Lee Fletcher figlio di Apollo

di rihanna_21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


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*Capitolo 1*


Avevo cinque anni quando arrivai al Campo Mezzosangue per la prima volta. Ricordo di essere mano nella mano con una strana creatura dai piedi caprini. Tutto mi pareva così magico che un sogno non era niente a quello che i miei occhi stavano guardando in quel momento: c’era un sacco di gente che andava in giro impugnando delle spade e combattevano tra loro per allenarsi; c’erano delle ninfe che mi salutavano allegre e dei satiri che suonavano il loro flauto magico per far crescere le fragole. Ricordo che nell’aria alleggiava un forte odore di fiori e fragole, infatti c’erano molti campi fioriti. Io, sempre con la mano stretta a quella del satiro, camminavo in mezzo a quello scenario che si poteva vedere solo in un film di avventura.
Arrivammo ad un grande edificio a colonne greche dove c’erano un uomo robusto e un centauro che giocavano a carte appoggiati a un tavolino.

-Mi dispiace deluderla, ma la vittoria è nelle mie mani- disse l’uomo robusto.

-Non cantare vittoria, la partita non è ancora finita.- rispose il centauro.
Appena i due individui ci videro il satiro si avvicinò ai due lasciandomi in disparte per cinque secondi. Appena finì di parlargli il centauro si alzò: era molto alto, tanto che io indietreggiai impaurito. Il centauro sorrise.

-Non aver paura Lee, non ti farò alcun male. Io sono Chirone e dirigo insieme a questo signore, ovvero il signor D, il Campo Mezzosangue.

-Perché io sono qui al Campo Mezzosangue? Perché ci sono delle creature strane? Perché sei per metà un cavallo?- Chiesi ingenuamente con la mia vocina ancora da bambino. Chirone mi sorrise dolcemente e mi caricò sul suo dorso e cominciò ad andare al passo.

-Vedi, è naturale che tu abbia molti perché. Tu sei un semidio, ovvero mezzo dio e mezzo umano. Tua madre era una donna mortale e tuo padre è Apollo, il dio del sole e della profezia. Ci sono in tutto dodici dei dell’ Olimpo. Infatti qui abbiamo rispettivamente dodici case che ospitano tutti i figli degli dei. Alcune però sono vuote, perché alcuni dei non hanno fatto dei figli.
Ci fermammo davanti ad una casa luminosa che sembrava fatta d’oro. Sull’ingresso della porta c’erano tanti ragazzi che mi guardavano sorridendo.

-Qui è dove vivrai con gli altri tuoi fratelli: è la casa numero sette, nonché la casa di Apollo. Vai, ti stanno aspettando.- E così dicendo mi fece scendere dal suo dorso. Io, timidamente, mi avvicinai alla casa luccicante. I ragazzi che stavano sulla soglia mi salutarono allegramente e facendomi tante domante. Ciao, come ti chiami? Quanti anni hai? Da dove vieni? E così dicendo. Io ero confuso perché non sapevo a chi rispondere per primo.

-Ma lasciatelo stare! Non vedete che è piccolo ed è appena arrivato. Vi sembra il modo di accogliere un nostro fratello, branco di avvoltoi?- Disse un ragazzo alto e biondo con gli occhi azzurri. Gli altri lo mandarono all’altro paese e lui si avvicinò a me, mentre gli altri si raggruppavano attorno.

-Ciao piccoletto, io mi chiamo Jonathan ed ho sedici anni. Noi siamo tuoi fratelli. Benvenuto al Campo Mezzosangue! Come ti chiami?

-Mi chiamo Lee Fletcher ed ho cinque anni. Vengo dal Kentucky e la mia mamma morta perché un uccello strano e brutto... l’ha uccisa.
Jonathan guardò gli altri mentre vociavano furtivamente . Povero piccolo. Forse era una furia. Che vada all’Ade, maledetta! E così via. Jonathan mi guardò negli occhi e mi prese la mano.

-Da quanto abbiamo capito hai perso la tua famiglia, ma ora non disperare: la tua famiglia siamo noi. Vieni entriamo dentro: ti facciamo vedere dov’è il tuo letto.
Mi sentivo a mio agio con i miei fratelli: tutti erano affettuosi e simpatici nei miei confronti. Finalmente ora avevo una famiglia. Ero felicissimo.

***

Arrivò ben presto la sera: il sole stava lentamente scomparendo dietro le colline in un cielo arancione. Io e i miei fratelli ci dirigemmo verso un padiglione senza tetto, contornato da candide colonne greche, su una collina affacciata sul mare, con una dozzina di tavoli di pietra da picnic. Alcuni tavoli erano ricolmi di un sacco di gente. Noi ci sedemmo al tavolo di Apollo, così mi disse Jonathan. Attendemmo l’arrivo delle altre case e, dopodiché, ci fu servita la cena. Arrivato il piatto a tavola, i miei fratelli si alzarono.

-Perché vi alzate? Non dobbiamo mangiare?
Jonathan mi spiegò che dovevamo dare in sacrificio parte della nostra cena agli dei. Feci cadere nel fuoco metà bistecca e ritornai al mio tavolo per mangiare: ero affamato. A fine cena Chirone ci parlò

-Mezzosangue. Spero che la cena sia stata di vostro gradimento. Vi informo dell’arrivo di un nuovo membro alla casa numero sette: diamo il benvenuto al piccolo Lee Fletcher.- Tutti quanti si girarono verso di me applaudendo. Non avevo fatto niente di speciale, eppure tutti applaudivano. Chirone li fece smettere.

-Bene, ora tornate alle vostre capanne e dormite bene.
Tutti si alzarono, lo stesso facemmo anche noi. Non vedevo l’ora di dormire. Appena entrato mi sedetti sul mio letto: c’era il mio piccolo peluche preferito, un orsacchiotto marrone che chiamavo Tito. Mi misi sotto le coperte abbracciando il mio peluche. Jonathan si avvicinò a me.

-Come ti sembra il Campo Mezzosangue?- Io ci pensai un attimo e dissi

-E’ mitico. Adoro stare qui. Ci sono le ninfe, i satiri, i mezzosangue...- e così dicendo chiusi lentamente gli occhi e mi addormentai. Si spensero le luci della capanna numero sette e con essa anche il mio primo giorno al Campo. 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


*Capitolo 2*


L’indomani mattina fui svegliato da una mia sorella.
-Hei, piccoletto. E’ ora di alzarsi- e così dicendo mi arruffò i capelli. -Cosa? Perché devo alzarmi?- dissi ancora tra le braccia di Morfeo. –Inizia l’addestramento e oggi per te sarà il tuo primo giorno.- Così dicendo se ne andò. Mi sedetti sul letto e mi stropicciai gli occhi con i dorsi delle mani. Mi preparai e andai ad allenarmi con Jonathan.
-Perché dobbiamo allenarci?- chiesi a lui che rise e mi disse: - Sai che sei un bambino proprio curioso? Ma ti capisco se fai tutte queste domande: anch’io, quando sono arrivato qui per la prima volta, non capivo un bel niente. Comunque ci alleniamo perché se arrivano i cattivi, dobbiamo saperci difendere.- Annuii lo stesso, anche se mi immaginavo i cattivi simili all’uomo nero o al lupo cattivo... Comunque Jonathan mi porse una spada: era grande, forse più di me,e luccicava ai raggi del sole. La presi in mano, ma non avendo mai brandito una spada fino ad allora feci un pasticcio: l’arma sembrava posseduta e si muoveva incontrollabile. Non riuscivo a tenerla in mano; per poco non beccavo Jonathan che mi bloccò immediatamente.
-Ok, forse è meglio provare con una più piccola.- In effetti era una saggia decisione. Mi porse una spada più piccola, questa era più rifinita con dei ghirigori azzurrini sul piatto della spada. La presi in mano e questa volta rimasi fermo.
-Bene, ora che sai tenere in mano una spada, dovrai imparare ad usarla-
Passammo l’intera mattinata così e io imparai ad usare la spada. Ero contentissimo e ricordo che saltellavo allegro come un cerbiatto. Quella era la mia prima volta che brandivo una spada.
-Ciao Lee, come va?- ecco Chirone che avanzò verso di noi trottando. –Bene, signore- Gli dissi portando la mano sulla fronte come fanno i soldati. Chirone guardò Jonathan: perché ridevano? Chirone mi disse: -Figliuolo, non siamo mica in un campo militare: chiamami Chirone. Jonathan, avrei bisogno di parlarti- disse rivolgendosi al mio fratellone. Jonathan mi disse di rimanere nell’arena a fare qualche allenamento da solo. I due si allontanarono e io non sapevo bene che fare. Insomma, avevo ancora cinque anni e non ero ancora molto bravo a organizzare il mio addestramento. Presi la spada e lanciai dei fendenti a vuoto facendo volteggiare la mia spada nell’aria. Mi sentivo libero e felice.
Dopo qualche minuto Jonathan rientrò nell’arena e mi chiamò. Io mi diressi verso di lui.
-Cosa c’è? Non dobbiamo continuare ad allenarci?- chiesi e lui mi rispose –No, per oggi abbiamo finito. Ora dovrei parlarti per qualche minuto.-
Così dicendo ci dirigemmo verso il fiume delle canoe. Mi sedetti sull’erba fresca e Jonathan mi si sedette accanto.
-Vedi, piccoletto, questa sera ci sarà la caccia alla bandiera: siamo divisi in due squadre e ciascuna di essa possiede una bandiera. L’obbiettivo di ciascuna squadra è quello di rubare la bandiera alla squadra avversaria proteggendo nello stesso tempo la propria bandiera.
-Wow, sembra divertente!! Giocavo a un gioco simile con i miei amichetti del parco sotto casa mia.
-Vedi, quello che volevo dirti e che Chirone ha ritenuto opportuno che tu non partecipassi, perché a volte può risultare molto pericoloso per un ragazzo, figuriamoci per un bambino.
No! Io volevo giocare a quel bel gioco! Protestai ma Jonathan non fece una piega. Per convincermi mi disse che mi avrebbe regalato una spada. Non del tutto convinto annuii. Jonathan mi lasciò sulla riva con appuntamento a cena. Rimasi lì fermo e immobile a fissare il fondo del fiume: c’erano delle ragazze che mi salutarono con la mano. Io ricambiai il saluto.

***

Dopo cena tutti i ragazzi del campo si erano radunati per organizzarsi. Jonathan mi prese per mano e ci dirigemmo verso la casa numero sette. Uffa, io non volevo rimanere a fare la nanna in casa! Mi sedetti un po’ triste sul mio letto e misi la testa fra le mani.
-Mi dispiace piccolo Lee, quando crescerai potrai partecipare anche tu alla caccia alla bandiera. Mi raccomando non ti muovere di qui.- e così dicendo mi lasciò li da solo. Cosa potevo mai fare per passare il tempo? Presi tra le braccia il mio orsacchiotto e cominciai a parlare con lui come facevo di solito.
- Tito, siamo rimasti da soli io e te. Secondo me non è giusto che gli altri possano partecipare alla caccia e io no. Tutto questo solo perché io sono piccolo.
-Tuo fratello ha perfettamente ragione.- Per un secondo guardai Tito pensando che fosse stato lui a parlare. No, mi sbagliavo. Mi girai e mi trovai davanti un ragazzo biondo, alto con un fisico da atleta. Indossava un paio di jeans e una maglietta senza maniche. Aveva un sorriso brillante.
-Chi sei tu? Come hai fatto ad entrare?- chiesi confuso.
-Ciao Lee. Io sono Apollo: tuo padre.
-Tu sei Apollo?Mio padre? Ma sei giovanissimo. Io ti immaginavo hem... più vecchio-
Lui mi guardò e scoppiò a ridere: sembrava assatanato.
-Ma no, piccolo mio. E’ una lunga storia questa qui...
Felice, non seppi bene perché lo feci, gli saltai al collo e lo abbracciai. Lui ricambiò al gesto d’affetto inaspettato. Ci sedemmo l’uno di fronte all’altro, io con la faccia triste.
- Cos’hai figliuolo? Per caso non sei contento di vedermi?
-No, no. Anzi, sono ultra contento di vederti, però io voglio partecipare alla caccia della bandiera.
Mio padre mi guardò sorridendo e mi disse - Oltre al fatto che sei piccino potresti farti male. Sai sei proprio come tua madre: lei adorava l’avventura e le sfide...
Diventò triste e tra noi calò un lungo silenzio imbarazzante.
-Mi manca molto la mia mamma.- dissi con i lacrimoni –Mi mancano i suoi biscotti al cioccolato e le sue lasagne, ma soprattutto mi manca quando mi faceva il solletico.-
Mio padre mi prese in bracciò e mi fece le coccole. All’improvviso cominciò a farmi il solletico e io risi all’infinito: era molto divertente.
-Bene Lee, mi ha fatto piacere rivederti. Ora devo andare.-
-No papà! Non andartene.- lo supplicai
-Quando sentirai la mia mancanza abbraccia il tuo Tito: sarà come abbracciare me, anche se io non sono morbidoso come lui e non sono ripieno di stoffa... Alla prossima, figliuolo e ascolta Jonathan.
Salutai il dio del sole e lui svanì in un alone di luce.

***

Finita la caccia alla bandiera i miei fratelli tornarono a casa trionfanti: avevano vinto. Jonathan venne da me –Ciao Lee, come te la sei passata? Lo so che ci tenevi a partecipare, ma l’ho fatto per il tuo bene.
-Non ti preoccupare Jonny(così lo chiamavano tutti) parteciperò quando verrà il momento e vincerò anche!
Jonathan mi batté il cinque e mi disse- Così si fa fratello! Ora andiamo a dormire che si è fatto tardi. Buonanotte casa numero sette!-
-JonnY,Jonny!- chiamai prima che le luci si spensero
-Cosa c’è piccolo?
Volevo dirgli che il nostro papà era venuto a farmi visita, ma non lo feci. Non so perché, sentivo il bisogno di non dirlo a nessuno
-Ti voglio bene!
- Anch’io-
La casa diventò buia e io mi addormentai abbracciando il mio Tito.

Angolo dell'autrice:
spero che il capitolo vi sia piaciuto. Nel punto in cui il piccolo Lee ricordava la mamma mi sono diventati gli occhi lucidi... Mi sto troppo affezionando a questa storia che la porterò avanti fino alla fine. Scusate se non aggiorno molto frequentemente, ma sono molto occupata.
rihanna_21

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


**Capitolo 3**

"E crescendo impari che la felicità non è quella delle grandi cose"

La mattina successiva mi svegliai con il mio Tito fra le braccia. Dalla sera precedente il mio peluche era più luminoso, quasi come se qualcuno lo avesse posto ad una sorta di incantesimo... Era piuttosto presto, perché dalla finestra vidi il sole che tramontava dalla collina. Immaginai che in quel preciso momento, il mio papà stesse tirando il sole con il suo magico carro luminoso. Naturalmente ero ancora piccolo e avevo una mentalità piuttosto infantile.
Mi alzai dal letto e andai verso quello di Jonathan: quel ragazzo dormiva beatamente. Mi avvicinai con la faccia al suo viso per controllare se stesse davvero dormendo o se stava facendo finta. Dopo qualche minuto aprì lentamente le palpebre degli occhi ed ebbe un sussulto.
-Hei, Lee. Mi hai fatto prendere un infarto!- mi disse lui arruffandomi i capelli. Mi piaceva moltissimo quando faceva così.
-Cosa facciamo oggi? Mi insegnerai a dare i pugni? Oppure a prendere a calci qualcuno?- gli chiesi appoggiandomi con le mani al materasso del suo letto.
-Oggi per te niente allenamento: sei ancora un bambino e non mi piace molto l’idea di vedere un bimbetto con una spada in mano pronto ad andare in battaglia. Devi prenderti un po’ di tempo per goderti la tua infanzia.- Jonathan intanto si era alzato dal letto e stava indossando il parapetto.
-Allora giochiamo insieme a nascondino?Oppure ad acchiapparello, o anche con le macchinine oppure...-
-Calmo Lee. Questa mattina non posso, perché ho alcune faccende da sbrigare per la casa di Apollo. Oggi pomeriggio ti giuro che giocheremo assieme.- Non appena finì di parlare mi misi a saltellare felice mentre urlavo un si con una i molto lunga. Finii per svegliare tutta la casa.
 
La casa di Apollo si era ormai svuotata di tutte le chiacchiere dei ragazzi. Io ero in giro a gironzolare per il campo. Notai che molti ragazzi non si stavano allenando come al solito, a eccezione di alcuni figli di Ares che duellavano con le spade. Non badai molto a questo, così mi diressi verso il lago delle canoe per salutare le naiadi. Sulla sponda del lago però, vidi qualcosa svolazzare tra i ciuffi di erba fresca: era una farfalla di media grandezza nera con delle sfumature blu elettrico.
-Wow, che bella..- Tentai di avvicinarmi e di prenderla mentre si posava su un fiore, ma lei volò via. Mi misi a rincorrerla e, dopo un po’, entrò nel bosco. Mi ricordai che Jonathan mi aveva detto di non entrare mai nel bosco, perché era pericolose. Ora vi aspettereste che vi dicessi che sono entrato nel bosco e che magari ho incontrato qualche mostro cattivo? Errato. Tenevo tanto a Jonathan e non volevo deludere papà: gli avevo promesso di ascoltare le parole del mio fratellone. Quindi lasciai perdere la farfalla e tornai indietro. Non sapevo assolutamente con chi giocare:al campo c’erano soprattutto ragazzi e ragazze più grandi di me e nessuno di loro aveva cinque anni come me. I più piccoli erano sui sette/otto anni, che non erano nemmeno molti. Ad un certo punto sentii alcune ragazze della casa di  Afrodite che parlottavano fra loro.
-Visto che è un bel giorno libero, che ne dite di andare a fare la manicure ai satiri e le trecce ai pegasi?- disse una bella ragazza bionda. Le altre sue compagne urlarono un SI tanto che mi chiesi se ero io il bambino o loro. Ma fermi un attimo: quelle ragazze avevano detto giorno libero? Ecco perché un sacco di ragazzi non erano impegnati ad allenarsi. Ma allora, doveva essere anche un giorno libero per Jonathan. Andai in giro in lungo e in largo per trovarlo, ma di lui nessuna traccia. Chiesi informazioni a una mia compagna di casa, mi disse che non sapeva dov’era Jhonny.
Ormai illuso di non riuscire a trovarlo, eccolo che apparve ai miei occhi. Era appena uscito dalla casa grande e per mano teneva una ragazza alta e magra con i capelli castani tendenti al nero con qualche sfumatura rossa. Vidi che si andarono a sedere sulle sponde del lago delle canoe, mentre la ragazza appoggiava la testa all’incavo della spalla di Jonathan. Mi avvicinai molto lentamente e timidamente.
-Jhonny, hai finito di sbrigare le tue faccende per casa nostra?- Entrambi si girarono e mi sorrisero.
-Certo, ho appena consegnato il rapporto a Chirone e ora volevo un po’ rilassarmi. A proposito, lei è Keira, figlia di Demetra. Keira, lui è Lee, il mio fratellino.-La ragazza mi fissò con i suoi occhi scuri e penetranti e mi porse la mano.
-Piacere, piccoletto. Sai che sei proprio tenero?- Io la guadai e poi chiesi a Jhonny se era una sua amica. Lui mi guardò sbalordito e mi disse:- Bhe, ecco...hem... più o meno- Si scambiò un’occhiatina di intesa con Keira e, anche se non avevo ben capito, voleva dire che era per lui più di un’amica...
-Mi hai promesso che dopo saresti venuto a giocare con me.- gli ricordai gongolandomi con i piedi uniti e le mani dietro la schiena. –Dopo significa dopo, non ora. Allora Lee, tel’ho promesso e io mantengo ogni promessa che faccio. Ci vediamo dopo alla capanna, ok?- Dicendo così capii che voleva un po’ di intimità con la sua ragazza, così me ne andai.

***

Era tardo pomeriggio, dovevano essere più o meno le 4.30. Jonathan non era ancora arrivato, così pensai che non si fosse ricordato della promessa che mi aveva mantenuto. Ero arrabbiato con lui e forse, togliendo il forse, ero geloso che stesse con quella figlia di Demetra.
Ormai avevo aspettato fin troppo, così uscii dalla capanna di Apollo. Ripensai alle parole che mi aveva detto il mio papà “Ascolta tuo fratello” e cominciai a pensare che avesse detto una cavolata immonda. Mi recai alla casa grande e notai qualcosa di strano che si muoveva nei piani superiori. Incuriosito entrai e cominciai a salire le scale che portavano ai piani superiori. Nessuno aveva notato la mia presenza, nonostante fossero presenti molte persone. Finalmente arrivai a destinazione e mi trovai in una stanza piena di trofei vinte dai semidei durante le varie battaglie.
C’era di tutto: lame spezzate, stendardi, scudi rovinati, else di spade e molte altre cose strane. Oltre a quel mondo fantastico ai miei piccoli occhi da bambino c’era una puzza insopportabile. Doveva essere il chiuso, così mi tappai il naso con il pollice e l’indice della mano destra. Mi attirò un elmo appoggiato su un tavolo: era fantastico! Lo indossai e, siccome era un po’ grande, barcollai e andai a sbattere verso qualcosa. Mi tolsi l’elmo per evitare altri incidenti e per vedere dove fossi andato a sbattere. Appena lo tolsi dal mio capo mi ritrovai faccia a faccia con una faccia rugosa con le orbite cave: una mummia vestita da hippie! Per lo spavento caddi a terra, mentre la mummia cominciava a muovere la testa. Il suo movimento mi fece perdere il controllo: non avevo mai visto qualcosa di così tanto orribile.
Così scesi le scale e capii perché la mia mamma non volesse che vedessi i film horror. Uscii dalla casa grande con gli occhi lucidi e andai a sbattere contro qualcuno...
-Eccoti birbante dov’eri finito.- mi disse il mio fratellone. Lo abbracciai- Jhonny, perché quelli tengono una mummia vestita da hippie in soffitta?-dissi in lacrime. Jonathan si stacco dall’abbraccio:ora la sua faccia sembrava un po’ arrabbiata –COSA??Sei andato di sopra dall’oracolo? Ma che ti salta in mente!!!? Quante volte ti ho detto e ridetto di non gironzolare per i piani alti della casa grande?- Io mi guardai i piedi e cominciai a piangere in silenzio.
-Avevi promesso di giocare con me! Ho aspettato tutto il giorno , ma tu non ti sei fatto vivo. Avevi detto che mantenevi tutte le tue promesse...- Lui si inginocchiò fino a raggiungere la mia altezza, mi alzò delicatamente la testa dal mento e mi disse:
-Stavo venendo. Se avresti aspettato qualche minutino a quest’ora non saresti in lacrime. Promettimi che...- Non fece in tempo a finire di parlare che si ritrovò me tra le sue braccia. –Scusa Jhonny, non lo faro mai più- Mi asciugavo le lacrime alla sua maglietta arancione del campo mezzosangue. Lui intanto sorrise- Scuse accettate. Ora, chi vuole giocare ad achiapparello?- Mi tolsi immediatamente dalle sue braccia: era come se non avessi mai pianto. –SIIIIIIIIII- Così passammo l’intero pomeriggio a riconcorrerci. Quand'ero piccolo bastava un nonnulla per rendermi felice.

Note dell'autrice:
salve a tutti! Scusate per il mio aggiornamento così tardo, ma sono stata molto, troppo impegnata per fatti miei. Ora finalmente sono riuscita a mettermi alla tastiera. Spero di aver fatto un buon lavoro, perché è da un pò che non scrivo e quindi rischio di essere leggermente arruggnita(togliendo leggermente). Ora che si avvicina l'estate, credo che forse riuscirò ad aggiornare iù frequentemente. 
Con affetto, la vostra...
rihanna_21
p.s. ho deciso di aggiundere all'inizio delle frasi tratte da delle poesie. Che ne pensate? Se vi piace questa frase e vi interessa la poesia per intero si intitola "E crescendo..." di Anonimo.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Capitolo 4
“Se... riesci a sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni...,”


L’inverno era ormai giunto al campo mezzosangue. I satiri se ne andavano in giro con i berrettini in testa per tenere al caldo le corna e le idee. Le ninfe dei boschi avevano calde sciarpe intrecciate con lana pura al 100% (erano molto ecologisti e credo che lo siano anche tutt’ora...). Il campo era semivuoto e la neve scendeva bianca e candida dal cielo. Naturalmente i campi di fragole non si congelavano e, tenute in vita dalle dolci melodie dei flauti dei satiri, erano sempre rosse e succose.
Stavo camminando per il campo e a guardarmi sembravo l’omino della Michelin. Indossavo un berretto azzurro coordinato ai guanti e  alla sciarpa che mi ricopriva metà faccia facendomi sembrare un beduino del deserto. Non mancava il mio giubbetto blu, regalatomi da mia madre il natale prima della sua scomparsa. Ai piedi avevo degli stivali di gomma che a ogni mio passo sprofondavano nella neve fino al ginocchio. Naturalmente mi trascinavo dietro il mio Tito.
Curioso come al solito mi guardavo attorno: c’era meno gente da quando era finita l’estate, ma ora cen’era meno di quanto ce ne fosse prima. Mi diressi alla casa grande dove c’era un grande fuoco che ardeva al centro di  essa. Mente mi sfregavo le mani vicino ad esso apparve alle mie spalle Chirone, che anche lui era in tenuta da neve. Portava un maglione grigio sbiadito dal tempo e sul suo dorso cavallino portava una coperta di lana.
-Buongiorno Chirone-
-Buongiorno piccolo Lee, c’è qualcosa che non va?-
-Bhe, diciamo che al campo c’è poca gente e mi chiedevo il motivo. Spero solo che non si siano tutti presi un malanno e che siano andati all’ospedale.
Chirone fece una piccola risata.
-No, niente del genere. Di solito tutti i mezzosangue passano l’estate qui al campo per allenarsi. Finito questo periodo, se vogliono, possono tornare dalle loro famiglie umane e per continuare gli studi. C’è chi vuole restare e che ritorna dalle famiglie per le festività e poi c’è chi resta qui permanentemente per vari motivi.
-Io rimango qui perché non ho nessuno da cui poter andare, ma sto bene qui con voi. Poi non rimango mai solo, perché c’è il mio fratellone Jhonny e Tito. E poi ne posso approfittare per stare assieme a lui, visto che la sua ragazza, Keira, è tornata dalla sua famiglia.
Chirone sorrise
-Lee, non essere geloso. Jonathan è felice di stare assieme a quella ragazza perché si vogliono bene.
-Ma anche io e Jhonny ci vogliamo bene, ma di certo non ci diamo i bacini(feci una faccia disgustata)
-Ah,ah. Quello che c’è tra di loro è un sentimento forte che si chiama amore. Capirai quando sarai più grande.
-Bho, forse. A proposito, ha visto Jhonny?
-Si, era qui stamattina presto e mi ha detto che doveva assolutamente andare alla casa di Apollo per togliersi il giubbotto! Sai, è un ragazzo molto caloroso.
Salutai con la manina il centauro e mi avviai verso casa.
Aprendo la porta ritrovai Jhonny disteso sul letto con la schiena appoggiata alla testiera con indosso solo un paio di jeans. Era assorto ad ascoltare la musica.
-Ciao, Jhonny!- dissi sull’uscio della casa mentre battevo i piedi sullo zerbino per far cadere la neve dagli stivali.
-Hei, dov’eri finito- disse lui togliendosi gli auricolari dalle orecchie.
-Ero in giro-
-Come al solito. Perché non ti togli tutta quella roba che hai addosso? Non dirmi che hai freddo, perché io sto morendo di caldo!!-
-Lo vedo che hai caldo- dissi guardando il suo petto scoperto.
-Forse è dentro che fa caldo, ma fuori ci sono i pinguini che ballano!-
Mi tolsi l’armamento da neve e, con Tito, mi andai a sdraiare accanto a Jonathan.
-Qui al campo arriva babbo Natale?- dissi con la mia flebile voce innocente.
Lui rise e si passò la mano tra i suoi capelli biondi.
-Bhe, siccome non è una festa che centra con gli dei dell’olimpo, il signor D non vorrebbe festeggiamenti qui. Ma noi (almeno, noi quattro gatti) infrangiamo questa regola coperti da Chirone. Sai, quel centauro ha gli zoccoli d’oro.-
-Domani è natale! Come facciamo a preparare tutto oggi?? E dove lo prendiamo un albero di natale? E luci? E...-
-Hei  Lee, calmo! Stai tranquillo perché noi mezzosangue siamo sempre organizzati per ogni evenienza.
Si alzò dal letto e si infilò una canottiera bianca, poi si infilò il giubbotto nero di pelle.
-Mettiti il giubbotto e ti porterò nel paese dei balocchi.-

***

-Ecco dove teniamo tutto l’occorrente per una festa di natale!-
Mi mostrò un pannello segreto dietro l’armadio dell’infermeria: era un piccolo ripostiglio, che una volta usavano per le scope, che era stracolmo di scatoloni. Ne adocchiai uno grosso con su scritto “Albero natalizio”.
-Wow, l’albero!-dissi sollevando la scatola leggermente pesante.
-Già, abbiamo l’albero sei contento? Comunque non ti preoccupare, perché abbiamo tutto il tempo per preparare tutto e l’aiuto necessario.
Fece un fischio ed alcuni satiri accompagnati da alcune ninfe erano pronti a prendere gli scatoloni e a portarli fuori dall’armadio segreto anche con un piccolo contingente di mezzosangue(quei pochi rimasti al campo che si potevano contare sulle dita delle mani).
In effetti non ci mettemmo molto. Jonathan si tolse il giubbotto di pelle per rimanere in canotta: usò come scusa che aveva un po’ sudato nel portare fuori gli scatoloni, ma io non gli credetti. Tra una risata e l’altra addobbammo il campo in un men che non si dica. Ora sul bordo delle case c’erano tante lucine colorate e festoni allegri. I miei occhi cominciarono a luccicare quando vidi l’albero di natale al centro della casa grande: sbrilluccicava tutto quasi come se fosse magico. Quello dell’indomani, pensai, sarebbe stato il miglior natale della mia vita.

***

Andammo a dormire felici per il lieto evento che ci attendeva il giorno dopo.
-Jhonny, ti dispiace se stanotte io e Tito dormiamo nel letto con te?- chiesi al mio fratellone.
-Certo che non mi dispiace. Siete i benvenuti nel mio letto.- disse lui mentre si metteva in tenuta da notte, ovvero rimanendo solo con un paio di boxer neri. Non cambierà mai quello, mi dissi nella mente pensando di regalargli un iceberg o di tramutare la casa in un igloo. Ci mettemmo sotto il caldo piumone.
-Buonanotte piccolo Lee.-
-Buonanotte Jhonny-
La luce si spense. Dopo alcuni secondi mi alzai all’improvviso. Jonathan, spaventato, si alzò di scatto anche lui accendendo la luce e impugnando la spada, che teneva sempre sotto al letto per ogni evenienza.
-Cos’è successo? E’ entrato qualcuno??- disse lui guardandosi intorno.
Io lo guardai come per dire “Ma che fai?”.
-No, non è successo niente e non è entrato nessuno. Mi sono appena ricordato che dobbiamo mettere i biscotti e un bicchiere di latte per babbo natale.-
Jhonny fece un respiro di sollievo e mise la spada a posto. Poi si diresse verso il piccolo frigorifero (che noi della casa di Apollo tenevamo per gli spuntini di mezzanotte) e cacciò il bricco con il latte che andò a versare in un bicchiere di vetro. Poi prese tre biscotti e li mise su  un tovagliolo. Il tutto lo appoggiò sul tavolino.
-Ecco fatto, ora sei contento?-
Annuii.
-A ri buona notte. Non mi fare prendere più alcun infarto, piccolo.-
Sorrisi e la luce si spense per una seconda volta.

***

25 dicembre...ore 8:30...
-Buon natale fratelloneeeee!- urlai saltando su un Jonathan-zombie.
-Mmmmh. Buon natale anche a te.- disse sbadigliando mentre si girava dall’altra parte.
-Svegliati su, non vorrai andare in letargo come gli orsi bruni??- dissi puntandogli verso la faccia(con gli occhi mezzi socchiusi) Tito.
-Magari... Tu comincia a vestirti e a fare colazione: io mi alzo tra poco.-
-Mi sono lavato, vestito e nutrito. Il mondo aspetta solo te!
-Mmmmmh.... ok, ho capito.- disse alzandosi e dirigendosi a prendere i vestiti.
Dopo che fu pronto gli presi la mano e lo trascinai verso la porta. Provai ad aprirla, ma sembrava che qualcosa la bloccava dall’esterno. Jonathan, allora, gli diede una spallata e la porta si aprì.
-Cos’era che bloccava la porta?- dissi curioso.
-Dei regali: questo è tuo. – mi disse porgendomi un pacco incartato con della carta rossa e un fiocco arancione. Mi affrettai ad aprirlo e vidi che conteneva una scatola. Allora, aprii la scatola e vi trovai un parapetto, un elmo e dei parastinchi molto più grossi di me. All’interno vi trovai anche un biglietto:
“Ti servirà quando sarai un grande eroe. Auguri piccolo Lee. C.”
-Ce li ha mandati Chirone. Quello si che è un grande centauro- disse Jonathan con in mano una felpa arancione con il logo del campo. Il suo biglietto diceva:
“Questa è perché non posso vederti girare per il campo in canottiera, mi fai gelare al solo guardarti!”
-Lee, stai un attimo qui- disse Jonathan rientrando in casa. Ne uscì con uno scudo con un fiocco blu elettrico.
-Questo è per te.-
Wow, era fantastico: oltre al fatto che fosse il doppio di me, era molto solido e inciso vi era un pegaso. Lo abbracciai.
-Grazie fratellone, è bellissimo!-
-Mi fa piacere che ti piaccia.-
Passammo la giornata a divertirci come matti: cantavamo i canti di natale in versione reppata con i satiri, costruivamo pupazzi di neve con le ninfe dei boschi e giocavamo a palle di neve con gli altri mezzosangue.
A pranzo mangiammo delle lasagne squisite preparate da Chirone (ricordo che erano la sua specialità). La parte migliore di quel natale, fu la sera.
Eravamo tutti intorno al fuoco mentre mangiavamo i marshmalllow e ci raccontavamo le barzellette mentre ci godevamo un cielo blu notte spruzzato da miliardi di stelle luccicanti. La mia previsione del giorno prima era esatta e per predirla io, mi chiedo ancora ora se l’oracolo  sarebbe stato capace di predire una cosa del genere, visto che per la maggior parte delle volte predice solo le sventure...
Quando andammo a dormire non feci in tempo a mettermi sul letto che mi addormentai immediatamente e Jhonny che mi rimboccava le coperte. La mia felicità andava oltre ogni limite e sperai che tutto sarebbe stato felice. Un pensiero è un conto, ma la realtà è un altro.


Angolo dell’autrice:
bene questo capitolo è leggermente fuori stagione, perché ora si muore dal caldo, ma le fan fiction vanno oltre ogni limite. Vi faccio un piccolo annuncio: quando ricomincerà la scuola potete scordarvi qualsiasi mio tipo di aggiornamento, non che io non voglia(mi sono troppo affezionata a questa storia), ma i problemi sono i vari impegni con lo studio. Non so, quindi quando  metterò un prossimo capitolo. Sappiate solo che non abbandono la storia e che non sparisco dalla circolazione. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Baci a tutti voi dalla vostra rihanna_21!!

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


**Capitolo 5**
 "Quando... la tua fede cammina su vetri infranti" -Green Day 21 Guns 

 2 anni dopo 

-Quante volte ti ho detto che devi tendere l'arco più in alto? Quante volte ancora me lo farei ripetere?-
Andando avanti di quel passo Chirone avrebbe avuto uno sclero. Mi stavo allenando con gli altri più piccoli delle altre case -più o meno quelli tra i sette e i dieci anni-. Il nostro maestro ce l’aveva con una nuova matricola che alloggiava alla casa di Ermes. Funzionava così: se il tuo genitore divino era indeterminato, alloggiavi alla casa numero undici.
-Mi scusi, signor Chirone. Io ce la metto tutta, ma l’arco è come se non volesse starmi in mano!-
-HAHAHA- rise di gusto il centauro- casomai sei tu che non ti trovi a tuo agio ad usare un arco. Ma non preoccuparti, siamo qui apposta per aiutarti.-Lo consolò lui.
-Bene, per oggi basta. Ci vediamo domani alle cinque in punto e badate a non tardare!-
-Chirone- lo chiamai io
. -Ciao Lee. Sei stato formidabile oggi con l’arco. Sarà perché sei figlio di Apollo e tutti i suoi figli sono bravi. Comunque stai migliorando un sacco e poi sei cresciuto così in fretta!- A me non sembrava, anche se erano già passati due anni ed avevo sette anni.
-Grazie signore per tutti i complimenti, ma...
-Mi chiami ancora signore? Chiamami semplicemente Chirone o zio Chiro, come vuoi tu! E non darmi del lei, dammi del tu!-
-Vada per Chirone. Comunque volevo solo chiederti dov’era Jonathan.-
-Tuo fratello? Oh si. L’ho visto che si allenava sulla parete d’arrampicata. A quest’ora dovrebbe aver già finito. Oggi c’è il controllo delle capanne e lui ha il compito di ispezionarle-
Lo salutai e mi incamminai verso le capanne. Lo trovai subito davanti all’uscio della casa di Ermes.
-Non avete proprio il senso dell’ordine. Se per voi quello significare buttare i vestiti sotto i letti e usare come discarica il vostro armadio, allora prendete il dizionario e cercate cosa significa la parola ORDINE! Beccatevi un bel 3. Poverini: sarebbe toccato a loro lavare i  piatti dopo cena. Mi avvicinai a mio fratello e lo salutai.
-Hey, sei qui tu?Non eri a lezione di arco?-
-Abbiamo finito. Ora sono le sei e mezza, quindi abbiamo già finito da mezz’ora-
-Caspita! Come vola il tempo. Ti va di aiutarmi con il controllo?- Annuii e mi passò il block notes dove segnava le votazioni. Vidi che alla casa 12, quella di Dioniso, aveva dato un sette. La prossima casa era quella di della dea Afrodite. Per l’ordine e la lucentezza si beccarono un nove. Erano sempre perfetti! Passammo in rassegna anche le altre case, ad eccezione di quelle di Artemide, Poseidone e Zeus.
-Bene, abbiamo finito: ora portiamo il rapporto al signor D.-
Ci dirigemmo verso la casa grande e fissai la parte più alta: sapevo che lì sopra alloggiava l’Oracolo, una mummia rinsecchita che due anni prima mi aveva spaventato a morte.
-Johnny, ma quando daranno una nuova impresa? So che colui che la  guida deve recarsi dall’Oracolo  per farsi dire la profezia che è assolutamente impossibile evitare. Perché allora farsi dire che potresti trionfare o fallire se non puoi cambiare il fato?- A quella domanda, Jonathan mi guardò torvo.
-Sai, è una tradizione antica. Lo facevano anche in passato quando dovevano andare in guerra oppure dovevano partire per colonizzare nuove terre. A volte penso anch’io che sia inutile... Comunque è da un sacco di tempo che non assegnano una missione.-
Arrivammo alla Casa Grande dove il signor D stava giocando un solitario con le carte da scala quaranta. -Signore, ho il rapporto del controllo delle case e il verdetto è...-
-... Al primo posto casa di Afrodite e all’ultimo casa di Ermes. Giusto?- disse mischiando le carte. -Si, giusto. Ormai il verdetto è sempre quello.- Il dio del vino mi guardò torvo. -Tu devi essere Lenny Fitch,  giusto?-
-No, Lee Fletcher!- Come puoi sbagliare a dire il mio nome se sto qui da due anni!!
-See, fa lo stesso. Comunque bravo Jho Thomas. Hai fatto un buon lavoro.
-Grazie, anche se il mio nome e Jonathan Thompson.- Era la prima volta che sentivo il cognome di Johnny. -Voi giovani: sempre fissati con i vostri nomi pronunciati bene. Siete troppo pignoli! Ora sparite!- E così dicendo fece comparire una lattina di Diet Coke. Mi misi a far alzare la terra con i piedi: che insolente quel dio! E meno male che era immortale e potentissimo!
-Vedrai che ti ci abituerai. Prendi la cosa alla leggera e trattieniti di non strozzarlo. Ora che sono le sette cosa fai?-
-Bho non so. Vado in esplorazione. Ci vediamo a cena- e così dicendo mi misi a correre. Dopo qualche minuto, andai a sbattere contro qualcuno e caddi a terra assieme a chi avevo investito.
-Hey, scusami!- dissi guardando chi avevo travolto. Era un ragazzino con i capelli neri e gli occhi scuri.
-No, non preoccuparti. Come ti chiami?- mi disse lui. -Lee Fletcher, figlio di Apollo, e tu?- -Mark Clayton, figlio di Ares. Ci stringemmo la mano.
-Perché stavi correndo prima? E’ entrato un nemico?? AH, io sono già pronto a combattere! A me il mostro,  a ME!!- sguainò la spada.
-Hey calmo! Non c’è nessun mostro! Mi sono messo a correre solo perché ne avevo voglia.- Cercai di rassicurarlo. Così rinfoderò la spada deluso. Dovete sapere che i figli di Ares sono hanno spiriti guerrieri e adorano il rischio e il pericolo. -Andiamo a giocare a pallavolo! Ti va?- mi chiese e assieme ci dirigemmo al campetto da pallavolo.

***

A cena eravamo ognuno ai nostri tavoli e io ero naturalmente seduto accanto a Jhonny. C’era un gran baccano: tutti parlavano e non si sentiva niente. -Semidei placatevi!- disse la forte voce di Chirone.
-Debbo farvi un annuncio molto importante! Abbiamo una missione- I tavoli si riempirono di bisbigli: non era una cosa da tutti i giorni.
-Una missione??- si sentì qualcuno dal tavolo di Efesto.
-Si, avete sentito molto bene;presso Central Park se ne va a zonzo un mostro: Pitone.-
 Bisbiglio generale al nostro tavolo al nome della creatura.
-Perché così tanto stupore per quel mostro?- mi rivolsi con tono interrogativo a mio fratello.
-Non lo sai? Tempo fa, Pitone custodiva l’oracolo di Delfi. Nostra nonna (Latona, madre di Apollo) era perseguitata da questo enorme drago-serpente. Tempo dopo nostro padre si vendicò uccidendolo e impossessandosi dell’oracolo-
Annuii .
-Per rispetto mi sembra opportuno che a capo di questa impresa ci sia un figlio di Apollo...- disse Dioniso mentre sorseggiava un bicchiere di Diet Coke. Ancora un bisbiglio generale.
-Non deve essere solo un figlio di Apollo, ma deve avere anche una certa esperienza...- disse Chirone guardando dalla nostra parte. Vidi che Jonathan abbassò lo sguardo: e se Chirone voleva che fosse lui a capo dell’impresa? Jonathan si alzò in piedi.
-Mi offro io, se i miei fratelli sono d’accordo con me.- I nostri fratelli annuirono senza pensarci e anche dalle altre case vedevo molte facce che annuivano.
Chirone sorrise: -Bene, dopo cena riunione con i capi delle case.-

***

Erano ormai passate da un po’ le nove e Jhonny non era ancora tornato dalla riunione. “Uffa, ma quanto ci mettono” pensai. Dopo pochi secondi la porta della casa si aprì: era Jonathan. Come entrò, tutti gli si raggrupparono attorno.
-Cos’avete deciso? Perché ci hai messo così tanto? Perché quella faccia oscura?- disse una nostra sorella, Glenda.
-Niente di particolare. Sono andato dall’oracolo ed ho deciso i miei due compagni.- disse lui sedendosi sul letto, sempre con la faccia scurita.
- Chi saranno i tuoi compagni?- chiese sempre Glenda sedendosi accanto a lui.
-Keira e Pablo, figlio di Ares.- disse lui mettendosi sotto le coperte. Aveva freddo? Da quando lui aveva freddo?
-E la profezia?-
-Partiamo domani mattina. Ora lasciatemi dormire che mi devo alzare presto- Non lo avevo mai visto così abbattuto in vita mia. Volevo andargli vicino per capire quello che aveva, ma decisi di andarmene a letto.  “Spero solo non sia niente che abbia a che fare con la profezia” E con questa speranza mi addormentai tra le coperte del mio letto.



Angolo dell'autrice: ma ciao! Da quanto tempo la sottoscritta non aggiornava! Bene, se ho aggiornato ora non aspettatevi che io aggiorna presto, perché la cosa forse è impossibile. Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi e alla prossima dalla vostra rihanna_21. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. 

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Capitolo 6

Erano le sei del mattino, quando qualcuno mi scrollò dal mio profondo sonno ed aprii gli occhi lentamente. Jonathan era chinato su di me e sorrideva:
-Hei, fratello, dormito bene?- mi disse togliendomi le coperte di dosso.
-Si si, ma tu ora non devi partire?-
Il suo sguardo divenne più cupo, ma non si scompose più di tanto.
-Si, è per questo che ti ho svegliato: per salutarti.- E così dicendo mi abbracciò. Mi veniva da piangere, ma trattenni le lacrime.
-Quando torni?- gli chiesi tra le sue braccia.
Non ottenni una risposta. Anzi, lo sentii solamente sospirare. Si staccò da me e mi arruffò i capelli.
-Johnny, sei pronto?- disse Keira affacciandosi alla porta.
-Si, adesso vi raggiungo… Sii forte, Lee.-
E così dicendo uscì. Balzai fuori dal letto e uscii anch’io. C’erano poche persone: Chirone, il signor D, Keira, Jonathan e Pablo, figlio di Ares. C’era anche Argo, un omone grande e grosso con il corpo ricoperto di occhi, che avrebbe scortato i tre a destinazione. Vidi all’improvviso un ragazzino dai capelli scuri che corse ad abbracciare Pablo: Mark Clayton. Anche lui stava vedendo suo fratello partire per una missione pericolosa.
-Che gli dei siano con voi!- disse Chirone, guardando di sbieco il signor D. E così partirono. Mio fratello era seduto davanti vicino ad Argo che guidava il furgoncino e mi sorrise dal finestrino. Io lo salutai. Ma… un attimo: cosa diceva la profezia?
-Chirone!- dissi rivolto al centauro, che stava consolando il mio amico Mark.
-Lee, cosa c’è?-
-Posso parlarti un attimo in privato?-
Così dicendo chiamò una ninfa che si occupasse di Mark e noi ci appartammo vicino alla casa grande.
-Cos’ha detto l’oracolo? Qual è la profezia?-
Chirone mi guardò come se fosse sorpreso.
-Bhe, non so se sia il caso che tu la conosca … - mi rispose lui.
-Perché sono troppo piccolo? Oppure è solo una scusa per dirmi che Johnny è in pericolo?-
Chirone mi guardò sconsolato e cominciò a dirmi la profezia:
“Tre mezzosangue si recheranno dalla creatura spaventosa
La missione un bel  fine non avrà, ma comunque qualcosa si farà
Due cadranno nelle viscere degli Inferi
Uno tornerà trionfante ma ferito al campo.”

-Non è detto che la profezia accada veramente… non è vero, Chirone?- gli chiesi quasi implorandolo.
-L’oracolo non sbaglia mai…- mi disse il centauro distogliendo gli occhi dai miei, mi salutò e galoppò verso la casa grande.

***

Nel pomeriggio andai in ad allenarmi nell’arena con la spada. Tiravo dei fendenti nell’aria ricordandomi tutti i consigli che mi aveva dato mio fratello. Caspita, già mi mancava un sacco! Da quando ero arrivato al campo non mi ero mai separato da lui per più di dieci minuti; ora non ero sicuro di quando sarebbe tornato. Ad un tratto mi balenò in mente le parole della profezia “due cadranno nelle viscere degli Inferi”: erano delle parole molto dure. Speravo solo che Jonathan non fosse uno dei due, ma c’erano anche Keira, con la quale andavo molto d’accordo negli ultimi tempi e Pablo, figlio di Ares. Anche se non lo conoscevo non volevo la sua morte, perché non la voglio augurare a nessuno, per carità!I miei pensieri furono interrotti dall’entrata nell’arena di una certa persona: Mark Clayton.
Aveva il viso scuro e alla cinta portava la sua spada.
-Ti vuoi allenare con me? Di solito a quest’ora mi allenavo con  Pablo… Finché non torna possiamo allenarci assieme, che te ne pare?- mi chiese lui diventando improvvisamente felice. Io non potei far altro che accettare.
Cominciammo a tirare delle stoccate e le nostre lame cozzavano l’una sull’altra. Era molto forte, dato che era figlio del dio della guerra. Riuscivo, però, a parare ogni suo colpo e lui parava i miei. Alla fine ci ritrovammo l’uno che puntava la punta della spada alla gola dell’altro.
-Wow, non sei male! Complimenti.- gli dissi rinfoderando la spada.
-Anche tu- risponde lui facendo la stessa cosa.
-Tu da quanto tempo stai qui al campo?- mi chiese all’improvviso.
-Da quando avevo cinque anni, tu invece?-
-Circa un anno. Bhe, allora non mi devo lamentare troppo.- Lo guardai con un’espressione interrogativa.
-Cosa vuoi dire?-
-Bhe, tu conosci da più tempo tuo fratello di me, quindi sei tu quello che dev’essere più triste di me.-
-Sai, non penso che dipenda da quanto tempo conosci una persona, ma da come la conosci.-gli dissi uscendo dall’arena accompagnato dal mio amico.
-Già, forse hai ragione. Allora ci vediamo domani, ciao Lee.
-Ciao, Mark- e così dicendo mi avviai verso la mia capanna.

***

Quella notte feci un sogno. Mi trovavo all’interno di un hotel e alla reception c’erano Pablo, Keira e Johnny.
-Sono trenta dollari a testa- disse la receptionist dietro al bancone.
-COSA???Ma questo non è nemmeno un hotel a cinque stelle e tu melo fai pagare così tanto???!! Non abbiamo novanta dollari- disse Pablo appoggiandosi con le mani al banco.
-Concordo pienamente con lui: che ladri che siete!!!- disse Johnny accostandosi a Pablo.
-Hei, rilassatevi, ci penso io.- e così dicendo Keira si avvicinò alla donna e gli porse cinque dracme d’oro, che la receptionist accettò molto volentieri.
La ragazza si diresse al piano di sopra verso le camere con una chiave di una stanza.
-Ma come…- disse Pablo mentre Keira gli faceva segno di seguirla. Mio fratello e Pablo si guardarono e dissero in simultanea:
-Ah, donne. –
La camera che avevano era spaziosa e luminosa con tre letti, un armadio molto spazioso e un piccolo bagno dietro a una porta di legno.
-Non è male qui- disse Pablo buttandosi sul letto.
-Io vado a farmi una doccia- disse Keira armata di shampoo.
-Posso venire anch’io così ti faccio compagnia?- disse Jhonny ammiccandole un sorrisetto malizioso.
Keira sorrise e si diresse verso il ragazzo per dargli un buffet tino affettuoso. Allora Johnny la prese e la buttò sul letto facendogli il solletico.
-Ahahahahahah, smettila dai, ahahahahha!- disse Keira agitandosi.
-Hei, piccioncini: queste cose si fanno in privato senza la presenza di qualcuno!- disse Pablo alzandosi dal letto e dirigendosi verso il bagno.
-Visto che non mi ascoltate, me la vado a fare io la doccia, così voi fate quello che volete!-
Johnny smise di fare il solletico a Keira e si sdraiò accanto a lei e cominciò a fissare il soffitto bianco della camera.
-C’è qualcosa che non va?- gli chiese la ragazza mettendosi su un fianco.
-Sto pensando alla profezia… io non voglio perderti, non voglio morire.- La ragazza cominciò ad avere gli occhi lucidi.
Johnny le si avvicinò con il viso e sussurrò:
-Ti amo troppo per non vederti mai più. Sei la cosa più importante che io abbia mai avuto- e la baciò.
Si baciarono e si abbracciarono.
-Anche io non voglio perderti. Johnny, io ho paura- disse Keira scoppiando a piangere. Mio fratello la tirò a sé:
-Andrà tutto bene, fidati di me. Al tartaro la profezia al tartaro quel maledetto mostro: noi due non ci separeremo mai.-
La ragazza gli sorrise e lo baciò un’altra volta.
 
Angolo dell'autrice:
salve a tutti! Lo so, devo aggiornare più spesso, ma oltre alla mia vita da scrittrice, sono impegnata nella vita di tutti giorni: scuola, famiglia, amici... Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continuate a seguirmi. Se non aggiorno più per un pò, non preoccupatevi: ètutto normale!
Un bacione,
rihanna_21

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


Capitolo 7                                             

Mi svegliai molto presto la mattina seguente, tanto presto che la notte si confondeva con il giorno. Guardai l’orologio che era appeso alla parete di fronte al mio letto: le 5.50. Gli altri della casa di Apollo dormivano profondamente e io mi alzai lentamente cercando di fare meno rumore possibile. Non avevo voglia di rimanere nel letto senza fare niente: non riuscivo mai a fare niente. Probabilmente questo fattore era dato dalla mia iperattività.
Il campo era deserto e c’era un silenzio tombale, l’unico rumore era quello delle cicale che veniva dal bosco. Non sapendo dove andare mi diressi alla spiaggia. Adoravo quell’immensa distesa di acqua blu che di solito si confondeva all’orizzonte con il cielo. Respirai profondamente inalando l’aria impregnata di salsedine che mi aprì i polmoni e mi sdraiai sulla spiaggia mettendo le mani dietro la testa. Ripensai al sogno che avevo fatto la notte precedente e ripensai a Johnny e a Keira. Si amavano troppo e non potevo sopportare quelle parole così dure e dirette della profezia:
“Due cadranno nelle viscere degli Inferi… uno tornerà trionfante, ma ferito al campo”
Siccome erano in tre, per forza o Keira o Jonathan erano destinati a morire o addirittura tutti e due. E pensare anche al mio amico Mark che, come me, soffriva tanto per la lontananza del fratello … Ho sempre odiato le profezie e a volte mi chiedo perché mai una persona deve sapere in anticipo il proprio fato. Stupide tradizioni!
Mi alzai e mi scrollai da dosso la sabbia che mi si era appiccicata addosso e ritornai al campo, dato che probabilmente di li a poco tutti si sarebbero svegliati.

***

A pranzo cercai di starmene un po’ lontano dagli altri figli di Apollo. Tenevo in mano il bicchiere e facevo muovere l’acqua che vi era all’interno. Chirone mi passò davanti e per poco mi guardò, ma distolse subito lo sguardo imbarazzato. Così fecero tutti gli altri mezzosangue che mi guardavano e sentii alcuni che mormoravano: “ Oh, povero piccolo: chissà come sta soffrendo! Immaginatevi se per caso Jonathan è quello che… muore!”
Ah, grazie mille! Così mi fate sentire meglio! Gli avrei voluto dire, ma continuai a giocherellare con il bicchiere. Pensai anche a Mark che, come me, veniva preso per il poveretto della situazione. Almeno non ero da solo. A fine pranzo mi alzai dal tavolo e mi misi alla ricerca del mio amico. Mi diressi verso il tavolo di Ares, ma Mark non era lì.
“Forse è già andato via” pensai tra me e me.
Finalmente lo trovai al tiro con l’arco, mentre provava a scoccare una freccia e a mandarla dritta nel bersaglio.
-Ciao, Mark!- gli dissi e lui si girò con l’arco impugnato e una freccia pronta ad essere scoccata. La freccia partì e ringraziai gli dei che quel ragazzino non avesse una bella mira.
-OH SCUSAMI!! Ciao Lee.- disse lui appoggiando l’arco a terra.
-Devi fare ancora molta pratica prima di diventare un grande arciere.- gli dissi sorridendo.
-Sai, mio padre è Ares, dio della guerra. Quindi dovrei essere capace di usare qualunque tipo di arma e invece non è così! Che noia!!- disse mettendosi la testa tra le mani.
-Avanti, sei arrivato al campo da poco: non puoi pretendere subito di sapere usare qualcosa se non lo hai mai provato.- gli dissi prendendo l’arco che aveva buttato a terra.
-Devi prima di tutto impugnarlo bene e poi tendi la corda (non troppo altrimenti si rompe) con la freccia, miri e… ZACK.- tirai la freccia che si andò a conficcare dritta nella pancia del fantoccio con il bersaglio.
-WOW, sei un grande! Adesso ci provo subito!!- e così dicendo fece ciò che gli ebbi fatto vedere e la freccia mancò per qualche centimetro il bersaglio.
-AHHH, CHE BELLO! Hai visto? L’avevo quasi beccato! Grazie Lee. –
-Ti va se giochiamo ad “acchiapparello” ? Sai, Chirone mi ha detto che, anche se siamo dei mezzosangue destinati a diventare esperti combattenti, dobbiamo avere un’infanzia!- disse lui trascinandomi via.
-Ok, va bene. Comincio io- e lo inseguii. Per tutto il pomeriggio giocammo senza fermarci un secondo e ricordo che, quando andai a dormire, non feci in tempo a mettere piede nel letto che mi addormentai. Finalmente mi ero liberato la mente da tutti i miei problemi, ma quella notte non fecero che aggravarsi … o quasi.

***

-Fate un bel sorriso e… fatta!-
Pablo aveva in mano una macchinetta fotografica e ne stava scattando una a Keira e Jonathan mentre camminavano per la strada.
-Ma che stai facendo!! Non siamo qui per turismo!- gli disse Keira prendendogli la macchinetta.
-No, ridammela: giuro che non faccio più foto!- gli chiese lui facendogli gli occhioni e la ragazza gliela porse esasperata.
-Eccoci- Si trovarono davanti all’entrata di Central Park.
-Chi vuole rifare il culo a un orrendo rettile?- disse Pablo scherzando.
-Andiamo!- disse Jonathan e si avventurarono nel parco. Keira impugnava un pugnale mentre Jonathan era armato del suo fedele arco e Pablo della spada. Di tanto in tanto si vedeva qualche mortale, ma non c’era niente da preoccuparsi, perché c’era la Foschia che li copriva.
Alberi, cespugli, fiori e quant’altro, ma di Pitone nemmeno l’ombra…
-Siamo sicuri che il mostro sia qui? Può darsi che sia uscito dal parco.- disse ad un tratto Pablo.
-Dovrebbe. Almeno, così ha detto Chirone. Comunque penso anche io  che forse è uscito dal parco, altrimenti lo avremmo sentito o visto subito.- disse Jonathan. Subito dopo, sentì qualcosa che frusciava tra gli alberi. Si guardò intorno e Keira, vedendolo agitato, gli chiese sottovoce:
-Tutto bene? Ti vedo strano.-
-No, niente. Mi è sembrato che qualcuno ci stesse seguendo.- O qualcosa, finì nella sua mente.
Avanzarono per qualche altro minuto e questa volta, anche Pablo e Keira si accorsero che qualcuno li stava seguendo.
Si girarono in sincronia e si trovarono davanti una ragazza. Alta e magra, con i capelli biondi raccolti in una morbida treccia che teneva da un lato e le arrivava fin sotto al petto. Aveva due occhi celesti e penetranti.
-Chi sei??- gli chiese Keira puntandogli contro il pugnale.
-Lei è Amina, figlia di Afrodite.- disse Pablo rinfoderando la spada nel fodero che teneva alla cintola.
-Come fai a conoscerla?- disse Jonathan sbigottito.
-Bhe… è del campo ed è una mia amica. Ma che ci fai tu qua?- gli chiese.
-Ho deciso di seguirvi in questa impresa. Noi figli di Afrodite non veniamo mai scelti, perché tutti pensano che siamo solo delle mezze cartucce. Pochi sono quelli che vengono scelti e io voglio essere una di loro. Per Afrodite!!- disse battendosi la mano a pugno sul petto due volte.
-Per essere una figlia della dea delle smancerie sembri piuttosto agguerrita. Spero solo che tu non possa esserci di intralcio in qualche maniera…- disse Keira ricominciando a camminare.
-Se cercate Pitone non credo potete trovarlo oggi: fa molto freddo e, siccome è un animale a sangue freddo, non escono con il freddo.- disse Amina.
-E’ vero! Hai ragione, perché non ci abbiamo pensato prima. Ora che facciamo?- disse Pablo guardando i suoi amici.
-Cosa vorresti fare?? Andartene in giro per New York a cazzeggiare??- disse Keira.
-Perché no, possiamo provare domani a cacciare quel mostro, tanto cosa vuoi che succeda giorno più o giorno meno? Madmoiselle…- disse e porse il braccio ad Amina che ridacchiò e che se ne andò con Pablo.
-Quella cretina: certo che non li scelgono mai i figli di Afrodite.- disse Keira sedendosi su una panchina.
Jonathan le si sedette accanto e le prese una mano.
-Io sono già preoccupata e quella sgualdrinella viene qui a rompere le palle: ma chi si crede di essere?- e strinse la mano di Jonathan.
-Sul fatto dei serpenti non ha tutti i torti: ha ragione. Quello che mi scoccia di più è Pablo: è simpatico, ma trova sempre un’occasione per non fare niente. Che stano figlio di Ares…- e ridacchiò.
-Almeno possiamo passare un altro pochino di tempo insieme, non trovi?- le disse sorridendogli.
La rabbia di Keira svanì dal volto e lasciò posto a un sorriso.
-Improvvisamente anche io non ho voglia di fare niente.- tirò a sé il ragazzo e lo abbracciò.
 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

 
Stavo dormendo comodamente nel mio letto, quando all’improvviso un ragazzo della casa di Apollo mi svegliò.
-Cosa vuoi? È prestissimo e io voglio ancora dormire- gli dissi e misi la testa sotto al cuscino.
-No, devi assolutamente svegliarti, Lee: Jonathan è tornato!-
Subito ero scattato in piedi e uscii subito dalla casa senza cambiarmi, con il pigiama azzurro con disegnati dei pegaso bianchi. Una massa di ragazzi era riunita vicino alla casa grande. Allora, mi diressi verso la folla e mi addentrai tra la gente. Finalmente vidi mio fratello.
-Johnny!!- gridai e gli saltai in braccio quasi facendolo cadere. Notai che c’erano anche Keira e Pablo: che bello, erano tutti sani e salvi!
-Ehi campione, così però mi fai cadere sul serio- disse mettendomi a terra e poi arruffandomi i capelli.
Ad un certo punto, però, sentimmo un sibilo e mi voltai a vedere: c’era una ragazza con i capelli biondi con la maglia arancione del campo che ci guardava con fare minaccioso con i suoi occhi gialli penetranti. Ad un tratto fu circondata da un fumo verde e, al posto della ragazza, spuntò un serpente gigantesco. La testa era grande come due scudi e i suoi occhi gialli ci continuavano a guardare. La sua pelle era ricoperta da delle scaglie verdi e la sua lingua rosa sibilava minacciosamente.
Cominciò a dirigersi verso di noi.
-Mettetevi al riparo!- urlò Johnny.
-Vengo anche io- dissi lui.
-SI, bravo vai con gli altri in un posto sicuro: al mostro ci penso io.-
-NONO, voglio dire che ti aiuto a distruggere quella belva-
-Sei troppo piccolo, vai al riparo.- disse e sfoderando la spada si diresse verso la belva. Keira e Pablo gli andarono dietro.
Cominciarono a colpire il serpente più forte che potevano e questo si dimenò. Pablo decise di attaccarlo da dietro, ma il serpente fu più veloce di lui: si girò e lo colpì con del fuoco che fece uscire dalle sue fauci. Keira, allora, lo colpì ad un occhio con il suo pugnale: questo lanciò un urlo di dolore e, dimenandosi, lanciò via Keira con la coda.
Arrabbiato, Johnny menò un fendente alla testa e Pitone, ripresosi dal colpo di Keira, reagì velocemente afferrando mio fratello tra le sue spire e cominciò a stringerlo sempre più forte. Alcuni ragazzi intervennero scagliando delle frecce contro il mostro, ma questo li spazzò via con un colpo di coda.
Jonathan cercò di liberarsi, ma il serpente era più forte, tanto forte che ad un certo punto Johnny lasciò cadere la spada e rimase con le braccia a penzoloni come se fosse una bambola di pezza.
In quel momento tutto divenne silenzioso e quello che potevo sentire era solo il mio battito del cuore che continuava ad aumentare.
-NOOOOOOOO-
Aprii gli occhi: mi ritrovai nel mio letto.
Mi resi conto che era ancora notte, perché notai dalla finestra che la luna risplendeva in un cielo scuro.
La luce della casa si accese e gli altri si svegliarono.
-Ehi Lee, ma cosa è successo?- mi chiese Glenda sedendosi sul mio letto. Mi mise una mano sulla fronte.
-Sei tutto sudato, scotti e hai le tempie che ti pulsano, ti senti bene?-
In effetti, sentivo il mio cuore che batteva all’impazzata.
-No- non- ho –nn niente- dissi singhiozzando. –HO-fatto so-olo uun bruttto so-sogno-
Notai che intorno a me c’erano tutti i miei compagni di casa.
-Ci hai fatto prendere un colpo- disse Will dal letto a fianco.
-Fatti misurare la febbre.- disse Glenda e mi porse un termometro che mi mise sotto l’ascella.
Dopo dieci minuti me lo tolse: avevo 38.5 di febbre.
-Caspita!- commento qualcuno.
-Tieni, prendi questa: ti farà sentire meglio e ti calmerà.- mi porse una bambina.
-Grazie- dissi. Era camomilla: la bevvi a sorsetti e sentii la bevanda calda che scendeva per la gola. Mi sentii più tranquillo.
-Adesso riposati e se succede qualcosa avvisaci. Visto che Will è vicino a te puoi chiedere a lui, vero Will?- disse Glenda riferendosi a Will, ma il ragazzo stava russando.
Gli tirò una ciabatta e disse con un tono più alto:- VERO WILL CHE STAI ATTENTO A LEE!-
-AHIO! Mi hai fatto male- sbadiglio guardando Glenda che lo stava fulminando con lo sguardo- SISISISI, certamente.
La luce nella casa si spense e mi riaddormentai.
***

L’indomani mattina la febbre era diminuita di qualche grado, ma Glenda mi disse di rimanere a letto e che avrebbe avvisato personalmente Chirone del mio stato.
Non mi andava proprio di rimanere fermo nel mio letto: odio stare fermo senza far niente.
Non avevo parlato a nessuno del sogno che avevo fatto, anche se avrei voluto tanto parlarne con una persona in particolare: mio padre. Ma ormai non si faceva sentire più da due anni e comunque io speravo che, se mi avesse visto nel mio stato, sarebbe subito venuto da me.
Una persona, però, venne da me.
Sentii un rumore di zoccoli fuori dalla porta e, subito dopo, entrò Chirone. Fortunatamente la porta era larga, altrimenti non ci sarebbe passato. Si mise accanto al mio letto.
-Ciao Lee. Glenda mi ha avvisato e ho deciso di farti visita-
-Grazie, maestro, mi fa piacere- dissi accennando un sorriso.
-La febbre è una brutta cosa, anche per i mezzosangue- disse ridacchiando.
-E anche i brutti sogni- disse facendosi più cupo.
-Glenda le ha detto anche questo…-
-Già. E mi ha detto anche che hai blaterato durante la notte dicendo il nome di Jonathan. Dato che ultimamente stai facendo dei sogni su di lui, ho pensato che sarebbe opportuno sapere come stanno i nostri eroi…-
Gli spiegai il sogno. Alla fine, Chirone fece una faccia strana.
-MHHH, è diverso dal solito-
-Già, prima sognavo quello che succedeva realmente e adesso quello che non è accaduto.-
-Non mi riferivo a quello-
Mi si gelò il cuore e mi sentii svenire.
-Mi riferisco alla ragazza bionda. Faccio controllare subito se tutti sono presenti al campo.- chiamò Argo e gli disse di raggruppare tutti i ragazzi e di controllare se c’erano tutti. E uscì dalla casa. Io mi ripresi e decisi di andargli dietro e mi portai dietro la coperta.
-Chirone…-
-Cosa c’è Lee?-
-L’altro ieri ho fatto un sogno, si ricorda che glielo stavo raccontando ma poi è dovuto andare via perché lo aveva chiamato un satiro?-
-Si, mi ricordo-
-Ecco, probabilmente so chi ha lasciato il campo: ho visto che stava con Johnny, Keira e Pablo.-
Divenne cupo.
-E di chi si tratterebbe?-
-Amina, figlia di Afrodite.
Mi prese e mi mise sulla sua schiena e subito galoppò verso la casa di Afrodite.
-DOV’è AMINA JANE CULLIGAN? NON C’è?- tuonò.
-Mi ha chiamata, Chirone?- Amina spuntò dietro di noi.
-E tu che ci fai qui?- le chiese sorpreso.
-E dove dovrei essere altrimenti?-
Chirone chiamò un gruppo di arpie.
-Scusami, ma finchè non siamo sicuri, dobbiamo sorvegliarti-
-Ma cosa ho fatto??- chiese lei con gli occhi lucidi. –Non ho lasciato il campo di nascosto.
-è vero! -Dissero le sue compagne- In questi giorni è stata sempre con noi.-
-Grazie ragazze per la testimonianza, ma lo faccio per la nostra sicurezza. Manderò Argo a cercare i ragazzi.-

L'angolo dell'autrice
Ciao mondo di EFP! Felice di rivedervi, dato che non aggiorno da un pò... Comunque, come potete vedere sono ancora viva e, come ho precedentemente annunciato, pensavo di abbandonare questa fanfiction. Ma è più forte di me: non riesco a stare senza scrivere. L'altro giorno ho ripensato a questa storia e mi dispiaceva abbandonarla per sempre. Così mi è venuta l'ispirazione e ho deciso di ricominciare a scrivere. Ne approfitto anche del fatto che la scuola è finita e ora ho più tempo libero per dedicarmi alla scrittura. 
Per quanto riguarda questo nuovo capitolo spero che vi sia piaciuto.
Un saluto da
rihanna_21

 

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


Lee Flatcher – Capitolo 9

Argo era ormai partito da due giorni e tutti noi al campo eravamo con il fiato sospeso. Intanto, in questi giorni, il signor D continua a tenere sotto interrogatorio e sotto stretta sorveglianza Amina, perché temeva che fosse una traditrice. La ragazza, però, continuava a ribadire che era assolutamente innocente e non aveva fatto nulla di male.
In giro per il campo c’erano più arpie del solito e la sorveglianza era aumentata. Non so cosa pensavano: forse temevano che qualcuno scappasse o attaccasse il campo.
***
Era mattina ed io ero seduto in riva al lago delle canoe. Avevo ancora qualche lineetta di febbre, ma ero sulla via della guarigione. Chirone mi aveva concesso qualche giorno di riposo e mi aveva severamente proibito di allenarmi.
-Ciao, Lee! Ti è passata la febbre?- Mark mi salutò.
-Ciao amico! Si, sono convalescente e sto meglio. Tu come stai?- gli chiesi e gli feci cenno di sedersi accanto a me.
-Bene- e si sedette- sai che Chirone mi ha detto che sto migliorando nel tiro con l’arco? Lo devo ai tuoi suggerimenti, grazie amico- e sfoderò un sorriso a quarantaquattro denti.
-Ti va di fare una gara a chi tira i sassolini più lontano nel lago?- mi disse.
- Certo- e cominciammo a giocare.
-Ahah, vincerò io!- mi disse ridendo.
-Ti sbagli: noi figli di Apollo siamo molto forti, quindi è scontato che vincerò io- risposi
-Ti dimentichi che io sono figlio del dio della guerra: è impossibile che  perda una sfida.
E ci mettemmo a ridere, mentre continuavamo a lanciare i sassolini nel lago.
-VOI DUE! VOLETE FINIRLA!! VI RICORDO CHE NOI ABITIAMO QUI SOTTO!!!-
Dall’acqua uscirono tre ninfe, con un’espressione non proprio simpatica.
Ne spuntò un’altra ancora e disse: - Ma dai, lasciateli fare: sono solo dei bambini! Tanto non ci fanno male-
-Ah, se sono solo dei bambini, allora…- e cominciarono a schizzarci con l’acqua e noi facemmo lo stesso, mentre ridevamo a crepapelle.
-Brutte meduse, cosa state facendo?! Sapete che Lee ha la febbre!? Se lo bagnate, potrebbe prendere il raffreddore e la febbre potrebbe ritornare alta!- Glenda apparve dietro di noi.
-Sparite pesci fuor d’acqua!- continuò. Le quattro ninfe, prima di immergersi, la salutarono facendole una linguaccia e poi, riferendosi a noi, ci fecero un cenno con la mano e ci salutarono.
-Perché le hai mandate via? Stavano giocando con noi!- le dissi.
-Signorino, tu devi ritornare assolutamente a letto!-
-Ma io mi annoio a stare li da solo a non far nulla…-
Sospirò.
-Tanto so che scapperesti quindi… va pure a giocare con il tuo amico, ma se ti senti male vieni subito da me, ok?- mi si avvicino e mi arruffò i capelli. Mi son sempre chiesto perché tutti hanno sempre avuto la fissa con i miei capelli! Bha...
Comunque, detto questo, la ringraziai per questa enorme concessione e io e Mark facemmo un giro sulla spiaggia. All’improvviso, scoppiò a piovere e noi ci riparammo sotto un albero molto grande. Ci sedemmo con le spalle appoggiate al grande tronco e i visi rivolti verso il mare.
-Non è meraviglioso?- dissi io.
-Cosa?-
-Questo posto: siamo qui al riparo da tutto e mi sento molto sicuro. E poi c’è il mare…-dissi mentre sentivo l’odore della salsedine mischiato a quello della pioggia: una sensazione incredibile!
-Già è vero. Da oggi questo sarà il nostro posto segreto, che ne dici?- e mi tese la mano.
-Dico che va bene- e ci stringemmo la mano, come due uomini che hanno appena stretto un patto molto importante.
Improvvisamente Mark si fece scuro in volto
-Cosa ti sta succedendo?- gli chiesi preoccupato.
-Niente di particolare, sono solo preoccupato per Pablo... Sai, io e lui siamo fratelli e se lo perdessi, non so cosa...-cominciò a singhiozzare.
-Anche io sono preoccupato per Johnny e spero che stia bene. In questi due anni è stato una parte importante della mia vita. Sai che ti dico? Non dobbiamo arrenderci e dobbiamo continuare a sperare per loro- dissi e mi abbracciò.
-Lee promettimi che saremo amici per sempre- mi disse.
-Lo prometto- dissi sorridendo.
***

Era ora di cena e io ero seduto al tavolo della casa numero sette. Seduto al tavolo di Ares, c'era Mark che mi vide e mi salutò. Contraccambiai al saluto sorridendo: quella mattina abbiamo passato veramente del buon tempo insieme.
Come tutte le sere, presi parte della mia porzione e la gettai nel fuoco per onorare gli dei.
-Ti prego papà, fa che Johnny, Keira e Pablo tornino a casa sani e salvi-
Ritornai al mio posto dove avevo lasciato il mio orsacchiotto, Tito,donatomi da mio padre e lo strinsi pensando che così mio padre mi avrebbe ascoltato ancora di più.
Ad un certo punto un satiro trottò verso di noi e andò al tavolo del signor D. Bisbigliò qualcosa a quest ultimo che spalancò gli occhi per la sorpresa e a sua volta disse qualcosa a Chirone. Il centauro prima fece un'espressione felice, poi si rattristì.
-Ragazzi, dobbiamo farvi un annuncio- cominciò il signor D, mentre Chirone e il satiro si allontanavano.
-Argo è tornato e... Ha trovato i tre ragazzi.
Tutti cominciarono a parlottare. Sentivo il mio battito cardiaco aumentare.
-Vi invito a tornare rispettivamente nelle vostre case e, se qualcuno di vuoi osa disubbidirmi, se la vedrà con le arpie e verrà punito. Avanti!- continuò.
Tutti cominciarono a sbuffare e, contro voglia, si alzarono dai tavoli per andare ognuno alle rispettive case.
 Non capivo perché il signor D ci avesse detto di andare nelle case prima... Insomma, se Johnny era tornato volevo vedere se stava bene e soprattutto se era ancora vivo...
Sentii due ragazzi che parlavano.
-Probabilmente ci é scappato il morto e non vogliono farci vedere i corpi. Ci diranno tutto domani o più tardi, chi lo sa!
Mi si gelò il sangue. Qualcuno era morto davvero e a stento potevo credere che qualcuno di loro tre non ci fosse più. Comunque, non avrei mai potuto aspettare fino a domani mattina, così, non facendomi vedere da nessuno mi separai dal gruppo. Ma qualcuno, sfortunatamente mi vide.
-Ehi piccolino, dove vai?- Era Will. Mi stava guardando sorridendo con i suoi occhi verdi.
-Voglio vedere come stanno... Non posso aspettare fino a domani
-L'impazienza: che brutta faccenda. Anche io vorrei tanto sapere se Jonathan, bhe... È il mio migliore amico. Ma è meglio se andiamo a casa. Ci faranno sapere qualcosa più tardi- mi prese per mano e ci dirigemmo verso la casa numero sette.
***

Era passata un'oretta da quando ci avevano mandato nelle nostre case. Tutti noi figli di Apollo eravamo ansiosi di sapere qualcosa ed eravamo tutti agitati.
-Secondo voi dobbiamo trovarci un nuovo capo casa?- disse qualcuno.
-Che stai dicendo! Jonathan...sta bene, ecco.- rispose Glenda, ma era molto dubbiosa.
Io ero nel mio letto e sotto la coperta, che avevo fin sopra la testa, stringevo Tito. Avrei tanto voluto che in quel momento ci fosse stato mio padre, ma mi accontentai del mio peluche. Ad un certo punto sentii dei passi fuori che si avvicinavano furtivamente alla nostra casa.  Sentii che qualcuno era sul porticato di legno e aprì la porta. Tutti fecero un sospiro di sorpresa.
-Ehi, campione- disse.
 A quel punto uscii dalle coperte...
Spalancai gli occhi e cominciai a tremare per la felicità.
-JOHNNY!!!!!!!!!!!!!-
E gli saltai in braccio. Gli altri cominciarono ad esultare e vennero ad abbracciarlo anche Will, Glenda e... Tutti gli altri.
-Ahi, piano ,piano ragazzi.
Tutti ci staccammo da quell'enorme abbraccio.
Ci accorgemmo che non aveva una bella cera: aveva i capelli spettinati, le occhiaie intorno agli occhi, qualche taglio sulla faccia e il braccio sinistro ingessato e appeso al collo con un foulard bianco di lino.
-Scusami,non lo avevo visto. Sono troppo contento di rivederti!- dissi piangendo per la felicità.
-Naa, non preoccuparti: anche io sono contento di rivederti- e mi arruffò i capelli, come era suo solito fare.
-Will, mi hai fregato il letto!- disse ad un tratto Johnny.
-Lo so, ma il mio me lo ha fregato Max, il quale letto è stato fregato da Jenny, il quale letto si è sfasciato e...- disse Will con una mano tra i capelli.
-ahahah, mi mancavate! Pazienza,questa notte dormo con Lee- e mi guardò sorridendo: sapeva che non avrei mai rifiutato perché adoravo dormire con lui.
-Keira e Pablo come stanno?- chiese qualcuno.
Mio fratello si fece serio, si appoggiò alla parete di legno e notai i suoi occhi diventare lucidi.
-Non cel hanno fatta...-
Piombò il silenzio.

L'angolo dell'autrice
Buongiorno a tutti i lettori! Bene non posso ancora credere che io abbia aggiornato a distanza di una settimana! 
É qualcosa di epico! Comunque ritornando al capitolo... sorpresa! Non ho fatto morire Johnny! Inizialmente volevo farlo, ma poi mi sono resa conto che non potevo, perché mi sono affezionata a questo personaggio. Di conseguenza ho dovuto rinunciare a Keira e Pablo... Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie per aver letto.
Un saluto da rihanna_21

 
 

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Capitolo 10
-Oh, mi dispiace tantissimo- disse Will avvicinandosi a Jonathan.
-Non sai quanto dispiace a me. Non doveva andare così, perché dovrei essere io quello morto a quest’ora…- Mio fratello si sedette sul letto e strinse i pugni.
-Non dire così. Non puoi prevedere se qualcosa possa accadere oppure no- disse qualcuno.
-E intanto la profezia aveva ragione. Due dovevano morire e due sono morti: la mia ragazza e un mio amico non ci sono più!
Qualcun altro rispose: -Bhe, comunque non li avresti più rivisti, perché se sareste morti tu e Pablo , sarebbe rimasta Keira e se sareste..-
-Non è quello il problema- lo interruppe Jonathan- il problema è che non sono stato capace di salvarli!!- Si passò la mano destra tra i capelli.
-Circolare non c’è niente da vedere. Tutti a dormire grazie!- disse Will riferendosi a tutti gli altri. Aveva visto che Jonathan non se la sentiva più di parlare ed era un po’ sconvolto, giustamente.
-Ma noi vogliamo sapere cosa è successo!!- disse qualcuno.
-Non avete sentito? Muovetevi, altrimenti dovrò fare rapporto al signor D.- intervenne Glenda con il suo solito atteggiamento molto gentile. Bhe, almeno la sua minaccia aveva funzionato, tanto che in un batter di ciglio tutti si trovavano sotto le coperte.
-Amici non c’era bisogno di fare così- disse mio fratello.
-Nono, adesso tu riposati, che ne hai bisogno e non pensare a nulla. Se ti turba qualcosa, noi siamo qui vicino a te. Disturbaci quanto vuoi- disse Glenda dandogli un bacio sulla guancia.
-Conta anche su di me, amico!- disse Will dandogli una pacca sulla spalla sinistra.
-AHIO, piano che è il braccio sfasciato. Comunque grazie amici-
-Che idiota sei William J. Peterson!- disse Glenda dandogli uno scappellotto.
-Ohi, perché sei sempre così violenta con me?
Jonathan sorrise.
-Hei Johnny!- gli dissi e gli feci segno di sdraiarsi.
La luce nella casa si spense.
-Sai, sono molto contento che tu sia tornato- gli bisbigliai.
-Anche io sono contento di rivederti, campione.
***

-Sveglia casa di Apollo, il sole è sorto!-
Era Glenda che ci faceva da sveglia.
Aprii gli occhi, me li strofinai e mi stiracchiai. Avevo dormito proprio bene anche perché non avevo fatto strani sogni. Mi girai verso il lato di Johnny, ma lui non c’era.
-Glenda, dov’è mio fratello?
-In infermeria. Lo hanno chiamato un quarto d’ora fa per visitarlo. Devono solo fare qualche accertamento. – mi rispose.
-Ah, Lee.- mi disse lei a parte, senza farsi ascoltare da nessuno- dopo Jonathan deve andare da Chirone e dal signor D. per fare il rapporto della missione. Ci andiamo anche io e Will per sostenerlo. Vuoi venire anche tu?-
-Certamente. Tutto per il mio fratellone! Aspettatemi che mi preparo!

Dopo che mi ero vestito, facendo il più velocemente possibile, Glenda, Will ed io andammo in infermeria, dove c’era Jonathan che ci stava aspettando.
-Ciao amici, cosa ci fate qui?- ci chiese.
-Vogliamo venire a sostenerti per il rapporto dell’impresa. Vogliamo starti vicino- disse Will.
-Grazie mille! Ma questo vi sarà concesso?-
Noi tre ci guardammo in faccia.
-Spero di si!!- disse Glenda.
-Tu come ti senti questa mattina? Tutto a posto per il controllo?- chiesi io.
-Si, tutto a posto, a parte per il braccio. Mi hanno detto che devo tenere il gesso per un mese- e mostrò il braccio sinistro.
-In più devo sospendere i miei allenamenti finché il braccio non sarà guarito.
-Meno male! Devi solo riposarti.-disse Glenda.
-Ok, ora andiamo- disse Johnny.

Ci dirigemmo verso la casa grande, dove ci stavano aspettando Chirone e il signor D.
-Oh, Jenny Timber, ti trovo bene!- disse il sognor D.
-Jonathan Tompson, signore. Piacere di rivederla, Chirone.-
-Bhe, ci siamo visti anche ieri sera, ma non eri nelle condizioni di salutarmi…- disse lui dandogli una pacca sulla spalla.
-E voi altri marmocchi che ci fate qui?- disse il signor D. riferendosi a Glenda, Will e me.
-Siamo qui per supportarlo- dissi io
-Oh, ma davvero? E tu piccoletto non dovresti proprio essere qui. –
-Lo lasci stare, signore. Non darà alcun fastidio ne tantomeno noi- disse Glenda fulminandolo con lo sguardo.
-E va bene, farò un’eccezione- rispose il signor D. fissandola a sua volta minacciosamente.

Ci accomodammo  a un tavolo rettangolare. Al tavolo si accomodò anche un satiro armato di penna e un quaderno.
-Bene, Jimmy, raccontaci tutto quello che è successo.-incominciò il signor D.
-Jonathan, signore, o al massimo Johnny.
- Fa lo stesso- rispose il Dio facendo apparire una lattina di Diet Coke.
-Ci trovavamo a Central Park. Avevamo ispezionato tutto il parco in cerca del mostro, ma di lui nessuna traccia.-
-Berry, stai scrivendo tutto?- Chiese il signor D riferendosi al satiro.
-Benny, signore. Si, signore, sto segnando tutto- rispose il satiro con la voce tremolante.
-Vai pure avanti, Jonathan.- disse Chirone.
-Ad un certo punto ci viene in contro una ragazza dai capelli biondi. Pablo la riconosce come una del campo: è Amina, figlia di Afrodite.
 -Ma lei afferma che non ha mai lasciato il campo e ci sono le sue compagne a provarlo- disse il signor D.
-Bhe, il fatto sta che quella non era Amina... Lei ci disse che voleva aiutarci a trovare il mostro. Ricordo che portò Pablo a fare un giro per riposarci qualche minuto e io e Keira siamo rimasti su una panchina.-
- Bravi, siete in missione e vi concedete "qualche minuto per riposarvi". Ci credo che poi è successo che due ragazzi sono morti! Bisogna mandare solo quelli competenti in battaglia.-disse il signor D stringendo la lattina di Diet Coke.
-Signore, mi faccia finire! Lo so che non dovevamo fermarci e dovevamo continuare, ma il fatto è che non ci riuscivamo. Era come se ci stessimo dimenticando della missione. Ad un certo punto io e Keira ci siamo addormentati sulla panchina. A svegliarci fu un urlo- Johnny deglutì.
-Corremmo subito da dove proveniva l'urlo e trovammo Pablo a terra sotto un albero. Amina era avanti a lui e gli si avvicinò e lo stava per prendere per il collo. Prima di prenderlo, Keira scoccò una freccia e colpì la ragazza a un fianco. Questa si girò verso di noi e i suoi occhi profondi ci guardò  malignamente. Ci spiegò che ci aveva fatto un incantesimo per farci dimenticare la missione e poi che aveva assunto le sembianze di Amina per farci cadere in trappola.-
-Interessante- disse il signor D.
-Sembra che quel mostro sappia usare un potere simile alla Biochinesis, capace di  manipolare cellule e dna attraverso la meditazione. È una tecnica molto complicata da utilizzare e solo pochi riescono a utilizzarla- intervenne Chirone.
-Noi dei siamo capaci. E a quanto pare è capace di impararla anche un mostro- disse il signor D sorseggiando un po' di Coke.
-Ma che figata! Sai quanto mi tornerebbe utile!-disse Will.
Io e Johnny ci facemmo scappare una piccola risata e Glenda tirò da sotto al tavolo un calcio a Will.
-Jonhhy, scusa se questo ti ha interrotto!-disse Glenda.
-No, mi fa bene stare con voi, almeno mi dovrebbe passare la tristezza... Continuando, ad un certo punto, attorno ad Amina si creò un alone giallo e poi lei si trasformò in un serpente gigantesco. Pitone, il quale cominciò a attaccarci. Pablo intanto si era rialzato e si unì a noi nella battaglia contro il mostro. Eravamo in vantaggio noi, o almeno sembrava. Eravamo riusciti ad immobilizzare la sua testa e Pablo doveva colpirlo alla testa, ma il serpente spalancò le fauci e colpì il mio amico con una fiammata.-
-Ahio, immagino che male.- disse il dio ironicamente.
-Ma si rende conto?? Qui sono morti due ragazzi e lei ci scherza sopra??! Lei è uno s…- Glenda stava per insultare il signor D, quando Will le tappò la bocca. Fortunatamente si tranquillizzò.
-Hem hem, vai avanti, figliolo.- intervenne Chirone, per placare le acque.
-Dunque… Pablo era fuori gioco. A quel punto, io riuscii a dargli una scudata sulla testa, mentre Keira era andata a soccorrere il nostro amico: aveva delle bruciature molto gravi. Dovevamo sbrigarci a sconfiggere quella belva, ma poi… il serpente, con la sua coda, mi lanciò via e mi andai a sbattere contro un albero. Ero a terra e non feci in tempo a rialzarmi che il Pitone tornò all’attacco. Provò a colpirmi con la coda, ma riuscii a scansarlo. Subito ripresi la spada e lo scudo e cominciai ad attaccare anche io. Ad un certo punto, una freccia andò a conficcarsi nell’occhio del mostro: era intervenuta anche Keira. Il mostro urlò per il dolore, poi si accanì contro Keira. Cominciò a sputare fiamme, ma Keira riuscì a schivare il fuoco. Poi il serpente la buttò a terra e lei aveva perso dalle mani il suo arco. Stava per essere schiacciata dalla coda del serpente quando intervenni io per salvarla. Ci riuscii, ma nell’intento ero stato colpito al braccio sinistro dalla sua coda. Mentre io ero a terra, trattenendo il dolore per il braccio, cercai di recuperare la spada. A quel punto il serpente afferrò Keira nelle sue spire e… strinse. Ricordo che lei si divincolava e chiamava il mio nome. Mentre il serpente stringeva sempre più forte, recuperai la spada e riuscii ad arrivare sulla sua testa, la quale perforai con la spada. – fece un attimo di pausa e poi riprese.
-Poi il serpente urlò, lasciò Keira e cadde a terra. Appena toccò il suolo svanì. Andai subito a soccorrere Keira. Era ancora viva ma non per molto.- Gli occhi di mio fratello diventarono lucidi.
-OK, Jonathan, è sufficiente, va bene così- disse Chirone.
Quel racconto mi aveva sconvolto. Se andare in missione significava perdere dei compagni, allora credevo che non ci sarei mai andato.
 
 
 
 
 

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