciare una parola.
Scarlett, invece, stentava a credere alle sue orecchie. 
Le accuse di Mary erano assurde, false e del tutto insensate, e lei non aveva per niente voglia di sentirsele scagliare addosso.
« Non sai quello che dici, è questa la verità » rispose, cercando di smorzare la rabbia che premeva per venir fuori. « Per mesi non hai fatto altro che negare quando ti chiedevo se Sirius ti piacesse ancora, quasi ti infastidivi quando toccavamo quel particolare tasto! Cosa pretendi? Non puoi pensare che la gente possa entrare nella tua testa con uno schiocco di dita, che sia così facile capire che dici una cosa e ne pensi un'altra totalmente diversa! »
« Una vera amica avrebbe capito » ribattè Mary con fermezza, sicura di sé. «  Credi sia stato piacevole, per me, stare a sentire tutti i vostri commenti sarcastici ogni volta che anche solo nominavo Sirius? » proseguì, infervorandosi sempre più. « I tuoi, poi, erano i migliori. Sempre forti, sferzanti... crudeli, se ci riuscivi. Sai, non mi hai esattamente invogliata a confidarmi con tutti quei pareri distruttivi che non dimenticavi mai di darmi ogni santa volta. Quando mi chiedevi di Sirius lo facevi solo per accusarmi e smontarmi tutto quanto, non perché ti interessava sinceramente sapere quello che provavo per lui ».
Scarlett scosse il capo ripetutamente, stringendosi convulsamente un ginocchio con il palmo della mano sudaticcia.
« Questo non è assolutamente vero » fu la sua pronta risposta, pronunciata quasi con un sussurro. « Se pensi questo, significa che non mi conosci neanche un po'. E non ho la minima intenzione di sentirmi accusare di qualcosa che non ho fatto ».
A quelle parole, Mary reagì d'istinto, con una rabbia sorprendentemente inaspettata.
« Vedi come la prendi? » sbottò. « Ti sto parlando, sto provando a farti capire come mi sento, ma a te non arriva nulla se non i miei attacchi, ti importa soltanto di quelli! »
« Perché attaccarmi è l'unica cosa che stai facendo! » esclamò Scarlett in risposta, altrettanto turbata e agitata. « E no, non capisco affatto come ti senti. E non perché non mi interesso a te, ma semplicemente perché hai passato gli ultimi mesi a fingere, e per questo devi prendertela solo con te stessa! »
Mary deglutì, tentando di dissimulare l'imbarazzo che quelle parole avevano scatenato in lei, consapevole, nel profondo, di quanto Scarlett avesse ragione.
« Beh, non sono stata l'unica » si ritrovò però a replicare, piccata. « Anche tu hai finto per mesi con me, con i tuoi consigli che sapevano tanto di verità assolute... Black è solo un arrogante, non capisco come faccia a piacerti, è un montato superficiale, ti farebbe solo soffrire! » esclamò in una convincente imitazione di Scarlett, che abbassò lo sguardo, turbata.
« Volevo solo farti capire che non era il ragazzo adatto a te » mormorò in risposta, e l'altra s'infervorò se possibile ancor di più.
« Oh, ma certo, invece per te è perfetto, non è vero? » replicò, gli occhi che bruciavano. « Le battutine pungenti, i rapporti superficiali e i modi da stupido arrogante sono argomenti che per te non valgono affatto! Servivano solo a dissuadere me, naturalmente! »
Scarlett scosse il capo con amarezza e rammarico, frustrata. 
Mary non capiva. Non poteva capire, perché non aveva vissuto il loro percorso, perché non aveva afferrato le loro emozioni, e non era nemmeno riuscita a captarne il profumo in lontananza, mentre loro le avevano gustate appieno, passo dopo passo, insieme.
« Non valgono perché Sirius è molto più di questo, Mary » le disse, passandosi le dita fra i capelli con un sospiro carico di stanchezza. « E ultimamente è anche cambiato moltissimo » aggiunse, e lei, inaspettatamente, scoppiò a ridere di gusto.
« E questo te l'ha detto lui? » chiese, piccata. « E cos'ha detto di preciso? Che è cambiato per te, forse? Ah, beh, quella frase funziona sempre. Ma di' un po', come fai a credergli? »
Scarlett la fissò, un velo di sgomento nel suo sguardo, ma Mary non pareva aver voglia di troncare la discussione.
« Rifletti » riprese infatti, dura. « Aveva invitato me ad Hogsmeade, ha portato con sé un'altra persona solo perché non stavo bene, e ha finito per baciare te ». Sorrise, spalancando le braccia per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi. « Pensi davvero che sia cambiato? » mormorò, sarcastica. « A me sembra sempre lo stesso, e non mi pare che prima d'ora ti sia mai piaciuto ».
Non le importava di essere crudele, di dire le cose esattamente come stavano, semplicemente perché con lei nessuno aveva avuto pietà, tantomeno i fatti.
Aveva scoperto la verità guardandola nella sua natura nuda e cruda, senza nessun preavviso, e poi, senza nemmeno alcuna parola di conforto.
E in effetti, Scarlett non poteva negare che la faccenda si fosse svolta proprio in quel modo. Sirius aveva mescolato un po' le carte, ma allo stesso tempo, le emozioni che aveva visto bruciare sulla sua pelle quando erano stati insieme non avrebbero potuto essere altro che vere, perché lui le aveva trasmesse alla sua.
Le parole di Mary erano vuote, prive di senso, e non aveva voglia di ascoltarle, né tantomeno di attribuirvi un qualsiasi valore.
« Dimmi un po', adesso » proseguì quella imperterrita e sempre più decisa a ferirla. « Come ci si sente a trovarsi al mio posto? Era più comodo sputarle, le sentenze, piuttosto che sentirsele scagliare contro, non è così? »
Scarlett era immobile, e se possibile ancor più turbata di lei, in particolare dopo aver ascoltato le sue ultime, terribili parole.
« Ha invitato te perché ti crede sua amica » fu l'unica cosa che ebbe la forza di dire. « Nulla di più. Sei tu che ti sei fatta mille castelli in aria, e non ti sei mai accorta di quello che stava succedendo a noi... Di quello che stava succedendo a me. Non mi pare di essere l'unica menefreghista, qui ».
La fissò, senza riuscire a riconoscerla, e lei ricambiò lo sguardo con dura fermezza.
« Vi stuzzicate da sempre, non è una novità » replicò, scrollando le spalle con palese indifferenza. « E fino a ieri a stento vi scambiavate un saluto. Persino quando stavi con Matt i battibecchi fra di voi non sono mai mancati, ma non mi pare che ci fosse dietro qualcosa di diverso dal puro disprezzo ».
« Infatti era così » rispose lei, la voce flebile, evidentemente ancora influenzata dalle sue precedenti frecciate. « Ma adesso è cambiato tu-... »
« Oh, certo, adesso capisco! » la interruppe Mary, il tono sprezzante e derisorio. « Tu pensi che abbiate feeling, vero? Un feeling... speciale. A quanto pare, allora, forse neanch'io sono l'unica che si costruisce castelli in aria senza fondamento ».
Scarlett, a quelle parole, risollevò lo sguardo, gli occhi ridotti a fessure.
Fino a quel momento, aveva incassato i suoi colpi bassi in silenzio, ma quella insinuazione era quanto di più pesante potesse dirle.
Perché lei non sapeva nulla del loro passato, di ciò che avevano vissuto. Se solo avesse potuto osservare gli occhi di Sirius quando scrutavano i suoi, non avrebbe sentito la necessità di ulteriori spiegazioni, perché parlavano da sé, e parlavano tanto.
« Castelli in aria? Io? » le disse infatti, nuovamente irata. « Tu non hai idea di quello che abbiamo passato! Tu non sai niente del nostro rapporto, tu non sai niente di lui! Credi di meritare le sue attenzioni molto più di me, ma in realtà non conosci un briciolo di quello che è Sirius veramente, non ti sei mai impegnata davvero a conoscerlo nel profondo, nonostante pensi di essere la sua grande amica, l'unica ragazza in tutto il castello che possa vantare un rapporto sincero con lui! »
« So molto più di quanto credi, invece » fu l'immediata risposta di Mary, che pareva sempre più infervorata. « So benissimo cosa credi tu, è evidente. Credi di aver incontrato il grande amore o non so cos'altro, non è così? »
A quelle parole, Scarlett si immobilizzò, fissandola dritta negli occhi, il volto totalmente privo di espressione.
« E addirittura pensi che Sirius ti ricambi! » proseguì, ironica e scossa da una risata improvvisa, mentre il volto di Scarlett si faceva sempre più pallido. « Beh, ti dirò una cosa... sei solo un'illusa. Perché forse sarà speciale per te, forse avrete un rapporto magnifico per te, ma per lui sei esattamente uguale a tutte le altre. Una del mucchio acciuffata a casaccio, la ragazza del momento, e ti assicuro che la fissa che ha per te dipende solo dal fatto che rappresenti la sua sfida, l'unica che lo ha rifiutato per così tanto tempo, non è reale interesse per te. E' ora che tu ti decida ad aprire gli occhi ».
A quelle parole, lei boccheggiò un paio di volte, senza riuscire ad emettere un suono, poi serrò le labbra con forza, abbassando lo sguardo.
Quelle parole erano state un pugno in pieno stomaco, che, a quanto pareva, non era stata pronta ad incassare.
Possibile che per una delusione Mary fosse capace di arrivare a tanto? Dov'erano finiti il suo tono gioviale e il suo spirito sempre sereno? 
L'espressione dipinta sul suo volto la spaventava, ma mai quanto le parole alle quali aveva dato voce in un furioso attacco di rabbia. 
Perché l'avevano ferita, e non poteva in alcun modo negarlo. Perché sembravano così vere da terrorizzarla e renderla impotente.
All'improvviso, tutti i dubbi ai quali aveva detto addio il giorno prima si riversarono nuovamente su di lei, sommergendola e trasportandola come in alta marea. Non poteva scansarli, non poteva respingerli... poteva solo assorbirli, sperando che non si impossessassero di lei completamente. Ma sentiva dentro di sé che lo stavano già facendo.
« Però, adesso che ci penso, in realtà siete fatti l'uno per l'altra » mormorò ancora Mary, scuotendo impercettibilmente il capo quasi come stesse parlando a se stessa. « Siete fatti della stessa pasta, non v'importa di nessuno al di fuori di voi stessi. Lui, che prende qualsiasi cosa alla leggera senza mai curarsi delle conseguenze, e tu, che giostri le persone solo e soltanto per il tuo tornaconto. Esattamente come hai fatto con Dylan » aggiunse in un sussurro velenoso. « Lo hai usato, sei uscita con lui solo per tenere la mente occupata, ma alla prima occasione lo hai mollato e ti sei buttata tra le braccia di Sirius ».
Scarlett scuoteva il capo di continuo, rifiutando quelle verità mirate a colpirla, ad affondarla, ma non poteva evitare di sentirle estremamente vicine a sé.
Mary stava delineando un ritratto perfetto del suo comportamento, e lei non possedeva armi per annientare le sue tesi inconfutabili.
Aveva messo in ballo Dylan in un gioco che non lo riguardava in alcun modo, per poi gettarlo via quando non ne aveva più avuto bisogno. Era stata ingiusta e senza scrupoli, si era presa gioco di un ragazzo solo per combattere una battaglia persa in partenza contro i propri sentimenti, e aveva sbagliato ogni cosa.
Sembrava quasi, poi, che Mary conoscesse i suoi veri punti deboli, e mirasse a colpirla proprio laddove faceva più male.
« Proprio tu, che tanto condannavi le sue leggerezze con le ragazze, ti sei comportata esattamente come lui » proseguì ancora, spietata e inarrestabile. « Hai preso in giro Dylan, hai preso in giro me... entrambi mi avete presa in giro. Proprio voi due » sussurrò.
La sua voce suonava incredula, come se non riuscisse a credere neanche lei alle proprie parole, ma la realtà le appariva incontrovertibile.
Risollevò lo sguardo, agganciandolo fermamente a quello tremulo di Scarlett, e non lo distolse neanche per un istante.
« Adesso so anch'io come ci si sente ad essere traditi ».
E quelle parole furono le ultime che Scarlett riuscì a sopportare.
Il poco rossore rimasto sul suo volto scomparve all'istante, lasciandolo pallido come mai era stato prima di allora. 
Sotto lo sguardo atterrito delle amiche, bianche come lenzuoli anche loro, abbandonò il letto, afferrò la borsa e la scopa da corsa depositate sul pavimento e filò via dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle con le lacrime che già le pungevano gli occhi.









Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, splendori?
Finalmente siamo riuscite ad aggiornare, anche se... udite udite: questo capitolo non mi piace. *scoppia un poderoso applauso*
Va bene, lasciamo perdere questi futili dettagli e veniamo a noi. Non che io abbia granché da dire, in realtà.
Tutto ciò che voglio spiegare è una cosuccia su Mary. Ecco, Mary non è pazza, né cattiva come potrebbe sembrare.
Credo non sia poi così difficile comprenderla, no? Si è sentita tradita in primis da una delle sue migliori amiche, e... insomma, insieme a tutto il resto, non dev'essere molto piacevole. Essendo Scarlett ad averle fatto questo 'torto', tutto è amplificato.
E poi, il caro vecchio Dylan Brown. Ah, ma è così dolce, come fate a detestarlo? Quell'uomo è un aww con piedi e braccia (?)!
Anyway, non è che prenda la sua 'rottura' con Scarlett così alla leggera perché è scemo, eh. Ovviamente, neanche lui era così cotto di lei, e stava solo provando a uscire con una ragazza di bell'aspetto che gli stava parecchio simpatica. Tutto qui.
Detto ciò... nada, ho finito.
Vi posto qualche immagine, su.
Innanzitutto, un nuovo banner tutto Blanks della splendida Hayley's (
https://www.facebook.com/pages/Hayleys-/208100929231904?fref=ts): 
http://oi34.tinypic.com/2hp87py.jpg.
Poi, l'immagine intera di inizio capitolo, di quell'altro splendore che è viria13: http://oi37.tinypic.com/29bhati.jpg.
Infine, la coppia del secolo, quella che tutti voi shipperete. Sirius Black/Giselda Stubbins: http://oi38.tinypic.com/29zee5y.jpg.
Finite le immagini, ci tengo a postarvi questa piccola ma tanto carina flash di una nostra lettrice, Roberta, sul nostro intramontabile Avada Frank: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1759931&i=1. (Quell'idiota di EFP non mi permette di ingrandire il carattere, non chiedetemi perché *sospira*).
Oh, e un ultimo link per voi. Due nostre lettrici, Giulietta ed Eloisa, hanno avuto la splendida quanto folle idea di creare un Gioco di Ruolo sulla storia. In questa pagina troverete tutti i personaggi, occupati e non: 
https://www.facebook.com/thefinalchance?ref=ts&fref=ts. Se volete unirvi, sarete i benvenuti.

Detto ciò, ci teniamo come sempre a ringraziare tutti voi per il vostro continuo e immancabile sostegno.
In particolare, coloro che ci hanno permesso di ottenere ben quarantacinque recensioni all'ultimo capitolo. Grazie, grazie di cuore. Siete incredibili.
E, come sempre, grazie ai 258 delle preferite, ai 67 delle ricordate e ai 278 delle seguite. Grazie infinite di cuore.
Adesso ci dileguiamo per goderci un po' di meritato riposo. 
Un bacione, gente!
 

Simona_Lupin

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Capitolo 33
*** Rotture ***





 

Questo capitolo è dedicato a Vale, Blanksomane e regina indiscussa delle gif.
Buon compleanno, tesoro (anche se in ritardo).
E grazie per tutto quanto.




Capitolo 33

Rotture


 

Da quando Scarlett e Mary si erano conosciute, quella lontana e limpida sera di sei anni e mezzo prima, non avevano mai litigato.
Forse perché in fondo erano parecchio simili, forse perché si ritrovavano spesso ad essere alleate... forse perché, semplicemente, non era mai capitato.
D'altra parte, Mary non era affatto una ragazza che ricercava conflitti di proposito; anzi, parteggiava palesemente per il cosiddetto quieto vivere. E allo stesso modo, Scarlett, malgrado il carattere focoso e assai irritabile con il quale si ritrovava a dover convivere, trovava nelle amiche una sensazione di pace che solo pochissimi altri riuscivano ad infonderle.
Anche per quella ragione l'aspro scontro che era divampato fra loro in Dormitorio qualche attimo prima l'aveva così profondamente scossa. 
Era stato inatteso, violento e quasi crudele da parte di entrambi i fronti, e pareva avessero covato dentro quegli ardenti rancori per lungo tempo, quando invece la rabbia e la delusione erano montate in loro nel corso di qualche ora, o, nel caso di Scarlett, nel giro di alcuni tempestosi minuti.
Mentre percorreva la scaletta a chiocciola verso la Sala Comune quanto più velocemente poteva, cercava di arginare i pensieri che le affollavano la mente e di reprimere le lacrime che cominciavano ad annebbiarle la vista, impedendole di distinguere un gradino dal successivo. Eppure, nonostante stesse impiegando tutto il proprio impegno per quello sforzo, continuava a ripercorrere le parole di Mary con frustrazione crescente, senza riuscire a smettere.
Molti sguardi si posarono su di lei quando schizzò in direzione dell'uscita, ma lei non vi prestò attenzione e non rallentò il passo, anzi, quando fu giunta alla prima rampa di scale posta dinnanzi al ritratto della Signora Grassa, lo accelerò ancor di più, la mano destra che scivolava lungo il passamano di roccia.
Una vera amica avrebbe capito... 
Le pareva di sentire ancora la sua voce carica di delusione... 
Quando mi chiedevi di Sirius lo facevi solo per accusarmi e smontarmi tutto quanto, non perché ti interessava sinceramente sapere quello che provavo per lui...
Lontano da Mary, ammettere a se stessa quanto avesse avuto ragione era fin troppo semplice, ma faceva doppiamente male. 
Avrebbe quasi preferito mantenere quella forza che le consentiva di negare, di respingere con determinazione ogni verità che non voleva accettare, ma non riusciva più ad oscurarle, e si sentiva maledettamente sciocca al solo pensiero di tentare di credere alle bugie che aveva portato avanti per difendere se stessa. Semplicemente, non voleva farlo.
Aveva cercato di scacciare via Sirius dalla mente di Mary in ogni modo possibile, e malgrado l'avesse fatto per il suo bene, con il solo fine di non vederla soffrire, non le era stata d'aiuto in alcun modo, anzi, l'aveva solo spinta a chiudersi in se stessa, persino di fronte a lei che le era amica da tempo.
Aveva sputato sentenze sul suo conto senza neanche riflettere, perché il solo pensiero di vedere una persona per la quale provava affetto usata da Sirius e poi lasciata da parte l'aveva sempre mandata in collera, al punto che aveva tentato di trasferire in Mary tutto il disprezzo che, nel corso del tempo, non aveva mai smesso di provare nei suoi confronti. Tutto ciò, naturalmente, prima che imparasse a conoscerlo per ciò che era... e per quel che era diventato.
Siete fatti della stessa pasta, non v'importa di nessuno al di fuori di voi stessi... 
La voce di Mary non smetteva di assillarla... 
Proprio tu, che tanto condannavi le sue leggerezze con le ragazze, ti sei comportata esattamente come lui... Hai preso in giro Dylan, hai preso in giro me... 
Aveva creduto di poter mettere a tacere il rimorso per ciò che aveva fatto a Dylan semplicemente mettendo le cose in chiaro con lui, ma non era abbastanza. Proprio come aveva detto Mary, lo aveva usato come mezzo per raggiungere i propri scopi, era stata egoista e ingiusta nei confronti di qualcuno che non lo meritava affatto, e che mai avrebbe dovuto avere a che fare con quella storia che non lo riguardava.
E dire che aveva provato sulla sua stessa pelle cosa volesse dire essere presi in giro... Ma malgrado lo sapesse bene e avesse disprezzato Sirius soprattutto per quella ragione, aveva riservato a Dylan lo stesso trattamento, e le parole di Mary a quel proposito non avrebbero potuto essere più vere.
Aveva invitato me ad Hogsmeade, ha portato con sé un'altra persona solo perché non stavo bene, e ha finito per baciare te... Pensi davvero che sia cambiato?
Quel dubbio si era insinuato in lei come un soffio di vento gelido in una fessura nascosta, l'unica crepa sottile rimasta ancora aperta in quella compatta barriera di certezze che era finalmente riuscita a costruire. La ferita che col tempo pareva essersi risanata, ma che non voleva del tutto guarire.
Erano fatti tangibili, quelli che Mary aveva presentato con tanta schiettezza, prove che, in qualche modo, potevano testimoniare come in effetti Sirius non fosse affatto cambiato. Ma le dimostrazioni che Scarlett aveva ricevuto da lui avrebbero dovuto abbattere quell'insignificante leggerezza, mettere da parte quello che era stato semplicemente un atto di ripicca nei suoi confronti... Avrebbero dovuto, sì. 
Ma quel dubbio non accennava a perire, e respirava in lei come una creatura viva, contagiando ogni sua sicurezza, e tutte le sue convinzioni.
Sei solo un'illusa... Perché forse sarà speciale per te, forse avrete un rapporto magnifico per te, ma per lui sei esattamente uguale a tutte le altre... Una del mucchio acciuffata a casaccio, la ragazza del momento, e ti assicuro che la fissa che ha per te dipende solo dal fatto che rappresenti la sua sfida, l'unica che lo ha rifiutato per così tanto tempo, non è reale interesse per te... E' ora che tu ti decida ad aprire gli occhi...
Ed era proprio ciò che aveva fatto. Aveva aperto non solo gli occhi, ma anche il cuore, lasciando che Sirius entrasse per occuparlo in ogni suo anfratto. Adesso, a un solo giorno di distanza, Mary le suggeriva di fare esattamente l'opposto. Aprire gli occhi, ancora, ma di fronte alla realtà, quella che lei le aveva sbattuto in faccia con una brutalità tale da scuoterla come se avesse ricevuto un ceffone. 
Lei però non voleva accettarla. Non era quella che aveva conosciuto.
Mentre varcava il portone d'ingresso, pensò a come fosse stato semplice strapparle via quella felicità che era riuscita ad assaporare solo per alcune ore. Se avesse saputo prima quel che sarebbe successo, avrebbe cercato di goderne, se possibile, ancor di più.
Si premette il palmo della mano sulle palpebre chiuse, così da ostacolare le lacrime che in tutti i modi cercavano di venir fuori, e i suoi occhi scuri e sempre vispi rimasero lucidi e un po' umidi, quasi che quelle stesse lacrime le avessero assorbite, invece di rigurgitarle.
In riva al lago, alcuni ragazzi ridevano sguaiatamente, mentre una coppia di Tassorosso passeggiava tenendosi per mano. Fu una visione insopportabile.
Difficile pensare che qualcuno, in quel momento, avesse l'immensa fortuna di non ritrovarsi una mente stipata di dubbi e di pensieri e un groppo di lacrime che bloccava il respiro in gola. E ancor più dura era realizzare che, solo una manciata di minuti prima, la sua spensieratezza doveva essere stata straordinariamente somigliante a quella che dovevano provare adesso quei ragazzi che tanto si ritrovava ad invidiare.
Chinò il capo, osservando i cumuli di neve gelida che macchiavano il prato e le suole delle scarpe, le dita strette così forte intorno al manico di scopa che le nocche divennero bianche come il latte. Ed era così concentrata nel tentativo di tenere la mente occupata che non si accorse neanche di chi le veniva incontro.
« Ah, eccola lì, la Cercatrice più ritardataria sul mercato » arrivò la voce allegra di Sirius, che le si avvicinava a grandi passi. « Ti avverto, bella Banks, James sta dando di matto negli spogliatoi e minaccia di buttarti fuori dalla squadra anche se sei - cito - l'eterno e inviolabile amore della sua vita ».
Le era quasi di fronte e stava per cingerle la vita con le braccia quando aggiunse: « Mi ha mandato a cercarti e... », ma non completò la frase.
Scarlett, infatti, aveva appena sollevato il viso e incontrato i suoi occhi. Le parole gli erano morte in gola all'istante.
« Cos'è successo? » chiese a bruciapelo, un tono asciutto ma permeato da un velo di preoccupazione.
La sua mano scattò a stringere il suo polso quasi prima che se ne rendesse conto, poi scese a serrare la sua in una morsa vigorosa e rassicurante insieme.
Ma potè godere di quel caldo e piacevole contatto per poco più di un istante, perché Scarlett la ritrasse bruscamente, facendo per continuare a camminare.
A quel gesto inaspettato, le sopracciglia di Sirius si fecero vicine, disegnando una ruga sottile, ma a parte quell'impercettibile gesto la sua espressione era come sempre imperscrutabile.
Difficile capire a cosa stesse pensando. Quel lieve movimento accennato faceva presupporre sorpresa, ma le sue labbra sottili e irrigidite dicevano altro.
La afferrò prima che potesse andare via, le dita che stringevano appena il suo avambraccio, e lei si arrestò senza opporre resistenza.
« Scarlett » disse ancora lui, tentando di rintracciare il suo sguardo ostinatamente basso.
La sua voce fu ferma, quasi dura, ma non suonava come un rimprovero. Piuttosto come un avvertimento. O meglio, una sollecitazione.
Il suo silenzio lo incupiva sempre più, istante dopo istante, ma dalle sue labbra socchiuse non fuoriusciva altro che il suo respiro irregolare.
« Ho litigato con Mary » mormorò infine, mordendosi la guancia, poi scosse il capo. « Non l'avevo mai vista così... lontana dalla persona che conoscevo ».
Le parve di vedere le spalle rigide di Sirius farsi un po' più rilassate, la tensione accennata sul suo volto distendersi pian piano.
« Racconta » fu tutto ciò che le disse, ma non osò sfiorarla ancora. Qualcosa gli diceva che in quel momento non desiderasse essere toccata.
La vide guardarsi intorno, come se cercasse una via di fuga, e capì che parlarne le sarebbe costato parecchio. Non avrebbe insistito ancora.
« Abbiamo parlato di te » esordì lei, continuando a sfuggire al suo sguardo. « Mary pensa... che io ti abbia portato via da lei ».
A quelle parole, Sirius si mostrò perplesso e inarcò appena un sopracciglio, scrutandola curioso. Non capiva cosa significassero le sue parole.
« Di che cosa stai parlando? » le domandò, ripercorrendole nel tentativo di rintracciarvi un senso, e lei tornò a fissarlo.
Lo guardò a lungo prima di replicare, come se volesse capire se la sua sorpresa e la sua confusione fossero genuine o meno. Poi rispose.
« A Mary piaci tu, Sirius ».
Lo disse con una semplicità e una naturalezza disarmanti, e ciò non fece altro che renderlo ancor più basito di quanto già non fosse.
Il primo pensiero che gli attraversò la mente nell'ascoltare quelle parole fu che Scarlett dovesse essere completamente impazzita. 
La sola idea era ridicola, estremamente sciocca, e ancora stentava a comprendere a cosa quell'insolito discorso avrebbe portato.
La sua espressione meravigliata, infatti, si trasformò ben presto in una fragorosa risata che la spiazzò del tutto.
« A Mary? » chiese, incredulo e divertito. « Quella Mary? Ah, ma che ti salta in mente? » le fece, scuotendo il capo senza smettere di ridere sommessamente.
Lei lo squadrò con risentimento. La sua risata l'aveva infastidita.
« E' dal terzo anno che ha una cotta per te » proseguì, irritata ma ancor più determinata. « Piantala di ridere, ti sto dicendo la verità ».
Lui smise, ma continuò a studiarla, sconvolto da quanto lei continuava a sostenere con tanta fermezza. Si stava decisamente prendendo gioco di lui.
« Quest'anno mi aveva ripetuto un mucchio di volte che le era passata, che non aveva più pensato a te... » fece ancora lei, passandosi le dita fra i capelli. « E adesso salta fuori che invece non era affatto vero e che io avrei dovuto rendermene conto... Ha colpevolizzato me quando avrebbe dovuto prendersela solo con se stessa e con tutti i suoi dannatissimi silenzi. Era... davvero fuori di sé » terminò, deglutendo.
Riabbassò lo sguardo, scossa, ma lui le avvolse le braccia intorno al corpo e lasciò che lei premesse il capo sul suo petto.
« Verrà a chiederti scusa prima del tramonto, vuoi scommettere?  » le fece, posando il mento fra i suoi capelli scompigliati dal vento. « E' una sciocchezza, magari aveva voglia di fare un capriccio e ha preso di mira te... o più probabilmente è in quel periodo del mese e non è troppo incline alla pace... Non so se lo sai, ma fate un po' paura in quei giorni nefasti » commentò poi, pensieroso e divertito insieme.
Lei non sorrise, ma si agitò appena fra le sue braccia e scosse impercettibilmente il capo.
« Tu non l'hai vista » disse in tono piatto, e le tornarono alla mente la superbia negli occhi di Mary e l'inclinazione rigida e quasi crudele delle sue labbra sottili. « Mi ha parlato come se le avessi fatto il peggior torto possibile... è stato orribile ».
Lui sfregò appena il mento contro il suo capo, poi vi lasciò un bacio silenzioso.
« Ti preoccupi troppo, splendore » fece in tono leggero, giocherellando con il lembo del suo maglioncino e attorcigliandolo intorno all'indice. « Rilassati, succede a tutti di esplodere, di tanto in tanto... noi ragazzi preferiamo le risse, voi le urla. Nessuna differenza » concluse con nonchalance, sorridendo appena, poi riflettè per un istante e riprese. « Quindi qual è stata la scintilla? Dice che le piaccio? » Rise sottovoce, sinceramente divertito.
Lei lo fissò, più seria in volto, sorpresa di vedere come fosse tornato sull'argomento con la superficialità con cui lo aveva accolto.
« Mi hai ascoltato? » replicò infatti, stizzita. « Certo che le piaci, e non ci trovo proprio nulla da ridere ».
Ma lui non smise, anzi rise più forte, sempre più convinto che quel suo tono preoccupato fosse solo un modo per farsi dare attenzioni. 
Attenzioni che - forse lei non lo sapeva - le avrebbe riservato in ogni caso.
« Beh, è anche piuttosto ovvio, non credi? » disse di rimando, alzando le sopracciglia nella sua solita espressione arrogante. « E' una ragazza, ha un paio d'occhi... sarebbe strano il contrario, non ti pare? » 
Sorrise sghembo, ma si rese subito conto che la sua battuta non aveva sortito l'effetto desiderato. 
Scarlett lo guardava fisso negli occhi senza il minimo accenno di divertimento nello sguardo.
« Voglio dire, dev'esserci la fila anche per te, Banks, ma... questo non significa che dovrei preoccuparmi ». 
A quanto pareva, nemmeno quel tentativo di aggiustare il tiro era servito a qualcosa, e Sirius iniziò seriamente a chiedersi cosa ci fosse di tanto sbagliato nelle sue parole, e cosa lei desiderasse sentirsi dire in quel momento, non trovando nulla di meglio rispetto alla voglia di farla sorridere.
« Se sei così cocciuta da non riuscire ad arrivarci da sola e vuoi sentirtelo dire apertamente, posso anche farlo: lei non mi piace. Affatto » concluse in tono definitivo. « Adesso possiamo voltare pagina? James ti sta aspettando e pretendo almeno un paio di minuti tranquilli da passare insieme ».
Poggiò la fronte alla sua, senza abbandonare la sua vita, e la osservò con aria speranzosa e un po' insolente.
« Non hai capito nulla » sbottò invece lei, slacciando bruscamente le sue braccia dal proprio bacino. « Perché diavolo hai sempre la mania di sottovalutare tutto? Il punto non è se lei ti piaccia o meno, il punto è che prova qualcosa per te e adesso sta soffrendo a causa nostra! Non ti provoca nessuna reazione, questo? »
Lui lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi con aria allibita e, all'improvviso, estremamente seria.
Continuava a non capire cosa Scarlett intendesse dire quando parlava dei sentimenti che Mary nutriva per lui.
Forse si sentiva attratta fisicamente, forse le piaceva il suo modo di fare... ma che importanza aveva? Parlare di sentimenti a quel proposito era semplicemente ridicolo. O almeno, lo era per chi di sentimenti travolgenti ne aveva vissuti a bizzeffe sulla propria pelle... proprio come lui.
Il concetto di cotta, poi, gli era del tutto incomprensibile. 
C'erano i rapporti insignificanti che servivano a occupare il tempo libero e a sopprimere la noia per un po', quelli che aveva sperimentato nel corso degli anni precedenti... e poi c'era l'amore. Quello totalizzante, quello che strappava via ogni dubbio, quello che, nell'esatto momento in cui si concretizzava, non lasciava più spazio a stupide incertezze e a nient'altro che non fosse l'amore stesso. Un amore felice, che non prevedeva crisi o slealtà, che non tollerava la mancanza di fiducia e accoglieva a braccia aperte intimità e condivisione. Un amore che non conosceva fine, perché altrimenti non sarebbe stato tale.
Di certo, il suo rapporto con Mary non rientrava neanche lontanamente in quei parametri.
Di certo, il suo rapporto con Scarlett era la perfetta parafrasi di quello stesso pensiero.
Bianco e nero, gli unici colori di cui Sirius ammetteva l'esistenza. Filosofia forse un po' troppo semplicistica, la sua, ma era quella che aveva maturato scoprendosi capace di provare sentimenti profondi e sconvolgenti come quelli che provava per Scarlett. 
Per lui, l'istante in cui si erano baciati aveva dato il via a un percorso formidabile che li avrebbe resi felici entrambi, e mai divisi, perché per quanto poco romantico potesse essere Sirius per la propria indole, quello era l'unico amore che conosceva e che riusciva a comprendere fino in fondo.
« Sta soffrendo? » esclamò, esterrefatto. « Sta soffrendo perché pensa che io le piaccia e invece sto con te? Oh, ma andiamo, non prendermi in giro. Non sa praticamente nulla di me, e viceversa. Ci facciamo due risate quando capita, tutto qui. Come può soffrire per qualcosa che non esiste nemmeno? »
Lei boccheggiò, sconvolta dalla sua insensibilità. Pareva che nulla lo scalfisse anche solo minimamente.
« Sta soffrendo perché pensa che tu l'abbia presa in giro » spiegò, lanciandogli un'occhiataccia. « Credeva che le avessi dato una chance ».
La fronte di Sirius si fece ancor più aggrottata per lo sforzo di riuscire a capire le assurdità di cui stava parlando, e i suoi occhi si assottigliarono in due fessure.
« Una chance? » fece in tono scettico quando vide che non proseguiva, e Scarlett annuì appena, incrociando le braccia al petto.
« L'hai invitata ad Hogsmeade » rispose con semplicità, sollevando le spalle in un rapido scatto. « A San Valentino » aggiunse, storcendo la bocca in una smorfia.
Di fronte a quel chiarimento poco mancò che Sirius prendesse a ridere di nuovo. Ma non lo fece. 
Qualcosa nel suo tono lo aveva fatto impensierire, nonché infastidire parecchio. La sua frase sapeva tanto di insinuazione, e dopo tutto quello che si erano buttati alle spalle, tornare indietro di così tanti passi era semplicemente ridicolo.
« Improvviso dejavù » borbottò fra sé e sé, un sopracciglio inarcato. « Abbiamo già affrontato questa conversazione o sbaglio? »
« Non ho ricevuto nessuna risposta » ribattè in fretta lei, stizzita.
« Forse perché mi pareva fin troppo stupido dartene una » fece lui di rimando, imitando la sua freddezza, « ma a quanto pare oggi sei in vena di ascoltare dichiarazioni ovvie. In tal caso sappi che l'ho fatto solo perché non potevo invitare te, e di certo non avrei sopportato un altro appuntamento idiota con una ragazza a caso ».
Lei sbuffò, volgendo lo sguardo al parco che, intorno a loro, si faceva sempre più deserto.
« Avresti potuto andarci insieme a James » obiettò, riproponendo la sua teoria. « Nessuno ti ha obbligato a portare a tutti i costi una ragazza, no? »
« Stavo cercando di ottenere una tua reazione » ribattè prontamente lui, e il suo tono fu più duro di quanto avrebbe desiderato che fosse.
Non capì perché avesse pronunciato quelle parole con quella strana inclinazione, ma il suo atteggiamento lo aveva messo all'erta.
« E' solo per questo che l'hai invitata? » lo provocò Scarlett, le sopracciglia inarcate. « Solo per far ingelosire me? » Era scettica, e stranamente velenosa, tanto che Sirius si chiese cosa fosse cambiato fra loro in una sola manciata di secondi. « Non è un bel trattamento da riservare a un'amica » aggiunse infine.
E lui sorrise, scuotendo ripetutamente il capo e rifiutandosi di credere a quelle sciocchezze piovute improvvisamente dal cielo.
« E' un interrogatorio o cosa? » ribattè, sconvolto da quelle illazioni del tutto prive di fondamento. « L'ho invitata perché pensavo che la cosa ti avrebbe infastidita e perché credevo che ci saremmo divertiti » spiegò con veemenza, sempre più irritato. « Ma che ti succede? » sbottò poi, realizzando il tutto. « Se ti basta così poco per farti saltare in mente tante stronzate e hai voglia di sfogarti, parla chiaro, Banks. Ma sappi che ho di meglio da fare che stare qui ad ascoltare storie di stupide batoste sentimentali e cotte da tredicenni, quindi torna quando riesci a sbollire un po', d'accordo? »
E fece per congedarsi e voltarle le spalle, livido, quando la sua voce lo raggiunse nuovamente.
« Scappi via solo perché sai benissimo che Mary mi ha sbattuto in faccia la verità, ecco cosa! » ribattè infatti lei ad alta voce, infervorata. 
Sirius si immobilizzò, e fiutò la tensione e il pericolo proprio come un cane che annusa la preda.
« E sentiamo, quale sarebbe questa verità? » sputò fuori con rabbia crescente, spiazzato dall'inaspettata piega che avevano preso gli eventi.
A quella domanda, Scarlett rispose con una brutalità e un'impulsività tali che, quando le ebbe udite, Sirius fece fatica a credere alle sue parole.
« La verità è che non meriti la minima fiducia! » urlò senza pensare. « Le hai chiesto di uscire senza neanche badare alla sua reazione, hai preso una ragazza a caso solo perché ti ha dato buca, e poi hai finito per trascorrere la giornata insieme a me e baciarmi! Ha tutte le ragioni per credere che tu non sia cambiato affatto! »
Aveva parlato senza riflettere, aveva dato voce non ai propri pensieri, ma a quelli delle sue paure, permettendo ai dubbi di dominarla. 
Quei dubbi che Mary aveva fatto rinascere in lei con le sue velenose sentenze, e che le si erano insinuati dentro con spaventosa facilità.
Alle sue parole, qualcosa si mosse negli occhi e nel viso di Sirius. Qualcosa mutò drasticamente nel suo modo di guardarla, nella sua espressione, e Scarlett lo notò.
« E a te questo basta? » ribattè con forza, rude. « Ti basta davvero così poco per dimenticare quello che io ho dimostrato a te? Un mucchio di stronzate di qualcuno che ha appena subito una dannatissima delusione? »
« Solo perché a te importa esclusivamente di quello che ti riguarda non significa che gli altri non debbano soffrire per le proprie delusioni! » rispose lei a tono, senza badare alle domande che lui le aveva posto. « Sei stato tu a prendere in giro Mary, tu ad illuderla per tutto questo tempo, e adesso hai persino la faccia tosta di fregartene! »
« Che cosa? » urlò lui sconvolto, superando di tono la sua voce. « Che cosa, credi veramente che io l'abbia presa in giro? » Scosse il capo per l'assurdità della cosa. « Ma come ti salta in mente? Non mi sono mai accorto di niente, e se avessi capito che era attratta da me, di certo avrei messo in chiaro le cose piuttosto che continuare a fare l'amico! Ti sembrerà assurdo, ma non provo nessun piacere malsano a prendermi gioco della gente così gratuitamente... ma forse a questo continui a non credere ».
La traccia di delusione nelle sue ultime parole non la piegò, anzi parve infiammarla ancor di più. 
Sirius non aveva alcun diritto di mostrarsi deluso. 
Doveva ammettere le proprie colpe, essere sincero, per una volta... in quel momento, Scarlett non era capace di pensare ad altro. O forse si rifiutava di farlo.
« Sei tu che non mi permetti di crederti » replicò con ardore. « Giostri le persone come vuoi, pensi solo a te stesso! Come puoi non rendertene conto? »
Ascoltandola mentre continuava ad aggredirlo, Sirius pensò che fosse uscita fuori di testa. 
Le sue parole non era solo infondate... erano del tutto prive di senso.
Non riusciva neanche a capire da dove venisse fuori tutta quella rabbia, così travolgente da fargli credere che l'avesse covata dentro per molto più tempo di quanto pensava. Ma la situazione era esplosa fra le sue mani solo alcuni momenti prima, e ciò lo spinse a credere che il problema fosse un altro.
Il vero problema, infatti, erano quelle convinzioni che aveva finalmente tirato fuori il giorno prima ma che, a quanto pareva, non erano ancora così mature come entrambi avevano sperato che fossero.
E il suo essere così schiva lo mandava in bestia ancor di più. Non capiva se pensasse davvero ciò che continuava a sputargli addosso o se stesse mettendo in scena un qualche strano, contorto meccanismo di difesa, per ragioni che a quanto pareva soltanto lei riusciva a comprendere.
« Stai sputando veleno, Scarlett » replicò in un tono estremamente duro. « E la cosa più grave è che Mary ti avrà anche fatto il lavaggio del cervello, ma tutto questo è solo ciò che credi tu! Quello che non hai mai smesso di credere! Mary è solo uno stupido pretesto per mettere in dubbio tutto quanto un'altra volta! Quello che ti ha detto è soltanto l'ennesima scintilla che ti mette in crisi, ancora e ancora! Perché lo sai benissimo, è tutta una questione di fiducia, ma tu hai sempre dimostrato di non averne neanche un briciolo! E io mi sono stancato di cercare di conquistarla ogni singolo giorno! »
Lei deglutì, sperando che quelle parole non la sfiorassero, non varcassero la barriera che si era eretta fra loro, ma le sentì trapassarla da parte a parte.
Aveva creduto così fermamente di aver finalmente vinto le proprie insicurezze che il solo pensiero di poter dubitare ancora di lui non l'aveva neanche toccata. Eppure eccola lì, con tutti i dubbi mai chiariti tornati alla ribalta e un nuovo assalto di incertezze che si ostinava a non saziare. Era un cerchio senza fine, una fiducia che forse non gli avrebbe mai concesso, una fiducia che invece lui portava avanti fieramente, facendola sentire indegna di meritarla fino in fondo.
« Ti stanchi parecchio in fretta, direi » obiettò, gelida. « Una delle tante cose che non riuscirai a cambiare mai ».
Sirius la fissò con uno sguardo così tagliente da farla sentire improvvisamente piccola.
« Adesso non essere stupida » replicò, altrettanto velenoso. « Chi è fra noi quello che non riesce a cambiare? Quello che rimane appigliato al passato? »
Lei scosse convulsamente il capo, bagnandosi le labbra con la punta della lingua per rigenerare le proprie forze e non sentirsi messa al tappeto.
« Stupida? » replicò, costringendosi a non rispondere alle sue insinuose domande retoriche. « Non osare definirmi... »
« Rispondi! » urlò lui, interrompendola con una veemenza tale da farla trasalire e facendosi ancor più vicino a lei. « Chi non riesce a cambiare? Se ben ricordi, neanch'io mi fidavo di te, affatto, ma ho messo da parte un mucchio di cose per arrivare a questo! E guarda, guarda un po' cos'ho ottenuto! La ragazza che aveva il terrore di venire tradita ha ingannato il possibile doppione della sua più grande delusione! Beh, congratulazioni, Scarlett, hai vinto un altro bottino di solitudine e rimorsi! Goditeli, proseguendo per questa strada te ne procurerai a bizzeffe! »
Aveva sbraitato con tutta la forza che aveva in corpo, e il pallore del suo viso era un chiaro segnale di quanto sferzanti fossero state le sue parole.
Non gli importava affatto.
« E' patetico il modo in cui riesci a fingerti vittima di tutto » rispose lei con un tono di voce decisamente più flebile del suo.
Ma la cadenza delle sue parole non represse la rabbia di Sirius, anzi paradossalmente la infiammò, fomentandola ancor di più.
« Ma davvero non riesci a capire che stai parlando solo di te? » ruggì, frustrato. « L'unica cosa di cui sei vittima è l'ammasso di tutti quei problemi che hai con te stessa e che hai soltanto finto di aver superato! E se sapevi quant'erano vividi anche a mesi di distanza, se sapevi che fidarti ancora di qualcuno sarebbe stata la tua sfida più grande e che con me non avresti mai potuto vincerla, allora perché non mi hai tirato fuori da questa storia prima che finissi per innamorarmi di te? »
Lo disse senza remore, senza alcun timore, perché desiderava che capisse realmente ciò che aveva fatto. E non gli importava di essere brutale, di aver scelto forse il momento più sbagliato per dirlo ad alta voce... era una verità che lei conosceva, che lei doveva conoscere. E non l'avrebbe tenuta per sé.
« Tutte quelle volte in cui ti ho chiesto di lasciarti andare non erano un invito a baciarmi e basta! » proseguì, inarrestabile. « Volevo che provassi qualcosa, qualcosa di forte, e se non avevi ancora maturato tutto questo, avresti dovuto piantarmi ad Hogsmeade sbattendomi in faccia la verità! »
La fissò con sguardo ardente, e la vide spegnersi mentre la sua rabbiosa fiamma si faceva sempre più rovente.
« Tu non sai quello che provo » fu il suo debole tentativo di difesa, ma lo vide scuotere il capo in segno di diniego.
« Oh, so un mucchio di cose invece » replicò prontamente, il peso della collera divenuto quasi insostenibile. « So che quello che provi per me non è neanche un decimo di quello che provo io, e so che hai giocato, e hai giocato bene, perché avresti potuto capirlo da sola ». Fece una breve pausa, durante la quale lei si accigliò. « Dopotutto, hai un termine di paragone, Scarlett » proseguì poi, continuando a fissarla. « E il paragone non sembra reggere granché ».
Lei inclinò il capo, sempre più spaesata nell'ascoltare le sue parole, ma non disse altro, anzi si fece più attenta.
« Sai molto meglio di me cosa significhi amare qualcuno » disse lui, distaccato. « Avresti persino potuto insegnarmelo. Ma soprattutto avresti dovuto capire che l'amore che hai provato per lui » e qui si interruppe ancora, amareggiato, « non somigliava affatto a quello che adesso provi per me ».
Parlò con insolita calma, attribuendo il giusto peso a ogni parola, e non si pentì del riferimento fatto. Credeva proprio che calzasse a pennello.
Tutto, infatti, andava ricondotto a Matt Davies, e Sirius lo odiava per la colpa che lo stava obbligando a scontare.
Lo odiava perché era la fastidiosa presenza che aleggiava costantemente intorno a loro.
Lo odiava perché aveva distrutto una cosa così bella e l'aveva consegnata a lui nel suo stato peggiore.
Lo odiava perché aveva preso ciò che non meritava affatto.
Lo odiava, perché aveva ricevuto tutto l'amore che Scarlett stava negando a lui.
« E guarda un po' che gran lieto fine » concluse, deluso e sprezzante, poi sorrise amaramente. « Ma tanto la colpa è mia se hai perso la testa per un idiota che ti ha ferita e umiliata senza il minimo rimorso ».
Lo schiaffo di Scarlett lo colpì in pieno volto prima ancora che potesse rendersi conto di un suo accennato movimento.
Ascoltare quelle parole l'aveva resa forse ancor più furiosa di quanto lo era stato Sirius nel pronunciarle. E la rabbia non riuscì proprio a non venire fuori.
Ma lui non reagì. La fissò con quei suoi occhi grigi ormai del tutto spenti, e aspettò che fosse lei a dire qualcosa.
« Hai superato il limite » disse infatti lei, la voce inevitabilmente tremante sotto il peso della collera.
« Sì, l'ho fatto » replicò lui in tono noncurante. « Ma almeno ho avuto la dimostrazione che serviva a entrambi. La tua reazione non sarebbe potuta essere più limpida, Scarlett ». 
Strinse le labbra, battendo le mani sui fianchi, e fece un passo indietro prima di incamminarsi verso il castello. 
« Continua pure a vivere con tutti i tuoi fantasmi » aggiunse poi, bloccandosi e voltandosi appena nella sua direzione. « Ma non chiedermi di fare lo stesso ».
E a quelle parole non aggiunse altro prima di andare via, lasciandola immobile nel bel mezzo del prato.
La pesantezza della delusione nei suoi occhi e l'aridità delle sue labbra le rimasero impresse nella mente come in uno scatto nitidissimo.
Non si era mai vista guardare con un tale disprezzo da qualcuno che amava. Era una pugnalata secca ed impietosa che la trafiggeva, facendole perdere se stessa per metà. Una metà che abbandonava ai propri piedi, incustodita, nella vana speranza che lui la raccogliesse.
Mentre lo guardava andar via, la sua slanciata figura stagliata contro il cielo azzurro pallido, si rese conto di quanto avesse perso in una manciata di minuti.
L'improvvisa consapevolezza della cascata di sciocchezze a cui aveva dato voce si riversò su di lei con spaventosa freddezza, e la fiamma che aveva tenuto dentro fino a qualche attimo prima fu spenta bruscamente dall'oscurità che la avvolse.
Si passò le dita fra i capelli, lasciandoli intrappolati fra i nodi che il vento aveva ingarbugliato, e si premette i palmi delle mani sulle tempie fin quando non le parve che la testa avrebbe potuto esploderle da un momento all'altro. Poi le lasciò ricadere, le braccia lungo i fianchi, inermi.
La sensazione di vuoto che le dilagava dentro era famelica, e la stava divorando. 
Sentiva il proprio corpo andare avanti senza di lei, abbandonarla, ma non aveva la forza di rincorrerlo. Il dolore e la mancanza, però, rimanevano saldamente aggrappati a quel che le rimaneva, e tutto ciò che potè fare fu scuotere forte il capo per scrollarseli di dosso.
In quel momento, l'ultima cosa che desiderava fare era pensare, razionalizzare ciò che era accaduto nel giro di pochi minuti, interiorizzare consapevolmente di aver perso due persone fondamentali, tornare a qualche ora prima, quando le era parso che nulla potesse scalfire la sua bolla di felicità, accettare che, a differenza di quanto accaduto con Mary, era stata solo e soltanto lei a rovinare tutto con Sirius, e forse comprendere quanto quella lite fosse stata la fine di qualcosa che non aveva neanche avuto il tempo di iniziare. 
Era molto più facile fuggire da tutto questo... e lei lo fece.
Durante il tragitto verso il castello, a malapena conscia della strada che stava percorrendo, non vide altro che l'ombra di tutto ciò che le stava intorno. 
I massi accasciati sull'erba, i ragazzi che, senza notarla, passeggiavano spensierati lungo il prato, l'acqua scura del lago, immobile entro i suoi argini...
Serrava forte gli occhi a intervalli di pochissimi istanti, mordendo con rabbia il labbro inferiore per impedire a se stessa di piangere. Ma era così difficile... Qualcosa le suggeriva di aver dato vita a un labirinto senza via d'uscita, un labirinto di cui nemmeno lei conosceva scorciatoie.
Si era lasciata inghiottire dalla furia cieca derivata da quella stupida lite con Mary, e il suo cervello si era annebbiato al punto tale da non permetterle più di ragionare con lucidità. Non ricordava neppure cosa avesse scatenato lo scontro con Sirius, forse perché una reale motivazione non esisteva. Era stata lei a mostrarsi aggressiva, lei a tirare fuori dal nulla bugie sciocche e prive di senso, solo e soltanto perché a parlare era stata la sua impulsività, quella maledizione che la obbligava sempre a venire via da se stessa per diventare qualcun'altra... una persona che odiava senza riserve, ma che aveva imparato a conoscere.
Ben presto si accorse di aver stabilito la propria meta senza essersene resa conto, come se a determinarla fossero state le sue gambe invece che la sua mente.
Era diretta alla Torre di Astronomia, la più alta fra le varie torrette che dominavano il castello.
La veduta del lago, a quella distanza, era uno spettacolo mozzafiato, ma per la maggior parte delle volte in cui Scarlett vi si recava, non vi faceva caso. Durante le lezioni di Astronomia, infatti, si ritrovava sempre troppo affaccendata fra occhiate gettate al cielo tramite l'occhio acuto del telescopio e scritte scarabocchiate su una delle tante mappe astrali che teneva sparpagliate accanto a sé. Ma le lezioni non erano l'unica occasione per fare visita alla torre.
Scarlett era solita salire scalini su scalini sin lassù nei momenti in cui necessitava più che mai di riflettere intensamente. Di tanto in tanto, lasciare la mente libera di inseguire qualsiasi pensiero desiderasse comprendere, scorgere o anche solo sfiorare la aiutava a mettere in chiaro parecchi dilemmi irrisolti.
Inoltre, tutte le volte in cui si cimentava in quella sfiancante salita, avvertiva la strana quanto confortante sensazione di completo distacco dal resto del mondo. Era come se, sola in quell'angolo remoto del castello, riuscisse a porre una distanza incolmabile fra se stessa e la gente, cosa che le permetteva di dimenticare le sciocchezze e dar spazio a quei pensieri che invece meritavano di essere vissuti e sviscerati fino in fondo... o, delle volte, anche a un pianto liberatorio che di fronte a qualcuno avrebbe tentato in tutti i modi di trattenere.
Quando fu giunta in cima alla torre, gettò a terra borsa e scopa e corse ad affacciarsi dal basso balconcino di fronte a sé.
E mentre il vento pungente di metà Febbraio le si agitava intorno, lasciò finalmente andare via le lacrime che, lentamente, presero a solcarle il volto.
Si accoccolò sul pavimento, attirando al petto le gambe serrate fra le braccia per poi poggiarvi sopra il mento, e non riuscì a smettere per parecchi minuti ancora.
Non aveva la minima consapevolezza del tempo che scorreva, ma al momento non le importava affatto. Sarebbe rimasta lì fin quando lo avrebbe voluto.
Dopo un po', però, un rumore proveniente dall'ingresso la costrinse a voltarsi di scatto. Un rumore di suole premute contro il legno.
« Sei qui, allora... Ci avrei scommesso la testa » fu l'esordio di Lily, mentre avanzava a piccoli passi verso di lei.
Scarlett si limitò a guardarla per un po', ma subito dopo tornò a puntare lo sguardo dritto di fronte a sé, silenziosa.
« James è disperato, sai? » proseguì l'amica senza scoraggiarsi, sedendosi accanto a lei e sistemandosi la gonna sulle gambe. « Voleva andare dritto dritto da Silente a denunciare la tua sparizione, ma l'ho convinto a lasciar perdere ». Fece una pausa, per poi aggiungere: « Beh, per l'esattezza, lo abbiamo convinto. Io e la mazza di Simon Phelps. Siamo una bella squadra ».
La osservò di sbieco, il capo inclinato, e quando notò che non mostrava nessuna reazione le avvolse le braccia intorno al corpo, stringendosi a lei.
« Mary ci ha spiazzate tutte quante » mormorò, il capo poggiato alla sua spalla. « E' andata fuori di testa, ma credo sia stata la rabbia del momento. Covare tutti quei sentimenti dentro di sé l'ha fatta scoppiare, è... comprensibile, direi. Le passerà nel giro di un quarto d'ora, vedrai » concluse con calore.
Scarlett scosse il capo, ostinandosi a non guardarla. Il suo abbraccio, però, era riuscito a confortarla.
« Non è... non è soltanto questo » rispose, e si accorse di quanto la sua voce si fosse arrochita con le lacrime e il silenzio. « Ho combinato un disastro ».
Lily le strinse una spalla con evidente affetto, comprensiva.
« No, invece » la rassicurò. « Non hai detto nulla di sbagliato, avete solo gonfiato troppo le cose, ma... »
« Non mi riferisco a Mary » la interruppe Scarlett, abbassando di scatto lo sguardo. « Ho... litigato anche con Sirius, dopo ».
Si asciugò con rabbia le lacrime dal volto, tirando su col naso e sospirando pesantemente.
« Dovevo aspettarmelo, credo » proseguì, dura. « Delle volte sono così stupida... Lui ha solo cercato di consolarmi, mentre io... non faccio che prendermela con le persone sbagliate » mormorò, sollevando le spalle.
Lily la ascoltò in silenzio, accarezzandole delicatamente i capelli nel tentativo di calmarla.
« Sei esplosa anche con lui? » le chiese dopo qualche istante, cercando di capire qualcosa di più su quello scontro, ma evitando con cura di forzarla a raccontare. La sua reazione, però, fu tutt'altro che tranquilla.
« No, sono esplosa contro di lui! » rispose infatti lei, nuovamente furiosa anche se contro se stessa. « Ho fatto la cosa più idiota e più nel mio stile che potessi fare! Mi sono fatta imbottire la testa delle stronzate di Mary, ho iniziato a credere ad ogni sua parola e mi sono lasciata andare alla rabbia che non avevo ancora sbollito! » Si premette una mano sulla fronte, frustrata. « E' stato così semplice dimenticare tutto quello che mi lega a Sirius, quello che è successo ieri... in un secondo è sparito tutto, come per magia ».
Lily la fissava, seria e attenta, immobile al suo fianco e rispettosa del suo sfogo. Sembrava davvero fuori di sé.
E lo era davvero, perché solo in quel momento, ripercorrendo quella lite con la memoria, si rese perfettamente conto di quanto avesse sbagliato, e riuscì ad immedesimarsi in Sirius come mai aveva fatto prima d'allora.
« L'ho accusato con le esatte parole di Mary » proseguì, lo sguardo vacuo, perso chissà dove. « Sembrava fosse lei a parlare... è assurdo, ho detto tutto quello che ho negato di fronte a lei, tutto quello che non penso più su di lui! E ho rovinato tutto, ho... praticamente distrutto ogni cosa ».
Si passò le mani fra i capelli, tesa e profondamente agitata, così Lily tornò a farsi vicina.
« Eri molto scossa quando sei andata via dal Dormitorio » le disse, pacata. « Lo abbiamo notato tutte. Quello che hai detto a Sirius non vale niente, perché in quel momento non eri in te, e lui lo sa, ne sono certa. Se solo gli spiegassi... »
« Invece vale tanto, eccome! » ribattè prontamente Scarlett, la voce incrinata. « Vale tantissimo, perché Sirius ha ragione quando dice che sono rimasta relegata nel passato, anche se non riesco ad ammetterlo! » Nuove lacrime iniziarono a scendere giù dai suoi occhi arrossati, e lei non si premurò nemmeno di asciugarle. « E' ridicolo che io chieda a lui di cambiare per me! Cos'è che deve cambiare? Tutte le idee su cui basavo i miei giudizi nei suoi confronti sono delle stupidaggini! Il ribelle Malandrino che ha il mondo ai suoi piedi... è tutta un'enorme finzione, una leggenda creata da quelle quattro squinternate che sbavano per lui, perché sfido chiunque a trovare qualcuno che ha sofferto quanto lui nella propria vita e che sia capace di dimostrare tutti i sentimenti che lui ha mostrato a me! Qui, se c'è qualcuno che deve cambiare, quella sono io! »
Battè la mani sulle gambe, abbassando lo sguardo, e per qualche momento non disse più nulla.
« La verità è che odio la persona che sono diventata » riprese poi, il tono di voce più basso, ma allo stesso tempo parecchio più aspro. « Odio la mia diffidenza, odio la mia debolezza, odio quella maledetta voce che non fa altro che suggerirmi di stare attenta a chiunque mi stia intorno! Sono diventata la Grifondoro più pusillanime che Hogwarts abbia mai conosciuto, e non sono più padrona di me, perché anche quando pensavo di aver superato tutto quanto, è bastato un niente per riportarmi al punto di partenza! »
Si abbandonò sulla spalla di Lily, scossa dai singhiozzi, e l'amica la strinse a sé, sfiorandole il braccio in una continuata carezza.
In quel momento, riuscì ad avvertire con dolorosa chiarezza la stanchezza e l'esasperazione di Scarlett.
Quel pianto, infatti, era sì dovuto alla tensione, alla rabbia, al dispiacere, ma in realtà era pesantemente dettato dalla sfiancante fatica con cui ogni giorno doveva confrontarsi con quella parte di lei che tanto detestava e che le impediva di vivere serenamente.
Era una gabbia sempre più opprimente, dalla quale non capiva come riuscire a uscire.
Perché tutto, ancora una volta, si ricollegava al suo passato. A Matt Davies.
Quella rottura inattesa e traumatica, infatti, aveva gettato le radici per la costruzione di quel muro tanto indistruttibile che Scarlett aveva eretto tutto intorno a sé. E malgrado Sirius - il primo a cui aveva dato la possibilità di abbatterlo - alla fine fosse riuscito nell'impresa, calcio dopo calcio, pugno dopo pugno, sforzo dopo sforzo, quelle stesse radici che era stato lui a piantare parevano impossibili da sradicare.
Aveva tirato, tirato con tutte le sue forze, ma quelle erano rimaste così saldamente ancorate a lei da fargli credere che tagliarle via sarebbe stata una conquista di cui non avrebbe mai potuto vantare il merito. E Scarlett riuscì a comprendere tutta la sua frustrazione, perché, nonostante desiderasse il contrario, continuava a far pensare di non voler affatto essere liberata.
« Devi smetterla di tormentarti » esordì Lily, che pareva aver perduto quella dolcezza che aveva mostrato in precedenza. Toccare quel tasto la indispettiva, e non sopportava che Scarlett ne dovesse subire ancora le conseguenze. « Gli hai permesso di ferirti troppo a fondo e per troppo tempo. Adesso è arrivato il momento di dire basta, Scarlett. Devi gettarti tutto alle spalle e riappropriarti della vecchia te ».
Prese delicatamente il volto di Scarlett tra le mani e la obbligò a fissarla negli occhi, asciugandole le guance bagnate.
« Ne hai versate fin troppe di queste, non credi? » riprese, mostrando la punta delle dita umide delle sue lacrime. « I ricordi ti stanno uccidendo, ma per fortuna non si vive nel passato. E' vero, hai commesso un errore, ma questo non può diventare la tua condanna, perché lo hai già pagato molto caro. Adesso è tempo di andare avanti, e tu lo hai già fatto con Sirius ». Diede in un accenno di sorriso, poi proseguì. « Devi solo accettarlo. Poi sarà tutto più facile ».
Scarlett non scostò il proprio sguardo dal suo neanche per un secondo, e Lily attese un suo cenno prima di tornare ad abbracciarla.
Prese un profondo respiro, leggermente inframmezzato da qualche singulto, e si lasciò cullare dall'affetto dell'amica e dalla forza delle sue parole.
Mai come in quel momento, infatti, avrebbe voluto crederle ciecamente, lasciarsi andare a quella sicurezza di cui ormai ricordava a stento il sapore, fidarsi di se stessa come non faceva più da tempo.
Sarà tutto più facile...
Forse lo sarebbe stato davvero, ma come aveva imparato sulla sua stessa pelle, gli errori si pagano, e quello che aveva appena commesso nei confronti di Sirius era davvero imperdonabile.
E questo era ciò che credeva anche lui, che, qualche piano più giù, stava camminando a zonzo per il castello senza una meta, solo ed esclusivamente per tentare di smaltire la rabbia che scorreva dentro di lui.
Non sapeva nemmeno come ci fosse arrivato, ma si accorse a malapena di trovarsi al quarto piano, circondato dalle risate indistinte degli studenti nei corridoi e dalle voci sconosciute che si intrecciavano le une alle altre a formare un suono che a stento percepiva.
Soltanto una di esse, improvvisamente, riuscì ad attirare la sua attenzione.
« Amico! » stava urlando James a qualche metro da lui, e a quel punto fu chiaro come quel richiamo fosse stato capace di sovrastare con estrema facilità tutto il vocio circostante. Probabilmente, la sua voce sarebbe stata l'unica che avrebbe sentito davvero.
Avvertì la sua mano serrarsi forte intorno alla sua spalla per indurlo a fermarsi e lui, con riluttanza, si voltò, parecchio irritato, sospirando quando si ritrovò a un palmo di naso dal suo volto preoccupato. James annaspava rumorosamente.
« Amico, ti ho rincorso per quasi quattro piani! » urlò, passandosi le dita fra i capelli. « Si può sapere che diamine ti è successo? »
Si lasciò cadere su una panca per riprendere fiato, i gomiti premuti sulle ginocchia e le mani intrecciate sulla nuca.
« Felpato, sto parlando con te » lo richiamò, notando che non giungeva alle sue orecchie alcuna risposta, e puntò lo sguardo su di lui. « Che fine ha fatto Scarlett? Abbiamo dovuto rimandare l'allenamento a domani, non è da lei saltarne uno senza avvisa-... AMICO! »
Sirius era schizzato via in un istante, lasciandolo a farneticare lì da solo, e stava percorrendo il cortile ad ampie e decise falcate.
Non aveva ascoltato neanche metà del breve discorso di James, troppo concentrato a scrutare gli studenti che popolavano quel piccolo fazzoletto di erba, e una figura in particolare aveva attirato la sua attenzione, inducendolo ad abbandonare l'amico alle sue chiacchiere e a rincorrerla.
Mary, infatti, stava attraversando il portico adiacente al cortile, le dita sottili e minute strette intorno al manico della propria borsa, e non si era accorta di Sirius neanche quando a tenerli distanti erano rimasti soltanto un paio di metri.
« Guarda guarda... Mary » la richiamò quando fu a un passo da lei, e la vide trasalire. « Ti godi il bel sole? »
Lei lo squadrò da capo a piedi, sospettosa, e deglutì imbarazzata, senza rispondere alla sua provocazione.
« Hai una brutta cera, se mi è permesso dirlo » proseguì allora lui, avanzando verso di lei. « Ah, beh... troppe preoccupazioni, immagino ».
Mary non sottrasse la propria attenzione al suo sguardo, e lo mantenne alto. Nonostante ciò, preferì ancora una volta non replicare.
« Cos'è, hai perso la lingua? » fece ancora Sirius, lasciando scivolare il ghigno via dal proprio volto. « Oppure l'hai usata così a sproposito che adesso hai persino paura di fiatare? »
Il suo tono si era fatto ben presto sprezzante, duro come la roccia, ma il cambiamento drastico non aveva suscitato alcuna sorpresa in Mary.
« Ti ha mandato Scarlett, non è vero? » domandò con fare distaccato, fredda come Sirius non l'aveva mai vista. « Ah, ma certo... A quanto pare, oltre che il suo ragazzo sei diventato anche il suo gufo ».
A quelle parole, Sirius esplose in una fragorosa risata priva di gioia che la fece raggelare sul posto.
« Ti farà piacere sapere che ho appena perso entrambe le cariche » replicò, aspro e sarcastico. « Ragion per cui sono venuto a ringraziarti, visto che gran parte del merito va a te. A te e alle tue stupidissime cotte segrete degne del più raccapricciante romanzo rosa sul mercato ».
Schioccò la lingua, schifato dal ricordo dell'origine della sua brutale lite con Scarlett. Il solo pensiero lo faceva ribollire di una rabbia cocente.
E le sue parole, dettate proprio da quell'ira implacabile, risultarono a Mary così sgradevoli che scosse il capo vigorosamente, rigettandole.
« Non mi pento di una parola, se è questo che vuoi sapere » disse, fortemente risentita. « E non ho intenzione di stare qui ad ascoltare i tuoi stupidi giudizi ».
Fece per voltargli le spalle, ma la sua mano serrata intorno al braccio insieme alla sua voce imperiosa la costrinsero a non allontanarsi.
« Sai quanto m'importa delle tue intenzioni? » sibilò, velenoso. « Dopo la stronzata che hai combinato, a me importa solo delle mie. E se vuoi un'anticipazione, sappi che intendo farti sopportare tutta la mia rabbia senza sconti. Quindi adesso non ti muovi e stai qui ad ascoltarmi finché non avrò finito, perché io non sono Scarlett, e non mi lascerò abbindolare dalle tue sciocchezze ».
Mary guardò Sirius come se lo stesse vedendo per la prima volta in vita sua, e ritrasse le labbra sui denti, senza proferir parola.
« Credi che ti abbia preso in giro, allora? » riprese lui, lasciandola andare con scarsa delicatezza. « Che idea stupida... E tu, piuttosto? Tu, che ti sei sempre comportata da amica e non hai mai avuto il fegato di confessarmi che eri attratta da me, come ti definiresti? »
La fissò come se si aspettasse realmente di ricevere risposta, ma lei si limitò a ricambiare il suo sguardo con aria vacua, silenziosa.
« E poi è strano, non credi? » proseguì Sirius, incalzante. « Mary la brava ragazza si prende una cotta per chi? Proprio per Sirius Black, il tipo... aspetta, com'era? Oh, già... bello e dannato, o come diavolo dite voi ochette da strapazzo. Nonostante questo amore travolgente, però, Mary non dimentica i suoi sani principi, così inizia a sputare sentenze sul suo turpe passato... cosa avrebbe dovuto essere, un eroico e solidale tentativo di salvare la tua amica da una storia senza un futuro? »
Diede in un'altra breve risata amareggiata, scuotendo il capo.
Tutte quelle sciocche storie sul fantomatico cattivo ragazzo lo avevano sinceramente stancato. Ragazze che lo definivano tale solo per qualche ciuffo di capelli che gli ricadeva sugli occhi e un paio di punizioni al mese, senza conoscere un briciolo della sua storia, cosa lo avesse reso il ribelle che era diventato... se fino ad allora quella nomea lo aveva in diverse occasioni avvantaggiato, adesso cominciava a gravargli pesantemente addosso.
E venire a conoscenza del fatto che Mary, ragazza per cui aveva sempre provato stima e simpatia, rientrava appieno in quella categoria di adolescenti lo rendeva furioso con lei forse persino il doppio di quanto già non fosse per l'accaduto che gli aveva rivoltato la giornata.
« Ti sei intromessa in una faccenda che avresti al massimo dovuto supportare » disse ancora, senza smettere di guardarla dritto negli occhi. « Hai stravolto tutto, hai messo a soqquadro la mia storia con Scarlett, e guarda quanto sei meschina... non te ne penti nemmeno ».
Il suo tono carico di delusione e di disprezzo la invitò silenziosamente a fare un passo indietro, cosa che lui non parve neanche notare.
« E' tutto? » chiese lei, la voce inevitabilmente spezzata e lo sguardo ancora incollato al suo.
Sirius sollevò le spalle con un rapido scatto nervoso. Il suo essere così disarmata non gli infondeva il benché minimo sentimento di pietà.
« Mmm, vediamo » ribattè, ironico. « Ho rotto con Scarlett dopo meno di ventiquattr'ore da quando ci siamo messi insieme e ho scoperto il peggio di te in un batter d'occhio. Sì, direi che è tutto, per oggi ho fatto il pieno ».
Mary lo ascoltò fino all'ultima parola. Poi, stremata da tutto ciò che aveva udito, gli voltò le spalle e si incamminò a passo deciso nella direzione opposta, il capo chino.
Sirius, invece, rimase piantato sul posto, il respiro affannoso come dopo una lunga corsa, e solo dopo alcuni istanti, voltandosi, vide James che lo fissava in piedi accanto ad una colonna poco distante.
Quello ricambiò il suo sguardo, sbigottito e rabbuiato insieme, e gli fu vicino in un paio di passi assai determinati.
« Vieni » fu l'unica parola che gli rivolse, e dopo avergli premuto una mano sulla spalla fino a serrarla, lo condusse con sé verso l'uscita del cortile.
Durante il tragitto, Sirius non lo guardò né pronunciò verbo, ma non oppose resistenza e si lasciò guidare verso la Sala Comune, il luogo verso cui erano sicuramente diretti. James, invece, gli lanciò numerose occhiate cariche di domande e preoccupazione, alle quali lui non prestò la minima attenzione.
Non appena ebbero varcato il buco dietro il ritratto, salirono le scale diretti ai Dormitori, e solo quando ebbero chiuso la porta alle proprie spalle, James, finalmente, mollò la presa.
« Cos'è, mi tieni al guinzaglio? » fece Sirius, vagamente scocciato, accomodandosi sul letto senza neanche togliersi le scarpe.
Per tutta risposta, James storse le labbra in una smorfia, afferrò una sedia accasciata contro la parete e, dopo averla fatta girare di centottanta gradi, vi si mise seduto a cavalcioni, le braccia incrociate, fissando l'amico con una certa insistenza.
« Ottima scelta lessicale, Felpato » si complimentò, piuttosto spiccio. « Ma non siamo qui per parlare di questo ».
Sirius non lo ascoltò nemmeno. Si distese a pancia in su e schiacciò il proprio cuscino contro il viso, coprendolo alla vista.
« Non sono in vena di confessioni, oggi » disse, la voce alterata dal contatto con la stoffa. « E per i miei gusti ho sentito parlare fin troppo ».
Mise via il cuscino, si alzò e afferrò la caraffa colma d'acqua poggiata al davanzale della finestra. Senza una parola, fece apparire dal nulla un calice e la versò senza la minima cura, facendola gocciolare a terra, poi bevve tutto d'un fiato ma non tornò a sedersi. Il suo sguardo era acceso come non mai.
« Oh, andiamo, non fare tanto il principino capriccioso con me! » sbottò James, deciso invece ad ascoltare per bene tutta la storia.
Il viso di Sirius si contrasse in un'espressione indefinibile.
« Non sto facendo il principi-... aspetta, che cosa? » aggiunse infine, cambiando bruscamente rotta. Poi sospirò, scuotendo impercettibilmente il capo. « Senti, Ramoso... piantala. Sono esausto, sentire voci mi fa scoppiare la testa e vedere facce mi risulta vomitevole, quindi... fammi il favore, okay? »
Si sistemò sul davanzale della finestra, battendo forte e volontariamente la testa contro il muro. 
Serrò gli occhi. La stanza girava incontrollabilmente.
« Beh, vomita, se devi, ma non ho intenzione di muovermi » ribattè prontamente James, per nulla colpito dalle sue parole. « E, a proposito, se stai adottando - come penso tu stia facendo - la solita tecnica dei miei gioielli, sappi che è un tantino demodè. Voglio dire, fai le tue stramaledette sfuriate, poi vai in ritiro spirituale e infine, dopo interminabili giorni di silenzio e agonia, ti decidi a scoppiare come un incantesimo Bombarda solo quando sei a un passo dalla crisi isterica » recitò in tono annoiato, sollevando gradualmente le prime tre dita della mano. « Ecco, tanto perché la vita è breve, non potremmo accorciare i tempi? Qualche taglio qua e là e possiamo passare al momento in cui mi urli in faccia la qualsiasi, io ascolto, e alla fine ti grazio con i miei saggi consigli ».
Sirius non rise, ma diede in uno sbuffo stanco e annoiato che, ad ogni modo, non demoralizzò minimamente James.
Poi, sospirando, si decise a parlare.
« Non sono fatto per queste cose » disse, mantenendo le palpebre chiuse. « Tutte queste stronzate fra ragazze... non riesco a concepirle ».
James lo ascoltò in silenzio, senza capire. 
Non aveva idea di ciò di cui stesse parlando, ma al momento non gl'importava di avere un resoconto completo delle ultime novità. 
Desiderava soltanto lasciarlo sfogare prima che esplodesse, perché quel momento sarebbe arrivato. Arrivava sempre, alla fine.
« Scarlett, poi, si è dimostrata la più stupida » proseguì, battendo un altro lieve colpo sulla parete di roccia. « Non ho idea di che cosa le abbia preso, e... adesso so solo che tentare una relazione con lei sarebbe stata un'enorme sciocchezza ». Fece una pausa, bagnandosi le labbra con la punta della lingua. « E' rimasta bloccata a un anno fa » riprese, fortemente amareggiato. « La paura è la stessa, la diffidenza idem... sembra che non voglia più schiodarsi da lì, da quel tradimento. E io non voglio una ragazza che vive nel passato. Voglio che si butti tutto alle spalle, altrimenti... non esiste un futuro ».
Si passò una mano sugli occhi, immergendola poi fra i capelli, e tentò di immaginare l'espressione di James ad occhi chiusi.
L'aria sperduta e attenta insieme che si focalizzò nella sua mente era l'esatto specchio di quella dipinta sul suo volto in quel momento.
« Credevo ci fosse riuscita » mormorò James, massaggiandosi il mento e la mascella. « Ma magari... magari per farlo definitivamente ha bisogno di te ».
A quelle parole, Sirius rise, sprezzante e follemente divertito dall'assurdità della cosa.
« No! » esclamò a gran voce, e James avvertì in quel tono il pericolo della sua frustrazione che si faceva sempre più scottante. « No, lei ha bisogno di un miracolo per farlo! E non so se basterebbe! » Si alzò di scatto, incapace di stare fermo per più di qualche secondo. « Ci respingiamo, è più forte di noi, e non riusciremo mai a trovare un equilibrio! Poi lei... lei si comporta come se fra noi non ci sia stato nulla, come se... come se fossimo ritornati a Settembre, quando l'unico stramaledetto sentimento che ci univa era un'antipatia spaventosa! E sai cosa? Se ha intenzione di fare tutti questi passi indietro, allora io ne farò il doppio! Dovrà odiarmi, odiarmi come alcuni mesi fa non poteva neanche immaginare di riuscire a fare! E forse odiando me riuscirà a fare pace con se stessa, perché è fuori di testa, e non ho intenzione di reggerla un minuto di più ».
Sospirò, passandosi le mani fra i capelli e iniziando a marciare per la stanza.
James lo osservò a lungo, studiando con attenzione ogni suo movimento. La sua rabbia irriducibile lo preoccupava, e anche tanto.
« Sta cercando di farci l'abitudine » fece in tono pacato, serrando le mani sulle ginocchia. « E' dura per lei ricominciare da zero, ed è... piuttosto normale che tornino a galla tutti i dubbi una volta iniziata una nuova storia. Ogni piccola spinta verso la direzione opposta a te la mette in crisi, ma non è... non credo che si tratti di... mancanza di fiducia, o roba del genere. Credimi, Sirius, conosco Scarlett anche più di te, e se non fosse stata assolutamente certa di quello che provava non ti avrebbe mai baciato. Ha sviluppato un autocontrollo impressionante da quando... » Fece una pausa, mordendosi la guancia. « Beh... da quando quell'idiota l'ha imbrogliata. Cerca di capirla » aggiunse con passione, tentando di indurlo a ragionare.
Ma Sirius non volle dargli retta, e si limitò a registrare le sue parole in un angolo remoto della mente che non sarebbe più tornato a ricontrollare.
James non aveva ascoltato tutte le stupidaggini che erano venute fuori dalla bocca di Scarlett, non aveva visto con i propri occhi la sua espressione determinata e ferita mentre lo attaccava... James stava solo cercando di rimettere in piedi un ponte che era crollato ai piedi di una terribile tempesta... un ponte che di intemperie ne aveva già viste tante, ma mai così furiose. Un ponte che forse, però, non possedeva fondamenta tanto solide da riuscire a sopportare l'uragano più violento.
« Oh, no » replicò Sirius, scuotendo forte il capo e bloccandosi di scatto. « Questa volta non cerco di capire proprio nessuno. Mi ha stancato con tutti i suoi cambi di fronte, non riesco più a capire ciò che vuole, perché... perché non lo sa neanche lei! » esclamò, realizzando la cosa solo in quel momento. « Quindi se non ha nemmeno le idee abbastanza chiare per mettere un punto a questa storia, beh... lo farò io. Nessun rimpianto ».
Si battè le mani sui fianchi, lasciandosi cadere sul proprio letto, e fissò James come se volesse sfidarlo a controbattere alla sua decisione.
Quello ricambiò il suo sguardo, cupo come raramente Sirius lo aveva visto, e per un po' non pronunciò neanche una parola.
« Mettere un punto... » fece infine, pensieroso. « Facile, no? »
Quella domanda arrivò a Sirius esattamente con il tono ironico con cui James l'aveva posta, e ciò lo portò a riflettere un momento sulle sue parole prima di  replicare.
« Non m'importa che lo sia » disse bruscamente. « Dopotutto, vivevo benissimo prima, vivrò altrettanto bene anche dopo. Anzi, proprio grazie a lei, guarda un po' come mi sono ridotto... d'ora in poi potrà solo andarmi meglio » concluse, sdegnosamente amaro.
James sbuffò e scosse il capo fra sé e sé, osservandolo attraverso i tondi occhiali con rinnovato interesse.
« Prima che ci creda anche solo un po' io, dovrai imparare a crederci tu, amico » rispose con semplicità, convinto di ciò che diceva.
E a Sirius quella verità non volle affatto andar giù, tanto che per l'ennesima volta si rizzò a sedere di scatto e diede in un mezzo sospiro esasperato.
« Ho bisogno d'aria » tagliò corto all'improvviso, e senza aggiungere altro uscì in fretta dalla stanza, sbattendosi la porta del Dormitorio alle spalle.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
La mattina dopo, quando i Malandrini lasciarono il Dormitorio per recarsi in Sala Grande, la combriccola contava un componente in meno.
Sirius, infatti, si era categoricamente rifiutato di abbandonare il letto, e per mostrare agli amici quanto serie fossero le sue intenzioni, aveva serrato le tende già chiuse con la magia, così che non potessero più venire a disturbarlo. Alla fine - com'era prevedibile - quelli si erano arresi, andando via senza di lui.
Stranamente, però, quel giorno Sirius non pareva l'unico teso e taciturno del gruppo. 
Anche Remus, per l'appunto, si era già mostrato più chiuso ed irritabile dall'ultima lezione con Miley, ma gli amici avevano attribuito all'imminente luna piena la causa del suo improvviso e crescente malumore.
Mentre scendeva le scale insieme agli altri non pronunciò neanche una parola, ma nessuno vi fece caso. Dal momento in cui si erano svegliati, infatti, si erano ritrovati un po' tutti vittima dello stesso cupo incantesimo, tanto che si erano scambiati soltanto qualche sparuta frase, cosa che non accadeva quasi mai.
Giunsero in Sala Grande silenziosi ed imbronciati, e quando presero posto accanto alle ragazze come d'abitudine, notarono che all'appello mancava anche Scarlett, e che Mary era seduta accanto ad Alan alcuni posti più in là. La cosa non li sorprese affatto.
« Buongiorno » borbottò Alice in tono spento, rispondendo al cenno di saluto dei ragazzi che si stavano accomodando nei posti vuoti accanto a loro.
James gettò la propria borsa sotto il tavolo con uno sbuffo soffocato, e quando risollevò lo sguardo notò che Lily lo stava osservando.
Non ci fu bisogno di parlare perché capissero quanto dura fosse stata la loro precedente giornata e quanto ancora ne stessero soffrendo. 
A volte, il compito di migliori amici era davvero arduo da sostenere, ma loro non si tiravano mai indietro.
« E' rimasto a letto con le tende chiuse, non è vero? » bisbigliò Lily a James, bevendo un sorso di caffè amarognolo.
Lui sollevò un sopracciglio, vagamente stupito dalla sua perspicacia, e in tutta risposta lei abbozzò un mezzo sorriso.
« E' quello che ha fatto Scarlett » spiegò, sollevando appena le spalle. « Sono fatti della stessa pasta, quei due ».
Riavvicinò le labbra alla tazza, soffiando delicatamente, poi la poggiò sul ripiano del tavolo senza aver bevuto neanche una goccia di caffè.
« Per non parlare di Mary » fece, osservando il liquido ondeggiare entro i bordi di ceramica. « Questa mattina è andata via prima che ci svegliassimo e non ci ha neanche rivolto la parola. Soltanto Emmeline è riuscita a dirle qualcosa ».
Diede in un basso sospiro preoccupato, e James le poggiò il palmo della mano sul ginocchio più vicino a lui.
« Non resisteranno a lungo » le disse sottovoce, mentre lei lo scrutava di sottecchi, un po' rincuorata. « Tutti e tre. Ne sono sicuro ».
Lily annuì impercettibilmente, come a voler convincere se stessa delle sue parole, poi afferrò una caraffa colma di tè caldo e la tese appena verso James.
« Tè? » propose, le labbra arricciate in un sorriso accennato. « Non ti consiglio questo intruglio malefico, mi sta facendo diventare una schizzata » aggiunse, facendo un cenno alla propria tazza di caffè con una smorfia, poi parve rifletterci su e aggiunse: « Forse con la terza tazza ho esagerato... »
A quelle parole, James rise, non la sua solita risata travolgente, ma comunque sincera e divertita. Anche lui pareva un po' più sollevato.
« Vada per il tè, allora » rispose. « Non fai altro che rifilarmelo, ultimamente... »
Rise anche lei, sommessamente, e versò la bevanda bollente nella sua tazza, rivolgendogli un altro bel sorriso che lui si ritrovò a ricambiare.
Nonostante quel brevissimo sprazzo di serenità, però, quella rimase una tra le colazioni più tristi a cui avesse mai partecipato in vita sua.
Come tutti gli altri, rimase in silenzio per il resto del tempo, ingoiando di malavoglia un po' di pane tostato, finché non vide Remus alzarsi dalla panca.
« Ragazzi... io vado » fece quest'ultimo agli amici, sistemandosi meglio il maglioncino sulla vita.
« Aspetta, ti accompagnamo no-... » esordì James, mentre Peter annuiva, ma Remus lo interruppe.
« No » disse, secco. « Vado da solo, ce la faccio benissimo ».
I due si scambiarono uno sguardo, poi annuirono e gli rivolsero un cenno di saluto.
« Veniamo a trovarti dopo le lezioni » aggiunse Peter prima che andasse via, e lui sorrise appena e annuì, voltando loro le spalle.
Era il giorno in cui doveva recarsi in Infermeria per il solito ricovero preventivo. Si sentiva già parecchio debole, e i muscoli erano più rigidi del solito, come se non volessero rispondere ai comandi con la consueta agilità. Nulla di nuovo, ma quei sintomi lo facevano sempre rabbuiare parecchio.
Mentre camminava, la squillante voce di Miley lo richiamò da poco lontano, tanto che quando si voltò la trovò a pochi passi da lui.
Guardandola, a tutti quei piccoli e fastidiosi dolori se ne aggiunse un altro: una brutale stretta allo stomaco che però si ostinò ad ignorare.
« Ehi » salutò, cercando di distendere il proprio volto in un sorriso, ma non ci riuscì.
« Ciao » fece lei, sorridendo appena. « Scusa se ti ho richiamato, ma ho... bisogno di una cosa » disse poi, scrutando il suo volto con aria un po' cupa, e lui annuì.
« Certo, dimmi tutto » rispose con il suo usuale tono gentile, e affondò le mani nelle tasche in un gesto distratto.
Miley si sistemò meglio sulla spalla la pesante borsa che continuava a segarla, poi parlò.
« Ti dispiacerebbe darmi la parola d'ordine della vostra Sala Comune? » chiese, un po' imbarazzata. « Ho la netta sensazione che Scarlett preferirebbe far venire su gli elfi a colazione, pranzo e cena piuttosto che lasciare il Dormitorio, quindi... ecco, non so proprio in quale altro modo potrei parlarle ».
Remus annuì prima ancora che lei terminasse la frase, senza neanche pensarci due volte.
« Strillettera » disse, accennando un sorriso comprensivo. « Dovrebbe essere valida per tutta la settimana ».
Miley annuì più volte col capo e sorrise.
« Grazie mille » rispose, scostandosi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
Poi, come colta da un'improvvisa illuminazione, iniziò a frugare dentro la propria borsa, in cerca di qualcosa che Remus scoprì essere un sacchetto quasi intero di ingrediente base per pozioni.
« Lo hai dimenticato sabato... insieme a questo » fece, tirando fuori anche la sua copia di Pozioni Avanzate. « Non so chi tra noi due abbia più la testa fra le nuvole, visto che mi porto dietro questa roba da ieri... tra l'altro hai doppie Pozioni adesso, no? »
Lui parve non recepire subito il messaggio, lo sguardo fisso sul libro che aveva tra le mani, e si ritrovò ad annuire rapidamente in un gesto meccanico.
Perché lei non poteva saperlo, ma quel libro non gli sarebbe servito proprio a nulla, quella mattina. A nulla, se non ad accrescere la noia in Infermeria tra le solite fitte lancinanti che puntualmente lo colpivano e qualche raccapricciante pozione da ingerire per contrastare il dolore. 
« Già... » rispose, evasivo. « Che sbadato... Ti ringrazio ».
Sistemò il tomo dentro la borsa semivuota, e per la seconda volta Miley si ritrovò a scrutare il suo volto con preoccupazione e curiosità insieme, domandandosi cosa non andasse in Remus, cosa lo rendesse tanto sfuggente e cupo.
« A proposito di questo » riprese nuovamente, cercando di mascherare la propria perplessità con un tono piuttosto tranquillo. « Volevo dirti che questa settimana sarà un inferno, con gli allenamenti e tutto il resto, però mercoledì pomeriggio sarò lib-... »
« No, Miley ». 
La sua brusca interruzione riuscì a inchiodarla sul posto quasi come se le avesse lanciato un Incantesimo delle Pastoie Total Body.
Non la stava nemmeno guardando negli occhi.
« No cosa, Remus? » domandò, aggrottando leggermente le sopracciglia, e lo vide grattarsi distrattamente la nuca mentre continuava accuratamente ad evitare il suo sguardo.
Dal momento in cui Miley l'aveva richiamato, era stato certo che, in un modo o nell'altro, sarebbero arrivati a quell'argomento. 
Dopotutto era la cosa più normale al mondo, e proprio per quella sua estrema banalità Remus la odiò, perché la rendeva di conseguenza la questione più inevitabile da affrontare.
Allo stesso tempo, però, era anche parecchio stupido lamentarsi del momento inappropriato o delle condizioni sfavorevoli per discutere della decisione che aveva maturato, perché qualsiasi momento sarebbe stato inappropriato, e probabilmente le condizioni favorevoli che tanto agognava di trovare non esistevano nemmeno, se non nei suoi sogni più vivaci.
Guardarla negli occhi, poi, gli risultò arduo tanto quanto si era aspettato tutte le volte che la sua mente si era focalizzata su quella scena. 
Scena che aveva sperato intensamente di non vivere, ma che sapeva bene di dover affrontare.
« No alle nostre lezioni di Pozioni » rispose dopo qualche istante. « Non più ».
Si maledisse mentalmente per la spigolosità delle sue parole, ma in realtà aveva poco da rimproverarsi, visto quanto si conosceva bene e quant'era consapevole della propria durezza nei momenti in cui più si ritrovava in difficoltà.
Non aveva pensato ad altro, Remus, da quando era tornato dalla visita ad Hogsmeade.
Subito dopo l'uscita, si era recato insieme a Miley nell'aula di Pozioni, e durante quella lezione si era reso protagonista di una delle performance più disastrose di tutta la sua carriera scolastica. Lei aveva notato la sua distrazione, imputandola però alla poca voglia di impegnarsi, e non aveva dato particolare peso alla cosa, prendendo sul ridere quel clamoroso passo indietro compiuto dal suo irrecuperabile allievo.
Da quella stessa sera, poi, si era rifugiato in uno dei suoi soliti silenzi impenetrabili, e anche in quel caso era stato parecchio fortunato. 
Quei momenti, infatti, erano tipici del periodo precedente alla luna piena e i suoi amici erano ormai avvezzi a quella routine, così quella coincidenza, unita alla rottura tra Sirius e Scarlett, gli aveva permesso di evitare domande scomode.
Le stesse domande scomode che, però, non aveva potuto fare a meno di porre a se stesso, andando incontro a risposte se possibile ancor più dolorose.
Perché allontanarsi da Miley, in quel momento, era la decisione più dolorosa che potesse prendere.
Il discorso che lei aveva quasi per caso intrapreso al ritorno dal villaggio era stato di una bellezza e di una profondità che Remus non ricordava di aver mai riscontrato in altre parole prima di allora. Non era stato particolarmente sbalorditivo - solo perché aveva imparato a conoscere Miley in quei mesi, e non avrebbe potuto aspettarsi da lei nulla di diverso -, ma il candore misto alla forza con cui lo aveva pronunciato lo avevano sinceramente toccato.
I problemi erano subentrati subito dopo, appena superato quel breve attimo nel quale si era illuso che quelle parole potessero essere la sua salvezza.
I problemi erano subentrati quando, tornato alla realtà, si era reso conto che non esisteva salvezza, per lui.
Quelle parole, infatti, potevano solo essere specchio e manifesto di un'inevitabile condanna. 
Condanna per una persona che meritava di brillare, condanna per una giovane donna che possedeva una ricchezza interiore disarmante, condanna per una ragazza per cui provava qualcosa di tanto intenso quanto sbagliato... qualcosa che - lo sapeva bene - poteva solo diventare ancor più forte, quando invece lui non avrebbe nemmeno dovuto permettere che nascesse.
Era stato ingenuo, debole, fin troppo sconsiderato, e aveva scoperto suo malgrado di non poter confidare sulla sua capacità di rendersi impermeabile alla tentazione di vivere come un ragazzo normale. 
Forse perché Miley lo stava convincendo di poterci riuscire davvero.
Forse perché quella tentazione, con lei, diventava quasi irresistibile.
Nonostante ciò, però, si trattava sempre di pura tentazione, e cedervi non avrebbe portato altro che oscurità.
Quella situazione andava bloccata, fermata prima che si giungesse all'irreparabile, prima di arrivare a svelare verità che dovevano rimanere occulte, a prescindere da quanto quella rottura fosse sofferta... e lo era davvero.
Chi era lui per addossare su di lei un fardello che a stento riusciva a sopportare lui stesso, solo per un suo egoistico desiderio di continuare ad essere cullato da quella delicata presenza di fianco a sé?
La risposta era fin troppo semplice, la sua messa in atto decisamente meno.
« Ci penso da un po' » riprese a dire, sforzandosi di incontrare il suo sguardo che attendeva risposte. « Ho abusato della tua pazienza troppo a lungo, e adesso... adesso me la cavo anche da solo, quindi non è il caso che impieghi ancora parte del tuo tempo libero con me, non... non con tutti gli impegni che hai, ecco ».
Miley non fece una piega, e parve assimilare la notizia con la massima compostezza.
Non aveva staccato gli occhi da lui neanche per un secondo, e il suo atteggiamento così palesemente nervoso le fece subito pensare che ci fosse altro a monte della sua decisione. Dopotutto, nell'ultimo periodo non le aveva più rivolto quel tipo di scusanti, e lei aveva creduto che fossero arrivati ad un grado di confidenza tale che quelle schermaglie non avevano più ragione di esistere, fra loro.
Se a stupirla, comunque, era stata la tempestività di quella scelta, a meravigliarla ancor di più fu il modo in cui le aveva parlato.
Era teso, rabbuiato, brusco, e anche estremamente a disagio.
Fu soprattutto per quello che decise di non replicare con stupide rassicurazioni o inutili pressioni per fargli cambiare idea.
Remus sapeva benissimo che lei ci sarebbe stata sempre per lui, e con quella sicurezza aveva preso comunque la sua decisione. Questo le bastò.
« Capisco » rispose infatti, annuendo brevemente. « Hai... hai ragione, sei molto migliorato ».
Remus accolse quelle parole di circostanza con nervosismo crescente. 
Non tollerava quella situazione, non tollerava se stesso più che mai, e voleva uscirne il prima possibile. Voleva scappare.
« Allora... » fece, impaziente di porre fine a quel dialogo che sapeva tanto di sottile tortura. « Allora grazie di tutto. Sei stata preziosa ».
Lei tentò un sorriso accennato, probabilmente il peggiore che avesse mai partorito in vita sua.
« L'ho fatto col cuore » rispose con semplicità e, paradossalmente, senza particolare dolcezza.
Remus prese un profondo respiro, e fu capace di congedarsi solo con un brusco cenno di saluto, per poi lasciarsi andare ad un pesante sospiro quando alcuni passi l'ebbero allontanato da lei.
Miley, invece, si incamminò nella direzione opposta, le mani affondate nelle ampie tasche del mantello, una sensazione di vuoto allo stomaco che di solito associava alla mancanza di cibo, ma che in quell'occasione era decisamente più dolorosa.
Percorse la strada verso l'aula di Trasfigurazione meccanicamente, senza badare a come piantava i piedi a terra o a chi le passava accanto per i corridoi. 
La sua mente non faceva altro che aggrovigliarsi in contorte teorie che la portassero a capire cosa avesse indotto Remus a compiere quella scelta inaspettata. Perché per quanto lui potesse sostenere che l'idea lo sfiorava da tempo, lei continuò a pensare che la sua decisione fosse derivata da una ragione scatenante, piombata dal cielo all'improvviso così da travolgere entrambi con la stessa intensità.
Era stato un colpo che non si era aspettata di ricevere, una notizia che ancora non riusciva a realizzare, forse perché da tempo, ormai, la sua compagnia era divenuta un'abitudine a cui avrebbe faticato a rinunciare. Dopotutto, Remus e le loro lezioni insieme erano divenuti parte della sua vita, un'elemento fondamentale e imprescindibile del suo vivere quotidiano che la aiutava ad affrontare con maggior serenità ogni piccolo ostacolo che le si parava di fronte.
Tutte le volte in cui si era sentita un po' stressata, giù di morale o con la mente troppo stipata di pensieri, l'idea dei suoi incontri con lui era riuscita nell'ardua impresa di risollevare il suo umore. Era stata un supporto, un perenne incoraggiamento, un dolce conforto in qualsiasi situazione.
Non aveva idea di quel che invece avesse significato per lui, e questo la mandava in collera più di tutto il resto.
Forse aveva considerato le loro lezioni solo un modo per recuperare un voto orribile, e nulla di più. Per quanto si scervellasse, non riusciva a venirne a capo.
E avrebbe continuato a tormentarsi ancora a lungo se la vista di sua sorella non avesse attirato improvvisamente la sua attenzione.
Si passò le dita fra i capelli, cercando di sgomberare la mente da quei pensieri, e le si avvicinò frettolosamente.
Non aveva alcuna intenzione di gravare ancor di più sul peso che Scarlett portava sulle spalle con i suoi improvvisi problemi. L'idea di parlarle di quanto era appena accaduto non la sfiorò neanche per un istante: il suo unico compito, in quel momento, era assicurarsi che Scarlett non crollasse definitivamente.
Una volta giunta alle sue spalle, le strinse il braccio con la mano destra per indurla a voltarsi e la abbracciò calorosamente.
Lei non fiatò, ma avvolse la sua vita con le braccia e poggiò il mento alla sua spalla, chiudendo gli occhi per cercare di chiamare a sé quella calma che, per quanto si sforzasse, da ore non riusciva più a padroneggiare.
Quando si lasciarono, Miley osservò la sorella con il capo un po' inclinato, aspettando che dicesse qualcosa mentre si mordicchiava una guancia.
« Non ho molta voglia di parlare, Miley » disse quella, rispondendo alla domanda che lei non le aveva posto.
La sorella annuì quasi subito, dando in un mezzo sospiro che non riuscì a trattenere.
« Lo capisco » si affrettò a dire, parlando con calore. « Sì, lo capisco benissimo. Ma se ti venisse voglia di... più tardi, o quando vuoi... »
« Lo so » la interruppe l'altra, guardandola con affetto.
Poi, d'un tratto, qualcosa la distrasse, la vista di qualcuno o di qualcosa, che Miley rintracciò ben presto nella figura di Sirius, all'altra estremità del corridoio.
« Ehi » fece, richiamando la sorella, e con un cenno indicò il ragazzo che si allontanava. « Vai ».
Il suo tono incoraggiante e sereno riuscì a mitigare l'ansia che le era salita alla gola nell'istante in cui i suoi occhi avevano incontrato Sirius.
Annuì senza pensarci due volte, strinse in un rapido gesto la spalla di Miley e la abbandonò, dirigendosi nella direzione da lui intrapresa.
Accelerò il passo sempre più, scostandosi i capelli dietro la schiena, poi, quando lo rivide, riprese a camminare più lentamente, facendosi vicina.
Non aveva avuto il tempo materiale di riflettere su cosa dire non appena lo avesse richiamato, ma ormai era tardi per cercare di formulare pensieri definiti. Avrebbe improvvisato, e per una volta sarebbe stata capace di dire solo ciò che sentiva di voler dire, senza censure e senza rimorsi, così come avrebbe dovuto sempre fare. Così come, in realtà, lui aveva sempre voluto che facesse.
Sirius si accorse di lei prima che potesse pronunciare anche una sola sillaba del suo nome. Il corridoio era semivuoto, e lo scalpiccio dei suoi passi doveva averlo indotto a voltarsi, cosa a cui lei non aveva affatto pensato. Il suo sguardo la scosse come un'ondata di elettricità.
Pareva che il suo viso dai bei lineamenti si fosse indurito nel corso della notte. Ogni tratto pareva più marcato, più spigoloso, meno delicato.
La fissò solo per qualche breve istante, poi ricominciò a camminare come se non l'avesse vista affatto, e per un attimo lei esitò: non aveva il coraggio di richiamarlo. Non dopo la freddezza che aveva visto invadere i suoi occhi nel momento in cui l'aveva guardata. Però lo fece.
« Sirius » disse, la voce stranamente ferma e limpida, e mosse qualche altro passo verso di lui, un po' incerta.
Quando gli fu vicina, però, la sensazione che la invase la sconvolse.
Il calore che l'aveva sempre attirata verso di lui, avvolgente e pericoloso come una forza fuori controllo, era svanito, rimanendo intrappolato nella gelida barriera che adesso non faceva altro che respingerla, impedendole di farsi più vicina. Il potere della sua protezione, quella che aveva avvertito durante quei preziosi momenti trascorsi fra le sue braccia, pareva impossibile da raggiungere, da riottenere, e disintegrò ogni sua speranza di poterla presto riavvertire.
« Che cosa c'è? » rispose lui con un basso sospiro, fissando lo sguardo su un'ampia vetrata alle sue spalle.
Scarlett deglutì, guardando la sua spalla per non dover incrociare i suoi occhi. Aveva le mani sudate.
« Che cosa c'è? » ripetè, inclinando il capo. « C'è parecchio, direi ». Fece una pausa. « Ho bisogno di parlare con te ».
Lui tornò a fissarla di scatto, e i suoi occhi si assottigliarono appena.
« Perché, credi di non aver detto abbastanza? » le chiese sottovoce, scrutandola. « Ti è saltata in mente qualche altra sciocchezza e non vedevi l'ora di venire qui a dirmela? Questa volta passo, grazie tante, Banks » concluse in tono amaro, volgendo nuovamente lo sguardo altrove.
Lei scosse il capo, massaggiandosi la nuca con il palmo della mano umidiccia.
« Ne ho dette fin troppe, hai ragione » replicò. « Infatti volevo dirti... altro ». Si morse la guancia. « Volevo... volevo rimediare ».
Sirius sorrise, annuendo lentamente. Quel gesto la agghiacciò, tanto che la voce le morì in gola.
« Volevi rimediare » disse, fingendosi colpito. « Ah, lo apprezzo molto, davvero. Scommetto che questa notte hai partorito un discorso strappalacrime tipico delle più strazianti storie d'amore, e un po' mi dispiace non permetterti di recitarlo, ma... caschi un po' male, Banks. Credo che tu abbia trovato una delle poche persone a cui non appassiona particolarmente il genere melodrammatico. Ho già dato ieri sera, con quello stupido teatrino. E' stata... una delle esperienze più degradanti di tutta la mia vita ».
La vide chinare il capo, incapace di controbattere. Era la prima volta in cui Sirius riusciva a sconfiggerla con una tale facilità.
« Non mi aspettavo che ti fosse passata » disse, mantenendo lo sguardo fisso a terra. « Ti capisco se adesso non hai voglia di ascoltarmi ».
A lui venne quasi da ridere. Al contrario di quanto credeva, non aveva capito affatto.
« Oh, non si tratta di questo » replicò, scuotendo il capo. « Io non voglio ascoltarti adesso, e non lo vorrò domani, o fra un mese, mai ». Si avvicinò di un passo, gli occhi infuocati agganciati ai suoi. « Non avrò la pazienza di ascoltarti, di aspettarti, né di perdonarti, perché non sono quel tipo di persona. Mi annoia sopportare le persone, in una maniera che forse non puoi neanche immaginare. Quindi no, non ho voglia di capirti, né tantomeno di provare a scervellarmi sul perché diavolo mi hai tirato addosso tutte quelle stronzate ieri sera. Non ci penso neanche, e non m'importa se ti aspetti che io lo faccia. Non devi aspettarti più nulla da me ».
Il suo tono duro e apatico al tempo stesso, insieme a quelle parole così crude, la ferirono come mai avrebbe potuto immaginare.
Non riusciva a distinguere il Sirius che gli stava parlando da quello che aveva vissuto nei mesi passati, e la confusione la mandava in crisi. Il suo le pareva più che altro un modo per farle del male a tutti i costi, non per sfogare liberi pensieri che aveva tenuto a bada perché teneva a lei. 
Nonostante questa sua convinzione, però, le sembrò quasi un'impresa cercare di rimanere impassibile dinnanzi a quelle parole così forti.
Serrò gli occhi per un istante, il tempo necessario per rigettare indietro le lacrime che li avevano punzecchiati, e a lui quel gesto non sfuggì.
L'alone di tristezza che incupiva il suo sguardo solitamente vispo gli si mostrò così evidente che fu impossibile per lui far finta di ignorarlo. Così preferì non fissarla, sfuggire a quelle sue emozioni che ancora, nonostante le costrizioni a cui si era sottomesso, non riuscivano a non toccarlo da vicino.
Se l'avesse guardata, tradire se stesso e tutto ciò che aveva detto sarebbe stato semplice quasi quanto lo era stato buttare fuori tutto, senza pensare. 
E rimangiarsi la parola dopo avervi dato sfogo era un qualcosa che aveva sempre promesso a se stesso di evitare.
« C'è altro? » chiese ancora, simulando un tono di voce quasi annoiato e fissando un punto poco preciso di fianco a lei.
Quella domanda le suonò quasi come una presa in giro. Di fatto, era un invito al silenzio, perché in realtà non aveva avuto modo di dire alcunché.
« No, io... immagino non serva più a nulla, a questo punto » replicò, serrando le labbra e aggrottando le sopracciglia in un'espressione corrucciata. « Mi chiedo solo come tu abbia fatto a diventare tanto indifferente così, da un giorno all'altro ».
Sirius tornò lentamente a guardarla, così intensamente da farla sentire improvvisamente troppo piccola.
« Ho preso esempio da te » rispose, secco. « A dirla tutta, ieri mi hai persino battuto sul tempo ».
Lei strinse le labbra ancor più forte, frustrata. Avrebbe voluto dire mille cose, ma non ebbe abbastanza coraggio nemmeno per una di queste.
« Io però non credo che non ne valga più la pena » ribattè dopo qualche istante, guardandolo con intensità e appigliandosi all'unica frase a cui aveva avuto la forza di dar voce.
Ma la reazione di Sirius non fu quella che aveva immaginato o sperato che mostrasse.
« Beh, io sì » rispose infatti lui, scrutandola con ferma freddezza. 
In uno scatto, si fece ancor più vicino a lei, il volto ad un passo dal suo.
« Io e te facciamo schifo insieme » sputò fuori alla fine, velenoso. « E per questo schifo non ho intenzione di spendere neanche un minuto del mio tempo ».
Le rivolse un'ultima occhiata glaciale, poi, senza aggiungere altro, le passò accanto e andò via.
Quando Scarlett si voltò era già sparito.









Note della Malandrinautrice: Salve! Ehm... forse dovrei dare la precedenza alle presentazioni. Voglio dire, non credo affatto che riusciate ancora a ricordarvi di noi. Siamo... un attimino in ritardo, eh? Nulla di grave. Solo un mesetto e mezzo.
Ma, ehi, sul serio, è stato un Maggio infernale. Interrogazioni tutti i giorni, e questo è il mio primo giorno semi-libero.
Sono certa che riuscirete a capirmi. D'altra parte, Maggio è orribile un po' per tutti quanti. Scusate, scusate davvero.
Comunque, abbiamo persino avuto il fegato di presentarci con un capitolo apocalittico come questo.
Due coppie e due amicizie scoppiate in un niente, ma... non abbiamo potuto evitarlo. Quella santa creatura che è la trama ci comanda a bacchetta, e chi mai avrebbe il coraggio di contraddirla? Si è creata da sola, naturalmente. 
Ad ogni modo, ci tengo a motivare l'assenza di momenti Jily nel capitolo, che... non so, magari vi aspettavate.
Inserirli in questo contesto sarebbe stato del tutto illogico e fuori luogo. Entrambi hanno avuto ben altro a cui pensare, e tentare di mettere su una scena sarebbe stato tremendamente forzato. Per cui abbiamo optato per un momentuccio a colazione in cui sembrano già marito e moglie, e nient'altro. Ma torneranno prestissimo, ovviamente!
Detto ciò, vi posto una piccola immagine.
Una delle nostre solite imitazioni di scene da film, per l'ultima serie di battute dei Blanks: 
http://oi39.tinypic.com/wj8g3t.jpg.
Adesso, invece, veniamo ai più che dovuti ringraziamenti.
Beh... abbiamo oltrepassato le 1000 recensioni. E noi non riusciamo ancora a crederci. E' un traguardo incredibile, raggiunto unicamente grazie a voi, quindi... GRAZIE, grazie con tutto il nostro cuore per tutte le parole spese, quelle che occupano tutti quei frammenti venuti a formare un numero davvero troppo più grande di noi. Sono state tutte preziose, immagino che lo sappiate.
Grazie, grazie mille ancora.
E un ringraziamento, come sempre, ai 281 delle preferite, ai 66 delle ricordate e ai 294 delle seguite! 
Vi abbracciamo forte... ci siete mancati davvero.
A presto!


Simona_Lupin

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Capitolo 34
*** Quando il fine giustifica i mezzi (o forse no) ***





Capitolo 34


Quando il fine giustifica i mezzi (o forse no)

 




 
« Per l'amor del cielo, James, piantala con queste sciocchezze. Gli unicorni non sono snob. Prediligono le streghe perché i loro spiriti sono più puri ».
« Oh, ma davvero? E da quando in qua lo spirito di Betty Gilbert può essere considerato puro, Evans? Avanti, non prendermi in giro ».
« Quanto sei pettegolo... Fai tutte queste storie solo perché vorresti accarezzarne uno anche tu. E non fare quella faccia, sai che ho ragione io ».
« Stento a ricordare l'ultima volta in cui fra noi due non l'abbia avuta vinta tu. Ah, no, aspetta... non è mai successo ».
Lily alzò gli occhi al cielo, fingendosi esasperata, ma si unì alla risata di James non appena questa giunse alle sue orecchie.
« Potter, Evans, pensate di averne ancora per molto? » arrivò la voce del professor Tilney facendosi largo fra gli studenti di fronte a loro.
Era l'ultima ora di lezione della settimana, e James e Lily si erano ritrovati a lavorare insieme. 
Scarlett, Peter e Sirius non seguivano la materia, mentre Remus stava attraversando l'ultimo giorno di convalescenza in Infermeria.
Da quando era iniziata la lezione, non avevano fatto altro che chiacchierare e battibeccare tutto il tempo, cosa che aveva notevolmente indispettito il loro assai anziano insegnante di Cura delle Creature Magiche, il quale però fino ad allora si era limitato a scoccare loro qualche poco temibile occhiata d'avvertimento e a sbuffare tutte le volte che perdeva il filo del discorso per osservarli.
Mentre tutti si voltavano a fissarli, Lily serrò le labbra per non permettere alle risate di venir fuori, poi fece per aprir bocca, ma James la anticipò.
« Evans ed io stavamo discutendo dell'atteggiamento sessista degli unicorni, signore » disse ad alta voce, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni, e molti sguardi si soffermarono su di lui. « Evans sostiene che lascino avvicinare soltanto le donne perché i loro animi sono più puri, ma... insomma, mi guardi bene. Pur lavorando di sfrenata fantasia, riuscirebbe a immaginare uno spirito più puro del mio? »
Un sonoro coro di risate si levò tutto intorno a loro. 
Gli unici a distinguersi furono i Serpeverde, che al contrario esibirono smorfie cariche di disappunto.
James non li degnò neanche di uno sguardo, ma intercettò i freddi occhi di Piton che lo fissavano con insistenza, quasi a volerlo perforare.
« In effetti mi risulta difficile, signor Potter » replicò gioviale l'insegnante, dandogli corda. « Vuole avvalorare la sua tesi con una dimostrazione pratica? »
James non se lo fece ripetere due volte. Sorrise apertamente e spalancò le braccia, per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi. Poi avanzò.
« Rimarrà stupefatto dalla mia affinità con queste candide bestiole, professor Tilney » disse con nonchalance, e l'insegnante ridacchiò sotto i baffi.
Si fece da parte, tenendo le mani intrecciate dietro la schiena, e intimò agli altri studenti di fare silenzio e di prestare attenzione.
Ottenuto ciò, James voltò il capo per un momento, strizzò l'occhio a Lily che ancora sorrideva e finalmente si concentrò sull'unicorno più vicino.
Notò che lo osservava con una certa diffidenza, ma naturalmente ciò non lo intimidì minimamente. Tese la mano oltre il bordo della staccionata, mantenendo il contatto visivo con l'animale dal pelo brillante e morbido come la seta, ma quello non gli permise neanche di sfiorarlo.
Con il lungo corno scintillante gli assestò un leggero colpo sul mento, poi schizzò via trottando a una velocità pazzesca, leggiadro come il vento.
Una nuova ondata di risate accolse lo spettacolo, e questa volta a essa si unirono anche i Serpeverde. E James, che forse rideva più di tutti.
« Ed ecco a voi una lampante dimostrazione di ciò che succede a un mago inesperto, avventato e un po' tonto quando tenta di farsi buono un unicorno » annunciò il professor Tilney alla classe in tono divertito. « Se il signor Potter avesse prestato un po' di attenzione alla lezione, invece di intrattenersi piacevolmente in chiacchiere con la signorina Evans, avrebbe certamente saputo che gli unicorni vanno trattati con enorme rispetto. In caso contrario, infatti, potrebbero reagire d'impeto, ragion per cui il Ministero della Magia ha attribuito loro un tasso di pericolosità pari a quattro nella classificazione di tutte le creature magiche ».
James, che era ritornato al fianco di una sempre più ilare Lily, fu sconvolto da quell'informazione.
« Per la miseria, prof, voleva farmi fuori o cosa? » esclamò, ma sorrideva. « Ho una vita intera davanti a me e un Campionato da vincere, se non le dispiace. Sì, dispiace a te, Selwyn, lo so » aggiunse, rivolto a un Serpeverde che aveva preso a bofonchiare infastidito a pochi passi da lui, « ma faresti meglio a venire a patti con l'idea che siete spacciati... almeno finché a tenere in piedi la squadra ci sarò io ».
Il ragazzo fece per avanzare verso di lui, ma l'insegnante lo richiamò a gran voce e riportò la calma. James gli rivolse un sorrisetto compiaciuto.
« Avrebbe dovuto colpirti più forte, quell'unicorno » borbottò Lily accanto a lui, assestandogli una lieve gomitata fra le costole.
Lui la osservò e rise sottovoce, mentre la vide lanciargli uno sguardo divertito che durò meno di un istante. Pensò quasi di averlo immaginato.
« Ah, ma per quello ci sei sempre tu, Evans. Sbaglio? » le fece. 
E quando scosse indispettita il capo non potè che ridere nuovamente.
La lezione terminò poco più di dieci minuti dopo, ma Lily si defilò un momento per sistemare i lacci della propria scarpa.
James la aspettò, appoggiato a un'enorme roccia con le braccia incrociate al petto e gli occhi fissi sulla sua schiena, finché non si raddrizzò nuovamente. Non appena gli fu di fronte, la osservò con il capo lievemente inclinato, assorto nei propri pensieri eppure straordinariamente interessato al suo volto.
« Ho qualcosa fra i capelli? » gli chiese Lily, cominciando a rovistare nella massa di aggrovigliati capelli rosso scuro. « Santo cielo, mi ritrovo sempre foglie e rametti nei posti più impensati quando andiamo nella fore-... » 
« Facciamo un giro » la interruppe lui con fare rilassato, scollando la schiena dall'imponente masso. « Ti va? »
Lily parve per un attimo piacevolmente disorientata, poi si affrettò ad annuire, mollando la presa sui capelli agitati dal vento.
« Ma certo » rispose con un sorriso. E si incamminarono.
Negli ultimi giorni, entrambi avevano sentito la mancanza di quei brevi momenti che da un po' di tempo a quella parte erano soliti trascorrere insieme. 
Non era stata assegnata loro nessuna ronda, e la brusca rottura fra Sirius e Scarlett aveva provocato non pochi cambiamenti anche all'interno della loro ormai abituale combriccola. Da quando avevano litigato, infatti, i Malandrini avevano inevitabilmente preso le distanze dalle ragazze durante pasti e le lezioni, e di conseguenza le occasioni in cui avrebbero potuto vedersi e passare del tempo insieme si erano ridotte a zero.
L'atmosfera nei due nuovi gruppi, poi, era fra le più gelide che si possa immaginare. 
Sirius e Scarlett non si rivolgevano neanche uno sguardo, e avevano assunto atteggiamenti diametralmente opposti: mentre lei era divenuta sempre più scontrosa e taciturna, tendente ad isolarsi tutte le volte che poteva, lui aveva preso a far finta di nulla, come se la vicenda non lo avesse minimamente toccato, e a comportarsi nell'esatta maniera in cui era solito fare prima che il suo rapporto con Scarlett diventasse così intenso e trascinante. Malgrado trascorresse tutta la giornata in compagnia degli amici, però, anche lui si ritagliava dei momenti da vivere in completa solitudine. Capitava spesso, infatti, che si defilasse all'improvviso e andasse via, senza farsi rivedere per un'ora o due. Dove fosse la meta del suo vagare e in che modo si intrattenesse per tutto quel tempo nessuno poteva saperlo, visto che teneva sempre la Mappa con sé e non raccontava mai nulla dei suoi brevi viaggi. Ma di una cosa James era assolutamente certo: non si trattava di ragazze. Durante quella settimana, infatti, Sirius si era trasformato in un perfetto misogino, quasi lo si vedeva arricciare il naso disgustato tutte le volte in cui gli si avvicinava un individuo di sesso opposto, come se tutte le ragazze del castello gli avessero fatto uno sgarbo e lui ne fosse rimasto sdegnosamente offeso. Gli amici avevano fatto fatica ad abituarsi al suo nuovo modo di porsi dinnanzi alle signore, un codice di comportamento che bandiva occhiolini, sorrisi accennati o battutine e cenni allusivi di qualsiasi tipo, ma stavano cominciando a rassegnarsi. Era la prova lampante che, nonostante stesse fingendo di andare avanti, in realtà non ci stava riuscendo affatto, e che Scarlett era presente nel corso delle sue giornate più che mai.
La comitiva delle ragazze, poi, era a sua volta spezzata in due. 
Lily trascorreva la maggior parte del suo tempo in compagnia di Scarlett, malgrado ciò le stesse quasi facendo perdere l'uso delle corde vocali per il poco utilizzo che ne faceva, mentre Emmeline stava quasi sempre al fianco di Mary, tentando giorno dopo giorno di ricondurla alla ragione. Alice, invece, poiché non desiderava allontanarsi da nessuna delle amiche, vagava fra un gruppo e l'altro come una trottola impazzita, per poi ritornare fra le braccia di Frank tutte le volte in cui aveva bisogno di sfogarsi per quella situazione a sua detta inconcepibile.
Per tutte queste ragioni, James non riuscì a resistere all'impulso di chiedere a Lily se poteva sottrarle un po' del suo tempo, e mentre compivano i primi passi sul manto erboso non fece altro che guardarla di traverso, ben attento a non farsi notare.
« Allora » esordì, sfregandosi i palmi delle mani sui pantaloni, « non ho avuto modo di chiedertelo, prima... com'è stata la tua settimana? »
Lily gli lanciò un'occhiata e scrollò le spalle, incrociando le braccia al petto in una stretta piuttosto blanda.
« Identica alla tua, immagino » gli fece, lo sguardo fisso di fronte a sé. « Con qualche Pluffa e alcune ferite da Lupo Mannaro in meno ».
Lui rise, mentre lei scrutava un punto indistinto all'altezza del suo collo con aria sinceramente interessata.
« A proposito, quella cicatrice ha un aspetto davvero orrendo » aggiunse. « Non l'ho mai notata in questi giorni ».
James vi passò sopra una mano esibendo una smorfia noncurante, come se fosse una cosa da poco conto. La ferita, però, gli occupava metà del collo, era ampia, e nonostante sembrasse sul punto di rimarginarsi, inizialmente doveva essere stata parecchio profonda.
« Ho portato una sciarpa per coprirla, non mi andava di dare spiegazioni » replicò in tono sbrigativo. « E poi, se penso che solo quest'anno ho già rischiato di morire due volte, mi sembra solo un graffio » le disse con leggerezza, ma lei non parve rassicurata dalle sue parole.
« Chi te l'ha sistemata? » s'incuriosì, avvicinandosi appena per scrutarla meglio. « Non mi sembra la mano di Madama Chips ».
« E' stato Sirius » rispose infatti James, annuendo. « Che Dio lo benedica, se ci avessi provato io probabilmente mi sarei squarciato la gola. Sai » aggiunse, « non potevo tornare in Infermeria. Tutte quelle storie che ho raccontato a Madama Chips quando mi sono fatto tagliare a fettine l'avranno sicuramente insospettita, ripresentarmi adesso con una ferita del genere proprio la notte della luna piena sarebbe stato fin troppo rischioso. Mi sono dovuto arrangiare ».
Lei annuì con aria comprensiva, poi esitò un istante prima di parlare.
« Posso darle un'occhiata? » chiese, mordicchiandosi una guancia con aria vagamente titubante, e lui sorrise sornione.
« Andiamo, Evans, vuoi ammazzarmi così, a sangue freddo, dove potrebbero vederti tutti quanti? » scherzò, e lei rise divertita, scostandosi i capelli dal viso.
Senza indugiare oltre si avvicinò, e James inarcò appena il collo affinché potesse studiare la sua lunga ferita.
La vide fissarla attentamente. Il suo intenso sguardo così vicino riusciva quasi ad accaldarlo, ma finse indifferenza e cominciò ad osservare il prato.
« Immagino ti faccia male quando ti alleni » disse lei dopo un po', senza staccare gli occhi dal suo collo sfregiato. « Voglio dire, lavori con lanci, prese e roba simile... potrebbe persino riaprirsi, se non fai attenzione ». Parve riflettere sulla questione per un momento e poi proseguì: « A pensarci bene sei stato un vero incosciente a continuare ad allenarti in questo stato! Ma insomma, ci tieni o no alla tua salute? »
James la fissò per un momento, spiazzato dal suo repentino cambio di tono, poi rise di cuore.
« Dovevo allenarmi, Evans! » esclamò, allegro. « Se non ci sono io, chi vuoi che la porti la coppa a casa? »
Le sue parole non fecero altro che indurla ad inalberarsi ancor di più, quasi le avesse arrecato un'offesa personale.
« Ecco, vedi? » sbottò. « Sei un incosciente », e serrò le braccia all'altezza del petto, per poi slacciarle subito dopo e sguainare la bacchetta.
James si allarmò.
« Okay, okay, la pianto » si affrettò a dire, sollevando le mani in segno di resa. « Non c'è bisogno di passare alle armi. Sono stato un incosciente, d'accordo, ma ci tengo alla mia salute. Contenta? » le fece, azzardando un sorriso pacifico, ma lei non lo ricambiò e strinse più forte la bacchetta fra le dita.
« Sei un idiota, Potter » sbuffò, scocciata. « Voglio sistemarti quella dannata cosa! Dai, su, lasciami lavorare. In Guarigione tra me e Black non c'è storia ».
Lui sorrise e non osò replicare, lasciandola ai suoi incantesimi borbottati a mezza voce. 
Quando la bacchetta gli sfiorò la ferita, però, si morse la lingua per non fiatare. Bruciava maledettamente.
« Farà un po' male, credo » gli disse lei, profondamente dispiaciuta, e lui scosse il capo per tranquillizzarla. « Ma farò del mio meglio ».
In effetti la breve operazione fu un po' dolorosa, ma James non pronunciò neanche una sillaba e aspettò che terminasse il suo lavoro.
Quando smise di pronunciare sconosciuti incanti di cura e si allontanò di un passo per osservare il risultato, la fissò, ansioso.
« Allora » esordì, allargando le braccia con aria rassegnata. « Di', Evans. Quanto mi resta? Giorni, settimane, me-... ahia, Lily! »
Lei rise. Gli aveva premuto la punta della bacchetta sul braccio, facendola scottare appena.
« Sei sadica, lo sai, sì? » le fece lui, reprimendo una risata, e Lily annuì con aria festante.
« Si chiama autodifesa » ribattè con determinazione, riponendo la bacchetta nella tasca del mantello. « E te lo meritavi. Comunque la ferita si è cicatrizzata, dovrebbe guarire in fretta. Non si aprirà nemmeno se al prossimo allenamento dovessi buttare giù gli anelli ».
« ... il che è altamente probabile » concluse James con un sorrisetto, e lei alzò gli occhi al cielo, ridendo sommessamente.
Ricominciarono a camminare, lui con i pollici infilati nei passanti dei pantaloni, lei con lo sguardo che vagava verso il cielo.
Il gelo di Febbraio aveva iniziato a placarsi, il vento a farsi più gentile, e passeggiare sull'erba ormai solo macchiata di neve era davvero piacevole.
« Hai la testa da un'altra parte? » le chiese James con un sorriso dopo quasi un minuto di silenzio.
Al suono della sua voce Lily si riscosse bruscamente e ricambiò con calore il suo sorriso, sollevando le spalle.
« Pensavo... alle notti di luna piena » disse, guardandolo negli occhi. « Vedi, è strano, mi sono... sempre immaginata Remus tutto solo, ad ululare alla luna per tutta la notte ». Fece un sorriso triste, e non parlò per alcuni istanti. Poi proseguì. « Ma da quando ho scoperto che ci siete voi a tenergli compagnia, ho provato a pensare a cosa possiate combinare in quelle notti... Vi comportate da bravi malandrini anche con tutto quel pelo addosso? » 
Rise, e James con lei.
« Che domande » le disse in tono allegro. « Ma certo! Ci divertiamo da matti. Immagina... » Si bagnò le labbra, lasciando per un momento la frase in sospeso per trovare le parole adatte, e smise di camminare, voltandosi nella sua direzione per parlare dritto al suo volto. « Immagina di avere un'intera foresta tutta per te. Immagina di poter... correre più veloce che mai e di avvertire il potere di tutti i tuoi sensi amplificato di almeno dieci volte. Che cosa faresti? »
Lily sorrise quasi inconsapevolmente, e immaginò di sentirsi padrona del vento, della natura, di tutto ciò che le stava intorno, e di avere intere notti per sperimentare le proprie possibilità alla massima potenza. Poter sfidare i propri limiti umani... doveva essere un'esperienza davvero eccitante.
« Beh... qualsiasi cosa, immagino » disse, incantata dai propri pensieri. « E, oh, stanerei i conigli. Ho sempre odiato i conigli ».
James rise, stupito e divertito insieme.
« Noi facciamo proprio questo » riprese poi. « Cioè, non stanare i conigli, io adoro i conigli, intendevo... qualsiasi cosa. Prima di tutto andiamo alla Stamberga e... Merlino, non sai quanto mi siano d'impaccio quelle maledette corna... Comunque » disse, mentre lei rideva. « Poi da un bel po' di tempo abbiamo cominciato a vagare per la foresta e a spingerci fino al villaggio. Io e Sirius ci sfidiamo di continuo... sfide di forza, di velocità, è un vero spasso! »
« Immagino che da animali si amplifichi anche la vostra intesa » suggerì Lily con un sorriso, e lui non potè che annuire concorde.
« Oh, assolutamente sì » rispose. « Remus perde il controllo di rado, oramai, e ad ogni modo io e Sirius siamo perfettamente in grado di tenergli testa. E lottiamo anche con lui, facciamo squadra insieme e cerchiamo di staccarci la testa a vicenda... no, non per davvero, non preoccuparti » si affrettò ad aggiungere quando la vide impallidire. « Però... beh, ammetto che la trasformazione fa venir fuori il nostro... istinto animale, se così si può dire. E' liberatorio, almeno una volta al mese, poter sfogare tutte le tue preoccupazioni in una bella corsa o in una zampata al vento ».
Si scambiarono uno sguardo divertito, e lei annuì ripetutamente, affascinata dal suo racconto e dalle immagini che esso evocava nella sua mente.
« E Peter? » domandò poi, sempre più curiosa. « E' così piccolo, immagino non possa partecipare alle vostre... sfide da maschi animali, o no? »
Lui scosse il capo con una risata e si sistemò meglio gli occhiali sul naso.
« Lui è l'addetto al Platano. Si infiltra lungo i rami e preme il nodo che lo immobilizza » le disse. « E anche lui sa come divertirsi, te l'assicuro. La sua postazione preferita è proprio qui, sulle mie corna. Di Sirius non si fida, e poi dice che il suo pelo punge troppo. In effetti sembra più uno Knarl gigante che un cane, ma lui continua a pensare di essere fantastico... fa maledettamente paura, invece, soprattutto quando ringhia. Ma con quel caratteraccio che si ritrova è pur sempre meglio da cane che da umano, su questo non ci piove ».
Lily non riusciva a smettere di ridere. 
James riusciva a rendere avvincente qualsiasi racconto, ma le loro avventure lo erano già abbastanza di per sé. Conoscerle attraverso lui riusciva a renderle solo ancor più interessanti, e lei pensò che avrebbe potuto star lì ad ascoltarlo fino a sera.
« Hai detto che vi siete spinti fino al villaggio... ma non è pericoloso? » domandò non appena ebbe smesso di ridere.
James si passò una mano sulla nuca, storcendo le labbra in un'espressione pensierosa.
« Potrebbe diventarlo, sì » disse suo malgrado. « Alcune volte noi... beh, diciamo solo che amiamo il rischio, ecco. Ma le nostre avventure qui stanno per finire e non è mai successo nulla di irreparabile. A volte Remus ha fatto delle ramanzine a se stesso, ma non hanno funzionato granché... »
Lei scoppiò a ridere ancora una volta, figurandosi la scena. Comportamento tipico di Remus Lupin, su quello non vi era ombra di dubbio.
« E comunque facciamo tutto questo perché... insomma, ci fidiamo di noi stessi » proseguì James, più serio. « Sappiamo bene che ci sono limiti oltre i quali non possiamo spingerci, abbiamo il controllo delle nostre menti e dei nostri istinti e riusciamo ad esercitarlo anche su Remus, quando di tanto in tanto tende ad andare troppo oltre... facciamo in modo che sia solo tutto un gioco. Vogliamo divertirci, e cerchiamo di farlo nel modo giusto ».
Lily annuì, osservandolo con interesse e riflettendo sulle sue parole.
Malgrado avesse giudicato male fin troppe volte i cosiddetti Malandrini, adesso li vedeva con occhi del tutto diversi. 
Non erano più i bulletti arroganti che erano stati anni addietro. Sapevano come divertirsi, tutto qui. La vita, le esperienze, le preoccupazioni... la realtà che li circondava doveva aver fatto maturare anche loro, e non ammettere che erano cambiati sarebbe stato davvero stupido ed ingiusto. 
« Piacerebbe anche a me, sai? » mormorò lei dopo un po', pensierosa, e James fissò lo sguardo su di lei. « Poter fare tutte queste cose, dimenticare il resto per un po'... dev'essere bello ».
Lui la scrutò intensamente, riflettendo sulle sue parole, su quel suo desiderio espresso con incredibile semplicità.
Avrebbe tanto voluto trovare un modo per esaudirlo, renderlo reale tanto quanto bastava a farla felice, ma non poteva trasformarla in una cerva con un semplice tocco di bacchetta... gli serviva un'altra idea, qualcosa che potesse funzionare... e gli serviva in quell'esatto momento.
Rimuginò ancora qualche momento, determinato a inventare qualcosa di convincente... e quell'idea arrivò come un'illuminazione dal cielo.
« Ho in mente qualcosa che potrebbe piacerti » disse a Lily con un sorriso smagliante stampato in volto. 
E senza aggiungere altro la prese per mano e la condusse con sé nella direzione opposta a quella che avevano intrapreso, spiazzandola.
« Dove mi stai portando? » gli chiese lei a voce piuttosto alta mentre correvano, e lui le lanciò un altro dei suoi calorosi sorrisi.
« Nella foresta, è ovvio! » esclamò, sorprendendola se possibile ancor di più. « Vuoi sfidare la natura o no? »
Lei lo fissò con aria confusa, ma non smise di correre e stette al passo.
« Nel caso non lo sapessi, ti ricordo che ci sono già stata » fece di rimando, riflettendo su cosa quello scalmanato potesse avere in mente.
« Beh » disse lui in risposta, sempre più inspiegabilmente allegro, « non con me ».
Lily non aggiunse altro fin quando non furono giunti ai margini della foresta. James doveva essersi bevuto il cervello, non vi era altra spiegazione. 
Continuarono a camminare a passo veloce fra gli alberi che si facevano sempre più fitti, stando ben attenti a non incappare in rovi o cespugli che sbucavano da ogni dove a tradimento, e ad ogni passo che compivano Lily si domandava cosa diamine potesse aver macchinato James in una sola manciata di secondi.
Dal canto suo, lui non accennava a dare delucidazioni che spiegassero la sua pensata, e non faceva che avanzare e avanzare in cerca di chissà quale luogo.
Alla fine, quando la foresta si stava facendo decisamente più buia e inquietante, decise di fermarsi, un po' ansante.
« Eccoci arrivati » disse con lo stesso sorriso luminoso di alcuni minuti prima.
Lily inarcò un sopracciglio e si guardò intorno con aria perplessa. Intorno a loro non c'era davvero nulla di speciale da vedere.
« Eccoci arrivati dove, se posso saperlo? » gli disse, stringendo le mani sui fianchi e cominciando a picchiare un piede a terra.
Lui non si lasciò scalfire dalla sua espressione furente, confusa e minacciosa, e si limitò a fissarla con il più felice degli sguardi.
« Eccoci arrivati in un posto abbastanza appartato perché io ti mostri quello che ho da mostrarti » spiegò in tono cantilenante, poi parve ripensarci improvvisamente e aggiunse: « Intendiamoci: nulla di sconcio o scabroso, se è quello che stai pensando ».
A quelle parole, lei arrossì e rise, scuotendo forte il capo. 
Non aveva pensato che le sue parole potessero avere un significato nascosto.
« E posso sapere che cos'hai da mostrarmi? » chiese, riprendendosi. « Per la cronaca, sto perdendo la pazienza, Potter. Il tuo amico Black deve averti contagiato quella sua maledetta pazzia, ne sono certa. Insomma, mi fai correre per metri e metri in una maledetta foresta piena zeppa delle creature più pericolose, non mi dai nessuna maledettissima spiegazione, e guarda! Mi sono anche strappata la gonna in un rovo solo per questa tua pensata balo-... »
Ma James la zittì premendole un dito sulle labbra, e non le fece completare la frase.
« Shh » le sussurrò con dolcezza, lasciandolo scivolare via dalla sua bocca, e lei rimase ferma sul posto, un po' spaesata per quel suo gesto del tutto inaspettato, tanto che non disse più nulla, limitandosi ad osservarlo con il capo inclinato, in attesa.
« Guarda » fu tutto ciò che aggiunse James, sottovoce.
E Lily ubbidì senza fiatare, guardandolo allontanarsi un po' da lei e poi chiudere gli occhi per un paio di istanti, come se volesse concentrarsi.
Dopo qualche momento, un lampo di luce accecante la costrinse ad indietreggiare di qualche passo e a coprirsi gli occhi con l'avambraccio, ma li tenne serrati anche quando la luce fu scomparsa. 
Non appena li riaprì, ciò che vide la meravigliò al punto tale da farle spalancare la bocca e poi indurla a ridere, ridere forte.
Proprio laddove James si era fermato, adesso vi era al suo posto un imponente cervo dal pelo grigio-bruno dotato di un possente palco di corna.
Lily si avvicinò, inginocchiandosi accanto all'animale per poterlo osservare meglio, e notò che intorno ai suoi grandi occhi nocciola vi erano dei segni concentrici che dovevano sicuramente essere... 
« I tuoi occhiali! » esclamò, ricominciando a ridere. « Proprio come quelli della professoressa McGranitt! »
Il cervo inclinò appena il capo e diede in un basso bramito che la divertì ancor di più. Non aveva mai ascoltato il verso di un cervo, prima di allora.
Si rimise diritta e cominciò a girargli intorno per osservarlo in tutta la sua stazza. Guardandolo, capì che, proprio come James stesso le aveva detto poco prima, doveva essere sicuramente in grado di tenere testa a un Lupo Mannaro, magari anche senza l'aiuto di un altro animale.
Malgrado la statura così imponente, però, non pareva affatto aggressivo. Anzi, se avesse incontrato fra gli alberi un cervo con quello stesso sguardo, così dolce e profondo, avrebbe certamente pensato di non essere in pericolo, poiché gli donava un'aria parecchio mansueta.
Dopo averlo osservato a sufficienza, tornò ad inginocchiarsi sul letto di foglie e prese ad accarezzarlo.
« Sei uno splendore, Ramoso » gli disse in tono basso e allegro, sorridendo appena. « O dovrei chiamarti Bambi? »
L'animale la osservò con rinnovato interesse attraverso gli occhi vivaci. Lily pensò che, se avesse potuto, avrebbe sicuramente riso.
Lo vide muovere il capo all'indietro, fare un cenno al suo vasto dorso ricoperto di pelo morbido, e si accigliò per un momento.
« Cosa vuoi dirmi? » chiese più a se stessa che a lui, rimuginando, e il cervo si affrettò a ripetere il gesto con maggior vigore. « Non hai nulla sul dorso » gli disse, confusa, ma lui scosse appena il capo e ancora una volta le ripropose il gesto. « Vuoi che salga? » gli domandò allora lei, con l'aria di chi aveva compreso qualcosa all'improvviso, e finalmente il cervo annuì, emettendo un altro breve bramito di giubilo.
« Ma io peso tanto... » borbottò Lily fra sé e sé mentre si rialzava, massaggiandosi la nuca. « Beh, in effetti mi hai portato sulle spalle da umano... immagino ci possa riuscire anche un cervo di centoventi chili » aggiunse, più ragionevole, e si issò sul suo vasto dorso con qualche difficoltà, sistemandosi la gonna sulle gambe.
Il cervo non mosse un muscolo, ma voltò appena il capo nella sua direzione e la scrutò ancora un po' con aria affettuosa.
Lei gli accarezzò il muso, ricambiando il suo sguardo. 
Straordinario come gli occhi di James fossero incastonati così bene in quel pacifico e fiero volto da cervo. Provò a immaginare come dovesse sentirsi intrappolato in quel corpo così diverso, e mentre rifletteva si incantò a guardarlo, affascinata.
Si riscosse solo quando avvertì il rumore di un rametto spezzato da un colpo di vento che precipitò a terra.
« Allora » si ritrovò così a dire, gettando un'occhiata alle forti corna dell'animale, « adesso che si fa? »
A quelle parole, il cervo mosse qualche passo in avanti, prima lentamente, poi un po' più veloce, come se volesse farla abituare alla sua andatura.
Non appena prese a trottare con maggior vigore, gli zoccoli che scostavano via il terriccio umido ai suoi piedi, Lily gli avvolse le braccia intorno al collo per tenersi ancorata a lui e non scivolare lungo il suo dorso lucente. La sensazione di stare per cadere giù, però, la assillò solo per i primi istanti. 
Poi si lasciò andare... e Ramoso cominciò a correre.
Si faceva strada fra gli alberi a gran velocità, zigzagando per non rendere la corsa troppo noiosa ed evitare gli ostacoli che la foresta semibuia gli poneva di fronte. Teneva gli occhi puntati dritto davanti a sé, attenti al punto tale da scorgere qualsiasi possibile pericolo. Da umano aveva lasciato cadere Lily una volta, e avevano riso a crepapelle; se fosse successo in quel momento, era certo che nessuno dei due avrebbe trovato la cosa buffa.
Ma lei non pareva aver paura. 
Di tanto in tanto, James la sentiva ridere, e allora la accompagnava con uno dei suoi bramiti, perché avrebbe tanto voluto ridere anche lui. Ascoltare quei suoi strani versi non aveva ancora smesso di divertirla.
Ma ciò che stava rendendo quell'esperienza così sensazionale, forse più di tutto il resto, era la sensazione di libertà che avvertiva quando il vento le scorreva lungo il viso e fra i capelli. Lo sentiva strisciare fra gli alberi sempre più fitti, fluttuare intorno a loro e immergersi nella sua chioma rosso scuro, scompigliandola con forza. Era ciò a cui aveva anelato quando aveva immaginato la vita dei Malandrini da animali... ciò che aveva sognato di provare tutte le volte in cui si era sentita prigioniera di quella sua perenne inferiorità che la distingueva in ambedue i mondi a cui apparteneva: pura e assoluta libertà.
Allentò la presa sul collo del cervo, tenendo le mani semplicemente appoggiate al suo pelo. Aveva trovato la stabilità, un equilbrio perfetto... ed era certa, assolutamente certa, che James non l'avrebbe mai lasciata cadere. 
Riuscì ad assaporare appieno ogni emozione, a godersi quell'insolito viaggio con ogni fibra del proprio corpo... 
Desiderava che il ricordo di quella folle corsa le rimanesse incollato addosso, così che avrebbe potuto riviverlo con la stessa intensità ogniqualvolta ne avesse avvertito il bisogno. E sapeva bene che, prima o poi, quei momenti sarebbero arrivati.
Il cervo rallentò il passo e smise di trottare solo quando si accorse che il buio stava per avvolgerli del tutto. La luna splendeva proprio sopra di loro, uno spicchio sottile la cui luce filtrava fra i rami degli alberi alti e scheletrici. Era giunta l'ora di fare ritorno al castello.
Gettò un'occhiata a Lily, poi ricominciò a correre nella direzione opposta, aguzzando la vista più che potè per combattere il buio crescente.
Quando giunsero nuovamente al limitare della Foresta Proibita, lei si chiese come il viaggio di ritorno potesse essere stato così breve.
Scese con assai poca grazia dal suo dorso, aggrappandosi al lunghissimo ramo di un albero lì vicino per non ruzzolare a terra, e guardò il cervo un'ultima volta. Dopodiché, la luce accecante che l'aveva già investita una volta tornò a annebbiarle la vista, e nell'istante in cui riaprì gli occhi, di fronte a lei vi era James, gli occhiali tondi un po' storti sul naso e un sorriso incerto che gli increspava le labbra.
Lily lo ricambiò con un calore straordinario, e avanzò rapidamente verso di lui per gettargli le braccia al collo e stringerlo forte a sé.
Non riuscì a pronunciare neanche una parola, le emozioni che le attanagliavano la gola in seguito a quell'avventura erano decisamente troppe, e neanche James ebbe la forza di fiatare. Ricambiò la sua stretta con vigore, sorridendo fra sé e sé, e non smise finché lei non si sciolse dal suo abbraccio.
Stava facendo per parlare, quando una voce maschile proveniente nientepopodimeno che dalla tasca del suo mantello glielo impedì.
« Amico? » fece, incerto. Era chiaramente la voce di Sirius. « Ci sei? »
Nel sentirla, Lily era sobbalzata per lo spavento e aveva cominciato a guardarsi intorno, mentre James aveva infilato una mano nella tasca e ne aveva estratto un piccolo specchio quadrato che sembrava non avere proprio nulla di fuori dall'ordinario.
« Amico, la McGranitt sta rivoltando il castello come un calzino per trovarti » disse ancora la voce di Sirius, e a quelle parole gli occhi di James si fecero subito grandi quanto piattini da tè. « Ha appena finito di interrogarmi per sapere dove diavolo ti sei cacciato. Io le ho detto che forse eri ruzzolato giù dalle scale, ti succede tanto spesso... A proposito, ci hanno messo in punizione separati. Io sono con Vitious, ma l'ho portato all'esasperazione ed è uscito per prendere una boccata d'aria. Muoviti, o quella gatta ti mangerà ».
Ma James non lo stava neanche ascoltando. Aveva completamente dimenticato la punizione fissata per quel pomeriggio. 
Lui e Sirius, attraverso una maledizione illegale, avevano duplicato la testa di un Serpeverde, Bertram Aubrey, che aveva tentato per ben tre volte di causare un brutto infortunio a James così che non potesse giocare per un po'. Un piccolo sfizio, gravi conseguenze, che implicavano un mese intero di punizione.
James si passò una mano fra i capelli, reggendo lo specchio che recava l'immagine di Sirius con l'altra, mentre Lily non faceva che fissarlo con aria decisamente sconvolta. Non aveva ancora capito cosa diamine avesse di strano quello specchio.
« Lily, devo scappare » le disse lui affannosamente, e subito la voce di Sirius li raggiunse di nuovo.
« Ah, beh, figurati, eri con Evans » disse in tono piatto. « Ma...? Siete nella foresta? Evans, mi meraviglio di te, non ti facevo così-... »
« Ah, sta' zitto! » lo interruppe James, scuotendo il capo, e ripose lo specchietto nella tasca.
Nonostante Sirius potesse ormai apparire fuori gioco da quella postazione, la sua voce tornò a farsi sentire nuovamente.
« C'è un buco, qui » ci tenne ad aggiungere infatti, tentando di riappropriarsi dell'attenzione di James. Doveva essere parecchio annoiato. 
L'amico, però, non gli diede questa soddisfazione, e rimase in silenzio, convinto che in quella maniera si sarebbe arreso.
« Buon proseguimento, allora » concluse alla fine, sconfitto e vagamente scocciato, e a quel punto James diede in una breve risata divertita.
« E' uno specchio a doppio senso » spiegò poi a Lily, rispondendo alle domande che non gli aveva posto. « Basta che io pronunci il nome di Sirius o viceversa e i nostri riflessi si proiettano l'uno nello specchio dell'altro ».
Lei sollevò le sopracciglia, sinceramente colpita, e annuì, come a testimoniare di aver assimilato le sue parole.
« Comunque, ehm... tu cosa fai? » riprese James, drizzandosi gli occhiali sul naso. « Rientri al castello? »
« No » rispose lei, un po' pensierosa. « Credo che farò un giro qui intorno prima di tornare ».
Lui annuì, anche se l'idea che rimanesse lì a vagare nei pressi della foresta tutta sola non lo rendeva troppo euforico. 
Ad ogni modo, almeno per quel giorno aveva la Mappa con sé. Di tanto in tanto avrebbe potuto dare una sbirciatina in quella zona.
« Beh, sta' attenta, allora » si raccomandò. Poi le sorrise. « Ci vediamo », e lei annuì, ricambiando il sorriso.
« Ci vediamo » ripetè con leggerezza, e lo guardò andar via finché non fu sparito alla volta del castello.
Solo quando non riuscì più a scorgerlo, distolse lo sguardo e tornò ad osservare la natura selvaggia che la circondava.
Si abbandonò sul tronco dell'albero alla sua destra, chiudendo gli occhi, e prese un profondo respiro ristoratore, assaporando con un mezzo sorriso l'aria incontaminata che era riuscita a catturare.
Si sentiva leggera, Lily. Straordinariamente leggera. E lei amava sentirsi così.
Andando a memoria, si rese immediatamente conto che l'ultima volta in cui aveva avvertito appieno quella sensazione risaliva a cinque giorni prima: il giorno dell'uscita ad Hogsmeade, che aveva trascorso interamente con James.
Facile, pensò, la settimana che si apprestava a terminare era stata decisamente pesante, con il terremoto che aveva colpito la sua migliore amica e in generale tutto il loro gruppo ormai diviso in tre tronconi. Non era neanche da considerarsi un termine di paragone.
Così prese ad andare ancora più indietro con i ricordi, e la sua mente si focalizzò su una data in particolare: 30 Gennaio. Il giorno del suo compleanno.
Quella giornata era stata veramente speciale, a partire dal risveglio movimentato che le sue amiche le avevano riservato fino ad arrivare alla festa in Dormitorio, in cui avevano mangiato fino a scoppiare, bevuto decisamente qualche bicchiere di troppo rispetto al normale e riso e scherzato fino ad avere mal di pancia. 
Se, però, le avessero chiesto quale particolare frangente di quel giorno le avesse fatto assaporare la sensazione che avvertiva in quell'esatto momento, allora non avrebbe avuto dubbi sulla risposta: la sorpresa di James. Il loro giro in barca era stato magico, un'esperienza che avrebbe sicuramente faticato a dimenticare, troppo vivida fra i suoi migliori ricordi. L'atmosfera, il calore di James che sedeva accanto a lei, il modesto scrosciare dell'acqua intorno a loro, il bagliore della luna ingannevolmente vicina... tutto, ogni singolo dettaglio di quella giornata era stato talmente perfetto da focalizzarsi nella sua mente in modo indelebile. Era stato il più bel compleanno della sua vita.
Mentre iniziava a camminare, la mente rifugiata in quelle memorie, compì ancora un balzo fra di esse, rintracciando un altro di quei particolari momenti.
Ovvero quello in cui aveva saputo che James, ferito dalla terribile maledizione di Piton, si sarebbe ripreso del tutto senza conseguenze, eccetto qualche cicatrice. In quel momento si era sentita così sollevata da essersi sciolta in lacrime, così da far evaporare tutto il peso della propria preoccupazione.
La tensione di quei minuti trascorsi nel terrore era svanita in un soffio, e non appena il suo sguardo si era posato nuovamente su James, sereno e sveglio come se nulla fosse successo, aveva lasciato che un bel respiro la depurasse di ogni traccia di paura, e quella sensazione di leggerezza era tornata ad avvolgerla. Quando l'aveva avvertita, le era parso di non aver respirato affatto durante quei lunghi minuti d'attesa.
Infine, vi era ancora un altro momento che le era rimasto bene impresso nella mente per quella stessa, identica ragione: la notte di Capodanno.
Erano stati giorni duri, quelli che aveva affrontato prima di trasferirsi in casa Banks per il resto delle vacanze natalizie. Ma quella notte, quando lei e James si erano accucciati accanto al lago con una calda coperta sulle spalle, quando lui le aveva rivolto sincere parole di conforto e le aveva passato un braccio intorno alle spalle... quella meravigliosa sensazione si era impadronita di lei senza più abbandonarla. E finalmente si era sentita bene.
Riordinando i pensieri, vi fu un dettaglio - che poi dettaglio non era - che le saltò subito all'occhio e la scosse un po'.
Fra quei ricordi, vi era un elemento che li accomunava tutti: James. 
Era stato presente in ognuno di quei momenti, e Lily si rese conto all'improvviso che ciò non era capitato per caso, che non si trattava di una sciocca coincidenza... perché a renderli così speciali, ad infonderle quella serenità indefinibile, era stato senza dubbio lui.
Non era dunque un semplice fattore comune, ma la fonte di quella rara e preziosa leggerezza a cui tanto aspirava, la ragione dei suoi sorrisi più belli.
Per Lily, afferrare quel particolare fu quasi una rivelazione, ma quando l'ebbe assimilata le parve in cuor suo di averlo sempre saputo. 
Di aver saputo, cioè, che James non era affatto un dettaglio nella sua vita.
Con il passare del tempo, infatti, era entrato a farne parte con straordinaria prepotenza, ma allo stesso tempo con rispettosa cautela. Aveva portato con sé un qualcosa di indefinito che sicuramente a Lily mancava, arricchendola e facendo sì che continuasse ad aver bisogno di quella magia che solo lui aveva dentro.
No, James non era affatto un dettaglio nella sua vita.
Non le restava altro che capire che cosa fosse diventato.
 

 
 
*  *  *
 

 
 
Era domenica, e l'aula di Pozioni era assolutamente deserta, fatta eccezione per un ragazzo dall'aria malaticcia che stava ricurvo sul proprio libro malandato a caccia di informazioni per tentare di migliorare l'intruglio grigiastro che ribolliva sul fuoco emettendo un sinistro e flebile sibilo: Remus.
Si trovava seduto su quello sgabello da più di tre quarti d'ora, tutto intento a lavorare su una difficilissima pozione, ma non era riuscito a partorire nessun risultato neanche lontanamente decente. Sembrava che quei mesi di lezioni private si fossero dissolti improvvisamente nel nulla.
Sì passò una mano fra i capelli già ritti, sbuffando sonoramente, e voltò pagina con un gesto piuttosto rabbioso della mano libera, ma nulla. Non era riuscito a trovare un bel niente in quelle due pagine del manuale che potesse aiutarlo a risolvere il danno. Leggeva e rileggeva quelle righe da quasi dieci minuti.
Chiuse di scatto il libro e lo fece scivolare sul ripiano levigato con una tale furia che finì per precipitare giù provocando un lieve tonfo, ma non se ne curò. Con un secco colpo di bacchetta si sbarazzò della pozione prima che esplodesse, afferrò tutto ciò che gli apparteneva ficcandolo a forza nella borsa e si allacciò il mantello al collo, affrettandosi ad abbandonare l'aula con aria decisamente corrucciata.
Malgrado avesse rinunciato all'aiuto di Miley giorni addietro, aveva deciso di proseguire le proprie lezioni da solo. I M.A.G.O. si avvicinavano, e non desiderava avere brutte sorprese, anche se, per come si stavano mettendo le cose, credeva proprio di doversene aspettare di terribili. 
Quella sua prima lezione da solo era stata la peggiore che avesse mai tenuto, e non riusciva a capacitarsene. 
Pensò che forse la pozione che aveva scelto era troppo complessa, o che magari doveva aver saltato un rigo di informazioni senza rendersene conto... Sì, forse si era trattato solo di un banalissimo errore di distrazione. 
A questo pensava Remus mentre si allontanava dai sotterranei, quando capì che quella distrazione era dovuta a ragioni ben precise. Ragioni che di certo in cuor suo conosceva, perché era impossibile che avesse dimenticato tutto ciò che aveva appreso in un batter d'occhio. 
La verità stava da tutt'altra parte. E la verità era che la decisione che aveva preso in merito al suo rapporto con Miley lo stava tormentando.
Aveva fatto la scelta giusta, di questo era assolutamente certo, ma una parte di lui aveva già cominciato a vacillare, e non poteva proprio permetterselo. Quella mattina, quando era entrato in Sala Grande, aveva notato lo sguardo di Miley posarsi su di lui per qualche momento, e questo era bastato a far tornare alla riscossa quelle fastidiose strette allo stomaco che già una volta lo avevano punzecchiato. Non era nemmeno venuta a sedersi al loro tavolo, cosa che di solito faceva praticamente tutti i giorni, e lui non aveva avuto la faccia tosta di rivolgerle neanche un misero saluto. 
Non sapeva, però, che quando era stato ricoverato in Infermeria era venuta a trovarlo poco prima che scattasse il coprifuoco di Madama Chips, rimanendo seduta accanto al suo letto per un buon quarto d'ora ad osservarlo, per poi lasciargli una confezione mega di Cioccalderoni prima di andare via. Remus non aveva ancora capito che quei dolci privi di biglietto erano un suo dono, ed era proprio ciò che Miley aveva sperato: che non lo capisse affatto.
Su tutta quella faccenda, Remus non aveva idea di cosa pensare. 
Era assolutamente certo che fosse infuriata con lui, e magari credeva che l'avesse usata solo e soltanto per quelle stupide lezioni di Pozioni... sapere che il ricordo e l'immagine che aveva di lui erano così orribili gli faceva contorcere le budella. 
Ma non poteva spiegarle la verità. Anche se gran parte delle sue solide motivazioni per non farlo erano crollate, non poteva.
Il filo dei suoi pensieri fu spezzato quando fece il suo ingresso in Dormitorio, stupito che i suoi piedi lo avessero condotto da soli sin lassù.
Appena arrivato, gettò borsa e mantello sul proprio letto senza troppa cura per poi lasciarvisi cadere sopra anche lui.
Seduti sul letto di James, lui e Peter stavano giocando a Scacchi Magici, e il primo stava decisamente stracciando l'amico. Nessuna novità.
« Ehilà » lo salutò Peter, un po' rabbuiato per le pessime condizioni in cui versavano i suoi pezzi già decimati, e Remus rispose con un cenno.
« Com'è andata con Miley? » chiese James, per poi esultare silenziosamente a un'altra grandiosa mossa decisiva.
Remus si distese sul letto e diede in un basso sospiro, chiudendo gli occhi nel tentativo di dare un po' di pace e conforto alla propria mente affollata.
Aveva deciso di non dire nulla agli amici riguardo la sua scelta di non tenere più lezioni insieme a Miley. 
Era certo che i loro consigli in merito alla questione sarebbero serviti esclusivamente a renderlo ancor più nervoso di quanto già non fosse stato in quegli ultimi giorni, poiché volti a fargli cambiare idea e a spingerlo a tornare sui suoi passi. 
Era una decisione già abbastanza difficile da portare avanti da solo, la loro pressione sarebbe stata decisamente insostenibile.
« Al solito » disse, piuttosto piatto. « Dov'è Sirius? » si affrettò a chiedere poi per cambiare argomento.
« Proprio qui » fece il ragazzo, entrando nella stanza in quell'esatto momento. « Hai bisogno di me o più semplicemente ti mancavo? »
Quello sbuffò, scuotendo il capo e coprendosi gli occhi chiusi con l'avambraccio.
« E tu saresti uno che sta andando avanti con l'età? » chiese, sinceramente sorpreso. « Sei sicuro che i tuoi compleanni non vadano al contrario? »
L'arrivo di un cuscino sullo stomaco gli annunciò che Sirius stava fingendo di non gradire il suo umorismo. Suo malgrado, sorrise.
« Beh, sempre meglio dei tuoi, Lunastorta » rispose lui, divertito. « Ogni anno diventi quindici volte più vecchio. Tirati su, dai, contribuisci a rendere memorabile questa giornata. Spero per te che tu mi abbia regalato un paio di mutande da incorniciare, altrimenti farò fatica a dimenticare quanto diamine sei insopportabile. E tu vuoi che io lo dimentichi, non è così, ragazzo peloso? »
Remus rise sommessamente, senza però curarsi di rispondere, e sentì l'amico allontanarsi dal suo letto.
Quella, infatti, non era una domenica come tutte le altre. Era il 22 Febbraio, ossia il giorno del compleanno di Sirius.
« Vuoi organizzare qualcosa già stasera? » chiese James all'amico, senza distogliere lo sguardo dalla scacchiera. « Non ti basta la festa di domani? »
Lui rise, la sua risata simile a un latrato, e si appoggiò elegantemente alla parete accanto alla finestra semichiusa.
L'indomani si sarebbe tenuta la partita di Quidditch contro Tassorosso, e a quanto pareva James era abbastanza sicuro di vincerla.
« Non cantar vittoria così presto, Ramoso » lo rimbeccò Sirius, sorridendo sghembo. « Chissà che Merlino non riservi un miracolo ai tuoi avversari ».
James rise ma non replicò, limitandosi a un'occhiata di traverso all'amico, il quale la ricambiò con un sopracciglio inarcato, l'aria interrogativa.
« Sicuro di essere in vena di festeggiamenti, allora? » lo punzecchiò il primo, che da giorni tentava di indurlo a vuotare il sacco sul proprio reale stato d'animo.
Sirius, però, non gli concesse questa soddisfazione neanche quella volta, e sollevò le spalle fingendosi del tutto indifferente. 
Dopo un'intera settimana di quel tipo di provocazioni, mostrarsi noncurante al ricordo di ciò che aveva vissuto diventava sempre più un gioco da ragazzi.
« Certo che sì » rispose, tranquillo e allegro come non mai. « E ho intenzione di far passare a Lunastorta una bella serata a suon di alcolici, quindi preparati a una sbronza indimenticabile, amico. Pretendo la tua attiva partecipazione al progetto... a meno che tu non voglia subire e basta ».
Remus, ancora sdraiato sul proprio letto, scollò l'avambraccio dal volto e lanciò a James un'occhiata eloquente, ricambiata con la medesima espressione.
Sirius, che si stava avvicinando al letto di quest'ultimo, non vi fece caso. 
Si passò distrattamente una mano fra i capelli che già gli solleticavano le spalle (allungavano a velocità impressionante quando attraversava un periodo difficile), e gli poggiò una mano sulla spalla, stringendola appena per richiamare la sua attenzione.
« Mi serve la Mappa, amico » gli disse, e quello sollevò lo sguardo su di lui, distraendosi ancora una volta dalla partita in corso.
« Cosa, di nuovo? » esclamò James, stupito, e si fece di botto anche parecchio serio. « Fratello, andiamo, si può sapere dove diavolo sparisci, tutte le volte? E' qualcosa tipo la ventiquattresima volta che lo fai nel giro di una settimana, posso capire cosa dia-...? »
« Trovata » lo interruppe Sirius, che naturalmente aveva finto di non ascoltarlo, e sollevò la Mappa appena acchiappata dal comodino di James. « A stasera, gente, ci si vede! » e senza aggiungere altro uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Non appena fu sparito, James diede in un sospiro talmente prolungato che pareva non dovesse avere fine, e smise solo quando Peter lo colpì sulla spalla.
« Okay, io ci rinuncio » disse, rialzandosi dal letto con aria decisa. « E' completamente andato. E io mi sono stufato di stare al suo stupido gioco ».
Remus e Peter lo fissarono, cercando di capire dove volesse andare a parare con quel discorso.
« Che intendi dire? » gli domandò quest'ultimo, incuriosito e confuso insieme dalla sua dura premessa, e James focalizzò lo sguardo su di lui.
« Che intendo dire? » ripetè, abbandonandosi contro la parete. « Intendo dire che quel maledetto idiota deve piantarla di comportarsi come se niente fosse successo. Ma insomma, lo avete visto? Ogni giorno è più spaventoso del precedente. Ieri era furioso col mondo ed è rimasto da solo per tutto il pomeriggio, oggi sembra che sia il giorno più bello della sua vita, e domani Merlino solo sa in che stato si alzerà dal letto! »
Sospirò un'altra volta, passandosi una mano fra i capelli scarmigliati, mentre gli amici riflettevano sulle sue parole.
Forse chi non conosceva Sirius bene quanto lui avrebbe potuto dire che non era cambiato poi molto. Anzi, forse che non era cambiato affatto. La sua allegria avrebbe potuto sembrare quella di sempre, così come il suo essere spaventosamente cupo tutte le volte in cui le cose gli andavano male. 
Ma non a James.
James vedeva che Sirius non era quello di sempre, notava particolari che a chiunque altro sarebbero sfuggiti, e comprendeva le ragioni che lo inducevano a comportarsi in maniera diversa dal solito. Dettagli che solo lui poteva cogliere, ma che bastavano a dargli l'idea di un Sirius che Sirius non era. Di un Sirius che stava solo interpretando una parte per cui tutti lo avrebbero giudicato perfetto. Tutti, eccetto lui, James, che invece sarebbe stato pronto a fornire un numero incredibilmente sorprendente di particolari che non andavano, particolari... che non lo rendevano credibile.
« Sembra che voglia davvero voltare pagina, stavolta » osservò Remus stancamente. « Di solito, quando è parecchio giù di morale, non si comporta così. Mette su il broncio, fa il fuggitivo, evita anche noi, ma poi esplode. Adesso non so proprio a che gioco voglia giocare ».
« Pare che gli abbia dato di volta il cervello » aggiunse Peter, raggomitolandosi sul letto con un cuscino fra le gambe. « Beh... più del normale, intendo ».
Si scambiarono sguardi cupi e pensierosi, rimuginando su quel nuovo e fastidioso grattacapo.
« Dobbiamo fare qualcosa » disse James con determinazione quando ne ebbe abbastanza di quel silenzio. « Non pensavo che avrebbe resistito tanto a lungo, ero certo che uno di questi giorni sarebbe scoppiato, e invece... è già passata una settimana, e sta tenendo duro con una facilità impressionante ». Si passò una mano tra i capelli in uno scatto nervoso, poi aggiunse: « Sì, dobbiamo decisamente fare qualcosa ».
A quelle parole, Remus sollevò lo sguardo su di lui ancora una volta e lo osservò con aria tremendamente seria.
« Personalmente » obiettò, massaggiandosi la mascella, « non credo che dovremmo intervenire, James. No, aspetta » lo interruppe quando notò che stava per parlare, sbalordito. « Lasciami finire. Quello che intendo dire è che è una questione fin troppo personale. Sta a lui decidere per se stesso, e per quanto noi - e tu in particolare - gli siamo vicini, non è nostro compito imporci sul suo stesso volere. Se sta cercando di dimenticare Scarlett », e qui fece una breve pausa, chinando lo sguardo, « dovremmo lasciarglielo fare ».
E non avrebbe potuto essere più convinto delle idee a cui aveva appena dato voce.
Credeva fermamente, infatti, che la sfera personale fosse un qualcosa di intoccabile. Decisioni e atteggiamenti dipendevano sempre da ragioni ben precise che nessuno poteva permettersi di criticare, e questa era una legge che valeva per chiunque. Una legge che tutti avrebbero dovuto rispettare.
Inoltre, per quella faccenda si sentiva molto più vicino alla posizione di Sirius che a quella di James. 
Stava nascondendo un segreto agli amici proprio per quella ragione, perché sapeva che avrebbero tentato in tutti i modi di fargli cambiare rotta, contrapponendosi alla sua volontà, e questo era ciò che più temeva e meno desiderava in quel momento.
« Amico, fai sul serio? » replicò James, sempre più sconvolto. « Ti sei davvero bevuto la storia del...? Oh, ma andiamo! Non la sta dimenticando affatto! Quando Sirius si lega così a qualcuno lo fa per la vita, Remus, io lo so. Se il loro rapporto non fosse stato così importante, si sarebbe stancato dopo una settimana di tutte queste maledette complicazioni! Invece guarda a che punto siamo arrivati, sono passati mesi, e anche se fa finta che non sia così, mente se dice di essersi stufato davvero! Non gli passerà, non è una questione di tempo... Vuole solo fare il duro e far finta che non stia soffrendo, ma è a terra, Remus. E' definitivamente a terra » disse in tono grave, sfogando la propria collera. Poi tentò di darsi una calmata, prendendo un bel respiro. « Voglio solo che ammetta a se stesso come si sente davvero. Sarebbe già un grande passo avanti. Non può continuare a fare il babbeo solo per cercare di tirarsi su di morale, deve... capire che è fuori strada e che... che la verità è un'altra ».
Annuì, come a voler confermare le sue stesse parole, e questa volta nessuno replicò. Peter pareva preoccupato e silenzioso, mentre Remus era più cupo e corrucciato che mai.
La voce di James che ricominciava a parlare, però, li costrinse a risollevare lo sguardo e a fissarlo nuovamente su di lui, che pareva quasi illuminato.
« La verità... » disse in un sussurro, e si picchiò la fronte con il palmo della mano, inducendo gli amici a scambiarsi un'occhiata sbigottita. « E' quello che ci serve, la verità! Sono un maledetto idiota, come ho fatto a non pensarci prima? Così si risolverà tutto quanto in un baleno! »
Si alzò, schizzando verso il proprio baule a velocità supersonica, e cominciò a rovistarvi dentro in cerca di chissà cosa.
« Ma che dia-...? » cominciò a dire Peter, disorientato dal suo strano comportamento, ma si interruppe a metà parola.
James aveva finalmente trovato ciò che cercava: una piccola boccetta di Veritaserum, la pozione della verità. Uno dei tanti intrugli che lui e Sirius avevano preparato quell'estate, e uno fra i pochissimi che non avevano ancora trovato il modo di utilizzare.
« Non si mette bene » commentò sottovoce Peter, esibendo una smorfia che palesava la sua preoccupazione in merito alla faccenda.
Quando guardò Remus, poi, notò che sicuramente non era il solo ad apparire contrario alla pensata di James.
« Ti ha dato di volta il cervello? » sbottò infatti, sinceramente sconcertato da quanto aveva appena visto, ma James cercò immediatamente di giustificarsi.
« Ehi, lo so che non è esattamente corretto, ma... potrebbe funzionare! » esclamò, accorato. « Senti, ascolta. In questo momento, Scarlett è convinta che per Sirius sia davvero finita, mentre lui sta facendo di tutto affinché sia davvero così, anche se noi sappiamo benissimo che non è ciò che vuole. Se la situazione rimane quella che è, quei due non si rivolgeranno mai più la parola, e io non posso e non voglio permetterlo! »
A quelle parole, Remus fece per intervenire, sempre più sconvolto, ma James lo interruppe ancora una volta.
« Se Sirius parla a Scarlett chiaramente, risolveremmo tutti i nostri guai! I loro guai! » gli disse, determinato. « Ha messo da parte il suo maledettissimo orgoglio per fin troppo tempo, e adesso lo sta tirando fuori con tutti gli interessi. Non possiamo aspettare che uno di loro si decida a muoversi, potrebbe non succedere mai più. Mi capisci? » chiese con calore, ricercando invano anche il supporto di Peter.
Ma Remus sospirò e scosse il capo ripetutamente, passandosi le dita fra i capelli con aria stressata.
« Le persone non sono giocattoli, James » gli spiegò con pazienza. « Puoi combinare una cosa del genere se stai giocando con un paio di pupazzi, e allora fai in modo che abbiano il loro lieto fine manipolandoli come ti pare. Ma non puoi comportarti allo stesso modo con i tuoi migliori amici ».
« E proprio qui sta il punto! » saltò su James, accalorandosi. « E' proprio perché sono i miei migliori amici che non posso restare con le mani in mano! Hanno bisogno di una spintarella, tutto qui. Come all'uscita ad Hogsmeade di San Valentino! Mi hai persino dato una mano con quel maledetto piano! »
« Non era esattamente la stessa cosa... » borbottò l'altro a mezza voce, ragionevole.
« Forse » ribattè rapidamente James, « ma non mi risulta che qualcuno si sia venuto a lamentare. Ha funzionato, Remus, ha funzionato alla grande, e potrebbe succedere lo stesso anche stavolta. Magari all'inizio mi odieranno entrambi, non ne ho idea, ma non importa. Fidati, un giorno mi ringrazieranno ».
Si guardarono a lungo, l'uno sperando nel supporto nell'altro, quello che avevano sempre saputo di poter ricevere senza neanche dover chiedere.
Ma in quell'occasione avrebbero dovuto fare tutto da soli. Nessuno dei due avrebbe acconsentito a rinunciare alla propria posizione.
« Questa volta non posso aiutarti, James » concluse Remus, senza smettere di scrutarlo. « Mi dispiace » aggiunse. Ed era sincero.
Lui strinse le labbra, risentito, ma non insistette oltre e si affrettò a rivolgere la propria attenzione a Peter.
« E tu? » gli chiese in tono incalzante, piuttosto brusco. « Pensi di aiutarmi o no? »
Il ragazzo lo guardò con aria contrita e scosse timidamente il capo, apprestandosi a spiegare le ragioni della propria scelta.
« Io... non posso farlo, James » disse, osservando la sua espressione incupita. « Sirius si arrabbierebbe moltissimo, e avrebbe ragione, quindi... no, non sono d'accordo » concluse in un mormorio.
« Dannazione, Peter! » esclamò allora l'amico, infervorandosi dopo l'ennesimo no. « Credevo di poter contare almeno su di te! »
Sbuffò forte, decisamente amareggiato per la mancanza di collaborazione dimostrata dagli amici, ma non aggiunse altro.
Sapeva di potersi aspettare un secco rifiuto da Remus, che di solito tendeva a mettersi da parte quando uno di loro proponeva idee poco compatibili al suo modo di pensare, ma sperava di poter almeno ancorarsi all'appoggio di Peter, il quale invece non era mai restio a lasciarsi coinvolgere nei loro piani.
Deluso, si avvicinò al letto di Sirius e cominciò a rovistare dentro al suo baule, sperando che vi tenesse nascosta una bottiglia di Whisky di scorta.
Ne trovò una di Ogden Stravecchio, il preferito di Sirius, e non esitò a versare un po' del suo contenuto in un calice che fece apparire per magia. Dopodiché, ripresa in mano la boccetta di Veritaserum, fece ben attenzione a non far scivolare nel liquido più di tre gocce di pozione.
Nascose il calice sull'ampio davanzale della finestra, lo coprì appena con le tende di velluto scarlatto e si voltò nuovamente verso gli amici.
Entrambi lo stavano osservando con una strana espressione, ma lui si costrinse a ignorarli.
« James ».
La voce di Remus lo indusse a riscuotersi dai suoi pensieri, e ricambiò il suo sguardo, in attesa che parlasse.
« Lo farai davvero? » gli chiese, più serio che mai, sperando intensamente che la messa in atto del piano lo avesse convinto della sua insensatezza.
Lui esitò, poi annuì, la mano improvvisamente umidiccia che accarezzava la nuca in un gesto ripetuto e meccanico.
« Sì » confermò, anche se con minor determinazione di prima. « Voglio rischiare. E' quello che Sirius avrebbe fatto per me ». Riflettè un momento prima di aggiungere: « Siamo stupidi allo stesso identico modo ».
 

 
 
*  *  *
 

 
 
« Sirius, non berrò quella roba, non mi piace, lo vuoi capire? »
« Oh, andiamo, non fare sempre il fottuto sobrio, è Ogden, è buono sul serio! Ti rifilerei mai della roba scadente? »
« Non è questo il punto. E non sto facendo il fottuto sobrio, io sono un fottuto sobrio. Mi piace il vino, se proprio ci tieni a saperlo ».
« Il vino? Proprio il vino? Beh, potevi anche dirlo prima, non ce l'abbiamo, il fottutissimo vino! E poi una volta ti ho visto bere del Whisky, non mentire ».
« Lo stavo assaggiando, tutto qui. Errori di percorso, senza non si cresce. E comunque non sto dicendo che non mi sia piaciuto, semplicemente non vo-... »
« AH-HA! Lo sapevo! In ognuno di noi alberga un alcolista latente, basta solo tirarlo fuori! Devi credere di più nelle tue possibilità, amico, hai gusto da vendere, altroché... Peter, un bicchiere di Whisky pieno fino all'orlo per il lupastro! »
« Al volo, Felpato! »
Peter, a cui quella sera era stato affidato il ruolo di barman, si diede da fare con le bottiglie che Sirius aveva ordinato tempo prima ai Tre Manici di Scopa, corrompendo Madama Rosmerta con le sue armi migliori affinché gliele spedisse via gufo, e riempì un calice di Whisky per Remus, che lo afferrò riluttante.
« Ma io non-... » cominciò a dire, ma Sirius gli avvolse le spalle con un braccio e gli rivolse un gran sorriso, sollevando il bicchiere al posto suo.
« Andiamo, su, senti che buon profumino » gli disse in tono pimpante, e l'altro lo fissò come se fosse completamente impazzito.
« Profumino? » ripetè, un sopracciglio inarcato. « Mi stai prendendo in gi-... okay, okay, non c'è bisogno che me lo ficchi in gola! » esclamò stizzito quando l'amico fece per incollare il calice colmo di Whisky sulle sue labbra, e bevve un sorso della bevanda ambrata, mandandolo giù a forza.
La festa di compleanno di Sirius improvvisata dai Malandrini procedeva a gonfie vele, con fiumi di alcool - come da volontà del festeggiato stesso -, musica a tutto volume e un mucchio di risate (chissà se sincere o meno).
Proprio in quel momento un'assordante canzone delle Sorelle Stravagarie stava invadendo il Dormitorio, facendo quasi vibrare le pareti.
Remus stava bevendo il suo Whisky, con un'espressione sul viso che pareva tutto fuorché disgustata, Sirius lo stava osservando con palese orgoglio, sorseggiando a sua volta il suo tanto amato Ogden dal quale non si era separato per tutta la durata della festa, mentre Peter si divertiva a versare bevande e porgere calici a chiunque glielo chiedesse, senza evitare di mandare giù anche lui qualche sorso di Whisky di troppo. James, infine, stava stravaccato sul proprio letto come se nulla al mondo avrebbe mai potuto disturbarlo, attento a non esagerare con gli alcolici per non ritrovarsi il giorno dopo incapace di reggersi in sella alla propria scopa e di conseguenza pronto a provocare la disfatta della squadra tanto a lungo allenata. Per quella stessa ragione, il gruppo aveva dovuto fare a meno di Frank, il quale, da buon bevitore qual era, aveva preferito interporre una grossa distanza fra sé e la tentazione che gli alcolici rappresentavano per lui, optando piuttosto per una delle sue interminabili passeggiate notturne in compagnia di Alice.
« Abbassa il volume, James! » esclamò Remus, infastidito dalla musica troppo alta. « Questa canzone è... davvero orribile! »
« Ah, sta' zitto » fece l'altro, agitando una mano a mezz'aria. « E' la migliore di tutto l'album, che vuoi capirne tu? Ascolti solo jazz! »
« Io non ascolto solo jazz! » ribattè l'amico con decisione. « Prevalentemente... » aggiunse poi, tornando sui suoi passi. « E per la cronaca, dovresti farlo anche tu se reputi bella questa canzone ».
James non gli prestò ascolto e gli lanciò un'occhiataccia di traverso.
« Miley dovrebbe darti lezioni di musica, oltre che di Pozioni » gli disse poi in tono scherzoso, ma Remus non accolse con gioia la battuta e non replicò.
Per un po' la musica fu la loro unica compagnia, fin quando a Sirius non venne la brillante idea di movimentare un po' la festa organizzando uno scherzo al grande assente della serata, il povero, ignaro Frank. Rivisitando uno dei loro classici scherzi, disseminarono delle Caccabombe lungo un percorso che sicuramente lo sventurato avrebbe compiuto non appena fosse esplosa la prima, la quale era stata posizionata sotto il suo cuscino; la seconda postazione prescelta fu fra un paio di magliette nel suo baule, dove sicuramente avrebbe frugato per darsi una ripulita, mentre la terza fu sistemata dietro la porta del bagno.
Proprio quest'ultima, però, trovò come vittima il malcapitato Peter che, preso dalla nausea per aver bevuto troppo, si era precipitato in bagno dimenticando ciò che lo attendeva, o meglio, ciò che avrebbe dovuto attendere Frank. La sequenza di suoni raccapriccianti provenienti dal bagno, quali quello dell'esplosione, dei conati di Peter e dello scarico del water, fecero piegare in due dalle risate sia James che Sirius, e per un po' anche Remus, che, inizialmente dimentico delle pulizie che sicuramente avrebbe dovuto affrontare da solo, si era lasciato andare all'evidente comicità del momento. Una volta riportato bruscamente alla triste realtà, però, si era avvicinato allo stipite della finestra e aveva cominciato a picchiarvi contro la testa, finché Sirius non era andato a riprenderlo.
« Amico, hai finito? » chiese poi a Peter attraverso la porta. « Hai rigettato anche l'anima, avanti, era solo un po' di Whisky! »
Lui rispose con l'ennesimo scarico, così che Sirius e James non riuscirono a trattenere le risate, e persino Remus si unì a loro.
« Le avevo comprate io, quelle maledette Caccabombe! » esclamò Peter, ancora chiuso in bagno. « Faccio una doccia » aggiunse in tono cupo.
Lo lasciarono fare, ripercorrendo l'accaduto fra una miriade di risate, e quando uscì Sirius lo accolse con un bel bicchiere di Ogden.
« Bevi questo, amico » gli suggerì, impedendo a se stesso di ridere di nuovo. « Passa tutto, fidati ».
Peter, suo malgrado, rise, lo afferrò e lo porse a Remus, battendogli poi una pacca sulla spalla come a volerlo consolare.
« Il bagno è ridotto uno schifo » gli annunciò con un sorriso piuttosto malefico. « E' tutto tuo, Lunastorta ».
Una nuova ondata di risate si levò nella stanza, ma l'addetto alle pulizie non vi prese parte e maledisse tutti con lo sguardo.
« Allora, torniamo a noi » riprese poi Sirius. « Io ho provveduto all'alcool, dov'è il mio compenso? » chiese, in cerca dei regali degli amici, ovvero gli unici che non aveva ancora scartato.
Si accomodò sul proprio letto e incrociò le gambe con disinvoltura, in attesa di ricevere i propri meritatissimi doni, e guardò con un sorriso divertito gli amici mettersi in fila in una bislacca reinterpretazione di sudditi che recavano offerte al signore per accaparrarsi il suo favore.
Quando James gli porse il proprio regalo, accompagnò il gesto a un mezzo inchino e intrecciò le mani dietro la schiena, in silenzio.
Il dono consisteva in un paio di guanti di pelle nera che Sirius aveva sempre desiderato. Guanti da motociclista.
« Finissima pelle di drago, mio signore » ci tenne a precisare James, chinando appena il capo. « Mi auguro che possiate gradire ».
Sirius scoppiò a ridere e con un abile scatto gli circondò la gola con un braccio e gli scompigliò forte i capelli, così che rise di cuore anche lui.
« Non sei tagliato per recitare la parte dell'adulatore » gli disse il primo, sorridendo. « Stai molto meglio dalla sponda opposta ».
James rise di nuovo e si raddrizzò gli occhiali sul naso, lasciando che le dita scivolassero poi fra i capelli in disordine.
« Mi hai quasi spezzato l'osso del collo » fece, fingendosi risentito. « Per il prossimo compleanno me lo ricorderò senz'altro ».
L'amico gli assestò un calcio sul fianco condito con un divertito: « Chiudi il becco », poi scartò gli altri due regali.
Remus gli aveva comprato un fantastico paio di mutande a motivo rock 'n roll, tipologia di regalo che doveva sempre essere presente nel mucchio di Sirius ad ogni suo compleanno, tanto che i tre ragazzi si passavano il testimone sin da quando avevano scoperto di quella sua parecchio strana passione.
« Wow, amico! » esclamò, guardandole da tutte le angolature. « Sono le mutande più grandio-... aspetta. Le hai comprate da...? »
Remus annuì con aria grave prima ancora che completasse la frase.
« Proprio lì » confermò, facendo riferimento al negozio di fiducia di Sirius per l'acquisto delle sue preziose mutande.
« Ma come hai fatto a scoprire qual era? » gli chiese questi, esterrefatto. « Era un fottutissimo segreto professionale! »
« Posso assicurarti che non sono interessato a concorrere con te » replicò asciutto Remus, composto come sempre, ma Sirius non parve rassicurato.
« James però sì! » ribattè, osservando l'espressione compiaciuta e trionfante stampata sul volto dell'amico.
« Ah, Felpato, adesso non avrai più l'esclusiva » gli disse in tono cantilenante, sorridendo angelico. 
« Va' al diavolo » lo liquidò Sirius, secco. « Avrei dovuto avvertire la commessa di non vendervi neanche un calzino... quella donna mi adora. Mi ha persino proposto di fare da modello all'azienda per il nuovo catalogo, la scorsa estate, ma ho declinato l'offerta. Questa offerta, naturalmente, perché quando mi ha gentilmente chiesto di uscire ho accettato. Per la miseria... » aggiunse, riflettendoci sopra un momento. « Mi doveva un favore! »
Remus si coprì gli occhi con la mano in un gesto stanco, cominciando a massaggiarsi le tempie per tornare calmo.
« Sirius... quando accetti di uscire con qualcuno, non gli fai un favore » gli spiegò pazientemente. « E' chiaro il concetto? »
Lui agitò una mano a mezz'aria come se avesse appena precisato un dettaglio di scarso interesse.
« E' un favore se suddetto qualcuno non mi fa proprio impazzire » precisò. « Era una rossa. E le rosse non sono esattamente il mio tipo ».
« Beato te... » borbottò James a malincuore, quasi fra sé e sé, e gli altri risero, voltandosi a guardarlo.
Dopodiché, Sirius scartò l'ultimo regalo rimasto, quello di Peter, che aveva acquistato per lui un album della sua band babbana preferita, gli AC/DC.
Aveva cominciato ad ascoltare musica babbana qualche anno addietro, per fare l'ennesimo sgarbo a sua madre. Lei non tollerava nulla che appartenesse a quell'universo, ma oltre al piacere nel farla infuriare Sirius aveva anche scoperto che i Babbani con la musica sapevano farci sul serio. Il rock in particolare era decisamente il suo genere. Lo trovava spettacolare, nel mondo magico quanto in quello babbano.
Per far imbestialire sua madre, inoltre, a quattordici anni aveva comprato una radiolina per ascoltare quel genere di canzoni a tutto volume nella propria camera, ed era certamente riuscito nel suo intento. Alle più disparate ore del giorno e della notte, si sintonizzava sulla sua stazione radio preferita e lasciava che brani come Walk This Way degli Aerosmith invadessero la casa, portando all'esasperazione l'intera famiglia e inducendo sua madre a minacciarlo di mozzargli il capo così da appenderlo accanto a quelli degli elfi domestici che avevano decapitato nelle generazioni precedenti.
« Grande, amico, tu sì che ci sai fare coi regali » disse a Peter, battendogli un pugno sul braccio con fare amichevole.
« Sono il gruppo preferito di mio padre » gli rispose con un gran sorriso. « Da ragazzo aveva una band... una band agghiacciante, a dire il vero ».
Sirius rise, immaginando il grassoccio padre di Peter alle prese con una ruggente chitarra elettrica. Agghiacciante era la parola giusta.
Si alzò dal letto, scompigliando i capelli agli amici in segno di ringraziamento, e si abbandonò contro la parete accanto alla finestra, incrociando le braccia al petto.
« Vogliamo un discorso, fratello » gli disse James a quel punto. « Abbiamo speso i nostri fottuti soldi per te, ce lo devi ».
Lui rise e annuì, pensando che fosse una proposta piuttosto ragionevole, e cominciò a guardarsi intorno.
« Con immenso piacere, amico mio » rispose. « Ma naturalmente serve un-... oh, eccolo qua! Cos'è, è cascato dal cielo? »
Allungò una mano sul davanzale della finestra proprio accanto a sé, afferrando il calice che James aveva nascosto dietro le tende prima dell'inizio della festa.
Alla vista del bicchiere colmo di Ogden - e anche di qualcos'altro - Remus si sentì gelare il sangue nelle vene e si voltò a guardare James. Anche Peter lo fissò, d'un tratto parecchio agitato, ma il suo sguardo era piantato con fermezza sul calice come se fosse improvvisamente entrato in trance.
Si era quasi dimenticato del suo stupidissimo piano. 
Inconsciamente, aveva deciso di accantonarlo e di godersi appieno la serata, tentando di lasciare da parte i problemi per un po'.
Forse erano stati lo scarso entusiasmo degli amici e la loro mancata partecipazione a indurlo a cambiare rotta, o forse si era semplicemente reso conto di non aver programmato dettagliatamente alcunché, cosa che avrebbe impedito la realizzazione di un piano già pieno di possibili falle. 
Ad ogni modo, la vista di Sirius con quel calice stretto in mano lo aveva bruscamente catapultato alla realtà, e adesso avrebbe dovuto fare i conti con essa.
« Amico, no » disse, passandosi una mano fra i capelli con un sospiro. « Quello... quello non berlo, d'accordo? Da' qua »
Gli strappò il calice di mano, aprì la finestra con quella libera e lo lasciò cadere, richiudendola un attimo dopo come se niente fosse.
« Ma che diavolo ti prende? » esclamò Sirius, sbigottito. 
Ma James non lo ascoltava, troppo impegnato a riempirgli un altro calice di Ogden per poi porgerglielo frettolosamente.
« Avanti, bevi questo, fa lo stesso » gli disse, senza riuscire a nascondere l'agitazione, e glielo ficcò a forza fra le dita.
Si sentiva uno stupido, ma il nervosismo stava avendo la meglio su di lui, e non aveva armi per riuscire a combatterlo.
Nell'esatto momento in cui aveva realizzato ciò che stava per accadere, cambiare idea era stata la cosa più semplice e spontanea del mondo. Perché in quel frangente aveva capito che quel piano così mal organizzato andava aldilà delle sue possibilità. 
Semplicemente, con Sirius non era in grado di reggere il peso di una menzogna, e non ne sarebbe mai stato capace. 
Dopotutto, non gli aveva mai detto una bugia. Non aveva mai agito alle sue spalle. Mai, in tutta la vita. E adesso si sentiva un verme, nulla di più.
« Che sta succedendo? » domandò Sirius a bruciapelo, d'un tratto estremamente serio, e il suo sguardo trapassò James da parte a parte.
« Andiamo, Sirius, non farla tanto lunga » intervenne Remus, tentando di riportare la calma. « Non sta succedendo un bel niente ».
Ma lui inarcò un sopracciglio e posò il bicchiere sul davanzale con un po' troppa veemenza, tanto che parte del liquido scivolò fuori.
Straordinario come l'atmosfera fra loro fosse cambiata così repentinamente.
« Fatemi capire » disse, in un tono così calmo che faceva a pugni con il suo gesto precedente. « State nascondendo qualcosa a me? »
James sospirò stancamente e si lasciò cadere sul proprio letto, i gomiti affondati nelle ginocchia e una mano fra i capelli.
Arrivati a quel punto non sarebbe servito più a nulla accampare stupide scuse per tirarsene fuori senza un graffio. Non aveva senso, lo avrebbe fatto sentire se possibile ancora peggio, e inoltre, se anche avesse voluto farlo, non gliene veniva in mente neanche una.
« Amico, ascolta » esordì, senza guardarlo. « Loro non c'entrano nulla, io... volevo solo... è stata una mia idea... »
« E' stata una tua idea cosa, di preciso? » lo interruppe ancora Sirius, brusco e incalzante come non si era mai mostrato nei confronti di James.
Per un momento, lui rimase in silenzio, ma capì ben presto che dire la verità era l'unico modo per venire fuori da quella situazione senza vie di fuga.
« Mettere del Veritaserum nel tuo drink » disse di getto, senza più riflettere. « E' stata una mia idea ».
Guardando Sirius, chiunque avrebbe potuto affermare con una certa convinzione che il suo volto non aveva subito mutamenti a quelle parole. Non pareva sorpreso, non pareva incupito, non pareva infuriato... era impassibile, quasi che James gli avesse semplicemente confessato per l'ennesima volta di essere perdutamente innamorato di Lily Evans. Era rimasto immobile, non aveva mosso un muscolo, ma James aveva scorto in lui i segnali di un forte turbamento.
Il poco colorito che solitamente accendeva la sua pelle estremamente chiara era scomparso, e i suoi occhi imperscrutabili si erano assottigliati appena.
Anche questi impercettibili segni, però, svanirono nell'istante successivo, tanto che James pensò quasi di averli immaginati. Forse l'agitazione gli aveva giocato un brutto scherzo, perché il Sirius che si ritrovava di fronte era tra i più sereni che potesse immaginare.
E questo perché, dopo un brevissimo attimo di disorientamento, aveva deciso, forse inconsciamente, di non credere affatto alle parole di James.
« Volevo... la mia idea era... » proseguì lui, fortemente titubante. « In realtà non lo so. Non avevo escogitato un piano ben preciso, ma volevo che tu parlassi con Scarlett, che le dicessi... ecco... la verità. Pensavo che avrebbe fatto bene a entrambi confrontarvi un'altra volta ancora, senza finzioni ».
Deglutì, e fissò Sirius attraverso le lenti dei tondi occhiali, tentando di scorgere un'espressione nel suo viso che lo aiutasse a interpretare i suoi pensieri.
« E' da una settimana intera che ti comporti come se non te ne fregasse nulla » disse ancora, più convinto. « Ma a me questo teatrino non convince affatto. So bene cosa stai passando, ed è proprio per questo che... insomma... » Sospirò di nuovo. « Volevo facilitarti un po' le cose ».
Serrò le labbra, e rimase in silenzio, come in attesa di una sentenza, mentre dietro di lui né Peter né Remus osavano fiatare.
Neanche Sirius diede segno di voler dire alcunché, troppo occupato ad assimilare le parole di James per poter pensare a qualcosa da dire.
La sensazione che aveva provato qualche momento prima era svanita con la stessa fretta con cui era arrivata. La sola idea di uno scherzo adesso era ridicola, e si sentì uno stupido per averci pensato.
Non aveva neanche voluto prestare attenzione alle motivazioni che avevano spinto James a fare ciò che aveva fatto, perché non erano della benché minima importanza. E non voleva nemmeno pensare a come diamine potesse essergli saltata in mente un'idea balorda come quella. 
Ciò che aveva più importanza in quel momento era che aveva agito alle sue spalle senza neanche pensarci su due volte, cosa che lui non avrebbe fatto nemmeno sotto tortura.
A quanto pareva, James aveva compreso le pesanti difficoltà che stava affrontando in quel periodo, e su questo Sirius non aveva il minimo dubbio.
Ma ciò che si era aspettato da lui in un momento come quello era sostegno, supporto silenzioso, come sempre, malgrado forse la sua scelta non gli risultasse così facile da digerire. Che avesse deciso di agire contro la sua volontà lo spiazzava del tutto, perché da ben sei anni lui difendeva le sue scelte e le sue azioni anche quando non riuscivano proprio ad andargli giù.
L'inatteso tradimento di James lo aveva destabilizzato, inutile persino ammetterlo. Adesso gli si leggeva in volto.
Abbassò lo sguardo un momento, passandosi la lingua sulle labbra, poi, con un ultimo sguardo al Dormitorio, andò via senza una parola.
Al suono della porta che sbatteva, James ebbe un lieve sussulto, che non aveva nulla a che fare con il rumore sordo appena udito.
Si sdraiò sul materasso, sfinito e spaventato, e uno strano pensiero gli attraversò la mente: se c'era una cosa che aveva imparato quella notte, era che i Malandrini erano nati per agire in squadra; in mancanza di essa, avrebbero potuto trovare solo guai.









Note della Malandrinautrice: Salve!
Come state, gente? Procede bene l'estate? Ah... che bella la pacchia, eh?
Bene, sinceramente credo che ci ucciderete in seguito a questo capitolo. Non abbiamo saldato nessuno dei legami spezzati nello scorso capitolo, e non contente, abbiamo provocato un'altra rottura, fra nientepopodimeno che Sirius e James.
Beh, cosa possiamo dire a nostra discolpa? Volevo renderli umani, e degli amici umani (?) litigano, di tanto in tanto. Tutto si risolverà (ah, ma davvero?), e... nulla, vi preghiamo di risparmiarci per la nostra giovane età e ci appelliamo alla vostra clemenza. Ecco tutto.
Oh, un'altra sciocchezza: il giorno del compleanno di Sirius. Non è noto da fonti certe, ma su internet circola questa data e ci è piaciuta (può piacere una data? Bah), quindi abbiamo deciso di adottare questa. Okay, appunto alquanto idiota.
Veniamo piuttosto ai meritatissimi ringraziamenti!
Tripletta di 45 recensioni, negli ultimi capitoli! Noi dovremmo seriamente sposare tutti quanti voi, siamo forti sostenitrici della poligamia.
Insomma, 34 capitoli e siete sempre più numerosi, non vi stancate di darci il vostro supporto e di donarci complimenti, opinioni e affetto sincero. Non sappiamo davvero come ripagarvi per tutto questo, ma sappiate che per noi siete speciali. Tutti quanti.
Grazie infinite con tutto il nostro cuore, non lo ripeteremo mai a sufficienza!
E grazie mille, come sempre, anche ai 294 delle preferite, ai 71 delle ricordate e ai 301 delle seguite! Grazie davvero!
Vi abbracciamo forte, ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 35
*** E come dicono i Babbani: chi la fa, l'aspetti ***





Capitolo 35

E come dicono i Babbani: chi la fa, l'aspetti
 



 
 
 
 
James Potter dormiva sempre beatamente la notte prima di una partita a Quidditch.
Non faceva brutti sogni, e non gli capitava mai di svegliarsi, ma restava raggomitolato fra le lenzuola fin quando il sole non faceva capolino dalla finestra.
Quella notte, invece, fu diversa da tutte le altre. Una delle più orribili che avesse mai vissuto, tanto che appena riaprì gli occhi e scostò di scatto le tende intorno al letto per capire che ore fossero, gli parve di non aver dormito affatto, nemmeno per una manciata di minuti. 
Quasi meccanicamente, il suo sguardo si soffermò sul letto di Sirius, proprio accanto al proprio, e nel guardarlo si rese conto che era intatto. Sul materasso morbido vi era una lieve ammaccatura, proprio laddove Sirius si era accomodato la sera prima, le tende stavano immobili e spalancate come lo erano state durante la festa, e le coperte non erano in perfetto ordine, ma nello stesso identico stato in cui le avevano lasciate quando erano andati a letto. 
Non aveva dormito lì. Dopo aver abbandonato la stanza non era più tornato, e questo pensiero bastò a far venire i crampi allo stomaco a James. A quanto pareva, non aveva minimamente smaltito la rabbia accumulata, e forse la situazione era ben più grave di quanto già non avesse temuto.
Gli occhiali in bilico sul lungo naso e i capelli più ritti che mai, si decise ad abbandonare il letto, trascinando i piedi fino al bagno. Gli amici stavano ancora dormendo, ma a lui non importava. Aveva bisogno di fare una doccia, di lasciare che l'acqua bollente scivolasse sulla sua pelle quasi fino a bruciarla, e soprattutto, aveva bisogno di pensare. Scervellarsi finché non avrebbe trovato un modo per rimediare al danno commesso.
Chiuse a chiave la porta dietro di sé, si liberò dei vestiti in fretta e furia e si infilò sotto il getto d'acqua calda della doccia, sospirando pesantemente. 
Avrebbe parlato con Sirius dopo la partita, e avrebbero chiarito tutto. Lui si sarebbe scusato ancora e avrebbe spiegato meglio le sue ragioni, e a quel punto Sirius non avrebbe potuto far altro che comprenderlo e perdonarlo, e tutto sarebbe tornato esattamente come prima. Si figurò la scena, ripercorrendola un paio di volte come a volersi convincere che sarebbe andata esattamente in quella maniera, e nel frattempo si lavò i capelli, massaggiandosi le tempie mentre rivoli di shampoo scivolavano lungo il suo volto bagnato. Quell'idea fu così confortante che riuscì a rilassarsi e a godersi appieno la doccia.
Quando uscì, avvolto in un morbido accappatoio bianco ottico, lasciò il bagno e ritrovò i compagni di stanza svegli, ma ancora piuttosto assonnati.
Peter, che si era trasferito ai piedi del letto di Remus, stava parlando con lui a bassa voce, ma appena videro James si zittirono entrambi.
« Sirius non ha-...? » cominciò Remus, facendo un cenno al letto dell'amico, ma James lo interruppe scuotendo il capo.
« No » disse, ancora prima che potesse completare la domanda, e si chinò sul baule per estrarne alcuni vestiti e tornare in bagno a cambiarsi.
Mentre era chiuso dentro sentì i due ricominciare a parlottare, ma non aveva voglia di ascoltare cosa dicevano.
Si vestì, lasciò il bagno, appallottolò l'accappatoio gettandolo sul letto e, afferrata la scopa, fece per andare via, voltandosi solo per salutare gli amici.
« Ci vediamo giù » disse semplicemente, una mano già stretta intorno alla maniglia, e abbandonò il Dormitorio senza aggiungere altro.
Percorrendo le rampe di scale a gran velocità, giunse in Sala Grande in un baleno, trovandola quasi deserta. Doveva essere davvero molto presto.
Senza badarci, però, si accomodò nella sua zona preferita della vasta tavola di Grifondoro e cominciò ad imburrare il pane tostato. 
Rimase lì seduto a mangiare da solo per un po', osservando la sala riempirsi sempre più. 
Qualche Grifondoro gli batteva pacche di incoraggiamento sulle spalle, altri gli rivolgevano parole di supporto, mentre i suoi più accaniti sostenitori inneggiavano alle sue precedenti imprese, intonando cori e canti celebrativi di vario genere. Allo stesso modo, i Serpeverde che facevano il loro ingresso in Sala Grande non risparmiavano insulti e battutine di cattivo gusto nel tentativo di deconcentrarlo, mentre i Tassorosso, pacifici amici della Casata con cui si apprestavano a scontrarsi, scambiavano con i Grifondoro saluti cordiali e reciproci in bocca al lupo.
Dopo un po', senza che James se ne accorgesse, prese posto proprio accanto a lui Alan, l'aria del tutto stravolta.
« Hanno cercato di farmi fuori otto volte mentre scendevo dalla Sala Comune fino a qui » fu il suo esordio, caratterizzato da un tono decisamente amaro.
« Però sei tutto intero » lo incoraggiò James, bevendo un sorso di succo di zucca. « E' questo quello che conta ».
Alan non parve rassicurato dalle sue parole, e attirò a sé un piatto colmo di gonfi, caldi croissant ricoperti di zucchero con evidente malumore.
« Tu invece sei in forma, no? » chiese, addentandone uno con voracità. « I Tassorosso hanno voglia di spaccarci il cu-... oh, ciao, Mary! » fece, interrompendosi di botto per salutare la ragazza appena arrivata, il braccio appeso a quello dell'amica Emmeline. « E ciao anche a te, Mel ».
Quest'ultima lo salutò con uno dei suoi soliti sorrisi moderati e gentili, mentre quello dell'altra fu molto più ampio, ma forse un po' troppo forzato.
« Ciao, Alan » disse, tranquilla. « In bocca al lupo per oggi. Sono certa che andrai alla grande ».
Lui sorrise radioso, ma non seppe dire altro, tanto che le due si allontanarono per sedersi un po' più in là ed Emmeline salutò James con la mano, un sorrisino triste stampato in volto. Il ragazzo ricambiò il suo saluto con la medesima espressione.
Non appena si voltò nuovamente, vide che stavano varcando la soglia della Sala Grande anche Lily e Scarlett, che si diressero subito verso lui ed Alan.
« Ciao » disse loro, rivolgendo un sorriso alla prima e uno sguardo affettuoso alla seconda, mentre entrambe prendevano posto alla sua destra. « Bacino a James » aggiunse poi, speranzoso, e porse la guancia a Scarlett, permettendole di stamparvi sopra un bel bacio.
« Allora? » chiese poi lei, abbozzando un sorriso. « Dormito bene questa notte? Io non sono riuscita a chiudere occhio, è stato un incubo ».
James afferrò una fetta di pane tostato e vi affondò i denti, osservando l'amica prima di parlare.
« Devi piantarla di essere così ansiosa » le fece quando ebbe deglutito. « Un giorno o l'altro ti addormenterai sulla scopa nel bel mezzo di una partita ».
A quelle parole, Scarlett impallidì di botto, figurandosi la scena con orrore crescente, ma James scoppiò quasi subito a ridere.
« Ehi, stavo scherzando! » le disse in tono allegro, e la vide scuotere il capo come a volersi riprendere. « Andiamo, ti pare una cosa possibile? »
« A me sì » intervenne Alan, sollevando la mano. « Una volta sono salito sulla mia scopa nel bel mezzo della notte - sono sonnambulo, sapete -, e ho fatto il giro della scuola non so quante volte prima di svegliarmi. Mentre stavo tornando al Dormitorio, però, mi sono riaddormentato e... beh, mi sono risvegliato in Infermeria con la metà delle ossa fratturate ». Annuì con un largo sorriso. « Grandioso, no? »
Scarlett e James scoppiarono a ridere, scuotendo il capo simultaneamente.
« Dovresti scrivere un libro, amico » gli disse James, che ancora rideva. « Le cento e più sventure di Alan Green. Successo assicurato ».
Lui parve ponderare seriamente la proposta e annuì ripetutamente, massaggiandosi la mascella con aria pensierosa.
« Già, alla gente piace leggere della iella che perseguita gli altri » riflettè. « Anche se le mie disavventure le conoscono un po' tutti, qui a scuola. A volte la gente mi blocca per i corridoi chiedendomi di raccontare quelle più celebri... »
I ragazzi ripresero a ridere ancor più forte di prima, e anche Alan, che di norma non trovava la cosa particolarmente divertente, finì per unirsi a loro.
« Ah, non c'è più religione » commentò James, fingendosi indignato mentre invece era soltanto divertito.
« Mai stata » aggiunse l'altro partecipe, sbarazzandosi dell'ultimo boccone di torta alla melassa rimasto sul piatto. « Beh, io vado. Ci vediamo dopo, ragazzi ».
Si alzò, afferrò la scopa da sotto il tavolo e, dopo aver rivolto loro un breve cenno col mento, si diresse verso l'uscita della Sala Grande.
Al fianco di Scarlett, anche Lily salutò la ragazza con cui si era intrattenuta a chiacchierare fino a quel momento, e si voltò nuovamente verso di loro.
« Non mangi nulla? » chiese all'amica in tono premuroso. « Oh, andiamo, fallo per me, guarda quanta roba buona! Neanche... beh, un po' di caffè? »
Lei scosse il capo per l'ennesima volta e le sorrise per tranquillizzarla. Non mangiava mai nulla prima di una partita a Quidditch.
« Che antipatica che sei... » bofonchiò Lily, offesa. « Dovresti prendere esempio da James. Guardalo, ha... per la miseria, quattro piatti vuoti di fronte! »
Lui scrollò le spalle con una risata, come se volesse schermirsi da un complimento, cosa che fece ridere di cuore anche lei.
« E da quando sono un modello da imitare, Evans? » la provocò, un sorriso accattivante stampato in volto.
« Adesso non fare lo sbruffone » lo rimproverò lei, ma non riuscì a celare il lampo di divertimento che era balenato nei suoi occhi al suono delle sue parole.
James le strizzò l'occhio.
« Ad ogni modo, Evans ha ragione » proseguì, rivolto nuovamente a Scarlett, che sorrideva fra sé e sé. « Manda giù qualcosa, sei pallidissima ».
Lei agitò una mano a mezz'aria, parecchio infastidita dalle pressanti esortazioni degli amici, e a quel gesto entrambi capirono che era meglio gettare la spugna.
« Mangerò dopo, alla festa in Sala Comune » disse con aria fiera, e James le avvolse le spalle con un braccio per attirarla a sé e scoccarle un bacio tra i capelli.
« Questo è lo spirito giusto! » esclamò con gioia palese, acclamando la sua determinazione così simile alla propria.
Si versò del tè fumante in un'ampia tazza di porcellana e cominciò a sorseggiarlo in santa pace, mentre Scarlett gli si faceva un po' più vicina. Lo guardò di sottecchi, titubante, mordicchiandosi il labbro come se fosse sul punto di dire qualcosa che non riusciva proprio a tenere per sé. Alla fine, comunque, si decise a parlare.
« Come mai Sirius non è sceso a fare colazione con te, questa mattina? » domandò sottovoce, le mani intrecciate fra le gambe.
A quelle parole, James parve rabbuiarsi, ma poggiò la tazza sul ripiano del tavolo e non fece una piega, riflettendo per un momento prima di parlare.
« Ieri noi... » cominciò, ma si interruppe. Non era il caso di raccontarle cosa era accaduto la sera precedente proprio in quel momento. « Beh, ecco... abbiamo festeggiato fino a tardi e quando mi sono svegliato dormiva ancora ».
Cercò di suonare convincente il più possibile, e Scarlett annuì ripetutamente, assimilando l'informazione ricevuta.
« Già... ieri era il suo compleanno » mormorò, chinando lo sguardo, rivolta più a se stessa che a James. « Vi siete...? Beh, lui sta... sta bene? »
A lui venne quasi da ridere, e scosse il capo con un'espressione che diceva chiaramente la tua idea è una follia.
« Bene? Andiamo, Scarlett... come potrebbe? » le disse, incredulo, e lei si mise sulla difensiva e riprese subito a parlare.
« Non prendermi in giro, James » gli rispose, amara. « Non faccio che guardarlo, quando è nei paraggi, e non mi sembra esattamente giù di corda ».
Il ragazzo tornò ancora una volta a fare di no con la testa, comprensivo, e si voltò appena per poterla guardare meglio in viso.
« Non hai trascorso abbastanza tempo con lui per capire com'è fatto? » le disse, paziente. « Fa finta che la sua vita proceda a gonfie vele, ride e scherza come sempre, ma se proprio vuoi saperlo, si isola per ore ed ore, tutti i giorni, e non abbiamo la benché minima idea di dove vada a cacciarsi ».
Mentre pronunciava le ultime parole, James vide il volto di Scarlett impregnarsi di angoscia e confusione, per cui si affrettò a spiegare.
« Oh, no, per piacere, non... non è quello che pensi » fece in tono concitato. « Da quando avete... insomma, in questo periodo odia le ragazze. Dico sul serio. E' allergico a qualsiasi esponente del sesso opposto, infatti credo che... voglio dire, noi crediamo che giri in tondo per il castello a maciullarsi il cervello ».
Scarlett lo guardò per un po' prima di annuire, passandosi le dita fra i capelli sciolti sulle spalle.
« Dovresti fare un altro tentativo, con lui » riprese James. « Se solo riusciste a chiarire le cose, tutto tornerebbe come prima. Ma è necessario che tu faccia un altro passo avanti. Io ho... tentato di farlo ragionare, ma a quanto pare... » Scrollò le spalle. « Beh, diciamo solo che non gli sono di grande aiuto ».
La sua voce suonò così demoralizzata, alla fine, che Scarlett cominciò a chiedersi se fosse successo qualcosa anche fra loro. Però non disse nulla, e si limitò a riflettere sul suo consiglio, così facile da contemplare, così difficile da mettere in atto. Perché non poteva in alcun modo dimenticare che, l'ultima volta in cui aveva tentato un approccio con Sirius, si era ritrovata con tutte le proprie speranze calpestate a terra. Quel ricordo la ossessionava.
Mentre rimuginava, si accorse che James stava lasciando scorrere la propria mano sotto la panca, fino ad afferrare la sua, per stringerla appena. Quel gesto la confortò immensamente, al punto tale che riuscì persino a rivolgere all'amico un breve ma caldo sorriso.
Scarlett, comunque, non fu l'unica a porsi domande sull'insolito e mal celato cattivo umore di James. 
Accanto a lei, infatti, anche Lily si accorse delle sue strane frasi lasciate in sospeso, dell'alone di tristezza intorno a lui e dell'evidente mancanza di quel travolgente entusiasmo che di solito lo animava prima di una partita a Quidditch. E tutto questo non potè che insospettirla.
Dopo un po', quando lo vide abbandonare il proprio posto a sedere e alzarsi per andare via, non riuscì a resistere alla tentazione di seguirlo e si alzò anche lei.
Lo richiamò quando fu a qualche passo di distanza da lui, e lo guardò mentre si voltava, incuriosito.
« Tutto bene, Lily? » le chiese subito, accennando un sorriso, e lei si affrettò ad annuire con convinzione.
« Sì, va tutto alla grande » rispose, ricambiandolo con calore. « Scusa se ti ho richiamato, io... mi chiedevo... » Si morse il labbro, improvvisamente titubante sulla domanda che stava per porgli, così tanto che fece marcia indietro. « No, beh... lascia perdere » concluse infatti, le guance un po' arrossate.
Abbassò lo sguardo e fece per allontanarsi, ma James la prese per mano e la fermò.
« Ehi » le fece, sorridendo ancora con fare sorpreso e rilassato. « Dimmi tutto ».
Lily scrollò le spalle e si passò le dita fra i capelli, come se quello che stava per dire non fosse poi così importante.
In quel momento si sentì estremamente stupida.
« Io mi domandavo... » gli disse, guardandolo negli occhi, mentre la mano di James stringeva ancora la sua, « se ti fosse successo qualcosa. Prima mi sei sembrato... beh... un po' strano ». Inclinò il capo, studiandolo con attenzione. « Stai bene? »
James la osservò con profondo interesse, chiedendosi come avesse fatto a captare il suo malumore.
In effetti, non poteva certo considerarsi un asso nel mascherare il proprio stato d'animo, ma non credeva che l'inquietudine che provava per la faccenda di Sirius fosse palese al punto da poter essere intercettata da Lily. La sua premura lo sorprese, tanto che sorrise appena per lo stupore.
« Oh... beh, no, non ho... non ho niente, no » disse, un po' spaesato e sinceramente poco convincente. « Sto bene. Va tutto bene, sono... solo un po' preoccupato per la partita... tutto qui ».
Lei annuì lentamente, assimilando le sue parole anche se con qualche riserva, e malgrado fosse ancora sospettosa non insistette oltre.
« Oh, allora... beh, ne sono felice » disse, sorridendo, e si mise in punta di piedi per scoccargli un bacio sulla guancia che lo spiazzò ancora di più. « In bocca al lupo per oggi ».
James sorrise, tentando di nascondere ancora una volta la sorpresa, e borbottò un flebile: « Crepi » prima di vederla andar via per prendere nuovamente posto accanto a Scarlett.
Dopo un istante riprese a camminare, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, ignorando gli sguardi indiscreti che continuavano a fissarlo. I pettegolezzi su lui e Lily si sarebbero duplicati nel giro di mezz'ora, o forse anche meno. Dopotutto, gli standard di Hogwarts non smettevano mai di sbalordirlo.
Mentre avanzava diretto al campo di Quidditch, però, non ci badò, ma riprese invece a domandarsi dove diavolo si fosse cacciato Sirius, in che luogo avesse riposato quella notte e, soprattutto, per quanto tempo ancora avrebbe avuto intenzione di evitarlo, agevolato dalla Mappa che gli aveva fregato dal comodino il giorno prima. E fra tutto quello che gli frullava per la testa in quel momento, James arrivò anche a pensare che la cronaca di quella partita sarebbe stata del tutto priva di quel tocco di umorismo che il ragazzo riusciva sempre a infondervi.
Ironia della sorte, la cronaca del match di quella mattina era l'oggetto dei pensieri anche di un altro ragazzo, impegnato a camminare qualche rampa di scale più giù.
Sirius Black, infatti, aveva piani ben precisi a tal proposito. Piani che aveva ideato quella notte, completamente infruttuosa se non avesse pensato a qualcosa, perché non era quasi riuscito a chiudere occhio, complici la rabbia e la difficoltà nel trovare una posizione confortevole sul divano della Sala Comune, sempre comodo finché ci si stava seduti sopra per non più di un paio d'ore.
Intorno alle cinque del mattino aveva deciso di rinunciare a dormire, si era alzato e, grazie all'aiuto della Mappa, era riuscito a passeggiare in tondo per tutto il castello senza essere beccato da nessuno. E l'idea, quella che avrebbe messo in atto di lì a poco, lo aveva colpito come un fulmine.
In quel momento si stava dirigendo verso il secondo piano, laddove il cartellino del ragazzo che stava cercando fluttuava accanto a quello di un'altro che non conosceva, pronto ad eseguire quella che poteva rappresentare la prima tappa del suo progetto.
Con passo deciso ma rilassato, non ci mise molto a raggiungere la zona verso cui si stava dirigendo, e quando vi fu vicino richiuse con cura la Mappa e bisbigliò: « Fatto il misfatto », dandole un lieve colpetto con la bacchetta magica, che ripose nella tasca posteriore dei pantaloni insieme alla Mappa stessa.
Mentre si avvicinava a un ragazzo del terzo anno, un Tassorosso poco più alto di un barile dai capelli biondicci e gli occhi vacui, vide che l'amico con cui stava scambiando quattro chiacchiere lo stava salutando, pronto ad andare via, cosa che fece quando Sirius fu a pochi passi da loro.
« Ehi, Leonard » disse, richiamando il ragazzino prima che invertisse rotta anche lui, e quello si voltò senza una parola, un po' titubante. 
« Ciao... » mormorò poi con voce flebile, evidentemente sorpreso di vedere Sirius Black rivolgergli la parola.
« Ascolta, so che è da quando hai messo piede in questa scuola che muori dalla voglia di diventare cronista » riprese Sirius, incurante del suo stupore. « E, beh, oggi potrebbe essere il tuo giorno fortunato, visto che non sono molto in vena di Quidditch. Se ti va, puoi prendere il mio posto, per questa partita ».
Gli occhi cerulei di lui parvero quasi dilatarsi per l'emozione, e non ci pensò due volte prima di annuire freneticamente.
« Non mi prendi in giro, vero? » domandò, un po' stupidamente, e a Sirius venne quasi da ridere.
« Certo che no » sbuffò, scostandosi via dagli occhi un ciuffo di capelli neri. Poi gli battè una pacca sulla spalla. « Bene... in bocca al lupo, allora ».
E andò via, le mani chiuse a pugno nelle tasche del giubbotto.
« Grazie infinite, Sirius! » gli urlò dietro il ragazzino, sventolando una mano in aria in segno di gratitudine, ma lui non si voltò e sorrise fra sé e sé, scuotendo il capo.
Non sarebbe stata una partita semplice come James aveva previsto, pensò mentre ricominciava a salire la prima rampa di scale. 
Ma a quel pensiero non seppe minimamente come sentirsi.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
A dieci minuti dal fischio d'inizio, negli spogliatoi di Grifondoro si respiravano ossigeno ed ansia in parti uguali.
I Battitori continuavano a picchiarsi spalle e ginocchia con le mazze, nel tentativo di sciogliere i muscoli e insieme ad essi anche la tensione; Frank vegetava sulla panca di legno color miele senza prestare orecchio ai borbottii dei compagni di squadra e alle urla che provenivano dal campo; Alan e Josh parlottavano di complessi schemi di gioco che nessun altro era interessato ad ascoltare; Scarlett stava seduta sul pavimento, le gambe incrociate e lo sguardo vacuo, fisso a terra, mentre James passeggiava avanti e indietro di fronte ai propri giocatori, la mano destra che saliva a scompigliare i capelli a intervalli di pochi secondi.
Per quanto sereno potesse essere la notte prima di una partita a Quidditch, e per quanto effettivamente fosse fiducioso nei propri mezzi, l'ansia cominciava a divorare anche lui quando il match stava per cominciare. Era una spiacevole sensazione che proprio non riusciva a contrastare.
Non era tanto la squadra avversaria a intimorirlo - anche se gli era giunta voce che avesse lavorato duramente e che fosse ben preparata allo scontro -, ma piuttosto l'avvicinarsi della fine del Campionato. La Coppa, l'ultima Coppa del Quidditch della sua vita, era vicina più che mai, e né lui né la sua squadra potevano permettersi errori. Non in quel momento così cruciale. Non quando vincere era così maledettamente importante.
Inoltre, le condizioni meteorologiche non erano troppo favorevoli: la pioggia stava consumando il prato, e batteva violenta e rumorosa aldilà delle mura degli spogliatoi, il vento strapazzava gli ombrelli, facendoli volare via, e il gelo di Febbraio sembrava volesse ricordare loro che non era ancora giunto il felice momento di dirgli addio. Sarebbe stata una partita inaspettatamente difficile.
Avendo già discusso sulle informazioni ricevute riguardo alla squadra avversaria, James non riuscì a trovare nient'altro da dire. Guardava i compagni di tanto in tanto, senza mai fermarsi nel suo continuo avanti e indietro, si girava i pollici dietro la schiena e aspettava il momento giusto per entrare in campo. Non aveva nemmeno la forza di pronunciare uno dei suoi soliti discorsetti di incoraggiamento, quelli che la squadra tanto detestava. E se anche avesse trovato il coraggio necessario per farlo, era certo che Simon e Robert lo avrebbero steso con un paio di mazzate, noncuranti del fatto che così facendo avrebbero giocato con un Cacciatore in meno e, perdipiù, senza il loro Capitano. No, decisamente non era il caso di osare tanto. 
La scena, così, non mutò per i minuti successivi, finché James non fece cenno alla squadra di avanzare dietro di lui.
I giocatori si scambiarono alcune occhiate di sbieco, incoraggiandosi a vicenda, mentre James intercettò lo sguardo di Scarlett per strizzarle l'occhio. E il sorriso che ottenne in cambio di quel gesto fu il miglior in bocca al lupo che avrebbe mai potuto ricevere.
Quando fecero il loro ingresso in campo, le urla dei Grifondoro nell'ala destra dello stadio risuonarono ancor più forte del vento, e ascoltandole riuscirono a rinvigorire il proprio coraggio e il desiderio di vittoria, tanto che né la pioggia né gli sguardi determinati dei Tassorosso riuscirono a scalfirli.
Beandosi di quell'energica accoglienza, James lasciò scorrere lo sguardo lungo le tribune, ma riuscire ad identificare un volto in mezzo a quel finimondo era impossibile, persino con l'incantesimo che aveva applicato ai propri occhiali così che respingessero la pioggia e non offuscassero del tutto la sua vista.
Mentre osservava la folla in subbuglio, però, la voce che proveniva dal podio del cronista lo distrasse. Una voce che di sicuro non apparteneva a Sirius.
« Pro-...? Si sente? » fece quella che doveva appartenere a un ragazzo più giovane di loro. « Bene, ehm... salve. Sono Leonard Campbell, e oggi vedremo scontrarsi Tassorosso e Grifondoro. Iniziamo con le formazioni... Per Tassorosso abbiamo Parkinson, Gates... ehm... un momento... oh, già... Hastings, Blanks, Brown... Tyler e Trevis ».
« Blanks? » Una voce scandalizzata molto più vicina al suo orecchio lo riportò alla realtà: Miley. « Ma chi diamine è Blanks? »
Il momento della stretta di mano fra Capitani era vicinissimo, per cui la ragazza era svolazzata al centro del campo proprio come lui. Ma James era distratto. Non riusciva a capire dove diavolo si fosse cacciato Sirius, e perché non fosse seduto al fianco della McGranitt a declamare correttamente le formazioni come da copione. Cominciava ad essere seriamente preoccupato per lui, ma quello era il peggior momento possibile per deconcentrarsi. Doveva ritornare in sé.
« Capitani, stringetevi la mano » disse l'arbitro ad alta voce per superare il fischio del vento, e James si riscosse, accorgendosi solo in quell'istante che il sostituto di Sirius doveva aver finito di ricordare anche i nomi dei componenti della propria squadra, chissà se storpiandoli o meno.
Voltò il capo verso Miley, ancora un po' stordito, trovando ad accoglierlo un suo largo sorriso insieme alla sua mano tesa e bagnata di pioggia.
« Buona fortuna, Capitano » gli disse, mentre lui la stringeva con vigore, e non potè che sorridere anche lui.
« Buona fortuna anche a te, piccola » le augurò in tono affettuoso, ma il sordo fischio d'inizio, insieme all'esplosione di urla intorno a loro, li costrinse ad allontanarsi di scatto. 
E James fu il primo ad acciuffare la Pluffa e a dare il via alla propria corsa.
Si fece strada fra i Battitori avversari, assestando loro due potenti spallate, e fu facile dimenticare tutto quanto mentre si faceva strada sotto la pioggia, mentre gli occhi erano puntati sui tre anelli offuscati dalla nebbia, mentre teneva la Pluffa stretta al proprio corpo come fosse quanto di più prezioso avesse... e quella attraversò l'anello centrale con una furia tale da sorprendere anche lui, mandando in visibilio i tifosi.
James festeggiò brandendo il pugno in aria, esultante, ma non perse tempo e si rituffò nella mischia, osservando Miley mentre afferrava la Pluffa.
« Il Capitano passa la Pluffa a Gates » stava annunciando il cronista al microfono. « E Gates va, va e... Merlino, l'ho perso di vista » imprecò, scocciato.
Al suo fianco, la professoressa McGranitt si agitò sulla sedia con aria decisamente tesa e non riuscì a trattenere una delle sue solite provocazioni.
« Le occorre un binocolo, signor Campbell? » domandò al ragazzo che, per la preoccupazione, aveva già il volto imperlato di sudore.
« E' colpa della pioggia, professoressa, non riesco a disti-... oh, hanno segnato, credo » disse poi. « 10 punti per Tassorosso! »
Ma il suono della sua voce fu sommerso dal clamore dei tifosi gialloneri che, nell'ala sinistra dello stadio, diedero in scroscianti grida di gioia.
James non prestò orecchio al chiasso che si innalzò intorno a lui e, gettandosi in picchiata sul groviglio di Cacciatori vicini agli anelli difesi da Frank, riuscì a riappropriarsi della Pluffa fregandola da sotto il braccio di Gates con un'abile mossa della mano.
Schizzò nella direzione opposta, dirottando la scopa sotto la pioggia battente, e avanzò a tutta velocità cercando di aguzzare la vista al meglio. Dopo aver evitato per un pelo un Bolide avversario, però, nell'esatto momento in cui stava per lanciare la palla verso l'anello di sinistra, la scopa gli giocò un brutto tiro, uno scherzo inspiegabile che non poteva in alcun modo essere attribuito al vento: sterzò rapidamente verso destra, spostandosi di un metro di propria volontà, così inaspettatamente che, per la sorpresa, James si lasciò sfuggire la Pluffa tra le mani, lasciandola precipitare dritta fra le braccia di Hastings.
Rimase sospeso in aria per alcuni secondi, osservando la scopa e le proprie mani in rapida successione, la bocca lievemente aperta per lo shock appena subito, a sfoderare un'espressione che, per chiunque altro eccetto lui, sarebbe stata assolutamente comica.
Si sentiva stordito, scosso e preso in giro. Non aveva mosso la scopa, e di questo ne era certo come lo era di possedere due gambe e due braccia.
Ma decise di non badarci, di dimenticare quell'attimo di inspiegabile distrazione che gli aveva fatto guadagnare un coro di bisbigli delusi da parte dei Grifondoro, di ricominciare a giocare come se la partita fosse cominciata in quell'istante, come se quell'assurdità non fosse mai accaduta.
Si voltò di scatto, pronto a riprendere a correre a caccia della Pluffa ormai lontana, ma una seconda ondata di urla proveniente dalla zona dei Tassorosso lo indusse ad imprecare sonoramente e a mollare un calcio all'aria. Avevano segnato un'altra volta.
« Goal di Banks! » disse ancora Leonard a gran voce. « Ehm... scusa tanto per prima, ho storpiato il tuo nome e... beh, 20 a 10 per Tassorosso ».
Miley sfrecciò accanto alla postazione del cronista e sollevò un pollice in direzione del ragazzo, ridacchiando fra sé e sé.
« Green riprende la Pluffa » proseguì il ragazzo, ancora in tono non particolarmente coinvolgente. « Barcolla dopo una spallata di Hastings, ma si riprende, dirigendosi verso la porta avversaria... la passa a Collins, che la passa a Potter e... ah, che peccato, ancora distratto, il Capitano di Grifondoro ».
James, infatti, aveva perso la Pluffa nello stesso istante in cui l'aveva presa saldamente fra le mani. E quella volta ne era rimasto sconvolto.
Da anni non gli capitava di lasciarsi scivolare la palla e farla cascare nella rete degli avversari, ed era impossibile che quel passaggio fosse andato a vuoto a causa sua. Aveva stretto forte la Pluffa, l'aveva sentita ben salda fra i palmi delle proprie mani, e l'attimo dopo non l'aveva più vista. Era precipitata giù senza che se ne accorgesse, e ciò non era assolutamente possibile. Qualcuno stava decisamente giocando alle sue spalle.
Si passò una mano fra i capelli bagnati e appiattiti dalla pioggia, spronando la scopa ad andare più veloce, ma una voce poco distante da lui lo costrinse a voltarsi. Una voce che avvertì con difficoltà attraverso il continuo fischiare del vento, ma che riconobbe per quella di Scarlett.
« Ehi! » urlò, i lunghi capelli scuri che ormai grondavano acqua. « Che ti prende? Va tutto bene? »
Lui esitò un momento prima di annuire, poi si avvicinò a lei un po' di più, rimanendo sospeso a mezz'aria con una mano che stringeva la scopa.
« Qui non si vede assolutamente niente! » esclamò la ragazza, rabbrividendo all'improvviso, poi sentì i tifosi di Tassorosso esultare di nuovo ed imprecò a mezza voce, facendo per allontanarsi. « Per l'amor del cielo, James, diamoci una mossa » disse, prima di sfrecciare via.
Lui annuì con forza anche quando fu già lontana, più per convincere se stesso che lei sulla possibilità di farcela.
Perché sì, Scarlett aveva ragione: dovevano darsi una mossa, dovevano darsi una mossa alla svelta. Lui in particolare, era in debito con la sua intera Casata. Perciò afferrò il manico di scopa con entrambe le mani, si appiattì su di esso e volò verso il momentaneo possessore della Pluffa nella direzione opposta. 
« Potter sta per raggiungere il fronte compatto dei Tassorosso » proclamò Leonard, che si stava finalmente calando nella parte. « Chissà se ce la farà, questa volta... finora non ha dato prova del suo già confermato talento, ma... eccolo che ruba la Pluffa ad Hastings! » esclamò. « Corre via verso Parkinson, è solo di fronte al portiere, cerca di confonderlo e... ah » fece in tono dolente. « Mancato di nuovo ».
James stava imprecando con tutto il fiato che aveva in gola, e se si fosse agitato un po' di più sulla scopa sarebbe sicuramente cascato giù nel vuoto.
Aveva lanciato la Pluffa a una dozzina di metri dall'anello che aveva puntato, e la sensazione di stordimento che aveva avvertito nel commettere gli stupidi errori precedenti era tornata a farsi sentire più forte che mai. Si sentiva come se qualcuno si fosse violentemente appropriato del suo corpo, come se qualcuno potesse entrare e uscire con una semplicità così spaventosa da mettergli i brividi. Non capiva cosa gli stesse succedendo.
Si avvicinò all'arbitro che svolazzava a una decina di metri più giù e chiese un time out, richiamando a sé la squadra con qualche difficoltà.
Planarono tutti e sette a terra, schizzando fango ovunque, mentre anche i Tassorosso ancora in volo si facevano vicini gli uni agli altri per discutere.
« Amico, ma che succede? » domandò Alan a James non appena fu sceso dalla sua scopa. « Sembra che ti sia caduto un Bolide in testa ».
Lui sospirò pesantemente, frustrato da quella situazione che non riusciva a comprendere né tantomeno a risolvere.
« Ascoltate » esordì, agitato. « So che può sembrare assurdo, ma... non è colpa mia. Qualcuno sta cercando di manomettere la partita, ne sono sicuro, anzi... qualcuno sta cercando di manomettere me ». Si passò la lingua sulle labbra bagnate, osservando di sottecchi i compagni di squadra scambiarsi sguardi cupi e preoccupati. « Non so di che si tratti, quindi non posso provarlo, non posso... denunciarlo in alcun modo » proseguì dopo un momento, concitato. « Mi affido a voi, ragazzi. Continuerò a provare, ma voi tenete duro. Non disperdetevi, volate compatti, la pioggia può giocare brutti tiri, e... oh, ho notato che Parkinson è più debole sugli anelli laterali, quindi puntate a quelli ». 
Alan e Josh fecero immediatamente di sì col capo, scambiandosi un rapido sguardo d'intesa che James apprezzò parecchio.
« Possiamo ancora vincere » ci tenne ad aggiungere. « Stiamo 30 a 10, la situazione non è affatto irrecuperabile, e se i Tassorosso si sono montati la testa, allora sfruttiamo la cosa a nostro vantaggio. D'accordo? » domandò infine, battendo le mani.
Tutti annuirono con evidente determinazione, scambiandosi qualche pacca sulla schiena o sulle spalle come incoraggiamento.
« Nessun avvistamento del Boccino? » chiese poi James a Scarlett, che pareva sfinita, e lei scosse il capo con una smorfia inacidita.
« Stavo per piangere di gioia quando ho visto un lampo dorato, ma poi mi sono accorta che era lo stramaledetto bracciale di Trevis » sbottò, scocciata.
James le poggiò una mano sulla spalla e la strinse con forza, per poi accennare un sorriso quando i suoi occhi si posarono su di lui.
« Beh, non mollare, leonessa, sappiamo tutti che puoi farcela » le disse, lasciandola andare, e i compagni si affrettarono a dare cenni d'assenso. 
A quel punto serrò le labbra e lasciò scorrere rapidamente lo sguardo fra loro, annuendo impercettibilmente.
« Bene, allora, tutti in volo » ordinò, tornando a cavalcioni sul proprio manico di scopa. « Ricominciamo ».
Scalciò sul terreno umidiccio per darsi la spinta necessaria a partire, e sentì il fischio dell'arbitro che rilanciava la Pluffa in aria.
« La Pluffa viene acciuffata da Gates » fece Leonard allo stadio. « Brown lo difende da un micidiale Bolide di Phelps, lasciando che si avventuri da solo contro il Portiere... sta per tirare e... no, Paciock è sul pezzo e para! Con la punta dei guanti, santo cielo! » aggiunse in tono ammirato.
La folla di tifosi Grifondoro esultò e celebrò Frank con urla e applausi entusiastici, che lui accolse gioiosamente agitando il pugno.
Un istante dopo, terminato il gran clamore, rilanciò la palla con la mano sinistra, e Alan, che svolazzava ad alcuni metri da lui, l'afferrò prontamente.
Scese in picchiata per evitare il branco di Cacciatori avversari, proseguì zigzagando fra i due Cercatori che smuovevano l'aria nella zona più bassa del campo, e si tuffò nuovamente verso l'alto per dirigersi contro gli anelli, la Pluffa ancora stretta al proprio fianco.
« ... e Green segna! » urlò il cronista, sempre più esaltato dalla scioltezza che stava acquisendo. « Che tiro, ragazzi! »
E in effetti Alan rimase talmente sorpreso dal suo colpo da maestro che dimenticò persino di esultare, rimettendosi subito in gioco per trovare la Pluffa.
I dieci punti appena incassati, sommati alla parata che Frank aveva compiuto, parvero ridare vigore ai Grifondoro, che sugli spalti cominciarono a intonare canti d'incoraggiamento, e sul campo ripresero in mano la partita, segnando altre due reti così da riportare la squadra in vantaggio.
James aveva deciso di mantenersi distante dal gioco almeno finché il match non fosse tornato in equilibrio, ma adesso che aveva qualche sicurezza in più aveva voglia di tornare in partita. E per farlo aveva un piano che, complice l'aiuto della pioggia battente, lo avrebbe aiutato a rifarsi.
Si fece passare la Pluffa da Josh e l'acchiappò senza esitazione, poi si fece strada verso gli anelli, pronto ad affrontare il portiere. Mentre sollevava il braccio per compiere il proprio lancio, però, si bloccò all'ultimo istante per sterzare bruscamente a sinistra, poi nuovamente a destra e infine tirare. La palla attraversò l'anello centrale senza che Parkinson potesse fare alcunché per arrestare la sua corsa.
« E finalmente ce la fa, il Capitano di Grifondoro! » fece Leonard, superando i fischi e gli applausi provenienti dalle tribune. « Gran punto di Potter! »
Sugli spalti, accanto ad Alice che batteva forte le mani, Lily si lasciò andare ad un fugace gesto di trionfo e ad un convinto « Sì! » che nessuno riuscì a udire, mentre sul campo, ascoltando la folla strepitare il suo nome, James non riuscì a trattenere un sorriso sollevato e carico di aspettative. 
Aveva raggiunto il proprio obiettivo, e non sarebbe più stato disposto a permettere a forze ignote di sabotare la sua partita, ancora tutta da giocare.
Approfittò di un Bolide che sfiorò il braccio di Hastings, lasciandogli cadere la Pluffa, e non ci mise molto a riappropriarsene per andare ancora una volta dritto di fronte al portiere. E di nuovo, per sua inesprimibile gioia, la palla andò a segno.
« Sessanta a trenta per i Grifondoro! » fu annunciato al microfono. « Stanno proprio ribaltando la partita, a quanto pare ».
Ma, al contrario di quanto James aveva speranzosamente previsto, il vantaggio non durò a lungo, e il Grifondoro fu nuovamente sommerso dai guai: Scarlett, che un paio di minuti dopo si era lanciata in una folle corsa in picchiata per afferrare il famigerato Boccino d'Oro, lo aveva perso di vista quando era stata a un passo dal prenderlo, costretta a scansare un Bolide che in caso contrario l'avrebbe sicuramente uccisa; Alan aveva tentato altri quattro formidabili tiri, ma Parkinson aveva effettuato parate altrettanto strepitose, difendendo gli anelli con una maestria che aveva stupito lui in primis; James aveva ripreso a compiere movimenti di cui non era minimamente consapevole, e una volta aveva persino spedito la Pluffa fra i tifosi avversari, rischiando di provocare a un ragazzino del secondo anno seri danni al braccio sinistro, quello con cui aveva retto una bandierina giallonera fino al momento dell'impatto con la palla; Frank aveva lasciato passare due tiri di Miley e uno di Gates, e aveva imprecato così sonoramente che, con ogni probabilità, la sua voce era arrivata sino alla cabina del cronista, dalla parte opposta del campo.
Ma il peggio, purtroppo, stava ancora per arrivare.
« Banks in possesso » annunciò il cronista, seguendo con lo sguardo Miley che viaggiava in solitaria verso gli anelli. « Paciock si prepara al tiro e... o Merlino, che colpo! » esclamò con enfasi, sobbalzando sul seggiolino mentre, al suo fianco, la McGranitt si portava una mano alla bocca.
Nel tentativo di difendere Miley da un Bolide che puntava dritto alla sua testa, infatti, Tyler lo aveva scagliato con forza molto lontano, ma non era riuscito ad indirizzarlo come avrebbe voluto. E questo aveva colpito Frank a una spalla, facendolo crollare giù dalla scopa, nel vuoto.
Fu proprio la professoressa McGranitt ad alzarsi in piedi e a sguainare la bacchetta per arrestare la caduta del ragazzo. Lo stadio era in subbuglio.
Immediatamente, l'arbitro ed entrambe le squadre in volo atterrarono accanto al suo corpo privo di sensi, che fu raggiunto quasi subito anche da una stravolta e gocciolante Alice, venuta giù dagli spalti a una velocità impressionante.
« Sta' tranquilla » la rassicurò prontamente Scarlett, passandole un braccio intorno alla vita. « Si sarà solo fratturato una spalla ».
« Ma è bianco come un cadavere! » strillò lei in preda al panico, le dita che tremavano a un passo dalle labbra. « Santo cielo, guardalo! »
« Si rimetterà » intervenne pacatamente James, chinandosi accanto a Frank mentre il professor Dixon accorreva in suo aiuto.
« Fate largo » disse, facendosi strada fra la calca di giocatori preoccupati, e si accasciò anche lui di fianco al ragazzo, la bacchetta stretta in mano. « Reinnerva » bisbigliò, puntandola al suo petto, e quasi immediatamente lui cercò di aprire gli occhi, anche se a fatica.
Lo portarono via meno di un minuto dopo, conducendolo verso l'Infermeria, laddove Madama Chips avrebbe potuto prendersi cura di lui.
Ma la partita non riprese immediatamente. Contestazioni e confusione non erano ancora del tutto terminati.
« Ma che diamine gli hai fatto? » stava urlando Miley a Tyler, inviperita. « Per poco non lo ammazzavi! »
Il ragazzo, che non l'aveva sentita arrivare, si voltò a guardarla con un'espressione totalmente sconvolta.
« Ma che ti prende? » esclamò, sulla difensiva. « Che cosa avrei dovuto fare, lasciare che il Bolide uccidesse te? Sono un maledetto Battitore, Miley! »
« Beh, un maledetto Battitore competente avrebbe saputo dove indirizzarlo! » ribattè prontamente lei, a voce sempre più alta.
John scosse il capo ripetutamente, incredulo, ma non aggiunse altro e le voltò le spalle, decisamente scocciato per il suo rimprovero.
Ancora furibonda per ciò che era accaduto a Frank, Miley si diresse verso l'arbitro, che stava parlando con James in tono piuttosto alterato.
« ... ti ho già detto che la Pluffa era nell'area di rigore » stava spiegando, irritata. « La mossa di Tyler è stata assolutamente lecita ».
« Ma ha provocato un infortunio bello e buono! Frank non riuscirà a rientrare in partita, rimarremo senza Portiere! » fece James di rimando, inalberato.
« Ascolta, Potter, non ho inventato io le regole di questo gioco » lo interruppe lei. « Per quanto a volte sembrino ingiuste, dovresti conoscerle bene e imparare a rispettarle. Non c'è nessun rigore, basta chiacchiere. Bisogna riprendere a giocare » concluse con determinazione.
James diede in un ringhio sommesso e carico di nervosismo, e scalciò il terreno, schizzando pioggia e fango dappertutto.
Miley, che si era fatta più vicina, lo guardò dispiaciuta per un momento prima di rivolgersi all'arbitro.
« Dovremmo sospendere l'incontro » le disse con decisione. « Siamo sette contro sei, e non è affatto corretto. Potremmo rigiocare... »
« No, Banks » fece subito la donna, al limite della sopportazione. « Non è accaduto nulla che non possa succedere in una qualsiasi partita a Quidditch, per cui il match non verrà annullato. E adesso piantatela con queste dannatissime lagne e rimettetevi in volo, abbiamo perso fin troppo tempo ».
« Ma... » ricominciò la ragazza, scuotendo il capo.
« Adesso » terminò l'altra, ponendo così fine alla discussione, e anche lei sbuffò stancamente, allontanandosi a passo pesante verso James.
Tentennò un momento, approfittando del fatto che lui non l'avesse vista, ma alla fine gli poggiò una mano sul braccio e lo strinse appena.
« Mi spiace tanto, James » mormorò mentre si voltava. Ed era sincera.
« Ma no » le fece lui in risposta, accennando un rassicurante sorriso obliquo. « E' il Quidditch. Fa parte del gioco, dopotutto ».
Miley annuì appena, poi si rimise in sella alla propria scopa e saettò nuovamente in aria insieme a tutti gli altri giocatori, che si misero in cerchio mentre la Pluffa veniva rilanciata dall'arbitro.
« Il gioco ricomincia, finalmente » riprese a commentare Leonard, che nei minuti precedenti aveva informato i tifosi sull'accaduto più nel dettaglio. « Per riassumere, i Grifondoro sono ancora in vantaggio di sessanta a trenta, ma i punti di distacco non possono essere di alcun conforto ai sei giocatori rimasti... saranno costretti ad arrangiarsi, a quanto pare. Senza il Portiere e con un attacco ben preparato come quello dei Tassorosso sarà difficile impedire ai gialloneri di volare via col punteggio. Al Grifondoro non resta che riporre le sue speranze nel proprio Cercatore, Scarlett Banks ».
E la ragazza, in volo a una decina di metri dalla postazione del cronista, non riuscì a trattenere un: « Che Merlino mi aiuti » di pura disperazione.
« Tassorosso in possesso » proseguì il cronista in tono piatto. « Gates ha la Pluffa, ma viene placcato da Collins. Evita un Bolide di Sanders, ma si lascia scappare la palla... l'afferra Green... Green fa dietrofront e vola verso gli anelli.... ahia, brutto Bolide per Green... la scopa è danneggiata, ma rimane in volo... la Pluffa passa in mano a Gates, che avanza, avanza e scansa Potter... è solo di fronte agli anelli, sta per tirare... ed è goal! I Tassorosso rimontano per un punteggio di sessanta a quaranta! »
Ma per Grifondoro quello fu l'inizio della fine, proprio come Leonard aveva saggiamente previsto. E d'altra parte, proprio com'era ovvio che andasse.
Nei quarantacinque minuti di gioco successivi i Tassorosso mandarono a segno ben ventotto Pluffe, mentre i Grifondoro soltanto dodici. I problemi di Alan con la propria scopa si erano rivelati più gravi di quanto avesse ipotizzato, tanto che James gli aveva consigliato di rimanere fermo accanto agli anelli, così da poter segnare quando la Pluffa gli veniva passata, e di muoversi solo nel caso in cui un Bolide gli fosse venuto addosso. In questo modo era riuscito a mandare la Pluffa oltre l'anello più vicino a sé solo due volte, mentre Josh aveva evitato a Grifondoro la peggiore delle disfatte facendo guadagnare alla squadra i restanti cento punti. James, invece, continua vittima di spostamenti decisi da chissà chi, aveva continuato a commettere errori su errori, e nessuno dei pochi lanci che aveva effettuato si era trasformato in goal.
I tredici giocatori erano in volo da più di un'ora, e sembravano distrutti. Hogwarts non vedeva una partita tanto dura e sofferta da parecchi anni.
Ma il match riuscì a sbloccarsi con una svolta inaspettata alcuni minuti dopo, mentre Simon Phelps scagliava un pesante Bolide contro Hastings.
Scarlett, infatti, aveva finalmente avvistato il Boccino, e quella volta non l'avrebbe lasciato andar via per nessun motivo al mondo. Era suo.
« Ehi, guardate! » esclamò Leonard notando che la ragazza era schizzata verso l'alto all'improvviso. « Banks ha avvistato il Boccino d'Oro! »
Volava come un fulmine a un passo dagli spalti, gli occhi spalancati che bruciavano per non perdere il contatto visivo con la scattante pallina dorata. 
Era a qualche metro da lei, ma schizzò improvvisamente verso il basso costringendola a gettarsi in picchiata in direzione del prato.
Poco distante dalla sua scopa, quasi senza che lei se ne accorgesse, volava Trevis, il Cercatore avversario che, seguendo le dritte suggeritegli da Miley, le era rimasto incollato anche solo con lo sguardo tutto il tempo, così che quando avesse finalmente trovato il Boccino - cosa che, evidentemente, lui non era affatto in grado di fare - avrebbe potuto correrle immediatamente dietro. E difatti così fu.
Le stava dietro, ma non riusciva a raggiungerla, e la sentiva borbottare con la stessa veemenza imprecazioni ed esortazioni in parti uguali.
Era appiattita sul manico di scopa e lo spronava ad andare il più veloce possibile, ma il Boccino era sempre più vicino al prato infangato, e se avesse proseguito la propria folle corsa in quella direzione, lo schianto sarebbe stato inevitabile. O, in caso contrario, altrettanto inevitabile sarebbe stata la perdita del Boccino, cosa che probabilmente l'avrebbe fatta del tutto sbarellare.
« Sta praticamente volando in verticale! » commentava nel frattempo Leonard, concitato, mentre tutti seguivano la scena col fiato sospeso.
Mancavano pochi metri all'impatto, ma pur stirandosi quanto più poteva, non sarebbe riuscita a raggiungere il Boccino...
Scivolò verso l'estremità del manico di scopa, cercando di allungarsi al massimo delle sue possibilità, quando un dubbio la colpì all'improvviso: qual era il punteggio in quel momento? 
Era certa che il Grifondoro fosse in svantaggio di parecchi punti, ma in quel momento, ormai a un passo dall'acciuffare il Boccino d'Oro, l'idea di poter condannare la propria squadra a una sconfitta certa piuttosto che regalarle una vittoria di misura la terrorizzò. 
Ad ogni modo, non c'era tempo per pensare. Non sarebbe mai riuscita a ricordare l'esatto punteggio e a fare un calcolo, per cui decise di buttarsi.
Aggrappata all'estremità della scopa e ansante come se avesse corso con i propri piedi, fece saettare il braccio in avanti e tese le dita verso il Boccino. I muscoli urlavano, ma mentre veniva scalciata via dalla scopa per l'impatto col terreno e atterrava sul fango, sentì le ali sottili della minuscola pallina ritirarsi al tocco della sua mano chiusa a pugno sul metallo. 
L'esplosione di urla che seguì quel gesto le fece gelare il sangue nelle vene, ma non appena sollevò lo sguardo vide che proveniva dai propri compagni, e una sensazione di gioia ruggente cominciò a ribollirle prepotentemente in fondo allo stomaco: il sapore della vittoria.
Sorrise, ed ebbe un ultimo sprazzo dei tifosi che agitavano bandierine e sciarpe rosso e oro prima che l'abbraccio della squadra la sommergesse.
« INCREDIBILE! » annunciò il cronista con enfasi. « Grifondoro vince per trecentotrenta a trecentoventi! Clamorosa vittoria per la squadra di James Potter! »
Ma la sua voce si disperse nel clamore generale. Come sempre dopo ogni vittoria, lo stadio era in delirio.
I tifosi cominciarono a riversarsi sul campo, mentre i sei giocatori ancora si stringevano l'uno a l'altro, saltellando sul posto ed esultando.
James fu il primo a tirarsi via dal groviglio di corpi bagnati di pioggia, e Scarlett lo vide allontanarsi con lo sguardo fisso a terra e un'aria per nulla allegra. Stava per andargli dietro, desiderosa di rivolgergli qualche parola di conforto e di formulare insieme a lui congetture su ciò che gli era accaduto durante la partita, ma i compagni di squadra la costrinsero a rimanere, e i due Battitori la issarono sulle proprie spalle per celebrare la miracolosa presa del Boccino.
Poco distanti da lì, i giocatori avversari erano sfiniti e abbattuti, e si apprestavano ad abbandonare il campo. Sporchi di fango e doloranti da capo a piedi, avevano con ogni probabilità subito la più cocente sconfitta immaginabile. Dieci punti di distacco erano impossibili da tollerare, e Miley stava già sbraitando contro Trevis, rimproverandogli un'evidente mancanza di capacità e impegno rispetto all'intera squadra che aveva dato il meglio di sé per più di un'ora di gioco. Mentre urlava, Dylan e Tyler tentavano inutilmente di calmarla, ma non poterono che essere d'accordo quando, al termine della ramanzina, buttò fuori dalla squadra l'inetto Cercatore. Aveva preso la decisione più giusta per la squadra.
Quando l'euforia generale si fu placata, anche i Grifondoro si ritirarono negli spogliatoi, stanchi ma festanti per la vittoria.
« Che partita, ragazzi... » borbottò Josh appena entrato, abbandonandosi sulla panca e liberandosi dei guanti strappati. « Sono a pezzi ».
« I Tassorosso sembravano indemoniati » commentò Simon, passandosi una mano tra i capelli bagnati. 
« Chissà come sta Frank » intervenne Robert, pensieroso. « Quel Tyler ci è andato giù pesante di brutto, non trovate? »
A quelle parole, Alan diede in uno strano suono a metà fra uno sbuffo e una risatina di scherno. Teneva fra le mani la sua scopa fumante.
« Tu che dici? » sbottò, scoccandogli un'occhiataccia, e si alzò mogio mogio in direzione delle docce, abbandonandola sotto la panca.
Troppo stanchi per continuare a parlare, anche gli altri componenti della squadra fecero per seguirlo, ma James li richiamò un istante prima.
Aveva bisogno di scusarsi per quella partita da dimenticare, di esprimere il proprio dispiacere per tutti gli errori che aveva commesso.
Dopotutto, sin da quando era entrato a far parte della squadra al suo secondo anno, aveva sempre preteso molto da se stesso, e il ruolo di Capitano che gli era stato assegnato successivamente non aveva fatto altro che amplificare quest'atteggiamento. Oramai, prima di una qualsiasi partita a Quidditch, raccomandava a se stesso di non sbagliare neanche un misero passaggio, perché se era ben disposto a perdonare gli errori dei compagni, di sicuro non lo era altrettanto nei confronti dei propri.
« Ragazzi » esordì, guardando i compagni arrestarsi a un passo dalle docce. « Volevo... beh... scusarmi per la mia partita. Voi avete dato il massimo, e la vittoria è tutta vostra, quindi... mi dispiace di non aver potuto dare il mio contributo. Scoprirò chi c'era dietro quegli sporchi giochetti e lo chiuderò nell'Armadio Svanitore senza il minimo rimorso. Con la Coppa non c'è da scherzare ».
I ragazzi lo rassicurarono con parole amichevoli e pacche sulla schiena, mentre Scarlett scosse il capo e gli rivolse un caldo sorriso.
« Devi piantarla di crederti invincibile » gli disse, lasciando ciondolare il braccio sulla sua spalla. « D'accordo, Capitano? »
Lui le scompigliò i capelli appiattiti dalla pioggia, stringendola brevemente a sé, e annuì con un sorriso.
Dopodiché, tutti filarono sotto la doccia senza indugiare oltre, e lasciarono che l'acqua bollente lenisse un po' i loro dolori.
Nel giro di mezz'ora gli spogliatoi furono del tutto vuoti, fatta eccezione per James che, seduto da solo sulla panca, rimuginava su ciò che era accaduto durante la partita, tutte le sante volte in cui, afferrata la Pluffa, aveva tentato di mandarla a segno. 
Che fossero stati i Serpeverde, ossessionati dal Quidditch almeno quanto lui? Forse stavano tentando di sabotare il Campionato per impossessarsi della Coppa. A James quell'ipotesi parve più che plausibile, ma la mancanza di certezze lo mandava in confusione e lo irritava. Non riusciva a venirne a capo.
Un rumore improvviso, però, lo distrasse da quei pensieri, costringendolo a puntare lo sguardo sull'ingresso degli spogliatoi: appoggiato allo stipite della porta con l'aria di chi è arrivato lì per caso, c'era Sirius.
« Partita sofferta, eh? » gli fece, senza accennare a smuoversi dalla soglia. « Non avresti dovuto prenderla tanto alla leggera ».
James lo osservò con un misto di curiosità e sollievo, senza sapere cosa dire. Non si era aspettato che fosse lui a raggiungerlo.
Lo squadrò a lungo prima di replicare, tentando di captare le sue intenzioni prima che queste si manifestassero apertamente, ma fu costretto ad ammettere a se stesso che la cosa si stava rivelando più difficile del solito: non gli sembrava affatto risentito. Però, in qualche modo, non gli sembrava neanche il solito Sirius.
« Beh... c'è da dire che non siamo stati molto fortunati » rispose infine, piantando lo sguardo su di lui, e scrutandolo si ritrovò a chiedersi quanto mancasse all'esplosione. Perché per quanto calmo potesse sembrare, James era certo che un'esplosione ci sarebbe stata, eccome.
Lo vide storcere il viso in una strana espressione, come se non sapesse se concordare con lui o meno, ma non disse nulla, e dopo qualche attimo di silenzio, fu James a riprendere la parola.
« Come mai non eri su a fare la cronaca? » gli chiese, semplicemente perché fu la prima cosa che gli venne in mente di dire.
Sirius sollevò le spalle con nonchalance, guardandosi intorno come se la risposta potesse piombargli addosso all'improvviso.
« Avevo una faccenda da sbrigare » spiegò, piuttosto vago, e James non riuscì a capire a cosa stesse alludendo con quelle criptiche parole.
« Conti in sospeso con qualcuno? » domandò, tirando a indovinare, le sopracciglia aggrottate mentre lo osservava.
« Mmm... qualcosa del genere, sì » fu la risposta.
James annuì e chinò lo sguardo, domandandosi con chi l'amico potesse avere dei problemi di cui lui non era a conoscenza. La cosa gli parve piuttosto strana ma, data l'evidente reticenza di Sirius ad approfondire la questione, decise di lasciar cadere l'argomento.
« Quindi... » riprese, cauto e titubante. « Non c'eri. Alla partita, intendo » si affrettò ad aggiungere. « O sei arrivato in ritardo? »
« Ah, no, c'ero eccome » replicò prontamente l'altro, un accenno di sorriso a increspargli le labbra. « Non me la sarei persa per nessun motivo al mondo ». Riflettè un momento, poi aggiunse: « Dovresti saperlo », e per James furono le parole più melodiose del mondo.
Non c'era motivo di essere sospettosi, e non c'era neanche più nulla di cui avrebbe dovuto preoccuparsi: Sirius lo aveva già perdonato.
Il nodo che gli aveva stretto lo stomaco fino a quel momento parve improvvisamente sciogliersi, donandogli un incredibile sollievo.
« Beh, allora hai visto tutto » disse, felice di poter parlare liberamente e con la solita scioltezza. « Che partita, eh? Se scopro chi mi ha giocato questo brutto tiro, giuro che lo strangolo in piena Sala Grande! Ma insomma, si sono ribaltati i ruoli o cosa? Da quando in qua ci si prende gioco di James Potter? »
Sirius rise sottovoce, allontanandosi dall'ingresso e facendo qualche passo avanti.
« James Potter ha parecchi nemici, però » suggerì, accostandosi alla parete più vicina per abbandonarvisi a braccia incrociate. « Riflettici un attimo. Hai fatto qualche bravata delle tue, ultimamente? Non so, hai... fatto arrabbiare qualcuno? »
Lui rimuginò per qualche istante sulla questione, frugando fra i ricordi finché un nome, con disarmante naturalezza, non venne a galla.
« Mocciosus! » esclamò con ferocia. « Chi altri se no? Non so nemmeno come ho fatto a non averci pensato prima! Gli ho fatto uno incantesimo, l'altro giorno, tu eri a Babbanologia... borbottava stronzate e... maledizione, non sono riuscito a resistere. Stupido idiota » aggiunse sottovoce, schifato.
Ma Sirius non parve dello stesso avviso e storse il naso con aria sinceramente poco convinta.
« Ah, Piton? Ma andiamo, ti pare che il suo cervello possa arrivare a tanto? » replicò con supponenza. « Nah, non è nel suo stile. Se avesse voluto buttarti giù dalla scopa ti avrebbe lanciato il malocchio, piuttosto ».
James annuì, convincendosi della veridicità delle sue parole.
« Già... forse hai ragione » si ritrovò infatti a rispondere.
« Ma sicuro! » proseguì immediatamente Sirius, determinato. « Questo era un piano molto più sottile, troppo arguto e di classe per un tipo come Piton... ci dev'essere dietro una mente molto più ingegnosa della sua. E' stato un vero e proprio sabotaggio, dopotutto ».
Il suo tono sembrava quasi celare un velo di ammirazione per l'autore della malefatta, tanto che James si ritrovò a squadrarlo, confuso.
« Amico... lo stai lodando o cosa? » gli fece. « Se sei dalla sua parte, dillo pure. A me sembra più un povero idiota che un genio del male, a dirla tutta ».
Sirius non si lasciò scalfire dalle sue parole e scrollò le spalle con indifferenza, come se non stesse né da una parte né dall'altra.
« Un povero idiota, dici? » ripetè, ancora perfettamente calmo. « Ah, beh, non poi così tanto se ti ha praticamente impedito di giocare una partita intera ».
L'altro continuò a scrutarlo in viso, sempre più stupito dai pensieri a cui dava voce.
« E poi » disse ancora Sirius, un tono di voce che James non gli aveva mai sentito prima d'allora, « dico solo che magari te lo sei meritato ».
E quello, per James, fu l'ennesimo indizio che lo indusse a ritenerlo del tutto fuori di sé, perché più parlava, più Sirius non gli sembrava Sirius.
Da quando erano diventati amici, ogni offesa che gli veniva arrecata diveniva automaticamente un affronto rivolto a lui, uno sgarbo di cui desiderava vendicarsi insieme al suo compagno di magagne preferito. Anzi, a pensarci bene, solitamente quello che più se la prendeva era proprio lui, Sirius.
Ed ecco la ragione per cui non riusciva quasi a riconoscerlo. Ecco perché non capiva dove volesse andare a parare con quell'assurdo discorso. Tutto ciò che diceva non era solo insensato... detto da lui, era anche assolutamente anormale.
« Sì » continuò ancora, ben deciso ad andare fino in fondo alla questione. « Magari hai fatto qualcosa che non avresti dovuto fare. O magari ti sei... non so... intromesso in affari che non ti riguardavano. Ci sono tante ipotesi, James, fossi in te me le riguarderei tutte per bene », e annuì con convinzione.
E allora, soltanto allora, James finalmente capì.
Lo sguardo che rivolse a Sirius gli fece capire chiaramente che aveva recepito il messaggio, e la sua espressione, malgrado fosse quella che aveva immaginato dipinta sul suo viso al momento della scoperta, non gli piacque affatto. Non l'aveva mai, mai vista rivolta a lui.
« Tu? » fu tutto ciò che riuscì a venir fuori dalla gola di James in quel primo momento di totale smarrimento.
Sirius fissò il proprio sguardo nel suo, le labbra rigide e gli occhi perfettamente immobili: per James, una risposta più che soddisfacente.
E fu come ricadere in uno di quegli incubi che quella notte lo avevano tanto disturbato, con la sola differenza che no, adesso non si sarebbe risvegliato.
Fino al momento in cui aveva pronunciato quelle due stupide lettere aveva sperato intensamente di essersi sbagliato, di aver commesso un altro terribile errore. Si era già sentito pronto a darsi dell'idiota per aver potuto diffidare del suo migliore amico anche solo per un momento, quando la risposta che invece avrebbe dovuto aspettarsi di ricevere era giunta con una freddezza tale da congelarlo sul posto. 
Una rabbia improvvisa e cocente, però, lo riaccese un istante dopo, e il nervosismo e la tensione accumulati quel giorno finirono per esplodere.
« Sei stato tu? » ripetè ad alta voce, sconvolto. « Come...? Ma come diavolo ti è saltato in mente? Dannazione, sei diventato completamente idiota o cosa? »
« Se in questa stanza c'è un idiota, ti assicuro che quello sei tu » replicò l'altro con freddezza. « E, per la cronaca, è la domanda che mi sono posto anch'io per tutta la notte: come diavolo ti è saltato in mente? »
James si alzò di scatto dalla panca e si passò una mano fra i capelli in uno scatto fulmineo. 
« Non ci posso credere » fece, scuotendo appena il capo. « Sei ancora incazzato con me per ieri sera? Maledizione, pensavo avessi capito! »
« Che cosa diamine avrei dovuto capire? » sbottò subito Sirius, inalberandosi. « Che te ne sei fregato di tutto quanto e hai agito di testa tua solo perché volevi rivedermi insieme a lei? Che stavi per rifilarmi quella stupidissima pozione mandando a puttane la mia volontà? E ti aspettavi di sentirmi dire cosa, di preciso, posso saperlo? Che la amo, magari, che mi manca, che nonostante tutto il sogno più grande della mia misera esistenza è tornare insieme a lei e tante altre romanticherie del genere? Beh, ti sorprenderà, ma non era esattamente quello che avrei detto nelle mie piene facoltà mentali! »
Ascoltandolo, James era sempre più incredulo, e quasi non riusciva a credere che quella discussione stesse realmente avvenendo.
« Non hai capito niente! » disse con veemenza. « Credi che lo abbia fatto per me? Sentiamo, credi che sia stato un egoista, che l'abbia fatto solo perché vedere tutti quanti scontenti disturbava la mia felicità? Andiamo, Sirius, dimmi che mi stai prendendo in giro, perché altrimenti avremmo un problema serio! L'ho fatto solo per te, maledizione! E ti ho già detto che è stata un'idiozia colossale, altrimenti perché pensi che me ne sia pentito, alla fine? »
« Perché hai capito che non ti avrei più rivolto la parola, ecco perché! » urlò Sirius, superando il tono di voce dell'altro. « Mi sarei aspettato una cazzata del genere da chiunque, James, da chiunque, ma che l'abbia fatta tu è semplicemente assurdo! Quando ti ho sentito bofonchiare tutte quelle scuse, io... io non riuscivo a crederci! Non pensavo che la tua mania di mettere sempre a posto tutto potesse farti arrivare a tanto! »
A lui venne quasi da ridere. Sirius non aveva capito davvero nulla del suo gesto, e le sue parole non stavano facendo altro che confermarglielo.
« Mania di...? Che cosa? » esclamò, strabuzzando gli occhi. « Da quando in qua aiutare gli amici è diventata una mania? E poi non mi pare che ti sia lamentato quando ti ho dato una mano ad Hogsmeade, o sbaglio? E' andato tutto liscio, hai avuto il tuo stramaledetto lieto fine, e allora sì, a quel punto un grazie a James è doveroso! Adesso invece che cosa sono diventato? Un traditore doppiogiochista o non so che altro, non è così? »
Sirius scosse il capo stancamente, frustrato dall'atteggiamento dell'amico. Desiderava solo che capisse come il suo gesto lo aveva fatto sentire.
« Mi hai rifilato il siero della verità! » disse, stando ben attento a dare maggior rilievo alle ultime quattro parole. « Tanto valeva scagliarmi un'Imperius mentre ero tutto intento a festeggiare e mandarmi da lei a vomitare tutte le parole che volevi le dicessi! Sai, a parte la galera non c'è una grande differenza! »
Ma James aveva la risposta pronta, e non esitò affatto prima di replicare, ben sicuro delle sue incrollabili ragioni.
« Sta qui l'errore! » disse infatti. « Io non intendevo affatto farti dire a Scarlett ciò che io volevo! Aspettavo che andassi a parlarle tu stesso, dicendole ciò che tu sentivi di voler dire, e non le stronzate che ci rifili da una settimana a questa parte, ma la verità, Sirius, quella che ti rifiuti persino di accettare! Ovviamente, però, sei così stupido da preferire a questo qualsiasi tortura! Ecco perché ho pensato di doverti dare una mano, ecco perché mi è saltato in mente di usare il Veritaserum! Ma non dimenticare il dettaglio più importante: io mi sono tirato indietro. Tu, invece, oggi sei andato fino in fondo ».
E la sua ultima frase fu talmente impregnata di delusione che Sirius non potè non avvertirla.
« Lo so » disse, mantenendo alto il proprio orgoglio. « E se ti ho deluso, beh, allora tanto meglio. Era quello che volevo ».
James non riusciva a credere alle proprie orecchie. Voleva che Sirius esplodesse in una delle sue risate simili a un latrato, dicendogli che era tutto uno scherzo, che aveva già dimenticato la storia del Veritaserum e che insieme avrebbero acciuffato quel maledetto idiota che aveva tentato di mandare all'aria tutti gli sforzi di Grifondoro per vincere la Coppa, così da fargliela pagare in pieno stile malandrino, col rischio di finire in guai seri. Ma ciò non avvenne. 
Le labbra di Sirius rimasero rigide e serrate, gli occhi fermi sui suoi in un'espressione dura e amara, il volto cupo. Non era uno scherzo. Non quella volta.
« Ah, ma certo » ribattè, pungente. « Naturale. Volevi ripagarmi con la stessa moneta, non è così? Cavoli, non ti facevo così intelligente, sul serio. Immagino ti ci sia voluta tutta la notte per mettere a punto un piano come questo. Beh, congratulazioni, è riuscito alla grande ».
Sirius parve infastidito dalla sua ironia, ma non lo diede troppo a vedere e si affrettò a replicare.
« Sì, lo credo anch'io » fece l'altro, sicuro di sé. « Non ti sei sentito padrone di te stesso. Non avevi il controllo delle tue azioni. E' quello che hai cercato di far provare a me meno di ventiquattr'ore fa, per cui sì, direi che ho fatto centro. Di' un po', come ci si sente ad essere privati della propria libertà? »
Ma per James quello fu francamente troppo. 
« Tu sapevi quanto tenessi a questa dannata partita! » urlò, accalorandosi di nuovo. « Non abbiamo più undici anni, questi stupidi giochetti non hanno più il minimo senso, e hai avuto tutto il tempo per rendertene conto! » Guardò Sirius, rimasto per la prima volta senza parole, ma la collera lo costrinse a proseguire a voce sempre più alta, senza dargli possibilità di replicare. « Ma non vedi cosa sei diventato negli ultimi giorni? Stentavo a riconoscerti, perché credi che abbia fatto quella follia, altrimenti? Insomma, apri gli occhi, e cerca di aiutarti da solo, visto che disdegni tanto una mano dagli altri! »
Deglutì, senza smettere di osservare il suo sguardo, e il velo di smarrimento che riuscì a captare fu quanto di più strano avesse mai trovato nei suoi occhi.
Gli voltò le spalle, afferrò la borsa e se la mise in spalla, chinandosi poi per acciuffare il proprio manico di scopa.
« Se fai il rancoroso anche con me » disse a Sirius prima di andar via, « sei decisamente messo male ».
E, lasciandolo immobile com'era rimasto nell'ultima manciata di secondi, sparì dalla sua vista sotto la pioggia battente.
 
 
 
*  *  *
 
 
 
Che Grifondoro vincesse una partita per soli dieci punti o che schiacciasse l'avversario a suon di goal, ai tifosi dei Leoni poco importava: dopo ogni singola vittoria, la Sala Comune diveniva una vera e propria bolgia.
Al calar della sera venne addobbata con bandierine e striscioni rosso e oro, adattata in modo tale da ospitare una festa in grande stile. I divani e le poltrone erano stati spostati lungo le pareti, così da sgomberare il centro della stanza, e cibo e bevande erano stati introdotti clandestinamente da alcuni coraggiosi studenti che avevano avuto il fegato di avventurarsi nelle cucine al primo piano, ovvero in territorio dichiaratamente Tassorosso. L'operazione segreta, però, non filò esattamente liscia come l'olio: un ragazzo del sesto anno, infatti, esaltato per la vittoria, aveva urlato un furioso Tassorosso schiappe alla squadra in arrivo dalla Sala Grande, provocando la loro ira fino ad allora miracolosamente sopita. Ben presto era scoppiata una lite furiosa che aveva coinvolto tutti i giocatori, in particolare Dylan che, ancora armato di mazza, aveva minacciato il ragazzo di spaccargli in due la testa, ficcarci dentro tutti i dolci che aveva portato via dalle cucine, e rispedirlo in quello stato alla sua stupidissima festa. Alla fine, il Grifondoro era andato via a mani vuote e con le coda fra le gambe.
Naturalmente, al suo ritorno non fu accolto dai compagni a braccia spalancate, anzi dovette sorbirsi un'altra buona dose di urla e imprecazioni.
« Brown è un Battitore, per Morgana! » aveva tentato di giustificarsi dopo aver ricevuto un aspro rimprovero da parte di Simon. « Le sue spalle cominciano in un'ala del castello e finiscono nell'altra, d'accordo? Le sue sole spalle sono più alte di me tutto intero! »
« Anche la mia mazza è più alta di te, amico » aveva replicato l'altro in tono scocciato ed estremamente serio. « Preparati a correre ».
Nonostante il piccolo inconveniente, però, la festa era riuscita alla grande, come tutte le precedenti, e stava proseguendo nel migliore dei modi.
Solitamente, durante quegli eventi mondani che animavano l'altrimenti piatta vita scolastica degli studenti di Hogwarts, i membri della squadra erano decisamente i più festaioli, sia per loro stessa iniziativa, sia a causa delle attenzioni e degli incitamenti che spesso venivano loro rivolti dai compagni di Casa. Quella sera, però, sembrava diversa. Almeno per circa la metà di loro.
Alcuni, infatti, parevano divertirsi come sempre: Alan, ad esempio, ubriacatosi per dimenticare la triste sorte capitata alla sua scopa, ballava in tondo in sua compagnia a un ritmo che non si addiceva granché alla musica in sottofondo, cosa che tuttavia non sembrava interessargli; Robert si intratteneva con un paio di ragazze che, ammirate dalla sua prestazione durante il match, avevano tentato con successo di accalappiarlo per ballare; Josh, intontito dalla felicità dovuta alla vittoria, si prestava persino a qualche breve esibizione canora, cosa che però non tutti parevano apprezzare, mentre accanto a lui, Simon piazzava scommesse su quando l'amico avrebbe rigettato tutto il Whisky Incendiario che aveva bevuto quella sera.
Se per i quattro giocatori, quindi, l'atmosfera della festa era risultata coinvolgente come di consuetudine, per gli altri tre non era esattamente così.
Il più malcapitato era senza dubbio Frank, lontano dai festeggiamenti poiché bloccato in Infermeria dopo il brutto infortunio subito. Si era ritrovato con la spalla destra fratturata, e la sua serata sarebbe stata decisamente grigia se Alice non avesse deciso di stargli vicino, rinunciando a divertirsi insieme agli altri.
Scarlett e James, invece, nonostante fossero fisicamente presenti, con la mente non lo erano poi così tanto, anche se per ragioni diverse: lei vagava per la stanza senza una meta precisa, facendosi ogni tanto trascinare nella mischia per ballare un pezzo o due, ma era evidente che non fosse molto in vena di festeggiamenti; lui se ne stava accanto al camino a bere in silenzio, ancora troppo scosso dalla lite con Sirius per lasciarsi andare alla festosità che lo circondava, e ogni tanto faceva un giro tra i compagni, accontentando coloro i quali lo richiamavano per fargli i complimenti per la vittoria o battergli una gioiosa pacca sulla spalla.
« Abbiamo la Coppa in tasca, fratello » gli stava dicendo in quel momento un perfetto sconosciuto. « Sai, mio padre ha giocato per un po' nelle Vespe di Wimboume, io sono un esperto, e ho alcuni schemi che potrebbero sicuramente interessarti, roba che si adatta ai tuoi gioca-... »
« Sì, grazie, amico » tagliò corto James, battendogli un potente colpo sulla spalla che lo fece quasi traballare. « Sei davvero prezioso ».
Si allontanò, lasciandolo lì a ciondolare con aria delusa e corrucciata, e si accomodò sul bracciolo di una poltrona vuota, osservando la festa con occhi vacui.
Più volte il suo sguardo ricadde su Lily, impegnata in un'allegra conversazione con Emmeline e un ragazzo alto quasi due metri accanto a lei, e il solo osservarla senza che se ne accorgesse riuscì ad essere di un certo conforto per il suo bruciante malumore. Era molto bella, quella sera.
E mentre distoglieva lo sguardo e si concentrava sulla scopa di Alan, accantonata in un angolo mentre sputava getti di fumo sempre più maleodorante e nero, fu la volta di Lily di voltarsi a guardarlo, il capo chino come se non volesse dare nell'occhio e un pensiero che continuava a frullarle nella testa dalla prima volta in cui l'aveva incrociato: era molto bello, quella sera.
In verità, già parecchie altre volte si era lasciata andare a simili sguardi, stando ben attenta a non farsi notare da lui, e spesso aveva provato l'irrefrenabile desiderio di salutare gli amici e andargli incontro per parlare, parlare di qualsiasi cosa, soltanto per stare un po' in sua compagnia.
Scrutandolo, poi, aveva notato che qualcosa in lui non andava, la stessa sensazione che l'aveva sfiorata quella mattina, quando aveva intravisto nel suo sorriso spento una traccia di tristezza che, lo sapeva bene, James non era molto bravo a nascondere. E fu proprio quella la ragione che la spinse a fare ciò che aveva effettivamente desiderato fare per tutta la sera. Perciò, proprio come l'istinto le aveva già tante volte suggerito, salutò gli amici e gli andò incontro per parlare, parlare di qualsiasi cosa, soltanto per stare un po' in sua compagnia. 
« Ehi, campione » disse a mo' di saluto, e sorrise quando lo vide voltare di scatto il capo al suono della sua voce.
A dire la verità, non l'aveva proprio sentita arrivare, per cui ritrovarla lì all'improvviso, ritta di fronte a lui, non potè che lasciarlo piacevolmente sorpreso.
« Campione? » fece, ridendo sottovoce, e il sorriso di lei si ampliò. « Cos'è, cerchi di infierire o mi prendi solamente in giro? »
« Nessuna delle due » replicò prontamente, il piccolo naso all'insù. « Una sola partita non può cambiare il glorioso passato di James Potter, non credi? E poi, beh... » Scrollò le spalle. « Forse una sana batosta può aiutarti a farti tornare sulla terra, mister Invincibilità ».
James sorrise, un sorriso un po' amaro, ma fortunatamente non fu costretto a dare spiegazioni, perché un ragazzo poco distante da loro chiamò a gran voce il suo nome, e sia lui che Lily si voltarono rapidamente per capire di chi si trattasse.
« Oh, maledizione » imprecò James con un breve sbuffo. « Mi pedina da quasi un'ora... come diavolo faccio a scollarmelo di dosso? »
Una volta individuato il suo viso, Lily diede in una risatina divertita e scosse il capo con l'aria di chi la sa lunga.
« Ah... tipico di Brian Magiscotch » sospirò, osservandolo mentre cercava di farsi strada fra la gente, poi intercettò lo sguardo ilare e incuriosito di James e aggiunse: « Che c'è? Anche le ragazze danno soprannomi! » e rise allegramente insieme a lui. « A Brian ci penso io » concluse infine.
Lo afferrò per un polso, trascinandolo dietro di sé in mezzo alla calca di corpi pressati l'uno all'altro nella stanza, e si arrestò solo quando rivide Brian.
« James! » esclamò quello, illuminandosi alla vista del ragazzo e ignorando del tutto Lily. « Finalmente, ti cerco da tutta la sera! »
Lui fece per parlare, pronto a chiedergli senza tante cerimonie di lasciarlo in pace una volta per tutte, ma lei lo battè sul tempo.
« Oh, mi dispiace tanto, ma adesso James è occupato » disse, fingendosi realmente in pena per lui. « Se ci permetti, abbiamo della roba da sbrigare ».
E così dicendo, gli passò accanto con alterigia e lo lasciò letteralmente a bocca aperta, scoppiando a ridere un secondo dopo.
Si diressero verso la scaletta a chiocciola che conduceva ai Dormitori dei piani superiori, e si misero seduti fra gli scalini più in alto, così da poter beneficiare di un po' di sana privacy. Quando furono arrivati, sia lei che James ridevano ancora, senza riuscire a fermarsi.
« Abbiamo della roba da sbrigare... » fece Lily, ripetendo fra le risate le sue stesse parole. « Dici che sono stata squallida? »
Lui fu colto da una nuova ondata di risa e scrollò le spalle, per poi annuire appena.
« Solo un pochino » rispose, mimando il gesto con la mano. « E nel caso di strane voci, beh... puoi sempre raccontare di essere stata ubriaca ».
Risero ancora, finché James non si rese conto di quanto fosse insolito divertirsi in un momento come quello che stava attraversando. La ragione della sua momentanea spensieratezza, però, aveva solide radici... radici che andavano ricondotte solo e soltanto a lei. A Lily.
« Chi ti ha detto che non sono ubriaca davvero? » gli chiese, mentre ancora sorrideva, e James si riscosse bruscamente dai propri pensieri.
« Singhiozzi maledettamente forte quando alzi un po' troppo il gomito » rispose con un sorriso, rammentando l'unica volta in cui l'aveva vista realmente ubriaca (una delle tante festicciole di Natale indette da Lumacorno in cui aveva finito per brindare a tutto ciò che era passato per la sua mente poco lucida).
A quelle parole, lei sorrise appena e arrossì, stupita dal fatto che ricordasse ancora quel particolare momento che invece lei aveva quasi rimosso.
Però non disse nulla, e si limitò a guardarlo, mentre lui tornava a rintanarsi nel suo insolito e schivo silenzio. 
Per Lily era davvero strano vederlo così rabbuiato e cupo, ma non desiderava essere insistente tornando sull'argomento che aveva già toccato quella mattina a colazione. Dopotutto, però, non aveva scelta. Se voleva capire cosa lo turbava, non poteva far altro che pigiare nuovamente quel tasto dolente, sperando di potergli essere d'aiuto.
« Sei spento » mormorò, così piano da far sembrare che avesse paura di essere udita. E forse un po' era così. « Lo sei stato tutto il giorno, James ».
Lui la guardò di sottecchi mentre frugava pensierosa il suo volto, e per un po' non disse nulla. Avrebbe dovuto aspettarsi che il dialogo sarebbe ricaduto sul suo inspiegabile malumore, ma ancora non sapeva bene se parlare di ciò che era accaduto lo avrebbe aiutato o meno.
Lily era in attesa, silenziosa, e James sentì che non stava affatto invadendo il suo spazio, che gli avrebbe lasciato tutto il tempo per pensare, e che avrebbe accettato senza fiatare qualunque sua risposta. Ma ben presto si rese conto che parlare di tutto quanto a lei lo avrebbe aiutato, sì. Lo avrebbe aiutato davvero.
« Ho fatto una cosa stupida » rispose, emettendo un lieve sospiro. « Una cosa che non avrei dovuto fare e, beh... si è scatenato un putiferio ».
Si passò la lingua su un taglio che si era procurato sul labbro quella mattina, durante un violento corpo a corpo con Gates, e tacque ancora.
« Si tratta di Sirius » proseguì dopo un momento, fissando gli scalini sotto di lui, e quella non fu altro che una conferma per Lily. Era certa che nulla avrebbe potuto far star male James così tanto, se non qualcosa che riguardava il suo migliore amico. 
« Si comporta in modo assurdo da quando ha rotto con Scarlett, e io... non sono più riuscito a sopportarlo » continuò a dire, un' espressione corrucciata sul volto. « Lui ha un modo molto particolare di affrontare certe situazioni, un modo che, se possibile, lo fa sentire ancora peggio... e così ho cercato di farlo ritornare in sé, di fargli capire che stava sbagliando, e magari anche di aiutarlo a sistemare le cose con lei, ma in realtà... insomma, ho sbagliato tutto. L'ho fatto sbarellare ».
Lily stava per domandargli cosa mai avesse fatto di tanto sbagliato, ma mentre stava per rimangiarsi tutto, improvvisamente convinta di non avere il diritto di intromettersi fino a quel punto, lui rispose di propria iniziativa. 
Confessarlo, forse, lo avrebbe fatto sentire un po' meglio. Un po' meno in colpa.
« Ho corretto il suo Ogden con qualche goccia di Veritaserum » disse con estrema freddezza, serrando gli occhi un istante. « Volevo che ammettesse a se stesso quello che normalmente avrebbe finto di ignorare, ma poi ho capito che quello... beh, non era il modo giusto di aiutarlo. Quando stava per bere, gli ho strappato di mano il bicchiere e l'ho fatto volare via. Fino a quel momento non mi ero reso conto di quanto fosse stata stupida la mia idea... »
Lei si morse una guancia, annuendo in maniera quasi impercettibile. A dirla tutta, quel gesto le sembrava esattamente tipico della sua indole istintiva.
« Avrei potuto accampare qualche scusa e uscirmene senza un graffio » proseguì James, rigirandosi i pollici, « ma non ci sono riuscito. Sono entrato nel panico, perché sapevo che sarebbe riuscito a capire... capisce sempre tutto, alla fine. Così ho vuotato il sacco, e lui... non ha detto una parola ». Scosse il capo, battendo le mani sulle ginocchia per poi prendere a massaggiarle. « Nemmeno una parola ».
Per la prima volta da quando aveva cominciato a parlare, voltò appena il capo per guardare Lily, e trovò i suoi occhi ad aspettarlo.
« Sai » fu la prima parola che disse, « sei ancor più idiota di quanto pensassi ».
Si scambiarono un sorriso, e James si sentì estremamente sollevato nel notare che non stava condannando il suo gesto.
« Ascolta » proseguì poi lei, tornando seria. « Non devi affliggerti troppo se adesso Sirius fa finta di non averti capito, perché è impossibile che non comprenda il tuo gesto. Siete due facce della stessa moneta, e sta' sicuro che, al posto tuo, neanche lui avrebbe sopportato di vedere il suo migliore amico far finta che andasse tutto a gonfie vele quando non era vero affatto. Forse sarebbe stato solo un po' più furbo, ma solo perché... insomma, siete così diversi... » Sollevò le spalle con un piccolo sorriso, e lui continuò ad ascoltarla senza fiatare, come in attesa di un giudizio. « E se vuoi sapere come la penso » proseguì infatti lei, « non credo affatto che il tuo gesto sia stato egoista o imperdonabile. In realtà » aggiunse con una certa dolcezza, « l'unica cosa a cui riesco a pensare è che Sirius è molto fortunato ad avere un fratello come te ».
Gli sorrise nuovamente, con tutta la spontaneità possibile, e lui ricambiò il gesto con aria assai meravigliata. Le sue parole erano riuscite a cancellare del tutto la macchia di quella colpa che si portava dietro ormai da un giorno intero, una macchia che credeva non sarebbe andata via facilmente.
E se per un momento aveva creduto di voler dire qualcosa, ben presto capì che, di fronte a quanto aveva già detto lei, non c'era proprio nulla da aggiungere.
« Lui non la pensa allo stesso modo, a quanto pare » disse dopo un po', simulando un tono disinvolto, ma Lily aveva captato la sua gratitudine dallo sguardo che le aveva rivolto. « L'ha presa peggio di quanto avessi temuto, e oggi... si è vendicato. Una vendetta coi fiocchi, direi » aggiunse in tono amaro.
A quelle parole, Lily strabuzzò gli occhi e lo fissò con aria sconvolta, cominciando a scuotere ripetutamente il capo.
« Non dirmi che è stato lui a...? » esordì, ma non ebbe neanche bisogno di terminare la frase, perché James annuì con prontezza.
« Già » fu tutto ciò che riuscì a dire, e fra loro per un po' calò il silenzio, durante il quale ognuno rimase immerso nei propri pensieri.
Lui ebbe modo di ripercorrere la vicenda daccapo, e quando parlò la sua voce era carica di rabbia repressa.
« Che idiota » borbottò. « Stava per farci perdere la Coppa e mi ha umiliato davanti a tutta la scuola... non riesco ancora a crederci ».
Ma lei, che aveva riflettuto a lungo sulle ragioni che avevano indotto entrambi ad agire, gli rivolse un'occhiata di traverso, affrettandosi a esporre la sua idea.
« Io invece non riesco a credere a quanto debba avergli fatto male il tuo gesto per averlo spinto a fare ciò che ha fatto ». 
E quelle furono parole che lasciarono basito James per qualche istante.
Doveva ammetterlo, non aveva visto la faccenda sotto quel particolare punto di vista, ma avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto eccome.
« Quello che voglio dire è: l'instabilità mentale del tuo migliore amico ormai è leggenda, ma se c'è una una cosa di cui sono certa è che non sarebbe mai arrivato a tanto proprio con te se il tuo gesto non l'avesse ferito fino a questo punto » continuò a dire Lily, spiegando la propria tesi. « Insomma, non credo che abbia voluto vendicarsi per il puro piacere di farlo, penso che... sì, si sia sentito tradito. Pugnalato alle spalle. Colpito da chi non si aspe-... »
« Sì » la interruppe James, un po' nervoso. « Credo di aver capito ».
Lei si strinse nelle spalle e sorrise a mo' di scusa, cosa che fece sorridere anche lui.
« Era solo l'interpretazione femminile della cosa » disse con fare innocente. « E' un nostro piccolo vizio, sai... approfondire i concetti ».
« ... o calcare la mano » aggiunse lui in tono divertito, e lei rise. 
Quando entrambi ebbero smesso, Lily vide nuovamente James farsi serio e pensieroso, ma in quell'occasione non prese la parola. Stava sicuramente riflettendo, magari prendendo in esame la sua visione della cosa, perciò aspettò che fosse lui a riprendere l'argomento.
« Sirius mi ha detto che deludermi era tutto ciò che voleva » disse dopo un po', rivolto più a se stesso che a lei. « E io l'ho trovato ridicolo. Ma evidentemente mi sbagliavo ».
Lily lo osservava in silenzio, focalizzandosi sui suoi occhi nocciola che sapevano comunicarle più di quanto facessero quelli di qualsiasi altra persona, e li trovò concentrati, leggermente assottigliati, rivolti a un qualcosa che lei non poteva vedere.
« E' stata la prima volta in cui ho fatto una cosa senza dirla a lui » proseguì, seguendo un filo di pensieri che solo lui poteva comprendere appieno. « Per Sirius non esiste slealtà in amicizia, è qualcosa che lo disgusta, me l'ha sempre detto ».
Si voltò a fissarla, come colpito da un'improvvisa illuminazione, ed in effetti nella sua testa era accaduto qualcosa del genere.
Le parole di Lily, in qualche modo, lo avevano prima stupito, poi incuriosito, e infine conquistato. 
Era una strana sensazione, poiché l'unico che riusciva ad avere una reale influenza su di lui fino ad allora era stato proprio Sirius, ma lei era stata capace di raggiungere lo stesso obiettivo, con la sua cauta prudenza, con la gentilezza che la contraddistingueva, e sì, anche con quella dolce goffaggine che aveva fatto in modo che dalle sue labbra venissero fuori un sorriso o due, durante quella conversazione.
« Se aveva la precisa intenzione di deludermi, probabilmente questo può significare solo che... beh, l'ho fatto io per primo » le disse, come a voler chiedere conferma delle sue stesse parole. « Voleva solo... farmi provare quello che aveva provato lui stesso ».
Lei annuì, assolutamente convinta che il suo ragionamento fosse più che fondato, e scambiò con lui un intenso sguardo.
Dopodiché, James chinò nuovamente il capo e sospirò stancamente, tanto che Lily si intenerì e sorrise fra sé e sé.
« Vuoi piantarla di fustigarti? » chiese, facendoglisi più vicina. « Insomma, non vedi che entrambi non siete capaci di tenervi il broncio per davvero? Voglio dire, Sirius che ricorre ad una vendetta tanto plateale solo per attirare la tua attenzione e per farti capire quanto stia male, tu che sembri un Inferius solo perché non parli con lui da mezza giornata o poco più... non siete in grado di stare separati, voi due ».
James la fissò, lo sguardo vagamente perso, e la vide ridere sommessamente.
« Sembrate due bambini di cinque anni che hanno litigato perché volevano cavalcare entrambi la stessa scopa » proseguì, sorridendo dolcemente. « Troppo orgogliosi per farvi avanti e chiedere scusa, ma anche troppo legati per stare lontani per più di un pomeriggio ».
Lo osservò per qualche secondo, assorta, e lui ricambiò il suo sguardo con il medesimo interesse.
« Parla con lui » disse poi, inclinando il capo per scrutarlo meglio. 
Lo vide prendere un ampio respiro, distogliere lo sguardo dal suo e massaggiarsi la nuca con aria stanca.
« L'ha fatta davvero grossa, stavolta » fece dopo un po', il risentimento covato dentro che tornava a farsi sentire.
Ma Lily tornò a sorridere, un sorriso che certamente nascondeva un pensiero passato attraverso la sua mente alla velocità della luce.
« Tu non sei capace di serbare rancore, James » fu la sua risposta, pacata come sempre. « E' una delle cose che più mi piace di te ».
Ma dopo averlo detto, troppo imbarazzata per poterlo guardare negli occhi, si alzò di scatto, sistemandosi la gonna sulle gambe. Le guance arrossate, si allontanò, rivolgendogli solo un breve cenno prima di andar via a gran velocità.
Era arrivato il momento di lasciarlo solo a pensare.
E allo stesso modo, nello stesso momento, solo alcuni metri più su, anche Sirius stava isolato a rimuginare su quanto era accaduto quel giorno.
Stava seduto sull'ampio davanzale della finestra, una gamba ritratta verso il petto e l'altra penzoloni, a sfiorare il pavimento.
Non era sceso alla festa, quella sera. La sola idea di ridere e scherzare insieme alla squadra e di festeggiare una vittoria che aveva consapevolmente messo a repentaglio era ridicola, ma ancor più raccapricciante era pensare di dover rivedere James senza rivolgergli nemmeno una parola. No, sarebbe stata una pensata decisamente stupida. Preferiva di gran lunga rimanere lì immobile come una statua di cera a riflettere su quanto maledettamente idiota potesse diventare quando si sentiva tradito o ferito nell'orgoglio, o magari a pensare a quanto fosse irrimediabilmente sciocco tutto ciò che faceva quando a guidarlo era l'istinto, cosa che succedeva sempre e che - lo sapeva benissimo - non sarebbe cambiata proprio mai.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, fisso sulla vetrata della finestra chiusa proprio lì accanto, e cercava di allontanare da sé tutti i rumori udibili. 
Non che in realtà fosse tanto semplice quanto sembrava.
« Credi che ne abbia ancora per molto? » domandò a Remus quando, non appena ricomparso dal bagno, si abbandonò allo stipite della porta.
« Non voglio neanche immaginare quanta maledetta roba ha mandato giù tutta insieme » sbuffò quello, gettando un'occhiata alle proprie spalle.
Peter, infatti, proprio come la sera precedente, aveva ingerito fiumi di alcool fino a star male, tanto che Remus aveva dovuto condurlo al bagno del loro Dormitorio sorreggendolo con tutte e due le braccia. Erano già passati cinque minuti buoni, e non era ancora uscito.
« Sta vomitando arcobaleni? » fece Sirius, un mezzo ghigno divertito stampato sul volto, e l'amico sorrise.
« Dimenticavo che tu te ne intendi » rispose, affabile. « Prima era di una sfumatura rosata, poi è passato al giallo ocra e adesso è... » Un altro rapido sguardo e una smorfia schifata. « Un qualcosa di bluastro, direi. Con gli alcolici babbani non ci sono tutte queste... variazioni cromatiche, ecco ».
Risero entrambi, scuotendo il capo contemporaneamente.
« Certo che Peter ha davvero imparato come ci si diverte alle feste, eh? » fece ancora Sirius, mettendosi più comodo lungo la parete. « Si è dato alla pazza gioia o cosa? Due sbronze consecutive sono un gran traguardo per un principiante, forse neanch'io sono mai arrivato a tanto... »
Remus alzò gli occhi al cielo, allontanandosi dal bagno per accomodarsi ai piedi del proprio letto, e intrecciò le mani sotto il mento.
« Stasera non aveva granché da festeggiare, in realtà » spiegò, e mentre parlava gli venne quasi da ridere, cosa che fece incuriosire Sirius. « Camilla l'ha lasciato » bisbigliò, scuotendo il capo con un'espressione eloquente. « Dopo aver visto Alan giocare, questa mattina, gli ha confessato di non averlo ancora dimenticato... era affranta dalla rottura, naturalmente, ma... ha detto che era la cosa migliore per entrambi, così... » e sospirò con fare teatrale.
Sirius non riuscì a resistere ed esplose nella sua risata simile a un latrato.
« Beh, questa sì che è una notizia! » esclamò, ma le sue parole furono sommerse dal suono dello sciacquone proveniente dal bagno.
Peter, infatti, ricomparve un secondo dopo, il volto lucido e bianco come un lenzuolo ma l'aria assai determinata.
« Tutto bene, amico? » gli chiese Sirius, stiracchiandosi. « Non disperarti, l'oceano è pieno di pesci, basta solo acchiappare quello giusto ».
Lui gli rivolse la più disgustata delle occhiate, poi, con tutta la dignità che un uomo può avere dopo aver vomitato tutto ciò che ha in corpo, si diresse verso l'uscita con la schiena diritta e il mento in su, gli occhi fissi di fronte a sé, impettito e fiero.
Remus represse un'altra ondata di risate e fece per alzarsi e seguirlo, ma quello sollevò una mano per bloccarlo, e lui si risedette.
« Ho bisogno di stare da solo » disse in tono melodrammatico, e con questa nota straziante abbandonò i compagni e lasciò la stanza, in silenzio.
« Wow » commentò Sirius, mentre lui richiudeva la porta alle proprie spalle. « Toccante ».
L'amico annuì con un sorriso, poi fra i due calò il silenzio, durante il quale Remus si slacciò la sciarpa di Grifondoro che portava ancora al collo e Sirius giocherellò con un buco che aveva trovato sulla tenda di velluto scarlatto accanto alla finestra.
Non si era aspettato che Remus rimanesse ancora lì, e lo annoiava l'idea che quel silenzio potesse condurli a toccare quell'argomento da lui tanto accuratamente evitato fino ad allora. Tutto ciò che aveva desiderato, quella notte, era soltanto un po' di solitudine.
« L'hai combinata grossa con Ramoso, oggi alla partita » esordì Remus, avverando la sua profezia. « Non credi? »
Lui non disse nulla, e affondò ancor di più l'indice nel buco sulla tenda, allargandolo.
Il suo tono di voce era stato terribilmente serio e categorico, e non gli era piaciuto affatto. Forse Remus non lo capiva, ma non aveva bisogno di una ramanzina. Non ne aveva bisogno affatto.
« Hai perso il controllo e hai esagerato, lo sai » proseguì lui con decisione, sempre piuttosto duro. « Dopo quello che hai fatto, al posto tuo non mi comporterei tanto da offeso spavaldo quando James verrà a parlarti. Perché sai che sarà lui a venire, naturalmente, anche se sei tu ad avere torto marcio ».
Con enorme sorpresa di Sirius, si alzò dal letto, rimettendosi la sciarpa intorno al collo, e lo squadrò da capo a piedi. Non lo stava guardando, ma sembrava indifferente e scocciato.
« Si tratta di James, Felpato » gli disse prima di andare via. « Butta via quell'orgoglio, una volta tanto ».
E, con un ultimo sguardo fugace, aprì la porta del Dormitorio e vi sparì dietro anche lui, lasciando Sirius finalmente solo. 
Doveva ammetterlo, quelle paternali così concise erano le più brutali, le uniche con cui Remus riusciva realmente a farsi rispettare dal resto del gruppo. Quando si metteva in testa di elencare tutti i loro errori per poi bacchettarli a dovere, invece, riceveva in risposta da loro solo grasse risate, condite da qualche insulto qua e là che a volte lo faceva davvero innervosire, altre semplicemente ridere.
Ma a Sirius le sue parole non erano affatto servite, malgrado le avesse riconosciute come vere. Era ben consapevole di ciò che aveva fatto, e anche di ciò che probabilmente sarebbe successo, perché qualcosa gli diceva che quel senso di colpa che non aveva smesso di disturbarlo da quella mattina gli avrebbe impedito di fare il primo passo, mossa che invece James sarebbe stato capace di compiere grazie alla sua indole poco rancorosa.
Era un ragionamento un po' contorto, in effetti, ma Sirius era fatto così. Se sapeva di dover chiedere scusa, in qualche modo questo lo frenava dal farlo.
Si passò una mano fra i capelli, tornati più lunghi che mai a una rapidità sorprendente, e sbuffò, lasciandoli svolazzare sulla fronte.
Il tempo scorreva, ma lui pareva quasi non accorgersene, e gli unici rumori che gli tenevano compagnia erano quelli provenienti dalla festa al piano di sotto.
All'improvviso, però, sentì la porta alle sue spalle riaprirsi bruscamente, e il primo pensiero che gli attraversò la mente fu che potesse essere Peter, tornato al bancone degli alcolici forse troppo presto e pronto a dare vita a un nuovo spettacolo di fuochi d'artificio nel bagno lì vicino. Quando si voltò, però, la sua simpatica tesi crollò all'istante, perché chi si trovò di fronte non fu un brillo e barcollante Peter, ma James.
I suoi capelli già normalmente ritti e scombinati avevano assunto una forma che sfidava ogni teorema fisico sull'equilibrio e sulla gravità, forse perché decine di mani erano passate di lì a spettinarli come si deve, mentre sul volto recava ancora un livido e qualche piccolo graffio. Non smetteva di guardarlo.
« Ti stavo cercando » esordì, raddrizzandosi gli occhiali sul naso.
« Mi hai trovato » rispose lui, fissando la parete di fronte a sé, e il desiderio di dargli dell'idiota solleticò la lingua di James per alcuni istanti.
Ad ogni modo, Sirius lo fece da sé (anche se mentalmente), rammentando l'avvertimento di Remus: fare lo spavaldo offeso non l'avrebbe proprio aiutato.
Dopo un attimo di indecisione, comunque, James entrò e si richiuse la porta alle spalle, facendo scorrere il proprio sguardo da Sirius al pavimento.
Era una delle situazioni più bizzarre e scomode in cui si fosse mai ritrovato in vita sua. Se c'era una cosa che con Sirius non gli era mai successa, era proprio la difficoltà nel trovare qualcosa da dirsi.
« Cos'è, non ti andava di partecipare alla festa che hai quasi mandato all'aria? » lo provocò dopo un po', ben sicuro della propria posizione di vantaggio nei suoi confronti, e difatti lui non rispose, inducendolo a proseguire. « Sai, me l'hanno chiesto in molti, cosa mi fosse successo durante la partita... » continuò compiendo un passo in avanti, le mani affondate nelle tasche. Poi inclinò il capo e continuò a fissarlo. « Ho detto a tutti che non ne avevo idea ».
Sirius deglutì, stando ben attento a non darlo a vedere. Stava tentando di mortificarlo, e in qualche modo ci era riuscito.
« Hai fatto male » rispose però con prontezza, e James si accigliò. « Avresti dovuto dire a tutti che sono uno stronzo ».
Lui sorrise appena, per nulla sorpreso dalla persistente arroganza dell'amico. Sirius sapeva essere davvero insopportabile, quando voleva.
« Puoi sempre farlo tu » fece subito James, deciso. « Al posto tuo preferirei prendere i meriti delle mie imprese personalmente ».
Si guardarono, James come se volesse sfidarlo a contraddirlo, Sirius con un'espressione come sempre indecifrabile. 
Dopo un momento, però, il contatto s'interruppe, e il primo gli voltò le spalle per dirigersi verso il suo letto, i gomiti poggiati alle ginocchia. Solo quando si sedette tornò a guardarlo.
« Ti ricordi cosa ci siamo sempre detti? » proseguì, serio. « Se avessimo avuto un problema, una qualsiasi faccenda da risolvere, ma non avessimo avuto proprio voglia di chiedere aiuto o di parlarne, avremmo comunque potuto sfogarci in qualsiasi modo tra di noi, anche con una bella scazzottata ».
Sirius lo fissò. In effetti, quella era sempre stata la loro politica, ma non capiva dove James volesse andare a parare con quel discorso.
« Vuoi fare una scazzottata adesso? » gli chiese, inarcando un sopracciglio, ma lui si affrettò a scuotere il capo e a puntargli il dito contro.
« No, tu vuoi farla » ribattè con veemenza. « E sai perché? Perché sei maledettamente frustrato, e totalmente scoppiato, ma fai finta di non rendertene conto! E come se non bastasse, sei talmente stupido che preferiresti morire piuttosto che ammetterlo, il che ti rende un pericolo pubblico, perché organizzi piani diabolici di questa portata solo per fare capire al mondo quanto diamine sei disperato! »
Sirius continuò a fissarlo, impassibile, e James si ritrovò a chiedersi se gli avrebbe mollato un pugno nel giro di dieci secondi o meno.
Non era riuscito a controllarsi, e aveva buttato fuori tutto ciò che pensava, non con la rabbia che aveva animato le sue parole durante il loro litigio quella mattina, ma con l'esasperazione tipica di un amico che sa di poter dire all'altro qualsiasi cosa pur di scrollarlo come si deve, anche una marea di insulti.
E attraverso quello strano meccanismo, Sirius aveva finalmente capito ogni cosa.
Si guardarono per parecchi istanti, e quest'ultimo non diede segno di volersi scagliare con violenza su di lui a causa delle sue parole, anzi, dopo qualche momento di silenzio fece una cosa che lasciò James congelato sul posto, incredulo e atterrito: scoppiò a ridere.
Rise, la sua solita risata simile a un latrato, e quella di James non si fece attendere, arrivando ad unirsi alla sua con la naturalezza di sempre.
« Per la miseria... » commentò Sirius alla fine, mentre ancora l'amico faticava a riprendersi. « Non avevo visto la questione sotto questo punto di vista... sono quasi peggio di Mocciosus! » aggiunse con una piccola smorfia di disgusto, e James rise nuovamente insieme a lui, divertito.
Incredibile come fosse capace di riportarlo in sé anche quando pareva lui stesso a volersi perdere, una capacità fuori dal comune che riusciva ad attribuire solo e soltanto a lui. Ancora una volta, era bastato questo a far ritornare tutto al posto giusto, niente scuse superflue e nessun altra lite, solo una bella ed elettrizzante scossa, una piccola dose di dura e sana sincerità quando fra loro, stranamente, era un po' venuta a mancare.
Dopotutto, non avevano mai litigato in maniera tanto seria, prima di allora. Avrebbero dovuto imparare a calibrare meglio istinto e stupidità, e magari anche a dosare con maggior parsimonia il desiderio di aiutare e la sciocca brama di ripicca quando tutto non andava secondo i piani.
« Amico, ascolta » riprese poi James quando ebbero smesso di ridere. « Il tuo messaggio è arrivato forte e chiaro, non mi intrometterò più nelle tue dannate faccende personali, ma tu... insomma, non fare più l'idiota con me, d'accordo? So che ti chiedo tanto, ma... »
« Adesso non approfittartene » lo interruppe Sirius, che per quel giorno aveva già incassato fin troppi insulti, e sorrisero entrambi, alzandosi.
Si diressero in contemporanea verso l'uscita del Dormitorio, Sirius con le mani affondate nelle tasche, James con un'aria improvvisamente molto più felice.
« Comunque non avevi nulla di cui preoccuparti, stamattina » fece il primo con nonchalance. « I Tassorosso giocavano praticamente in sei, Trevis è quanto di più distante da un Cercatore esista al mondo... Avremmo vinto di sicuro ».
James si bloccò sulla soglia e lo fissò, come se non volesse credere a ciò che le proprie orecchie avevano appena udito.
« Sì, ma certo » rispose, annuendo lentamente. Poi aggiunse: « Sai, ci ho ripensato su quella scazzottata. Un bell'occhio nero ti starebbe d'incanto, Felpato ».
E la rissa non tardò ad arrivare, con pugni e calci senza esclusione di colpi, e con un James un po' più violento del solito, chissà per quale ragione.
Fecero il loro ingresso in Sala Comune dieci minuti dopo, e si diressero immediatamente verso Remus, mollemente abbandonato sulla parete adiacente al bancone dei drink improvvisato, sorridente mentre gli si facevano vicini.
« Ma guardali » fu il suo modo di accoglierli. « Ci manca solo che vi teniate per mano. Dai, beviamo qualcosa ».
James e Sirius si scambiarono uno sguardo a dir poco allibito, poi tornarono a fissare lui, come a reclamare una qualche giustificazione.
« Oh, andiamo » fece quello, staccandosi dalla parete per riempire tre calici di Whisky ambrato. « E' stata una serata terribile, un goccetto non può che farci bene. E non guardatemi in quel modo! » sbottò non appena intravide i loro volti ancora sconvolti. « Bevete, su ».
E i due non se lo fecero ripetere una seconda volta, afferrando i loro calici e osservando l'amico bere con impagabile soddisfazione.
Mentre sorseggiavano il loro Whisky, però, un odoraccio di legno carbonizzato giunse alle loro narici, disturbandoli: era la scopa da corsa di Alan, ancora stesa a terra lì vicino a mo' di cadavere in putrefazione e ormai totalmente circondata da denso fumo nero e cancerogeno.
« Questo rottame deve soffrire ancora a lungo? » disse Sirius ad alta voce, tanto che in parecchi si voltarono per ascoltarlo.
Afferrò la scopa, tenendola a distanza di sicurezza dal proprio corpo, e si diresse verso la finestra spalancata dal lato opposto della stanza. Poi, sotto gli occhi di tutta la Casata, la spezzò seccamente in due premendone il manico rigido sul ginocchio e gettò via i resti, ripulendosi le mani con aria tranquilla.
« Ma... » fu il patetico esordio di Alan, le braccia tese che crollavano nuovamente lungo i fianchi. « Era un ricordo... »
« Un ricordo puzzolente, amico, niente di personale » tagliò corto l'altro, battendogli una pacca sulla spalla. « Ho messo fine alla sua agonia ».
Lui parve afflosciarsi su se stesso, abbattuto per la prematura scomparsa della sua compagna di tante avventure, e andò a sedersi mogio mogio su una delle poltrone allineate lungo la parete, così sconfortato da non rendersi conto di chi era ben comodo su quella accanto alla sua.
« Posso andare a prenderla io, se vuoi ».
La voce squillante e agghiacciante di Camilla Hughes lo raggiunse tanto in fretta quanto il terrore che ne conseguì naturalmente.
No, non poteva essere vero.
Voltò il capo, così da vedere il suo peggior incubo diventare realtà, e tale fu lo spavento che un brivido gli percorse la schiena, inducendolo ad allontanarsi. Dopo un momento di smarrimento e terrore, però, ebbe il buonsenso di alzarsi di scatto e fuggire via dalla stanza, determinato a recuperare la propria scopa oltre che a mettere una buona distanza fra sé e la ragazza che, con il suo solo ricordo, lo aveva tenuto sveglio per lunghe, interminabili notti.
Naturalmente, tutto ciò che ottenne in seguito a quella scappatella oltre il coprifuoco fu una punizione da parte di Gazza per cinque sere consecutive.
« Un giorno o l'altro si appenderà per il collo al Platano Picchiatore » commentò James quando gli sentì narrare l'ennesima sventura. 
Alan Green a parte, comunque, la festa procedette nel migliore dei modi, con musica ad alto volume e urla anche quando l'ora cominciò a farsi un po' tarda. 
La vittoria sul campo era stata fin troppo sofferta, perciò i Grifondoro sentivano di meritare dei festeggiamenti un po' più duraturi, tanto che intorno alle due di notte la festa era ancora nel vivo, malgrado qualche studente un po' più timoroso e responsabile avesse deciso di ritirarsi a dormire.
« Amico, tutti i secchioni sono andati a nanna » fece Sirius a Remus dopo un po'. « Che ci fai tu ancora in giro a ciondolare? »
Senza muovere neanche un muscolo facciale, lui gli assestò un pugno sul petto che gli fece effettivamente parecchio male.
« Chiedere informazioni è diventato illecito, a quanto pare... » borbottò lui contrariato, massaggiandosi il punto colpito.
« E' la rivolta dei secchioni, Felpato » intervenne James con l'aria di chi la sa lunga. « Sta ferm-... ahia, amico, sei violento! »
Remus vuotò il suo calice di Acquaviola e lo poggiò sul bancone.
« So fare anche di meglio, se sai cosa intendo » rispose divertito, e si allontanò per accomodarsi sul divano finalmente libero.
Fra le ragazze che si erano appena alzate vi era Lily, i capelli rossi raccolti in uno chignon un po' cascante e la fronte un po' umidiccia per il troppo movimento, intenta a dirigersi verso l'addetto alla musica per consigliargli un pezzo un po' meno chiassoso ma comunque divertente.
« Amico » fece James, che da quando si era alzata non le aveva staccato gli occhi di dosso. « Non è che ti dispiacerebbe se...? »
« Vai » lo interruppe quello, atono. « Per la miseria, la stai mangiando con gli occhi, perlomeno mangiala come si deve ».
Lui continuò a fissarla e annuì, affrettandosi a posare anche il suo calice sul tavolo accanto a sé.
« E' quello che penso anch'io » disse con una certa convinzione, e si incamminò per raggiungerla attraverso la piccola folla al centro della stanza.
Quando giunse alle sue spalle, sentì che stava discutendo animatamente con il ragazzo che si occupava della musica.
« ... solo perché non è una canzone spaccatimpani, non significa che non sia ballabile » stava affermando con dura determinazione. « Non so chi diamine ti abbia affidato questa sorta di incarico, ma ha fatto un bel buco nell'acqua, se proprio lo vuoi sapere. E non osare replicare » terminò stizzita.
« Ha ragione » intervenne James all'improvviso, e Lily si voltò di scatto, stupita. « Qualunque cosa abbia detto. E poi, non ti consiglio di metterti contro di lei, amico. E' la Caposcuola, sai... »
E a quelle parole, lei, dopo avergli lanciato un fugace ma raggiante sorriso, incrociò le braccia al petto e fissò il ragazzo con aria di sfida.
« Ah, ma fate quello che vi pare » sbottò, scocciato. « Mi sono rotto di stare dietro a tutti questi maledetti consigli. Me ne vado a letto ».
E così fece, trascinando le gambe con aria annoiata e continuando a borbottare parole al vento, probabilmente qualche maledizione.
Lily porse un cinque a James, palesemente allegra, e lui lo battè ridendo, guardandola mentre cominciava a trafficare con la radio.
« Oh, questa sì che è una canzone » sospirò quando ebbe ottenuto ciò che voleva, scostandosi un ciuffo di capelli dal viso.
Lui la squadrò con un mezzo sorriso sulle labbra, un obliquo sorriso enigmatico che la incuriosì moltissimo.
« Beh... » le disse infine, affabile. « Balliamola, allora ».
La afferrò saldamente per un polso, conducendola verso il centro della stanza, e notò che il colorito della pelle intorno alle sue orecchie si era fatto improvvisamente chiazzato di rosso. Sembrava piacevolmente sorpresa e imbarazzata, e James non potè che esserne felice.
Le passò un braccio intorno alla schiena, lasciando che lei allacciasse le proprie mani sulla sua nuca scoperta, e vide che lo scrutava di sottecchi.
« Qualcosa mi dice che è andato tutto come mi aspettavo » disse dopo un po' in tono mistico, trattenendo un sorriso trionfante. « Ti vedo felice ».
« ... e mi hai visto con Sirius, Evans, quindi non fare tanto la brava veggente con me » aggiunse lui con fare scherzoso, e lei non potè che ridere.
« Stavo solo constatando un fatto, Potter » replicò, fingendosi altezzosa. « E ad ogni modo io sono una brava veggente, sapevo che sarebbe andato tutto bene ».
James le sorrise, attirandola un po' più vicino a sé, e diede uno sguardo ai ragazzi che ballavano intorno a loro prima di replicare.
« Avevi ragione su tutto, in effetti » disse, adesso un po' più serio. « Sei... davvero brava a capire le persone ».
Lei abbassò lo sguardo, un lieve sorriso a incresparle le labbra rosse e umide, ma quando lo risollevò i suoi occhi luccicavano di divertita malizia.
« Se ho capito bene te » rispose, « adesso so che sei un po' brillo, che questa canzone ti piace da matti e che hai voglia di farmi divertire ».
James parve sinceramente colpito dalla sua voglia di stare al gioco, e capì che dare sfogo alla sua esuberanza quella volta non avrebbe portato guai.
« Hai fatto tripletta, Evans » sussurrò, avvicinando il volto al suo, e la fece girare su se stessa quando meno se lo aspettava.
Lei rise mentre volteggiava, incapace di contenere la propria spensieratezza, e si bloccò posando entrambe le mani sul suo petto.
Con gli occhi cercò James, di nuovo, ancora... James, che era così divertente e imprevedibile, che riusciva a far suonare la sua risata così bella... James, che ricambiava il suo sguardo con altrettanta gioia, che con il sorriso di Lily a qualche centimetro da sé, si sentiva finalmente a posto.
« Hai caldo? » le chiese, facendo cenno allo chignon che franava sempre più e ai rivoli di sudore freddo che venivano giù lungo il suo collo.
« Tu no? » replicò lei con scaltrezza, così vicina a lui da avere una buona quanto inconfessabile giustificazione per tutta quell'afa.
James sorrise con aria insolente e, come a volerla provocare per la furba risposta, si fece se possibile ancor più vicino, così che i loro corpi fossero incollati.
Si muovevano con complicità, l'uno in balia dell'altra, ed era quanto di più semplice, elettrizzante e divertente potessero riuscire a immaginare in quel momento. Una sensazione familiare, ormai, quello straordinario calore che avvertivano entrambi quando erano così vicini, un lieve e quieto formicolio che in qualche modo, però, li prendeva sempre di sorpresa.
« Ci stanno guardando tutti » fece lei dopo un po', guardandosi intorno tanto per trovare qualcosa da dire.
« E da quando ti importa? » chiese James con un sopracciglio inarcato, continuando a ballare come se niente fosse.
Lily puntò lo sguardo su di lui con fierezza e si finse esasperata, scuotendo appena il capo.
« Era un'altra constatazione » replicò, e lui rispose con un muto: « Oooh » che la fece ridere sommessamente.
« Beh, forse dovresti smetterla di constatare e divertirti un po', Evans » aggiunse poi, facendole compiere un'altra rapida piroetta su se stessa.
« Ma io mi sto divertendo » fu la sua risposta, e quando terminò la giravolta sorrise di nuovo. « Mi sto divertendo eccome ».
E di certo non smise di farlo nei minuti successivi, quando continuarono a ballare instancabilmente anche la canzone successiva, ridendo e scambiandosi sguardi di continuo, come se non potessero proprio farne a meno. E difatti, forse era proprio così.
James continuò a sorprenderla, e lei glielo lasciò fare con gioia crescente, ma per entrambi ogni istante avrebbe potuto essere quello più opportuno per cedere, perché almeno a se stessi dovevano ammetterlo: stare così vicini faceva dubitare entrambi della propria lucidità.
E solo un minuto più tardi, quando il pezzo seguente si era presentato con solo qualche nota, pensarono di aver avuto ragione a mettersi subito così all'erta.
Lui aveva cominciato a perdersi in lei, inebriato da quel contatto che non accennava mai a farsi più blando... La sua mano vagava lungo la sua schiena come se non seguisse più i comandi, impulsi che in effetti il suo cervello aveva smesso di inviare. E d'altro canto, lei non faceva nulla per farsi più distante, sempre più ammaliata da lui per poter dire a se stessa di smetterla e ricominciare a contenersi. 
A pensarci bene, poi, perché mai avrebbe dovuto farlo? In quel momento si sentiva estremamente bene, molto meglio di come avrebbe mai potuto immaginare di sentirsi. Non desiderava che tutto finisse in fretta.
Avevano smesso di ridere e parlare già da un pezzo, pensando che potesse essere superfluo, e il capo di Lily si era lasciato andare contro quello di James, che la cullava al ritmo di quel brano più lento e rilassante, dal sound un po' retrò.
Dopo un po', lei sollevò lo sguardo e incontrò il suo, captando la medesima incertezza dietro quei tondi occhiali un po' storti sul lungo naso. Si stavano chiedendo se avrebbero retto ancora a lungo a quel silenzioso invito a farsi avanti, e la risposta aleggiava intorno a loro senza che potessero acciuffarla.
« Adoro questa canzone » sussurrò lui, senza staccare gli occhi dai suoi, e subito dopo si domandò perché mai lo avesse detto.
« Scommetto che non l'hai mai ascoltata prima d'ora » rispose lei, accennando un sorriso, e il suo sguardo indugiò sulle sue labbra per un istante.
« Ah, Evans » rispose lui, sorridendo a sua volta e scuotendo appena il capo. « Hai più risposte pronte che lentiggini sul naso ».
E proprio questo finì per sfiorare il suo mento mentre lei rideva piano e lui, silenzioso, l'ammirava.
« James, amico ».
La voce di Simon Phelps arrivò alle loro orecchie come un tuono, tanto che si separarono all'istante, come se stessero facendo qualcosa di palesemente illecito. Il ragazzo, però, che non aveva notato nulla di strano nel comportamento dei due, li fissò smarrito per un momento prima di ricominciare a parlare.
« Mi dispiace disturbarti, ma sono quasi le due mezza e qui c'è gente che minaccia di non andare a letto finché non lo dice il Capitano » comunicò, alzando gli occhi al cielo. « Per me potremmo continuare fino all'alba, ma sai, visto come ci è finita l'ultima volta... » e lasciò la frase in sospeso.
James aprì la bocca senza che ne uscisse alcun suono e si passò una mano sulla nuca sudaticcia, annuendo ripetutamente.
« Certo » rispose, stringendo le labbra. « Capisco, ehm... sto arrivando. Dirò a tutti di levare le tende prima di finire in un casino ».
Simon annuì di rimando e si allontanò, l'aria stravolta per la stanchezza e, forse, anche per qualche bicchierino di troppo.
« Io, allora... » esordì James, tornando a fissare Lily che invece aveva lo sguardo piantato a terra.
« Ma certo » rispose immediatamente, risollevandolo per una frazione di secondo. « Si sta facendo davvero molto tardi... beh, buonanotte, James » concluse.
« Buonanotte, Lily » mormorò lui, e si scambiarono un piccolo sorriso prima di incamminarsi verso direzioni opposte.
Ancora stordito, come se gli avessero cacciato la testa nel Lago Nero a ripetizione fino a farlo diventare matto, afferrò la bacchetta che teneva nella tasca posteriore dei pantaloni e se la puntò alla gola, borbottando: « Sonorus ».
« Ragazzi » annunciò, e naturalmente tutti si voltarono subito a guardarlo, attirati dalla sua voce amplificata. « Direi che è il momento di andare tutti a letto, che ne dite? La McGranitt ha orecchie ovunque e credo che anche la sua tolleranza post-vittoria abbia dei limiti. Quindi sogni d'oro, gente! »
Ripose la bacchetta nuovamente nella tasca, e vide che nessuno nella stanza oppose resistenza al suo preciso ordine.
I Grifondoro, da veri vincitori, capirono che era arrivata l'ora di sgombrare il campo.









Note della Malandrinautrice: Salve! Non ci si sente da un bel po', eh? *Schiva i pomodori, usando la sorella a mo' di scudo*
Beh, con questo capitolo abbiamo riscontrato numerose difficoltà e, complice l'aria vacanziera che ha coinvolto anche noi, alcuni giorni di vacanza e altri di febbre, abbiamo finito per partorire un altro terribile ritardo. Beh, ci dispiace davvero.
Ma andiamo oltre! Cosa c'è da dire su questo capitolo James-centrico (?)? Beh, quasi nulla, direi.
Per quanto riguarda James e Sirius, il silenzio di quest'ultimo nello scorso capitolo era stato solo un'illusione, e una lite bella e buona era inevitabile, come scommetto vi aspettavate tutti voi. Ma almeno questa brutta situazione, come promesso, si è risolta per il meglio.
Inoltre, un microscopico appunto alquanto superfluo. Abbiamo visto James che dice di aver scagliato un incantesimo su Mocc-... d'accordo, Piton. E' tornato il vecchio James Potter? Beh, intanto il vecchio James Potter non potrebbe mai del tutto svanire da quello nuovo, e comunque, ne 'l'Ordine della Fenice' gli stessi Sirius e Remus hanno detto che, anche quando James aveva smesso di gettare incantesimi su chiunque, Piton era rimasto comunque un caso speciale. Il cocco dei Malandrini e delle loro bacchette, diciamo così, anche perché l'unticcio non smetteva mai di provocarli.
Beh, detto ciò, veniamo ai ringraziamenti, prodi lettori.
Un enorme abbraccio e un immenso grazie ai quarantacinque che hanno recensito con tanta pazienza, un grazie per le vostre splendide parole che ci gratificano e non smettono di farci sorridere. La nostra gratitudine è davvero inesprimibile, ma abbiamo già tentato (e tenteremo sempre) con il nostro sciocco farfugliare, di mutarla in parole nelle nostre papirose e logorroiche risposte.
Grazie, grazie sempre, con tutto il nostro cuore.
E grazie ai 311 delle preferite, ai 76 delle ricordate e ai 327 delle seguite! Caspiterina, sono numeri davvero obesi (?), grazie mille!
Vi abbracciamo forte e vi auguriamo un buon proseguimento di sera-... no, pardon. Di vacanze (per chi ne può beneficiare).
Ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 36
*** Confessioni d'argento ***





Capitolo 36

Confessioni d'argento






 
Febbraio stava finalmente giungendo al termine con un'ultima ventata di grandine e nevischio, e al loro risveglio i Malandrini pensarono che, malgrado fosse il mese più breve dell'anno, quella volta era parso spaventosamente interminabile.
« Quest'anno non finirà mai » si lagnò più tardi James a colazione, scaraventando la borsa logora sotto la panca su cui si sedette.
Erano appena arrivati in Sala Grande, assonnati e stremati in seguito a una notte trascorsa a svolgere compiti arretrati, e ad incrementare ancor di più il loro cocente malumore furono i piatti ormai quasi del tutto vuoti sulla tavola di Grifondoro. Doveva essere davvero molto tardi, come Remus non aveva fatto altro che bofonchiare per tutto il tragitto compiuto, ma nessuno dei tre fu disposto a dargli ragione neanche quando ne ebbero la prova tangibile.
Sul vassoio di fronte a loro era rimasto un solo croissant, soffice e ancora tiepido, con una sfoglia così fine e zuccherosa da far venire l'acquolina in bocca. I quattro ragazzi lo fissarono per una frazione di secondo, come rapiti da quella visione celestiale, poi si rivolsero una fugace occhiata di sfida e si lanciarono alla conquista del prezioso bottino, sgomitando e scalciando anche a costo della vita. Un combattimento all'ultimo sangue che si concluse parecchi secondi dopo, proclamando vincitore uno sconvolto, illuminato e atterrito dall'emozione... Peter Minus.
Guardò il dolce come se fosse quanto di più spaventoso e stupefacente insieme avesse mai visto in vita propria, ma probabilmente indugiò troppo a lungo nel contemplarlo, perché Sirius, seduto di fianco a lui, approfittò del suo momentaneo stordimento e glielo fregò di mano, ficcandosene metà in bocca.
« Mmm » commentò, masticando con gusto il grosso boccone. « Un po' indurito... ma buono ».
Peter gli rivolse uno sguardo carico di risentimento e odio profondo, un disprezzo così forte e rabbioso che non riuscì a tramutarlo in parole. Ma l'amico non vi fece caso, anzi, ignorandolo senza pietà, protese il braccio verso Remus, seduto dall'altra parte del tavolo, e gli consegnò l'altra metà del croissant.
« Oh » fece quello gioioso, afferrandolo con un gran sorriso in volto. « Ti ringrazio, Sirius. Che Merlino ti benedica da lassù », e gli diede un morso.
Osservando la scena, la mascella di James crollò fino a sfiorare il pavimento, tanto che riuscì a riprendersi solo con qualche colpetto di Sirius sulla schiena.
« Ha bisogno di nutrirsi più di te, amico » disse saggiamente, leccandosi il pollice imbrattato di zucchero con evidente goduria, e Remus annuì.
« Questa me la lego al dito, Felpato » ci tenne a fargli sapere James, palesemente offeso, poi si alzò da tavolo e poggiò una mano sulla spalla di Peter. « Vieni, andiamo a procacciarci del cibo, Codaliscia. Lasciamo pure che il peccato corrompa e divori i loro spiriti impuri ».
L'altro rovesciò il capo all'indietro per fissarlo con la fronte aggrottata e l'espressione decisamente confusa.
« Che il peccato...? »
« Andiamo a mangiare » tagliò corto James, sbuffando, e Peter non se lo fece ripetere due volte, alzandosi e seguendolo senza protestare.
Con aria impettita e fiera, James si diresse verso il tavolo degli insegnanti, le mani affondate nelle tasche del mantello e gli occhi fissi sul cestino colmo di croissant che stava esattamente al centro fra la professoressa McGranitt, gli occhiali rettangolari dritti sul naso, e Silente, perso nei propri pensieri.
« Buondì, professoressa! » salutò allegramente, simulando un breve inchino. « E buongiorno anche a lei, signore » aggiunse, rivolgendo al Preside un sorriso caloroso mentre, al suo fianco, molto meno spavaldo di lui, Peter faceva cenni incerti e timorosi ad entrambi.
Come James aveva previsto, le loro reazioni al suo arrivo furono diametralmente opposte: Silente accolse il suo gentile saluto chinando il capo e dicendo: « Che piacere vederla, signor Potter » - cosa che lo ringalluzzì se possibile ancor di più -; l'insegnante, invece, sollevò lo sguardo con lentezza esasperante e puntò gli occhi ardenti sul suo volto insolente e felice, parlando con calma forzata ed estrema compostezza.
« Potter » disse, intrecciando le dita sul tavolo. « Per l'esattezza, cosa ti porta fin qui a quest'ora con quell'espressione così raggiante e fiera? »
Il ragazzo diede in un sospiro sofferente e scosse appena il capo, lanciando uno sguardo rammaricato in direzione di Peter, sempre più a disagio.
« La fame, professoressa » rispose infine con sconfinata tristezza, e lei inarcò un sopracciglio. « Questa mattina, per ragioni indipendenti dalla nostra volontà, siamo arrivati tardi in Sala Grande e siamo stati accolti dall'agghiacciante spettacolo di vassoi e piatti completamente vuoti ». Fece una pausa, stringendo le labbra. « Il desiderio di ricaricarci per la dura giornata di studio che ci attende, perciò, ci ha condotti fin qui... a chiedere la carità » concluse, serio.
Le narici della McGranitt fremevano, chiaro segnale di quanto poco divertente avesse giudicato il suo teatrino. Sollecitazione che, naturalmente, chiunque avrebbe accolto con la massima cautela, fuggendo via e scusandosi, magari, per la spavalderia mostrata ed evidentemente fin troppo mal gestita. Chiunque, per l'appunto. Davvero chiunque. Tranne James Potter.
« Potter » ripetè, indispettita. « Continuo a chiedermi perché provi un piacere così malsano nel finire costantemente in punizione, ma rimarrò nell'ignoranza e ti assegnerò un castigo per questa sera, alle otto in punto. Non che mi aspetti che la tua spavalderia si plachi così facilmente, questo è ovvio ».
James stava per replicare, mostrandosi sinceramente dispiaciuto per il fraintendimento del suo innocente arrivo, ma Silente lo interruppe.
« Suvvia, Minerva » disse in tono conciliante, « sia più indulgente. I nostri ragazzi necessitano di un'abbondante colazione per attivare le loro menti brillanti e mettersi in moto in vista di giornate così faticose. Prendete ciò che volete, signor Potter, farete felici centinaia di Elfi Domestici ».
Lui sorrise radioso, e si affrettò a ringraziare il Preside con straordinaria sincerità prima di afferrare il cestino di croissant avvistato in precedenza. 
Infine, insieme a Peter, salutò entrambi e sorrise di fronte all'espressione disorientata della McGranitt, certo che, nel corso della giornata, avrebbe comunque trovato un modo perfettamente giustificabile per metterlo in punizione ancora più a lungo di quanto già non avesse avuto intenzione di fare.
« Fatto il misfatto, Peter » disse poi all'amico, sorridendogli mentre ripercorrevano il corridoio fra la propria tavolata e quella dei Corvonero, e lui rise.
Quando giunsero nuovamente dagli amici, immersi in una fitta conversazione, James sollevò il cestino in un gesto trionfante.
« Ehi, razza di ingordi, guardate che bel bottino abbiamo qui! » annunciò, riprendendo posto alla sinistra di Sirius.
« Già, guardate, perché è l'unica cosa che vi permetteremo di fare! » gli fece eco Peter, afferrando senza ulteriore indugio un piccolo croissant.
Lo sguardo di Sirius andò dall'uno all'altro, e parve avere molte difficoltà ad accettare l'affronto appena subito.
« Amico » fece a Peter, irritato dalla sua inaspettata supponenza, « mostra un po' di rispetto prima che uno di quei fottutissimi croissant ti finisca su per il cu-... »
« Sirius » lo richiamò Remus sottovoce, trafficando con la zampetta tesa del barbagianni appena arrivato con la posta, e il ragazzo sbuffò.
Anche lui, però, si ritrovò a sospirare stancamente quando sentì gli amici cominciare a litigare per avere il monopolio del cestino di croissant. Così scosse impercettibilmente il capo e, concessa qualche carezza al proprio gufo infreddolito, srotolò con cura la Gazzetta del Profeta e vi nascose dietro il viso.
L'articolo che dominava la prima pagina lo colpì, ma non lo sconvolse: un'altra coppia di Babbani uccisa in casa propria. Nessuna novità.
Durante l'ultima settimana, infatti, le notizie più strazianti e disparate avevano tappezzato i giornali, come d'altra parte succedeva ormai da parecchio tempo: sparizioni improvvise, bambini innocenti presi in ostaggio a membri autorevoli del Dipartimento Auror, omicidi inspiegabili per la polizia babbana e torture crudeli inflitte ad alcuni dei protagonisti della lotta contro Voldemort. Vite di uomini coraggiosi stroncate in un battito di ciglia.
« Guardate qui » disse dopo un po', una volta intercettati i nomi delle vittime, e spalmò il giornale sul tavolo. « Sono i genitori di Dorcas Meadowes ».
I tre smisero subito di bisticciare, sporgendosi appena per intravedere l'articolo, poi Sirius fece un gesto con la mano e disse: « Da' qua ».
Remus gli passò il giornale sopra la brocca del latte, e lui lo dispiegò con un lieve strattone, cominciando a leggere l'articolo silenziosamente.



 
LEEDS, YORKSHIRE: COPPIA DI BABBANI TORTURATA E UCCISA


Ieri notte, in un'abitazione della periferia di Leeds, nello Yorkshire, sono stati rinvenuti i corpi senza vita di una coppia di Babbani: Kevin Meadowes, 51 anni, e la moglie Shirley, 47 anni. Dopo i primi accertamenti effettuati sui cadaveri dei due coniugi e sul luogo dell'uccisione, le forze dell'ordine babbane non sono riuscite a rilevare le cause del decesso. Sul luogo è successivamente accorsa una pattuglia di Auror inviata dal Ministero della Magia, la quale è potuta immediatamente risalire all'origine del tragico avvenimento.
« Ad entrambe le vittime è stata inflitta la Maledizione Cruciatus, ma a togliere loro la vita è stato l'Anatema che Uccide » ha dichiarato l'Auror Liam Parrish. « Non abbiamo ancora elementi sufficienti per poter risalire all'assassino, perciò riteniamo prematuro indirizzare le indagini verso una determinata pista. Come potrete facilmente comprendere, non possiamo dirvi di più ».
A rendere ancor più drammatico l'accaduto è il dolore della figlia dei Babbani uccisi, la diciannovenne Dorcas, primo e unico membro della famiglia dotato di poteri magici. La ragazza, fortunatamente esclusa dalla tragedia poiché residente a Londra, non ha voluto rilasciare dichiarazioni.




Sirius abbandonò il giornale sul tavolo, lasciando che anche James e Peter leggessero il breve articolo, e scambiò una tetra occhiata con Remus.
« Riteniamo prematuro indirizzare le indagini verso una determinata pista? » fece il primo, lasciando scorrere l'indice sulla pagina giallastra.
« Già, certo... comprensibile » rispose Sirius con fare sarcastico, versandosi del caffè in una tazza e bevendone un lungo sorso. « Ma a che gioco stanno giocando? Cos'è, aspettano che Voldemort lasci un bigliettino firmato sulla fronte di chi fa fuori? Non so se siano più raccapriccianti i giornali che continuano a ciarlare di casi isolati o gli Auror che sostengono volta dopo volta di non avere indizi. Ah, ma per favore » sbottò infine, riprendendo a bere.
James, che aveva appena terminato la lettura dell'articolo, ripiegò il giornale con aria sinceramente disgustata.
« Papà aveva ragione » disse, scompigliandosi distrattamente i capelli. « Danno il voltastomaco ».
« Per quanto ne sappiamo, questo Parrish potrebbe essere uno dei tanti infiltrati che gironzolano per il Ministero » ribattè nuovamente Sirius, brusco.
« Già... » riprese James, annuendo con sguardo vacuo. « E poi, quello che non si riesce a capire è se siano i giornali a voler insabbiare tutto quanto o gli Auror a non fornire informazioni. Ora che ci penso, non ricordo nemmeno l'ultima volta in cui hanno fatto il nome di Voldemort ».
Al suono di quel nome, Peter rabbrividì, e il ragazzo gli rivolse un'occhiata annoiata a cui però lui non badò.
« Ma i giornali non dovrebbero essere interessati a far venire fuori la verità? » disse poi, stringendosi nelle spalle. « Voglio dire, se facessero il nome di Voi-Sapete-Chi non otterrebbero quello che in effetti vogliono, cioè fare notizia? »
Sirius rise amaramente, scuotendo il capo, e il ragazzo gli rivolse un'occhiata offesa. 
« La fai facile, Codaliscia » sbuffò l'altro, giocherellando con un cucchiaino d'argento trovato lì accanto. « A volte sei davvero ingenuo ».
« Il punto è, Peter » intervenne Remus, intrecciando le dita sul tavolo, « che la Gazzetta del Profeta è direttamente controllata dal Ministero, e fra i maghi che vi lavorano solo in pochissimi sono interessati a far emergere i fatti. Chi rischierebbe di perdere il lavoro per difendere chissà quale causa, oggigiorno? La politica dei giornali è di fatto la politica del Ministero, per cui, se il preciso ordine dall'alto è quello di mantenere il nome di Voldemort tabù, ecco che la prima cosa da fare è mettere un bavaglio all'informazione ».
Peter annuì lentamente e non aggiunse altro, mentre Sirius, appena finito un altro agghiacciante articolo sulla sparizione di due gemelli di appena cinque anni, ritornò sul titolo che campeggiava sulla prima pagina e osservò i volti dei due coniugi uccisi: la somiglianza della donna con Dorcas era impressionante.
Abbandonarono la tavola appena un minuto più tardi, silenziosi e immersi ognuno nei propri pensieri, finché James non riprese a discutere della faccenda.
« Sapete » disse, quando erano ormai usciti dalla Sala Grande, « comincio a pensare che gli Auror potrebbero davvero essere in alto mare ».
I tre lo fissarono, seri in volto. 
« In che senso? » chiese Peter, perplesso, e James si passò distrattamente una mano sugli accenni di barba della mascella prima di rispondere.
« Quello che intendo dire » iniziò a spiegare, « è che ho il sospetto che non si stiano dimostrando abbastanza preparati per fronteggiare una situazione tanto difficile... non tutti, forse, ma almeno la maggior parte di loro ». Fece una pausa, riflettendo, poi proseguì. « Insomma, la settimana scorsa papà mi ha scritto in una lettera che la gente assunta in quest'ultimo periodo non sembra proprio avere la stoffa per questo mestiere. I pezzi grossi al Dipartimento si possono contare sulle dita di una mano, e con Moody che è stato maledetto e quasi ucciso appena un mese fa... »
Lasciò la frase in sospeso, rammentando l'articolo letto tempo prima su uno scontro mortale che aveva visto Alastor Moody combattere contro un paio di Maghi Oscuri - o almeno, così il Profeta aveva definito quelli che sicuramente erano stati due Mangiamorte -, e da cui l'Auror era venuto fuori vivo per miracolo, anche se con ferite talmente gravi da costringerlo su un letto del San Mungo per ben più di quanto mai vi fosse rimasto.
« E' ancora in ospedale? » domandò Sirius, allargandosi il nodo alla cravatta che gli segava la gola, e James scosse il capo.
« Lo hanno dimesso una settimana fa » rispose, sollevando una mano in segno di saluto verso Lily che, passata lì vicino in quel momento, gli aveva sorriso. « Ma è stato via abbastanza a lungo da mettere a soqquadro tutto il Dipartimento Auror. Senza di lui non si va avanti, a quanto pare ».
Affondò le mani nelle tasche, gli occhi incollati ai capelli sciolti di Lily come se ne fosse rimasto ipnotizzato, finché la voce di Remus non lo fece riscuotere.
« Se fosse davvero come dici, saremmo tutti in alto mare » borbottò, pensieroso. « Insomma, si tratta della gente che dovrebbe tenere al sicuro la comunità magica, come fanno ad ammettere persone tanto incompetenti? »
« Io non credo che lo siano » si affrettò a dire Sirius, sicuro di sé. « Secondo me ci sono molti più corrotti che incompetenti, scommetto che pullulano indisturbati in tutto il Ministero... Da quando non sbattono ad Azkaban un vero Mangiamorte? Acciuffano innocenti a casaccio e li rilasciano una settimana dopo giusto per far credere che qualcosa si muove, ma la verità è che gli omicidi, le sparizioni e tutto il resto non fanno che aumentare di giorno in giorno, e questo può significare solo una cosa: qualcuno interferisce dall'interno. Stanno ostacolando la verità come meglio riescono a fare, chi per paura, chi per fedeltà all'altro fronte... E' il loro piano » disse, lasciando ricadere la mano destra nuovamente lungo il fianco. « E pare stia filando liscio come l'olio ».
Fra i quattro cadde nuovamente il silenzio, e si misero a rimuginare sulla faccenda così intensamente da non accorgersi che la loro conversazione aveva coinvolto anche altri cinque ragazzi, intenti a camminare a pochi passi da loro per origliare senza però dare nell'occhio.
Piton, Avery, Macnair, Mulciber e Goyle erano diretti esattamente come loro verso l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, ed erano stati attratti da uno stralcio del loro discorso, tanto da farsi un po' più vicini di soppiatto per riuscire a captare qualcosa in più del loro dialogo su quella realtà che li riguardava tanto da vicino. Era stata proprio la parola Mangiamorte, infatti, ad attirare la loro attenzione.
« Parlano di noi! » ghignò sottovoce Goyle, ridacchiando divertito, ed Avery si affrettò ad assestargli uno scalpellotto sulla nuca.
« E sta' un po' zitto, idiota! » sbottò in un bisbiglio irato, scuotendo esasperato il capo. « Ci sentiranno! »
Il ragazzo bofonchiò qualche lamentela, ma a una raggelante occhiata di Macnair decise finalmente di tacere. E fecero appena in tempo a ripristinare il silenzio che i Malandrini ricominciarono a confabulare.
« Ma allora in tutto questo cos'è che Silente sta facendo? » stava domandando ancora Peter, confuso. « L'Ordine della Fenice non dovrebbe...? »
« Amico! » esclamò James in un sussurro, lasciando scorrere lo sguardo a destra e a sinistra per accertarsi che nessuno li avesse uditi.
« Per la miseria, Peter, è una fottutissima società segreta, e qui anche le pareti hanno le orecchie... abbassa la voce » aggiunse Sirius in un sibilo.
Lui sollevò le mani in segno di resa e si scusò, decidendo per la propria incolumità di starsene zitto finché la conversazione non fosse terminata.
« Ad ogni modo » disse Remus, mantenendo basso il tono della voce, « io immagino che si trovino parecchio in difficoltà anche loro. Sono in netta minoranza, e scommetto che reclutare seguaci non sia mai stato più complicato... La gente ha paura. I figli presi in ostaggio, le sparizioni, le torture, sono chiari segnali della pericolosità dei Mangiamorte. Solo in pochi avrebbero il coraggio di mettere in pericolo i propri cari per difendere ciò che è giusto ».
« Io e Lily parlavamo di questa faccenda l'altra notte, in Sala Comune » fece James. « Essendo un'organizzazione segreta, lavorerà sicuramente sotto traccia, e questo non può che rendere le cose ancora più difficili ».
Sirius annuì con partecipazione, imboccando un corridoio sulla destra, e gli altri lo seguirono a ruota.
« Già » disse. « Come si può cercare di convincere la gente ad entrare a far parte di un'organizzazione che dovrebbe essere nota solo ai suoi membri? Se ne parli con qualcuno, devi essere assolutamente certo che aderisca, altrimenti hai commesso un grave errore. Non ci si può fidare di nessuno ».
Ma James si esibì in una smorfia che esprimeva il suo palese disappunto e scosse il capo con fermezza, fissando l'amico che camminava.
« Silente si è fidato di noi » rispose con semplicità. « E se vuoi sapere come la penso, secondo me ci sarebbero un mucchio di persone disposte ad unirsi all'organizzazione, se solo venissero a sapere della sua esistenza, molte più di quante ne potremmo immaginare ».
L'altro sbuffò, ma James non rimase sorpreso da quel gesto. 
Sapeva già che sarebbe stato in completo disaccordo con lui, lo conosceva fin troppo bene.
« Sì, e secondo me Silente ha un'arma supersegreta capace di ripristinare la pace in tutto il mondo magico » replicò infatti Sirius, sarcastico. « Ma piantala, James ».
« Ah, ma piantala tu! » ribattè l'altro con determinazione. « Cos'è che pensi, allora, che noi siamo una sorta di supereroi, se abbiamo deciso di partecipare? Beh, mi spiace deluderti, ma non lo siamo, siamo solo quattro imbecilli che hanno scelto di rischiare la pelle perché il mondo in cui vivono gli fa sinceramente schifo e non hanno intenzione di sottostare a una dittatura per il resto della vita, nient'altro! Credi di essere l'unico idiota al mondo che lo farebbe? »
Sirius scosse il capo, frustrato dal suo forzato ottimismo e dalle sue vane illusioni. Non era così che girava il mondo intorno a loro.
« Credo semplicemente ciò che è vero, e la verità è che gli idioti disponibili sono una maledettissima goccia nell'oceano se paragonati a quanti invece preferiscono tenere al sicuro le famiglie piuttosto che combattere e rischiare la vita tutti i giorni! » fu la sua pronta risposta, carica di veemenza.
« Remus » fece allora James, appellandosi all'amico per un parere, pur sapendo, in cuor suo, che non sarebbe stato un alleato. « Tu cosa ne pensi? »
E difatti, il ragazzo non smentì le sue supposizioni.
« Personalmente, credo che Sirius abbia ragione a pensarla in questo modo » rispose con pacatezza. « E' quasi una certezza che si venga attaccati quando si combatte una guerra in prima linea, soprattutto quando ci si trova in un tale svantaggio numerico. E rischiare tutto, tutto quanto... riesci a capirlo, James? »
Ma lui non si arrese, perché nessuno di loro aveva compreso appieno ciò che intendeva realmente dire, e questo lo mandava in bestia.
« Allora è così, siamo gli unici a volerlo fare » concluse, ironico. « Ragazzi, andiamo, si tratta di combattere per avere qualcosa di migliore, qualcosa di migliore per quelle famiglie di cui tanto discutete! Come potete pensare di essere i soli a credere che sia giusto combattere? »
Remus scosse il capo stancamente. La risposta alla sua ingenua domanda retorica era fin troppo semplice.
« C'è una bella differenza tra credere che sia giusto combattere e decidere di farlo davvero » disse, lo sguardo piantato a terra. « Non siamo supereroi, hai ragione. Ma siamo delle eccezioni, James, sempre e comunque delle eccezioni ».
James strinse le labbra per non aumentare il tono della voce, rammaricato per non essere stato capace di convertirli alla sua posizione.
« Questo è ciò che Voldemort sta cercando di inculcare nelle nostre teste! » disse però con rabbia. « Tutto ciò che vuole è farci credere di essere già sconfitti in partenza! E' ovvio, no? » proseguì, battendo il pugno destro sul palmo della mano sinistra. « Chiunque tenti di imporre il proprio potere con la forza come sta facendo lui per prima cosa vuole convincere i suoi oppositori di essere nettamente più forte, così da farli desistere e far credere loro che combattere sia inutile, ma non è così! E se voi lo credete così fermamente, allora gliel'avete già data vinta! Come fate a non capirlo? »
« Ma non si tratta di questo, James! » fece Sirius, tornando all'attacco con le proprie idee. « Come potremmo combattere credendo di essere già sconfitti a priori? Non è questo che pensiamo, non lo pensa nessuno di noi, ma è difficile. Sarà dura, Ramoso, sarà un'impresa, d'accordo? Ficcatelo in quella testa ».
E quella volta James non replicò, imboccando una scorciatoia senza aggiungere nemmeno una parola.
Dietro di loro, invece, i cinque Serpeverde rallentarono il passo, ancora in silenzio.
« Che illusi... » fu il primo commento di Mulciber, che li guardò allontanarsi con un'espressione a metà tra il disgustato e il derisorio.
« Ah, lasciali perdere, quegli idioti » lo riprese immediatamente Avery, concitato. « Pensa a quello che abbiamo in mano, piuttosto ».
Dopo essersi fermati, quasi senza accorgersene, si misero in cerchio, appartandosi verso destra nel lungo e vasto corridoio.
« Perché, che abbiamo in mano? » domandò ingenuamente Goyle, confuso dalle parole del compagno, il quale non accolse con entusiasmo il suo ennesimo, brillante intervento.
« Dannazione, Goyle, ma sei davvero così coglione o lo fai apposta? » lo rimproverò infatti, burbero. « Porco Godric, chiudi il becco, una volta tanto! »
« Dai, su, lascialo stare » si affrettò a dire Macnair, spiccio. « Che stavi per dire? » 
Il ragazzo pareva ancora irritato, ma non protestò ulteriormente, troppo ansioso di comunicare agli altri ciò che aveva in mente.
« Avete sentito di cosa stavano parlando, quei quattro? » iniziò a dire, un ghigno sghembo sul volto. « L'Ordine della Fenice. Non è la prima volta che lo sento nominare. Quando siamo tornati a casa per le vacanze, due mesi fa, ho sentito il padrone che ne parlava con mio padre. Non ho potuto ascoltare tutto quanto, ma per quello che ho capito, il Signore Oscuro cerca informazioni su questa setta o quello che è... Li avete sentiti, stanno contro di noi ».
Gli altri ascoltarono le sue parole in silenzio, riuscendo così a capire qualcosa in più rispetto a quanto avevano potuto fare stando esclusivamente al dialogo dei Malandrini. 
A differenza di Avery, non avevano mai sentito nominare quell'organizzazione, e ciò poteva essere spiegato dal fatto che i cinque erano soltanto dei nuovi adepti, ancora troppo distanti dalle grazie di Voldemort perché condividesse con loro quelle informazioni. Dopotutto, sapevano bene che all'interno del nutrito gruppo di seguaci di cui facevano parte vi era una gerarchia ben definita e che, per venire a conoscenza dei piani e delle strategie del loro padrone, avrebbero prima dovuto guadagnarsi la sua piena fiducia sul campo.
« Anche io ne avevo sentito parlare » intervenne Piton, sorprendendo i compagni ed in particolare Avery, che si credeva l'unico depositario di quell'informazione. « Ha creato qualche grattacapo al Signore Oscuro, tempo addietro. Dobbiamo riferirgli quello che abbiamo sentito ».
Dopo un primo momento di titubanza, ancora irritato dalle conoscenze che il compagno aveva dimostrato di possedere, Avery annuì partecipe, ma prima che potesse parlare, venne interrotto da Mulciber.
« Pensate che quei bambocci ne facciano parte? » domandò infatti, aggrottando le sopracciglia. 
« E' ovvio » rispose Macnair, sicuro di sé. « Non li hai sentiti? Dicevano che Silente si è fidato di loro, che hanno deciso di combattere... Sono dentro. Loro e la Mezzosangue ».
A quelle parole, gli occhi di Piton si assottigliarono leggermente in direzione di Macnair, ma nessuno vi fece caso.
« Io non ne sono sicuro » disse Mulciber, manifestando nuovamente le sue perplessità. « Insomma, non sapevano un tubo di quello che sta combinando Silente, facevano solo supposizioni... se fossero dentro ne saprebbero sicuramente di più, non credete? »
« Magari sono appena entrati » fu la pronta risposta di Macnair. « Forse si sono aggregati adesso che sono tutti maggiorenni, ma essendo a scuola non sanno niente di quello che sta succedendo fuori. Oppure c'è dentro il padre di Potter... non è un Auror? » domandò poi, e Piton annuì silenziosamente.
« Sì, hai ragione » confermò Avery alla fine, determinato. « Sicuramente Potter Senior ne fa parte, avrà detto a suo figlio di unirsi insieme ai suoi amichetti e alla fine avranno convinto anche la Evans a partecipare ». Sorrise compiaciuto, poi proseguì. « Beh, mi sembra un bel bottino da portare al Signore Oscuro. Lui saprà cosa farne » concluse alla fine, trovando il consenso del resto del gruppo.
« Magari possiamo cominciare noi a farci dire qualche cosa! » esclamò a quel punto Goyle, esaltatosi eccessivamente per il salto di qualità che, secondo i loro piani, erano in procinto di fare. « Li prendiamo e li facciamo parlare, che dite? »
« Noi non faremo un bel niente, stupido » fu il gelido commento di Piton, lo sguardo che traboccava disprezzo. « Abbiamo già rischiato molto qui al castello, sotto il naso di Silente, adesso dobbiamo soltanto riferire quello che abbiamo ascoltato, e sono convinto che il Signore Oscuro apprezzerà. Agiremo solo se sarà lui ad ordinarcelo ».
I quattro lo fissarono attentamente, poi annuirono. 
« Beh, allora sarà meglio farlo subito » intervenne nuovamente Avery, facendo già per allontanarsi. « Non c'è motivo di aspettare ».
Ma Piton non parve dello stesso avviso, e lo squadrò con un'espressione di rimprovero dipinta sul volto giallastro.
« Sei sempre il solito avventato, Avery » lo riprese infatti con voce melliflua. « Avete saltato fin troppe lezioni, nelle ultime settimane. State dando nell'occhio e non possiamo permettercelo, dovresti saperlo ».
Ma quello accolse il suo ammonimento con tutt'altro che condiscendenza. A quelle parole, infatti, scoppiò a ridere sonoramente, beffardo.
« Cos'è, sei diventato la nostra babysitter personale? » fece, allargando le braccia, e gli altri risero insieme a lui. « Sei tu che dovresti abbassare un po' la cresta, Piton, e rilassati, nessuno si accorgerà di niente. Non ho intenzione di sorbirmi quello strazio di Difesa Contro le Arti Oscure quando ho ben altro da fare. Insomma, noi siamo le Arti Oscure! »
La risata dei compagni si fece ancor più rumorosa, e su tutte spiccava quella gutturale di Goyle, decisamente il più divertito tra tutti.
Si incamminarono verso l'imboccatura opposta del corridoio, ancora ridacchianti, finchè Avery non tornò a parlare.
« Salutaci tanto il professor Montgomery » disse, ancora rivolto al ragazzo, senza però voltarsi a guardarlo. « Ah, no, aspetta... lui era quello dell'anno scorso ».
E con un nuovo scroscio di risate si allontanarono, sparendo alla vista di un Piton sempre più irritato e livido.
Negli ultimi mesi, collaborare con i suoi cinque compagni era diventato sempre più insopportabile, e stava sinceramente iniziando a stancarsi del perenne controllo che era costretto ad esercitare su di loro. In generale, era un tipo che amava agire da solo, padrone solo ed esclusivamente delle proprie azioni, per cui quella forzata cooperazione stava cominciando a stargli stretta, a maggior ragione quando gli altri - Avery in primis - dimostravano una tale mancanza di buonsenso, fomentata da quell'aura di invincibilità e potenza che credevano di aver ottenuto una volta diventati Mangiamorte. 
Possibile che nessuno di loro sapesse usare il cervello? 
Scosse il capo fra sé e sé, impercettibilemente, e cominciò a camminare, immerso in riflessioni che i ragazzi che gli passavano accanto sempre più frequentemente non potevano nemmeno immaginare, quando un nuovo, allarmante pensiero lo colse con la rapidità di un fulmine. 
Sono dentro. Loro e la Mezzosangue.
Le parole di Macnair, così vivide fra i suoi ricordi che riuscì a riviverle con straordinaria intensità, gli inondarono la mente per alcuni istanti.
Lily era di nuovo in pericolo, ma quella volta lui non aveva nulla in potere per proteggerla. 
Se durante l'attacco a lei e a Potter avvenuto quasi due mesi prima era stato presente e al corrente dei piani, infatti, adesso non aveva idea di cosa aspettarsi, e questo lo preoccupava. 
Si domandò se esistesse un modo per metterla all'erta senza che gli altri lo scoprissero, ma qualsiasi idea gli balzasse in mente pareva davvero troppo rischiosa, e lui non era esattamente nella posizione più opportuna per azzardare una mossa che avrebbe potuto smascherarlo. I suoi compagni gli si stavano pian piano rivoltando contro, e non si sarebbe affatto stupito se avessero cominciato a complottare e intavolare piani senza interpellarlo. Se alle loro orecchie fosse arrivata la voce che stava tentando di aiutare la sua ex migliore amica Mezzosangue, allora per lui sarebbero stati guai seri. 
Qualcosa gli diceva che il Signore Oscuro non avrebbe gradito granché la sua passione per una Nata Babbana.
Per un momento la odiò per quel suo maledetto desiderio di fare sempre la cosa giusta, con quel cieco coraggio che tanto la contraddistingueva. Ma non gli passò per la mente neanche per un istante che forse, proprio a causa della sua vigliaccheria, l'unica persona che avrebbe davvero dovuto odiare era se stesso, capace di compiere solo scelte sbagliate.




 
*  *  *




« Lily, ti informo che Gerard Beckett ti fissa alquanto insistentemente. No, no, no! Non ti voltare, voglio capire se ne ha ancora per molto ».
« Alice. Piantala, d'accordo? Lascia che guardi, cosa vuoi che m'importi? In questa scuola ti squadrano da capo a piedi ad ogni passo ».
« Già, certo, come se fosse questa la ragione... Se si fosse trattato di James ti sarebbe importato, altroché. E, per la cronaca, sei già diventata rossa ».
« Ottimo, Scarlett! Colpita e affondata. E... oh, tanto per rimanere in tema, Potter ti sta davvero fissando. Da un qualcosa tipo... cinque minuti buoni ».
« Cosa? »
Le guance di Lily passarono in un istante da un colorito roseo a uno decisamente più scarlatto, ed istintivamente prese a guardarsi intorno in maniera frenetica.
« Potter a ore tre » le venne in aiuto Alice, trattenendosi per non sghignazzare troppo rumorosamente. « Ma al posto tuo non darei tanto nell'occhio con quelle guance in fiamme. Un consiglio spassionato, naturalmente » aggiunse con la dovuta cautela, e scambiò un sorrisetto con Scarlett.
Tutte e tre si trovavano accanto alla porta dell'aula di Difesa contro le Arti Oscure, in attesa del professor Dixon. 
Non amavano molto rimanere bloccate fra i banchi di scuola più del necessario, così avevano preso l'abitudine di intrattenersi a chiacchierare in prossimità dei corridoi, approfittando del fatto che l'insegnante era solito tardare di qualche minuto rispetto al regolare inizio della lezione, e che, in ogni caso, non si era mai lamentato di non averle trovate ai propri posti.
« Siete crudeli » sbuffò Lily, scuotendo il capo. « Crudeli e sciocche. Crudeli, sciocche e... » 
Ma Scarlett e Alice non seppero mai quale altro terribile attributo avesse in serbo la ragazza per loro, perché lasciò la frase in sospeso e, colta da un'improvvisa illuminazione, esclamò: « Il libro di Rune Antiche! », lasciando le amiche del tutto sconvolte.
Si battè il palmo della mano sulla fronte e corse verso il proprio banco, trafelata.
Era assolutamente certa di averlo dimenticato in Dormitorio, ed era spacciata: aveva lasciato lì la traduzione che avrebbe dovuto consegnare l'ora successiva.
Afferrò la borsa, vi frugò dentro forsennatamente finché non l'ebbe completamente rivoltata e alla fine gemette. Il suo presentimento si era rivelato spaventosamente vero. 
Presa dalla disperazione, allora, si tirò su per il gomito la manica della camicia e diede un'occhiata all'orologio, ma niente. Non sarebbe riuscita a prendere il libro e ad arrivare in tempo per la lezione di Dixon neanche se avesse saputo volare.
Ma, come si suol dire, la necessità aguzza l'ingegno, ed ecco che ben presto fu colpita da un incredibile lampo di genio: perché non Appellarlo?
Dopotutto, i corridoi dovevano essere ormai quasi del tutto deserti, chi avrebbe notato un libro svolazzante in giro per il castello? In una scuola di magia, poi, non era nulla di particolarmente assurdo, così si decise ad agire ed estrasse la bacchetta dalla tasca del mantello, borbottando sottovoce: « Accio libro di Rune Antiche », guardandosi intorno per essere certa che nessuno l'avesse vista, né udita.
Pienamente soddisfatta del suo operato, ripose con un sorriso la bacchetta e cominciò a risistemare il contenuto della borsa messa a soqquadro. E stava conservando l'ultimo libro quando giunse alle sue orecchie una voce strascicata che attirò immediatamente la sua attenzione, lasciandola immobilizzata sul posto.
« Lily » aveva appena mormorato Severus Piton, seduto dietro di lei, così piano che la ragazza si domandò se l'avesse solo immaginato.
Non udiva quella voce chiamare il suo nome da parecchio tempo, così tanto che aveva persino dimenticato il modo in cui quelle semplici quattro lettere fluivano attraverso le sue labbra sottili e rigide. Non aveva mai pensato di poter sentire quel Lily pronunciato nuovamente da lui, e il primo pensiero che attraversò la sua mente fu che suonava straordinariamente fastidioso. Mezzosangue, forse... quello sì che, detto da lui, sarebbe stato più appropriato. O perlomeno più sincero.
Ma per Piton non era affatto così. Rivolgerle la parola dopo tutto il tempo trascorso lontano da lei aveva significato molto, più di quanto sarebbe mai stato disposto ad ammettere. Per quasi due anni il pensiero di riavvicinarsi a Lily gli era parso irraggiungibile come una chimera, ma adesso che si ritrovava costretto a ritentare un approccio aveva paura. Paura per ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Paura per la sua reazione, qualunque essa fosse.
Dopo qualche istante, finalmente lei si voltò a guardarlo. Non come lui aveva ardentemente sperato che facesse, no, ma come in cuor suo aveva sempre saputo che avrebbe fatto. E questo gli provocò una lieve fitta allo stomaco che però decise fermamente di ignorare.
Gli occhi verdi di Lily lo scrutarono per qualche istante, intensamente, anche se con qualche riserva. Pareva sorpresa, parecchio, ma era soprattutto all'erta. Tuttavia non ebbe il tempo di manifestare alcuna reazione, né tantomeno di parlare, perché un istante dopo successero molte cose contemporaneamente: il libro di Rune Antiche che aveva Appellato colpì duramente Piton sulla nuca per raggiungere le sue mani, facendolo gemere di dolore; la scrosciante risata di Sirius, che aveva osservato la scena seduto comodamente sul ripiano del proprio banco, si levò alta all'interno dell'aula, ben presto accompagnata da quelle di molti altri, Remus e Peter compresi, mentre il professor Dixon faceva il proprio ingresso all'interno dell'aula, una valigetta scura stretta in mano.
« Buongiorno, classe! » esclamò, abbandonandola sulla cattedra prima di rivolgere a tutti un gran sorriso. « Piccola curiosità: di chi era quel libro che svolazzava indisturbato per i corridoi? Non mi è finito addosso per un soffio, ma devo congratularmi: un ottimo incantesimo di Appello ».
Ancora scossa, Lily strinse il libro fra le mani e lanciò a Piton un ultimo sguardo interrogativo, poi si rivolse all'insegnante.
« Era il mio, signore » disse, stringendosi nelle spalle timidamente. « Mi scusi, lo avevo dimenticato in Dormitorio e così... »
« Ah, non scusarti, Lily » replicò Dixon gioviale, accomodandosi dietro la cattedra. « Capita a tutti di avere la testa un po' per aria... soprattutto di prima mattina ».
Lei accennò un sorriso e, esattamente come gli altri, sedette al proprio banco, stordita.
L'ultimo a prendere posto, invece, fu James, che la fissava ormai da un po' senza che lei se ne accorgesse. 
Era stato l'unico a non ridere quando il libro era finito addosso a Piton, perché, guardando la scena, un pensiero improvviso gli aveva annebbiato la mente: possibile che, prima che ciò accadesse, il ragazzo stesse parlando con Lily? Gli era parso che i due fossero stati impegnati a guardarsi già da prima che il libro arrivasse, e questo lo insospettì parecchio.
« Ah, no, ragazzi, spiacente, credo che sarete costretti a rimanere in piedi ancora per un po' » annunciò il professor Dixon, facendo cenno a tutti di rialzarsi. « Oggi niente teoria, solo un ripasso veloce prima di metterci all'opera. Riprendiamo i Patroni ».
A quelle parole, un mormorio entusiasta si diffuse per l'aula, e sul volto dei ragazzi si dipinsero sorrisi che assai raramente si vedevano all'interno delle diverse aule del castello.
Era un argomento che avevano affrontato mesi prima, ma che Dixon aveva poi accantonato per dare la precedenza a temi un po' più semplici, promettendo, comunque, di ritornarci non appena l'avesse ritenuto opportuno, certo che molti dei suoi ragazzi sarebbero stati all'altezza del compito se solo avessero avuto una dose di preparazione e concentrazione in più. Ed infatti quasi tutti gli studenti presenti quel giorno in classe furono felici di notare che la promessa di Dixon era stata mantenuta, perché, nonostante l'Incanto fosse estremamente complesso, avevano trovato eccitante l'idea di confrontarsi con un tipo di magia così avanzata, e non vedevano l'ora di rimettersi alla prova.
Dixon, così, sorrise incoraggiante alla classe e, con un elegante movimento della bacchetta magica, lasciò che banchi e sedie si disponessero in fondo all'aula.
« Bene » disse poi, battendo le mani. « L'Incanto Patronus. Come sapete è estremamente difficile da padroneggiare, ma io ho molta fiducia in voi. Sono certo che alcuni riusciranno a farcela, non ho il minimo dubbio. Inoltre, ho anche pensato che, se mi darete una bella risposta in queste lezioni, potrei informare la commissione che vi esaminerà ai M.A.G.O. dei vostri successi. Tranquilli » si affrettò a dire, placando così le immediate proteste di un paio di studenti, « questo argomento sarà oggetto soltanto di domande teoriche, e se mai vi chiederanno di tentare l'incantesimo, sarà solo un extra che non comprometterà il vostro voto in caso di insuccesso. Chi ci riuscirà, invece... beh, avrà un Eccezionale praticamente assicurato ».
I ragazzi accolsero con enorme sollievo le sue parole, e si mostrarono se possibile ancor più determinati di prima a impegnarsi e a dimostrare il proprio valore.
Dopotutto, se c'era una cosa che il professor Dixon era brillantemente in grado di fare, quella era motivare i suoi studenti.
« Allora » proseguì, lasciando scivolare la bacchetta fra una mano e l'altra. « Facciamo un breve riepilogo. Come tutti ormai saprete - o almeno voglio sperare che sia così -, il Patronus è forse il più potente incantesimo difensivo esistente. E' l'unico che ci permette di proteggerci dai Dissennatori e dai Lethifold, ma è utile anche per un'altra funzione... sai dirmi quale, Remus? » domandò, arrestandosi a pochi passi dal ragazzo con le mani intrecciate dietro la schiena.
« Serve a comunicare » rispose lui. « Chi è in grado di far parlare il proprio Patronus, può inviare messaggi che arrivano dritti al destinatario ».
« Esattamente » confermò il professore, ricominciando a camminare. « Cinque punti a Grifondoro. Attraverso questo incanto, dunque, è possibile evocare un guardiano capace di proteggere il mago dagli attacchi delle creature che abbiamo nominato in precedenza. Difatti, la formula di questo incantesimo è Expecto Patronum, che in latino vuol dire...? Alan, a te l'onore ».
Il ragazzo, a differenza di Remus un minuto prima, non parve pronto a rispondere, e dopo qualche attimo di silenzio diede in un'espressione insofferente e accigliata.
« Prof, avanti, non può chiedermi di tradurre qualcosa dal latino, su! » esclamò, provocando l'ilarità di tutta la classe. « E' una lingua morta, no? Sarebbe come farla uscire dalla tomba! »
« Bella mossa, Alan, ma non è così semplice » fece Dixon, sorridendo complice. « Spesso sono i dettagli a fare la differenza in un esame, e visto che tutte le formule magiche derivano dal latino, non sarebbe male conoscerne il significato. E poi, la cara professoressa Marchbanks è una classicista, tiene molto a quella che tu definisci lingua morta ».
Al suono di quel nome, Alan sbarrò gli occhi, ricordando con vivido terrore l'esame di Incantesimi che aveva sostenuto con l'anziano Capo della Commissione Magica d'Esame. Aveva sentito dire già prima dei G.U.F.O. che era un osso duro, e la sua verifica aveva confermato le voci che erano circolate sul suo conto. Il volto rugoso e il corpicino minuto e ricurvo della donna lo avevano atterrito sin dal primo momento in cui l'aveva vista.
« Ah, quella vecchia megera... » bofonchiò infatti, una mano che si perdeva tra i ricci in disordine. « Ma è sicuro che sia ancora viva? Insomma, ho sentito dire in giro che ha addirittura esaminato Silente ai M.A.G.O. e... voglio dire, un essere umano non può vivere tanto a lungo, no? »
Le risa dei componenti della classe si erano fatte più rumorose e scroscianti, e il professor Dixon fece parecchia fatica a trattenersi dall'imitarli.
« Ti assicuro che è viva, Alan, e ho il sospetto che ci terrà compagnia ancora per molto » rispose con un sorriso divertito stampato in volto. « Sicuramente quest'anno sarai più fortunato e verrai esaminato da qualcun altro, fidati ».
« Sì, certo... » ribattè subito il ragazzo, palesemente scoraggiato. « E tra una quindicina d'anni sarò anche Ministro della Magia... »
Una nuova ondata di risate risuonò fra le mura dell'aula, a cui lo stesso Alan si unì ben presto. 
Ormai aveva deciso di scendere a patti con la sua iella, così da affrontarla con composta rassegnazione.
« Allora, chi sa dirmi cosa significa Expecto Patronum? » tornò a chiedere il professore una volta ripristinato l'ordine.
« Attendo un protettore » rispose a quel punto Piton in tono annoiato.
« Esatto, Severus, cinque punti a Serpeverde » disse Dixon, annuendo con fermezza. « Il Patronus è uno scudo di pura energia positiva. Per evocarlo, infatti, è necessario che la nostra mente venga colmata dal ricordo più felice a cui possiamo appigliarci. Solo quando questo ci avrà invaso completamente, l'incanto potrà considerarsi riuscito. E a quel punto, cosa potrebbe scaturire dalla nostra bacchetta, Alice? »
« E' possibile produrre dei Patroni corporei e incorporei » rispose prontamente lei con un bonario sorriso. « Questi ultimi si manifestano come delle masse di vapore argenteo, e può essere una precisa scelta del mago quella di non rivelare la forma del proprio Patronus, anche se quelli incorporei garantiscono una protezione meno intensa rispetto a quelli corporei, che invece assumono la forma di un animale ».
« Ottima spiegazione, Alice, dieci punti a Grifondoro! » fece Dixon con palese soddisfazione. « Il Patronus corporeo assume la forma di un animale bianco-argenteo, e nonostante i numerosi studi condotti sull'argomento - per gran parte opera del professor Catullus Spangle -, non si è ancora riusciti a stabilire un sistema attendibile attraverso cui poter individuare la forma del Patronus di ogni mago prima che l'incantesimo venga effettuato ». Prese posto sulla sua cattedra, lo sguardo degli studenti puntato addosso. « Sapete » proseguì poi, « il Patronus è una forza prettamente personale, che scaturisce dall'interiorità di ognuno di noi. Quando si ricorre a questo incanto, infatti, ci si aggrappa a qualcosa di troppo profondo e intenso per poter essere spiegato razionalmente, qualcosa di cui spesso nemmeno noi stessi siamo a conoscenza. Per questo motivo è praticamente impossibile sapere che forma assumerà a priori, e molte volte il risultato stupisce in primis il mago che l'ha evocato. Ad ogni modo, si tratta di un qualcosa che ci appartiene e che, delle volte, la nostra stessa personalità non ha ancora accettato o recepito. Si ha a che fare con un'entità misteriosa e nascosta, ma senza dubbio estremamente potente ».
I ragazzi lo fissavano con attenzione, rapiti sia dall'eloquio dell'insegnante che dall'oggetto della sua spiegazione.
« Affascinante, non è vero? » commentò infatti Dixon, notando gli sguardi attoniti dei suoi studenti. « Su, allora, è giunta l'ora di darci alla pratica ».
Mentre tra gli studenti si riaccendeva l'entusiasmo, il professore scese con un abile saltello dalla cattedra e si avvicinò nuovamente alla classe, sorridendo incoraggiante.
« Dunque, se la memoria non mi inganna, Lily è stata l'unica che è riuscita a produrre un Patronus corporeo la prima volta in cui abbiamo provato l'incantesimo, non è così? » chiese non appena li ebbe raggiunti, e la ragazza rispose con un breve cenno del capo e un sorriso. « Bene, ti va di ritentare? Sono certo che andrà bene anche questa volta, e i tuoi compagni potranno prendere esempio da te. Potresti ricordarmi che forma aveva assunto il tuo Patronus? »
« Una civetta, signore » rispose lei, e Dixon annuì con energia.
« Già, ora ricordo. Una splendida civetta, Lily » disse con un gran sorriso, poi sollevò il dito indice e proseguì dicendo: « Oh, proprio a proposito di questo, un piccolo appunto che ho dimenticato di illustrarvi durante la nostra prima lezione dedicata all'argomento: nonostante gli studi sulla forma dei Patroni presentino ancora numerosissime lacune, appare chiaro che alcune specie di animali in particolare siano più insolite rispetto ad altre. I gufi, per l'appunto, raramente si manifestano sottoforma di Patronus, così come gli animali estinti e le Creature Magiche in genere. Tenetelo a mente, ragazzi ».
Alcuni fecero di sì col capo, poi guardarono l'insegnante far segno a Lily di farsi avanti per la dimostrazione pratica dell'incantesimo.
« Quando sei pronta... » disse gentilmente, e si fece da parte per lasciare che si concentrasse.
Lei prese un bel respiro, sentendosi parecchio a disagio di fronte a tutti quegli occhi che la fissavano, ma per sfuggirvi decise di concentrarsi per un istante solo su quelli del ragazzo che stava appoggiato di fianco alla parete sinistra della classe, le braccia incrociate all'altezza del petto: James.
La osservava con curiosità, e il piccolo sorriso che gli incurvò le labbra non appena si guardarono fece scattare la sua mente ancor prima che potesse essere lei   a scegliere il ricordo a cui aggrapparsi, riconducendola quasi in automatico ad uno di estrema e totale felicità: quegli stessi occhi, incastonati su un volto da cervo... il vento fra i capelli, ovunque, dentro di lei... le macchie di cielo rosato, fra le fronde degli alberi sempre più spoglie... l'abbraccio di James, timoroso, caldo, accogliente... 
« Expecto Patronum! »
Dalla punta della bacchetta schizzò fuori una luce argentea quasi abbagliante, e Lily riuscì ad avvertire chiaramente tutta l'energia che l'incantesimo era in grado di sprigionare.
Le ci volle un momento, però, per capire che qualcosa era cambiato.
Non c'era nessuna civetta luminosa che svolazzava per l'aula, le voluminose ali spiegate mentre planava attraverso la stanza. 
Al posto dell'uccello, infatti, vi era una cerva, minuta e gracile, ma dall'aria affascinante, che camminava a passo lento intorno alla ragazza dallo sguardo smarrito. 
E tale fu lo shock per quella visione totalmente inaspettata che tutta la concentrazione accumulata fino a quel momento svanì in un istante, portando via con sé anche l'elegante cerva d'argento.
« Complimenti, Lily! » tuonò il professor Dixon, e a lei parve che la sua voce giungesse da molto, molto lontano. « Venti punti a Grifondoro! »
Qualche applauso di sincera ammirazione da parte di qualche Grifondoro si diffuse per l'aula, spento poi dal nuovo intervento dell'insegnante.
« Ma avete notato cos'è appena accaduto? » domandò, posando una mano sulla spalla di Lily così da indurla a tornare fra i compagni. « Un fatto molto raro, ragazzi, molto raro davvero. Vedete, normalmente la forma di un Patronus resta immutata nel tempo, ma in rari casi, se si verificano particolari condizioni, è possibile che venga del tutto stravolta. In seguito a forti traumi, ad esempio, come un lutto particolarmente doloroso, un drastico mutamento della personalità o la nascita di un sentimento travolgente, a patto che alla base di tale cambiamento vi sia un forte sconvolgimento emotivo. Tanto forte, quindi, quant'è potente la natura dell'incantesimo stesso che, come ho già detto, riesce letteralmente a scavare dentro di noi ».
A quelle parole, quasi tutti, in classe, si voltarono a guardare Lily con avida curiosità, ansiosi di capire cosa avesse indotto il suo Patronus a cambiare forma. Secondo la spiegazione dell'insegnante, infatti, doveva esserci sotto qualcosa di molto grosso, e per la vena fortemente pettegola del corpo studentesco del castello, quel risvolto tanto succulento quanto inatteso altro non era che nuova linfa per il chiacchiericcio generale.
« No, no, no, niente domande, gente! » fece Dixon, afferrando al volo le loro intenzioni. « Lily ha già brillantemente adempiuto al suo dovere, e voi avete ben altro da fare che impicciarvi e curiosare nella sua vita privata, perciò al lavoro! »
Si mise da parte per osservare il lavoro degli studenti da una visuale migliore, e così fece anche Lily, lo sguardo fisso a terra. 
Issatasi su un banco, accavallò le gambe e strinse forte il ginocchio fra le mani intrecciate, decisa ad evitare gli occhi di chiunque. 
Stentava ancora a credere a ciò che era appena successo. 
Il battito cardiaco, violentemente accelerato da quando la cerva era venuta fuori dalla punta della sua bacchetta, non accennava a rallentare, e si sentiva così debole e lontana dal mondo circostante che la stanza avrebbe potuto crollarle addosso, e lei non sarebbe comunque riuscita a muoversi di lì. Con ogni angolo della propria mente apparteneva al ricordo vividissimo della scena vissuta un minuto prima, quasi avesse eretto intorno a lei una barriera che le impediva di distanziarsi da quel pensiero fisso. E già sapeva che non sarebbe riuscita a liberarsi.
Che sensazione orribile, essere consapevoli di quanto tutto abbia un senso ma non voler riuscire a coglierlo... eppure si ostinava a credere che niente quadrasse, forse perché questo semplificava un po' tutti i problemi... i dubbi, però, non facevano che moltiplicarsi istante dopo istante, e ignorarli non l'avrebbe aiutata a lasciarseli alle spalle. Aveva bisogno di affrontarli, ma quello sembrava tutto fuorché il momento più adatto per farlo, per cui decise di trasferire le proprie riflessioni altrove, magari gettando le basi per ciò su cui avrebbe rimuginato a tempo debito.
Il suo vecchio Patronus, ad esempio. 
Quella civetta aveva avuto un significato ben preciso per lei, un senso che non aveva affatto faticato a cogliere. 
Aveva sempre avuto un'affinità molto particolare con i gufi, e tutte le volte in cui si soffermava a rifletterci, ricollegava quei sentimenti alla gioia inesprimibile generata dalla sua appartenenza al mondo magico. Un mondo che, sì, le aveva sottratto qualcosa di prezioso, ma che allo stesso tempo le aveva donato tanto. Un mondo che, nonostante in molti non la pensassero così, le apparteneva pienamente. Quando aveva appena cominciato ad assaporare la sua natura di strega, passeggiando per la prima volta lungo la magica Diagon Alley, era rimasta estremamente affascinata dalla moltitudine di gufi che la osservavano attraverso le gabbie dell'Emporio del Gufo, e non aveva avuto il minimo dubbio riguardo all'animale che avrebbe portato con sé a scuola. Arrivando ad Hogwarts, poi, aveva facilmente potuto scoprire che il suo posto preferito del castello era proprio la Guferia, un luogo insolito e frequentato da tutti solo in caso di necessità, ma che in qualche modo riusciva a farla sentire a casa più di qualsiasi altro all'interno di quelle mura.
Per tutte quelle ragioni, non era riuscita a trattenere un sorriso quando dalla sua bacchetta era scaturita una splendida civetta argentea. Non aveva neanche riflettuto, prima che l'incantesimo riuscisse, sulla forma che il Patronus avrebbe assunto, ma non appena aveva osservato le ali dell'uccello agitarsi elegantemente sferzando l'aria e gli occhi vispi scrutarla con interesse, si era subito resa conto di averlo sempre saputo.
Le sensazioni che la invadevano in quel momento, invece, erano in qualche modo simili e assai differenti insieme. 
La sorpresa e l'inconscia consapevolezza che, chissà come, finivano per mescolarsi in una turbolenta agitazione, un frastornamento che la elettrizzava da capo a piedi... ecco cosa provava. Ecco cosa le si agitava dentro: un groviglio di gioia e confusione, di frenesia e timore, di irrequietezza e ansia, e poi tante, tante ingarbugliate aspettative. Si sentiva così sulle spine da vedere tutto sfocato, ma sapeva bene che era solo una strana, momentanea sensazione che l'avrebbe presto abbandonata.
Nei minuti che seguirono non prestò molta attenzione a ciò che succedeva nel frattempo in classe, ma intorno a lei la lezione proseguì in tutta normalità: Dixon passeggiava fra gli studenti, incoraggiandoli a lasciarsi andare a ricordi profondi e intensi ed elogiandoli anche quando dalla loro bacchetta fuoriusciva soltanto del fumo grigio-argenteo, ma il primo a riuscire a tutti gli effetti nell'impresa fu Frank, il quale liberò dalla propria bacchetta un enorme San Bernardo dall'aria bonaria che cominciò ad agitare la coda e a correre forsennatamente lungo tutto il perimetro dell'aula.
Lui sorrise e, non appena Alice lo strinse a sé in un rapido abbraccio festante, la luce emanata dal grosso cane argenteo parve farsi ancor più intensa.
« Bravissimo, Frank! » esclamò l'insegnante, battendo entusiasta le mani. « Venti punti anche per te! »
I Grifondoro presenti esultarono ancora una volta, poi fu il turno dei Tassorosso, che lodarono un piccolo e brillante castoro dalla lunga coda piatta evocato da una ragazza minuta e dotata di una possente chioma di riccioli biondi che oscurava quasi del tutto il suo viso pallido e sottile.
« Eccezionale, Pamela! Altri venti punti a Tassorosso! » disse Dixon, parecchio su di morale. « State facendo un ottimo lavoro, ragazzi, i miei complimenti! »
Passarono solo alcuni minuti prima che qualcun'altro riuscisse a padroneggiare l'incantesimo: fu la volta di Sirius, che osservò il proprio cane argenteo gironzolare per la stanza scodinzolando frenenticamente, e quasi nello stesso istante ebbe fortuna anche James, radioso di fronte al maestoso cervo venuto fuori dalla sua bacchetta. 
Entrambi risero quando i due animali cominciarono a scrutarsi da vicino, poi si batterono un poderoso cinque.
« Qui dentro sbocciano persino luminose amicizie, guardate un po'! » ridacchiò il professor Dixon. « Quaranta punti a Grifondoro! »
« EVVAI! » urlarono all'unisono i due, brandendo le bacchette in aria e, persa la concentrazione che li teneva in vita, i due Patroni svanirono all'istante.
L'allegria di James, però, non durò molto a lungo.
Un altro Patronus, nella stanza, aveva acquisito forma per poi disperdersi nel nulla appena un paio di secondi dopo. 
Era stato Piton ad evocarlo.
Distante dal resto del gruppo al fine di trovare la giusta concentrazione per la buona riuscita dell'incantesimo, non si era nemmeno accorto dei successi dei compagni celebrati dall'insegnante durante il corso dell'ora, e per tutto il tempo aveva tenuto gli occhi incollati alla punta della propria bacchetta, nella speranza che ne venisse fuori qualcosa. Solo in quel momento, però, era riuscito nel suo intento, qualche secondo più tardi rispetto a James.
Dalla sua bacchetta prese forma una luce abbagliante che si tramutò in cerva, e non appena i suoi occhi si posarono sull'animale argenteo, questo si dissolse nel nulla, senza lasciare la minima traccia.
Sconvolto, fissò il proprio sguardo su Lily, e con sollievo notò che la ragazza stava osservando tutt'altro. A voltarsi, invece, era stato il professor Dixon, incuriosito dal lampo di luce che aveva fatto appena in tempo a vedere prima che sparisse del tutto.
« Severus... ce l'hai fatta anche tu? » domandò, facendolo tornare bruscamente in sé. « Era un Patronus corporeo? Non sono riuscito a vederlo ».
Prima ancora che il ragazzo potesse aprir bocca per parlare, una ragazza della sua stessa Casa, avida di punti, lo precedette.
« Oh, sì che lo era! » disse, annuendo ripetutamente e con una certa foga. « Io l'ho visto, era una cerva, praticamente identica a quella di E-... »
« Ah, ma che dici? » intervenne aspramente un altro ragazzo di Corvonero. « Era chiaramente una gazzella ».
« Sì, certo, una gazzella... » sbottò lei, ridacchiando per schernirlo. « E sentiamo, le corna le aveva tagliate e messe da parte o cosa? »
« Non tutte le femmine di questa razza hanno le corna » replicò prontamente lui, saccente, e la ragazza stava per ribattere quando Dixon intervenne.
« D'accordo, d'accordo, che ne dite di interpellare il diretto interessato, invece di elaborare congetture? » fece, sollevando entrambe le mani per zittirli, poi si rivolse a Piton. « Allora, Severus, sei riuscito a capire che forma ha assunto il tuo Patronus? »
Lui gli lanciò uno sguardo di sottecchi e scosse il capo.
« No, io... non ne sono sicuro » rispose, evasivo. « Nessuno di quei due, comunque » aggiunse cauto, facendo un cenno ai due ragazzi, e l'insegnante annuì.
« Beh, non importa... venti punti anche a te! » disse, sorridendogli per poi voltargli le spalle, ma Piton non gli prestò nemmeno ascolto.
La visione di quella cerva e il solo pensiero delle conseguenze che avrebbe potuto comportare se qualcuno l'avesse vista lo avevano sconvolto.
Sapeva bene che, in effetti, gli unici bei momenti della sua vita erano strettamente legati a Lily - tanto che si era appellato proprio a un pomeriggio particolarmente felice trascorso in sua compagnia per evocare il Patronus -, ma non si era aspettato che la forma dell'incantesimo rispecchiasse il ricordo da lui prescelto. E non si era aspettato nemmeno che i suoi sentimenti per Lily prendessero tanto il sopravvento... eppure era appena successo.
Era un legame insolito, quello che lo teneva ancora vicino a lei, ancor di più se rifletteva sulla strada che aveva deciso di intraprendere. Lily incarnava esattamente gli ideali contro cui aveva deciso di combattere e, se davvero si era unita all'Ordine della Fenice, allora rappresentava a tutti gli effetti il nemico.
Con il passare del tempo, pur continuando a rivolgere i propri pensieri a lei più volte di quanto avrebbe desiderato fare, aveva creduto di poter voltare pagina, complice la sua scelta di assecondare la propria passione per le Arti Oscure e di affrontare con assoluta fedeltà il nuovo, importante compito affidatogli da Voldemort: quello di servirlo senza indugi, facendo sì che il disegno da lui tracciato sul destino del mondo magico riuscisse a compiersi.
La forzata separazione a cui era stato costretto da Lily stessa in seguito alla loro lite, poi, lo aveva indotto a sperare di poter mettere la parola fine a quella storia, cosa che gli avrebbe permesso di concentrarsi sulla sua missione con la massima consapevolezza e senza il minimo rimorso. 
Ma a quanto pareva, qualcosa di molto più forte del suo volere lo teneva ancorato al fronte opposto. E questo, doveva ammetterlo, lo spaventava. 
Lo spaventava l'idea che quasi due anni interi di lontananza da lei non l'avessero ancora cancellata dalla sua mente. 
Lo spaventava pensare a quanto quel legame gli sarebbe costato in futuro, e a quanto sarebbe stato disposto a pagare per esso.
Lo spaventava l'intensità di quel sentimento, e ancor di più la facilità con cui chiunque potesse smascherarlo.
Lo spaventava, più di ogni altra cosa, l'assoluta certezza di non poterlo seppellire, né tantomeno dimenticare.
Strinse le labbra con forza, tentando di scacciare via quei pensieri, e solo allora notò che i compagni avevano ripreso a esercitarsi in tutta tranquillità.
Quando si guardò intorno, però, il suo sguardo finì per ricadere su James, immobile al lato opposto della stanza. Lo stava fissando con insistenza, e pareva che volesse schiaffeggiarlo con il disprezzo che trapelava dai suoi occhi. 
A Piton non servì nient'altro: Potter aveva capito. Aveva capito ogni cosa.
La campanella suonò poco più di cinque minuti dopo, ma nessuno ripose immediatamente le bacchette. Tutti volevano fare un ultimo tentativo.
« Matt, ho detto che ci riproveremo la prossima volta, metti giù quella bacchetta » disse Dixon a Matt Davies quando, più di un minuto dopo, non si era ancora deciso a mollare, e il ragazzo gli rivolse un'occhiata risentita prima di riporre la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni. « Bene, allora, alla prossima, gente. Continuate così. Bravi, bravissimi davvero » concluse l'insegnante con un sorriso orgoglioso, e sventolò la mano in segno di saluto prima di andar via.
All'interno della classe si diffuse all'istante un'ondata di mormorii eccitati: qualcuno sosteneva con una certa convinzione di aver intravisto i tratti di un animale formarsi nella massa di fumo argenteo sbucato fuori dalla bacchetta; altri si lagnavano per non aver prodotto alcunché, lasciando ricadere la colpa dell'accaduto sulle loro esistenze decisamente infelici; un Serpeverde affermò con presunzione che il castoro evocato dalla dolce Pamela era stato in realtà il suo Patronus, di cui la Tassorosso, maligna e senza scrupoli, si era presa ingiustamente il merito (teatrino a cui la ragazza aveva posto fine scagliando una Fattura Orcovolante che aveva colpito il Serpeverde in pieno viso, e per cui si era giustificata dicendo: « Essere una brava ragazza fa schifo. Mi sono stufata »). Insomma, un gran trambusto che sicuramente non sarebbe cessato per un po'.
Lily uscì dalla classe in compagnia di Alice e Scarlett parlottando proprio dell'accaduto, parecchio divertita.
« In questa scuola sono tutti matti » disse, sistemandosi il cappuccio del mantello, e si arrestò un momento accanto alla finestra per dare un'occhiata al cielo.
« Da sempre, tesoro, ma noi abbiamo ben altro di cui discutere » le disse Alice, mentre tutte e tre riprendevano a camminare.
Lei serrò le labbra e chinò il capo, chiedendosi se fosse pronta per affrontare un dibattito sul suo nuovo Patronus, e si disse che no, non lo era affatto. 
Stava proprio per comunicarlo alle amiche, quando una voce chiamò il suo nome, inducendola a voltarsi.
Piton l'aveva richiamata nuovamente, anche se, prima di farlo, lo avevano angustiato forti dubbi. 
La presenza delle amiche di Lily lo aveva frenato, e gli era parso decisamente poco cauto tentare un approccio proprio di fronte a loro. Dopotutto, però, non aveva la certezza che un'occasione come quella potesse ripresentarsi in tempi brevi: con ogni probabilità, Voldemort era già stato informato di ciò che lui e i suoi compagni avevano origliato quella stessa mattina, e inoltre era abbastanza raro che si trovasse a gironzolare per il castello senza di loro. 
Ad ogni modo, Lily non era più al sicuro. Doveva sapere. 
Quando pronunciò il suo nome, lei non fu l'unica a voltarsi, ma d'altronde avrebbe potuto prevederlo. Alice e Scarlett lo fissarono sorprese, poi si soffermarono su Lily che lo scrutava sospettosa, presa ancora una volta in contropiede dal suo richiamo anche se non voleva darlo a vedere.
Approfittando del suo smarrimento, Piton le si fece vicino e, senza degnare d'uno sguardo le altre due ragazze, tentò di convincerla a rimanere.
« Devo parlarti » disse sottovoce, molto serio. « E' importante. Per favore, dammi un minuto ».
Mentre lo ascoltava, Lily continuò a pensare a quanto surreale fosse quella scena. Cosa poteva esserci di tanto importante da spingere Piton a parlarle quando aveva smesso di tentare da quasi due anni? La cosa la insospettì, ma non riuscì proprio a immaginare di cosa potesse trattarsi.
« Vi raggiungo in classe » disse alle amiche, seppur con riluttanza, e notando che titubavano annuì, passandosi la lingua sulle labbra intorpidite.
Fu solo quando si furono allontanate che rivolse la sua attenzione a Piton, un sopracciglio inarcato e un'espressione glaciale sul volto.
« Che cosa c'è? » chiese a bruciapelo, sistemandosi la borsa sulla spalla.
Lui si guardò intorno e notò che, all'imboccatura opposta del corridoio, James li osservava, raggelato. Gli sguardi dei suoi amici erano fissi su di lui. 
Per la seconda volta nel giro di poco tempo, avvertì tutto il suo odio piombargli addosso, implacabile, ma decise di non badarci, così tornò a concentrarsi su Lily che, a un paio di passi da lui, continuava a squadrarlo con sospetto.
« Mi dispiace di averti... » esordì. Poi scosse impercettibilmente il capo e tacque un momento. « Si tratta di te, della tua... sicurezza ».
La vide aggrottare la fronte, ma ancora una volta non disse niente e si limitò ad ascoltarlo, le braccia incrociate all'altezza del petto.
« So che fai parte dell'Ordine della Fenice » disse lui senza ulteriori preamboli, e gli parve di scorgere un lampo di sorpresa attraversare i suoi occhi verdi prima che il suo volto tornasse a distendersi come un piatto specchio che non rifletteva alcunché. Fu certo, però, di non averlo affatto immaginato.
« Non so di cosa tu stia parlando » disse Lily con freddezza solo qualche secondo più tardi.
Le sue parole l'avevano spiazzata. 
Com'era possibile che quell'informazione (in effetti non del tutto vera) fosse giunta fino a Piton? Tutte le volte in cui lei e i suoi amici avevano discusso dell'Ordine e della loro intenzione di entrare a farne parte lo avevano fatto nella massima segretezza. 
Continuò a rimuginare sulla faccenda, ma tentò di mascherare la sorpresa con una convincente espressione perplessa: Piton sapeva già troppo, non poteva permettersi di dargli altri motivi per credere a una notizia che, in un modo o nell'altro, era già arrivata alle sue orecchie. 
« So bene che non lo ammetteresti mai di fronte a me » disse Piton, e lei lo sorprese con una breve risata amara.
« Oh, beh, se hai già tutte queste certezze sul mio conto, mi pare del tutto inutile continuare questa conversazione » tagliò corto seccamente, e fece per voltargli le spalle e andare via, infastidita da quel poco desiderato scambio di battute.
Il ragazzo, però, la afferrò per un polso e la costrinse a voltarsi. Fu un contatto che a Lily non piacque affatto, tanto che, senza esitare, scrollò il braccio per fare in modo che la lasciasse andare, e lui ritrasse subito la mano come se la sua pelle fosse diventata all'improvviso rovente come lava.
« Che cosa c'è ancora? » sbottò, arretrando di un passo. « Non ho voglia di stare qui ad ascoltarti, non voglio sentire una parola di quello che hai da dire! »
« Ma, Lily, si tratta di te! » disse lui con maggiore veemenza, poi continuò a parlare sottovoce. « Il Signore Oscuro verrà a conoscenza delle tue mosse. Se sei entrata a far parte di quell'organizzazione, non sei più al sicuro, riesci a capirlo? Lui lo sa, Lily, e cercherà di farti fuori in un baleno non appena ne avrà la possibilità. Devi tenere gli occhi aperti, d'accordo? »
Lei era sconvolta. Si era fatto più vicino, e i suoi sussurri erano concitati e frenetici, ma lei non aveva intenzione di ascoltarli, né di credere a ciò che diceva.
« Non mi fido di te » sibilò infatti, rabbiosa. « Con che coraggio vieni a mettermi in guardia da Voldemort quando sappiamo entrambi che combatti fra le sue fila? Come puoi fingere che t'importi se sono in pericolo quando il pericolo sei tu? »
Piton non riuscì a replicare e, approfittando del vantaggio conquistato, Lily continuò a riversare su di lui tutta la propria frustazione.
« Se ben ricordi » proseguì, sempre più pungente, « non meno di due mesi fa, tu e i tuoi amichetti mi avete spiattellato tutta la verità sul vostro conto! Credevate di essere al sicuro sotto quegli stupidi cappucci, e in effetti l'avete fatta franca, ma a me e a James non serviva guardarvi in faccia per capire chi foste! E tu hai la faccia tosta di parlarmi dopo quello hai fatto proprio a James quella notte? So che sei stato tu, tu, con quell'incantesimo raccapricciante, e nel caso la notizia non fosse arrivata alle tue orecchie, sappi che ha rischiato la vita! Sarebbe potuto morire, perché tu e quegli altri vigliacchi ci avete lasciati lì da soli e lui... lui non smetteva di sanguinare! »
Gli occhi cominciarono a bruciarle e li sentì riempirsi di lacrime bollenti. 
Il nervosismo per quel confronto inaspettato, la spavalderia di Piton, l'immagine di James privo di sensi, con il petto squarciato da ferite profonde... tutto si era mescolato facendole tremare violentemente la voce e distruggendo il suo autocontrollo per qualche momento, finché non riuscì a riprendersi e a ricacciare indietro le lacrime per non mostrarsi debole proprio di fronte a lui.
E se per lei ricordare quella scena aveva significato un forte scombussolamento emotivo, per Piton era stato uno schiaffo in pieno viso.
Osservare le sue emozioni e la paura al ricordo di quella notte affollarsi nei suoi occhi accesi aveva fatto montare in lui una rabbia inaudita, mista a una dolorosa, ineffabile tristezza. Oramai, negarlo era da sciocchi: Lily era sua. Completamente sua.
« Già... una scena veramente eroica... » bofonchiò, profondamente risentito, e Lily ne rimase talmente sconvolta che non riuscì a proferir parola.
Non riusciva a credere che l'odio che Piton aveva sempre nutrito nei confronti di James potesse sfociare in crudeltà. Ma se era entrato a far parte di una banda di assassini, allora forse non c'era più nulla di cui meravigliarsi. Semplicemente, Piton non era più il ragazzino che le parlava con occhi sognanti delle meraviglie che il mondo della magia aveva da offrirle. Era quanto di più lontano avesse conosciuto di lui anni prima.
Ma anche Piton, d'altro canto, non riusciva più a riconoscere in Lily la ragazza che un tempo disprezzava James Potter con tutta se stessa, quella che sapeva leggere nel cuore delle persone senza lasciarsi scalfire dalle opinioni altrui. Non voleva credere che si fosse lasciata plagiare da colui che aveva sempre odiato, ma non voleva nemmeno pensare che quell'odio potesse essere stato una maschera per celare qualcos'altro, qualcosa che solo adesso era venuto fuori.
In particolar modo, però, non era pronto ad accettare che la ragazza che aveva conosciuto e amato fosse d'un tratto svanita nel nulla.
« Alla fine ci è riuscito, allora » mormorò, la voce carica di disprezzo. « Ha fatto il lavaggio del cervello anche a te ».
Lily scosse il capo, sempre più incredula e sgomenta.
« Hai una vaga idea di quello che stai dicendo? » esclamò. « Merlino... da questo punto di vista non sei cambiato affatto. Giudichi le persone senza nemmeno sapere chi sono, ti intrometti nella vita degli altri come se si trattasse della tua, ma non trovi mai un secondo per riflettere su tutte le scelte sbagliate che tu hai compiuto. Forse non sono sempre gli altri ad essere in errore, Severus » mormorò duramente, e tacque per un momento prima di proseguire. « Un paio di anni fa, io ti mettevo in guardia da gente che sarebbe riuscita a far venire fuori il peggio di te. Tu, invece, non stai facendo altro che cercare di allontanarmi da persone che valgono davvero... persone che si sono dimostrate infinitamente migliori di te ».
Lo zittì prima che potesse dire qualsiasi altra cosa, e arretrò di qualche passo, continuando a fissarlo disgustata.
« Affinché tu lo sappia, so cavarmela benissimo da sola, quindi... non prenderti più la briga di proteggermi dal tuo padrone » gli disse, velenosa. « A differenza tua, cercherò di stargli lontana ».
E così dicendo gli voltò le spalle, lasciandolo da solo a riflettere nel bel mezzo del corridoio deserto.
Non avrebbe avuto altre possibilità di ascoltare la sua voce, lo sapeva. 
Quella era stata la sua ultima occasione.








Note della Malandrinautrice: Salve! Come va?
Ahimè, l'estate sta giungendo al termine... da me, la scuola comincia appena un giorno dopo il mio compleanno, l'11: una notizia agghiacciante, dato che fonti certe avevano confermato il sedici come data ufficiale nella mia regione. Preside delle mie straballe.
Anyway, il capitolo è abbastanza breve (per i nostri standard, certo), perché è strettamente connesso al prossimo, ma allo stesso tempo non avremmo mai potuto legarlo al successivo per crearne uno solo. Abbiamo perso tutto questo tempo, comunque, perché abbiamo cominciato a revisionare la storia, ripubblicando i primi due capitoli, e questo lavoro ha richiesto una particolare attenzione.
Tornando a noi, ecco come abbiamo trattato uno dei 'passaggi obbligati' nella storia d'amore tra James e Lily: la questione dei Patronus, che abbiamo voluto porre alla fine di tutto un percorso di crescita compiuto dai due. La faccenda, ad ogni modo, verrà approfondita ulteriormente nel prossimo capitolo.
Uh, a questo proposito, una cosuccia. Vogliamo lasciarvi una piccola immagine di quei due ammmori che ci piace tanto. Eccola qui: 
http://oi42.tinypic.com/xc848k.jpg
.
Detto ciò, passiamo a quei ringraziamenti che - lo sappiamo, lo sappiamo - detestate perché troppo mielosi.
Beh, ce ne infischiamo di tutto il vostro odio (ma solo perché vi vogliamo MOOOLTO bene e dobbiamo ringraziarvi sempre e comunque) e, per l'appunto, ringraziamo di tutto cuore le trentasei dolcissime persone che hanno speso del tempo per noi lasciandoci un commento. Non smette di commuoverci l'entusiasmo di ognuno di voi, e sappiate che non lo diamo per scontato. Siete sempre, capitolo dopo capitolo, una splendida sorpresa. Grazie, grazie infinite davvero!
E grazie tante anche ai 329 delle preferite, agli 81 delle ricordate e ai 340 delle seguite!
Detto questo, vi stringiamo in un forte abbraccio e ci auguriamo che i vostri ultimi giorni di vacanza (per chi può ancora goderne) siano indimenticabili. Un bacione, ciao!


Simona_Lupin

 

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Capitolo 37
*** Erouc li amotlov li ottelfirnon ***





Capitolo 37

Erouc li amotlov li ottelfirnon






 
Era finalmente scesa la sera, e nel Dormitorio delle ragazze tutto procedeva come da copione.
Malgrado avesse finito di cenare già da un po', infatti, Mary - e di conseguenza anche Emmeline - non era ancora rientrata, magari nel tentativo di risparmiarsi un'atmosfera insopportabilmente gelida che, da circa due settimane a quella parte, aleggiava in quella stanza rendendo tutti di cattivo umore. Da quando il gruppo si era diviso, in effetti, non avevano trascorso insieme un attimo in più del necessario, e nessuno, eccetto Alice, aveva trovato di che lamentarsi: avevano sancito un tacito patto al fine di evitare ulteriori conflitti, e tutti parevano beneficiare della situazione di stallo da poco raggiunta. Evidentemente, i tempi per una riappacificazione non erano ancora maturi, quindi tanto valeva tenere i dissapori in sordina e attendere che la vecchia armonia e l'allegria di sempre tornassero nel loro gruppo un tempo quasi indissolubile.
Le tre rimaste ad occupare il territorio neutrale, inoltre, si stavano dilettando nelle solite, noiose attività.
Come accadeva giorno dopo giorno secondo un rituale ormai acclarato, si erano ritrovate a smaltire la pila di compiti arretrati dopo l'ora di cena, al termine di un pomeriggio pieno zeppo di sbuffi, piume abbandonate su pergamene ancora immacolate e capitoli mandati al diavolo dopo appena cinque minuti.
A dire la verità, però, qualcosa di diverso rispetto alla classica scena di routine c'era, e quel qualcosa aveva un nome e un cognome: Lily Evans.
Se solitamente, infatti, la si vedeva impegnata a risfogliare vecchi appunti, a elemosinare verifiche improvvisate che la rendessero un po' più sicura sulla sua preparazione, o più di frequente a inveire - spesso anche in modo parecchio pesante e decisamente poco composto - contro gli insegnanti che più di tutti avevano calcato la mano in vista dei tanto temuti M.A.G.O., quella sera, invece, non era accaduto nulla di tutto questo.
Lily non aveva sfiorato nemmeno un libro, e si trovava distesa sul proprio letto con le tende tirate tutt'intorno, rifugiata fra le lenzuola, immersa in pensieri che, in verità, le amiche riuscivano vagamente a immaginare.
Erano state parecchio discrete con lei in seguito a ciò che era accaduto nel corso della lezione del professor Dixon, non avevano insistito eccessivamente per avere delucidazioni - anche se Alice ne era stata fortemente tentata -, ma si erano messe da parte per far sì che lei in primis riuscisse a fare chiarezza con se stessa e con i propri sentimenti ancora un po' ingarbugliati. Operazione a cui, per l'appunto, si stava dedicando proprio in quel momento.
Gli occhi chiusi e l'avambraccio poggiato sulla fronte, stava rivivendo ricordi e sensazioni con una tale intensità da non sentirsi affatto abbandonata su un materasso rigido, ma preda di un vortice di emozioni inarrestabile che la riconduceva a momenti già spesso riportati a galla. Si sentiva frastornata, come se per tutta la giornata non avesse fatto altro che sbattere la testa contro il muro, cercando di mettere ordine ai pensieri mentre questi, ostinatamente, tentavano di intrecciarsi in matasse sempre più fitte. Una sconfinata debolezza si era impadronita di lei con il passare delle ore, offuscando la sua mente già annebbiata, e pian piano si era lasciata sottomettere da una discordia di sentimenti talmente accesa da averla privata di qualsiasi forza.
Immagini ricorrenti infrangevano la cascata di ricordi dentro la quale aveva passivamente deciso di tuffarsi, tormentandola: una cerva d'argento, smilza ma fiera, un paio di vispi occhi nocciola celati da lenti rotonde, una risata, allegra, travolgente, sferzante come il vento, o forse due... le risate insieme a James, che erano le migliori di cui avesse mai avuto esperienza.
Ritornavano a intervalli regolari e spazzavano via qualsiasi pensiero razionale, dirompenti proprio come quando sbocciavano dalle loro labbra prima ancora che ne potessero avvertire in qualche modo il sapore. E in realtà, non riusciva bene a capire perché i suoi pensieri si stessero focalizzando tanto su quel particolare aspetto, una briciola nell'oceano di piccolezze che costituivano il suo rapporto con James... forse l'unica ragione era che quelle risate l'avevano risollevata tante e tante volte, l'avevano conquistata e avvicinata a lui nella maniera più naturale che si possa immaginare, e lei, d'altra parte, si era lasciata travolgere senza opporre resistenza, perché ne aveva presto colto la spontaneità, la bellezza, il valore. Qualità che in James splendevano come luce pura. Una luce abbagliante che, per qualche contorto meccanismo, pareva essersi riflessa sul suo Patronus attraverso il solo ricordo di quella che splendeva in lui, e che era stata capace di renderlo luminoso come mai sarebbe stato se avesse scelto un altro ricordo, uno qualsiasi... felice, certo, ma mai così intenso.
Da ore, ormai, si ripeteva che la forma assunta dal suo Patronus era stata frutto solo ed esclusivamente del ricordo che aveva scelto, del tutto diverso da quello a cui si era aggrappata la prima volta in cui era riuscita a produrre l'incanto. Quella volta, infatti, l'immagine che aveva attraversato la sua mente era stata una cena di Natale particolarmente felice in compagnia della sua famiglia, ancora profondamente unita. 
Quella scusa, però, non convinceva più neanche lei. 
Ricordava ancora le parole che Dixon aveva pronunciato, così illuminanti e vere da non poter essere in alcun modo negate.

E' praticamente impossibile sapere che forma assumerà il Patronus a priori, e molte volte il risultato stupisce in primis il mago che l'ha evocato. Ad ogni modo, si tratta di un qualcosa che ci appartiene e che, delle volte, la nostra stessa personalità non ha ancora accettato o recepito. Si ha a che fare con un'entità misteriosa e nascosta, ma senza dubbio estremamente potente.

Semplicemente, un cambiamento tanto importante non avrebbe mai potuto essere generato dalla diversa scelta di un ricordo. Quella era una realtà inconfutabile che, dopo un intero pomeriggio di negazione, non si sentiva più pronta a rigettare. Farlo la faceva sentire smisuratamente infantile.
Ma c'era una domanda che, al termine di quella riflessione, finiva per sconvolgerla, tanto che si ostinava ad evitarla con tutte le proprie forze: se non si sentiva più disposta a negare quella verità incontrovertibile, cosa si ritrovava costretta ad ammettere? Qual era la risposta, la spiegazione per quel cambiamento? Il sentirla così vicina la teneva distante, le impediva di afferrarla. 
Forse non era ancora pronta. Forse le serviva un aiuto. E forse solo James sarebbe stato in grado di darglielo, tanto che, anche per quella stessa ragione, non vedeva l'ora di rincontrarlo.
Per quella sera era prevista una ronda, e, al contrario di quanto aveva pensato per tutto il pomeriggio, Lily non provava timore all'idea di rivederlo dopo quanto era accaduto. Solo un lieve, timido imbarazzo.
Chissà cosa si sarebbero detti per rompere il ghiaccio... chissà quando sarebbero arrivati a parlare di quell'argomento così spinoso... e chissà quali conclusioni ne avrebbero tratto, come avrebbero risolto... Era così curiosa di scoprire cosa sarebbe successo che non si curava di aver paura. Il panico l'avrebbe assalita nel momento in cui se lo sarebbe trovato di fronte, lo sapeva, ma non aveva ancora voglia di pensarci.
Riaprì gli occhi, e solo in quel momento si rese conto di avere lo stomaco in subbuglio, come se qualcuno lo avesse acciuffato e rivoltato con inaudita violenza. Deglutì, cercando di riacquistare la calma, ma dopo un po' capì che l'unico modo per distrarsi era cominciare a prepararsi per la ronda. Così si alzò e, con ferma determinazione, spalancò di botto le tende, un'espressione decisa dipinta sul volto.
« Lo Statuto Internazionale di Segretezza della Magia, emanato nel 1698... no, maledizione, nell'89, nell'89! » stava ripetendo Scarlett, ma si arrestò non appena vide Lily e, insieme ad Alice, la fissò con insistenza per un po', richiudendo il libro e lanciandolo ai piedi del letto.
« Cosa c'è? » sbottò la ragazza con compostezza, alzandosi e dirigendosi verso il proprio baule per cercare un asciugamano pulito.
« Nulla, tesoro » fece Alice con un sorrisetto, ricominciando a scrivere. « Pensavamo soltanto che non saresti riemersa fino a domattina, ecco tutto ».
Lei inarcò entrambe le sopracciglia e raccolse i capelli in un alto chignon disordinato, fingendosi sinceramente accigliata.
« E perché mai avrei dovuto? » domandò in tono deciso, come se volesse convincere le amiche e se stessa che non vi era davvero nessuna ragione per la quale si era barricata nel proprio letto, evitando qualsiasi contatto umano con il resto del mondo.
Le ragazze non osarono replicare, e continuarono ad osservarla mentre cacciava fuori dal suo baule anche una camicetta e il maglioncino della divisa scolastica con la spilla da Caposcuola ben in vista all'altezza del petto.
« Andrai alla ronda con James? » chiese a quel punto Scarlett, gli occhi leggermente sbarrati. 
Nonostante la sua indifferenza, infatti, sia Lily che le amiche conoscevano i pensieri che la tormentavano ormai da una giornata intera, e non riuscivano davvero a credere che si sentisse disposta a trascorrere del tempo con il protagonista di tutti i suoi viaggi mentali.
« Cosa ti ha fatto pensare che non ci sarei andata? » rispose lei, continuando ad ostentare nonchalance.
Scarlett e Alice si scambiarono uno sguardo esasperato.
« Hai intenzione di rispondere a tutte le nostre domande con altre domande, questa sera? » sbottò la prima, e Lily rise sommessamente.
« Avete intenzione di ascoltare ancora altre domande come risposte alle vostre domande, questa sera? » fu la sua pronta replica, e senza aggiungere altro filò in bagno, richiudendosi con cura la porta alle spalle.
Con un sospiro, osservò il proprio riflesso nello specchio che troneggiava sulla parete e storse la bocca in una smorfia disgustata: aveva la fronte arrossata e un po' appiccicaticcia (per quanto tempo aveva lasciato ciondolare quel maledetto braccio lì sopra?), i capelli erano un vero e proprio disastro e perdipiù si era mordicchiata così a lungo il labbro inferiore da averlo ridotto in uno stato pietoso, quasi lo avessero tempestato di pugni.
Gemette, chiedendosi come sarebbe riuscita a sistemare quel dramma in così poco tempo, ma non si scoraggiò e diede il via a una completa opera di restauro: si sciacquò il viso, si lavò i denti per quattro minuti interi, si spazzolò i capelli finché non ebbero acquisito un aspetto decente e li sistemò su una spalla per osservare il risultato ottenuto. Dopodiché, si vestì con cura, applicò un velo di trucco al viso e, per finire, si spruzzò addosso un po' del miglior profumo di Alice, sorridendo alla Lily riflessa sullo specchio con un nuovo, solare ottimismo.
« Ci siamo messe in ghingheri, eh? » fu l'accoglienza che le riservò Scarlett una volta uscita fuori dal bagno.
Lei sbuffò e le si fece vicina per spingerle la testa contro il materasso, premendo forte sulla sua nuca scoperta.
« Quante storie... mi sono solo pettinata i capelli » tagliò corto infine, afferrando la bacchetta che aveva lasciato sul comodino e ignorando le sue proteste.
« Non avresti perso mezz'ora neanche per un groviglio di rovi, Lily, non insultare il nostro quoziente intellettivo. E' sopra la media, capisci? » ci tenne a specificare Alice, lanciandole un'occhiata perforante, poi cominciò ad annusare l'aria come un cane in cerca di cibo. « Hai messo il mio profumo? » domandò, gli occhi ridotti a fessure. « Hai messo...? Merlino e Morgana, non ci posso credere. Sarà meglio per te se confessi, Evans, le conseguenze saranno meno dolorose per tutti! Lo sai che quella santissima essenza stimola il desiderio ses-...? »
« No ». La ragazza scosse il capo con tutte le proprie forze e la interruppe prima di ascoltare il peggio, mentre Scarlett si rotolava dalle risate senza mostrare il benché minimo contegno. « Decisamente non lo sapevo » ci tenne a chiarire Lily, riservandole un'occhiataccia.
« Beh, in tal caso sarà meglio che te ne liberi, tesoro, e anche in fretta » fece subito Alice in tono spiccio. « Non oso immaginare cosa potrebbe combinarti quel Potter se ne dovesse avvertire anche solo l'aroma... lo sai che è tutto scientificamente provato, non è vero? » aggiunse, stizzita.
Lily si costrinse a non ridere, ma sollevò le sopracciglia e la scrutò come se avesse voluto passarle attraverso.
« Se il nuovo soprannome di Frank è scienza, sì, lo so bene » rispose, cosa che fece rischiare a Scarlett un irreversibile soffocamento.
Fu il turno di Alice di rivolgerle uno sguardo malevolo e indignato, che però non fu accompagnato da alcun commento. 
« Ad ogni modo, Rossa » fece poi Scarlett, cercando di riprendersi, « lo sai che mancano ancora più di venti minuti all'appuntamento? »
Lily tornò a sedersi sul proprio letto e incrociò le gambe prima di rispondere.
« Ne mancano esattamente sedici, ed è una ronda » precisò, fissandosi le ginocchia. « Che diamine vi è preso questa sera? »
Alice, che aveva ripreso in mano la piuma, alzò gli occhi al cielo e la ripose nel calamaio, voltandosi per fissarla.
« In realtà c'è da chiedersi cosa è successo a te, Lily » disse, superba. « Tanto perché tu lo sappia, ho controllato l'ora, mentre eri in bagno, e sei rimasta chiusa lì dentro per ben trentaquattro minuti, sette in più rispetto al tuo record del quarto anno, ricordi? Avevi un appuntamento con quel tipo strano dai capelli rasta... come si chiamava? »
Lei scoppiò a ridere sonoramente, meravigliata dal fatto che ricordasse ancora quel particolare episodio.
« Terry » rispose allegramente. « Si chiamava Terry. Come hai fatto a ricordartene? L'avevo completamente rimosso! »
Ma in effetti, Alice non sbagliava affatto nel definire quell'avvenimento ai limiti del leggendario.
Lily, infatti, non era mai stata una ragazza maniacalmente attenta alla cura del proprio aspetto, né era solita perdere del tempo ad agghindarsi ed imbellettarsi come una bambola di porcellana per qualsiasi occasione. Dopotutto, si piaceva così com'era - e aveva potuto appurare di piacere, nella sua semplicità, anche al sesso opposto -, perciò si limitava all'essenziale, scatenando così il disappunto di Alice, che non faceva che parlarle di potenziale inespresso, bellezza sprecata e, quando era particolarmente irritata, persino di intollerabile sciatteria.
« E comunque » aggiunse Lily, sollevando l'indice, « bisogna considerare diversi fattori. Primo: avevo quattordici anni. Secondo: era il mio primo appuntamento. Terzo: è stata la mia prima maledettissima cotta. Quarto: per l'amor del cielo, era più grande di me di ben sedici mesi, vi pare roba da poco? »
Le due risero insieme a lei, per poi riprendere a svolgere le consuete attività, mentre la ragazza tornò a stendersi sul materasso con un lieve sospiro, le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi fissi sull'orologio da polso che indossava Scarlett, le cui lancette si muovevano decisamente troppo, troppo in fretta...
E se per quella ronda Lily si era fatta trovare pronta ben prima del previsto, non si poteva dire altrettanto per l'altro Caposcuola.
James, infatti, vagava per il castello senza una meta ben precisa da quasi un'ora, le mani affondate nelle tasche e lo sguardo fisso a terra.
Era stata una giornata sfiancante, una di quelle che, se solo avesse potuto, avrebbe volentieri fatto in modo di dimenticare. Eppure sentiva che neanche il più potente Incantesimo di Memoria al mondo sarebbe riuscito a cancellarne il ricordo. Sapeva che sarebbe stato costretto a convivere con esso ancora per molto, molto tempo, e in qualche modo cominciava già a rassegnarsi a quell'avvilente quanto fin troppo reale prospettiva.
Erano bastati un lampo di luce e un ragionamento elementare a rendere una magnifica giornata la peggiore che avrebbe mai potuto immaginare. Fare due più due non gli era mai parso tanto semplice... ma era stato soprattutto infinitamente doloroso.
E la chiave di tutto era stata quella cerva. Quella cerva argentea che era schizzata fuori dalla bacchetta di Lily, lasciandolo senza fiato, intontito e carico di un'energia che sarebbe stata di gran lunga superiore a quella di cento Patroni messi insieme. Una sensazione straordinariamente simile a pura felicità, di cui però aveva potuto godere solo per pochi, brevissimi istanti. Perché doveva ammetterlo, doveva ammetterlo anche se farlo lo faceva sentire infinitamente stupido: quell'affascinante cerva era riuscita ad illuderlo che Lily potesse essersi realmente innamorata di lui.
Ad influenzarlo erano state le parole del professor Dixon, che in quel momento gli erano parse preziose schegge di elettrizzanti verità.

Normalmente la forma di un Patronus resta immutata nel tempo, ma in rari casi, se si verificano particolari condizioni, è possibile che venga del tutto stravolta. In seguito a forti traumi, ad esempio, come un lutto particolarmente doloroso, un drastico mutamento della personalità o la nascita di un sentimento travolgente, a patto che alla base di tale cambiamento vi sia un forte sconvolgimento emotivo. Tanto forte, quindi, quant'è potente la natura dell'incantesimo stesso che, come ho già detto, riesce letteralmente a scavare dentro di noi.

Ripensando a come si era sentito nell'ascoltare quell'illuminante spiegazione si sentì un perfetto idiota. 
Come aveva potuto pensare che qualche felice momento passato insieme a Lily avesse potuto causarle uno sconvolgimento emotivo tanto forte? 
Il tempo trascorso in sua compagnia aveva significato molto per lui, il rapporto che avevano instaurato gli era sempre parso qualcosa di speciale, ma solo adesso riusciva a rendersi conto che a portarlo a quell'ingenua conclusione era stato il fatto che le parole di Dixon calzassero a pennello solo e soltanto per i suoi sentimenti.
Perché sì, era proprio un forte sconvolgimento emotivo quello che lo aveva colpito da quando aveva lasciato entrare Lily nella sua vita. A volte, se solo si soffermava a pensare alla persona che era stato soltanto un paio di anni addietro, stentava a riconoscersi, e allo stesso tempo riusciva a comprendere quanto la sua influenza, in un modo o nell'altro, fosse stata la fonte principale del suo cambiamento, la ragione per la quale, ad un certo punto, aveva deciso una volta per tutte di spogliarsi di ciò che ostentava con sciocca prepotenza e di mettere in luce la parte migliore di sé, quella che aveva tenuto nascosta pensando fosse invece la sua parte più debole, ma che alla fine, una volta venuta fuori, si era dimostrata la sua forza più grande.
E perché sì, era proprio un sentimento travolgente quello che provava per Lily. Un sentimento che si era accresciuto e fortificato nel corso di quei mesi in cui erano riusciti a superare tutti gli stupidi preconcetti e le schermaglie da ragazzini che li avevano tenuti distanti per sei anni interi. 
Aveva iniziato a capire già dal quinto anno che l'attrazione magnetica che avvertiva nei suoi confronti era qualcosa di più, qualcosa di diverso da qualsiasi sentimento mai provato prima di allora, ma a quell'età era stato ancora troppo infantile, troppo inesperto e decisamente troppo pieno di sé per poter - e soprattutto voler - dare peso a quelle sensazioni. Aveva creduto di essersi innamorato di lei durante l'estate passata, quando aveva finalmente deciso di scendere a patti con la costante presenza di Lily dentro di lui, con l'acceso desiderio di averla non più per puro dispetto, ma per qualcosa di sincero, di sentito, di straordinariamente necessario. Ma probabilmente aveva capito di amarla davvero solo quell'ultimo giorno di quell'interminabile Febbraio, quando per un attimo aveva assaporato l'idea di averla finalmente raggiunta, e il momento dopo si era reso conto di non averla mai vista tanto distante da lui.
E in quel momento si stava chiedendo cosa rappresentasse, per lei, il loro trascorso... forse solo una piacevole amicizia intrecciata con una persona fin troppo inaspettata.
Avrebbe dovuto capirlo prima, forse, catturare i segnali, chiedersi perché, se davvero c'era sotto qualcosa, niente si sbloccava... ma non l'aveva fatto. Si era limitato ad attendere, ad attribuire significato a qualsiasi banalità, a sperare che qualcosa potesse andare per il verso giusto, una volta tanto, giustificando quell'innato ottimismo che ancora sbandierava con fierezza. E invece era stato colto in contropiede dall'unica realtà esistente, dalla sola conclusione che i suoi ambiziosi sogni avrebbero mai potuto trovare: una cocente delusione che bruciava, bruciava proprio tanto, e che paradossalmente gli era stata portata da una seconda cerva, apparentemente identica alla prima, ma in realtà molto, molto più crudele.
Con la medesima rapidità e la stessa spaventosa potenza attraverso cui la sua gemella lo aveva acceso di entusiasmo, era riuscita a spegnerlo, a raggelare quella scintilla che pian piano aveva finito per farlo ardere di gioia e speranza. E all'improvviso si era sentito come se quelle sensazioni non avessero mai fatto parte di lui, quasi lo avesse colpito la certezza di non poterle più provare... Un piatto torpore che sapeva di sconfitta si era impadronito di lui, simile alla perfetta calma che si diffonde non appena un incendio viene placato. Il caos che si trasforma in silenzio. Le fiamme disperse in fili di fumo.
Era così che si sentiva.
E poi c'era Piton. Lui, e la piega fra le sue sopracciglia non appena aveva visto la sua cerva d'argento, lui, e Lily, che dopo anni aveva ricominciato a parlargli... Ancora si chiedeva cosa potesse averle detto per indurla ad ascoltarlo nuovamente. Ma qualunque fosse stata la ragione scatenante di quel riavvicinamento, una cosa era assolutamente certa: se nel caso di lui e Lily le parole di Dixon erano state un po' un castello in aria, per lei e Piton calzavano a pennello e acquisivano finalmente un senso. Una verità fin troppo palese perché potesse rifiutarla.
I loro Patroni erano identici.
E allora cosa sarebbe servito, e a chi, continuare a formulare vacue congetture? Erano bastate poche parole, parole che lui non conosceva, a sconvolgere Lily e a riallacciarla emotivamente a Piton. 
Nonostante conoscesse ben poco del loro rapporto passato, infatti, sapeva che tra loro esisteva un'amicizia solida, nata addirittura prima di Hogwarts, e aveva sempre immaginato - con non poca riluttanza - che fosse un legame importante per entrambi, al punto che né il dissenso da parte delle amiche di Lily nei suoi confronti né le prime voci sull'avvicinamento di Piton alle Arti Oscure erano riusciti a spezzarlo. Solo quella frase brutale che lui le aveva rivolto alla fine del quinto anno aveva avuto la forza di dividerli, ma evidentemente si era trattato di un distacco apparente, perché i sentimenti che Lily nutriva per lui - non voleva neanche immaginare quali in effetti potessero essere, anche se temeva di conoscerli già - si erano dimostrati incredibilmente più forti della sua volontà, della rabbia, della delusione... di lei.

Lui è venuto a chiedermi scusa, ma è stato tutto inutile... Non potevo continuare a fingere che andasse tutto bene... Lui ormai aveva deciso della sua vita ed io della mia. Le nostre scelte ci vedevano schierati su fronti opposti, quindi ho detto basta...  A me fa piacere dare una seconda possibilità a chi se la merita. Ma lui non se l'è meritata...

Erano state queste le parole che aveva pronunciato ormai quattro mesi addietro, quando, durante la ronda della notte di Halloween, James aveva toccato l'argomento. E probabilmente Lily aveva creduto veramente alle sue stesse parole, in quel momento, ma spesso queste possono diventare suoni vacui e buttati al vento, quando vengono a scontrarsi con emozioni che non si è in grado di gestire, né tantomeno di allontanare.
L'unica cosa che non mentiva era tutto ciò che gli occhi di James avevano visto: Lily e Piton faccia a faccia poco prima dell'inizio della lezione, la civetta di lei mutata in cerva, la cerva di lui - che probabilmente era stato l'unico a vedere -, e di nuovo i due che parlavano fuori dall'aula di Difesa, alla fine dell'ora.
Il ritorno di una persona tanto importante nella propria vita dopo due anni di assenza era sì un forte sconvolgimento emotivo.
Ritrovarsi di fronte qualcuno che ti ha ferito e deluso in modo tanto plateale e profondo era sì un forte trauma, alla cui base, evidentemente, doveva esserci - e James non avrebbe mai pensato di poter ammettere una tale atrocità - un sentimento travolgente.
Tutto tornava. Tutto era perfettamente, maledettamente in ordine.
E a quel punto l'antipatia e l'astio che aveva provato per Piton sin dal primo momento in cui lo aveva visto, quando si era ritrovato di fronte quell'undicenne dall'aria trasandata e vagamente lugubre che professava con sfrontata fierezza il proprio desiderio di essere smistato in Serpeverde, parvero un piccolo e insignificante assaggio del disprezzo e dell'odio che gli ribollivano dentro in quel momento. 
Quella situazione gli sembrò la sottile ma quanto mai spietata messa in atto della legge del contrappasso. Perché, per quanto potesse far male, avrebbe dovuto accettare l'idea che Lily non sarebbe mai stata sua, ma di certo non poteva in alcun modo tollerare che il suo cuore appartenesse proprio a lui.
Deglutì, cercando di cacciare giù il risentimento, di rimandare ancora un po' il momento in cui avrebbe effettivamente compreso ciò che lo aspettava - e ciò che, al contrario, non sarebbe mai riuscito a trovare -, e continuò a camminare, nella speranza di mantenere la mente svuotata da qualsiasi pensiero per qualche altro momento di pace.
Sollevando lo sguardo per la prima volta dopo minuti interi, si rese conto di essere arrivato a destinazione. Il ritratto della Signora Grassa era a qualche metro da lui e, non appena ebbe risalito gli ultimi gradini, vide la donna scrutarlo di sottecchi con aria vagamente perplessa. La cosa non lo stupì: non era mai stato granché bravo a mascherare il proprio stato d'animo, e probabilmente lei, come il resto degli abitanti del castello, doveva averlo visto così di malumore solo un paio di volte nel corso di tutti e sette gli anni. Con infinita amarezza, pensò che presto avrebbe dovuto farci l'abitudine.
« Essenza di dittamo » disse con voce strascicata, ma la Signora Grassa scosse pazientemente il capo.
« E' la parola d'ordine della settimana scorsa, caro » disse con dolcezza, senza smettere di scrutarlo. « Cosa ti è successo? Sembri stravolto ».
Ma lui non le rispose e si sforzò di ricordare quale fosse la parola d'ordine corretta. Eppure l'aveva ripetuta così tante volte...
« Ehm... Strillettera » disse dopo un po', dubbioso, e a quel punto, seppur di malumore per il mancato pettegolezzo, la donna lo lasciò entrare.
Attraversò la Sala Comune a passo spedito, ignorando un ragazzino del primo anno che, a quanto pareva, aveva bisogno di indicazioni per trovare l'ufficio di Silente, e risalì i gradini tre alla volta, diretto al proprio Dormitorio. La porta era socchiusa e si sentivano delle voci.
Non appena entrò vide che i quattro compagni di stanza stavano confabulando, ma si interruppero nell'esatto momento in cui lo videro.
« Dov'eri finito? » gli chiese immediatamente Remus, fissandolo mentre si faceva strada verso il proprio letto.
Inizialmente, lui non rispose, né diede segno di aver sentito. Si tolse le scarpe e si lasciò cadere sul letto, la faccia premuta sul guanciale.
« In giro » borbottò, sfilandosi gli occhiali per posarli sul comodino in completo disordine.
Gli amici si scambiarono uno sguardo sbigottito, e Remus fece cenno a Sirius di dire qualcosa. Lui colse al volo il messaggio.
« In giro è la mia risposta. E non ricordo di averti mai dato il permesso di usarla » disse, e l'amico alzò gli occhi al cielo. 
Decisamente, non aveva pensato a quello quando gli aveva silenziosamente chiesto di intervenire, ma Sirius aveva un modo tutto suo di intavolare conversazioni e far parlare la gente, per cui tanto valeva lasciarlo fare.
Lo vide avvicinarsi a James, stringergli le dita fra i capelli ritti e folti per tirargli su la testa e guardarlo, ma quello si affrettò a cacciarlo.
« Mollami, Sirius » bofonchiò di malavoglia, e quello lo fissò come se non riuscisse neanche a riconoscerlo.
Si era ridotto in quello stato al termine della prima lezione di quella giornata, e nessuno di loro aveva ancora capito cosa potesse essergli successo. Lui, dal canto suo, non si era degnato di fornire delucidazioni a tal proposito, non perché credesse che gli amici non fossero in grado di comprenderlo, ma semplicemente perché non aveva né la voglia, né tantomeno la forza di parlarne.
« Ma che cos'ha? » sillabò Peter in direzione degli amici. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che continuare a chiederlo a intervalli di circa mezz'ora.
Quella volta, infatti, nessuno si premurò di rispondergli, così il ragazzo, fortemente risentito, decise di rivolgersi direttamente al diretto interessato.
« James... tu sai che ore sono, sì? » chiese, sperando di ottenere una qualsiasi risposta almeno da lui, cosa men che meno probabile.
Il ragazzo, infatti, a conferma dei suoi sospetti, non si mosse e non parlò, inducendo Peter a ritirarsi fra le lenzuola con aria profondamente offesa.
« Amico, la ronda con Lily » intervenne a quel punto Frank, schioccando le dita. « E' fra cinque minuti. Che intenzioni hai? »
Lui sbuffò sommessamente e scollò la guancia dal cuscino solo per pronunciare qualche parola, la voce lievemente arrochita.
A dire il vero, aveva completamente dimenticato la ronda che era in programma per quella sera. Improvvisamente, quello era diventato l'ultimo dei suoi pensieri, cosa che fino a meno di ventiquattr'ore prima gli sarebbe parsa semplicemente fuori da ogni logica.
« Ah, già... » mormorò, ribaltandosi sul materasso, e da perplessi, gli amici si fecero d'un tratto sconvolti. « Remus, va' tu al mio posto, d'accordo? »
Lui, però, non parve disorientato quanto gli altri, mentre Sirius, al suo fianco, divenne decisamente preoccupato.
« Ramoso, non raggelarmi i testicoli. Che diavolo ti prende? » sbottò, sperando intensamente di ottenere una risposta pur sapendo, in cuor suo, che non l'avrebbe mai ottenuta in quel momento. E difatti così fu, o almeno in parte.
« Non mi va » si limitò a dire James, poi si rivolse a Remus e ripetè: « Vacci tu, okay? Ti devo un favore », prima di richiudere le tende intorno al letto.
Sirius capì che qualcosa di grosso non andava, ed era certo che James gli avrebbe parlato solo se si fossero ritrovati da soli. Esplodeva sempre, alla fine, ne avvertiva il bisogno, e non riusciva mai a trattenersi. Forse perché con lui non era necessario. Era una delle mille differenze che li distinguevano.
Scambiò un secondo sguardo con Remus, che annuì e andò a prendere il mantello per scendere giù in Sala Comune e incontrare Lily. Sempre se fosse scesa, naturalmente... quella serata si prospettava ricca di inattese rivelazioni.
Fece un cenno agli amici, poi si allontanò, richiudendosi frettolosamente la porta alle spalle. Non appena ebbe terminato la scala a chiocciola, vide Lily seduta su una sedia di legno scuro, la schiena ricurva, le dita intrecciate e un'aria nervosa dipinta sul volto, ravvisabile già a una prima occhiata.
Le si avvicinò, ma la ragazza non si accorse di lui finché non le fu di fronte. Evidentemente, la sua mente stava viaggiando a miglia di distanza dalla Sala Comune, e gli parve quasi di veder svanire un pensiero nei suoi occhi, che di colpo parvero un po' sbiadirsi.
« Ciao » gli disse, rivolgendogli un sorriso cordiale. « Tutto bene, Remus? »
Lui ricambiò il sorriso e annuì brevemente, serrando la mano destra intorno allo schienale della sua sedia.
« Temo che questa sera dovrai accontentarti di un sostituto » rispose infine, allargando le braccia. « James... ecco, non sta molto bene ».
Vide una traccia di delusione farsi largo sul suo volto, e probabilmente lei se ne rese conto, perché arrossì sulle guance e chinò bruscamente il capo.
« Oh... Mi dispiace » disse, ma non le parve di avere pieno controllo della propria voce. « Continua a far freddo, forse si sarà... si sarà... ecco... »
« Sì ». Remus annuì lentamente, ma in qualche modo la comprensione nella sua voce finì per imbarazzarla ancora di più. « Nulla di grave, comunque » proseguì poi, suonando abbastanza convincente. « Passerà presto ».
Lei fece di sì col capo a sua volta, e si passò una mano fra i capelli stranamente ordinati, scompigliandoli.
Remus provò un'infinita tenerezza per l'amica. Guardandola, capì che doveva essersi impegnata più del solito per apparire al meglio, e quel gesto gli parve un segno di sconfitta. 
Succede un po' a tutti, dopotutto: spesso ci si prepara a lungo per un qualcosa che non arriverà mai, e non appena questa crudele verità ci coglie di sorpresa, tutto ciò a cui ci si è tanto meticolosamente dedicati diventa fastidioso, superfluo, persino sciocco. 
Proprio come si sentiva lei in quel momento. Una vera sciocca, viziata da anni ed anni di continui sì e perenni certezze, che le avevano inculcato nella mente l'idea che nulla, nella crescita del suo rapporto con James, sarebbe potuto andare storto, se non per causa sua. Adesso, invece, si rendeva conto di quanto fosse stato sbagliato dare tutto per scontato, perché se in effetti non aveva mai dubitato del desiderio costante di James di trascorrere del tempo con lei, beh, quello era stato un errore. Un errore ingenuo che l'aveva ricondotta con i piedi per terra, facendole pensare di essere stata trattata forse troppo bene nel corso di tutti quegli anni. Era arrivato il momento di compiere lei stessa un decisivo passo avanti.
« Andiamo? »
Lily risollevò lo sguardo con aria smarrita. Gli era parso che la voce di Remus fosse giunta dalla parte opposta della Sala Comune, disperdendosi nel chiasso generale. Non appena scosse il capo per riprendersi, però, annuì e abbandonò il posto a sedere, precedendo il ragazzo verso il buco dietro il ritratto.
Dopo averlo attraversato, si armarono di bacchetta e procedettero lungo la prima rampa di scale per accedere al piano inferiore.
Durante i primi minuti nessuno dei due fiatò. Si guardarono intorno per scorgere eventuali fuggiaschi, camminarono fianco a fianco con le ampie maniche dei mantelli che si sfioravano, ma non si scambiarono neanche una parola, almeno finché Remus, voltatosi distrattamente a guardare Lily, non notò che una vaga espressione divertita le stava solleticando il viso.
« Eravamo una bella squadra, da Prefetti, non credi? » gli fece lei non appena si accorse che la stava fissando.
Lui sorrise e scrollò le spalle, ricordando piacevolmente tutti i bei momenti trascorsi in sua compagnia durante i due anni in cui avevano ricoperto quella carica. Le mansioni che erano state loro affidate si erano sempre trasformate in occasioni per chiacchierare allegramente e confidarsi, cosa che aveva reso il loro lavoro infinitamente più gradevole di quanto non sarebbe stato in qualsiasi altro caso.
« Già, più o meno » replicò, ridendo sottovoce. « Trascurando quella volta in cui avremmo dovuto accompagnare i nuovi arrivati alla Sala Comune e abbiamo perso per strada quel ragazzino... sì, funzionava tutto alla perfezione, direi ».
Lily rise a sua volta, e il ricordo di quell'episodio risalì a galla nella sua mente con estrema facilità. Come dimenticarlo? 
« Hai ragione, mi ricordo di Danny » disse, annuendo ripetutamente. « E' un ragazzo adorabile, non manca mai di salutarmi tutte le volte in cui mi vede ».
Malgrado adesso riuscissero a rivivere quel momento con estrema leggerezza, in realtà era stato un vero e proprio inferno.
Erano appena arrivati in Sala Comune con il nutrito gruppo di primini al seguito, quando una ragazzina aveva chiesto con voce squillante dove si fosse cacciato il suo compagno di Casa, probabilmente conosciuto a tavola subito dopo lo Smistamento. Immediatamente, il panico si era impossessato di Lily e Remus che, terminate le ricerche all'interno della stanza, si erano barricati fuori a rotta di collo, dividendosi nella speranza di ritrovarlo il più in fretta possibile. Dopo minuti interminabili dettati dal terrore di venire espulsi irrevocabilmente dalla scuola, Danny era stato ritrovato dal ragazzo, accucciato dietro un'armatura al sesto piano, tremante e palesemente spaventato. E difatti non era stato per nulla semplice indurlo a raccontare cosa lo avesse tanto preoccupato, ma alla fine, complici l'infinita gentilezza dei due ragazzi e una tazza di cioccolata bollente, erano riusciti nell'impresa: stando al suo tremolante racconto, due ragazzi, durante il banchetto, gli avevano confessato che, per accedere ai Dormitori, i primini avrebbero dovuto affrontare dure prove, le quali richiedevano una grande abilità magica. Danny, allora, terrorizzato da ciò che avrebbe potuto combinare, era scappato di soppiatto per sfuggire al temibile esame, poiché, essendo un Nato Babbano e non avendo mai praticato incantesimi, aveva creduto di poter provocare reali disastri.
Dopo aver ascoltato la sua confessione, Remus e Lily, insospettiti, gli avevano chiesto di fornire loro una descrizione fisica dei due ragazzi che erano riusciti a farlo cadere in quel tranello. E attraverso le parole del ragazzino, avevano subito pensato che le caretteristiche descritte rimandassero con spaventosa precisione a due teppisti a loro ben noti: James e Sirius ne avevano combinata un'altra delle loro.
« Sì » fece Remus con un sorriso. « Quella che ho fatto a quei due idioti quando sono tornato in Dormitorio è stata la mia più potente strigliata di sempre » ricordò con un velo di malinconia. « Si sono spaventati davvero, quella volta. Devo tutto a Danny ».
Lily scoppiò a ridere, passandosi le dita fra i capelli per allontanarli dal viso, e Remus si unì subito a lei.
Per molto tempo, non fecero altro che ricordare tutti i momenti divertenti trascorsi insieme nel corso dei due anni da Prefetti di Grifondoro. Vicende buffe, aneddoti insoliti... non avevano dimenticato nulla, tanto che riuscirono a ricostruire ogni avvenimento con dovizia di particolari, un po' come se tutti quanti i loro ricordi si fossero scavati un minuscolo angolino nella loro mente, in attesa di essere ripescati.
Mentre imboccavano uno stretto corridoio scarsamente illuminato, ancora impegnati a ridere per quella volta in cui, recatisi nella sala professori per denunciare una banda di bulli Serpeverde, avevano trovato il loro vecchio insegnante di Difesa e la professoressa Amalthea in atteggiamenti piuttosto intimi, Lily si soffermò a guardare Remus e a riflettere. Riflettere su quanto la sua figura fosse importante nella propria vita.
Quante volte era riuscito a tirarla su di morale? Quante volte, attraverso la sua innata perspicacia, l'aveva aiutata a guardare tutto sotto un'altra prospettiva? Remus era sempre stato in grado di guidarla verso nuovi orizzonti, di aiutarla a riflettere razionalmente e a mettersi sempre in discussione, ma tutte le volte in cui le era stato vicino per lasciare che si confidasse, aveva mostrato una delicatezza e un tatto davvero preziosi. Era sempre lui a spingerla a trovare nuove soluzioni, a rispondere a domande che parevano insormontabili, ma non osava mai sostituirsi a lei nel farlo. Lasciava trapelare solo un accenno di quelle risposte tanto ricercate, ma faceva in modo che fosse lei a coglierle e ad elaborarle, così da farla sentire sempre molto più serena e sollevata.
Era l'amico di cui poteva ciecamente fidarsi, a cui poteva sempre aggrapparsi, e in quel momento pensò che fosse la soluzione ad ogni suo problema: qualsiasi dubbio poteva essere risolto, se colui a cui li confidava era Remus. E di certo non avrebbe lasciato che l'occasione per farlo le sfuggisse.
Lo guardò di sottecchi senza che lui se ne accorgesse, e ci volle un po' per convincere se stessa a parlare. Alla fine, però, ci riuscì.
« Remus » esordì, le mani intrecciate dietro la schiena, e lui si voltò a guardarla, facendo un cenno. « Posso farti una domanda? »
Il ragazzo annuì, improvvisamente interessato, e disse: « Ma certo », sfoggiando la consueta gentilezza.
Lily fissò il pavimento, chiedendosi qual era il modo migliore per toccare l'argomento restandone allo stesso tempo distaccata, e alla fine annuì appena.
« Tu credi... » esordì, fortemente titubante. « Tu pensi che sia... possibile, in qualche modo... cambiare radicalmente idea nei confronti di qualcuno? » domandò alla fine, guardandolo negli occhi.
Remus la scrutò, un'espressione seria e indecifrabile dipinta sul volto, poi si voltò a fissare dritto di fronte a sé, riflettendo sulla questione.
In realtà, a Lily non sembrò affatto che fosse sorpreso da quella domanda. Un po' come se si fosse aspettato qualcosa del genere.
« Suppongo di sì, certo » fu la sua risposta. « Noi stessi siamo sottoposti a un continuo cambiamento, così, crescendo, di pari passo maturano anche le nostre opinioni ».
Lily lo ascoltava attentamente, così il ragazzo proseguì.
« E' ovvio che se la persona di cui abbiamo una determinata opinione cambia radicalmente, beh, diventa più che normale dover cambiare idea di conseguenza... tranne se si vuole in qualche modo negare la realtà, è chiaro » continuò a dire con un mezzo sorriso. A Lily, quella parve un'allusione bella e buona, ma non ci badò. « A pensarci bene, poi » riprese lui, meditabondo, « spesso capita di convincere noi stessi ad avere un'idea precisa su qualcuno, quasi come se ce lo imponessimo... e in realtà ciò che davvero sentiamo è completamente differente ».
Lei annuì lentamente, assorbendo una ad una le sue parole per assimilarle al meglio.
In passato, non aveva mai dubitato di odiare James Potter con tutte le proprie forze - ammesso che avesse voluto spenderne per qualcuno di tanto indegno -. Alla fine, però, nel corso degli anni precedenti aveva sempre sprecato molto tempo per quella lotta senza esclusione di colpi contro di lui, e raramente si era mostrata indifferente nei suoi confronti. Nel bene o nel male, James era sempre riuscito a scuotere qualcosa dentro di lei, che fosse rabbia o un sentimento diametralmente opposto non importava... l'aveva sempre interessata, in qualsiasi modo possibile.
Ma alla luce di ciò su cui le parole di Remus l'avevano indotta a riflettere, una domanda sorgeva spontanea: lo aveva mai odiato davvero? Anche quando aveva creduto di disprezzarlo senza la minima riserva, era stato tutto vero come le era parso in quel momento? 
Probabilmente non sarebbe mai riuscita ad essere completamente obiettiva nel dare quella risposta, ma sapeva per certo che, in quel preciso istante, tutto le faceva pensare che no, non lo aveva mai odiato davvero.
Quella conclusione a cui era arrivata ad una rapidità che non potè che sorprenderla fu il primo tassello che riuscì a posizionare nel confusionario ammasso di congetture che popolavano la sua mente.
Inutile dire che Remus, già con quella prima domanda, aveva dimostrato una precisione chirurgica nel centrare il fulcro dei suoi sentimenti.
Rimase in silenzio per un po', tentando di rimettere ordine ai propri pensieri, poi si rivolse nuovamente all'amico.
« E pensi che cambiare idea su qualcuno possa portarci a cambiare noi stessi, in qualche modo? » chiese ancora, fortemente dubbiosa, e lui tornò ad annuire.
La ragazza non potè non notare che le sue labbra erano arricciate in un sorriso particolare. Sembrava quasi che porgli delle domande fosse superfluo, come se lui potesse leggerle nella mente e conoscerle ancor prima che fosse lei a pronunciarle. Ma magari era solo una sua impressione.
« Assolutamente » disse Remus, deciso. « Siamo quello che siamo anche grazie alle relazioni che intrecciamo, non credi? » le domandò poi, voltandosi a guardarla, e lei annuì e sorrise di rimando. « E' vero anche, però » proseguì, inclinando il capo in un rapido gesto, « che le persone che hanno la forza di entrare dentro di noi a tal punto da renderci diversi devono essere parecchio speciali ».
E quelle parole furono nuovamente un tuffo al cuore per Lily.
In qualche modo, sentirlo dire ad alta voce da Remus rendeva quella verità ancora più solida e definitiva, tanto che negarla sarebbe stato stupido fino all'inverosimile: James era speciale. Per quello che era davvero, per quello che si era dimostrato di fronte a lei, per quello che era stato in grado di mettere da parte, per quello che era stato capace di far nascere nel suo cuore... era speciale.
« Forse lo sono perché siamo noi a volerli ritenere speciali » tentò lei, dando voce ad una delle tante scappatoie a cui si era aggrappata per tutta la giornata. « Ma magari no-... »
« Sono speciali e basta, Lily » la interruppe lui, che aveva intuito dove volesse andare a parare. « Forse sono loro ad avere una capacità particolare in grado di sconvolgerci, forse siamo noi ad avere la predisposizione a venire cambiati, ad avvertirne il bisogno... Fatto sta che, se avviene, è comunque accaduto qualcosa di singolare e unico, indipendentemente dalla nostra volontà ».
E Lily non potè che essere più d'accordo.
Perché in effetti, il cambiamento del suo Patronus nient'altro era che la metafora del suo stravolgimento interiore, avvenuto senza che lei potesse in alcun modo impedirlo. Non a caso, entrambi i mutamenti - come aveva specificato il professor Dixon, e come aveva appena detto Remus - rappresentavano delle perle rare. E non seppe spiegarsi il motivo, ma la sensazione che la invase a quel pensiero fu uno splendido, totalizzante senso di gratitudine. Si sentiva in qualche modo fortunata, anche se ancora non sapeva bene per quale precisa ragione.
Il mosaico era ancora molto in disordine, ma altri pezzi si stavano aggiungendo pian piano, conferendogli dei connotati un po' più precisi.
Si morse una guancia, indecisa sul da farsi: c'erano un mucchio di cose che avrebbe voluto chiedergli, moltissimi dubbi che le sarebbe piaciuto risolvere, ma parlare in astratto di un qualcosa che in verità la riguardava molto da vicino la imbarazzava, forse perché era certa che Remus sapesse bene a chi si riferiva. Così rimase in silenzio a riflettere ancora qualche momento, quando un rumore improvviso di passi riuscì a distrarla dai propri pensieri.
Scambiò un fugace sguardo con Remus, poi entrambi si voltarono di scatto, puntando le bacchette in direzione dell'imboccatura opposta del corridoio buio.
« Ehi, ehi, calma, gente, non sono così pericoloso! » disse l'inconfondibile voce di Alan, e dopo un attimo lo videro apparire dal nulla, come se si fosse Materializzato a qualche metro da loro. La luce della bacchetta appena accesa illuminava i suoi enormi occhi verdi.
I due ragazzi risero, sollevati, e fecero qualche passo avanti per venirgli incontro.
« Non avrete mica intenzione di mettermi in punizione? Ne ho già cinque in programma, direi che sono a posto » disse Alan, sorridendo.
« Ringrazia che non ci sia James, allora » replicò ironica Lily. « Sai com'è rigido e fiscale nelle vesti di Caposcuola » proseguì, lasciandosi andare ad una breve risata, e anche lui si unì a lei.
« A proposito di James » fece poi, incuriosito, « come mai non è qui con te a fare la ronda? E' successo qualcosa? »
La ragazza sollevò le spalle con aria dispiaciuta.
« Non si sente molto bene... » disse, un po' sconsolata, e a quelle parole il ragazzo parve accigliarsi.
« Davvero? » chiese, vagamente stupito. « Strano, l'ho visto in giro dopo cena e mi sembrava che stesse bene... »
« E tu, invece? » Remus si affrettò a troncare la sua frase e a dirottare la conversazione verso una direzione più sicura, ma oramai il danno era fatto: Lily aveva sentito tutto e sembrava decisamente confusa. « Cosa fai in giro a quest'ora? » proseguì, simulando il tono più disinvolto che riuscì a trovare.
A quelle parole, quasi fosse stato colpito da un'improvvisa illuminazione, l'espressione sul volto del ragazzo si tramutò in un agghiacciante specchio della disperazione.
« Per Merlino e Morgana, stavo quasi per dimenticarmene! » esclamò, battendosi un rapido schiaffo sulla fronte. « Avete presente Wanda Blackburn, no? Quella biondina del sesto anno che è una schiappa un po' in tutto » spiegò con fare concitato, e i due annuirono immediatamente. « Beh, aveva accettato di uscire con me - incredibile ma vero - e dovevamo vederci all'uscita della Sala Comune alle dieci. Quando sono sceso, però, non l'ho trovata. Ho chiesto un po' in giro, ma niente... La cerco da un secolo, e non ho la più pallida idea di dove possa essere finita. A dire la verità, mi sto anche preoccupando... »
Remus e Lily si scambiarono uno sguardo perplesso.
« Cerchiamola insieme, dai » propose la ragazza alla fine, facendo cenno ai due di seguirla lungo la direzione opposta.
E la loro ricerca si dimostrò più veloce del previsto, poiché, un paio di corridoi più in là dal luogo in cui si erano incontrati, Lily e Remus furono improvvisamente messi all'erta dalla vibrante imprecazione di Alan.
« Porco Salazar e tutti i Serpeverde, è qui! » esclamò, e quando i due si voltarono, lo videro chino sulle ginocchia, quasi del tutto celato da un'armatura che nascondeva un anfratto alquanto buio e stretto. 
Una volta raggiunto, anche loro poterono comprendere il motivo della sua agitazione. La ragazza era stesa a terra, immobile, e dopo un primo momento di smarrimento, i due si accorsero che fortunatamente era stata solamente pietrificata.
« Finitus Incantatem » declamò Lily, accompagnando l'incantesimo ad un rapido colpo di bacchetta, e all'istante la ragazza riprese colore e conoscenza.
Si mise a sedere, ancora vagamente stordita, finché non focalizzò i volti dei tre ragazzi di fronte a lei.
« Stai bene? » le chiese Alan, poggiandole una mano sulla spalla.
« Mmm... credo di sì » mormorò lei, facendo scorrere il palmo della sua mano lungo il collo. « Ma... che ci faccio qui? »
Remus e Lily si scambiarono una fugace occhiata. Possibile che fosse stata vittima anche di un Incantesimo di Memoria? 
« Non ricordi come sei arrivata fin qui? » domandò a quel punto il ragazzo, accigliato. « Non ti sovviene chi ti ha incantata o...? »
Ma la ragazza lo interruppe, annuendo più volte col capo, come se si fosse all'improvviso resa pienamente conto della situazione.
« Sì, certo, ora ricordo! » rispose con voce molto meno flebile. « Stavo camminando tranquillamente, quando una ragazza mi ha bloccata qui e mi ha intimato... » Si bloccò, pensierosa, poi puntò il proprio sguardo su Alan. « Mi ha intimato di starti lontana, Alan ».
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, sconvolto, e anche Lily e Remus parvero parecchio perplessi.
« Già... » riprese lei, sempre più cosciente. « Mi ha detto che non avrei dovuto accettare di uscire con te, e mi ha minacciata di affatturarmi ogni volta che mi avesse incontrata se mai non l'avessi ascoltata... Non appena stavo per risponderle, mi ha puntato contro la bacchetta! » Scosse il capo, ora visibilmente furiosa. « Quella brutta megera... E' stata la tipa del vostro anno, quella psicopatica... la Hughes! »
Al suono di quel nome, gli occhi di Alan si fecero se possibile ancor più grandi, e furono colmati da un vacuo terrore.
Perché, per quanto avesse potuto immaginare la pericolosità di quella ragazza, mai avrebbe potuto aspettarsi che si sarebbe spinta fino a quel punto.
Era pazza, non c'era più ombra di dubbio. E lui... lui era in pericolo. In grave pericolo. 
Dietro di lui, Lily e Remus fecero non poca fatica a trattenersi dallo scoppiare a ridere. A dire la verità, quella situazione aveva dell'inquietante, ma aldilà di questo, la micidiale e sempre più accanita iella di Alan la rendeva soprattutto sinceramente comica.
« Santo Merlino... » stava ripetendo il ragazzo in un sussurro. 
Intanto Wanda, ripresasi ormai del tutto dall'incidente che aveva stravolto la sua serata, si stava rialzando e dando una risistemata. 
« Wanda... io non... non so.... » borbottò a quel punto Alan alla ragazza, senza sapere nemmeno cosa in realtà volesse dirle. Era veramente, irreversibilmente senza parole. « Mi dispiace tanto... »
« Lo so, Alan » lo rassicurò lei, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. « Ma sono costretta a dover rifiutare il tuo invito. Non posso uscire con te dopo quello che è successo... Quella ragazza è degna di Azkaban, e sinceramente quello che è successo stasera mi è bastato. Mi capisci, non è vero? »
Remus e Lily, ormai soltanto attoniti spettatori della scena, videro pian piano scendere la notte sul volto del ragazzo. 
« Certo... » rispose lui, annuendo con aria mortifera. « Ti capisco... »
La ragazza, allora, rincuorata dalla sua comprensione, abbozzò un timido sorriso, e fu il suo turno di poggiare una mano sulla spalla di Alan. Era distrutto.
« Grazie mille, ragazzi » disse poi, rivolta a Lily e Remus. « Probabilmente sarei rimasta qui fino a domani se non foste arrivati voi... Torno in Dormitorio, buonanotte ».
E così dicendo, voltò loro le spalle e si incamminò lungo il corridoio. 
Alan la seguì con lo sguardo fin quando non fu sparita, e solo allora Remus e Lily gli si fecero di nuovo vicini. Guardandolo, capirono che quello era stato davvero un duro colpo per lui. Non si sarebbe ripreso tanto facilmente.
« Mi tocca parlare con Silente » furono le sue prime parole. « Ci sarà una legge, un reato... qualcosa per buttarla dentro, no? Sì, mi tocca parlare con Silente... Mi tocca parlare con Silente... »
E continuando a borbottare quella frase, come se in qualche modo potesse essergli di conforto per affrontare quella difficile situazione, si incamminò anche lui, probabilmente diretto come Wanda al proprio Dormitorio, lasciando così Remus e Lily - una volta che ebbe svoltato l'angolo - finalmente liberi di esplodere in una fragorosa risata fin troppo a lungo trattenuta.
« Per Godric... » riuscì a esordire Lily dopo un po', ancora scossa dalle risa. « Quel ragazzo deve avere davvero qualcosa che non va... Voglio dire, non è umano dover sopportare tutta la iella che si porta dietro! »
« E' un caso disperato » fece Remus, scuotendo con incredulità il capo. « Ma avrà la sua rivincita, ne sono sicuro ».
Lily scoppiò nuovamente a ridere, e non potè che sperare che Remus avesse ragione: Alan meritava davvero una pausa dalla nuvola grigia che non smetteva di tormentarlo giorno dopo giorno.
Quanto alla loro ronda, i due rimasero in giro a vigilare per un'altra mezz'ora, ma la loro perlustrazione dopo quel singolare episodio fu decisamente piatta. 
Al termine della serata, quando furono sul punto di passare attraverso il buco del ritratto, entrambi stavano ancora commentando l'accaduto, e si ritrovarono d'accordo nell'immaginare Alan di fronte al camino della Sala Comune che ancora si ripeteva di dover parlare con Silente, lo sguardo perso in una sorta di stato di trans. In realtà, però, non appena furono entrati, si accorsero immediatamente di aver sbagliato previsione. 
« Ammettiamolo » fu l'immediato commento di Lily, « non siamo mai stati un granchè in Divinazione ».
Remus rise, concordando in pieno con l'amica, dopodiché entrambi si diressero verso la scaletta a chiocciola che conduceva ai Dormitori. Arrivati di fronte alle rispettive camere, si arrestarono, e Lily diede in un ampio sospiro, inclinando il capo per scrutare meglio Remus.
« Sei stato un ottimo sostituto, sai? » disse, un sorriso dolce dipinto sul volto, e lui lo ricambiò.
« Sempre a disposizione » rispose, dando in un rapido gesto che ricordava un saluto militare.
Lily sorrise ancor più ampiamente, e fece un passo indietro, verso la scaletta che conduceva alla porta del suo Dormitorio.
« Buonanotte, Remus » lo salutò, e lui rispose con un silenzioso cenno del capo, dirigendosi dalla parte opposta.
E Lily ebbe appena il tempo di salire un paio di gradini prima di sentire la voce del ragazzo arrivare di nuovo alle sue orecchie.
« Lily » la richiamò infatti, la mano poggiata alla maniglia d'ottone.
Lei si voltò, scuotendo appena il capo come a volerlo invitare a parlare, e lui lo fece.
« Quella cerva, stamattina, è stata capace di darti molte più risposte di quante abbia potuto dartene io stasera » disse, le labbra distese in un sorriso accennato e rilassato. « Fatti guidare da quelle, e allora saprai cosa fare ».
Lily accolse quelle brevi frasi come una ventata d'aria fresca, e non riuscì a trattenere un sorriso pieno di gratitudine nei confronti dell'amico.
Come sempre, Remus era puntualmente un passo avanti. Come sempre, si era dimostrato la persona giusta al momento giusto. 
E fu con una nuova, rinata serenità che gli voltò le spalle per andare incontro a quella che - ne era certa - sarebbe stata una lunga nottata insonne, quando, con sua grande sorpresa, Remus tornò a parlare.
« Quasi dimenticavo » le disse, e lei tornò a fissarlo, le sopracciglia leggermente aggrottate. « Quando avrai finalmente trovato una soluzione a tutti i tuoi enigmi... beh, preoccupati di comunicarla a qualche malato di nostra conoscenza. Sai, potresti curarlo molto in fretta, se solo gli facessi capire che... ha un po' sbagliato a fare i conti, se così si può dire ». 
Osservò con composta allegria la confusione che si impadroniva del volto di Lily, prima di augurarle una buonanotte e di lasciarla a quello che - lo sapeva bene - era un messaggio talmente criptico che soltanto al momento giusto avrebbe saputo decifrare.
Come sempre, Remus era puntualmente un passo avanti. 
E aveva dimostrato di possedere un paio d'occhi capaci di vedere ciò che solo James credeva di aver scorto, e una lungimiranza che probabilmente avrebbe permesso a Lily di non essere tanto stupita all'idea di essersi perdutamente innamorata del suo (ormai solo apparentemente) più acerrimo nemico.




 
*   *   *



 
The smile on your face let's me know that you need me, Il sorriso sul tuo volto mi fa capire che hai bisogno di me
there’s a truth in your eyes saying you'll never leave me, c’è una verità nei tuoi occhi che dice che non mi lascerai mai
the touch of your hand says you'll catch me whenever I fall. il tocco della tua mano dice che mi prenderai ogni volta che cadrò.





Mentre vagava senza una meta per il castello, quella prima domenica di Marzo, Lily pensò che Hogwarts non le era mai parsa tanto piccola.
Da chissà quanto tempo, ormai, si faceva strada fra corridoi e passaggi segreti, ma per qualche strana ragione, qualsiasi luogo le sembrava familiare. Non sapeva spiegarsi il perché di quell'insolita sensazione, ma aveva voglia di scoprire qualcosa di nuovo, di diverso e, eccetto un paio di entrate nascoste che non aveva mai notato prima d'allora (alle spalle di una fila di armature munite di ascia e dietro un arazzo lungo circa dieci metri), non era riuscita a soddisfare quell'improvviso, bruciante desiderio. Eppure, anche quando fu passata più di mezz'ora, si sentiva ancora carica di aspettative.
Continuando a ripetersi che qualcosa di inatteso sarebbe presto riuscito a sorprenderla, sbuffò, ma non smise di camminare.
Era stata una giornata piatta e turbolenta al tempo stesso, la sua. 
Si era svegliata all'ora di pranzo in seguito a una notte insonne - nessuna novità - e conseguentemente ad una scomoda e breve dormita quando il sole si era già levato fra i banchi di nuvole del cielo. Non aveva mangiato nulla, ma aveva mandato giù più di due tazze di caffè grandi quanto boccali di birra, riflettendo tutto il tempo su quanto la cosa avrebbe fatto imbestialire sua madre. Da quando aveva scoperto con smisurata gioia l'esistenza di quella miracolosa essenza che era per lei il caffè, infatti, aveva cominciato a berne in quantità industriali, e la madre non aveva mai smesso di ribadire quanto tutta quella maledetta caffeina potesse essere dannosa per il suo fegato. O per il pancreas. O per qualsiasi altra cosa le venisse in mente nel momento in cui la rimproverava, perché in realtà non lo sapeva bene neanche lei. 
Nel pomeriggio, invece, aveva tentato con tutte le proprie forze di concentrarsi sui libri, e per un paio d'ore non aveva fatto altro che sfogliare volumi su volumi, per poi scoprire che l'unico concetto che le era rimasto impresso nella mente (probabilmente perché l'aveva letto e riletto per una buona mezz'ora) nient'altro era che un'informazione alquanto inquietante su delle pericolose Creature Magiche: la tradizione vuole che le Manticore canticchino soavemente misteriose melodie mentre divorano le loro prede. Evidentemente troppo poco per poter considerare il suo studio anche solo lontanamente proficuo.
Al termine di quel malloppo di ore dettate da sbuffi, pagine sfogliate e occhi vacui fissi sul soffitto, aveva deciso di mandare i suoi progetti di studio all'aria (cosa che, in effetti, fu parzialmente poco metaforica, perché aveva scagliato un libro contro il cuscino con inaudita violenza). Così, preda di un'irrequietezza che da più di un giorno intero non riusciva a scrollarsi di dosso, si era avviata verso chissà dove senza neanche il consueto, caldo mantello sulle spalle, ed ora camminava, determinata e fiera, ma con qualche brivido che, di tanto in tanto, tornava a farsi sentire lungo la schiena.
Non sapeva nemmeno a che piano fosse giunta, tanto confusionario era stato il suo peregrinare, ma dopo un po' si rese conto di trovarsi nel corridoio della Biblioteca della scuola, che difatti le fu di fronte alcuni metri dopo. Scoraggiata, continuò a camminare lungo quello che ora riconosceva come il terzo piano, ma dopo un po' decise di girare a sinistra, così da ritrovarsi accanto una porta dall'aspetto logoro, con il legno scheggiato e la maniglia piuttosto impolverata e annerita. La osservò per qualche momento, sospettosa, ma alla fine la curiosità si rivelò più forte di tutto e la indusse a spingerla in avanti per entrare in quella che, immediatamente, le parve un'aula abbandonata.
Si guardò intorno. La stanza era semibuia, ma riusciva a distinguere chiaramente i contorni di sedie e scrivanie accatastate lungo le pareti e le ante di una finestra socchiusa. Nessuno doveva essere entrato lì dentro per anni ed anni, tanto che si rese conto di non aver mai, mai notato quella porta seminascosta lungo quel corridoio tante volte percorso.
Hogwarts, proprio come si era aspettata, riservava sempre delle sorprese a chiunque la perlustrasse.
Un paio di attimi dopo essere entrata, però, la sua attenzione fu catturata da un oggetto che pareva stonare con il resto dell'assai discutibile arredamento della stanza. Inizialmente non capì di cosa si trattasse. Poi, con un lampo di sorpresa, si rese conto di avere di fronte un imponente e meraviglioso specchio.
Si fece più vicina, avida di scoprirne i dettagli, e si accorse che era alto sino al soffitto, orlato da una possente cornice dorata e finemente intarsiata. Poggiava su due forti zampe di leone, e in alto, fra qualche ragnatela, recava una scritta che, complice il buio, non riuscì a leggere.
La prima impressione che ebbe fu che lo specchio emanava magia allo stato puro, e Lily ne rimase talmente affascinata che si sentì quasi timorosa all'idea di avanzare ulteriormente, come se un inspiegabile presentimento le stesse suggerendo che qualcosa di ancor più stupefacente poteva ancora prenderla in contropiede. Incredibile come, all'improvviso, una banale aula in disuso fosse diventata una fonte di attrazione irrinunciabile, e qualcosa le diceva che avrebbe trascorso lì molto più tempo di quanto ne avesse speso a vagare in giro per la scuola.
Voltò il capo, accertandosi che la porta fosse chiusa, poi avanzò di un passo e abbassò lo sguardo per osservare il pavimento: anche lì vi era della polvere, ma al momento non le importava. Si accomodò a terra, mordendosi le labbra per l'impatto che il freddo marmo aveva avuto sulla pelle, e si sistemò la gonna sulle gambe piegate, stirandola il più possibile fino alle ginocchia. Solo allora, rivolse nuovamente la propria attenzione allo specchio... e subito sussultò.
L'immagine che il vetro rifletteva era mutata. 
Fino ad un istante prima, quando si era tenuta distante e aveva osservato lo specchio, era riuscita a intravedere il proprio riflesso dipinto sulla lastra levigata. Adesso, invece, i suoi occhi sbarrati erano fissi su una scena che, per qualche ragione a lei ignota, si stava svolgendo proprio dinnanzi a lei, intrappolata nello specchio. Una scena che non potè che lasciarla a bocca aperta.
C'era lei. Lì, sul vetro liscio e piatto. Lei, in compagnia di James, che le cingeva la vita con un braccio e sorrideva. Lei, che sorrideva insieme a lui. Loro, che si scambiavano un morbido bacio, senza sciogliersi da quell'abbraccio. Quell'abbraccio che sapeva tanto di amore consapevole, consolidato, puro.
Ingenuamente, a quella vista, voltò il capo di scatto, come per controllare che James non fosse effettivamente giunto alle sue spalle, per abbracciarla e sfiorare le sue labbra con un tocco invisibile, irreale. Non appena ebbe passato in rassegna la stanza vuota, però, si diede mentalmente della stupida e serrò gli occhi, premendosi i polpastrelli delle dita sulle tempie. 
Doveva aver immaginato tutto quanto. 
Forse sua madre non aveva tutti i torti, dopotutto... forse il caffè aveva davvero degli effetti collaterali. 
Il pensiero fisso di James doveva averle provocato una sorta di visione, e disse a se stessa che magari avrebbe dovuto piantarla di assillarsi tanto con quella storia. Rimanere ferma a rimuginare senza arrivare ad un punto fermo le stava facendo seriamente del male, e in ogni caso sapeva che al momento opportuno avrebbe fatto i conti con la realtà, qualunque essa fosse.
Convinta di questa nuova teoria, riaprì gli occhi il più lentamente possibile. Nonostante fosse certa che ciò che lo specchio aveva riflesso era stato tutto frutto della sua immaginazione, dall'altra parte era anche sicura di quel che i suoi occhi avevano visto, perciò si impose di dare un secondo sguardo a quella superficie magica. Non poteva lasciare che quel dubbio continuasse ad assillarla.
Temeva, dentro di sé, ciò che avrebbe visto, e ben presto i suoi peggiori sospetti vennero inequivocabilmente confermati.
No, non si era immaginata un bel niente. La scena riprodotta sulla facciata dello specchio era esattamente la stessa.
A differenza di prima, però, rimase a fissarla, come se guardarla più a lungo rispetto alla prima volta potesse essere un'ulteriore prova del fatto che fosse reale, e fu così che si rese pienamente conto di quanto quello specchio fosse fuori dall'ordinario.
Quella volta, inoltre, l'istinto non le suggerì di distogliere lo sguardo. Riuscì ad avvertire con chiarezza una sorta di attrazione magnetica che la induceva a tenere gli occhi fissi su quell'inspiegabile immagine e che lasciò scorrere dentro di sé senza opporre resistenza. La paura che aveva avvertito poco prima svanì nel nulla, e si sentì al sicuro. Era certa che nessuno l'avrebbe disturbata mentre rifletteva sul significato di quello specchio diverso dagli altri... nessuno le avrebbe impedito di bearsi di quella meravigliosa visione. Era sola, e aveva con sé tutto il tempo del mondo.
Ancor prima di cominciare a rimuginare sulla natura dell'immagine riflessa sullo specchio, vi si fece più vicina e premette i palmi delle mani sul vetro gelido. Voleva assaporare ogni dettaglio di quella scena, sprofondarvi e perdersi, perché lì risiedeva tutta la felicità che riusciva a immaginare... Voleva tastarne anche solo una briciola, ma la scena rimase distante da lei quanto la luna, e tutto ciò che le rimase da fare fu guardare. Guardare e basta.
E fu così che riuscì a vedere oltre, un significato dietro quei gesti lontani che non era ancora riuscita a cogliere.
Il sorriso sul volto di James, così spontaneo e bonario, era rivolto solo ed esclusivamente a lei, un po' come se ne fosse la fonte. Per sbocciare, aveva bisogno di incontrare il suo. Per sbocciare, necessitava di incontrare lei.
Il suo sguardo, poi, era l'esatto specchio della sua sincerità, così limpido da mostrarle apertamente tutto ciò che intendeva trasmettere: l'assoluta, incontrastabile certezza che mai l'avrebbe abbandonata.
E il tocco delle sue dita, ben strette fra le proprie... neanche quello mentiva. James sarebbe stato capace di risollevarla ogniqualvolta fosse precipitata giù, senza esitazione alcuna. Quelle mani erano il miglior rifugio che avrebbe mai potuto trovare.
Senza mai stancarsi di tutti quei particolari, continuò avidamente a guardare per minuti interi, nella speranza di imprimere al meglio ogni dettaglio nella mente. O forse, più probabilmente, per la paura di non poter mai vivere sulla propria pelle un momento simile a quello che aveva di fronte.
Dopo un po', comunque, riuscì a riprendersi e, strisciando sul pavimento impolverato, si tirò indietro di un paio di centimetri, come a voler porre una distanza fra sé, con la sua fredda razionalità, e quella sorta di incantesimo sconosciuto che, lentamente, la stava portando alla deriva.
Il primo pensiero che le attraversò la mente non appena ebbe distolto lo sguardo dallo specchio fu che la stava in qualche modo ingannando. L'aveva indotta a vedere cose che in realtà non esistevano, a riscontrare sentimenti aldilà di gesti immateriali che la sua mente aveva partorito senza alcun criterio, e non appena riuscì a rendersi conto del tiro mancino passivamente subito non potè che sentirsi estremamente ridicola. Ma che cosa le era passato per la testa?
Si passò le dita fra i capelli, scuotendoli con forza, poi si alzò di scatto e cominciò a girare in tondo per osservare lo specchio nella sua interezza. 
Ad un tratto, comprenderne il meccanismo era diventata una questione di vitale importanza. 
Dopotutto, quell'aggeggio l'aveva con ogni probabilità presa bellamente in giro, colpendola senza pietà nel suo punto più debole, anche se, mentre vi girovagava intorno, un'altra ipotesi le balenò per la mente, tornando tendenziosamente ad illuderla: e se quello specchio, per mezzo di qualche complesso incanto, fosse capace di mostrare il futuro?
Si arrovellò il cervello per minuti alla ricerca di una soluzione, ma fu tutto inutile. Qualsiasi congettura, ogni supposizione, la conduceva inevitabilmente verso quelle due strade. E non potè negare a se stessa di aver pensato che una delle due prospettive fosse molto più allettante rispetto all'altra.
Ad ogni modo, fu solo dopo un'attenta analisi della cornice dello specchio che riuscì ad avvicinarsi alla verità. 
In cima, infatti, troneggiava ancora quella strana scritta ricca di ghirigori che in precedenza non era riuscita a decifrare. Questa volta, però, ansiosa di saperne di più, decise di impugnare la bacchetta per tagliare via le ragnatele che ne impedivano la lettura. Poi mormorò: « Lumos » e illuminò l'iscrizione.
Incise sulla pietra a caratteri imponenti, spiccavano le parole: Erouc li amotlov li ottelfirnon.
Chiaramente, non si trattava di rune. Erano lettere, normalissime lettere, ma le parole erano del tutto prive di senso, o almeno così le parve. Che si trattasse di una lingua a lei sconosciuta? Ipotesi poco plausibile, tanto che finì per abbandonarla poco dopo, dedicandosi ad altre congetture.
Una delle più sciocche vedeva il creatore dello specchio simile a un pazzo mago decerebrato che lo aveva creato per puro divertimento. Per un momento, pensò potesse trattarsi di Silente. In seguito a una serie di imprecazioni mentali sulla sua salute mentale assai discutibile, però, era saltata ad altre possibili conclusioni, sempre più determinata a scoprire la funzione di quello specchio meraviglioso e terribile a un tempo. Doveva assolutamente venirne a capo.
Ciò che la mandava in bestia più di tutto il resto, poi, era la sensazione insopprimibile che quella frase potesse rappresentare lo strumento per capire tutto quanto. Sapere di avere la soluzione dell'enigma ad un solo passo da lei e non riuscire a coglierla la irritava in maniera insopportabile.
Rifletti, impose a se stessa, continuando a spremersi le meningi. Forza, rifletti... rifletti...
E paradossalmente, fu proprio quella banale parola a far sorgere nella sua mente il passaggio mancante per decifrare il messaggio scritto sulla pietra.
Lo specchio serviva a riflettere. 
Per quanto fosse differente da qualsiasi altro sulla faccia del pianeta, era comunque uno specchio, e come tale, quella era la sua unica, reale funzione. Compiuto quel ragionamento, la risposta bussò al suo cervello con straordinaria facilità: quelle parole erano l'esatto riflesso della frase originale. Andavano lette a rovescio, ed ecco che tutto avrebbe avuto un senso.
Sollevò lo sguardo, elettrizzata, e ricompose la frase senza riscontrare difficoltà. Il significato, però, la lasciò letteralmente senza fiato.
Non rifletto il volto ma il cuore.
E allora eccolo lì, l'ultimo tassello.
Eccolo, l'ultimo pezzo mancante di quel puzzle tanto complicato da ricomporre, tanto ricco di frammenti, tanto pregno di significato che dal giorno prima si ostinava a ricercare con tanta frenesia e che, forse, con altrettanta foga si imponeva di voler nascondere ai propri occhi. Quegli stessi occhi che adesso si ritrovavano a specchiarsi nel messaggio cristallino che il suo cuore aveva per lei.
Fissò quelle parole in perfetto silenzio, ma non le rilesse. Non ne aveva bisogno, perché già al primo impatto avevano lasciato un solco profondo dentro di lei, e a nulla serviva negare, rifiutare o contrastare quella realtà... era successo. Era successo a causa della loro estrema limpidezza che, a dispetto di tutti i complessi ragionamenti portati avanti nel corso delle ultime ore, era stata capace di mostrarle quanto semplice fosse la strada per raggiungere l'unica verità necessaria a farla stare bene. Bene con se stessa, con i propri sentimenti, con ciò che la aspettava. E ciò che la aspettava era James.
A quel proposito, ancora una volta, lo specchio era stato limpidissimo. La sua capacità di mostrare, nudi e crudi, i più radicati desideri di chi vi si parava di fronte era stupefacente, e forse anche un po' spaventosa. A pensarci bene, la sua magia era ben più potente di qualsiasi pozione della verità, di ogni penetrazione della mente, semplicemente perché puntava dritto alla fonte inattaccabile dei più profondi sentimenti: l'anima stessa. 
E quante volte, in verità, questa aveva tentato di spingerla ad afferrare quelle risposte tanto agognate ma anche troppo a lungo ignorate? Evidentemente, le era stato necessario ritrovarsi a un palmo di naso dalla realtà per acciuffarla, poterla quasi toccare con mano per comprenderla, ed ecco che la magia aveva davvero realizzato il suo corso e raggiunto il suo unico, vero intento: ricongiungerla alla verità che si era inconsciamente lasciata sfuggire.
Con la testa fra le nuvole per tutte quelle scoperte, tornò a sedersi e a guardare l'immagine riflessa sullo specchio. Questa volta, però, le sorrise.
Era tutto così semplice, come aveva fatto a non capirlo prima? Non c'era nulla di negativo in quei cambiamenti drastici lentamente subiti, in quel turbine di novità che, come un tornado, la stavano travolgendo, e senza rendersene conto, si era già naturalmente predisposta ad accettarli nel momento in cui, finalmente, si sarebbero manifestati. Era pronta ad accogliere nella propria vita un qualcosa che l'avrebbe radicalmente stravolta. Un qualcosa che, in verità, l'aveva già resa parecchio diversa.
Inconsciamente, si ritrovò ad osservare la Lily intrappolata nello specchio, e notò che il tenero, raggiante sorriso che le rivolgeva era l'esatta copia di quello che lei le donò in risposta. Per la prima volta da quando era entrata in quella stanza, l'immagine riflessa combaciava alla perfezione con quella reale. 
Ma Lily voleva di più. Era decisa a completare il quadro, e avrebbe fatto sì che tutto l'amore che i due condividevano su quella piatta superficie incantata si riversasse in loro con la stessa, identica muta potenza.




 
*   *   *




« La Manticora è una bestia di origini greche, e rappresenta una delle creature più pericolose in territorio magico... »
« James... »
« ... Ha la testa di uomo, il corpo di leone e la coda di scorpione, ed è stata confermata la capacità della sua pelle di respingere quasi tutti gli incantesimi noti alla stirpe dei maghi... »
« Andiamo, James, piantala... »
« ... Inoltre, è bene ricordare che la sua puntura è letale, e che nessun antidoto al mondo risulta in grado di curare gli effetti del suo veleno... »
« Vuoi ascoltarmi? »
« ... La tradizione vuole che le Manticore canticchino soavemente misteriose melodie mentre divorano le loro prede, e... »
« JAMES! »
« ... non risulta che nessuno sia mai riuscito ad addomesticarle ».
Esausto per i continui richiami andati a vuoto, Peter si spalmò il cuscino sul viso quasi fino al punto di soffocare, nel tentativo di dare un freno al fiume di imprecazioni che sgorgò fuori dalle sue labbra. Decisamente, aveva bisogno di escogitare un piano per guadagnarsi un po' di rispetto.
Intanto, James, sdraiato sul proprio letto con gli occhi rivolti al soffitto e l'avambraccio mollemente abbandonato sullo stomaco, continuava a ripetere indisturbato la lezione che il professor Tilney aveva assegnato per il giorno successivo, il libro di Cura delle Creature Magiche chiuso ai propri piedi. 
Una visione rara e agghiacciante, che Peter non si sentiva in grado di sostenere.
Era da un'intera giornata, infatti, che James non faceva altro che studiare. 
Aveva cominciato subito dopo l'alba con Trasfigurazione, scrivendo il tema che avrebbero dovuto consegnare di lì a un paio di giorni, poi era andato avanti con Pozioni, scribacchiando su frammenti di pergamena formule e soluzioni e consultando con frequenza il libro di testo adottato da Lumacorno; nel primo pomeriggio, invece, si era dedicato alla composizione di un breve saggio sulle affinità fra la cartomanzia del mondo babbano e quella praticata nel mondo magico per la lezione di Divinazione, per poi passare allo studio di un paio di capitoli sulla semi-estinzione dei Giganti per Storia della Magia (evento senza precedenti nella panoramica della sua intera carriera scolastica). Da tre quarti d'ora pieni, infine, era impegnato nello studio delle Manticore, anche se aveva consumato buona parte del tempo nella realizzazione di un disegno della creatura, con tanto di informazioni allegate scritte a fianco. Terminata la ripetizione, si sporse verso la propria borsa accasciata accanto al comodino e agguantò il libro di Erbologia, dando seriamente di che preoccuparsi al povero Peter. 
Perché lui - come d'altronde il resto dei Malandrini - sapeva bene che, quando James sgobbava sui libri, qualcosa sicuramente non andava. Ma quando James sgobbava sui libri così tanto, allora a non funzionare era davvero qualcosa di grosso, e forse la faccenda non era poi così facilmente risolvibile.
« Erbologia è giovedì » disse Peter, sempre più sconvolto. « E poi la Sprite è al San Mungo, questa settimana, lo sai che è stata morsa da quella maledet-... »
« Peter ». James serrò gli occhi per tentare di calmarsi. Non ne poteva più di sentire la voce dell'amico brontolare consigli e ammonimenti a un paio di letti di distanza. « Dannazione, sta' zitto ».
Il ragazzo lo fulminò con lo sguardo, ma non aggiunse altro e si mise a pancia in giù, domandandosi cosa diamine potesse essergli accaduto di tanto grave.
James, infatti, non aveva discusso con nessuno di ciò che tanto lo tormentava. Eccetto Sirius, naturalmente. Era esploso - come lui stesso aveva pronosticato - la sera precedente, non appena Remus era andato via per sostituirlo durante la ronda, e come sempre l'amico si era dimostrato il miglior sostegno esistente. La situazione, però, non era affatto migliorata, e nel corso di quella notte insonne tutta la tristezza che lo aveva angustiato il giorno prima si era trasformata in una rabbia furente. Da lì la sua decisione di gettarsi anima e corpo sui libri per allontanare quel chiodo fisso dalla mente, per pensare ad altro e non fondersi il cervello su un problema che non conosceva soluzione... per reprimere il desiderio di spaccare la faccia a chiunque trovasse sulla propria strada.
« E comunque » aggiunse Peter, voltandosi nuovamente per guardarlo, « Tilney aveva assegnato anche le Chime-... »
Ma non ebbe il tempo di completare la frase, perché James gli scagliò addosso il libro di Erbologia con un perfetto mix di potenza e precisione, costringendolo a rotolare giù dal materasso per evitare il colpo che, probabilmente, gli sarebbe stato fatale.
« MA SEI IMPAZZITO O COSA? » urlò a squarciagola, facendo capolino da dietro il letto. « POTEVI AMMAZZARMI! »
« Si può sapere che diavolo sta succedendo? »
Remus era appena entrato nella stanza e pareva sinceramente allibito, ma inizialmente nessuno dei due gli diede retta.
« Sta' attento a come gli parli, potrebbe lanciarti addosso qualche altra cosa » lo ammonì Peter dopo un po', profondamente risentito.
Lui, approfittando del fatto che James stava alzando gli occhi al cielo, gli fece segno di tacere e andò a raccogliere il libro caduto a terra.
« Tieni » disse all'amico, restituendoglielo. « E non farlo mai più, d'accordo? »
« Non mettertici anche tu » sbottò subito James, afferrandolo e ficcandolo nuovamente nella borsa.
Remus trattenne un sospiro, poi, con invidiabile calma e - bisogna dirlo - anche una buona dose di coraggio, sedette ai piedi del suo letto.
« Ho incontrato la McGranitt, vicino alla Biblioteca ­» gli disse, incurante del fatto che non lo stesse neanche guardando. « Vuole che tu vada a ripulire quell'aula in disuso al terzo piano, a quanto pare hanno bisogno di utilizzarla. Per la punizione, sai ».
James, che non ricordava minimamente di che punizione stesse parlando, fece finta di saperlo e sollevò lo sguardo, le sopracciglia che quasi si toccavano.
« Quale aula? » domandò, vagamente stordito, e Remus si lanciò prontamente in una descrizione dettagliata della strada da compiere per trovarla.
James ascoltava a sprazzi le spiegazioni dell'amico, senza sapere che quella mappa ideale lo avrebbe condotto verso la verità, quella che credeva di aver compreso, ma che in realtà era lontanissima da lui. Senza sapere che, dentro quell'aula abbandonata, non avrebbe trovato nessuna McGranitt ad aspettarlo, ma piuttosto una trepidante Lily che desiderava più di tutto poterlo avere finalmente, completamente vicino a sé.
Remus aveva architettato quel piano appena dieci minuti prima, quando, di ritorno dalla Biblioteca, aveva aperto la Mappa del Malandrino per controllare dove si trovasse Lily in quell'esatto momento. L'intento era stato, per l'appunto, quello di far sì che incontrasse James, per cui, una volta localizzata la ragazza, non era stato difficile ricucire qualche dettaglio inventato intorno a quell'aula in disuso per far sì che l'amico cascasse nel tranello con tutte le scarpe. 
Aveva ritenuto il suo intervento del tutto necessario, viste le condizioni in cui versava James in quelle ore, ed era assolutamente certo che un faccia a faccia tra i due sarebbe stato l'unico modo per permettere ad entrambi di mettere un punto ai propri sfiancanti ragionamenti e abbandonarsi invece ad un semplice, rilassante lieto fine.
Solitamente detestava intromettersi nelle faccende personali degli altri, anche dei suoi amici, ma pensò che, dopotutto, dare una piccola spintarella al corso degli eventi non avrebbe di certo fatto male a nessuno. Al massimo, solo e soltanto a lui, perché aveva dovuto mettere in conto il rischio di pestaggio violento da parte di James nell'eventualità che l'incontro fosse terminato in un nulla di fatto. Decise di non badarci.
Al termine del flusso di informazioni, James abbandonò il letto e si massaggiò la nuca scoperta con il palmo della mano.
« Ascolta, ancora non ho ben capito dove si trovi questa... quest'aula... » disse con voce strascicata. « Dammi la Mappa, la trovo da solo ».
Ma il ragazzo scosse prontamente il capo e, una volta alzatosi, allargò le braccia per poi lasciarle ricadere lungo i fianchi.
« Niente Mappa » gli annunciò, spiccio. « Deve averla Sirius... Non è in punizione anche lui, adesso? »
Il ragazzo imprecò, e Remus capì di essere stato convincente anche con quell'ultima, piccola bugia. Quasi senza rifletterci, affondò le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni, e con la destra potè assicurarsi che sì, in realtà la Mappa si trovava lì, esattamente dove l'aveva riposta.
James, nel frattempo, non esitò oltre e, afferrata la bacchetta poggiata sul suo letto, sfrecciò fuori dal Dormitorio senza una parola, chiudendosi un po' più rumorosamente del solito la porta alle spalle. Così cominciò ad incamminarsi verso l'uscita della Sala Comune, raddrizzandosi gli occhiali un po' storti sul naso.
Non aveva nessuna voglia di incontrare la McGranitt. Ascoltare voci lo infastidiva, sentirsi impartire ordini mille volte di più, ma forse scontare una punizione lo avrebbe aiutato a controllare la rabbia e ad allontanare i cattivi pensieri. 
Ottimista fino alla fine, James, anche se in cuor suo sapeva bene che non sarebbe andata affatto così. Avrebbe avuto bisogno di distrazioni molto più potenti per tenere distante il ricordo dei propri dispiaceri.
Mentre camminava, cercò di ricordare il motivo della punizione che gli era stata assegnata. Così, tanto per tenere occupata la mente. 
Dopo un po', comunque, si rese conto di non avere alcuna rimembranza dell'avvenimento, e decise di attribuire la colpa alla mole decisamente ampia di castighi ricevuti nel tempo. Di una cosa, però, era assolutamente certo: non doveva essere stata una gran malefatta, altrimenti gli sarebbe sicuramente balzata in mente. E poi, nell'ultimo periodo non si era dimostrato molto produttivo da quel punto di vista, forse a causa del perenne malumore che aleggiava fra i Malandrini da un paio di settimane a quella parte, cosa che infatti non stimolava per nulla il suo spirito creativo.
Fu distratto dai propri pensieri solo quando si rese conto di aver superato la Biblioteca. La porta che Remus gli aveva indicato non doveva essere troppo distante, così proseguì lungo il corridoio, ricordando le indicazioni dell'amico che gli aveva raccomandato di dirigersi verso sinistra. E così fece, finché non trovò una porta che, nell'ampio corridoio ornato di arazzi, ritratti, vetrate e panche in legno, passava decisamente inosservata.
Perplesso, si domandò come mai l'insegnante avesse deciso di tenerla chiusa invece di rivelarsi per accoglierlo ad entrare, ma non indugiò troppo a lungo e, con un paio di falcate, coprì la distanza che lo separava dall'aula abbandonata, sperando intensamente che ci fosse tanto, davvero tanto lavoro da sbrigare.
Abbassò la maniglia nello stesso istante in cui si rese conto che sarebbe stato meglio bussare, ma non ci badò. Piuttosto, si affrettò a strizzare gli occhi non appena ebbe guardato la stanza per la prima volta: il buio la avvolgeva, non fitto come quello della notte, ma soffuso e, in qualche modo, un po' confusionario. Proprio per quella ragione, infatti, ci mise un po' ad accorgersi dell'unica persona presente in quella piccola, polverosa aula. Una persona che non somigliava alla McGranitt neanche lontanamente, nemmeno in mezzo a tutto quel buio. Ma una persona che, invece, gli ricordava in maniera straordinaria...
« Lily ».
La vide sobbalzare come colpita da una scossa elettrica, scattare in piedi all'istante e voltarsi a fissarlo, sbigottita.
« James » replicò in tono sorpreso, sistemandosi le pieghe dell'ampia gonna nera per mascherare l'imbarazzo ed evitare il suo sguardo.
La sua entrata l'aveva fatta sentire smascherata, quasi l'avesse colta in flagrante mentre commetteva il più efferato dei crimini. E mentre lo guardava, fu presa per un momento da un panico del tutto irragionevole, che la portò a domandarsi se James potesse vedere ciò che lei vedeva nello specchio. Poi si rese conto che non era quella la sua magia, e un po' della tensione svanì nella stessa brusca maniera con la quale l'aveva assalita.
James, invece, immobile sulla soglia, inizialmente non riuscì a capire cosa avesse provato alla vista di Lily. Il primo sentimento che riuscì a riconoscere, però, fu quella stessa, cocente rabbia che non lo aveva ancora abbandonato: rabbia per la trappola che Remus gli aveva teso, perché da lui non se lo sarebbe mai e poi mai aspettato. E di certo, al proprio ritorno non si sarebbe dimostrato molto incline al perdono. Era stato un colpo basso, e lui non lo avrebbe incassato a capo chino. Non ci pensava nemmeno.
« Scusami... pensavo di trovare la McGranitt » borbottò, facendo per retrocedere e richiudersi la porta alle spalle.
Non riusciva a guardarla negli occhi, provava una miscuglio di fastidio ed inadeguatezza che lo faceva sentire fuori posto, per cui pensò che troncare la conversazione sul nascere avrebbe reso tutto molto più semplice. Non aveva messo in conto una cosa, però: nelle ultime ventiquattr'ore o poco più, nulla era stato semplice per lui. E nulla era andato per il verso giusto, affatto.
« Figurati » rispose Lily in tono flebile, mentre lui era ancora fermo sull'uscio. Poi, dopo una frazione di secondo, parlò senza neanche rendersene conto. « Ti va di restare? » chiese, comprendendo solo in quel momento cosa in effetti aveva appena detto, tanto che aggiunse: « Se non hai di meglio da fare, è ovvio... »
James, completamente frastornato, cominciò a porsi mille domande tutte in una volta: innanzitutto, cosa diamine ci faceva Lily in quell'aula deserta, buia e sporca? E perché lo aveva appena invitato a rimanere se fra loro si era infranto tutto quanto? Aveva qualcosa da dirgli? Voleva chiarire i propri sentimenti una volta per tutte così da indurlo a mettersi il cuore in pace? Beh, Lily non lo sapeva, ma lui, dopo ben sei anni, era finalmente riuscito a farlo.
E allora cosa dire di fronte alla sua richiesta? La tentazione di accampare una scusa e andare via era forte, ma un qualcosa di indefinibile continuava a suggerirgli di restare. Possibile che fosse la cosa migliore da fare? A cosa sarebbe servito, e a chi? Forse solo e soltanto a lei, la cui coscienza sarebbe stata pulita e il cuore libero di amare chi voleva. Una scelta, quest'ultima, che proprio il suo cuore aveva compiuto al posto suo, e per la quale non erano necessarie spiegazioni. 
Dopotutto, proprio lì stava la differenza, quella che distingueva coscienza e cuore: lui, così legato alla sua libertà, di spiegazioni non ne forniva mai, mentre lei si sentiva sempre in dovere di darne. Quando il cuore raggiunge ciò che vuole, non bada a ciò che si è lasciato alle spalle. E' la coscienza a curarsi di tutte le sue vittime... altrimenti non si riesce a proseguire.
« Sì... Sì, mi va di restare ».
Dopo infinite incertezze, James parlò con sicurezza. Perciò non esitò ad entrare e a richiudere con cura la porta, facendosi vicino alla ragazza che, nel frattempo, aveva tirato un sospiro di sollievo. 
In verità, aveva avuto molta paura per ciò che James le avrebbe risposto. Adesso, invece, non ne provava affatto.
« Come stai? » gli chiese, sorridendo gentilmente. « Ti senti meglio? »
Lui la fissò, interdetto, e si chiese di cosa stesse parlando. Non ricordava di essere stato male dall'ultima volta in cui l'aveva vista.
« Remus mi ha detto che non sei stato bene, ieri sera » aggiunse allora lei, notando la sua espressione smarrita.
Quelle parole aiutarono James a capire. A quanto pareva, Remus se la cavava piuttosto bene a raccontare bugie a destra e a manca. 
« Oh... già » fece allora, annuendo ripetutamente. « E' tutto passato, mi sento... molto più in forma, sì ».
Annuirono entrambi, un po' in imbarazzo, ma la tensione fu presto allentata non appena l'attenzione di James venne catturata dallo specchio di fronte a loro.
Lo scrutò con interesse, lasciando scorrere lo sguardo sulla luminosa cornice intarsiata, mentre Lily, al suo fianco, prestava attenzione ad ogni sua espressione, e alla meraviglia che il suo volto manifestava dinnanzi alla magnificenza dello specchio. Ma non aveva ancora visto la parte migliore.
« Bello, vero? » gli fece, inducendolo a distogliere subito lo sguardo, e lo vide annuire con aria un po' disorientata.
« Molto » mormorò, avvicinandosi di qualche passo per studiarlo più da vicino.
E Lily, rimasta invece immobile, sorrise all'idea della reazione che avrebbe potuto avere alla vista del riflesso - che riflesso poi non era - dipinto al posto della pura e semplice riproduzione di se stesso.
Ma per quello non dovette attendere molto a lungo, perché, compiuto un altro passo, vide James trattenere il fiato per la sorpresa e retrocedere di nuovo. Chissà che cosa vedeva... aveva parecchie idee al riguardo, alcune molto probabili, altre altamente inverosimili. Parecchie idee, sì. Ma una sola speranza.
« Questo non è normale... » stava borbottando James, stordito come se lo avessero colpito alla testa con una mazza da Quidditch.
Lei gli si fece vicina, senza smettere di sorridere, e lanciò uno sguardo prima a lui, poi allo specchio, cosa che riuscì a terrorizzare James.
« Tu... tu non puoi...? »
« ... vedere ciò che vedi tu? » disse Lily, completando la frase al posto suo. « No, non credo funzioni in questo modo ».
A quelle parole, lui si fece d'un tratto molto più tranquillo. 
Era certo che, se Lily avesse potuto vedere l'immagine riflessa sullo specchio, non ne sarebbe stata troppo contenta. Ma non sapeva, non poteva in alcun modo sapere, che in realtà la scena dipinta sul vetro era l'esatta riproduzione di ciò che l'anima di lei rifletteva su quella stessa lastra di vetro apparentemente innocua. 
« Ma di' un po', dovrei preoccuparmi? » proseguì Lily, scherzosa. « Vedi... non so... qualcosa di eccessivamente scandaloso per il mio innocente e casto sguardo? » chiese infine con fare tendenzioso, e risero sommessamente entrambi.
« Niente del genere, no » la rassicurò il ragazzo, che però appariva ancora abbastanza turbato. « Ma che cos'è? Sai come funziona? »
Lei ci riflettè sopra un momento, chiedendosi se fosse meglio rispondere a quella domanda con sincerità o meno. Alla fine scosse il capo.
« No, non ne ho idea » rispose con un sorrisetto, un po' mistica. « Ma due teste sono meglio di una, non credi? Tu come pensi che funzioni? »
James, che si era concentrato nuovamente sullo specchio, notò una nota sibillina nelle sue parole, cosa che lo insospettì, e non poco.
« Io penso che tu lo sappia benissimo » le disse, con lo stesso sorriso obliquo stampato sul volto di lei. « E che stia facendo la furba con me ».
Lily storse la bocca per non ridere e, anche se con non poche difficoltà, riuscì a trattenersi.
« E io penso che dovresti arrivarci da solo » replicò, incrociando le braccia con risolutezza. Atteggiamento che, secondo James, la rendeva davvero buffissima.
Senza preavviso, si accomodò nuovamente a terra, seduta su un fianco, e gli rivolse una sorta di sguardo di sfida che lui colse al volo, tanto che non tentennò e si chinò subito per sederle accanto, una gamba ritratta verso il petto e l'altra piegata sul pavimento duro e freddo.
E mentre rifletteva, si domandò come potesse essere così semplice conversare con lei in un tono tanto leggero. Sapeva bene quanto tutto fosse inutile, ed era stato una vera e propria furia fino a pochi minuti prima, ma... adesso era diverso. Non poteva fare a meno di comportarsi come l'istinto gli suggeriva di fare, e non era capace di frenare la propria naturalezza quando si trovava in sua compagnia. Che fosse un difetto o meno, questo non gli era dato saperlo. 
Ogni volta in cui fissava quello specchio, però, avvertiva chiara e forte una fitta di pura tristezza trafiggergli le viscere, ed era solo allora che si rendeva conto di quanto avesse perso. E così tornava a chiedersi cosa stesse facendo lì, insieme a lei, insieme al suo sorriso. Ma non possedeva risposte, e non si dava pace, così decise di concentrarsi sul quesito che lei gli aveva posto.
« Non mostra il futuro » asserì fermamente dopo un po', e Lily lo guardò e annuì.
« Non mostra il futuro, esatto » confermò, piuttosto tranquilla.
« E di certo neanche il passato » proseguì James con una certa amarezza, anche se lei fece nuovamente di sì col capo senza captarla.
« Giusto anche questo » mormorò, giocherellando con un ciuffo sparuto di capelli.
James allora continuò a riflettere, non tanto sull'immagine che lo specchio mostrava, ormai sbiadita da quando i due si erano seduti accanto, ma su ciò che aveva intenzione di dire. Non sapeva se desiderava davvero farglielo sapere, né riusciva a comprendere il motivo del suo comportamento: come mai non voleva rivelargli la fonte della magia dello specchio? Perché lo stava esortando a giungere da sé alla conclusione? A queste domande non seppe trovare una risposta, ma ne trovò una da riservare a lei, decidendo così di assecondare il proprio istinto e dire ciò che in effetti sentiva di voler dire.
« Credo che mostri le speranze vane » disse allora, lo sguardo fisso sul vetro. « Quelle che ci stanno più a cuore, ma che sono anche le più... irraggiungibili ».
Accanto a lui, Lily ci mise un po' ad assimilare le sue parole, forse perché erano le più lontane possibili da quelle che si era aspettata di sentirgli pronunciare. Una volta comprese a fondo, infatti, ne fu sinceramente stupita, e non riuscì a capire come James potesse essere arrivato ad una simile conclusione. 
James, con il suo spiccato ottimismo, sempre ruggente in lui, persino nelle situazioni peggiori... che cosa vedeva in quello specchio di tanto inarrivabile? Cosa riusciva a infondergli una tale amarezza, quando aveva sempre fatto ardere le proprie speranze senza mai lasciare che si spegnessero?
Lei, che conosceva il meccanismo dello specchio, non fu capace di immaginare a cosa James potesse riferirsi. Ma di fatto la sua idea l'aveva lasciata di stucco, e parecchio delusa, perché in cuor suo aveva desiderato tutt'altro, e adesso cominciava a sentirsi un po' come lui: preda di speranze inarrivabili e di desideri sciocchi che non avrebbero mai trovato un lieto fine.
« Perché... perché dici questo? » gli chiese, scuotendo il capo impercettibilmente e senza neanche rendersene conto.
Lui non la guardò. Non ci riusciva, e non voleva farlo.
« Dev'essere così » mormorò, quasi fra sé e sé. « Questo specchio riflette ciò che non avremo mai. Ti mostra quel che vuoi, ma non ti aiuta a raggiungerlo. Perciò può servire solo a due cose: a farti impazzire, se sei così stupido da rimanere lì a fissarlo per l'eternità, o a farti rendere conto che sarebbe meglio lasciar perdere ».
Scrollò le spalle, lo sguardo ancora perso nel vuoto, mentre Lily lo ascoltava, senza parole.
Più James parlava, più lei si rendeva conto di non riconoscerlo. E la cosa la stava seriamente preoccupando, tanto che non esitò a parlare.
« James... ma che cosa ti prende? » chiese, inclinando appena il capo. « Sei così diverso... E' successo qualco-...? »
« Sì ». James non la lasciò nemmeno finire. « Sì, è così. E ne parlerei, se potesse servire a qualcosa. Ma non è questo il caso ».
Lei non smise di osservarlo. Avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutarlo a tornare quello di sempre. Avrebbe voluto scrollarlo e rendere sciocca ogni sua preoccupazione, avrebbe voluto stringergli una mano fra le proprie, trovare qualcosa di divertente da dire così da farlo sorridere e annullare quella distanza che fra loro non c'era mai stata, ma che adesso avvertiva chiara e forte nei pochi centimetri che li separavano. Voleva soltanto riavere James, il James che conosceva. Quel James che aveva sperato potesse finalmente essere suo.
Nonostante fosse l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, però, rimase in silenzio. Non voleva tormentarlo con le proprie domande, né tantomeno costringerlo a parlare di ciò che desiderava tenere per sé. 
Così, senza una vera ragione, dopo parecchi attimi di totale stallo, decise di parlare lei stessa.
« Sai... anche a me è successo qualcosa » disse, intrecciando le mani in grembo. « E parlare è stata una delle cose che più mi hanno aiutata a capire ».
A lui venne quasi da ridere. 
Lo sapeva bene, dopotutto, quanto parlare le fosse stato utile. Qualche parola pronunciata da Piton doveva essere stata sufficiente a fargli ottenere il suo perdono. Facile come bere un bicchier d'acqua.
« Lo so » rispose, con una punta di acidità nella voce. « E so anche che devono essere state parole piuttosto importanti, per esserti state tanto d'aiuto... insomma, non sei quel tipo di persona che cambia idea sugli altri tanto facilmente. Nessuno lo sa meglio di me » concluse, lo sguardo fisso a terra.
Lei parve spaesata. Non capiva a cosa si stesse riferendo, ma d'altro canto lui sembrava davvero sicuro di sé, per cui si chiese per caso Remus potesse avergli parlato di ciò di cui avevano discusso alla ronda, cosa che però non sarebbe stata per nulla da lui. Ma allora di cos'è che stava discutendo?
« E poi » proseguì ancora, « lo avevi detto tu stessa... non concedi seconde occasioni a chi non ne merita ».
Deglutì, mentre al suo fianco Lily cercava di indovinare il soggetto mancante al suo discorso apparentemente insensato, per poi tentare di carpirne il significato. Ma cavarne qualcosa di vagamente comprensibile si dimostrò più difficile di quanto avesse pensato. Non riusciva in nessun modo a trovare una connessione fra quello che le suonava tanto come un folle blatelare e l'argomento del dialogo che si era apprestata ad affrontare. Forse non esisteva e basta.
« Mi spiace, ma non capisco di cosa stai parlando » disse allora, mordicchiandosi la guancia con aria sinceramente confusa.
Lui, però, non riuscì a cogliere la sua ingenuità, e le sue parole scatenarono in lui tutta quella rabbia fino ad allora sopita.
« Lily, andiamo... piantala di fingere » sbottò, fortemente risentito. « Io ero lì, ho visto tutto quanto, come puoi far finta di niente? »
Ma la ragazza parve, se possibile, ancor più disorientata di quanto non fosse stata fino a quel momento. Quel tono aggressivo e del tutto inaspettato l'aveva destabilizzata, non l'aveva mai avvertito prima nella sua voce sempre allegra e serena. O almeno, non tutte le volte in cui si era rivolto a lei.
« Visto tutto quanto? » ripetè, stringendosi nelle spalle. « Ma visto cosa? Per favore, James, spiegami, non riesco proprio a seguirti... »
Ma a quel punto lui esplose, si alzò di scatto e si abbandonò contro uno dei tanti banchi lì vicino.
« Piton! » esclamò, ora decisamente furente. « Che cosa c'è da spiegare? Lui, e il tuo Patronus, e i vostri Patroni... è tutto così chiaro che... non capisco, davvero, non capisco come ho potuto prendere quest'abbaglio! Pensavo fosse acqua passata, pensavo che fosse tutto finito, ma poi... poi vi ho visti vicini, e ho capito che qualcosa non andava... sapevo che non vi eravate più rivolti la parola dalla fine del quinto anno, mi è sembrato così strano vedervi di nuovo insieme... però alla fine ho capito. I vostri Patroni identici, il tuo che ha cambiato forma, e poi di nuovo voi che parlavate all'uscita... è tutto così chiaro... » ripetè alla fine in un sussurro, passandosi una mano fra i capelli, e a Lily parve davvero fuori di sé.
Era spiazzata, non riusciva a credere a ciò che aveva appena udito, e ancora più che mai stentava a comprendere cosa realmente James volesse dirle, nonostante le fosse finalmente chiaro a chi si fosse riferito per tutto quel tempo. Un nome a cui, in verità, non avrebbe mai e poi mai pensato.
Le mani unite come in preghiera, lasciò scorrere il dorso dei pollici sulle labbra secche, scuotendo il capo ancora una volta. Aveva un mucchio di domande da rivolgergli, ma non sapeva neppure da dove cominciare. Si sentiva stordita, ma aveva anche tanta voglia di capire.
« Il mio Patronus e quello di Severus non sono uguali » disse con sicurezza. « Di che cosa vai parlando? Nemmeno lui è riuscito a capire quale forma avesse assunto, e men che meno ne sono stati capaci quei due che credevano di averlo visto. Si è dissolto in un secondo, lo hai dimenticato? »
Ma lui scosse il capo con rabbia, pronto a contraddire la sua tesi con le proprie disarmanti certezze.
« Io l'ho visto, Lily, l'ho visto con i miei occhi » replicò, duro. « Non mi serve la testimonianza di cinquecento persone, okay? L'ho visto, e Piton lo sa benissimo. Perché credi che abbia fatto finta di niente? Come potrebbe non aver capito che forma aveva assunto se, anche solo per un secondo, è stato lì di fronte a lui? Non voleva ammetterlo, non voleva ammetterlo perché sarebbe stata una dannatissima dichiarazione, e quel vigliacco non avrebbe avuto il fegato di lasciarsi smascherare di fronte a una classe intera... non ha il fegato per nulla, quel maledetto idiota... »
Lily inclinò il capo, studiandolo con interesse crescente. Chissà a cosa avrebbe portato, quel suo ragionamento così insensato...
« E con questo? » chiese infatti. « Se anche fosse così come dici... »
« Non ci sei ancora arrivata? » la interruppe James, incalzante. « E' bastato un minuscolo riavvicinamento a sconvolgerti totalmente! Il tuo Patronus è cambiato per lui, e Dixon ne ha spiegato il motivo con estrema chiarezza! Non capisco nemmeno perché sia io a dirtelo e non il contrario! »
Era furioso, e lo sguardo di Lily fisso su di lui, ancora vacuo come una stanza vuota e buia, lo mandava in bestia ancor di più.
Ma lei riuscì a mantenerlo solo per qualche secondo ancora, perché non appena le informazioni ricevute ebbero fatto irruzione nella sua mente, la sua reazione fu tutt'altro che impassibile. 
Subito, infatti, scoppiò a ridere così sonoramente che nella stanza dalle alte pareti si levò l'eco della sua voce squillante, e nemmeno lo sguardo basito che James le rivolse riuscì a farla smettere. Rise, rise finché non ne ebbe abbastanza.
Rise per la rabbia di lui, per la teoria che aveva messo su e per lo strano modo in cui si erano messi gli eventi, così ambigui da poterla quasi avvalorare.
Rise perché finalmente tutto quadrava: il suo fingersi malato la notte della ronda, il fatto che non le era venuto addosso subito dopo la lezione di Difesa urlandole: « Per Godric, Evans, allora mi ami anche tu! », ma che al contrario l'avesse ignorata tutto il tempo... persino le criptiche parole di Remus al termine della serata trascorsa insieme avevano acquisito un senso, il che le era parso impossibile fino a una manciata di secondi prima.
Rise perché adesso era tornata a sentirsi leggera come l'aria, nuovamente elettrizzata per le luminose prospettive che le si spalancavano di fronte.
Rise per le speranze che si erano riaccese in lei, e perché sapeva di poterle far rinascere anche in James.
Rise perché un equivoco non le era mai parso tanto assurdo. Rise perché forse avrebbe trovato un lieto fine a tutto.
« Per la barba di Merlino, non riesco proprio a crederci... » biascicò non appena ebbe smesso di ridere, una mano premuta sulla fronte. « Torna qui, Potter » aggiunse, e gli fece cenno di sedersi accanto a sé. « Non so quanto tu ti sia applicato, ma ho il vago sospetto che la tua teoria faccia acqua da tutte le parti... »
Sempre più sbigottito ad ogni istante che passava, James le si fece vicino e, remissivo, obbedì ai suoi ordini, muto come un pesce per lo shock.
Lily, divertita dalla sua espressione sgomenta, si chiese da dove cominciare con le spiegazioni. C'era davvero tanto lavoro da fare.
« James... Piton non c'entra assolutamente niente con quello che è successo » esordì, e si chiese perché avesse chiamato Severus in quel modo. Non se ne era resa conto finché non aveva pronunciato quelle cinque, fredde lettere, ma non ci badò e decise di proseguire. « Come hai potuto pensare una cosa del genere? E' un Mangiamorte, è uno dei suoi... lui è... » Scosse il capo con forza. « Ha rischiato di farti morire, James, lo sai anche meglio di me. Non potrei riavvicinarmi a lui, e di sicuro non torneremo mai ad essere amici... ne sono assolutamente certa, ora più che mai ».
James era completamente intontito, ma non osò parlare. Piuttosto, si chiese dove Lily volesse andare a parare con quel discorso, anche se forse non necessitava di una conclusione. Così si limitò ad ascoltare quanto ancora aveva da dire.
« Quindi... » proseguì lei, ricercando con cura le parole più adatte da utilizzare. « Ecco, io non so se ciò che hai visto è vero oppure no, non so se i nostri Patroni siano identici o meno... ma non importa. Quello che so è che il mio cambiamento non è per niente dovuto a lui, perché... » Scosse il capo, sorridendo appena. « ... perché la mia cerva è nata da qualcos'altro ».
Si strinse nelle spalle e attirò le gambe serrate verso il petto, circondandole con le braccia.
James ancora la fissava, ma lei, guardandolo a sua volta, non aveva idea di come sentirsi. Era stato così semplice e così liberatorio pronunciare quelle parole... nulla l'aveva ostacolata nel fornire a James quei cristallini chiarimenti, neanche un velo di imbarazzo, ma ora che uno scomodo e prolungato silenzio cominciava ad insinuarsi fra loro, potè avvertirlo chiaramente mentre si impadroniva di lei, della sua mente, delle sue guance improvvisamente arrossate.
Ad ogni modo, però, ne era valsa decisamente la pena. Vedere il volto di James distendersi pian piano in un'espressione serena, seppur anche un po' disorientata, era stato il miglior risultato che avrebbe mai potuto ottenere. Perlomeno tramite quel discorso che, purtroppo per lei, era rimasto ancora un po' a metà, carente di quella parte fondamentale che, di conseguenza, era anche la più difficile da esprimere. 
Ma c'era una cosa che, fortunatamente, stava favorendo la sua profonda riflessione: l'assoluto silenzio di James che, seduto accanto a lei con l'aria di chi ha perduto ogni certezza nella propria vita, non le stava mettendo fretta in alcun modo. E di certo, dopo tutte le sciocchezze a cui aveva ingenuamente dato voce in precedenza, non aveva nessuna intenzione di farlo. 
Mai una rivelazione lo aveva fatto sentire così sollevato e, allo stesso tempo, anche così dannatamente stupido. 
Aveva sbagliato tutto quanto, si era mostrato infuriato e assolutamente convinto di un qualcosa che non era nemmeno stato provato, e proprio per questo motivo tornare a dire qualcosa gli pareva la decisione meno ragionevole da prendere. Probabilmente, sarebbe rimasto lì ad aspettare che Lily riprendesse la parola anche se non avesse aperto bocca per le ventiquattr'ore seguenti, e avrebbe continuato a pensare che fosse la cosa migliore per entrambi, oltre che per quel poco che rimaneva della sua dignità. Aveva già fatto la figura dell'idiota, rendendosi ridicolo di fronte a lei, perché rischiare di ripetere l'avvenimento? Un temporaneo mutismo era senza dubbio la soluzione più giusta.
Certo, sarebbe stata dura tenere a freno la curiosità di conoscere e capire il resto della faccenda lasciata chiaramente in sospeso da lei, e altrettanto difficile sarebbe stato reprimere il ritorno di fiamma della prima speranza che lo aveva acceso nei confronti di quella misteriosa cerva d'argento. Ma doveva resistere, tenere duro e imparare ad aspettare: le risposte, piene, complete e irreversibili, sarebbero arrivate.
« Strano come una stessa cosa possa assumere significati del tutto differenti se vista da occhi diversi... non credi? » 
Lily aveva parlato quasi senza rendersene conto, gli occhi fissi sullo specchio, risvegliando così l'interesse di James, che si voltò a guardarla e annuì appena.
« Già... » mormorò, stupito del fatto che riuscisse quasi a sorridere per il gran casino che aveva combinato.
Lei gli lanciò uno sguardo di sottecchi e prese a giocherellare, come faceva spesso, con le sottili catene dei bracciali che teneva legati al polso.
« E' accaduto lo stesso anche con questo specchio, sai? » proseguì in tono leggero, e lui inclinò il capo per studiarla con maggiore attenzione. « Funziona per entrambi allo stesso modo, ma tu credi che mostri le speranze vane, mentre io... » Risollevò lo sguardo. « Io vedo il riflesso del mio desiderio più grande ».
Al contrario, James non riuscì a reggere la straripante bellezza dei suoi occhi sinceri e puntò i propri altrove, senza sapere cosa dire.
Lily continuava a credere di vedere qualcosa di diverso da lui, su quel vetro, ma non era più così. Adesso, infatti, tutto ciò che riusciva a captare dall'immagine riflessa sullo specchio era il proprio desiderio di renderla realtà. E che quella voglia bruciante fosse vana o meno, questo non poteva saperlo, ma nel dubbio decise che convincersi dell'opzione più pessimista fosse la scelta migliore. Così, perlomeno, si sarebbe risparmiato un'altra eventuale delusione.
« E quando mai abbiamo concordato su qualcosa, noi due? » rise alla fine, fingendosi più disinvolto di quanto in realtà non fosse.
Lei rise a sua volta, ritrovandosi ad annuire con sincero divertimento.
« Ottima osservazione » commentò.
Dopodiché, una nuova ondata di silenzio dilagò fra loro, e fu solo in quel momento che si rese conto di essere piuttosto agitata.
Toccava nuovamente a lei riprendere la parola, e questa volta a nulla sarebbe servito rimandare il momento delle risposte, quel momento tanto atteso da entrambi... a nulla se non a trasformare quel lieve pizzicore in una completa paralisi della sua mente già troppo stipata di pensieri.
Quindi, senza indugiare oltre, doveva parlare. Doveva farlo, riversare ogni verità taciuta senza più remore e senza alcun timore... doveva farlo perché era arrivato il momento più giusto, e perché rimandarlo avrebbe significato rischiare troppo, rischiare senza una vera ragione per farlo. Doveva parlare, dire tutto quanto, proprio come erano soliti fare lei e James, che di frasi non dette e fredde macchinazioni non sapevano assolutamente nulla. Ma soprattutto, doveva parlare perché ne avvertiva il bisogno, e farlo sarebbe servito a liberarla da quel fardello che voleva lasciarsi alle spalle, così da permetterle di procedere senza più alcuna pressione o responsabilità in merito agli eventi... e se fino a quel momento tutto quanto era dipeso sempre e solo da lei, dalle sue decisioni e dai suoi sentimenti, una volta detta la verità non sarebbe stato più così. 
Avrebbe parlato perché farlo l'avrebbe resa felice, e non aveva intenzione di attendere ancora a lungo.
« Quindi » disse, lanciandogli l'ennesimo sguardo sfuggente, « sarebbe folle, secondo te, pensare che potremmo vedere la stessa cosa? »
Un po' sorpreso da quella domanda ed infinitamente curioso di comprenderne il motivo, James la fissò intensamente. 
In qualche modo, sentiva che Lily aveva voglia di dirgli qualcosa... qualcosa di molto importante per entrambi.
« Non lo so » fece, senza smettere di scrutarla, e decise di stare al suo gioco. « A pensarci bene, sei tu che sai esattamente come funziona questo specchio... a me non lo hai ancora spiegato ». Posò l'avambraccio sul ginocchio sinistro, protendendosi un po' di più verso di lei. « Quindi te lo chiedo io: sarebbe folle, secondo te, pensare che potremmo vedere la stessa cosa? »
Si guardarono per qualche istante senza mollare la presa, non perché volessero vedere l'altro cedere, ma perché in quel preciso momento mantenere quel contatto pareva vitale ad entrambi, e nessuno dei due aveva la benché minima voglia di rinunciarvi. Tra i due, però, James sembrava senza dubbio il più deciso, forse perché aveva sete di risposte da troppo, troppo tempo, e aveva finalmente trovato la forza e la giusta sicurezza per riuscire ad ottenerle senza più dover attendere. Adesso era lui a porre le domande, lui a gestire quello sfiancante tira e molla di cui erano già stanchi entrambi, e non avrebbe accettato risposte a metà, niente affatto. D'altra parte, Lily gli doveva qualcosa di più... e lei non vedeva l'ora di dargli tutto. Tutto quanto.
« Beh... ti do un indizio » disse, mordicchiandosi la guancia. « Lo specchio funziona proprio come ti ho detto. Mostra ciò che desideriamo più di tutto... quello di cui il nostro cuore ha più bisogno ». Fece una breve pausa, titubante, poi proseguì dicendo: « Perciò... se davvero vedessimo la stessa cosa, questo vorrebbe dire... »
« ... che desideriamo la stessa cosa ».
James completò la frase al posto suo, parlando lentamente, poi annuì appena, la gola improvvisamente secca e gli occhi piantati sul vetro che lo rifletteva.
Qualcosa si stava smuovendo. In lui, in lei, fra loro, persino nell'aria che fremeva lì intorno. Anche il buio pareva vibrare insieme al loro respiro... 
Tutto aspettava.
« Sì... sarebbe folle » disse Lily, e si chiese perché le sue labbra dovessero farsi così aride e intorpidite proprio in quel momento.
Quasi non riusciva a parlare... ma lo fece comunque.
« Così come sarebbe folle pensare che il mio Patronus sia cambiato per te... o che in questo specchio io veda noi due insieme » proseguì, voltando il capo per guardare James. « Non più folle del fatto che abbia trovato qualcosa di meraviglioso nella persona che più credevo di odiare, certo... o dell'essermi resa conto che questa scoperta ha cambiato moltissimo anche me. Ed è folle che io stia dicendo tutte queste cose ad alta voce, ma... » Sorrise, chissà per quale ragione... Ormai non sarebbe più riuscita a fermarsi. « ... non credi che sarebbe ancora più folle pensare che mi sia innamorata di te? »
Lo guardò, e per la prima volta lui non ebbe timore di quegli occhi, malgrado forse avrebbe dovuto averne più che mai. Eppure, non riusciva in alcun modo a saziarsi di quel verde, così come non era abbastanza, neanche lontanamente, sentirla a meno di un passo da sé, con il petto che faceva su e giù rapidamente. L'unica cosa che gli era bastata erano state le sue parole, così semplici e così piene da non permettergli di desiderare altro. Aveva detto tutto, Lily, più di quanto si sarebbe aspettato, più di quanto avrebbe dovuto, più di quanto entrambi avrebbero potuto immaginare... 
Adesso mancava solo la sua ultima mossa.
« Questo sarebbe completamente folle » mormorò, senza smettere di guardarla. « Ma la cosa più folle in assoluto è che, dopo tutto quello che hai detto, io non ti abbia ancora baciata ».
E lo fece, senza più aspettare, perché sette anni erano stati abbastanza.
Trovò le sue labbra alla cieca, e incontrarle fu quanto di più magico e stupefacente avesse mai conosciuto. Più di quello specchio che scavava nell'anima, più di quell'incanto di verità e luce, più di ogni cosa reale e sensata, perché andava aldilà dell'immaginazione. Ed ecco giungere la felicità, ruggente in quel tenero bacio, traghettata da momenti e ricordi intrecciati che perdevano i tratti sfumati di un sogno: un caos di risate, frizzanti e leggere... uno stagno, un fuoco e una calda coperta... un ballo, o anche più, e un milione di sguardi... e una barca, uno schizzo di sangue, un fiotto di lacrime e un sorriso distante... Labbra riunite dopo un odio infinito, che odio davvero non era mai stato.
C'era tutto, più di tutto quanto, e nulla di tutto questo andò perduto, neanche alla fine di quel lungo bacio.
Ad attenderli vi fu un prolisso sguardo, intenso, pacifico, per nulla codardo, e labbra calde e belle, socchiuse, compiaciute... avevano appena tagliato il traguardo. E ancora la mano di lui, grande, accogliente, sulla sua guancia morbida, a disegnare tratti inesistenti per imparare un po' a conoscerla. Pelle nuova, sconosciuta sulle sue dita ferme, perché nuovo era il modo di guardarla, e di scoprirla, e di toccarla. Poi gli occhi di lei, di nuovo, sempre, che l'avevano a lungo seguito e pian piano compreso, e che adesso lo osservavano quasi a voler ricambiare la sua dolce carezza.
E un altro bacio, morbido, breve, le gambe strette di lei nell'incavo del grembo di lui, e le sue dita forti strette intorno ad esse, ad attirarla a sé.
Non c'era davvero più nulla da dire.




 
You say your best when you say nothing at all. Tu dici le cose migliori quando non dici proprio niente.








 
Note della Malandrinautrice: Salve! Come state, o dolci lettori?
Sì, d'accordo, con questo ritardo abbiamo superato ogni record, ma vi assicuro, per la miseriaccia, che quest'anno scolastico si sta rivelando di gran lunga più difficile rispetto a quello precedente. E, come se non bastasse la mole di studio assai gravosa, abbiamo anche avuto un mucchio di problemi vari ed eventuali con il capitolo stesso.
Ad ogni modo, questo è il risultato. Non è che mi soddisfi pienamente, ma, insomma, JAMES E LILY SI SONO BACIATI!
Alleluja, gente, alleluja è l'unica parola che mi salta in mente in questo momento!
E... nulla, cosa c'è da dire? Per quanto riguarda lo Specchio delle Brame, ci sono informazioni un po' confuse in giro. Si dice che prima di venire utilizzato a guardia della Pietra Filosofale fosse rimasto nella Stanza delle Necessità, ma Silente lo ha studiato prima di utilizzarlo, e sappiamo per certo che suddetto barbuto aveva trovato suddetta Stanza Va e Vieni per caso, forse senza neanche comprenderne il meccanismo. (Oh oh, qui qualcuno ha insultato l'intelligenza di Silente!) Così abbiamo fatto di testa nostra e abbiamo posizionato lo Specchio nella stessa stanza nella quale il pargolo Prescelto lo ritroverà tredici anni dopo. *Ondata di feels*
Anyway, ci tenevamo ad aggiungere che, se non l'avete notato, i nostri amati protagonisti si sono messi insieme il 1° Marzo, lo stesso giorno in cui noi due abbiamo dato il via a questa storia. *Seconda ondata di feels*
Detto ciò, nulla... la canzone di cui abbiamo riportato alcuni versi è 'When You Say Nothing At All', di Ronan Keating, che secondo noi è davvero Jily in musica. *Terza ondata di feels*
Detto anche questo, passiamo a voi, stelle del cielo (?)! Ci tenevamo come sempre a ringraziarvi, con tutto il nostro cuore, per l'affetto e la sincerità che ci avete dimostrato nelle vostre stupende recensioni. Davvero, grazie infinite alle trentacinque personcine che hanno speso del tempo per farci avere il loro parere, grazie mille!
E grazie sempre ai 353 delle preferite, agli 83 delle ricordate e ai 367 delle seguite! Siete un'infinità, santo cielo!
Grazie ancora e un bacione, gente! Ciao!


Simona_Lupin

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Capitolo 38
*** Faccia a faccia ***






Capitolo 38

Faccia a faccia






 
Per i primi giorni di Marzo, quello che probabilmente avrebbe potuto essere eletto come miglior pettegolezzo nella storia di Hogwarts era riuscito a fomentare un chiacchiericcio perenne che, volente o nolente, aveva finito per coinvolgere un po' tutti gli abitanti del castello, insegnanti e fantasmi compresi: chiunque, infatti, all'interno di quelle mura, aveva pronunciato anche solo una volta, nel corso di quelle giornate, il nome di James Potter seguito o preceduto da quello di Lily Evans.
Dopotutto, la loro popolarità, unita a quei celeberrimi battibecchi a cui spesso molti studenti avevano assistito, aveva reso le voci sul loro conto infinitamente più fitte rispetto a quanto sarebbe accaduto se i neo-fidanzati in questione fossero stati dei ragazzi qualsiasi. Non che i due fossero speciali o in qualche modo diversi dagli altri, ma evidentemente essere l'uno il Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro e l'altra una delle ragazze più ambite del castello non favoriva affatto la loro privacy, ma anzi li rendeva due fra gli osservati speciali del giro di gossip del castello, che, chissà per quale strana e inspiegabile magia, pareva sempre più vivo anche nella monotonia della vita scolastica di Hogwarts.
La situazione era già degenerata tempo addietro, quando il corpo studentesco, affascinato dall'insolita e controversa relazione fra i due, si era diviso in fazioni: alcuni detestavano visceralmente l'uno o l'altra, tanto da considerare ripugnante la sola idea di vederli come coppia; altri - la maggioranza, in effetti - fantasticavano sul loro luminoso futuro insieme, costellato da piccole gioie, momenti romantici e, di conseguenza, tanti, tanti bambini. Quest'ultimo partito, entusiasmato dalla notizia del fidanzamento dei due, sembrava il più famelico e desideroso di dettagli, cosa che aveva indotto Lily e James ad evitarne i componenti più noti, i quali però, essendo esperti nell'arte dello spionaggio, riuscivano sempre a beccarli e ad infastidirli con domande tendeziose e spesso anche molto poco opportune.
Un altro grattacapo per i due, malgrado risultasse comunque abbastanza divertente, consisteva invece nelle voci che i maligni lasciavano circolare su presunte e premature crisi fra loro: tradimenti da parte dell'uno o dell'altra, spesso e volentieri messi in atto proprio con coloro che davano il via al pettegolezzo, o liti costanti che li stavano già portando a riflettere su una possibile incompatibilità caratteriale, cosa che, naturalmente, avrebbe trovato come unica soluzione un'inevitabile rottura. E inoltre, c'era persino una minuscola fetta di popolo studentesco che credeva e dichiarava fermamente la propria assurda, folle convinzione in merito alla nascita del loro rapporto: James doveva essersi deciso a far uso di un potente filtro d'amore, condannando la povera e ignara ragazza a soggiacere al suo volere.
In definitiva, Hogwarts era in subbuglio come poche altre volte era stata prima d'allora, e la cosa stava cominciando a divenire spaventosa.
Al contrario, invece, molto meno traumatica era stata la reazione manifestata dagli amici di entrambi al sopraggiungere della notizia. Esclusa quella di Alice, naturalmente, la quale non aveva mostrato il benché minimo contegno e che, dopo aver stritolato Lily in un abbraccio condito da pacche e baci, l'aveva tartassata di domande insinuose e irriverenti, tanto da costringerla ad una fuga rapida verso il bagno, dal quale non era uscita per una buona mezz'ora.
Con tutti gli altri, però, era stato sicuramente molto più semplice. Anche perché, diciamolo pure, non è un gioco da ragazzi scovare qualcuno che sia capace di dimostrarsi più impiccione e sfrontato di Alice di fronte a una fresca, scottante nuova su un fidanzamento.
Con Mary, data la scomoda situazione, non aveva neanche parlato, mentre Emmeline, eccitata e festante, si era congratulata con lei più e più volte, confessandole che aveva sempre saputo, in cuor suo, che il loro amore, puro e sincero, avrebbe presto o tardi finito per trionfare. Scarlett, poi, malgrado l'esplosione di gioia iniziale senza dubbio parecchio accesa, aveva mantenuto un comportamento assolutamente esemplare. Tralasciando quella poco delicata domanda retorica che l'aveva battuta sul tempo, imbarazzandola smisuratamente, ovvero: James bacia da favola, non è vero? che le aveva fatto guadagnare un'occhiataccia da parte di Lily degna dei migliori sguardi fulminanti che era solita lanciare Alice quando una conversazione prendeva una piega a lei poco gradita.
I Malandrini, dal canto loro, non erano stati meno festaioli, e James, al contrario di Lily, non si era per nulla risparmiato in fatto di dettagli e racconti epici alla sua maniera. 
Peter era stato il più restio alle congratulazioni, ancora troppo risentito nei confronti del ragazzo a causa del suo tentato omicidio per potergli concedere il suo completo, immediato perdono. Alla fine, però, si era lasciato prendere dalla benevolenza e dalla magnanimità, e anche lui si era unito alle risse di gruppo, ai cori, alle battute di scherno sulla nuova, fino a pochi mesi prima impensabile coppia, e ai brindisi in onore di essa; Remus, che non era rimasto per niente sorpreso dalla notizia, aveva sfoggiato un sorrisetto soddisfatto che non aveva abbandonato il suo volto per un bel po'. Almeno, finché James non gli aveva annunciato ufficialmente che il suo status di nemico di Cupido si era trasformato in mano destra di Cupido, aggiungendo però che quella non era una buona ragione per mantenere quella faccia da schiaffi che, presto o tardi, gli avrebbe fatto guadagnare un bel pugno sul naso; Sirius, infine, non aveva esitato a picchiare James selvaggiamente (procurandogli, per l'esattezza, due lividi sul braccio, un piccolo graffio sulla mano e un dolore lancinante alla nuca), per poi affrettarsi a stappare una bottiglia del suo miglior Whisky Incendiario in onore di quella coppia che, prima di formarsi, aveva causato la continua, dolorosa rottura dei suoi preziosissimi gioielli di famiglia, e che adesso, per ripagarlo di quella sofferenza, avrebbe dovuto rimanere in pace per l'eternità.
Nonostante quei numerosi interventi esterni, comunque, James e Lily erano riusciti a ritagliarsi altrettanti momenti da trascorrere in solitudine, lontano dagli occhi degli abitanti del castello e, spesso, persino da quelli del cielo. 
Il loro posto preferito, infatti, quello in cui si rifugiavano al termine di ognuna delle loro ormai solite, lunghe passeggiate, quello a cui non avrebbero mai saputo rinunciare perché li faceva sentire a casa, era la rimessa delle barche. Lì, si accovacciavano stretti l'uno all'altra su uno di quegli accoglienti rifugi di legno che, con leggiadria, scivolavano appena avanti e indietro sul pelo dell'acqua gelida, e parlavano, parlavano di qualsiasi cosa balzasse loro in mente, e ridevano, ridevano tanto, perché cosa c'era di meglio dello starsene lì abbracciati a chiacchierare di cento, mille discorsi in una volta?
Proprio quello che stavano facendo anche in quel momento, mentre si avvicinavano alla Sala Grande per la colazione, il braccio di James stretto intorno al suo collo, ciondoloni lungo il petto di lei, e la mano di Lily sul suo fianco, con il pollice incastrato in uno dei passanti dei suoi pantaloni scuri.
« ... andiamo, Evans, è solo la parte finale del tema, un minuscolo contributo a un lavoro già assolutamente splendido... » stava dicendo lui, implorante.
Lei rise di cuore, scuotendo il capo per compatirlo. 
L'aveva assillata a partire dal sesto piano, già al quinto era diventato insopportabile, ma dopo un intero tragitto di preghiere e suppliche, Lily era giunta alla conclusione che buttarla sul ridere era senza dubbio la scelta migliore, oltre che la più sana. Evidentemente, il loro fidanzamento l'aveva fatta diventare, oltre che la sua ragazza, anche la sua nuova vittima per quanto riguardava la scopiazzatura di temi, mappe e compiti vari, forse perché Remus si era stufato di lasciarsi corrompere, o magari solo perché James aveva cominciato a nutrire il desiderio di sperimentare, dopo sei lunghi anni di ininterrotta monotonia, un nuovo stile di scrittura. Ad ogni modo, qualunque fosse la ragione per quel comportamento, Lily non aveva ancora ceduto, né aveva intenzione di farlo, tanto che si appuntò mentalmente di far notare a Remus quanto la propria fermezza fosse infinitamente più solida rispetto alla sua. 
Mollaccione, sì, l'avrebbe chiamato così.
« Venti gradini fa avevi ammesso di non averlo ancora cominciato, James, quindi, di grazia, di che lavoro stiamo parlando? » gli fece, inarcando con aria furba un sopracciglio, e James si rese subito conto dell'errore, tanto che assunse all'istante un'aria parecchio imbronciata.
« Di quello a cui potremmo dare vita io e te, mio bel fiore » disse poi in un sussurro che sarebbe dovuto suonare invitante.
Lily si coprì il viso con entrambe le mani per nascondere la propria incredulità. Poi, una volta riemersa, gli rivolse un'occhiata pietosa.
« Tanto perché tu lo sappia, avresti potuto convincermi con qualcosa del tipo buttiamo giù due frasi e poi passiamo la serata insieme, ma non l'hai fatto » disse, scrollando le spalle con una finta espressione dispiaciuta. « E direi che con quel mio bel fiore ti sei proprio giocato qualsiasi oscura possibilità di averla vinta ».
A quelle parole, così definitive e crudeli, James gemette disperato, e mentre facevano il proprio ingresso in Sala Grande, pensò a quali carte aveva ancora da giocare. Dopotutto, mancava ancora la peggiore, quella a cui Lily non avrebbe affatto saputo resistere: l'arma della seduzione.
« Evans » mormorò, stringendo più forte le sue spalle e poggiando la fronte contro la sua tempia così da poterle parlare all'orecchio. « Pensi davvero che questo non fosse implicito? Passeremo una serata magnifica, io e te, ho già qualcosa in mente... »
Lei si arrestò, sciogliendosi dalla sua stretta per poterlo fronteggiare e guardare negli occhi. Pareva determinata ma assolutamente tranquilla.
« Ma certo che hai già qualcosa in mente, mio bel fiore » gli fece in tono canzonatorio. « Festeggiare il compleanno di Remus, ecco cosa ».
Lui, paralizzato dall'orrore per quella sconvolgente rivelazione, si schiaffeggiò la fronte con la mano e serrò gli occhi per qualche istante.
Ebbene sì, proprio così: uno dei suoi migliori amici aveva compiuto gli anni proprio quel giorno e lui non gli aveva neanche fatto gli auguri. Lily doveva avergli mandato davvero in fumo il cervello.
« Ma oggi... oggi è il nove, Evans, che vai blaterando? » balbettò, preso in contropiede. « Ed è... è mercoledì, non è vero? »
Lily strinse le labbra per non ridere, ma non riuscì a resistere, e tanto fu scrosciante la sua risata che qualcuno, al tavolo vicino, si voltò a guardarla.
« Uhm, non esattamente, no » replicò poi, paziente. « Oggi è il dieci, James, e credo manchino esattamente ventiquattr'ore a mercoledì, ma... insomma, dopotutto che differenza fa? » disse in tono scherzoso, sorridendo ancora.
E se lei era divertita, lui trovò la situazione tutt'altro che buffa. Evidentemente, abbandonare il controllo del calendario non era stata una buona idea.
« La differenza fra i libri giusti e i libri sbagliati, credo » fece in tono afflitto, scompigliandosi i capelli con fare annoiato e abbattuto.
Lei lo fissò, sinceramente dispiaciuta, finché non arrivò l'illuminazione. 
« Sta' tranquillo » rispose così, allegra. « Se hai tutto in Dormitorio, ho io una soluzione. Vieni con me », e gli fece cenno verso l'uscita della Sala.
Un po' confuso, ma sicuramente speranzoso, James la seguì, finché non si ritrovarono in un cantuccio della Sala d'Ingresso. Lì, Lily sguainò la bacchetta e, pensando che già una volta quel metodo un po' folle aveva funzionato, decise che avrebbe funzionato di certo anche quel giorno. 
Così Appellò in gruppo tutti i libri che sarebbero serviti a James quel giorno, consigliando al ragazzo di spedire in Dormitorio con un incantesimo quelli che invece teneva nella borsa. Dopo appena qualche istante, compiuto dai voluminosi tomi il tragitto dei sette piani di distanza dalla Sala Comune, li videro schizzare uno dopo l'altro verso le loro mani tese. E, proprio com'era accaduto a Lily a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, uno dei libri colpì alla nuca un malcapitato ragazzo di passaggio.
« Alan, amico, ti sei fatto male? »
Suddetto ragazzo, infatti, altri non avrebbe potuto essere che lui, il solito Alan. Il volume di Erbologia aveva battuto proprio dietro il suo capo riccioluto.
« Siete pazzi, tutti e due » fu la risposta di quello, che aveva capito cosa i due dovevano aver combinato, e cominciò a massaggiarsi la nuca dolorante.
« Colpa mia » mormorò Lily in tono di scuse, mordicchiandosi il labbro inferiore con aria decisamente colpevole.
« Buono a sapersi, signorina Evans ».
A raggiungerli era stata la voce severa della professoressa McGranitt, la quale, a quanto pareva, aveva assistito alla scena proprio alle loro spalle.
Lily sentì le proprie guance divenire calde per il rossore, e quando si voltò lentamente per fissare l'insegnante, era divenuta dello stesso colore dei suoi capelli.
« Dieci punti in meno a Grifondoro, e non si azzardi mai più a rifare una cosa del genere » disse, secca, e senza accettare alcuna giustificazione o ascoltare un incipit di scuse, si voltò per procedere verso la Sala Grande, con un'atteggiamento stizzito da cui trapelava pura indignazione.
Rimasti un po' spiazzati dall'inaspettato intervento, i tre si fissarono l'un l'altro. Alla fine, fu Alan a spezzare il silenzio venutosi a creare.
« Beh » disse, sollevando le spalle e sistemandosi meglio la borsa sulla spalla ossuta, « ammettiamolo: te lo sei meritato, amica mia ».
E detto ciò, si trascinò anche lui verso l'ampio portone che introduceva alla Sala, torcendo il collo per alleviare un po' il dolore.
Per tutta quanta la faccenda, a Lily venne nuovamente da ridere, cosa che fece anche James mentre le si faceva vicino per circondarle la vita con le braccia.
« Ci stiamo Malandrinizzando o sbaglio, Evans? » le fece in tono provocatorio, lasciando che le punte dei loro nasi si toccassero.
Lei gli rivolse un sorrisetto furbo e divertito che, a dire il vero, gli piacque da matti.
« Credo ci sia ancora tanto lavoro da fare » rispose, poggiando entrambe le mani sul suo petto per stringere appena il maglioncino della sua divisa. « Ma per fortuna posso godere dell'esperienza di un vero fuoriclasse in materia ».
E lo baciò, sorridendo sulle sue labbra e sentendo che lui faceva lo stesso. Poi, in punta di piedi, immerse le dita fra i suoi capelli ritti e scarmigliati, e pensò a quanto fosse piacevole e divertente sentirsi pungere la pelle per poi avvertire tutta la morbidezza di quella chioma folta, nera come l'inchiostro e perennemente indomabile. E malgrado lui avesse sempre odiato chi si intratteneva troppo con le mani fra i suoi capelli, quasi fossero un fenomeno da analizzare, non poteva che bearsi del suo tocco a tratti leggero, a tratti rude, ma sempre inestimabilmente piacevole. 
Quel tocco lo immergeva nell'oblio.
« Signorina Evans! »
L'ennesima voce proveniente da chissà dove la fece sussultare, tanto che si fece distante da James in un batter d'occhio, guardandosi intorno.
A parlare era stato il suo anziano, più che anziano, infinitamente anziano insegnante di Aritmanzia, sempre schizzinoso e facile da scandalizzare, forse perché non era affatto andato al passo con i tempi. Chissà quale brivido di orrore doveva aver provato alla vista della sua sempre pronta allieva intenta a baciare intensamente il suo ragazzo mentre studenti, insegnanti e fantasmi non facevano altro che girovagare nei paraggi.
« Professor Defoe... » biascicò Lily, un po' incerta poiché credeva fermamente di non aver fatto nulla per cui fosse necessaria una giustificazione.
Ma, naturalmente, il vecchio professore non era dello stesso avviso, e inspirò aria a pieni polmoni con un'aria di disapprovazione così evidente che Lily si chiese come avesse fatto a non implodere. Ogniqualvolta compiva quel gesto - spessissimo, in verità - pareva gonfiarsi come un gufo e faceva anche un po' paura. I suoi occhi sempre arrossati e parecchio sporgenti sembravano venir quasi fuori dalle orbite, il che lo rendeva sempre alquanto inquietante.
« Signorina Evans, un po' di decoro, suvvia! » esclamò, e avendo finalmente espirato, cominciò a riacquisire la propria forma naturale. « Mi ritrovo costretto a sottrarre alla sua Casa dieci punti per... per il suo comportamento, mi lasci dire, davvero disdicevole! Disdicevole, esatto » confermò, annuendo.
Indugiò qualche momento traballando un po' sul posto, poi andò via borbottando rabbiosamente, il passo rigido e lo sguardo fisso a terra.
Quando fu lontano, James scoppiò a ridere sonoramente e, per aiutarla a riprendersi dal momentaneo stordimento, strinse Lily in un caldo abbraccio, cullandola per un po' fra le braccia finché non riprese a parlare, sollevando il mento per poterlo guardare negli occhi.
« Forse faremmo meglio a rientrare » disse. « Abbiamo già combinato un bel po' di disastri per questa mattina ».
Lui sollevò un sopracciglio, fingendo di non aver sentito bene e lei, compreso ciò che stava per dire ancor prima che parlasse, cominciò a ridere sottovoce.
« D'accordo, d'accordo, io ho combinato disastri » si affrettò così a correggersi, sulla difensiva. « Ma si dà il caso che abbia avuto il tuo consenso, Potter ».
Lui si slacciò da lei per passarle nuovamente il braccio intorno alle spalle e, insieme, si avviarono verso la Sala Grande.
« Avrai sempre il mio consenso per questo genere di cose, Evans » le sussurrò con un mezzo sorriso prima che si incamminassero, e lei sorrise, rapita.
Una volta giunti alla tavola di Grifondoro, laddove sedevano i Malandrini, James non perse tempo e si precipitò da Remus.
« AMICO! » esclamò, serrandogli la gola con un braccio. « Lo scherzone ha funzionato, eh? Credevi che mi fossi dimenticato del tuo compleanno, HA! E' stato divertente, vero? Ah, ma come hai potuto pensare che io, proprio io, mi fossi scorda-... »
« Remus, perdonalo, credeva che oggi fosse il nove » tagliò corto Lily, alzando gli occhi al cielo, poi sorrise al ragazzo e si chinò per baciarlo sulle guance. « Buon compleanno » disse, assestando una lieve gomitata a James per farlo allontanare e stringendo l'amico in un breve e caldo abbraccio.
« Grazie, Lily » rispose lui con affetto, e per buona misura assestò a James uno scalpellotto sulla nuca.
« Vacci giù pesante, Lunastorta, ha dimenticato il tuo fottuto compleanno! » intervenne Sirius con veemenza, fortemente indignato.
James lo fissò con rabbia e incredulità in parti uguali, mentre lui ricambiò il suo sguardo con perfetta impassibilità.
« Con questo vorresti dirmi che tu te ne sei ricordato? » chiese tendenziosamente, ma il ragazzo non battè ciglio e annuì senza scomporsi.
« Naturale » disse, facendo spallucce. « Sei tu l'unica vergogna sudicia e nera del Dormitorio che ha dimenticato non una semplice data, ma la data per eccellenza. Andiamo, come hai potuto far passare inosservata la ricorrenza più importante dell'anno? Al posto tuo sarei già al Lago ad affogarmi ».
Gli occhi di James, già ridotti a fessure, non fecero che assottigliarsi ancor di più.
« Ti ha fatto copiare il tema, non è vero? » gli chiese, dando voce alla brillante intuizione che l'aveva colpito, e di nuovo Sirius fece di sì col capo.
« Dalla prima all'ultima riga, Ramoso » disse con un largo sorriso. « Dalla prima all'ultima riga. E per forza, aggiungerei. Diciamo solo che la mia fortuita anticipazione sul regalo che scarterà stasera ha avuto una certa influenza sulla sua decisione... ma questi sono solo inutili retroscena ».
Attirò a sé una ciotola colma di biscotti e ne addentò uno intero con espressione soddisfatta.
« Violenza psicologica... » stava borbottando nel frattempo James, mentre Remus, al suo fianco, lodava Peter a bassa voce per la sua sincera, leale amicizia nei suoi confronti. « Mi piace », e porse all'amico il pugno chiuso che quello si affrettò a battere col proprio.
« Ma scusa un po', a cosa ti serve la tua ragazza secchiona se non ti fa scopiazzare neanche un misero tema? » domandò poi, esibendosi in una smorfia.
Lily non si mostrò per nulla toccata, ma rispose prontamente alla provocazione guardandolo dritto negli occhi.
« Apprezzo la tua visione utilitaristica del genere femminile, Black. Molto evoluta » replicò, e lui sorrise con quella che avrebbe dovuto essere un'aria amabile.
« Ci sto lavorando, Evans, ci sto lavorando » fece, gesticolando con la mano. « Mi auguro che la femminista che c'è in te non si sia offesa ».
Lei gli rivolse un breve sorriso poco sincero, pensando compassionevolmente a quanto fosse sciocco il suo atteggiamento, e di nuovo ribattè.
« Donna, prima che femminista » disse infatti, convinta e determinata, ma lui agitò una mano a mezz'aria come se non facesse alcuna differenza.
« Come ti pare » fu la sua risposta, cosa alla quale Lily non si sentì neanche di rispondere.
« Raggiungo Scarlett » sospirò poi rivolta a James, distogliendo infine lo sguardo dal ragazzo, e lui annuì, alzandosi dalla panca per salutarla.
« Ci vediamo a lezione » le disse, un sorriso obliquo stampato sul volto, e la baciò, una mano posata sulla sua guancia piena e pallida.
« A dopo » fece lei, accogliendo con un felice sorriso l'occhiolino che lui le inviò, e si avviò così verso l'amica, seduta in solitudine poco lontano da lì.
Rimasti soli, i Malandrini ricominciarono a mangiare e, cosa ancor più importante, diedero avvio ai preparativi per la serata.
« Allora » esordì James, incrociando le mani a contatto con le labbra. « Mi pare chiaro e lampante che questa sera ci sia da festeggiare ».
A quelle parole, Remus, il quale non era di certo un tipo che amava particolarmente fare baldoria, chinò il capo e si passò le mani fra i capelli.
« A me, invece, pare chiaro e lampante che non potete presentarvi sbronzi alle lezioni di domattina » replicò, cercando di far valere la propria opinione.
« Ah » intervenne Sirius, « salti sempre alle conclusioni peggiori, tu. Chi ti ha detto che vogliamo alzare il gomito? »
Remus lo fissò, a metà fra l'implorante e l'esasperato. 
« Le cento feste precedenti, Sirius » disse, serio e composto. « Soltanto quelle ».
« Già ». Lui annuì, comprensivo. « La storia insegna. Ma veniamo a noi, Ramoso, cos'avevi in mente? Solito programma? » si affrettò a riprendere.
James spalancò le braccia come se la risposta fosse più che ovvia, e il ragazzo ghignò, divertito.
« E perché cambiare? » rispose prontamente il primo, sorridendo ampiamente a sua volta. « Se Remus lo detesta ancora così tanto vuol dire che è perfettamente valido, no? »
« Ben detto! » esclamò Sirius fra le risate, approvando il punto di vista dell'amico.
E a quel punto, a Remus non rimase altro che sospirare, profondamente afflitto.
Quei regali avrebbero dovuto essere i migliori che gli avessero mai fatto.




 
*  *  *




Era ormai tardo pomeriggio, e fino ad allora, quel dieci Marzo era stato per Remus un giorno perfettamente identico a tutti quanti i precedenti: auguri di buon compleanno da parte degli amici e dei conoscenti più cari e qualche abbraccio in più del solito, ma a parte quello, tutto era rientrato nella norma.
In effetti, neanche lui era solito prendere particolarmente in considerazione il giorno del suo compleanno (una o due volte lo aveva persino dimenticato), quindi perché mai quell'anno avrebbe dovuto essere diverso? La solita routine procedeva come di consueto.
Proprio per quella ragione, aveva deciso di recarsi nei sotterranei anche quel pomeriggio, per esercitarsi un po' nelle Pozioni come oramai faceva da tempo.
Le lezioni erano terminate da circa un quarto d'ora, e per i corridoi e le rampe di scale del castello circolavano parecchi studenti. Lui, con la borsa in spalla e il mantello ben allacciato alla gola, si fece largo fra una dozzina di Serpeverde che gironzolavano nei pressi dell'aula di Lumacorno e, una volta giunto di fronte alla porta socchiusa, la aprì senza indugiare premendo sul legno il palmo della mano.
La stanza era buia come sempre, e odorava di strane erbe a lui del tutto sconosciute. Nella semioscurità si intravedeva un po' di fuliggine che svolazzava ovunque, e il legno lucido e antico degli sgabelli rifletteva la tenue luce che ancora penetrava attraverso lo spiraglio di una finestra. Oltre a quei raggi di sole di un tramonto ormai giunto quasi al termine, solo un'altra fioca fonte di luce era presente nella stanza: un'allegra fiammella sulla quale posava un panciuto calderone malandato, il cui contenuto emanava un'aroma piccante che stuzzicava l'olfatto e accendeva i sensi.
Sullo sgabello lì vicino stava accoccolata una ragazza dall'aria ingobbita, le gambe incrociate e una morbida treccia scompigliata che le ricadeva lungo la spalla: a quanto pareva, Miley stava dando vita ad una delle sue brillanti creazioni.
Tanto era concentrata sulla sua pozione che nemmeno si accorse della porta che si apriva. Rimase lì, a mescolare e ad osservare il suo operato, silenziosa.
Inizialmente Remus, spiazzato dalla sua presenza, pensò che quello fosse un segno. Un segno da cogliere al volo.
Aveva l'occasione di andar via, veloce e muto come il vento, e lei non avrebbe mai saputo che aveva quasi varcato quella soglia, che aveva osservato le sue dita tamburellare sul piano da lavoro e contato uno ad uno i nodi della sua lunga treccia... Sarebbe stato semplice, e avrebbe dimenticato tutto in fretta, facendo finta che nulla fosse accaduto, perché in effetti niente era davvero successo. 
Ma forse quel segno andava interpretato alla rovescia. Forse la cosa giusta, quella più naturale, era entrare e stare un po' a vedere se ne era valsa la pena oppure no. Forse gli si stava presentando un'occasione che, per quanto ne sapeva, avrebbe potuto essere l'ultima. 
Forse, per una volta, che fosse l'ennesima o la prima, avrebbe dovuto dimostrarsi un po' più coraggioso.
Così tossicchiò, quanto bastava per far sì che lo sentisse ma senza spaventarla, anche se la vide comunque sussultare appena. Quando si voltò, intravide una traccia di incertezza sul suo viso, che però si dissolse subito dopo in una diffusa, piacevole, confusa sorpresa. O almeno, questo fu ciò che lui riuscì a captare.
« Ciao » disse, un saluto quasi evasivo. E già tacque per un momento. « Credevo di non trovare nessuno, di solito... »
« Stavo andando via » si affrettò ad interromperlo lei, ma ora sul suo volto non riusciva a leggere più nulla.
Aveva detto poco, solo qualche parola, ma si rese conto di avere già sbagliato tutto quanto. E non esitò a rimediare, scuotendo il capo.
« No, rimani. Non era quello che intendevo dire » rispose in tono pacato, compiendo ancora qualche passo avanti.
Lei, che aveva già raccolto la borsa da terra, lo guardò e accennò un sorriso fulmineo, molto diverso da quelli a cui Remus era abituato.
Le sedette accanto, abbandonando la borsa proprio di fianco alla sua, e poggiò la schiena al tavolo da lavoro, senza sapere se guardarla o meno.
« Stavi preparando uno dei tuoi intrugli, scommetto » le disse, in un audace tentativo di mostrarsi più disinvolto di quanto in realtà non fosse.
Miley ci mise un po' più del necessario a rispondere alla sua affermazione. Non perché le avesse posto un quesito particolarmente difficile o perché, com'era accaduto un tempo, la sua presenza la mandasse nel pallone, ma semplicemente perché faticava a comprendere il suo atteggiamento, e aveva intenzione di procedere con cautela.
Era così strano, dopo quasi un mese di ininterrotta lontananza, ritrovarsi di fronte quel ragazzo con cui aveva condiviso così tanto... Le faceva uno strano effetto tornare a conversare con lui dopo il loro breve, freddo, apparentemente poco significativo ultimo dialogo. E per quanto potesse rincuorarla tornare a sentire la sua voce rassicurante e calma, non riusciva a capire perché le stesse rivolgendo nuovamente la parola. Ma era sicuramente curiosa di scoprirlo.
« Sì, dovrebbe essere un... decotto per il raffreddore, o qualcosa di simile » replicò infine, osservando con aria corrucciata il colorito aranciato del liquido che ribolliva dentro il calderone. « La Pozione Peperina fa effetto quasi quanto una tazza d'acqua calda su di me, perciò... beh, mi sono dovuta arrangiare » aggiunse poi, sollevando le spalle, e tirò su col naso, parecchio arrossato proprio sulla punta, arricciandolo appena per trattenere uno starnuto.
Remus, guardandola mentre stirava le maniche del proprio maglioncino fino a intrappolarne le estremità fra le dita, pensò che fosse davvero molto buffa.
Poi, distogliendo lo sguardo da lei dopo qualche istante, si riscosse e cominciò a darsi da fare per preparare a sua volta un qualcosa che somigliasse, seppur vagamente, a una pozione, cercando allo stesso tempo di non pensare agli ultimi, disastrosi risultati ottenuti nel corso delle esercitazioni più recenti.
La presenza di Miley lo rendeva nervoso, ma in verità le pozioni c'entravano assai poco. A farlo sentire così maledettamente fuori luogo, infatti, altro non era che il pensiero di ciò che aveva fatto. Di ciò che, in realtà, stava a tutti gli effetti continuando a fare: prendere in giro se stesso quanto lei.
Perché si trovava lì, in quel momento? 
Aveva costruito e distrutto tutto quanto da solo, smontato e rimontato il loro rapporto a proprio piacimento, detto troppo, delle volte, e taciuto ancor di più, omesso e celato gelosamente segreti che non avrebbero dovuto dividerlo da chi gli si era fatto così pericolosamente vicino. Miley era stata importante tante, troppe volte - nei suoi semplici gesti spontanei, nelle sue parole sputate fuori d'impeto, nelle sue piccole, divertenti stranezze - per non meritare di venire a conoscenza di quella parte di lui che non lo avrebbe mai abbandonato. Ma a quel proposito, ad assillarlo era sempre lo stesso, medesimo dubbio: proprio per tutte quelle piccole, preziose ragioni, Miley meritava di sapere della sua maledizione o di esserne tratta in salvo? Ed era una domanda così ardua, così tanto più grande di entrambi, che l'idea di trovare una risposta pareva distante un'intera vita da lui.
E alla luce di questa consapevolezza, dell'effettiva irraggiungibilità di quella sfuggente risposta, capì che, varcando quella soglia, aveva arrecato un terribile danno ad entrambi. Un danno a cui non avrebbe saputo rimediare.
« Se stai cercando di prendere i semi, devi usare il coltello, non la bacchetta ».
La voce di Miley lo distrasse dai propri pensieri mentre, quasi senza rendersene conto, aveva cominciato a lavorare su una minuscola pianta dalla forma insolita estratta da un barattolo impolverato. Ed in effetti era ciò che stava tentando di fare, raccogliere i semi racchiusi all'interno, ma l'operazione si stava rivelando molto più complicata del previsto, tanto che non ne aveva ancora tirato fuori neanche uno.
Miley, d'altro canto, non era stata capace di trattenersi, e quando lui piantò lo sguardo su di lei sorrise, quasi a mo' di scusa.
« Usando un incantesimo puoi rischiare di bruciarli » aggiunse, giustificando il suo consiglio, e lui annuì lentamente, facendo propria quella nozione.
« Ti ringrazio » rispose, e lei scrollò le spalle e scosse il capo, gli angoli della bocca ancora increspati in un sorriso. Un sorriso che lui ricambiò.
Si rimise così al lavoro, notando quanto fruttuoso si stesse rivelando il suo suggerimento, e gettò occhiate nella sua direzione forse un po' più spesso del normale, stando ben attento a non lasciarsi scoprire. Sbirciava il suo sguardo assorto, le sue dita abili, i ciuffi di capelli che, sfuggiti via alla treccia, le ricadevano sul viso, e le sue smorfie quando le solleticavano la pelle inducendola a commettere errori grossolani.
Nonostante tutto, era bello stare semplicemente lì con lei.
« Sei venuta qui spesso, ultimamente? » le chiese quando fu passato ancora qualche secondo, e cominciò a tagliuzzare una sorta di rapa raccolta nelle serre.
Lei ci mise un po' a rispondere, e a Remus parve che il suo lieve ritardo non fosse dovuto alla sua concentrazione sul lavoro, ma piuttosto a un bisogno di prendersi del tempo per riflettere sulla sua domanda, all'apparenza banale, ma in quella situazione decisamente inaspettata.
Le parve strano, infatti, notare che lui si interessava di ciò che era avvenuto in quel lasso di tempo che li aveva visti separati quando era stata una sua decisione quella di rimanerle distante nel corso di quelle settimane. Non che le sue parole le avessero dato fastidio, affatto, ma quel quesito l'aveva sicuramente colta di sorpresa. Se avesse avuto un carattere diverso, probabilmente l'avrebbero fatta addirittura infuriare, ma così non fu, neanche lontanamente.
Remus, dal canto suo, le aveva pronunciate con un'ingenuità così palese che forse era stato proprio quello il motivo del mancato disappunto da parte di lei. Nella maniera più semplice e naturale possibile, aveva desiderato conoscere un po' di quella vita che, solo a causa sua, si era perso.
« Quasi tutti i giorni » rispose infine lei, posando con cautela il pugnale che stava utilizzando. « Venire qui mi rilassa. Anche se tutti quelli a cui lo dico mi guardano sempre storto, credo che sia un ambiente meraviglioso. E poi preparare pozioni... beh... mi tira su di morale ».
Sorrise appena, un sorriso molto meno caloroso del solito, quasi malinconico. E lui non fece fatica a cogliere quella differenza.
Fu solo in quel momento, infatti, che si rese conto di quanto fosse stata inappropriata la sua domanda. 
Già comportarsi con nonchalance sarebbe stato un atteggiamento ben poco adeguato, ma chiederle come aveva trascorso i giorni successivi alla loro separazione era stato fin troppo indelicato. Eppure, la sua spontanea curiosità aveva avuto la meglio sul buonsenso, che negli ultimi tempi si era lasciato sconfiggere troppe volte e troppo facilmente. Un buonsenso che non accennava a tornare da lui, cosa che lo preoccupava sempre di più.
« Anch'io sono tornato, di tanto in tanto » disse, senza guardarla. « Lumacorno mi sta dando del filo da torcere, per cui... dovevo esercitarmi ».
Versò i cubetti di rapa nel calderone e, dopo aver lanciato un'occhiata alla lista delle istruzioni, aumentò la potenza della fiamma e cominciò a mescolare. Subito, però, la pozione cominciò ad emettere uno strano sibilo alquanto sinistro, e lui si rabbuiò, studiandola con risentimento.
« Non che i risultati siano stati grandiosi... » aggiunse con una smorfia, e riabbassò la fiamma nel tentativo di riparare al danno compiuto.
Lei inarcò un sopracciglio, un po' perplessa, guardandolo mentre si affaccendava con la bacchetta e con qualche formula borbottata a mezza voce, e non distolse lo sguardo per un bel po', riflettendo sul suo strano, strano comportamento. Remus sembrava avere la testa per aria, quel pomeriggio.
Ripensò alla giustificazione che le aveva fornito per far sì che il ciclo delle loro lezioni si interrompesse, e ricordò con chiarezza ciò che aveva detto. Con qualche titubanza ma con tanta, davvero tanta voglia di tagliare corto il più possibile, le aveva spiegato che non aveva voglia di rubarle altro tempo prezioso e che sarebbe stato capace di proseguire da solo senza problemi. Da ciò che potè vedere, però, qualcosa non quadrava. Non quadrava per niente. E la stupì principalmente il fatto che lui in primis stesse ammettendo quei forti limiti che ancora persistevano nell'ambito della materia che tanto detestava, quasi avesse dimenticato quella che, ora più che mai, a Miley parve una scusa bella e buona piuttosto che una reale e sincera motivazione.
Si sentiva confusa, e pensò che se le avessero chiesto, nelle settimane precedenti, di figurarsi un possibile faccia a faccia con Remus, di certo si sarebbe immaginata di ricevere delle risposte, un qualche chiarimento in merito a ciò che era accaduto, ma al contrario, tutto ciò che stava succedendo nel corso di quel confronto del tutto inaspettato era il sorgere di numerosissime domande che si ammucchiavano a tutte quelle già ammassate nella sua mente sovraffollata. Nonostante tutto, però, si ostinò a non porgli nessuno di quegli interrogativi che le sarebbero stati d'aiuto per comprendere meglio lui e i suoi atteggiamenti. Voleva capire tutto da sola, o ad ogni modo, aspettare che fosse lui a mettere in tavola delle spiegazioni, perché non avrebbe mai avuto la faccia tosta di pretenderli, e men che mai sarebbe stata capace e desiderosa di chiederglieli apertamente. Il suo orgoglio e la sua discrezione glielo impedivano categoricamente.
« Ricordi cosa ti ho detto, alla nostra prima lezione? » gli chiese dopo un po', affettando minuziosamente una lunghissima coda di topo. « Per preparare una  pozione degna di questo nome occorre prima di tutto una buona dose di concentrazione. Altrimenti non si riesce a combinare nulla di buono ».
Lui la fissò, notando con stupore la sua precisione con il coltello, e non ebbe difficoltà a rammentare le sue parole.
« Beh, in tal caso farei meglio a lasciar perdere » rispose, un po' amareggiato, e aggiunse alla sua pozione qualche goccia di sangue di Salamandra senza rendersi conto di quante ve ne cadessero dentro. « Ho la testa da un'altra parte. Mi capita spesso, di questi ultimi tempi... quando entro in questa stanza più che mai ».
Ed in effetti era vero. 
Tutte le volte in cui osservava i tavoli, i focolari e gli sgabelli un po' rovinati dal tempo sentiva una sensazione di vuoto dentro di sé, tale da non permettergli di applicarsi al meglio sul lavoro che era costretto a svolgere. Ma pensò che avrebbe dovuto tenersi quelle parole per sé.
Non seppe, infatti, perché avesse aggiunto quel particolare, personalissimo commento, ma non era riuscito in alcun modo a farne a meno. Forse, dentro di sé, provava inconsciamente un forte desiderio di lasciar trapelare qualcosa, anche solo un soffio, delle sue reali, profonde motivazioni mai svelate. Malgrado non fosse ancora pronto a rivelare la verità, una parte di lui voleva che lei capisse, che non lo giudicasse superficiale o opportunista, che gli desse in qualche modo il suo appoggio per ciò che lui era realmente, e non solo per il modo in cui appariva a lei, anche se sapeva di non meritare nessuna di queste cose.
Miley, da parte sua, era riuscita a captare un po' di tutto questo attraverso le sue parole, tramite quel velo di malinconia che la sua voce lasciava intravedere. E in realtà, già dal momento in cui avevano parlato per l'ultima volta, le era saltato in mente che quell'allontanamento potesse essere stato causato da ragioni ben più serie di quanto lui aveva lasciato intendere. Ma quel pensiero era sfumato con il passare dei giorni, riducendosi a niente più che polvere.
« Forse, allora, non eri così pronto a cavartela da solo come credevi » rispose, e non si pentì della frecciatina appena lanciata. 
A lui non sfuggì affatto quel riferimento per nulla casuale, e proprio la sua allusione riuscì a farlo ritornare con la testa ben piantata sulle spalle, e a fargli capire che quella conversazione non avrebbe portato a nulla di buono. Ma dopotutto, nessun confronto con lei avrebbe mai potuto giocare a suo favore, non con tutti i silenzi che era costretto a mantenere. Un tira e molla che lo stava affaticando sempre più, e al quale alla fine avrebbe comunque dovuto arrendersi.
« Già... » mormorò, chinando istintivamente lo sguardo per l'eccessivo disagio. « Forse ».
Dopodiché, entrambi ricominciarono a dedicarsi ognuno alla propria pozione, e il silenzio calò nella stanza immediato, separandoli.
Si avvertiva una certa tensione fra loro, una sensazione che non erano soliti provare quando stavano insieme. Di norma a contraddistinguerli erano proprio quella spontaneità e quella freschezza che sorgevano con naturalezza nel corso delle loro conversazioni, ma quella volta li caratterizzava una certa rigidità che non piaceva a nessuno dei due. Si studiavano, cercavano di carpire l'uno i pensieri dell'altra, e così facendo impedivano a se stessi di essere semplicemente ciò che erano, cosa che, al contrario, tra loro era sempre accaduta. E questo infastidiva smisuratamente sia lei che lui, anche se non potevano davvero farci nulla. Quella scomoda situazione imponeva loro dei comportamenti che normalmente non avrebbero mai assunto, ma a cui dovevano necessariamente adeguarsi.
Così mantennero la loro freddezza senza osare valicare altri confini, e per un po' non si guardarono neppure, lui intento a mescolare la sua pozione dal colorito bluastro, lei concentrata su un ingrediente particolarmente difficile da sminuzzare.
Mentre Remus osservava l'intruglio da vicino, però, accadde qualcosa che rese l'atmosfera molto più leggera di quanto fosse stata fino ad allora: il suo viso, investito di continuo dai vapori emanati dal calderone, si fece pian piano sempre più chiazzato di macchie rosate, più scure rispetto alla sua pelle, e quando si fece più distante dal tavolo da lavoro, sembrava che qualcuno le avesse dipinte sul suo volto per renderlo meno riconoscibile.
Miley notò quella stranezza non appena sollevò lo sguardo per cercare un coltello più affilato, e subito, senza alcun riguardo, scoppiò a ridere di cuore.
« Si può sapere che diamine hai combinato? » gli chiese fra le risate, e la sua voce si fece più squillante non appena lui cominciò ad apparire allarmato.
« Co-...? Di cosa stai parlando? » disse, lanciando immediatamente uno sguardo alla pozione per accertarsi che non fosse sul punto di esplodere.
Lei si morse con veemenza il labbro inferiore per tentare di darsi un contegno, e con un rapido gesto del mento accennò al suo volto tappezzato di chiazze.
« Pare che la tua stupefacente creazione ti abbia provocato una sorta di allergia » rispose con estrema tranquillità. « E... sì, credo sia dovuta al fatto che hai mescolato insieme gli ingredienti di due pozioni diverse » aggiunse, osservando il libro di Remus spalancato sul tavolo e cogliendo il problema al volo.
Stranamente, dopo qualche momento di puro disorientamento, lui rise, cosa che fece sorridere allegramente anche lei.
« Non riesco a crederci » fece Remus, posando il gomito sul tavolo da lavoro e immergendo le dita fra i capelli. « Non ricordo di essere mai arrivato a tanto ».
Si guardarono, entrambi divertiti dal disastro che lui aveva messo in atto, e dopo un attimo lei fece spallucce, cominciando a ricercare qualcosa sul tavolo.
« C'è sempre una prima volta » disse, e finalmente riuscì a trovare la bacchetta che, nascosta da un mucchio di barattoli, era sfuggita al suo sguardo. « Avvicinati, cerco di darti una sistemata ».
Remus portò avanti lo sgabello sul quale era seduto, ma la fissò con una certa diffidenza, cosa che la indusse ad assumere un cipiglio indispettito.
« Cos'è quella faccia da preferirei morire piuttosto che lasciarmi curare da te? » gli chiese, incrociando le braccia al petto con aria risentita. « Guarda che me la cavo bene con questo genere di cose. Ho del sangue di Medimago che mi scorre nelle vene... andiamo, mostra un po' di rispetto! »
Il ragazzo rise e sollevò le mani in un gesto di scuse, scuotendo il capo con decisione come a voler negare ciò che aveva realmente pensato.
« D'accordo, d'accordo. Ti do una chance » le disse, battendo i palmi delle mani sulle ginocchia. « Ma sta' attenta. Io non darei così tanto credito alla genetica ».
Miley non gli prestò ascolto e alzò gli occhi al cielo, facendosi un po' più vicina per avere maggiore consapevolezza di ciò che faceva.
Lo studiò, cercando di capire quale formula del suo repertorio fosse più adatta a quel particolare tipo di reazione cutanea, e alla fine annuì.
« Adesso sta' fermo, intesi? Altrimenti rischio di spaccarti in due la testa o roba simile » lo ammonì, sbrigativa, e lui deglutì lentamente.
« Oh, bene... effetti collaterali trascurabili, per fortuna... » commentò sottovoce, massaggiandosi la nuca con evidente preoccupazione, ma lei, di nuovo, non lo ascoltò.
Con determinazione, invece, puntò la bacchetta su una delle sue macchie rossastre e cominciò a borbottare incantesimi di cura che lui non aveva mai udito prima, ignorando con fierezza l'espressione dipinta sul suo volto, a metà fra il curioso e l'agghiacciato, anche se forse prevaleva la seconda.
Dopo alcuni attimi dettati da quella cantilena, qualcosa cominciò a mutare sul suo viso, e ben presto Miley si accorse che le macchie avevano trasformato il loro colorito in qualcosa di simile al violaceo. Evidentemente, i suoi incantesimi non avevano sortito gli effetti desiderati.
« Non che io tenga particolarmente al mio aspetto, ma... i connotati sono ancora al loro posto? » azzardò Remus, speranzoso quanto intimorito.
Lei non potè trattenersi dal ridere ancora una volta, sinceramente divertita dalla comicità che riusciva a trasmettere il suo volto a pois in preda al terrore, e lo guardò con aria colpevole, al punto tale da fargli credere che la risposta alla sua domanda fosse un no secco e assolutamente irreversibile.
« Sta' tranquillo » rispose però in tono rassicurante. « Se chiudo un occhio e strizzo un po' anche l'altro... mmm, sì, direi che riesco ancora a riconoscerti ».
Nonostante l'ennesima risata di Miley, Remus non parve apprezzare la sua ironia tanto quanto lei.
« Non è che potresti diventare così simpatica dopo avermi tolto questa roba dalla faccia? » ribattè infatti. « Sono sicuro che potremmo riderne di cuore entrambi allo stesso modo ».
E se quella sorta di ammonizione aveva avuto il preciso scopo di porre fine alla dilagante allegria della ragazza, purtroppo per lui si dimostrò un tentativo decisamente troppo debole: Miley era sempre più preda di un'ondata irrefrenabile di risa. 
« Scusami... » riuscì a bofonchiare, le guance più arrossate del solito. « E' solo che... non sei molto credibile, in questo momento! » 
Il ragazzo, suo malgrado, si ritrovò ad essere completamente d'accordo con lei e, quando si voltò distrattamente verso sinistra, ebbe la prova schiacciante del fatto che Miley avesse assolutamente ragione: attraverso la vetrata di un armadietto delle scorte, infatti, riuscì a scorgere il proprio volto riflesso di fronte a sé.
Inutile dire che la sua reazione fu immediata, nonché straordinariamente simile a quella di Miley.
« Santo Godric... sono ridicolo! » esclamò, scoppiando a ridere, e lei lo seguì a ruota, annuendo con convinzione. « Mi è successa una cosa simile quando avevo sette anni, ma in quel caso era stata mia madre a ridurmi in questo stato... Lei e le sue fantasie culinarie... »
Risero insieme, ancora, come non facevano da troppo tempo, finché non ne ebbero più le forze e il fiato.
« Vieni qui » disse a quel punto Miley, ormai quasi ricompostasi del tutto. « A meno che tu non voglia rimanere una coccinella per il resto dei tuoi giorni, è meglio tentare qualche altro incantesimo ».
Remus annuì, sorridendo apertamente, e subito la ragazza si rimise all'opera per rimediare al danno.
Al secondo tentativo, fortunatamente, tutto andò per il verso giusto e le macchie sulla pelle di Remus si schiarirono fino a svanire del tutto. Lei applaudì.
« Come nuovo! » esclamò, orgogliosa del lavoro appena portato a termine. « La prossima volta, però, metti un po' più d'attenzione nel tuo lavoro e un po' meno malafede in quello degli altri... Sei stato fin troppo fortunato ad aver trovato una luminare in ben due branche dell'arte magica » aggiunse con un finto tono pomposo, e non potè trattenere una breve risata a cui lui si accodò immediatamente.
« Mi prostro di fronte alla maestria con cui gestisce i suoi saperi, o mia salvatrice » replicò poi prontamente. « Oltre che alla sua modestia, è chiaro ».
Miley, per tutta risposta, gli rivolse una smorfia che lui accolse con un ampio sorriso, poi si chinò sul suo libro di Pozioni, intenzionata ad accertarsi fino in fondo dei danni che quell'ibrido intruglio malefico - da lui definito impropriamente pozione - poteva ancora portare e stando bene attenta ad allontanarsene per evitare indesiderati cambiamenti cromatici sul proprio volto.
« Una curiosità » fece dopo un attento studio, guardandosi un po' intorno per capire quali ingredienti avesse utilizzato Remus in precedenza. « Quante gocce di sangue di Salamandra hai usato? »
Lui assunse un'espressione pensierosa e anche vagamente preoccupata, temendo fortemente che la sua risposta potesse avere una certa rilevanza. Come se non bastasse, mentre rifletteva e cercava di ricordare, si rese conto di non averle contate con esattezza e di non essersi limitato nell'aggiungerle al decotto.
« Quattro o cinque... » rispose in tono vago. « O forse sette o otto... Sicuramente meno di dieci, comunque ».
« Oh, capisco » ribattè lei, incrociando le braccia. « Per cui presumo che tu non abbia preso appunti quando al secondo anno Lumacorno ha spiegato che il sangue di Salamandra va usato sempre con cautela solo ed esclusivamente nelle pozioni in cui è specificatamente previsto perché, se utilizzato a sproposito, può causare reazioni spesso imprevedibili anche per i più rinomati pozionisti, non è così? »
Lui, allo stesso tempo straordinariamente colpito e maledettamente atterrito dalla sua preparazione, strabuzzò leggermente gli occhi.
« Immagino sia stata colpa di James e Sirius ma... beh, sì, forse non ho prestato la dovuta attenzione » rispose, e a lei sarebbe sicuramente scappato un sorriso se solo la sua dedizione per la materia non le avesse suggerito che sì, quel ragazzo era un vero insulto alla sottile e certosina arte delle Pozioni e che no, probabilmente nemmeno Vindictus Veridian o Laverne de Montmorency in carne ed ossa sarebbero stati in grado di far ottenere a quel ragazzo anche solo un misero Accettabile in quella disciplina.
« Bene, allora vai a chiamare James e Sirius adesso, perché non so cosa potrebbe succe-... »
Ma non fece in tempo a concludere la frase, perché la dimostrazione pratica del precetto che aveva sapientemente esposto qualche secondo prima si rese evidente sotto il loro naso.
La pozione, giunta al punto di massima ebollizione e stracolma di bolle di un rosa acceso identico a quello delle chiazze sul volto di Remus in precedenza, iniziò a coagularsi rapidamente, emettendo uno strano suono che non fece presagire ai due niente di buono. Dopo qualche secondo, poi, si venne a formare un ammasso di materia dalla natura indefinibile e dalla consistenza molto simile al fango che, dopo essersi rappreso all'interno del calderone, venne fuori scivolando lungo l'esterno del contenitore e iniziò a farsi strada sul tavolo da lavoro. 
« Sembra... viva » furono le uniche due parole che Remus riuscì a mettere insieme a quella vista, e Miley, accanto a lui, annuì lentamente.
In effetti, quella massa informe che stava letteralmente devastando tutto il territorio su cui passava sopra pareva una vera e propria creatura, capace di muoversi e pensare autonomamente, il che terrorizzò non poco sia Miley che Remus, rimasti per alcuni secondi completamente immobili a fissare la nascita di quel mostro a cui, in un modo o nell'altro, avrebbero dovuto rimediare. E anche in fretta.
« Okay... credo che se Silente non mi butta fuori dal castello questa volta non lo farà mai più » affermò con sincera convinzione Miley, gli occhi sbarrati mentre quel che rimaneva della pozione andata a male abbatteva in pieno una bottiglia di succo di Horklump, mandandola in mille pezzi.
« E con me rimpiangerà di non averlo fatto nel corso di questi sette anni » fu la pronta risposta di Remus, impotente e del tutto incapace di comprendere come fosse stato in grado di creare un disastro di quelle dimensioni. Avrebbe lasciato quel corso immediatamente, non c'era ombra di dubbio.
Entrambi, comunque, riuscirono a superare l'empasse del momento solo all'ennesimo rumore sordo dell'ennesimo barattolo travolto dal passaggio di quel tornado rosa del tutto fuori controllo, e solo allora presero in mano la situazione.
« Proviamo a risucchiarlo, okay? » propose Miley, stringendosi nelle spalle al suono di un paio di fiale che si frantumavano sul pavimento. « Dovrebbe funzionare... Altrimenti... »
Si fissarono, come a voler trovare negli occhi dell'altro la conclusione di quella frase, finché Remus non gettò un'occhiata al tavolo accanto a sé e afferrò il coltello che Miley aveva usato in precedenza.
« Altrimenti dovremo usare le maniere forti » asserì con tutta la serietà che un uomo può avere brandendo un coltello utile ad assassinare un'entità ignota al mondo magico che lui stesso aveva messo alla luce. 
Miley non resistette per più di un secondo, poi scoppiò a ridere.
Dopodiché, non persero altro tempo e si gettarono a capofitto nell'impresa, mentre il nemico aveva fatto praticamente piazza pulita del tavolo da lavoro centrale e in quel momento scivolava lungo il pavimento, pericolosamente diretto verso l'armadio delle scorte. Nonostante l'immane potenza dimostrata e il potenziale distruttivo messo in atto nel giro di pochi secondi, però, quella creatura malefica non si rivelò capace di sopravvivere ad un semplice, apparentemente innocuo colpo di bacchetta, e quando Miley riuscì a colpirla in pieno con il suo incantesimo si fece risucchiare via, sparendo agli occhi dei due malcapitati.
Sfiniti da quella lotta furiosa e senza esclusione di colpi, si abbandonarono entrambi contro le ante dell'armadietto - vittima annunciata del mostro se solo fosse sopravvissuto qualche secondo di troppo - e presero contemporaneamente un grande, sonoro sospiro di sollievo. 
Non potevano sapere, però, che quella posizione sarebbe stata l'ideale per loro per poter assistere all'ultimo, conclusivo e pirotecnico disastro al quale il fato li aveva sottoposti quel pomeriggio. 
Perché dopotutto si sa, una pozione lasciata sul fuoco più tempo del dovuto diventa pericolosa, ma quando si tratta di una versione potenziata della Pozione Peperina completamente dimenticata dalla propria inventrice, beh... allora la situazione diviene decisamente esplosiva. 
E fu così che Miley pose la sua prima macchia in quella che, fino ad allora, era stata una limpida e impeccabile carriera di Pozionista, trovando come unica consolazione quella di essersi trovata troppo distante dall'eruzione per venire completamente ricoperta dal liquido rosso fuoco che era schizzato fuori proprio di fronte ai suoi occhi.
Per qualche secondo, sia lei che Remus rimasero in silenzio, lo sguardo fisso sull'ormai irriconoscibile - e sostanzialmente inagibile - aula di Pozioni, finché entrambi, quasi nello stesso momento, non si voltarono a fissarsi, ancora increduli e profondamente smarriti.
« Poteva andare peggio, secondo te? » chiese a quel punto Miley, sinceramente curiosa di ascoltare il parere del ragazzo.
Lui continuò a scrutarla, riflettendo con molta attenzione sulla risposta da dare.
« Se c'è una cosa che ho imparato oggi » esordì, il tono della voce grave e tristemente consapevole, « è che può andare sempre peggio, Miley ».
E dopo aver incamerato quella struggente ma quanto mai vera lezione, tutti e due scoppiarono a ridere come poche volte era accaduto loro di fare in tutta la vita. 
In quel momento, a entrambi parve che quelle settimane di lontananza non fossero mai esistite, e si sentirono così leggeri, così perfettamente se stessi, così a proprio agio l'uno con l'altra che dimenticare qualsiasi cattivo pensiero divenne un gioco da ragazzi, ciò che di più semplice esiste al mondo. Sapevano con certezza che sarebbero dovuti tornare a riflettere su ciò che era accaduto, perché c'era tanto, troppo da spiegare, ma al momento non importava a nessuno dei due. C'era di meglio, c'era qualcosa di più importante a cui pensare... qualcosa di più bello da vivere. E a questo non avrebbero rinunciato.
« Mi mancava ridere così » disse Remus in un sospiro dovuto alle troppe risa.
Lei si tastò il petto per calmarsi ma continuò a sorridere, poi voltò il capo per guardarlo e quella traccia di allegria scivolò pian piano via dal suo volto.
Avrebbero dovuto essere parole calorose, rincuoranti, ma non sortirono in lei quel preciso effetto. La sua mente non potè che saettare senza indugi all'origine della loro separazione, quella separazione che generava mancanza, la mancanza di cui lui aveva parlato con così palese spontaneità: Remus stesso. Lui, che quel giorno aveva parlato troppe volte senza pensare, lui, che si era dimostrato incoerente, chissà per quali oscure ragioni, lui, che aveva provocato danni ben più grossi di una pozione vivente e di un calderone esploso all'improvviso, danni incurabili per una sciocca bacchetta magica capace di mettere ordine con un banale, secco colpo. Lui che di tutto questo non si rendeva conto, che con il suo ritorno l'aveva fatta un po' rinascere ma che, allo stesso tempo, aveva distrutto qualcos'altro. Lui, che generava più confusione che chiarezza, e che per questo non riusciva a perdonarsi. Miley non seppe ancora se ne fosse capace o meno.
Continuò ad osservarlo, finché lui non la notò, e forse, per l'ennesima volta, si rese conto del proprio errore. Ma lei, quando i loro occhi si incrociarono, non gli rivolse sguardi severi, malinconici o sfuggenti. Fu uno sguardo, il suo, pacifico, bello, ridente... uno sguardo che a lui donò pace, e che a lei suggerì una convinzione fino ad un istante prima lontana anni luce: forse non aveva proprio nulla da perdonargli. Forse c'era solo qualcosa da capire.
« E' mancato anche a me » disse semplicemente, annuendo appena, e lui accennò un sorriso un po' schivo.
Dopodiché, il contatto si interruppe, e lei si allontanò dall'armadietto delle scorte, lasciando scorrere la mano su e giù lungo il braccio.
« Beh, si è fatto tardi » fece, stringendosi nelle spalle. « Io... dovrei andare ».
Remus annuì senza fiatare, guardandola mentre raccoglieva da terra la borsa un po' consunta e se la metteva in spalla, stringendo l'estremità del manico.
« Oh, accidenti » imprecò poi, e lui parve non capire. « L'aula » spiegò poi, guardandosi intorno, e sorrise. « Hai trasformato il mio paradiso in un inferno vivente, ma la mia magnanimità è leggenda... »
« ... e la mia non è da meno » rise lui, interrompendola prima che potesse proporsi di aiutarlo. « Sta' tranquilla, Miley. La farò splendere, te l'assicuro ».
Lei annuì, e il suo sorriso si allargò ancor di più prima che cominciasse a compiere qualche passo verso la porta. Lì si arrestò di nuovo.
« Dimenticavo » mormorò, tornando a guardarlo, e lo vide alzare a sua volta gli occhi verso di lei. « Buon compleanno, John ».




 
*  *  *




« Devi provare questi, Scarlett, sono la dannatissima fine del mondo ».
« Ah, non ci penso nemmeno! Non assomigliano neanche lontanamente a del cibo commestibile! »
« La tua ignoranza abissale in fatto di cibo è uno di quei motivi che mi spingono a non sbandierare ai quattro venti la nostra stretta parentela ».
« Ma smettila, su. Cerchi di rifilarmi robaccia babbana da anni, si può sapere da dove proviene questa sorta di desiderio malsano? »
« Roba-... robaccia babbana? Per la miseria... ecco che arriva alla ribalta un altro motivo validissimo per disconoscerti come sorella: sei una Purosangue razzista maledetta. Sei da galera ».
« Stiamo ribaltando i ruoli, babbanofila. Tu sei da galera. Questo si chiama cannibalismo forzato ».
« Cannibalismo? Ti sembra carne umana, questa? E a chi apparterrebbe, sentiamo? All'Abominevole Uomo delle Nevi? »
« D'accordo, d'accordo, hai ragione. E so cos'è il cannibalismo. Ma, insomma, suonava così bene... diciamo avvelenamento, allora? Che ne pensi? »
« Penso che dovresti tapparti la bocca con questi fottuti marshmallows e apprendere in fretta l'arte culinaria, ecco cosa ».
Mentre fuori dal castello regnava il buio tetro della notte, su una scalinata appartata e scarsamente illuminata al primo piano stavano sedute Scarlett e Miley, circondate da dolciumi di qualsiasi genere e natura, intente a litigare sulle specialità babbane dalle quali Scarlett tendeva sempre a diffidare.
Non era una novità, per loro, ma al contrario una tradizione ormai consolidata, poiché si trattava di una delle loro serate speciali, trascorse clandestinamente in giro per il castello grazie alla gentile collaborazione (e protezione) dei Caposcuola della Casa dell'una o dell'altra ragazza. 
Da quando anche la minore delle sorelle aveva raggiunto l'altra ad Hogwarts, infatti, avevano solennemente stabilito che, una volta alla settimana, avrebbero dovuto trascorrere una serata da dedicare solo ed esclusivamente a loro stesse, insieme. Lo studio e il resto delle attività scolastiche sottraevano moltissimo tempo ad entrambe, quell'anno di differenza impediva loro di avere lezioni in comune, e perdipiù il Cappello Parlante, avendo smistato Miley in Tassorosso, aveva di fatto reso ancor più forzata la loro distanza. Di certo, scambiare qualche parola in corridoio tra una lezione e un'altra o rimanere qualche minuto a chiacchierare in Sala Grande a pranzo o a cena non era sufficiente per nessuna delle due, per cui non avevano fatto molta fatica a porre rimedio al problema, concordando sull'assoluta necessità di trovare, in un modo o nell'altro, dei momenti per delle sane e serene riunioni di famiglia.
Anche quella sera, quindi, come accadeva ormai da sei anni, si erano incontrate al Salone d'Ingresso e avevano già trascorso insieme quasi un paio d'ore: Scarlett aveva svolto qualche compito lasciato a metà da Miley - a sua detta per scarsa concentrazione dovuta all'eccessivo stress, in realtà a causa della sua inguaribile, perpetua svogliatezza -, poi, stando comunque all'erta, avevano passeggiato, riso e chiacchierato lungo corridoi ormai noti, per finire la serata in bellezza con una splendida abbuffata notturna degna di un vero e proprio banchetto.
« Allora? » fece Miley, esortando la sorella. Aveva acceso una fiammella azzurrina racchiusa magicamente in un barattolo e aveva arrostito un marshmallow per renderlo più morbido e saporito, così che Scarlett, ancora piuttosto riluttante, si era decisa ad assaggiarlo a denti stretti. « Che mi dici? »
Lei mosse la lingua lungo i denti e, cogliendo di sorpresa Miley, si ficcò in bocca in un battibaleno il resto del piccolo cilindro di zucchero.
« Dico che, se dovesse scoppiare una guerra di dolci fra maghi e Babbani, mi arruolerei fra i Babbani » fu la sua impastata risposta.
Miley scoppiò a ridere di cuore e addentò anche lei un marshmallow, scottandosi la lingua e cominciando ad agitarsi scompostamente sul posto.
« Idiota » borbottò l'altra, scuotendo il capo e provvedendo da sé a scaldarsi un altro dolcetto. « L'ingordigia non paga mai, ricordalo ».
« Già, e tu ricorda quanto sono buoni questi marshmallows, perché non credo ne vedrai degli altri » fece quella, lasciando dondolare la lingua come un cane assetato e nascondendo il pacco di dolci dentro il maglione con un certo istinto possessivo.
« Ah, ma guardati » le disse Scarlett, ridendo e fissando il rigonfiamento formatosi proprio sotto il suo petto. « No, sul serio, guarda un po'! Questo è il pancione assurdo che ti verrà fuori se continuerai a ingozzarti come un'Erumpent incinta ».
Lei, senza prestare orecchio all'insulto molto poco velato, battè le mani con entusiasmo e annuì con foga, affrettandosi a ingoiare il boccone zuccheroso.
« Gli Erumpent! » esclamò, esaltata. « Li stiamo studiando, sono interessantissimi! Vuoi sapere come si riproducono? »
A quella parole, Scarlett la fissò come se fosse l'esemplare umano più raccapricciante sulla faccia della terra, e biascicò uno schifato: « No, grazie ».
« Sai qual è la roba magnifica? » proseguì però imperterrita la sorella. « Durante la stagione degli amori, la competizione porta i maschi a farsi esplodere l'un l'altro! Insomma, riesci a immaginarti questi bestioni immani che scoppiano per conquistare una femmina? Dev'essere molto meglio dei fuochi d'artificio! »
Sorrise, divertita, poi liberò la confezione di marshmallow e ne provò uno senza scottarlo sul fuoco, forse per il trauma da poco subito.
« Questa parentesi magizoologica che avresti opportunamente potuto risparmiarmi durerà ancora per molto? » riprese Scarlett, alzando gli occhi al cielo.
« Volevo solo farti capire che gli animali si amano tanto quanto gli uomini, anche se tu stai sempre in fissa solo e soltanto con la riproduzione umana » la rimbeccò Miley maliziosamente, e lei le sottrasse la confezione di dolciumi e la colpì ripetutamente sulla spalla, facendola soffocare per le troppe risate.
Continuarono a rimpinzarsi e a ridere, finché, troppo sazie e stanche, si abbandonarono sugli scalini con una mano poggiata allo stomaco.
« La prossima volta porterò delle carote » mormorò Miley, lanciando uno sguardo alla confezione praticamente vuota di marshmallows.
« Già... o potremmo passare ai liquidi, piuttosto che mangiare tutte le volte » suggerì Scarlett, avvertendo una fitta nel basso ventre.
« Io non bevo, sorella, non riuscirai ad ubriacarmi » rispose prontamente l'altra con determinazione, e la ragazza scrollò le spalle.
« Chi ha parlato di alcolici? » domandò innocentemente. « Stai sempre a pensare male, tu... »
Miley sorrise, rifilandole una gomitata sul braccio a cui lei non si sentì di replicare. Quei dolci apparentemente innocui l'avevano letteralmente devastata.
« Oh, allora va bene » rispose Miley, anche se, malgrado tutto, l'idea del cibo ancora la attraeva. « Anche se non è da sottovalutare il fattore pipì... »
Scoppiarono a ridere entrambe, e dopo qualche momento riuscirono persino a rimettersi diritte, scivolando sui gradini per accostarsi alla parete.
Rimasero in silenzio per un po', ognuna persa nei propri pensieri, mentre intorno a loro nulla fiatava. 
Entrambe parevano tranquille, i volti distesi, ma dentro di sé covavano sensazioni e malesseri che avevano davvero bisogno di condividere. L'atmosfera sembrava favorevole, e dopotutto un sano, serio confronto faceva parte del rituale, poiché riservavano sempre uno spazio alle proprie confidenze più intime al sopraggiungere del termine della serata.
Sì, quello era il momento più giusto per parlare, non vi era ombra di dubbio. E fu Miley a dare un nuovo imput al dialogo.
« Ti sei decisa a parlare con Sirius? » chiese senza alcun preambolo, pensando che dei modi delicati, in quella situazione, non sarebbero serviti più di tanto.
Scarlett rimase immobile, lo sguardo fisso nel vuoto, e per un po' non disse nulla, tanto che la sorella si chiese se non avesse esagerato.
Non parlava di Sirius da così tanto tempo... nel corso di quelle settimane, Lily e Miley c'erano state, c'erano state eccome, ma lei non si era dimostrata molto propensa a confidarsi. Aveva tenuto gran parte delle proprie emozioni per sé, e ogni riflessione maturata col tempo, ogni decisione presa e mai portata a termine, ogni dubbio irrisolvibile nella sua sola mente... tutto era rimasto ancorato dentro di lei, continuando a crescere, continuando a mutare giorno dopo giorno, in silenzio. E se delle volte aveva vissuto tutto questo come una tortura, in altri momenti ciò le era servito più di qualsiasi confronto diretto, aiutandola a diventare più forte e razionale, così da non avere più timore e da non commettere più gli stessi errori, quelli che stava pagando caramente.
Eppure, nonostante le nuove barriere che era riuscita ad innalzare, utili a respingere più facilmente non gli affetti, ma piuttosto i fallimenti, aveva continuato a lottare con insormontabili incertezze difficili da superare. E aveva compreso che l'unico modo per abbatterle era lasciarsi colpire da una forte scossa, capace di farle crollare in un baleno, che fosse un brutale, rude addio, o un caloroso, coinvolgente riavvicinamento... questo era un altro terremoto che avrebbe dovuto affrontare successivamente, ma di fronte al quale si sarebbe dimostrata più sicura, e solida nelle proprie convinzioni.
« No » rispose dopo un po', immergendo le mani fra i capelli. « Non ancora ».
Miley la osservò a lungo ed emise un lieve sospiro impercettibile. Il volto di sua sorella si rabbuiava tutte le volte in cui il nome di Sirius veniva fuori.
« Beh, posso dirti che stai lasciando correre un po' troppo? » le disse, senza smettere di fissarla. « So che è difficile, anch'io avrei paura, ma tentare è molto più importante di qualsiasi altra cosa, Scar. Sono sicura che, in un suo personalissimo e segretissimo modo, Sirius lo apprezzerà ».
Lei sorrise amaramente, scuotendo con decisione il capo. Avrebbe tanto desiderato anche lei che fosse così, ma erano tutte quante sciocchezze.
« Tu non lo conosci, Miley ».
« Ma so che non è un mostro » replicò subito lei, accorata ma per niente aggressiva. « Non può respingerti per l'eternità, lo sai. Tiene moltissimo a te ».
« Questo non è importante » disse Scarlett, stringendosi le braccia intorno al petto per ripararsi dal freddo. « E non fare quella faccia, è la verità. In una situazione come questa, passa sicuramente in secondo piano. E poi... beh, ho sbagliato. E Sirius diventa maledettamente rancoroso quando si tratta di fiducia ».
Guardò altrove, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore, e sperò intensamente che la discussione finisse lì. Ma così non fu.
« Sirius diventerà anche rancoroso, ma non si smuoverà mai dalla propria posizione se tu non tenti di spiegarti » disse ancora Miley, imbronciata.
« Ma io l'ho fatto! » esclamò l'altra, voltandosi nuovamente di scatto, e abbandonò la testa contro il muro, già stanca.
« Non farmi ridere » rispose la sorella, scuotendo il capo con disapprovazione. « Gli hai parlato subito dopo aver combinato quel gran casino, come volevi che reagisse? Ha il suo bel caratterino anche lui, non puoi pretendere che passi sopra a un errore del genere in un battibaleno, non ti pare? »
Lei la fissò con aria irritata, ma Miley non si mostrò remissiva e non si pentì di ciò che aveva appena detto, tanto che ricambiò il suo sguardo con fierezza.
« Di' un po', ma tu da che parte stai? » sbottò allora Scarlett, decisamente infastidita da quell'inaspettata presa di posizione.
« Non essere sciocca » sbuffò l'altra, cominciando ad osservare il soffitto. « E' naturale che sia dalla tua. Ma non dimenticare chi è nel torto e chi nella ragione, Scar, credo che in questa faccenda la differenza sia abbastanza netta. Devi farti avanti, non risolverai niente con quest'attesa perenne di chissà che cosa ».
Scarlett la scrutò, le mani intrecciate fra le gambe, poi imitò il suo gesto e volse gli occhi alle rampe di scale sopra le loro teste.
Sapeva benissimo quanto fossero valide e veritiere le parole di Miley, ma si sentiva sotto pressione, e non aveva voglia di mostrarsi arrendevole, anche se in realtà quella era l'esatta immagine di sé che la sorella stava condannando senza tanti fronzoli. 
« Sto aspettando l'occasione giusta, ecco cosa » rispose, pensierosa. « E se non riuscirò a trovarla, cercherò di crearmela da sola ».
Miley annuì, soddisfatta per il raggiungimento di quel piccolo grande passo avanti, e sperò intensamente che riuscisse a concretizzarsi al più presto.
« Brava » disse, battendo la mano sul ginocchio dell'altra. « Ti voglio temeraria, sorella. E se tutto dovesse andare storto, ci penso io a quel Sirius Black ».
E per la prima volta dopo molto, molto tempo, Scarlett riuscì a ridere di cuore anche dopo aver udito quel nome.
Miley si unì presto a lei, scivolando più giù lungo la parete, e dopo qualche attimo fra loro cadde nuovamente un silenzio che le separò per alcuni minuti.
Dopodiché, fu nuovamente Miley a riprendere la parola.
« Sai » disse, lo sguardo basso e le gambe strette fra le braccia, « ho visto Remus, questo pomeriggio ».
La sorella si voltò immediatamente a fissarla, fortemente sorpresa, e lei sorrise appena, sollevando le spalle.
« E di', quand'è che avevi intenzione di dirmelo? » fece Scarlett, sconvolta. « Siamo arrivati a parlare del processo riproduttivo degli Erumpent, per Merlino, non credi che il povero Lupin meriti qualcosa in più? Ah... » sbuffò infine, scuotendo il capo con costernazione. « Beh, e allora? »
« E allora niente » fece Miley, chinandosi e poggiando la fronte alle ginocchia per celare il proprio volto. « Sono sempre più confusa, credimi... è un dannato mentecatto, non c'è altra spiegazione. Oggi sembrava che avesse disconnesso bocca e cervello, è stato... beh, è stato davvero strano ».
Scarlett la scrutò con interesse, il capo inclinato, e cercò di capire cosa volesse dire esattamente con quelle parole piuttosto vaghe.
« Voglio dire, contraddiva se stesso di continuo! » esclamò infine l'altra, frustrata, e riemerse di scatto. « Mi pianta in asso con una misera scusa come se si fosse stufato persino della mia amicizia e poi si ripresenta da me come se nulla fosse successo... davvero, non capisco. Ha sempre fatto tutto da solo, passi avanti e passi indietro, e io non ho fatto altro che seguire le sue mosse. E con questo non voglio dire... insomma, non sono arrabbiata » concluse, mandando la sorella sempre più in confusione per quel contorto ragionamento. « Sì, beh, non lo sono perché mi è parso di capire che mi nasconda qualcosa ».
Scarlett serrò le labbra, riflettendo sulle sue parole, e cercò di capire se Miley avesse intuito più di ciò che in realtà avrebbe dovuto sapere.
Il suo discorso lasciava intendere che sospettasse qualcosa di troppo, e se di questo si trattava, non aveva davvero idea di come comportarsi. Non aveva parlato con Remus dopo il suo allontanamento da Miley, semplicemente perché sapeva bene come la ragazza avrebbe reagito se fosse venuta a saperlo. Ma ricordava ancora le parole che lui le aveva rivolto dopo averle rivelato il suo segreto, e non sarebbe mai stata in grado di tradire la promessa che gli aveva fatto: con chiarezza, le aveva esplicitamente chiesto di non parlare a Miley della sua condizione, perché se e quando si fosse sentito pronto, lo avrebbe fatto lui stesso, senza richiedere alcun aiuto.
In realtà non era affatto certo che il comportamento di Remus derivasse dalla sua particolare situazione, ma Scarlett pensò che le sue scuse stentate potessero non essere attribuite alla sua eccessiva cortesia, e le parole di Miley non fecero altro che rendere maggiormente solida la sua intuizione.
« Cosa credi che ti stia nascondendo? » le domandò, cercando di andare fino in fondo alla questione.
« Non lo so » rispose Miley, dubbiosa. « Ma comincio a credere che la sua giustificazione di qualche settimana fa non sia fondata ». Fece una pausa, riflettendo, poi proseguì. « Questo pomeriggio continuava a dire cose che andavano in contrasto con ciò che mi aveva detto tempo fa, e il suo comportamento in genere mi ha portata a riflettere... ecco perché non ho voluto mostrarmi infastidita per il suo... beh, diciamo ritorno ».
Scarlett compì un rapido gesto con la mano e continuò a fissarla.
« Beh, come avresti potuto? » disse, scrollando le spalle. « E' naturale che tu sia felice se avete ricominciato a rivolgervi la parola, no? »
Lei annuì in maniera un po' stentata e cercò di esprimersi meglio per lasciar intendere alla sorella ciò che realmente desiderava dire.
« Sono felice solo da una parte, Scar » rispose, un po' abbacchiata. « Non capire mi manda in fumo il cervello, e in questa faccenda non c'è niente che mi sia davvero chiaro... Non riesco nemmeno a capire se siamo amici o meno. Voglio dire, gli amici si confidano i segreti, no? E invece lui non fa altro che confondermi... ma io non voglio chiedergli niente. Non posso pretendere nulla da lui, non rappresento nulla per lui, ecco perché non mi sono mai permessa di prendere l'iniziativa ». Sospirò, mordendosi una guancia con aria afflitta. « Il punto è che non c'è niente che ci leghi ».
Scarlett scosse il capo con determinazione e tenerezza insieme, cercando di convincere la sorella della vacuità delle sue parole.
Provava un'infinita comprensione per lei, ma si sentiva impotente a causa della sua scomoda situazione: parlare troppo avrebbe significato tradire Remus e perdere la sua amicizia, perché il segreto che covava dentro era un qualcosa di così personale da non farle prendere nemmeno in considerazione l'idea di rivelarlo al posto suo; parlare troppo poco, invece, sarebbe stato come voltare le spalle ai tormenti di sua sorella, preda di dubbi che probabilmente da sola non sarebbe mai riuscita a risolvere. L'unica soluzione, allora, era trovare un compromesso che non implicasse troppi problemi.
« Non credo affatto che sia così, e non devi crederlo neanche tu » disse dolcemente ma con decisione. « So cosa rappresenta Remus per te, ma so anche ciò che tu sei per lui. Lo hai detto tu stessa, non hai mai preso l'iniziativa con lui, sono sempre state le sue scelte a far progredire il vostro rapporto, per cui... » Fece una pausa, cercando di scegliere le parole da utilizzare con la massima cura. « Per cui credo che, se davvero ti sta nascondendo qualcosa, ci siano delle motivazioni più che valide per farlo. Questo dimostra che tiene a te, Miley, più di quanto credi » concluse con calore.
Lei la osservò intensamente, ma per quanto confortante potesse essere il supporto di sua sorella - e lo era davvero -, non riusciva a comprendere fino in fondo il senso delle sue parole. Scarlett, però, aveva parlato con piena cognizione di ciò a cui aveva dato voce, e questo aveva incrementato i suoi sospetti. Di fatto l'aveva spinta, seppur in maniera sottile, a proseguire sulla strada spalancatale dai propri dubbi e a fidarsi dell'incoerenza di Remus, perché solo in quel modo sarebbe riuscita a capire a cosa avrebbe portato.
« Non ho idea di cosa voglia dire... ma grazie » rispose Miley, ridendo e avvicinandosi per stringerla in un caldo e affettuoso abbraccio.
Lei fece lo stesso, sorridendo apertamente, e per un po' non fecero altro che ricominciare a parlare di sciocchezze, molto più serene di quanto non si fossero mai sentite nel corso di quelle quattro settimane da dimenticare.
Dopo alcuni minuti, però, il flusso delle loro rumorose risate fu interrotto dall'arrivo dei Caposcuola di Tassorosso.
« Tempo scaduto, belle donzelle » si annunciò il ragazzo con un ampio sorriso, e le due risposero al gesto, divertite.
« Da quanto ti pagano per rompere, Chris? » fece Miley, rialzandosi a fatica e sistemandosi il mantello stropicciato.
« Vuoi che ti tolga qualche punto, Capitano? » scherzò lui a sua volta, assestandole un giocoso colpetto sulla spalla, e lei gli rivolse una smorfia.
« Alla luce del fatto che apparteniamo alla stessa Casa, trovo che sia una brillante strategia » disse, e tutti e quattro risero di cuore.
« Devi tenerla un po' più al guinzaglio, Scarlett » disse invece la ragazza, sorridente. « E' una tipa spaventosamente pericolosa ».
Risero nuovamente, mentre Scarlett si alzava a sua volta per raggiungerli.
« Grazie per la dritta, Holland » fece, passandosi una mano fra i capelli. « Deve stare attenta... so esserlo tanto quanto lei ».
Si avvicinò alla sorella e le scompigliò i capelli in un gesto di saluto, mentre entrambe ridevano ancora allegramente.
E, quasi senza rendersene conto, si ritrovarono a sperare intensamente di vedere sempre l'altra col sorriso sulle labbra.




 
*  *  *



 
I don't know where I'm at, I'm standing at the back, and I'm tired of waiting. Non so dove mi trovo, me ne sto indietro, e sono stanco di aspettare. 
Waiting here in line, hoping that I'll find what I've been chasing. Aspetto qui al confine, sperando di trovare quello che ho inseguito.
[...]
Not ready to let go, 'cause then I'd never know what I could be missing. Non sono pronto a lasciar perdere, perché in quel caso non saprei mai cosa mi sto perdendo.  
But I'm missing way too much, so when do I give up what I've been wishing for? Ma sono troppo fuori strada, e allora quando mi arrenderò a ciò che ho desiderato? 



La Sala Comune era completamente vuota a quell'ora della notte.
Nel buio che occupava la stanza e che spegneva la sua vivacità rendendola molto meno ariosa, le fiamme che alimentavano il camino attiravano l'attenzione come uno spettacolo di fuochi d'artificio. Diffondevano una luce via via sempre più fioca, continuamente nuova, perpetuamente diversa, la quale si snodava in una danza sinuosa che ipnotizzava chiunque la osservasse per più di un breve, svogliato istante.
E difatti era ciò che era accaduto all'unica persona presente nella stanza, i cui occhi stavano fissi su quel fuoco ammaliante ormai da minuti interi: Sirius.
Sbatteva le palpebre di rado, ma l'intesa instaurata con i guizzi delle fiamme non riusciva mai a spezzarsi. Dopo un po' cominciò persino a credere che nulla avrebbe potuto indurlo a distogliere lo sguardo dal camino, semplicemente perché nulla, in quel momento, sarebbe riuscito ad attrarlo più di quel continuo scoppiettare, un movimento inarrestabile e fulmineo che, chissà per quale ragione, lo aveva inguaribilmente conquistato.
Aveva abbandonato il Dormitorio appena dieci minuti prima, lasciando gli amici addormentati sui propri letti al termine di quella che si era dimostrata l'ennesima festa perfettamente riuscita. Per nulla stanco ma con mille pensieri che sapevano di nulla per la testa, aveva perciò deciso di ritirarsi in solitudine per un po', ed ecco che nella desolata Sala Comune, l'unica fonte di distrazione esistente lo aveva rapito come per magia.
In verità, quel fuoco gli ricordava qualcosa, un qualcosa che lo tormentava e a cui avrebbe voluto non pensare. Quel fuoco, in una maniera incontrollata e incontrollabile, lo riconduceva a Scarlett con una facilità disarmante. E quello era un incantesimo a cui non sapeva opporsi in alcun modo.
Fissando le fiamme senza sosta, infatti, aveva trovato delle affinità sorprendenti che legavano quel focolare alla ragazza insopportabile, arrogante e altezzosa che aveva cacciato via dalla sua vita e spinto fuori dal suo cammino. Ed era stato sorprendente scoprire quanto un qualcosa di così apparentemente distante da lei potesse fargliela tornare in mente in un modo così brutale e prepotente. Senza bussare alla porta della sua mente, si era infiltrata al centro dei suoi pensieri con un impeto tale che qualsiasi sforzo finalizzato a sfilarle via quel trono sarebbe stato totalmente vano. 
E tutto andava ricondotto a quel fuoco. Perché quel fuoco le somigliava in maniera incredibile. E in maniera incredibile quel fuoco somigliava a loro.
La fiamma ardente le ricordava lei per il modo in cui bruciava. Era sfuggente, e scottava fino a consumare ogni cosa. Domarla era impossibile, e tentare di spegnerla non faceva altro che renderla più viva. Ma a un'improvvisa doccia d'acqua inaspettata non lasciava più traccia di sé, eccetto qualche inafferabile, inconsistente fil di fumo. Esattamente come Scarlett. Scarlett, che ardeva e affascinava, che attirava l'attenzione ma non si lasciava prendere, che rendeva se stessa più forte ad ogni sciocco tentativo di buttarla giù e di non farla più risplendere. Scarlett che, però, non era impermeabile a tutto, e che ad un colpo secco alla fine crollava, senza lasciare nient'altro che l'ombra di ciò che era realmente la sua essenza.
E poi loro. Loro, come il fuoco. Bollenti, incostanti, imprevedibili... pericolosi, anche, e facili ad accendersi. Loro che, una volta spenti da un inatteso colpo, parevano quasi abbandonare se stessi, ma celavano in realtà un'irrefrenabile voglia di rinascere, coperta e nascosta da ceneri che li davano per vinti.
Da lì, il sorgere del suo tormento, impossibile da allontanare, ridimensionare, dimenticare. Impossibile da scacciare, come un chiodo fisso. O almeno così gli parve per un po', finché non capì di possedere ancora la forza per sradicarlo, e di averne senza ombra di dubbio tutte le intenzioni.
Lui era più forte di un'idea, più potente di un pensiero, più risoluto di un ricordo, più tenace di un sentimento. Doveva mettere tutto a tacere.
Dopotutto, non se l'era cavata poi tanto male nel corso delle ultime quattro settimane. Aveva imposto a se stesso di non degnarla d'uno sguardo, e così aveva fatto, senza mai, mai cedere. Ma la sua mente non era stata ferma quanto i suoi occhi, ed era ricaduta più e più volte in quel maledetto baratro, trascinandolo con sé. In quelle occasioni, allora, appigliarsi a qualcosa per riemergere era diventato per lui assolutamente vitale.
E così fece anche in quel momento. Si aggrappò all'immagine del fuoco dinnanzi a sé, ma finalmente riuscì ad allontanare il pensiero di ciò a cui lo ricollegava, proprio abbandonando il suo spirito alle fiamme.
Gli occhi immobili come stelle defunte, si mise a sedere più comodo sul divano, una gamba a cavalcioni sul largo bracciolo di velluto rosso. Teneva stretta fra indice e medio una sigaretta sottile, dalla cui estremità si dispiegavano intricati reticoli di fumo grigiastro, e le sue labbra erano aride e a malapena socchiuse. Fuoriusciva altro fumo anche attraverso quell'esile spiraglio, arricciandosi in morbide onde nell'aria tutto intorno a lui.
Aveva scoperto quel vizio grazie all'uomo che gli aveva venduto la sua motocicletta, Ty. Un tipo burbero nei modi, ma amichevole nei confronti di chi gli risultava subito simpatico. E Sirius era diventato in men che non si dica il suo cliente preferito. Al loro primo incontro, quando aveva effettuato con immenso orgoglio il proprio acquisto, si erano intrattenuti a chiacchierare di motori per quasi un pomeriggio intero, ma non era stata l'unica volta in cui si erano visti. Più e più volte, infatti, nel corso di quei pomeriggi interminabili trascorsi fuori di casa, Sirius era passato a salutarlo e a scambiare qualche battuta sulle ultime novità in fatto di moto. Un giorno di quelli, Ty gli aveva offerto una sigaretta, e malgrado il sapore amarognolo intrappolato in gola non gli fosse risultato molto gradito, aveva trovato nel fumo un calmante eccezionale. Da allora in poi, nel corso della sua permanenza in Grimmauld Place, aveva speso quasi tutti i propri soldi per comprare sigarette, rubandoli al padre tutte le volte in cui ne aveva avuto l'occasione. Inoltre, per far innervosire sua madre, a quel tempo aveva preso l'abitudine di fumare anche per casa, impregnando la propria camera di quell'odoraccio che tanto la faceva imbestialire. Il vizio, però, era andato via insieme a lui quand'era scappato di casa, e a partire da quel momento aveva fumato solo in rarissime occasioni, quando aveva avvertito il bisogno di rilassarsi un po'. Proprio come quella notte.
Aspirò l'ennesima boccata di fumo, lasciando cadere qualche frammento di cenere sul pavimento, e mentre compiva quel gesto sentì il ritratto della Signora Grassa spostarsi per lasciar passare qualcuno. Troppo annoiato per voltare il capo e guardare di chi si trattasse, però, rimase immobile e in silenzio.
Proprio come Scarlett, appena entrata nella stanza, agghiacciata dalla scena che le si era brutalmente parata di fronte. Una scena che non si era affatto aspettata di vedere, e di fronte alla quale si trovò del tutto impreparata. La presenza di Sirius l'aveva colta in contropiede.
Con la rapidità di un razzo, sentì il proprio stomaco accartocciarsi come carta bruciata, e la propria mente che, fuori dal suo controllo, cominciava ad annebbiarsi fino a lasciarla priva di ogni briciola di razionalità. Questo la terrorizzò forse più di tutto, perché senza quella lucidità avrebbe agito da sciocca, da avventata, e lo sapeva. Non che avesse molte possibiltà di scelta, certo: era in tutti i casi costretta ad attraversare per intero la Sala Comune, e dunque a lasciare che lui la vedesse. Ma in verità doveva prendere una decisione. 
Avrebbe potuto camminare a passo spedito dritto di fronte a sé, cercando di passare inosservata e di non dar peso a quell'incontro casuale e scomodo. Avrebbe potuto tenere lo sguardo basso e convincersi che non ci fosse nessuno lì, a pochi passi da lei. Avrebbe potuto fingere di essere invisibile, per quel breve tratto di strada, esattamente come si sentiva da un mese a quella parte di fronte allo sguardo di lui, distaccato e perennemente lontano, alimentando così quella rottura insanabile a cui si era adeguata forse troppo supinamente.
Sì, avrebbe potuto farlo. Ma avrebbe anche potuto scegliere l'opzione opposta, quella senza dubbio più difficile: avrebbe potuto lottare. Avrebbe potuto reagire. Avrebbe potuto decidere che quella era la sua occasione, quella che aveva atteso fino a quel momento. Avrebbe potuto finalmente dar voce a tutto ciò che per fin troppo tempo aveva taciuto, affermare con dura convinzione che no, quella situazione non le andava bene per niente, imporre il suo reale volere e dimostrare, a lui quanto a se stessa, di aver una volta per tutte vinto contro il lato più codardo, spento e corrosivo della sua anima. E quella sarebbe stata in qualsiasi caso una grande conquista.
Allo stesso tempo, però, non potè che pensare a come avrebbe reagito se tutto fosse andato per il verso sbagliato. 
Sarebbe stata abbastanza forte da non crollare? Sarebbe riuscita a superare quell'ennesimo no, il sentirsi continuamente respinta dalla persona che avrebbe voluto sentire vicina? A quelle domande non avrebbe trovato risposta finché ciò non fosse accaduto. E inutile dire che, proprio per quella ragione, sperò di non riuscire a trovarne mai una.
Viceversa, aveva senza ombra di dubbio tutto da guadagnare. In quell'esatto momento, Sirius non esisteva nella sua vita, e mai sarebbe tornato ad esserci se lei non si fosse decisa ad agire. Sarebbe stata dura reggere un confronto con lui, avvertiva ancora il peso delle sue ultime parole sul petto, ma ignorarlo quando le si stava presentando un'occasione così preziosa avrebbe significato lasciarlo andare via senza la benché minima speranza di riaverlo. E lei non lo avrebbe in alcun modo permesso. Quel mese di lontananza, poi, aveva rappresentato per lei e per la sua forza una sfida davvero ardua da superare, e spesso, molto spesso, aveva vacillato. Ma la voglia di tornare da lui e tentare di spiegargli tutto non l'aveva mai abbandonata. Mai, neanche per un solo giorno. Quindi, come avrebbe potuto sprecare una simile opportunità? Qualunque cosa fosse successa, avrebbe dovuto affrontarla, che fosse pronta o meno.
Così avanzò, silenziosa, ma col cuore che batteva forte, curiosa e spaventata a un tempo all'idea di ciò che stava per accadere.
« Cos'è quello? » esordì, facendo un cenno a quel tubicino che sbuffava fumo di continuo, e subito si chiese perché avesse pronunciato proprio quelle parole, perché avesse formulato quella domanda fra tutte quelle che avrebbe invece potuto porgli.
Lui, che non si era reso conto di chi c'era alle sue spalle, rimase sorpreso, ma con stupefacente bravura riuscì a non darlo minimamente a vedere. In effetti, però, non si era in alcun modo aspettato di poterla incontrare proprio quella notte, e risentire la sua voce provocò in lui una confusione tale da mandarlo in tilt per qualche momento. 
Ad ogni modo, non sollevò lo sguardo e non rispose.
« Ti ho fatto una domanda » disse ancora Scarlett, la voce piatta ma in qualche modo risentita. « Fa male, non è vero? » aggiunse poi.
Infastidito dalla sua insistenza, lui sputò fuori altro fumo e tentò di imporre a se stesso una certa calma.
Non seppe spiegarselo, ma si rese conto che una delle prime cose a cui pensò fu quanto poco Scarlett dovesse sapere del mondo babbano.
« Non è una sigaretta a farmi male, credimi » rispose infine in tono sbrigativo, riportandola alla bocca per aspirare altro fumo.
Lei emise un lieve sospiro e guardò altrove, abbandonandosi contro il bracciolo della poltrona lì vicino e intrecciando le mani fra le gambe.
Intavolare una conversazione con Sirius si stava dimostrando ancor più difficile di quanto avesse previsto. Ma non si sarebbe arresa.
« Buttala via, ha un odore tremendo » sbottò quando non riuscì più a starsene zitta, ma com'era prevedibile, lui non le diede ascolto.
Al contrario, quasi a volerle dimostrare che non era minimanente disposto a fare ciò che gli chiedeva, continuò a sbuffare fumo, impassibile.
Per quasi un minuto nessuno dei due disse nulla, e lui si ritrovò a chiedersi quando sarebbe andata via. Non le stava dando corda, l'aveva respinta in tutti i modi, ed era certo che non avrebbe retto ancora a lungo quel suo glaciale distacco. Il suo orgoglio non gliel'avrebbe permesso.
Ma dopo che parecchi istanti avevano ceduto l'uno il passo all'altro, capì che quella volta sarebbe stato diverso. Quella volta sarebbe rimasta. Il suo sguardo fisso su di lui gli suggeriva una determinazione a cui non era abituato e che, a dire il vero, non si era neanche aspettato.
Alla fine, forse sarebbe stato lui ad andare via. Forse sarebbe stato lui a non reggere, per una volta.
E così accadde. 
« Si è fatto tardi » disse con fare provocatorio, alzandosi di scatto e gettando la cicca nel camino. « Dovresti andare a letto ».
Le voltò le spalle, e l'idea che potesse andar via fece scattare qualcosa dentro Scarlett, qualcosa che la spinse ad agire senza provare il minimo timore. 
Doveva sciogliere il gelo che albergava in lui, e non c'era più tempo per indugiare, neanche un istante per continuare a dubitare... era giunto il momento di dare una svolta decisiva a quella triste e avvilente realtà che non aveva più voglia di vivere, e lei era la sola ad avere il potere di farlo. Non esisteva più paura in lei, non esisteva parola o gesto che la costringesse ad arretrare, ma la chiave non riusciva a completare il giro nella serratura, era bloccata, e per quanto si sforzasse, la porta continuava a rimanere chiusa. Un piccolo passo che non era ancora riuscita a compiere, ma che ora più che mai si sentiva pronta ad affrontare.
« Non dovresti usare il trucchetto dell'indifferenza con me, Sirius » disse ad alta voce, determinata. « Non puoi pretendere che io ci creda ».
Lui si arrestò a un passo dalla scala a chiocciola di fronte a sé, ma non si voltò. Istintivamente, invece, serrò gli occhi per un istante, e provò una sensazione che quasi mai aveva avvertito in vita sua: si rese conto di non sapere cosa fare. 
Scarlett era riuscita ad attirare la sua attenzione, a fare in modo che non avesse via d'uscita. Andare via, a quel punto, non avrebbe più avuto alcun senso, e lo sapeva. L'unica carta rimasta nel suo mazzo, lei l'aveva strappata in mille pezzi, e con una facilità che di solito non le apparteneva... che di solito, invece, apparteneva a lui. Ed ecco che si sentì smarrito, perché il suo ultimo trucco non aveva funzionato.
Dopo qualche momento, però, riacquistò quella sicurezza che aveva perduto, e si voltò a guardarla per la prima volta dopo molto, molto tempo.
Immediatamente, ricordò che l'ultima volta in cui l'aveva fissata in quel modo era stata al momento della loro rottura, e non ebbe difficoltà a rintracciare in lei notevoli ed evidenti cambiamenti: sembrava davvero un'altra persona. 
Lo scrutava con fierezza, mentre nel corso del loro ultimo scontro era stata infinitamente remissiva; i suoi tratti erano più decisi, più duri del solito, e sul suo viso non si leggeva più malinconia, ma solo fermezza. Ma aldilà di tutto questo, Scarlett era bella come sempre, e anche nel turbine di rabbia e risentimento che vorticava in lui, riuscì comunque a trovare una briciola - o forse molto più - di quell'amore sincero che fino a un mese prima lo aveva stretto e avvolto col suo straripante calore.
E fu proprio quando questo sentimento cominciò a toccarlo che si rese conto di dover fare marcia indietro, perché per qualche momento aveva perso se stesso. O chissà, forse in verità si era solo ritrovato.
Compì qualche passo verso di lei, osservandola, e finalmente si decise a controbattere.
« Che meraviglia » disse, fingendosi ammirato per il suo atteggiamento. « Sembri decisa, sembri sicura di te... sembri forte ». Annuì con convinzione, un angolo della bocca arricciato in un ghigno accennato, e inclinò lievemente il capo. « Sei davvero tu? » concluse, quasi sussurrando.
Lei serrò le labbra, ma non si mostrò ferita, né tantomeno debole. Se l'avesse fatto, avrebbe perso tutto ciò che aveva ancora da perdere.
« Mi chiedevo solo da quando scappare fosse diventata un'opzione, per te » rispose, sollevando le spalle in un gesto fulmineo.
Lui sorrise, un sorriso incredulo e sprezzante che non le piacque per niente, ma che tollerò. 
Sirius stava per attaccare. Lo sentiva.
« Hai ragione, quasi dimenticavo » replicò, recitando bene la sua parte, e non smise un secondo di fissarla. « Quella è la tua specialità ».
Ed ecco l'ennesimo pugno incassato in silenzio, perché che volessero ammetterlo o meno, quel botta e risposta stava colpendo entrambi allo stesso, identico modo. Nessuno dei due riusciva a scansarsi alle mosse dell'altro, erano fin troppo avvezzi a quella battaglia continua, ma le loro armi erano più affilate ora che volevano gettarle via, e per farlo avrebbero dovuto lottare ancora. Non c'era altra via di scampo.
« Non direi » ribattè Scarlett, seria. « Non sono scappata quando sono tornata subito da te per cercare di spiegarti tutto quanto. Ti ho affrontato, perché era giusto che lo facessi e perché volevo farlo. E lo sai, avresti potuto ascoltarmi, avevo tante cose da dirti. La mia sfuriata ti sarà sembrata folle, e lo è stata, ma se avessi cercato di capirmi, di capire... » Lasciò la frase in sospeso, mordendosi le labbra, e scosse appena il capo. « Quella volta sei stato tu a mollare ».
Lo guardò, e vide il suo viso trasfigurarsi per la rabbia. La sua espressione, però, non la fece pentire di ciò che aveva appena detto.
« Tu non sai che cosa dici » sputò fuori, sinceramente sconvolto. « Non si trattava di affrontare, non sei stata coraggiosa a venire da me, hai solo cercato di mettere a tacere i tuoi stupidi sensi di colpa! Ma purtroppo per te io non avevo voglia di ascoltare le tue confessioni, e di certo non ne ho neanche adesso, perché se per caso dovessi sentirti dire stronzate del tipo non pensavo davvero ciò che ho detto o non ero in me in quel momento potrei davvero perdere la testa, Scarlett. Quindi sta' attenta a ciò che dici ».
Lei continuò a fissarlo, sempre più tesa dinnanzi alle sue parole. 
Non era assolutamente disposta a farsi calpestare ancora da lui. Sapeva bene che le sue parole sferzanti accompagnate da quel tono duro e quasi intimidatorio erano sì dovute alla rabbia che ancora ribolliva dentro di lui, ma avevano anche il preciso fine di demolire la sua fermezza, di strappare dal suo volto quella maschera di determinazione che credeva non le appartenesse, di metterla al tappeto per rendere tutto molto più semplice. E sapeva altrettanto bene che la cosa che più l'aveva allontanata da lui era stata la sua eccessiva fragilità, quando invece Sirius si era innamorato della forza che aveva intravisto in lei ancor prima che fosse lei stessa a convincersi di possederla. 
Per cui adesso aveva solo voglia di far valere le proprie ragioni, e lo avrebbe costretto a ragionare, perché era l'unico modo in cui avrebbe potuto aiutarlo a capire ciò che aveva fatto. Nessun dubbio doveva rimanere irrisolto, e solo a quel punto, quando avrebbero chiarito ogni cosa, solo allora avrebbe potuto decidere che cosa fare. Non gli avrebbe permesso di andare via senza prima aver capito. I rimpianti sarebbero stati intollerabili, alla lunga persino per lui.
« Non è con una minaccia che mi farai stare zitta, adesso non essere stupido » disse in tono sferzante. « Se tu non dessi di matto senza prima avermi ascoltato potresti capire che è proprio quello che intendo dire. Non pensavo davvero ciò che ho detto e non ero molto in me in quel momento, che tu ci creda o no ». Fece una pausa, come per dare maggiore enfasi a quelle frasi che, suo malgrado, lo aveva costretto a riascoltare. Poi proseguì. « Ti ammiro profondamente se riesci a farti scivolare addosso tutto ciò che ti succede, ma purtroppo io non sono come te. Una delle mie migliori amiche mi aveva appena accusato di averla tradita e mai capita, di essere una manipolatrice per aver usato Dylan al solo fine di illuderlo e di aver creduto nel ragazzo che amo quando il suo unico obiettivo, secondo lei, era quello di prendermi in giro ». Inclinò appena il capo, lo sguardo lievemente più disteso. « Come avresti reagito al posto mio? »
Da parte sua, Sirius cercò di non lasciarsi scalfire dalle sue parole, malgrado queste risultassero potenti come grida di battaglia.
Improvvisamente, si rese conto che Scarlett non aveva mai esternato i propri sentimenti in maniera così limpida, e questo non potè che colpirlo. Allo stesso tempo, però, le sue parole incrementarono anche tutta la sua rabbia, perché la loro importanza non era altro che un'aggravante di tutte le sue colpe. Ma forse di questo lei non si era neanche lontanamente accorta.
Scarlett si stava impegnando a stupirlo e a privarlo di ogni difesa, ma celava colpe, dentro di sé, a cui non avrebbe potuto rimediare palesando le proprie ragioni e ridimensionando i torti. Quell'atteggiamento non faceva altro che infastidirlo ancor di più, ma continuò a sorprenderlo il suo volersi mostrare risoluta e ferma sulle sue posizioni. Stava venendo fuori per ciò che era realmente, e lui non potè evitare di chiedersi se quel cambiamento fosse sincero e naturale o forzato e circoscritto a quell'occasione. Ma nonostante tutto dovette ammettere che si ritrovò più propenso a credere alla prima ipotesi. 
A quanto pareva, Scarlett aveva rinforzato le proprie ossa una ad una, per non lasciare che nessuno le facesse più del male. E lui, a quel punto, aveva davvero quello come fine? Ferirla per vendicarsi dell'errore che in passato aveva commesso? Era davvero troppo presto per poter rispondere a quelle domande, la rabbia sommergeva la sua razionalità, e lui non si sentiva ancora pronto a cacciarla via. E poi, come avrebbe potuto accoglierla a braccia spalancate se non aveva nemmeno corso il rischio di tornare da lui ancora una volta? L'aveva respinta, e aveva agito con brutalità, ma quel rifiuto era bastato a farla desistere, e adesso il suo ritorno aveva rimesso in crisi ogni certezza. 
E se aveva provato il desiderio di voltare pagina senza più tornare indietro, adesso non si sentiva più così sicuro.
La frustrazione gli impedì di rispondere con quella ferocia che avrebbe voluto mantenere, e non seppe spiegarsi come Scarlett avesse potuto porgli proprio quella domanda. Il loro conflitto era nato da quella stessa, precisa reazione, che lui avrebbe vissuto in maniera diametralmente opposta alla sua. E stava tentando in tutti i modi di continuare a non giustificarla, ma tanto gravoso fu il conflitto che infuriava in lui che diede in un gesto di rabbia e si fece più distante, passandosi una mano fra i capelli come a voler racimolare qualche pensiero di troppo da gettare nel camino, in pasto a quelle fiamme la cui luce si faceva pian piano sempre più fioca.
Scarlett lo seguì con lo sguardo, cercando di capire il motivo di quella sua reazione inattesa, e potè captare con chiarezza il suo turbamento, forse perché lo sentiva tremendamente simile al proprio. Dopo un mese di ininterrotto silenzio, necessitava di una sua reazione, anche solo per capire se l'indifferenza si era impadronita di lui come spesso nel corso di quel mese aveva lasciato intendere o se in verità c'era ancora una parte di lui a cui tutta quella faccenda stava a cuore. L'ansia dovuta all'attesa di avere quella preziosa risposta la stava lentamente consumando, così l'istinto la spinse a fare qualcosa.
« Parlami! » lo esortò con passione, compiendo un passo avanti. « So che ne hai bisogno quanto me. Dimmi qualcosa, qualsiasi cosa ti passi per la te-... »
« Non ho bisogno di dirti come avrei reagito » sbottò a quel punto lui, trovandosi nuovamente a un passo da lei. Aveva ragione, doveva dirle tutto, e lo avrebbe fatto senza ulteriori indugi. « Non ne ho bisogno, e tu non hai bisogno di sentirlo. Sai che non mi sarei mai scagliato contro l'unica persona che non c'entrava nulla con quell'assurda situazione e che per giunta stava solo cercando di tirarmi su il morale. Sai che non mi sarei mai lasciato scalfire da delle insinuazioni così stupide al punto da perdere completamente la lucidità ». Il suo tono di voce era basso, ma terribilmente carico di rancore e delusione, tanto da suonare quasi ringhioso. « E allora cosa, vuoi davvero sapere come avrei reagito al posto tuo? » proseguì, e spalancò le braccia in un gesto plateale come a voler sottolineare l'ovvietà della sua risposta. « Mi sarei fatto una risata, Scarlett. Avrei riso così forte da farmi sentire da tutto il castello. E magari, a pensarci bene, l'avrei anche presa a schiaffi, ma me ne sarei fregato, ed è questo che conta. Che importanza possono avere delle cattiverie buttate lì senza pensarci da una persona che ha appena capito di aver perso? Te lo dico io: nessuna. Invece tu ti sei bevuta una ad una tutte le cazzate che ti ha rifilato e sei venuta a vomitarmele in faccia con una rabbia che forse per una questione più seria non avresti nemmeno dimostrato. Ed è... assurdo, avresti dovuto passarci sopra in un baleno, non tanto perché fosse moralmente più giusto così o per correttezza nei miei confronti, ma perché dopo tutto quello che hai passato per arrivare ad avere delle certezze, questa stupidaggine non avrebbe dovuto sembrarti nulla di più di ciò che era. O forse hai dimenticato quanto hai dovuto lottare con te stessa e con me per superare tutti i tuoi dubbi e le tue stramaledette indecisioni? Beh, io non l'ho fatto ».
Quelle parole ebbero un effetto devastante su di lei, tanto che, per la prima volta da quando avevano iniziato a confrontarsi, si sentì costretta ad abbassare lo sguardo. Attraverso le sue parole, aveva capito chiaramente quanto grave fosse stata la sua delusione, non solo nei confronti del loro rapporto e di tutto ciò che avevano costruito insieme, ma anche per quel che riguardava il suo cammino, intrapreso al fine di sradicare ogni incertezza e di piantare invece quelle sicurezze che, una volta messe a frutto, avrebbero costituito la solida base sulla quale costruire la loro relazione. Ed era vero, doveva ammetterlo: aveva gettato tutti i sacrifici a cui si era sottoposta per superare le proprie paure in un attimo di follia, e questo non sarebbe mai stata in grado di perdonarselo.
« Alla fine, forse avevi lottato anche troppo » proseguì lui dopo qualche momento di silenzio, imperterrito. « Talmente tanto che non hai dimostrato nemmeno un briciolo di forza per andarti a riprendere quello che avevi perso. Ma certo, è naturale, la colpa è solo mia, che ti ho trattata come uno straccio al punto da farti perdere il coraggio di tornare da me per spiegarmi tutto quanto... Evidentemente non ti sei ancora abituata ai miei modi bruschi... ti ho sconvolta così tanto da averti fatto mangiare la lingua, non è così? » La fissava con un sorrisetto amaro sul volto, ma lei non potè vederlo, gli occhi scuri ancora piantati sul pavimento. « E adesso che fai? » disse ancora, il tono di voce che aumentava pian piano quasi senza che lui se ne accorgesse. « Dopo un mese di nulla, Scarlett, di nulla, torni qui a sbandierare il tuo amore incondizionato con la presunzione di trovarmi ad accoglierti a braccia aperte? Pensi veramente che la fiducia che riponevo in te si possa ricreare grazie a quattro scuse campate in aria che mi rifili dopo esserti presa con comodo tutto il tuo tempo? E' questo il modo migliore che hai di dimostrare quanto tieni ad una persona, quanto è fondamentale nella tua vita, quanto faresti per lei? » Vide che si ostinava a tenere lo sguardo fisso a terra, e questo lo fece esplodere. « E GUARDAMI QUANDO TI PARLO! »
La afferrò per le braccia e la strattonò, così da costringerla a sollevare nuovamente lo sguardo, e sorprendentemente lo trovò ancora ardente e vivo.
Dopo averla ritrovata così apparentemente granitica e quasi invulnerabile, non era riuscito ad accettare quel calo di tensione da parte sua, quasi fosse un ritorno alle vecchie abitudini, alla Scarlett arrendevole e dimessa che tanto voleva dimostrare di essersi lasciata alle spalle. Desiderava vederla forte, anche e soprattutto dopo averle fatto assorbire tutta quanta l'amarezza e il risentimento che le aveva scaraventato contro.
« E tu guardami e dimmi che, se io fossi tornata a farmi avanti dopo solo qualche giorno, mi avresti finalmente dato ascolto » fu la sua pronta risposta, la mascella serrata ogniqualvolta si interrompeva nel parlare. « Guardami e dimmi che saresti stato disposto a capirmi se solo io avessi insistito per spiegarti tutto quanto... »
« Ci avrei provato! » esclamò lui, lasciandola andare di botto.
« Non è vero! » replicò allora lei senza esitare. « Sai benissimo che non è così! Tu non accetti e non accetterai mai quello che ho fatto, semplicemente perché non è quello che avresti fatto tu! Maledizione, non vedi quanto sei ostile nei confronti di un dannatissimo errore? Se vuoi questa soddisfazione e desideri sentirmelo dire forte e chiaro, beh, te lo dirò: ho sbagliato! Ho sbagliato assolutamente tutto! Entrambi credevamo che tra di noi saresti stato sicuramente tu il primo a farlo, perché sei quello impulsivo e irragionevole mentre io sono quella razionale e sempre lucida, ma alla fine me ne sono convinta al punto tale da aver ribaltato la situazione! » Lo guardò, senza più aver paura di una sua possibile reazione, mentre lui la ascoltava a labbra serrate, combattuto. « Ma se io mi assumo la colpa di non aver rimediato immediatamente ai miei errori, allora tu dovrai prenderti quella di non aver avuto nemmeno la pazienza di ascoltarmi! Anche questa avrebbe potuto essere una grande dimostrazione nei confronti di chi ami, e in questo abbiamo sbagliato entrambi allo stesso modo, per cui ciò ti dimostra, ci dimostra, che purtroppo siamo umani! »
Sfogò tutta la propria tensione attraverso quelle parole, e sperò di non lasciarne dentro di sé neanche un grammo, altrimenti sarebbe stata capace di farla germogliare nuovamente fino a lasciarsi soffocare. Quella era l'occasione giusta per riversarla completamente, e non l'avrebbe sprecata per nessun motivo al mondo. Ragioni e colpe e scuse e sentimenti, doveva venir fuori tutto in quel momento, perché chissà se ci sarebbe stato un dopo... lei non poteva saperlo.
« Non sei il solo ad essere rimasto deluso dalla fragilità che ho dimostrato, te l'assicuro » continuò a dire, e il suo tono si fece d'un tratto più pacato. Anche lui, d'altro canto, parve quasi subire quel cambiamento, e non mostrò la benché minima reazione. Si limitò ad ascoltarla, ancora. « Avevi ragione, non mi ero ancora liberata del mio passato, o almeno non del tutto. Credevo di aver risolto la questione con me stessa, ma è bastato un confronto con l'esterno per rimettere di nuovo tutto in discussione, e adesso ho capito perché. Ho capito tante cose, in realtà, e devo tutto a questo mese d'inferno. Ma di certo non pretendo che tu stia dietro ai miei tempi e alle mie necessità... non dopo quello che è successo ».
Si abbandonò contro lo schienale del divano, sfinita da quell'incessante, sempre acceso botta e risposta. Eppure, nonostante la spossatezza, non riuscì a non pensare a quanto stimolante potesse essere volta dopo volta un confronto con Sirius. Attraverso il suo carattere così profondamente deciso, riusciva a farla diventare più forte e ad accrescere quelle sicurezze che ancora in lei non erano mature. E questo le era sempre, sempre d'aiuto.
« Che cos'è che hai capito? » le domandò lui, fronteggiandola, il capo un po' inclinato mentre la studiava con attenzione.
Lei prese un breve respiro e incrociò le braccia al petto, osservandolo con il medesimo interesse.
« Ho capito Mary » disse, e lui inarcò un sopracciglio con un cipiglio piuttosto scettico. « Pazzesco, vero? » fece allora lei, quasi sorridendo. « A dire la verità, rimango dell'idea che abbia esagerato, certo, e tutt'ora non riesco a giustificare il suo sfogo... Sono ancora troppo ferita da quello che è successo dopo per poterlo fare. Ma a distanza di tempo, con lucidità, ho provato a immaginare come dev'essersi sentita, sia quando non aveva il coraggio di parlare ancora di te, sia quando ha saputo che stavamo insieme ».
« Noi non avevamo nessuna colpa... » cominciò a dire lui, ma subito venne nuovamente interrotto.
« Nemmeno lei » fu difatti la pronta replica di Scarlett. « Se non quella di essersi presa una sbandata per un ragazzo che non la ricambiava, è chiaro. E per questo è riuscita a far sentire sporca anche me ».
Nonostante tutto ciò che la lite con lei le aveva provocato, infatti, Scarlett soffriva molto la lontananza di Mary, e non aveva paura di ammetterlo.
Era accaduto tutto in modo troppo repentino, troppo inaspettato e decisamente troppo violento per permetterle di assimilare quella situazione fino in fondo.
Quel mese di solitudine, però, caratterizzato da profonde riflessioni, le era servito ad indagare più a fondo su quelle che dovevano essere state le emozioni dell'amica, quelle che poi, d'altra parte, l'avevano spinta ad agire in un modo che ancora in quel momento considerava irragionevole. Ma dopotutto, lei sapeva bene che i sentimenti giocavano spesso brutti scherzi alla razionalità. Quindi come avrebbe potuto permettersi di giudicarla o, addirittura, di condannarla?
« Non avrei mai fatto nulla alle sue spalle, né mi sarei permessa di approfondire il rapporto con te se avessi saputo quello che provava » disse ancora, quasi rivolta più a se stessa che a Sirius. « Non lo farei tuttora, in realtà » proseguì in un sussurro, il capo chino, e per lui non fu difficile intercettare il dolore che quella mancanza le provocava, nonostante non riuscisse a giustificarlo. Scarlett doveva provare astio per Mary, non comprensione. O perlomeno, questo era ciò che provava lui. « Io la conosco bene e sono sicura che, una volta sbollita la rabbia, capirà di avere anche lei grosse colpe in questa situazione » proseguì Scarlett, puntando nuovamente lo sguardo su di lui. « Magari ci metterà un po' ad ammetterlo, ma lo farà, ne sono certa. Io... io le voglio bene, ancora oggi, e forse sono riuscita a capirla così bene proprio per questo. In fin dei conti, per lei è stato molto più facile prendersela con noi due che con se stessa, non ti pare? E lo ha fatto senza esclusione di colpi... un po' come mi sono comportata io con te ».
Lui prese ad annuire ripetutamente, un'espressione dipinta sul volto che non prometteva nulla di buono, ma che la incuriosì.
« Commovente » fu ciò che disse, mentre il movimento del capo non si arrestava neanche per un secondo. « Sì, è... davvero commovente il modo magnanimo con cui riesci a passare sopra gli errori di chi ti fatto del male. Dovresti insegnarmi come si fa, ne avrei sinceramente bisogno ». Riflettè per un momento prima di ricominciare a parlare, poi disse: « Se solo fossi capace di capire anche chi vuole solo il tuo bene, saresti praticamente da santificare ».
Scarlett scosse il capo dinnanzi al suo sarcasmo, che quella volta non la colpì in pieno, forse perché oramai vi era decisamente avvezza.
« Non ho capito solo Mary, Sirius » rispose con pazienza. « Capisco perfettamente anche te. Capisco la tua delusione, capisco la tua esasperazione, capisco la tua rabbia perché sono esattamente le stesse sensazioni che ho provato io due minuti dopo aver litigato con te. E tutto quello che mi hai urlato contro quella volta è stato vitale per me, perché mi ha portato al punto di rottura! Avevo bisogno di sentirmi dire che ero una dannatissima pusillanime ancora legata al passato e sempre timorosa di andare avanti, e mi è servito ancora di più sentirti fare il paragone tra quello che ho vissuto con Matt e quello che provo per te! »
« Non voglio parlare di questo... » si affrettò a dire lui, passandosi distrattamente una mano fra i capelli.
« Io invece sì! » esclamò però lei, lasciandolo piuttosto stupito. « Voglio parlarne perché finalmente non è più un tabù, per me, e perché lo schiaffo che ho rifilato a te quando hai toccato questo tasto era quello che avrei dovuto tirare a lui nove mesi fa! » Si allontanò dal divano per farsi più vicina a lui, senza smettere un istante di fissarlo e, colta da un impeto irrefrenabile, gli afferrò le mani, stringendole tra le proprie. A quel gesto inaspettato, lui chinò lo sguardo per un istante, osservando le loro dita strette l'una all'altra, e non riuscì a reprimere un'ondata di calore che parve diramarsi dal petto a tutto quanto il corpo. Un momento dopo, però, le parole di lei tornarono a rapire la sua attenzione. « Se c'è davvero un paragone da fare tra le due cose, beh, allora è facile: mi è bastato mettere sulla bilancia quanto ha significato per me perdere lui e quanto ha significato perdere te. A quel punto tutto è diventato chiarissimo, e ogni cosa è ritornata al suo posto... il passato e il reale valore della mia storia con lui da una parte, il futuro e tutto il significato della mia storia con te dall'altra ». Riflettendo su ciò che stava per dire, sorrise appena perché, per qualche strana ragione, quel pensiero le infondeva una meravigliosa sensazione di serenità. L'aver fatto pace con se stessa e con i propri sentimenti la faceva sentire bene, e desiderava ardentemente, più di ogni altra cosa, assicurarsi che Sirius comprendesse fino in fondo quell'eclatante differenza, e che, proprio come lei, non covasse più a quel proposito il benché minimo dubbio. « Probabilmente provare una paura molto più forte di quelle che avevo già vissuto mi è servito a superarle tutte quante... definitivamente » concluse, tranquilla.
Lui la fissò, sfinito da quella valanga di spiegazioni che non si era aspettato di ricevere. Sfinito, sì, perché avevano messo in crisi ogni cosa.
Aveva creduto, fino ad appena pochi minuti prima, di dover essere costretto a chiudere quella fase della sua vita per concentrare le proprie forze su quella successiva, ma adesso gli si era riaperto uno spiraglio proprio da quella porta che pensava di aver serrato alle sue spalle, uno spiraglio che era tornato a far luce su di lui e che lo stava costringendo a voltarsi nuovamente verso ciò che aveva abbandonato. Così si trovava sì intrappolato, ma con una doppia via di fuga: una di fronte a lui, quella che aveva iniziato a percorrere a fatica durante quelle settimane e che in verità non aveva mai voluto intraprendere, ed una dietro, quella che invece aveva deciso di lasciare ma che, in cuor suo, avrebbe desiderato scoprire in ogni suo anfratto, fino alla sua vera fine.
E malgrado tutto, in quel momento non si sentì pronto a compiere una scelta. Sperò solamente che nessuna delle due porte si chiudesse senza la sua spinta.
Guardò Scarlett, così intensamente che pensò avrebbe chinato lo sguardo per evitare il suo. Ma lei non lo fece, anzi lo ricambiò con il medesimo, profondo interesse. E d'improvviso, l'idea di avere di fronte la ragazza che amava, forte come aveva sempre voluto vederla ma come non era mai riuscita a mostrarsi, forte come in verità era sempre stata senza forse nemmeno saperlo, lo fece sentire smarrito e profondamente frustrato. Perché proprio nel momento in cui aveva deciso di lasciarla andare, lei era ritornata con prepotenza da lui, lasciando venir fuori quella parte di sé fino ad allora nascosta che però, anche grazie a lui, era divenuta col tempo sempre più dominante, tanto da essere riuscita a sorreggerla nel corso di quei giorni di completo, totale sconforto.
Mentre si scrutavano, Sirius avvertì la sua stretta farsi più forte, e le sue mani, quasi come fossero fuori dal suo controllo, la ricambiarono per un istante.
E così rimasero per parecchi istanti, lei cercando di captare delle risposte dai suoi occhi, lui con mille domande che vi baluginavano dentro.
« Che cosa vuoi da me? » le chiese infine con decisione, senza lasciar trapelare neanche un soffio di quella stanchezza che invece lo invadeva.
Lei sospirò, riflettendo su quel quesito apparentemente semplice, ma in realtà estremamente complesso.
« Questa è una bella domanda » fece dopo un po', senza smettere di pensare, e quasi sorrise mentre parlava. « Io non posso volere nulla da te. L'unica cosa che desideravo era riuscire a parlarti liberamente, fare in modo... che mi ascoltassi ». Sollevò le spalle, poi proseguì. « Adesso che l'ho fatto e che tu me l'hai permesso non posso chiederti più niente ».
Lo disse con sincerità, perché non avrebbe mai potuto pretendere di privarlo di quella libertà a cui lui tanto teneva. 
Aveva commesso un grave errore, e stava pagando per quei minuti di follia. Adesso non gli restava altro che sperare nella sua scelta, ma qualunque fosse stata, l'avrebbe accettata senza fiatare. D'altronde, come avrebbe potuto condannarlo se aveva tradito la sua fiducia? Perdonarla non avrebbe avuto senso se non c'era possibilità che tutto tornasse come prima, che i loro sentimenti riprendessero il posto che avevano perduto o, se così non era stato, che rimanessero solidi laddove li avevano costruiti.
E poi, aveva sempre ammirato tanto le sue battaglie per la difesa della propria indipendenza che non si sarebbe mai sognata di sottrargliela. Era un atteggiamento, il suo, che lei non era mai riuscita a padroneggiare, perché troppo propensa a lasciarsi trascinare dagli eventi che, quasi sempre, finivano per avere la meglio su di lei e sulla sua volontà... una voce che si era ammutolita forse troppe volte, ma che adesso aveva voglia di gridare.
« Ho tenuto le redini del gioco per fin troppo tempo, e non mi sono dimostrata capace di gestirlo » proseguì con determinazione, e ammetterlo le parve infinitamente liberatorio. « Adesso è tutto nelle tue mani, e forse... sì, forse è meglio così » concluse, mostrandosi sincera ancora una volta.
Lui annuì lentamente, lasciando le sue mani e facendo un passo indietro.
Per quella che gli parve la prima volta in vita sua, sentì che quella libertà donatagli da lei gravava sulle sue spalle con una pesantezza non indifferente. Ma si sarebbe dimostrato in grado di reggerla, e qualunque decisione avesse preso a tempo debito, sarebbe stata la migliore per entrambi. Lo sapeva.
« Sì » disse con freddezza, continuando ad annuire. « E' decisamente meglio così ».
E così dicendo le voltò le spalle e si incamminò verso la scaletta a chiocciola, senza aggiungere neanche una parola.
Scarlett lo seguì con lo sguardo finché non fu sparito, e non appena rimase completamente sola, una certezza si impossessò di lei.
Nessuna preghiera era stata ascoltata... e a lei non restava altro che lasciarlo. Nessun legame li univa più quando andò via. 
I fili di sentimenti incomprensibili spezzati, le estremità disperse e impossibili da ricongiungere. 
Il burrone di un amore mai nato in cui erano precipitati senza neanche tenersi per mano.



 
I can't find another way around, Non riesco a trovare un'altra strada,
and I don't want to hear the sound of losing what I never found. e non voglio sentire il suono della perdita di ciò che non ho mai trovato. 
I shot for the sky, but I'm stuck on the ground, Vorrei scagliarmi contro il cielo, ma sono bloccato sulla terra, 
so why do I try? I know I'm gonna to fall down. quindi perché dovrei provare? So che sto per cadere giù.
 I thought I could fly, so why did I drown? Pensavo di poter volare, allora perché sono annegato? 
I'll never know why it's coming down, down, down. Non saprò mai perché sta crollando tutto giù, giù, giù. 










 
Note della Malandrinautrice: Salve! Come andiamo, bella gente? Io sono reduce da una meravigliosa occupazione di una settimana, tornare col naso sui libri è stato un qualcosa di sconvolgente e infinitamente triste. Ma ad ogni modo, rallegriamoci... NATALE E' QUI! *feels like Sirius Black*
Ma torniamo a noi. Avete visto? Scarlett, Sirius, Miley e Remus sono finalmente tornati! Speriamo davvero che i loro confronti vi siano piaciuti, non sapete quanto ci hanno aiutate a capire meglio tutti quanti loro. E' stato un capitolo difficile, ma ci ha parecchio appassionate, quindi... beh, ci auguriamo che accada lo stesso anche a voi, anche se naturalmente non abbiamo alcuna pretesa.
Non credo ci sia nulla da dire, ma saremo pronte a chiarire qualsiasi eventuale dubbio.
Prima di andare (e di ringraziarvi a dovere, ovviamente), vi lasciamo un'immagine riferita alla scena finale di Sirius e Scarlett, creata da noi: 
http://oi41.tinypic.com/18m0is.jpg.
E nostra è anche la manip di inizio capitolo, speriamo vi piaccia!
La canzone che abbiamo inserito, invece, è 'Down' di Jason Walker, e ci ha ispirato moltissimo nella sua versione in duetto con Molly Reed per la creazione della scena Blanks. La musica accompagna la scena in maniera perfetta, sul serio.
Detto ciò, vi ringraziamo un milione di volte, con tutto il cuore, per le quarantadue splendide recensioni lasciate all'ultimo capitolo! Siete meravigliosi, e la nostra gratitudine nei vostri confronti è infinita. Grazie per essere sempre al nostro fianco, pronti a darci una mano con il vostro parere sincero.
E grazie ai 371 delle preferite, agli 89 delle ricordate e ai 387 delle seguite! Grazie infinite!
Un'ultimissima cosa. Una domanda che abbiamo già posto ai nostri lettori iscritti al gruppo facebook della storia. Abbiamo pensato che sarebbe opportuno dividere in due questa storia. The Final Chance si concluderebbe in questo modo al termine della scuola, e il periodo più oscuro del racconto rappresenterebbe la trama della storia successiva. Per noi sarebbe davvero stimolante cominciare una nuova storia, anche se sarebbe la continuazione di quella a cui stiamo lavorando, ma non siamo ancora sicure, e ci piacerebbe conoscere il vostro parere.
Detto anche questo, vi salutiamo con affetto. E, anche se in smisurato anticipo (perché non credo avremo modo di risentirci prima)... buon Natale! 
Un bacione, e grazie ancora per tutto!


Simona Lupin

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Capitolo 39
*** Il futuro è adesso ***





Capitolo 39

Il futuro è adesso



 


In quella piovosa mattina di metà Marzo regnava un caldo innaturale nelle serre di Erbologia, tanto che molti studenti, impegnati a combattere coraggiosamente contro aggressive piante giallastre dai denti affilati, stavano già progettando di accamparsi lì per trascorrere in santa pace la notte.
Fra questi vi erano anche i Malandrini, appartati nell'angolo più remoto della classe così da poter chiacchierare durante la lezione del tutto indisturbati, liberi di farlo senza freno alcuno anche a causa dell'assenza del volto della loro coscienza: Remus, infatti, dopo la luna piena di un paio di giorni prima, stava ancora affrontando la convalescenza in Infermeria per riprendersi dalle brutte ferite alle braccia che si era procurato.
« Innanzitutto, piazziamo una tenda » stava proponendo Sirius, tenendo ben saldo fra le mani il robusto gambo della pianta assegnata loro che, furiosa, continuava a dimenarsi. « Poi saccheggiamo le cucine e infine festeggiamo in grande il ritorno di Lunastorta con un maledetto mutanda-party ».
James evitò uno sferzante colpo della pianta chinandosi e facendo leva sulle ginocchia, poi si raddrizzò in un batter d'occhio e annuì, convinto.
« Magnifico » fu il suo primo commento. « La felicità di Lunastorta viene prima di tutto, no? »
Sogghignò, poi fissò la pianta con determinazione e le sferrò un pugno degno di questo nome, costringendola ad emettere un lamento sommesso.
Ignorando senza indugi le esortazioni della professoressa Sprite, i tre avevano sorvolato sul reale compito che spettava loro (estrarre il liquido contenuto nel picciolo dello strano vegetale), e sin dal principio della lezione avevano optato per un'attività alternativa, a loro dire infinitamente più produttiva oltre che, di sicuro, davvero molto spassosa. La loro occupazione consisteva sostanzialmente in una sfida suddivisa in manche di vero e proprio pugilato, una competizione nella quale i due avversari si ritrovavano a collaborare solo per non mettere fine alla propria esistenza. Uno dei due, per l'appunto, doveva tentare di tenere buona la pianta per impedirle di sbranare l'altro, mentre quest'ultimo si dilettava in un fiero conflitto con la stessa. Il vincitore, ovvero colui che l'avrebbe messa definitivamente al tappeto, sarebbe stato decretato dal saggio Peter, che, proprio in forza della propria intelligenza, aveva preferito non prendere parte alla gara.
« Non credo che ci sarà permesso di entrare nelle serre di notte... » disse proprio quest'ultimo in risposta agli amici, prendendo sul serio la questione.
James gli rivolse uno sguardo ammonitore, rischiando di lasciarsi sottomettere dalla pianta, ma subito tornò all'attacco con determinazione.
« Amico » fece, assestandole l'ennesimo duro colpo, « quante volte devo ripeterti che parlare è una decisione che non devi mai prendere in certe situazioni? Pensa un po' a tenere il punteggio, piuttosto, questa dannata cosa sta per esalare il suo ultimo respiro, me lo sento ».
Visibilmente indispettito, Peter incrociò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio. 
Un simile insulto all'arbitro non era sicuramente la migliore strategia per raggiungere la vittoria con maggiore facilità, e improvvisamente, si ritrovò a riflettere su quanto fosse sorprendente la forza bruta di Sirius, senza ombra di dubbio degna di essere valutata come nettamente superiore rispetto a quella del suo avversario. Tale tesi si fece ancor più solida nella mente di Peter non appena l'amico lo invitò a controbattere all'oltraggio appena subito.
« Io parlo quanto mi pare e piace » disse, e Sirius mollò la pianta per dargli un pugno d'incoraggiamento sul braccio, incitandolo con un applauso.
A quelle parole, James, come colpito da una feroce pugnalata alle spalle, interruppe la sua lotta mortale e, una volta posta un'opportuna distanza fra se stesso e la sua malefica dentatura, squadrò il ragazzo dalla testa ai piedi con l'aria di chi sta per prendere una decisione definitiva e assai poco gradevole.
« Sai, Codaliscia » gli annunciò in tono solenne, « credo proprio che la tua insolenza e la tua mancanza di senso dell'umorismo vadano puniti in maniera esemplare. Se lo sporco doppiogiochista traditore qui presente è d'accordo » disse, e rivolse a Sirius un'occhiata fintamente sprezzante, « proporrei la condanna a morte per via... per via piantosa » concluse, un po' incerto, anche se subito riacquistò la propria fredda fermezza.
Fece un cenno alla pianta, un'espressione grave dipinta sul volto, poi guardò nuovamente Sirius, il quale annuì con la medesima serietà.
Insieme, afferrarono Peter uno per un braccio e uno per l'altro, conducendolo contro la sua volontà al cospetto della pianta assassina.
« Ehi! Voi tre! » esclamò d'un tratto la voce della Sprite che, furente, avanzava verso di loro con la sua solita andatura pesante e molto poco femminile.
James e Sirius repressero una risata istintiva, mentre al loro fianco, il povero Peter tirava un sospiro di sollievo: ancora una volta, era stato graziato.
« Che state combinando, qui dietro? » sbottò l'insegnante, serrando i pugni imbrattati di terra sui fianchi corpulenti. « Dov'è quello che vi avevo chiesto? Se non vi impegnate in questo lavoro, giuro su questo cappello che porto da vent'anni che vi boccerò insieme a Green! E niente proteste! »
Ferito dall'offesa gratuita, Alan, dall'altro capo dell'afosa stanza, non seguì gli ordini della professoressa e palesò il proprio disappunto.
« Andiamo, professoressa, pensa davvero di potermi valutare con questa maledetta prova? » urlò per farsi sentire dall'insegnante. « Insomma, mi guardi, peso qualcosa tipo ventisette chili capelli compresi... » e fece un cenno al suo enorme cespuglio di ricci, « ... e lei mi mette qui a combattere a costo della vita contro una pianta che potrebbe mandarmi giù in un lampo senza nemmeno lontanamente saziarsi? Lei è ingiusta, donna! Ingiusta, dico! »
Lei lo fissò per un po' ma, dall'alto della sua magnanimità, preferì non replicare. Si diresse invece verso la sua solita postazione, sistemandosi meglio sulla vita la cintura carica di attrezzi che portava sempre addosso e borbottando a mezza voce: « Ah... non esistono più gli uomini di una volta... »
Poi, una volta ripresasi dai suoi pensieri, battè le mani grassocce sul lungo tavolo da lavoro e lasciò scorrere lo sguardo fra i suoi studenti.
« Prima che suoni la campanella, ho un paio di cose da dirvi » annunciò alla classe, e tutti smisero quasi subito di lottare contro le fameliche piante. Così, dopo aver annuito con aria soddisfatta, l'insegnante riprese a parlare. « Come sapete, i M.A.G.O. si fanno sempre più vicini, perciò credo che sia arrivato il momento di affrontare un bel ripasso prima di proseguire con l'ultima parte del nostro programma ».
Al suono terrificante della parola M.A.G.O., Peter, che aveva sempre nutrito un eccessivo timore nei confronti degli esami, diede in un lieve singulto.
« Nelle prossime settimane dovrete approfondire gli argomenti che abbiamo già trattato » disse ancora la Sprite. « Fare qualche ricerca, quindi. E per facilitarvi il lavoro, ho pensato di adottare un nuovo metodo ». Un sorriso apparentemente immotivato si fece largo sul suo viso affabile e paffuto, e le sue guance si fecero ancor più rosse del solito. « Ho fatto una chiacchierata con il professor Dixon, ieri pomeriggio, e mi ha raccontato dei vostri lavori di coppia. Credo che il vostro insegnante sia estremamente dotato, e mi è sembrato davvero entusiasta dei vostri progressi... »
A quelle parole, James e Sirius si scambiarono un'occhiata divertita e complice, e subito capirono di aver pensato la stessa, identica cosa.
« Sarà anche innamorata degli uomini di un tempo, ma questa nuova generazione non mi pare le dispiaccia più di tanto... » fece il secondo a mezza voce, un ghigno accennato stampato in volto, e James rise, osservando l'espressione sognante della professoressa che sembrava incapace di smettere di sorridere. 
A quanto pareva, Dixon, che aveva già conquistato in men che non si dica la sezione femminile del popolo studentesco di Hogwarts, doveva aver fatto breccia anche nei cuori delle insegnanti, e la Sprite si stava palesemente dichiarando come sua ultima vittima.
« ... così ho deciso di adottare il suo stesso metodo » stava concludendo, compiaciuta, per poi tornare improvvisamente ai suoi abituali modi bruschi. « Magari in questo modo mostrerete un po' più d'interesse per la materia... mi siete sembrati delle vere zucche vuote, in questi mesi » sbottò infine, severa. « Ad ogni modo, le coppie rimarranno quelle stabilite dal professor Dixon, ma se ci dovesse essere qualche problema, non esitate a chiedere ».
Istintivamente, a quelle parole, gli occhi di Sirius si posarono su Scarlett, distante da lui un paio di metri, e la ragazza lo fissò a sua volta, le labbra forzatamente serrate.
Mentre si scrutavano, il suono squillante della campanella raggiunse le orecchie di tutti, e subito entrambi distolsero lo sguardo l'uno dall'altra.
« Ehi, ehi, ehi, non vi muovete, non ho ancora finito » disse subito la Sprite alla classe già in procinto di andar via. « Un'ultima cosa: vi ricordo che per oggi è prevista la consegna delle domande per i vostri corsi di studio successivi e... »
« Sì, sì, lo sappiamo, prof, ma il pranzo si fredda » la interruppe Sirius, agitando una mano a mezz'aria con fare sbrigativo, e lei lo fulminò con lo sguardo.
In effetti, da un paio di giorni gli insegnanti non facevano altro che parlare di quei colloqui, per cui era impossibile che qualcuno se ne dimenticasse. 
Quella mattina, sulle bacheche di ogni Sala Comune erano stati affissi gli orari per gli incontri con i Direttori delle Case, durante i quali tutti gli studenti del settimo anno avrebbero sostenuto un ultimo confronto con gli insegnanti per discutere del proprio futuro e della strada che avevano deciso di intraprendere in merito ai corsi di formazione professionale che avrebbero frequentato una volta ultimati gli studi. 
L'insistenza da parte dei docenti sull'argomento non aveva di certo alleviato il clima di tensione che si era naturalmente diffuso fra i ragazzi, molto nervosi all'idea di dover compiere un passo tanto importante per il loro avvenire, e le continue pressioni e raccomandazioni non avevano fatto altro che impaurire ulteriormente i più insicuri, oltre che annoiare smisuratamente coloro che, al contrario, avevano effettuato la propria scelta in completa tranquillità.
Senza ombra di dubbio, Sirius era un esponente della seconda categoria.
« Sirius Black... ti conosco da sette anni e la tua insolenza non ha fatto altro che crescere con te » disse la Sprite con palese esasperazione.
Scosse il capo più e più volte, alzando gli occhi al cielo, mentre lui sorrise allegramente, accogliendo il suo rimprovero come il migliore dei complimenti.
« Insolenza... ma che brutta parola » fece con una smorfia. « E' semplice fame, professoressa, gliel'assicuro ».
« Allora va' a riempirti la pancia prima che ti metta in punizione » tagliò corto l'insegnante, burbera, e lui non se lo fece ripetere due volte.
Gli amici, così, si diressero verso l'uscita delle serre, con Peter a guida del terzetto, lo sguardo fisso di fronte a sé e un'espressione omicida sul volto.
Alle sue spalle, James e Sirius sogghignavano divertiti, quando all'improvviso una ventata di capelli fiammeggianti annunciò l'arrivo di Lily.
« Salve » esordì, un sorriso smagliante dipinto sul volto, e James lo ricambiò immediatamente con il suo solito calore, prima di circondarle il collo con un braccio per attirarla a sé e stamparle un bacio sulla tempia, facendola stringere nelle spalle.
« Ehilà, splendore » la salutò, gioviale. « Come andiamo? Hai fatto a pezzi quella pianta maledetta, non è così? »
A quella domanda, lei, suo malgrado, diede in una smorfia stizzita, visibilmente contrariata.
« Certo che sì » rispose in tono deciso. « E se lo meritava proprio, quella balorda... All'inizio della prova non mi ha nemmeno dato il tempo di indossare i guanti protettivi e si è divorata uno dei miei » raccontò subito la ragazza, sollevando la mano nuda e quella coperta dal guanto superstite.
Lui si fece d'un tratto pensieroso e corrucciato, come se stesse riflettendo su una possibile soluzione per risolvere quell'imprevisto disguido.
« Beh, potresti lanciare una nuova moda » propose infine, incapace di partorire un'idea migliore, e Lily scrollò le spalle, sconfitta.
« Già » fece, convincendosi della validità della proposta. « Non sono esattamente un'icona di stile, ma si può sempre tentare ».
James sorrise, divertito, poi, colto da un'improvvisa illuminazione, parve se possibile ancor più allegro di prima, cosa che incuriosì parecchio Lily.
« Sentito quello che ha detto la Sprite? » le chiese, giocherellando con un ciuffo arricciato dei suoi capelli crespi. « A quanto pare lavoreremo insieme ».
Lei gli rivolse una smorfia e scosse il capo, immaginando ciò che la attendeva.
« Lavorare insieme mi pare un po' troppo, a dire il vero » commentò, riflettendo. « A me toccherà sgobbare, mentre tu... tu... »
« ... io starò a guardare » completò James al posto suo, annuendo. « Che c'è? » fece poi, quando lei si voltò a fissarlo. « Mi piace guardarti studiare ».
Le guance di Lily si imporporarono appena, e mentre chinava lo sguardo, si rese conto di non essersi ancora abituata alle parole dolci che spesso James le rivolgeva. L'imbarazzo la coglieva di sorpresa, spontaneo com'era l'impulso di James nel riservarle quelle attenzioni.
« Sì, Potter, bella scusa » rispose dopo un attimo, ridendo, e lui con lei. « Seriamente, quale sarà il tuo contributo? Spara ».
Lui si massaggiò la mascella con la mano libera, lasciandosi punzecchiare dagli accenni di barba quasi invisibili delle guance.
« Mi occuperò dell'intrattenimento, suppongo » disse, lasciando poi scivolare la mano dentro la tasca dei pantaloni. « Non vorrai davvero rimanere a studiare tutto il tempo? Insomma, hai la fortuna di avere un ragazzo che ti offre una così ampia gamma di scelte... approfittane, no? » concluse, sorridente.
« Studiare tutto il tempo? » ripetè Lily. « Ti faccio notare che hai fatto tutto tu, James, io non ho fiatato. Piuttosto... che programmi avresti? »
Il ragazzo le rivolse un'occhiata compiaciuta e un sorriso ancor più largo, segno che aveva sinceramente apprezzato il suo entusiasmo.
« Conosco quell'aria malandrina » fece in tono divertito e consapevole, scrutandola. « Ammettilo, Evans, hai già in mente un bell'appuntamento, altro che pomeriggi di studio. E non fingerti offesa per l'insinuazione » aggiunse, e lei rise, scoccandogli un'occhiata in tralice.
« Ah, no, affatto » disse tra le risate, sollevando entrambe le mani. « Ti ricordo che storicamente sei sempre stato tu quello a caccia di appuntamenti ».
Lo guardò con aria eloquente, ma lui parve semplicemente raggiante, e non smise di sorridere.
« Vuoi che ti chieda di uscire, Evans? » le propose, palesemente entusiasta. « Vuoi tornare ai bei vecchi tempi? Sai, non credevo fosse necessario adesso che stiamo insieme, ma in effetti era così divertente... » Annuì con aria sognante, poi si riprese. « E comunque la storia ci insegna anche altro, Lily ».
Lei lo scrutò, cercando di capire a cosa stesse alludendo, ma dopo un attimo fu lui a riprendere la parola.
« Ti ricordi di una certa gita ad Hogsmeade? » fece in tono vago. « In un... lontano e nevoso febbraio? Qualcun altro mi chiese di uscire, quella volta, ma stento a ricordare chi fosse... » e così dicendo continuò a fissare il vuoto, almeno finché la risata di Lily non lo raggiunse, travolgendolo inevitabilmente.
« Non riesco a credere che tu me lo stia rinfacciando! » esclamò la ragazza, scuotendo il capo ripetutamente ma senza arrestare il continuo flusso di risate. « Insomma, stiamo davvero ribaltando i ruoli! Non mi pare che fra noi due sia io la persecutrice, né tantomeno la più scansafatiche... »
« Oh, neanch'io lo sono » la interruppe James con sicurezza, perfettamente serio. « Voglio dire, stiamo parlando dello studente più brillante della scuola... »
Si strinse nelle spalle, quando uno stizzito colpetto di tosse ben programmato giunse alle sue orecchie.
« Come, come, come? » disse Sirius, intento a camminare a meno di un metro da loro insieme a Peter, e si voltò. « Stiamo parlando di me, in altre parole. Sai, amico, non mi va proprio giù quando la gente si prende tutti i meriti del duro lavoro altrui... chiedimi scusa, passerò oltre » lo rassicurò infine.
Prima ancora che James potesse dire qualsiasi cosa, Lily intervenne con aria infastidita, un sopracciglio inarcato.
« Scusate tanto, ma... stiamo parlando della stessa scuola? » domandò, mostrandosi confusa. « A me risulta che la studentessa migliore sia senza ombra di dubbio la sottoscritta. Tutti i docenti non fanno che ripetermi quanto io sia professionale e impeccabile, per non parlare della mia condotta ineccepibile... »
« Okay, d'accordo, certo » disse subito Sirius, che non aveva la forza di sentire altro. « Troppi galli in un pollaio, gente, mi tiro fuori. Tanto è chiaro a tutti che, finché il signor Peter Minus sarà uno studente di questa scuola, non ci sarà partita per nessuno, no? »
« Chiarissimo! » esclamò Peter senza nemmeno voltarsi, e tutti scoppiarono a ridere, guardando Sirius correre a picchiarlo.
« Per Godric, ho una fame da lupi » riprese Lily una volta che i due furono di nuovo rimasti soli. « Non è che potremmo accelerare il passo, che ne dici? »
James diede in una breve risata a cui lei si unì ben presto, riflettendo su quanto risultasse buffa ma estremamente accattivante ai suoi occhi l'accoppiata Lily-cibo.
« In realtà non sto andando in Sala Grande, mi dispiace deluderti » rispose poi con un sorriso. « Remus dovrebbe uscire proprio adesso dall'Infermeria, per cui pensavamo di andarlo a recuperare prima di pranzo ».
« Ah, già, hai ragione » ribattè lei. « Sono andata a trovarlo prima delle lezioni, questa mattina, soprattutto per informarlo della consegna delle domande di ammissione e tutto il resto... » D'un tratto, la sua espressione si fece più cupa. « Sai, non ho avuto il tempo di affrontare l'argomento come si deve, ma... mi è sembrato molto riluttante all'idea di sostenere il suo colloquio con la McGranitt ».
James, come Lily in precedenza, si rabbuiò all'istante, nonostante le parole della ragazza non lo avessero affatto sorpreso.
Il futuro fuori da Hogwarts era sempre stato, per Remus, un tasto estremamente dolente, e la difficoltà nel toccarlo si era notevolmente accresciuta da quando, alla fine di Novembre, avevano avuto luogo gli incontri di orientamento professionale previsti per l'ultimo anno, evento che aveva di fatto ufficializzato l'imminenza della loro scelta. Da allora, i Maladrini non avevano affrontato la questione molto spesso - solo ed esclusivamente perché James e Sirius erano più che sicuri della propria decisione e Peter si faceva prendere dall'ansia e non proferiva verbo -, ma quelle rare volte in cui ne avevano discusso insieme, Remus era diventato improvvisamente taciturno, assentandosi dalla conversazione e tenendosene ben distante, magari introducendo un nuovo argomento di cui poter parlare, per cui ogni tentativo da parte degli amici di farlo ragionare e approcciare alla cosa con maggiore lucidità erano stati una mera perdita di tempo. Fortuna aveva voluto, poi, che, proprio in quegli ultimi giorni in cui la consegna delle domande di ammissione era divenuto l'oggetto principale delle discussioni tra i ragazzi del settimo anno, lui si era ritrovato costretto in Infermeria ad affrontare suo malgrado quel dramma che gli impediva di vivere la propria vita come tutti quanti i compagni, fuori dalla porta di quella stanza tanto odiata, si preparavano a fare. La notizia, proprio per quella tempistica tanto inattesa quanto beffarda, doveva essergli piombata addosso in maniera doppiamente gravosa, per cui le impressioni di Lily non avrebbero potuto essere più fondate.
« Insisterà fino alla morte per non presentarsi dalla McGranitt, su questo mi gioco la scopa » fu il primo commento di James, il tono della voce palesemente amareggiato. « Ma dovrà andarci, non gli daremo scelta ».
Lily lo fissò, estremamente fiera e rapita dalla sua determinazione, e annuì.
« Anch'io credo che vi darà ascolto » lo supportò, sincera. « E ad ogni modo, se dovesse andare male con voi, beh... allora lo prenderò per i capelli e lo porterò io a forza ».
James sorrise, rincuorato dalla sicurezza di avere il suo totale appoggio, e la baciò, cercando e sperando di trasmetterle tutta la gratitudine e l'affetto che lei aveva saputo infondergli. Da ciò che Lily provò durante quel dolce contatto, fu chiaro che ci riuscì senza ombra di dubbio.
« Ci vediamo a pranzo » le sussurrò, il volto ancora a un passo dal suo, poi si allontanò. « Oh, e se ci riesci, cerca anche di lasciarmi almeno una fettina sottile di arrosto e mezza patata al forno... se non ti dispiace, avrei anch'io un certo languore ».
E con quell'ultima richiesta si guadagnò un pugno ben assestato sul petto da parte della ragazza, alla quale, però, rivolse in cambio un fugace occhiolino. Dopodiché, raggiunse gli amici che ancora si scambiavano calci e scalpellotti amichevoli poco lontano da lui. Ma non ebbe nemmeno il tempo di raggiungerli, poiché una nuova voce arrivò a richiamare nuovamente uno di loro, in quel caso Sirius.
Scarlett, infatti, si era fatta vicina ai due, i quali avevano interrotto la loro rissa improvvisata, e Peter si era immediatamente unito a James, così da lasciare l'amico da solo con la ragazza.
Immediatamente, il volto improvvisamente contratto e l'atteggiamento ostile con cui Sirius si era presentato di fronte a lei, non le aveva fatto presagire nulla di buono, ma ciò non la stupì nella maniera più assoluta. Dopo il loro acceso confronto di una settimana prima, infatti, tra loro non era concretamente cambiato nulla. A parte qualche contatto superficiale e un paio di frasi di circostanza, lui non aveva mostrato il benché minimo segnale per il quale poter pensare che ci fossero i presupposti per un nuovo inizio, motivo per cui aveva iniziato a radicare sempre di più dentro di lei il pensiero che i suoi chiarimenti, le sue scuse e il suo cambiamento non fossero serviti a nulla. L'unica cosa che aveva notato di diverso dagli ultimi giorni era che, se da una parte non vi era stato alcun riavvicinamento palese, fatto di parole, gesti e azioni, dall'altra ve n'era stato uno silenzioso, latente, fatto solo e soltanto di sguardi: perché, se fino ad una settimana prima, ogni occhiata rivolta nella sua direzione significava per Scarlett trovare una barriera intrisa di vuoto e indifferenza, da qualche giorno le era capitato più di una volta di incrociare il suo sguardo che - di questo era assolutamente certa - non la respingeva. Non più. 
E forse proprio questo la stava spingendo a fare ancora un passo verso di lui, pur sapendo che non sarebbe stato un banalissimo lavoro di coppia e uno stupidissimo invito a studiare insieme a cambiare le cose... a cambiare lui. Ma ci avrebbe provato, perché aveva imparato che, quando ne vale la pena, farlo è sempre la cosa migliore.
« Ciao » fu l'unica parola che seppe rivolgergli quando lo ebbe di fronte. 
Lui non rispose al saluto, ma questo non la sorprese, per cui non aspettò oltre e proseguì. 
« Volevo dirti... riguardo al compito di Erbologia... » riprese a dire, titubante. « Io oggi pomeriggio sarò in Biblioteca per alcune ricerche, prima dei colloqui, quindi ho pensato che potremmo lavorare lì, visto che avremmo a disposizione tutto il materiale che ci serve e che i nostri incontri con la McGranitt sono più o meno fissati alla stessa ora, perciò... » Si grattò il capo, facendo una pausa, poi proseguì. « Beh, se ti va... mi trovi lì ».
Lo guardò, riflettendo su quanto ciò che aveva detto suonasse poco come un invito e più come una mera eventualità, e ne fu soddisfatta.
Sirius la fissò di rimando, l'espressione abitualmente indecifrabile, poi spostò il suo sguardo altrove e si tirò indietro qualche ciuffo di capelli scuri, come se stesse riflettendo sulla migliore risposta da dare. 
« Va bene » fu quella per cui optò alla fine, e Scarlett, mentre annuiva di fronte alla sua risposta, non potè non pensare che, considerando chi aveva di fronte, quelle due parole fossero già un grande traguardo, nonostante perseverasse nel credere che fosse soltanto una condiscendenza di facciata.
E probabilmente fu proprio quella convinzione che la portò a rispondere con un secco e semplice: « Okay » piuttosto che con un più logico a dopo
Ad ogni modo, si allontanò senza aggiungere altro, e Sirius fece altrettanto, le mani serrate dentro le tasche e lo sguardo fisso a terra. Fu soltanto quando arrivò la voce di James a distrarlo che lo risollevò, puntandolo sull'amico.
« Tutto okay? » gli chiese quest'ultimo, e dal suo tono Sirius capì che, dietro quella domanda tanto generica e banale, vi era la voglia da parte di James di carpire qualcosa di più.
« Tutto okay » ripetè lui, piatto, e nonostante avesse distolto lo sguardo dall'amico, avvertì il suo ancora incollato su di lui, attento.
« Guarda che il mio tutto okay implica un sottotesto del tipo sì, oggi pomeriggio incontrerò Scarlett » ci tenne a precisare James che, come prevedibile, non trovò la collaborazione che voleva.
« Dobbiamo andare da Remus o sbaglio? » fu la sua pronta risposta, indubbiamente finalizzata a porre fine alla questione. 
A quel punto, James capì di non avere chance e desistette, così da sostituire come oggetto della conversazione un problema che angustiava un suo amico con un altro.
« Ti avviso, Felpato » esordì infatti, il tono grave, e accanto a lui, Peter, a cui aveva già accennato qualcosa, si fece altrettanto serio. « Tira una brutta aria per Lunastorta. Prepara l'artiglieria pesante, perché non sarà facile ».
E di fronte allo sguardo perplesso dell'amico, James si buttò a capofitto nelle spiegazioni, mentre tutti e tre procedevano per raggiungere l'Infermeria.
Parecchio distante da lì, nello stesso momento, vi era qualcuno che, nella scalinata fra il terzo e il quarto piano, era diretto verso la medesima direzione.
Miley, infatti, era reduce da una sfiancante esercitazione di Trasfigurazione in cui - come in realtà le succedeva spesso in quella disciplina - non era riuscita a brillare particolarmente, e al termine di quel supplizio di cui avrebbe sinceramente fatto a meno, era uscita dall'aula della professoressa McGranitt stanca, affamata, ma con un unico pensiero fisso nella mente: andare a trovare Remus in Infermeria.
Aveva rimuginato tutto il santo giorno su cosa fare al termine delle lezioni, e non erano state riflessioni vaghe o inframmezzate da momenti di lucidità, le sue, ma interminabilmente fisse su quell'unico tormento, tanto da sfinirla come una corsa lungo una ripida salita non sarebbe riuscita a fare. O perlomeno, mai con la stessa intensità. Alla fine, aveva preso una decisione un paio di minuti prima che giungesse alle sue orecchie lo squillo della campanella, e quello stesso suono le aveva infuso una sensazione di determinazione che per tutta la giornata non aveva creduto di poter provare, quasi fosse un segnale che la spingeva a fare un qualcosa che aveva sempre saputo di dover fare. Qualcosa che non poteva essere in alcun modo rimandato.
Andare a trovare Remus in Infermeria non avrebbe dovuto significare nulla di più di ciò che era, forse solo un motivo di agitazione fisiologica che, volente o nolente, la prendeva sempre quando sapeva di doverlo incontrare. Ma quella volta era molto di più. Significava qualcosa di diverso, e non seppe minimamente cosa aspettarsi, se un calore maggiore rispetto al loro ultimo incontro o un nuovo rifiuto, o magari una sorpresa, sbalorditiva, travolgente, o una mazzata, forse, che l'avrebbe stroncata una volta e per sempre, o chissà, un punto fermo a quella situazione farraginosa che non riusciva a vedere limpidamente, ma che presto o tardi avrebbe avuto una fine, felice o dolorosa che fosse, come tutto.
Mentre le si agitava nelle viscere una zuffa di incertezze, continuò a camminare a passo a tratti spedito, a tratti più rigido e lento, ma senza fermarsi. Teneva fra le braccia un paio di imponenti tomi sottratti a un remoto scaffale della Biblioteca prima dell'inizio delle lezioni, e la borsa leggera che reggeva in spalla non equilibrava la sua postura, naturalmente ingobbita in avanti. Il suono dei propri passi l'accompagnava, era l'unico rumore disposto a tenerle compagnia, un po' come l'ultimo amico che resta con te quando tutti sono andati via, e che pur rimanendo in silenzio, ti regala un dolce conforto.
Stava compiendo un'azione banalissima, eppure sembrava che stesse andando chissà dove, ad affrontare chissà cosa, e non riusciva a scrollarsi quella maligna sensazione di dosso: la sensazione che sarebbe accaduto qualcosa di particolare nel corso di quell'incontro. Ma, per l'appunto, chissà che cosa.
Quando giunse dinnanzi alla porta dell'Infermeria, alla fine si arrestò di botto, come se vi si fosse schiantata contro. 
Avrebbe dovuto inventare qualcosa da dire, figurarsi una conversazione, fittizia, certo, ma in qualche modo rassicurante. Le sarebbe stato d'aiuto, l'avrebbe fatta sentire più sicura, e forse anche un po' stupida, ma al momento non era importante. Ad ogni modo, adesso era troppo tardi per continuare a temporeggiare. E per quanto ne sapeva, avrebbe anche potuto trovare Remus addormentato sul proprio letto, e allora tutte le sue strane congetture campate in aria sarebbero evaporate in un battito di ciglia, nell'ennesima spinta del suo cuore, nel brevissimo istante in cui la porta avrebbe nuovamente raggiunto la parete, lasciandola lì con la consapevolezza di aver fantasticato troppo, nel bene e nel male, senza una ragione che fosse una per farlo.
Aveva intenzione di spingere avanti quella porta, ma per qualche attimo ancora rimase immobile, finché qualcuno non le semplificò il lavoro, aprendola di scatto e rischiando quasi di travolgerla. Non appena si rese conto di chi si trattava, però, si ritrovò a pensare che no, in verità il lavoro non le era stato reso per niente più semplice. 
Perché diamine quell'imbecille di un Lupin aveva deciso di sbucare fuori proprio in quel momento?
« Ma che-...? Miley » fece il ragazzo, profondamente sorpreso, e si richiuse la porta alle spalle prima di farsi più distante da lei. « Ti ho...? »
« No, è tutto okay » disse subito lei, cominciando a stirarsi le mani l'una con l'altra per placare il nervosismo. « Ero... venuta a trovarti. Pensavo che te lo meritassi, sai, dopo che hai mantenuto la promessa... Non ho mai visto l'aula di Pozioni splendere così tanto ».
E così dicendo accennò un timido sorriso, che si spense in un istante quando non trovò alcuna risposta. E già in quel momento qualcosa morì dentro di lei.
« Sì, beh... mi ci è voluto poco » rispose lui frettolosamente, il capo chino e una mano immersa fra i capelli che gli solleticavano la nuca.
Non la stava guardando, ma riuscì a immaginare la sua espressione così dettagliatamente che, se ne fosse stato capace, avrebbe potuto dipingerla.
Era agitato, e se ne rendeva conto. 
Reduce da una trasformazione agghiacciante ed estremamente dolorosa, frustrato per la notizia ricevuta da Lily in merito alle domande da presentare ai docenti per proseguire gli studi, non si sentiva molto in sé, ma non riusciva in alcun modo ad evitarlo. Gli ribolliva dentro una rabbia che aveva assoluto bisogno di sfogare, era un bicchiere colmo fino all'orlo di tormenti e confusione, e sapeva bene che sarebbe bastato appena un soffio a far sgorgare qualche goccia di troppo giù lungo il suo dorso. E a quel punto, rovesciarsi e lasciar scivolare via tutto ciò che conteneva sarebbe stato infinitamente, spaventosamente semplice. Non voleva che Miley subisse la sua collera, ma sperò intensamente che non lo portasse al punto di rottura.
Doveva andare via.
« Va tutto bene, Remus? » domandò lei, ancora più cauta di quanto non fosse stata in precedenza. « Sei... guarito, allora? »
Lui ancora non sollevò lo sguardo, e avrebbe voluto urlare a pieni polmoni no, Miley, non sono guarito affatto! ... ma non lo fece.
Al contrario, rimase in silenzio per qualche secondo, e cercò di nascondere come meglio potè il lungo taglio che gli segnava la guancia scarna. Se Miley lo avesse visto, sentiva che sarebbe stata la fine. E se lo ripetè, ancora e ancora e ancora: doveva andare via... andare via... via...
« Sì... è tutto guarito, tutto... sto bene » rispose in maniera sconnessa, e di nuovo cercò di farsi più lontano, timoroso come chi ha ordito il più vergognoso degli inganni e si ritrova a un passo da chi potrebbe smascherarlo, da chi si trova a un passo dal poterlo smascherare, e non può che aver paura.
E questo atroce sentimento gli si leggeva in faccia, ancora più evidente della ferita sul suo viso, ancora più bruciante, anche, e tutto faceva molto male.
Miley non seppe che pensare. 
Di tutte le reazioni che aveva immaginato potesse manifestare Remus, quella era forse l'ultima che sarebbe potuta balzarle in mente. 
Aveva sempre creduto che si riesce a capire di conoscere bene una persona non quando ci si immagina di rivolgerle delle parole e si ha ben presto chiara la sua possibile risposta, ma quando l'unica cosa che si dà per certa è che la risposta è inimmaginabile, perché quella persona ci sorprenderà. Quella sorpresa, però, si stava dimostrando smisuratamente sgradita, e pensò che sarebbe stato meglio se fosse stata capace di prevederla in anticipo. Forse quel fastidio allo stomaco sarebbe stato un po' meno doloroso.
« Perché non mi guardi in faccia? » domandò istintivamente, ricercando il suo sguardo che continuava a sfuggirle.
Lui fu sorpreso da quella sua ventata di coraggio e, preda di un insensato impulso, puntò i propri occhi su di lei, scoprendosi da quell'ombra benedetta che lo aveva nascosto fino ad allora e avvertendo dentro di sé, ancora una volta, più forte che mai, il desiderio di svanire nel nulla.
E Miley vide ciò che c'era da vedere, e anche di più. 
Vide la sua terribile ferita venire improvvisamente alla luce, una traccia di vergogna sul suo volto stanco e uno sguardo smarrito... ed immediatamente pensò che avrebbe voluto essere capace di curare tutto questo, ma seppe altrettanto in fretta di non esserne minimamente in grado. Seppe che l'unica cura che lui desiderava era un po' di sana solitudine, ma le costava concendergliela. Le costava parecchio. Così come le costava rinunciare. Rinunciare a capire, rinunciare ad essergli vicina, rinunciare ad aiutarlo, se poteva, se era necessario, se lo desiderava. Voleva innanzitutto comprendere cosa potesse generare in lui un tale disorientamento, ma pareva che la sua sofferenza silenziosa derivasse da quelle ferite sempre evidenti, che in tutti i modi cercava di celare agli occhi altrui. Come faceva a procurarsele? Il non sapere non smetteva di assillarla. Così decise di perseverare.
Si avvicinò e, seppur con la massima cautela, protese le dita verso il lungo e profondo taglio che sfigurava la guancia di lui. 
Remus, però, fu nuovamente preso da un impeto che non seppe giustificare, e l'afferrò per il polso prima che potesse sfiorarlo, stringendolo forte prima di respingerla. Nel compiere quel gesto, una strana luce attraversò il suo sguardo sempre pacifico, rendendolo profondamente diverso. Rendendolo molto meno buono, meno sincero... Rendendolo molto meno umano. 
Pareva quasi che l'ombra del lupo lo avesse oscurato per un breve istante, malgrado non fosse la luce della luna quella che splendeva aldilà dei vetri.
Rimasero immobili, l'uno di fronte all'altra, senza sapere cosa dire. Lei era agghiacciata, e tesa, e confusa, mentre lui... lui era spaventato da se stesso.
« Ti assicuro che sto bene » disse infine, la voce poco ferma, un po' tremante. « Adesso devo andare ».
E la piantò così, senza aggiungere una parola, mentre i sensi di colpa cominciavano a mordergli la pelle. Sapeva già che lo avrebbero sbranato.
Miley lo seguì con lo sguardo, e nemmeno quella volta sentì di odiarlo, no. Neanche lontanamente.
Una sensazione indefinibile radicata dentro di sé la rendeva certa che ci fosse solo qualcosa da capire, e allora, soltanto allora, avrebbe trovato a tutto una giustificazione. Ma era stanca di aspettare che le risposte le piovessero dal cielo; doveva ricercarle, scavare laddove il terreno era ancora intatto e la trappola ancora nascosta. Solo così avrebbe trovato ciò che desiderava. Solo così avrebbe potuto guardare Remus negli occhi e vederlo per ciò che era realmente. Al momento, nient'altro aveva importanza.
Stava per allontanarsi, quando una risata familiare la indusse a voltarsi: James aveva appena svoltato l'angolo insieme ai suoi soliti, fedeli compari.
« Ah, ma guarda un po' chi abbiamo qui » fece in tono gioviale, allargando le braccia mentre le si faceva vicino, e lei tentò un sorriso poco sincero.
La sua mente era ben lontana dal corridoio dell'Infermeria, balzava fra un'ipotesi e l'altra e si focalizzava più spesso di quanto lei volesse sullo sguardo duro e quasi crudele che Remus le aveva rivolto. Non si trovava sicuramente nelle condizioni migliori per fare conversazione, ma doveva tornare in sé.
« Ehi » disse, lasciando che il ragazzo le scoccasse un sonoro bacio sulla guancia. « Ciao, ragazzi. Tutto bene? Hai della terra tra i capelli » aggiunse in tono tranquillo, rivolta a James, e lui sgranò gli occhi con aria sconvolta, cominciando a strofinarvisi forte il pugno.
« Oh, andiamo, i capelli no! Maledetta pianta... » borbottò, profondamente risentito, e Sirius, alle sue spalle, scosse il capo e alzò gli occhi al cielo. « Comunque, sì, a parte i capelli sto bene. E tu? Sei venuta a trovare Remus? » concluse infine l'altro, lanciando un'occhiata alla porta dell'Infermeria.
Miley annuì in maniera un po' stentata, e James la scrutò con attenzione, chiedendosi che cosa le fosse preso. Pareva che si fosse rabbuiata.
« Sì » rispose, tenendo lo sguardo basso. « E, a proposito, se siete venuti per vederlo, è andato via qualche momento fa ».
A quella notizia, i tre si scambiarono uno sguardo perplesso, le sopracciglia aggrottate.
Remus non abbandonava mai l'Infermeria da solo. Da sempre, infatti, nel corso dell'ultimo giorno di convalescenza, aspettava che gli amici gli facessero visita per l'ora di pranzo o cena così da andare via insieme a loro. Se non aveva rispettato il loro tacito patto, doveva certamente esserci qualcosa che non andava.
« Scusami se te lo chiedo, ma... per caso avete litigato? » chiese James a Miley, pensando che forse il suo evidente malumore e lo strano comportamento di Remus potessero essere legati.
Lei non annuì, né scosse il capo, ma assunse una strana espressione e si strinse istintivamente nelle spalle.
« Non esattamente... » disse piano, rivivendo il loro brusco scambio di battute. « Solo qualche incomprensione, nulla di più. E' da quando abbiamo smesso di fare lezione insieme che... beh, qualcosa non va » concluse in tono vago, deglutendo, e risollevò lo sguardo in direzione di James, come se sperasse di trovare in lui almeno una di quelle risposte che aveva tanto bisogno di ricevere, un barlume di speranza mentre, oramai, la stava perdendo.
Ciò che riscontrò sul viso di lui quanto su quello degli altri, però, fu solo una palese confusione. I tre avevano ricominciato a fissarsi.
« Co-...? Ci prendi in giro? » domandò Sirius, allibito, e Miley inarcò un sopracciglio. « Avete smesso di fare lezione? »
Lei parve se possibile ancor più sorpresa di lui, e continuò a fissarlo come se non sapesse minimamente di cosa stesse parlando. E in effetti era così.
« Un mese fa » confermò, e loro non fecero altro che mostrarsi ancora più sconvolti. « Remus mi ha detto che si sentiva in grado di procedere da solo e che non voleva sottrarmi altro tempo, quindi... abbiamo lasciato perdere ». Si soffermò a scrutare con maggiore attenzione gli sguardi disorientati dei ragazzi, poi aggiunse in tono stupito: « Non ditemi che non lo sapevate », ritrovandosi a guardare i tre che scuotevano il capo come paralizzati.
Quante volte avevano visto Remus abbandonare il Dormitorio per recarsi ai sotterranei, durante quelle settimane? Quante volte gli avevano chiesto come fosse andato il pomeriggio in compagnia di Miley, e quante volte lui aveva risposto positivamente, seppur liquidando in fretta l'argomento? 
Era palese che avesse mentito, ma nessuno dei Malandrini riusciva ancora a capacitarsene, forse perché fra loro non era ammessa neanche la più insignificante omissione, figurarsi una bugia grossa come quella. Non aveva mai avuto senso per nessuno dei quattro mantenere un segreto con gli amici, ma a quanto pareva il loro codice non scritto era appena stato violato.
« No, niente. Non ci ha detto niente » disse James, puntando lo sguardo verso il pavimento. La sua voce trasudava amarezza e delusione.
Miley serrò le labbra, ma i suoi occhi erano colmi di sorpresa. Istintivamente, si chiese cosa diavolo stesse succedendo a quel Remus che lei, e ancor di più i Malandrini conoscevano. La scontrosità e la collera che aveva dimostrato quel giorno non gli appartenevano tanto quanto la sua totale chiusura nei confronti dei suoi amici; a tutti loro stava mostrando la parte peggiore di sé, e Miley doveva scoprire a tutti i costi la ragione di quel comportamento.
« Evidentemente non la riteneva una notizia importante... » disse a mezza voce, trattenendo a fatica un sospiro, ma subito dopo si riprese. « Beh, io vado, ragazzi. Ci si vede in giro » salutò, facendo un cenno, e non appena gli altri ebbero ricambiato il saluto, si incamminò verso la direzione opposta.
Mentre muoveva i primi passi si rese conto di essere più determinata che mai a scoprire la verità, e fu proprio questa sensazione a spingerla ad arrestarsi e a voltarsi nuovamente, una domanda che le bruciava sulla punta della lingua e che, sebbene fosse banale, avrebbe forse potuto aiutarla a capire. Dopotutto, da qualche parte doveva pur cominciare.
« James, quasi dimenticavo » disse, e lui annuì per invitarla a parlare. « Non ho avuto modo di chiederlo a Remus, ehm... come mai è finito in Infermeria? »
Il ragazzo scambiò il più rapido degli sguardi con Sirius prima di rispondere, e quando lo fece parve piuttosto sicuro di sé. Al contrario di molte altre scuse inventate in passato, quella era stata particolarmente creativa e per nulla banale, dunque sicuramente molto più facile da ricordare.
« Stiamo avendo a che fare con delle piante carnivore, a Erbologia » spiegò il ragazzo. « La scorsa lezione una lo ha ridotto piuttosto male ».
Miley rimase per un attimo immobile prima di annuire lentamente, poi si riscosse del tutto e guardò James.
« Capisco » rispose e, rinnovati i saluti prima di andare via e svoltare l'angolo, riflettè su quanto la motivazione espressa da James fosse lontana da quella che Scarlett, con un velo di titubanza, le aveva fornito alcuni giorni prima, ovvero un violento attacco influenzale a cui qualche semplice pozione non aveva saputo porre rimedio...
I Malandrini la seguirono con lo sguardo, come incantati, poiché la loro mente era ancora fossilizzata sulla notizia che avevano appena ricevuto.
« Non riesco ancora a crederci » fu il primo commento di James. « Sta andando fuori di testa... come ha potuto mentirci per tutto questo tempo? »
Anche Peter pareva molto turbato, e quando parlò lo fece con un filo di voce, quasi avesse paura di dire qualcosa di sbagliato.
« E poi... » fece, titubante, « un mese fa era addirittura andato ad Hogsmeade con Miley, giusto? Quindi perché poi ha mandato tutto all'aria? »
James e Sirius si guardarono, e subito capirono di essere arrivati alla stessa conclusione.
« Hai già la risposta, Peter » replicò prontamente il secondo. « Da quanto ci aveva detto alla fine dell'appuntamento pareva che fosse andato male... »
« ... ma invece il problema stava proprio nel fatto che era andato troppo bene » concluse James, e Sirius annuì con convinzione.
« Così è entrato in piena crisi » riprese, storcendo la bocca. « Ha cominciato a farsi sempre le solite domande esistenziali e ovviamente il suo istinto iperaltruista oltre che autolesionista lo ha portato alla brillante conclusione secondo cui abbandonare la piccola Banks era il colpo di genio del secolo ».
Scosse il capo, rendendosi conto di quanto a fondo conoscesse il proprio amico. O forse era solo diventato troppo prevedibile?
« Lunastorta è un libro aperto per noi » disse ancora James. « Può inventarsi balle quanto gli pare, ma i suoi ragionamenti idioti li conosciamo meglio delle nostre tasche ». Sospirò, poi si rivolse nuovamente a Sirius. « Prendi la Mappa, amico. Quel maledetto deve spiegarci un bel po' di cose ».
E lui non perse tempo, sfilandola dalla tasca posteriore dei pantaloni e borbottando la solita formula con la bacchetta puntata sul foglio di pergamena ingiallito. Subito, il cartellino che recava scritto il nome del ragazzo attirò la sua attenzione: com'era prevedibile, si trovava su nel loro Dormitorio.
Così si incamminarono alla volta del settimo piano, che erano soliti raggiungere in un tempo sorprendentemente breve, data la prodigiosa conoscenza di passaggi segreti e scorciatoie ormai a loro noti quanto i corridoi principali. Difatti giunsero al cospetto del ritratto della Signora Grassa in men che non si dica e, una volta pronunciata la parola d'ordine, si fecero strada verso il Dormitorio con ferma determinazione.
Fu Sirius il primo a varcare la soglia, seguito dagli altri, che si richiusero immediatamente la porta alle spalle.
« Morivi dalla voglia di vederci, eh, Lunastorta? » commentò sarcastico a mo' di saluto, e si abbandonò sul pavimento, la schiena contro la parete.
Remus, intento a smuovere vestiti e roba varia all'interno del suo baule, si limitò a lanciargli uno sguardo distratto, ma non rispose.
« Cos'è, Madama Chips ti ha cacciato via o avevi troppa fretta di venire a fare i compiti? » proseguì James, rincarando la dose.
Lui, che non riusciva a stare fermo neanche per un momento, non prestò la minima attenzione alle parole dell'amico.
« Io non ho fame, andate pure senza di me » replicò infine in tono piuttosto brusco, un tono che solo in rare occasioni gli apparteneva.
Era a malapena consapevole di quanto poco avesse a che fare la sua risposta con le provocazioni che gli amici gli avevano lanciato, ma ad ogni modo non se ne curò. Era ansioso di rimanere solo, e l'ultima cosa che desiderava era intrattenere una conversazione in loro compagnia.
I due captarono il messaggio senza la benché minima difficoltà, ma, ignorando gli sguardi eloquenti di Peter che tentava di indurli a lasciar perdere, decisero senza pensarci due volte di continuare a perseverare, finché non gli avessero cavato di bocca una qualche preziosa verità.
« Sei fortunato, neanche noi abbiamo fame » rispose Sirius in tono tranquillo, e fece una pausa prima di proseguire. 
Nell'aria si avvertiva una forte tensione, e fu per questo motivo che decise di proseguire con cautela: Remus dava l'idea di miccia accesa e pronta a scoppiare.
« Sai, abbiamo incontrato Miley, giù in Infermeria » disse allora, cercando di simulare un tono disinvolto che, tutto sommato, gli riuscì piuttosto bene. « Ci ha detto che te n'eri andato. E' venuta a farti visita, no? »
Remus non smise di affaccendarsi con le mani frenetiche disperse nel proprio baule, ma i suoi occhi si immobilizzarono per qualche istante. 
Quello di Miley era un nome che non avrebbe in alcun modo desiderato udire, eppure aveva temuto che sarebbe venuto fuori, in qualche modo. Quella paura lo assillava da un mese a quella parte, perché inevitabilmente, quelle cinque lettere lo riconducevano al segreto che stava covando dentro e che lo tormentava.
Il loro scontro di alcuni minuti prima, poi, lo aveva scosso profondamente, e tornare a riviverlo gli offuscava la mente e i pensieri. Se fosse stato necessario inventare qualche scusa in tal proposito, era già sicuro che avrebbe combinato un pasticcio. Territorio difficile, quello in cui si stava addentrando.
« Sì, abbiamo... scambiato qualche parola » rispose infine, rimanendo sul vago e ripetendosi che dopotutto era vero.
Per l'ennesima volta, James e Sirius si guardarono. A quanto pareva, Remus non aveva affatto voglia di vuotare il sacco da sé.
« E avrete anche fissato la data della prossima lezione, scommetto » intervenne James, con la medesima nonchalance dell'amico.
« Sì » fu la piatta risposta di Remus, piuttosto tetra, ma sicuramente convincente.
Il ragazzo annuì ripetutamente, prendendo atto della sua ostinazione, poi decise che continuare a far finta di niente non avrebbe portato ad alcun risultato, e si convinse che le due occasioni già concesse e palesemente rifiutate di dire la verità erano una prova lampante del fatto che gliel'avrebbero dovuta tirare fuori con la forza. Meglio mettere subito in chiaro le cose, piuttosto che continuare a tergiversare.
« Già... certo » replicò, continuando ad annuire impercettibilmente. « E di' un po', pensi di avvisarla per davvero o farai tutto da solo come nelle ultime quattro settimane? »
Fissò le sue spalle con determinazione, e lo vide arrestarsi di botto nell'atto di afferrare un calzino destinato a ritornare, dopo appena qualche secondo, alla sua vecchia postazione: l'ennesimo viaggio senza meta, dettato dalla sua frenesia, di uno dei tanti oggetti contenuti nel suo baule.
Avrebbe dovuto aspettarselo, si disse un istante dopo. Raccontare storie ai suoi amici era del tutto privo di senso, oltre che completamente, imperdonabilmente sbagliato. Si chiese, piuttosto, come avessero fatto a non scoprire prima il suo segreto. Chissà, forse aveva recitato bene la sua parte. Diventava bravo, quando c'erano in ballo verità così importanti. E si diede dell'egoista, per questo, del vigliacco, per questo, perché tutte le volte in cui c'era da scappare via dalla sua vita, da prendere una scorciatoia, ecco che quella era la sua scelta, e per questo, lui si disprezzava. 
Eppure perseverava nell'errore. Si rese conto di non aver imparato nulla dal passato, e di non essere nemmeno capace di ripagare gli amici per il prezioso aiuto dal valore inestimabile che, con spontaneità, gli avevano offerto e continuavano a donargli. Li aveva ripagati con qualche taglio sulla schiena e una bugia troppo facile da smascherare. Davvero un bell'amico.
« Ve l'ha detto lei? » domandò, senza ancora trovare il coraggio necessario a voltarsi e ad affrontare gli amici.
« Beh, non sei stato tu, ed è questo che conta » rispose Sirius, rapido e scaltro. « Miley non immaginava che non ce ne avessi parlato ».
Remus avvertì una certa durezza nelle sue parole, cosa che, anche in quel momento di totale sbandamento, lo preoccupò, e non poco.
I Malandrini avevano fondato la loro amicizia sulla solida base di una fiducia assoluta, e l'averla tradita... chissà a quali conseguenze avrebbe portato.
« Beh, allora? » fece James, mostrandosi quasi impaziente. « Vuoi spiegarci perché diamine non ci hai detto niente? »
Remus sospirò pesantemente, decidendosi a guardare in faccia gli amici, pur temendo ciò che avrebbe ritrovato dentro i loro occhi.
« Proprio per evitare ciò che sta per accadere, ecco perché » ribattè, e il suo tono lasciava trapelare tutta quanta la sua stanchezza.
Sirius schioccò la lingua con fare infastidito, attirando istantaneamente la sua attenzione.
« Già, perché nessuno può mai rimproverarti nulla, non è così? » gli disse, fissandolo quasi con aria di sfida, ma per una volta, Remus parve sicuro di sé.
« Non mi pare che tu possa avere voce in capitolo, Sirius » rispose, tenendogli testa malgrado la sua evidente posizione di svantaggio. « Per quel che mi risulta, non ricordo che tu sia mai stato molto propenso a raccontarci per filo e per segno tutto ciò che ti succede o che ti passa per la testa, men che meno quando non vuoi sentire ragioni. Sbaglio? »
L'espressione sul volto di Sirius non mutò minimamente, ma le sue labbra si arricciarono appena in un sorrisetto che tratteneva un pensiero, una motivazione nota esclusivamente a lui. Chi gli stava intorno non poteva far altro che ipotizzare quale fosse, ma di quei frequenti ghigni accennati, chissà perché, nessuno riusciva mai a scovare la ragione. Fra tutti coloro che tiravano a indovinare, però, Remus era la persona che meglio riusciva a sfiorare la verità. Forse perché spesso quei sorrisi a metà sorgevano quando lui lo metteva al tappeto. E forse riusciva a farlo perché, oltre tutte quelle numerosissime e inavvicinabili differenze che li dividevano, c'era anche qualcosa su cui si scoprivano sempre profondamente simili.
« La faccenda è un po' diversa da come la poni tu, ma d'accordo, hai ragione » replicò Sirius, ancora con quel sorrisetto stampato in viso. « Me ne tiro fuori. Spiega tutto a loro. Non credo troverai altro da ridire, vedi... da questo punto di vista non sono fatti male come noi ».
Continuò a fissarlo, quasi con insistenza, finché Remus non si sentì costretto a rivolgersi a James e Peter, che lo guardavano a loro volta, in attesa.
Si sentiva a disagio, e questo non giocava per niente a suo favore. Avrebbe desiderato trovarsi in qualsiasi altro posto, qualsiasi, eccetto quello. Tanto valeva sbrigare in fretta quella faccenda e dimenticare quell'ennesimo problema per un po', almeno finché non fosse tornato pienamente in se stesso per affrontarlo e risolverlo definitivamente. Sempre che fosse stato possibile farlo.
« Sentite » esordì, e ancora una volta dalle sue parole emerse tutta quanta la sua esasperazione. « Non ho voglia di dare spiegazioni. E' una faccenda tra me e Miley. Anzi... è una faccenda mia e basta, a dire il vero. E poi, non mi pare di averle mai promesso qualcosa o... o di averle detto che le nostre lezioni sarebbero andate avanti all'infinito. Posso cavarmela da solo e non mi va di chiedere sempre aiuto a chiunque per qualsiasi cosa ».
Non si rese conto di come le sue parole potessero suonare quasi deliranti, ma capì che davvero qualcosa in lui non andava guardando negli occhi i suoi amici: James lo osservava con una traccia di risentimento evidente nel suo sguardo buono, Sirius lo studiava attentamente, una riga sottile fra le sopracciglia, e aveva perso il suo sorrisetto arrogante, mentre Peter pareva sinceramente preoccupato, e lo fissava con apprensione, cercando di capire.
« Tanto per restare in tema, amico, stai mettendo troppa roba nel calderone, okay? » fece James, spiccio. « Innanzitutto, a me pare che tu abbia tutt'altro tipo di vizio, perché da quando ti conosco so per certo che non hai mai chiesto l'aiuto di nessuno per niente, quindi lasciamo perdere. Poi, ti faccio notare che nessuno ti sta accusando di averle promesso di sposarla per poi mollarla sull'altare, quindi lasciamo perdere anche questo. Infine » proseguì, innalzando appena il tono della voce, « ti prego di non rifilarmi la stessa balla che hai avuto la faccia tosta di raccontare a lei, perché non inganni più nessuno. Siamo qui, stiamo parlando, nessuno vuole condannarti, quindi... »
« Nessuno vuole...? Ah, sì, ma certo » lo interruppe Remus, sbalordito e anche piuttosto ironico. « In effetti siete entrati qui con l'atteggiamento tipico di chi ha voglia di fare una bella chiacchierata pacifica, non è così? »
Il suo tono palesemente sarcastico fece imbestialire James se possibile ancor di più, portandolo al punto di rottura.
« Lo sarebbe sicuramente se avessi l'onestà che serve ad affrontarla! » sbottò, e gli sguardi degli amici si agganciarono a lui. « Da un mese a questa parte non hai fatto altro che inventarti storie, e adesso che stiamo semplicemente cercando di capire perché ti sei ammattito, continui imperterrito con le tue stronzate! Non credo affatto di averti sottoposto a un terzo grado, né di averti costretto con la forza a vuotare il sacco, ma dopo quattro settimane di bugie stupide e infantili penso che un po' di sincerità farebbe comodo a tutti! A te stesso prima che a noi, amico ».
Lui si passò con rabbia una mano fra i capelli e li strinse forte fra le dita prima di lasciarli andare con uno scatto nervoso.
« Parli di sincerità » disse, inclinando appena il capo per scrutarlo meglio. « E allora dimmi sinceramente perché sei venuto qui. Per cercare di capirmi e tutto il resto o per farmi una ramanzina su tutte le cose che ho sbagliato negli ultimi tempi? Io propenderei per la seconda ».
James non scoppiò a ridere solo perché la rabbia era ancor più forte dell'incredulità.
« Le ramanzine sono più nel tuo stile, ma sì, credo che tu abbia sbagliato » replicò con la solita schiettezza. « E tu ne sei convinto anche più di noi, ecco perché ti aspetti un bel discorsetto da parte nostra. Perché, se solo non fossi così idiota e non avessi la mente così annebbiata, saresti tu stesso a fartelo. E se contraddici anche questo, allora sei ancor più idiota di quanto pensassi » concluse, tornando a battere la schiena contro la parete.
Remus chinò istintivamente lo sguardo e non replicò, sentendosi incollati addosso gli sguardi di tutti.
Forse avrebbe preferito che i suoi amici lo avessero insultato, per ciò che aveva fatto. Sarebbe stato più semplice controbattere, più semplice alzare il tono della voce e mettere in dubbio chi aveva ragione su cosa e viceversa. E invece quell'atteggiamento che non manifestava delusione, la loro sincera voglia di comprendere ciò che gli stava frullando per la testa, questo complicava ogni cosa e lo faceva sentire un bambino sciocco ed egocentrico. Al contrario di loro, che si erano dimostrati, oltre che dei veri grandi amici (come se fosse necessaria un'altra prova), anche infinitamente più maturi rispetto a lui. Avrebbero potuto comportarsi da egoisti, rinfacciandogli prima di ogni cosa tutte le sue bugie, e invece no, si erano subito chiesti il perché di quel comportamento e si erano catapultati da lui per cercare di scoprirlo, così da potergli offrire il loro aiuto. Questa consapevolezza lo imbarazzò, e lo fece sentire in colpa, molto più di quanto non gli fosse capitato fino a quel momento. Era stato troppo impegnato ad affrontare le proprie crisi, e non aveva riflettutto sul fatto che un confronto con gli amici avrebbe senz'altro potuto renderle più superabili. Tutto sarebbe stato più semplice, se fosse stato sincero con loro sin dall'inizio, ma lui aveva ingenuamente pensato che continuare a martoriarsi per conto proprio fosse la scelta migliore, quella più giusta.
James aveva proprio ragione a chiamarlo idiota.
« Remus ».
Il silenzio venutosi a creare all'interno della stanza venne inaspettatamente spezzato da Peter, che durante quella pausa pareva aver acquistato il coraggio per intervenire nella discussione. Gli amici si voltarono a guardarlo, aspettando che parlasse.
« Credo che sappiamo tutti perché a volte ti comporti in questo modo » disse, osservandolo. « Ma io non capisco... perché non dici a Miley la verità? Quando hai deciso di raccontare tutto agli altri... perché non hai fatto lo stesso anche con lei? Che cosa... beh, che cosa c'è di diverso? »
Mentre parlava, a Remus sembrò quasi uno studente intimorito che, la mano ancora timidamente per aria, si sforzava di capire una nozione poco chiara. Ma nonostante il suo atteggiamento titubante, aveva espresso a chiare lettere ciò che gli altri due non avevano reso evidente solo perché conoscevano già la risposta. Al contrario di Remus, a cui quelle domande parvero straordinariamente difficili da affrontare, poiché difficile era accettarne la soluzione.
« Non ti risponderà, amico » fece James, sicuro di sé, e Peter parve un po' deluso. « Ma se lo facesse, la cosa suonerebbe più o meno così: non la conosco così bene... non so ancora se posso fidarmi di lei... non ho idea di come potrebbe reagire... è una questione troppo importante... ho bisogno di tempo e roba del genere. Ma se vuoi la verità, ascolta me. La fine delle lezioni con Miley non è l'unica cosa di cui non ci ha parlato. Forse c'è davvero qualcosa di diverso, con lei, qualcosa che non vuole ammettere neanche a se stesso, figuriamoci a noi. Correggimi, se sbaglio » aggiunse poi rivolto a Remus, ma lui tacque.
James lo aveva smascherato, era inutile provare a contraddirlo. Sarebbe solo sembrato ancor più stupido di come già appariva innanzitutto ai suoi stessi occhi. Una sensazione, quella che provava, che la durezza delle parole di James e del suo tono non avevano fatto altro che acuire ancor di più. Ma era questo l'atteggiamento che era solito utilizzare quando desiderava che l'amico si desse una svegliata e ritornasse sulla retta via. Tutte le volte in cui perdeva la bussola, questo era l'unico modo attraverso cui riusciva a darsi una scrollata. Gli serviva, e James lo sapeva bene. 
In quell'occasione, però, nulla cambiò. Remus era troppo scosso, troppo confuso per poter cambiare posizione, e anche in quel momento, non si sentì per nulla pronto ad affrontare quella situazione a cui, suo malgrado, presto o tardi avrebbe comunque dovuto far fronte.
« Preferirei mettere fine a questa discussione, piuttosto » rispose infine Remus, sfuggente. « Sono tutti quanti affari che riguardano solo ed esclusivamente me ».
James lo fissò per un momento, poi serrò le labbra e prese atto delle sue parole. Lanciò uno sguardo a Sirius, trovando subito i suoi occhi, già da qualche istante piantati su di lui, ed immediatamente, entrambi seppero che insistere non avrebbe di sicuro portato a nulla di buono.
Mentre il silenzio si diffondeva nella stanza, Remus fece per andar via, lo sguardo fisso a terra, ma Sirius, lesto come un fulmine, si alzò di scatto e premette il palmo della mano sulla porta che il ragazzo aveva appena socchiuso, richiudendola con un colpo secco e deciso che lo lasciò di stucco.
« Non scappare via, Lunastorta, non è educato » gli disse, ma il ragazzo non gli diede il tempo di aggiungere altro.
Decisamente infuriato, lo prese per la spalla al fine di scostarlo dalla porta, ma lui scacciò subito il suo braccio e non si mosse di un centimetro.
« A proposito di tutte queste faccende personali nelle quali ci impicciamo come perfide comari pettegole » insistette Sirius, mentre Remus lo fissava con sguardo truce, « ci sarebbe un'altra questione di cui ci piacerebbe parlare. Sempre se mi è possibile esprimermi, è chiaro » aggiunse con sarcasmo, sollevando le mani.
« Esatto » s'inserì prontamente James, annuendo. « Sai, ci chiedevamo che intendevi combinare oggi pomeriggio al colloquio con la McGranitt ».
Remus lo fissò, come se non riuscisse a credere a ciò che aveva udito, poi rivolse lo stesso sguardo a Sirius e Peter, che attesero una sua reazione.
« E dite, quali altri punti avete in lista? » domandò, inarcando un sopracciglio. « No, davvero, chiedete pure! Volete sapere che calzini ho messo stamattina, se a colazione ho bevuto succo di zucca o tè, se ho intenzione di lavarmi i capelli questa sera o la prossima, cosa? »
Sirius scosse il capo, si allontanò dalla porta e si sdraiò sul proprio letto al contrario, la testa penzoloni ai piedi del materasso.
« Se paragoni il tuo futuro a un paio di calzini, non c'è bisogno che tu aggiunga altro, fratello » disse, la voce priva di qualsiasi particolare intonazione.
« E' il mondo che paragona il mio futuro a un paio di calzini, Sirius » ribattè l'altro con durezza. « Non fare finta di non saperlo ».
E così, in un battibaleno, erano già arrivati al nocciolo della questione.
Un'eterna diatriba, fra loro, in merito a un avvenire che stava pian piano assumendo sempre più i connotati di una realtà ben definita, che nessuno di loro aveva il potere di evitare. Il loro futuro non era più una figura astratta da temere o sulla quale fantasticare senza quella fretta che si rende invece necessaria a chi si trova a un passo dal dover decidere che cosa fare, chi diventare e come trascorrere la propria vita in età adulta; era lì, dinnanzi a loro, e stava per erigere una muraglia contro la quale si sarebbero scontrati inevitabilmente. E a quel punto, solo chi sarebbe stato pronto e ben armato avrebbe potuto buttarla giù e oltrepassarla, mentre al contrario, coloro che si erano lasciati cullare da dolci speranze di un futuro semplice e di una strada spianata sarebbero rimasti indietro, a lottare contro un'entità feroce e ignota, senza nulla attraverso cui difendersi, e senza un piano per poter attaccare. Abbandonati a se stessi, preda di un destino che non conoscevano e che avrebbero fatto fatica a costruire.
In tutto ciò, però, Remus apparteneva a una categoria diversa, della quale faceva parte solo lui, e nessun altro. Nessun altro che gli fosse vicino, perlomeno. Per quanto avesse ricercato un modo per difendersi ed andare oltre, oltre quella spaventosa barriera che, sempre più vicina, appariva ai suoi occhi anche sempre più invincibile, nulla era venuto in suo aiuto, e di certo nulla sarebbe arrivato. Avrebbe fatto a pugni con quel muro, ma alla fine avrebbe comunque dovuto arrendersi. E allora tanto valeva mollare sin da subito e cambiare strada. Quello che in effetti, al contrario di ciò che desideravano gli amici, stava già facendo, sicuro di non avere alcuna alternativa, malgrado ne avesse anelata almeno una per tutta quanta la sua vita.
La sua licantropia condizionava l'intera sua esistenza. 
Tutte le volte in cui rifletteva sui propri desideri e sulle scelte che avrebbe dovuto compiere, si sentiva in balia di un uragano che non poteva controllare. Era come se qualcun altro si fosse messo alla guida di quella vita che sarebbe dovuta appartenere solo ed esclusivamente a lui, come se si fosse improvvisamente ritrovato ad essere un passeggero, e non il conducente, costretto ad osservare il proprio cammino da una prospettiva diversa, privo del potere di arrestarsi, se ne avvertiva il bisogno, di prendere una scorciatoia, di mutare percorso, magari... privo di quella libertà che chiunque dovrebbe dare per scontata, e che invece lui era stato obbligato ad abbandonare da bambino, quando la paura era stata sua compagna tanto quanto lo era in quel momento, ma in una forma che per molti aspetti era senza dubbio differente.
La paura aveva dettato ogni fase della sua vita dall'età di cinque anni, ma lui aveva tentato di contrastarla in ogni modo. Da sempre, però, lo coglievano momenti nei quali si sentiva soffocare da essa, momenti in cui sembrava che tutto sarebbe stato troppo difficile anche se avesse ammucchiato tutto il coraggio che possedeva e anche qualche goccia in più, perché il coraggio quasi mai ce lo creiamo tutto da soli. Saremmo degli eroi, se lo facessimo. 
Ed ecco, quello era uno di quei momenti. Si stavano ammassando problemi su problemi, preoccupazioni su preoccupazioni, e tutto sarebbe crollato in un secondo se fosse venuto ad evanescere quel piccolo, fondamentale tassello che era la sua maledizione. Ma ciò era impossibile. Non poteva impedire che la luna piena sorgesse una volta al mese, illuminando i suoi occhi umani per trasformarlo in quel mostro che tanto detestava. Non poteva farlo, perché non era altro che la vittima di quello stesso mostro, e si sa, una vittima non può nulla contro il suo carnefice, soprattutto quando tale conflitto è frutto di uno stesso cuore.
« Non ci andrò » disse dopo qualche momento di silenzio, lasciandosi cadere sul proprio letto. « Non andrò dalla McGranitt, non discuterò del mio futuro e non presenterò nessuna domanda di ammissione. Non ha senso, è... completamente inutile, e voi lo sapete benissimo ».
Cominciò a fissarsi le ginocchia, tormentandosi ossessivamente le mani, e gli amici non staccarono gli occhi dal suo capo chino neanche per un istante.
« Sì, lo sappiamo, ma a differenza tua, questo non ci sembra un buon motivo per lasciarti buttare la tua vita » rispose Sirius, rimettendosi diritto.
« E poi » s'inserì James, « tentare non è mai inutile. Che senso ha mollare tutto ancor prima di averci provato? » Tacque un istante prima di proseguire, riflettendo. « Pensaci un attimo... Avresti mai sperato di venire qui ad Hogwarts, da piccolo? Pensavi che fosse impossibile, invece si è trovata una soluzione! Chi ti ha detto che non succederà anche a lavoro? Con le tue capacità potresti fare qualsiasi cosa » concluse, più convinto che mai.
« James ha ragione » disse Peter con fare incoraggiante. « E non dimenticare che hai Silente dalla tua. Nessuno ha più influenza di lui, no? Ti ha già aiutato una volta, e sono sicuro che sarebbe felice di farlo ancora. Sei uno che merita, mica uno scansafatiche qualunque ».
« Già, e considera che a questo fottuto mondo non siamo tutti degli stupidissimi sporchi razzisti » aggiunse ancora Sirius in tono tranquillo.
Remus emise un lieve sospiro e scosse il capo. 
Le parole che aveva appena ascoltato avevano sortito il risultato opposto a quello desiderato. Si sentiva frustrato, e non incoraggiato, e l'ottimismo che i tre avevano palesato attraverso il loro incitamento era servito soltanto a mettergli addosso una rabbia cocente che non poteva più permettersi di sfogare. Il ricordo di ciò che era accaduto poco prima con Miley, dopotutto, era ancora parecchio fresco.
Chiuse gli occhi per un momento, rivivendo le esortazioni degli amici, ed immediatamente si rese conto di quanto poco potessero effettivamente capirlo. 
Per quanto si sforzassero, per quanto gli fossero vicini, non era loro possibile immergersi nella realtà della sua condizione completamente, per cui sarebbe stato ingenuo a credere che le loro speranze potessero in qualche maniera realizzarsi. Loro avevano con sé le loro certezze, le proprie ambizioni, mentre lui avrebbe sempre dovuto accontentarsi, cercando di tirare avanti finché ne avesse avuto la forza. Era questo ciò che lo attendeva, e non c'era pessimismo in questi suoi pensieri, solo un crudo realismo. Ecco perché le rosee prospettive tanto decantate dai suoi amici lo innervosivano così ferocemente: si era già rassegnato al suo poco allettante avvenire; sognarne uno migliore non avrebbe fatto altro che illuderlo per poi buttarlo ancor più giù.
« Voi... » biascicò, stringendo convulsamente le mani in grembo. « Voi parlate, parlate, ma... non avete idea... » Inspirò un po' d'aria a pieni polmoni prima di proseguire, cercando in tutti i modi di contenere la propria collera. « Non ci sarà sempre Silente a proteggermi e a garantirmi un buon futuro! Ha già fatto abbastanza per me, voi avete già fatto abbastanza per me, non voglio più alcun aiuto! Devo cavarmela da solo, adesso, e gradirei che la smetteste di immaginarmi Ministro della Magia o Capo del Wizengamot, perché nel mondo reale non succederà! Non succederà nulla di tutto quello che sognate, quindi, per favore, piantiamola qui prima che tutto diventi ancor più deprimente di quanto già non sia ».
Tacque, chiedendosi se avesse sbagliato di nuovo a scagliarsi contro tre fra le poche persone che tentavano di sostenerlo e credevano ancora in lui malgrado tutto. Ma era avvilente vederli così convinti delle loro folli teorie, lo mandava in bestia, non riusciva a controllarlo, ed era per questa ragione che, da quando erano entrati in quella stanza, desiderava così ardentemente rimanere completamente solo: aveva paura di scoppiare, ma aveva bisogno di farlo. Senza nessuno, sfogarsi sarebbe stato più semplice, non avrebbe dovuto sentirsi in colpa di nulla, e il sapore amaro del proprio dolore sarebbe rimasto a ristagnare nella sua bocca, senza infettare chi avrebbe solo voluto renderlo un po' più dolce.
« E' deprimente vederti in questo stato, amico » rispose Sirius, fissandolo. « Nessuno di noi muoverebbe un passo, se dovessimo pensare a tutte le possibilità che abbiamo di fallire, e so che per te è mille volte peggio, ma vale comunque. Fidati. E poi, andiamo, che ne sai? Magari non combinerai un accidenti, magari invece avrai un colpo di fortuna e avrai l'occasione di fare ciò di cui sei capace. Ma se non cerchi di andare a realizzare quella minuscola possibilità che hai di farcela, ma di farcela davvero... beh, credimi, nessuno lo farà al posto tuo. Quindi, sul serio, Lunastorta, muovi il culo e buttati, altrimenti non cambierà niente » concluse, schietto e sbrigativo.
Gli altri due annuirono, scoccandogli delle occhiate di profonda ammirazione, poi decisero silenziosamente che andar via era la cosa migliore.
Sirius si alzò dal letto, diede a Remus una poderosa pacca sulla sua schiena curva e si diresse insieme agli altri verso la porta.
« Va' dalla McGranitt » disse James prima di andar via, arrestandosi un momento sulla soglia. « Scambiare due chiacchiere con chi ha più esperienza di te non ha mai ucciso nessuno, credimi » e lo guardò, senza però sperare che ricambiasse il gesto. Ma lui lo fece. 
Puntò gli occhi verso di loro, solo per qualche istante, augurandosi che quell'impercettibile segnale potesse sostituire quella preziosa parola che non era mai stato necessario pronunciare, ma che troppe volte era rimasta lì, a bruciare sulla punta della sua lingua, indecisa sul da farsi, se venir fuori o meno.
Grazie.



 
*  *  *


 
Tell me your secrets and ask me your questions, Dimmi i tuoi segreti e fammi le tue domande
Oh, let's go back to the start. Ricominciamo tutto da capo. 

 

Scarlett Banks odiava disegnare.
Ricordava perfettamente che non le era mai piaciuto, nemmeno da bambina. A quell'età preferiva danzare per la casa ed esercitarsi di fronte allo specchio, o magari usare i trucchi di sua madre per poi mettere in scena una sfilata con se stessa come unica modella, utilizzando il lungo corridoio illuminato della casa come palcoscenico sul quale esibirsi. E poi presentare a gran voce i propri spettacoli, cantare e giocare a Quidditch, ma disegnare mai. Era un'attività noiosa e portava via un mucchio di tempo prezioso, lo aveva sempre pensato, e ciò l'aveva portata a litigare numerosissime volte con la sorella, che al contrario si dilettava in quella disciplina molto più spesso di lei, impiegando interi pomeriggi per partorire raffigurazioni spesso anche parecchio carine. A detta di Miley, Scarlett criticava tanto quell'arte solo perché non era capace di metterla in pratica, e forse in effetti era proprio quella la ragione del suo odio profondo. Non che lo avesse mai ammesso, ma la verità era soltanto una: tutto ciò che non si rivelava essere adatto a lei perdeva immediatamente ogni attrattiva ai suoi occhi, ed ecco che cominciava a detestarlo.
Ad ogni modo, per quanto riguarda il disegno, in quel momento era costretta a cimentarvisi, che le piacesse o meno. 
Si trovava in Biblioteca da circa tre quarti d'ora, impegnata a riprodurre una copia di una pianta dalla forma contorta per il lavoro assegnato alla sua classe dalla professoressa Sprite, e aveva già accartocciato ben tre fogli di pergamena, stando ben attenta a non lasciarli cadere sul pavimento per non destare l'ira di Madama Pince, sempre in agguato fra gli alti scaffali anche quando gli ignari studenti non se ne rendevano conto. Così, la piuma stretta in mano, tracciava linee tondeggianti ma molto poco decise, il pugno serrato a sostenere la guancia in una posa decisamente annoiata. E mentre osservava l'illustrazione sul libro di Erbologia pensò che, se anche quella volta non le fosse andata bene con quello stramaledetto disegno, allora avrebbe mandato tutto al diavolo e si sarebbe dedicata alla teoria, cosa che le riusciva sicuramente meglio. Dopotutto, stava studiando da sola, e poteva decidere da sé che cosa fare.
Sirius, infatti, non si era presentato al loro appuntamento. 
Non che Scarlett avesse sperato che succedesse, ma chissà, aveva creduto che una minuscola possibilità che venisse potesse comunque esserci. L'ottimismo, però, non faceva proprio per lei, e quella non era che l'ennesima prova di quella verità.
Fu giusto il pensiero di Sirius a distrarla e a fare in modo che commettesse l'ennesimo sbaglio. Sbuffò, e cercò di rimediare, perché a pensarci bene l'idea di ritornare su quel lavoro le metteva i brividi. Così, con la lingua fra i denti per l'eccessiva concentrazione, inclinò il capo per seguire la traiettoria della linea che stava tratteggiando, impegnandosi per non mandarla improvvisamente fuori strada.
« Io ci rinuncerei, Banks ».
La voce di Sirius la fece sobbalzare, tanto che la piuma le cadde di mano, imbrattando il disegno d'inchiostro nero e lucido. Si voltò immediatamente a guardarlo, quasi per accertarsi che fosse davvero lì, ad un passo da lei, e subito notò che non vi era sul suo volto alcun accenno di dispiacere per essere stato la causa del disastro che si era venuto a creare sul foglio di pergamena.
« E' un autoritratto? » domandò ancora, facendosi più vicino per osservare quel che rimaneva del disegno con maggiore attenzione. « Perché somiglia più a te che ad un Alioto ».
Lei, ripresasi dallo stupore, abbandonò la piuma dentro il calamaio e appallottolò il foglio con rabbia, lasciandolo scivolare sul lungo tavolo.
« Dannatissima pianta » sbottò, infastidita. « Qui dice che ad ingerirla provoca isteria... A me è venuta già solo disegnandola » concluse in tono tetro.
Sirius accennò un sorriso divertito, poi non indugiò ulteriormente e sedette comodamente sulla sedia di fianco alla sua.
« Da' qua, a questo ci penso io » disse con fare sbrigativo, prendendo uno dei suoi fogli di pergamena, poi si voltò a fissarla. « Allora? » chiese. « Cos'è che dobbiamo fare? Ho preso un libro che parla della famiglia di questa pianta, venendo qui, se ti può essere utile... » e glielo porse.
« Oh, bene, era l'unico che non ero riuscita a trovare » rispose lei, cominciando subito a sfogliarlo. « Comunque, ehm... una relazione. Dobbiamo scrivere una relazione. Devo scrivere una relazione, se tu ti occupi del disegno. Sì, relazione e disegno, non credo serva altro. Ma lì ci vogliono delle didascalie o roba simile, per... indicare le parti della pianta, credo » aggiunse infine, accennando all'immagine dell'Alioto ritratta sul libro di testo aperto sotto i loro occhi.
Sirius, che aveva già preso a dondolarsi pericolosamente sulla sedia, annuì e atterrò con uno schianto il cui rumore la fece quasi sussultare.
« Andata » rispose allora, e rubati proprio sotto il suo naso anche piuma e calamaio, si mise subito al lavoro, scostandosi i capelli via dal viso.
La penna d'oca stretta in pugno, così, prese ad abbozzare i tratti principali della struttura della pianta, gli occhi appena assottigliati che scorrevano dal foglio sul quale stava disegnando al tomo che gli faceva da guida. Era un lavoro semplice, per lui, e anche piuttosto piacevole. L'inchiostro scorreva con naturalezza sulla carta e la sua mano faceva da padrona, come se non avesse affatto bisogno di indicazioni, e lui difatti la lasciava andare con assoluta fiducia.
Accanto a lui, Scarlett, le gambe ritratte contro il petto che si scontravano con il bordo duro del tavolo, aveva iniziato a leggere, il libro poggiato sulle cosce. Di tanto in tanto, anche se sempre più spesso, però, i suoi occhi abbandonavano le pagine malandate per cercare qualcos'altro, posandosi su Sirius. Riusciva a osservarne a stento il profilo, ma era felice che lui non potesse vederla. Appariva assorto, ma la sua mano si muoveva rilassata sul foglio ingiallito, tracciando linee sempre più definite, schivando l'inchiostro ancora fresco e modellando le gocce sfuggite via per sbaglio al suo controllo, così da renderle utili al disegno. E ci riusciva. Riusciva a fare tutto questo con estrema facilità, e Scarlett si chiese se fosse una dote naturale o se il suo talento fosse dovuto alla pratica.
Si morse il labbro, terminando definitivamente la lettura anche se aveva fatto suo solo un paio di concetti, e si chiese qual era la mossa migliore da compiere in quel momento. Posò il libro ancora aperto sul tavolo, lasciando scivolare giù dalla sedia prima una gamba, poi anche l'altra, e ancora non smise di guardare Sirius. Desiderava così fortemente ricominciare a parlare con lui... solo parlare, in quel momento, non le serviva altro.
Così, spontaneamente, e con tutta la determinazione che aveva acquisito negli ultimi tempi, disse semplicemente ciò che le veniva dal cuore.
« Credevo che non saresti venuto ».
Lui arrestò il continuo vagare della sua mano, gli occhi fissi su un punto indefinito, poi disegnò distrattamente ancora qualche linea, tanto che lei fu certa che non le avrebbe risposto. Un attimo dopo, però, intinse la piuma nel calamaio e la lasciò lì, risollevando il capo per lanciarle uno sguardo.
« Lo credevo anch'io » rispose, e la sua voce non suonò per niente calorosa, cosa che però non sorprese affatto Scarlett.
Fu piuttosto la sua risposta a lasciarla parecchio stupita, ma Sirius non aveva detto altro che la pura verità.
Per tutto il pomeriggio non aveva minimamente pensato a cosa fare in vista del loro possibile incontro in Biblioteca. Si era imposto di non lasciar correre la propria mente verso quella direzione, e così aveva fatto, rimandando con consapevolezza il momento in cui avrebbe dovuto decidere se andare o meno.
A Scarlett, però, in verità aveva pensato. Era sì bravo a controllare il proprio cervello, ma non fino a quel punto. Scarlett era sempre stata parecchio restia ad abbandonare il cerchio dei suoi pensieri, e lui non poteva vantare alcun potere su di lei, né nella vita, né nella sua stessa testa.
Ad ogni modo, al termine delle lezioni pomeridiane aveva dovuto scegliere fra le sole due opzioni che aveva. E, senza troppe difficoltà o dure battaglie interiori, aveva detto a se stesso che avrebbe lavorato al progetto da solo e che quel giorno non si sarebbe recato in Biblioteca da lei. Così, illososi di aver risolto il problema in quattro e quattr'otto, lo aveva accantonato. Farlo, però, non era stato semplice come aveva ingenuamente sperato. 
Ben presto, infatti, quel pensiero era tornato ad assillarlo, e si era insinuata pericolosamente in lui l'idea che forse incontrare Scarlett potesse essere ciò che realmente voleva, malgrado di sicuro fosse la scelta peggiore per il cammino che aveva deciso di intraprendere. Un cammino la cui origine consisteva esattamente nella sua assoluta mancanza, ma che fino ad allora non lo aveva reso granché felice. Forse questo avrebbe dovuto farlo riflettere. 
Ma dopotutto, la verità già la conosceva. E la verità era soltanto una: Sirius non pensava a cosa voleva davvero da un po' di tempo, ormai, e non agiva per ciò che desiderava da quando aveva smesso di lottare per lei. 
Ricordava ancora vividamente l'ardore da cui era stato animato quando, testardo e ostinato come solo lui sapeva essere, aveva deciso che Scarlett doveva essere sua; non poteva di certo scordare l'instancabile voglia che lo colmava nel momento in cui quella conquista si faceva tanto più tosta e difficile quanto più agognata ed eccitante; non avrebbe sicuramente mai dimenticato l'inappagabile gioia che l'aveva investito quando, come forse mai nella sua vita, si era sentito inspiegabilmente, incondizionatamente completo.
Da quando tutto era finito, invece, aveva obbligato se stesso a percorrere una strada tortuosa - lo sapeva - ma ad ogni modo frutto, anche questa, di una sua scelta, della sua libera volontà. O almeno così credeva. Perché nonostante la situazione in cui si era venuto a trovare facesse da apripista ad un naturale distacco, nonostante la rabbia fosse ardente tanto quanto lo era stata la voglia di lei, nonostante tutto di lui - il suo orgoglio, i suoi principi, il suo caratteraccio tanto incline all'insofferenza e al rancore - lo avesse spinto a mollare ogni cosa, negli ultimi giorni, Sirius si era accorto di aver preso una strada che non era la sua e che, più andava avanti, meno gli piaceva. Si era reso conto che, dell'energia che aveva dimostrato al momento di combattere per avere Scarlett, ne era rimasta sì e no un briciolo capace di farlo lottare per dimenticarla. 
Proprio a causa di quella scelta, aveva sacrificato il suo istinto a vantaggio della strategia, il proprio impulso spesso cieco e incontrollato a favore del freddo raziocinio; un meccanismo che avrebbe dovuto salvarlo, ma che invece lo aveva messo definitivamente al tappeto. Perché da un mese a quella parte, di fatto non era stato più se stesso, e la prova di ciò stava nel fatto che aveva smesso di lottare. E Sirius non smetteva mai di lottare. 
Per cui cos'è che mancava, se non la voglia di farlo? Aveva creduto di voler annientare tutto ciò che gli rimaneva di Scarlett e ripartire da zero, affrontare quella ferita e quella mancanza a viso aperto, combattere contro ogni possibile ripensamento... ma aveva scoperto di non averne la benché minima voglia.
Perciò, in quel momento, come in realtà era sempre stato per lui, era diventato vitale fare solo ciò di cui aveva davvero voglia. E Sirius aveva voglia di smettere di pensare, di staccare la spina dopo più di un mese di ininterrotta attività; aveva voglia di riprendere una boccata di spontaneità e libertà allo stato puro, quando da tempo si era costretto ad assumere posizioni troppo scomode perché valesse la pena mantenerle; e sì, aveva voglia di stare con Scarlett, con tutte le riserve, con tutti i dubbi che non era ancora riuscito a fugare, con tutto quel groviglio inestricabile di sentimenti che covava dentro di sé, ma soprattutto con la curiosità di scoprire se, dopo quella atroce burrasca, era ancora rimasto in loro qualcosa di loro. 
Era stato questo che, qualche minuto prima, lo aveva spinto ad alzarsi di scatto dal proprio letto, senza preavviso, tra gli sguardi perplessi degli amici, e a puntare dritto verso la Biblioteca, senza nessuna domanda né aspettativa, se non quella di cominciare a capire come riprendere le fila della situazione, quali tra esse erano ancora lì e quali si erano spezzate definitivamente, se davvero esisteva tuttora una situazione tra di loro... o se, come lui credeva e temeva, era veramente andato tutto perduto.
Fissò Scarlett, sicuro che gli avrebbe chiesto spiegazioni sulla sua inaspettata e criptica risposta, ma lei non lo fece. Ricambiò il suo sguardo in perfetto silenzio, e fu lei stessa a distoglierlo per prima, per puntarlo nuovamente sul libro che le toccava leggere e che aveva abbandonato dopo appena qualche minuto. Riprese la lettura dal punto in cui l'aveva lasciata, rendendosi conto di non ricordare quasi nulla delle poche nozioni che aveva appreso in precedenza. Con Sirius accanto, quella semplice relazione si stava rivelando una sfida molto più ardua di quanto si fosse aspettata. Appena alcuni secondi e una decina di righe dopo, infatti, tornò a lasciarsi distrarre involontariamente dal ragazzo, che aveva serenamente ripreso a disegnare. La facilità con cui riusciva a concentrarsi sul proprio lavoro era ammirevole, ma forse, pensò Scarlett, non trovava difficoltà nel farlo perché non aveva alcuna distrazione a stuzzicarlo. Lei avrebbe anche potuto far parte della tappezzeria della stanza, per quanto lo riguardava. Le avrebbe riservato le medesime attenzioni, nulla di più e nulla di meno. D'altra parte, era quello il suo solito gioco. Ignorarla era una mossa che calzava a pennello con la situazione che stavano vivendo, e Scarlett si chiese se non fosse suo compito cercare di cambiare le cose. Era già importante che fosse venuto da lei, dato lo stato delle cose, doveva riconoscerlo, per cui cominciò a riacquistare coraggio per fare un altro tentativo, e fu proprio osservandolo che le venne in mente qualcosa da dire.
« E' la prima volta che disegni? » gli chiese, mentre lui cercava di sfumare una grossa macchia di inchiostro con il polpastrello.
Si arrestò, e quando tornò a guardarla aveva un largo sorriso divertito stampato in volto, un sorriso di cui Scarlett non capì la ragione.
« Scherzi? » le disse, ridendo sommessamente. « Tilney e la Sprite assegnano disegni a fiumi, ne avrò fatti un centinaio. E' l'unica cosa che non ho mai chiesto a Remus di farmi copiare, credo » concluse, sorprendendosi della stranezza della cosa.
Scarlett annuì più volte con estrema rapidità già prima che finisse di parlare, agitando le mani e sorridendo a sua volta.
« Già, ma certo, lo so » rispose, facendo di sì col capo un'ultima volta. « Quello che intendevo dire è... insomma, se hai mai disegnato per passione. Come passatempo, ecco, aldilà della scuola » aggiunse per essere maggiormente precisa, e lui la scrutò intensamente, con uno strano sguardo.
Non l'aveva mai vista così impacciata. Tutte le volte in cui avevano parlato, aveva sempre avuto la risposta pronta, un'aria piuttosto spavalda e la mente rapida come un fulmine. Eppure, adesso sembrava avere difficoltà a trovare le parole giuste, non appariva affatto sicura di sé e pareva quasi in imbarazzo. 
A Sirius, guardandola, venne da sorridere. Era bello vederla sotto una nuova luce, e pensò che quella conversazione somigliasse incredibilmente a quel tipico modo di chiacchierare che hanno due sconosciuti quando hanno così tanta voglia di scoprire tutto dell'altro da non sapere neppure da dove cominciare.
« Sì, l'ho fatto » rispose infine, continuando a guardarla. « Quando abitavo in Grimmauld Place disegnavo spesso. Perlopiù motociclette » precisò.
« Grimmauld Place? » chiese lei, inclinando il capo. « Cos'è Grimmauld Place? »
Lui si bagnò le labbra, rendendosi conto solo in quel momento di non averle mai rivelato il nome della sua vecchia abitazione.
« La casa dei miei genitori » rispose infine, mostrandosi impassibile, e lei si morse la guancia, abbassando lo sguardo e annuendo lentamente.
Era così avvilente che Sirius non potesse chiamare il luogo in cui aveva vissuto casa sua... 
Nonostante fosse a conoscenza ormai da tempo della sua situazione familiare, ascoltare quelle parole la rattristò con la stessa intensità con cui si era rabbuiata la prima volta in cui aveva sentito la sua storia. Ad ogni modo, cercò di non darlo a vedere.
« Capisco » mormorò, e fece una breve pausa prima di proseguire. « E di' un po', eri bravo a disegnare moto quanto lo sei a guidarle? »
Sirius rise, sollevando una gamba e piantando il piede sulla sedia così da poter poggiare l'avambraccio al ginocchio.
« Direi che me la gioco » disse, e vide Scarlett ricambiare il suo sorriso. « E tu, invece? Non credo esista qualcosa in cui sei peggiore di quando guidi ».
Lei inarcò un sopracciglio con un'espressione profondamente risentita, malgrado le riuscisse difficile trattenere le risate.
« Ti ricordo che ho sfiorato l'eccellenza, nel caso lo avessi dimenticato » rispose, e lui le fece subito il verso. « Sei stato... smettila di prendermi in giro, sei stato tu a farmi i complimenti! » esclamò, mentre entrambi ridevano. « Andiamo, non facevi che ripetermi brava e vai così e sei perfetta... »
« Ricordi ogni mio singolo complimento? » la interruppe a quel punto lui con fare provocatorio.
A quelle parole, lei, la bocca ancora spalancata, lo fissò e la richiuse di scatto, fingendosi oltraggiata per quell'insinuazione. E stava per ribattere, quando all'improvviso apparve alle sue spalle Madama Pince, gli occhi da falco assottigliati e un'aria furente che pareva persino aleggiarle intorno.
« Che cosa state facendo? » sibilò, inviperita. « Sento i vostri stupidi schiamazzi dall'altro capo della Biblioteca, razza di sciocchi ragazzi ignoranti e... NON TI PERMETTERE DI CONTRADDIRMI! » urlò non appena si rese conto che Sirius stava per replicare ai suoi insulti con invidiabile tranquillità.
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo eloquente e repressero forzatamente un sorriso.
« Non oserei » disse Sirius alla fine, rivolto a Madama Pince che pareva sempre più infuriata. « Ma mi conceda almeno di lodare la sua flemma ».
Scarlett dovette ficcarsi in bocca il dorso della mano per non ridere, chinando il capo per lasciare che i capelli celassero il suo volto alla vista.
La bibliotecaria, al contrario, non parve trovare nulla di divertente nell'atteggiamento di Sirius, né tantomeno nella situazione in generale. Quelle due fessure che erano i suoi occhi parvero serrarsi totalmente, tanto era imponente la sua ira. Il suo volto era in perenne trasfigurazione.
« Solo un'altra risata e vi mando dritti dal Preside » fu il suo ammonimento conclusivo, poi girò sui tacchi e andò via, impettita.
Quando fu sparita, Sirius e Scarlett scoppiarono a ridere il più silenziosamente possibile.
« Per la miseria... » fece il primo quando si fu a malapena ripreso. « A quella lì servirebbe una cura terapeutica a base di puro sesso ».
Lei annuì con partecipazione, strappando un minuscolo pezzetto di pergamena per appallottolarlo e giocherellarci un po'.
« Un po' repressa lo sarà » commentò, lasciandolo scivolare fra pollice ed indice. « Io l'ho sempre vista bene con Gazza, a dire il vero... sarebbero una coppia magnifica. L'anno scorso Alice ha giurato su un orecchio di Frank di averla vista mentre gli chiedeva un appuntamento o roba simile ».
Sirius sorrise, figurandosi la scena sicuramente spassosa, ma parve un po' dubbioso.
« A Frank fischia perennemente un orecchio, sai? » disse, e lei rise. « Ma non mi permetterei mai di mettere in dubbio un pettegolezzo messo in giro dalla regina indiscussa del gossip. Anche perché, insomma... è da secoli che l'intera scuola sogna quei due insieme. Sarebbero il massimo ». Tacque, poi si ricordò del discorso che avevano lasciato in sospeso a causa della venuta di Madama Pince e decise di riprenderlo. « Ad ogni modo, non mi hai ancora detto in cosa casca la mitica Scarlett Banks. Sulle moto ti lascio il beneficio del dubbio, dopotutto hai provato una sola volta » concluse, conciliante.
Gli occhi di lei ricaddero sul disegno a cui lui aveva lavorato, quasi completamente ultimato, se si escludevano le didascalie.
« Come avrai notato, sul disegno casco sicuramente male » rispose, facendo spallucce. « Mi sembra qualcosa di così piatto... non riesco a farmelo piacere ».
« Piatto? » ripetè lui, stupito. « Anche un disegno può prendere vita, in realtà. E' questo il bello della cosa. Altrimenti... beh, sarebbe noioso ».
Scarlett riflettè sulle sue parole e infine annuì, prendendole per vere.
« Mi sembra di sentir parlare mia sorella » rispose, pensierosa. « Ha sempre amato disegnare e la pensa esattamente come te. Ma io non ho mai capito che cosa intendesse dire. Quand'eravamo bambine, per un periodo non ha fatto altro che parlarmi di questo, ed io ne avevo fin sopra i capelli. Le ripetevo che disegnare era il passatempo più stupido del mondo, mentre lei credeva che lo pensassi solo perché non ne ero capace. Alla fine mi ha fatto innervosire tanto che le ho strappato un mucchio di disegni. Lei ha pianto e non mi ha parlato per quasi tre settimane, è stato... davvero terribile » concluse, ridendo.
Sirius la seguì a ruota, pensando a quanto fosse stato crudele il suo gesto. Se a lui avessero strappato i suoi disegni, non aveva idea di come avrebbe potuto reagire, ma ciò non sarebbe mai potuto succedere perché, quando abitava ancora in Grimmauld Place, tutti gli oggetti a cui teneva erano inaccessibili a qualsiasi membro della sua famiglia, Elfo Domestico compreso. La sua camera era zona proibita, e questo mai nessuno era riuscito a cambiarlo.
« Dannazione, eri così perfida persino da bambina? » fece, sbalordito. « Al posto di Miley non ti avrei perdonato nemmeno sotto tortura! »
Lei rise, rilassata, appendendo il braccio allo schienale della sedia e lasciandolo dondolare liberamente.
« Oh, addirittura! » esclamò, scostando indietro i capelli con un rapido gesto della mano. « Forse sei un po' troppo rancoroso, sai? »
Lo guardò, ma all'improvviso il suo sorriso parve spegnersi. 
Aveva parlato senza pensare, con estrema leggerezza, e non aveva riflettuto sul fatto che quelle parole, pronunciate per puro divertimento, potessero avere una valenza in merito alla situazione che stavano vivendo in quel momento. E capì, grazie al silenzio un po' più teso del normale che si diffuse fra loro per alcuni istanti, che anche lui doveva aver colto quella lieve sfumatura. Si chiese cosa avrebbe risposto.
Ed istintivamente, anche lui si pose la stessa, identica domanda. Cercò di capire se avesse ragione o meno, e si rese conto di quanto le cose fossero cambiate senza che lui nemmeno se ne fosse accorto. Negli ultimi minuti aveva chiacchierato con Scarlett quasi come se nulla fosse successo, con una naturalezza che fino ad allora aveva tentato in ogni modo di ostacolare, ma che in quell'occasione era venuta fuori spingendo da parte l'orgoglio e il rancore, le uniche due presenze che aveva avvertito dentro di sé da quando lei lo aveva deluso, quelle che avevano manovrato ogni suo comportamento, rendendolo diverso da com'era in realtà. Ed era insolito, tutto questo, lui non lo aveva affatto programmato, ma era stata proprio la sua spontaneità a prevalere sul resto, e ciò aveva un significato. Ciò doveva voler dire che esisteva qualcosa di più forte del suo risentimento, qualcosa che aveva spazzato via ogni calcolo strategico, facendo venir fuori tutti quei suoi sorrisi trattenuti a causa della freddezza che si era imposto di mostrare.
« Già » disse infine, accennando un piccolo sorriso poco allegro. « Forse lo sono ».
Scarlett lo scrutò a lungo, assorta, finché non si rese conto dell'intensità del proprio sguardo. Fu allora che lo distolse, sorridendo appena.
« E' strano, non credi? » disse a Sirius, annientando così la tensione. « Ci conosciamo così bene, noi due, eppure non sappiamo nulla di... banale l'uno dell'altra ».
« Banale? » chiese lui, incuriosito da quella particolare scelta lessicale. « Che intendi dire? »
Lei scrollò le spalle, cercando di trovare le parole giuste per far sì che lui la capisse, e abbandonò il capo contro il gomito poggiato allo schienale della sedia.
« Beh, le piccole cose » rispose infine. « Quelle che conoscono un po' tutti, anche senza sapere perché. Tipo il tuo piatto preferito ».
Sirius rise, sorpreso e divertito dal pensiero che le era balzato in mente, e non potè che riconoscere quanto fosse vero ciò che aveva detto.
Si conoscevano profondamente, nel corso di quei mesi non avevano fatto altro che scavare l'uno nell'altra fino a cogliere l'essenza che li contraddistingueva da chiunque altro, e questo era un processo così unico e stupefacente che il suo effetto non avrebbe potuto essere altro che un legame speciale e assolutamente ineguagliabile. Al contrario, tutte quelle minuzie di cui Scarlett parlava rappresentavano un enorme punto interrogativo per entrambi, ma sarebbe stato divertente cominciare a scoprirle. 
Solitamente, tutti iniziavano da quelle. Per loro, invece, erano soltanto la ciliegina sulla torta.
« Vuoi sapere qual è il mio piatto preferito? » rise Sirius in tono incredulo, e lei si unì ben presto a lui, sentendosi stranamente allegra.
« Era solo un esempio, ma... sì, vorrei sapere qual è il tuo piatto preferito » disse, risoluta. « Cos'hai contro questo tipo di domande? Sentiamo ».
« Ah, ma assolutamente nulla » si affrettò a replicare lui, sollevando le mani. « Ma giuro, nessuno mi aveva mai chiesto quale fosse il mio piatto preferito ».
Lei lo guardò con indifferenza, inarcando entrambe le sopracciglia e sgranando appena gli occhi.
« Non ci credo » risolse infine. « Oh, insomma, è la domanda più stupida del mondo! Non ti ho mica chiesto... non so, che ne pensi dello scandalo della Gringott del '52... »
« Ho una precisa opinione su quello » garantì Sirius con la massima serietà, prima che entrambi scoppiassero nuovamente a ridere.
« Dài, dico sul serio » riprese poi Scarlett. « Dimmi tre cose che non so su di te. Qualsiasi cosa, davvero, purché sia stupida. Io farò lo stesso ».
Lui sorrise e cominciò a riflettere. 
Sembrava quanto di più semplice esiste al mondo, invece era difficile riportare alla mente dettagli della propria quotidianità a cui spesso non si dedica la benché minima attenzione. E poi, non ricordava di aver mai parlato di simili piccolezze con qualcuno. Quella era la prima volta.
« Non sono mai stato al mare » disse dopo un po'. « Mai visto, non so nemmeno come diamine sia fatto. Però ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto ».
Lei sorrise, un po' malinconica, e annuì lentamente, mentre lui la osservava.
« Lo ameresti, ne sono sicura » disse, e Sirius ricambiò immediatamente il suo sorriso. « Tocca a me? » domandò poi, e al suo cenno cominciò a riportare a galla i ricordi. « Uhm, vediamo... mi piace la cucina messicana » affermò alla fine, mettendosi diritta sulla sedia. « Una volta sono andata a cena con la mia famiglia in un villaggio magico davvero adorabile a pochi chilometri da Londra. Era un locale molto caratteristico e abbiamo mangiato benissimo, ma... beh, abbiamo scoperto che a papà troppo peperoncino non fa bene. E' rimasto a letto per due giorni, aveva la faccia rossa come un pomodoro, e questo particolare effetto non è andato via molto facilmente... per qualche giorno ancora è stato costretto ad andare a lavoro in quello stato. Io, mamma e Miley lo abbiamo preso in giro per secoli! Ad ogni modo, non ricordo di aver mai mangiato nulla di più buono » concluse con un sospiro sognante, mentre Sirius rideva di cuore.
Immaginare il sempre impeccabile signor Banks recarsi alla Gringott vestito di tutto punto ma con il viso scarlatto era davvero buffo.
« Sarà uno degli aneddoti preferiti dei folletti » commentò, sinceramente divertito, poi tornò a riflettere, in silenzio. « A me, invece, piace... mmm... suonare la chitarra». Sorrise di fronte all'espressione piacevolmente colpita di Scarlett, poi continuò a raccontare. « A quattordici anni ho cominciato a mettere da parte dei soldi per comprarne una e cercare di imparare a suonarla e, una volta racimolato un bel gruzzoletto, l'ho fatto davvero. Dopo un paio di mesi, ho appreso le basi e sono riuscito a strimpellare qualcosa. Niente di eccezionale, certo, ma senza alcun aiuto è difficile fare granché. E comunque, non ho potuto fare nulla per migliorarmi perché ho avuto la brillante idea di farla vedere a James ». A quel punto, già Scarlett rideva, immaginando ciò che stava per ascoltare. « E' letteralmente impazzito di gioia, avrebbe fatto paura a chiunque. Insomma, so che si entusiasma per qualsiasi cosa, ma credimi, quella volta ha esagerato sul serio. Comunque, beh, in quel periodo era già ossessionato dalla musica rock babbana che gli facevo ascoltare io, quindi si è... beh, lasciato prendere la mano e ha spaccato la chitarra a terra in pieno stile rockstar ». Lei trattenne il fiato, sconvolta, per poi ricominciare a ridere e a scuotere violentemente il capo. « Già, lo so. Quando si è reso conto di quello che aveva fatto, si è scusato in ginocchio, una roba davvero pietosa... insomma, mi era costata un patrimonio, quella maledetta chitarra! » Si passò una mano fra i capelli e diede in un lieve sospiro. A quanto pareva, la ferita provocata da quel trauma non si era ancora del tutto rimarginata. « Beh, lo ha fatto perché credeva che con un incantesimo si sarebbe riparata. E in effetti, quando Charlus l'ha sistemata, sembrava come nuova. Ma le corde si erano spezzate di netto e non funzionavano a dovere, quindi... era comunque da buttare » concluse, sollevando le spalle.
Scarlett si mise più comoda sulla sedia, incrociando le gambe e stringendole forte fra le braccia.
« Se hai voglia di sentire un'altra storia drammatica, ne ho una anch'io » disse, facendo nuovamente sorridere Sirius.
« Sono tutto orecchie, Banks, ma ti prego, non costringermi a piangere » rispose, mostrandosi perfettamente serio, e lei rise.
Una risata orecchiabile, la sua, un po' diversa dal solito. Suonava esattamente identica a quella di una bambina, e Sirius pensò che chiunque, ascoltandola, l'avrebbe immediatamente ricondotta a una persona felice. Profondamente felice. Ed in effetti, era proprio così che Scarlett si sentiva. Si sentiva felice perché, nel momento più impensato che avrebbe mai potuto immaginare, era riuscita a far sorridere lui, proprio lui, che da molto, troppo tempo non lo faceva dinnanzi al suo viso. Era una sensazione così meravigliosa, vedere le sue labbra arricciarsi per un istante prima che si aprissero in quella fetta di luce... Luce, esatto, proprio luce, non per il modo in cui il suo sorriso appariva, ma per ciò che lo spingeva a sbocciare, un sentimento così spontaneo e indefinibile che tentare di spiegarlo avrebbe solo potuto rovinarne un po' il valore. E che a farlo sorgere sulla sua bocca fosse proprio quella stessa, pura sensazione che albergava con la stessa intensità anche dentro di lei... era questo, forse più di tutto, a renderla così semplicemente e inguaribilmente felice.
Davvero una bella emozione.
« Sarebbe un vero spettacolo, ma cercherò di fare il possibile » assicurò Scarlett, simulando, anche se con minor successo, la sua precedente espressione. « Comunque, stavo per dire che... beh, Diagon Alley mi inquieta. Passo a spiegare » aggiunse frettolosamente non appena riuscì a scorgere sul volto di Sirius un'aria stravolta. « Quand'ero molto piccola... mi pare avessi quattro anni, se non vado errato... sono andata a fare compere con i miei e mia sorella. Cioè, i miei sono andati a fare compere, più che altro, io e Miley rompevamo solo le scatole. Ma questo è un dettaglio, ehm... sì, beh, all'improvviso mia sorella è scoppiata a piangere. Tuttora ignote le cause di tale evento - da piccola rideva e basta, non chiedermi perché -, ma è stato questo a provocare il mio dramma. Mamma e papà hanno cominciato ad affannarsi per farla calmare, gridava come una matta, avresti dovuto sentirla... e a me dava fastidio, così mi sono allontanata senza che nessuno se ne accorgesse. Avevamo appena passato Accessori di Prima Qualità per il Quidditch ed è proprio lì che sono ritornata. C'era un Boccino, esposto in vetrina, ed io me ne sono immediatamente innamorata. Così sono entrata, c'era un mucchio di gente, e sono andata in confusione... ci ho messo un bel po' ad uscirne fuori, saranno passati dieci minuti buoni, e quando ce l'ho fatta i miei se n'erano già andati per cercarmi. E' stato un incubo, mi sono persa, e credo di essere sbucata persino a Nocturn Alley, perché ho ancora qualche ricordo di alcuni negozi agghiaccianti e di un tizio orripilante che mi faceva l'occhiolino... » Si esibì in una smorfia schifata prima di giungere alla conclusione del proprio racconto. « Mi hanno trovata dopo un'ora intera e ho pianto per un mucchio di tempo. Non puoi immaginarlo, è stato... un trauma. Un vero e proprio trauma ».
Deglutì, ancora visibilmente provata per l'avvenimento, mentre al contrario, Sirius rideva senza alcun ritegno.
« E' chiaro che ti manca il mio incredibile senso dell'orientamento, Banks » disse, sfoggiando un'aria sicura, e lei inarcò un sopracciglio, già irritata dalle sue parole. « E poi sei stata tu ad allontanarti, no? Chi è causa del suo mal... » mormorò infine, sogghignando appena.
« Sei spregevole » commentò Scarlett, palesemente sconcertata per la sua reazione. « Io ho provato sincera compassione per la tua disgrazia, tu invece sghignazzi come un Clabbert... »
Sirius rise più forte che mai, mentre lei, sprezzante nei suoi confronti, ridiscese le gambe e le accavallò, incrociando le braccia al petto.
« Sghignazzo come un cosa? » chiese, e Scarlett lo squadrò da capo a piedi con l'aria di chi commisera profondamente qualcuno.
« E' una sorta di incrocio tra una scimmia e una rana ed emette un ver-... »
« No, sì, so cos'è » la interruppe lui, ancora scosso dalle risa. « Brillante similitudine, davvero, ammetto che non mi sarebbe mai venuta in mente ».
Scarlett lo fissò e borbottò: « Grazie » sommessamente, per poi sciogliersi a sua volta in un lungo flusso di risate che si mescolarono a quelle di lui. « Beh, a questo punto non so se ho voglia di ascoltare la tua terza stupidaggine. Mi irriti alquanto, Black » proseguì dopo un po', continuando la propria sceneggiata.
« Ah, beh, non sai che ti perdi » replicò lui con scaltrezza. « E' una chicca davvero interessante, ma se proprio non ti va di sentirla... »
Si strinse nelle spalle, fissandola, e lei fece una strana mossa dubbiosa con le labbra, ponderando con serietà la questione.
« Ammetto di essere piuttosto annoiata in questo luogo tedioso » disse in tono pomposo. « Quindi... su, racconta la tua storiella, se ci tieni tanto ».
Compì un gesto sbrigativo con la mano, poi smise di recitare e, sorridendo, piantò il gomito sul tavolo e schiacciò una guancia contro il pugno chiuso.
« Devi sapere » esordì Sirius, « che da piccolo non si è manifestato in me alcun segno di magia ».
Istantaneamente, gli occhi di Scarlett si fecero tondi come piattini da tè, e lui annuì come per confermare quanto aveva appena detto.
« Già, lo so che è insolito » disse. « Ma ho scoperto che a volte può capitare, sai... quando ti trovi in un ambiente che ti opprime troppo. E' come se la magia si comprimesse in te fino ad evaporare, ma c'è. Quello è sicuro. I miei genitori hanno aspettato un po', ma a un certo punto mia madre si è convinta che fossi un Magonò e ha inculcato quest'idea anche nella testa di mio padre. Beh, sai come sono fatti, non sono... stati molto felici, direi. Volevano fare in modo che la magia venisse fuori a forza, essendo un Purosangue era impossibile che non avessi poteri... ma questo non faceva altro che peggiorare la situazione. E alla fine ci ho creduto anch'io ». Annuì, lo sguardo perso nel vuoto. « Pensavo di essere un Magonò, ma quando ho ricevuto la mia lettera da Hogwarts... cavoli, sono stato il bambino più felice del mondo ». Sorrise appena, e lei con lui. « Da allora in poi ho cominciato letteralmente a schizzare magia da tutti i pori. Credo che dipendesse da come mi sentivo, e quella notizia ha... cambiato ogni cosa. Sul serio ».
Scarlett osservò la sua espressione, e continuò a sorridere, stupita da quella storia che non si era affatto aspettata di sentire.
« Hai infranto le regole, però » disse dopo qualche istante. « Questa non era per niente una cosa stupida ».
Lui risollevò lo sguardo, incontrando il suo sorriso, e beandosi del suo bel volto, si rilassò sulla sedia, allargando le braccia.
« Ho infranto le regole, eh? » ripetè, divertito. « Già, è... un gran brutto vizio, non credi? »
Lei rise sottovoce, scuotendo appena il capo e liberando le dita serrate così che la sua guancia posasse sul palmo della mano.
« No » rispose, sorridendo con un po' di malizia, anche se forse era soltanto allegria. « A dire il vero non lo credo affatto ».
Si guardarono per un po', ammaliati l'uno dall'altra, incontrollabilmente, finché questo filo invisibile non si spezzò con il calare degli occhi di lui. La magia che racchiudeva in sé, però, non si disperse nel nulla, ma li circondò, restando immutata e continuando ad alimentarli nella loro calorosa alchimia.
« E allora? Non hai più nulla da raccontarmi? » fece Sirius dopo un po', un angolo della bocca un po' incurvato, e lei annuì con entusiasmo.
« Ma certo, non ti ho ancora raccontato di un trauma ben peggiore dell'ultimo » rispose immediatamente. « Due anni fa ho perso una scommessa con mia sorella. Ancora non riesco a spiegarmi come sia potuto succedere, comunque... » Si avvicinò a lui, come se dovesse confessargli il più turpe dei segreti. « Ho dovuto tingermi i capelli. Di biondo » aggiunse con un lieve singulto e un filo di voce, ma lui, seppur divertito, non comprese appieno il suo disgusto.
« Beh, sono certo che ti donerebbero, ma... rimani mora, Banks. Ascolta me » rispose, facendo un cenno determinato col capo.
Ma Scarlett strinse le labbra e scosse la testa, costernata.
« Tu non capisci » mormorò, evidentemente affranta. « E' il consiglio più inutile che tu possa darmi, credimi. Io odio le bionde. Le detesto ».
Sirius inarcò un sopracciglio, perplesso. Qualche conto proprio non gli tornava, malgrado Scarlett sembrasse parecchio sincera.
« Davvero? » disse, stupefatto. « Mi prendi in giro? E che mi dici di Miley? E tua madre? E la Vance? Sei circondata da bionde, se non l'avessi notato ».
Lei parve rifletterci sopra, ma alla fine giunse a una conclusione che la convinse appieno. Una conclusione assolutamente inattaccabile.
« Attenzione: ci sono bionde e bionde » disse, decisa, sollevando l'indice in un gesto ammonitore. « Ci sono bionde come tutte quelle che hai nominato, che vanno benone. E bionde che ti abbagliano con il loro... con il loro... biondume innaturale. E io odio il biondume innaturale. Mi infastidisce. Dovrebbe essere bandito dalla legge, il biondume innaturale ».
Sirius scoppiò a ridere, sempre più sconvolto da tutte quelle assurdità che, però - è bene sottolinearlo - erano reali e solide convinzioni di Scarlett.
« Il biondume innaturale » ripetè lui, e lei annuì, seria. « Questa è bella... nessuno mi aveva mai parlato di biondume, sai, Banks? Interessante ».
Anche Scarlett finì per ridere, e ancora una volta, lui le venne dietro, tanto che il suono delle loro risa invase lo spazio tutto intorno a loro.
Ecco il problema. Tutto lo spazio intorno a loro. Arrivando fino alle orecchie di Madama Pince, a cui di certo quel rumore non fu gradito.
Furibonda, sbattè la penna d'oca con la quale stava compilando un lunghissimo elenco e, a passo di marcia, si diresse verso la fonte già nota di quel chiasso infernale che tanto la faceva imbestialire. E, se solo non fosse stata così infinitamente gracile, sarebbe stata in grado di sfondare il pavimento.
« ANCORA VOI! » sbraitò, ed entrambi, del tutto ignari del suo arrivo, sussultarono violentemente. « FUORI DALLA MIA BIBLIOTECA! SUBITO! HO DETTO FUORI! » e puntò il dito scheletrico verso il corridoio che conduceva all'uscita, imbufalita come un toro pronto ad attaccare.
Sirius e Scarlett si scambiarono un'occhiata carica di divertimento, raccolsero in fretta le proprie cose e andarono via senza replicare, ridendo forte.
« Rettifico » fece lui, ancora scosso dalle risa. « Nemmeno il sesso più sfrenato basterebbe per placare questa donna ».
Scarlett rise, completamente d'accordo con lui. 
« Merlino... quella lì è da galera! » disse una volta che furono lontani dalla Biblioteca, e Sirius annuì, convinto che avesse ragione. « Ma... un secondo... Sirius, che ore sono? Hai un orologio? » chiese improvvisamente, e parve piuttosto allarmata.
Lui, un po' spiazzato, strattonò rapidamente la manica della camicia e diede un'occhiata alle lancette: segnavano le sette e qualche minuto.
Quando glielo comunicò, lei parve decisamente sollevata, e subito rispose alla domanda che lui non gli aveva ancora posto.
« Il colloquio con la McGranitt » disse. « Il nostro è alle sette e un quarto. Credevo che non ce l'avremmo fatta, ma abbiamo ancora tutto il tempo ».
Sirius annuì molto lentamente, rendendosi conto solo in quel momento di aver completamente rimosso quell'appuntamento dalla propria mente. Ma dopotutto, non c'era poi granché di cui stupirsi: aveva dimenticato un bel po' di cose, quel pomeriggio, anche ben più importanti di quel banale incontro.
Ad ogni modo, senza perdere altro tempo, cominciarono ad incamminarsi senza fretta verso l'ufficio della McGranitt, fianco a fianco.
« Allora? » domandò Scarlett dopo qualche momento, voltandosi a guardarlo. « Che cos'hai scelto alla fine? Dipartimento Auror, come stabilito? »
Lui sorrise, affondando le mani nelle tasche con aria perfettamente rilassata.
« Che domande » ribattè. « Certo che sì, è senza dubbio quello che fa per me ». La vide annuire con un sorriso prima di proseguire. « E tu, piuttosto? » domandò a sua volta. « Diventerai davvero schiava della legge e portatrice di giustizia, come stabilito? »
« Schiava della legge? » ripetè lei, fissandolo incredula. « Forse ti sfugge, Black, ma anche gli Auror difendono la legalità ».
« Vero » confermò subito lui. « Ma gli Auror lo fanno con stile ».
Scarlett accolse quelle parole con una scrosciante risata, ma pensandoci su, non potè che essere d'accordo con lui almeno in parte: nonostante il Wizengamot e il Dipartimento Auror lavorassero all'interno dello stesso raggio d'azione, immaginare Sirius in veste di Giudice Supremo o anche come semplice impiegato all'interno dell'Ufficio per l'Applicazione della Legge sulla Magia era quanto di più ridicolo e inappropriato esistesse al mondo. 
« Io l'ho già detto e lo ripeto » disse alla fine, seria e determinata. « Se dobbiamo proprio pensare a qualcosa che sia perfetto per te, è senza dubbio la carriera di criminale quella che più ti si addice. Gli Auror sono degli scavezzacollo con un gran fegato, certo, ma tu sei uno scavezzacollo con un gran fegato completamente pazzo, il che cambia praticamente tutto. Sei ancora in tempo per cambiare strada » aggiunse, sogghignando sotto i baffi.
« Se dovesse andare male al Ministero, ti assicuro che seguirò il tuo consiglio. Contenta? » fece lui di rimando, ridendo. 
« Contenta di averti aiutato, certo » fu la giocosa risposta di lei. « E di', non vuoi provare nient'altro? » proseguì poi, curiosa. « E' sempre meglio avere delle alternative, nel caso in cui il primo tentativo non andasse a buon fine... Io, ad esempio, ho pensato che mi piacerebbe lavorare per la Gazzetta del Profeta, se con Magisprudenza dovesse andare tutto storto ».
Sirius parve compiaciuto per quella notizia e sorrise appena con aria d'approvazione.
« Una giovane e brillante giornalista d'assalto... direi che ti si addice, Banks » commentò con fare spassionato. « Se non fossi sicuro che sarai ammessa senza problemi e che è ciò che davvero vuoi fare, ti consiglierei di lasciar perdere quei parrucconi indottrinati e di buttarti nella cronaca nera... o rosa, se preferisci » aggiunse infine, provocatorio.
« Devo dire che mi lusinga la concezione che hai sul mio probabile futuro lavoro » ribattè Scarlett, annuendo lentamente con una smorfia di contenuta indignazione, e lui diede in una breve risata. « Tiferò per la tua carriera di Auror tanto quanto tu lo stai facendo per la mia in Magisprudenza... se ci riusciamo, magari io sarò direttrice della Gazzetta del Profeta e tu un fattorino di Madama McClan ».
Le risa di Sirius si fecero più sonore, segno che il perfido augurio di Scarlett non l'aveva minimamente toccato.
« Non succederà, parola mia » rispose, sereno. « Sono assolutamente sicuro del fatto che il Dipartimento Auror scommetterà su di me, per questo ho deciso di non presentare domande di ammissione per altre professioni. Obiettivamente, sono uno degli studenti più brillanti del mio anno, ho tutte le carte in regola per fare questo maledetto mestiere... non ho bisogno di un'alternativa. Non l'ho cercata e non la voglio. E la presunzione non c'entra nulla » aggiunse, osservando Scarlett, come a volerla anticipare su una sua possibile replica. Poi proseguì, più serio che mai. « Io lo posso fare, lo posso fare benissimo. Se ne accorgeranno ».
Lei lo ascoltò senza batter ciglio, e alla fine si ritrovò ad annuire, concordando con ciò che aveva detto. La determinazione e la passione con cui aveva parlato erano tangibili, e il suo discorso era stato onesto e senza fronzoli.
« Non ti avrei dato del presuntuoso » rispose, sincera. « Sei consapevole di quello che sai fare, non di ciò di cui non sei capace. E questo... è okay ».
Si guardarono, poi rimasero in silenzio, ognuno in compagnia dei propri pensieri, inaccessibili a chiunque altro. Inaccessibili, certo, a meno che non venissero palesati. E fu ciò che fece Scarlett non appena tornò a parlare, lo sguardo ancora vacuo, apparentemente immerso nel nulla.
« E' strano, non credi? » disse, e lui si voltò subito a fissarla. « Pensare al futuro, intendo. Al fatidico cosa vuoi fare da grande... Insomma, significa che lo siamo già, no? Adulti. O perlomeno lo diventeremo fra poco ». Si mordicchiò le labbra, riflettendo. « E'... strano. Lo trovo molto strano ».
Sirius la scrutò, e la sua espressione non mutò minimamente finché l'ombra di un sorriso non illuminò il suo volto, rendendolo diverso. Ma fu insolito, quel particolare istante. Perché lui non aveva affatto sorriso, neanche un po'. Forse era stato il suo sguardo, qualcos'altro a farlo al posto suo.
« Cos'è, preferiresti restare a vita una poppante? » replicò, e questa volta rise davvero, una risata che si mescolò alle sue parole.
« Oh, andiamo! » esclamò allora lei, seguendolo a ruota. « Non si tratta di questo. E' solo che... non credevo che questo momento sarebbe arrivato così in fretta. Non ho quasi fatto in tempo a rendermene conto, ed è come se... beh... come se non mi sentissi ancora pronta a tutto questo ». Deglutì, lo sguardo immobile sul pavimento che stava calpestando. « Tu... tu ti senti pronto? » chiese poi, risollevandolo di scatto.
Lui pensò che quella fosse una gran bella domanda, ma non lo disse ad alta voce, perché aveva una risposta.
In effetti, per alcuni aspetti Scarlett aveva ragione. Il tempo era corso via ad una rapidità agghiacciante, e nulla sarebbe stato capace di fermarlo, neanche tutta la magia concentrata fra quelle mura amiche. Era vero, era maledettamente vero. 
Riflettè su tutto ciò che, insieme ai suoi amici, si era ripromesso di fare nel corso di quell'ultimo anno di scuola: godersi ogni singolo momento. E invece non lo aveva fatto. Come succede sempre, dopotutto: ci si dimentica di farlo. Non lo si fa mai, alla fine, perché gli avvenimenti ci travolgono, e i pensieri sono sempre così tanti da non lasciare spazio a nessuna vecchia promessa, a nessuno stupido proposito, a nulla che non sia la realtà che ci circonda, o magari qualche bel ricordo. O magari un sogno. E anche a volerlo fare davvero, a volersi ripetere fallo adesso, goditi questo momento, goditi questa pace, che di sicuro passerà... non è facile riuscirci. Non è umano. Perché quando la felicità è nostra, quando la vita procede normalmente, ecco che tutto ci appare banale, troppo scontato per ritenerlo prezioso. Ed è più forte di noi, non riusciamo quasi mai a guardarlo con occhi diversi, quel tutto che è normale, quel tutto che è semplice, quel tutto che è vita, quel tutto che poi ci manca, però, quando il nostro piccolo mondo ricomincia ad andare a rotoli. E allora ci pentiamo. E allora non serve a niente. E allora il ciclo ricomincia, e la storia è sempre la stessa.
Era capitato anche a Sirius, ma non era eguagliabile a quella di Scarlett, la sua reazione a questo scomodo sgambetto. Lui non aveva vacillato, e si era sentito sereno tutto il tempo, accogliendo quel momento senza il minimo timore. Abbracciandolo, perché sapeva che prima o poi sarebbe arrivato. E forse era stato proprio questo a fargli capire quanto era maturato negli ultimi tempi. Una crescita importante, la sua, impossibile negarlo. Lo aveva introdotto in quel mondo tanto temuto da tutti, rendendolo ancor più forte e più sicuro di quanto non si fosse mai sentito. Ecco perché era così certo della sua risposta.
« Sì, mi sento pronto » disse, guardando Scarlett negli occhi, e lei potè cogliere tutta la sua sincerità.
« Beh, si tratta comunque di un gran cambiamento » disse, stringendosi nelle spalle mentre Sirius la scrutava intensamente.
« Perché i cambiamenti ti fanno tanta paura? » domandò istintivamente, con un evidentemente puro desiderio di capire.
Scarlett riflettè sulle sue parole, e anche lei ebbe la risposta pronta. Dopotutto, ci aveva riflettuto sopra tante e tante volte.
« Non ho paura » rispose. « E' qualcosa di diverso... una sorta di agitazione, più che altro ». Tacque un momento, pensierosa. « I cambiamenti sono destabilizzanti ».
« I cambiamenti sono eccitanti » replicò immediatamente lui, e un angolo della sua bocca si arricciò in un sorriso accennato.
Si osservarono, rendendosi conto di come sarebbe stato difficile, se non impossibile, pensarla allo stesso modo su quell'argomento. Uno di quelli che più metteva in risalto le profonde differenze che li contraddistinguevano, rendendoli per alcuni punti di vista assolutamente inavvicinabili.
Lei avrebbe desiderato avere tutto quanto in suo potere, gestire con padronanza il proprio avvenire senza dover mai titubare, così da rendere se stessa molto più stabile e sicura; lui, al contrario, voleva solo che la sua vita fosse un'avventura, e se non gli avesse riservato delle sorprese, allora l'avrebbe considerata buttata al vento, vuota e priva di qualsiasi senso. Due concezioni diametralmente opposte, le loro, eppure entrambe comprensibili.
« Però è confortante avere delle certezze, non credi? » disse Scarlett. « Qualcosa che sei sicuro non cambierà mai. Un po' com'è stata Hogwarts per tutti questi anni... il nostro porto sicuro. E invece adesso ci stiamo buttando nella mischia senza sapere cosa ci succederà. E' dura » mormorò infine.
Sirius compì uno strano movimento con la testa, segno che la capiva, ma che non condivideva appieno ciò che aveva detto.
« E' questo il bello della cosa » ribattè, mentre facevano il proprio ingresso nel luminoso Cortile di Trasfigurazione. « E' dura, certo, ma non hai idea di cosa ti aspetta, e questo è... davvero stimolante. Insomma, che senso ha programmare tutto quanto? E' come fare un bel sogno ad occhi aperti: fai in modo che tutto sia perfetto, ma finisci per annoiarti. Hogwarts è stata la casa più bella per ognuno di noi, in questi sette anni, ma... sta per diventare un capitolo chiuso ».
Mentre si guardavano, a Scarlett scappò un sorriso, e lui inclinò il capo, curioso di comprenderne il motivo.
« Sai... penso proprio che non ci incontreremo mai, io e te » disse, divertita, e lui rise, appoggiandosi alla parete di fronte all'ufficio della McGranitt.
« Dipende » rispose con un'espressione provocatoria stampata in viso. « Non c'è davvero nulla nella tua vita che ti piacerebbe stravolgere? »
Lei si morse una guancia, ricambiando il suo sguardo con il medesimo interesse, e ancora una volta si ritrovò a riflettere profondamente.
In effetti, c'era qualcosa che avrebbe tanto desiderato cambiare, in quel momento: la sua situazione con Sirius, e tutte le certezze che lui le aveva dato. Certezze orribili, certo, che erano tutt'altro che rassicurazioni, certezze su un futuro che non li avrebbe mai visti uniti, solo e soltanto a causa sua. E anche se quel giorno qualcosa di importante era cambiato, così inaspettatamente da sconvolgerla, chissà se sarebbero riusciti a ribaltare nuovamente tutto per ricominciare da capo. Sarebbe stato difficile, negarlo era da sciocchi, ma mai nulla era stato semplice, per loro.
Riflettè su questo, e pensò anche a tutto ciò che Sirius le aveva insegnato in quegli ultimi mesi: la stupefacente bellezza del rischio, l'arte del vivere alla giornata, il fascino del sapersi buttare, di tanto in tanto, per il semplice piacere di scoprire ciò che viene dopo. Tutte quante cose, queste, che l'avevano resa diversa, più felice, ma che allo stesso tempo le avevano fatto conoscere brandelli di se stessa che difficilmente sarebbero venuti a galla senza il suo costante supporto e le sue sottili ma convincenti sollecitazioni. 
D'altronde, Sirius era stato lo stravolgimento più sbalorditivo e appassionante che le fosse mai capitato di vivere... Ma non glielo avrebbe detto.
Lo tenne per sé, perché sapeva che, fra loro, tacere sarebbe stato molto più eloquente di qualsiasi risposta esistente. E lo sapeva benissimo anche lui.
« E tu, invece? » domandò lei, senza smettere di scrutarlo. « Non c'è davvero nulla nella tua vita che vorresti non cambiasse proprio mai? » 
Sirius si inumidì il labbro inferiore, e fu semplice pensare a qualcosa che non avrebbe mai desiderato stravolgere, per nessuna ragione: i suoi affetti. I Malandrini. L'unica famiglia che aveva conosciuto da quando era venuto al mondo, quella che avrebbe sempre voluto accanto, in qualsiasi momento.
In effetti, era un magnifico sollievo avere di fianco quella calorosa presenza costante che erano i suoi amici. Una certezza nel bel mezzo di quel terremoto che era stata la sua vita, in quella folle giostra che sarebbe presto diventata. Qualcosa per cui dire sempre grazie, senza mai stancarsi di farlo.
Anche Scarlett, però, si era fatta largo in quella goccia di importanti sicurezze sempre distinguibile nella pioggia di indeterminatezze che lo assediava di continuo, e faticava a uscirne fuori, forse perché era proprio lui a trattenerla, sebbene non se ne rendesse conto. E sì, Scarlett aveva ragione, era assolutamente necessario avere qualcosa a cui aggrapparsi mentre tutto il resto era in perpetuo movimento, un bisogno da sfamare ad ogni costo, qualunque fosse il tipo di vita che desiderava condurre in futuro. Un tesoro imprenscindibile, da conquistare e custodire con cura. Scarlett aveva decisamente ragione.
Ma non glielo avrebbe detto.
Lo tenne per sé, perché sapeva che, fra loro, tacere sarebbe stato molto più eloquente di qualsiasi risposta esistente. E lo sapeva benissimo anche lei.
« Scarlett Banks » chiamò all'improvviso la professoressa McGranitt, appena affacciatasi dalla porta del proprio ufficio. « E' arrivata? Oh, eccoti qui ».
Le fece cenno di accomodarsi e rientrò nella stanza, mentre lei lanciava un ultimo sguardo in direzione di Sirius, ancora abbandonato alla parete.
« Mi devi una risposta, Banks » le fece lui in tono scherzoso, incrociando le gambe. « Non dimenticarlo ».
Lei sorrise, facendo per avviarsi e inclinando appena il capo.
« Tu me ne devi qualcuna in più » gli ricordò, mostrando un'audacia che stupì persino se stessa, e lui arricciò le labbra in un sorriso, senza aggiungere altro. Lasciandola in sospeso un'altra volta.



 
 
Nobody said it was easy, Nessuno ha detto che sarebbe stato facile,
oh it's such a shame for us to part. oh, è così un peccato dividerci.
Nobody said it was easy. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile.
No one ever said it would be so hard. Nessuno ha mai detto che sarebbe stato così difficile. 
I'm going back to the start. Sto ritornando al punto di partenza.

 

 
*  *  *



« Evans, ho finito il disegno ».
« La Venomous Tentacula è una pianta dotata di tentacoli rosso intenso chiodati... »
« Evans, dannazione, piantala un attimo con quella relazione e dammi ascolto... »
« ... i cui semi, molto tossici, sono vietati in commercio... »
« Evans ».
« Per estrarne il veleno... »
« Sei una stramaledetta vipera, donna. Non ho mai visto tanta cattiveria racchiusa in un unico essere umano ».
« ... occorre tagliare gli steli laterali... »
Che stessero insieme o che si detestassero come il primo giorno in cui si erano incontrati, poco cambiava nella dinamica della relazione tra le uniche due persone presenti all'interno dell'ormai deserta Sala Comune di Grifondoro, perché a dettare le regole di quel rapporto vi era una sola, semplice costante: James Potter e Lily Evans erano nati per bisticciare. Bisticciare, non litigare. 
Durante quei sette anni, infatti, i due si erano sì resi protagonisti di scontri anche accesi e violenti che li avevano portati ad insultarsi e a non rivolgersi la parola per lungo tempo, ma quegli episodi erano comunque stati rari, se messi a confronto con la miriade di piccole ed insignificanti scaramucce che avevano popolato le loro giornate nel castello, da quando vi avevano messo piede. Di fatto, non era passato giorno, da quando entrambi frequentavano Hogwarts, senza che James non avesse detto o fatto qualcosa che aveva automaticamente generato il fastidio e la stizza di Lily, o viceversa, senza che Lily non avesse notato un atteggiamento o un modo di fare di James che la mandava su tutte le furie. Era la regola, una legge non scritta, una consuetudine assodata che avrebbero inevitabilmente portato avanti anche da fidanzati, probabilmente perché (non tanto) in fondo piaceva da matti ad entrambi.
Il pomo della discordia, quella sera, era stato il lavoro di coppia di Erbologia, a cui avevano deciso di dedicarsi dopo cena. 
James, a quanto pareva devastato dalla lunga e faticosissima giornata scolastica appena trascorsa e notevolmente spossato dalla tensione per la presentazione delle domande di ammissione, aveva insistito per spostare quello spiacevole appuntamento per sostituirlo con uno (a sua detta) di gran lunga più rilassante e produttivo, ma Lily non si era mostrata dello stesso avviso, giustificando quel rifiuto con un secco e categorico per l'intera settimana ho altri piani, o si studia questa sera o puoi scordarti la mia collaborazione, Potter. Lui non seppe mai a quali misteriosi piani e improrogabili impegni avesse fatto riferimento la ragazza, ma non aveva comunque osato contraddirla, e senza ulteriori repliche si era messo al lavoro, anche se a modo suo. Aveva profuso tutto il suo impegno, infatti, non per archiviare in fretta la pratica studio e togliersela di mezzo, ma per dissuadere (con modalità alquanto discutibili) Lily dal suo intento, rendendole di fatto la vita impossibile per poi ottenere una sua inevitabile resa. Evidentemente, però, aveva sottovalutato la resistenza del suo avversario, perché Lily, avendo inizialmente preso le sue punzecchiature con il sorriso, aveva continuato imperterrita a scrivere la sua relazione, nonostante la sua piuma fosse preda di strani giochetti di Levitazione, nonostante il suo inchiostro si ostinasse a sparire a intervalli regolari, nonostante il suo libro si chiudesse di botto ogni qualvolta vi ci metteva sopra il naso... nonostante tutto. Tuttavia, nel momento in cui, per la quarta volta consecutiva, James aveva trovato divertente far Evanescere la sua pergamena mentre stava per scrivervi sopra, la ragazza aveva mandato la sua pazienza a farsi benedire, imprecando pesantemente contro il suo disturbatore seriale e costringendolo a finire - e anche in fretta - i disegni che gli aveva assegnato, senza i quali non gli avrebbe più rivolto la parola. Com'era facilmente prevedibile, quella minaccia si concretizzò realmente, così, da una buona mezz'ora, Lily era tutta intenta a scrivere la sua relazione in totale silenzio, del tutto noncurante delle frasi a lei rivolte da James, che, arresosi, stava adempiendo al suo compito tra uno sbuffo e un altro.
« Li ho finiti » stava continuando a pungolarla lui, il tono della voce fiacco. « Questo era l'ultimo. Tieni, guarda ».
Per la prima volta dopo minuti interi, Lily alzò lo sguardo, le sopracciglia leggermente inarcate. Senza una parola, afferrò con poca delicatezza i fogli che James le stava porgendo e iniziò a studiarli uno per uno. Dopo un po', tornò a guardare lui.
« Mi stai prendendo in giro? » domandò, più seria che mai. « Questo è il meglio che sai fare? »
James, pur consapevole di non essersi impegnato per niente a realizzare quelle raffigurazioni, non volle dargliela vinta.
« Sì » rispose, risoluto. « Perché? Qualcosa non va? »
« Questi non vanno » replicò a sua volta Lily, sollevando la mano con i suoi disegni stretti tra le dita. « No, dico, questo ti sembra un lavoro presentabile? Questi disegni sono orribili » terminò senza alcuna pietà.
Lui parve accusare il colpo, e iniziò a guardarla torvo, assottigliando lo sguardo dietro gli occhiali tondi.
« Tu sei orribile » ribattè a muso duro, guardandola dritto negli occhi, esattamente come lei.
« Già, certo » fu la sua pronta risposta, un sorriso sardonico dipinto sul volto. « Riprovaci, magari la seconda volta inizierai a crederci sul serio ».
Si fissarono, un palese e prolungato sguardo di sfida da ambo le parti, finché non trovarono più la forza di resistere oltre ed entrambi scoppiarono a ridere. 
Sì, James Potter e Lily Evans erano nati per bisticciare, ma erano anche nati per fare pace, alla fine.
« Maledizione, sei tremenda! » esclamò James, ancora vittima delle risa irrefrenabili, mentre passava un braccio intorno al collo di Lily per farle sistemare comodamente la testa sul proprio petto. « Questa è stata davvero cattiva... E anche un po' arrogante da parte tua, ad essere sinceri ».
Lei, che non aveva ancora smesso di ridere, sollevò il capo per guardarlo.
« Perché mai? » domandò ingenuamente, e James la fissò con lo sguardo tipico di chi la sa lunga.
« Credi davvero che, solo perché sei la mia ragazza, io non possa più insultarti o deriderti? » fece allora, accompagnando le parole ad uno sguardo eloquente. 
« No, non lo credo affatto » ribattè prontamente lei con tranquillità. « Anzi, credo che, proprio perché adesso sono la tua ragazza, tu debba insultarmi e deridermi, altrimenti non ci si diverte » affermò con la massima serietà. « Ma tu vuoi farmi davvero credere che mi troveresti sul serio orribile? » concluse poi, avvicinandosi a lui dolcemente, gli occhi verdi dilatati e la bocca arricciata in un tenero e innocente sorriso.
James scoppiò nuovamente a ridere, attirandola a sé per stamparle un rude bacio sulle labbra, e lei lo seguì a ruota. 
Quando smisero di ridere, Lily si rimise diritta, pronta a riprendere il proprio lavoro, ma lui fu veloce nel cogliere le sue intenzioni, tanto da bloccarle sul nascere.
« E no, signorina, per questa sera abbiamo finito » disse, sottraendo abilmente la piuma dalla stretta delle sue dita. « Io ho portato a termine il mio lavoro, che ti piaccia o no » ci tenne ad aggiungere non appena intercettò la sua voglia di replicare, « quindi chiudi quel libro e lascia perdere quella pergamena. Quei due righi che ti mancano li completerai domani, adesso voglio stare un po' con te ».
Lei lo fissò, perdendosi per qualche secondo nella dolcezza dei suoi occhi nocciola, poi sorrise e fece esattamente ciò che lui le aveva detto. Abbandonò tutto il materiale scolastico sul tavolo, dopodiché si accoccolò nuovamente tra le braccia di James, chiudendo gli occhi per qualche istante per godersi appieno il calore che il suo corpo emanava. Nello stesso momento, lui prese ad accarezzarle i capelli, lentamente, e a quel punto la sensazione di pace che invase entrambi fu totale. 
Rimasero in silenzio per un po', sereni e del tutto immersi in quell'abbraccio ristoratore.
« Com'è andato il tuo colloquio con la McGranitt? Non abbiamo nemmeno avuto modo di parlarne » chiese dopo un po' James, facendo scorrere le dita lungo il suo braccio sinistro. 
« Bene » rispose lei con tranquillità. « Devo dire che mi ha rassicurata molto... Ha detto che sia la scelta del Dipartimento Auror che quella di Guarigione sono perfette per me, e che ho ottime possibilità in entrambe le cose, indipendentemente da ciò che andrò a scegliere di fare ». Sospirò, un sorriso appena accennato sul suo volto. « Mi ha anche riportato l'ultimo tentativo di Lumacorno di convincermi a diventare Pozionista, ma su questo abbiamo sorvolato in fretta » aggiunse poi con una breve risata.
« Non credo si arrenderà mai, il vecchio Luma » commentò James, poggiando il mento sulla testa di lei. « Voglio dire, ti ama quasi quanto me, e tu che fai? Snobbi totalmente la sua materia - in cui peraltro eccelli - e gli rifili un dispiacere di queste dimensioni a fine carriera scolastica. Nah, non si riprenderà mai » confermò alla fine.
« Gli manderò dei fiori » fu la sbrigativa risposta di Lily, e lui rise, apprezzando sinceramente la praticità della ragazza. « E tu? » domandò poi, voltandosi a guardarlo. « Alla fine hai seguito il mio consiglio o hai fatto di testa tua come al solito? »
James diede in un'altra fragorosa risata, battendo leggermente il capo contro lo schienale del divano.
« Secondo te? » domandò retoricamente. « Sono asservito al tuo volere, mia signora. Ormai, per me, ogni tuo desiderio è un ordine ».
« Sì, come no » ribattè lei, battendogli un pugno sul petto, e lui rise, per poi prendere tra le proprie la mano che lo aveva colpito e lasciarle un lieve bacio sul dorso. 
« Comunque sì, ho seguito il tuo consiglio » le rispose poi, sorridendo, ed in effetti era stato così. 
Come per tutti gli studenti del settimo anno, infatti, anche per James e Lily il futuro al di fuori di Hogwarts era stato in assoluto il tema principale di quegli ultimi giorni tanto concitati. Ne avevano ampiamente discusso, scambiandosi opinioni, decisioni ed aspettative, e proprio in occasione di quei confronti il ragazzo aveva manifestato la volontà di presentare una sola domanda di iscrizione, quella per il Dipartimento Auror, esattamente come avevano da sempre deciso di fare sia lui che Sirius, fermi e determinati sulle proprie posizioni. Era arrivato proprio allora il consiglio di Lily che, pur avendo preso atto del suo volere e avendolo lasciato completamente libero di fare le proprie scelte, si era però espressa in modo leggermente diverso, suggerendo a James di non precludersi a priori la possibilità di prendere in esame altre opzioni, soprattutto in virtù della difficoltà insita nella strada che avrebbero voluto intraprendere. Lui, che non aveva mai preso minimamente in considerazione quell'ipotesi e che faticava seriamente a vedersi in vesti diverse da quelle di Auror, si era così ritrovato a riflettere sul suo saggio parere, e nei primi momenti non era riuscito a interiorizzare l'idea di poter guardare altrove. Successivamente, però, una sottile e inspiegabile curiosità si era fatta largo nella sua mente, inducendolo a studiare la situazione con una nuova lucidità e a guardarsi intorno come mai, prima d'allora, aveva realmente fatto: a quel punto, animato dalla voglia di sondare ogni possibile alternativa, si era autoconvinto di cancellare dalla sua mente la sua vera vocazione, così da prendere quella ricerca sul serio e calarsi pienamente nei panni in cui non avrebbe voluto mai stare, ovvero in quelli di chi è costretto ad abbandonare le proprie ambizioni per accontentarsi di quello che offre la vita. Non l'avrebbe mai immaginato, ma quell'esplorazione apparentemente infruttuosa aveva portato dei risultati.
« Ho fatto domanda per l'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale » le comunicò James, e lei lo fissò, colpita. « E' stata l'unica cosa che mi ha colpito davvero, tra tutto quello che ho preso in considerazione. Entrare in contatto con culture diverse, scoprire nuovi modi di intendere e trattare la magia... beh, penso che possa essere stimolante, sul serio ».
Lily lo fissò con insistenza, vagliando la sincerità delle sue parole, e non potè non riscontrarla anche in quell'occasione. Come sempre.
« Mmm... il diplomatico, eh? » disse infine, giocosa, e lui diede in una breve risata.
« Esatto, mon amour » rispose lui, assecondando il suo tono scherzoso. « Dopotutto, l'equilibrio, la ponderatezza e la capacità di giungere a compromessi non sono forse le mie migliori qualità? »
A quelle parole, fu il turno di Lily di scoppiare a ridere, arricciando il naso come d'abitudine.
« Rientrano sicuramente nella classifica delle prime cinque » lo confortò, e lui le diede un lieve buffetto sulla guancia.
« Ad ogni modo, avevi ragione » riprese poi James, tornando più serio. « Se avessi dovuto prendere questa decisione un paio di anni fa, sarei scoppiato a ridere all'idea di scegliere o anche solo provare qualcosa di diverso rispetto al mio vero sogno, e fino a qualche giorno fa ho fatto davvero fatica a capire il tuo consiglio ». Sorrise, apparentemente senza un vero motivo, poi proseguì. « Sai, sono cresciuto con il mito di mio padre Auror, strenuo difensore della giustizia e del bene contro il caos e i malvagi » riprese, il tono della voce vagamente teatrale, e a Lily quella frase ricordò straordinariamente una sua affermazione simile di ormai sette anni prima, quando, sul treno che li stava conducendo ad Hogwarts per la prima volta, James disse di non aver alcun dubbio sulla Casa nella quale avrebbe desiderato essere Smistato: Grifondoro, esattamente come suo padre. « In effetti, non credo che mi rassegnerei facilmente all'idea di abbandonare quella strada ancor prima di averci provato » continuò a dire, quasi assorto nei propri pensieri. « Ma fortunatamente queste scelte si fanno adesso, da grandi, no? Perciò, la prima cosa che fanno i grandi è accettare la realtà e mettere in conto gli insuccessi, quindi sarei stato stupido a privarmi di un'alternativa solo per insistere su un qualcosa che... che non dà nessuna certezza, alla fin fine ».
Gli occhi di Lily non si allontanarono nemmeno per un istante dal viso di James, osservandolo come se fosse la prima volta che lo incontravano.
Avendo riportato alla mente, qualche momento prima, quel bambino dai capelli ribelli e dagli occhiali storti che tanto si atteggiava sull'Espresso di Hogwarts, e ritrovandosi adesso a guardare ed ascoltare quel ragazzo dagli stessi capelli ribelli e dai medesimi occhiali storti quasi sette anni dopo, a Lily parve a dir poco stupefacente vedere quanta strada avesse fatto quel bambino per diventare l'uomo che aveva di fronte. James era cresciuto, quello era evidente, e proprio la sua maturazione era stata alla base del cambiamento del loro rapporto, del cambiamento di lei stessa, che si era resa conto di essersi innamorata di lui, ma la sua aria da eterno giocherellone, sempre allegro ed ottimista, molto spesso infantile, anche solo per scherzo, poteva offuscare la crescita che aveva subito, soprattutto agli occhi di chi lo conosceva superficialmente, o peggio di chi non lo conosceva affatto. Sentirgli fare quel discorso, però, così pratico, così crudo per un sognatore diciassettenne, così realista da far pensare che non fosse proprio lui a pronunciarlo, le fece capire, come forse ancora non era riuscita a fare, quanto di quel bambino fossero rimaste solo le qualità più belle - l'ingenuità, la genuinità, la spontaneità -, quelle che le avevano fatto perdere la testa per lui, ma che a queste si erano aggiunte anche molte altre virtù. 
Lily sentiva di avere un uomo forte e sicuro al proprio fianco, un uomo capace di prendersi cura di lei e di proteggerla, un uomo su cui avrebbe potuto contare e fare affidamento... e capì di non poter desiderare niente di meglio al mondo.
« A dirla tutta » riprese James, il sorriso tornato sul suo volto, « ho anche fatto domanda per un provino da Cacciatore al Puddlemere United per la prossima stagione... sai com'è, se col Ministero dovesse andare proprio tutto male, beh, almeno mi diverto! »
Scoppiò a ridere, divertito all'idea che alla fine, tra le due ipotesi più concrete, potesse realizzarsi la terza possibilità, decisamente più inattesa e stravagante.
Lily, invece, continuò ad osservarlo, un lieve e dolce sorriso ad incresparle le labbra.
« Non ti servirà » mormorò, e lui tornò a guardarla, inizialmente un po' spaesato. « Né questa, né l'altra domanda. Farai quello che sogni, ne sono sicura ».
James inclinò il capo per osservarla meglio, e le lasciò una breve carezza sulla guancia, vezzeggiando la sua pelle chiarissima.
Era disteso, il sorriso di Lily, e sincero. Lo era sempre, in realtà, ma ogni volta riusciva ad ammaliarlo come se non lo conoscesse già. In quell'occasione, poi, si soffermò a studiarlo a lungo, e lei lo lasciò fare, poiché, da quando stavano insieme, adoravano i momenti in cui riuscivano a parlare, a prendersi in giro o a ridere, ma avevano scoperto di amare quei frangenti in cui non facevano altro che guardarsi. Guardarsi e basta, senza una parola.
« Che c'è? » gli domandò Lily dopo parecchi istanti di assoluto silenzio. Aveva notato che il suo sguardo voleva dirle qualcosa, ma non capiva cosa di preciso.
James sorrise, tornando ad accarezzare alcune ciocche di capelli che le ricadevano ai lati del viso.
« Sei tranquilla » rispose lui, e inizialmente lei non comprese appieno le sue parole, così lo lasciò proseguire. « In un periodo in cui la gente esplode da un momento all'altro perché non sa cosa fare della propria vita, giornate in cui si vedono pianti isterici e reazioni da manicomio in ogni dove, tu sei... tranquilla. Sì, assolutamente tranquilla ».
Lily sorrise spontaneamente a quelle parole, trovandole del tutto vere, e non la sorprese l'accenno di stupore che, magari anche involontariamente, James aveva infuso in quelle frasi. E non lo fece perché ricordava ancora in modo vivido - esattamente come lui - quanto l'ansia e l'angoscia per il proprio futuro fossero state simili a quelle delle persone a cui il ragazzo aveva fatto riferimento.
Non più tardi di quattro mesi prima, infatti, si era ritrovata a sentirsi totalmente schiacciata dal peso delle responsabilità che quell'anno avrebbe portato sulle sue spalle, a quanto pareva del tutto impreparata ad affrontare una realtà che era arrivata troppo presto e con troppa brutalità, e la confusione che si era fatta largo nella sua mente l'aveva assorbita completamente. Da lì erano sorti mille dubbi, sulle proprie capacità, sui propri sogni, sulle proprie ambizioni e sulla forza che possedeva per realizzarle tutte quante, tanto da farla sentire piccola, fragile e assolutamente sbagliata per poter inseguire per davvero una carriera decisamente troppo più grande di lei... tanto da farle desiderare, al termine dell'incontro che avevano avuto con alcuni Auror del Dipartimento durante l'orientamento professionale, di rifugiarsi in Dormitorio e accoccolarsi sul proprio letto, al riparo da quelle scelte che, minacciose, attendevano di essere compiute.
Molto, però, era cambiato da quella uggiosa giornata di fine Novembre. Lei era cambiata. 
Il pessimo impatto che aveva avuto con il suo futuro e tutto ciò che la attendeva le era servito come una sveglia, un brusco risveglio dal dolce torpore che le rassicuranti mura di Hogwarts erano capaci di offrire, e da allora si era data da fare per voltare pagina, per vedere con occhi diversi il percorso che si stava profilando dinnanzi a lei, per accogliere a braccia aperte quel vento di cambiamento che sì, le avrebbe scompigliato un po' i capelli, ma sarebbe anche stato in grado di donarle aria nuova da respirare a pieni polmoni. E ci era riuscita. 
In quei mesi aveva recuperato tutte le energie che il pessimismo e lo sconforto di quella giornata le avevano sottratto, e una rinnovata vitalità si era impossessata di lei, spingendola ad affrontare quelle importanti decisioni con tutta la calma, la serenità e la determinazione necessarie. E non poteva negare che una buona fetta di quel pacato ottimismo era stata opera proprio di quel ragazzo che, in quel momento, la stava guardando con tanto ammirato incanto. James, che sapeva trasmettere sicurezza e positività, che brandiva come una spada la sua voglia di combattere per ciò in cui credeva, riuscendo così a convincere a farlo anche chi gli stava vicino... James, che proprio in quella uggiosa giornata di fine Novembre, aveva avvertito, tra tutti, le sue paure, l'aveva spinta a reagire, e le aveva promesso che ce l'avrebbero fatta. 
« Sono fiduciosa » rispose lei dopo un po', riflettendo sul suo effettivo stato d'animo. « Ho scelto di seguire la strada che mi appassiona di più, e lotterò per quella... credo che a vent'anni non ci sia niente di più bello ». Sorrise, pacatamente. « Adesso si apre una nuova fase, non è così? Nuova non significa cattiva ».
James ricambiò il suo sorriso, approvando totalmente la sua posizione.
« Giusto » fece, e Lily gli lanciò un occhiolino complice, facendolo ridere.
« E tu? » gli chiese poi lei, inaspettatamente, e pareva essere tornata più seria. « Tu sei fiducioso? Anche adesso che... i giochi sono fatti, ecco. Pensi che ce la faremo davvero? » 
Lui diede in un profondo sospiro, ponderando con la massima attenzione la sua domanda. Lily aveva bisogno della sua onestà, lo sentiva.
« Io credo che abbiamo tutti ottime possibilità di farcela » rispose, e lei avvertì immediatamente la franchezza che trapelava dalle sue parole. « Insomma, riflettiamoci un attimo. Frank è un ragazzo brillante e serio, Alice è dannatamente tosta e sveglia, Sirius... beh, Sirius è un maledetto fuoriclasse, tu sei la ragazza più intelligente e capace che io conosca, e io... » Si aprì in un sorriso ampio, stringendosi nelle spalle. « Beh, io sono James Potter, questo basta e avanza! » concluse, e immediatamente la sua risata si unì a quella di Lily, che iniziò a battergli ripetutamente un pugno contro il petto.
« E' mai possibile che ti ostini a rimanere uno stramaledetto imbecille tronfio? » esclamò lei, anche se ancora rideva.
« Ehi, sei tu che hai chiesto la mia opinione! » ribattè lui, prendendola per i polsi per bloccarla. « Io la penso così, adesso attendo obiezioni! »
Lei lo fissò, gli occhi ridotti a fessure, e impiegò tutto il proprio impegno per concentrarsi e trovare un argomento che smontasse la sua tesi. Alla fine, però, complice anche la sua faccia da schiaffi che, con la sola forza dello sguardo, la invitava a lasciar perdere, desistette dal proprio intento e scoppiò a ridere, mentre James la seguiva a ruota e le cingeva le spalle con un braccio per stringerla a sé.
Rimasero abbracciati per un po', ancora leggermente scossi dalle risa, finché Lily, con un sospiro che suggeriva la fatica che provava nel compiere quel movimento, non si issò per rimettersi a sedere e tornare ad impugnare la propria piuma.
« E' meglio che finisca questa relazione » disse, fiacca. « Gli Eccezionale non piovono dal cielo, mister sono-già-un-Auror ».
Lui sogghignò con la sua tipica aria malandrina, riflettendo rapidamente su un possibile modo per impedirle di procedere con il suo tedioso lavoro.
« Hai assolutamente ragione » rispose fermamente, non appena ebbe messo a punto un semplice ma sicuramente efficace piano, e lei si mostrò sorpresa per la sua risposta, ma anche palesemente sospettosa. « Cos'hai da fissarmi in quel modo? Dico sul serio, hai ragione. Ma, se punti agli Eccezionale, dovresti affrontare prove ben più dure di una banale relazione da primini. Mettiti alla prova, no? Agli esami non ti daranno nulla del genere, Evans, fidati ».
Lily non mosse un muscolo, mantenendo inalterata la propria espressione scettica, e stessa cosa fece anche lui, il cui sguardo furbo e allo stesso tempo fintamente innocente non cedette a quello di lei nemmeno per un secondo. Ardua sfida, lo pensarono inevitabilmente entrambi.
« Sei un disturbatore cronico, Potter. Di cosa parli? » domandò lei infine, sospirando pesantemente.
Lui si prese tutto il tempo per rispondere, come se volesse scegliere con la massima cura le parole più adatte, anche se in verità voleva solo generare suspense.
« Sto parlando di un test, mia bella diplomanda » disse, un sorrisetto tutt'altro che dolce a incurvargli appena le labbra. « Semplice relazione - roba da primo anno -, mixata a una generosa dose di... pressione fisica. Tanto per capire a che grado è capace di arrivare la tua concentrazione. E' importante, sai? »
Di nuovo quel sorriso, ancor più prepotente di prima, e ancor più divertente, anche se Lily, in quel momento, non lo avrebbe mai ammesso.
Mosse le labbra arricciate prima a sinistra, poi a destra, prendendo in seria considerazione la sua proposta. Rifiutare, dopotutto, avrebbe significato darsi per vinta, ammettere di non poter reggere nemmeno per un nanosecondo sotto l'effetto della sua attiva partecipazione corporale (fu così che la definì con esattezza nella sua mente mentre rifletteva). Ma, allo stesso tempo, se avesse accettato la sua stupidissima sfida, avrebbe dimostrato di stare al suo gioco, altra prospettiva assai poco allettante. O perlomeno, fu quello che disse a se stessa in un vano tentativo di ingannare la propria coscienza, perché in verità sapeva benissimo quanto sarebbe stato spassoso prendere parte alla sua interessante iniziativa. E così, all'improvviso decidere divenne parecchio semplice.
« E tu credi davvero che io non sarei capace di completare questa misera relazione solo a causa del tuo tocco divino? » lo provocò, incredula.
James si fece d'un tratto perplesso e la guardò, inarcando un sopracciglio.
« Chi ha messo in dubbio le tue capacità? » replicò, perfettamente serio. « Io sono solo pienamente convinto delle mie, il che cambia tutto ».
Lei si esibì in una risatina di scherno che avrebbe dovuto offenderlo, ma che riuscì solamente a rendere il suo sorrisetto ancor più consapevole.
« Oh, davvero? » ribattè con estrema sicurezza. « In tal caso, sono più che pronta a smontare ogni tua convinzione. Prego, mettiti pure al lavoro ».
Afferrò con decisione la penna d'oca, intingendola più volte nel calamaio, e con la massima tranquillità e compostezza, ricominciò a scrivere.
James, al suo fianco, capì di aver fatto centro: Lily avrebbe ceduto. Non facilmente, certo, ma piuttosto in seguito a numerosi tentennamenti e tentativi di darsi il contegno necessario a proseguire per la propria strada... fatto sta che, alla fine, avrebbe ceduto. James non nutriva il benché minimo dubbio a tal proposito.
Senza smettere di sorridere e pregustando sin da quel momento il piacevole e appagante sapore della vittoria, così, si mise all'opera proprio come la stessa Lily gli aveva ingenuamente consigliato di fare, e si domandò come avesse potuto mettere in discussione le sue capacità nel campo della seduzione, senza però riuscire a trovare una risposta degna di questo nome a quel quesito assai complesso. Solo a quel punto, allora, assolutamente conscio di tutti i mezzi che aveva a disposizione, delle tecniche utilizzabili, del procedimento più adeguato e degli strumenti alla sua portata, pose strategicamente le proprie dita intorno alle sue spalle, cominciando a stringerle e ad abbandonarle di continuo in un morbido massaggio atto a mandarla in tilt. Anche se, naturalmente, quello era solo l'inizio, il primo di una lunga serie di assi che teneva nascosti nella manica, e che non aveva alcun timore di tirare fuori.
Ben presto, lasciò scivolare i palmi delle mani sulle sue braccia, avanti e indietro, molto lentamente, applicando una misurata pressione, e si fece più vicino, scivolando con esattezza alle sue spalle e approfittando del fatto che lei sedeva proprio sull'orlo del divano, lasciando libero gran parte del sedile che occupava.
Lily, che fino ad allora aveva sì provato una paradisiaca sensazione di calore diffondersi per tutto il corpo, ma che era comunque riuscita a scrivere un paio di righe, cominciò ad avvertire una sorta di agitazione che la pervadeva nelle parti dello stomaco, e tentò con tutte le proprie forze di cacciarla via, senza successo. Le vibrazioni che il corpo di James, pur senza toccarla, le trasmetteva, erano intense tanto quanto lo sarebbero state se si fosse ritrovata incollata a lui. Anche se, in effetti, preferì non lasciare la mente troppo in balia di quest'ultima immagine, per non ritrovarsi obbligata a sventolare bandiera bianca già dopo appena un paio di minuti o ancor meno.
Ad ogni modo, doveva ammetterlo, la situazione stava già cominciando a farsi critica, ma non aveva di certo intenzione di mollare. Avrebbe resistito.
Se lo ripetè più e più volte, senza sosta, mentre le labbra di James si posavano sul suo collo e lei, inevitabilmente, rabbrividiva, con la piuma che procedeva senza il suo supporto e scribacchiava pane al posto di pianta, con una grafia che non era la sua, e che non sarebbe stata neppure in grado di leggere. E lui se ne accorse, e sorrise appena sulla sua pelle, e lei se ne accorse, e sorrise a sua volta, perché aveva sempre saputo che alla fine sarebbe stato lui a vincere. E di questo era contenta, perché tutte le volte in cui lui aveva vinto e raggiunto il traguardo, lei aveva trovato la felicità. E adesso tutto, fra loro, combaciava.
Lasciò che la baciasse, socchiudendo appena gli occhi, e cercò di non tremare neanche un po'. Erano grandi, le labbra di James, e carnose, e la saziavano, ma mai completamente, lasciando sulla sua pelle o sulla bocca un pizzico di desiderio che la induceva tutte le volte a ricercarle ancora. La perfetta parafrasi di un sublime piacere.
Inclinò impercettibilmente il collo, continuando a far vagare la piuma lungo il foglio. 
Dopotutto, il suo compito era finire la relazione, ma nessuno aveva parlato di come sarebbe dovuta terminare. Colta da quell'illuminazione, allora, riaprì gli occhi di scatto e scrisse a chiare lettere le parole: e vissero tutti felici e contenti. E mentre James rideva sottovoce, mosse il capo verso destra e gli sussurrò: « Ho vinto », premendo le labbra sulle sue per baciarlo con ardore.
Lui rispose al bacio con altrettanto entusiasmo, serrando le mani sui suoi fianchi per indurla a voltarsi, e con gli occhi chiusi, sentì che le sue dita si facevano strada fra i suoi capelli, scompigliandoli ancor di più. 
Adesso, erano senza dubbio entrambi a non capirci più nulla. La loro sfida li aveva condotti all'unico risultato possibile: un sano pareggio con tanto di ricompensa per ambedue gli avversari. In definitiva, non avevano nulla di cui lamentarsi.
Completamente presi l'uno dall'altra, assorbiti dalla situazione che li aveva coinvolti senza che se ne fossero nemmeno resi conto, si baciarono per parecchi istanti, combattendo la mancanza d'ossigeno che scalpitava loro in gola. E James, che aveva la mente occupata da scintille e non vedeva null'altro che buio inframmezzato da fulminei flash dei suoi scarmigliati capelli rossi, pensò che quella fosse la sensazione più emozionante e opprimente al tempo stesso che avesse mai provato in vita sua. Uno strano miscuglio che gli rivoltava lo stomaco, ma che gli piacque smisuratamente.
Quasi come fosse fuori dal suo controllo, la sua mano finì per solleticare la pelle gelata di lei appena sotto l'orlo della camicia, ed ebbe appena il tempo di sentirla stringersi un po' più forte a sé, che un rumore proveniente da chissà dove lo distrasse, riconducendolo di scatto alla ragione.
Si allontanarono bruscamente l'uno dall'altra, puntando lo sguardo verso l'ingresso della Sala Comune, e non più di un paio di secondi dopo qualcuno entrò nella stanza con un balzo, guardandosi intorno con aria annoiata.
« Ah... cavoli » borbottò in tono schifato l'inconfondibile voce di Sirius, e Lily si sentì immediatamente sprofondare.
Fu proprio su di lei che si concentrò lo sguardo del ragazzo, sulla sua chioma scombinata e sul maglioncino decisamente fuori posto.
« Evans, non fare complimenti, sali pure! In Dormitorio c'è posto per tutti » le disse con un ghigno che la mortificò in maniera indicibile. « E tu sei un gran cafone, amico, non era mica compito mio invitarla su... insomma, ti sembra un posto adatto, questo? E' davvero poco elegante ».
Scosse il capo, schioccando sonoramente la lingua, poi fece un cenno col capo e si diresse alla scaletta a chiocciola che conduceva ai Dormitori.
« Felice accoppiamento » augurò loro prima di andar via, e sparì alla loro vista.
I due malcapitati, rimasti immobili per alcuni secondi, dopo un primo momento di lecito scombussolamento, palesarono due reazioni decisamente diverse di fronte a quell'inaspettato e poco gradevole imprevisto: James, i capelli tanto ritti e disordinati da non dare al suo taglio il benché minimo senso, restò fermo a fissare il punto in cui aveva visto Sirius per l'ultima volta, probabilmente chiedendosi se ciò che era successo fosse stato vero o se si era trattato di una mera allucinazione; Lily, invece, si era immediatamente alzata in piedi, apparentemente del tutto impassibile, dando inizio ad una breve operazione di restauro del proprio aspetto. Si sistemò i capelli, rimise a posto la camicetta, spingendola nuovamente sotto il maglioncino, e infine si stirò la gonna, per poi afferrare la borsa abbandonata accanto al divano per iniziare a rovistarvi dentro. Evidentemente, per lei, far finta che quell'episodio non fosse mai successo, facendo scorrere la propria vita come se niente fosse, era in assoluto la decisione più saggia, oltre che la più comoda.
Dopo aver rimesso a posto tutto il proprio materiale scolastico, prese in mano la pergamena della relazione e, invece di riporla nella propria borsa, inaspettatamente la porse a James che, distratto da quel movimento, la guardò per la prima volta dopo minuti.
« Tieni » disse lei, l'espressione del volto del tutto imperscrutabile.
James fece fatica a comprendere quel gesto, e fissò il proprio sguardo prima sulla pergamena e poi su di lei più volte consecutivamente.
« Cos-... » mormorò, totalmente smarrito, e Lily non si scompose, né tirò indietro la mano.
« C'è qualche correzione da fare alla fine, ma per il resto è perfetta » spiegò a quel punto, più seria che mai. « Non dovresti metterci più di dieci minuti ».
A quelle parole, James riuscì finalmente a ricomporre tutti i pezzi del puzzle, e immediatamente la sua espressione mutò, passando da un educato smarrimento a una indignata incredulità.
« Spero che tu stia scherzando » ribattè, profondamente risentito. « No, dolcezza, i patti erano chiari: io i disegni, tu la relazione. Su questo non ho intenzione di discutere ».
« Non ricordo di aver firmato nessun contratto, dolcezza » fu la pronta risposta di Lily, per niente toccata dalle sue parole. « E se stai ancora tenendo in considerazione i tuoi disegni, beh, scrivere due frasi è il minimo che potresti fare, visto gli scarabocchi che mi hai presentato ».
« Scarabocchi? » replicò lui, indignato. « Beh, scusa tanto se esiste al mondo una cosa che non sono capace di fare! »
Riportare l'intera la discussione che i due hanno affrontato quella sera sarebbe decisamente noioso, oltre che eccessivamente prolisso.
Ad ogni modo, anche in quell'occasione, una cosa si era ancora una volta dimostrata assolutamente certa: James Potter e Lily Evans erano nati per bisticciare. E sì, erano anche nati per fare pace, alla fine, ma erano sicuramente più bravi a trovare altre ragioni per bisticciare ancora, ancora, e ancora.








Note della Malandrinautrice: Salve, gente! Ebbene sì, siamo ancora vive e vegete, che ci crediate o meno. Dopo un periodo piuttosto turbolento sotto vari aspetti, siamo finalmente riuscite ad aggiornare, e siamo fiere di presentarvi un capitolo che avrebbe dovuto essere breve, ma che, chissà come, è invece venuto fuori in ben 60 pagine. Capitolo da me medesima definito 'capitolo a staffetta', dato che io e la sora ci siamo date spesso il cambio, scrivendo.
Anyway, non abbiamo granché da dire. Tutti i protagonisti affrontano in maniera differente il confronto con il futuro, ovvero il tema portante del capitolo: Remus sboccando come un matto, poveretto, Scarlett e Sirius ricominciando a recuperare il loro rapporto e James e Lily nel loro idillio amoroso (?).
Detto ciò, prima dei ringraziamenti, aggiungo solo qualche parola in merito alla canzone inserita nel capitolo. E' 'The Scientist' dei Coldplay, un brano davvero incantevole. Che Dio li benedica.
Infine, come sempre, ci teniamo moltissimo a rinnovare i nostri più sentiti e sinceri ringraziamenti per i trentasette amori che ci hanno lasciato un commento allo scorso capitolo. Siete fantastici, il vostro supporto è l'ingrediente fondamentale della passione con cui portiamo avanti questa storia. Grazie di puro cuore.
E grazie anche ai 391 delle preferite, ai 93 delle ricordate e ai 394 delle seguite, naturalmente!
Detto anche questo, un forte abbraccio a tutti voi! Ciao!


Simona_Lupin

 

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Capitolo 40
*** Un compleanno per due ***





Capitolo 40

Un compleanno per due
 

 


 
 
Sul letto più immerso nel caos dell’intero Dormitorio dei Malandrini dormiva beato James Potter, le coperte intrecciate alle gambe e i tondi occhiali sulla punta del naso, in evidente stato di precarietà. Di solito, durante la notte, rimanevano poggiati sul comodino - almeno finché Sirius, per il puro piacere di vederlo infuriato, non li lasciava cadere a terra con una lieve spintarella per dargli il buongiorno con il dolce suono di lenti infrante -, ma la sera precedente, intorno alle undici, il ragazzo si era lasciato vincere dalla stanchezza, precipitando in un sonno profondo senza nemmeno rendersene conto. Evento più unico che raro, data la tendenza di James a fare sempre le ore piccole, così com’era consuetudine un po’ fra tutti gli abitanti del Dormitorio in questione, malgrado alcuni di loro non gradissero quanto altri il rispetto di quella particolare tradizione.
Ad ogni modo, James non avrebbe potuto scegliere notte peggiore per abbandonare quell’abitudine. In quel momento, infatti, riposava sereno, indisturbato e completamente ignaro di essere invecchiato di un anno da ben sette ore. Perché sì, era sempre stato fermamente certo che l’invecchiamento da compleanno - era così che era solito chiamarlo - non avvenisse progressivamente giorno dopo giorno nel corso dell’anno, ma piuttosto nell’esatto istante in cui scattava l’ora fatidica. E chi mai avrebbe potuto distoglierlo da quell’assurda ma ferrea convinzione?
Dopotutto, era proprio a causa di questo pensiero fisso che non si era mai perso la mezzanotte di tutti i 27 Marzo passati. Ma al diciottesimo, purtroppo, nulla era andato secondo i piani, cosa che aveva fatto enormemente imbestialire Sirius, ansioso di festeggiare in grande come da copione. Propositi mai realizzati, i suoi, anche per colpa di Remus, il quale aveva severamente proibito a lui e a Peter di svegliare l’amico con tanto di dure minacce che, come entrambi sapevano benissimo, non avrebbe avuto timore di mettere in atto. Alla fine, comunque, tutti erano andati a letto, seppur storcendo il naso per la grave delusione subita, e alle sette di quella mattina nessuno di loro aveva ancora aperto gli occhi per dare il via a quella nuova giornata.
La loro sveglia mattutina si dimostrò molto diversa da quella a cui erano abituati, ovvero Remus. A disturbare il sonno di tutti quanti, infatti, fu un lieve bussare alla porta e, dopo qualche istante, il rumore di questa che si apriva, rivelando una Lily ancora in pigiama con un dolce sorriso sulle labbra.
Si guardò intorno, poi si fece vicina al letto di James, e si intenerì alla vista degli occhiali in bilico sul suo lungo naso diritto. Così, osservandolo, sedette con cautela sui pochi centimetri di materasso liberi di fianco al suo corpo e gli sfiorò la guancia con affetto, chiedendosi se avesse dovuto svegliarlo o meno. Ma non ebbe bisogno di prendere alcuna decisione, perché quando tornò ad accarezzargli i ciuffi sparuti di capelli elettrizzati, lui aprì gli occhi, notando una figura familiare ma decisamente fin troppo sfocata che gli sedeva accanto. Strizzò gli occhi, finché non si rese conto di avere ancora gli occhiali addosso, anche se scivolati troppo in basso perché potesse guardarci attraverso. Li spinse lungo il naso, e fu solo allora che la figura astratta assunse una forma ben precisa. E con esattezza, gli splendidi tratti che disegnavano il volto di Lily.
« Buon compleanno, mattiniero » gli fece lei, con una punta di divertita ironia nella voce, ed immediatamente il viso di James si distese in un sorriso.
Era sorpreso, lei se ne rese subito conto, e la guardava con una tale felicità nello sguardo che chiunque, pensò, ne sarebbe rimasto contagiato.
« Questo è decisamente un buon compleanno » mormorò lui di rimando, schiarendosi piano la gola e mettendosi un po' più diritto sul letto.
Si protese appena verso di lei, e i due si scambiarono un bacio, al termine del quale Lily sorrise. Così. Senza un perché.
« Sei rimasta in pigiama perché vuoi completare la notte qui, non è vero? » disse lui, speranzoso. « A proposito, sei molto elegante ».
Lei rise, dando un'occhiata a ciò che indossava, ovvero un pigiama rosa confetto la cui felpa recava il disegno di un enorme coniglio dalle orecchie che fuoriuscivano, rimbalzando tutte le volte in cui compiva un movimento brusco.
« Dentro è ricoperto di pelo » rispose, stringendosi le braccia intorno alla vita. « E... scusa tanto, ma di quale notte stai parlando? »
Fece un cenno eloquente alla finestra lì vicino, dietro la quale si intravedeva un timido sole nascosto fra delle enormi nuvole plumbee cariche di pioggia.
« Della notte che mi è permesso inventarmi perché oggi è il mio stramaledetto compleanno, Evans » replicò James con nonchalance, per poi farle spazio accanto a sé mentre lei rideva sottovoce e borbottava: « Oh, adesso è tutto chiaro », inducendolo così a ridere a sua volta.
« Dài, non fare storie » la esortò, replicando il brusco movimento del capo. « Vieni qui. La notte è giovane ».
Sempre ridendo di cuore, Lily gli si sdraiò accanto, abbandonando il capo contro la sua spalla e cominciando a giocherellare con una delle sue mani nodose.
« Perché la mia mano sembra quasi monca in confronto alla tua? » si lagnò, premendo il proprio palmo contro il suo. « Guarda un po', è minuscola! Non dovrebbe essere così! Mia madre mi ha generata in formato mini » sbuffò infine, rannicchiandosi e accoccolandosi sul suo petto.
James gettò indietro il capo e scoppiò a ridere, cercando di modulare il tono della voce per non svegliare i compagni di stanza.
« Hai qualche altro problema col tuo corpo, oltre alle ciocche di capelli appassite e le mani in miniatura? » le chiese, sinceramente curioso.
Lei, prendendo molto sul serio la questione, cominciò a riflettere intensamente e ad organizzare una lista di tutte le cose che in lei non andavano.
« Parecchi, direi » ammise, serissima ma tranquilla. « Il busto, ad esempio. E' corto, cortissimo. E poi ci sono i fianconi, che lo deformano ulteriormente. Lo chiamano fisico a clessidra, ma per me è solo un fisico da schifo. E... uhm... le gambe. Le gambe tozze. Oh, quelle sono un problema, James, perché con le gonne è un casino. Le gonne le tagliano ancor di più, no? E devi stare attenta alle scarpe che indossi, altrimenti è finita, non ti vedono neppure. E infine le orecchie. Sono un po' sproporzionate rispetto al resto del viso, ma almeno ci sono i capelli che le coprono e… oh, i capelli, quasi dimenticavo! Non è che stanno solo appassendo, sono un completo disastro! Grovigli incredibili tutti i santi giorni, devi credermi. E sono tutti sfibrati, si spezzano facilmente, e li ritrovo ovunque, maledizione, ovunque... forse non li tratto benissimo, d'accordo, ma non posso star sempre lì a pettinarli, sarebbe sfiancante... »
Sospirò, rendendosi conto di quanto fosse problematica la propria situazione.
In effetti, non aveva mai disdegnato il proprio corpo, anzi, non si era mai nemmeno posta il problema di analizzarlo e giudicarlo, ma da quando stava con James aveva cambiato radicalmente prospettiva, nonostante il ragazzo non le avesse dato assolutamente motivo di farlo. Probabilmente, avendo quasi preso coscienza della piacevolezza dell’aspetto del suo fidanzato solo quando si era resa conto di provare qualcosa di forte per lui, a quel punto si era quasi dimenticata della propria, di bellezza, e una sorta di ansia da prestazione – o da relazione, più propriamente – si era impossessata di lei, facendola entrare nel vorticoso tunnel dell’autodistruzione. Le era presa la fissa dei difetti, tanto che ne riscontrava a iosa praticamente dovunque, ma fortunatamente si trattava di un nuovo hobby che finiva per divertirla, poiché spesso finiva per stupirsi e sorridere delle sue stesse trovate e si affannava a trovarne di sempre più fantasiose e inverosimili, generando l’ilarità delle amiche, che la incoraggiavano solo per sentire fin dove si sarebbe spinta e per riderne di cuore insieme a lei.
« Certo, bisognerebbe attenzionare anche il cervello » fece James in tono grave. « Fra tutte quelle che hai elencato credo sia la parte che riporta le più pesanti malformazioni. E, data la mia competenza in materia, penso anche che dovrei occuparmi io di tutto quanto. Saresti in ottime mani, te l'assicuro ».
La ragazza rise e sollevò lo sguardo per incontrare il suo, un'aria furba e ilare che mise a dura prova la finta compostezza di James.
« Ah, davvero? » replicò, e lui annuì, lasciandosi scappare un sorriso un po' obliquo. « In tal caso lo terrò presente ».
Risero sottovoce, e James continuò ad abbracciarla, lasciando scorrere una mano lungo la sua vita in un delicato e accennato massaggio.
« Ma sai che ad analizzarli per bene questi qui non mi sembrano affatto dei brutti fianconi? » le disse, cominciando a solleticare la sua pelle proprio nei pressi di quella particolare zona, attacco al quale Lily rispose con una sonora risata e un vano tentativo di scansarsi. « No, davvero, guarda un po' che abbiamo qui... » proseguì, sempre più interessato alla faccenda, e continuò imperterrito a farle il solletico, facendola rannicchiare e dimenare insieme.
« Non... sono... d'accordo... » biascicò fra le risate, ma dopo qualche attimo ne fu nuovamente sommersa.
James si unì ben presto a lei, ed entrambi non prestarono più molta attenzione al volume della loro voce che si alzava, del tutto noncuranti del resto degli abitanti del Dormitorio che, al suono delle loro risate, iniziarono a svegliarsi.
« Dài, James, basta.... smettila... » stava implorando Lily, che ormai non riusciva più a trattenersi e tentava invano di scappare dalla sua stretta.
« Sì, James, dannazione, ascolta la tua ragazza e dacci un taglio! » fu l'immediato richiamo di Sirius, la voce assonnata.
I suoi lunghissimi capelli scuri - sfioravano ormai le spalle - erano un po' arruffati, e lui vi immerse una mano per scuoterli e liberare il viso. Come da tradizione, indossava come unico indumento un paio di mutande raffiguranti la bandiera del Regno Unito. Vi era particolarmente legato.
« Già, c'è quell'aula abbandonata al terzo piano per questo genere di cose... » borbottò Frank, che era già precipitato a terra senza che nessuno se ne fosse accorto, e a soccorrerlo giunse immediatamente Peter, preoccupato per la salute già assai compromessa della sua cassa toracica. « Sto bene, amico... sto bene... » lo rassicurò l'altro, lasciando che lo aiutasse a tirarsi su, e lui gli battè un colpo sulla spalla.
« Lily... ma perché hai violato il mio sacro sonno? » chiese invece Remus, sinceramente affranto, con i capelli ritti sulla fronte e schiacciati sulla nuca.
La ragazza, che teneva il viso nascosto fra le pieghe delle lenzuola per l'eccessivo imbarazzo, lo risollevò e con una risatina disse: « Scusate tanto ».
Le sue parole, però, furono immediatamente sommerse da un’ondata di caotiche lamentele, segno che nessuno dei presenti l’aveva perdonata.
« Quanto siete rancorosi… » borbottò James, orripilato dinnanzi a tanta ira. « Calmatevi, è colpa mia. E piuttosto, vedete di augurarmi buon compleanno, maledetti ingrati... la mia ragazza è l’unica persona a questo stupido mondo che se n’è ricordata ».
Si guardò intorno, in attesa, ma il suo imperioso invito non venne accolto da nessuno. E, come se non bastasse, si levarono anche nuove proteste.
« Che razza di idiota, sei stato tu a dimenticarti del tuo stesso compleanno! » gli ricordò Sirius, lanciandogli il proprio cuscino con tutta la foga che aveva in corpo, e quello lo centrò in pieno. « Per un’intera giornata non hai fatto altro che scartavetrarmi i gioielli con quella dannata festa, e alla fine ti sei addormentato! Ridicolo » bofonchiò infine, sinceramente schifato, ed immediatamente Frank e Peter palesarono il proprio consenso annuendo con forza.
Dopodiché, Sirius, avendo terminato la propria invettiva, si alzò con un balzo dal letto per dirigersi verso il bagno, e mentre camminava gettò con gesto sdegnoso il proprio regalo nel mucchio di doni accanto al letto di James, poiché la sera prima era stato indeciso sul da farsi, e aveva pensato che il ragazzo non meritasse affatto la sua gratuita generosità.
« Ah, beh, puoi tenerlo, se vuoi » esclamò James con un accenno di stizza nella voce, equiparando quel gesto a un atto di elemosina da parte sua.
Sirius non lo ascoltò, e quando stava per giungere di fronte alla porta del bagno, James, veloce come un razzo, si precipitò verso quella stessa direzione e gli sbarrò con decisione la strada, guadagnandosi l’ennesima occhiataccia da parte del ragazzo, che stava per averne davvero abbastanza.
« No, amico, spiacente, è il turno mio e di Lily » disse, e fece un cenno ammiccante in direzione della fidanzata. « Diglielo, Evans ».
Lily, palesemente allibita, guardò prima lui con sincera compassione, poi Sirius, con cui condivise la medesima espressione.
« Fai davvero pena, Ramoso » fece lui a James, premendogli una mano sulla spalla. « Te lo dico da amico: alle donne non piace lo squallore ».
E, congedandosi teatralmente con questo precetto, spinse da un lato James e si chiuse in bagno con un sonoro schianto della porta.
« Non vorrei dirlo » mormorò a quel punto Lily, sorridendo appena, « ma un po’ te lo sei meritato, James ».
Si alzò anche lei dal letto, gli si fece vicina per concedergli un bacio sulla guancia e andò via sventolando la mano in un saluto vago, mentre James, ormai privo di qualsiasi supporto, lasciava scorrere lo sguardo smarrito fra i propri amici, ricevendo in cambio solo smorfie sprezzanti.
Nonostante il cattivo risveglio, comunque, il neodiciottenne non si perse d’animo, e quando abbandonò il Dormitorio per recarsi in Sala Grande in occasione della colazione fu certo che ad accoglierlo ci sarebbero stati numerosissimi amici e conoscenti ansiosi di fargli gli auguri. Così, quando fece il proprio ingresso nell’immensa Sala, si sentì pienamente fiducioso, tanto che gonfiò il petto e sorrise apertamente. Poco mancava che spalancasse le braccia e urlasse a tutti i presenti: « E’ il compleanno del Magnifico, gente, alzate quelle chiappe e auguratemi eterna gioia! », ma non lo fece.
Il suo ottimismo, però, venne sicuramente ripagato, perché ben presto in molti gli si fecero vicini per rivolgergli qualche parola carina: i suoi compagni di squadra, un nutrito gruppo di Tassorosso con cui aveva da sempre buoni rapporti, i Caposcuola di Corvonero, i primini che aveva conosciuto il giorno dello Smistamento, tre gemelle parecchio simpatiche della sua stessa Casa che aveva conosciuto a Cura delle Creature Magiche e persino il professor Dixon che, passandogli accanto per raggiungere il proprio ufficio, aveva capito tutto e gli aveva stretto calorosamente la mano, guadagnandosi tutta la simpatia del ragazzo, fino ad allora sicuramente assai sopita, se non del tutto inesistente. Per quella ragione, Sirius lo aveva disprezzato ancora di più.
« Non ho detto che mi sta simpatico » precisò James, mentre spalmava su una fetta di pane tostato già stracolma di marmellata una generosa cucchiaiata di miele. « Ho detto che è stato gentile, il che è parecchio diverso. E comunque sei un idiota. Odialo da solo, no? Hai per forza bisogno della mia approvazione? » Scosse il capo, mentre Sirius, che non aveva fiatato, scrollava le spalle con indifferenza. « Mi stai rovinando la giornata, sai? Bell’amico che sei, ti servo solo a... oh, arriva la posta! » fece poi James, notando lo stormo di gufi che svolazzava verso di lui, e sorrise raggiante.
Nei minuti successivi si indaffarò fra piume, fette di pane tostato appese fra i denti e lettere varie, finché non riuscì a liberarsi di tutti quanti i gufi. A quel punto, con tutta la calma possibile, cominciò a scartare una dopo l’altra tutte le buste sparpagliate per la tavola, leggendo con un radioso sorriso sulle labbra il contenuto delle missive inviategli da amici e parenti.
« Mamma, papà e i Banks sono andati » disse, mettendo le due lettere da parte e raccogliendo tutte le rimanenti. « Adesso mancano solo la zia Bertha e lo zio Albert, gli amici di Bristol, i vecchi compagni del circolo di Gobbiglie... »
« Hai frequentato un circolo di Gobbiglie? » chiese Peter, educatamente perplesso, e Sirius sghignazzò senza ritegno nella sua gigantesca tazza di caffè.
« Sì » rispose James con fare risentito, mollando uno scalpellotto a Sirius così che il caffè gli bagnò tutta la barba. « A otto anni. Siamo rimasti amici. Perché, hai qualche problema con i circoli di Gobbi-... », ma non riuscì a terminare la frase, perché qualcuno, dietro di lui, gli serrò le mani intorno agli occhi.
James, che non aveva bisogno di alcun suggerimento per capire di chi si trattava, sorrise, e aspettò che Scarlett si annunciasse.
Lei lo fece cantandogli la canzoncina di buon compleanno, poi, portata a termine la performance, gli circondò il collo con le braccia e lo ricoprì di baci. James, allora, si voltò per stringerla forte in un abbraccio, per poi dedicarsi al resto delle ragazze, che gli fecero gli auguri a loro volta.
L’ormai solito trio composto da Lily, Scarlett e Alice si era stranamente ricongiunto ad Emmeline, quella mattina. Mary, infatti, era rimasta a letto per riposare un altro po’, non avendo lezione alla prima ora. E a James la ragazza parve sinceramente felice insieme alle amiche che aveva dovuto tenere distanti senza averne avuto la minima intenzione. E difatti, era proprio così che Emmeline si sentiva.
« Mi ci voleva proprio un po’ d’affetto » fece James con un gran sorriso, mentre prendevano posto. « Mi hanno trattato tutti male, da quando mi sono svegliato, e nessuno, dico, nessuno merita di essere trattato male il giorno del proprio compleanno » borbottò, e Lily si sentì immediatamente chiamata in causa.
« Io mi sono svegliata all’alba per farti quella piccola sorpresa, razza di ingrato! » esclamò, e i due attaccarono uno dei loro tipici battibecchi mattutini.
Nel frattempo, Scarlett, che si era seduta fra James e Sirius, notò che la barba di quest’ultimo gocciolava di un liquido scuro che emanava un forte aroma di caffè. Il ragazzo, infatti, pur avendo cercato di assorbirlo, non era riuscito a portare a termine l’impresa, tanto che stava per ricorrere alla bacchetta.
« Che hai combinato? » rise Scarlett, osservandolo mentre si dava da fare per porre rimedio al danno, e lui si voltò a guardarla, divertito.
« Chiedilo al festeggiato » rispose, scuotendo il capo, e lei alzò gli occhi al cielo, immaginando ciò che James doveva aver fatto.
« Dovresti seriamente pensare a un cambio di look, sai? » aggiunse poi, sorreggendo il mento con il pugno. « Sembri invecchiato ».
Sirius inarcò entrambe le sopracciglia, e un angolo delle sue labbra si piegò appena all’insù.
« Già, prova a crederci sul serio, Banks, poi ne riparliamo » replicò, e lei rise, incredula e palesemente allegra, con lui che la seguì a ruota.
Continuarono a fare colazione in assoluta tranquillità, ridendo e scherzando come non facevano tutti quanti insieme da parecchio tempo. E fu così rilassante, non dover pensare a tutte le preoccupazioni che gravavano sulle loro spalle, così facile e naturale che fecero fatica a rendersi conto della straordinarietà dell’evento, semplicemente perché un tempo tutto ciò era stato quanto di più normale esiste al mondo.
« Stavo pensando » disse James dopo un po’, riemergendo da alcune profonde riflessioni, e tutti si voltarono a fissarlo, in attesa.
L’unico che aprì bocca per parlare fu Peter, ma non fece in tempo a pronunciare neanche una sillaba che l’amico lo interruppe, lo sguardo fisso sul tavolo.
« Amico, non dire quello che stai per dire. Non ci provare nemmeno » lo ammonì, severo e categorico, e lui richiuse le labbra di scatto, un po’ deluso.
Una delle più grandi passioni di Peter - per lui rappresentava un po’ uno sport - era replicare alle frequenti parole stavo pensando con la squallida, vecchia, banalissima battutina perché, tu pensi? che da sola bastava a farlo sentire completamente realizzato. In verità, tutte le volte in cui articolava quella sciocca domanda, questa gli si ritorceva prontamente contro: nessuno, infatti, si era mai astenuto dal dire che in realtà era proprio lui, Peter, a non pensare mai. E così si rabbuiava, ma perserverava nell’errore, perché nessuna umiliazione al mondo avrebbe mai potuto competere con la gioia furiosa che provava tutte le volte in cui proferiva quelle fatidiche parole, quel geniale, brillante quesito. Davvero nessuna.
« Lascia perdere, Peter » gli consigliò Remus, battendogli qualche lieve pacca sulla schiena. « Dammi retta, lascia perdere ».
Lui, seppur contrariato, annuì e rimase in silenzio, stringendosi nelle spalle e preparandosi ad ascoltare, come gli altri, ciò che James aveva da dire.
« Stavo pensando » ripetè allora lui, lanciando al ragazzo uno sguardo di sfida. « Scarlett, ti ricordi che facevamo da piccoli per il nostro compleanno? »
Scarlett sorrise e annuì vigorosamente, lasciando riaffiorare alcuni bei ricordi.
« Ma certo » rispose, raggiante. « Essendo nati a due giorni di distanza, festeggiavamo i nostri compleanni insieme, il 28 ».
« Meglio una festa in grande che due in piccolo, diceva saggiamente papà » aggiunse subito James, e i due risero di cuore. « Seriamente, come abbiamo fatto a non pensarci per tutti questi anni? Dobbiamo assolutamente rifarlo, è il nostro ultimo anno, ci vuole qualcosa di epico! »
La ragazza parve subito entusiasta, e anche tutti gli altri cominciarono ben presto ad annuire, riflettendo su quell’allettante proposta.
« Sarebbe strepitoso! » esclamò Alice, addentando il proprio pane imburrato. « Fe feffa fanfosa » aggiunse, abbandonando il capo contro la spalla di Frank, che aggrottò le sopracciglia e la fissò, cercando di decifrare le sue parole impastate.
« E dove intenderesti farla? » domandò Remus in tono tetro, rimestando la propria cioccolata calda. « Nel nostro Dormitorio? »
James strabuzzò gli occhi, e subito capì che l’amico non aveva minimamente colto né tantomeno compreso la grandiosità dell’idea che aveva in mente.
« Amico, mi hai ascoltato? » gli disse allora, sconvolto dalla sua mancanza di entusiasmo. « Ho detto qualcosa di epico, non una festicciola in due in quel maledetto buco! Ho pensato alla Sala Comune. E’ ovvio, no? Lì sì che potremo divertirci come si deve, sarà un po’ come le feste post-vittoria. E... aspetta un secondo... » D’un tratto parve illuminarsi. « Domani è anche sabato! Ti rendi conto? E’ sabato, è perfetto! E poi, scusate tanto, sono state settimane pesantissime per tutti quanti, le ultime, ce lo meritiamo davvero un po’ di sano divertimento ».
« Con sano intendi senz’alcool? » domandò Remus, speranzoso, e Sirius lo fulminò con lo sguardo, inorridito da quell’infame insinuazione.
« Beh, non è necessario che io risponda » riprese James dopo qualche attimo di teso silenzio, e il ragazzo scosse il capo, rassegnato.
« Su, Remus, dovrebbe essere divertente » lo consolò Emmeline, stringendogli appena l’avambraccio in un gesto di conforto.
« Ma certo che sarà divertente! » saltò su Lily con un gran sorriso, riemergendo solo in quel momento dalla lettura del proprio giornale.
James le strizzò l’occhio, facendola ridere, poi volse lo sguardo agli amici restanti in attesa di ricevere il loro parere in merito alla sua iniziativa.
« Sì, ci sto anch’io » fece Frank, stringendosi nelle spalle, e subito Alice, accanto a lui, cominciò a parlargli di ciò che aveva intenzione di indossare.
« Già, è un’ottima idea » aggiunse Peter con convinzione. « Potremmo anche perdonarti per averci piantato in asso ieri sera ».
« Ah, no, frena, Codaliscia » intervenne immediatamente Sirius. « Non fargli cantar vittoria così presto. Che ne sai, magari la sua festa si rivela un fallimento e rimaniamo fregati un’altra volta. Stiamo a vedere come procede ».
James rise con fare sprezzante, versandosi un po’ di succo di zucca nel calice vuoto.
« Già, che ne sai, magari sarai tu ad addormentarti, questa volta » rispose, provocatorio. « O hai dimenticato quando l’anno scorso sei crollato dopo appena dieci minuti dall’inizio della festa di Peter perché ti eri scolato una bottiglia intera ancor prima che cominciassimo? »
Tutti risero, e lui schioccò la lingua in un gesto sdegnoso, come se intendesse dire che l’aneddoto raccontato da James non significava nulla.
« Tanto non mi sono perso niente, Peter ha detto che è stata di una noia mortale » ribattè, indifferente. « Beh, certo. Non c’ero io... » aggiunse infine.
James lo mandò al diavolo, e i due continuarono a litigare finché non fu Scarlett ad intervenire (Remus non ne aveva neppure la forza).
« Okay, d’accordo, basta » disse la ragazza, che non ne poteva più di stare letteralmente in mezzo a quello scontro. « Nessuno si addormenterà, nessuno si annoierà e sarà tutto grandioso. Basta che la piantate, però ».
Si alzò, massaggiandosi le orecchie con un’espressione infastidita, raccolse la propria borsa da sotto la panca e se la mise in spalla.
« Vado a dirlo a Miley, di certo non può mancare » annunciò, e James annuì con forza, mollando un calcio a Sirius sotto il tavolo.
Scarlett, che riuscì ad intercettare il gesto, alzò gli occhi al cielo e andò via, rivolgendo un breve cenno di saluto agli amici. Immediatamente, allora, cominciò a lasciar scorrere lo sguardo lungo la tavolata di Tassorosso, finché non riuscì a scorgere sua sorella, rannicchiata sulla panca in solitudine, con un tomo enorme sulle gambe, la schiena curva, e i capelli un po’ arruffati che celavano il suo volto alla vista.
Le si avvicinò, chiedendosi cosa diamine le fosse preso: Miley non studiava mai a colazione. Diceva sempre che la innervosiva.
« Guarda che le bestie notturne si studiano al terzo anno, sorella » fu il saluto di Scarlett. « E’ un po’ tardi per ripassare ».
La ragazza sussultò violentemente e chiuse di scatto il libro, gettandolo nella borsa aperta ai propri piedi. Non sorrise.
« Va tutto bene? » chiese subito Scarlett, scrutandola intensamente, e notò che lei tentava in tutti i modi di non ricambiare il suo sguardo.
Quando alla fine si decise a risollevare il viso, la sorella fu investita dal turbamento che lo assediava.
Priva del suo solare sorriso, della sua espressione spensierata e perennemente allegra, Miley sembrava incredibilmente diversa, quasi fosse un’altra persona. Un netto taglio di capelli o un drastico cambio di look non sarebbero riusciti a fare altrettanto. Era cupa - tutto era cupo in lei - e i suoi vividi occhi cerulei erano offuscati da una patina di smarrimento che si diffondeva per l’intero viso, come se avesse versato lacrime cariche di quell’indesiderata emozione e la pelle le avesse assorbite una per una. Scarlett si chiede cosa avesse potuto provocare in lei un’inquietudine tale da cambiarla.
« Sì, era solo... una lettura extrascolastica » rispose Miley frettolosamente, stirandosi le mani come faceva sempre quand’era in preda all’ansia.
Scarlett la fissò a lungo e sentì che la gioia pacata provata sino a quel momento era svanita nel nulla, senza lasciare traccia.
« Non prendermi in giro » disse, più seria che mai, e si fece un po’ più vicina a lei. « Cosa c’è che non va? Vuoi che ne parliamo lontano da qui? »
Ma Miley cominciò a scuotere il capo ancor prima che terminasse la frase. Ogni suo gesto era febbrile, incerto, spaventato.
« No, davvero, non c’è nulla di cui parlare » replicò, cercando di apparire determinata. « Sai che ti parlo sempre, quando c’è qualcosa che non va ».
Si guardarono, l’una sperando intensamente che la faccenda trovasse così una conclusione, l’altra chiedendosi a che cosa credere.
« E tu sai che sono sempre tutta orecchie, no? » disse Scarlett, e l’altra annuì, accennando per la prima volta un impercettibile sorriso.
Il moto d’affetto che si era agitato in lei nei confronti della sorella aveva vinto qualsiasi altro sentimento, palesandosi in quel piccolo gesto.
« Piuttosto, dovevi dirmi qualcosa? » chiese, immergendo una mano fra i capelli per giocherellare con i nodi che le si formavano nei pressi della nuca.
Aggrapparsi a quell’argomento le sembrò l’unica via di fuga possibile. In quel modo, avrebbe potuto accantonare l’altro, quello più scomodo. Quello che aveva deciso, da un po’ di tempo a quella parte, di non condividere con nessuno, neanche con sua sorella, che per lei era la persona più importante al mondo.
« Oh, beh, sai... è a proposito del mio compleanno. E di quello di James » disse Scarlett, senza smettere di osservarla con la massima attenzione.
A quelle parole, Miley serrò gli occhi e si morse violentemente il labbro inferiore, battendo il palmo della mano contro la fronte.
« Il compleanno di James! » esclamò, maledicendosi mentalmente. « Oggi è già il 27? Ho dimenticato di fargli gli auguri, che razza di stupida... »
« Non preoccuparti » la rassicurò l’altra, scrollando le spalle. « Ti fai problemi con James? Sai com’è fatto, a te perdonerebbe qualsiasi cosa. Comunque, dicevo... ha avuto un’idea. Vorremmo festeggiare in Sala Comune domani sera, a cavallo fra i due compleanni. Tu devi esserci, sarà divertente ».
Lei osservò l’entusiasmo dipinto sul volto della sorella e si chiese come avrebbe fatto a dirle che non ci sarebbe stata senza però spiegarle le reali motivazioni che stavano dietro a quel rifiuto. Non era affatto semplice. E ancora, si chiese perché tutto dovesse essere così dannatamente complicato.
« Scarlett, ascolta » cominciò, e già il sorriso di lei si fece meno pronunciato. « Mi dispiace tanto, ma... non sono molto in vena di feste, in questo periodo. Non sono in gran forma e ho un milione di cose a cui pensare, per cui... beh, credo che potrei solo rendere triste la vostra serata, oltre che la mia ».
La sorella si mordicchiò la guancia, studiando la sua espressione sinceramente dispiaciuta. Di nuovo, non seppe cosa pensare.
« Miley... stai praticamente ammettendo che c’è davvero qualcosa non va » le fece notare, cauta, ma la ragazza non le permise di aggiungere altro.
« No, non è vero » replicò, di nuovo seria. « Te l'ho detto, mi sento solo parecchio stanca, tutto qui. Non devi preoccuparti per nessuna ragione ».
Suonò abbastanza convincente, questa volta, forse perché si ritrovò a sperare intensamente che sua sorella seguisse davvero il suo consiglio. Darle altri pensieri in quel momento sicuramente non facile era l'ultima cosa che desiderava, dopotutto. Lei doveva risolvere i propri problemi da sola.
« Sarei felice di farlo, se questo potesse aiutarti » rispose Scarlett, poi si strinse nelle spalle. « Ma tu stai benone, perciò... farò finta di crederci finché non ti verrà voglia di fare due chiacchiere. E, nel caso cambiassi idea sull'evento dell'anno » e qui Miley sorrise, « la parola d'ordine della nostra Sala Comune è Acromantula » concluse Scarlett, strizzandole l'occhio, e si alzò nuovamente, sistemandosi il mantello.
« Vengo con te » si affrettò a dire l'altra, imitandola. « James sta ancora facendo colazione, ne approfitto per scusarmi e fargli gli auguri ».
E così si avviarono, l'una di fianco all'altra, alla volta dell'affollata tavola di Grifondoro, accanto a cui fluttuava Nick-Quasi-Senza-Testa, impegnato in un'accesa discussione sul sistema scolastico dei Paesi del Nord con il Frate Grasso, che sorrideva senza dire nulla, forse solo per pura gentilezza.
« Ciao, ragazzi » salutò Miley, una volta giunta dinnanzi all'allegra comitiva, poi, mentre gli altri ricambiavano il saluto, si chinò immediatamente per abbracciare l'amico per il quale era venuta. « James, buon compleanno! Mi dispiace così tanto di essermi dimenticata, non so come sia successo, in questo periodo... beh, lasciamo perdere, scusa davvero » disse precipitosamente, augurandosi di non ricevere in cambio un'espressione delusa da parte del ragazzo.
Ma lui sorrise calorosamente e scansò Sirius per lasciare che gli sedesse accanto.
« Non mi hai chiesto scusa nemmeno quando tu e Scarlett mi avete chiuso nel fienile di vostra nonna per una notte intera e lo fai adesso? » rise, e le due sorelle si guardarono, divertite. Quell'episodio di parecchi anni prima era uno di quelli che preferivano raccontare. « Dammi un bacio, dài ».
Miley sorrise, sollevata, e obbedì subito all'ordine, riflettendo su quanto fosse stupefacente la capacità di James di rendere le persone intorno a sé più leggere e spensierate anche quando queste si sentivano tormentate e credevano che nulla avrebbe potuto risollevarle. Aveva sempre posseduto quella dote.
« Aspetta un secondo » intervenne Sirius, che era riuscito a deglutire un enorme boccone di uova strapazzate solo in quel momento. « Ti sei lasciato chiudere per ore in un fienile da due bambine? Amico, fai sul serio? Se solo lo avessi saputo prima... » borbottò, continuando a tagliuzzare le sue uova.
« Ehi, guarda che ero un bambino anch'io! » protestò James, provato dal suo tono sprezzante. « E poi, tu che ne sai? Queste qui erano delle gran belle puttanelle, da piccole, altroché. Non saresti sopravvissuto neanche tu, fidati » assicurò infine con la massima serietà, e loro risero.
Sirius, invece, parve sinceramente interessato, e squadrò Miley da capo a piedi, annuendo appena.
Di Scarlett conosceva alla perfezione quel suo lato puramente malefico e oscuro, i suoi giochetti non lo avevano lasciato quasi mai indifferente, ma non avrebbe mai potuto immaginare che anche la dolce, sorridente e apparentemente innocua Miley potesse nascondere un'indole così malandrina.
« Hai della stoffa, piccola Banks » disse, convinto. « Potremmo entrare in affari con la gentile collaborazione della tua adorabile sorellina ».
Miley scoccò una maliziosa occhiata carica di significato a Scarlett, che la maledisse con lo sguardo e si finse disinvolta, limitandosi a ridere.
« Considerami al tuo servizio » rispose poi l'altra, e Sirius sorrise, porgendole il pugno che lei battè col proprio.
Poi si alzò, pronta ad andare via per la sua lezione di Babbanologia, e lasciò scorrere lo sguardo lungo la tavola, soffermandosi un po' più del necessario su Remus, che aveva tenuto il capo chino sul proprio piatto vuoto per tutto il tempo in cui lei era rimasta lì con loro. Lo scrutò per qualche secondo, la sua nuca scoperta, la cicatrice arrossata sul collo, ed immediatamente avvertì l'inquietudine che l'aveva abbandonata per alcuni minuti ritornare a stuzzicare le sue budella attorcigliate. E fu una sensazione talmente potente da farla sentire completamente schiacciata dal suo peso insostenibile, un moto di emozioni così forte che le tempie cominciarono a pulsarle ferocemente, come se qualcosa fosse esploso nella sua testa. Così, spinta da quell'angosciante malessere, decise di andar via il più in fretta possibile.
« Beh, io vado » mormorò, e notò che la propria voce non suonava piena come prima, ma estremamente flebile. « Ci vediamo ».
E, senza attendere risposta, voltò le spalle ai presenti e si allontanò a passo spedito, seguita dallo sguardo preoccupato di Scarlett che riuscì a distrarsi solo quando James riprese la parola, facendo sì che tutti catalizzassero su di lui la propria attenzione.
« Allora, gente, dobbiamo cominciare a mobilitarci per questa maledetta festa, il tempo è già poco e l'evento troppo importante » annunciò, premendo forte i palmi delle mani sul tavolo con l'aria di chi si prepara ad affrontare importanti trattative. « Dite che sarebbe troppo chiedere a Silente la Sala Grande? »
 

 
 
*  *  *
 

 
 
I preparativi per la grande festa in onore del doppio compleanno di Scarlett e James avevano preso il via, su ordine di quest'ultimo, già a metà di quel sabato pomeriggio, e tutti si stavano adoperando per dare una mano. I membri dell'ormai celebre comitiva, infatti, non erano i soli ad essere impegnati nell'organizzazione dell'evento, ma buona parte dei Grifondoro, entusiasmati all'idea di avere ancora un'occasione per fare baldoria, si era messa all'opera con il medesimo impegno.
Uno fra i pochi ad essersi messo da parte era stato Remus, che, sommerso da una montagna di compiti arretrati, aveva deciso di ritirarsi in Dormitorio almeno finché la festa non fosse cominciata. O perlomeno, questo era ciò che aveva raccontato ai suoi amici prima di andar via. In effetti, non erano solo le decine di pagine a cui non si era ancora dedicato a preoccuparlo, ma piuttosto altri pensieri che non avevano proprio nulla a che fare con il programma scolastico sempre più pesante. Pensieri che gli facevano venir voglia di gettarsi a capofitto sui libri con il solo fine di scacciarli via dalla mente. Tuttavia, dopo un intero pomeriggio dedicato allo studio approfondito di ben sei materie - una di queste era Babbanologia, corso che nemmeno frequentava - era giunto alla conclusione che, dopotutto, farlo non era così semplice come aveva inizialmente sperato, tanto che, di tutti i paragrafi che aveva ingurgitato senza mai fermarsi, non ricordava quasi nulla, come se non li avesse mai letti.
Consapevole di ciò, chiuse di scatto l'ennesimo libro e battè la testa contro il cuscino, sospirando pesantemente e serrando gli occhi. Si sentiva estremamente stanco, una sensazione che solitamente accomunava al termine della sua trasformazione, momenti concitati che parevano protrarsi all'infinito, dettati da dolore, sfiancamento ed estrema debolezza. Una debolezza che gli faceva sempre paura, più di qualsiasi altra cosa. Persino più della luna stessa.
Rimase immobile quando sentì la porta che si apriva. Non gli importava di chi stava entrando.
« Amico, Ramoso pretende che tu scenda in tempo per l'inizio della festa » disse la voce di Sirius. « E ci tiene a farti sapere che la torta di compleanno è al cioccolato, nel caso non avessi intenzione di partecipare. Ambasciator non porta pena » aggiunse, sollevando le mani e abbandonandosi ai piedi del suo letto.
Lui annuì appena, reclinando il capo ancora un po', ma non disse una parola e spinse giù dal letto il libro chiuso che teneva sullo stomaco. Sirius guardò la copertina e riconobbe immediatamente il suo volume di Babbanologia. E tanto bastò a fargli capire che qualcosa non andava. Che qualcosa continuava a non andare, in verità. Perché dubitava che il malessere di cui Remus era stato vittima negli ultimi tempi si fosse attenuato con il passare dei giorni.
« Babbanologia, eh? » gli fece, bonariamente ironico. « Diamine, Lunastorta, potevamo studiarla insieme... sai bene che lunedì avremo il test ».
Lui riaprì gli occhi, ma continuò a fissare le tende scarlatte che stavano distese sopra il suo capo, rivolgendo a Sirius solo una rapida occhiata.
Con la coda dell'occhio, lo vide sistemarsi meglio sul suo letto e stendere le gambe incrociate sull'orlo del materasso, tranquillo. Lui, invece, aveva dentro mille esplosioni che cozzavano l'una contro l'altra, guadagnando energia, divenendo sempre più assordanti e sempre meno sensate. E si chiese se tutto questo fosse rintracciabile sul suo viso. Si chiese se gli importasse davvero che lo fosse o meno. Sirius, dopotutto, sarebbe comunque riuscito a capirlo.
« Di' un po' » disse lui, una volta che fu passato quasi un minuto intero di perfetto silenzio, « quanto ti senti uno schifo da uno a dieci? »
Remus emise un respiro profondo e si avvolse meglio la sciarpa intorno al collo, tornando diritto e fissandosi le mani.
Sirius aveva fatto centro: si sentiva davvero uno schifo, eccome. E la situazione non aveva fatto altro che peggiorare con il passare dei giorni, che parevano averlo allontanato sempre più dalla soluzione che stava ricercando per mettere fine ai suoi problemi. Alle difficoltà che poteva guarire, perlomeno, perché alcune di esse dipendevano ancora dalla sua volontà, e non dalla forza crudele che da anni lo sottometteva. Si era reso conto, però, che questa consapevolezza non lo rendeva più sicuro di sé. Lo faceva diventare solo più vulnerabile, oltre che estremamente vigliacco. Difatti, se ogni suo dilemma e tutte le sue disgrazie fossero stati figli della sua condizione, avrebbe potuto cullarsi nella propria infelicità e accusare la propria malattia di qualsiasi dramma lo avesse colpito; ma quando il suo turbamento era generato da colpe che non avrebbe potuto attribuire a nessuno al di fuori di se stesso, ecco che subentrava una spietata verità: non aveva il coraggio di affrontare le proprie sfide, e aveva timore di scegliere un'opzione di fronte ai quesiti che doveva necessariamente porsi.
In quel momento, il quesito più importante che si ritrovava costretto a fronteggiare riguardava ciò che avrebbe dovuto dire a Miley. E in quel particolare caso, le due opzioni a sua disposizione erano così palesi ed evidenti che tentare di sfuggirvi sarebbe stato quanto di più sciocco si possa pensare: poteva raccontarle la verità o raccontarle una bugia. Tutto qui. Ma ad ogni modo, doveva dirle qualcosa, qualcosa che determinasse la fine o l'inizio di qualcos'altro. Qualcosa di definitivo, perché non c'era mai stato nulla di simile nel loro rapporto, ed era proprio questo a farlo stare così dannatamente male. L'instabilità che aveva contraddistinto la loro relazione era da imputare a lui, e soltanto a lui, mentre Miley... lei era stata vittima di ogni sua indecisione. E non lo meritava. Non meritava nulla di ciò che aveva fatto sino a quel momento e nulla di ciò che le avrebbe detto, qualunque fosse stata la sua scelta. Così come non aveva meritato il suo silenzio protratto per giorni e giorni e le sue mancate scuse per quel che era accaduto nei pressi dell'Infermeria, una delle tante colpe che non riusciva a perdonarsi, il cui ricordo era stato per lui motivo di disorientamento nel corso delle ultime giornate.
Si sentiva così affaticato che gli parve che l'unica soluzione per trovare un po' di conforto fosse buttare fuori qualcosa, almeno un po' di tutto ciò che gli ribolliva dentro. Lasciare che i dubbi e i sensi di colpa lo alienassero dal resto del mondo non aveva senso, e non gli sarebbe servito. Sirius invece sì.
« Credo che le dirò tutto » disse a bassa voce, quasi fra sé e sé, mantenendo lo sguardo fisso sulle lenzuola. « Ho deciso… dirò tutto a Miley e la farò finita con questa storia una volta per tutte ».
Sirius lo fissò a lungo e con attenzione, assorbendo pian piano le sue parole, e non diede segni di sorpresa, ma soltanto di comprensione.
Aveva intuito che il suo chiudersi in se stesso avrebbe potuto portare al compiersi di scelte importanti, e quella non era altro che la conferma delle sue ipotesi.
« Ci sei arrivato, allora » gli rispose, accennando un sorriso obliquo, ma Remus non rispose al gesto e rimase immerso nei propri pensieri.
La sua espressione non suggeriva il benché minimo sollievo. Era cupa e non aveva subito il benché minimo mutamento, neanche per un istante.
« Già... » proseguì, sempre rivolto più a se stesso che a Sirius. « Ancora non capisco come ho fatto a non rendermi conto di non aver mai avuto scelta ».
L'altro scivolò un po' più giù sul letto, un braccio dietro la nuca, e non smise di guardarlo.
« Che intendi dire? » domandò, un sopracciglio inarcato, e per la prima volta, Remus sollevò lo sguardo per puntarlo sul suo volto. « Di scelte ne hai sempre avute, in realtà. Avresti potuto mantenere intatto il tuo rapporto con lei, tenerti tutto per te e comportarti come fai con tutti quelli a cui non hai parlato del tuo piccolo problema peloso... e inizialmente l'hai fatto. O avresti potuto tagliare i ponti con lei inventandoti una scusa qualsiasi, e hai provato anche questo. Dirle la verità è solo la terza opzione... andiamo, la gente sborserebbe montagne di galeoni per avere tante diverse opportunità di scelta, nella vita ».
Remus riflettè sulle sue parole, prendendole per vere, seppur con qualche riserva. Sirius aveva ragione solo da un certo punto di vista.
« In teoria sarebbe vero » ammise. « Ma la pratica mi ha dimostrato che in realtà non è così. Io non... » Sospirò, sollevando istintivamente le spalle. « Non sono capace di inventarmi storie, di gestire le bugie che sono costretto a dispensare in giro, non riesco a portarle avanti e... »
« Su questo avrei qualcosa da ridire » lo interruppe Sirius, la sua tipica aria malandrina dipinta limpidamente sul volto.
Malgrado fosse passato oltre allo sbaglio commesso da Remus e fosse ora disposto ad accogliere quel ricordo con un sorriso, evidentemente non aveva ancora dimenticato quanto era accaduto quasi due settimane prima.
« Ah, lascia perdere, sai benissimo che ho ragione » riprese l'amico con fare sbrigativo. « Ancora mi stupisco di essere riuscito a farla franca per un mese, con voi, e per giunta si trattava solo di un'omissione, non di una bugia vera e propria... Con lei è stato diverso, molto più difficile, ho combinato un casino dietro l'altro e tutto quello che dicevo non faceva altro che peggiorare la situazione ».
Sirius lo ascoltò in silenzio, e non potè che credere alle sue parole.
Ricordava ancora tutte le bugie che da ragazzino era stato obbligato a raccontare a loro, i suoi amici, malgrado fosse l'ultima cosa che avrebbe desiderato fare. Con il passare dei mesi e il progressivo intensificarsi della loro amicizia, Remus era divenuto sempre meno abile a trattare con le menzogne che aveva dovuto fronteggiare per far sì che i tre non scoprissero la verità sulla sua condizione. I sensi di colpa si erano fatti sempre più brucianti, e lo avevano indotto a comportarsi in maniera sospetta, tanto che alla fine aveva capito ciò a cui prima di quel momento aveva tentato di sfuggire: svelare il proprio segreto era l'unica via percorribile, non ne esistevano di differenti. Una realtà che aveva faticato ad accettare, ma dinnanzi alla quale aveva comunque dovuto arrendersi.
Sirius riflettè su quanto le due situazioni fossero incredibilmente simili, ma si rese conto che in effetti c'era qualcosa che le distingueva. Remus, infatti, non era stato altro che un bambino quando aveva dovuto convivere con tutte quelle storie improvvisate, mentre adesso si stava trasformando in un uomo, e avrebbe dovuto mostrare una maggiore padronanza in quel campo a lui tanto sgradito. Forse, però, non era poi tanto l'età a fare la differenza, in quel particolare caso, ma piuttosto l'indole, che spesso si dimostra capace di piegare al suo volere qualsiasi scelta.
« E per la prima opzione, invece? » tagliò corto Sirius, certo di coglierlo impreparato. « Che scusa hai per quella? »
Remus non lo guardò, ma cercò un modo per esprimere ciò che desiderava dire senza risultare eccessivamente esplicito. Non tanto per la reazione che l'amico avrebbe potuto manifestare, ma per l'ulteriore confusione che una simile, seppur velata confessione, avrebbe potuto generare in lui.
« La stessa motivazione che è valsa per ognuno di voi » rispose dopo qualche attimo. « E' successa la stessa storia con tutti quelli che conoscono il mio segreto. Quando un rapporto si fa sempre più... intenso, nascondere qualcosa di talmente importante diventa insostenibile ».
Sirius fu tentato di dire qualcosa, ma si trattenne. L'aver semplicemente definito il suo rapporto con Miley più intenso rispetto al normale doveva già essere costato a Remus non poco sacrificio, per cui infierire sulla questione non avrebbe giovato a nessuno dei due.
« Beh, in tal caso dovresti cominciare a pensare di più a quello che vuoi fare, piuttosto che a quello di cui sei capace » replicò con naturalezza, deciso.
Lui, però, si mostrò vagamente perplesso, al punto che chiese: « Che intendi dire? », genuinamente desideroso di capire.
« Voglio dire che non devi sforzarti di trovare la soluzione più comoda, quella… quella che sei più bravo a mettere in pratica, ecco » spiegò a quel punto Sirius. « Se hai capito che alla base del tuo malessere c'è il dispiacere che provi nel doverle mentire, beh... hai già trovato una risposta ».
Quelle parole bastarono a rendere cristalline tutte le sue riflessioni macchiate di dubbi. Non aveva bisogno di altro, perché Sirius, con la massima semplicità, lo aveva indirizzato verso una soluzione che, senza il suo aiuto, fino a quel momento era soltanto riuscito a sfiorare, ma mai ad accogliere.
« E la risposta è che non voglio più prenderla in giro » mormorò, rendendosi conto di quanto fosse vero. « Sì, io... non posso continuare a comportarmi in questo modo » risolse alla fine, più deciso, poi fece una pausa prima di proseguire. « Mi sono stancato di non poterla più nemmeno guardare negli occhi ».
Le labbra di Sirius si incurvarono in un sorriso.
« In effetti è un gran peccato, visti gli splendidi occhi che si ritrova... » disse in tono vago, guardando di sottecchi l'amico.
Remus sollevò lo sguardo, e finalmente si ritrovò a sorridere a sua volta. Senza che avesse potuto arrestarla, la sua mente era corsa rapidamente ai vispi occhi verdi di Miley, e chissà perché, quel pensiero, quell'immagine così vivida fra i suoi ricordi, lo aveva istantaneamente rasserenato.
Si distrasse solo quando Sirius si alzò di scatto, dirigendosi verso il proprio letto.
« Bene, allora conviene darsi una mossa » disse, battendo le mani. « Hai sprecato tempo a palate prima di rimettere in sesto questa situazione, quindi approfitta di questa serata e non combinare altre cazzate, o sarà la fine », e così dicendo, spalancò il proprio baule e cominciò a rovistarvi dentro.
Remus lo guardò distrattamente, per poi abbandonare ancora una volta la testa sul cuscino, gli occhi chiusi nel tentativo di trovare un po' di pace.
« Miley non verrà » disse, atono, e Sirius sgranò gli occhi, preso in contropiede. « Ho... sentito dire a Scarlett che non verrà ».
« Cavoli » imprecò l'altro, afferrando una camicia a caso. « Devi averla fatta davvero grossa, se nemmeno si presenta al compleanno di sua sorella... »
Lui sospirò, ringraziando mentalmente l'amico per l'ormai abituale delicatezza dimostratagli.
« No, beh... non so perché non verrà » rispose, pensieroso. « Ma spero sinceramente che non sia per causa mia ».
Mentre si sfilava i pantaloni, Sirius lo osservò, studiando la sua espressione abbacchiata e assai poco convinta.
« Ci speri, ma non ci credi » obiettò, liberandosi in fretta anche della maglietta per indossare al suo posto una camicia nera.
Remus non potè evitare di pensare che avesse ragione. Aveva captato la sensazione giusta, non c'era ombra di dubbio.
« Sì... è vero » ammise infatti. « Non potrei fare altrimenti. Dopo tutto quello che ho combinato negli ultimi tempi, non la biasimerei se decidesse di non guardarmi più in faccia. E quello che ho deciso di fare, credo che... forse avrei dovuto farlo in un altro momento ». Tacque, meditando. « Adesso va tutto malissimo tra di noi, e questo... beh, potrebbe far precipitare le cose. Io... ho sbagliato, avrei dovuto scusarmi subito ».
« Sì, avresti dovuto » replicò subito Sirius con nonchalance. « Ma Miley non mi sembra affatto una tipa rancorosa o roba simile, quindi non crearti altri mille dilemmi esistenziali, d'accordo? Credi che se avesse voluto piantarla lì e odiarti a morte non ti avrebbe preso a cazzotti di fronte all'Infermeria, dieci giorni fa? Andiamo, avrebbe avuto tutte le ragioni di questa terra, ma non l'ha fatto, quindi hai più di qualche possibilità di farti perdonare, fidati ». Osservò la sua espressione tra il basito e il pensieroso, poi proseguì. « Piuttosto, pensa a quello che devi dirle. E, per piacere, non fare la stessa sceneggiata che hai fatto con noi al secondo anno quando ci hai raccontato tutta la storia. Non serve a niente intervallare ogni singola frase con roba del tipo lo so che non merito neanche un grammo d'ossigeno di questo fottuto mondo e simili. Faresti solo la figura dell'idiota melodrammatico, quindi limitati con l'autoflagellazione ».
A Remus, suo malgrado, venne quasi da ridere, e ammise a se stesso che forse non aveva pronunciato quelle esatte parole, ma di fatto c'era andato parecchio vicino. Sirius parve leggergli nel pensiero e aggiunse, ridendo: « No, sul serio, ci avevi detto qualcosa riguardo all'aria, potrei giurarci! »
Finirono per ridere entrambi, finché a Sirius non venne in mente l'esatto ricordo che stava cercando.
« Ce l'ho! » esclamò, schioccando le dita. « Hai detto che non meritavi nemmeno di respirare la nostra stessa aria, figuriamoci essere nostro amico! Che idiota... »
« Ah, ma dài, non è vero! » rispose l'altro, continuando a ridere, ma Sirius annuì con veemenza, sicuro di quanto aveva appena affermato.
« Sono parole tue, amico » confermò. « James e Peter se lo ricorderanno di sicuro... Io e Ramoso stavamo per riderti in faccia, ma tu eri al culmine della tua rivelazione e non ce la siamo sentiti di rovinarti il momento... dovresti ringraziarci per la nostra sensibilità ».
Remus scosse il capo, ritornando pian piano in sé e riprendendosi dalle risate. Lo stomaco ancora gli doleva.
« Già » ammise, suo malgrado. « In effetti avevate più tatto a dodici anni di quanto ne dimostriate adesso ».
« Siamo cresciuti bene » ribattè subito Sirius, tranquillo e compiaciuto, e i due si scambiarono un altro sorriso divertito. « Dài, forza, datti una mossa, adesso, non hai esattamente un look da festa » aggiunse poi, spiccio, e lui alzò gli occhi al cielo, alzandosi di malavoglia.
« Da quando ti intendi di look? » chiese all'amico, sinceramente curioso, acciuffando qualche indumento dal proprio baule.
« E' un'inclinazione innata » spiegò Sirius, impassibile. « No, seriamente, trova qualcosa di diverso dal marrone o da quel color caccola-di-Troll che ti piace tanto. La Banks ti rimanderebbe su a cambiarti senza nemmeno rivolgerti un saluto, quindi... risparmiati quest'umiliazione ».
Lui rise, appallottolando una camicia dell'esatto colore descritto dal ragazzo per lanciargliela addosso, senza ovviamente colpirlo.
« Ah, beh, ora capisco da quando ti intendi di look » disse, mentre lui si sistemava alla buona i lacci delle scarpe. « Non rischieresti mai di farti bocciare dalla Banks, o sbaglio? » e scosse il capo, ridendo sotto i baffi.
« Sei prevedibile con i vestiti tanto quanto lo sei con le battute, Lunastorta » rispose l'altro con un ghigno. « Rinnovati ».
Continuarono a battibeccare amichevolmente finché non furono pronti per la festa, e così discesero in fretta la scaletta a chiocciola che li introdusse alla Sala Comune, trovandola assolutamente irriconoscibile, tanto che Remus si arrestò sull'ultimo gradino e sbarrò gli occhi, evidentemente stupito.
A quanto pareva, Alice aveva dato il meglio di sé con gli addobbi. James, infatti, aveva assegnato compiti ben precisi ad ognuno dei suoi amici, e aveva riposto in lei la massima fiducia, affidandole la più importante delle mansioni, memore di tutte le sue precedenti e sempre brillanti performance. E sicuramente non aveva commesso un errore: la ragazza aveva accolto con un disarmante entusiasmo la sua proposta di occuparsi dell’allestimento e dell’organizzazione dell’evento, ed era stata la prima a mettersi al lavoro, vittima degli sguardi sconvolti degli amici che, su saggio consiglio di Frank, non avevano neppure osato chiederle perché avesse dato avvio ai preparativi a ben otto ore dall'inizio della festa. Dopotutto, però, la sua non era stata una cattiva idea, perché quando già mezza Casata si era radunata in Sala Comune in occasione dei festeggiamenti, lei si era ritrovata ancora parecchio indaffarata, malgrado la stanza risultasse splendida così com'era.
Poltrone, sedie e divano erano stati posizionati lungo la parete, in attesa di ragazzi sfiancati dai balli incessanti o di chiunque odiasse troppo la pista per lanciarvisi senza problemi; un ampio tavolo posto ai piedi dell’imponente quadro di Godric Grifondoro ospitava tutto il cibo che Peter era riuscito a portare via dalle cucine, e un gran numero di bevande assortite che James era riuscito a procurarsi con largo anticipo tramite un accordo segreto stipulato con Madama Rosmerta; ruolo da protagonista era stato riservato a una minuscola radiolina che, tramite un incantesimo, avrebbe diffuso la musica per tutta la stanza, e la quale stava immobile sul tavolo adibito alle solite partite a Scacchi che si svolgevano in Sala Comune quando non c'era nulla di meglio da fare; a rendere l'atmosfera ancor più festosa contribuiva un enorme striscione che troneggiava sulla parete centrale, sul quale era stampata a grandi caratteri la scritta Buon compleanno, Scarlett e James, e le cui lettere cambiavano colore di continuo; e poi ancora festoni, allegre decorazioni che danzavano per l'intera stanza, palloncini che mutavano forma e, infine, l'ornamento più importante fra tutti: un inarrestabile flusso di sorrisi sinceri e risate spensierate, che donavano al magnifico ambiente un calore se possibile ancora maggiore.
« Ehi, siete arrivati, finalmente! » annunciò la voce di Peter, che si fece presto vicino ai due amici. « Sirius, James ti reclama per la musica, ha già in mente un paio di pezzi che vuole farti cantare... e, Remus, Scarlett chiedeva di te, vuole un consiglio sulla sua acconciatura e si fida solo del tuo parere ».
I due si guardarono, vagamente perplessi, poi sollevarono le spalle contemporaneamente e fecero per avviarsi nei meandri della Sala Comune.
« Guardali, i traditori asociali » li arrestò però James, appena emerso da una zona imprecisata alle loro spalle. « Codaliscia, ricordami di non dargli neanche una briciola di torta, non hanno neppure alzato un dito per dare una mano » aggiunse poi, rivolto a Peter. « E, a proposito, ti proclamo ufficialmente mio migliore amico del giorno. E’ il mio compleanno, conta molto più del solito ».
James, che era solito eleggere migliore amico del giorno colui che meglio riusciva a guadagnarsi la sua approvazione a discapito degli altri, battè una poderosa pacca sulle spalle del ragazzo, che sorrise con orgoglio, consapevole di essersi meritato appieno quell’onorevole carica.
« Felpato, vieni, devi aiutarmi con una canzone. Voglio dedicare Amazing Eyes a Lily, ma la strofa centrale non mi riesce bene... » riprese poi James, serio e preoccupato. « Perché mi guardi in quel modo? E’ la parte più emozionante, amico, se la sbaglio è finita, mi capisci? Finita! »
Sirius non battè ciglio, poi voltò il capo verso Remus, che gli consigliò silenziosamente di compatirlo per non provocare ulteriori danni al suo cervello.
« Perché devo per forza ricordarti che non è il vostro anniversario, ma solo il tuo fottutissimo compleanno? » fece infine il ragazzo, stringendogli le spalle.
Lui ricambiò il suo sguardo con la medesima espressione piatta e imperscrutabile.
« Solo perché non sei il mio migliore amico del giorno da due mesi, non significa che tu sia autorizzato ad essere così scontroso con me » replicò, determinato e vagamente offeso. « Non temere, domani sarai più fortunato. E se non vuoi aiutarmi con la mia canzone, chiederò una mano a Frank. Lui se la cava mille volte meglio di te con i bassi », e si allontanò con aria profondamente risentita, senza aggiungere altro.
« Vado a bere qualcosa » disse a quel punto Sirius, spezzando il silenzio che la teatrale uscita di James aveva generato.
I due annuirono, fermamente convinti che la sua fosse una scelta più che saggia, e lo guardarono andar via e sparire tra la folla.
Una volta giunto al tavolo dei drink, si versò in un calice un po’ di Whisky Incendiario e cominciò a bere, lasciandosi scottare piacevolmente la gola, mentre il suo sguardo vagava per la stanza affollata in cerca di una figura che, appena qualche secondo più tardi, catturò immediatamente la sua attenzione: Scarlett, infatti, era venuta fuori da un cantuccio della Sala Comune, molto carina nel suo abito blu notte a balze e con gli ampi boccoli che le incorniciavano il volto. Era sorridente e appariva divertita e serena, e nonostante fosse impegnata a ricevere auguri e a scambiare qualche battuta sfuggente con un gruppetto di ragazze del loro stesso anno, anche lei riuscì a scorgerlo, incrociando quasi per sbaglio il suo sguardo e scoprendolo puntato su di sé. Spontaneamente, le sue labbra si distesero in un caloroso sorriso, e questo si fece ancor più ampio quando incontrò la risposta di lui, che lo ricambiò e sollevò il proprio calice nella sua direzione, in un gesto a metà tra un saluto a distanza e un brindisi in suo onore.
Il loro contatto, però, non durò più di qualche istante, poiché ad interromperlo arrivò una mano che, da dietro, picchiettò sulla spalla di Scarlett per richiamarla e indurla a voltarsi. Quando lo fece, la ragazza si trovò di fronte Emmeline, sempre elegante nel suo abitino color crema e con una lunga treccia che le ricadeva su una spalla.
« Buon non ancora compleanno, amica mia » le disse, spalancando le braccia e sorridendole apertamente.
Scarlett non esitò oltre e la strinse a sé, affettuosa come non sempre la si vedeva.
« Mel, sei venuta! » esclamò, sinceramente colpita e sorpresa dal suo arrivo.
Date le circostanze, non era stata per niente sicura di vederla alla festa, quella sera, soprattutto se Mary – come era altamente probabile – avesse deciso di non unirsi a loro, costringendo così l’amica a farle compagnia.
« Non avresti dovuto dubitare della mia presenza » la rassicurò lei con il suo solito tono affabile. « In più, beh... James non è stato molto carino quando ha definito maledetti putridi disertori tutti quelli che non si sarebbero presentati stasera, quindi non avrei comunque avuto scelta ».
Rise, e Scarlett con lei, quando giunsero anche Lily e Alice, che si unirono a loro.
« Mel, ti stavamo aspettando! » la salutò Lily, passandole un braccio intorno alla vita per stringerla brevemente a sé.
« Vance, quando avrai voglia di condividere un briciolo della tua eleganza anche con me, sarò ben felice di bere un po' di estratto del tuo charme. O di farmelo iniettare, non ho ancora deciso » fu invece l'intervento di Alice, a cui Lily si unì annuendo ripetutamente.
« Oh, ma dài, siete entrambe splendide! » rise l'amica, passando in rassegna le due ragazze, che sorrisero.
In effetti, Emmeline aveva proprio ragione: Lily indossava un semplice vestitino rosso a pois bianchi, Alice uno color porpora, ed entrambe erano davvero molto graziose.
« Su, andiamo a brindare » propose quest'ultima, e fece per avviarsi verso il tavolo dei drink insieme a Lily, ma si bloccò quando vide le altre due amiche ancora ferme ai loro posti. Scarlett, a dire il vero, si era fatta un po' più vicina ad Emmeline, il volto stranamente e incomprensibilmente serio.
« Mel... » mormorò all'altra, attirando immediatamente la sua attenzione. « Mary non... »
Quelle due brevi parole bastarono alla ragazza per incupirsi a sua volta. 
In quelle ultime settimane, la situazione tra lei e Mary era rimasta totalmente, irrimediabilmente la stessa di un mese e mezzo prima. Gli stessi silenzi, gli stessi rarissimi e quanto mai fastidiosi incontri, la stessa freddezza... nulla si era modificato, e nessuna delle due parti, per ragioni diverse ma egualmente determinanti, si era impegnata perché ciò avvenisse. Tuttavia, Scarlett non poteva negare a se stessa che la festa di quella sera l'aveva indotta a sperare che proprio quella potesse essere la volta buona per poter avere un confronto che appianasse le loro divergenze e superare quella scomoda e dolorosa situazione. Chissà, forse per l'atmosfera leggera e gioiosa che si respirava nell'aria, forse perché le occasioni speciali si rivelano spesso fonti di sorprese inaspettate, o forse per la pura e semplice voglia di crederci, fatto sta che, dal giorno prima, si era quasi convinta del fatto che Mary potesse cogliere quell'opportunità per fare un passo verso di lei, evento che le sarebbe bastato per dimostrare a sua volta tutto il proprio desiderio di chiarire ogni cosa con lei e tornare ad avere lo splendido rapporto che le legava prima del loro litigio. Scarlett era sinceramente stanca di quella guerra fredda, ma quella esasperante angoscia non era sufficiente per permetterle di mettere da parte tutte le sofferenze che il suo comportamento aveva generato e farle addirittura compiere il primo passo, motivo per cui, giorno dopo giorno, si ritrovava a sperare che fosse Mary, magari anche lei consumata da quella lotta silenziosa, a farlo verso di lei.
Evidentemente, però, le sue aspettative erano destinate a rimanere vane, almeno per quella sera.
« Ho provato a convincerla » fece Emmeline, l'espressione a metà tra il comprensivo e l'affranto, mentre anche Lily e Alice tornavano a farsi vicine a loro. « Le ho parlato a lungo, ma l'unica cosa che è stata in grado di dirmi è che non le andava di venire ». Sospirò, sollevando appena le spalle. « Non so davvero cosa dirti, Scar, perché non si confida nemmeno con me. Parliamo del più e del meno, trascorriamo intere giornate insieme, ma non tocchiamo mai l'argomento, e quando tento di farlo lei si chiude a riccio e non dice una parola. Forse teme che possa venire a spifferarti tutto, ma qualunque sia la ragione, non so dirti cosa le passa per la testa, se è ancora rimasta ferma sulle sue convinzioni o se continua a comportarsi così solo per orgoglio. Sai com'è fatta, potrebbe anche essere così... » aggiunse, e le ragazze annuirono, totalmente d'accordo con lei.
Scarlett strinse le labbra, assimilando le sue parole una ad una, e abbassò lo sguardo, fissandosi con insistenza le scarpe.
« Certo che siete due teste dure, tutte e due » intervenne Alice, esasperata non tanto dal complicato carattere di entrambe - ormai le conosceva bene e aveva imparato a farci i conti -, ma quanto per l'inghippo apparentemente insanabile che quella situazione comportava. « Non si riesce nemmeno ad aiutarvi... »
« Alice, sai come la penso » la interruppe subito Scarlett, più dura di quanto volesse sembrare. « Se questa sera Mary fosse scesa da quelle scale, mi sarebbe bastato uno sguardo per far tornare tutto come prima. Ma io non ce la faccio a farmi avanti, non ci riesco e non... non sento di dover essere io a farlo, mi dispiace. E vista la situazione, anche se ne fossi in grado non servirebbe a niente » terminò, una nota di amarezza nella voce.
Si ostinò a guardare altrove, concentrandosi su James che discuteva animatamente con Frank poco distante da lì, mentre le ragazze si scambiavano sguardi preoccupati e cupi, quasi ricercando l'una negli occhi delle altre la soluzione a quella convulsa faccenda.
Inutile dire che non furono in grado di trovarla.
« Sapete che c'è? » disse dopo un po' Lily, accennando un sorriso nel tentativo di porre fine al dilagante malumore che si stava diffondendo tra di loro. « E’ da un mese e mezzo che non trascorriamo del tempo insieme come si deve, noi quattro. Il fatto che Mary non ci sia fa male ad ognuna di noi, e ho l’assoluta certezza che superemo questa situazione molto presto ». Rivolse uno sguardo incoraggiante a Scarlett, poi proseguì. « Ma questa è la tua festa, Scar. E’ inutile farsi prendere dallo sconforto, no? Penseremo domani a tutto il resto, ma questa sera godiamoci un po’ di tranquillità e divertiamoci ».
Sorrise raggiante alle amiche, cercando di convincerle ad unirsi a lei in quella ventata di positività di cui tanto avevano bisogno, e fu felice di vedere che il suo appello venne accolto con entusiasmo dalle altre, che ricambiarono rincuorate il suo gesto.
« Hai ragione » convenne Alice, le guance paffute ben in vista grazie all’ampio sorriso che le illuminava il volto. « Siamo giovani e belle, e questa sera i problemi li lasciamo fuori da questa dannatissima Sala Comune, e Merlino mi fulmini se non credo a quello che dico! »
Le altre risero di cuore, come sempre conquistate dalla bonaria simpatia dell’amica.
« Beh, in tal caso diamoci una mossa, allora » fece Scarlett, nuovamente allegra. « Non mi avete ancora dedicato un brindisi, razza di ingrate ».
Si lasciarono nuovamente andare ad un’ondata di risate, e tutte e quattro si incamminarono verso il tavolo dei drink, dove ognuna riempì il proprio calice della bevanda che più era di suo gusto.
« Dunque, a Scarlett Banks » esordì Alice, schiarendosi la voce. « Che questi diciotto anni possano portarle gioia… »
« … serenità… » intervenne Lily, accodandosi all’amica.
« … salute… » aggiunse a sua volta Emmeline.
« … e tanto, tanto amore » concluse infine Alice, alzando il proprio bicchiere, ma Scarlett non pareva molto convinta del discorso che avevano appena declamato, un’espressione perplessa e vagamente stranita sul volto.
« Mmm… » commentò, storcendo la bocca da un lato. « Non avete qualcosa di più naturale? Più… nel vostro stile, ecco ».
Le altre si guardarono vicendevolmente, fingendo di non aver recepito pienamente il suo messaggio.
« Beh, volevamo fare le cose come si deve, ma evidentemente non lo apprezzi, quindi… » rispose Lily, ostentando un fittizio disappunto, poi sollevò nuovamente il bicchiere, dando il via al secondo brindisi puntualmente modificato. « A Scarlett Banks » esordì, il tono di voce appena più alto. « Che questi diciotto anni possano portarle… mmm… beh, una minore propensione a crearsi complessi mentali a ripetizione, un maggiore e più spiccato senso dell’umorismo, oltre che un drastico calo in ambito pesantezza… »
« … un’inversione di tendenza nella scelta dei colori nel vestire, visto quanto sei poco audace a osare con tonalità pastello » continuò a dire Alice, inserendosi prontamente nel discorso, « e anche un cambio di look con un bel taglio di capelli, perché diciamocelo, per quanto splendida possa essere quella chioma chilometrica, dopo diciotto anni inizia un po’ a stancare… »
« … una maggiore fortuna in amore, visto quante ne hai passate nell’ultimo anno » si inserì Emmeline, e Scarlett si illuse per un momento, credendo che fosse l’unica tra le amiche a volerle fare un augurio semiserio, « e… beh, un pizzico di voglia in più di studiare Antiche Rune, perché non so se riuscirei a sopportare altri tre mesi pieni zeppi di lamentele! » concluse inaspettatamente, e la festeggiata scoppiò subito a ridere, seguita a ruota dalle altre.
« Che Godric Grifondoro benedica i vostri auspici! » esclamò tra le risate, e fece scontrare il proprio calice contro quello delle amiche, generando un rumoroso tintinnio.
Dopodiché bevvero in silenzio, vuotando ognuna il rispettivo bicchiere.
« Accidenti, credo che abbia funzionato » fece Lily, voltandosi a guardare le ragazze. « Insomma, ha riso su alle nostre battute, quando una volta non ci avrebbe più rivolto la parola per una settimana, come minimo… »
« Idiota! » la rimproverò subito Scarlett, colpendola con una gomitata e scoppiando nuovamente a ridere.
« Ah, come non detto, è stato un falso allarme » ribattè ancora la ragazza, e si unì alle risate delle amiche.
A quel punto, però, la loro attenzione fu attirata da un’altra voce, proveniente dal centro della Sala Comune e palesemente amplificata con la magia. A quanto pareva, James aveva deciso di iniziare a dare spettacolo con qualche brillante intervento, tipico del suo repertorio. Dopotutto, era la sua festa, no? Aspettarsi qualcosa di diverso sarebbe stato decisamente sciocco.
« Buonasera, gente! » esclamò, un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
Immediatamente, quasi tutti i presenti risposero al suo saluto con un sonoro ed indistinto boato, segno che il ragazzo era riuscito con successo a trovare l’interesse del suo pubblico.
« Ancora non riesco a spiegarmi come diamine faccia a conquistare la gente con quella facilità » commentò Lily, fissandolo da lontano con un sorriso e scuotendo lentamente il capo. « E’… è un animale da palcoscenico, dovrebbe fare spettacolo nella vita, dico sul serio! Sarebbe perfetto nei panni di presentatore in uno di quegli strampalati talk show babbani che guarda sempre mia madre ».
Rise di cuore, continuando a tenere lo sguardo fisso sul ragazzo, e le amiche con lei, ma non potè aggiungere nient’altro, perché James aveva appena ripreso a parlare.
« Dannazione, siete tantissimi! » riprese, ammirato dal riscontro che aveva ricevuto dalla folla. « Ma dopotutto era prevedibile… da quando sono in questa scuola, non ho mai visto la Casata di Grifondoro fallire una festa, quindi facciamoci un applauso, leoni ruggenti! »
L’invito di James fu accolto alla grande dai compagni, esaltati dal suo travolgente entusiasmo.
« Davvero, sono contento che siate tutti qui » disse poi, riprendendo la parola. « E’ fantastico festeggiare questo compleanno insieme a voi. E poi diciamocelo, un po’ di sano divertimento ci voleva proprio. Ultimamente, i prof se la stanno proprio spassando a massacrarci, per cui un sabato sera diverso dal solito è quello di cui abbiamo tutti bisogno, anche perché… » Fece una pausa, più per creare una sorta di suspense che per trovare le parole giuste per proseguire, « … beh, la festa per la vittoria della Coppa di Quidditch mi pare ancora un po’ lontana, non credete? »
A quelle parole, l’urlo di battaglia dei Grifondoro presenti si fece ancor più rumoroso ed elettrizzato, reazione che allargò notevolmente il sorriso già ampio di James. Otteneva sempre quel risultato, quando lanciava a bruciapelo qualche battuta denigratoria nei confronti delle altre Case o – ancora meglio – quando, con tutta la sicurezza e quel pizzico di presunzione che tanto lo rendeva insopportabile agli occhi degli avversari, si dilettava a provocare l’eccitazione dei compagni con secchi pronostici sulla schiacciante vittoria di Grifondoro alla fine del Campionato. Riusciva a scaldare i cuori di tutta la Casata, con quel suo fare da trascinatore, e il fatto che le sue previsioni risultassero alla fine sempre corrette non faceva che renderlo, allo stesso tempo, idolo incontrastato dei suoi compagni e bestia nera da battere a tutti i costi per tutti gli altri.
« Okay, okay, gente, ho ancora qualcosa da dire » riprese poi, mentre il vocio dei presenti si faceva sempre più fioco per permettergli di continuare a parlare. « Come ben sapete, questa non è solo la mia festa. Se ieri è toccato a me invecchiare e compiere un ulteriore passo avanti verso la senilità, tra qualche ora sarà il turno di una splendida creatura di nostra conoscenza. Scarlett, tesoro, dove sei? »
Si guardò intorno per individuare la ragazza che stava cercando, e quando tre ragazzi del sesto anno si furono spostati per liberargli la visuale, la vide e la invitò a raggiungerlo, tendendole la mano con un raggiante sorriso sul volto. Lei avanzò, scuotendo appena il capo e sorridendo a sua volta, mentre, intorno a loro, i ragazzi si lanciavano in un nuovo coro di giubilo, concedendo il giusto tributo anche all’altra festeggiata.
« Non è meravigliosa? » incalzò James, prendendole la mano e assecondando il chiasso dei presenti. « Ebbene, è insieme a lei che voglio dare ufficialmente inizio a questa festa! Vi auguro di divertirvi, ragazzi! Musica, Peter! » esclamò alla fine, e il ragazzo, pronto accanto alla radiolina che li avrebbe allietati con varie canzoni durante quella serata, amplificò il volume con un rapido tocco di bacchetta, così che un movimentato pezzo rockeggiante si diffondesse per tutta la Sala Comune e desse il via alle danze.
« Sei andato forte col tuo discorso! » esclamò Scarlett, mentre anche lei e James iniziavano a ballare. « Te lo prepari da ieri, ci scommetto! »
Il ragazzo rise di gusto, gettando il capo leggermente indietro.
« Nah » rispose poi, passandosi una mano tra i capelli ribelli. « Sai che ho un talento naturale per queste cose ».
Scarlett scoppiò a ridere, ritrovandosi pienamente d’accordo con lui, e non fece in tempo a smettere che James la prese per un polso e la fece volteggiare due volte su se stessa, attirandola poi a sé con un abile e deciso strattone. Lei lo fissò, uno sguardo divertito e sinceramente colpito che lo indusse a lanciarle un rapido occhiolino.
« Si può sapere quanti talenti naturali possiedi, tu? » gli domandò, scompigliandogli ancor di più i capelli in un gesto affettuoso.
« Più di quanti immagini, luce dei miei occhi » rispose prontamente lui, facendola ridere, e la sorprese con un caschè con tanto di sonoro e impetuoso bacio sulla guancia incorporato.
Si divertirono talmente tanto che per più di mezz’ora non fecero altro che ballare e ridere, ripensando a tutti i compleanni passati e un po’ anche a quelli che dovevano ancora arrivare, chiedendosi se li avrebbero festeggiati sempre insieme, finché non fossero diventati vecchi entrambi.
« E sentiamo, cosa mi regaleresti per il mio centesimo compleanno? » domandò James, curioso, e la vide riflettere intensamente.
« Un bastone » rispose lei, allegra. « Così per andare in giro non dovresti più aggrapparti a Lily, che quando avrà cent’anni sarà ancora bella e in forma ».
« Ah, ma se ha già un mucchio di acciacchi! » fece lui, ridendo. « L’altro giorno le ho proposto di insegnarle un po’ di sano Quidditch o di fare una corsetta intorno al lago e mi ha guardato malissimo… hai presente il suo vecchio sguardo da Potter, ti odio, non uscirò mai con te? Ecco, beh… non lo ha perso ».
Scarlett rise, e pensò che in effetti Lily detestava l’esercizio fisico forse anche più di Emmeline ed Alice messe insieme.
Quando stava per replicare, però, il suo sguardo ricadde casualmente su una ragazza che aveva appena fatto il proprio ingresso in Sala Comune, i capelli leggermente mossi e un abitino bianco che le donava parecchio: sua sorella. Sua sorella era venuta alla festa.
« James, è arrivata Miley, andiamo a salutarla! » disse all’amico, che subito la ricercò con lo sguardo finché non l’ebbe individuata.
E si avviarono, facendosi strada fra coppie danzanti e combriccole di amici ridanciani, facendole cenni con la mano per farsi notare.
« Ehi, sorella! » esclamò Scarlett, stringendola a sé in un caloroso abbraccio. « Lo sapevo che alla fine saresti venuta ».
Lei sorrise, abbracciando anche James e guardandosi rapidamente intorno, colpita dal modo in cui la stanza era stata addobbata.
« Avevi ragione, non potevo mancare » ribattè, affettuosa, e i due sorrisero a loro volta.
« E per il grande evento si è persino messa i tacchi » aggiunse James, sinceramente ammirato. « Cavoli, Miley, così rischi di farmi commuovere! »
A quelle parole, Scarlett sgranò gli occhi, incredula, sconvolta e ansiosa di verificare che non fosse tutta una presa in giro, perché non riusciva davvero a credere alle proprie orecchie. Difatti, si allontanò di qualche passo per squadrare la sorella da capo a piedi, ed immediatamente potè constatare che sì, era proprio vero: Miley sfoggiava con disinvoltura - o quasi - un paio di tacchi alti, ma parecchio robusti, che fecero subito breccia nel cuore di Scarlett.
« Non riesco a crederci » disse, scandendo con veemenza ogni parola. « Se ti vedesse mamma piangerebbe di gioia! Stai benissimo! »
« Grazie » mormorò lei, ridendo e lanciando alle scarpe un’occhiata dubbiosa. « Ma ho portato le scarpe da ginnastica di riserva, le ho messe in quell’angolo accanto alla poltrona, se non ti dispiace. Sento che i miei piedi si stanno già adoperando per una gran bella sommossa, poverini ».
Scarlett non osò lamentarsi - dopotutto Miley aveva compiuto passi da gigante - e sorrise, scuotendo il capo ed esibendosi scherzosamente in un’espressione carica di disapprovazione.
« Da’ un’occhiata a quelle scarpe, di tanto in tanto. Qui in mezzo ci saranno di sicuro un paio di cleptomani, te l’assicuro » le consigliò James, guardandosi intorno sospettoso, e le due risero, coinvolgendo ben presto anche lui. « Beh, vi lascio sole, bellezze. A più tardi » concluse infine, salutandole.
Loro, dopo aver ricambiato il gesto, lo guardarono allontanarsi, per poi rivolgersi nuovamente l’una all’altra.
Miley potè così osservare per bene la sorella, che le apparve radiosa, oltre che bella come sempre. E fu una gioia, per lei, ritrovare accanto al fascino dei suoi ben acconciati capelli scuri e degli occhi sempre brillanti anche tutto lo splendore del suo sincero, contagioso sorriso. Dopo il lungo periodo di oscurità che l’aveva travolta, scandito dal perenne battito di ogni suo rimorso, ritrovare la vecchia luce nella quale aveva sempre trovato pace l’aveva resa migliore. E questa speciale sfumatura che le aleggiava intorno non sarebbe mai potuta sfuggire agli occhi e al cuore di sua sorella.
« Sei stupenda » si congratulò, giocherellando con i suoi morbidi boccoli, e Scarlett la scrutò con un vago sorriso sulle labbra.
Mentre la guardava, ebbe un attimo di esitazione, ma alla fine decise di chiederle ciò che desiderava capire.
« Cos’è che ti ha convinta a venire? » domandò, nel tono più pacato e semplicemente curioso che si possa immaginare.
Lei parve un po’ spegnersi ascoltando le sue parole, e si strinse nelle spalle, sospirando appena, lo sguardo fisso sul pavimento.
Per l’intero pomeriggio, aveva detto a se stessa che sarebbe stato meglio rimanere al calduccio nel proprio letto, cullata dai propri pensieri, pensieri amari che finivano per mescolarsi a bei ricordi e che, come parassiti, avvelenavano anch’essi con la medesima malinconia crudele. Perché non c’è nulla di più doloroso di un ricordo felice quando sai di non poter tornare indietro, di non avere nulla in tuo potere per recuperare l’essenza, le fibre di quell’irripetibile batticuore che tanto ti ha fatto stare bene. E malgrado lo sapesse, Miley non riusciva mai a tirarsi indietro, e si abbandonava con una tale intensità a quelle immagini mai perfettamente dettagliate da dover prendere un respiro profondo, alla fine di tutto, perché le si stringeva un vigoroso nodo allo stomaco capace di farle perdere la bussola per qualche opprimente, caotico momento. Eppure continuava a pensare, tutte le volte, senza ribellarsi. Tutte le volte, tranne quella sera.
Quando si era messa sotto le coperte, infatti, qualcosa era scattato dentro di lei. Una sensazione di stanchezza, di frustrazione e di profonda esasperazione, il desiderio di mandare tutto al diavolo, almeno per un po’, il bisogno di prendersi una pausa, di vedere facce amiche, di fare qualcosa di diverso per occupare la mente con un briciolo di spensieratezza, piuttosto che con tutte le preoccupazioni che in quell’ultimo periodo la affliggevano. Ma soprattutto, ciò che davvero l’aveva spinta ad abbandonare le lenzuola era stato il pensiero di sua sorella. Non era mai mancata ad un suo compleanno, e si sarebbe sentita ancora peggio se avesse deciso di farlo per la prima volta proprio quella sera.
« Te l’ho detto » rispose, sorridendo. « Come potevo perdermi il tuo compleanno? Sarei stata una gran bella sorella da schifo e me l’avresti rinfacciato per il resto dei miei giorni » aggiunse, ridendo insieme a lei. Poi, però, la sua espressione tornò gradualmente seria. « E poi, beh… sono stanca, Scar. Ad essere sincera, sono davvero stanca. Non è un bel periodo, per me, e credo possa farmi bene pensare ad altro, per una sera… è anche per questo che ho messo i tacchi » rise piano, sollevando le spalle. « Avevo davvero voglia di qualcosa di diverso, e forse hai ragione… a volte aiuta anche uno stupido paio di scarpe ».
Scarlett la osservò con attenzione, e di nuovo desiderò con tutta se stessa che si confidasse, che riversasse in lei almeno un po’ di tutta la sua angoscia.
« Aiuta molto anche parlare, però » le ricordò, accorata, e la vide riabbassare di scatto lo sguardo. « Quando ho qualcosa che non va mi dici sempre che confrontarsi aiuta a risolvere i problemi, che tenersi tutto dentro non porta a nulla di buono. Ma tu stai facendo lo stesso ».
Seguì un breve silenzio, durante il quale Miley si sentì estremamente combattuta. In fondo, sarebbe piaciuto anche a lei condividere con Scarlett i propri tormenti, ma non poteva. Per quanto lo desiderasse, non poteva.
« C’è… qualcosa che me lo impedisce » disse, tentando di spiegarsi. « Vorrei tanto poterti dire tutto, ma non posso. E’ una situazione che devo affrontare da sola, e non riguarda solo me, è molto… è complicato. Odio dirlo, ma lo è sul serio. Prima o poi ti racconterò tutto, te lo prometto ».
Si guardarono, e Scarlett non potè far altro che comprenderla, senza più replicare. Si fidava della sincerità di sua sorella, e tanto bastava.
« D’accordo » la rassicurò. « Non sentirti sotto pressione anche per questo, allora. E goditi la festa senza pensare a niente, okay? »
Miley annuì e la abbracciò, chiudendo gli occhi per tentare di liberare la mente come lei le aveva suggerito di fare.
« Okay » rispose, sicura. « E, ti prego, dimmi che c’è qualcosa da mangiare, sto per svenire ».
Scarlett rise e, una volta scioltasi dall’abbraccio della sorella, le fece un cenno verso un punto imprecisato della stanza.
« C’è un tavolo pieno di roba da quella parte » disse. « Emergi viva da questo mare di gente e, non appena vedi Sirius Black, saprai di essere giunta a destinazione. Sempre che non si sia già spazzolato tutto, è chiaro » aggiunse infine, e Miley scoppiò a ridere di cuore, divertita.
« Mmm, sbaglio o qualcuno, qui, ha un solo pensiero fisso per la testa? » suggerì maliziosamente, e Scarlett la fissò, sconvolta.
« L’ho nominato una sola volta! » esclamò, mentre l’altra continuava a ridere. « Ma guarda un po’ cosa devo sentirmi dire… »
Scosse il capo ripetutamente, poi si unì a sua sorella, che, con l’aria di chi la sa lunga, continuava a lanciarle espressioni provocatorie.
« Vai a cibarti, su » la esortò poi Scarlett, fingendosi risentita. « E ricordati che dobbiamo sfamare un’intera Casata, non l’unica clandestina della festa ».
Lei sollevò le mani in gesto di innocenza e cominciò ad allontanarsi verso la direzione indicatale prima da Scarlett.
« Non prometto nulla » replicò. « Au revoir ».
La salutò con la mano, per poi addentrarsi nella folla di persone accalcate al centro della stanza per raggiungere il tavolo che stava cercando. E dovette trattenere a forza le risate quando vide che, in effetti, Sirius era appostato proprio lì vicino, intento a masticare chissà cosa con aria tranquilla. Fu felice di notare che non si trovava in compagnia di Remus. Avrebbe preferito non vederlo, quella sera, ma sapeva che sarebbe stato quasi impossibile non incrociarsi in quella piccola, seppur parecchio affollata Sala Comune.
Ecco, appunto. Era impossibile.
Talmente impossibile che, mentre Miley prendeva qualcosa da mangiare e cominciava a chiacchierare con Sirius, Remus, in piedi accanto alla scala a chiocciola che conduceva ai Dormitori con un calice colmo di vino elfico stretto in mano, aveva appena terminato uno scambio di battute con un paio di compagni di Casa e, quasi all’istante, si accorse di lei. La vide, ma non riuscì a credere a ciò su cui i suoi occhi si stavano focalizzando. Non aveva minimamente preso in considerazione l’idea di incontrarla a quella festa, forse perché credere che sarebbe stata assente gli aveva fatto comodo, dopotutto. Eppure eccola lì, sorridente, con il volto in parte coperto dalla folta cascata di capelli biondo cenere e gli orli del semplice abito candido che le sfioravano le ginocchia. E Remus, ancor prima di cominciare a preoccuparsi per ciò che avrebbe dovuto fare, per quel che sarebbe successo nel corso della serata, pensò che fosse meravigliosa, tanto che ne rimase inguaribilmente incantato.
I mille pensieri che quell’unica idea aveva momentaneamente scacciato, però, non tardarono a ritornare alla ribalta, scalpitando. Tutti i piani che, seppur confusamente, aveva progettato di mettere in atto erano appena stati calpestati, e lui non si sentiva affatto pronto ad improvvisare una decisione alternativa. L’unica prospettiva che gli si spalancava di fronte era quella di un confronto anticipato, ma già sapeva che non sarebbe stato capace di reggerlo. Non subito. Non così all’improvviso.
Era appena stato vittima di un colpo di scena che l’aveva completamente disarmato, e non aveva idea di come avrebbe fatto a riprendersi. Il panico si stava lentamente impossessando di lui, sottomettendolo e impedendogli di ribellarsi. Aveva paura perché non aveva idea di ciò che avrebbe potuto dirle, aveva paura che qualsiasi cosa potesse essere sbagliata… Aveva paura dell’insicurezza che manovrava la sua mente, e delle conseguenze che l’essersi cullato nella paradisiaca idea di avere ancora tempo stava portando. Ma soprattutto, più di ogni altra cosa, aveva paura perché era consapevole di non avere scelta: se avesse deciso di non parlare a Miley neppure in quell’occasione, sentiva che tutto sarebbe andato perso. Non avrebbe più accettato le sue scuse, e il loro rapporto, qualunque forma avrebbe mai potuto assumere, sarebbe sprofondato in una dolorosa, educata freddezza che avrebbe comunque finito per ferirli entrambi. Dopotutto, anche la pazienza di Miley aveva un limite, e lui aveva rischiato di superarlo fin troppo spesso, pentendosene quasi sempre un attimo dopo. L’idea di commettere l’errore decisivo proprio quella sera lo metteva in ansia come quasi nient’altro era mai riuscito a fare.
« Hanno finalmente messo il primo pezzo lento della serata. Non ti sembra un’occasione troppo ghiotta per non buttarti in pista, Lunastorta? »
Il suono della voce di Lily lo ricondusse bruscamente alla realtà, facendolo quasi trasalire. Si voltò, e vide che la ragazza sorrideva e teneva la mano tesa.
« Fai sul serio? » le disse, tentando a sua volta un sorriso, e lei annuì vivacemente.
« Non è galante dire di no ad una signora » replicò, il mento in su per fingersi superba, e di nuovo gli porse la mano in attesa che la prendesse.
Alla fine, lui la afferrò, e insieme si diressero verso il centro della stanza, laddove danzavano numerose coppie immerse in quell’atmosfera più rilassata.
« Da adesso sei in debito con me, sappilo » fece Remus, facendola ridere di gusto mentre entrambi cominciavano a muoversi sul posto.
« Ah, quanto la fai lunga » lo rimbrottò, scostandosi i lunghi capelli dietro le spalle. « Avevi intenzione di startene lì impalato per tutta la serata? »
« Qualcosa del genere, sì » rispose pacatamente lui, con palese sincerità, cosa che la divertì parecchio.
Lo osservò, e potè immediatamente notare che non era affatto tranquillo. Si guardava intorno cercando di far sì che non se ne accorgesse, ma il suo nervosismo era palpabile, e Lily non fece fatica a intuire a cosa fosse dovuto quel suo evidente disagio: aveva visto Miley entrare in Sala Comune appena un paio di minuti prima. Non le servivano altre spiegazioni.
« Sai, non credo che Miley sia una tipa da attacchi alle spalle » disse, serena. « Ma se dovesse avvicinarsi, prometto di avvisarti in tempo ».
Remus parve solo vagamente stupito, ma ad ogni modo non lo diede a vedere. La fissò, un sopracciglio inarcato, impassibile.
« Le notizie viaggiano rapidamente, a quanto pare » commentò, mantenendo il suo tono sempre pacifico, e lei si strinse nelle spalle.
James le aveva raccontato qualcosa di ciò che era accaduto riguardo a quella vicenda, ma Lily era certa che Remus non fosse arrabbiato con lui per questo. Conosceva bene la sua indole, e d’altronde, se non fosse stato così restio a confidarsi e a sfogarsi con chiunque, lei sarebbe stata una delle prime persone alle quali si sarebbe rivolto per chiedere un po’ di conforto, certo di poterne ricevere in abbondanza insieme a qualche buon consiglio.
« Anch’io credevo che non sarebbe venuta » fece Lily, pensierosa. « Ma sono certa che non le dispiacerebbe affatto scambiare quattro chiacchiere con te. Penso che, insieme a te, sia una delle persone più affabili sulla faccia di questo pianeta. Lo sai anche meglio di me, immagino ».
Lui la scrutò, riflettendo sul significato delle sue parole. E in effetti, fu certo che, se si fosse avvicinato a Miley per parlarle, non avrebbe trovato in lei una fortezza di rabbia e rancore, ma un sorriso gentile che, seppur con maggiore fatica, alla fine sarebbe riuscito a far emergere.
« Beh, forse non dovrebbe esserlo » rispose, un po’ duro. « A me non farebbe piacere parlare con qualcuno che mi ha respinto e preso in giro ».
Lily scosse impercettibilmente il capo, mordicchiandosi il labbro inferiore.
« Devi smetterla di parlare sempre come se ti meritassi tutto il male del mondo » disse con forza, determinata. « Non sei la prima persona che commette degli errori, e non sarai nemmeno l’ultima, anzi, sei uno dei pochi che possiede delle ragioni più che valide per farlo. Quindi non attirare su di te l’odio della gente se non hai commesso nessun crimine. Finisce sempre che vieni perdonato da chiunque tranne che da te stesso ».
Remus guardò altrove, ma non si sentì pronto né ad annuire né a scuotere il capo. Non capiva fino in fondo se Lily avesse ragione o meno.
« Non voglio che la gente sia indulgente con me solo perché sono quello che sono » replicò. « Non esistono ragioni valide per sbagliare, la mia non è una giustificazione, e gli errori che ho commesso con Miley… » Fece una pausa, sospirando sommessamente. « Per quelli devo prendermi le mie responsabilità. Il giorno in cui finirò ad elemosinare la compassione della gente deve ancora arrivare ».
Lily annuì lentamente, come a voler dire che lo sapeva molto bene anche lei.
« Quel giorno non arriverà mai, fidati di me » rispose con la massima sicurezza. « Ma ricordati che spesso gli errori che commetti dipendono solo ed esclusivamente da tutto quello che ti porti dietro. Se agissi sempre per come sei davvero, senza badare troppo al resto, faresti solo cose buone, Remus. Perché è nella tua natura. Invece, nel momento in cui cerchi di far quadrare tutto e ti fai condizionare dalla parte più buia di te, è quella a prendere le decisioni al posto tuo. E allora entrano in campo tutti i tuoi sensi di colpa e non fai che andare nel pallone ancor di più, e commettere altri errori, magari, senza rendertene conto. Ma credimi, li eviteresti tutti se solo capissi fino in fondo che quella parte non è altro che una… una orribile briciola di tutto quello che sei. Anzi, a pensarci bene, non fa neppure parte di te, perché è solo un macigno che ti è capitato in sorte senza che tu potessi impedirlo in nessun modo, e soprattutto senza che avessi fatto qualcosa per meritarlo. E’ una maledizione, Remus » insistette lei, abbassando ulteriormente il volume della voce ma mantenendo il precedente tono accorato. « Non puoi permettere che prenda il sopravvento su di te, perché si comporterebbe come una forza negativa e… ti farebbe solo continuare a sbagliare ».
Lo osservò, sperando intensamente che le proprie parole avessero avuto su di lui un certo effetto.
Aveva sempre desiderato che Remus si rendesse conto dell’infinita bellezza che albergava in lui, ma tutte le volte si mostrava ostinato e per nulla propenso a cambiare opinione. Semplicemente, non riusciva a fare a meno di disprezzarsi, per la sua condizione e per tutto ciò che ne derivava, ma allo stesso tempo sognava di essere considerato dalle persone che gli stavano accanto un ragazzo come tutti gli altri, e non era mai riuscito a venire a capo di quel perenne conflitto interiore, che se da una parte lo rendeva strenuo difensore dei diritti dei diversi, dall’altra lo vedeva come il peggiore dei razzisti.
« Non posso prendere decisioni o… fare qualsiasi cosa voglia fare senza tenere conto della mia condizione » disse, cupo. « Sono abituato a conviverci, ma non posso pretendere che anche gli altri lo accettino così facilmente. Non voglio costringere nessuno a sopportare questo peso insieme a me ».
Ma Lily aveva la risposta pronta, e non tentennò minimamente nel dargliela.
« Hai ragione, non devi costringere nessuno » replicò. « Ma se le persone che ti hanno conosciuto vogliono accettarti per quello che sei, non puoi costringerle neppure a fare il contrario, Remus. Faresti loro un torto anche comportandoti in questa maniera. Sai, non c’è nulla di buono in quello che fai quando respingi qualcuno solo per salvaguardarlo da tutta questa faccenda. Sono gli altri a dover decidere per sé, non tu ».
Remus la ascoltò, e non riuscì a trovare nulla da dire per contestare il suo punto di vista. Lily aveva ragione, ma esserci dentro era tutta un’altra storia, e questo mai nessuno avrebbe potuto capirlo fino in fondo. Di questo era sempre stato assolutamente certo, e non si riteneva affatto egoista a pensarla così.
Annuì appena, e Lily, ascoltando la canzone dalle note strascicate che volgeva al termine, lo strinse piano a sé, cosa che riuscì a far percepire a Remus tutto l’affetto incondizionato che la ragazza nutriva nei suoi confronti.
Quando si slacciarono da quel lieve abbraccio, le sorrise, un sorriso grato e rincuorato, sperando che bastasse.
« Non costringermi a farti altre ramanzine, d’accordo? » gli disse lei in tono giocoso. « Sei tu la mamma bacchettona, non io ».
Lui rise, annuendo divertito, e Lily lo seguì a ruota, per poi guardarsi rapidamente intorno, mentre un altro brano cominciava a risuonare per la stanza.
« Beh… io raggiungo James. Adora questa canzone » aggiunse qualche istante dopo, e Remus fece un cenno col capo, sorridendo.
« Farai meglio a correre, allora, o ce l’avrà con te per il resto della serata » la ammonì, scherzoso malgrado la veridicità delle sue parole.
Lily rise nuovamente, gli scoccò un rapido bacio sulla guancia e si allontanò, lasciandolo solo fra i tanti ragazzi che parevano non stancarsi mai di ballare.
Si mise da parte, le mani affondate nelle tasche profonde dei pantaloni, e non riuscì a non pensare a tutto ciò di cui aveva appena discusso con Lily. Sbirciò tra la folla in direzione del lungo tavolo carico di bevande, e di nuovo si soffermò a osservare Miley, che in quel momento stava annusando con aria disgustata un drink che Sirius le aveva offerto, e che sicuramente avrebbe rifiutato.
D’un tratto, si rese conto che in verità nulla sarebbe stato più difficile del continuare ad evitarla. Lui voleva parlarle, voleva spiegarle ogni cosa, e rimuginare ancora su tutta quella complicata faccenda non avrebbe fatto altro che renderla, se possibile, maggiormente intricata.
Era arrivato il momento di porre fine al suo sconclusionato e altalenante percorso che, se avesse continuato a comportarsi in quel modo, avrebbe certamente concluso da solo, e malgrado la paura gli tartassasse lo stomaco, sentì che la via che aveva deciso di percorrere era finalmente la più giusta. Nei confronti di Miley, di se stesso, nei confronti di quell’affetto speciale che non aveva mai osato provare a definire. Per una volta, non si sarebbe pentito.
Così, accogliendo quella ventata di determinazione, si avviò verso il tavolo su cui aveva tenuto gli occhi puntati fino ad allora, senza più riflettere.
« … non puoi disprezzarmi solo perché sono astemia! » stava dicendo Miley quando fu tanto vicino da riuscire ad ascoltare ciò che diceva.
Sirius scosse il capo, vuotando in un solo sorso il bicchiere che aveva precedentemente riempito per lei.
« Infatti non posso. Devo » fu la sua risposta, dinnanzi alla quale lei storse il naso, alzando gli occhi al cielo.
« Beh, in quanto astemia e quindi specie in via d’estinzione, merito rispetto » replicò, piccata, e fu il turno di Sirius di mostrarsi poco convinto.
« Secondo me meriti più un piano di riabilitazione, piccola Banks » le consigliò. « Potrei prenderti in cura personalmente… sarebbe una bella sfida ».
« E chi prenderebbe in cura te? »
La voce di Remus li distrasse dalla loro conversazione, ed entrambi si voltarono a fissarlo, l’uno vagamente sorpreso, l’altra palesemente scossa.
I loro sguardi s’incrociarono, e nel suo, lui riuscì a rintracciare solo un profondo smarrimento, e nulla di più.
« Io sono un alcolista moderato » disse Sirius, spezzando di netto la tensione che si era venuta a creare fra loro. « Non ho bisogno di cure ».
Remus sorrise, ma Miley parve non esserne capace, tanto che restò in silenzio, evitando lo sguardo di chiunque.
« Beh » riprese Sirius a quel punto, allontanandosi dalla parete sulla quale era rimasto appoggiato fino ad allora. « Io raggiungo Peter, se non vi dispiace. A differenza mia, non è molto affidabile quando beve un bicchiere di troppo » e andò via, raggiungendo il ragazzo che in effetti pareva già un po’ intontito.
Rimasti soli, Remus e Miley tornarono inevitabilmente a guardarsi, e fu insolito per entrambi non sorridersi o comportarsi com’era sempre stato naturale fra loro, al punto che si domandarono cosa mai avrebbero potuto dire per rompere il ghiaccio. E se Miley non si era affatto aspettata l’arrivo volontario di Remus e non credeva di dover essere la prima a parlare, lui invece aveva così tanto da dire da non avere idea di dove cominciare.
« Credevo che non saresti venuta » le disse allora, incerto. « Scarlett mi aveva lasciato intendere… »
« E’ il suo compleanno » lo interruppe lei, senza neanche badare al fatto che non avesse ancora concluso. « Non potevo perdermelo ».
Lui annuì, studiando la strana espressione sul suo volto senza riuscire a decifrarla.
Non vi era traccia di risentimento in lei, come d’altronde non ve n’era stata nelle sue parole. Malgrado il tono un po’ più brusco del solito, infatti, non era stata fredda, per niente. Ma c’era qualcos’altro… qualcosa che non aveva scovato nei suoi occhi quando l’aveva vista parlare con Sirius, ma che riusciva a intravedere solo in quel momento, mentre lo fissava. Non capì di cosa si trattasse, ma si sentì sollevato nel notare che non lo respingeva. Si era aspettato qualcosa di completamente differente.
« Sirius stava cercando di corromperti, eh? » disse dopo qualche momento di silenzio, e lei, sebbene in maniera vagamente stentata, rise.
« Di aiutarmi, direbbe lui » replicò, guardandolo di sottecchi mentre si riempiva nuovamente il bicchiere di vino elfico.
Remus sorrise e, dopo un attimo di esitazione, afferrò un altro calice e vi versò dentro un po’ d’acqua fresca, porgendoglielo.
« Posso sperare di avere più successo se ti offro anch’io da bere? » le chiese, osservando curioso la sua reazione.
Miley accolse il bicchiere fra le dita, divertita, e il sorriso che gli concesse in cambio fu il gesto più caloroso che avrebbe mai potuto rivolgergli.
« Successo assicurato » ribattè lei, sollevando appena il calice, e lui lo lasciò scontrare dolcemente contro il proprio, ricambiando il sorriso.
Bevvero, così da avere qualche momento per riflettere, lanciandosi un paio d’occhiate in tralice e cercando di capire ognuno il perché dell’atteggiamento dell’altro: Miley si chiedeva come mai Remus le si fosse avvicinato con quella nonchalance, senza accennare a farle delle scuse o a parlare di quanto era successo fra loro, e Remus si chiedeva come mai Miley avesse accettato tutto questo con serenità, mostrandosi, dopotutto, sorridente come sempre. La differenza, però, stava nel fatto che Miley conosceva bene le ragioni del proprio comportamento, mentre Remus non riusciva a comprendere neppure se stesso, e non faceva che domandarsi perché non avesse dato il via a quella conversazione chiedendole perdono per i suoi incomprensibili, ennesimi freschi sbagli.
« Non abbiamo brindato a niente » osservò lei quasi fra sé e sé, gli occhi fissi su un punto imprecisato, e lui la scrutò a lungo.
« Già, hai ragione » rispose, annuendo lentamente. « Ma io non sono mai stato un granché con… gli auspici da brindisi ». Fece una pausa, riflettendo rapidamente. « Appena tre mesi fa avevi brindato a un anno di sincerità, ricordi? Beh… io so per certo che non l’hai ricevuta. Non da me, almeno ».
Tacque, meditabondo, mentre lo sguardo sorpreso di Miley si posava su di lui, intenso e impossibile da schivare.
L’idea del brindisi lo aveva immediatamente ricondotto, con una sconcertante facilità, alla notte di Capodanno che lui e i suoi amici avevano trascorso insieme. E malgrado non ricordasse quasi nulla di ciò che gli altri si erano augurati in vista dei dodici mesi a venire, le parole di Miley si erano impresse nella sua mente come un marchio, forse perché quell’auspicio non era fra i più usuali, o ancora perché, in qualche modo, lo aveva toccato molto da vicino.
Lei, dal canto suo, era rimasta spiazzata dalle sue parole. Il fatto che si fosse ricordato di quel dettaglio tanto insignificante l’aveva stupita, ma ancor di più si era sentita colpita dal suo riferimento così palese alla situazione che stavano vivendo in quel periodo. Forse, finalmente, Remus stava per dirle la verità.
Così si guardarono, e lei non ebbe bisogno di dire nulla. Stava solo aspettando che fosse lui a parlare.
« Io… devo chiederti scusa, Miley » disse Remus alla fine, guardandola negli occhi. « Non ho fatto che sbagliare da quando ti ho chiesto di interrompere le nostre lezioni di Pozioni, e ti ho allontanata senza che avessi fatto nulla per meritarlo. Non ti ho mai spiegato la vera ragione del mio comportamento, ma se hai pensato che potessi avere qualche colpa, credimi, non è affatto così. La colpa è solo mia, mia e di tutti quei tira e molla da cui avrei dovuto preservarti, perché… beh, tu non puoi essere la vittima di tutti i miei problemi. Quelli devo risolverli da solo ».
Fece una pausa, aspettandosi in risposta una raffica di domande, una ferma, definitiva richiesta di precise verità. Ma non ottenne nulla di tutto ciò.
Miley, infatti, pendeva dalle sue labbra, e lo osservava con un misto di curiosità e dolcezza nello sguardo. Sembrava che stesse interiorizzando le sue parole una ad una, perché ci mise un po’ a replicare, e in effetti era proprio ciò che stava facendo. Non si era aspettata che Remus facesse riferimento ai reali problemi che facevano da sfondo ai suoi comportamenti ambigui, né tantomeno che ne ammettesse l’esistenza. L’aveva presa piacevolmente in contropiede, e per la prima volta dopo tanto, tanto tempo, riuscì a nutrire un briciolo di speranza nei confronti del loro futuro che, senza la sua completa sincerità, non avrebbe avuto modo di esistere in nessuna forma immaginabile.
« Non voglio le tue scuse » esordì, pacata. « O meglio, sono felice di averle ricevute, ma… se hai ammesso l’esistenza di un problema che sta alla base di tutto, se sei stato sincero, finalmente, non c’è nulla per cui tu debba scusarti ».
Lui, spiazzato dalla sua immediata comprensione, non riuscì a trovare all’istante le parole per replicare, e Miley, che non aveva smesso nemmeno per un momento di scrutarlo di sottecchi, approfittò del suo silenzio per proseguire.
« Voglio dire, è facile sbagliare quando dentro di noi c’è qualcosa che non va, e ancor di più quando… beh, quando non possiamo spiegare la ragione dei nostri errori » riprese infatti, fissandolo con sicurezza e titubanza allo stesso tempo. Voleva scegliere con cura le parole da rivolgergli. « Tutto si complica, no? Ma è per questo che credo che… anche se in quei momenti dire la verità sembra la cosa più difficile, in realtà rende tutto molto più semplice. Ci libera, in un certo senso... non credi? »
Remus aprì la bocca per parlare, ma la richiuse lentamente, guardando Miley con spaventosa intensità.
Era stata capace di cogliere l’essenza del suo logorante turbamento con una perspicacia tale da congelarlo sul posto. Era senza parole, non riusciva a pensare a niente che non fosse ciò che aveva appena udito, e per un folle momento si ritrovò a chiedersi se, chissà in che modo, Miley avesse potuto scoprire la verità da sola. Ma scacciò quel pensiero con estrema facilità, dandosi dello sciocco: era impossibile che avesse capito tutto, perdipiù in così poco tempo. Non gli avrebbe mai parlato in quel modo, se avesse saputo ciò che era davvero. Non avrebbe mai potuto accettarlo così serenamente.
« Io… vorrei poterci credere fino in fondo » mormorò infine, tentando di reggere il suo sguardo. « A volte… a volte non è semplice capire se dire la verità è una buona idea. Per te, per gli altri… »
« Non è semplice soprattutto quando non si capisce se questa verità non si può dire o non si vuole dire » ribattè, cogliendo la sua frase lasciata in sospeso per proseguire. « Io non so quale sia la tua situazione ».
Anche Remus cercò di capirlo, riflettendo su come si sentiva all’idea di svelarle la natura della propria condizione, il suo angustiante segreto.
« E’ un po’… è un po’ entrambe le cose » risolse dopo qualche momento, certo di aver detto ciò che davvero pensava. « Ma per tutto questo tempo ho cercato di capire se si trattasse dell’una o l’altra cosa, senza riuscirci, quindi… adesso mi sono reso conto di quanto… di quanto poco importa quello che voglio o posso io nel momento in cui ci sono in ballo altre persone. Non si tratta solo di me, e a questo punto non potevo far altro che scegliere, se dirti la verità o… » Tacque per un istante, guardandola. « … o, beh, lasciare le cose com’erano. E ho scelto di raccontarti tutto perché lo meriti, ma anche perché non volevo che succedesse. Non volevo lasciare le cose a metà, senza spiegarti… e voglio solo che tu mi conosca per quello che sono ».
Miley lo osservò incantata, annuendo impercettibilmente, e un angolo delle sue labbra si piegò appena in un amabile sorriso.
Tanto bastò a far sentire Remus improvvisamente immerso in un lago di pace e di calore, sensazioni che si impossessarono di lui al punto tale da distendere il suo volto teso e cupo in un’espressione impregnata di una nuova, temporanea e sconosciuta calma. E a questo ingorgo di pacifiche emozioni, appena un istante dopo, si sommò una piacevole stretta allo stomaco quando Miley, senza neppure rendersi pienamente conto di ciò che stava facendo, si avvicinò di un passo per stringergli appena le braccia intorno al collo. Fu una tensione gradevole, quella che Remus sentì agitarsi dentro di sé, ben presto danneggiata dal furioso ritorno sul campo di battaglia oramai apparentemente tranquillo di un fiotto di paura che non riuscì a cacciare via: la paura che quella potesse essere l’ultima testimonianza di un affetto che forse sarebbe sfociato nel disprezzo; la paura che quello potesse essere il loro ultimo abbraccio, la sua ultima occasione per sentirsi bene fra le braccia di qualcuno, fra le sue braccia, che sempre erano state capaci di assorbire le tenebre del suo essere spaccato a metà e di ricucire in un luminoso intreccio ciò che di bello dimorava in entrambi.
Era così stanco di dover sempre avere bisogno di seconde possibilità… Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poter diventare capace di fare la scelta giusta, quella che credeva di aver appena compiuto, ma di cui non poteva essere assolutamente certo… anche solo per quell’unica volta.
Strinse a sé Miley con forza, una forza bisognosa di appoggio, e un attimo prima che lei si allontanasse si rese conto che, comunque sarebbe andata, di quell’abbraccio avrebbe ricordato sempre e solo una cosa, soltanto una delle numerosissime emozioni che aveva avvertito: la speranza. Perché, che decidesse di abbandonarlo o meno, era quella l’idea che avrebbe sempre associato al ricordo dei suoi verdi occhi bambini, e questo era splendido. Difatti, non c’è nulla di più bello per un condannato che incontrare i raggi del sole quando occhi e cuore sono ormai volti a terra. E lui, che condannato lo era sempre stato, su quei raggi di sole aveva costruito la sua intera vita e tracciato le tappe del proprio percorso.
« Ehilà… scusate tanto il disturbo, non vorrei interrompere il vostro idillio, ma… tocca anche a voi, gente, dobbiamo scattarci una foto! »
James irruppe in scena all’improvviso, quasi fosse apparso dal nulla, con Alice che gli trotterellava dietro in compagnia della sua fidata macchina fotografica. I due avevano da poco dato il via al tour intorno alla Sala Comune, con l’intento di immortalare il festeggiato insieme ad ogni singolo presente, e scatto dopo scatto, James pareva entusiasmarsi sempre più, cosa che Miley e Remus notarono immediatamente e che li indusse a scambiarsi uno sguardo divertito.
« Allora, l’impostazione della foto è la seguente » esordì James, sollevando le mani come chi si prepara a dare direttive. « Tu, Miley, starai al centro. E sposta un po’ quei capelli, è assurdo che tu e tua sorella teniate sempre gli occhi nascosti… mentre tu, amico… »
« Alice, scatta, per favore » lo interruppe Remus, alzando gli occhi al cielo, e il ragazzo lo fissò, disgustato dal suo atteggiamento poco collaborativo.
Proprio quando si trovò sul punto di replicare con veemenza, però, il sonoro clic della macchina fotografica di Alice li colse tutti impreparati.
« Non ero pronto! » protestò allora James, riversando su di lei la propria rabbia, ma l’amica si mostrò indifferente e si strinse nelle spalle.
« Non m’importa » replicò con la massima calma. « Non ballo già da un quarto d’ora, la pista mi reclama a gran voce. E poi dovresti anche pagarmi ».
Lui scosse il capo con costernazione, senza riuscire a capacitarsi dell’inettitudine e dell’arroganza della propria collaboratrice.
« Non ci si può mai affidare a nessuno, maledetto Salazar… » borbottò, seccato. « Su, da’ qua. Cercherò un aiutante più efficiente ».
Alice scoppiò in una risatina di scherno e tenne stretta a sé la sua preziosa macchina fotografica, facendo indispettire James ancora di più.
« Col cavolo che ti do la mia piccolina! » ribattè, ferma sulle sue posizioni. « Cercami fra un’ora, forse sarò di nuovo disponibile, se mi chiederai scusa ».
E con queste parole si congedò, allontanandosi a passo deciso sui vertiginosi tacchi a spillo e lasciando James irrimediabilmente basito.
Guardò i due amici in cerca di conforto, ma loro scrollarono le spalle contemporaneamente con una vaga aria dispiaciuta.
« Ritorno più tardi per una foto decente, allora » mormorò, un po’ afflitto, e andò via trascinando i piedi, mentre Remus e Miley ridevano di cuore.
Trascorsero insieme gran parte della serata, approfittando della comune allergia al ballo, mentre la festa procedeva senza intoppi.
Tutti si stavano divertendo da matti proprio come James aveva sapientemente previsto, e dopo più di un’ora, l’allegria e la spensieratezza erano divenute assolutamente contagiose: al centro della stanza erano ormai in moltissimi a ballare instancabilmente, complici l’assoluta frenesia che regnava nella piccola Sala Comune e l’alto tasso di alcool che buona parte dei presenti poteva vantare nel proprio corpo; tutto il cibo proveniente dalle cucine era sparito in un batter d’occhio, mentre due bottiglie superstiti di Ogden Stravecchio attendevano ancora di essere svuotate (Sirius le aveva puntate con straordinaria insistenza); un ragazzo del quarto anno, particolarmente preso da una movimentata canzone che lo aveva spinto a lanciarsi forsennatamente in pista, aveva osato demolire per errore una delle varie decorazioni allestite da Alice, onta alla quale la ragazza aveva replicato con durezza, costringendo il povero malcapitato all’esilio in Dormitorio; Peter, invece, aveva scoperto a suo discapito un nuovo e parecchio diffuso effetto che l’alcool gli provocava - oltre al solito, inarrestabile attacco di nausea, s’intende -, ovvero l’euforia, e si era così dato al canto finché Remus, impietosito, non era intervenuto per trarlo in salvo dall’umiliazione pubblica a cui si stava sottoponendo e per la quale avrebbe sicuramente pagato dazio il giorno dopo; la radio era impazzita per dieci minuti buoni, facendo esplodere la testa a tutti quanti, e l’intervento di Simon Phelps, appassionato di quel genere di aggeggi, si era dimostrato provvidenziale; James, come aveva anticipato agli amici, aveva dedicato il brano Amazing Eyes a Lily, stonando quasi tutte le note, anche le più elementari, e il risultato della sua brillante pensata era stato innanzitutto la rabbia di Lily, che aveva tentato in tutti i modi di mascherare l’imbarazzo, e solo alla fine del pezzo il suo conseguente tentativo di ucciderlo, da cui James, dopo numerose peripezie, era riuscito a fuggire grazie all’aiuto dei suoi Battitori, gli unici in grado di arrestare la furia altrimenti incontrollabile della ragazza; Alan aveva rischiato di danneggiare gravemente il proprio femore andando a sbattere con violenza contro il tavolo nel tentativo di attirare l’attenzione di un paio di ragazze attraverso un’abile – ma evidentemente non poi così tanto – mossa di ballo; infine, un ragazzo corpulento e solitario del sesto anno, sceso dal proprio Dormitorio quasi un’ora dopo l’inizio della festa e, a quanto pareva, uno dei pochissimi a non essere venuto a conoscenza del fidanzamento di James e Lily, aveva tentato di approcciarsi affabilmente a quest’ultima che, preoccupata all’idea di un possibile e irruento intervento di James, gli aveva lasciato intendere con chiarezza la propria situazione sentimentale, tanto che lui, compresa la faccenda, aveva deciso di dedicare la propria attenzione ad Emmeline.
Ebbene, così era andata avanti la festa fino a quel momento, e nessuno pareva avere intenzione di farla terminare troppo presto.
Prima fra tutti Alice che, entusiasmata dalla buona riuscita di tutti i preparativi, era impegnata a discutere con Frank, nel corso di un secondo ballo lento, delle proprie opinioni in merito alla faccenda.
« Certo, ci sarebbe voluto più cibo » stava dicendo, storcendo il naso. « O meno gente ingorda, un’opzione vale l’altra ».
Frank la studiò attentamente, le sopracciglia inarcate.
« Questo significherebbe che non saresti dovuta venire » osò replicare, sorprendentemente spavaldo ma in tono come sempre pacato, e lei si mostrò profondamente indispettita.
« Doveva esserci più cibo, punto » ribattè, mettendo fine alla questione. « E sei un gran mascalzone, oltre che un ipocrita. Ti ho visto, prima, insieme a quel Black… stavate banchettando allegramente e non avete lasciato neanche una briciola. Che vergogna » concluse, sprezzante.
Il ragazzo cercò di difendersi. Com’era prevedibile, stava scontando il caro prezzo della propria indesiderata audacia.
« Io ho solo bevuto un goccetto di Ogden, non so di che cosa tu stia parlando e non sono responsabile delle tue allucinazioni » fu la sua secca risposta.
Questo insulso tentativo di replica, però, non convinse minimamente Alice, che alzò gli occhi al cielo e scosse il capo, irritata.
« Sei ancor più disonesto del tuo compagno di bevute, allora, altroché… » rispose, sinceramente offesa e infastidita.
Lui rise, trovando incredibilmente buffa l’estrema serietà con la quale aveva accolto la sua battuta, e la strinse più forte a sé, continuando a muoversi lentamente sul posto e riuscendo subito a farla sciogliere, finché non la sentì ridere a sua volta.
« Seriamente, riesci a sentire il mio stomaco che brontola? » chiese, mentre quest’ultimo, prontamente, confermava le sue parole.
« No, sai, forse dovremmo ballare un po’ più vicini… » fece lui con un sorriso che la diceva lunga, e Alice, divertita, ottemperò alla sua richiesta. « E comunque tra un minuto la pianterà. Sapevo che ti sarebbe venuta fame, ci avrei messo la mano sul fuoco, così ti ho tenuto da parte un enorme dolce pieno di panna. Laggiù c’è Sirius che fa da sentinella. Allora, sono perdonato? » domandò infine, allegramente speranzoso.
Lei per poco non fece i salti di gioia, e gli scoccò un sonoro bacio sulle labbra per ricompensarlo del suo adorabile gesto.
« Assolto da tutte le accuse » rispose, sorridendo radiosa. « E… beh, a questo punto non c’è motivo di far aspettare ancora Sirius, no? »
« Oh, adesso quel Black è diventato Sirius? » la canzonò immediatamente Frank, che aveva colto quel sostanziale salto di qualità.
Alice agitò una mano a mezz’aria e, approfittando della fine della canzone in corso, lo costrinse a seguirla in direzione del tavolo accostato alla parete, zona controllata a vista da Sirius che, nelle vesti di guardia del prezioso tesoro di Alice, aveva appena salutato Alan in seguito a un breve scambio di battute con cui aveva potuto accertarsi delle condizioni di salute della sua gamba infortunata.
« E non scolarti anche quell’altra bottiglia, amico, a mezzanotte abbiamo un brindisi da fare! » gli fece il ragazzo prima di allontanarsi.
« Contaci! » replicò Sirius, ridendo, e dopo un istante vide il suo groviglio di ricci sparire tra la folla, mentre Alice e Frank lo raggiungevano.
« Dov’è? » chiese subito la ragazza, candidamente, e cominciò a smantellare la tavola con lo sguardo alla ricerca del suo dolce.
Per Sirius non fu affatto difficile immaginare a che cosa alludesse con quella precisa domanda.
« Dietro a quelle bottiglie » rispose infatti, facendo un vago cenno verso destra. « Nessuno oserebbe toccarle finché ci sono io nei paraggi ».
Frank sorrise, osservando la fidanzata che si avventava avidamente sul dolce, poi gli battè una pacca sulla spalla e si allontanò insieme ad Alice che - lui lo sapeva bene - non era minimamente capace di mangiare qualcosa quando non stava seduta, e ancor di più quando i suoi piedi calzavano un paio di tacchi alti quasi quindici centimetri, proprio come quella sera.
Sirius, così, rimase da solo, il capo chino a fissarsi le scarpe, la vista inframmezzata da ciocche di capelli neri che oscillavano intorno al suo viso. La festa non gli stava dispiacendo, e aveva trascorso gran parte del tempo a scherzare e conversare con i compagni e amici Grifondoro, ma, mentre nel corso delle feste passate aveva sempre potuto contare su Remus, nemico del ballo tanto quanto lui, quella sera aveva dovuto fare a meno della sua presenza (per quanto spesso sapesse essere crudele e irritante, non si sarebbe mai permesso di sottrarlo alla compagnia di Miley) e, più di una volta, si era ritrovato da solo a bere accanto al tavolo o comodamente seduto sul divano a osservare la gente intorno a sé.
Si versò altro Whisky, pensando di ritornare a stendere un po’ le gambe su una delle poltrone dall’altra parte della stanza, ma quando sollevò lo sguardo si accorse di Scarlett, impegnata a ballare a un paio di metri da lui in compagnia di Lily e di un’altra ragazza dal viso affabile e un bel taglio maschile.
Bevve un sorso della forte bevanda, e quasi senza rendersene conto, ben presto si ritrovò a riflettere sulla loro situazione attuale e, anche e soprattutto per lui, ancora piuttosto incomprensibile.
In quell’ultimo periodo, un palese riavvicinamento aveva preso timidamente spunto dal loro incontro in Biblioteca per sbocciare definitivamente, spalancandosi dinnanzi agli occhi di tutti. Giorno dopo giorno, si erano ritrovati ad incontrarsi e a chiacchierare sempre più spesso, con la solita complicità, e proprio com’era accaduto mesi addietro, le casuali occasioni per farlo si erano progressivamente moltiplicate, quasi fosse la loro inconscia volontà a determinare il ripetersi di quelle quotidiane opportunità. E Sirius non poteva in alcun modo negare che ciò gli facesse incredibilmente piacere.  Aveva trascorso giorni, dopo quel pomeriggio in Biblioteca, a cercare e ricercare quella rabbia che – ne era sicuro – era rimasta dentro di lui anche dopo il loro acceso confronto in Sala Comune, quella rabbia che gli aveva impedito di concederle subito un’occasione per ricominciare e che lo aveva allontanato da lei persino dopo tutto quello che si erano detti per avvicinarsi di nuovo. Non era pronto ad accettare che non fosse rimasto neanche un briciolo di risentimento in lui, eppure non riusciva a rintracciarne più l’essenza, ed era proprio questo che più di tutto lo mandava fuori di testa, perché si conosceva bene, e se c’era qualcosa che era davvero incapace di fare con facilità, quello era sicuramente perdonare. Se questo era assolutamente vero, però, era altrettanto vero che Sirius Black aveva perso molti dei suoi difetti da quando Scarlett Banks era entrata nella sua vita, e anche se non se ne rendeva ancora conto, probabilmente covare rancore sempre e incondizionatamente era uno di quelli che per buona misura lo avevano abbandonato.
Si sentiva nuovamente leggero, insieme a lei, forse perché era stanco di provare il contrario, forse perché tutto quello che Scarlett gli aveva detto e il nuovo ardore con cui si era ripresentata dinnanzi ai suoi occhi avevano fatto breccia su di lui molto più di quanto volesse ammettere, o forse perché inconsciamente sapeva che Scarlett non era stata l’unica ad ingigantire quella situazione, ad ogni modo le ragioni per non desiderare che tutto quello che stava succedendo fra loro accadesse davvero si erano sciolte insieme alla sua freddezza, e allora a che pro continuare a sbandierarla con tanta ipocrisia? Farlo non avrebbe giovato a nessuno dei due.
Si era reso facilmente conto dell’estrema naturalezza con cui gli eventi stavano facendo il loro corso, ma ancora non riusciva ad essere tanto lungimirante da comprendere e vedere ciò a cui quel nuovo percorso avrebbe portato. Insieme stavano bene, e nessuno, guardandoli, avrebbe potuto credere che qualcosa fosse cambiato, tra di loro. Ma Sirius, senza riuscire ad evitarlo, continuava a domandarsi se tutto questo fosse vero.
Lo fece anche in quel momento, mentre la guardava ballare, ma il potente zampillo di speranza di trovare una risposta non fu sufficiente a fargliela ottenere. Voleva davvero fidarsi di Scarlett nuovamente; tuttavia, i suoi dubbi erano duri a piegarsi. Attendeva un calcio furioso che li stroncasse in un solo colpo, ma definitivamente.
Immerso in quei pensieri, si distrasse solo quando vide Scarlett avvicinarsi, l’aria solo vagamente stanca e i capelli ancor più vaporosi rispetto a prima. Quando lo vide sorrise appena, e giunta al tavolo, si servì un bicchiere di Acquaviola prima di ricominciare a guardarlo, mentre lui non aveva distolto lo sguardo da lei neppure per un secondo, sebbene con opportuna discrezione.
« Sei una noia, Black » furono le prime parole di Scarlett, e bevve un primo sorso d’Acquaviola. « Non ti facevo così passivo alle feste ».
Lui accennò un ghigno, cogliendo il guizzo divertito nei suoi occhi, e sorseggiò anche lui il suo Whisky.
« Ciao anche a te, Banks » replicò, sardonico, e il sorriso della ragazza si fece più largo, le labbra che premevano sul vetro del bicchiere.
« Da quando ti soffermi sulle formalità? » gli chiese, poggiando il bicchiere vuoto sul ripiano del tavolo alle sue spalle. « Seriamente, mi dispiacerebbe sapere che non ti stai affatto divertendo. Avresti preferito un… non so, una sfida di bevute all’ultimo sangue? » continuò a provocarlo.
Sirius si strinse nelle spalle, prendendo in considerazione la sua proposta.
« E’ un’idea » rispose infine con fare tranquillo. « Sempre meglio di stare a guardare per ore degli… arti che si agitano in maniera inconsulta ».
Lei scosse il capo, lanciando uno sguardo alla massa di corpi che si dimenavano al centro della stanza, e rise.
« Eppure ricordo perfettamente di aver ballato con te, la notte di Capodanno » gli disse, incrociando le braccia al petto. « O si trattava di un tuo sosia? »
Lo vide degustare con calma l’ennesimo sorso di Whisky e prendersi tutto il tempo per rispondere, com’era suo solito fare.
« Ah, no, per carità, ero sicuramente io » rispose poi, serio. « Ma non crederai che stessi veramente ballando… era un’illusione ottica, Banks, quelle luci babbane danno un po’ alla testa. Sono certo di non essermi mosso di un centimetro » concluse, rivolgendole un fugace sorriso.
Scarlett annuì lentamente e ripetutamente, fingendosi piacevolmente colpita da quella rivelazione.
« Beh, è un peccato » rispose poi, simulando un sincero dispiacere e rivolgendogli un sorriso complice. « Insomma, per questa tua avversione non ci siamo incrociati per tutta la festa, e stai pur certo che non ho intenzione di ubriacarmi solo per trascorrere un po’ di tempo con te ».
Lui non parve in alcun modo ferito da quella affermazione, anzi sorrise, mostrandosi assolutamente concorde con lei.
« Oh, non mi sognerei mai di allontanarti dal tuo habitat naturale » ribattè prontamente. « Tu stai bene dove stai ».
Scarlett inarcò un sopracciglio, sorpresa e al tempo stesso incuriosita dal suo velato complimento.
« Davvero? » ribattè tendenziosamente, fissandolo intensamente. « Non eravamo tutti quanti una… massa di arti che si agitano in maniera inconsulta? »
I loro occhi si scontrarono, e nessuno dei due accennò a voler distogliere lo sguardo dall’altro neanche quando furono passati parecchi istanti.
« Non tutti, no » rettificò Sirius con la massima compostezza. « Insomma, non è un mistero che non mi dispiaccia guardarti ballare, Banks ».
Lei assunse un’espressione furba e vagamente colpita, ma si sforzò di non ostentare la benché minima aria compiaciuta.
« Beh, in tal caso dovresti cominciare a guardare un po’ meno e fare pratica un po’ di più, non ti pare? » gli propose, sistemandosi i capelli.
« Non rientra esattamente fra le mie priorità, a dire il vero » ribattè lui, sincero. « E poi so riconoscere i miei limiti… a differenza di altri ».
Fece un breve cenno col mento in direzione di un ballerino improvvisato che, passando proprio di fronte a loro, stava esibendosi in una serie di accentuati e alquanto discutibili movimenti pelvici che avevano già lasciato a bocca aperta un paio di ragazzine scandalizzate poco distanti da loro.
Quando anche Scarlett ebbe superato il comprensibile e immediato shock, scoppiò a ridere sonoramente, con Sirius che le venne subito dietro.
« Con ciò dovrei pensare che potresti fare peggio di così? » gli domandò, volutamente provocatoria.
Lui continuò a ridere, la sua tipica, contagiosa risata simile a un latrato.
« E’ probabile! » rispose in tono divertito.
« Ah, ma dài, mi rifiuto di crederci! » disse invece Scarlett, che ancora rideva. « Sono fermamente convinta che la propensione al ballo alberghi dentro ognuno di noi. E’ solo che in alcuni è più nascosta rispetto ad altri, quindi… basta semplicemente tirarla fuori » concluse, sollevando le spalle.
Si guardarono, lei allegra, lui educatamente perplesso, almeno finché le sue labbra non si arricciarono appena, quasi impercettibilmente.
« Potresti insegnarmelo tu ».
Si scrutarono per parecchi istanti, e lei accennò un sorriso stuzzicante, inclinando il capo per studiare con maggiore attenzione l’espressione che modellava i tratti del suo viso. Poi, senza una parola, gli strinse il polso fra le dita e lo condusse al centro della stanza.
Già sapeva che sarebbe stato un viaggio senza ritorno. Già sapeva che avrebbe finito per perdersi in lui, e lui in lei. Già sapeva che avrebbero perso il controllo. Già sapeva che non si sarebbe fermata.
Le dita si intrecciarono sulla sua nuca scoperta ed entrambi cominciarono a muoversi simultaneamente, lei sciolta, lui ancora bloccato. C’era qualcosa di insolito nelle sue movenze impacciate, quello non era il suo atteggiamento usuale, ma vederlo un po’ in difficoltà la divertì, anche se non lo diede a vedere.
« Avanti » lo esortò, facendoglisi un po’ più vicina. « Rilassati ».
Lui, inizialmente, avvertì le sue parole più come una mezza presa in giro da parte sua che come un reale consiglio, così la fissò, sollevando le sopracciglia a mo’ di avvertimento, facendole intendere che stava approfittando della sua pazienza.
« Immagina di essere sulla tua moto » lo esortò invece lei, ridendo piano. « La rigidità non aiuta per niente, devi solo scaldarti e lasciarti andare. Non è poi così diverso, non credi? »
Sirius riflettè su quel paragone apparentemente azzardato, ma si ritrovò ad ammettere che, posta in quella maniera, i suoi suggerimenti gli apparvero decisamente più comprensibili. Così accolse le sue parole come una sfida, e decise di mettere in pratica la sua sollecitazione, poggiandole le mani sui fianchi per far sì che a separare i loro corpi rimanesse soltanto una sottile striscia d’aria carica di tensione.
Mossa calcolata, la sua. Desiderava scoprire se potesse essere lei ad annullare quel minimo distacco che li teneva divisi, ma forse sarebbe andato perso senza che nessuno dei due si rendesse conto di come era successo.
Lei lo fissò, e Sirius riscoprì con gioia i suoi occhi grandi che, così da vicino, parevano più ammalianti che mai.
« In verità pensavo peggio, sai? » scherzò lei dopo un po’. « Credevo di averti colto completamente impreparato ».
Lo vide sorridere, e subito capì che aveva la risposta pronta, come sempre.
« Questo non succederà mai » ribattè infatti, mostrandosi sicuro di sé. « Ormai dovresti averlo imparato ».
Scarlett gli rivolse un’occhiata incredula e diffidente, continuando a muoversi e mantenendo la lieve distanza che impediva ai loro corpi di toccarsi.
« Ne sei tanto sicuro? » gli chiese, punzecchiandolo. « Avresti dovuto vederti un minuto fa, allora. Non l’avresti pensata in questo modo ».
« Ah, sì? » fu la tempestiva replica di Sirius, che parve altrettanto dubbioso. « Beh, sarà stata un’altra illusione ottica. Non sono per niente impreparato ».
E a conferma delle proprie parole, fu lui ad annientare quel velo di nulla per stringersi a lei, una mano premuta sulla sua schiena, ma senza prepotenza.
Scarlett, dal canto suo, non rimase indifferente a quel contatto. Avvertì distintamente un moto di entusiasmi sbatacchiare dentro di sé, per poi placarsi gradualmente, in contrasto con la brutalità che aveva contraddistinto la sua partenza. Non era stato solo il gesto di Sirius ad aizzare quelle sensazioni, ma piuttosto il coinvolgimento con cui l’aveva attirata a sé. Le aveva ricordato tutte le volte in cui, in passato, aveva desiderato tenerla vicina.
« Adesso non montarti la testa, ti stai solo muovendo su due piedi » gli fece presente con fare giocoso, riprendendo il controllo.
« Non mi hai chiesto una coreografia, Banks » disse a quel punto lui. « Mi hai solo chiesto di lasciarmi andare… e io lo sto facendo ».
Lei sollevò le sopracciglia, fissandolo insistentemente, ma il suo volto non fece una piega. Era in attesa di una replica.
« Ti sei messo a obbedire ai miei ordini, Black? » chiese allora Scarlett, curiosa di scoprire che cosa avrebbe risposto.
« Non era un ordine, era una richiesta » la corresse immediatamente lui, inducendola a riformulare il quesito.
« Ti sei messo a obbedire alle mie richieste, Black? »
« Solo quando corrispondono alle mie » risolse Sirius con prontezza e noncuranza, quegli atteggiamenti che tanto innervosivano chiunque si intrattenesse a confrontarsi con lui. Quegli atteggiamenti che tanto innervosivano Scarlett, malgrado in fondo riuscissero anche a divertirla.
« Non succede spesso » riflettè, inchiodando gli occhi ai suoi, e lui non si ritrasse, ma lasciò che il loro vigore continuasse a nutrirli.
« Sta succedendo » rispose con semplicità, e Scarlett non potè che pensare che avesse pienamente ragione.
Stava succedendo. Stava succedendo perché entrambi desideravano la stessa cosa, e intimamente, l’avevano sempre saputo. Desideravano lasciare che errori e intrusi e urla diventassero nulla di più importante di un insignificante ieri. Desideravano che oggi fosse il momento della svolta, e non una di quelle giornate che si agganciano alle precedenti in una catena di tempo sprecato, di tempo prezioso che si dimentica, si rimpiange e si odia. Desideravano che domani fosse quel breve, felice momento in cui ci si sente soddisfatti del rischio che si è corsi, di un sogno che è finalmente ormeggiato al porto. Quel raro momento in cui non ci si pente di nulla, e la gioia si può afferrare a mani nude. Ma si trovavano immersi in un fiume turbinoso di cui non potevano comandare la corrente, e per quanto si sforzassero di rimanere ancorati l’uno all’altra in attesa della fine di quella tempesta, non riuscivano a intravederne la foce; un torrente che li aveva travolti e che avrebbe potuto dividerli o ricongiungerli, senza dover mai chiedere loro alcunché.
Si strinsero le mani, la destra di lui sulla sinistra di lei, guardandosi negli occhi, cullandosi. Poi lui fece una cosa che la sorprese e la divertì: senza preavviso, la afferrò per un polso e la fece roteare su se stessa in un mezzo giro, così da farla atterrare con la schiena contro il suo petto, le loro braccia intrecciate. Per un po’, sorridendo appena, dondolarono sul posto senza curarsi di nulla. Lei, che teneva il capo sulla sua spalla, riusciva a intravedere il suo profilo concentrato, lui, che avvertiva il suo calore attraverso il tessuto dei propri vestiti, la osservava, attento e silenzioso.
Era da tempo che non si ritrovavano così vicini. Non c’era stato nessun contatto minimamente rilevante, fra loro, da quando avevano cominciato a riavvicinarsi. Al contrario, prima che si mettessero insieme, erano state numerose le volte in cui si erano ritrovati a un passo l’uno dall’altra, a condividere gesti significativi, vibrazioni elettrizzanti e respiri mozzati. Adesso stavano procedendo con maggiore cautela, ma non avevano per nulla fatto fatica a ritrovare quella fiamma che li aveva attirati così fervidamente in passato, forse perché non aveva mai esaurito la propria vigoria.
Quando si guardarono, riuscirono a intravederlo distintamente nei propri occhi, quel desiderio che non si era mai separato da loro. Era lì, scalpitava, si divincolava in quell’agglomerato caotico di sentimenti che, alla sua stessa stregua, erano risorti in un getto prorompente, proprio come accade a ciò che per troppo tempo viene tenuto intrappolato, compresso, e che al minimo tocco finisce per esplodere.
Catturati da quell’incantesimo, fecero fatica a distanziarsi quando il brano che aveva fatto da sottofondo al loro ballo giunse al termine. Si allontanarono lentamente, e subito tornarono a guardarsi negli occhi, quasi non potessero proprio farne a meno.
« Non è stato così difficile, allora » soffiò lei alla fine con un mezzo sorriso.
Lui inclinò il capo, scrutandola, e ricambiò il suo piccolo gesto.
« No » rispose dopo un attimo. « Non lo è stato affatto ».
Perché, che stessero parlando semplicemente del loro ballo o di qualcosa di più profondo, era vero: recuperare se stessi e lasciarsi andare era stato quanto di più naturale avrebbero mai potuto immaginare.
Riflettendo su questo, Sirius fece un passo indietro, sfiorandole il braccio prima di allontanarsi, inizialmente senza una meta ben precisa.
Dopo qualche momento, però, vide che, sul divano di fronte a sé, stava comodamente seduto James. Istintivamente, si chiese quale apocalittico evento avesse potuto indurlo ad arrestarsi, dopo un’intera serata di balli ininterrotti.
« Amico, eccoti, finalmente! » lo accolse, battendo il palmo della mano sul posto a sedere accanto a sé. « Per la miseria, non mi ricordavo nemmeno più che faccia avessi, dove diavolo sei stato tutta la sera? Persino Lunastorta si è fatto vedere più di te! »
Lui si abbandonò sul divano a braccia spalancate e diede uno sguardo alla stanza, incrociando le gambe.
« Avevo bisogno di starti lontano per un po’, dopo aver perso mezz’ora a farmi fotografare insieme a te » rispose, lanciandogli un’occhiata obliqua.
James, infatti, aveva preteso che i Malandrini si prestassero al triplo delle foto rispetto a quelle che aveva richiesto a tutti gli altri, e questo supplizio era costato ai tre, vittime del suo volere da festeggiato, un mucchio di tempo prezioso che avrebbero preferito trascorrere in tutt’altro modo, soprattutto a causa delle pose assurde che James li aveva costretti ad assumere e che solo e soltanto lui trovava creative e assolutamente geniali.
« Quanto la fai lunga, è stato divertente! » lo rimbrottò James, disapprovando la sua mancanza di entusiasmo. « Al nostro primo anno eri sempre tu a proporre foto su foto, adesso cos’è, hai una specie di rigetto solo perché con la pubertà ti sei imbruttito? E poi, pensaci, tra vent’anni, quando tu sarai un latitante ed io un Auror di successo che ti darà la caccia, saranno l’unica cosa che mi farà ricordare che un tempo eri stata una persona sana. Più o meno » aggiunse in fretta, riflettendo sull’effettivo stato mentale di Sirius relativo a quel periodo.
Dapprima, lui lo fissò, palesemente freddato dalle sue idiozie a cui ancora, dopo ben sette anni di amicizia, faceva sinceramente fatica ad abituarsi, poi esplose in una fragorosa risata che James si ritrovò immediatamente ad imitare.
« Cos’abbiamo, noi? Diciott’anni? » fece quest’ultimo dopo un po’, mentre ancora ridevano, e l’altro gettò indietro il capo.
« Dev’esserci un errore! » rispose, un braccio abbandonato sulla spalla di James. « Non so se sia più assurdo festeggiare i tuoi diciott’anni oggi o aver festeggiato i miei un mese fa ».
Fecero fatica a riprendersi dal flusso di risate che, anche dopo parecchi istanti, non aveva accennato ad arrestarsi. A volte, succedeva così, fra loro: cominciavano a ridere per una banalissima sciocchezza e non riuscivano più a smettere. Solito comportamento idiota tra amici.
« Fottutissimo Godric… ho bisogno di un po’ d’acqua » sospirò alla fine Sirius, una volta che furono riusciti a calmarsi, e James strabuzzò gli occhi.
« Di un po’ d’acqua? » ripetè in tono incredulo. « E da quando sai bere anche acqua? Hai passato tutta la serata a svuotare bottiglie di Whisky… »
« Ah, ma è una fissazione! » esclamò l’altro, voltandosi a fissarlo a sua volta. « E tu hai passato tutta la serata a ballare e saltare come un idiota, e allora? Qual è il problema? » gli chiese, riferendosi al loro assai differente modo di divertirsi a quel genere di feste.
Stranamente, però, James assunse un’aria malandrina e lo guardò per qualche secondo prima di replicare.
« Sai, non mi sembrava che ballare ti dispiacesse tanto, appena cinque minuti fa… » disse, apparentemente vago, ma un ghigno si era dipinto sul suo volto.
Sirius, che aveva finalmente compreso il motivo della sua inquietante espressione, rise, scuotendo il capo con incredulità.
« Tu e Lunastorta non sapete far altro che spiare, eh? » gli fece, divertito. « Ricordami di regalare a Peter una scatola di Cioccorane per ringraziarlo della sua sacrosanta discrezione. Che Merlino benedica quel ratto » concluse, alzando gli occhi al cielo per invocare il suddetto mago defunto.
L’amico rise, ammirando la sua capacità di eludere discorsi a lui poco graditi.
« Non cambiare argomento » lo ammonì infatti, continuando a sorridere beffardo. « E piuttosto, dimmi se non ti viene da ridere ripensando a quella volta in cui mi dicevi che per te Scarlett era un capitolo chiuso. Dài, dillo. Sei ridicolo da far paura o no? » e cominciò nuovamente a sghignazzare senza ritegno.
Sirius lo squadrò con educata perplessità, ma l’accenno di un sorriso solleticò anche le sue labbra mentre lo guardava ridere.
« Cavoli, la Prewett sarà anche la regina del gossip, ma tu fai da imperatore, amico » gli fece, fingendosi colpito. « E comunque, per la cronaca, io e la Banks non siamo tornati insieme e non mi risulta che lo faremo a breve. Puoi aggiornare la stampa, è una dichiarazione ufficiale ».
James si strinse nelle spalle, e credette alle sue parole in maniera fortemente relativa. Sirius non era per niente una fonte attendibile.
« Ah, beh, se non ti risulta… » disse, ironico, facendo come se la conversazione fosse chiusa così da renderlo contento.
Si scambiarono un’occhiata, entrambi divertiti, poi, quando distolsero lo sguardo, videro Lily che si faceva vicina a loro.
« Ciao, festeggiato. Ciao, amico del festeggiato » salutò, allegra. « Non è che avreste un posticino per me? Sono stanca da morire e su quelle poltrone c’è uno stormo di cornacchie che sputano veleno su ogni singola persona presente in questa stanza » e così dicendo, alzò gli occhi al cielo.
James si fece subito da parte, compensando lo sforzo nullo di Sirius che non si era spostato neppure di un millimetro, e lei si sedette, sospirando.
« Grazie infinite, Black » disse, amabile, e accavallò le gambe, slacciando il cinturino di una delle sue scarpe per massaggiare il tallone indolenzito.
« Dovere, chérie » rispose lui, accennando un mezzo sorriso. « Ma dimmi, se voi ragazze vi ostinate ad andare in giro con quelle, perché dovrei impietosirmi, Evans? » replicò poi, facendo un cenno in direzione dei suoi tacchi.
Lei non si voltò neppure a guardarlo, e ripetè la precedente operazione anche con l’altra scarpa.
« Parli come se non ti piacesse vedercele indosso » rispose prontamente, un po’ stizzita, e James gli lanciò uno sguardo eloquente per dirgli che, in questo modo, la discussione era ufficialmente finita. Poi, si soffermò ad osservare la ragazza con un vago sorriso sul volto, in silenzio.
« Ti ho già detto che stasera sei uno schianto, Evans? » disse poi, quasi incapace di trattenersi, ma palesemente sincero. « Con questo vestito mi ricordi… mmm, com’è che si chiamano? » Riflettè per qualche secondo, poi schioccò le dita, facendo intendere di aver raggiunto la soluzione. « Ah, ce l’ho. Una pin up, ecco cosa. Una splendida pin up » disse poi, studiandola e riflettendo sulla somiglianza che aveva appena trovato.
Lei, a quelle parole, si rimise diritta contro lo schienale del divano e lo fissò, riservandogli un’occhiata infastidita che lui non riuscì a comprendere.
« E tu conosci le pin up perché…? » domandò tendenziosamente, inarcando le sopracciglia finché non si dispersero fra i capelli del suo ciuffo.
James, improvvisamente preso dal panico, si rese conto all’istante del terribile pericolo che stava correndo, ma fortunatamente lo colse un’illuminazione.
« … perché me ne ha parlato Sirius. Ha dei loro poster » rispose, sperando così di potersi trarre in salvo, ma si sentì ancora parecchio teso.
Ancora fortemente sospettosa, Lily lo scrutò attentamente per qualche istante, come se volesse cavargli a forza la verità dagli occhi, poi si voltò verso Sirius per chiedere una conferma di quanto James aveva appena affermato. Lui, indifferente, annuì con invidiabile nonchalance e disse solo: « E’ così ».
La ragazza, a quel punto, si prese del tempo per ponderare seriamente la questione, e solo dopo essersi appuntata mentalmente di riferire a Scarlett quel particolare e piccante dettaglio su di lui, si decise a rendere esplicita la propria sentenza per non arrecare a James ulteriore sofferenza.
« Beh, sì, hai ragione, in effetti l’abito è ispirato agli anni ’50 » fece, sorridendogli, e lui, vagamente allibito e ancora incredulo di averla fatta franca, tirò un sospiro di sollievo. « L’idea era un po’ quella, già ».
« Se mi passi una sua foto la aggiungo al catologo, amico » disse allora Sirius a James, facendo un breve cenno alla ragazza con un sorrisetto malizioso.
« Ti piacerebbe… » fece quest’ultimo, ed entrambi scoppiarono a ridere, mentre Lily, fra loro, alzava sconsolata gli occhi al cielo.
« Certo che avete uno strano modo di fare complimenti alle ragazze » commentò, pur sapendo che la propria osservazione non sarebbe servita a nulla.
Loro si guardarono, domandandosi di cosa diamine si stesse lamentando.
« Guarda che noi siamo eccezionali con i complimenti, Evans! » protestò veementemente James, colpito da quell’affermazione diffamante.
Sirius, notando l’espressione contrariata sul volto di Lily, decise di mettersi al riparo da una burrasca annunciata prima di rimanerne travolto.
« Avete intenzione di litigare? » domandò, e loro, semplicemente e con convinzione, annuirono. « Beh, allora divertitevi » concluse, spiccio.
E così dicendo si alzò dal divano, scompigliando per dispetto i capelli di Lily e allontanandosi prima che potesse fermarlo o insultarlo in qualche modo.
« Allora, cos’è questa storia? Io non sarei capace di fare complimenti? » riprese allora James, riportando l’attenzione su di sé. « Se ti stai attaccando a una simile critica, sei davvero a corto di insulti, lascia che te lo dica. Sono inattaccabile, sotto questo punto di vista ».
Lily non lo degnò di uno sguardo, troppo impegnata a risistemarsi i capelli con tutta la calma possibile per dedicarsi a lui.
« Ah, beh, tu puoi essere convinto di quello che ti pare, Potter, ma io stavo parlando a te, non al tuo ego » replicò con un sorrisetto, tagliente. « E prima che finisca la serata devi necessariamente trovare un complimento migliore. Ti ho già perdonato per quella scena balorda della canzone di poco fa, e non credo che ti convenga farmi arrabbiare di nuovo, se ci tieni a non vedere la tua faccia spappolata sulla torta. Sai che Scarlett mi perdonerebbe, se conoscesse il mio movente » aggiunse, sicura di sé.
Altrettanto tranquillo, lui le diede una mano, lasciando scivolare le dita fra i suoi capelli un po’ più morbidi e lisci del solito.
« Tutti i complimenti che vuoi, mia bella Evans » rispose poi, sorridendo appena. « In fondo lo sai anche tu che sono un vero maestro, in materia ».
Pur di non concedergli la benché minima soddisfazione, Lily assunse un’espressione fortemente dubbiosa.
« Più fatti e meno parole, dovrebbe essere questa la tua filosofia » rispose, studiando qualche ciocca dei propri capelli per mostrarsi indifferente.
Colto il suo tono di sfida, James accennò un ghigno, segno che la sua mente aveva già partorito un piano finalizzato a far rimangiare a Lily le sue parole.
Le si fece più vicino, senza che lei se ne accorgesse e le circondò la vita con le braccia, attirandola piano verso di sé, il volto di fianco al suo.
« Tanto per fare un esempio » mormorò, studiandola da vicino mentre lei tentava di non guardarlo, « da queste parti dovrebbe esserci qualcosa che merita i miei complimenti… mmm, vediamo un po’… »
Poggiò le labbra sulla sua guancia, lasciando baci distratti e facendola inevitabilmente sorridere appena. Aveva gli occhi chiusi, ma non aveva bisogno di riaprirli per accorgersene: tutte le volte in cui lo faceva, due adorabili fossette scavavano le sue guance paffute, rendendo amabile la sua espressione.
« Trovato niente? » gli disse Lily, e la sua voce suonò così ridente da far divertire anche James, che la imitò.
« Hai delle guance morbidissime » le comunicò a bassa voce. « Di’ la verità, Evans, qualcuno ti ha mai detto che hai delle guance morbidissime? »
Lei continuò a ridere e scosse appena il capo, stringendosi istintivamente nelle spalle quando James cominciò a strusciare lievemente il naso contro la sua guancia, un solletico e una carezza delicati come un soffio di vento.
« No, devo ammetterlo » rispose, mentre la bocca di lui scorreva lungo la sua pelle fino a raggiungere il collo contratto di lei.
Si bearono di quel contatto che, seppur accennato, li immerse in un lago di piacevoli brividi, e Lily, quasi inconsciamente, si fece più stretta a lui, coinvolta dal suo smisurato affetto, che non avrebbe mai smesso di stupirla e rinfrancarla. James non potè far altro che tenerla così, vicina a sé. Almeno finché non la sentì smuoversi appena fra le sue braccia, voltare il capo verso di lui e baciarlo, sorridendo e tenendo premute le mani ai lati del suo viso.
Fu così bello che, alla fine, scoppiarono a ridere per pura gioia e dovettero allontanarsi, le mani di lei che scivolavano fino a stringergli le spalle.
« Sei ancora in prova » disse, la voce intrisa di divertimento, e lui palesò un’espressione furba, tipica del suo repertorio.
« Cavoli, Evans, sei difficile da accontentare » commentò, annuendo impercettibilmente. « Su, vieni con me. Balliamo. Ho ancora tanti assi nella manica da giocare, e tu, dolcezza, ne rimarrai sconvolta, puoi credermi ».
E ridendo, si trascinarono verso il centro della stanza per ballare, spensierati, finché non si fossero sentiti esausti.
Intorno a loro, la festa proseguì a gran ritmo fino a tarda sera, e si dimostrò un vero e proprio successone.
Allo scoccare della mezzanotte, tutti quanti brindarono chiassosamente a Scarlett, il cui compleanno era sopraggiunto effettivamente solo in quel momento, e più tardi, quando arrivò il momento di tagliare la torta, tutti i presenti parvero palesemente allegri, e Alan pensò addirittura di rivolgere un ringraziamento speciale ai due festeggiati per aver salvato in extremis uno dei mesi peggiori della sua misera vita, e anche se stesso, poiché negli ultimi giorni aveva preso in considerazione l’idea di gettarsi dalla Torre di Astronomia.
« Allora, adesso possiamo tagliare questa maledetta torta? » domandò a gran voce James, che per tutta la serata aveva atteso quel magnifico momento. E non appena tutti risposero in coro di sì, lui cominciò a guardarsi intorno. « Dov’è il coltello? Amico, mi serve il coltello. Amico! »
Fece segno a Peter di avvicinarsi, ma il ragazzo sembrava impegnato in un’affannosa ricerca.
« Non ricordo dove l’ho messo! » urlò attraverso la stanza, premendosi i palmi delle mani sulle tempie, e James scosse il capo, sconsolato. « Qualcuno ha preso il coltello? L’avevo lasciato… su, andiamo, non facciamo scherzi, era proprio lì, io avevo pensato a tutto… »
Nel corso dei minuti successivi, in molti si adoperarono per ritrovare il coltello perduto. Peter temeva che, a causa di quell’imprevisto, tutto l’impegno che aveva profuso per la buona riuscita della festa risultasse vano, mentre tutti gli altri, semplicemente, avevano voglia di assaggiare una fetta di torta. Uno fra questi aveva molto intelligentemente proposto di procedere al taglio della torta attraverso l’uso di un banalissimo incantesimo, ma pur avendo fame, James aveva detto che no, non lo avrebbe fatto, poiché la tradizione andava assolutamente rispettata, e su questo non poteva transigere.
Alla fine, dopo cinque minuti buoni di quel gran caos, il coltello era saltato fuori in maniera inattesa.
« Non starete mica cercando questo » intervenne a un certo punto Sirius, lasciando dondolare il coltello di fronte al viso.
Tutti si voltarono a fissarlo e poterono vedere il sorrisetto soddisfatto stampato sul suo viso, identico a quello che troneggiava sul volto di Remus, in piedi a braccia incrociate proprio accanto a lui. Peter dovette richiamare a sé tutto il proprio buonsenso per trattenersi dall’afferrare quel coltello per infilzarli.
« Approverei con gioia lo scherzone, se non fossi così affamato » fu il commento di James, che però guardò gli amici con aria compiaciuta. « Ora però datemelo » aggiunse poi, e Peter lo strappò con disprezzo dalle mani dell’amico e, furibondo, lo consegnò in quelle di James.
« Per la miseria, è un coltello bestiale! » esclamò, fissando sconvolto le dimensioni decisamente eccessive della lama.
« E’ l’unico che ho trovato » si giustificò Peter, un po’ risentito. « E non mi pare che Appellarne un altro sia esattamente un’idea geniale… »
James fece per ribattere, ma Scarlett lo anticipò.
« Possiamo piantarla qui una volta per tutte? » sbottò, rubando il coltello all’amico, e in moltissimi acclamarono calorosamente le sue parole. « Grazie, ragazzi » aggiunse infatti in tono amabile, sorridendo con tutt’altra espressione.
Poi, senza perdere altro tempo, intrecciò le dita a quelle di James e, insieme, lasciarono sprofondare il coltello nella glassa della torta, gesto che fu accolto da un rumoroso applauso e da qualche sparuto buon compleanno urlato al vento, a cui i due festeggiati risposero con dei gran sorrisi.
Fu Alice ad arrestare in tempo la diffusa richiesta di torta: a suo dire, quel fatidico momento doveva essere prima immortalato a dovere.
« Un bel sorriso, diciottenni! » disse, appostandosi dietro la propria macchina fotografica.
James abbracciò Scarlett, sorridendo quando la vide stringere fra i denti con la dovuta cautela la lama del coltello, e Alice scattò la foto, soddisfatta.
« Cibatevi pure! » urlò poi a tutti i presenti, facendosi da parte, e nessuno di loro se lo fece ripetere due volte.
Dell’enorme torta non rimasero che briciole, e quando la serata volse al termine, Scarlett e James poterono confermare l’inconfutabile veridicità della celebre massima di Charlus: meglio una festa in grande che due in piccolo, non c’era ombra di dubbio.
 

 
 
*  *  *
 
 

 
Un passo indietro ed io già so di avere torto, e non ho più le parole che muovano il sole.
Un passo avanti e il cielo è blu, e tutto il resto non pesa più, come queste tue parole, che si muovono sole.
[…]
Un passo indietro ed ora tu, tu non ridi più, e tra le mani aria stringi, e non trovi le parole, e ci riprovi ancora a muovermi il sole.
Ancora un passo, un altro ancora.
Un passo avanti ed ora io, io non parlo più, e tra le mani mani stringo. A che servon le parole?
Amore, dài, dài, dài, muovimi il sole.
 
 
 
« Allora, la tripla razione di torta ti è bastata, John? Lo sai che un gruppo di ragazzi, laggiù, si lamentava del fatto che avessi avuto un trattamento privilegiato da parte del tuo amico festeggiato? Non ti vergogni neanche un po’? »
« No, per niente. Nemmeno per idea. Avevo detto a Peter di portare una torta tutta per me, ma se n’è dimenticato, per cui… mi sono dovuto arrangiare ».
« Oh, beh, allora dobbiamo ringraziarti. Va’ a raccontarlo a quei tuoi compagni di Casa un po’ bevuti, sono certa che ti chiederanno scusa in ginocchio ».
« Ah, ma piantala! Piuttosto, va’ anche tu a servirti di nuovo, non fare complimenti. Tra di noi non sono necessari certi convenevoli ».
« Ehi, ehi, ehi, frena! Mi hai appena dato della mangiona, e non è con il tuo charme da quattro soldi che puoi camuffare un insulto come questo ».
« Insulto? Non mi permetterei mai di insultarti, ma diciamo pure che la fama della tua tendenza al bis ti precede… »
« Beh, e con questo? Sei davvero uno sfacciato… e se mi conoscessi così bene come lasci intendere, sapresti che preferisco di gran lunga il salato ».
« Certo, hai ragione… e che mi dici degli ordini che spedisci via gufo a Mielandia ogni mese? Una volta mi hai accennato qualcosa del genere… »
« Non fraintendermi. Ho detto che preferisco il salato, non che disdegno i dolci. Rifletti sul significato di queste parole mentre vado a mangiare un’altra fetta di torta ».
Le risate da parte di Remus che accompagnarono Miley mentre si dirigeva a passo deciso verso la propria preda, il piatto vuoto ben stretto fra le dita, furono le ennesime di quella serata trascorsa all’insegna della spensieratezza.
I due, infatti, erano riusciti a godersi la festa e a divertirsi in santa pace in seguito all’intenso dialogo che li aveva riavvicinati. Come legati da un tacito patto, avevano deciso di lasciare in sospeso quella conversazione che - lo sapevano - avrebbero comunque dovuto affrontare, concordando sul fatto che quel luogo e quel momento non fossero tra i più appropriati per quel genere di discorsi, e per qualche ora avevano lasciato che le preoccupazioni e i cattivi pensieri abbandonassero le loro menti eccessivamente affollate, così da poter ritornare ad essere quelli di sempre. La loro mossa si era rivelata vincente, e il tempo che avevano trascorso insieme era stato dettato da sorrisi, gesti giocosi ed allegri scambi di battute, proprio com’era sempre accaduto fra loro. La consapevolezza che presto tutto sarebbe stato chiarito aveva reso Miley incredibilmente più serena, mentre ad incoraggiare Remus era stato l’atteggiamento positivo di lei che, ancora una volta, si era dimostrata incline a concedergli un’altra occasione.
Così, accantonato per un po’ il loro più grave turbamento, era stato estremamente semplice ritrovare quella sintonia che li aveva sempre attirati l’uno verso l’altra, così semplice da rendere altrettanto facile anche tutto quanto il resto, che facile a loro non era mai sembrato.
« Ah, sorellina… mi stavo giusto chiedendo quando saresti venuta a riscuotere di nuovo ».
La voce di Scarlett alle spalle di Miley non la spaventò, ma la indusse a sorridere.
« Lo sai che non mi piace lasciare il cibo a marcire » rispose divertita, voltandosi e assaporando il primo boccone di torta.
« Ma certo che lo so, e so anche che sei venuta qui solo per mangiare, non inventarti scuse » replicò Scarlett, ridendo.
Affondò l’indice nella glassa al cioccolato, gustandola, e Miley assunse un’espressione visibilmente indispettita.
« Questo sarebbe un pretesto per dirmi che la mia presenza non ti è gradita? » rispose. « Beh, sarai felice di sapere che sto per andarmene, allora ».
Scarlett parve intristirsi e inclinò il capo, sconsolata.
« Di già? » fece, afferrando lievemente per un braccio la sorella, come a volerla trattenere con la forza.
« Guarda che non è esattamente il crepuscolo » rispose lei, sorridendo. « Anche altri ragazzi si stanno ritirando, e in più io devo anche arrivare sana e salva al primo piano quando stasera ci sono in giro i Caposcuola di Corvonero… li odio, sono incorruttibili e stronzi ».
« Niente di più vero » concordò all’istante Scarlett, accompagnando le parole ad una smorfia disgustata.
« Volevo salutare anche James » riprese poi l’altra, guardandosi intorno per individuare il ragazzo. « Dove si è cacciato? Non lo vedo da un po’… »
« In realtà nemmeno io » rispose la sorella, grattandosi distrattamente il capo. « Mi sembrava di averlo visto salire in Dormitorio, ma non so per-… ah, eccolo! » esclamò poi, non appena lo vide scendere dalla scaletta a chiocciola, una mano stretta a quella di Lily, l’altra che teneva in pugno la scopa nuova di zecca che la sua fidanzata gli aveva regalato la sera prima.
« Bene, gente, è stato tutto bellissimo, ma adesso vi devo lasciare » annunciò a voce alta il ragazzo, una volta entrato in Sala Comune. « Ho una faccenda da sbrigare, ma sarò di ritorno tra non molto », proseguì, avvicinandosi a Scarlett e Miley.
« Ma che diavolo fai con quella scopa in mano? » gli domandò immediatamente la prima. « E soprattutto dove diavolo hai intenzione di andare? Insomma, mi abbandonate tutti? »
James le concesse una breve carezza, rivolgendole un sorriso sornione.
« Hai dimenticato che quella ricattatrice che ti ritrovi come migliore amica mi ha regalato questa bellezza ad una condizione? » le ricordò infatti, con uno sguardo che tutto suggeriva, tranne che quell’obbligo da rispettare rappresentasse un peso, per lui.
La sera prima, infatti, Lily gli aveva consegnato - come tutti gli altri - il suo regalo, generando nel festeggiato un’euforia esplosiva e immancabilmente contagiosa. A smorzare il suo entusiasmo, però, era arrivata la brusca frenata della ragazza nel momento in cui gli aveva comunicato che quel nuovo modello della Comet sarebbe diventato suo solo dopo un passaggio fondamentale. Quelle parole erano bastate a fargli perdere le speranze di poter mettere le mani su quella scopa, ma la crudeltà di Lily aveva avuto vita breve: impietosita dal suo sconforto, era scoppiata a ridere di fronte alla sua espressione scoraggiata e lo aveva rassicurato, dicendogli che gliel’avrebbe lasciata più che volentieri dopo un bel giretto notturno intorno alla scuola che lui avrebbe necessariamente dovuto concederle. A quel punto, il cuore di James si era fatto di colpo molto più leggero, e un nuovo sorriso compiaciuto si era fatto largo sul suo volto, straordinariamente simile a quello di Lily.
« Ah, già… la fuga romantica » rispose Scarlett, riportando alla mente quel particolare e ricordandosi che avevano dovuto posticipare quel viaggetto a causa del temporale della sera precedente. Scoccò una breve occhiata maliziosa a Lily, che rise silenziosamente, poi si rivolse nuovamente a James. « Beh, divertitevi, allora » concluse, e il ragazzo le lasciò un rapido bacio sulla guancia.
« Prometto che ti aiuterò a mettere a posto » le disse, mentre faceva lo stesso con Miley.
« Sì, come no… » ribattè prontamente lei, facendolo ridere.
Poi lo vide montare sulla scopa insieme a Lily e, dopo aver spalancato la finestra più grande della Sala Comune con un colpo di bacchetta, sfrecciarono via in un lampo sotto gli sguardi stupefatti dei rimanenti Grifondoro.
« Non torneranno prima dell’alba » scherzò Miley in tono definitivo, e rise insieme alla sorella, dividendo con lei il resto della torta sul suo piatto.
« Vai via adesso, allora? » le chiese Scarlett alla fine, guardandola trattenere uno sbadiglio, e lei annuì.
« A meno che non abbiate una camera per gli ospiti… sì, vado via adesso » confermò, sorridendo, e avanzò di un passo per abbracciare la sorella.
« Se incontri i Corvonero, di’ loro di farsi un giro intorno al Platano Picchiatore. E che si sono persi una magnifica festa » fu il suo saluto.
Miley scoppiò a ridere e si slacciò dall’abbraccio, scattando sull’attenti.
« Sarà fatto » le assicurò, e le due si scambiarono un altro sorriso prima che lei si allontanasse.
Salutati gli altri amici Grifondoro, si ricordò appena in tempo di dover recuperare le scarpe da ginnastica che aveva lasciato nella stanza, e quando le ebbe riprese, si diresse nuovamente verso Remus per augurare anche a lui la buonanotte prima di andare via.
« E quelle? » rise lui quando la vide arrivare, facendo un gesto in direzione delle scarpe che teneva agganciate alle dita.
« Piano di emergenza » rispose lei, stringendosi nelle spalle. « E, a pensarci bene, questa è un’emergenza. Non sopravviverei per sette piani di scale con queste maledette bestie » aggiunse, e si mise a sedere per indossare le scarpe di riserva, lamentandosi sommessamente per il dolore ai talloni.
« Quanto la fai lunga… non vedo nessuna ragazza soffrire quanto te, sai? » la prese in giro Remus, guadagnandosi un’occhiataccia.
« Solo perché sono tutte delle ipocrite perfettine » rispose lei, tirando con forza i lacci per annodarli, e lui annuì con aria scherzosamente scettica. « Non fare quella faccia, guarda che ti vedo benissimo » rise ancora Miley, risollevando lo sguardo per puntarlo su di lui.
Si scambiarono un’occhiata divertita, poi lui accennò con un lieve scatto della testa all’uscita della stanza.
« Se stai andando via, ti accompagno alla tua Sala Comune » le disse, cordiale.
Lei sorrise timidamente, facendo spallucce, e si rialzò, afferrando in un rapido gesto i propri tacchi abbandonati sul pavimento.
« Oh, beh… non è necessario, arriverò in un attimo » rispose, un po’ imbarazzata, ma lui si mostrò immediatamente risoluto.
« Sai che una leggenda racconta che Gazza tiene una frusta nel suo ufficio? » le disse, un’espressione seria dipinta sul volto.
« Se la leggenda è Gazza stesso, sì, lo so benissimo » rispose lei, ridendo, e lo vide spalancare le braccia come se la questione fosse appena stata risolta.
« E allora, vuoi davvero che ti lasci andare da sola? » le chiese, incredulo, ma questa volta un sorriso increspò anche le sue labbra.
Miley lo scrutò per qualche secondo, riflettendo sulla faccenda, poi ricambiò spontaneamente il gesto.
« Spero di non dover tenere sulla coscienza il peso delle tue frustate… ma va bene » rispose, e lo precedette verso l’uscita, lanciandogli un altro sorriso.
Quando si ritrovarono fuori dalla Sala Comune, si avventò su di loro un’aria gelida, tanto che rabbrividirono, stringendosi nelle spalle. Fra le alte pareti del castello deserto regnava un silenzio imponente, e la vista delle rampe di scale in quel momento in quiete e degli ampi corridoi scarsamente illuminati a quell’ora tarda, fece apparire qualsiasi luogo intorno a loro molto più ampio e dispersivo di quanto già realmente non fosse.
Quasi intimoriti all’idea di spezzare quell’equilibrio armonioso di isolamento e silenzio, cominciarono a proferire qualche parola solo dopo aver udito un lieve scricchiolio alle proprie spalle, e parlarono in tono sommesso, rispettoso dell’ambiente che li avvolgeva.
« Dovremmo essere piuttosto al sicuro, comunque » esordì Miley all’improvviso, pensierosa. « Ho un fiuto infallibile per i Caposcuola impiccioni e i custodi sadici. E sono persino armata » aggiunse infine, smuovendo appena i tacchi che dondolavano in sintonia con i suoi passi.
Remus rise sottovoce, e le sue parole gli fecero tornare in mente qualcosa che, inspiegabilmente, aveva dimenticato nel giro di qualche secondo.
« Io ho qualcosa di ancor più infallibile del tuo fiuto infallibile » la rimbeccò, incuriosendola all’istante.
Immerse una mano nella profonda tasca interna della giacca, e ne estrasse una vecchia pergamena immacolata e parecchio sgualcita, che Miley fissò per dieci secondi buoni, palesemente perplessa, prima di volgere lo sguardo muto in direzione di Remus, il quale a sua volta la osservava divertito.
« Ci stai andando giù pesante con le prese in giro, questa sera » osservò serenamente la ragazza, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.
Lui sorrise, e con tutta la calma possibile aprì la pergamena, guardando Miley negli occhi prima di pronunciare la fatidica formula.
« Giuro solennemente di non avere buone intenzioni » disse con voce limpida, mentre lei lo fissava come se fosse improvvisamente ammattito.
La sua attenzione, però, venne attirata dopo appena un istante dall’incantesimo stupefacente che si stava diramando sulla pergamena a partire dal punto esatto in cui la bacchetta di Remus l’aveva toccata con un secco colpetto. Un incantesimo che la lasciò letteralmente a bocca aperta.
Fili di inchiostro lucente si inseguivano sulla carta, seguendo una traiettoria precisa, si facevano largo dappertutto senza che nulla potesse fermarli, arricciandosi in ghirigori e disegnando linee definite… una magia strabiliante. Miley non aveva mai visto nulla di simile.
« Non riesco a crederci » riuscì a sussurrare con un filo di voce quando la Mappa fu completa di ogni suo dettaglio.
Remus scrutò la sua espressione colpita, sorridendo, e notò che la ragazza non riusciva a staccare gli occhi dalla Mappa e ne studiava ogni particolare.
« Geniale, no? » disse, fiero, e lei puntò lo sguardo su di lui, gli occhi colmi di sorpresa ed entusiasmo che parevano sorridergli.
« E’ più che geniale, è… epico! » esclamò, scuotendo il capo come se ancora stentasse a credere a ciò che aveva appena visto. « Ma dove l’hai presa? E’ tua? Devo assolutamente averne una, è incredibile, non ho mai visto nulla del genere in tutta la mia vita… Chi l’ha inventata? »
L’esaltazione la spingeva a parlare senza quasi riprendere fiato, e Remus si chiese come avrebbe reagito dinnanzi alla sua soprendente risposta.
« Quattro pazzi criminali molto annoiati » rispose in tono leggero. « Uno di loro è qui di fronte a te ».
L’espressione che si fece largo sul volto di Miley fu a dir poco impagabile. Boccheggiò per qualche momento prima di riuscire a dire qualcosa.
« Non riesco a crederci » ripetè, facendo ridere Remus. « Tu? Tu, che non sai nemmeno preparare una pozione contro i foruncoli, hai creato questa? »
« E’ sempre commovente scoprire quanta stima dimostri nei miei confronti » rispose lui, senza riuscire a trattenere un’altra risata. « E comunque il qui presente babbeo è solo un misero collaboratore. Non saremmo mai riuscita a crearla se non ci fossimo impegnati tutti insieme ».
Miley, che era sempre più sconvolta, strinse il suo braccio e battè la testa contro la sua spalla, il viso nascosto dai voluminosi capelli biondo cenere.
« Non riesco a crederci » mormorò per la terza volta, scuotendo il capo contro la giacca di Remus, segno che quelle scoperte l’avevano assolutamente devastata. Poi si raddrizzò nuovamente. « E poi non è solo una mappa! Quei cartellini sono… sono davvero…? »
« Davvero » confermò Remus con assoluta tranquillità, annuendo solennemente. « Possiamo seguire ogni singolo movimento di ogni singola persona all’interno di questo castello. Detta così sembra piuttosto inquietante, lo so, ma… insomma, in alcuni casi è utile. Un po’ come questa sera, no? »
Lei annuì lentamente. Pareva ipnotizzata, e solo l’ennesima risata di Remus, dovuta proprio a quell’espressione, riuscì a farla riprendere, tanto che rise anche lei, passandosi una mano lungo la fronte e poi fra i capelli per ritrovare la stabilità mentale in seguito a quello shock.
« Ci sono posti di cui non conoscevo neppure l’esistenza… » disse, tornando ad osservare curiosa la prodigiosa Mappa.
« Abbiamo individuato tutti i passaggi segreti del castello, e… buona parte delle scorciatoie, credo » spiegò Remus, indicandone qualcuno con gesti vaghi.
Miley, ammirata, continuò ad annuire, lo sguardo che andava dalla Mappa a Remus e viceversa, in un ciclo continuo.
« Siete straordinari » disse infine con un gran sorriso, palesemente sincera. « Dico davvero, la vostra magia è… sbalorditiva ».
Lui si sentì piacevolmente sorpreso da quei complimenti, e sorrise bonariamente di rimando, senza sapere bene cosa dire.
« Oh… beh, grazie mille, Miley » rispose infine, imbarazzato, e lei rise di fronte al suo accennato smarrimento.
« In ogni caso, resti comunque una dannata testa di legno che non sa nemmeno preparare una pozione contro i foruncoli, John » disse, amorevole.
Entrambi risero, ritrovandosi a guardarsi con il medesimo, profondo affetto limpidamente fotografato sul volto. Remus, osservandola, si chiese quale gioia potesse essere più dirompente di quella che si scatenava in lui tutte le volte in cui ridevano insieme; Miley fu certa che non ce ne fosse nessuna.
Era un qualcosa che nessuno dei due riusciva a comprendere fino in fondo, quella furiosa e beata voglia di ridere che coglieva entrambi quando stavano l’uno accanto all’altra. Non sapevano spiegarne l’origine, né tantomeno le ragioni, ma era uno dei sentimenti più genuinamente belli che avessero mai covato dentro in vita loro. Perché non era, in verità, semplice gioia passeggera, quella sensazione che riuscivano a trasmettersi reciprocamente, no. Era qualcosa di più forte, di più duraturo, di più stupefacente… era qualcosa di straordinariamente simile alla felicità.
« Sai… adesso capisco come avete fatto a farla franca per tutti questi anni » commentò Miley dopo qualche momento, non appena entrambi si furono ripresi dal flusso di risate scroscianti.
« Ah, no. Devo correggerti, Miley » rispose lui. « L’abbiamo creata solo l’anno scorso, quindi per tutto il resto del tempo il merito va solamente a noi ».
La ragazza rise, stupita dall’orgoglio con cui celebrava le proprie malefatte mai punite, e lo fissò con aria d’approvazione.
« C’è una luce particolare, nei tuoi occhi, quando parli di tutti i guai che avete combinato » ci tenne a dire, compiaciuta, e lui rise, pensando che, se l’avessero sentita i suoi amici, sarebbero stati fieri di lui. « Complimenti, ragazzo, complimenti. Sei un Malandrino coi fiocchi ».
Remus chinò il capo in segno di gratitudine, trattenendo a fatica un sorriso, e nel compiere questo gesto i suoi occhi ricaddero sulla Mappa. Istantaneamente, un cartellino molto vicino ai loro attirò la sua attenzione, facendogli quasi sgranare gli occhi. Come aveva fatto a non notarlo prima?
« Maledizione, Gazza! » sussurrò concitato, e accartocciò immediatamente la Mappa dentro la tasca della giacca.
Il custode era prossimo a svoltare l’angolo, ma a un passo da loro vi era una porta, e Remus sperò intensamente che non fosse chiusa a chiave. Strinse una mano sulla maniglia, e quando la vide aprirsi, trascinò frettolosamente Miley con sé, serrando le dita intorno al suo braccio e richiudendosi la porta alle spalle.
Così, nella furia con cui si era barricato in quella che scoprì essere un’aula deserta e poco illuminata, finì per spingere involontariamente Miley contro la parete, mentre ancora la teneva stretta per le braccia. Un attimo, e sentirono i passi strascicati di Gazza che attraversava il corridoio, borbottando fra sé e sé parole che non riuscirono a decifrare. Fu solo allora che tornarono a guardarsi. Fu solo allora che si scoprirono vicini.
Non avevano mai potuto scrutarsi in quel modo… così, a un passo l’uno dall’altra. Non c’era nulla fra loro, nulla di speciale era accaduto, ma non poterono fare a meno di avvertire un peso che premeva loro sul petto, impedendo all’ossigeno di compiere un sereno e ordinario viaggio al di fuori e dentro di loro. Rimasero immobili per qualche istante, come in attesa di qualcosa che sapevano per certo sarebbe arrivato, dello scattare di un’ora fatale, di un appuntamento da tempo stabilito, mentre in verità erano del tutto ignari del futuro, e galleggiavano in quel precario stato di quiete che pareva essere in procinto di precipitare in una lunga corsa. Aspettavano, ma solo nel folle tempo irrazionale prigioniero delle loro menti, perché tutto, quel poco che fu tutto, accadde subito, in una scarsa manciata di secondi, prima che potessero concretamente rendersene conto.
E accadde così. Accadde che Remus perse per un momento la consueta lucidità e fu assorbito da tutto ciò che fino ad allora aveva tentato di tenere a bada. Accadde che si ritrovò con le labbra premute appena contro quelle di lei, un tocco così gentile da sembrare quasi infantile.
A Miley bastò quel lieve contatto per avvertire esplosioni di scintille nella propria testa. Ebbe le vertigini, tanto che le scarpe che teneva appese alle dita scivolarono e piombarono a terra, generando un gran fracasso. E non riuscì a pensare a ciò che quel gesto potesse significare, a quanto rimaneva ancora da risolvere, a quel che sarebbe successo nel momento in cui si sarebbero guardati di nuovo… aveva ingoiato tutto nell’istante in cui la bocca di Remus aveva sfiorato la sua, mandando in tilt entrambi, facendo vacillare tutti quegli ingarbugliati pensieri concatenati che, mentre si erano guardati alcuni momenti prima, avevano subissato qualsiasi altra cosa.
E Remus… lui, dal canto suo, riuscì semplicemente a realizzare ciò che fino ad allora era sfuggito alla sua comprensione, lasciando inevitabilmente da parte tutto il resto: si rese conto, paradossalmente in un attimo, di aver inconsciamente desiderato il sopraggiungere di quel momento per molto, molto tempo, tanto che alla prima occasione il suo buonsenso aveva ceduto il passo all’istinto, concretizzando quel vecchio e vago frutto della sua immaginazione a cui non aveva mai osato donare dettagli, nella vana speranza che riuscisse così ad evaporare, senza determinare alcun danno.
Neppure quando si separarono, però, riuscì a realizzare di averne appena compiuto uno lui stesso. Si sentiva inebriato dal modesto splendore del lieve bacio che si erano appena scambiati, e i grandi occhi di Miley che tornavano ad aprirsi traboccavano tanta sorpresa da confonderlo ancor di più. Allentò la stretta delle proprie mani intorno alle sue braccia, lasciandole scivolare lungo la sua pelle, guardandole muoversi perché non riusciva più a guardare lei. Miley, invece, non sganciò i suoi occhi da lui neanche per uno soltanto dei pochissimi istanti in cui rimasero così, nuovamente in bilico, nuovamente in attesa… di qualcosa, però, che questa volta non aspettarono passivamente, ma che andarono a prendersi, di corsa, un po’ come se spettasse loro di diritto. Un altro bacio, e fu un’esplosione definitiva, un’ondata di vertigini, di nuovo, un tremulo desiderio trattenuto che acquistava forma… un gran fracasso, ma nelle loro menti, i pensieri assenti, azzerati, lontani da loro, come quel tempo che non concepivano, che scorreva senza toccarli… una sorpresa, un’altra volta, ma anche una conquista. Un brusco risveglio da un lungo sonno, per poi precipitare nuovamente nell’oblio.
Remus la baciava, e non pensava di non meritarlo, o di sbagliare, o di farle del male; e Miley lo baciava, e non pensava che fosse una menzogna, che non fosse vero, che se ne sarebbe pentita. Quel bacio era distante miglia da tutte quelle bugie, dalle fughe immotivate, dai nascondigli ricercati in se stessi per trattenere verità e belle emozioni. Quel bacio era l’espressione compiuta di quella spontaneità che apparteneva a entrambi, ma che tante volte, senza una ragione, avevano consumato a morsi, rischiando così di snaturarsi. E fu meraviglioso, per una volta, smettere di farlo, cibarsi di pura bellezza, piuttosto che di falsità. Fu meraviglioso, per Miley, avvertire il calore delle mani di lui sul viso, e per Remus sentire che lei non si tirava indietro, ma gli stava vicina…
Fu meraviglioso, almeno finché la cruda realtà non tornò a bussare alla loro porta: il rifugio che avevano trovato, il viaggio fuori dall’ordinario che avevano intrapreso… la fine di tutto quanto era già stata scritta all’origine, ma loro, speranzosi e imprudenti, non l’avevano letta. L’avevano ignorata.
Raggiunse prima Remus, l’impietosa verità a cui non aveva dato importanza, spezzando il loro bacio, e il suo entusiasmo, e il suo coraggio. Spegnendo di botto ogni cosa. E Miley, solo guardandolo, seppe già che qualcosa, per l’ennesima volta, non andava.
« Dannazione… » sussurrò lui impercettibilmente, rivolto esclusivamente a se stesso, e fece un passo indietro. « Mi dispiace, io… non so davvero cosa mi sia preso… scusami » disse poi precipitosamente, evitando con cura di incontrare il suo sguardo.
Lei, al contrario, lo fissò a lungo, immobile, senza riuscire a capire bene come si sentiva. Alla fine annuì appena, chinando per un momento il capo.
« Non sai cosa ti sia preso » ripetè a bassa voce, atona, con lentezza, e la delusione che trapelava dalle sue parole colpì Remus come una frusta.
La guardò, e riuscì a scorgerla con chiarezza anche nei suoi occhi, che non lampeggiavano di rabbia, affatto, ma parevano privi del solito calore.
Il panico tornò ad assalirlo. Era arrivato il momento di dirle la verità, di raccontarle tutto, altrimenti non avrebbe mai potuto capire ciò che davvero significavano le sue parole, e quella che adesso era pura delusione avrebbe preso il sopravvento, tramutandosi in rancore, un sentimento che probabilmente non sarebbe svanito con tanta facilità, dopo tutti gli errori che aveva già commesso in precedenza.
Ma Miley, semplicemente, non aveva ancora elaborato tutto questo. Lo stupore sorto in seguito alla sua reazione inaspettata le impediva di formulare qualsiasi pensiero compiuto, e sperò intensamente che fosse lui a spiegarle il senso di quelle scuse incomprensibili, ancor prima che fosse lei a chiederlo.
E difatti così fu.
« No, non… non intendevo dire questo, in realtà » rispose Remus, in evidente difficoltà. « Non sono pentito, è solo che… »
« Allora perché mi stai chiedendo scusa? » chiese subito Miley guardandolo intensamente, con un sincero e profondo desiderio di capire.
Era frustrata dalla sua perenne insicurezza, desiderava risposte, desiderava chiarezza, ma lui pareva incapace di concederle. Eppure, le aveva assicurato che sarebbe stato sincero, con lei. E nonostante tutto, Miley continuava a fidarsi delle sue parole. Si fidava ciecamente di lui.
Era Remus, forse, a non sentirsi più capace di fidarsi di se stesso. Cercava di riflettere, di riacquistare la lucidità, ma non gli era mai parso tanto difficile.
Per cosa le aveva chiesto scusa? Per aver aspettato troppo o per non aver aspettato abbastanza? Per essersi frenato per troppo tempo o per non aver continuato a farlo? Non aveva la minima idea di cosa fare, dire o pensare, in quel momento. Nulla pareva avere senso, ma era lui a doverlo ritrovare. E fu con un enorme sforzo che riuscì a comprendere ciò che realmente provava: aveva detto bene, non si era affatto pentito di averla baciata, neppure per un istante; ma in cuor suo sapeva bene di aver commesso un grave errore facendosi avanti senza averle prima raccontato la verità sul proprio conto. Sentiva di averla privata della sua libertà di scelta. Era più che probabile che Miley non si sarebbe mai sognata di baciarlo, se avesse saputo cos’era, ciò che nascondeva. Ma a lui, all’istinto che l’aveva battuto sul tempo, tutto questo non era importato.
« Perché… non sono riuscito a controllarmi, avrei dovuto… » tentò di rispondere, ma si arrestò e diede in un pesante sospiro.
Lei era in attesa, e lo guardava. Lui, invece, non riusciva a farlo. Non riusciva a farlo perché già sapeva che non sarebbe stato capace di darle ciò che lei chiedeva di sapere. Non era pronto a compiere quel passo, e non se n’era reso conto finché non si era ritrovato sul punto di doverlo fare.
« Avresti dovuto cosa? » domandò ancora Miley, avvicinandosi a lui, frugando i suoi occhi che, ostinatamente, la rifuggivano.
Avevano tutto da celare, ma non riuscivano a nascondere niente. E per questo si eclissavano essi stessi, cercando asilo nel buio intorno a loro.
« Perché hai tanta paura di parlarmi? » chiese ancora lei con veemenza. « Guardami! Perché non mi dici che cosa ti succede? »
Lui non seppe rispondere.
La paura, sì, era quella la causa di tutto. Come ci si tiene lontani da essa? Remus avrebbe tanto voluto trovare un modo.
Fu proprio l’angoscia, forse, a spingerlo a pensare a quanto pesava sulla sua vita, su ogni cosa, la sua condanna. Non lo aveva quasi mai fatto prima, perché piangersi addosso lo faceva sentire un’inerme nullità, e malgrado le proprie disgrazie, aveva sempre tentato di tenere in vita il proprio spirito con forza e dedizione, durante quegli anni tormentati. Tuttavia, non potè che domandarsi perché nulla potesse mai prescindere dalla sua condizione. Perché tutto ciò che si ritrovava ad affrontare doveva sempre essere reso più difficile dai limiti che oscuravano i suoi orizzonti? Provò vergogna nel porsi quelle domande sciocche, la cui risposta non doveva essere esplicitata per poter essere compresa. Provò vergogna per la propria codardia inguaribile, ma ancora una volta non riuscì a vincerla.
« Non posso » rispose, sfiancato. « Io devo… devo chiederti una cosa, Miley. Devo chiederti di non… di non farmi rispondere. Non adesso. C’è troppo… è troppo quello che non sai, e io ho bisogno… » Scosse il capo, guardandola. « So di aver rimandato fino ad ora, ma questa sera, io… non ce la faccio ».
Lo disse con una tale sincerità da sentirsi smarrito, ma lei accennò un lieve sorriso e gli strinse le mani con una forza che non pareva possedere. All’improvviso, ogni traccia di risentimento era scivolata via dal suo volto, strisciando nel buio, disperdendosi.
Le sue parole, l’urgenza di rassicurazioni che svettava dal tono della sua voce malferma, l’avevano indotta a ragionare. Quando mai la fretta era stata d’aiuto a qualcuno? Mettergli pressione non avrebbe avvantaggiato nessuno dei due. E lui le avrebbe detto la verità. Di questo era assolutamente certa. Aveva detto così, aveva detto di aver deciso di parlarle con sincerità, e lei credeva a ciò che Remus aveva detto. Quella volta non l’avrebbe delusa.
« Questa sera possiamo far finta di non aver bisogno di niente » gli disse allora con calore. « In realtà… è proprio così che mi sento ».
Si mise in punta di piedi, le mani poggiate sul suo petto, e sfiorò le labbra di Remus con le sue, chiedendo tacitamente ancora un altro bacio. Lui deglutì, titubando a un soffio da lei, per poi accogliere la sua bocca sulla propria, colmarla d’affetto, tentando di versare, attraverso quel sottile spiraglio, un po’ di quelle verità che la sua voce si era rifiutata di pronunciare. E forse ci riuscì, chissà, perché fu con amore che lei continuò a baciarlo. Timorosa, maldestra, impacciata, un po’ com’era lui. Esattamente così come l’aveva conosciuta.
Stordì i propri sensi di colpa con quel bacio, sotterrandoli mentre ancora respiravano, e inspirò l’aria che lei gli concedeva, aria fresca, la sua, aria pulita, non contaminata da rimorsi, segreti e menzogne, ma beata nella sua purezza, così come a lui era strettamente necessaria.
Il dover sempre provare rammarico, sempre, in ogni momento, lo assillava. Non gli lasciava pace, scampo, tempo e respiro. Ma per quella sera doveva essere egoista. Doveva lasciare che Miley lo colmasse dei suoi sentimenti, o almeno che donasse affetto al ragazzo che, ad ogni modo, lei aveva conosciuto. Lei, che non gli lasciava pace, scampo, tempo e respiro... che lo consumava del tutto e lo faceva sentire bene. Lo faceva sentire amato.
Lo faceva sentire umano.
 
 
 

 
Un passo indietro ed io…
Un passo avanti e tu…
Un passo avanti e noi…
 

 
 
*  *  *
 
 
 

La Sala Comune si era ormai quasi totalmente svuotata, e i pochi ragazzi restanti ciondolavano per la stanza con aria stanca e assonnata: a quanto pareva, la torta di compleanno di Scarlett e James aveva avuto un effetto soporifero su tutti quanti, tanto che nel giro di pochi minuti moltissimi dei partecipanti si erano dissolti, attratti dal richiamo dei propri caldi letti a baldacchino e dalla splendida prospettiva di una buona, sana dormita.
In pochissimi si erano offerti di aiutare Scarlett a dare una sistemata, e anche coloro che gliel’avevano proposto avevano intensamente sperato che la ragazza rispondesse che no, poteva cavarsela benissimo da sola, cosa che in effetti aveva detto a ognuna di quelle gentili anime pie. Così, adesso che la festa era ormai giunta al termine, mentre anche l’ultimo gruppetto di ragazze presenti si ritirava in direzione dei Dormitori, Scarlett rimase in compagnia di Alice ed Emmeline, che inframmezzavano ogni frase con un sonoro e ampio sbadiglio.
« Guardate che non sono necessari tutti questi sbadigli » disse alla fine la festeggiata. « Andate a letto, su, posso badare io a questo macello ».
Le due si scambiarono uno sguardo dubbioso, per poi rivolgere nuovamente a Scarlett la propria attenzione.
« Ma non c’è neppure James… » obiettò Emmeline tentando di mettere a tacere i propri sensi di colpa, e la fissò, impietosita.
« E lui e Lily ne avranno ancora per molto, credo… » aggiunse Alice, mordicchiandosi nervosamente una guancia.
Scarlett agitò una mano a mezz’aria, scostandosi i capelli sulla schiena, e le zittì scuotendo ripetutamente il capo.
« Un paio di incantesimi e avrò finito » risolse, rassicurante. « E piantatela con questa messinscena, se aveste davvero avuto intenzione di aiutarmi, lo avreste già fatto. Ma per oggi vi perdono » si affrettò a dire, fintamente magnanima. « In realtà, non mi annoia così tanto l’idea di risistemare questo posto » aggiunse infine, sollevando appena le spalle.
Ed in effetti era così. Nonostante non fosse mai stata molto solerte da questo punto di vista, quella sera non le pesava minimamente il fatto di essere la vittima predestinata alla rimessa a nuovo della Sala Comune. Non avvertiva la benché minima avvisaglia di spossatezza e non aveva sonno, quindi l’idea di rimanere un po’ da sola a dare una sistemata l’attraeva molto di più rispetto a quella di scivolare tra le coperte solo per girarsi e rigirarsi nel letto, incapace di trovare una posizione abbastanza comoda da farla addormentare.
Alice, conoscendola, strabuzzò gli occhi, assolutamente certa di non aver sentito bene, forse proprio a causa dell’eccessiva stanchezza.
« Sul serio! » esclamò allora Scarlett, ridendo dinnanzi alla sua espressione, e lei sollevò le mani come a volersi discolpare.
« Okay, okay, ti credo » rispose, malgrado in verità fosse ancora parecchio scettica. « Quando torni ad essere la solita pigra strafottente, facci un fischio, allora. Buonanotte, diciottenne » la salutò infine, sorridendo, e si abbracciarono, mentre Scarlett, tra le risate, la mandava a quel paese.
« A domani! » disse, e guardò le amiche andar via su per la scaletta a chiocciola che conduceva ai Dormitori.
Dopodiché, rimasta sola, riaccese la radio a bassissimo volume, giusto quel tanto che serviva per trovare un po’ di compagnia nella musica che emetteva, e battè le mani per poi sfregarle l’una contro l’altra, cominciando a darsi da fare per ripulire il tavolo su cui Peter aveva disposto cibo e bevande e riportando alla memoria qualcuno degli incantesimi di pulizia che sua madre le aveva insegnato.
Non era mai stata granché brava a padroneggiare quel genere di magia casalinga - forse perché si era sempre dimostrata piuttosto restia ad apprenderla - ma se la cavò piuttosto bene. Aspirò le briciole disseminate sulla tovaglia, fece Evanescere le bottiglie vuote e, dopo essersi versata due dita d’Acquaviola in un calice, bevve tutto d’un fiato e si liberò anche di tutti i bicchieri rimasti. Una volta terminata l’operazione, con la tavola sgombra e rimessa al suo solito posto, si guardò rapidamente intorno per fare il punto della situazione e, in questo modo, cercare di capire come procedere. Inizialmente, si concentrò sugli elaborati festoni e sulle molteplici decorazioni che Alice aveva creato per l’occasione, e dopo averli fatti sparire, si rese immediatamente conto di quanto avessero cambiato l’aspetto della stanza, perché, in loro assenza, la Sala Comune riassunse all’istante un’aria molto più familiare che le suggerì che il lavoro da fare per far tornare tutto come prima non era poi così tanto. Tolti di mezzo altri resti e piccole cianfrusaglie sparsi qua e là, alla fine non le rimase altro che rimettere al loro posto le due poltrone, gli altri tavoli e il divano, e procedette a ridisporli in questo esatto ordine.
Fu solo quando ebbe puntato la bacchetta sul lungo divano eccezionalmente posizionato sotto la più ampia finestra della Sala Comune per farlo Levitare che si rese conto di ciò che, inizialmente, era sfuggito alla sua occhiata distratta: qualcuno, oscurato dal buio quasi totale in quella zona della stanza, oltre che dall’alto schienale che sbarrava la strada alla luce della luna, vi stava sonnecchiando sopra, l’avambraccio che premeva sulle palpebre chiuse, le gambe incrociate… e quel qualcuno era Sirius.
Quella vista la colse tanto di sorpresa che cacciò un brevissimo urlo, abbastanza forte da risuonare per la stanza, ma non sufficientemente potente da svegliarlo. Si premette una mano sul petto, tornando nuovamente calma, e scosse il capo fra sé e sé, rivolgendo al ragazzo addormentato uno sguardo carico di disapprovazione. Anche in quello stato di assoluta quiete e incoscienza, era sempre capace di prenderla in contropiede.
Si chinò, piegando le ginocchia finché non riuscì a guardarlo da vicino, e pensò che, in quelle condizioni, pareva quasi una persona pacifica. Sorrise, divertita, osservando le sue dita sottili premute sul petto che si alzava e si riabbassava lentamente, i capelli sparsi disordinatamente sul largo bracciolo del divano e le labbra socchiuse. Era così bello guardarlo riposare che si chiese se fosse davvero necessario svegliarlo. Alla fine, però, protese una mano per toccargli la spalla e scuoterlo, ma si arrestò un attimo prima di sfiorarlo, ripensandoci all’improvviso.
Perché svegliarlo così pacatamente se le si stava presentando un’occasione così ghiotta per farlo in grande stile? Dopotutto, doveva pur fargliela pagare per lo spavento che, seppur inconsapevolmente, le aveva fatto prendere qualche momento prima. E inoltre, non si sentiva minimamente in colpa all’idea di vendicarsi, perché sapeva benissimo che, al posto suo, da perfetto Malandrino qual era, Sirius avrebbe agito nello stesso, identico modo. Così, con tutta la freddezza e la lucidità necessarie per mettere a punto uno scherzo degno di questo nome, si prese qualche minuto per riflettere sull’organizzazione e la messa in atto della grande malefatta.
Purtroppo, però, non essendo la sua una mente criminale neanche minimamente paragonabile a quella di Sirius, non riuscì a partorire nessuna idea particolarmente originale, e optò per un classico, puntando più sull’efficacia e meno sull’estro, che a quanto pareva non era il suo forte.
Si rialzò, riappropriandosi della bacchetta che aveva abbandonato sul pavimento, e ghignò malefica prima di procedere.
« Aguamenti! » esclamò, puntandola dritta sul suo viso, ed immediatamente un feroce schizzo d’acqua lo schiaffeggiò, facendolo svegliare di colpo.
« Ma che…?! » sbottò, imprecando, e d’impulso strappò la bacchetta di mano al suo aggressore e gliela puntò contro.
Quando vide che si trattava di Scarlett, sogghignò e non si curò minimamente delle sue rumorose proteste, continuando a sommergerla d’acqua ancora per qualche istante, finché la cosa non lo annoiò. Alla fine, fissandola mentre gocciolava da capo a piedi, scoppiò a ridere sonoramente.
« Bella pensata, Banks » si complimentò, porgendole la bacchetta. « Se alla fine non ti fossi fatta fregare come una principiante, sarebbe stato uno scherzo epocale. Anche se abbastanza banale, a dirla tutta » aggiunse infine, riflettendoci meglio.
Lei incrociò le braccia al petto e gli rivolse uno sguardo omicida. Era chiaramente furibonda per la svolta inaspettata che avevano preso gli eventi.
« Sto gelando! » disse, afferrando con rabbia la bacchetta e cominciando a far fuoriuscire dalla punta un po’ d’aria calda.
« Ah, addirittura » la rimbeccò lui, accomodandosi nuovamente sul divano, e scosse forte la testa per scacciare via l’acqua con fare molto canino.
« Per una volta che volevo farti uno scherzo… » borbottò a mezza voce Scarlett, imbronciata, e lui ricominciò a ridere.
Si avvicinò, prendendole nuovamente di mano la bacchetta e lei aprì bocca per ribattere, ma la richiuse un attimo dopo.
« Nessun rimpianto, Banks, ho apprezzato moltissimo la tua simpatia » le rispose allora Sirius, fingendosi rassicurante mentre il suo sorrisetto raccontava tutta un’altra storia, e cominciò ad arruffarle i capelli per far sì che si asciugassero, puntandole contro la bacchetta.
Lei, suo malgrado, sorrise, rivolgendogli di sbieco un’occhiata divertita che lui ricambiò con altrettanta intensità.
« Riuscirò a lasciarti a bocca aperta, un giorno » annunciò lei solennemente, ripromettendosi di fare di meglio quando se ne fosse presentata l’occasione.
Sirius annuì, continuando ad immergere una mano fra i suoi capelli sempre meno impregnati d’acqua per poi lasciarli andare di botto.
« Non vedo l’ora » replicò semplicemente, e la vide sorridere di nuovo.
Dopo un paio di minuti, allontanò la bacchetta dalla sua chioma un po’ increspata e gliela restituì solo dopo essersi dato una rapidissima asciugata, un’espressione allegra sul volto.
« Stai sogghignando perché mi si è sciolto il trucco, non è vero? » gli disse Scarlett, un po’ indispettita ma altrettanto divertita.
« Non sto sogghignando, ma sì, ti si è sciolto il trucco » rispose lui, ridendo. « Sta’ tranquilla, quest’aria da panda ti dona moltissimo ».
Lei lo fulminò con lo sguardo, affrettandosi a strofinare il dorso delle mani sulla pelle per ripulirsi, ma non riuscì a trattenere anche lei una risata.
« Vogliamo parlare della tua barba al caffè di ieri? O dei tuoi capelli assurdi in questo momento? » ribattè, inarcando un sopracciglio.
« E tu vuoi davvero farmi credere che i miei capelli hanno qualcosa che non va? » domandò lui, scettico. « Oggi ho persino usato il balsamo speciale di James… per sbaglio, ovviamente » aggiunse con serietà.
« James non usa nessun balsamo speciale » replicò lei, assolutamente convinta di ciò che diceva, ma lui le rivolse un’occhiata eloquente e lei si zittì.
Lo osservò mentre si guardava intorno con aria curiosa, per poi puntare nuovamente gli occhi su di lei.
« Ti sei data ai lavoretti di casa, eh? » le chiese, ammirando l’abilità con cui aveva rimesso a nuovo la stanza.
« Beh, sì » rispose lei, abbandonandosi sul divano con un sospiro. « Mentre tu eri in letargo, mi sono data da fare ».
Sirius le si accomodò accanto, spalancando le braccia per lasciarle ricadere sullo schienale del divano, e le lanciò un rapido sorriso.
« L’alcool provoca qualche effetto anche su di me, sì » rispose, tranquillo. « Ma sempre meglio dormire che perdere il controllo dei propri freni inibitori, non trovi? »
Lei voltò il capo e lo fissò per qualche secondo, fingendosi sbalordita per quelle parole che sapeva essere senza dubbio sarcastiche.
« Tu non hai freni inibitori » gli ricordò, ridendo mentre parlava, e lui la seguì a ruota, ritrovandosi a convenire con lei su quell’inattacabile verità. « E comunque non ho ancora finito con i miei lavoretti di casa, quindi, con il tuo permesso… » e lasciò la frase in sospeso, rialzandosi lentamente.
Cominciò a riordinare un basso tavolinetto stracolmo di roba lì vicino che era precedentemente sfuggito alla sua attenzione, mentre lui lasciava a sua volta il divano per risistemarlo di fronte al camino e tornava a sedersi su una poltrona vicina al ripiano su cui era poggiata la radio. Stava trasmettendo un brano estremamente lento, a giudizio di Sirius più adatto a un funerale che a un ballo romantico, e mentre lo ascoltava si concentrò su Scarlett che, indaffarata, borbottava incantesimi sottovoce e dava rapidi e frequenti colpi di bacchetta in direzione degli oggetti di cui voleva sbarazzarsi.
Quasi inconsciamente, si ritrovò a ripensare al loro ballo di quella sera, e alle sensazioni che la vicinanza di Scarlett gli aveva trasmesso. Riviverle lo fece anelare ad un altro contatto, e realizzando ciò, si rese conto di sentirsi molto più sicuro riguardo ai propri sentimenti di quanto non fosse mai stato negli ultimi tempi. Lei gli aveva lasciato intendere di desiderare delle risposte, delle nuove certezze in merito alla loro ambigua, indefinibile situazione, e Sirius, che inizialmente aveva avvertito con chiarezza il bisogno di ritrovarle in primo luogo per se stesso, adesso si sentiva finalmente pronto a trasmetterle a lei, che avrebbe aspettato quel momento con muta impazienza. Era stato semplice, dopotutto, rimettere a posto i loro disgregati tasselli; più difficile, invece, era stato combattere quella naturalezza con cui si erano nuovamente messi insieme. Atteggiamento insensato, il suo, controproducente, infantile. E se n’era reso conto in tempo, tanto da essere riuscito a preservare quella spontaneità, piuttosto che scacciarla, comunicandola silenziosamente anche a lei.
Forse, però, era giunto il momento di vivificare quelle risposte che erano state fino ad allora sfocate, altrimenti tutto sarebbe rimasto esattamente uguale a prima. Tutto quanto, fra loro, immerso nell'instabilità e nell’incertezza. E non lo avrebbero sopportato ancora a lungo. Necessitavano di dare forma ed espressione a ciò che provavano, indipendentemente da tutti quegli ostacoli che, premendo con furia dall’esterno, tentavano di sgranare e deformare ogni sentimento che, albergando in loro, si avvicinava alla realtà.
Dovevano rendere priorità assoluta quel loro bisogno così intimo. Sirius lo stava già facendo.
Distogliendo infine lo sguardo da Scarlett, cominciò a ricercare una canzone decente da ascoltare, e fu solo dopo numerosi tentativi che riuscì a rintracciare un brano orecchiabile di sua conoscenza. Alzò un po’ il volume con un pigro tocco di bacchetta, canticchiando fra sé e sé e inventando sul momento un mucchio di versi di cui non ricordava le parole. Scarlett riuscì a sentirlo, e si voltò, ridendo piano.
« Mi stai rovinando la canzone » gli disse, la voce intrisa di divertimento.
Per tutta risposta, lui cantò molto più forte, alzandosi dal divano per avanzare verso di lei e stringerle le dita intorno agli avambracci. La indusse a muoversi un po’, e la vide gettare il capo all’indietro, preda di un altro fiotto di risate a cui lui si unì con sfrenata allegria, senza mai smettere di cantare. Appena il tempo di farle compiere un rapido giro su se stessa, però, e il pezzo, così come l’esibizione di Sirius, si avviò verso la sua conclusione.
« Eh, Banks? » scherzò lui alla fine, mentre lei ancora rideva a crepapelle. « Chi è che non sa ballare? »
« Ancora tu » rispose Scarlett con spavalderia, battendogli il palmo della mano sul petto.
Si guardarono, il sorriso negli occhi, finché qualche istante dopo non sentirono fluire dalla piccola radiolina delle note profondamente diverse da quelle che si erano appena congedate. Note infinitamente più delicate, quasi timorose, accennate. Note familiari per le orecchie di Sirius, che si arrestò, in ascolto. Non gli ci volle che un momento per riconoscere il brano, l’ultimo del repertorio delle ormai famosissime Sorelle Stravagarie, che già affollava le stazioni radio dell’intero mondo magico.
Diceva tanto, quella canzone, spesso sussurrando appena. Diceva molto più di ciò che lui o chiunque altro sarebbero forse mai stati in grado di dire con parole proprie. Diceva tanto con poco, il che è sempre più difficile di quanto ci si possa immaginare.
Tornò a fissare Scarlett, e notò che stava accennando un sorriso. La sua espressione l’aveva incuriosita, e lo osservava cercando di capire a cosa fosse riferita, se alla melodia che aveva appena preso avvio o, magari, a un pensiero improvviso passato di volata per la sua mente. Non immaginava che, in verità, si trattava un po’ di ambedue le cose, ma Sirius sorprese tanto lei quanto se stesso. Sapeva bene che ciò che stava per fare non era molto da lui, e non avrebbe mai fatto qualcosa del genere in nessun altra circostanza, ma la cosa non lo disturbò minimamente. Quella canzone avrebbe potuto aiutare entrambi a comprendere delle pillole di verità che, da soli, forse non sarebbero mai riusciti a decifrare, perciò decise, di nuovo, di lasciarsi andare.
Si fece più vicino a lei, scostandole un ciuffo di capelli via dagli occhi, e lasciò scivolare una mano sulla sua schiena, accostando le labbra al suo orecchio, non al punto da toccarlo, ma tanto da far sì che la propria voce soffiasse dritta verso di lei, senza dissolversi lentamente nel vuoto, senza perdere la propria intensità, le vibrazioni di ogni singolo suono.
« And dance… » mormorò, cominciando a cantare sottovoce, « … your final dance. This is your final chance... »
Al suono di quelle parole, Scarlett avvertì qualcosa sussultare dentro di sé. Sorrise appena, piacevolmente sorpresa, e continuò ad ascoltare.
Desiderava che le raccontasse quella canzone, scoprirla insieme a lui, danzare sulle sue note. Sirius, cantandone solo qualcuna, l’aveva già rapita.
« ... to hold the one you love » proseguì, muovendosi lentamente sul posto insieme a lei. « You know you've waited long enough ».
Si guardarono negli occhi, e Scarlett sorrise di fronte all’espressione che si dipinse sul volto di Sirius mentre cantava quell’ultimo verso.
Si disse che forse quella canzone avrebbe parlato un po’ di loro, e che magari era proprio questa la ragione che lo aveva spinto a sussurrargliela all’orecchio, quasi fosse un segreto che, se lo desiderava, poteva restare fra loro, inespresso. Ma Scarlett voleva ardentemente saperne di più, proprio come quando ci si sente avidi di conoscere i dettagli di una storia che ci viene confidata intimamente. E’ naturale che, sin da subito, si brami di scoprire come tutto va a finire.
« So believe that magic works » cantò ancora lui, avvolgendola nuovamente e stringendola forte a sé. « Don't be afraid of being hurt ».
Lei poggiò il mento sulla sua spalla, lasciandosi cullare, e riflettè sul significato di quelle parole, beandosi del calore che lui riusciva a trasmetterle.
Era sempre stata questa, la sua paura più grande. Essere ferita ancora l’avrebbe resa debole, diffidente, umiliata, molto più di quanto già non si fosse sentita in passato. Ed era proprio questo timore ad averle messo i bastoni tra le ruote tutte le volte in cui, suo malgrado, aveva tentato di approcciarsi nuovamente a quel sentimento che l’aveva scaraventata a terra senza preavviso. D’altronde, quando si rimane vittima di simili scherzi, non è semplice mostrarsi pronti ad accettare una nuova sfida. E Scarlett aveva avuto bisogno di tempo per affrontarne una così significativa.
Ma non era stato solo il tempo a spingerla verso quella direzione. Era stato Sirius, più di tutto il resto, ad accompagnarla nel corso dell’evoluzione, della rinascita della sua vecchia forza. Senza di lui, sarebbe rimasta inevitabilmente agganciata alle sue fragilità, incapace di approdare su un terreno più sicuro qual era quello che, al contrario, aveva trovato conoscendo Sirius. Perché nonostante potesse sembrare il più turbolento che avrebbe mai potuto attraversare, in fondo era sempre stato dura, reale terra ferma su cui poter poggiare i piedi senza paura di scivolare giù e di farsi male. E tutti gli scogli che aveva superato, che avevano superato su quel terreno ignoto per entrambi, avevano rappresentato la prova più difficile, l’ultima prima che potesse davvero voltare le spalle a ciò che aveva passato, a ciò che era stata, a ciò che non aveva mai desiderato provare o avere in vita sua.
E allora quella sollecitazione così sottile, eppure così forte, dettata dalle note di quella splendida canzone, era un potente sprone per entrambi, che dovevano accogliere, in cui dovevano credere, da cui dovevano lasciarsi guidare. Perché Sirius, cantando a lei quei versi e ripensando a ciò che stavano cercando di superare, lo disse anche a se stesso: non avere paura di essere ferito.
« Don't let this magic die... » mormorò, dondolandosi appena insieme a lei. « The answer's there… oh, just look in her eyes ».
E seguì ancora una volta il consiglio della canzone, guardandola, facendola sentire bella e minuscola a un tempo per l’intensità con cui la scrutava.
« And make your final move » cantò, e all’improvviso la fece ruotare su se stessa in una rapida piroetta, per poi ridere di cuore insieme a lei. « Don't be scared… she wants you too ».
Accennò un sorriso, lasciando scorrere le dita fra i suoi capelli un po’ impigliati, osservando la serenità che distendeva il volto di Scarlett.
« Yeah, it's hard… you must be brave. Don't let this moment slip away... » continuò a sussurrare, tanto che lei riuscì a sentirlo appena.
Ed era vero, ancora una volta. Le parole di quella canzone erano incredibilmente vere. Dovevano avere il coraggio delle proprie scelte, essere egoisti nella difesa di ciò che provavano, consapevoli dell’importanza che i loro sentimenti possedevano. Non avrebbero più fatto in tempo a lasciarli da parte per dimenticarli, la loro potenza predominava prepotentemente su di loro, e a quel punto non potevano far altro che continuare a lottare per far sì che li sommergessero definitivamente. Era semplicemente ciò che più volevano.
Ma come si fa a lottare quando l’unica scelta possibile è l’attesa? L’attesa di una decisione che non è completamente in nostro potere? Era questo a renderli così impotenti, ma quella sera, mentre stavano abbracciati, tornarono a sentirsi, dopo infinito tempo, protagonisti delle proprie volontà. E mentre ballavano già sapevano che non avrebbero dato importanza a tutte le difficoltà che circondavano perennemente ogni loro passo avanti. Ci avrebbero pensato più tardi, in un altro momento. Desideravano fin troppo fervidamente godersi un po’ di loro per poter riflettere su qualsiasi altra cosa esistente. E così avrebbero fatto.
Mentre la canzone si avviava quasi verso la sua conclusione, si sentirono storditi, del tutto persi in loro, nella musica, nel buio. Per lei, sentire la mano di Sirius muoversi lungo la schiena era un brivido perenne. Per lui, avvertire quel brivido era vitale.
« And don't believe that magic can die » continuò a sussurrare, mentre la voce della donna, alla radio, si alzava di tono. « No, no, no, this magic can’t die ».
Rese più morbida la presa sulla sua schiena, facendosi nuovamente un po’ più distante per incontrare i suoi occhi annegati nel buio della stanza.
« So dance… » disse, e potè udire il suo respiro che suonava un po’ più irregolare del normale, « … your final dance. ‘Cause this is… »
« … your final chance » concluse lei con voce involontariamente soffiata.
Sentirono se stessi avvicinarsi, l’uno verso l’altra, inconsapevolmente, eppure con tutto il desiderio che albergava in loro. Fu come essere a un passo dalla realizzazione di una grande impresa, ma senza la consapevolezza di ciò che tale azione avrebbe comportato: ne sarebbero usciti vincitori e conquistatori o umili vittime? Lo avrebbero saputo solo stando a vedere che cosa succedeva. E allora sarebbe stato troppo tardi per una ritirata o una prematura gioia. Avrebbero vissuto ciò che c’era da vivere. E, oramai, rischiare era un po’ divenuta la loro filosofia di vita.
Si resero conto di aver serrato gli occhi solo quando avvertirono il respiro dell’altro avventarsi con leggerezza sulla pelle. Non si resero conto di nulla, in verità, se non delle loro labbra che, alla fine - chissà come, chissà chi l’aveva deciso, chissà come sarebbe stato, chissà chi si era mosso per primo, chissà, forse erano stati entrambi, chissà - alla fine si toccavano e tornavano a conoscersi, a riabbracciarsi, a dirsi che il loro ultimo addio non aveva funzionato.
Fu un bacio di intensità crescente, che prese avvio da un’incertezza e si trasformò pian piano in una sconcertante convinzione. Fu un bacio impaziente, dopo un primo istante di sorpresa, come le mani di Sirius, che guidavano il capo di Scarlett con vigore e facevano sì che non si allontanasse. Fu un bacio atteso, agognato, rivelatore, che compresse i loro polmoni e dilatò il loro cuore, che fece stringere saldamente le loro palpebre e lasciò socchiudere, spalancare e poi sigillare di nuovo le loro labbra. Fu un bacio che prorompeva da dentro, e che non possedeva alcun legame con il mondo esterno. Era loro, puramente loro, e nessuno avrebbe potuto sottrarglielo.
Fu - e Sirius potè avvertirlo con istantanea chiarezza - quel calcio rabbioso che spezzò di netto la lunga catena dei suoi dubbi, quello che tanto aveva ricercato e aspettato. E non riuscì a trovare nulla di sbagliato nelle loro mani che si cercavano, nulla di bugiardo nel loro bacio affannoso, nulla di stonato nei loro respiri che tornavano a incontrarsi. Perché se davvero aveva creduto, aveva potuto pensare che la loro sintonia si fosse spenta, che l’essenza del loro sentimento nel passato non avesse più speranza di rinascere con la medesima potenza, quel bacio era stata l’esplosiva e inattaccabile dimostrazione dell’opposto.
Questa magia non può morire.
Era così che recitava la canzone che aveva raccontato con un fil di voce a Scarlett. Ed era vero: l’incantesimo che li aveva legati tempo addietro non era nato per essere sciupato da qualche duro ostacolo, non era mai stato destinato ad avvizzire; si era generato e poi rinforzato con un’energia tale da non poter più essere slegato in alcun modo. E questo, in fondo, entrambi lo avevano sempre saputo. O perlomeno, ci avevano tanto, tanto sperato.
E lo scoprirono in quell’esatto momento, mentre tenevano gli occhi chiusi e le labbra incollate. Perché, che fossero circondati da una tempesta di neve ad Hogsmeade, ancora vagamente scossi da un folle, spericolato giro in moto, o che si trovassero al caldo nella loro accogliente Sala Comune, poco importava: nel corso di quegli istanti concitati, nonostante avessero entrambi temuto il contrario, ebbero l’assoluta certezza che nulla era cambiato da allora, e che il tempo, il quale spesso si diverte ad essere un po’ tiranno e un po’ galantuomo, aveva giocato anche con loro.
Inizialmente, li aveva travolti con la sua velocità, plasmando le loro emozioni fino a portarle all’estremo, e così, in un flash estemporaneo e beffardo, li aveva spinti ad attraversare un burrascoso passaggio che, da un’ingenua gioia, li aveva condotti a una furia immotivata, senza che potessero nemmeno comprendere entrambe le sensazioni fino in fondo.
Successivamente, però, il tempo aveva deciso di sdebitarsi per quello sgarbo, e si era concesso loro totalmente, donandogli una grande oppurtunità, un’ultima chance di cui entrambi necessitavano per crescere, capirsi, mancarsi e poi riportare tutto, pian piano, alla sua originaria importanza, chetando così i furori frettolosi e vuoti e rafforzando i loro sentimenti più solidi.
Alla fine, portato a termine quel percorso, il tempo aveva deciso di allontanarsi per qualche istante, di abbandonarli al loro fugace, sospirato idillio. Ma fece ritorno ben presto, quando si separarono, respirando forte, solo per ricordare a Scarlett che no, non era ancora giunto il loro momento, che c’erano ancora dei conti in sospeso da risolvere e degli intralci da superare. La congelò sul posto come una ventata d’aria gelida, questa improvvisa e spietata consapevolezza, inducendola a fissare Sirius con uno sguardo così vacuo e spento da rendere ben presto cosciente anche lui di tutto ciò che c’era ancora da oltrepassare. Gli poggiò le mani sul petto, allacciando i propri occhi al pavimento, per poi risollevarli, insofferente.
Per poi risollevarli, allontanarsi, e annegare nel suo sguardo duro e svigorito per dirgli unicamente e senza voce: mi dispiace.








Note della Malandrinautrice: Salve! Stento a credere che, dopo due mesi, vi ricordiate ancora di noi e di questa storia, ma tutto ciò che possiamo fare per "giustificarci" (che brutto termine) è ripetervi per l'ennesima volta la solita solfa: troppo studio, troppi impegni, capitolo difficile, blabla. Lo sapete già, d'altronde siamo sempre tutti molto impegnati, credo, e questo è un capitolo di ben 85 pagine, badate bene. Quindi, passiamo oltre.
Tanti bei bacetti (?) e altrettanti passi indietro, eh? Ma nel frattempo, gioiamo per i nostri Blanks e Johniley che, nonostante tutto, almeno un po' si sono finalmente dati una mossa! E devo dire che, in questa situazione, sono moltissimi i punti in comune che è possibile rintracciare fra queste due coppie.
Beh, cosa possiamo dire? A breve comprenderete meglio le ragioni e i risvolti del passo indietro di Remus, dello strano comportamento di Miley, delle questioni irrisolte che Scarlett deve ancora affrontare e della reazione di Sirius a questo ennesimo buco nell'acqua. Intanto, mettiamoci tutti in cerchio e balliamo una bella COOOONGA, gente!
Okay, freniamo i nostri entusiasmi. Aggiungo solamente che il brano contenuto nel capitolo che fa riferimento a Remus e Miley è 'Un passo indietro' dei Negramaro, un pezzo carico di significato, mentre quello che Sirius canta a Scarlett è 'Magic works', ebbene sì, proprio delle Sorelle Stravagarie! E' uno dei fantastici brani suonati durante il Ballo del Ceppo, ed è anche la canzone da cui abbiamo preso ispirazione per il titolo di questa storia. *Ripensa con nostalgia ai tempi in cui diceva: Rossè, secondo te è meglio 'Your final chance', 'Final chances' o 'The final chance'?*
Nostra, invece, è l'immagine a inizio capitolo dei nostri bei festeggiati!
Detto ciò, non ci resta che ringraziare con tutto il cuore le trenta persone che hanno trovato tempo e voglia per recensire lo scorso capitolo: è straordinario che il vostro entusiasmo non sia minimamente scemato con il passare del tempo, i vostri complimenti non smetteranno mai di stupirci e commuoverci! 
E ringraziamo anche i 410 delle preferite, i 98 delle ricordate e i 404 delle seguite! Grazie infinite, gente!
Vi abbracciamo, a presto!


Simona_Lupin

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Capitolo 41
*** Solo discorsi onesti ***






Capitolo 41

Solo discorsi onesti





 
 
Mentre intorno a lei tutto taceva, Scarlett giunse correndo di fronte al proprio Dormitorio e varcò in fretta la soglia della stanza, senza preoccuparsi di rispettare il silenzio che la circondava. Si richiuse la porta alle spalle, noncurante del rumore provocato dal suo brusco gesto, e si sdraiò sul proprio letto, lo sguardo rivolto al soffitto e il respiro irregolare, appesantito, ma debole. Non ricordava di essersi mai sentita tanto frastornata in vita sua.
Si premette i palmi delle mani sugli occhi, sulla fronte, poi si raddrizzò di scatto, irrequieta e insofferente, mentre già prendevano d’assalto la sua mente sparute immagini di ciò che aveva appena vissuto, momenti concitati che da una parte avrebbe voluto cancellare, ma dall’altra desiderava custodire con cura.
Tornare a baciare Sirius, avvertire con disarmante chiarezza tutte le risposte che aveva agognato e i suoi sentimenti per nulla edulcorati scaraventarsi su di lei, sentire le sue mani che non la respingevano, ma la attiravano a sé… era stato come rinascere. Aveva dimenticato senza compiere alcuna fatica tutto ciò che fino a quel momento l’aveva assillata, e con altrettanta facilità si era abbandonata all’euforica confusione che l’aveva travolta quando le proprie labbra avevano incontrato quelle di Sirius a metà strada. Non c’era stato posto per nient’altro, per tutto il tempo in cui erano rimasti così, agganciati l’uno all’altra, sorpresi per quel coraggio che li aveva spinti a farsi avanti. Non c’era stato posto per nient’altro, almeno finché nuove ma familiari forze esterne non avevano tentato di penetrare nella loro fortezza. E quelle stesse forze erano riuscite nell’impresa con tanta celerità da farla sembrare un gracile, inoffensivo castello di carte, capace di abbattersi al suolo al minimo soffio. Eppure era stata pura potenza, ciò che avevano provato stando così vicini, un’energia che forse era stata tanto esplosiva e dirompente da aver consumato in qualche istante tutta la propria forza. Ma a loro non era rimasto nulla di tutto questo, se non un ricordo che, di lì a breve, avrebbero faticato persino a ricostruire in tutti i suoi dettagli, e che tornando a galla, avrebbe solo potuto danneggiarli, un po’ come aveva già cominciato a fare.
Scarlett, però, continuò a ripercorrerlo ancora e ancora, senza stancarsi, senza poterne fare a meno. Si cullò nel cuore di quella memoria, e fu quasi doloroso venirne fuori all’improvviso. Ma accadde proprio così, in un istante, quando i suoi occhi si posarono sulla ragazza che sonnecchiava placidamente sul letto accanto al suo: Mary dormiva, sognava, magari, e non aveva idea di ciò che Scarlett aveva appena fatto. Non aveva idea dei conflitti interiori che stava affrontando a causa sua, a causa della sua intromissione. Osservandola, provò un misto di rabbia e senso di colpa che non seppe quantificare, tanto che si sentì costretta a distogliere lo sguardo, malgrado questo, di sicuro, non potesse aiutarla a smettere di pensare. E difatti si chiese se in quel momento trovasse più intollerabile e odiosa lei o se stessa, ma non ebbe il privilegio di ottenere una risposta.
Era tutta colpa di Mary se si era sentita costretta a correre via da Sirius. Ma era tutta colpa sua se, di nuovo, l’aveva tradita.
E allora se c’erano così tante colpe, in ballo, dove stava la ragione? Che strada avrebbe dovuto seguire per sentirsi davvero a posto con se stessa? Lei non lo sapeva, e non lo sapeva Mary, e non lo sapeva Sirius, che si sentivano smarriti tanto quanto lei. Tuttavia, la scelta dell’una o dell’altra parte era completamente sua. Quella scelta che consisteva esattamente nel decidere fra loro, fra Sirius e Mary, se davvero non esisteva una via di mezzo. E, a quanto pareva, non ve n’era nessuna.
Era un’insolita, spiacevole situazione quella che si ritrovava costretta a sostenere. Per tutto quel tempo, l’assenza di Mary aveva pesato su di lei come un’ingombrante presenza, e non aveva ancora trovato un modo per venire fuori da quel vicolo cieco. Non erano completamente in guerra, ma neppure completamente in pace; era un periodo, quello che stavano vivendo, di assoluto stallo, che le sfiancava pian piano. Sarebbe stato tutto molto più semplice, ogni decisione incredibilmente più facile da prendere, se avessero trovato una soluzione drastica. Scarlett sarebbe potuta tornare da Sirius, se solo fossero riuscite a fare pace, a dimenticare tutto quanto, e avrebbe potuto farlo anche se avessero definitivamente tagliato i ponti, perché in quel caso non ci sarebbe stato più nulla che la legasse a Mary.
Ma era un’altra l’opzione che, in modo alquanto autolesionista, avevano scelto per loro stesse: erano distanti, avevano ferocemente litigato, e non parevano disposte a compiere l’una il passo decisivo verso l’altra, ma nessuna delle due si sentiva pronta o voleva davvero troncare di netto il rapporto di amicizia che in passato le aveva tenute vicine, anche se né Mary né Scarlett erano conscie di questo desiderio taciuto da parte di entrambe. Mantenevano vivo il proprio orgoglio, sperando segretamente che la situazione si smuovesse, come se qualcosa di rotto possa magicamente ripararsi da solo, eppure non compivano il minimo sforzo per tendersi una mano e lasciarsi tutto alle spalle. La rabbia, e tutti i loro dubbi, i loro desideri e i loro timori ristagnavano in quel limbo da cui non si riusciva a fuoriuscire, ribollendo in alcuni momenti più che in altri, ma sopravvivendo in tutte e due loro.
Scarlett, con il capo chino sulle ginocchia e gli occhi serrati, tentò di capire quale fra tutti questi sentimenti meritasse davvero di essere perseguito. Tornò a distendersi fra le coperte, rannicchiandosi su stessa e voltando le spalle al letto sul quale riposava Mary, cercando pace, finché non giunse alle sue orecchie il cigolio della porta che si apriva lentamente.
Lily, sulla soglia, si voltò per salutare con la mano qualcuno dietro di lei, sorridendo. Poi, il più silenziosamente possibile, si richiuse la porta alle spalle. Ben presto, quando si fece vicina al proprio letto, si accorse che Scarlett era ancora sveglia, e non appena la notò rivolse anche a lei un bel sorriso, che Scarlett non riuscì a ricambiare con la medesima allegria. L’amica, allora, colse immediatamente in lei qualcosa che non andava, e le sedette accanto, scrutandola.
« Ti sei divertita? » chiese Scarlett ancor prima che potesse aprir bocca, tentando di deviare prematuramente la conversazione verso un terreno più sicuro.
Lily inclinò il capo con espressione severa, lasciandole intendere che aveva capito al volo le sue intenzioni.
« Certo che mi sono divertita » rispose prontamente. « James ha trovato molto d’ispirazione il mio regalo… vi aspettano tempi duri per i prossimi allenamenti, ha in testa mille nuovi schemi da proporvi ».
Rise sottovoce insieme a Scarlett, gli occhi vispi palesemente colmi di felicità, e da quel dettaglio l’amica potè con facilità capire che, per quanto Lily volesse lasciar intendere il contrario, James aveva senza dubbio dedicato molto più tempo a lei che al suo amore per il Quidditch.
Tuttavia, non riuscì a mantenere quel sorriso per più di qualche istante, così Lily tornò a concentrarsi su di lei, attenta.
« Tu, invece, non mi sembri per niente una che ha concluso in bellezza la serata » le disse infatti, un po’ preoccupata. « O sbaglio? »
Si guardarono per un po’, mentre Scarlett rifletteva su cosa dire, ma alla fine le fece un rapido ed eloquente cenno verso la porta.
« Usciamo » mormorò, e Lily annuì in fretta, dirigendosi insieme a lei verso l’uscita e stando ben attenta a non svegliare le compagne di stanza.
Sedettero sui gradini della scalinata a chiocciola proprio lì di fronte, l’una di fianco all’altra, e Lily osservò l’amica in silenzio, aspettando che fosse lei a parlare. Non le avrebbe fatto alcuna pressione, e avrebbe lasciato che le raccontasse solo ciò che desiderava sinceramente rivelarle, ma qualcosa le diceva che, stranamente, quella volta Scarlett si sarebbe dimostrata molto più aperta e propensa a confidarsi di quanto non fosse mai stata. Pareva davvero bisognosa di un sano confronto, o di un consiglio, magari, di quelli che Lily era sempre stata in grado di dispensare agli amici più cari. Perciò incrociò le mani, stringendole fra le ginocchia, e attese.
« Ho baciato Sirius » fu l’esordio di Scarlett, che non se la sentiva di tergiversare. « Voglio dire, ci siamo baciati. E’ successo, e per come sono andate le cose… beh, non poteva non succedere, ecco ».
Si voltò a fissare Lily, l’espressione tesa, e lei la studiò con attenzione, pensando che fosse sul punto di dire qualcos’altro. Quando capì che così non era, però, si apprestò a dire la propria, mentre un sorriso apparentemente fuori luogo affiorava sulle sue labbra.
« Vi siete baciati… e anche se ti ostini a nasconderlo, non potresti esserne più felice » disse alla fine, sinceramente partecipe. « So perfettamente che era quello che desideravi » aggiunse poi con calore, e il suo sorriso accennato si fece subito più pronunciato.
Scarlett la osservò, sorpresa da quell’esordio che non si sarebbe mai aspettata, ma alla fine, suo malgrado, si ritrovò anche lei a sorridere appena, abbassando nuovamente lo sguardo.
In effetti, Lily era, insieme a sua sorella Miley, la persona che più di tutte aveva vissuto passo dopo passo tutto il percorso che aveva affrontato da quando, ormai un mese e mezzo prima, aveva perso Sirius e Mary in un solo, folle pomeriggio. Aveva assistito - silenziosamente, con sguardi complici e comprensivi o mediante semplici parole di supporto - al processo di distruzione, piatta rassegnazione e graduale, vigorosa rinascita di cui era stata inizialmente vittima e in seguito artefice, e si era sentita profondamente fiera di lei quando, alla fine, aveva visto risorgere quella nuova forza che adesso la contraddistingueva. Da vera, fedele amica, le era rimasta vicina, e aveva tentato in tutti i modi di esserle davvero d’aiuto in ogni situazione. Il che non significa necessariamente darsi da fare per rimettere a posto le cose a qualsiasi costo; esistono ben altri modi per sostenere un amico quando soffre. E Lily li conosceva tutti quanti.
Proprio per queste ragioni, proprio perché era rimasta sempre al fianco di Scarlett, riusciva a comprendere appieno ciò che doveva provare in quel preciso momento. Aveva atteso una simile rassicurazione per lungo tempo, nell’ansia di non meritarla, nell’insicurezza di aver probabilmente perso del tutto quel legame unico che aveva intrecciato con Sirius, e in origine anche nel dolore dato dalla piena consapevolezza di aver sbagliato ogni cosa. Ottenerla l’aveva resa, sì segretamente, ma irrimediabilmente felice, e Lily non aveva bisogno che glielo dicesse a chiare lettere per capirlo: il suo sguardo, timoroso di esprimere appieno quella gioia mozzata, parlava da sé.
« Era esattamente quello che desideravo » si arrese infatti Scarlett dopo un po’, affondando il capo tra le ginocchia e intrecciando le mani sulla nuca. « Ma non era di certo quello che mi aspettavo. Non ci avrei scommesso un solo zellino, neanche dopo quest’ultimo periodo di… pace, riavvicinamento o quello che è ». Si raddrizzò, tornando a guardare Lily con quel mezzo sorriso che non riusciva proprio ad abbandonarla. « Mi ha colto di sorpresa, come sempre. E forse è proprio per questo motivo che mi sono trovata del tutto impreparata. Voglio dire, rimanere in quella sorta di situazione di stallo, per me, rendeva tutto più doloroso, certo… ma anche più facile » e scrollò le spalle, annuendo appena.
Fu dopo aver udito quelle parole che Lily vide il sorriso di Scarlett scivolare lentamente via dal suo volto, trasformandosi in una sottile linea retta carica di amarezza. Si fece un po’ più vicina, scrutando con attenzione lo sguardo vuoto e cupo dell’amica.
« Non riesco ancora ad abituarmi alla facilità con cui sei capace di maciullarti il cervello anche nei momenti più impensati, sai? » fece dopo qualche attimo di silenzio, accompagnando quelle parole alla sua consueta espressione dolce e bonaria.
Negli anni, le aveva sempre rimproverato quella sua caparbia, assillante ed eccessiva tendenza alla razionalità, quel suo ossessivo desiderio di tenere tutto quanto sotto controllo, di essere sempre e comunque un passo avanti rispetto ad ogni più remota eventualità capace di presentarsi di fronte a lei, e non mancava mai di spingerla a lavorarci su, perché vedeva quanta spontaneità le veniva meno proprio a causa di quel suo punto debole che non faceva altro che danneggiarla. Da quando Sirius aveva messo piede nella sua vita, però, l’aveva vista mettere in discussione questi granitici meccanismi mentali grazie all’imprevedibilità di lui, che impediva qualsiasi tentativo di programmazione preventiva di qualsivoglia evento e che, secondo Lily, era la migliore cura possibile per lasciare un po’ di respiro all’animo della sua amica. Paradossalmente, però, la situazione che si era venuta a creare con Mary aveva brutalmente interrotto quel percorso ristoratore che la ragazza aveva finalmente iniziato ad affrontare, e nuove ansie erano tornate a farsi sentire con prepotenza, al punto da contaminare con la loro velenosità persino un momento di pura gioia quale era stato quello che aveva appena vissuto con Sirius.
« Perché? Non dovrei? » rispose lei, la frustrazione palpabile nella voce. « Insomma, ho fatto adesso quello di cui Mary mi aveva accusato un mese e mezzo fa… tutto quello che allora mi era sembrato ingiusto, di cui sentivo di non avere alcuna colpa, beh, ora è vero, sono riuscita a farlo sul serio! » Sospirò pesantemente, scuotendo il capo in un misto di sconcertato stupore e nervosa esasperazione. « Io non so come sia potuto succedere, ma… ho dimenticato tutto, in quel momento, e non sono stata capace di evitarlo, perché… perché ne avevo bisogno. Ma così facendo non ho riflettuto minimamente su tutta quanta la faccenda, e mi sono resa conto di quello che avevo fatto solo… solo quand’era già troppo tardi » e così dicendo guardò Lily, in attesa di un giudizio.
Lei strinse le labbra e inclinò il capo, cercando di trovare le parole giuste per esprimere con chiarezza la propria posizione.
« Io penso che l’ultima cosa che tu debba fare è sentirti in colpa » esordì lei senza tanti fronzoli, e subito si affrettò a spiegarsi meglio. « Voglio dire, guardiamo la cosa con lucidità. Non hai… non so, baciato un uomo sposato o roba del genere! Non si tratta di nulla di veramente scorretto, ed è fondamentale che tu lo capisca ». La fissò, come a volerle trasmettere anche con la forza dello sguardo quella consapevolezza. « Insomma, cosa c’è di sbagliato in questa storia? Che tu ti sei innamorata di Sirius e lui di te mentre entrambi ignoravate quello che provava Mary, visto che lei non ne ha fatto parola con nessuno? » riprese poi, alzando impercettibilmente il tono della voce. « Io capisco perfettamente che tu ti sia sentita in colpa per non aver colto in tempo quei segnali che lei è sicura di aver mandato, è comprensibile… ma credo anche che tu abbia pagato abbastanza per questo, non trovi? »
Scarlett diede in un altro lieve sospiro, chinando il capo.
La verità era che sì, anche lei lo credeva, anche lei era assolutamente certa di aver pagato uno scotto ben maggiore rispetto al danno che, anche inconsapevolmente, aveva causato a Mary… ma allora perché questa sicurezza non le bastava per sentirsi totalmente a posto con la propria coscienza?
« Non hai tradito nessuno, se è quello che pensi » proseguì Lily, decisa. « Insomma, come… come si può rimanere lontani dalla persona che si ama solo per non dispiacere qualcun altro? Pensaci… quando vogliamo davvero qualcosa, e la vogliamo con tutti noi stessi, non riusciamo a tenerci in disparte e a fare i bravi solo perché magari è più giusto così. Quel qualcosa ci attira, no? E allora, beh… come si fa a resistere? E’… è contronatura, soprattutto in un momento come questo, quando un rapporto che sembrava compromesso riesce a rinascere spontaneamente ».
Scarlett si morse un labbro, pensando che avesse espresso alle perfezione ciò che davvero aveva provato sulla propria pelle.
Con estrema semplicità, aveva dato voce e spiegazione alla sua umanità, che l’aveva indotta a non respingere Sirius, ma a tenerlo vicino a sé. E sì, forse non aveva assunto il più giusto dei comportamenti possibili, ma l’istinto aveva dettato i suoi movimenti, e in quell’istinto non risiedeva nulla di malvagio, nulla di errato, nessun peccato e nessun tradimento, e anche di questo, in cuor suo, era assolutamente consapevole.
« E con questo non intendo dire che non m’importa nulla di Mary, affatto » continuò a dire Lily, rendendo maggiormente limpido il proprio pensiero. « Ma quello che voglio che ti sia chiaro è che non è stato questo bacio a determinare il problema o ad aggravarlo. Il bacio è stato… la semplice conseguenza fisiologica di ciò che provi per Sirius. Piuttosto, è proprio ciò che provi per Sirius, il punto ». Ricercò lo sguardo dell’amica, e solo quando lo trovò, si decise a proseguire. « Voglio dire, se davvero dovessi andare incontro a Mary totalmente ed eliminare il problema alla radice… beh, dovresti cancellare tutto quanto. Tutto quello che senti per lui. E sai qual è la beffa? Che nemmeno in questo caso riporteresti la situazione al punto di partenza. Perché ci sarebbe comunque Sirius, che rimarebbe innamorato di te e non di lei, e questo nessuna di voi due può cambiarlo. Quindi ciò deve farti capire che non hai alcuna colpa per i tuoi sentimenti, e soprattutto che questi non sono un’offesa a Mary. E questo lei dovrebbe saperlo bene, nonostante tutto quello che sta succedendo ».
Scarlett si sfregò le mani, lo sguardo ora puntato verso gli scalini ai loro piedi, e cercò di capire se quelle parole le fossero di conforto o meno. In fondo, anche lei la pensava come Lily, ma non sapeva se fosse realmente giusto guardare tutto sotto quella prospettiva. Ad ogni modo, non aveva senso star lì a rimuginare troppo su cosa era meglio credere. Sapeva bene che, se anche Lily le avesse dato contro, avrebbe continuato a pensarla esattamente come prima. Allo stesso tempo, però, questo non alleviava granché quel senso di colpa che, testardo quanto lei, continuava a ribollirle nelle vene. Non sapeva come sentirsi, e detestava quella sensazione. Era come tentare di sfuggire a se stessa… e riuscirci.
« E allora come ti sentiresti al posto di Mary, se venissi a sapere quello che è successo stasera? » domandò, ancora una volta ansiosa di avere una risposta.
Lily le poggiò una mano sul braccio e la guardò con affetto, rassicurante. Riusciva a vedere tutta la preoccupazione che premeva sul suo volto.
« Non è facile capire Mary, ora come ora » rispose lentamente, riflettendo. « Non ci ha mai realmente parlato di quello che prova, non sappiamo neppure se si tratta di qualcosa di importante o se parliamo della stessa cotta di qualche anno fa. Quindi… beh, è difficile mettersi nei suoi panni. Ma credo che… » Fissò il vuoto anche lei per qualche istante, pensierosa, « … credo che ne soffrirei, all’inizio. Poi, però, mi renderei conto di non entrarci niente, in tutta questa storia, e me ne tirerei fuori. Perché non c’è nessuno che abbia davvero delle colpe, fra voi, perciò… a che servirebbe stare male e far star male gli altri per una situazione che non ha una soluzione capace di accontentare tutti quanti? E’ meglio… beh, voltare pagina, no? Farsene una ragione ».
Si strinse nelle spalle, come a voler dire che quello era solo il suo modesto parere, mentre Scarlett annuiva, assorbendo con la dovuta calma le sue parole.
Era confortante ascoltare il parere di Lily, così lucido e veritiero sotto tutti i punti di vista. Sentiva che molti dei suoi dubbi e delle sue preoccupazioni avevano appena trovato una positiva risoluzione, ma sapeva altrettanto bene che ritrovarsi nel vivo di tutta quanta la faccenda comportava ben altre complicazioni. Esserci dentro era diverso, profondamente diverso, perché tutto ciò che, attraverso una puntuale analisi della questione, appariva oggettivamente giusto e inattaccabile finiva per diventare, nella pratica, doloroso, difficile e, a volte, quasi impraticabile.
« E che mi dici di Sirius? » domandò ancora, accingendosi a dare voce ad uno dei suoi più grandi timori. « Sono praticamente fuggita via dopo averlo baciato, e io… Lily, io ho paura che questa volta non possa più perdonarmi. Mi sono tirata indietro di nuovo, e non gli ho nemmeno dato spiegazioni, è stato… è stata la cosa peggiore che potessi fare, stare al gioco e lasciarmi andare per poi scappare per l’ennesima volta… insomma, perché sono sempre io a rovinare tutto quanto? Vorrei… vorrei che capisse che non dipende sempre tutto da me ».
Intrecciò le dita, premendole contro le labbra, e si fissò le scarpe senza aggiungere altro. I muscoli del suo viso erano contratti, come se stesse stringendo forte i denti. Pareva quasi che volesse trattenersi dall’esprimere altre paure, timorosa di vederle realizzarsi dopo averne tramutato l’essenza in suono, in parole. Ma Lily, accanto a lei, era pronta ad accoglierle e a farle svanire in un lampo, con il mite potere della semplicità dei suoi buoni consigli.
« Non era necessario dargli spiegazioni, Scar » le disse, conciliante. « Sa bene quello che stai passando, sa tutto quello che tu pensi e temi che non sappia. Ha vissuto questa situazione insieme a te, anche lui c’è dentro fino al collo ».
« Ma questo non significa che la accetti » replicò prontamente l’altra. « Lui ha reagito in modo totalmente diverso dal mio nei confronti di Mary. Non… non glien’è mai importato nulla, di lei, non da quando la considera la causa di tutto questo casino. Penso che abbia completamente perso tutta la stima che nutriva nei suoi confronti. Dopotutto, anche loro erano amici… e anzi, soprattutto per questo motivo non riesce a vedere il suo atteggiamento se non come uno stupido capriccio, e… mi ha detto che avrei dovuto ignorarla sin dall’inizio, immagina adesso ».
Lily serrò le labbra, rammaricata, ma non esitò a dire nuovamente la sua.
« Credo che Sirius non abbia capito fino in fondo quanto le sue parole ti abbiano toccata, quanto… quanto le sue accuse ti abbiano ferita » disse, cauta ma sicura del proprio pensiero. « In tutta onestà, Mary non è stata l’argomento centrale dei vostri discorsi, lo sai bene ». L’amica non disse nulla, ma non potè che darle ragione: il loro distacco aveva soltanto preso avvio da quella vicenda in modo quasi casuale, ma in realtà il fulcro del loro scontro aveva ben altra natura, ed era riconducibile solo ed esclusivamente ai diretti protagonisti. « Ecco, io penso che… se gli parlerai con chiarezza di quanto tieni alla sua amicizia tuttora, nonostante tutto, allora anche lui cambierà atteggiamento. Non è uno stupido… anche se fa sempre di tutto per sembrarlo ».
Scarlett si voltò a guardarla, e dopo qualche attimo cominciò a ridere sommessamente. Lily si unì subito a lei, malgrado avesse pronunciato quelle parole con la massima serietà.
Abbandonò il capo contro la sua spalla, stringendosi al braccio dell’amica, e la guardò sorridere con la coda dell’occhio, rasserenata tanto quanto lei. Si sentì sollevata vedendola più rilassata, e sinceramente felice di essere riuscita ad incoraggiarla almeno un po’. Sapeva quanto Scarlett ne avesse bisogno.
« Gli stai simpatica, in fondo… ne sono sicura » rise ancora quest’ultima, poggiando a sua volta il capo sul suo, e Lily diede in uno sbuffo strafottente.
« Credi che m’importi se gli sto simpatica o meno? » rispose con aria di superiorità, ma poi scoppiò a ridere anche lei. « E’ James, semmai, ad essere davvero fissato con questa storia… vuole a tutti i costi che andiamo d’amore e d’accordo! Ma per favore, non succederà mai… »
Scarlett non riusciva a smettere di ridere, immaginando James seriamente preoccupato e affranto per quella difficile situazione fra i due.
« Guarda che così lo fai soffrire davvero » le fece. « E a proposito, sai cosa mi ha chiesto, l’altro giorno? Voleva sapere se fosse conveniente organizzarti una bella sorpresa per il vostro mesiversario. Gli ho detto che l’avresti lasciato senza pensarci due volte e mi ha pregato di non farne mai parola con te ».
Lily la fissò per parecchi istanti, poi si premette entrambe le mani sul viso, incredula e palesemente disperata.
« Sta trascorrendo fin troppo tempo con Alice, ultimamente » fu il suo commento, il tono di voce che suggeriva vacua rassegnazione. « Devo assolutamente sottrarlo a questa pessima influenza, prima di doverlo mollare sul serio ».
Risero entrambe, slacciandosi dal loro strano abbraccio, e subito dopo Lily si colpì la fronte con il palmo della mano.
« Stavo quasi per dimenticarlo! » esclamò, e Scarlett la fissò, incuriosita. « Parlando di ragazzi pietosi… sai cosa tiene con sé il tuo caro Black? Me lo ha detto James e lui ha confermato candidamente… ha dei poster delle pin up » le rivelò con enfasi. « Tu sai cosa sono le pin up, non è vero? »
Lo sguardo vuoto dell’amica suggeriva tutto il contrario, tanto che alla fine scosse lentamente il capo, certa di non aver mai sentito nulla del genere.
« No, non so cosa siano le pin up, ma la cosa non mi piace » rispose, mordicchiandosi una guancia. « No, non mi piace per niente ».
« E così dev’essere » disse subito l’altra, dandole man forte. « Le pin up sono delle gran belle scostumate, Scar. Si truccano e si vestono magnificamente, certo - lo stile del mio vestito è un po’ ispirato a loro -, e hanno sempre un fisico perfetto… ma tengono in mostra tutta la mercanzia. Sono scorrette, sarebbero capaci di corrompere qualsiasi buon marito e danno una visione totalmente irreale della donna. Mai fidarsi di una pin up ».
Assunse un’espressione perfettamente seria e anche un po’ imbronciata, finché non notò lo sguardo di Scarlett ed entrambe tornarono a ridere, divertite.
« Magnifico » fece quest’ultima quando si fu ripresa, scuotendo il capo. « Venire a conoscenza del sogno erotico del tuo pseudo-ragazzo è sempre una bella soddisfazione ».
« Bisogna conoscere il nemico per poterlo combattere » ribattè Lily, alzando l’indice come per avvertirla del valore di quella informazione.
« O per rassegnarti al fatto che vincerà sempre e comunque lui » obiettò puntualmente l’altra, ed entrambe tornarono a ridere silenziosamente.
Sarebbe sembrato quasi impossibile ad entrambe, fino a qualche minuto prima, eppure era successo: le preoccupazioni avevano dato loro una tregua. Si erano allontanate, lasciandole respirare per un po’, e fu meraviglioso riuscire a trovare scampo l’una nell’altra, rifugio sicuro ed accogliente, sempre. Era un sollievo a cui Scarlett aveva anelato, e di cui aveva avuto disperatamente bisogno. Adesso, malgrado i timori superstiti, non necessitava di altro. Tutto ciò che le restava da fare era aspettare. Aspettare di scoprire ciò che sarebbe venuto dopo, e cercare di cavarsela in qualsiasi caso. Sperava solo di non ritrovarsi a fronteggiare altre sorprese; malgrado l’estrema piacevolezza dell’ultima, non credeva di poter essere pronta a restare a galla, se un’altra ondata di sconosciute novità fosse tornata a travolgerla. Ma ad onor del vero, temeva in egual misura anche il prevedibile. Perché tutto quel che pensava sarebbe successo, o sarebbe potuto succedere, era quanto di peggiore avrebbe potuto immaginare. E solo il pensiero delle calorose parole di Lily riusciva a distoglierla da quegli incubi: la loro piacevole ma solida stretta li rendeva agonizzanti, e pian piano, tutto ciò che restava di loro era un lontano, fastidioso lamento. Poi nulla.
 
 
 

 
*  *  *
 

 
 
Voci.
La prima cosa che Remus sentì non appena sveglio fu un mucchio di voci accatastate. Suonavano come rumori privi di contenuto alle sue orecchie pigre, e ci mise un po’ a districarle dal ronzio che occupava per intero la sua mente: lo avvertiva da appena qualche istante, eppure aveva la sensazione che fosse rimasto piantato lì a disturbarlo per tutta quanta la notte, rendendo agitato il suo sonno e ancor più vividi i suoi brevi, insensati incubi.
Per qualche minuto, non osò aprire gli occhi. Aveva paura di dare il via a quella giornata che, lo sapeva, sarebbe stata fin troppo lunga e carica di tensione, e abbracciare la luce del sole avrebbe significato proprio quello. Lui, però, non si sentiva affatto pronto a farlo, e si sforzò di non immaginare neppure cosa avrebbe potuto aspettarlo, per non essere tentato dall’idea di crollare nuovamente sul cuscino e rimandare all’indomani tutto ciò che non si sentiva ancora in grado di affrontare.
« … no, davvero, quella scopa è strabiliante! Come se i Serpeverde avessero bisogno di un motivo in più per temermi… »
« Ramoso, non so se te l’hanno detto, ma puoi tessere le lodi della tua stramaledetta scopa anche più tardi, sai? E lasciami dormire, dài! »
« E’ mezzogiorno, amico, esci un po’ dal letargo… e poi che vuoi farci, è Peter che vuole conoscere i dettagli… »
« Peter si è riaddormentato mezz’ora fa. Hai presente, quando parlavi della… maneggevolezza del manico o quel che diavolo era? Ecco. Era già morto ».
Rimase immobile ad ascoltare la risposta stizzita di James e la voce assonnata di Sirius, poi si rigirò sul materasso, gli occhi ancora decisamente serrati.
Era domenica, e solitamente svegliarsi non era mai difficile, in quel particolare giorno della settimana. Si concedeva delle ore di riposo in più, e quando alla fine abbandonava il letto riusciva ad assaporare appieno il sapore di una sana, buona dormita. Ma quella volta era tutto diverso.
Dopo aver riaccompagnato Miley alla sua Sala Comune, la sera prima, aveva vagato per il castello fino a tarda notte, e anche dopo essersi deciso a rientrare, era rimasto vigile e inquieto fra le lenzuola, senza riuscire a chiudere occhio, finché non aveva visto sorgere la luce del sole dietro i vetri delle finestre. Non aveva idea di quando si fosse lasciato vincere dalla stanchezza, ma sapeva per certo di essere appena venuto fuori da una delle notti più turbolente della sua vita. Non che di quel tipo ne avesse collezionate poche.
Quando riuscì ad aprire gli occhi si sentì estremamente frastornato, e all’improvviso desiderò di aver riflettuto un po’ di più su come avrebbe dovuto comportarsi con i suoi amici. Ma non lo aveva fatto, quello era stato l’ultimo dei suoi pensieri, e se ne pentiva. Non aveva voglia di mentire di nuovo, non sarebbe mai stato capace di farlo… ma non voleva neppure raccontare loro la verità, rivivere quel che era successo ancora una volta, o ascoltare le ragionevoli e facili soluzioni che gli avrebbero sicuramente suggerito. Avrebbe faticato troppo a spiegare per l’ennesima volta le ragioni per cui non poteva in alcun modo metterle in atto, o comunque non senza preoccuparsi delle conseguenze a cui sarebbe andato incontro. E non aveva tanta pena per sé, in verità, quanto per la persona che aveva sempre tentato, senza mai riuscirci, di proteggere da se stesso.
« Lunastorta, alzati, è ora di pranzo! » esclamò a gran voce James all’improvviso, strattonando le tende che racchiudevano il suo letto.
« Neanche mia nonna Bernice mangia a mezzogiorno… » obiettò Peter, rannicchiandosi fra le coperte nel tentativo di proteggersi dalla luce del sole.
« Non m’importa di tua nonna Bernice, ho fame » risolse l’altro, e l’amico lo fissò con aria un po’ perplessa prima di voltarsi dall’altra parte. « Cavoli, amico, hai battuto ogni record! » disse poi James, rivolto nuovamente a Remus. « La mia festa ha devastato anche te, eh? Cerca di riprenderti, su… »
Si allontanò dal suo letto, dirigendosi minacciosamente verso quello di Sirius, sdraiato a pancia in giù con i capelli sparpagliati dappertutto.
« Amico » si annunciò, fissandolo torvo. « Se non ti alzi immediatamente, ti brucio quelle dannate mutande. Lo sai quanto le odio ».
Sirius strinse tra le dita l’elastico dei suoi boxer dei Tornados e rivolse un gestaccio al ragazzo, senza muoversi di un centimetro.
« Ci sarà pure un motivo per cui non l’hai fatto finora » rispose pacificamente, ricordandogli delle terribili vendette con cui lo aveva sempre minacciato.
« E chi ti ha detto che non ho provveduto a difendermi? » replicò James con un ghigno che gli andava da un orecchio all’altro.
Lo sentì sbuffare, e attese una reazione, di quelle violente tipiche del suo repertorio che mettevano fine a ogni discussione.
« A pensarci bene ho fame anch’io » disse invece Sirius, e si alzò in un lampo, dirigendosi verso il bagno per una rapida doccia e lasciando l’amico di stucco.
« E mi lasci così, senza neanche una scazzottata veloce? » esclamò, rivolgendosi alla porta socchiusa dietro la quale Sirius era sparito.
Si abbandonò sul suo letto, le braccia abbandonate sulle ginocchia, il capo chino. Aveva un’aria delusa e imbronciata.
« Avevo voglia di litigare… » borbottò fra sé e sé, poi rialzò il capo e si guardò intorno, speranzoso. « Non è che qualcuno ha voglia di litigare? »
Ma come avrebbe facilmente potuto prevedere, nessuno si fece avanti. E lui si sentì ancora più irritato, perché odiava, odiava essere ignorato.
Preso da un crescente malumore, allora, tornò infuriato a svegliare i compagni di stanza, a cominciare da Peter. Lo tormentò per minuti interi, impietoso nelle sue irritanti sollecitazioni, e tanto gli risultò insopportabile che, alla fine, il buon vecchio Codaliscia dovette mettersi seduto, le gambe incrociate, ma gli occhi ancora semichiusi, solo per dimostrargli di essere sveglio e pronto a prepararsi per scendere in Sala Grande a pranzare. Sorte ancor peggiore era capitata al malcapitato Frank, vittima prediletta dei compari, soprattutto al mattino. James lo aveva inizialmente pungolato così come aveva fatto con Peter, ma notando la sua strenua resistenza, aveva optato per l’infallibile messa in atto delle maniere forti. Così, impugnata la bacchetta, lo aveva fatto rotolare sul materasso avanti e indietro, incessantemente, con un semplice incantesimo che era solito usare Remus quando a situazioni di quel genere doveva provvedere da solo, ovvero tutti i santi giorni. Tutto sommato, Frank si era dimostrato duro a cedere, e per un po’ era rimasto immobile a tentare di sonnecchiare per ancora qualche minuto, ma alla fine, quando la testa aveva cominciato a girargli forte, si era alzato di scatto e aveva picchiato James, che in tal modo aveva realizzato non uno solo, ma ben due dei suoi obiettivi mattutini: svegliare tutti e fare a botte.
Ultimo, ma non meno importante: Remus. Anche lui avrebbe subito i terribili dispetti del Malandrino Capo (era così che talvolta James definiva se stesso, solitamente quando si armava per mettere a punto un nuovo piano per un’indimenticabile malefatta). Cominciò aprendo di scatto le tende che circondavano il letto dell’amico e che prima si era limitato a smuovere violentemente al fine di disturbare il suo sonno, e lo richiamò all’ordine.
« Lunastorta, stai esagerando » disse con feroce determinazione, assestandogli qualche insistente colpetto sulla spalla.
Dopo qualche secondo, fortemente irritato, lui lo scansò bruscamente, senza neppure degnarlo di uno sguardo.
« Lasciami in pace! » sbottò, tornando a dargli le spalle, e James non ebbe neppure il tempo di rispondere, perché in quel preciso istante Sirius venne fuori dal bagno, sfregandosi forte un asciugamano contro i capelli bagnati che, così appiattiti, parevano naturalmente ancor più lunghi del solito.
« Buongiorno anche a te, raggio di sole » disse in tono ironico e affabile, soffermandosi a studiare l’espressione torva dell’amico e lasciandosi cadere sul materasso per asciugarsi meglio. « E tu, ti prego, non dire che si è svegliato con la luna storta » aggiunse, tetro, rivolgendosi a James.
« Cosa ti fa pensare che stessi per dirlo? » scattò lui, subito sulla difensiva, ma non aggiunse altro, consapevole di essere stato smascherato.
Sirius gli rivolse un mezzo sorriso divertito prima di tornare a fissare Remus, che al contrario si ostinava a non ricambiare lo sguardo di nessuno.
« Sei più allegro del solito, stamattina » commentò ancora, mettendosi a caccia di un nuovo paio di mutande adatte a quella giornata. « A dirla tutta, mi aspettavo davvero che fossi più pimpante, oggi, visto il gran macigno che dovevi toglierti di dosso. Non hai nessuna novità? »
James e Peter si scambiarono uno sguardo smarrito, mentre Frank, approfittando della distrazione generale, fuggiva furtivo in bagno.
« Ci… siamo persi qualcosa? » domandò un po’ titubante Peter, lo sguardo che andava da Sirius a Remus e viceversa, e James annuì di rimando.
« Oh, già, voi non lo sapevate » rispose Sirius, allacciandosi alla buona i capelli gocciolanti e cominciando a vestirsi. « Il saggio Lunastorta aveva deciso di dichiararsi alla piccola Banks ».
I due parvero a dir poco sbalorditi nell’accogliere quella sconcertante notizia, e si voltarono a guardare Remus come se lo vedessero sotto tutt’altra luce.
« Cosa? » fece James con voce strozzata. « E l’hai deciso così, di punto in bianco? Per la miseria… era ora! »
Lui si rigirò di nuovo sul materasso, rivolgendo la propria attenzione al soffitto così da poter continuare beatamente a evitare gli occhi di tutti.
Sentì James e Peter cominciare a chiedere a Sirius di raccontare loro qualcosa di più riguardo a quella faccenda, evidentemente festanti ed entusiasti. A quanto pareva, avevano capito che l’amico era molto più propenso a parlare di quella questione rispetto a lui, forse attribuendo erroneamente la colpa dei suoi silenzi alla sua leggendaria riservatezza. Ma non fece caso alle loro parole, alle loro espressioni sconvolte. Tentò di eclissarsi da loro, da quella stanza, dai rumori. Senza riuscirci.
Era una sensazione che non provava mai in presenza dei suoi amici, ma in quell’esatto momento, solo per quel momento, desiderò che non ci fossero. Che evaporassero, che andassero via di lì. La loro presenza e le loro domande lo facevano sentire ancora più oppresso di quanto già non fosse.
« … e questo spiega perché il vecchio marpione ha passato l’intera serata a ridere e scherzare con Miley ed è ritornato in Dormitorio persino dopo di me » concluse la discussione James, battendo allegramente le mani come se si fosse appena realizzato un suo grande progetto. « Le mie congratulazioni, amico! A questo punto, vista la tua intraprendenza, non mi stupirei se fossi andato ben oltre le nostre più rosee aspettative… » e così dicendo, assestò una gomitata complice al braccio di Sirius e lanciò uno sguardo eloquente a Peter, trovando la loro immediata approvazione.
A quelle parole, per la prima volta, Remus li guardò, e dopo un attimo si rizzò a sedere, passandosi una mano fra i capelli in disordine. E annuì.
« Sì… in effetti ho di gran lunga superato le vostre aspettative » confermò, con un tono di voce che pareva voler sopprimere una rabbia sottile, ma cocente. E, senza neppure pensarci, si ritrovò a proseguire. A rivelare cos’era successo. « L’ho baciata » spiegò semplicemente, questa volta senza nessuna particolare intonazione, completamente noncurante della reazione che le sue parole avrebbero scatenato negli amici.
Ma naturalmente, loro si mostrarono a dir poco sbalorditi, lì per lì a causa della notizia sconvolgente, subito dopo per l’espressione cupa e piatta che aveva avuto stampata in viso quando l’aveva comunicata. Un’espressione consona al malumore con cui si era svegliato, che non lasciava presagire nulla di buono. E gli amici non tardarono a rendersene conto, tanto che lo fissarono, un po’ increduli, un po’ già rassegnati.
« Cos’è che hai fatto? » domandò Peter, sinceramente sconcertato, mentre Sirius e James si abbandonarono contemporaneamente sul letto del primo.
« Beh, io direi che la vera domanda è: perché abbiamo l’impressione che tutto questo ti sembri sbagliato? » fece James, inarcando le sopracciglia.
Remus sorrise amaramente, ricostruendo per l’ennesima volta il gran pasticcio che aveva combinato appena alcune ore prima.
« Perché? » ripetè, lanciandogli un’occhiata. « Vuoi sapere cos’ho fatto ieri? Anzi, meglio, che cosa non ho fatto? Non le ho raccontato la verità, James. Non le ho detto niente. Ma in compenso ho messo su questo bel fuori programma ».
Lui ricambiò il suo sguardo, un po’ smarrito, come se stesse aspettando di sentirgli dire qualcos’altro, un qualcosa che, però, non venne fuori dalla sua bocca.
« Ed è tutto qui? » fece a quel punto Sirius, rubandogli le parole di bocca. « Sarebbe questo il problema? Ti ha perdonato per aver fatto di continuo un passo avanti e cento indietro, è cotta di te e sappiamo benissimo come la prenderebbe, se ti decidessi a raccontarle tutto… che differenza fa se vai da lei e le dici la verità adesso, anche dopo averla baciata? Insomma, siamo onesti, sapevamo tutti che sarebbero successe entrambe le cose, una volta che ti saresti deciso, quindi hai solo… invertito l’ordine degli eventi, ecco ». Tacque un momento, poi aggiunse: « Cavoli, pensavo che avessi combinato un vero casino! »
Lo disse come a voler evidenziare la sua esagerazione, quasi sollevato dalle sue parole, che aveva evidentemente accolto come una rassicurazione. Questo lo infastidì smisuratamente, e confermò ciò che aveva sempre pensato: i suoi amici non comprendevano l’importanza che quella faccenda rivestiva per lui in relazione ai suoi rapporti con gli altri e con lei in particolar modo. Non fino in fondo, comunque.
« Un vero casino… » borbottò impercettibilmente, irritato. « Ascoltate, non ho voglia di parlarne. Ve l’ho già spiegata un mucchio di volte, questa faccenda, e a quanto pare non la capirete mai. Quindi grazie per l’incoraggiamento, ma me ne tiro fuori da solo ».
Fece per dirigersi verso il bagno, dimentico del fatto che era già occupato, ma non fece in tempo a raggiungerlo, perché James ricominciò a parlare.
« Non ne hai detta una giusta, amico » gli disse senza guardarlo, in attesa che si voltasse nuovamente. « Sei sempre e solo tu che non capirai mai questa faccenda, e il punto è che non devi venirne fuori, questa volta. Questo è quello che hai fatto finora, cercare a tutti i costi una scappatoia, ma adesso è ora di piantarla, non credi? » Lo fissò per qualche attimo, come se stesse aspettando di sentire quelle esatte parole venir fuori dalla sua bocca. « Dannazione, ormai dovresti essere stanco anche tu di tutta questa storia! E non parlo di Miley nello specifico, ma della tua… ossessione idiota a vivere a metà la tua vita e la tua età. Non so quanto possa valere, ma noi lo siamo, e credo che lo sia anche un’altra persona, in questo caso ».
Sirius si sdraiò sul materasso, puntellandosi sui gomiti e osservando Remus di sottecchi mentre annuiva fra sé e sé.
« Già… perché sai, anche se hai sempre pensato di fare il bene di Miley con il tuo atteggiamento schivo, non è che tu l’abbia trattata esattamente con i guanti, per tutto questo tempo ». Parlò con assoluta chiarezza, com’era suo solito, e non si pentì minimamente dei propri modi. « Aspetta ancora un po’ e vedrai che ti manderà al diavolo sul serio, e non di certo per la ragione che credi tu ».
« E che lo faccia! » sbottò a quel punto Remus, tornando a fronteggiarli. « Si farebbe un gran bel favore, se mi voltasse definitivamente le spalle! »
Sirius sbuffò e scosse il capo, lasciandosi andare contro il cuscino senza più voler replicare. Tentare di discutere con Remus riguardo a quella spinosa questione significava fallire miseramente in partenza, e tutti loro erano stanchi di combattere quell’inutile guerra priva di qualsivoglia conclusione. Forse l’unica soluzione era stare lì a guardare come se la cavava senza ricevere neppure una dritta, accettare le sue decisioni senza batter ciglio e vedere come le conseguenze delle sue azioni si concretizzavano pian piano. In questo modo, alla fine avrebbe capito. Sarebbero stati degli amici davvero rognosi, però, se avessero gettato la spugna in quel modo. E un Malandrino può essere accusato di tutto, ma mai di essere un amico rognoso.
« Ma è ovvio che non ha intenzione di farlo » intervenne pazientemente Peter, cercando di farlo ragionare con i suoi modi più pacati. « Tiene molto a te, e quel bacio… »
« Pensi che lo rifarebbe? » replicò immediatamente Remus, troncando di netto il tentativo dell’amico. « Pensi davvero che, se avesse saputo la verità, avrebbe mai fatto un gesto del genere? » Diede in una risata amara e sbalordita allo stesso tempo, sempre più sconcertato dalla comoda ingenuità dei tre. « Fuori di qui la gente come me viene evitata per strada come se fosse affetta da chissà quale malattia, e voi credete sul serio che una ragazza di sedici anni con cui chiunque vorrebbe stare avrebbe baciato uno come me senza provare disgusto? Insomma, davvero non riuscite a capirlo? Davvero non capite che non avergli detto che sono uno stramaledetto Lupo Mannaro non è un dettaglio trascurabile, soprattutto dopo quello che è successo ieri sera? Voglio dire, voi vedete con i vostri occhi quello che divento ogni mese… come potete pensare che quest’immagine di me non offuschi tutto il resto, nella mente di una ragazza che è giustamente lontana anni luce da tutto questo? » Fece scorrere lo sguardo lungo i volti dei suoi amici, come a ricercarvi silenziosamente le risposte alle sue domande, certo che, nonostante i loro facili entusiasmi, non fossero in grado di dargliene neanche una. « Ripensadoci, avrei potuto almeno guadagnarmi il suo rispetto, se le avessi parlato di me senza altre complicazioni » proseguì, il tono di voce più basso, tendente alla rassegnazione. « Ma adesso… adesso l’ho davvero presa in giro, perché prima di fare un passo del genere avrebbe dovuto sapere chi si trovava di fronte, mentre io mi sono spacciato per quello che non sono…  e ora lei crede di aver baciato un ragazzo normale. Mi sento come… come se l’avessi costretta. Non smetto di pensare a cosa proverà ripensando a quello che è successo quando le dirò la verità. Perché è chiaro che non potrà più guardarmi come ha fatto finora ».
Deglutì, mandando giù a forza tutte quelle preoccupazioni che non aveva voglia di tirare fuori, consapevole di quanto poco gli sarebbe stato utile esprimerle. E tornò a sedersi, premendo appena due dita sulle tempie che sentiva pulsare un po’ più forte del normale.
Parlare di quella storia lo faceva sempre sentire inutile, con la strada sbarrata. Non raggiungeva mai un punto saldo a cui agganciarsi, e ogni volta tutto finiva per precipitare nel ripetitivo, fino a sfiancarlo. Non ci si muoveva, confrontandosi su quell’odiosa faccenda, e lo sapevano bene i suoi amici tanto quanto lui. Alla fine, ognuno credeva di saperne più dell’altro e lo incolpava di non aver capito un tubo. Ma quella volta, Remus non voleva più spiegare le proprie ragioni. E se anche ne avesse avuto bisogno, non avrebbe saputo come. Già, come.
Come far capire loro il ribrezzo che provava nei propri confronti quando ripensava alle sue mani che stringevano forte le braccia di Miley, alle sue labbra su quelle di lei? Una volta al mese, quelle erano i suoi artigli, le sue fauci… ma Miley non ne aveva idea. E probabilmente si era sentita felice, baciando il ragazzo che le piaceva, ignara di tutto ciò che nascondeva, di quanto fosse grande e pericoloso il suo segreto. Già immaginava i suoi occhi, il modo in cui l’avrebbero guardato, tutto il buono che li aveva sempre illuminati svanire per lasciare il posto al disprezzo. Perché non gliel’aveva detto prima? Era possibile, al contrario di quanto credeva Sirius, che invertire il corso degli eventi avrebbe potuto cambiare ogni cosa. Ma dopo quello che aveva fatto… tutti gli sbagli che aveva già commesso impallidivano, se messi a confronto. E ancora non si capacitava di come fosse riuscito ad essere tanto avventato ed egoista. Perché se dopo averla baciata per la prima volta si era dato del pazzo e non aveva minimamente capito come fosse potuto accadere, e se in seguito aveva messo a tacere i propri sensi di colpa credendosi di nuovo perfettamente lucido, adesso non riusciva a riconoscere quel Remus che, la notte prima, si era detto per questa sera lascia correre e non pensare a niente. Non si capacitava di come avesse potuto convincere se stesso che continuare a sbagliare potesse non portare a delle conseguenze, o in ogni caso ad effetti del tutto trascurabili. Lasciarsi andare per una sola notte, o per una sola manciata di minuti non significava poter dimenticare tutto molto più facilmente. Ma questo, lui non lo aveva capito. Non aveva voluto capirlo.
« Sentite » riprese dopo un po’, tornando ad immergere le dita fra i capelli. « Pensate quello che volete, d’accordo? Io non cambierò idea. E in qualche modo capirò che cosa fare. Lo avete detto anche voi, siamo tutti stufi marci di questa storia, quindi… lasciamo perdere. Non parliamone più. Io non pretendo che mi capiate… ma dovete fare lo stesso anche voi ».
Li vide scambiarsi qualche occhiata vagamente incupita, e non aggiunse altro. Di conseguenza, loro lo imitarono, pensando che in effetti continuare a discutere non avrebbe sortito il benché minimo risultato, né avrebbe portato a Remus alcun giovamento. Ma erano preoccupati per lui, per la sua incredibile confusione, e non avevano idea di cosa avrebbe fatto, delle decisioni che avrebbe preso. Potevano solo aspettare e stare a guardare quel che sarebbe successo. Niente più consigli, niente più battaglie inutili… Se la sarebbe cavata da solo, e aveva scelto di farlo. Loro lo avrebbero rispettato.
Non appena il bagno si riaprì rivelando un Frank già mezzo vestito, Remus raccattò alcuni indumenti dal suo baule e ci si fiondò senza pensarci due volte, nuovamente attento a evitare con cura gli sguardi degli amici. Non aveva voglia di scoprire cosa vi fosse scritto.
Fece tutto di fretta e assai distrattamente, ansioso di andare altrove per rimanere in pace con i propri pensieri, pur sapendo che dovunque ci fossero stati loro a scontrarsi, non avrebbe mai trovato la tranquillità che tanto agognava. Il vero problema non erano i Malandrini, né la gente tutto intorno, né Miley che poteva sbucare in qualsiasi momento da qualsiasi parte per dargli un ultimatum. Il problema era dentro di lui, e non sapeva come liberarsene.
Quando fu pronto per abbandonare il Dormitorio, non rivolse neppure un cenno o una parola ai compagni di stanza, e andò via avvertendo i loro sguardi puntati addosso, certo che avrebbero ricominciato a parlare di lui non appena avesse interposto una distanza sufficiente fra sé e la piccola stanza. Ad ogni modo, non ci badò e cominciò a scendere a due a due gli scalini, giungendo ben presto in Sala Grande con la testa che vorticava senza sosta.
Con il capo ostinatamente chino, si diresse attraverso la sala semivuota verso la zona più appartata della tavola di Grifondoro, accanto a quella intorno a cui sedevano gli insegnanti. Solo quando prese posto, una mano premuta sulla tempia, si rese conto di non avere minimamente fame. L’agitazione annoda quasi sempre lo stomaco, d’altronde, ma si trovava lì e non aveva voglia di tornare su ed incrociare i suoi amici: si sentiva in colpa anche per il modo in cui si era rivolto nei loro confronti, perché in fondo sapeva benissimo che il loro unico intento era stato, come sempre, quello di dargli una mano. Probabilmente, malgrado si fosse convinto del contrario a causa della rabbia che lo aveva agitato, comprendevano perfettamente quel che comportava la sua condizione, i suoi limiti e le sue ragionevoli preoccupazioni, ma a cosa sarebbe servito dargli ragione su tutto ciò che aveva detto per condannare se stesso? La commiserazione non era mai stata d’aiuto a nessuno. Anche in quel caso, si sarebbero comunque ritrovati a un punto morto della questione, senza trovare una risoluzione opportuna, per cui chissà, forse il loro continuo spronarlo gli sarebbe tornato utile, al momento giusto. In quel momento, però, tutto ciò che sentiva dentro di sé era un feroce e ininterrotto sbatacchiare di pensieri che si sbranavano l’un l’altro, senza lasciarne sopravvivere alcuno, tanto che non appena credeva di sapere cosa fare, si pentiva di tutto l’istante successivo. Era un instancabile, stancante tormento.
Rimase lì per chissà quanto tempo, senza rendersi conto della sala che, intorno a lui, si riempiva progressivamente di gente. Giocherellò per tutto il tempo con il cibo sul suo piatto, costringendosi di tanto in tanto a mettere qualcosa sotto i denti, ma masticò svogliatamente, senza mai sollevare gli occhi per timore di ciò che avrebbero potuto vedere e di chi avrebbe potuto vederli. Studiò ogni venatura del legno del tavolo, accarezzandolo ripetutamente con le dita, finché non si decise ad andar via.
Si alzò, affondando le mani nelle tasche, e mentre percorreva nuovamente la sala, la tentanzione si dimostrò più forte di lui. Il suo sguardo deviò per un secondo verso la tavola di Tassorosso, ed immediatamente individuò la persona che, quasi inconsciamente, aveva cercato. Non si rese neppure conto di averlo fatto, finché non vide Miley incrociare il suo sguardo, sorridergli appena e alzarsi dalla panca: i suoi occhi erano senza ombra di dubbio inchiodati a lui. E fu solo allora che si rese conto di aver sbagliato. Perché l’aveva vista, l’aveva guardata negli occhi, seppur per un istante, e questa era una verità inequivocabile. Miley non poteva non averlo notato.
A quel punto, si ritrovò a dover decidere nello scarto di qualche secondo cosa fare: dopo tutti i discorsi della sera prima, restare e incontrarla sembrava l’unica opzione possibile. Ma non per lui. Perché ad attrarlo con il suo comprensivo, suadente richiamo c’era sempre l’altra via, quella che aveva spesso deciso di intraprendere, quella che, nell’immediato, era perennemente in grado di proteggerlo: scappare.
Così, senza perdere altro tempo, tornò a fissare il pavimento e accelerò il passo, deciso ad allontanarsi il più in fretta possibile, mentre il sorriso di Miley andava pian piano spegnendosi, lasciando spazio ad una cupa perplessità. Ma lui non poteva vederlo.
Il danno era fatto, eppure lui non si sentiva ancora minimamente pronto ad affrontare quella situazione. Come sempre, necessitava di più tempo. Qualcosa, però, gli diceva che quello stupido errore avesse spento qualsiasi speranza di poterne ottenere dell’altro. E anche se il solo pensiero di Miley che non gli rivolgeva più la parola gli bloccò per un attimo il respiro, continuò a camminare, continuò a sbagliare, senza rendersi realmente conto di ciò che stava facendo.
Lo sguardo di Miley, comunque, non fu l’unico che seguì i suoi passi finché non fu sparito dietro il grande portone della Sala Grande. Scarlett, infatti, lo vide passarle accanto con quell’espressione corrucciata dipinta sul volto, per poi intercettare appena qualche secondo dopo sua sorella che, con le labbra socchiuse e gli occhi vacui, osservava qualcosa che non c’era, abbandonandosi nuovamente sulla panca con un movimento lento e meccanico. Non le ci volle molto per far quadrare tutto. Il volto di Miley parlava chiaramente: era Remus, in qualche modo, la ragione del suo evidente malessere degli ultimi tempi, e se prima aveva soltanto potuto ipotizzarlo, adesso ne aveva l’assoluta certezza.
Così, incapace di aspettare oltre, si alzò da tavola e lanciò uno sguardo distratto alle amiche che avevano interrotto la loro conversazione per guardarla.
« Ci vediamo più tardi. Devo… fare una cosa » disse loro, senza intrattenersi a dare spiegazioni, e andò via prima che potessero fiatare.
Con la mente che lavorava frenetica, giunse dalla sorella in men che non si dica. E quando fu da lei, Miley non aveva ancora mutato espressione.
« Possiamo parlare? » le chiese senza neppure annunciarsi, poggiandole una mano sulla spalla per stringergliela appena.
Inaspettatamente, lei deglutì e annuì subito con forza, scuotendo appena il capo per riprendersi. Poi la seguì fuori dalla sala. Aveva gli occhi lucidi.
Camminarono fino a quando non furono giunte ad un cantuccio del Salone d’Ingresso, e lì Scarlett tornò a guardare sua sorella, scoprendola fortemente provata. La scrutò con apprensione, aspettando qualche momento prima di cominciare a parlare.
« Ti va di spiegarmi? » le chiese, mentre lei teneva lo sguardo basso e si mordicchiava forsennatamente una guancia.
Rimase in silenzio, rendendosi conto di quanto fosse misera la forza e la voglia che aveva di parlare. Quando Scarlett era arrivata, aveva avvertito con straripante chiarezza il bisogno di sfogarsi, di cercare conforto, di riversare fuori tutto ciò che in quel periodo era stata costretta a tenere dentro, ma adesso sentiva di avere la bocca secca, la mente vuota e la necessità di piangere. Aveva subito un colpo durissimo e assolutamente inaspettato.
« Ascolta » le disse Scarlett dopo qualche momento di silenzio, comprendendo il suo stato d’animo. « Fino a questo momento ho dovuto per forza rispettare la tua richiesta. Mi hai detto di avere delle faccende da risolvere, cose con cui dovevi cavartela da sola, e io non ti ho costretta a confidarti. Ma dopo quello che ho visto non posso più fare finta di niente. Ho capito dove sta il problema, ma tu devi dirmi tutto, okay? Hai avuto a che fare da sola con questa storia per fin troppo tempo. Ora, però, hai bisogno di una mano, ne sono sicura. Quindi prova a spiegarmi cos’è successo. Pensi di farcela? »
Parlò con determinazione, cercando di infonderne un po’ anche in lei, e la fissò tutto il tempo. Vederla in quello stato la faceva incredibilmente infuriare.
Alla fine, però, la vide risollevare il capo e ricambiare il suo sguardo. Non riusciva a tenere ferme le mani, ma cercò di mantenere ferma almeno la voce.
« Stavo per finire di pranzare, poi sarei venuta subito da te » le disse, scoprendosi un po’ più roca del normale. « Volevo raccontarti quello che è successo ieri sera e chiederti qualche consiglio ». Si bloccò per scuotere convulsamente il capo, bagnandosi le labbra. « E’… è assurdo. Ti sei mai sentita felice e speranzosa fino a un preciso istante e poi, subito dopo… » Lasciò la frase in sospeso, cercando le parole giuste per esprimere le emozioni che provava in quel momento. Ma non ci riuscì.
Ancora una volta, però, il suo viso parlò al posto suo, perché si premette sugli occhi il dorso della mano per asciugare qualche lacrima ancor prima che venisse fuori, solcando la sua guancia. Scarlett le accarezzò il braccio, e la guardò per un po’, appoggiandosi alla parete con le braccia incrociate.
« E’ di questo che hai bisogno: un buon consiglio » le disse, incoraggiandola con un cenno del capo. « Quindi forza. Ti ascolto ».
Lei tirò su col naso e annuì debolmente, cercando di mettere in ordine i pensieri, cosa che, in un momento come quello, le costò parecchio sforzo. E così cominciò a raccontare. Della festa, dell’aula deserta, di qualche minuto prima. E Scarlett la ascoltò senza mai interromperla, contenendo al meglio le reazioni, perché temeva che, se fosse intervenuta, per qualche ragione Miley non sarebbe riuscita a continuare.
Parlò con voce a tratti tremula, a tratti più decisa, e spesso una rabbia che pareva fare a pugni con la sua disarmante e accasciata tristezza faceva capolino fra le sue parole. Un paio di volte dovette lasciar cadere le lacrime che stavano in bilico, a un passo dalle sue ciglia, aspettando la spinta che le avrebbe fatte capitombolare o ricacciate indietro, cosa che Miley non riusciva mai a fare. Parlava, e nel frattempo la sua mente aveva ricominciato a rimuginare incessantemente. Non voleva realizzare. Non voleva credere a ciò che era appena successo. Ma il suo cervello, con soffocante insistenza, la spingeva a vedere con lucidità quanto di definitivo c’era in quello sguardo di alcuni minuti prima. In lui… lui che andava via.
« Sei… davvero sicura che ti abbia vista? » domandò Scarlett titubante quando la sorella terminò il suo racconto.
Lei non ebbe bisogno di risponderle. Si limitò a guardarla, gli occhi ormai piuttosto arrossati, e tanto bastò a convincerla che fosse vero.
« C’è una ragione per cui le chiamano seconde possibilità » mormorò Miley, massaggiandosi piano la gola. « Io gliene ho concesse un milione, e non ho mai pensato che farlo fosse inutile. Non ho mai pensato che mi avrebbe deluso così tanto. Ho sempre cercato di capirlo, sempre, e credimi, ci sto provando anche adesso, perché lui è così buono… Ho sempre visto del buono, in lui. E adesso non… non so cosa pensare. Come sempre, è stato di nuovo lui l’artefice di tutto quanto. Chi lo ha costretto a parlarmi, ieri sera? Chi lo ha costretto a garantirmi che mi avrebbe detto la verità, una volta per tutte? Di certo non io. Io ho preso atto di quel che ha fatto, e me ne sono stata zitta senza mai rimproverargli nulla, anche quando forse avrei avuto qualcosa da ridire. Sono stanca di seguirlo come un’ombra. Anche se lui è… » Si bloccò per un attimo, per poi riprendere. « Beh, anche se lui ha dei motivi validi per comportarsi così, io credo… io credo che oggi abbia superato il limite. E lo ha fatto consapevolmente, infatti sono certa che sarà lui stesso a non rivolgermi mai più la parola ».
Pronunciando queste parole, gli occhi tornarono a bruciarle. Era una prospettiva agghiacciante, ma spaventosamente vera e vicina. Doveva cominciare ad abituarsi all’idea di non poter più ridere in sua compagnia, di non poterlo più abbracciare. Riflettendo per la prima volta su tutto questo, si stupì di come un pensiero negativo potesse suscitare dolori fisici. Era una suggestione? Si stava immaginando tutto? No, affatto. Sentiva il proprio stomaco profondamente agitato e i muscoli del petto che dolevano senza un apparente motivo. Non si sentiva per niente a posto.
« Hai… hai pensato che forse è andato via solo perché magari si sentiva imbarazzato per averti baciata e tutto il resto? » tentò di nuovo Scarlett, grattandosi una guancia. « Forse non si sentiva pronto a parlarti, in quel momento, ma non significa necessariamente che non voglia più farlo ».
La guardò, sperando di convincerla di quella possibilità, ma lei scosse il capo con sicurezza.
« Mi piacerebbe crederlo… ma non è così » rispose, sollevando le spalle. « Lo conosco, e conosco altrettanto bene questi suoi atteggiamenti. Stava scappando, Scar. Si sarà pentito di aver ricominciato a parlarmi, ma non sapeva come venirne fuori. Sai, dopo avermi praticamente promesso di spiegarmi ogni cosa… non è che sia semplice, rimangiarsi tutto. Ma c’è una cosa che proprio non capisco. Insomma, non capisco proprio perché non sia riuscita ad ottenere la sua fiducia. Lui… credo che sappia che genere di persona sono. Ma non si fida al punto tale da compiere quel passo avanti ». Parlò con amarezza, sinceramente dispiaciuta. « Se non fosse successo niente di quello che è successo ieri, adesso starei molto meglio, nonostante tutto ».
Lo disse con sincerità. Perché adesso che sapeva per certo di aver perduto tutto, rimpiangeva persino l’elettrizzante felicità che l’aveva accompagnata dalla notte precedente fino a poco prima. In effetti, era il pensiero che la turbava più di tutti.
Scarlett parve temporaneamente ammutolita, e serrò le labbra, sospirando appena. A dirla tutta, non sapeva proprio cosa dire. Non capiva il comportamento di Remus, malgrado conoscesse il suo segreto, e proprio per questo motivo trovare dei consigli per la sorella era sicuramente complicato, escludendo ovviamente le classiche frasi di circostanza che entrambe trovavano insopportabili e i banali suggerimenti quali non soffrirci troppo o toglitelo subito dalla testa da cui sarebbe accuratamente stata alla larga. In verità, quello che le ronzava per la mente in quel momento erano solo tante, confuse domande per trovare soluzione ad altrettanti fumosi dubbi. Perché Remus non aveva aspettato di sentirsi pienamente sicuro di volerle confidare tutto prima di prometterle di farlo? Consapevole della sua difficile posizione, in precedenza lo aveva sempre giustificato per i suoi tira e molla, e capiva persino come doveva essersi sentito la sera prima, quando l’aveva baciata e, probabilmente, non si era sentito pronto a rovinare quel momento con una rivelazione di quella portata. In quegli anni, poi, aveva imparato a conoscerlo, e tra quelli che poteva annoverare come suoi difetti di certo non avrebbe inserito la superficialità, la strafottenza o l’insensibilità; questo probabilmente l’aveva portata a comprenderlo con più facilità, cosa che non avrebbe di certo fatto con altre persone a parità di comportamento. Aveva cercato di immedesimarsi il più possibile in lui, nonostante potesse al contempo assistere al crescente dispiacere di Miley, ma che le voltasse le spalle dopo quanto aveva fatto… questo non poteva accettarlo. E guardare sua sorella che si sforzava di smettere di piangere di fronte a lei la fece sentire ancor meno incline all’indulgenza.
« Beh, tu hai già fatto abbastanza per lui » disse in tono spiccio, decisamente corrucciata. « Gli hai dimostrato in tutti i modi chi sei, e se ancora non si fida di te, di certo non devi fartene una colpa. E’ un problema soltanto suo, e lui stesso ti ha assicurato che tu non c’entri niente… Ha solo troppa paura di parlare chiaro, a quanto pare. Quindi lascia che le cose si risolvano da sole. E’ possibile che riesca a fare pace con se stesso e ti dica la verità, e a quel punto sarai tu a decidere se hai voglia di ascoltarlo o meno. Se non ha perso completamente la ragione, ti capirà in tutti i casi, perché sa benissimo di averti fatto aspettare fin troppo ». Fece una pausa, rimuginando sulla questione, la mascella serrata. « Però è meglio che tu ti metta in testa che è altrettanto possibile che non lo faccia » riprese poi, sincera al punto da pensare di essere stata troppo diretta, soprattutto in quel momento. Al tempo stesso, tuttavia, voleva che il suo messaggio arrivasse diretto e immediato alle orecchie di Miley, perché, sebbene fosse più doloroso, le sarebbe stato senz’altro più utile. « Creare ulteriori aspettative intorno a questa vicenda è l’ultima cosa di cui hai bisogno, e visto che l’esperienza ti ha insegnato che anche questa era una fuga… beh, inutile sperare in bene, per poi eventualmente rimanerne ancora più delusa. Come adesso ».
Le accarezzò i capelli per cercare di tranquillizzarla, ma lei aveva già assunto da un po’ un’espressione più dura e risoluta.
« Sì, lo so benissimo » rispose, incrociando le braccia al petto. « E se proprio vuoi saperlo, io sono sicura che non lo farà. Perché lui sa che questa volta non avrebbe dovuto scappare. Quindi, se ha deciso di farlo comunque… bene. Forse è meglio così. Io, perlomeno, posso ancora guardarlo in faccia senza dovermi vergognare di niente. Non so se valga lo stesso anche per lui » concluse, distogliendo lo sguardo dalla sorella.
Lei la scrutò a lungo, sorpresa dal tono tagliente con cui aveva pronunciato le ultime parole e che normalmente non le apparteneva per natura. La rabbia doveva essere ancora parecchio cocente.
« Beh… io torno al mio Dormitorio » mormorò Miley dopo un po’, scuotendo i capelli fra le dita con un rapido gesto, e Scarlett si affrettò ad annuire. « Grazie per avermi ascoltata, avevo… davvero bisogno di sfogarmi » aggiunse con un impercettibile sorriso.
Scarlett lo ricambiò con maggiore calore, un segno di incoraggiamento, e scosse vigorosamente il capo. Sua sorella ringraziava sempre troppo. Ma nessuno era mai riuscito a convincerla che farlo, a volte, non era affatto necessario. Lei, infatti, cocciuta com’era, l’aveva sempre pensata diversamente.
« Già, prego, non c’è di che » rispose Scarlett, simulando un tono formale per prenderla in giro, e il suo sorriso si fece più ampio e divertito.
La strinse in un rapido abbraccio, poi si allontanò con passo lesto, manifestando in quel modo l’esigenza di trovare un angolo per se stessa, da sola, in modo da poter dare libero sfogo alle contrastanti emozioni che si dibattevano dentro di lei.
Scarlett la osservò finché non fu sparita dalla sua visuale, il sorriso che pian piano si allontanava dal suo viso insieme a lei. Poi diede in un pesante sospiro, appoggiandosi alla parete e massaggiandosi distrattamente il braccio, pensierosa.
Provava sempre una strana sensazione, quando a volte le capitava di vedere sua sorella star male per qualcosa o qualcuno, indipendentemente da quanto fosse intensa e significativa quella sofferenza. Banalmente, si ritrovava a patire quel dolore insieme a lei, assorbendolo attraverso la naturale empatia che è tipica di questo particolare legame, ed immediatamente la sua mente si adoperava per scovare tutte le soluzioni possibili ed immaginabili al problema del momento. E che fossero praticabili o meno, poco importava. Ma questa, eccezioni a parte, è la normalità.
A tutto ciò, però, si aggiungeva qualcos’altro. A tutto ciò si aggiungeva un fortissimo, apparentemente inspiegabile, ma assolutamente cristallino senso di ingiustizia. Quando a Miley succedeva qualcosa di spiacevole e inevitabilmente si ritrovava costretta a pagarne le conseguenze, Scarlett avvertiva forte e chiara la rabbia che si prova quando si riceve qualcosa di immeritato, di immotivato, di profondamente scorretto, e le risultava inevitabile dimenticare che tutti, prima o poi, incassiamo qualche colpo basso che non ci siamo in alcun modo guadagnati. Non era rilevante la circostanza da cui scaturiva quel dispiacere, se ci fosse qualcuno che effettivamente avesse commesso un torto nei suoi riguardi o che si trattasse semplicemente di fatti che si verificano senza un vero perché e soprattutto senza un vero colpevole… le bastava sapere che sua sorella stava soffrendo per avere l’assoluta certezza che non lo meritava, per il semplice fatto che una persona come lei non meritava di soffrire. Mai. Per questo cercava di proteggerla da qualsiasi urto potesse subire, omettendo di dirle qualcosa che avrebbe potuto dispiacerla e di cui era casualmente venuta a conoscenza prima di lei, evitando che potesse venire a saperlo successivamente, mettendola tempestivamente in guardia dai possibili inciampi, sfruttando al massimo l’influenza positiva che sapeva di avere su di lei, e non perché credeva che fosse troppo fragile per affrontare determinati ostacoli (anzi, era fermamente convinta del fatto che sua sorella fosse molto più forte di lei, sotto parecchi aspetti), ma perché sentiva che non toccava a lei riceverli… che era giusto escluderla da quell’ingiusta prassi della vita.
Anche in quel momento avvertì con chiarezza quella sensazione, il che la spinse a domandarsi se, in questa specifica occasione, non avesse fatto abbastanza per evitarle questo dolore. In effetti, aveva acconsentito a farle affrontare quella situazione da sola, come da lei richiesto, facendo affidamento sulle buone intenzioni di entrambi e sull’esito positivo che di certo avrebbe avuto quella faccenda, e probabilmente si era cullata in questa bolla di ottimismo al punto da sottovalutare tutti gli elementi negativi latenti. Evidentemente, aveva dimenticato che lei e l’ottimismo avevano fatto a botte molto tempo prima, e che da allora non avrebbe dovuto in alcun modo fidarsi di questo fallace distributore di promesse mai mantenute.
Ma quello non era il momento adatto per i rimpianti, ma solo e soltanto per i rimedi. Sapeva bene di non poter aiutare più di tanto sua sorella ad affrontare le sue emozioni, perché, volente o nolente, doveva farci i conti da sola e sulla sua pelle. Ma quello che poteva fare era incidere sulla situazione che stava alla base di quel malessere.
Pensò a Remus; a quando, mesi prima, le aveva fatto promettere di non parlare a Miley del suo segreto perché non sentiva ancora di conoscerla così bene da potersi fidare di lei; ai mesi che passavano, a Miley che diventava di giorno in giorno più raggiante per la crescita di quel rapporto, e a lui che ne seguiva le orme, fino alla loro uscita a Hogsmeade, inaspettata quanto spontanea e desiderata da entrambi; all’assurdo e brusco modo con cui aveva interrotto i rapporti con lei dopo quell’uscita, e agli innumerevoli cambi di fronte che si erano susseguiti da allora dinnanzi al silenzio attonito di Miley; ai loro volti felici durante la festa della sera prima, rasserenati dalla sicurezza di aver finalmente intrapreso una strada precisa per quel complicato legame; ai baci che si erano scambiati, e all’emozione con cui sua sorella li aveva raccontati poco prima…
Improvvisamente, Scarlett seppe cosa fare.
Si allontanò dalla parete e, con un rapido sguardo alla Sala Grande, vide che i tre Malandrini erano ancora seduti a pranzare alla tavola di Grifondoro, scoprendo così che non sapevano dove si trovasse Remus, esattamente come lei. Decise allora di iniziare a cercarlo nel Dormitorio dei ragazzi, in cui, a meno di altri intrusi e con un po’ di fortuna, avrebbe potuto facilmente trovarlo da solo. Si incamminò verso le scale, percorrendo i sette piani con discreta velocità, e si ritrovò di fronte alla Signora Grassa per mormorarle distrattamente la parola d’ordine prima di inoltrarsi nella Sala Comune e completare il percorso con gli ultimi gradini della scala a chiocciola, il fiato un po’ corto. Una volta giunta alla porta del Dormitorio, picchiettò le nocche contro il legno scuro un paio di volte, poi entrò nella stanza senza attendere una risposta.
Com’era prevedibile, la sua ricerca era stata più breve di quanto avesse osato sperare: Remus era proprio lì, steso sul letto, e mentre si rimetteva frettolosamente diritto, la guardò con aria sorpresa, le sopracciglia aggrottate.
« Ciao » disse, un po’ titubante, e stranamente notò che il suo volto inequivocabilmente teso non mutò aspetto al suo saluto.
« Ciao » rispose lei, e nel farlo si guardò rapidamente intorno, scoprendo con soddisfazione che erano soli.
Lui la fissò, studiandola con cura, poi decise che accelerare il corso della conversazione gli avrebbe permesso di rimanere nuovamente da solo più in fretta.
« Se… stai cercando James o Sirius, dovrebbero essere in Sala Grande » la informò in tono neutro, grattandosi distrattamente il capo.
Lei, inaspettatamente, scosse la testa e si voltò un momento per richiudersi la porta alle spalle, cosa che rese Remus piuttosto sospettoso.
« No, non stavo cercando loro » rispose, tornando a fissarlo. « E’ con te che voglio parlare ».
Si scrutarono per qualche secondo, cercando di intuire l’uno le intenzioni dell’altra, finché Remus non distolse lo sguardo, sospirando pesantemente. Aveva capito tutto. Non che scovare la ragione di quella visita fosse difficile… il collegamento a Miley era più che elementare, ma ciò non bastò ad evitargli lo stupore che si era fatto largo dentro di lui. Aveva sempre saputo (e lo trovava anche del tutto naturale) che Scarlett sarebbe stata spettatrice di questo ultimo atto della vicenda tra lui e Miley, solo non si sarebbe mai aspettato che decidesse di entrare in scena lei stessa, e men che mai che lo facesse in maniera tanto celere. Fortunatamente, riservò a quel senso di istantaneo smarrimento uno spazio limitato, spinto dall’insofferenza che lo agitava e che, in quel momento, era in assoluto la sensazione preponderante fra quelle che era in grado di avvertire.
« Ascolta… » esordì lui con voce aspra, esprimendo così il fastidio con cui stava affrontando quella discussione. « So già cosa sei venuta a dirmi, okay? Ho avuto modo di sentire discorsi uguali al tuo già da altre persone, e non… »
« Ti assicuro che non ascolterai niente che tu abbia già sentito » lo interruppe lei, e Remus potè chiaramente avvertire che anche il suo tono era parecchio risentito. « Non so cosa ti abbiano detto o consigliato i tuoi amici, ma posso immaginarlo, e non ho la minima intenzione di riciclare le loro parole ».
Una nuova ondata di sorpresa si fece strada nel suo sguardo, ma si affrettò a celarla dietro un’apparente ed educata curiosità.
Dal piglio che aveva mostrato sin da subito, era palese che Scarlett non avrebbe desistito dall’intento di avere un confronto con lui. La conosceva, e sapeva che anche solo tentare di eludere il suo tentativo sarebbe stato completamente inutile, oltre che sciocco. Rassegnatosi a quella che - ne era certo - sarebbe stata l’ennesima ramanzina della sua giornata accompagnata dall’immancabile sprone a fare la cosa giusta e a comportarsi da bravo ragazzo qual era, si limitò a sedersi più diritto e ad osservarla, comunicandole silenziosamente di essere disposto ad ascoltarla.
Di rimando, lei si avvicinò di qualche passo, ma rimase in piedi, incrociando le braccia al petto.
« Devo chiederti un favore » fece a quel punto, spingendolo a mostrarsi sempre più interessato. « Devo chiederti di lasciar perdere Miley ».
Se dopo i suoi due precedenti interventi Remus era stato in grado di contenere lo stupore che inevitabilmente lo aveva colpito, continuare a farlo dopo aver ascoltato le ultime parole di Scarlett gli riuscì impossibile. Non aveva dato minimamente credito alla sua promessa di partorire un discorso originale da fargli ascoltare senza annoiarlo, per cui la sua richiesta suonò alle sue orecchie doppiamente inattesa.
E così Scarlett aveva ottenuto quello che voleva. Remus era capace di mostrarsi sapientemente elusivo, quando non aveva intenzione di affrontare determinati argomenti, e sua sorella ne aveva fatto le spese diverse volte, perciò mostrare immediatamente il pugno di ferro era indispensabile per guadagnarsi la sua completa attenzione, e non aveva in alcun modo trovato difficoltà nell’adottarlo, viste le ragioni che l’avevano spinta ad agire. Inoltre, non esistevano modi particolarmente morbidi per esprimere ciò che aveva da dire. Ricapitolando in maniera lucida tutti i passaggi di quella vicenda, infatti, era giunta ad una semplice ma indiscutibile conclusione: se Remus non era riuscito ad essere sincero con Miley dopo tutto quel tempo, dopo tutte le dimostrazioni di fiducia che lei gli aveva concesso, persino dopo un bacio, che avrebbe dovuto suggellare il rapporto che erano stati capaci di creare… beh, molto probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Lui la fissò, aggrottando senza nemmeno accorgersene le sopracciglia, e non trovò nessuna affermazione con cui controbattere. Quel perentorio e inequivocabile invito lo aveva disarmato. Così Scarlett decise di proseguire, approfittando del vantaggio ottenuto.
« E’ inutile che ti dica che so già tutto quello che è successo fra te e lei » disse, senza smettere di osservare ogni suo movimento. « Io e Miley abbiamo appena parlato e… mi ha anche raccontato gli ultimi risvolti della vicenda, ecco » proseguì, notando che il suo tono di rimprovero stava facendo il suo effetto. Remus si sentiva incastrato, e non poteva nemmeno liquidarla con la scusa che fossero soltanto fatti suoi, perché, nonostante fosse figlio unico, immaginava che si sarebbe comportato esattamente come lei, a parti invertite. « Normalmente, non mi sarei intromessa in questa storia… voglio dire, è una cosa che riguarda soltanto voi due » riprese a dire, come se gli avesse letto nel pensiero, « ma capisci bene che non faccio i salti di gioia quando vedo mia sorella nello stato in cui l’ho vista prima. Lei non sa che sono venuta a parlarti, non me l’avrebbe mai permesso, ma dovevo farlo comunque ».
Remus cercò di ridarsi un contegno, ricomponendosi in un’espressione più dura e seccata, come se volesse farle capire di aver toccato un nervo scoperto che non era suo compito sfiorare. Per quanto di fatto sottoscrivesse in pieno tutto ciò che Scarlett aveva detto, non poteva subire totalmente quella conversazione, perché c’era la sua parte di verità che aveva comunque un peso, e doveva farlo valere.
« Beh, se lei non te lo avrebbe permesso, forse allora non avresti dovuto disobbedirle » rispose, più severo di quanto avrebbe voluto realmente essere. « Insomma, siamo tutti abbastanza grandi da essere in grado di affrontare i nostri problemi da soli, credo ».
Scarlett diede in un mezzo sorriso, sinceramente sorpresa dalla spavalderia di Remus, anche se continuava a pensare che fosse soltanto apparenza. Era chiaro che si era messo sulla difensiva di fronte alle sue accuse e che stava cercando di mostrarsi più sfrontato di quanto in realtà non si sentisse. Ma Scarlett non desiderava una sua esplicita ammissione di colpa, per cui glielo concesse.
« Sì, in teoria lo siamo » ribattè prontamente, sollevando appena le spalle. « Ma il tuo comportamento dimostra il contrario. E non provare a dirmi che mi sto sbagliando, perché ho troppa stima di te per credere che lo pensi sinceramente ».
Remus fece per replicare, ma ancora una volta non trovò le parole giuste per farlo, così si costrinse a serrare nuovamente le labbra.
Era stata una strana affermazione, l’ultima che aveva pronunciato. Un’affermazione poco consona ad una persona che si presume essere arrabbiata, infastidita e delusa da colui che si ritrova di fronte, forse perché nemmeno lui, in quel momento, riusciva a provare stima per se stesso. Pensare che Scarlett, nonostante tutto, fosse ancora capace di nutrire quel sentimento nei suoi riguardi lo ammorbidì tanto quanto bastava per permettergli di ascoltarla con maggiore partecipazione.
« Sai, da quando hai tagliato i ponti con Miley, dopo Hogsmeade, lei… non ci ha letteralmente capito più nulla » proseguì Scarlett, e anche il suo tono sembrava più pacato, meno accusatorio. « Ha iniziato a farsi tante domande, e a farle anche a me, ovviamente. Ma io non sapevo mai cosa dirle, perché immaginavo quale fosse il problema che ti frenava, e sapevo bene di non avere a che fare con una sciocchezza da niente che avrei potuto facilmente rivelarle. Ho sempre rispettato il tuo volere, lo sai, sin da quando mi hai chiesto espressamente di non dirle niente, perché era più che giusto che fossi tu a decidere se e quando parlargliene… non era mio compito farlo, anche se mi è costato molto rimanere in silenzio, non lo nego ».
Remus diede in un flebile sospiro, abbassando lo sguardo. In effetti, non aveva mai dubitato del riserbo della ragazza in merito al suo segreto, poiché aveva deciso di rivelarlo a lei e agli altri proprio in virtù della massima fiducia che riponeva in loro.
Con Miley, però, era stato tutto diverso. Era accaduto tutto così straordinariamente in fretta, fra di loro… Non avrebbe saputo spiegare come aveva fatto a diventare, da semplice conoscente, la persona per cui provava sentimenti fino ad allora inesplorati ma innegabilmente travolgenti. Le uniche costanti che li avevano traghettati da una sponda all’altra erano stati il brulicare costante di colorati fumi di intrugli e un continuo intrecciarsi di risate vibranti e sincere. Ma in entrambi i momenti, per ragioni diametralmente opposte, aveva creduto che raccontare a Miley della sua condizione fosse pericoloso. Troppo pericoloso. Inizialmente non era riuscito a considerarla una confidente in cui riporre la propria completa, preziosa fiducia; successivamente, invece, aveva semplicemente temuto di perdere l’inestimabile affetto di quella ragazza che lo aveva sempre visto come tutto ciò che avrebbe tanto voluto essere e non come, pur disprezzandosi, si sentiva ed era davvero. Adesso, però, proprio a causa di quella sua paura, la stava guardando sfilare silenziosamente di fronte ai suoi occhi, allontanarsi. E non smetteva un attimo di chiedersi quale fosse stato il momento più opportuno per fare la cosa giusta, fra tutti quelli che avevano vissuto. Fra tutti quelli che, se solo si fosse dimostrato un po’ più forte, avrebbe anche potuto inventarsi, pur di trattenere lei, ma che si era limitato a sfogliare con remissiva svogliatezza, come le pagine di un libro di cui si conosce già il finale. Perché, dopotutto, era successo esattamente questo: si era lasciato guidare senza opporre resistenza dal lento scorrere di eventi ed occasioni, giungendo infine all’inevitabile conclusione. Un epilogo che lui stesso aveva scritto, e che adesso tentava affannosamente di reinventare, senza mai trovare un’alternativa che lo convincesse appieno. Ma, ad ogni modo, era già troppo tardi. Miley aveva trafitto la loro ultima pagina con un punto fermo, e lui, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che guidare inconsciamente la sua mano.
« Poi, quando vi siete in qualche modo riavvicinati… beh, anche in quel momento ti ho capito, e credo di aver capito persino il modo contorto in cui hai compiuto quel passo » proseguì Scarlett, continuando a sorprendere Remus con il suo discorso. Molte cose gli erano state dette, al riguardo, ma mai che le sue azioni fossero state pienamente comprensibili. « Insomma, era palese che l’istinto ti spingesse verso di lei, mentre la testa ti costringeva a fare marcia indietro… Succede a tutti, in effetti ». Per la prima volta, fu Scarlett ad abbassare lo sguardo, scostandosi un ciuffo di capelli con un gesto nervoso. In quel preciso momento si sentì la persona meno adatta per affrontare quella discussione, visti i precedenti poco limpidi che la riguardavano. Ma si disse che le situazioni erano completamente diverse e che, ad ogni modo, quello non era il momento per pensarci, così si riprese rapidamente e puntò ancora una volta gli occhi su Remus, ritrovando la propria disinvoltura. « In realtà, ero convintissima che non avresti… opposto resistenza ancora a lungo » continuò a dire, e a quelle parole accennò il suo primo, breve sorriso sincero di fronte a lui. « Credevo fermamente che avresti superato le tue riserve, perché, anche se forse non te ne sei nemmeno reso conto, hai messo più volte alla prova la lealtà e l’affetto di Miley nei tuoi confronti, quindi non avevi davvero più motivo di nasconderti, e lo avevi capito anche tu. O almeno, così sembrava ».
La punta di amarezza che trapelava dall’ultima frase di quell’impietoso riassunto lo spogliò di qualsiasi vana, flebile intenzione di difendersi, o quanto meno di giustificarsi come meglio poteva. Così seppe con disarmante certezza che avrebbe accettato quanto ancora aveva da dirgli senza battere ciglio, poiché, paradossalmente, sentiva quasi di aver trovato un’alleata in quella battaglia che si ostinava a combattere contro se stesso, e ascoltare quelle parole rendeva di fatto ufficiale la legittimità del suo intento.
« Pensi che non tenga a lei, non è vero? » domandò, la voce roca per il mancato esercizio.
« Penso che tu non ci tenga abbastanza » rispose lei senza tante cerimonie, inclinando il capo per scrutarlo con più attenzione. « Penso che hai sempre potuto fare le tue scelte liberamente, che nessuno ti ha costretto a fare promesse che non saresti stato in grado di mantenere, e penso anche che tu abbia dato per scontato il fatto che Miley ti avrebbe aspettato sempre e comunque ». Fece una pausa, il volto privo di qualsiasi espressione. « Sai, non ti avrei biasimato se avessi categoricamente deciso di non dirle niente, malgrado non ci fosse neanche un motivo che fosse uno per farlo » continuò a dire, stringendosi nelle spalle. « Purtroppo ti ritrovi risucchiato in una situazione crudele, che ti porta a fare scelte altrettanto crudeli, e non posso nemmeno dire di capirti perché… non sono in grado di immaginare come devi sentirti. Ma non posso permetterti di pensare che questa sia una giustificazione sufficiente per tutti i tuoi comportamenti. Anche se probabilmente ti risulta difficile da credere, le altre persone stanno male esattamente come te. Per ragioni diverse, certo, ma questo non rende i loro problemi meno rilevanti o i loro dispiaceri meno intensi, e se tu puoi fare qualcosa per evitare tutto questo, allora devi farlo. E quello che devi fare adesso è mettere un punto che sia definitivo a questa storia, visto che hai capito di non avere la forza di affrontarla, senza dare false speranze e senza più ripensamenti. Lei non ne sopporterebbe più nemmeno uno, adesso ».
Si scrutarono, lei in attesa di una rassicurazione, di una sorta di garanzia su quella decisione che, nonostante non gli appartenesse, avrebbe comunque dovuto abbracciare, lui in silenzio, incapace di fornirgliela ma consapevole, tutto sommato, dell’esiguità della sua richiesta.
Lasciarla andare era davvero il minimo che potesse fare, e probabilmente era la soluzione migliore per entrambi. Di sicuro, Miley non ne avrebbe tratto vantaggio nell’immediato, come è naturale dopo qualsiasi dolore subito, ma un distacco così drastico avrebbe forse potuto farle superare più in fretta quel periodo di abbattimento, e più in là sarebbe riuscita a godere dei benefici della sua difficile scelta. Se fosse riuscito a provocare la sua rabbia, facendo sì che sovrastasse tutto ciò che di bello le restava ancora di lui, le avrebbe consentito di bruciare senza incertezze tutti i ricordi legati a lui, così che la delusione dilagante si sarebbe tramutata ben presto in totale indifferenza.
Ma lui? Cosa avrebbe comportato per lui quella decisione? Scarlett non aveva neanche lontanamente sfiorato quell’interrogativo. E quando Remus si soffermò a riflettere su questo, rilevò un dettaglio che fino ad allora gli era sfuggito: Scarlett era l’unica persona con cui aveva affrontato quell’argomento che non sentiva dalla sua parte.
Lily e i Malandrini, i soli con cui si era confidato fino ad allora, infatti, avevano sempre posto la questione mettendo lui come caposaldo, incentrando i propri pareri e i propri consigli sempre e solo su quello che era più utile per lui e cercando di spingerlo verso la soluzione che più avrebbe giovato a lui. Nonostante fosse l’opinione di Scarlett quella con cui si era trovato in assoluto più d’accordo a scapito di quelle di tutti gli altri, aveva sempre avvertito la vicinanza dei suoi amici, la voglia che avevano di fare solo ed esclusivamente il suo bene e il supporto che gli avrebbero comunque garantito, anche se avesse preso una strada totalmente distante da quella che avrebbero desiderato per lui. Scarlett, invece, non aveva minimamente contemplato né lui né il suo stato d’animo nella fredda richiesta che gli aveva rivolto. In quel momento, non era suo interesse difendere la sua posizione o prospettargli una soluzione comoda e favorevole con cui porre fine ai suoi problemi; il suo unico intento era quello di proteggere la sola persona che in quella situazione meritava di essere tutelata, oltre che quella che le stava sicuramente più a cuore. Tutto il suo discorso era stato lucido, onesto e paradossalmente imparziale, e Remus si rese conto di averlo apprezzato totalmente proprio perché non gli concedeva alibi, non gli offriva giustificazioni e non gli faceva sconti, soprattutto quando gli imponeva di togliere il disturbo senza preoccuparsi in alcun modo di quanto gli sarebbe costato farlo.
Per la prima volta, sentì che qualcuno giudicava gli errori che aveva commesso prendendo in esame ogni singolo elemento del caso e, al contrario di tutti, lo condannava… e fu sicuro di non poter assistere ad un processo più giusto di quello.
Mentre ancora si guardavano, aspettando l’uno le mosse dell’altra, la porta del Dormitorio venne aperta, ed entrambi seppero che, qualsiasi domanda o risposta fossero ancora in attesa di darsi, sarebbe rimasta sulla punta della loro lingua, e che la discussione era definitivamente chiusa.
« Oh… sei qui » esordì Sirius quando ancora si trovava sulla soglia, rivolto a Remus.
Scoccò una rapida occhiata a Scarlett, che si era voltata per scoprire chi era appena entrato, ricambiandola per un breve istante, poi tornò a fissare l’amico, cercando di capire cosa stava succedendo e se avesse interrotto qualcosa o meno.
« Ti cercava la Vance » disse poi, avanzando di qualche passo. « Dice che ha urgentemente bisogno del libro di Aritmanzia che ti ha prestato. O era quello di Antiche Rune? Mmm… uno dei due, fai tu ».
Remus, ascoltandolo, non perse tempo e ne approfittò per alzarsi di scatto dal proprio letto. Afferrò il libro che si trovava sul suo comodino e, senza rivolgere uno sguardo né tantomeno una parola ai due, si diresse dritto verso la porta del Dormitorio, chiudendosela rumorosamente alle spalle.
Scarlett e Sirius, che avevano seguito con lo sguardo il susseguirsi dei suoi fulminei movimenti, tornarono a fissarsi, vagamente perplessi.
« Gli hai rifilato una bella lavata di capo anche tu, eh? » le domandò lui, facendo un cenno verso la porta dietro cui Remus era sparito un attimo prima.
Lei gli rivolse un’occhiata eloquente prima di abbassare lo sguardo e incrociare le braccia al petto.
« Qualcosa del genere, sì » rispose poi, evasiva.
In verità, ciò che Sirius pensava si fossero detti durante quel confronto era molto distante da quello che effettivamente era accaduto fra loro, ma non si prese la briga di precisarlo. Lui, quindi, si limitò ad annuire col capo, scrutandola per qualche istante, poi si diresse verso il suo letto e si fermò a rovistare all’interno del proprio baule, in cerca di qualcosa che probabilmente costituiva anche il vero motivo per cui era salito in Dormitorio.
Scarlett, che era rimasta immobile nel punto esatto in cui si trovava ormai da parecchi minuti, azzardò un’occhiata nella sua direzione, ma subito dopo si affrettò a riabbassare lo sguardo, fortemente combattuta e non poco imbarazzata.
Nel preciso istante in cui erano rimasti da soli, aveva capito che quello era il momento giusto per parlargli. Forse, però, era arrivato un po’ troppo presto, e lei non sapeva bene da dove cominciare. Ironia della sorte, in una manciata di secondi era passata dal vestire i panni della strenua e inflessibile paladina della giustizia a indossare quelli dell’indifesa e vulnerabile vittima dei suoi stessi errori, il che non rendeva di certo più semplice il suo compito. La sua mente, durante quella giornata, si era focalizzata su determinati obiettivi, dimentica delle altre faccende lasciate in sospeso che avrebbe dovuto comunque affrontare a breve, per cui quel repentino cambio di prospettive l’aveva decisamente colta impreparata.
Ma pensandoci bene, quando si sarebbe realmente all’altezza di fronteggiare quella situazione? Rispondendo a quella domanda con assoluta sincerità, si disse che probabilmente non si sarebbe mai sentita abbastanza pronta per affrontare quel confronto, quel nuovo distacco, neanche se le avessero concesso tutto il tempo del mondo, e cercò di scovare una parola, qualche banalissima cosa da dire per sciogliere la tensione tanto quanto bastava a permetterle di andare avanti e di arrivare al punto il più in fretta possibile. Prima avrebbe chiarito quella faccenda con Sirius, e meglio si sarebbe sentita. O perlomeno, questo fu ciò che raccontò a se stessa per incoraggiarsi, perché in verità provava ancora una paura matta al pensiero che a lui potessero non andare affatto giù le sue decisioni e le motivazioni che l’avevano spinta a compierle. Sperava solo di non scatenare una nuova lite furiosa, perché se fosse ricapitato, sapeva per certo che non sarebbero più riusciti a salvare nulla del loro rapporto. E lei, in fondo, credeva ancora che un giorno i loro sentimenti sarebbero potuti venir fuori alla luce del sole senza più temere alcun attacco. Ma chissà se ci credeva anche lui.
Rimase per un minuto buono piantata lì a fissare un punto imprecisato della stanza, in attesa di chissà quale segnale che potesse spingerla a parlare, e quando Sirius si tirò su, dopo aver finalmente trovato quel che cercava, si accorse che era ancora ferma laddove l’aveva lasciata, le braccia strette intorno alla vita e lo sguardo perso ma evidentemente contrariato. Guardandola, un angolo della sua bocca si sollevò in un mezzo sorriso che, in verità, poco aveva di gioioso in sé e per sé, ma che non fu in grado di trattenere. Dopodiché si avvicinò, mentre Scarlett si ostinava a tenere gli occhi puntati sul pavimento, e non appena le fu ad un passo, le premette due dita sotto il mento per costringerla a ricambiare il suo sguardo.
« Mmm, vediamo un po’ » esordì, studiandola con aria pensierosa. « Bocca stretta, sguardo sfuggente, silenzio di tomba… sai, la Amalthea non fa che ripetermi che darmi anche solo una T nella sua materia sarebbe un insulto alla sacra arte della Divinazione, ma… prevedo che non ci sia nulla di buono in arrivo. O sbaglio? »
A Scarlett venne quasi da sorridere, ma non lo fece. L’aveva incuriosita il fatto che Sirius avesse intuito qualcosa di ciò che si apprestava a dirgli, e ancor di più l’aveva colta di sorpresa il suo fare così rilassato, che stonava con quello di cui doveva parlargli. Considerando tutti questi elementi, però, ebbe la certezza che no, la lite furiosa che aveva temuto potesse ripetersi non si sarebbe verificata, quella volta.
« Almeno oggi cercherò di contenermi con le reazioni isteriche, se è questo che stai pensando » rispose, continuando a guardarlo.
Lui puntò per un attimo lo sguardo al soffitto e annuì appena, accennando un breve sorriso molto simile al precedente.
« E’ già un bel passo avanti » commentò, sinceramente soddisfatto, e lei assunse un’espressione un po’ colpevole, un po’ divertita. « E questo mi spinge a farne uno verso di te. Non so, potrei… evitarti il disturbo di dire qualcosa di spiacevole, ad esempio. Magari venirti incontro prima che tu te ne esca con frasi del tipo ieri sera è stato un errore o… »
« Sai bene che non lo direi mai » lo interruppe lei, rivolgendogli uno sguardo serio, e lui inclinò il capo, scrutandola intensamente.
« Pensavo fossimo d’accordo sul fatto che non rendi granché sotto pressione » replicò in tono eloquente, e la vide aprire bocca per poi richiuderla un attimo dopo e cominciare a mordicchiarsi il labbro inferiore, insofferente.
In effetti, aveva detto cose ben peggiori di quella, pur non pensandole davvero, quando avevano litigato tempo addietro. L’agitazione, la rabbia o la paura erano spesso in grado di renderla incoerente, impulsiva, con una facilità che la spaventava, ma che aveva imparato almeno un po’ a controllare. Avrebbe considerato insegnanti i suoi errori, d’allora in poi, com’è sempre saggio fare quando non si ha intenzione di commetterli di nuovo.
« Sai, Scarlett, ti ascolto molto più di quanto tu possa immaginare » proseguì Sirius dopo qualche momento di silenzio, bagnandosi rapidamente le labbra. « E ti ho ascoltata ancor più attentamente quando sei tornata a parlarmi dopo quel mese di… nulla assoluto. Sapevo che molte delle mie decisioni sarebbero dipese da ciò che mi avresti detto, da come ti avrei trovata a distanza di tempo. Infatti è successo proprio questo, perché, nonostante mi abbia fatto tremendamente incazzare che in tutto quel periodo tu abbia rimuginato tanto su quanto in fondo era comprensibile il comportamento stupido di Mary… beh, soprattutto grazie a questo ho capito che sei stata completamente sincera con me, e che era vera ogni singola parola che mi hai detto quella sera ». A quelle parole, Scarlett tornò ad incrociare il suo sguardo, e Sirius la ricambiò in silenzio per qualche istante prima di proseguire. « Insomma, mi hai parlato di lei ancor prima che discutessimo di noi, anche se sapevi che era l’ultima cosa che avrei voluto sentirmi dire. Non era esattamente la mossa più sicura da compiere, lo riconosco, ma era quella che ci serviva per mettere finalmente in chiaro le cose ». Per la prima volta, distolse lo sguardo da lei, sollevandolo e scuotendo appena il capo, come se si stesse impegnando a ricordare qualcosa. « Non avresti mai fatto nulla alle sue spalle, e non lo faresti neanche adesso… Era più o meno così, no? » disse poi, dopo aver riportato alla memoria le parole che lei gli aveva rivolto durante il loro confronto. « Mi sbaglierò, ma credo che dare seguito a quel bacio significherebbe esattamente questo, per te » concluse, tornando a serrare le labbra.
Scarlett lo osservò, lo sguardo colmo di amarezza e velato di una vaga sorpresa.
Sirius le aveva appena rivelato retroscena di quel periodo di distacco che lei, fino ad allora, aveva soltanto potuto ipotizzare. Difatti, aveva immaginato che il suo nuovo modo di approcciarsi a lui, la sicurezza che era riuscita a recuperare dopo aver finalmente debellato molte delle sue debolezze e la sincerità con cui aveva affrontato quella contorta situazione erano stati tutti elementi che avevano contribuito a far rinascere il loro rapporto, ma non era stata capace di comprendere fino in fondo quanto davvero fossero stati importanti per lui, quanto pesantemente avessero inciso sul suo desiderio di riappropriarsi di quel legame a scapito della tentazione di sbatterle definitivamente la porta in faccia. In quel momento le fu tutto molto più chiaro, perché lui in primis lo era stato, nel modo più genuino che potesse esistere, e questo le permise di trovare la forza per fare la stessa cosa senza aver paura delle conseguenze.
Era giunto il momento di essere onesti, ed entrambi si sentivano finalmente pronti a compiere quel passo.
« Sì… è così » rispose infatti Scarlett con un sospiro, e lo vide scrutarla per qualche attimo prima di abbassare lo sguardo, fare un passo indietro e allontanarsi verso il letto più distante, appoggiandosi al comodino. « Mi sento sporca, Sirius » proseguì poi con maggiore enfasi, compiendo a sua volta un passo avanti, e lui tornò a guardarla, le mani in tasca. « Sporca e colpevole. E anche se razionalmente continuo a ripetermi che sbaglio a sentirmi così, non posso comunque farci niente… è più forte di me, e non riesco ad evitarlo. E sai che c’è? C’è che sono stanca di pensare a questa storia come a qualcosa di sbagliato quando adesso ho la piena consapevolezza che è la cosa migliore per me. Non è giusto che la viva male, per nessuno dei due, e non ho intenzione di farlo… non più ».
« Non devi » fu la pronta replica di lui. « Non dobbiamo ».
Si scambiarono un lungo sguardo, intenso e risoluto, ed entrambi poterono specchiarsi l’uno nel volto dell’altra, ritrovandovi le medesime, contrastanti emozioni: l’amarezza per quell’ennesima, forzata battuta d’arresto, il compresso desiderio di imboccare la strada opposta, il risentimento verso quegli ostacoli che non si erano in alcun modo andati a cercare, la rabbia per non averli potuti evitare. Si sentivano quasi due fuggiaschi, costretti a nascondersi, a occultare ciò che provavano, e questi sforzi, questo continuo privarsi l’uno dell’altra… tutto ciò per compiacere qualcuno che chissà se lo meritava. Tutto ciò per rimediare a un danno che non erano stati loro a provocare. E adesso sì, adesso che erano finalmente riusciti a venir fuori da tutte quelle difficili dinamiche di cui erano stati i soli responsabili, in effetti si sentivano un po’ vittime di tutto quell’affollarsi di situazioni avverse. Erano vittime, malgrado avessero ancora la forza di prendere e rispettare decisioni. Erano un po’ come quelli che si ritrovano costretti a raccogliere la robaccia che altri hanno lasciato in giro. Quelli che piangono sudore per rimettere in sesto ciò che non hanno rotto, ma al contrario, sempre custodito.
Quel compito ingrato non faceva altro che esasperarli, ma se Sirius, da parte sua, avrebbe placidamente deciso di ignorarlo senza alcun rimpianto, Scarlett non era in grado di fare la stessa cosa, senza lasciare scelta a nessuno dei due. Senza lasciare scelta a lui, che in assoluto non tollerava l’idea di delegare ad altri l’imprescindibile libertà di essere pieni padroni delle proprie decisioni.
« E a te sta bene? » si convinse a domandargli dopo un po’, sapendo perfettamente che il vero punto della questione stava in quel preciso interrogativo.
Lui la fissò per un attimo, il volto imprescrutabile, poi si lasciò andare ad una risata amara ed incredula prima di risponderle.
« Tu che ne dici? » fece in tono vibrante, allargando le braccia per poi farle ricadere pesantemente lungo i fianchi, così da sottolineare ai suoi occhi l’assurdità della domanda che gli aveva appena posto. « Secondo te mi sta bene che sia tu quella che si sente in colpa in questa situazione, quando chi dovrebbe realmente farlo con tutta probabilità vive felice e contento continuando beatamente a farsi i fatti propri? Secondo te mi sta bene che, dopo esserci massacrati, aver rotto ed esserci ignorati per un mese e mezzo, finalmente capiamo di aver sbagliato tutto, ci baciamo e la prima cosa che ti vedo stampata in faccia è porco Salazar, che diavolo ho fatto? piuttosto che dannazione, quanto mi era mancato? » Si allontanò dal comodino, facendosi nuovamente più vicino a lei. « E’ chiaro che non mi sta bene, e potrei stare ore ad elencarti tutti i motivi per cui non dovrebbe stare bene neanche a te, ti assicuro che avrei degli argomenti molto convincenti » proseguì, mentre Scarlett non gli toglieva gli occhi di dosso. « Ma guardiamo in faccia la realtà. Io non potrò mai costringerti a smettere di pensare ai tuoi dannatissimi sensi di colpa, e a dirla tutta non ho la minima intenzione di spingerti a farlo solo perché viviamo la cosa in maniera diversa o perché quello che hai deciso di fare non è quello che avrei fatto io al posto tuo ». Sollevò le spalle in un rapido gesto, ricacciando le mani dentro le tasche e puntando lo sguardo verso la finestra. « A pensarci bene, ho sempre odiato le persone troppo simili a me, o peggio quelle che si lasciano manipolare dagli altri, quindi fai bene a rimanere ben lontana da entrambe le cose, come sei sempre stata… Diciamo che in qualche modo me la sono cercata » concluse, la sua solita, sottile ironia a colorire quell’ultima frase.
Scarlett inclinò il capo per scrutarlo con maggiore intensità, sempre più piacevolmente colmata dalle parole che lui le stava rivolgendo.
Se c’era una cosa che aveva sinceramente potuto rimproverare a Sirius quando avevano litigato era stata la facilità con cui aveva ignorato il suo stato d’animo, guidato solo e soltanto dal proprio personalissimo modo di vedere la faccenda che l’aveva travolta. Lo aveva fatto con tutte le buone intenzioni, quello era innegabile, con l’unico scopo di rincuorarla e minimizzare un qualcosa che lei aveva già prontamente ingigantito, ma aveva comunque soffocato la seppur minima ragione per la quale lei avrebbe dovuto provare quel dispiacere, sminuendola con la forza che - a suo dire - possedevano le sue inoppugnabili motivazioni. A quanto pareva, però, Sirius aveva superato anche questo limite, che prescindeva da quella specifica situazione ed era radicato nella sua indole tanto restia ad estraniarsi da se stessa. Si era sforzato di migliorare se stesso, o perlomeno, era un percorso che aveva cominciato ad intraprendere, sicuramente con successo.
« Pensavi che ti avrei imposto di scegliere, non è vero? » riprese lui all’improvviso, interrompendo bruscamente il flusso di pensieri nella mente di Scarlett. « Una sorta di… ultimatum senza appello tra me e la tua amichetta ».
Lei si soffermò a lungo a fissare il suo sorriso storto, dettaglio che palesava la sicurezza con cui era arrivato a quella conclusione, come chi conosce a memoria le mosse che metterà in atto un avversario con cui è solito confrontarsi al punto da anticiparle con ampio scarto di tempo, oltre che con certezza matematica. Ad ogni modo, Scarlett non fu in grado di capire se fosse diventata eccessivamente prevedibile o se quel presentimento fosse quanto di più naturale Sirius avrebbe potuto pensare in quel momento, ma non ebbe dubbi sulla risposta che stava per pronunciare, e si ritrovò ad annuire.
« Lo temevo » rispose con sincerità, serrando le labbra. « E non ti avrei biasimato se me l’avessi chiesto ».
Lui annuì più volte, lentamente, assimilando la sua risposta, poi cadde nuovamente il silenzio, fino a che Scarlett non si decise a proseguire. Se Sirius aveva trovato la forza di darle tante sicurezze nonostante i torti che lei gli aveva inflitto senza che li meritasse, allora avrebbe dovuto concedergli altrettanti inderogabili punti fermi. Voleva farlo, e non li avrebbe più dati per scontati. D’altra parte, farlo avrebbe aiutato entrambi a barcamenarsi in quella difficile situazione, e mettere le cose in chiaro avrebbe fatto sentire molto più leggeri entrambi. Non sapevano se avrebbero avuto altre occasioni per compiere altri passi avanti, per migliorarsi insieme, per ricongiugersi e proseguire lungo quella strada. Di fronte a loro, vi era solo una fitta nebbia di incertezze, e il potere di diradarla, di vedere aldilà di essa e sbirciare il futuro non era in loro possesso. Tutto ciò che potevano fare era rendere il più limpido possibile il loro rapporto, quel che c’era ancora in ballo fra loro. Perlomeno, non avrebbero avuto colpe, né tantomeno rimpianti.
« Beh, comunque siamo in due a non voler avere niente a che fare con le costrizioni » riprese Scarlett in tono deciso, scuotendo impercettibilmente il capo, e lui tornò a fissarla, attento. « Voglio che ti sia ben chiaro che io non pretendo nulla da te. Le tue decisioni rimangono completamente tue, e io non voglio influire in nessuna di queste con le mie, soprattutto quando sono la prima ad odiarle. Abbiamo giocato al gatto col topo per fin troppo tempo, ed è evidente che non ha funzionato, quindi… aspettare il momento più propizio per stare insieme potrebbe essere l’ennesima stupidaggine che facciamo, e ti capisco se non ti ritieni tanto idiota da provarci ». Adesso era il turno di Sirius di rimanere con lo sguardo irrimediabilmente calamitato da quello di lei, e ne fu distratto solo quando, in quel momento, un sorriso accennato increspò le sue labbra. « In più, se proprio dobbiamo dirci tutto… beh, la freddezza nelle situazioni avverse è una mia qualità tanto quanto la pazienza lo è per te, quindi… forse dovremmo rassegnarci al fatto che siamo di fronte ad una causa persa ».
Inevitabilmente, anche Sirius, di fronte al suo volto e alle sue parole, si ritrovò a sorridere di rimando.
A quel punto, entrambi poterono avvertire sulla pelle la tensione che li aveva avvinti fino a quel momento allentare lentamente la presa, lasciandogli respirare aria nuova a pieni polmoni.
« Che vuoi che ti dica? » rispose lui, ancora una volta ad un passo da lei, mentre allungava una mano per afferrare un ciglio sulla sua guancia e poi gettarlo via. « Le cause perse sono la mia specialità. Modestamente parlando, so trasformarle in conquiste mitologiche abbastanza spesso ».
A quelle parole, Scarlett rise sommessamente, leggera e rincuorata come da tempo non si sentiva, e Sirius si unì subito a lei con la sua risata decisamente più rumorosa e scomposta, ricreando quel suono intrecciato sì sensibilmente cacofonico ma anche straordinariamente piacevole alle loro orecchie.
Nonostante tutto facesse credere il contrario, in quel momento si sentirono più vicini, complici e in sintonia di quanto non si fossero mai sentiti, anche in momenti sicuramente più favorevoli, tanto che Sirius non resistette alla tentazione di attirarla silenziosamente a sé, facendo scontrare la fronte contro la sua mentre ancora ridevano, perché davvero non riuscì a trovare nessun motivo per evitarlo.
Pian piano, le vibrazioni di quella risata si affievolirono e i sorrisi scivolarono via dai loro volti, lasciandoli nuovamente soli.
« Tu per me sei un’eccezione » disse Sirius rompendo il silenzio, lo sguardo serio e concentrato. « E io farò un’eccezione per te ».
Ogni traccia di velato divertimento o di flebile allegria era improvvisamente sparita dal volto di Scarlett, e non rimaneva altro che una calda, accogliente meraviglia, di cui quelle parole inattese erano state la fonte.
Lo fissò, quasi volesse leggere nei suoi occhi una qualche giustificazione che motivasse quella rassicurazione non richiesta, quel sigillo spontaneo che aveva posto ad una realtà che rimaneva ancora pericolosamente aperta, ma non riuscì a scovarlo. Tuttavia, fu in grado di cogliere qualcos’altro.
Sirius era diverso. Molto diverso da come lo aveva lasciato, quasi irriconoscibile rispetto a quando aveva iniziato a conoscerlo veramente. Ma, in verità, lo era anche lei. Un tempo, affrontare una discussione di quel genere mettendo sul piatto i propri sentimenti in maniera così trasparente sarebbe stato impensabile, fra loro. Si erano dilettati a lungo a sfidarsi con reciproci silenzi e strategiche omissioni su cui entrambi avevano costruito di volta in volta il vantaggio da detenere l’uno nei confronti dell’altra, ma la novità stava proprio in questo: il tempo dei giochetti era finito ormai da un pezzo, e la posta era diventata troppo alta per permettere loro altri passi falsi dettati da quell’impulsività che li rendeva tanto affini o da altre ombre latenti che si ostinavano a tenere segregate dentro di sé. Solo in quel momento poterono effettivamente rendersi conto di come quel distacco, che era inizialmente apparso loro come un gigantesco passo indietro, fosse stato al contrario l’artefice principale della loro crescita. Aveva reso lei più forte, più sicura, e trasfigurato con lenta cura la sua vecchia corazza, che da schermo a nuovi rischi e ai sentimenti che sapevano troppo di passato, errori e buio, era divenuta una barriera innalzata con fatica al solo fine di combattere ciò che davvero andava ricacciato indietro per il bene della sua felicità: l’eccessiva rigidità di fronte al rovente flusso delle più genuine emozioni, la propensione inarrestabile alla diffidenza forzata, la convinzione che la freddezza fosse la soluzione, e persino l’unico strumento di prevenzione, alla sofferenza, che, per chi l’aveva già patita e sapeva in questo modo riconoscerla, poteva essere rifuggita come un ostacolo ben ravvisabile sul proprio cammino.
E aveva cambiato radicalmente anche lui, quel periodo di totale svuotamento. Lo aveva aiutato a maturare un diverso aspetto della sua spiccata intelligenza, rendendolo maggiormente incline alla comprensione e alla pazienza, doti che ancora in quel momento non gli appartenevano completamente, e che probabilmente mai avrebbe fatto interamente proprie, ma a cui si era pian piano avvicinato per dare una mano a se stesso e a quella relazione che gli stava tanto a cuore. Aveva capito, e chissà se era successo in un istante o poco alla volta, che in certi casi valeva la pena aspettare. Valeva la pena cercare le sfumature in ogni comportamento, piuttosto che radicalizzare ogni difetto, ogni problema, rendendo tutto impossibile da superare. Insomma, valeva la pena cambiare, per Scarlett. E lui non aveva mai deciso di farlo, non aveva mai stabilito, un giorno, di andarle incontro e migliorare se stesso con la convinzione di fare del bene a tutti e due. Era successo. Era successo e basta, con tutta la naturalezza di questo mondo. Ma lui, così come lei, se ne rendeva pienamente conto solo adesso. E quel confronto li stava sollecitando a capire molto più di quanto avrebbero mai potuto comprendere da soli riguardo a se stessi e al loro prezioso legame.
Naturalmente, sapevano bene entrambi che il modo violento e brutale con il quale avevano l’abitudine di scontrarsi sarebbe rimasto sempre e comunque una costante fra loro, e che probabilmente costituiva il metodo più utile a lasciare un solco profondo in tutti e due; sapevano entrambi di non possedere un’indole predisposta ad esternare con facilità pensieri e sensazioni, eccessivamente frenati dalla convinzione che non fossero necessarie dichiarazioni esplicite per capirsi realmente e, in verità, troppo amanti di quell’enigmatico modo di comunicare e relazionarsi per poterlo abbandonare completamente; sapevano entrambi di aver a che fare con personalità problematiche e spesso difficilmente compatibili… ma erano altrettanto consci del fatto che quell’occasione di totale apertura, di costruttiva comprensione e di pura onestà non sarebbe rimasta un caso isolato, ma si sarebbe ripresentata ogniqualvolta non avesse funzionato la loro connessione innata, silenziosa e a volte conflittuale, anche se quasi sempre infallibile.
Si guardarono, lei trattenendo un sospiro, lui sostenendola, aiutandola a farlo. Scarlett non disse nulla, consapevole di non essere particolarmente brava con le parole, specie in momenti come quello, e certa di quanto poco fossero necessarie, in quel frangente, ma gli lasciò una leggera carezza, accontentandosi di quel lieve contatto e servendosene per trasmettergli ciò a cui non sapeva dar voce.
Sirius poggiò la mano sulla sua e, accarezzandola a sua volta, avvertì un breve tratto gelido nel suo tocco, il freddo del metallo di quel suo anello che, tempo addietro, durante il loro ultimo giorno di piena serenità, lei gli aveva scherzosamente rubato. Così, spontaneamente, sorrise appena.
« Non posso credere che lo indossi con tanta disinvoltura » disse, allontanando dal viso la sua mano per osservarla meglio e mostrare anche a lei ciò di cui stava parlando. Dopo un attimo di smarrimento, lei capì e sorrise di rimando. « Non soltanto sei una ladra, ma metti persino in mostra la refurtiva ».
La vide ridere sommessamente, stringendosi nelle spalle, poi riflettere per qualche momento, lo sguardo fisso sull’anello.
« E’ strano, sai? » disse alla fine, tornando a guardare lui. « Io odio gli anelli, non li porto mai perché mi danno tremendamente fastidio ».
« Beh, allora me lo riprendo » replicò immediatamente lui, con quella sua tipica aria scaltra sul volto, e glielo sfilò con un solo, rapido gesto. « Non meriti affatto di tenerlo, e poi… non vogliamo di certo alimentare i cattivi pensieri delle malelingue con questo dettaglio romantico, no? »
Scarlett schioccò la lingua e assunse un’espressione scettica, rivolgendogli un’occhiata eloquente. Gli stava già chiedendo molto, invitandolo silenziosamente ad attendere tempi migliori per loro, per cui impedirgli di prenderla almeno un po’ in giro per quella situazione sarebbe stato sinceramente troppo, soprattutto per uno come lui. E poi, prenderla quanto più possibile alla leggera era probabilmente il modo migliore per affrontare quel distacco fittizio, e anche lei avrebbe cercato di seguire quella strada.
Così, alla fine, fingendosi serissima e risoluta, si allontanò.
« Allora è meglio che vada » fece, sbrigativa. « Neanche uscire dal tuo Dormitorio insieme a te sarebbe un gran bel messaggio, non trovi? »
Non riuscì a mantenere quell’aria altera un attimo di più, e di nuovo accennò un sorriso, che lui ricambiò, divertito.
« Solo per i maliziosi come te » rispose senza indugi, infilandosi l’anello al pollice.
Si scrutarono, e lei fece ancora un passo indietro, diretta verso la porta del Dormitorio. Quel gesto fece improvvisamente scattare qualcosa dentro di lui, come se si fosse trattato di una mossa eclatante, e non di un semplice, banale movimento. Scarlett era alla porta e, proprio come gli aveva appena detto, stava andando via. Ma Sirius sapeva che, così facendo, non stava solamente abbandonando quella stanza. Stava piuttosto lasciando qualcosa di molto, molto più importante.
Così si avvicinò, bloccandola prima che potesse voltarsi per varcare la soglia, e senza che lei si fosse resa conto di ciò che stava succedendo, si ritrovò con la schiena premuta contro la porta chiusa, e con le labbra di Sirius che si gettarono con impazienza contro le sue, acciuffandole mentre lei sollevava il viso per guardarlo solo un’altra volta ancora.
Fu un saluto di difficile interpretazione, un segreto sfuggito per sbaglio in un momento di concitazione, la ben poco ragionata conclusione posta al termine di quel fiume di parole. Frettolosa, impetuosa, quasi priva di senso perché in assoluta antitesi con tutto ciò che si erano detti fino ad allora… eppure, per qualche ragione, perfetta. Desiderata. Indispensabile. Attesa, di un’attesa ben ripagata.
E videro tutto questo immerso nei loro occhi, non appena li riaprirono, mentre già avvertivano tutto il gelo di un nuovo distacco diffondersi fra loro. Ma la carezza di Sirius sul volto di Scarlett, sulla fronte appena corrugata, e le guance fredde, e il collo contratto, restituì ad entrambi quel calore che avrebbero tenuto stretto finché non fosse tornato da loro nella sua purezza. Avrebbero atteso il suo ritorno con quella stessa fiducia con cui si aspetta spasmodicamente qualcosa che si sente proprio, e che nonostante la protezione data, è andato perduto.
« Non sentirti in colpa per questo » mormorò Sirius quando si furono allontanati appena un po’, e per la prima volta, nonostante ci avesse messo il massimo impegno, non riuscì ad ottenere la benché minima traccia di un vago sorriso sufficientemente convincente, così si accontentò di quello che era riuscito ad abbozzare. « Non ti avevo ancora augurato buon compleanno ».
Le sue parole le ricordarono improvvisamente quello che era diventato nient’altro che un piccolo, insignificante dettaglio in quella dura e affollata giornata. E ripercorrendole prima di annuire per poi lasciarlo andare, fu lieta di seguire il suo consiglio.
 
 

 
*  *  *
 
 

 
Il prato era quasi deserto, a quell’ora del pomeriggio. A eccezione delle giornate più fredde dell’inverno, non succedeva mai di vedere così poca gente passeggiare lungo la riva del lago o sull’erba sempre rigogliosa e giovane, in quel particolare momento della giornata. Ma già da un paio d’ore un vento impietoso si era scagliato sul castello, così maledettamente infuriato da aver spento gli entusiasmi dei numerosi studenti che, incoraggiati dal generoso calore del sole di quella mattina, avevano progettato di studiare all’ombra degli alberi in compagnia dell’educato rumore lieve dell’acqua sospinta dalla brezza primaverile.
Miley era una dei pochi coraggiosi che si erano avventurati verso il parco nonostante gli ostacoli interposti dal tempo, e già da quasi un’ora stava accovacciata ai margini del prato con uno dei suoi fedeli libri stretto in mano. Aveva leggiucchiato qualcuno dei suoi passi preferiti, poi lo aveva tenuto aperto sulle gambe e aveva chiuso gli occhi, poggiando la testa sulla corteccia del possedente albero contro cui si era abbandonata. E per tutto il tempo, il vento era stato suo amico. Era per questo che aveva deciso di rifugiarsi proprio nel luogo che, in quel momento, tutti rifuggivano. Perché sapeva che, quando si hanno troppi pensieri per la testa, il fracasso li immobilizza, rendendoli incomprensibili. Invece, quando si ha voglia di maciullarsi il cervello come si deve li si vuole sentire per bene, quei pensieri, si pretende di dialogare in pace con se stessi, e questo un vento del genere proprio non lo permette. Eppure, aveva continuato a sentirsi inquieta in ogni istante. A tale malessere, neppure un simile frastuono sapeva porre rimedio. Quello serviva a distendere la mente, mentre l’anima… l’anima, al contrario, la infiammava ancor di più.
Ad ogni modo, Miley non esigeva di star bene. Sapeva che ci sarebbe voluto del tempo per metabolizzare l’accaduto e comprendere quanto era successo. Anche se forse, per capire ci avrebbe messo un po’ di più. Anzi, a dire il vero, credeva fermamente che non ci sarebbe mai riuscita. Di sicuro, avrebbe impiegato meno tempo a passare oltre, e nel momento in cui ce l’avrebbe finalmente fatta, sperava che non avrebbe più sentito il bisogno di conoscere la verità, le ragioni - se ne esistevano di razionali e spiegabili - che avevano indotto Remus a comportarsi come aveva fatto.
Ripensava di continuo ai suoi occhi ambrati che, per un paio di istanti, si erano focalizzati su di lei, per poi dileguarsi, impauriti, colpevoli, consapevoli del significato del loro guardare. Non avrebbe mai potuto immaginare che tutto ciò che c’era stato fra loro potesse concludersi con un gesto così apparentemente banale. Nessuna lite, nessun chiarimento, neppure una parola scritta, nessuno che le spiegasse quell’intricata faccenda. Solo il nulla. Un nulla che non era nemmeno un nulla assoluto, perché quello sguardo c’era stato, e quello sguardo aveva rappresentato quel briciolo di qualcosa in quel nulla innegabile e sconcertante che aveva chiuso definitivamente tutto. E il tutto a cui lei stava ripensando, quel tutto che avevano vissuto, non era stato un niente di nessun valore. Non era stato un niente che meritava di venir risolto in quel modo. Ma a quel punto, passato, convinzioni, conclusioni e ricordi non significavano più nulla. Perché quando si condivide un po’ di vita con qualcuno, e all’improvviso quel qualcuno non ha più voglia di condividere alcunché, non ha più senso tenerci, tenere a quel legame che non ha più un perché.
Basta un solo taglio netto a spezzare un filo, non di più. E il consenso non è richiesto.
Miley aveva appena testato quella legge sulla propria pelle. Aveva capito proprio quello, che non serve decidere di mandare tutto all’aria da ambedue le parti per far sì che un rapporto non abbia più ragione di esistere. Quasi sempre accade che uno decida per entrambi, mentre l’altro subisce e non possiede nessun’arma per contrattaccare, per difendersi dal danno subito. Non si può combattere la naturalezza con cui si smette, chissà come, di amare qualcuno. Non si può attribuire una colpa per una ragione del genere. Ed è questo il rischio che si corre quando si intreccia un legame.
E’ così che funziona un filo. Non è necessario spezzarlo da entrambe le estremità perché si strappi. E a chi non lo spezza non resta che guardarlo scivolare a terra, riavvolgerlo con devota cura e sperare che qualcuno, un giorno, ne raccolga l’estremità abbandonata, lesa, lasciata incustodita, così da stringerla con maggior vigore per non lasciarla più andare.
Ma per lei era ancora troppo presto per cominciare a riflettere su qualcosa di così distante. Era ancora troppo presto persino per riprendere in mano ciò che rimaneva di quel rapporto distrutto, per qualunque cosa non fosse rimanere lì a guardare quel che succedeva, senza muovere un dito per un po’, perché un velo di apatia, giusto per quel periodo, avrebbe solo potuto esserle d’aiuto. Quel particolare stato d’animo, però, era uno di quelli - sicuramente numerosi - che non aveva mai sperimentato, nel corso della sua giovanissima vita. Non aveva idea di come se la sarebbe cavata. E inevitabilmente, non potè che pensare a come, al contrario, se la sarebbe cavata bene Remus, l’unico artefice di tutto quel teatrino. La rabbia cominciò a montare, non appena quel pensiero la sfiorò, ed ecco che seppe già di aver fallito: decisamente, l’apatia non faceva al caso suo.
Viceversa, la forzata serenità mentale a cui quell’irato vento la stava costringendo a sottostare stava avendo i suoi frutti. E fu proprio quando cominciò a sperare che quella dolce sensazione di pace non la abbandonasse neppure quando il vento fosse cessato che, puntualmente, venne all’improvviso turbata. Ad indurla a riaprire gli occhi fu il suono soffocato di passi sull’erba, che nonostante il gran fracasso intorno a lei, riuscì comunque a percepire. Nei brevi istanti in cui scostò i capelli che le svolazzavano contro il viso per permettere a se stessa di vedere, riuscì a pensare solamente a quanto dovesse essere vicina la persona che la stava raggiungendo. Di chiunque si trattasse, Miley pensò che avrebbe preferito rimanere sola.
Quando vide Remus ritto di fronte a lei, pallido, corrucciato e in procinto di parlare, ne ebbe l’assoluta certezza.
Lo fissò per qualche secondo, uccidendo sul nascere qualsiasi parola fosse stata sul punto di sgorgare dalle sue labbra, e non c’era nulla di buono nei suoi occhi mentre lo scrutava. Solo una dilagante tristezza. Decise, però, di non indugiare ulteriormente sul suo volto, e riabbassò lo sguardo, premendo un palmo della mano sull’erba gelida per darsi la spinta necessaria a rialzarsi. Quando fu in piedi, guardò esclusivamente dritto di fronte a sé e fece per andare via, senza pronunciare nemmeno una parola, e senza permettere a lui di fare altrettanto.
« Miley, per favore… aspetta solo un secondo » disse a quel punto Remus, consapevole di non poter più rimandare quel momento.
Lei si voltò immediatamente. Non intendeva tirarla tanto per le lunghe, ma piuttosto mettere subito in chiaro la propria posizione e chiuderla lì il più in fretta possibile, così da poter pensare ad altro. Così da poter cominciare a provarci sul serio, con tutte le sue forze.
« Aspettare che cosa? » replicò, incredula dinnanzi alla sua sfacciataggine. « Remus… fai sul serio? Non ho fatto altro per tutto questo tempo, aspettare. E adesso cos’è, vuoi inventarti ancora qualcos’altro per continuare la tua sceneggiata? » Lo guardò fisso negli occhi prima di proseguire, infervorata. « No, beh, ti semplifico le cose: se pensi di dovermi la verità, dormi pure sonni tranquilli, non m’importa più. Se invece volevi solo finirla qui senza darmi spiegazioni, va altrettanto bene, non te ne chiederò mai più. Adesso non hai più pesi sulle spalle, saremo tutti molto più felici ».
Lui deglutì, e non osò abbassare lo sguardo. Sentiva di meritare tutta la sua rabbia, e voleva assorbirla senza tirarsi indietro.
Doveva ammettere, però, che quel tono tagliente e i suoi modi così bruschi lo avevano sorpreso. Non perché avesse pensato di trovarla calma e pacifica com’era suo solito essere, ma piuttosto perché non era mai riuscito a immaginarla infuriata, quasi come se non potesse essere capace di mostrarsi tale. Ma forse era proprio vero quello che si diceva spesso riguardo alle persone più buone e pacate: una volta deluse, una volta ferite, semplicemente esplodono.
« No, ascolta… so che hai ragione » tentò di ribattere, agitato. « Hai ragione a parlarmi così. Ma… insomma, io credo davvero di doverti la verità. Sono qui solo per questo, solo per aiutarti a capire, non ho intenzione di chiederti niente, né di darmi altre occasioni, né di ascoltare una sola parola in più di quello che ho da dirti. Sarei un pazzo se lo facessi. Però se solo potessi stare qui seduta qualche minuto… devo assolutamente dirti tutto ».
Miley lo ascoltò molto attentamente, notando l’urgenza che premeva nella sua voce, e assunse un’aria scettica.
« Non mi sembravi così ansioso di raccontarmi tutto, oggi a pranzo » rispose piuttosto freddamente. « Tutto il contrario, mi sembravi ansioso di svignartela. Che poi è quello che hai fatto con tutta la nonchalance possibile » aggiunse infine, puntualizzando ulteriormente il concetto.
Lui, disarmato, non potè che incassare anche quel colpo, e questa volta chinò il capo, annuendo impercettibilmente.
« Lo so » mormorò, trovando d’un tratto incredibilmente interessante un particolare ciuffo d’erba vicino alla sua scarpa. « Lo so, Miley ».
Non aggiunse altro, semplicemente perché qualsiasi altra parola sarebbe stata completamente sbagliata, in quel momento. E lui era davvero stanco di sbagliare. Ma vide qualcosa mutare nell’espressione di Miley, non appena tornò a guardarla. Sembrava che il suo tono sconfitto avesse trasfigurato la sua pungente collera in un’abbattuta frustrazione.
« Sai qual è il punto? » gli fece dopo un po’ con un tono di voce profondamente diverso, trattenendo a fatica un pesante sospiro. « Il punto è che non riesco a credere che tu abbia commesso lo stesso, identico errore per cui mi avevi chiesto scusa appena alcune ore prima. Sul serio, non riesco a credere che dopo tutto quello che ci siamo detti ieri sera, dopo tutto quello che c’è stato, tu abbia mandato di nuovo tutto al diavolo. E se pensi che mi stia riferendo al… risvolto romantico della vicenda, ti sbagli di grosso. Io non mai ho pensato a quello che è successo ieri come a chissà quale atto d’amore o roba simile, e tu non mi hai delusa facendomi credere che saremmo potuti stare insieme, te l’assicuro. Mi hai delusa perché ho visto quel gesto come una prova di fiducia che poi, però… non ha avuto un seguito. Che non si è concretizzata. Io… avevo sinceramente creduto che in quel momento fosse finalmente finito tutto, che tu saresti stato onesto con me e che non avremmo più affrontato problemi come questo. Ma non è stato così, e a questo punto non riesco proprio a capirti. Voglio dire, perché hai deciso di rivolgermi di nuovo la parola e dirmi tutte quelle cose importanti se non ti sentivi ancora pronto a raccontarmi la verità? Avresti dovuto sapere che a quel punto non saresti potuto tornare indietro un’altra volta. Ma hai comunque continuato a prendermi in giro con tutta questa storia ».
Aspettò che dicesse qualcosa per difendersi dall’accusa che lei gli aveva rivolto, ma questo non accadde. A quanto pareva, anche lui riconosceva che il suo ambiguo atteggiamento aveva assunto le precise fattezze di una presa in giro bella e buona, e che fossero state queste le sue vere e originarie intenzioni o meno, poco importava. Aveva approfittato della sua pazienza e del suo affetto troppe volte, e non poteva che vergognarsene sinceramente.
Si massaggiò la nuca con il palmo della mano, sfregandolo forte sulla pelle in un gesto nervoso, e continuò ad annuire ripetutamente.
« Io… non sono qui per giustificarmi » rispose, sincero. « Non ho niente che mi aiuti a giustificarmi. Credi che sia venuto qui per contraddirti, per cercare di farti credere che non sono stato un vigliacco? Lo sono stato eccome, e credo di saperlo persino meglio di te. Ma posso assicurarti che potremo capirci un po’ meglio solo se mi lasci spiegare tutto. Continuare a parlare di come mi sono comportato non ci porterà a niente, anche se so che… insomma, non intendevo dire… beh, anch’io sarei arrabbiato, ecco. E puoi continuare a dirmi tutto quello che ti pare… Hai ragione su tutto quanto, davvero ».
Lei incrociò le braccia al petto, scrutandolo a lungo e con intensità, riflettendo, perché quella, per lei, era una faccenda fin troppo importante, e non voleva rovinare tutto ancor prima di capire se potesse valerne la pena o meno. L’idea di avere rimpianti, di avere lei stessa delle colpe, la spaventava. E malgrado fosse estremamente dura, doveva contenere gli eccessi del proprio risentimento per evitare sbagli infantili di cui poi si sarebbe pentita. In quel momento, non riusciva a comprendere se quella decisione fosse anch’essa un errore o un modo per fare del bene a se stessa; chissà, forse si stava comportando da stupida, dandogli ancora un’altra occasione per spiegarsi. Ma qualcosa le diceva che, se non l’avesse fatto, non sarebbe riuscita a lasciarsi alle spalle quella storia. E le parole che avrebbe così soppresso avrebbero continuato a vorticarle per la testa più rumorosamente di quelle dette. E lei non voleva che succedesse. D’altra parte, Remus aveva assolutamente ragione: continuare ad evidenziare tutti i suoi errori e rinfacciarglieli non li avrebbe resi meno gravosi, né li avrebbe condotti a una soluzione capace di risolvere tutta quella difficile faccenda. Sarebbe stato completamente inutile continuare a cercare di guerreggiare con lui, dato lo stato delle cose. Non è affatto così che si fa guerra. La guerra implica attacchi e contrattacchi, vittime e carnefici, lotta, resistenza, e infine, un vincitore e un vinto. Ma quando gli attacchi si subiscono senza alcuna replica, quando la vittima è d’accordo col carnefice e poco ci manca che lo inciti all’azione, quando non sussistono nessuna lotta e nessuna resistenza, ma arriva subito la resa, vincitori e vinti non esistono, perché sul nascere è morta la guerra.
« No, è vero. Non ha senso continuare così » disse allora Miley continuando ad osservarlo, seria in volto. « E se davvero hai intenzione di fidarti di me, finalmente… beh, ti ascolterò ».
Rimase per un attimo a osservare il cupo sollievo che si era fatto largo negli occhi di Remus a quelle parole, poi si morse il labbro inferiore, tornando a sedersi sull’erba e incrociando le gambe.
« Voglio chiederti solo una cosa, prima » aggiunse, sollevando nuovamente lo sguardo e tormentandosi le mani senza quasi rendersene conto. « Cos’è cambiato rispetto a ieri sera? Cos’è cambiato rispetto a oggi, in Sala Grande? Perché adesso ti sei deciso a ritentare? »
Lui ricambiò il suo sguardo, stringendosi nelle spalle con un sospiro soffocato e cercando di trovare le parole giuste per dare risposta alle sue domande. Erano legittime, sensate e assolutamente naturali, e senza dubbio, Miley meritava delle risposte. Solo ed esclusivamente risposte oneste.
Rivolse quelle stesse domande a se stesso, prendendosi qualche secondo per analizzare più a fondo il proprio comportamento, e mosse qualche passo avanti e indietro, le mani nelle tasche, la mente che ripercorreva rapidamente tutte le tappe di quella faticosa giornata.
Quando si era svegliato e aveva ripensato alla notte precedente, aveva subito avvertito un peso stanziarsi sul suo petto, mozzandogli il respiro e rendendolo irascibile e incoerente. Nel corso di quei momenti, era riuscito a pensare a quel bacio solo e soltanto come a un madornale errore che, a differenza dei precedenti, non conosceva soluzione. E nonostante tutti i tentativi di trovarne una valida, non aveva avuto la minima idea di cosa fare e di come comportarsi con Miley finché non l’aveva vista in Sala Grande. Lì, non c’era stato tempo per riflettere. Aveva agito d’istinto, commettendo davvero quell’errore madornale per cui si era condannato fino a quel momento. Aveva deciso tutto da sé, con quell’unico sguardo, con quell’andare via frettoloso, ponendo fine al pericolo imminente, ovvero quel confronto per cui non si era ancora sentito pronto, e accantonando quello più distante, ma anche più problematico, ossia la risposta che Miley gli avrebbe riservato in seguito a quell’ennesima ritirata.
Ma erano state le dure parole di Scarlett a fargli battere realmente la testa contro il più grande dei suoi problemi: prendere una decisione definitiva che chiudesse quella faccenda, in un modo o nell’altro. E su quel punto, Scarlett era stata più che chiara, oltre che estremamente decisa. Difatti, solo dopo aver ascoltato con la massima attenzione le sue raccomandazioni si era ritrovato a pensare a ciò che davvero voleva fare per mettere un punto a quella storia. E nonostante all’inizio avesse abbracciato senza opporre resistenza l’imposizione a cui lei lo aveva obbligato, una volta rimasto solo con i propri pensieri si era reso conto che non avrebbe potuto pagare uno scotto più grande di quello che avrebbe subito se avesse desistito senza nemmeno aver provato realmente a recuperare quel rapporto. L’idea di perdere Miley aveva assunto fattezze tanto reali e nitide da spaventarlo, come mai prima d’allora, mentre il timore di fidarsi di lei completamente era all’improvviso divenuto più pallido e incolore. Così, senza aver bisogno di ulteriori impegnative riflessioni, aveva infine compreso di non voler affatto voltare pagina senza aver neppure tentato di tamponare il flusso di cattive conseguenze a cui, inevitabilmente, le sue azioni lo avevano portato.
Per cui eccolo lì, adesso, sicuro di voler dire la verità, sicuro di potercela fare, questa volta, sicuro di poter affrontare altri svantaggiosi risultati. Non aveva nessuna voglia di sperare o elaborare pronostici, di temere i minuti successivi o cercare un modo per renderli meno pesanti… In quel momento, voleva semplicemente fare ciò che riteneva giusto e doveroso, mettere a frutto la propria scelta. Voleva affidare il proprio segreto a Miley, consegnarlo a quelle mani che ancora tremavano di rabbia, e voleva farlo senza veder fremere troppo anche le proprie. Con la stessa fermezza con cui si apprestava a donarglielo, lei avrebbe potuto respingerlo o custodirlo. O chissà, magari gli avrebbe chiesto del tempo, la peggior punizione per ripagarlo delle torture che, per tutto quel tempo, lui le aveva inflitto: l’attesa, l’insicurezza, le decisioni confuse e lasciate a metà, la fame di risposte, l’odio per tutti quei puntini di sospesione lasciati lì a galleggiare al termine di ogni piccola promessa. Avrebbe sopportato quello che aveva costretto lei ad accettare fino a quel momento. Esattamente così. Senza fiatare.
« E’ cambiato il risultato, credo » sospirò, arrestandosi di botto e guardandola negli occhi, per poi sederle di fianco, sul prato. « Fino ad ora ho riflettuto a volte troppo, a volte troppo poco, ma sono solo riuscito a combinare danni su danni, e mai a costruire qualcosa di vagamente positivo per… beh, per tutti e due noi. Però… » proseguì, molto lentamente, « … oggi… oggi ho finalmente preso una decisione, perché in realtà credo di non averlo mai fatto davvero. E anche se non so quanto possa essere buona o cattiva, so per certo che è la cosa migliore che abbia mai fatto nei tuoi confronti ».
Miley, che aveva guardato a intermittezza lui e le proprie mani, si concentrò infine sui suoi occhi. E quegli occhi le concessero pace, le suggerirono fiducia, le ricordarono che sbagliare è spaventosamente semplice per tutti, e che il tempo che si spende per ascoltare qualcuno non è quasi mai tempo sprecato.
Così annuì appena, sperando che capisse quanto la rendesse felice sapere che, dopo tanto tempo, era riuscito a capire da solo tutto ciò che le aveva appena detto. E lui prese tutto il buono da quel gesto, da quel brevissimo momento, dal suo sguardo ancora così splendidamente inconsapevole, perché sentiva che quella piccola, grande riserva di coraggio gli sarebbe tornata utile quando, inevitabilmente, sarebbe prima o poi venuta a mancare.
« Non cercherò un modo carino per dirlo » disse, bagnandosi le labbra secche. « Non c’è… non c’è davvero niente del genere in tutta questa storia ».
Sfregò le mani l’una contro l’altra, gettando una rapida occhiata al lago a pochi passi da loro. Pensò alla trasparenza, alla leggerezza, alla naturalezza dell’acqua. Avrebbe tanto voluto che le sue parole scivolassero attraverso di lei senza segnarla, proprio come solo l’acqua è capace di fare dinnanzi alle barriere. Ma stava per parlare di mostruosità, di un qualcosa che andava contro la natura stessa. Invidiarla per la sua limpida purezza, per la sua semplicità, avrebbe solo reso tutto molto più difficile.
« Sono un Lupo Mannaro, Miley ».
Lo disse e basta, cercando di non prestare attenzione alla sua stessa voce che pronunciava quelle terribili parole. Ma non ci riuscì, e si chiese immediatamente cosa avesse provato Miley nell’ascoltarle, ma soprattutto, nell’assorbirle e realizzarle fino in fondo. Si ritrovò a temere che compisse un gesto impulsivo, dettato dallo sconvolgimento, dalla collera, dal disprezzo. Mille insensate paure cominciarono ad affollargli la mente ed accelerare il battito del suo cuore, che faceva quasi male contro il petto, ma tutte evaporarono non appena guardò il suo viso.
Miley non si era neppure mossa, e i suoi occhi erano rimasti piantati su di lui, immobili, ma colmi di un’evidente quanto indefinibile emozione. I capelli le sbatacchiavano senza sosta intorno al viso, malgrado il vento non fosse più adirato com’era stato fino a poco prima, ma lei non se ne curava. La sua attenzione era catalizzata su di lui, che si decise a proseguire, seppur con la tensione che quella strana reazione gli aveva inevitabilmente messo addosso.
« E’ questo che ha… condizionato ogni mio comportamento, fino ad oggi » disse, volgendo nuovamente lo sguardo al lago. « Posso cavarmela da solo con Pozioni significava questo. Non è semplice dirti la verità significava questo. E scusa, non so che mi sia preso significava esattamente questo ».
Annuì fra sé e sé, fissando il vuoto, e si chiese quando avrebbe ritrovato il coraggio per tornare a guardare Miley negli occhi.
« Sono stato morso da bambino, non avevo… nemmeno cinque anni » cominciò a raccontare. « Stavo dormendo, e non mi ero accorto che qualcuno aveva forzato la finestra di camera mia per entrare. Quando mi sono svegliato, non ho avuto tempo, non ho avuto modo di chiedere aiuto. Si è trattato di qualche secondo, e io ero… ero paralizzato. Di tutto il resto non ricordo nulla, naturalmente. So che mio padre è arrivato appena in tempo per salvarmi la vita e ha cacciato via quel Lupo Mannaro… Mi ha raccontato di non aver mai compiuto magie così potenti, di non essersi… mai sentito così forte. E così non sono morto, ma da allora sono un Lupo Mannaro completamente sviluppato. Proprio come quell’uomo che mi ci ha fatto diventare ».
Strinse le labbra, già stanco, e si rese conto di quanto potesse essere faticoso semplicemente parlare, delle volte. Spesso, più di uno sforzo fisico.
Era da tempo che non parlava a qualcuno di quella faccenda. Era da tempo che non raccontava la sua storia. Farlo non era mai semplice, ma se si estraniava appena un po’ da se stesso riusciva, per quanto possibile, a limare il dolore, e questo gli permetteva di andare avanti.
« Non so di chi si tratti » proseguì, osservando le proprie mani. « Io e mio padre ne abbiamo parlato, ma non ha saputo dirmi nulla. Ad ogni modo, non posso non capirlo. Si perde la ragione, quando ci si trasforma. Non c’è davvero più niente che ci leghi alla nostra vita, nelle notti di luna piena. Ed è la cosa peggiore, credo, ancora più terrificante delle trasformazioni stesse, che sono… »
Guardò in alto per un istante, cercando un aggettivo adeguato, o perlomeno capace di rendere anche solo vagamente l’idea di ciò che quella sofferenza significava. Ma non ne trovò nessuno, così lasciò la frase in sospeso e si decise a continuare a parlare, la voce un po’ arrochita.
« Beh, a quel punto è cominciato l’inferno » disse, passandosi una mano fra i capelli scompigliati dal vento. « Io e la mia famiglia siamo stati costretti a trasferirci di città in città un mucchio di volte, perché la gente del posto non facesse in tempo ad insospettirsi. Grazie al cielo avevo loro, mia madre e mio padre, perché naturalmente… ecco, non potevo fare amicizia con altri bambini. Avrei potuto dire qualcosa di troppo sulla mia condizione, e se fosse successo sarebbe stata la fine, per noi. Così leggevo tanto, e mia madre mi teneva sempre compagnia, cercava di aiutarmi a trovare degli svaghi, si inventava milioni di storie buffe per farmi ridere e io… beh, il più delle volte cercavo solo di farla contenta ».
Si strinse nelle spalle, e malgrado la tentazione di voltarsi verso Miley adesso si fosse fatta più forte, si costrinse a tenere lo sguardo basso.
Lei fu lieta di non essere guardata. Si era appesa ad ogni singola parola pronunciata da lui e, alla fine, non era riuscita a trattenere le lacrime. Qualcuna era sfuggita alla sua presa, non aveva potuto evitarlo in alcun modo, ma di certo non se ne vergognava. Il racconto di Remus l’aveva raggelata dentro, una terrificante sensazione che non aveva mai provato prima. La sua mente era completamente vuota. Solo le sue parole tornavano a galla continuamente. Per il resto, non c’era nient’altro che non fosse quel dannato freddo.
« Mio padre, invece, aveva deciso di educarmi in casa » continuò Remus, intrecciando le mani in grembo. « Era chiaro che non potessi frequentare la scuola insieme a tutti i miei coetanei, per cui non c’era altra soluzione. Ma poi è arrivata la mia benedizione ». Si ritrovò addirittura ad accennare un sorriso, e Miley lo scrutò più attentamente, curiosa. « Silente si è presentato in casa nostra all’improvviso, vestito di un giallo ocra che dava un po’ la nausea, me lo ricordo ancora… I miei erano sconvolti, come avrebbero potuto immaginare il motivo di quella visita così inaspettata? Hanno addirittura cercato di impedirgli di entrare, erano preoccupati per quel che sarebbe potuto succedere… ma sai com’è fatto Silente, con tutta la nonchalance possibile è comunque entrato e ha cominciato ad elogiare mia madre per l’aspetto squisito delle frittelle che aveva appena preparato per me e mio padre finché lei non gliene ha offerte un po’. Si è seduto sulla poltrona accanto al camino, ha persino fatto il bis e nel frattempo chiacchierava anche con me, che giocavo a terra a Gobbiglie. Io l’ho adorato sin dal primo istante. Si complimentò con me per i miei calzini, mi mostrò i suoi e mi disse un mucchio di cose che con il passare del tempo ho dimenticato… alla fine io gli chiesi se gli sarebbe piaciuto giocare a Gobbiglie con me e lui ne fu assolutamente entusiasta. Lasciò persino che io lo battessi, e solo allora cominciò a parlare ai miei, a spiegargli il vero motivo per cui era venuto fin lì ». Il suo sorriso si affievolì pian piano, ma i suoi occhi rimasero vispi e fissi in un punto imprecisato dinnanzi a lui, come se stessero assistendo alla scena che stava descrivendo. « Lui sapeva cosa mi era successo. E aveva voglia di aiutarmi, credeva di aver architettato un piano perfetto per farmi frequentare Hogwarts senza mettere a rischio né me, né gli altri studenti. Avrebbe fatto costruire una sorta di casa, ad Hogsmeade, protetta da incantesimi speciali e potenti e raggiungibile solo attraverso un lungo tunnel sotterraneo che parte da qui, dal castello. In questo modo, nessuno avrebbe mai potuto incrociarmi durante le mie trasformazioni, e se non avessi fiatato con nessuno riguardo alla mia condizione, avrei potuto completare i miei studi in tutta tranquillità ». Fece una pausa, lanciando uno sguardo di sbieco al Platano Picchiatore che distava parecchi metri da lì. « E mantenne la promessa. Fece costruire per me quella che oggi tutti chiamano Stamberga Strillante. E piantò il Platano Picchiatore, a guardia del tunnel, per evitare che qualcuno potesse seguirmi ».
Miley fu profondamente sorpresa da quella notizia. Sapere che quella spaventosa e diroccata abitazione che tante volte si era soffermata a osservare e quell’albero violento con cui tanti spericolati avevano giocato nel corso di quegli anni fossero stati concepiti per la sua protezione, sapere che fossero entrambi così profondamente legati alla storia di Remus, la indusse a pensarli e a vederli sotto una luce del tutto diversa.
« Ma ben presto la gente cominciò a domandarsi a che cosa fossero dovute tutte quelle urla che provenivano dalla Stamberga » fece ancora Remus. « Qualcuno cominciò a credere che si trattasse di fantasmi, e Silente non fece altro che fomentare queste voci, finché tutti non ne furono convinti. Io, comunque, fui felicissimo di poter venire a scuola. L’idea di poter conoscere altri bambini mi faceva impazzire di gioia. E in effetti, arrivato ad Hogwarts, realizzai davvero un sogno. Conobbi James, Sirius e Peter, diventammo amici, come fratelli… e con loro era dura mantenere il mio segreto. All’inizio, raccontai che mia madre era malata e avevo bisogno di farle visita spesso, dissi che era per questo motivo che sparivo di frequente. Le mie scuse, però, cominciarono a farsi sempre più complicate, e quindi sempre più difficili da tenere in piedi. Evidentemente, mentire alla gente non è mai stato il mio forte » si ritrovò a commentare, massaggiandosi distrattamente le ginocchia. « Beh, comunque… James e Sirius, alla fine, scoprirono la verità al nostro secondo anno. Pensavo che mi avrebbero abbandonato, disprezzato, e invece… fecero tutto il contrario. Mi furono ancora più vicini, in tutti i modi possibili, e io… non sono mai riuscito a ringraziarli abbastanza per tutto quello che hanno fatto per me. Per come… per come hanno reso molto meno terribile la mia malattia, per tutto questo tempo ».
Si morse una guancia e sfregò il pugno contro il palmo della mano, pensieroso.
Non avrebbe raccontato a Miley di ciò che i suoi amici avevano realmente fatto per lui, della loro trasformazione illegale in Animagi. Non spettava a lui prendere quella decisione, e non poteva in alcun modo farsi carico di una simile responsabilità. Proprio com’era accaduto mesi prima, quando aveva deciso di raccontare della sua licantropia anche al resto dei suoi amici, avrebbero dovuto discutere sul da farsi, e agire di conseguenza. Per cui si apprestò a terminare il proprio racconto, omettendo quell’importante passaggio che, in verità, credeva avrebbe presto scoperto.
« L’anno successivo lo raccontai anche a Lily, e lei fece lo stesso » disse. « Mi accettò. Da allora non è cambiato nulla, tra di noi. Mentre quest’anno… mi sono sentito pronto a dire la verità anche agli altri. A Frank, Alice, Emmeline, Mary… e anche a tua sorella. Però le ho chiesto di non dirti una parola. Gliel’ho fatto promettere, perché non ci conoscevamo ancora bene, e io… non potevo fidarmi di te ».
Senza riflettere, voltò finalmente il capo per rivolgersi a Miley, e trovò il suo sguardo, la sua intera espressione, profondamente cambiati.
L’aveva lasciata diffidente, infuriata, e anche un po’ scettica; adesso era assorta, impallidita, ed incredibilmente provata. Aveva gli occhi lucidi, e lo scrutava con aria quasi impaurita, come se temesse l’arrivo di altre terrificanti parole da dover digerire. Avrebbe fatto fatica a sopportare altro, ma non osò interromperlo, e smise di chiedersi cos’altro avrebbe potuto avere in serbo per lei, limitandosi ad ascoltare quanto ancora aveva da dire.
« Ma pian piano, lo sai, le cose sono cambiate » proseguì lui, cercando disperatamente indizi sui suoi pensieri attraverso il suo viso. « E più passava il tempo, più ci conoscevamo, più continuavo a pensare che tu non fossi né come James, o Sirius, o Peter… né come Lily… né come tutti gli altri. Era tutto diverso con te, e io non capivo come comportarmi. Non ero abituato a provare… ad avere… » Scosse il capo, incapace di completare la frase. « Ho seguito l’istinto, ecco. Non mi sono messo dei freni per fin troppo tempo, e alla fine mi sono ritrovato tra le mani una situazione irrisolvibile. Ho provato a tirarmene fuori, sperando di non avere scrupoli, ma sono stato solo un vigliacco, e il mio… brillante piano non ha funzionato granché, alla fine. E da lì sono cominciati i tira e molla, e mi sono odiato tante volte per le mie assurdità, e mi avrai odiato anche tu, credo… ma che importanza aveva? Quando stavo con te riuscivo a non pensare a niente, a sentirmi felice. Con la tua risata, sai… come facevo a pensare a qualcosa di così terribile, quando ridevamo insieme? Una soluzione l’avrei trovata di sicuro, avevo tutto il tempo del mondo ».
Parlò con amarezza, con ironia, scagliandosi contro se stesso, contro la propria leggerezza, anche se farlo, oramai, non aveva più alcun senso.
« Il punto è che volevo a tutti i costi che fra noi andasse avanti sempre così » proseguì, sincero. « Non c’è mai stato un momento in cui io mi sia sentito malato o infetto, quand’eravamo insieme. Mi sentivo a posto, e proprio come tu facevi sempre quello che ti passava per la testa, così io pensavo soltanto a godermi il momento, a essere… beh, a essere il ragazzo che probabilmente sarei stato se non avessi avuto la mia malattia. Mi convincevo che in questo modo fossimo entrambi… naturali. Ma eri tu a non nascondermi niente, eri tu ad essere sempre spontanea, tu a non trovare difficile né raccontarmi dei tuoi più grandi dispiaceri né farmi sapere che l’elastico delle tue mutande era troppo stretto ».
Lei rise, una breve risata tremula ma autentica, e persino lui si lasciò scappare un sorriso divertito.
Quella faccenda l’aveva sempre fatto star male enormemente. Il non poter dare a Miley quella sincerità di cui invece lei si nutriva, la consapevolezza di non poterla mai ripagare con la stessa moneta per tutto ciò che lei era capace di donargli… si era sempre sentito in colpa, per tutto questo, anche se lei, per tanto tempo, non gli aveva mai chiesto nulla, probabilmente pensando che non avesse niente da nascondere. E anche quando alla fine lei aveva capito, quando si era resa conto dell’esistenza di un segreto che si ostinava ad allontanarli, lui non aveva mosso un dito per cambiare le cose. E se davvero le menzogne non erano mai state il suo forte, di certo neppure la sincerità lo era mai stata.
« Io, invece, facevo tutto il contrario » confermò infatti, senza più sorridere. « E’ come se ti avessi rifilato un’enorme bugia tutti i santi giorni, non parlandoti di questa storia. E perdipiù, tu non hai mai fatto nulla che potesse farmi pensare… insomma, che avresti potuto reagire in maniera diversa da come hanno fatto tutti gli altri a cui ho già detto la verità. Sapevo benissimo che non provavi disprezzo per le persone come me, ma anzi le difendevi, ti conoscevo… ma penso che non sia la stessa cosa, sai, non condannare i Lupi Mannari e avere un rapporto con uno di loro. C’è tutta la differenza del mondo, ed è sempre stato questo a frenarmi. Non potevo… non potevo chiederti tanto, ecco ».
E non le stava chiedendo nulla neppure in quel momento. Non le stava chiedendo di guardarlo con gli stessi occhi di prima, di accettarlo con serenità, di mantenere intaccata la loro relazione, nemmeno di non provare ribrezzo nei suoi confronti. Stava semplicemente saldando un debito. E a quel punto, a conti fatti, lei sarebbe stata finalmente libera di scegliere che cosa fare. Di decidere per se stessa e, di conseguenza, per entrambi, mentre fino ad allora era sempre stato lui a scegliere per tutti e due.
« Allora immagino che sarebbe stato tutto molto più semplice, se ti avessi detto che sapevo già tutto » disse Miley con disarmante naturalezza.
Remus la fissò, senza capire, tanto che non apparve nemmeno sconvolto, ma solo parecchio perplesso.
E inevitabilmente, quell’espressione fece sorridere Miley, che annuì appena con aria tranquilla, come a voler confermare quanto aveva appena detto. Finalmente, dopo giorni di forzato silenzio, era lieta di potersi liberare anche lei del peso di quel segreto che aveva dovuto mantenere. Non era stato semplice tenersi tutto dentro, e adesso poteva finalmente vuotare il sacco.
« L’ho scoperto appena qualche giorno fa » spiegò, ancora con quel lieve sorriso. « Mi sono armata di pazienza, ho indagato un po’, e alla fine… ci sono arrivata. In realtà, non so come abbia fatto a non capirlo prima ».
La gigantesca differenza delle loro espressioni mentre si guardavano aveva quasi un che di comico: lui era sbigottito, e i suoi occhi passavano in rassegna il suo viso come in cerca di un suggerimento che gli rivelasse la natura puramente scherzosa delle sue parole; lei, al contrario, era l’immagine della serenità, e appariva chiaro, attraverso il suo sorrisetto, che stesse trovando sinceramente divertente studiare lo sconvolgimento sul volto di Remus mentre, pian piano, guadagnava terreno nel suo sguardo.
« Ho iniziato a pensare che qualcosa non andava quando abbiamo cominciato le nostre lezioni » raccontò, ora più seria. « Durante gli anni passati, avevo notato che spesso non c’eri, e che diverse volte finivi in Infermeria, ma ho sempre creduto che fossi… beh, un po’ deboluccio. Di salute cagionevole, ecco. Solo da quando abbiamo preso a frequentarci più assiduamente per la faccenda delle Pozioni la cosa mi è saltata all’occhio in modo un po’… sospetto. Una volta, non so se ricordi, mi ero accorta di alcuni tagli che avevi sul viso. Mi erano sembrate ferite magiche, ma tu mi hai detto che si trattava soltanto di qualche graffio, così non ho più insistito e ho accantonato la cosa ».
Remus non fece alcuna fatica a ricordare quell’episodio risalente ormai a diversi mesi prima, poiché aveva rappresentato il primo scoglio che aveva dovuto superare in quel tortuoso percorso intrapreso con Miley, il primo momento in cui aveva potuto saggiare quanto fosse scomoda la verità che le stava così gelosamente nascondendo.
« Per tanti mesi non mi sono più fatta domande » riprese lei, lo sguardo vacuo. « Fino a due settimane fa, quando sono venuta a trovarti in Infermeria. Eri… molto nervoso, teso, e avevi ancora quelle brutte cicatrici ben in evidenza, nonostante fossi appena stato dimesso. Poi, quando te ne sei andato, ho incrociato James, Sirius e Peter che ti stavano cercando, e ho chiesto loro cosa ti era successo, visto che non avevo avuto modo di chiederlo a te. Ma, in realtà… beh, non erano i primi a cui avevo fatto quella domanda ». Tornò a guardare Remus, che non pareva ancora essersi ripreso dallo stupore, e proseguì. « Eri appena stato ricoverato quando ho chiesto a Scarlett se sapeva qualcosa, e lei mi aveva parlato di una brutta influenza. Evidentemente non vi eravate ancora messi d’accordo per bene, visto che poi i ragazzi hanno fatto riferimento a un morso che avevi ricevuto a Erbologia da una pianta carnivora ». Sorrise appena di fronte all’espressione sgomenta di Remus, che di sicuro stava rimuginando amaramente su quel disguido, poi continuò a parlare. « A quel punto, potrai capirmi, la mia confusione è davvero arrivata alle stelle. Non sapevo cosa pensare. Avevo appena avuto la conferma del fatto che mi stavi nascondendo qualcosa, e che quel qualcosa, come avevo sospettato, aveva a che fare con la tua salute. Ma non avevo idea, non… non capivo di cosa mai potesse trattarsi. E allora ho cominciato a riflettere. Mi sono messa a letto, mi sono circondata di incantesimi che impedissero a chiunque di disturbarmi, e ho analizzato con tutta l’attenzione possibile ogni mio ricordo riguardo alle tue… avventure in Infermeria » disse con un sorriso. « E, sai, in realtà ci sono arrivata piuttosto in fretta. Ho notato che ti ammalavi tutti i mesi, sempre nello stesso periodo, e ho pensato che fosse fin troppo insolito per trattarsi solo di una coincidenza. Ero già arrivata alla soluzione, ma… non volevo crederci. Così mi sono concentrata sulle tue ferite. Ho fatto qualche ricerca, perché nonostante quello che mi avevi detto ero sempre stata certa che non fossero ferite normali. E avevo ragione. Ma pensare che potesse esserti successo qualcosa di così terribile… è stato difficile accettarlo. Però, beh… alla fine mi sono arresa ».
Si strinse nelle spalle, come a voler dire che non aveva nient’altro da aggiungere, e per l’imbarazzo tentò persino un sorriso che - se ne rese conto un attimo dopo - non aveva davvero nessun senso. Così abbassò lo sguardo, e aspettò che fosse lui a parlare.
Ma Remus stava ancora cercando di realizzare il tutto. Naturalmente, a quel punto fu tutto molto più chiaro. Assurdo, certo, e anche piuttosto sconvolgente, a dirla tutta. Ma indubbiamente chiaro.
Fino ad allora, non aveva minimamente preso in considerazione l’idea che Miley avesse potuto capire tutto quanto da sola. O meglio, quel pensiero lo aveva sfiorato, ma non aveva speso più di un secondo prima di decidere di accantonarlo, perché in effetti la cosa gli era sempre parsa piuttosto improbabile. Ragionando a mente fredda, però, capì che non aveva avuto alcun senso giudicare quell’ipotesi tanto inverosimile. Forse aveva deciso di non rimuginarci troppo su semplicemente perché evitare la questione gli avrebbe fatto maggiormente comodo, e non per la ragione di cui invece era convinto. Ad ogni modo, notare con quanta serenità Miley gli aveva spiegato tutte le fasi del suo ragionamento aveva reso tutto ancora più inaspettato. Non sapeva davvero come accogliere le sue spiegazioni, tanto che rimase a fissarla per un pezzo, con tante cose per la testa e la bocca asciutta e vuota, in attesa di ricevere una scarica di quei pensieri da convertire in parole.
« Ma allora… » fu tutto ciò che riuscì a dire per esordire. « Allora perché non me ne hai parlato ieri sera? Perché non mi hai detto che l’avevi scoperto? »
Lei gli rivolse un’occhiata penetrante, come se stesse cercando di capire se fosse serio o, al contrario, la stesse prendendo in giro.
« Non è ovvio? » replicò infatti, sollevando le sopracciglia, ma lui si limitò a continuare a fissarla. « Volevo che fossi tu a dirmelo, è naturale. Volevo che fosse una tua scelta. Così, quando ti saresti deciso a parlarmene, avrei saputo che ti fidavi davvero di me, e se invece non l’avessi fatto… beh, ai tuoi occhi avrei continuato a non saperlo, perché tu… tu avresti voluto questo, e io avrei rispettato la tua decisione ».
Lo guardò, e mentre Remus rifletteva in silenzio, lottò con i capelli che le schiaffeggiavano il viso, finché non decise di raccoglierli, irritata.
Lui, invece, era così concentrato e pensieroso che non lo avvertì neppure, quel vento che continuava a colpirli senza sosta. Stava pensando a quanto erano state importanti le parole di Miley, e all’immenso valore che lei attribuiva alla fiducia reciproca. Attraverso ciò che lei gli aveva detto, molti dei suoi comportamenti gli apparivano di gran lunga più comprensibili. Il fatto che non gli avesse serbato rancore per il suo ultimo voltafaccia, che avesse mostrato pazienza nei suoi confronti quando le aveva chiesto scusa la sera precedente… tutto questo dimostrava che la sua indulgenza non era semplicemente dovuta alla sua innata bontà, ma piuttosto a una consapevolezza profonda di quelle motivazioni che lo avevano spinto a comportarsi così come aveva fatto tale da impedirle di condannarlo fino in fondo.
Sentirla parlare in quel modo lo spingeva a vergognarsi ancor di più per ciò che aveva fatto, per quel che le aveva nascosto. Eppure, il suo tono era così sereno, così pacato… Non pareva affatto che volesse rimproverarlo per i suoi errori. La sua comprensione lo rassicurava. E gli donava pace.
« Allora… » ripetè in un disperato tentativo di capire ciò che ancora non gli era del tutto chiaro, rivolto più a se stesso che a Miley. A lei venne quasi da ridere. « Allora ieri… tu sapevi… insomma, anche quando… » continuò a farneticare.
E a quel punto, lei non riuscì davvero più a trattenersi, e rise, poggiando il dorso della mano sulle labbra e annuendo ripetutamente.
« Sì, lo sapevo anche in quel momento » rispose, cogliendo al volo il riferimento al loro bacio malgrado Remus non lo avesse citato esplicitamente.
Ricominciò a ridere, incapace di contenersi, e solo il suono vibrante di quella risata fu in grado di riportarlo alla lucidità.
Tutto quello per cui si era tanto angustiato per tutto il giorno era assolutamente ridicolo. O perlomeno, era stata la reazione di Miley a rendere assurde le sue preoccupazioni. Adesso si sentiva molto più leggero, anche se estremamente frastornato, e avrebbe riso di gioia anche lui, così, senza un motivo, se solo non ci fossero state ancora tante questioni da chiarire, fra loro. Questioni che, però, in quel momento parevano infinitamente più abbordabili.
Con questa nuova consapevolezza la scrutò, mentre lei, pian piano, ritornava seria e ricambiava il suo sguardo, chiedendosi come mai non si fosse unito alle sue risate. Così esplorò il suo volto, e cercando e ricercando, vi trovò ancora incollata una sottile ma fastidiosa patina di insofferenza, che non seppe spiegarsi, e che desiderava in tutti i modi strappargli via di dosso, donando così respiro a quella spensieratezza che per troppo tempo rimaneva nascosta, ingabbiata, a soffocare, perché lui non la lasciava mai andare. Perché lui non si lasciava mai andare.
« Cosa c’è che non va? » gli chiese allora in tono sinceramente appassionato, perché da sola proprio non riusciva a capirlo.
Lui tentò di rispondere istintivamente, ma ebbe bisogno di zittirsi e di pensare prima di spiegarsi, o perlomeno di provare a farlo.
« Io non… non immaginavo che avresti reagito così, ecco » rispose infine, esprimendo per la prima volta tutto il suo stupore.
« E ti dispiace? » gli chiese lei, incredula, per poi agitare confusamente le mani e proseguire. « Anzi, prima di tutto… come diavolo pensavi che avrei reagito, sentiamo? Insomma, tu stesso hai detto di sapere come la pensavo su questo genere di faccende… Ho persino fatto un’arringa in favore dei Lupi Mannari, ad Hogsmeade, e ti assicuro che è successo per puro caso, perché allora non avevo il minimo sospetto che tu potessi essere uno di loro… poco ci manca che fondi un’associazione a difesa dei loro sacrosanti diritti, e credevi davvero che non ti avrei capito? La questione mi è sempre stata particolarmente a cuore, lo sai, e non solo per i Lupi Mannari… se non mi credi puoi chiedere ai miei amici, Dylan non mi sopporta più perché gliene parlo in continuazione, ma lo faccio solo perché quel maledetto bastardo non vuole collaborare… comunque, non è questo il punto » risolse infine. « Il punto è che… non capisco proprio che cosa ti aspettassi, Remus. Credevo che mi conoscessi ».
Lo osservò, ma capì di non averlo convinto appieno, tanto che un paio di istanti dopo tornò a ribattere.
« Non si tratta di questo, te l’ho detto » disse. « E’ molto diverso, non… Se difendi i diritti dei Lupi Mannari non significa necessariamente che tu sia disposta a baciarne uno ».
Ma lei sbuffò, scuotendo il capo, e replicò assecondando il proprio impeto, senza pensare.
« Oh, beh, se è andata davvero come dici, devo confessarti che me li aspettavo un po’ più pelosi e irruenti, a dirla tutta! » fece infatti, palesemente sarcastica, e gli rivolse un’occhiata eloquente.
Dopodiché prese un respiro profondo, mettendosi più comoda sull’erba fredda e raccogliendo le idee, perché desiderava con tutto il cuore che Remus capisse fino in fondo ciò che intendeva dirgli, e cioè che lo accettava, che era dalla sua parte, e che nulla di ciò che provava per lui era cambiato.
A quanto pareva, infatti, era lui a non essere capace di vedere se stesso come un ragazzo normale, un ragazzo che aveva subito danni atroci dalla vita, ma che non aveva fatto nulla per procurarseli. E lei intendeva rassicurarlo, in tutti i modi possibili, perché nulla era più importante della sua serenità, in quel momento, e lei avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per donargliela.
« John » gli disse con rinnovata calma, facendoglisi più vicina. « Adesso voglio che mi ascolti. E soprattutto che mi credi. Devi credermi, perché finalmente ora conosco la verità, e posso pensarla come voglio, e decidere quello che voglio, e sarò sincera, te lo giuro ». Tacque per un momento, guardandolo negli occhi e notando l’irrequieta attesa che vi fremeva dentro, poi si decise a proseguire. « Io non ti vedo diverso. Te lo ripeterò all’infinito, finché non ne sarai convinto, perché è assolutamente vero. Quello che ho scoperto mi ha stravolta, e sentirti raccontare tutta quella faccenda è stato ancor più devastante, ma… ha avuto l’effetto opposto rispetto a quello che credevi. Mi ha solo fatto riflettere su quanto tu sia stato coraggioso a reggere una situazione come questa, perché io non ci sarei mai riuscita, nemmeno da adulta, nemmeno… con tutti gli sforzi di questo mondo. E invece tu ce l’hai fatta. Ce l’hai fatta e sei persino stato capace di rimanere puro di cuore come lo eri da bambino, il che è straordinario, perché stai pur certo che una condanna del genere avrebbe incattivito chiunque. Ma non te. E, sai… » Accennò un sorriso, fissandosi le mani, « … quando conosco qualcuno, non c’è niente che mi colpisca di più della gentilezza. Credo che sia… preziosa. E non ne avevo mai trovata tanta in nessun altro. Quindi… non è neanche lontanamente pensabile che io possa dimenticarmi di tutto quanto e vederti sotto una luce diversa solo per quello che ti è capitato. Ti sto guardando e… dimmi, mi vedi diversa? Mi vedi infastidita, o frenata, o… qualsiasi altra cosa ti venga in mente? »
Non ebbe bisogno di una risposta, perché fu il suo sguardo a dargliela al posto suo: c’era tanto sollievo immerso in quel bagliore dorato che Miley lo vide dilatarsi a tutto il volto, un fiotto imperante che non sarebbe riuscito ad arginare neppure se lo avesse voluto. E quest’unica emozione la aiutò a capire di aver fatto davvero qualcosa di buono, parlandogli in modo così sincero. Quelle parole erano state una mano calda sul cuore, ma non soltanto per Remus. Lo erano state per entrambi.
« No » confermò Miley a se stessa, sorridendo appena. « E’ tutto come prima. Io non sono cambiata, il modo in cui penso a te non è cambiato… l’unica cosa diversa è che adesso non abbiamo più segreti. Che non dobbiamo più stare male per le cose che ci teniamo nascoste, e questa è l’unica cosa che ho sperato con tutto il cuore che cambiasse, in quest’ultimo periodo. Nient’altro ». Giocherellò con qualche ciuffo d’erba accanto a sé, per poi concentrarsi nuovamente su di lui, che aveva già da un po’ smesso di sfuggirle e adesso ricercava il suo sguardo. « Nemmeno tu sei diverso » riflettè. « E non devi diventarlo per niente al mondo. Perché sei meraviglioso, Remus. Sei meraviglioso ».
Parlò con trasporto, con energia, con affetto, e sentì che ogni parola che le riempiva la bocca per poi gettarsi immediatamente fuori attraversava la sua mente così rapidamente da non concederle il tempo necessario per capacitarsi di averla davvero prodotta razionalmente. I pensieri fluivano in piena libertà, scivolando attraverso le labbra come sangue pompato dal cuore, e proprio come non poteva controllare quei battiti, non controllava loro, le sue piccole verità per nulla introverse, incapaci di isolarsi, di nascondersi, di zittirsi, ma impazienti di saltare aldilà di ogni barriera per acquistare finalmente forma.
E lui, lui che si era ritrovato improvvisamente serrato nell’abbraccio ristoratore di quelle parole così incredibilmente speciali, per una volta non volle sfuggirgli o osteggiarle, ma le accolse come una dolce medicina, assaporandole una ad una con crescente stupore e scoprendosi improvvisamente bisognoso di ascoltarle. Erano l’unica cura esistente, non soltanto per la sua malattia, ma anche per tutti quegli effetti collaterali che germogliavano da essa, primo fra tutti la sua immortale insicurezza che lui, con la sua sola forza, non era mai riuscito a polverizzare.
Eppure, in quel frangente, fu certo di poter contare non solo sulla sua energia, ma anche su quella che gli aveva infuso la schiera di rassicurazioni che gli si era stretta intorno. Proprio come un esercito fedele, sarebbe stata in grado di attaccare le sue debolezze e proteggere quanto di più positivo aveva inglobato dentro di sé grazie al leale, incrollabile supporto di Miley. E in quel momento sentì di averla più vicina che mai.
Così accolse il suo viso tra le mani e, d’impeto, la baciò, realizzando che non era più inarrivabile come aveva creduto fino a poco prima, perché era lì, proprio lì con lui, e si lasciava stringere, e accarezzava il suo affetto, e non accennava ad andarsene.
Si sentì catapultato all’indietro, alla notte passata, al tremito del loro primo bacio, anche se solo l’amore con cui le labbra di Miley vivificavano le sue non era mutato. E se quella sera aveva tentato di soffocare paura e sensi di colpa attraverso il silenzio di quel magico gesto, adesso stava riversando in lei tutto il desiderio con cui l’aveva attesa. Con cui aveva atteso lei, lei in possesso della verità, lei che non lasciava che la spaventasse, lei che la accettava.
Ed era proprio quella la Miley che adesso gli faceva sentire tutto il proprio amore. Stringendogli le mani, capì di potersi fidare della fiducia stessa che nutriva nei suoi confronti, senza più dover temere che venisse tradita. Perché era proprio quello il limpido significato di quel bacio, e nessuno dei due avrebbe potuto travisarlo. Non ora che entrambi volevano la stessa cosa, non ora che entrambi avevano fatto un passo avanti. Non ora che si erano finalmente ritrovati dopo giorni di totale smarrimento, e che erano l’uno dalla parte dell’altra, senza indugi.
« Grazie » mormorò piano Remus quando si separarono, senza riuscire in alcun modo a trattenersi.
Lei lo guardò dritto negli occhi, ancora vicina a lui, e sorrise con calore, finché quello stesso sorriso non si trasformò in una risata, una risata felice.
« John… » disse, scuotendo appena il capo come in segno di rimprovero, e lo abbracciò forte, finché non lo sentì ridere insieme a lei.








Note della Malandrinautrice: Salve! Come andiamo, gente?
Io sono stremata da questo ultimo periodo scolastico, mi sta distruggendo e sono perennemente impantanata fra i libri. Come sempre, è questo uno dei motivi del ritardo nell'aggiornamento. Ma veniamo al capitolo!
Mmm, direi che ormai ben due coppie sono finalmente sistemate! Per una volta possiamo festeggiare! Definitivamente, aggiungerei. E... nulla, abbiamo solo una piccola cosuccia da chiarire. Remus dice che non conosce l'identità del Lupo Mannaro che lo ha aggredito da piccolo. Beh, abbiamo scritto questo perché ne 'Il Principe Mezzosangue', come anche nella biografia di Remus su Pottermore, si dice che a lungo ha ignorato chi fosse il suo aggressore, per cui approfondiremo in seguito tutta questa faccenda, cioè - ora possiamo confermarlo - nella prossima storia, perché abbiamo deciso di dividerla in due parti. E, come abbiamo già detto nel nostro gruppo Facebook, questa prima parte sarà composta da 50 capitoli. Siamo al rush finale, gente!
Detto ciò, non ci resta che ringraziare di tutto cuore i ventotto splendidi lettori che ci hanno recensito allo scorso capitolo. Leggere le vostre parole di incoraggiamento ci dà sempre una spinta in più per motivarci, migliorarci e andare avanti con passione. Quindi davvero, grazie infinite, siete una gioia, per noi!
E grazie ai 436 delle preferite, ai 106 delle ricordate e ai 421 delle seguite! Ormai siete davvero tantissimi, è fantastico!
Vi lasciamo infine un'immagine di un piccolo frammento della scena Blanks del capitolo: 
http://oi62.tinypic.com/2jfc69.jpg.
E con questi due bellocci vi abbracciamo e vi ringraziamo ancora! Un bacio, ciao!


Simona_Lupin

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