Disney!Gay Klaine in: The Beauty&The Beast

di willbeyoungforever
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Disney!Gay Klaine in: The Beauty&The Beast ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - The Beauty ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - The Beast ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - The Castle ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - The Rose ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Gaston ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Books ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7– The Beauty and the Beast ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - The End ***



Capitolo 1
*** Disney!Gay Klaine in: The Beauty&The Beast ***


Disney!Gay Klaine
in: 

The Beauty & The Beast



Alla fine con pochi voti di scarto ha vinto questa cover....quindi eccola qui!

(Qui l'altra concorrente)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - The Beauty ***


Ciao a tutti, sono Ottavia, una delle tre menti che ha partorito questo folle progetto: trasferire i personaggi di Glee nelle storie Disney, cercando di renderle il più attuali e veritiere possibili. 
Quindi inizio ad avvertirvi che ho eliminato totalmente la componente magica (incantesimi, pozioni trasformazioni cose così) ma i personaggi sono comunque molto riconoscibili rispetto a quelli del cartone animato (almeno a me sembra di si, fatemi sapere!!!)
Poi ho dovuto rendere uno dei personaggi di Glee il classico Villain della Disney (non vi anticipo chi è ma lo potete facilmente immaginare), e un po' mi dispiace per averlo caratterizzato così, ma era necessario.
Per ultima cosa vorrei aggiungere che ho creato questo mondo dove "Gay è ok", ossia essere Gay è assolutamente normale, non è un problema. I due protagonisti si innamorano come conseguenza degli avvenimenti. Quindi tutta la tematica dell'accettazione non è presente proprio perchè non è un problema! (sarebbe davvero bello se esistesse questo mondo...o se il prossimo cartone Disney fosse così!!!)
Vi dico la verità, l'esito di questo progetto dipende da voi: abbiamo già in cantiere le prossime storie ma vogliamo prima capire se vale la pena scriverle!
 
Ma non sto qui a stressarvi con le mie premesse e vi posto il capitolo.
 
Al solito: i personaggi di Glee non mi appartengono, sono opera di RM & Co.
 
 
Capitolo 1 – The Beauty
 
C’era una volta un ragazzo che non somigliava a tutti gli altri. Il suo nome era Kurt Hummel e viveva con il padre Burt in una cittadina di nome Lima. I suoi occhi erano grandi e di una delicatissima tonalità d’azzurro e la sua pelle color avorio lo faceva somigliare quasi una creatura incantata.
Kurt non aveva molti amici, anzi a dir la verità non ne aveva nessuno. Passava le sue giornate in biblioteca o in qualche parco appartato a leggere e a fantasticare su quanto potesse essere bella la vita al di fuori di Lima. Il ragazzo sognava di trovarsi nei mondi fantastici dei suoi libri; in luoghi dove nessuno lo additava come diverso a causa del suo strano modo di vestire, dei suoi modi di fare o per il suo tono di voce troppo acuto. 
 
Il padre di Kurt era un meccanico molto conosciuto e stimato in città e aveva un ottimo rapporto con il figlio. L’uomo si era reso conto da tempo di quanto il ragazzo fosse infelice a Lima. Eppure non sapeva come fare per aiutarlo. Aveva cercato di convincerlo a uscire con qualche suo coetaneo collezionando però solo una serie di insuccessi.
Burt si era così arreso all’evidenza: suo figlio preferiva la compagnia di un libro piuttosto che di qualche altro essere umano all’infuori di lui.
“Papà smettila” lo apostrofò Kurt “io non ci esco con i figli della panettiera, ti ricordi com’è andata l’ultima volta? Bè io si! Dopo aver passato uno dei peggiori pomeriggi della mia vita sono tornato a casa in lacrime. Quegli idioti non hanno fatto altro che parlarmi alle spalle e senza nemmeno avere l’accortezza di farlo sottovoce!”
“Ma magari questa volta è diverso...” cercò di convincerlo Burt, in tono imbarazzato.
“Diverso? Ne sei sicuro? Io sono stanco di sentirmi insultato solo perché cerco di essere me stesso! Papà smettila di assillarti così tanto per me…ti assicuro che mi sta bene passare il pomeriggio a leggere sotto l’ombra di un albero. Non posso chiedere di meglio.”
Burt sapeva che suo figlio mentiva spudoratamente per non farlo preoccupare troppo, e questo lo faceva solo stare peggio.
 
Uno dei problemi più grandi che affliggevano il povero Kurt si chiamava Dave Karofsky. Un ragazzone che viveva a pochi isolati da casa sua e frequentava pure il suo stesso liceo. Karofsky era il classico bulletto popolare e ben visto da tutti. Probabilmente (questo era quello che pensava Kurt) aveva considerato una  sfida personale quella di riuscire a conquistare il cuore del giovane ragazzo, solo per rendergli la vita ancora più insostenibile, per questo lo tormentava continuamente chiedendogli di uscire.
Quando Karofsky, la sera del ballo studentesco, ebbe il coraggio di presentarsi sotto casa di Kurt con un mazzo di fiori, autoproclamandosi con un sorriso beffardo suo cavaliere, il giovane riversò tutta la rabbia accumulata da tempo contro il presunto accompagnatore…
“ Qual è il tuo problema?” sbottò Kurt “Perché continui a tormentarmi? Non capisci che non sei il mio tipo? Non mi piacciono i grassoni sudaticci che saranno pelati a 30 anni.”
Dave  fu colto di sorpresa da quell’inaspettata reazione e sollevando istintivamente il pugno mugugnò tra i denti “ Non provocarmi Hummel….”
“Mi vuoi colpire? Avanti! Colpiscimi!” urlò tutto d’un fiato Kurt “Tanto non puoi cambiarmi. I pugni non cancelleranno la tua ignoranza! Sei solo un bambino terrorizzato che non sa quanto è speciale essere se stessi!”
Karofsky fece un leggero slancio in avanti ma si ritrasse improvvisamente quando vide arrivare Burt preoccupato. Scagliò i fiori addosso al ragazzo, ancora ansante sulla porta e si allontanò gridando “Hummel, te la farò pagare!”
“Kurt…quel ragazzo ti ha toccato? Ti ha fatto qualcosa? Da quanto tempo va avanti questa storia? Devo intervenire?” Burt era visibilmente scosso nonostante avesse assistito solo all’ultima parte della conversazione.
“Papà…tranquillo…non…non è successo nulla …è solo che….Karofsky mi tormenta da mesi ormai….continua a chiedermi di uscire o di passare del tempo con lui….ma io lo so che le sue intenzioni sono altre…desidera soltanto illudermi e farmi soffrire…ma io sinceramente non voglio aver niente a che fare con un troglodita come lui!” svelò Kurt al padre fissandosi intensamente i piedi.
“Oh Kurt…sono così fiero di te!” Disse Burt e in uno slancio di affetto abbraciò il figlio stretto stretto, lì sull’uscio di casa.
*
 
Era una fredda giornata invernale, parecchi centimetri di neve avevano ricoperto totalmente le strade di Lima rendendole totalmente impraticabili. Kurt era indaffarato a sistemarsi una costosa sciarpa griffata per prepararsi ad uscire quando suo padre gli corse incontro agitando una lettera. 
“Kurt…Kurt! Kurt, Dio Kurt corri qui! Ho una grande notizia!”
Kurt si affrettò ad andare incontro al padre che senza permettergli di domandare nulla lo stritolò in un forte abbraccio.“Kurt grandi notizie!”
“Papà…la-lasciami…non –espiro” ansimò il giovane tra le braccia del padre
“Oddio figliolo scusami…è che sono così emozionato” disse l’uomo liberando il ragazzo dalla sua presa infernale. “Hai…hai presente la villa Dalton? Quella che si trova più o meno a mezzora di macchina da qui…”
“Sisi, praticamente quella specie di reggia enorme che appartiene alla famiglia, mmm come si chiamano?”
“Gli Anderson” lo aiutò il padre.
“Ecco si agli Anderson….hanno un bellissimo giardino…ogni tanto quest’estate ci sono passato davanti e immaginavo di sdraiarmi sotto un loro albero a leggere…Eppure è strano…non ho mai visto una finestra aperta o un segno di vita in quella villa…”
“Girano parecchie strane voci a riguardo…” 
“Ma cosa c’entra con noi quella famiglia?” chiese incuriosito Kurt. Non riusciva proprio a vedere un nesso tra gli Hummel e gli Anderson….erano così diversi.
“Vedi mi è appena arrivata una lettera, firmata B. Anderson…penso sia il figlio…a quanto pare in questo momento vive solo nella villa e….aspetta te la leggo così ti è tutto più chiaro…lo sai che non sono tanto bravo con le parole…
 
Signor Hummel
Ho sentito parecchio parlare della sua bravura.
Avrei un lavoro da proporle. 
La aspetto tra una settimana nella mia villa (l’indirizzo lo trova sul retro). 
Porti con se l’occorrente per rimanere lontano da casa: sarà mio ospite per qualche mese. 
Il lavoro è parecchio lungo. 
Non si preoccupi la casa è grande e in questo momento ci sono solo io, il primogenito, e la servitù. 
Non accetto rifiuti.
Mi aspetto di vederla puntuale tra una settimana esatta.
B. A.
 
“Dimmi che non hai intenzione di accettare” chiese Kurt sconvolto.
“Certo figliolo! Quando mi ricapita un’occasione del genere?” rispose il padre di rimando.
“Ma non senti il tono con cui te l’ha chiesto, anzi scusa, ordinato!? Questo è solo un ragazzino viziato…mandalo al diavolo! Non parla nemmeno di un compenso…Papà hai già tanto lavoro qui…”
“Figliolo stai tranquillo….mi mancherai tantissimo, ma questa potrebbe essere una svolta per la mia carriera…”
“Ma non sai nemmeno di che lavoro si tratta!”. Kurt era visibilmente scosso e ormai aveva messo il broncio.
“Ma ha scelto me! Tra tutti quelli che ci sono, lui ha bisogno di me! Sai cosa chiederò per prima cosa a questo ragazzo? Gli chiederò il permesso di far entrare mio figlio nel suo giardino, per leggere sdraiato sotto un albero!”
Kurt sollevò il viso verso il padre, e increspò le labbra in un sorriso appena accennato. I suoi grandi occhi azzurri erano però pieni di lacrime.
“Oh Kurt! Ci vado solo perché so che mio figlio è in grado di cavarsela per qualche giorno a casa da solo. Sembri così fragile, ma in realtà sei una roccia! Un vero Hummel!”
Kurt non rispose. Abbracciò di rimando il padre. Questa storia non prometteva nulla di buono. Se lo sentiva. 
 
 
Aspetto i vostri commenti, recensioni anche insulti se volete!
Grazie a tutti per aver letto.
a presto
Ottavia

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - The Beast ***


Ciao a tutti! Eccomi qui con il secondo capitolo della FF...
Ho solo alcune informazioni di servizio prima di lasciarvi alla lettura:

DLIN DLON
* Ho cambiato Nick, ma sono sempre io, Ottavia. Il cambio è dovuto al fatto che presto pubblicherò una FF di un'altra ragazza, e il vecchio nick era troppo personale XD
* é stato veramente difficile rendere Blaine una bestia credibile, perchè lui è tutto fuorchè mostruoso (anche fisicamente non incute timore nemmeno a una mosca, povero cucciolo!) quindi diciamo che più che una bestia cattiva ho cercato di renderlo inquietante e misterioso...rimanendo sempre nel limite del credibile!
*Ci tenevo a specificare che quando parlo di occhi gialli/dorati mi riferisco a  questa  particolare sfumatura degli occhi di Darren, non immaginatevi Blaine tipo Edward Cullen
 
COMUNICAZIONE DI SERVIZIO TERMINATA!
e ora a voi il capitolo!
 
 
Capitolo 2 – The Beast
 
Accadde tutto velocemente. Troppo velocemente. Kurt non ebbe nemmeno il tempo di realizzare che si ritrovò in ospedale. Il padre, a un giorno della partenza per la villa Dalton, aveva avuto un leggero infarto. Fortunatamente si era già ripreso. I dottori avevano dato la colpa al troppo stress, alla mancanza di sonno e ai ritmi serrati che l’uomo stava sostenendo da qualche giorno. Burt aveva dovuto mettersi sotto per ultimare tutti i suoi lavori arretrati in vista della lunga assenza. 
Kurt in quest’occasione non riuscì proprio a mantenersi calmo; non appena gli fu permesso di incontrare il padre, nella sua stanza d’ospedale, gli urlò contro in lacrime. 
“Te l’avevo detto!” Quella dannata villa! Quel maledetto ragazzino viziato! Ti ha messo pressione e ansia…è tutta colpa sua! Io me lo sentivo! Basta è deciso…tu non ci vai! Nemmeno quando ti sarai rimesso!”
“Kurt…figliolo…” Burt stava cercando di rispondere ma il ragazzo era fuori di sè.
“Papà non sai che spavento mi hai fatto prendere! Gli Anderson si scorderanno degli Hummel prima ancora di averli incontrati!”
“Kurt…siediti -” disse il padre con un filo di voce. Il ragazzo obbedì stava per aprire ancora la bocca quando il padre aggiunse “ – in silenzio.”
“Figliolo, ascoltami.” Iniziò Burt dopo un lungo momento di silenzio intervallato solo dal respiro pesante del giovane. “So che sei parecchio sconvolto. Lo capisco, e mi sento anche molto responsabile. Forse ci ho dato troppo dentro in questi ultimi giorni…però ascoltami, senza protestare. Gli Anderson sono una famiglia veramente importante. Ho un favore da chiederti. Non posso assolutamente dargli buca così. Soprattutto dopo il tono della lettera ricevuta. Per questo, lo so che odierai la mia richiesta, ma fallo per il tuo vecchio….dovresti andare personalmente in villa Dalton a scusarti e a spiegare la situazione. Stai sul vago, dì solo che non sai effettivamente quando mi rimetterò e che appena possibile  mi farò personalmente vivo.”
Kurt spalancò gli occhi e la bocca contemporaneamente. Poi afferrò la mano del padre molto vigorosamente e gli sussurrò “ Tu non metterai piedi in quella villa. Io te lo impedirò. Fosse l’ultima cosa che faccio. Te lo assicuro. Però…” aggiunse il ragazzo distogliendo lo sguardo dagli occhi del padre “se ti può far star meglio l’idea di porgere delle scuse direttamente a quel ragazzo…d’accordo, lo farò. Per te. Sfiderò la neve e andrò in quella stupida villa a spiegare a quell’idiota viziato che per colpa sua e del suo insulso progetto, mio padre è in ospedale.”
“Grazie Kurt” rispose Burt stringendo forte la mano del figlio che aveva ricominciato a singhiozzare.
 
*
 
Kurt il mattino seguente si svegliò molto presto, si coprì bene in quanto fuori stava ancora leggermente nevicando e uscì in macchina. Destinazione: villa Dalton.
Il viaggio durò più del previsto. Le strade erano tutte innevate e il ragazzo era costretto a circolare a velocità molto moderata. Durante il tragitto continuava a ripetersi mentalmente il discorso che si era preparato nella notte. Avrebbe sbattuto la notizia in faccia a quell’idiota senza nemmeno mettere piede in casa. Gli avrebbe detto di scordarsi di suo padre e di trovarsi qualcun altro per i suoi giochetti; e poi se ne sarebbe andato. Trionfante e molto compiaciuto. 
Quando finalmente Kurt vide la villa in lontananza gli mancò leggermente il fiato. Così tutta bianca e innevata era ancora più bella. La sua mente incominciò subito a fantasticare: si immaginò seduto presso un camino a leggere un bel libro sorseggiando una tazza di the.
Dovette scuotere vigorosamente la testa per risvegliarsi da quel sogno ad occhi aperti e ripetersi ad alta voce: “Kurt ricordati il motivo per cui sei qui.”
Parcheggiò vicino al cancello d’ingresso e suonò il campanello dopo aver tirato un grosso respiro. Dopo pochi secondi l’inferriata scattò automaticamente permettendo al ragazzo di entrare. Attraversò il più velocemente possibile il vialetto che conduceva alla porta, ma era coperto da quasi 20 centimetri di neve. Sembrava che nessuno fosse uscito da quella villa da quando aveva iniziato a nevicare. Kurt arrivato sull’uscio si scosse i pantaloni e i capelli tutti pieni di neve. Mentre stava facendo questa operazione la porta si aprì e un gruppetto di individui chiassosi lo accolsero a braccia aperte.
“Ah Signor Hummel entri prego, prego! La stavamo aspettando!” disse un ragazzo molto alto trascinandolo di forza in casa e calciando la porta con il piede. “Il padrone sarà felicissimo di vederla e….wow!” continuò il ragazzo “ma non ci avevano detto che il Signor Hummel era così giovane a aitante! Quanti anni avrai? Non più di 17….”
“Effettivamente sei veramente sexy così tutto innevato….” Aggiunse una ragazza ispanica dai lunghi capelli corvini, che doveva essere una cameriera. “Già il padrone si era immaginato di passare il suo tempo con un vecchio, invece eccoti qui….potresti anche essere il suo tipo….” Continuò la ragazza girando attorno al povero Kurt sfilandogli il cappotto.
“Signorina Lopez la smetta! Cerchi di non spaventare il nostro ospite prima del previsto…” una voce rimbeccò la cameriera che subito ebbe da ridire “Madre de Dios….non si può nemmeno scherzare in questo posto….”. 
“Ma che scherzare e scherzare…. da quanto tempo non ci capita di avere un ospite? Dobbiamo essere…carini” continuò a parlare l’ultimo arrivato avvicinandosi a Kurt. Era un ragazzo giovane con gli occhiali e in sedia a rotelle.
“Signor Hummel” iniziò a parlare “Siamo mooolto lieti di averla con noi….mi scuso in anticipo per i miei chiassosi colleghi….in particolare per il signor Hudson…non riesce mai a trattenersi…è un bambinone….”
Il ragazzo alto che aveva trascinato con forza Kurt in casa stava per aprire la bocca e protestare quando fu subito interrotto da un gesto secco della mano del ragazzo in sedia a rotelle. “Finn non provare a dire che sto sbagliando! Comunque. Caro signor Hummel io sono Artie Abrams uno dei custodi della villa Dalton, quella ragazza laggiù è la signorina Santana Lopez e come avrà capito il mio collega alto si chiama Finn Hudoson.”
“possiamo chiamarla Burt?” intervenì Finn avvicinandosi a Kurt e tirandogli una forte pacca sulla schiena.
Il ragazzo per poco non cadde a terra. Era totalmente frastornato. Menomale che si era ripromesso di non mettere nemmeno piede in quella casa. Invece ora si trovava circondato da un gruppo di pazzi che lo avevano scambiato per suo padre. 
“Io…ehm…” balbettò il ragazzo.
“Ehi ma dove hai la tua valigia?” continuò Finn. “L’hai lasciata in macchina? Devo andare a prendertela Burt?”
Kurt finalmente riuscì a formulare una frase di senso compiuto e a farsi valere. Certo, aiutò anche il tono di voce particolarmente acuto che utilizzò per sovrastare il frastuono che quei pazzi stavano facendo. “Ehi ragazzi…RAGAZZI! Ascoltatemi….io non sono il signor Hummel….nel senso sono un Hummel, ma non sono Burt….sono Kurt suo figlio….sono venuto per parlare di una cosa importante con il padrone di questa casa.” 
A quelle parole calò immediatamente il silenzio. Tutti lo fissavano senza dire nulla e Kurt si guardava attorno spazientito.
“….il signor Burt Hummel quindi non è venuto…” sussurrò finalmente Artie con un tono particolarmente sconvolto.
“No” rispose secco Kurt.
“Pe-perché” domandò Santana titubante.
“Questo non vi interessa. Vi chiedo solo di chiamare il vostro padrone e dirgli che sono qui. Avrei fretta. Voglio tornare a casa prima che ricominci a nevicare”. Santana, Artie e Finn si guardarono velocemente negli occhi e poi fu Finn a ricominciare a parlare:
“Forza…prendi la tua giacca, se-sei ancora in tempo a scappare! Torna a casa, prendi tuo padre e cambia città, anzi stato, così sei più sicuro…” e dicendo questo il ragazzo alto stava spingendo Kurt verso la porta d’ingresso. 
“Ehi Ehi Ehi…ma siete impazziti? Io devo parlare con il Signor Anderson….ho un messaggio da parte di mio padre…” urlò Kurt dimenandosi. 
“Shhh non urlare così forte oppure il padrone ti sentirà…” lo rimbeccò Artie sottovoce guardandosi attorno.
Troppo tardi.
Una porta alle loro spalle si aprì vigorosamente e il gruppetto si girò di scatto. Immediatamente i tre inservienti corsero in silenzio e a testa bassa di fronte alla figura che stava procedendo con passo lento verso Kurt. 
Il ragazzo capì immediatamente che quello doveva essere il Signor Anderson. Eppure non gli era chiaro come potesse incutere così tanto terrore e riverenza una figura così piccola. Kurt lo squadrò velocemente. Ad occhio e croce doveva avere circa la sua età. Si accorse subito che era addirittura più basso di lui. Il suo fisico era prestante, certo, ma non possente come quello di Karofsky per esempio.
Tutto fu più chiaro solo quando il ragazzo giunse proprio di fronte a Kurt e sollevando lo sguardo lo fissò intensamente. I suoi occhi erano tendenti al giallo e totalmente inespressivi. Le folte sopracciglia incorniciavano lo sguardo del ragazzo dandogli un’aria truce, accresciuta dalla barba incolta che gli ricopriva tre quarti del viso. Kurt non poté tuttavia evitare di notare quanto fossero belli i lineamenti di quel ragazzo, nonostante fossero induriti da quell’espressione corrucciata. 
Dopo un momento sospeso di silenzio, il padrone di casa iniziò finalmente a parlare. Kurt non riusciva a capire come mai desiderasse così tanto sentire la voce di quel ragazzo. 
“E così ho sentito bene….tuo padre non è qui.” Disse con tono rude e graffiante. Non era una domanda, ma un’affermazione. Eppure Kurt si sentiva in dovere di rispondere, ma le parole non gli uscivano di bocca. Cercò di far mente locale e di ricordarsi come posizionare la lingua per articolare qualche frase di senso compiuto, eppure niente. Era troppo spaventato. Quegli occhi, quello sguardo così intenso lo avevano sconvolto. Si sentiva attratto ma nello stesso tempo impaurito. Voleva scappare subito, uscire da quella casa e andarsene per sempre; dimenticare quella mattinata tornando a immergersi in uno dei suoi libri. Ma quegli occhi erano li, immobili e inchiodati nei suoi. Kurt dovette prendere un grosso respiro e pensare intensamente a suo padre prima di riuscire a ricordarsi anche solo il suo nome. Perché quel ragazzo gli faceva quello strano effetto? Si voltò verso la servitù e incrociò lo sguardo di Artie. Il custode con un cenno della testa gli fece capire di dire qualcosa. Così Kurt ci riprovò. Aprì la bocca e facendo molta attenzione a non indugiare troppo sul volto del ragazzo che si trovava proprio di fronte a lui iniziò a biascicare qualcosa.
“Ehm…signor Anderson…io sono Kurt Hummel…il –il figlio di Burt. Mio padre mi ha mandato qui per darle una notizia….è…è molto dispiaciuto, ma…ma ieri ha avuto un infarto ed è costretto a letto per qualche tempo…lui…lui si scusa tantissimo per il disagio…”
Ma cosa stava facendo? Si stava scusando? Ma se era colpa di questo ragazzo se suo padre ora si trovava in una stanza d’ospedale e aveva quasi rischiato la vita! Dov’era finita tutta la risolutezza della sera prima? Kurt non riusciva proprio a capire da dove gli fossero uscite quelle parole.
Impassibile. Il padrone di casa era rimasto impassibile. Kurt non riusciva a leggere nulla negli occhi di quel ragazzo. Fino a quando non lo vide serrare le labbra e schiocchiare le dita. Finn si avvicinò e afferrò Kurt dalle spalle. Il ragazzo era interdetto. Non capiva cosa stava succedendo ma era stato colto di sorpresa. Iniziò a dimenarsi scalciando e urlando. Il padrone di casa rivolse uno sguardo a Finn e con il suo tono di voce piatto ordinò a Finn: “Portalo di sopra, e sedalo se necessario.” Poi si girò di nuovo verso Kurt e incatenò i suoi occhi in quelli del ragazzo. Dopo qualche secondo pronunciò queste parole: “Mi era sembrato di essere stato abbastanza chiaro. Avevo preso degli accordi con tuo padre, l’avevo avvertito. Se lui non potrà esserci, rimarrai tu. Nessuno disobbedisce agli Anderson. Nessuno”.
 
 
Ringrazio tutti quelli che hanno commentato la FF, che l'hanno inserita tra le seguite/preferite/ricordate o che l'hanno solo letta!
Fatemi sapere se vi va cosa ne pensate di questo capitolo, e soprattutto ditemi se riuscite a individuare  a chi corrisponde ogni personaggio...in caso contrario nel prossimo capitolo faccio una bella lista, così vi è tutto più chiaro!
Ottavia

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - The Castle ***


Ciao a tutti! Ecco a voi il terzo capitolo della FF, lo definirei un capitolo di passaggio....ma è necessario per conoscere bene tutti i personaggi di questa storia!
Buona lettura




Capitolo 3 – The Castle
 
Kurt si svegliò con un grande mal di testa. Si guardò in giro cercando di capire dove si trovava. Quella non era la sua stanza. Non la riconosceva proprio. Si sollevò lentamente tenendosi il capo. Gli girava tutto.
Lentamente i ricordi gli riaffiorarono nella mente. Suo padre. Il discorso con il signor Anderson. Il suo tentativo di sfuggire alla presa di Finn e infine l’ago che penetrava nel suo braccio. E poi solo il buio. Anzi no, si ricordava anche quegli occhi giallo dorati che lo fissavano intensamente. Kurt cercò di sollevarsi dal letto ma una mano lo afferrò dolcemente per la spalla.
“Ti sei svegliato caro.” A parlare era stata una ragazza bionda dai capelli corti e sbarazzini. Era molto bella anche nel suo completo da cameriera bianco e viola, coordinato addirittura con un buffo cappellino. “Io sono Quinn Fabray, una delle cameriere della villa Dalton. È meglio se andiamo d’accordo per il periodo che rimarrai qui…è brutto non avere amici, soprattutto se ti trovi nell’ultimo posto dove vorresti essere…”
“Co…cosa? Ma io non ho assolutamente intenzione di rimanere qui un secondo di più! Mio padre sarà preoccupato! Che ore sono?” dicendo questo Kurt si affrettò a scivolare giù dal letto e ad avvicinarsi alla porta per uscire. Ma la trovò chiusa a chiave. Il ragazzo si girò con gli occhi sbarrati verso Quinn che si mordicchiava le labbra sconsolata “Mi spiace, ma il padrone ha ordinato di non farti uscire…siamo riusciti a convincerlo a darti questa stanza degli ospiti…sembri così delicato…” fu tutto quello che la cameriera riuscì a balbettare.
“Non esiste” Kurt stava dando fuori di matto, “Io devo andarmene…Mio padre non sa dove sono! Sarà preoccupatissimo! E l’ansia farà peggiorare solo le sue condizioni di salute…come può permettersi quel ragazzino impertinente di tenermi chiuso qui in questa stanza? Io lo denuncio! Appena esco da qui lo denuncio!”. Dicendo questo il ragazzo continuava a camminare avanti e indietro per la stanza mettendo tutto sottosopra.
Quinn spaventata si era appiattita contro una parete aspettando che si calmasse. Infatti dopo qualche minuto Kurt si accasciò sul pavimento rannicchiato singhiozzando sonoramente. La cameriera si avvicinò lentamente e gli mise una mano sulla spalla.
“Non è poi così male qui sai….noi non siamo malaccio…certo il padrone è un osso duro, ma se stai attento potresti anche non incontrarlo per settimane. La villa è così grande…so che vorresti essere a casa tua, ma ora non è possibile. Le cose non sono andate come voleva il padrone, e questo l’ha fatto molto arrabbiare. Ma vedrai che in poco tempo si calmerà e le cose si sistemeranno. Non devi sentirti solo. Ci siamo qui noi”
Kurt singhiozzando si aggrappò alla spalla della cameriera e tra le lacrime disse “ Non è la solitudine che temo. Io non…non ho mai avuto amici…io…io voglio solo tornare a casa da mio padre…”
Quinn gli accarezzò i capelli e lo cullò per qualche minuto sussurrandogli una dolce canzone nelle orecchie. Non ci volle molto che il ragazzo si addormentò tra le braccia della ragazza.
 

*

 
Questo risveglio fu forse peggiore del precedente: Kurt si ricordava perfettamente dove si trovava. Quella non era casa sua. Non c’era suo padre. C’era solo una villa fredda ed enorme, con un ragazzino viziato e arrogante che lo teneva rinchiuso in quella stanza. Eppure quel ragazzo aveva qualcosa che attirava tantissimo Kurt. Se non fosse stato troppo preoccupato per la sua condizione di prigioniero o per suo padre avrebbe davvero desiderato conoscerlo meglio. Era la prima volta che gli capitava di voler interagire con un altro essere umano. Il signor Anderson era avvolto da un alone di mistero quasi quanto i migliori personaggi dei suoi romanzi.
Kurt si guardò attorno e incontrò subito gli occhi chiari della cameriera che gli sorrise dolcemente. “Ciao Kurt” .
“Salve Quinn” rispose Kurt increspando le labbra in quello che poteva sembrare un sorriso. Non era ancora pronto a lasciarsi andare in quella situazione, anche se quella ragazza era stata veramente gentile con lui. “Che giorno è?” domandò il ragazzo che aveva perso totalmente il senso del tempo.
“Kurt, gioia sono passati due giorni da quando sei arrivato qui…”
Kurt spalancò i suoi grandi occhi azzurri e stava per parlare ma la ragazza lo batté sul tempo “non preoccuparti Kurt, abbiamo chiamato, all’insaputa del padrone, l’ospedale dove si trova tuo padre per avvisarlo che starai qui per un po’. Gli abbiamo detto di non preoccuparsi che stai bene. Ci ha solo raccomandato di farti mangiare sano. Sembra un uomo molto simpatico…”
Kurt tirò un sospiro e si accasciò nel piumone. Gettò un’occhiata oltre le tende della grossa finestra e notò che stava ancora nevicando.
Si girò sul lato rivolto verso Quinn e le sussurrò: “Così sono prigioniero qui fino a…”
“Io non userei quella parola. Però direi fino a quando vorrà il padrone…”
“Ma qui decide tutto lui? È un ragazzino come noi….perchè vi fate controllare così?” domandò disgustato Kurt
“Perché non possiamo fare altrimenti Kurt. Noi lavoriamo per lui…Ah Finn ti porge le sue scuse….non voleva assolutamente farti del male, ma tu ti dimenavi così tanto che è stato costretto a sedarti…”
Kurt fece un leggero cenno con il capo e si accoccolò ancora più sotto il piumone.
Quinn canticchiando una canzone iniziò a  sistemare la stanza spolverando quando improvvisamente la pancia di Kurt brontolò rumorosamente. La cameriera fece un leggera risata che imbarazzò molto il povero Kurt.
“Kurt non arrossire così! Hai le tue ragioni per avere fame…sono due giorni che non mangi…vado a prenderti qualcosa…aspettami qui.”
Quinn scomparve dalla porta facendo scattare nuovamente la serratura.
Kurt era in trappola. Eppure si sentiva protetto in quella stanza. Se solo non fosse stato per la presenza inquietante di quegli occhi dorati che si sentiva continuamente addosso, poteva anche ritenersi tranquillo. Ma sapere di trovarsi sotto lo stesso tetto con quel ragazzo lo faceva star male.
Quinn tornò dopo qualche minuto, ma non più sola. Questa volta era seguita da tutto lo strano gruppetto che aveva conosciuto al suo arrivo. C’erano anche dei volti nuovi che non aveva ancora visto. Una ragazza piccola e mora che saltellava attorno a Quinn, una ragazza di colore vestita di verdino e una ragazza asiatica con dei lunghi capelli neri.
A capo del gruppo c’erano naturalmente Finn e Artie, affiancati da Santana che indossava una gonna vertiginosamente corta. Sicuramente l’abbigliamento più sconsigliato per fare le pulizie.
“Hola Kurt” lo canzonò la cameriera e Kurt non potè far altro che sorridere e fare un cenno del capo.
“Kurt che bello vederti….Quinn ci ha impedito di entrare qui fino a quando non ti fossi svegliato…avevo così tanta voglia di chiederti scusa per l’altra sera…” iniziò a parlare velocemente Finn.
“Si…tranquillo ora va tutto bene”
“AAAAH! Ciao Kurt! Io sono Rachel Berry….sono un’apprendista cameriera e sono sotto la custodia della signorina Fabray….sono così contenta di conoscerti…assaggia il cibo che ti abbiamo portato…ho aiutato anche io a preparalo…fammi sapere cosa ne pensi….”
A parlare era stata la ragazzina mora con la frangetta. Anche lei indossava quel buffo cappellino lilla. Osservava con i suoi grandi occhi castani Kurt mentre assaggiava un pezzo di torta che aveva preparato personalmente e solo quando il ragazzo le rivolse un sorriso compiaciuto la ragazza si sentì più tranquilla. Saltellando si avvicinò a Quinn che le accarezzò dolcemente i capelli.
Tutto il gruppo si sedette in stanza a chiacchierare mentre aspettavano che Kurt finisse di mangiare. Poi fu la ragazza di colore a prendere la parola.
“Via ragazzi, tornate ai vostri lavori, io e Kurt abbiamo del lavoro da fare….non può mica rimanere per sempre vestito così no? Fuori….Fuori….TUTTI FUORI!” e dicendo queste parole la ragazza cacciò tutti dalla stanza. Kurt riuscì solo a vedere Rachel che saltellava felice vicino a Quinn, e Finn che litigava con Artie per decidere l’ora in cui avrebbero portato Kurt a fare un bel giro del castello.
“Ah finalmente siamo soli Kurt” disse la ragazza sorridendo. “Io sono Mercedes Jones, e sono la stylist del padrone, sono qui per aiutarti, devi cambiarti assolutamente….quei vestiti sono tutti sporchi….vieni con me….ho alcuni vestiti che ti andranno bene sicuramente. Sono del padrone ma non li usa mai…dovrebbero andarti bene….forse dovremo fare qualche ritocco alla gamba del pantalone….mi sembri decisamente più alto del Signor Anderson…” dicendo questo Mercedes si era già immersa nell’armadio e stava lanciando completi addosso a Kurt che imbarazzato riuscì solo a farfugliare “Ma il padrone è d’accordo?”.
Padrone. Che termine stupido per quell’idiota. Ma d’altronde non sapeva nemmeno come si chiamava quel ragazzo.
“Suvvia Kurt….Occhio non vede, cuore non duole….non se ne accorgerà nemmeno. Ma sei ancora qui? Fila in doccia a lavarti.”
Kurt obbedì. Aveva proprio bisogno di una doccia rigeneratrice.
Appena finitò trovò Mercedes seduta sul divano con ago e filo ad allungare l’orlo di alcuni pantaloni.
“Oh eccoti caro….ti ho sistemato qui alcuni completi….dimmi tu quale preferisci….secondo me questo colore si sposa perfettamente con i tuoi occhi….provalo. “
E senza dare nemmeno il tempo a Kurt di controbattere, gli lanciò tra le mani un paio di jeans chiari e una maglietta rigata bianca rossa e blu. Kurt si infilò velocemente i vestiti. Effettivamente gli stavano perfettamente.
Mercedes tutta contenta applaudì e sistemò altri completi nell’armadio di Kurt “Poi te ne porterò altri….questi comunque dovrebbero bastare per qualche giorno!”
Ora aspetta qui vado a chiamare Mr Hudson e Mr Abrams….erano così impazienti, soprattutto Finn, di farti fare il giro della villa….ci vediamo Kurt…Stai da Dio!”. La stylist uscì velocemente dalla stanza richiudendola a chiave lasciando il ragazzo solo a contemplarsi nello specchio. 



Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento...le cose inizieranno a farsi serie dal prossimo! Aggiornerò presto, ve lo prometto!
Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite/preferite/ricordate, a chi ha commentato e tutti quelli che hanno solo letto!
Se avete voglia lasciate un commento o una recensione che fa sempre piacere :-)

Prima di lasciarvi vi scrivo, per chiarezza, la corrispondenza di ogni personaggio:

Belle: Kurt
La Bestia: Blaine
Gaston: Karofsky
Maurice, il padre: Burt
Lumiere, il candelabro: Finn
Tockins, l'orologio: Artie
Mrs. Bric: Quinn
Chicco: Rachel
LeTont, aiutante di Gaston: Azimio
Spolverina, lo scopino: Santana
Sultano, il cagnolino: Tina
Guardaroba: Mercedes

Spero di non essermi dimenticata nessuno!
al prossimo aggiornamento!
Ottavia


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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - The Rose ***


Ciao a tutti!
Vi posto il quarto capitolo in anticipo di un giorno, spero gradirete!


Capitolo 4- The rose
 
Nel giro di qualche minuto Artie e Finn erano già in stanza e lo stavano trascinando fuori.
Kurt era riluttante a fare un giro per la villa. Aveva paura di incontrare il padrone e non sapeva assolutamente come fare per affrontare ancora una volta quello sguardo inquisitore. Ma i due custodi gli assicurarono che il padrone era in studio, e non sarebbe uscito fino a sera.
Kurt si lasciò così trascinare per un lungo tour della villa. La casa era decisamente antica, ma ben curata. La servitù faceva proprio un bel lavoro per tenerla pulita. Alle pareti erano appesi quadri dei famigliari Anderson, ma non ce n’era nemmeno uno che ritraeva il giovane padrone.
Saliti al secondo piano Artie e Finn si sentirono in obbligo di avvisare Kurt di non andare mai e per nessun motivo nella stanza che si trovava in fondo al corridoio destro. Ossia la stanza del padrone.
Come non detto. Kurt era troppo curioso, voleva assolutamente conoscere meglio quello strano ragazzo che da una parte lo inquietava ma nello stesso tempo lo attirava incredibilmente. Così senza troppa fatica riuscì a seminare le sue due guide che erano intente a litigare per decidere se portare Kurt prima a visitare la cucina o le mansarde.
Kurt sgusciò lentamente lungo il corridoio e si intrufolò nella camera.
La stanza era al buio, l’unica luce che penetrava proveniva dalla finestra sul fondo, che però era parzialmente coperta da una vecchia tenda. Kurt capì quasi immediatamente che in quella stanza non era permesso l’ingresso a nessuno, nemmeno alla servitù. Tutte le cose personali del signor Anderson erano sparse in modo disordinato: vestiti, quaderni, e altri oggetti indefiniti che Kurt non riusciva a distinguere nella semioscurità.  La sua attenzione fu attratta quasi subito da una serie di quadri accatastati contro una parete. Il ragazzo si avvicinò lentamente, cercando di farsi strada tra le cianfrusaglie che ricoprivano la stanza. Ne  prese uno e cercò di portarlo sotto la luce. Il quadro conteneva una foto non molto recente di una famiglia benestante. Padre madre e figlio di circa cinque anni. Kurt riuscì a riconoscere a stento in quel bambino dai capelli ricci il ragazzo che in pratica lo teneva prigioniero in quella villa. Era così diverso. Sembrava spensierato, felice . il suo viso era attraversato da un enorme sorriso e i suoi occhi erano luminosi. Quello sguardo dorato che tanto l’aveva spaventato giorni prima, in questa foto non faceva altro che addolcire il musetto del bambino. 
Kurt posò la foto dove l’aveva trovata e continuò a guardarsi attorno. La sua attenzione questa volta fu catturata da qualcosa di diverso. Sotto la finestra centrale si trovava una vecchia chitarra impolverata.
Il ragazzo si stava avvicinando per osservarla meglio, quando i suoi piedi calpestarono dei fogli. Kurt si piegò, li prese e li mise sotto la luce sottile che penetrava dalla finestra. Erano degli spartiti scritti a  mano. Il ragazzo trattenne il fiato per qualche secondo mentre faceva scorrere quei fogli.
Come poteva essere anche solo lontanamente immaginabile, che un ragazzo burbero come Anderson fosse in grado di scrivere delle canzoni? E soprattutto così belle e commoventi. Kurt si soffermò più del dovuto su uno di quei testi. Era accartocciato e presentava parecchie cancellature e correzioni. Prima ancora di riuscire ad arrivare alla fine del testo Kurt stava piangendo calde lacrime. Quella canzone sembrava scritta appositamente per lui.  Nessuna parola era mai riuscita a colpirlo così profondamente.  Nel giro di pochi minuti fu investito da quel grande senso di solitudine che per anni aveva cercato di sopprimere e nascondere rifugiandosi nei suoi libri. La cosa strana era che proprio li, in quel momento, in lacrime e tra le mura di quella casa si sentiva bene, libero di essere se stesso  senza essere giudicato da nessuno.  Non si sentiva per niente solo, e tutto grazie a delle semplici parole scritte su un foglio ingiallito e accartocciato. “Not Alone” era il titolo della canzone che proseguiva così:
 
I've been alone
Surrounded by darkness
I've seen how heartless
The world can be

I've seen you crying
You felt like it's hopeless
I'll always do my best
To make you see

Baby, you're not alone
Cause you're here with me
And nothing's ever gonna bring us down
Cause nothing can keep me from lovin' you
And you know it's true
It don't matter what'll come to be
Our love is all we need to make it through

Now I know it ain't easy
But it ain't hard trying
Every time I see you smiling
And I feel you so close to me
And you tell me

Baby, you're not alone
Cause you're here with me
And nothing's ever gonna bring us down
Cause nothing can keep me from lovin' you
And you know it's true
It don't matter what'll come to be
Our love is all we need to make it through

I still have trouble
I trip and stumble
Trying to make sense of things sometimes
I look for reasons
But I don't need 'em
All I need is to look in your eyes
And I realize

Baby I'm not alone
Cause you're here with me
And nothing's ever gonna take us down
Cause nothing can keep me from lovin' you
And you know it's true
It don't matter what'll come to be
Our love is all we need to make it through, ooh

Cause you're here with me
And nothing's ever gonna bring us down
Cause nothing, nothing, nothing can keep me from lovin' you
And you know it's true
It don't matter what'll come to be
You know our love is all we need
Our love is all we need to make it through

 
 
Kurt stava ancora singhiozzando quando accadde il peggio. La porta si spalancò con forza. Il ragazzo alzò gli occhi terrorizzato: di fronte al suo sguardo si stagliava il padrone di casa.
Kurt non aveva contatti diretti con lui dal primo giorno che era entrato in quella villa, ma il ricordo era ancora vivido nella sua mente. Eppure lo shock fu incredibile: quegli occhi erano, se possibile, ancora più cattivi della prima volta. D’altra parte Kurt stava rovistando tra cose non sue, era nell’unico posto in cui non avrebbe mai dovuto essere, e molto probabilmente stava leggendo una pagina che racchiudeva i più nascosti segreti di quel ragazzo.
Mille sentimenti contrastanti affliggevano il povero Kurt. Si sentiva colpevole, spaventato ma nello stesso tempo ancora più attratto da quell’individuo contorto che era riuscito, con un testo a penetrare così profondamente nel suo animo.
Il ragazzo si avvicinò con passo svelto verso di Kurt e strappandogli con decisione i fogli dalle mani. Gli diede una veloce occhiata e poi afferrò Kurt per un braccio. Fissandolo intensamente con I suoi occhi striati di giallo sibilò con un tono adirato.
“Cosa stai facendo nella mia stanza”
Kurt cercò di balbettare qualcosa ma fu immediatamente scaraventato contro il letto. Com’era possibile che un ragazzo così minuto possedesse tutta quella forza?
“Perchè sei qui? Chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia camera!?” esplose con rabbi il padrone “Hai tutta la casa per te e entri proprio qui? E leggi pure le mie cose  private? COME TI PEREMETTI?”
Kurt era terrorizzato. Tremava visibilmente e le lacrime ripresero a scorrergli lungo le guance.
Tra tutte le cose che poteva dire e soprattutto non dire, Kurt pronunciò le uniche parole che si sentiva in quel momento
“é bellissimo” lasciando totalmente sconvolto il suo interlocutore.
“Quel te-testo che hai scritto è bellissimo…è è…come se…come se mi avessi letto dentro…io non ca-“
“STAI ZITTO! VATTENE!” urlò Anderson strappando tutti gli spartiti e tirando un calcio alla chitarra che si trovava alle sue spalle “NON VOGLIO MAI PIU’ VEDERTI…ESCI DA QUESTA VILLA…TORNATENE DAL TU STUPIDO PADRE E CONTINUA A VIVERE LA TUA SPLENDIDA E SPENSIERATA VITA….SCOMPARI DALLA MIA VISTA”.
Queste parole investirono Kurt come una valanga. Come poteva anche solo azzardarsi a parlare così di suo padre e della sua vita senza condizione di causa? Raccolse tutto il suo coraggio e rialzandosi in piedi sbottò contro quel pazzo che si trovava di fronte:
“Come ti permetti di parlare così di me e della mia famiglia? Tu pensi che la mia vita sia piacevole e spensierata? Bè ti sbagli la mia vita è una merda! Un complete inferno! E quel testo che hai appena strappato…ecco quello esprimeva esattamente tutto quello che sentivo e come avrei voluto sentirmi. Non riesco nemmeno a capacitarmi che la stessa persona che si trova qui, davanti ai miei occhi e che mi sta insultando gratuitamente sia riuscita a scrivere una cosa così genuina e toccante….perchè!…perchè io dico hai paura di mostrare quello che sei? Perchè ti nascondi dietro questa maschera di rabbia e indifferenza? Perchè ti comporti da emerito stronzo con tutti e tutto? Cosa ti è successo? Dov’è finite quel ragazzo che ha scritto quel testo? Perchè sinceramente io davanti a me vedo solo un grandissimo coglione che non otterrà mai niente dalla vita se non odio!”
Kurt era ansante. Aveva rigurgitato quel fiume di parole addosso al suo interlocutore senza prendere quasi mai fiato. Le lacrime continuavano a bagnargli il viso ma in qualche modo si sentiva in dovere di fissare l’altro diritto negli occhi.
Dopo un attimo di stupore il ragazzo riprese sicurezza e intimò nuovamente Kurt di lasciare la sua villa. “HO DETTO VATTENE! NON SONO AFFARI TUOI….ESCI IMMEDIATAMENTE DA QUESTA CASA!”
Kurt questa volta non se lo fece ripetere più. Si girò immediatamente e iniziò a correre lungo la rampa di scale, evitò Finn Artie e molti altri servitori, che evidentemente dopo aver sentito tutto quel rumore erano accorsi per vedere cosa stava succedendo, corse verso l’ingresso e uscì scomparendo inghiottito dalla tormenta.



Piccola noticina:
So che questa è una FF Klaine ma mentre scrivevo non sono riuscita a trattenere la mia anima CrissColfer, così mi sono presa la libertà di mischiare le cose inserendo la canzone di Darren "Not Alone" (non ve la linko perchè tanto so che la conoscete tutti!).
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa decisione!

GRAZIE INFINITE A TUTTE LE PERSONE CHE HANNO INSERITO LA STORIA TRA LE PREFERITE/SEGUITE/RICORDATE A TUTTI COLORO CHE COMMENTANO LA STORIA E A CHI LA LEGGE E BASTA (ricordatevi, voi che leggete silenziosamente che non mordo e mi piacerebbe molto leggere anche qualche vostra opinione...anche insulti non ci sono problemi! è sempre positivo avere un riscontro da terzi!)

HAPPY ONE YEAR ANNIVERSARY KLAINE!
al prossimo aggiornamento (martedì per la precisione)
Ottavia
 

 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Gaston ***


Ciao a tutti!
Ecco a voi come promesso il quinto capitolo della FF :-)


Capitolo 5 - Gaston
 
“Smettetela di fissarmi così!” il padrone di casa sbottò con rabbia contro il gruppetto di spettatori attoniti che si era venuto a creare nel corridoio. Anche se non avevano assistito a tutta la conversazione quel poco che avevano sentito era stato sufficiente per capire la gravità della situazione che si era venuta a creare. Il signor Anderson stava per girarsi e tornare nella sua stanza quando Quinn prese tutto il suo coraggio e si avvicinò al suo superiore afferrandolo con forza per il braccio.
“Signorina Fabray come si permette?”
“Senta lei! Io sinceramente non so come faccia, ma a quanto pare non ha problemi a riuscire ad addormentarsi tutte le sere sapendo di essersi comportato da emerito stronzo o da grandissimo coglione, ma non sarà cosi facile dormire sapendo di essere un assassino!” Quinn gridò queste parole direttamente in faccia al suo padrone, fissandolo dritto negli occhi. Erano anni che nessuno si permetteva di rivolgersi così al signor Anderson (a parte Kurt pochi minuti prima).
Finn Artie Santana Rachel e Mercedes erano rimasti a bocca aperta. Non si aspettavano una reazione del genere, soprattutto da Quinn, che senza attendere una risposta fulminò nuovamente con lo sguardo il suo padrone prima di allontanarsi spingendo via tutto il resto della servitù.
 

*

Kurt stava guidando da più di un quarto d’ora lungo quelle strade innevate, ma sinceramente non sapeva di preciso dove si trovava. La neve scendeva ininterrottamente da giorni e viaggiare in auto era decisamente pericoloso, anche con il suo SUV. Aveva trovato la sua macchina subito fuori dal cancello della villa Dalton con le chiavi appoggiate sul sedile. Senza pensarci due volte aveva iniziato a farsi largo in quella distesa bianca fermamente deciso a tornare a casa da suo padre e dimenticarsi quei giorni infernali.
Per il ragazzo era però impossibile capire se si trovasse sulla strada che conduceva a Lima. Per questo non appena vide un gruppetto di macchine parcheggiate sul lato della strada accostò, scese dal SUV maledicendosi per non aver afferrato una giacca prima di fare la sua uscita drammatica (indossava ancora i jeans e la maglietta che Mercedes aveva scelto per lui) e accorse verso le macchine. Non fece nemmeno in tempo a bussare sul finestrino di una di quelle che la portiera si aprì lasciando scendere una figura alta e robusta. Kurt ci mise meno di un secondo per realizzare che tra tutte le macchine che poteva trovare (non che in quel momento ce ne fossero molte per strada) aveva scelto proprio quella di Karofsky.
“Merda” fu il primo pensiero che gli venne in mente.
“Ehi ragazzi…guardate chi si rivede” tuonò Dave chiamando al rapporto tutti gli altri.
Perfetto, erano 8 contro 1. Kurt era spacciato. Karofsky non si sarebbe mai fatto sfuggire quell’occasione: aveva finalmente la possibilità di vendicarsi, di fronte a tutti i suoi amici dell’umiliazione ricevuta al ballo.
Kurt cercò di indietreggiare, per riavvicinarsi al suo SUV ma a uno schiocco di dita di Dave si sentì afferrare per le spalle.
Gridare e scalciare era inutile, Kurt lo sapeva, erano soli su quella strada. Così decise di chiudere gli occhi. L’unica cosa che poteva sperare era che Karofsky e gli altri alla fine avessero pietà di lui, e che non lo conciassero troppo male per dargli la possibilità di tornare a casa.
Ricevette immediatamente una ginocchiata nella pancia che lo fece ansimare, ma strinse i denti cercando di non gridare. Non voleva dar loro questa soddisfazione.
“Slacciagli i jeans e voltalo Azimio” tuonò Karofsky dopo avergli assestato un altro calcio sempre nello stomaco. Kurt a queste parole sbarrò gli occhi sconvolto. No, non poteva essere vero!
 “No Dave, ti prego non farlo…ti-ti prego” iniziò a supplicarlo Kurt.
“Dov’è finita tutta la risolutezza di quella sera? E comunque pensavo che ti piacesse questo genere di cose….” Mentre diceva queste parole Karofsky si stava sfilando la cintura di cuoio dai Jeans. Invece di gettarla a terra la fece schioccare nelle mani e aggiunse “Mmmm forse questa ci potrà venire utile….cosa ne dici Hummel?” e intanto era passato ai bottoni dei jeans. Kurt si stava dimenando con tutte le sue forze dalla presa di Azimio, riuscì infatti a piantargli un calcio in mezzo alle gambe che gli permise di allontanarsi. Ma non per molto, visto che altri due ragazzi gli furono subito addosso.
Quando ormai Kurt non vedeva più nessuna via di scampo sentì dei fari alle sue spalle. Non sapeva cosa stesse succedendo, ma si era accorto che i due ragazzi che lo avevano afferrato si erano distratti. Sfruttò il momento per sgusciare via nuovamente e cercare di mettersi in salvo. Questa volta era Karofsky che lo stava inseguendo quando cadde a terra in seguito a qualcosa che lo aveva colpito sulla testa. Una pietra, pensò Kurt.
Proprio così. I fari che avevano permesso a Kurt di liberarsi erano quelli della macchina del signor Anderson. Il ragazzo dagli occhi dorati era proprio lì, di fronte a lui con in mano altre pietre. Karofsky si stava rialzando quando Kurt sentì Anderson gridargli “Sbrigati! Corri nella mia macchina e chiuditi dentro! Qui ci penso io!”
Il ragazzo era troppo spaventato ma non voleva lasciare il suo salvatore da solo ad affrontare 8 ragazzi grossi il doppio di lui. Fece un cenno con la testa di diniego, ma fu immediatamente fulminato da quegli occhi così decise di seguire il consiglio e di entrare nella macchina.
Osservare la scena dai finestrini era terribile. Anderson era molto veloce e assestava colpi a destra e a manca. Ma gli altri erano troppi e troppo grossi. Karofsky gli tirò un pugno dritto sul naso e Kurt riuscì a vedere solo la neve dipingersi di rosso. Poi fu la volta di Azimio che gli assestò un altro colpo sempre sulla faccia. Questa volta Anderson barcollò vistosamente. Kurt aveva già la mano sulla maniglia della portiera. Poteva essere abbastanza veloce per correre a prenderlo e riportarlo in macchina. Poteva farcela. Se lo sentiva.
Quando in lontananza si sentì il suono di una sirena.
Karofsky e gli altri si guardarono in giro imprecando e immediatamente voltarono i tacchi correndo verso le loro auto spaventati. Nel giro di pochi secondi erano già scomparsi, inghiottiti dalla neve.
Kurt riprese a respirare. Non sapeva bene da quanto tempo stava trattenendo il fiato. Cercò di scendere ma l’altro fu più veloce e ripulendosi dal sangue salì in macchina. Senza dire una parola accese il motore e fece velocemente retromarcia. Kurt era interdetto, ma riuscì a balbettare ugualmente qualcosa.
“Ma…ma e la mia macchina? Non la vorrai mica lasciare qui?”
“Manderò qualcuno a riprenderla.” Rispose il guidatore secco.
“e la polizia? Non l’aspettiamo? Possiamo denunciare quei pazzi!” insistette il ragazzo
“Quella è la sirena di un’ambulanza, quegli idioti non se ne sono nemmeno accorti…e comunque non sta nemmeno venendo da questa parte…”
“Allora fammi almeno guidare! Tu stai sanguinando!”  cercò di controbattere ancora Kurt.
“e tu invece ti sei preso due calci nello stomaco che avrebbero steso chiunque , sei talmente spaventato che ti tremano le mani oltre che bagnato fradicio.” e dicendo questo aumentò l’aria calda dirigendola tutta verso Kurt che sconsolato si accasciò sul sedile, pensando che tutto sommato Anderson era un buon osservatore.
Si girò sul lato e guardandolo intensamente con i suoi occhioni azzurri chiese sottovoce “Stai bene?”.
Il guidatore sempre fissando la strada fece solo un cenno con il capo.
Kurt sentiva le palpebre pesanti, probabilmente a causa dell’aria calda che c’era in quella macchina. Ma non voleva addormentarsi. Aveva così tante domande da fare a quello strano ragazzo. Forse doveva incominciare a ringraziarlo.
“Grazie” sussurrò mentre i suoi occhi si erano quasi praticamente chiusi.
“Certo che Mercedes poteva darti anche una mia giacca oltre a quella maglietta…starai morendo di freddo…” e dicendo questo alzò ancora l’aria calda.
Kurt non sentì quest’ultima frase, perché ormai stava già dormendo e non vide neppure il sorriso dolce che per un istante illuminò il volto del guidatore.

 

Chiedo di nuovo scusa per il modo in cui ho descritto Karofsky, io lo trovo un personaggio molto interessante e l'adoro, ma come avevo già accennato ho dovuto trasformarlo nel tipico Villain Disney quindi qui è proprio senza cuore!
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa scelta!
Spero che il capitolo vi piaccia e vi invogli almeno un pochino a leggere il seguito della storia!
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate a chi la legge e basta e a chi trova addirittura il tempo di lasciare un commentino :-)
al prossimo aggiornamento (Domenica)
P.S. Mi è stato fatto notare che il capitolo è cortino...scusate ma ho preferito dividere la storia in questo modo per lasciare un pochino di suspance....spero di farmi perdonare con i prossimi!
Ottavia

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - Books ***


Ciao a tutti! 
Ecco a voi come promesso il capitolo 6...buona lettura.



Capitolo 6 - Books
 
Quando Kurt si risvegliò Finn lo stava portando nella sua stanza. Il ragazzo ci mise qualche secondo per realizzare dove si trovava ma non appena riconobbe le lussuose tappezzerie di villa Dalton, tutto quello che era successo gli tornò in mente.
“No Finn lasciami! Lui dov’è?” chiese preoccupato “era ferito, devo aiutarlo…”
“Uff, Kurt certo che sei noioso…avevo un solo compito, quello di portarti in camera mentre dormivi e tu ti sei svegliato….comunque il padrone è nel salone, Santana lo sta curando insieme a Quinn…penso ci sia anche Rachel, ma secondo me quella lì sta solo facendo chiasso…”
Kurt non se lo fece ripete due volte, e corse giù dalle scale. Spalancò la porta della sala e vi trovò le ragazze intente a cercare di medicare il loro padrone seduto sul divano imbronciato.
“Oh Kurt caro, ti sei svegliato…” gli sorrise Quinn.
“Kurt! Kurt! Come stai?” iniziò a trillare Rachel correndogli incontro “ cos’è successo? il padrone non vuole raccontare nulla! Ma anche tu sei ferito? Come stai? Chi è stato? È morto qualcuno?”
“Vi prego, sopprimiamo questa nana?” sbottò Santana alzando gli occhi al cielo.
Quinn sorrise e prese per mano Rachel conducendola fuori. Fece un cenno a Santana che la seguì, non prima di aver piazzato in mano garze e disinfettanti a Kurt.
“Magari con te sta fermo. In tre non siamo riuscite a medicarlo perché è intrattabile!” gli disse e poi le tre ragazze lasciarono la stanza.
Kurt si avvicinò lentamente al ragazzo che era sul divano e gli dava le spalle. Si sedette anche lui proprio di fronte, e il ferito fu inevitabilmente costretto a distogliere lo sguardo dal fuoco del camino per rivolgerlo verso Kurt, che si era appena interposto nel suo campo visivo. I suoi occhi erano ancora freddi, glaciali ma Kurt non si fece intimorire questa volta. Mantenendo incatenato il suo sguardo si avvicinò dicendo sottovoce “ ora stia fermo…brucerà un pochino…” e dicendo questo posò la garza con il disinfettante al labbro del ragazzo che iniziò subito a dimenarsi mugugnando di dolore.
“Le ho detto di stare fermo!” lo rimbeccò Kurt
“Ma fa male!” ruggì l’altro
“Se stesse fermo le farebbe meno male!”
“Se tu non fossi fuggito non sarebbe mai successo!”
“Se non mi avesse spaventato, io non sarei fuggito!” rispose Kurt visibilmente colpito da quelle ultime parole ”e poi nessuno le ha chiesto di venirmi a cercare!”
Calò un lungo momento di silenzio intervallato solo dai lamenti del ferito a ogni tocco di Kurt.
“Ecco fatto, ora dovrebbe sentirsi meglio…” disse il ragazzo, dopo avergli ripulito la faccia.
“…Perché improvvisamente hai ripreso a darmi del lei?” chiese il padrone di casa distogliendo lo sguardo dagli occhi azzurri di Kurt.
“perché non so nemmeno il tuo nome….” rispose il ragazzo in un sussurro.
“Blaine” disse l’altro, voltando il viso e fingendosi interessato a un quadro sulla parete. “mi chiamo Blaine Anderson”
Kurt si morse le labbra e sorrise leggermente.
Sentiva che in seguito agli avvenimenti di quel giorno le cose sarebbero cambiate.
 

*

 
Il mattino seguente Kurt si sentiva meglio. Certo aveva ancora male al basso ventre, ma era quasi certo che quel nodo che sentiva nello stomaco era dovuto solo in parte ai colpi ricevuti la sera precedente da Karofsky & co.  Dopo una doccia rigeneratrice prese i vestiti che Mercedes gli aveva messo sul comodino e si accorse che questa volta oltre a un bel paio di pantaloni blu e a una camicia bianca, c’erano anche una giacca grigio scura e una sciarpa di un’altra tonalità di grigio. Kurt però non li indossò, in quella casa faceva troppo caldo per mettere una giacca così pesante, pensò.
Scese in sala ansioso, anche se non sapeva chiaramente per quale motivo. Si guardò attorno con un grande sorriso che si spense non appena vide arrivare Santana con un vassoio pieno di cibo.
“Ah, sei sveglio! Stavo venendo su a portarti la colazione….ma cos’è quella faccia? Non stavi aspettando me immagino? Il signor Anderson è uscito e non tornerà fino a sera, mi spiace. Ma questo significa che sei libero di entrare nella sua stanza e annusare tutta la sua roba se ti fa piacere…” lo canzonò la ragazza posando il vassoio sul tavolo e lasciando la stanza.
Kurt non fece troppo caso a quello che gli era appena stato detto. Pensò solo che doveva inventarsi un modo per passare la giornata. In quella casa non c’era nemmeno un libro.
“Chiederò a Quinn se ha qualcosa da leggere” disse tra se e se, infilandosi un cornetto in bocca.
 

*

Invece la giornata andò diversamente.
Senza saper bene come, Kurt quel pomeriggio si trovò in giardino a fare un pupazzo di neve con Rachel. Non aveva mai giocato con la neve,nemmeno da bambino (non è tanto divertente lanciarsi le palle di neve da solo) per questo era veramente emozionato, quasi quanto Rachel e per un paio d’ore si dimenticò di tutto quello che gli era successo in quei giorni. Si dimenticò anche di Blaine. E non fu un’ottima idea.
Rachel iniziò a rotolarsi per terra facendo l’angelo con il proprio corpo e, quando Kurt si rifiutò di fare lo stesso, iniziò a colpirlo con grosse palle di neve. Il ragazzo fu costretto a fare lo stesso. I due iniziarono così una estenuante lotta all’ultimo colpo, tutto sotto gli occhi vigili di Quinn che intanto stava sistemando alcune sedie sul terrazzo.
Rachel si nascose dietro un albero e intanto con le mani preparò una grossa palla, quello sarebbe stato il colpo finale, quello della vittoria. Kurt intanto stava facendo lo stesso ma dall’altra parte del giardino. Rachel sentì dei passi avvicinarsi, sgusciò fuori dal suo nascondiglio e assestò il colpo diritto in volto al suo compagno.
Peccato che Kurt si trovava esattamente dietro di lei. Quello che aveva colpito era Blaine.
“Signor Anderson!...Mi….Mi….di-dispia…” Rachel non fece nemmeno in tempo a finire la frase che Quinn l’aveva già afferrata per il braccio e trascinata dietro di se. Fece anche un cenno con il capo a Kurt, per fargli capire di seguirla senza tante storie, ma il ragazzo fece finta di non capire. Si avvicinò risoluto a Blaine e scrollandogli la neve dalla giacca gli sorrise.
“Mi avevano detto che non saresti tornato fino a sera…” sussurrò.
“Cambio di programma.” Disse tra i denti il padrone di casa voltandosi e rientrando in casa.
Kurt lo guardò scomparire, domandandosi da quanto tempo fosse li ad osservarli.

 
*

 
Quella sera il signor Anderson senza dare troppe spiegazioni non si presentò a cena. In verità Kurt non lo vide per una settimana intera.
 

*

 
Le giornate trascorrevano lente. Kurt aveva bisogno di un libro, lo sapeva. Era troppo tempo che non leggeva, ma quando l’aveva chiesto, sia Quinn che Artie avevano fatto i vaghi. Era assurdo che in quella casa così enorme non ci fosse nemmeno un libro. Kurt era quasi tentato a rientrare nella stanza-proibita-del-padrone per cercare qualcosa da leggere. Mal che vada avrebbe riletto le sue canzoni. Ma poi i ricordi di quella sera gli riaffiorarono alla mente troppo vividi e decise di lasciar perdere. Fece comunque sapere la sua insofferenza a tutti i presenti in quella casa.
 
Ma ancora una volta fu il padrone di casa a salvarlo.
 
Un pomeriggio Kurt stava girovagando per il salotto cercando disperatamente qualcosa da fare. Rachel era intenta a imparare come fare una creme brulè con Quinn, Santana stava rassettando le stanze, Mercedes era in lavanderia, Finn stava poltrendo da qualche parte e Artie e Tina non si vedevano da tutto il giorno. Per non parlare di Blaine, che ormai era diventato lo spirito della villa Dalton.
Quando si stava ormai per gettare sul divano dalla disperazione sentì una voce chiamarlo. Si girò immediatamente e il suo volto si illuminò. Poi cercò di ricomporsi, ricordandosi l’esito del loro ultimo e brevissimo incontro nella neve.
Ma Kurt non ce la fece proprio a tenere la bocca chiusa. Due settimane in quella casa in compagnia di Rachel e tutti gli altri chiassosi ragazzi l’avevano reso più schietto e intraprendente.
“ Ma sei per caso andato dal chirurgo plastico? Ricordo chiaramente che avevi il naso grosso quasi quanto una patata dopo il colpo di Karofsky!” ecco l’aveva fatto di nuovo. L’aveva fatto arrabbiare. Le labbra di Blaine si serrarono e Kurt lo vide chiaramente prendere un lungo respiro prima di iniziare a parlare.
“Ho saputo che sei infelice qui…”
“Non direi infelice….insofferente e annoiato sono le parole giuste….” Lo corresse il ragazzo.
“Perché?” chiese dopo un momento di silenzio Blaine inclinando leggermente il volto.
Kurt sbuffò sonoramente e vuotò il sacco “perché in questa villa gigante non c’è nulla da leggere!”
Blaine mise una mano in tasca. Il gesto incuriosì molto Kurt che si sporse in avanti. Il padrone di casa estrasse solo un pezzo di stoffa e si avvicinò con passi decisi al suo interlocutore.
Kurt era visibilmente spaventato. Quindi Blaine cercò di tranquillizzarlo un poco, senza riuscirci. “Chiudi gli occhi, grazie.”
Perché tutto quello che usciva dalla bocca di quel ragazzo sembrava sempre un ordine? Kurt non potè fare a meno di seguire il “consiglio” che gli era appena stato dato. Poi sentì le calde mani di Blaine sulle sue che lo guidavano lentamente da qualche parte, senza dire una parola.
“Blaine…do-dove mi stai portando?”
Zero risposte
“Mi sto preoccupando….mi spiace per la storia del chirurgo plastico, e anche per la palla di neve….io e Rachel stavamo solo giocando…”
Era un vero peccato che Kurt avesse gli occhi chiusi in quel momento e non potesse vedere il sorriso dolce che percorreva il viso di Blaine, o i suoi occhi che avevano assunto una nuova e calda tonalità dorata.
Improvvisamente i due si fermarono. Blaine aprì una porta, Kurt lo capì dal suono che sentì, e poi lo spinse dentro. Lentamente gli sfilò la benda dagli occhi. Kurt stava già per protestare “Dove dia….WOW!” il ragazzo era rimasto senza fiato. Si guardava attorno a bocca aperta.
Ora ne era convinto. Blaine l’aveva soffocato lungo il tragitto e adesso si trovava in paradiso. Perché quel posto non poteva essere vero.
Una stanza stracolma di libri; in ogni angolo in cui i suoi occhi riuscivano ad arrivare il ragazzo vedeva dei volumi pronti per essere letti.
“tutto questo è….MAGNIFICO! è meglio di una biblioteca…è più grande di una biblio…Ehi ma posso leggerli? O anche questa è una stanza vietata, come la tua e mi hai portato qui solo per farmi vedere cosa non posso toccare? Si dev’essere per forza così se no perché tutti me l’hanno tenuta nascosta?”
Blaine osservava Kurt con le braccia incrociate sul petto. Era divertito, ma cercava di non darlo troppo a vedere.
“Avevo chiesto esplicitamente di non parlarti di questa stanza, perché volevo portarti io…” rispose il ragazzo.
Kurt si girò di scatto. Non era propriamente sicuro di aver capito cosa gli aveva appena detto l’altro. Sembrava una frase GENTILE. Impossibile.
Comunque per essere sicuro di non fare gaffe deviò il discorso sui libri. “Quindi li posso leggere per davvero….hai qualche libro da consigliarmi….tu li hai letti, vero?”
“Si certo…. lungo quelle pareti ci sono i miei preferiti…” rispose Blaine facendo un grande segno con la mano. Kurt era ancora più sbalordito. Il padrone di casa aveva appena indicato tutta la stanza.
Blaine Anderson l’aveva appena portato nella sua biblioteca personale.
Kurt era senza parole.
Perché quel ragazzo così distaccato e assente, di punto in bianco gli stava mostrando una parte così importante e personale del suo essere?
Non riusciva proprio a capirlo.
 
 
Ok, spero tanto che questo capitolo vi piaccia! è più lunghetto rispetto a quello precedente, e succedono un bel po' di cose!
Siete riusciti a cogliere le frasi che sono tratte dal cartone animato? Immagino di si! :-)

Non smetterò mai di ringraziare tutti quelli che hanno letto la FF fino a questo punto, che l'hanno recensita, aggiunta tra le ricordate/preferite/seguite!
E anche a tutti quelli che mi hanno fatto sapere per la cover! Anche se siamo a un punto morto! metà preferisce la prima e metà la seconda! Continuate a farmi sapere!

Domani parto per Londra (vado a vedere Wicked per l'ennesima volta!), spero di trovare taaaante recensioni e visualizzazioni al mio ritorno! risponderò a tutti il prima possibile...quindi non fatevi problemi a farmi sapere il vostro parere!
Al prossimo aggiornamento! (Venerdì!)
Ottavia

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7– The Beauty and the Beast ***


Ciao a tutti! ecco a voi il settimo (e penultimo!!!!) capitolo della FF!
 
Capitolo 7– The Beauty and the Beast
 
Kurt era immerso nella lettura del suo libro seduto comodo sul divano vicino al fuoco del camino. 
Era tutto perfetto, come se l’era immaginato. Mancava solo il the. 
Erano ormai passati tre giorni da quando Blaine l’aveva portato per la prima volta nella biblioteca e Kurt aveva già divorato 5 libri. 
Il padrone di casa gli aveva dato anche una copia della chiave di quella stanza. 
In quel momento il ragazzo stava rileggendo per la millesima volta uno dei suoi libri preferiti (e a quanto pare anche di Blaine): Orgoglio e Pregiudizio. 
Era talmente immerso nella lettura di quella fantastica storia d’amore che non notò nemmeno che Blaine era entrato in sala e si era fermato ad osservarlo incuriosito. 
Poi si era diretto verso la tavola apparecchiata per incominciare a mangiare. Era già ora di cena e Kurt non se n’era nemmeno accorto. 
Fu Santana a risvegliare il ragazzo dal suo mondo fantastico prendendolo dentro volutamente mentre portava un vassoio per il signor Anderson. 
Kurt confuso alzò gli occhi dal libro e li fece correre velocemente per la stanza.
“Oh” disse in un sussurro. Nei tre giorni precedenti, nonostante la situazione fosse decisamente migliorata, aveva cercato accuratamente di mangiare in orari diversi rispetto a Blaine.
Non sapeva bene perché, ma voleva evitare situazioni imbarazzanti. Non si era mai trovato per tanto tempo da solo con lui e non pensava di essere in grado di gestire una situazione del genere.
Indeciso sul da farsi (doveva inventarsi al più presto una scusa per fuggire nella sua camera) iniziò a fissare Blaine di soppiatto da sopra il suo libro. 
Il ragazzo seduto al tavolo cercò di far finta diniente ma lo sguardo di Kurt era troppo insistente così sbotto:
“Allora hai finito di fissarmi come se fossi una bestia? Ti decidi a venire a tavola?”
Kurt titubante non se la sentì proprio di inventarsi una scusa, così decise di andare a sedersi. 
Per sicurezza si posizionò proprio al lato opposto di Blaine, pensando che potevano anche mangiare in silenzio. 
Alla fine suo padre gli aveva sempre insegnato che parlare con la bocca piena era da maleducati.
Kurt appoggiò il libro affianco al suo piatto e aspettò che Santana glie lo riempisse con una bella zuppa calda.
Iniziò subito a mangiare, così da evitare qualsiasi tipo di conversazione ma Blaine prese inaspettatamente parola:
“Ti porti addirittura i libri a tavola? Non è molto carino…”
“Oddio! No ma non preoccuparti! Non te lo sporco mica! Sono molto attento ai libri….ora vado subito a posa…” rispose agitandosi e arrossendo il ragazzo.
“Kurt” lo riprese Blaine con una strana nuova luce negli occhi “Stavo scherzando. 
Puoi anche leggere mentre mangi, se vuoi. Non mi offendo mica….
così non saremo costretti a farci delle domande di cortesia solo per evitare il silenzio imbarazzante…”
Kurt si rilassò un pochino, ma quelle parole lo colpirono nel profondo. Era la seconda volta che Blaine era gentile con lui. O almeno cercava di esserlo…
Kurt non si mise a leggere, ma continuò a mangiare elegantemente la zuppa con quel bel cucchiaio d’argento. Intanto fissava di sottecchi il ragazzo seduto di fronte a lui.
Fin dal primo giorno gli era sembrato attraente, ma quel suo fare arrogante e quello sguardo misterioso erano troppo inquietanti per permettergli di provare qualsiasi altro sentimento al di fuori della paura.
Ma tutto sommato in quel momento, li seduto a tavola, si sentiva rilassato e tranquillo. 
E poteva anche intravedere qualcosa di diverso e nuovo negli occhi dell’altro. Qualcosa di gentile.
Dopo una lunga riflessione Kurt decise di parlare: “Sai, ti somiglia…”
“Chi?” chiese incuriosito Blaine
“Il signor Darcy…siete entrambi ricchi, altezzosi, orgogliosi, introversi….” Il ragazzo stava contando con le dita tutti quegli aggettivi, ma prima di dire l’ultimo ci pensò un attimo 
“….stronzi” alla fine aggiunse.
“Mi stai dicendo tutte cose molto carine…” rispose l’altro “ma se non ricordo male alla fine Darcy si rivela essere una persona molto onesta e gentile…almeno con Elizabeth…”
“si ma infatti io adoro questo personaggio! è così complesso ed interessante, sotto sotto io sto aspettando il mio signor Darcy…” Kurt si morse la lingua e iniziò ad arrossire. 
Forse si stava esponendo troppo…iniziò a pensare a un modo per cambiare discorso ma Blaine sembrava molto interessato a proseguire per quella strada. 
“Ah si?” aggiunse inclinando leggermente la testa. “Sai cosa mi piace di quel romanzo? Quando arrivi alla prima dichiarazione di Darcy inizi a ripensare a tutti gli atteggiamenti freddi e austeri 
che l’uomo ha manifestato nel corso del libro nei confronti di Elizabeth e li rileggi in una chiave totalmente diversa. Erano tutti messaggi che il protagonista ha cercato di inviare 
alla signorina Bennet, ma essendo troppo introverso, spocchioso, orgoglioso e….” 
Blaine calcò molto i toni di quella parola guardando dritto negli occhi Kurt  “stronzo, non è mai riuscito a esprimerli in un modo diverso, un modo più gentile e amabile.”
Kurt per tutto il discorso aveva sempre tenuto gli occhi incollati in quelli di Blaine, mentre la sua testa stava pensando freneticamente. 
Era chiaro che il ragazzo si stesse riferendo a qualcosa di diverso rispetto alla trama del libro. Kurt non era stupido. 
Ma era assurdo. Il padrone di casa gli stava forse chiedendo di reinterpretare tutti i comportamenti che aveva avuto nei suoi confronti come delle possibili dichiarazioni? Ma era forse impazzito?
Kurt goffamente cercò di tagliare la conversazione con una frase di chiusura, ma tutto quello che riuscì a dire fu “a me piacciono molto le storie a lieto fine.
” Ma era scemo? Che frase era? Non poteva credere alle sue stesse parole. Prese un appunto mentale: stare il più lontano da Rachel e Finn da quel momento in avanti.
Blaine sorrise leggermente (Kurt questa volta l’aveva notato!) e ritornò a concentrarsi sulla sua zuppa.
La cena proseguì in religioso silenzio.

  *

 
Il mattino seguente Kurt fu svegliato da qualcuno che bussava alla sua porta. Strano, di solito lo lasciavano dormire fino a tardi. Il ragazzo  si stropicciò gli occhi e si avviò verso la porta.
Fece appena in tempo a socchiuderla che Artie era già piombato in stanza seguitò da Finn. I due erano decisamente su di giri.
“Ehi, che succede?” chiese il ragazzo con la voce impastata dal sonno.
“Grandi notizie!” disse Artie emozionato “Non è mai successo! il padrone ha deciso di organizzare una festa! E tu Kurt sei invitato! Anzi sei l’ospite d’onore! Non ti dico quanto siamo tutti agitati”
Kurt rimase a bocca aperta, poi ripresosi dallo shock iniziò una raffica di domande “Cosa? Festa? Ospite d’onore? Organizzata da Blaine? E perché mai?”
“Oh Kurt…che ne sappiamo noi?” disse Finn agitando le braccia e colpendo un soprammobile sul comodino che cadde a terra rompendosi. “Oddio che casino!
Dici che Santana mi ammazza se la chiamo qui per pulire?”
Kurt non badò nemmeno a Finn ma si girò nuovamente verso Artie con occhi interrogativi.
“Kurt ho promesso di non parlare…non vogliamo rovinarti la sorpresa…però tu ti devi preparare….oggi è un gran giorno! Abbiamo tutto la villa da addobbare…dobbiamo cucinare, preparare la musica, scegliere il menù….”
“e io intanto cosa dovrei fare?” chiese il ragazzo preoccupato.
“farti bello” gli rispose Finn facendogli l’occhiolino.
I due amici uscirono dalla stanza di Kurt lasciandolo impietrito di fronte alla porta.
 

*


La giornata non passava più. Kurt era praticamente stato rinchiuso in camera. Tutto doveva essere una sorpresa, per questo non gli era permesso uscire.
Quinn gli portò una pila di libri, e subito sgusciò via.
Santana entrò in stanza per pulire il disastro combinato da Finn, ma per la prima volta nella sua vita non spiccicò neanche una parola, nemmeno un insulto. Kurt puntava molto su Rachel ma non si fece viva per tutta la giornata.
Finalmente nel tardo pomeriggio Mercedes e Tina entrarono nella stanza. Portavano un grosso pacco dorato con un bel fiocco blu.
”Per te” disse Mercedes con un sorriso gigante.
“Ma non ti sei ancora lavato? Cos’hai fatto tutto il giorno?” domandò la ragazza. “Tina buttalo subito in acqua!”
La ragazza ubbidì e Kurt fu ripulito e profumato per bene. Poi fu il turno di Mercedes che iniziò a fargli indossare l’abito da sera che era contenuto in quel bel pacco.
Kurt poteva vedere che i colori scelti per quella serata erano l’oro e il blu, ma non potè rendersi conto dell’effetto finale fino a quando non venne portato davanti allo specchio.
Tina gli aveva acconciato i capelli perfettamente. Erano stati accuratamente ingellati e tirati in piedi.
Ma era l’abito che faceva tutto. Kurt era avvolto in un completo blu scuro dal quale spuntava una bellissima camicia dorata. Il tutto era coordinato da un bel papillon dello stesso blu della giacca.
Kurt pensò che qualsiasi altra persona sarebbe sembrata un idiota così vestita, lui invece era assolutamente perfetto. E non gli piaceva molto fare il modesto.
Mercedes e Tina erano assolutamente soddisfatte dell’effetto finale e dopo averlo cosparso di profumo lo spinsero fuori dalla stanza.
“Dove devo andare?” chiese il ragazzo titubante.
“nel salone centrale” gli urlò Mercedes e il ragazzo si incamminò.
Giunto alla porta tirò un lungo respiro. Non sapeva bene cosa aspettarsi dall’altra parte.
Un centinaio di persone ammassate a danzare? Non era certo il genere di festa che si aspettava da uno come Blaine.
E poi non era nemmeno sicuro che Blaine conoscesse 100 persone, non gli era parso un tipo molto socievole.
Prese un bel respiro e intrufolò la testa nella stanza. Rimase senza fiato. Il team della villa Dalton doveva aver lavorato veramente sodo per tutta la giornata per fare quel lavoro incredibile.
La stanza era stata ripulita da tutti i vecchi quadri e soprammobili. Dal soffitto il lampadario dorato era stato finalmente acceso e sprigionava una calda luce.
Sul fondo della stanza si trovava il lungo tavolo rettangolare sul quale Kurt e Blaine avevano mangiato il giorno precedente.
Aveva solo due sedie, esattamente ai due lati opposti ed era tutto imbandito.
Al centro della stanza si trovavano altre due sedie e una chitarra. Kurt la riconobbe subito.
Si guardò ancora attorno cercando Blaine, e lo trovò sulla cima dell’altra scalinata poggiato al muro intento a fissarlo con le braccia incrociate sul petto.
Il ragazzo era da mozzare il fiato. Anche lui indossava un completo blu scuro, ma la sua camicia era bianca e il suo papillon dorato, della stessa tonalità dei suoi occhi, pensò immediatamente Kurt.
Per l’occasione si era totalmente rasato, lasciando così vedere i suoi bei  lineamenti.
Quando i due si guardarono, Blaine fu il primo a sorridere (incredibile!) e a fare un cenno con la testa a Kurt per fargli capire di scendere nel salone.
I due ragazzi percorsero tutte le scalinate rimanendo sempre incatenati uno negli occhi dell’altro.
Quando si trovarono uno di fronte all’altro non servirono parole per far capire a Kurt che doveva dirigersi verso la sedia centrale. Così fece e Blaine si posizionò esattamente di fronte a lui.
“Sono contento che hai accettato il mio invito…” disse Blaine con un tono di voce caldo.
Non mi hanno lasciato molta scelta” pensò Kurt. Ma questo non lo disse. Non gli sembrava molto appropriato alla situazione.
Così sorrise e basta.
“Mi piacerebbe farti sentire una cosa…” disse il ragazzo avvicinando le mani al papillon di Kurt dandogli una sistemata, poi afferrò la chitarra.
Iniziò a suonare le prime note. Kurt era totalmente assorto negli occhi di quel ragazzo che continuava a fissarlo intensamente.
Quando Blaine aprì la bocca Kurt dapprima rimase estasiato, poi quando realizzò cosa gli stava cantando l’altro, calde lacrime iniziarono a rigargli le guance.
Solo leggere le parole di quella canzone gli avevano creato un turbine di emozioni contrastanti. Kurt non era proprio pronto per sentirsele cantare, soprattutto dalla voce calda e melodiosa di Blaine.
Il ragazzo si accorse subito dell’effetto che aveva ottenuto nell’altro, ma continuò la sua canzone. Il tempo si era come fermato. In quella stanza c’erano solo Kurt e Blaine, Blaine e Kurt. E tutto era perfetto.
Kurt si risvegliò solo quando Blaine pronunciò per l’ultima volta “You know our love is all we need, Our love is all we need to make it through…”.
Cercò di asciugarsi gli occhi ma I singhiozzi erano troppo forti così si lasciò trascinare e scoppiò in un vero e proprio pianto.
Blaine non disse nulla. Gli mise solo una mano sul ginocchio, per fargli sapere che era presente, e continuò ad osservarlo tristemente.
Alla fine aggiunse “Mi spiace…non volevo iniziare la serata facendoti piangere a dirotto…” cercò di scusarsi goffamente.
Kurt tirò su con il naso “Figurati…è stato fantastico…sentirti cantare quella parole….mi hai totalmente sconvolto…”
“Vuoi uscire a prendere una boccata d’aria?” chiese Blaine porgendogli la mano“è tutto oggi che non nevica…”
Kurt osservò per un momento la mano dell’altro, poi la afferrò e gli sorrise dolcemente.
I due si diressero sul terrazzo e WOW! Anche quello era stato addobbato a festa: era pieno di candele e vi erano fiocchi dorati e blu ovunque.
Blaine lo condusse su una panchina davanti a un piccolo camino (di cui Kurt non sapeva nemmeno l’esistenza).
Blaine lo fissava, preoccupato.
Kurt se ne accorse e subito e gli disse “Seriamente Blaine…non sentirti in colpa…è solo che sono parecchio emotivo…
e quella canzone va a toccare proprio un tasto che ho cercato di tener nascosto per così tanto tempo….poi tu sei così bravo a cantare…”
Vide Blaine rilassarsi un pochino e sorrise.
“Mi sento in dovere di dirti una cosa…” disse Kurt dopo un momento di silenzio
“tu ti sei aperto così con me, portandomi nella tua biblioteca personale, cantandomi quella canzone….io non sono stato proprio onesto con te al 100%...”
Blaine inclinò la testa incuriosito e fece un cenno con la testa per far capire a Kurt di continuare.
Il ragazzo prese un respiro e continuò “sai quella volta che sono entrato nella tua stanza e tu mi hai beccato che curiosavo tra i tuoi spartiti…ecco quel giorno io ho guardato anche un’altra cosa…una foto…”
Prima di continuare Kurt cercò di capire come la stava prendendo Blaine. Non sembrava arrabbiato per questo decise di continuare “che ritraeva i tuoi genitori e te da bambino…”
Blaine non rispose. Si limitò a fissare ancora più intensamente Kurt che continuò a parlare “eri così felice in quella foto…posso…posso sapere cosa ti ha reso così…”
“stronzo?” chiese Blaine ma Kurt lo rimbeccò “scontroso, stavo per dire scontroso, ma se preferisci stronzo…”
Blaine sorrise e dopo aver preso un lungo respiro iniziò a parlare “Quella foto che hai visto è l’ultima che ritrae la nostra famiglia felice.
Mio padre non era malvagio ma beveva decisamente troppo e ogni tanto perdeva il controllo. Una sera, totalmente ubriaco, litigò pesantemente con mia madre e la spinse contro un tavolo.
Battè la testa e perse conoscenza.
Mio padre in tutta risposta iniziò a cercarmi urlando e dando tutta la colpa a me. Io mi ero chiuso in un armadio e fortunatamente essendo sempre stato minuto, non riuscì a trovarmi.
Alla fine collassò sul pavimento nel suo vomito.” Blaine parlava fissandosi i piedi mentre Kurt ascoltava ogni minima parola del ragazzo lottando per non ricominciare a piangere.
“Decisi di uscire dal mio nascondiglio per cercare mia madre o qualcuno della servitù. Al tempo lavorava per me la mamma di Finn. Fu lei a trovare mia madre e a portarla di corsa all’ospedale.
Ma purtroppo era troppo tardi. Mio padre l’aveva uccisa.
Fino a 15 anni sono stato dato in affidamento a diverse famiglie ma ero troppo violento e instabile per farmi degli amici e gli assistenti sociali continuavano a sbattermi da una parte all’altra.
Questo certo non mi aiutò. Appena compiuti i 16 anni sono tornato qui. E da allora gli unici contatti che ho avuto sono stati con la servitù.
Penso di non essere impazzito solo grazie alla mia chitarra e ai libri.”
“…e tuo padre?” domandò titubante Kurt
“non ho più avuto sue notizie da quella sera, e non mi interessa”
Kurt gli prese la mano e la strinse forte per fargli capire che lui c’era e che era contento che il ragazzo si fosse aperto così. Blaine strinse la presa del ragazzo e una lacrima gli rigò il volto.
“Grazie sussurrò”
“Grazie a te” rispose di rimando l’altro e i due si fissarono intensamente negli occhi. Kurt allungò la mano e con il pollice gli asciugò la piccola lacrima dal viso.
Poi si avvicinò molto lentamente sussurrandogli “sai cosa mi ha colpito così tanto di quella foto?” e quando i loro visi si trovavano praticamente a pochi centimetri aggiunse
“i tuoi occhi. Erano così…felici” e mentre pronunciava quest’ultima parola avvicinò la bocca a quelle di Blaine per baciarlo.
Ma le loro labbra non fecero neppure in tempo a sfiorarsi che Rachel piombò sul terrazzo gridando: “Kurt! Kurt! Corri…tuo padre sta molto male!”

 
Che dire....
spero che almeno la metà di voi ami Orgoglio e Pregiudizio e il Signor Darcy quanto lo amo io!!!!
e a parte questo....ho cercato di rendere credibile la trasposizione dell'abito di Belle del ballo (quello d'oro x intendrsi) facendone una versione maschile....
so che la camicia oro starebbe male a chiunque...ma non al nostro Kurt!!!

Altra piccola nota...anche se Not Alone solitamente Darren la canta accompagnato dal piano, ne esiste anche una versione alla chitarra (trovate i video su youtube).

Spero tanto tanto tanto che questo capitolo vi sia piaciuto, siamo praticamente alla fine....quindi fatemi sapere ora più che mai cosa ve ne pare!!!!
Nel cartone animato questa è una scena importante....e spero di essere riuscita a renderla al meglio!
Grazie sempre a tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite/ricordate/preferite e a chi trova il tempo di commentarla e a chi la legge e basta! VI ADORO!

Al prossimo e ultimo capitolo (non vi dico che giorno, così per aumentare la suspance! XD)

Ottavia

P.S. Ho cercato di sistemare l'impaginazione in questo modo...non so cos'è successo...ma almeno così ci sta tutta e non dovete fare avanti e indietro....anche se però le frasi sono tutte spezzettate tra loro....

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - The End ***


Ciao a tutti....ecco a voi l'ultimo capitolo della FF....vi lascio alla lettura....


Capitolo 8 - The End
 
Kurt, sconvolto dalla notizia iniziò a correre dietro Rachel. Blaine li seguì immediatamente e quando arrivarono alla porta d’ingresso trovarono tutti gli altri agitati.
“Kurt qui c’è la tua giacca, e qui le chiavi della macchina…devi correre da tuo padre…ha bisogno di te!” gli disse Mercedes tutto d’un fiato
“Ti abbiamo avvisato appena l’abbiamo saputo…” aggiunse Artie in tono triste.
Kurt prese subito le sue cose e uscì veloce dalla villa. Blaine però lo stava seguendo di corsa e gli gridò alle spalle “Kurt…Kurt ti prego fermati un secondo!”
Kurt si girò con il viso arrossato e gli occhioni lucidi. Era visibilmente scosso.
“Kurt…prendi la mia macchina…ti prego!” aggiunse il ragazzo.
“Pe-perché?” chiese l’altro
“Bè ha il navigatore, in caso ti perdessi di nuovo tra la neve e…” prima di concludere la frase si avvicinò a Kurt e gli afferrò la mano “e almeno sarò sicuro di vederti ancora una volta…quando verrai a riprendere la tua…”
Kurt non si aspettava quelle parole, gli sembrava così ovvio che sarebbe tornato in quella villa, da Blaine.
Per Blaine.
Così senza pensarci due volte rispose “Quanto sei sciocco…è logico che torno…non ho mica intenzione di perderti ora che ti ho finalmente trovato...” e dopo aver avvicinato la mano del ragazzo alla sua bocca dandogli un tenero bacio, corse in macchina mettendo in moto.
 

*

 
“Ommioddio Rachel! Ma dove ti eri nascosta? È da 20 minuti che guido e non mi ero accorto che eri in macchina!” Sbraitò Kurt quando vide la testa mora della ragazza spuntare dal sedile posteriore…
“Oh Kurt scusa, ma avevo paura che se mi avessi visto prima mi avresti riportato a casa! Ero così preoccupata per tuo padre che mi sono intrufolata in macchina per venire con te….ero nascosta qui dietro….Quinn non mi avrebbe mai permesso di venire altrimenti!!!”
Kurt sbuffò, ma da un lato era contento di poter parlare con qualcuno durante il viaggio.
Ci impiegò più di un’ora per arrivare a Lima: la neve era ancora alta e doveva guidare piano prestando molta attenzione.
Dopo aver parcheggiato la macchina si precipitò immediatamente nell’ospedale insieme a Rachel. Fermò la prima dottoressa che vide e chiese del signor Hummel. Anche se era notte fonda la ragazza gli permise di far visita a suo padre.
Rachel aspettò fuori mentre Kurt varcava la soglia della stanza d’ospedale
“Papà…Papà, sono Kurt…sono io…” sussurrò all’uomo stringendogli la mano leggermente. Il padre si svegliò e appena vide suo figlio cercò di alzarsi di scatto, ma era troppo debole per poter fare dei movimenti così bruschi.
“Kurt!” disse con voce roca
“Shh va tutto bene papà sono tornato. Sono qui”
“Pensavo che non ti avrei più rivisto!” disse l’uomo tristemente
“Mi sei mancato così tanto…” rispose Kurt iniziando a singhiozzare.
 “Figlio mio…dimmi ti prego cosa ti ha fatto quel balordo di un Anderson? Come hai fatto a scappare?”
“Non sono scappato papà! Blaine mi ha dato la sua macchina per venire da te…ora è cambiato…è diverso…all’inizio pensavo anch’io che fosse un pazzo, invece…”
“Kurt quel ragazzo ti ha tenuto prigioniero nella sua villa per più di due settimane! Mentre io ho ricevuto solo una telefonata che diceva che saresti tornato chissà quando! Stavo dando fuori di testa! Vuoi sapere perché le mie condizioni sono peggiorate? Perché l’altro giorno ho tentato di scappare! Sono uscito nella tormenta per venire a cercarti! Ma non sono certo riuscito ad andare lontano….mi hanno riportato subito qui in questo fottuto ospedale Kurt! E tutto per colpa di quell’Anderson!”
“Papà non ti agitare…ora sono qui, con te. Ti basta sapere questo. E sto bene, papà! Io sto bene, e sono qui! Questo è quello che conta!”
“Ah Kurt, ma quel ragazzo la pagherà! Qualche ora fa ho chiesto a quel tuo compagno di scuola…quel Karofsky di andare a cercarti…gli ho detto che molto probabilmente eri nella villa Anderson. Lui mi ha promesso di riportarti qui sano e salvo! Sarei venuto io, se solo avessi potuto! Lo sai che non mi piace fare affidamento sugli altri, ma ero disperato…però ora non importa più …perché tu sei qui Kurt!” suo padre iniziò a stringere sempre più forte la mano del figlio singhiozzando. Ma Kurt rimase immobile. La parte del discorso su Dave l’aveva destabilizzato. Karofsky stava andando alla villa Dalton per cercarlo. Sicuramente voleva fargliela pagare per quel giorno nella neve.  E Blaine era li da solo ignaro del pericolo che stava correndo. Doveva avvisarlo. Doveva precipitarsi da lui immediatamente! Ma come poteva lasciare suo padre da solo un’altra volta?
“Kurt, perché fai quella faccia?” chiese il padre vedendo il figlio totalmente assorto nei suoi pensieri.
“Papà…scusa ma io devo tornare da Blaine…anche se in buona fede hai fatto un bel casino…Ehi Rachel, vieni qui!”
La ragazza corse dentro la porta e si inchinò goffamente davanti al lettino di Burt.
“Salve signor Hummel, io sono Rachel Berry una ragazza che lavora nella villa Dalton e che si è intrufolata in macchina con suo figlio per venire qui da lei…” disse la ragazza tutto d’un fiato.
“Papà promettimi di stare tranquillo qui con Rachel…lei ti racconterà tutto quello che è successo nei minimi particolari. E allora tu capirai! Appena sistemate le cose tornerò da te…è una promessa! Papà guardami negli occhi…”
Burt Hummel alzò i suoi occhi azzurri in quelli del figlio e fece un cenno con il capo “Figliolo non so cosa sta succedendo ma mi sono sempre fidato di te, ho sempre creduto alle tue parole e lo farò anche questa volta….vai! Il tuo vecchio ti aspetterà qui!”
Kurt abbracciò forte suo padre e dopo aver sorriso a Rachel si precipitò fuori dall’ospedale.

 
*

Blaine chiuse tristemente la porta alle sue spalle.
Kurt se n’era andato.
Era finita.
Blaine se lo sentiva. Nonostante la promessa del ragazzo di tornare presto, sapeva che le cose erano troppo complicate. Prese un respiro profondo, e cercando di ignorare la servitù che lo accerchiava e lo tartassava di domande si diresse nella sua stanza, isolandosi da tutto e tutti.
Prima di abbandonarsi sul suo letto sentì chiaramente Finn chiedere ad Artie “…Perché tanto torna…vero? Non è così?”
 

*

 
“Perché tanto torna….vero? Non è così?” chiese preoccupato Finn
“Dio Finn come facciamo a saperlo? Lui ha detto di si…ma non sappiamo esattamente cos’è successo a suo padre…a volte sei più assillante di Rachel!” lo rimproverò Mercedes.
“Ehi ragazzi….” Iniziò a parlare Santana “non che mi dispiaccia, ma sono dieci minuti che non sento l’assillante vocina di quella nanetta…dov’è finita?”
Tutta la combriccola iniziò a guardarsi attorno….”Già dov’è Rachel?” chiese Tina
“Conoscendola potrebbe anche essersi intrufolata in macchina con Kurt” aggiunse Artie
“…dobbiamo ispezionare la villa per trovarla!” disse Quinn iniziando a correre verso le cucine seguita dagli tutti gli altri, tranne Finn che era rimasto fermo immobile all’ingresso senza capire bene cosa stava succedendo.
“Uhm….dove state andando ragazzi?” domandò
“Giù da basso! Tu inizia a cercarla di sopra!” gli urlò Quinn ormai lontana.
“Ok” Finn si guardò goffamente attorno e poi aprì la porta d’ingresso urlando: “Raaaaachel! Sei qua fuori?....Mmmm no, a quanto pare no…” poi si diresse nelle altre stanze del pianerottolo, dimenticandosi però la porta aperta.
 
Nel frattempo Karofsky era riuscito a raggiungere la Villa Dalton, seguendo le poche indicazioni che gli aveva fornito Burt. Con sua grande sorpresa trovò sia il cancello esterno che la porta d’ingresso aperta. Qualcuno gli stava semplificando fin troppo il lavoro. Parcheggio la macchina, nascose il lungo coltello che si era portato, in caso le cose si fossero messe male, e sgusciò nella casa.
Appena dentro iniziò a guardarsi in giro. Non c’era anima viva. Sorrise compiaciuto e iniziò a salire le scale. Quando sentì una voce alle sue spalle.
“Ehi! Chi sei? Che ci fai qui?”. Era Finn.
Karofsky iniziò a correre su per la scalinata principale e Finn, senza sapere bene perché, decise di seguirlo. Quel ragazzo non gli ispirava molta fiducia. Forse per via del grosso coltello che impugnava.
“Fermati dove stai andando? Se vai da quella parte finisci dritto nella stanza del padrone…non vorrai mica disturbarlo?” gli urlò Hudson.
“Grazie mille idiota! Mi hai dato proprio l’informazione che cercavo!” gli rispose Dave fermandosi sulle scale e aspettandolo.
Non appena Finn gli fu davanti Karofsky lo colpì con una ginocchiata facendolo cadere a terra. E poi riprese a correre verso l’unica porta che vedeva in fondo a quel corridoio.
Con un calcio la aprì trovandovi dentro Blaine, sdraiato sul letto a fissare un punto indistinto del soffitto.
Il ragazzo non appena vide Karofsky, si alzò di scatto mettendosi sull’attenti. Cosa ci faceva quel ragazzo in casa sua? E per di più impugnava anche un coltello! Mentre Blaine era completamente disarmato.
“Che piacere rivederti, Anderson…” disse Dave tra i denti “sono venuto qui per regolare i conti con te e il tuo amichetto…dove si è nascosto Hummel? Avrei piacere di incominciare con lui...”
“Vattene Karofsky!” Gli rispose adirato Blaine correndo verso la porta d’ingresso e schivando un colpo della lama del ragazzo che lo colpì solo di striscio su un fianco, fendendogli la camicia. Il ragazzo riuscì comunque a scappare fuori dalla stanza tenendosi la ferita sanguinante e iniziò a correre. Vide Finn accasciato al suolo e iniziò a preoccuparsi. Quanta gente aveva ferito Karofsky prima di arrivare da lui? Dov’erano tutti gli altri?
Il ragazzo fece l’errore di distrarsi un secondo e Dave gli fu subito addosso. Lo sbattè contro il muro sollevandolo da terra. Blaine iniziò a scalciare per cercare di liberarsi, Ma la presa di Karofsky era salda. Non era molto intenzionato a lasciarlo andare. Prese il coltello e glie lo fece scorrere lentamente su una guancia sogghignando, senza fare molta pressione. Stava solo pregustandosi il momento: gli piaceva vedere l’altro così spaventato. Infine sollevò la lama ma mentre stava per riabbassarla, Blaine riuscì a colpirlo con un calcio diritto in mezzo alle gambe facendo piegare in due dal dolore Dave. Il ragazzo questa volta sgusciò via senza guardarsi alle spalle dirigendosi nella sala della festa. Il suo obiettivo era la terrazza. Aveva un piano, ma per realizzarlo aveva bisogno di qualcosa per creare un lazo. Spense velocemente tutte le candele e prese un lungo drappeggio dorato. Poi si nascose nell’oscurità cercando di riprendere fiato. Una volta, quando era più piccolo, i bulli della sua scuola avevano usato quel trucchetto contro di lui e l’avevano quasi strozzato. Decise così di provarci a sua volta. Legò la stoffa creando un lazo simile  a quello dei cowboy e aspettò nascosto nella semioscurità l’arrivo di Karofsky.
Passarono più di dieci minuti e poi il ragazzo si presentò ansante sulla terrazza. Iniziò a guardarsi attorno alla ricerca di Blaine, che aspettò il momento buono per attaccare.
Quando Karofsky stava per girarsi per cambiare stanza il ragazzo gli gettò la stoffa al collo e iniziò a tirare.
Era in trappola.
Dave si portò immediatamente le mani al collo cercando di liberarsi ma Blaine non era intenzionato a mollare la presa. Lo condusse verso l’estremità della terrazza e lo spinse contro il balcone di pietra.
Blaine era annebbiato dall’odio e dalla paura e non si rendeva minimamente conto di quello che stava facendo. Non era consapevole delle sue azioni. Era devastato dalla rabbia e dalla disperazione per aver perso Kurt e probabilmente, anche qualcuno dei suoi servitori. Continuava a stringere la presa sul collo di Karofsky che stava lentamente sbiancando. Quando sentì una voce chiamarlo preoccupato dal giardino.
Si sporse e lo vide.
Kurt era lì, ansante ma bellissimo, ancora avvolto nella sua camicia d’orata e nel suo completo blu.
“Blaine ti prego! Non farlo! Fermati!” Gli gridò con tutto il fiato che aveva in corpo Kurt. “Se lo uccidi il senso di colpa ti distruggerà…e per di più diventerai un assassino come tuo padre! Il ragazzo che ho conosciuto in questi ultimi giorni non è un assassino! È una persona fantastica!” la voce di Kurt era spezzata dai singhiozzi “…Ti prego…non ridurti come tuo padre! Tu sei migliore di lui!”
Quelle parole colpirono profondamente Blaine facendolo rinsavire. Erano molto simili a quelle che gli aveva gridato Quinn qualche sera prima. Lui non era un assassino, e non voleva diventarlo.
Suo padre era un assassino.
E lui non era suo padre.
Guardò fisso negli occhi Karofsky e gli sussurrò tra i denti “Vattene e non farti mai più vedere, prima che io cambi idea…” e lasciò la presa. Dave corse all’impazzata verso la porta scomparendo.
Blaine sconvolto si accasciò sul pavimento guardandosi i palmi con orrore. Stava per uccidere qualcuno. Affondò il volto nelle mani e iniziò a singhiozzare.
Kurt arrivò di corsa e si inginocchiò di fronte a lui, abbracciandolo e accarezzandogli la schiena dolcemente. Intanto continuava a sussurrargli “Stai tranquillo, non è successo niente…ora sono qui…”
Blaine affondò la testa nel petto del ragazzo continuando a singhiozzare e straparlare. L’altro cercava di consolarlo in tutti i modi possibili, assicurandogli che non era successo niente perché si era fermato in tempo, che gli altri stavano tutti bene, che lui non lo giudicava affatto un pazzo per quello che aveva fatto: era spaventato e si stava difendendo. Karofsky aveva un coltello e lui aveva gestito più che bene la situazione. E cosa più importante di tutte, era vivo.
I due rimasero abbracciati per alcuni minuti fino a quando Blaine non sollevò il suo viso verso quello di Kurt e lo guardò intensamente.
Kurt gli diede un leggero bacio sulla fronte e gli chiese “Te la senti di alzarti e tornare dentro?” Blaine fece un cenno con la testa e cercò di sollevarsi ma si portò immediatamente una mano al fianco mugugnando.
“Blaine ma tu sei ferito! Non me n’ero nemmeno accorto!” disse il ragazzo iniziando a slacciargli velocemente la camicia per capire la gravità del taglio.
Dopo avergli dato un occhiata disse deciso "Riesci ad appoggiarti a me e ad alzarti? dobbiamo andare di corsa in ospedale! è un brutta ferita, te la devi far curare..."
Blaine scosse la testa con decisione. "Che c'è? devo chiamare Finn per aiutarti a sollevarti? ti fa troppo male?" chiese Kurt preoccupato.
“No io non voglio andare in ospedale…” rispose il ragazzo guardando negli occhi Kurt
“Oddio ancora con questa storia! Non puoi fare sempre così lo stoico…qui c’è bisogno di qualcuno che ti visiti e che ti curi…”
Blaine afferrò le mani del ragazzo che si stavano agitando e gli disse “Kurt…io voglio che mi curi tu, come l’altra volta…” Kurt a quelle parole si bloccò per un momento e poi cercò di farfugliare qualcosa “Ma…ma Blaine questa volta non penso di essere in grado di aiutarti…. Anche se il taglio non è molto profondo e il sangue si è fermato devi comunque ripulirlo ed è meglio che lo faccia qua-”
 “Shhh” rispose il ragazzo con dolcezza “Tu non ti rendi conto di quanto mi hai già aiutato…”. Lasciando le mani del ragazzo le avvicinò al suo farfallino dandogli una sistemata e gli rivolse un sorriso dolcissimo. “Non riesci nemmeno immaginarlo, vero?” chiese Blaine, ma non diede il tempo all’altro di rispondere, perché si allungò verso le sue labbra baciandole dolcemente. Kurt rimase un po’ spiazzato, ma dopo qualche istante sentendosi completamente a suo agio, fece scorrere le mani sul petto scoperto di Blaine fino a raggiungere il suo collo, intrecciando le dite dietro la sua nuca e rispondendo al bacio.
Fu Kurt il primo a staccare le labbra da quelle dell’altro tenendo però la nuca appoggiata contro quella di Blaine che aprì gli occhi controvoglia. Quel bacio non l’aveva saziato. Voleva sentire ancora le labbra di Kurt contro le sue, e le loro lingue intrecciate. Per questo si sporse verso la bocca del ragazzo, richiedendone nuovamente il contatto. Kurt spostò leggermente il viso arrossato. Blaine lo guardò interrogativo e anche un po’ offeso. Kurt giocherellando con l’orecchio del ragazzo sussurrò  “Sta sorgendo il sole, Blaine…” “E allora?” domandò l’altro sempre tenendo gli occhi fissi su di lui.  “Allora niente…sono così felice di essere qui con te, che non puoi nemmeno immaginare come mi sento in questo momento….ho dovuto staccarmi un attimo perché avevo paura che il cuore mi scoppiasse nel petto” Blaine sorrise e si morse il labbro inferiore. Kurt era così perfetto, anche quando era imbarazzato. Soprattutto quando era imbarazzato. Per questo il ragazzo pensò di divertirsi stuzzicandolo un po’. “Lo stesso vale per me lo sai?” e impedendogli di rispondere iniziò a baciarlo dolcemente sul collo mentre faceva scorrere le sue mani sotto la sua camicia lungo i suoi  fianchi. A Kurt mancava letteralmente il fiato e per poco, quando sentì le mani di Blaine pericolosamente vicine ai bottoni dei suoi pantaloni, non lo spinse via brutalmente. Ma fu proprio Blaine a fermarsi e a sollevare lo sguardo divertito verso gli occhi azzurri dell’altro. Il ragazzo era visibilmente agitato: Blaine poteva quasi sentire il cuore di Kurt battere all’impazzata. O forse era il suo?
Cercando di non offenderlo troppo disse sorridendo dolcemente “Scusa ma dovevo farlo…sei così adorabile tutto confuso e quando arrossisci poi…mi fai impazzire…”
Kurt mise un piccolo broncio facendo scoppiare a ridere l’altro “da quando sei diventato così allegro e pieno d’iniziativa?” chiese il ragazzo facendo il finto offeso.
“Mmm è tutto merito di un certo Dottor Hummel, ti darei il suo indirizzo, ma mi ha promesso di diventare il mio dottore personale e privato qui nella Villa Dalton” disse l’altro ammiccando.
Kurt arrossì violentemente ma poi pensò attentamente al significato di quelle parole…”Blaine tu stai dicendo che…io posso stare a vivere qui con te?”
“Solo se ti va, e può venire anche tuo padre naturalmente…”
“Dopo che ti sarai scusato con lui!” disse Kurt in tono serio.
“Naturalmente, dopo che mi sarò scusato con lui…” gli fece eco Blaine mentre accarezzava i capelli del ragazzo.
Kurt in uno slancio di gioia si avventò sulle labbra di Blaine che dopo la sorpresa iniziale si lasciò trascinare in quel dolce bacio.
Ma fu ancora Kurt ad allontanarsi troppo presto, facendo sbuffare sonoramente Blaine che domandò “Dimmi, lo fai apposta? È una specie di punizione per come mi sono comportato con te nei primi tempi?” Questa volta fu Kurt a sorridere scuotendo la testa. “Nono, è solo che mi chiedevo…” “pensavo che i miei baci non ti permettessero di ragionare…” disse l’altro tentando nuovamente di avvicinarsi alla bocca di Kurt che lo scansò prontamente. “Mi chiedevo” ripetè il ragazzo calcando quelle parole “per quale motivo avevi bisogno proprio di mio padre qui nella tua villa…”  “credimi non ha importanza…” rispose Blaine sottovoce avvicinandosi nuovamente alle labbra di Kurt. I due questa volta si abbandonarono indisturbati in un lungo bacio, mentre il sole ormai era sorto alto nel cielo.
 

-The End -


ALLORA RAGAZZI....
intanto ho una notizia fresca fresca che mi ha fatto fare i salti di gioia....LA FF VERRA' TRADOTTA IN INGLESE!!!! Una ragazza americana su Tumblr che studia l'italiano si è proposta di tradurla (sia questa che le prossime)....non potete capire quando sono felice!!!! Sto impazzendo di gioia! Tanto che ho postato il capitolo finale con un giorno in anticipo solo per voi!

Detto questo....Spero che il finale vi sia piaciuto....mi scuso ancora per il ruolo di cattivo cattivissimo dato a David, ma già vi ho spiegato il motivo....
Ringrazio con tutto il mio cuore le persone fantastiche che hanno aggiunto la FF tra le seguite, preferite, ricordate....tutte le persone che hanno solo letto la storia (anche quelle che hanno letto solo il primo capitolo e che quindi non arriveranno mai a leggere questo messaggio!) e mando un mega abbraccio virtuale a tutte le persone fantastiche che hanno trovato il tempo per commentare questo lavoro!
Veramente, vi adoro con tutta me stessa! Grazie a voi ho iniziato a scrivere come una macchinetta (anche in università scrivo sui bordi dei quaderni i dialoghi e gli sviluppi per le prossime storie!)

Avviso anche che per uno scarto di pochissimi voti ha vinto la Cover dove c'è solo Blaine (la seconda) quindi ho sistemato il layout del primo capitolo mettendo quella foto...grazie  a tutti quelli che hanno espresso il loro parere!

Ma non vi preoccupate, io non vi lascerò a bocca asciutta, e spero tanto di vedere ancora la maggior parte di voi tra le persone che seguiranno la prossima FF, la seconda che fa parte del progetto Disney!Gay ossia...rullo di tamburi.... LA SIRENETTA!
Esatto, vi rimando al link (Qui - appena sarà attivo) per Disney!Gay Faberry in Little Mermaid!!! (Anche questa volta ho pronte ben 3 cover e le dovrò sottoporre al vostro giudizio....)

Personalmente mi mancheranno tantissimo i miei Kurt e Blaine versione Belle e Bestia....spero che ne sentirete anche voi un pochino la mancanza.
Ringrazio ancora tutti.

a presto
Ottavia

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