Battle Royale di jennybrava (/viewuser.php?uid=21140)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue: Atarimae No Day? ***
Capitolo 2: *** Prologue: Juudai Ni Troubles. ***
Capitolo 3: *** Day#1: Tsudzuku On My Own. ***
Capitolo 4: *** Day#2: Tatakau Boy Meets Girl. ***
Capitolo 5: *** Day#3: Blue Eyes No Otoko. ***
Capitolo 6: *** Day#3: Shitte Imasu Everything. ***
Capitolo 7: *** Day#4: Please, Hitori Ni Shinaide. ***
Capitolo 1 *** Prologue: Atarimae No Day? ***
Cap.1
Premessa:
La fanfiction è volutamente e sfacciatamente ispirata alle
vicende di Battle Royale, sia del manga che del film, seppur con
sostanziali differenze.
Il plot generale è quello che avete letto nell'introduzione;
quattro classi di differenti istituti scolastici vengono obbligate a
sfidarsi fra loro in una sanguinosa battaglia lunga quattordici giorni.
Il motivo non è ben specificato, e la cosa viene giustificata
solo attraverso la diffusione del bullismo nelle scuole.
Il plot è questo, e tale rimarrà. Specifico questa cosa
per non dover incorrere a critiche appartanenti alla serie: "Ma non ha trama! Che razza trama è questa? Non ha senso!" xD
Avvertenze: il rating è
arancione e tale rimarrà. Saranno presenti scene di violenza, e
anche scene lemon (anche se non esplicite).
E' un lavoro molto diverso dai miei soliti, ma spero lo gradirete, lo apprezzerete e mi appoggerete come avete sempre fatto :)
Buona lettura, gente! :3
Battle Royale
Prologue: Atarimae no Day?
Sakura Haruno si è sempre vantata del suo provvidenziale sesto senso.
Non che a tutti gli effetti sia un vero e proprio sento senso, ma a Sakura piace definirlo tale.
E il suo sesto senso, in quel momento, le dice di fuggire via.
L'aereoporto della città di Tokyo freme ancora di vita alle
cinque del pomeriggio passate e Sakura, stringendosi addosso la
giacchina della divisa e osservandosi attorno, percorre i suoi
terminal con il trolley alla mano e la borsa a tracolla della scuola
sulla spalla.
Maledice per la centesima volta le sue amiche, il freddo pungente
di quei giorni di Marzo e per ultima quella maledetta gita scolastica
alla quale si è vista obbligata partecipare.
Sakura non ha molta familiarità con le gite; in realtà
non ha familiarità con qualunque cosa non riguardi i libri
scolastici, quelli medici e la boxe, ma sulla soglia dei diciotto
anni non può permettersi di fare la preziosa e rifiutare
l'invito a
partecipare ad una provvidenziale gita scolastica, saltata fuori dal
nulla.
E' quindi con un insolito malumore che raggiunge il gate dove si sono
dati appuntamento tutti i suoi compagni di classe assieme agli
insegnanti. Scorge Lena e Yuzuru poco più avanti e dopo aver
salutato sua madre, che si è premurata di infilarle fra le mani una
scatola di pronto soccorso e un pacco di biscotti, avanza verso
di loro con aria mogia.
<< Sakura, fai venire voglia di piantarti un coltello nella
pancia >> esordisce Yuzuru, biondissima e bellissima. Sakura
le scocca un'occhiata bieca. << Sorridi, eh? E' una gita!
>>
Accanto a loro, gli squittii eccitati dei suoi compagni di classe le
danno letteralmente alla testa e per un attimo medita anche di
stenderli tutti con uno dei suoi micidiali SakuraChick, ma è la voce
di Kurenai-sensei a farla riprendere.
<< Tirate fuori i passaporti e i biglietti ragazzi! Cominciamo ad imbarcarci! >>
La meta della gita si
tratta niente di meno che della conosciutissima e visitatissima
Okinawa e Sakura, mentre attende che Yuzuru e Lena terminino le
procedure per il check-in, si chiede perchè diavolo abbia
accettato di partecipare a quella gita se i suoi nonni abitano ad
Okinawa e lei la conosce meglio delle sue tasche.
Con due passi si affaccia alla vetrata del gate, adocchiando le
ordinate file d'aerei disposti ognuno vicino all'altro. E' quasi buio
ormai, e luci delle piste illuminano il cielo scuro e i piccoli aerei da
cargo che si affaccendano attorno a quelli commerciali.
La voce trillante di Yuzuru la fa un poco sorridere e mentre si volta verso
di loro riesce scorgere al banco check-in la bellissima ereditiera
Hinata Hyuuga, sua compagna di classe, accompagnata come sempre dalla
sua fidata guarda del corpo, e cugino, Neji Hyuuga.
Sakura non ha nulla contro Hinata - che rimane comunque troppo
timida e impacciata per essere così popolare -, ma detesta con
moderata gentilezza la figura di Neji. Proprio in quel momento Hinata
si volta e le rivolge un discreto sorriso, al quale Sakura
risponde con affabilità, prima di premurarsi a ricambiare
l'occhiataccia che Neji le ha appena scoccato.
Non sono amiche lei ed Hinata, anzi, frequentano ambienti
completamenti opposti e giri d'amicizia ben diversi, ma Hinata ha la
peculiarità di essere gentile con tutti, e questo basta.
<< Guarda un po' >> Yuzuru le è accanto in un secondo e
ammicca ai gate accanto al loro. File e file di studenti dalle
divise sgargianti e diverse fra loro sostano a diversi metri uno
dall'altro. Anche loro hanno in mano valigie e borse e hanno tutta
l'aria di star partendo per una gita fuori programma. << Uzu,
Suna e.. Oto?! >>.
Oto?
<< E' il Liceo più malfamato di tutta Tokyo >> le
bisbiglia Lena all'orecchio, indicandole con un cenno del capo i
ragazzi vestiti col gakuran nero e le ragazze dalla divisa grigia e il
fiocco rosso. << Papà mi ha detto che hanno anche ucciso
uno studente durante una rissa! >>.
Oh che gioia.
Sakura si chiede come mai abbia deciso di cominciare a frequentare ragazze del genere, ma poi si ricorda di quanto possa
essere crudele la gerarchia nella loro scuola e di come l'amicizia di
Yuzuru e Lena riesca a tornarle sempre utile.
<< Pensi che vadano anche loro ad Okinawa? >> le chiede
Yuzuru, setacciando da cima a fondo la fauna maschile di tutti i tre
gli istituti. Ne adocchia qualche d'uno carino fra quelli di Uzu, dal
gakuran blu scuro e la divisa rossa e blu, e anche qualcuno fra quelli
di Suna, in giacca e cravatta come loro, dai toni blu, e dalla
marinetta
azzurra.
<< Ohi, ohi! Sakura! >> Lena l'afferra per il
braccio, strattonandola verso la porta del gate. << Piantala di
fare quella faccia da pesce lesso e sorridi, che adesso bisogna imbarcarci!
>>
Si ammassano tutti contro il gate, e fra chiacchere e urla percorrono
il corridoio che li conduce alla porta dell'aereo.
Una volta sedute ai loro posti, Sakura ascolta
distrattamente Yuzuru che blatera roba senza senso su bellissimi
ragazzi e Lena che rinfranca accennando qualcosa riguardo a future
notti in bianco.
Ma Sakura è distratta e osservando dritto fuori dall'oblò,
sospira, inquieta. << Ancora non capisco perchè ci
vogliano far viaggiare di sera >> borbotta Lena, con un
broncio seccato.
<< Credo sia per risparmiare il costo del biglietto >>
risponde distrattamente Sakura, continuando ad osservare fuori dal
finestrino.
<< Mah >> aggiunge Yuzuru, ridacchiando. << Come se
il biglietto per Okinawa costasse un patrimonio! >> dice.
<< Questo aereo fa schifo! >>
In effetti quell'aereo è ben diverso da quelli che Sakura ha
sempre preso per recarsi ad Okinawa dai suoi nonni. Oltre ad essere
incredibilmente piccolo e stretto, da tutta l'aria di non avere
nessun'altra zona passeggeri e che siano solo loro a viaggiarci sopra.
La Gakuen Konoha School è fra i licei più rinomati e
prestigiosi di tutta Tokyo, e il costo della sua retta mensile sfiora
una cifra al dir poco assurda. Sakura, che ha avuto accesso a quella scuola
attraverso, ovviamente, una
borsa di studio per meriti ginnici e scolastici, si chiede
perchè diavolo quel Liceo non possa riuscire a permettersi
qualcosa di meglio, considerando quando deve sborsare al mese
soltanto per i corsi extrascolastici - che sono al di fuori della copertura della
borsa di studio.
D'un tratto, fra il buio dell'ambiente esterno, scorge dei fari
lampeggianti che con un po' di fatica riesce ad attribuire a
numerose jeep stradali. Acciglia lo sguardo, perplessa.
<< Lena >> dice, rivolgendosi a quella che fra le sue due
amiche ha un poco più di cervello. La Konoha School è
prestigiosa e fornisce l'educazione migliore in circolazione, ma non
è altro che una scuola per figli di papà senza
cervello. E
Yuzuru e Lena sono entrambe ricche e viziate figlie di papà
senza cervello. << Sai se per caso questo aereoporto è
addetto anche a sbarchi militari? >>
<< Eeeh? >> sbotta Yuzuru, osservandosi le unghie
curate. << Sakura, che cavolo stai dicendo?! >>
proferisce, scandalizzata. << Ehi, siamo in gita! GITA! La
vuoi smettere di dire roba senza senso? >> conclude, visibilmente
seccata.
Sakura sobbalza e solo in quel
momento si rende conto della
miriade di sciocchezze che ha appena detto, frastornata addirittura dal
suo stesso comportamento. Si scosta i capelli dal viso, sospirando,
proferendosi in un
sorrisino di scuse. << Ah.. sì, è che.. ho un
po' di mal di testa e.. >>
Lena fruga nella sua borsa e con un sorriso le consegna
un flacone di aspirine. << Nel caso servissero >> dice,
strizzandole un occhio.
[Contemporaneamente]
<< Shikamaru Nara, mi stai ascoltando o no!? >>
Shikamaru Nara a diciotto anni è stanco di vivere
così come a
cinque o a dodici. E' una persona così pigra che per pigrizia
non ha saputo rifiutare quell'invito per partecipare a quella gita,
medito magari di trascorrere la settimana stravaccato sul divano di
casa sua, ignorando gli aspri commenti di sua madre e gli sbuffi di suo
padre. Quello che proprio non è riuscito a mettere in conto, nel
suo perfetto piano, è stata l'ingombrante presenza della sua
vivace ragazza e quella del suo migliore amico.
Sposta lo sguardo, incontrando un paio di lucenti occhi azzurri.
<< Sì, Ino >> rantola, trattenendo a stento
uno sbadiglio. Ino lo osserva, piccata. << Allora ripetimi
quello che stavo dicendo >>
<< Blateravi su negozi e scarpe >>
Ino blatera sempre su ragazzi e scarpe. << Shikamaru! >>
stride lei, offesa. << Stavo parlando di cosa fare una volta arrivati ad Okinawa, idiota!>>
<< E dai, Ino >>
Chouji Akimichi, infagottato nel suo gakuran dal terzo bottone
esageratamente tirato, le sorride affabile. << Perchè ti
arrabbi tanto? >> dice, infilando la mano nel solito sacchetto
di patatine.
<< Avanti Inooo! >> da dietro i loro sedili spunta la
testa allegra di Tenten, i capelli scuri raccolti in due chignon
laterali e un sorriso ad incurvarle le labbra. << Ne vuoi uno?
>> le chiede, allungando un pacchetto di biscotti verso la bionda. << Non te la prendere >> aggiunge.
Ino sgranocchia il biscotto, assumendo un espressione offesa, mentre Shikamaru sospira, esasperato.
<< Piuttosto >> esordisce squillante Tenten, battendo le
mani, deliziata. << Li hai visti gli studenti delle altre scuole?
>> sembra esaltata.
Alla domanda di Tenten anche Shikamaru pare riportare l'attenzione
sulla discussione. << Quelli agli altri gate, dici? >>
risponde Ino.
<< Esattamente >> annuisce l'altra. << Oto, Suna e Konoha. Konoha, che ci vanno a fare quei ricconi ad Okinawa? >> concluse, sprezzante. Shikamaru sospira, di nuovo.
<< Le divise delle ragazze erano carine >> osserva
Ino, mangiucchiando un altro biscotto, meditabonda. << Con quelle parigine e
le gonne scozzesi.. ma anche i ragazzi non erano male! >> e ride, strizzandole l'occhio.
Shikamaru invece le scocca un'occhiata bieca, incerto se
prendere la cosa come una frecciatina indiretta o meno. Non ha comunque il tempo
di pensarci perchè Kiba Inuzuka spunta al fianco di Chouji
e con lui Rock Lee, ed entrambi stanno esigendo la loro giornaliera
dose di patatine, fra le risate di Tenten.
Quando una mano si posa sul suo braccio, Shikamaru
sobbalza e si affretta a voltare il capo, incontrando gli
occhi azzurri della sua ragazza. Ino Yamanaka ha lo sguardo
crucciato. << Tutto bene, Shika? >> gli chiede
premurosamente, dimentica del bisticcio di poco prima. << Sembri
teso >>
Shikamaru si sforza di abozzare un sorriso e annuisce
rigidamente. Allora anche Ino sorride, sporgendosi un poco per posargli
un bacio all'angolo della bocca. << Vedrai..>>
sussurra contro la sua mascella. << Ci divertiremo un
mondo >>.
[Contemporaneamente.]
<< Permesso! Permesso! Ehi.. ho detto permesso! >>
Naruto si lascia cadere a peso morto sul sedile accanto al suo,
sospirando. Si scompiglia i capelli, si agita sul posto, si sistema la
manica del gakuran e sbuffa di nuovo, prima di voltarsi verso di
lui, crucciato.
<< Teme, dove cavolo eri sparito? Perchè non mi hai aspettato? >>
Sasuke Uchiha si passa una mano fra i capelli, accomodandosi
meglio sul sedile e non azzardandosi a rispondere al suo migliore
amico. Naruto gli scocca un'occhiataccia. << Ehi, Juugo!
>> si rivolge al loro altro amico, seduto più a destra, annoiato.
<< Dove sono Karin e Suigetsu? >> gli chiede e lui con un
cenno del capo gli indica i sedili davanti a loro, per poi
tornare ad immergersi nel suo libro.
Naruto Uzumaki si affaccia oltre e con sommo disgusto scopre la coppia
scomparsa del tutto intenta a divorarsi la faccia a vicenda.
<< Che schifo >> borbotta, tornando a sedersi di
nuovo. Poi gli sorride brillantamente. << Ehi
Sas'ke! Magari questa è la volta buona in cui rimediamo una
ragazzatebayo >>
Sasuke si stringe nelle spalle e volta il capo, puntando gli
occhi fuori dal finestrino, assorto. Naruto allora lo osserva
attentamente.
<< Ehi, stai bene? > >
Nessuna risposta.
<< Non dirmi che hai paura dell'aereo! >> sghignazza
e Sasuke lo fulmina con lo sguardo. << Chiudi il becco,
dobe >> proferisce tetro. Naruto allora smette immediatamente di
ridere e lo osserva con sguardo serio. << Io dicevo sul
serio Sas'ke >>
Sasuke si passa di nuovo una mano fra i capelli, in un gesto che
trasuda frutrazione e nervosismo. Naruto assottiglia gli occhi,
confuso, prima che le parole del suo migliore amico lo destino dai suoi
pensieri:
<< Non ti senti strano? >>
Anche Juugo, allora, alza piano gli occhi dal suo libro, teso.
Sasuke Uchiha si può definire per autonomasia il bel tenebroso della
seconda sezione del terzo anno dell'Istituto Superiore Oto.
E Naruto Uzumaki, che è il suo migliore amico da tempi
immemorabili - alcuni sostengono che le rispettive madri abbiano
addirittura cambiato loro i pannolisi assieme - lo
conosce così tanto bene che se solo disponesse delle
abilità necessarie non avrebbe certamente faticato nella stesura
di un manuale su "Come capire Sasuke Uchiha for Dummies".
Non c'è niente che turbi veramente quel pezzo di ghiaccio.
Prima che potesse solo azzardarsi a rispondere, Mitarashi-sensei
passa per i sedili e la sua voce secca risuona nell'abitacolo, mentre
riprende Karin e Suigetsu Hozuki con lontana ironia. <<
Hozuki-kun, fossi in te utilizzerei quelle mani in modo più
proficuo >> sibila, sorridendogli affabilmente. Karin si
allontana un poco, sistemandosi sostenuta la giacchina della divisa e gli
occhiali, rossa in volto.
<< In quale modo, sensei? >> ribattè a tono Suigetsu, proferendosi nel suo sorriso scintillante e appuntito.
Anko Mitarashi piega le labbra in un sorrisino inquietante,
sorpassandoli e scoccando un'occhiata penetrante a Sasuke, Naruto e
Juugo. << Non ti preoccupare Hozuki-kun >> cantilena. << Lo verrai a sapere a tempo debito >>
Sasuke la segue con lo sguardo, sbuffando sonoramente.
<< E dai, teme! >>
Naruto gli batte una pacca così forte sulla schiena da
rischiare di mandarlo dritto dritto col naso nello schienale del sedile
davanti. Massaggiandosi la parte offesa, Sasuke arriccia le labbra in una
smorfia. << Che dobe. >> borbotta.
<< E' una gita, no? >> ridacchia. << Vedrai che ci divertiremo un sacco! >>
<< Molto bene >> esordisce poi la sensei, piantandosi
in mezzo al corridoio fra le due file di posti. << Direi che
possiamo anche dare il via alla nostra gita, che ne dite ragazzi?
>>
Un coro di urla e strilli approvanti fa da eco alla sua risata che si
disperge nell'abitacolo di quell'aereo, mentre Sasuke Uchiha torna ad
osservare fuori dal finestrino, certo di aver appena intravisto
postazioni militari nascoste nel buio di quella notte.
***
Sakura non ricorda con precisione cosa fosse successo esattamente trenta minuti dopo che l'aereo è decollato.
Sta parlando con Lena, e Yuzuru si sta ritoccando il trucco allo
specchietto, e la sensazione di panico e ansia provata allo stomaco non
appena l'aereo si era librato in aria, è stata accantonata per
qualche istante.
Ma è d'un tratto ritornata, alla vista del corpo di
Kurenai-sensei
che si accascia floscio nel corridoio dell'aereo. Ci sono urla,
strilli, ma tutto le sembra estraneo. Lontano. Lei stessa prova ad
urlare, ma non le esce alcun suono dalla labbra, la gola è
chiusa. Le gira la testa. Dov'è l'uscita?
Mentre si osserva attorno, spaesata, vede i corpi di Yuzuru e
Lena accasciati su se stessi e il lontananza la figurina di Hinata che
crolla svenuta sul pavimento.
Uno dopo l'altro i sensi abbandonano, ovattandole le
orecchie, soffocandole il respiro, e l'ultima cosa che intravede
prima di chiudere definitivamente gli occhi, è il viso di una
delle hostess coperto da una maschera a gas.
***
Goccia.
Una, due, tre.
Goccia.
C'è uno spazio chiuso nella sua mente, che urla e urla e chiede aiuto.
Un'altra goccia.
Sull'occhio.
Goccia.
Perchè il piove dentro l'abitacolo dell'aereo?
Goccia.
Quello non è l'abitacolo dell'aereo.
Goccia.
Sakura sbarra gli occhi, alzandosi in piedi di scatto e facendo
così in modo di cadere dal banco sul quale apparentemente era
stata depositata. Geme quando la dura consistenza del pavimento le
colpisce la testa, e caccio uno strillo, imprecando a bassa voce quando si rende
effettivamente conto di non riuscire a vedere nulla attorno a sé.
Non sa quanto tempo passi prima che il suo cervello riesca a riprendere le
normali funzioni - Chi sei? Perché sei qui? Dove sei? Il cellulare, e le valigie? - ma quando succede, prende ad osservarsi attorno,
spaesata.
E poi li sente: gemiti, parole
sconnesse, sembrano un quasi un brusio di sottofondo. Si sorprende,
perché il mal di testa che le sconquassa le tempie le ha
impedito di accorgersi di ciò che le succede attorno, delle
voci, dei sospiri, dei lamenti.
Come una lenta danza
in coreografia oscure figure nere si levano attorno a lei, lentamente,
sembrano sostenersi a vicenda. Sono ombre, di qualcuna riesce a vedere
i piedi, nel buio che la circonda, mentre si perlustra la divisa, alla
ricerca del cellulare.
Che non c'è.
Dov'è il suo cellulare? Pensa, affannandosi. Si sfila la giacchina, perlustra le tasche della gonna, le scarpe. Le tremano le mani, ha.. paura? Ma il cellullare non è da nessuna parte.
Sakura si massaggia la spalla, prendendo due respiri profondi. Calmati, si dice. Calmati.
Il collo.
Cosa c'è, attorno al suo collo? Cos'è quel collare che lo circonda?
Solo in quel momento Sakura
sembra prendere coscienza della situazione, perché geme, mentre
le si mozza il respiro, nel tentativo di slacciarsi il collare. Tira
una, due, tre volte. Ma rimane lì. Non si sfila, non si sgancia,
e Sakura deglutisce, mentre il cuore sembra volerle sfondare il petto,
mentre le mani le tremano.
Y-Yuzuru, Lena. Dove sono?
Balza in piedi, le gambe non la
reggono, si dice, non ci riescono, perché barcolla e si osserva
attorno. Dovrebbe urlare, lo sa, dovrebbe urlare i nomi delle sue
amiche. Dove sono?
E, sopratutto, perché le
sembra di star impazzendo? Perché, mentre tenta di nuovo di
slacciarsi il collare, sente la voce di un telecronista rimbombarle in
testa?
Fa un passo indietro, e nella foga
urta contro qualcuno, che caccia uno strillo acuto, facendola
sobbalzare. Ed è quello strillo che forse la riporta in
sé, perché c'è solo una persona che è in
grado di strillare in quel modo.
<< Y-Yuzuru? >>
rantola, riconoscendo nell'urlo la voce familiare dell'amica. A
tentoni, lentamente, la cerca, e quando sente la consistenza della sua
gamba sotto le dita, tira un sospiro di sollievo, prima di gettarsi su
di lei, abbracciandola.
<< S-Sakura? Ma che..?
>> borbotta lei, fioca, sentendo le
dita affusolate dell'amica percorrerle il collo e tirare forte.
<< Dov'è Lena? >> dice lei, continuando a tirare. La
sua voce è tornata quella di prima, quella dura e secca che
è sempre.
<< Lena..? Non è qui? >> Yuzuru sembra cadere dalle nuvole. << Dov'è? >>
Lena non è con loro, ma non
è a quello che Sakura pensa mentre si sposta a destra della
amica, mentre arranca nel buio, mentre costata che ciascuna delle
persone che le circondano indossano quel collare.
<< Sakura? >> un'altra voce, di Lena questa volta, che
massaggiandosi un'occhio le osserva, insonnolita. Lei non lo sa ancora, dove sono. << Siamo
già in albergo? >>
Le voci ora sono più nitide,
Sakura quasi capisce le parole. Sente le stesse domande, le stesse
frasi: "Dove siamo?", "Ehi ma perché è buio?" e "E tu chi
sei?"
Quando le sue mani scivolano,
giù dal collo di Lena, e si posano sul suo grembo, Sakura
respira a fatica. Perché non è più solo un
sospetto quello che le insinua la mente, non è più un
senso di inquietudine. Yuzuru e Lena la osservano, sente i loro sguardi
addosso. Non è uno scherzo.
Non ha tempo di pensare
ulteriormente alla cosa che all'improvviso fari acceccanti illuminano
quelle che devono essere delle vetrate, alla loro destra. Sakura si
copre la testa con le mani; le voci diventano urla, la luce l'acceca,
si sente strattonare e tirare via, con il fiato di Lena sul collo,
le gambe che a malapena la sostengono. Voci sconosciute che le parlano,
schiacciata da corpi sconosciuti contro altri corpi sconosciuti. E' un
inferno.
Il pavimento trema, tutto d'un
tratto, e Sakura trattiene il fiato, quando un lungo minuto di silenzio
cade su di loro. Ed è solo quando le luci della stanza si
accendono, tutto d'un tratto, e quando le porte si spalancano con un
sonoro tonfo, che urla. Forse non urla, invece, perché ci
sono così tante persone attorno a lei che urlano che Sakura non
sa più dove guardare. Sakura si osserva attorno, e non sa
spiegare la presenza di decina e decina di ragazzi e ragazze che
l'affiancano. Ragazzi e ragazze che si guardano attorno,
reciprocamente, con gli occhi sbarrati, il fiato spezzato. Ragazzi come
lei.
E Sakura riconosce nella centinaia di
studenti che le sono attorno non solo la divisa della loro scuola, ma
altre tre tipi di uniformi differenti.
Blu, rossa, grigia.
Le classi all'aereoporto.
Quando, in un rumore di passi
concitati, decine di uomini in uniforme militare si fanno strada
attraverso di loro, brandendo armi sulle ampie schiene, la prima cosa
che Sakura pensa di fare, oltre a ricacciare nella gola l'ennesimo
urlo, è quella di prendere il braccio di Lena e tirarla indietro
con lei, il più lontano possibile. E così fanno anche
tutti gli altri studenti, ammassandosi spaventati contro le pareti
dell'aula, urlando, tremando, annaspando. Qualcuno cade per terra e si
rialza.
Sakura ha male alla testa, forse è tutto un sogno.
Il gruppo di uomini armati si
scinde, una volta giunti all'apice della classe, e ciò che
rivelano non è altri che una terza persona. Sakura la vede poco,
nascosta com'è dietro alcuni suoi compagni di classe, ma quando
l'uomo avanza fino alla cattedra, facendo cenno ai militari di farsi da
parte, e deposita delle
scartoffie su di essa, Sakura chiude gli occhi e trema, pregando che
sia davvero tutto un sogno, ciò che la circonda.
L'uomo sorride, affabile.
<< Salve a tutti >> proferisce. << Il mio nome è Madara Uchiha >>
***
LoSpaziodiGè:
(Traduzione Titolo: Un giorno Qualunque?)
E' un suicidio, me ne rendo conto.
Ma va beh, sono queste le cose che mi fortificano u.u In ogni caso, come vedete non mi smentisco mai ! xD
SasuSaku, NaruHina, NejiTen, ShikaIno, SuiKa e due accenni GaaMatsu.. forse! Sempre la solita jennybrava! (quasi noiosa, forse)
Se vi va, seguitemi pure in questa avventura. Spero di riuscire a
stupirvi e ad emozionarvi come sempre :) E spero che questa fanfiction
non risulti troppo assurda! D:
Il prossimo capitolo spero arriverà presto, anche se non garantisco per via della scuola, ovviamente ._.
Un assaggio :3:
"<< Lei è un essere ignobile >> sibila
Sakura, e è certa che tutti riescano sentirla perchè dopo le
urla la sala è piombata nel più assoluto silenzio. <<
Non è nessuno lei per potere decidere della vita e della morte di una studentessa >>
<< E tantomeno della vita di tutti noi. >>
Madara la scruta, col suo unico occhio nero, e le sorride, increspando appena le labbra.
<< E' sicura di quello che sta dicendo.. >> sussurra, serafico. << .. studentessa del Konoha? >>"
Alla prossima gente, e.. recensioni no jutsu! (fa sempre piacere sapere cosa pensate u.u)
Shannaro! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Prologue: Juudai Ni Troubles. ***
Cap.2
Battle Royale
Prologue: Juudai Ni Troubles.
Dell'uomo che sorride a loro, a qualche metro di distanza e dietro alla
cattedra, Sakura non può che notare il volto rugoso, per
primo. Pesanti rughe gli increspano i lati della bocca e dell'unico
occhio a lei visibile; un pesante ciuffo di capelli oscura
l'altro.
Sono piccoli quegli occhi, ingrigiti da una patina opaca; scorrono su
di loro, lentamente. Sembra quasi che vogliano leggere loro dentro. Che
vogliano intimorirli.
Sakura si chiede come un solo sguardo abbia il potere di rimescolarle
lo stomaco in un tale modo: le viscere le si torgono, il fiato le si
mozza in gola e sente un lungo brivido attraversarle la schiena. Lena
ha cominciato a singhiozzare, stringendole il braccio.
Non si sente di biasimarla, come lei cori di singhiozzi si elevano fra
le file di studenti: sono ragazze, le sente dai loro gemiti striduli.
Sakura non ha lacrime da piangere. Non ancora.
<< Seduti, prego >>
Secca.
La voce di Madara Uchiha è secca e risuona, echeggia, rimbalza sulle pareti: non
è minacciosa, piuttosto sembra suadente, sembra volerli
compiacere. Quando nessuno muove un muscolo - sono impietriti; quando
nessuno osa solo respirare, è allora che Sakura vede i militari
fare un passo avanti e sguainare le loro armi, facendo scattare le
sicure.
<< SEDUTI! >>
Sembra il panico di poco prima: si spintonano, c'è chi cerca di
fuggire verso il fondo dell'aula, chi urla e si accascia per terra.
Sakura si passa una mano fra i capelli e afferra Lena per la spalla,
mordendosi le labbra a sangue. Sente il terrore risalirle alla gola,
forse sta per vomitare. Lo sente.
Si nascondono dietro ad alcuni loro compagni di classe; Yuzuru si
lascia cadere accanto a loro, i capelli biondi le coprono una parte del
viso. Sakura vorrebbe chiederle come sta, ma il solo pronunciare una
sillaba sembra una fatica tremenda. Quando la mano di Madara Uchiha
batte due colpi sulla cattedra, invitando le truppe al riposo, Lena
continua a stringerle il braccio. La sta quasi soffocando, non la
guarda nemmeno in faccia. Sakura respira lentamente, massaggiandosi di
nuovo il collo.
Il suo intuito.
Avrebbe dovuto dargli ascolto.
<< Molto di voi mi conoscono già >> è
inquietante il sorriso che riserva loro e Sakura non sembra l'unica ad
accorgersene. << Ma per chi non
lo sappia, sono stato il responsabile al primo anno della seconda
sezione
dell'Istituto Oto >>
Oto?
Sakura, assieme ai restanti studenti, fa scivolare lo sguardo verso la
parte destra dell'aula, dove stanno rannicchiati uno vicino all'altro
tutti gli alunni di Oto. Si stringono fra loro quando Madara avanza un
passo verso la loro direzione, abbandonando la cattedra e prendendo a
passeggiare per l'aula.
<< Cosa sta succedendo, Sakura-chan? >> bisbiglia Lena, con voce rotta.
<< Sssh, sta tranquilla >> risponde lei, assottigliando gli
occhi. Yuzuru è ancora lontana. << Andrà tutto
bene, vedrai >>
E come fai a saperlo?
<< E' un gran piacere rivedervi, ragazzi >> Madara
affonda le mani nelle tasche dei suoi pantaloni. << Siete
cresciuti tutti, a quanto pare >>
<< Sas'ke-kun >> proferisce. << A quanto vedo continui a girare con questa marmaglia >>
E' voltato di schiena, Sakura non riesce a vederlo. Così come lui non riesce a vedere loro.
E' forse quello che la spinge ad elaborare qualcosa di diverso, che
spinge il suo cervello a ricacciare indietro la paura e ad osservarsi
attorno: qualunque sia la cosa in cui sono stati coinvolti, è
ovvio che debba esserci una via di fuga. C'è sempre una via di
fuga, Sakura.
Facendo una stima approssimativa, la
porta più vicina è lontana dieci metri. Se riuscissimo a
sgusciare via fra tutti gli studenti, riusciremmo a confonderci fra
tutta la massa. Ma.. no, accidenti. Ci vuole un diversivo. Sono
militari, è gente addestrata. Se ne accorgerebbero subi-
<< Voglio subito precisare una cosa >> Madara è
tornato a voltarsi; ha abbandonato Oto e ha ripreso a passeggiare fra
tutti gli studenti. << Toglietevi dalla testa qualsiasi piano di
fuga. Siete qui, e qui rimanete >>
Quelle parole la gelano. Sakura sente distintamente il cuore mancare un
battito, ed è solo due istanti dopo che riprende a respirare,
quando i passi di Madara superano anche Konoha e si avvicinano ad Uzu.
<< In ogni caso >> aggiunge. <<
Colgo l'occasione per presentarvi due nuovi compagni >>
Non se ne è neanche accorta.
Dov'è finito il tuo spirito d'osservazione, Sakura?
Ed è questo che la lascia senza parole. Come ha fatto a non
accorgersene? E dire che mai due ragazzi possono riuscire a spiccare di
più fra una massa di anonimi studenti delle superiori.
Se ai quattro lati della stanza si sono rintanati gli studenti di ogni
singola scuola, al centro dell'aula, fra borse e cappotti, Sakura li
vede.
Sono più grandi.
E pur indossando banali e anonime uniformi scolastiche, ciò che
colpisce Sakura non è il silenzio e tutti gli occhi puntati
addosso a loro, e nemmeno la loro più che evidente maggiore
età. E' piuttosto la bellezza di cui fanno gratuito sfoggio, in
mezzo a quell'aula caduta in un silenzio talmente profondo da mettere i
brividi.
Ma la loro non è una bellezza abbagliante, non è la
bellezza che ti blocca per strada e ti spinge ad osservare con
adorazione le persone che ne sono dotate; è piuttosto quel tipo
di bellezza inquietante, quella bellezza che invece ti spinge ad
abbassare gli occhi, intimorita, quasi pudica. Sakura lo vede nei loro
tratti ruvidi, affilati.
<< Questo è Deidara >> il ragazzo biondo,
quello più distante da loro, sembra del tutto indifferente al
suo nome. Continua piuttosto a tenere gli occhi bassi e Sakura, da
lontano, vede che l'ennesimo ciuffo gli oscura il profilo. E' una mania
per i ciuffi?
<< E quest'altro invece è
Hidan >> aggiunge.
Lo capisce sin da subito, sin dal momento in cui lo vede alzare di
scatto il capo verso l'alto, puntando gli occhi nella loro direzione.
Verso di loro. Sono gelidi i suoi occhi, così gelidi che quando
Sakura vi ci si specchia dentro tutto quello che riesce a fare è
abbassare lo sguardo, quasi immediamente.
Lo capisce subito.
Sta lontana da loro.
<< Mi raccomando, andate tutti
d'accordo, eh >>
Madara si volta e in due passi raggiunge la lavagna dove con un
gesso prende a scrivere frettolosamente, continuando a sorridere.
E' forse quello il gesto che più colpisce Sakura. La più
totale e assoluta naturalezza con la quale quell'uomo che ha detto di
chiamarsi Madara Uchiha traccia segni sulla lavagna, lasciando loro al
puro caso e nella più oscura ignoranza di ciò che sta
succedendo. Si può essere talmente freddi? Talmente noncuranti?
Sakura stringe i pugni: non ce la fa, è più forte di lei.
E' già pronta a dare voce a ciò che pensa, che i
più disparati cori di voci si innalzano alla sua destra e alla
sua sinistra. Si osserva attorno, assieme a Lena, e scopre decine di
ragazzi in piedi; Suna, Uzu, qualcuno di Konoha, addirittura di Oto.
Sono tutti come lei, stanno tutti pensando le sue stesse cose.
Cosa sta succedendo?
<< Si può sapere che cosa sta succedendo?! >>
<< E' per caso uno scherzo?! >>
<< E chi sono quelle persone?! >>
Madara sembra del tutto indifferente all'ondata di accuse rivoltegli
contro; piuttosto sorride di nuovo, e Sakura deglutisce vedendolo
posare il gesso sulla cattedra con estrema calma, prima di pulirsi le
mani con un fazzoletto e fare segno di smetterla.
<< Qualcuno di
voi sa di cosa si tratta questo? >>
La sua voce, alta questa volta e sempre così maledettamente
sarcastica, sovrasta quel rumoroso brusio assordante fatto di domande
senza risposta e bisbigli spaventati.
Possono essere molti i motivi per i quali possano trovarsi in un
posto simile, tutti tra l'altro abbastanza plausibili: possono essere
stati convocati per un improvviso convegno delle scuole più
famose del Giappone, possono essere stati obbligati a partecipare ad
un seminario di dubbio gusto sull'avvento delle nuove tecnologie.
Non ha neanche il coraggio di alzare lo sguardo, Sakura, perché
alzarlo significherebbe dare una certezza al presentimento che dalla
mattina di quel maledetto giorno non ha fatto altro che tartassarle il
cervello. Significherebbe dare conferma a ciò che il suo sesto
senso le aveva detto sin dalle prime ore di quella giornata.
Significherebbe condannare la propria esistenza.
Battle Royale.
File nascosti, archivi di vecchi documenti, stralci di voci alla televisione..
Come pezzi di puzzle, i frammenti di vecchi ricordi si vanno ad
incastrare fra loro, nella mente di Sakura, e tutto ciò che lei
riesce a fare, non appena ha effettivamente conferma che quel nome non
porta assolutamente niente di buono, è stringere convulsamente la stoffa della gonna, sgranando gli occhi. Terrorizzata, basita, rassegnata.
".. l'ultima superstite sopravvissuta al combattimento durato quattordici giorni, tre ore e ventisette minuti.."
Lena si agita, accanto a lei.
"..oggi, tre marzo, è iniziata la ottava edizione del combattimento più duro che si sia mai.."
"Sakura, mi raccomando, è il tuo ultimo anno di superiori. Impegnati al massimo, va bene?"
La risata di Madara Uchiha le rimbomba nelle orecchie, assieme ai
gemiti di Lena e ai bisbigli di tutti coloro che le sono attorno. Forse
nessuno ancora lo sa cosa sia la Battle Royale.
"Il nostro Shinji.. riposerà in pace"
<< Oggi, voi >> proferisce, una volta che ha smesso,
la scia della risata sulle labbra. << Siete stati scelti per
partecipare alla decima edizione dell Battle Royale di quest'anno
>>
Battle Royale.
<< E quest'oggi, ragazzi miei >> aggiunge. << Vi farò ammazzare un po' fra voi >>
Si sarebbe aspettata risate sprezzanti, forse nessuno aveva ancora
capito la gravità della situazione. Forse nessuno ha preso
seriamente coscienza della situazione.
Forse le grida di protesta, forse le urla strazianti non servono a niente, perché Madara ride e succede. Da l'ordine.
Sakura urla, si unisce alle grida di disperazione e terrore quando
vede, fra l'accalcarsi degli studenti, i militari sfoderare le loro
armi e cominciare a disseminare di proiettili il pavimento.
Si sente spingere prima a destra, poi a sinistra; nel panico rischia di
perdere la mano di Lena che stringe la sua con tale forza da farla
impallidire dal dolore. Sembra un incubo.
O forse lo è davvero?
Ed è solo quando una ragazza fra gli studenti di Suna lancia un
gemito straziante che i soldati smettono d'un tratto di sparare per terra,
ritirandosi ordinatamente ai loro posti.
<< Matsuri-chan! >> una voce rauca, le curve morbide
di
una ragazza che si affaccenda accanto alla ragazzina minuta ed esile
dai corti capelli castani, che singhiozzante si stringe il braccio
sanguinante. Sakura le vede, con Lena che piange accanto a lei,
nascosta nell'angolo più lontano; nella confusione tutta la sua
classe si è spostata dall'altra parte dell'aula.
C'è ragazzo dai capelli rossi, poi. Invade il suo campo visivo,
facendosi largo fra gli studenti di Suna che si scostano al suo
passaggio, intimoriti forse. Sakura lo vede farsi avanti, stringendo
gli
occhi gelidi in due fessure minacciose. E potrebbe giurare che
quella sparatoria è lì lì da mietere un'altra
vittima
se la mano dalla presa salda e forte di un ragazzo alto e nerboruto non
si posi appena sulla spalla di quel ragazzo rosso, invitandolo
ad indietreggiare.
Madara sorride, ammiccando nella loro direzione, soddisfatto dell'esito dell'operazione. Sono tornati tutti silenziosi.
<< Come vedete voi stessi >> proferisce, inquietantemente serafico. << Non è uno scherzo >>
Lena scoppia definitivamente in lacrime, aggrappandosi alla sua spalla,
mentre il volto di Yuzuru si fa di ghiaccio. Yuzuru è lontana,
non è attaccata a Lena come sempre, è appena dietro di
lei, le braccia conserte.
Sakura non ha tempo di curarsene, comunque, perché l'orrore
della scoperta - e la paura che ancora la immobilizza al suo posto - le
impedisce di articolare anche solo una parola.
Non una parola.
<< In realtà.. >> aggiunge Madara,
riprendendo a
passeggiare per l'aula con la stessa inquietante tranquillità.
Sembra sia successo niente. Sakura stringe i pugni. << La
maggior parte dei vostri insegnanti
era contrario alla selezione delle loro classi >>
Kurenai-sensei.
<< Ed è proprio per questo che hanno fatto questa fine
>>
A l'ennesimo cenno della mano di Madara le porte dell'aula si aprono,
con loro grande terrore, e un altro gruppo di soldati entra scortando nella stanza otto
persone fra le quali Sakura, con orrore, scorge il volto della loro
Professoressa di Letteratura Giapponese e Responsabile: Kurenai Yuhi.
Non è instintiva la sua reazione; Sakura è brava a
sopprimere le emozioni, ha imparato a farlo. E' perfettamente conscia
che urlare, in un momento del genere, è come tagliarsi tutti i
possibili appigli ad una futura sopravvivenza. Ma forse una parte di
lei continuava a sperare che fosse in realtà tutto uno scherzo
ben congegnato. Vedendo la loro sensei lì, il volto tumefatto e
gli occhi arrossati, Sakura realizza che è tutto vero, e che non
c'è via di scampo.
Sono condannati.
Megumi Kusaki è la prima a risvegliarsi dal torpore in cui è
caduta l'intera loro classe: balza in piedi, il seno abbondante stretto
nella sua giacchina, il viso paffuto arrossato dalla fatica.
<< Kurenai-sensei! >> strilla, e Kurenai si
agita sul suo posto, gli occhi rossi colmi di lacrime ed
imploranti. E Sakura alla loro vista trattiene a stento un singhiozzo di
disperazione.
Dopo l'urlo di Megumi, Sakura sente le solite voci elevarsi dalle file
degli studenti delle altre scuole. I nomi più disparati
abbandonano le loro labbra, in un tentativo di ridare carica alle
figure dei loro insegnanti che continuano a sostare al fiando di Madara
Uchiha, inermi, sotto shock.
<< Kakashi-sensei! >>
<< Asuma! Asuma-sensei! >>
<< Baki-sensei! Gai-sensei! >>
E' solo quando Sakura sente le voci dei ragazzi di Oto urlare a
squarciagola il nome della loro sensei assieme ai più coloriti
epiteti dispregiativi che conosca che si rende conto che tutto quello è un piano.
Un piano studiato nei minimi dettagli, affinchè nulla possa
andare storto. Una cospirazione ai danni di innocenti classi di
studenti delle superiori la cui unica colpa è solo comportarsi come
gli adolescenti che sono.
Da quanto tempo?
Perchè?
<< Anko-sensei! >>
alza di scatto il capo, continuando ad accarezzare i capelli di Lena
che singhiozza sul suo grembo. In quella voce Sakura riconosce la
figura di un ragazzo dai capelli biondissimi,
ritti in testa, e due occhi azzurri rilucenti di rabbia e disprezzo.
Non lo vede bene, nascosta com'è, ma sa che è alzato in
piedi e che sta provando a farsi largo fra i suoi compagni di classe.
<< Anko-sensei! Cosa significa tutto questo?! >>
Quella che deve essere Anko-sensei piega le labbra in una
smorfia che deve assomigliare ad un ghigno. Anko-sensei è
l'unica donna non immobilizzata, piuttosto è completamente
libera al fianco di Madara stesso e al fianco di un giovane occhialuto.
Sakura li vede bene quei tre: scruta la figura del ragazzo con gli
occhiali, stringendo i pugni. Sembra appena più grande di
loro.
<< Nulla di più di quello che
vedi, Uzumaki >> replica, puntando i suoi occhi viola addosso allo studente.
<< Lei! Come diavo- >>
Sakura non sente più nulla, poi: le parole del ragazzo Uzumaki
sono soffocate da un paio di mani e da un paio di braccia che lo
trascinano via a forza, di nuovo all'interno delle file degli studenti.
<< Sono lieto di vedere che molti di voi non sono cambiati di
una virgola, anche dopo anni >> Madara sorride,
sospirando alla vista di Naruto Uzumaki che si dibatte dalla presa
salda dei suoi amici.
Ghigna Madara, balzando a sedere sulla cattedra mentre con un
gesto veloce afferra un telecomando, che punta dietro di
sé, verso la lavagna. In un cigolio fastidioso i cardini di
quest'ultima cominciano a girare, e Sakura cerca di riprendere a
respirare normalmente,
ed in un istante la superficie scura di questa viene sostituita
da un rilucente schermo bianco.
<< Adesso vedremo un video >>
Un attimo.
Le luci si spengono e Sakura sente di nuovo cori di grida terrorizzate
sollevarsi fra i suoi compagni: annaspano, si osservano spaesati
attorno. Lena stringe più forte il suo braccio, singhiozzando.
<< Calmati, avanti >> le dice Sakura, passandole una mano
sulla frangetta scompigliata. E' dolce la sua voce. << Devi fare
silenzio. Cerca di calmarti >>
Non devono sentirti.
<< Mi raccomando, non dormite e non parlate fra voi >>
Lo schermo si illumina in una luce talmente forte che Sakura deve
socchiudere gli occhi per riuscire a vedere qualcosa oltre ad un
fondale rosso e al logo della Battle Royale. Con una musica idiota che
Sakura ricorda di aver sentito solo lungo i centri commerciali delle patinate vie dello shopping di Tokyo, entra
zampettando nel suo campo visivo una ragazza carina, munita di
microfono e sorriso scintillante. Li saluta con uno strillo
spaccantimpani:
"Il corretto modo di combattimento nella Battle Royale: a cura del comitato promotore della legge BR!" urla. "Ragazzi della seconda sezione del terzo anno degli Istituti Konoha, Oto, Mizu e Suna.. buon pomeriggio!" trilla. "Oggi voi tutti siete le fortunate classi selezionate per partecipare alla Battle Royale di quest'anno! Congratulazioni!"
Sakura
spalanca la bocca: non sa se sentirsi più terrorizzata
dall'appurare che stanno effettivamente partecipando alla Battle
Royale, o più scioccata dal costatare l'allegria e la
naturelazza con la quale quella ragazza lo sta annunciando a loro.
"Il mio nome è Ami e
quest'oggi vi parlerò del modo corretto di combattere nella Battle Royale e vi
illustrerò le regole principali!"
squittisce, e alla sua figura si sostituisce una
dettagliata piantina geografica di un isola. Sakura aguzza la
vista, la mano posata sulla spalla di Lena. Non sa nemmeno se Yuzuru
è vicino a loro. "Il
luogo in cui vi trovate attualmente è un iiiisola con un perimetro
di dieci kilometri circa e avendo chiesto a tutti gli abitanti di
evacuarla, in questo momento è completamente deserta"
Isola. Poca comunicazione. Se era abitata è giusto presumere che vi siano dei villaggi dotati di telefono o computer.
"L'isola è stata divisa in diverse zone e a questo proposito il
vostro professore diffonderà una comunicazione quattro volte al
giorno, alle ore sei e alle ore dodici. Nel corso di queste
comunicazioni verrano diffuse le coordinate delle zone definite rosse,
quindi se vi trovate in una di queste zone uscitene immediatamente per
favore!"
Zone rosse. Tenersi alla larga. Pericolo di morte.. probabilmente?
"E come mai vengono dette pericolose? Ecco perchè voi tutti laggiù state indossando questo collare!" la
ragazza si punta le dita al collo e d'istinto Sakura fa lo stesso,
percependo sotto le dita l'oramai familiare acciaio freddo del
collarino che minuti
prima, o forse ore, ha con orrore scoperto di indossare.
"Questo collare è perfettamente impermeabile ed antiurto. Non si può assolutamente togliere!" esclama, con vocina stridula.
"Un sensore posto al suo interno,
tramite la ricezione del vostro battito cardiaco, ci informerà
sul vostro stato e sui vostri spostamenti. " dice. "Perciò
se dovreste fermarvi in una zona rossa oltre l'orario limite, o dare
luogo ad azioni di disturbo, sarete immediatamente identificati tramite
onde GPS. E a questo punto il collare inizia a vibrare e vibrare e
poi.." Sakura segue i suoi gesti. "BUM!" sobbalzano tutti.
"Esplode!" e ride. "Ed esplode anche se si cerca di toglierlo forzatamente quindi, mi raccomando, non tentate nulla di simile, ok?"
<< Ma non diciamo cazzate! >>
Quella voce le mozza il fiato: Sakura sobbalza, e con lei Lena che
smette di piangere. Davanti a loro lo stesso ragazzo di prima, quello
biondo dai capelli scompigliati che poco prima aveva inveito contro la
donna chiamata Anko-sensei, balza di
nuovo in piedi, inferocito. <<
Adesso ti concio per le feste! >>
Ma è idiota?
Sakura si ritrae, pronta a fuggire via nel caso si scateni l'ennesima
sparatoia; pronta ad afferrare per il braccio Lena, che nel frattempo
scoppia di nuovo a piangere, e a buttarsi sul pavimento.
Madara Uchiha ride, una risata bassa e rauca, prima di scuotere la
testa. << Sei rimasto il solito eh, Uzumaki? >>
commenta, mentre osserva Suigetsu Hozuki e Juugo che si
adoperano per placcare la sua corsa, prima che commetta l'irreparabile.
<< TU! MALEDETTO! >>
<< Naruto >>
E poi Sakura lo vede.
Non è reale, probabilmente: un ragazzo dai capelli scuri, terribilmente bello, si fa largo fra le
file dei suoi compagni, strattonando il braccio del ragazzo biondo con
una smorfia seccata dipinta sul viso. << E' inutile >>
sussurra subito dopo, gli occhi onice stretti in due fessure.
<< E' inutile >>
Gli occhi di Naruto si infiammano, di collera e disperazione, mentre
cerca di discostarsi dalla presa ferrea dei suoi altri due amici.
<< SAS'KE! >> ringhia e Sakura in quel nome urlato
percepisce tutta la disperazione e la frustrazione possibile, e
deglutisce cercando di combattere contro le lacrime che le
affollano gli occhi. Forse non è l'unica, forse non è sola.
<< Naruto, smettila subito! >>
E' più femminile la voce questa volta e Sakura, tornando ad alzare gli occhi verdi, vede una
studentessa di Oto, dai capelli rossi e gli occhiali; si avvicina
rigida al quartetto di amici, strattonando violentemente la manica del
gakuran nero del ragazzo di nome Naruto.
Lui la osserva per qualche istante, gli occhi lucidi; sembra si stiano
dicendo qualcosa, sembra stiano discutendo silenziosamente. Lo sguardo
della rossa è talmente duro, lo vede sin da lì, che
Sakura trema. Il ragazzo biondo sembra arrendersi; china il capo
ed incassa le spalle, avvilito, per poi seguire la ragazza e i
suoi amici al riparo da sguardi
indiscreti.
Sakura vede Madara seguirli con lo sguardo << Continuamo?
>> dice, piegando le labbra nell'ennesimo sorrisino soddisfatto.
Le luci si riabbassano e Sakura si sente sprofondare di nuovo nel buio,
prima che lo schermo torni ad illuminare la stanza e la voce trillante
della ragazza fracassi i loro timpani.
"Lo svolgersi di questa gara prevede
tre regole fondamentali!" squittisce. "La prima è che non vi
è alcuna regola riguardo al modo di uccidere, perciò
potrete utilizzare qualsiasi arma troviate" aggiunge. "La
seconda è che la gara si svolgerà in un lasso di tempo di
esattamente quattordici giorni e, per far in modo che il numero di
partecipanti non si dimezzi nei primi tempi, ogni tre giorni vi
sarà una pausa di ventiquattro ore, dove le uccisioni e le aggressioni saranno assolutamente
proibite. Mi raccomando, non cercate di evadere questa regola eh!"
Sakura sposta lo sguardo più a destra e scorge nel buio
dell'aula la figura di Megumi che si china all'orecchio di Tsukushi
per bisbigliarle qualcosa. Probabilmente avrebbe ricordato quel momento
per tutta la vita: è già pronta a dire qualcosa, a riprenderle, lei che
è sempre così ligia alle regole anche a scuola, perché quel Madara
Uchiha ha espressamente proibito le comunicazioni fra compagni. E' vietato. Non va bene.
Non
capisce bene quello che succede dopo, non lo capisce affatto. E' tutto
confuso: la cattedra cigola e la figura di Madara Uchiha
balza a terra, nel buio di quell'aula, e prima che se ne renda conto un
coltello sfreccia
lungo la stanza, sfiorando il suo orecchio in un sibilo che le mozza il
respiro.
E così finisce.
<< Ehi tu, non si bisbiglia! >>
Sembra un flash: il coltella vola,
le sfiora l'orecchio in un sibilo assordante, il corpo di Megumi Kusaki
si accascia sul pavimento in un tonfo sordo.
E le urla, urla strazianti e terribili.
Megumi.
Lena respira a fatica; si
sono tutti allontanati dal corpo della ragazza, che giace appena dietro
di lei. Si volta Sakura, lentamente, gli occhi sgranati, il battito
frenetico del suo cuore che rimbomba nella sua testa. Megumi è morta?
Si accorge che Madara si è
avvicinato solo quando sente la sua voce ad un palmo dall'orecchio:
<< L'avevo detto io che era vietato
parlare fra voi... >> soffia mellifluo, prima di ribaltare il
cadavere con un calcio e sfilare il coltello conficcato nella fronte di
Megumi. E Sakura continua a tremare, seduta, gli occhi spalancati.
<< Mi raccomando ragazzi, non comportatevi come lei >>
Sakura neanche se ne accorge, perchè quando torna ad
incamerare un poco di aria nei polmoni è scivolata qualche metro
più avanti e sta osservando il viso di Megumi, avvolta in una
pozza di sangue.
Le sfiora il viso, ancora
caldo e morbido sotto le sue
dita; e gli occhi scuri di Megumi la guardano, impietriti, sbarrati. Fa
paura, è orripilante, ma Sakura non riesce a smettere di
guardarla.
<< E' morta >>
Ed eccole le lacrime che aveva
tentato disperatamente di trattenere per
tutto quel tempo. Sono lì, che le rigano le guance posandosi
sull'immmacolato colletto della camicetta. Sakura sente il loro sapore
salato sulle labbra.
E poi li sente Sakura, quei sentimenti d'odio, di disperazione che le opprimono il petto.
Megumi non è mai stata sua amica, ma ora è morta.
E perchè sembra essere lei l'unica a preoccuparsene?
E' sbagliato, stupido e
pericoloso - e i suoi compagni lo hanno capito. Nessuno osa dire
qualcosa, si sono tutti rintanati lontano. Lontano dall'evidenza di
quel barbario assassinio, e da una verità troppo grande da
accettare.
E' sbagliato, stupido e pericoloso,
ma Sakura lo fa lo stesso. E sono quelli i sentimenti che Madara legge
nei suoi occhi gonfi e
lacrimanti, non appena lei solleva il capo dal
corpo straziato di Megumi Kusaki.
<< Lei è un essere ignobile >> sibila
Sakura, ed è certa che tutti possono sentirla perchè dopo le
urla la sala è piombata nel più assoluto silenzio. <<
Non è nessuno lei per
potere decidere della vita e della morte di una studentessa >>
aggiunge. << E tantomeno della vita di tutti noi >>
Madara la scruta, col suo unico occhio nero, e le sorride, increspando appena le labbra.
<< E' sicura di quello che sta dicendo.. >> sussurra, serafico. << .. studentessa del Konoha? >>
Sakura stringe i pugni, stringe i
pugni e reprime un singhiozzo, e fa per alzarsi. Se deve morire
preferisce morire in una maniera dignitosa, e non come banale pedina
partecipante ad un insano gioco d'azione.
Fa per alzarsi Sakura, e pur
essendo perfettamente conscia del pericolo al quale sta andando
incontro, pensa che non sia la cosa sbagliata.
Ma una mano piccola e candida le stringe il polso.
Si volta, esterrefatta, e in quella
mano candida riconosce le fattezze dolci di Hinata Hyuuga. Fra tutte le
persone che avrebbero potuto fermarla dal suo più che evidente
tentato suicidio, Sakura si sarebbe aspettata chiunque. Ma non Hinata
Hyuuga, non lei.
<< Sakura-san >> sussurra lei, appena udibile. << Per favore >>
Osserva il suo volto pallido rigato
da lacrime, gli occhi chiusi e la fronte agrottata. Quello di Hinata
non era un comando, tantomeno una richiesta impartita gentilmente. Hinata la sta supplicando.
Hinata sta piangendo.
<< Per favore. >> e la presa sul suo polso si fa più decisa.
Per Megumi?
Non seppe cosa la spinse a
farlo; semplicemente le ubbidì, piegandosi alla presa debole ma
decisa di quella ragazzina che riusciva ancora a piangere con una
dignità e un contegno straordinario, pur in una situazione del
genere.
Tornata seduta, Sakura percepisce
immediatamente la presa delicata della mano di Lena sul suo braccio, ma
non vi fa caso perché tutto ciò che riesce a fare
è osservare Hinata. Osservarla mentre alza una mano e la posa
sul viso oramai
freddo di Megumi, scostandole i capelli dalla fronte con un tocco
gentile, chiuderle gli occhi ancora
aperti. Coprire la vista del suo volto senza vita con una giacca presa
in prestito. Con estrema dignità, pur martoriata dalla
disperazione più nera.
E basta quel gesto a farle battere il cuore.
Hinata piange silenziosamente mentre abbassa il capo ed intreccia le dita sul grembo.
Piange e non dice niente.
E Sakura, per qualche strana ragione, e per la prima volta dopo anni, le si sente terribilmente vicino.
Nel dolore.
Il tempo passa, il video ha ripreso
ad andare in onda ma Sakura oramai non si accorge più di niente.
Immagini tutti uguali scorrono davanti ai suoi occhi, mentre cerca di
non fare caso ai singhiozzi soffocati dietro di lei e al suo disperato
bisogno di piangere.
"La terza ed ultima regola è
che al termine della gara dovrà rimanere un solo sopravvissuto.
Se così non fosse, allo scadere del tempo, tutti i collari
verranno automaticamente fatti esplodere!" e ride di nuovo. "A questo punto, per evitare che possa succedere una cosa del genere, combattete tutti quanti al vostro meglio eh!"
<< Molto bene >> Madara torna a parlare, interrompendo
per l'ennesima volta la trasmissione del video. << Fino a qui,
qualche domanda? >>
Sakura torna a prestare un minimo
d'attenzione e con la coda dell'occhio, dopo un attimo di silenzio fra
le file di studenti, scorge uno degli alunni di Uzu balzare in pieni,
alzando la mano diplomaticamente,
Il ragazzo si guarda attorno, li osserva uno per uno; sembra quasi in cerca di una specie di
incoraggiamento. << Se sopravvivo.. >> mormora, e Sakura stringe i pugni.
<< Potrò tornare a casa? >>
Madara Uchiha annuisce
semplicemente, guardandolo negli occhi e sorridendogli affabile. Sembra
quasi che gli stia comunicando di aver passato il test di matematica
<< Certo >>
<< Posso? >>
Un'altro studente, di Oto. Sembrano mosche. Perché sono così tanti?
<< Prego >>
<< Ma.. >> bisbiglia. << Perchè proprio noi? >>
Perché?
Madara sospira, accennando una stretta di spalle. << Per
imparziale sorteggio nazionale >> replica, laconico.
<< Posso ancora? >> chiede e Madara annuisce per la
seconda volta. << Ma perchè fare una cosa simile? >>
Avrebbe fatto la stessa domanda, probabilmente. Chiunque l'avrebbe fatta.
Sakura si passa una mano sugli
occhi, cancellando le ultime tracce di lacrime: la verità
è che tutto ciò che la circonda è un ingiustizia e
il solo pensare di dover uccidere anche solo uno dei suoi compagni,
studenti come lei, solo per assicurarsi un giorno in più di vita
le da una tale sensazione allo stomaco da nausea.
<< E' colpa vostra
>> proferisce. << Colpa del comportamento delle nuove
generazioni di studenti >> aggiunge. << Colpa del fatto
che voi vi sentiate in diritto di prendervi gioco degli adulti
>> dice. << E continuate pure a farlo se volete. >>
e li scruta uno ad uno. << Solo, ricordate una cosa: la
vita è una gara, combattete tutti al vostro meglio e fatevi
onore. >>
Farsi onore.
Le sue ultime parole sono accompagnate dal rumore delle porte
scorrevoli dell'aula che si spalancano per la terza volta,
lasciando entrare le ennesime file di soldati. Questa volta, però, si trascinano dietro
un grosso portapacchi nel quale, Sakura, intravede una marea di borsoni verdi, dall'aria pesante.
"Dunque, adesso dovremmo fare in modo che voi lasciate l'aula uno alla volta." la voce della ragazza nel video torna a farsi sentire. "Ma prima daremo ad ognuno di voi QUESTO borsone!" i denti le scintillano alla luce della telecamera che la riprende, mentre indica alla sua destra il portapacchi. "All'interno troverete" Sakura assottiglia gli occhi "Mappa e bussola! Una torcia elettrica! Un'accendino ed una gavetta!" aggiunge. "E
a questo proposito, vista la durata della gara, è anche molto
importante che riusciate a procurarvi dell'acqua e del cibo! Per questo vi raccomando di stare molto attenti a ciò che mangiate!" e ride.
"Infine, per ultimo, troverete anche un'arma!" conclude.
"Ne troverete di diversi tipi, e non si tratteranno solo di pistole o
coltelli. E visto che saranno distribuite a caso potrete trovarne di
vincenti o perdenti, tutto questo per appianare i vantaggi naturali!"
<< Abbiamo già
avvisato i vostri genitori >> Madara si volta di nuovo. <<
Perciò, combattete pure a mente
sgombra >>
I suoi genitori.
Quella consapevolezza la colpisce
come un pugno dritto nello stomaco: fra tutte le cose che ha pensato,
in quegli attimi di puro terrore, nemmeno un pensiero è stato
dedicato ai suoi genitori. Cosa direbbero loro, sapendo la loro figlia
come partecipante della Battle Royale?
La loro brillante figlia?
Si passa una mano fra i capelli, traendo un sospiro tremolante.
"Adesso verrete chiamati secondo l'ordine d'appello" trilla. "Quindi
quando questa signorina chiamerà il vostro nome alzatevi in
piedi, andate a recuperare un borsone e dirigetevi fuori dall'aula, per favore"
"UZU!" urla. "Alunno Numero Uno: Akamatsu Yoshiho-kun!"
Ora che la più cruda delle verità è sotto i suoi occhi, Sakura deve organizzarsi: considerando
che hanno appena cominciato a smistare gli studenti di Uzu,
affinché giunga il turno di Konoha dovranno passare un minimo di
dieci minuti. Pensa, Sakura. Veloce.
Si osserva attorno, dimenticato lo
shock di poco prima la sua mente è tornata quella vigile e
attenta di sempre: deve essere veloce, e scaltra. Non ha molto tempo.
Lena c'è. Dov'è Yuzuru?
Yuzuru è sparita.
Si morde un labbro, facendo
scorrere gli occhi fra i suoi compagni, alla ricerca della chioma
bionda della sua amica. Eppure ricorda che fino a poco prima era appena
dietro di lei, Yuzuru. Era seduta dietro di lei. Dov'è, adesso?
"Alunno trasferito!" Sakura sobbalza. "Hidan-kun!"
Lo stesso brivido di terrore che
momenti prima l'aveva attraversata alla vista del gelido sguardo di
quel ragazzo torna a farsi sentire quando lo vede alzarsi in tutta la
sua stazza. Cammina lentamente, non ha bisogno nemmeno di chiedere il
permesso, i ragazzi si scostano dal suo passaggio istantaneamente.
Afferra il suo borsone con una tale
calma da farla impallidire, e tremare di nuovo da capo a piedi.
Deglutisce, scoprendo la gola incredibilmente secca.
<<
Come avrete capito >> Madara sorride. << A questi due state
molto attenti >> e Deidara, il ragazzo biondo unitosi all'altro,
li osserva, saggiando una gomma da masticare.
Quando
finalmente quegli inquietanti studenti trasferiti escono
tranquillamente dall'aula, il borsone sulle spalle, Sakura si permette
di esalare un respiro, prima che la voce chiocciante della ragazza del
video torni ad urlare:
"KONOHA!" Sakura sobbalza. "Asahina Yuki-san!"
Diavolo!
Deve trovare una soluzione, e al
più presto. Mentre i nomi dei suoi compagni di classe
abbandonano le labbra della ragazza del video, Sakura vede i ragazzi
con i quali ha condiviso quell'ultimo anno di superiori abbandonare
amici, amiche, fidanzati. Ci sono degli abbracci, delle lacrime;
qualcuno non vuole abbandonare l'aula, costringendo i militari a
portarlo fuori di peso. Forse è un addio, il loro. Forse quando
uscirà non saranno più i suoi compagni di classe, ma solo
meri nemici dai quali guardarsi.
Hinata e Neji Hyuuga sono stretti, vicini; Sakura si chiede se si volteranno reciprocamente le spalle.
"Alunna numero quindici!" trattiene il respiro. "Haruno Sakura-san!"
Non è forse questo, che aspettavi?
Si alza in piedi, raccoglie la sua
borsa, si china. << Appena sei fuori >> bisbiglia
all'orecchio di Lena. << Corri dietro all'edificio. Io
sarò lì ad aspettarti >>
Spera che Lena l'abbia sentita, che
Madara non l'abbia notata, che anche Yuzuru, dispersa chissà
dove, abbia capito qualcosa. Non è come dirigersi al patibolo;
sostiene ed ignora gli sguardi di tutti. Attraversa l'aula velocemente,
le sue scarpe da tennis risuonano sul pavimento, i capelli le
ondeggiano sulle spalle.
Non guarda nessuno negli occhi;
acchiappa il suo borsone e prima che qualcuno le urli di uscire, si
dirige verso la porta, scoccando un'occhiata verso Lena. Fa che abbia sentito.
Fa che vada tutto bene.
***
Ha estratto la torcia dal borsone e
una mano invisibile la spinge lontano, lungo il corridoio buio nel
quale si ritrova immersa. Dalla poca luce che penetra dalle vetrate ai
lati, Sakura scorge file di soldati ai lati di ogni colonna, di ogni
finestra. Qualcuno le grida di camminare, di muoversi, e lei non se lo
lascia ripetere due volte. Cammina veloce, e presto la camminata si
trasforma in corsa alla ricerca dell'uscita, nel reticolo di corridoi
dal quale cerca disperatamente di uscire.
Anche da così lontano sente ancora le grida dei soldati che
provengono da quella stanza, sente passi che si affrettano. Qualcuno
sta arrivando dietro di lei. Deve sbrigarsi.
E' intuito il suo, che le dice di non concedere una parola a nessuno al di fuori di Lena. E di Yuzuru.
Di non fidarsi di nessuno.
Raggiunge l'uscita con gli occhi stretti in due fessure e tutti i
muscoli tesi; se è vero che non se la sente di concedere la
fiducia a nessuno dei suoi compagni di classe, è altresì
vero che fuori c'è tutta Uzu che vaga per le strade di
quell'isola.
Non appena mette piede fuori l'edificio Sakura sente il respiro farsi
pesante; da lontano sente delle urla, uno sparo. Sobbalza, mordendosi
un labbro. Hanno già iniziato?
I passi dietro di lei si avvicinano: è ricettiva, Sakura. Scappa via, semplicemente.
Scarta verso destra, scavalca la recinzione, scende le scale e scappa
via. E' asfalto quello sotto i suoi piedi, vero e proprio asfalto che
la rincuora nella consapevolezza che non sono proprio in mezzo al
nulla, e che civilizzata quell'isola lo è.
Quando sente di essersi allontanata abbastanza, si ferma, prendendo
fiato; ha circondato l'edificio, è esattamente dall'altra parte.
Non dovrebbe essere difficile per Lena trovarla, dovrebbe solo fare
attenzione.
Sakura si volta, poggiando la fronte contro la superficie del muro e
prendendo dei respiri profondi. Si massaggia la base del naso.
Calmati, Sakura. Calmati. Aspetta Lena. Poi deciderete cosa fare. Ce la puoi fare.
Non puoi piangere.
Non ora.
Forse era davvero tutto un incubo, forse se si concentra si
sarebbe risvegliata nel suo letto caldo, a casa sua, pronta per una
nuova giornata a scuola.
O forse le hanno davvero appena annunciato che avrebbe dovuto uccidere ciascuno dei suoi compagni.
Si morde talmente forte le labbra che sente il sapore metallico del
sangue invaderle la bocca, lentamente. Non ricorda l'ultima volta che
ha sorriso, forse perché le ultime ore le sono sembrate le
più eterne e struggenti di tutta la sua vita.
Avrebbe preferito ricordarlo da sola, in effetti, ma il click di una sicura che scatta le fa raggelare il sangue nelle vene.
Contro la sua nuca, una pistola.
<< Dammi la tua arma >>
Sakura sgrana gli occhi, il suo intuito torna nel suo corpo in fretta
come se ne è andato, così come l'istinto di
autoconservazione. Una soluzione, Sakura.
La verità è che la paura le attannaglia le viscere e
l'unica soluzione a cui riesce a pensare è quella di supplicare
il suo aggressore di lasciarla andare. Pensa con fatica che non tutti
sono come lei, che qualcuno qui fuori fa davvero sul serio. E lei lo ha
appena incontrato.
<< Abbassa quella pistola >> sussurra, in un disperato
tentativo di guadagnare tempo e cercando di mantenere una voce
ferma.
<< Zitta! >> un sibilo rabbioso, e Sakura sgrana di nuovo
gli occhi, il cuore perde un battito per la millesima volta.
Quella voce.
Non è possibile.
Non respira.
<< Yuzuru..? >> rantola, senza voce. << Cosa stai..? >>
Ma non riesce a terminare la frase, perchè una scarica di
pallottole si abbatte proprio alla sua destra, gelandole il sangue
nelle vene. Appura che la persona che le punta la pistola contro
è davvero una donna quando entrambe cacciano un urlo,
indietreggiando. Qualcuno sta sparando alla ceca, e loro sono i
bersagli.
Si volta di scatto.
E' buio, non vede bene. E' sicuramente così.
Perché la figura che le ha appena voltato le spalle ha lunghi capelli biondi e corre via, lontano. Da lei.
Non perdere tempo.
E' veloce Sakura, e sorprendentemente reattiva. Appurato che le sue gambe riescano effettivamente a reggere il suo
peso, si sistema la tracolla sulle spalle e abbraccia il
borsone, prima di slanciarsi in una folle corsa giù per quello
che sembra un lungo pendio, al di là della strada vera e propria.
I rovi le graffiano le coscie, i rami le rallentano la corsa, ma
Sakura continua a correre disperatamente, col cuore a mille.
E li sente i passi dietro di sé..
Fanno tutti sul serio.
Quando gli spari e i passi sembrano estinguersi; è solo
in quel momento che Sakura cerca di riprendere fiato. Non se ne
è neanche accorta: ha abbandonato la foresta, nella sua folle
corse è scesa lungo tutto il pendio che ore la sovrasta e si
ritrova i piedi immersi nella sabbia. E' su una spiaggia, e da lontano
sente il rumore delle onde che si abbattono lì vicino.
E nella notte più buia Sakura affonda i passi nella sabbia
della battigia, trascinandosi dietro le sue cose e respirando a fatica.
E' fortunata, perchè riesce a trovare una grotta deserta,
ed è li che sceglie di rifugiarsi, accucciandosi in un cantuccio e
stringendosi le gambe al petto.
Trema, e nel buio di quella notte Sakura si sente finalmente
in grado di piangere tutte le lacrime fino a quel momento trattenute.
CONTINUA.. ?
***
LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: Teenagers Nei Guai)
Ed il secondo capitolo è andato :)
Che dire? Gli intenditori avranno sicuramente notato le differenze
sostanziali con la fonte originale, ma.. ehi! Si fa quel che si
può ;)
Per il terzo capitolo dovrete aspettare una decina di giorni sicuri, per il resto spero che questo vi abbia soddisfatto!
Un piccolo assaggio:
"<< Guarda che io non scherzo! >> urla lui, continuando a
puntarle addosso la balestra. << Ho già ucciso prima..
>> aggiunge e Sakura stringe gli occhi, deglutendo. << .. e
adesso.. >> ha il volto sudato Koichi, così sudato che
sotto quel sole cocente la fronte gli risplende, madida. A Sakura fa
incredibilmente pena in quel momento, dovrebbe scappare, lo sa. Eppure
non riesce a non guardarlo negli occhi piccoli, infossati, e a
sospirare.
<<... potrei stuprarti anche a forza! >>"
Ci
siamo, ovviamente ringrazio tuuutti coloro che hanno recensito lo
scorso capitolo! Dieci recensioni, mi fate felice e contenta *__*
Un bacio, e alla prossima! :D
(Recensioni no jutsu!)
Shannaro! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Day#1: Tsudzuku On My Own. ***
Cap.3
Battle Royale
Day #1:Tsudzuku On My Own.
<< Ma cos-?! >>
Sbarrò gli occhi, annaspando e cercando di liberarsi dalla presa
che gli stringeva il collo. Ci sarebbe riuscito, probabilmente, se la
sudetta non si fosse allentata due istanti dopo averlo trascinato
lontano, dietro al muro della porta dalla quale era appena uscito.
<< Fa silenzio, Suigetsu! >> la voce aspra di Sasuke lo fece sobbalzare. << Siamo noi! >>
Suigetsu si massaggiò la gola, cercando di incamerare aria e
sorpresa allo stesso tempo. Che fossero i suoi amici non c'era alcun
dubbio; solo Sasuke riusciva a comportarsi in un modo così rude.
<< Non lo avrei immaginato >> borbottò, faticando a
nascondere il sollievo di averli vicini in quella pazzia, che fosse
vera o meno.
<< Hai idea.. >> Naruto sbuffò, mentre si
allontanavano ancora di qualche metro. <<.. di come si utilizzi
questa roba qui? >> non riusciva a maneggiare la pistola.
<< Tu che arma hai, Suigetsu? >>
Sasuke aveva la voce fredda, più fredda del solito. Suigetsu,
nel buio di quel vicolo, non riuscì a distinguerlo da ciò
che lo circondava. Sembrava confondersi con l'oscurità che
regnava su di loro, inesorabile. Un brivido freddo gli
attraversò la schiena, gelandolo sul posto. << Ah..
devo ancora.. >> era ancora sotto shock? Non riusciva nemmeno a
rendersi conto di ciò che stava succedendo davvero. Come in
trance infilò una mano nel borsone che pendeva dalla sua spalla.
Era quasi surreale la scena, Suigetsu lo vedette: Juugo, così
alto e grosso, si intravedeva appena, dietro Naruto e Sasuke; reggeva
un fucile sulla schiena, non diceva niente, non
una parola. Naruto continuava ad indaffararsi con quella pistola.
Sasuke era fermo, immobile, sembrava una statua. E lo inquietava.
Suigetsu, interrompendo la ricerca e fermandosi un attimo a pensare, si
chiese se fosse tutto vero. Se tutto quello che che Madara Uchiha aveva
raccontato loro fosse la più cruda delle verità: "Non
c'è tempo per le spiegazioni" aveva detto Sasuke, prima che il
suo nome venisse chiamato all'appello, scioccato come loro dalla notizia
che fosse stato Madara Uchiha - quell'Uchiha, il suo stesso zio - ad
orchestrare tutto quel gioco.
Sasuke si sporse oltre il vicolo, sguardo cauto, guardingo. Non c'era anima viva; si sentivano alcune voci, ma erano lontane.
<< Che arma ha, Karin? >> chiese infine, tornando nel vicolo.
Karin.
Suigetsu accennò appena un sorriso; era bastato il nome di
quell'oca a fargli tornare la voglia di scherzare su tutta quella
faccenda. Avrebbe potuto piangere, in fondo. Dei suoi genitori non
avrebbe più visto traccia, lui stesso prima o poi, lungo quei
quattordici giorni, sarebbe morto.
<< Che hai nella borsa, stregaccia? >>
Karin era vispa, bisbetica, furba, e maledettamente attraente, con quel
suo modo di fare da perfetta vamp. Era un po' diversa, e un po' no.
Suigetsu saggiò la parola "stregaccia" sulla lingua, non
riuscendo a non sorridere, e fu quando alla sua domanda
seguì solo il più
profondo ed inquientante dei silenzi che si sentì il
sangue gelare nelle vene. Karin non rispondeva.
Karin non c'era.
<< ... Karin? >> Naruto rantolò qualcosa, osservandosi attorno.
<< Dov'è Karin? >> ringhiò Sasuke. << Suigetsu, razza di idiota, dov'è Karin?! >>
<< Era dietro di me! >> rispose, furioso se per la
recriminatoria di Sasuke o per il fatto che della sua ragazza si
fossero perse le tracce non si sapeva. << Era dietro di me! Prima
di aprire la porta d'uscita era dietro di me, la tenevo per mano!
>>
Naruto si passò una mano fra i capelli, sibilando imprecazioni. << Diavolo, diavolo, diavolo! >>
<< Piantala, Naruto >> Juugo assottigliò gli occhi, imbracciando il fucile.
<< Non è certo colpa mia se questo idiota non sa nemmeno tenersi vicino la ragazza! >>
<< Cosa hai detto?! >> Suigetsu avanzò di due passi.
<< Silenzio! >>
Sasuke fece scattare la sicura della sua arma, mollando per terra la
sua borsa scolastica e caricandosi addosso il borsone verde. Della sua
espressione appena visibile in tutto quel buio, Naruto notò per
prima la ruga profonda fra le sopracciglia, e la piega stretta delle
labbra. E il terrore che alleggiava sul suo viso.
<< Cosa hai intenzione di fare con quella, Sas'ke? >> la
voce di Naruto era piatta, meccanica; sembrava inquieta. I suoi occhi azzurri
cercavano quelli dell'altro.
<< Secondo te? >> sibilò lui, sprezzante. O solo
indifferente. Sasuke sembrava così sicuro di sé eppure il
tremore alle mani tradiva altro. << Andare a recuperare quell'oca
>>
<< Non avrai intenzione di uccidere qualcuno, con quella, spero >>
L'azzurro di Naruto, i suoi occhi, riuscirono finalmente ad incontrare
quelli del migliore amico: lesse soltanto determinazione, e un
sentimento che gli appesantì così tanto lo stomaco da non
non riuscire ad impedirsi di urlare. Sasuke era serio, lo sapevano
entrambi. Tutti. Faceva sul serio.
Credeva alle parole di Madara Uchiha.
Come avrebbe potuto non farlo, d'altronde?
<< Sas'ke! >> in un battito di ciglia gli fu addosso, afferrandolo per la collottola
della divisa. << Hai davvero intenzione di prender parte a questa
follia?! Stai solo facendo il loro gioco! >>
Sasuke assottigliò gli occhi. << E cosa vuoi fare, allora?! Cos- >>
Sasuke non riuscì a finire di rispondere, la sua voce venne
coperta dal suno metallico delle pallottole che si disperdevano
nell'aria, assieme alle urla. Sempre più vicine, sempre più acute. Grida di disperazione.
Juugo imbracciò il suo fucile, con aria insicura. Avevano iniziato.
Sasuke tornò a voltare il capo, stringendo convulsamente la pistola.
Cosa avrebbero fatto dopo? Dopo che avessero trovato Karin, cosa avrebbero fatto?
Le regole erano chiare: solo uno poteva sopravvivere. Avrebbe dovuto
uccidere i suoi amici? Puntare la pistola contro i ragazzi con cui era
cresciuto? Contro il suo miglior amico, contro Suigetsu, Juugo e Karin?
Avrebbe dovuto ucciderli?
Non erano lacrime le sue, eppure i suoi occhi onice dicevano altro. Erano senza scampo. Nessuna via di fuga.
Naruto, notando il suo stato d'animo, allentò lentamente la
presa, voltandosi verso Suigetsu che dalla sua borsa aveva estratto un
coltellino. << Suigetsu >> mormorò, la voce roca.
<< Per favore >>
Ma Suigetsu non l'ascoltava: buttava via la sua borsa scolastica,
afferrava il borsone, pensava a Karin la fuori, lontano da loro. Senza
di lui.
Narutò strinse gli occhi. Forse stava piangendo, o si stava
trattenendo dal farlo, perché quella situazione era così
maledettamente assurda da risultare ridicola. Non era possibile, tutto
ciò.
<< Juugo >> sussurrò. << Juugo, almeno tu >>
Dall'alto della sua stazza Juugo lo osservò, quasi mite. Non
sorrise, semplicemente lo osservò. Naruto lo lesse nei suoi
occhi: d'altronde anche Naruto stesso stava facendo violenza su se
stesso; fuori c'era Karin, sola. E loro non potevano lasciarla
lì.
<< Hai altre alternative, Naruto? >> la voce di Sasuke,
ancora più glaciale, tornò a farsi sentire. << Hai
altre soluzioni? Preferisci sacrificare la vita di Karin per
risparmiare quella di tutti quei figli di puttana che là fuori
fanno sul serio? >> disse. << Credi che voglia uccidere di
proposito? >>
Naruto chinò il capo, colpito.
Nessuno disse qualcosa, poi. Lo osservarono in silenzio, mentre si
mordeva le nocche delle mani, forse a sangue, tanto quanto bastava per
non lasciarsi sfuggire un singhiozzo.
<< Come..? >> mormorò, la voce spezzata. <<
Com'è possibile che tutti si uccidano con così tanta
facilità?! >>
E abbattè il suo pugno contro al muro, stringendo la mascella e
nascondendo le lacrime di frustrazione che gli rigavano le guance.
Sopravvivere.
Naruto lasciò scivolare la mano sul muro di mattoni, prendendo
respiri profondi. Il suono delle pallottole aveva smesso di
rieccheggiare, ma le grida rimanevano, e anche i passi concitati non
molto lontani da loro.
Fu solo quando lo videro abbandonare quel muro che trassero un sospiro
di sollievo, e fu solo quando Juugo gli allungò la sua pistola,
battendogli una pacca sulla spalla, che Sasuke si azzardò a
parlare di nuovo.
<< Juugo tu copri Suigetsu col tuo fucile, e perlustrate le aeree
qui attorno, ma non allontanatevi da qui. Karin potrebbe tornare
>> disse, pratico, pragmatico, tirando fuori la mappa. A Suigetsu
sembrò di tornare a sei mesi prima, durante le vacanze estive,
quando avevano affrontato fra scherzi e spintoni quel corso intensivo
di tiro, offerto loro dai Signori Uchiha. << Visto che io e
Naruto abbiamo le pistole ci spingeremo più in là
>> Naruto deglutì. Il solo pensiero di puntare la pistola
addosso a qualcuno gli dava la nausea. << Io andrò a
destra, dietro all'edificio. Tu, Naruto, a sinistra >> aggiunse.
<< Chiunque di noi trovi Karin non torni indietro, ma in dieci
minuti al massimo si fa trovare qui. >> indicò i locali
caldaia della zona. << In dieci minuti al massimo. Non uno di
più, non uno di meno. Non possiamo rischiare >>
Era pericoloso.
Sasuke lo sapeva, e molto bene. Conosceva quel gioco, sapeva che gente
poteva frequentarlo, sapeva che là fuori, per quel che
riguardava loro, chiunque poteva fare sul serio. Anche Naruto lo
sapeva, voleva solo che capisse. Voleva che capisse che se non avrebbe
puntato la pistola per primo, nessuno avrebbe esitato a farlo contro di
lui; voleva che capisse che le loro vite valevano più di
chiunque altro.
Sarebbero morti, forse, probabilmente. Sarebbero morti tutti, ma Sasuke non ci voleva pensare. Non ancora.
Avrebbe fatto di tutto per non dare ai suoi genitori la tomba di un
altro figlio su cui piangere, per tenere accanto a sé i suoi
amici il più a lungo possibile.
Voleva solo che lo capisse.
Sasuke, impugnando la sua arma, osservò Suigetsu e Juugo che si
allontanavano piano, mettendo piede fuori il vicolo. Fece scattare la
sicura della pistola, infilando la mappa nel borsone, e si
scambiò uno sguardo con Naruto, ignaro del fatto che sarebbe
stato l'ultimo per molto tempo.
***
"Sono le sei del mattino, ragazzi! Anche per i più dormiglioni è giunta l'ora di svegliarsi!"
Se fosse stata una
giornata normale, Sakura, sicuramente ancora sepolta sotto le coperte,
avrebbe cercato la sveglia e l'avrebbe scaraventata contro il muro,
prima di tornarsene a dormire sogni tranquilli.
Quel giorno Sakura vede il suo respiro condensarsi nell'aria, facendo
capolino fuori dalla grotta e stringendosi nella sua giacchina. Nella
notta fredda e buia, trascorsa per lo più fra le lacrime
soffocate contro le sue ginocchia, è riuscita a recuperare dalla
sua borsa scolastica solo un golfino in più e un cambio intimo,
giusto quello che nel suo trolley da viaggio, chissà dove
disperso, non era riuscita ad infilare.
Fuori è appena l'alba: la vede riflessa nelle onde del mare che
si abbattono ritmicamente sulla battigia. Sakura affonda qualche passo
nella sabbia, uscendo definitivamente dalla grotta.
La voce dagli altoparlanti risuona chiara, forte, tonante. E' quella
che l'ha svegliata, poco prima, interrompendo quei pochi minuti di
sonno che era riuscita a racimolare lungo la notte.
"Oggi è il primo giorno di
uccisioni! Mi raccomando, date il meglio di voi stessi e ricordatevi delle regole fondamentali di questo gioco" Sakura alza il viso, al cielo, quasi in cerca della fonte di quella voce. "E mi raccomando, non dimenticate di fare colazione. Il buongiorno si vede dal mattino, non affaticatevi troppo!" si passa una mano fra i capelli. "Per
quando riguarda le zone rosse, ovvero quelle zone dell'isola dove a
partire da una certa ora è proibito sostare, a partire dalle ore
nove in poi: F1! Dalle ore undici: E9..!" dice, e Sakura appunta tutto sul lato bianco della cartina. "Invece,
per quanto riguarda il numero delle vittime, sono sette i compagni
morti durante la notte scorsa: cinque di Oto, uno di Suna e uno di
Konoha! Tentare la fuga sarà sembrata una buona soluzione, ma
ahimè, non ha funzionato"
L'alba oramai è totalmente sorta, Sakura sente i suoi pallidi
raggi illuminarle il viso. Se non fosse per il rumore delle onde che si
abbattono sulla spiaggia, nemmeno un suono lacererebbe quell'atmosfera.
Ad eccezione di quella voce.
"So che probabilmente molti di voi
saranno disperati per la morte dei loro compagni, e cercherete
sicuramente di trovare una via di fuga. Non c'è, ragazzi:
affrontate questa gara con coraggio, fatevi onore e rendete fieri di
voi i vostri genitori, diventando così degli adulti da
rispettare" una folata di vento le sferza in faccia. "E ricordate:
Uccidete, o sarete uccisi"
Con quella frase, la comunicazione termina e Sakura tende ancora le orecchie, forse nella speranza di una frase finale diversa.
Sono cinque le vittime di Oto, e proprio non riesce a sorprendersene:
sarà perché glielo hanno detto che Oto è un
istituto famoso per la sua violenza, ma proprio non riesce a darsi pace
per quel "uno" di Konoha.
Lena non è con lei, quella mattina.
Avanti Sakura. Calma. Sangue freddo.
Ci sono delle priorità nella sua mente, e ora che si può
quasi definire al sicuro, la più importanti sono quelle di
riuscire ad identificare che razza di arma le abbiano appioppato,
riuscire a procurarsi del cibo e dell'acqua e per ultimo partire alla ricerca di Lena.
E Yuzuru?
Sakura deglutisce, tornando a passi lenti dentro la caverna. A Yuzuru
non ci vuole pensare, non ancora. Non adesso. Non in un momento del
genere, con l'alba da poco sorta e un nodo che le chiude la gola al
pensiero di Lena in balia di tutti gli studenti delle altre scuole.
Dopo essersi assicurata di essere effettivamente sola, Sakura si
addentra nella parte di grotta dove ha lasciato le sue cose, sedendosi su un masso ed estraendo di nuovo la cartina.
In un'ora al massimo quella si sarebbe trasformata in una zona rossa, e
ciò implica che lei, se non avrebbe voluto morire, se ne
sarebbe dovuta andare.
Sospira, ricercando nella sua borsa scolastica un elastico,
legandosi i capelli in una coda sfatta. Mentirebbe se dicesse di non
sentirsi inquieta, sola, in una grotta di un'isola sperduta. Mentirebbe
anche se dicesse di voler trovare una pistola, o coltello, in quel
borsone verde. Come potrebbe difendersi con una pistola? Non saprebbe
nemmeno dove metterci mano.
"Complimenti! La tua arma è:
un Localizzatore! Con questo potrai spostarti lungo tutta l'isola senza
l'uso della cartina, inoltre potrai localizzare le posizione di tutti i
partecipanti al gioco, i sensori rossi, tramite le onde che sprigionano
i loro collari, e verrai avvertita attraverso una forte vibrazione se
un collare sospetto si sta avvicinando! Ancora complimenti, e fai buon
uso della tua arma, studente/ssa!"
Sakura accartoccia il biglietto, buttandolo dietro la schiena, ed
è con un po' di timore che preme sulla sommità
dell'apparecchio dallo schermo quadrato.
Il quadrante si illumina e ciò che Sakura vede non è solo
la cartina bidimensionale dell'isola, assieme ai sensori rossi dispersi
un po' ovunque, ma anche le coordinate del suo luogo e, sopratutto,
icone che indicano i centri abitati più vicini.
Cerca Lena.
Forse è pazza.
E' un suicidio allontanarsi da quella grotta, avventurarsi fra le
colline di quell'isola alla ricerca della sua amica, alla ricerca di un
po' di civiltà e di qualche speranza.
Si dice che lo fa per l'acqua, per trovare un po' di cibo e per fuggire
da quella che in poco meno di due ore sarebbe diventata una zona rossa.
Eppure non riesce a non sperare di trovare qualche suo compagno, di
potergli parlare, per unire le forze, per trovare una via di fuga.
Sakura fa di nuovo capolino fuori dalla grotta, si osserva attorno,
adocchia il sentiero ripido lungo il quale è scesa la scorsa
notte.
Getta un'altra occhiata al localizzatore: i sensori rossi sono più presenti, in quella zona.
Forse è meglio cercare un'altra strada.
***
<< S-Shikamaru, aspetta! >> la ragazza bionda cercò di
frenare la loro corsa. Era notte, i bagagli erano pesanti e Chouji aveva fra
le braccia un fucile che più che farla sentire protetta alimentava
soltanto la sua paura.
Ino singhiozzò, continuando a correre come una forsennata. Gli
spari che poco prima li avevano spinti ad allontanarsi dal cortile di
quell'edificio si erano del tutto estinti ormai, eppure loro
continuavano a correre.
<< Dove stiamo andando?! >>
Shikamaru si fermò un attimo a riprendere fiato, si voltò
verso di lei. La vegetazione era fitta e nel buio della notte
illuminata appena dalla luce
della torcia, non vedevano quasi niente. Ino non riusciva a vederlo,
sentiva solo il suo respiro sulle labbra. Vicino, come la presenza di
Chouji alle sue spalle.
<< Qui >> sussurrò,
indicando un punto a caso sulla cartina << Il più
lontano possibile dalla loro base >> Ino sentì la sua mano
risarlirle una guancia. << Un'ultimo sforzo, Ino >> le
disse, prima di tenderle la mano. << Forza Chouji! >>
Ino strinse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime e sforzandosi di
cancellare dalla sua mente quei ricordi di poco prima: la calca di
persone che si era affollata nel cortile, gli spari, le urla, i tre
corpi che si accasciavano davanti ai suoi occhi. Tenten.
Nella disperazione che aveva colto tutti, al suono degli spari, e nella fuga di massa, era riuscita solo a scorgere
in lontananza la figura di Tenten e a nulla erano valse le sue grida e
le sue lacrime. Tenten era sparita nel buio di quella notte, inghiottita dalla folla, e a
Ino non era restato nient'altro da fare che seguire Chouji e Shikamaru, in una folla corsa lontano da quella scuola.
Passarono i minuti, forse ore, non smisero mai di correre. A volte si
fermavano, si guardavano attorno, forse nella speranza di vedere Kiba e
Lee dietro di loro. Riprendevano fiato, Shikamaru e Chouji parlavano
fra loro, Shikamaru la stringeva forte, le baciava le labbra, le diceva
di resistere. Lei chiedeva di Tenten, e continuava a fissare il terreno.
E in quel buio, appena illuminato dalle loro torce, sentivano fruscii,
voci, e ricominciavano a scappare. Shikamaru non si fidava di nessuno,
aveva detto, e mai lo avrebbe fatto. Solo di loro, di Lee, di Kiba, di
Tenten. Solo di loro avrebbe potuto fidarsi.
Corsero tutta la notte, facendosi largo fra rovi, boscaglie, attraversando spiagge e pendii.
Non incontrarono mai nessuno, e Ino non guardò mai davanti a sé. Preferì rivolgere lo sguardo al cielo.
Quello risplendeva ancora, illuminato dalle stelle.
***
I raggi del sole le bruciano la pelle, anche da sopra la camicetta,
e mentre attraversa ampie vallate, Sakura capisce che è giunto
il momento di prendersi una pausa.
Per quel poco che è riuscita a capire della morfologia del
terreno, attraverso al localizzatore che ora le pende dal collo,
l'isola non è altro che costituita da colline e vallate, colline
e vallate.
Ha abbandonato la spiaggia, risalendo lungo i pendii e costeggiando
lungo gli alti promontori di cui neanche riesce ad intravedere la fine.
Le sembra di camminare da ore, ed è effettivamente così:
sul quadrante del localizzatore lampeggia il numero undici e osservando
sia quello che l'orologio che porta al polso, Sakura costata che sono
di diverse ore avanti rispetto al fuso orario del Giappone.
Sperduti nel mezzo dell'oceano Pacifico.
Sospira, passandosi una mano sulla fronte madida di sudore; ha tolto la
giacchina, l'ha annodata alla vita e gira con due borse sulle spalle e
il localizzatore nella mano.
Si sente fortunata, non ha incontrato nessuno lungo il suo tragitto. A
badato bene di tenersi a distanza dalle masse di sensori rossi che
giravano nella parte più alta dell'isola, preferendo i
promontori che si affacciavano sul mare. E' una strada più lunga
per la civiltà, e per il sensore più vicino che segnala
la presenza di un villaggio, ma Sakura sa che è la scelta
migliore.
Piuttosto che imbattersi in qualcuno di poco raccomandabile - Oto -, preferisce fare così.
Passano i minuti, la fame comincia a farsi sentire, non mangia dalla
sera prima. Non ha trovato neanche dell'acqua, lungo la sua strada.
Alza lo sguardo al cielo: il sole è ancora alto, rovente.
Deve trovare dell'acqua.
Neanche se ne accorge, le sue gambe sembrano procedere da sole,
indipendenti dalla sua mente affaticata e accaldata. Dalla scogliera
che sta attraversando si eleva l'ennesimo sentiero, turtuoso, ripido,
ma è quasi con un sorriso che Sakura costata che è quello
che la porterebbe al villaggio più vicino.
Entusiasta corre quasi, scavalcando radici, attraversando una rada
boscaglia. Il suo localizzatore non segnala nessun sensore vicino. E'
fortunata, si dice, è maledettamente fortunata.
Ciò che l'attende, alla fine del sentiero, non è che un
agglomerato di quattro o cinque casupole. L'insegna di un negozio
cigola, pendente; attraversando la via principale vede valigie buttate
per strada, vestiti, casse vuote. Tutto presume una fuga veloce, un
evacuazione improvvisa. Chi viveva in quel posto avrà avuto solo
il tempo di recuperare il necessario.
Ciò che la commuove quasi è la vista della fontana,
piccola, arruginita, ma funzionante, proprio al lato del
negozio dall'insegna cigolante.
Sakura vi ci si butta con foga, appendendo il localizzatore al collo e
dissetandosi, rinfrenscandosi la nuca, il collo, il petto. Riempie
tutte e due le borracce, ed è solo in quel momento che tende
l'orecchio, osservandosi attorno.
Il deserto che la circonda è inquietante, e il silenzio non fa
altro che alimentare la sua tensione. Controlla di nuovo il
localizzatore, costatando crucciata che nei paraggi non c'è
nessuno. Il sensore più vicino è a un kilometro di
distanza, e si dirige proprio da quella parte. E' indecisa Sakura,
perché quel sensore sta evidentemente correndo, e in una decina
di minuti al massimo potrebbe trovarselo davanti.
Pensa, Sakura. Pensa. Giusto il
tempo... di una controllatina. Lo stretto necessario. Cinque minuti,
non uno di più, poi via.
Con uno scatto entra dentro al negozio, osservandosi attorno in fretta.
E' una drogeria, e saltando di pier passo le verdure andate a male, si
dirige negli scaffali più interni.
Osserva le merendine ipocaloriche, le patatine e gli snack con aperto sdegno: addio alla sua dieta. Non ci pensa neanche un istante; butta tutto ciò che trova nella sua borsa.
Ancora due minuti.
Lasciando perdere gli scaffali alimentari è con trasporto che si
dirige verso il piccolo reparto di igiene intima femminile: è
stupido, lo sa. E' stupido che lei si preoccupi per certe sciocchezze,
quando Lena è sparita, lei è sola, sperduta in un isola
del tutto ostile. E' stupido, eppure non riesce a non far scorrere le
dita sugli scaffali, sugli shampoo all'estratto di ecaulipto, sui
detergenti intimi, sulle salviette profumate.
Neanche se ne rende conto, una lacrima le riga una guancia. Si morde un
labbro, per soffocare un singhiozzo. Le hanno tolto la sua
quotidianità, la sua routine. Vogliono toglierle la sua
dignità di donna, ora? Deve sentirsi reticente, stupida e
superficiale, anche solo nel prendere una scatola d'assorbenti, per
cercare di mantenere un certo contegno, un certo onore, in mezzo a
quella gara?
Sospira.
Sceglie di prendere solo poche cose, e si dice che farlo le spetti di diritto. Perché è pur sempre una ragazza.
Perché è l'unico frammento di normalità che le resta.
E' solo quando chiude la borsa, e quando si passa una mano sugli occhi,
che si azzarda a dare un'altra occhiata al localizzatore. Il sensore
vicino è sparito dalle vicinanze, e tira un sospiro di sollievo.
Avrà sicuramente deviato.
Si dirige dietro alla cassa, tastando sotto il bancone alla ricerca di
una sporgenza o qualcosa di simile. Non è stupida Sakura, quello
è un negozio.
Tira un forte strattone e ciò che si ritrova in mano non
è altri che una pistola. Polverosa, rimasta lì da
chissà quanto tempo, ma è pur sempre una pistola.
Pesa, e Sakura non ha la minima idea di come usarla. Il solo pensiero
di doverla puntare contro qualcuno le da la nausea, ma si dice che
averla con sè potrebbe farla sentire più sicura. E
potrebbe rivelarsi un'aiuto, in caso di scambio.
La infila nella borsa e si dirige verso l'uscita, afferrando di scatto
un binocolo da uno scaffale lì vicino e aprendo la porta con un
piede.
Fuori è esattamente come era prima del suo arrivo; valigie,
carte, scatole. Un deserto fatto di silenzi e grida soffocate; Sakura
rabbrividisce, pur sotto quel sole.
L'atmosfera è diversa.
Attraversa la strada in punta di piedi: non sa se dirigersi a sud,
continuando ad esplorare quella parte di isola, o tornare indietro
verso la sua grotta. In entrambi i casi è pericoloso girare da
sola, e lo sa.
Si scosta i capelli dal viso, buttando per terra la cartaccia della
merendina che ha appena inghiottito. Forse dovrebbe spingersi
più in là, alla ricerca di Lena.
Un lungo sibilo infrange l'aria e Sakura rizza le orecchie, stringendosi il localizzatore al petto:
"Salve, ragazzi! Oramai è passato mezzogiorno, sarete stanchi. Interrompete le uccisioni e gustatevi un buon pranzo!" Sakura sospira, poggiando il peso del suo corpo su un piede. "Nel frattempo, vi comunico le zone rosse valide a partire dalla prossima ora"
Sakura osserva indifferente il suo localizzatore prendere appunti di
ciò che dice la voce, che non appartiere ad altri che Madara
Uchiha stesso, e segnalare sulla cartina tutte le zone prossimamente
proibite.
"Per quanto riguarda le vittime di
questa prima mattina di uccisioni, sono costernato nell'annunciarvi che
solo una persona ha perso la vita, di Uzu, scegliendo il suicidio per
di più. Mentre sono molti i feriti; ragazzi, affinate quella
mira e non sprecate proiettili. Come pensate di sopravvivere se non
riuscite ad uccidere nemmeno il vostro compagno?"
La comunicazione si chiude e Sakura continua ad osservare il cielo. Persa. Assorta.
Ed è solo quando il localizzatore comincia a vibrare come
impazzito, sul suo petto e fra le sue mani, che sobbalza e si affretta
ad abbassare lo sguardo.
"Allarme: sensore in avvicinamento"
E' troppo tardi.
<< C-C'è qualcuno?! >>
Il cuore perde un battito, ma Sakura è veloce: volta di scatto
il capo verso il negozio di poco prima, medita di precipitarvicisi
dentro, ma è troppo lontano. Giusto il tempo che un rumore di
passi si avvicini e riesca ad intravedere con la coda dell'occhio la
figura di un persona, che Sakura si è buttata dietro al muro
della casa che ha davanti, accucciandosi per terra col cuore che batte
a mille.
I passi sono pesanti, lenti; Sakura sente un respiro affaticato, ansante. << C-C'è, nessuno? >>
Quella voce.
Sa che è sbagliato, che non dovrebbe farlo, che non...
<< Koichi! >>
Le parole le sfuggono dalle labbra, in un singulto soffocato. Sembra il
paradiso; Sakura si è alzata, ha voltato il capo, è
sollievo quello che le dipinge il volto. Koichi è davanti a lei,
il suo compagno di classe.
Le punta addosso la balestra, e Sakura sobbalza, indietreggiando di un passo.
<< Sakura! >>
In un attimo fa scivolare il localizzatore fra la gonna e la camicetta,
dietro, sulla schiena. E' sorpreso tanto quanto lei, ma è anche
nervoso. Sakura lo vede da come trema, dalla fronte madida di sudore. E
dal fatto che non abbassa la balestra. Deglutisce.
<< Io... >> balbetta lui. << Come stai? Sei sola? >>
Scavalca di nuovo il muretto. Sembra surreale quell'incontro.
<< .. Sì >> sussurra, stringendosi le braccia.
Davvero non hanno nulla da dirsi?
Cos'è quella patina che impedisce a Sakura di precipitarsi fra
le sue braccia, in lacrime, consapevole che finalmente ha trovato
qualcuno dei suoi compagni?
<< Vieni con noi, Sakura! >>
Sobbalza, colta alla sprovvista. Koichi sembra aver perso il nervosismo
di poco prima, le si è avvicinato, ha abbassato la balestra. Le
sorride, e Sakura nota il suo volto sporco di terra. << Stiamo..
stiamo cercando quelli della nostra classe! Siamo in tanti.. adesso mi
sono perso, ma con noi c'è.. >>
<< C'è Lena?! >> sbotta, ed è più forte di lei.
<< Lena... ? >> e si allontana da lei.
Di diversi metri.
Ora Sakura lo vede piegarsi su di sè, le spalle gli tremano:
forse sta piangendo, forse ha male da qualche parte. E' con orrore,
poi, che Sakura scopre la sua smorfia, il viso contratto dalle risa.
Koichi ride, istericamente. E Sakura trema, indietreggiando di un passo.
Koichi è innocuo.
<< Mi stai chiedendo se Lena è con noi, Sakura? >> sibila, assottigliando gli occhi.
La sua voce è acuta, sibilante, affilata, e Sakura sente le gambe mancarle.
<< Tu.. non sai cosa è successo la scorsa notte, vero?
>> aggiunge, ridendo, ed è una domanda retorica.
<< Certo che no, Sakura è una ragazza così brava..
sei scappata via subito, vero, dolce ciliegio? >> Koichi
è tornato vicino. Più vicino di prima, così
vicino che Sakura sente il suo respiro sulle labbra. Lui le afferra una
lunga ciocca di capelli. << Sei così carina.. e mi chiedi
di Lena? >> Sakura abbassa lo sguardo, immobilizzata. Dalla paura?
<< E.. Y-Yuzuru? >>
Sa di aver detto qualcosa di sbagliato quando Koichi lascia andare la
ciocca di capelli e le rivolge uno sguardo duro, accusatorio.
<< Y-Yuzuru.. ? Chi.. ? Quella puttana che ha infilato la canna della pistola in bocca a Yoshi?! >>
Un battito d'ali.
Sakura si sente sprofondare, di nuovo, lentamente, come la notte prima.
Come quando aveva sentito quella pistola puntata contro la nuca, in una
pressione leggera, ma presente, determinate.
Koichi torna a ridere e Sakura continua a ripertersi che è innocuo.
Scappa.
<< Sei così innocente, Sakura, così pura.. >>
torna ad avvicinarlesi, e Sakura finalmente legge nel suo sguardo
qualcosa di simile alla pazzia. Forse è davvero impazzito. Forse
sono impazziti tutti. << Perché non vieni con noi? Abbiamo
proprio bisogno di una ragazza che cucini, sai? E tu sei così
bella, ci prenderemo tutti cura di te, ti proteggeremo, ti faremo
sentire sicur- >>
Sakura lo scosta via: Koichi non è in sé. E lei deve
fuggire, perché quell'incontro si sta rivelando pericoloso. E
doloroso.
<< Dov'è Lena? >> chiede, la voce arrochita dalla tensione, gli occhi guardinghi. E' tutto finito.
Koichi la osserva, e barcolla. << Mi chiedi di Lena? >>
<< Dimmi dov'è Lena >>
Koichi torna ad impugnare la balestra, sembra lascivo. La osserva in quel
modo, in quel modo paranoico, penetrante il cui solo pensiero mesi
prima l'avrebbe fatta fremere di disgusto. Non ha tempo per il
disgusto, ora. Koichi sa dov'è Lena, sa cosa è successo
la notte prima. Ha bisogno di lui.
<< Ti porto da Lena, se vuoi >> le dice, con voce strascicata. << Ma solo se tu poi vieni con me >>
Sakura si irrigidisce: è un'offerta pericolosa. Potrebbe fidarsi di Koichi?
Lo osserva mentre gioca con la sua balestra, in attesa di una sua
risposta. Sakura sa, maledizione, lo sa, che è successo qualcosa
a Lena. Lo sente sulla pelle, nel cuore.
<< Dimmi dov'è Lena >> dov'è il suo corpo. << Per favore, Koichi >> è una supplica la sua.
<< Perché dovrei portarti da Lena?! >> urla e Sakura
lo capisce. Capisce che deve fuggire da lì. << Tu non sai
niente, piccola Sakura. Sempre con la mano alzata durante le lezioni,
sempre a girare per i corridoi con quelle due puttanelle; per una volta
Sakura non sa niente... vuoi sapere? >> sussurra.
<< Vuoi sapere cosa è successo ieri notte, Sakura? >>
Indietreggia, pronta a fuggire, e Koichi sembra capirlo perché impugna la balestra, puntandogliela addosso.
<< Non ti muovere >> le dice. Sakura continua ad
indietreggiare, terrorizzata. << TI HO DETTO DI NON MUOVERTI!
>>
<< Koichi, metti giù quell'arma >> geme, sentendo
ogni singola fibra del suo essere smaniare per fuggire via da
lì. E' con le spalle al muro, letteralmente. E' davvero in
trappola? << Per favore Koichi >> sussurra e allunga una
mano dietro di sè: sente sotto le dita il freddo metallo di un
asta.
<< Guarda che io non scherzo! >> urla lui, continuando a
puntarle addosso la balestra. << Ho già ucciso prima..
>> aggiunge e Sakura stringe gli occhi, deglutendo. << .. e
adesso.. >> ha il volto sudato Koichi, così sudato che
sotto quel sole cocente la fronte gli risplende. A Sakura fa
incredibilmente pena in quel momento, dovrebbe scappare, lo sa. Eppure
non riesce a non guardarlo negli occhi piccoli, infossati, e a tremare.
Anche lei farà quella fine?
<<... potrei stuprarti anche a forza! >>
E un colpo di balestra infrange l'aria afosa di quel giorno: Sakura
fatica a trattenere un urlo, indietreggiando intimorita, giusto il
tempo di vedere la figura tarchiata di Koichi correre verso di lei,
l'arma sguainata, le labbra serrate in una smorfia di sforzo disumano.
Fallo, Sakura.
L'asta di metallo lo colpisce dritto sulla spalla - Sakura non ha
sbagliato mira. Koichi caccia un gemito acuto, barcollando, prima di
crollare sopra di lei con tutta la sua massa. Sakura riesce a scostarsi
all'ultimo secondo, scivola sull'asfalto, scarta a destra, prima di finire stesa per
terra.
Il cielo è azzurro.
E le sue amiche disperse.
"Y-Yuzuru..? Chi..? Quella puttana che ha infilato la canna della pistola in bocca a Yoshi?!"
Sente le lacrime rigarle le guance, mentre accanto a sé Koichi continua a gemere, e chissà perché
capisce che quelle non saranno che le prime che le solcheranno il viso.
<< Stronza! Maledetta stronza! Mi hai fatto male.. stronza! >>
Chiudere gli occhi, per sempre. Chiudere gli occhi davanti a tutto
ciò che la circonda, chiudere gli occhi davanti all'inferno in
cui ha messo piede.
Morire.
<< Dov'è Koichi? >>
<< Andate a cercarlo da quella parte! >>
<< Koichi! >>
Sakura sbarra gli occhi, il respiro le si mozza. Il localizzatore vibra come impazzito, sulla sua schiena.
Lo sente sulla pelle, lo avverte dal rarefarsi dell'aria, nella pelle d'oca che le gela le braccia.
Fuggi.
Lo chiama istintito di soppravvivenza: è quello che spinge il
suo corpo a sollevarsi, a recuperare le borse lasciate cadere per
terra, a riprendere in mano il localizzatore. Sakura singhiozza, dando
un'ultima occhiata a Koichi, steso per terra, la mano sulla spalla. La
balestra accanto.
Fugge, nascondendosi dentro la casa più lontana, accucciandosi
sotto al tavolo, cercando di soffocare i singhiozzi. Fuori sente le
loro voci, maschili, profonde.
<< Chi è stato..? Aiutami a sollevarlo, Tonda! >>
<< Sakura...?! Dov'è andata? Da quella parte.. Miyama, di là! La voglio viva! >>
<< Ricevuto! >>
Passano i minuti.
Minuti vissuti nell'ansia, in attesa che l'eco di quei passi si faccia
lontano, vada via, sparisca del tutto e dia sollievo al suo cuore che
batte al'impazzata.
Sakura li sente urlare, sono tutti impazziti - si dice. E si rende conto che lei, da sola, lì, non ha posto.
Non c'è posto per una come lei, e nemmeno per tutte quelle
persone che vagano per quell'isola nella speranza, e nell'illusione, di
poter trovare qualcuno a cui aggrapparsi.
Non esistono gli amici, i compagni, in una situazione del genere.
"Tu.. non sai cosa è successo la scorsa notte, vero?"
Sakura piange le sue ultime lacrime, si strofina gli occhi, cancella
dalla mente il ricordo di Lena che vaga, e fa più male di una
coltellata nel petto.
Quando vede i sensori allontanarsi si alza in piedi, barcolla, deve
appoggiarsi alla parete, ma riesce a riprendere in mano le sue borse e
a uscire.
Fuori, il deserto più assoluto.
E il primo passo è tornare indietro.
Lena, ormai, è morta.
***
La prima cosa che notò
furono i suoi occhi; quando si avvicinò per ricevere il
suo borsone, Neji Hyuuga scambiò un lungo sguardo con
Madara Uchiha. Fu il primo, lui, ad abbassare lo sguardo, perché
i suoi occhi erano così intensi, così penetranti, che non
riuscì a sostenerne la vista.
Uscì a testa alta dall'aula,
marciò alla ceca lungo il corridoio, ricercando nel borsone: di
quale arma fosse stato dotato la sua missione era una sola.
Proteggerla.
C'era l'inferno, fuori.
Neji lo sentiva, lo vedeva; nelle
urla, nei singhiozzi di classi che si erano radunate lì attorno.
Si chiese quanto tempo avrebbero impiegato i militari a sparare sulla
folla, per dare loro una svegliata e dimostrare che tutto ciò
che li circondava non era uno scherzo.
"Hinata-sama, appena esci sarò lì ad aspettarti"
Neji attese, invano. Attese minuti
interi, appoggiato al muro vicino all'uscita, ben nascosto;
ignorò le voci, le grida, gli approcci di qualche ragazza che
venne singhiozzante a chiedergli aiuto. Aspettò invano, ma
Hinata non uscì mai da quella porta.
Davanti ai suoi occhi sfilarono i suoi restanti compagni di classe, tutta Suna, tutta Oto.
Ma di Hinata non vi fu traccia.
E quando cominciarono gli spari,
dall'alto, come aveva predetto, tutto ciò che potè fare
fu correre via e salvare la sua vita, nell'attesa di ritrovare quella
della sua amata cugina.
***
Sono passate da un pezzo le cinque quando Sakura avvista il sentiero
che si snoda giù dal promontorio, ripido, diretto verso la
spiaggia che la notte prima era stata il suo rifugio.
Durante il suo cammino ha rischiato di imbattersi due volte in numerose
comitive di sensori; sette, otto membri per ognuna. Era sempre riuscita
a nascondersi appena in tempo.
E fra nessuno di loro vi era anche un suo solo compagno.
Lena.
I suoi passi affondano nella sabbia, in profondità, e sulla
spalla c'è ancora il livido della caduta di poco prima, al
villaggio.
Non fa più caldo come prima, il sole è sceso e dalla sua posizione nota quanto poco manchi al tramonto.
Entrando nella grotta non bada nemmeno a restare sveglia per ascoltare
l'ultimo annuncio della giornata: riesce solo a buttare per terra la
coperta che ha trafugato dal villaggio, e a sdraiarvisi sopra, stando
ben attenta a essere nascosta dall'entrata. Chiude gli occhi su una
giornata che vuole dimenticare, aggrappandosi al suo localizzatore,
nascondendo le lacrime nel palmo della mano.
Chiude gli occhi davanti all'inferno.
<< CORRI! >> la voce di Suigetsu. << CORRI, SAS'KE! >>
Sasuke non vide più nulla, forse qualcuno gli era finito
addosso. C'erano le urla, sentiva solo quelle.
Nel buio di quel cortile, forse, non lo sapeva, scorse la chioma di Suigetsu che stringeva un polso sottile.
Forse Karin era finalmente in salvo.
Gli spari, le grida: si voltò, nella speranza di trovare Naruto al suo fianco.
Non c'era nemmeno lui.
Corse, semplicemente, si fece spazio nella calca, addentrandosi nella foresta, stringendo i denti.
Era solo.
***
La mattina dopo non è
più la voce sarcastica dell'altoparlante ad interrompere il suo
sonno tormentato, né gli incubi peggiori, ma la vibrazione
impazzita del localizzatore sul suo petto.
Sbarra gli occhi, e aguzza lo sguardo, zoommando l'obbiettivo: sulla cartina due sensori rossi si avvicinano velocemente.
"Allarme: due sensori in avvicinamento", legge ed è veloce Sakura: con uno slancio afferra le borse e scavalca gli
speroni della grotta, riparandosi ansante dietro un masso sporgente,
appena in tempo prima che il rumore di passi diventi più
concitato e vibri fra le pareti della grotta.
<< C-C'è nessuno? >> urla la voce di un ragazzo,
stridula, disperata. Sakura stringe le borse al petto, l'arma che vibra
ancora fra le sue mani. << Ho detto se c'è nessuno!
>> una raffica di spari si infrange sul soffitto della grotta e
lei trema e soffoca l'urlo con una mano. Pessimo risveglio.
<< Calmati, Takasu >> un'altra voce, sempre maschile,
più affaticata. << Non c'è nessuno. Andiamocene
>>
<< E dove vorresti andare?! >> gracchia l'altro. <<
Quei bastardi ci stavano inseguendo! Volevano ammazzarci! >>
<< Non ho intenzione di uccidere nessuno, io >> dice
l'altro. << Andiamocene Takasu, dobbiamo trovare ancora Marika
>>
E se ne vanno davvero, lentamente e guardinghi, lanciandosi dietro occhiati caute.
Sakura aspetta che i passi si siano completamente estinti prima di
emergere dal suo nascondiglio. Il localizzatore ha smesso di vibrare e il suo
cuore di battere all'impazzata.
Appoggia la schiena contro il masso: è buffo costatare come
tutte le persone, in quell'isola, stiano cercando qualcuno. Qualcuno a
cui aggrapparsi.
Lena.. è morta?
Qualcuno su cui fare affidamento.
E tu su chi farai affidamento, Sakura? Chi cercherai?
Sakura torna ad osservare la pistola rubata dal negozio al villaggio,
il giorno prima; storce le labbra in una smorfia: non avrebbe ucciso
nessuno, lei. Avrebbe evitato i guai, sarebbe scappata, sarebbe
sopravvissuta.
In attesa di cosa?
Di morire?
Afferra la sua borsa scolastica, estraendo tutto ciò che
potrebbe esserle utile e infilandolo nel borsone verde, assieme alla
torcia, ai suoi effetti personali e alla gavetta.
Butta via il passato.
Sono le sei del mattino, l'alba è appena sorta e Sakura
esce dalla grotta, butta in mare la sua vecchia borsa e si stringe
addosso quella nuova.
Regola Numero Uno: Spostarsi sempre.
Sono le sei del mattino, l'alba è appena sorta e Sakura
cammina sulla battigia, le onde le sfiorano i piedi, i capelli le
ondeggiano sulle spalle.
In mano ha un localizzatore, negli occhi solo un obiettivo:
Sopravvivere.
CONTINUA... ?
***
LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: Continuando Con Le Mie Forze)
Via con un nuovo capitolo ;)
Mi scuso per i giorni di ritardo e beh, spero vi sia piaciuto! Qui
abbiamo un quadro generale delle cose: Sasuke e il suo gruppo si
separano, come detto nell'ultima scena; così come Neji con
Hinata, al contrario di Shikamaru, Chouji e Ino. E si riesce a capire
qualcosa riguardo a cosa è successo la fatidica notte.
Sakura, pur non essendone convinta, smette di cercare Lena,
perché consapevole che oramai niente è come prima. E
Yuzuru? Cx
Tanto per farvi felici, vi dico che nel prossimo capitolo avremo il
tanto fatidico e sospirato primo incontro fra Sasuke e Sakura! ;)
Quindi non mancate! ♥
Un assaggio:
"La prima cosa che nota è che
probabilmente mai ha visto qualcosa di più nero che i suoi
occhi, sembra quasi che la notte si sia generata da essi. La seconda
è che, né troppo lontani e vicini come sono, vede che
oltre a portare un fucile sulla schiena, stringe una pistola nella
mano, mentre lo stemma dell'istituto Oto risplende sulla sua casacca
slacciata. La terza cosa che nota è che, sopraffando anche il
terrore che pochi istanti prima l'ha avvolta, non solo ha appena
salvato la vita al suo potenziale assassino, ma non può e non
riesce a non appurare che il ragazzo che ha davanti è
incredibilmente bello"
Detto questo ringrazio le meravigliose undici persone che hanno recensito lo scorso capitolo! Grazie mille, ragazzi! Davvero.♥
Shannaro e.. recensioni no jutsu!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Day#2: Tatakau Boy Meets Girl. ***
Cap.4
Battle Royale
Day#2: Tatakau Boy Meets Girl.
La
notte prima aveva cullato nel sonno l'illusione che tutto ciò
che la circondasse fosse in realtà un sogno, un effimero
tentativo di Morfeo di spaventarla e metterla in guardia riguardo
ciò che le avrebbe riservato la vita.
Una metafora.
Forse quel gioco era davvero una metafora, un modo come un altro per
insegnare i veri valori della vita alle nuove generazioni. I ragazzi si
lamentavano della dura vita sui banchi di scuola, dello stress al quale
erano sottoposti, e ora cosa avrebbero detto? Cosa avrebbero detto,
catapultati in un mondo parallelo, con l'unico scopo di sopravvivere il
più a lungo possibile?
La legge della natura. Sopravvive il più forte.
Come un leone che bracca la sua preda, Sakura è la gazzella. Che corre veloce, sfugge alla morte, ai suoi assassini.
Se
le avessero mai detto che un giorno si sarebbe trovata a fuggire,
per davvero, da un'orda di potenziali assassini, Sakura avrebbe riso.
Ora vorrebbe solo piangere.
[Qualche ora prima]
Osservando l'imponente albero di baobab che le si innalza davanti, Sakura
non può a fare a meno di alzare lo sguardo alla ricerca di
quella fine, di quell'ultimo ramo che si tenderebbe lentamente verso il
cielo. E' con un sorriso, forse anche con amarezza, che sospira, chiude
gli occhi e lascia che il ricordo di qualche mese prima, quando era
ancora tutto normale, torni a danzarle di nuovo nella mente.
E' buffo, si dice.
Credeva di aver dimenticato come ricordare.
La spiaggia, la grotta che per due giorni si era vista diventare il suo
rifugio, era stata abbandonata oramai diverse ore prima, assieme alle
insicurezze che avevano caratterizzato quelle prime quarantotto ore
trascorse su quell'isola.
Sakura si è spostata a sud, con calma, ha pranzato con patatine
e un sorso d'acqua, sorride all'idea che la sua dieta forse ne
gioverà di tutta quell'esperienza - perderà, forse, quei
tanto desiderati tre chili. Si sorprende, allora, di ricordarsi come sorridere,
anche dopo averli visti.
Sa di essersi forse aspettata troppo dagli altri: non tutti i ragazzi vogliono uccidere, forse alcuni sono come lei.
Forse qualcuno non è riuscito a reggere l'idea di dover
affrontare gli amici di sempre, di veder morire davanti ai propri occhi
il fidanzato, la fidanzata.
Ore prima era scesa lungo un ripido pendio, stando ben attenta a non
inciampare o scivolare da qualche parte, col rischio altrimenti di
ruzzolare giù per la collina e porre fine ai suoi giorni prima
del tempo. Era stato allora che l'aveva vista: quella minuscola
casupola dall'aria cadente; i fili di paglia che rivestivano il tetto
brillavano di luce, sotto al sole cocente di quella mattina; la leggere
brezza sferzava su quelle erbacce così tanto alte che quasi
nascondevano il pomello della fracassata porta d'ingresso.
Aveva controllato col localizzatore, perché era prudente,
perché non voleva di nuovo correre rischi, e quando aveva
costatato l'assenza di qualsiasi forma di vita, era entrata
timidamente, alla ricerca di qualche utile: un telefono, qualche scorta
in più di cibo, il passaggio di qualche altra persona.
Forse era stato intuito il suo, non lo sapeva; eppure quel silenzio
innaturale che l'aveva colta entrando in quella casupola era bastato a
farle abbassare lo sguardo, decidendo di seguire con gli occhi le tracce di riso
sparso lungo il pavimento in legno.
Non aveva voluto vederli.
Era bastata l'ombra di un calzino e quella di una scarpa a farla
voltare di scatto, rivolgendo la schiena a quelli che inevitabilmente
erano una coppia di ragazzi che di via avevano scelto quella più
facile, forse.
Il suicidio.
Nessuno era forte abbastanza.
Sakura sospira, superando l'albero di baobab e procedendo il suo
cammino: si chiede quando sarebbe arrivato per lei quel momento in cui
non avrebbe più sostenuto il ritmo di quella competizione, e
avrebbe scelto di spirare in pace, da sola, per sua mano. E non vittima
di un efferrato omicidio.
Si chiede quando toccherà, a lei, suicidarsi.
***
Sono già passate da un pezzo le cinque del pomeriggio, Sakura
oramai ha perso il conto delle ore di marcia. Non capisce nemmeno
perché stia camminando, cosa stia cercando.
Ai promontori dai quali riusciva a scorgere la sconcertante
vastità del mare che la circondava - forse l'unica speranza
rimasta per chi, come lei, vuole tornare a casa -, si sono sostituite
le aspre foreste di quell'isola, dagli alberi bassi, ma così
fitti che a malapena riesce ad avvistare il cielo sereno e azzurro di
quelle giornate. Sakura si accorge di essere salita di livello solo
quando si imbatte in un pericoloso dirupo che si estende per
così tanti metri - una centinaia, probabilmente - che fatica a
rimanere lucida, dall'inquietudine che le trasmette.
In tutte quelle ore non è che riuscita a costeggiare solo che
una parte della fiancata nord dell'intera isola e Sakura, diretta a
sud, si accorge solo in quel momento che quel dirupo non ha fatto altro
che bloccarle il cammino più facile per la sua immaginaria meta.
Tutto ciò che le rimane fare e salire ancora più di quota
e sperare di trovare un altrettata veloce e facile via per raggiungere
l'altra costa.
Ciò con cui non ha fatto conto è l'incapacità del
suo localizzatore di dare l'allarme se i sensori, piuttosto che in
avvicinamento, rimangono stabili e fermi in un punto.
Dritta nella fauci del leone.
***
Via più facile un cazzo.
Sakura si accorge di essere caduta in trappola troppo tardi, troppo in
avanti. Si da della stupida, maledice il suo localizzatore, maledice se
stessa e il cielo che comincia a scurirsi.
Ciò che si aspettava di trovare, risalendo il dirupo nel quale
si era imbatutta, non era una radura, o qualcosa di simile ad essa. La
conformazione della mappa sul localizzatore non segnalava alcuna radura
in quel punto, e nemmeno l'impossibilità di evaderla senza dover
scalare un muro di terra alto dieci metri.
In trappola. Bloccata.
E non è la radura che le gela il sangue nelle vene, o solo la
consapevolezza che per poterla evadere avrebbe dovuto diventare
un'alpinista. Sono le casupole che vi sono, le persone che le popolano,
la marea di ragazzi che siede su tronchi, affillando con i loro
coltelli pezzi di legno, parlando fra loro, pulendo una delle pistole
della catasta di armi che troneggia al centro.
Balestre, pistole, fucili.. troppe armi, troppe armi per solo una decina di ragazzi che fanno loro la guardia.
Sakura, il cuore in gola, nascosta dietro alcuni cespugli, si chiede se
ce ne siano altri in giro come loro, per l'isola. Si chiede se si siano
organizzati; non tutti sono della stessa scuola. Avvista due suoi
compagni, e stringe i pugni, ma la divisa che predomina è quella
di Suna.
Deve andare via. E subito.
<< Quando Hiro e Rei torneranno, partirete tu Yakamura >>
Sakura aguzza la vista, e nella voce che prende parola riconosce le
fattezze di un ragazzo di Suna, forse più vecchio di lei.
<< Non voglio errori, intesi? >>
C'è qualcosa di strano in quei ragazzi, e Sakura non lo nota
solo nella esagerata presenza di armi. Non sono ragazzi che combattono
per la loro sopravvivenza, e nemmeno per proteggersi a vicenda.
Se tenti di sviare la radura passadoci attorno ti sentiranno di sicuro, e scalare quella parete di terra è infattibile.
C'è un'unica soluzione: attraversare la radura.
Più facile a dirsi che a farsi.
Ha un brutto presentimento, e quella sensazione orrida che le torce le
viscere si concretizza quando, in un tramestio acuto, emergono dalla
parte di foresta opposta alla sua due ragazzi feriti, sporchi di terra e sangue.
Trascinando con sé un'altra ragazza.
Forse basta il gesto del "capo", quel gesto veloce, un massaggiarsi del
mento, perché Sakura tremi e cerchi di soffocare la nausea
salitale alla gola. E' immediato quel pensiero, le perfora il cervello.
<< Uzu >> proferisce, alzandosi dalla catasta di tronchi e
avvicinandosi ai due appena entrati nella radura sotto gli occhi di
tutti. << Che armi hai? >>
Il ragazzo più basso e tarchiato estrae dalla cintura dei
pantaloni una pistola e un bastone, allungando entrambi gli oggetti al
capo della banda. << Cianfrusaglie >> borbotta l'altro.
<< Buttate tutto via e lasciate la ragazza qui >>
Cacciatori di armi?
Quando i due ragazzi superano il capo, Sakura stringe i denti, prendendo a respirare affanosamente. Chiuderai gli occhi? Chiuderai gli occhi davanti allo stupro di una povera ragazza innocente?
<< Come ti chiami? >> le chiede lui, inginocchiandosi per
terra per guardarla meglio in viso, ma la ragazza evita il suo sguardo
e volta il capo. Sakura nota appena che ha i capelli raccolti in due
chignon mezzi sfatti, il viso sporco di terra, di sangue. Deve essersi
difesa.
<< Ti ho chiesto come ti chiami >>
<< T-Ti prego.. il mio gruppo sta venendo a cercarmi, i-io n-non, il mio ragazzo.. >>
<< Avete sentito? >> sbotta il capo, sorridendo sprezzante. << Ha un ragazzo! >>
Un coro di risate segue la battuta e Sakura si massaggia la base del
naso, prendendo per l'ennesima volta respiri profondi. << Ma
cerca di capire, tesoro >> le dice lui. << Se tu avessi
avuto delle buone armi noi ti avremmo ucciso subito, sai. Io ho mandato
i miei ragazzi avanti, ho fatto loro rischiare la vita, dovrai pur
tornarci utile in qualche modo, no? >>
Vattene, Sakura. Vattene.
Chiudi gli occhi.
Non è vigliaccheria la sua, continua a ripeterselo, e le lacrime
che le offuscano la vista sono dovute all'aria rarefatta di quel posto,
al caldo quasi insopportabile. Sakura se lo ripete, stringendo le
labbra, mentre i singhiozzi di quella povera ragazza le fracassano i
timpani peggio di qualunque altra cosa.
E si sente stupida, si da della stupida, perché pur strisciando
per terra non riesce a non fare rumore, e quando da sotto il suo
ginocchio un crack rimbomba lungo la foresta, si morde le labbra e
sospira.
Idiota.
<< Cos'è stato? >> sbotta una voce. << Yakamura, vai a controllare! Forza! >>
<< Ma.. >>
<< Subito! >>
Sta' ferma, Sakura. Non verrà da questa parte, non verrà da questa parte.
Eppure nel corso avanzato di filosofia occidentale, affrontato tre mesi
prima assieme ad alcuni dei migliori studenti della sua scuola, le
teorie avanzate da Murphy riguardo all'impossibilità che
qualcosa possa andare nel modo migliore, la convincono a strisciare
più avanti, sempre più veloce, incurante del fatto che
quel ragazzo si sta avvicinando.
<< Tsunata.. qui non c'è assolutament- >>
Al diavolo. Scappa.
Piuttosto che campeggiare lì, per l'eternità.
Con la coda dell'occhio, nascosta dall'ennesima fila di cespugli,
adocchia le spalle del ragazzo e decide che proprio quello è il
momento adatto per darsi alla fuga, incurante se o meno qualcuno
riuscirà a vederla.
E' veloce, scatta in avanti, serpeggiando fra gli arbusti, con la
schiena bassa e lo sguardo attento. La fine è vicina, la vede
nelle casupole appena superate, nei cespugli che vengono sostituiti
dagli alberi.
Ad un passo dalla salvezza.
Eppure quando torna ad alzare lo sguardo non è l'oramai
familiare verde della foresta che incontra, ma una fronte imperlata dal
sudore e degli occhi paonazzi, sgranati dalla sorpresa.
<< E tu... chi sei? >>
Il cuore perde un battito.
Maledizione.
<< I-Intrusa! >> urla di getto, e Sakura sobbalza. << Abbiamo un intrusa! INTRUSA! >>
Non pensa, non ragiona, l'unica cosa che vede è la fuga, oltre quegli alberi, oltre quel ragazzo.
<< Cosa state aspettando?! Prendete le armi e inseguitela! Yakamura con me! Gli altri seguano Hiro! >>
<< Presto! Sei con noi, gli altri rimangano di guardia! >>
<< La voglio viva! >>
Corri.
Corri.
Non importa niente, il suo cervello non registra niente, il
localizzatore vibra impazzito fra le sue mani, ma a lei non importa; corri.
E corre, più veloce che può, col vento che le sferza in
faccia, le cosce che strusciano una contro l'altra, incurante delle
cadute, dei rumori, dei sibili che si avvicinano sempre di più.
Incurante anche solo di realizzare veramente cosa sta succedendo.
Quella ragazza si sarà salvata?
Alza gli occhi al cielo, e lo trova oscurato dalle fitte foglie degli
alberi. Non se ne è neanche accorta, ma il cielo si sta tingendo
di rosso e il tramonto comincia a prendere il sopravvento sulla
giornata.
E lei morirà?
La
notte prima aveva cullato nel sonno l'illusione che tutto ciò
che la circondasse fosse in realtà un sogno, un effimero
tentativo di Morfeo di spaventarla e metterla in guardia riguardo
ciò che le avrebbe riservato la vita.
Una metafora.
Forse quel gioco era davvero una metafora, un modo come un altro per
insegnare i veri valori della vita alle nuove generazioni. I ragazzi si
lamentavano della dura vita sui banchi di scuola, dello stress al quale
erano sottoposti, e ora cosa avrebbero detto? Cosa avrebbero detto,
catapultati in un mondo parallelo, con l'unico scopo di sopravvivere il
più a lungo possibile?
La legge della natura. Sopravvive il più forte.
Come un leone che bracca la sua preda, Sakura è la gazzella. Che corre veloce, sfugge alla morte, ai suoi assassini.
Se
le avessero mai detto che un giorno si sarebbe trovata a fuggire,
per davvero, da un'orda di potenziali assassini, Sakura avrebbe riso.
Ora vorrebbe solo piangere.
Quando lo schermo del localizzore comincia a lampeggiare, Sakura
si rende conto che non è solo in pericolo, non è solo
inseguita da un orda di aguzzini. E' circondata.
E' troppo tardi. Morirà lì? Che ne sarà di lei?
Alza lo sguardo e c'è la notte.
Occhi neri.
Urla, e il suo urlo è così acuto e forte da
farle accapponare la pelle. Perché è veloce, svelta,
e per un solo soffio evita l'impatto, ma pur non scontrandosi contro
l'essere che le è sbucato davanti non riesce a non staccare lo
sguardo dai suoi occhi.
Ed è un ragazzo, lui, che ringhia e scarta a destra un attimo
prima di schiacciarla col suo peso, voltandosi all'istante verso di lei.
E lui da dove è spuntato?
Sakura ha gli occhi sgranati e non riesce, è del tutto
incapace sia fisicamente che mentalmente, a distoglierli dai suoi. Così scuri.
Vuole dire qualcosa, lui? Ha aperto le labbra, sembra sorpreso, e lei anche.
La mente si svuota.
Chi sei?
E' un attimo, un attimo di debolezza, lo legge anche nei suoi
occhi, perché un istante dopo è tutto passato e il
ragazzo fa per puntarle contro la propria pistola.
<< Prendetela! Fatti vedere! CORRETE! >>
Sakura trema, lancia un ringhio, un gemito e indietreggia di un passo.
E torna a guardarlo negli occhi, il ragazzo che un istante prima le
è piombato addosso, e legge nel suo viso tanta sorpresa quanta
la sua preoccupazione.
<< Scappa >> sussurra.
E torna nell'incubo, veloce, così come ne è uscita,
così come è bastato incrociare quegli occhi perché
la sua mente respirasse un attimo e tornasse viva; vi torna dentro.
Ciò che però le manda di nuovo in tilt il cervello e le
mozza il fiato per la seconda volta non è la consapevolezza che
quegli aguzzini si stanno avvicinando, sempre più veloci,
né che non sappia cosa ne sarà di lei lì a breve,
ma il fatto che in un sibilo appena percepibile ciò che la coda
del suo occhio coglie è una casacca nera che scivola al suo
fianco, ad una manciata di metri da lei.
Sta scappando anche lui.
E la guarda, si guardano. E' uno scambio di sguardi.
<< Di là! >> urla.
E non sa il perché.
Ciò che Sakura ha avvistato da lontano non si rivela altro che
l'unica possibile via di fuga per quell'incubo, l'unico modo
perché possa tornare a respirare normalmente.
Lo sente dietro di sé, forse le ha dato ascolto, forse la sta seguendo; le sta dando retta, per caso?
Si butta, semplicemente, oltre gli arbusti, e soffoca un grido. Atterra
di schiena, non sente né dolore né qualsiasi altra cosa:
la scarpata nella quale si è lanciata era poco profonda, poco
visibile e ben nascosta dagli arbusti.
Il cuore perde un battito quando avverte un altro tonfo accanto a
sé, due istanti dopo, e non le serve guardarsi dietro per
costatare chi è che le è caduto a fianco.
Sakura, in quel momento, pensa solo a scivolare più dentro, ad
appoggiare la schiena contro la parete della scarpata, a chiudere gli
occhi e a sperare che passino oltre, tutti loro, e che non li notino.
Trema, e si morde un labbro per soffocare un gemito di dolore: non si
è fatta del male da nessuna parte, ma la caviglia del piede le
pulsa, e non poco.
<< Dove sono andati?! >>
<< Andati? Erano in due? >>
<< Sì, ne ho visti due. Uno era un ragazzo, si è
unito dopo; forse è il compagno della ragazza >>
<< Non mi interessa, trovateli tutti e due. E portatemeli vivi. MUOVETEVI! >>
I passi scricchiolano, sui rami spezzati e sulle pietre, e a Sakura
pare l'attesa più lunga della sua vita; aspettando che il gruppo
di quei ragazzi passi oltre quella scarpata e proceda in avanti.
Sakura, di nascosto e stando ben attenta a non farsi notare dall'altro,
nota che il gruppo non va in avanti ma scarta verso la destra, mancando
del tutto la loro scarpata.
Forse è quello, non appena i passi e le voci si sono del tutto
estinti, che la spinge ad alzarsi piano da terra, forse è quello
che le lascia tirare un sospiro di sollievo, forse è quello che
le permette di abbassare la guardia e osservarsi attorno, guardinga ma
sollevata dalla consapevolezza di essere sfuggita alla morte per
l'ennesima volta.
Eppure basta uno scalpiccio al suo fianco che il sangue torna a gelarsi
nelle sue vene, voltandosi piano, mentre solamente in quel preciso
istante prende coscienza del fatto che lei, lì, non è
affatto sola.
***
La prima cosa che nota è che probabilmente mai ha visto qualcosa
di più nero che i suoi occhi, sembra quasi che la notte si sia
generata da essi. La seconda è che, né troppo lontani e
vicini come sono, vede che oltre a portare un fucile sulla schiena,
stringe una pistola nella mano, mentre lo stemma dell'istituto Oto
risplende sulla sua casacca slacciata. La terza cosa che nota è
che, sopraffando anche il terrore che pochi istanti prima l'ha avvolta,
non solo ha appena salvato la vita al suo potenziale assassino, ma non
può e non riesce a non appurare che il ragazzo che ha davanti
è incredibilmente bello.
"Complimenti Sakura", si dice ironicamente, "resti qui a contemplare il tuo potenziale assassino piuttosto che scappare"
Una
fitta alla caviglia la coglie di sorpresa, ricordandole all'istante che
di certo, anche se volesse, non è nelle condizioni di fuggire
via.
Non si dicono niente, forse perché entrambi, ancora con il
fiatone, si limitano a squadrarsi; mentre lei lascia scivolare il
localizzatore sulla schiena, fra la gonna e la camicetta, sotto alla
giacchina, certa che la prima prima cosa che le chiederà, se non
vorrà passare subito al sodo, riguarderà proprio quell'oggetto.
E' un attimo, il tempo di elaborare tutto quanto appena successo; il ragazzo fa scattare in alto il braccio e le punta
addosso la pistola, agrottando la fronte e stringendo le labbra sottili.
E' incredibile notare quanto possa rimanere bello anche in una simile
situazione, e Sakura vorrebbe prendersi a pugni soltanto perché
non riesce ad impedire ad una parte del suo cervello di pensarlo.
Sbianca, non solo per l'ennesima fitta alla caviglia, e retrocede di un
passo, sentendo sotto le dita la ruvida e familiare corteccia di un albero.
<< Tu >> le dice, secco, gelido. Non ha un tono di voce
quel ragazzo: non sembra disperato, solo molto pragmatico. Sakura
sospira di nuovo, costatando che il terrore è passato. Cosa sono
allora quei brividi che le attraversano il corpo? Curiosità?
<< Come facevi a sapere da che parte venivano? >>
Inventati qualcosa. Subito.
<< Rispondi >>
Non è minacciosa la sua voce, affatto. Sakura non ricorda di
averne mai sentita una più impassibile di quella: è quasi
raccapriccante la cosa; quel ragazzo la scruta coi suoi occhi neri -
così diversi da suoi - e continua a puntarle ostentatamente la
pistola in faccia, con naturalezza.
Il suo orgoglio scalpita, perché nessuno può permettersi
di farle una cosa del genere dopotutto, ma non riesce a trovare la
forza per protestare, semplicemente perché è ammutolita.
Le è difficile ammetterlo, le costa fatica, ma quel ragazzo le
incute soggezione. Non paura, non più, perché sa che se
avesse voluto ucciderla l'avrebbe già fatto da tempo, non avrebbe perso tempo per parlarle.
Ma i suoi
occhi, la sua postura.
<< Io... >> Sakura stringe i pugni, deglutendo e cercando
di placare il tremolio alla voce. << ... mi stavano inseguendo
>>
<< Perché? Sei una di loro? >>
Sakura agrotta la fronte. << No >> sbotta, più secca
di quanto avrebbe voluto essere << Se mi stavano inseguendo
è ovvio che non sono una di loro >> aggiunge, e comincia a
scrutare con aperto fastidio la pistola a pochi centimetri dal suo
viso. << Abbassa quella pistola >>
<< Qual'è la tua arma? >> le chiede invece lui, ignorando sfacciatamente la sua richiesta.
<< Ti ho chiesto di abbassare la pistola >>
<< E io ti ho chiesto di dirmi qual'è la tua arma >>
Sakura si morde l'interno guancia: è ovvio appurare che è
lei quella in svantaggio, costata osservando il fucile sulla schiena di
lui e per ultimo di nuovo la sua pistola. In un potenziale blitz per la
sopravvivenza quella che perderebbe sarebbe lei, e a nulla vale la
pistola nascosta nel suo borsone se non ha nemmeno le minime conoscenze
per utilizzarla.
Stringe i denti, frustrata.
Finisce qui, dunque, il tuo cammino?
Il ragazzo continua a scrutarla, la pistola sempre in alto. Non sembra
minimamente impietosito dal fatto che lei è una ragazza, sola,
dispersa - beh, il concetto dispersa non è esatto, visto che lei
sa perfettamente dov'è - e ferita in mezzo ad una foresta.
"Non mostrargli il localizzatore" si dice. "Qualunque cosa succeda, non fargli vedere il localizzatore, Sakura"
<< Io ti mostro la mia arma >> proferisce. Sakura non
è stupida, affatto. E nonostante il suo istinto dica che quel
ragazzo non è affatto pericoloso come sembri, non è certo
tentata dal rischiare comunque la sua vita. << Ma solo se tu
abbassi la pistola >>
Bingo.
Si accorge di averlo sorpreso quando, osservandolo, costata come in un
impercettibile movimento le sue spalle si siano alzate, assieme alle
sopracciglia del suo bellissimo viso. Sakura esala un respiro
tremolante: per quanto possa ripetersi continuamente che quel ragazzo
non sia pericoloso, il suo corpo continua a tremare da capo a piedi.
<< Dovrei abbassare la mia pistola? >> sibila, assottigliando nuovamente gli occhi.
Sakura poggia definitivamente la schiena al tronco dell'albero che le
sbarra la sua unica via di fuga. Per quanto possa essere veloce, lui le
è comunque davanti, ad una manciata di metri di distanza. Dubita
fortemente, ora come ora, di essere capace di svincolare.
Lei non risponde, principalmente perché non sa cosa dire,
secondariamente perché non ricorda come formulare una frase di
senso compiuto. Non riesce a parlare, e ciò la stupisce e la
inquieta allo stesso tempo.
Dovrebbe arrabbiarsi, lo sa, solo per il fatto che uno sconosciuto la
tiene ancorata ad un albero con una pistola in faccia, pretendendo di
vedere la sua arma. Dovrebbe come minimo fare fuoco e fiamme, urlando e
pestando i piedi come le sarebbe consono. O provare a fuggire, per lo
meno, nella speranza di non morire per mano di uno sconosciuto e
bellissimo alunno di Oto.
Il ragazzo comincia ad abbassare il braccio, lentamente, ma mantiene
salda la presa sulla pistola e Sakura stringe le labbra, abbassandosi
piano, verso il borsone verde che le giace ai piedi. Soffoca un gemito,
avvertendo l'ormai familiare fitta a quel piede, e apre la zip:
Una soluzione. Una soluzione, Sakura.
E' come un presentimento il suo: è perfettamente consapevole
che, se gli mostrasse o la pistola o, peggio, il localizzatore, non
vedrebbe di nuovo la luce del sole. Sono tutti così, oramai. E'
appurato.
Fa per estrarre il binocolo che il giorno prima aveva trafugato da quel
villaggio cadente, quando un rumore di rami spezzati interrompe la
calma che li circonda.
E' breve, sono dei passi. E i rami si spezzano ancora.
Lo vede voltarsi di scatto, in una frazione di secondo si è
mosso: punta la pistola alla loro destra. E' tornato il ragazzo nervoso
di prima, ha lo stesso sguardo che aveva incrociato, nella
sua folla corsa alla ricerca di una via di salvezza.
E il suo localizzatore vibra come impazzito sulla sua schiena,
mozzandole il fiato, mentre continua ad osservare la schiena di lui,
che continua a puntare la pistola a caso, nel mezzo della foresta.
Stanno tornando indietro.
E lui non se ne accorge.
Sakura si precipita verso il borsone, e una fitta al piede la coglie nuovamente.
Scappa Sakura, non farlo. Non pensare a lui.
Neanche se ne accorge, neanche ha il tempo di realizzare veramente la
cosa. Perché quei pazzi stanno tornando, in cerca di entrambi, e
devono scappare. Subito.
<< VIA! >>
Si slancia in una folle corsa, ignorando il dolore pressante alla
caviglia, e il suo corpo che le dice di trattenersi. Di aspettarlo.
E' giusto un attimo: Sakura, correndo, volta il capo alla ricerca del
suo viso e lo vede ancora lì, ancora per un'istante, prima che
si giri e cominci a seguirla veloce, più veloce di lei.
Non ha tempo di rendersi conto che l'ha superata, che come acquile,
veloci, letali, silenziose, quei ragazzi di poco prima sbucano dai
rami, dalle foglie, urlando. Sono dappertutto.
<< Prendeteli! >>
E giù, di nuovo nell'incubo.
Sente un sibilo alle sue spalle. Hanno già estratto le armi?
Soffoca un singhiozzo, per il dolore alla caviglia ma anche per la
disperazione che per l'ennesima volta l'assale. Una montagna russa. Per
quanto ancora dovrà vivere così? Per quanto ancora
dovrà scappare e scappare?
<< Fermatevi... maledetti bastardi! >> urlano, alle loro spalle. << Fermatevi! >>
Dov'è lui?
Sakura salta rami, sporgenze; i rovi le graffiano le cosce, sente il
sudore impregnarle la pelle, la fronte; ha lasciato di nuovo i capelli
sciolti. Alza per un attimo lo sguardo al cielo.
Il tramonto.
Lui è a una manciata di metri da lei, corre veloce, non si
volta, nemmeno la guarda. Pensa a scappare, a volte sparisce fra la
boscaglia, ed eccolo che ricompare, furtivo, letale.
Sakura si morde le labbra, si da della stupida, dell'ingenua. Non si cura neanche di lei, che gli ha salvato la vita.
O che, almeno, ci sta provando.
Sfila il localizzatore da dietro la gonna. E' un attimo, di nuovo.
Ha il tempo di adocchiare nella cartina una mezza dozzina di sensori
che inseguono lei e quell'altro, che il ragazzo sparisce dalla sua
vista, inghiottito dalla macchia.
Dov'è? Dov'è?!
Sakura ringhia, singhiozza, trattiene le lacrime per il dolore alla
caviglia; si guarda attorno, disperata; gli inseguitori sono vicini, li
sente da tutte le parti, sono dappertutto. Non sparano, ma Sakura sente
che sono vicino a farlo.
Ed eccolo, lo vede. Corre veloce, in parallelo a lei, ad una decina di
metri. Non è come prima, non è sorpresa ciò che
legge nel suo sguardo, una volta che lo incrocia da lontano, e nemmeno
terrore. Sembra voglia sfidarla a seguirlo, a rincorrerlo.
Lui sta scappando, anche da lei.
E' stupida, lo sa: basterebbe dare un'occhiata al localizzatore, di
nuovo, e troverebbe la via più facile per sfuggire da quella
trappola, sola, come sempre è stata.
Eppure l'ombra di quel ragazzo che scarta a destra, e svia dal sentiero
che stanno disperatamente correndo, spinge le sue gambe a fare un
ultimo sforzo, prima di crollare dalla stanchezza e dalla voglia di
piangere. E' una pazzia; scavalca una serie di tronchi e si butta al
suo inseguimento, percependo chiaramente dietro di sè un
esitazione più che evidente da parte dei loro inseguitori,
sorpresi del suo cambio di rotta. Ma è un istante, perché
nel silenzio di quella foresta, rotto solo dai loro ansiti affaticati,
Sakura sente gli scatti delle sicure e sa che ha solo una manciata di
secondi prima che una pioggia di pallottole le si abbatta addosso.
<< Prendete quella puttana, cazzo! >>
E' buio poi, perché si è buttata a capofitto nella
vegetazione più alta e folta, e si fa largo in essa a suon di
gomiti, urla e gemiti.
Pensa di essere giunta alla fine, perché riesce di nuovo a
scorgere fra la boscaglia il pallido rossore del tramonto che invade il
cielo. Ma è troppo tardi.
<< No..! Fermati! >>
Che stupida.
Un paio di mani invisibili le afferrano un braccio, Sakura si volta, ma le sue gambe non si fermano.
Poi solo le urla, il crepuscolo e il vuoto sotto di loro.
***
Non è un promontorio o una scogliera quella in cui si sono imbattuti.
Scivolano, semplicemente, giù per una turtuosa scarpata, fra le
terra umida, fra le piante, tentando di aggrapparsi a qualcosa, ad un
ramo. Ma è inutile, perché è tutto così
veloce che Sakura, prima ancora di rendersene conto, è
già distesa supina, sul suolo, gli occhi semichiusi e la mente
confusa.
Forse ha battuto la testa da qualche parte, perché quando trova
la forza di rialzarsi debolmente, si massaggia la nuca, scoprendola non
solo dolorante, ma sporca di sangue, così come la sua fronte
dove un vistoso taglio fa sfoggio di sè, intorpidendole i sensi.
E' viva..?
<< Girati lentamente >>
Una pistola, puntata contro la sua testa, di nuovo.
Ancora per poco.
Sakura soffoca un gemito, massaggiandosi la base del naso. << Non
ora, per favore >> sibila, glaciale quanto il ragazzo che, in
piedi alle sue spalle, la osserva intensamente.
<< Per colpa della tua stupidità ho perso il cammino che
stavo seguendo >> replica lui. Sakura socchiude gli occhi; sente
la voce lontana, forse è la botta alla testa.
Solo dopo realizza, in un flash che le illumina la mente, tutto quanto
è appena successo: Sakura balza in piedi, incurante della
pistola ancora puntatale addosso, e si guarda attorno, tastandosi la
gonna, la camicetta.
<< Cerchi qualcosa? >>
<< Il... mio.. >> sfiata, terrorizzata solo dal pensiero. <<... borsone >>
Localizzatore.
Dov'è?
<< Ti è scivolato durante la caduta >> proferisce
lui, e quando Sakura si volta scopre di nuovo la sua pistola puntata
contro la fronte. E' sporco di terra, e una ferita gli macchia una
tempia, ma è bellissimo come sempre e Sakura, d'improvviso, non
può sentirsene che di nuovo inquietata.
Fa per slanciarsi verso il borsone, dietro la schiena di lui, ma la pistola la segue e la sua voce la fredda:
<< Ti ho per caso detto che puoi muoverti, ragazzina? >>
Sakura ringhia, indietreggiando di due passi. E' impotente, senza
neanche il suo localizzatore, e si morde l'interno della guancia, nella
speranza di soffocare non solo le lacrime ma il dolore che è
tornato a farsi sentire alla caviglia.
<< Cosa vuoi da me? >> chiede con voce rotta, stringendo i
pugni e osservando il luccichio a tre metri da lei. Il suo
localizzatore è lì, nascosto da un cumolo di foglie, e
lei deve prenderlo.
<< Solo sapere come diavolo hai fatto a capire che stavano
arrivando quei pazzi >> le risponde lui. << Credo sia il
minimo visto che mi hai distolto dalla mia caccia >>
<< Vorresti dire che ti ho salvato dalla tua caccia >>
<< Come..?! >>
Sakura si pente immediatamente di quello che ha detto, ma non ritratta, piuttosto continua.
<< Non mi ucciderai >> proferisce, con una sicurezza che è certa di non avere.
<< Cosa ti fa pensare questo? >>
Oramai è buio, praticamente. Sakura lo vede quasi a stento,
nella luce tenue degli ultimi rossori del tramonto. Le prime stelle
brillano nel cielo e Sakura si chiede se saranno le ultime cosa che
vedrà, e se quella terra e quelle foglie saranno la sua tomba.
<< Perché ti ho salvato la vita >>
Due volte.
Forse ha detto qualcosa di giusto, per una volta nella sua vita,
perché lo osserva abbassare la pistola, lento, sorpreso, basito.
La scruta coi suoi occhi scuri e Sakura trattiene il respiro, mentre il
cuore minaccia nuovamente di fracassarle il torace. Non dice nulla, non
una parola, si allontana, poi, di due passi, continuando ad osservarla
e Sakura finalmente ha il tempo di lasciarsi scivolare per terra,
riprendendo fiato e cercando di calmare i tremiti che le percorrono
ogni centimetro del corpo.
E' stupida, probabilmente, o forse solo pazza per quel ragazzo con cui
ha rischiato di morire per ben tre volte. Scivola verso il suo borsone
e recupera il suo localizzatore - sorridendo debolmente della sua
sicura presenza fra le sue mani -, prima di tornare in piedi e seguire
con lo sguardo il cammino da poco percorso da quel ragazzo.
Neanche l'ha notato, confusa e disorientata com'è dopo quella
caduta, ma ciò che la circonda è ben diverso dalla fitta
foresta di poco prima.
Nel silenzio di quella sera Sakura abbraccia il suo borsone e barcolla
in avanti, seguendo il rumore di foglie secche e spezzate, seguendo la
sagoma scura, tetra, che si eleva su di lei, ad una ventina di metri:
Un casolare abbandonato.
***
Non è una buona idea, forse. Quel ragazzo non dovrebbe penetrare in un nuovo ambiente, così, allo sbaraglio.
Sakura lo vede di schiena, che attraversa il campo di erba alta e secca che li separa da quel casolare.
Non le ha più rivolto la parola, eppure è così ovvio che
sappia della sua presenza; sa che lei è lì, dietro di lui.
Sbircia il localizzatore, costatando la totale assenza di sensori
diversi dai loro e tirando l'ennesimo sospiro di sollievo. Forse sa anche che
sono soli, li attorno.
Il casolare che li sovrasta sembra essere stato un tempo una vecchia
autorimessa, o forse un parcheggio mai completato. Sta di fatto che
alcune e poche deboli luci sono accese e che tutto ciò che
Sakura vede è lo scheletro di un edificio dall'aspetto tetro,
che si innalza di diversi metri e su più piani in quel cielo
scuro e quasi minaccioso.
Lo segue, semplicemente, superando le ultime canne d'erba, prima che alla terra si sostituisca il duro cemento del palazzo.
Le luci sono basse, vanno e vengono, come una di quelle inquietanti
atmosfere che Sakura ricorda di aver visto solo in quei film horror che
era solita vedere quando ancora tutto era normale.
Ciò che la inquieta più del dovuto non è solo la
presenza di numerosi rifiuti - segno che qualcuno, prima di loro,
lì c'è stato -, né che abbiano usato come entrata
quella che un tempo era stata una parete, ma gli schizzi di sangue che
macchiano i pilastri vicini, segni indelebili di una violenza atroce
che si è consumata fra quelle mura.
Sakura trema, e le sembra di sentire quell'odore di sangue, quell'odore
ferroso che in un attimo le fa girare la testa, in preda ad una nausea
tremenda.
O forse sono solo i postumi del colpo alla testa di poco prima.
Sakura ha gli occhi lucidi quando entra definitivamente in
quell'autorimessa, scorgendo scaffali di legno alle pareti, rifiuti,
cartoni ammassati uno sopra l'altro, vicino a quella che sembra essere
una vasca colma fino all'orlo d'acqua.
<< Cosa ci fai ancora qui? >> le chiede duramente,
voltandosi stizzito verso di lei. Sembra molto infastidito dalla sua
presenza e Sakura trema, avvertendo per l'ennesima volta una fitta al
piede.
Si stringe il borsone al petto, in un segno di difesa. Lei non ha
proprio intenzione di lasciare quel posto e vagare sola durante la
notte, e a costo di rischiare la vita, lei da lì non
andrà via.
<< E' un posto libero, questo >> replica altettanto
duramente. << Non hai alcun diritto e potere di cacciarmi via
>>
<< Potrei ucciderti >> le dice, e per qualche strano motivo
le sembra che stia provando a convincere se stesso a farlo.
Sakura scuote la testa, mesta, e gli rivolge un sorriso tremolante.
<< Non lo farai, te l'ho già detto >> risponde, con
voce quasi morbida.
Lo vede osservarla per un lungo istante, forse incuriosito dalla sua audacia, prima di tornare a voltarle le spalle.
Oramai è buio, e la tranquillità quasi surreale che regna
in quel posto, dopo tutto quello che è successo, le risveglia
dal profondo della sua persona qualcosa di più struggente e
morbido. Forse è solo la presenza di quel ragazzo a renderla
più vulnerabile del solito, e la consapevolezza che forse quella
notte avrà accanto qualcuno che non vorrà ucciderla. Ma
eccole, pur dopo aver giurato che mai più si sarebbe concessa
una simile debolezza, eccole le lacrime. Di sollievo, forse; solo per
ringraziare qualche Kami lassù che le ha salvato la vita per
l'ennesima volta, quella giornata, che le ha concesso la
possibilità di poter sopravvivere qualche ora in più.
E' ben attenta a nascondere il volto dal ragazzo sconosciuto,
concedendosi solo una blando sorriso sulle labbra quando la frescura di
quell'acqua che gorgoglia nella vasca le inumidisce la fronte - ancora
sporca di sangue rappreso -, la nuca dolorante e le guance, che
bruciano dalle lacrime che le solcano.
Sospira, scostandosi finalmente i capelli dal viso.
E poi lo vede, o meglio, lo sente. Lo sente ricercare fra l'immondizia che li circonda, non fa più caso a lei ormai.
Sakura si alza, le lacrime dimenticate.
Cosa stai facendo?
Non è voluto, né premeditato o chissà che:
semplicemente lo fa. Estrae dal borsone uno dei pacchetti di patatine
di cui il giorno prima ha fatto scorta, si avvicina timidamente e
glielo tende. Così.
"Mi hai distolto dalla mia caccia"
Il ragazzo si volta ed estrae la pistola, di nuovo, vedendola
avvicinarsi, ma lei continua ad osservarlo mite. Per niente spaventata.
Che ti succede, Sakura?
Vedendo che lui si ostenta a scutarla duramente, Sakura sospira
e posa il pacchetto di patatine lì vicino, più cauta, ma non esitando a
voltargli le spalle per tornare al suo posto, lontano, quasi vicino
all'entrata.
Ma la sua voce la blocca a metà strada. Non è più
minacciosa come prima, ma Sakura la sente carica di sottointesi.
<< Sei sola? >>
Lo sei sempre stata?
<< Sì >>
Vorrebbe chiedergli "E tu?" ma
saprebbe che così le parole diverrebbero troppe e a niente
varrebbe il silenzio sul loro passato sui cui entrambi, in un certo
modo, si sono trovati d'accordo. A niente varrebbero le domande taciute
sulle rispettive scuole, su Konoha e Oto, storicamente nemiche.
Sakura torna ad accucciarsi contro la colonna, infilandosi la giacchina
e abbracciando le proprie ginocchia. Forse è il silenzio che
regna, ma il sonno la coglie impreparata, e mai, mai prima avrebbe
corso il rischio di addormentarsi in un posto così scoperto,
sotto gli occhi di quello che in qualche modo potrebbe essere il suo
potenziale assassino.
Non sa quanti minuti, o forse ore, passino: forse, ancora immersa
nell'incoscienza che caratterizza il sonno, riapre gli occhi e scopre
che tutto ciò che la circonda è diventato buio e che
l'unica fonte di luce che le illumina appena lo sguardo non è
altri che un piccolo fuoco di fortuna acceso in un vecchio barile. Ed
è lì che vede la sua immagine, sfocata; lui è
lì, che osserva il fuoco bruciare, come ipnotizzato, il mento
poggiato sulle mani congiunte. E lei è ancora viva.
Sakura sospira, tornando ad immergere il volto fra le gambe.
Domani gli dirà del localizzatore.
***
Non
sono gli uccellini a destarla dal suo sonno, quella mattina, e nemmeno
i pallidi raggi del sole o la voce sardonica di Madara Uchiha con
l'annuncio mattutino delle sei.
Sono gli spari, lontani,
veloci, micidiali, che le gelano il sangue nelle vene e le pietrificano
il cuore, in una inesorabile morsa che la spinge a rinvenire da quel
sonno con un urlo.
Sakura sospira, si passa una mano fra
i lunghi capelli rosa e poggia il capo contro la colonna, osservando il
soffitto di quell'autorimessa.
Lui non c'è.
Forse ha sognato tutto.
Eppure quella pistola e quella scatola di proiettili, poggiati accanto a lei, dicono ben altro.
Inizia un altro giorno.
CONTINUA... ?
***
LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: Combattendo, Un Ragazzo Incontra Una Ragazza)
Sono in penoso ritardo, I know. Sedici giorni, sono imperdonabile. Siete autorizzati a picchiarmi, se volete.
In ogni caso, si sono incontrati, si sono scontrati, e si sono
lasciati. Letteralmente. Ma questa parte della storia la lasciamo al
sesto capitolo che, per la vostra gioia, il prossimo è quasi del
tutto dedicato ad Hinata ;)
Ne approfitto per condividere con voi la nuovissima ending di Naruto Shippuden, una meraviglia, me ne sto innamorando: Cascade, degli Unlimits, è una canzone meravigliosa e questa ending è così disgustosamente
SasuSaku e NaruHina da farmi piangere. Era tempo, taaaanto tempo, che
non fangirlavo così tanto dopo un episodio dell'anime, dove
Shikamaru appare poco.♥
E beh, diciamo che prossimo capitolo arriverà presto, ok? Non aspetterete due settimane, promesso!
Buona Pasqua, buona cioccolata, e visto che non ho uno stralcio decente di nuovo capitolo da proporvi, vi suggerisco il titolo:
"Blue Eyes No Otoko"; dai che siete bravi e questa cosina mezza in giapponese la capite.♥
A chi traduce il titolo per primo spetta una caramella e la dedica del
prossimo capitolo! (sai che onore) Inoltre, non so se lo avete notato,
c'è un accenno molto importante ad un personaggio femminile che
comparirà nei prossimi capitoli ;)
Ovviamente si
ringraziano le povere tredici anime che hanno recensito lo scorso
capitolo, a voi va la mia stima (per saper aspettare) e il mio affetto!♥ (per continuare a sostenermi)
Alla prossima cari, che sarà molto ma mooolto presto!
Shannaro♥ e... recensioni no jutsu!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Day#3: Blue Eyes No Otoko. ***
Cap.5
Battle Royale
Day#3: Blue Eyes No Otoko.
Appassite.
Sospira.
Non c'è nulla da fare, dopo ore di ricerche nei dintorni di
quel giardino colmo di erbacce tutto quello che è riuscita a trovare è solo un mazzolino di camelie appassite.
"Hinata-chan, potresti andare in giardino e vedere se riesci a trovare qualche fiore per il centrotavola?"
Sospira.
Con le sue conoscienze sà perfettamente che porre a centrotavola
un mazzolino di fiori appassiti non simboleggia solo presagio di morte,
ma anche maleducazione. Eppure non riesce a frenarsi dal raccoglierli
con un sorriso, stando ben attenta a non sporcarsi ulteriormente le
calze della divisa.
Quale ora dopo - non sa quanto tempo passi dal momento in cui rientra
in casa per riporre i fiori e per aiutare le altre a preparare il
pranzo - siede sul piccolo engawa che si affaccia a strapiombo sul
borrone dietro la casa, con un libro in mano.
E' nella cura dei dettagli, delle piccolezze, che Hinata sente di poter riuscire a tornare alla vecchia se stessa.
Quella bambina dolce, forse timida, che con preoccupazione offriva il
proprio pranzo ai senzatetto lungo le vie di Ginza, mentre si
affrettava ad aggrapparsi alle sottane delle sue zie, delle sue cugine,
a passeggio fra le vetrine esclusive di quello stesso quartiere.
<< Pioverà >>
Le basta osservare la forma delle nuvole, nel loro incessante moto
lungo quel cielo apparentemente sereno; le basta annusare l'aria,
umida, pesante, per determinarlo.
<< Cosa hai detto, Hinata-chan? >>
Quella voce la coglie di sorpresa, ma non la spaventa, piuttosto un
sorriso spontaneo le sorge sulle labbra, accompagnato da un leggero
movimento di capo, tanto quanto basta ad incontrare lo sguardo
amichevole della ragazza che le è dietro.
<< Nulla di importante, Isaka-san >> il sorriso si allarga.
<< Solo che in tre giorni, molto probabilmente, potrebbe piovere
>>
<< E questo come lo sai? >> ridacchia l'altra, e lo stemma
di Suna risplende sulla sua giacca, mentre prende posto accanto a lei,
sull'engawa di quella vecchia casa abbandonata.
<< Mia madre amava la natura >> arrossisce,
inconsapevolmente, ma gli occhi le risplendono. << Mi ha
insegnato molte cose: basta osservare il movimento e la forma delle
nuvole per capirlo >>
<< Sei così intelligente >> Isaka arriccia il naso,
meditabonda. << Ma in fondo sei del Konoha, sai.. A Suna non
insegnano queste cose >>
<< Mi piace studiare >>
E le sue parole sembrano una giustificazione, quasi; mentre le sue
mani, bianche e affosulate, sfiorano assorte la copertina del libro che
le giace in grembo, rovinata e annerita.
<< Ragazzeee! >> la testa Misaki spunta dal fusuma, la
frangia scompigliata e l'ennesimo sorriso ad incurvarle le labbra.
<< E' pronto il pranzo! Venite ad apparecchiare? Tsukino è
andata a prendere l'acqua! >>
Hinata annuisce, seguendo Isaka che la precede nello stretto ma accogliente ambiente che la circonda:
In quei due giorni hanno cercato di fare il possibile per rendere
abitabile quella piccola casa che hanno occupato, rinvenendo nella
polvere piatti e bicchieri, vecchi e sgualciti futon, qualche abito
pulito.
<< Dopo pranzo ci leggi qualcosa, Hinata-chan? >> Tsukino
versa una cucchiaiata di minestra in uno dei piatti che Isaka le porge.
Lei sobbalza, ma tutto ciò che riesce a fare è annuire
per l'ennesima volta, stringendo il suo libro al petto: è
lei l'ospite in fondo.
Minuti dopo, saggiando piano la minestra insipida, Hinata chiude gli
occhi e ascolta il ciarleccio vario delle ragazze che l'hanno accolta,
ridendo a volte, e osservando fuori le piccole finestre.
Al di là di quelle mura forse c'è l'inferno, pensa,
eppure le basta solo un piatto di minestra insipida per tornare a
sperare. Le basta sistemare un vaso di camelie appassite al
centrotavola, fra le posate e la mitraglietta, prendere in mano il suo libro e tornare ad immergersi nei
suoi sogni.
Basta solo quello per tornare a sentirsi umani.
***
Di
notte i fantasmi tornavano a tormentarla, e del candore e della
gentilezza della ragazza che quelle tre studentesse avevano accolto
a braccia aperte nel loro rifugio non restavano altro che lacrime sulle
guance, urla nella notte e incubi spezzati da mani che si posavano
sulle spalle, in un vano tentativo di calmare i tremiti che le
scuotevano il corpo.
Hinata non dormiva, i ricordi e i frammenti di quella notte da incubo
di pochi giorni prima le impedivano un sonno tranquillo, continuato, e
l'unica soluzione che trovava era appisolarsi vicino alle vetrate,
seduta, nella speranza di racimolare qualche ora di sonno per non
crollare dalla stanchezza e dalla disperazione il giorno dopo.
Loro si chiamano Tsukino, Isaka e Misaki, e sono tutte di Suna.
E Hinata non riesce mai a trovare le parole adatte per esprimere loro
tutta la sua immensa gratitudine. Non le ha bloccate né lo
stemma sulla sua divisa, né le sue più che note fattezze
e tantomeno il suo famoso cognome: quelle ragazze l'hanno accolta come
una di loro, nel loro rifugio.
Le hanno curato le ferite - e non solo quelle fisiche -, le hanno
permesso di nuovo di sorridere e bearsi di un calore simile
all'amicizia.
E nella disprezzata Suna - così odiata dalla sua famiglia e dal suo stesso cugino - Hinata ha trovato la salvezza.
<< Hinata-chan >> la testa di Isaka spunta da uno dei due
futon che condividono. << Non riesci a dormire di nuovo? >>
Hinata volta il capo, scorgendo nel buio della stanza gli occhi chiari
di Isaka che la osservano. Scuote la testa, ma prova a sorriderle.
<< Non ti preoccupare >> le dice. << Non è
nulla. Piuttosto torna tu, a riposare >>
Isaka invece che darle ascolto scalcia via le coperte e sospira. Gli spari che l'hanno svegliata sono finiti.
Forse Neji è la fuori.
<< Non hai nessuno, tu, Hinata-chan? >> le chiede lei
all'improvviso, ed Hinata sobbalza. << Amiche? Un ragazzo?
Qualcuno a cui.. vuoi bene? >>
Lei le sorride di nuovo. << Ho un cugino >> risponde semplicemente. << Nulla di più >>
<< Vuol dire che non hai un ragazzo? >> il tono di Isaka è indignato. << Nemmeno un'amica? >>
Hinata si ritrova a scuotere la testa per la seconda volta, con più amarezza, ma non smette di sorridere.
<< No >> aggiunge. << Non... ne ho mai trovate >>
<< Ma sei così bella! >> Isaka sembra davvero
sorpresa. << E dolce, ed intelligente. Davvero non hai un'amica?
>>
<< Purtroppo no, Isaka-san >>
Isaka arriccia le labbra, incrociando le gambe. << Che
ingiustizia >> soffia. << E dire che sembrate così
uniti lì al Konoha >>
<< Mi duole dirlo ma spesso è apparenza, Isaka-san
>> Hinata sospira. << Tu invece sei molto fortunata. Hai
delle amiche simpatiche che ti vogliono bene >>
Alla nomina delle sue amiche il broncio sparisce dal viso di Isaka, che
torna a sorridere come prima. << Oh sì >>
dice. << Mi basta sapere che se morirò loro saranno lì con me >>
Hinata perde un attimo a riflettere sulla conversazione appena avuta:
le sembra strano, quasi surreale, ma non la sorprende neanche
più quello che sta succedendo. Sospira e si passa una mano fra i
capelli, tornando a chiudere gli occhi.
<< Riposa, Isaka-san >> proferisce. << Oramai
è quasi mattino. Fra poco ci sarà l'annuncio delle sei,
riposati nel frattempo >>
Isaka sembra cogliere il suo secondo avviso e torna ad immergersi fra
le coperte, lasciandola di nuovo sola coi suoi pensieri. Quella notte
ad averla svegliata non sono stati frammenti di incubi coltivati nel
sonno, e nemmeno l'angoscia di non sapere cosa le sarebbe accaduto il
giorno dopo.
Quella notte l'ha svegliata la consapevolezza che fra loro, nessuna si
era mai premurata di istallare un turno di guardia serale.
Forse non è e mai sarebbe stata la migliore in quelle cose, ma
osservando il burrone sul quale la casetta si affaccia Hinata non
riesce mai a smettere di pensare che, prima o poi, arriverà
qualcosa che spezzerà definitivamente l'apparente calma in cui
tutte vivono.
***
Avrebbe dovuto capirlo prima.
Non è mai stata un esperta in quelle cose, non ha mai fatto del
male a nessuno e non appena era iniziata quella gara si era
autopromessa che avrebbe fatto di tutto per non farne.
Vivere nell'illusione che tutto possa andare bene, coltivando certezze
irreali e sperando che niente e nessuno possa fare loro del male.. era
sbagliato. Semplicemente.
Avrebbe dovuto capire sin da subito che c'erano persone che quel gioco l'avevano preso seriamente.
"Hinata-chan, oggi è il tuo torno. Vai a prendere l'acqua?"
E Hinata c'era andata davvero.
Aveva imbracciato il suo borsone, una tanica, ed era scesa lungo la via
che Tsukino le aveva sommariamente indicato, costeggiando il sentiero
che si districava giù per il burrone fino al fiume lo
attraversava. Aveva impiegato tre ore, sia per andare che per tornare,
e mai ricordava di aver odiato il tempo così tanto in vita sua.
Le erano bastati solo due sguardi per capire tutto.
E ora, osservando la casetta ad una ventina di metri dalla fine del
sentiero, Hinata sente la tensione crescerle addosso, intrappolarla e
soffocarla lentamente, come un pitone fa con la sua preda.
C'è qualcosa di diverso.
Non è solo l'innaturale silenzio che aleggia attorno, e
nemmeno il cancello completamente aperto: Hinata lo sente, sulla pelle,
addosso. E' come una patina di sudore, la paura:
L'attanaglia.
E' attenta coi suoi movimenti, posa la tanica sul viale sterrato e
procede lentamente. Scuote di nuovo la testa quando il più
terribile dei pensieri gliela attraversa.
Se anche fosse successo qualcosa le ragazze avrebbero gridato.
Qualcuna di loro avrebbe provato a difendersi, avrebbe provato ad usare
quella mitraglietta che durante tutti quei giorni era stata simbolo sia
di morte che di sicurezza per tutte quante.
Ci avrebbero provato.
Hinata attraversa il cortile in punta di piedi, il respiro affannoso e il sudore che le imperla la fronte.
Non è successo niente. Non è successo niente.
E allora perché non le chiami? Perché non urli i loro nome?
Chiude gli occhi quando posa la mano sulla porta d'ingresso, semisocchiusa.
Forse staranno già pranzando.
Quando il cigolio della porta le sibila nelle orecchie Hinata tiene lo
sguardo basso, trepidante e angosciata, e basta solo una risata a farla
sobbalzare.
<< Ti stavamo aspettando, Hinata-chan >>
Davanti a lei, la sua compagna di classe:
Yuzuru.
***
Hinata non conserva buoni ricordi di Yuzuru.
E quando scorge il suo sorriso civettuolo, seduta su una sedia al centro dell'unica stanza dell'abitazione e circondata da due cadaveri, tutto quello che riesce a fare è soffocare un grido contro la mano, aggrappandosi al muro.
C'è sangue.
Dappertutto.
Imbratta le pareti, i tatami, le finestre, i due futon ancora stesi per
terra, la stessa Yuzuru che continua a sorriderle, giocando con una
pistola.
E quell'odore nauseabondo, i capelli rossi di Tsukino, un accetta
conficcata nel legno del tavolo lì accanto: Hinata, gli occhi
sgranati dal terrore, pensa che ha di poco mancato una strage. Di poco.
<< Ce ne hai messo di tempo >> soffia Yuzuru, melliflua.
Solo in quel momento Hinata nota che una delle sue mani è
immersa nella folta chioma castana di.. Isaka?
<< Le tue amiche sono state così gentili da dirmi che
c'eri anche tu nel gruppo >> e china la testa, avvicinando le
labbra all'orecchio di Isaka. << Hai visto che ti avevo detto che
sarebbe arrivata? >> e ride.
Hinata sente le gambe cederle, e prima di rendersene conto si ritrova
con la spalla poggiata contro il muro, tremante come una foglia, un
insopportabile senso di nausea che le invade la gola.
<< Y-Yuzuru-san.. >> rantola, pallida.
<< Sei sola, Hinata-chan? >> cinguetta lei, lasciando
andare la chioma di Isaka che crolla definitivamente a terra. <<
E io che pensavo che ti avrei trovato col tuo bambolotto personale
>> Hinata non accenna a rispondere.
<< Neji, dico >> aggiunge, prima di scuotere la testa
bionda e sospirare. << Siete tutti impazziti, è appurato
>>
Yuzuru si alza dalla sua sedia e prende a passeggiare per la stanza,
incurante di avere le ballerine col tacco completamente rosse dal
sangue che calpesta.
<< Sai, è tanto tempo che non incontro qualcuno di Konoha
>> proferisce. << Sempre Uzu, Oto e Suna... queste ragazze
sono di Suna, mh? >> e torna a ad avvicinarsi ad Isaka.
E' un istante, ed Hinata maledice la sua vigliaccheria, la sua
incapacità di fare un solo movimento, il fatto che non riesca
a staccare gli occhi dai cadaveri di Tsukino e Misaki che
giacciono a terra, in una pozza di sangue, le testa fracassate: il
piede di Yuzuru si abbatte con violenza sulla schiena di Isaka, che
lancia un grido così straziante da rimbombarle nella testa.
Il tacco della sua scarpa continua a conficcarsi nella schiena della
ragazza che urla, ed urla. Ed Hinata si sente svenire, si sente morire,
vorrebbe fare qualcosa ma..
<< Hinata-chan >> la voce di Yuzuru, una cucchiaiata di
miele, torna a rieccheggiare nella stanza. << Sei molto pallida
>>
<<... ti prego.. >> sussurra, sentendo le lacrime
affiorarle agli occhi. << Ti prego.. le fai del male, smettila
Yuzuru-san. Così.. rischi di ucciderla.. >>
La sua risata è fredda ed inquietante come nei peggiori film, ed Hinata trema al sentirla. << Qui dobbiamo uccidere,
Hinata-chan >> sibila. << Non credi che dovresti provarci
anche tu? >> ed Hinata segue il suo sguardo.
Il mitra di Tsukino è ancora lì, sul bancone del cucinotto adiacente.
Ma è troppo lontano.
<< Come hai potuto abbassarti al loro livello, Hinata-chan?
>> ringhia, e allo sguardo giocoso di prima si sostituisce uno
che è capace di immobilizzarla nuovamente al suo posto. <<
Come hai potuto decidere di unirti a Suna? >>
Nell'istante in cui Yuzuru le volta la schiena, dirigendosi di nuovo
verso il tavolino, Hinata scopre gli occhi di Isaka, nascosti dietro la
frangia, che la guardano.
E la supplicano.
"Scappa! Scappa! Scappa!"
<< Credo sia il caso di dare una lezione a questa feccia >>
sibila e Hinata distoglie lo sguardo dalla ragazza per terra,
spostandolo sulla sua compagna di classe.
Con un "crack" Yuzuru ha staccato l'accetta dal tavolino e le sorride, avvicinandosi lentamente e trascinandosi l'arma dietro.
<< La prossima sarai tu >>
Hinata non fa in tempo ad urlare, a dire qualcosa, a pregarla di fermarsi:
Yuzuru alza il braccio, e l'accetta cala, inesorabile.
***
Davanti a lei ha ancora lo sguardo
implorante di Isaka che la prega di scappare, ed è solo quello
che le impone di mantenere gli occhi bassi, per non vedere quello che
è rimasto di quella studentessa di Suna, i resti del suo corpo
martoriato. E' solo quello che la spinge ad alzare lo sguardo un
istante dopo, e ad incontrare gli occhi azzurri di Yuzuru, il viso
schizzato di sangue.
E' uno scambio di sguardi, e basta un attimo.
Scappa.
E lei scappa, le volta la schiena singhiozzando, stringendo i denti.
E' il suo istinto di soppravivenza, è quello che la guida, che
la spinge a spalancare di nuovo la porta, che la spinge ad attraversare
il cortile e ad uscire sulla strada sterrata, le scarpe che scivolano
sulle pietruzze.
La sente dietro di sé un istante dopo, e diventa una corsa alla
salvezza, che Hinata vede nella macchia di foresta già per il
tortuoso sentiero che prima ha attraversato.
Yuzuru la sta inseguendo. Vuole ucciderla.
E quel pensiero basta a farla singhiozzare di nuovo, perché se
fino ad un attimo prima era convinta di poter riuscire a sopravvivere
all'inferno nel quale era stata catapultata, ora non sa più cosa
pensare. Non riesce più a pensare a niente, se non alla sua vita.
Salvati.
Hinata lo urla a se stessa, mentre l'ombra della foresta torna ad
avvicinarsi come prima. Sente i passi dietro di lei affievolirsi, farsi
più lontani, ma lei non smette di correre.
Perché Yuzuru ha cominciato a sparare.
E prima che se ne possa rendere conto un dolore lancinante le
attraversa la spalla, come una coltellata al ventre. Il dolore le
acceca per un istante la vista, le rallenta la corsa solo quanto basta
perché riesca ad alzare una mano e a coprire la spalla, che
scopre grondante di sangue.
L'ha colpita?
Hinata corre fra gli alberi adesso, non badando ai rovi che le graffiano le cosce, o alla direzione che sta prendendo.
Corre fino a quando non si ritrova col viso per terra, sputando
terriccio e ansimando affanosamente, nel tentativo di riprendere fiato.
I passi di Yuzuru sono spariti, così come la sua condanna a morte.
***
Il proiettile di Yuzuru l'ha colpita di striscio, appena,
provoncandole un lungo taglio all'altezza della spalla. Hinata, dopo
essersi assicurata di essere effettivamente sola, ha impiegato mente e
corpo nella sua pulizia: si è tolta la giacchina della divisa,
ha stracciato la parte inferiore della camicetta e ha lavato e pulito
la ferita con l'acqua della sua borraccia, stando ben attenta a
soffocare i gemiti di dolore mordendosi le labbra.
Ha fatto di tutto pur non pensare a quello che minuti prima ha visto:
ha ascoltato la comunicazione delle ore dodici della mattina, ha
segnato le zone rosse sulla sua cartina, ha fasciato la ferita con il
pezzo di stoffa che ha strappato dalla camicetta.
Eppure è più forte di lei.
Le lacrime le rigano le guance pallide, nivee, e solo in quel momento
la consapevolezza di essere appena sfuggita alla morte, e di aver
appena visto morire le ragazze con le quali aveva condiviso
quell'illusione di poter sopravvivere, la colpisce così
duramente da farla tremare, annaspare fra le sue lacrime.
Hinata soffoca i suoi singhiozzi nelle mani posate sul viso: le spalle
si scuotono, e mentre lei piange tutti i ricordi e l'orrore di poco
prima, sopra di lei gli uccellini cantano nel sole di mezzogiorno.
Devo andare, pensa, devo andare via da qui.
In un massimo di un paio di ore quella diventerà una zona rossa, e lei non può rischiare.
Deve trovare una nuova meta.
***
Il mare.
Il mare, lontano, minaccioso, quasi irraggiungibile.
Hinata non pranza quel giorno - non saprebbe con cosa, comunque - e ringrazia i Kami del cielo che le hanno
permesso di non incontrare nessuno lungo il suo tragitto.
Hinata scende lungo il dirupo, costeggia il fiume che lo attraversa, mimetizzandosi fra le foglie.
Hinata continua a piangere mentre si asciuga il sudore dalla fronte, ma si dice forse andrà meglio.
Hinata pensa a quelle tre ragazze, e promette che tornerà.
Prima o poi.
Ma tornerà.
***
E' ancora lontana dal mare, e mentre il sudore comincia a gelarsi sulla
sua fronte, Hinata realizza di non sentirsi bene. Non è solo la
spossatezza che le invade le membra, e nemmeno il fiato mozzo dalla
precedente corsa, è anche quel tremito al braccio, quel pulsare
all'altezza della spalla.
Abbassa lo sguardo un attimo e scopre inorridita che, nonostante la
rudimentale fascia ricavata dalla sua camicetta, il sangue
continua a macchiarle tutta la spalla, con un rosso vivido,
agghiacciante.
Morirà di setticemia?
Sospira: non è ancora entrata nella fase del delirio più
puro per fortuna, ma per qualche motivo sente che le rimane poco tempo.
Di vita, forse?
Corri.
***
Sasuke era sparito, inghiottito da una calca di studenti. Si erano
portati via il suo migliore amico e a Naruto non rimaneva che sperare
di trovare i suoi compagni. Di trovare Suigetsu, Juugo e Karin.
Gli spari erano finiti da un pezzo,
non si sentivano più urla e Naruto avrebbe voluto, diavolo se
avrebbe, avrebbe davvero voluto uscire allo scoperto dal suo
nascondiglio e accorrere in soccorso di quel ragazzo che a metri da lui
gemeva, la gamba schiacciata da un ramo.
Eppure.
Eppure non poteva.
Semplicemente.
Si impose di pensare alle belle cose,
ai bei ricordi, alle scampagnate per i prati con Sasuke, alle cene di
famiglia, alle giornate passate sul tetto della scuola con tutti loro.
Pensò a come avrebbe voluto studiare Economia, una volta giunto
il momento, a come avrebbe voluto diventare consulente per l'Azienda
del suo padrino e a come avrebbe voluto trovarsi una moglie, una
ragazza
semplice e carina, e avere tre figli.
Ma i gemiti e i lamenti non
smettevano, e Naruto in tutto quel dolore, voltandogli le spalle, si
chiese se avrebbe dovuto uccidere Sasuke, o Juugo, Suigetsu, o Karin.
Si chiese se ne avrebbe avuto il coraggio.
***
E' forse la nausea che la colpisce, improvvisa ed
inevitabile, che la spinge ad accellerare il passo, lungo il
sentiero che si snoda
lunga quella pianura.
Ora Hinata il mare lo vede, e non è più così
distante come sembrava prima: si estende, immenso, al di là di
una serie di casolari che si affacciano direttamente sulla costa
rocciosa. Ma ciò che colpisce più la sua vista non sono i
riflessi del sole sull'acqua, né quei casolari apparentemente
abbandonati, ma quel faro bianco che si erge in alto, la cui punta
sembra quasi sfiorare il cielo, irraggiungibile.
La tua nuova meta, forse?
Un posto dove riposare - si dice. Un
posto dove poter riuscire a chiudere gli occhi, non per sempre, solo
quanto basta perché riesca a dare onore con un solo pensiero
alla morte di quelle tre ragazze. Un posto per pensare alla sua
famiglia, al suo amato cugino disperso, a ciò che l'aspetta
fuori. Alla sua morte.
Hinata sospira, e scuote la testa, mentre i lunghi capelli scuri le ondeggiano sulle spalle.
Tira vento da quelle parti, il sole si è nascosto dietro nuvole
di un minaccioso color grigio. Tutto fa presumere un acquazzone, da
lì a qualche giorno.
Il terreno è aspro, i pendii così frequenti che arriva un
momento in cui Hinata, provata dalla corsa e poco lucida dalla
stanchezza, è costretta a sedersi un attimo sull'erba verde,
nella speranza di riprendere un po' di fiato che sempre più
spesso e velocemente sembra mancare.
L'ombra di Yuzuru è sparita: non sente più gli spari, e
la sua risata non le sibila più nelle orecchie, eppure lei
continua a tremare, incessante, terrorizzata, ed è il pensiero
di Yuzuru che spunta da dietro una macchia di foglie a spingerla ad
issarsi di nuovo in piedi, sulle sue gambe tremanti, e continuare il
suo cammino.
La figura del faro sembra avvicinarsi sempre di più, Hinata
oramai sente lo scrosciare delle onde contro gli scogli, sente l'odore
del mare, pungente contro le narici.
Ciò che però la lascia senza parole, una volta terminata
la discesa della collina, è l'impossibilità di
raggiungere il faro dalla sua posizione senza dover per forza passare
attraverso quei casolari abbandonati. Potrebbe tornare indietro e
scendere l'altra collina ma, passandosi una mano fra la frangetta
scompigliata, scopre di avere la fronte completamente madida di sudore.
La spalla continua a pulsarle, sente le game cederle. E' febbre quella che ha?
Sintomi della setticemia.
<< Maledizione >>
Si stropiccia gli occhi, prendendo un respiro profondo e cercando di
radunare le ultime forze rimastele. Qualunque cosa succeda, lei deve
raggiungere quel faro.
Cocci di vetri sparsi per il pavimento, pareti sfondate, tubi, rifiuti:
è questo quello che Hinata vede, una volta varcata la soglia
dello scheletro di quell'inquietante edificio.
Il silenzio è rotto soltanto dal lontano eco dello scrosciare
delle onde, dal rumore sordo e grezzo delle sue scarpe da tennis contro
il pavimento.
Forse è quel silenzio ha metterle addosso ansia, a spingerla ad
aprire la zip del borsone che porta con sé, a frugarvi dentro.
La sua arma è un coltello, un semplice e piccolo coltello
svizzero. Non l'ha mai usato Hinata, se non per sbucciare quelle
piccole mele che a volte Misaki raccoglieva, durante le sue scampagnate
nei d'intorni della casetta.
Quel pensiero la fa tremare.
E' solo un attimo, però, perché in un qualche strano
modo, fra la mente poco lucida e il caldo atroce che sente addosso,
Hinata torna a focalizzare la sua meta.
Attraversa il primo casolare immersa nel più inquietante dei
silenzi, scivolando fra i vetri spaccati della porta e uscendo in un
cortile, piccolo, erboso, largo appena qualche metro. Giusto quanto
basta a separare la vecchia struttura da un nuovo casolare.
Il nervosismo e la stanchezza cominciano a prendere il sopravvento su
di lei, e lei quasi non se ne accorge; solo il capogiro che la
coglie, appena attraversata l'ennesima porta, e le fa mancare
per un
istante l'aria la spinge a chiedersi se per lei sia già troppo
tardi.
Forse è per quello che non se ne accorge, o se ne accorge troppo tardi.
Hinata era sempre stata un'ottima studentessa: il suo livello era al
pari di quello di Haruno Sakura-san, una delle migliori nella scuola,
eppure c'era una cosa che le differenziava, sostanzialmente. Sakura-san
era portata anche per le discipline sportive, mentre lei non lo era
affatto. Sakura aveva ottimi riflessi, velocità, arguzia: Hinata
era brava per ciò che concercerneva solo e soltanto i libri
scolastici.
Del corso di difesa personale che entrambe avevano sostenuto Hinata aveva solo guadagnato qualche credito di fine anno.
Sakura era riuscita ad atterrare il loro istruttore.
Forse è quello, la sua incapacità di gestire le
situazioni più disparate, o forse solo la sua vista che si
annebbia per un istante e le impedisce di ricordare dove si trova, che
la spinge direttamente nel peggiore degli incubi.
Ci sono delle voci, basse, e fioche: qualche rumore di metallo, di
passi, ma sono solo voci. Non minacciose, ma sono voci. Maschili.
Il pensiero di essere riuscita a trovare altri sopravissuti per un
istante solo la colma di gioia, salvo poi ricordarsi che dopo quello
che le è appena successo, e al quale è sopravvissuta,
c'è qualcosa che la blocca dal manifestare la sua presenza. Il
dubbio. Il terrore.
Si morde il labbro, soffocando lo spasmo di sorpresa che la coglie una
volta che, accucciatasi dietro all'ennesima porta, riesce a scorgere al
di là del vetro l'ampia schiena di un ragazzo.
Scappa. E' meglio così.
Hinata stringe il suo coltello e indietreggia di due passi, silenziosa,
disperata, inerme. Vede sfumare d'innanzi a sé la sua unica
possibilità di sopravvivenza.
Soffoca un lamento quando la spalla torna a pulsarle violentemente, ma
non il dolore a toglierle il fiato a e a fare in modo che il suo cuore
salti, mancando un battito. Latente. Infinito.
Hinata, la schiena poggiata contro il petto di qualcuno, avverte il
rimbombo del suo battito lungo ogni singolo osso del suo corpo, come un
eco lontano miglia miglia.
Non è sola, neanche lei.
E si dà della stupida.
***
Sua madre era stato il tipo di persona che nel suo piccolo si era sempre
impegnata a valorizzare la figura della donna, pur avendo fatto parte
di una famiglia dove era il potere maschile ad aver sempre deciso, e
dove le imposizioni patriarcali avevano sempre avuto potere su tutto.
Era stata sua madre ad averle insegnato la buona etichetta, prima che
spirasse nella più profonda pace, sul suo futon. Era stata sua
madre ad averla educata, allevata, come la brava, dolce e cortese
ragazza tutti dicevano fosse.
C'era però qualcosa che sua madre
aveva voluto condividere solo con lei, gelosamente, neanche con sua
sorella minore: qualcosa nello sguardo, diceva a volte suo padre,
nostalgico. Qualcosa di riflessivo, qualcosa di dolce, puro e
femminile, e spesso quell'unico particolare sovveniva alle curve mobide
che il suo corpo col passare del tempo aveva sviluppato.
"Non abbassare mai lo sguardo davanti
ad un uomo, Hinata-chan" le aveva detto. "Non lasciare mai che un uomo
possa indurti ad abbassare lo sguardo"
Era stato tutto così veloce che Hinata aveva solo avuto
il tempo di soffocare un urlo nella mano del suo aguzzino, sentirsi il
coltello scivolare dalle dita, prima di ritrovarsi circondata da ombre,
sbattuta per terra, la spalla dolorante.
<< E questa dove l'hai trovata, Ichi? >>
<< Era proprio qui dietro >> una voce graffiante. << Vi stava spiando >>
<< Di che scuola è? >> ancora la stessa voce di prima. << San, voltala! >>
Un gemito abbandona le sue labbra quando una mano violenta le afferra
la spalla, costringendola a voltare il viso dal pavimento e ad
osservare in faccia i tre ragazzi che la sormontano. Uno le afferra il
viso, e solo quel gesto basta a riempirle gli occhi di lacrime.
<< Konoha >>
Disprezzo.
<< Sarà una schifosa figlia di papà >>
Hinata lo vede, cercando di reprimere il singhiozzo che le soffoca il
petto; lo vede il ghigno che gli piega la bocca, dalle labbra sottili.
Un ghigno pericoloso, un sorriso che basta affinché la nausea
torni ad impossessarli di lei, gli occhi che pregano pietà. Che hanno paura.
Hinata piange.
<< Hyuuga, vero dolcezza? >> sussurra quello più snello dei tre. Hinata non dice niente, e abbassa lo sguardo.
Perché non c'è altra via d'uscita, perché è
l'unico modo affinché lei possa riuscire a mantenere intatta la
sua dignità.
Prima che qualcuno la sporchi.
Sà quello che vogliono.
<< Lo sapevo >> sorride lui, carezzandole languidamente una
guancia. Lei si scosta dal tocco, gli occhi bassi, disgustata. <<
Addirittura ribelle? >>
<< N-Ni.. cosa.. cosa vuoi fare con lei? >> sfiata uno. << Io.. non.. >>
Il ragazzo che le ha accarezzato la guancia torna ad alzarsi in piedi, sfilandosi la casacca della divisa. Oto, pensa Hinata.
Oto.
<< Credo sia il caso di dare una bella lezione a Hiashi-sama
>> proferisce lui. << Per aver tolto i sovvenzionamenti
alla nostra scuola, dico >>
<< A-Aspetta..! >> quello più grasso, in cui Hinata
riconosce il ragazzo che l'ha trascinata lì. << Naruto
deve ancora tornare.. n-non vorrai davvero fare.. >>
<< Perché? >> replica l'altro. << Che male
c'è a divertirsi con una bella ragazza? >> soffia.
<< Naruto potrebbe anche volere unirsi a noi >>
<< NI! No, non puoi.. >>
E' veloce, la pistola è già puntata contro il suo petto.
<< Hai ancora qualcosa da dire al riguardo, Ichi? >>
ringhia. << O preferisci parlarne con un proiettile conficcato
nella testa? >>
Hinata trema, e le lacrime le rigano definitivamente le guance.
Non succederà.
Non succederà.
Non succederà.
<< Tesoro? >> una voce languida. << Sei pronta a divertirti? >>
Basta quel tocco leggero sulla caviglia a farla singhiozzare; le gambe
strisciano, Hinata prova a scivolare via, prova ad allontanarsi,
tornando ad alzare lo sguardo. << Ti prego.. >> singhiozza,
guardandolo dritto negli occhi e continuando ad indietreggiare <<
Ti prego no... >> lui avanza e lei piange altre lacrime. <<
Io.. no.. >>
E scatta, veloce, prova ad alzarsi in piedi, prova a salvarsi per un
ultima volta, prima di veder spirare via anche la sua ultima possibilità, fra i
singhiozzi. Prima di vedere l'inferno.
<< Prendila! >>
Ma non basta, e lo sa, non basta la sua volontà: qualcuno
l'afferra per il braccio, qualcun altro forse per la gamba, Hinata si
sente cadere a terra, fra le urla, fra i singhiozzi. La vista le si
annebbia, ma lei continua ad urlare, a pregare.
"Mantieni sempre la tua dignità di donna"
<< FERMA! Tienila ferma maledizione! >>
Si dibatte, perché non può. Non può finire così. Non è quello il modo in cui lei deve morire.
Il dolore alla spalla è così forte da annebbiarle la
vista, Hinata si sente soffocare dalle braccia che la tengono ancorata
al terreno, incuranti delle sue urla, delle sue proteste.
<< No no no.. NO! >>
Si dibatte, scalcia, morde. Sente dita infilarsi
dappertutto, sente mani percorrerle il ventre, scendere
giù a sbottonare la gonna. E sente una lingua viscida, che prova
ad insinuarsi nella sua bocca, che prova a cercare un bacio che Hinata
non vuole dare.
Il suo primo bacio.
Qualcuno le massaggia i seni, con violenza, ed è lì che
Hinata si sente persa oramai; sente le lacrime tornare a bagnarle le
guance, insesorabili, assieme ai singhiozzi. Ma non smette di urlare,
né di scalciare. Perché non può finire così,
maledizione. Non può finire così.
Vorrebbe urlare più forte, vorrebbe che qualcuno la sentisse, vorrebbe che la uccidessero. Ora. All'istante.
Soltanto per risparmiarle la vista della sua disfatta, l'orrore che l'attenderà dopo quello che le sta succedendo.
Vuoi morire?
Hinata sente il sapore metallico del sangue invaderle la bocca, quando
il ragazzo che la sovrasta le schiaffeggia in viso, nel tentativo di
soffocare le sue urla.
Un singhiozzo le abbandona le labbra, mentre lascia che il capo si
inclini a destra: non ha il coraggio di guardare quello che sta per
succederle. Non ha il coraggio di guardare in faccia colui che da un
momento all'altro non esiterà un secondo a portarsi via l'unica
cosa che le è rimasta.
<< Ti prego.. >>
A nulla valgono le preghiere, lo sa in fondo, e il rumore secco di una
zip abbassata le rimbomba nella mente come le parole di sua madre. Hinata socchiude gli occhi, non scalcia più, non
urla più.
A che servirebbe?
Quando nasci in una famiglia d'alto rango, con tutti i pregi e i
difetti che comporta una simile carica, l'unica cosa a cui riesci a
pensare è la libertà.
La libertà vera.
Hinata vedeva la libertà nei cieli nuvolosi di una New York
ingrigita dallo smog, nelle strade affollate della "Fifth Avenue";
immaginava di poter camminare su quei marciapiedi, sola. Immaginava di
potersi confondere nella massa di lavoratori nelle ore di punta, di
poter mangiare quegli hot-dog nelle bancarelle degli ambulanti,
sgarrando la rigida dieta impostale dalla sua nutrizionista.
Sola.
Quante volte era riuscita ad evadere dalla rigida protezione del suo
amato cugino? Quante volte era riuscita a sgattaiolare fuori dalla sua
camera per concedersi un pomeriggio nei parchi meno famosi della Tokyo
centro, solo per il gusto di essere sola, senza la costante e
oppressiva presenza di una qualsiasi guardia del corpo le fosse stata
imposta.
Non avrebbe voluto morire così, avrebbe voluto avere
qualcuno accanto che la sostenesse, che la proteggesse; e ora che si
ritrovava ad essere sola se ne pentiva, in fondo. Era stata egoista,
infantile, immatura; aveva proibito e negato al suo cugino la sua
presenza, per quanto rassicurante potesse essere.
Neji non sarebbe accorso a salvarla, forse era morto, forse la stava cercando. Meritava davvero di essere cercata, lei che era scappata dalla sua protezione di sua spontanea volontà?
Neji non le avrebbe più tenuto la porta, e nemmeno
l'avrebbe protetta dalle advances insistenti di alcuni compagni di
scuola. Non sarebbe corso a salvarla, non le sarebbe stato accanto.
E' sola.
E quel pensiero la colpisce all'improvviso, come un proiettile nel
cervello; le azzera per un istante la mente, sovrapponendosi
all'immagine del ragazzo che la sovrasta e che tenta di tenerla ferma
per sfilarle le mutandine.
Hinata si sente sporca.
E vorrebbe morire.
Chiude gli occhi, perché forse è l'unico modo per
riuscire a cancellarsi dalla mente quello che le sta per succedere.
Vorrebbe pensare alle cose belle, a quegli attimi felici della sua vita
che custodisce gelosamente nel suo cuore. Vorrebbe pensare alle cene
silenziose ma cariche di significato a Villa Hyuuga, alla carezza di
suo padre sulla sua spalla, ogni volta che si dimostrava degna di
essere sua figlia. Alle ore perse a spazzolare i lunghi capelli di
Hanabi, o ai sorrisi luminosi di sua madre.
Ora.
Quando percepisce addosso a sé il peso del ragazzo sa che
è giunto il momento, e che d'ora in poi le cose non potrebbero
andare peggio di così. Forse se lo merita?
Eppure è tutto così veloce che Hinata non riesce
nemmeno a realizzare la cosa, perché ha chiuso gli occhi
nella speranza
di non vedere. Ha smesso di urlare.
Ma ciò che le mozza il respiro all'istante non è il
dolore al quale aveva provato a prepararsi, né la consapevolezza
che ciò stia per accadere, ma delle grida così forti da
intontirle la mente. Non c'è dolore, non c'è niente,
semplicemente perché in un istante il ragazzo che la sovrasta
è sbattuto contro il muro, e geme tastandosi la nuca.
<< A-ALLONTANATEVI! >>
Hinata non vede, e non capisce: sente solo svanire la presa che prima
le teneva le mani ancorate sopra la testa, in un soffio. Sente le urla,
ancora.
<< Cosa pensavate di fare?! >> è nuova questa voce, pensa. Nuova, diversa. Rotola su un fianco; il corpo risponde ancora alle sue azioni, ma sente la testa vuota. << I-Io.. SAN! >>
<< N-Noi non.. è stato Ni! E-E' lui.. la ragazza ci stava spiando! >>
<< E stuprarla vi sembrava il modo per punirla?! >>
Hinata è stesa per terra, su un fianco, e della scena di cui fa
parte capisce solo che è arrivato qualcun'altro. Vede le ombre,
sente i passi, ma non comprende.
<< Naruto >> la voce dell'aguzzino. << Stanne fuori >>
<< FUORI!? >> ringhia il nuovo arrivato. << Ma..
come... Ni, ti rendi conto di quello che stavi per fare?! >>
<< E allora? >> Ni sorride, serafico, passandosi una mano
fra i capelli e tornando ad alzarsi in piedi. << Le ragazze
dovranno pur servire a qualcosa, no? Fra l'altro non c'è nessuna
regola che vieta lo stupro >> aggiunge.
<< E' un modo come un altro per ucciderla. Avremmo dovuto farlo comunque >>
Ucciderla.
<< Ni >> la voce è più bassa, questa volta,
carica di rabbia e di sdegno << Adesso basta >>
<< E perché? >> ride. << Non è che per caso volevi solo unirti a noi, Naruto? >>
Il ragazzo stringe i denti. << Stai impazzendo. Sei pericoloso
>> dice. << Avevamo detto che non avremmo ucciso nessuno
>> ringhia.
<< E' di Konoha, Naruto >>
Il silenzio che segue spinge Hinata a fare leva sulle braccia, nel
tentativo di alzarsi a sedere nonostante il suo corpo gridi dal dolore
ad ogni singolo movimento che prova a compiere. Il solo muovere una gamba le
sembra del tutto impossibile.
Il dolore alla spalla la coglie di sorpresa, così come il gemito
che affiora dalle sue labbra coglie di sorpresa gli altri occupanti.
Hinata stramazza di nuovo al suolo, ansimando.
<< Oh, è tosta la ragazza >> commenta Ni, grondando
sarcasmo. << Sarà forse il caso di ucciderla subito,
Naruto? Visto che mi hai tolto il divertimento >>
<< Non provare ad avvicinarti a lei >>
Il cuore perde un battito.
<< Cosa? >>
<< Ho detto.. >> sibila. <<.. Di non provare ad avvicinarti a lei >>
Hinata tossisce, forse sangue. La testa le gira così tanto che
le sembra di star cavalcando una giostra, eppure capisce. Qualcosa, ma
capisce.
Il ragazzo ha sguainato una pistola, che punta contro al viso del suo
aguzzino. Ni retrocede, intimorito. << Cosa diavolo stai facendo,
Naruto? >>
<< Io non sono una schifosa macchina per uccidere >>
ringhia. << E nemmeno uno stupratore. Finché vorrai
restare qui dovrai sottostare a queste regole >> e fa scivolare
la pistola sugli altri. << Questo vale per tutti >>
Cade un lungo e pesante silenzio, rotto soltanto dagli ansiti e i
gemiti di una Hinata ancora completamente stesa per terra, il viso sul
pavimento. Ha la gonna slacciata, le calze abbassate, la camicia quasi
sbottonata. E lo sa, e vorrebbe morire.
<< Chi ha detto che sarò io quello ad andar via? >>
Hinata non vede e non capisce, sente solo i rumori, i grugniti. Si stanno picchiando, forse? Sente grida.
Il ragazzo di nome Ni è veloce, in un attimo gli è addosso e prova a colpirlo ripetutamente, senza speranze.
<< Cosa..? SAN! >>
Poi gli spari.
***
Non sa chi ha vinto, ma gli spari sono stati solo tre e tre sono le
figure che Hinata vede accasciarsi una sopra l'altra, poco lontano da
lei.
E lui grida.
In un attimo il sangue macchia il suolo, in un cremisi che urla solo
morte, e lui grida, lasciando cadere la pistola con un tonfo e
retrocendo fino all'altro muro. Hinata lo sente urlare, lo sente
battere i pugni contro le pareti, prendere a calci le porte, urlando la
sua disperazione.
Si accascia al suolo, e lo sente piangere.
I singhiozzi sono ritmati, e pur con tutta la confusione che regna nella sua mente, Hinata li sente. Sta piangendo.
Per aver ucciso i suoi compagni.
Dopo qualche attimo vede l'ombra dei suoi passi avvicinarsi, non a lei, ma alle tre figure
stese più in là. Li osserva; Hinata vede le sue spalle
pur sdraiata per terra, immobile, dolorante.
Non sa quanto tempo passi ad osservarli, Hinata si è quasi
abituata al silenzio che ha cominciato a regnare su di loro, ma lui
tutto d'un tratto si volta, quasi timidamente.
Nella sua direzione.
<< Come... come stai? >> ha la voce roca, di chi ha appena pianto, e muove un passo.
Hinata non lo fa a posta, sa che sta parlando con lei, eppure il suo
corpo agisce d'istinto: trova la forza di alzarsi a sedere e strisciare
via. Le lacrime tornano ad affiorarle agli occhi, e lo sguardo è
basso.
<< N-No.. no.. non voglio farti male.. io.. >> sembra spaesato dal suo gesto improvviso.
E' tutto sfocato, a malapena riesce ad inquadrare la sua figura che si
avvicina, le mani tese in avanti per rassicurarla. << Non... cosa
ti hanno.. non ti faccio del male, davvero >> dice, e la voce le
sembra lontana. << Sta.. tranquilla >>
Ora è vicino, e quando la sua mano le sfiora la guancia Hinata
si ritrae, spaventata, gli occhi bassi, le gambe strette al petto.
Trema, e altre lacrime le bagnano le guance.
Lo sente distintamente deglutire, e Hinata sa che è nervoso, tanto quanto lo è lei.
<< Non ti farò del male, davvero >> le dice di
nuovo, stavolta con più sicurezza. E' vicinissimo, ad un palmo
dal suo viso, ed Hinata scorge il profilo della mascella e del naso.
Sente il suo sguardo vagare oltre al viso, e arrossirebbe,
perché sa in che condizioni è ridotta, ma non ha neanche
la forza di provare un po' di vergogna. Neanche la forza per dirgli
qualcosa, per alzare gli occhi o chiudere i lembi della camicia
sbottonata.
<< Mi dispiace >>
Forse sta piangendo anche lui, con lei, di nuovo: forse gli basta
scorgere i lividi suoi suoi polsi, il viso dolorante e gonfio, le gambe
cosparse da graffi. Forse gli basta solo osservare i morsi sul suo
collo, per capire.
Per capire cosa è successo, cosa le hanno fatto.
<< Mi dispiace tanto >>
Hinata reclina la testa, lasciando che altre lacrime le righino le
guance; sente il tocco delle sue dita di nuovo sul suo viso, sulla
tempia che asciuga dal sudore. Ha caldo, Hinata, e la spalla oramai fa
così male da non darle il tempo nemmeno di respirare.
<< Stai... sudando.. >> costata, lasciando che la mano
riposi sulla sua fronte sporca e cosparsa di sangue. Hinata trema a
quel contatto, di paura e di dolore: deve aver battuto la testa da
qualche parte.
<< M-Ma.. >> sussurra, e al tono costernato e sull'orlo delle
lacrime di poco prima si sostituisce uno più preoccupato.
<<... tu scotti.. hai la febbre..! >>
Una piccola parte di sé, quella che è ancora un poco
lucida e riesce a pensare correttamente, sa di star perdendo i sensi.
Sarebbe stupido dire il contrario, piuttosto: la ferita alla spalla,
tutto il sangue perso, e le percosse di poco prima. Hinata non ha mai
avuto un fisico particolarmente resistente, e ne prende coscienza
pienamente solo quando la vista comincia a mancarle, e la testa a
girare vorticosamente.
<< A-Aspetta.. no..! >> balbetta lui. << M-Mi vedi? Riesci a vedermi...? >>
Prima che il buio possa calare su di lei - forse per sempre, non lo sa
- Hinata torna ad abbassare la testa, piano; anche il solo minimo
movimento le costa una fatica tremenda. Annaspa, e a malapena riesce a
tenere gli occhi aperti; la sua voce è ovattata ora, lui urla,
ma ad Hinata sembra solo di udirne un lontano eco. La scuote per
le spalle, violentemente, le urla di non morire, di stare sveglia, le
urla che la porterà in un posto più sicuro. Le urla che
le dispiace.
Ad Hinata non importa, lascia che il suo sguardo vaghi dalla mascella,
che salga al profilo del naso appuntito e alle cicatrici che solcano
entrambe le sue guance. L'ultima cosa che vede, prima che le sue
palpebre si chiudano definitivamente, sono un paio di affannati,
preoccupati e luminosi occhi azzurri che la osservano.
CONTINUA...?
***
LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: L'uomo Dagli Occhi Blu)
Siete dei bravi lettori, e nonostante voglia dedicare il capitolo a
tutti, sono una donna (?) di parola e dico che la dedica và a
Filira, la mia dolce Fil che recensito per prima. *le da una caramella*
Ma bravi tutti ♥
...
...
Passando a cose più serie: mi dispiace. Davvero.
Mi dispiace sul serio.
Ora che sapete fino a quando possa estendersi la mia bocca larga, ogni
volta che vi dirò che il capitolo verrà postato
prestissimo... non credetemi. Lo dico per la vostra incolumità. Non fatelo.
I motivi del ritardo sono due, precisamente:
- N.1: Insicurezza per quanto
riguarda il finale. Ero molto indecisa se concludere o meno lo stupro,
ma alla fine ho deciso di mantenermi "leggera" e non concludere il
niente. La nostra Hinata ha già patito abbastanza.
- N.2: Mi sono messa in pari
con qualche capitolo qua e là e ho perfezionato la scaletta
degli eventi, per non farmi sfuggire nulla anche dei minimi
particolari, sopratutto quelli che riguardano il passato dei nostri
eroi.
Ora, questo capitolo non mi soddisfa al cento per cento (ma quando mai
succede, poi?), in ogni caso avete visto che i temi sono abbastanza
crudi - e le cose andranno peggiorando 8D.
Abbiamo una Yuzuru che semina morte e distruzione (povera, è un'incompresa♥), una Hinata che ne passa di cotte di crude e un Naruto appena accennato (non è cute il loro incontro? E' qualcosa di troppo cute)
Mi dispiace dirvelo, e probabilmente farò piangere i vostri
poveri cuoricini amanti del NaruHina, ma dal prossimo capitolo si
tornerà al sano SasuSaku u.u.
Assaggio:
"<< Portami con te >>
Le parole le sono salite alle labbra e neanche ha il tempo di pensare. Sakura lo dice, e basta.
Il ragazzo si volta appena.
Ora che non c'è più traccia di pericolo, il suo volto si
è di nuovo rilassato e Sakura riesce ad ammirare per la seconda
volta il suo viso bellissimo, i capelli neri che lo incorniciano e quei
profondi occhi scuri che ora la stanno scrutando sospettosi. <<
Come? >>
<< Portami con te >>
Le sue labbra si piegano in un ghigno di scherno. << Mi dispiace,
ma non ho tempo di fare da babysitter a ragazzine piagnucolose >>"
E voi che pensavate che non sarebbe tornato, mh?
Eh beh, vi sbagliavate.♥
Avrete sicuramente notato che
non ho risposto alle vostre meravigliose, eccenzionali e stupende
recensioni... ma, io non ce l'ho fatta. Me ne dimentico. Sono una
pessima pessima pessima autrice, potete picchiarmi se volete. E' gratis.
Ora corro a rispondervi, sì.
Alla prossima, che io spero sia molto presto.
Vi adoro!♥
Shannaro♥ e... recensioni no jutsu!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Day#3: Shitte Imasu Everything. ***
Cap.6
Battle Royale
Day#3: Shitte Imasu Everything.
Sola.
Sakura non credeva di poter mai riuscire ad odiare così tanto il
senso di solitudine che la pervade in quel momento, osservando il vuoto
che la circonda. Un tempo avrebbe dato oro per rimanere sola, anche
solo per un istante, per fare in modo che i suoi genitori la
smettessero di assillarla sulla scuola, che le sue amiche la
piantassero di tartassarla con le chiamate, o che i ragazzi si
decidessero ad interrompere le loro continue richieste di appuntamenti.
C'era stato un tempo in cui avrebbe fatto di tutto per un'ora sola, da
trascorrere in camera propria. In silenzio. A pensare a quello che la
sua vita era. Perfetta?
Forse.
E ora, osservando quella pistola e i proiettili accanto al suo borsone,
l'unica cosa che riesce a fare è calciarli con tutta la forza
che ha in corpo, lontano dalla sua vista. E dal senso di delusione e
solitudine che le opprime il petto.
Lui se ne è andato, non ha pensato due volte a lasciarla sola.
E lei non gli ha nemmeno chiesto il nome.
***
Diverse ore dopo l'annuncio
delle sei del mattino, Sakura smette di piangersi addosso e di
nascondersi dietro le scatole di quella vecchia autorimessa, dove aveva
trovato rifugio al suono degli spari che l'avevano svegliata tempo
prima.
Non sa spiegarsi cosa l'abbia
spinta ad accasciarsi su se stessa, e a piangere di nuovo lacrime di
amarezza e delusione. Sa che è sbagliato, e non riesce a non
darsi della stupida pensando a quanto fosse stata ingenua a credere di
poter avere qualcuno accanto. Qualcuno che le rimanesse vicino.
Anche solo per un poco.
<< Che stupida >> le parole le sfuggono dalle labbra, con rabbia.
Sakura sospira, si asciuga il viso,
si passa una mano fra i lunghi capelli rosa, tentando di riprendere
fiato. I singhiozzi le hanno sconquassato il petto, non riesce nemmeno
a respirare bene.
Capisce che l'unico modo per
toglierselo dalla testa - per togliersi dalla testa il suo bellissimo
viso e il suo silenzio avvolgente - è tenere la mente occupata
con altro. Tutto, affinché non debba di nuovo pensare a quanto
sia sola, in quel momento.
Sakura si stiracchia, si sistema i
vestiti, cerca di ricomporsi e sospira al vano e mero pensiero di poter
riuscire a trovare una toilette. Sarebbe davvero troppo da chiedere, ma
dopo tre giorni nella foresta darebbe l'anima pur di trovare anche solo
un vecchio bagno con una doccia. O anche solo un fiume dove potersi
immergere indisturbata.
Torna a legare i capelli con il
solito nastro rosso, osservandosi attorno e cercando di ricomporre i
pensieri: una nuova meta. Dove sarebbe andata, ora? Quale sarebbe stata
la sua nuova destinazione?
Sfila il localizzatore dalla
camicetta, pulendo lo schermo con la manica della giacchina: deve
sbrigarsi ad andarsene da lì, il timer segnala che mancano poco
meno di una quarantina di minuti prima che anche quella diventi una
zona rossa.
Sakura sospira, l'ennesimo sospiro
in una giornata appena iniziata, e costata che è il giunto il
momento di raccattare le sue cose ed andarsene: non ha nient'altro da
fare d'altronde. Nessuno che l'aspetti. Nessuno che la cerchi. Nessuno
da cercare.
Nessuno.
Quando il borsone le pende di nuovo
dalla spalla e il localizzatore brilla nella sua mano, Sakura si ferma
un attimo ad osservare la rivoltella sul pavimento, vicino al muro che
le è a fianco. Neanche ci ha pensato bene, travolta dalla rabbia
e dalla delusione l'ha calciata lontano, lei con tutti i suoi
proiettili che sono andati a spargersi attorno.
Sakura non sa cosa possa
significare quel gesto, non capisce, non vuole capire e nemmeno
pensare: quel ragazzo le ha lasciato un arma per difendersi. E' un
gesto strano, sembra quasi che si volesse scusare.
Per averla lasciata sola.
Sospira - l'ennesimo sospiro che
pensa non sarà l'ultimo -, e fa per avvicinarsi al muro e
chinarsi appena, con lo scopo di recuperare l'arma, ma un ultimo
pensiero le saetta in mente:
Perché? E' lui che se ne
è andato. Perché deve fare quello che lui le dice di
fare? Al diavolo. Tutto. E tutti.
Un'espressione disgustata le si
dipinge in volto, gli occhi verdi che luccicano di disprezzo. Sakura
volta le spalle al muro, indispettita, decisa.
Decisa ad andarsene e a trovare un'altra soluzione. Un'altra strada. Qualunque altra cosa.
Eppure non riesce a toglierselo dalla mente.
***
<< Sakura-chan >>
Gli occhi gentili di Lena le
sorridevano, al di là del banco che le separava. Quel giorno era
nuvoloso, tutto nel tempo faceva presumere l'ennesimo acquazzone di
inizio primavera, e Sakura non riusciva non trovare fastidiosa l'intera
cosa. << Sì, Lena? >> replicò, non staccando
gli occhi dagli appunti di giapponese moderno.
<< Hai già deciso a quale facoltà iscriverti? >>
Fu solo quella domanda ad indurla
ad alzare lo sguardo, incontrando gli occhi scuri dell'amica, appena
nascosti dalla frangia fulva sulla fronte.
Sakura lo sapeva: Lena, essendo
figlia del ricco magnate che era suo padre, non avrebbe proseguito gli
studi. Suo padre le aveva già trovato un rispettabile uomo da
sposare, ricco abbastanza da mantenerla a vita, potente abbastanza da
migliorare le condizioni dell'azienda di famiglia. Peccato che fosse
vent'anni più vecchio.
Nulla lasciava intravedere la
profonda tristezza in cui Lena si logorava, conscia che la sua vita era
già stata decisa sin dalla nascita e che l'unico spiraglio di
libertà al quale poteva aspirare era decidere i dettagli delle
nozze e comportarsi come la ragazza viziata, ma gentile, che era.
L'unico onere al quale avrebbe
dovuto adempiere, dopo la fine della scuola, sarebbe stato quello di
sfornare tre o quattro marmocchi per compiacere la propria famiglia.
Sakura strinse le labbra, tanto che divennero una sola linea sottile, prima che potesse azzardarsi a rispondere.
<< Sì >> disse,
con la voce più morbida che aveva. Lena era una discreta
studentessa, se solo avesse potuto sarebbe stata capace di guadagnarsi
un posto in un'ottima università, aspirando così a un
futuro diverso.
<< E quale sarebbe? >>
le chiese lei, la voce ridotta ad un sussurro. Erano sole, in classe.
Sakura sospirò, e si apprestò a darle la sua risposta,
pur sapendo che lei sapeva cosa avrebbe detto.
Lena la conosceva, non bene come
avrebbe dovuto dopo tre anni trascorsi assieme, ma la conosceva
abbastanza da sapere cosa le piaceva e cosa non le piaceva. Cosa
volesse fare, una volta fuori da quella scuola, quali fossero le sue
aspirazioni. Era una buona amica, tutto sommato.
<< Medicina >>
Lena tornò a sorriderle,
chiudendo la rivista di moda che stava sfogliando distrattamente. I
suoi occhi nocciola lampeggiarono dietro la frangia, con un baluginio
simile all'orgoglio, all'invidia, all'ammirazione. Sakura non aveva
vincoli, aveva due genitori che si prendevano cura di lei e che
l'appoggiavano, qualunque decisione prendesse.
<< Sarai un ottimo medico, Sakura-chan >>
***
Alla fine era tornata sui suoi
passi, era tornata indietro, e mentre infilava la pistola nel borsone
non aveva fatto altro che darsi della stupida.
Sakura sa soltanto che la comunicazione di mezzogiorno è finita
esattamente da una decina di minuti al massimo e che lei, sotto quel
sole cocente, scopre di non avere più una goccia d'acqua in
nessuna delle due borraccie.
La cosa la coglie di sorpresa, e per un attimo si fa prendere dal panico, in mezzo al nulla com'è.
Ha abbandonato da ore la vecchia autorimessa che la notte prima
è stata il suo rifugio, ed è tornata ad avventurarsi per
i promontori e le colline dell'isola, salendo, camminando, continuando
a salire, a volte scendendo.
Sembra quasi una montagna russa, e Sakura oramai può dire averci
quasi fatto l'abitudine. Tutti i paesaggi le sembrano uguali, e se non
fosse per il suo localizzatore che continua a segnare una rotta sempre
più nuova, Sakura direbbe di star attraversando lo stesso posto
infinite volte.
<< Diavolo >> ringhia, passandosi una mano sulla fronte sudata e abbandonando il borsone sull'erba.
Ha ancora degli snack, delle patatine e qualche barretta ipocalorica ma
l'acqua sembra essersi prosciugata e lei non ha la minima idea di come
fare. Di come andare avanti.
Sente le onde infrangersi contro gli scogli e non le serve molto per
capire che lo strapiombo in cui si conclude quella collina si affaccia
direttamente sul mare più mosso che abbia mai visto.
La vista le si annebbia per un istante - è il caldo, sicuramente
- e la costringe ad appoggiare la schiena contro i massi più
vicini alla scogliera, in cerca di riposo. Si sta disidratando, non sta
per morire ovvio, ma necessita di bere acqua.
Con quel caldo tropicale non resisterà a lungo.
Un istante dopo Sakura lascia vagare lo sguardo al di là delle
rocce, al di là dell'erba. E' vicino, molto vicino, i suoi piedi
si muovono da soli e lei in un battito di ciglia si ritrova ad
osservare le onde che si abbattono sugli scogli, metri e metri
più sotto. Basterebbe un salto, e tutto finirebbe.
Quel pensiero la gela, e solo in quel momento realizza cosa sta
facendo: soffoca un urlo e indietreggia affanosamente, inciampando sui
suoi stessi piedi e finendo stesa per terra, sull'erba.
Sakura singhiozza, incredula di aver pensato per un solo istante al
suicidio. Incredula di essersi dimostrata così debole ai suoi
stessi occhi. Che fine ha fatto la ragazza che mai si arrende? E'
davvero così vigliacca da pensare di farla finita senza lottare
per la sua vita?
Ringhia, massaggiandosi freneticamente le tempie. Rischia un esaurimento nervoso, di quel passo.
Perfetto.
Afferra il suo borsone, abbandonato metri più là, e se lo
issa su una spalla con furia. Lei è Sakura Haruno, maledizione,
non una persona qualsiasi.
Può farcela.
Lo sa.
***
<< Cos'è questo, Sakura? >>
La porta della sua stanza si era
spalancata, distraendola un attimo dai libri di matematica su cui stava
studiando. Lei alzò appena lo sguardo, incontrando lo sguardo
familiare di suo padre, in piedi vicino allo stipite della porta.
<< Cosa, papà? >> sospirò, abbandonando la matita sul libro e passandosi una mano fra i capelli.
Suo padre avanzò nella stanza,
un foglio in mano che le sbattè in faccia poco gentilmente.
Sakura lo prese con calma e corrugò la fronte. << Questo
>> disse lui.
<< E'.. l'ultimo compito di
Inglese che abbiamo fatto a scuola >> replicò lei, sempre
più confusa. << Che problema c'è? >> che
problema c'era? Era il voto più alto in tutta la sua classe. Era
praticamente perfetto.
<< Come che problema
c'è? >> le labbra di suo padre si assottigliarono in
un'espressione seccata. << Non lo vedi il punteggio? >>
98/100.
<< Perché non hai ottenuto il massimo? >> le chiese.
Il foglio si accartocciò ai
bordi, tanto era forte la presa che Sakura esercitava su di esso. Suo
padre ovviamente non se ne accorse, continuava ad osservare la testa
della figlia, china sulla scrivania.
<< Allora? >> insistette. << Devo procurarti un tutor per inglese affinché tu dia il massimo? >>
<< H-Ho solo.. >>
balbettò, incerta. << Papà, ho solo interpretato
male il significato di una frase. Non ho bisogno di un tutor. Il mio
voto era il più alto, in classe >>
<< I tuoi voti non devono
essere alti, mi hai capito Sakura? >> Sakura si irrigidì.
<< Devono essere i migliori. I migliori. Cosa credi, che
accettino solo quelli bravi per entrare a medicina? >>
Sakura scosse la testa, avvertendo
per l'ennesima volta quella pesantezza allo stomaco, quando le parole
di suo padre risuonarono nella stanza.
<< La prossima volta non voglio nessuno errore >> le disse. << E' chiaro, Sakura? >>
<< Sì >>
Quando la porta si richiuse Sakura si lasciò andare ad un pianto disperato.
***
Sakura sobbalza, costatando solo in quel momento cosa effettivamente stia facendo - e pensando.
Quel ricordo le è tornato in mente all'improvviso, colpendola
come una secchiata d'acqua gelida in testa: non ci sarebbe stato alcun
motivo per ricordare un simile evento. Sakura non sta facendo niente di
particolare in fondo.
Alla fine l'acqua non l'ha trovata in un villaggio - del tutto assente
da quelle parti - ma in piccolo torrente nel quale è incappata
salendo di quota e ripercorrendo quel burrone familiare del giorno
prima. Ha riempito entrambe le sue due borracce, stando ben attenta a
controllare che l'acqua fosse abbastanza potabile, e ne ha approfittato
per rinfrescarsi un po'.
Quella zona è quasi del tutto deserta, i sensori più
vicini sono a tre kilometri di distanza, e Sakura, usando come pezza il
golf che ha nel borsone, si è sciaquata il viso e l'addome e
cambiata l'intimo. Non è così sprovveduta dal denudarsi
in mezzo al nulla, ma è stata abbastanza furba dal cercarsi un
luogo abbastanza riparato, per riprendere le forze, pensare e decidere
dove dirigersi.
La pistola è ancora nel borsone, al sicuro da sguardi indiscreti
e dal suo, in particolare. Sakura ancora non realizza l'idea di poterla
prendere in mano e sparare contro qualcuno di simile a lei.
E qualche ora dopo, scoccate le quattro del pomeriggio, Sakura continua
a ripetersi che non avrebbe mai ucciso. Che avrebbe fatto di tutto pur
di evitare di farlo.
Sono pensieri cupi i suoi; la sola idea di potersi macchiare le mani di
sangue altrui le da i brividi. E forse è l'unica a pensarla in
quel modo.
Il ricordo di suo padre torna a danzarle in mente, come una fastidiosa
canzone, e Sakura strizza gli occhi, infastidita. Non ha mai
considerato eccezionali i suoi genitori, e il solo fatto di ricordarli
in momenti del genere le da sui nervi.
Probabilmente in quel momento staranno urlando davanti alla tv, certi
che il fatto che la loro amata figlia stia partecipando alla Battle
Royale non potrà far altro che arricchire il suo curriculum.
Che schifo.
Ciò che la coglie di sorpresa, però, sono gli scalpiccii
alla sua sinistra, che le gelano il sangue nelle vene e le mozzano il
respiro per la centesima volta. Un rumore di rami spezzati, e un
vociare sommesso. Sono delle persone e Sakura, costatando di aver
lasciato il suo localizzatore nella borsa, troppo presa dai suoi
pensieri, si dà della stupida e vorrebbe piangere.
Stupida stupida stupida.
E' troppo tardi, dalla macchia di verde che l'affianca emergono prima,
una, poi due ed infine tre figure. Una più piccola dell'altra,
una più confusa dell'altra.
Sono istanti trascorsi nel silenzio, dove il cuore minaccia di
sfondarle il petto un'infinità di volte, dove si chiede se
sarà davvero quello il modo in cui morirà.
Ci sono sguardi confusi, sorpresi, Sakura nota una ragazza fra loro,
stretta fra l'energumeno dai capelli arancioni e il ragazzo albino. Per
un istante aguzza lo sguardo, riconoscendo nelle fattezze della
studentessa davanti dei tratti familiari e già visti. Nota che
la stessa ragazza ricambia il suo sguardo in modo sospettoso, dietro le
lenti degli occhiali. Ha i capelli rossi, e la divisa di Oto.
Sono tutti di Oto.
Ti uccideranno.
Sakura si prepara ad urlare - un vano e futile tentativo di morire con
dignità, sapendo di averci provato perlomeno - e sembra proprio
che il ragazzo albino e dai denti appuntiti alzi il braccio, con tutta
l'intenzione di afferrare il fucile che gli pende sulla schiena.. se
non ché il ragazzo massiccio, quello alto due metri e largo tre,
fa scattare la mano e gliela posa sulla spalla, intimandolo di
retrocedere.
La ragazza dai capelli rossi sobbalza. << Juugo! >>
ringhia. << Che diavolo pensi di fare?! >> Sakura retrocede
di un passo, stringendosi il borsone al petto.
<< E' sola >> replica semplicemente lui. << Noi non atterriamo chi è solo >>
Sola.
Sakura lascia che ciocche di capelli le oscurino il volto: fa male
sentirselo dire, ora. Loro non lo sanno, in fondo, cosa significhi
esserlo.
Sakura legge negli occhi del ragazzo che ha appena parlato qualcosa di
simile alla pietà, alla compassione. Vorrebbe urlare loro di
ucciderla, forse sarebbe meglio. Farebbe di tutto pur di togliere loro
quell'espressione.
<< E' anche del Konoha, Karin >> commenta il ragazzo
albino, afferrando il polso della ragazza e cercando di calmare le sue
più che evidenti proteste. << Non ne vale nemmeno la pena
>>
Probabilmente dovrebbe solo chinare il capo e scappare via, ora che ne
ha la piena possibilità; sarebbe la cosa più intelligente
da fare. Eppure quelle ultime parole, pronunciate con un tale sprezzo
da farle venire la nausea, le lacerano il petto come un coltello,
insinuandosi nella sua carne rovente.
Sakura storce la bocca, gli occhi verdi che lampeggiano di rabbia, i
pugni che si stringono. Vorrebbe prendere a pugni quel viso scavato e
sporco.
Sa che non può farlo, eppure lo vorrebbe. Lo vorrebbe con tutta se stessa.
<< Come se Oto potesse valere qualcosa >> vomita, con lo
stesso disprezzo letto poco prima sul viso del ragazzo albino.
La rossa spalanca la bocca, evidentemente scioccata dalla sua
avvenenza, ma non frena la lingua. << Tu, brutta schifosa-
>> fa per lanciarlesi contro, e Sakura è già pronta
a respingerla. Eppure non sente mani che corrono fra i suoi capelli,
tirandoli, o unghie che le sgraffiano il viso.
Alza di nuovo lo sguardo: il ragazzo grosso e alto l'ha bloccata con un
solo braccio, dietro la sua schiena; l'altra mano che vaga sempre sulla
spalla dell'ultimo membro, quello albino.
Non le dice nient'altro.
<< Va >> soffia, tenendo a bada la ragazza dietro di lui,
che scalpita. << Scappa, prima che me ne penta >>
Sakura trema, sa che dovrebbe ringraziarlo, solo per il fatto di aver obbligato i suoi due compagni a risparmiarle la vita.
Non riesce a dirgli niente, si limita a far scattare le gambe e a
superarli in fretta, non osando rivolgere loro la schiena nel timore
che possano cambiare idea e sparararle alle spalle.
Quando è sufficentemente lontana, Sakura si inoltra nella
foresta, abbandonando quindi il sentiero vicino al burrone. Tornando a
legarsi i capelli si chiede se davvero sembri così debole.
***
Ad un certo punto della
giornata - quando pensa che niente potrebbe riuscire a peggiorarla -
Sakura riflette che aver rischiato di morire già due volte in
poco più di quattordici ore evidentemente non è
abbastanza.
E mentre la foresta va sempre
più dirandandosi, e dopo che è riuscita ad evitare una
mezza dozzina di sensori che si avvicinavano da est, Sakura sa di
essersi comportata come stupida per l'ennesima volta.
Questa volta il localizzatore è con sé, nella sua mano, e lei è ancora viva. E forse non per molto.
Pensare che solo quella centinaia
di ragazzi che vagano lì attorno possano riverlarsi l'unico e
vero proprio pericolo su quell'isola è da idioti, perché
ci sono anche gli animali. Perché quell'isola è abitata,
ma le foreste e la difficile conformazione del terreno - con tutte
quelle colline, quei promontori e quei dirupi - non hanno reso sempre
possibile l'insediamento umano se non in determinati spazi. Tutto il
resto è in mano alla natura.
E mentre osserva il cervo che
annusa il terreno a metri da lei, Sakura deglutisce e cerca di
calmarsi. Non hai mai avuto un buon rapporto con gli animali, lei, ma
sa per certo che i cervi non sono pericolosi per gli essere umani.
Eppure non riesce a smuoversi da
lì, non riesce a staccare gli occhi da quello spettacolo, e
quando vede che il cervo alza il muso e la osserva a sua volta, Sakura
sa per certo che non è più paura la sua. Solo
curiosità.
Le sembra di tornare bambina.
Bang.
Non puoi mai abbassare la guardia
in circostanze del genere. Eppure è quello che lei fa, e quando
il cervo si accascia su stesso Sakura impiega due istanti ad elaborare
quello che è appena successo.
Ma è troppo tardi, lo sa; il
localizzatore vibra di nuovo, e mentre osserva il terreno macchiarsi
del sangue di quel povero cervo, sa anche che l'unica cosa che le
rimane da fare è correre.
Può solo correre.
Come ha sempre fatto.
E lo farebbe, perché dentro
di lei è ancora rimasta quella scintilla che scalpita, quel
barlume di ragione che le dice di provare a salvarsi, di provare a
sopravvivere ancora qualche istante.
I suoi timori si concretizzano
quando vede emergere dalla boscaglia circostante un ragazzo, con una
divisa di Suna, che noncurante si avvicina alla carcassa del cervo ed
estrae dal suo ventre la freccia appena conficcatasi.
L'unica cosa che le resta da fare
è far scivolare il localizzatore piano, con discrezione, fra le
pieghe della sua giacchina, prima che l'oramai familiare pressione di
una pistola contro la nuca la faccia rabbrividire da capo a piedi.
<< Guarda chi abbiamo qui
>> una voce graffiante, sardonica. << Konoha, a quanto
pare. Koichi e gli altri saranno contenti >>
"Maledizione, maledizione, maledizione, maledizione".
<< E abbiamo trovato anche da
mangiare >> una risata. << Due piccioni con una fava. Non
è magnifico? >>
Sakura ha chinato il capo - come tante altre volte ha fatto - e non ha il coraggio di guardare negli occhi i suoi assassini.
<< E' anche carina >>
qualcuno le accarezza i capelli. << Sai cucinare? Perché
noi abbiamo proprio bisogno di una- Oh, Miyama! Guarda chi abbiamo qui!
>>
Il suono di quel nome la riporta
indietro di anni luce, anni e anni addietro. Quando Miyama le teneva la
mano durante la ricreazione, la baciava sotto le scale e la
riaccompagnava a casa ogni giorno.
Sembrano passati secoli, da quei giorni.
Sakura sobbalza, e retrocede di due
passi, alzando il viso ed incontrando i tratti piacevoli e familiari di
Miyama, che la osserva esterrefatto. Qualcuno l'ha afferrata per il
gomito, per assicurarsi che non scappi - ovviamente.
<< S-Sakura..? >>
rantola lui, e Sakura nota solo in quel momento Koichi nascosto dietro
le sue spalle. Koichi, che ha provato ad ucciderla due giorni prima.
Vorrebbe urlargli di lasciarla
andare, perché per qualche strana ragione ha ragione di credere
che è lui il capo di quella banda. Vorrebbe urlargli di
lasciarla, di andarsene.
Prima che se ne renda conto ha le
sue braccia attorno alla vita, la tengono stretta - quasi la soffocano
- e Sakura, dopo due istanti di imbambolamento, si ritrova a
divincolarsi dalla sua presa, furiosamente.
Miyama retrocede, sembra confuso dal suo gesto, ma è contento di rividerla. E' contento, maledizione.
Sakura, ponendo fra loro una certa distanza e osservando gli altri, adocchia Koichi che, chino e cupo, la osserva di sottecchi.
<< E-Eri sola tutto questo tempo? >> Miyama fatica a trovare le parole. << Koichi ci ha detto che.. >>
La rabbia le monta addosso. << Koichi ha provato ad uccidermi >>
Miyama sembra preso in contropiede,
si massaggia le tempie. << E'.. stato uno spiacevole incidente,
Sakura.. Koichi è molto dispiaciuto.. vero Koichi? >> il
suddetto sobbalza e torna a nascondersi dietro le spalle degli altri
due di Suna. << L'importante è che tu stia bene, Sakura.
E' bellissimo saperti viva, ti ho pensata davvero molto >> e in
un istante la sua mano è corsa ad accarezzarle la guancia.
Sakura ricorda solo in quel momento
il motivo che l'aveva spinta a troncare la loro improbabile relazione,
un anno e mezzo prima.
<< Non mi toccare >>
sibila, retrocedendo di un passo. Immediatamente i due di Suna avanzano
di uno, pronti a rincorrerla nel caso lei scappi, ma il gesto secco di
Miyama li riporta alla loro originale posizione. << Scusami, hai
ragione >> cerca di sorriderle, e Sakura agrotta la fronte. Deve andarsene da lì. Subito. <<
Vieni con noi..? Koichi aveva provato a chiedertelo l'altra volta, no?
>> torna a farsi avanti. << Vieni con noi, Sakura. Sarai al
sicuro >>
Vorrebbe credergli, vorrebbe
davvero farlo. Non aveva pregato in quei giorni di poter riuscire a
trovare qualcuno a cui aggrapparsi? Non aveva sperato che quel ragazzo
sconosciuto del giorno prima diventasse il suo appiglio?
Eppure lo sa, sa che Miyama dietro
quel viso angelico nasconde un'altra persona. E i lividi sulla fronte
di Koichi non fanno altro che confermare la cosa. Deve andarsene.
Piano, quasi impercettibilmente, Sakura scivola sul terreno, retrocedendo.
"Un diversivo, un diversivo, Sakura"
<< Non posso >> dice, la voce rauca dalla sforzo. << Non posso proprio, Miyama >>
<< Ma.. perché?
>> Miyama insiste. << Ti proteggeremo, vero ragazzi?
Abbiamo anche un rifugio, e stiamo cercando tutti gli altri. Non vuoi
rivederli? Possiamo trovare una soluzione assieme >>
Sakura scuote la testa, il terrore
che comincia ad invaderla. Gli occhi di Miyama si stanno incupendo.
<< No, è meglio così >> dice. << E'..
meglio che- >>
<< Tu non vai da nessuna
parte! >> Koichi scivola via dal suo nascondiglio e le punta
addosso la balestra, avvicinandosi. << M-Miyama-san ha detto che
d-devi rimanere! Anche con la forza.. diglielo Miyama-san! >>
Miyama sospira, e le rivolge uno sguardo di scuse. << Koichi,
abbassa quella balestra >>
Sakura stringe i pugni. <<
Abbassa quell'arma >> sibila, glaciale. Ma Koichi rimane fermo.
<< Abbassa quella cazzo di arma! >>
Miyama si volta e si avvicina al
compagno, che alza la balestra. << M-MMMiyama-san, hai detto
che.. >> e la balestra fa partire un colpo, e Sakura trattiene il
respiro quando vede il sangue colare dalla guancia di Miyama.
"Ora. Scappa"
Ma Miyama prevede le sue mosse,
perché urla qualcosa a uno dei ragazzi di Suna e le si precipita
addosso, e Sakura non ha il tempo di respirare che ha una sua mano
attorno alla gola e una che le stringe furiosamente il braccio.
<< TU.. non vai da nessuna parte, Sakura >> ringhia. << Mi hai capito? Da nessuna parte..! >>
Sakura lotta, contro il male alla
gola e le lacrime agli occhi, lotta e si ribella, ma Miyama sembra
prevedere tutti i suoi attacchi. Non è la prima volta che
succede, d'altronde. << Ecco, adesso.. fai la brava, Sakura.. fai
la- >> non ha avuto scelta. Ha piegato la gamba, Sakura, e il suo
ginocchio si è accanito contro l'inguine del ragazzo, con
violenza, mentre si sdradica di dosso la sua presa e retrocede di un
passo.
<< Puttana schifosa- >> Miyama si inginocchia, rantolando. << Puttana che non- >>
Sakura non lo ascolta, pensa a
scappare, pensa che deve scappare, che deve andarsene da lì.
Eppure non è così semplice, e lo sa, e basta voltare un
istante le spalle che un'altra persona le ha afferrato di nuovo il
braccio, costringendola a voltarsi di nuovo.
<< Sta ferma! Dove pensi di
andare?! >> Sakura lo morde, lo graffia, con tutta la forza che
ha in corpo. Lui le da un calcio contro le coscie e lei si ritrova per
terra, sovrastata dalla sua figura, la gola che brucia. Tutto è
confuso.
<< Lasciami! Lasciami!
Lasciami! >> urla, dibattendosi dalla presa dolorosa sui suoi
polsi. << Ti ho detto di lasciarmi, stronzo! >>
Poi è tutto veloce: il
localizzatore ha ricominciato a vibrare, furioso, contro il suo petto,
e prima che se ne possa solo rendere conto, uno sparo ha lacerato
l'aria in quella foresta.
E lei lo sente alle sue spalle.
***
Sembra la scena di un film.
Forse è destino, forse è una coincidenza, ma Sakura non
riesce a non pensare a come sia lui, questa volta, a salvarle la vita.
Si rende conto che qualcosa non va quanto sente un gemito, quando il
ragazzo che la sovrasta si scosta in un soffio per puntare i suoi occhi
terrorizzati dietro di lei e quando il corpo dell'altro di Suna, ad una
decina di metri, si accascia sul terreno, in un lago di sangue.
Il proiettile si conficca nella corteccia di un albero, e lei ha a
malapena tempo di incamerare aria perché un'altra serie di
proiettili si abbatte su di loro, e lei urla. Non può fare altro.
Miyama, ferito alla guancia, ha estratto la sua pistola. Ed ha una
pessima mira. << Maledizione..! >> lo sente ringhiare, la
sua ricarica è finita. << Sakura, scappa via da lì!
>>
Lui non è più
dietro di lei, e Sakura riesce a vedere le sue spalle, la divisa di
Oto, il fodero di una katana sulla sua ampia schiena. Il ragazzo che la
stava aggredendo retrocede, striscia da un lato e ricerca la sua
pistola, gli occhi sbarrati, le mani tremanti.
Sakura è ancora per terra quando vede quello di Suna trovare la
sua arma e puntarla addosso a Lui, e le urla le abbandonano le labbra
d'istinto. Non ci pensa. << A-Attento..! >>
Lui non la guarda nemmeno, la
sua mitraglietta punta contro il ragazzo per terra e tre colpi
abbandonano la canna. E Sakura è pietrificata. L'ha ucciso?
<< SAKURA! >> Miyama la guarda, dall'altra parte. Koichi
trema ai suoi piedi. << Sakura! Scappa! Scappa prima che ti
uccida! >>
Sakura si rialza in piedi, traballa, ma cerca di tenere ferme le
ginocchia. Gli si avvicina tubitante, vorrebbe dirgli grazie, ma quando
lo vede puntare la sua mitraglietta addosso al suo compagno di classe
la gola le si secca e il braccio scatta in avanti, posandosi sulla sua
spalla istintivamente. << N-NO! >>
A quel contatto Lui si volta di scatto, stupefatto, e per la seconda
volta in due giorni Sakura lo guarda negli occhi. In quegli occhi
scuri, profondi, di un nero intenso. E rabbrividisce, scostando la mano
dal suo braccio immediatamente.
Ma non hanno tempo di pensare, perché Miyama ha visto tutto e
ride. E Sakura capisce solo in quel momento in cosa sono andati a
cacciarsi.
Il localizzatore vibra come impazzito, di nuovo, e Sakura ha solo il
tempo di realizzare appena la cosa che sentono delle voci farsi sempre
più vicine, dei passi sempre più concitati. E le urla, e
gli spari.
Non sono solo loro quattro.
Quando Sakura torna ad alzare lo sguardo, prima puntato ai suoi piedi
per lo shock, incontra di nuovo i suoi occhi. Non sono più
freddi e analitici come sempre, Sakura legge nel suo sguardo la
sorpresa, la preoccupazione e, per ultima, la paura. Lo sa anche lui.
<< L'ho sempre detto che eri una puttana, Sakura >>
Prima dei passi, prima degli spari, Sakura gli sussurra solo una cosa, gli occhi sgranati dal terrore.
<< Scappa >>
***
E sono scappati davvero, incuranti
degli spari alle loro spalle, prendendo la stessa direzione. E Sakura
l'aveva sentito come un deja-vu, ed era tornata al giorno prima.
E solo una volta certi di non essere più seguiti si sono dati
pena di riconoscere fino a dove si sono spinti: il burrone su cui si
affacciano incute timore solo al guardarlo da lontano, ben lontani
dalle sue sporgenze.
Lo vede barcollare vicino a queste ultime, abbandonare il borsone
sull'erba e cercare di riprendere il respiro, passandosi una mano fra i
capelli scuri.
Sakura non gli parla, non ancora, poggia la schiena sul tronco
dell'ultimo albero con il quale la foresta termina il suo percorso,
posando una mano sul petto e cercando di respirare normalmente.
L'adrenalina, il terrore, l'emozione, l'amarezza; sono tanti i
sentimenti che prova. Così tanti che non riesce a pensare
lucidamente, e a realizzare di essere di nuovo al suo fianco solo
quando lui si abbandona in un sospiro.
Gli dà le spalle, e poggia la fronte contro la corteccia
dell'albero, calmando i battiti del suo cuore e concedendosi di versare
due lacrime in ricordo di quello che è appena successo. Due dei
suoi compagni di classe avevano appena provato ad ucciderla, ma
ciò che le lascia l'amaro in bocca non è esattamente
questo - aveva sempre saputo che tipo di persona fosse, Miyama - ma la
consapevolezza che nemmeno ha provato a fidarsi di loro. Davvero le
sono occorsi solo tre giorni nella foresta per cambiare così
radicalmente? Koichi l'aiutava con le pulizie, la settimana prima, non
le puntava addosso una balestra. Maledizione.
E Miyama... Miyama si fingeva gentile.
Sakura stringe i pugni e pensa, per l'ennesima volta, all'ingiustizia alla quale sono stati condannati.
Lascia che le lacrime le righino le guance ancora per un po', incurante
di non essere sola, ed è solo quando è certa di avere gli
occhi perfettamente asciutti che decide di voltarsi.
Lo trova seduto sull'erba, pericolosamente vicino alla spaccatura, le
mani intrecciate sulle ginocchia, il viso posato sulle prime. Sakura
ricorda di averlo visto in una simile posizione la notte prima, in un
bagliore di lucidità in mezzo al sonno, e non riesce a non
costatare la sua bellezza nuovamente.
Si sistema la gonna, e si passa una mano fra i capelli mentre accenna
qualche passo nella sua direzione. E' una situazione strana. <<
Grazie >> gli dice, fioca, ma è certa che lui l'abbia
sentita.
Il ragazzo alza finalmente il suo sguardo e la scruta con la coda dell'occhio, silente. Sakura si agita, e arrossisce.
E si da della stupida, perché non è certo il momento per arrossire.
<< I-Io- >>
<< Non ti avvicinare >>
Le sue parole la gelano, e il passo che stava per azzardare muore
seduta stante. Sakura sbarra gli occhi, e boccheggia, pietrificata.
<< Cosa? >> sussurra. << P-Perchè..?- >>
<< Non ti avvicinare >> le ripete, stoico. << E' meglio così >>
E' meglio così.
Sakura boccheggia di nuovo ed impotente lo osserva issarsi in piedi,
spolverarsi i pantaloni con la massima naturalezza possibile e chinarsi
a raccogliere il suo borsone.
Sta andando via, sta andando via, sta andando via e tu non lo puoi fermare.
<< A-Aspetta..! >> rantola, e osserva il fodero della sua
katana - che ricorda di non avergli visto addosso, il giorno prima -
tintinnare contro il metallo della mitraglietta che si è appena
issato in spalla. Lui si ferma, le dita ad un millimetro esatto dal suo
borsone. Non la guarda però.
<< Dove stai andando? >> dice la prima cosa che le passa per la testa.
Lo vede corrugare la fronte e sospirare. << Via >>
Via.
Sakura trema, annaspa, si passa una mano fra i capelli, sposta il peso del corpo prima su un piede e poi su un altro. Deve dirgli qualcosa, maledizione, deve farlo. Qualsiasi cosa. Deve tenerlo lì, con lei.
Ma lui procede; afferra il suo borsone, alza il busto e le passa
davanti come se non esistesse. E Sakura allora mette in dubbio se tutto
quello che è appena successo sia successo davvero. Se non sia un
sogno.
Sta andando via.
Questa volta la guarda, dritto negli occhi, e Sakura avrebbe un sacco
di domande da fargli, e vorrebbe un sacco di risposte. Vorrebbe
chiedergli perché ha accettato di tenerla con sé, la
notte prima, perché le ha lasciato una pistola, perché le
ha appena salvato la vita.
Vorrebbe chiedergli se ha mai ucciso prima.
Ma neanche una di quelle parole le abbandona le labbra quando lui la
guarda dritto negli occhi, scrutandola dentro. E per un istante, uno
solo, a Sakura sembra di vedere il suo viso ammorbidirsi.
Prima che lui le rivolga le spalle e cominci a camminare, veloce.
<< A-Aspetta! >> urla. << Aspetta.. non.. non andare via! >>
Le sue parole, urlate con tutta la forza che ha in corpo lo hanno
fermato davvero. Sakura osserva la sua schiena irrigidirsi, e la mano
che stringe il borsone chiudersi a pugno.
<< Portami con te >>
Le parole le sono salite alle labbra e neanche ha il tempo di pensare. Sakura lo dice, e basta.
Il ragazzo si volta appena.
Ora che non c'è più traccia di pericolo, il suo volto si
è di nuovo rilassato e Sakura riesce ad ammirare per la seconda
volta il suo viso bellissimo, i capelli neri che lo incorniciano e quei
profondi occhi scuri che ora la stanno scrutando, sospettosi. <<
Come? >> dice.
<< Portami con te >>
Le sue labbra si piegano in un ghigno di scherno. << Mi dispiace,
ma non ho tempo di fare da babysitter a ragazzine piagnucolose >>
Sakura si irrigidisce, colpita, offesa. Come si permette di trattarla in quel modo? Gli ha appena salvato la vita!
Di nuovo!
Quel ragazzo la confonde, e non sono solo i suoi modi secchi e
altezzosi a darle alla testa, e nemmeno il suo aspetto da fotomodello
da copertina. Sono i suoi occhi, scuri, distanti, gelidi. Sakura sa, sa
che quel ragazzo ha tante cose da raccontare, tanti segreti nascosti
dietro quel bel viso, tanti problemi dietro quell'aria apparentemente
impassibile.
Sakura non è stupida, sa anche che è impossibile che quel
ragazzo l'abbia salvata senza un secondo fine, senza alcun particolare
motivo. Forse non è interesse il suo - in fondo ancora non sa
dell'esistenza del localizzatore -, ma è certa che..
E' certa che ci sia una connessione.
Oddio, sembri la protagonista di una di quelle patetiche commedie romantiche.
Nonostante tutti i suoi pensieri, però, non riesce a non
sentirsi offesa dalle sue parole aspre e agrotta la fronte, piccata.
<< La ragazzina piagnucolosa qui presente ieri ti ha salvato la
vita. >> sibila. Sakura non riesce nemmeno a tenere a bada il suo
spirito combattivo e a replicare seccata. Se quel ragazzo ha intenzione
di metterle i piedi in testa allora non sa con chi si ritrova a che
fare. << Dovrà pur contare qualcosa, no? >>
Il ragazzo torna a guardarla, stavolta con più interesse. Sakura
si sentirebbe arrossire se non fossero affacciati su un burrone, non
fossero appena scampati ad una carneficina e lui non avesse una
mitraglietta in mano e l'aria di chi sa usarla molto bene.
Rabbrividisce a quel pensiero, e per un attimo si chiede se davvero
stia facendo la cosa giusta: quel ragazzo è perfettamente capace
di ucciderla. Sakura lo sa, maledizione. Sa che basterebbe un secondo e
lei non avrebbe più la possibilità di vedere l'alba del
giorno dopo.
Avrebbe potuto ucciderla facilmente; con un colpo di pistola, con
quella mitraglietta o peggio, può anche decidere di farla a
fettine con quella katana che porta appesa sulla schiena.
Non ha tempo di indagare oltre che la sua voce torna a farsi sentire:
è più morbida - per quanto possa esserlo -, ma è
sempre secca e perentoria, e la fa rabbrividire e vergognare di se
stessa. Sembra riflettere un attimo prima di aprire bocca, ma la sua
risposta è sempre la stessa:
<< Non me ne faccio nulla di una come te >> sbotta.<< Saresti solo un peso >>
Sakura sobbalza, e stringe i pugni. Un peso.
Sarebbe solo un peso, lei? Solo un'altra bocca da sfamare, un'altra
schiena da proteggere? Davvero quel ragazzo è così
insensibile alla compagnia altrui? Davvero non sente il bisogno di
aggrapparsi a nessuno?
E, sopratutto, perché sembra essere solo lei quella a voler
disperatamente trovare qualcuno? Perché sembra essere solo lei
quella che necessita di conforto?
Sakura stringe gli occhi, e lotta contro le lacrime. Non vuole
ammetterlo, perché fa male, fa ancora più male di tutta
quella situazione.
Lui si è voltato, le dà le spalle. Vuole andarsene, e
continuare da solo come ha sempre fatto, ma la voce di lei lo blocca.
<< Allora uccidimi >> sussurra, atona.
C'è il silenzio: lui non dice nulla, forse hanno entrambi smesso
di respirare. Sakura cerca di imperdire alle lacrime di scorrere sulle
sue guance perché non può - non vuole - mostrarsi debole.
Di nuovo.
I deboli non hanno scampo in quel gioco.
<< Uccidimi, avanti >> ripete. << Non avevi
intenzioni di farlo sin da subito? >> e la sua voce diventa
sprezzante, tornando ad alzare la testa. << Perché
risparmiarmi la vita, allora? >> si avvicina di due passi.
<< Perché salvarmela, anzi? Perché lasciarmi una
pistola con cui difendermi? Perché? >> la sua voce
è insistente ora, rotta dai singhiozzi, dalla disperazione.
<< Uccidimi, ora. Adesso >> ringhia. << O non hai il
coraggio di farlo? >>
Il ragazzo non le dice niente, e Sakura non sa se sentirsi più
indignata dal suo eterno silenzio o dal modo in cui si è voltato
per scrutarla, dall'alto in basso. Come feccia.
Ringhia, un suono gutturale e carico di sdegno. Vorrebbe prenderlo a
schiaffi, vorrebbe picchiarlo, togliergli quella espressione gelida dal
volto, eppure..
Eppure non ci riesce.
Riesce solo a piangere, e continuare ad urlare invano, incurante del
fatto che i tipi che hanno seminato poco prima possono tornare
all'attacco da un momento all'altro, seguendo la sua voce.
<< Non hai il coraggio di uccidermi? >> ripete,
avvicinandosi di due passi. Inconsapevolmente lui retrocede di uno.
<< Avanti.. fallo, ora.. con.. >> la zip del suo borsone si
abbassa, e la mano corre a frugarci dentro. << .. questa!
Prendila, maledetto! Uccidimi, se ne hai il coraggio! >>
Gli lancia la pistola addosso, senza neanche temere le conseguenze, ma
lui la evita per un soffio e lascia che cada in mezzo all'erba,
vicinissimo al filo del burrone.
Sakura cerca di calmare il suo respiro, cerca di tornare a respirare
normalmente, e di smettere di piangere. Si massaggia la base del naso,
ispirando violentemente. Rischia di diventare pazza, di quel passo.
O forse lo è già.
<< Perché mi hai salvato la vita? >> gli chiede, di
nuovo. E non si aspetta una risposta, perché in quei pochi
istanti trascorsi con lui sa che lui non è il tipo da dargliela.
Infatti non apre bocca, continua ad osservarla, lo sguardo più
grave di prima, più appesantito. Sakura si sente quasi
schiacciare. Ha il potere di fermarle il cuore, quello sguardo.
<< Perché me? >> sibila lui, tutto d'un tratto, con
rabbia. << Non hai degli.. amici? Delle persone che ti stanno
cercando? Qualcuno che tu stai cerc- >>
<< Non ho più amici >>
Quella frase è amara, sa di delusioni e aspettative infrante; di
sofferenza e dura realtà. Sakura china il capo, e lascia che i
capelli le oscurino il volto. E' più dura di quanto immaginasse.
Ricordare.
<< Perché me? >> ripete, e la sua voce è più stanca ora. Quasi rassegnata.
Sakura sorride, sentendo gli occhi inumidirsi di nuovo, ma questa volta
non si vergogna di alzare la testa ed incontrare il suo sguardo, duro,
ma comprensivo.
<< Perché mi hai salvato la vita >> sussurra, con voce quasi timida. << E questo basta >>
E basta davvero.
Lo vede indietreggiare di nuovo, lasciare cadere il borsone per terra.
La katana gli oscilla sulla schiena e il laccio della mitraglietta
sbatte contro la sua gamba. Sta pensando, e lo sanno entrambi.
<< N-Non sarò un peso >>
Lo sta pregando, forse? Lo sta davvero pregando di portarla con sé?
Sakura tace per un attimo, e si chiede se davvero quello che sta
facendo sia la cosa giusta. Se sia davvero consigliabile fare
affidamento su un totale sconosciuto, su un ragazzo che è
perfettamente capace di toglierle la vita in un istante. Si chiede se
in realtà non sia già diventata pazza, perché
tutti gli elementi in quella situazione sono sfavorevoli, ed è
solo il suo istinto a dirle di continuare.
Come puoi essere così certa
che non ti ucciderà? Come fai ad essere sicura che non
proverà a farti del male?
Sakura sospira, e si passa una mano fra i capelli. Peggio di
così non potrebbe comunque potuta andare, pensa, e lei non
sarebbe sopravvissuta ancora per molto, sola.
<< Io.. posso aiutarti >> gli dice, e lui continua a
guardare al di là del burrone. In alto come sono riescono quasi
a vedere il mare.
Sakura deglutisce, sa che tutto, oramai, dipende da quello che sta per
dire. Prende un respiro profondo e mormora qualcosa sottovoce.
O la va, o la spacca.
<< Ieri mi hai chiesto quale fosse la mia arma e come fossi
riuscita ad avvertirti in tempo di quella orda di pazzi >> il
ricordo nitido del gruppo di Suna che il giorno prima li aveva
inseguiti per mezzo kilometro torna a farsi spazio nella sua mente.
<< Ti ho mentito >>
Sakura sa di per certo che quel ragazzo è pericoloso.
E' un ragazzo pericoloso e bellissimo, e non si soprenderebbe se lo
vedesse estrarre la katana dal fodero e si aprestasse ad infilzarla
seduta stante. Gli ha mentito - non propriamente, a Sakura piace
definire la cosa come "omissione" -, e lui sembra proprio il tipo da
uccidere per una stupida menzogna.
Quando lui si volta, tornando a squadrarla con più interesse,
sicuramente lieto di non vedere più tracce di lacrime sul viso,
la sua frase le toglie il respiro:
<< Avrei dovuto immaginarlo >> sembra divertito, ma anche palesemente indispettito.
Lei torna a respirare, e si scosta una ciocca di capelli rosa dal
volto. La coda si è completamente sciolta, e il nastro è
di nuovo fra le sue mani.
Sakura trema, ma non abbassa lo sguardo, la testa è alta, la sua
espressione fiera. Piega un braccio e armeggia con la chiusura
posteriore della gonna, prima di allungarlo di nuovo.
In mano, ha la sua arma.
Il localizzatore fa sfoggio di sé, brilla sotto la luce del sole
cocente, e Sakura vede lo sguardo del ragazzo scivolare dal suo viso
fino alla sua mano, incuriosito.
<< Questo è un localizzatore >> afferma, assumendo
senza neanche rendersene conto quell'aria saccente che l'ha sempre
contraddistinta. << E' in grado di identificare la posizione
nell'isola dei restanti partecipanti attraverso le onde che emettono i
loro collari. Inoltre è in grado di avvisare se un collare si
sta avvicinando ad elevata velocità >> dice. Il
localizzatore ha smesso di vibrare da un pezzo, evidentemente ha
costatato che la presenza del collare di quel ragazzo è
pemanente. << Attualmente i partecipanti in gioco sono
centoquaranta degli originali centosessanta >> aggiunge, prima di
riportare i suoi occhi verdi sul volto del ragazzo. << E' questo
il modo in cui sono riuscita a soppravvivere da sola, questi giorni
>>
Neanche se ne rende conto, il cuore ha cominciato a batterle
furiosamente in petto. Sakura ha la gola secca, ma sa di averlo
lasciato senza parole. Lo vede dai suoi occhi, dal suo sguardo appena
sgranato, dalla evidente tensione delle sue spalle. Non se l'aspettava,
era evidente.
<< Non puoi negare che potrebbe tornarti molto utile >> conclude con voce fioca.
Sakura sa che ci sta pensando. E' palese. E quando lui le parla, atono
ma con una sfumatura interessata nella sua voce, Sakura sobbalza dalla
gioia e dalla speranza.
<< Come fai ad essere sicura che non ti ucciderò e ti prenderò il localizzatore? >>
Avrebbe potuto farlo benissimo. Avrebbe dovuto farlo, maledizione,
è quello lo scopo del gioco. Non esistono alleanze, patti, o
rapporti interpersonali. La Battle Royale è quello.
Sakura rabbrividisce e torna ad abbassare lo sguardo, incerta. Forse
non è buona idea, forse è meglio che scappi, forse
è meglio non fare affidamento su nessuno.
Avrebbero potuto allearsi, è vero, avrebbero potuto farsi largo
in quei restanti giorni assieme, sopravvivere assieme, ma una volta
raggiunto il quattordicesimo giorno.. che avrebbero fatto? Sakura, che
fino a quel momento non ha mai toccato un arma seria, avrebbe trovato
il coraggio di ucciderlo per la propria sopravvivenza?
Siamo umani. Abbiamo bisogno di avere qualcuno accanto. Anche nella tragedia.
Quando gli risponde Sakura ha nella voce una certezza che in realtà non è certa di avere.
<< L'avresti già fatto >>
Sembra bastare, davvero.
Lui è combattuto, perché indietreggia di un passo e si
concede un gesto che fa trasparire il suo più che evidente
nervosismo: si passa una mano fra i capelli, scompigliandosi la frangia
che gli solletica la fronte. Sakura sa che se accetterà la sua
proposta non sarà per un improvviso slancio di altruismo nei
suoi confronti, sa che ci sarà qualche motivo che lo
spingerà a farlo, sa che nonostante tutto lei non potrà
mai abbassare la guardia.
Sa che potrebbe ucciderla in qualsiasi momento.
Ma decide di non indagare, decide di non indagare sui perché, ha
smesso di farlo giorni prima. Ha smesso di chiedersi il perché
dell'esistenza di un simile gioco, ha smesso di chiedersi del
perché tutti l'abbiano abbandonata. Non ha intenzione di
indagare sui sentimenti che l'hanno spinta ad un tale gesto, e nemmeno
sulle ragioni ed i motivi di lui.
Lui non dice niente, dopo un ultimo sguardo china il busto e raccoglie
la pistola che lei poco prima gli ha lanciato contro, in un moto di
rabbia. E a Sakura basta osservarlo per capire.
Ha malapena il tempo di respirare che lui gliel'ha di nuovo lanciata
contro. << Sei proiettili, semiautomatico >> è
sempre freddo, sempre impassibile. Non una singola emozione trapela dal
suo viso. << Mi aspetto che tu riesca a coprirmi le spalle
>>
Non è una dichiarazione di eterna fiducia quella, affatto. Sono
solo due ragazzi coi rispettivi interessi che hanno deciso di allearsi
per avere maggiori possibilità di sopravvivenza. La stessa
Sakura sa che non è consigliabile abbassare la guardia in sua
presenza, ma non riesce a non sorridere. Non è gioia la sua -
nessuno sarebbe felice -, ma si sorprende di non aver dimenticato come
sorridere. Gli occhi le brillano per un istante, di quella luce
che quando era tutto normale risplendevano sempre, e quando lo
vede voltargli le spalle e dirigersi verso la foresta, le parole le
abbandonano le labbra d'istinto. Per la seconda volta.
<< Io.. sono Sakura >> sussurra, nel silenzio di quella
foresta. E le sue parole sembrano rieccheggiare fra le colline
circostanti. << Sakura Haruno >>
Lui si ferma, non si volta e non si azzarda dire nulla, ma l'ha sentita. E lo sanno entrambi.
<< E tu? >>
Il ragazzo sospira, forse un sospiro irritato, rassegnato. Dopo un
altro lungo silenzio finalmente decide di rispondere, con una voce
più morbida di quanto si aspettasse.
<< Sasuke >>
Sakura rabbividisce al suono del suo nome, lasciando che il vento le
accarezzi la nuca e le rinfreschi le membra. Lo ripete due volte, a
bassa voce, e non riesce a non pensare che gli si addica. Sasuke.
C'è il silenzio, e mentre Sakura si carica in spalla la sua
borsa pensa che d'ora in poi le cose potrebbero andare meglio. Pensa
che, forse, in tutto quell'inferno potrà riuscire a trovare uno
spiraglio di luce.
<< Andiamo >> dice lui, sulla soglia della foresta. E'
tornato freddo come al solito, ma Sakura annuisce e lo segue,
silenziosamente.
Forse possono farcela.
***
E Ino urla.
Urla
così forte che per un istante è solo quello l'unico suono
che invade la radura, mentre stormi uccelli si alzano in volo dai loro
nidi sugli alberi e oscurano per un lungo ed interminabile attimo le
stelle nel cielo, nella loro terza notte.
Chouji non
può fare nient'altro che farla scivolare dalla sua schiena, dove
appena qualche minuto prima si era appisolata, e adagiarla sull'erba
del terreno, osservando il suo migliore amico voltarsi di scatto e
puntare la pila nella loro direzione.
In quei tre
giorni hanno imparato che muoversi di notte è decisamente
più sicuro e furbo per chi, come loro, non ha le migliori armi a
disposizione e, sopratutto, a malapena sa usare quelle che ha in
possesso.
La notte ha
fatto da teatro alle loro fuge, ai loro sotterfugi, ai loro disperati
tentativi di trovare un rifugio sicuro e degli amici dispersi nel nulla.
<< Ino,
Ino.. calmati, siamo noi..! >> la voce di Shikamaru è un
sussurro affannato. Chouji sente solo quella, quel silenzio che li
circonda è quasi raccapricciante. << Ino, sono
io..Shikamaru. Calmati, per favore..! >>
Ino scuote la
testa, e le lacrime le rigano le guance. Shikamaru, illuminandole il
viso con la torcia, non riesce a non sospirare e ad accarezzarle il
viso lentamente, prima di spostare la mano sulla sua nuca e attrarla
finalmente a sé, stringendola in un abbraccio. Ino si aggrappa
alla sua giacca, singhiozzando contro il suo collo e piangendo le
ennesime lacrime della giornata.
Non è la
prima volta che succede, e Shikamaru pensa che non sarà affatto
l'ultima: Ino non riesce quasi mai a dormire, se accanto a lei non
c'è lui che le tenga stretta a sé. Non hai mai voluto
dire loro che genere di incubi fossero quelli che la tormentano durante
il sonno, ma per Shikamaru non è difficile immarginarseli, in
fondo.
<< Un
ultimo sforzo, Ino >> le sussurra contro i capelli. <<
Ancora per poco. Siamo quasi arrivati >> Ino dapprima scuote la
testa, ma quando le labbra Shikamaru scivolano dall'attaccatura dei
suoi capelli biondi fino alla sua bocca non protestà più
e si abbandona a quel bacio appena accennato.
E' un momento
talmente intimo che Chouji distoglie la propria torcia dalle loro
figure abbracciate e la punta sul sentiero che stanno seguendo,
allungando una mano ad accarezzare la schiena dell'amica.
<< Avanti, Ino >> le dice, per incoraggiarla. Ancora poco.
Ancora poco, si
dicono tutti, ancora poco e quel puntino sulla loro cartina
diverrà finalmente realtà, e le speranze di quei tre
giorni si vedranno finalmente realizzate. Quello non è solo che
il primo passo, lo sanno tutti, ma è già qualcosa, e
mentre Ino si aggrappa a Shikamaru, riprendendo il cammino, pensa che
forse possono farcela davvero. Insieme.
Mezz'ora dopo,
quando il buio della foresta si è fatto così intenso che
a malapena riescono a scorgere ciò che hanno ai piedi, gli
alberi cominciano a diradarsi in una radura che illuminano con le
pallide luci delle loro torce.
Ino trattiene
il respiro, e al bagliore delle stelle si unisce quello dei suoi occhi
azzurri che, alzandosi da terra, scorgono lo scheletro di una vecchia
casa abbandonata.
CONTINUA... ?
LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: So Ogni Cosa)
Aw, ed è così che Messer Sasuke salvò la vita alla donzella in pericolo, Sakura Haruno. ♥
...
...
Passando a cose serie, se pensate
che Sasuke si sia lasciato convincere troppo facilmente state certi che
i veri motivi emergeranno più avanti.
Non pensate che Sakura sia
innamorata di lui (non ancora 8D), non è stupida. E'
semplicemente conscia che da sola non ce la farà mai, e che
l'unico modo è aggrapparsi all'unica persona che non ha provato
ad ucciderla sin da subito.
Cosucce da appurare:
#1: Specificando, questo capitolo è ambientato sempre il terzo giorno, in contemporanea agli avvenimenti dello scorso :)
#2:
Ho stilato la scaletta precisa e definitiva. Vi annuncio con gioia che
i capitoli di Battle Royale saranno ventisette. Ventisette fottuti
capitoli. Aiutatemi.
#3:
Il prologo e il primo capitolo di "Non è la solita commedia
romantica" sono ufficialmente pronti, e il trailer è quasi
completo. Ma prima di leggerla dovrete aspettare del tempo; voglio
raggiungere il decimo capitolo di BR e cercare di portarmi avanti.
L'estate penso farà bene a tutti.
#4:
Il prossimo capitolo sarà prevalentemente NaruHina (per i
curiosi che vogliono sapere che fine hanno fatto), ma ci sarà
anche del SasuSaku.
#5:
Scrivere questa storia è impegnativo. E' in assoluto la
fanfiction più difficile che abbia mai scritto in vita mia, per
questo vorrei scusarmi degli aggiornamenti lenti. Cercherò di
fare del mio meglio :)
Infine, vi avviso che l'ultima
scena (quella fra Shikamaru, Ino e Chouji) è molto molto
importante per lo svilupparsi dell'intera storia.
Ne approfitto per pubblicizzare la
mia ultima one-shot, Ano Jiji, una storia buffa; dove Sasuke è
un vecchio brontolone pieno di nipoti! :)
Vi ringrazio per le meravigliose
recensioni che mi lasciate sempre, e per la vostra pazienza riguardo ai
miei soliti ed imbarazzanti ritardi con cui vi rispondo. E' la vita.
Un abbraccio, vi lascio col titolo del prossimo capitolo: "Please, Hitori ni Shinaide"
Alla prossima. ♥
Shannaro ♥ e... recensioni no jutsu!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Day#4: Please, Hitori Ni Shinaide. ***
Cap.7
Battle Royale
Day#4: Please, Hitori ni Shinaide.
"<< Vuoi quindi lasciare crescere i capelli? >>
La bambina alzò lo sguardo dal complicato intreccio di fili con
i quali si stava intrattenendo, posandolo sullo specchio che aveva
innanzi e osservando attraverso di esso la figura della donna che le
sedeva dietro, vicino.
Hinata annuì, quasi timidamente, e cercò lo sguardo di
sua madre. La suddetta le sorrise, e lasciò che la spazzola che
aveva in mano districasse le sue chiome per l'ennesima volta.
<< S-Sì, madre >> sussurrò, gli occhi che
tornarono ad abbassarsi. << Sempre.. sempre se non è un
problema, madre >>
<< Non c'è alcun problema al riguardo, Hinata-chan
>> la voce zuccherosa di sua madre ebbe il potere di farla
sorridere. << Mi chiedevo solo se percaso non ti piacesse
più il tuo taglio da hime >>
Hinata si affrettò a scuotere la testa, e la sua corta zazzera
fece lo stesso con lei. << N-no madre, è che..
vorrei..>> disse. <<... sembrare più grande..
>>
Alla spazzola, tutto d'un tratto, si sostituirono le mani della donna,
che presero a sfilare fra i suoi capelli corti con lentezza, come se
volesse farle un massaggio.
<< Rifiutare il taglio da hime è come rifiutare le
tradizioni Hyuuga, Hinata-chan >> la presa sul suo collo si
intensificò, ed Hinata sgranò gli occhi.
<< Stai per caso rifiutando gli Hyuuga, Hinata? >> la voce
sibilante di sua madre le lambì l'orecchio. << Lo stai per
caso facendo? Hinata? Hinata?! Hinata! >>"
Incubo.
Ciò che vede quando si risveglia è bianco, mentre il
fiato le si mozza in gola e annaspa alla ricerca di un immaginario
appiglio. Forse urla, non lo sa, sta di fatto che quando si sente di
nuovo in sé - infiniti istanti dopo - costata davvero di
essere circondata dal bianco.
Hinata Hyuuga si massaggia gli occhi e cerca di farsi leva sulle
braccia, scoprendo come il suo corpo sia adagiato su un materasso, e
lei sia ancora completamente vestita.
I pochi e vaghi ricordi che conserva prima che, in tutta
probabilità, svenisse, ruotano attorno a casolari abbandonati,
un gruppo di ragazzi e un paio di occhi azzurri; occhi azzurri che
durante il suo sonno non hanno fatto altro che tormentarla
ripetutamente.
Hinata si massaggia la testa, e con un'occhiata analizza la stanza dove
è rinchiusa: un letto, pareti bianche - candide, immacolate - e
un vecchio armadio. Un'arredamento troppo spoglio per essere una casa.
Poi, tutto d'un tratto, avverte un odore pungente alle narici, e uno
scrosciare d'acqua molto familiare: riesce a balzare giù dal
letto, ancora intontita, e ad affacciarsi all'unica finestra della
stanza, costatando come il suo pensiero sia realtà.
Si affaccia direttamente sul mare, e lei è in quel faro bianco che tanto aveva aspirato a raggiungere.
Probabilmente è ancora un po' confusa, questo spiegherebbe la
sua mancanza di reazioni in fondo: se fosse nel pieno delle sue
facoltà fisiche e mentali si farebbe sicuramente prendere dal
panico e cercherebbe immediatamente di fuggire all'istante, o perlomeno
di capire qualcosa in più riguardo a quella situazione.
Come ci è finita lì?
Hinata riesce solo a tornare a sedersi sul letto, poggiando la testa
contro il muro e prendendo respiri profondi: è inquieta, stanca,
sporca, e la ferita che ricordava avere sul braccio è adesso
perfettamente pulita e bendata.
Ricorda. Ricorda. Ricorda.
Ed è solo quando un cigolio invade la stanza che Hinata sembra
ritornare alla persona guardinga e cauta che era il giorno prima: la
porta si è spalancata e ad osservarla c'è un ragazzo con
in mano una tazza.
E' automatico, così naturale che le viene voglia di piangere;
Hinata soffoca un urlo, e nella fretta di allontanarsi il più
possibile perde l'equilibrio e finisce con la schiena sul pavimento,
cadendo dal letto.
Sente il ragazzo urlare, è un ragazzo - di questo ne è
sicura, e i suoi passi concitati venirle incontro, superando il letto e
affacciandosi nella sua direzione.
Non è voluto, e quando vede la sua mano correre verso la sua
spalla per aiutarla - la sua voce è lontana, un eco appena
udibile in tutto il chiasso di urla nella sua mente - immagini
e ricordi si sovrappongono alla realtà; ricordi dove
qualcuno la toccava, e lei non riusciva a fare altro che urlare. Hinata
soffoca un singhiozzo e si ritrae immediatamente, strisciando sul
pavimento e poggiando la schiena contro al muro - è in trappola,
se quel ragazzo vorrà farle qualcosa lei non riuscirà a
difendersi.
<< No no no! >> lo sente urlare, ma è confuso. E'
tutto maledettamente confuso. << Io non.. non ti farò del
male! Sono io.. il ragazzo, quello che ti ha salvato! Non voglio farti
del male! >>
Hinata scuote la testa, e sente le lacrime affiorarle agli occhi;
sobbalza e lancia quasi un urlo quando sente il suo tocco sulle sue
braccia, che le stringono decise. Lotta, vuole scostarsi, vuole
scappare. Le farà male, le farà male le farà male..
Questa volta la sua voce non è più intrisa di panico e
insicurezza, è seria, così seria che Hinata non riesce ad
ignorarla, e scalciarla nei più profondi meandri della sua testa.
<< Guardami negli occhi >> le dice. << Non ti farò del male >>
Ed Hinata lo fa; smette di dimenarsi dalla sua presa e lascia che il
suo sguardi vaghi dal suo collo, percorrendo le linee della mascella,
le cicatrici sulle guance, fino a quegli occhi azzuri che la osservano
- e tutto d'un tratto ricorda davvero tutto. O quasi.
Ogni singolo particolare
delle ultime scene che l'avevano vista protagonista, prima che si
facesse buio.
<< Oh >>
China il capo, e sente la sua presenza farsi più lontano - forse per lasciarle un po' di spazio, pensa.
E' nervoso, o forse solo molto indeciso sul da farsi, ma Hinata - che
nel frattempo ha ricordato a malapena cosa fosse effettivamente successo - cerca
di capire come possa essere finita su quel letto, e se, magari, fosse
stato proprio lui a portarcela.
<< Io ti ho portato qui >> le dice, dopo che lei si è
alzata in piedi e ha calmato i tremiti del corpo. Non ha più il
coraggio di guardarlo in faccia, e lui sembra capirne il motivo - perché deglutisce rumorosamente e si tira
più indietro, mettendo diversi metri di distanza fra loro.
<< E ti ho... curata >>
Hinata non reagisce - vorrebbe, vorrebbe davvero farlo, ma la mole di
pensieri e emozioni che poco prima l'hanno travolta è troppo
grande per elaborarla in così poco tempo. In compagnia di uno
sconosciuto.
<< E-Ecco >> lo sente balbettare. << Di là
c'è una.. doccia. Se vuoi, proprio in fondo al corridoio
>> aggiunge, e di sottecchi Hinata lo vede strisciare verso la
porta.
Non è che lo spaventa, forse è solo nervoso. Forse anche
lui, come lei, ha bisogno di elaborare il tutto e realizzare di aver
appena salvato la vita di una ragazza.
Forse, come lei, ha solo bisogno di capire il perché sia successo proprio a loro.
***
Diversi minuti dopo che quel ragazzo è sparito,
Hinata gattona fino alla porta e scivola piano oltre essa, facendosi
strada nel piccolo e stretto corridoio del faro. Sopra di lei si
estende una lunga serie di scalini, che seguono armoniosamente le
pareti arrotondate della struttura per la bellezza di ben, a quanto le
sembra dopo una breve occhiata, di due piani.
C'è ancora il rumore del mare mentre raggiunge l'unica porta in
fondo al corridoio, spalancandola e facendo capolino dentro quella che pare avere l'aspetto di una lavanderia.
Cesti di vecchi e consunti capi occupano quasi tutto lo spazio, l'aria
è stantia, e una piccola e fioca luce penetra dall'unica finestra della stanza, una botola posta appena sopra il wc.
Hinata si chiude la porta dietro e fatica a farsi spazio fra
l'incredibile numero di oggetti che occupano quel posto, che più
che un bagno sembra essere stato adibito a ripostiglio: ma non fa
differenza, dopo essersi assicurata che tutto funzioni perfettamente,
si spoglia dei suoi abiti sporchi e impolverati e scivola nel cubicolo
che dovrebbe essere la doccia, lasciando che quell'acqua gelida le
accarezzi la pelle per la prima volta dopo giorni.
Sarà forse il silenzio, o il fatto che come sottofondo senta le
onde infrangersi contro gli scogli, ma quando trova il sapone - niente
oli profumati, o bagnoschiuma all'essenza di cacao; deve accontentarsi
di sapone di marsiglia - non riesce a non frenare le proprie mani.
Lo sfrega contro i lividi, contro i graffi, con rabbia, disgusto,
con una forza tale che in pochi istanti la sua pelle si arrossa in
più punti, gonfiandosi, a volte sanguinando. Ma ad Hinata non importa il
dolore, le basta togliersi dal corpo le tracce delle mani che appena
qualche ora prima l'avevano toccata, violentata più di nome che
di fatto, ma che non avevano esitato a calpestarle quella piccola parte
di sé che era ancora riuscita a mantenere intattata in tutta
quella follia.
Il suo candore.
Sente ancora sui suoi seni la presa delle sue mani, la sua lingua
viscida che le lecca il palato, il peso della sua erezione contro le
sue cosce; è rivoltante, così rivoltante che il solo
ricordo la spinge a chinare il busto e a trattenere un conato di
vomito. E farebbe di tutto, ogni cosa, pur di togliersi di dosso la
sensazione del suo alito caldo contro il suo collo, o quella dei suoi
polpastrelli che scivolano sempre più giù, oltre il suo
ventre.
Il sapone cade per terra, ed Hinata soffoca i singhiozzi contro
entrambe e mani, lasciando che l'acqua lavi via ciò che lei non
riesce a cancellare neanche con le lacrime.
Lascia che l'acqua lavi via i suoi ricordi, o che perlomeno provi a
farlo - pretendendo che, forse, una volta uscita da lì,
riuscirà a non pensarci più.
Quando sa che non è così.
Mette piedi fuori dalla doccia tremando e faticando a reggersi in piedi
- dalla stanchezza, forse perché ancora non è riuscita a
recuperare completamente le forze.
Frugando fra i cesti si imbatte in una miriade di stracci - poco utili,
alcuni così sporchi e meleodoranti da farle storcere il naso - e
dopo averne trovati un paio in condizioni decenti se li infila
direttamente sulla pelle bagnata, raccogliendo la sua divisa buttata
per terra.
Ciò che però la sorprende - al di là della
soddisfacente sensazione di essere abbastanza pulita, di cui si sente
moderatamente in colpa - è in chi si imbatte una volta fatto
capolino fuori dalla stanza, i capelli gocciolanti.
Non lo vede, forse perché da poco ha preso l'abitudine di tenere
lo sguardo basso e non badare a ciò che ha davanti il proprio
naso, ma quando il suddetto cozza contro qualcosa di abbastanza
resistente - quasi un muro - Hinata non riesce a non squittire e a
sobbalzare all'indietro, prima che un paio di mani le impediscano di
sbattere contro la porta in ferro dietro di lei.
Senza neanche pensarci Hinata si ritrova a divincolarsi da quella
presa, e non ha neanche il tempo di dispiacersi dell'improvvisa
mancanza di calore sulle sue spalle - lui ha già tolto le mani,
come scottato.
Quando parla ha di nuovo la voce rauca dallo sforzo, e solo in quel
momento Hinata trova il coraggio di alzare lo sguardo - per la seconda
volta.
<< Mi dispiace >> Ha gli occhi azzurri. Di un azzurro talmente
intenso da farle tremare le ginocchia, e d'improvviso ciò che
manca al suo puzzle di ricordi del giorno prima torna come se niente
fosse mai successo. La memoria di quel ragazzo dagli occhi azzurri.
<< Mi dispiace da morire >>
Non ci vuole un gran genio per capire a cosa si sta riferendo ed
Hinata, sentendo la gola seccarsi, vorrebbe tornare a piangere come
prima, piangere di nuovo la scomparsa di quattro ragazze, e di una
violenza che mai si sarebbe aspettata di dover subire.
Ma non lo fa, china un'ultima volta il capo e si assicura di prendere
respiri profondi - per arginare le lacrime, per essere sicura di non
scoppiare in singhiozzi da un momento all'altro.
Poi scuote la testa, lievemente - ma sembra bastare. Non lo sta
perdonando, perché lui non ha alcuna colpa di quello che
è successo - e lo sanno entrambi - ma Hinata pensa che sia la
cosa migliore da fare. Lo avrebbe ringraziato dopo, quando sarebbe
stato il momento giusto.
<< Non importa >> importa, invece. Importa così
tanto che lei stessa fatica a dirlo, e pensa che - guardandolo negli
occhi - lui avrebbe capito che lei stava mentendo.
Ma non dice niente, e Hinata vorrebbe ringraziarlo solo per questo.
Piuttosto, quando lei si stringe la sua divisa contro il petto e torna
a guardarlo timidamente - e non ne capisce neanche il motivo. La
timidezza, ora, non è più concessa - fa scivolare
entrambe le mani nelle tasche dei suoi pantaloni, e si schiarisce la
voce.
<< Io sono Naruto >> proferisce. << Naruto Uzumaki >>
Lei annuisce, e dopo un attimo di silenzio, con orrore si accorge di
essere tenuta anche lei a presentarsi. Avanza di un passo - piccolo,
appena accennato - e torna a guardarlo negli occhi.
<< Hinata >> la voce è così bassa che lei stessa se ne sorprende. << Hyuuga Hinata >>
***
Sakura non sa dove stanno andando.
In realtà il solo pensare al plurale le mette addosso una vaga
sensazione allo stomaco sulla quale preferisce non farsi troppi
problemi, perché effettivamente non sa dove stanno andando.
Lui non le ha detto nulla.
Non le rivolge mai la parola, in realtà, se non quando è
strettamente necessario - per chiederle il localizzatore, che lei non
gli consegna mai, preservandosi il diritto e il dovere di manovrare
lei, quello strumento.
La cosa che però la sorprende è la sua stessa mancanza di
reazioni - ancora non capisce, o meglio, in certi punti della giornata
precedente si era più volte chiesta del perché avesse
deciso di seguirlo. E il perché lui avesse accettato con
così tanta facilità la sua presenza.
Sa di non essere il tipo di persona che segue, che sottosta il comando
di terze persone senza nemmeno protestare, eppure quando il giorno
prima - dopo le presentazioni - lui era tornato ad immergersi nella
foresta dalla quale erano appena scampati, Sakura non aveva fiatato e
l'aveva seguito - senza protestare, in silenzio, troppo presa dal
cercare di realizzare che aveva qualcuno su cui appoggiarsi, nei giorni
avvenire.
Eppure lui non le parla, e non le da esattamente fastidio;
perché solo con un'occhiata Sakura era riuscita a decifrare il
suo carattere - ciò che la lascia perplessa è costatare
che lui non sembra avere alcun tipo di piano, o strategia. A volte le
chiede di poter vedere lo schermo del localizzatore, e Sakura non ne
capisce il motivo - a volte sembra trattenersi dal farle qualche
domanda, e Sakura vorrebbe spingerlo a fargliela.
L'unico momento in cui era riuscito a vederlo sul viso - lo seguiva, in
fondo, Sakura osservava solo la sua schiena, mentre salivano colline e
attraversavano foreste - era stato la notte prima, quando entrambi si
erano trovati d'accordo nel dire che era giunto il momento di
accamparsi - e Sakura ricorda ancora l'imbarazzo nel comunicargli che
si sarebbe assentata qualche minuto per sopperire a diversi bisogni
fisiologici.
Non avevano neanche acceso un fuoco, per evitare di essere localizzati,
ma Sakura mentirebbe se dicesse di non aver visto quella come
un'opportunità per conoscere qualcosa in più di quel
ragazzo - che la incuriosiva. Tanto.
Lui ovviamente si era rinchiuso in un mutismo assoluto; le aveva
ordinato di riposarsi, e le aveva detto che l'avrebbe svegliata quando
sarebbe giunto il suo turno di guardia. E lei gli aveva obbedito, solo
per svegliarsi quando l'alba era sorta.
Dopo quella costatazione era rimasta ad osservarlo in trance per una
buona manciata di minuti, e per la prima volta dopo ore l'espressione
insofferente ed infastidita con cui l'aveva conosciuto era tornata a
deturpare il suo bellissimo viso.
"Cosa vuoi?" le aveva detto, lasciandosi cadere sull'erba della radura che avevano scelto come accampamento.
Sakura si era preparata a rispondergli per le rime, e a chiedergli del
perché non l'avesse svegliata per il suo turno di guardia,
quando aveva notato l'animaletto che spuntava dalla sua mano.
"Cos'è quello?"
"La colazione" aveva replicato lui, spiccio, e Sakura aveva storto le
labbra. "E quando l'avresti presa?" aveva aggiunto lei, tempestiva.
"Adesso"
Aveva osservato con aperto disgusto la testa dello scoiattolino che
spuntava dal suo pugno stretto, ricordandosi solo in quell'attimo di
come gli snack e le patatine che aveva preso due giorni prima fossero
spariti del tutto una manciata di ore prima.
"Qualcuno avrebbe potuto
attaccarmi senza che potessi difendermi" aveva affermato, alzandosi in piedi e
spolverandosi la gonna della divisa.
"Mi hai lasciata sola"
Lui - Sasuke - l'aveva guardata con tanto d'occhi, prestando seriamente
attenzione alle sue parole. "Avevo controllato il localizzatore"
Sakura avrebbe voluto dirgli che era lei l'unica che poteva tenere il
localizzatore, e che lui aveva appena commesso un errore grave a
sottrarglielo senza permesso - ovviamente non disse niente,
principalmente perché lui in quel momento aveva deciso di
scostarsi dall'albero sul quale si era poggiato, lanciandole
un'occhiata così carica di sottointesi che Sakura si era sentita
le gambe cedere.
"Cucinalo" la sua voce le era giunta più lontana di quello che
fosse in realtà, forse perché era voltato di spalle e non
la guardava in faccia. "E comincia a prepararti. Fra poco andiamo"
Sakura non aveva detto niente, le labbra sigillate -lui era andato a
prendere l'acqua. Li avrebbe aspettati una lunga giornata. Di nuovo.
Assieme.
In quel momento, però, non era stato il terrore ad
attanagliarle le viscere - come era successo nei tre giorni
precedenti. Sakura aveva quasi sorriso, quasi, ci era quasi riuscita -
forse grata, forse sollevata, si era diretta verso le loro borse, in
cerca della sua gavetta inutilizzata, e aveva fatto quello che lui le
aveva chiesto di fare.
Perché lui l'aveva protetta.
***
Senza neanche rendersene conto, Hinata si ritrova a vagare fra i
corridoi di quel faro, lasciando che la mano segua e sfiori la
superficie ruvida dei muri.
Lo sta seguendo - segue Naruto, Naruto - e lascia che lui le mostri le
poche stanze dei piani superiori, guidandola verso la cucina - le ha
detto - in attesa di un confronto che prima o poi sarebbe arrivato.
Ed è così che succede: Hinata lo vede scendere gli ultimi
gradini della scala, e spalancare l'ennesima delle porte in ferro di
quel posto, lasciando che uno sbuffo d'aria le sferzi in faccia,
scompigliandole la frangia e facendola rabbrividire da capo a piedi.
E' a piedi nudi, e a piccoli passi entra in quella che dovrebbe essere
il cucinotto del faro: l'arredamento è spoglio come tutte le
altre stanze che ha visto, e solo un vecchio tavolo sgangherato con un
paio di sedie occupa quello che altrimenti sarebbe il vuoto al centro
della stanza.
Hinata si stringe negli abiti consunti che indossa, notando come
l'odore del mare, in quel posto, si sia fatto ancora più
pungente di prima - sarebbe quasi fastidioso, se lei non avesse, poi,
preso a non dargli più conto.
Adocchia una delle sedie, e osservando la sua schiena che si avvicina
ai piccoli armadietti, vi ci si posiziona sopra, timidamente - sul filo
del sedile, appena.
Non sa cosa sta facendo, ma dopo una manciata di minuti lo vede tornare
e con una naturalezza quasi straziante porgerle una tazza di
caffè. E per un attimo le sembra di tornare indietro nel tempo,
perché era sua sorella minore Hanabi a fare una cosa simile, e
le viene voglia di piangere. Di nuovo.
Ha le mani tremanti quando accetta la tazza, e il viso basso.
<< Fa schifo >> le dice lui, e sembra quasi che stia ridacchiando. << Ma è meglio di niente >>
Lo sente sedersi, proprio davanti a lei, lasciando le braccia sul
tavolo e osservandola mentre si porta la tazza alle labbra - ed
è vero che fa schifo, ma quel caffè in un qualche strano
modo riesce a confortarla, e le parole che le salgono alle labbra sono
così cariche di calore e significato che Naruto sgrana gli occhi
e si irrigidisce.
<< Grazie >>
Di tutto.
E per la prima volta Hinata prova a sorridere - è un accenno, un
lieve curvarsi delle sue labbra screpolate. Ed è rossore, sangue
che affluisce al viso, ciò che le imporpora le guance quando lo
vede ricambiare il gesto, con un sorriso più entuasiasta del
suo, più luminoso - come se quasi non fosse successo niente, e
lui non l'avesse salvata da un tentato stupro, uccidendo i suoi
compagni.
<< Come stai? >> le chiede lui, la voce dolce, gli occhi
sorridenti. E' un tipo allegro, Hinata questo lo capisce subito - e
ringrazia che lo sia abbastanza anche in una situazione simile.
<< ... bene >> sussurra, ed è vero. In quel momento sta bene - basta non pensarci, e lei riesce a stare bene.
Sembra un paradiso, quel posto, le sembra di tornare con la mente e col
corpo a quella casupola affacciata su un dirupo, in compagnia
di tre ragazze che proprio come lui non avevano esitato a salvarle
la vita.
Sa, però, che non è ancora finita. Lo vede dai suoi pugni stretti, che sono appena all'inizio.
<< Ti hanno fatto tanto male? >> e quella frase gli
è costata coraggio. << Sono.. sono riusciti a.. >>
<< No >> replica sommessamente lei, affrettandosi a
scuotere la testa. << Sei... arrivato appena in tempo >>
E' imbarazzante - o meglio, è semplicemente terribile da dire.
Hinata non riesce a guardarlo dritto negli occhi, tanto in colpa si
sente per lo spinoso argomento che stanno affrontando. Perché
lui li ha uccisi, non ha esitato ad ucciderli tutti quanti, solo per
quello che avevano provato a farle. Li ha uccisi.
Per lei.
Ma fa male lo stesso, e il retrogusto amaro del senso di colpa torna a
colpirla, così forte che un capogiro le sconquassa le membra, ed
è costretta ad aggrapparsi al tavolo per non crollare sul
pavimento.
Nel frattempo le onde si sono fatte sempre più forti, sente il
loro rumore; sono vicinissime. L'acqua che si abbatte contro gli
scogli, con violenza.
Lui sorride amaramente, e non la guarda ancora in volto - ma ci prova,
prova a sdrammatizzare. Ed Hinata ancora non capisce, perché
forse lui è davvero una brava persona - perché ha ucciso
i suoi compagni per salvare una come lei, che non sa fare niente. Per
salvare una estranea, una nemica, una di Konoha.
Oto odia Konoha.
<< Sono tutti impazziti >> soffia lui, passandosi una mano
fra i capelli biondi, scompigliandoli. << Forse lo sono anche io
>> e ridacchia, ma il sorriso non si estende agli occhi.
Hinata lo scruta, ferma, agrottando la fronte dietro la frangia ancora
umida - vorrebbe chiedergli cose che non potrebbe mai chiedergli,
vorrebbe chiedergli cosa lo abbia spinto a salvarla, del perché
lo abbia fatto, del perché non l'avesse lasciata a morire. Se lo
avesse fatto, forse sarebbe stato meglio.
Si rende successivamente conto di aver detto quasi tutto ad alta
voce, in particolare gli ultimi pensieri che l'hanno attraversata, solo
quando vede il suo sguardo farsi di ghiaccio e i suoi pugni stringersi
di nuovo.
<< Non dire stronzate! >> un pugno si abbatte sul tavolo, la sua voce è gelida,
questa volta; non è che un vago ricordo del tono morbido di poco
prima. Hinata arrossisce, di vergogna ed imbarazzo, e si fa piccola
piccola sotto la sua presenza. << Solo perché siamo in una situazione simile..
non giustifica niente. Queste cose non si fanno! >> si alza, e
Hinata lo segue con lo sguardo - lo vede dirigersi verso il cucinotto,
e accendere con qualche imprecazione uno dei due fuochi, lasciando un
pentolino a bollire.
Poi lei parla, e se ne sorprende - perché chiunque, dopo le
parole dure di poco prima, avrebbe deciso saggiamente di rimanere in
silenzio.
<< Erano tuoi amici? >> è timida la sua voce, e
così carica di sensi di colpa che non si sorprenderebbe di
scoprire che lui ha capito tutto.
Questa volta trattiene il respiro, e spera che non sia lui a provare ad
ucciderla - c'è un fucile, poggiato vicino al cucinotto;
così imponente da farla rabbrividire, e se non sbaglia una
fodera gli pende dal fianco, con una pistola dentro.
Lo vede guardarla con tanto d'occhi, sorpreso dalla sua domanda
insidiosa, ma non accenna a piegarsi o a mostrare qualsiasi tipo di
disagio. Abbassa lui lo sguardo, puntandolo poi contro qualcosa di
imprecisato dietro di lei e stringendo i pugni - forse ricorda.
<< Erano miei compagni >> dice, e un colpo le inabissa il
cuore così in profondità da farle male. Compagni compagni
compagni - nessuno ha il coraggio di parlare di amici in una situazione
simile, e gli occhi non gli brillano quando lo fa. Hinata lo vede - che
quello non è lo sguardo brillante dedito ad un caro amico.
Hinata annuisce, gli occhi sempre bassi, e cerca di non sospirare -
neanche se ne rende conto, però; in un batter d'occhio ha il suo
viso vicino, vicinissimo. Così vicino che le sembra di tornare
indietro nel tempo, prima che svenisse. I suoi occhi sorridono,
stavolta, e brillano così tanto che Hinata arrossisce prima che
lui possa dire qualcosa.
<< Ti ringrazio >> per preoccuparti.
Non trova niente da dirgli, semplicemente perché è senza
parole. Quel ragazzo - Naruto - la sta ringraziando per dimostrarsi
così accorta nei confronti dei suoi vecchi carnefici, quando
è lui la persona che le ha salvato la vita.
Sente le lacrime affollarle gli occhi, e prima che possa proferirisci
in scene strappalacrime preferisce abbassare il capo e annuire appena.
Lui le sorride - ma non è un sorriso contento, non potrebbe mai
esserlo.
C'è il silenzio poi, rotto soltanto dal suo spostarsi nel
cucinotto, ed Hinata in un istante si ritrova davanti una ciotola colma
di minestra: verdure verdi e mollicce galleggiano sulla superficie in
un modo poco apetitoso, ma è il primo pasto decente in
più di tre giorni. Piangerebbe solo per quello.
<< Fa schifo anche questa >> le porge un cucchiaio,
sorridente, che lei accetta con una mano tremante. << Ma ti
farà bene >>
Lo sente tornare a sedersi, di nuovo davanti a lei - il mento sulle
braccia poggiate sul tavolo, un espressione incuriosita sul volto.
Hinata non vuole e non riesce ad immaginare cosa abbia passato, durante
quelle ore. Perché erano solo suoi compagni, ma lei è una
estranea.
<< Quanto ho dormito? >> la sua voce è bassa, appena udibile, ma lui rizza subito le orecchie e alza il capo.
<< Un giorno, praticamente >> le risponde, automaticamente.
<< Ti sei svegliata subito dopo la comunicazione delle dodici
>>
Hinata si ritrova ad annuire per l'ennesima volta, con più calma
- e quasi se ne sorprende, saggiando il suo pasto. La domanda che le
pende dalle labbra è lì, passano i minuti ma lei non ha
il coraggio di porgergliela. Perché potrebbe disturbarlo,
perché potrebbe infastidirlo. Perché non è comune,
perché neanche lei vanta delle conoscenze simili.
<< C-Come hai fatto..? >>
Naruto torna ad osservarla, ancora più incuriosito. << A fare cosa? >>
Hinata posa il cucchiaio sul bordo del piatto e deglutisce, lo sguardo
basso. << L-La ferita. E' perfettamente curata >> si indica
con un dito la spalla ancora un poco dolorante.
Sembra cogliere nel segno per un attimo, perché lui torna a
sorridere entusiasta - così luminoso da abbagliarla - ma sente
di aver detto allo stesso tempo qualcosa di pesante. Qualcosa che lo
riporta indietro, e vorrebbe morire soltanto per averlo fatto.
<< Non proprio >> proferisce, e non la guarda negli occhi.
<< Ho fatto quello che potevo. Una mia amica sapeva fare meglio
>> aggiunge, prima di stringere i pugni. << Sa fare meglio
>>
<< Capisco >>
Poi Hinata lo sente, dopo il sottile imbarazzo. Sente che è lui,
stavolta, a voler chiederle qualcosa; lo vede dai suoi gesti, dal suo
sguardo che non l'abbandona un attimo, dalla piega stretta delle sue
labbra.
E lei annaspa, indecisa sul da farsi.
<< Sei sola, tu.. vero? >>
Non è premeditato, e ciò che succede dopo lascia entrambi
con la bocca aperta - per motivi totalmente differenti, ma è
così. Il cucchiaio scivola via dalle sue dita, rimbalzando sul
legno del tavolo e atterrando sul pavimento con un "tick" così
devastante che sembra rimbombarle in testa, come l'eco di una voce.
Hinata abbandona la schiena contro la sedia, cercando di calmare i
tremiti che d'improvviso le scuotono il corpo da cima a piedi -
è orribile. Si sente così vulnerabile, perché
basta una parola e lei torna a ricordare, e la bolla di
normalità esplode assieme alle sue speranze.
Si scosta una ciocca di capelli dal volto, le mani le tremano. Si sente di nuovo sprofondare come prima.
<< Sì >>
Lo è. Lo è. Lo è.
Naruto si è alzato in piedi, nel frattempo, e la osserva
dall'alto della sua postazione - l'espressione fiera, gli occhi tristi
di chi in tre giorni ha visto cose che mai avrebbe voluto vedere.
Hinata torna ad alzare lo sguardo, ed è azzurro ciò che vede - come il cielo di primavera. << E tu? >>
Lui scuote la testa, e c'è l'ombra di un sorriso ad adornargli
le labbra. Hinata quasi lo invidia quando lo dice, perché basta
guardarlo in viso, basta perdersi nei suoi occhi per capire che
c'è davvero qualcuno. Qualcuno che lo aspetta, e che lo cerca.
<< No >> risponde lui. << Io non lo sono >>
Ed è la verità.
A metà del quarto giorno si imbattono, finalmente, in uno sciame di sensori proveninenti da est.
La cosa che sorprende ed annischilisce Sakura, dopo che effettivamente
si rende conto della cosa, e sapere che sono riusciti ad evitare per
ore ed ore intere qualsiasi tipo di sensore, tergiversando nei modi
più assurdi e pericolosi, e avrebbero potuto farlo anche adesso, in effetti; sarebbe bastato
prendere una rincorsa giù per la collina, tornando indietro sui
loro passi e nascondendosi fra il fogliame della foresta, nella
speranza di non essere localizzati - e di conseguenza barbariamente
uccisi.
Ma lui non si smuove; sembra non sentirla, non sente le sue parole. Le
sue implorazioni: è fermo, impalato, in mezzo al sentiero, sotto
i rami degli alberi, scrutando con la mano sulla mitraglietta la
direzione da dove i sensori dovrebbero spuntare da un momento all'altro.
E' troppo tardi, il panico le chiude la gola e quando urla ha la voce
strozzata. << Stanno arrivando, maledizione >> ringhia,
indietreggiando di due passi. << Dobbiamo andare! >>
Sakura sa che lui non è stupido, è la prima cosa che ha
capito. Eppure non riesce a spiegarsi il suo comportamento, non riesce
a spiegarsi i suoi gesti: dovrà pur aver in mente qualcosa,
dovrà pur dirle qualcosa. Non potrà sempre rinchiudersi
in quel mutismo assoluto, pretendendo che lei rispetti i suoi
ordini anche a costo della vita. Non vuole morire lei, maledizione. E'
per questo che si è alleata con lui.
<< Sasuke! >>
E' istintivo: la mano libera dal localizzatore scatta veloce, e si
chiude attorno alla stoffa della sua giacca, sul braccio. Quel
tocco fa sobbalzare entrambi, come percossi da una scarica
elettrica, e Sakura, osservando il suo volto voltarsi di scatto, ritrae
immediatamente il braccio, il respiro spezzato. << S-Sasuke-kun..
>> balbetta, annichilita dal suo sguardo e dubbiosa del tono
agressivo usato poco prima.
I suoi occhi scuri cercano il suo sguardo, mentre fra loro il localizzatore prende a vibrare come impazzito.
Questa volta è lui a toccarla, afferrandola brutalmente per una spalla
- e Sakura, in un attimo di terrore, pensa che finalmente abbia deciso
di ucciderla e togliersela dai piedi.
Piuttosto preferisce trascinarla di forza fuori dal sentiero, sotto le
sue proteste, e buttarla letteralmente, senza farsi troppi problemi,
dietro i cespugli più fitti. A qualcosa il suo gesto
è servito, perché anche lui si unisce dietro a lei,
accovacciandosi sulle ginocchia e lasciando che gli occhi scrutino
attraverso il fitto fogliame, alla ricerca del sentiero che hanno
appena abbandonato.
Sakura, la spalla indolenzita, è pronta ad urlargli addosso
tutta la sua rabbia - ma il localizzatore vibra ancora, e la
consapevolezza che da lì ad una manciata di secondi uno sciame
di decine di sensori passerà loro davanti le attorciglia le
budella in preda al terrore.
Volta di scatto il capo, perché è assurdo. Perché
basterebbe lanciarsi in una - folle - corsa giù per la foresta e
riuscirebbero a guadagnare tempo, ad evitare di rischiare la vita
appostandosi dietro a dei pericolanti arbusti - perché
anche se è il primo giorno di pausa, Sakura non tiene molto
all'idea di un confronto con altre scuole.
Fa per dare voce ai suoi pensieri, con un urlo indignato, ma la mano di
lui torna a farsi a sentire - questa volta sulla sua schiena. Si posa
lì, e Sakura avverte il calore del suo tocco anche da sopra la
stoffa della sua giacchina, e trova straordinario che una persona
così assente e fredda come lui riesca ad irradiare tanto calore.
Prima che il tocco si trasformi in una morsa quasi dolorosa, quando lui
le spinge il busto sempre più in basso, ordinandole di stare
più nascosta.
Ma a Sakura non sfugge il suo sguardo vigile che vaga sul sentiero, e
non riesce a smettere di chiedersi del perché sembra voglia
vedere in carne ed ossa i loro potenziali aguzzini.
Poi succede.
I passi e le voci si fanno sempre più vicini, e il battito
del
suo cuore aumenta mano a mano che le presenze incombono su di
loro. Sakura, senza neanche rendersene conto, stringe la pistola
nascosta fra la gonna e la camicia - sa che non riuscirà mai ad
usarla, ma il solo sapere che è lì, con lei,
riesce a confortarla il minimo che basta per non farla scoppiare in
lacrime.
Il terrore, però, non riesce a sopprimere la curiosità:
non vuole, ma i suoi occhi verdi scivolano oltre il fitto fogliame
dietro il quale si sono nascosti, scorgendo a tratti gonne e pantaloni,
delle armi. C'è Suna, Uzu e, con orrore, anche Konoha. Non sono
molti, una decina, ma Sakura ringrazia di non riuscire a vederli in
faccia.
Perché loro ridono, e scherzano, e Sakura non riesce a capire come possano riuscirci.
Lui, nel frattempo, non hai distolto lo sguardo - sembra quasi
patologico, Sakura lo nota. I suoi occhi attraversano le piante, e
scrutano nel profondo di ciascun ragazzo che passa loro davanti, in
cerca di qualcosa che lei non riesce a comprendere.
Diversi minuti dopo i passi sono oramai lontani, così come le
voci; Sakura riesce a concedersi un sospiro di sollievo, lasciandosi
crollare definitivamente a terra e scostandosi i capelli dal viso - il
caldo è opprimente, pur essendo già passato mezzogiorno.
Lui si alza in piedi, lo sguardo sempre puntato sul sentiero, e Sakura
vorrebbe rimanere silente com'è e abbandonare qualunque
proposito di protesta. Ma non ci riesce, è più forte di
lei. Ha bisogno di risposte perché, maledizione, ha appena
rischiato la sua vita.
<< Saremmo potuti scappare >> la sua voce è secca, e
lo sguardo di rimprovero. << Abbiamo rischiato la vita
inutilmente >>
Sasuke non le da retta, o forse non vuole soltanto, e Sakura si ritrova
a stringere i pugni - impotente, stizzita, terrorizzata. E' stupida;
una parola di troppo e quel ragazzo potrebbe estrarre la katana da dietro la schiena e infilzarla come uno spiedino.
<< Mi stai ascoltando!? >>
<< Oggi è giorno di pausa >> replica lui,
altrettanto secco ed indifferente. << Se ci avessero attaccati il
quartiere generale avrebbe fatto esplodere i loro collari >>
automaticamente Sakura porta la mano al suo di collare.
<< Non è questo il punto >> ribatte, alzandosi in
piedi e issando una mano sul fianco in una posa così petulante
che per un attimo le sembra di tornare indietro nel tempo, ai suoi
giorni di rappresentante di classe. << Avrebbero potuto
aggredirci! Avrebbero potuto sottrarci le armi! Abbiamo rischiato
grosso solo per.. per.. >> Per cosa?
Sakura si passa una mano fra i capelli, in un gesto che trasuda
disperazione da tutti i pori, e quando torna ad alzare lo sguardo si
rende conto di aver commesso l'irreparabile: è arrabbiato, non
c'è alcun dubbio. Lo legge dalla piega severa che hanno assunto
le sue labbra, dal vuoto dei suoi occhi scuri che la scrutano
infastiditi.
<< Forse non hai capito bene >> soffia, così gelido
che Sakura si ritrova ad indietreggiare di un passo. << Il capo
sono io. Io decido dove andare e cosa fare, e non accetto proteste o
domande di qualsiasi tipo >> le dice.
<< Mi hai capito bene, questa volta? >>
Sakura non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla annuire come
una povera succube, perciò preferisce tacere - il corpo scosso
dai tremiti.
Quel ragazzo è pericoloso, così pericoloso che un solo
suo sguardo più sinistro basta a terrorizzarla e a farla tremare
da capo a piedi.
Lui china il busto, e raccoglie il suo borsone, voltandole le spalle e
cominciando ad avviarsi verso est - la direzione che fino a poco
prima stavano seguendo.
Quando torna a parlare lei è sembre immobile nella sua
posizione, ma ha la voce più morbida; Sakura lo sente e lo
percepisce. Le scivola addosso come una colata di cera calda,
lasciandola ancora più confusa di prima.
<< Niente più domande >>
Lei non annuisce nemmeno questa volta, ma torna ad afferrare il proprio
borsone e si volta di scatto, rincorrendo la sua figura già
lontana diversi metri. Vorrebbe urlargli di aspettarla, ma vede che lui
si è già trattenuto, e che ha appena voltato il capo
nella sua direzione, oltre alla spalla, e le lancia un'occhiata
incuriosita.
<< Muoviti >> le dice, tornando a voltarsi, e lei lo segue.
Questa volta camminandogli a fianco.
***
In un qualche strano modo, dopo il fortuito pranzo offertole, lui
è riuscito a convincerla a tornare ai piani superiori - forse
dopo che l'aveva vista massaggiarsi la testa un paio di volte.
Deve riposarsi, perché la ferità non è ancora
rimarginata, e anche se non ha subito grandi perdite di sangue, ha
avuto un alto rischio di setticemia - e la cosa l'ha provata non poco.
Lui è decisamente più alto di lei, di diverse spanne, e
Hinata gli arranca dietro, i piedi nudi che zampettano sul pavimento
ruvido e cosparso d'immondizia, le mani che sfregano le braccia -
ha freddo, gli spifferi d'aria sono micidiali così vicino al
mare.
Quando lui apre la porta Hinata torna a scorgere il familiare candore
che l'ha accolta poco prima, al suo risveglio, e immediatamente sente i
muscoli rilassarsi sotto le sue dita.
Lui la fa entrare per prima, e una volta entrambi dentro socchiude la
porta e si dirige verso gli armadi in fondo, mentre Hinata si perde
nella contemplazione di ciò che la circonda - è bianco.
Di un bianco luminoso che non ricordava affatto ci fosse.
<< La notte fa un po' freddino >> lo sente dire, da dentro
l'armadio. Sta frugando fra diversi panni, ed Hinata si accomoda sul
bordo dell'unico letto, stringendosi addosso gli stracci di cui
è vestita. La sua divisa è ancora bagnata, stesa
sull'unica sedia lì vicino. << Ma se ti copri con..
queste! Se ti copri con queste non avrai alcun problema! >> lo
vede emergere dall'armadio con tre coperte in lana grezza, impilate una
sopra l'altra tanto da nascondergli il viso.
Sorriderebbe, se ci riuscisse.
Gliene allunga una, gli occhi che sorridono, e le altre due le posa sul
pavimento, sbattacchiandole dalla polvere di cui sono cosparse, prima
di dirigersi verso il comodino vicino alla testata: allunga la mano e
Hinata lo vede agguantare un flaconcino di pasticche che prima non
aveva notato.
<< L'antipiretico funziona anche se scaduto! >> ridacchia.
<< Prendine un'altra pasticca dopo, se torna la febbre. Non si sa
mai >>
Hinata annuisce, la mano che sfiora il tessuto grezzo della coperta che
lui le ha porto. C'è un'altra domanda che la tormenta,
più impellente stavolta, e si ritrova ad osservarlo in attesa di
trovare il coraggio per porgergliela. Perché lui l'ha salvata, ma
avrebbe potuto benissimo lasciarla perdere. Lei è di Konoha.
<< P-Perché sei così gentile.. con me? >>
sussurra, e vede le sue spalle irrigidirsi. << Io sono di Konoha
e.. Hyuuga >> e sembra stupido ribadirlo, ma è la
verità.
Lui posa il flaconcino di pasticche, ed Hinata neanche se n'è
resa conto: è al capezzale del letto, inginocchiato, e la
osserva fisso, l'espressione seria di chi non sta e non vorrebbe
affatto scherzare, eppure non ci riesce.
<< Esiste ancora qualcuno che ce l'ha con gli Hyuuga? >>
sbotta, massaggiandosi il mento. << Pensavo fosse storia vecchia
>> vede il suo sguardo addolcirsi, e lui sorride. << Eri...
eri lì >>
Si alza in piedi, di scatto, e si allontana così in fretta che Hinata sgrana gli occhi, sorpresa ed inebetita.
<< E.. mezza svenuta, e piena di sangue. Saresti morta >> confessa, passandosi una mano fra i capelli biondi.
<< Non potevo lasciarti sola. Anche se sei di Konoha e sei Hyuuga >>
Hinata annuisce e - hai ucciso i tuoi compagni, hai ucciso i tuoi compagni, hai ucciso i tuoi compagni.
<< Comunque >> torna a guardarla. << Questo è
un posto sicuro. In un giorno non è neanche passata un'anima.
Sei al sicuro qui >> prova a sorriderle. << C'è
ancora del cibo nella dispensa, abbastanza per qualche giorno. E beh..
l'acqua funziona, hai visto? Sei al sicuro >>
Sei al sicuro. Sei al sicuro. Sei al sicuro.
Quel presentimento, quell'allarme che le è scattato in testa sin
da quando aveva messo piede in cucina, cogliendo il suo sguardo, si
concretizza quando lo vede frugarsi nella tasca dei pantaloni ed
estrarne quella che sembra una pistola. Piccola, ma una pistola.
Il respiro le si mozza in gola, e sente il panico tornare ad inghiottirla.
Lui si avvicina, e si accovaccia di nuovo - stavolta proprio sotto di lei, tornando a guardarla coi suoi occhi azzurri.
<< Prendila >> le dice. << Potrai difenderti se
uscissi dal faro, per trovare del cibo ad esempio. Non è molto,
ma starai più tranquilla. Così, quando starai
definitivamente bene, potrai anche andartene se vuoi >> Hinata
non reagisce, e allora lui infila la pistola fra le sue mani
intrecciate, non azzardando ad abbandonarle neanche quando è
sicuro che l'abbiano presa. Le sta stringendo le mani.
<< Stai andando via.. vero? >> la sta lasciando, la sta lasciando.
La sua presa abbandona i suoi polsi e con la coda dell'occhio Hinata lo
vede dirigersi verso l'unica finestra: non è impacciato, e
neanche nervoso, solo molto deciso.
<< Sì >>
I capelli le oscurano il volto, mentre annuisce - un nodo alla gola, la
pistola in grembo. << Perché? >> sussurra.
<< Ho degli amici, la fuori >> replica lui, le mani
affondate nelle tasche dei pantaloni. << E sono ancora vivi, e mi
stanno cercando. Devo trovarli >> aggiunge. << Ed impedire
ad uno di loro di fare la più grande cazzata della sua vita
>>
<< Vai via.. adesso? >>
Naruto si volta a guardarla. << E' giorno di pausa. Devo cercare
di portarmi avanti con il cammino >> è un sì, che
le risuona nella testa.
Hinata annuisce, e prova a sorridere: ci riesce, mesta, e gli occhi le
si addolciscono spontaneamente. Non può trattenerlo, è
stato solo un caso il loro incontro, dettato solo dalla compassione e
dal senso di colpa. Hanno due strade diverse da percorrere, e due
obiettivi altrettanto diversi. Lei deve solo sopravvivere, lui deve
trovare i suoi cari.
Eppure le fa male lo stesso.
<< Capisco >> le labbra pallide si piegano in un sorriso e
d'istinto cerca il suo sguardo, trovandolo puntato addosso a lei.
Arrossirebbe, se la tristezza del momento non glielo impedisse.
<< Ti ringrazio >> grazie, grazie, grazie. << Sei una
persona gentile >>
Mi hai salvata.
Stavolta tocca a lui arrossire, sorridendole.
Ciò che succede dopo le lascia addosso un segno tale da
commuoverla; perché se anche lui avrebbe preferito salutarla
lì, in quella stanza, è Hinata stessa ad insistere per
accompagnarlo all'ingresso - pur non sapendo neanche dove sia.
I loro passi le sembrano una sentenza, mentre scendono le scale,
giù verso il piano terra, mentre lei si lascia guidare da lui -
la mano che carezza il muro con sguardo quasi trasognante. Non le
sembra neanche vero.
Forse è un sogno, proprio come quello che l'aveva svegliata dal
suo sonno poche ore prima. Forse lui non sta davvero raccogliendo il
suo borsone da terra, forse non sta davvero inforcando il fucile sulla
schiena. Forse non sta piegando la maniglia del portone in ferro,
quello d'ingresso.
Quando si volta a guardarla un'ultima volta Hinata sa che non ci
riesce. Che mai ci sarebbe riuscita, e non basta la paura di poter
perdere un'altra persona cara - proprio come è successo con le
ragazze di Suna.
Lei non riesce a stare sola, è più forte di lei. Il bisogno di avere qualcuno accanto.
<< Grazie >> la ringrazia lui stavolta, e lei non ne
capisce il motivo; vede solo la sua mano alzarsi e posarsi sul suo
capo. << E buona fortuna, Hinata >>
C'è il sole quando la porta si spalanca, così forte e
luminoso che le abbaglia per un attimo lo sguardo. O forse sono
solo i suoi occhi, non lo sa, ma Hinata annaspa e fa ciò che
non avrebbe mai dovuto fare; per lei, ma anche per lui. Perché
altrimenti lo avrebbe legato ad un vincolo troppo grande per entrambi.
Il braccio scatta d'istinto, quando lui è già voltato e
pronto ad andarsene, e afferra una porzione della sua giacca,
all'altezza del gomito. E lei parla, e sente le sue parole
rieccheggiare fra le mura del faro; salire in alto, per poi fraccassare
loro le orecchie con l'importanza di ciò che dice.
<< Aspetta..! >> fermati << N-Non andare via >> resta << Rimani qui >> con me << N-Non lasciarmi sola >>
Non farlo, non farlo.
<< Per favore >>
***
LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: Non Lasciarmi Sola, Per Favore)
Un mese. Uao. Ho stabilito un nuovo record.
...
...
...
Mi scuso, come a mio solito, ma per un po' di tempo ho vissuto nella
convinzione che l'estate avrebbe giovato alle mie fanfiction, cosa
assolutamente non vera. Purtroppo i miei amici mi obbligano ad uscire,
e c'è da dire che per due settimane precise sono stata in
full-immersion con la stesura di una nuova fic, che fin'ora ha
raggiunto il sesto capitolo :)
Che dire? Qui abbiamo il quadro generale della situazione. C'è
questa Hinata fragilissima, questo Naruto Messia, e Sasuke e Sakura che
cercano di ingranare con lo spirito di squadra.
Il prossimo capitolo sarà tutto SasuSaku (essì), e li
vedremo alle prese con una missione molto importante per la loro
salvezza ;)
MA NON DISPERATE! Non vi farò attendere un mese.♥
E se proprio la fame dei miei scritti (?) è così
impellente, potrete deliziarvi con questa commedia SasuSaku che sto
scrivendo e che vedrà il suo primo capitolo pubblicato in un
massimo di dieci giorni. Si chiama "Again & Again", è moolto
fluff, molto atmosfera familiare, e vi terrà compagnia per la bellezza di dieci capitoli.
...
...
Ringrazio chi ha ancora la pazienza di seguire me e questa fic, ma
sapete.. il caldo mi da alla testa, e spesso mi impedisce di scrivere.
Non scherzo ._.
Le vostre recensioni ♥ Spero continuerete ad amarmi così tanto anche dopo un mese di attesa.
Alla prossima! ♥
Shannaro ♥ e.. recensioni no jutsu!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=975522
|