Battle Royale

di jennybrava
(/viewuser.php?uid=21140)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue: Atarimae No Day? ***
Capitolo 2: *** Prologue: Juudai Ni Troubles. ***
Capitolo 3: *** Day#1: Tsudzuku On My Own. ***
Capitolo 4: *** Day#2: Tatakau Boy Meets Girl. ***
Capitolo 5: *** Day#3: Blue Eyes No Otoko. ***
Capitolo 6: *** Day#3: Shitte Imasu Everything. ***
Capitolo 7: *** Day#4: Please, Hitori Ni Shinaide. ***



Capitolo 1
*** Prologue: Atarimae No Day? ***


Cap.1
Premessa: La fanfiction è volutamente e sfacciatamente ispirata alle vicende di Battle Royale, sia del manga che del film, seppur con sostanziali differenze.
Il plot generale è quello che avete letto nell'introduzione; quattro classi di differenti istituti scolastici vengono obbligate a sfidarsi fra loro in una sanguinosa battaglia lunga quattordici giorni. Il motivo non è ben specificato, e la cosa viene giustificata solo attraverso la diffusione del bullismo nelle scuole.
Il plot è questo, e tale rimarrà. Specifico questa cosa per non dover incorrere a critiche appartanenti alla serie: "Ma non ha trama! Che razza trama è questa? Non ha senso!" xD
Avvertenze: il rating è arancione e tale rimarrà. Saranno presenti scene di violenza, e anche scene lemon (anche se non esplicite).
E' un lavoro molto diverso dai miei soliti, ma spero lo gradirete, lo apprezzerete e mi appoggerete come avete sempre fatto :)
Buona lettura, gente! :3

Battle Royale

Prologue: Atarimae no Day?



Sakura Haruno si è sempre vantata del suo provvidenziale sesto senso.

Non che a tutti gli effetti sia un vero e proprio sento senso, ma a Sakura piace definirlo tale.
E il suo sesto senso, in quel momento, le dice di fuggire via.
L'aereoporto della città di Tokyo freme ancora di vita alle cinque del pomeriggio passate e Sakura, stringendosi addosso la giacchina della divisa e osservandosi attorno, percorre i suoi terminal con il trolley alla mano e la borsa a tracolla della scuola sulla spalla.
Maledice per la centesima volta le sue amiche, il freddo pungente di quei giorni di Marzo e per ultima quella maledetta gita scolastica alla quale si è vista obbligata partecipare.
Sakura non ha molta familiarità con le gite; in realtà non ha familiarità con qualunque cosa non riguardi i libri scolastici, quelli medici e la boxe, ma sulla soglia dei diciotto anni non può permettersi di fare la preziosa e rifiutare l'invito a partecipare ad una provvidenziale gita scolastica, saltata fuori dal nulla.
E' quindi con un insolito malumore che raggiunge il gate dove si sono dati appuntamento tutti i suoi compagni di classe assieme agli insegnanti. Scorge Lena e Yuzuru poco più avanti e dopo aver salutato sua madre, che si è premurata di infilarle fra le mani una scatola di pronto soccorso e un pacco di biscotti, avanza verso di loro con aria mogia.
<< Sakura, fai venire voglia di piantarti un coltello nella pancia >> esordisce Yuzuru, biondissima e bellissima. Sakura le scocca un'occhiata bieca. << Sorridi, eh? E' una gita! >>
Accanto a loro, gli squittii eccitati dei suoi compagni di classe le danno letteralmente alla testa e per un attimo medita anche di stenderli tutti con uno dei suoi micidiali SakuraChick, ma è la voce di Kurenai-sensei a farla riprendere.
<< Tirate fuori i passaporti e i biglietti ragazzi! Cominciamo ad imbarcarci! >>
La meta della gita si tratta niente di meno che della conosciutissima e visitatissima Okinawa e Sakura, mentre attende che Yuzuru e Lena terminino le procedure per il check-in, si chiede perchè diavolo abbia accettato di partecipare a quella gita se i suoi nonni abitano ad Okinawa e lei la conosce meglio delle sue tasche.
Con due passi si affaccia alla vetrata del gate, adocchiando le ordinate file d'aerei disposti ognuno vicino all'altro. E' quasi buio ormai, e luci delle piste illuminano il cielo scuro e i piccoli aerei da cargo che si affaccendano attorno a quelli commerciali.
La voce trillante di Yuzuru la fa un poco sorridere e mentre si volta verso di loro riesce scorgere al banco check-in la bellissima ereditiera Hinata Hyuuga, sua compagna di classe, accompagnata come sempre dalla sua fidata guarda del corpo, e cugino, Neji Hyuuga.
Sakura non ha nulla contro Hinata - che rimane comunque troppo timida e impacciata per essere così popolare -, ma detesta con moderata gentilezza la figura di Neji. Proprio in quel momento Hinata si volta e le rivolge un discreto sorriso, al quale Sakura risponde con affabilità, prima di premurarsi a ricambiare l'occhiataccia che Neji le ha appena scoccato.
Non sono amiche lei ed Hinata, anzi, frequentano ambienti completamenti opposti e giri d'amicizia ben diversi, ma Hinata ha la peculiarità di essere gentile con tutti, e questo basta.
<< Guarda un po' >> Yuzuru le è accanto in un secondo e ammicca ai gate accanto al loro. File e file di studenti dalle divise sgargianti e diverse fra loro sostano a diversi metri uno dall'altro. Anche loro hanno in mano valigie e borse e hanno tutta l'aria di star partendo per una gita fuori programma. << Uzu, Suna e.. Oto?! >>.
Oto?
<< E' il Liceo più malfamato di tutta Tokyo >> le bisbiglia Lena all'orecchio, indicandole con un cenno del capo i ragazzi vestiti col gakuran nero e le ragazze dalla divisa grigia e il fiocco rosso. << Papà mi ha detto che hanno anche ucciso uno studente durante una rissa! >>.
Oh che gioia.
Sakura si chiede come mai abbia deciso di cominciare a frequentare ragazze del genere, ma poi si ricorda di quanto possa essere crudele la gerarchia nella loro scuola e di come l'amicizia di Yuzuru e Lena riesca a tornarle sempre utile.
<< Pensi che vadano anche loro ad Okinawa? >> le chiede Yuzuru, setacciando da cima a fondo la fauna maschile di tutti i tre gli istituti. Ne adocchia qualche d'uno carino fra quelli di Uzu, dal gakuran blu scuro e la divisa rossa e blu, e anche qualcuno fra quelli di Suna, in giacca e cravatta come loro, dai toni blu, e dalla marinetta azzurra.
<< Ohi, ohi! Sakura! >> Lena l'afferra per il braccio, strattonandola verso la porta del gate. << Piantala di fare quella faccia da pesce lesso e sorridi, che adesso bisogna imbarcarci! >>
Si ammassano tutti contro il gate, e fra chiacchere e urla percorrono il corridoio che li conduce alla porta dell'aereo.
Una volta sedute ai loro posti, Sakura ascolta distrattamente Yuzuru che blatera roba senza senso su bellissimi ragazzi e Lena che rinfranca accennando qualcosa riguardo a future notti in bianco.
Ma Sakura è distratta e osservando dritto fuori dall'oblò, sospira, inquieta. << Ancora non capisco perchè ci vogliano far viaggiare di sera >> borbotta Lena, con un broncio seccato.
<< Credo sia per risparmiare il costo del biglietto >> risponde distrattamente Sakura, continuando ad osservare fuori dal finestrino.
<< Mah >> aggiunge Yuzuru, ridacchiando. << Come se il biglietto per Okinawa costasse un patrimonio! >> dice. << Questo aereo fa schifo! >>
In effetti quell'aereo è ben diverso da quelli che Sakura ha sempre preso per recarsi ad Okinawa dai suoi nonni. Oltre ad essere incredibilmente piccolo e stretto, da tutta l'aria di non avere nessun'altra zona passeggeri e che siano solo loro a viaggiarci sopra.
La Gakuen Konoha School è fra i licei più rinomati e prestigiosi di tutta Tokyo, e il costo della sua retta mensile sfiora una cifra al dir poco assurda. Sakura, che ha avuto accesso a quella scuola attraverso, ovviamente, una borsa di studio per meriti ginnici e scolastici, si chiede perchè diavolo quel Liceo non possa riuscire a permettersi qualcosa di meglio, considerando quando deve sborsare al mese soltanto per i corsi extrascolastici - che sono al di fuori della copertura della borsa di studio.
D'un tratto, fra il buio dell'ambiente esterno, scorge dei fari lampeggianti che con un po' di fatica riesce ad attribuire a numerose jeep stradali. Acciglia lo sguardo, perplessa.
<< Lena >> dice, rivolgendosi a quella che fra le sue due amiche ha un poco più di cervello. La Konoha School è prestigiosa e fornisce l'educazione migliore in circolazione, ma non è altro che una scuola per figli di papà senza cervello. E Yuzuru e Lena sono entrambe ricche e viziate figlie di papà senza cervello. << Sai se per caso questo aereoporto è addetto anche a sbarchi militari? >>
<< Eeeh? >> sbotta Yuzuru, osservandosi le unghie curate. << Sakura, che cavolo stai dicendo?! >> proferisce, scandalizzata. << Ehi, siamo in gita! GITA! La vuoi smettere di dire roba senza senso? >> conclude, visibilmente seccata.
Sakura sobbalza e solo in quel momento si rende conto della miriade di sciocchezze che ha appena detto, frastornata addirittura dal suo stesso comportamento. Si scosta i capelli dal viso, sospirando, proferendosi in un sorrisino di scuse. << Ah.. sì, è che.. ho un po' di mal di testa e.. >>
Lena fruga nella sua borsa e con un sorriso le consegna un flacone di aspirine. << Nel caso servissero >> dice, strizzandole un occhio.


[Contemporaneamente]



<< Shikamaru Nara, mi stai ascoltando o no!? >>
Shikamaru Nara a diciotto anni è stanco di vivere così come a cinque o a dodici. E' una persona così pigra che per pigrizia non ha saputo rifiutare quell'invito per partecipare a quella gita, medito magari di trascorrere la settimana stravaccato sul divano di casa sua, ignorando gli aspri commenti di sua madre e gli sbuffi di suo padre. Quello che proprio non è riuscito a mettere in conto, nel suo perfetto piano, è stata l'ingombrante presenza della sua vivace ragazza e quella del suo migliore amico.
Sposta lo sguardo, incontrando un paio di lucenti occhi azzurri.
<< Sì, Ino >> rantola, trattenendo a stento uno sbadiglio. Ino lo osserva, piccata. << Allora ripetimi quello che stavo dicendo >>
<< Blateravi su negozi e scarpe >>
Ino blatera sempre su ragazzi e scarpe. << Shikamaru! >> stride lei, offesa. << Stavo parlando di cosa fare una volta arrivati ad Okinawa, idiota!>>
<< E dai, Ino >>
Chouji Akimichi, infagottato nel suo gakuran dal terzo bottone esageratamente tirato, le sorride affabile. << Perchè ti arrabbi tanto? >> dice, infilando la mano nel solito sacchetto di patatine.
<< Avanti Inooo! >> da dietro i loro sedili spunta la testa allegra di Tenten, i capelli scuri raccolti in due chignon laterali e un sorriso ad incurvarle le labbra. << Ne vuoi uno? >> le chiede, allungando un pacchetto di biscotti verso la bionda. << Non te la prendere >> aggiunge.
Ino sgranocchia il biscotto, assumendo un espressione offesa, mentre Shikamaru sospira, esasperato.
<< Piuttosto >> esordisce squillante Tenten, battendo le mani, deliziata. << Li hai visti gli studenti delle altre scuole? >> sembra esaltata.
Alla domanda di Tenten anche Shikamaru pare riportare l'attenzione sulla discussione. << Quelli agli altri gate, dici? >> risponde Ino.
<< Esattamente >> annuisce l'altra. << Oto, Suna e Konoha. Konoha, che ci vanno a fare quei ricconi ad Okinawa? >> concluse, sprezzante. Shikamaru sospira, di nuovo.
<< Le divise delle ragazze erano carine >> osserva Ino, mangiucchiando un altro biscotto, meditabonda. << Con quelle parigine e le gonne scozzesi.. ma anche i ragazzi non erano male! >> e ride, strizzandole l'occhio.
Shikamaru invece le scocca un'occhiata bieca, incerto se prendere la cosa come una frecciatina indiretta o meno. Non ha comunque il tempo di pensarci perchè Kiba Inuzuka spunta al fianco di Chouji e con lui Rock Lee, ed entrambi stanno esigendo la loro giornaliera dose di patatine, fra le risate di Tenten.
Quando una mano si posa sul suo braccio, Shikamaru sobbalza e si affretta a voltare il capo, incontrando gli occhi azzurri della sua ragazza. Ino Yamanaka ha lo sguardo crucciato. << Tutto bene, Shika? >> gli chiede premurosamente, dimentica del bisticcio di poco prima. << Sembri teso >>
Shikamaru si sforza di abozzare un sorriso e annuisce rigidamente. Allora anche Ino sorride, sporgendosi un poco per posargli un bacio all'angolo della bocca. << Vedrai..>> sussurra contro la sua mascella. << Ci divertiremo un mondo >>.



[Contemporaneamente.]



<< Permesso! Permesso! Ehi.. ho detto permesso! >>
Naruto si lascia cadere a peso morto sul sedile accanto al suo, sospirando. Si scompiglia i capelli, si agita sul posto, si sistema la manica del gakuran e sbuffa di nuovo, prima di voltarsi verso di lui, crucciato.
<< Teme, dove cavolo eri sparito? Perchè non mi hai aspettato? >>
Sasuke Uchiha si passa una mano fra i capelli, accomodandosi meglio sul sedile e non azzardandosi a rispondere al suo migliore amico. Naruto gli scocca un'occhiataccia. << Ehi, Juugo! >> si rivolge al loro altro amico, seduto più a destra, annoiato.
<< Dove sono Karin e Suigetsu? >> gli chiede e lui con un cenno del capo gli indica i sedili davanti a loro, per poi tornare ad immergersi nel suo libro.
Naruto Uzumaki si affaccia oltre e con sommo disgusto scopre la coppia scomparsa del tutto intenta a divorarsi la faccia a vicenda.
<< Che schifo >> borbotta, tornando a sedersi di nuovo. Poi gli sorride brillantamente. << Ehi Sas'ke! Magari questa è la volta buona in cui rimediamo una ragazzatebayo >>    
Sasuke si stringe nelle spalle e volta il capo, puntando gli occhi fuori dal finestrino, assorto. Naruto allora lo osserva attentamente.
<< Ehi, stai bene? > >
Nessuna risposta.
<< Non dirmi che hai paura dell'aereo! >> sghignazza e Sasuke lo fulmina con lo sguardo. << Chiudi il becco, dobe >> proferisce tetro. Naruto allora smette immediatamente di ridere e lo osserva con sguardo serio. << Io dicevo sul serio Sas'ke >>
Sasuke si passa di nuovo una mano fra i capelli, in un gesto che trasuda frutrazione e nervosismo. Naruto assottiglia gli occhi, confuso, prima che le parole del suo migliore amico lo destino dai suoi pensieri:
<< Non ti senti strano? >>
Anche Juugo, allora, alza piano gli occhi dal suo libro, teso.
Sasuke Uchiha si può definire per autonomasia il bel tenebroso della seconda sezione del terzo anno dell'Istituto Superiore Oto. 
E Naruto Uzumaki, che è il suo migliore amico da tempi immemorabili - alcuni sostengono che le rispettive madri abbiano addirittura cambiato loro i pannolisi assieme - lo conosce così tanto bene che se solo disponesse delle abilità necessarie non avrebbe certamente faticato nella stesura di un manuale su "Come capire Sasuke Uchiha for Dummies". 
Non c'è niente che turbi veramente quel pezzo di ghiaccio.
Prima che potesse solo azzardarsi a rispondere, Mitarashi-sensei passa per i sedili e la sua voce secca risuona nell'abitacolo, mentre riprende Karin e Suigetsu Hozuki con lontana ironia. << Hozuki-kun, fossi in te utilizzerei quelle mani in modo più proficuo >> sibila, sorridendogli affabilmente. Karin si allontana un poco, sistemandosi sostenuta la giacchina della divisa e gli occhiali, rossa in volto.
<< In quale modo, sensei? >> ribattè a tono Suigetsu, proferendosi nel suo sorriso scintillante e appuntito.
Anko Mitarashi piega le labbra in un sorrisino inquietante, sorpassandoli e scoccando un'occhiata penetrante a Sasuke, Naruto e Juugo. << Non ti preoccupare Hozuki-kun >> cantilena. << Lo verrai a sapere a tempo debito >>
Sasuke la segue con lo sguardo, sbuffando sonoramente.
<< E dai, teme! >>
Naruto gli batte una pacca così forte sulla schiena da rischiare di mandarlo dritto dritto col naso nello schienale del sedile davanti. Massaggiandosi la parte offesa, Sasuke arriccia le labbra in una smorfia. << Che dobe. >> borbotta.
<< E' una gita, no? >> ridacchia. << Vedrai che ci divertiremo un sacco! >>
<< Molto bene >> esordisce poi la sensei, piantandosi in mezzo al corridoio fra le due file di posti. << Direi che possiamo anche dare il via alla nostra gita, che ne dite ragazzi? >>
Un coro di urla e strilli approvanti fa da eco alla sua risata che si disperge nell'abitacolo di quell'aereo, mentre Sasuke Uchiha torna ad osservare fuori dal finestrino, certo di aver appena intravisto postazioni militari nascoste nel buio di quella notte.



***


Sakura non ricorda con precisione cosa fosse successo esattamente trenta minuti dopo che l'aereo è decollato.
Sta parlando con Lena, e Yuzuru si sta ritoccando il trucco allo specchietto, e la sensazione di panico e ansia provata allo stomaco non appena l'aereo si era librato in aria, è stata accantonata per qualche istante.
Ma è d'un tratto ritornata, alla vista del corpo di Kurenai-sensei che si accascia floscio nel corridoio dell'aereo. Ci sono urla, strilli, ma tutto le sembra estraneo. Lontano. Lei stessa prova ad urlare, ma non le esce alcun suono dalla labbra, la gola è chiusa. Le gira la testa. Dov'è l'uscita?
Mentre si osserva attorno, spaesata, vede i corpi di Yuzuru e Lena accasciati su se stessi e il lontananza la figurina di Hinata che crolla svenuta sul pavimento.
Uno dopo l'altro i sensi abbandonano, ovattandole le orecchie, soffocandole il respiro, e l'ultima cosa che intravede prima di chiudere definitivamente gli occhi, è il viso di una delle hostess coperto da una maschera a gas.


***


Goccia.
Una, due, tre.
Goccia.
C'è uno spazio chiuso nella sua mente, che urla e urla e chiede aiuto.
Un'altra goccia.
Sull'occhio.
Goccia.
Perchè il piove dentro l'abitacolo dell'aereo?
Goccia.
Quello non è l'abitacolo dell'aereo.
Goccia.
Sakura sbarra gli occhi, alzandosi in piedi di scatto e facendo così in modo di cadere dal banco sul quale apparentemente era stata depositata. Geme quando la dura consistenza del pavimento le colpisce la testa, e caccio uno strillo, imprecando a bassa voce quando si rende effettivamente conto di non riuscire a vedere nulla attorno a sé.
Non sa quanto tempo passi prima che il suo cervello riesca a riprendere le normali funzioni - Chi sei? Perché sei qui? Dove sei? Il cellulare, e le valigie? - ma quando succede, prende ad osservarsi attorno, spaesata.
E poi li sente: gemiti, parole sconnesse, sembrano un quasi un brusio di sottofondo. Si sorprende, perché il mal di testa che le sconquassa le tempie le ha impedito di accorgersi di ciò che le succede attorno, delle voci, dei sospiri, dei lamenti.
Come una lenta danza in coreografia oscure figure nere si levano attorno a lei, lentamente, sembrano sostenersi a vicenda. Sono ombre, di qualcuna riesce a vedere i piedi, nel buio che la circonda, mentre si perlustra la divisa, alla ricerca del cellulare.
Che non c'è.
Dov'è il suo cellulare? Pensa, affannandosi. Si sfila la giacchina, perlustra le tasche della gonna, le scarpe. Le tremano le mani, ha.. paura? Ma il cellullare non è da nessuna parte.
Sakura si massaggia la spalla, prendendo due respiri profondi. Calmati, si dice. Calmati.
Il collo.
Cosa c'è, attorno al suo collo? Cos'è quel collare che lo circonda?
Solo in quel momento Sakura sembra prendere coscienza della situazione, perché geme, mentre le si mozza il respiro, nel tentativo di slacciarsi il collare. Tira una, due, tre volte. Ma rimane lì. Non si sfila, non si sgancia, e Sakura deglutisce, mentre il cuore sembra volerle sfondare il petto, mentre le mani le tremano.   
Y-Yuzuru, Lena. Dove sono?
Balza in piedi, le gambe non la reggono, si dice, non ci riescono, perché barcolla e si osserva attorno. Dovrebbe urlare, lo sa, dovrebbe urlare i nomi delle sue amiche. Dove sono?
E, sopratutto, perché le sembra di star impazzendo? Perché, mentre tenta di nuovo di slacciarsi il collare, sente la voce di un telecronista rimbombarle in testa?
Fa un passo indietro, e nella foga urta contro qualcuno, che caccia uno strillo acuto, facendola sobbalzare. Ed è quello strillo che forse la riporta in sé, perché c'è solo una persona che è in grado di strillare in quel modo.
<< Y-Yuzuru? >> rantola, riconoscendo nell'urlo la voce familiare dell'amica. A tentoni, lentamente, la cerca, e quando sente la consistenza della sua gamba sotto le dita, tira un sospiro di sollievo, prima di gettarsi su di lei, abbracciandola.
<< S-Sakura? Ma che..? >> borbotta lei, fioca, sentendo le dita affusolate dell'amica percorrerle il collo e tirare forte. << Dov'è Lena? >> dice lei, continuando a tirare. La sua voce è tornata quella di prima, quella dura e secca che è sempre.
<< Lena..? Non è qui? >> Yuzuru sembra cadere dalle nuvole. << Dov'è? >>
Lena non è con loro, ma non è a quello che Sakura pensa mentre si sposta a destra della amica, mentre arranca nel buio, mentre costata che ciascuna delle persone che le circondano indossano quel collare.
<< Sakura? >> un'altra voce, di Lena questa volta, che massaggiandosi un'occhio le osserva, insonnolita. Lei non lo sa ancora, dove sono. << Siamo già in albergo? >>
Le voci ora sono più nitide, Sakura quasi capisce le parole. Sente le stesse domande, le stesse frasi: "Dove siamo?", "Ehi ma perché è buio?" e "E tu chi sei?"
Quando le sue mani scivolano, giù dal collo di Lena, e si posano sul suo grembo, Sakura respira a fatica. Perché non è più solo un sospetto quello che le insinua la mente, non è più un senso di inquietudine. Yuzuru e Lena la osservano, sente i loro sguardi addosso. Non è uno scherzo.
Non ha tempo di pensare ulteriormente alla cosa che all'improvviso fari acceccanti illuminano quelle che devono essere delle vetrate, alla loro destra. Sakura si copre la testa con le mani; le voci diventano urla, la luce l'acceca, si sente strattonare e tirare via, con il fiato di Lena sul collo, le gambe che a malapena la sostengono. Voci sconosciute che le parlano, schiacciata da corpi sconosciuti contro altri corpi sconosciuti. E' un inferno.
Il pavimento trema, tutto d'un tratto, e Sakura trattiene il fiato, quando un lungo minuto di silenzio cade su di loro. Ed è solo quando le luci della stanza si accendono, tutto d'un tratto, e quando le porte si spalancano con un sonoro tonfo, che urla. Forse non urla, invece, perché ci sono così tante persone attorno a lei che urlano che Sakura non sa più dove guardare. Sakura si osserva attorno, e non sa spiegare la presenza di decina e decina di ragazzi e ragazze che l'affiancano. Ragazzi e ragazze che si guardano attorno, reciprocamente, con gli occhi sbarrati, il fiato spezzato. Ragazzi come lei.
E Sakura riconosce nella centinaia di studenti che le sono attorno non solo la divisa della loro scuola, ma altre tre tipi di uniformi differenti.
Blu, rossa, grigia.
Le classi all'aereoporto.
Quando, in un rumore di passi concitati, decine di uomini in uniforme militare si fanno strada attraverso di loro, brandendo armi sulle ampie schiene, la prima cosa che Sakura pensa di fare, oltre a ricacciare nella gola l'ennesimo urlo, è quella di prendere il braccio di Lena e tirarla indietro con lei, il più lontano possibile. E così fanno anche tutti gli altri studenti, ammassandosi spaventati contro le pareti dell'aula, urlando, tremando, annaspando. Qualcuno cade per terra e si rialza.
Sakura ha male alla testa, forse è tutto un sogno.
Il gruppo di uomini armati si scinde, una volta giunti all'apice della classe, e ciò che rivelano non è altri che una terza persona. Sakura la vede poco, nascosta com'è dietro alcuni suoi compagni di classe, ma quando l'uomo avanza fino alla cattedra, facendo cenno ai militari di farsi da parte, e deposita delle scartoffie su di essa, Sakura chiude gli occhi e trema, pregando che sia davvero tutto un sogno, ciò che la circonda.
L'uomo sorride, affabile.
<< Salve a tutti >> proferisce. << Il mio nome è Madara Uchiha >>


***



LoSpaziodiGè:
(
Traduzione Titolo: Un giorno Qualunque?)
E' un suicidio, me ne rendo conto.
Ma va beh, sono queste le cose che mi fortificano u.u In ogni caso, come vedete non mi smentisco mai ! xD
SasuSaku, NaruHina, NejiTen, ShikaIno, SuiKa e due accenni GaaMatsu.. forse! Sempre la solita jennybrava! (quasi noiosa, forse)
Se vi va, seguitemi pure in questa avventura. Spero di riuscire a stupirvi e ad emozionarvi come sempre :) E spero che questa fanfiction non risulti troppo assurda! D:
Il prossimo capitolo spero arriverà presto, anche se non garantisco per via della scuola, ovviamente ._.
Un assaggio :3:
"<< Lei è un essere ignobile >> sibila Sakura, e è certa che tutti riescano sentirla perchè dopo le urla la sala è piombata nel più assoluto silenzio. << Non è nessuno lei per potere decidere della vita e della morte di una studentessa >>
<< E tantomeno della vita di tutti noi. >>
Madara la scruta, col suo unico occhio nero, e le sorride, increspando appena le labbra.
<< E' sicura di quello che sta dicendo.. >> sussurra, serafico. << .. studentessa del Konoha? >>"

Alla prossima gente, e.. recensioni no jutsu! (fa sempre piacere sapere cosa pensate u.u)
Shannaro!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Prologue: Juudai Ni Troubles. ***


Cap.2
Battle Royale
Prologue: Juudai Ni Troubles.









Dell'uomo che sorride a loro, a qualche metro di distanza e dietro alla cattedra, Sakura non può che notare il volto rugoso, per primo. Pesanti rughe gli increspano i lati della bocca e dell'unico occhio a lei visibile; un pesante ciuffo di capelli oscura l'altro.
Sono piccoli quegli occhi, ingrigiti da una patina opaca; scorrono su di loro, lentamente. Sembra quasi che vogliano leggere loro dentro. Che vogliano intimorirli.
Sakura si chiede come un solo sguardo abbia il potere di rimescolarle lo stomaco in un tale modo: le viscere le si torgono, il fiato le si mozza in gola e sente un lungo brivido attraversarle la schiena. Lena ha cominciato a singhiozzare, stringendole il braccio.
Non si sente di biasimarla, come lei cori di singhiozzi si elevano fra le file di studenti: sono ragazze, le sente dai loro gemiti striduli. Sakura non ha lacrime da piangere. Non ancora.
<< Seduti, prego >>
Secca.
La voce di Madara Uchiha è secca e risuona, echeggia, rimbalza sulle pareti: non è minacciosa, piuttosto sembra suadente, sembra volerli compiacere. Quando nessuno muove un muscolo - sono impietriti; quando nessuno osa solo respirare, è allora che Sakura vede i militari fare un passo avanti e sguainare le loro armi, facendo scattare le sicure.
<< SEDUTI! >>
Sembra il panico di poco prima: si spintonano, c'è chi cerca di fuggire verso il fondo dell'aula, chi urla e si accascia per terra. Sakura si passa una mano fra i capelli e afferra Lena per la spalla, mordendosi le labbra a sangue. Sente il terrore risalirle alla gola, forse sta per vomitare. Lo sente.
Si nascondono dietro ad alcuni loro compagni di classe; Yuzuru si lascia cadere accanto a loro, i capelli biondi le coprono una parte del viso. Sakura vorrebbe chiederle come sta, ma il solo pronunciare una sillaba sembra una fatica tremenda. Quando la mano di Madara Uchiha batte due colpi sulla cattedra, invitando le truppe al riposo, Lena continua a stringerle il braccio. La sta quasi soffocando, non la guarda nemmeno in faccia. Sakura respira lentamente, massaggiandosi di nuovo il collo.
Il suo intuito.
Avrebbe dovuto dargli ascolto.
<< Molto di voi mi conoscono già >> è inquietante il sorriso che riserva loro e Sakura non sembra l'unica ad accorgersene. << Ma per chi non lo sappia, sono stato il responsabile al primo anno della seconda sezione dell'Istituto Oto >>
Oto?
Sakura, assieme ai restanti studenti, fa scivolare lo sguardo verso la parte destra dell'aula, dove stanno rannicchiati uno vicino all'altro tutti gli alunni di Oto. Si stringono fra loro quando Madara avanza un passo verso la loro direzione, abbandonando la cattedra e prendendo a passeggiare per l'aula.
<< Cosa sta succedendo, Sakura-chan? >> bisbiglia Lena, con voce rotta.
<< Sssh, sta tranquilla >> risponde lei, assottigliando gli occhi. Yuzuru è ancora lontana. << Andrà tutto bene, vedrai >>
E come fai a saperlo?
<< E' un gran piacere rivedervi, ragazzi >> Madara affonda le mani nelle tasche dei suoi pantaloni. << Siete cresciuti tutti, a quanto pare >>
<< Sas'ke-kun >> proferisce. << A quanto vedo continui a girare con questa marmaglia >>
E' voltato di schiena, Sakura non riesce a vederlo. Così come lui non riesce a vedere loro.
E' forse quello che la spinge ad elaborare qualcosa di diverso, che spinge il suo cervello a ricacciare indietro la paura e ad osservarsi attorno: qualunque sia la cosa in cui sono stati coinvolti, è ovvio che debba esserci una via di fuga. C'è sempre una via di fuga, Sakura.
Facendo una stima approssimativa, la porta più vicina è lontana dieci metri. Se riuscissimo a sgusciare via fra tutti gli studenti, riusciremmo a confonderci fra tutta la massa. Ma.. no, accidenti. Ci vuole un diversivo. Sono militari, è gente addestrata. Se ne accorgerebbero subi-
<< Voglio subito precisare una cosa >> Madara è tornato a voltarsi; ha abbandonato Oto e ha ripreso a passeggiare fra tutti gli studenti. << Toglietevi dalla testa qualsiasi piano di fuga. Siete qui, e qui rimanete >>
Quelle parole la gelano. Sakura sente distintamente il cuore mancare un battito, ed è solo due istanti dopo che riprende a respirare, quando i passi di Madara superano anche Konoha e si avvicinano ad Uzu.
<< In ogni caso >> aggiunge.  << Colgo l'occasione per presentarvi due nuovi compagni >>
Non se ne è neanche accorta.
Dov'è finito il tuo spirito d'osservazione, Sakura?
Ed è questo che la lascia senza parole. Come ha fatto a non accorgersene? E dire che mai due ragazzi possono riuscire a spiccare di più fra una massa di anonimi studenti delle superiori.
Se ai quattro lati della stanza si sono rintanati gli studenti di ogni singola scuola, al centro dell'aula, fra borse e cappotti, Sakura li vede.
Sono più grandi.
E pur indossando banali e anonime uniformi scolastiche, ciò che colpisce Sakura non è il silenzio e tutti gli occhi puntati addosso a loro, e nemmeno la loro più che evidente maggiore età. E' piuttosto la bellezza di cui fanno gratuito sfoggio, in mezzo a quell'aula caduta in un silenzio talmente profondo da mettere i brividi.
Ma la loro non è una bellezza abbagliante, non è la bellezza che ti blocca per strada e ti spinge ad osservare con adorazione le persone che ne sono dotate; è piuttosto quel tipo di bellezza inquietante, quella bellezza che invece ti spinge ad abbassare gli occhi, intimorita, quasi pudica. Sakura lo vede nei loro tratti ruvidi, affilati.
<< Questo è Deidara >>  il ragazzo biondo, quello più distante da loro, sembra del tutto indifferente al suo nome. Continua piuttosto a tenere gli occhi bassi e Sakura, da lontano, vede che l'ennesimo ciuffo gli oscura il profilo. E' una mania per i ciuffi?
<< E quest'altro invece è Hidan >> aggiunge.
Lo capisce sin da subito, sin dal momento in cui lo vede alzare di scatto il capo verso l'alto, puntando gli occhi nella loro direzione. Verso di loro. Sono gelidi i suoi occhi, così gelidi che quando Sakura vi ci si specchia dentro tutto quello che riesce a fare è abbassare lo sguardo, quasi immediamente.
Lo capisce subito.
Sta lontana da loro.
<< Mi raccomando, andate tutti d'accordo, eh >>
Madara si volta e in due passi raggiunge la lavagna dove con un gesso prende a scrivere frettolosamente, continuando a sorridere.
E' forse quello il gesto che più colpisce Sakura. La più totale e assoluta naturalezza con la quale quell'uomo che ha detto di chiamarsi Madara Uchiha traccia segni sulla lavagna, lasciando loro al puro caso e nella più oscura ignoranza di ciò che sta succedendo. Si può essere talmente freddi? Talmente noncuranti?
Sakura stringe i pugni: non ce la fa, è più forte di lei. E' già pronta a dare voce a ciò che pensa, che i più disparati cori di voci si innalzano alla sua destra e alla sua sinistra. Si osserva attorno, assieme a Lena, e scopre decine di ragazzi in piedi; Suna, Uzu, qualcuno di Konoha, addirittura di Oto.
Sono tutti come lei, stanno tutti pensando le sue stesse cose.
Cosa sta succedendo?
<< Si può sapere che cosa sta succedendo?! >>
<< E' per caso uno scherzo?! >>
<< E chi sono quelle persone?! >>
Madara sembra del tutto indifferente all'ondata di accuse rivoltegli contro; piuttosto sorride di nuovo, e Sakura deglutisce vedendolo posare il gesso sulla cattedra con estrema calma, prima di pulirsi le mani con un fazzoletto e fare segno di smetterla.
<< Qualcuno di voi sa di cosa si tratta questo? >>
La sua voce, alta questa volta e sempre così maledettamente sarcastica, sovrasta quel rumoroso brusio assordante fatto di domande senza risposta e bisbigli spaventati.
Possono essere molti i motivi per i quali possano trovarsi in un posto simile, tutti tra l'altro abbastanza plausibili: possono essere stati convocati per un improvviso convegno delle scuole più famose del Giappone, possono essere stati obbligati a partecipare ad un seminario di dubbio gusto sull'avvento delle nuove tecnologie.
Non ha neanche il coraggio di alzare lo sguardo, Sakura, perché alzarlo significherebbe dare una certezza al presentimento che dalla mattina di quel maledetto giorno non ha fatto altro che tartassarle il cervello. Significherebbe dare conferma a ciò che il suo sesto senso le aveva detto sin dalle prime ore di quella giornata. Significherebbe condannare la propria esistenza.
Battle Royale.
File nascosti, archivi di vecchi documenti, stralci di voci alla televisione..
Come pezzi di puzzle, i frammenti di vecchi ricordi si vanno ad incastrare fra loro, nella mente di Sakura, e tutto ciò che lei riesce a fare, non appena ha effettivamente conferma che quel nome non porta assolutamente niente di buono, è stringere convulsamente la stoffa della gonna, sgranando gli occhi. Terrorizzata, basita, rassegnata.
".. l'ultima superstite sopravvissuta al combattimento durato quattordici giorni, tre ore e ventisette minuti.."
Lena si agita, accanto a lei.
"..oggi, tre marzo, è iniziata la ottava edizione del combattimento più duro che si sia mai.."
"Sakura, mi raccomando, è il tuo ultimo anno di superiori. Impegnati al massimo, va bene?"
La risata di Madara Uchiha le rimbomba nelle orecchie, assieme ai gemiti di Lena e ai bisbigli di tutti coloro che le sono attorno. Forse nessuno ancora lo sa cosa sia la Battle Royale.
"Il nostro Shinji.. riposerà in pace"
<< Oggi, voi >> proferisce, una volta che ha smesso, la scia della risata sulle labbra. << Siete stati scelti per partecipare alla decima edizione dell Battle Royale di quest'anno >>
Battle Royale.
<< E quest'oggi, ragazzi miei >> aggiunge. << Vi farò ammazzare un po' fra voi >>
Si sarebbe aspettata risate sprezzanti, forse nessuno aveva ancora capito la gravità della situazione. Forse nessuno ha preso seriamente coscienza della situazione.
Forse le grida di protesta, forse le urla strazianti non servono a niente, perché Madara ride e succede. Da l'ordine.
Sakura urla, si unisce alle grida di disperazione e terrore quando vede, fra l'accalcarsi degli studenti, i militari sfoderare le loro armi e cominciare a disseminare di proiettili il pavimento.
Si sente spingere prima a destra, poi a sinistra; nel panico rischia di perdere la mano di Lena che stringe la sua con tale forza da farla impallidire dal dolore. Sembra un incubo.
O forse lo è davvero?
Ed è solo quando una ragazza fra gli studenti di Suna lancia un gemito straziante che i soldati smettono d'un tratto di sparare per terra, ritirandosi ordinatamente ai loro posti.
<< Matsuri-chan! >> una voce rauca, le curve morbide di una ragazza che si affaccenda accanto alla ragazzina minuta ed esile dai corti capelli castani, che singhiozzante si stringe il braccio sanguinante. Sakura le vede, con Lena che piange accanto a lei, nascosta nell'angolo più lontano; nella confusione tutta la sua classe si è spostata dall'altra parte dell'aula.
C'è ragazzo dai capelli rossi, poi. Invade il suo campo visivo, facendosi largo fra gli studenti di Suna che si scostano al suo passaggio, intimoriti forse. Sakura lo vede farsi avanti, stringendo gli occhi gelidi in due fessure minacciose. E potrebbe giurare che quella sparatoria è lì lì da mietere un'altra vittima se la mano dalla presa salda e forte di un ragazzo alto e nerboruto non si posi appena sulla spalla di quel ragazzo rosso, invitandolo ad indietreggiare.
Madara sorride, ammiccando nella loro direzione, soddisfatto dell'esito dell'operazione. Sono tornati tutti silenziosi.
<< Come vedete voi stessi >> proferisce, inquietantemente serafico. << Non è uno scherzo >>
Lena scoppia definitivamente in lacrime, aggrappandosi alla sua spalla, mentre il volto di Yuzuru si fa di ghiaccio. Yuzuru è lontana, non è attaccata a Lena come sempre, è appena dietro di lei, le braccia conserte.
Sakura non ha tempo di curarsene, comunque, perché l'orrore della scoperta - e la paura che ancora la immobilizza al suo posto - le impedisce di articolare anche solo una parola.
Non una parola.
<< In realtà.. >> aggiunge Madara, riprendendo a passeggiare per l'aula con la stessa inquietante tranquillità. Sembra sia successo niente. Sakura stringe i pugni. << La maggior parte dei vostri insegnanti era contrario alla selezione delle loro classi >>
Kurenai-sensei.
<< Ed è proprio per questo che hanno fatto questa fine >>
A l'ennesimo cenno della mano di Madara le porte dell'aula si aprono, con loro grande terrore, e un altro gruppo di soldati entra scortando nella stanza otto persone fra le quali Sakura, con orrore, scorge il volto della loro Professoressa di Letteratura Giapponese e Responsabile: Kurenai Yuhi.
Non è instintiva la sua reazione; Sakura è brava a sopprimere le emozioni, ha imparato a farlo. E' perfettamente conscia che urlare, in un momento del genere, è come tagliarsi tutti i possibili appigli ad una futura sopravvivenza. Ma forse una parte di lei continuava a sperare che fosse in realtà tutto uno scherzo ben congegnato. Vedendo la loro sensei lì, il volto tumefatto e gli occhi arrossati, Sakura realizza che è tutto vero, e che non c'è via di scampo.
Sono condannati.
Megumi Kusaki è la prima a risvegliarsi dal torpore in cui è caduta l'intera loro classe: balza in piedi, il seno abbondante stretto nella sua giacchina, il viso paffuto arrossato dalla fatica.
<< Kurenai-sensei! >> strilla, e Kurenai si agita sul suo posto, gli occhi rossi colmi di lacrime ed imploranti. E Sakura alla loro vista trattiene a stento un singhiozzo di disperazione.
Dopo l'urlo di Megumi, Sakura sente le solite voci elevarsi dalle file degli studenti delle altre scuole. I nomi più disparati abbandonano le loro labbra, in un tentativo di ridare carica alle figure dei loro insegnanti che continuano a sostare al fiando di Madara Uchiha, inermi, sotto shock.
<< Kakashi-sensei! >>
<< Asuma! Asuma-sensei! >>
<< Baki-sensei! Gai-sensei! >>
E' solo quando Sakura sente le voci dei ragazzi di Oto urlare a squarciagola il nome della loro sensei assieme ai più coloriti epiteti dispregiativi che conosca che si rende conto che tutto quello è un piano.  Un piano studiato nei minimi dettagli, affinchè nulla possa andare storto. Una cospirazione ai danni di innocenti classi di studenti delle superiori la cui unica colpa è solo comportarsi come gli adolescenti che sono.
Da quanto tempo?
Perchè?
<< Anko-sensei! >> alza di scatto il capo, continuando ad accarezzare i capelli di Lena che singhiozza sul suo grembo. In quella voce Sakura riconosce la figura di un ragazzo dai capelli biondissimi, ritti in testa, e due occhi azzurri rilucenti di rabbia e disprezzo. Non lo vede bene, nascosta com'è, ma sa che è alzato in piedi e che sta provando a farsi largo fra i suoi compagni di classe.
<< Anko-sensei! Cosa significa tutto questo?! >>
Quella che deve essere Anko-sensei piega le labbra in una smorfia che deve assomigliare ad un ghigno. Anko-sensei è l'unica donna non immobilizzata, piuttosto è completamente libera al fianco di Madara stesso e al fianco di un giovane occhialuto. Sakura li vede bene quei tre: scruta la figura del ragazzo con gli occhiali, stringendo i pugni. Sembra appena più grande di loro. 
<< Nulla di più di quello che vedi, Uzumaki >> replica, puntando i suoi occhi viola addosso allo studente.
<< Lei! Come diavo- >>
Sakura non sente più nulla, poi: le parole del ragazzo Uzumaki sono soffocate da un paio di mani e da un paio di braccia che lo trascinano via a forza, di nuovo all'interno delle file degli studenti.
<< Sono lieto di vedere che molti di voi non sono cambiati di una virgola, anche dopo anni >> Madara sorride, sospirando alla vista di Naruto Uzumaki che si dibatte dalla presa salda dei suoi amici.
Ghigna Madara, balzando a sedere sulla cattedra mentre con un gesto veloce afferra un telecomando, che punta dietro di sé, verso la lavagna. In un cigolio fastidioso i cardini di quest'ultima cominciano a girare, e Sakura cerca di riprendere a respirare normalmente, ed in un istante la superficie scura di questa viene sostituita da un rilucente schermo bianco.
<< Adesso vedremo un video >>
Un attimo.
Le luci si spengono e Sakura sente di nuovo cori di grida terrorizzate sollevarsi fra i suoi compagni: annaspano, si osservano spaesati attorno. Lena stringe più forte il suo braccio, singhiozzando. << Calmati, avanti >> le dice Sakura, passandole una mano sulla frangetta scompigliata. E' dolce la sua voce. << Devi fare silenzio. Cerca di calmarti >>
Non devono sentirti.
<< Mi raccomando, non dormite e non parlate fra voi >>
Lo schermo si illumina in una luce talmente forte che Sakura deve socchiudere gli occhi per riuscire a vedere qualcosa oltre ad un fondale rosso e al logo della Battle Royale. Con una musica idiota che Sakura ricorda di aver sentito solo lungo i centri commerciali delle patinate vie dello shopping di Tokyo, entra zampettando nel suo campo visivo una ragazza carina, munita di microfono e sorriso scintillante. Li saluta con uno strillo spaccantimpani:
"Il corretto modo di combattimento nella Battle Royale: a cura del comitato promotore della legge BR!" urla.
"Ragazzi della seconda sezione del terzo anno degli Istituti Konoha, Oto, Mizu e Suna.. buon pomeriggio!" trilla. "Oggi voi tutti siete le fortunate classi selezionate per partecipare alla Battle Royale di quest'anno! Congratulazioni!"
Sakura spalanca la bocca: non sa se sentirsi più terrorizzata dall'appurare che stanno effettivamente partecipando alla Battle Royale, o più scioccata dal costatare l'allegria e la naturelazza con la quale quella ragazza lo sta annunciando a loro.
"Il mio nome è Ami e quest'oggi vi parlerò del modo corretto di combattere nella Battle Royale e vi illustrerò le regole principali!" squittisce, e alla sua figura si sostituisce una dettagliata piantina geografica di un isola. Sakura aguzza la vista, la mano posata sulla spalla di Lena. Non sa nemmeno se Yuzuru è vicino a loro. "Il luogo in cui vi trovate attualmente è un iiiisola con un perimetro di dieci kilometri circa e avendo chiesto a tutti gli abitanti di evacuarla, in questo momento è completamente deserta"
Isola. Poca comunicazione. Se era abitata è giusto presumere che vi siano dei villaggi dotati di telefono o computer.
"L'isola è stata divisa in diverse zone e a questo proposito il vostro professore diffonderà una comunicazione quattro volte al giorno, alle ore sei e alle ore dodici. Nel corso di queste comunicazioni verrano diffuse le coordinate delle zone definite rosse, quindi se vi trovate in una di queste zone uscitene immediatamente per favore!"
Zone rosse. Tenersi alla larga. Pericolo di morte.. probabilmente?
"E come mai vengono dette pericolose? Ecco perchè voi tutti laggiù state indossando questo collare!" la ragazza si punta le dita al collo e d'istinto Sakura fa lo stesso, percependo sotto le dita l'oramai familiare acciaio freddo del collarino che minuti prima, o forse ore, ha con orrore scoperto di indossare.
"Questo collare è perfettamente impermeabile ed antiurto. Non si può assolutamente togliere!" esclama, con vocina stridula.
"Un sensore posto al suo interno, tramite la ricezione del vostro battito cardiaco, ci informerà sul vostro stato e sui vostri spostamenti. " dice. "Perciò se dovreste fermarvi in una zona rossa oltre l'orario limite, o dare luogo ad azioni di disturbo, sarete immediatamente identificati tramite onde GPS. E a questo punto il collare inizia a vibrare e vibrare e poi.." Sakura segue i suoi gesti. "BUM!" sobbalzano tutti.
"Esplode!" e ride. "Ed esplode anche se si cerca di toglierlo forzatamente quindi, mi raccomando, non tentate nulla di simile, ok?"
<< Ma non diciamo cazzate! >>
Quella voce le mozza il fiato: Sakura sobbalza, e con lei Lena che smette di piangere. Davanti a loro lo stesso ragazzo di prima, quello biondo dai capelli scompigliati che poco prima aveva inveito contro la donna chiamata Anko-sensei, balza di nuovo in piedi, inferocito. << Adesso ti concio per le feste! >>
Ma è idiota?
Sakura si ritrae, pronta a fuggire via nel caso si scateni l'ennesima sparatoia; pronta ad afferrare per il braccio Lena, che nel frattempo scoppia di nuovo a piangere, e a buttarsi sul pavimento.
Madara Uchiha ride, una risata bassa e rauca, prima di scuotere la testa. << Sei rimasto il solito eh, Uzumaki? >> commenta, mentre osserva Suigetsu Hozuki e Juugo che si adoperano per placcare la sua corsa, prima che commetta l'irreparabile.
<< TU! MALEDETTO! >>
<< Naruto >>
E poi Sakura lo vede.
Non è reale, probabilmente: un ragazzo dai capelli scuri, terribilmente bello, si fa largo fra le file dei suoi compagni, strattonando il braccio del ragazzo biondo con una smorfia seccata dipinta sul viso. << E' inutile >> sussurra subito dopo, gli occhi onice stretti in due fessure. << E' inutile >>
Gli occhi di Naruto si infiammano, di collera e disperazione, mentre cerca di discostarsi dalla presa ferrea dei suoi altri due amici. << SAS'KE! >> ringhia e Sakura in quel nome urlato percepisce tutta la disperazione e la frustrazione possibile, e deglutisce cercando di combattere contro le lacrime che le affollano gli occhi. Forse non è l'unica, forse non è sola.
<< Naruto, smettila subito! >> 
E' più femminile la voce questa volta e Sakura, tornando ad alzare gli occhi verdi, vede una studentessa di Oto, dai capelli rossi e gli occhiali; si avvicina rigida al quartetto di amici, strattonando violentemente la manica del gakuran nero del ragazzo di nome Naruto.
Lui la osserva per qualche istante, gli occhi lucidi; sembra si stiano dicendo qualcosa, sembra stiano discutendo silenziosamente. Lo sguardo della rossa è talmente duro, lo vede sin da lì, che Sakura trema. Il ragazzo biondo sembra arrendersi; china il capo ed incassa le spalle, avvilito, per poi seguire la ragazza e i suoi amici al riparo da sguardi indiscreti.
Sakura vede Madara seguirli con lo sguardo << Continuamo? >> dice, piegando le labbra nell'ennesimo sorrisino soddisfatto. Le luci si riabbassano e Sakura si sente sprofondare di nuovo nel buio, prima che lo schermo torni ad illuminare la stanza e la voce trillante della ragazza fracassi i loro timpani.
"Lo svolgersi di questa gara prevede tre regole fondamentali!" squittisce. "La prima è che non vi è alcuna regola riguardo al modo di uccidere, perciò potrete utilizzare qualsiasi arma troviate" aggiunge. "La seconda è che la gara si svolgerà in un lasso di tempo di esattamente quattordici giorni e, per far in modo che il numero di partecipanti non si dimezzi nei primi tempi, ogni tre giorni vi sarà una pausa di ventiquattro ore, dove le uccisioni e le aggressioni saranno assolutamente proibite. Mi raccomando, non cercate di evadere questa regola eh!"
Sakura sposta lo sguardo più a destra e scorge nel buio dell'aula la figura di Megumi che si china all'orecchio di Tsukushi per bisbigliarle qualcosa. Probabilmente avrebbe ricordato quel momento per tutta la vita: è già pronta a dire qualcosa, a riprenderle, lei che è sempre così ligia alle regole anche a scuola, perché quel Madara Uchiha ha espressamente proibito le comunicazioni fra compagni. E' vietato. Non va bene.
Non capisce bene quello che succede dopo, non lo capisce affatto. E' tutto confuso: la cattedra cigola e la figura di Madara Uchiha balza a terra, nel buio di quell'aula, e prima che se ne renda conto un coltello sfreccia lungo la stanza, sfiorando il suo orecchio in un sibilo che le mozza il respiro.
E così finisce.
<< Ehi tu, non si bisbiglia! >>
Sembra un flash: il coltella vola, le sfiora l'orecchio in un sibilo assordante, il corpo di Megumi Kusaki si accascia sul pavimento in un tonfo sordo.
E le urla, urla strazianti e terribili.
Megumi.
Lena respira a fatica; si sono tutti allontanati dal corpo della ragazza, che giace appena dietro di lei. Si volta Sakura, lentamente, gli occhi sgranati, il battito frenetico del suo cuore che rimbomba nella sua testa. Megumi è morta?
Si accorge che Madara si è avvicinato solo quando sente la sua voce ad un palmo dall'orecchio: << L'avevo detto io che era vietato parlare fra voi... >> soffia mellifluo, prima di ribaltare il cadavere con un calcio e sfilare il coltello conficcato nella fronte di Megumi. E Sakura continua a tremare, seduta, gli occhi spalancati.
<< Mi raccomando ragazzi, non comportatevi come lei >> 
Sakura neanche se ne accorge, perchè quando torna ad incamerare un poco di aria nei polmoni è scivolata qualche metro più avanti e sta osservando il viso di Megumi, avvolta in una pozza di sangue.
Le sfiora il viso, ancora caldo e morbido sotto le sue dita; e gli occhi scuri di Megumi la guardano, impietriti, sbarrati. Fa paura, è orripilante, ma Sakura non riesce a smettere di guardarla.
<< E' morta >>
Ed eccole le lacrime che aveva tentato disperatamente di trattenere per tutto quel tempo. Sono lì, che le rigano le guance posandosi sull'immmacolato colletto della camicetta. Sakura sente il loro sapore salato sulle labbra.
E poi li sente Sakura, quei sentimenti d'odio, di disperazione che le opprimono il petto.
Megumi non è mai stata sua amica, ma ora è morta.
E perchè sembra essere lei l'unica a preoccuparsene?
E' sbagliato, stupido e pericoloso - e i suoi compagni lo hanno capito. Nessuno osa dire qualcosa, si sono tutti rintanati lontano. Lontano dall'evidenza di quel barbario assassinio, e da una verità troppo grande da accettare.
E' sbagliato, stupido e pericoloso, ma Sakura lo fa lo stesso. E sono quelli i sentimenti che Madara legge nei suoi occhi gonfi e lacrimanti, non appena lei solleva il capo dal corpo straziato di Megumi Kusaki.
<< Lei è un essere ignobile >> sibila Sakura, ed è certa che tutti possono sentirla perchè dopo le urla la sala è piombata nel più assoluto silenzio. << Non è nessuno lei per potere decidere della vita e della morte di una studentessa >> aggiunge. << E tantomeno della vita di tutti noi >>
Madara la scruta, col suo unico occhio nero, e le sorride, increspando appena le labbra.
<< E' sicura di quello che sta dicendo.. >> sussurra, serafico. << .. studentessa del Konoha? >>
Sakura stringe i pugni, stringe i pugni e reprime un singhiozzo, e fa per alzarsi. Se deve morire preferisce morire in una maniera dignitosa, e non come banale pedina partecipante ad un insano gioco d'azione.
Fa per alzarsi Sakura, e pur essendo perfettamente conscia del pericolo al quale sta andando incontro, pensa che non sia la cosa sbagliata.
Ma una mano piccola e candida le stringe il polso.
Si volta, esterrefatta, e in quella mano candida riconosce le fattezze dolci di Hinata Hyuuga. Fra tutte le persone che avrebbero potuto fermarla dal suo più che evidente tentato suicidio, Sakura si sarebbe aspettata chiunque. Ma non Hinata Hyuuga, non lei.
<< Sakura-san >> sussurra lei, appena udibile. << Per favore >>
Osserva il suo volto pallido rigato da lacrime, gli occhi chiusi e la fronte agrottata. Quello di Hinata non era un comando, tantomeno una richiesta impartita gentilmente. Hinata la sta supplicando.
Hinata sta piangendo.
<< Per favore. >> e la presa sul suo polso si fa più decisa.
Per Megumi?
Non seppe cosa la spinse a farlo; semplicemente le ubbidì, piegandosi alla presa debole ma decisa di quella ragazzina che riusciva ancora a piangere con una dignità e un contegno straordinario, pur in una situazione del genere.
Tornata seduta, Sakura percepisce immediatamente la presa delicata della mano di Lena sul suo braccio, ma non vi fa caso perché tutto ciò che riesce a fare è osservare Hinata. Osservarla mentre alza una mano e la posa sul viso oramai freddo di Megumi, scostandole i capelli dalla fronte con un tocco gentile, chiuderle gli occhi ancora aperti. Coprire la vista del suo volto senza vita con una giacca presa in prestito. Con estrema dignità, pur martoriata dalla disperazione più nera.
E basta quel gesto a farle battere il cuore.
Hinata piange silenziosamente mentre abbassa il capo ed intreccia le dita sul grembo.
Piange e non dice niente.
E Sakura, per qualche strana ragione, e per la prima volta dopo anni, le si sente terribilmente vicino.
Nel dolore.
Il tempo passa, il video ha ripreso ad andare in onda ma Sakura oramai non si accorge più di niente. Immagini tutti uguali scorrono davanti ai suoi occhi, mentre cerca di non fare caso ai singhiozzi soffocati dietro di lei e al suo disperato bisogno di piangere.
"La terza ed ultima regola è che al termine della gara dovrà rimanere un solo sopravvissuto. Se così non fosse, allo scadere del tempo, tutti i collari verranno automaticamente fatti esplodere!" e ride di nuovo. "A questo punto, per evitare che possa succedere una cosa del genere, combattete tutti quanti al vostro meglio eh!"
<< Molto bene >> Madara torna a parlare, interrompendo per l'ennesima volta la trasmissione del video. << Fino a qui, qualche domanda? >>
Sakura torna a prestare un minimo d'attenzione e con la coda dell'occhio, dopo un attimo di silenzio fra le file di studenti, scorge uno degli alunni di Uzu balzare in pieni, alzando la mano diplomaticamente,
Il ragazzo si guarda attorno, li osserva uno per uno; sembra quasi in cerca di una specie di incoraggiamento. << Se sopravvivo.. >> mormora, e Sakura stringe i pugni. << Potrò tornare a casa? >>
Madara Uchiha annuisce semplicemente, guardandolo negli occhi e sorridendogli affabile. Sembra quasi che gli stia comunicando di aver passato il test di matematica << Certo >>
<< Posso? >>
Un'altro studente, di Oto. Sembrano mosche. Perché sono così tanti?
<< Prego >>
<< Ma.. >> bisbiglia. << Perchè proprio noi? >>
Perché?
Madara sospira, accennando una stretta di spalle. << Per imparziale sorteggio nazionale >> replica, laconico.
<< Posso ancora? >> chiede e Madara annuisce per la seconda volta. << Ma perchè fare una cosa simile? >>
Avrebbe fatto la stessa domanda, probabilmente. Chiunque l'avrebbe fatta.
Sakura si passa una mano sugli occhi, cancellando le ultime tracce di lacrime: la verità è che tutto ciò che la circonda è un ingiustizia e il solo pensare di dover uccidere anche solo uno dei suoi compagni, studenti come lei, solo per assicurarsi un giorno in più di vita le da una tale sensazione allo stomaco da nausea.
<< E' colpa vostra >> proferisce. << Colpa del comportamento delle nuove generazioni di studenti >> aggiunge. << Colpa del fatto che voi vi sentiate in diritto di prendervi gioco degli adulti >> dice. << E continuate pure a farlo se volete. >> e li scruta uno ad uno. << Solo, ricordate una cosa: la vita è una gara, combattete tutti al vostro meglio e fatevi onore. >>
Farsi onore.
Le sue ultime parole sono accompagnate dal rumore delle porte scorrevoli dell'aula che si spalancano per la terza volta, lasciando entrare le ennesime file di soldati. Questa volta, però, si trascinano dietro un grosso portapacchi nel quale, Sakura, intravede una marea di borsoni verdi, dall'aria pesante.
"Dunque, adesso dovremmo fare in modo che voi lasciate l'aula uno alla volta." la voce della ragazza nel video torna a farsi sentire. "Ma prima daremo ad ognuno di voi QUESTO borsone!" i denti le scintillano alla luce della telecamera che la riprende, mentre indica alla sua destra il portapacchi. "All'interno troverete" Sakura assottiglia gli occhi "Mappa e bussola! Una torcia elettrica! Un'accendino ed una gavetta!" aggiunge. "E a questo proposito, vista la durata della gara, è anche molto importante che riusciate a procurarvi dell'acqua e del cibo! Per questo vi raccomando di stare molto attenti a ciò che mangiate!" e ride.
"Infine, per ultimo, troverete anche un'arma!" conclude. "Ne troverete di diversi tipi, e non si tratteranno solo di pistole o coltelli. E visto che saranno distribuite a caso potrete trovarne di vincenti o perdenti, tutto questo per appianare i vantaggi naturali!"
<< Abbiamo già avvisato i vostri genitori >> Madara si volta di nuovo. << Perciò, combattete pure a mente sgombra >>
I suoi genitori.
Quella consapevolezza la colpisce come un pugno dritto nello stomaco: fra tutte le cose che ha pensato, in quegli attimi di puro terrore, nemmeno un pensiero è stato dedicato ai suoi genitori. Cosa direbbero loro, sapendo la loro figlia come partecipante della Battle Royale?
La loro brillante figlia?
Si passa una mano fra i capelli, traendo un sospiro tremolante.
"Adesso verrete chiamati secondo l'ordine d'appello" trilla. "Quindi quando questa signorina chiamerà il vostro nome alzatevi in piedi, andate a recuperare un borsone e dirigetevi fuori dall'aula, per favore"
"UZU!"
urla. "Alunno Numero Uno: Akamatsu Yoshiho-kun!"
Ora che la più cruda delle verità è sotto i suoi occhi, Sakura deve organizzarsi: considerando che hanno appena cominciato a smistare gli studenti di Uzu, affinché giunga il turno di Konoha dovranno passare un minimo di dieci minuti. Pensa, Sakura. Veloce.
Si osserva attorno, dimenticato lo shock di poco prima la sua mente è tornata quella vigile e attenta di sempre: deve essere veloce, e scaltra. Non ha molto tempo.
Lena c'è. Dov'è Yuzuru?
Yuzuru è sparita.
Si morde un labbro, facendo scorrere gli occhi fra i suoi compagni, alla ricerca della chioma bionda della sua amica. Eppure ricorda che fino a poco prima era appena dietro di lei, Yuzuru. Era seduta dietro di lei. Dov'è, adesso?
"Alunno trasferito!" Sakura sobbalza. "Hidan-kun!"
Lo stesso brivido di terrore che momenti prima l'aveva attraversata alla vista del gelido sguardo di quel ragazzo torna a farsi sentire quando lo vede alzarsi in tutta la sua stazza. Cammina lentamente, non ha bisogno nemmeno di chiedere il permesso, i ragazzi si scostano dal suo passaggio istantaneamente.
Afferra il suo borsone con una tale calma da farla impallidire, e tremare di nuovo da capo a piedi. Deglutisce, scoprendo la gola incredibilmente secca.
<< Come avrete capito >> Madara sorride. << A questi due state molto attenti >> e Deidara, il ragazzo biondo unitosi all'altro, li osserva, saggiando una gomma da masticare.
Quando finalmente quegli inquietanti studenti trasferiti escono tranquillamente dall'aula, il borsone sulle spalle, Sakura si permette di esalare un respiro, prima che la voce chiocciante della ragazza del video torni ad urlare:
"KONOHA!" Sakura sobbalza. "Asahina Yuki-san!"
Diavolo!
Deve trovare una soluzione, e al più presto. Mentre i nomi dei suoi compagni di classe abbandonano le labbra della ragazza del video, Sakura vede i ragazzi con i quali ha condiviso quell'ultimo anno di superiori abbandonare amici, amiche, fidanzati. Ci sono degli abbracci, delle lacrime; qualcuno non vuole abbandonare l'aula, costringendo i militari a portarlo fuori di peso. Forse è un addio, il loro. Forse quando uscirà non saranno più i suoi compagni di classe, ma solo meri nemici dai quali guardarsi.
Hinata e Neji Hyuuga sono stretti, vicini; Sakura si chiede se si volteranno reciprocamente le spalle.
"Alunna numero quindici!" trattiene il respiro. "Haruno Sakura-san!"
Non è forse questo, che aspettavi?
Si alza in piedi, raccoglie la sua borsa, si china. << Appena sei fuori >> bisbiglia all'orecchio di Lena. << Corri dietro all'edificio. Io sarò lì ad aspettarti >>
Spera che Lena l'abbia sentita, che Madara non l'abbia notata, che anche Yuzuru, dispersa chissà dove, abbia capito qualcosa. Non è come dirigersi al patibolo; sostiene ed ignora gli sguardi di tutti. Attraversa l'aula velocemente, le sue scarpe da tennis risuonano sul pavimento, i capelli le ondeggiano sulle spalle.
Non guarda nessuno negli occhi; acchiappa il suo borsone e prima che qualcuno le urli di uscire, si dirige verso la porta, scoccando un'occhiata verso Lena. Fa che abbia sentito.
Fa che vada tutto bene.


***

Ha estratto la torcia dal borsone e una mano invisibile la spinge lontano, lungo il corridoio buio nel quale si ritrova immersa. Dalla poca luce che penetra dalle vetrate ai lati, Sakura scorge file di soldati ai lati di ogni colonna, di ogni finestra. Qualcuno le grida di camminare, di muoversi, e lei non se lo lascia ripetere due volte. Cammina veloce, e presto la camminata si trasforma in corsa alla ricerca dell'uscita, nel reticolo di corridoi dal quale cerca disperatamente di uscire.
Anche da così lontano sente ancora le grida dei soldati che provengono da quella stanza, sente passi che si affrettano. Qualcuno sta arrivando dietro di lei. Deve sbrigarsi.
E' intuito il suo, che le dice di non concedere una parola a nessuno al di fuori di Lena. E di Yuzuru.
Di non fidarsi di nessuno.
Raggiunge l'uscita con gli occhi stretti in due fessure e tutti i muscoli tesi; se è vero che non se la sente di concedere la fiducia a nessuno dei suoi compagni di classe, è altresì vero che fuori c'è tutta Uzu che vaga per le strade di quell'isola.
Non appena mette piede fuori l'edificio Sakura sente il respiro farsi pesante; da lontano sente delle urla, uno sparo. Sobbalza, mordendosi un labbro. Hanno già iniziato?
I passi dietro di lei si avvicinano: è ricettiva, Sakura. Scappa via, semplicemente.
Scarta verso destra, scavalca la recinzione, scende le scale e scappa via. E' asfalto quello sotto i suoi piedi, vero e proprio asfalto che la rincuora nella consapevolezza che non sono proprio in mezzo al nulla, e che civilizzata quell'isola lo è.
Quando sente di essersi allontanata abbastanza, si ferma, prendendo fiato; ha circondato l'edificio, è esattamente dall'altra parte. Non dovrebbe essere difficile per Lena trovarla, dovrebbe solo fare attenzione.
Sakura si volta, poggiando la fronte contro la superficie del muro e prendendo dei respiri profondi. Si massaggia la base del naso.
Calmati, Sakura. Calmati. Aspetta Lena. Poi deciderete cosa fare. Ce la puoi fare.
Non puoi piangere.
Non ora.
Forse era davvero tutto un incubo, forse se si concentra si sarebbe risvegliata nel suo letto caldo, a casa sua, pronta per una nuova giornata a scuola.
O forse le hanno davvero appena annunciato che avrebbe dovuto uccidere ciascuno dei suoi compagni.
Si morde talmente forte le labbra che sente il sapore metallico del sangue invaderle la bocca, lentamente. Non ricorda l'ultima volta che ha sorriso, forse perché le ultime ore le sono sembrate le più eterne e struggenti di tutta la sua vita.

Avrebbe preferito ricordarlo da sola, in effetti, ma il click di una sicura che scatta le fa raggelare il sangue nelle vene.
Contro la sua nuca, una pistola.
<< Dammi la tua arma >>
Sakura sgrana gli occhi, il suo intuito torna nel suo corpo in fretta come se ne è andato, così come l'istinto di autoconservazione. Una soluzione, Sakura.
La verità è che la paura le attannaglia le viscere e l'unica soluzione a cui riesce a pensare è quella di supplicare il suo aggressore di lasciarla andare. Pensa con fatica che non tutti sono come lei, che qualcuno qui fuori fa davvero sul serio. E lei lo ha appena incontrato.
<< Abbassa quella pistola >> sussurra, in un disperato tentativo di guadagnare tempo e cercando di   mantenere una voce ferma.
<< Zitta! >> un sibilo rabbioso, e Sakura sgrana di nuovo gli occhi, il cuore perde un battito per la millesima volta.
Quella voce.
Non è possibile.                                                                
Non respira.                                                                      
<< Yuzuru..? >> rantola, senza voce. << Cosa stai..? >>
Ma non riesce a terminare la frase, perchè una scarica di pallottole si abbatte proprio alla sua destra, gelandole il sangue nelle vene. Appura che la persona che le punta la pistola contro è davvero una donna quando entrambe cacciano un urlo, indietreggiando. Qualcuno sta sparando alla ceca, e loro sono i bersagli.                                          
Si volta di scatto.                                            
E' buio, non vede bene. E' sicuramente così.
Perché la figura che le ha appena voltato le spalle ha lunghi capelli biondi e corre via, lontano. Da lei.
Non perdere tempo.
E' veloce Sakura, e sorprendentemente reattiva.
Appurato che le sue gambe riescano effettivamente a reggere il suo peso, si sistema la tracolla sulle spalle e abbraccia il borsone, prima di slanciarsi in una folle corsa giù per quello che sembra un lungo pendio, al di là della strada vera e propria.
I rovi le graffiano le coscie, i rami le rallentano la corsa, ma Sakura continua a correre disperatamente, col cuore a mille.
E li sente i passi dietro di sé..
Fanno tutti sul serio.
Quando gli spari e i passi sembrano estinguersi; è solo in quel momento che Sakura cerca di riprendere fiato. Non se ne è neanche accorta: ha abbandonato la foresta, nella sua folle corse è scesa lungo tutto il pendio che ore la sovrasta e si ritrova i piedi immersi nella sabbia. E' su una spiaggia, e da lontano sente il rumore delle onde che si abbattono lì vicino.
E nella notte più buia Sakura affonda i passi nella sabbia della battigia, trascinandosi dietro le sue cose e respirando a fatica.
E' fortunata, perchè riesce a trovare una grotta deserta, ed è li che sceglie di rifugiarsi, accucciandosi in un cantuccio e stringendosi le gambe al petto.
Trema, e nel buio di quella notte Sakura si sente finalmente in grado  di piangere tutte le lacrime fino a quel momento trattenute.


CONTINUA.. ?



***


LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: Teenagers Nei Guai)
Ed il secondo capitolo è andato :)
Che dire? Gli intenditori avranno sicuramente notato le differenze sostanziali con la fonte originale, ma.. ehi! Si fa quel che si può ;)
Per il terzo capitolo dovrete aspettare una decina di giorni sicuri, per il resto spero che questo vi abbia soddisfatto!
Un piccolo assaggio:
"<< Guarda che io non scherzo! >> urla lui, continuando a puntarle addosso la balestra. << Ho già ucciso prima.. >> aggiunge e Sakura stringe gli occhi, deglutendo. << .. e adesso.. >> ha il volto sudato Koichi, così sudato che sotto quel sole cocente la fronte gli risplende, madida. A Sakura fa incredibilmente pena in quel momento, dovrebbe scappare, lo sa. Eppure non riesce a non guardarlo negli occhi piccoli, infossati, e a sospirare.
<<... potrei stuprarti anche a forza! >>"
Ci siamo, ovviamente ringrazio tuuutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo! Dieci recensioni, mi fate felice e contenta *__*
Un bacio, e alla prossima! :D
(Recensioni no jutsu!)
Shannaro!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Day#1: Tsudzuku On My Own. ***


Cap.3
Battle Royale
Day #1:Tsudzuku On My Own. 





<< Ma cos-?! >>
Sbarrò gli occhi, annaspando e cercando di liberarsi dalla presa che gli stringeva il collo. Ci sarebbe riuscito, probabilmente, se la sudetta non si fosse allentata due istanti dopo averlo trascinato lontano, dietro al muro della porta dalla quale era appena uscito.
<< Fa silenzio, Suigetsu! >> la voce aspra di Sasuke lo fece sobbalzare. << Siamo noi! >>
Suigetsu si massaggiò la gola, cercando di incamerare aria e sorpresa allo stesso tempo. Che fossero i suoi amici non c'era alcun dubbio; solo Sasuke riusciva a comportarsi in un modo così rude.
<< Non lo avrei immaginato >> borbottò, faticando a nascondere il sollievo di averli vicini in quella pazzia, che fosse vera o meno.
<< Hai idea.. >> Naruto sbuffò, mentre si allontanavano ancora di qualche metro. <<.. di come si utilizzi questa roba qui? >> non riusciva a maneggiare la pistola.
<< Tu che arma hai, Suigetsu? >>
Sasuke aveva la voce fredda, più fredda del solito. Suigetsu, nel buio di quel vicolo, non riuscì a distinguerlo da ciò che lo circondava. Sembrava confondersi con l'oscurità che regnava su di loro, inesorabile. Un brivido freddo gli attraversò la schiena, gelandolo sul posto.  << Ah.. devo ancora.. >> era ancora sotto shock? Non riusciva nemmeno a rendersi conto di ciò che stava succedendo davvero. Come in trance infilò una mano nel borsone che pendeva dalla sua spalla.
Era quasi surreale la scena, Suigetsu lo vedette: Juugo, così alto e grosso, si intravedeva appena, dietro Naruto e Sasuke; reggeva un fucile sulla schiena, non diceva niente, non una parola. Naruto continuava ad indaffararsi con quella pistola. Sasuke era fermo, immobile, sembrava una statua. E lo inquietava.
Suigetsu, interrompendo la ricerca e fermandosi un attimo a pensare, si chiese se fosse tutto vero. Se tutto quello che che Madara Uchiha aveva raccontato loro fosse la più cruda delle verità: "Non c'è tempo per le spiegazioni" aveva detto Sasuke, prima che il suo nome venisse chiamato all'appello, scioccato come loro dalla notizia che fosse stato Madara Uchiha - quell'Uchiha, il suo stesso zio - ad orchestrare tutto quel gioco.
Sasuke si sporse oltre il vicolo, sguardo cauto, guardingo. Non c'era anima viva; si sentivano alcune voci, ma erano lontane.
<< Che arma ha, Karin? >> chiese infine, tornando nel vicolo.
Karin.
Suigetsu accennò appena un sorriso; era bastato il nome di quell'oca a fargli tornare la voglia di scherzare su tutta quella faccenda. Avrebbe potuto piangere, in fondo. Dei suoi genitori non avrebbe più visto traccia, lui stesso prima o poi, lungo quei quattordici giorni, sarebbe morto.
<< Che hai nella borsa, stregaccia? >>
Karin era vispa, bisbetica, furba, e maledettamente attraente, con quel suo modo di fare da perfetta vamp. Era un po' diversa, e un po' no. Suigetsu saggiò la parola "stregaccia" sulla lingua, non riuscendo a non sorridere, e fu quando alla sua domanda seguì solo il più profondo ed inquientante dei silenzi che si sentì il sangue gelare nelle vene. Karin non rispondeva.
Karin non c'era.
<< ... Karin? >> Naruto rantolò qualcosa, osservandosi attorno.
<< Dov'è Karin? >> ringhiò Sasuke. << Suigetsu, razza di idiota, dov'è Karin?! >>
<< Era dietro di me! >> rispose, furioso se per la recriminatoria di Sasuke o per il fatto che della sua ragazza si fossero perse le tracce non si sapeva. << Era dietro di me! Prima di aprire la porta d'uscita era dietro di me, la tenevo per mano! >>
Naruto si passò una mano fra i capelli, sibilando imprecazioni. << Diavolo, diavolo, diavolo! >>
<< Piantala, Naruto >> Juugo assottigliò gli occhi, imbracciando il fucile.
<< Non è certo colpa mia se questo idiota non sa nemmeno tenersi vicino la ragazza! >>
<< Cosa hai detto?! >> Suigetsu avanzò di due passi.
<< Silenzio! >>  
Sasuke fece scattare la sicura della sua arma, mollando per terra la sua borsa scolastica e caricandosi addosso il borsone verde. Della sua espressione appena visibile in tutto quel buio, Naruto notò per prima la ruga profonda fra le sopracciglia, e la piega stretta delle labbra. E il terrore che alleggiava sul suo viso.
<< Cosa hai intenzione di fare con quella, Sas'ke? >> la voce di Naruto era piatta, meccanica; sembrava inquieta. I suoi occhi azzurri cercavano quelli dell'altro.
<< Secondo te? >> sibilò lui, sprezzante. O solo indifferente. Sasuke sembrava così sicuro di sé eppure il tremore alle mani tradiva altro. << Andare a recuperare quell'oca >>
<< Non avrai intenzione di uccidere qualcuno, con quella, spero >>
L'azzurro di Naruto, i suoi occhi, riuscirono finalmente ad incontrare quelli del migliore amico: lesse soltanto determinazione, e un sentimento che gli appesantì così tanto lo stomaco da non non riuscire ad impedirsi di urlare. Sasuke era serio, lo sapevano entrambi. Tutti. Faceva sul serio.
Credeva alle parole di Madara Uchiha.

Come avrebbe potuto non farlo, d'altronde?
<< Sas'ke! >> in un battito di ciglia gli fu addosso, afferrandolo per la collottola della divisa. << Hai davvero intenzione di prender parte a questa follia?! Stai solo facendo il loro gioco! >>
Sasuke assottigliò gli occhi. << E cosa vuoi fare, allora?! Cos- >>
Sasuke non riuscì a finire di rispondere, la sua voce venne coperta dal suno metallico delle pallottole che si disperdevano nell'aria, assieme alle urla. Sempre più vicine, sempre più acute. Grida di disperazione.
Juugo imbracciò il suo fucile, con aria insicura. Avevano iniziato.
Sasuke tornò a voltare il capo, stringendo convulsamente la pistola.

Cosa avrebbero fatto dopo? Dopo che avessero trovato Karin, cosa avrebbero fatto?
Le regole erano chiare: solo uno poteva sopravvivere. Avrebbe dovuto uccidere i suoi amici? Puntare la pistola contro i ragazzi con cui era cresciuto? Contro il suo miglior amico, contro Suigetsu, Juugo e Karin? Avrebbe dovuto ucciderli?
Non erano lacrime le sue, eppure i suoi occhi onice dicevano altro. Erano senza scampo. Nessuna via di fuga.
Naruto, notando il suo stato d'animo, allentò lentamente la presa, voltandosi verso Suigetsu che dalla sua borsa aveva estratto un coltellino. << Suigetsu >> mormorò, la voce roca. << Per favore >>
Ma Suigetsu non l'ascoltava: buttava via la sua borsa scolastica, afferrava il borsone, pensava a Karin la fuori, lontano da loro. Senza di lui.
Narutò strinse gli occhi. Forse stava piangendo, o si stava trattenendo dal farlo, perché quella situazione era così maledettamente assurda da risultare ridicola. Non era possibile, tutto ciò.
<< Juugo >> sussurrò. << Juugo, almeno tu >>
Dall'alto della sua stazza Juugo lo osservò, quasi mite. Non sorrise, semplicemente lo osservò. Naruto lo lesse nei suoi occhi: d'altronde anche Naruto stesso stava facendo violenza su se stesso; fuori c'era Karin, sola. E loro non potevano lasciarla lì.
<< Hai altre alternative, Naruto? >> la voce di Sasuke, ancora più glaciale, tornò a farsi sentire. << Hai altre soluzioni? Preferisci sacrificare la vita di Karin per risparmiare quella di tutti quei figli di puttana che là fuori fanno sul serio? >> disse. << Credi che voglia uccidere di proposito? >>
Naruto chinò il capo, colpito.
Nessuno disse qualcosa, poi. Lo osservarono in silenzio, mentre si mordeva le nocche delle mani, forse a sangue, tanto quanto bastava per non lasciarsi sfuggire un singhiozzo.
<< Come..? >> mormorò, la voce spezzata. << Com'è possibile che tutti si uccidano con così tanta facilità?! >>
E abbattè il suo pugno contro al muro, stringendo la mascella e nascondendo le lacrime di frustrazione che gli rigavano le guance.
Sopravvivere.
Naruto lasciò scivolare la mano sul muro di mattoni, prendendo respiri profondi. Il suono delle pallottole aveva smesso di rieccheggiare, ma le grida rimanevano, e anche i passi concitati non molto lontani da loro.
Fu solo quando lo videro abbandonare quel muro che trassero un sospiro di sollievo, e fu solo quando Juugo gli allungò la sua pistola, battendogli una pacca sulla spalla, che Sasuke si azzardò a parlare di nuovo.
<< Juugo tu copri Suigetsu col tuo fucile, e perlustrate le aeree qui attorno, ma non allontanatevi da qui. Karin potrebbe tornare >> disse, pratico, pragmatico, tirando fuori la mappa. A Suigetsu sembrò di tornare a sei mesi prima, durante le vacanze estive, quando avevano affrontato fra scherzi e spintoni quel corso intensivo di tiro, offerto loro dai Signori Uchiha. << Visto che io e Naruto abbiamo le pistole ci spingeremo più in là >> Naruto deglutì. Il solo pensiero di puntare la pistola addosso a qualcuno gli dava la nausea. << Io andrò a destra, dietro all'edificio. Tu, Naruto, a sinistra >> aggiunse. << Chiunque di noi trovi Karin non torni indietro, ma in dieci minuti al massimo si fa trovare qui. >> indicò i locali caldaia della zona. << In dieci minuti al massimo. Non uno di più, non uno di meno. Non possiamo rischiare >>
Era pericoloso.
Sasuke lo sapeva, e molto bene. Conosceva quel gioco, sapeva che gente poteva frequentarlo, sapeva che là fuori, per quel che riguardava loro, chiunque poteva fare sul serio. Anche Naruto lo sapeva, voleva solo che capisse. Voleva che capisse che se non avrebbe puntato la pistola per primo, nessuno avrebbe esitato a farlo contro di lui; voleva che capisse che le loro vite valevano più di chiunque altro.
Sarebbero morti, forse, probabilmente. Sarebbero morti tutti, ma Sasuke non ci voleva pensare. Non ancora.
Avrebbe fatto di tutto per non dare ai suoi genitori la tomba di un altro figlio su cui piangere, per tenere accanto a sé i suoi amici il più a lungo possibile.
Voleva solo che lo capisse.
Sasuke, impugnando la sua arma, osservò Suigetsu e Juugo che si allontanavano piano, mettendo piede fuori il vicolo. Fece scattare la sicura della pistola, infilando la mappa nel borsone, e si scambiò uno sguardo con Naruto, ignaro del fatto che sarebbe stato l'ultimo per molto tempo.



***



"Sono le sei del mattino, ragazzi! Anche per i più dormiglioni è giunta l'ora di svegliarsi!"
Se fosse stata una giornata normale, Sakura, sicuramente ancora sepolta sotto le coperte, avrebbe cercato la sveglia e l'avrebbe scaraventata contro il muro, prima di tornarsene a dormire sogni tranquilli.
Quel giorno Sakura vede il suo respiro condensarsi nell'aria, facendo capolino fuori dalla grotta e stringendosi nella sua giacchina. Nella notta fredda e buia, trascorsa per lo più fra le lacrime soffocate contro le sue ginocchia, è riuscita a recuperare dalla sua borsa scolastica solo un golfino in più e un cambio intimo, giusto quello che nel suo trolley da viaggio, chissà dove disperso, non era riuscita ad infilare.
Fuori è appena l'alba: la vede riflessa nelle onde del mare che si abbattono ritmicamente sulla battigia. Sakura affonda qualche passo nella sabbia, uscendo definitivamente dalla grotta.
La voce dagli altoparlanti risuona chiara, forte, tonante. E' quella che l'ha svegliata, poco prima, interrompendo quei pochi minuti di sonno che era riuscita a racimolare lungo la notte.
"Oggi è il primo giorno di uccisioni! Mi raccomando, date il meglio di voi stessi e ricordatevi delle regole fondamentali di questo gioco" Sakura alza il viso, al cielo, quasi in cerca della fonte di quella voce. "E mi raccomando, non dimenticate di fare colazione. Il buongiorno si vede dal mattino, non affaticatevi troppo!" si passa una mano fra i capelli. "Per quando riguarda le zone rosse, ovvero quelle zone dell'isola dove a partire da una certa ora è proibito sostare, a partire dalle ore nove in poi: F1! Dalle ore undici: E9..!" dice, e Sakura appunta tutto sul lato bianco della cartina. "Invece, per quanto riguarda il numero delle vittime, sono sette i compagni morti durante la notte scorsa: cinque di Oto, uno di Suna e uno di Konoha! Tentare la fuga sarà sembrata una buona soluzione, ma ahimè, non ha funzionato"
L'alba oramai è totalmente sorta, Sakura sente i suoi pallidi raggi illuminarle il viso. Se non fosse per il rumore delle onde che si abbattono sulla spiaggia, nemmeno un suono lacererebbe quell'atmosfera.
Ad eccezione di quella voce.
"So che probabilmente molti di voi saranno disperati per la morte dei loro compagni, e cercherete sicuramente di trovare una via di fuga. Non c'è, ragazzi: affrontate questa gara con coraggio, fatevi onore e rendete fieri di voi i vostri genitori, diventando così degli adulti da rispettare" una folata di vento le sferza in faccia. "E ricordate: Uccidete, o sarete uccisi"
Con quella frase, la comunicazione termina e Sakura tende ancora le orecchie, forse nella speranza di una frase finale diversa.
Sono cinque le vittime di Oto, e proprio non riesce a sorprendersene: sarà perché glielo hanno detto che Oto è un istituto famoso per la sua violenza, ma proprio non riesce a darsi pace per quel "uno" di Konoha.
Lena non è con lei, quella mattina. 
Avanti Sakura. Calma. Sangue freddo.
Ci sono delle priorità nella sua mente, e ora che si può quasi definire al sicuro, la più importanti sono quelle di riuscire ad identificare che razza di arma le abbiano appioppato, riuscire a procurarsi del cibo e dell'acqua e per ultimo partire alla ricerca di Lena.
E Yuzuru?
Sakura deglutisce, tornando a passi lenti dentro la caverna. A Yuzuru non ci vuole pensare, non ancora. Non adesso. Non in un momento del genere, con l'alba da poco sorta e un nodo che le chiude la gola al pensiero di Lena in balia di tutti gli studenti delle altre scuole.
Dopo essersi assicurata di essere effettivamente sola, Sakura si addentra nella parte di grotta dove ha lasciato le sue cose, sedendosi su un masso ed estraendo di nuovo la cartina.
In un'ora al massimo quella si sarebbe trasformata in una zona rossa, e ciò implica che lei, se non avrebbe voluto morire, se ne sarebbe dovuta andare.
Sospira, ricercando nella sua borsa scolastica un elastico, legandosi i capelli in una coda sfatta. Mentirebbe se dicesse di non sentirsi inquieta, sola, in una grotta di un'isola sperduta. Mentirebbe anche se dicesse di voler trovare una pistola, o coltello, in quel borsone verde. Come potrebbe difendersi con una pistola? Non saprebbe nemmeno dove metterci mano.
"Complimenti! La tua arma è: un Localizzatore! Con questo potrai spostarti lungo tutta l'isola senza l'uso della cartina, inoltre potrai localizzare le posizione di tutti i partecipanti al gioco, i sensori rossi, tramite le onde che sprigionano i loro collari, e verrai avvertita attraverso una forte vibrazione se un collare sospetto si sta avvicinando! Ancora complimenti, e fai buon uso della tua arma, studente/ssa!"
Sakura accartoccia il biglietto, buttandolo dietro la schiena, ed è con un po' di timore che preme sulla sommità dell'apparecchio dallo schermo quadrato.
Il quadrante si illumina e ciò che Sakura vede non è solo la cartina bidimensionale dell'isola, assieme ai sensori rossi dispersi un po' ovunque, ma anche le coordinate del suo luogo e, sopratutto, icone che indicano i centri abitati più vicini.
Cerca Lena.
Forse è pazza.
E' un suicidio allontanarsi da quella grotta, avventurarsi fra le colline di quell'isola alla ricerca della sua amica, alla ricerca di un po' di civiltà e di qualche speranza.
Si dice che lo fa per l'acqua, per trovare un po' di cibo e per fuggire da quella che in poco meno di due ore sarebbe diventata una zona rossa. Eppure non riesce a non sperare di trovare qualche suo compagno, di potergli parlare, per unire le forze, per trovare una via di fuga.
Sakura fa di nuovo capolino fuori dalla grotta, si osserva attorno, adocchia il sentiero ripido lungo il quale è scesa la scorsa notte.
Getta un'altra occhiata al localizzatore: i sensori rossi sono più presenti, in quella zona.
Forse è meglio cercare un'altra strada.



***



<< S-Shikamaru, aspetta! >> la ragazza bionda cercò di frenare la loro corsa. Era notte, i bagagli erano pesanti e Chouji aveva fra le braccia un fucile che più che farla sentire protetta alimentava soltanto la sua paura.
Ino singhiozzò, continuando a correre come una forsennata. Gli spari che poco prima li avevano spinti ad allontanarsi dal cortile di quell'edificio si erano del tutto estinti ormai, eppure loro continuavano a correre.
<< Dove stiamo andando?! >> 
Shikamaru si fermò un attimo a riprendere fiato, si voltò verso di lei. La vegetazione era fitta e nel buio della notte illuminata appena dalla luce della torcia, non vedevano quasi niente. Ino non riusciva a vederlo, sentiva solo il suo respiro sulle labbra. Vicino, come la presenza di Chouji alle sue spalle.
<< Qui >> sussurrò, indicando un punto a caso sulla cartina << Il più lontano possibile dalla loro base >> Ino sentì la sua mano risarlirle una guancia. << Un'ultimo sforzo, Ino >> le disse, prima di tenderle la mano. << Forza Chouji! >>
Ino strinse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime e sforzandosi di cancellare dalla sua mente quei ricordi di poco prima: la calca di persone che si era affollata nel cortile, gli spari, le urla, i tre corpi che si accasciavano davanti ai suoi occhi. Tenten.
Nella disperazione che aveva colto tutti, al suono degli spari, e nella fuga di massa, era riuscita solo a scorgere in lontananza la figura di Tenten e a nulla erano valse le sue grida e le sue lacrime. Tenten era sparita nel buio di quella notte, inghiottita dalla folla, e a Ino non era restato nient'altro da fare che seguire Chouji e Shikamaru, in una folla corsa lontano da quella scuola.
Passarono i minuti, forse ore, non smisero mai di correre. A volte si fermavano, si guardavano attorno, forse nella speranza di vedere Kiba e Lee dietro di loro. Riprendevano fiato, Shikamaru e Chouji parlavano fra loro, Shikamaru la stringeva forte, le baciava le labbra, le diceva di resistere. Lei chiedeva di Tenten, e continuava a fissare il terreno.
E in quel buio, appena illuminato dalle loro torce, sentivano fruscii, voci, e ricominciavano a scappare. Shikamaru non si fidava di nessuno, aveva detto, e mai lo avrebbe fatto. Solo di loro, di Lee, di Kiba, di Tenten. Solo di loro avrebbe potuto fidarsi.
Corsero tutta la notte, facendosi largo fra rovi, boscaglie, attraversando spiagge e pendii.
Non incontrarono mai nessuno, e Ino non guardò mai davanti a sé. Preferì rivolgere lo sguardo al cielo.
Quello risplendeva ancora, illuminato dalle stelle.



***



I raggi del sole le bruciano la pelle, anche da sopra la camicetta, e mentre attraversa ampie vallate, Sakura capisce che è giunto il momento di prendersi una pausa.
Per quel poco che è riuscita a capire della morfologia del terreno, attraverso al localizzatore che ora le pende dal collo, l'isola non è altro che costituita da colline e vallate, colline e vallate.
Ha abbandonato la spiaggia, risalendo lungo i pendii e costeggiando lungo gli alti promontori di cui neanche riesce ad intravedere la fine.
Le sembra di camminare da ore, ed è effettivamente così: sul quadrante del localizzatore lampeggia il numero undici e osservando sia quello che l'orologio che porta al polso, Sakura costata che sono di diverse ore avanti rispetto al fuso orario del Giappone.
Sperduti nel mezzo dell'oceano Pacifico.
Sospira, passandosi una mano sulla fronte madida di sudore; ha tolto la giacchina, l'ha annodata alla vita e gira con due borse sulle spalle e il localizzatore nella mano.
Si sente fortunata, non ha incontrato nessuno lungo il suo tragitto. A badato bene di tenersi a distanza dalle masse di sensori rossi che giravano nella parte più alta dell'isola, preferendo i promontori che si affacciavano sul mare. E' una strada più lunga per la civiltà, e per il sensore più vicino che segnala la presenza di un villaggio, ma Sakura sa che è la scelta migliore.
Piuttosto che imbattersi in qualcuno di poco raccomandabile - Oto -, preferisce fare così.
Passano i minuti, la fame comincia a farsi sentire, non mangia dalla sera prima. Non ha trovato neanche dell'acqua, lungo la sua strada. Alza lo sguardo al cielo: il sole è ancora alto, rovente.
Deve trovare dell'acqua.
Neanche se ne accorge, le sue gambe sembrano procedere da sole, indipendenti dalla sua mente affaticata e accaldata. Dalla scogliera che sta attraversando si eleva l'ennesimo sentiero, turtuoso, ripido, ma è quasi con un sorriso che Sakura costata che è quello che la porterebbe al villaggio più vicino.
Entusiasta corre quasi, scavalcando radici, attraversando una rada boscaglia. Il suo localizzatore non segnala nessun sensore vicino. E' fortunata, si dice, è maledettamente fortunata.
Ciò che l'attende, alla fine del sentiero, non è che un agglomerato di quattro o cinque casupole. L'insegna di un negozio cigola, pendente; attraversando la via principale vede valigie buttate per strada, vestiti, casse vuote. Tutto presume una fuga veloce, un evacuazione improvvisa. Chi viveva in quel posto avrà avuto solo il tempo di recuperare il necessario.
Ciò che la commuove quasi è la vista della fontana, piccola, arruginita, ma funzionante, proprio al lato del negozio dall'insegna cigolante.
Sakura vi ci si butta con foga, appendendo il localizzatore al collo e dissetandosi, rinfrenscandosi la nuca, il collo, il petto. Riempie tutte e due le borracce, ed è solo in quel momento che tende l'orecchio, osservandosi attorno.
Il deserto che la circonda è inquietante, e il silenzio non fa altro che alimentare la sua tensione. Controlla di nuovo il localizzatore, costatando crucciata che nei paraggi non c'è nessuno. Il sensore più vicino è a un kilometro di distanza, e si dirige proprio da quella parte. E' indecisa Sakura, perché quel sensore sta evidentemente correndo, e in una decina di minuti al massimo potrebbe trovarselo davanti.
Pensa, Sakura. Pensa. Giusto il tempo... di una controllatina. Lo stretto necessario. Cinque minuti, non uno di più, poi via.
Con uno scatto entra dentro al negozio, osservandosi attorno in fretta. E' una drogeria, e saltando di pier passo le verdure andate a male, si dirige negli scaffali più interni.
Osserva le merendine ipocaloriche, le patatine e gli snack con aperto sdegno: addio alla sua dieta. Non ci pensa neanche un istante; butta tutto ciò che trova nella sua borsa.
Ancora due minuti.
Lasciando perdere gli scaffali alimentari è con trasporto che si dirige verso il piccolo reparto di igiene intima femminile: è stupido, lo sa. E' stupido che lei si preoccupi per certe sciocchezze, quando Lena è sparita, lei è sola, sperduta in un isola del tutto ostile. E' stupido, eppure non riesce a non far scorrere le dita sugli scaffali, sugli shampoo all'estratto di ecaulipto, sui detergenti intimi, sulle salviette profumate.
Neanche se ne rende conto, una lacrima le riga una guancia. Si morde un labbro, per soffocare un singhiozzo. Le hanno tolto la sua quotidianità, la sua routine. Vogliono toglierle la sua dignità di donna, ora? Deve sentirsi reticente, stupida e superficiale, anche solo nel prendere una scatola d'assorbenti, per cercare di mantenere un certo contegno, un certo onore, in mezzo a quella gara?
Sospira.
Sceglie di prendere solo poche cose, e si dice che farlo le spetti di diritto. Perché è pur sempre una ragazza.
Perché è l'unico frammento di normalità che le resta.
E' solo quando chiude la borsa, e quando si passa una mano sugli occhi, che si azzarda a dare un'altra occhiata al localizzatore. Il sensore vicino è sparito dalle vicinanze, e tira un sospiro di sollievo. Avrà sicuramente deviato.
Si dirige dietro alla cassa, tastando sotto il bancone alla ricerca di una sporgenza o qualcosa di simile. Non è stupida Sakura, quello è un negozio.
Tira un forte strattone e ciò che si ritrova in mano non è altri che una pistola. Polverosa, rimasta lì da chissà quanto tempo, ma è pur sempre una pistola.
Pesa, e Sakura non ha la minima idea di come usarla. Il solo pensiero di doverla puntare contro qualcuno le da la nausea, ma si dice che averla con sè potrebbe farla sentire più sicura. E potrebbe rivelarsi un'aiuto, in caso di scambio.
La infila nella borsa e si dirige verso l'uscita, afferrando di scatto un binocolo da uno scaffale lì vicino e aprendo la porta con un piede.
Fuori è esattamente come era prima del suo arrivo; valigie, carte, scatole. Un deserto fatto di silenzi e grida soffocate; Sakura rabbrividisce, pur sotto quel sole.
L'atmosfera è diversa.
Attraversa la strada in punta di piedi: non sa se dirigersi a sud, continuando ad esplorare quella parte di isola, o tornare indietro verso la sua grotta. In entrambi i casi è pericoloso girare da sola, e lo sa.
Si scosta i capelli dal viso, buttando per terra la cartaccia della merendina che ha appena inghiottito. Forse dovrebbe spingersi più in là, alla ricerca di Lena.
Un lungo sibilo infrange l'aria e Sakura rizza le orecchie, stringendosi il localizzatore al petto:
"Salve, ragazzi! Oramai è passato mezzogiorno, sarete stanchi. Interrompete le uccisioni e gustatevi un buon pranzo!" Sakura sospira, poggiando il peso del suo corpo su un piede. "Nel frattempo, vi comunico le zone rosse valide a partire dalla prossima ora"
Sakura osserva indifferente il suo localizzatore prendere appunti di ciò che dice la voce, che non appartiere ad altri che Madara Uchiha stesso, e segnalare sulla cartina tutte le zone prossimamente proibite.
"Per quanto riguarda le vittime di questa prima mattina di uccisioni, sono costernato nell'annunciarvi che solo una persona ha perso la vita, di Uzu, scegliendo il suicidio per di più. Mentre sono molti i feriti; ragazzi, affinate quella mira e non sprecate proiettili. Come pensate di sopravvivere se non riuscite ad uccidere nemmeno il vostro compagno?"
La comunicazione si chiude e Sakura continua ad osservare il cielo. Persa. Assorta.
Ed è solo quando il localizzatore comincia a vibrare come impazzito, sul suo petto e fra le sue mani, che sobbalza e si affretta ad abbassare lo sguardo.
"Allarme: sensore in avvicinamento"
E' troppo tardi.
<< C-C'è qualcuno?! >>
Il cuore perde un battito, ma Sakura è veloce: volta di scatto il capo verso il negozio di poco prima, medita di precipitarvicisi dentro, ma è troppo lontano. Giusto il tempo che un rumore di passi si avvicini e riesca ad intravedere con la coda dell'occhio la figura di un persona, che Sakura si è buttata dietro al muro della casa che ha davanti, accucciandosi per terra col cuore che batte a mille.
I passi sono pesanti, lenti; Sakura sente un respiro affaticato, ansante. << C-C'è, nessuno? >>
Quella voce.
Sa che è sbagliato, che non dovrebbe farlo, che non...
<< Koichi! >>
Le parole le sfuggono dalle labbra, in un singulto soffocato. Sembra il paradiso; Sakura si è alzata, ha voltato il capo, è sollievo quello che le dipinge il volto. Koichi è davanti a lei, il suo compagno di classe.
Le punta addosso la balestra, e Sakura sobbalza, indietreggiando di un passo.
<< Sakura! >>
In un attimo fa scivolare il localizzatore fra la gonna e la camicetta, dietro, sulla schiena. E' sorpreso tanto quanto lei, ma è anche nervoso. Sakura lo vede da come trema, dalla fronte madida di sudore. E dal fatto che non abbassa la balestra. Deglutisce.
<< Io... >> balbetta lui. << Come stai? Sei sola? >>
Scavalca di nuovo il muretto. Sembra surreale quell'incontro.
<< .. Sì >> sussurra, stringendosi le braccia.
Davvero non hanno nulla da dirsi? Cos'è quella patina che impedisce a Sakura di precipitarsi fra le sue braccia, in lacrime, consapevole che finalmente ha trovato qualcuno dei suoi compagni?
<< Vieni con noi, Sakura! >>
Sobbalza, colta alla sprovvista. Koichi sembra aver perso il nervosismo di poco prima, le si è avvicinato, ha abbassato la balestra. Le sorride, e Sakura nota il suo volto sporco di terra. << Stiamo.. stiamo cercando quelli della nostra classe! Siamo in tanti.. adesso mi sono perso, ma con noi c'è.. >>
<< C'è Lena?! >> sbotta, ed è più forte di lei.
<< Lena... ? >> e si allontana da lei.
Di diversi metri.
Ora Sakura lo vede piegarsi su di sè, le spalle gli tremano: forse sta piangendo, forse ha male da qualche parte. E' con orrore, poi, che Sakura scopre la sua smorfia, il viso contratto dalle risa.
Koichi ride, istericamente. E Sakura trema, indietreggiando di un passo.
Koichi è innocuo.
<< Mi stai chiedendo se Lena è con noi, Sakura? >> sibila, assottigliando gli occhi.
La sua voce è acuta, sibilante, affilata, e Sakura sente le gambe mancarle.
<< Tu.. non sai cosa è successo la scorsa notte, vero? >> aggiunge, ridendo, ed è una domanda retorica.
<< Certo che no, Sakura è una ragazza così brava.. sei scappata via subito, vero, dolce ciliegio? >> Koichi è tornato vicino. Più vicino di prima, così vicino che Sakura sente il suo respiro sulle labbra. Lui le afferra una lunga ciocca di capelli. << Sei così carina.. e mi chiedi di Lena? >> Sakura abbassa lo sguardo, immobilizzata. Dalla paura?
<< E.. Y-Yuzuru? >>
Sa di aver detto qualcosa di sbagliato quando Koichi lascia andare la ciocca di capelli e le rivolge uno sguardo duro, accusatorio.
<< Y-Yuzuru.. ? Chi.. ? Quella puttana che ha infilato la canna della pistola in bocca a Yoshi?! >>
Un battito d'ali.
Sakura si sente sprofondare, di nuovo, lentamente, come la notte prima. Come quando aveva sentito quella pistola puntata contro la nuca, in una pressione leggera, ma presente, determinate.
Koichi torna a ridere e Sakura continua a ripertersi che è innocuo.
Scappa.
<< Sei così innocente, Sakura, così pura.. >> torna ad avvicinarlesi, e Sakura finalmente legge nel suo sguardo qualcosa di simile alla pazzia. Forse è davvero impazzito. Forse sono impazziti tutti. << Perché non vieni con noi? Abbiamo proprio bisogno di una ragazza che cucini, sai? E tu sei così bella, ci prenderemo tutti cura di te, ti proteggeremo, ti faremo sentire sicur- >>
Sakura lo scosta via: Koichi non è in sé. E lei deve fuggire, perché quell'incontro si sta rivelando pericoloso. E doloroso.
<< Dov'è Lena? >> chiede, la voce arrochita dalla tensione, gli occhi guardinghi. E' tutto finito.
Koichi la osserva, e barcolla. << Mi chiedi di Lena? >>
<< Dimmi dov'è Lena >>
Koichi torna ad impugnare la balestra, sembra lascivo. La osserva in quel modo, in quel modo paranoico, penetrante il cui solo pensiero mesi prima l'avrebbe fatta fremere di disgusto. Non ha tempo per il disgusto, ora. Koichi sa dov'è Lena, sa cosa è successo la notte prima. Ha bisogno di lui.
<< Ti porto da Lena, se vuoi >> le dice, con voce strascicata. << Ma solo se tu poi vieni con me >>
Sakura si irrigidisce: è un'offerta pericolosa. Potrebbe fidarsi di Koichi?
Lo osserva mentre gioca con la sua balestra, in attesa di una sua risposta. Sakura sa, maledizione, lo sa, che è successo qualcosa a Lena. Lo sente sulla pelle, nel cuore.
<< Dimmi dov'è Lena >> dov'è il suo corpo. << Per favore, Koichi >> è una supplica la sua.
<< Perché dovrei portarti da Lena?! >> urla e Sakura lo capisce. Capisce che deve fuggire da lì. << Tu non sai niente, piccola Sakura. Sempre con la mano alzata durante le lezioni, sempre a girare per i corridoi con quelle due puttanelle; per una volta Sakura non sa niente... vuoi sapere? >> sussurra.
<< Vuoi sapere cosa è successo ieri notte, Sakura? >>
Indietreggia, pronta a fuggire, e Koichi sembra capirlo perché impugna la balestra, puntandogliela addosso.
<< Non ti muovere >> le dice. Sakura continua ad indietreggiare, terrorizzata. << TI HO DETTO DI NON MUOVERTI! >>
<< Koichi, metti giù quell'arma >> geme, sentendo ogni singola fibra del suo essere smaniare per fuggire via da lì. E' con le spalle al muro, letteralmente. E' davvero in trappola? << Per favore Koichi >> sussurra e allunga una mano dietro di sè: sente sotto le dita il freddo metallo di un asta.
<< Guarda che io non scherzo! >> urla lui, continuando a puntarle addosso la balestra. << Ho già ucciso prima.. >> aggiunge e Sakura stringe gli occhi, deglutendo. << .. e adesso.. >> ha il volto sudato Koichi, così sudato che sotto quel sole cocente la fronte gli risplende. A Sakura fa incredibilmente pena in quel momento, dovrebbe scappare, lo sa. Eppure non riesce a non guardarlo negli occhi piccoli, infossati, e a tremare.
Anche lei farà quella fine?
<<... potrei stuprarti anche a forza! >>
E un colpo di balestra infrange l'aria afosa di quel giorno: Sakura fatica a trattenere un urlo, indietreggiando intimorita, giusto il tempo di vedere la figura tarchiata di Koichi correre verso di lei, l'arma sguainata, le labbra serrate in una smorfia di sforzo disumano.
Fallo, Sakura.
L'asta di metallo lo colpisce dritto sulla spalla - Sakura non ha sbagliato mira. Koichi caccia un gemito acuto, barcollando, prima di crollare sopra di lei con tutta la sua massa. Sakura riesce a scostarsi all'ultimo secondo, scivola sull'asfalto, scarta a destra, prima di finire stesa per terra. 
Il cielo è azzurro.
E le sue amiche disperse.
"Y-Yuzuru..? Chi..? Quella puttana che ha infilato la canna della pistola in bocca a Yoshi?!"
Sente le lacrime rigarle le guance, mentre accanto a sé Koichi continua a gemere, e chissà perché capisce che quelle non saranno che le prime che le solcheranno il viso.
<< Stronza! Maledetta stronza! Mi hai fatto male.. stronza! >>
Chiudere gli occhi, per sempre. Chiudere gli occhi davanti a tutto ciò che la circonda, chiudere gli occhi davanti all'inferno in cui ha messo piede.
Morire.
<< Dov'è Koichi? >>
<< Andate a cercarlo da quella parte! >>
<< Koichi! >>
Sakura sbarra gli occhi, il respiro le si mozza. Il localizzatore vibra come impazzito, sulla sua schiena.
Lo sente sulla pelle, lo avverte dal rarefarsi dell'aria, nella pelle d'oca che le gela le braccia.
Fuggi.
Lo chiama istintito di soppravvivenza: è quello che spinge il suo corpo a sollevarsi, a recuperare le borse lasciate cadere per terra, a riprendere in mano il localizzatore. Sakura singhiozza, dando un'ultima occhiata a Koichi, steso per terra, la mano sulla spalla. La balestra accanto.
Fugge, nascondendosi dentro la casa più lontana, accucciandosi sotto al tavolo, cercando di soffocare i singhiozzi. Fuori sente le loro voci, maschili, profonde.
<< Chi è stato..? Aiutami a sollevarlo, Tonda! >>
<< Sakura...?! Dov'è andata? Da quella parte.. Miyama, di là! La voglio viva! >>
<< Ricevuto! >>
Passano i minuti.
Minuti vissuti nell'ansia, in attesa che l'eco di quei passi si faccia lontano, vada via, sparisca del tutto e dia sollievo al suo cuore che batte al'impazzata.
Sakura li sente urlare, sono tutti impazziti - si dice. E si rende conto che lei, da sola, lì, non ha posto.
Non c'è posto per una come lei, e nemmeno per tutte quelle persone che vagano per quell'isola nella speranza, e nell'illusione, di poter trovare qualcuno a cui aggrapparsi.
Non esistono gli amici, i compagni, in una situazione del genere.
"Tu.. non sai cosa è successo la scorsa notte, vero?"
Sakura piange le sue ultime lacrime, si strofina gli occhi, cancella dalla mente il ricordo di Lena che vaga, e fa più male di una coltellata nel petto.
Quando vede i sensori allontanarsi si alza in piedi, barcolla, deve appoggiarsi alla parete, ma riesce a riprendere in mano le sue borse e a uscire.
Fuori, il deserto più assoluto.
E il primo passo è tornare indietro.
Lena, ormai, è morta.




***


La prima cosa che notò furono i suoi occhi; quando si avvicinò per ricevere il suo borsone, Neji Hyuuga scambiò un lungo sguardo con Madara Uchiha. Fu il primo, lui, ad abbassare lo sguardo, perché i suoi occhi erano così intensi, così penetranti, che non riuscì a sostenerne la vista.
Uscì a testa alta dall'aula, marciò alla ceca lungo il corridoio, ricercando nel borsone: di quale arma fosse stato dotato la sua missione era una sola.
Proteggerla.
C'era l'inferno, fuori.
Neji lo sentiva, lo vedeva; nelle urla, nei singhiozzi di classi che si erano radunate lì attorno. Si chiese quanto tempo avrebbero impiegato i militari a sparare sulla folla, per dare loro una svegliata e dimostrare che tutto ciò che li circondava non era uno scherzo.
"Hinata-sama, appena esci sarò lì ad aspettarti"
Neji attese, invano. Attese minuti interi, appoggiato al muro vicino all'uscita, ben nascosto; ignorò le voci, le grida, gli approcci di qualche ragazza che venne singhiozzante a chiedergli aiuto. Aspettò invano, ma Hinata non uscì mai da quella porta.
Davanti ai suoi occhi sfilarono i suoi restanti compagni di classe, tutta Suna, tutta Oto.
Ma di Hinata non vi fu traccia.
E quando cominciarono gli spari, dall'alto, come aveva predetto, tutto ciò che potè fare fu correre via e salvare la sua vita, nell'attesa di ritrovare quella della sua amata cugina.



***



Sono passate da un pezzo le cinque quando Sakura avvista il sentiero che si snoda giù dal promontorio, ripido, diretto verso la spiaggia che la notte prima era stata il suo rifugio.
Durante il suo cammino ha rischiato di imbattersi due volte in numerose comitive di sensori; sette, otto membri per ognuna. Era sempre riuscita a nascondersi appena in tempo.
E fra nessuno di loro vi era anche un suo solo compagno.
Lena.
I suoi passi affondano nella sabbia, in profondità, e sulla spalla c'è ancora il livido della caduta di poco prima, al villaggio.
Non fa più caldo come prima, il sole è sceso e dalla sua posizione nota quanto poco manchi al tramonto.
Entrando nella grotta non bada nemmeno a restare sveglia per ascoltare l'ultimo annuncio della giornata: riesce solo a buttare per terra la coperta che ha trafugato dal villaggio, e a sdraiarvisi sopra, stando ben attenta a essere nascosta dall'entrata. Chiude gli occhi su una giornata che vuole dimenticare, aggrappandosi al suo localizzatore, nascondendo le lacrime nel palmo della mano.
Chiude gli occhi davanti all'inferno.


***


<< CORRI! >> la voce di Suigetsu. << CORRI, SAS'KE! >>
    Sasuke non vide più nulla, forse qualcuno gli era finito addosso. C'erano le urla, sentiva solo quelle.
Nel buio di quel cortile, forse, non lo sapeva, scorse la chioma di Suigetsu che stringeva un polso sottile.
Forse Karin era finalmente in salvo.

Gli spari, le grida: si voltò, nella speranza di trovare Naruto al suo fianco.
Non c'era nemmeno lui.
Corse, semplicemente, si fece spazio nella calca, addentrandosi nella foresta, stringendo i denti.
Era solo.



***




La mattina dopo non è più la voce sarcastica dell'altoparlante ad interrompere il suo sonno tormentato, né gli incubi peggiori, ma la vibrazione impazzita del localizzatore sul suo petto.

Sbarra gli occhi, e aguzza lo sguardo, zoommando l'obbiettivo: sulla cartina due sensori rossi si avvicinano velocemente.
"Allarme: due sensori in avvicinamento", legge
ed è veloce Sakura: con uno slancio afferra le borse e scavalca gli speroni della grotta, riparandosi ansante dietro un masso sporgente, appena in tempo prima che il rumore di passi diventi più concitato e vibri fra le pareti della grotta.

<< C-C'è nessuno? >> urla la voce di un ragazzo, stridula, disperata. Sakura stringe le borse al petto, l'arma che vibra ancora fra le sue mani. << Ho detto se c'è nessuno! >> una raffica di spari si infrange sul soffitto della grotta e lei trema e soffoca l'urlo con una mano. Pessimo risveglio.
<< Calmati, Takasu >> un'altra voce, sempre maschile, più affaticata. << Non c'è nessuno. Andiamocene >>
<< E dove vorresti andare?! >> gracchia l'altro. << Quei bastardi ci stavano inseguendo! Volevano ammazzarci! >>
<< Non ho intenzione di uccidere nessuno, io >> dice l'altro. << Andiamocene Takasu, dobbiamo trovare ancora Marika >>
E se ne vanno davvero, lentamente e guardinghi, lanciandosi dietro occhiati caute.
Sakura aspetta che i passi si siano completamente estinti prima di emergere dal suo nascondiglio. Il localizzatore ha smesso di vibrare e il suo cuore di battere all'impazzata.
Appoggia la schiena contro il masso: è buffo costatare come tutte le persone, in quell'isola, stiano cercando qualcuno. Qualcuno a cui aggrapparsi.
Lena.. è morta?
Qualcuno su cui fare affidamento.
E tu su chi farai affidamento, Sakura? Chi cercherai?
Sakura torna ad osservare la pistola rubata dal negozio al villaggio, il giorno prima; storce le labbra in una smorfia: non avrebbe ucciso nessuno, lei. Avrebbe evitato i guai, sarebbe scappata, sarebbe sopravvissuta.
In attesa di cosa?
Di morire?
Afferra la sua borsa scolastica, estraendo tutto ciò che potrebbe esserle utile e infilandolo nel borsone verde, assieme alla torcia, ai suoi effetti personali e alla gavetta.
Butta via il passato.
Sono le sei del mattino, l'alba è appena sorta e Sakura esce dalla grotta, butta in mare la sua vecchia borsa e si stringe addosso quella nuova.
Regola Numero Uno: Spostarsi sempre.
Sono le sei del mattino, l'alba è appena sorta e Sakura cammina sulla battigia, le onde le sfiorano i piedi, i capelli le ondeggiano sulle spalle.
In mano ha un localizzatore, negli occhi solo un obiettivo:
Sopravvivere.




CONTINUA... ?





***



LoSpazioDiGè:
(
Traduzione Titolo: Continuando Con Le Mie Forze)
Via con un nuovo capitolo ;)
Mi scuso per i giorni di ritardo e beh, spero vi sia piaciuto! Qui abbiamo un quadro generale delle cose: Sasuke e il suo gruppo si separano, come detto nell'ultima scena; così come Neji con Hinata, al contrario di Shikamaru, Chouji e Ino. E si riesce a capire qualcosa riguardo a cosa è successo la fatidica notte.
Sakura, pur non essendone convinta, smette di cercare Lena, perché consapevole che oramai niente è come prima. E Yuzuru? Cx
Tanto per farvi felici, vi dico che nel prossimo capitolo avremo il tanto fatidico e sospirato primo incontro fra Sasuke e Sakura! ;) Quindi non mancate!

Un assaggio:
"La prima cosa che nota è che probabilmente mai ha visto qualcosa di più nero che i suoi occhi, sembra quasi che la notte si sia generata da essi. La seconda è che, né troppo lontani e vicini come sono, vede che oltre a portare un fucile sulla schiena, stringe una pistola nella mano, mentre lo stemma dell'istituto Oto risplende sulla sua casacca slacciata. La terza cosa che nota è che, sopraffando anche il terrore che pochi istanti prima l'ha avvolta, non solo ha appena salvato la vita al suo potenziale assassino, ma non può e non riesce a non appurare che il ragazzo che ha davanti è incredibilmente bello"
Detto questo ringrazio le meravigliose undici persone che hanno recensito lo scorso capitolo! Grazie mille, ragazzi! Davvero.

Shannaro e.. recensioni no jutsu!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Day#2: Tatakau Boy Meets Girl. ***


Cap.4
Battle Royale
Day#2: Tatakau Boy Meets Girl.





La notte prima aveva cullato nel sonno l'illusione che tutto ciò che la circondasse fosse in realtà un sogno, un effimero tentativo di Morfeo di spaventarla e metterla in guardia riguardo ciò che le avrebbe riservato la vita.
Una metafora.
Forse quel gioco era davvero una metafora, un modo come un altro per insegnare i veri valori della vita alle nuove generazioni. I ragazzi si lamentavano della dura vita sui banchi di scuola, dello stress al quale erano sottoposti, e ora cosa avrebbero detto? Cosa avrebbero detto, catapultati in un mondo parallelo, con l'unico scopo di sopravvivere il più a lungo possibile?
La legge della natura. Sopravvive il più forte.
Come un leone che bracca la sua preda, Sakura è la gazzella. Che corre veloce, sfugge alla morte, ai suoi assassini.
Se le avessero mai detto che un giorno si sarebbe trovata a fuggire, per davvero, da un'orda di potenziali assassini, Sakura avrebbe riso.
Ora vorrebbe solo piangere.






[Qualche ora prima]





Osservando l'imponente albero di baobab che le si innalza davanti, Sakura non può a fare a meno di alzare lo sguardo alla ricerca di quella fine, di quell'ultimo ramo che si tenderebbe lentamente verso il cielo. E' con un sorriso, forse anche con amarezza, che sospira, chiude gli occhi e lascia che il ricordo di qualche mese prima, quando era ancora tutto normale, torni a danzarle di nuovo nella mente.
E' buffo, si dice.
Credeva di aver dimenticato come ricordare.
La spiaggia, la grotta che per due giorni si era vista diventare il suo rifugio, era stata abbandonata oramai diverse ore prima, assieme alle insicurezze che avevano caratterizzato quelle prime quarantotto ore trascorse su quell'isola.
Sakura si è spostata a sud, con calma, ha pranzato con patatine e un sorso d'acqua, sorride all'idea che la sua dieta forse ne gioverà di tutta quell'esperienza - perderà, forse, quei tanto desiderati tre chili. Si sorprende, allora, di ricordarsi come sorridere, anche dopo averli visti.
Sa di essersi forse aspettata troppo dagli altri: non tutti i ragazzi vogliono uccidere, forse alcuni sono come lei.
Forse qualcuno non è riuscito a reggere l'idea di dover affrontare gli amici di sempre, di veder morire davanti ai propri occhi il fidanzato, la fidanzata.
Ore prima era scesa lungo un ripido pendio, stando ben attenta a non inciampare o scivolare da qualche parte, col rischio altrimenti di ruzzolare giù per la collina e porre fine ai suoi giorni prima del tempo. Era stato allora che l'aveva vista: quella minuscola casupola dall'aria cadente; i fili di paglia che rivestivano il tetto brillavano di luce, sotto al sole cocente di quella mattina; la leggere brezza sferzava su quelle erbacce così tanto alte che quasi nascondevano il pomello della fracassata porta d'ingresso. Aveva controllato col localizzatore, perché era prudente, perché non voleva di nuovo correre rischi, e quando aveva costatato l'assenza di qualsiasi forma di vita, era entrata timidamente, alla ricerca di qualche utile: un telefono, qualche scorta in più di cibo, il passaggio di qualche altra persona.
Forse era stato intuito il suo, non lo sapeva; eppure quel silenzio innaturale che l'aveva colta entrando in quella casupola era bastato a farle abbassare lo sguardo, decidendo di seguire con gli occhi le tracce di riso sparso lungo il pavimento in legno.
Non aveva voluto vederli.
Era bastata l'ombra di un calzino e quella di una scarpa a farla voltare di scatto, rivolgendo la schiena a quelli che inevitabilmente erano una coppia di ragazzi che di via avevano scelto quella più facile, forse.
Il suicidio.
Nessuno era forte abbastanza.
Sakura sospira, superando l'albero di baobab e procedendo il suo cammino: si chiede quando sarebbe arrivato per lei quel momento in cui non avrebbe più sostenuto il ritmo di quella competizione, e avrebbe scelto di spirare in pace, da sola, per sua mano. E non vittima di un efferrato omicidio.
Si chiede quando toccherà, a lei, suicidarsi.



***


Sono già passate da un pezzo le cinque del pomeriggio, Sakura oramai ha perso il conto delle ore di marcia. Non capisce nemmeno perché stia camminando, cosa stia cercando.
Ai promontori dai quali riusciva a scorgere la sconcertante vastità del mare che la circondava - forse l'unica speranza rimasta per chi, come lei, vuole tornare a casa -, si sono sostituite le aspre foreste di quell'isola, dagli alberi bassi, ma così fitti che a malapena riesce ad avvistare il cielo sereno e azzurro di quelle giornate. Sakura si accorge di essere salita di livello solo quando si imbatte in un pericoloso dirupo che si estende per così tanti metri - una centinaia, probabilmente - che fatica a rimanere lucida, dall'inquietudine che le trasmette.
In tutte quelle ore non è che riuscita a costeggiare solo che una parte della fiancata nord dell'intera isola e Sakura, diretta a sud, si accorge solo in quel momento che quel dirupo non ha fatto altro che bloccarle il cammino più facile per la sua immaginaria meta.
Tutto ciò che le rimane fare e salire ancora più di quota e sperare di trovare un altrettata veloce e facile via per raggiungere l'altra costa.
Ciò con cui non ha fatto conto è l'incapacità del suo localizzatore di dare l'allarme se i sensori, piuttosto che in avvicinamento, rimangono stabili e fermi in un punto.
Dritta nella fauci del leone.



***



Via più facile un cazzo.
Sakura si accorge di essere caduta in trappola troppo tardi, troppo in avanti. Si da della stupida, maledice il suo localizzatore, maledice se stessa e il cielo che comincia a scurirsi.
Ciò che si aspettava di trovare, risalendo il dirupo nel quale si era imbatutta, non era una radura, o qualcosa di simile ad essa. La conformazione della mappa sul localizzatore non segnalava alcuna radura in quel punto, e nemmeno l'impossibilità di evaderla senza dover scalare un muro di terra alto dieci metri.
In trappola. Bloccata.
E non è la radura che le gela il sangue nelle vene, o solo la consapevolezza che per poterla evadere avrebbe dovuto diventare un'alpinista. Sono le casupole che vi sono, le persone che le popolano, la marea di ragazzi che siede su tronchi, affillando con i loro coltelli pezzi di legno, parlando fra loro, pulendo una delle pistole della catasta di armi che troneggia al centro.
Balestre, pistole, fucili.. troppe armi, troppe armi per solo una decina di ragazzi che fanno loro la guardia.
Sakura, il cuore in gola, nascosta dietro alcuni cespugli, si chiede se ce ne siano altri in giro come loro, per l'isola. Si chiede se si siano organizzati; non tutti sono della stessa scuola. Avvista due suoi compagni, e stringe i pugni, ma la divisa che predomina è quella di Suna.
Deve andare via. E subito.
<< Quando Hiro e Rei torneranno, partirete tu Yakamura >> Sakura aguzza la vista, e nella voce che prende parola riconosce le fattezze di un ragazzo di Suna, forse più vecchio di lei. << Non voglio errori, intesi? >>
C'è qualcosa di strano in quei ragazzi, e Sakura non lo nota solo nella esagerata presenza di armi. Non sono ragazzi che combattono per la loro sopravvivenza, e nemmeno per proteggersi a vicenda.
Se tenti di sviare la radura passadoci attorno ti sentiranno di sicuro, e scalare quella parete di terra è infattibile.
C'è un'unica soluzione: attraversare la radura.
Più facile a dirsi che a farsi.
Ha un brutto presentimento, e quella sensazione orrida che le torce le viscere si concretizza quando, in un tramestio acuto, emergono dalla parte di foresta opposta alla sua due ragazzi feriti, sporchi di terra e sangue.
Trascinando con sé un'altra ragazza.
Forse basta il gesto del "capo", quel gesto veloce, un massaggiarsi del mento, perché Sakura tremi e cerchi di soffocare la nausea salitale alla gola. E' immediato quel pensiero, le perfora il cervello.
<< Uzu >> proferisce, alzandosi dalla catasta di tronchi e avvicinandosi ai due appena entrati nella radura sotto gli occhi di tutti. << Che armi hai? >>
Il ragazzo più basso e tarchiato estrae dalla cintura dei pantaloni una pistola e un bastone, allungando entrambi gli oggetti al capo della banda. << Cianfrusaglie >> borbotta l'altro. << Buttate tutto via e lasciate la ragazza qui >>
Cacciatori di armi?
Quando i due ragazzi superano il capo, Sakura stringe i denti, prendendo a respirare affanosamente. Chiuderai gli occhi? Chiuderai gli occhi davanti allo stupro di una povera ragazza innocente?
<< Come ti chiami? >> le chiede lui, inginocchiandosi per terra per guardarla meglio in viso, ma la ragazza evita il suo sguardo e volta il capo. Sakura nota appena che ha i capelli raccolti in due chignon mezzi sfatti, il viso sporco di terra, di sangue. Deve essersi difesa.
<< Ti ho chiesto come ti chiami >>
<< T-Ti prego.. il mio gruppo sta venendo a cercarmi, i-io n-non, il mio ragazzo.. >>
<< Avete sentito? >> sbotta il capo, sorridendo sprezzante. << Ha un ragazzo! >>
Un coro di risate segue la battuta e Sakura si massaggia la base del naso, prendendo per l'ennesima volta respiri profondi. << Ma cerca di capire, tesoro >> le dice lui. << Se tu avessi avuto delle buone armi noi ti avremmo ucciso subito, sai. Io ho mandato i miei ragazzi avanti, ho fatto loro rischiare la vita, dovrai pur tornarci utile in qualche modo, no? >>
Vattene, Sakura. Vattene.
Chiudi gli occhi.
Non è vigliaccheria la sua, continua a ripeterselo, e le lacrime che le offuscano la vista sono dovute all'aria rarefatta di quel posto, al caldo quasi insopportabile. Sakura se lo ripete, stringendo le labbra, mentre i singhiozzi di quella povera ragazza le fracassano i timpani peggio di qualunque altra cosa.
E si sente stupida, si da della stupida, perché pur strisciando per terra non riesce a non fare rumore, e quando da sotto il suo ginocchio un crack rimbomba lungo la foresta, si morde le labbra e sospira.
Idiota.
<< Cos'è stato? >> sbotta una voce. << Yakamura, vai a controllare! Forza! >>
<< Ma.. >>
<< Subito! >>
Sta' ferma, Sakura. Non verrà da questa parte, non verrà da questa parte.
Eppure nel corso avanzato di filosofia occidentale, affrontato tre mesi prima assieme ad alcuni dei migliori studenti della sua scuola, le teorie avanzate da Murphy riguardo all'impossibilità che qualcosa possa andare nel modo migliore, la convincono a strisciare più avanti, sempre più veloce, incurante del fatto che quel ragazzo si sta avvicinando.
<< Tsunata.. qui non c'è assolutament- >>
Al diavolo. Scappa.
Piuttosto che campeggiare lì, per l'eternità.
Con la coda dell'occhio, nascosta dall'ennesima fila di cespugli, adocchia le spalle del ragazzo e decide che proprio quello è il momento adatto per darsi alla fuga, incurante se o meno qualcuno riuscirà a vederla.
E' veloce, scatta in avanti, serpeggiando fra gli arbusti, con la schiena bassa e lo sguardo attento. La fine è vicina, la vede nelle casupole appena superate, nei cespugli che vengono sostituiti dagli alberi.
Ad un passo dalla salvezza.
Eppure quando torna ad alzare lo sguardo non è l'oramai familiare verde della foresta che incontra, ma una fronte imperlata dal sudore e degli occhi paonazzi, sgranati dalla sorpresa.
<< E tu... chi sei? >>
Il cuore perde un battito.
Maledizione.
<< I-Intrusa! >> urla di getto, e Sakura sobbalza. << Abbiamo un intrusa! INTRUSA! >>
Non pensa, non ragiona, l'unica cosa che vede è la fuga, oltre quegli alberi, oltre quel ragazzo.
<< Cosa state aspettando?! Prendete le armi e inseguitela! Yakamura con me! Gli altri seguano Hiro! >>
<< Presto! Sei con noi, gli altri rimangano di guardia! >>
<< La voglio viva! >>

Corri.
Corri.
Non importa niente, il suo cervello non registra niente, il localizzatore vibra impazzito fra le sue mani, ma a lei non importa; corri.
E corre, più veloce che può, col vento che le sferza in faccia, le cosce che strusciano una contro l'altra, incurante delle cadute, dei rumori, dei sibili che si avvicinano sempre di più. Incurante anche solo di realizzare veramente cosa sta succedendo.
Quella ragazza si sarà salvata?
Alza gli occhi al cielo, e lo trova oscurato dalle fitte foglie degli alberi. Non se ne è neanche accorta, ma il cielo si sta tingendo di rosso e il tramonto comincia a prendere il sopravvento sulla giornata.
E lei morirà?
La notte prima aveva cullato nel sonno l'illusione che tutto ciò che la circondasse fosse in realtà un sogno, un effimero tentativo di Morfeo di spaventarla e metterla in guardia riguardo ciò che le avrebbe riservato la vita.
Una metafora.
Forse quel gioco era davvero una metafora, un modo come un altro per insegnare i veri valori della vita alle nuove generazioni. I ragazzi si lamentavano della dura vita sui banchi di scuola, dello stress al quale erano sottoposti, e ora cosa avrebbero detto? Cosa avrebbero detto, catapultati in un mondo parallelo, con l'unico scopo di sopravvivere il più a lungo possibile?
La legge della natura. Sopravvive il più forte.
Come un leone che bracca la sua preda, Sakura è la gazzella. Che corre veloce, sfugge alla morte, ai suoi assassini.
Se le avessero mai detto che un giorno si sarebbe trovata a fuggire, per davvero, da un'orda di potenziali assassini, Sakura avrebbe riso.
Ora vorrebbe solo piangere.
Quando lo schermo del localizzore comincia a lampeggiare, Sakura si rende conto che non è solo in pericolo, non è solo inseguita da un orda di aguzzini. E' circondata.
E' troppo tardi. Morirà lì? Che ne sarà di lei?
Alza lo sguardo e c'è la notte.
Occhi neri.
Urla, e il suo urlo è così acuto e forte da farle accapponare la pelle. Perché è veloce, svelta, e per un solo soffio evita l'impatto, ma pur non scontrandosi contro l'essere che le è sbucato davanti non riesce a non staccare lo sguardo dai suoi occhi.
Ed è un ragazzo, lui, che ringhia e scarta a destra un attimo prima di schiacciarla col suo peso, voltandosi all'istante verso di lei.
E lui da dove è spuntato?
Sakura ha gli occhi sgranati e non riesce, è del tutto incapace sia fisicamente che mentalmente, a distoglierli dai suoi. Così scuri.
Vuole dire qualcosa, lui? Ha aperto le labbra, sembra sorpreso, e lei anche.
La mente si svuota.
Chi sei?
E' un attimo, un attimo di debolezza, lo legge anche nei suoi occhi, perché un istante dopo è tutto passato e il ragazzo fa per puntarle contro la propria pistola.
<< Prendetela! Fatti vedere! CORRETE! >>
Sakura trema, lancia un ringhio, un gemito e indietreggia di un passo. E torna a guardarlo negli occhi, il ragazzo che un istante prima le è piombato addosso, e legge nel suo viso tanta sorpresa quanta la sua preoccupazione.
<< Scappa >> sussurra.
E torna nell'incubo, veloce, così come ne è uscita, così come è bastato incrociare quegli occhi perché la sua mente respirasse un attimo e tornasse viva; vi torna dentro.
Ciò che però le manda di nuovo in tilt il cervello e le mozza il fiato per la seconda volta non è la consapevolezza che quegli aguzzini si stanno avvicinando, sempre più veloci, né che non sappia cosa ne sarà di lei lì a breve, ma il fatto che in un sibilo appena percepibile ciò che la coda del suo occhio coglie è una casacca nera che scivola al suo fianco, ad una manciata di metri da lei.
Sta scappando anche lui.
E la guarda, si guardano. E' uno scambio di sguardi.
<< Di là! >> urla.
E non sa il perché.
Ciò che Sakura ha avvistato da lontano non si rivela altro che l'unica possibile via di fuga per quell'incubo, l'unico modo perché possa tornare a respirare normalmente.
Lo sente dietro di sé, forse le ha dato ascolto, forse la sta seguendo; le sta dando retta, per caso?
Si butta, semplicemente, oltre gli arbusti, e soffoca un grido. Atterra di schiena, non sente né dolore né qualsiasi altra cosa: la scarpata nella quale si è lanciata era poco profonda, poco visibile e ben nascosta dagli arbusti.
Il cuore perde un battito quando avverte un altro tonfo accanto a sé, due istanti dopo, e non le serve guardarsi dietro per costatare chi è che le è caduto a fianco.
Sakura, in quel momento, pensa solo a scivolare più dentro, ad appoggiare la schiena contro la parete della scarpata, a chiudere gli occhi e a sperare che passino oltre, tutti loro, e che non li notino.
Trema, e si morde un labbro per soffocare un gemito di dolore: non si è fatta del male da nessuna parte, ma la caviglia del piede le pulsa, e non poco.
<< Dove sono andati?! >>
<< Andati? Erano in due? >>
<< Sì, ne ho visti due. Uno era un ragazzo, si è unito dopo; forse è il compagno della ragazza >>
<< Non mi interessa, trovateli tutti e due. E portatemeli vivi. MUOVETEVI! >>
I passi scricchiolano, sui rami spezzati e sulle pietre, e a Sakura pare l'attesa più lunga della sua vita; aspettando che il gruppo di quei ragazzi passi oltre quella scarpata e proceda in avanti.
Sakura, di nascosto e stando ben attenta a non farsi notare dall'altro, nota che il gruppo non va in avanti ma scarta verso la destra, mancando del tutto la loro scarpata.
Forse è quello, non appena i passi e le voci si sono del tutto estinti, che la spinge ad alzarsi piano da terra, forse è quello che le lascia tirare un sospiro di sollievo, forse è quello che le permette di abbassare la guardia e osservarsi attorno, guardinga ma sollevata dalla consapevolezza di essere sfuggita alla morte per l'ennesima volta.
Eppure basta uno scalpiccio al suo fianco che il sangue torna a gelarsi nelle sue vene, voltandosi piano, mentre solamente in quel preciso istante prende coscienza del fatto che lei, lì, non è affatto sola.



***



La prima cosa che nota è che probabilmente mai ha visto qualcosa di più nero che i suoi occhi, sembra quasi che la notte si sia generata da essi. La seconda è che, né troppo lontani e vicini come sono, vede che oltre a portare un fucile sulla schiena, stringe una pistola nella mano, mentre lo stemma dell'istituto Oto risplende sulla sua casacca slacciata. La terza cosa che nota è che, sopraffando anche il terrore che pochi istanti prima l'ha avvolta, non solo ha appena salvato la vita al suo potenziale assassino, ma non può e non riesce a non appurare che il ragazzo che ha davanti è incredibilmente bello.
"Complimenti Sakura", si dice ironicamente, "resti qui a contemplare il tuo potenziale assassino piuttosto che scappare"
Una fitta alla caviglia la coglie di sorpresa, ricordandole all'istante che di certo, anche se volesse, non è nelle condizioni di fuggire via.
Non si dicono niente, forse perché entrambi, ancora con il fiatone, si limitano a squadrarsi; mentre lei lascia scivolare il localizzatore sulla schiena, fra la gonna e la camicetta, sotto alla giacchina, certa che la prima prima cosa che le chiederà, se non vorrà passare subito al sodo, riguarderà proprio quell'oggetto.
E' un attimo, il tempo di elaborare tutto quanto appena successo; il ragazzo fa scattare in alto il braccio e le punta addosso la pistola, agrottando la fronte e stringendo le labbra sottili.
E' incredibile notare quanto possa rimanere bello anche in una simile situazione, e Sakura vorrebbe prendersi a pugni soltanto perché non riesce ad impedire ad una parte del suo cervello di pensarlo. Sbianca, non solo per l'ennesima fitta alla caviglia, e retrocede di un passo, sentendo sotto le dita la ruvida e familiare corteccia di un albero.
<< Tu >> le dice, secco, gelido. Non ha un tono di voce quel ragazzo: non sembra disperato, solo molto pragmatico. Sakura sospira di nuovo, costatando che il terrore è passato. Cosa sono allora quei brividi che le attraversano il corpo? Curiosità? << Come facevi a sapere da che parte venivano? >>
Inventati qualcosa. Subito.
<< Rispondi >>
Non è minacciosa la sua voce, affatto. Sakura non ricorda di averne mai sentita una più impassibile di quella: è quasi raccapriccante la cosa; quel ragazzo la scruta coi suoi occhi neri - così diversi da suoi - e continua a puntarle ostentatamente la pistola in faccia, con naturalezza.
Il suo orgoglio scalpita, perché nessuno può permettersi di farle una cosa del genere dopotutto, ma non riesce a trovare la forza per protestare, semplicemente perché è ammutolita. Le è difficile ammetterlo, le costa fatica, ma quel ragazzo le incute soggezione. Non paura, non più, perché sa che se avesse voluto ucciderla l'avrebbe già fatto da tempo, non avrebbe perso tempo per parlarle.
Ma i suoi occhi, la sua postura.

<< Io... >> Sakura stringe i pugni, deglutendo e cercando di placare il tremolio alla voce. << ... mi stavano inseguendo >>
<< Perché? Sei una di loro? >>
Sakura agrotta la fronte. << No >> sbotta, più secca di quanto avrebbe voluto essere << Se mi stavano inseguendo è ovvio che non sono una di loro >> aggiunge, e comincia a scrutare con aperto fastidio la pistola a pochi centimetri dal suo viso. << Abbassa quella pistola >>
<< Qual'è la tua arma? >> le chiede invece lui, ignorando sfacciatamente la sua richiesta.
<< Ti ho chiesto di abbassare la pistola >>
<< E io ti ho chiesto di dirmi qual'è la tua arma >>
Sakura si morde l'interno guancia: è ovvio appurare che è lei quella in svantaggio, costata osservando il fucile sulla schiena di lui e per ultimo di nuovo la sua pistola. In un potenziale blitz per la sopravvivenza quella che perderebbe sarebbe lei, e a nulla vale la pistola nascosta nel suo borsone se non ha nemmeno le minime conoscenze per utilizzarla.
Stringe i denti, frustrata.
Finisce qui, dunque, il tuo cammino?
Il ragazzo continua a scrutarla, la pistola sempre in alto. Non sembra minimamente impietosito dal fatto che lei è una ragazza, sola, dispersa - beh, il concetto dispersa non è esatto, visto che lei sa perfettamente dov'è - e ferita in mezzo ad una foresta.
"Non mostrargli il localizzatore" si dice. "Qualunque cosa succeda, non fargli vedere il localizzatore, Sakura"
<< Io ti mostro la mia arma >> proferisce. Sakura non è stupida, affatto. E nonostante il suo istinto dica che quel ragazzo non è affatto pericoloso come sembri, non è certo tentata dal rischiare comunque la sua vita. << Ma solo se tu abbassi la pistola >>
Bingo.
Si accorge di averlo sorpreso quando, osservandolo, costata come in un impercettibile movimento le sue spalle si siano alzate, assieme alle sopracciglia del suo bellissimo viso. Sakura esala un respiro tremolante: per quanto possa ripetersi continuamente che quel ragazzo non sia pericoloso, il suo corpo continua a tremare da capo a piedi.
<< Dovrei abbassare la mia pistola? >> sibila, assottigliando nuovamente gli occhi.
Sakura poggia definitivamente la schiena al tronco dell'albero che le sbarra la sua unica via di fuga. Per quanto possa essere veloce, lui le è comunque davanti, ad una manciata di metri di distanza. Dubita fortemente, ora come ora, di essere capace di svincolare.
Lei non risponde, principalmente perché non sa cosa dire, secondariamente perché non ricorda come formulare una frase di senso compiuto. Non riesce a parlare, e ciò la stupisce e la inquieta allo stesso tempo.
Dovrebbe arrabbiarsi, lo sa, solo per il fatto che uno sconosciuto la tiene ancorata ad un albero con una pistola in faccia, pretendendo di vedere la sua arma. Dovrebbe come minimo fare fuoco e fiamme, urlando e pestando i piedi come le sarebbe consono. O provare a fuggire, per lo meno, nella speranza di non morire per mano di uno sconosciuto e bellissimo alunno di Oto.
Il ragazzo comincia ad abbassare il braccio, lentamente, ma mantiene salda la presa sulla pistola e Sakura stringe le labbra, abbassandosi piano, verso il borsone verde che le giace ai piedi. Soffoca un gemito, avvertendo l'ormai familiare fitta a quel piede, e apre la zip:
Una soluzione. Una soluzione, Sakura.
E' come un presentimento il suo: è perfettamente consapevole che, se gli mostrasse o la pistola o, peggio, il localizzatore, non vedrebbe di nuovo la luce del sole. Sono tutti così, oramai. E' appurato.
Fa per estrarre il binocolo che il giorno prima aveva trafugato da quel villaggio cadente, quando un rumore di rami spezzati interrompe la calma che li circonda.
E' breve, sono dei passi. E i rami si spezzano ancora.
Lo vede voltarsi di scatto, in una frazione di secondo si è mosso: punta la pistola alla loro destra. E' tornato il ragazzo nervoso di prima, ha lo stesso sguardo che aveva incrociato, nella sua folla corsa alla ricerca di una via di salvezza.
E il suo localizzatore vibra come impazzito sulla sua schiena, mozzandole il fiato, mentre continua ad osservare la schiena di lui, che continua a puntare la pistola a caso, nel mezzo della foresta.
Stanno tornando indietro.
E lui non se ne accorge.

Sakura si precipita verso il borsone, e una fitta al piede la coglie nuovamente.
Scappa Sakura, non farlo. Non pensare a lui.
Neanche se ne accorge, neanche ha il tempo di realizzare veramente la cosa. Perché quei pazzi stanno tornando, in cerca di entrambi, e devono scappare. Subito.
<< VIA! >>
Si slancia in una folle corsa, ignorando il dolore pressante alla caviglia, e il suo corpo che le dice di trattenersi. Di aspettarlo.
E' giusto un attimo: Sakura, correndo, volta il capo alla ricerca del suo viso e lo vede ancora lì, ancora per un'istante, prima che si giri e cominci a seguirla veloce, più veloce di lei.
Non ha tempo di rendersi conto che l'ha superata, che come acquile, veloci, letali, silenziose, quei ragazzi di poco prima sbucano dai rami, dalle foglie, urlando. Sono dappertutto.
<< Prendeteli! >>
E giù, di nuovo nell'incubo.
Sente un sibilo alle sue spalle. Hanno già estratto le armi?
Soffoca un singhiozzo, per il dolore alla caviglia ma anche per la disperazione che per l'ennesima volta l'assale. Una montagna russa. Per quanto ancora dovrà vivere così? Per quanto ancora dovrà scappare e scappare?
<< Fermatevi... maledetti bastardi! >> urlano, alle loro spalle. << Fermatevi! >>
Dov'è lui?
Sakura salta rami, sporgenze; i rovi le graffiano le cosce, sente il sudore impregnarle la pelle, la fronte; ha lasciato di nuovo i capelli sciolti. Alza per un attimo lo sguardo al cielo.
Il tramonto.
Lui è a una manciata di metri da lei, corre veloce, non si volta, nemmeno la guarda. Pensa a scappare, a volte sparisce fra la boscaglia, ed eccolo che ricompare, furtivo, letale.
Sakura si morde le labbra, si da della stupida, dell'ingenua. Non si cura neanche di lei, che gli ha salvato la vita.
O che, almeno, ci sta provando.
Sfila il localizzatore da dietro la gonna. E' un attimo, di nuovo.
Ha il tempo di adocchiare nella cartina una mezza dozzina di sensori che inseguono lei e quell'altro, che il ragazzo sparisce dalla sua vista, inghiottito dalla macchia.
Dov'è? Dov'è?!
Sakura ringhia, singhiozza, trattiene le lacrime per il dolore alla caviglia; si guarda attorno, disperata; gli inseguitori sono vicini, li sente da tutte le parti, sono dappertutto. Non sparano, ma Sakura sente che sono vicino a farlo.
Ed eccolo, lo vede. Corre veloce, in parallelo a lei, ad una decina di metri. Non è come prima, non è sorpresa ciò che legge nel suo sguardo, una volta che lo incrocia da lontano, e nemmeno terrore. Sembra voglia sfidarla a seguirlo, a rincorrerlo.
Lui sta scappando, anche da lei.
E' stupida, lo sa: basterebbe dare un'occhiata al localizzatore, di nuovo, e troverebbe la via più facile per sfuggire da quella trappola, sola, come sempre è stata.
Eppure l'ombra di quel ragazzo che scarta a destra, e svia dal sentiero che stanno disperatamente correndo, spinge le sue gambe a fare un ultimo sforzo, prima di crollare dalla stanchezza e dalla voglia di piangere. E' una pazzia; scavalca una serie di tronchi e si butta al suo inseguimento, percependo chiaramente dietro di sè un esitazione più che evidente da parte dei loro inseguitori, sorpresi del suo cambio di rotta. Ma è un istante, perché nel silenzio di quella foresta, rotto solo dai loro ansiti affaticati, Sakura sente gli scatti delle sicure e sa che ha solo una manciata di secondi prima che una pioggia di pallottole le si abbatta addosso.
<< Prendete quella puttana, cazzo! >>
E' buio poi, perché si è buttata a capofitto nella vegetazione più alta e folta, e si fa largo in essa a suon di gomiti, urla e gemiti.
Pensa di essere giunta alla fine, perché riesce di nuovo a scorgere fra la boscaglia il pallido rossore del tramonto che invade il cielo. Ma è troppo tardi.
<< No..! Fermati! >>
Che stupida.
Un paio di mani invisibili le afferrano un braccio, Sakura si volta, ma le sue gambe non si fermano.
Poi solo le urla, il crepuscolo e il vuoto sotto di loro.



***



Non è un promontorio o una scogliera quella in cui si sono imbattuti.
Scivolano, semplicemente, giù per una turtuosa scarpata, fra le terra umida, fra le piante, tentando di aggrapparsi a qualcosa, ad un ramo. Ma è inutile, perché è tutto così veloce che Sakura, prima ancora di rendersene conto, è già distesa supina, sul suolo, gli occhi semichiusi e la mente confusa.
Forse ha battuto la testa da qualche parte, perché quando trova la forza di rialzarsi debolmente, si massaggia la nuca, scoprendola non solo dolorante, ma sporca di sangue, così come la sua fronte dove un vistoso taglio fa sfoggio di sè, intorpidendole i sensi.
E' viva..?
<< Girati lentamente >>
Una pistola, puntata contro la sua testa, di nuovo.
Ancora per poco.
Sakura soffoca un gemito, massaggiandosi la base del naso. << Non ora, per favore >> sibila, glaciale quanto il ragazzo che, in piedi alle sue spalle, la osserva intensamente.
<< Per colpa della tua stupidità ho perso il cammino che stavo seguendo >> replica lui. Sakura socchiude gli occhi; sente la voce lontana, forse è la botta alla testa.  
Solo dopo realizza, in un flash che le illumina la mente, tutto quanto è appena successo: Sakura balza in piedi, incurante della pistola ancora puntatale addosso, e si guarda attorno, tastandosi la gonna, la camicetta.
<< Cerchi qualcosa? >>
<< Il... mio.. >> sfiata, terrorizzata solo dal pensiero. <<... borsone >>
Localizzatore.
Dov'è?
<< Ti è scivolato durante la caduta >> proferisce lui, e quando Sakura si volta scopre di nuovo la sua pistola puntata contro la fronte. E' sporco di terra, e una ferita gli macchia una tempia, ma è bellissimo come sempre e Sakura, d'improvviso, non può sentirsene che di nuovo inquietata.
Fa per slanciarsi verso il borsone, dietro la schiena di lui, ma la pistola la segue e la sua voce la fredda:
<< Ti ho per caso detto che puoi muoverti, ragazzina? >>
Sakura ringhia, indietreggiando di due passi. E' impotente, senza neanche il suo localizzatore, e si morde l'interno della guancia, nella speranza di soffocare non solo le lacrime ma il dolore che è tornato a farsi sentire alla caviglia.
<< Cosa vuoi da me? >> chiede con voce rotta, stringendo i pugni e osservando il luccichio a tre metri da lei. Il suo localizzatore è lì, nascosto da un cumolo di foglie, e lei deve prenderlo.
<< Solo sapere come diavolo hai fatto a capire che stavano arrivando quei pazzi >> le risponde lui. << Credo sia il minimo visto che mi hai distolto dalla mia caccia >>
<< Vorresti dire che ti ho salvato dalla tua caccia >>
<< Come..?! >>
Sakura si pente immediatamente di quello che ha detto, ma non ritratta, piuttosto continua.
<< Non mi ucciderai >> proferisce, con una sicurezza che è certa di non avere.
<< Cosa ti fa pensare questo? >>
Oramai è buio, praticamente. Sakura lo vede quasi a stento, nella luce tenue degli ultimi rossori del tramonto. Le prime stelle brillano nel cielo e Sakura si chiede se saranno le ultime cosa che vedrà, e se quella terra e quelle foglie saranno la sua tomba.
<< Perché ti ho salvato la vita >>
Due volte.
Forse ha detto qualcosa di giusto, per una volta nella sua vita, perché lo osserva abbassare la pistola, lento, sorpreso, basito. La scruta coi suoi occhi scuri e Sakura trattiene il respiro, mentre il cuore minaccia nuovamente di fracassarle il torace. Non dice nulla, non una parola, si allontana, poi, di due passi, continuando ad osservarla e Sakura finalmente ha il tempo di lasciarsi scivolare per terra, riprendendo fiato e cercando di calmare i tremiti che le percorrono ogni centimetro del corpo.
E' stupida, probabilmente, o forse solo pazza per quel ragazzo con cui ha rischiato di morire per ben tre volte. Scivola verso il suo borsone e recupera il suo localizzatore - sorridendo debolmente della sua sicura presenza fra le sue mani -, prima di tornare in piedi e seguire con lo sguardo il cammino da poco percorso da quel ragazzo.
Neanche l'ha notato, confusa e disorientata com'è dopo quella caduta, ma ciò che la circonda è ben diverso dalla fitta foresta di poco prima.
Nel silenzio di quella sera Sakura abbraccia il suo borsone e barcolla in avanti, seguendo il rumore di foglie secche e spezzate, seguendo la sagoma scura, tetra, che si eleva su di lei, ad una ventina di metri:
Un casolare abbandonato.


***


Non è una buona idea, forse. Quel ragazzo non dovrebbe penetrare in un nuovo ambiente, così, allo sbaraglio.
Sakura lo vede di schiena, che attraversa il campo di erba alta e secca che li separa da quel casolare.
Non le ha più rivolto la parola, eppure è così ovvio che sappia della sua presenza; sa che lei è lì, dietro di lui.
Sbircia il localizzatore, costatando la totale assenza di sensori diversi dai loro e tirando l'ennesimo sospiro di sollievo. Forse sa anche che sono soli, li attorno.
Il casolare che li sovrasta sembra essere stato un tempo una vecchia autorimessa, o forse un parcheggio mai completato. Sta di fatto che alcune e poche deboli luci sono accese e che tutto ciò che Sakura vede è lo scheletro di un edificio dall'aspetto tetro, che si innalza di diversi metri e su più piani in quel cielo scuro e quasi minaccioso.
Lo segue, semplicemente, superando le ultime canne d'erba, prima che alla terra si sostituisca il duro cemento del palazzo.
Le luci sono basse, vanno e vengono, come una di quelle inquietanti atmosfere che Sakura ricorda di aver visto solo in quei film horror che era solita vedere quando ancora tutto era normale.
Ciò che la inquieta più del dovuto non è solo la presenza di numerosi rifiuti - segno che qualcuno, prima di loro, lì c'è stato -, né che abbiano usato come entrata quella che un tempo era stata una parete, ma gli schizzi di sangue che macchiano i pilastri vicini, segni indelebili di una violenza atroce che si è consumata fra quelle mura.
Sakura trema, e le sembra di sentire quell'odore di sangue, quell'odore ferroso che in un attimo le fa girare la testa, in preda ad una nausea tremenda.
O forse sono solo i postumi del colpo alla testa di poco prima.
Sakura ha gli occhi lucidi quando entra definitivamente in quell'autorimessa, scorgendo scaffali di legno alle pareti, rifiuti, cartoni ammassati uno sopra l'altro, vicino a quella che sembra essere una vasca colma fino all'orlo d'acqua.
<< Cosa ci fai ancora qui? >> le chiede duramente, voltandosi stizzito verso di lei. Sembra molto infastidito dalla sua presenza e Sakura trema, avvertendo per l'ennesima volta una fitta al piede.
Si stringe il borsone al petto, in un segno di difesa. Lei non ha proprio intenzione di lasciare quel posto e vagare sola durante la notte, e a costo di rischiare la vita, lei da lì non andrà via.
<< E' un posto libero, questo >> replica altettanto duramente. << Non hai alcun diritto e potere di cacciarmi via >>
<< Potrei ucciderti >> le dice, e per qualche strano motivo le sembra che stia provando a convincere se stesso a farlo.
Sakura scuote la testa, mesta, e gli rivolge un sorriso tremolante. << Non lo farai, te l'ho già detto >> risponde, con voce quasi morbida.
Lo vede osservarla per un lungo istante, forse incuriosito dalla sua audacia, prima di tornare a voltarle le spalle.
Oramai è buio, e la tranquillità quasi surreale che regna in quel posto, dopo tutto quello che è successo, le risveglia dal profondo della sua persona qualcosa di più struggente e morbido. Forse è solo la presenza di quel ragazzo a renderla più vulnerabile del solito, e la consapevolezza che forse quella notte avrà accanto qualcuno che non vorrà ucciderla. Ma eccole, pur dopo aver giurato che mai più si sarebbe concessa una simile debolezza, eccole le lacrime. Di sollievo, forse; solo per ringraziare qualche Kami lassù che le ha salvato la vita per l'ennesima volta, quella giornata, che le ha concesso la possibilità di poter sopravvivere qualche ora in più.
E' ben attenta a nascondere il volto dal ragazzo sconosciuto, concedendosi solo una blando sorriso sulle labbra quando la frescura di quell'acqua che gorgoglia nella vasca le inumidisce la fronte - ancora sporca di sangue rappreso -, la nuca dolorante e le guance, che bruciano dalle lacrime che le solcano.
Sospira, scostandosi finalmente i capelli dal viso.
E poi lo vede, o meglio, lo sente. Lo sente ricercare fra l'immondizia che li circonda, non fa più caso a lei ormai.
Sakura si alza, le lacrime dimenticate.
Cosa stai facendo?
Non è voluto, né premeditato o chissà che: semplicemente lo fa. Estrae dal borsone uno dei pacchetti di patatine di cui il giorno prima ha fatto scorta, si avvicina timidamente e glielo tende. Così.
"Mi hai distolto dalla mia caccia"
Il ragazzo si volta ed estrae la pistola, di nuovo, vedendola avvicinarsi, ma lei continua ad osservarlo mite. Per niente spaventata.
Che ti succede, Sakura?
Vedendo che lui si ostenta a scutarla duramente, Sakura sospira e posa il pacchetto di patatine lì vicino, più cauta, ma non esitando a voltargli le spalle per tornare al suo posto, lontano, quasi vicino all'entrata.
Ma la sua voce la blocca a metà strada. Non è più minacciosa come prima, ma Sakura la sente carica di sottointesi.
<< Sei sola? >>
Lo sei sempre stata?
<< Sì >>
Vorrebbe chiedergli "E tu?" ma saprebbe che così le parole diverrebbero troppe e a niente varrebbe il silenzio sul loro passato sui cui entrambi, in un certo modo, si sono trovati d'accordo. A niente varrebbero le domande taciute sulle rispettive scuole, su Konoha e Oto, storicamente nemiche.
Sakura torna ad accucciarsi contro la colonna, infilandosi la giacchina e abbracciando le proprie ginocchia. Forse è il silenzio che regna, ma il sonno la coglie impreparata, e mai, mai prima avrebbe corso il rischio di addormentarsi in un posto così scoperto, sotto gli occhi di quello che in qualche modo potrebbe essere il suo potenziale assassino.
Non sa quanti minuti, o forse ore, passino: forse, ancora immersa nell'incoscienza che caratterizza il sonno, riapre gli occhi e scopre che tutto ciò che la circonda è diventato buio e che l'unica fonte di luce che le illumina appena lo sguardo non è altri che un piccolo fuoco di fortuna acceso in un vecchio barile. Ed è lì che vede la sua immagine, sfocata; lui è lì, che osserva il fuoco bruciare, come ipnotizzato, il mento poggiato sulle mani congiunte. E lei è ancora viva.
Sakura sospira, tornando ad immergere il volto fra le gambe.
Domani gli dirà del localizzatore.



***



Non sono gli uccellini a destarla dal suo sonno, quella mattina, e nemmeno i pallidi raggi del sole o la voce sardonica di Madara Uchiha con l'annuncio mattutino delle sei.
Sono gli spari, lontani, veloci, micidiali, che le gelano il sangue nelle vene e le pietrificano il cuore, in una inesorabile morsa che la spinge a rinvenire da quel sonno con un urlo.
Sakura sospira, si passa una mano fra i lunghi capelli rosa e poggia il capo contro la colonna, osservando il soffitto di quell'autorimessa.
Lui non c'è.
Forse ha sognato tutto.
Eppure quella pistola e quella scatola di proiettili, poggiati accanto a lei, dicono ben altro.
Inizia un altro giorno.





CONTINUA... ?




***



LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: Combattendo, Un Ragazzo Incontra Una Ragazza)
Sono in penoso ritardo, I know. Sedici giorni, sono imperdonabile. Siete autorizzati a picchiarmi, se volete.
In ogni caso, si sono incontrati, si sono scontrati, e si sono lasciati. Letteralmente. Ma questa parte della storia la lasciamo al sesto capitolo che, per la vostra gioia, il prossimo è quasi del tutto dedicato ad Hinata ;)
Ne approfitto per condividere con voi la nuovissima ending di Naruto Shippuden, una meraviglia, me ne sto innamorando: Cascade, degli Unlimits, è una canzone meravigliosa e questa ending è così disgustosamente SasuSaku e NaruHina da farmi piangere. Era tempo, taaaanto tempo, che non fangirlavo così tanto dopo un episodio dell'anime, dove Shikamaru appare poco.

E beh, diciamo che prossimo capitolo arriverà presto, ok? Non aspetterete due settimane, promesso!
Buona Pasqua, buona cioccolata, e visto che non ho uno stralcio decente di nuovo capitolo da proporvi, vi suggerisco il titolo:
"Blue Eyes No Otoko"; dai che siete bravi e questa cosina mezza in giapponese la capite.

A chi traduce il titolo per primo spetta una caramella e la dedica del prossimo capitolo! (sai che onore) Inoltre, non so se lo avete notato, c'è un accenno molto importante ad un personaggio femminile che comparirà nei prossimi capitoli ;)
Ovviamente si ringraziano le povere tredici anime che hanno recensito lo scorso capitolo, a voi va la mia stima (per saper aspettare) e il mio affetto! (per continuare a sostenermi)
Alla prossima cari, che sarà molto ma mooolto presto!
Shannaro
e... recensioni no jutsu!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Day#3: Blue Eyes No Otoko. ***


Cap.5
Battle Royale
Day#3: Blue Eyes No Otoko.






Appassite.
Sospira.
Non c'è nulla da fare, dopo ore di ricerche nei dintorni di quel giardino colmo di erbacce tutto quello che è riuscita a trovare è solo un mazzolino di camelie appassite.
"Hinata-chan, potresti andare in giardino e vedere se riesci a trovare qualche fiore per il centrotavola?"
Sospira.
Con le sue conoscienze sà perfettamente che porre a centrotavola un mazzolino di fiori appassiti non simboleggia solo presagio di morte, ma anche maleducazione. Eppure non riesce a frenarsi dal raccoglierli con un sorriso, stando ben attenta a non sporcarsi ulteriormente le calze della divisa.
Quale ora dopo - non sa quanto tempo passi dal momento in cui rientra in casa per riporre i fiori e per aiutare le altre a preparare il pranzo - siede sul piccolo engawa che si affaccia a strapiombo sul borrone dietro la casa, con un libro in mano.
E' nella cura dei dettagli, delle piccolezze, che Hinata sente di poter riuscire a tornare alla vecchia se stessa.
Quella bambina dolce, forse timida, che con preoccupazione offriva il proprio pranzo ai senzatetto lungo le vie di Ginza, mentre si affrettava ad aggrapparsi alle sottane delle sue zie, delle sue cugine, a passeggio fra le vetrine esclusive di quello stesso quartiere.
<< Pioverà >>
Le basta osservare la forma delle nuvole, nel loro incessante moto lungo quel cielo apparentemente sereno; le basta annusare l'aria, umida, pesante, per determinarlo.
<< Cosa hai detto, Hinata-chan? >>
Quella voce la coglie di sorpresa, ma non la spaventa, piuttosto un sorriso spontaneo le sorge sulle labbra, accompagnato da un leggero movimento di capo, tanto quanto basta ad incontrare lo sguardo amichevole della ragazza che le è dietro.
<< Nulla di importante, Isaka-san >> il sorriso si allarga. << Solo che in tre giorni, molto probabilmente, potrebbe piovere >>
<< E questo come lo sai? >> ridacchia l'altra, e lo stemma di Suna risplende sulla sua giacca, mentre prende posto accanto a lei, sull'engawa di quella vecchia casa abbandonata.
<< Mia madre amava la natura >> arrossisce, inconsapevolmente, ma gli occhi le risplendono. << Mi ha insegnato molte cose: basta osservare il movimento e la forma delle nuvole per capirlo >>
<< Sei così intelligente >> Isaka arriccia il naso, meditabonda. << Ma in fondo sei del Konoha, sai.. A Suna non insegnano queste cose >>
<< Mi piace studiare >>
E le sue parole sembrano una giustificazione, quasi; mentre le sue mani, bianche e affosulate, sfiorano assorte la copertina del libro che le giace in grembo, rovinata e annerita.
<< Ragazzeee! >> la testa Misaki spunta dal fusuma, la frangia scompigliata e l'ennesimo sorriso ad incurvarle le labbra. << E' pronto il pranzo! Venite ad apparecchiare? Tsukino è andata a prendere l'acqua! >>
Hinata annuisce, seguendo Isaka che la precede nello stretto ma accogliente ambiente che la circonda:
In quei due giorni hanno cercato di fare il possibile per rendere abitabile quella piccola casa che hanno occupato, rinvenendo nella polvere piatti e bicchieri, vecchi e sgualciti futon, qualche abito pulito.
<< Dopo pranzo ci leggi qualcosa, Hinata-chan? >> Tsukino versa una cucchiaiata di minestra in uno dei piatti che Isaka le porge.
Lei sobbalza, ma tutto ciò che riesce a fare è annuire per l'ennesima volta, stringendo il suo libro al petto: è lei l'ospite in fondo.
Minuti dopo, saggiando piano la minestra insipida, Hinata chiude gli occhi e ascolta il ciarleccio vario delle ragazze che l'hanno accolta, ridendo a volte, e osservando fuori le piccole finestre.
Al di là di quelle mura forse c'è l'inferno, pensa, eppure le basta solo un piatto di minestra insipida per tornare a sperare. Le basta sistemare un vaso di camelie appassite al centrotavola, fra le posate e la mitraglietta, prendere in mano il suo libro e tornare ad immergersi nei suoi sogni.
Basta solo quello per tornare a sentirsi umani.



***



Di notte i fantasmi tornavano a tormentarla, e del candore e della gentilezza della ragazza che quelle tre studentesse avevano accolto a braccia aperte nel loro rifugio non restavano altro che lacrime sulle guance, urla nella notte e incubi spezzati da mani che si posavano sulle spalle, in un vano tentativo di calmare i tremiti che le scuotevano il corpo.
Hinata non dormiva, i ricordi e i frammenti di quella notte da incubo di pochi giorni prima le impedivano un sonno tranquillo, continuato, e l'unica soluzione che trovava era appisolarsi vicino alle vetrate, seduta, nella speranza di racimolare qualche ora di sonno per non crollare dalla stanchezza e dalla disperazione il giorno dopo.
Loro si chiamano Tsukino, Isaka e Misaki, e sono tutte di Suna.
E Hinata non riesce mai a trovare le parole adatte per esprimere loro tutta la sua immensa gratitudine. Non le ha bloccate né lo stemma sulla sua divisa, né le sue più che note fattezze e tantomeno il suo famoso cognome: quelle ragazze l'hanno accolta come una di loro, nel loro rifugio.
Le hanno curato le ferite - e non solo quelle fisiche -, le hanno permesso di nuovo di sorridere e bearsi di un calore simile all'amicizia.
E nella disprezzata Suna - così odiata dalla sua famiglia e dal suo stesso cugino - Hinata ha trovato la salvezza.
<< Hinata-chan >> la testa di Isaka spunta da uno dei due futon che condividono. << Non riesci a dormire di nuovo? >>
Hinata volta il capo, scorgendo nel buio della stanza gli occhi chiari di Isaka che la osservano. Scuote la testa, ma prova a sorriderle. << Non ti preoccupare >> le dice. << Non è nulla. Piuttosto torna tu, a riposare >>
Isaka invece che darle ascolto scalcia via le coperte e sospira. Gli spari che l'hanno svegliata sono finiti.
Forse Neji è la fuori.
<< Non hai nessuno, tu, Hinata-chan? >> le chiede lei all'improvviso, ed Hinata sobbalza. << Amiche? Un ragazzo? Qualcuno a cui.. vuoi bene? >>
Lei le sorride di nuovo. << Ho un cugino >> risponde semplicemente. << Nulla di più >>
<< Vuol dire che non hai un ragazzo? >> il tono di Isaka è indignato. << Nemmeno un'amica? >>
Hinata si ritrova a scuotere la testa per la seconda volta, con più amarezza, ma non smette di sorridere.
<< No >> aggiunge. << Non... ne ho mai trovate >>
<< Ma sei così bella! >> Isaka sembra davvero sorpresa. << E dolce, ed intelligente. Davvero non hai un'amica? >>
<< Purtroppo no, Isaka-san >>
Isaka arriccia le labbra, incrociando le gambe. << Che ingiustizia >> soffia. << E dire che sembrate così uniti lì al Konoha >>
<< Mi duole dirlo ma spesso è apparenza, Isaka-san >> Hinata sospira. << Tu invece sei molto fortunata. Hai delle amiche simpatiche che ti vogliono bene >>
Alla nomina delle sue amiche il broncio sparisce dal viso di Isaka, che torna a sorridere come prima. << Oh sì >>
dice. << Mi basta sapere che se morirò loro saranno lì con me >>
Hinata perde un attimo a riflettere sulla conversazione appena avuta: le sembra strano, quasi surreale, ma non la sorprende neanche più quello che sta succedendo. Sospira e si passa una mano fra i capelli, tornando a chiudere gli occhi.
<< Riposa, Isaka-san >> proferisce. << Oramai è quasi mattino. Fra poco ci sarà l'annuncio delle sei, riposati nel frattempo >>
Isaka sembra cogliere il suo secondo avviso e torna ad immergersi fra le coperte, lasciandola di nuovo sola coi suoi pensieri. Quella notte ad averla svegliata non sono stati frammenti di incubi coltivati nel sonno, e nemmeno l'angoscia di non sapere cosa le sarebbe accaduto il giorno dopo.
Quella notte l'ha svegliata la consapevolezza che fra loro, nessuna si era mai premurata di istallare un turno di guardia serale.
Forse non è e mai sarebbe stata la migliore in quelle cose, ma osservando il burrone sul quale la casetta si affaccia Hinata non riesce mai a smettere di pensare che, prima o poi, arriverà qualcosa che spezzerà definitivamente l'apparente calma in cui tutte vivono.




***



Avrebbe dovuto capirlo prima.
Non è mai stata un esperta in quelle cose, non ha mai fatto del male a nessuno e non appena era iniziata quella gara si era autopromessa che avrebbe fatto di tutto per non farne.
Vivere nell'illusione che tutto possa andare bene, coltivando certezze irreali e sperando che niente e nessuno possa fare loro del male.. era sbagliato. Semplicemente.
Avrebbe dovuto capire sin da subito che c'erano persone che quel gioco l'avevano preso seriamente.
"Hinata-chan, oggi è il tuo torno. Vai a prendere l'acqua?"
E Hinata c'era andata davvero.
Aveva imbracciato il suo borsone, una tanica, ed era scesa lungo la via che Tsukino le aveva sommariamente indicato, costeggiando il sentiero che si districava giù per il burrone fino al fiume lo attraversava. Aveva impiegato tre ore, sia per andare che per tornare, e mai ricordava di aver odiato il tempo così tanto in vita sua.
Le erano bastati solo due sguardi per capire tutto.
E ora, osservando la casetta ad una ventina di metri dalla fine del sentiero, Hinata sente la tensione crescerle addosso, intrappolarla e soffocarla lentamente, come un pitone fa con la sua preda.
C'è qualcosa di diverso.
Non è solo l'innaturale silenzio che aleggia attorno, e nemmeno il cancello completamente aperto: Hinata lo sente, sulla pelle, addosso. E' come una patina di sudore, la paura:
L'attanaglia.
E' attenta coi suoi movimenti, posa la tanica sul viale sterrato e procede lentamente. Scuote di nuovo la testa quando il più terribile dei pensieri gliela attraversa.
Se anche fosse successo qualcosa le ragazze avrebbero gridato.
Qualcuna di loro avrebbe provato a difendersi, avrebbe provato ad usare quella mitraglietta che durante tutti quei giorni era stata simbolo sia di morte che di sicurezza per tutte quante.
Ci avrebbero provato.
Hinata attraversa il cortile in punta di piedi, il respiro affannoso e il sudore che le imperla la fronte.
Non è successo niente. Non è successo niente.
E allora perché non le chiami? Perché non urli i loro nome?
Chiude gli occhi quando posa la mano sulla porta d'ingresso, semisocchiusa.
Forse staranno già pranzando.
Quando il cigolio della porta le sibila nelle orecchie Hinata tiene lo sguardo basso, trepidante e angosciata, e basta solo una risata a farla sobbalzare.
<< Ti stavamo aspettando, Hinata-chan >>
Davanti a lei, la sua compagna di classe:
Yuzuru.




***


Hinata non conserva buoni ricordi di Yuzuru.
E quando scorge il suo sorriso civettuolo, seduta su una sedia al centro dell'unica stanza dell'abitazione e circondata da due cadaveri, tutto quello che riesce a fare è soffocare un grido contro la mano, aggrappandosi al muro.
C'è sangue.
Dappertutto.
Imbratta le pareti, i tatami, le finestre, i due futon ancora stesi per terra, la stessa Yuzuru che continua a sorriderle, giocando con una pistola.
E quell'odore nauseabondo, i capelli rossi di Tsukino, un accetta conficcata nel legno del tavolo lì accanto: Hinata, gli occhi sgranati dal terrore, pensa che ha di poco mancato una strage. Di poco.
<< Ce ne hai messo di tempo >> soffia Yuzuru, melliflua. Solo in quel momento Hinata nota che una delle sue mani è immersa nella folta chioma castana di.. Isaka? << Le tue amiche sono state così gentili da dirmi che c'eri anche tu nel gruppo >> e china la testa, avvicinando le labbra all'orecchio di Isaka. << Hai visto che ti avevo detto che sarebbe arrivata? >> e ride.
Hinata sente le gambe cederle, e prima di rendersene conto si ritrova con la spalla poggiata contro il muro, tremante come una foglia, un insopportabile senso di nausea che le invade la gola.
<< Y-Yuzuru-san.. >> rantola, pallida.
<< Sei sola, Hinata-chan? >> cinguetta lei, lasciando andare la chioma di Isaka che crolla definitivamente a terra. << E io che pensavo che ti avrei trovato col tuo bambolotto personale >> Hinata non accenna a rispondere.
<< Neji, dico >> aggiunge, prima di scuotere la testa bionda e sospirare. << Siete tutti impazziti, è appurato >>
Yuzuru si alza dalla sua sedia e prende a passeggiare per la stanza, incurante di avere le ballerine col tacco completamente rosse dal sangue che calpesta.
<< Sai, è tanto tempo che non incontro qualcuno di Konoha >> proferisce. << Sempre Uzu, Oto e Suna... queste ragazze sono di Suna, mh? >> e torna a ad avvicinarsi ad Isaka.
E' un istante, ed Hinata maledice la sua vigliaccheria, la sua incapacità di fare un solo movimento, il fatto che non riesca a staccare gli occhi dai cadaveri di Tsukino e Misaki che giacciono a terra, in una pozza di sangue, le testa fracassate: il piede di Yuzuru si abbatte con violenza sulla schiena di Isaka, che lancia un grido così straziante da rimbombarle nella testa.
Il tacco della sua scarpa continua a conficcarsi nella schiena della ragazza che urla, ed urla. Ed Hinata si sente svenire, si sente morire, vorrebbe fare qualcosa ma..
<< Hinata-chan >> la voce di Yuzuru, una cucchiaiata di miele, torna a rieccheggiare nella stanza. << Sei molto pallida >>
<<... ti prego.. >> sussurra, sentendo le lacrime affiorarle agli occhi. << Ti prego.. le fai del male, smettila Yuzuru-san. Così.. rischi di ucciderla.. >>
La sua risata è fredda ed inquietante come nei peggiori film, ed Hinata trema al sentirla. << Qui dobbiamo
uccidere, Hinata-chan >> sibila. << Non credi che dovresti provarci anche tu? >> ed Hinata segue il suo sguardo.
Il mitra di Tsukino è ancora lì, sul bancone del cucinotto adiacente.
Ma è troppo lontano.
<< Come hai potuto abbassarti al loro livello, Hinata-chan? >> ringhia, e allo sguardo giocoso di prima si sostituisce uno che è capace di immobilizzarla nuovamente al suo posto. << Come hai potuto decidere di unirti a Suna? >>
Nell'istante in cui Yuzuru le volta la schiena, dirigendosi di nuovo verso il tavolino, Hinata scopre gli occhi di Isaka, nascosti dietro la frangia, che la guardano.
E la supplicano.
"Scappa! Scappa! Scappa!"
<< Credo sia il caso di dare una lezione a questa feccia >> sibila e Hinata distoglie lo sguardo dalla ragazza per terra, spostandolo sulla sua compagna di classe.
Con un "crack" Yuzuru ha staccato l'accetta dal tavolino e le sorride, avvicinandosi lentamente e trascinandosi l'arma dietro.
<< La prossima sarai tu >>
Hinata non fa in tempo ad urlare, a dire qualcosa, a pregarla di fermarsi:
Yuzuru alza il braccio, e l'accetta cala, inesorabile.
 



***


Davanti a lei ha ancora lo sguardo implorante di Isaka che la prega di scappare, ed è solo quello che le impone di mantenere gli occhi bassi, per non vedere quello che è rimasto di quella studentessa di Suna, i resti del suo corpo martoriato. E' solo quello che la spinge ad alzare lo sguardo un istante dopo, e ad incontrare gli occhi azzurri di Yuzuru, il viso schizzato di sangue.
E' uno scambio di sguardi, e basta un attimo.
Scappa.
E lei scappa, le volta la schiena singhiozzando, stringendo i denti.
E' il suo istinto di soppravivenza, è quello che la guida, che la spinge a spalancare di nuovo la porta, che la spinge ad attraversare il cortile e ad uscire sulla strada sterrata, le scarpe che scivolano sulle pietruzze.
La sente dietro di sé un istante dopo, e diventa una corsa alla salvezza, che Hinata vede nella macchia di foresta già per il tortuoso sentiero che prima ha attraversato.
Yuzuru la sta inseguendo. Vuole ucciderla.
E quel pensiero basta a farla singhiozzare di nuovo, perché se fino ad un attimo prima era convinta di poter riuscire a sopravvivere all'inferno nel quale era stata catapultata, ora non sa più cosa pensare. Non riesce più a pensare a niente, se non alla sua vita.
Salvati.
Hinata lo urla a se stessa, mentre l'ombra della foresta torna ad avvicinarsi come prima. Sente i passi dietro di lei affievolirsi, farsi più lontani, ma lei non smette di correre.
Perché Yuzuru ha cominciato a sparare.
E prima che se ne possa rendere conto un dolore lancinante le attraversa la spalla, come una coltellata al ventre. Il dolore le acceca per un istante la vista, le rallenta la corsa solo quanto basta perché riesca ad alzare una mano e a coprire la spalla, che scopre grondante di sangue.
L'ha colpita?
Hinata corre fra gli alberi adesso, non badando ai rovi che le graffiano le cosce, o alla direzione che sta prendendo.
Corre fino a quando non si ritrova col viso per terra, sputando terriccio e ansimando affanosamente, nel tentativo di riprendere fiato.
I passi di Yuzuru sono spariti, così come la sua condanna a morte.




***



Il proiettile di Yuzuru l'ha colpita di striscio, appena, provoncandole un lungo taglio all'altezza della spalla. Hinata, dopo essersi assicurata di essere effettivamente sola, ha impiegato mente e corpo nella sua pulizia: si è tolta la giacchina della divisa, ha stracciato la parte inferiore della camicetta e ha lavato e pulito la ferita con l'acqua della sua borraccia, stando ben attenta a soffocare i gemiti di dolore mordendosi le labbra.
Ha fatto di tutto pur non pensare a quello che minuti prima ha visto: ha ascoltato la comunicazione delle ore dodici della mattina, ha segnato le zone rosse sulla sua cartina, ha fasciato la ferita con il pezzo di stoffa che ha strappato dalla camicetta.
Eppure è più forte di lei.
Le lacrime le rigano le guance pallide, nivee, e solo in quel momento la consapevolezza di essere appena sfuggita alla morte, e di aver appena visto morire le ragazze con le quali aveva condiviso quell'illusione di poter sopravvivere, la colpisce così duramente da farla tremare, annaspare fra le sue lacrime.
Hinata soffoca i suoi singhiozzi nelle mani posate sul viso: le spalle si scuotono, e mentre lei piange tutti i ricordi e l'orrore di poco prima, sopra di lei gli uccellini cantano nel sole di mezzogiorno.
Devo andare, pensa, devo andare via da qui.
In un massimo di un paio di ore quella diventerà una zona rossa, e lei non può rischiare.
Deve trovare una nuova meta.



***


Il mare.
Il mare, lontano, minaccioso, quasi irraggiungibile.
Hinata non pranza quel giorno - non saprebbe con cosa, comunque - e ringrazia i Kami del cielo che le hanno
permesso di non incontrare nessuno lungo il suo tragitto.
Hinata scende lungo il dirupo, costeggia il fiume che lo attraversa, mimetizzandosi fra le foglie.
Hinata continua a piangere mentre si asciuga il sudore dalla fronte, ma si dice forse andrà meglio.
Hinata pensa a quelle tre ragazze, e promette che tornerà.
Prima o poi.
Ma tornerà.



***



E' ancora lontana dal mare, e mentre il sudore comincia a gelarsi sulla sua fronte, Hinata realizza di non sentirsi bene. Non è solo la spossatezza che le invade le membra, e nemmeno il fiato mozzo dalla precedente corsa, è anche quel tremito al braccio, quel pulsare all'altezza della spalla.
Abbassa lo sguardo un attimo e scopre inorridita che, nonostante la rudimentale fascia ricavata dalla sua camicetta, il sangue continua a macchiarle tutta la spalla, con un rosso vivido, agghiacciante.
Morirà di setticemia?
Sospira: non è ancora entrata nella fase del delirio più puro per fortuna, ma per qualche motivo sente che le rimane poco tempo. Di vita, forse?
Corri.




***



Sasuke era sparito, inghiottito da una calca di studenti. Si erano portati via il suo migliore amico e a Naruto non rimaneva che sperare di trovare i suoi compagni. Di trovare Suigetsu, Juugo e Karin.

Gli spari erano finiti da un pezzo, non si sentivano più urla e Naruto avrebbe voluto, diavolo se avrebbe, avrebbe davvero voluto uscire allo scoperto dal suo nascondiglio e accorrere in soccorso di quel ragazzo che a metri da lui gemeva, la gamba schiacciata da un ramo.
Eppure.
Eppure non poteva.
Semplicemente.
Si impose di pensare alle belle cose, ai bei ricordi, alle scampagnate per i prati con Sasuke, alle cene di famiglia, alle giornate passate sul tetto della scuola con tutti loro. Pensò a come avrebbe voluto studiare Economia, una volta giunto il momento, a come avrebbe voluto diventare consulente per l'Azienda del suo padrino e a come avrebbe voluto trovarsi una moglie, una ragazza semplice e carina, e avere tre figli.
Ma i gemiti e i lamenti non smettevano, e Naruto in tutto quel dolore, voltandogli le spalle, si chiese se avrebbe dovuto uccidere Sasuke, o Juugo, Suigetsu, o Karin.
Si chiese se ne avrebbe avuto il coraggio.



***



E' forse la nausea che la colpisce, improvvisa ed inevitabile, che la spinge ad accellerare il passo, lungo il sentiero che si snoda lunga quella pianura.
Ora Hinata il mare lo vede, e non è più così distante come sembrava prima: si estende, immenso, al di là di una serie di casolari che si affacciano direttamente sulla costa rocciosa. Ma ciò che colpisce più la sua vista non sono i riflessi del sole sull'acqua, né quei casolari apparentemente abbandonati, ma quel faro bianco che si erge in alto, la cui punta sembra quasi sfiorare il cielo, irraggiungibile.
La tua nuova meta, forse?
Un posto dove riposare - si dice. Un posto dove poter riuscire a chiudere gli occhi, non per sempre, solo quanto basta perché riesca a dare onore con un solo pensiero alla morte di quelle tre ragazze. Un posto per pensare alla sua famiglia, al suo amato cugino disperso, a ciò che l'aspetta fuori. Alla sua morte.
Hinata sospira, e scuote la testa, mentre i lunghi capelli scuri le ondeggiano sulle spalle.
Tira vento da quelle parti, il sole si è nascosto dietro nuvole di un minaccioso color grigio. Tutto fa presumere un acquazzone, da lì a qualche giorno.
Il terreno è aspro, i pendii così frequenti che arriva un momento in cui Hinata, provata dalla corsa e poco lucida dalla stanchezza, è costretta a sedersi un attimo sull'erba verde, nella speranza di riprendere un po' di fiato che sempre più spesso e velocemente sembra mancare.
L'ombra di Yuzuru è sparita: non sente più gli spari, e la sua risata non le sibila più nelle orecchie, eppure lei continua a tremare, incessante, terrorizzata, ed è il pensiero di Yuzuru che spunta da dietro una macchia di foglie a spingerla ad issarsi di nuovo in piedi, sulle sue gambe tremanti, e continuare il suo cammino.
La figura del faro sembra avvicinarsi sempre di più, Hinata oramai sente lo scrosciare delle onde contro gli scogli, sente l'odore del mare, pungente contro le narici.
Ciò che però la lascia senza parole, una volta terminata la discesa della collina, è l'impossibilità di raggiungere il faro dalla sua posizione senza dover per forza passare attraverso quei casolari abbandonati. Potrebbe tornare indietro e scendere l'altra collina ma, passandosi una mano fra la frangetta scompigliata, scopre di avere la fronte completamente madida di sudore.
La spalla continua a pulsarle, sente le game cederle. E' febbre quella che ha?
Sintomi della setticemia.
<< Maledizione >>
Si stropiccia gli occhi, prendendo un respiro profondo e cercando di radunare le ultime forze rimastele. Qualunque cosa succeda, lei deve raggiungere quel faro.
Cocci di vetri sparsi per il pavimento, pareti sfondate, tubi, rifiuti: è questo quello che Hinata vede, una volta varcata la soglia dello scheletro di quell'inquietante edificio.
Il silenzio è rotto soltanto dal lontano eco dello scrosciare delle onde, dal rumore sordo e grezzo delle sue scarpe da tennis contro il pavimento.
Forse è quel silenzio ha metterle addosso ansia, a spingerla ad aprire la zip del borsone che porta con sé, a frugarvi dentro.
La sua arma è un coltello, un semplice e piccolo coltello svizzero. Non l'ha mai usato Hinata, se non per sbucciare quelle piccole mele che a volte Misaki raccoglieva, durante le sue scampagnate nei d'intorni della casetta.
Quel pensiero la fa tremare.
E' solo un attimo, però, perché in un qualche strano modo, fra la mente poco lucida e il caldo atroce che sente addosso, Hinata torna a focalizzare la sua meta.
Attraversa il primo casolare immersa nel più inquietante dei silenzi, scivolando fra i vetri spaccati della porta e uscendo in un cortile, piccolo, erboso, largo appena qualche metro. Giusto quanto basta a separare la vecchia struttura da un nuovo casolare.
Il nervosismo e la stanchezza cominciano a prendere il sopravvento su di lei, e lei quasi non se ne accorge; solo il capogiro che la coglie, appena attraversata l'ennesima porta, e le fa mancare per un istante l'aria la spinge a chiedersi se per lei sia già troppo tardi.
Forse è per quello che non se ne accorge, o se ne accorge troppo tardi.
Hinata era sempre stata un'ottima studentessa: il suo livello era al pari di quello di Haruno Sakura-san, una delle migliori nella scuola, eppure c'era una cosa che le differenziava, sostanzialmente. Sakura-san era portata anche per le discipline sportive, mentre lei non lo era affatto. Sakura aveva ottimi riflessi, velocità, arguzia: Hinata era brava per ciò che concercerneva solo e soltanto i libri scolastici.
Del corso di difesa personale che entrambe avevano sostenuto Hinata aveva solo guadagnato qualche credito di fine anno.
Sakura era riuscita ad atterrare il loro istruttore.
Forse è quello, la sua incapacità di gestire le situazioni più disparate, o forse solo la sua vista che si annebbia per un istante e le impedisce di ricordare dove si trova, che la spinge direttamente nel peggiore degli incubi.
Ci sono delle voci, basse, e fioche: qualche rumore di metallo, di passi, ma sono solo voci. Non minacciose, ma sono voci. Maschili.
Il pensiero di essere riuscita a trovare altri sopravissuti per un istante solo la colma di gioia, salvo poi ricordarsi che dopo quello che le è appena successo, e al quale è sopravvissuta, c'è qualcosa che la blocca dal manifestare la sua presenza. Il dubbio. Il terrore.
Si morde il labbro, soffocando lo spasmo di sorpresa che la coglie una volta che, accucciatasi dietro all'ennesima porta, riesce a scorgere al di là del vetro l'ampia schiena di un ragazzo.
Scappa. E' meglio così.
Hinata stringe il suo coltello e indietreggia di due passi, silenziosa, disperata, inerme. Vede sfumare d'innanzi a sé la sua unica possibilità di sopravvivenza.
Soffoca un lamento quando la spalla torna a pulsarle violentemente, ma non il dolore a toglierle il fiato a e a fare in modo che il suo cuore salti, mancando un battito. Latente. Infinito.
Hinata, la schiena poggiata contro il petto di qualcuno, avverte il rimbombo del suo battito lungo ogni singolo osso del suo corpo, come un eco lontano miglia miglia.
Non è sola, neanche lei.
E si dà della stupida.




***



Sua madre era stato il tipo di persona che nel suo piccolo si era sempre impegnata a valorizzare la figura della donna, pur avendo fatto parte di una famiglia dove era il potere maschile ad aver sempre deciso, e dove le imposizioni patriarcali avevano sempre avuto potere su tutto.
Era stata sua madre ad averle insegnato la buona etichetta, prima che spirasse nella più profonda pace, sul suo futon. Era stata sua madre ad averla educata, allevata, come la brava, dolce e cortese ragazza tutti dicevano fosse.
C'era però qualcosa che sua madre aveva voluto condividere solo con lei, gelosamente, neanche con sua sorella minore: qualcosa nello sguardo, diceva a volte suo padre, nostalgico. Qualcosa di riflessivo, qualcosa di dolce, puro e femminile, e spesso quell'unico particolare sovveniva alle curve mobide che il suo corpo col passare del tempo aveva sviluppato.
"Non abbassare mai lo sguardo davanti ad un uomo, Hinata-chan" le aveva detto. "Non lasciare mai che un uomo possa indurti ad abbassare lo sguardo"
Era stato tutto così veloce che Hinata aveva solo avuto il tempo di soffocare un urlo nella mano del suo aguzzino, sentirsi il coltello scivolare dalle dita, prima di ritrovarsi circondata da ombre, sbattuta per terra, la spalla dolorante.
<< E questa dove l'hai trovata, Ichi? >>
<< Era proprio qui dietro >> una voce graffiante. << Vi stava spiando >>
<< Di che scuola è? >> ancora la stessa voce di prima. << San, voltala! >>
Un gemito abbandona le sue labbra quando una mano violenta le afferra la spalla, costringendola a voltare il viso dal pavimento e ad osservare in faccia i tre ragazzi che la sormontano. Uno le afferra il viso, e solo quel gesto basta a riempirle gli occhi di lacrime.
<< Konoha >>
Disprezzo.
<< Sarà una schifosa figlia di papà >>
Hinata lo vede, cercando di reprimere il singhiozzo che le soffoca il petto; lo vede il ghigno che gli piega la bocca, dalle labbra sottili. Un ghigno pericoloso, un sorriso che basta affinché la nausea torni ad impossessarli di lei, gli occhi che pregano pietà. Che hanno paura.
Hinata piange.
<< Hyuuga, vero dolcezza? >> sussurra quello più snello dei tre. Hinata non dice niente, e abbassa lo sguardo.
Perché non c'è altra via d'uscita, perché è l'unico modo affinché lei possa riuscire a mantenere intatta la sua dignità.
Prima che qualcuno la sporchi.
Sà quello che vogliono.
<< Lo sapevo >> sorride lui, carezzandole languidamente una guancia. Lei si scosta dal tocco, gli occhi bassi, disgustata. << Addirittura ribelle? >>
<< N-Ni.. cosa.. cosa vuoi fare con lei? >> sfiata uno. << Io.. non.. >>
Il ragazzo che le ha accarezzato la guancia torna ad alzarsi in piedi, sfilandosi la casacca della divisa. Oto, pensa Hinata.
Oto.
<< Credo sia il caso di dare una bella lezione a Hiashi-sama >> proferisce lui. << Per aver tolto i sovvenzionamenti alla nostra scuola, dico >>
<< A-Aspetta..! >> quello più grasso, in cui Hinata riconosce il ragazzo che l'ha trascinata lì. << Naruto deve ancora tornare.. n-non vorrai davvero fare.. >>
<< Perché? >> replica l'altro. << Che male c'è a divertirsi con una bella ragazza? >> soffia. << Naruto potrebbe anche volere unirsi a noi >>
<< NI! No, non puoi.. >>
E' veloce, la pistola è già puntata contro il suo petto. << Hai ancora qualcosa da dire al riguardo, Ichi? >> ringhia. << O preferisci parlarne con un proiettile conficcato nella testa? >>
Hinata trema, e le lacrime le rigano definitivamente le guance.
Non succederà.
Non succederà.
Non succederà.
<< Tesoro? >> una voce languida. << Sei pronta a divertirti? >>
Basta quel tocco leggero sulla caviglia a farla singhiozzare; le gambe strisciano, Hinata prova a scivolare via, prova ad allontanarsi, tornando ad alzare lo sguardo. << Ti prego.. >> singhiozza, guardandolo dritto negli occhi e continuando ad indietreggiare << Ti prego no... >> lui avanza e lei piange altre lacrime. << Io.. no.. >>
E scatta, veloce, prova ad alzarsi in piedi, prova a salvarsi per un ultima volta, prima di veder spirare via anche la sua ultima possibilità, fra i singhiozzi. Prima di vedere l'inferno.
<< Prendila! >>
Ma non basta, e lo sa, non basta la sua volontà: qualcuno l'afferra per il braccio, qualcun altro forse per la gamba, Hinata si sente cadere a terra, fra le urla, fra i singhiozzi. La vista le si annebbia, ma lei continua ad urlare, a pregare.
"Mantieni sempre la tua dignità di donna"
<< FERMA! Tienila ferma maledizione! >>
Si dibatte, perché non può. Non può finire così. Non è quello il modo in cui lei deve morire.
Il dolore alla spalla è così forte da annebbiarle la vista, Hinata si sente soffocare dalle braccia che la tengono ancorata al terreno, incuranti delle sue urla, delle sue proteste.
<< No no no.. NO! >>
Si dibatte, scalcia, morde. Sente dita infilarsi dappertutto, sente mani percorrerle il ventre, scendere giù a sbottonare la gonna. E sente una lingua viscida, che prova ad insinuarsi nella sua bocca, che prova a cercare un bacio che Hinata non vuole dare.
Il suo primo bacio.
Qualcuno le massaggia i seni, con violenza, ed è lì che Hinata si sente persa oramai; sente le lacrime tornare a bagnarle le guance, insesorabili, assieme ai singhiozzi. Ma non smette di urlare, né di scalciare. Perché non può finire così, maledizione. Non può finire così.
Vorrebbe urlare più forte, vorrebbe che qualcuno la sentisse, vorrebbe che la uccidessero. Ora. All'istante.
Soltanto per risparmiarle la vista della sua disfatta, l'orrore che l'attenderà dopo quello che le sta succedendo.
Vuoi morire?
Hinata sente il sapore metallico del sangue invaderle la bocca, quando il ragazzo che la sovrasta le schiaffeggia in viso, nel tentativo di soffocare le sue urla.
Un singhiozzo le abbandona le labbra, mentre lascia che il capo si inclini a destra: non ha il coraggio di guardare quello che sta per succederle. Non ha il coraggio di guardare in faccia colui che da un momento all'altro non esiterà un secondo a portarsi via l'unica cosa che le è rimasta.
<< Ti prego.. >>
A nulla valgono le preghiere, lo sa in fondo, e il rumore secco di una zip abbassata le rimbomba nella mente come le parole di sua madre. Hinata socchiude gli occhi, non scalcia più, non urla più.
A che servirebbe?



***



Quando nasci in una famiglia d'alto rango, con tutti i pregi e i difetti che comporta una simile carica, l'unica cosa a cui riesci a pensare è la libertà.
La libertà vera.
Hinata vedeva la libertà nei cieli nuvolosi di una New York ingrigita dallo smog, nelle strade affollate della "Fifth Avenue"; immaginava di poter camminare su quei marciapiedi, sola. Immaginava di potersi confondere nella massa di lavoratori nelle ore di punta, di poter mangiare quegli hot-dog nelle bancarelle degli ambulanti, sgarrando la rigida dieta impostale dalla sua nutrizionista.
Sola.
Quante volte era riuscita ad evadere dalla rigida protezione del suo amato cugino? Quante volte era riuscita a sgattaiolare fuori dalla sua camera per concedersi un pomeriggio nei parchi meno famosi della Tokyo centro, solo per il gusto di essere sola, senza la costante e oppressiva presenza di una qualsiasi guardia del corpo le fosse stata imposta.
Non avrebbe voluto morire così, avrebbe voluto avere qualcuno accanto che la sostenesse, che la proteggesse; e ora che si ritrovava ad essere sola se ne pentiva, in fondo. Era stata egoista, infantile, immatura; aveva proibito e negato al suo cugino la sua presenza, per quanto rassicurante potesse essere.
Neji non sarebbe accorso a salvarla, forse era morto, forse la stava cercando. Meritava davvero di essere cercata, lei che era scappata dalla sua protezione di sua spontanea volontà?
Neji non le avrebbe più tenuto la porta, e nemmeno l'avrebbe protetta dalle advances insistenti di alcuni compagni di scuola. Non sarebbe corso a salvarla, non le sarebbe stato accanto.
E' sola.
E quel pensiero la colpisce all'improvviso, come un proiettile nel cervello; le azzera per un istante la mente, sovrapponendosi all'immagine del ragazzo che la sovrasta e che tenta di tenerla ferma per sfilarle le mutandine.
Hinata si sente sporca.
E vorrebbe morire.
Chiude gli occhi, perché forse è l'unico modo per riuscire a cancellarsi dalla mente quello che le sta per succedere. Vorrebbe pensare alle cose belle, a quegli attimi felici della sua vita che custodisce gelosamente nel suo cuore. Vorrebbe pensare alle cene silenziose ma cariche di significato a Villa Hyuuga, alla carezza di suo padre sulla sua spalla, ogni volta che si dimostrava degna di essere sua figlia. Alle ore perse a spazzolare i lunghi capelli di Hanabi, o ai sorrisi luminosi di sua madre.
Ora.
Quando percepisce addosso a sé il peso del ragazzo sa che è giunto il momento, e che d'ora in poi le cose non potrebbero andare peggio di così. Forse se lo merita?
Eppure è tutto così veloce che Hinata non riesce nemmeno a realizzare la cosa, perché ha chiuso gli occhi nella speranza di non vedere. Ha smesso di urlare.
Ma ciò che le mozza il respiro all'istante non è il dolore al quale aveva provato a prepararsi, né la consapevolezza che ciò stia per accadere, ma delle grida così forti da intontirle la mente. Non c'è dolore, non c'è niente, semplicemente perché in un istante il ragazzo che la sovrasta è sbattuto contro il muro, e geme tastandosi la nuca.
<< A-ALLONTANATEVI! >>
Hinata non vede, e non capisce: sente solo svanire la presa che prima le teneva le mani ancorate sopra la testa, in un soffio. Sente le urla, ancora.
<< Cosa pensavate di fare?! >> è nuova questa voce, pensa. Nuova, diversa. Rotola su un fianco; il corpo risponde ancora alle sue azioni, ma sente la testa vuota. << I-Io.. SAN! >>
<< N-Noi non.. è stato Ni! E-E' lui.. la ragazza ci stava spiando! >>
<< E stuprarla vi sembrava il modo per punirla?! >>
Hinata è stesa per terra, su un fianco, e della scena di cui fa parte capisce solo che è arrivato qualcun'altro. Vede le ombre, sente i passi, ma non comprende.
<< Naruto >> la voce dell'aguzzino. << Stanne fuori >>
<< FUORI!? >> ringhia il nuovo arrivato. << Ma.. come... Ni, ti rendi conto di quello che stavi per fare?! >>
<< E allora? >> Ni sorride, serafico, passandosi una mano fra i capelli e tornando ad alzarsi in piedi. << Le ragazze dovranno pur servire a qualcosa, no? Fra l'altro non c'è nessuna regola che vieta lo stupro >> aggiunge.
<< E' un modo come un altro per ucciderla. Avremmo dovuto farlo comunque >>
Ucciderla.
<< Ni >> la voce è più bassa, questa volta, carica di rabbia e di sdegno << Adesso basta >>
<< E perché? >> ride. << Non è che per caso volevi solo unirti a noi, Naruto? >>
Il ragazzo stringe i denti. << Stai impazzendo. Sei pericoloso >> dice. << Avevamo detto che non avremmo ucciso nessuno >> ringhia.
<< E' di Konoha, Naruto >>
Il silenzio che segue spinge Hinata a fare leva sulle braccia, nel tentativo di alzarsi a sedere nonostante il suo corpo gridi dal dolore ad ogni singolo movimento che prova a compiere. Il solo muovere una gamba le sembra del tutto impossibile.
Il dolore alla spalla la coglie di sorpresa, così come il gemito che affiora dalle sue labbra coglie di sorpresa gli altri occupanti. Hinata stramazza di nuovo al suolo, ansimando.
<< Oh, è tosta la ragazza >> commenta Ni, grondando sarcasmo. << Sarà forse il caso di ucciderla subito, Naruto? Visto che mi hai tolto il divertimento >>
<< Non provare ad avvicinarti a lei >>
Il cuore perde un battito.
<< Cosa? >>
<< Ho detto.. >> sibila. <<.. Di non provare ad avvicinarti a lei >>
Hinata tossisce, forse sangue. La testa le gira così tanto che le sembra di star cavalcando una giostra, eppure capisce. Qualcosa, ma capisce.
Il ragazzo ha sguainato una pistola, che punta contro al viso del suo aguzzino. Ni retrocede, intimorito. << Cosa diavolo stai facendo, Naruto? >>
<< Io non sono una schifosa macchina per uccidere >> ringhia. << E nemmeno uno stupratore. Finché vorrai restare qui dovrai sottostare a queste regole >> e fa scivolare la pistola sugli altri. << Questo vale per tutti >>
Cade un lungo e pesante silenzio, rotto soltanto dagli ansiti e i gemiti di una Hinata ancora completamente stesa per terra, il viso sul pavimento. Ha la gonna slacciata, le calze abbassate, la camicia quasi sbottonata. E lo sa, e vorrebbe morire.
<< Chi ha detto che sarò io quello ad andar via? >>
Hinata non vede e non capisce, sente solo i rumori, i grugniti. Si stanno picchiando, forse? Sente grida.
Il ragazzo di nome Ni è veloce, in un attimo gli è addosso e prova a colpirlo ripetutamente, senza speranze.
<< Cosa..? SAN! >>
Poi gli spari.


***


Non sa chi ha vinto, ma gli spari sono stati solo tre e tre sono le figure che Hinata vede accasciarsi una sopra l'altra, poco lontano da lei.
E lui grida.
In un attimo il sangue macchia il suolo, in un cremisi che urla solo morte, e lui grida, lasciando cadere la pistola con un tonfo e retrocendo fino all'altro muro. Hinata lo sente urlare, lo sente battere i pugni contro le pareti, prendere a calci le porte, urlando la sua disperazione.
Si accascia al suolo, e lo sente piangere.
I singhiozzi sono ritmati, e pur con tutta la confusione che regna nella sua mente, Hinata li sente. Sta piangendo.
Per aver ucciso i suoi compagni.
Dopo qualche attimo vede l'ombra dei suoi passi avvicinarsi, non a lei, ma alle tre figure stese più in là. Li osserva; Hinata vede le sue spalle pur sdraiata per terra, immobile, dolorante.
Non sa quanto tempo passi ad osservarli, Hinata si è quasi abituata al silenzio che ha cominciato a regnare su di loro, ma lui tutto d'un tratto si volta, quasi timidamente.
Nella sua direzione.
<< Come... come stai? >> ha la voce roca, di chi ha appena pianto, e muove un passo.
Hinata non lo fa a posta, sa che sta parlando con lei, eppure il suo corpo agisce d'istinto: trova la forza di alzarsi a sedere e strisciare via. Le lacrime tornano ad affiorarle agli occhi, e lo sguardo è basso.
<< N-No.. no.. non voglio farti male.. io.. >> sembra spaesato dal suo gesto improvviso.
E' tutto sfocato, a malapena riesce ad inquadrare la sua figura che si avvicina, le mani tese in avanti per rassicurarla. << Non... cosa ti hanno.. non ti faccio del male, davvero >> dice, e la voce le sembra lontana. << Sta.. tranquilla >>
Ora è vicino, e quando la sua mano le sfiora la guancia Hinata si ritrae, spaventata, gli occhi bassi, le gambe strette al petto. Trema, e altre lacrime le bagnano le guance.
Lo sente distintamente deglutire, e Hinata sa che è nervoso, tanto quanto lo è lei.
<< Non ti farò del male, davvero >> le dice di nuovo, stavolta con più sicurezza. E' vicinissimo, ad un palmo dal suo viso, ed Hinata scorge il profilo della mascella e del naso.
Sente il suo sguardo vagare oltre al viso, e arrossirebbe, perché sa in che condizioni è ridotta, ma non ha neanche la forza di provare un po' di vergogna. Neanche la forza per dirgli qualcosa, per alzare gli occhi o chiudere i lembi della camicia sbottonata.
<< Mi dispiace >>
Forse sta piangendo anche lui, con lei, di nuovo: forse gli basta scorgere i lividi suoi suoi polsi, il viso dolorante e gonfio, le gambe cosparse da graffi. Forse gli basta solo osservare i morsi sul suo collo, per capire.
Per capire cosa è successo, cosa le hanno fatto.
<< Mi dispiace tanto >>
Hinata reclina la testa, lasciando che altre lacrime le righino le guance; sente il tocco delle sue dita di nuovo sul suo viso, sulla tempia che asciuga dal sudore. Ha caldo, Hinata, e la spalla oramai fa così male da non darle il tempo nemmeno di respirare.
<< Stai... sudando.. >> costata, lasciando che la mano riposi sulla sua fronte sporca e cosparsa di sangue. Hinata trema a quel contatto, di paura e di dolore: deve aver battuto la testa da qualche parte.
<< M-Ma.. >> sussurra, e al tono costernato e sull'orlo delle lacrime di poco prima si sostituisce uno più preoccupato. <<... tu scotti.. hai la febbre..! >>
Una piccola parte di sé, quella che è ancora un poco lucida e riesce a pensare correttamente, sa di star perdendo i sensi. Sarebbe stupido dire il contrario, piuttosto: la ferita alla spalla, tutto il sangue perso, e le percosse di poco prima. Hinata non ha mai avuto un fisico particolarmente resistente, e ne prende coscienza pienamente solo quando la vista comincia a mancarle, e la testa a girare vorticosamente.
<< A-Aspetta.. no..! >> balbetta lui. << M-Mi vedi? Riesci a vedermi...? >>
Prima che il buio possa calare su di lei - forse per sempre, non lo sa - Hinata torna ad abbassare la testa, piano; anche il solo minimo movimento le costa una fatica tremenda. Annaspa, e a malapena riesce a tenere gli occhi aperti; la sua voce è ovattata ora, lui urla, ma ad Hinata sembra solo di udirne un lontano eco. La scuote per le spalle, violentemente, le urla di non morire, di stare sveglia, le urla che la porterà in un posto più sicuro. Le urla che le dispiace.
Ad Hinata non importa, lascia che il suo sguardo vaghi dalla mascella, che salga al profilo del naso appuntito e alle cicatrici che solcano entrambe le sue guance. L'ultima cosa che vede, prima che le sue palpebre si chiudano definitivamente, sono un paio di affannati, preoccupati e luminosi occhi azzurri che la osservano.






CONTINUA...?



***




LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: L'uomo Dagli Occhi Blu)
Siete dei bravi lettori, e nonostante voglia dedicare il capitolo a tutti, sono una donna (?) di parola e dico che la dedica và a Filira, la mia dolce Fil che recensito per prima. *le da una caramella*
Ma bravi tutti

...
...
Passando a cose più serie: mi dispiace. Davvero.
Mi dispiace sul serio.
Ora che sapete fino a quando possa estendersi la mia bocca larga, ogni volta che vi dirò che il capitolo verrà postato prestissimo... non credetemi. Lo dico per la vostra incolumità. Non fatelo.
I motivi del ritardo sono due, precisamente:
- N.1: Insicurezza per quanto riguarda il finale. Ero molto indecisa se concludere o meno lo stupro, ma alla fine ho deciso di mantenermi "leggera" e non concludere il niente. La nostra Hinata ha già patito abbastanza.
- N.2: Mi sono messa in pari con qualche capitolo qua e là e ho perfezionato la scaletta degli eventi, per non farmi sfuggire nulla anche dei minimi particolari, sopratutto quelli che riguardano il passato dei nostri eroi. 
Ora, questo capitolo non mi soddisfa al cento per cento (ma quando mai succede, poi?), in ogni caso avete visto che i temi sono abbastanza crudi - e le cose andranno peggiorando 8D.
Abbiamo una Yuzuru che semina morte e distruzione (povera, è un'incompresa
), una Hinata che ne passa di cotte di crude e un Naruto appena accennato (non è cute il loro incontro? E' qualcosa di troppo cute)
Mi dispiace dirvelo, e probabilmente farò piangere i vostri poveri cuoricini amanti del NaruHina, ma dal prossimo capitolo si tornerà al sano SasuSaku u.u.
Assaggio:
"<< Portami con te >>
Le parole le sono salite alle labbra e neanche ha il tempo di pensare. Sakura lo dice, e basta.
Il ragazzo si volta appena.
Ora che non c'è più traccia di pericolo, il suo volto si è di nuovo rilassato e Sakura riesce ad ammirare per la seconda volta il suo viso bellissimo, i capelli neri che lo incorniciano e quei profondi occhi scuri che ora la stanno scrutando sospettosi. << Come? >> 
<< Portami con te >>
Le sue labbra si piegano in un ghigno di scherno. << Mi dispiace, ma non ho tempo di fare da babysitter a ragazzine piagnucolose >>"
E voi che pensavate che non sarebbe tornato, mh?
Eh beh, vi sbagliavate.

Avrete sicuramente notato che non ho risposto alle vostre meravigliose, eccenzionali e stupende recensioni... ma, io non ce l'ho fatta. Me ne dimentico. Sono una pessima pessima pessima autrice, potete picchiarmi se volete. E' gratis.
Ora corro a rispondervi, sì.
Alla prossima, che io spero sia molto presto.
Vi adoro!

Shannaro e... recensioni no jutsu!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Day#3: Shitte Imasu Everything. ***


Cap.6
Battle Royale
Day#3: Shitte Imasu Everything.








Sola.
Sakura non credeva di poter mai riuscire ad odiare così tanto il senso di solitudine che la pervade in quel momento, osservando il vuoto che la circonda. Un tempo avrebbe dato oro per rimanere sola, anche solo per un istante, per fare in modo che i suoi genitori la smettessero di assillarla sulla scuola, che le sue amiche la piantassero di tartassarla con le chiamate, o che i ragazzi si decidessero ad interrompere le loro continue richieste di appuntamenti.
C'era stato un tempo in cui avrebbe fatto di tutto per un'ora sola, da trascorrere in camera propria. In silenzio. A pensare a quello che la sua vita era. Perfetta?
Forse.
E ora, osservando quella pistola e i proiettili accanto al suo borsone, l'unica cosa che riesce a fare è calciarli con tutta la forza che ha in corpo, lontano dalla sua vista. E dal senso di delusione e solitudine che le opprime il petto.
Lui se ne è andato, non ha pensato due volte a lasciarla sola.
E lei non gli ha nemmeno chiesto il nome.



***



Diverse ore dopo l'annuncio delle sei del mattino, Sakura smette di piangersi addosso e di nascondersi dietro le scatole di quella vecchia autorimessa, dove aveva trovato rifugio al suono degli spari che l'avevano svegliata tempo prima.
Non sa spiegarsi cosa l'abbia spinta ad accasciarsi su se stessa, e a piangere di nuovo lacrime di amarezza e delusione. Sa che è sbagliato, e non riesce a non darsi della stupida pensando a quanto fosse stata ingenua a credere di poter avere qualcuno accanto. Qualcuno che le rimanesse vicino.
Anche solo per un poco.
<< Che stupida >> le parole le sfuggono dalle labbra, con rabbia.
Sakura sospira, si asciuga il viso, si passa una mano fra i lunghi capelli rosa, tentando di riprendere fiato. I singhiozzi le hanno sconquassato il petto, non riesce nemmeno a respirare bene.
Capisce che l'unico modo per toglierselo dalla testa - per togliersi dalla testa il suo bellissimo viso e il suo silenzio avvolgente - è tenere la mente occupata con altro. Tutto, affinché non debba di nuovo pensare a quanto sia sola, in quel momento.
Sakura si stiracchia, si sistema i vestiti, cerca di ricomporsi e sospira al vano e mero pensiero di poter riuscire a trovare una toilette. Sarebbe davvero troppo da chiedere, ma dopo tre giorni nella foresta darebbe l'anima pur di trovare anche solo un vecchio bagno con una doccia. O anche solo un fiume dove potersi immergere indisturbata.
Torna a legare i capelli con il solito nastro rosso, osservandosi attorno e cercando di ricomporre i pensieri: una nuova meta. Dove sarebbe andata, ora? Quale sarebbe stata la sua nuova destinazione?
Sfila il localizzatore dalla camicetta, pulendo lo schermo con la manica della giacchina: deve sbrigarsi ad andarsene da lì, il timer segnala che mancano poco meno di una quarantina di minuti prima che anche quella diventi una zona rossa.
Sakura sospira, l'ennesimo sospiro in una giornata appena iniziata, e costata che è il giunto il momento di raccattare le sue cose ed andarsene: non ha nient'altro da fare d'altronde. Nessuno che l'aspetti. Nessuno che la cerchi. Nessuno da cercare.
Nessuno.
Quando il borsone le pende di nuovo dalla spalla e il localizzatore brilla nella sua mano, Sakura si ferma un attimo ad osservare la rivoltella sul pavimento, vicino al muro che le è a fianco. Neanche ci ha pensato bene, travolta dalla rabbia e dalla delusione l'ha calciata lontano, lei con tutti i suoi proiettili che sono andati a spargersi attorno.
Sakura non sa cosa possa significare quel gesto, non capisce, non vuole capire e nemmeno pensare: quel ragazzo le ha lasciato un arma per difendersi. E' un gesto strano, sembra quasi che si volesse scusare.
Per averla lasciata sola.
Sospira - l'ennesimo sospiro che pensa non sarà l'ultimo -, e fa per avvicinarsi al muro e chinarsi appena, con lo scopo di recuperare l'arma, ma un ultimo pensiero le saetta in mente:
Perché? E' lui che se ne è andato. Perché deve fare quello che lui le dice di fare? Al diavolo. Tutto. E tutti.
Un'espressione disgustata le si dipinge in volto, gli occhi verdi che luccicano di disprezzo. Sakura volta le spalle al muro, indispettita, decisa.
Decisa ad andarsene e a trovare un'altra soluzione. Un'altra strada. Qualunque altra cosa.
Eppure non riesce a toglierselo dalla mente.



***



<< Sakura-chan >>
Gli occhi gentili di Lena le sorridevano, al di là del banco che le separava. Quel giorno era nuvoloso, tutto nel tempo faceva presumere l'ennesimo acquazzone di inizio primavera, e Sakura non riusciva non trovare fastidiosa l'intera cosa. << Sì, Lena? >> replicò, non staccando gli occhi dagli appunti di giapponese moderno.
<< Hai già deciso a quale facoltà iscriverti? >>
Fu solo quella domanda ad indurla ad alzare lo sguardo, incontrando gli occhi scuri dell'amica, appena nascosti dalla frangia fulva sulla fronte.
Sakura lo sapeva: Lena, essendo figlia del ricco magnate che era suo padre, non avrebbe proseguito gli studi. Suo padre le aveva già trovato un rispettabile uomo da sposare, ricco abbastanza da mantenerla a vita, potente abbastanza da migliorare le condizioni dell'azienda di famiglia. Peccato che fosse vent'anni più vecchio.
Nulla lasciava intravedere la profonda tristezza in cui Lena si logorava, conscia che la sua vita era già stata decisa sin dalla nascita e che l'unico spiraglio di libertà al quale poteva aspirare era decidere i dettagli delle nozze e comportarsi come la ragazza viziata, ma gentile, che era.
L'unico onere al quale avrebbe dovuto adempiere, dopo la fine della scuola, sarebbe stato quello di sfornare tre o quattro marmocchi per compiacere la propria famiglia.
Sakura strinse le labbra, tanto che divennero una sola linea sottile, prima che potesse azzardarsi a rispondere.
<< Sì >> disse, con la voce più morbida che aveva. Lena era una discreta studentessa, se solo avesse potuto sarebbe stata capace di guadagnarsi un posto in un'ottima università, aspirando così a un futuro diverso.
<< E quale sarebbe? >> le chiese lei, la voce ridotta ad un sussurro. Erano sole, in classe. Sakura sospirò, e si apprestò a darle la sua risposta, pur sapendo che lei sapeva cosa avrebbe detto.
Lena la conosceva, non bene come avrebbe dovuto dopo tre anni trascorsi assieme, ma la conosceva abbastanza da sapere cosa le piaceva e cosa non le piaceva. Cosa volesse fare, una volta fuori da quella scuola, quali fossero le sue aspirazioni. Era una buona amica, tutto sommato.
<< Medicina >>
Lena tornò a sorriderle, chiudendo la rivista di moda che stava sfogliando distrattamente. I suoi occhi nocciola lampeggiarono dietro la frangia, con un baluginio simile all'orgoglio, all'invidia, all'ammirazione. Sakura non aveva vincoli, aveva due genitori che si prendevano cura di lei e che l'appoggiavano, qualunque decisione prendesse.
<< Sarai un ottimo medico, Sakura-chan >>



***



Alla fine era tornata sui suoi passi, era tornata indietro, e mentre infilava la pistola nel borsone non aveva fatto altro che darsi della stupida.
Sakura sa soltanto che la comunicazione di mezzogiorno è finita esattamente da una decina di minuti al massimo e che lei, sotto quel sole cocente, scopre di non avere più una goccia d'acqua in nessuna delle due borraccie.
La cosa la coglie di sorpresa, e per un attimo si fa prendere dal panico, in mezzo al nulla com'è.
Ha abbandonato da ore la vecchia autorimessa che la notte prima è stata il suo rifugio, ed è tornata ad avventurarsi per i promontori e le colline dell'isola, salendo, camminando, continuando a salire, a volte scendendo.
Sembra quasi una montagna russa, e Sakura oramai può dire averci quasi fatto l'abitudine. Tutti i paesaggi le sembrano uguali, e se non fosse per il suo localizzatore che continua a segnare una rotta sempre più nuova, Sakura direbbe di star attraversando lo stesso posto infinite volte.
<< Diavolo >> ringhia, passandosi una mano sulla fronte sudata e abbandonando il borsone sull'erba.
Ha ancora degli snack, delle patatine e qualche barretta ipocalorica ma l'acqua sembra essersi prosciugata e lei non ha la minima idea di come fare. Di come andare avanti.
Sente le onde infrangersi contro gli scogli e non le serve molto per capire che lo strapiombo in cui si conclude quella collina si affaccia direttamente sul mare più mosso che abbia mai visto.
La vista le si annebbia per un istante - è il caldo, sicuramente - e la costringe ad appoggiare la schiena contro i massi più vicini alla scogliera, in cerca di riposo. Si sta disidratando, non sta per morire ovvio, ma necessita di bere acqua.
Con quel caldo tropicale non resisterà a lungo.
Un istante dopo Sakura lascia vagare lo sguardo al di là delle rocce, al di là dell'erba. E' vicino, molto vicino, i suoi piedi si muovono da soli e lei in un battito di ciglia si ritrova ad osservare le onde che si abbattono sugli scogli, metri e metri più sotto. Basterebbe un salto, e tutto finirebbe.
Quel pensiero la gela, e solo in quel momento realizza cosa sta facendo: soffoca un urlo e indietreggia affanosamente, inciampando sui suoi stessi piedi e finendo stesa per terra, sull'erba.
Sakura singhiozza, incredula di aver pensato per un solo istante al suicidio. Incredula di essersi dimostrata così debole ai suoi stessi occhi. Che fine ha fatto la ragazza che mai si arrende? E' davvero così vigliacca da pensare di farla finita senza lottare per la sua vita?
Ringhia, massaggiandosi freneticamente le tempie. Rischia un esaurimento nervoso, di quel passo.
Perfetto.
Afferra il suo borsone, abbandonato metri più là, e se lo issa su una spalla con furia. Lei è Sakura Haruno, maledizione, non una persona qualsiasi.
Può farcela.
Lo sa.



***



<< Cos'è questo, Sakura? >>
La porta della sua stanza si era spalancata, distraendola un attimo dai libri di matematica su cui stava studiando. Lei alzò appena lo sguardo, incontrando lo sguardo familiare di suo padre, in piedi vicino allo stipite della porta.
<< Cosa, papà? >> sospirò, abbandonando la matita sul libro e passandosi una mano fra i capelli.
Suo padre avanzò nella stanza, un foglio in mano che le sbattè in faccia poco gentilmente. Sakura lo prese con calma e corrugò la fronte. << Questo >> disse lui.
<< E'.. l'ultimo compito di Inglese che abbiamo fatto a scuola >> replicò lei, sempre più confusa. << Che problema c'è? >> che problema c'era? Era il voto più alto in tutta la sua classe. Era praticamente perfetto.
<< Come che problema c'è? >> le labbra di suo padre si assottigliarono in un'espressione seccata. << Non lo vedi il punteggio? >>
98/100.
<< Perché non hai ottenuto il massimo? >> le chiese.
Il foglio si accartocciò ai bordi, tanto era forte la presa che Sakura esercitava su di esso. Suo padre ovviamente non se ne accorse, continuava ad osservare la testa della figlia, china sulla scrivania.
<< Allora? >> insistette. << Devo procurarti un tutor per inglese affinché tu dia il massimo? >>
<< H-Ho solo.. >> balbettò, incerta. << Papà, ho solo interpretato male il significato di una frase. Non ho bisogno di un tutor. Il mio voto era il più alto, in classe >>
<< I tuoi voti non devono essere alti, mi hai capito Sakura? >> Sakura si irrigidì. << Devono essere i migliori. I migliori. Cosa credi, che accettino solo quelli bravi per entrare a medicina? >>
Sakura scosse la testa, avvertendo per l'ennesima volta quella pesantezza allo stomaco, quando le parole di suo padre risuonarono nella stanza.
<< La prossima volta non voglio nessuno errore >> le disse. << E' chiaro, Sakura? >>
<< Sì >>
Quando la porta si richiuse Sakura si lasciò andare ad un pianto disperato.



***



Sakura sobbalza, costatando solo in quel momento cosa effettivamente stia facendo - e pensando.
Quel ricordo le è tornato in mente all'improvviso, colpendola come una secchiata d'acqua gelida in testa: non ci sarebbe stato alcun motivo per ricordare un simile evento. Sakura non sta facendo niente di particolare in fondo.
Alla fine l'acqua non l'ha trovata in un villaggio - del tutto assente da quelle parti - ma in piccolo torrente nel quale è incappata salendo di quota e ripercorrendo quel burrone familiare del giorno prima. Ha riempito entrambe le sue due borracce, stando ben attenta a controllare che l'acqua fosse abbastanza potabile, e ne ha approfittato per rinfrescarsi un po'.
Quella zona è quasi del tutto deserta, i sensori più vicini sono a tre kilometri di distanza, e Sakura, usando come pezza il golf che ha nel borsone, si è sciaquata il viso e l'addome e cambiata l'intimo. Non è così sprovveduta dal denudarsi in mezzo al nulla, ma è stata abbastanza furba dal cercarsi un luogo abbastanza riparato, per riprendere le forze, pensare e decidere dove dirigersi.
La pistola è ancora nel borsone, al sicuro da sguardi indiscreti e dal suo, in particolare. Sakura ancora non realizza l'idea di poterla prendere in mano e sparare contro qualcuno di simile a lei.
E qualche ora dopo, scoccate le quattro del pomeriggio, Sakura continua a ripetersi che non avrebbe mai ucciso. Che avrebbe fatto di tutto pur di evitare di farlo.
Sono pensieri cupi i suoi; la sola idea di potersi macchiare le mani di sangue altrui le da i brividi. E forse è l'unica a pensarla in quel modo.
Il ricordo di suo padre torna a danzarle in mente, come una fastidiosa canzone, e Sakura strizza gli occhi, infastidita. Non ha mai considerato eccezionali i suoi genitori, e il solo fatto di ricordarli in momenti del genere le da sui nervi.
Probabilmente in quel momento staranno urlando davanti alla tv, certi che il fatto che la loro amata figlia stia partecipando alla Battle Royale non potrà far altro che arricchire il suo curriculum.
Che schifo.
Ciò che la coglie di sorpresa, però, sono gli scalpiccii alla sua sinistra, che le gelano il sangue nelle vene e le mozzano il respiro per la centesima volta. Un rumore di rami spezzati, e un vociare sommesso. Sono delle persone e Sakura, costatando di aver lasciato il suo localizzatore nella borsa, troppo presa dai suoi pensieri, si dà della stupida e vorrebbe piangere.
Stupida stupida stupida.
E' troppo tardi, dalla macchia di verde che l'affianca emergono prima, una, poi due ed infine tre figure. Una più piccola dell'altra, una più confusa dell'altra.
Sono istanti trascorsi nel silenzio, dove il cuore minaccia di sfondarle il petto un'infinità di volte, dove si chiede se sarà davvero quello il modo in cui morirà.
Ci sono sguardi confusi, sorpresi, Sakura nota una ragazza fra loro, stretta fra l'energumeno dai capelli arancioni e il ragazzo albino. Per un istante aguzza lo sguardo, riconoscendo nelle fattezze della studentessa davanti dei tratti familiari e già visti. Nota che la stessa ragazza ricambia il suo sguardo in modo sospettoso, dietro le lenti  degli occhiali. Ha i capelli rossi, e la divisa di Oto.
Sono tutti di Oto.
Ti uccideranno.
Sakura si prepara ad urlare - un vano e futile tentativo di morire con dignità, sapendo di averci provato perlomeno - e sembra proprio che il ragazzo albino e dai denti appuntiti alzi il braccio, con tutta l'intenzione di afferrare il fucile che gli pende sulla schiena.. se non ché il ragazzo massiccio, quello alto due metri e largo tre, fa scattare la mano e gliela posa sulla spalla, intimandolo di retrocedere.
La ragazza dai capelli rossi sobbalza. << Juugo! >> ringhia. << Che diavolo pensi di fare?! >> Sakura retrocede di un passo, stringendosi il borsone al petto.
<< E' sola >> replica semplicemente lui. << Noi non atterriamo chi è solo >>
Sola.
Sakura lascia che ciocche di capelli le oscurino il volto: fa male sentirselo dire, ora. Loro non lo sanno, in fondo, cosa significhi esserlo.
Sakura legge negli occhi del ragazzo che ha appena parlato qualcosa di simile alla pietà, alla compassione. Vorrebbe urlare loro di ucciderla, forse sarebbe meglio. Farebbe di tutto pur di togliere loro quell'espressione.
<< E' anche del Konoha, Karin >> commenta il ragazzo albino, afferrando il polso della ragazza e cercando di calmare le sue più che evidenti proteste. << Non ne vale nemmeno la pena >>
Probabilmente dovrebbe solo chinare il capo e scappare via, ora che ne ha la piena possibilità; sarebbe la cosa più intelligente da fare. Eppure quelle ultime parole, pronunciate con un tale sprezzo da farle venire la nausea, le lacerano il petto come un coltello, insinuandosi nella sua carne rovente.
Sakura storce la bocca, gli occhi verdi che lampeggiano di rabbia, i pugni che si stringono. Vorrebbe prendere a pugni quel viso scavato e sporco.
Sa che non può farlo, eppure lo vorrebbe. Lo vorrebbe con tutta se stessa.
<< Come se Oto potesse valere qualcosa >> vomita, con lo stesso disprezzo letto poco prima sul viso del ragazzo albino.
La rossa spalanca la bocca, evidentemente scioccata dalla sua avvenenza, ma non frena la lingua. << Tu, brutta schifosa- >> fa per lanciarlesi contro, e Sakura è già pronta a respingerla. Eppure non sente mani che corrono fra i suoi capelli, tirandoli, o unghie che le sgraffiano il viso.
Alza di nuovo lo sguardo: il ragazzo grosso e alto l'ha bloccata con un solo braccio, dietro la sua schiena; l'altra mano che vaga sempre sulla spalla dell'ultimo membro, quello albino.
Non le dice nient'altro.
<< Va >> soffia, tenendo a bada la ragazza dietro di lui, che scalpita. << Scappa, prima che me ne penta >>
Sakura trema, sa che dovrebbe ringraziarlo, solo per il fatto di aver obbligato i suoi due compagni a risparmiarle la vita.
Non riesce a dirgli niente, si limita a far scattare le gambe e a superarli in fretta, non osando rivolgere loro la schiena nel timore che possano cambiare idea e sparararle alle spalle.
Quando è sufficentemente lontana, Sakura si inoltra nella foresta, abbandonando quindi il sentiero vicino al burrone. Tornando a legarsi i capelli si chiede se davvero sembri così debole.



***



Ad un certo punto della giornata - quando pensa che niente potrebbe riuscire a peggiorarla - Sakura riflette che aver rischiato di morire già due volte in poco più di quattordici ore evidentemente non è abbastanza.
E mentre la foresta va sempre più dirandandosi, e dopo che è riuscita ad evitare una mezza dozzina di sensori che si avvicinavano da est, Sakura sa di essersi comportata come stupida per l'ennesima volta.
Questa volta il localizzatore è con sé, nella sua mano, e lei è ancora viva. E forse non per molto.
Pensare che solo quella centinaia di ragazzi che vagano lì attorno possano riverlarsi l'unico e vero proprio pericolo su quell'isola è da idioti, perché ci sono anche gli animali. Perché quell'isola è abitata, ma le foreste e la difficile conformazione del terreno - con tutte quelle colline, quei promontori e quei dirupi - non hanno reso sempre possibile l'insediamento umano se non in determinati spazi. Tutto il resto è in mano alla natura.
E mentre osserva il cervo che annusa il terreno a metri da lei, Sakura deglutisce e cerca di calmarsi. Non hai mai avuto un buon rapporto con gli animali, lei, ma sa per certo che i cervi non sono pericolosi per gli essere umani.
Eppure non riesce a smuoversi da lì, non riesce a staccare gli occhi da quello spettacolo, e quando vede che il cervo alza il muso e la osserva a sua volta, Sakura sa per certo che non è più paura la sua. Solo curiosità.
Le sembra di tornare bambina.
Bang.
Non puoi mai abbassare la guardia in circostanze del genere. Eppure è quello che lei fa, e quando il cervo si accascia su stesso Sakura impiega due istanti ad elaborare quello che è appena successo.
Ma è troppo tardi, lo sa; il localizzatore vibra di nuovo, e mentre osserva il terreno macchiarsi del sangue di quel povero cervo, sa anche che l'unica cosa che le rimane da fare è correre.
Può solo correre.
Come ha sempre fatto.
E lo farebbe, perché dentro di lei è ancora rimasta quella scintilla che scalpita, quel barlume di ragione che le dice di provare a salvarsi, di provare a sopravvivere ancora qualche istante.
I suoi timori si concretizzano quando vede emergere dalla boscaglia circostante un ragazzo, con una divisa di Suna, che noncurante si avvicina alla carcassa del cervo ed estrae dal suo ventre la freccia appena conficcatasi.
L'unica cosa che le resta da fare è far scivolare il localizzatore piano, con discrezione, fra le pieghe della sua giacchina, prima che l'oramai familiare pressione di una pistola contro la nuca la faccia rabbrividire da capo a piedi.
<< Guarda chi abbiamo qui >> una voce graffiante, sardonica. << Konoha, a quanto pare. Koichi e gli altri saranno contenti >>
"Maledizione, maledizione, maledizione, maledizione".
<< E abbiamo trovato anche da mangiare >> una risata. << Due piccioni con una fava. Non è magnifico? >>
Sakura ha chinato il capo - come tante altre volte ha fatto - e non ha il coraggio di guardare negli occhi i suoi assassini.
<< E' anche carina >> qualcuno le accarezza i capelli. << Sai cucinare? Perché noi abbiamo proprio bisogno di una- Oh, Miyama! Guarda chi abbiamo qui! >>
Il suono di quel nome la riporta indietro di anni luce, anni e anni addietro. Quando Miyama le teneva la mano durante la ricreazione, la baciava sotto le scale e la riaccompagnava a casa ogni giorno.
Sembrano passati secoli, da quei giorni.
Sakura sobbalza, e retrocede di due passi, alzando il viso ed incontrando i tratti piacevoli e familiari di Miyama, che la osserva esterrefatto. Qualcuno l'ha afferrata per il gomito, per assicurarsi che non scappi - ovviamente.
<< S-Sakura..? >> rantola lui, e Sakura nota solo in quel momento Koichi nascosto dietro le sue spalle. Koichi, che ha provato ad ucciderla due giorni prima.
Vorrebbe urlargli di lasciarla andare, perché per qualche strana ragione ha ragione di credere che è lui il capo di quella banda. Vorrebbe urlargli di lasciarla, di andarsene.
Prima che se ne renda conto ha le sue braccia attorno alla vita, la tengono stretta - quasi la soffocano - e Sakura, dopo due istanti di imbambolamento, si ritrova a divincolarsi dalla sua presa, furiosamente.
Miyama retrocede, sembra confuso dal suo gesto, ma è contento di rividerla. E' contento, maledizione.
Sakura, ponendo fra loro una certa distanza e osservando gli altri, adocchia Koichi che, chino e cupo, la osserva di sottecchi.
<< E-Eri sola tutto questo tempo? >> Miyama fatica a trovare le parole. << Koichi ci ha detto che.. >>
La rabbia le monta addosso. << Koichi ha provato ad uccidermi >>
Miyama sembra preso in contropiede, si massaggia le tempie. << E'.. stato uno spiacevole incidente, Sakura.. Koichi è molto dispiaciuto.. vero Koichi? >> il suddetto sobbalza e torna a nascondersi dietro le spalle degli altri due di Suna. << L'importante è che tu stia bene, Sakura. E' bellissimo saperti viva, ti ho pensata davvero molto >> e in un istante la sua mano è corsa ad accarezzarle la guancia.
Sakura ricorda solo in quel momento il motivo che l'aveva spinta a troncare la loro improbabile relazione, un anno e mezzo prima.
<< Non mi toccare >> sibila, retrocedendo di un passo. Immediatamente i due di Suna avanzano di uno, pronti a rincorrerla nel caso lei scappi, ma il gesto secco di Miyama li riporta alla loro originale posizione. << Scusami, hai ragione >> cerca di sorriderle, e Sakura agrotta la fronte. Deve andarsene da lì. Subito. << Vieni con noi..? Koichi aveva provato a chiedertelo l'altra volta, no? >> torna a farsi avanti. << Vieni con noi, Sakura. Sarai al sicuro >>
Vorrebbe credergli, vorrebbe davvero farlo. Non aveva pregato in quei giorni di poter riuscire a trovare qualcuno a cui aggrapparsi? Non aveva sperato che quel ragazzo sconosciuto del giorno prima diventasse il suo appiglio?
Eppure lo sa, sa che Miyama dietro quel viso angelico nasconde un'altra persona. E i lividi sulla fronte di Koichi non fanno altro che confermare la cosa. Deve andarsene.
Piano, quasi impercettibilmente, Sakura scivola sul terreno, retrocedendo.
"Un diversivo, un diversivo, Sakura"
<< Non posso >> dice, la voce rauca dalla sforzo. << Non posso proprio, Miyama >>
<< Ma.. perché? >> Miyama insiste. << Ti proteggeremo, vero ragazzi? Abbiamo anche un rifugio, e stiamo cercando tutti gli altri. Non vuoi rivederli? Possiamo trovare una soluzione assieme >>
Sakura scuote la testa, il terrore che comincia ad invaderla. Gli occhi di Miyama si stanno incupendo. << No, è meglio così >> dice. << E'.. meglio che- >>
<< Tu non vai da nessuna parte! >> Koichi scivola via dal suo nascondiglio e le punta addosso la balestra, avvicinandosi. << M-Miyama-san ha detto che d-devi rimanere! Anche con la forza.. diglielo Miyama-san! >> Miyama sospira, e le rivolge uno sguardo di scuse. << Koichi, abbassa quella balestra >>
Sakura stringe i pugni. << Abbassa quell'arma >> sibila, glaciale. Ma Koichi rimane fermo. << Abbassa quella cazzo di arma! >>
Miyama si volta e si avvicina al compagno, che alza la balestra. << M-MMMiyama-san, hai detto che.. >> e la balestra fa partire un colpo, e Sakura trattiene il respiro quando vede il sangue colare dalla guancia di Miyama.
"Ora. Scappa"
Ma Miyama prevede le sue mosse, perché urla qualcosa a uno dei ragazzi di Suna e le si precipita addosso, e Sakura non ha il tempo di respirare che ha una sua mano attorno alla gola e una che le stringe furiosamente il braccio.
<< TU.. non vai da nessuna parte, Sakura >> ringhia. << Mi hai capito? Da nessuna parte..! >>
Sakura lotta, contro il male alla gola e le lacrime agli occhi, lotta e si ribella, ma Miyama sembra prevedere tutti i suoi attacchi. Non è la prima volta che succede, d'altronde. << Ecco, adesso.. fai la brava, Sakura.. fai la- >> non ha avuto scelta. Ha piegato la gamba, Sakura, e il suo ginocchio si è accanito contro l'inguine del ragazzo, con violenza, mentre si sdradica di dosso la sua presa e retrocede di un passo.
<< Puttana schifosa- >> Miyama si inginocchia, rantolando. << Puttana che non- >>
Sakura non lo ascolta, pensa a scappare, pensa che deve scappare, che deve andarsene da lì. Eppure non è così semplice, e lo sa, e basta voltare un istante le spalle che un'altra persona le ha afferrato di nuovo il braccio, costringendola a voltarsi di nuovo.
<< Sta ferma! Dove pensi di andare?! >> Sakura lo morde, lo graffia, con tutta la forza che ha in corpo. Lui le da un calcio contro le coscie e lei si ritrova per terra, sovrastata dalla sua figura, la gola che brucia. Tutto è confuso.
<< Lasciami! Lasciami! Lasciami! >> urla, dibattendosi dalla presa dolorosa sui suoi polsi. << Ti ho detto di lasciarmi, stronzo! >>
Poi è tutto veloce: il localizzatore ha ricominciato a vibrare, furioso, contro il suo petto, e prima che se ne possa solo rendere conto, uno sparo ha lacerato l'aria in quella foresta.
E lei lo sente alle sue spalle.



***



Sembra la scena di un film.
Forse è destino, forse è una coincidenza, ma Sakura non riesce a non pensare a come sia lui, questa volta, a salvarle la vita.
Si rende conto che qualcosa non va quanto sente un gemito, quando il ragazzo che la sovrasta si scosta in un soffio per puntare i suoi occhi terrorizzati dietro di lei e quando il corpo dell'altro di Suna, ad una decina di metri, si accascia sul terreno, in un lago di sangue.
Il proiettile si conficca nella corteccia di un albero, e lei ha a malapena tempo di incamerare aria perché un'altra serie di proiettili si abbatte su di loro, e lei urla. Non può fare altro.
Miyama, ferito alla guancia, ha estratto la sua pistola. Ed ha una pessima mira. << Maledizione..! >> lo sente ringhiare, la sua ricarica è finita. << Sakura, scappa via da lì! >>
Lui non è più dietro di lei, e Sakura riesce a vedere le sue spalle, la divisa di Oto, il fodero di una katana sulla sua ampia schiena. Il ragazzo che la stava aggredendo retrocede, striscia da un lato e ricerca la sua pistola, gli occhi sbarrati, le mani tremanti.
Sakura è ancora per terra quando vede quello di Suna trovare la sua arma e puntarla addosso a Lui, e le urla le abbandonano le labbra d'istinto. Non ci pensa. << A-Attento..! >>
Lui non la guarda nemmeno, la sua mitraglietta punta contro il ragazzo per terra e tre colpi abbandonano la canna. E Sakura è pietrificata. L'ha ucciso?
<< SAKURA! >> Miyama la guarda, dall'altra parte. Koichi trema ai suoi piedi. << Sakura! Scappa! Scappa prima che ti uccida! >>
Sakura si rialza in piedi, traballa, ma cerca di tenere ferme le ginocchia. Gli si avvicina tubitante, vorrebbe dirgli grazie, ma quando lo vede puntare la sua mitraglietta addosso al suo compagno di classe la gola le si secca e il braccio scatta in avanti, posandosi sulla sua spalla istintivamente. << N-NO! >>
A quel contatto Lui si volta di scatto, stupefatto, e per la seconda volta in due giorni Sakura lo guarda negli occhi. In quegli occhi scuri, profondi, di un nero intenso. E rabbrividisce, scostando la mano dal suo braccio immediatamente.
Ma non hanno tempo di pensare, perché Miyama ha visto tutto e ride. E Sakura capisce solo in quel momento in cosa sono andati a cacciarsi.
Il localizzatore vibra come impazzito, di nuovo, e Sakura ha solo il tempo di realizzare appena la cosa che sentono delle voci farsi sempre più vicine, dei passi sempre più concitati. E le urla, e gli spari.
Non sono solo loro quattro.
Quando Sakura torna ad alzare lo sguardo, prima puntato ai suoi piedi per lo shock, incontra di nuovo i suoi occhi. Non sono più freddi e analitici come sempre, Sakura legge nel suo sguardo la sorpresa, la preoccupazione e, per ultima, la paura. Lo sa anche lui.
<< L'ho sempre detto che eri una puttana, Sakura >>
Prima dei passi, prima degli spari, Sakura gli sussurra solo una cosa, gli occhi sgranati dal terrore.
<< Scappa >>



***




E sono scappati davvero, incuranti degli spari alle loro spalle, prendendo la stessa direzione. E Sakura l'aveva sentito come un deja-vu, ed era tornata al giorno prima.
E solo una volta certi di non essere più seguiti si sono dati pena di riconoscere fino a dove si sono spinti: il burrone su cui si affacciano incute timore solo al guardarlo da lontano, ben lontani dalle sue sporgenze.
Lo vede barcollare vicino a queste ultime, abbandonare il borsone sull'erba e cercare di riprendere il respiro, passandosi una mano fra i capelli scuri.
Sakura non gli parla, non ancora, poggia la schiena sul tronco dell'ultimo albero con il quale la foresta termina il suo percorso, posando una mano sul petto e cercando di respirare normalmente. L'adrenalina, il terrore,  l'emozione, l'amarezza; sono tanti i sentimenti che prova. Così tanti che non riesce a pensare lucidamente, e a realizzare di essere di nuovo al suo fianco solo quando lui si abbandona in un sospiro.
Gli dà le spalle, e poggia la fronte contro la corteccia dell'albero, calmando i battiti del suo cuore e concedendosi di versare due lacrime in ricordo di quello che è appena successo. Due dei suoi compagni di classe avevano appena provato ad ucciderla, ma ciò che le lascia l'amaro in bocca non è esattamente questo - aveva sempre saputo che tipo di persona fosse, Miyama - ma la consapevolezza che nemmeno ha provato a fidarsi di loro. Davvero le sono occorsi solo tre giorni nella foresta per cambiare così radicalmente? Koichi l'aiutava con le pulizie, la settimana prima, non le puntava addosso una balestra. Maledizione.
E Miyama... Miyama si fingeva gentile.
Sakura stringe i pugni e pensa, per l'ennesima volta, all'ingiustizia alla quale sono stati condannati.
Lascia che le lacrime le righino le guance ancora per un po', incurante di non essere sola, ed è solo quando è certa di avere gli occhi perfettamente asciutti che decide di voltarsi.
Lo trova seduto sull'erba, pericolosamente vicino alla spaccatura, le mani intrecciate sulle ginocchia, il viso posato sulle prime. Sakura ricorda di averlo visto in una simile posizione la notte prima, in un bagliore di lucidità in mezzo al sonno, e non riesce a non costatare la sua bellezza nuovamente.
Si sistema la gonna, e si passa una mano fra i capelli mentre accenna qualche passo nella sua direzione. E' una situazione strana. << Grazie >> gli dice, fioca, ma è certa che lui l'abbia sentita.
Il ragazzo alza finalmente il suo sguardo e la scruta con la coda dell'occhio, silente. Sakura si agita, e arrossisce.
E si da della stupida, perché non è certo il momento per arrossire.
<< I-Io- >>
<< Non ti avvicinare >>
Le sue parole la gelano, e il passo che stava per azzardare muore seduta stante. Sakura sbarra gli occhi, e boccheggia, pietrificata.
<< Cosa? >> sussurra. << P-Perchè..?- >>
<< Non ti avvicinare >> le ripete, stoico. << E' meglio così >>
E' meglio così.
Sakura boccheggia di nuovo ed impotente lo osserva issarsi in piedi, spolverarsi i pantaloni con la massima naturalezza possibile e chinarsi a raccogliere il suo borsone.
Sta andando via, sta andando via, sta andando via e tu non lo puoi fermare.
<< A-Aspetta..! >> rantola, e osserva il fodero della sua katana - che ricorda di non avergli visto addosso, il giorno prima - tintinnare contro il metallo della mitraglietta che si è appena issato in spalla. Lui si ferma, le dita ad un millimetro esatto dal suo borsone. Non la guarda però.
<< Dove stai andando? >> dice la prima cosa che le passa per la testa.
Lo vede corrugare la fronte e sospirare. << Via >>
Via.
Sakura trema, annaspa, si passa una mano fra i capelli, sposta il peso del corpo prima su un piede e poi su un altro. Deve dirgli qualcosa, maledizione, deve farlo. Qualsiasi cosa. Deve tenerlo lì, con lei.
Ma lui procede; afferra il suo borsone, alza il busto e le passa davanti come se non esistesse. E Sakura allora mette in dubbio se tutto quello che è appena successo sia successo davvero. Se non sia un sogno.
Sta andando via.
Questa volta la guarda, dritto negli occhi, e Sakura avrebbe un sacco di domande da fargli, e vorrebbe un sacco di risposte. Vorrebbe chiedergli perché ha accettato di tenerla con sé, la notte prima, perché le ha lasciato una pistola, perché le ha appena salvato la vita.
Vorrebbe chiedergli se ha mai ucciso prima.
Ma neanche una di quelle parole le abbandona le labbra quando lui la guarda dritto negli occhi, scrutandola dentro. E per un istante, uno solo, a Sakura sembra di vedere il suo viso ammorbidirsi.
Prima che lui le rivolga le spalle e cominci a camminare, veloce.
<< A-Aspetta! >> urla. << Aspetta.. non.. non andare via! >>
Le sue parole, urlate con tutta la forza che ha in corpo lo hanno fermato davvero. Sakura osserva la sua schiena irrigidirsi, e la mano che stringe il borsone chiudersi a pugno.
<< Portami con te >>
Le parole le sono salite alle labbra e neanche ha il tempo di pensare. Sakura lo dice, e basta.
Il ragazzo si volta appena.
Ora che non c'è più traccia di pericolo, il suo volto si è di nuovo rilassato e Sakura riesce ad ammirare per la seconda volta il suo viso bellissimo, i capelli neri che lo incorniciano e quei profondi occhi scuri che ora la stanno scrutando, sospettosi. << Come? >> dice.
<< Portami con te >>
Le sue labbra si piegano in un ghigno di scherno. << Mi dispiace, ma non ho tempo di fare da babysitter a ragazzine piagnucolose >>
Sakura si irrigidisce, colpita, offesa. Come si permette di trattarla in quel modo? Gli ha appena salvato la vita!
Di nuovo!
Quel ragazzo la confonde, e non sono solo i suoi modi secchi e altezzosi a darle alla testa, e nemmeno il suo aspetto da fotomodello da copertina. Sono i suoi occhi, scuri, distanti, gelidi. Sakura sa, sa che quel ragazzo ha tante cose da raccontare, tanti segreti nascosti dietro quel bel viso, tanti problemi dietro quell'aria apparentemente impassibile.
Sakura non è stupida, sa anche che è impossibile che quel ragazzo l'abbia salvata senza un secondo fine, senza alcun particolare motivo. Forse non è interesse il suo - in fondo ancora non sa dell'esistenza del localizzatore -, ma è certa che..
E' certa che ci sia una connessione.
Oddio, sembri la protagonista di una di quelle patetiche commedie romantiche.
Nonostante tutti i suoi pensieri, però, non riesce a non sentirsi offesa dalle sue parole aspre e agrotta la fronte, piccata. << La ragazzina piagnucolosa qui presente ieri ti ha salvato la vita. >> sibila. Sakura non riesce nemmeno a tenere a bada il suo spirito combattivo e a replicare seccata. Se quel ragazzo ha intenzione di metterle i piedi in testa allora non sa con chi si ritrova a che fare. << Dovrà pur contare qualcosa, no? >>
Il ragazzo torna a guardarla, stavolta con più interesse. Sakura si sentirebbe arrossire se non fossero affacciati su un burrone, non fossero appena scampati ad una carneficina e lui non avesse una mitraglietta in mano e l'aria di chi sa usarla molto bene. Rabbrividisce a quel pensiero, e per un attimo si chiede se davvero stia facendo la cosa giusta: quel ragazzo è perfettamente capace di ucciderla. Sakura lo sa, maledizione. Sa che basterebbe un secondo e lei non avrebbe più la possibilità di vedere l'alba del giorno dopo.
Avrebbe potuto ucciderla facilmente; con un colpo di pistola, con quella mitraglietta o peggio, può anche decidere di farla a fettine con quella katana che porta appesa sulla schiena.
Non ha tempo di indagare oltre che la sua voce torna a farsi sentire: è più morbida - per quanto possa esserlo -, ma è sempre secca e perentoria, e la fa rabbrividire e vergognare di se stessa. Sembra riflettere un attimo prima di aprire bocca, ma la sua risposta è sempre la stessa:
<< Non me ne faccio nulla di una come te >> sbotta.<< Saresti solo un peso >>
Sakura sobbalza, e stringe i pugni. Un peso.
Sarebbe solo un peso, lei? Solo un'altra bocca da sfamare, un'altra schiena da proteggere? Davvero quel ragazzo è così insensibile alla compagnia altrui? Davvero non sente il bisogno di aggrapparsi a nessuno?
E, sopratutto, perché sembra essere solo lei quella a voler disperatamente trovare qualcuno? Perché sembra essere solo lei quella che necessita di conforto?
Sakura stringe gli occhi, e lotta contro le lacrime. Non vuole ammetterlo, perché fa male, fa ancora più male di tutta quella situazione.
Lui si è voltato, le dà le spalle. Vuole andarsene, e continuare da solo come ha sempre fatto, ma la voce di lei lo blocca.
<< Allora uccidimi >> sussurra, atona.
C'è il silenzio: lui non dice nulla, forse hanno entrambi smesso di respirare. Sakura cerca di imperdire alle lacrime di scorrere sulle sue guance perché non può - non vuole - mostrarsi debole. Di nuovo.
I deboli non hanno scampo in quel gioco.
<< Uccidimi, avanti >> ripete. << Non avevi intenzioni di farlo sin da subito? >> e la sua voce diventa sprezzante, tornando ad alzare la testa. << Perché risparmiarmi la vita, allora? >> si avvicina di due passi.
<< Perché salvarmela, anzi? Perché lasciarmi una pistola con cui difendermi? Perché? >> la sua voce è insistente ora, rotta dai singhiozzi, dalla disperazione. << Uccidimi, ora. Adesso >> ringhia. << O non hai il coraggio di farlo? >>
Il ragazzo non le dice niente, e Sakura non sa se sentirsi più indignata dal suo eterno silenzio o dal modo in cui si è voltato per scrutarla, dall'alto in basso. Come feccia.
Ringhia, un suono gutturale e carico di sdegno. Vorrebbe prenderlo a schiaffi, vorrebbe picchiarlo, togliergli quella espressione gelida dal volto, eppure..
Eppure non ci riesce.
Riesce solo a piangere, e continuare ad urlare invano, incurante del fatto che i tipi che hanno seminato poco prima possono tornare all'attacco da un momento all'altro, seguendo la sua voce.
<< Non hai il coraggio di uccidermi? >> ripete, avvicinandosi di due passi. Inconsapevolmente lui retrocede di uno. << Avanti.. fallo, ora.. con.. >> la zip del suo borsone si abbassa, e la mano corre a frugarci dentro. << .. questa! Prendila, maledetto! Uccidimi, se ne hai il coraggio! >>
Gli lancia la pistola addosso, senza neanche temere le conseguenze, ma lui la evita per un soffio e lascia che cada in mezzo all'erba, vicinissimo al filo del burrone.
Sakura cerca di calmare il suo respiro, cerca di tornare a respirare normalmente, e di smettere di piangere. Si massaggia la base del naso, ispirando violentemente. Rischia di diventare pazza, di quel passo.
O forse lo è già.
<< Perché mi hai salvato la vita? >> gli chiede, di nuovo. E non si aspetta una risposta, perché in quei pochi istanti trascorsi con lui sa che lui non è il tipo da dargliela.
Infatti non apre bocca, continua ad osservarla, lo sguardo più grave di prima, più appesantito. Sakura si sente quasi schiacciare. Ha il potere di fermarle il cuore, quello sguardo.
<< Perché me? >> sibila lui, tutto d'un tratto, con rabbia. << Non hai degli.. amici? Delle persone che ti stanno cercando? Qualcuno che tu stai cerc- >>
<< Non ho più amici >>
Quella frase è amara, sa di delusioni e aspettative infrante; di sofferenza e dura realtà. Sakura china il capo, e lascia che i capelli le oscurino il volto. E' più dura di quanto immaginasse.
Ricordare.
<< Perché me? >> ripete, e la sua voce è più stanca ora. Quasi rassegnata.
Sakura sorride, sentendo gli occhi inumidirsi di nuovo, ma questa volta non si vergogna di alzare la testa ed incontrare il suo sguardo, duro, ma comprensivo.
<< Perché mi hai salvato la vita >> sussurra, con voce quasi timida. << E questo basta >>
E basta davvero.
Lo vede indietreggiare di nuovo, lasciare cadere il borsone per terra. La katana gli oscilla sulla schiena e il laccio della mitraglietta sbatte contro la sua gamba. Sta pensando, e lo sanno entrambi.
<< N-Non sarò un peso >>
Lo sta pregando, forse? Lo sta davvero pregando di portarla con sé?
Sakura tace per un attimo, e si chiede se davvero quello che sta facendo sia la cosa giusta. Se sia davvero consigliabile fare affidamento su un totale sconosciuto, su un ragazzo che è perfettamente capace di toglierle la vita in un istante. Si chiede se in realtà non sia già diventata pazza, perché tutti gli elementi in quella situazione sono sfavorevoli, ed è solo il suo istinto a dirle di continuare.
Come puoi essere così certa che non ti ucciderà? Come fai ad essere sicura che non proverà a farti del male?
Sakura sospira, e si passa una mano fra i capelli. Peggio di così non potrebbe comunque potuta andare, pensa, e lei non sarebbe sopravvissuta ancora per molto, sola.
<< Io.. posso aiutarti >> gli dice, e lui continua a guardare al di là del burrone. In alto come sono riescono quasi a vedere il mare.
Sakura deglutisce, sa che tutto, oramai, dipende da quello che sta per dire. Prende un respiro profondo e mormora qualcosa sottovoce.
O la va, o la spacca.
<< Ieri mi hai chiesto quale fosse la mia arma e come fossi riuscita ad avvertirti in tempo di quella orda di pazzi >> il ricordo nitido del gruppo di Suna che il giorno prima li aveva inseguiti per mezzo kilometro torna a farsi spazio nella sua mente.
<< Ti ho mentito >>
Sakura sa di per certo che quel ragazzo è pericoloso.
E' un ragazzo pericoloso e bellissimo, e non si soprenderebbe se lo vedesse estrarre la katana dal fodero e si aprestasse ad infilzarla seduta stante. Gli ha mentito - non propriamente, a Sakura piace definire la cosa come "omissione" -, e lui sembra proprio il tipo da uccidere per una stupida menzogna.
Quando lui si volta, tornando a squadrarla con più interesse, sicuramente lieto di non vedere più tracce di lacrime sul viso, la sua frase le toglie il respiro:
<< Avrei dovuto immaginarlo >> sembra divertito, ma anche palesemente indispettito.
Lei torna a respirare, e si scosta una ciocca di capelli rosa dal volto. La coda si è completamente sciolta, e il nastro è di nuovo fra le sue mani.
Sakura trema, ma non abbassa lo sguardo, la testa è alta, la sua espressione fiera. Piega un braccio e armeggia con la chiusura posteriore della gonna, prima di allungarlo di nuovo.
In mano, ha la sua arma.
Il localizzatore fa sfoggio di sé, brilla sotto la luce del sole cocente, e Sakura vede lo sguardo del ragazzo scivolare dal suo viso fino alla sua mano, incuriosito.
<< Questo è un localizzatore >> afferma, assumendo senza neanche rendersene conto quell'aria saccente che l'ha sempre contraddistinta. << E' in grado di identificare la posizione nell'isola dei restanti partecipanti attraverso le onde che emettono i loro collari. Inoltre è in grado di avvisare se un collare si sta avvicinando ad elevata velocità >> dice. Il localizzatore ha smesso di vibrare da un pezzo, evidentemente ha costatato che la presenza del collare di quel ragazzo è pemanente. << Attualmente i partecipanti in gioco sono centoquaranta degli originali centosessanta >> aggiunge, prima di riportare i suoi occhi verdi sul volto del ragazzo. << E' questo il modo in cui sono riuscita a soppravvivere da sola, questi giorni >>
Neanche se ne rende conto, il cuore ha cominciato a batterle furiosamente in petto. Sakura ha la gola secca, ma sa di averlo lasciato senza parole. Lo vede dai suoi occhi, dal suo sguardo appena sgranato, dalla evidente tensione delle sue spalle. Non se l'aspettava, era evidente.
<< Non puoi negare che potrebbe tornarti molto utile >> conclude con voce fioca.
Sakura sa che ci sta pensando. E' palese. E quando lui le parla, atono ma con una sfumatura interessata nella sua voce, Sakura sobbalza dalla gioia e dalla speranza.
<< Come fai ad essere sicura che non ti ucciderò e ti prenderò il localizzatore? >>
Avrebbe potuto farlo benissimo. Avrebbe dovuto farlo, maledizione, è quello lo scopo del gioco. Non esistono alleanze, patti, o rapporti interpersonali. La Battle Royale è quello.
Sakura rabbrividisce e torna ad abbassare lo sguardo, incerta. Forse non è buona idea, forse è meglio che scappi, forse è meglio non fare affidamento su nessuno.
Avrebbero potuto allearsi, è vero, avrebbero potuto farsi largo in quei restanti giorni assieme, sopravvivere assieme, ma una volta raggiunto il quattordicesimo giorno.. che avrebbero fatto? Sakura, che fino a quel momento non ha mai toccato un arma seria, avrebbe trovato il coraggio di ucciderlo per la propria sopravvivenza?
Siamo umani. Abbiamo bisogno di avere qualcuno accanto. Anche nella tragedia.
Quando gli risponde Sakura ha nella voce una certezza che in realtà non è certa di avere.
<< L'avresti già fatto >>
Sembra bastare, davvero.
Lui è combattuto, perché indietreggia di un passo e si concede un gesto che fa trasparire il suo più che evidente nervosismo: si passa una mano fra i capelli, scompigliandosi la frangia che gli solletica la fronte. Sakura sa che se accetterà la sua proposta non sarà per un improvviso slancio di altruismo nei suoi confronti, sa che ci sarà qualche motivo che lo spingerà a farlo, sa che nonostante tutto lei non potrà mai abbassare la guardia.
Sa che potrebbe ucciderla in qualsiasi momento.
Ma decide di non indagare, decide di non indagare sui perché, ha smesso di farlo giorni prima. Ha smesso di chiedersi il perché dell'esistenza di un simile gioco, ha smesso di chiedersi del perché tutti l'abbiano abbandonata. Non ha intenzione di indagare sui sentimenti che l'hanno spinta ad un tale gesto, e nemmeno sulle ragioni ed i motivi di lui.
Lui non dice niente, dopo un ultimo sguardo china il busto e raccoglie la pistola che lei poco prima gli ha lanciato contro, in un moto di rabbia. E a Sakura basta osservarlo per capire.
Ha malapena il tempo di respirare che lui gliel'ha di nuovo lanciata contro. << Sei proiettili, semiautomatico >> è sempre freddo, sempre impassibile. Non una singola emozione trapela dal suo viso. << Mi aspetto che tu riesca a coprirmi le spalle >>
Non è una dichiarazione di eterna fiducia quella, affatto. Sono solo due ragazzi coi rispettivi interessi che hanno deciso di allearsi per avere maggiori possibilità di sopravvivenza. La stessa Sakura sa che non è consigliabile abbassare la guardia in sua presenza, ma non riesce a non sorridere. Non è gioia la sua - nessuno sarebbe felice -, ma si sorprende di non aver dimenticato come sorridere. Gli occhi le brillano per un istante, di quella luce che  quando era tutto normale risplendevano sempre, e quando lo vede voltargli le spalle e dirigersi verso la foresta, le parole le abbandonano le labbra d'istinto. Per la seconda volta.
<< Io.. sono Sakura >> sussurra, nel silenzio di quella foresta. E le sue parole sembrano rieccheggiare fra le colline circostanti. << Sakura Haruno >>
Lui si ferma, non si volta e non si azzarda dire nulla, ma l'ha sentita. E lo sanno entrambi.
<< E tu? >>
Il ragazzo sospira, forse un sospiro irritato, rassegnato. Dopo un altro lungo silenzio finalmente decide di rispondere, con una voce più morbida di quanto si aspettasse.
<< Sasuke >>
Sakura rabbividisce al suono del suo nome, lasciando che il vento le accarezzi la nuca e le rinfreschi le membra. Lo ripete due volte, a bassa voce, e non riesce a non pensare che gli si addica. Sasuke.
C'è il silenzio, e mentre Sakura si carica in spalla la sua borsa pensa che d'ora in poi le cose potrebbero andare meglio. Pensa che, forse, in tutto quell'inferno potrà riuscire a trovare uno spiraglio di luce.
<< Andiamo >> dice lui, sulla soglia della foresta. E' tornato freddo come al solito, ma Sakura annuisce e lo segue, silenziosamente.
Forse possono farcela.



***



E Ino urla.
Urla così forte che per un istante è solo quello l'unico suono che invade la radura, mentre stormi uccelli si alzano in volo dai loro nidi sugli alberi e oscurano per un lungo ed interminabile attimo le stelle nel cielo, nella loro terza notte.
Chouji non può fare nient'altro che farla scivolare dalla sua schiena, dove appena qualche minuto prima si era appisolata, e adagiarla sull'erba del terreno, osservando il suo migliore amico voltarsi di scatto e puntare la pila nella loro direzione.
In quei tre giorni hanno imparato che muoversi di notte è decisamente più sicuro e furbo per chi, come loro, non ha le migliori armi a disposizione e, sopratutto, a malapena sa usare quelle che ha in possesso.
La notte ha fatto da teatro alle loro fuge, ai loro sotterfugi, ai loro disperati tentativi di trovare un rifugio sicuro e degli amici dispersi nel nulla.
<< Ino, Ino.. calmati, siamo noi..! >> la voce di Shikamaru è un sussurro affannato. Chouji sente solo quella, quel silenzio che li circonda è quasi raccapricciante. << Ino, sono io..Shikamaru. Calmati, per favore..! >>
Ino scuote la testa, e le lacrime le rigano le guance. Shikamaru, illuminandole il viso con la torcia, non riesce a non sospirare e ad accarezzarle il viso lentamente, prima di spostare la mano sulla sua nuca e attrarla finalmente a sé, stringendola in un abbraccio. Ino si aggrappa alla sua giacca, singhiozzando contro il suo collo e piangendo le ennesime lacrime della giornata.
Non è la prima volta che succede, e Shikamaru pensa che non sarà affatto l'ultima: Ino non riesce quasi mai a dormire, se accanto a lei non c'è lui che le tenga stretta a sé. Non hai mai voluto dire loro che genere di incubi fossero quelli che la tormentano durante il sonno, ma per Shikamaru non è difficile immarginarseli, in fondo.
<< Un ultimo sforzo, Ino >> le sussurra contro i capelli. << Ancora per poco. Siamo quasi arrivati >> Ino dapprima scuote la testa, ma quando le labbra Shikamaru scivolano dall'attaccatura dei suoi capelli biondi fino alla sua bocca non protestà più e si abbandona a quel bacio appena accennato.
E' un momento talmente intimo che Chouji distoglie la propria torcia dalle loro figure abbracciate e la punta sul sentiero che stanno seguendo, allungando una mano ad accarezzare la schiena dell'amica.
<< Avanti, Ino >> le dice, per incoraggiarla. Ancora poco.
Ancora poco, si dicono tutti, ancora poco e quel puntino sulla loro cartina diverrà finalmente realtà, e le speranze di quei tre giorni si vedranno finalmente realizzate. Quello non è solo che il primo passo, lo sanno tutti, ma è già qualcosa, e mentre Ino si aggrappa a Shikamaru, riprendendo il cammino, pensa che forse possono farcela davvero. Insieme.
Mezz'ora dopo, quando il buio della foresta si è fatto così intenso che a malapena riescono a scorgere ciò che hanno ai piedi, gli alberi cominciano a diradarsi in una radura che illuminano con le pallide luci delle loro torce.
Ino trattiene il respiro, e al bagliore delle stelle si unisce quello dei suoi occhi azzurri che, alzandosi da terra, scorgono lo scheletro di una vecchia casa abbandonata.





CONTINUA... ?





LoSpazioDiGè:
(Traduzione Titolo: So Ogni Cosa)
Aw, ed è così che Messer Sasuke salvò la vita alla donzella in pericolo, Sakura Haruno. ♥
...
...
Passando a cose serie, se pensate che Sasuke si sia lasciato convincere troppo facilmente state certi che i veri motivi emergeranno più avanti.
Non pensate che Sakura sia innamorata di lui (non ancora 8D), non è stupida. E' semplicemente conscia che da sola non ce la farà mai, e che l'unico modo è aggrapparsi all'unica persona che non ha provato ad ucciderla sin da subito.
Cosucce da appurare:
#1: Specificando, questo capitolo è ambientato sempre il terzo giorno, in contemporanea agli avvenimenti dello scorso :)
#2: Ho stilato la scaletta precisa e definitiva. Vi annuncio con gioia che i capitoli di Battle Royale saranno ventisette. Ventisette fottuti capitoli. Aiutatemi.
#3: Il prologo e il primo capitolo di "Non è la solita commedia romantica" sono ufficialmente pronti, e il trailer è quasi completo. Ma prima di leggerla dovrete aspettare del tempo; voglio raggiungere il decimo capitolo di BR e cercare di portarmi avanti. L'estate penso farà bene a tutti.
#4: Il prossimo capitolo sarà prevalentemente NaruHina (per i curiosi che vogliono sapere che fine hanno fatto), ma ci sarà anche del SasuSaku.
#5: Scrivere questa storia è impegnativo. E' in assoluto la fanfiction più difficile che abbia mai scritto in vita mia, per questo vorrei scusarmi degli aggiornamenti lenti. Cercherò di fare del mio meglio :)
Infine, vi avviso che l'ultima scena (quella fra Shikamaru, Ino e Chouji) è molto molto importante per lo svilupparsi dell'intera storia.
Ne approfitto per pubblicizzare la mia ultima one-shot, Ano Jiji, una storia buffa; dove Sasuke è un vecchio brontolone pieno di nipoti! :)
Vi ringrazio per le meravigliose recensioni che mi lasciate sempre, e per la vostra pazienza riguardo ai miei soliti ed imbarazzanti ritardi con cui vi rispondo. E' la vita.
Un abbraccio, vi lascio col titolo del prossimo capitolo: "Please, Hitori ni Shinaide"
Alla prossima. ♥
Shannaro ♥ e... recensioni no jutsu!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Day#4: Please, Hitori Ni Shinaide. ***


Cap.7
Battle Royale
Day#4: Please, Hitori ni Shinaide.








"<< Vuoi quindi lasciare crescere i capelli? >>
La bambina alzò lo sguardo dal complicato intreccio di fili con i quali si stava intrattenendo, posandolo sullo specchio che aveva innanzi e osservando attraverso di esso la figura della donna che le sedeva dietro, vicino.
Hinata annuì, quasi timidamente, e cercò lo sguardo di sua madre. La suddetta le sorrise, e lasciò che la spazzola che aveva in mano districasse le sue chiome per l'ennesima volta.
<< S-Sì, madre >> sussurrò, gli occhi che tornarono ad abbassarsi. << Sempre.. sempre se non è un problema, madre >>
<< Non c'è alcun problema al riguardo, Hinata-chan >> la voce zuccherosa di sua madre ebbe il potere di farla sorridere. << Mi chiedevo solo se percaso non ti piacesse più il tuo taglio da hime >>
Hinata si affrettò a scuotere la testa, e la sua corta zazzera fece lo stesso con lei. << N-no madre, è che.. vorrei..>> disse. <<... sembrare più grande.. >>
Alla spazzola, tutto d'un tratto, si sostituirono le mani della donna, che presero a sfilare fra i suoi capelli corti con lentezza, come se volesse farle un massaggio.
<< Rifiutare il taglio da hime è come rifiutare le tradizioni Hyuuga, Hinata-chan >> la presa sul suo collo si intensificò, ed Hinata sgranò gli occhi.
<< Stai per caso rifiutando gli Hyuuga, Hinata? >> la voce sibilante di sua madre le lambì l'orecchio. << Lo stai per caso facendo? Hinata? Hinata?! Hinata! >>"




Incubo.
Ciò che vede quando si risveglia è bianco, mentre il fiato le si mozza in gola e annaspa alla ricerca di un immaginario appiglio. Forse urla, non lo sa, sta di fatto che quando si sente di nuovo in sé - infiniti istanti dopo - costata davvero di essere circondata dal bianco.
Hinata Hyuuga si massaggia gli occhi e cerca di farsi leva sulle braccia, scoprendo come il suo corpo sia adagiato su un materasso, e lei sia ancora completamente vestita.
I pochi e vaghi ricordi che conserva prima che, in tutta probabilità, svenisse, ruotano attorno a casolari abbandonati, un gruppo di ragazzi e un paio di occhi azzurri; occhi azzurri che durante il suo sonno non hanno fatto altro che tormentarla ripetutamente.
Hinata si massaggia la testa, e con un'occhiata analizza la stanza dove è rinchiusa: un letto, pareti bianche - candide, immacolate - e un vecchio armadio. Un'arredamento troppo spoglio per essere una casa.
Poi, tutto d'un tratto, avverte un odore pungente alle narici, e uno scrosciare d'acqua molto familiare: riesce a balzare giù dal letto, ancora intontita, e ad affacciarsi all'unica finestra della stanza, costatando come il suo pensiero sia realtà.
Si affaccia direttamente sul mare, e lei è in quel faro bianco che tanto aveva aspirato a raggiungere.
Probabilmente è ancora un po' confusa, questo spiegherebbe la sua mancanza di reazioni in fondo: se fosse nel pieno delle sue facoltà fisiche e mentali si farebbe sicuramente prendere dal panico e cercherebbe immediatamente di fuggire all'istante, o perlomeno di capire qualcosa in più riguardo a quella situazione.

Come ci è finita lì? Hinata riesce solo a tornare a sedersi sul letto, poggiando la testa contro il muro e prendendo respiri profondi: è inquieta, stanca, sporca, e la ferita che ricordava avere sul braccio è adesso perfettamente pulita e bendata.
Ricorda. Ricorda. Ricorda.
Ed è solo quando un cigolio invade la stanza che Hinata sembra ritornare alla persona guardinga e cauta che era il giorno prima: la porta si è spalancata e ad osservarla c'è un ragazzo con in mano una tazza.
E' automatico, così naturale che le viene voglia di piangere; Hinata soffoca un urlo, e nella fretta di allontanarsi il più possibile perde l'equilibrio e finisce con la schiena sul pavimento, cadendo dal letto.
Sente il ragazzo urlare, è un ragazzo - di questo ne è sicura, e i suoi passi concitati venirle incontro, superando il letto e affacciandosi nella sua direzione.
Non è voluto, e quando vede la sua mano correre verso la sua spalla per aiutarla - la sua voce è lontana, un eco appena udibile in tutto il chiasso di urla nella sua mente - immagini e ricordi si sovrappongono alla realtà; ricordi dove qualcuno la toccava, e lei non riusciva a fare altro che urlare. Hinata soffoca un singhiozzo e si ritrae immediatamente, strisciando sul pavimento e poggiando la schiena contro al muro - è in trappola, se quel ragazzo vorrà farle qualcosa lei non riuscirà a difendersi.

<< No no no! >> lo sente urlare, ma è confuso. E' tutto maledettamente confuso. << Io non.. non ti farò del male! Sono io.. il ragazzo, quello che ti ha salvato! Non voglio farti del male! >>
Hinata scuote la testa, e sente le lacrime affiorarle agli occhi; sobbalza e lancia quasi un urlo quando sente il suo tocco sulle sue braccia, che le stringono decise. Lotta, vuole scostarsi, vuole scappare. Le farà male, le farà male le farà male..
Questa volta la sua voce non è più intrisa di panico e insicurezza, è seria, così seria che Hinata non riesce ad ignorarla, e scalciarla nei più profondi meandri della sua testa.
<< Guardami negli occhi >> le dice. << Non ti farò del male >>
Ed Hinata lo fa; smette di dimenarsi dalla sua presa e lascia che il suo sguardi vaghi dal suo collo, percorrendo le linee della mascella, le cicatrici sulle guance, fino a quegli occhi azzuri che la osservano - e tutto d'un tratto ricorda davvero tutto. O quasi.
Ogni singolo particolare delle ultime scene che l'avevano vista protagonista, prima che si facesse buio.
<< Oh >>

China il capo, e sente la sua presenza farsi più lontano - forse per lasciarle un po' di spazio, pensa.
E' nervoso, o forse solo molto indeciso sul da farsi, ma Hinata - che nel frattempo ha ricordato a malapena cosa fosse effettivamente successo - cerca di capire come possa essere finita su quel letto, e se, magari, fosse stato proprio lui a portarcela.
<< Io ti ho portato qui >> le dice, dopo che lei si è alzata in piedi e ha calmato i tremiti del corpo. Non ha più il coraggio di guardarlo in faccia, e lui sembra capirne il motivo - perché deglutisce rumorosamente e si tira più indietro, mettendo diversi metri di distanza fra loro. << E ti ho... curata >> 
Hinata non reagisce - vorrebbe, vorrebbe davvero farlo, ma la mole di pensieri e emozioni che poco prima l'hanno travolta è troppo grande per elaborarla in così poco tempo. In compagnia di uno sconosciuto.

<< E-Ecco >> lo sente balbettare. << Di là c'è una.. doccia. Se vuoi, proprio in fondo al corridoio >> aggiunge, e di sottecchi Hinata lo vede strisciare verso la porta.
Non è che lo spaventa, forse è solo nervoso. Forse anche lui, come lei, ha bisogno di elaborare il tutto e realizzare di aver appena salvato la vita di una ragazza.
Forse, come lei, ha solo bisogno di capire il perché sia successo proprio a loro.



***



Diversi minuti dopo che quel ragazzo è sparito, Hinata gattona fino alla porta e scivola piano oltre essa, facendosi strada nel piccolo e stretto corridoio del faro. Sopra di lei si estende una lunga serie di scalini, che seguono armoniosamente le pareti arrotondate della struttura per la bellezza di ben, a quanto le sembra dopo una breve occhiata, di due piani.
C'è ancora il rumore del mare mentre raggiunge l'unica porta in fondo al corridoio, spalancandola e facendo capolino dentro quella che pare avere l'aspetto di una lavanderia.
Cesti di vecchi e consunti capi occupano quasi tutto lo spazio, l'aria è stantia, e una piccola e fioca luce penetra dall'unica finestra della stanza, una botola posta appena sopra il wc.

Hinata si chiude la porta dietro e fatica a farsi spazio fra l'incredibile numero di oggetti che occupano quel posto, che più che un bagno sembra essere stato adibito a ripostiglio: ma non fa differenza, dopo essersi assicurata che tutto funzioni perfettamente, si spoglia dei suoi abiti sporchi e impolverati e scivola nel cubicolo che dovrebbe essere la doccia, lasciando che quell'acqua gelida le accarezzi la pelle per la prima volta dopo giorni.
Sarà forse il silenzio, o il fatto che come sottofondo senta le onde infrangersi contro gli scogli, ma quando trova il sapone - niente oli profumati, o bagnoschiuma all'essenza di cacao; deve accontentarsi di sapone di marsiglia - non riesce a non frenare le proprie mani.
Lo sfrega contro i lividi, contro i graffi, con rabbia, disgusto, con una forza tale che in pochi istanti la sua pelle si arrossa in più punti, gonfiandosi, a volte sanguinando. Ma ad Hinata non importa il dolore, le basta togliersi dal corpo le tracce delle mani che appena qualche ora prima l'avevano toccata, violentata più di nome che di fatto, ma che non avevano esitato a calpestarle quella piccola parte di sé che era ancora riuscita a mantenere intattata in tutta quella follia.

Il suo candore.
Sente ancora sui suoi seni la presa delle sue mani, la sua lingua viscida che le lecca il palato, il peso della sua erezione contro le sue cosce; è rivoltante, così rivoltante che il solo ricordo la spinge a chinare il busto e a trattenere un conato di vomito. E farebbe di tutto, ogni cosa, pur di togliersi di dosso la sensazione del suo alito caldo contro il suo collo, o quella dei suoi polpastrelli che scivolano sempre più giù, oltre il suo ventre.
Il sapone cade per terra, ed Hinata soffoca i singhiozzi contro entrambe e mani, lasciando che l'acqua lavi via ciò che lei non riesce a cancellare neanche con le lacrime.
Lascia che l'acqua lavi via i suoi ricordi, o che perlomeno provi a farlo - pretendendo che, forse, una volta uscita da lì, riuscirà a non pensarci più.
Quando sa che non è così.

Mette piedi fuori dalla doccia tremando e faticando a reggersi in piedi - dalla stanchezza, forse perché ancora non è riuscita a recuperare completamente le forze.
Frugando fra i cesti si imbatte in una miriade di stracci - poco utili, alcuni così sporchi e meleodoranti da farle storcere il naso - e dopo averne trovati un paio in condizioni decenti se li infila direttamente sulla pelle bagnata, raccogliendo la sua divisa buttata per terra.
Ciò che però la sorprende - al di là della soddisfacente sensazione di essere abbastanza pulita, di cui si sente moderatamente in colpa - è in chi si imbatte una volta fatto capolino fuori dalla stanza, i capelli gocciolanti.
Non lo vede, forse perché da poco ha preso l'abitudine di tenere lo sguardo basso e non badare a ciò che ha davanti il proprio naso, ma quando il suddetto cozza contro qualcosa di abbastanza resistente - quasi un muro - Hinata non riesce a non squittire e a sobbalzare all'indietro, prima che un paio di mani le impediscano di sbattere contro la porta in ferro dietro di lei.
Senza neanche pensarci Hinata si ritrova a divincolarsi da quella presa, e non ha neanche il tempo di dispiacersi dell'improvvisa mancanza di calore sulle sue spalle - lui ha già tolto le mani, come scottato.
Quando parla ha di nuovo la voce rauca dallo sforzo, e solo in quel momento Hinata trova il coraggio di alzare lo sguardo - per la seconda volta.

<< Mi dispiace >> Ha gli occhi azzurri. Di un azzurro talmente intenso da farle tremare le ginocchia, e d'improvviso ciò che manca al suo puzzle di ricordi del giorno prima torna come se niente fosse mai successo. La memoria di quel ragazzo dagli occhi azzurri. << Mi dispiace da morire >>
Non ci vuole un gran genio per capire a cosa si sta riferendo ed Hinata, sentendo la gola seccarsi, vorrebbe tornare a piangere come prima, piangere di nuovo la scomparsa di quattro ragazze, e di una violenza che mai si sarebbe aspettata di dover subire.
Ma non lo fa, china un'ultima volta il capo e si assicura di prendere respiri profondi - per arginare le lacrime, per essere sicura di non scoppiare in singhiozzi da un momento all'altro.
Poi scuote la testa, lievemente - ma sembra bastare. Non lo sta perdonando, perché lui non ha alcuna colpa di quello che è successo - e lo sanno entrambi - ma Hinata pensa che sia la cosa migliore da fare. Lo avrebbe ringraziato dopo, quando sarebbe stato il momento giusto.
<< Non importa >> importa, invece. Importa così tanto che lei stessa fatica a dirlo, e pensa che - guardandolo negli occhi - lui avrebbe capito che lei stava mentendo.
Ma non dice niente, e Hinata vorrebbe ringraziarlo solo per questo.
Piuttosto, quando lei si stringe la sua divisa contro il petto e torna a guardarlo timidamente - e non ne capisce neanche il motivo. La timidezza, ora, non è più concessa - fa scivolare entrambe le mani nelle tasche dei suoi pantaloni, e si schiarisce la voce.
<< Io sono Naruto >> proferisce. << Naruto Uzumaki >>
Lei annuisce, e dopo un attimo di silenzio, con orrore si accorge di essere tenuta anche lei a presentarsi. Avanza di un passo - piccolo, appena accennato - e torna a guardarlo negli occhi.
<< Hinata >> la voce è così bassa che lei stessa se ne sorprende. << Hyuuga Hinata >>





***




Sakura non sa dove stanno andando.
In realtà il solo pensare al plurale le mette addosso una vaga sensazione allo stomaco sulla quale preferisce non farsi troppi problemi, perché effettivamente non sa dove stanno andando.
Lui non le ha detto nulla.
Non le rivolge mai la parola, in realtà, se non quando è strettamente necessario - per chiederle il localizzatore, che lei non gli consegna mai, preservandosi il diritto e il dovere di manovrare lei, quello strumento.
La cosa che però la sorprende è la sua stessa mancanza di reazioni - ancora non capisce, o meglio, in certi punti della giornata precedente si era più volte chiesta del perché avesse deciso di seguirlo. E il perché lui avesse accettato con così tanta facilità la sua presenza. 
Sa di non essere il tipo di persona che segue, che sottosta il comando di terze persone senza nemmeno protestare, eppure quando il giorno prima - dopo le presentazioni - lui era tornato ad immergersi nella foresta dalla quale erano appena scampati, Sakura non aveva fiatato e l'aveva seguito - senza protestare, in silenzio, troppo presa dal cercare di realizzare che aveva qualcuno su cui appoggiarsi, nei giorni avvenire.
Eppure lui non le parla, e non le da esattamente fastidio; perché solo con un'occhiata Sakura era riuscita a decifrare il suo carattere - ciò che la lascia perplessa è costatare che lui non sembra avere alcun tipo di piano, o strategia. A volte le chiede di poter vedere lo schermo del localizzatore, e Sakura non ne capisce il motivo - a volte sembra trattenersi dal farle qualche domanda, e Sakura vorrebbe spingerlo a fargliela.

L'unico momento in cui era riuscito a vederlo sul viso - lo seguiva, in fondo, Sakura osservava solo la sua schiena, mentre salivano colline e attraversavano foreste - era stato la notte prima, quando entrambi si erano trovati d'accordo nel dire che era giunto il momento di accamparsi - e Sakura ricorda ancora l'imbarazzo nel comunicargli che si sarebbe assentata qualche minuto per sopperire a diversi bisogni fisiologici.
Non avevano neanche acceso un fuoco, per evitare di essere localizzati, ma Sakura mentirebbe se dicesse di non aver visto quella come un'opportunità per conoscere qualcosa in più di quel ragazzo - che la incuriosiva. Tanto.
Lui ovviamente si era rinchiuso in un mutismo assoluto; le aveva ordinato di riposarsi, e le aveva detto che l'avrebbe svegliata quando sarebbe giunto il suo turno di guardia. E lei gli aveva obbedito, solo per svegliarsi quando l'alba era sorta.
Dopo quella costatazione era rimasta ad osservarlo in trance per una buona manciata di minuti, e per la prima volta dopo ore l'espressione insofferente ed infastidita con cui l'aveva conosciuto era tornata a deturpare il suo bellissimo viso.
"Cosa vuoi?" le aveva detto, lasciandosi cadere sull'erba della radura che avevano scelto come accampamento.
Sakura si era preparata a rispondergli per le rime, e a chiedergli del perché non l'avesse svegliata per il suo turno di guardia, quando aveva notato l'animaletto che spuntava dalla sua mano. "Cos'è quello?"
"La colazione" aveva replicato lui, spiccio, e Sakura aveva storto le labbra. "E quando l'avresti presa?" aveva aggiunto lei, tempestiva.
"Adesso"
Aveva osservato con aperto disgusto la testa dello scoiattolino che spuntava dal suo pugno stretto, ricordandosi solo in quell'attimo di come gli snack e le patatine che aveva preso due giorni prima fossero spariti del tutto una manciata di ore prima.
"Qualcuno avrebbe potuto attaccarmi senza che potessi difendermi"
aveva affermato, alzandosi in piedi e spolverandosi la gonna della divisa. "Mi hai lasciata sola" 
Lui - Sasuke - l'aveva guardata con tanto d'occhi, prestando seriamente attenzione alle sue parole. "Avevo controllato il localizzatore"
Sakura avrebbe voluto dirgli che era lei l'unica che poteva tenere il localizzatore, e che lui aveva appena commesso un errore grave a sottrarglielo senza permesso - ovviamente non disse niente, principalmente perché lui in quel momento aveva deciso di scostarsi dall'albero sul quale si era poggiato, lanciandole un'occhiata così carica di sottointesi che Sakura si era sentita le gambe cedere.
"Cucinalo" la sua voce le era giunta più lontana di quello che fosse in realtà, forse perché era voltato di spalle e non la guardava in faccia. "E comincia a prepararti. Fra poco andiamo"
Sakura non aveva detto niente, le labbra sigillate -lui  era andato a prendere l'acqua. Li avrebbe aspettati una lunga giornata. Di nuovo. Assieme.
In quel momento, però, non era stato il terrore ad attanagliarle le viscere - come era successo nei tre giorni precedenti. Sakura aveva quasi sorriso, quasi, ci era quasi riuscita - forse grata, forse sollevata, si era diretta verso le loro borse, in cerca della sua gavetta inutilizzata, e aveva fatto quello che lui le aveva chiesto di fare.
Perché lui l'aveva protetta.






***






Senza neanche rendersene conto, Hinata si ritrova a vagare fra i corridoi di quel faro, lasciando che la mano segua e sfiori la superficie ruvida dei muri.
Lo sta seguendo - segue Naruto, Naruto - e lascia che lui le mostri le poche stanze dei piani superiori, guidandola verso la cucina - le ha detto - in attesa di un confronto che prima o poi sarebbe arrivato.
Ed è così che succede: Hinata lo vede scendere gli ultimi gradini della scala, e spalancare l'ennesima delle porte in ferro di quel posto, lasciando che uno sbuffo d'aria le sferzi in faccia, scompigliandole la frangia e facendola rabbrividire da capo a piedi.

E' a piedi nudi, e a piccoli passi entra in quella che dovrebbe essere il cucinotto del faro: l'arredamento è spoglio come tutte le altre stanze che ha visto, e solo un vecchio tavolo sgangherato con un paio di sedie occupa quello che altrimenti sarebbe il vuoto al centro della stanza.
Hinata si stringe negli abiti consunti che indossa, notando come l'odore del mare, in quel posto, si sia fatto ancora più pungente di prima - sarebbe quasi fastidioso, se lei non avesse, poi, preso a non dargli più conto.
Adocchia una delle sedie, e osservando la sua schiena che si avvicina ai piccoli armadietti, vi ci si posiziona sopra, timidamente - sul filo del sedile, appena.

Non sa cosa sta facendo, ma dopo una manciata di minuti lo vede tornare e con una naturalezza quasi straziante porgerle una tazza di caffè. E per un attimo le sembra di tornare indietro nel tempo, perché era sua sorella minore Hanabi a fare una cosa simile, e le viene voglia di piangere. Di nuovo.
Ha le mani tremanti quando accetta la tazza, e il viso basso.     
<< Fa schifo >> le dice lui, e sembra quasi che stia ridacchiando. << Ma è meglio di niente >>
Lo sente sedersi, proprio davanti a lei, lasciando le braccia sul tavolo e osservandola mentre si porta la tazza alle labbra - ed è vero che fa schifo, ma quel caffè in un qualche strano modo riesce a confortarla, e le parole che le salgono alle labbra sono così cariche di calore e significato che Naruto sgrana gli occhi e si irrigidisce.
<< Grazie >>

Di tutto.
E per la prima volta Hinata prova a sorridere - è un accenno, un lieve curvarsi delle sue labbra screpolate. Ed è rossore, sangue che affluisce al viso, ciò che le imporpora le guance quando lo vede ricambiare il gesto, con un sorriso più entuasiasta del suo, più luminoso - come se quasi non fosse successo niente, e lui non l'avesse salvata da un tentato stupro, uccidendo i suoi compagni.
<< Come stai? >> le chiede lui, la voce dolce, gli occhi sorridenti. E' un tipo allegro, Hinata questo lo capisce subito - e ringrazia che lo sia abbastanza anche in una situazione simile.

<< ... bene >> sussurra, ed è vero. In quel momento sta bene - basta non pensarci, e lei riesce a stare bene.
Sembra un paradiso, quel posto, le sembra di tornare con la mente e col corpo a quella casupola affacciata su un dirupo, in compagnia di tre ragazze che proprio come lui non avevano esitato a salvarle la vita.
Sa, però, che non è ancora finita. Lo vede dai suoi pugni stretti, che sono appena all'inizio.
<< Ti hanno fatto tanto male? >> e quella frase gli è costata coraggio. << Sono.. sono riusciti a.. >>
<< No >> replica sommessamente lei, affrettandosi a scuotere la testa. << Sei... arrivato appena in tempo >>

E' imbarazzante - o meglio, è semplicemente terribile da dire. Hinata non riesce a guardarlo dritto negli occhi, tanto in colpa si sente per lo spinoso argomento che stanno affrontando. Perché lui li ha uccisi, non ha esitato ad ucciderli tutti quanti, solo per quello che avevano provato a farle. Li ha uccisi.
Per lei.

Ma fa male lo stesso, e il retrogusto amaro del senso di colpa torna a colpirla, così forte che un capogiro le sconquassa le membra, ed è costretta ad aggrapparsi al tavolo per non crollare sul pavimento.
Nel frattempo le onde si sono fatte sempre più forti, sente il loro rumore; sono vicinissime. L'acqua che si abbatte contro gli scogli, con violenza.

Lui sorride amaramente, e non la guarda ancora in volto - ma ci prova, prova a sdrammatizzare. Ed Hinata ancora non capisce, perché forse lui è davvero una brava persona - perché ha ucciso i suoi compagni per salvare una come lei, che non sa fare niente. Per salvare una estranea, una nemica, una di Konoha.
Oto odia Konoha.
<< Sono tutti impazziti >> soffia lui, passandosi una mano fra i capelli biondi, scompigliandoli. << Forse lo sono anche io >> e ridacchia, ma il sorriso non si estende agli occhi.
Hinata lo scruta, ferma, agrottando la fronte dietro la frangia ancora umida - vorrebbe chiedergli cose che non potrebbe mai chiedergli, vorrebbe chiedergli cosa lo abbia spinto a salvarla, del perché lo abbia fatto, del perché non l'avesse lasciata a morire. Se lo avesse fatto, forse sarebbe stato meglio.
Si rende successivamente conto di aver detto quasi tutto ad alta voce, in particolare gli ultimi pensieri che l'hanno attraversata, solo quando vede il suo sguardo farsi di ghiaccio e i suoi pugni stringersi di nuovo.

<< Non dire stronzate! >> un pugno si abbatte sul tavolo, la sua voce è gelida, questa volta; non è che un vago ricordo del tono morbido di poco prima. Hinata arrossisce, di vergogna ed imbarazzo, e si fa piccola piccola sotto la sua presenza. << Solo perché siamo in una situazione simile.. non giustifica niente. Queste cose non si fanno! >> si alza, e Hinata lo segue con lo sguardo - lo vede dirigersi verso il cucinotto, e accendere con qualche imprecazione uno dei due fuochi, lasciando un pentolino a bollire.
Poi lei parla, e se ne sorprende - perché chiunque, dopo le parole dure di poco prima, avrebbe deciso saggiamente di rimanere in silenzio.
<< Erano tuoi amici? >> è timida la sua voce, e così carica di sensi di colpa che non si sorprenderebbe di scoprire che lui ha capito tutto.
Questa volta trattiene il respiro, e spera che non sia lui a provare ad ucciderla - c'è un fucile, poggiato vicino al cucinotto; così imponente da farla rabbrividire, e se non sbaglia una fodera gli pende dal fianco, con una pistola dentro.
Lo vede guardarla con tanto d'occhi, sorpreso dalla sua domanda insidiosa, ma non accenna a piegarsi o a mostrare qualsiasi tipo di disagio. Abbassa lui lo sguardo, puntandolo poi contro qualcosa di imprecisato dietro di lei e stringendo i pugni - forse ricorda.

<< Erano miei compagni >>
 dice, e un colpo le inabissa il cuore così in profondità da farle male. Compagni compagni compagni - nessuno ha il coraggio di parlare di amici in una situazione simile, e gli occhi non gli brillano quando lo fa. Hinata lo vede - che quello non è lo sguardo brillante dedito ad un caro amico.
Hinata annuisce, gli occhi sempre bassi, e cerca di non sospirare - neanche se ne rende conto, però; in un batter d'occhio ha il suo viso vicino, vicinissimo. Così vicino che le sembra di tornare indietro nel tempo, prima che svenisse. I suoi occhi sorridono, stavolta, e brillano così tanto che Hinata arrossisce prima che lui possa dire qualcosa.
<< Ti ringrazio >> per preoccuparti.
Non trova niente da dirgli, semplicemente perché è senza parole. Quel ragazzo - Naruto - la sta ringraziando per dimostrarsi così accorta nei confronti dei suoi vecchi carnefici, quando è lui la persona che le ha salvato la vita.
Sente le lacrime affollarle gli occhi, e prima che possa proferirisci in scene strappalacrime preferisce abbassare il capo e annuire appena. Lui le sorride - ma non è un sorriso contento, non potrebbe mai esserlo.
C'è il silenzio poi, rotto soltanto dal suo spostarsi nel cucinotto, ed Hinata in un istante si ritrova davanti una ciotola colma di minestra: verdure verdi e mollicce galleggiano sulla superficie in un modo poco apetitoso, ma è il primo pasto decente in più di tre giorni. Piangerebbe solo per quello.

<< Fa schifo anche questa >> le porge un cucchiaio, sorridente, che lei accetta con una mano tremante. << Ma ti farà bene >>
Lo sente tornare a sedersi, di nuovo davanti a lei - il mento sulle braccia poggiate sul tavolo, un espressione incuriosita sul volto.
Hinata non vuole e non riesce ad immaginare cosa abbia passato, durante quelle ore. Perché erano solo suoi compagni, ma lei è una estranea.
<< Quanto ho dormito? >> la sua voce è bassa, appena udibile, ma lui rizza subito le orecchie e alza il capo.
<< Un giorno, praticamente >> le risponde, automaticamente. << Ti sei svegliata subito dopo la comunicazione delle dodici >>
Hinata si ritrova ad annuire per l'ennesima volta, con più calma - e quasi se ne sorprende, saggiando il suo pasto. La domanda che le pende dalle labbra è lì, passano i minuti ma lei non ha il coraggio di porgergliela. Perché potrebbe disturbarlo, perché potrebbe infastidirlo. Perché non è comune, perché neanche lei vanta delle conoscenze simili.
<< C-Come hai fatto..? >>
Naruto torna ad osservarla, ancora più incuriosito. << A fare cosa? >>
Hinata posa il cucchiaio sul bordo del piatto e deglutisce, lo sguardo basso. << L-La ferita. E' perfettamente curata >> si indica con un dito la spalla ancora un poco dolorante.
Sembra cogliere nel segno per un attimo, perché lui torna a sorridere entusiasta - così luminoso da abbagliarla - ma sente di aver detto allo stesso tempo qualcosa di pesante. Qualcosa che lo riporta indietro, e vorrebbe morire soltanto per averlo fatto.

<< Non proprio >> proferisce, e non la guarda negli occhi. << Ho fatto quello che potevo. Una mia amica sapeva fare meglio >> aggiunge, prima di stringere i pugni. << Sa fare meglio >>
<< Capisco >>
Poi Hinata lo sente, dopo il sottile imbarazzo. Sente che è lui, stavolta, a voler chiederle qualcosa; lo vede dai suoi gesti, dal suo sguardo che non l'abbandona un attimo, dalla piega stretta delle sue labbra.
E lei annaspa, indecisa sul da farsi.
<< Sei sola, tu.. vero? >>
Non è premeditato, e ciò che succede dopo lascia entrambi con la bocca aperta - per motivi totalmente differenti, ma è così. Il cucchiaio scivola via dalle sue dita, rimbalzando sul legno del tavolo e atterrando sul pavimento con un "tick" così devastante che sembra rimbombarle in testa, come l'eco di una voce.

Hinata abbandona la schiena contro la sedia, cercando di calmare i tremiti che d'improvviso le scuotono il corpo da cima a piedi - è orribile. Si sente così vulnerabile, perché basta una parola e lei torna a ricordare, e la bolla di normalità esplode assieme alle sue speranze.
Si scosta una ciocca di capelli dal volto, le mani le tremano. Si sente di nuovo sprofondare come prima.
<< Sì >>
Lo è. Lo è. Lo è.
Naruto si è alzato in piedi, nel frattempo, e la osserva dall'alto della sua postazione - l'espressione fiera, gli occhi tristi di chi in tre giorni ha visto cose che mai avrebbe voluto vedere.
Hinata torna ad alzare lo sguardo, ed è azzurro ciò che vede - come il cielo di primavera. << E tu? >>
Lui scuote la testa, e c'è l'ombra di un sorriso ad adornargli le labbra. Hinata quasi lo invidia quando lo dice, perché basta guardarlo in viso, basta perdersi nei suoi occhi per capire che c'è davvero qualcuno. Qualcuno che lo aspetta, e che lo cerca.
<< No >> risponde lui. << Io non lo sono >>
Ed è la verità.






***





A metà del quarto giorno si imbattono, finalmente, in uno sciame di sensori proveninenti da est.
La cosa che sorprende ed annischilisce Sakura, dopo che effettivamente si rende conto della cosa, e sapere che sono riusciti ad evitare per ore ed ore intere qualsiasi tipo di sensore, tergiversando nei modi più assurdi e pericolosi, e avrebbero potuto farlo anche adesso, in effetti; sarebbe bastato prendere una rincorsa giù per la collina, tornando indietro sui loro passi e nascondendosi fra il fogliame della foresta, nella speranza di non essere localizzati - e di conseguenza barbariamente uccisi.

Ma lui non si smuove; sembra non sentirla, non sente le sue parole. Le sue implorazioni: è fermo, impalato, in mezzo al sentiero, sotto i rami degli alberi, scrutando con la mano sulla mitraglietta la direzione da dove i sensori dovrebbero spuntare da un momento all'altro.
E' troppo tardi, il panico le chiude la gola e quando urla ha la voce strozzata. << Stanno arrivando, maledizione >> ringhia, indietreggiando di due passi. << Dobbiamo andare! >>
Sakura sa che lui non è stupido, è la prima cosa che ha capito. Eppure non riesce a spiegarsi il suo comportamento, non riesce a spiegarsi i suoi gesti: dovrà pur aver in mente qualcosa, dovrà pur dirle qualcosa. Non potrà sempre rinchiudersi in quel mutismo assoluto, pretendendo che lei rispetti i suoi ordini anche a costo della vita. Non vuole morire lei, maledizione. E' per questo che si è alleata con lui.

<< Sasuke! >>
E' istintivo: la mano libera dal localizzatore scatta veloce, e si chiude attorno alla stoffa della sua giacca, sul braccio. Quel tocco fa sobbalzare entrambi, come percossi da una scarica elettrica, e Sakura, osservando il suo volto voltarsi di scatto, ritrae immediatamente il braccio, il respiro spezzato. << S-Sasuke-kun.. >> balbetta, annichilita dal suo sguardo e dubbiosa del tono agressivo usato poco prima.
I suoi occhi scuri cercano il suo sguardo, mentre fra loro il localizzatore prende a vibrare come impazzito.
Questa volta è lui a toccarla, afferrandola brutalmente per una spalla - e Sakura, in un attimo di terrore, pensa che finalmente abbia deciso di ucciderla e togliersela dai piedi.
Piuttosto preferisce trascinarla di forza fuori dal sentiero, sotto le sue proteste, e buttarla letteralmente, senza farsi troppi problemi, dietro i cespugli più fitti. A qualcosa il suo gesto è servito, perché anche lui si unisce dietro a lei, accovacciandosi sulle ginocchia e lasciando che gli occhi scrutino attraverso il fitto fogliame, alla ricerca del sentiero che hanno appena abbandonato.

Sakura, la spalla indolenzita, è pronta ad urlargli addosso tutta la sua rabbia - ma il localizzatore vibra ancora, e la consapevolezza che da lì ad una manciata di secondi uno sciame di decine di sensori passerà loro davanti le attorciglia le budella in preda al terrore.
Volta di scatto il capo, perché è assurdo. Perché basterebbe lanciarsi in una - folle - corsa giù per la foresta e riuscirebbero a guadagnare tempo, ad evitare di rischiare la vita appostandosi dietro a dei pericolanti arbusti - perché anche se è il primo giorno di pausa, Sakura non tiene molto all'idea di un confronto con altre scuole.
Fa per dare voce ai suoi pensieri, con un urlo indignato, ma la mano di lui torna a farsi a sentire - questa volta sulla sua schiena. Si posa lì, e Sakura avverte il calore del suo tocco anche da sopra la stoffa della sua giacchina, e trova straordinario che una persona così assente e fredda come lui riesca ad irradiare tanto calore.

Prima che il tocco si trasformi in una morsa quasi dolorosa, quando lui le spinge il busto sempre più in basso, ordinandole di stare più nascosta.
Ma a Sakura non sfugge il suo sguardo vigile che vaga sul sentiero, e non riesce a smettere di chiedersi del perché sembra voglia vedere in carne ed ossa i loro potenziali aguzzini.
Poi succede.

I passi e le voci si fanno sempre più vicini, e il battito del suo cuore aumenta mano a mano che le presenze incombono su di loro. Sakura, senza neanche rendersene conto, stringe la pistola nascosta fra la gonna e la camicia - sa che non riuscirà mai ad usarla, ma il solo sapere che è lì, con lei, riesce a confortarla il minimo che basta per non farla scoppiare in lacrime.
Il terrore, però, non riesce a sopprimere la curiosità: non vuole, ma i suoi occhi verdi scivolano oltre il fitto fogliame dietro il quale si sono nascosti, scorgendo a tratti gonne e pantaloni, delle armi. C'è Suna, Uzu e, con orrore, anche Konoha. Non sono molti, una decina, ma Sakura ringrazia di non riuscire a vederli in faccia.
Perché loro ridono, e scherzano, e Sakura non riesce a capire come possano riuscirci.
Lui, nel frattempo, non hai distolto lo sguardo - sembra quasi patologico, Sakura lo nota. I suoi occhi attraversano le piante, e scrutano nel profondo di ciascun ragazzo che passa loro davanti, in cerca di qualcosa che lei non riesce a comprendere.

Diversi minuti dopo i passi sono oramai lontani, così come le voci; Sakura riesce a concedersi un sospiro di sollievo, lasciandosi crollare definitivamente a terra e scostandosi i capelli dal viso - il caldo è opprimente, pur essendo già passato mezzogiorno.
Lui si alza in piedi, lo sguardo sempre puntato sul sentiero, e Sakura vorrebbe rimanere silente com'è e abbandonare qualunque proposito di protesta. Ma non ci riesce, è più forte di lei. Ha bisogno di risposte perché, maledizione, ha appena rischiato la sua vita.
<< Saremmo potuti scappare >> la sua voce è secca, e lo sguardo di rimprovero. << Abbiamo rischiato la vita inutilmente >>
Sasuke non le da retta, o forse non vuole soltanto, e Sakura si ritrova a stringere i pugni - impotente, stizzita, terrorizzata. E' stupida; una parola di troppo e quel ragazzo potrebbe estrarre la katana da dietro la schiena e infilzarla come uno spiedino.

<< Mi stai ascoltando!? >>
<< Oggi è giorno di pausa >> replica lui, altrettanto secco ed indifferente. << Se ci avessero attaccati il quartiere generale avrebbe fatto esplodere i loro collari >> automaticamente Sakura porta la mano al suo di collare.
<< Non è questo il punto >> ribatte, alzandosi in piedi e issando una mano sul fianco in una posa così petulante che per un attimo le sembra di tornare indietro nel tempo, ai suoi giorni di rappresentante di classe. << Avrebbero potuto aggredirci! Avrebbero potuto sottrarci le armi! Abbiamo rischiato grosso solo per.. per.. >> Per cosa?

Sakura si passa una mano fra i capelli, in un gesto che trasuda disperazione da tutti i pori, e quando torna ad alzare lo sguardo si rende conto di aver commesso l'irreparabile: è arrabbiato, non c'è alcun dubbio. Lo legge dalla piega severa che hanno assunto le sue labbra, dal vuoto dei suoi occhi scuri che la scrutano infastiditi.
<< Forse non hai capito bene >> soffia, così gelido che Sakura si ritrova ad indietreggiare di un passo. << Il capo sono io. Io decido dove andare e cosa fare, e non accetto proteste o domande di qualsiasi tipo >> le dice.
<< Mi hai capito bene, questa volta? >>

Sakura non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla annuire come una povera succube, perciò preferisce tacere - il corpo scosso dai tremiti.
Quel ragazzo è pericoloso, così pericoloso che un solo suo sguardo più sinistro basta a terrorizzarla e a farla tremare da capo a piedi.

Lui china il busto, e raccoglie il suo borsone, voltandole le spalle e cominciando ad avviarsi verso est - la direzione che fino a poco prima stavano seguendo.
Quando torna a parlare lei è sembre immobile nella sua posizione, ma ha la voce più morbida; Sakura lo sente e lo percepisce. Le scivola addosso come una colata di cera calda, lasciandola ancora più confusa di prima.
<< Niente più domande >>
Lei non annuisce nemmeno questa volta, ma torna ad afferrare il proprio borsone e si volta di scatto, rincorrendo la sua figura già lontana diversi metri. Vorrebbe urlargli di aspettarla, ma vede che lui si è già trattenuto, e che ha appena voltato il capo nella sua direzione, oltre alla spalla, e le lancia un'occhiata incuriosita.
<< Muoviti >> le dice, tornando a voltarsi, e lei lo segue.
Questa volta camminandogli a fianco.






***



In un qualche strano modo, dopo il fortuito pranzo offertole, lui è riuscito a convincerla a tornare ai piani superiori - forse dopo che l'aveva vista massaggiarsi la testa un paio di volte.
Deve riposarsi, perché la ferità non è ancora rimarginata, e anche se non ha subito grandi perdite di sangue, ha avuto un alto rischio di setticemia - e la cosa l'ha provata non poco.
Lui è decisamente più alto di lei, di diverse spanne, e Hinata gli arranca dietro, i piedi nudi che zampettano sul pavimento ruvido e cosparso d'immondizia, le mani che sfregano le braccia - ha freddo, gli spifferi d'aria sono micidiali così vicino al mare.
Quando lui apre la porta Hinata torna a scorgere il familiare candore che l'ha accolta poco prima, al suo risveglio, e immediatamente sente i muscoli rilassarsi sotto le sue dita.
Lui la fa entrare per prima, e una volta entrambi dentro socchiude la porta e si dirige verso gli armadi in fondo, mentre Hinata si perde nella contemplazione di ciò che la circonda - è bianco. Di un bianco luminoso che non ricordava affatto ci fosse.

<< La notte fa un po' freddino >> lo sente dire, da dentro l'armadio. Sta frugando fra diversi panni, ed Hinata si accomoda sul bordo dell'unico letto, stringendosi addosso gli stracci di cui è vestita. La sua divisa è ancora bagnata, stesa sull'unica sedia lì vicino. << Ma se ti copri con.. queste! Se ti copri con queste non avrai alcun problema! >> lo vede emergere dall'armadio con tre coperte in lana grezza, impilate una sopra l'altra tanto da nascondergli il viso.
Sorriderebbe, se ci riuscisse.
Gliene allunga una, gli occhi che sorridono, e le altre due le posa sul pavimento, sbattacchiandole dalla polvere di cui sono cosparse, prima di dirigersi verso il comodino vicino alla testata: allunga la mano e Hinata lo vede agguantare un flaconcino di pasticche che prima non aveva notato.

<< L'antipiretico funziona anche se scaduto! >> ridacchia. << Prendine un'altra pasticca dopo, se torna la febbre. Non si sa mai >>
Hinata annuisce, la mano che sfiora il tessuto grezzo della coperta che lui le ha porto. C'è un'altra domanda che la tormenta, più impellente stavolta, e si ritrova ad osservarlo in attesa di trovare il coraggio per porgergliela. Perché lui l'ha salvata, ma avrebbe potuto benissimo lasciarla perdere. Lei è di Konoha.
<< P-Perché sei così gentile.. con me? >> sussurra, e vede le sue spalle irrigidirsi. << Io sono di Konoha e.. Hyuuga >> e sembra stupido ribadirlo, ma è la verità. 

Lui posa il flaconcino di pasticche, ed Hinata neanche se n'è resa conto: è al capezzale del letto, inginocchiato, e la osserva fisso, l'espressione seria di chi non sta e non vorrebbe affatto scherzare, eppure non ci riesce.
<< Esiste ancora qualcuno che ce l'ha con gli Hyuuga? >> sbotta, massaggiandosi il mento. << Pensavo fosse storia vecchia >> vede il suo sguardo addolcirsi, e lui sorride. << Eri... eri lì >>
Si alza in piedi, di scatto, e si allontana così in fretta che Hinata sgrana gli occhi, sorpresa ed inebetita.
<< E.. mezza svenuta, e piena di sangue. Saresti morta >> confessa, passandosi una mano fra i capelli biondi.
<< Non potevo lasciarti sola. Anche se sei di Konoha e sei Hyuuga >>

Hinata annuisce e - hai ucciso i tuoi compagni, hai ucciso i tuoi compagni, hai ucciso i tuoi compagni.
<< Comunque >> torna a guardarla. << Questo è un posto sicuro. In un giorno non è neanche passata un'anima. Sei al sicuro qui >> prova a sorriderle. << C'è ancora del cibo nella dispensa, abbastanza per qualche giorno. E beh.. l'acqua funziona, hai visto? Sei al sicuro >>

Sei al sicuro. Sei al sicuro. Sei al sicuro.
Quel presentimento, quell'allarme che le è scattato in testa sin da quando aveva messo piede in cucina, cogliendo il suo sguardo, si concretizza quando lo vede frugarsi nella tasca dei pantaloni ed estrarne quella che sembra una pistola. Piccola, ma una pistola.
Il respiro le si mozza in gola, e sente il panico tornare ad inghiottirla.
Lui si avvicina, e si accovaccia di nuovo - stavolta proprio sotto di lei, tornando a guardarla coi suoi occhi azzurri.
<< Prendila >> le dice. << Potrai difenderti se uscissi dal faro, per trovare del cibo ad esempio. Non è molto, ma starai più tranquilla. Così, quando starai definitivamente bene, potrai anche andartene se vuoi >> Hinata non reagisce, e allora lui infila la pistola fra le sue mani intrecciate, non azzardando ad abbandonarle neanche quando è sicuro che l'abbiano presa. Le sta stringendo le mani.

<< Stai andando via.. vero? >> la sta lasciando, la sta lasciando.
La sua presa abbandona i suoi polsi e con la coda dell'occhio Hinata lo vede dirigersi verso l'unica finestra: non è impacciato, e neanche nervoso, solo molto deciso.
<< Sì >>
I capelli le oscurano il volto, mentre annuisce - un nodo alla gola, la pistola in grembo. << Perché? >> sussurra.
<< Ho degli amici, la fuori >> replica lui, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. << E sono ancora vivi, e mi stanno cercando. Devo trovarli >> aggiunge. << Ed impedire ad uno di loro di fare la più grande cazzata della sua vita >>

<< Vai via.. adesso? >>
Naruto si volta a guardarla. << E' giorno di pausa. Devo cercare di portarmi avanti con il cammino >> è un , che le risuona nella testa.
Hinata annuisce, e prova a sorridere: ci riesce, mesta, e gli occhi le si addolciscono spontaneamente. Non può trattenerlo, è stato solo un caso il loro incontro, dettato solo dalla compassione e dal senso di colpa. Hanno due strade diverse da percorrere, e due obiettivi altrettanto diversi. Lei deve solo sopravvivere, lui deve trovare i suoi cari.
Eppure le fa male lo stesso.

<< Capisco >> le labbra pallide si piegano in un sorriso e d'istinto cerca il suo sguardo, trovandolo puntato addosso a lei. Arrossirebbe, se la tristezza del momento non glielo impedisse. << Ti ringrazio >> grazie, grazie, grazie. << Sei una persona gentile >>
Mi hai salvata.
Stavolta tocca a lui arrossire, sorridendole.
Ciò che succede dopo le lascia addosso un segno tale da commuoverla; perché se anche lui avrebbe preferito salutarla lì, in quella stanza, è Hinata stessa ad insistere per accompagnarlo all'ingresso - pur non sapendo neanche dove sia.
I loro passi le sembrano una sentenza, mentre scendono le scale, giù verso il piano terra, mentre lei si lascia guidare da lui - la mano che carezza il muro con sguardo quasi trasognante. Non le sembra neanche vero.
Forse è un sogno, proprio come quello che l'aveva svegliata dal suo sonno poche ore prima. Forse lui non sta davvero raccogliendo il suo borsone da terra, forse non sta davvero inforcando il fucile sulla schiena. Forse non sta piegando la maniglia del portone in ferro, quello d'ingresso.

Quando si volta a guardarla un'ultima volta Hinata sa che non ci riesce. Che mai ci sarebbe riuscita, e non basta la paura di poter perdere un'altra persona cara - proprio come è successo con le ragazze di Suna.
Lei non riesce a stare sola, è più forte di lei. Il bisogno di avere qualcuno accanto.
<< Grazie >> la ringrazia lui stavolta, e lei non ne capisce il motivo; vede solo la sua mano alzarsi e posarsi sul suo capo. << E buona fortuna, Hinata >>

C'è il sole quando la porta si spalanca, così forte e luminoso che le abbaglia per un attimo lo sguardo. O forse sono solo i suoi occhi, non lo sa, ma Hinata annaspa e fa ciò che non avrebbe mai dovuto fare; per lei, ma anche per lui. Perché altrimenti lo avrebbe legato ad un vincolo troppo grande per entrambi.
Il braccio scatta d'istinto, quando lui è già voltato e pronto ad andarsene, e afferra una porzione della sua giacca, all'altezza del gomito. E lei parla, e sente le sue parole rieccheggiare fra le mura del faro; salire in alto, per poi fraccassare loro le orecchie con l'importanza di ciò che dice.
<< Aspetta..! >> fermati << N-Non andare via >> resta << Rimani qui >> con me << N-Non lasciarmi sola >>
Non farlo, non farlo.
<< Per favore >>





***





LoSpazioDiGè:
(
Traduzione Titolo: Non Lasciarmi Sola, Per Favore)
Un mese. Uao. Ho stabilito un nuovo record.
...
...
...
Mi scuso, come a mio solito, ma per un po' di tempo ho vissuto nella convinzione che l'estate avrebbe giovato alle mie fanfiction, cosa assolutamente non vera. Purtroppo i miei amici mi obbligano ad uscire, e c'è da dire che per due settimane precise sono stata in full-immersion con la stesura di una nuova fic, che fin'ora ha raggiunto il sesto capitolo :)
Che dire? Qui abbiamo il quadro generale della situazione. C'è questa Hinata fragilissima, questo Naruto Messia, e Sasuke e Sakura che cercano di ingranare con lo spirito di squadra.
Il prossimo capitolo sarà tutto SasuSaku (essì), e li vedremo alle prese con una missione molto importante per la loro salvezza ;)
MA NON DISPERATE! Non vi farò attendere un mese.
E se proprio la fame dei miei scritti (?) è così impellente, potrete deliziarvi con questa commedia SasuSaku che sto scrivendo e che vedrà il suo primo capitolo pubblicato in un massimo di dieci giorni. Si chiama "Again & Again", è moolto fluff, molto atmosfera familiare, e vi terrà compagnia per la bellezza di dieci capitoli.
...
...
Ringrazio chi ha ancora la pazienza di seguire me e questa fic, ma sapete.. il caldo mi da alla testa, e spesso mi impedisce di scrivere. Non scherzo ._.
Le vostre recensioni
Spero continuerete ad amarmi così tanto anche dopo un mese di attesa.
Alla prossima!

Shannaro e.. recensioni no jutsu!       

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=975522