Da te ... Solo da te

di fantasie
(/viewuser.php?uid=16417)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cinque anni dopo Sephiro - I Parte ***
Capitolo 2: *** Cinque anni dopo Sephiro - II parte ***
Capitolo 3: *** Liberi nel proprio destino ***
Capitolo 4: *** Amicizia e amore ***
Capitolo 5: *** L'inizio di un nuovo viaggio ***
Capitolo 6: *** Uno strano incontro. ***
Capitolo 7: *** La strada del cuore ***
Capitolo 8: *** Alla ricerca del principe ***



Capitolo 1
*** Cinque anni dopo Sephiro - I Parte ***


cinque anni dopo

PREMESSA

 Questa fanfic è dedicata ad uno dei miei cartoni preferiti: Magic Knight Rayearth, apparsa in tv col titolo di “Una porta socchiusa ai confini del sole”. Non ho letto tutto il manga, ma credo sia superiore, quanto a qualità, all’anime. Sto ancora reperendo alcuni numeri.

Comunque la mia storia è successiva alla fine della seconda serie, quando Luce, Marina e Anemone ritornano sulla Terra. So che il manga è un po’ diverso, anche nel finale. Io mi atterrò principalmente all’anime, anche se non escludo di tener conto, nel corso della storia, di alcune parti del manga.

Come avrete capito utilizzerò i nomi dell’anime sia per le protagoniste che per gli altri personaggi.

Questa fanfic sarà incentrata attorno alla figura di Anemone.

Spero possa piacervi!

Magic Knight Rayearth e tutti i suoi personaggi sono di proprietà delle Clamp. Questo spazio è stato creato senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti vorranno visitarlo. Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto, intesa.

 

- Fantàsie -

 

 

DA TE….. SOLO DA TE

 

CAPITOLO I

CINQUE ANNI DOPO SEPHIRO - Prima Parte

 

Un terribile senso di oppressione … è come se un macigno schiacciasse il suo petto … comprimendo i suoi polmoni … impedendo all’aria di seguire il suo percorso naturale …

Dalla fronte piccolissime gocce di sudore scendevano lentamente, lasciando un senso di gelo sulla sua pelle …

E davanti a lei uno scenario terrificante: la terra spaccata da profonde ferite da cui uscivano lingue di fuoco che avvolgevano corpi già dilaniati dalle spade; alberi già spogliati dall’inverno più rigido; case ormai ridotte a pochi cumuli di macerie.

Il respiro diventava corto … ormai i sensi erano offuscati … la bocca arsa … le mani tremanti.

“No… non è possibile…qualcuno mi aiuti…fermi tutto questo…….vi prego!”

In quel momento Anemone aprì gli occhi. Il sole era già sorto e con i suoi raggi non ancora potenti dell’albeggiare penetrava dalle sottili tendine della sua stanza.

Si toccò la pelle del viso: ancora fredda; ancora addosso il ricordo di quelle sensazioni dolorose; ancora il cuore che non riusciva a riprendere il suo ritmo normale.

“Che strano sogno” pensò fra sé e sé “sembrava così reale…beh forse del resto come tutti i sogni.

I sogni…non si era mai fermata a riflettere su quella parola che normalmente era usata per indicare qualcosa di bello e desiderato.

“Chissà perché…in fondo quelli brutti possono lasciare un senso di dolore e di sgomento come quello che ho appena fatto…e quelli belli ti danno un attimo di finta felicità…ma che ti lascia l’amaro in bocca quando ti rendi conto che era solo…un sogno!”

Mah… forse stava diventando un po’ troppo negativa! In fondo non era mai stata una ragazza svampita o che prendeva le cose alla leggera…ma a 19 anni non poteva iniziare quella bella giornata d’estate con i pensieri di una bacucca di ottant’anni, inacidita dalle troppe delusioni della vita.

Decise così di alzarsi, anche se erano le sei del mattino e cercare qualche rimedio per i suoi sensi ancora intorpiditi. Spalancò la finestra e subito si sentì ferire dolcemente dalla fresca brezza mattutina, che accarezzava con vigore la sua pelle bianca e delicata. E di lì subito sotto la doccia; per portare via ogni residuo di quella notte piuttosto tormentata.

 

Per il resto fu un inizio di giornata come i soliti: Anemone, per sua buona abitudine, preparò la colazione per la sorella e la madre, per poi uscire con passo svelto, per non far tardi ai corsi che per quell’anno volgevano a conclusione.

Eh sì! Chiunque l’avesse vista, con la sua aria semplice, ma allo stesso tempo raffinata, con i suoi modi dolci e il suo sorriso gentile, avrebbe pensato che proprio nulla le mancasse: quegli anni l’avevano trasformata da quattordicenne adolescente in una giovane donna; avevano riempito la sua figura, ammorbidendone le forme e donandole un’aria seducente, che non immaginava, neanche lontanamente, di avere.

I capelli erano diventati lunghi, anche se per lo più le piacevano raccolti in una coda alta, quasi per camuffare quell’eccessiva femminilità che le donavano; il magnetismo dei suoi occhi verdi e profondi poteva ora esprimersi in tutta la sua forza, avendo detto addio, dopo l’intervento con laser, agli occhiali.

Bella sì… ma anche intelligente: lo sapevano bene i suoi compagni di corso, che non riuscivano però ad invidiarla e a malignare sul suo conto, come normalmente capita quando ci si trova di fronte ad un intelletto superiore. La disponibilità della ragazza, pronta sempre a dispensare consigli ed aiuti, tenevano a freno anche le lingue più biforcute.

Ma come spesso accade l’apparenza è spesso fonte di inganno: un senso di vuoto attanagliava il suo cuore, il suo animo, la sua mente e l’incedere del tempo acuiva il suo malessere. Qualcosa allora mancava nella sua vita.. o meglio qualcuno!

 

Quel giorno, al termine dei corsi, sapeva che avrebbe passato un pomeriggio diverso dal solito.

“Ciao Marina, che bello vederti!” esclamò la ragazza correndole incontro e abbracciandola calorosamente.

“Anemone! Da quanto tempo… sono quasi tre mesi che non ci vediamo. Grazie di averci concesso questo onore!” disse Marina, accompagnando le parole con un inchino reverenziale.

“Smettila, dai!” rispose, ridendo e ricordandosi di come l’allegria di quella ragazza fosse sempre estremamente contagiosa.

“Senti Anemone” esordì Marina con un tono minaccioso “ti stai facendo troppo bella per i miei gusti: insomma Luce è sempre stata il maschiaccio della situazione, tu la cervellona e io la bomba sexy: non vorrai sconvolgere tutto e rubarmi la scena per caso?”

“Non mi permetterei mai, mia Biancaneve” ricambiando l’inchino prima ricevuto “resterai sempre tu la più bella del reame”.

E scoppiarono in una sonora risata, che fu però interrotto da un “hey, ragazze” molto familiare che le aggredì non solo auditivamente, ma anche fisicamente. Luce si lanciò addosso con la delicatezza di un elefante africano e le strinse così forte da spezzar loro il fiato. “Calma Luce” esclamò Anemone ancora soffocata da quell’abbraccio “altrimenti il nostro incontro si concluderà all’ospedale”.

 

Erano davvero contente di rivedersi: più divenivano grandi e più le occasioni di passare un po’ di tempo assieme erano rare.

La loro amicizia, in fondo era speciale: avevano sofferto e gioito assieme, avevano corso pericoli inimmaginabili per il resto del mondo ed erano dovute crescere più rapidamente delle loro coetanee. E ritrovarsi riportava inevitabilmente alle menti i ricordi di Sephiro, di quel regno fantastico che aveva per sempre cambiato le loro esistenze.

“Io propongo un bel gelato” gridò Luce.

“Va bene” disse Marina “ma io lo prendo alla frutta: questa settimana ho messo su400 grammi”.

“Cavolo” fece Anemone con fare ironico “dicevo io che ti trovavo ingrassata!”.

Marina si rivolse a lei con uno sguardo tagliente “Vedi, avevo ragione io, stai attenta ai miei passi falsi perché vuoi rubarmi la scena!”

“Ormai mi hai scoperta” disse con fare solenne Anemone portandosi le mani al volto per simulare un atteggiamento disperato – ma in realtà solo a celare la risata incombente-

“Hey ragazze, mi sono persa qualche puntata?”disse un po’ imbronciata Luce, ma non avrebbe avuto risposta, perché Anemone tirandola per mano esclamò: “Allora lo andiamo a mangiare questo gelato?”

 

Le tre ragazze entrarono nella più bella gelateria di Tokjo: era proprio il caso di dire che ce n’era per tutti i gusti, tanto che gli intenti di Marina furono subito messi da parte. Non sapevano che di lì a poco quelle leccornie sarebbero state il loro ultimo pensiero.

Sedute al tavolino, la logorroica Marina stava tenendo banco con uno dei suoi interminabili monologhi sulle sue pene d’amore: “… e così amiche mie non so proprio come comportarmi con lui, sono notti che non dormo e ora mi stanno venendo pure gli incubi…ne ho fatto uno stanotte spaventoso… però non mi arrendo voglio insistere con lui perché…”

Anemone che fino a quel momento aveva ascoltato l’amica distrattamente, conoscendo la sua incostanza in amore e il suo enfatizzare le cose, si fece immediatamente seria ed attenta alla parola incubo e notò come lo stesso era accaduto a Luce, anch’essa scossa come da un brivido lungo la schiena.

Le due ragazze si fissarono negli occhi per alcuni secondi, mentre Marina continuava imperterrita il proprio chiosare.

“Che genere di incubo hai avuto?” la interrupe Anemone con un tono serio, dopo essersi ripresa da quel momento di sbigottimento.

“Cosa?” rispose Marina, che non era riuscita a capire subito a cosa facesse riferimento l’amica. “Ah sì… il sogno di stanotte…strano e pauroso…ma forse dipende dalla stanchezza e dallo stress di questi giorni…mi sono allenata parecchio per una gara di scherma e…”

“Insomma che hai sognato?” la incalzò Luce.

Vedendo lo sguardo accigliato delle amiche, Marina abbandonando il suo tono ridanciano, cominciò: “Ecco, non so bene come spiegare. Era piuttosto confuso non so dove mi trovavo…era l’interno di un castello…c’erano delle figure avanti a me…non riuscivo a vedere i loro volti…erano come sbiaditi…ma li vedevo parlare fra loro…e, non so perché, ma per quanto non sentissi le loro parole mi incutevano paura…fino ad allora sembravano non aver percepito la mia presenza. Uno di loro però voltatosi cominciava ad avanzare verso di me, era mostruoso, e senza che me ne rendessi conto mi si avventava addosso, gettandomi le mani alla gola, impedendomi di respirare…mi sembrava di soffocare. Quando mi sono svegliata ero sudata e il cuore mi batteva a mille”.

“Sai” disse Luce “te l’ho chiesto perché anch’io ho fatto un sogno strano. Ero in un prato bellissimo: gli animali correvano intorno a me, insieme a dei bambini che gridavano felici. Ma ad un certo punto, tutti, nel medesimo istante si fermavano. L’allegria che mi circondava, svaniva ed era sostituita da un senso di angoscia”. Luce si fermò, con un’aria un po’ sbigottita. “Eh beh…il mio sogno finisce come il tuo.. uno dei bambini mi si avventava contro.. cercando di soffocarmi. Anche lui aveva subito una trasformazione mostruosa. Non c’è bisogno che dica come mi sono svegliata”.

Per tutto quanto il tempo Anemone era rimasta in silenzio. Nonostante fino a un attimo prima stava gustando il suo gelato, aveva la gola secca; trasalì quando le due compagne si voltarono verso di lei.

Raccontò quanto la stessa notte aveva sognato, pur essendo stato anche il suo un incubo confuso e indecifrabile: “E’ successo anche a me, anch’io venivo assalita da un uomo con strane sembianze…un mostro, che stava per schiacciarmi con il suo peso!”

Ci fu un minuto di silenzio surreale, che Marina decise però di interrompere: “Dai ragazze, non ne facciamo una tragedia…sarà stato un caso…in fondo il nostro legame è speciale”. Ma quelle parole non convinsero neanche chi le aveva proferite.

“Non può essere una semplice casualità” fece Luce “un sogno… o meglio un incubo, molto simile…fatto la stessa notte da tutte e tre…”

“E credo ci siano altri due dettagli su cui riflettere e a cui credo anche voi stiate già pensando” disse gravemente Anemone.

Marina abbassò lo sguardo: “Non era un castello qualsiasi o una roccaforte medievale quello del mio sogno…era il castello di Clef. Così come immagino fossero di Sephiro i verdi prati del sogno di Luce. Allo stesso modo quella terra devastata e sul punto della distruzione che hai sognato tu Anemone, l’abbiamo vista nel nostro secondo viaggio… quando l’assenza della colonna portante stava mettendo a rischio l’esistenza di Sephiro. Sempre e solo Sephiro!”.

Senza soluzioni di continuità, Luce proseguì: “E proprio stanotte cadeva il quinto anniversario del nostro ritorno da Sephiro e cioè da quando liberai per sempre i suoi abitanti da quelle regole che già troppe vittime avevano fatto”.

Anemone sospirò: “Già!”

 

- continua -

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cinque anni dopo Sephiro - II parte ***


CAPITOLO II

CINQUE ANNI DOPO SEPHIRO – Seconda parte

 

Marina non era il tipo da lasciarsi sopraffare dagli eventi: “E ora che si fa?” disse.

E Luce: “Beh tutte queste coincidenze avranno pur sempre un significato”.

“Dobbiamo andare all’osservatorio” spiazzò tutt’e due Anemone “è lì il nostro punto di contatto con Sephiro”.

Il solo pronunciare quel nome fece battere forte il suo cuore. Era così tanto tempo che non sentiva la sua voce scandire quella parola “Sephiro”.

“Mah, io non sono sicura che sia una buona idea …” fece Marina; ma resasi conto che altre soluzioni non c’erano, sospirando sentenziò: “Eh va bene! In fondo scartate le ipotesi di andare alla Polizia o a fare una bella seduta di psicanalisi, non ci resta che questa!” e con un tono più dimesso: “Osservatorio queste tre pazze stanno arrivando!”

Come sempre Marina riuscì ad alleggerire un po’ il peso dei loro cuori.

 

Come al solito l’osservatorio pullulava di persone: studenti in visita guidata; coppie che volevano godersi il romantico panorama della città; e gruppi di ragazzi che avevano marinato la scuola.

Mentre salivano nel veloce ascensore, schiacciate quasi dalla calca, Anemone fu assalita dai ricordi di Sephiro: tutte le esperienze vissute, le battaglie affrontate, la scoperta dei propri poteri e dei managuerrieri, le persone incontrate e soprattutto… Ferio.

Quest’ultimo pensiero si faceva prepotentemente largo fra gli altri. La cosa che la faceva più soffrire è che col tempo il ricordo del suo viso andava sbiadendosi. Stava pian piano perdendo anche l’ultima cosa di lui che le restava… la sua immagine.

E anche se qualcuno avrebbe potuto dire che era meglio così, che la sua vita doveva andare avanti e il destino fare il suo corso, magari facendole incontrare un altro uomo, per lei questa idea era inaccettabile: l’unico da cui avrebbe voluto farsi stringere era il suo adorato principe.

La prima volta su Sephiro aveva salvato lei e le sue amiche nella Foresta del Silenzio, le aveva seguite, aiutate, aveva teso loro una trappola, e poi di nuovo aiutate. Neanche Anemone sapeva bene che cosa l’avesse conquistata. Certo la sua bellezza non passava inosservata, ma non era quello: se in un primo momento l’aveva colpita quell’aria da sbruffoncello, un po’ saccente ma anche tanto simpatica, era stata poi la dolcezza e il suo fare protettivo che avevano espugnato il suo cuore.

 

Il segnale acustico che avvertivadi essere al capolinea la fece sobbalzare: Marina l’aveva presa per mano e praticamente cavata fuori da quella folla scalmanata.

“Eccoci” disse Luce. Il modo con cui pronunciò quella sola parola aveva ben rappresentato il pensiero che correva nelle menti di tutte e tre le ragazze. Cosa avrebbero dovuto fare? Forse solo desiderare di fare ritorno su Sephiro.

Guruclef gli aveva spiegato che il secondo viaggio sul magico pianeta era stato voluto da loro stesse; era stata la forza dei loro sentimenti, la preoccupazione per quel mondo e i suoi abitanti a spalancare quella “porta socchiusa ai confini del sole”.

Dunque dovevano solo concentrarsi e allineare i loro cuori?

Anemone si sentiva profondamente inquieta: era accaldata e le sembrava quasi di respirare a fatica, come se stesse ripercorrendo le sensazioni provate nella notte. Forse aveva paura di quello che stava desiderando profondamente, quasi violentemente: tornare in quel regno fatato...tornare da LUI.

 

Si avvicinarono alla vetrata. Il panorama era naturalmente meraviglioso. Era l’imbrunire e le luci della città cominciavano a risaltare sotto quel cielo che esplodeva di mille sfumature, che dal rosso scuro degradavano fino ad un timido azzurro.

Le tre ragazze si presero per mano; Anemone non percepì il leggero tremito che attraversava le sue compagne, essendo lei per prima a non trattenere le vibrazioni del suo corpo.

La prima ad accorgersene fu Marina: “Ragazze” esclamò con un filo di voce “guardate”, indicando le persone che le attorniavano.

Ferme. Immobili. Il tempo aveva fermato le sue lancette.

Ma sia Luce che Anemone, pur senza voltarsi avevano già capito: per qualche secondo l’eco delle voci e delle risate era rimbalzato nell’osservatorio. Ma erano stati pochi attimi. Il silenzio era sceso su di loro.

Tum…Tum…Tum…potevano percepire distintamente il battito dei loro cuori.

Un lampo abbagliante avvolse le tre ragazze.

 

Stavano fluttuando nell’aria…leggere… ancora stordite da quella luce accecante, tuttavia perfettamente consapevoli di dove fossero.. di quello che ancora una volta stava loro capitando.

Come se mani giganti le sostenessero furono poggiate delicatamente sul terreno… su Sephiro.

“Luce; Marina…state bene vero?” disse allarmata Anemone. Pur essendo coetanee, quest’ultima era sempre molto protettiva verso le compagne: Luce non era affatto cambiata negli anni, sembrava ancora una quattordicenne; e Marina aveva sì un corpo capace di far girare la testa a qualsiasi uomo, ma era pure testarda e impulsiva, così da finire spesso nei guai.

“Si stiamo bene” fecero quasi all’unisono.

“ Dunque siamo di nuovo su Sephiro”. La voce di Luce era velata da un ben chiaro turbamento.

“Probabilmente” pensò Anemone “ha la stessa mia sensazione”.

Anche su quel pianeta stava scendendo la sera. C’era un venticello leggero che agitava i vestiti estivi delle ragazze e increspava i loro capelli. Erano finite nel mezzo di un prato. Qualche fiore spuntava qui e là, e più lontano si scorgevano degli alberi, un po’ distanti l’uno dall’altro, poi via via sempre più fitti, probabilmente l’inizio di una foresta.

Ma se anche il paesaggio poteva parer bello, c’era qualcosa …qualcosa di strano…sembrava finto…o meglio morto. Non si sentiva battere la vita…non si avvertita la presenza di alcun essere vivente…di nessuna di quelle fantastiche creature che popolavano la vegetazione di Sephiro e che le ragazze avevano conosciuto nei precedenti viaggi. Erano quelli i pensieri che correvano nelle menti delle ragazze: “E’ tutto arido, sterile…senza vita”.

“Ma quello è…” fece Luce senza completare la frase; “il castello di Guruclef” proseguì Anemone.

Voltatesi, si erano trovate di fronte quell’immenso castello che si stagliava alto nel cielo, e che spezzava il fiato tanto era maestoso.

Anemone vide Marina molto agitata, e nonostante fosse anche lei incredula e spaesata, le prese la mano e le rivolse uno sguardo rassicurante.

 

Cominciarono a camminare verso il castello, lentamente, guardinghe, in quanto ancora non sapevano cosa le aspettasse oltre quelle mura. Certo se Sephiro le aveva richiamate a lui, voleva dire che ancora una volta il pianeta correva un qualche pericolo.

Il portone che si parava davanti a loro era chiuso, ma non appena Luce fece per aprirlo, con un lungo e tetro lamento, da solo, si spalancò.

“Marina…Anemone…entriamo” fece voltandosi appena verso di loro.

Stavano percorrendo il buio corridoio: nonostante fosse passato tanto tempo non avevano certo dimenticato come raggiungere la sala principale, dove probabilmente ci sarebbe stato ad aspettarle il grande saggio.

Se non fossero state così tese mille ricordi ed emozioni sarebbero affiorate nelle loro menti.

Ma quando passarono davanti a quella immensa vetrata che dava sul cielo di Sephiro, un sussulto fece battere più forte il cuore di Anemone.

 

Si fermò e vi guardò attraverso. Lì davanti, un giorno era stata stretta dalle forti braccia di Ferio; lui l’aveva confortata, aveva asciugato le sue lacrime e accarezzato i suoi capelli.

Lì per la seconda volta le aveva fatto dono di quell’anello, capace di unire con un filo invisibile due persone.

Ogni volta che lei faceva ritorno sulla Terra, però, lui ritornava al suo proprietario, come a significare impudentemente che non poteva unire due persone appartenenti a regni differenti. E così sentiva bruciare il suo anulare sinistro, come scosso da una ferita privata della sua fasciatura.

Cosa avrebbe dato per avere avuto con sé, in quegli anni, l’anello regalatole da Ferio; l’avrebbe di certo fatta sentire meno sola, le avrebbe dato una speranza in più di essere legata indissolubilmente a lui, e lui a lei.

Ma tanto tempo era trascorso da quei momenti condivisi col principe: momenti che l’avevano, a volte dolcemente, a volte ossessivamente, tormentata.

Ora, ritrovarsi lì, le provocava un turbinio di emozioni indefinibili.

 “Anemone”. Luce pronunciò il suo nome con una dolcezza infinita. Aveva compreso i pensieri dell’amica. E sapeva bene anche lei come potevano essere dolorosi i ricordi.

 

Ripresero a camminare giungendo finalmente dinanzi alla loro meta. Questa volta le porte erano aperte e senza indugiare le ragazze entrarono.

La prima cosa che non poterono far a meno di notare era il fatto che quel salone, un tempo luminoso ed accogliente, era diventato ombroso, freddo; aveva perso quel calore che le aveva riscaldate anche nelle fasi più dure delle battaglie combattute.

“Sono felice di rivedervi”. Una voce familiare aveva scosso i loro pensieri. E da un lato buio della stanza una figura si fece avanti.

“Guruclef” esclamò emozionata Marina, che fece alcuni passi verso di lui. Evidente era la gioia della ragazza.

“Guruclef” la seguì a ruota Luce, non nascondendo la commozione nel rivederlo.

 

Anemone, ferma dietro le compagne, non riusciva a scrollarsi di dosso quello stato di disagio e turbamento. Forse tutte quelle emozioni… forse il ritrovarsi nel giro di pochi minuti in quel mondo  parallelo. Forse la speranza di trovare lì anche un’altra persona.

Fatto sta che il suo cuore batteva potente, quasi ad uscirle dal petto, e il suo corpo non accenava a voler obbedire di nuovo ai suoi ordini.

 

- continua -

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Liberi nel proprio destino ***


capitolo terzo

CAPITOLO III

Liberi nel proprio destino.

 

“Vi do il benvenuto cavalieri magici provenienti da un mondo lontano… grazie di essere accorsi ancora in nostro aiuto” disse solennemente Guruclef.

E Luce: “Oh Clef, non sai che piacere rivederti e rivedere Sephiro, anche se dalle tue parole capisco che ancora una volta la pace ha abbandonato questi luoghi”.

“E’ così” fece una voce sconosciuta alle loro spalle.

Le tre ragazze si voltarono di scatto.

Un possente guerriero era comparso dietro di loro. La sua armatura era lucida; avvolto in un azzurro mantello teneva fieramente la sua mano sul fodero della spada. Era alto, possente.

L’istinto di Anemone fu quello di voltarsi verso Marina, conoscendo il suo debole per quel tipo di uomini, e così riuscì a vedere il guizzo che le attraverso gli occhi.

Accennò ad un sorriso che fu subito spento dalla voce tonante del cavaliere.

“E così siete voi i cavalieri magici…chi lo avrebbe detto…tre giovani fanciulle!”

C’era qualcosa nel fare di quell’uomo che ad Anemone non piaceva per nulla. Dai suoi occhi non traspariva alcuna emozione, erano gelidi, come tutto ciò, del resto, fino a quel momento. Forse erano altri i volti che si aspettava di incontrare: Rafaga, Caldina, Presea, Ascot e naturalmente…. Ferio

“Salve a te cavaliere” disse Luce, mentre Marina dietro di lei era ancora visibilmente intenta a squadrare l’uomo. “Penso che dobbiate spiegarci quello che sta succedendo; è passato tanto tempo dall’ultima volta che siamo state qui e credo che siano molte le novità per questo pianeta” proseguì voltandosi nuovamente verso Guruclef.

“Innanzitutto” fece il saggio avanzando nella sala “lui è Xato, comandante della mia armata e difensore del Regno di Sephiro”.

Beh, se c’era un’armata, era chiaro che doveva esserci una battaglia in corso. Ma come era possibile! Luce, Marina e Anemone erano sicure che abolita la colonna portante e dettate le nuove regole, Sephiro e i suoi abitanti sarebbero stati in pace. Ma era evidente che le cose non erano andate proprio così.

Le ragazze avevano fame di sapere e il saggio che se ne era accorto continuò: “Uno strano destino attendeva Sephiro dopo la vostra partenza. La colonna portante, come voi ben sapete si faceva carico dell’equilibrio del pianeta, annullava se stessa per il bene degli esseri viventi e, fino almeno alla triste storia di Emeraude e Zagato, era riuscita a garantire non solo la pace, ma anche la prosperità di Sephiro. Ma tu Luce, scelta per rivestire quel ruolo, hai deciso di sovvertire quella regola, di dare agli abitanti la possibilità di essere pienamente padroni del destino proprio e del regno”.

Clef si fermò un attimo per poi ricominciare: “Ecco…venuta meno questa figura, il nostro popolo non è stato in grado di far fronte da solo alle forze del male, di contrastarle e contenerle così come facevano le preghiere della colonna portante. Le ambizioni e le smanie di potere che albergavano nei cuori di tante persone hanno cominciato a venir fuori, a crescere, così da spingerle a compiere azioni crudeli e meschine. Questa è l’origine di quello che sarebbe successo poi, e che ancora strazia il nostro pianeta mentre noi parliamo”.

Una lacrima rigò il volto di Luce e con voce tremante disse: “Mi spiace… io credevo di agire per il meglio…volevo che Sephiro fosse libero, che i suoi abitanti potessero…”. Un singhiozzo le impedì di continuare.

Improvvisamente sentì una mano che le si poggiò sulla spalla  e gliela strinse con una lieve pressione

“Anemone…” fece la ragazza.

“Guruclef, l’origina del male non è la scelta fatta da Luce, ma il male stesso. Abolire la colonna portante è stata per gli abitanti di Sephiro un’importante lezione. Era necessario che capissero di dover lottare ogni giorno per le cose in cui credevano; di doversi rimboccare le maniche e difendere la vita e la felicità di se stessi e dei propri cari. Non si può far dipendere il destino di un popolo dalla forza di volontà di una sola persona. E non solo perché è crudele per questa: hai visto anche tu cosa succede se quel punto di riferimento viene meno. Tutti ne pagano le conseguenze.

Ebbene, il popolo di questo pianeta deve imparare a difendersi da solo dalle insidie del male, deve impedire che questo prenda il sopravvento, senza star lì ad aspettare che qualcuno corra in suo aiuto, o peggio ancora, ad attendere che questo distrugga tutto. Per il mondo da cui proveniamo è così: non c’è giorno in cui una guerra non faccia le sue vittime e spezzi i sogni di giovani vite innocenti; tante sono le crudeltà che gli uomini compiono contro i loro simili, a volte senza neanche una ragione; ma ci sono anche molte persone che lottano per ricostruire quei sogni, che si uniscono per edificare una pace che sia duratura.

Questo è il prezzo della libertà e dell’autodeterminazione.”

Anemone era sorpresa del fervore col quale aveva parlato al saggio. In fondo quella di Guruclef poteva anche non essere una velata recriminazione nei confronti dell’amica.

“Però… il temperamento non lascia dubbi sul fatto che tu sia un cavaliere magico” disse Xato, puntando Anemone con sguardo pungente, quasi di sfida.

La ragazza lo ignorò, il che innervosì visibilmente il cavaliere, e di ciò si rese conto anche la stessa Anemone, la quale era però molto più interessata a quello che aveva da dire Guruclef.

“Non sto cercando di attribuire la responsabilità di ciò a qualcuno” fece il saggio “comunque credo che sia opportuno che voi ascoltiate anche il resto”.

Così continuò: “All’inizio sembrava che le cose andassero bene per il pianeta, ciascun essere vivente cercava di dare il proprio contributo alla stabilità di Sephiro. Ma durò per poco. Cominciò a farsi strada l’idea della necessità di una guida che tenesse unito questo regno così vasto, per evitare che con il tempo si disgregasse e ne nascessero tanti piccoli centri autonomi e potenzialmente in conflitto. Ben presto quelle che erano discussioni sulle forme di governo e sulla possibilità di avere un punto di riferimento comune per tenere unita tutta la popolazione,  divennero liti furiose, fino a che gli odi e i rancori sfociarono in vere e proprie battaglie armate.

Dopo un periodo di lotte intestine, il gruppo meglio organizzato è riuscito ad emergere, a rafforzarsi e a raccogliere sotto di sé chi bramava di instaurare il dominio su Sephiro. E per fare ciò è disposto a tutto, a distruggere, razziare, uccidere.

Purtroppo molti dei miei poteri dipendevano dal nucleo, perciò, venuto meno lo stesso, non sono stato in grado di fronteggiare questa situazione, anche perché al contrario la malvagità sta autoalimentandosi e diventando sempre più forte; sempre più sono le menti e i cuori pronti ad ospitarla.

Vi sarete accorte anche di come la natura di Sephiro sia mutata: molte delle fantastiche creature che vivevano lì fuori e si nutrivano della magia buona del pianeta, sono svanite per sempre”.

“Mocona…” gridò Luce “Clef dimmi dov’è…sta bene?”

“Mi spiace… ma non lo so” disse mestamente il saggio.

“Sono sicura… sono sicura che lui stia bene, e quando avvertirà la nostra presenza… verrà da noi” esclamò Luce cercando di convincersi di ciò.

La tristezza per la sorte del loro tenero amico pervase anche i cuori di Marina e Anemone. Ma Guruclef continuò: “Lo scopo è sconfiggere chiunque ostacoli il loro cammino, in modo da instaurare il loro regime di violenza e sopraffazione. Anzi il fine ultimo è quello di restaurare l’antica regola che voi avete spezzato, ma questa volta non sarà una colonna portante che assicuri pace e giustizia, ma un sovrano che alimenti odio e rancore , che affermi il suo dominio totale, controllando il destino del regno.

Solo voi siete la nostra speranza… cavalieri… ritrovate i vostri poteri… risvegliate ancora una volta i vostri managuerrieri e salvate Sephiro e i suoi abitanti”.

Le ragazze erano accecate dal dolore e dalla rabbia… come si poteva trasformare un luogo paradisiaco come quel regno in un campo di battaglia!

Rimasero in silenzio per un po’; nessuna riusciva a proferir parola. Sapere che i loro amici erano in pericolo non poteva che procurargli un’immensa tristezza.

“Guruclef” disse Marina decisa a reagire a quello stato di frustrazione più totale “chi è a capo di tutto questo…chi sono i nostri nemici…insomma contro chi o che cosa dobbiamo batterci”.

A quel punto prese la parola Xato: “A capo di queste forze vi sono diversi cavalieri che hanno sotto il loro controllo più di metà del regno” disse il guerriero, spostando però lo sguardo da colei che aveva formulato la domanda, e volgendolo ad Anemone. “questi individui malvagi convergono in unico comandante” fece una piccola pausa. “Si tratta di una vostra vecchia conoscenza a quanto mi ha detto Clef” continuò con un mezzo sorriso e con gli occhi sempre puntati su Anemone “si tratta di un certo principe… si tratta di Ferio”.

 

Se una spada ben affilata avesse trapassato da parte a parte il suo cuore, sarebbe stato meno doloroso di dover ascoltare quel racconto.

Rimbalzava tutto vorticosamente nel cervello: “…individui malvagi… forze del male… dominio assoluto… cosa centravano con Ferio?”. I suoi neuroni si rifiutavano di mettere assieme quelle parole.

Sentì il pulsare delle lacrime, frementi di schizzarle fuori dagli occhi, di inondarle il viso e di gridare senza pudore la sua sofferenza.

Ma qualcosa glielo impedì. E non fu lo sguardo sadico di Xato. Marina e Luce si erano voltate verso di lei e solo gli occhi pieni di affetto e conforto delle sue amiche le diedero la forza di trattenere i suoi sentimenti, di non permettere al suo dolore di scoppiare incontrollato.

Marina si fece avanti: “Ma che diavolo state dicendo? Noi conosciamo bene Ferio. Ha combattuto al nostro fianco per Sephiro e la sua salvezza… perché avrebbe dovuto fare tutto questo?”

“Evidentemente si è lasciato ammaliare dalla possibilità di diventare il padrone assoluto di Sephiro…forse pensava gli spettasse di diritto in quanto fratello di Emeraude” continuò il guerriero “le persone cambiano.. eh beh…se volete saperla tutta… non è l’unico che ha varcato la linea che separa il bene dal male… è in buona compagnia…”

“Di chi?” la voce di Marina titubava.

“Di un altro vostro caro amico e finto pacifista… sembrava un uomo d’onore… un eroico spadaccino… e ora invece è il braccio destro del principe… si tratta di Rafaga!”

“NOOO…Non è possibile” urlò Luce “forse i nostri amici sono controllati” si voltò verso Guruclef  “forse le loro menti agiscono sotto il comando di una forza oscura!”.

Il saggio abbassò lo sguardo.

“Ti assicuro mia cara che le loro teste sono lucide…” continuò Xato “siete voi che avete parlato fin’ora di autodeterminazione e libero arbitrio. Beh vi assicuro che sia Ferio, che Rafaga sono nel pieno delle loro facoltà mentali… anzi stanno sfruttando la malvagità di chi li circonda per aumentare i loro poteri magici per fare fuori chiunque ostacoli il loro cammino”.

Di nuovo quella sensazione…Anemone sentiva che l’ossigeno arrivava a fatica ai polmoni…era accaldata…le tempie pulsavano così forte da fargli male.

Di improvviso un uomo, anch’esso vestito di tutti i paramenti militari entrò nel grande salone e inchinatosi dinanzi a Guruclef e a Xato disse concitatamente: “Sommo Guruclef, comandante Xato, ho da recarvi purtroppo una triste notizia: il villaggio di Basora, nel nostro territorio è stato distrutto, non siamo arrivati in tempo per fermare i nemici!”

“Ci sono sopravvissuti?” chiese Xato.

“No” rispose il soldato “hanno ucciso tutti compresi donne e bambini”.

Si udì un tonfo sul pavimento. Anemone era svenuta.

                                                                                                                        - continua -

                                                                                                                                                                        

Per killkenny: Spero che questo terzo capitolo mantenga vivo il tuo interesse…grazie per la recensione!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Amicizia e amore ***


capitolo terzo

CAPITOLO IV

Amicizia e amore.

 

“Anemone … svegliati…”.

La prima cosa che la ragazza vide fu Luce con gli occhi gonfi di lacrime, che appena si accorse del suo risveglio, le si gettò al collo e cominciò a singhiozzare: “Oh Anemone ci hai fatto prendere uno spavento”.

Marina intervenne asciugandosi il viso: “Non ti permettere mai più di svenire in questo modo…. anche perché stavolta c’era Xato che ti ha portato a letto… ma scordati che io ti prenda in braccio… non sei mica una piuma mia cara” fece, cercando di sdrammatizzare.

Era passata più di un’ora da quando era svenuta, aveva la testa che le faceva male, e sapere che era stato Xato a portarla lì, la infastidiva ulteriormente. Si tirò un po’ su e guardò i suoi due angeli custodi, ognuna ad un lato del letto, vicino a lei, con gli occhi arrossati; allungò le braccia e le strinse a sé.

“Anemone io lo so quanto tieni a Ferio” disse Marina “anch’io non riesco a credere a quanto ho sentito su di lui… su Rafaga…" e rabbuiandosi  continuò: "Anche Ascot a detta di Clef è dalla loro parte… ma dobbiamo farci coraggio per noi stesse e per Sephiro”.

Anemone cominciò a piangere: “Come vorrei non aver mai rimesso piede su questo pianeta… lo so è un pensiero egoistico e vile…. ma vorrei che non avessimo parlato delle nostre sensazioni… che non ci fossimo rese conto del richiamo di Sephiro. Vorrei non aver mai lasciato la Terra… ora sarei nel mio letto, a trastullarmi coi miei sogni infantili su di un principe azzurro di nome Ferio” disse la ragazza dando sfogo a tutta la sua amarezza.

Luce cercò di consolarla: “Anemone, neanche io so che cosa pensare… improvvisamente ogni persona a cui abbiamo voluto bene in questo regno, sembra sia uscita fuori di senno… e per quanto Xato non abbia titubato a parlare con disprezzo dei nostri amici… io voglio vederci chiaro… voglio sapere cosa è successo… perché qualcosa deve pur essere successo dannazione!”

“Non sai quanto vorrei essere fiduciosa” rispose Anemone “ma hai sentito quel soldato…non hanno risparmiato donne e bambini”. Le lacrime tornarono ad uscire copiose.

Marina prese la parola: “Luce ha ragione. Anche la prima volta che eravamo venute qui, non avevamo esitato a condannare Zagato, considerandolo uno spietato guerriero, bramante di potere e invece…. era solo un uomo innamorato… maledettamente innamorato… il cui unico intento era liberare la sua donna da regole ingiuste che le impedivano di vivere i suoi sentimenti”.

Anemone si calmò e Luce, vedendo che l’amica si era un po’ ripresa, ricominciò: “Sai, mentre tu eri ancora svenuta ed eravamo qui a vegliarti, ho chiesto a Clef dove fosse Lantis. A quanto pare non si sa che fine abbia fatto; sembra se ne sia completamente lavato le mani e stia vagando chissà dove. Secondo alcuni avrebbe addirittura lasciato il pianeta prima ancora che la situazione qui degenerasse…

Sapevo che se Sephiro ci aveva richiamate con quei sogni, voleva dire che aveva bisogno che i cavalieri magici brandissero di nuovo le loro spade. Ma in fondo ero serena perché pensavo che avremmo ritrovato tutti i nostri amici a sostenerci con il loro affetto, a darci il loro aiuto, anche a costo delle loro stesse vite…

Ero certa che Lantis mi avesse aspettato, che in questo tempo fossi riuscita a riscaldare il suo cuore anche dalla Terra…ma probabilmente non è stato così. Forse la sua natura introversa… forse di nuovo la fredda solitudine… E’ assurdo per me pensare che non gli interessi il destino di Sephiro… non  so… so solo che ho bisogno di affrontare questa nuova battaglia per capire… capire se tutto questo ha un senso!

L’unica notizia positiva è che molto presto rivedremo Presea, me l’ha promesso Guruclef; sapere questo mi da un po’ di coraggio e di forza per andare avanti”.

Dopo qualche secondo di silenzio in cui Anemone era rimasta con gli occhi bassi, alzò lo sguardo, prese le mani delle due amiche e disse: “Luce, Marina… mi dispiace per quello che ho detto… sono una sciocca! Ho pensato solo a me stessa, al mio dolore, dimenticando che anche voi siete legate a molte persone di questo regno proprio come me, e che tutto questo sia una profonda ferita inferta anche ai vostri cuori.

Perdonatemi. Appena sono giunta su Sephiro, il mio unico pensiero è stato rivolto a Ferio.

Ero così sicura che fosse rimasta la meravigliosa persona che era riuscita a leggere nella mia anima; la mia unica paura era che il tempo avesse potuto in qualche modo sbiadire il ricordo dei momenti passati assieme. E invece … tutto ciò che ci hanno raccontato mi ha fatto all’improvviso capire che forse non gli è mai interessato veramente di me, altrimenti non avrebbe mai tradito così la mia fiducia. Il tenero spadaccino, insofferente alle regole e amante della libertà che ho conosciuto, non c’è più.. non c’è mai stato… e devo convincermi di ciò.

Adesso quel che conta è che gli abitanti di Sephiro hanno bisogno del nostro aiuto, per difendere la loro libertà, in nome della quale già molte vittime sono state mietute, ed io, come cavaliere magico, non mi tirerò indietro. Andremo a capo di questa storia… e chi ha le sue colpe dovrà pagare.. anche se è la persona di cui avrei voluto prendermi cura per la vita”.

“Hai ragione! Le nostre energie devono essere tutte dirette ad aiutare questo pianeta!” aggiunse Luce.

Marina prese una tazza poggiata su di un tavolo lì vicino e la porse ad Anemone: “Bevi questa, ti farà rilassare” e rivolgendosi anche a Luce “Ora però andiamo a letto, credo che per oggi  abbiamo saputo abbastanza. E’ inutile continuare a pensare e a logorarsi…. Domani, alla luce del sole, vedremo le cose in una prospettiva diversa e proveremo a capire meglio come sta la situazione”.

 

Marina e Luce sembravano essersi addormentate; nessun movimento si intravedeva provenire dai loro letti.

“Devono essere molto stanche… in fondo io sono rimasta svenuta per un po’” pensò Anemone.

Con lo sguardo era rivolta al soffitto della stanza, ma ben altro ero lo scenario che le si parava dinanzi agli occhi: con la mente stava ripercorrendo tutti i passaggi cruciali della sua vita.

Al tempo del primo viaggio su Sephiro lei era una timida quattordicenne, molto studiosa e amante del pianoforte, il cui mondo ruotava attorno agli affetti familiari, dei genitori e della sorella,  e la cui esperienza più avventurosa era stata quella di perdersi in gita scolastica per non più di venti minuti.

Poi da un momento all’altro, si era ritrovata proiettata in un mondo parallelo, a dover risvegliare non si sapeva bene cosa, per salvare una principessa da un terribile guerriero, che aveva al suo servizio maghi potenti e fortissimi cavalieri.

Inaspettatamente, quella che doveva essere un’avventura spaventosa, ben presto l’aveva portata a fare delle esperienze meravigliose, che sulla Terra non avrebbe potuto mai neanche immaginare.

Non solo scoprire un pianeta così eccezionale come Sephiro, pullulante di vita e di animali fantastici, bellissimo non solo per la natura, ma anche per la popolazione calda e accogliente.

Ma soprattutto imparare a conoscere quei sentimenti che riempiono la vita, che le danno un senso, e ai quali non si può più rinunciare una volta che solleticano il tuo cuore.

L’AMICIZIA, di quelle due ragazze, pronte a donare conforto nei momenti più difficili, a condividere le gioie in quelli più belli, a combattere insieme nelle battaglie più dure, a sacrificare anche la vita in nome di quel sentimento.

L’AMORE, per quel principe di un altro mondo, che avrebbe dovuto odiarla per averlo privato dell’unico legame di sangue che gli rimaneva (n.d.a. Emeraude), e che invece le aveva fatto scoprire la complessità e allo stesso tempo la completezza di quella parola, che le si era mostrata,  grazie a lui, in tutte le sue mille sfaccettature.

Come timido batticuore, nella Foresta del Silenzio, quando era stata tratta in salvo da bestie feroci e spronata a credere nelle proprie capacità.

Come tintinnio argenteo dell’anima, nel deserto, dove il risuonare del nome amato le aveva fatto scoprire quanta forza risiedesse in lei.

Come lampo che squassa il cielo, così in quella grotta, quando la gelosia le aveva ottenebrato  mente e ragione.

Come lama che trafigge, sapendo che nulla lei avrebbe potuto fare per restituirgli la sorella amata.

Come vento impetuoso, come soffio di primavera, come vibrazione dei sensi, ogni volta che si rifugiava nel suo abbraccio e i loro occhi si scambiavano una promessa di eternità.

 

Le lacrime che stavano attendendo lì dietro l’angolo, iniziarono a ripercorrere le vie del suo viso già abbondantemente battute per quella sera.

Scostò il lenzuolo, ormai diventato insopportabile per il suo corpo che sembrava continuamente febbricitante e si alzò delicatamente dal letto per non disturbare il riposo delle amiche.

Uscì da quella stanza senza finestre… avrebbe voluto prendere una boccata d’aria, ma non sapeva bene come fare… era ancora intontita per districarsi nel labirinto dei corridoi del castello.

Si ritrovò di nuovo dinanzi a quella vetrata, come se una forza irresistibile la richiamasse, come se quei ricordi che di lì trasudavano reclamassero la sua presenza, forse per parlarle…per dirle qualche cosa…

“Ah, ti sei ripresa” una voce risuonò nel corridoio, e non era di certo quella immaginata dalla ragazza.

Si voltò. Xato era lì, con il suo ghigno disegnato sul volto, che presto le sarebbe divenuto familiare. Difficilmente qualcuno le risultava antipatico e sgradevole a pelle, ma lui rappresentava sicuramente un’eccezione. Sembrava essersi divertito un mondo a dare loro quelle terribili notizie, soprattutto quando le aveva spiattellato in faccia di Ferio e delle sue brame di potere. Qualcosa doveva essere successo fra di loro…l’ostilità verso il principe era evidente e non sembrava dettata solo dagli eventi raccontati poco prima.

“Si sto meglio” fece Anemone, cercando di sembrare convincente, non avendo nessuna intenzione di manifestare le sue debolezze di fronte a lui, per la seconda volta.

“Ne sono felice” rispose il guerriero “il tuo aiuto a quanto pare è indispensabile per la salvezza di Sephiro”.

Anemone lo guardò e, resasi conto di essere uscita dalla stanza solo con la leggera camicia da notte che le amiche dovevano averle infilato quand’era svenuta, prima di metterla a letto, notò che Xato la stava osservando attentamente, specie nei punti in cui la veste aderiva di più al corpo.

Istintivamente incrociò le braccia davanti al seno e fece per andarsene.

“Come vai via…credevo volessi farmi un po’ compagnia” esclamò l’uomo.

“Mi spiace, non sono in vena di chiacchiere stasera” rispose seccamente Anemone dandogli le spalle.

“Beh, ci sono tanti modi per tenersi compagnia… me ne viene in mente uno dove, ti assicuro, non c’è molto da parlare”.

Anemone si voltò di nuovo verso il comandante e se lo ritrovò molto vicino. Non si era accorta della sua avanzata: era così a pochi passi, che la ragazza avrebbe potuto mollargli il ceffone che le sue mani reclamavano.

Ma preferì evitare azioni che potessero eccitare ancora di più Xato.

“Qualsiasi fanciulla di questo regno sarebbe onorata di questa proposta” disse l’uomo.

“Beh io non appartengo a questo mondo… io vengo dalla Terra!” fu la risposta fredda della ragazza.

“Si.. ma dovresti essermi più riconoscente visto che io cortesemente ti ho portata a letto dopo che eri svenuta” continuò.

Avrebbe voluto dirgli che sarebbe stato preferibile per lei restare sul gelido marmo piuttosto che in gita turistica sulle sue braccia, ma fu altra la replica: “Diciamo così, il mio ringraziamento sarà quello di impegnarmi a salvare il tuo pianeta”.

“Come? Uccidendo Ferio?”. La domanda aveva il forte sapore di una provocazione, considerando anche il modo canzonatorio con cui l’aveva formulata.

Quell’uomo sapeva evidentemente molto bene del rapporto che si era instaurato fra lei e il principe. Non perdeva occasione per tirare fuori l’argomento e scrutare le sue reazioni ogni volta che quel nome veniva pronunciato.

“Esisteranno sicuramente anche altri mezzi. Sono dell’idea che la violenza genera solo altra violenza”.

Xato scoppiò in una grassa risata: “E quali sarebbero questi altri “mezzi”? Un bel paio di gambe per caso? O delle dolci parole d’amore?”. Continuò a ridere sfacciatamente.

Quell’uomo era veramente odioso. Con poche parole era riuscita ad indispettirla, turbarla, ferirla insieme. Ma non aveva  intenzione di fare il suo gioco.

“Vado a letto… buonanotte” disse la ragazza con l’intenzione di chiudere la conversazione.

Si girò, ma un braccio da dietro le cinse la vita.

“Comunque la proposta di prima rimane sempre valida” fece l’uomo.

Anemone si divincolò e corse rapidamente via, fino alla sua stanza. Si accertò che la porta fosse ben chiusa e si infilò a letto.

Le amiche dormivano profondamente.

“Ci mancava il cavaliere dai bollenti spiriti” pensò.

Almeno però quello spiacevole incontro notturno l’aveva distolta un tantino dalle sue pene.

La stanchezza l’assalì e finalmente anche lei si addormentò.

 

- continua -

 

Note: I pensieri notturni di Anemone riguardano alcune esperienze vissute su Sephiro, quindi possono essere chiari a chi abbia visto l’anime (alcuni momenti sono presenti anche nel manga). Comunque non risultano importanti ai fini dell’economia della storia.

 

Per KIRBY: Innanzitutto grazie dei complimenti e dei tuoi consigli…saranno sempre ben accetti.

Per quanto riguarda il commento al I Cap., hai trovato descrizioni più attente e particolareggiate su di Anemone, perché è lei la protagonista, come avevo precisato in premessa. In questa fic vorrei cercare di mettere a nudo i suoi pensieri e il suo modo di essere, come è cambiata negli anni e come affronterà le nuove esperienze che l’attendono.  La storia d’amore (o di guerra… chi lo sa) con Ferio sarà il filo conduttore. Vorrei soprattutto non trascurare di costruire una storia che crei anche una certa suspence e sia ricca di colpi di scena. Perciò non ti rammaricare se ci sarà meno spazio per le altre: le mitiche CLAMP hanno creato dei personaggi belli e molto complessi, che meriterebbero ognuno il ruolo principale ed per questo che non voglio rischiare, chiamandoli tutti a protagonisti, di renderli superficiali e inconsistenti, ma piuttosto concentrarmi bene su  uno solo di loro.

Per quanto riguarda la reazione di Luce.. tranquilla..  è sempre  innamorata di Lantis; però sai bene come fosse legata da profonda amicizia a molte persone su Sephiro. Fra queste certamente anche Rafaga. Il suo, dunque,  è un grido di sconcerto.

 

Con riferimento agli aggiornamenti, spero di riuscire a pubblicare almeno un capitolo a settimana…baci e a presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'inizio di un nuovo viaggio ***


capitolo terzo

CAPITOLO V

L’inizio di un nuovo viaggio

 

Dall’oblò posto in alto nella stanza, penetrava un  raggio di sole dispettoso.

Anemone aprì gli occhi.

“Buongiorno” fece una vocina accanto a lei. Due occhi azzurro cielo la stavano osservando.

“Ciao Marina, buongiorno a te!” rispose Anemone.

“Buongiorno amiche mie” continuò una terza voce squillante.

Le ragazze si alzarono; la notte era stata tranquilla, salvo che per quel fugace incontro, di cui Anemone non avrebbe fatto parola alle amiche, reputando il comandante solo uno sbruffone da cui stare alla larga.

Si lavarono e vestirono, scambiandosi qualche cuscinata, cercando di non iniziare la giornata con pensieri tristi: sapevano che ben presto, di momenti di serenità ce ne sarebbero stati ben pochi.

Si avviarono verso la sala reale. Lì Guruclef le attendeva, in compagnia, manco a dirlo, di Xato.

Questi subito rivolse un sorrisino malizioso ad Anemone, come a ribadirle ancora una volta la sua “generosa” offerta di compagnia.

“Oddio” pensò la ragazza “mi sento male solo al pensiero”

“Buongiorno cavalieri magici, riposato bene?” disse quasi a prenderle in giro.

“Si grazie” rispose Marina che prese per buona la sua domanda.

Luce interruppe quei convenevoli: “Allora Guruclef, cosa pensi di fare… hai già in mente qualcosa?”

“Basora è stata distrutta e ormai lì non c’è più nulla da fare. Ho inviato le truppe a Fenora, che si trova non molto distante. Sono preoccupato è una delle città più ricche e soprattutto vi vengono prodotte molte delle spade e delle armature che compongono il nostro equipaggiamento. Non a caso Presea è lì ad occuparsi dei nostri rifornimenti. Per questo, Luce, ti ho detto che presto l’avreste incontrata. Voglio che la raggiungiate e difendiate la città se necessario. Spero che, anche grazie a lei, riusciate a risvegliare Rayearth, Windam e Feres. Forse così avremo delle speranze”

“Che bello rivedremo Presea” fece Marina, che ingenuamente aggiunse “E se invece cercassimo di incontrare direttamente Ferio e Rafaga, forse potremo provare a farli ragionare!”

Xato scoppiò in una scomposta risata: “Così ci massacrano tutti! Ragazzina, guarda che Ferio e compagni sono ben organizzati… sono molte le persone che sperano di trarre vantaggi se il loro dominio dovesse affermarsi. Il loro castello è una vera roccaforte e adesso come adesso non avremmo nessuna speranza. Rafaga è sempre stato uno dei migliori spadaccini del regno…e beh, per quanto riguarda Ferio è riuscito ad accrescere i suoi poteri grazie agli insegnamenti di uno spirito malvagio.. è lui il più pericoloso.. sa unire l’uso della spada con sapiente magia nera. Per non parlare poi del fatto che hanno al loro servizio un esercito fedele. E voi se non risvegliate i managuerrieri, sarete solo dei teneri fiorellini da strappare e gettare al vento”.

“Certo sei davvero incoraggiante!” esplose Anemone. E’ vero ne aveva le tasche piene dei modi di Xato… ma probabilmente la innervosiva di più sentire tutte quelle cose su Ferio.

“Ma io non voglio che vi accada nulla” rispose con fare sarcastico.

Sembrava quasi che le amiche non si rendessero conto che in molte delle sue frasi c’erano continue punzecchiature e doppi sensi. Forse perché era lei l’oggetto preferito del suo scherno.

Guruclef intanto portò all’attenzione delle ragazze una piccola boccettina, lunga poco più di uno spillo ed estrasse una piccolissima pergamena. La srotolò, ed essa magicamente divenne grande quasi quanto il tavolo su cui era stata poggiata. Le ragazze avevano dimenticato quante sorprese potesse riservare loro Sephiro.

Era una cartina: su di essa era rappresentato l’intero regno.

“Ecco questo è il nostro castello, mentre qui si erge la fortezza del principe Ferio” spiegò Clef.

Le due roccaforti erano situate agli antipodi, sui punti estremi di un’immaginaria diagonale che tagliava in due il pianeta.

“Ecco, Basora e Fenora sono qui”. Le due città, o meglio Fenora, e quanto restava di Basora, erano molto più vicine a loro che al quartier generale nemico.

“Voltando la cartina è sempre possibile conoscere la propria posizione” disse il saggio.

“Wou” eslamò Luce “guardate ragazze, ora sul retro è rappresentato il castello di Clef, cioè dove ci troviamo adesso”.

“Cavolo, è meglio di una navigatore satellitare” fece ironica Marina. La sua battuta fece sorridere, ovviamente, solo Luce ed Anemone.

Guruclef si voltò e si allontanò di qualche passo dal tavolo, per permettere alle ragazze di guardare meglio, ma Xato con un gesto stizzito la riavvolse facendola tornare alle sue originarie dimensioni.

“Non potremmo averne una, Clef? Ci tornerebbe utile per il viaggio” chiese Anemone.

“Mi spiace” rispose pronto Xato “ma ne esistono pochissimi esemplari. Le altre le hanno i miei uomini fidati e questa serve a me. Ma non preoccuparti, non vi perderete per i boschi di Sephiro, io sarò sempre al vostro fianco”.

“E’ una promessa o una minaccia?” fece un po’ velenosa Anemone.

Il guerriero non riuscì a nascondere di non aver per nulla gradito la battuta della ragazza.

Luce, resasi conto che la tensione stava salendo, intervenne: “Allora quando partiamo?”

“Subito” disse Guruclef. Poi rivolse un sorriso rassicurante alle ragazze e continuò “Vi affido a Xato. E’ un po’ rude e i suoi modi possono sembrare scostanti, ma è un ottimo guerriero, so che vi aiuterà nei momenti difficili, anche a costo della sua vita.. con lui accanto a voi sono tranquillo!”.

“Mah…” pensò Anemone, ma cercò di sforzarsi “speriamo che sia forte almeno quanto è borioso e tronfio”.

“Seguitemi”. Il comandante si diresse verso la porta.

Le ragazze, con gli occhi lucidi si apprestavano a salutare il saggio. E lui: “Mi raccomando siate prudenti e non dimenticate il potere che è dentro di voi… dovete solo risvegliarlo”. Poi si avvicinò e diede loro le armi che le avevano aiutate nelle precedenti battaglie su Sephiro. Si trattava del guanto magico che portava al di sopra il fatato gioiello con i colori che rappresentavano i cavalieri: il rosso per Luce, il blu per Marina ed il verde per Anemone.

Sul loro petto apparve la leggera armatura; ai piedi gli agili stivali.

Luce, emozionata, estrasse la spada custodita all’interno del gioiello: “Grazie Clef...  non so voi ragazze, ma io mi sento meglio ora”.

 

Discesero nell’ampio spiazzo alle spalle del castello. Là si era riunito Xato con un gruppo di uomini.

Non c’era dubbio che quella che dovevano affrontare era proprio una guerra: armature che rifulgevano ai raggi del sole, spade fedeli riposte nelle guaine, viveri e bevande per le fatiche del viaggio.

Anemone alzò lo sguardo verso il cielo, a godere un attimo del tepore mattutino. Ma una figura rapì la sua attenzione. In una delle tre torri che formavano il castello, sporto leggermente da una finestra, assisteva ai preparativi un individuo sinistro. Il mantello nero lo avvolgeva completamente; un cappuccio tirato su impediva alla ragazza di scorgere le fattezze del suo viso.

Seppur non era più che una macchia nera senza forma che sporcava il bianco del castello, Anemone ebbe la netta impressione che lui, accortosi di essere stato visto, si tirò immediatamente dentro.

La ragazza non ebbe il tempo però di rifletterci su, un latrato la fece sobbalzare: “Cavaliere, quando hai finito di contemplare il cielo, sarebbe il caso di partire”. Fece Xato con un tono finto melenso.

Ormai aveva capito che il comandante non avrebbe smesso di tormentarla, e quell’avventura, anche per questo, non sarebbe stata affatto facile.

Gli animali con cui avrebbero viaggiato, erano una sorta di cavalli col muso più schiacciato e le gambe più esili; in compenso però un paio di splendide ali spuntavano dai loro fianchi.

“Se li fate volare si stancano rapidamente. Perciò procederemo via terra, salvo ovviamente situazioni estreme” disse Xato rivolto alle tre ragazze.

Anemone si avvicinò all’animale che le era stato consegnato: “E così io e te saremo compagni di viaggio” gli sussurrò, facendogli una carezza. Sapeva che avrebbe capito i suoi comandi e che in caso di bisogno le sarebbe stato un fedele compagno. Quest’ultimo, quasi a leggere i suoi pensieri rispose con un verso molto simile ad un nitrito.

 

Si incamminarono come una lenta processione.

Marina, Anemone e Luce avanzavano vicine, in silenzio.

Usciti dal castello attraversarono una verde vallata. Per quanto il prato fosse rigoglioso si capiva che l’armonia che era regnata in passato si era spezzata. Non c’erano animali di strane forme a fare capolino fra l’erba… nessun verso si udiva in lontananza. Solo lo scalpitio degli animali che montavano.

Viaggiarono diverse ore finchè Xato non diede ordine di fermarsi lungo un ruscello per permettere a tutti di rinfrescarsi, cavalli alati compresi.

Anemone moriva dalla voglia di fare alcuna domande all’arrogante comandante. In fondo fin quando si trovava davanti agli altri, si sarebbe trattenuto dal farle proposte indecenti. L’importante era non restare sola con lui. Si fece coraggio, spinta dalla curiosità e speranzosa di non doversene pentire.

“Xato” cercò di porsi nel modo più gentile possibile, ma comunque con voce ferma e sicura “posso farti una domanda?”.

“Certo mia cara!”

“Una volta arrivati a Fenora, cosa faremo nell’ipotesi in cui le truppe nemiche non si facciano vive” chiese così Anemone.

“Per prima cosa ci riforniamo di armi, poi riorganizziamo la difesa della città. Presea ci potrà dire probabilmente come è stata distrutta Basora. Dopodichè, se tutto è tranquillo, ripartiremo alla volta di Kabalà. Questa volta Ferio, con l’assalto a Basora si è inoltrato troppo nel nostro territorio… ma la pagherà.. giuro che prima o poi la pagherà!”

Il cuore di Anemone era sobbalzato al nome del principe.

Come poteva riuscire a considerarlo un nemico da battere! Eppure in qualche modo avrebbe dovuto fare. Se i suoi sentimenti la facevano sussultare quando veniva chiamato in causa, cosa sarebbe successo se se lo fosse trovato di fronte! Solo immaginare quest’eventualità la sconvolgeva… Cosa avrebbe provato? Dolore? Gioia? Tristezza? O forse….quella parola che cercava di cancellare dalla mente?

“Il nostro obiettivo per ora deve essere quello di ristabilire una sorta di parità territoriale, dopodichè vedremo il da farsi, sperando che voi ritroviate i poteri. Ti avverto Anemone questa sarà una battaglia spietata, lo scontro sarà duro e sanguinario…spero che voi siate pronte a ciò”.

“Non preoccupati ce la faremo”.

Si stava meravigliando di come Xato si fosse comportato in maniera ineccepibile, quando dovette subito ricredersi.

“Ah e mi raccomando, se dovessimo incrociare sulla nostra strada il tuo principino, stanne lontana.. per ora solo io posso contrastarlo. Non sarai certo tu a fargli cambiare i suoi progetti… Non vorrei profanasse con la sua spada il tuo bel corpicino… sarebbe un vero peccato!”

Anemone inghiottì il rospo. Xato era indisponente, ma risultava essere colui che avrebbe dovuto guidarle e da cui poter avere notizie indispensabili.

E poi, sapere che il comandante forse aveva ragione nel dire che lei non avrebbe potuto fermarlo, quantomeno a parole, o che Ferio addirittura potesse farle del male, l’aveva piuttosto intristita.

“Grazie” si limitò a dirgli e pensò. “Beh per ora può bastare”.

“E’ stato un piacere. Qualsiasi altra “curiosità” dovesse venirti.. sai che puoi rivolgerti a me” fece con sguardo significativo.

Anemone sospirò, dirigendosi verso le sue amiche.

 

Intanto, alquanto in lontananza, in un accampamento nascosto nella fitta vegetazione, argomenti molto simili erano all’ordine del giorno.

“Allora, quali sono le novità?” disse il giovane.

Era alto, magro ma muscoloso, le spalle ampie; il petto era cinto da una argentea armatura; un mantello blu notte cadeva dalle spalle; dello stesso colore era l’uniforme da battaglia che gli fasciava il corpo.

Il volto portava i segni dei combattimenti; il suo sguardo era fermo e volitivo.

Il suo interlocutore titubò un momento, al che lui lo incalzò: “Allora Rafaga, mi rispondi?”

Rafaga, un tempo a capo delle guardie personali della principessa Emeraude, dopo che Lantis era misteriosamente scomparso, si decise a parlare: “Ferio, Basora è stata distrutta… ne resta solo un mucchietto di polvere”.

Il principe accolse impassibile la notizia.

Rafaga continuò: “Beh c’è qualcos’altro che dovresti sapere. Sono giunte notizie dalla nostra spia. E’ stato tempo di arrivi al castello del vecchio saggio. Tre fanciulle… anzi… tre cavalieri magici”.

Stavolta Ferio non nascose un certo stupore, ma fu un attimo; riassunse immediatamente l’espressione dura di poco prima.

“Allora che intenzioni hai adesso?” fece Rafaga

“I piani non cambiano… ci spostiamo alla volta di Kabalà!” rispose.

“D’accordo avverto gli uomini!”

Ferio restò solo con i suoi pensieri: “E così siete tornate… non sapete neanche cosa vi attende… quante insidie ci sono dietro l’angolo!”.

La sua mente, inevitabilmente, si ritrovò a pensare a lei. A quella ragazza che aveva scavato nella dura corazza che lui aveva creato per difendersi dalla sofferenza. A colei che era riuscita a toccare le corde della sua anima e a cancellare l’ombra della solitudine dal suo cuore, con la sua semplicità e la sua dolcezza. A quella tenera creatura che voleva proteggere ed amare.

Molto tempo era passato dall’ultima volta che i loro sguardi si erano persi l’uno in quello dell’altra. Da quel momento in cui si erano scambiati una promessa d’amore, prima che un bagliore l’avvolgesse e la riportasse sul suo pianeta.

E molte cose erano cambiate da allora.

Scagliò un pugno contro una roccia. Piccole crepe si formarono nel punto che aveva colpito. “Avresti fatto meglio a restare sulla Terra” disse con un filo di voce.

 

- continua -

 

Per Kirby: grazie della recensione… sei sempre molto gentile e carina.

Per quanto riguarda Ferio… non posso dirti nulla, se non che anche io faccio il tifo per il principe… sono troppo bellini lui e Anemone!

Spero che avrai la pazienza (o il coraggio, potrebbe dire qualcuno) di continuare a seguire la fic! Baci

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Uno strano incontro. ***


cinque anni dopo

CAPITOLO VI

Uno strano incontro.

 Finalmente la sera giunsero in una piccola città.

Anch’essa doveva aver vissuto l’incubo della guerra: alcune case erano distrutte, un silenzio raggelante correva per le vie e della popolazione calda di Sephiro nessuna traccia, solo volti incupiti e diffidenti che, sospettosi, si voltavano al loro passaggio.

La maggior parte degli uomini si era accampata fuori dalle mura della città. Le tre ragazze, Xato e qualche suo fedele subalterno si diressero verso la prima locanda, desiderosi di mettere qualcosa sotto i denti e di trovare un letto comodo. Avrebbero riposato poco però: il comandante aveva già avvertito che l’indomani, all’alba, sarebbero ripartiti.

Le ragazze erano completamente a pezzi. Tutte quelle ore di viaggio avevano indolenzito i muscoli delle cosce, per non parlare delle loro povere schiene: una sedia e un piatto caldo sembrava in quel momento quanto di meglio la vita potesse offrirgli.

Entrarono. Il tepore dell’ambiente, misto ai profumi della cucina inebriava i sensi intorpiditi degli astanti.

Anemone, Luce e Marina si accomodarono ad un tavolo; Xato e gli altri si sedettero al bancone.

“Allora fanciulle cosa posso servirvi” fece una donna di mezz’età.

E Marina: “Quello che vuole.. abbiamo così fame che mangeremmo qualsiasi cosa”. Resasi conto che le sue parole potevano essere fraintese, aggiunse “Ogni volta che siamo state su Sephiro, abbiamo sempre assaggiato cibi buonissimi, sono sicura che anche qui è tutto delizioso”.

La donna la guardò con aria stralunata, non le capitava tutti i giorni di servire persone che provenivano da altri pianeti… anzi non le era mai successo! Ma se ne andò senza far domande.

Al bancone però una persona si era voltata. Xato lanciò un’occhiataccia a Marina, chiaramente con l’invito a tenere la bocca chiusa.

Appena il comandante si rigirò, la ragazza gli cacciò la lingua, facendo divertire le compagne.

“Certo che quell’uomo è sempre di una simpatia travolgente!” fece Anemone ironica.

“Si…però ho notato che fra te e lui c’è un certo feeling” ribattè Marina “in fondo è proprio un bel ragazzo… un po’ burbero… ma davvero un fisico tutto muscoli” disse guardandola ammiccante.

“Ma sei impazzita! Non c’è persona che mi faccia saltare i nervi più di quella… è borioso, arrogante e io non lo trovo così attraente come dici tu!” disse con aria un po’ sdegnosa.

“Beh chi disprezza, vuol comprare!” aggiunse Luce.

“Luce, ti ci metti pure tu!”

Marina continuò: “Ah quindi vorresti dire che non è gran bell’uomo…già… scordavo tu non hai occhi che per Ferio!”.

Le parole le morirono in bocca.

Il viso di Anemone impallidì improvvisamente.

Marina dispiaciuta cercò di scusarsi, ma l’amica la rincuorò: “Non ti preoccupare, non hai detto nulla di male! E poi devo abituarmi a pensare che questa volta, se saremo in difficoltà, non potrò sperare nel suo aiuto… anzi è lui il nostro nemico…e quando lo avremo di fronte non dovrò dimenticarlo” disse con amaro sorriso.

Scese il silenzio al tavolo delle ragazze… nel frattempo qualcuno… un po’ più in là… aveva ascoltato con vivo interesse il discorso delle tre.

La loro cena arrivò, e con essa tornò anche il buon umore. Marina per farsi perdonare, cercò di rallegrare Anemone, iniziando a tormentare Luce, rubando dal suo piatto succulenti pezzi di carne, alla sua minima distrazione. Luce per dispetto aveva trangugiato tutto lo sciroppo di frutta di Marina, fra le urla isteriche di quest’ultima.

“Come farei senza di voi, amiche mie…Certo che, però, più che tre cavalieri magici sembriamo tre bambine dell’asilo” pensò sorridendo e guardando avanti a sé vide Xato che alzava il calice verso di lei, a mo’ di simbolico brindisi.

Anemone rispose con un cenno della testa. Meglio far buon viso a cattivo gioco: inimicarsi il comandante avrebbe significato non poter più chiedergli le informazioni che le servivano.

Mentre le ragazze continuavano la loro cena, Xato, e il suo fido Taro che lo seguiva come un cagnolino, uscirono dalla locanda a sgranchirsi le gambe, al che Luce esclamò: “Ragazze, ma secondo voi, potrei chiedergli se sa qualcosa in più su dove possa essere Lantis?”.

Anemone guardò l’amica: negli occhi  aveva una luce molto simile a quella che lei sapeva accendersi nei suoi, quando pensava a Ferio. Una luce che stava diventando fioca, perché non c’era più il suo principe ad alimentarla.

“Sì però cerca di non dare a vedere quanto ci tieni a lui, non voglio che il comandante ferisca i tuoi sentimenti… magari inserisci la domanda in un discorso più vago e generale” le suggerì Anemone.

“Dai, andiamo, ti accompagno” fece Marina tirandola per un braccio.

“Io, intanto vado in bagno ragazze”. Probabilmente se fosse andata anche lei, Xato avrebbe dato maggiore sfoggio del suo sadismo.

 

Dopo un po’ di tempo, non vedendo rientrare le amiche, decise di andare da loro.

Uscì dall’osteria, ma non scorgendo nessuno si diresse verso il retro della costruzione.

Sentiva il ciarlare di Luce e Marina e il ribattere del comandante, però prima di svoltare l’angolo e raggiungere gli altri, qualcosa la bloccò.

I suoi calzoncini si erano impigliati in un chiodo sporgente: se avesse cercato di liberarli con la forza li avrebbe probabilmente strappati: così provò con delicatezza a sfilare la stoffa dal ferro che la avvinceva.

Mentre lei maneggiava lì dietro, Marina e Luce si allontanavano dalla parte opposta: evidentemente avevano concluso la loro chiacchierata con Xato, rimasto solo con Taro.

“Quelle ragazzine fanno un po’ troppe domande per i miei gusti” fece il comandante “mi raccomando tienile sempre sotto controllo, non vorrei andassero in giro a ficcare il naso…devono restare sempre con noi, potrebbero riservarci qualche sorpresina!”

“Non si preoccupi, sarò ben attento!” rispose l’altro uomo.

Anemone si appiattì contro il muro e nel farlo il chiodo le graffiò la gamba. Ma doveva evitare di essere vista da Xato proprio in quel momento, e così, al diavolo il pantaloncino, con un colpo secco si liberò del piccolo gancio metallico e si diresse a ritroso verso l’ingresso della locanda.

Marina e Luce, intente a parlare non si avvidero neanche che Anemone era appena rientrata, proprio da dove erano venute loro un attimo prima e quando l’amica si sedette al tavolo, Luce le disse con voce bassa : “Purtroppo Xato non sa nulla  di Lantis, o forse non mi ha voluto dire niente per non turbarmi”.

“Come no…” pensò Anemone.

“Invece ci ha detto che Presea sta bene… era stata ferita in battaglia, ma si è già ripresa. Sai ha parlato molto di noi a Xato”.

“Mi fa molto piacere”. Ma Anemone, per quanto tenesse alla loro vecchia amica, non riusciva a non ripensare alle parole del comandante, al modo in cui le aveva pronunciate: “Non voleva che loro “ficcassero il naso”, ma dove? cosa voleva nascondere?

La sua confusione aumentava.

Da un lato c’era da tener conto che Xato non si era mai dimostrato interessato a quello che loro potessero pensare, ed era sempre pronto a sputare veleno sulle persone che avevano conosciuto e amato su Sephiro; quell’uomo non le aveva sin dall’inizio ispirato una gran fiducia e quanto aveva sentito poco prima non poteva che avvalorare i suoi dubbi.

Dall’altro però, Guruclef non le avrebbe mai messo in mano al comandante, se non avesse avuto piena stima di lui

Ciò che poi le ronzava nella testa era che quei suoi sospetti non fossero alimentati da seri indizi di verità nascoste, che Xato non aveva loro rivelato, quanto piuttosto dal desiderio di trovare un appiglio a cui afferrarsi per sperare che ci fosse una qualche spiegazione di quello che stava succedendo sul pianeta…  di ciò che aveva fatto Ferio.

Anemone era immersa nei suoi pensieri, mentre Luce e Marina si diressero verso il bagno. Aveva deciso di non dire niente… era inutile dare loro altri pensieri e poi avrebbe fatto la solita figura di quella che si preoccupa per niente.

Xato non era rientrato, così Anemone si avvicinò al bancone. “Mi scusi mi può dare un po’ d’acqua”

“Certo” fece l’oste versandole da bere.

“Ho notato che molti edifici sono stati distrutti… io non sono di queste parti… mi chiedevo com’è successo” fece timidamente.

L’uomo la guardò. Lei era la tipica ragazza che ispirava fiducia alla gente e che con la sua gentilezza sapeva anche conquistare i cuori più duri. Lo sapeva bene un certo principe.

“E’ la guerra, signorina. Chi ne paga le conseguenze è la gente indifesa, che vorrebbe solo vivere tranquillamente” le rispose l’oste. Sembrava molto nervoso, quasi spaventato.

“Mi dispiace… Ma dovete aver fiducia, c’è anche chi lotta perché su Sephiro possa tornare la pace!” ribatté Anemone.

“Ah davvero… beh non mi sembra che nessuno abbia fatto molto per noi”

“Ma Guruclef è… “

Ma l’uomo la interruppe: “Guruclef? Il vecchio saggio se ne sta rinchiuso nel suo castello e che cosa fa per noi?”

La donna che le aveva servite e che era lì vicino, sembrava condividere quelle idee.

“Di cosa state parlando così animatamente?” La voce potente di Xato fece sobbalzare sia Anemone che l’oste.

“Niente.. mi stavo complimentando con la loro cucina… ho mangiato deliziosamente” mentì la ragazza. L’uomo al bancone, dal canto suo sembrò sollevato da quella risposta, visto che, mentre Xato era distratto, rivolse un cenno di ringraziamento ad Anemone.

Intanto ancora una volta degli occhi e delle orecchie indiscrete non si erano persi nulla di quella discussione.

 

Marina era già sotto le coperte che ronfava profondamente. Luce anche si era cambiata e si stava infilando a letto. Solo Anemone era ancora vestita a pensare agli ultimi avvenimenti.

“Dai spogliati e mettiti a dormire, non faremo molte ore di sonno e domani ci attende un’altra giornata faticosa” disse Luce mentre poggiava la testa sul cuscino.

Nonostante la stanchezza, Anemone voleva cercare di dare un senso alle cose, ma era convinta che le mancassero troppi pezzi del mosaico.

“Luce, ma tu non trovi che Xato sia un po’ strano?”

“In che senso…uaaaa” chiese la ragazza sbadigliando.

“Non so… non mi convince. Fa un po’ troppo il misterioso…. Poi non ci ha mai chiesto nulla di noi…Insomma lui non ci conosceva, ma non ci ha mai fatto nessuna domanda… neanche sulle nostre precedenti permanenze su Sephiro! ”

Non udendo risposta si voltò verso Luce: era già sprofondata in un sonno pesante.

Sorrise e si lasciò andare sul cuscino, con gli occhi rivolti al soffitto. “Mah… la popolazione sembra allo sbaraglio… Non hanno più fiducia in Guruclef.. e anche Xato non sembra attirarsi molte simpatie…. beh questo però è normale… con i suoi modi. Ma che sta succedendo su questo pianeta?”

Già… Sephiro sembrava destinato a non trovare pace da quando Zagato aveva sconvolto gli equilibri del sistema. Chi lo sa se aveva mai pensato che la sua decisione di liberare Emeraude dal suo destino avrebbe comportato tutte quelle conseguenze per il pianeta. Mah forse era troppo innamorato per porsi il problema.

Troppo innamorato. Al punto da mettersi contro tutto e tutti e forse con la consapevolezza che quella scelta l’avrebbe portato a morte certa.

Pensare queste cose avrebbero potuto anche scatenare in lei qualche invidia… ma non era così. Sapeva che anche Ferio più di una volta aveva messo a repentaglio la sua vita per lei.

Così nel deserto, quando aveva rischiato di finire nelle fauci del mostro di Ascot. E ancor più quando aveva assaltato l’astronave della principessa Aska per riportarla su Sephiro.

E a quei ricordi restava aggrappata… nessuno glieli avrebbe portati via… non Xato… non Guruclef.. e nemmeno colui che era stato il protagonista di quei momenti.

Quello era il vero Ferio… l’unico e il solo Ferio… che lei aveva amato e che nessuno poteva portarle via.

 

“ANEMONE”

“Chi sei?”

“Non ha importanza!”

“Sto sognando?”

“Lo sai che su Sephiro i sogni e la realtà possono essere molto vicini… quello che desideri nel tuo cuore può anche realizzarsi se ci credi!”

"Io credo di conoscerti... sei Windam vero?"

“Te l’ho detto…non ha importanza…”

“Cosa devo fare…come posso aiutare Sephiro?”

“Nello stesso modo in cui puoi aiutare te stessa”

“E cioè?”

“Ascoltando il tuo cuore… è lì la tua forza… non dimenticarlo mai cavaliere magico dell’aria”

“Ma io non posso…non posso dare ascolto al mio cuore… lui non vuole capire… e io non posso lasciarlo fare…”

“E invece solo dandogli ascolto… vedrai la verità”

“E se invece lui dovesse ingannarmi?”

“Non avere paura… lascia che sia lui a guidarti… lascia che sia lui a trovare la strada.”

“Ma io…”

 

Anemone aprì gli occhi. Doveva essersi addormentata. Era ancora vestita e sdraiata sul letto non disfatto.

Si alzò, non sapeva bene per quanto aveva tenuto gli occhi chiusi. Ma sicuramente doveva al più presto mettere il pigiama e infilarsi a letto se non voleva rischiare il giorno dopo di essere ancora più a pezzi di quello che non era già.

Mentre però cominciava a sfilare la maglietta, attraverso le sottili pareti, udì dei rumori provenire dalla camera accanto, che, per quanto ricordasse, era quella di Xato.

Sembrava che qualcuno la stesse rovistando da cima a fondo; si sentivano i cassetti e gli armadi che venivano aperti, setacciati e poi richiusi.

Doveva dare un’occhiata.

Uscita nel buio corridoio, si avvicinò alla porta della camera.

Era socchiusa. Con la mano molto delicatamente la sospinse in avanti, per capire cosa stesse succedendo all’interno.

La stanza era illuminata fiocamente e Anemone riuscì solo a scorgere un’ombra che spulciava l’interno di un forziere, intenta evidentemente a trovare qualcosa.

Non era di certo Xato, si trattava di una persona molto più bassa ed esile.

Anemone si fece avanti, ma in quel preciso momento la porta scricchiolò, facendo sobbalzare sia la stessa ragazza, che la figura che aveva di fronte.

Questi con un balzo fu davanti alla soglia e Anemone potè vederlo: “Ma che ci fai tu qui? Chi sei?”

Aveva davanti un bambinetto che doveva avere all’incirca dieci o dodici anni, capelli e occhi nerissimi. La sua maglietta aveva uno strappo su di un braccio e i calzoni corti lasciavano scoperte le ginocchia, che recavano due profonde sbucciature.

Il ragazzino estrasse una spada dal fodero che portava a tracolla e la puntò al collo di Anemone: “Zitta, se fiati sei morta!”

La ragazza, nonostante fosse a pochi centimetri dalla lama, non si sentiva affatto impaurita: “Non voglio farti del male…non preoccuparti. Ma se il comandante Xato ti trova qui, allora si che potresti essere nei guai”

Ma non fece in tempo a pronunciare queste parole, che alle sue spalle, come se lo facesse apposta ad arrivare nel momento meno opportuno, tuonò la voce del guerriero: “Dannato moccioso che ci fai nella mia stanza?”

Il ragazzino preso alla sprovvista aveva indietreggiato. Xato invece scostando bruscamente Anemone era entrato nella camera e aveva sguainato la propria spada.

“Xato… ma sei impazzito… è un bambino” gridò la ragazza, ma non era servito a nulla, il guerriero si era già scagliato contro di lui.

Il ragazzino ebbe però il riflesso di afferrare una coperta poggiata ai piedi del letto: gliela gettò addosso e con una capriola superò l’uomo e uscì di colpa dalla stanza.

Xato strappò via la coperta dal volto e si gettò imprecando all’inseguimento del bambino.

Anemone non aveva avuto il tempo di rendersi ben conto di quello che stava succedendo, che li vide sfrecciare come due saette fuori dalla camera.

Non ci pensò due volte e cominciò a corrergli dietro: Xato sembrava parecchio arrabbiato e visto il modo con cui aveva attaccato il ragazzino, Anemone temeva potesse fargli del male.

Si lanciarono giù per le scale e uscirono dalla locanda: la notte era fredda e buia, tutto taceva intorno e le invettive di Xato risuonavano nell’aria.

“Xato fermati… che vuoi fargli” gridò Anemone, ma l’uomo non si voltò nemmeno a guardarla, continuando ad inseguire il bambino.

Corsero per alcuni minuti e Anemone ormai stava perdendo i due dal suo campo visivo.

Si erano lasciati le case alle spalle e si stavano così inoltrando nella fitta vegetazione che circondava il paesino.

Si ritrovò accerchiata dagli alberi: l’aria umida penetrava fra i tessuti leggeri dei suoi vestiti; intorno era tutto nero, non una luce, e neanche una stella a illuminare quella notte.

Doveva trovarli; non poteva lasciare il ragazzino fra le grinfie di un quel comandante infuriato.

 

                                                                                                                                                                                                                  - continua -

 

Mmh... cara Kirby mi dispice ma non ti lascerò scoprire tutto tanto facilmente... dovrai continuare a seguire la mia ficcy! Un bacio

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La strada del cuore ***


CAPITOLO VII

LA STRADA DEL CUORE.

 

Senti il cozzare delle spade e corse nella direzione dello scontro.
Xato, infatti, poco più in là, scagliava colpi poderosi nei confronti del ragazzino, ma complice anche il poco spazio a disposizione e gli alberi a fare da scudo, il piccolo combattente sembrava cavarsela bene.
“Ora ti faccio a fettine, maledetto, fermati e accetta di perire per mano della mia spada” gridava Xato.

“Non ci penso neanche, sono troppo giovane per tirare le cuoia”.
Ma una radice sporgente tirò al ragazzino un bruno scherzo: il suo piede andò ad incastrarsi sotto e lui ruzzolò a terra, lasciandosi sfuggire di mano la spada, che volò lontano fra i rovi.
Xato, approfittando del momento propizio, gli fu subito vicino, alzò la sua lama in cielo, caricando il colpo. Il bambino, rimasto senza difesa, istintivamente afferrò un tronco portandoselo al petto, pur sapendo che nulla avrebbe potuto contro il duro ferro.
Chiuse gli occhi.
Sentì soltanto il sibilo dell’arma del comandante che fendeva l’aria per poi andare ad infrangersi contro qualcosa di altrettanto resistente.... e non certo quell’esile legno che aveva in mano.
Una spada scintillante aveva bloccato il colpo di Xato, appena in tempo. Sollevò le palpebre e vide davanti a sé la fanciulla che poco prima aveva minacciato.
Anemone, cogliendo di sorpresa Xato, ancora sbigottito per l’inaspettato intervento, con un colpo di spada riuscì a fare indietreggiare di qualche passo il guerriero. Cosa che permise al ragazzino di rialzarsi e di riappropriarsi della sua arma.
“Xato ma non vedi che è solo un bambino” fece Anemone, cercando di far ragionare il comandante.
“Ehi, io non sono un bambino” protestò il piccolo combattente.
“Non ti immischiare, queste non sono cose che ti riguardano.. vattene” disse bieco l’uomo nei riguardi della ragazza.
“Non me ne vado finché non lo lasci in pace e non mi prometti di non fargli del male” rispose decisa.
Ma quelle parole non avevano sortito alcun effetto sul comandante che già si rifaceva sotto minaccioso. “Scappa... va via” fece al ragazzino senza voltarsi, per non perdere di vista Xato.
Ma si sentì tirare per la mano: “Andiamo” gridò il piccolo.
Anemone istintivamente cominciò a corrergli dietro: “Ehi, ma dove mi stai portando?”
“Beh tu hai salvato me e ora io salvo te da quello scimmione, o vuoi restare a fargli compagnia?”

Quelle parole risvegliarono spiacevoli ricordi nella mente della ragazza: sola in un bosco, di notte, con Xato. Non ci teneva proprio a fare quell’esperienza. Il ragazzino aveva ragione... meglio darsela a gambe. Ma certo era che il comandante non aveva intenzione di lasciarli andare via così facilmente. Era dietro di loro con la spada sguainata a falciare i rami che gli rallentavano la corsa,  gridando, quasi divertito: “Dove andate.. la foresta è piena di pericoli.... di mostri ributtanti... forza, lasciatevi prendere. Cavaliere fermati faccio fuori solo il nanerottolo, per te ho ben altri progetti”.
Anemone cominciò a correre più veloce tirandosi lei dietro il piccolo compagno di fuga.
Ma improvvisamente sentì il suolo mancarle sotto.
Cominciò a scivolare sul terreno che degradava per diversi metri, fino a che non si ritrovò distesa a terra e senza sapere bene come, col ragazzino che le aveva fatto involontariamente da cuscino.

Yaris cacciò fiori la testa dal fango: “Sei… sei  comoda….io non tanto..” disse sputando terriccio “….non si direbbe, ma non sei così leggerà”.
Anemone si scostò subito e aiutò il ragazzino a rialzarsi.

“Ti sei fatto male... perdonami ... non so come...” disse mortificata.
“Senti Xato non ci metterà molto a raggiungerci, troverà una via più comoda per acciuffarci, quindi, bando alle scuse, andiamo!” fece, riprendendo la corsa.
In effetti il comandante, resosi conto del dirupo, si era arrestato giusto in tempo ed era alla ricerca di un meno impervio passaggio.
Anemone e il ragazzino con passo svelto ricominciarono invece a districarsi per il labirinto di rami e foglie.
“E così vieni da un altro pianeta?” disse dopo un pò, spezzando il silenzio, Yaris.
Anemone si fermò, era esausta e con le mani sulle ginocchia tirava grandi boccate d’aria, per riprender fiato: “E tu... come lo sai?”
Anche il ragazzino ansimava notevolmente: “L’ho sentito alla locanda!”

 Si rimise dritta, con la mano su un fianco: “Ehi lo sai.. che non sta bene origliare i discorsi altrui!”
“Io non origliavo era la tua amica che gridava”.
Beh in effetti come dargli torto, la voca di Marina aveva un raggio d’azione non indifferente.
“Da quale pianeta provieni?” le chiese.
Dopo un attimo di titubanza, replicò: “lo... io vengo dalla Terra”.
A quella risposta il ragazzino si impensierì: “Dalla Terra hai detto... mnih... ma non è il posto da cui provenivano i cavalieri magici?”
Il ragazzo restò con le labbra semiaperte, di fronte a quella possibilità che andava profilandosi nella sua mente.
“E ...  a detta di tutti avevano le sembianze di tre fanciulle... ma...”
Ora la bocca era completamente spalancata: “Non dirmi... che sei... no... non è possibil..”
“Si, sono uno dei Cavalieri magici!”
Il piccolo cacciò un mezzo urlò, che soffocò con le sue stesse mani, a meno che non volesse offrirsi a Xato su di un piatto d’argento.
“Wou... sono al cospetto di un cavaliere leggendario!” disse sottovoce e ancora incredulo per quella scoperta.

 Anemone sorrise di fronte allo stupore del ragazzino, ma era inquieta: “Credi che Xato ci stia ancora cercando... dovremmo cercare di tornare in città”. Ma la sua domanda restò senza risposta.
“E che centri tu col principe Ferio?” le chiese a bruciapelo.
Anemone arrossì visibilimente:”E tu... tu che ne sai?” balbettò.

“Te l’ho detto… vi ho sentite…” le ribadì

“Ecco, non è proprio che sto cercando Fer… ehm il principe Ferio… vedi lui..” farfugliò, con le gote che intanto prendevano fuoco.

“Senti a me non interessa perché lo cerchi e che vuoi da lui… so solo che io ho bisogno di trovarlo… quindi se vuoi” il ragazzino arrossì un po’ a sua volta “potremmo cercarlo assieme!”

Anemone, istintivamente, gli chiese: “Tu perché devi trovare il principe?”

Il ragazzino incrociò le braccia: “Beh io non chiedo a te e tu non fai domande a me, è questo l’accordo se vuoi”

Anemone sorrise: le pareva così buffo, piccolo nell’aspetto, ma con quel piglio a voler fare l’adulto.

“Allora che ne dici?”

 

Marina e Luce erano state svegliate dal trambusto che avevano sentito provenire dal corridoio.

E avevano subito riconosciuto la voce di Anemone, prima ancora di accorgersi che non era nel suo letto.

In fretta si erano vestite per capire cosa stesse accadendo, ma uscite nel corridoio non avevano visto nessuno: non potevano sapere che le fonti del baccano si erano già precipitate fuori dalla locanda.

Erano scese e avevano chiesto  spiegazioni all’oste, ancora intento a rassettare il locale.

“Beh io visto soltanto un ragazzino che scappava, inseguito dal comandante e dalla vostra amica…”

 

Non sapevano darsi una spiegazione.

“Cosa credi sia accaduto” le fece Marina.

“Non è ho la più pallida idea, mi sa però che è meglio se ci diamo una mossa.”
E così dicendo si avviarono fuori alla ricerca della loro amica.

In lontananza avevano sentito delle voci e così erano uscite anche loro dalla città per inoltrarsi nella foresta.

“Mamma mia, questo bosco è spaventoso!” disse Marina scossa da un brivido.

Luce cercò di tranquillizzarla, anche se non trovò il migliore dei modi: “Dai è solo che non essendoci stelle sembra tutto buio e inquietante!”.

Ma dei rumori provenienti da un cespuglio lì vicino le fece sobbalzare entrambe.

“Calma fanciulle” quella voce sardonica era ben conosciuta.

Le ragazze dopo un attimo di smarrimento riconobbero infatti il comandante.

“Xato.. dov’è Anemone?” disse preoccupata Luce.

Spiegò così di quella visita notturna del marmocchio nella sua camera, del fatto che lui stesse minacciando Anemone con la spada, dell’inseguimento nella foresta.

Poi aggiunse: “Ho paura che la vostra amica abbia creduto che veramente volessi fare fuori il moccioso. Avevo solo intenzione di dargli una bella lezione, per scoraggiarlo a riprovarci un’altra volta, non vorrei che fosse lui a farle del male…”

“Dobbiamo trovarla, Marina corri” e senza pensarci due volte Luce cominciò a tirarsi dietro l’amica, senza neanche badare se Xato stesse ancora parlando.

 

Anemone sentì il suo cuore accelerare di fronte all’invito del ragazzino ad unirsi a lui.

“Io comunque mi chiamo Yaris… e non c’è bisogno che tu ti presenti…”

“Hai sentito alla locanda il mio nome…” aggiunse la ragazza

“Giusto” le confermò Yaris.

Anemone restò qualche secondo in silenzio: “Io in realtà sono diretta con le mie amiche e con il comandante Xato a Fenora. Dovremmo riorganizzare la difesa della città in caso di attacchi nemici!”

“Quindi Xato fa parte degli amici?” chiese con un sorrisino sulle labbra.

“Beh può sembrare strano… ma si dovrebbe essere così” disse incerta.

“Beh auguri allora!” le rispose, volgendole le spalle e facendo per andarsene.

“Aspetta Yaris”

Il ragazzinò si voltò.

“Ma è vero quello che si dice… sul principe Ferio?” disse, portandosi le mani al cuore.

“Perché tu che hai sentito?”

Anemone deglutì: “Ecco… che è diventato un guerriero spietato, in cerca solo di potere?”

Il ragazzino incrociò le mani al petto: “Beh io non ne so molto di quello che sta succedendo su Sephiro, posso dirti solo che il mio villaggio è stato distrutto e che devo trovare il principe!” disse con voce sicura.

In quel momento sentirono un crepitio provenire da una siepe alle loro spalle e il loro istinto gli suggerì di sguainare le spade.

Ma la sorpresa fu grande per i due quando si videro comparire davanti due fanciulle… non due fanciulle qualsiasi… ma due cavalieri magici.

“Oh amiche mie!” fece Anemone abbracciandole.

“Anemone ci hai fatto prendere un colpo, ma dove eri finita” disse preoccupata Luce.

Ma Marina alla vista di Yaris si staccò da loro e avvicinatasi a lui, gli gridò: “Allora sei tu il mascalzone che vuole fare del male alla nostra amica!”

“Ehi bada a come parli!” fu la risposta offesa del ragazzino “io non ho intenzione di farle…”
Ma era stato già raggiunto da uno scappellotto della ragazza: “I bambini come te dovrebbero stare nel letto a dormire e a sognare la mamma!”

Il ragazzo digrignò i denti e stinse i pugni, ma Anemone intervenne prontamente: “Marina no… non mi ha fatto del male… ti assicuro!”

Yaris guardò il cavaliere dell’acqua con sguardo beffardo, chiaramente soddisfatto dell’intervento della ragazza.

“ Xato invece ci ha detto che lui ti aveva minacciato” aggiunse Luce, spiegando loro la versione dei fatti che era stata data dal comandante.

“Farabutto…ha avuto anche il coraggio di dire che non voleva torcermi il collo…” esclamò Yaris “… io comunque me ne vado non ho intenzione di appurare che vi ha detto una bugia! Addio!”.

E stava quasi per sparire nella foresta quando una voce lo raggiunse: “No aspetta ti prego!”.

Anemone aveva pronunciato quelle parole senza neanche pensarci, direttamente… con il cuore.

Era lui ormai ad aver preso il controllo della situazione. Probabilmente era come diceva quella voce nel sogno… non si può sfuggire a ciò che si desidera sinceramente.

“Ragazze devo dirvi una cosa!” fece con voce tenue.

Luce capì subito che non era semplice per Anemone proferire le parole che aveva a fior di labbra, così si avvicinò e le mise una mano sulle spalle; con delicatezza le disse: “Avanti, sai che fra noi, possiamo dirci tutto”

Lo sguardo caldo delle amiche la incoraggiò: “Ragazze io sento che devo fare una scelta… è il mio cuore che me lo sta imponendo… e so che se non lo faccio me ne pentirò!” disse con una lacrima che le scendeva dal viso.

Anche Marina le si fece più vicina per farle sentire il suo sostegno.

Prese fiato e disse: “…Io devo sapere la verità… devo trovare Ferio… e non importa se poi saprò che tutto quello che ci hanno detto Clef è Xato è vero… non importa se per lui non conto più niente… ma restare qui… a domandarmelo ogni secondo mi sta facendo impazzire. Preferisco rassegnarmi alla realtà che illudermi con l’incertezza!” disse.

Marina e Luce restarono in silenzio sapendo che questa era solo la premessa di quello che stava per comunicare loro.

“Io devo andare con Yaris, sento che è la mia strada”.

Cominciò a piangere più forte: “Ma non posso né chiedervi di venire con me perché so che voi dovete svolgere il compito a cui io egoisticamente mi sto sottraendo… né voglio lasciarvi sole… perché se dovesse succedervi qualcosa io ne morirei… ma è più forte di me… sento che questo bambino non per caso è incappato nel mio cammino...”

Marina commossa l’abbracciò.

Luce invece, con gli occhi lucidi, le sorrise e le disse: “Devi andare amica mia… se è quello che senti… devi andare…”

Anemone la guardò con profondo affetto. Anche per Luce era un dolore dividersi, ma, come le sue amiche, sapeva bene che non si poteva sfuggire alle regole di Sephiro. Su quel pianeta erano il cuore e il desiderio a comandare.

“E non stare in pensiero per noi, prenditi cura di te” aggiunse.

Marina si staccò: “La mia opinione non conta a niente vero… non serve che io mi opponga?”

“Già… a quanto pare  vale meno di zero” aggiunse Yaris.

Marina gli fu vicino come una furia e gli diede un altro scappellotto: “Ehi tu fai poco lo spiritoso e sappi che se succede qualcosa ad Anemone ti riterrò responsabile e ti verrò a cercare!”

“Ahia” urlò il ragazzino “sei proprio una strega!”

“Strega a me… se ti prendo!”

E mentre Marina rincorreva su  e giù per il bosco Yaris, Anemone faceva le ultime raccomandazioni a Luce: “Non dovete fidarvi di nessuno, solo di voi stesse. Soprattutto guardatevi da Xato, io prima…”
Ma Luce la interruppe: “Non ti preoccupare terrò gli occhi aperti, ma tu non stare in pena. Xato è pur sempre un uomo di Guruclef, e anche se è strano o nasconde qualcosa non ci farebbe mai del male. Li conosci poi i poteri di Clef no… sicuramente avrebbe letto le sue intenzioni malvagie se ce ne fossero state!”

In effetti il discorso di Luce non faceva una piega.

“Piuttosto Anemone stai tu in guardia. Io conosco i tuoi sentimenti per Ferio, per questo… non lasciare che ti offuschino la mente… mi raccomando”

Ma la ragazza già sapeva che se mai fosse riuscita a trovarlo, la sua vita potrebbe anche essere stata in pericolo. E questo pensiero la addolorava profondamente.

“Vogliamo andare o aspettiamo che anche il comandante ci venga ad augurare buon viaggio!” disse il ragazzino con Marina che intanto cercava di strozzarlo.

“Non ti preoccupare… lo depisteremo noi!” e rivolgendosi ad Anemone “ Ciao amica mia… ci rivediamo presto!”

“Stanne certa” le rispose, prima che da dietro Marina la circondasse con le braccia.

“Vedi di stare attenta, non farci stare in pensiero!” disse con la voce che tremava un po’

“Vi voglio bene… saremo lontane solo col corpo!” aggiunse Anemone guardando Luce e carezzando la mano di Marina.

“La finiamo con queste smancerie e andiamo o no?” le interruppe Yaris.

Così Anemone si inoltrò nel bosco, col suo nuovo compagno di viaggio, allo stesso tempo triste e  in colpa per essersi separata dalle amiche, agitata per la nuova avventura che stava per avere inizio, e  spaventata  perché il giorno della verità era più vicino.

“Ma tu hai idea di come fare a trovarlo… io non so neanche orientarmi per questi boschi?” chiese la ragazza.

Yaris sghignazzò: “Credi che mi fossi avventurato nella stanza di Xato, così per caso?” fece ed estrasse una boccettina dalla tasca. Era la cartina magica che aveva visto al castello di Clef.

 

 

- CONTINUA -

  

 

Cara Kirby, spero che non ti dispiaccia troppo che le abbia fatte separare… ma non ti preoccupare… butterò sempre l’occhio su quello che combinano Luce e Marina. Un bacio!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Alla ricerca del principe ***


CAPITOLO VIII

ALLA RICERCA DEL PRINCIPE

 

Una goccia di rugiada fresca lottava contro i primi raggi mattutini, che seppur timidi già scaldavano il sottobosco di Sephiro e tutte le creature magiche che lo popolavano. D’improvviso la fogliolina su cui la trasparente perla si era formata nella notte, si chinò sul suo stelo lasciando che la stessa si irradiasse lungo le sue nervature, per ricadere come sottile pioggia su un piccolo insetto che li sotto aveva trovato riparo.

Poco più in là un altro fascio luminoso colpiva un intreccio di edera che risaliva sul dorso di una piccola collina, ma non ne restava avvinto, riuscendo a penetrare oltre, nel piccolo anfratto che si nascondeva sotto il verde manto.

Lì due persone avevano trovato riparo, e non solo per proteggersi dalle fredde temperature della notte, ma anche per evitare che un furente comandante potesse comparire d’improvviso nei loro sogni.

Anemone aprì gli occhi per richiuderli immediatamente: erano ancora troppo abituati alle tenebre e all’oscurità di quel piccolo riparo che lei e il suo nuovo compagno d’avventure avevano trovato.

Provò di nuovo a tirare su le palpebre: vide così il piccolo Yaris che dormiva ancora profondamente, con la maglietta che gli era venuta su lasciandogli buona parte della pancia in bella vista e nella mano stretta la cinghia con cui si legava sulla schiena la spada, come per tenersi pronto a brandire la sua arma per fronteggiare qualsiasi indesiderato ospite notturno potesse presentarsi.

Lentamente si alzò e districandosi dal reticolo di foglie che evidentemente aveva fatto buona guardia, uscì dall’antro.

L’aria fresca e profumata arrivò fino ai suoi polmoni, per conferirle nuovo vigore ed energia; il cielo era di un azzurro intenso, più carico e deciso di quel timido celeste dei firmamenti estivi della Terra; e già si udivano gli esseri viventi del pianeta che iniziavano la propria giornata.

“Buongiorno” fece una voce ancora impastata dal sonno dietro di lei.

Si voltò. Il piccolo Yaris sembrava un folletto uscito dalle favole dei fratelli Grimm, con la sua folta chioma arruffata e i vestiti stropicciati, mentre con le mani si sfregava gli occhi che non volevano saperne di aprirsi.

“Buongiorno a te” fece sorridente la ragazza.

Si sentiva decisamente più serena… molto più di poche ore prima, quando fra le lacrime e i sensi di colpa si era addormentata sulla fredda roccia che quel riparo aveva offerto loro.

Raccolsero dagli alberi carichi di frutta, la loro prima colazione.

Mentre Anemone, a piccoli morsi, terminava il dolce pasto, Yaris controllava la mappa che aveva sottratto a Xato nella sua incursione alla locanda.

“Hai idea di dove dobbiamo cominciare le ricerche?” chiese cauta la ragazza.

Yaris ruotò un paio di volte la cartina: “Beh… effettivamente… facendo un rapido calcolo delle possibilità… mmh… sì dovrebbe essere così…”.

“Allora?” chiese ansiosa.

“Ecco… in verità non  ho la minima idea da dove cominciare!” fece nascondendo il volto dietro la pergamena.

Quando la abbassò, credendo di incrociare un viso arrabbiato, si ritrovò di fronte a due grandi occhi verdi sorridenti: “Beh allora dovremo farci guidare dall’istinto e sperare di trovare la via giusta!” fece incrociando le dita, pur sapendo che quel gesto forse non voleva dir nulla per il ragazzino.

“Dunque…” cominciò, afferrando delicatamente la cartina che Yaris aveva in mano e portandola al centro in modo che entrambi potessero leggerla “per quel che ne so l’ultimo posto in cui Ferio è stato avvistato  è Basora. Xato ha detto di voler andare a Fenora per rafforzarne le difese in caso di assalti alla città, il che vuol dire che immaginava che lui fosse ancora nei paraggi. Quindi dovremmo avvicinarci a questa zona e nella prima città chiedere un po’ in giro sue notizie. Che ne dici?” gli chiese, alzando gli occhi dalla cartina.

“Mi sembra chiaro ormai che cerchi il principe per chiarire questioni sentimentali!”

Le gote della ragazza presero fuoco. Quel ragazzino riusciva sempre a spiazzarla e imbarazzarla con le sue domande a bruciapelo, a metà fra l’innocente e il malizioso.

“Mi avevi preso per scemo… tutte quelle lagne con le tue amiche… sul doverlo incontrare…capire la verità… quanto conti ancora per lui…non è che ci voleva un indovino… e poi parli del principe chiamandolo per nome… mi pare ovvio che eravate abbastanza in confidenza…”

Anemone si strinse nelle spalle.

“E poi…”

“E poi?” chiese, quasi allarmata per quello che Yaris avrebbe aggiunto.

“E poi quando si parla del principe ti si accende un luccichio negli occhi..” disse con aria quasi disgustata.

“Quindi si vede così tanto?” fece rassegnata alla risposta che sapeva le avrebbe dato il piccolo combattente.

Tutti i tentativi che aveva fatto per cercare di soffocare i suoi sentimenti erano chiaramente stati ancor più vani di quanto potesse immaginare.

“Beh diciamo che se ti mettessi ad urlare Ferio ti amo per tutto il bosco, sarebbe più o meno la stessa cosa… almeno può darsi così spunta fuori e noi non dobbiamo far troppa fatica a cercarlo!”

 

Si misero in marcia.
Basora, ormai distrutta, Fenora che presto le sue amiche avrebbero raggiunto, e Kabalà verso cui Xato aveva detto di volersi dirigere una volta sistemate le cose a Fenora, formavano i vertici di un triangolo, quasi equilatero.

Certo era, però, che calcolare le distanze in termini di giorni di marcia, non sarebbe stato facile.

Per di più loro avrebbero dovuto tenersi a distanza dalle città in questione, per evitare di imbattersi di nuovo nel comandante.

Seguendo le indicazioni della cartina, Anemone e Yaris imboccarono un sentiero che tagliava per la foresta, risalendo il corso di un fiume.

“Yaris senti… ma i tuoi genitori non saranno in pensiero” disse, ponendogli una mano sulla spalla.

Il ragazzino si fermò di scatto assumendo un’aria contrariata, mantenendo lo sguardo basso: “Mi è sembrato di essere stato chiaro… cerchiamo tutt’e due il principe, ma senza far domande..”

Vedendo il viso contratto di Yaris,  Anemone capì che avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa: “D’accordo… scusami, non volevo impicciarmi”.

 

Il cammino proseguì in silenzio, solo il cicaleccio degli insetti di Sephiro accompagnava il viaggio dei due; Yaris avanti, Anemone poco più dietro.

Quest’ultima cercava di cogliere un qualche particolare che potesse evocare ricordi passati, di quelle lunghe traversate per il regno al fine di trovare e risvegliare i geni managuerrieri. Ma per quanto si sforzasse, nessun albero, cespuglio o ruscello gli sembrava diverso da quelli che aveva appena superato.

Raggiunta la cima di una collina scorsero quello che doveva essere un piccolo borgo, sicuramente abitato, perché dai comignoli si scorgeva chiaramente fumo proveniente dai forni e dai camini.

“Yaris che città è, secondo te?”

Il bambino osservò meglio la cartina: “Non è segnata vedi” fece permettendole di guardare “forse è troppo piccola, però più o meno in quella direzione dovrebbe sorgere Fenora, a circa un giorno di marcia” indicando col dito a mezz’aria, alla destra di Anemone.

Ridiscesero la vallata.

Avrebbero iniziato le proprie ricerche da lì, sperando che qualcuno potesse fornire indizi utili.

 

Distanti a  poco meno di un giorno di cammino, altri viaggiatori si apprestavano a far ingresso nella roccaforte di Fenora.

“Luce… Anemone starà bene vero, non abbiamo sbagliato a lasciarla andar via da sola… o meglio come se fosse sola… capirai a quanto vale quel marmocchio!”

Luce, accigliandosi guardò l’amica minacciosa: “Non le devi pensare queste cose… Anemone è un cavaliere magico e una ragazza molto giudiziosa… sono sicura che sta bene e non le accadrà nulla di male!”

“Speriamo” ribattè un po’ rincuorata Marina. “Ma hai visto Xato com’è nervoso… sembra non abbia digerito molto il fatto che Anemone non sia più qui con noi… e meno male che noi gli abbiamo detto di non essere riuscite a trovarla, altrimenti sai che storie ci faceva…”

“Già… hai proprio ragione” aggiunse Luce “comunque fra non molto dovremmo raggiungere Fenora e rivedere finalmente Presea… ho proprio bisogno di ritrovare un volto amico…”

“Già… è un letto comodo, quello alla locanda ha finito di piegare le mie povere ossicine”

 

Yaris e Anemone erano ormai quasi giunti alle porte della città.

Il ragazzino cominciò ad aumentare il passo, forse desideroso di raggiungere il centro abitato, ma d’improvviso si sentì tirare per un braccio.

“Hey ma…” a stento farfugliò mentre veniva trascinato dietro un albero.

“Sssst…”

Anemone gli aveva tappato la bocca con una mano per impedirgli di emettere alcun suono, e nel contempo cercava di scorgere in lontananza, da dietro la grande quercia, quanto aveva messo in allerta i suoi sensi.

Uno scalpitio di zoccoli sul selciato si avvicinava a loro. Anche Yaris cominciò ad udirlo distintamente.

Tre uomini con mantelli neri che li ricoprivano fino al volto passarono veloci in sella ai loro destrieri, sollevando una nube di polveri e di ciottoli.

Passato il pericolo, Anemone liberò le labbra del ragazzino: “Hai idea di chi fossero, Yaris?”

Ma la risposta fu vederlo tremare di un fremito misto di rabbia e paura, mentre i suoi occhi si stringevano per impedire alle lacrime di salire in superficie.

E senza dir nulla, cominciò a correre nella direzione da cui erano spuntati quegli ignoti cavalieri.

“Yaris aspetta…” Anemone non poteva far altro che seguirlo e quando furono vicini alla prima abitazione della città, lo vide acquattarsi dietro una siepe, cercando di ricavarsi una visuale che gli permettesse di scorgere più in là, quello che succedeva in quella piccola e silenziosa cittadina.

“Yaris, ma…”

“Fa silenzio!” fu l’ordine autoritario che zittì la ragazza.

Yaris, cominciò circospetto a sgusciare dietro ogni riparo che potesse fargli da scudo, cercando, evidentemente di entrare nella città senza dare nell’occhio. E Anemone prudente lo seguiva guardandosi le spalle.

E quando dal retro di una casa, si stavano spostando in un viottolo secondario, la ragazza vide il bambino fare immediatamente retro front e gettarsi, trascinandosela dietro, a tergo di una grande botte.

Altri due neri cavalieri  gli passarono avanti, parlottando fra di loro, e giusto la prontezza di Yaris, aveva impedito che se li ritrovassero faccia a faccia.

Dopodichè da una viuzza all’altra, sgattaiolando circospetti, si avvicinarono al centro della città.

Nella piazza un gruppo di uomini aveva formato un cerchio attorno a due persone.

“Allora vuoi dirmi quello che vogliamo sapere o devo farti fuori”

Uno di quei neri cavalieri puntava la sua spada al collo di un uomo inginocchiato al suo cospetto. Quest’ultimo, con sguardo basso ma dignitoso, restava nel suo mutismo.

Una donna poco più in là piangeva, stringendo nelle braccia un bambino.

 

“Maledetti” sibilò Yaris.

“Ma chi sono?” insistette per l’ennesima volta Anemone.

“Sono stati loro… a distruggere il mio villaggio” e così dicendo stringeva il fodero della sua spada, così forte che era ormai bianca come un cencio, segno che il sangue non affluiva più.

Il cuore di Anemone, nel vedere così il piccolo compagno di viaggio e per il timore che incutevano quelle losche figure, prese a battere vorticosamente.

Ma soprattutto perché credeva possibile che sotto uno di quei mantelli, potesse nascondersi la persona nobile e generosa che amava e che mai avrebbe pensato potesse brandire un’arma contro un inerme.

Sentiva di nuovo d’improvviso le forze che scemavano.

 

- CONTINUA -

 

Chiedo scusa per l’enorme ritardo, specie a te Kirby che recensisci sempre la mia storia…

Per Miki: sono contenta che ti piaccia, abbi pazienza … cercherò di non farti aspettare troppo.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=97566