Da te ... Solo da te di fantasie (/viewuser.php?uid=16417)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cinque anni dopo Sephiro - I Parte ***
Capitolo 2: *** Cinque anni dopo Sephiro - II parte ***
Capitolo 3: *** Liberi nel proprio destino ***
Capitolo 4: *** Amicizia e amore ***
Capitolo 5: *** L'inizio di un nuovo viaggio ***
Capitolo 6: *** Uno strano incontro. ***
Capitolo 7: *** La strada del cuore ***
Capitolo 8: *** Alla ricerca del principe ***
Capitolo 1 *** Cinque anni dopo Sephiro - I Parte ***
cinque anni dopo
PREMESSA
Questa fanfic è
dedicata ad uno dei miei cartoni preferiti: Magic Knight Rayearth, apparsa in tv
col titolo di “Una porta socchiusa ai confini del sole”. Non ho letto tutto il
manga, ma credo sia superiore, quanto a qualità, all’anime. Sto ancora reperendo
alcuni numeri.
Comunque la
mia storia è successiva alla fine della seconda serie, quando Luce, Marina e
Anemone ritornano sulla Terra. So che il manga è un po’ diverso, anche nel
finale. Io mi atterrò principalmente all’anime, anche se non escludo di tener
conto, nel corso della storia, di alcune parti del manga.
Come avrete
capito utilizzerò i nomi dell’anime sia per le protagoniste che per gli altri
personaggi.
Questa
fanfic sarà incentrata attorno alla figura di Anemone.
Spero possa
piacervi!
Magic Knight
Rayearth e tutti i suoi personaggi sono di proprietà delle Clamp. Questo spazio
è stato creato senza fini di lucro, per il puro piacere di farlo e per quanti
vorranno visitarlo. Nessuna violazione del copyright si ritiene, pertanto,
intesa.
-
Fantàsie -
DA TE….. SOLO
DA TE
CAPITOLO I
CINQUE ANNI DOPO SEPHIRO - Prima
Parte
Un terribile
senso di oppressione … è come se un macigno schiacciasse il suo petto …
comprimendo i suoi polmoni … impedendo all’aria di seguire il suo percorso
naturale …
Dalla fronte
piccolissime gocce di sudore scendevano lentamente, lasciando un senso di gelo
sulla sua pelle …
E davanti a
lei uno scenario terrificante: la terra spaccata da profonde ferite da cui
uscivano lingue di fuoco che avvolgevano corpi già dilaniati dalle spade; alberi
già spogliati dall’inverno più rigido; case ormai ridotte a pochi cumuli di
macerie.
Il respiro
diventava corto … ormai i sensi erano offuscati … la bocca arsa … le mani
tremanti.
“No… non è
possibile…qualcuno mi aiuti…fermi tutto questo…….vi prego!”
In quel
momento Anemone aprì gli occhi. Il sole era già sorto e con i suoi raggi non
ancora potenti dell’albeggiare penetrava dalle sottili tendine della sua
stanza.
Si toccò la
pelle del viso: ancora fredda; ancora addosso il ricordo di quelle sensazioni
dolorose; ancora il cuore che non riusciva a riprendere il suo ritmo
normale.
“Che strano
sogno” pensò fra sé e sé “sembrava così reale…beh forse del resto come tutti i
sogni.
I sogni…non
si era mai fermata a riflettere su quella parola che normalmente era usata per
indicare qualcosa di bello e desiderato.
“Chissà
perché…in fondo quelli brutti possono lasciare un senso di dolore e di sgomento
come quello che ho appena fatto…e quelli belli ti danno un attimo di finta
felicità…ma che ti lascia l’amaro in bocca quando ti rendi conto che era solo…un
sogno!”
Mah… forse
stava diventando un po’ troppo negativa! In fondo non era mai stata una ragazza
svampita o che prendeva le cose alla leggera…ma a 19 anni non poteva iniziare
quella bella giornata d’estate con i pensieri di una bacucca di ottant’anni,
inacidita dalle troppe delusioni della vita.
Decise così
di alzarsi, anche se erano le sei del mattino e cercare qualche rimedio per i
suoi sensi ancora intorpiditi. Spalancò la finestra e subito si sentì ferire
dolcemente dalla fresca brezza mattutina, che accarezzava con vigore la sua
pelle bianca e delicata. E di lì subito sotto la doccia; per portare via ogni
residuo di quella notte piuttosto tormentata.
Per il resto
fu un inizio di giornata come i soliti: Anemone, per sua buona abitudine,
preparò la colazione per la sorella e la madre, per poi uscire con passo svelto,
per non far tardi ai corsi che per quell’anno volgevano a conclusione.
Eh sì!
Chiunque l’avesse vista, con la sua aria semplice, ma allo stesso tempo
raffinata, con i suoi modi dolci e il suo sorriso gentile, avrebbe pensato che
proprio nulla le mancasse: quegli anni l’avevano trasformata da quattordicenne
adolescente in una giovane donna; avevano riempito la sua figura, ammorbidendone
le forme e donandole un’aria seducente, che non immaginava, neanche
lontanamente, di avere.
I capelli
erano diventati lunghi, anche se per lo più le piacevano raccolti in una coda
alta, quasi per camuffare quell’eccessiva femminilità che le donavano; il
magnetismo dei suoi occhi verdi e profondi poteva ora esprimersi in tutta la sua
forza, avendo detto addio, dopo l’intervento con laser, agli occhiali.
Bella sì… ma
anche intelligente: lo sapevano bene i suoi compagni di corso, che non
riuscivano però ad invidiarla e a malignare sul suo conto, come normalmente
capita quando ci si trova di fronte ad un intelletto superiore. La disponibilità
della ragazza, pronta sempre a dispensare consigli ed aiuti, tenevano a freno
anche le lingue più biforcute.
Ma come
spesso accade l’apparenza è spesso fonte di inganno: un senso di vuoto
attanagliava il suo cuore, il suo animo, la sua mente e l’incedere del tempo
acuiva il suo malessere. Qualcosa allora mancava nella sua vita.. o meglio
qualcuno!
Quel giorno,
al termine dei corsi, sapeva che avrebbe passato un pomeriggio diverso dal
solito.
“Ciao
Marina, che bello vederti!” esclamò la ragazza correndole incontro e
abbracciandola calorosamente.
“Anemone! Da
quanto tempo… sono quasi tre mesi che non ci vediamo. Grazie di averci concesso
questo onore!” disse Marina, accompagnando le parole con un inchino
reverenziale.
“Smettila,
dai!” rispose, ridendo e ricordandosi di come l’allegria di quella ragazza fosse
sempre estremamente contagiosa.
“Senti
Anemone” esordì Marina con un tono minaccioso “ti stai facendo troppo bella per
i miei gusti: insomma Luce è sempre stata il maschiaccio della situazione, tu la
cervellona e io la bomba sexy: non vorrai sconvolgere tutto e rubarmi la scena
per caso?”
“Non mi
permetterei mai, mia Biancaneve” ricambiando l’inchino prima ricevuto “resterai
sempre tu la più bella del reame”.
E
scoppiarono in una sonora risata, che fu però interrotto da un “hey, ragazze”
molto familiare che le aggredì non solo auditivamente, ma anche fisicamente.
Luce si lanciò addosso con la delicatezza di un elefante africano e le strinse
così forte da spezzar loro il fiato. “Calma Luce” esclamò Anemone ancora
soffocata da quell’abbraccio “altrimenti il nostro incontro si concluderà
all’ospedale”.
Erano
davvero contente di rivedersi: più divenivano grandi e più le occasioni di
passare un po’ di tempo assieme erano rare.
La loro
amicizia, in fondo era speciale: avevano sofferto e gioito assieme, avevano
corso pericoli inimmaginabili per il resto del mondo ed erano dovute crescere
più rapidamente delle loro coetanee. E ritrovarsi riportava inevitabilmente alle
menti i ricordi di Sephiro, di quel regno fantastico che aveva per sempre
cambiato le loro esistenze.
“Io propongo
un bel gelato” gridò Luce.
“Va bene” disse Marina “ma io lo prendo alla frutta: questa
settimana ho messo su400 grammi”.
“Cavolo”
fece Anemone con fare ironico “dicevo io che ti trovavo ingrassata!”.
Marina si
rivolse a lei con uno sguardo tagliente “Vedi, avevo ragione io, stai attenta ai
miei passi falsi perché vuoi rubarmi la scena!”
“Ormai mi
hai scoperta” disse con fare solenne Anemone portandosi le mani al volto per
simulare un atteggiamento disperato – ma in realtà solo a celare la risata
incombente-
“Hey
ragazze, mi sono persa qualche puntata?”disse un po’ imbronciata Luce, ma non
avrebbe avuto risposta, perché Anemone tirandola per mano esclamò: “Allora lo
andiamo a mangiare questo gelato?”
Le tre
ragazze entrarono nella più bella gelateria di Tokjo: era proprio il caso di
dire che ce n’era per tutti i gusti, tanto che gli intenti di Marina furono
subito messi da parte. Non sapevano che di lì a poco quelle leccornie sarebbero
state il loro ultimo pensiero.
Sedute al
tavolino, la logorroica Marina stava tenendo banco con uno dei suoi
interminabili monologhi sulle sue pene d’amore: “… e così amiche mie non so
proprio come comportarmi con lui, sono notti che non dormo e ora mi stanno
venendo pure gli incubi…ne ho fatto uno stanotte spaventoso… però non mi arrendo
voglio insistere con lui perché…”
Anemone che
fino a quel momento aveva ascoltato l’amica distrattamente, conoscendo la sua
incostanza in amore e il suo enfatizzare le cose, si fece immediatamente seria
ed attenta alla parola incubo e notò come lo stesso era accaduto a Luce,
anch’essa scossa come da un brivido lungo la schiena.
Le due
ragazze si fissarono negli occhi per alcuni secondi, mentre Marina continuava
imperterrita il proprio chiosare.
“Che genere
di incubo hai avuto?” la interrupe Anemone con un tono serio, dopo essersi
ripresa da quel momento di sbigottimento.
“Cosa?”
rispose Marina, che non era riuscita a capire subito a cosa facesse riferimento
l’amica. “Ah sì… il sogno di stanotte…strano e pauroso…ma forse dipende dalla
stanchezza e dallo stress di questi giorni…mi sono allenata parecchio per una
gara di scherma e…”
“Insomma che
hai sognato?” la incalzò Luce.
Vedendo lo
sguardo accigliato delle amiche, Marina abbandonando il suo tono ridanciano,
cominciò: “Ecco, non so bene come spiegare. Era piuttosto confuso non so dove mi
trovavo…era l’interno di un castello…c’erano delle figure avanti a me…non
riuscivo a vedere i loro volti…erano come sbiaditi…ma li vedevo parlare fra
loro…e, non so perché, ma per quanto non sentissi le loro parole mi incutevano
paura…fino ad allora sembravano non aver percepito la mia presenza. Uno di loro
però voltatosi cominciava ad avanzare verso di me, era mostruoso, e senza che me
ne rendessi conto mi si avventava addosso, gettandomi le mani alla gola,
impedendomi di respirare…mi sembrava di soffocare. Quando mi sono svegliata ero
sudata e il cuore mi batteva a mille”.
“Sai” disse
Luce “te l’ho chiesto perché anch’io ho fatto un sogno strano. Ero in un prato
bellissimo: gli animali correvano intorno a me, insieme a dei bambini che
gridavano felici. Ma ad un certo punto, tutti, nel medesimo istante si
fermavano. L’allegria che mi circondava, svaniva ed era sostituita da un senso
di angoscia”. Luce si fermò, con un’aria un po’ sbigottita. “Eh beh…il mio sogno
finisce come il tuo.. uno dei bambini mi si avventava contro.. cercando di
soffocarmi. Anche lui aveva subito una trasformazione mostruosa. Non c’è bisogno
che dica come mi sono svegliata”.
Per tutto
quanto il tempo Anemone era rimasta in silenzio. Nonostante fino a un attimo
prima stava gustando il suo gelato, aveva la gola secca; trasalì quando le due
compagne si voltarono verso di lei.
Raccontò
quanto la stessa notte aveva sognato, pur essendo stato anche il suo un incubo
confuso e indecifrabile: “E’ successo anche a me, anch’io venivo assalita da un
uomo con strane sembianze…un mostro, che stava per schiacciarmi con il suo
peso!”
Ci fu un
minuto di silenzio surreale, che Marina decise però di interrompere: “Dai
ragazze, non ne facciamo una tragedia…sarà stato un caso…in fondo il nostro
legame è speciale”. Ma quelle parole non convinsero neanche chi le aveva
proferite.
“Non può
essere una semplice casualità” fece Luce “un sogno… o meglio un incubo, molto
simile…fatto la stessa notte da tutte e tre…”
“E credo ci
siano altri due dettagli su cui riflettere e a cui credo anche voi stiate già
pensando” disse gravemente Anemone.
Marina
abbassò lo sguardo: “Non era un castello qualsiasi o una roccaforte medievale
quello del mio sogno…era il castello di Clef. Così come immagino fossero di
Sephiro i verdi prati del sogno di Luce. Allo stesso modo quella terra devastata
e sul punto della distruzione che hai sognato tu Anemone, l’abbiamo vista nel
nostro secondo viaggio… quando l’assenza della colonna portante stava mettendo a
rischio l’esistenza di Sephiro. Sempre e solo Sephiro!”.
Senza
soluzioni di continuità, Luce proseguì: “E proprio stanotte cadeva il quinto
anniversario del nostro ritorno da Sephiro e cioè da quando liberai per sempre i
suoi abitanti da quelle regole che già troppe vittime avevano fatto”.
Anemone
sospirò: “Già!”
-
continua -
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Capitolo 2 *** Cinque anni dopo Sephiro - II parte ***
CAPITOLO II
CINQUE ANNI DOPO SEPHIRO
– Seconda parte
Marina non era il tipo
da lasciarsi sopraffare dagli eventi: “E ora che si fa?”
disse.
E Luce: “Beh tutte
queste coincidenze avranno pur sempre un
significato”.
“Dobbiamo andare
all’osservatorio” spiazzò tutt’e due Anemone “è lì il nostro punto di contatto
con Sephiro”.
Il solo pronunciare quel
nome fece battere forte il suo cuore. Era così tanto tempo che non sentiva la
sua voce scandire quella parola “Sephiro”.
“Mah, io non sono sicura
che sia una buona idea …” fece Marina; ma resasi conto che altre soluzioni non
c’erano, sospirando sentenziò: “Eh va bene! In fondo scartate le ipotesi di
andare alla Polizia o a fare una bella seduta di psicanalisi, non ci resta che
questa!” e con un tono più dimesso: “Osservatorio queste tre pazze stanno
arrivando!”
Come sempre Marina
riuscì ad alleggerire un po’ il peso dei loro
cuori.
Come al solito
l’osservatorio pullulava di persone: studenti in visita guidata; coppie che
volevano godersi il romantico panorama della città; e gruppi di ragazzi che
avevano marinato la scuola.
Mentre salivano nel
veloce ascensore, schiacciate quasi dalla calca, Anemone fu assalita dai ricordi
di Sephiro: tutte le esperienze vissute, le battaglie affrontate, la scoperta
dei propri poteri e dei managuerrieri, le persone incontrate e soprattutto…
Ferio.
Quest’ultimo pensiero si
faceva prepotentemente largo fra gli altri. La cosa che la faceva più soffrire è
che col tempo il ricordo del suo viso andava sbiadendosi. Stava pian piano
perdendo anche l’ultima cosa di lui che le restava… la sua
immagine.
E anche se qualcuno
avrebbe potuto dire che era meglio così, che la sua vita doveva andare avanti e
il destino fare il suo corso, magari facendole incontrare un altro uomo, per lei
questa idea era inaccettabile: l’unico da cui avrebbe voluto farsi stringere era
il suo adorato principe.
La prima volta su
Sephiro aveva salvato lei e le sue amiche nella Foresta del Silenzio, le aveva
seguite, aiutate, aveva teso loro una trappola, e poi di nuovo aiutate. Neanche
Anemone sapeva bene che cosa l’avesse conquistata. Certo la sua bellezza non
passava inosservata, ma non era quello: se in un primo momento l’aveva colpita
quell’aria da sbruffoncello, un po’ saccente ma anche tanto simpatica, era stata
poi la dolcezza e il suo fare protettivo che avevano espugnato il suo
cuore.
Il segnale acustico che
avvertivadi essere al capolinea la fece sobbalzare: Marina l’aveva presa per
mano e praticamente cavata fuori da quella folla
scalmanata.
“Eccoci” disse Luce. Il
modo con cui pronunciò quella sola parola aveva ben rappresentato il pensiero
che correva nelle menti di tutte e tre le ragazze. Cosa avrebbero dovuto fare?
Forse solo desiderare di fare ritorno su Sephiro.
Guruclef gli aveva
spiegato che il secondo viaggio sul magico pianeta era stato voluto da loro
stesse; era stata la forza dei loro sentimenti, la preoccupazione per quel mondo
e i suoi abitanti a spalancare quella “porta socchiusa ai confini del sole”.
Dunque dovevano solo
concentrarsi e allineare i loro cuori?
Anemone si sentiva
profondamente inquieta: era accaldata e le sembrava quasi di respirare a fatica,
come se stesse ripercorrendo le sensazioni provate nella notte. Forse aveva
paura di quello che stava desiderando profondamente, quasi violentemente:
tornare in quel regno fatato...tornare da LUI.
Si avvicinarono alla
vetrata. Il panorama era naturalmente meraviglioso. Era l’imbrunire e le luci
della città cominciavano a risaltare sotto quel cielo che esplodeva di mille
sfumature, che dal rosso scuro degradavano fino ad un timido
azzurro.
Le tre ragazze si
presero per mano; Anemone non percepì il leggero tremito che attraversava le sue
compagne, essendo lei per prima a non trattenere le vibrazioni del suo
corpo.
La prima ad accorgersene
fu Marina: “Ragazze” esclamò con un filo di voce “guardate”, indicando le
persone che le attorniavano.
Ferme. Immobili. Il
tempo aveva fermato le sue lancette.
Ma sia Luce che Anemone,
pur senza voltarsi avevano già capito: per qualche secondo l’eco delle voci e
delle risate era rimbalzato nell’osservatorio. Ma erano stati pochi attimi. Il
silenzio era sceso su di loro.
Tum…Tum…Tum…potevano
percepire distintamente il battito dei loro cuori.
Un lampo abbagliante
avvolse le tre ragazze.
Stavano fluttuando
nell’aria…leggere… ancora stordite da quella luce accecante, tuttavia
perfettamente consapevoli di dove fossero.. di quello che ancora una volta stava
loro capitando.
Come se mani giganti le
sostenessero furono poggiate delicatamente sul terreno… su
Sephiro.
“Luce; Marina…state bene
vero?” disse allarmata Anemone. Pur essendo coetanee, quest’ultima era sempre
molto protettiva verso le compagne: Luce non era affatto cambiata negli anni,
sembrava ancora una quattordicenne; e Marina aveva sì un corpo capace di far
girare la testa a qualsiasi uomo, ma era pure testarda e impulsiva, così da
finire spesso nei guai.
“Si stiamo bene” fecero
quasi all’unisono.
“ Dunque siamo di nuovo
su Sephiro”. La voce di Luce era velata da un ben chiaro
turbamento.
“Probabilmente” pensò
Anemone “ha la stessa mia sensazione”.
Anche su quel pianeta
stava scendendo la sera. C’era un venticello leggero che agitava i vestiti
estivi delle ragazze e increspava i loro capelli. Erano finite nel mezzo di un
prato. Qualche fiore spuntava qui e là, e più lontano si scorgevano degli
alberi, un po’ distanti l’uno dall’altro, poi via via sempre più fitti,
probabilmente l’inizio di una foresta.
Ma se anche il paesaggio
poteva parer bello, c’era qualcosa …qualcosa di strano…sembrava finto…o meglio
morto. Non si sentiva battere la vita…non si avvertita la presenza di alcun
essere vivente…di nessuna di quelle fantastiche creature che popolavano la
vegetazione di Sephiro e che le ragazze avevano conosciuto nei precedenti
viaggi. Erano quelli i pensieri che correvano nelle menti delle ragazze: “E’
tutto arido, sterile…senza vita”.
“Ma quello è…” fece Luce
senza completare la frase; “il castello di Guruclef” proseguì
Anemone.
Voltatesi, si erano
trovate di fronte quell’immenso castello che si stagliava alto nel cielo, e che
spezzava il fiato tanto era maestoso.
Anemone vide Marina
molto agitata, e nonostante fosse anche lei incredula e spaesata, le prese la
mano e le rivolse uno sguardo rassicurante.
Cominciarono a camminare
verso il castello, lentamente, guardinghe, in quanto ancora non sapevano cosa le
aspettasse oltre quelle mura. Certo se Sephiro le aveva richiamate a lui, voleva
dire che ancora una volta il pianeta correva un qualche
pericolo.
Il portone che si parava
davanti a loro era chiuso, ma non appena Luce fece per aprirlo, con un lungo e
tetro lamento, da solo, si spalancò.
“Marina…Anemone…entriamo” fece voltandosi appena verso di
loro.
Stavano percorrendo il
buio corridoio: nonostante fosse passato tanto tempo non avevano certo
dimenticato come raggiungere la sala principale, dove probabilmente ci sarebbe
stato ad aspettarle il grande saggio.
Se non fossero state
così tese mille ricordi ed emozioni sarebbero affiorate nelle loro
menti.
Ma quando passarono
davanti a quella immensa vetrata che dava sul cielo di Sephiro, un sussulto fece
battere più forte il cuore di Anemone.
Si fermò e vi guardò
attraverso. Lì davanti, un giorno era stata stretta dalle forti braccia di
Ferio; lui l’aveva confortata, aveva asciugato le sue lacrime e accarezzato i
suoi capelli.
Lì per la seconda volta
le aveva fatto dono di quell’anello, capace di unire con un filo invisibile due
persone.
Ogni volta che lei
faceva ritorno sulla Terra, però, lui ritornava al suo proprietario, come a
significare impudentemente che non poteva unire due persone appartenenti a regni
differenti. E così sentiva bruciare il suo anulare sinistro, come scosso da una
ferita privata della sua fasciatura.
Cosa avrebbe dato per
avere avuto con sé, in quegli anni, l’anello regalatole da Ferio; l’avrebbe di
certo fatta sentire meno sola, le avrebbe dato una speranza in più di essere
legata indissolubilmente a lui, e lui a lei.
Ma tanto tempo era
trascorso da quei momenti condivisi col principe: momenti che l’avevano, a volte
dolcemente, a volte ossessivamente, tormentata.
Ora, ritrovarsi lì, le
provocava un turbinio di emozioni indefinibili.
“Anemone”. Luce pronunciò il suo nome con
una dolcezza infinita. Aveva compreso i pensieri dell’amica. E sapeva bene anche
lei come potevano essere dolorosi i ricordi.
Ripresero a camminare
giungendo finalmente dinanzi alla loro meta. Questa volta le porte erano aperte
e senza indugiare le ragazze entrarono.
La prima cosa che non
poterono far a meno di notare era il fatto che quel salone, un tempo luminoso ed
accogliente, era diventato ombroso, freddo; aveva perso quel calore che le aveva
riscaldate anche nelle fasi più dure delle battaglie
combattute.
“Sono felice di
rivedervi”. Una voce familiare aveva scosso i loro pensieri. E da un lato buio
della stanza una figura si fece avanti.
“Guruclef” esclamò
emozionata Marina, che fece alcuni passi verso di lui. Evidente era la gioia
della ragazza.
“Guruclef” la seguì a
ruota Luce, non nascondendo la commozione nel
rivederlo.
Anemone, ferma dietro le
compagne, non riusciva a scrollarsi di dosso quello stato di disagio e
turbamento. Forse tutte quelle emozioni… forse il ritrovarsi nel giro di pochi
minuti in quel mondo parallelo.
Forse la speranza di trovare lì anche un’altra persona.
Fatto sta che il suo
cuore batteva potente, quasi ad uscirle dal petto, e il suo corpo non accenava a
voler obbedire di nuovo ai suoi ordini.
- continua
-
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Capitolo 3 *** Liberi nel proprio destino ***
capitolo terzo
CAPITOLO
III
Liberi nel proprio
destino.
“Vi do il benvenuto cavalieri magici
provenienti da un mondo lontano… grazie di essere accorsi ancora in nostro
aiuto” disse solennemente Guruclef.
E Luce: “Oh Clef, non sai che piacere
rivederti e rivedere Sephiro, anche se dalle tue parole capisco che ancora una
volta la pace ha abbandonato questi luoghi”.
“E’ così” fece una voce sconosciuta
alle loro spalle.
Le tre ragazze si voltarono di
scatto.
Un possente guerriero era comparso
dietro di loro. La sua armatura era lucida; avvolto in un azzurro mantello
teneva fieramente la sua mano sul fodero della spada. Era alto,
possente.
L’istinto di Anemone fu quello di
voltarsi verso Marina, conoscendo il suo debole per quel tipo di uomini, e così
riuscì a vedere il guizzo che le attraverso gli occhi.
Accennò ad un sorriso che fu subito
spento dalla voce tonante del cavaliere.
“E così siete voi i cavalieri
magici…chi lo avrebbe detto…tre giovani fanciulle!”
C’era qualcosa nel fare di quell’uomo
che ad Anemone non piaceva per nulla. Dai suoi occhi non traspariva alcuna
emozione, erano gelidi, come tutto ciò, del resto, fino a quel momento. Forse
erano altri i volti che si aspettava di incontrare: Rafaga, Caldina, Presea,
Ascot e naturalmente…. Ferio
“Salve a te cavaliere” disse Luce,
mentre Marina dietro di lei era ancora visibilmente intenta a squadrare l’uomo.
“Penso che dobbiate spiegarci quello che sta succedendo; è passato tanto tempo
dall’ultima volta che siamo state qui e credo che siano molte le novità per
questo pianeta” proseguì voltandosi nuovamente verso
Guruclef.
“Innanzitutto” fece il saggio
avanzando nella sala “lui è Xato, comandante della mia armata e difensore del
Regno di Sephiro”.
Beh, se c’era un’armata, era chiaro
che doveva esserci una battaglia in corso. Ma come era possibile! Luce, Marina e
Anemone erano sicure che abolita la colonna portante e dettate le nuove regole,
Sephiro e i suoi abitanti sarebbero stati in pace. Ma era evidente che le cose
non erano andate proprio così.
Le ragazze avevano fame di sapere e
il saggio che se ne era accorto continuò: “Uno strano destino attendeva Sephiro
dopo la vostra partenza. La colonna portante, come voi ben sapete si faceva
carico dell’equilibrio del pianeta, annullava se stessa per il bene degli esseri
viventi e, fino almeno alla triste storia di Emeraude e Zagato, era riuscita a
garantire non solo la pace, ma anche la prosperità di Sephiro. Ma tu Luce,
scelta per rivestire quel ruolo, hai deciso di sovvertire quella regola, di dare
agli abitanti la possibilità di essere pienamente padroni del destino proprio e
del regno”.
Clef si fermò un attimo per poi
ricominciare: “Ecco…venuta meno questa figura, il nostro popolo non è stato in
grado di far fronte da solo alle forze del male, di contrastarle e contenerle
così come facevano le preghiere della colonna portante. Le ambizioni e le smanie
di potere che albergavano nei cuori di tante persone hanno cominciato a venir
fuori, a crescere, così da spingerle a compiere azioni crudeli e meschine.
Questa è l’origine di quello che sarebbe successo poi, e che ancora strazia il
nostro pianeta mentre noi parliamo”.
Una lacrima rigò il volto di Luce e
con voce tremante disse: “Mi spiace… io credevo di agire per il meglio…volevo
che Sephiro fosse libero, che i suoi abitanti potessero…”. Un singhiozzo le
impedì di continuare.
Improvvisamente sentì una mano che le
si poggiò sulla spalla e gliela
strinse con una lieve pressione
“Anemone…” fece la
ragazza.
“Guruclef, l’origina del male non è
la scelta fatta da Luce, ma il male stesso. Abolire la colonna portante è stata
per gli abitanti di Sephiro un’importante lezione. Era necessario che capissero
di dover lottare ogni giorno per le cose in cui credevano; di doversi rimboccare
le maniche e difendere la vita e la felicità di se stessi e dei propri cari. Non
si può far dipendere il destino di un popolo dalla forza di volontà di una sola
persona. E non solo perché è crudele per questa: hai visto anche tu cosa succede
se quel punto di riferimento viene meno. Tutti ne pagano le
conseguenze.
Ebbene, il popolo di questo pianeta
deve imparare a difendersi da solo dalle insidie del male, deve impedire che
questo prenda il sopravvento, senza star lì ad aspettare che qualcuno corra in
suo aiuto, o peggio ancora, ad attendere che questo distrugga tutto. Per il
mondo da cui proveniamo è così: non c’è giorno in cui una guerra non faccia le
sue vittime e spezzi i sogni di giovani vite innocenti; tante sono le crudeltà
che gli uomini compiono contro i loro simili, a volte senza neanche una ragione;
ma ci sono anche molte persone che lottano per ricostruire quei sogni, che si
uniscono per edificare una pace che sia duratura.
Questo è il prezzo della libertà e
dell’autodeterminazione.”
Anemone era sorpresa del fervore col
quale aveva parlato al saggio. In fondo quella di Guruclef poteva anche non
essere una velata recriminazione nei confronti dell’amica.
“Però… il temperamento non lascia
dubbi sul fatto che tu sia un cavaliere magico” disse Xato, puntando Anemone con
sguardo pungente, quasi di sfida.
La ragazza lo ignorò, il che
innervosì visibilmente il cavaliere, e di ciò si rese conto anche la stessa
Anemone, la quale era però molto più interessata a quello che aveva da dire
Guruclef.
“Non sto cercando di attribuire la
responsabilità di ciò a qualcuno” fece il saggio “comunque credo che sia
opportuno che voi ascoltiate anche il resto”.
Così continuò: “All’inizio sembrava
che le cose andassero bene per il pianeta, ciascun essere vivente cercava di
dare il proprio contributo alla stabilità di Sephiro. Ma durò per poco. Cominciò
a farsi strada l’idea della necessità di una guida che tenesse unito questo
regno così vasto, per evitare che con il tempo si disgregasse e ne nascessero
tanti piccoli centri autonomi e potenzialmente in conflitto. Ben presto quelle
che erano discussioni sulle forme di governo e sulla possibilità di avere un
punto di riferimento comune per tenere unita tutta la popolazione, divennero liti furiose, fino a che gli
odi e i rancori sfociarono in vere e proprie battaglie
armate.
Dopo un periodo di lotte intestine,
il gruppo meglio organizzato è riuscito ad emergere, a rafforzarsi e a
raccogliere sotto di sé chi bramava di instaurare il dominio su Sephiro. E per
fare ciò è disposto a tutto, a distruggere, razziare,
uccidere.
Purtroppo molti dei miei poteri
dipendevano dal nucleo, perciò, venuto meno lo stesso, non sono stato in grado
di fronteggiare questa situazione, anche perché al contrario la malvagità sta
autoalimentandosi e diventando sempre più forte; sempre più sono le menti e i
cuori pronti ad ospitarla.
Vi sarete accorte anche di come la
natura di Sephiro sia mutata: molte delle fantastiche creature che vivevano lì
fuori e si nutrivano della magia buona del pianeta, sono svanite per
sempre”.
“Mocona…” gridò Luce “Clef dimmi
dov’è…sta bene?”
“Mi spiace… ma non lo so” disse
mestamente il saggio.
“Sono sicura… sono sicura che lui
stia bene, e quando avvertirà la nostra presenza… verrà da noi” esclamò Luce
cercando di convincersi di ciò.
La tristezza per la sorte del loro
tenero amico pervase anche i cuori di Marina e Anemone. Ma Guruclef continuò:
“Lo scopo è sconfiggere chiunque ostacoli il loro cammino, in modo da instaurare
il loro regime di violenza e sopraffazione. Anzi il fine ultimo è quello di
restaurare l’antica regola che voi avete spezzato, ma questa volta non sarà una
colonna portante che assicuri pace e giustizia, ma un sovrano che alimenti odio
e rancore , che affermi il suo dominio totale, controllando il destino del
regno.
Solo voi siete la nostra speranza…
cavalieri… ritrovate i vostri poteri… risvegliate ancora una volta i vostri
managuerrieri e salvate Sephiro e i suoi abitanti”.
Le ragazze erano accecate dal dolore
e dalla rabbia… come si poteva trasformare un luogo paradisiaco come quel regno
in un campo di battaglia!
Rimasero in silenzio per un po’;
nessuna riusciva a proferir parola. Sapere che i loro amici erano in pericolo
non poteva che procurargli un’immensa tristezza.
“Guruclef” disse Marina decisa a
reagire a quello stato di frustrazione più totale “chi è a capo di tutto
questo…chi sono i nostri nemici…insomma contro chi o che cosa dobbiamo
batterci”.
A quel punto prese la parola Xato: “A
capo di queste forze vi sono diversi cavalieri che hanno sotto il loro controllo
più di metà del regno” disse il guerriero, spostando però lo sguardo da colei
che aveva formulato la domanda, e volgendolo ad Anemone. “questi individui
malvagi convergono in unico comandante” fece una piccola pausa. “Si tratta di
una vostra vecchia conoscenza a quanto mi ha detto Clef” continuò con un mezzo
sorriso e con gli occhi sempre puntati su Anemone “si tratta di un certo
principe… si tratta di Ferio”.
Se una spada ben affilata avesse
trapassato da parte a parte il suo cuore, sarebbe stato meno doloroso di dover
ascoltare quel racconto.
Rimbalzava tutto vorticosamente nel
cervello: “…individui malvagi… forze del male… dominio assoluto… cosa centravano
con Ferio?”. I suoi neuroni si rifiutavano di mettere assieme quelle
parole.
Sentì il pulsare delle lacrime,
frementi di schizzarle fuori dagli occhi, di inondarle il viso e di gridare
senza pudore la sua sofferenza.
Ma qualcosa glielo impedì. E non fu
lo sguardo sadico di Xato. Marina e Luce si erano voltate verso di lei e solo
gli occhi pieni di affetto e conforto delle sue amiche le diedero la forza di
trattenere i suoi sentimenti, di non permettere al suo dolore di scoppiare
incontrollato.
Marina si fece avanti: “Ma che
diavolo state dicendo? Noi conosciamo bene Ferio. Ha combattuto al nostro fianco
per Sephiro e la sua salvezza… perché avrebbe dovuto fare tutto
questo?”
“Evidentemente si è lasciato
ammaliare dalla possibilità di diventare il padrone assoluto di Sephiro…forse
pensava gli spettasse di diritto in quanto fratello di Emeraude” continuò il
guerriero “le persone cambiano.. eh beh…se volete saperla tutta… non è l’unico
che ha varcato la linea che separa il bene dal male… è in buona
compagnia…”
“Di chi?” la voce di Marina
titubava.
“Di un altro vostro caro amico e
finto pacifista… sembrava un uomo d’onore… un eroico spadaccino… e ora invece è
il braccio destro del principe… si tratta di Rafaga!”
“NOOO…Non è possibile” urlò Luce
“forse i nostri amici sono controllati” si voltò verso Guruclef “forse le loro menti agiscono sotto il
comando di una forza oscura!”.
Il saggio abbassò lo
sguardo.
“Ti assicuro mia cara che le loro
teste sono lucide…” continuò Xato “siete voi che avete parlato fin’ora di
autodeterminazione e libero arbitrio. Beh vi assicuro che sia Ferio, che Rafaga
sono nel pieno delle loro facoltà mentali… anzi stanno sfruttando la malvagità
di chi li circonda per aumentare i loro poteri magici per fare fuori chiunque
ostacoli il loro cammino”.
Di nuovo quella sensazione…Anemone
sentiva che l’ossigeno arrivava a fatica ai polmoni…era accaldata…le tempie
pulsavano così forte da fargli male.
Di improvviso un uomo, anch’esso
vestito di tutti i paramenti militari entrò nel grande salone e inchinatosi
dinanzi a Guruclef e a Xato disse concitatamente: “Sommo Guruclef, comandante
Xato, ho da recarvi purtroppo una triste notizia: il villaggio di Basora, nel
nostro territorio è stato distrutto, non siamo arrivati in tempo per fermare i
nemici!”
“Ci sono sopravvissuti?” chiese
Xato.
“No” rispose il soldato “hanno ucciso
tutti compresi donne e bambini”.
Si udì un tonfo sul pavimento.
Anemone era svenuta.
- continua -
Per killkenny: Spero che questo terzo
capitolo mantenga vivo il tuo interesse…grazie per la
recensione!
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Capitolo 4 *** Amicizia e amore ***
capitolo terzo
CAPITOLO IV
Amicizia e
amore.
“Anemone …
svegliati…”.
La prima cosa che la ragazza vide fu
Luce con gli occhi gonfi di lacrime, che appena si accorse del suo risveglio, le
si gettò al collo e cominciò a singhiozzare: “Oh Anemone ci hai fatto prendere
uno spavento”.
Marina intervenne asciugandosi il
viso: “Non ti permettere mai più di svenire in questo modo…. anche perché
stavolta c’era Xato che ti ha portato a letto… ma scordati che io ti prenda in
braccio… non sei mica una piuma mia cara” fece, cercando di
sdrammatizzare.
Era passata più di un’ora da quando
era svenuta, aveva la testa che le faceva male, e sapere che era stato Xato a
portarla lì, la infastidiva ulteriormente. Si tirò un po’ su e guardò i suoi due
angeli custodi, ognuna ad un lato del letto, vicino a lei, con gli occhi
arrossati; allungò le braccia e le strinse a sé.
“Anemone io lo so quanto tieni a
Ferio” disse Marina “anch’io non riesco a credere a quanto ho sentito su di lui…
su Rafaga…" e rabbuiandosi continuò: "Anche Ascot a detta di Clef è
dalla loro parte… ma dobbiamo farci coraggio per noi stesse e per
Sephiro”.
Anemone cominciò a piangere: “Come
vorrei non aver mai rimesso piede su questo pianeta… lo so è un pensiero
egoistico e vile…. ma vorrei che non avessimo parlato delle nostre sensazioni…
che non ci fossimo rese conto del richiamo di Sephiro. Vorrei non aver mai
lasciato la Terra… ora sarei nel mio letto, a
trastullarmi coi miei sogni infantili su di un principe azzurro di nome Ferio”
disse la ragazza dando sfogo a tutta la sua amarezza.
Luce cercò di consolarla: “Anemone,
neanche io so che cosa pensare… improvvisamente ogni persona a cui abbiamo
voluto bene in questo regno, sembra sia uscita fuori di senno… e per quanto Xato
non abbia titubato a parlare con disprezzo dei nostri amici… io voglio vederci
chiaro… voglio sapere cosa è successo… perché qualcosa deve pur essere successo
dannazione!”
“Non sai quanto vorrei essere
fiduciosa” rispose Anemone “ma hai sentito quel soldato…non hanno risparmiato
donne e bambini”. Le lacrime tornarono ad uscire copiose.
Marina prese la parola: “Luce ha
ragione. Anche la prima volta che eravamo venute qui, non avevamo esitato a
condannare Zagato, considerandolo uno spietato guerriero, bramante di potere e
invece…. era solo un uomo innamorato… maledettamente innamorato… il cui unico
intento era liberare la sua donna da regole ingiuste che le impedivano di vivere
i suoi sentimenti”.
Anemone si calmò e Luce, vedendo che
l’amica si era un po’ ripresa, ricominciò: “Sai, mentre tu eri ancora svenuta ed
eravamo qui a vegliarti, ho chiesto a Clef dove fosse Lantis. A quanto pare non
si sa che fine abbia fatto; sembra se ne sia completamente lavato le mani e stia
vagando chissà dove. Secondo alcuni avrebbe addirittura lasciato il pianeta
prima ancora che la situazione qui degenerasse…
Sapevo che se Sephiro ci aveva
richiamate con quei sogni, voleva dire che aveva bisogno che i cavalieri magici
brandissero di nuovo le loro spade. Ma in fondo ero serena perché pensavo che
avremmo ritrovato tutti i nostri amici a sostenerci con il loro affetto, a darci
il loro aiuto, anche a costo delle loro stesse vite…
Ero certa che Lantis mi avesse
aspettato, che in questo tempo fossi riuscita a riscaldare il suo cuore anche
dalla Terra…ma probabilmente non è stato così. Forse la sua natura introversa…
forse di nuovo la fredda solitudine… E’ assurdo per me pensare che non gli
interessi il destino di Sephiro… non
so… so solo che ho bisogno di affrontare questa nuova battaglia per
capire… capire se tutto questo ha un senso!
L’unica notizia positiva è che molto
presto rivedremo Presea, me l’ha promesso Guruclef; sapere questo mi da un po’
di coraggio e di forza per andare avanti”.
Dopo qualche secondo di silenzio in
cui Anemone era rimasta con gli occhi bassi, alzò lo sguardo, prese le mani
delle due amiche e disse: “Luce, Marina… mi dispiace per quello che ho detto…
sono una sciocca! Ho pensato solo a me stessa, al mio dolore, dimenticando che
anche voi siete legate a molte persone di questo regno proprio come me, e che
tutto questo sia una profonda ferita inferta anche ai vostri
cuori.
Perdonatemi. Appena sono giunta su
Sephiro, il mio unico pensiero è stato rivolto a Ferio.
Ero così sicura che fosse rimasta la
meravigliosa persona che era riuscita a leggere nella mia anima; la mia unica
paura era che il tempo avesse potuto in qualche modo sbiadire il ricordo dei
momenti passati assieme. E invece … tutto ciò che ci hanno raccontato mi ha
fatto all’improvviso capire che forse non gli è mai interessato veramente di me,
altrimenti non avrebbe mai tradito così la mia fiducia. Il tenero spadaccino,
insofferente alle regole e amante della libertà che ho conosciuto, non c’è più..
non c’è mai stato… e devo convincermi di ciò.
Adesso quel che conta è che gli
abitanti di Sephiro hanno bisogno del nostro aiuto, per difendere la loro
libertà, in nome della quale già molte vittime sono state mietute, ed io, come
cavaliere magico, non mi tirerò indietro. Andremo a capo di questa storia… e chi
ha le sue colpe dovrà pagare.. anche se è la persona di cui avrei voluto
prendermi cura per la vita”.
“Hai ragione! Le nostre energie
devono essere tutte dirette ad aiutare questo pianeta!” aggiunse
Luce.
Marina prese una tazza poggiata su di
un tavolo lì vicino e la porse ad Anemone: “Bevi questa, ti farà rilassare” e
rivolgendosi anche a Luce “Ora però andiamo a letto, credo che per oggi abbiamo saputo abbastanza. E’ inutile
continuare a pensare e a logorarsi…. Domani, alla luce del sole, vedremo le cose
in una prospettiva diversa e proveremo a capire meglio come sta la
situazione”.
Marina e Luce sembravano essersi
addormentate; nessun movimento si intravedeva provenire dai loro
letti.
“Devono essere molto stanche… in
fondo io sono rimasta svenuta per un po’” pensò Anemone.
Con lo sguardo era rivolta
al soffitto della stanza, ma ben altro ero lo scenario che le si parava dinanzi
agli occhi: con la mente stava ripercorrendo tutti i passaggi cruciali della sua
vita.
Al tempo del primo viaggio su Sephiro
lei era una timida quattordicenne, molto studiosa e amante del pianoforte, il
cui mondo ruotava attorno agli affetti familiari, dei genitori e della
sorella, e la cui esperienza più
avventurosa era stata quella di perdersi in gita scolastica per non più di venti
minuti.
Poi da un momento all’altro, si era
ritrovata proiettata in un mondo parallelo, a dover risvegliare non si sapeva
bene cosa, per salvare una principessa da un terribile guerriero, che aveva al
suo servizio maghi potenti e fortissimi cavalieri.
Inaspettatamente, quella che doveva
essere un’avventura spaventosa, ben presto l’aveva portata a fare delle
esperienze meravigliose, che sulla Terra non avrebbe potuto mai neanche
immaginare.
Non solo scoprire un pianeta così
eccezionale come Sephiro, pullulante di vita e di animali fantastici, bellissimo
non solo per la natura, ma anche per la popolazione calda e accogliente.
Ma soprattutto imparare a conoscere
quei sentimenti che riempiono la vita, che le danno un senso, e ai quali non si
può più rinunciare una volta che solleticano il tuo cuore.
L’AMICIZIA, di quelle due ragazze, pronte
a donare conforto nei momenti più difficili, a condividere le gioie in quelli
più belli, a combattere insieme nelle battaglie più dure, a sacrificare anche la
vita in nome di quel sentimento.
L’AMORE, per quel principe di un altro
mondo, che avrebbe dovuto odiarla per averlo privato dell’unico legame di sangue
che gli rimaneva (n.d.a. Emeraude), e che invece le aveva fatto scoprire la
complessità e allo stesso tempo la completezza di quella parola, che le si era
mostrata, grazie a lui, in tutte le
sue mille sfaccettature.
Come timido
batticuore, nella
Foresta del Silenzio, quando era stata tratta in salvo da bestie feroci e
spronata a credere nelle proprie capacità.
Come tintinnio argenteo
dell’anima, nel
deserto, dove il risuonare del nome amato le aveva fatto scoprire quanta forza
risiedesse in lei.
Come lampo che squassa il
cielo, così in
quella grotta, quando la gelosia le aveva ottenebrato mente e ragione.
Come lama che
trafigge, sapendo
che nulla lei avrebbe potuto fare per restituirgli la sorella
amata.
Come vento impetuoso, come soffio di
primavera, come vibrazione dei sensi, ogni volta che si rifugiava nel suo
abbraccio e i loro occhi si scambiavano una promessa di
eternità.
Le lacrime che stavano attendendo lì
dietro l’angolo, iniziarono a ripercorrere le vie del suo viso già
abbondantemente battute per quella sera.
Scostò il lenzuolo, ormai diventato
insopportabile per il suo corpo che sembrava continuamente febbricitante e si
alzò delicatamente dal letto per non disturbare il riposo delle amiche.
Uscì da quella stanza senza
finestre… avrebbe voluto prendere una boccata d’aria, ma non sapeva bene
come fare… era ancora intontita per districarsi nel labirinto dei corridoi del
castello.
Si ritrovò di nuovo dinanzi a quella
vetrata, come se una forza irresistibile la richiamasse, come se quei ricordi
che di lì trasudavano reclamassero la sua presenza, forse per parlarle…per dirle
qualche cosa…
“Ah, ti sei ripresa” una voce risuonò
nel corridoio, e non era di certo quella immaginata dalla
ragazza.
Si voltò. Xato era lì, con il suo
ghigno disegnato sul volto, che presto le sarebbe divenuto familiare.
Difficilmente qualcuno le risultava antipatico e sgradevole a pelle, ma lui
rappresentava sicuramente un’eccezione. Sembrava essersi divertito un mondo a
dare loro quelle terribili notizie, soprattutto quando le aveva spiattellato in
faccia di Ferio e delle sue brame di potere. Qualcosa doveva essere successo fra
di loro…l’ostilità verso il principe era evidente e non sembrava dettata solo
dagli eventi raccontati poco prima.
“Si sto meglio” fece Anemone,
cercando di sembrare convincente, non avendo nessuna intenzione di manifestare
le sue debolezze di fronte a lui, per la seconda volta.
“Ne sono felice” rispose il guerriero
“il tuo aiuto a quanto pare è indispensabile per la salvezza di
Sephiro”.
Anemone lo guardò e, resasi conto di
essere uscita dalla stanza solo con la leggera camicia da notte che le amiche
dovevano averle infilato quand’era svenuta, prima di metterla a letto, notò che
Xato la stava osservando attentamente, specie nei punti in cui la veste aderiva
di più al corpo.
Istintivamente incrociò le braccia
davanti al seno e fece per andarsene.
“Come vai via…credevo volessi farmi
un po’ compagnia” esclamò l’uomo.
“Mi spiace, non sono in vena di
chiacchiere stasera” rispose seccamente Anemone dandogli le
spalle.
“Beh, ci sono tanti modi per tenersi
compagnia… me ne viene in mente uno dove, ti assicuro, non c’è molto da
parlare”.
Anemone si voltò di nuovo verso il
comandante e se lo ritrovò molto vicino. Non si era accorta della sua avanzata:
era così a pochi passi, che la ragazza avrebbe potuto mollargli il ceffone che
le sue mani reclamavano.
Ma preferì evitare azioni che
potessero eccitare ancora di più Xato.
“Qualsiasi fanciulla di questo regno
sarebbe onorata di questa proposta” disse l’uomo.
“Beh io non appartengo a questo
mondo… io vengo dalla Terra!” fu la risposta fredda della
ragazza.
“Si.. ma dovresti essermi più
riconoscente visto che io cortesemente ti ho portata a letto dopo che eri
svenuta” continuò.
Avrebbe voluto dirgli che sarebbe
stato preferibile per lei restare sul gelido marmo piuttosto che in gita
turistica sulle sue braccia, ma fu altra la replica: “Diciamo così, il mio
ringraziamento sarà quello di impegnarmi a salvare il tuo
pianeta”.
“Come? Uccidendo Ferio?”. La domanda
aveva il forte sapore di una provocazione, considerando anche il modo
canzonatorio con cui l’aveva formulata.
Quell’uomo sapeva evidentemente molto
bene del rapporto che si era instaurato fra lei e il principe. Non perdeva
occasione per tirare fuori l’argomento e scrutare le sue reazioni ogni volta che
quel nome veniva pronunciato.
“Esisteranno sicuramente anche altri
mezzi. Sono dell’idea che la violenza genera solo altra
violenza”.
Xato scoppiò in una grassa risata: “E
quali sarebbero questi altri “mezzi”? Un bel paio di gambe per caso? O delle
dolci parole d’amore?”. Continuò a ridere sfacciatamente.
Quell’uomo era veramente odioso. Con
poche parole era riuscita ad indispettirla, turbarla, ferirla insieme. Ma non
aveva intenzione di fare il suo
gioco.
“Vado a letto… buonanotte” disse la
ragazza con l’intenzione di chiudere la conversazione.
Si girò, ma un braccio da dietro le
cinse la vita.
“Comunque la proposta di prima rimane
sempre valida” fece l’uomo.
Anemone si divincolò e corse
rapidamente via, fino alla sua stanza. Si accertò che la porta fosse ben chiusa
e si infilò a letto.
Le amiche dormivano
profondamente.
“Ci mancava il cavaliere dai bollenti
spiriti” pensò.
Almeno però quello spiacevole
incontro notturno l’aveva distolta un tantino dalle sue pene.
La stanchezza l’assalì e finalmente
anche lei si addormentò.
- continua
-
Note: I pensieri notturni di
Anemone riguardano alcune esperienze vissute su Sephiro, quindi possono essere
chiari a chi abbia visto l’anime (alcuni momenti sono presenti anche nel manga).
Comunque non risultano importanti ai fini dell’economia della
storia.
Per KIRBY: Innanzitutto grazie dei
complimenti e dei tuoi consigli…saranno sempre ben accetti.
Per quanto riguarda il commento
al I Cap., hai trovato descrizioni più attente e particolareggiate su di
Anemone, perché è lei la protagonista, come avevo precisato in premessa. In
questa fic vorrei cercare di mettere a nudo i suoi pensieri e il suo modo di
essere, come è cambiata negli anni e come affronterà le nuove esperienze che
l’attendono. La storia d’amore (o
di guerra… chi lo sa) con Ferio sarà il filo conduttore. Vorrei soprattutto non
trascurare di costruire una storia che crei anche una certa suspence e sia ricca
di colpi di scena. Perciò non ti rammaricare se ci sarà meno spazio per le
altre: le mitiche CLAMP hanno creato dei personaggi belli e molto complessi, che
meriterebbero ognuno il ruolo principale ed per questo che non voglio rischiare,
chiamandoli tutti a protagonisti, di renderli superficiali e inconsistenti, ma
piuttosto concentrarmi bene su uno
solo di loro.
Per quanto riguarda la reazione
di Luce.. tranquilla.. è
sempre innamorata di Lantis; però
sai bene come fosse legata da profonda amicizia a molte persone su Sephiro. Fra
queste certamente anche Rafaga. Il suo, dunque, è un grido di
sconcerto.
Con riferimento agli
aggiornamenti, spero di riuscire a pubblicare almeno un capitolo a
settimana…baci e a presto!
|
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Capitolo 5 *** L'inizio di un nuovo viaggio ***
capitolo terzo
CAPITOLO
V
L’inizio di un nuovo
viaggio
Dall’oblò posto in alto nella stanza,
penetrava un raggio di sole
dispettoso.
Anemone aprì gli occhi.
“Buongiorno” fece una vocina accanto
a lei. Due occhi azzurro cielo la stavano osservando.
“Ciao Marina, buongiorno a te!”
rispose Anemone.
“Buongiorno amiche mie” continuò una
terza voce squillante.
Le ragazze si alzarono; la notte era
stata tranquilla, salvo che per quel fugace incontro, di cui Anemone non avrebbe
fatto parola alle amiche, reputando il comandante solo uno sbruffone da cui
stare alla larga.
Si lavarono e vestirono, scambiandosi
qualche cuscinata, cercando di non iniziare la giornata con pensieri tristi:
sapevano che ben presto, di momenti di serenità ce ne sarebbero stati ben
pochi.
Si avviarono verso la sala reale. Lì
Guruclef le attendeva, in compagnia, manco a dirlo, di
Xato.
Questi subito rivolse un sorrisino
malizioso ad Anemone, come a ribadirle ancora una volta la sua “generosa”
offerta di compagnia.
“Oddio” pensò la ragazza “mi sento
male solo al pensiero”
“Buongiorno cavalieri magici,
riposato bene?” disse quasi a prenderle in giro.
“Si grazie” rispose Marina che prese
per buona la sua domanda.
Luce interruppe quei convenevoli:
“Allora Guruclef, cosa pensi di fare… hai già in mente
qualcosa?”
“Basora è stata distrutta e ormai lì
non c’è più nulla da fare. Ho inviato le truppe a Fenora, che si trova non molto
distante. Sono preoccupato è una delle città più ricche e soprattutto vi vengono
prodotte molte delle spade e delle armature che compongono il nostro
equipaggiamento. Non a caso Presea è lì ad occuparsi dei nostri rifornimenti.
Per questo, Luce, ti ho detto che presto l’avreste incontrata. Voglio che la
raggiungiate e difendiate la città se necessario. Spero che, anche grazie a lei,
riusciate a risvegliare Rayearth, Windam e Feres. Forse così avremo delle
speranze”
“Che bello rivedremo Presea” fece
Marina, che ingenuamente aggiunse “E se invece cercassimo di incontrare
direttamente Ferio e Rafaga, forse potremo provare a farli
ragionare!”
Xato scoppiò in una scomposta risata:
“Così ci massacrano tutti! Ragazzina, guarda che Ferio e compagni sono ben
organizzati… sono molte le persone che sperano di trarre vantaggi se il loro
dominio dovesse affermarsi. Il loro castello è una vera roccaforte e adesso come
adesso non avremmo nessuna speranza. Rafaga è sempre stato uno dei migliori
spadaccini del regno…e beh, per quanto riguarda Ferio è riuscito ad accrescere i
suoi poteri grazie agli insegnamenti di uno spirito malvagio.. è lui il più
pericoloso.. sa unire l’uso della spada con sapiente magia nera. Per non parlare
poi del fatto che hanno al loro servizio un esercito fedele. E voi se non
risvegliate i managuerrieri, sarete solo dei teneri fiorellini da strappare e
gettare al vento”.
“Certo sei davvero incoraggiante!”
esplose Anemone. E’ vero ne aveva le tasche piene dei modi di Xato… ma
probabilmente la innervosiva di più sentire tutte quelle cose su
Ferio.
“Ma io non voglio che vi accada
nulla” rispose con fare sarcastico.
Sembrava quasi che le amiche non si
rendessero conto che in molte delle sue frasi c’erano continue punzecchiature e
doppi sensi. Forse perché era lei l’oggetto preferito del suo
scherno.
Guruclef intanto portò all’attenzione
delle ragazze una piccola boccettina, lunga poco più di uno spillo ed estrasse
una piccolissima pergamena. La srotolò, ed essa magicamente divenne grande quasi
quanto il tavolo su cui era stata poggiata. Le ragazze avevano dimenticato
quante sorprese potesse riservare loro Sephiro.
Era una cartina: su di essa era
rappresentato l’intero regno.
“Ecco questo è il nostro castello,
mentre qui si erge la fortezza del principe Ferio” spiegò
Clef.
Le due roccaforti erano situate agli
antipodi, sui punti estremi di un’immaginaria diagonale che tagliava in due il
pianeta.
“Ecco, Basora e Fenora sono qui”. Le
due città, o meglio Fenora, e quanto restava di Basora, erano molto più vicine a
loro che al quartier generale nemico.
“Voltando la cartina è sempre
possibile conoscere la propria posizione” disse il saggio.
“Wou” eslamò Luce “guardate ragazze,
ora sul retro è rappresentato il castello di Clef, cioè dove ci troviamo
adesso”.
“Cavolo, è meglio di una navigatore
satellitare” fece ironica Marina. La sua battuta fece sorridere, ovviamente,
solo Luce ed Anemone.
Guruclef si voltò e si allontanò di
qualche passo dal tavolo, per permettere alle ragazze di guardare meglio, ma
Xato con un gesto stizzito la riavvolse facendola tornare alle sue originarie
dimensioni.
“Non potremmo averne una, Clef? Ci
tornerebbe utile per il viaggio” chiese Anemone.
“Mi spiace” rispose pronto Xato “ma
ne esistono pochissimi esemplari. Le altre le hanno i miei uomini fidati e
questa serve a me. Ma non preoccuparti, non vi perderete per i boschi di
Sephiro, io sarò sempre al vostro fianco”.
“E’ una promessa o una minaccia?”
fece un po’ velenosa Anemone.
Il guerriero non riuscì a nascondere
di non aver per nulla gradito la battuta della ragazza.
Luce, resasi conto che la tensione
stava salendo, intervenne: “Allora quando partiamo?”
“Subito” disse Guruclef. Poi rivolse
un sorriso rassicurante alle ragazze e continuò “Vi affido a Xato. E’ un po’
rude e i suoi modi possono sembrare scostanti, ma è un ottimo guerriero, so che
vi aiuterà nei momenti difficili, anche a costo della sua vita.. con lui accanto
a voi sono tranquillo!”.
“Mah…” pensò Anemone, ma cercò di
sforzarsi “speriamo che sia forte almeno quanto è borioso e
tronfio”.
“Seguitemi”. Il comandante si diresse
verso la porta.
Le ragazze, con gli occhi lucidi si
apprestavano a salutare il saggio. E lui: “Mi raccomando siate prudenti e non
dimenticate il potere che è dentro di voi… dovete solo risvegliarlo”. Poi si
avvicinò e diede loro le armi che le avevano aiutate nelle precedenti battaglie
su Sephiro. Si trattava del guanto magico che portava al di sopra il fatato
gioiello con i colori che rappresentavano i cavalieri: il rosso per Luce, il blu
per Marina ed il verde per Anemone.
Sul loro petto apparve la leggera
armatura; ai piedi gli agili stivali.
Luce, emozionata, estrasse la spada
custodita all’interno del gioiello: “Grazie Clef... non so voi ragazze, ma io mi sento meglio
ora”.
Discesero nell’ampio spiazzo alle
spalle del castello. Là si era riunito Xato con un gruppo di uomini.
Non c’era dubbio che quella che
dovevano affrontare era proprio una guerra: armature che rifulgevano ai raggi
del sole, spade fedeli riposte nelle guaine, viveri e bevande per le fatiche del
viaggio.
Anemone alzò lo sguardo verso il
cielo, a godere un attimo del tepore mattutino. Ma una figura rapì la sua
attenzione. In una delle tre torri che formavano il castello, sporto leggermente
da una finestra, assisteva ai preparativi un individuo sinistro. Il mantello
nero lo avvolgeva completamente; un cappuccio tirato su impediva alla ragazza di
scorgere le fattezze del suo viso.
Seppur non era più che una macchia
nera senza forma che sporcava il bianco del castello, Anemone ebbe la netta
impressione che lui, accortosi di essere stato visto, si tirò immediatamente
dentro.
La ragazza non ebbe il tempo però di
rifletterci su, un latrato la fece sobbalzare: “Cavaliere, quando hai finito di
contemplare il cielo, sarebbe il caso di partire”. Fece Xato con un tono finto
melenso.
Ormai aveva capito che il comandante
non avrebbe smesso di tormentarla, e quell’avventura, anche per questo, non
sarebbe stata affatto facile.
Gli animali con cui avrebbero
viaggiato, erano una sorta di cavalli col muso più schiacciato e le gambe più
esili; in compenso però un paio di splendide ali spuntavano dai loro
fianchi.
“Se li fate volare si stancano
rapidamente. Perciò procederemo via terra, salvo ovviamente situazioni estreme”
disse Xato rivolto alle tre ragazze.
Anemone si avvicinò all’animale che
le era stato consegnato: “E così io e te saremo compagni di viaggio” gli
sussurrò, facendogli una carezza. Sapeva che avrebbe capito i suoi comandi e che
in caso di bisogno le sarebbe stato un fedele compagno. Quest’ultimo, quasi a
leggere i suoi pensieri rispose con un verso molto simile ad un
nitrito.
Si incamminarono come una lenta
processione.
Marina, Anemone e Luce avanzavano
vicine, in silenzio.
Usciti dal castello attraversarono
una verde vallata. Per quanto il prato fosse rigoglioso si capiva che l’armonia
che era regnata in passato si era spezzata. Non c’erano animali di strane forme
a fare capolino fra l’erba… nessun verso si udiva in lontananza. Solo lo
scalpitio degli animali che montavano.
Viaggiarono diverse ore finchè Xato
non diede ordine di fermarsi lungo un ruscello per permettere a tutti di
rinfrescarsi, cavalli alati compresi.
Anemone moriva dalla voglia di fare
alcuna domande all’arrogante comandante. In fondo fin quando si trovava davanti
agli altri, si sarebbe trattenuto dal farle proposte indecenti. L’importante era
non restare sola con lui. Si fece coraggio, spinta dalla curiosità e speranzosa
di non doversene pentire.
“Xato” cercò di porsi nel modo più
gentile possibile, ma comunque con voce ferma e sicura “posso farti una
domanda?”.
“Certo mia
cara!”
“Una volta arrivati a Fenora, cosa
faremo nell’ipotesi in cui le truppe nemiche non si facciano vive” chiese così
Anemone.
“Per prima cosa ci riforniamo di
armi, poi riorganizziamo la difesa della città. Presea ci potrà dire
probabilmente come è stata distrutta Basora. Dopodichè, se tutto è tranquillo,
ripartiremo alla volta di Kabalà. Questa volta Ferio, con l’assalto a Basora si
è inoltrato troppo nel nostro territorio… ma la pagherà.. giuro che prima o poi
la pagherà!”
Il cuore di Anemone era sobbalzato al
nome del principe.
Come poteva riuscire a considerarlo
un nemico da battere! Eppure in qualche modo avrebbe dovuto fare. Se i suoi
sentimenti la facevano sussultare quando veniva chiamato in causa, cosa sarebbe
successo se se lo fosse trovato di fronte! Solo immaginare quest’eventualità la
sconvolgeva… Cosa avrebbe provato? Dolore? Gioia? Tristezza? O forse….quella
parola che cercava di cancellare dalla mente?
“Il nostro obiettivo per ora deve
essere quello di ristabilire una sorta di parità territoriale, dopodichè vedremo
il da farsi, sperando che voi ritroviate i poteri. Ti avverto Anemone questa
sarà una battaglia spietata, lo scontro sarà duro e sanguinario…spero che voi
siate pronte a ciò”.
“Non preoccupati ce la faremo”.
Si stava meravigliando di come Xato
si fosse comportato in maniera ineccepibile, quando dovette subito
ricredersi.
“Ah e mi raccomando, se dovessimo
incrociare sulla nostra strada il tuo principino, stanne lontana.. per ora solo
io posso contrastarlo. Non sarai certo tu a fargli cambiare i suoi progetti… Non
vorrei profanasse con la sua spada il tuo bel corpicino… sarebbe un vero
peccato!”
Anemone inghiottì il rospo. Xato era
indisponente, ma risultava essere colui che avrebbe dovuto guidarle e da cui
poter avere notizie indispensabili.
E poi, sapere che il comandante forse
aveva ragione nel dire che lei non avrebbe potuto fermarlo, quantomeno a parole,
o che Ferio addirittura potesse farle del male, l’aveva piuttosto
intristita.
“Grazie” si limitò a dirgli e pensò.
“Beh per ora può bastare”.
“E’ stato un piacere. Qualsiasi altra
“curiosità” dovesse venirti.. sai che puoi rivolgerti a me” fece con sguardo
significativo.
Anemone sospirò, dirigendosi verso le
sue amiche.
Intanto, alquanto in lontananza, in
un accampamento nascosto nella fitta vegetazione, argomenti molto simili erano
all’ordine del giorno.
“Allora, quali sono le novità?” disse
il giovane.
Era alto, magro ma muscoloso, le
spalle ampie; il petto era cinto da una argentea armatura; un mantello blu notte
cadeva dalle spalle; dello stesso colore era l’uniforme da battaglia che gli
fasciava il corpo.
Il volto portava i segni dei
combattimenti; il suo sguardo era fermo e volitivo.
Il suo interlocutore titubò un
momento, al che lui lo incalzò: “Allora Rafaga, mi
rispondi?”
Rafaga, un tempo a capo delle guardie
personali della principessa Emeraude, dopo che Lantis era misteriosamente
scomparso, si decise a parlare: “Ferio, Basora è stata distrutta… ne resta solo
un mucchietto di polvere”.
Il principe accolse impassibile la
notizia.
Rafaga continuò: “Beh c’è
qualcos’altro che dovresti sapere. Sono giunte notizie dalla nostra spia. E’
stato tempo di arrivi al castello del vecchio saggio. Tre fanciulle… anzi… tre
cavalieri magici”.
Stavolta Ferio non nascose un certo
stupore, ma fu un attimo; riassunse immediatamente l’espressione dura di poco
prima.
“Allora che intenzioni hai adesso?”
fece Rafaga
“I piani non cambiano… ci spostiamo
alla volta di Kabalà!” rispose.
“D’accordo avverto gli
uomini!”
Ferio restò solo con i suoi pensieri:
“E così siete tornate… non sapete neanche cosa vi attende… quante insidie ci
sono dietro l’angolo!”.
La sua mente, inevitabilmente, si
ritrovò a pensare a lei. A quella ragazza che aveva scavato nella dura corazza
che lui aveva creato per difendersi dalla sofferenza. A colei che era riuscita a
toccare le corde della sua anima e a cancellare l’ombra della solitudine dal suo
cuore, con la sua semplicità e la sua dolcezza. A quella tenera creatura che
voleva proteggere ed amare.
Molto tempo era passato dall’ultima
volta che i loro sguardi si erano persi l’uno in quello dell’altra. Da quel
momento in cui si erano scambiati una promessa d’amore, prima che un bagliore
l’avvolgesse e la riportasse sul suo pianeta.
E molte cose erano cambiate da
allora.
Scagliò un pugno contro una roccia.
Piccole crepe si formarono nel punto che aveva colpito. “Avresti fatto meglio a
restare sulla Terra” disse con un filo di voce.
- continua
-
Per Kirby: grazie della recensione… sei
sempre molto gentile e carina.
Per quanto
riguarda Ferio… non posso dirti nulla, se non che anche io faccio il tifo per il
principe… sono troppo bellini lui e Anemone!
Spero che
avrai la pazienza (o il coraggio, potrebbe dire qualcuno) di continuare a
seguire la fic! Baci
|
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Capitolo 6 *** Uno strano incontro. ***
cinque anni dopo
CAPITOLO VI
Uno strano
incontro.
Finalmente la sera
giunsero in una piccola città.
Anch’essa doveva aver
vissuto l’incubo della guerra: alcune case erano distrutte, un silenzio
raggelante correva per le vie e della popolazione calda di Sephiro nessuna
traccia, solo volti incupiti e diffidenti che, sospettosi, si voltavano al loro
passaggio.
La maggior parte degli
uomini si era accampata fuori dalle mura della città. Le tre ragazze, Xato e
qualche suo fedele subalterno si diressero verso la prima locanda, desiderosi di
mettere qualcosa sotto i denti e di trovare un letto comodo. Avrebbero riposato
poco però: il comandante aveva già avvertito che l’indomani, all’alba, sarebbero
ripartiti.
Le ragazze erano
completamente a pezzi. Tutte quelle ore di viaggio avevano indolenzito i muscoli
delle cosce, per non parlare delle loro povere schiene: una sedia e un piatto
caldo sembrava in quel momento quanto di meglio la vita potesse
offrirgli.
Entrarono. Il tepore
dell’ambiente, misto ai profumi della cucina inebriava i sensi intorpiditi degli
astanti.
Anemone, Luce e Marina
si accomodarono ad un tavolo; Xato e gli altri si sedettero al
bancone.
“Allora fanciulle cosa
posso servirvi” fece una donna di mezz’età.
E Marina: “Quello che
vuole.. abbiamo così fame che mangeremmo qualsiasi cosa”. Resasi conto che le
sue parole potevano essere fraintese, aggiunse “Ogni volta che siamo state su
Sephiro, abbiamo sempre assaggiato cibi buonissimi, sono sicura che anche qui è
tutto delizioso”.
La donna la guardò con
aria stralunata, non le capitava tutti i giorni di servire persone che
provenivano da altri pianeti… anzi non le era mai successo! Ma se ne andò senza
far domande.
Al bancone però una
persona si era voltata. Xato lanciò un’occhiataccia a Marina, chiaramente con
l’invito a tenere la bocca chiusa.
Appena il comandante si
rigirò, la ragazza gli cacciò la lingua, facendo divertire le
compagne.
“Certo che quell’uomo è
sempre di una simpatia travolgente!” fece Anemone
ironica.
“Si…però ho notato che
fra te e lui c’è un certo feeling” ribattè Marina “in fondo è proprio un bel
ragazzo… un po’ burbero… ma davvero un fisico tutto muscoli” disse guardandola
ammiccante.
“Ma sei impazzita! Non
c’è persona che mi faccia saltare i nervi più di quella… è borioso, arrogante e
io non lo trovo così attraente come dici tu!” disse con aria un po’
sdegnosa.
“Beh chi disprezza, vuol
comprare!” aggiunse Luce.
“Luce, ti ci metti pure
tu!”
Marina continuò: “Ah
quindi vorresti dire che non è gran bell’uomo…già… scordavo tu non hai occhi che
per Ferio!”.
Le parole le morirono in
bocca.
Il viso di Anemone
impallidì improvvisamente.
Marina dispiaciuta cercò
di scusarsi, ma l’amica la rincuorò: “Non ti preoccupare, non hai detto nulla di
male! E poi devo abituarmi a pensare che questa volta, se saremo in difficoltà,
non potrò sperare nel suo aiuto… anzi è lui il nostro nemico…e quando lo avremo
di fronte non dovrò dimenticarlo” disse con amaro
sorriso.
Scese il silenzio al
tavolo delle ragazze… nel frattempo qualcuno… un po’ più in là… aveva ascoltato
con vivo interesse il discorso delle tre.
La loro cena arrivò, e
con essa tornò anche il buon umore. Marina per farsi perdonare, cercò di
rallegrare Anemone, iniziando a tormentare Luce, rubando dal suo piatto
succulenti pezzi di carne, alla sua minima distrazione. Luce per dispetto aveva
trangugiato tutto lo sciroppo di frutta di Marina, fra le urla isteriche di
quest’ultima.
“Come farei senza di
voi, amiche mie…Certo che, però, più che tre cavalieri magici sembriamo tre
bambine dell’asilo” pensò sorridendo e guardando avanti a sé vide Xato che
alzava il calice verso di lei, a mo’ di simbolico
brindisi.
Anemone rispose con un
cenno della testa. Meglio far buon viso a cattivo gioco: inimicarsi il
comandante avrebbe significato non poter più chiedergli le informazioni che le
servivano.
Mentre le ragazze
continuavano la loro cena, Xato, e il suo fido Taro che lo seguiva come un
cagnolino, uscirono dalla locanda a sgranchirsi le gambe, al che Luce esclamò:
“Ragazze, ma secondo voi, potrei chiedergli se sa qualcosa in più su dove possa
essere Lantis?”.
Anemone guardò l’amica:
negli occhi aveva una luce molto
simile a quella che lei sapeva accendersi nei suoi, quando pensava a Ferio. Una
luce che stava diventando fioca, perché non c’era più il suo principe ad
alimentarla.
“Sì però cerca di non
dare a vedere quanto ci tieni a lui, non voglio che il comandante ferisca i tuoi
sentimenti… magari inserisci la domanda in un discorso più vago e generale” le
suggerì Anemone.
“Dai, andiamo, ti
accompagno” fece Marina tirandola per un braccio.
“Io, intanto vado in
bagno ragazze”. Probabilmente se fosse andata anche lei, Xato avrebbe dato
maggiore sfoggio del suo sadismo.
Dopo un po’ di tempo,
non vedendo rientrare le amiche, decise di andare da
loro.
Uscì dall’osteria, ma
non scorgendo nessuno si diresse verso il retro della
costruzione.
Sentiva il ciarlare di
Luce e Marina e il ribattere del comandante, però prima di svoltare l’angolo e
raggiungere gli altri, qualcosa la bloccò.
I suoi calzoncini si
erano impigliati in un chiodo sporgente: se avesse cercato di liberarli con la
forza li avrebbe probabilmente strappati: così provò con delicatezza a sfilare
la stoffa dal ferro che la avvinceva.
Mentre lei maneggiava lì
dietro, Marina e Luce si allontanavano dalla parte opposta: evidentemente
avevano concluso la loro chiacchierata con Xato, rimasto solo con
Taro.
“Quelle ragazzine fanno
un po’ troppe domande per i miei gusti” fece il comandante “mi raccomando
tienile sempre sotto controllo, non vorrei andassero in giro a ficcare il
naso…devono restare sempre con noi, potrebbero riservarci qualche
sorpresina!”
“Non si preoccupi, sarò
ben attento!” rispose l’altro uomo.
Anemone si appiattì
contro il muro e nel farlo il chiodo le graffiò la gamba. Ma doveva evitare di
essere vista da Xato proprio in quel momento, e così, al diavolo il
pantaloncino, con un colpo secco si liberò del piccolo gancio metallico e si
diresse a ritroso verso l’ingresso della locanda.
Marina e Luce, intente a
parlare non si avvidero neanche che Anemone era appena rientrata, proprio da
dove erano venute loro un attimo prima e quando l’amica si sedette al tavolo,
Luce le disse con voce bassa : “Purtroppo Xato non sa nulla di Lantis, o forse non mi ha voluto dire
niente per non turbarmi”.
“Come no…” pensò
Anemone.
“Invece ci ha detto che
Presea sta bene… era stata ferita in battaglia, ma si è già ripresa. Sai ha
parlato molto di noi a Xato”.
“Mi fa molto piacere”.
Ma Anemone, per quanto tenesse alla loro vecchia amica, non riusciva a non
ripensare alle parole del comandante, al modo in cui le aveva pronunciate: “Non
voleva che loro “ficcassero il naso”, ma dove? cosa voleva
nascondere?
La sua confusione
aumentava.
Da un lato c’era da
tener conto che Xato non si era mai dimostrato interessato a quello che loro
potessero pensare, ed era sempre pronto a sputare veleno sulle persone che
avevano conosciuto e amato su Sephiro; quell’uomo non le aveva sin dall’inizio
ispirato una gran fiducia e quanto aveva sentito poco prima non poteva che
avvalorare i suoi dubbi.
Dall’altro però,
Guruclef non le avrebbe mai messo in mano al comandante, se non avesse avuto
piena stima di lui
Ciò che poi le ronzava
nella testa era che quei suoi sospetti non fossero alimentati da seri indizi di
verità nascoste, che Xato non aveva loro rivelato, quanto piuttosto dal
desiderio di trovare un appiglio a cui afferrarsi per sperare che ci fosse una
qualche spiegazione di quello che stava succedendo sul pianeta… di ciò che aveva fatto
Ferio.
Anemone era immersa nei
suoi pensieri, mentre Luce e Marina si diressero verso il bagno. Aveva deciso di
non dire niente… era inutile dare loro altri pensieri e poi avrebbe fatto la
solita figura di quella che si preoccupa per
niente.
Xato non era rientrato,
così Anemone si avvicinò al bancone. “Mi scusi mi può dare un po’
d’acqua”
“Certo” fece l’oste
versandole da bere.
“Ho notato che molti
edifici sono stati distrutti… io non sono di queste parti… mi chiedevo com’è
successo” fece timidamente.
L’uomo la guardò. Lei
era la tipica ragazza che ispirava fiducia alla gente e che con la sua
gentilezza sapeva anche conquistare i cuori più duri. Lo sapeva bene un certo
principe.
“E’ la guerra,
signorina. Chi ne paga le conseguenze è la gente indifesa, che vorrebbe solo
vivere tranquillamente” le rispose l’oste. Sembrava molto nervoso, quasi
spaventato.
“Mi dispiace… Ma dovete
aver fiducia, c’è anche chi lotta perché su Sephiro possa tornare la pace!”
ribatté Anemone.
“Ah davvero… beh non mi
sembra che nessuno abbia fatto molto per noi”
“Ma Guruclef è…
“
Ma l’uomo la interruppe:
“Guruclef? Il vecchio saggio se ne sta rinchiuso nel suo castello e che cosa fa
per noi?”
La donna che le aveva
servite e che era lì vicino, sembrava condividere quelle
idee.
“Di cosa state parlando
così animatamente?” La voce potente di Xato fece sobbalzare sia Anemone che
l’oste.
“Niente.. mi stavo
complimentando con la loro cucina… ho mangiato deliziosamente” mentì la ragazza.
L’uomo al bancone, dal canto suo sembrò sollevato da quella risposta, visto che,
mentre Xato era distratto, rivolse un cenno di ringraziamento ad
Anemone.
Intanto ancora una volta
degli occhi e delle orecchie indiscrete non si erano persi nulla di quella
discussione.
Marina era già sotto le
coperte che ronfava profondamente. Luce anche si era cambiata e si stava
infilando a letto. Solo Anemone era ancora vestita a pensare agli ultimi
avvenimenti.
“Dai spogliati e mettiti
a dormire, non faremo molte ore di sonno e domani ci attende un’altra giornata
faticosa” disse Luce mentre poggiava la testa sul
cuscino.
Nonostante la
stanchezza, Anemone voleva cercare di dare un senso alle cose, ma era convinta
che le mancassero troppi pezzi del mosaico.
“Luce, ma tu non trovi
che Xato sia un po’ strano?”
“In che senso…uaaaa”
chiese la ragazza sbadigliando.
“Non so… non mi
convince. Fa un po’ troppo il misterioso…. Poi non ci ha mai chiesto nulla di
noi…Insomma lui non ci conosceva, ma non ci ha mai fatto nessuna domanda…
neanche sulle nostre precedenti permanenze su Sephiro!
”
Non udendo risposta si
voltò verso Luce: era già sprofondata in un sonno
pesante.
Sorrise e si lasciò
andare sul cuscino, con gli occhi rivolti al soffitto. “Mah… la popolazione
sembra allo sbaraglio… Non hanno più fiducia in Guruclef.. e anche Xato non
sembra attirarsi molte simpatie…. beh questo però è normale… con i suoi modi. Ma
che sta succedendo su questo pianeta?”
Già… Sephiro sembrava
destinato a non trovare pace da quando Zagato aveva sconvolto gli equilibri del
sistema. Chi lo sa se aveva mai pensato che la sua decisione di liberare
Emeraude dal suo destino avrebbe comportato tutte quelle conseguenze per il
pianeta. Mah forse era troppo innamorato per porsi il
problema.
Troppo innamorato. Al
punto da mettersi contro tutto e tutti e forse con la consapevolezza che quella
scelta l’avrebbe portato a morte certa.
Pensare queste cose
avrebbero potuto anche scatenare in lei qualche invidia… ma non era così. Sapeva
che anche Ferio più di una volta aveva messo a repentaglio la sua vita per
lei.
Così nel deserto, quando
aveva rischiato di finire nelle fauci del mostro di Ascot. E ancor più quando
aveva assaltato l’astronave della principessa Aska per riportarla su Sephiro.
E a quei ricordi restava
aggrappata… nessuno glieli avrebbe portati via… non Xato… non Guruclef.. e
nemmeno colui che era stato il protagonista di quei
momenti.
Quello era il vero
Ferio… l’unico e il solo Ferio… che lei aveva amato e che nessuno poteva
portarle via.
“ANEMONE”
“Chi
sei?”
“Non ha
importanza!”
“Sto
sognando?”
“Lo sai che su Sephiro i
sogni e la realtà possono essere molto vicini… quello che desideri nel tuo cuore
può anche realizzarsi se ci credi!”
"Io credo di
conoscerti... sei Windam vero?"
“Te l’ho detto…non ha
importanza…”
“Cosa devo fare…come
posso aiutare Sephiro?”
“Nello stesso modo in
cui puoi aiutare te stessa”
“E
cioè?”
“Ascoltando il tuo
cuore… è lì la tua forza… non dimenticarlo mai cavaliere magico
dell’aria”
“Ma io non posso…non
posso dare ascolto al mio cuore… lui non vuole capire… e io non posso lasciarlo
fare…”
“E invece solo dandogli
ascolto… vedrai la verità”
“E se invece lui dovesse
ingannarmi?”
“Non avere paura… lascia
che sia lui a guidarti… lascia che sia lui a trovare la
strada.”
“Ma
io…”
Anemone aprì gli occhi.
Doveva essersi addormentata. Era ancora vestita e sdraiata sul letto non
disfatto.
Si alzò, non sapeva bene
per quanto aveva tenuto gli occhi chiusi. Ma sicuramente doveva al più presto
mettere il pigiama e infilarsi a letto se non voleva rischiare il giorno dopo di
essere ancora più a pezzi di quello che non era
già.
Mentre però cominciava a
sfilare la maglietta, attraverso le sottili pareti, udì dei rumori provenire
dalla camera accanto, che, per quanto ricordasse, era quella di
Xato.
Sembrava che qualcuno la
stesse rovistando da cima a fondo; si sentivano i cassetti e gli armadi che
venivano aperti, setacciati e poi richiusi.
Doveva dare un’occhiata.
Uscita nel buio
corridoio, si avvicinò alla porta della camera.
Era socchiusa. Con la
mano molto delicatamente la sospinse in avanti, per capire cosa stesse
succedendo all’interno.
La stanza era illuminata
fiocamente e Anemone riuscì solo a scorgere un’ombra che spulciava l’interno di
un forziere, intenta evidentemente a trovare
qualcosa.
Non era di certo Xato,
si trattava di una persona molto più bassa ed
esile.
Anemone si fece avanti,
ma in quel preciso momento la porta scricchiolò, facendo sobbalzare sia la
stessa ragazza, che la figura che aveva di fronte.
Questi con un balzo fu
davanti alla soglia e Anemone potè vederlo: “Ma che ci fai tu qui? Chi
sei?”
Aveva davanti un
bambinetto che doveva avere all’incirca dieci o dodici anni, capelli e occhi
nerissimi. La sua maglietta aveva uno strappo su di un braccio e i calzoni corti
lasciavano scoperte le ginocchia, che recavano due profonde
sbucciature.
Il ragazzino estrasse
una spada dal fodero che portava a tracolla e la puntò al collo di Anemone:
“Zitta, se fiati sei morta!”
La ragazza, nonostante
fosse a pochi centimetri dalla lama, non si sentiva affatto impaurita: “Non
voglio farti del male…non preoccuparti. Ma se il comandante Xato ti trova qui,
allora si che potresti essere nei guai”
Ma non fece in tempo a
pronunciare queste parole, che alle sue spalle, come se lo facesse apposta ad
arrivare nel momento meno opportuno, tuonò la voce del guerriero: “Dannato
moccioso che ci fai nella mia stanza?”
Il ragazzino preso alla
sprovvista aveva indietreggiato. Xato invece scostando bruscamente Anemone era
entrato nella camera e aveva sguainato la propria
spada.
“Xato… ma sei impazzito…
è un bambino” gridò la ragazza, ma non era servito a nulla, il guerriero si era
già scagliato contro di lui.
Il ragazzino ebbe però
il riflesso di afferrare una coperta poggiata ai piedi del letto: gliela gettò
addosso e con una capriola superò l’uomo e uscì di colpa dalla
stanza.
Xato strappò via la
coperta dal volto e si gettò imprecando all’inseguimento del
bambino.
Anemone non aveva avuto
il tempo di rendersi ben conto di quello che stava succedendo, che li vide
sfrecciare come due saette fuori dalla camera.
Non ci pensò due volte e
cominciò a corrergli dietro: Xato sembrava parecchio arrabbiato e visto il modo
con cui aveva attaccato il ragazzino, Anemone temeva potesse fargli del
male.
Si lanciarono giù per le
scale e uscirono dalla locanda: la notte era fredda e buia, tutto taceva intorno
e le invettive di Xato risuonavano nell’aria.
“Xato fermati… che vuoi
fargli” gridò Anemone, ma l’uomo non si voltò nemmeno a guardarla, continuando
ad inseguire il bambino.
Corsero per alcuni
minuti e Anemone ormai stava perdendo i due dal suo campo
visivo.
Si erano lasciati le
case alle spalle e si stavano così inoltrando nella fitta vegetazione che
circondava il paesino.
Si ritrovò accerchiata
dagli alberi: l’aria umida penetrava fra i tessuti leggeri dei suoi vestiti;
intorno era tutto nero, non una luce, e neanche una stella a illuminare quella
notte.
Doveva trovarli; non
poteva lasciare il ragazzino fra le grinfie di un quel comandante
infuriato.
- continua -
Mmh... cara Kirby mi dispice ma non ti lascerò scoprire tutto
tanto facilmente... dovrai continuare a seguire la mia ficcy! Un
bacio
|
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Capitolo 7 *** La strada del cuore ***
CAPITOLO
VII
LA STRADA
DEL CUORE.
Senti il cozzare delle spade e corse
nella direzione dello scontro. Xato, infatti, poco più in là, scagliava
colpi poderosi nei confronti del ragazzino, ma complice anche il poco spazio a
disposizione e gli alberi a fare da scudo, il piccolo combattente sembrava
cavarsela bene. “Ora ti faccio a fettine, maledetto, fermati e accetta di
perire per mano della mia spada” gridava Xato.
“Non ci penso neanche, sono troppo
giovane per tirare le cuoia”. Ma una radice sporgente tirò al ragazzino un
bruno scherzo: il suo piede andò ad incastrarsi sotto e lui ruzzolò a terra,
lasciandosi sfuggire di mano la spada, che volò lontano fra i rovi. Xato,
approfittando del momento propizio, gli fu subito vicino, alzò la sua lama in
cielo, caricando il colpo. Il bambino, rimasto senza difesa, istintivamente
afferrò un tronco portandoselo al petto, pur sapendo che nulla avrebbe potuto
contro il duro ferro. Chiuse gli occhi. Sentì soltanto il sibilo
dell’arma del comandante che fendeva l’aria per poi andare ad infrangersi contro
qualcosa di altrettanto resistente.... e non certo quell’esile legno che aveva
in mano. Una spada scintillante aveva bloccato il colpo di Xato, appena in
tempo. Sollevò le palpebre e vide davanti a sé la fanciulla che poco prima aveva
minacciato. Anemone, cogliendo di sorpresa Xato, ancora sbigottito per
l’inaspettato intervento, con un colpo di spada riuscì a fare indietreggiare di
qualche passo il guerriero. Cosa che permise al ragazzino di rialzarsi e di
riappropriarsi della sua arma. “Xato ma non vedi che è solo un bambino” fece
Anemone, cercando di far ragionare il comandante. “Ehi, io non sono un
bambino” protestò il piccolo combattente. “Non ti immischiare, queste non
sono cose che ti riguardano.. vattene” disse bieco l’uomo nei riguardi della
ragazza. “Non me ne vado finché non lo lasci in pace e non mi prometti di
non fargli del male” rispose decisa. Ma quelle parole non avevano sortito
alcun effetto sul comandante che già si rifaceva sotto minaccioso. “Scappa... va
via” fece al ragazzino senza voltarsi, per non perdere di vista Xato. Ma si
sentì tirare per la mano: “Andiamo” gridò il piccolo. Anemone istintivamente
cominciò a corrergli dietro: “Ehi, ma dove mi stai portando?” “Beh tu hai
salvato me e ora io salvo te da quello scimmione, o vuoi restare a fargli
compagnia?”
Quelle parole risvegliarono
spiacevoli ricordi nella mente della ragazza: sola in un bosco, di notte, con
Xato. Non ci teneva proprio a fare quell’esperienza. Il ragazzino aveva
ragione... meglio darsela a gambe. Ma certo era che il comandante non aveva
intenzione di lasciarli andare via così facilmente. Era dietro di loro con la
spada sguainata a falciare i rami che gli rallentavano la corsa, gridando, quasi divertito: “Dove andate..
la foresta è piena di pericoli.... di mostri ributtanti... forza, lasciatevi
prendere. Cavaliere fermati faccio fuori solo il nanerottolo, per te ho ben
altri progetti”. Anemone cominciò a correre più veloce tirandosi lei dietro
il piccolo compagno di fuga. Ma improvvisamente sentì il suolo mancarle
sotto. Cominciò a scivolare sul terreno che degradava per diversi metri,
fino a che non si ritrovò distesa a terra e senza sapere bene come, col
ragazzino che le aveva fatto involontariamente da cuscino.
Yaris cacciò fiori la testa dal
fango: “Sei… sei comoda….io non
tanto..” disse sputando terriccio “….non si direbbe, ma non sei così
leggerà”. Anemone si scostò subito e aiutò il ragazzino a
rialzarsi.
“Ti sei fatto male... perdonami ...
non so come...” disse mortificata. “Senti Xato non ci metterà molto a
raggiungerci, troverà una via più comoda per acciuffarci, quindi, bando alle
scuse, andiamo!” fece, riprendendo la corsa. In effetti il comandante, resosi
conto del dirupo, si era arrestato giusto in tempo ed era alla ricerca di un
meno impervio passaggio. Anemone e il ragazzino con passo svelto
ricominciarono invece a districarsi per il labirinto di rami e foglie. “E
così vieni da un altro pianeta?” disse dopo un pò, spezzando il silenzio,
Yaris. Anemone si fermò, era esausta e con le mani sulle ginocchia tirava
grandi boccate d’aria, per riprender fiato: “E tu... come lo sai?” Anche il
ragazzino ansimava notevolmente: “L’ho sentito alla
locanda!”
Si rimise dritta, con la mano su un
fianco: “Ehi lo sai.. che non sta bene origliare i discorsi altrui!” “Io non
origliavo era la tua amica che gridava”. Beh in effetti come dargli torto,
la voca di Marina aveva un raggio d’azione non indifferente. “Da quale
pianeta provieni?” le chiese. Dopo un attimo di titubanza, replicò: “lo...
io vengo dalla Terra”. A quella risposta il ragazzino si impensierì: “Dalla
Terra hai detto... mnih... ma non è il posto da cui provenivano i cavalieri
magici?” Il ragazzo restò con le labbra semiaperte, di fronte a quella
possibilità che andava profilandosi nella sua mente. “E ... a detta di tutti avevano le sembianze di
tre fanciulle... ma...” Ora la bocca era completamente spalancata: “Non
dirmi... che sei... no... non è possibil..” “Si, sono uno dei Cavalieri
magici!” Il piccolo cacciò un mezzo urlò, che soffocò con le sue stesse
mani, a meno che non volesse offrirsi a Xato su di un piatto d’argento.
“Wou... sono al cospetto di un cavaliere leggendario!” disse sottovoce e
ancora incredulo per quella scoperta.
Anemone sorrise di fronte allo stupore
del ragazzino, ma era inquieta: “Credi che Xato ci stia ancora cercando...
dovremmo cercare di tornare in città”. Ma la sua domanda restò senza risposta.
“E che centri tu col principe Ferio?” le chiese a bruciapelo. Anemone
arrossì visibilimente:”E tu... tu che ne sai?” balbettò.
“Te l’ho detto… vi ho sentite…” le
ribadì
“Ecco, non è proprio che sto cercando
Fer… ehm il principe Ferio… vedi lui..” farfugliò, con le gote che intanto
prendevano fuoco.
“Senti a me non interessa perché lo
cerchi e che vuoi da lui… so solo che io ho bisogno di trovarlo… quindi se vuoi”
il ragazzino arrossì un po’ a sua volta “potremmo cercarlo
assieme!”
Anemone, istintivamente, gli chiese:
“Tu perché devi trovare il principe?”
Il ragazzino incrociò le braccia:
“Beh io non chiedo a te e tu non fai domande a me, è questo l’accordo se
vuoi”
Anemone sorrise: le pareva così
buffo, piccolo nell’aspetto, ma con quel piglio a voler fare
l’adulto.
“Allora che ne
dici?”
Marina e Luce erano state svegliate
dal trambusto che avevano sentito provenire dal corridoio.
E avevano subito riconosciuto la voce
di Anemone, prima ancora di accorgersi che non era nel suo
letto.
In fretta si erano vestite per capire
cosa stesse accadendo, ma uscite nel corridoio non avevano visto nessuno: non
potevano sapere che le fonti del baccano si erano già precipitate fuori dalla
locanda.
Erano scese e avevano chiesto spiegazioni all’oste, ancora intento a
rassettare il locale.
“Beh io visto soltanto un ragazzino
che scappava, inseguito dal comandante e dalla vostra
amica…”
Non sapevano darsi una
spiegazione.
“Cosa credi sia accaduto” le fece
Marina.
“Non è ho la più pallida idea, mi sa
però che è meglio se ci diamo una mossa.” E così dicendo si avviarono fuori
alla ricerca della loro amica.
In lontananza avevano sentito delle
voci e così erano uscite anche loro dalla città per inoltrarsi nella
foresta.
“Mamma mia, questo bosco è
spaventoso!” disse Marina scossa da un brivido.
Luce cercò di tranquillizzarla, anche
se non trovò il migliore dei modi: “Dai è solo che non essendoci stelle sembra
tutto buio e inquietante!”.
Ma dei rumori provenienti da un
cespuglio lì vicino le fece sobbalzare entrambe.
“Calma fanciulle” quella voce
sardonica era ben conosciuta.
Le ragazze dopo un attimo di
smarrimento riconobbero infatti il comandante.
“Xato.. dov’è Anemone?” disse
preoccupata Luce.
Spiegò così di quella visita notturna
del marmocchio nella sua camera, del fatto che lui stesse minacciando Anemone
con la spada, dell’inseguimento nella foresta.
Poi aggiunse: “Ho paura che la vostra
amica abbia creduto che veramente volessi fare fuori il moccioso. Avevo solo
intenzione di dargli una bella lezione, per scoraggiarlo a riprovarci un’altra
volta, non vorrei che fosse lui a farle del male…”
“Dobbiamo trovarla, Marina corri” e
senza pensarci due volte Luce cominciò a tirarsi dietro l’amica, senza neanche
badare se Xato stesse ancora parlando.
Anemone sentì il suo cuore accelerare
di fronte all’invito del ragazzino ad unirsi a lui.
“Io comunque mi chiamo Yaris… e non
c’è bisogno che tu ti presenti…”
“Hai sentito alla locanda il mio
nome…” aggiunse la ragazza
“Giusto” le confermò
Yaris.
Anemone restò qualche secondo in
silenzio: “Io in realtà sono diretta con le mie amiche e con il comandante Xato
a Fenora. Dovremmo riorganizzare la difesa della città in caso di attacchi
nemici!”
“Quindi Xato fa parte degli amici?”
chiese con un sorrisino sulle labbra.
“Beh può sembrare strano… ma si
dovrebbe essere così” disse incerta.
“Beh auguri allora!” le rispose,
volgendole le spalle e facendo per andarsene.
“Aspetta Yaris”
Il ragazzinò si
voltò.
“Ma è vero quello che si dice… sul
principe Ferio?” disse, portandosi le mani al cuore.
“Perché tu che hai
sentito?”
Anemone deglutì: “Ecco… che è
diventato un guerriero spietato, in cerca solo di potere?”
Il ragazzino incrociò le mani al
petto: “Beh io non ne so molto di quello che sta succedendo su Sephiro, posso
dirti solo che il mio villaggio è stato distrutto e che devo trovare il
principe!” disse con voce sicura.
In quel momento sentirono un crepitio
provenire da una siepe alle loro spalle e il loro istinto gli suggerì di
sguainare le spade.
Ma la sorpresa fu grande per i due
quando si videro comparire davanti due fanciulle… non due fanciulle qualsiasi…
ma due cavalieri magici.
“Oh amiche mie!” fece Anemone
abbracciandole.
“Anemone ci hai fatto prendere un
colpo, ma dove eri finita” disse preoccupata Luce.
Ma Marina alla vista di Yaris si
staccò da loro e avvicinatasi a lui, gli gridò: “Allora sei tu il mascalzone che
vuole fare del male alla nostra amica!”
“Ehi bada a come parli!” fu la
risposta offesa del ragazzino “io non ho intenzione di farle…” Ma era stato
già raggiunto da uno scappellotto della ragazza: “I bambini come te dovrebbero
stare nel letto a dormire e a sognare la mamma!”
Il ragazzo digrignò i denti e stinse
i pugni, ma Anemone intervenne prontamente: “Marina no… non mi ha fatto del
male… ti assicuro!”
Yaris guardò il cavaliere dell’acqua
con sguardo beffardo, chiaramente soddisfatto dell’intervento della
ragazza.
“ Xato invece ci ha detto che lui ti
aveva minacciato” aggiunse Luce, spiegando loro la versione dei fatti che era
stata data dal comandante.
“Farabutto…ha avuto anche il coraggio
di dire che non voleva torcermi il collo…” esclamò Yaris “… io comunque me ne
vado non ho intenzione di appurare che vi ha detto una bugia! Addio!”.
E stava quasi per sparire nella
foresta quando una voce lo raggiunse: “No aspetta ti
prego!”.
Anemone aveva pronunciato quelle
parole senza neanche pensarci, direttamente… con il cuore.
Era lui ormai ad aver preso il
controllo della situazione. Probabilmente era come diceva quella voce nel sogno…
non si può sfuggire a ciò che si desidera sinceramente.
“Ragazze devo dirvi una cosa!” fece
con voce tenue.
Luce capì subito che non era semplice
per Anemone proferire le parole che aveva a fior di labbra, così si avvicinò e
le mise una mano sulle spalle; con delicatezza le disse: “Avanti, sai che fra
noi, possiamo dirci tutto”
Lo sguardo caldo delle amiche la
incoraggiò: “Ragazze io sento che devo fare una scelta… è il mio cuore che me lo
sta imponendo… e so che se non lo faccio me ne pentirò!” disse con una lacrima
che le scendeva dal viso.
Anche Marina le si fece più vicina
per farle sentire il suo sostegno.
Prese fiato e disse: “…Io devo sapere
la verità… devo trovare Ferio… e non importa se poi saprò che tutto quello che
ci hanno detto Clef è Xato è vero… non importa se per lui non conto più niente…
ma restare qui… a domandarmelo ogni secondo mi sta facendo impazzire. Preferisco
rassegnarmi alla realtà che illudermi con l’incertezza!”
disse.
Marina e Luce restarono in silenzio
sapendo che questa era solo la premessa di quello che stava per comunicare
loro.
“Io devo andare con Yaris, sento che
è la mia strada”.
Cominciò a piangere più forte: “Ma
non posso né chiedervi di venire con me perché so che voi dovete svolgere il
compito a cui io egoisticamente mi sto sottraendo… né voglio lasciarvi sole…
perché se dovesse succedervi qualcosa io ne morirei… ma è più forte di me… sento
che questo bambino non per caso è incappato nel mio
cammino...”
Marina commossa
l’abbracciò.
Luce invece, con gli occhi lucidi, le
sorrise e le disse: “Devi andare amica mia… se è quello che senti… devi
andare…”
Anemone la guardò con profondo
affetto. Anche per Luce era un dolore dividersi, ma, come le sue amiche, sapeva
bene che non si poteva sfuggire alle regole di Sephiro. Su quel pianeta erano il
cuore e il desiderio a comandare.
“E non stare in pensiero per noi,
prenditi cura di te” aggiunse.
Marina si staccò: “La mia opinione
non conta a niente vero… non serve che io mi opponga?”
“Già… a quanto pare vale meno di zero” aggiunse
Yaris.
Marina gli fu vicino come una furia e
gli diede un altro scappellotto: “Ehi tu fai poco lo spiritoso e sappi che se
succede qualcosa ad Anemone ti riterrò responsabile e ti verrò a
cercare!”
“Ahia” urlò il ragazzino “sei proprio
una strega!”
“Strega a me… se ti prendo!”
E mentre Marina rincorreva su e giù per il bosco Yaris, Anemone faceva
le ultime raccomandazioni a Luce: “Non dovete fidarvi di nessuno, solo di voi
stesse. Soprattutto guardatevi da Xato, io prima…” Ma Luce la interruppe:
“Non ti preoccupare terrò gli occhi aperti, ma tu non stare in pena. Xato è pur
sempre un uomo di Guruclef, e anche se è strano o nasconde qualcosa non ci
farebbe mai del male. Li conosci poi i poteri di Clef no… sicuramente avrebbe
letto le sue intenzioni malvagie se ce ne fossero state!”
In effetti il discorso di Luce non
faceva una piega.
“Piuttosto Anemone stai tu in
guardia. Io conosco i tuoi sentimenti per Ferio, per questo… non lasciare che ti
offuschino la mente… mi raccomando”
Ma la ragazza già sapeva che se mai
fosse riuscita a trovarlo, la sua vita potrebbe anche essere stata in pericolo.
E questo pensiero la addolorava profondamente.
“Vogliamo andare o aspettiamo che
anche il comandante ci venga ad augurare buon viaggio!” disse il ragazzino con
Marina che intanto cercava di strozzarlo.
“Non ti preoccupare… lo depisteremo
noi!” e rivolgendosi ad Anemone “ Ciao amica mia… ci rivediamo
presto!”
“Stanne certa” le rispose, prima che
da dietro Marina la circondasse con le braccia.
“Vedi di stare attenta, non farci
stare in pensiero!” disse con la voce che tremava un po’
“Vi voglio bene… saremo lontane solo
col corpo!” aggiunse Anemone guardando Luce e carezzando la mano di
Marina.
“La finiamo con queste smancerie e
andiamo o no?” le interruppe Yaris.
Così Anemone si inoltrò nel bosco,
col suo nuovo compagno di viaggio, allo stesso tempo triste e in colpa per essersi separata dalle
amiche, agitata per la nuova avventura che stava per avere inizio, e spaventata perché il giorno della verità era più
vicino.
“Ma tu hai idea di come fare a
trovarlo… io non so neanche orientarmi per questi boschi?” chiese la
ragazza.
Yaris sghignazzò: “Credi che mi fossi
avventurato nella stanza di Xato, così per caso?” fece ed estrasse una
boccettina dalla tasca. Era la cartina magica che aveva visto al castello di
Clef.
- CONTINUA
-
Cara Kirby, spero che non ti dispiaccia
troppo che le abbia fatte separare… ma non ti preoccupare… butterò sempre
l’occhio su quello che combinano Luce e Marina. Un
bacio!
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Capitolo 8 *** Alla ricerca del principe ***
CAPITOLO VIII
ALLA RICERCA DEL PRINCIPE
Una goccia di rugiada fresca lottava contro i primi raggi mattutini, che
seppur timidi già scaldavano il sottobosco di Sephiro e tutte le creature
magiche che lo popolavano. D’improvviso la fogliolina su cui la trasparente
perla si era formata nella notte, si chinò sul suo stelo lasciando che la stessa
si irradiasse lungo le sue nervature, per ricadere come sottile pioggia su un
piccolo insetto che li sotto aveva trovato
riparo.
Poco più in là un altro fascio luminoso colpiva un intreccio di edera che
risaliva sul dorso di una piccola collina, ma non ne restava avvinto, riuscendo
a penetrare oltre, nel piccolo anfratto che si nascondeva sotto il verde
manto.
Lì due persone avevano trovato riparo, e non solo per proteggersi dalle
fredde temperature della notte, ma anche per evitare che un furente comandante
potesse comparire d’improvviso nei loro
sogni.
Anemone aprì gli occhi per richiuderli immediatamente: erano ancora
troppo abituati alle tenebre e all’oscurità di quel piccolo riparo che lei e il
suo nuovo compagno d’avventure avevano
trovato.
Provò di nuovo a tirare su le palpebre: vide così il piccolo Yaris che
dormiva ancora profondamente, con la maglietta che gli era venuta su
lasciandogli buona parte della pancia in bella vista e nella mano stretta la
cinghia con cui si legava sulla schiena la spada, come per tenersi pronto a
brandire la sua arma per fronteggiare qualsiasi indesiderato ospite notturno
potesse presentarsi.
Lentamente si alzò e districandosi dal reticolo di foglie che
evidentemente aveva fatto buona guardia, uscì
dall’antro.
L’aria fresca e profumata arrivò fino ai suoi polmoni, per conferirle
nuovo vigore ed energia; il cielo era di un azzurro intenso, più carico e deciso
di quel timido celeste dei firmamenti estivi della Terra; e già si udivano gli
esseri viventi del pianeta che iniziavano la propria
giornata.
“Buongiorno” fece una voce ancora impastata dal sonno dietro di
lei.
Si voltò. Il piccolo Yaris sembrava un folletto uscito dalle favole dei
fratelli Grimm, con la sua folta chioma arruffata e i vestiti stropicciati,
mentre con le mani si sfregava gli occhi che non volevano saperne di
aprirsi.
“Buongiorno a te” fece sorridente la
ragazza.
Si sentiva decisamente più serena… molto più di poche ore prima, quando
fra le lacrime e i sensi di colpa si era addormentata sulla fredda roccia che
quel riparo aveva offerto loro.
Raccolsero dagli alberi carichi di frutta, la loro prima
colazione.
Mentre Anemone, a piccoli morsi, terminava il dolce pasto, Yaris
controllava la mappa che aveva sottratto a Xato nella sua incursione alla
locanda.
“Hai idea di dove dobbiamo cominciare le ricerche?” chiese cauta la
ragazza.
Yaris ruotò un paio di volte la cartina: “Beh… effettivamente… facendo un
rapido calcolo delle possibilità… mmh… sì dovrebbe essere
così…”.
“Allora?” chiese ansiosa.
“Ecco… in verità non ho la
minima idea da dove cominciare!” fece nascondendo il volto dietro la
pergamena.
Quando la abbassò, credendo di incrociare un viso arrabbiato, si ritrovò
di fronte a due grandi occhi verdi sorridenti: “Beh allora dovremo farci guidare
dall’istinto e sperare di trovare la via giusta!” fece incrociando le dita, pur
sapendo che quel gesto forse non voleva dir nulla per il
ragazzino.
“Dunque…” cominciò, afferrando delicatamente la cartina che Yaris aveva
in mano e portandola al centro in modo che entrambi potessero leggerla “per quel
che ne so l’ultimo posto in cui Ferio è stato avvistato è Basora. Xato ha detto di voler andare
a Fenora per rafforzarne le difese in caso di assalti alla città, il che vuol
dire che immaginava che lui fosse ancora nei paraggi. Quindi dovremmo
avvicinarci a questa zona e nella prima città chiedere un po’ in giro sue
notizie. Che ne dici?” gli chiese, alzando gli occhi dalla
cartina.
“Mi sembra chiaro ormai che cerchi il principe per chiarire questioni
sentimentali!”
Le gote della ragazza presero fuoco. Quel ragazzino riusciva sempre a
spiazzarla e imbarazzarla con le sue domande a bruciapelo, a metà fra
l’innocente e il malizioso.
“Mi avevi preso per scemo… tutte quelle lagne con le tue amiche… sul
doverlo incontrare…capire la verità… quanto conti ancora per lui…non è che ci
voleva un indovino… e poi parli del principe chiamandolo per nome… mi pare ovvio
che eravate abbastanza in confidenza…”
Anemone si strinse nelle spalle.
“E poi…”
“E poi?” chiese, quasi allarmata per quello che Yaris avrebbe
aggiunto.
“E poi quando si parla del principe ti si accende un luccichio negli
occhi..” disse con aria quasi disgustata.
“Quindi si vede così tanto?” fece rassegnata alla risposta che sapeva le
avrebbe dato il piccolo combattente.
Tutti i tentativi che aveva fatto per cercare di soffocare i suoi
sentimenti erano chiaramente stati ancor più vani di quanto potesse
immaginare.
“Beh diciamo che se ti mettessi ad urlare Ferio ti amo per tutto il
bosco, sarebbe più o meno la stessa cosa… almeno può darsi così spunta fuori e
noi non dobbiamo far troppa fatica a cercarlo!”
Si misero in marcia. Basora, ormai distrutta, Fenora che presto le
sue amiche avrebbero raggiunto, e Kabalà verso cui Xato aveva detto di volersi
dirigere una volta sistemate le cose a Fenora, formavano i vertici di un
triangolo, quasi equilatero.
Certo era, però, che calcolare le distanze in termini di giorni di
marcia, non sarebbe stato facile.
Per di più loro avrebbero dovuto tenersi a distanza dalle città in
questione, per evitare di imbattersi di nuovo nel
comandante.
Seguendo le indicazioni della cartina, Anemone e Yaris imboccarono un
sentiero che tagliava per la foresta, risalendo il corso di un
fiume.
“Yaris senti… ma i tuoi genitori non saranno in pensiero” disse,
ponendogli una mano sulla spalla.
Il ragazzino si fermò di scatto assumendo un’aria contrariata, mantenendo
lo sguardo basso: “Mi è sembrato di essere stato chiaro… cerchiamo tutt’e due il
principe, ma senza far domande..”
Vedendo il viso contratto di Yaris, Anemone capì che avrebbe fatto meglio a
tenere la bocca chiusa: “D’accordo… scusami, non volevo
impicciarmi”.
Il cammino proseguì in silenzio, solo il cicaleccio degli insetti di
Sephiro accompagnava il viaggio dei due; Yaris avanti, Anemone poco più
dietro.
Quest’ultima cercava di cogliere un qualche particolare che potesse
evocare ricordi passati, di quelle lunghe traversate per il regno al fine di
trovare e risvegliare i geni managuerrieri. Ma per quanto si sforzasse, nessun
albero, cespuglio o ruscello gli sembrava diverso da quelli che aveva appena
superato.
Raggiunta la cima di una collina scorsero quello che doveva essere un
piccolo borgo, sicuramente abitato, perché dai comignoli si scorgeva chiaramente
fumo proveniente dai forni e dai camini.
“Yaris che città è, secondo te?”
Il bambino osservò meglio la cartina: “Non è segnata vedi” fece
permettendole di guardare “forse è troppo piccola, però più o meno in quella
direzione dovrebbe sorgere Fenora, a circa un giorno di marcia” indicando col
dito a mezz’aria, alla destra di Anemone.
Ridiscesero la vallata.
Avrebbero iniziato le proprie ricerche da lì, sperando che qualcuno
potesse fornire indizi utili.
Distanti a poco meno di un
giorno di cammino, altri viaggiatori si apprestavano a far ingresso nella
roccaforte di Fenora.
“Luce… Anemone starà bene vero, non abbiamo sbagliato a lasciarla andar
via da sola… o meglio come se fosse sola… capirai a quanto vale quel
marmocchio!”
Luce, accigliandosi guardò l’amica minacciosa: “Non le devi pensare
queste cose… Anemone è un cavaliere magico e una ragazza molto giudiziosa… sono
sicura che sta bene e non le accadrà nulla di
male!”
“Speriamo” ribattè un po’ rincuorata Marina. “Ma hai visto Xato com’è
nervoso… sembra non abbia digerito molto il fatto che Anemone non sia più qui
con noi… e meno male che noi gli abbiamo detto di non essere riuscite a
trovarla, altrimenti sai che storie ci
faceva…”
“Già… hai proprio ragione” aggiunse Luce “comunque fra non molto dovremmo
raggiungere Fenora e rivedere finalmente Presea… ho proprio bisogno di ritrovare
un volto amico…”
“Già… è un letto comodo, quello alla locanda ha finito di piegare le mie
povere ossicine”
Yaris e Anemone erano ormai quasi giunti alle porte della
città.
Il ragazzino cominciò ad aumentare il passo, forse desideroso di
raggiungere il centro abitato, ma d’improvviso si sentì tirare per un braccio.
“Hey ma…” a stento farfugliò mentre veniva trascinato dietro un
albero.
“Sssst…”
Anemone gli aveva tappato la bocca con una mano per impedirgli di
emettere alcun suono, e nel contempo cercava di scorgere in lontananza, da
dietro la grande quercia, quanto aveva messo in allerta i suoi
sensi.
Uno scalpitio di zoccoli sul selciato si avvicinava a loro. Anche Yaris
cominciò ad udirlo distintamente.
Tre uomini con mantelli neri che li ricoprivano fino al volto passarono
veloci in sella ai loro destrieri, sollevando una nube di polveri e di
ciottoli.
Passato il pericolo, Anemone liberò le labbra del ragazzino: “Hai idea di
chi fossero, Yaris?”
Ma la risposta fu vederlo tremare di un fremito misto di rabbia e paura,
mentre i suoi occhi si stringevano per impedire alle lacrime di salire in
superficie.
E senza dir nulla, cominciò a correre nella direzione da cui erano
spuntati quegli ignoti cavalieri.
“Yaris aspetta…” Anemone non poteva far altro che seguirlo e quando
furono vicini alla prima abitazione della città, lo vide acquattarsi dietro una
siepe, cercando di ricavarsi una visuale che gli permettesse di scorgere più in
là, quello che succedeva in quella piccola e silenziosa
cittadina.
“Yaris, ma…”
“Fa silenzio!” fu l’ordine autoritario che zittì la
ragazza.
Yaris, cominciò circospetto a sgusciare dietro ogni riparo che potesse
fargli da scudo, cercando, evidentemente di entrare nella città senza dare
nell’occhio. E Anemone prudente lo seguiva guardandosi le
spalle.
E quando dal retro di una casa, si stavano spostando in un viottolo
secondario, la ragazza vide il bambino fare immediatamente retro front e
gettarsi, trascinandosela dietro, a tergo di una grande
botte.
Altri due neri cavalieri gli
passarono avanti, parlottando fra di loro, e giusto la prontezza di Yaris, aveva
impedito che se li ritrovassero faccia a
faccia.
Dopodichè da una viuzza all’altra, sgattaiolando circospetti, si
avvicinarono al centro della città.
Nella piazza un gruppo di uomini aveva formato un cerchio attorno a due
persone.
“Allora vuoi dirmi quello che vogliamo sapere o devo farti
fuori”
Uno di quei neri cavalieri puntava la sua spada al collo di un uomo
inginocchiato al suo cospetto. Quest’ultimo, con sguardo basso ma dignitoso,
restava nel suo mutismo.
Una donna poco più in là piangeva, stringendo nelle braccia un
bambino.
“Maledetti” sibilò Yaris.
“Ma chi sono?” insistette per l’ennesima volta
Anemone.
“Sono stati loro… a distruggere il mio villaggio” e così dicendo
stringeva il fodero della sua spada, così forte che era ormai bianca come un
cencio, segno che il sangue non affluiva
più.
Il cuore di Anemone, nel vedere così il piccolo compagno di viaggio e per
il timore che incutevano quelle losche figure, prese a battere
vorticosamente.
Ma soprattutto perché credeva possibile che sotto uno di quei mantelli,
potesse nascondersi la persona nobile e generosa che amava e che mai avrebbe
pensato potesse brandire un’arma contro un
inerme.
Sentiva di nuovo d’improvviso le forze che scemavano.
- CONTINUA -
Chiedo scusa per l’enorme ritardo, specie a te Kirby che recensisci sempre la mia
storia…
Per Miki: sono contenta che
ti piaccia, abbi pazienza … cercherò di non farti aspettare
troppo.
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