Parole

di PeaceS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo Settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo Ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo Decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo Quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo Sedicesimo ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciassettesimo ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciottesimo ***
Capitolo 20: *** Capitolo Diciannovesimo ***
Capitolo 21: *** La fine... di un inizio. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Correre diventava sempre più difficile, le gambe cominciavano a cederle, e respirare era diventato agonioso, era come se degli artigli le straziassero lo sterno. Più si convinceva che se non avrebbe accelerato il passo l'avrebbero ammazzata, più si ritrovava ad arrancare con fatica.

- Bu! 

Si bloccò di scatto, tremando impercettibilmente; era come ritrovarsi faccia a faccia con il diavolo. Due occhi bianchi, opachi, libidinosi, scivolarono lungo il suo corpo, divorandola, infiammandola, lacerandola.

Non mostrò paura, né sobbalzò. Lo conosceva, sapeva che si nutriva di terrore, che amava rendere reale gli incubi della sua vittima; l'uomo accarezzò lentamente la sua guancia, lasciando una scia infuocata, gelata, sulla sua guancia.

Un livido che rincorreva le sue dita, che andava a formarsi alla scia del suo tocco. - Ciao, Lils. - mormorò, inclinando il capo. Quei capelli biondi, simili a fili di grano, gli ricaddero in sinuose onde sulle spalle larghe, forti, sinonimo di lussuria, piacere, potere.

Denholm Cavendish, un nome, una garanzia. - Lily Luna Potter. - scandì il suo nome quasi con dolcezza, masticando ogni singola lettera con delicatezza; la cercava da tempo, e questo Lily lo sapeva. Era sulle sue tracce da mesi, e finalmente era riuscito a toccarla.

Lui stava sfiorando l'intoccabile.

La figlia di Harry Potter. L'introvabile. Dopo mesi di estenuante ricerca, dove l'aveva riconcorsa in capo al mondo, dove lei era riuscita a ferirlo con la magia, finalmente l'aveva acciuffata. - Sì, mi chiamo così. - rispose annoiata, guardandolo e sogghignando.

- Sai da quanto tempo tuo padre ti cerca? - mormorò Denholm, tirandole con dolcezza una ciocca di capelli rosso fuoco. Ribelli come il suo animo, come quella voglia di imparare e distruggere. Due occhi bruni, senza fondo, senza sentimento, vuoti, lo fulminarono.

- Questi non sono fatti tuoi. - sibilò Lily, allontanandosi. Den sapeva di zolfo, e inferno. Sapeva che suo padre la cercava, che agognava sapere di lei, che sperava che stesse bene. Sapeva che prendeva informazioni, che frustrato si ritrovava in un posto senza trovarla.

- Beh, la tua paura di affrontarlo è quasi ridicola. - mormorò, sorridendo e mostrando gli incisivi laterale superiori, simili a zanne. 

- I tuoi trucchetti non funzionano con me. - sbuffò Lils, riavviandosi i capelli con un gesto secco. Gli occhi di Den si fissarono sulle labbra dell'avversaria, che si tesero in modo subdolo.

- Non sono qui per combattere con te. Sono qui per portarti via con me; so che ti stai allenando molto duramente, ma per conoscere i punti deboli di alcuni mostri, devi allenarti con quei mostri. - disse Den, guardandola poi negli occhi, serio.

- Dovrei fidarmi di un vampiro? - rise la ragazza, scuotendo il capo. 

- Tu sei pazzo. - disse poi, stringendo le labbra.

- Io sono un vampiro, conosco ogni mio punto debole. Conosco ogni punto debole di demoni, licantropi, insetti. Posso far di te una vera cacciatrice, e rendere orgoglioso tuo padre da parte tua. - sussurrò, stringendole con delicatezza il polso.

Sapeva di aver colto il punto. Sapeva di averla tra le mani, come creta. La vide abbassare lo sguardo, sconfitta, e quando fu sicuro di averla completamente in suo potere si materializzò lontano da lì, dove avrebbe potuto nasconderla agli occhi di tutti.

 

 

 

Un suono soave, dolce, cominciò ad espandersi con delicatezza a Malfoy Manor. Le mani di Scorpius Malfoy accarezzavano languide i tasti del pianoforte a coda che maestoso si eregeva al centro del salone; alla sua sinistra una grande libreria, alla sua destra una grande finestra che lasciava entrare un delicato sole che accarezzò l'epidermide chiara del rampollo di casa Malfoy.

Sembrava essere dappertutto, tranne che lì, a suonare una melodia sconosciuta, che suonava quel cuore così chiuso, addolorato, tanto da far rabbrividire gli abitanti di quella casa. Draco Malfoy, seduto nel suo studio, stringeva spasmodicamente un libro tra le mani.

Gli sembrava di essere ritornato indietro nel tempo, dove quel suono rimbombava ogni secondo nella sua testa. Dove il dolore regnava sovrano, dove quell'amore non corrisposto si ribatteva dentro lui, incatenato, imprigionato.

Era ancora lì, assopito, con catene e spine addormentate che non riuscivano a graffiargli più l'anima. L'aveva dimenticata, almeno cercava di convincersene. Ora c'era un altra donna nella sua vita, una donna che gli aveva regalato due bellissimi bambini.

Ma sapeva che... dimenticare era difficile. Non l'aveva mai fatto, quell'amore malato e insensato continuava a dibattersi dentro. 

Ed era sempre la stessa storia, era come una maledizione. Lui aveva sofferto perché aveva amato qualcuno che non avrebbe mai ricambiato, qualcuno che era bene, mentre lui era male. Ma ora i ruoli si erano invertiti.

Scorpius era bene, ma quell'essere che era scappato, dopo aver quasi sterminato mezza Hogwarts, era male. Lily Potter era male, questo lo sapeva tutta la comunità magica. Ma lui, ai suoi tempi, era davvero male? 

Beh, se Hermione Granger era bene, lui doveva per forza essere il suo opposto. 


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Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


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La rosa nera. Sembrava il titolo di un film babbano, romantico come pochi e ridicolo come tanti; ma questa volta Harry sapeva che non si trattava di un regista in vena di dolcezza, né di una scrittrice di romanzi rosa, ma di ben altro. 

La rosa nera. Harry Potter aveva sperato con tutte le sue forze di aver messo fine alla guerra anni fa, dopo aver eliminato Lord Voldemort e il terrore che portava il suo nome; ma sapeva che non sarebbe mai finita, sapeva che ci sarebbero stati altri folli come lui, ma quel che non sapeva era se c'era ancora la forza di continuare una guerra che oramai non gli apparteneva più.

Era stanco di combattere, di quelle guerre inutili, di corpi straziati, di lacrime amare. Si era barricato nel suo ufficio da settimane oramai, senza nemmeno mettere il piede fuori dalla porta, esattamente da quando erano iniziati quegli omicidi.

Erano state sterminate tre famiglie, nella quale erano presenti otto bambini. Con quale coraggio? Bambini innocenti, terrorizzati, così piccoli da poter essere spezzati con un solo dito. Ma era inutile stupirsi, oramai conosceva la mente degli assassini, e sapeva che non guardavano in faccia a nulla. Nemmeno dinnanzi alla paura di una piccola creatura.

La rosa nera. Harry, con un gesto secco della mano, scaraventò tutti i documenti posti sulla sua scrivania per aria. Quella guerra non sarebbe mai finita, e lui sarebbe stato per sempre il cavallo di punta. Sarebbe stato sempre il prescelto, nonostante non lo fosse da tempo.

Scosse il capo, e un filo di luce, flirtato attraverso le spesse tende di velluto alle sue spalle, andò a posarsi su una fotografia posta di fianco alla lampada sulla sua scrivania, attirando la sua attenzione. Raffigurava la sua... famiglia

Il suo sorriso, e le braccia che circondavano la vita di sua moglie. James, che ammiccava verso l'obiettivo, e Albus, che rideva spensierato. E poi... lei. Alta, snella, dai lunghi capelli rossi e la carnagione pallida. Lei, che aveva gli occhi di sua madre, ma più scuri, più profondi, quasi senza fine. Lei, con l'imitazione di un sorriso sulle labbra carnose e rosee.

Le sue dita, animate di forza propria, andarono ad accarezzare il viso di sua figlia. Quanto le mancava... di notte sognava ancora quegli abbracci che sapevano di pesca, amore, e quelle sigarette fumate di nascosto. Avrebbe dato di tutto per riaverla ancora tra le braccia, e stringerla così forte da fargli mancare il fiato.

Avrebbe fatto di tutto per riaverla a casa, e rimproverarla per qualcosa di sbagliato. Una lacrima scese lenta dai suoi occhi smeraldini, scorrendo lungo la guancia e trovando riposo sulla sua bocca. Non era stata l'unica, erano cinque anni esatti che di notte, da solo, piangeva guardando quella foto.

Piangeva guardando la sua bambina, non sapendo dove fosse, se viva, morta. Non sapeva se sua figlia fosse nei guai, o stesse piangendo proprio come stava facendo lui in quell'esatto momento. - Dove sei? - mormorò a bassa voce, ingoiando come fiele singhiozzi e lacrime.

 

 

 

Si asciugò con lentezza estenuante il sangue che le stava colando dalle labbra, socchiudendo lo sguardo. Tese i muscoli del collo, e sorrise quando sentì un brivido correrle lungo la schiena; sapeva che lui era proprio dietro di lei, e sapeva anche che stava sorridendo.

Si girò di scatto, e con il coltello d'argento che le aveva regalato anni prima Denholm, lo colpì dritto al petto. Due occhi rossi si fissarono sconvolti nei suoi, mentre un gemito uscì da quelle labbra che sembravano scolpite nel marmo.

Delle volte, Lily, si domandava perché quelle creature fossero così belle. ''Per ingannare'', le aveva detto Den. ''I demoni hanno due facce: quella con cui incantano le proprie vittime, e quella di cui si nutrono, quella che rispecchia la loro anima. Marcia.''

Vide la pelle del vampiro rinsecchirsi, diventare come quelle pergamene antiche che si sgretolano al sol tocco. L'iride cominciò a sciogliersi come neve al sole, e a colare lungo le guance tumefatte, mentre le ossa si piegarono su sé stesse. 

Quant'erano fragili i vampiri, quando gli si toccava quel cuore raggrinzito. Lily si alzò lentamente, sogghignando. - Puttana. - disse, prima di decomporsi definitivamente. - Morto che cammina. - sbuffò Lils, scuotendo il capo.

- Tutto bene?

Un sospiro sulla sua pelle, e una stretta ai polsi. Den sorrise tra i suoi capelli, le lasciò i polsi e le strinse i fianchi, e lo sentì rabbrividire quando la sua schiena toccò il suo pettò. Forse quel vampiro aveva ragione: quelle braccia le ricordavano lui, ma continuava a perdercisi. 

Quegli occhi bianchi le ricordavano lui, ma continuava a non abbassare lo sguardo, continuava a reggere con orgoglio. Un bacio leggero sulla spalla nuda, e una carezza sul collo. - Credo che sia venuto il momento di tornare a casa. - mormorò al suo orecchio, facendola sobbalzare.

Casa. 

Dimenticalo.

Non pensarci più.

- Cosa succede? - domandò, rigirandosi tra le sue braccia e ritrovandoselo a pochi centimetri dalle labbra. Lui non voleva lasciarla andare, sapeva chi c'era lì ad aspettarla. Oltre la prigione. 

- C'è una guerra in corso. Le forze oscure si stanno mobilitando, e hanno deciso di mettersi contro la comunità magica, stanchi di nascondersi. Non possono arrestarti, oltre ad essere la figlia di Harry Potter tu sei l'unica che può fermare tutto. - disse, guardandola intensamente.

- Non me la sento... - sussurrò, quasi come fosse una supplica. Denholm le baciò la fronte, sentendola fin troppo fragile tra le braccia. Un solo movimento brusco, e sarebbe riuscito a spezzarla in due. - Devi. La tua famiglia è in pericolo, e non sarai sola. Ci sarò io con te. - 

Scappa.

Ma non era tempo di scappare, non più oramai. Era tempo di ritornare a casa, e proteggere chi aveva protetto lei. Era tempo di proteggere chi amava, e farlo sul serio quella volta.

 

 

 

- Sei fidanzato, dovresti smettere di pensare a qualcuno che non ti merita e mai ti meriterà. 

Parole secche, gelide, che spezzarono il silenzio rinsonante nella sala da pranzo di Malfoy Manor. Draco Malfoy per poco non si strozzò con il pollo arrosto quando sua moglie prununciò quelle parole verso suo figlio. Eccola lì, a capo tavola, come una regina senza corona.

Capelli biondi, legati in uno chignon alto e severo, occhi azzurri truccati alla perfezione, e pelle liscia, come quella di un bambino. Severa, fiera di sé stessa e di ciò che possedeva. L'esatto opposto di lei, l'esatto epposto dell'amore.

- Quello, madre, scusa l'impertinenza, è il tuo fidanzamento, non il mio. - sibilò Scorpius, zittendo la madre e facendo ridacchiare la sorella, che gli fece l'occhiolino. Aerial. La ragazza della sua vita, l'unica che ricambiava il suo amore.

La sua piccola principessa. Una quindicenne tutto pepe dal sorriso solare e i capelli castani. Quando era nata si chiedeva se sua moglie l'avesse tradito, ma quegli occhi non mentivano, erano il marchio Malfoy, come la sua epidermide chiara.

- Cosa stai dicendo? - sbottò Astoria, facendo sobbalzare Aerial, che la guardò in tralice. Sembrava che tra madre e figli non scorresse buon sangue, e questo era palpabile dalla severità che tralipava dagli occhi dei tre. 

Astoria non ci aveva mai messo amore con loro, pensava a sé stessa, alla casa, ai galà, alle cene di lavoro, e a come apparire ogni santissimo giorno su qualche rivista di gossip magica. Lei era una Malfoy, oramai, e doveva vantarsene.

Ma Draco aveva deciso di metterci amore con loro, di non fare lo stesso errore di suo madre. Gli dimostrava il suo affetto con i soldi, e non con gli abbracci e le carezze. ''Un Malfoy non fa queste cose''. Eppure Draco aveva sempre saputo che l'amore di suo padre nei suoi confronti era infinito.

Glielo aveva dimostrato salvandolo più volte, sacrificando quasi la sua vita per lui. Proprio come sua madre. La sua dolcissima Narcissa. Quindi aveva deciso di dimostrare ai suoi figli l'affetto a parole, a gesti e fatti, non con la materialità.

Come sarebbe dovuto essere.

- L'hai scelta tu per me, non io. E' un fidanzamento di convenienza, ma io non la amo, e mai lo farò. - disse Scorpius, ad occhi bassi. Inutile guardarli, erano vuoti, non c'era sentimento, né luce. Eppure, Draco, sperava ancora di vederli brillare, come quando ritornava da Hogwarts e quel sorriso riusciva a riscaldare tutto. 

Persino il suo cuore.

- Basta, non mi va di discutere di queste sciocchezze a tavola. Astoria, ti ho detto mille volte che quel discorso è chiuso, basta rimarcarci sopra, ci siamo intesi? E tu, Scorpius, cerca di conoscere meglio Elizaveta, è una brava ragazza. Non vogliamo costringerti a sposarla, ma solo a conoscerla. - disse, chiudendo definitivamente la conversazione.

Suo figlio gli sorrise riconoscente, mentre sua moglie lo trucidò seduta stante. Beh, se gli occhi potessero uccidere... lui sarebbe già morto. 

 

 

 

Due giugno duemilaquattordici, Harry non avrebbe mai più dimenticato quella data. Harry avrebbe ricordato per sempre quel giorno, sempre. Finalmente era uscito dal suo studio, aveva deciso di fare colazione con sua moglie, sempre più preoccupata per lui, e James e Al, che avevano deciso di discutere con il padre sul da farsi.

Erano entrambi Auror, anche se James preferiva medicare anziché combattere, e avevano saputo di questa nuova setta che stava terrorizzando il mondo magico. Si erano seduti a tavola, silenziosi. Erano le nove in punto. Sua moglie l'aveva baciato, rasserenandogli un po' la giornata, e James si stava grattando la barba incolta che lo facevano vent'anni più vecchio.

Albus sorseggiava il suo caffè, giocando con i suoi capelli oramai arrivati alle spalle. Nonna Molly lo aveva minacciato più volte - se non li tagliava l'avrebbe fatto lei - ma suo zio Charlie, che lo capiva fin troppo bene, era sempre riuscito a fargli scampare la tortura.

Quando poi, tutto d'un tratto, quando il sole aveva accarezzato i visi stanchi della famiglia Potter, la porta d'ingresso si era spalancata. Avevano alzato gli occhi, all'unisono, e dinnanzi si erano ritrovati un fantasma.

Viso pallido, segnato da alcune cicatrici, occhi spenti, vuoti, socchiusi per la stanchezza. Capelli legati in una lunga treccia, e il corpo fin troppo magro, come se non mangiasse da secoli. Pantaloni di una tuta logora, una maglia stretta che le si alzava fin sopra l'ombelico appena si muoveva, scarpe da ginnastica e un lungo mantello che le copriva le spalle fragili.

Dietro di lei un uomo, alto sui metro e ottantanove, dai corti capelli biondi e grandi occhi bianchi. Elegante pantalone nero, che fasciava le gambe muscolose. Camicia bianca, e mantello che gli copriva metà viso. Un vampiro di razza.

I tre uomini di casa si alzarono con le bacchette sguainate, ma rimasero sbalorditi quando i due gettarono bacchette e varie armi ai loro piedi. Erano venuti in pace. - No, non vogliamo farvi del male, lui è un mio amico, credetemi... non vi toccherebbe nemmeno con un dito. Sono... sono semplicemente ritornata. - sussurrò quella voce, quella che era mancata così tanto come l'aria.

Silenzio per alcuni secondi, poi alcune sedie a grattare il pavimento e la gioia di due voci maschili. Lily venne sommersa di abbracci da i suoi fratelli maggiori, e da sua madre che sembrava aver ripreso la voglia di vivere, ma lei aveva occhi solo per lui.

- Papà. 


 

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo ***


 

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Era lì.

Harry respirò affondo, senza mai distogliere gli occhi da lei. Distese il braccio, come a volerla toccare da quella distanza, per poi lasciarlo cadere lungo i fianchi, esanime. 

- Papà. 

L'aveva sussurrato, quasi come se avesse paura di rompere quel silenzio che si era venuto a creare. Era cambiata in quegli anni, la sua bambina era diventata una donna fatta e finita. Senza di lui. Era cresciuta da sola, senza la protezione del suo papà e della sua mamma.

- Chiamate gli Auror. - disse Harry, facendo sobbalzare Albus e James. Un ringhio uscì dalle labbra di Denholm, furioso; Ginny si mise una mano sul cuore, mentre l'ennesima lacrima le solcò il volto. E quella sarebbe stata l'ultima.

Harry alzò lentamente la bacchetta, puntandola verso il petto di sua figlia. - C'è una guerra in corso, Lils, e l'hanno scatenata proprio dei bastardi come lui! - urlò fuori di sé, guardando quell'essere senz'anima, e pietà. Agli occhi gli saltarono l'immagine di quei bambini riversi in una pozza di sangue, con lo sguardo spalancato e terrorizzato.

- Mi hai insegnato tu ad andare oltre le apparenze. - disse Lily, guardandolo con il mento alzato in segno di sfida. Era stato lui ad insegnarle di amare qualcuno oltre ad uno stato sangue, ad un cognome, a tutto. - Voldemort era un mezzosangue, ma è stato lui a scatenare una guerra contro i suoi simili. - continuò, rigirando il coltello nella piaga.

- Den è sempre stato con me in questi anni, non ha mai incontrato i membri della rosa nera. - 

Quindi... lei lo sapeva. Sapeva che c'era una guerra in corso, ed era ritornata lo stesso, nel momento meno opportuno, quando sarebbe potuta essere uccisa senza risentimento. La sua bambina non sarebbe più andata via, e quella era una promessa.

- Vai! - urlò contro Albus, che corse verso il camino nella stanza affianco. 

- Vuoi arrestarmi, papà? - mormorò Lily, avvicinandosi di un passo e ignorando la bacchetta puntata verso il suo cuore. Lui non le avrebbe mai fatto del male, lo conosceva, l'amava troppo anche solo per torcerle un capello.

- No. Mi sto assicurando solo che tu non vada più via. - sibilò Harry, afferrandola per un polso e tirandola dalla sua parte. Den guardò Harry con odio negli occhi, per poi fissare lei con una dolcezza infinita nello sguardo. E furono quegli occhi a far tremare le gambe di Ginny.

Lei lo conosceva quello sguardo, lo conosceva eccome. Lo sentiva su di sé ogni qual volta che guardava Harry, nello sguardo di sua madre quando si posava su suo padre. Era amore, quello. E sapeva che quell'uomo sarebbe stato disposto a tutto pur di proteggere sua figlia, a tutto pur di vederla sorridere.

Era innamorato. Ginny si tappò la bocca con una mano chiusa a coppa, sconvolta. I vampiri potevano amare? Riuscivano a farlo? I vampiri sapevano amare? Non lo sapeva, ma quello che leggeva negli occhi di quell'uomo non era un anima marcia, ma un amore infinito.

Infettivo.

- Harry... sta calmo. - disse Ginny, continuando a guardare Den che girò di scatto il capo e posò lo sguardo su di lei. Represse un sorriso a quella vista, perché Ginny era uguale a Lily. Oltre ai capelli rossi e agli occhi scuri, nell'orgoglio solo lei sapeva bruciarci. Lo vedeva brillare negli occhi di quella madre, negli della madre di quella ragazza che in cinque anni era diventata parte di lui.

Può un vampiro amare? Non lo sapeva, ma solo lei era riuscita a farlo sorridere, a colmare quel vuoto che aveva dentro da secoli. Quelle riflessioni furono interrotte da un boato incredibile; in un secondo la cucina di casa Potter fu invasa da una decina d'Auror pronti ad arrestare la traditrice e far fuori il vampiro.

- Ehi, calmi. - sibilò Harry, invitandoli ad abbassare la voce e a disperdersi per la cucina. - Chi è a capo di questa spedizione violenta? - sbuffò, guardandoli ad uno ad uno, e da un angoletto vide materializzarsi un Draco Malfoy quasi schiattato dal ridere.

- Non potevo mancare al ritorno della marmocchia, non credi? - disse Draco, guardandolo con sfida. Infondo era stata sua Nuora per sei anni, e voleva vederla, anche per capire se come suo figlio, da cinque anni, soffriva.

La vide di fianco a suo padre, e una speranza gli nacque nel cuore. Se era ritornata per restare, sarebbe stata capace di far rinascere suo figlio. Quello che aveva perso dopo la sua partenza, dopo quella fuga improvvisa. Ma se Harry aveva chiamato gli Auror, non era un buon segno, eppure sapeva che Scorpius sarebbe stato capace di seguirla ad Azkaban se ce ne sarebbe stato bisogno.

Si avvicinò lentamente, quasi come a volerla osservare da vicino, ma un ringhio fu capace di bloccarlo al centro della stanza. Girò il capo di scatto, e si ritrovò... un vampiro al centro di casa Potter. - Cosa ci fa un succhiasangue a casa tua, sfregiato? - sbottò, guardandolo con disgusto.

- L'ha portato tua Nuora. - sibilò Harry sarcastico, facendolo quasi strozzare con la sola saliva.

- Ehi, marmocchia, sei per caso impazzita? - sbottò, guardandola severamente. In tutti quegli anni aveva imparato a volerle bene, ma in quel momento sembrava non riconoscerla. Che le era capitato? Pensò a Scorpius, e a come l'avesse lasciato lì per... cercare di costruire daccapo il suo cuore.

- Smettetela di parlare di me come se non ci fossi, maledizione! Sono tornata dopo cinque anni solamente per aiutarvi, solamente perché Den mi aveva detto che quelli della rosa nera avevano deciso di farvi il culo! Sono anni che mi alleno per... per contenermi, per contenere questa... merda.

Sì, la figlia di Harry Potter non può perdere il controllo perché è predisposta alla magia oscura. Come credi che mi sia sentita quando mi hanno messo da parte, quando ad Hogwarts mi allontanavano perché avevano paura che io potessi fargli del male?

Maledizione! Me ne sono andata, ma sono sempre sbagliata. Me ne sono andata per imparare a proteggermi da tutto questo, per imparare a proteggervi, ma non vi sta bene. 

NON VI STA MAI NIENTE BENE! - Urlò Lily, guardandoli uno ad uno abbassare lo sguardo. Come credevano che si era sentita quando suo cugino Hugo l'aveva fatta arrabbiare e un onda d'urto così forte l'aveva mandato al San Mungo con una frattura cranica?

Come credevano che si era sentita quando sapeva di non potersi arrabbiare perché avrebbe fatto del male a qualcuno? Come? Il ritratto di Silente, quello nello studio di Hogwarts, le aveva detto che forse quel pezzo d'anima che era andato distrutto quando Lord Voldemort aveva lanciato contro suo padre l'anatema che uccide era stato eliminato per metà, mentre quell'altra metà sembrava essersi liquefatta e poi sciolta completamente con la sua anima.

Sembrava che suo padre non avesse subito mutazioni, ma lei sì. Le aveva trasmesso un morbo, il morbo del male. Erano crisi che le venivano in quei momenti che provava forte emozioni, quando era troppo triste o troppo arrabbiata, e dimenticava tutto.

Anche quando quell'alone nero le usciva dal petto e distruggeva qualsiasi cosa trovasse sul suo cammino. Lord Voldemort aveva lasciato una parte di sé in lei, e non sarebbe mai morta, ma avrebbe distrutto ogni persona a cui voleva bene.

Scorpius. Ricordava la prima che gli fece del male, quando l'aveva ritrovato in infermeria con un braccio rotto e un mezzo sorriso sulle labbra. - Va tutto bene, Lils, sapevo che non eri tu. Ma lui. - le aveva detto accarezzandole un braccio.

- Volete il mio aiuto? Bene. Non lo volete? Posso spazzarvi via con un solo dito e andarmene come sono venuta. - finì in bellezza, sputando quelle parole quasi con disprezzo.

- Certo... ma prima... Carceres sine remissionis! - urlò Harry, e dalla sua bacchetta uscì una luce rossa accecante che travolse Lily, che strillò terrorizzata. Den si fiondò sul bambino che è sopravvissuto, stringendogli le mani alla gola.

- Falle del male, e giuro che riuscirò dove ha fallito Tom Riddle. - sibilò ad un dito dal suo viso. Fu preso di forza da quell'idiota coi capelli ossigenati e da altri due Auror, non si ribellò, infondo conosceva l'incantesimo che aveva fatto padre su figlia.

La marmocchia non si sarebbe potuta allontanare da casa Potter che suo padre avrebbe saputo dove si trovava e con chi. - Bene, ora possiamo parlare. - mormorò Harry, quando la luce si fu dissolta. La guardò ancora una volta, beandosi della sua vista, per poi afferrarla per le braccia e stringersela al petto.

- Mi sei mancata. 

 

 

 

 

Il gemello scomparso. 

Quando i suoi bambini erano piccoli, Luna Lovegood, li portava in giro per il mondo, facendogli conoscere la sua passione: gli animali. Quando Lys e Lorcan avevano tre anni andarono con suo marito in Germania, dove girava voce si trovasse un Alicanto, un uccello che con il suo canto attirasse gli unicorni.

Ma non aveva trovato quel che cercava. Furono aggrediti da un gruppo di lupi mannari, e Luna non fece nemmeno in tempo a proteggere i suoi bambini che Lorcan fu preso e portato via da uno di loro. Il suo bambino, così piccolo e indifeso.

L'avevano dato per morto. I lupi mannari erano famosi per la loro presdisposizione alla carne di bambini. Sicuramente l'avevano già fatto a pezzi, facendo di lui un bachetto fresco. Lysander era troppo piccolo per capire, così gli avevano cancellato la memoria fino a quel momento. 

Ma Luna sapeva che c'era un vuoto lì, proprio nel cuore del suo bambino. Lys era oramai cresciuto, non conosceva l'esistenza di suo fratello, ma aveva perso un amica; Lily Potter era stata la sua migliore amica ad Hogwarts, la spalla su cui piangere, il sorriso da condividere, proprio come erano stati Neville, Harry, Ron ed Hermione per lei.

Così non aveva resistito quando aveva saputo del ritorno di Lily, e aveva detto subito tutto a Lys, a cui si erano illuminati gli occhi. Sapeva di non aver fatto la cosa giusta, ma voleva dargli una parte che aveva perso, perché quella essenziale... non sarebbe più ritornata.

 

 

 

Quando Lysander spalancò la porta d'entrata di casa Potter, trovò uno scenario abbastanza divertente. Albus e James erano poggiati con noncuranza sul bancone della cucina, e mentre uno fumava una sigaretta magica, l'altro beveva una cioccolata calda per la carenza di zuccheri causata dal ritorno della sorella.

Ginny era affaccendata attorno la cucina, sembrava essere animata da qualcosa, e Lys sapeva che era stato il ritorno della sua migliore amica ad aver fatto tornare la voglia di vivere della donna, che sorrideva serena vicino ai fornelli. 

Harry era seduto imbronciato a capo tavola, di fianco a un Draco Malfoy beato, che si pregustava la sua tazza di caffè amaro, e proprio vicino a quest'ultimo era seduto un ragazzo che proprio non conosceva. Ma era legato per il polsi, e sembrava avere il dente parecchio avvelenato.

E poi lei. Un sorriso enorme si fece strada sul suo viso, e non gridò nemmeno il nome di Lily che le saltò addosso come una ventosa. Le coprì il volto di baci, tempestandole di domande come - Come stai? Bene? Perché sei così magra? Oddio quanto mi sei mancata! Dovrei ammazzarti per avermi lasciato da solo con questi barbari senza cuore - e così via per un quarto d'ora, fin quando un Draco Malfoy in vena di incazzature lo sbattè con la telecenesi sulla sedia.

- Sta calmo, ragazzino, lasciala respirare e aspetta il tuo turno. - sbuffò, sorseggiando tranquillamente il caffè.

- Ciao Lys, ignoralo, oggi è di buon umore. - disse Lily, sorridendogli. No, non era cambiato nulla tra di loro; lui non l'aveva accusato di averlo abbandonato, ma la stava abbracciando perché era ritornata. Il suo Lys... quanto gli era mancato! Con quel sorriso, e la parlantina sciolta che solo lui sembrava possedere.

- Tua madre non tiene la bocca chiusa, eh? - sibilò Harry, ricordandosi di fucilare Luna appena avesse messo piede in cucina. Lysander rise, liquidandolo con un gesto secco della mano e un - La conosci! Per farmi felice mi comprerebbe anche un unicorno, se glielo chiedessi. - 

- Comunque... amore! Quando sei ritornata? Hai mangiato? E chi è quel bel fusto? Il tuo nuovo ragazzo? Beh, hai fatto proprio bene a lasciare quel teppista di Mal... - Lysander non finì la frase che si ritrovò un bernoccolo sulla fronte.

- La prossima volta impari a tenere la bocca chiusa, ragazzino strampalato. - sbottò Draco, posando con compostezza la pentola che gli aveva suonato sul cranio. Lys gemette, guardandolo in tralice e facendogli la linguaccia.

- Ora ci manca solamente tuo figlio, Malfoy, poi saremo al completo. - ridacchiò perfidamente James, guadagnandosi puro veleno dal ghiaccio degli occhi di Draco. - Tsè, tale padre tale figlio. - sbottò, sorridendo a Ginny quando gli versò altro caffè.

- E io che centro? -

- Tu centri sempre, sfregiato. -

- Ed eccoli che ricominciano. - sbuffò Albus, alzando gli occhi al cielo.

- Siete insopportabili. - disse anche Den, che non era abituato a quelle scarmaglie e che aveva già un mal di testa incredibile.

- E questo non è niente. - ridacchiò Ginny, che aveva ritrovato la sua serenità.

- Me ne ritorno in Transilvania. - sibilò Den, trucidando Lily che stava cercando di trattenere le risate.

- Bravo, succhiasangue, ritornatene da dove sei venuto! - disse Draco, guardandolo con aria superiore e continuando a sorseggiare il suo adorato caffè.

- Nel letto di tua figlia, magari. - disse Den, sorridendo beffardo quando lo vide diventare paonazzo.

- Non osa... - stava per sbottare Draco, quando per l'ennesima volta la porta di casa Potter venne sbattuta con violenza. 

Scorpius apparve affannato, con gli occhi fuori dalle orbite e il cuore a mille. Dietro di lei si nascondeva una ragazzetta dai riccioli biondi, che guardava la scena quasi impaurita. Draco per poco non si strozzò col caffè quando constatò che quello era suo figlio, e che dietro di lui c'era Elizaveta.

Disastro, catastrofe, la fine del mondo.

Ecco com'era stata interpetretata la comparsa di Scorpius, ma dal viso di Lily non traspariva nessuna emozione. Proprio come quando se n'era andata, lei se ne stava lì immobile, a guardarlo senza nemmeno provare a spiegargli qualcosa.

Dannata, pensò Scorps.

Sì, Lily Potter era una dannata!


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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


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Cinque anni di assoluto silenzio. 

Cinque anni dove avrebbe voluto andare in capo al mondo a riprenderla e riportarla a casa, al sicuro, e incatenarla ad un letto per non lasciarla più andare via. La sognava continuamente, ogni maledettissima notte, e si risvegliava piangendo, con le braccia aperte... come se stesse abbracciando qualcuno che non esistesse.

Era impazzito in quei cinque anni, dove non sapeva che fine avesse fatto, con la paura nel cuore di ricevere quella fatidica notizia. Non c'è più. Quella tremenda paura che lo faceva tremare dentro, che gli faceva mancare il fiato ogni qual volta che gli arrivava una missiva dai fratelli Potter o dal Ministero.

- Sei tornata.

Silenzio assoluto, nessuno osava muoversi, nemmeno lei. Quant'era cambiata in quegli anni, la sua Lils; dov'era quel sorriso di cui si era innamorato? Dov'era quella forza su cui faceva leva ogni qual volta che incontravano un ostacolo sul loro cammino? Lily, Lily, Lily!

Quell'ossessione che gli faceva mancare costantemente il fiato. Maledizione, Lily, perché te ne sei andata? E quella domanda suonava continuamente nella sua testa, senza risposta, senza niente, solo un cumulo di foto a cui aveva dato fuoco.

- Sì, è ha portato un amico, non è meraviglioso? - cinguettò Lys, beccandosi l'ennesima padellata da Draco, che lo fucilò con un occhiata che lo fece rimpicciolire sulla sedia tant'era raggelante.

Un amico. Infondo doveva aspettarselo; erano passati cinque anni, lei non sarebbe rimasta single, proprio come lui. Elizaveta gli strinse con prepotenza un braccio, ricordandogli che c'era anche lei nascosta dietro le sue spalle. Nascosta. Già, non voleva che Lily la vedesse, non voleva che Lily sapesse che... quella era la sua fidanzata.

Purosangue di ottima famiglia, gli aveva detto sua madre prima di presentargliela. Alta, snella, dai lunghi riccioli biondi e grandi occhi azzurri. Vestiti ottocenteschi, sorriso falso tanto quanto ogni parola imparata a memoria. Ottima moglie. Ottima pretendente per un Malfoy.

Ma... non era Lily.

- Amico? - sussurrò, inclinando il capo e posando gli occhi su... di lui. Proprio il tipo di Lily, se non fosse stato un vampiro. Scorpius spalancò la bocca, assottigliando poi lo sguardo. - E tu un vampiro lo reputi amico? - sbottò, scrollandosi di dosso Elizaveta ed entrando a grandi falcate in casa.

- Sì, è un mio amico, problemi? - sbottò Lily, zittendolo improvvisamente. La sua voce, forte, orgogliosa, che sembrava sfidarlo. Da quanto agognava sentirla così? Lily, la sua Lily era tornata! Era lì, e non se ne sarebbe più andata... Era lì, era lì!

- Beh, con i tempi che corrono un vampiro, di razza addirittura, non può considerarsi amico. Oppure sei rimasta indietro con gli ultimi avvenimenti? - sibilò, guardandola in tralice. 

- Sono perfettamente informata degli ultimi avvenimenti, dolcezza, ecco perché sono tornata. - disse Lily, alzando un sopracciglio sarcastica. Ecco perché sono tornata. Non per la sua famiglia, non per lui, non per il suo migliore amico, ma perché c'era una guerra in corso.

Egoista... fottuta egoista.

- Non abbiamo bisogno del tuo aiuto. - sbottò Scorpius, facendole abbassare lo sguardo. Quanto era cambiata? Non avrebbe mai abbassato lo sguardo, prima. Sembrava così fragile da poter essere distrutta con un solo tocco. 

- So che non avete bisogno di me, ma io ho dei conti in sospeso con la rosa nera. - disse Lily, senza nemmeno guardarlo in faccia. Sentì un groppo formarsi in gola, bloccargli il respiro, e avrebbe voluto starsene lì e scoppiare a piangere, abbracciarla e sentire ancora una volta il profumo dei suoi capelli su di sé.

- Guardami Lily, e non contarmi stronzate! Te ne sei andata, sei scappata via da me che ho sempre accettato ogni parte di te... Senza dirmi nulla, mi guardavi negli occhi e mi mentivi! Guardami negli occhi... e dimmi che sei tornata solo per combattere questa stupida guerra, e non per noi. - disse, fissandola con il cuore in gola.

''Dimmi che quelle lacrime non sono state sprecate. Dimmi che non ho aspettato invano, che sei tornata perché ti mancavo, perché anche a te ti mancava il fiato quando il ricordo di noi ti affollava la mente. Dimmi che non è cambiato niente, che sei mia come cinque anni fa, come in quelle foto che ho riattaccato dopo aver strappato.'' 

Ma non le avrebbe mai detto quelle parole, se le tenne strette al petto, nella mente, nel sangue. E fece ancora più male quando lei alzò lo sguardo, fissandolo senza nessun espressione, e pronunciando quelle parole che gli spezzarono definitivamente il cuore.

- Sono tornata per combattere questa guerra. - disse Lily, non per farvi del male, ma naturalmente quello lo tenne per sé. Lui era felice senza lei, con quella ragazza dai capelli biondi. L'aveva rimpiazzata, a quanto pare. Lei lo stringeva a sé come fosse la cosa più importante, marcava il territorio come faceva lei in passato.

Lei aveva preso il suo posto.

- Den... - sussurrò, sentendosi soffocare. La sentiva quella merda che aveva dentro smuoversi e cercare di venire fuori, di farle del male. - Den! - strillò, mantendendosi di scatto la testa. In un attimo il vampiro si liberò delle corde, inginocchiandosi ai suoi piedi.

Le prese la testa tra le mani, e la costrinse a guardarlo negli occhi. - Va tutto bene, Lils, non succederà nulla. - la vide aprire la bocca a palla per prendere fiato, e gli occhi... i suoi meravigliosi occhi si stavano schiarendo. Stavano diventando rossi.

- Den... - gemette nuovemente, aggrappandosi alle sue spalle in cerca di sostegno. 

- Che le succede? Che le sta succedendo? - sbottò Harry, alzandosi di scatto. Lui era stato presente agli... attacchi di Lily, ma quella volta sembrava diverso, sembrava che... insieme a lei anche quella parte oscura fosse maturata. 

- Non lasciare che lui prenda il sopravvento. - mormorò Den sulle sue labbra, facendo fremere Scorpius dalla rabbia. Vide quelle mani accarezzarle il viso, i capelli, le spalle e la schiena. Oh, amici un cazzo. Prima c'era lui a calmarla ad ogni crisi, c'era lui a coccolarla e a dirle che sarebbe andato tutto bene.

- Vuoi andare via? - sussurrò Den, facendo spalancare gli occhi a tutta la famiglia Potter.

- Lei non si muove da qui! - urlò Harry, afferrandolo per le spalle e alzandolo con la forza. Ma... quegli occhi, quegli occhi ebbero il potere di pietrficarlo lì all'istante.

- Con tutto il rispetto, Signor Potter, ma se non vuole ritrovarsi spiaccicato sotto sei metri di terra con tutta la sua famiglia è meglio che lasci andare sua figlia. Sono cinque anni che non la vede, cinque anni dove quella cosa che gli ha trasmesso è cresciuta. Non la porto via per sempre, sono stato io a convincerla a tornare quì, quindi stia calmo... Lily sarà qui entro sera. - sbottò Den, scrollandoselo di dosso e prendendo Lils in braccio.

E la portò via. Lontano da loro, lontano dal dolore, da ciò che era e che sarebbe sempre stato. Una lacrima solcò il volto di Scorpius, prosciugandogli le energie. Maledetta... maledetta lei che gli aveva rubato il cuore e continuava a romperglielo.

 

 

 

- Che nome è Elizaveta? - borbottò Lily, sgranocchiando delle noccioline. Erano passati tre giorni da quando le era venuta quella crisi, da quando Den l'aveva preso in braccio e portata via da tutti, e quando aveva rimesso il piede in casa, oltre a sua madre e i suoi fratelli nessuno le aveva rivolto più la parola.

Poi era ricomparso Lysander con un cuscino blu a stelle, un pigiama uguale e un piumone sotto braccio, e quello cinque anni fa voleva dire: pigiama party. E in quel momento si trovavano proprio nella stanza di Lily, a parlare di quella tizia che stava con Scorps.

- Non lo so! E' così ridicolo! Ma poi l'hai vista? Sembra avere la puzza sotto al naso. - borbottò Lysander, mangiando dei cioccolatini fatti da Ginny, che lui adorava allora e adorava tutt'ora.  Lily scoppiò a ridere, rischiando quasi di strozzarsi.

- Sei cattivo. - rise Lily, guardandolo con tenerezza. Lui...ad Hogwarts era stato il suo sorriso; si era avvicinato quasi con paura che lo rifiutasse, ed era diventato il suo protetto. Lys aveva bisogno di protezione, e le era mancato quasi come i suoi fratelli.

Lui, con i suoi modi di fare così allegri e pimpanti, le aveva regalato la forza di un sorriso. Lui, che era stato rifiutato da tutti solo perché... diverso. Loro, naturalmente, dicevano che era diverso. Lysander era semplicemente gay, e Lily non ci vedeva nulla di male.

- Ma poi hai visto come si veste? Sembra che debba andare ogni giorno ad un ballo in maschera. - ridacchiò Lys. Sì, in effetti aveva ragione. Quando l'aveva vista due giorni prima indossava un vestito panna che le arrivava ben oltre le caviglie, con uno scollo a V e dei merletti sullo sbuffo della manica.

Un vestito che sinceramente Lils non avrebbe indossato nemmeno al ballo di fine anno a Hogwarts. 

- Ma dai... - 

- Onestamente è passato dalla cioccolata alla cacca di drago. - disse Lys. E lei? Aveva rimpiazzato Scorpius con Den, ma onestamente non se ne pentiva. Non amava Den quanto amava Scorps, ma... lui la proteggeva, la amava, la faceva sentire al sicuro.

Lui le voleva bene, e non avrebbe fatto nulla per farla soffrire. Nulla. - 'Sera. - ecco, parlando del diavolo spuntano le corna. Den si materializzò nella sua stanza in tutta la sua bellezza, sorridendole e ammiccando in direzione di Lys, che sospirò ammaliato.

- Di cosa stavate parlando? - domandò, sedendosi di fianco a Lily e attirandola dolcemente a sé. Aveva detto solo a Lysander di avere una storia con lui, ma se qualcuno della famiglia le avesse chiesto qualcosa... beh, non avrebbe mentito. 

- Di tizie dell'ottocento. - ridacchiò Lysander, mentre Den abbozzò un sorriso. 

- Non erano male, un po con la puzza sotto al naso, ma a quei tempi dovevi abituartici. - ridacchiò Den, facendo ridere a crepapelle i due perché... beh, aveva confermato le parole di Lysander. Puzza sotto al naso, aveva fatto centro.

- Bene, prima non potevamo portare ragazzi in camera... ma io ho un pezzo grosso per le mani, tu hai un figo della paura proprio tra le braccia... direi che possiamo darci alla pazza gioia! Ci vediamo alle sei di domani mattina, metti la sveglia, non vorrei trovare brutte sorprese quando mi materializzo qua dentro. - rise Lysander, infilandosi di corsa i pantaloni, dandole un delicato bacio sulla guancia e materializzandosi.

- E' divertente. - disse Den, stringendola ancor di più.

- E' il mio migliore amico... avevi qualche dubbio? - sbuffò Lily, rigirandosi nel suo abbraccio e baciandolo a fior di labbra.

- Dove sei stato? - domandò poi, accarezzandogli il viso. Den l'afferrò per i fianchi, mettendosela a cavalcioni, per poi sorridere. - Analizzavo la situazione. - mormorò, baciandola sul collo e facendola rabbrividire.

- A che punto siamo? 

- Al punto di non ritorno. 

 

 

 

 

- Sei ancora innamorato di lei?

Scorpius non alzò nemmeno il viso dai documenti che stava leggendo, ignorando la domanda posta dalla sua fidanzata. Elizaveta strinse le labbra, rabbiosa; stava andando tutto bene, fino al suo arrivo. Lei era felice, e sembrava che Scorpius cominciasse ad affezionarsi, ma lei aveva rovinato tutto.

- Scorpius...

- No.

Elizaveta trattenne il respiro quando lui alzò di scatto gli occhi, rispondendole in modo brusco. No. Per quale motivo, allora, la sera prima l'aveva sentito piangere dopo aver fatto l'amore? Lui le stava mentendo, e lo sapeva... ma cosa poteva fare per... per tenerselo stretto al petto?

- Ora sto finendo questo lavoro, possiamo vederci più tardi? - mormorò Scorpius, e senza nemmeno sentire la risposta abbassò il volto sui documenti che stava leggendo. Elizaveta strinse con rabbia i pugni, conficcandosi le unghia nei palmi.

Una donna innamorata era pericolosa.

Uscì a grandi passi da Malfoy Manor, per poi materializzarsi ai piedi di una grande quercia. La Potter voleva la guerra? E guerra avrebbe avuto. - Hai preso una decisione? 

Una voce impalpabile, quasi inudibile, arrivò al suo orecchio. Un vampiro si materializzò dinnanzi a lei in tutta la sua bellezza, e un tatuaggio brillava sul suo petto: una rosa nera. 

- Sì. Voi eliminate Lily Potter, e io vi passerò informazioni preziose sugli Auror. 

Ma una donna innamorata e non ricambiata... lo era ancora di più.


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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto ***


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- Non sapevo ti piacesse farti usare, amico. 

Den strinse i denti, girando il capo di scatto e fulminando con un occhiata raggelante il suo interlocutore. La stanza dove si era materializzato poche ore prima era buia, non un filo di luce oltrepassava le pesanti tende di velluto blu notte. Era un salone ben arredato in stile vittoriano, con una credenza alla sua sinistra, un tavolo rettangolare di legno pregiato al centro, e un divanetto alla sua destra. Cose essenziali, ma non per un vampiro.

- Qui nessuno usa nessuno, Bart. - sibilò, stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghia nei palmi. Come osava? Proprio lui, che aveva creato e che gli si era ritorto contro. Bart, un nome comune, un ragazzo comune di diciannove anni, se non per gli incisivi laterali superiori troppo aguzzi e ancora sporchi di sangue.

- Ti stai mettendo contro tutte le stirpi oscure. - disse Bart, guardandolo con i suoi occhi rossi. L'aveva trasformato dieci anni prima, quando sentendosi solo aveva deciso crearsi un amico; capelli neri come la pece, e sorriso angelico. Prima di trasformarlo nel mostro che era ora, Bart era un babbano comune, con una ragazza bellissima e un futuro brillante davanti.

- Tu ti stai mettendo contro il tuo creatore. - urlò Den, perdendo definitivamente la pazienza e colpendo con un pugno il tavolo su cui si era aggrappato con forza. Stava diventando troppo umano, e se ne accorse da quell'attacco di rabbia. Ma era quello che voleva, no? Autodistruggersi.

I vampiri di stirpe subivano molto di più della spazzatura come Bart. Loro avevano sangue puro che scorreva nelle vene, e non era così facile ucciderli come quelle create da loro stessi. Dovevano essere uccisi dalla persona amata, con una balestra dalla freccia sporca del proprio sangue. E solo il pugnale da lui creato era in grado di ferire veramente un vampiro di razza.

Fortunatamente i vampiri di razza poco si interessavano di mostrarsi o altro, loro amavano nascondersi e uscire solamente per trovare le loro vittime. Trovata una moglie vergine, e trasformata, oppure una moglie di razza pura. Si nascondevano a priori, vivendo la loro vita nella tranquillità.

Il problema della comunità magica, in realtà, era un altro; il divertimento macabro di quei vampiri trasformati, che amavano mettersi in mostra, di lupi mannari che desideravano più vittime, e di altre creature oscure che desideravano camminare liberamente sulla terra, alla luce del sole, non al buio, nascosti come insetti.

Den sapeva che a mettere il tarlo erano stati proprio loro. Avevano diffuso la voce, e poi avevano creato la rosa nera. Erano arrivati addirittura a marchiarsi, cosa che un vampiro di razza non avrebbe mai fatto. - Questa volta faccio di testa mia, Cavendvish. Mi hai trasformato contro la mia volontà, dieci anni fa, e io sono costretto a nascondermi per non essere ucciso, sono stanco di tutto questo. 

Voglio la luce, Den. - mormorò, con lo sguardo basso. Cosa ci trovavano di così affascinante? La luce, camminare tra gli esseri umani... non c'era niente di bello in tutto ciò.

 - Sappi che io non entrerò a far parte di questa guerra, i veri vampiri non si immischiano in queste cose. Ma visto che avete deciso di uccidere la Potter, che tutti voi sapevate mia protetta, che tutti voi sapevate sotto mia custodia... bene, avete guadagnato un avversario in più. - rise Den, guardandolo disgustato.

- Un po troppo umano da parte tua, non credi? - disse Bart, stringendo i denti. 

- Ridicolo da parte tua cercare di uccidere un intera comunità solamente perché... beh, mi sono stancato di te. - sibilò Den, sogghignando. Stancato. Den si stancava presto dei suoi giocattolini, erano tutti troppo banali, scontati, tutti sempre meno umani.

Poi aveva visto lei. Con quale coraggio l'avrebbe uccisa? Lei, che era riuscito a ferirlo con la sua magia. Lei, che era così forte da fronteggiarlo con orgoglio, con coraggio. Lei, che in cinque anni gli aveva insegnato ad amare, ad amarla. 

Lei, che era calda. Che con le sue mani riusciva a riscaldargli corpo e anima, che con il suo respiro riusciva a renderlo umano. Umano. 

- Morirà. Ti dico solamente questo. Morirà! - urlò Bart, ma lui si era già materializzato proprio dalla sua umana. Dormiva, raggomitolata su sé stessa, con una mano sotto la guancia e un espressione serena. Ora aveva tutto ciò che desiderava, e anche se lo rinnegava, Den sapeva che a casa sua stava bene.

Le accarezzò con dolcezza una guancia, e la vide aprire lentamente gli occhi. Non era sua, nel riflesso delle sue iridi non c'era lui, ma l'altro. Den sapeva di quel fantomatico amore, di quella relazione che ancora faceva male a Lily.

Una volta gli disse anche che somigliava a quello stupido umano. - Ehi. - sussurrò Lily, accarezzandogli una mano e sbadigliando. Era bella anche appena sveglia, con quegli occhi appannati e i capelli sconvolti, proprio come se avesse appena fatto l'amore. 

- Buongiorno.

Le baciò con delicatezza le labbra, mentre lei gli circondò il collo con le braccia. Sembrava non saziarsi mai di lei, e del suo profumo. Ne voleva sempre di più, fino a farsi mancare il fiato. Sapeva che lui gli avrebbe portato via l'unica che lo rendeva umano, ma non senza lottare.

In un attimo le fu sopra, facendola ridere e mancare il fiato. - Quando vai... così veloce mi fai venire la nausea. - disse, ma sapeva che c'era qualcosa che non andava. Nelle sue carezze c'era troppa forza, come in quei baci che sembravano rubati con prepotenza.

Quando si staccò, Lily lo guardò preoccupata. - Tu sei mia. - sussurrò, stringendo tra le dita la carne sensibile del braccio. Era come sentirsi in gabbia. Se prima quegli occhi bianchi non le facevano paura, in quel momento le incutevano terrore. Erano spalancati, intrisi di rabbia nera, scura, che le faceva mancare il fiato.

- Den... - sussurrò Lily, guardando la stretta sul suo braccio insentificarsi.

- Mi stai facendo male. - disse, facendogli spalancare gli occhi. Staccò immediatamente la mano, socchiudendo gli occhi. Stava impazzendo, lo sapeva. 

- Mi dispiace... - balbettò Den, ma lei non lo cacciò via, anzi. Gli prese il volto tra le mani, appoggiando la propria fronte sulla sua. Lo baciò prima sulle labbra, poi sulle guance, sul naso per arrivare alle palpebre. 

- Ti amo. - disse il vampiro, senza mai distogliere lo sguardo. E Lily sapeva che quegli scatti di rabbia erano dati proprio dal suo pensiero rivolto altrove. Sapeva che lo stava ferendo, ma non poteva farne a meno. Den colmava quel vuoto proprio al centro del petto, dove prima c'era Scorpius, dove prima c'era l'amore della sua famiglia.

Ti amo. Cosa significava davvero quella parola? Forse tutto, forse niente. Lily non rispose, rimase lì, a lasciarsi andare tra quelle braccia, solamente perché sapeva lui era la sua unica speranza; quella speranza che le faceva battere il cuore, ma che non lo lasciava andare, ma che non lo faceva andare a vento come succedeva in passato con un altra persona.

Lily girò il capo quando le labbra di Den si bloccarono sul suo collo. Una lacrima le accarezzò una gota, e il vampiro assaggiò il sapore salato del dolore. Era amarognolo, e sapeva di sogni perduti. Avrebbe continuato a tenerla intera per un altro po', ma quando se ne sarebbe andato sperava che non si sarebbe completamente disintegrata.

 

 

 

 

- Vuoi morire?

Quelle mani lo accarezzavano, lo lasciavano senza via d'uscita. O l'amava o moriva. Non c'era soluzione, perché quelle labbra sapevano di pesca, sole e tabacco. Sapevano di lei, d'amore, di un ossessione che non si sarebbe mai spenta.

Lei era la miccia che alimentava quel fuoco che gli bruciava dentro. Lei era quella passione che gli faceva ribollere le viscere e perdere i sensi. Pazzo. No, innamorato. Maledizione, lei era lì e non riusciva a fare nient'altro che guardarla.

- Soffocare. - rispose, avvicinandosi un po' di più, fino a sfiorarle la punta del naso col proprio. Quel sorriso gli riscaldò il cuore. Ma le cose belle finiscono, e anche troppo presto. Il cielo si oscurò, fino a diventare nero come quegli occhi che sembravano lontani in quel momento. Troppo lontani. Lily si alzò, allontanandosi lentamente da lui.

- Soffocare come? 

- Voglio soffocare con la tua bocca sulla mia. - rispose, ma questa volta lei non sorrise. Indietreggiava, mentre alcune lacrime le solcavano il volto che diventava sempre più incavato, sempre più pallido e diverso. - Lils? 

La richiamò, ma lei scappava. Lils, Lils, Lils! Non c'era più, era scappata. Vuoi morire? Soffocare. Ma non in quel senso. Lei lo aveva ucciso dentro quando se n'era andata. Aveva deciso di soffocarlo a modo suo, di ucciderlo a modo suo, di andarsene e farlo annegare nelle sue bugie, nella sua mancanza. 

Quando Scorpius aprì gli occhi, aprendo la bocca per riprendere aria, si accorse di quella lacrima solitaria che gli solcò il viso. Solitaria, proprio come lui e quel cuore che aveva smesso di battere da troppo, troppo, tempo. 

Girò il viso, incontrando quello rilassato di Elizaveta. Dormiva tranquilla, senza nessun pensiero. Scorpius si rigirò su un fianco, continuando a guardarla. Lei era l'opposto di Lily, eppure non l'aveva mai fatto soffrire. Lei lo amava, e lui la rifiutava. 

Scorps le accarezzò una guancia, facendole aprire gli occhi. Erano azzurri, sembravano un cielo infinito, che nasconde tante cose, che incute timore, che fa paura ma che infondo piace. Tanto da non staccarci più lo sguardo. 

Elizaveta gli sorrise, baciandolo delicatamente sulle labbra. E lì, Scorpius, si ripromise che avrebbe imparato ad amarla. Avrebbe imparato a quel cuore di battere per lei, e non per l'altra. Quella... quella era l'unica soluzione per non disintegrarsi.

 

 

 

 

- E' tornata, ma continui ad evitarla. 

Harry guardò sua moglie quasi colpevole, grattandosi imbarazzato il mento. Stava evitando sua figlia per paura di vederla scomparire di nuovo, nonostante sapesse che non poteva andarsene senza che lui sapesse dove fosse. 

- Ho paura, Gin. - sussurrò, guardandola come un bambino che ha appena perso la mamma. Era smarrito, impaurito, ed era stanco di tutto ciò che gli stava succedendo. Voleva solamente una vita normale, ma non gli era concesso. 

- Lo so, amore. Ma so anche che sei forte, e che qualsiasi cosa succeda tu l'affronterai a testa alta. Lily ora è qui per aiutarci, per dirci cosa fare e come fare. E' quì, e aspetta solamente un tuo abbraccio, un tuo bentornata. - mormorò, prendendogli il viso tra le mani.

Delle volte si chiedeva cosa avesse fatto per meritarla. Lei era la sua forza, il suo sorriso, la sua immensa voglia di vivere e combattere. Ginny. Ancora rideva quando la ripensava piccola, con la sola vergogna di guardarlo negli occhi. Invece poi era cresciuta, ed era diventata una donna bella, forte e indipendente.

La sua ancora. 

- Ora vai di là, e dille che sei stato cinque anni ad aspettarla. Che hai pianto, che l'hai cercata in capo al mondo, ma che la perdoni, perché la ami. - disse Ginny, costringendolo ad alzarsi e sospingendolo verso la porta. Harry prese un profondo respiro, ed uscì dalla camera da letto.

A passi strascicati si diresse in cucina, dove la trovò tutta scarmigliata, con gli occhi ancora socchiusi. - Avrei voluto ucciderti con le mie mani quando te ne sei andata. - mormorò, bloccandola con la sola voce al centro della stanza.

- Per cinque anni non ho fatto altro che aspettarti, aspettarti e cercarti. Non sapevo se tu fossi viva, o morta. Avevo voglia di picchiarti a sangue, perché te n'eri andata. ''Tutti se ne vanno'' mi diceva tua madre, ma tu no. Tu non dovevi andartene, eri la mia bambina, la mia unica ragione di vita. Eri la mia forza, l'unica cosa che mi mandasse avanti dopo anni di sacrifici e dolore.

Sacrifici e dolori. Non cerco di fare la vittima, ma tu sai quel che ho dovuto passare, le persone che ho perso e il dolore che ho subito. Poi è ricominciato tutto daccapo. Credevo che senza di te non ce l'avrei fatta, che avrei lasciato questa guerra in mani di altri. Ma so di deluderti, so che se lascerei questa cosa a sé stessa tu mi odieresti.

Volevo solamente dirti che mi sei mancata. Volevo solamente chiederti di restare, perché ''tutti se ne vanno'' ma tu senza di me non vai da nessuna parte. - disse, guardandola. In un attimo se la ritrovò tra le braccia, distrutta, felice, in lacrime.

''Tutti se ne vanno.'' 

Ma tu senza di me non vai da nessuna parte. 

 

 

 

- Ciao Lys. 

Lysander si girò di scatto, spaventato. Stava percorrendo la collinetta che divideva casa sua da casa Potter, erano le sei di mattina, né troppo tardi né troppo presto. - Chi va là? - urlò, non vedendo nessuno. Una risata maschile, tentennante, che gli ricordò... qualcosa.

Lysander scosse la testa, cercando di scacciare via quei pensieri. - James, se sei tu con uno dei tuoi soliti scherzi giuro che stavolta ti fucilo. - sbottò, continuando a guardarsi attorno. Un fruscio, una carezza veloce e poi sentì una presenza alle sue spalle.

Si girò, e sembrò guardarsi allo specchio con qualche differenza. Il ragazzo che si eregeva dinnanzi a lui era alto, magro, con una lunga cicatrice a sfigurargli il volto. La zazzera bionda era scompigliata, più lunga di come la portava lui, e i suoi occhi non erano azzurri come quelli di Lys, ma neri, neri come la pece.

- Chi sei? - mormorò, guardandolo quasi con curiosità. Il suo ''omonimo'' gli accarezzò una guancia, sorridendo fantilmente e mostrandogli i canini simili a zanne. - Un vampiro? - domandò, spalancando gli occhi. Lui scosse il capo, e Lysander vide il volto del ragazzo ricoprirsi di peli.

- Mannaro. - sussurrò, quasi come se quella constatazione lo rendesse triste. Lysander inclinò il capo, appoggiando la guancia sulla sua mano. Stranamente non era spaventato da lui, né dall'odore di animale che emanava. Si sentiva al sicuro, e sapeva che non si sarebbe mosso da lì finché lui stesso non se ne sarebbe andato.

- Non hai paura? - domandò, curioso. L'aveva immaginato diverso, quasi come un mostro. Solo perché lui aveva l'amore della sua famiglia, solo perché lui era rimasto in una casa con il calore di due persone che l'amavano. Perché non l'aveva mai cercato. Perché non l'aveva mai pensato. Erano anni che lo osservava, da quando aveva nove anni. 

Quando lo vedeva giocare da solo, triste. Quando lo vedeva con la rossa, con un ragazzo, con un sorriso o con una lacrima. Anni dove lo osservava, e cercava di trovare la ragione del perché non lo avesse mai cercato. Perché?

- Chi sei? - disse Lysander nuovamente, ignorando la domanda. 

- Tuo fratello. 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Quinto ***


 

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- I vampiri si riconoscono per il loro essere spietati. Vogliono uscire alla luce, camminare liberi, ma non attaccheranno mai frontalmente. - sussurrò Lily, attirando su di sé gli sguardi degli Auror. Le luci della stanza tremolarono, e tanti piccoli scalpiccii fecero tremare il lampadario di cristallo sulle loro teste. 

Un sorriso affiorò sulle labbra di Den, quasi divertito. - Ci sono due modi per eliminare un vampiro: tagliargli la testa, oppure colpirlo al cuore con un pugnale d'argento sporco del veleno di un vampiro di razza. - sussurrò Lily, guardandoli uno ad uno. 

Loro non cadevano con un cruciatus. Loro non cadevano con i loro incantesimi, era questione di corpo a corpo. - Ho detto a mio padre di riunire i migliori Auror in circolazione perché... beh, per uno strano motivo ce l'hanno con me, e stanno per attaccare proprio questa casa. - disse Lily, alzando gli occhi al cielo e fissando Den in tralice, che fece spallucce.

Anche lui l'aveva saputo all'improvviso, proprio dieci minuti fa, tramite una missiva anonima. Qualcuno li voleva bene, fortunatamente, sennò si sarebbero ritrovati uno squadrone di vampiri pronti a sgozzarli. - Mia madre non è in casa, mio padre sta per arrivare con le armi adeugate e... credo che voi conosciate sia Albus che James. - disse Lily, indicando i fratelli alle sue spalle che fischiarono all'applauso che ricevettero.

- Attenti al collo e alle spalle, non esiste codice d'onore tra i vampiri. Non importa da dove attacchino: spalle, palle, parapalle... più siete indifesi, meglio è. Prima li uccidete, riducendoli in cenere, meglio è. Abbiamo avvertito anche il Ministro Kinglsey, e io ho già preparato qualche funerale, quindi buon divertimento, dolcezze! - disse tutta cinguettante, facendo venire un traverso di bile agli Auror.

Erano vicini. Lily li sentiva. Sentiva il loro fetore. Odore di zolfo, inferno, proprio come quello di Den, ma quello del suo ragazzo era centomila volte più olfattibile, anche perché oramai era abituata a quel profumo, e se ne avrebbe sentito la mancanza sarebbe impazzita.

Suo padre si materializzò proprio al suo fianco, e in men che non si dica distrubuì spade, coltelli, e altre armi taglienti che avrebbero potuto ferire. Ma ci fu un altra sorpresa: due pop li avvisarono che qualcun'altro aveva saputo di quella piccola riunione, e che aveva deciso di partecipare senza essere invitato.

- Se ti uccido per sbaglio, succhiasangue, sappi è perché non ho riconosciuto il tuo fetore tra quello degli altri. - sbuffò Draco, facendo sorridere Den. - Io non partecipo, dolcezza. - disse, sbalordendo i presenti. Avevano fatto conto di avere un vampiro tra le file, un elemento importante, e invece era solo fumo al vento.

- Mi è severamente vietato uccidere i miei simili senza alcuna ragione precisa. Potrei essere punito, o addirittura ucciso. Quindi ho deciso di intervenire solamente se ce ne fosse bisogno, ma non preoccuparti, pallidone, hai le spalle coperte. - disse Den, facendogli l'occhiolino.

Ma aveva il cuore che batteva a mille: Bart lo sapeva, lo aveva sempre saputo! Pochi minuti prima gli era arrivata una missiva dalle parti alte, dai vampiri più anziani che diceva: Noi non ci immischiamo nelle vicende dei mezzosangue meticci e degli umani. Sei un vampiro, comportati da tale. Se verremo a sapere che hai preso parte a qualsivoglia battaglia senza il nostro permesso o senza che qualcuno dei meticci o dei loro alleati ti abbia fatto un torto... la nostra ira si scatenerà su di te, e non sarà gentile.

"Bastardi" pensò Den rabbioso, rifugiandosi in un angolo. 

Non poteva intervenire, ma si fidava della sua umana, l'aveva allenata come si deve, e lei conosceva ogni trucco. Li avrebbe disintegrati, ma la sua preoccupazione era un altra: Il rampollo Malfoy. Era venuto anche lui, forse per proteggerla, ma Den sapeva che non avrebbe fatto altro che distrarla. Si sarebbe uccisa, per proteggerlo, e lui non lo avrebbe permesso.

Passi sempre più vicini, respiri sempre più silenziosi, risatine nascoste. Camminavano quatti, non sapevano che loro... sapevano. - Che le danze inizino. - sussurrò, e Lily lo sentì bene. Accarezzò l'impugnatura, per poi alzare la spada a livello del viso; allargò lentamente le gambe, e sorrise. Scorpius e Den per un attimo si incantarono a guardarla: indossava un pantaloncino che le lasciava le gambe scoperte, e lasciava intravedere un didietro abbastanza formato. Una canottiera che le copriva il busto e le modellava i fianchi, mentre stringeva il seno piccolo, quasi inesistente.

I capelli rossi erano stati legati in alto da alcuni fermagli, e alcune ciocche le ricadevano sul viso. I piedi sclazi, il volto privo di trucco, e un sorriso... vendicatorio. La carneficina aveva inizio, e Lily sapeva che quella volta non era uno scherzo: c'era suo padre lì, in quel salone così grande da contenere una decina di persone. I suoi fratelli. Scorpius.

- Sorpresa! - Bart spalancò la porta di casa, ma non una mosca volò. Entrò di soppiatto, con dieci vampiri a seguito. C'era voluta tutta la pazienza di cui era disposto per convincere chi capeggiava la rosa nera a..."prestargli" qualche amico per quella spedizione. Qualche bugia detta bene, qualche moina, ed era a cavallo. Ma sembrava non esserci nessuno, eppure sapeva che c'era qualcuno.

Sentiva l'odore di Den.

Entrò nel salone e si bloccò improvvisamente. Dieci uomini armati, Harry Potter in persona che discuteva animamente con un uomo alto e biondo, e poi lei. L'umana. La protetta di Denholm. Bella, avvolta in quegli abiti babbani. A Bart sembrò tornare indietro nel tempo, prima che fosse trasformato da Den, umano, di fianco alla sua umana, alla sua futura sposa. 

Le assomigliava, terribilmente. - Bu! - rise Lily, come una bambina. Lei gli aveva portato via ogni cosa cara, gli aveva portato via lui, e continuava a portargli via tutto con quegli occhi. Senza fine, senza inizio, senza niente. 

- Qualcuno ti ha avvisato del nostro arrivo, a quanto vedo. - mormorò Bart, guardandola attentamente. La vide mordersi le labbra, così forte da gemere, e far cadere un unica goccia di sangue sulle sue labbra. - Non ho intenzione di fare conversazione, e voi siete troppo deboli per resistere. - sussurrò lei, e Bart sapeva il perché di quel gesto.

In un attimo dieci vampiri si sparsero nella stanza, per attaccarla. Ma non fu così facile come Bart pensava: ma cosa poteva aspettarsi dall'allieva di Den? Nient'altro che quella meraviglia. Lily si muoveva sinuosa, lenta, letale, proprio come un serpente. La vide prima tagliare le braccia ad un suo compagno, poi tagliargli la testa ed infine ridurlo in cenere con un pugnale.

Le gambe si muovevano dolci, strusciavano tra loro, erano sensuali proprio come quel corpo piccolo, snello, agile. Bart continuò a rimanere immobile, attirando la sua attenzione. Ma lui non era un vampiro qualsiasi, anche lui aveva vissuto con Den, anche lui era stato un suo allievo, ed era molto più che alla sua altezza.

- Mi chiedo cosa abbia fatto di male per attirarmi la tua rabbia. - disse, fermandosi a due metri da lui. Bart annullò la distanza, facendo ringhiare sia Den che Scorpius, che cercò di liberarsi di quel vampiro che gli si era accollato addosso per prenderla e portarla lontano da quel tizio.

- Mi stai rovinando la vita.

Le labbra di Lily si tesero in un sorriso, mentre quelle di Bart in un ghigno derisorio. L'afferrò per un polso, stringendo con così tanta forza da farle mancare il respiro. In un attimo la faccia di Lily divenne seria, quasi pericolosa tant'era l'espressione che sembrava si stesse scolpendo nell'odio. 

- Lasciami. - sussurrò, ma Bart scosse il capo.

- Quì siamo troppo osservati, vero Den? - urlò Bart, guardandosi attorno e vedendolo apparire. La strattonò, attirandola a sé e guardando il suo creatore. - Ora so perché gli sei così affezionato, sai? Ha un buon profumo, e un bel corpo. Le assomiglia, sai, Den? E' uguale ad Aliaeh, la ragazza che dovevo sposare prima che tu mi trasformassi per divertimento. Ma ora... ora posso divertirmi un po' io. - disse, ridendo macabro.

Si materializzò con lei tra le braccia, sotto gli occhi atterriti del vampiro e di Scorpius, che urlò, lanciandosi in avanti riuscì ad afferrarla per una gamba. Sparirono tutti e tre, lasciando dietro la loro scomparsa una scia di sogni infranti e paura.

Tanta paura.

 

 

 

Erano in una foresta buia. 

Lily alzò appena lo sguardo, riprendendosi dalla spiacevole sensazione di nausea che le aveva regalato quella materializzazione improvvisa. Scorpius era sdraiato al suo fianco, stringeva ancora la sua gamba. Gli accarezzò con dolcezza una guancia, e lui aprì gli occhi, fissandoli nei suoi. Erano sempre belli, proprio come li ricordava.

Grigi, profondi, addolorati, gioiosi, speciali. - Lily... - sussurrò, stringendo quella mano tra le proprie. E si sentì morire quando il suo profumo gli arrivò forte alle narici, proprio come lo ricordava. Si sentì morire quando ricordò che al suo profumo se n'era mischiato un altro, che non era suo, che era di un altro uomo.

- Che scena sentimentale. - sbuffò Bart, guardandoli disgustato. Lily si alzò con una lentezza esasperante, prendendo la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloncini e stringendola tra le mani. - Quella non funziona su di me. - disse, guardandola sarcastico.

- So che questa non ferirà te... ma so che proteggerà lui. - disse, prima di scagliare un incantesimo non verbale su Scorpius, che lo tenne ancorato a terra. Bart assottigliò lo sguardo, inclinando il capo. Non poteva uccidere lui, ma poteva uccidere lei.

E Scorpius dovette assistere con la morte nel cuore a quella battaglia. Vedeva le spade scontrarsi, produrre cigolii sinistri. I corpi sfiorarsi, la velocità di quel vampiro scompigliargli i pensieri, e i movimenti felini di Lily.

- Cazzo, Lils, liberami da questo fottuto incantesimo! - urlò, senza risultati. E successe tutto così velocemente da fargli mancare il fiato, da spezzargli il cuore in un millesimo di secondo. Tutto così veloce da poter sentire solo il respiro spezzarsi e un gemito espandersi nell'aria fredda di quella foresta sperduta.

Lily cadde in ginocchio, ancora aggrappata a quel vampiro. Aveva la maglia squarciata proprio a livello dello stomaco, e lentamente il sangue cominciò a scorrere lungo le gambe, per poi toccare con lentezza estenuante il pavimento. La sua bambina. 

Ma riuscì a strappargli l'ultimo sorriso: con le ultime forze gli tagliò la gola con il coltello d'argento, facendo spalancare gli occhi a Bart. Quest'ultimo si smaterializzò, e Scorpius fu finalmente liberato dall'incantesimo di quella peste. 

Corse.

Corse fino ad arrivare da lei e stringerla tra le braccia.

Non erano passati nemmeno cinque giorni da quando lei era ritornata, e già la teneva tra le braccia sanguinante. Ma sapeva che nonostante tutto l'avrebbe sempre ripresa da dove sarebbe caduta. Sapeva che l'avrebbe sempre curata dalle ferite più gravi. L'avrebbe messa sempre al primo posto.

- Ora andiamo a casa... tranquilla, andiamo a casa.

E mentalmente le disse pure ti amo, ma lo tenne per sé. Per non ferirla ancora di più, per non ferirsi ancora di più. Perché non era più sua, dopotutto. 

Non era più sua, ma infondo... sapeva che lo era ancora. 

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


 

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Varcò la soglia di quei sotterranei infuriato. Gli occhi dal bianco erano passati irrimediabilmente al rosso, e quella stessa sostanza scorreva lungo le sue guance solidandosi e formando chiazze biancastre dure come ferro. I capelli biondi erano mossi da un vento inesistente, ritti sulla testa, e più aumentava il passo e più il colore simile al grano diventava nero come la pece.

Gli incisivi laterali superiori sporgevano sempre di più, diventando zanne sempre più lunghe, pronte a sbranare. Le unghia delle mani diventarono sempre più lunghe e affilate, mentre un ringhio feroce andava a formarsi nel suo petto che si alzava e abbassava con fatica. 

Un uomo comparve sul suo cammino, un umile servo pronto a difendere la dimora dei suoi padroni. Den nemmeno si fermò, con un gesto secco fece penetrare le dita nel suo petto, strappandogli senza rimorsi il cuore dal petto. Non lo guardò cadere con un espressione di puro dolore in viso, e nemmeno si curò del rumore sinistro che riprodusse il cuore di quel mezzo-vampiro quando cadde a terra.

Non si pulì le mani, se le tenne sporche di sangue. I corridoi erano completamente senza luce, ma lui sapeva dove andare, ci vedeva alla perfezione, i suoi sensi sembravano essersi acuiti. Aprì senza nessuno sforzo la porta di ottone che lo separava da loro, e se li trovò davanti, seduti attorno ad una tavola lunga parecchi metri. I vampiri di razza più anziani... i loro eredi, le loro mogli, e quegli occhi annebbiati dal tempo.

Ecco dove si riunivano. Nei sotterranei di un castello mal ridotto, appena illuminato ma più lussuoso di quanto si pensava. Alzarono lo sguardo uno ad uno, quasi sorpresi di quell'arrivo; Den afferrò la donna più vicina, attirandola a sé, un uomo che mostrava una cinquantina d'anni, dai capelli castano-argentati e gli occhi bianchi si alzò di scatto, fissandolo sorpreso.

- Cosa diavolo hai in mente, Candevish? 

Una risata che sapeva di dolore, rabbia e ira repressa uscì da quelle labbra che poche ore fa avevano baciato quelle di un umana mezza distrutta.  - Voi avete avvisato me, ma ora io avviso voi. Potrete uccidermi, torturarmi, farmi a pezzi, potreste essere una settantina contro di me, ma non mi interessa.

Un solo graffio a quell'umana, recategli altro dolore, e non vivrete a lungo. Vi ucciderò uno ad uno, passando prima dai vostri figli, e poi dalle vostre mogli. Li farò a pezzi, e giuro che poi passerò a voi. Sarete così deboli e addolorati che implorerete la morte, e io, da signore quale sono, vi darò ciò che cercate. Prima però vi farò impazzire... A voi la scelta. Scelta tra morte o vita, gioia o dolore. Io non mi immischierò nei vostri affari, e voi non vi immischierete nei vostri. 

Bartolomeo ha quasi ucciso la mia protetta, questa oramai è diventata una questione personale. E non me ne fotte un cazzo di quel che dite voi, intesi? - urlò, senza ricevere risposta. La donna tremò tra le sue braccia, e Den con un ultimo sorriso la pugnalò dritta allo stomaco.

- Nessu rancore, Sticklewith. Tua moglie starà bene. - sibilò, spingendo la donna contro il marito, che l'afferrò a volo, con dolcezza. I vampiri si guardarono, e infondo sapevano che Candevish l'avrebbe fatto eccome, quell'uomo quando si arrabbiava diventava una forza inarrestabile. Un vero vampiro di razza.

- Addio stronzi. - sibilò infine, dandogli le spalle e andandosene. 

'Fanculo loro e a quella merda, la sua umana non si toccava!

 

 

 

- Stai bene? - sussurrò Scorpius, tenendosi il braccio ferito e guardando Lily, che gli sorrise. Era coperta da un lungo lenzuolo bianco, mentre sapeva che lì, attorno allo stomaco, c'era una fasciatura che le impediva di muoversi. 

- Sto bene. - mormorò, anche se era una piccola bugia. Aveva litigato con Den e con suo padre, ma la sua unica consolazione era lui. Chiusi in una stanza del  San Mungo non faceva altro che domandarle come stesse, a sorriderle, a riscaldarle il cuore. 

Quel sorriso che sapeva di casa, di nuovo, di vecchio. Quello che ricordava con le lacrime agli occhi, quello che ancora riusciva a farla tremare. - Stavi per morire. - disse Scorpius, seduto sulla spoda del proprio lettino, guardandosi le mani. Aveva i capelli ancora incrostati di sangue, del suo sangue, e gli occhi smarriti.

- Ho la pelle dura. - sussurrò Lily, inclinando il capo e guardandolo come solo lei sapeva fare. Con gli occhi socchiusi, con un sentimento nascosto tra le sfaccettature delle sue iridi. La mano di Scorpius andò a cercare la sua, e quasi con timidezza la strinse, come a volersi aggrappare a qualcosa.

- Mi hai protetto, ma in quel momento avrei voluto proteggerti io. Avevo paura di perderti di nuovo, ancora, e sentire il cuore spezzarsi per l'ennesima volta; perché mi hai mentito, Lily? Io ti capivo, ero l'unico che estirpava il dolore dalla tua anima, mettendolo nella mia. Ero l'unico a cui non importava cos'eri, cosa racchiudevi dentro, perché mi hai mentito? 

Come hai potuto? Te ne sei andata, fregandotene dei miei sentimenti... Sapendo che ti amavo. E sei ritornata con lui... Sapendo che ti... - disse Scorpius, ma la sua frase fu interrotta dall'entrata di Elizaveta. La stretta delle loro mani si sciolse, mentre lo sguardo della nuova arrivata si solidificò.

- Tutto bene? - domandò Elizaveta, avvicinandosi a Scorpius e baciandolo sulle labbra. Non li aveva mai visti insieme, e a Lily sembrò di sentire un ''crack'' dritto dal suo petto. Lei non aveva mai baciato o preso per mano Den davanti a lui, le sembrava irrispettoso, ma forse per lui no.

- Sì. - mormorò Scorps, accettando con un mezzo sorriso il caffè caldo che lei gli aveva appena portato. - Ho saputo proprio ora, ero preoccupatissima. - disse, sedendosi al suo fianco e accarezzandogli con dolcezza i capelli. Lily abbassò lo sguardo, guardando quella mano che scottava ancora, quella che lui aveva stretto, proprio come quel cuore che arrancava addolorato.

- Chi te l'ha detto? - domandò Scorpius, senza allontanare quelle mani da sé. Eliz sorrise, rilassandosi. - Tua madre. - rispose, come se fosse ovvio. E infatti lo era. Astoria la odiava, questo non l'aveva mai nascosto, ma non importava più. Lei e Scorpius non stavano più insieme.

Ma forse era meglio così. Lei era andata via per proteggerlo, e non poteva ritornare pretendendo di ritornarci insieme. Lui era finalmente felice, e aveva una vita finalmente normale. Elizaveta era normale, e poteva donargli una vita normale.

Una famiglia, dei figli, un amore sano. 

Per un attimo le mancò il fiato. Tutte quelle immagini, dove c'erano lei e Scorpius, si infransero come vetro. Si spaccarono, bruciarono, volarono via. Non era più lei colei che possedeva il suo cuore, ma l'altra. - Lils? - 

Una voce che ebbe il potere di scuoterla da quello stato cataconico. Alzò gli occhi, incontrando quelli rossi di Den. - Cosa diavolo ti è successo? Per Merlino, Den! - urlò, vedendolo sanguinare dagli occhi. Si alzò di scatto, ignorando il dolore allo stomaco. Ma non le importava, in quel momento il suo unico bisogno era aiutare colui che... le aveva ricomposto il cuore.

- Niente, ero solo arrabbiato. - mormorò, guardandole lo stomaco e facendo una smorfia. La prese in braccio e la riportò a letto. Lily gli accarezzò il volto, ignorando il ghigno sarcastico di Elizaveta e l'espressione morta di  Scorpius.

- Che cazzo hai fatto? - sibilò, stringendoselo addosso. Lui si sedette al suo fianco, sospirando quel profumo e beandosi di quella voce. - Niente, sono solo andato a far visita a quegli idioti che mi impedivano di... proteggerti. - disse Den, con il volto basso. 

Scorpius avrebbe avuto la sua normalità, e lei quell'orrore che caratterizzava la sua vita. Ma avrebbe avuto Den, il suo  Den. Lily gli sorrise, scuotendo il capo. Prese delicatamente il suo volto deformato tra le mani, e lo baciò dolcemente sulla bocca. 

Lo stava baciando per vendetta

No.

Lo stava baciando perché aveva il cuore a pezzi.

 

 

 

- Ciao Al. 

Il cuore di Albus si fermò per un millesimo di secondo, per poi battere più veloce di prima. Era solo in casa, si era creato il putiferio quando Scorpius era ritornato con sua sorella Lily mezza sanguinante, eppure quella voce non apparteneva a nessuno di loro.

Si girò di scatto, ingoiando a vuoto. Una ragazza se ne stava immobile al centro della stanza, con due o tre valige a seguito. I riccioli castano chiaro le ricadevano lungo la schiena, creando giochi d'ombra sulla pelle abbronzata; gli occhi celesti erano appena truccati, mentre le labbra sottili erano tese in un sorriso dolce.

I pantaloni bianchi che indossava la allungavano, oppure era davvero più alta? Rose Weasley si morse le labbra quando vide che suo cugino non dava segni di vita. Suo cugino. Quanto aveva odiato le persone che li catalogavano in quel modo.

Era scappata da "quei cugini", per non deludere sua madre, suo padre, la sua famiglia. Se n'era andata perché aveva paura di non essere accettata, solo perché per loro quel "cugini" non esisteva, e non sarebbe mai esistito. Era stata sei mesi in francia, con Dominique, e lì aveva deciso che non le importava.

Potevano dire quel che volevano. Lei lo amava, e quello non sarebbe mai cambiato. Sarebbe andata con i piedi di piombo, avrebbe cercato di rinconquistarlo, perché l'amore non sparisce, non cambia. Perché l'amore rimane lì, arpionato in cuore che non avrebbe mai dimenticato.

Albus si avvicinò lentamente, fermandosi a pochi centimetri da lei. Sentiva il suo corpo caldo sfiorare il proprio, e socchiuse gli occhi. Da quanto desiderava sentirla così vicina? Tanto da sentire il suo respiro sulle proprie labbra. L'afferrò per un braccio, e la strattonò per avvicinarla ancor di più.

La baciò con così tanta violenza da farsi e farle del male. Le loro lingue si intrecciarono, e le sue pupille gustative per poco non scoppiettarono. Risentire il suo sapore, il suo odore, era come mesi di siccità e sentire la pioggia sulla pelle dopo tanto tempo.

L'afferrò per i capelli, e materializzò entrambi nella sua stanza, senza mai staccarsi. Era come aria, come aria dopo minuti agoniosi di apnea. Le afferrò le gambe, e lei le circondò attorno la sua vita; continuò a baciarla, continuò a toccarla dappertutto, per sentirla ancora, per sentirla ancora sua. Cadde sul letto con lei sotto di sé, e la spogliò.

L'ultima volta che l'aveva vista nuda era stata sei mesi prima, quando avevano fatto l'amore e lei dopo gli aveva detto che partiva per la francia. La strinse così forte da procurarsi dei lividi, ma non gli importava. Lei era ritornata, lei era sotto di lui, lei lo amava, ancora, ancora e ancora.

 

 

 

- INCINTA?

Draco Malfoy sputò l'acqua che stava bevendo, Astoria battè le mani entusiasta, Harry prese la bacchetta per schiantare quell'essere senza cuore, mentre Den riprese il suo aspetto di sempre. Scorpius svenne, Lily si morse le labbra fino a sentire il sangue scorrerle in gola e la sorella si Scorps sputò a terra, disgustata.

Elizaveta aveva appena dato la lieta notizia quando tutti si erano riuniti al San Mungo per vedere le condizioni dei due ragazzi. 

- Che merda. - disse Draco, guadagnandosi un pestone da sua moglie.

- Che stronzo. - sibilò Harry, guardando il corpo esanime di Scorpius senza un briciolo di pietà.

Lily non parlò: guardava solamente la pancia di Elizaveta, con il capo inclinato e le lacrime che minacciavano di uscire. Si strinse addosso a Den, che la strinse. Quella era veramente la fine? Non lo sapeva, ma se lui avrebbe osato avvicinarsi di nuovo, Lily, giurò di ucciderlo, farlo a pezzi, e occultare il corpo.

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Capitolo 8
*** Capitolo Settimo ***


 

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- Granger.

- Malfoy.

Un saluto forzato, detto a occhi bassi, senza né sfiorarsi e quasi senza respirare. Una stanza troppo piccola per contenerli, per contenere quei ricordi e quei sentimenti che sembravano far sempre più male. "Proibito" quella parola continuava a risuonare nella mente di entrambi, quasi come una nenia dove il tasto stop, no, non esisteva.

Erano cresciuti, maturati, ma quelle paure erano sempre lì: arpionate in due cuori che non riuscivano ad amare. Due cuori che non riuscivano ad andare al loro rispettivo posto. Avevano perso la retta via da tempo, oramai, senza mai ritrovarla. 

Per degli stupidi pregiudizi. - Come va? - sussurrò Draco, sentendosi addosso gli occhi di Harry, a cui sembrava essere ritornato indietro. Dove quegli occhi si incontravano e contenevano, senza poter rivelare ciò che si trovava dietro lunga ciglia.

- Bene, mia figlia è ritornata dalla francia. A te? - rispose Hermione, alzando appena lo sguardo. Sua figlia. Era strano come suonasse quella semplice parola da quelle labbra. Ma oramai la sua mezzosangue era cresciuta, si era sposata e aveva avuto dei bambini. 

Mezzosangue. Continuava a chiamarla in quel modo, nonostante per lui non suonasse più come un insulto, ma quasi come un "vezzeggiativo". Dire la sua mezzosangue era come dire amore mio in una lingua che nessuno conosceva. - Anche a me, tutto fila liscio. - disse, anche se non era vero.

Non era vero niente, in realtà. Era come dire "guarda, respiro" ma stare sott'acqua. Ginny sbuffò, mordendosi le labbra. Li vedeva quegli occhi sfuggire da ciò che la circondava, dal dolore di un possibile rifiuto, di altro dolore, di sofferenze evitabili. Ecco perché non si erano mai dichiarati. Quelle erano sofferenze evitabili.

- Un caffè? - domandò Harry, invitandoli a sedersi. Annuirono all'unisono, pronunciando poi nello stesso momento un: - Amaro, grazie. - guardandosi poi sorpresi; erano strano quanto fossero uguali, ma così diversi solo per... uno status di sangue. 

- Devo parlarti. - sussurrò Draco quando Potter si fu allontanato dalla tavola. Erano proprio a casa sua, e si erano riuniti per decidersi sul da farsi. Dovevano radunare tutte le forze se volevano vincere quella guerra, ma quella che stava combattendo Malfoy dentro di sé era più importante.

Doveva far qualcosa, qualsiasi cosa. Doveva bloccare quel vagone di parole che gli si era incastrato in gola, quel cuore carico di sentimenti che batteva contro lo sterno e faceva sempre più male. Faceva sempre più male, cazzo. 

- Dimmi. - disse Hermione, guardandolo confuso.

- Hermione... non qui. - sbuffò esasperato. Erano poche le volte che pronunciava il suo nome, ed era sempre una nuova emozione per entrambi quando lo faceva. Hermione. Mezzosangue. Per Draco non faceva differenza, era lei che cambiava tutto.

- Ci vediamo stasera alle nove in punto a Diagon Alley, e non portarti lenticchia appresso, grazie. - disse, deformando il viso in una smorfia al soprannome ridicolo che aveva affibbiato al marito della mezzosangue. Anche se il soprannome non aveva nulla di ridicolo, lo era lui stesso.

- Ecco a voi. - disse Harry, porgendo ad entrambi una tazza con sopra disegnato un grifone. Il sopracciglio di Draco saettò verso l'altro, mentre un espressione di puro odio si formò sul suo volto. - Mi prendi per il culo, San Potter? - strepitò, guardando un Harry soddisfatto e sorridente.

- Casa mia, regole mie. - disse, cinguettante. "Gryffindor idiota" pensò, indignato, ma da bravo Slytherin si contenne, e con un movimento fluido gli lanciò la tazza contro, che si infrase contro il muro con un fragore che fu pace per i sensi di Draco.

- Cos'è stato? - sbottò Ginny, precipitandosi nel salone. Vide suo marito cadere in ginocchio e piagnucolare vicino a dei cocci di porcellana, Draco sorridere ed Hermione schiaffeggiarsi la fronte, esasperata dinnanzi a quei eterni bambini.

- Per questo... ucciderò prima te e poi tuo figlio. - sibilò Harry, guardandolo con gli occhi giada assottigliati. - Fa pure, dopo quel che ha fatto, onestamente, mi sta altamente sulle palle. - disse Draco, riferendosi alla gravidanza di Elizaveta. Tutti sapevano il suo odio per Potter, ma tutti sapevano anche dell'adorazione perversa che nutriva verso Lily.

- Bene, su qualcosa siamo d'accordo. - grugnì Harry, piagnucolando altri cinque minuti sulla sua tazza preferita andata in mille pezzi. 

- Stasera. - mormorò Draco.

- Stasera. - sussurrò Hermione, regalandogli un mezzo sorriso che riuscì a sciogliere il ghiaccio del suo cuore, della sua anima, delle sue parole. Ma Draco lo sapeva... l'aveva sempre saputo. Se lui era il buio, la mezzosangue era il suo sole personale.

 

 

 

- Ammazzala. 

Lily guardò sua cugina Rose con uno sguardo pericolosamente assottigliato. Sicuramente non aspettava lei, se la migliore soluzione sarebbe stata uccidere quell'idiota di ragazza e farla a pezzi. Ma non poteva, aveva scampato Azkaban una volta, la seconda non sarebbe stata così facile.

- Grazie per il supporto. - rispose, con una vena pulsante sulla tempia destra. 

- Insomma, Lils, hai quasi fatto fuori Hogwarts ora ti spaventa una stronzetta con la puzza sotto il naso? - sbuffò Rose, che era andata a farle visita. Diciamo che... non erano propriamente amiche. Si volevano bene, certo, erano pur sempre cugine, ma Rose era troppo perfettina per i suoi gusti.

- Rose... io mi preoccuperei di ammazzare la collega di Albus, che gli fa il filo da settimane oramai. - ridacchiò Lily con perversione, facendo quasi strozzare la cuginetta. Oh-oh... cosa pensava, che lei non lo sapesse? Non era né stupida né cieca, e li vedeva quando si guardavano, quando si nascondevano, quando di nascosto si sussurravano ti amo.

- E tu... e... te l'ha detto lui? - sussurrò Rose, posando la rivista. 

- No, se ne accorgerebbe anche un cieco, Rosaline. - sbuffò Lily, prendendo la spazzola dal comodino e spazzolandosi i capelli con dolcezza. Scorpius era uscito, Elizaveta l'aveva trascinato nei corridoi deserti del San Mungo per parlargli ''faccia a faccia'' senza che nessuno li ''interrompesse''. Lily avrebbe volentieri detto: "Ma chi ti caga?"

- Rose, grazie. - ringhiò la ragazza, guardandola storta. 

- Rosaline è più carino. - ridacchiò Lily, tappandosi la bocca per non scoppiarle a ridere in faccia. 

- Rose. - ruggì, e lì la risata fu obbligatoria. La Potter si beccò un bello scappellotto, che fece ridacchiare perfidamente ad Elizaveta, che aveva appena varcato la soglia della stanza. Lily per poco non la uccise con gli occhi, imponendosi di stare calma.

Ma sembrava che oramai Den avesse un radar. Appena Lily si sentiva triste, o arrabbiata, lui compariva con un pop e un sorriso da svenimento. - Dolcezza, ho appena trovato qualcosa che ti risolleverà sicuramente di morale. - disse, facendole l'occhiolino.

Quello che sembrava un ratto troppo cresciuto miagolò tra le mani di Den, che aveva cacciato quella che fu definita "topa" da tutti i componenti della famiglia Potter e non. Aveva il pelo completamente nero, e due occhioni azzurri che fecero brillare gli occhi di Lily, che battè le mani entusiasta.

- Nero! 

- Che razza di nome è? E poi è una femmina. - sbuffò Den, appoggiando il gattino appena nato sulle coperte della sua ragazza preferita, che prese tra le mani la "topa" portandosela vicino al naso. - Mumble! - disse, facendo quasi cadere Scorpius, che la guardò con una faccia stranita.

- Sisi, la chiamerò Mumble! Ti piace vero, dolcezza mia? Non è vero che ti piace? - pigolò Lily, e quando Mumble le fece le fusa gli occhi scuri della rossa si accesero di amore. - Ma che bella che sei? Il tesoro della mamma!- cinguettò, facendo naso e naso col gattino che miagolò ancora.

- Vedo che ti piace... - borbottò Den, e in un attimo si ritrovò un gatto schiacciato vicino al petto e due braccia attorno al suo collo. 

- E' bellissimo, grazie! - sussurrò, dandogli un bacio a fior di labbra e facendo irrigidire Scorpius, che li avrebbe uccisi davvero. Vederla con un altro... lo uccideva da dentro. Quel corpo che era stato suo, lo toccava un altro. Quelle labbra che aveva baciato, le baciava un altro. Una lacrima gli accarezzò la guancia pallida, ma nessuno la vide, se non Elizaveta.

Dove la vendetta bruciava ancora.

 

 

 

Aerial si sciaquò la bocca con dell'acqua gelida, senza però asciugare le lacrime che scorrevano dai suoi occhi. Scivolò lentamente sul pavimento dalle piastrelle fredde, trattenendo a stento i singhiozzi; quando quel magone le bloccò il respiro, quando le lacrime divennero insostenibili, Aerial urlò così forte da sentirsi male. 

Aveva vomitato, di nuovo. Appena cibo toccava la sua bocca risaliva su, quasi senza pietà. All'inizio lo faceva perché si sentiva inadeguata, sbagliata. Sua madre le diceva sempre che non era degna di portare il cognome Malfoy, non era degna di nulla. 

- Guardati, stai diventando grassa.

E solo per farla felice mangiava lo stretto necessario, per poi vomitare tutto. Perché lei non era bella, non era perfetta, non era una degna Malfoy. Aerial urlò ancora, tappandosi le orecchie con le mani chiuse a coppa. Sentiva così tanto dolore dentro, e non cambiava nulla, assolutamente nulla. Più si guardava allo specchio, più si sentiva grassa, e più vomitava, fino a perdere il controllo.

- Stupida, stupida, stupida! - disse tra le lacrime, continuando a sentire un peso proprio sullo stomaco. Aveva voglia di sprofondare, cadere, soffocare. Erano tutti preoccupati per quella guerra, per Scorpius, e lei? Lei cos'era? Dov'era? Non contava nulla?

Si alzò lentamente, quasi arrancando, per guardarsi ancora. Non smetteva mai di farsi male, e forse non avrebbe mai smesso. Con un pugnò colpì lo specchio, rompendolo in mille pezzi. Vide la sua mano sanguinare, lo specchio cadere ai suoi piedi, ma non sentì nient'altro che il suo cuore impazzito.

Batteva così forte da sfracassarle i timpani, da ferirsi contro lo sterno, troppo duro, proprio come sua madre. Che aveva fatto di male a quella donna per essere trattata in quel modo? Cosa, maledizione? Voleva solamente che il suo papà ritornasse a casa e l'abbracciasse, dicendole che era bella, che era ancora la sua principessa.

Papà. Una lacrima, un altra ancora, e cadde nuovamente in ginocchio su quei cocci rotti. Non seppe quanto tempo stette in quella posizione, a guardarsi gli occhi rossi e gonfi, ma dopo quella che le parve un eternità qualcuno l'afferrò per i fianchi, prendendola delicatamente in braccio.

- Va tutto bene, Caeli

Aria. Aerial sorrise quando le braccia di James l'afferrarono. Come sempre. Quanti anni aveva, oramai? Ventisette? Era sempre lì, a prenderla a volo quando ne aveva bisogno. - Va tutto bene. - sussurrò al suo orecchio, stringendosela al petto.

La portò nella sua stanza, con la magia le curò le ferite sul ginocchio, per poi baciarla delicatamente sulla bocca. Si sdraiò al suo fianco, facendole appoggiare il capo sul suo petto. Aerial si calmò sentendo quel battito. Si calmò sentendo quel profumo. Lui era la sua pace interiore.

- Sei bellissima così... smettila di farti del male, Caeli. - disse James.

- Domani andiamo al San Mungo, lì ti daranno qualche pozione che ti guarirà. - continuò, accarezzandole i capelli biondi. Aria, lei era la sua aria, e non poteva farsi del male in quel modo. Non poteva, perché lei era la sua forza, e avrebbe dato la sua anima per tenere in piedi i pezzi della sua. 

Si erano incontrati a casa di Ariael, quando Lily se l'era trascinato appresso perché Scorpius si era sentito poco bene ed Harry non si fidava a lasciarli soli a casa. Lei era così piccola... e così bella. Il suo angelo, quello che era riuscito a farlo tremare con un "ciao" detto con strafottenza.

Quelle parole dette a stento, poi i discorsi fatti di nascosto, e il primo bacio dato con una delicatezza. James la sentiva così fragile tra le sue braccia da aver paura di romperle le ossa, se l'avesse stretta con un po di possessione. 

- Sei la mia speranza. - sussurrò Aerial, baciandogli il mento.

- Tu, invece, sei il mio tutto. - disse Jamie, baciandole le labbra.

 

 

 

- Cosa volevi dirmi? 

- Sono passati anni, non è vero Mezzosangue? - mormorò Draco, fermandosi e sedendosi ai piedi di un maestoso albero. Erano in un parco, nella Londra Babbana, che avevano attraversato per non destare sospetti a Diagon Alley. 

- Da cosa? - sussurrò Hermione, sedendosi al suo fianco.

- Da Hogwarts. Quando ci ripenso mi sembra di tornare indietro anni luce, vorrei cambiare tutto, niente, delle volte vorrei non aver mai frequentato quella scuola. Non ti ho mai detto che io ci credevo davvero nelle cose che dicevo.

Amavo mio padre e mia madre in un modo quasi ossessivo, e credevo in ogni cosa che mi dicevano. Quando ti chiamavo "mezzosangue" era perché credevo davvero che il tuo sangue fosse sporco, credevo davvero che tu fossi inferiore a me, mentre Potter uno stupido.

Poi sono cresciuto. Le mie convinzioni sono crollate, e tutto il mio mondo distrutto. L'arresto di mio padre, e la depressione di mia madre. Non credevo più in quel che dicevo, ma era troppo tardi, lui era tornato, e io dovevo essere un suo suddito. Ero un Malfoy, dopotutto.

Minacciò di uccidere tutta la mia famiglia, coloro che nonostante tutto amavo con tutto me stesso. Diventai un mangiamorte. Lo feci per proteggere mia madre, perché mio padre non ne era in grado, perché io ero il suo uomo di sempre, le dovevo la vita. 

Ma non ti avrei mai fatto del male, mai. Non ti ho mai detto nulla perché... beh, io ero male, tu eri bene. Eravamo l'opposto, no? Ti avevo fatto soffrire per ben sette anni, se ti avrei confessato i miei sentimenti sicuramente m'avresti riso in faccia.

Ma non è mai troppo tardi. No, non ti farò una confessione tipo "Weasley". Voglio solo dirti che mi pento di ogni sorriso perso, di ogni ti amo non detto, di ogni carezza repressa. Mi pento di non aver preso a cazzotti lenticchia quando t'ha baciato, di non ucciderti quando ho scoperto che eri incinta e sposata. 

Eri tutto ciò che desideravo, e quando mi sono accorto di non poterti avere... ho smesso di amare. Mi sono ripromesso di amare solamente mia figlia, e nessun altra donna. Perché infondo me lo merito, no? Merito la tua indifferenza, la tua felicità con lui, e la mia infelicità con lei. 

Ecco, solo questo volevo dirti. Ora ritorno a casa, e non ti do più fastidio, non sono appiccicoso come quel... - ma Draco non finì la frase, perché Hermione lo baciò delicatamente sulla bocca, prima di materializzarsi e lasciarlo lì come un bambino al suo primo bacio.

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Capitolo 9
*** Capitolo Ottavo ***


 

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Tic tac.

Il pendolo della morte era vicino.

Tic tac.

Il suono dell'orologio al San Mungo, che ogni ora scoccava. 

Tic tac.

La pioggia ticchettiava furiosa contro le finestre.

Tic tac.

Passi silenziosi, il movimento ambiguo del vento, e poi un grido.

Tic tac.

Mumble miagolò, e Lily spalancò gli occhi scuri; girò lentamente il capo, e vide che Scorpius dormiva placidamente sotto le coperte. La sua mano era stretta a quella di Elizaveta, che dormiva su una sedia con il capo e le braccia appoggiate sul lettino del ragazzo.

Tic tac.

Un altro grido, e i due fidanzati spalancarono anche loro gli occhi. Quando si guardarono attorno impauriti, videro la Potter aquattata vicino la porta. Indossava una lunga vestaglia di seta bianca, che non lasciava spazio all'immaginazione: le gambe erano completamente coperte fino alle caviglie, ma il seno si intravedeva attraverso la stoffa.

I capelli rossi erano legati in alto, e le mani stringevano il gattino al petto, che poi depositò sul pavimento con dolcezza. 

Tic tac.

Lily afferrò un coltello dalla lama lunga e affilata, che teneva nascosta vicino alla gamba, dove c'era legato un nastro rosso. - Ma cosa... - disse Elizaveta, che si bloccò quando Lily le intimò silenzio con la mano sinistra. 

Tic tac.

Sentore di sudore e sangue, di ringhi trattenuti, passi pesanti, camuffati, e grida soffocate. Quelli non erano gli infermieri che facevano il turno di notte, e nemmeno dei vampiri. Quell'odore... quell'odore le bruciava le narici, era forte, quasi doloroso tant'era che infettava l'aria.

- Indovina indovinello... in quale stanza è nascosto il tesoro del castello? - sussurrò una voce rauca, e Lily sgranò gli occhi. Il tesoro del castello. Così la chiamavano ad Hogwarts, il fiore all'occhiello, il tesoro più prezioso per l'esercito di Silente e non. 

- So che sei lì. - disse di nuovo, e Lily guardò i due ragazzi guardarla senza capire. 

- Via! - urlò la Potter prima che la porta venisse fatta in mille pezzi. Un ragazzo alto due metri comparve con un sorriso sulle labbra, e il capo inclinato. Schioccò soddisfatto le dita, allargando le braccia e le gambe in modo quasi sensuale.

- Lysander... - sussurrò Lily, fermandosi di scatto e facendo ridere in modo sguaiato il ragazzo. Vide il suo volto ricoprirsi di peli, e quei denti diventare zanne, zanne lunghe parecchi centimetri. - Lorcan, amore. - sogghignò, vedendola sgranare gli occhi e indietreggiare.

Elizaveta aveva afferrato Scorpius, materializzando entrambi, mentre Lily per l'impatto del colpo era caduta con il sedere per terra, e slanciandosi con le gambe cercava di indietreggiare. Lorcan, quel bambino di cui Luna era innamorata.

Non era un ragazzino... era suo figlio.

Lorcan si aquattò, in posizione di attacco. - Non ho nulla contro di te, Potter, ma questi sono gli ordini. Bart è ferito, e il mio capo mi ha ordinato di venire qui a farti lo scalpo, visto che quel vampiro è un completo imbecille. - sbuffò, e quei denti sembrarono allungarsi sempre di più.

Con uno slancio il ragazzo atterrò su di lei, ma non l'azzannò. - Vi osservavo quando eravate piccoli. Giocavate sempre insieme, lui ti voleva bene, e tu gli hai tolto il sorriso. Che ne dici se io facessi la stessa cosa che hai fatto tu a Lysander? Se ti togliessi il sorriso? - mormorò al suo orecchio, sfregiandole il volto con l'unghia lunga. 

Denti simili a spade, unghia simile a lame, loro erano morte pura, vera, cruda. Lily sapeva che i mannari avrebbero spezzato in due le loro vittime, specie se coscienti. Giocavano con il cibo, lentamente, godendo del loro dolore.

Gli occhi di Lorcan si accesero quando il sangue cominciò ad accarezzare quel volto niveo, era quasi una visione poetica: lei, piccola, pura, come una rosa bianca. E il peccato, la lussuria, il male, il sangue che sporcavano tutto ciò. Lei era sporca.

- E se ti strappassi il cuore? - sibilò al suo orecchio, afferrando al volo il coltello della ragazza e sostituendolo alle unghia. Lily urlò, e in un attimo un aura nera travolse entrambi. Lorcan rise, conosceva quel potere, si che lo conosceva. 

Vide quegli occhi assottigliarsi, allungarsi, diventare serpenteschi, e il loro colore cambiare, diventare sempre più rosso, sempre più carico e simile al colore dei capelli. Le sue braccia si dipinsero di nero, come quel che portava dentro, quel male che poteva distruggere.

Sembrava che metà del suo corpo fosse carbonizzato: il collo, le braccia, le mani, e metà petto, divennero neri come il carbone, arrizzito come l'anima di chi le aveva causato tutto ciò. - Fatti sotto, ragazza. - mormorò Lorcan, e saltò di lato giusto per evitare una palla infuocata che distrusse la parete dietro di lui. 

Ora le urla erano diventate sovrumane, gente che si smaterializzava, che chiedeva aiuto, persone terrorizzate. Lily alzò le mani in aria, di scatto, e il corpo di Lorcan seguì i movimenti delle braccia. Strinse le dita, e il ragazzo si portò le mani alla gola. Scalciava in aria, cercando di sfuggire a quella morsa letale.

- Ho visto come guardavi quell'umano... - sussurrò Lorcan, tossendo per la mancanza d'aria. La presa di Lily si allentò, e nel suo sguardò si insinuò la confusione, il tempo di un millimetro di un secondo, e il suo stesso coltello andò a conficcarsi nella gamba destra. 

La ragazza urlò, inginocchiandosi, ma sotto il suo sguardo stupido lanciò appresso al lupo mannaro l'ennesima palla infuocata, che lo colpì di striscio, facendolo ululare addolorato. In un "pop" però, comparvero Scorpius, Draco, Harry e Den. 

- Sento odore di immondizia. - sibilò quest'ultimo, guardando il mannaro che ghignò. E in un attimo ci fu uno scontro frontale, mentre Lily, per il dolore assumeva nuovamente le sue sembianze. Un grosso fragore, che sembrava esser stato causato da due macchine in uno scontro frontale, fece vibrare il pavimento.

Scorpius rimase senza fiato dinnanzi a quella scena: Den si era precipitato verso il lupo mannaro, che non aveva attutito il colpo, ed entrambi erano andati a schiantarsi nella parete opposta, schiantandola e spaccandola in due. Si sentiva il rumore di denti che sbravano, di osse rotte, e ringhi spaventosi. Lorcan aveva appena staccato a morsi un pezzo di carne dal braccio di Den, che in compenso gli aveva spezzato un braccio.

Si azzannarono a vicenda, strappandosi senza risentimenti la carne e buttandola ai piedi di una Lily distrutta. In un attimo, però, la situazione si capovolse: apparvero Lysander e Luna, mano a mano. Den aveva afferrato Lorcan per la gola, pronto a spezzargli il collo, ma l'urlo della donna lo bloccò sul fatto.

- No! Lascialo andare, ti prego, lascialo andare! - urlò Luna, lasciando la mano di Lysander e precipitandosi dal vampiro, aggrappandosi alle sue spalle, finché Den non lasciò andare il mannaro, che ringhiò feroce appena la donna cercò di toccarlo.

- Tieni lontano le tue sudicie mani da me! - strillò Lorcan. Aveva il viso insanguinato, e il corpo quasi a brandelli. Sopravviveva solamente grazie al suo sangue animale, che gli permetteva di respirare e arrancare. Lanciò un ultimo sguardo a Lysander, gli accarezzò di volata una guancia, per poi sparire così com'era venuto, ululando alla luna come un lupo ferito.

Guardò Lily, cercando di vedere se stesse bene, di guardare quegli occhi che appannati ricambiarono il suo sguardo. Poi cadde. Senza sensi.

L'urlo di Lily straziò Scorpius, che seppe definitivamente di averla persa. 

 

 

 

 

Hermione Granger era considerata la strega più brillante del secolo. Si era diplomata ad Hogwarts con il massimo dei voti, eppure non era mai riuscita a dire "no" al suo attuale marito; forse per paura, paura di rimanere sola, di deluderlo, di vedere la sua famiglia distruggersi.

Ma poteva mai andare avanti in quel modo? Hermione e Ron si erano sposati a ventidue anni, e mentre lei era diventata una medimaga, lui prima aveva aiutato George nel negozio di scherzi, per poi diventare un giocatore di Quidditch professionista.

Non lo vedeva mai. 

Era sempre in trasferta, sempre circondato da giornalisti e fan impazzite. Firmava autografi a destra e manca, e si era dimenticato della sua famiglia. Era raro che tornasse a casa, e quando lo faceva sorrideva con dolcezza e dispensava regali come niente fosse.

Era diventato quel che aveva sempre desiderato: ricco e famoso. Non era più l'ombra di Harry Potter, era diventato l'uomo che voleva. Aveva comprato una casa ai genitori, e mandava loro sempre più soldi. Non faceva mancare nulla a Rosie, e nemmeno a Hugo.

Hugo. 

Gli ricordava tremendamente suo padre parecchi anni fa: riccioli rossi, occhi azzurri, sorriso solare. Impacciato, un tantino ribelle, e la voglia di assomigliare al suo papà. Hugo, che era cresciuto da solo, nascosto in una biblioteca e senza amici.

Hugo, che piangeva da solo nella sua stanza. Il suo bambino. Hugo era cresciuto, era diventato un uomo, e aveva odiato suo padre. Quando tutte quelle volte lui non era andato a prenderlo all'espresso di Hogwarts, tutte quelle volte che aveva saltato il suo compleanno, la sua prima partita di Quidditch, tutto.

Il suo Hugo era cresciuto, ed era diventato un Magiavvocato. Era un uomo sicuro di sé, oramai, e ci era riuscito senza l'aiuto del suo papà. Aveva vinto molte cause, aveva trovato una donna gli aveva detto il giorno prima, per lettera. 

Hugo si era trasferito dai nonni materni cinque anni prima, in Australia. Le aveva baciato una guancia e le aveva fatto promettere di prendersi cura di sé stessa. L'aveva abbracciata, stretta, aveva pianto, ma poi da vero uomo, dopo un ultima carezza, era partito.

Pensava a lui, che non aveva avuto un padre. Pensava a Rosie, che non conosceva il suo vero padre. Pensava a sé stessa, che non aveva un marito. Con un sospiro, Hermione, prese una pergamena e una penna d'oca. " Caro Ron" sperando che quella... fosse l'ultima.

 

 

 

- Cosa vorresti fare? - sibilò James a bassa voce, venendo zittito da un occhiata gelida da parte della sua "pseudo-intoccabile ragazza". Aerial alzò gli occhi al cielo, avanzando quatta quatta verso la stanza di Elizaveta. - Ieri ho trovato... degli assorbenti mancanti dal mio cassetto. E per caso, in cinque anni non le ho mai detto che io le mie cose le controllo. - disse Aerial, scuotendo il capo.

- Cosa vorresti dire\fare con questo? - domandò James, assottigliando lo sguardo. 

- Voglio trovarei quegli assorbenti, insanguinati possibilmente, e incriminarla. Sono sicura al cento percento che non sia incinta, e che la sua sia solamente una tattica per... beh, per tenersi Scorpius stretto. - disse Aerial. 

Entrarono di soppiatto nella stanza di Elizaveta, cercarono, cercarono, ma trovarono il nulla. Assolutamente il nulla. - Aspetta un secondo... Revelare ad quaeque - sussurrò James, muovendo con un gesto fluido la bacchetta. In un attimo la stanza della ragazza si trasformo: sui muri c'erano attaccati articoli di giornale che parlavano di ciò che successe ad Hogwarts, della figlia di Harry Potter scomparsa, sempre di lei e lei.

Nei cassetti c'erano nascoste armi su armi, pozioni sconosciute, e incantesimi scritti su figlietti tipo post-it. E poi... - Trovato! - urlò Aerial.

 

 

- Starà bene? - sussurrò Lily, guardando suo padre.

Harry l'abbracciò, stringendosela al petto con possessione. Era incredibile quanto quel vampiro stesse facendo per lei, per loro. Le aveva salvato la vita più volte, le aveva insegnato a proteggersi e a trattenere quella "cosa" dentro lei.

E sapeva che avrebbe fatto di tutto purché stesse bene. Sarebbe stato capace di praticare la magia oscura per farlo rinascere e stare di nuovo bene. Perché la sua bambina sorrideva di nuovo. Perché quel calore che gli trasmetteva Lily era ritornato a quello di prima.

Perché lei era di nuovo lei.

-. Starà bene, promesso. - mormorò, baciandole la fronte. 

E tutti sapevano che... Harry Potter manteneva sempre le sue promesse. Anche a costo di sacrificare la sua vita, di deludere qualcuno o sé stesso. Una promessa è una promessa, e va sempre mantenuta, sempre.


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Capitolo 10
*** Capitolo Nono ***


Parole
Insomma...ci sono attimi nella vita che vanno vissuti, altri che, in un modo o nell'altro, vengono cancellati. Che Lily avesse vissuto molti momenti tragici non c'era alcun dubbio: lei stessa si rendeva conto dell'orrore che la circondava, ma proprio perché quei momenti affollavano la sua mente, proprio non riusciva a ricordare quegli attimi di vita che aveva vissuto con serenità.
Non aveva cancellato quegli attimi in cui aveva perso qualcuno di caro, oppure quando aveva lottato per sopravvivere: ma aveva completamente rimosso quegli attimi dove era stata felice.
Ecco: attimi
Era quella la parola chiave che le avrebbe permesso di dimenticarsi di vivere, e ricordare gli attimi vissuti in un altro momento, in un altro secolo, dove tutto sembrava più facile, dove la sola preoccupazione era se dire a mamma e papà che aveva bevuto fino a sentirsi male. 
Eppure non riusciva mai a perdersi completamente: quando cadeva nel vortice dei ricordi, si sentiva soffocata da qualcosa, e sapeva di dover riemergere, perché restare soffocata nel suo passato non faceva che incrementare quel dolore che le pulsava dentro, che era peggio di una malattia.
Ma in momenti come quelli, quando la speranza sembrava aver abbandonato completamente la piccola Potter, si ricordava di poter cadere, di poter immergersi per attimi eterni in un mondo che non le apparteneva più; non aveva nulla da perdere, infondo aveva già perso tutto.
- Signorina Potter? 
Lily alzò di scatto la testa: poteva davvero abbandonare la realtà? No, sapeva che non era possibile. Lasciarsi andare alla non-sopravvivenza era per i deboli, e con la guerra in corso non poteva mostrarsi e svelarsi in quel modo, sarebbe stato un bersaglio facile, sarebbe stata la rovina per la sua famiglia e l'intera comunità magica.
- Sì? 
Alzare il capo non era difficile, fingere di non essere preoccupata, di non aver pianto, di non essersi disperata nelle braccia di suo padre... non era difficile, solamente faticoso. Indossava una maschera da anni oramai, e tenerla su si stava rivelando un impresa. Era riuscita a tenerla alla perdita di Scorpius, ma Den? Che lui fosse il suo sorriso lo sapevano anche i muri oramai. E Mumble, la sua gattina, sembrava aver percepito il suo dolore: se ne stava irrequieta tra le sue braccia, con uno sguardo che cercava di consolarla, riuscendo solamente ad intenerirla.
- Nonostante io... non sia molto bravo nel curare i non-umani, e nonostante il nostro paziente non respiri, sta più che bene dal momento che quando gli abbiamo medicato il busto stava quasi per ammazzare un infermiera. - disse il dottore, facendole l'occhiolino.
- E no, non mi ringrazi... è stata Hermione Granger a somministrargli una pozione e a farlo rinsavire. - mormorò, accarezzandole la testa e dirigendosi verso suo padre, che aspettava notizie. Lily si alzò, e con passo calibrato si diresse verso la tasta che avevano affibiato a Den: Lorcan aveva distrutto mezzo ospedale, ucciso tre infermieri e ferito molti pazienti, ma a lui era stato riservato un trattamento speciale.
Perché lui era speciale.
Entrando nella sua stanza sentì quel il suo solito borbottio, quello irritato. Eppure, nonostante nella sua vita avesse subito momenti tragici, Lily faceva tesoro di quelle piccole cose che riuscivano a farla sorridere. Come quando c'era la pioggia, e a Hogwarts si ritrovava a fissare fuori dalla finestra, per poi venire distratta e coinvolta nei soliti scherzi idioti di Lysander, James e Fred Junior. Oppure come quando nella angoscia più assoluta pensava a Scorpius, e di come l'avesse perso, e Den l'abbracciava forte facendole dimenticare il resto del mondo.
- Sei sveglio.
In realtà non dormiva, i vampiri non dormono, quindi... di conseguenza, non sognano. Però lui le aveva ripetuto più volte che se l'avrebbe fatto avrebbe immaginato sé stesso normale, con una vita normale. E tutti che credevano ancora a quelle stupide leggende che i vampiri non amavano: lo facevano eccome, e anche più di quelli che si consideravano "normali".
- E tu sei arrabbiata. 
Ci volle un solo sguardo per capirsi, e tutta la pazienza di Lily per controllarsi: il viso di Den era squarciato in più punti, aveva perso quella bellezza di vampiro che lo aveva sempre caratterizzato, ma non aveva perso quegli occhi per cui molti avrebbero fatto pazzie. - Guariranno? - mormorò Lily, riferendosi alle cicatrici sul volto, e su tutto il corpo. Lo vide scuotere la testa, e fissarla con una dolcezza inaudita, come se ad essere consolata dovrebbe essere lei, non lui.
- No. Gli artigli e i denti del mannaro contengono un veleno che è letale per noi vampiri, come i nostri artigli da "trasformati" e le nostre zanne sono velenosi per loro. Non mi ha ucciso perché sono più anziano di quel che sembra, e riesco a digerire molte cose, ma le ferite non si rimargineranno mai, rimarrò sfregiato per il resto dei miei giorni. Cioè... per sempre, diciamo. - disse, come se stesse parlando del tempo, come se quello non fosse affar suo.
- Sei un idiota. - sibilò Lily, lasciandosi cadere dalle mani Mumble, che corse in direzione di Den e rifugiandosi tra le sue braccia, quasi spaventata. 
- Lils... 
- Potevi morire! Cosa diavolo ti è saltato in mente, eh? Credi che forse proteggendomi a costo della vita potresi risolvere qualcosa? Credi che senza di te io starei meglio? Sei un idiota, Denholm Candevish! E non ho mai visto un vampiro più stupido e rimbecillito di te. - disse rabbiosa, guardandolo con ira negli occhi scuri.
- Ti aveva ferito... 
- Questo non ti da l'autorizzazione a gettarti su un qualcuno\qualcosa letale per te! - sbottò Lily, stringendo in modo convulso le labbra. Den le sorrise triste, accarezzando Mumble sul capo. 
- Perché ti preoccupi per me se ami quell'umano e non... me? - sussurrò, guardandola con i suoi occhi bianchi, in cerca di risposte, certezze, chiarezza.
- Cos...cosa centra questo? -balbettò Lils, ma quella volta lui voleva andare affondo
- Credevi davvero che fossi così stupido da non accorgermi che lo ami ancora, Potter? Ho più di duecento anni, e nella mia vita ho vissuto e visto molte forme d'amore: la tua è la più egoistica: innamorata di qualcuno che ricambia, ma la forza di proteggerlo più forte di qualsiasi altra cosa? Non farmi ridere! Ho visto persone uccidersi l'uno con l'altra per un amore impossibile da realizzare, persone non ricambiate, e tu mi vieni a dire che non puoi starci insieme per paura di ferirlo? - la voce di Den era dura, forte, sarcastica.
Ora più che mai sembrava un vampiro, di quelli che feriscono con le parole prima di attaccare, di quelli intrisi di cattiveria, che poco se ne fregano di te, anzi, usano i tuoi punti deboli per renderti ancora più debole. Proprio come quando l'aveva conosciuto, e lui aveva usato suo padre come arma per portarsela via.
- Cos'hai? - sussurrò Lily, cercando di incontrare i suoi occhi, ma niente, lui era inflessibile, deciso a ferirla. 
- Mi sono reso conto che non ne vale la pena, che sei una ragazzina petulante che non è forte come credevo; sei un giocattolo rotto, che non può essere aggiustato nemmeno con lo scotch. - sbuffò Den, ghignando e mostrando i canini.
- Non vali niente più per nessuno, quindi fa poco la vittima e non stressarmi con i tuoi piagnistei. - 
Boom.
Ci sono attimi nella vita in cui ti sembra sprofondare, attimi dove vorresti dimenticarti di vivere e ricordare come respirare. Ci sono attimi in cui tutto ci sembra perso, e siamo così concentrati su noi stessi e il nostro dolore da non accorgerci di stare perdendo ogni attimo felice della nostra misera esistenza.




A Malfoy Manor, invece, la situazione si era capovolta: degli assorbenti sporchi facevano mostra di sé sul tavolo, sotto lo sguardo spaventato di Elizaveta e quello sorpreso e amareggiato di Scorpius. Lei gli aveva mentito spudoratamente, in quel modo, solo perché aveva paura di Lily? Piccola, subdole traditrice bastarda! Gli aveva fatto credere che dentro lei crescesse suo figlio, creando attorno a loro solamente un castello di illusioni.
- Non crederle... ti prego, Scorpius, sai che non ti ferirei mai!
Credeva davvero che fosse così stupido? Che avesse messo da parte sua sorella per... lei? Stupida, stupida, stupida! Una donna egoista e senza amore, senza sentimenti. 
- Non... non toccarmi. - sibilò, fulminandola con gli occhi. Quell'essere... quell'essere immondo! Se osava toccarlo o parlargli ancora, Scorpius, giurò di cruciarla o addirittura lanciarle contro un Avada Kedavra. L'illusione di essere amato, di avere una vita da proteggere, una vita che forse l'avrebbe rincuorato da tutto quell'odio e quel dolore che lo circondava... un illusione, un effimera illusione. 
- Scorpius... 
- NON PARLARE! Tu... sei un essere ridicolo, senza scopo nella vita, e non devi né parlarmi e né toccarmi! Va via da casa mia, e non farti più vedere, o giuro che ti ammazzo! - urlò, spingendola lontana da sé. Suo padre gli mise una mano sulla spalla, cercando di calmarlo. Nonostante fosse una cosa terribile Draco era sollevato: non sarebbe stato costretto a sposare quella donna misera dentro.
- Va tutto bene, calmati ora. 
- No, devo andare... devo parlare con... con Lily, devo dirgli tutto. - balbettò Scorpius, e prima che Draco riuscisse ad afferrarlo si era già materializzando, lasciando un Astoria con una crisi isterica e una Aerial soddisfatta. - E tu... sono sicuro che l'hai aiutata! - sbottò Draco, riprendendosi in un attimo e guardando sua moglie come Scorpius aveva guardato Elizaveta un attimo prima.
- Porta questa immondizia fuori da casa mia, e visto che ci sei seguila: come puoi definirti madre se fai del male ai tuoi figli? Per Salazar, sei disgustosa. - disse, e girandosi pregò sotto voce sua figlia di allontanare quelle donne da casa sua.
Come aveva fatto ad essere così cieco? Quella donna faceva stare male le ragioni della sua vita, e lui continuava a farla stare in quella casa. 
Quando Aerial ritornò, lo abbracciò da dietro. - Nonostante io non sia all'altezza di un Malfoy...- iniziò Aeri, venendo interrotta immediatamente da Draco, che non volle sentire minimamente il resto. - Cosa stai farneticando? Certo che sei all'altezza di un Malfoy, e anche di più! Chi ti dice queste sciocchezze? - mormorò, rigirandosi in quell'abbraccio e prendendole delicatamente il viso tra le mani.
- Beh... la mamma... - balbettò Aerial, arrossendo. 
- La mamma non è nessuno per decidere di chi tu sia all'altezza, amore. Anzi, credo che il cognome Malfoy non sia all'altezza di una principessa come te. Non chiamarla nemmeno mamma, quella non si può definire così. - sussurrò Draco, baciandole la fronte.
- Ti voglio bene...
- Ti amo, principessa.
Più della sua stessa vita. E quell'amore solo un padre poteva capirlo, percepirlo, sentirlo. 
Perché lei era l'unica donna che avrebbe mai amato.
Lei era la sua unica principessa.



Fuori quanto è brutto il tempo, però si è calmato il vento, il mio sguardo è meno freddo... questo inverno sta finendo.*
Fu l'attimo di un secondo.
L'attimo in cui lui l'afferrò per le braccia, attirandola a sé e abbracciandola; dinnanzi ad Harry, Hermione, Albus, Rose e James. L'attirò a sé, senza curarsi di nulla, ma solo di quel cuore che aveva bisogno di lei, di quel corpo che riusciva a farlo tremare ancora, di quel sorriso che ancora riusciva a riscladarlo.
Solo lei riusciva a farlo ancora sentire quel brivido della vita.
E se ne andava il freddo quando c'era lei, si scioglieva quella neve nel suo cuore quando c'era lei.
A Scorpius poco importava che a pochi metri da loro c'era un vampiro innamorato perso di lei, pronto a farlo fuori. In quel momento aveva bisogno di lei, e non gli importava di quel che diceva la sua testa, per il momento seguiva il cuore.
Quel cuore che lo portava da lei.
Quel cuore che amava solo lei.

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Capitolo 11
*** Capitolo Decimo ***


Parole

 

 

 

 

 

 

Den era sparito. 

Non aveva lasciato traccia di sé, se non un gattino nero che miagolava spaurito sotto al letto del San Mungo. Non c'erano tracce di lotta, ed Harry aveva escluso un rapimento, per Merlino, era un vampiro! Sapeva difendersi da solo.

Dopo giorni passati a cercarlo in ogni posto possibile, ad inviargli lettere che gli erano state capitate di sicuro, avevano tolto ogni speranza; Denholm non sarebbe ritornato, ma forse non ce n'era nemmeno motivo.

Aveva protetto Lily ed era stato la sua ancora fin quando aveva potuto, ma poi? Sarebbe stato solo uno stupido ripiego, il terzo incomodo, un vampiro centenario innamorato di un umana che no, non lo avrebbe mai ricambiato.

Harry lo capiva, in realtà nemmeno aveva pensato di affrontarlo quando aveva sentito rivolgere quelle parole dure a Lily. Lo aveva fatto apposta, lo aveva fatto perché voleva che la ragazza smettesse di aggrapparsi a lui, e decidesse di combattere per l'altro.

Non era una novità che Lils fosse innamorata persa di Scorpius, e non era una novità che quest'ultimo avrebbe lasciato Elizaveta se solo lei glielo avesse chiesto. Certo, avrebbero dovuto cominciare tutto daccapo, fidarsi l'uno dell'altra, e ricucire quel rapporto che li aveva resi forti e uniti ai tempi di Hogwarts.

- Sta male. - disse Ginny, sedendosi al suo fianco e accarezzandogli con dolcezza una spalla. Erano giorni che non dormiva, e Gin cominciava a preoccuparsi; aveva grosse occhiaie, e i capelli ancor più ribelli di quando lo erano normalmente. - Perché non vai a casa a riposare, Harry? - sussurrò poi, guardandolo con dolcezza.

- Nostra figlia sta male e io... - mormorò suo marito, ma lo interruppe subito, senza nemmeno fargli finire la frase. - Harry, con Lily c'è Scorpius. Non possiamo riportare indietro Denholm, ha capito che era meglio sparire se voleva rendere felice Lils. L'hai capito tu, e l'ho capito io, quel vampiro da strapazzo sta solamente cercando di facilitare le cose a Scorps. - disse Ginny, sospirando.

In quel lasso di tempo si era affezionato a Den, incredibile ma vero. Lui aveva protetto sua figlia nel momento del bisogno, e nonostante sapesse di uscirne più male di tutti, era andato avanti, era andato avanti a testa alta, ed era diventato il sostegno di tutti loro.

- Ora vai a casa, ci siamo intesi? - sbuffò alzandosi e afferrandolo per un braccio. Harry la seguì, la baciò delicatamente sulle labbra e poi si materializzò. Ginny fece un grosso sospiro, si guardò un ultima volta attorno, e sperò di non rivedere mai più i corridoi desolati e deserti del San Mungo.

 

 

 

 

Vivere una vita di sotterfugi non era sempre facile, e questo Den l'aveva imparato nella sua lunga esistenza. Mentire non faceva sentire meglio, fuggire dalla realtà era solamente un altra forma di paura inespressa, e lui era stanco di tutto ciò.

Denholm era stanco di vivere nella menzogna, perché le bugie non rendevano felice lui e nemmeno gli altri. Aveva mentito all'eta di nove anni, quando i suoi genitori erano stati brutalmente uccisi da un gruppo di licantropi, mormorando ai suoi nonni paterni: - sì, sto bene, va tutto bene. - come una nenia infinita che gli recava ancor più dolore.

Aveva mentito all'età di sedici anni, quando sua nonna gli aveva domandato se sapesse dove fosse andato suo nonno, rispondendo no, mentre quest'ultimo pochi minuti prima aveva afferrato un pugnale forgiato da lui stesso e si era rintanato nella stanza dei "giochi", come la chiamava lui.

Aveva mentito a sua moglie, e lei si era uccisa. Aveva mentito a sé stesso, dicendo di amarla ma non riuscendo a morire con la sola e unica procedura per uccidere quelli come lui. Aveva perso tutti con le sue bugie, stava perdendo sé stesso con quelle bugie.

Gli era rimasto solamente lei.

- Denholm. - sussurrò una voce anziana alle sue spalle, simile a velluto, calda, dolce, simile ad una carezza inebriante. Era scappato ancora una volta, ma era ritornato da dove tutto era iniziato: da sua nonna, l'unica sopravvissuta, l'unica donna che forse non l'avrebbe tradito mai.

I vampiri invecchiavano di età ogni cinquanta anni, che per loro equivaleva un anno per i normali esseri umani. Non morivano di vecchiaia, infatti la loro crescita si bloccava all'aspetto di un settantenne. Eppure, nonostante gli anni, sua nonna era sempre la donna più bella che avesse mai visto.

Aveva perso suo marito, suo figlio, aveva visto morire ogni suo parente, e poi era stata abbandonata da lui, ma sembrava sempre forte, come lo era sempre stata. - Nonna. - sussurrò, con il volto basso. Aveva capelli bianchi raccolti in una crocchia severa, che lasciava libera qualche ciocca ribelle, gli occhi ora rossi, che lo fissarono arrabbiati.

Le rughe potevano mitigare quella bellezza, ma non cancellarla. Un lungo vestito ottocentesco le accarezzava il corpo minuto, di un blu colbalto che faceva contrasto con la sua pelle diafana. - Ho saputo quel che hai fatto. - mormorò Geneviè, guardandolo.

- Nonna... - disse Den, cercando di spiegargli la situazione, ma lei lo zittì con una mano, guardandolo dispiaciuta e... rassegnata. In un attimo gli occhi di Den si appesantirono, e capì le intenzioni di sua nonna, finalmente.

- Ho perso tutta la mia famiglia, tesoro, non posso perdere anche te. - sussurrò, accarezzandogli una guancia. Den annaspò, cercando di aggrapparsi a qualcosa che lo sostenesse, per non chiudere gli occhi, per non farsi trascinare dall'oblio.

Sentì qualcosa rompersi, ma era già ovattato quel suono, stava già cadendo. - No, nonna, non... de..devo proteggerla. - balbettò Den, prima di chiudere definitivamente gli occhi e accasciarsi sul pavimento di marmo di quell'immenso salone. 

Geneviè sospirò, e baciò la fronte del suo unico nipote. Lei... lei lo avrebbe tenuto con sé d'ora in poi, e l'avrebbe protetto da qualsiasi minaccia. Da qualsiasi minaccia.

 

 

 

- No, sei stato cattivo! - disse Lysander, con le mani sui fianchi e un espressione che non prometteva nulla di buono. Lorcan alzò gli occhi al cielo, e poi, con il naso, accarezzò la guancia del fratello, che ridacchiò. - Prometti che non farai più del male a Lils? - sussurrò il ragazzo, prendendo il suo viso tra le mani e accostando la propria fronte alla sua.

- Non posso, Lys. Loro sono la mia famiglia, e quando mi impartiscono degli ordini devo eseguirli se... beh, se non voglio venire ammazzato come un cane. - borbottò Lorcan, guardandolo dispiaciuto.

- Non è detto che tu debba tornare da loro! Sono io la tua famiglia, Lorc! Sono tuo fratello, sono il tuo gemello! Sì, la mamma ha sbagliato a non parlarmi di te, ma l'ha fatto solo perché non voleva che io soffrissi. I lupi mannari di solito non risparmiano le loro vittime, e lei credeva che tu fossi morto. - disse Lysander, guardandolo con quegli occhi che erano capace di sciogliere i ghiacciai.

- Credi che mi accetteranno? Sono un lupo mannaro, Lys. - mormorò Lorcan, abbassando lo sguardo.

- Sei mio fratello, poco conta quel che sei quando ti trasformi. Ti proteggerò a costo della vita, e chi andrà contro di te... beh, andrà contro di me. - disse Lysander, buttandogli le braccia al collo e stringendoselo al petto.

- Ora torniamo a casa, la mamma ci aspetta. 

Sì, poco contava quel che era quando c'era la luna piena, lui era sangue del suo sangue, e lo sarebbe stato sempre. 

 

 

Angolo Autrice:

sì, so che questo capitolo è schifosamente corto, e chiedo venia, ma venerdì ho fatto un incidente e il mio ginocchio prega per stendersi. Ho scritto quel che dovevo scrivere, e sono successe un bel po di cose, quindi spero che non vi deluda. Ah, prima di lasciarvi volevo mostrarvi quella che io considero la mia Lils. Certo, non è rossa come la immaginavo, ma guardatela bene in viso: lei è lussuria pura, purezza infinita e ispira sesso\amore violento haha:


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Capitolo 12
*** Capitolo Undicesimo ***


Parole

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il volto di Denholm Candevish era irriconoscibile: gli occhi rossi erano spalancati, come se avesse assunto qualche sostanza stupefacente, quelli che una volta erano le sue iridi bianche sembravano essersi diluite sulle sue guance, formando chiazze bianche dure come ferro. I capelli neri come la pece, gli incisivi laterali superiori erano lunghi come zanne, e per la rabbia avevano squarciato il suo mento, da cui sgorgava sangue rosso scuro.

Una vena pulsava sul suo collo, di uno strano colore nero, proprio come sul suo viso. Non era più Den, ma la parte vampiresca di lui aveva preso oramai il sopravvento. Legato per i polsi, le gambe e il collo nei sotterranei di Candevish Manor, riusciva a malapena a muoversi, e questo non faceva altro che farlo arrabbiare ancora di più.

- Fammi uscire di quì! O giuro che appena mi libero ti stacco quella testa di cazzo a morsi. - urlò, dibattendosi e procurandosi altre ferite. In realtà il suo unico pensiero era Lily, lei era lì, piccola e indifesa con un gruppo di scalmanati pronti a farle la pelle.

- Nonna! - strillò nuovamente, ma si bloccò improvvisamente quando sentì un liquido scorrerle lungo la gola. Quelle catene erano magiche, e più si muoveva più sanguinava fino a perdere le forze. Ridicolo, un vampiro capace di perdere le forze.

- Devi nutrirti. - disse la voce di Geneviè, che comparve dal nulla. Le buttò una ragazza ai piedi, che spaventata cercò di tirarsi indietro, ma la donna la sospinse in avanti, chiudendosi le celle alle spalle. - Fa il bravo bambino, Den, e vedrai che andrà tutto bene. Ti libererò tra cento anni esatti, promesso. - disse, sorridendogli da dietro le spalle. 

Cento anni, cento anni... cento anni.

- Ma lei sarà... morta. - sussurrò Den ad occhi sgranati, rabbrividendo solo al pensiero di vedere la sua tomba. Geneviè sorrise, come se fosse ovvio. - Naturalmente. - disse, prima di abbandonare le segrete. 

- Le staccherò la testa a morsi, farò a pezzi quella puttana. - mormorò come un folle. Sì, amava sua nonna, ma nessuno doveva mettersi tra lui e l'umana. Nessuno doveva osare attaccarlo ad un fottuto muro e fargli vedere l'inferno, nemmeno lei. 

- Tu. - sbraitò, guardando quella ragazzina che non poteva avere più di quindici anni. La vide sobbalzare, e guardarlo come se fosse Lucifero in persona. - Mi chiedo dove ti abbia pescata. - sbuffò, inclinando il capo e cercando di calmarsi per assumere il suo aspetto normale. Troppo tardi, quella stronza l'aveva fatto arrabbiare così tanto che ci sarebbe voluta una manna dal cielo per calmarlo.

- Non voglio farti del male, in questo momento mi servi viva. - sussurrò Den, guardandola negli occhi e cercando di infonderle fiducia. La ragazzina annuì, e riccioli bruni le balzarono in testa come molle; aveva dei grandi occhi neri, spauriti, e un incarnato così pallido che Den ebbe paura di vederla collassata da un momento all'altro.

- Quanti anni hai? - domandò, guardandola e cercando di fare conversazione per farla calmare. - Ventisette. - balbettò, facendo spalancare gli occhi di Den, che cominciarono a tornare bianchi. Ventisette? Ma se sembrava sua figlia! 

- Sembri...

- Una quindicenne. - finì lei per lui, annuendo e alzandosi, pulendosi i Jeans chiari sporchi d'erba. - Sei una babbana o una strega o qualsiasi altro essere che abita questa terra infestata? - domandò Den, i cui capelli tornarono biondi. 

- Sono una strega, mi sono trasferita da poco dalla Germania per aiutare gli Auror nel conflitto della Rosa Nera, ma quella donna ha creduto bene che io fossi un pasto più che gradito. - mormorò, e nemmeno lei sapeva perché stava raccontando i fatti suoi a quel vampiro... insomma, era il suo pasto. 

I denti di Den tornarono alla loro lunghezza normale, mentre il viso sembrò tornare quello di sempre. - Come ti chiami? - domandò, inclinando il capo a destra e sinistra per sgranchirsi il collo.

- Desdemona, ma gli amici mi chiamano Daisy. - disse, incrociando le braccia al petto per il freddo. - Io mi chiamo Denholm, e... meglio che non ti dica la mia età. Comunque io posso portarti da Lily Potter. - disse, e lo sguardo della ragazza si spalancò.

- Potter? Quella Potter? - domandò incredula. Den alzò gli occhi al cielo: quante Lily Potter esistevano sulla faccia della terra? Forse parecchie, ma quella più importante era lei, quindi bando alle ciance!

- Sì, però devi liberarmi. - disse Denholm, con la faccia più convincibile che riuscisse a fare. Di solito la sua espressione da "fidati di me, riuscirò a farti vedere le stelle" funzionava, ma lei sembrava assai scettica.

- E se ti liberassi e invece di portarmi da Lily Potter mi strafocheresti in un sol boccone? - disse Desdemona, alzando un sopracciglio. Tosta la ragazzina. - Ti do la mia parola. - disse Den, sbattendo civettuolo le lunga ciglia e sorridendo. 

- Guarda nella mia tasca, c'è un pugnale, se non manterrò la mia promessa puoi pugnalarmi dritto al cuore. - disse Den, invitandola ad avvicinarsi. Non mentiva, nella tasca posteriore dei pantaloni neri che indossava c'era il pugnale con cui si era ucciso suo nonno, l'aveva trovato prima che sua nonna lo addormentasse per portarlo nelle segrete. 

- Mi fido. - mormorò Desdemona, afferrando il pugnale e custodendolo vicino ai fianchi, dove c'era quella che aveva tutta l'aria di essere una borsetta invisibile. - Che devo fare? - disse poi, senza spostarsi di un millimetro. 

Aveva un odore strano. Sapeva di pulito, di fiori appassiti, di un prato appena falciato. - Perché fai questo? - sussurrò, e gli occhi di Den caddero su quelle labbra che si muovevano lentamente, e un sorriso si dipinse sulle proprie, sarcastico. 

- Ho fatto una promessa, e ho intenzione di mantenerla. - disse Den. 

- Cosa devo fare? 

Era venuta la fine di tutto, tutti, ogni cosa. Den la sentiva quella cosa pompargli dentro, simile ad un serpente che ingurgitava ogni sentimento buonista. Quella rabbia simile all'amore, che squarciava, che faceva così male da farti sentire vuoto dentro.

Quella rabbia che ebbe il potere di fargli ammazzare quasi sua nonna.

 

 

 

Capelli rossi, occhi scuri, mani veloci, calde, passione rovente, lussuria bollente. Scorpius represse un ringhio rabbioso, sbattendo Lily al muro con gli occhi fiammeggianti. 

- E ora sarebbe colpa mia? - urlò, stringendo i denti fino a sentirli scricchiolare. Casa Potter era vuota, e quegli occhi lo stavano incitando a farla a pezzi. Lo stava incolpando di averla abbandonata per Elizaveta, quando poi lei era ritornato con quel vampiro da strapazzo.

- Non ho mica detto che è colpa tua, dopotutto anche tu dovevi farti una vita, ma io ti ho sempre rispettato, e ho sempre evitato di avere contatti fisici con Den, mentre tu no. - disse semplicemente Lils, facendo spallucce. 

Erano finiti in quel discorso solo perché lui aveva chiamato Elizaveta "stronza" e lei per tutta risposta aveva detto "però ti piaceva". Proprio cose da pazzi. 

- Vaffanculo. - sbottò Scorpius.

- Ma vaffanculo tu. - sbraitò Lily, cercando di toglierselo di dosso senza fargli eccessivamente male. Ma lui fu più veloce, in un nano secondo appoggiò le proprie labbra sulle sue, rubando quel respiro che gli era mancato fin troppo.

Se la schiacciò addosso, stringendo le mani attorno ai suoi fianchi, respirando quel profumo così familiare, così suo. 

- Mi sei mancata. - mormorò, appoggiando la fronte alla sua.

- Questo non vuol dire che stiamo insieme. - rispose Lily, guardandolo.

- No, vuol dire che siamo sulla strada di non ritorno. - disse Scorpius, prima di baciarla nuovamente, fino a perdersi nuovamente, ancora. 

Ancora, ancora, ancora. 

Fino a non poter tornare più indietro

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodicesimo ***


Angolo Autrice:

So che non ho mai scritto un angolo autrice ( o si? ) ma volevo comunque scrivervi due appunti prima di iniziare con il capitolo: sono arrivata all'undicesimo capitolo senza fatica, con il mio solito modo di scrivere... che non mi piace più; nel senso che mi risulta spezzettato, i capitoli forse sono troppo corti e non si capisce nulla di nulla. Vorrei provare a scrivere un capitolo diverso, con uno stile diverso per giovare la storia. Vorrei chiedervi gentilmente se va bene, se notate qualche cambiamento e se la storia risulti più scorrevole così. Grazie.

 

 

Parole

 

Questo capitolo è dedicato a Nipotina e LandOfMagic, la prima perché mi segue dall'inizio, e mi ha spronato a dare sempre di più, mentre la seconda perché ha recensito tutti i miei capitoli in tempo record e non so davvero come ringraziarla.

Siete due angeli.

 

 

 

 

Gli esseri umani sono attaccati in modo quasi viscerale ad un loro prototipo di bellezza, canoni stabiliti e forzati anche se non condivisi. La bellezza, di certo, è ottima da guardare: bearsi di ciò che è bello lascia addosso tracce di un profumo soave e impossibile da trovare. Quel che lascia senza fiato la prima volta può ritenersi se non raro certamente unico. Ma non sempre bello è sinonimo di buono e brutto di cattivo.

La bellezza corrompe e danna l'animo di chi la osserva, corrode i cuori di chi la desidera, e scatena conflitti eterni in chi vuole possederla. La bruttezza rimane incorrotta, intristisce solo l'anima di chi viene rifiutato; gli esseri umani credono di essersi arrogati il diritto di allontanare e ferire chi secondo loro non entra nei canoni da loro imposti. 

Desdemona Shaw nella sua breve ma intensa vita non era mai stata accettata per quel che era: ripudiata, rifiutata, messa in un angolo solo perché diversa. Gli esseri umani erano terrorizzati da un possibile cambiamento, erano terrorizzati da chi era diverso da loro solo perché non sapevano comprendere, solo perché non sapevano come prenderla, o come ucciderla in quel caso.

Per cento lunghi anni era stata costretta a scappare, a nascondersi, a strisciare per non essere uccisa. Era stata costretta a cambiare il suo aspetto, a diventare comune, anonima, solo per non venire schiacciata; Desdemona era un demone alquanto particolare, che si nutriva della ninfa vitale degli esseri umani, e se non lo faceva la sua pelle rinsecchiva fino a diventare cenere.

Era stata lei stessa, insieme a Bart, a fondare la Rosa Nera, per motivi diversi, certo, ma con lo stesso obiettivo: eliminare maghi e babbani e tornare a camminare sulla faccia della terra senza avere nessuno alle costole, senza la paura di poter essere eliminati solo perché diversi.

Ma quando quell'idiota di Bart era stato ferito, e quell'altro idiota di un licantropo era sparito, dandosi per morto, Daisy aveva deciso di scendere lei stessa sul campo di battaglia, combattendo dall'interno. Assumere un mutaforma che assomigliasse anche lontanamente a Geneviè era stata una vera e propria impresa, ucciderla anche di più. Avevano la pelle dura, quei Candevish, ma il tempo di toccarle il cuore e succhiarle via la vita ed era caduta come una foglia secca da un albero spoglio.

La prima mossa era la fiducia, diventare un pilastro fondamentale per gli Auror, tanto da essere indispensabile per quella guerra. La seconda mossa era metterli gli uni contro gli altri, ed infine strisciare come una serpe in seno e azzannare le sue prede. Doveva eliminare prima chi ostacolava il suo passaggio, per poi prendere possesso dell'intera Inghilterra, chiudendola su sé stessa senza che nessuno né uscisse o entrasse, per poi passare alle altre nazioni. 

Era riuscita a guadagnarsi un minimo di fiducia da parte di Denholm, che lo aveva condotto nella tana del lupo, ora doveva guadagnarsi la fiducia di tutti gli altri, per poi ammazzarli come cani. Una risatina uscì dalle sue labbra rosse, mentre gli occhi da neri divennero di un blu pallido. I capelli bruni divennero di un intenso rosso sangue, lisci e ribelli come piccoli serpenti. 

Due cuori battevano nel suo petto, ed era impossibile ucciderla se non si centravano entrambi nello stesso istante con un grosso palo di ferro benedetto.

Desdemona succhiava via la vita, ed era un essere molto simile ad un vampiro, ma era una moroii. Molto più difficile da uccidere, e con un aspetto che variava a suo piacimento. Le bastava un bacio e un tocco al cuore, e poi si sarebbe nutrita. Con un altro sorrisetto, la ragazza, ritornò al solito aspetto. Quel giorno compiva cento anni, forse poteva divertirsi quel tanto da creare distruzione.

 

 

Quando Desdemona e Den si erano materializzati a casa Potter, avevano ricevuto tutte le cure possibili da Hermione Granger, medimaga, e Ginevra Weasley, che con il suo tocco di mamma sembrava poter guarire ogni cosa. Erano stati accolti come due di famiglia, e Den era rimasto sorpreso che non l'avessero cacciato: sembravano volergli tutti bene come un... figlio, ecco.

- Eravamo tutti preoccupati, sai? Abbiamo... capito le tue intenzioni, ma sparire così, senza darci notizie, ci ha messo un senso di inquietudine addosso. - mormorò Ginny, porgendogli, rossa in viso, una tazza di sangue. Den sobbalzò, osservando il sangue vorticare nella tazza preferita di Lily. 

- E questo? - domandò, guardando la donna che si fissò le punta delle scarpe da ginnastica che indossava. La vide mordersi le labbra, e a Den, sorprendentemente, le ricordò sua madre: quella dolcezza inaudita, la tenerezza che ci metteva nell'abbracciarlo, e i sorrisi solari che solo a lui dedicava. 

- Hermione dice che per riprenderti devi bere questo, è sangue che ha preso dall'ospedale. Sappiamo che è illegale, ma... - mormorò Ginny, riavviandosi una ciocca di capelli rossi e infilandola dietro l'orecchio che aveva assunto lo stesso colore dei capelli.

- Non ho mai ucciso vite umane, se è questo che volete sapere; quando devo nutrirmi, se è proprio necessario, faccio un giro nei carceri della contea, succhiandone quel tanto che basta da farmi star bene. - disse Den, facendola rilassare impercettibilmente.

- Sapevo che non eri un assassino. - disse Ginny, facendogli l'occhiolino, accarezzandogli con dolcezza il capo e uscendo dalla cucina per lasciarlo solo con il suo "pasto". 

Cominciò a bere il sangue come se stesse bevendo comune caffé, rilassandosi: quelle corde magiche gli avevano fatto perdere più forze di quel che pensava, e nutrirsi era un toccasana per lui, era come non dormire per ventiquattro ore per poi sdraiarsi in un letto e recuperarne quarantotto. 

La sua colazione, però, fu interrotta dall'arrivo di tre persone. Lily fu la prima ad entrare e bloccarsi alla sua vista, sconvolta. Lui era di nuovo lì, con il viso sfregiato e con la sua solita indole calma: era come se fossero passati anni, e Den fosse invecchiato di secoli. Alle sue spalle, Scorpius, trattenne un sogghigno sarcastico, mentre Desdemona si chiedeva cosa fosse tutta quella tensione.

- Ehi, Den, mi hanno presa in squadra. - disse Daisy, sorridendo e raggiungendolo, sedendosi al suo fianco e dandogli un delicato buffetto sulla guancia. Den sorrise, leccandosi le labbra sporche di sangue e ammiccando nella sua direzione, ignorando volutamente Lily e Scorpius.

- Non era sottinteso che ti prendessero? - domandò poi Denholm, aggrottando le sopracciglia e facendo sobbalzare Daisy, che si maledì mentalmente per quell'errore di distrazione. - Beh, lo speravo, sennò avrei dovuto lavorare esternamente con loro. - disse, sorridendo civettuola. 

- Finiti i convenevoli... - sbottò Lily entrando in casa e sedendosi con un tonfo di fronte a Den. - Vorrei sapere come mai sei ritornato. - disse poi, incrociando le braccia al petto. 

- Io mantengo le mie promesse. - sogghignò Den, guardando Scorpius appoggiare una mano sulla spalla di Lily e cercando di fare forza su sé stesso per non spezzargli il collo. Ma infondo era quello che voleva, no? Che loro stessero insieme, che lei fosse felice. Finì di bere il sangue, che quasi gli andò di traverso quando vide le mani dei due ricongiungersi quando lei sembrò abbassare lo sguardo ferita, e rimase lì, a fissarli in attesa.

- Ho promesso che vi avrei protetto, che ti avrei protetto da questa guerra, e lo farò. E poi a Desdemona serviva un passaggio, quindi... - disse, e gli occhi dei due ricaddero sulla ragazza, che salutò con la manina. Den ghignò, quella nana era sorprendente. Con la sua ingenuità e purezza era la cosa che più si avvicinasse ad una bambina.

- Credevo che non ti importasse più nulla di me. - disse Lily, abbassando lo sguardo e stringendo ancora di più le mani di Scorpius. In quei giorni si erano avvicinati quel poco da avere un contatto fisico. Ma infondo tra lei e Scorps era sempre stato così. Si capivano con uno sguardo, si davano conforto con una carezza, si infondevano fiducia con un bacio.

- Mi importa della tua incolumità. - sbuffò Den, allentandosi il colletto della maglia che indossava. Quella stanza cominciava a stargli troppo stretta, gli mancava l'aria ed era strano, visto che l'ossigeno, per lui, non era indispensabile.

Si passò una mano sugli occhi, e non notò il sorrisetto di Desdemona, che non prometteva nulla di buono. - So proteggermi da sola. - sibilò Lily.

- Senti, ma che cazzo pretendi? Vuoi che me ne vada? Sono ritornato solo per non vederti piangere se poi ti schiatta qualcuno. - sbottò Denholm, alzandosi di scatto e mandandola a fanculo mentalmente. Uscì da quella casa infernale, con le mani nei capelli e una vena pulsante sul collo.

Desdemona si mise le mani nella tasca posteriore del giaccone che indossava, controllando che quella fialetta fosse ancora al suo posto. Un alteratore del sangue, semplice ed efficace. Denholm voleva diventare umano? Lo sarebbe diventato molto presto.

 

 

Due ore dopo, dall'altra parte della contea, un urlo rabbioso invase la residenza attuale della Rosa Nera. Dei vampiri si ritirarono verso il muro, silenziosi, mentre Bart sbattè con rabbia repressa un pugno sul tavolo, rabbioso.

- Chi cazzo l'ha mandata là? - urlò, guardandoli uno ad uno, senza ricevere nessuna risposta. Quella maledetta bastarda era partita senza dirgli nulla, aveva ucciso Geneviè Candevish e ora si trovava a casa Potter. - Moriremo tutti... appena Denholm scoprirà questo moriremo tutti... - sussurrò Bart, infilandosi le mani nei capelli disperato.

Den li avrebbe fatto a pezzi, non lasciando nulla di loro, se non le ceneri. 

- Maledizione! - urlò, dando un calcio al tavolo, che si rovesciò. Erano nella merda fino al collo, e la colpa era di quella stronza di una Moroii. 

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Capitolo 14
*** Capitolo Tredicesimo ***


Attenzione: So che vi avevo già mostrato la mia "versione" di Lily nei precedenti capitoli, ma poi mi sono imbattuta in questa meraviglia, e sono rimasta senza fiato. E' perfetta, e se un giorno dovessi farci un film su questa storia - seeeeh - sceglierei proprio lei come attrice. Passando alle pistole: secondo me se in Harry Potter avessero fatto meno i burloni in questo momento tutti i Mangiamorte sarebbero schiattati con una pallottola nel cervello e non sarebbero vissuti così a lungo. Nel capitolo ce n'è una sola, ma vedremo una Lily alla ricerca di queste preziosi "armi".

Con questo colgo la palla al balzo per ringraziare le diciannove meraviglie che mi hanno inserito nelle seguite, le tre nelle ricordate e le otto nelle preferite. E poi ringrazio le mie recensitrici, siete voi il motivo per cui questa storia va avanti. 

 

 

"A manson. che in tempo record ha recensito tutti i miei capitoli.

Grazie, davvero."


 

 

Parole 

 

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La luna, quella notte, sembrava esser stata risucchiata dal nero plumbeo del cielo; non una stella illuminava la notte, niente di niente, solo un mare in tempesta che vigeva sulle loro teste, avvisando i maghi che qualcosa di tetro sarebbe presto successo. 

E mentre due labbra quella notte si ricongiungevano, abbandonandosi finalmente alla passione, due occhi azzurri fissarono il proprio riflesso allo specchio, sorpresi. E mentre una cascata di capelli rossi si aprivano a ventaglio su un letto dalle coperte verde smeraldo, due mani da pianista andarono a fissarsi in una folta chioma biondo scuro. 

Lily Potter soffocò un gemito tra le braccia di chi bramava da troppo tempo, mentre Denholm Candevish cadde in ginocchio, soffocando un urlo di terrore; l'uomo arrancò fuori da quel bagno, barcollando, mentre lo squarcio sulla sua guancia cominciò a perdere sangue rosso chiaro.

Den colpì il muro alla sua destra, e ingoiando a vuoto vide le sue nocche scoriarsi, e il dolore farlo rabbrividire. - No... non è possibile... - sussurrò. Quello era un incubo, era impossibile. Denholm aveva vissuto la sua vita tra ozi e vizi, tra calori di corpi sconosciuti e freddi battiti cardiaci. Era un sangue puro, e attimi infiniti aveva pregato per essere umano, giusto per sentirsi come si sentivano quelli che per lui erano insetti.

E ora? Ora che aveva bisogno di quelle zanne, di quella forza per proteggere qualcuno gli veniva negato. Era impossibile invertire il processo... chi nasceva vampiro moriva da vampiro. Desdemona, nascosta tra lo stipite della porta e la porta stessa, nella sua stanza, sorrise. Incrociò le braccia al petto, e si trattenne dal scoppiare a ridere. 

Tutto stava andando secondo i piani, e presto un attacco avrebbe fatto tremare la Gran Bretagna, e i maghi di tutto il mondo.

 

E sembrava che quei pensieri non fossero solo vaneggi, più tardi, alle quattro e quarantacinque, quasi l'alba, Londra cadde. La città che aveva fatto innamorare milioni di persone fu distrutta completamente. Le case crollarono, i fiumi straliparono, i monumenti rimasero in piedi per miracolo ma non interi, le persone furono schiacciate, altre portate via dall'acqua, e se altre scomparirono misteriosamente, altre furono trovate dissanguate o fatte a pezzi.

Il centro di Londra, alle quattro e quarantacinque di mattina, fu risucchiato. E al centro di quell'immenso cratere c'era il segno di una rosa: incisa a fuoco. 

La rosa nera, quel giorno, aveva colpito il centro. Ma non fu l'unico posto attaccato.

Lily Potter spalancò gli occhi, e guardò con dolcezza rinnovata il volto di Scorpius dormiente. Con lentezza esasperante, uscì dal letto, e si vestì. Lo baciò sulla bocca, per poi correre al piano di sotto; c'era qualcosa che non andava, e se ne era accorto anche Den, che guardava fuori dalla finestra con sguardo preoccupato. 

- Stanno arrivando, ma io questa volta non posso aiutarvi. - sussurrò, guardandola e facendole mancare il fiato. Azzurri. Gli occhi di Den erano azzurri, non bianchi o rossi, ma azzurri. - Cosa diavolo... - sussurrò, indietreggiando, e lui scosse il capo. 

- Hanno fatto bene i loro calcoli, ma non so né come abbiano fatto né quando. Mi sono ritrovato da un momento all'altro così. - disse, ad occhi bassi. Lily gli strinse la mano, facendolo sobbalzare. Gli sorrise, infondendogli calore. - Non importa come sei o cosa sei, a me importa che ci sei. - disse Lils, baciandogli la guancia. 

- Ora, ci servono delle armi. - disse Lily, andando nel salone, verso quel piccolo armadietto di lato al camino che non era mai stato aperto. Lo aprì e all'interno trovò il necessario: pugnali, spade, e una... pistola? - Che ci fa qua una pistola? - sbottò Lily, rigirandosela tra le mani e notando che era carica. 

- Cos'è una pistola? - domandò Den, fissandola con tanto d'occhi. 

- E'... spara delle pallottole. - disse Lily, che con le descrizioni era una vera e propria frana. Gli occhi di Denholm si illuminarono, mentre un sorriso si dipinse sulle sue labbra rosee. - Bene, mettici delle pallottole d'argento e mira dritta al cuore, non li uccideranno ma li fermeranno. - disse Den, che salì al piano di sopra per svegliare gli altri.

In un attimo Scorpius si svegliò e chiamò a rapporto anche suo padre, insieme a James, Albus, una Rose ancora addormentata, una Desdemona con i capelli sparati da tutte le parti, un Harry con il dente avvelenato e una Ginny che stanca di essere continuamente attaccata decise di prendere parte alla piccola "battaglia".

- Prima che questi bastardi sopravvengano. - disse Harry, sentendo già una moltitudine di scalpiccii, e guardando tutti con due occhi verde smeraldo che mandavan lampi. 

- Naturalmente non voglio sapere come avete scoperto che stanno per arrivare... - continuò, e Den alzò gli occhi al cielo. - I vampiri puzzano di zolfo da metri di distanza. Saranno circa nelle vicinanze. - disse, facendo spallucce. 

- Sì, dopo mi racconterai anche come mai non sei più uno di loro. Comunque, io e Ginny volevamo darvi una grandiosa notizia... Nonostante l'età, il caro Harry Potter fa sempre centro e... - disse, venendo bloccato da Ginny, visto che Lily, Al e James stavano per vomitare la cena della sera prima sul pavimento.

- Sono incinta. - finì al suo posto, sorridendo. Ma prima di venire sommersa da abbracci, baci, ovazioni e tant'altro, Harry li bloccò sul nascere, scuotendo il capo ma felice. - Ora abbiamo qualcuno da cacciare via, a dopo i convenevoli. - sussurrò, e un boato fece sobbalzare i presenti, ricordando a tutti degli ospiti non graditi.

Lily baciò la madre sulla guancia, stringendola stretta a sé. - Spero che almeno questo non nasca con manie omicide. - sussurrò al suo orecchio, accarezzandole una guancia. Ginny scosse il capo. - I miei figli sono tutti, e dico tutti, perfetti. Compresa tu, Lily Luna Potter. - disse, prima di prendere una spada e seguire Harry fuori dalla casa.

Scorpius l'afferrò improvvisamente per i fianchi, baciandola sulla bocca. - Mi dispiace per tutto, per ogni cosa che ho fatto. Mi dispiace per averti ferito, e aver cercato di rimpiazzarti quando sapevo che era impossibile. Sono passati anni, Lily, ma ti amo come la prima volta. - disse, per poi baciarla nuovamente. 

- Anche io, ti amo più della mia stessa vita. - sussurrò Lily quando il ragazzo si fu allontanato per seguire gli altri. E quelle non erano semplici parole, lei sapeva che avrebbe dato di tutto per saperlo al sicuro, per far sì che sarebbe stato sempre bene. 

Lily caricò la pistola, legandosi la canottiera sotto al seno. A piedi scalzi, e a gambe nude coperte da un pantaloncino appena visibile, i primi vestiti che aveva trovato, si diresse fuori. Erano le cinque di mattina quando la terra tremò. 

- Se li facciamo a pezzi muoiono? - domandò Draco, che aveva messo da parte la bacchetta e guardava la spada brillare tra le sue mani. - Se gli tagli la testa, il busto, le gambe ecc. diciamo che sì, ma è meglio se gli strappi il cuore. - disse Den.

Passi, tanti passi, risate e un incantesimo colpì la casa, facendone crollare una buon parte. Lily si buttò di lato, trascinando con sé Scorpius. Da terra vide una ventina di vampiri e cinque maghi apparire, e con le dita tremanti sulla pistola mirò dritte alle gambe di quello che era sicuramente un umano; lo vide urlare, e poi accasciarsi al suolo mantenendosi la gamba ferita.

Draco non perse tempo, e in men che non si dica recise la testa di un vampiro, per poi affondare la lama nel cuore, strappandoglielo con la punta acuminata. Lily si alzò di scatto, e corse contro di loro. Lo sentiva quel fuoco bruciargli dentro, facendogli tremare il cuore. 

Era quello il suo posto. Tagliò il braccio ad un vampiro, per poi far penetrare le proprie dita nel suo petto, strappandogli senza risentimenti il cuore. Quello che però aveva bisogno di aiuto era Den: loro sapevano che era umano, e stavano seriamente cercando di farlo fuori.

Certo, gli anni di allenamento erano serviti a qualcosa, ma era debole come non mai. Scorpius gli si affiancò, maneggiando alla perfezione la spada. - Perché mi aiuti? - sbottò Den, tagliando la testa a quel figlio di puttana che stava puntando al suo collo.

- Perché Lily ti vuole bene. - disse semplicemente Scorpius, girando su sé stesso e colpendo il vampiro alle proprie spalle. E all'improvviso si domandò quanto sarebbe durata quella guerra, quando tutto sarebbe finito, e quando finalmente avrebbero avuto una vita normale.

- Cazzo, Lily, sta attenta! - urlò Harry dall'altra parte del giardino, e Scorpius si girò di scatto. Il respiro si bloccò improvvisamente, ma quando la vide evitare il colpo sospirò. Fu un attimo di distrazione. Una lama lo trapassò da parte in parte, facendolo crollare in ginocchio.

Den urlò, afferrandolo a volo, mentre Lily si girò verso di loro, con gli occhi sgranati. Lo vide cadere con lentezza estenuante, e in un attimo la sua rabbia si scatenò.

Il giardino di casa Potter venne raso a suolo, e quando Lily Luna Potter aprì gli occhi vide casa sua distrutta, e i corpi dei suoi cari distesi per terra

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo ***


Attenzione! Una lettrice mi aveva chiesto di mettere una foto di Denholm, così mi sono messa alla ricerca e... ma dai, ho trovato il mio Den. La scelta vasta, ma chissà perché tutti gli altri avevano il viso da "Scorpius" cioè ingenuo e dolce. Il mio vampirastro ha il viso di un bastardo, e un sogghigno ancora più stronzo. Comunque ho deciso di inserire le foto di tutti i personaggi, tranne quelli che conosciamo già, giusto per farvi un idea del complesso. Inoltre colgo l'occasione, ancora, per ringraziarvi. Crescete ogni giorno di più. 

 

 

"A Denholm Candevish, che oggi compie centoventicinque anni."

 

 

 

Parole

 

 

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Gattonò fino ad arrivare da suo padre, che ad occhi chiusi sembrava dormire pesantemente. Gli accarezzò una guancia, mentre una lacrima le rigava la guancia tumefatta; controllò se respirasse ancora, e tremò quando si accorse che respirava ancora. - Dio... ti ringrazio. - balbettò, baciando velocemente le labbra di suo padre e dirigendosi verso sua madre. Il bambino. Se quel bambino era morto per causa sua, Lily non se lo sarebbe mai perdonato. Portarsi un ulteriore peso sul cuore, oltre quello di Hogwarts, era troppo perfino per lei.

Ma sua madre respirava, proprio come Scorpius, Draco, Den e i suoi fratelli. Rose respirava a fatica, e Desdemona era l'unica che sembrava non essersi fatta eccessivamente male; Lily chiamò sua zia Hermione, e in un attimo tutti furono trasferiti al San Mungo.

- Andrà tutto bene... - disse abbracciandola. Ma Lily li vide quegli occhi fissare sua figlia e Draco con una tristezza infinita; lei conosceva quello sguardo, quello che sembrava perso... quello che rivolgeva lei a Scorpius, sua madre a suo padre. 

Uno sguardo infinitamente innamorato.

 

 

Lily si passò una mano nei capelli rossi, mentre una rabbia incredibile si stava svegliando dentro lei, mettendo da parte la tristezza. "Vai e uccidili" urlava una parte di sé, e gli occhi lentamente si tinsero di un rosso carico, assottigliandosi e diventando simile a quelli di un serpente. La ragazza inclinò il capo, espirando lentamente: il collo si stava chiazzando lentamente di nero, proprio come lo sterno e le braccia.

Un urlo uscì dalle sue labbra quando quell'aura nera, che la stava distruggendo lentamente, si espanse attorno a lei. "Ammazzali tutti, senza distinzione." continuava a sussurrare quella voce, e quando Lily spalancò le fauci, arrabbiata, i denti divennero così sottili e simili a lame da fare concorrenza con quelli di un vampiro alquanto arrabbiato.

Si materializzò in un posto che non conosceva molto bene, ma era lì che Den era andato quando aveva cercato di far ragionare Bart. Era una villa stile inglese, nascosta da una foresta molto ampia, da cui non filtrava un minimo di luce. Lily camminò lentamente, dietro di sé le piante appassirono, il terreno si riempì di spaccature e un tuono illuminò ogni tratto di quella casa antica.

Arrivata dinnanzi al grande portone di ottone, Lily sorrise: con uno gesto secco della mano questo si stricò completamente, volando dall'altra parte della radura. Un piccolo giardino cercava di abbellire l'aspetto tetro della casa, proprio all'entrata, e la piccola fontana raffiguranti due cherubini venne frantumata dalla porta che si schiantò proprio su di essa.

Due vampiri le si pararono davanti agli occhi, sbarrandole la strada. Lily nemmeno li guardò, ma con un sorriso soave si avvicinò ai due. Strappò ad entrambi il cuore con le mani, senza nemmeno un brivido di compassione, e proseguì per la sua strada. Salì una lunga scalinata in marmo, continuando ad uccidere senza pietà, fino ad arrivare dinnanzi ad un altra porta.

Erano lì, li sentiva parlare, e come aveva fatto alla porta d'entrata, Lily stricò la porta buttandola dalla parte opposta dell'immenso corridoio. Bart la guardò ad occhi sgranati, mentre un'altra decina di vampiri la fissarono sorpresi. - Cosa ti avevo detto io? - mormorò Lily, afferrando una spada e tranciando la testa ad un vampiro che aveva fatto un passo verso di lei.

I vetri di tutta la stanza scoppiarono, mentre Bart indietreggiava sempre di più. - Cosa ti avevo detto io? Sono stanca di giocare al gatto e topo, è venuto il momento di scegliere chi è il più forte. - mormorò Lily, uccidendo altri due vampiri e avanzando sempre di più verso di lui.

- Questa volta non sono stato io a portare quei vampiri in casa tua, Potter. - disse Bart, attaccato alla finestra. Lily si bloccò di scatto, fissandolo. Tra le mani il collo di un altro vampiro. - Che cazzo vai blaterando? - sibilò, assottigliando ancor di più lo sguardo.

- C'è una spia tra di voi. Ora sta a te scoprire chi è. - mormorò Bart, prima di smaterializzarsi. Lily urlò di rabbia, e in un attimo la sua ira si scatenò. Quando andò via la casa crollò miseramente, come un castello di sabbia nelle mani di un bambino pestifero. 

 

 

- Bel risveglio, direi. - sussurrò Draco, muovendosi sul lettino del San Mungo e guardando Hermione. Ma lei non sorrise, anzi, una lacrima le rigò il volto, mentre il dolore vigeva straziante nei suoi occhi; - Ehi, ehi, cos'è successo? - domandò, e la strinse forte a sé quando lei gli buttò le braccia al collo, disperata.

Le sue lacrime gli bagnavano il collo, e struggevano il cuore. - Sono così contenta che tu ti sia svegliato, avevo una paura tremenda di perderti. - balbettò Hermione, e Draco sorrise, stringendola ancora più forte. - Dimmi cos'è successo... - mormorò, asciugandole le lacrime con i pollici.

- Stanno tutti bene, Ginny non ha perso il bambino che sembra abbia protetto la mamma come non mai, mostrando di già le sue doti magiche. Però... Den e Rose sono in coma e Lily è sparita. - disse, continuando a piangere e mordersi le labbra. 

- Basta piangere. Rose e Den staranno bene, te lo prometto, a costo di smuovere l'intera Inghilterra e i suoi migliori medici e pozionisti. Lily... sarà andata a sfogare la sua rabbia. - disse, stringendo il suo viso tra le mani da pianista. Hermione tirò su col naso, annuendo.

La sua piccola mezzosangue era forte. Questo lo aveva sempre saputo, anche ad Hogwarts quando cercava di trattenere le lacrime perché lui la offendeva e feriva nel profondo. Era bello abbracciarla, anche se non per felicità; era bello sentire il suo profumo sulla pelle, e i suoi riccioli solleticargli il volto per un infinito attimo di tristezza.

Hermione si spostò dal suo abbraccio, e questa volta fu lei ad afferrare il suo viso tra le mani, per poi appoggiare le proprie labbra sulle sue. Draco rimase per un attimo senza fiato, e a occhi chiusi gli sembrò di morire per poi... rivivere. Quel paradiso che gli aveva negato l'ingresso per tanto, troppo, tempo... aveva aperto finalmente le sue porte.

Tra le sue braccia.

 

 

- Maledizione! - urlò Albus, calciando il comodino alla sua destra, sotto lo sguardo sbigottito di suo padre, suo fratello e sua madre. Si scompigliò i capelli, e gli sembrò di impazzire: la sua Rose... la sua Rose era in coma. 

- Maledizione, Maledizione, Maledizione. - urlò Albus, continuando a calciare quel comodino, fin quando suo padre non lo afferrò per le spalle, cercando di calmarlo. Al si rigirò in quell'abbraccio, e scoppiò a piangere fra le braccia del padre. - Non può farmi questo... non può farmi questo proprio ora che avevo deciso di dirvi tutto. - disse tra le lacrime Albus, singhiozzando.

- Dirci cosa? - sussurrò Ginny, guardandolo profondamente. Il ragazzo si asciugò le lacrime, tirò su col naso e li guardò ad uno a uno, districandosi da quell'abbraccio paterno.

- Che sono innamorato di lei da quando ne ho memoria. - sussurrò Albus, lasciandoli tutti di stucco, senza parole e fiato. Sì, basta nascondersi: lui la amava più della sua stessa vita, ed era stanco di non poterlo gridare al mondo; lei era sua, da sempre. Anche quando da piccoli lei era malata e lui non usciva per giocarci insieme.

Anche quando a quindici anni si nascondevano nel capanno di nonno Arthur, per rubarsi alcuni baci. Come la prima volta che avevano fatto l'amore a sedici, e avevano continuato a farlo senza mai stancarsi. - Sì, sono innamorato di lei da quando per la prima volta mi ha dato un bacio sulla guancia. - disse Al.

L'amava, e quello nessuno l'avrebbe cambiato.

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Capitolo 16
*** Capitolo Quindicesimo ***


Attenzione! - Vi sono mancata? Sì? Oh, le mie gioie *-* - Chiudendo la parentesi "sono pazza ma non si nota" volevo cogliere l'occasione per augurarvi una buona pasqua con un immenso ritardo. Come avete passato queste vacanze? Io... uhm... l'ho passata, ringraziando Merlino. Il tipetto quì sotto è il nostro carissimo Scorpius. Sco...*sviene improvvisamente* Non venitemi a dire lo odiate: è un attore bravissimo, anche se fa sempre la parte del bastardo e ce lo vedo benissimo come un probabile Scorpius: ribadisco che se facessi un film sceglierei lui per impersonare il mio personaggio. Grazie per le vostre recensioni e il vostro starmi costantemente vicino. I love you. - Ps. il capitolo è molto corto, e non succede nulla di eclatante perché è transitorio. -

 

 

 

"A voi lettrici silenziose, le vostre sono urla."

 

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Una spia.

Lily guardò di sfuggita il volto di Scorpius corrucciato, per poi tornare a riflettere sulle parole di Bart. Una spia. Un sorriso sarcastico si dipinse sulle sue labbra rosee, mentre una rabbia incredibile cominciò a montarle dentro: era stata così stupida da essere fregata come una bambinetta alle prime armi. 

- Maledizione. - sibilò, per poi guardare distrutta il volto di Den esanime. Aveva gli occhi chiusi, e il volto ferito in più punti: era più fragile di quel che si pensava senza le sue sembianze di vampiro. Non aveva più la pelle dura come l'acciaio; una lacrima sfuggì al suo controllo, e fu Scorpius ad asciugarla con il pollice fasciato da una benda bianca.

- Non dovevo ritornare, vi ho messo in pericolo tutti quanti... - balbettò, rifugiando il viso tra le mani. - Non dire queste stronzate nemmeno per scherzo. - sbottò Scorpius, alzandosi dal letto dell'ospedale e zoppicando fino ad inginocchiarsi alla sua altezza.

- Guardami, guardami. - sussurrò, prendendo il suo mento tra le dita e guardandola dritta negli occhi. - Tu non hai messo in pericolo nessuno, non hai fatto che proteggerci da quando sei tornata, e se starcene in pericolo significa tenerti vicino... io e la tua famiglia ce ne staremmo costantemente in una guerra. - sussurrò Scorpius, e in un attimo la strinse in una morsa fatale.

Stretta a sé, con quel profumo di pesca, male e bene erano mescolati in un unica essenza maledetta. - Basta darti tutte le colpe, Lily. Basta farti del male, basta con tutto questo odio verso te stesse. - disse, scostandola per continuare a guardarla in viso.

- E' sempre colpa mia, capisci? Perché io sono l'unica in grado di proteggervi e non riesco a farlo mai abbastanza. - mormorò, asciugandosi le lacrime. Scorpius la schiaffeggiò improvvisamente, lasciandola senza fiato. 

- La Lily che conosco io non si sarebbe mai pianto addosso. - sussurrò lui, alzandosi e allontanandosi da lei. Fu un attimo e Lils cercò di colpirlo con un pugno, ma Scorpius fu più veloce e la schiacciò contro il muro, bloccandole i polsi con le mani.

- Lasciami andare, lasciami andare. - sbottò la ragazza, cercando di liberarsi dalla presa, ma le labbra di Scorpius soffocarono ogni protesta; lui le lasciò i polsi, ma prese le sue gambe mettendole attorno alla sua vita, e quando lei le strinse Scorpius passò a stringerle i capelli, le braccia, i fianchi.

Più le faceva male e più la sentiva sua, ed era inevitabile, perché più la sentiva sua e più quei gemiti accrescevano... fino a fargli scoppiare il petto. Improvvisamente le strappò i vestiti e penetrò senza dolcezza in lei.

Fino a perdere ogni cosa, perfino sé stesso.

 

 

- Mio Dio... - sussurrò Hermione, infilandosi le mani nei capelli e guardando Albus, che immobile la fissava in attesa di un cenno, di un qualcosa. Harry le aveva appena detto che suo figlio era innamorato di sua figlia, e ora erano tutti lì, a fissarla, a dare conforto a quel ragazzo a dispetto di ogni suo pensiero: - l'amore è amore - aveva mormorato sua madre, accarezzandogli la fronte.

Ma il momento della verità era arrivato troppo presto, ed Hermione aveva chiamato anche Draco per parlare: una lacrima le solcò il viso, e sapeva che lui l'avrebbe odiata. Perché se l'era tenuto stretto al petto quel segreto, e non glielo aveva mai detto. Perché aveva avuto il coraggio di cancellargli la memoria.

- Tu non ricordi, Astoria era incinta di Scorpius, e ci litigavi ogni giorno. Lei era quella giusta per i tuoi genitori, mi dicevi con rabbia seduto alla Testa di Porco; erano anni che non ci vedevamo, quella fu la prima volta dopo la sconfitta di Lord Voldemort: mi dicevi che faceva male essere additato per qualcuno che non sei, e che quel matrimonio era obbligatorio se non volevi rimanere solo.

Alzammo entrambi il gomito, e mi dicesti che la Granger non avrebbe dovuto fare certe cose, perché ero io quella che doveva mantenere l'ordine. Ti risposi che la guerra aveva cambiato tutti, compresa me, e che le delusioni mi avevano portato lì a bere, quindi l'avrei fatto per bene.

Facemmo l'amore, in uno di quei squallidi Motel che usano le coppiette innamorate. Stavo male il mattino dopo, mi ero ubriacata e avevo tradito Ron. Avevo paura di una possibile reazione di Draco, che mi dicesse qualcosa di male e che la sera prima aveva fatto l'amore con me solo perché era ubriaco.

Avevo paura che mi insultasse, che continuasse con la sua nenia della "mezzosangue". Ero stanca di essere ferita da qualcuno che amavo. Gli cancellai la memoria. Lo portai nuovamente alla testa di porco, e dopo un mese scoprii di essere incinta. Non dissi nulla a nessuno di quella notte, me la tenni nel cuore. - disse Hermione, senza guardare nessuno se non le sue mani sudate.

- Perché la merda la sentivo nelle ossa. - finì definitivamente Hermione.

 

 

- Stai bene? - sussurrò James, guardando Aerial tirare su col naso e guardarsi con rabbia allo specchio. - 'Fanculo. - masticò quelle parole quasi come se avessero il potere di distruggerla. Sì, perché voleva autodistruggersi. Aerial si asciugò con stizza le lacrime, infilandosi le mani nei capelli quasi disperatamente.

Lui se la strinse al petto, cercando di guarirla dentro. Lei si rigirò nel suo abbraccio, appoggiando le proprie labbra sulle sue. Jamie sapeva che tutto ciò che era comandato dalla rabbia, ma non la fermò; nemmeno quando quelle mani lo spogliarono lentamente, liberandosi da ogni strato che li dividesse.

Da ogni strato di vestiti, di pelle, di sentimenti. Aerial si spogliò della sua rabbia, delle sue insicurezze, del suo dolore, baciandolo sulla bocca e respirando a malapena. 

Rapì i suoi sentimenti, rubò il suo respiro, e lentamente si mosse su di lui. - Sei sicura? - domandò James, guardandola attentamente. - Sono sicura del mio dolore, delle mie insicurezze, della mia rabbia, del mio amore per te. Sono sicura di ogni bacio regalato, di ogni lacrima spesa, di ogni sussurro singhiozzato. Sono sicura di ogni cosa che faccio. - mormorò lei, prima di abbandonarsi nelle sue braccia.

Prima di concedersi a lui per la prima volta e cancellare qualsiasi cosa che non fosse il presente.


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Capitolo 17
*** Capitolo Sedicesimo ***


Attenzione! Vorrei scusarmi con voi per l'immenso ritardo. Sono passati cinque giorni ma ho avuto dei problemi e non sono riuscita a mettere le mani vicino a questa storia. Scusate, scusate, scusate, scusate. Spero di farmi perdonare con questo capitolo. Quella quì sotto è la nostra Rose, nel prossimo capitolo vi mostrerò Albus.

 

 

"A me stessa, che sto impazzendo per questa storia, e comincio a sognare Denholm Candevish."

 

 

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"Umano" 

Un sorriso si dipinse sulle labbra di Desdemona, i cui occhi blu pallido, smorto, si illuminarono di una dolce e cruenta vendetta. I suoi capelli rosso vermiglio si alzarono come smossi dal vento, come fossero tanti piccoli serpenti, mentre un brivido le accarezzava la schiena.

Per lui la morte sarebbe stata veloce e indolore, ingloriosa, ridicola. - Dici che morire soffocato è abbastanza per il piccolo Lord Candevish? - mormorò Desdemona al suo orecchio, ridacchiando. Tolse con delicatezza la testa di Den dal cuscino, aggiustandolo per bene, per poi appoggiarlo sulla sua faccia.

Schiacciò. Schiacciò quel cuscino sul viso di Den, con tutta la forza che possedeva. Schiacciò trattenendo un risolino, mentre la vittoria già le inondava le vene. Lei avrebbe vinto, questo lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Lei avrebbe schiacciato quei miseri insetti senza ripensamenti, con facilità, con lentezza esasperante. 

- Shh. - sussurrò, mentre vide che per istinto il corpo di Denholm si muoveva per liberarsi da ciò che lo opprimeva. 

- Avada Kedavra! - urlò una voce femminile, e Desdemona sobbalzò quando la maledizione senza perdono le sfiorò quasi il viso. Il volto deforme di Lily Luna Potter le apparve terrificante in quel momento, simile a quello di un  mostro.

- Tu! Piccola traditrice bastarda... come osi? Io che ti ho accolto in casa mia come se nulla fosse, dandoti tutto ciò che ti mancava... - urlò Lily, lanciandogli contro una palla infuocata. Desdemona la evitò per un soffio, buttandosi dall'altra parte della stanza con un agilità incredibile.

Con un gesto secco del braccio, Lily, spezzò la gamba destra della donna, che prese oramai le sue sembianze naturali urlò per il dolore. Era straordinario quel potere che le scorreva dentro, simile ad un veleno: più si arrabbiava e più diventava distruttiva. 

- Come osi toccarlo con le tue sudicie mani? - sibilò, schiantandola dall'altra parte della stanza. - Credi davvero che io sia così fragile, signorina Potter? - sussurrò Desdemona, e alzando le braccia a mezz'aria la lanciò contro al muro, che crollò miseramente.

Lily gemette, tenendosi la testa sanguinante, ma i suoi occhi rabbiosi erano l'unica cosa che si notava in quella fiosca di detriti e urla disumane. - E credi davvero che questi trucchetti possano spaventarmi, cagna? - urlò Lils, spezzandole l'altra gamba sbattendo il braccio sul pavimento. 

Desdemona rise, scuotendo il capo. - Avada Kedavra! - urlò, e Lils si spostò un attimo prima che la maledizione la sfiorasse. L'ennesima palla infuocata, e poi Desdemona si materializzò vicino a Lily, sorridendo malefica. - Sono più forte io, bambina. - mormorò, prima di baciarla sulla bocca.

I capelli vermigli di Lily divennero tutt'uno con quelli della donna, mentre gli occhi che da rossi divennero improvvisamente bruni erano spalancati dal... terrore. La pelle di Lily divenne simile ad una vecchia pergamena, mentre lei, con un bacio, le stava succhiando via la vita.

Ma prima che riuscisse veramente ad ucciderla, una spada trapassò Desdemona da parte a parte. Denholm Candevish affondò la lama nel primo cuore della donna, con sguardo impassibile. - Potrai anche essere più forte di lei, puttana, ma ricordati che io sono un Candevish. - sussurrò, prima di squarciarle mezzo busto.

E proprio prima di finire il suo lavoro, la donna si materializzò urlante.

Umano o non, nessuno oltrepassava il suo territorio senza conseguenze.

 

 

- Grazie. 

Den alzò gli occhi quando Scorpius sussurrò quelle parole, sorpreso. In realtà doveva essere lui a dirgli grazie, per avergli salvato il culo. Grazie forse perché ricambiava ancora Lily, e la rendeva felice. Grazie perché gli stava dando l'opportunità di disintegrarsi.

Denholm Candevish aveva preso la sua decisione, quella definitiva: appena finita quella guerra, appena Lily Potter sarebbe stata finalmente in salvo, lui se ne sarebbe andato. Non come aveva fatto lei, ma definitivamente. Avrebbe seguito le orme di suo padre e sua madre, di suo nonno e la sua ex moglie.

Finalmente sarebbe stato liberato da quelle catene che non eran altro che l'eternità. Era pazzo chi la desiderava tanto da fare qualsiasi cosa per averla. Vivere così a lungo da vedere le persone morire e tu vivere, è come tagliarsi le vene e guardare il sangue scorrere: una lunga agonia che dura goccia dopo goccia, che solo alla fine ti porta alla morte.

Sì, Den bramava la morte come quando cinque anni fa aveva bramato Lily. Così intensamente, con così tanta attesa da sentire il fiato mancare. Ed era sicuro che tant'era l'adrenalina non avrebbe sentito l'impatto. Nessun impatto, niente paradiso o inferno, solo l'oblio.

Il niente, il buio. Dopo tanto tempo finalmente un eterno riposo. 

- Ora... vado, ci vediamo. - mormorò, dando le spalle al ragazzo silenzioso e uscendo finalmente dal San Mungo. Da un po' a quella parte oramai visitava quel posto come fosse casa sua. Camminò per un po', per poi materializzarsi nella Londra babbana.

Entrò nel "Charme" un bar abbastanza carino, che si trovava in un vicolo isolato delle tante vie adiacenti ad Oxford street. Sorrise gentilmente alla barista, ed ordinò qualcosa di altamente alcolico, a suo piacere. - Problemi d'amore? - domandò la ragazza, e Den rise, attratto dal liquido ambrato che scorreva lentamente nel bicchiere pieno di ghiaccio.

- Problemi di esistenza, dolcezza. - sbuffò, bevendo tutto d'un sorso e trattenendosi dallo sputarlo in faccia alla ragazza, che scoppiò miseramente a ridere. - Questo non era uno shot. - mormorò infatti, scuotendo il capo. 

Aveva corti capelli castani, che portava in un taglio prettamente maschile. I suoi occhi erano verde scuro, simile a quello delle foglie quando vi si avvicina l'autunno; era cicciottella, e questo lo si intuiva dagli zigomi alti, il seno pieno e i fianchi larghi. In compenso, però, era molto carina. Il suo viso ispirava dolcezza e fiducia.

- Me ne fai un altro? - domandò, mettendo sul banco cento sterline prese in prestito dal portafoglio di Malfoy, che era troppo occupato a sbraitare contro Hermione che gli aveva tenuto nascosto il suo più grande segreto. - Con questi non ci arrivi a casa. Vuoi distruggerti? - sbuffò, scuotendo il capo.

- Sì, grande idea. Comunque io sono Denholm, tu? - sussurrò, cercando di sviare il discorso e appoggiando la guancia sulla mano aperta. 

- Gioia. - sbuffò, versando altro liquido nel bicchiere del ragazzo. Il bar era vuoto, di solito non c'erano molti clienti a quell'ora, anzi... in tutte le ore, preferivano posti più frequentati e "in" dello Charme. - Origini Italiane? - domandò Den, questa volta sorseggiando. 

- Sì... come hai fatto a... - domandò, prima di venire interrotta dal risolino di Den. - Le inglesi sono molto più fredde, e poi, dolcezza, Gioia è un nome prettamente Italiano. - disse, e Gioia si ritrovò a pensare che quel ragazzo non era male. Insomma, aveva una risata che incantava, e due occhi che erano la fine del mondo. 

Parlarono mentre lui beveva. Parlarono di tutto, di come lui avesse perso la sua famiglia e di come aveva lasciato andare la persona che amava per vederla felice. Parlarono di come si sentisse impotente in quel momento, tanto da non poter proteggere chi lo circondava. E poi parlarono di lei, di come arrancasse per arrivare a fine mese, e di come si ritrovava a pulire camere sporche d'albergo per mandare in Italia le medicine che servivano a sua madre per il tumore che aveva.

Parlarono fin quando Den non vomitò l'anima, addormentandosi poi sul bancone di quel bar isolato. E di come, silenziosamente, Gioia lo prese sotto braccio e lo portò nel suo piccolissimo appartamento, lasciandolo dormire nel sul letto e appisolandosi su una sedia al suo fianco.

 

 

Quando Den aprì gli occhi, con una nausea incredibile e un mal di testa rinsonante, per poco non vomitò: si sentiva una merda, e non era una bella sensazione, quella. Si guardò attorno e quando non capì effettivamente dov'era saltò a sedere nel letto, pronto ad ammazzare l'ennesimo nemico. Mezzo nudo, coperto solo dai boxer, entrò nella cucina di quel piccolo appartamento mezzo diroccato, trovando una... ragazza.

Dei flash della sera prima lo fecero sobbalzare, e si rese conto che quella cosetta, alta un metro e niente, si era fidato di lui a tal punto da portarlo nel suo appartamento e non lasciarlo mezzo svenuto nel vicoletto adiacente al bar.

- Ciao. - sussurrò, vedendola affaccendata in cucina. Gioia sobbalzò, girandosi di scatto e arrossendo nel vederlo mezzo nudo. - Ciao, vedo che ti sei svegliato. - sussurrò, continuando poi a cucinare. Den inclinò il capo, guardandola affondo: la sera prima non aveva notato la sua pelle pallida, e il rossore sulle guance, e nemmeno i denti un po' più lunghi davanti che mordevano senza pietà le labbra troppo carnose.

- Che ore sono? - domandò Den, sbadigliando e sedendosi su una sedia che traballò sotto il suo peso. Si guardò attorno e si trattenne dal ridere: il salone era quanto la sua stanza di casa Potter, munito di un divano con fiori bianco, una televisione piccola e una libreria vicino alla finestra. La cucina, poi, era muniscola: il frigo era bianco come quelli degli ospedali, i banconi e i vari mobiletti invece erano gialli, e sembravano rendere solare quel piccolo buco.

Gioia gli posò delle frittelle davanti, sulla tavola linda e... rosa. - L'hai arredata tu? - mormorò, e Gioia rise, annuendo. - Già faceva schifo di per sé, ci voleva qualche colore per riavvivarlo un pochino. - disse, sedendosi poi di fronte a lui e cominciando a mangiare silenziosamente.

- Che ore sono? - domandò Den, addentando una frittella e sospirando per il sapore più che buono. 

- Mezzogiorno, hai dormito tanto. - disse Gioia, guardandolo di sottecchi.

- Sei stata molto gentile. Grazie per tutto quello che hai fatto per me... - disse Den, intenzionato a rimanerle qualcosa prima di andarsene, ma lei sembrava avergli letto nel pensiero e scosse il capo, accigliata.

- Non voglio soldi, l'ho fatto perché ti capisco, perché sei un bravo ragazzo e non mi andava di lasciarti in mezzo ad una strada a farti derubare da quattro ragazzini in cerca di soldi per drogarsi. - disse Gioia, spostando il piatto e accendendosi una sigaretta quasi nevrotica.

- Posso venirti a trovare, almeno? - domandò Den, guardandola quasi timidamente. 

- Tutte le volte che vuoi, basta che non mi vai in coma etilico. - sussurrò Gioia, sorridendogli. Den si alzò, e lei fece lo stesso, inclinando il capo. Un delicato bacio sulla guancia, e il suo odore gli arrivò alle narici prepotentemente: sapeva di sole, fresco ed erba. 

Che non avrebbe dimenticato mai più.

 

 

 

- Mia figlia. - disse Draco, mentre Rose ancora doveva digerire la cosa. L'aveva saputo quella mattina, appena si era svegliata Albus l'aveva baciata sulle labbra e le aveva detto che era tutto apposto. Che era tutto apposto. Così sua madre si era decisa a parlare, dicendole che aveva inviato anche una missiva a suo padre, decidendosi a dirgli la verità.

- Cosa vuoi che sia? Una in più, una in meno. - mormorò Hermione, beccandosi un occhiata glaciale dall'uomo, e zittendosi. - Era una battuta... per sdrammatizzare. - sbuffò, anche se non era da lei, solitamente era quella più seria e che dava più peso alle cose, ma oramai erano passati due giorni e Draco non faceva che ripetere "mia figlia" come una nenia.

Ed era fastidioso.

- Quindi significa che io e Al... - disse Rose, guardando la madre profondamente. L'aveva perdonata perché capiva: nessuno avrebbe accettato quel bambino e lei, che aveva fatto un errore madornale. La capiva perché lei era stata la prima a scappare e ripudiare il suo rapporto con Al.

- Sono felice che tu ti sia innamorata di lui, è l'unico che ti amerà per sempre. - disse Hermione, e una lacrima solcò il volto di Rose, mentre Draco scattò in piedi a molla.

- Eh no, no, no, no. Abbiamo già stabilito che le mie bambine rimarranno vergini fino ai quarant'anni, e questo vuol dire che nessun Potter toccherà le mie figlie. Né ora né mai! - sbraitò, risvegliandosi dal suo stato cataconico e facendosi guardare strano dalle due donne, tre, visto che era appena entrata Aerial.

- Ma se fino a ieri non sapevi nemmeno che ero tua figlia. - sbuffò Rose, incrociando le braccia al petto e guardandolo con segno di sfida.

- Beh, ma lo sei, quindi poche chiacchiere. - sibilò Draco, guardandola con occhi assottigliati. - Ah, e preparate le valigie, a Malfoy Manor le vostre valigie sono già pronte. - mormorò, prima di uscire dalla stanza sotto lo sguardo sbigottito di Rose ed Hermione, che si fissarono stralunate.

- Era da tempo che voleva chiedertelo, Hermione. In realtà era da tempo che voleva lasciare la mamma, e ora mi rendo conto del perché. Ti ama, e vuole averti vicino, vuole costruire quel rapporto che vi è stato sempre negato, e con me, Scorpius e Rose vuole costruirsi una nuova famiglia. Una vera famiglia. - disse Aerial, che sotto lo sguardo sorpreso e addolcito delle due venne abbracciata dolcemente da James.

- Non preoccuparti, Rose. Per principio papà non vuole che le sue bambine vengano toccate, e se è un Potter ancora peggio, ma basta non fargli vedere cosa succede sotto al suo naso... no? - rise, facendole l'occhiolino.

Una nuova famiglia... 

Una vera famiglia.


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Capitolo 18
*** Capitolo Diciassettesimo ***


Attenzione! Innanzitutto mi scuso per l'immenso ritardo: non avevo alcuna ispirazione, e sono stata due giorni senza lavarmi, senza uscire, senza fiatare, davanti al computer per scrivere una schifezza come questa. Quindi scusatemi, davvero. Volevo scrivervi una cosa... ma credo che lo farò nel prossimo capitolo. Con questo vi lascio, alla prossima e buona lettura. Ps. questo quì è Albus - Francisco... *sviene* -

 

Parole

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Gli graffiò le spalle, lasciando scie rossastre anche lungo la schiena diafana. Baciò quelle labbra come se fossero la sua ancora di salvezza, tremò tra quelle braccia come se fosse la sua unica via d'uscita. Lily Potter respirò sulla bocca di Scorpius Malfoy, che inarcò la schiena e tremò leggermente. Si impossessò del suo respiro, della sua anima, del suo cuore che batteva frenetico, della sua mente spenta, del suo corpo infuocato e lasciò che lui la accarezzasse.

Lui portò le sue braccia distese lungo la testa, accarezzandole con i polpastrelli, staccandosi dalle sue labbra e baciandole il mento. Lily trattenne un gemito, mentre sentiva il cuore squarciarsi interamente nel suo petto. Si stava fidando. Sperava solo che quella volta non avrebbe dovuto soffocare lacrime amare in un cuscino bagnato dall'amarezza che straripava dal suo cuore.

Scorpius le bacio il collo, spinse ancora più in profondità e inclinò il capo. Mentre una mano le manteneva i polsi, l'altra cominciò ad accarezzarle dolcemente una gamba, mentre sapeva che invece di entrare nel suo corpo stava lentamente entrando di nuovo nel suo cuore. Cominciava a far parte della sua anima, e la sentiva sua, mentre si amalgava ancora una volta con lei. 

Uno sguardo appannato dal desiderio, un altro da un amore così soffocante da stringere i pugni e conficcarsi le unghie nei palmi. Stupidi innamorati. Così accecati da loro stessi da poter andare a fuoco e non importarsene. Sarebbero caduti in un dirupo stucchevole, si sarebbero soffocati con i loro baci, si sarebbero distrutti l'un con l'altro senza mai dire basta.

 

 

- Non voglio tornare come prima. - sussurrò Den, rigirandosi tra le dita una tazza di caffé caldo. Ginevra Molly Weasley si sedette al suo fianco, soffiando sul suo té. La cucina della tana era per la prima volta in vita sua silenziosa, mentre tutti dormivano e Denholm Candevish sorrideva con sincerità per la prima volta in vita sua. 

- Sono stanco di guardare le persone che amo morire, e di rimanere sempre lo stesso. Avevo considerato questa "trasformazione" una maledizione solo perché sapevo di non poter proteggere abbastanza voi, ma mi sembra di rivivere. - sussurrò, godendosi affondo la carezza della donna.

- Ho conosciuto una ragazza, e so di metterla in pericolo se non la allontano, ma non ci riesco. E' qualcosa di meraviglioso stringerla tra le braccia, vederla sorridere, sentirla ridere. Non ho mai provato un sentimento così... pulito. Non è un ossessione, uno sfizio, ma un qualcosa che batte dentro e non riesco a farlo smettere. - mormorò Den, sorridendo. 

- Goditela finchè puoi, e fregatene di quel che dicono gli altri. L'amore non mette in pericolo. Non fare lo stesso errore di mio marito, che ai tempi di Hogwarts mi lasciò per uccidere Lord Voldemort, fa fare a lei le sue scelte, fa decidere a lei cosa fare e cosa no. Aprigli il cuore, se è vero amore lei saprà che strada prendere. - mormorò Ginny, sorseggiando la sua bevanda.

- Grazie. - sussurrò Den, e la donna gli baciò con dolcezza la fronte. - Di niente, bambino mio, e ora riposa, che sei a pezzi. - disse, lasciandolo lì. Quella donna gli entrava sempre di più dentro, come una madre di cui non si può fare a meno. Con lui era dolce, disponibile, e lo trattava come un figlio. Come un figlio. Denholm Candevish stava rivivendo quella gioventù che non aveva mai avuto.

E non gli dispiaceva affatto.

 

 

Hugo Weasley guardò il suo orologio da polso, scosse il capo, sospirò, baciò sua moglie sulla fronte e si materializzò. Quando alzò gli occhi al cielo, un impotente costruzione si ergeva dinnanzi al suo sguardo: Malfoy Manor era tutto ciò che un uomo aspirasse nella sua vita.

Una villa di quattro piani in stile vittoriano, con un giardino curato, una fontana al centro dello spiazzato e tutto curato nei minimi dettagli. Varcò quelle soglie senza nemmeno guardarsi attorno, e quando un elfo l'accompagnò gentilmente nella Sala da pranzo, strappandogli il cappotto nero che indossava e lasciandolo in giacca e cravatta, si ritrovò davanti il putiferio.

Ronald Weasley aveva la bacchetta spianata e lo stesso Draco Malfoy, che stringeva la mano ad un orgogliosa Hermione Granger. - Mi hai lasciato per lui? - disse Ron incredulo, con i capelli rossi scompigliati e l'espressione irosa. 

- Mamma, Ronald. - disse Hugo, poggiando la ventiquattr'ore su una sedia e baciando con delicatezza la madre, che gli strinse con dolcezza un braccio. - Ti pregherei di abbassare la bacchetta, o due giorni ad Azkaban non te li toglie nessuno. - sibilò verso suo padre, che lo guardò sorpreso.

- Ora ci siederemo calmi e tranquilli e firmeremo le carte per il divorzio. - disse Hugo, invitandoli ad accomodarsi. Ron lo fece senza fiatare, guardandolo stranamente. - Ci sono le prove di un tradimento, e di una totale assenza in famiglia, quindi non ci saranno problemi. - mormorò Hugo verso sua madre, che annuì.

- Mi dici perché stai facendo questo? - mormorò suo padre, guardandolo negli occhi. L'uomo sorrise, mentre dentro si sentiva morire. Perché lui ancora agognava un suo abbraccio. - Perché non ho mai avuto un padre, e l'ultima volta che mi hai visto è stato quando avevo nove anni. Perché ogni notte sentivo la mamma piangere nel suo letto, infelice. Perché speravo sempre che tu un giorno arrivassi e non te ne saresti andato via mai più.

Perché eri la cosa più importante della mia vita, e me l'hai distrutta. Perché agognavo un tuo abbraccio, e non me l'hai mai concesso. Perché nonostante tutto ti scrivevo tutti i giorni, e non mi rispondevi mai. Perché sono diventato io l'uomo di casa, amando mamma e Rosie con tutto me stesso, cercando di fare costantemente le cose giuste.  

Perché, cazzo, sei un fottuto bastardo. - sibilò Hugo, e con uno gesto secco gli mise le carte sotto al naso, e dal suo sguardo non ammetteva repliche. Aveva smesso di soffrire per la sua assenza, aveva smesso di piangere su una pozione versata.

I suoi figli si sarebbero sentiti dire tutti i giorni " ti voglio bene ", quello era sicuro.

 

 

- Ti amo. - mormorò Rose, guardando quegli occhi che solo sicurezza e certezze sapevano regalarle. Ora che tutto era andato a suo posto potevano stringersi alla luce del sole, ed era quella la cosa più importante. 

Si erano nascosti per così tanto tempo, soffocando quei battiti violenti che seguivano solamente il loro amore. - Volevo chiederti una cosa. - sussurrò Albus, sorridendole dolcemente e arrossendo. Rose gli strinse la mano, infondendogli coraggio. 

E Al sapeva che quella era la cosa giusta, perché solo con lei riusciva a sentirsi all'inferno e in paradiso nello stesso istante. Perché Al sapeva che quei baci solo gioia sapevano regalarle, perché quegli occhi solo tenerezza sapevano infondergli. 

Perché il suo cuore batteva per lei da quando aveva memoria.

- Perché non vieni a giocare con la neve, Rosie? - domandò un piccolo Albus, che guardava la cuginetta guardare fuori dalla finestra della tana con sguardo triste. - Ho la febbre, Al, e non posso. - disse la piccoletta, sorridendogli triste. 

- Allora giochiamo quì? - disse il bambino di appena cinque anni, sorridendole. 

Aveva dato di tutto per renderla felice, fin da quando aveva memoria. 

- Mamma non vuole comprarmi una scopa giocattolo perché dice che è pericolosa. - disse Rosie, con una piccola smorfietta sul viso, e Al guardò la sua di scopa, nuova di zecca, per poi porgergliela. - Puoi giocare con la mia. - disse poi, perdendosi nell'abbraccio della cuginetta, che a sette anni vantava di un sorriso capace di illuminare l'universo.

Perché lei era il suo sorriso, e gli infondeva costantemente gioia di vivere.

- Perché piangi? - sussurrò Albus, accarezzando il visetto di sua cugina, che scosse il capo. Gli si strinse il cuore, e così l'afferrò per il mento, costringendola a guardarlo negli occhi. - Papà nemmeno questa volta è venuto, e mi aveva promesso che per il mio compleanno sarebbe stato presente. - disse Rosie, tirando su col naso. 

- Se vuoi posso prestarti il mio papà. - disse Albus, sorridendo nella sua innocenza. - Non si prestano i papà, Albie. - disse Rosie, che appena nove anni compiuti si asciugava le lacrime con il polso. - Allora oggi io e Jamie saremo i tuoi papà! - disse Albus, assumendo un espressione seria e baciandola sulla guancia. 

- Ti voglio bene, Rose. E non ti abbandonerò mai. - mormorò, sapendo che avrebbe mantenuto quella promessa, e sciogliendosi al sorriso della cuginetta.

Perché lei era la sua luce.

- Giuro che lo ammazzo! - sbraitò un Albus dodicenne, camminando nella Sala Comune come un invasato.

- Calmati, Al! - borbottò Rose, mordicchiandosi le labbra. Il quadro della Sala Comune si spostò, rivelando un ragazzo di tredici anni che sorrideva ad un gruppo di amici un po' più in là. Aveva grandi occhi azzurri e capelli biondi, e, e, e... ed era un bastardo!

Albus si lanciò sul ragazzo, cominciando a prenderlo a pugni. Parecchie persone si intromisero per dividerli, e sembrava proprio che Potter avesse avuto la peggio. - Perché diavolo hai fatto a pugni con Smith, Potter? - sbraitò la Mcgranitt un quarto d'ora più tardi nell'infermeria.

- Nessuno ferisce mia cugina. - rispose lanconico il ragazzo.

- So' che siamo in piena guerra, so' che è da stupidi, so' che la gente pensa ancora che siamo cugini, ma penso a questo da anni oramai... Vuoi sposarmi, Rose? - sussurrò il ragazzo, e con un grido Rose gli buttò le braccia al collo.

- Lo prendo come un sì. - mormorò Albus, e seppe che in quel momento aveva tutto nella sua vita. Ogni cosa che gli servisse, e non avrebbe chiesto nient'altro. 

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciottesimo ***


Attenzione! Ammori miei come state? Sono arrivata con un altro capitolo, e credo che saranno altri pochi capitoli e la storia finirà. Insomma, la sto mandando avanti da secoli, sarà anche ora. Sono emozionata, perché questa sarà la prima storia che porterò a fine, e mi sono ripromessa di farlo perché... beh, è la mia bambina, come potrei non farlo? Ora vi metto una foto di Gioia, anche perché in questo capitolo parleremo del rapporto di tutti, mentre nel prossimo della guerra tra bene e male. 

Grazie del supporto, delle recensioni, della gioia che mi regalate ad ogni complimento. Siete voi ad aver scritto questa storia. E chissà, se finisco presto anche Io ci sarò, e fidatevi altri capitoli ed è finita, ci sarà un sequel di Parole. Ora vi lascio alla lettura, e grazie di tutto.

Grazie.

 

"Questo capitolo è dedicato al mio papà, che da poco abbiamo scoperto malato.

Qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa io ti dica... tu sei e sarai sempre l'unico uomo della mia vita. 

Quasiasi cosa succeda... io ti porterò nel cuore, vita mia, e ti amerò sempre."

 

Parole

 

 

 

 

- Ciao. 

Gioia alzò di scatto gli occhi, mentre un sorriso si formava tremulo sulle sue labbra. In un attimo lasciò cadere lo straccio con cui stava pulendo il bancone, buttandogli le braccia al collo. - Pensavo non saresti più venuto. - mormorò, mentre Den se la stringeva al petto, dolcemente.

- Ehi, principessa, io mantengo le promesse. - sussurrò al suo orecchio, facendola ridere. Era passata una settimana, e non vederla era stato un trauma per lui. Insomma, si era abituato a quel sorriso, a quelle mani veloci che si affaccendavano e non riuscivano a stare mai ferme, e a quegli abbracci che sapevano di casa.

- Den... - lo richiamò lei, allontanandosi dalle sue braccia. Il ragazzo la guardò curiosamente, e lei sorrise a labbra piene. 

- Mi baci? - sussurrò Gioia, fissandolo in attesa di una risposta e sperando di non fare una figuraccia. Den rise, e delicatamente afferrò il suo mento, baciandola delicatamente sulle labbra. Gioia strinse i suoi capelli soffici tra le dita, avvicinando ancor di più il suo viso al proprio, respirando nella sua bocca con estasi.

- Ti prometto che appena tutto questo sarà finito... tra noi sarà tutto normale. - mormorò Den, staccandosi appena un po' e stringendo le proprie dita alle sue. Era una promessa quella, e sapeva che l'avrebbe mantenuta. Appena quella guerra sarebbe finita lui sarebbe corso da lei, e se la sarebbe tenuta stretta al petto.

Senza lasciarla più andare via.



- Mi dispiace averti ferito, papà. Essermene andata, sparendo nel nulla, ma l'ho fatto per proteggerti. Volevo che voi aveste una vita normale, con il pericolo lontano da voi, ma in tutti quegli anni che sono stata lontana da voi... non ho mai smesso di amarvi. 

Non ho mai smesso di piangere la vostra mancanza, e stringere al petto una foto della famiglia al completo. Ma ho capito che infondo io sono la vostra felicità come voi siete la mia, e lì ho giurato di proteggervi da tutto e tutti, perfino da me stessa.

Non vi farò mai più del male, te lo prometto. Non mi farò mai più del male, te lo prometto. Ora ho vicino ogni cosa che desideravo avere, e fidati di me quando ti dico che me la terrò stretta al petto fino alla morte. - sussurrò Lily, con il viso di suo padre tra le mani, asciugando una lacrima che era scivolata da quegli occhi verde smeraldo.

- Ti amo, daddy. - mormorò la ragazza, buttandogli le braccia al collo e scoppiando in lacrime, mentre Scorpius e Ginny osservavano la scena dallo stipite della porta. Harry Potter ringraziò ogni protettore di Hogwarts, e strinse al petto la sua bambina.

La sua bellissima bambina, quella che era capace di illuminargli l'esistenza con quel sorriso, colei che aveva reso Harry Potter il bambino che è sopravvissuto... Harry Potter, il padre, il marito e l'uomo più felice della terra. - Ti amo, vita mia. - sussurrò, perché quello era amore.

Perché quell'amore non sarebbe mai finito, l'avrebbero sempre tenuto al petto, come un tesoro inestimabile. Perché lui l'aveva cresciuta, baciata, cullata fino allo sfinimento quando da piccola piangeva per qualcosa; perché le aveva insegnato a camminare, e parlare. 

Perché lui l'aveva consolata quando il primo ragazzo l'aveva ferita, quando aveva portato un vuoto buono a casa. Lui era stata la sua stella, il suo pilastro, la sua gioia di vivere, e viceversa. 

- E tra nove mesi avrai anche qualcun'altro da amare. - disse Scorpius, facendogli sgranare gli occhi. Lily rise, allontanandosi di un paio di passi e stringendo la mano al ragazzo, che la strinse a sé. - Aspettiamo un bambino, papà. - disse, con le lacrime agli occhi, mentre un urlo invase le pareti della tana.

Ginny strinse a sé la sua bambina, mentre Harry scuoteva il capo. E capì che quell'amore non sarebbe mai finito, perché avrebbe amato quel bambino come Lils... e insieme ad Albus e James si sarebbero ricostruiti una vita. Una vita fatta di felicità e sorrisi.

 

 

- Me lo prometti? - disse James, guardando Aerial che annuì. Lui poteva amarla più di sé stesso, ma lei doveva cominciare ad amarsi, o si sarebbe auto-distrutta. - Caeli, amore, sei bellissima, e basta farsi del male. Non c'è niente che non vada in te, non c'è niente. Sei l'essere più bello che essere umano ha mai potuto mettere sulla terra, e sei la mia gioia di vivere. - sussurrò, inginocchiato dinnanzi al suo letto.

Era svenuta, ancora, solo perché vomitava. Perché vomitava fino a graffiarsi l'anima, fino a sentirsi male, fino a diventare pelle ed ossa. Una lacrima solcò il volto della ragazza, mentre Hermione entrò nella sua stanza con una tazza di tè fumante tra le dita. La appoggiò sul suo comodino, e accarezzò la mano di James, chiedendogli con gli occhi di uscire e rimanendo sola con la ragazza.

- Mia madre, quando ero piccola, mi diceva sempre che la bellezza risiede nel cuore di chi ci osserva. Mi diceva che la bellezza non era data da due grandi occhi, o da capelli acconciati alla perfezione, perché quella, con il tempo, sparisce. E' quì, la tua bellezza. - sussurrò Hermione, toccandole il cuore. 

- Tua madre era frustrata, non sapeva accettare che l'amore di tuo padre verso di te fosse più forte di quello che provava lui verso di lei. Sei bella, Aerial, la ragazza più bella che io abbia mai visto. E non sono la sola a dirlo, non continuare a farti del male. Basta, con il farti del male. D'ora in poi ci saremo io e tuo padre con te, a curarti e sostenerti in ogni cosa che tu farai. Ad ascoltarti se ci sarà bisogno di sfogare. A consolarti, se sentirai il bisogno di piangere. A ripeterti che sei l'angelo più bello del paradiso, se ti sentirai in qualche modo diversa. - sussurrò Hermione, accarezzandole il viso. 

Aerial soffocò le lacrime nel suo abbraccio, perché era di quello che aveva bisogno. Di un abbraccio di una madre, delle parole di una madre, del sapore di mamma. - Va tutto bene, shh, va tutto bene. - mormorò Hermione, cullandola in un abbraccio materno.

 

 

Dalla propria stanza a Malfoy Manor, Rose Weasley fu afferrata di spalle e stretta in un abbraccio che profumava di... lui. - Hugo... - balbettò la ragazza, rigirandosi nell'abbraccio e buttandogli le braccia al collo. Erano anni che non lo vedeva, toccava, baciava. Erano anni che non vedeva i suoi occhi azzurri, che non sentiva le sue stupide battute.

- Sorellina, ho sentito la lieta notizia. - disse il ragazzo, sorridendole con dolcezza. 

- Mi sei mancato, stupido! - mormorò Rose, schiaffeggiandolo delicatamente dietro la testa. - Anche tu mi sei mancata, sorellina. - disse Hugo, senza rifiutare quelle braccia che gli circondarono nuovamente il collo. Respirò tra i capelli castani di Rose, stringendosela al petto. Anche a lui erano mancati quei abbracci che sapevano di lei.

- Sarai felice con lui, ne sono sicuro. - mormorò, staccandosi e baciandola sulla fronte. Rose annuì, lasciandolo andare a poco a poco. - Verrò di sicuro al tuo matrimonio. - disse poi, e una lacrima solitaria solcò il volto della ragazza, che annuì. Una mano tesa con le dita ancora contratte, a stringere una giacca immaginaria.

- Sarai sempre l'unico uomo della mia vita, Hugo, l'uomo che mi ha cresciuta nonostante fosse più piccolo di me. Sarai sempre il mio papà speciale. - disse Rose, e questa volta anche una lacrima solcò il volto del ragazzo, che corse ad abbracciarla ancora una volta, facendole alzare i piedi da terra.

- E tu l'unica donna della mia vita, Rosie. - sussurrò Hugo, e Albus, appoggiato contro lo stipite della porta, sorrise, abbassando il volto. Incrociò lo sguardo del fratello di Rose, suo cugino, e gli promise silenziosamente che si sarebbe preso cura di lei.

Sempre.

 

 

- Grazie. - disse Draco Malfoy, mentre la sua futura moglie scuoteva il capo, come per dire "di niente". Ora le sue piccole principesse erano tre. Aerial, Rose e... lei. - Non potrò mai cancellare il passato, Granger. Non potrò mai ritirare ogni insulto, e chiederti scusa. Ma posso dirti che cercherò di rimediare, posso dirti che cercherò di essere un marito e un padre, qualcosa di speciale per voi, e posso assicurarti che non vi tradirò mai, e che voi sarete sempre e comunque la mia famiglia. - sussurrò Draco, abbassando gli occhi imbarazzato.

- E io non posso cancellare il pugno che ti ho dato ed ogni insulto, ma posso ringraziarti per avermi salvato quasi la vita tanti anni fa, e avermi regalato Rose. Posso dirti però che sarò una madre per i tuoi figli, e una moglie che non ti tradirà mai. Perché ora siete la mia famiglia. - disse Hermione, e Draco, soffocando una risata, se la strinse al petto e la baciò sulle labbra.

Perché ora erano l'uno la famiglia dell'altro.

 

 

- Se poi trovi un ragazzo... mi lascerai? - mormorò improvvisamente Lorcan, facendo sobbalzare il fratello. Sua madre Luna, dall'altra parte della stanza, guardò il figlio con dolcezza. La donna servì la cena, e mentre suo marito la baciò con tenerezza sulle labbra, ringraziandola, i suoi figli la guardarono all'unisono. 

I suoi figli. La perdita di Lorcan era stata lacerante, perfida. E aveva pregato che sua madre lo coccolasse quando avrebbe pianto lì, nei cieli, e lei non avrebbe potuto farlo; aveva pregato che sua madre gli insegnasse ogni cosa, ma ora lui era lì. I suoi meravigliosi bambini erano lì.

- Noi amplieeremo la casa, e creeremo due appartamentini ai lati della villetta, così noi potremmo vivere insieme per sempre, anche se voi troverete la vostra anima gemella. - disse Luna, e quando vide gli occhi dei due gemelli illuminarsi, seppe che non avrebbe mai potuto lasciarli andare e lasciare che si separassero. 

Li strinse in un abbraccio dolce e materno, e fu ricambiata da un abbraccio che sapeva di amore. - Sei figa, mamma, tanto quanto un nargillo. - disse Lysander, facendo ridere la madre. - Vi voglio bene. - mormorò poi, baciando prima la fronte di Lorcan, che cominciava ad abituarsi a quei segni d'affetto e volere bene la madre come non mai, e poi a Lysander, che aveva trovato il suo posto nel mondo.

Perchè insieme a suo marito, che le strinse con delicatezza un fianco, erano la cosa più importante della sua vita. - Grazie, mamma. - pensò Luna, alzando gli occhi al cielo sorridente, e facendo un occhiolino al nulla, dove il volto di sua madre la fissava gioiosa nella sua testa.

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Capitolo 20
*** Capitolo Diciannovesimo ***


Attenzione! Ed ecco che era arrivato il momento che tanto aspettavo. Il momento clou della storia, la fantomatica battaglia; eccomi tutta concentrata, a scrivere con gli occhi spiritati e una musica da film d'azione che mi risuona nelle orecchie quando... click, si spegne il pc. Un urlo che invade la casa, terrorizzato. Mia madre accorre dal balcone, mio padre sobbalza dal letto dove stava dormendo beatamente, mia sorella mi lancia lo scolapasta in fronte, mio cognato per poco non mi lancia il portatile contro... ed improvvisamente, una lacrimuccia, di quelle disperate, mi scende dagli occhi. Ho perso tutti i dati, e quando dico tutti, dico tutti. Riaccendo il pc, apro google chroome e trovo scritto ripristina: EFP mi riapre l'editor HTML senza scritto niente. Capito? Niente, niente, niente! Niente di niente.  Sono disperata, in lacrime, e poi mi sono data a schiaffi da sola: perchè non ho scritto prima su Word? Perché, cazzo? Che poi non sarebbe servito a niente. 

Chiudendo questo monologo, salve mie punzelle! Adorate, mie adorate, sono così addolorata! Il capitolo che sto per scrivere non so' se sarà all'altezza di quello che avevo scritto. Cercherò di renderlo migliore, mi convincerò che sia migliore, con la boccuccia all'ingiù e un espressione da " giuro che se mi toccate o mi rivolgete la parola vi faccio a pezzi e poi occulto il cadavere ". Dopo questo capitolo, che descriverà la battaglia, ce ne saranno altri due e poi basta di basta. E tutto finito. E spero che mi vengano uno di quei schizzi da bambina traumatica che mi dicano: scrivi il sequel! E lo farò. Con questo vi ringrazio di tutto, e vi lascio al capitolo con i capelli ritti in testa. 

Ps. Queste meraviglie qui sotto sono Aerial e James, nel prossimo capitolo metterò Lysander e Lorcan. Non sono bellissimi?

Vi amo.

 

" Al mio pc, che se mi rifà uno scherzo del genere giuro che lo butto dal balcone e non se ne parla più."

 

 

 

Parole

 

 

Immobile.

La tana, quel due maggio duemilaequindici, sembrava essere stata rinchiusa in una spessa bolla di cristallo, dove né aria, né alcun suono erano riusciti a penetrare. Grossi nuvoloni neri come la pece appesantivano il cielo, oscurandolo, mentre la pioggia sottile e invisibile non riproduceva nemmeno il solito ticchettio sul tetto.

Harry James Potter alzò lentamente lo sguardo dal libro che stava leggendo, guardando come ipnotizzato fuori dalla grande finestra che dava sullo spiazzato che circondava la tana. Rinchiuse con un delicato tonfo il libro, posandolo sul tavolo dove di solito si riunivano per mangiare, alzandosi lentamente e dirigendosi verso la finestra. Uno strano sentore gli arrivò alle narici, e l'uomo arricciò il naso, per poi sgranare gli occhi. Guerra.

- Ginny! - urlò, correndo verso il salottino, dove la moglie cercava di rilassarsi sul divano. La donna si alzò di scatto, per quando la pancia poteva permetterle, guardando spaventata il marito. - Chiama tutti gli altri e falli venire quì. - disse Harry, correndo poi al piano di sopra; aprì la porta della camera di sua figlia, e gemette quando la vide riversa in una pozza di sangue. 

Gli occhi di Lily, obliqui e rossi, si spalancarono di scatto, mentre il petto maciullato si alzava e abbassava freneticamente. Aveva la faccia imbrattata di sangue, e le spalle nere come il carbone. La ragazza si alzò di scatto, e senza nemmeno degnarlo di un occhiata si materializzò al piano inferiore. - Non so cosa sia successo, Harry, quando ci siamo svegliati ha cominciato a sanguinare dal naso, dagli occhi e dalla bocca, vomitando sangue. Poi il petto... mio dio. - balbettò Scorpius, che aveva i capelli rossi e le mani sporche. 

- Armati più che puoi, sono arrivati. - sussurrò Harry, correndo nuovamente al piano di sotto. Si bloccò dinnanzi alla vista di Den, che guardava fuori dalla finestra e di tanto in tanto arricciava il naso. - C'è puzza di immondizia. - disse all'unisono con Lorcan, che si era appena materializzato nel salotto. - E non sei tu. - dissero nuovamente insieme, alzando un sopracciglio nello stesso istante.

Il rumore di una pistola che si carica, e Rose Malfoy quasi in Potter strinse tra le mani la sua Colt 1911, con le labbra arricciate. - Questi stronzi mi stanno stancando, io tra poco mi sposo, e non voglio di certo che mi rovinino la cermonia. - sbottò, facendo ridere Albus, che afferrò a volo una spada da suo fratello James, che gli sorrise. 

- Harry! Bill, Fleur e Charlie si materializzeranno a minuti, mia madre e mio padre sono da Percy, ed è meglio che rimangano lì, ma Lucy e Molly verranno con la metropolvere, anche senza il consenso di mio fratello. Draco sta arrivando con Hermione, così ho deciso di mandare Aerial dai miei. - disse Ginny dall'altra stanza, e dal tonfo di una lama capì che anche lei si stava armando. - Questi stronzi hanno finito di torturare mia figlia. - sibilò infatti la donna, mentre Lily fissava la porta ciondolante.

- Moriranno tutti, tutti, tutti. - mormorava, incantata. Bill, Fleur e Charlie si materializzarono, mentre Lucy e Molly, poliziotte, arrivarono dal camino. Draco e una decina d'Auror arrivarono e si sparpagliarono per la stanza. - Sono quì. - sussurrò Lily, e aprì di scatto la porta sotto le urla di sua madre, che cercava di fermarla.

Scorpius la seguì, e la rabbia travolse anche lui quando vide Bart e Desdemona comparire. - Quanti ne siete questa volta? Ancora non avete capito l'antifona? Vi uccideremo comunque. - disse Harry, affiancando il ragazzo. - Quasi tutta la rosa, dolcezza, siete ancora sicuri di poter vincere? - rise Desdemona, ma sobbalzò quando sentì quella petulante e stupida ragazzina scoppiare a ridere.

- Benzina. - disse improvvisamente, mentre alcuni Auror si materializzarono insieme a parecchi vampiri. Bene e male, schierati in quell'ultima e sanguinosa battaglia. Nessuno capì le parole della ragazza, fin quando non sputò ai piedi di Desdemona, che sgranò gli occhi. Era... cazzo, era benzina. La rossa schioccò le dita, e un cerchio circondò i vampiri, che urlarono al contatto col fuoco.

- Credi davvero che io abbia paura di un mucchio di poppanti? Cazzo, posso farvi fuori solo sputandovi addosso, idioti! - sibilò, mentre un tuono fece da sottofondo alle sue parole. Gli occhi rossi della ragazza si fissarono nel cielo, e un lampo illuminò i suoi tratti.

Fu un attimo e un vampiro si lanciò su Rose, che mirò dritto al cuore. Il rumore della pallottola che squarciava il petto del ragazzo che si fermò a pochi centimetri della Malfoy, che strinse la mascella. Albus gli recise la testa, per poi fare ciao-ciao con la manina verso gli avversari.

L'urlo di guerra e un fragore di spade che si scontrano, lo scricchiolio della magia che faceva tremare l'aria, e corpi che si scontravano. Lorcan azzannò un vampiro, e con gli occhi inettati di sangue si guardò attorno: nei dintorni c'era la sua vecchia famiglia, e si bloccò. Un sorriso si dipinse sul suo volto, feroce: quello era il momento buono per uccidere quei figli di puttana per averlo portato via dalla sua famiglia.

A passi veloci si diresse verso il retro della tana, ululando furioso. - A me non interessano gli altri, ho voglia di divertirmi solo con te. - sussurrò Desdemona, materializzandosi a pochi centimetri dal volto di Lily; quest'ultima sorrise, e in un attimo appoggiò le dita sullo sterno dell'avversaria, che sgranò gli occhi.

- Io conosco il tuo punto debole. - canticchiò Lily, carbonizzando il petto di Desdemona e straziandole il petto. Le strappò il cuore, respirando l'aria putrida che c'era nell'aria. - Lo senti? - gemette Lily, mentre il sangue le scorreva addosso come un fiume nero.

Schiacciò il cuore pulsante tra le dita, e Desdemona urlò, cadendo in ginocchio. - L'altro batte così forte da poterlo sentire ad orecchio nudo. Hai paura, vero? - disse Lily, mentre al suo fianco Scorpius decapitava chi gli passava sotto mano. - Insomma, amore, smettila di giocare! - sbraitò poi, facendo un triplo salto all'indietro, atterrando e trapassando un vampiro che era apparso alle spalle di suo padre.

- E questo dove lo hai imparato? - sbuffò infatti quest'ultimo, facendogli l'occhiolino e ringraziandolo con un sorriso appena accennato. Draco tagliò il vampiro dinnanzi a lui in due, facendo un passo all'indietro ed evitando che il sangue gli sporcasse la camicia. - Cazzo, l'ho pagata duecento galeoni. - disse infatti, mentre Hermione al centro del campo aveva gli occhi socchiusi. - Ehi, dolcezza, che combini? - urlò dopo due secondi Draco, raggiungendola e cercando di toccarla, ma fu sbalzato a due metri di distanza. Proprio nella pozza di sangue.

- Rips eorum animas! - mormorò Hermione, e una decina di vampiri urlarono, mentre un aura nera usciva dal loro corpo, portandogli via ogni energia. Le labbra della donna si tinsero di nero, inclinando la schiena fino a sentirla scricchiolare. Urlò per il dolore, proprio come i vampiri che si accasciarono sul terreno, lei cadde in ginocchio. 

- Che diavolo hai fatto? - disse Draco, raggiungendola e sfiorandole il viso. La donna scosse il capo, aggrappandosi alle sue spalle e facendovi peso per alzarsi.

- Porta tutti quelli colpiti dall'incantesimo in casa, Draco, sono anni che io e il ministero studiamo un metodo per rendere i vampiri nuovamente umani, e questa volta credo di esserci riuscita. - sussurrò Hermione sorridendo, mentre Draco scuoteva il capo.

- La mia piccola, coraggiosa e forte mezzosangue. - disse l'uomo, baciandola delicatamente sulle labbra per poi accorere dagli altri, lasciandola con un sorriso sulle labbra, che si tramuntò in un ghigno. - Ora a noi, stronzi. - sibilò, mentre i riccioli si alzarono a ventaglio e le pupille davano spazio alla sfera dell'occhio bianca.

Un altro sparo, e Ginny Weasley in Potter caricò il fucile che le avevano propinato Molly e Lucy. - Se c'era questo ai tempi di Voldemort non avremmo avuto tutti quei problemi. - sbuffò la donna, colpendo un vampiro alla fronte. - Porta rispetto per donne incinte! - sbottò poi, scuotendo il capo per il poco rispetto.

 

Dall'altra parte della radura, Den fu attaccato alle spalle, e si piegò in due quando Bart lo trapassò da parte a parte. Nessun urlo uscì dalle sue labbra, ma il suo gemito fu colto da Lily, che si girò di scatto. - Den... - sussurrò la ragazza, materializzandosi di scatto al suo fianco e accogliendolo tra le braccia, mentre i suoi occhi assumevano il suo colore naturale.

- Non avevo mai capito quanto facesse veramente male... venire feriti. - balbettò lui, stringendola dolcemente a sè, mentre Bart guardava la scena ad occhi sgranati. 

- Den! - urlò Lily, tremando quando un rivolo di sangue uscì dalle labbra del ragazzo. Cercò di tamponare la ferita, facendolo sdraiare sulla schiena, mentre quella guerra si svolgeva attorno a loro. 

- Gioia... - balbettò lui, afferrandola per la maglia nera che indossava. - Appena tutto sarà finito dovrai andare da lei, allo Charme, dille che non ce l'ho fatta. Dille che volevo ritornare, che lei era il mio pensiero fisso, ma che non ce l'ho fatta. Promettimelo, Lils, promettimelo. - sussurrò, e la ragazza annuì, mettendosi una mano sul cuore, come segno di parola d'onore.

Ma quella volta non sarebbero servite le parole, a niente sarebbe servita quella guerra, e questo Lily lo sappe nello stesso istante in cui Den le sorrise per un ultima volta, per poi chiudere definitivamente gli occhi. Il suo Den.

Il suo dolce Den non c'era più.

 

Ma nello stesso istante in cui Lily Potter si alzò dal corpo di colui che aveva disignato come mentore, tutti seppero di non essere più al sicuro. Parecchi vampiri si materializzarono, e Desdemona allargò gli occhi a palla quando vide che le lacrime della ragazza le stavano sfregiando il viso. Era acido quello che le scorreva sul viso. 

Lily afferrò Bart, per un braccio, e con un movimento secco glielo spezzò, senza alcun risentimento. Con la sua spada cominciò a colpirlo in più punti, mentre quell'essere cercava di difendersi senza riuscirci. Gli tagliò l'altro braccio, e una gamba. - Basta! - gemette lui, e Lily lo accontentò. Tagliandogli la testa.

Poi con gli occhi rossi sondò il terreno, e il suo sguardo ricadde su Desdemona, che si alzò e cominciò a correre verso la casa, rincorsa dalla ragazza che sembrava più agile di quanto sembrava. Lils la afferrò per i capelli, facendola cadere con un tonfo su un pavimento.

Con la spada la trapassò da parte a parte, senza mai centrare il cuore, giusto per il gusto di sentirla urlare. Sul petto, sul busto, sulle braccia, sulle gambe. E poi sorrise. - Credevi davvero che ne saresti uscita vincitrice? - disse Lily, scuotendo il capo e alzando la spada in alto, per poi colpirla dritta al cuore. Desdemona urlò, e un aura nera le uscì dalla bocca, mentre il corpo si accartocciava su sé stesso, rimanendone solo carne putrefatta.

- Troia. - sputò Lily sul suo corpo, prima di buttare la spada sul pavimento e dirigersi verso il retro, dove Lorcan aveva già ucciso due suoi fratelli. Lily si avvicinò, e con una palla infuocata colpì l'uomo che aveva trasformato Lorc, che la guardò senza dire niente.

Lily era la morte in quel momento, e lo si intuiva dai capelli neri e gli occhi rossi che si guardavano attorno senza nessun sentimento. Ogni passo bruciava il terreno, ogni respiro infetidiva l'aria, e ogni tocco appassiva un fiore o un anima. 

Fece piazza pulita, e tutti si fermarono a guardare quello scempio. Molti Auror giacevano uccisi, Rose si manteneva un braccio, ferita, mentre... ad Harry bruciava la cicatrice. Guardava sua figlia e rivedeva Voldemort. Lily girò su sé stessa e un onda d'urto velenosa colpì un altra decina di vampiri, che bruciarono in un attimo. 

- Prendete Den e gli altri, portateli dentro. - disse Scorpius verso suo padre, mentre oramai il resto dei vampiri o era morto o era scappato prima che la ragazza mettesse piede nella radura. Si avvicinò con passo sicuro a Lily, arrivando ad un metro da lei. 

- Non sono riuscita a proteggerlo, Scorpius. - sussurrò la ragazza, girandosi verso di lui e guardandolo con i suoi grandi occhi scuri intrisi di lacrime. Era crollata. In un attimo sentì le sue braccia circondargli il collo, e anche lui si lasciò sfuggire una lacrima.

- Non è colpa tua. - mormorò, cullandola dolcemente, mentre lei piangeva a dirotto. La pioggia divenne scrosciante, e li bagnò da capo a piedi. Un singhiozzo, e un tuono. 

- Non è colpa tua. - 

 

 

***

 

 

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Capitolo 21
*** La fine... di un inizio. ***


Attenzione! Vi avevo promesso ben due capitoli, ma non c'è più niente da dire. Cioè, la loro vita è questa, e questa storia è finita. Tutti hanno avuto il loro "lieto fine" e tutti sono felici come dovrebbe essere. Volevo ringraziarvi tutte... per avermi seguito fin quì. Ringraziare le trentasette meraviglie che mi hanno messa nelle seguite, le tre deliziose creature che mi hanno inserita nelle ricordate, e i quattordici angeli nelle preferite. Un saluto va ai lettori silenziosi, che non hanno espresso nessun parere ma che mi hanno letta fin quì, e poi a loro. Le mie meraviglie: A manson, che è una scrittrice meravigliosa, con cui sto scrivendo un altra storia, e che voglio bene nonstante non conosca da vicino. A Nipotina, amore mio, che amava alla follia Den e che gliel'ho ucciso... credo che ucciderà lei me, grazie di tutto, sei stato un angelo. A LandOfMagic, che sta scrivendo una meravigliosa storia di cui non vedo l'ora di vederne l'aggiornamento, grazie mille per i tuoi complimenti, loro mi hanno dato la forza di aggiornare. A DarlingAry, che ha recensito qualche capitolo ma mi ha fatto capire che c'era. A Chouchou, che mi seguiva assiduamente e che non ho sentito più, ma che ringrazio di cuore, spero che il finale ti sia piaciuto e visto? La storia è andata avanti. E a Piccolastellasenzameta, che ha inserito la mia primissima recensione. Grazie mille. - Ci sarà un sequel, non so chi lo seguirà, ma ci sarà. Lo pubblicherò domani, credo. - Grazie ancora a tutte voi, siete la mia forza.

 

 

 

" A chi è arrivato fin quì. "

 

 

 

Parole

 

 

 

 

 

 

 

 

Vuoto.

C'era il vuoto nei cuori delle persone presenti alla tana. Lily non si era fatta curare, aveva cacciato chi aveva osato avvicinarsi a lei anche solo per abbracciarla, se ne stava con gli occhi fissi a guardare il corpo di Den...vuoti. 

Ginny aveva pianto così tanto da sembrare aver finito le lacrime, mentre Molly sembrava raccogliere i cocci del loro cuore. Harry aveva la testa fasciata e un braccio rotto, ma niente aveva fatto più male delle lacrime di sua moglie e sua figlia, come la morte di Den.

Intanto Scorpius ingoiava fiele, mentre suo padre gli accarezzava dolcemente il capo. Non era rimasto niente, se non cenere e dolore. Perché era quello che portava una guerra, giusto? Morte, cenere e tanto, troppo, dolore.

Rose guardò Albus, che la baciò delicatamente sulla bocca, mentre Molly e Lucy venivano rimproverate pesantemente da Percy, che però le aveva abbracciate strette al petto. Aerial era corsa da James, abbracciandolo stretto, riservando lo stesso trattamento a suo fratello e al suo papà.

Lily si asciugò le lacrime, e afferrò delicatamente il corpo di Den tra le braccia, materializzandosi sotto gli occhi di tutti. Atterrò vicino alle tombe di James e Lily, a Godric's Hollow, e baciò dolcemente il ragazzo pallido sulle labbra, soffocando le lacrime.

- Lo metto quì, vicino a voi, perché so che vi prenderete cura di lui, perché so che gli starete vicino più di come gli sono stata io. Vi voglio bene. - sussurrò, accarezzando la tomba dei nonni, e poi scoperchiando la tomba libera di fianco ai due coniugi defunti. Posò il suo corpo lì, ancora sporco di sangue, ancora con gli occhi aperti e dolci come lo erano sempre stati, richiudendola con un colpo al cuore.

- Mi dispiace averti portato alla morte. - sussurrò, prima di materializzarsi a Londra, ai piedi di una palazzina mezza diroccata. 

Salì le scaline, e si ritrovò dinnanzi ad un portone. Bussò delicatamente, e aspettò con la morte nel cuore. Den le aveva detto che si era innamorato, che aveva incontrato qualcuno che era capace di fargli battere il cuore. Che aveva trovato qualcuno che era capace di farlo sentire vivo come non mai, infiammandolo dentro.

Un altra lacrima le rigò il viso, proprio mentre Gioia aprì la porta. Era bassina, pienotta, ma proprio una bella ragazza con un sorriso che si spense alla sua vista. - Cerchi qualcuno? - sussurrò nella sua direzione, guardandola preoccupata. 

Un altra lacrima. L'ennesima. E poi un pianto a dirotto, e Lily cadde in ginocchio, con le mani a coprirgli il viso. - Ehi, ti senti bene? - disse Gioia, aiutandola poi ad alzarsi e facendola entrare. La fece sedere in cucina, e le preparò una camomilla. Lily rise, mentre guardava verso il soffitto. Generosa. Gentile. Dolce. Sì, Den se l'era scelta proprio bene.

- Sei Gioia? - mormorò poi, sorseggiando la camomilla che le aveva appena offerto la ragazza. Gioia annuì, sorpresa, e poi sembrò capire tutto. - E'... è successo qualcosa? - disse, allargando le pupille. Un altra lacrima, e questa volta quei pezzi d'anima scivolarono anche dagli occhi di Gioia, che ingoiò a vuoto.

- Den... Den non ce l'ha fatta. Prima di morire mi ha pregato di venire da te, e dirti che solo per questo motivo non è tornato a prenderti. Mi ha detto di dirti che anche se è impossibile... lui ti amava, e lo avrebbe sempre fatto. -  mormorò, quasi come a volersi scusare. 

Gioia sgranò gli occhi, tappandosi la bocca con le mani chiuse a coppa, mentre le lacrime cominciarono ad accarezzarle le guance. L'abbracciò stretta, fin quando ne ebbe bisogno, e poi se ne andò, lasciandosi indietro un anima distrutta. Aveva captato i suoi pensieri, ecco perché quando se ne andò non ritorno mai più. 

Perché lei non ci sarebbe stata. Nonostante si conoscessero da così poco... due giorni dopo Gioia si tolse la vita, lasciandosi indietro il niente. Lasciandosi dietro una vita fatta di sacrifici e lacrime, di perdite e dolore. 

Morendo, come sempre aveva fatto, con una lacrima a solcarle il viso e un sorriso a nascondere ogni debolezza, paura, indecisione. Morendo e basta, e lasciandosi indietro ogni cosa, e portando con sé solo la speranza di un sorriso.

 

 

***

 

- Mi va stretto. - sibilò Lily verso sua cugina Rose, che sorrise ironica nella sua direzione. La vide sistemarsi l'ombretto bianco all'esterno dell'occhio, e guardarsi soddisfatta allo specchio.

- Sei una grassona, logico che ti vada stretti. - disse simpatica quanto una mazza ficcata su per il culo. Lily si trattenne dal fucilarla, e fece un fiocco perfetto alla fascia di seta rossa che portava stretta alla vita; si aggiustò la gonna ampia a veli, mentre il pancione era molto più grande di tutto il resto del corpo.

- Siete pronte, bambine? - urlò Ginny dall'altra stanza, cercando di calmare la piccola Amethyst. La bambina era nata due mesi prima, e vantava già di folti capelli neri e grandi occhi chiari. Tra poche settimane sarebbe nato anche il piccolo Denholm, quello che torturava Lily oramai da nove mesi. 

- Sì, mamma, ora usciamo! - rispose Lily, infilandosi delle ballerine verde smeraldo come il vestito, mentre Rose infilava il velo. Era il giorno del suo matrimonio, e non ci stava nella pelle. Lily e Scorpius ancora dovevano fare il grande passo, avevano deciso di farlo dopo la nascita di Den, così da non sembrare un obesona nelle foto del matrimonio.

- Se ti dico un segreto prometti di non dirlo a nessuno? - mormorò Rose, guardandola con aria cospiratrice. Lily alzò un sopracciglio, mentre di volata legava i capelli in un alto chignon, che le lasciava qualche ciuffo rosso sul viso. 

- Hai tradito Albus? - disse Lily, beccandosi uno scappellotto.

- No... sono incinta! - mormorò Rose, e un urlo invase la tana quel due febbraio duemilaequindici, bloccato prontamente dalla mano della mora, che sorrise dolcemente a zia Ginny, che entrò con una calibro nella stanza della sposa, pronta a fa fuori chiunque.

- Va tutto bene, zia, sono solo emozionata. - disse ridacchiando frivola, e schiacciando un piede alla cugina con il suo tacco venti. Lily le morse la mano, e Rose bestemmiò. - Sì, guarda come siamo emozionate.  - sibilò Lily.

Uscirono verso il retro della tana, addobbato che era una meraviglia con figli e rose rosse. Molly aveva reso tutto meraviglioso, e molti ancora si meravigliavano della mano perfetta della Santa donna. 

Draco andò loro incontro, e prima baciò Lily sulla guancia, e poi guardò Rose con occhi umidi. - Sei bellissima, principessa. - mormorò, baciandola delicatamente sulla fronte. La ragazza se lo strinse al petto, e fece ciao-ciao con la manina a Ron, seduto tra gli invitati, che ricambiò con un gran sorriso.

L'accompagnò all'altare, mentre Lily la precedeva sotto gli occhi incantati degli altri. Scorpius la prese per mano, baciandola delicatamente, e si misero ai loro rispettivi posti. Albus non aveva occhi che per lei, che avanzava lentamente verso di lui, verso una nuova vita.

Verso una nuova felicità.

 

***

 

 

Una luce affievolita illuminò il volto stanco di Lily Luna Potter, che strinse tra le mani il piccolo fagottino che l'infermiera le aveva appena passato. - E' bellissimo. - sussurrò, sorridendo a piene labbra al suo piccolo Den, che fece un piccolo vagito e guardò con occhi gonfi e spalancati la mamma.

- Come te. - sussurrò Scorpius al suo fianco, baciandole la fronte. 

- O come me. - disse Draco, entrando nella stanza e guardando il nipotino intenerito. 

- Se, proprio come te. Direi più come me. - sibilò Harry, per poi sorridere dolcemente alla figlia, che alzò gli occhi al cielo. Hermione li zittì entrambi con un occhiata, mentre Amethyst guardava il nipotino come a voler dire: ci sono passata anche io... so come ci si sta di merda qua fuori.

- Speriamo che non siano veramente come voi. - sbottò Ginny, coccolando la bambina che sorrideva sdentata. - Sai che trauma. - le diede man forte Lily, ridendo alla faccia dei due. Scorpius strinse il piccolo Den tra le braccia, mentre Lils gli baciò dolcemente la mano. 

Quella era la sua famiglia.

La sua famiglia.

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