Rhapsody of notes di ChiakiRhapsody (/viewuser.php?uid=161285)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The entertainer's pianist ***
Capitolo 2: *** Love's Rhapsody ***
Capitolo 3: *** Prelude of a Crescendo ***
Capitolo 1 *** The entertainer's pianist ***
The entertaoner pianist
Rhapsody of notes
-Capitolo
1: The Entertainer’s pianist-
Vuoto.
Nulla.
Il bianco etereo del vuoto riempiva tutto.
Silenzio.
Improvvisamente. Un suono! Come una magia, come a voler
rompere il vuoto.
Una nota pura, una goccia di pioggia che cade nel deserto.
Un’altra nota risuonò nell’aria. E ancora, come all’inizio
di un temporale, sempre più note, come gocce di pioggia continuarono a rendere
tutta l’atmosfera magica.
Sembrava come se un sottile velo scivolasse su quei magici
tasti!
Le note continuavano a incantarmi, ero ormai stregato dalle
mie mani che sfioravano i tasti da sole, io le guardavo solo, stupefatto
dall’alto, e ogni tanto buttavo l’occhio sui martelletti che come per magia
solleticavano le corde.
Ero affascinato da quella magnificenza di suono che poteva
creare solo uno strumento, sembrava come se di fronte a me ci fosse un’intera
orchestra.
Ma ecco che le mie mani suonarono i tasti sbagliati, e come se si fosse rotto
un vetro, con il suo solito Crash! ,tutta la magia della musica si ruppe in un
solo istante.
C’era sempre quella seconda parte dell’Entertainer che mi dava problemi. Quel
pezzetto che mi faceva sbagliare le note. Quel giro di accordi con la mano
sinistra che mi aggrovigliava le dita.
Ma io non mi scoraggiavo, e continuavo a provare aggiungendo
qua e là le mie modifiche al brano.
Ed ecco che ormai ero alla fine e come di consueto volli
fare il mio gran finale.
Ecco un glissando! Un accelerando! Ecco che le mie mani rimbalzano da una parte
all’altra del pianoforte! Ero suggestionato da tutta quella complessità di
movimenti. Ecco l’ottava di do, poi quella di sol a scendere poi quella di mi ,
poi di nuovo quella di sol e per finire quella di nuovo di do, accompagnata da
un glissando discendente della mano
destra! E di seguito l’accordo di do di
chiusura!
Era emozionante tutta quella parte finale in cui mi
sbizzarrivo con le modifiche.
Ma allo stesso tempo era molto stancante. Ora ci voleva
proprio qualcosa che mi rilassasse. E così decisi di suonare un toccante e
sensibile “Chiaro di luna” di Beethoven. Tutte le volte che lo suonavo ero ad
un passo dal piangere. Era così commovente!
Le note che si sentivano pochissimo, ma che riuscivano ad
arrivare negli angoli più remoti del cuore di chiunque l’avesse ascoltata.
Era una musica che arrivava direttamente da dentro di me.
Musica e magia, musica e anima, musica e sentimenti.
Il Chiaro di luna era un pezzo stupendo, quella delicatezza,
tutta quell’espressività che era trasmessa, io spesso la suonavo al buio con
solo una fievole luce che illuminava lo spartito, in modo da creare l’atmosfera
perfetta.
Così intima e romantica.
Tutte quelle note che si susseguivano e facevano vagare la
mente in un altro mondo, erano come delle sirene che con i loro canti mi
ammaliavano.
Ed io rimanevo incantato sentendo quella musica così dolce.
Potremmo dire che era ormai droga per le mie orecchie, l’unico modo per
esprimermi del tutto, e il nutrimento per il mio cuore.
In qualsiasi momento bastava la musica per farmi dimenticare
tutto, sofferenza, dolore, qualsiasi cosa!
Ma ecco che arrivavo al terzo movimento, era come un uragano
che ti travolge in un attimo, ma questo era un turbinio di emozioni.
Ogni nota ti faceva sentire il cuore in gola. Il cuore
iniziava a palpitare. Le mani scivolavano su quei tasti trasmettendo tutta la
mia anima.
La sensazione che provavo suonando con tutta quell’impulsività
era indescrivibile.
Mi faceva sentire come in un altro mondo, dove nulla esisteva tranne me,
il pianoforte e quei magici tasti, con i quali potevo creare un'infinità di
musica, pur essendo solo 88.
Una moltitudine di note che si alternavano, creando un gioco
d’immensa bellezza.
Le dita giravano e rigiravano su quegli arpeggi che mi
facevano sempre passare un brivido lungo tutta la schiena.
Era la cosa più espressiva che avessi mai suonato.
Tutto il mio spirito era
trasmesso a quei martelletti, che con quell’appassionante emotività sfioravano
le corde.
Sembrava come se tutte le parti del pianoforte stessero
ballando quella musica così coinvolgente.
Non potevo fermarmi!
Le lacrime m’iniziavano a scendere giù dagli occhi, e lucide
come perle, si infrangevano contro quei tasti che danzavano in un vorticoso
valzer.
Ecco che subito un'altra lacrima seguì la precedente!
Scese lungo il mio viso fino a scivolare e cadere sui tasti.
Quel pezzo era tutta la mia anima!
E alla terza lacrima, il mondo sparì come se nulla fosse mai
esistito.
Pian piano la
tempesta portata da tutte quelle note, si stava calmando, e come un’onda che si
è infranta sulla spiaggia, si ritira, così dolcemente quelle magiche note
andarono sempre più affievolendosi con un lungo e sentimentale arpeggio finale
che si concluse con solo due accordi che però sprigionarono in loro tutta la
tensione caricata in ogni parte del pezzo. Due soli accordi per terminare tutto
quel turbinio di passione che mi aveva pienamente coinvolto.
Sollevate le mani da quei tasti, rimasi per qualche minuto
sbigottito da quella perfezione che era la musica.
Non avevo proprio parole per descriverla!
Era tutto così bello, ma al contempo molto stancante!
Stancante perché in tutte quelle note mettevo tutto me
stesso, era come se mi fondessi in un tutt’uno con la musica; io ero lì ma
nello stesso tempo la mia mente vagava, ed immaginava luoghi fantastici. Quello
era il mio unico modo per viaggiare quando volevo estraniarmi da tutto il mondo
che mi circondava.
Spesso perdevo completamente la concezione di dove mi
trovassi e del tempo che passava. La mia mente rimaneva stregata da tutta
quella dolce melodia che mi risuonava in testa allietandomi ogni mio pensiero.
E, infatti, ormai si era fatto tardi! Cavolo dovevo ancora
farmi tutto greco per il giorno dopo!
Così, rimisi il copri tasti, e chiusi il pianoforte. Mentre
mi dirigevo verso la mia camera, accarezzai dolcemente il mio più fidato
compagno di viaggi.
Mi dispiaceva davvero lasciarlo lì senza che nessuno gli
solleticasse le corde con grazie ed eleganza.
Ma ecco che arrivato in camera mia un nuovo ostacolo si
metteva tra me e il greco: Facebook! Non c’era mai una volta che appena passando
davanti al computer, non mi mettessi solo per qualche minuto a controllare le
notifiche, poi quei pochi minuti diventavano una mezz’oretta se non di più.
Finì che si fecero le undici, ed io non avevo nemmeno sfiorato
il libro di greco, decisi così, che l’indomani mi sarei svegliato presto per
fare le frasi di greco che aveva assegnato la professoressa ben una settimana
prima.
Quella notte feci un sogno bellissimo: sognai di stare in
riva al mare, con l’acqua che mi solleticava i piedi, mentre suonavo un dolce
valzer, che mi rendeva felice, sembrava che le pure le onde danzassero seguendo
il tempo; le note delicate che rimbalzavano qua e là sembravano la dolce spuma
del mare. Era bellissima quella scena! Improvvisamente però, mi ritrovai sul
tetto di un grattacielo, e l’unica cosa che suonarono le mie mani fu un
ragtime, teso, che faceva sembrare come se da un momento all’altro sarei
scivolato giù da quel tetto!
La paura saliva! Il grattacielo si stava inclinando! Ed io
con il pianoforte stavo scivolando, e all’improvviso caddi da lì sopra e mentre
piombavo nel vuoto, tutto si spezzettava, i tasti volavano via! Ma quel volo
nel vuoto non finiva mai!
Era un incubo!
Così mi svegliai subito di botto!
Buttai l’occhio sulla sveglia, erano le sei, ed era meglio
se iniziavo a fare greco.
Ci misi un’ora a fare tutte quelle frasi. Che cosa lunga.
Quando poi chiusi tutti i libri, vidi che erano già le 7:10 ed io dovevo
assolutamente prepararmi perché sennò avrei perso l’autobus.
Così di corsa mi preparai e correndo mi diressi verso la
fermata dell’autobus; feci appena in tempo ad arrivare lì che ecco che passò.
Amavo sentire durante il traggito le più belle opere dei miei compositori
preferiti e così ogni volta m’incantavo a sentire Gershwin, o Rachmaninoff, o
Joplin o Chopin.
Comunque ancora non mi sono presentato, mi chiamo Fryderyk,
ho quindici anni e come avete potuto ben intuire frequento il liceo classico.
Intanto però mi sto preparando per entrare al conservatorio. Amo follemente
suonare il pianoforte ma so anche suonare il violoncello, un altro strumento
che amo tantissimo. Nel tempo libero oltre a suonare leggo gli spartiti per
orchestra, sono affascinato da come un’orchestra possa rendere in tuta la sua
pienezza la musica. Il mio sogno, anche se credo sia irraggiungibile, è
diventare un direttore d’orchestra. Ma lasciamo correre le mie ambizioni
impossibili. E ora vi voglio raccontare tutta la mia storia e la mia avventura
tra miliardi di magiche note.
Continua…….
Nota dell’autore:
Sono felice di aver ritrovato l’ispirazione per scrivere una
nuova storia che rispecchi un lato di me,
ma soprattutto che non mi faccia passare guai come mi aveva fatto
passare la precedente -.-
Spero comunque che vi piaccia perciò recensite in tanti
grazie ;D
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Capitolo 2 *** Love's Rhapsody ***
love's rhapsody
Rhapsody of notes
-Capitolo
2: Love’s Rhapsody-
Arrivai dopo venti minuti di autobus a scuola, tutto
allietato da quel bellissimo concerto di Gershwin che non riuscivo a levarmi
dalla testa. Ero innamorato di quel suo concerto in Fa, soprattutto del terzo
movimento, il più movimentato e forte di carattere.
Scesi così dall’autobus e mi fermai di fronte a scuola a
parlare con i miei compagni di classe prima di entrare.
In classe mia, eravamo solo io e una mia compagna di nome Helena,
che era anche la mia migliore amica, che suonavamo uno strumento, infatti, lei,
era una bravissima flautista, mi emozionavo vedendo le sue piccole dita che
spingevano le chiavi producendo una melodia da pifferaio magico.
Comunque entrammo poco dopo in classe e dopo pochi minuti
dal suono della campanella arrivò la professoressa di latino. Le due ore di
latino erano davvero stressanti, avrei notevolmente preferito farmi l’intero
Hanon e Beyer ! Poi oltre le due ore di latino, prima della ricreazione, mi
aspettava ancora un’altra ora di algebra. Finalmente, quando passò anche
quell’ultima noiosissima ora, scendendo di corsa le scale mi diressi verso
l’aula magna, dove ad aspettarmi c’era il mio svago di metà giornata: infatti,
lì mi aspettava un pianoforte che io amavo tantissimo, anche perché mi piaceva
farmi sentire dalla gente che così passava.
Quasi mai nessuno si fermava a sentirmi, ma a me non
importava più di tanto giacché ero contento anche così.
Amavo quel pianoforte! Era un quartino Petrof, con un suono
delicatissimo, un po’ scordato, ma io amavo i suoni un po’ scordati, anche
perché secondo me, erano perfetti per le opere più romantiche. Quel giorno
volli suonare un brano da poco imparato; quel preludio lo amavo fino alla
follia, come anche il suo compositore.
Secondo il mio insegnante Rachmaninoff era il compositore
che più di chiunque altro mi rappresentava di più.
Quel preludio pieno di sbalzi da ppp a fff, tutta
quell’espressività, quell’animo tormentato che si percepiva.
Quando Rachmaninoff compose questo preludio, era da poco
uscito dal conservatorio e considerò sempre il Preludio in Do Diesis minore
come uno dei suoi brani di debutto, infatti, rimase sempre tra i suoi
preferiti.
Quel pezzo aveva un livello di espressività altissimo,
iniziato con un pianissimissimo, fin da subito aveva caratteri forti, ma sempre
molto dolci e romantici.
Ora e mai troverò le parole per descrivere la bellezza di
quel pezzo.
Sapevo solo che la mia anima non mi apparteneva più, ormai
era lei che scivolava su quei tasti.
Mi sentivo libero! Il mio cuore stava volando via e un’altra
volta, iniziavo a viaggiare con la mente in luoghi che non avevo mai visto, ma
che solo con la musica riuscivo a immaginare; ma suonando quella musica, nulla
di bello riuscì ad arrivare alla mia mente, m’immaginavo solo un luogo preso
dalla devastazione,c’era la sola solitudine.
Un mondo completamente si prospettava davanti ai miei occhi
mentre viaggiavo, a mala pena riuscivo a trattenere le lacrime.
Riuscivo a vedere solo una città grigia, devastata da una guerra.
Lì ormai non vi era più nessuno, e tutto veniva ancora più rattristito da
qualche fiocco di neve che imbiancava tutto, ed io lì solo a cercare
disperatamente qualcuno, mentre le lacrime m’iniziavano a scendere dai miei
occhi mezzi socchiusi.
Ogni tanto sembrava che avessi trovato qualcuno, in tutta
quella landa desolata, invece, niente, tutto terminò, con la più completa
solitudine e sofferenza. Sembrava come se tutto fosse definitivamente morto.
Il vuoto, da dove tutto era iniziato, così, lì era finito,
nel buio, nel silenzio.
Intanto Helena, senza che me ne accorgessi era dietro di me
ad ascoltarmi, con una mano sopra gli occhi, cercando di nascondere le lacrime
che pure a lei erano scese.
Così mi alzai dallo sgabello e mi avvicinai a lei. Portai la
mia mano sulla sua guancia, e con il pollice le tolsi le lacrime che gli
solcavano il viso, e dolcemente le sussurrai: “Il tuo viso non è fatto per
essere rovinato dalle lacrime”. Seguì poi un sorriso, come a chiederle se
andasse tutto bene.
Lei allora arrossì.
Io per lei non provavo nulla di speciale, in fondo eravamo
solo molto amici, ma, forse per lei tutto ciò le sembrava di più di un’amicizia,
infatti, arrossiva sempre quando le parlavo.
Però, pensandoci bene qualcosa per lei sentivo, ma non
sapevo riconoscere la differenza tra amore e amicizia.
Diciamo solo che con Helena stavo bene e il legame che ci
univa era speciale.
Ma la cosa che mi piaceva di più di lei era la sua maestria
nel suonare il flauto! Il suono era dolce e armonioso, allegro, e che mi
metteva sempre il sorriso sulle labbra.
Avrei voluto tanto che un giorno avesse suonato un brano
insieme a me, ma ogni volta che glielo chiedevo rifiutava e si girava da
un’altra parte, era troppo timida.
Era così tenera quando diventava tutta rossa, forse qualcosa
di più fra noi stava per nascere, qualcosa di magico, o almeno lo speravo,
sarebbe stato così bello.
Quella sera riflettei tanto su cosa realmente provassi per
Helena, così dopo aver capito che in fondo quello che provavo per lei, forse
era vero amore, decisi quella stessa sera di impararmi un brano solo per lei.
Il giorno dopo, a ricreazione, le chiesi di venirmi, anche
quel giorno, ad ascoltare.
Mi misi seduto di fronte a quei magnifici tasti e lei si
poggio sul pianoforte come sempre, allora iniziai a suonare quella musica
stupenda; incominciò tutto con poche note, poi una cascata fortissima di
arpeggi, la tensione saliva, ma dolcemente poi riscendeva, fino ad un dolce
tempo, colmo d’amore.
Non avrei potuto scegliere brano migliore per la persona che
amavo se non “ Playing love”, una suonata che a mio parere esprimeva tutto
quello che può essere l’amore che provavo per Helena.
Note delicatissime scivolavano sulla tastiera. Mentre suonavo,
la guardavo negli occhi, mentre lei arrossiva;i suoi bellissimi occhi celesti
iniziarono a luccicare: sembravano zaffiri!
Allora mentre tornavo con lo sguardo sui tasti, lei si
staccò dal pianoforte e venendomi dietro mi abbracciò.
Non una parola, nulla.
A quel punto le mie
mani si staccarono dal piano, ma subito lei mi disse con la sua calda voce:
“ Per favore, continua a suonare, non fermarti”.
Quelle parole e quell’abbraccio mi fecero capire che anche
lei mi amava, era una cosa così bella.
Allora mi commossi anch’io. Lei, quella musica, i nostri
sguardi. Come non essere felici di tutto ciò.
Continua……
Nota dell’autore:
Allora questo capitolo secondo me è un po’ corto ma fa
niente spero che vi piaccia il testo e le musiche che ho scelto per questo
capitolo.
Ecco qui i link per le musiche:
“Preludio in Do diesis minore” di Seirge Rachmaninoff
http://www.youtube.com/watch?v=d-qwJoFQ3qo
“Playing Love” di
Ennio Morricone da “La leggenda del pianista sull’oceano”
http://www.youtube.com/watch?v=mIhqjRWZ77Y
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Capitolo 3 *** Prelude of a Crescendo ***
Prelude of a Crescendo
Rhapsody of notes
-Capitolo 3: Prelude of a Crescendo-
Ero
contento di tutto ciò che mi era capitato il giorno prima, di come Helena
ricambiasse i miei sentimenti, di cosa provassimo entrambi.
Tuttavia dovevo assolutamente prepararmi per lo
spettacolo di fine anno, ormai il tempo stringeva ed i pezzi che dovevo portare
erano difficili.
Fu l’unica volta in cui il mio insegnante mi fece
scegliere cosa suonare.
Scelsi due brani di Rachmaninoff e uno di
Gershwin.
Volevo esprimere tutto me stesso in quel concerto:
infatti i pezzi erano il Preludio in Sol minore, il Concerto per pianoforte n°2
di Rachmaninoff e il Concerto in Fa di Gershwin.
Avevo deciso, infatti, di provare a fare un
concerto con l’intera orchestra, per esprimere a pieno la musica che arrivava
da dentro.
Quando provavo quei pezzi, ci mettevo tutto me
stesso.
Rachmaninoff era un genio! Mai vista tanta
espressività, nemmeno nei notturni di Chopin.
La sua musica mi scorreva nelle vene e arrivava
fino alle dita che si muovevano, aggraziate, sui tasti del pianoforte.
Quegli accordi minori, tristi e impulsivi.
Non riesco a trovare le parole per descrivere
quelle emozioni; quando suono ho il fiato mozzato e nessuna parola riuscirà mai
ad esprimere cosa provavo suonando quel preludio, che mi distoglieva da
qualsiasi cosa, facendomi abbandonare questo mondo.
QUELLA MUSICA ERA PARADISIACA!
Note su note, frammenti di anima su altri
frammenti di anima, emozione su emozione.
In quel preludio il ritmo era qualcosa di
stupendo.
Sembrava che sia io che il pianoforte stessimo
danzando in una gigantesca sala vuota, dove tutto rimbombava... e così facendo
era come se venti pianoforti stessero suonando tutti perfettamente
sincronizzati.
Sotto quel soffitto completamente di vetro, che
rifletteva tutta la luce, io ed il mio miglior amico scivolavamo su mille note,
arpeggi, accordi, glissando... ma soprattutto, sulle onde del mio cuore, che,
come in un mare in tempesta, si abbattevano su alte scogliere di roccia,
producendo una forza che superava tutto.
E con un brevissimo arpeggio delicato, terminai il
pezzo.
I miei occhi erano spalancati ancora verso quella
porta che conduceva ad un altro mondo, scoperto grazie alla musica.
Il giorno dopo ci sarebbero state le prove
generali, prima del gran concerto: ero così eccitato!
Fortunatamente andarono bene, anche perché tra me
e il primo violino c’era una grande intesa.
Ecco, che fu “quel” sabato... ero così felice e
ansioso al tempo stesso!
Mi presi il giorno libero da scuola, in modo da
ripassare tutta la giornata.
Mi ammazzai di scale ed esercizi per avere mani
sciolte al cento per cento e suonai i tre brani che avrei dovuto portare, circa
dieci volte ciascuno.
Per colpa dell'ansia non riuscivo a fermarmi.
Alle sette ero all’auditorium, non riuscivo a
stare fermo.
Tutta quell’ansia.
Rilessi un centinaio di volte gli spartiti per
vedere se li avevo memorizzati bene.
Già alle 7:30 iniziò ad arrivare la gente.
Pian piano tutto si stava riempiendo e alle otto
meno dieci, era già colmo di gente.
Tutti i membri dell’orchestra allora entrarono in
sala accompagnati da un grande applauso e si sistemarono ai loro posti.
Robert, il primo violino, mi disse: “ Non devi
preoccuparti, tu continua a suonare la tua musica senza pensare a nulla, a
tutto il resto ci penso io”. Mentre varcava la soglia del palco mi lanciò un
sorriso rassicurante.
I veri amici ci sono sempre.
Dopo pochi minuti di silenzio entrai, seguito dal
direttore d’orchestra, Arthur.
Subito un grande applauso ci accolse, non sapevo
se sorridere o se rimanere con un espressione composta; non avevo idea di cosa
fare!
Arrivato di fronte al pubblico, feci un piccolo
inchino, e dopo aver stretto la mano a Robert, mi sedetti sulla panchetta.
Come primo brano feci il Preludio in Sol minore di
Rachmaninoff.
Ad un certo punto stavo per sbagliare, ma
fortunatamente la mia mano non si aggrovigliò.
Finito il Preludio, un grandissimo applauso si
alzò dalla platea. Ero così emozionato, ma la parte più difficile doveva ancora
arrivare, con il Concerto in Fa di Gershwin.
Un piccolo sguardo di Arthur, poi la sua mano si
levò in alto e batté il tempo. Subito seguirono i timpani e i piatti con il
sottofondo degli archi. La musica era semplice e orecchiabile. Gli ottoni, poi,
iniziarono un piccolo crescendo, sostenuti dagli archi e dai piatti che
battevano le varie battute.
Poi ecco, come dal nulla, me!
Tutta l’orchestra si fermò lasciandomi tutta la
scena.
Piccoli arpeggi e contrasti caratterizzavano la
musica del grandissimo Gershwin.
Tanti piccoli singhiozzi, che confluivano poi in
una melodia scorrevole e leggera, che mi portava ai piani più alti del
paradiso.
Poi d’improvviso un arpeggio discendente.
Ecco che tutto ritornava alla grande metropoli da
cui era partito. La gioia si sentiva nell’aria.
Io, l’orchestra, la musica.
Tutto ricordava una gigantesca città dove, però,
la vita non scorreva frenetica, anzi!
Tutto era tranquillo e rilassante.
In quella città, che con la mia mente stavo
visitando, la neve scendeva dolcemente sui tetti dei grattacieli, la gente
pattinava sulle piste immacolate ed i bambini giocavano nei parchi.
Ecco che dal finale del primo movimento, molto
ritmato e divertente, si passò ad un secondo movimento pacato e tranquillo, e,
forse, quello che vidi nella mia mente era un qualsiasi pendolare di
quell’enorme città, che tutte le mattine faceva sempre lo stesso viaggio
monotono da casa sua all’ufficio.
Ma solo la sera tornato da quel suo noioso lavoro,
si sfogava il più possibile al pianoforte, rendendo quella sua vita semplice e
triste, una felice e spensierata.
Soprattutto alla donna che tanto amava, che vicino
a lui cantava con la sua stupenda voce.
La sua fantasia volava libera sopra quella
gigantesca metropoli andando a visitare altri posti, che spesso erano
rilassavano la sua mente impazzita per il lavoro.
Di botto entrò il terzo movimento, il più
frenetico di tutti.
A questo non diedi mai un’interpretazione vera e
propria.
Questo pezzo andava solo suonato con il cuore,
lasciandosi liberi di volare con la fantasia.
Le note rimbalzavano da una parte all’altra.
Era forse proprio questo quel brano di Gershwin la
massima espressione dell’anima?
No di certo. Infatti, finito anche quel
meraviglioso movimento, e dopo che il pubblico ci ebbe acclamato con forti
applausi, iniziò il brano più emozionante di tutta la serata.
Però una cosa che mi lasciò stupefatto accadde
prima dell’inizio dell’esecuzione.
Infatti, il direttore, mi si porse all’orecchio e
mi disse sottovoce: “ Questa è la tua occasione di farti notare, sfruttala!”
Dette quelle parole, s’inchinò di fronte a tutta
la platea e se ne andò dal palco.
Per qualche secondo rimasi sbigottito. Poi
ripensando alle parole che mi aveva detto capii che era il mio momento.
Feci un cenno a Robert, e riportai lo sguardo
sulla tastiera.
Era il mio momento per condurre!
Dal nulla, una goccia cadde nel vuoto, poi
un’altra, poi un’altra ancora.
Otto gocce caddero dal nulla.
Poi solo una cascata di note, arpeggi che venivano
dal mio cuore furono subito eseguiti dalle mie dita.
Non si sentiva nulla, apparte il pianoforte.
Poi gli archi entrarono sottovoce come appoggio
alla melodia del pianoforte.
Ecco che iniziò la parte più espressiva, con
sbalzi pieni di emozioni, sentimenti, di Amore.
Quel turbinio di note, quella cascata di
sentimenti, tutto era magico.
L’orchestra mi seguiva perfettamente, nemmeno un
intoppo.
Poi i fiati ripresero la melodia mentre io dal
pianoforte li dirigevo.
Subito iniziò un crescendo che però si fermò
presto, per tornare alla delicatezza degli arpeggi.
Le note come petali di rosa cadevano dal cielo.
Poco dopo un forte crescendo animo tutto.
E con 3 accordi tutto si concluse nel silenzio da
dove era partito.
Tutta la platea si alzo in piedi e applaudì.
Non ce la feci a non commuovermi.
Abbracciai allora Robert, e insieme ci inchinammo
di fronte a quel meraviglioso pubblico.
Poco dopo, dietro le quinte, venne un signore che
rivolgendosi a me mi fece una proposta che mi lasciò a bocca aperta: mi chiese
se volevo entrare al suo corso di direzione d’orchestra.
Come poter rifiutare una proposta del genere. Così
accettai.
Quel giorno per me era stato meraviglioso.
Continua….
Nota dell’autore:
Mi sono ammazzato per scrivere questo capitolo.
Spero che vi piaccia.
Credo che però mi prenderò una piccola pausa per
scegliere bene i brani per il prossimo capitolo intanto vi metto i link :
Preludio in Sol minore di Rachmaninoff
http://www.youtube.com/watch?v=4QB7ugJnHgs
Concerto per pianoforte n° 2 di Rachamaninoff
http://www.youtube.com/watch?v=x8l37utZxMQ
Concerto in Fa di Gershwin
1 mov. Parte 1 http://www.youtube.com/watch?v=usnXnzeciG4
Parte 2 http://www.youtube.com/watch?v=YzjK_F7v4HM&feature=related
2 mov. Parte 1 http://www.youtube.com/watch?v=ON7J1wzK0FU&feature=related
Parte
2 http://www.youtube.com/watch?v=n_GB7kb-klg&feature=related
3 mov http://www.youtube.com/watch?v=8zIe8FzV74U&feature=related
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