Synchronicity

di vinythaira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** De do do do De da da da ***
Capitolo 2: *** Walking on the moon ***
Capitolo 3: *** Every breath you take ***
Capitolo 4: *** Mother ***
Capitolo 5: *** Every Little Thing She Does Is Magic ***



Capitolo 1
*** De do do do De da da da ***


Synchronicity

1.De do do do De da da da

Il divo della musica si guardò intorno. Alzò una mano per coprire il volto dagli insistenti e invadenti raggi del sole. Sorrise, ricordando i titoli sul giornale della mattina: “Altro grande successo per il più grande genio del rock inglese”. Si lasciò cadere pesantemente sulla sedia dietro di sé e socchiuse gli occhi. “Il più grande genio del rock inglese”. Oh, si, suonava bene! Il fatto, poi, che fosse perfettamente cosciente di non esserlo era un altro paio di maniche. Eppure qualcuno doveva ritenerlo tale, se era stato scritto sul giornale! E sentirsi chiamare così era sicuramente una bella sensazione. Sospirò allegramente, mentre si girava in bocca le parole appena lette come caramelle di un nettare meraviglioso. E certo un po’ di umana vanità non poteva che fargli bene. Non si era forse impegnato fino allo stremo per raggiungere quei livelli? E le sue non erano forse delle canzoni davvero poetiche e profonde? Appoggiò il gomito sul bracciolo della sedia e il volto al palmo della mano. Chiuse gli occhi e, mentre le familiari mille luci gli balenavano sotto le palpebre, si concentrò sul proprio corpo. Sapeva di avere un bel fisico (in fondo tutti quei “we love you! Please kiss me!” ai concerti non potevano essere un caso, no?) e un sex appeal niente male, in quel momento si concentrò sui muscoli guizzanti sotto la maglietta, la sensazione della stoffa sulla pelle, gli addominali perfettamente piatti e scolpiti e le gambe fasciate dai morbidi jeans. Un sorriso ironico gli apparse sulle labbra, mentre la sua mente cinica formulava una battuta abbastanza malevola sul suo narcisismo da strapazzo. Si prese distrattamente in giro mentre lasciava che il suo corpo si rilassasse con un sospiro soddisfatto e che la sua mente divagasse. Proprio in quel momento il telefono squillò. Il giovane mormorò un paio di bestemmie tra i denti, poi, senza neanche aprire gli occhi, allungò mollemente un braccio per sollevare la cornetta.
“Gordon, figlio di puttana” gli abbaiò nell’orecchio  il suo adorato batterista. Il famoso bassista sbuffò alzando gli occhi al cielo. “Hai letto cosa ha scritto il Times?”
L’interlocutore dall’altra parte del  filo interruppe il monologo dell’amico ”Stewart” ruggì “Quante. Volte. Te. L’ho. Detto. Di. Non. Chiamarmi. Gordon? Sai perfettamente quanto io odi quel’ accidenti di nome!”
Il sospiro di Stewart è teatralmente estenuato, quando mormora “Signorsì, signore! Ma accidenti, in fondo è quello il tuo nome! E’… è come se io decidessi di chiamarmi barbiegirls! Ti pare?”
“Se tu decidessi di chiamarti con questo nome da frocio mi starebbe più che bene!” Gordon si morse le labbra e restò in attesa della risposta dell’interlocutore
“Hmm… Si…” tentennò Copeland “Però… Farsi chiamare così persino da tua moglie! Non ti sembra di esagerare?”
“Copeland, non fare il coglione. Non me lo sono scelto io quel soprannome, ok? Ma ora che me l’hanno dato lasciami far chiamare così da chi mi pare, ok? E poi ti ricordo che ti chiami Stewart, e non hai niente, di cui lamentarti, per dio! Io mi chiamo GORDON!” l’accento del biondo su queste parole è quasi sarcastico.
Il batterista sbuffò, prima di mormorare uno sconfitto “Senti, come vuoi… comunque…” cercò il capo della conversazione per poi riprendere, più acceso di prima: “Hai letto sul giornale? ‘Il più grande genio blablabla..’ hey, e noi?” accusò il giovane musicista
“Stewart, scemo, è ovvio che nominano me ma siamo intesi tutti e tre!” Un paio di occhi verdi si alzarono al cielo
“Si, ma nell’articolo c’è solo il tuo nome, accidenti a te!” si intestardì il compagno, mentre il bassista rideva sotto i baffi
“Ma dai, allora, ascoltami: chi scrive le canzoni? IO! Chi le canta? IO! Chi è che è amato dalla folla per la sua” ridacchiò “voce fantastica e fisico da urlo? IO! Ma è ovvio che, se anche nominano solo me siamo intesi tutti! Come farei io senza voi?” Quest’ultima frase la mormorò in atto melodrammatico
Copeland sorrise, mormorando tra i denti un “Stronzo d’un vanesio!”
“Coop, senti, ti prometto che la prossima volta costringerò il Times a scrivere che sei il miglior batterista di tutta l’Europa, ok? Ma ora smettila con questa tua accidenti di gelosia, eh? Pure perché stavo riposando. E non voglio sentire parlare più di basso, voce, concerti, fan e altro per almeno.. hmmm … dieci minuti… pensi di farcela?” il cantante ammiccò malizioso mentre attendeva  la risposta del secondo membro della sua band
“Non so, ci proverò…” rise il batterista “Però, sai, è così difficile stare lontani da te…!”
“Stronzo!” ghignò pure l’altro
“Ciao, Gordon, buon riposo!”
“Oh, Coop!!” lo aggredì il bassista
“Ok, ok, non lo faccio più!” Copeland attaccò la cornetta.
Il sorriso del migliore cantante dell’Inghilterra (O almeno secondo il Times del 1979) si allargò. Una chiacchierata con Stewart metteva sempre di buon’umore. Per quanto riconosceva che il batterista potesse essere un vero stronzo, spesso e volentieri.
Il ventinovenne intrecciò le mani dietro la nuca e chiuse gli occhi, sospirando, mentre le note del concerto appena finito gli scorrevano davanti agli occhi.

Il chitarrista Andy Summers guardò in cagnesco l’amico di fianco a se. La voce e il basso della band, Gordon Matthew Thomas Sumner, o meglio Sting, come ormai si faceva chiamare da tutti coloro che lo conoscevano, ricambiò con uno sguardo carico di altera delusione.
“Oh, senti, Sting” lo attaccò Andy “se non mi piace non mi piace, ok? E non fare quella faccia, accidenti!”
Il broncio sul volto dell’interpellato si fece più visibile “Ok” mormorò il cantante, mentre la sua faccia assumeva un’espressione offesa “Non ti piace. Va bene. Ma perché?”
“Sting, ma che vuoi?” si difese il chitarrista “Non tutte le tue canzoni devono per forza piacermi, ok?”
“Si, Andy, perfettamente d’accordo con te… Ma perché no?”
L’amico esitò prima di rispondere “Senti, eh, tu mi hai chiesto ‘Ti piace?’ E io ti ho detto no. Al ‘Ti piace?’ uno può rispondere di si o di no, accidenti. Altrimenti dovevi dirmi ‘questa canzone è fenomenale. E non dirmi che non è vero che sennò ti spezzo le gambe.’” Si intestardì Summers.
Sting ridacchiò, mettendo in mostra i bei denti bianchi prima di ribattere con un “Hai ragione, ok? Ma spiegami almeno il perché!” sorrise “cos’è, ti vergogni di cantare un ritornello stupido come de do do do de da da da?” Il mordicchiare di labbra con cui gli rispose l’amico parse a Sting un segno affermativo più che evidente, perché continuò, imperterrito “E io, allora? Ti ricordo che sono io colui che deve urlare a pieni polmoni questo ritornello, tu devi solo farmi il controcanto!” rifletté un attimo: “E comunque meglio de do do do de da da da che tutti i mugolii che mi hai fatto fare in Can’t stand losing you, non trovi? Lì c’era davvero da sotterrarsi!”
Summers ridacchiò, prima di affermare “In effetti…”
Sting si lanciò in un’imitazione di se stesso con un microfono (improvvisato) mentre mugolava i suoi famosi “yo… ye… yeyo”. Entrambi i compagni furono stesi a terra da un eccesso di risa. Poi  esitò, mentre formulava una battuta sarcastica per l’occasione “E comunque, accidenti, dobbiamo fare ogni tanto una canzone allegra! Altrimenti se le facciamo tutte serie i fan ci si addormentano! E invece degli applausi tutto quello che sentiremo sarà il russare di centinaia di persone!”
Andy si morse le labbra per reprimere un sorriso “Ok, Sting… Ma capisci pure tu che non ha il minimo senso, e che diamine!”
“Ma cosa non ha senso, cosa? Senti il testo, dio santo. Lascia stare il ritornello. Pensa al resto. E’ serio, quello, accidenti!”
Canticchiò sottovoce il riff della canzone
Andy scosse la testa “Sting, a me pare una stronzata, un giochino per bambini!”
“Oh, Sam, fanculo. Ascolta il testo!” alzò gli occhi al cielo, nervoso, prima di continuare “Ed è orecchiabile! Mi spieghi cosa c’è di strano a dire de do do do de da da da? E allora tutti quelli che cantano ‘Da doo ron ron’? Mica stai bestemmiando! Su, ripeti con me…”
Summers lo fissò in cagnesco e poi canticchiò il ritornello con una voce così bassa che non si sarebbe sentita neanche a cinque centimetri di distanza. Tuttavia il cantante sembrò soddisfatto, il suo volto si illuminò e esclamò, entusiasta: ”Oh, wow, visto? E comunque smettila di fare il cazzone con questa idiozia che non significa niente… Non hai sentito il testo? … La loro innocenza mi salverà… capisci? E’ una canzone contro l’ipocrisia e tutte quelle cazzate lì della cultura moderna!”
“Oh ma senti, GrandeGenioDellaMusica, se a me non piace…” Il chitarrista si voltò a guardare Sting. Lui assunse un’espressione mortificata.
Andy lo maledisse mentalmente, mentre gli occhi del compagno diventavano più liquidi. Accidenti a lui! Con quegli occhi e quell’espressione da vittima riusciva sempre a fargli fare quello che voleva.
Il fatto era che il chitarrista aveva un cuore troppo buono, si impietosiva sempre, soprattutto per i cucciolotti abbandonati (odiava coloro che li lasciavano, che avrebbe volentieri spedito in prigione) e quando voleva lo sguardo di Sting diventava assurdamente simile a quello dei cagnolini al margine dell’autostrada. Ogni santa volta lo fregava, il maledetto. Si morse le labbra. Oh, ma oggi no, maledizione. Un po’ di carattere, Andy, cazzo! In fondo sei il chitarrista! La tua opinione conta! E chi se ne importa se ci resta male!
E freddò con il suo sguardo nocciola quello del compagno. Sting ricambiò con la sua migliore espressione da cucciolo.
Andy Summers abbassò lo sguardo, mormorando una bestemmia tra le labbra. Sting rise, consapevole del suo effetto sull’amico.
“Un altro po’” lo sfottè  “E ti faccio diventare frocio, già siamo ad un buon punto… Sei cotto di me, tesoro!” lo adulò il biondo con voce androgina
Summers strinse i denti, prima di aggredirlo con una sequela di bestemmie miste ad un discorso consequenziale “Senti, coglione, primo non sono gay, ok? E smettila con quel sorrisino da imbecille, perché non sei affatto divertente. E secondo un pezzo di merda come te non mi piacerebbe neanche se fossi una checca isterica, ok?”
La voce del gruppo rise sotto i baffi, prima di dire “Ok, ok, scherzavo, calmati!”
“Calmati un…” cominciò Summers prima di essere interrotto dal batterista della band, che bloccò la sequela di imprecazioni che il giovane stava per lanciare al compagno e frenò la rissa che ne sarebbe seguita con un “A me piace!” alla vista degli sguardi sorpresi dei due amici si affrettò a precisare “La canzone, intendo. Mi piace la canzone”
“Oh, Stew!” sbottò il chitarrista “Ma tu sei così… così pazzo che la tua più grande aspirazione sarebbe una canzone fatta solo di ululati!”
Proprio mentre Sting abbracciava Stewart, esclamando: “Oh, Coop, sei un genio! Tu si che ci capisci qualcosa! Due a uno, Andy, due. A. uno! La democrazia vince!” e lanciò uno sguardo in tralice al chitarrista.
Copeland assunse un’espressione mortificata: “Perché, cos’hai contro gli ululati? E poi non è vero!” mormorò, rivolto ad Andy.
Summers incassò l’occhiataccia dell’amico e esitò, incerto: “Ma… Oh, accidenti! Quella canzone non si fa, ok? Vale anche la mia parola, in questa band, no?” si intestardì poi “Questa canzone non si fa!” ripetè, fiero della sua virile autorità e sopportò gagliardamente lo sguardo carico d’ira che gli altri due componenti della band gli lanciarono.

DA UN ARTICOLO SUL TIMES:

Nuovo grande successo per i Police
Il nuovo singolo dei Police, chiamato De Do Do Do De Da Da Da, è ormai in testa alle classifiche.
“Stavo tentando di spiegare in maniera intellettuale come le cose semplici possano essere così potenti. Perché le nostre canzoni preferite sono ‘Da Doo Ron Ron’  e ‘Do Wah Diddy Diddy’? Nella canzone ho tentato di spiegarlo.” Ha affermato il cantante della band, Sting, ai giornalisti “Ma tutti” aggiunge “ hanno iniziato a dire: ‘è una stronzata, un giochino per bambini’. Nessuno ha ascoltato il testo. Fanculo! Ascoltate il testo. Lo rifarò nuovamente e metterò più enfasi sul discorso che stavo facendo.”



Sting salì sul palco ridendo, scosse i capelli e guardò raggiante tutte le persone di fronte a lui.
Ah, era questo ciò che amava di essere un cantante.
Non erano i fan che gli facevano la posta sotto casa e lo aggredivano con le loro pretese e esigenze quando usciva.
Non era la stanchezza di stare le ore su un palco in una località sconosciuta e lontana mille miglia da casa ad ammazzarsi di fatica e sudare così tanto da desiderare solamente una doccia e da farsi schifo da solo.
Non era il vedersi in tv o leggere gli articoli su di lui sul giornale, né la sensazione del microfono tra le dita (anche se quello dava una bella sensazione di potere, niente da ridire).
E neanche l’idea di avere un palco tutto per lui, un palco a suo disposizione e dove poteva muoversi a suo piacere lo emozionava più che tanto.
E gli piaceva la sensazione di sapere precisamente le mosse da fare, le note da suonare e le parole da dire. Ma non era neanche questo ciò che amava, ciò che lo spingeva a salire sul palco ogni qualvolta gliene si presentasse l’occasione, a salutare la gente e a sgolarsi talmente tanto da ritenere ogni volta che le sue corde vocali si fossero consumate. Era qualcos’altro.
Era la sensazione di sentirsi un dio. La sensazione che gli dava il sapere che tutta quella gente era lì per lui. Che VOLEVANO lui. Lui e nessun’altro. E gli altri due Police, certo. Stev e Andy. Ma era lui che la folla amava. Era a lui che urlava. Era lui che bramava. Gli piaceva seguire con gli occhi l’onda delle grida che si propagavano, il senso di eccitazione che scoppiava nell’aria e sfociava in un urlo. Ed era LUI che provocava questa reazione. Nessun altro. LUI.
Non che amasse la folla, anzi. Non era sicuramente uno di quei cantanti che si mescolavano alla moltitudine di gente, ci parlava e accettavano di farsi abbracciare e baciare dai fan. Anzi. Lo odiava. Non sopportava neanche firmare gli autografi o farsi foto abbracciato alla Mary o Jane di turno.
Era la sensazione di potenza che quei fan gli davano che amava.
Il sapere che lui non conosceva nessuno di quei volti. E che mai li avrebbe conosciuti. Ma loro sapevano chi era lui. Lo conoscevano. Ed erano lì per acclamarlo.
Sting rivolse un sorriso a quella moltitudine calda e sudata che si affannava sotto al palco, sporgendo le braccia per farsi notare. In mezzo alla folla notò qualche cartellone con scritte del genere “We want Police” o “Sting, we love you” ecco, era questo ciò che amava, dell’essere famoso. Adorava le grida di giubilo delle persone sottostanti, il senso di essere amato, il sapere che quelle persone desideravano LUI e lui soltanto. E adorava sentire tutti i loro occhi puntati addosso, il sapere che centinaia di persone lo stavano fissando, e che, quelle stesse persone, erano lì apposta per lui. Per la sua bravura. Per il posto che si era guadagnato nella società con tanto sudore.
Inclinò la testa all’indietro con un sospiro soddisfatto.
Era una bellissima giornata. E faceva un caldo bestiale.
Sting prese un asciugamano e si scompigliò i capelli, ben sapendo che tanto il suo aspetto sarebbe stato estremamente bello e sexy anche con tutti i capelli dritti in testa.
Prese il microfono tra le mani e si avvicinò con la bocca ad esso.
“Oh, so hot!” ruggì, mentre la sua voce veniva ampliata e risuonava per tutto lo stadio.
La folla rispose con urla e fischi.
Il sorriso di Sting si allargò, mentre posizionava le dita sui tasti del basso e abbassava lo sguardo a controllare le note.
Poi con un ultimo sospiro soddisfatto iniziò a suonare.

Sting s’incamminò velocemente verso le quinte, mentre la folla lo acclamava, richiamandolo sul palco, spingendolo a tornare, a prendere in mano il microfono e cantare fino allo sfinimento.
Un ghigno soddisfatto gli apparve sulle labbra non appena furono fuori dal palco. Oh, amava la vita del cantante!
Copeland sorrise, sarcastico: “Soddisfatto della tua dose di successo giornaliera, eh, Sting?”
“Oh, si, Coop!” il cantante alzò gli occhi al cielo con un sorriso beato, tirò la testa all’indietro e si scompigliò allegramente i capelli “Oh, Coop, io amo la vita del cantante… Te l’ho mai detto?”
“Almeno una decina di volte” rise Andy
“Si, ma negli ultimi dieci minuti!” aggiunse Stewart sorridendo divertito
“E sbrigati a cambiarti, cantante dei miei stivali!” Lo rimbrottò Summers
“Dei tuoi stivali a chi, stronzo?” rise Sting, cominciandosi a sbottonare la camicia
“Prima che i nostri ‘cari fan’” continuò imperterrito Andy “si mangino l’un l’altro!” e accennò con il capo alla massa di gente affollata al di là delle transenne, che cominciava ad agitarsi, urlare e spingere in avanti per raggiungere il Santo Grahal (o più conosciuto con il nome di “palco”), schiacciando, calpestando e stritolando la gente che gli stava davanti.
Sting lanciò un’occhiata impietosita ai poveri martiri con la pancia schiacciata contro le transenne.
Si cominciò a sfilare la camicia sudata “Mio dio!” rise Stewart “Ma fai proprio schifo! Non osare avvicinarmiti in queste condizioni!”
Sting ridacchiò tra i baffi e prese l’asciugamano che Andy gli porgeva.
“Ok, torniamo alla ribalta!” affermò, avviandosi per il palco. Quando Stewart lo affiancò il bassista gli saltò addosso con un urlo divertito. Copeland barcollò, spingendo indietro il compagno. Sting e Andy scoppiarono a ridere, mentre Stewart pronunciava: “Oh, Sting, fanculo!”
“Oh, dai, Stew, non mettermi il muso!” rise “Sei stato tu a spingermi a farlo! E poi” ammiccò divertito “Non ti dona il muso!”
“Sei un coglione, Gordon Matthew Thomas Sumner! E non ti provare a rimproverarmi perché t’ho chiamato Gordon!”
“Oh, Coop, dai, non fare così! In fondo sei stato tu a implorarmi di farlo!” mormorò il cantante demoralizzato.
“Io? Sting, mi sa che stai sbagliando persona!” lo rimbeccò il batterista.
“Coop, sai che non resisto alle tentazioni!” scherzò il cantante.
“Ma sai dove devi ficcartele le tue tentazioni?” gli domandò molto galantemente Stewart, mimando con le mani.
“Oh, Coop!” Sospirò Sting alzando gli occhi al cielo. Poi gli rivolse un’elegante linguaccia prima di risalire sul palco, dove fu accolto dalle ormai familiari urla di giubilo dei fan.


Saaaalveee a tutti!!!
Beh, che dire…  La mia sfrenata passione sui Police mi ha portato ad iniziare questa mia ff… Diciamo che la mia passione è sfociata in questo sclero senza né capo né coda.
E… Insomma… Questa storia penso resterà di pochissimi capitoli.
Beh…  Ormai mangio, bevo, vivo con i Police, in casa mia non si parla d’altro e.. insomma, li amo!
Come sempre grazie a tutti coloro che mi hanno COSTRETTO a postare (anche con ricatti, non è vero, Giu?) e che si sono presi cura della mia scarsa autostima.
Questo capitolo è dedicato a Fiore, che ha sopportato tutta la mia sfrenata passione per Sting, a Giulia, che mi ha ricattata e spinta a postare questo capitolo… E beh… C’è tanta gente da ringraziare… Federica, Sara, Giorgia, Mariarita, Livia, Zia Giulia… E ovviamente la mia adorata sorellina, che mi spinge perennemente a scrivere e a postare e che è la fan più grande e la dialogatrice più instancabile dei Police che io conosca (a parte me stessa...). Spero davvero di non essermi dimenticata nessuno… Mi siete state tutte vicine, siete grandi!!!
Fan dei Police, io so che esistete ancora, da qualche parte, e che li amate quanto li amo io. Se volete farmi felice, o anche dirmi solo cosa ho sbagliato (date o altro…) scrivetemi una recensione! Anche piccola piccola…
Baciii
Vinythaira

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Capitolo 2
*** Walking on the moon ***


Synchronicity




2.Walking on the moon

 
 
Sting entrò nell’amena suite di un albergo, uno dei tanti in una località sconosciuta, osservò i pesanti quanto pacchiani tessuti rosso-cremisi dei tendaggi e l’ormai familiare odore di pulito lo investì, quel profumo lo perseguitava: il profumo di una stanza non vissuta, e usata solo nelle occasioni speciali, cosa che lui era. E ormai si era abituato ad abitarci, in queste stanze non vissute.
Chiuse la porta di scatto. Si appoggiò ad essa e inclinò la testa all’indietro. Poi si rialzò di scatto, ondeggiando come una nave in tempesta, e, con passi barcollanti, si diresse verso il letto. Crollò sul materasso, mentre la stanza gli ballava e ruotava intorno, e la testa gli scoppiava per i milioni di pensieri contrastanti che gli bombardavano ritmicamente la scatola cranica. Chiuse gli occhi, mentre i fiumi dell’alcool gli annebbiavano la mente e lui si lasciava andare all’ormai familiare senso di perdizione. Una risata gli nacque spontanea tra le labbra. Aggrottò la fronte e provò a ricordare in che luogo si trovasse. Ma più ci pensava più quel pensiero gli sfuggiva tra le dita, granelli di sabbia in una mano poco capace. New York? Dublino? Parigi? Il giorno dopo Andy gliel’avrebbe saputo dire. Andy era bravissimo a ricordare le cose. Sapeva sempre i nomi di tutti e di tutto ciò che serviva ai componenti della band o con i quali entravano in contatto. Era sempre lui a evitare che i suoi due amici facessero figuracce. Sting si portò le due mani alla testa, premendosi le tempie, mentre tutto si faceva vago per lui.
“Andy” biascicò, sollevandosi faticosamente con il busto, mettendo lentamente a fuoco la stanza alla ricerca di uno dei due compagni. Non avendo trovato nessuno si lasciò ricadere pesantemente sui cuscini. Ricordava di essere andato ad un pub con loro (era bello, quello lo sapeva, faceva caldo e c’erano un sacco di ragazze carine), e di aver iniziato a bere. Ma quello che era successo dopo era un buco nero. Un buco nero sempre presente, però, perché ricordava di aver fatto di qualcosa di molto stupido o molto irresponsabile (o entrambi, perché no?) e per questo gli altri due, e più seri, colleghi lo avevano dovuto riportare a braccia in albergo, probabilmente vergognandosi da morire.
 Sting si morse le labbra, mentre pensava alla ramanzina che Andy gli avrebbe sicuramente affibbiato il giorno dopo.
Anche se dovevano essere ubriachi pure gli altri due, dato che non riuscivano a sorreggerlo. Ricordava di essere caduto più di una volta, mentre salivano le scale. E di non essere riusciti a infilare il pass par tout nell’apertura fino all’arrivo di un’anima pia che li aveva aiutati.
“Stupido, stupido, stupido Sting!” si auto rimproverò, rifilandosi uno scappellotto, articolando a fatica le parole in uno Shhhtupido Shhhting. Fece una linguaccia. Odiava avere la bocca impastata dall’alcool.
Ridacchiò, poi si alzò in piedi, reggendosi alla spalliera del letto. Si staccò, cominciando a barcollare allegramente in giro per la stanza. Iniziò a saltellare in tondo, per quando gli costasse una fatica immensa il farsi sfuggire il pavimento da sotto i piedi ogni volta. Rise e si resse alle pareti per non cadere, continuando però a girare in tondo.
“Walking” ansimò “Walking round- Walking rou-nd the roo-oo-m” cominciò a canticchiare sottovoce. Entusiasta aumentò la velocità e il volume del tono, trovandosi a correre per la stanza urlando la sua litania a gola spiegata.
Quando tutto cominciò a giragli intorno, e tutti i mobili persero contorni, diventando una macchia confusa e ruotante, crollò sul materasso, ridendo sguaiatamente e continuando a canticchiare il suo ritornello.
 
Andy Summers si sedette sul letto e incrociò le gambe sotto le natiche.  Guardò lo scompigliato e confuso essere umano che gli si trovava davanti. Sorrise, con il suo solito fare materno, e pronunciò: “Hey, coglione, passata la sbornia?”
Sting si prese la testa tra le mani, e dopo un lamento e uno sbuffo rispose “Oh, zitto, Andy… mi sta scoppiando la testa… Ah!”
“Vorrei ben vedere, dopo tutta la benzina che ti sei bevuto ieri sera!” lo rimbeccò Copeland, staccandosi dal muro al quale era appoggiato.
“E voi non mi avete fermato? Trascinato via? Che begli amici che mi ritrovo!” si lamentò il cantante “Lo sapete che faccio cavolate, quando sono ubriaco..”.
“Sting, abbiamo provato a fermarti, ma al secondo bicchieri eri già su di giri!” mormorò Andy Summers “E quando ti abbiamo detto di smetterla ci hai mandato a ‘fanculo! Saremmo NOI, i non amici?” brontolò poi offeso.
Copeland rise “Poi ad un certo punto stavamo parlando con delle ragazze davvero carine – mannaggia a te, che stronzo, che sei! Neanche quando sei ubriaco ci fai rimorchiare? – comunque… Eravamo con queste ragazze, poi giriamo lo sguardo e chi ci ritroviamo che canta sul tavolo abbracciato alla barista?”
Il lamento del cantante è estenuato, mentre tuffa la testa nel cuscino, con un moto di sconforto “Non ditemi che l’ho fatto davvero…” mormorò contro la stoffa del guanciale
“Oh, Sting, hai fatto di peggio!” alla vista dello sconcerto dell’amico il volto di Andy Summers si aprì ad un sorriso divertito “Ma non te lo diciamo,  altrimenti vai a sotterrarti vivo!”
“Ecco, bravi” mormorò il cantante, depresso “Ma perché sono sempre io a fare cazzate?” si rimproverò il cantante.
“Perché sei un cazzone, appunto!” rispose prontamente Copeland
“Beh,” lo rincuorò, Summers, con un’occhiata ammonitrice al batterista “Tu devi fare gossip! Te le puoi permettere le cazzate, anzi, ci fai un po’ di pubblicità!”
Il lamento con il quale il giovane cantante rispose a quest’affermazione espresse appieno il suo stato d’animo.
“E comunque” aggiunse Stewart “Ora alzati, bello addormentato”
“Oh, no, Coop! Ti prego! Andate voi! Non faranno caso alla mia assenza!” lo pregò il cantante
“Sting, non dire cretinate, sei il pezzo grosso della band! Certo che notano che non ci sei, ‘becille!” lo rimbeccò Andy
“E poi” rise Copeland “Nervoso come sei la tua fama di silenzioso e serioso crescerà a mille! MA -  NON - SEI - FELICE?” scandì, con un timbro falsamente entusiasta nella voce.
“Sting. Ora. Ti. Alzi. E. Vieni.” Gli ordinò il chitarrista con il tono perentorio che lo contraddistingueva. Quando vide che il cantante non lo degnava di una risposta, ma continuava a tenersi testardamente il cuscino premuto contro il volto, si alzò e aprì di scatto le persiane, investendo il malcapitato dell’impetuosa luce solare. Sting si espresse con un lamento e con bestemmie.
“Alzati” gli ordinò, mentre Copeland gli lanciava un paio di pantaloni e una felpa. “Oh, Sting, con fare l’idiota e ascoltami. Abbiamo un impegno, Sting, cazzo, e lo rispetteremo, non è possiamo fare la figura dei maleducati solo perché TU non sei stato previdente, TU ti sei ubriacato e TU ora sembri una larva umana. Perciò alzati. E spicciati pure.” Lo rimbrottò Summers.
“E poi già abbiamo fatto una figuraccia ieri, per colpa tua!” gli ricordò Copeland, immensamente divertito dai battibecchi tra i due compagni.
“Oh, ma vi odio!” li accusò Sting, gettando il guanciale addosso al batterista, che in risposta rise e gli fece una linguaccia.
 
 
Sting si fissò nello specchio. Si sorrise, stropicciandosi gli occhi. Cominciò a cantare tra le labbra il riff di quella sera: Walking Around The Room. Sogghignò e ripeté le parole tra le labbra, assaporandole e rigirandole, mentre il senso della canzone andava formandosi nella sua mente. Annuì, ripetendo il suo ritornello. Certo, camminare intorno alla stanza faceva un po’ schifo, come ritornello, e che cavolo di canzone ti puoi inventare, con questo inizio? Poi veniva fuori una cosa idiota… Ghignò. Certo, trovarne uno più intelligente sarebbe stato difficile… Ma uno ancora più stupido? Doveva avere la stessa sonorità di room… Sting annuì, mentre una sola parola gli appariva alla mente.
“Coop! Andy! Ho una buona notizia per voi!” urlò.
 
Andy Summers guardò con volto inespressivo il suo compagno entusiasta. “Walking on the moon” mormorò, lentamente, sbatté un paio di volte le palpebre poi ripeté “Walking on the moon. Ok. Stai scherzando, spero!”
Il sorriso di Sting si disintegrò all’istante “No, non sto scherzando! E non dirmi che non ti piace, che non ci credo!”
“Sting” deglutì Stewart “Walking on the moon non è che abbia molto senso….” Gli dispiaceva da morire ferire l’amico, ma ci andava di mezzo la sua reputazione, dio santo! “Come fa uno a camminare sulla luna?”
“Oh, ma Coop…” si depresse il cantante alla vista che anche il suo maggiore alleato l’aveva tradito “E’ una canzone! Mica la bibbia! Si dicono tante cose cretine nelle canzoni… è metaforico… come camminare sulle nuvole, no?”
“Stì, mi dispiace, ma per una volta sono d’accordo con Sum… è un ritornello stupido!”
Summers annuì, facendo spallucce.
“Oh, ma sentite, voi! Siete troppo seri! Il pubblico non vuole i matusalemmi come voi!” e rivolse loro una linguaccia
“Matusalemme a tua nonna, cretino!” lo rimbeccò Copeland.
Sting non fece una piega a quell’affermazione, proseguendo spedito: “E invece io sono sicuro che sarà un successo… Non li sentite già i giovani cantare Walking on the- Walking on the moo-oo-n? Dai, ti entra in testa!”
“Oh, ti prego, Sting!” si lamentò Andy Summers “dobbiamo andare, ok? Si discuterà di questa cosa un’altra volta!”
“No, io ne voglio parlare adesso, ok?” si incaparbì Sting “Pure perché è bella e mi ci sono fissato!”
“Stì, lo sai che io ti sostengo sempre, con le tue trovate… ma davvero, questa non ha senso!” Stewart gli sorrise, incoraggiante “Dai, entro tre giorni te ne inventerai un’altra bella il triplo e.. con un minimo di senso…”
“Ma perché accidenti mi sono trovato questo gruppo così materialista? Voi non avete studiato, siete andati, direttamente in miniera, per fare questi ragionamenti! Siete cafoni, buzzurri! Ma dove è finita la filosofia? La vostra sensibilità… Il… il… romanticismo?” li apostrofò con uno sguardo triste Sting.
“Penso di averli persi per strada mentre ti trascinavo giù da quel tavolo, ieri sera!” lo istigò Andy
“Ma che c’entra questo adesso, Andy? Se mi vuoi fare la ramanzina guarda, hai tutto il tempo, DOPO adesso stiamo parlando di cose serie!” gli lanciò un’occhiataccia “E se la tua risposta è ‘Perché, camminare sulla luna è una cosa seria?’ trattieniti perché ti arriva un ceffone.” Fece una pausa d’effetto, mentre Copeland rideva “Andy, senti, so che è difficile che tu lo sia…. Ma sei mai stato innamorato?” Ridacchiò, rifugiandosi dietro la schiena di Coop “Se anche sono io il fortunato… a-ehm… non ti preoccupare, non mi devi dire chi…” Copeland scoppiò a ridere, mentre Andy si avventava contro l’ormai ex-amico.
“Senti” urlò “La devi smettere con ‘sta cretinata che sono frocio, ok? Smettila che sennò al prossimo concerto ti ci mando che sputi sangue! E non me ne fotte un’accidenti se sei il cantante della band e ti servono i denti per cantare!”
“Anche perché esiste il play-back…” mormorò Copeland, ignorando l’occhiata assassina del cantante.
“Scherzavo… Scherzavo…” mormorò Sting, pur sapendo che l’amico non gli avrebbe mai fatto niente di male “E comunque accidenti quanto siamo macabri, oggi!” gli rivolse una linguaccia, prima di continuare “Dove eravamo arrivati, prima che Andy mi interrompesse con le sue… Ok, ok, Andy, non fare quella faccia… Dicevo. Andy, ti è mai capitato…” esitò, prima di cambiare soggetto alla frase “Coop, ti è mai capitato di essere innamorato?” Stewart annuì, divertito “Bene, se tu dovessi tornare a casa dopo essere stato da lei tutto il pomeriggio come ti sentiresti?”
“Beh…” mormorò indeciso il batterista “Bene?”
“Bene!” si demoralizzò il cantante “Oddio che mi tocca sentire! Un po’ di romanticismo, ragazzi, per diamine! Ok, dimentico con chi sto parlando…” gli sorrise, inclinando il volto verso la spalla, con lo sguardo sensualmente perso nel vuoto “Ti sentiresti come se camminassi sulle… nuvole, no? Come se non avessi più gravità, no? Essere innamorati è questo, no? Sentirsi non attaccati alla terra, …” Il cantante fu interrotto da Andy che rise, concludendogli la frase “… no? Si, piccolo romantico fallito, concludi il discorso!”
Pure Sting ridacchiò “Eh, esatto, pensate a uno che ha appena lasciato la sua bella, e sta tornando indietro da casa sua, è come se camminasse sulla luna, giusto? Come se perdesse il contatto con la realtà…” sorrise, cominciando a canticchiare “Walking back from your house – Walking on the moon” annuì “Capite? Che ve ne pare?”
Copeland sorrise “Mi hai convinto, genio!”
“Grazie Coop!” mormorò il cantante riconoscente, prima di voltarsi verso l’altro Police “Andy?”
“Dovevi darti alla politica, tu, venditore d’enciclopedie mancato! Altro che alla musica!” sorrise “Ma anche per me è ok, SE..” frenò l’entusiasmo dell’amico “Riesci a crearci sopra un testo decente!”
“Oh, Andy, ti adoro! Grazie!” saltellò entusiasta il Politico Fallito, avviandosi verso la porta.
“E dimmi, Stì, ora posso farti la predica?”
Il volto di Sting si aprì ad un adorabile sorriso con le fossette, mentre Copeland rideva.
 
“Ah, e senti, Andy” mormorò Sting mentre uscivano dall’albergo “In che posto stiamo, adesso? Parigi?”
Summers spalancò gli occhi, inorridito dalla domanda dell’amico “Ma che Parigi, Sting!” lo squadrò “Siamo a Monaco di Baviera!”
“Ah, ecco!” sorrise Sting “Mi sembrava strano essermi inventato due canzoni nella stessa città!” *(a Parigi Sting si inventò Roxane)
Andy Summers non poté fare a meno che ridere e scuotere la testa.
 
DA UNA RIVISTA DI MUSICA
“Il noto cantante Inglese, Sting, ci ha rivelato oggi in un intervista come gli è venuta l’ispirazione per il noto brano da lui creato: Walking On The Moon. Ecco cosa ci ha rivelato:‘Ero ubriaco in una camera d'albergo a Monaco di Baviera, crollato sul letto in preda ai fumi dell'alcool quando mi è venuto in mente questo riff. Mi sono alzato e messo a camminare per la stanza cantando: "Walking round the room, walking round the room (camminando per la stanza)". Questo era tutto. Il mattino seguente mi sono ricordato cosa era successo e ho appuntato il riff. Ma "Walking round the room" era un titolo stupido, così ne ho pensato uno ancora più stupido che era "Walking on the moon”’
 
 
Sting spinse la porta a vetri ed uscì dall’albergo. Socchiuse gli occhi, infastidito dalla luce solare. Sorrise e inforcò gli occhiali da sole, osservando Copeland e Summers che facevano la stessa cosa. Si osservarono sorridendo, e sentendosi più divi che mai, per il semplice fatto di camminare in fila, di indossare gli occhiali da sole e di sapere di essere famosi. Adattarono i loro passi in modo da camminare contemporaneamente, spontaneamente, quasi senza rendersene conto. Scossero i capelli alzando gli occhi verso il cielo, sentendosi importanti. Sting si passò una mano tra i capelli, immaginando la scena vista dal di fuori. Ah, si sentiva celebre. Ed era una cretinata fare i fighi come i divi di Hollywood, camminare come soggetti e scompigliarsi i capelli ogni due. Ma, accidenti, era un cantante di spicco, ormai, e le scene da film poteva pur permettersele, ogni tanto, no? Le persone che camminavano per strada si voltavano a guardarli, mentre incedevano, sentendosi, o almeno provando a sentirsi, più Dei che esseri umani, perché, in fondo, cazzo, la canzone che adesso stavano trasmettendo alla radio era loro, ed era musica buona. Non erano cazzate per bambini, oh no. Era seria. E ti entrava in testa. E, soprattutto, era LORO. Ogni parola, ogni nota, ogni acuto. Era tutta farina del loro sacco. E i nomi che ora i tizi alla radio stavano pronunciando erano i loro. Anche se il cognome di Andy era stato pronunciato male. Erano comunque i loro nomi, cazzo. E il nome della loro band.
Alzò il mento e fissò la gente che passava con lo sguardo più sensuale che gli riusciva. Sorrise.
Ovviamente fu Andy Summers a rovinare tutto, quel coglione, andando a sbattere contro un cassonetto dell’immondizia. Sting scoppiò a ridere, mentre Andy si piegava bestemmiando sul piede infortunato.
“Ma che te li metti a fare quegli occhiali così scuri se poi non ci vedi un cazzo?” domandò, alzandosi i suoi sopra i capelli “Con tutti i soldi che ti ritrovi te ne puoi comprare un magazzino!”
“A me piacciono questi!” si intestardì il chitarrista
“Peggio per te” si intromise Copeland, sfilandosi pure lui i suoi “ti auguro solo di centrarlo di faccia, quel cestino, la prossima volta”
“ ‘Fanculo, Stewart, eh? A te e a chi non te lo dice!” ribatté irato Andy
“Pace, pace” rise Sting “Coop, se Andy vuole fare come sport il centrare tutti i pali di faccia a te che te ne frega?”
“Niente, però gli consiglierei di cambiare sport!” ammiccò Copeland
“Oh, ma a me piace talmente tanto, Stew…” sghignazzò pure Summers
I tre amici ripresero a camminare ridendo, mentre tutta l’alterigia di tre secondi prima scompariva, lasciando posto all’allegria di tre ragazzi che si divertono insieme.
Sting prese sotto braccio i due compagni, continuando a scherzare, fino a quando il suo sguardo non incappò in due ragazzine che si erano voltate e lo additavano ridacchiando. Il cantante ammutolì e sorrise, abbassandosi gli occhiali sul naso. I due compagni lo osservarono incuriositi, mentre il cantante scuoteva la testa e si apriva la giacca.
“Stì, ma che..” cominciò, Stewart
“Coop!” ringhiò il cantante, allusivo.
Andy sorrise al batterista confuso, e gli indicò con lo sguardo le due ragazze che intanto si erano sistemate i capelli e avanzavano decise verso di loro, sculettando.
“Oh, Sting, ma che troia che sei!” rise Stewart
“E poi dai la colpa a me se non rimorchi?” mormorò Sting tra i denti
Le due ragazze finalmente li raggiunsero, sfoggiarono i loro migliori sorrisi a trentadue denti e, sbattendo gli occhioni e scuotendo la testa, si accinsero a pregare i loro miti.
“Oh ma voi siete i Police, vero?” cinguettò la prima
“Noi ado-ria-mo i Police!” aggiunse la seconda
“Oh, vi prego, sareste così gentili da farci l’autografo?” conclusero, sorrisero e scossero la testa, di nuovo.
Copeland sorrise “Certo, carissime!” affermò, ma le ragazze avevano già rivolto la loro attenzione altrove.
“Oh, ma voi siete Sting? Oh ma avete una voce fantastica, Sting!” sbatté le ciglia la prima.
“Siamo sue grandissime fan!” affermò la seconda.
Sting sorrise, mostrando il suo miglior sorriso con le fossette, quello che riservava alle occasioni più speciali. “Oh, grazie” sussurrò avvicinandosi alle due ragazze. Poi si tirò gli occhiali sulla fronte, fissando con i suoi occhi blu le fan, negli occhi. Loro ridacchiarono, scostando velocemente lo sguardo. Un ghigno divertito apparve sulle labbra di Sting. Si passò una mano tra i capelli, mostrando le braccia forti. “Oh, beh, mie care, è stato un piacere conoscervi… Volete un autografo?” all’annuire delle due giovani Sting tirò una penna fuori dalla tasca, firmando poi sui fogli che loro gli porgevano. Infine si scostò, con una mossa elegante, facendo autografare gli altri due Police, che fino ad allora erano rimasti a guardarlo attoniti.
Sorrise, ammiccando. Gli strizzò un occhio, mormorando “Allora arrivederci…” e attese che le due dicessero il loro nome. Le ragazze sbattendo le ciglia lo fecero. “Allora arrivederci, mie care!” inforcò nuovamente gli occhiali e avanzò sensualmente, superando le due ragazze, quasi sfiorandole.
“Ciao-ciao!” mormorarono anche gli altri due Police, alzando il braccio per salutare.
Appena furono abbastanza distanti da non sentirli Sting si voltò verso gli altri due, con un sorriso sghembo e divertito. “Oh ti odio!” affermò Copeland, mentre Andy annuiva.
 
 
 
 
Ed eccoci qua… (a guardare le nuvole… ok, no, odio quella canzone, per cui BAAASTA)
Alloraaaa… Capitolo senza la minima trama, senso logico e… è assurdo! *sbatte la testa contro il muro* Non so davvero cosa mia sia preso, questa volta!
Dato che la mia fissa con i Police non è diminuita, ma anzi, sembra essere aumentata e, ormai, avendo sentito tutti i dischi, visto tutti i concerti e scaricatami tutte le foto, non posso far altro, per idolatrarli, che buttarmi anima e corpo in questa pazza ff.
Che dire… Un grazie immenso alle due ragazze che mi hanno recensito, mi ha davvero fatto piacere il sapere che ha qualcuno interessa, questo mio sclero.
Un grazie immenso a tutti coloro che, anche senza scrivere niente, hanno letto e hanno inserito questa ff tra quelle ricordate.
Un grazie immenso, come al solito, a coloro che mi supportano e a mia sorella, senza la quale parlerei da sola, dato che gli altri non mi sopportano più, quando mi metto a ciarlare dei Police.
Un grazie immenso a tutte le ragazze che, spinte dalla mia fissazione, si stanno sentendo i Police e hanno letto questa storia. Davvero, vi adoro. Non sapete quanto.
E beh, che dire.. Questo capitolo non mi convince affatto, soprattutto l’ultima parte, e… Sting, cambia carattere, accidenti, sei troppo complesso!!!! XD
Ragazzi, se volete farmi felice sapete come fare: recensite, ditemi cosa ne pensate!!!
Ah, a chiunque leggesse: sappiate che Coop non è il nome del supermercato. E’ Cup. Se qualcuno lo pronuncia Cop sappia che morirà presto. (Scherzo… più o meno…)
Baci
Vinythaira

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Capitolo 3
*** Every breath you take ***


Synchronicity

3. Every breath you take

 
Sting si portò una mano al volto, stropicciandosi gli occhi. Si voltò da un lato. Si strinse le lenzuola al petto, e si sistemò a pancia in su, con un braccio dietro la testa e chiuse le palpebre. Rimase una decina di minuti in quella posizione, prima di riaprire di scatto gli occhi. Niente da fare. Il sonno non si degnava a venire.
Every breath you take
Maledetta frase. Era stata lei ad averlo svegliato. Si voltò da un lato, premendo il volto contro il cuscino, e tentando di farsi uscire di testa quelle parole che lo assillavano.
Every breath you take  
Questa era quella stronza della sua ex-moglie, che non lo faceva dormire. ‘Fanculo. Si erano divorziati da così poco, e al cantante faceva ancora una certa impressione non sentire il corpo della donna di fianco al suo. Anche se era tanto tempo che non facevano sesso, anche prima. Sempre litigate. E a lui toccava andare a dormire nella camera degli ospiti, ovvero il corrispettivo dei divani nei monolocali. Alla moglie non andava di dormire con lui. E Sting subito a prendere il guanciale e trasferirsi in quell’altra camera. Aveva il letto più scomodo. Una volta aveva provato a dirglielo, alla moglie, di andarsene lei nella camera degli ospiti. Che lui voleva restare al suo letto. Ma lei l’aveva guardato malissimo. E lui, il cantante, il famoso, il ricco, aveva desistito. Perché poi non volesse dormire con lui non l’aveva mai capito. Era un figo. E questo lo sapeva. Non poteva non provare attrazione per lui, dio santo! Tutte le teenager lo adoravano! Ma lei no. Lei non voleva fare sesso con lui. Strane creature, le donne. Avevano divorziato. Era uno schifo, la separazione. Si, un vero schifo. All’inizio aveva pensato fosse una bellezza: di nuovo libero, finalmente. Una bellezza, si. Poteva tornare a girare per i locali notturni, portarsi a letto una ragazza diversa a notte (una di quelle con quei fantastici nomi stranieri: Samantha, Cloud, Diana… e sexy da morire) e ubriacarsi fino a sentirsi male. Ma era uno schifo. La casa era vuota, senza la moglie e quei caciaroni dei figli, il letto era immenso, senza qualcuno con cui condividerlo, e non riusciva più a trovare dove fossero le sue cose. Se l’era presa con la domestica, una volta. Poveretta. Lei non c’entrava niente. E poi gli mancavano i figli. Li vedeva spesso, si… Ma non era la stessa cosa. Prima ce l’aveva sempre lì, a portata di schiaffo o di bacio, a seconda del momento. Ora doveva centellinare il tempo, che non bastava mai. Stronza. Se ne era andata. Ma perché, poi? Litigavano, si, ok… Ma in fondo non poi così tanto. Lui era sexy. E lei era una bella donna. Lui cantava. E lei era brava a tenere in ordine la casa. Lui era famoso. E lei era bravissima a fare la moglie di un divo.
Era una stronza. Era lei che gliela tirava. Ed era colpa sua se ora stava sveglio a attorcigliarsi nelle lenzuola. Solo. Se fosse stato in compagnia almeno sarebbe stato divertente. Un minimo.
Every breath you take
Oh, fanculo, stronza. Rinunciò del tutto all’idea di dormire, ormai completamente sveglio. Lanciò le coperte da un lato, alzandosi talmente velocemente in piedi da provocarsi il capogiro. Rabbrividì, mentre l’aria fredda della notte gli accarezzava la pelle nuda del petto.
Avanzò a tentoni per la stanza, fino a trovare la porta del soggiorno e il pianoforte. Allora accese la luce. Posizionò le mani sui tasti, mentre suonava distrattamente un paio di accordi.
Every breath you take
“Vedi di venire una bella canzone, sennò uccido mia moglie. E’ tutta colpa sua!” mormorò tra i denti.
Sapeva che quest’ira nei confronti della moglie era del tutto ingiustificata. Non gli aveva fatto niente di male, lei. Ma non gliene fregava niente. Doveva dare la colpa a qualcuno. E lei era la prima che gli veniva in mente in quel momento. La colpa era sua, perciò.
Every breath you take
“E che cazzo, ho capito!”
Stronzastronzastronza. Gli aveva spezzato il cuore, quella puttana, che non lo sapeva? La odiava, ora. Come si era permessa di fargli questo? A LUI! A Sting! Voleva proprio vedere quello che stava facendo QUELLA in quel momento. Dormendo, probabilmente. E lui invece no. A lui il dono del sonno non era dato. Tutto per colpa sua. Avrebbe voluto che gli fosse davanti, lei. Voleva vedere cosa stava facendo. Come dormiva. Era abbracciata a un altro uomo? Se lo portava a letto? Ci faceva l’amore una, due, tre volte come faceva con lui? Le note gli fluivano sotto le dita. Ah, avrebbe voluto vederla. Troia. Un’immagine della moglie gli apparve davanti agli occhi. Con un altro. La scacciò rabbiosamente. Voleva vedere cosa stava facendo.
I’ll be watching you
Lei non l’aveva mai amato quanto lui amava lei. Non l’aveva mai desiderato quanto lui desiderava lei. Era una falsa. Lui l’odiava. Ma erano cazzate, lo sapeva. E in fondo perché si dava così tanta pena per quella donna? Non andavano d’accordo, si erano separati di comune accordo. Erano restati (hahaha) “amici”. Si vedevano nei fine settimana quando gli affidava il bambino. E si salutavano. Non erano nemici. Si parlavano. In fondo era tutto ok. Un cazzo, tutto ok.
Every breath you take
I’ll be watching you
Il fatto che gli rodeva era che lei l’aveva preferito a qualcun’altro. Aveva preferito UN ALTRO a lui, Sting, il figo Sting, il sexy Sting, il famoso Sting, il genio Sting. Gli aveva preferito un altro uomo. Un. Mediocre. Altro. Uomo. Ma in fondo peggio per lei.
Si accese una sigaretta, se la portò alle labbra, inspirò una lunga boccata e poi, senza inghiottire, sputò fuori il fumo. Troppa fatica, far scendere il fumo dalla bocca ai polmoni. E viceversa. Buttò la sigaretta non finita per terra e la spense con i piedi nudi, pentendosene quasi subito, poi, non appena ebbe sentito il lieve bruciore alla pianta del piede. Coglione.
Every breath you take
Every move you made
I’ll be watching you
Figo. Si, wow. Cominciava ad avere un senso. Cominciò a suonare la melodia, mordendosi l’interno delle guance. 
Fantastico.
Peggio per lei.
Cambiò accordo.
Lui sarebbe stato figo per qualcun’altra.
Ce ne erano tante che volevano andare a letto con lui. Che lo desideravano.
Non aveva bisogno di lei.
Cambiò una nota che non lo convinceva.
Erano separati.
Lei non era niente per lui.
Non aveva bisogno di nessuna donna, lui.
Che dormisse pure con un muratore del cazzo, lei. Lui poteva avere di meglio. Lui aveva di meglio.
Si concentrò sulla melodia.
Che se ne andasse a farsi fottere. Lei e il suo amante.
Sempre se ce l’aveva, un’amante. E chi se la pigliava a quella? Giusto per i soldi.
I SUOI, soldi.
Quelli che lui gli passava.
Lei li spendeva per quel cazzo di muratore.
Lui non aveva bisogno di nessuno.
Sorrise, mentre le mani scorrevano veloci sui tasti.
Lui non aveva bisogno di nessuno.
Tanto meno di quella troia della sua ex-moglie.
Stava benissimo così.
Era tutto perfetto.
Every breath you take
Every move you made
Every bond you break
Every step you take
I’ll be watching you
Lui non aveva bisogno di nessuno.
Non aveva bisogno di nessuno, lui.
Stava benissimo così.
Si, stava benissimo, così, cazzo.
 
Sting  si portò la sigaretta alle labbra, con un sospiro soddisfatto. Inspirò una boccata di fumo, chiudendo gli occhi. Si concentrò sulla sensazione del fumo che gli scendeva per la gola, per poi essere buttato lentamente fuori, sensualmente e quasi senza convinzione.
“Allora?” chiese Copeland, spazientito.
Sting si tolse la sigaretta dalla bocca e la buttò per terra, spegnendola poi con il tacco dei mocassini. Sorrise, alzando un angolo della bocca. “Allora cosa?” chiese sorridendo
Andy si lanciò sul letto del cantante con un sospiro sconsolato “Andiamo bene! Oltre che un cantante coglione ce l’abbiamo anche con l’Alzheimer… Allora perché ci hai chiamato all’alba dicendo di essere qui alle nove del mattino, cretino!”
“E hai fatto pure rima!” ragionò Sting con un’alzata di spalle “No, comunque vi ho chiamato perché mi sono inventato una nuova canzone!”
“Sum, ti prego, trattienimi che a questo stronzo gli salto addosso!” affermò Copeland “Cioè… Tu MI hai svegliato alle sette, alle sette, per dio!, solo perché ti sei inventato una nuova canzone? Ma vatti a farti fottere, Sting!”
“Volentieri!” rise il cantante “Ma in questo momento non mi va di fare sesso, sai… Stavamo parlando della canzone… So che è un argomento sempre presente, per te, quello, Coop, ma non divaghiamo, ti prego!”
Andy scosse il capo, sconsolato, dandosi una spinta con le gambe per tornare seduto “Oddio, ti prego, Sting, risparmiaci, per favore… Alle nove non posso sopportare il tuo umorismo del cazzo!” poi aggiunse “E ovviamente questa fantomatica canzone non poteva aspettare mezzogiorno o almeno un orario più decente…”
“Oh, ragazzi, dai, non fatemi la predica, su!” sorrise “Ok, posso aver sbagliato…”
Copeland e Andy si guardarono, tra lo sconvolto e il sorpreso: era strano che il loro amico gliela desse vinta così facilmente.
“Però…” aggiunse lui. I due compagni scoppiarono a ridere “Ah, ecco, mi pareva strano!” mormorò Stewart
“Che ho fatto di male, ora?” chiese Sting, incerto
“Niente, ma ci sembrava strano che ti scusassi così facilmente!”
“Dai, scemo, lascia stare le arrampicate sugli specchi e facci sentire questa canzone, già che siamo qui! E bada che sia davvero bella, che sennò ti scanniamo!”
Sting rise, mormorando uno “Stronzi” sottovoce. “E poi” aggiunse, fissandosi nello specchio: “Le arrampicate sugli specchi mi hanno sempre tenuto in forma!” sorrise al suo riflesso “Dovreste provarlo, è uno sport fantastico!” e ammiccò.
“Oh, Sting” si lamentò Summers “Evidentemente non mi hai capito: risparmiaci!”
“Allora?” ripetè Coop
“Allora cosa?” chiese Sting ridendo
“Gordon. Non ricominciamo da capo, eh?” borbottò il batterista “Non sono proprio dell’umore!”
“Oh, Coop, e che palle con ‘sto Gordon!” brontolò il bassista
“E’ l’unica parola che ti offende” sorrise Stewart “Gordon. E cantaci questa canzone, così ce ne torniamo a casa nostra a dormire. E non voglio più sentire la tua voce o vedere la tua faccia per almeno… Due giorni. Chiedo troppo?”
“Mi sa di si, Stew!” annuì Andy “Questo stronzo qui non ce la fa a stare lontano da noi… Poverino… E’ l’amore!” Copeland rise, mordendosi le labbra
“Auch!” esclamò pure Sting, teatrale, portandosi le mani al cuore “Colpito e affondato!”
“Scusa, Sting, ma dopo tutte le volte che mi hai dato del gay tu dovevo prendermela, una rivincita!” spiegò il chitarrista, incrociando le gambe e appoggiando i gomiti alle ginocchia.
“Perfettamente ragionevole!” alzò le mani il cantante, senza prendersela “Ora basta con le cazzate, però, ragazzi, mi state facendo perdere tempo!” ignorò i moti di disappunto dei due Police, uscì dalla camera da letto, sedendosi al pianoforte a coda che troneggiava nel salotto. Suonò un accordo, poi sorrise, inumidendosi le labbra, e cominciò a cantare: “Every breeeaaath you take… Every move you maaade... Every bond you breake… Every step you take… I’ll be watching you…”
Gli altri due componenti della band si guardarono sorridendo, poi si appoggiarono al piano uno da un lato e uno dall’altro del cantante. Si fissarono e annuirono. Era fantastica, quella. Era la loro musica, cazzo! Ed era fantastica.
“Oh can’t you see?, you below to meeee… Oh my poor heart haaaaces for every  step you taaake…” cantò Sting, con la sua voce da far venire i brividi.
Sarebbe stata un successo. Quello era Sting, che cantava. Quello era il loro geniaccio. Si sorrisero. Altro che De do do do de da da da o camminando sulla luna. Tutte cazzate. Quella era seria, era bella. E faceva venire i brividi. Sting ripeté il suo ritornello, guardando gli altri componenti della band. L’amavano già. Riusciva a sentirlo. Aspettò un attimo, mentre le note gli fluivano sotto le mani.
“Since you’ve gone… I’ve been lost… Withooouuut a trace… I dream a night, i can only see your face… I look around but it’s you I caaaan’t replace… I keep crying, baby… Baby… Pleeeeaaaase..” Concluse l’accordo e si voltò verso gli amici, che lo fissavano. “Beh?” sorrise “Ok, poi si continuerebbe così per un altre due strofe.. e… Che ve ne pare?”
Il primo a parlare fu Copeland “Tu. Sei. Un. Coglione.” Abbaiò “Come cazzo fai ad essere un tale stronzo e scrivere cose così belle?”
Sting rise.
“Io penso…” mormorò Andy “Che il divorzio ti abbia fatto proprio male, a te!”
“Perché?” chiese Sting, divertito
“Ma ti sei letto? Cioè… Ogni passo che fai, ogni mossa che fai, eccetera, io ti starò a guardare… Me che cazzo di stolker sei? Tu sei solo mia… Cioè, madonna, povera la tua ex moglie!” affermò Andy, mettendosi le mani a formare un cannocchiale davanti al volto, come se stesse spiando qualcuno.
“Oddio, è vero!” annuì il cantante “Non avevo pensato a questo aspetto da malato mentale…” sorrise, per poi canticchiare “I’ll be watching you… O beh, si, è abbastanza sinistro… Però che palle, Andy, sempre a cercare il pelo nell’uovo…” e gli rivolse una linguaccia.
Andy sorrise “Oh, beh, ma in compenso è fantastica”
“Grazie, grazie, lo so” si atteggiò Sting “Sono un mito, geniale, divertente, simpatico…”
“Modesto..” intervenne Stewart
“Oh, ma quella è la mia prima caratteristica, Coop!” rise Sting
“Eh già… La prima cosa che tutti dicono non appena ti vedono è:’ma quanto è modesto questo tizio’”
Sting si alzò dal piano, ridendo. Tirò la testa all’indietro, mormorando, melodrammatico: “When you’ve gone, i’ve been lost, withooouuuuth a trace…”
“Stronzo d’un vanesio” rise Andy Summers, imbracciando la chitarra, e accennando ad un paio d’accordi
“Tutti gli accordi sono alla nona!” gli ricordò Sting, indicando lo spartito sul piano, sul quale erano segnati geroglifici che dovevano rappresentare accordi. Più o meno.
“Ah, già!” annuì Summers, cambiando posizione sulla tastiera della chitarra. Provò un paio di accordi, prima di decidere che il primo geroglifico era un la9. Sorrise, suonandolo, mentre Sting attaccava a cantare.
“Comunque…” sorrise Copeland “Vorrei davvero sapere cosa t’ha ispirato questa canzone… Non sapevo dei tuoi istinti maniaci!”
“Ma come no, Coop? Non lo sai che sono uno degli stupratori più ricercati d’Inghilterra?” rise Sting
“Su queste cose non si scherza, Stì!” mormorò Andy, impegnato nella ricerca del suo secondo accordo
“Oh, ma che palle, Andy!” sbuffò il cantante “sembri mia nonna!”
“Pace all’anima sua..” aggiunse Copeland, funereo.
Sting rise “Comunque non lo so cosa mi ha ispirato…” esitò un momento, sarcastico “Sarà stato il Grande Fratello”
“Coglione, che sei!” rise Stewart
“O beh, dai: Disciplina e controllo!” esclamò “Questi poveri tizi non possono neanche andare al cesso senza essere controllati!” rise
“Ah, ecco, ora è tutto chiaro!” esclamò in modo sarcastico Andy, di malumore, continuando a strimpellare i suoi accordi. “Grazie per il chiarimento, stronzo.”
“Sum, e che palle che sei!” rise Stewart. “E fattela una risata, dio santo!” Andy alzò gli occhi al cielo, mentre Sting cantava, ispirato: “Every single day… Every words you say…”
 
DA UN’ARTCOLO DI UNA RIVISTA DI GOSSIP
<“ Mi sono svegliato in piena notte con quella frase in testa, mi sono seduto al piano e in mezz'ora era scritta. La musica in sé è generica, come se ne sentono centinaia di altre, ma il testo è interessante. Suona come una confortante canzone d'amore. Al tempo non avevo realizzato quanto fosse sinistra. Probabilmente stavo pensando al Grande fratello: sorveglianza e controllo.”>
I Police entrarono nello studio di registrazione sfottendosi, come al solito. Era una bellezza, vederli, pensavano le donne delle pulizie. Erano un amore. Ed erano tutti così strani e diversi, divertenti. Sting, lo stronzo ma figo, Andy, il nano da giardino incazzoso e Copeland, il braccio destro del cantante, colui che non era né carne né pesce ma si divertiva a recitare la parte di entrambi i ruoli. Erano un amore. Adorabili. Lo dicevano tutti. Pure da conoscere. Di solito tutti i gruppi avevano quella specie di puzza sotto il naso che li faceva credere i migliori. Loro no. Erano un amore. Su Sting avevano qualche dubbio, nonostante fossero tutte perse per lui, e svenissero per ogni suo sorriso. Ma aveva una tendenza da vero stronzo. Lui sarebbe potuto diventare come gli altri cantanti. Ma gli altri due componenti della band lo frenavano, e lui era adorabile, così com’era. Con quella vena da bastardo che lo rendeva ancora più irraggiungibile e desiderabile, eppure quel suo lato romantico e sensuale che le faceva svenire ogni volta che lui le chiamava. Erano tutte perse per lui. E pure per Copeland. Era figo pure lui. Niente da dire. Però non era un bastardo. E questo faceva sempre preferire Sting. Nonostante i suoi capelli da “Mi sono appena svegliato e sono corso qui” lo adoravano.
Con la loro solita caciara entrarono nella sala insonorizzata, tra spintoni, saluti, sfottimenti e risate.
“Hai visto Eliza come ti guarda? Ti sta scopando con lo sguardo!”
“’Fanculo, ‘và!”
“Ma tu non hai visto come LUI ha guardato LEI!”
“Oh, non ti facevo il tipo alla Eliza!”
“’Fanculo, cretini!”
“Oh, mi offendi!”
“Sono geloso! Pensavo di essere io il tuo unico amore!”
“Stronzi!”
Risero e si spintonarono, entrando quasi inciampando nella sala. Imbracciarono gli strumenti, sempre sfottendosi. Si dettero una spallata, tanto per ridere, poi ammutolirono, tornando seri. Sting prese il microfono tra le mani, schiarendosi la voce. Il segnale della registrazione cominciò a lampeggiare. I Police si prepararono a suonare. Sting indietreggiò, cercando un posto per sedersi. Un accordo discordante risuonò per tutta la sala registrazione, proprio mentre la luce smetteva di accendersi ad intermittenza. Sting rise, alzandosi di scatto dal piano sul quale si era seduto.
“Coglione” scandì con i denti Andy, senza proferire suono. Copeland rise sotto i baffi, sempre senza farsi sentire. Sting si ricompose e avvicinò la bocca al microfono.
“Rooooxanne!!!” ruggì.
 
 
E.. ehm… Salve? Non tiratemi le pietre, vi prego. Lo so che sto sempre qui a scrivere questa storia e non ne potete più di me, ma…  *schiva scarpa volante*… cercate di capirmi, non ce la faccio a non scrivere dei Police… Cioè, sono così… così… COSI’!!!!! E mi diverto un casino a fargli fare i cretini… E soprattutto a descrivere Sting… E sì, sì, lo so… Mi sono un po’ lasciata andare con gli aggettivi al nostro bel cantante, in questo capitolo, ma… ma… Non potevo non farlo! Mi hanno appena detto che ogni tanto sta sul cavolo, perché è stronzo… Ma lui non deve stare sul cavolo… Perché è adorabile… E sì, sì, sì, Stronzo, e sì, sì, sì, coglione. Ma.. ma… lui è perfetto…  e… e.. Poverino, gli hanno spezzato il cuore…Ok, basta. Già nessuno mi sopporta più, evitiamo di farci odiare qui.
Una piccola nota, che non ho scritto negli altri capitoli, ma è importante: tutte le litigate, tutti gli sfottò, tutte le cretinate me le invento io, ma di solito dietro c’è qualcosa di base. E tutte le cose che dice Sting su ogni canzone principale del capitolo, nelle interviste, sono vere, non me le sono inventate. Sono vere interviste. E di solito pure le altre cretinate, sono vere, come ad esempio la parte finale di questo capitolo. E’ vero che in Roxanne lui si siede sul piano, provare per credere.
Alloooraaa… ringraziamenti:
Questo capitolo direi che è dedicato assolutamente a Livia, alla quale detraggo ufficialmente un paio di quei famosi monumenti che deve farmi (Lei sa che intendo), e che mi ha fatto Lezioni di Fumo (non nel senso che mi ha insegnato a fumare) e senza la quale tutti i pezzi in cui lui ha una sigaretta in bocca non ci sarebbero. Graaazieee!!!
Altre persone che mi hanno sostenuto e vorrei ringraziare sono:
Lydia, alias Dubhe_96, alias Sara. Graaaazieee, pazza ragazza. Grazie per esserti segnata su efp solo per recensirmi, per andare nel pallone se un mio capitolo non compare nel giro di una settimana e per farmi tutti questi complimenti. Sei la mia fan più adorata, giuro! E visto che ti ci ho installato per davvero, nei ringraziamenti?
Grazie a Marina, che si è sentita tutti i Police, ha sopportato i miei scleri e si è letta le mie storie. Grazie per avermi inviato mail lunghissime sul significato di questa o quella canzone. Grazie per esserti scervellata con me sulla scelta dello sketch per questo capitolo.
Un ringraziamento va, come al solito, a quella sclerata di mia sorella che ancora non s’è rotta di me e delle mie storie.
E infine un abbraccio immenso alle due ragazze che continuano imperterrite a leggermi e recensirmi!!!!!
Dai, ragazzi, su. Fatemi contenta. Lasciatemi una recensione. Certo, vi adoro pure a voi che mi seguite o mi preferite e basta. Ma vorrei davvero sentire una vostra opinione. Attendo fiduciosa!!!
#policefan4ever
Baci
Vinythaira
 

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Capitolo 4
*** Mother ***


Synchronicity

4.
Mother



Andy si guardò intorno sorridendo. Il sole era fantastico. Inforcò gli occhi e fissò il cielo limpido sopra la sua testa. Meraviglioso. Davvero. Si sentiva vivo. Si sentiva famoso.
Ogni poro della sua pelle reclamava sole, calore, allegria. Ogni poro della sua pelle reclamava vita.
Copeland stava girando in tondo come un coglione, l’occhio attaccato a quella cazzo di telecamera e lo sguardo beato: aveva qualcosa da riprendere. Andy ridacchiò. Il suo amico era proprio un cretino, di tanto in tanto. Di sempre in sempre. Rise.
Amava l’Inghilterra, la sua patria. L’amava. Ma odiava la cappa di nubi nere che sembravano essere perenni su quello stato.
Lì era tutta un’altra cosa. Lì era caldo. Una meraviglia.
Sting si era buttato sulla valigia e ora stava lì abbattuto, con il suo cazzo di walkman, che non aveva spento per tutto il viaggio, e ondeggiava lentamente la testa. Distrutto. Poverino. Lo capiva.
E oltre alla stanchezza dell’interminabile viaggio ci si metteva anche il suo carattere: il suo era un carattere da pioggia e lunghe giornate in casa a leggere e comporre. Al suo spirito romantico addiceva di più una pioggerellina leggera.
Ma ad Andy non fregava un cazzo, francamente. Lui amava il sole, e se quel coglione era così demente da farsi piacere le cose lugubri peggio per lui.
Sospirò, soddisfatto, mentre Copeland la smetteva di riprendere quei suoi cazzo di grattacieli e rivolgeva la sua attenzione agli amici. Rivolse la telecamera verso Sting, il quale lo mandò a ‘fanculo e si richiuse nella sua apatia. Ormai si erano abituati al rompicoglionismo di Stewart con la sua telecamera, ma quando erano di malumore veniva ad entrambi la voglia di spaccargliela in testa.
“Allora, signor Summers, che ci dice, lei?” balzò allegramente davanti a lui Copeland.
Il chitarrista sorrise amabilmente, indicando le cose intorno a lui “Beh, miei cari, noi siamo qui in America! Come vedete ecco, questa è la stazione…. Lì c’è un palo… Lì una panchina…” sorrise ammiccando, poi riprese, allegramente “Il viaggio è andato molto bene, ci siamo divertiti e… niente di che, ecco… Ah!” la sua voce si ridusse a un sussurro “Ho dimenticato la chitarra!” e rise.
Proprio in quel momento qualcosa lo afferrò alla gola. Sting finse di strozzare l’amico, il quale si espresse con lamenti e poi morì tra le braccia del cantante. Copeland rise e spense la telecamera.
“Sveglia, coglione!” lo schiaffeggiò il cantante. Andy aprì gli occhi.
Sting lo fissava vicinissimo, gli occhi verdi che lo ghiacciavano con la loro bellezza. Sorrise.
“Trova la chitarra e poi vai a ‘fanculo, cordialmente!” rise Sting.
 
 
Andy accavallò le gambe, sospirando. Sting lo guardò dall’alto del suo metro e ottanta e sorrise sornione, sarcastico come sempre. A Summers faceva sempre venire i nervi, quel dannato sorriso. Si morse le labbra, sviando lo sguardo del cantante. Attorcigliò indeciso e nervoso le gambe intorno a quelle della sedia, poi scosse il capo, a disagio, e si alzò in piedi. Molto meglio. Fissò il cantante negli occhi. Sting rise sotto i baffi, consapevole del suo effetto sull’amico. Puntò nuovamente il suo sguardo di ghiaccio sul chitarrista, il quale, come al solito, si trovò improvvisamente attratto dalle listarelle di legno del pavimento.
“Beh?” sbottò finalmente Andy, fissando con ostinata ritrosia il foglio che il cantante teneva tra le mani.
Sting sorrise, ammiccando: “Mah, non so, Andy, mi sa che ti lascio ancora un po’ sulle spine!” e fissò con insistenza l’amico, per analizzarne le reazioni. Summers sbuffò. Dio, quanto odiava quando faceva così!
“Sei uno stronzo!” sibilò, facendogli una linguaccia, per poi rivolgere tutta la sua attenzione sull’altro componente della band, il quale, completamente estraniato dalla discussione se la stava ridendo dal muro al quale era mollemente appoggiato. “Stew, ti prego, almeno tu dammi la tua opinione!” lo pregò Summers, poi, alla vista dello sguardo che Copeland aveva lanciato al cantante aggiunse: “Oh, nononono! Stew, cazzo, n’è che devi sempre seguire il Coglione Massimo!” e fissò con rabbiosa insistenza il cantante.
“Coglione Massimo?” alzò il sopracciglio Sting “Grazie della nomina!”
“Non rompere le palle, tu!” lo accusò Andy, già arrabbiato.
“Oh, povero il mio nanetto incazzoso!” rise Sting, tendendo le braccia verso Summers, come per andarlo ad abbracciare.
“’Fanculo” lo rimbeccò Andy, sviandolo con un salto e tornando a fissare Copeland.
Stewart sorrise, annuendo “Sai, Sum, sarei tentato di lasciarti colo fiato sospeso, ma..” fece segno al chitarrista che già stava per protestare di fare silenzio, e che Diamine! “Daaato che sono buono” Andy sospirò, sarcastico, alzando gli occhi al cielo. Odiava l’intesa che sembrava esserci tra gli altri due suoi amici. Si sentiva escluso. Il suo compito era di essere il Brontolo in grande (ma neanche poi tanto) della band, e quello un po’ fuori di testa. Ma era Coop il braccio destro di Sting, e Sting il braccio desto di Coop, d’altronde. Inoltre era stato Copeland, a formare il gruppo, e Sting era il leader perché… perché si. Perché con un carattere come il suo non si poteva essere altro che il leader. E lui era l’ultimo arrivato, colui che, grazie alla sua buona tecnica nel suonare e a parecchie richieste era entrato a far parte del gruppo. La ruota di scorta. E per quanto si fosse reso indispensabile, per quanto si sforzasse di migliorarsi come musicista sempre e sempre, non era uno dei “pilastri” del gruppo. Era un paletto segnaletico. Anzi, era IL paletto segnaletico del gruppo. Un paletto in mezzo a due colonne. Sarebbe stato sempre quello di Sting, il nome che le fan avrebbero fatto entrando in un negozio di cd per far capire che gruppo stavano cercando. E sarebbero sempre stati grati a Copeland per aver unito il gruppo e averlo fatto sfondare. Invece a lui toccava la parte del chitarrista, bravo, si, per carità, ma arrivato dopo. Sempre in ritardo. Lui era sempre stato l’eterno ritardatario, quello che arrivava per ultimo. Sempre, nella vita. Pure ora.
Sting scriveva le canzoni, Copeland riprendeva ogni cosa con la sua cazzo di telecamera manco fosse un cameramen professionista, e rompeva le palle con la sua fissa dello stare sempre con l’occhio incollato a quella cazzo di camera, e di riprendere i componenti nella band nei momenti meno appropriati. E lui… lui… Beh, lui si arrabbiava, scherzava… Cosa faceva, lui? Era Sting, lo stronzo e figo, ed era Copeland quello serio e silenzioso, lui… lui… era il nanetto incazzoso, come lo chiamava Sting.
 Nanetto incazzoso.
‘Fanculo, Andy!
Lui era importante. I Police senza lui non sarebbero mai stati I Police, e i suoi riff erano fantastici.
‘Fanculo.
Lui era importante, e basta.
“… Quindi, dai, ti dico cosa ne penso.”
Andy fu riportato alla realtà dall’affermazione di Copeland. Di cosa stava parlando, quell’imbecille? O, più che altro, stava parlando con lui? Ah, la canzone, si. Giusto.
“Spara, Stew, su!” sbuffò Andy
“Oh, guarda che se devi fare il seccato così non ti dico la mia opinione, eh!” rise Copeland.
“Vai, su, Stew, dai!” rimbrottò Summers.
Sting con un gemito si buttò sul divano “Cazzo, quanto la tirate per le lunghe!” mormorò “Sembrate due zitelle!”
“Oh, Santo Coglione Massimo, stia zitto, per favore!” lo accusò Andy, per poi aggiungere, dopo aver fissato truce il cantante “Almeno lui la sua opinione me la dà, non come un imbecille di mia conoscenza che se la continua a tirare!”
“Oh, di chi parli, Andy?” sorrise Sting, angelico. “E comunque, dai, sono magnanimo, se vuoi ti do la mia opinione.”
Copeland sbuffò, capendo di aver perso la sua opinione. Il chitarrista era raggiante. Finalmente!
“Dai….” Si fermò, prima di dire una parolaccia che avrebbe fatto scattare l’ennesima discussione fatta di sfottimenti e risate “… ragazzi, datemi la vostra opinione, vi prego.”
“Mi piace!” si buttò Copeland, prima che Sting potesse dire qualcosa. Il cantante finse di sbattere la testa contro lo schienale del divano. “Oh, Sting, cazzo vuoi?” lo accusò Coop “Mica bisogna essere sempre della tua opinione!”
“Io?” mormorò Sting, mimando nuovamente di dare testate contro il cuscino “Io non ho detto niente” si lamentò con voce laconica.
“Ah, eccerto, infatti lo immaginavo” mormorò Andy “Io tutti i giorni, per la felicità, piglio a dare grandi testate contro una qualunque cosa solida mi capiti a tiro!”
Il cantante rise “Oh mio dio, sul serio, pure tu?” domandò con finto stupore.
“Si, sicuramente.” Concluse rapidamente il chitarrista, dandosi dello stupido per aver cominciato quella discussione. Interruppe la risposta di Sting, che doveva essere una cosa del genere “sì, è molto salutare, non trovi?” per domandargli, con insistenza “Senti, cosa c’è che non va?”
“Oh, senti, sembra il singolo di un LP per schizofrenici!” lo guardò insistentemente Sting
“E beh? E’ comunque bella, e il riff è molto complesso, Stì!” lo difese accorato il batterista.
Andy guardò interrogativo l’amico, domandandosi quale tipo di stupefacenti l’avesse cambiato così: era strano, infatti, che Copeland difendesse uno dei componenti o si intromettesse in una discussione tra Sting e Andy. Solitamente dava la sua opinione solo se interpellato o si esprimeva quando gli altri due componenti erano arrivati ad un punto morto. Ed era sempre lui a dare il voto finale, quando gli altri due erano uno a uno. Gli piaceva mettere l’ultima parola a tutto, almeno quanto a Sting piaceva mettere l’ultima parola, quella iniziale e quelle in mezzo ad ogni discussione si intraprendesse.
Anche Sting doveva essere sorpreso, constatò Andy, visto che si era tirato su dai cuscini e fissava con attenzione il suo braccio destro traditore.
“Grazie, Stew!” mormorò sorpreso il chitarrista.
Copeland sorrise. Sting si portò due mani al cuore, mormorando in tono drammatico: “Auch, Coop,  quoque tu? O come cazzo si dice. Mi tradisci così?” poi sorrise “Beh, ragazzi, se siete così convinti non posso dire niente… mi sacrifico per la democrazia.E la libertà di voto ecce cc!” E sprofondò nuovamente nei cuscini, sbuffando.
Andy spalancò gli occhi. Ma che era successo ai suoi amici? Che cavolo di sostanze illecite s’erano presi quella mattina? Avevano cambiato la personalità? Ma come, il testardo, orgoglioso e brontolone Sting gliela dava vinta così facilmente? Che fine aveva fatto il suo amico? Da che razza aliena era stato rapito? Perché era stato sicuramente rapito dagli alieni. Si, non c’era altra spiegazione. O era stato il fumo? Le radiazioni… una catastrofe naturale! Cioè, stava parlando di Sting, mica del pizzettaro all’angolo! STING! Gliela dava vinta così facilmente? Era preoccupante!
“Solo una cosa vorrei sapere, però!” riattaccò il cantante, alzandosi in piedi. Andy tirò un sospiro di sollievo. Ecco, ora lo riconosceva! Laconico e rompicoglioni come sempre.
“Spara, Sting” borbottò. Lo adorava.
“Che cazzo t’ha fatto tua madre per meritarsi una cosa del genere?” rise il cantante.
Copeland annuì, preparandosi ad uno scambio di battute molto divertente.
Ecco, ora li riconosceva! Sospirò di sollievo. Li aveva già dati per persi.
“Cazzi miei” mormorò Summers tra le labbra.
“Cazzi tuoi, blablablablabla” gli fece il verso Sting “Cacchio quanto sei brontolo, oggi! E comunque…” lo fissò con intensità “Se deve diventare una canzone dei Police noi c’entriamo eccome… vero, Coop?”
Copeland annuì, e stavolta toccò a Sting, sospirare di sollievo, nel vedere che il suo braccio destro la smetteva di giocare a “mano monca picchia sulla conca”.
“No,” sminuì il chitarrista “niente, non m’ha fatto niente.” E sorrise.
“Oh, ma dai, Andy!” sbottò Sting “Per scrivere una cosa del genere in una canzone ti deve aver fatto qualcosa!” mormorò “E’ mia madre al telefono? Cazzo, questa è ansia!” e rise.
“Ah, beh.. No, insomma…” mormorò Andy
“Oddio, Andy, mica ti sto chiedendo di raccontarmi i litigi con tua madre da quando avevi tre anni!” sbottò Sting. “Ok, allora facciamo così: tua madre ti rompe le palle, e questa canzone l’hai scritta quando eri incazzato con lei, giusto?” Andy si morse le labbra. A parte che erano cazzi suoi, ma poi che gliene fregava a Sting del rapporto con sua madre? Comunque annuì debolmente. “Oh, grazie al cielo! Ce l’abbiamo fatta! Grazie, Andy per questo sforzo.”  Rise Sting, mentre Copeland assaltava il Nanetto alle spalle e gli scompigliava i capelli.
“E comunque…” mormorò Sting rivolto alla massa di corpi aggrovigliati che erano diventati gli altri due componenti del gruppo “Penso che ci prenderanno per pazzi!” Poi sbuffò, spazientito, mentre Andy cercava di scrollarsi di dosso quell’accollo di Copeland che stava tentando di strozzarlo: “Hey, ragazzi, io sto cercando di fare un discorso serio! Non ve ne frega niente, a voi, della vostra reputazione?” gli rivolse una linguaccia, poi, incrociando le braccia, si lasciò cadere sul divano. Fissò i corpi dei due compagni. “Ecco, bravi” mormorò “Scannatevi, và.”
 
DA UN FORUM SUL ROCK, COMMENTO DI UN UTENTE ALL’ULTIMO DISCO DEI POLICE, IN PARTICOLARE AL SINGOLO “MOTHER”.
“Ok, Mother potrebbe essere singolo in un LP per schizofrenici ma sarebbe comunque un singolo della madonna.”
 
 
Andy ondeggiò, spostando il peso da un piede all’altro. Mugugnò qualcosa. Poi cercò di rivolgersi a Copeland ma tutto quello che gli uscì dalle labbra fu un poco distinguibile “Ploc”.
Stewart rise, fissando Andy che ondeggiava come una nave in un mare in tempesta.
Andy si prese la testa tra le mani. Che era tutta quella luce? La spegnessero, per favore! Si prese la testa fra le mani, mugugnando qualcosa. Tra i fumi dell’alcool riuscì ad intravedere Copeland che riprendeva tutto con la sua cazzo di telecamera.
“’Fanculo” mormorò.
Sentì Sting che rideva, da dietro la schiena di Coop. “Sentire che riesci ancora a dire le parolacce mi rincuora!”
“Già, anche da ubriaco riesce ad incazzarsi!” annuì Stewart
“Stronzo.” Biascicò Andy “E poi io non sono ubriaco!” affermò. Accidenti, il terreno era più dissestato del previsto!
Ondeggiò paurosamente. Poi sorrise, afferrandosi alla prima cosa disponibile che gli capitava sotto mano. La plastica frusciò, quando il suo palmo entrò in contatto con delle piccole stecche friabili ricoperte di plastica liscia e colorata. Merendine. E che cazzo!
Se ne ficcò una in bocca. Plastica. Ma che schifo! La sputò.
Le lasciò cadere per terra. L’annebbiamento alla testa rimaneva. Si sentiva avvolto in un batuffolo di cotone. Continuò ad afferrare le prime cose che gli capitavano sotto mano, mormorando insulti e sbandando contro gli scaffali del supermercato. Ogni cosa gli cadeva dalle mani, e scivolava per terra. Era piacevole, il suono della plastica. Un fruscio sommesso. Bello, bello.
Un sorriso beato gli apparve sulle labbra. Si mosse in avanti, lentamente, tenendosi agli scaffali. Esitò, per poi posare la mano su una scatola di plastica. La fece cadere, la calpestò, poi si rese conto di averla buttata a terra e la afferrò prima che cadesse a terra. Sentì la plastica sotto i polpastrelli, e la tirò su, posandola sullo scaffale. Non lo centrò, però. La sorresse con entrambe le mani tentando di riportarla al suo posto. Si morse la labbra, concentrato. Con un estremo sforzo riuscì a sistemare la scatola sullo scaffale. Sorrise, beato.
Si voltò, e vide un addetto allo staff. L’uomo guardò in basso, verso le merendine e dolcetti che il chitarrista aveva fatto cadere per terra. Entrambi si fissarono. L’uomo guardò per terra. Andy seguì il suo sguardo. Si chinò per raccoglierle.
“Raccolgo subito-subito” biascicò allegramente.
“Ma non si preoccupi! Si figuri!” mormorò ossequioso il magazziniere.
Andy per tutta risposta si chinò barcollando per prendere ciò che aveva fatto cadere, nello stesso istante l’addetto fece la stessa cosa. Evitarono per un pelo di darsi una capocciata.
“Metto subito a posto” mormorò Summers “Metto tutto a posto, io” si alzò con una caramellina in mano, e andò a riporla con lentezza e attenzione infinite nel posto, sorridendo poi soddisfatto. Aveva compiuto il suo compito. Il magazziniere raccolse tutto il resto a manciate e lo buttò con noncuranza insieme al resto. Tanto tra poco il negozio avrebbe chiuso, e avrebbe rimesso apposto il giorno dopo. Il tizio se ne andò velocemente, strusciando le scarpe sull’impersonale pavimento di linoleum verde-acqua.
Andy si girò, notando che Coop aveva ripreso ogni cosa. Sorrise, cordiale e regalò un occhiolino alla telecamera.
 
Andy posizionò le mani sulla chitarra, socchiuse gli occhi, cominciando a suonare, con calma. Si appoggiò al tavolo dietro con lui con la schiena.
Finalmente tutta la gente se ne era andata. Finalmente un po’ di pace. Alle quattro del mattino.
Le note scorrevano sotto le dita, mentre Andy si sentiva trasportato da quella melodia. Cominciò a cantare con la sua voce roca e stonata una ninna nanna. Sting rise, accanto a lui.
Andy non si voltò a vedere ciò che stava facendo. Si sentiva felice. E malinconico. In un batuffolo di pace. Era fantastico. Sorrise.
Copeland riprendeva ogni cosa, stravaccato su una sedia al lato opposto della stanza.
Chiuse gli occhi. Li riaprì quando si sentì premere contro le labbra un qualcosa di morbido e liscio, profumato. Sting gli stava premendo contro le labbra una fragola. Quel coglione.
Andy continuò a suonare, mentre prendeva tra le labbra il frutto, per poi sputarlo non appena la mano del cantante si fu allontanata. La fragola cadde sulla chitarra, producendo una nota discordante, e poi cadde a terra, dove si spiaccicò. Povera fragola. Che brutta fine.
Sting sghignazzò, dietro di lui. Il chitarrista rincominciò a cantare, con calma.
Metodicamente Sting ne prese un'altra e la premette con forza contro le labbra dell’amico.
Andy stavolta la prese. Sting lo imboccò con pacifica calma fino a quando Andy non ebbe preso in bocca tutto il frutto. Il chitarrista ingoiò la fragola con noncuranza, per poi continuare a cantare.
E il cantante fu nuovamente lì a portargli alle labbra un qualcos’altro. Un succo di frutta. Andy scosse la testa, cercando di sviare la boccetta. Poi staccò le mani dalla chitarra, intinse il dito nel succo e se lo portò al naso, facendosi un pallino sulla punta.
Si leccò le dita e rincominciò a cantare.
Sting rise, capendo che non avrebbe rinunciato a suonare.
E gli rubò la chitarra dalle mani.
 
“E che palle!” sbuffò Andy contrariato, fissando quel figo del suo cantante dritto negli occhi “No, ora spiegami perché non mi vuoi mai far cantare, coglione!”
Sting rise, fissandolo sbalordito. “Andy, ti prego!” sorrise “Sei peggio di un coro di cornacchie!”
“E che cazzo vuol dire questo?”
Copeland rise.
 
 
Oh, beh… Heyyyy!!
Arieccoci qua…
Questo capitolo è completamente incentrato su Andy, eh già, ho tradito il mio Sting… Perdonami, caro.. Tu lo sai che amo solo te, no? XD
A parte questo… Andy… Il povero nanetto buffo della band. Il piccolo scorbutico e fuori di testa Andy.
Alloooraaa… Questo capitolo è dedicato a mia nonna… lei sa perché.
Beh… Dunque. I ringraziamenti vanno a Mariarita, la mia adorata sorellina per finta, che mi ha quasi obbligato a scrivere questo capitolo, che si è innamorata come me di Sting e dei Police e che ha sopportato tutti i miei modi per uccidere Trudy… Ah-hem, no, questo non lo dovevo scrivere.
Ringrazio anche Sara e Martina, le quali, poverine, ormai non mi sopportano più, con questi miei Police… E con le mie storie strampalate su come incontrerò Sting… XD
Ovviamente a mia sorella è tutto il merito della riuscita (o non riuscita) di questo capitolo. Grazie amore!
Detto questo: sono un mito!!!! Sono riuscita a concludere questo capitolo in un tempo da record. Mi congratulo con me stessa.
Beh, ragazzi… Fatemi sapere che ne pensate, eh!
A presto
Vinythaira

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Capitolo 5
*** Every Little Thing She Does Is Magic ***


Synchronicity
7.
Every Little Thing She Does Is Magic




Sting appoggiò la testa sul braccio, scuotendo il capo. Annuì, mentre nella testa gli rimbombavano le parole che la moglie gli aveva appena urlato. Chiuse gli occhi, mordendosi le labbra. Era uno stronzo. Perché cazzo doveva sempre essere così? Cioè, per carità, ovviamente adorava essere se stesso, sapeva di essere adorabile. Ciò che intendeva era: perché doveva essere sempre così cinico, sarcastico? Perché non gliene andava mai bene una, e che cazzo?
Litigate. Sempre. E. Solo. Litigate.
Era un cazzone. ‘Fanculo.
Ogni tanto, però, aveva ragione lui. Aveva quasi sempre ragione lui. La moglie era un’acida, quando ci si metteva. E poteva diventare una vera troia, se le giravano.
Non capiva, lei, che essendo lui famoso non poteva perder tempo in cazzate? Oddio, no, che poi in realtà tanto cazzate non erano. Ma non erano neanche cose importanti. Alcune si, forse, ma comunque meno e… ‘Fanculo.
E non che non volesse restare a casa, per dio! Ma era sempre così pieno d’impegni! E la stampa, e le foto per le pubblicità, le canzoni da comporre e suonare, dato che evidentemente Andy e Copeland pensavano lui fosse una macchina sforna-canzoni, i dischi da incidere, le prove con quel rompicoglioni di Andy al quale non andava bene nulla e Copeland che cercava di cambiare il ritmo della canzone perché non gli piaceva, le fan che si, ok, erano adorabili, ma rompevano abbastanza il cazzo, e poi ci si metteva anche quel Rompicoglioni con la R maiuscola, detto anche Stewart, che non poteva fare a meno di lui, evidentemente, e lo chiamava ogni due per “pianificare”. ‘Fanculo. Pianificare cosa? Un cazzo.
E con tutte quelle cretinate non aveva mai un attimo per stare con la famiglia, con i figli, con la moglie.
Ogni tanto tornavano talmente tardi da non riuscire neanche a salutarsi. Entravano nel letto sentendo il corpo caldo l’uno dell’altra al loro fianco. Poi si svegliavano con il letto vuoto e sul cuscino dell’altro, o sul comodino un breve messaggio scritto a mano.
“Sono sul set. Ci vediamo stasera. Ti amo. F.”
“Ho le prove con Coop e Andy, ci vediamo stasera. Tanti baci. F.”
Insopportabili, freddi, cazzo di bigliettini. Li odiava. E quando si vedevano litigavano. Anche se lui aveva un bisogno immane delle sue carezze, dei suoi baci, della sua comprensione, e voleva solo fare il padre di famiglia che si toglie le scarpe e si va a stendere sul divano con i figli che gli saltellano gioiosamente intorno, con una bella moglie che ama che ride al suo fianco. Anche se lei era tutta la giornata che lo desiderava e gli mancava tantissimo il contatto con la sua pelle, con le sue labbra. Anche se avrebbero voluto fare tutt’altro, piuttosto che litigare. Stupide litigate.
“Hai pagato la colf?”
“Cazzo, ti sei dimenticata il regalo a Stef?”
“La festa, stupido!”
“Dove diavolo hai messo la mia giacca?”
Mai un ti amo. Urli. Litigate. Battute ciniche. Sarcasmi. Ironie.
“Ah, e così sarebbe colpa mia, eh?”
“No, guarda, sono entrato in casa e me la sono nascosto da solo…”
Si scompigliò i capelli. Però stavolta aveva torto, cazzo. E lo sapeva. Ma non poteva chiederle scusa. Non voleva. Non doveva.
In fondo che cazzo, lui era STING! Lei chi era? Frances Tomelty. Frances chi? Ok, aveva fatto un paio di bei film, d’accordo. Ma era LUI che era famoso in tutto il mondo, non lei, per dio! E LUI avrebbe dovuto chiedere scusa?
E poi lui non lo faceva mai, lui. Neanche quando era ovvio che non aveva ragione. Ci girava intorno.
Prese un cuscino dal divano e lo lanciò contro il muro perfettamente tinteggiato. Il cuscino cadde a terra con un tonfo sordo. ‘Fanculo.
Era una stronza.
Aveva ragione.
Ed era vero che lui non la apprezzava abbastanza. Come tutti gli uomini, arrivava a casa  trovando tutte le cose fatte e la tv già accesa e non si fermava  a pensare a chi avesse fatto quelle cose. Se l’aspettava già, lo dava per scontato.
Ogni piccola cosa che lei fa è magica.
E lui non se ne era mai reso conto, aveva ragione lei ad essersi arrabbiata.
Stronzo.
Non ci capisci un cazzo.
Sting si morse le labbra, ragionando su quella frase: Every little thing she does is magic.
Era proprio vero. Ogni piccola cosa che lei faceva era magica.
Ogni cosa che lei faceva lo sconvolgeva.
Everything she does just turn me on.
Si rizzò sulla poltrona, improvvisamente dimentico del suo orgoglio ferito, del dolore o del suo cuore spezzato. Afferrò al volo la prima penna che gli capitò dal portapenne perfettamente ordinato sulla scrivania. Fissò distrattamente la penna rosa con Minnie della figlia. Strappò un bordo del giornale che stava leggendo.
Every little thing she does is magic. Annotò
Everything she does just turn me on.
Sì sì sì sì sì! Filava, dio santo!
Mordicchiò il tappo della penna della figlia, nervosamente, come un ragazzino.
Si alzò e si andò a sedere sul bracciolo del divano, poggiando un libro sulle ginocchia e su di quello il pezzo di giornale.
Scarabocchiò qualcosa al margine del foglio, distrattamente.
Gliel’avrebbe dedicata. Lei gli aveva cambiato la vita.
Even through my life before was tragic
(un po’ di esagerazione ci stava sempre bene…)
Now I know my love for her goes on
Si immaginava già il ritmo. Veloce, non melenso, in modo da sorvolare sulle parole un po’ troppo romantiche. Una canzone d’amore ma  allegra, veloce, divertente. Non di quelle che ti fanno venire il latte ai coglioni.
La amava.
Gliel’avrebbe dedicata. Era stata lei a fargli avere l’ispirazione..
It’s big enought umbrella
Queste parole gli uscirono dio getto, con facilità, quasi aspettassero quel momento da sempre.
But it’s always me that end up getting wet
Forse avrebbe fatto un pochettino la figura dello sfigato.
O forse no: non gliel’avrebbe fatta leggere. Si sarebbe arrabbiata di questo piccolo appunto sul suo carattere da approfittatrice.
O ci avrebbero scherzato sopra?
“Ma comprati un KW, allora!” gli avrebbe detto.
E lui avrebbe riso: “Guarda che sei tu che sei senza ombrello, scema!”
“Scema a chi?”
“A te!”
“Ma quanto cazzo è grande questo ombrello? Non ti sarai portato dietro un ombrellone da spiaggia, vero?”
“Per te questo e altro, cara” tono drammatico.
And ask her if marry me
In some old fashioned way.
No, non l aveva sposato nel modo tradizionale.
La amava. Da morire.
Non era stato un matrimonio normale, oh no. Loro erano meglio. Il matrimonio normale era per gli ottantenni in pensione. Per loro ci voleva il meglio. E il meglio era l’assurdo, ovviamente.
Loro erano diversi.
Loro erano speciali.
Loro brillavano come stelle e sarebbero stati insieme per sempre.
Loro erano quelli strani e astratti.
Ma non era una cosa negativa, no?
Sarebbero stati sempre giovani.
La amava.
Every little thing she does is magic.
Non le avrebbe chiesto scusa.
Everything she does just turn me on.
Non sarebbe andato a chiederle perdono.
Even thought my life before was tragic.
Ma lei avrebbe capito.
Now I know my love for her goes on.
La amava.
Lei capiva sempre.
 
Lei lesse la canzone con un sopracciglio alzato. “Beh?” mormorò, restituendogli il foglio.
“Beh cosa?” rise lui “Ti piace?”
Lei annuì distrattamente “Si. Bella.” Respirò. “Molto bella.”
“E’ dedicata a te!” sorrise lui, raggiante.
“Ah si?” annuì lei, atona
“Si!” sorrise lui “Sai, sei stata tu ad ispirarmela!”
“Ah, ok. Grazie” gli rivolse un sorrise conciliante, poi alzò le spalle “Vai a prendere tu i bambini, oggi? Io devo incontrare un regista..”
Lui restò un attimo a fissarla, deluso. Pensava avesse fatto i salti di gioia. O almeno le sarebbe stata grata. La guardò negli occhi, poi scostò lo sguardo “Si, ok. Ci vado io.”
Lei sorrise e lo salutò con la mano, allontanandosi velocemente ticchettando sui suoi tacchi a spillo.
Sting si lasciò andare dal bracciolo su cui era seduto al divano, stringendosi le ginocchia al petto, in posizione fetale. Stronza. Era una stronza. Perché si era comportata così? Lo sapeva quanto lui tenesse alle canzoni, e che cazzo! Lo sapeva! E allora perché si era comportata così? Perché doveva SEMPRE comportarsi così? Perché doveva sempre fare la stronza?
Un paio di braccia lo circondarono amorevolmente. Non aveva sentito la porta aprirsi. Delle labbra gli si appoggiarono sul collo. “Grazie” mormorò Frances “E’ bellissima.” Lui si voltò verso di lei. “Scusa per prima” E gli sorrise.
Lui alzò il viso per baciarla sulle labbra.
“Ti amo.”
“Grazie”
“Di solito si dice anche io…”
“No, grazie della canzone, idiota!”
“Non è colpa mia se te sei scema e te ne esci come cavoli a merenda. Riproviamo: Ti amo.”
“Anche io.”
 
Andy appoggiò le scarpe sulla federa immacolata del divano e guardò il cantante inclinando il volto.
Sting rispose al suo gesto spingendo velocemente le gambe dell’amico sotto al divano. Ridacchiò.
Copeland si sedette compito sulla poltrona di pelle scura e guardò l’amico in maniera annoiata.
“Ovviamente devi sempre rompere le palle, tu.” Fu l’affermazione di Andy quando tutti si furono accomodati. “E’ il tuo ruolo nella band, no?”
Sting assunse un’aria offesa, portandosi le mani al cuore “Chi, io? Stai scherzando? Io sono un amore!”
Copeland rise, Sting gli lanciò un’occhiata assassina prima di tornare a fissare il chitarrista. “E dimmi, Andy: se non ci fossi io, che fine avreste fatto voi due, eh?” Andy esitò, e Sting afferrò quell’attimo al volo “Quindi, Andy, il coglione sei tu, che non sai apprezzarmi come merito!”
“Perché, meriti di essere apprezzato?” mormorò Copeland fissandosi le unghie, distrattamente.
“Ovvio, stronzo!” rise Sting. “E comunque…” roteò gli occhi “Vi ho chiamato qui perché ho scritto un’altra canzone!”
“Oddio che palle, Sting!” Affermò Andy “Nelle ultime due settimane stai scrivendo una canzone al giorno, una può orrenda dell’altra! Stai rompendo i coglioni!”
“Volete sentirla?” sorrise
“Sting, non ci siamo capiti: Stai. Rompendo. i. coglioni!”
“Uhm.. Ok, vediamo se ho capito: Sto. Rompendo. I. coglioni, giusto?” Ripetè
“Wow, ce l’ha fatta! Ma allora qualcosa capisce!” Affermò Stewart, felice.
“Vaffanculo, stronzo.” Sorrise “E poi parla quello che capisce tutto..” svicolò velocemente il pugno non-molto-amichevole di Stewart “Comunque… volete sentirla?”
Andy sbuffò e alzò gli occhi al cielo “Basta che sia una cosa veloce, che ho fame e voglio mangiare prima delle quattro, oggi. Sennò” li guardò con fare cupo “Penso proverò un bello stufato di Sting o di Stewart!”
“Oh no, Andy!” mormorò Copeland con fare drammatico “Non mi mangiare! Guarda: sono tutto pelle e ossa!” Sorrise “Però il Rompicoglioni, qui si! Sbrana lui, che ieri mi ha telefonato alle due di notte, alle due, per dio!”
“Primo non erano le due, Copeland, era l’una e quarantacinque! E poi ti ricordo chi è lo stronzo che mi chiama alle sei di mattina?” fissò Andy intensamente “Mio adorato chitarrista, ti prego non mi mangiare! Lo sai che io sono tutto muscoli e addominali, no? E poi pensa a cosa potresti perdere: un caro amico come me!” e rise.
“Leccaculo” mormorò Andy, ridendo. “Beh, questa canzone, allora?”
“Si, Andy, ora. Con calma” mormorò il cantante, stravaccato sul divano.
“Gordon. Matthew. Thomas. Sumner.” Scandì  il chitarrista “Vaffanculo. Ora ti alzi e ci suoni questa cazzo di canzone.”
“Andrew James Somers” ribatté Sting “Io mi alzo quando cazzo mi pare.”
“Non chiamarmi Andrew James, stronzo!” lo rimbrottò Summers
“E tu non chiamarmi Gordon.” Gli rispose Sting
“Ma tu ti chiami Gordon, per dio!”
“E tu ti chiami Andrew-James, che cazzo c’entra? Tu odi il tuo nome quanto io odio il mio. Per cui smetti di rompere il cazzo. Lo sai quanto non sopporti sentirmi chiamare così.” E gli rivolse una linguaccia.
“E tu sai di non dovermi chiamare Andrew-James!”
“A me potete chiamarmi Stewart” mormorò Copeland intromettendosi nel discorso
“Oh grazie dell’aiuto, scemo! Senza questo tuo intervento non potevamo proseguire!” rise Sting
“Allora, ci fai sentire questa cazzo di canzone, Stì? La smetti di fare lo stronzo?” domandò Andy, fissando il cantante disteso comodamente sul divano.
“Ok, ok” sorrise il cantante, alzando le mani in segno di resa. “Va bene.” Si diresse con passi lenti verso il pianoforte, suonò un paio di accordi, e poi cominciò a cantare: “Every little thing she does is magic. Everything she does just turn me on. Even thought my life before was tragic. Now I know my love for her goes on.”
 Concluse l’ultimo accordo della canzone e si voltò verso i due amici. “Beh? Che ve ne pare?”
Capeland si morse le labbra “Allora..” cominciò “La canzone di per se non è male” evitò lo sguardo di Sting “So che lo dico sempre, Stì, ma sul serio, qua quel ritmo fa schifo. Poi viene una roba melensa tipo ninna-nanna!” E si morse le labbra.
Sting annuì e si voltò verso il chitarrista.
Andy assentì “Per una volta, strano ma vero, sono d’accordo con Copeland!”
“Hey, perché strano, coglione?” affermò il batterista, offeso, mentre Sting cercava di capacitarsi del fatto che Andy non avesse voluto avere l’ultima parola come sempre.
“Perché si, Copeland, ok?” Ok, aveva sul serio qualcosa che non andava.
“Oddio, Andy, vieni qui!” mormorò Sting, allarmato “Senti, siediti accanto a me. Parliamone. Che cazzo hai oggi? Che ti sei sniffato?” rise “Hai una qualche mancanza? Sesso?” e corse a ripararsi dietro il batterista.
“Fottiti.” Rispose lui.
“Da solo?” sorrise Sting “Oh no, Andy, non mi va! Non sarebbe rispettoso!” e ghignò.
“Vaffanculo.” Il chitarrista si alzò dalla sedia, avviandosi verso la porta. “Io me ne vado. Mi sono rotto il cazzo di questo stronzo qui.”
Sting lo fissò stralunato. Non si era ancora abituato ai cambi repentini d’umore del chitarrista. Lo seguì, parandoglisi davanti prima che potesse uscire dalla porta. “No, Andy, senti, ti sei offeso?” mormorò il cantante, stranito.
“Mi sono rotto il cazzo, Sting, di te e di tutte queste tue stronzate” e fece per sviarlo e uscire dalla porta.
Sting si postò velocemente con lui,  cercando di evitare se ne andasse.
Si morse le labbra. Odiava dire che gli dispiaceva, anche se era vero. “Senti, Andy…” si fermò un attimo “Quelle cose che ho detto… Beh lo sai, che sono fatto così, no? Non volevo farti arrabbiare e.. beh… Non volevo offenderti, ecco.” Si morse le labbra, rimanendo a fissare l’espressione del chitarrista.
Andy alzò le sopracciglia: era la prima volta che Sting pronunciare parole così vicine ad una scusa.
“Ehm…” mormorò, incerto sul da farsi. Fissò il cantante, pensando lo stesse sfottendo, come sempre. “Ehm, beh…” sul viso di Sting si dipinse un’espressione ansiosa. “Oh beh.. Non importa?” era più una domanda che un’affermazione.
Sting sorrise.
 
Sting tirò fuori una penna con aria annoiata. La guardò distrattamente, come se non ne avesse mai vista una in vita sua e poi tornò a fissare i due amici
“Devo proprio?” mormorò, sbuffando.
“Sting” rispose Andy “Ma possibile? Sei l’unico cantante sulla faccia della terra che non ama i fan!”
“Oh, Sum, dai, lo sai che sono fatto così, per dio! Ormai dovresti conoscermi!” e sospirò, di nuovo.
“Si, Stì, ormai lo so! Ma perché, e che cazzo? Perché odi così tanto stare tra la gente?” Il chitarrista lo fissò stralunato.
“Perché un coglione” mormorò Coop, stravaccato su un tavolino. “E dovresti sapere anche questo, ormai!”
Sting scosse il capo: “Ma infatti, Andy: Non impari mai!” e rise.
“Oh mio dio non lo sopporto!” mormorò il batterista, abbattuto “Uno è nervoso e cerca di offenderlo e farlo arrabbiare e lui che fa? Si mette a ridere! Lo odio. Andy, parlaci tu.”
“Oh no, Coop! Tu sei il mio fidato braccio destro!” affermò Sting, rifilando a Copeland un amichevole pugno sulla spalla.
“Mi sento escluso” brontolò Summers sottovoce.
Sting rise, di nuovo “Oh no, mio povero piccolo gay! Tu lo sai che non potrei vivere senza di te!”
“Mio dio!” si lamentò Andy “Ma cosa abbiamo fatto di male, per meritarci questo?”
“Chiedilo a Coop, è lui che mi ha chiesto di entrare nella band!” rispose laconico il cantante.
“A volte mi chiedo se non ho sbagliato.” Mormorò il batterista “La risposta è sempre no: hai sbagliato.”
Sting sorrise, radioso.
“Oh dio, Sting!” Summer si portò due dita alle tempie. “Ma come fai ad essere così allegro, oggi?”
“Mah, sarà tutta l’atmosfera gioiosa che si respira qua dentro!” e indicò con un cenno Copeland mezzo addormentato sul tavolo di poliestre.
“Ti preferivo prima, quando eri nervoso all’idea di dover firmare autografi.” Mugugnò Andy, nervoso.
“Beh, almeno alzerò l’opinione dei fan sulla band” sorrise
“Ti preferivo prima lo stesso” ribattè il chitarrista.
“Quello lì oggi fa una qualche cazzata, te lo dico io.” Biascicò Coop in un mormorio poco udibile.
“Oh beh” Sting provò la penna sul braccio di Andy, che protestò. Avendo visto che scriveva propose: “Oh beh, si apra il sipario!”
 
I fan sciamarono all’interno vociando entusiasti, mentre i tre si posizionavano ai rispettivi posti. Copeland si alzò e prese in mano la telecamera.
“Ma che cazzo, Coop, non vorrai filmare, ti prego!” borbottò Andy “E poi come fai a firmare?”
Copeland alzò le spalle “In un modo farò!” ammiccò verso Sting “Oggi fa una qualche cazzata, lo so. E io lo voglio riprendere.”
Sting intanto sfarfalleggiava in giro con aria spensierata firmando autografi su autografi.
Copeland avvicinò la telecamera all’occhio e mise a fuoco.
 
Una bella ragazza si avvicinò a Sting. Lui la fissò attentamente, ispezionandola. Sorrise, soddisfatto.
La ragazza si avvicinò, sorridendo, e porse un foglio di carta. Sting la fissò negli occhi.
Copeland sorrise e continuò a filmare. Che figlio di puttana, che era, quel cantante!
Il cantante autografò Regatta de Blanc e glielo restituì. Lei ringraziò.
Prima che si potesse allontanare, o anche solo accorgere di ciò che stava per fare, Sting l’afferrò per la vita, attirandola a sé e la baciò sulle labbra, facendole fare un’elegante casquè. Quando la lasciò andare la ragazza era arrossita.
“Sorry, dolcezza!” rise lui.
Lei ridacchiò e si allontanò velocemente.
“Bye!” le gridò lui dietro, facendole cenno con la mano.
 
Andy gli rifilò uno scapaccione dietro al collo “Bravo coglione” lo insultò “Si può sapere perché sei così idiota?”
“Oh, ma che palle, che sei, Sum! Non è che abbia fatto chissà cosa! Un semplice bacio a stampo” rise “E poi le è piaciuto”
“Oh, che figlio di puttana!” mormorò Coop.
“Vaffanculo, Stì, cosa non hai capito della frase: non. Devi. Fare. Il. Coglione?” gli chiese rabbiosamente il chitarrista.
“Uhm…A “Non” mi sono perso!” ribattè il cantante, ghignando. “E comunque che cazzo! Non faccio mai stronzate del genere, ma che rompicoglioni che siete! Per dio, i Rolling Stones si scopano tutte le fan carine, per un bacio, UN BACIO, un semplice bacio, neanche con la lingua, per di più, mi dovete processare?”
“Sting.. Forse c’è una cosa che non ti è arrivata” gli piegò il batterista, parlando lentamente, come ad un matto “Noi. Non. Siamo. I. Rolling. Stones.”
Andy annuì. “E’ triste, lo so, ma noi siamo i The Police!”
Sting rise “I The che?” domandò “Che cazzo di nome!”
Gli altri due scoppiarono in una risata.
 
 
Oh… beh, che dire? *Nasconde la testa sotto la sabbia*
Sono in ritardissssimooo!! (Cosa rara, eh, Cla? -.-‘’’’)
Beh… è un po’ che ho scritto questo capitolo ma non mi sono mai decisa a postarlo, per un motivo o per l’altro. Per cui… eccomi qui! Si, sono viva!! XD
Come potete notare.. beh.. sono tornata con il mio adorato Sting… e… NON E’ UN AMOREEE????? *love*
Mi è mancato troppo… **
E mi siete mancati voi, cari lettori! Allora? Che ne pensate???
Io questa canzone dei Police la amo… **
Ah, una piccola notazione: l’ultimo sketch che ho messo è vero, è ripreso da una serie di video sulla vita dei Police: Everyone Stares, bellissimi **.
Un’altra cosa, che ho notato di non aver mai precisato:
SKETCH E CANZONI NON SEGUONO UN ORDINE CRONOLOGICO, SONO POSTI AL DI FUORI DEL TEMPO. DUE PARTI DI UNO STESSO CAPITOLO POSSONO VARIARE DI 10 ANNI COME ESSERE SUCCESSIVI. E’ INDIFFERENTE. LA STESSA COSA VALE PER L’ORDINE DEI CAPITOLI.
 
Un ringraziamento va a Martina e Sara, che mi hanno aiutato ad uscire da situazioni difficilissime e mi hanno rotto le scatole e martellato di messaggi fino a quando non ho deciso di fare qualcosa. La situazione non è cambiata, dolcezze, è solo… migliorata.
Grazie mille a voi due, che mi sostenete in ogni cosa che scrivo e mi aiutate a tirare avanti e a non abbattermi. Grazie per insistere sempre con me e non cedere mai.
Ve ne sarò sempre grata.
 
Un bacio
Cla

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