All'aroma di cioccolato

di Onlyna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Nickname: Only_ (Only_Me)
Titolo della storia: 
All'aroma di cioccolato
Pairing: Scorpius/Rose, Albus Severus/Scorpius
Prompt obbligatorio: cioccolato fondente
Prompt facoltativi inseriti: libro, occhiali, gufo, rosso
Genere: romantico, commedia, malinconico
Avvertimenti: Het, Slash, Long-fic
Introduzione: Albus sa che la sua è una battaglia persa, ma ci prova lo stesso. Scorpius sa di non poter dire di no al cioccolato fondente.
Note dell'autore: delirio nato a causa del mio odio viscerale per la prima coppia segnata in alto e, viceversa, l'amore incondizionato verso la seconda. Spero che questo primo tentativo di long sia riuscito almeno un po'.

 

 

 

All'aroma di cioccolato

 

Capitolo uno

 

Quando era entrato a casa del suo migliore amico, Scorpius non si aspettava di trovarsi una scena del genere davanti: Albus pareva incredibilmente concentrato su qualcosa che Malfoy non poteva vedere, gli dava le spalle nonostante si fosse sicuramente accorto del suo arrivo - il suono della Materializzazione l'avrebbero potuto sentire anche in Scozia, per Merlino! -, ma la cosa che lasciò piuttosto interdetto l'altro ragazzo fu che il padrone di casa sembrava essere completamente nudo, a parte un grembiule rosso da cucina allacciato dietro la schiena, poco sopra il sedere.
– Al?
Scorpius aveva la gola secca, non riusciva a staccare gli occhi dal corpo dell'altro: perché, tutto d'un tratto, Albus doveva farsi trovare in quel modo proprio al suo arrivo? Cosa c'era di difficile da comprendere, nella richiesta dello stesso Scorpius di limitare i comportamenti ambigui?
Albus sapeva che il suo “migliore amico” aveva in programma di sposarsi con sua cugina Rose - una persona inutile, a suo parere, buona solo a far scoppiare le Pluffe altrui con discorsi senza senso conditi con paroloni di cui probabilmente non conosceva nemmeno il significato - il primo fine settimana di ottobre dell'anno successivo, ma non aveva intenzione di restare con le mani in mano mentre Scorpius si svendeva in quel modo solo perché non aveva il coraggio di affrontare davvero i suoi sentimenti.
– Oh, ciao, – salutò Potter, voltando appena il capo nella sua direzione con le labbra piegate in un sorrisino malizioso che colpì direttamente l'inguine dell'altro. – Non ti ho sentito arrivare, stavo preparando dei dolci. Ne vuoi assaggiare uno? Sono al cioccolato.
Scorpius non rispose, deglutendo a vuoto, perché aveva il presentimento che aprendo la bocca avrebbe di certo detto qualcosa di molto compromettente; si accorse con un certo stupore che i suoi pantaloni si erano fatti stranamente più stretti, l'imbarazzo lo fece arrossire fino alla punta dei capelli.
– Scorpius, va tutto bene? – domandò Albus, con un'espressione preoccupata che l'amico non seppe interpretare. Fece per girarsi del tutto verso di lui e andargli incontro, ma Malfoy lo bloccò con un'occhiata.
– Ho bisogno del bagno, – mormorò, dileguandosi in fretta nel corridoio.
Chiuse la porta sbattendola senza rendersene conto e vi si appoggiò contro con le spalle; aveva il respiro affannato come se avesse corso fino a quel momento, gettò un'occhiataccia ai piani bassi maledicendo il comportamento di Albus e le reazioni spropositate del suo corpo davanti alla nudità di Potter. Si sentiva un idiota, eccitato alla sola vista del sedere sodo ed invitante dell'amico, e in colpa per aver lasciato Rose da sola per andare da suo cugino e fare certi pensieri su di lui: doveva davvero esserci qualcosa che non andava per il verso giusto, nella sua testa.

 

Quando tornò in cucina, diversi minuti e con la situazione nelle mutande ritornata normale, trovò Albus davanti al tavolo con una teglia piena di palline di cioccolato: non era una novità vederlo cucinare, creare dolci era sempre stata una sua passione sin da quando era un ragazzino e tutti lo prendevano in giro per il suo hobby “da checca”. Nessuno dei loro compagni di dormitorio aveva mai avuto la possibilità di assaggiare quello che preparava, solo Scorpius aveva avuto il privilegio di gustare le sue prelibatezze.
Rimase fermo sulla soglia e lo guardò mentre spolverava una sostanza granulosa sopra il cioccolato, cercando di ignorare il fatto che fosse ancora nudo: era bello vederlo disporre con cura maniacale gli strumenti che gli sarebbero serviti per cucinare, la sua espressione sempre corrucciata si distendeva in una rilassata, sembrava che entrasse in un mondo tutto suo e che quello reale non lo sfiorasse più in alcun modo.
– Va meglio? – domandò Albus senza alzare gli occhi dai dolcetti, gli occhiali che scivolavano piano sul suo naso fino a fermarsi poco prima di cadere. Li tirò su con il dorso di una mano, in un gesto automatico che per Scorpius era diventato familiare: alcune cose non erano cambiate con il passare degli anni, quelle abitudini che aveva sin da piccolo e che con il tempo non erano variate erano sempre un toccasana per Malfoy.
Il ragazzo annuì, avvicinandosi piano al tavolo di lavoro dell'amico e sedendosi sulla sedia di fronte a lui.
– Festeggi qualcosa in particolare? – chiese accennando alla teglia con un piccolo sorriso che nasceva sulle sue labbra; Albus riservava il cioccolato solo per le occasioni importanti, diceva che era un elemento troppo nobile per essere utilizzato ogni giorno e in ogni torta, diceva che avrebbe perso importanza se fosse stato sfruttato troppo spesso.
– Sei qui, – rispose semplicemente Potter, appoggiando le mani al piano del tavolo e alzando gli occhi fino ad incrociare i suoi, serio. – È un'occasione speciale, no? Rose ti ha lasciato venire da me.
Scorpius fuggì il suo sguardo, uno spillo colpevole che si piantava nel suo cuore. Da quando lui e la sua fidanzata avevano annunciato alle loro famiglie di volersi sposare, il comportamento di Albus nei confronti della cugina era cambiato: sin da quando l'aveva sentita prenderlo in giro per la sua passione per la cucina, aveva cominciato a parlarle il minimo necessario, nel modo più scostante e antipatico possibile, ma i loro screzi si erano sempre e solo limitati a quello. Da quando, invece, aveva scoperto che la ragazza gli avrebbe portato via il suo migliore amico, era drasticamente peggiorato: nessuno, nella sua famiglia, aveva capito perché avesse cominciato a punzecchiarla crudelmente ad ogni pranzo di famiglia alla Tana e tutti avevano ovviamente preso le difese della ragazza, fino a lasciarlo solo nell'altro “schieramento”. Solo Lily, sua sorella minore, aveva compreso le sue motivazioni e gli era rimasta accanto.
Rose, dal canto suo, aveva intuito che i sentimenti di Albus verso il suo promesso sposo non erano di semplice amicizia e aveva fatto di tutto per guastare quello che rimaneva del loro rapporto: ogni volta che Scorpius le comunicava di voler andare a trovare suo cugino, la Weasley fingeva un malessere o cominciava a strepitare per non essere lasciata sola, e il fidanzato annullava puntualmente gli appuntamenti con l'amico per poter stare con lei e tranquillizzarla.
– Rose non sa che sono qui, – mormorò imbarazzato, pentendosi all'istante delle sue parole: con la coda dell'occhio vide i pugni di Albus stringersi fino a far sbiancare le nocche e il brivido che gli fece tremare le braccia tese. – Se glielo avessi detto non mi avrebbe fatto venire, – continuò, tentando di rimediare.
– Certo, – sibilò Albus afferrando malamente la teglia e la bacchetta che aveva posato lì accanto. Si voltò ed aprì il frigorifero con un incantesimo non verbale, spingendo i dolcetti in un ripiano completamente vuoto. – Da quando hai bisogno del suo permesso? Da quando è diventata tua madre? Per Merlino, Scorpius! Non sei un bambino, non hai bisogno che lei “ti lasci venire qui”.
– Non voglio che stia male, – tentò ancora Malfoy, senza rendersi conto di continuare a scavarsi la fossa.
– Certo, povero tesoro, – sbottò Albus inacidito, richiudendo il frigorifero con una manata. – Non ti sembra strano che stia sempre male quando le dici che dobbiamo incontrarci? Non pensi mai a quanto stia male io ogni volta che annulliamo un appuntamento perché tu devi rimanere a casa con lei?
Scorpius rimase in silenzio, gli occhi bassi e le mani sudate per la tensione; si asciugò i palmi contro i pantaloni, senza riuscire però a guardare l'amico in faccia.
– Mi dispiace, – sussurrò. – Forse è meglio che vada.
– Certo, scappa come al solito, – soffiò Albus con asprezza. – Vai da lei, dai, che altrimenti sta male.

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***


Capitolo due

 

Erano passate alcune settimane da quell'incontro, e Scorpius non si era più fatto sentire né vedere.
Pareva che stesse cercando di cancellarlo dalla sua vita e il suo comportamento non faceva che peggiorare ulteriormente l'umore di per sé tetro di Albus.
Quando era andato via, Smaterializzandosi salutandolo appena, Potter era rimasto immobile davanti al frigorifero con le mani che tremavano per la rabbia e il dispiacere: si era mosso per andare a vestirsi in camera da letto - checché ne potesse pensare Scorpius, lui non si era conciato in quel modo per cercare di traviarlo, ma solo perché non aveva calcolato bene i tempi e dopo la doccia si era reso conto che l'amico sarebbe arrivato a momenti e lui non aveva ancora finito di preparare i tartufi al cioccolato fondente e cocco che aveva deciso di fare proprio per l'arrivo di Malfoy - ma all'ultimo ci aveva ripensato ed era tornato indietro. Con il cuore che piangeva, aveva riaperto l'anta del frigo e con un incantesimo aveva fatto levitare la teglia fino a svuotarla nella spazzatura. Era la prima volta che gettava via le sue creazioni senza nemmeno assaggiarle, ma in quel momento gli sembrava l'unica cosa giusta da fare: non aveva nulla da festeggiare, anzi.
Lily aveva capito che qualcosa non andava quando, circa un mese dopo l'incontro tra Albus e Scorpius, aveva trovato il fratello maggiore raggomitolato sul divano del salotto con in mano un libro dal titolo incredibilmente deprimente e una coperta di maglia rossa - regalatagli sicuramente da nonna Molly - gettata sulle spalle per cercare di ripararsi un po' dall'umidità che entrava dalla finestra spalancata. Sembrava apatico, non l'aveva salutata al suo arrivo né si era tirato su gli occhiali - che in quel momento erano in precario equilibrio sulla punta del suo naso.
– Al, che hai? – gli chiese, dopo aver chiuso la finestra ed essersi accoccolata accanto al fratello costringendolo a chiudere il libro e posarlo sul bracciolo del divano. Sfregò il volto contro il suo collo, imitando un gatto, sperando di farlo sorridere come quando erano più piccoli o almeno di farlo allontanare infastidito: Albus non fece nulla, fissando il vuoto davanti a sé con un'espressione persa sul volto.
– Albus Severus Potter, – lo apostrofò allora la sorella, incrociando le braccia al petto e lanciandogli un'occhiataccia. – Dimmi immediatamente cos'hai. Non costringermi ad andare da Scorpius e farmi dire tutto da lui. Se Rose ha fatto di nuovo qualcuna delle sue stronzate questa volta la faccio finire al San Mungo!
– Non è colpa di Rose, questa volta, – ribatté pacatamente il ragazzo, senza cambiare posizione né guardare la sorella in faccia. – È Scorpius l'idiota. E pure io ho la mia bella parte di colpa.
– Da quando siamo nati ti prendi sempre tu la colpa delle cose, Al, non sono sicura di poterti credere nemmeno questa volta. Cosa potresti mai aver fatto per ridurti in questo stato? Giuro che appena Malfoy mi capita a tiro lo affatturo, – sbottò, addolcendo poi il tono mentre allungava una mano e cominciava ad accarezzargli i capelli corvini. – Andiamo, lo sai che puoi raccontarmi tutto. Che ne dici se intanto cuciniamo qualcosa? Ho un po' di fame, non mangio da ieri a pranzo.
– Neppure io, – rispose Albus, alzandosi dal divano come se in realtà non avesse molta voglia di farlo. – Dai, vieni. Se ti va posso prepararti il semifreddo alle fragole che ti piace tanto.
– Non siamo in periodo di fragole, – ribatté la ragazza, contenta di essere riuscita a smuovere un po' il fratello: se parlava di dolci, voleva dire che stava un po' meglio. – Ma se ne hai la scorta da qualche parte mi piacerebbe mangiare un po' del tuo meraviglioso semifreddo, sì.
Albus accennò un sorriso, indicando il balcone su cui una microscopica serra dava bella mostra di sé. La condusse al suo interno tenendola per mano come quando erano bambini: c'erano decine di piante in vaso disposte ordinatamente su dei tavolini in metallo e, al fondo della camera - resa immensa da un incantesimo -, vi erano le fragole.
– Sei un genio, – ridacchiò la ragazza, allungando una mano verso uno dei frutti e sfiorando appena la polpa rossa ed evidentemente succosa. – Chissà da chi hai ereditato la bravura in questo genere di magie: sia James che io siamo completamente negati, come mamma e papà.
– Non ne ho idea, ma sono contento di esserne capace, – ribatté lui, cominciando a cogliere le fregole e posandole in una terrina che aveva fatto levitare fino a lì con un altro incantesimo.

 

– Mi dispiace tantissimo, – mormorò Lily appoggiando il cucchiaino sul piatto macchiato di rosa. Albus aveva appena finito di raccontarle il suo ultimo incontro con Scorpius, dall'imbarazzo per essere stato trovato nudo nella propria cucina ed essere sicuramente stato frainteso, alla rabbia quando l'altro gli aveva detto di essere andato da lui in segreto, alla delusione di vederlo sparire senza poterlo né volerlo fermare in alcun modo, alla decisione drastica di buttare i tartufi di cioccolato nella spazzatura senza nemmeno averli toccati. Per quanto potesse sembrare stupido, i dolci erano qualcosa di sacro per Albus: non avrebbe mai avuto la forza né il coraggio di gettarli, in un'altra situazione. – Credo di aver sopravvalutato l'intelligenza di Scorpius, se davvero non ha capito quanto ti ferisce il suo comportamento.
Albus sorrise appena, affondando il cucchiaino nella sua parte di dolce alla fragola che non aveva nemmeno assaggiato: Lily era sempre così rapida nello schierarsi dalla sua parte, era il suo porto sicuro nella tempesta emotiva che l'aveva sorpreso in un momento di relativa quiete.
– Sono contento che tu sia venuta a trovarmi, – le disse, incrociando per la prima volta dal suo arrivo gli occhi castani della sorella. La vide sorridere dolcemente. – Grazie.
– Lo sai che ti voglio bene, Al, non mi devi ringraziare per questo.
Sparecchiarono la tavola in un silenzio non del tutto rilassato, incantarono le stoviglie perché si lavassero da sole e poi tornarono in salotto, sedendosi di nuovo sul divano color crema che troneggiava al centro della stanza.
– E, in ogni caso, tu non hai nessuna colpa, – commentò ad un tratto Lily, mentre il fratello accendeva la televisione sintonizzandosi su un notiziario babbano. Albus fremette appena, colto alla sprovvista dall'osservazione della ragazza. – Se la gente salta sempre alla conclusione sbagliata è perché non è in grado di pensare oltre all'apparenza: se avesse fatto un po' più di attenzione, Scorpius si sarebbe sicuramente accorto che avevi i capelli umidi o, non lo so, che nel bagno l'odore del tuo bagnoschiuma era più forte del solito. Sono queste le cose che ti fanno capire quanto una persona pensi alle cose prima di saltare alle ovvie e sbagliate conclusioni.
Albus fece cadere il discorso, lo stomaco stretto in una morsa dolorosa.

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre

 

Scorpius si fece vivo il giorno dopo la visita di Lily. Gli mandò un messaggio tramite il suo gufo grigio, chiedendogli se avesse voglia di incontrarlo per parlare un po' di ciò che era successo quella volta. Albus accettò di vederlo, non senza una sorta di timore rabbioso addosso, e gli diede appuntamento al fine settimana successivo, il primo di novembre, perché fino ad allora il lavoro al Ministero l'avrebbe assorbito completamente.
Il sabato mattina, quando Albus si svegliò, il suo naso captò subito il profumo di caffè appena fatto che arrivava dalla cucina. Si infilò svogliatamente un paio di pantaloni - di una tuta, probabilmente - e scese dal letto infilando i piedi gelidi nelle pantofole, poi si diresse verso la stanza ancora assonnato ma con la mente abbastanza lucida.
Scorpius stava versando il caffè e del latte in due tazze, incantate per mantenere alta la temperatura dei liquidi, e sul tavolo dava bella mostra di sé un sacchetto di carta con il logo di una pasticceria che il padrone di casa conosceva bene. Albus si sedette sulla prima sedia che gli capitò a portata di mano, allungando le gambe e trattenendo a stento uno sbadiglio quando si rese conto che era ancora incredibilmente presto per i suoi standard: l'orologio appeso alla parete segnava le otto e un quarto, la lancetta dei secondi ticchettava e andava avanti dolcemente, come se volesse ipnotizzarlo e convincerlo a tornare a letto.
– Merlino, Al, non ti avevo sentito arrivare, – esclamò Scorpius, tentando di tenere il tono più basso possibile nonostante la sorpresa di trovarselo alle spalle senza aver avvertito in alcun modo la sua presenza: sapeva che ad Albus dava fastidio sentire la gente parlare a voce alta già di prima mattina, lo faceva innervosire così tanto da rovinargli completamente tutto il resto della giornata - sin da quando erano piccoli. – Buongiorno, comunque, pensavo stessi ancora dormendo.
– Infatti, – bofonchiò Albus senza riuscire a trattenere l'impulso di sbadigliare ancora una volta. – Mi ha svegliato l'odore del caffè.
Scorpius accennò un sorriso, porgendogli una tazza e sedendosi accanto a lui.
– E io che volevo portarti la colazione a letto, – mormorò un po' imbarazzato, fissando la superficie marroncina del liquido caldo che riempiva la sua scodella senza trovare il coraggio di guardare l'amico.
– Non penserai davvero che basterebbe una cosa del genere per farti perdonare, vero? – domandò Albus un po' stizzito, ingollando un lungo sorso di caffellatte.
– No, non lo penso, – ribatté Scorpius prendendo il sacchetto di carta e, dopo avergliene mostrato il contenuto, lo esortò a prendere un croissant. – So che ti piacciono, li ho comprati nella pasticceria qui all'angolo; una volta mi hai detto che erano i migliori di tutta Londra.
– Lo sono.
Rimasero entrambi in silenzio, l'uno ancora troppo stanco per poter intraprendere un discorso serio e l'altro troppo nervoso per poter parlare senza balbettare per la tensione come non gli capitava da anni, finché Albus non si portò alla bocca il croissant e diede il primo morso. Masticò un paio di volte, poi si bloccò all'improvviso, avvertendo sulla lingua il sapore dolce e amaro del cioccolato fondente.
– Perché? – domandò stupito, voltandosi verso l'altro, senza davvero aspettarsi una risposta: quella parola gli era sfuggita prima che potesse rendersene conto.
Scorpius comprese e sorrise appena, allungando una mano fino ad accarezzargli il labbro superiore con un dito, ripulendolo delle tracce di zucchero a velo e cacao in polvere che lo sporcavano.
– Volevo festeggiare, Albus, – mormorò Malfoy, arrossendo suo malgrado - uno dei peggiori difetti dell'avere la carnagione molto chiara. – Con te.
Potter deglutì a fatica, il croissant al cioccolato ancora sollevato a mezz'aria a pochi centimetri dal volto.
– Cosa volevi festeggiare con me? – chiese con la voce leggermente arrochita. Temeva la risposta che l'altro poteva dargli, ma allo stesso tempo la sua fantasia aveva cominciato a galoppare, portandolo a sperare qualcosa che fino al giorno prima non aveva nemmeno osato immaginare.
– Rose ed io... – Scorpius ingoiò a vuoto, cercando le parole giuste. Gli occhi verdi dell'altro erano sgranati, dietro le lenti degli occhiali, le pupille molto più dilatate del normale, le labbra rosee appena schiuse, in attesa: Malfoy pensò di non aver mai visto nulla di più bello del viso di Albus in quel preciso istante. – Rose ed io abbiamo rotto il fidanzamento, – annunciò infine senza distogliere lo sguardo e, anzi, cercando di cogliere ogni minima sfumatura delle espressioni che si susseguivano sul viso dell'amico.
Albus spalancò ancora di più gli occhi, lasciando quasi cadere il dolce a terra, e sentì chiaramente il suo volto surriscaldarsi; si diede dello stupido - anche se aveva lasciato Rose non era detto che Malfoy fosse deciso ad impegnarsi con lui, anzi - per la serie di immagini che il suo cervello aveva prodotto contro la sua volontà.
– Perché? – domandò ancora una volta, senza riuscire, di nuovo, a trattenersi.
– Una fatina con i capelli rossi mi ha fatto capire quanto fossi ingiusto con te, con Rose e con me stesso negando i miei sentimenti e cercando di nasconderli, – sorrise Scorpius, un lampo di divertimento negli occhi celesti quando in quelli di Albus lesse la gratitudine verso la sorellina - sì, Lily non riusciva mai a farsi gli affari suoi, non poteva essere che lei. – Mi dispiace tanto, Al, – continuò poi, tornando serio.
Era una situazione paradossale, Albus si sentiva come se entrando in cucina un mattino avesse trovato le pareti chiare dipinte di rosso - la sua mente continuava a proporgli immagini demenziali.
– Io... – mormorò, abbassando gli occhi fino a posargli sul croissant pressoché intatto che teneva ancora in mano. Lo posò su un piattino pulito che Scorpius aveva fatto levitare poco prima sul tavolo, senza distogliere lo sguardo. – Non so cosa dire, – confessò. Era vero: aveva sognato ad occhi aperti quel momento per mesi, ma viverlo davvero era tutta un'altra cosa. Sentiva la lingua incredibilmente pesante, non trovava le parole per esprimere quello che stava pensando.
– Non importa, – disse Scorpius, arrossendo ancora - maledì un paio di volte i suoi geni - e prendendo a guardare a sua volta, con insistenza, il croissant di Albus. – Non voglio che ti senta in imbarazzo per qualcosa, Al, ti ho fatto star male abbastanza con il mio comportamento, – si alzò piano dalla sedia. – Forse è meglio che me ne vada, – mormorò.
– No, – lo fermò subito il padrone di casa, afferrando la manica del suo maglione e alzando gli occhi su di lui: sembrava che gli stesse chiedendo di non scappare ancora, con quel sorriso appena accennato che gli sollevava un poco gli angoli delle labbra. – Ti va di aiutarmi a preparare una torta?

 

Se qualcuno li avesse visti dall'esterno, probabilmente avrebbe pensato che fossero impazziti tutto d'un colpo: quanto poteva essere normale, per due nelle loro condizioni, mettersi a cucinare un dolce, rendendo tra l'altro la cucina un campo di battaglia?
Albus cercava di spiegare all'amico come preparare la base della torta, ridendo forte ogni volta che uno sbuffo di farina mista a uovo e zucchero si sollevava a tradimento dalla ciotola - gli stava facendo i dispetti come se fosse tornato improvvisamente ad avere dodici anni - e macchiava il viso di Scorpius o il grembiule celeste che gli aveva prestato. Malfoy aveva sul viso un'espressione appena schifata, che rendeva il quadretto ancora più comico, mentre affondava le mani nel composto molliccio che aveva preparato sotto gli occhi divertiti dell'altro.
– Se ti si appiccica alle dita, aggiungiamo un po' di farina, – sorrise Albus, voltandosi verso il bancone per prendere un'altra ciotola pulita dove preparare la guarnizione per la torta. Neanche a dirlo, al cioccolato fondente.

 

A un osservatore esterno quello che stavano facendo sarebbe parso una sciocchezza: ma, sin a quando Albus aveva cominciato a cucinare dolci, non aveva mai chiesto aiuto a nessuno per farlo.
Scorpius lo sapeva, sapeva di essere il primo a condividere quell'esperienza con lui: per questo si sentì pervaso da un'emozione nuova, quando si sedettero sul divano in salotto per assaggiare la torta che avevano preparato insieme.
Il sapore della torta assunse un significato nuovo per entrambi; e anche se si limitarono a scherzare e ridere come semplici amici, quel giorno cominciò la loro nuova vita.
Una vita all'aroma di cioccolato.

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