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di Compostezza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6. ***
Capitolo 7: *** Chapter 7. ***
Capitolo 8: *** Chapter 8. ***
Capitolo 9: *** Chapter 9. ***
Capitolo 10: *** Chapter 10. ***
Capitolo 11: *** Chapter 11. ***
Capitolo 12: *** Chapter 12. ***
Capitolo 13: *** Chapter 13. ***
Capitolo 14: *** Chapter 14. ***
Capitolo 15: *** Chapter 15. ***
Capitolo 16: *** Chapter 16. ***
Capitolo 17: *** Chapter 17. ***
Capitolo 18: *** Chapter 18. ***
Capitolo 19: *** Chapter 19. ***
Capitolo 20: *** Chapter 20. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1. ***


Stavo pulendo un tavolo pieno zeppo di birra mescolata a cenere, colpa di alcuni 16enni ancora troppo piccoli da reggere due bicchieri medi, e a togliere centinaia di cicche, carte e fogli per terra sul pavimento, che ormai sembrava tutto all’infuori di un pavimento. L'unico lato positivo era Waking The Demon di sottofondo..
Sotto una sedia trovai pure un preservativo, non chiuso, ma ben usato!
«Siamo in un pub, cavolo, mica in una camera da letto o chissà che, abbiamo scritto in fronte ‘volete scopare? vieni qua,uesto è il luogo adatto’, forse? No, è un locale!» Presi quel coso con una penna e gettai, entrambi nel sacchetto di plastica nero, era molto simile sia per grandezza che aspetto al sacchetto che usavano nei film per portare via i cadaveri.
«Che c’ha oggi?» Gregorio, appena entrato nel locale, si avvicinò a Elisa intenta a riordinare le bottiglie dietro al bancone, scrivendo in un foglietto tutto stropicciato quali alcolici mancavano.
«Ieri sera c’è stato un altro contest per ragazzi under 17 ed era pieno di famiglie con bimbi» Elisa fece scoppiare la gomma da masticare verde che teneva in bocca, legandosi i capelli blu e neri in una coda e liberando così il collo sudato e pieno di piercing.
«Oh, l’adolescenza il momento preferito della nostra Allison!» Mi girai vero Gregorio, comodamente seduto su uno sgabello senza fare niente.
«Grego, sai che ti sento, vero? E poi, l’adolescenza è quel momento in cui dei ragazzini con ormoni sballati cercano di fare i grandi bevendo una birra, forse la loro prima birra in tutta la loro vita, senza farsi sgamare dai propri genitori! Sono ridicoli e ieri sera IO, si la qui presente, da sola per lo più, ha dovuto fare da balia a quei bimbi del cavolo! Uno mi ha pure vomitato addosso, te ne rendi conto? Puzzavo peggio di una discarica.» Lanciai il panno pieno zeppo del liquido oro e mi sedetti vicino a Gregorio. Oh giusto, Gregorio era un mio vecchio amico del liceo, artistico per precisare. Era un anno più grande di me, (io 25, lui 26), ed era un metallaro rotto in culo come io stessa lo chiamavo. Era altissimo, circa uno e novanta, io a confronto ero una tappa visto i miei miseri uno e settanta, settantacinque! Aveva i capelli tirati indietro, molto stile David Gandy o qualcosa del genere, due grandi occhi verdi e un fisico perfetto. All’apparenza sembrava proprio un modello, era davvero bello.
«Io non ho fatto niente per tutto il tempo! Stavo dietro al bancone ed avrò servito al massimo 4 drink alcolici, tranne la birra e tutto il resto erano succhi di frutta e coca cola» Elisa ritappò la penna e salì sul bancone, accavallando le gambe coperte da dei pantaloni completamente strappati. Anche lei era una mia vecchia amica di scuola, andavamo nella stessa classe e delle due era quella più esuberante, soprattutto nel colore dei capelli. Ora li aveva azzurri e neri, un mese fa rossi e biondi per non parlare di quando si era fatta l’arcobaleno. Lei era una bellissima ragazza, occhi intensi marroni, visino e corpo perfetto, tutti perfetti, tranne io naturalmente. Io avevo i capelli color carota/rossi chiari, le lentiggini,gli occhi celesti,la pelle cadaverica, un viso tondo e un naso che non mi piaceva per niente, per non parlare del fisico, facevo palestra ma nonostante tutto non vedevo cambiamenti. Elisa mi diceva sempre, come ogni amica che si rispetti, che ero magra come uno stecchino. Non avevo piercing ma dei tatuaggi lungo il braccio. Niente di speciale, non avevo nessun talento, non sapevo usare nessun tipo di strumento, ballare, cantare, niente. Beh, a parte il disegno si.
«E ti lamenti pure? Perché facciamo queste serate, eh? Un branco di bambini che sanno strimpellare qualche canzone anni 80 trasformandola in una mostruosa cover ed è già tanto che la chiami cover!» Osservai e iniziai a girellare con la sedia, erano soltanto le 17.30 mancava mezz’ora all’apertura del “Forty Eight”. Era il classico pub, stile inglese, di legno con tavoli, tavolini, divani, tavoli da biliardo, freccette, il balcone enorme pieno di ogni genere di alcolico esistente e conosciuto sulla terra, poster, cd, manifesti, foto alle pareti e un grande palco provvisto di batteria e amplificatori. Era un locale molto famoso e frequentato, io facevo la cameriera e in certi casi la barista, Elisa pure mentre Gregorio era il figlio del proletario, lui quando c’era molta gente stava al balcone mentre io e Elisa servivamo. Eravamo solo in tre ma eravamo dei miti.
«Per far si che dei giovani musicisti portino avanti la loro passione, preferiresti una nuova generazione di amanti della discoteca?» Lo guardai con un sopracciglio alzato, come al mio solito e feci di no con il dito.
«A proposito la scaletta delle serate di questa settimana? Tranquilla il contest dei bimbi è finito» Osservò Elisa bevendo un bicchiere di acqua e ghiaccio, nonostante le basse temperature che l’inverno offriva.
«Oh già giusto..» Frugò dentro la sua tracolla piena e strapiena di quaderni e fogli, tirò fuori un foglietto stampato. «..Allora  stasera niente, serata libera, quindi alle 22 tutte a casa, poi domani cover band dei Metallica e.. per poi passare agli Ac/Dc, Airbourne e una cover band con canzoni loro» Sbuffai.
«Metallica? Oh gesù, nient’altro?» Lo guardai scrutare i fogli attentamente e iniziai a giocare con una ciocca di capelli passandomela fra i diti.
«No per ora no, ci devono chiamare altre band dopo domani» Ripiegò i fogli e li ripose nella tracolla appoggiata dietro al bancone.
«Su avanti, manca qualche minuto, sistemiamoci» Dissi saltando giù dallo sgabello e sbattendo i miei stivaloni anni 70 contro il pavimento. Gli altri annuirono e proprio in quel momento entrò Benny il nostro rifornitore. Era un uomo simpatico, sulla 50, sposato e con un’aria da classico rifornitore. Nel senso: panciotto, baffi e capelli grigi, sempre di buon’umore e con le battute pronte.
«Buongiorno ragazze!»
«Benny ciao!» Lo salutai con la mano e tornai a mettere le sedie ai rispettivi tavoli, arricchiti con qualche candela.
«Ecco qua la lista di ciò che manca» Eli passò il foglietto a Benny che si mise gli occhiali ed iniziò a leggere, torturando come al solito i baffetti.
«La solita roba, insomma! Bene, domani pomeriggio ve la porto. Allora ragazze come va?» Benny si appoggiò al bancone iniziando ad aggeggiare il suo telefono.
«La nostra Ally ieri sera ha dovuto affrontare degli esseri pericolosi, chiamati adolescenti» Gregorio sbucò dall’ufficio con in mano dei menù e delle lampade da poter mettere sui tavoli.
«Olà ragazzone, Ally non dirmi che hai paura degli adolescenti? Non andresti d’accordo con i miei allora» Sbuffai portando le mani sui fianchi circondato dal corpetto nero che portavo.
«Ancora con questa storia?  Non ho paura degli adolescenti, non posso tollerare alcuni tipi di adolescenti, noi eravamo tutto il contrario. Non fumavamo, non ci drogavamo, non pensavamo soltanto a essere fighi e stavamo ore e ore a mettere mi piace a dei stupidi link e a condividere stati su Facebook, quelli già a 13 scopano peggio dei ricci! Detto questo possiamo parlare di altro?» Presi il con stampato sopra, a lettere cubiche, “varie” e lo infilai nel lettore, dal quale partì “Waking the Demon”.
«Se non sbaglio anche tu usi Facebook» rispose Gregorio salito su una sedia per sistemare una lampada bruciata.
«E bevi, fumi peggio di un turco e beh.. qualche volta..tu..» aggiunse Elisa e roteai gli occhi. Qualche volta fumavo qualche canna, chi non lo faceva al giorno d’oggi?
«Ok ok, ma ho 25 anni e ho iniziato ad usarlo anni fa, non ha 13 anni! Io uso Facebook soltanto per parlare con voi, c’entro anche raramente» mi appoggiai al tavolo 5 e tenni il tempo con il piede.
«Non mi parlate di Fasbuck grazie, i miei figli ci sono fissi! Oddio com’è tardi, beh ragazzi vado, a domani» salutai Benny con un cenno del capo e mi persi a fissare un punto non definito del muro, se qualcuno mi vedeva poteva pensare che fossi una maniaca sessuale, visto che stavo fissando senza volerlo il pacco di Angus.
«Ally dammi una mano a spostare questo pacco che pesa» mi risvegliai dal mio stato comatoso e andai aiutare Elisa che trascinava, imprecando, quella povera scatola.

//

«Finalmente abbiamo finito!» mi buttai a peso morto su uno dei divani di pelle, appoggiando i piedi doloranti sul tavolino di fronte e mi massaggiai le tempie.
«Cavolo stasera c’era parecchia gente» Eli seguì il mio esempio e si distese vicino a me, l’unico che rimase in piedi fu Grego impegnato a parlare con sua madre con il suo prezioso Iphone.
«Ti porto io casa?» girai la testa verso Eli e la guardai con una smorfia buffa sulla faccia.
«Non ti preoccupare, me la faccio a piedi» si alzò subito e andò in ufficio.
«Tu? Da sola? Stai scherzando spero! Prendi anche il mio, grazie» urlai e la voce mi si spezzò. Avevo parlato e urlato troppo quella sera, si decisamente.
«No no che vuoi che sia? Sai quante volte me la sono fatta da sola?» fece spallucce e mi lanciò il giubbotto di pelle consumato e me lo infilai, tirando fuori le chiavi della mia macchina.
«Mh contenta te, io vado ragazzi! Ciao» Mi stiracchiai e li salutai uscendo dal locale, quando una ventata freddissima mi fece rabbrividire. Salii in macchina e percorsi la strada troppo vuota per essere soltanto le dieci di sera. Accesi la radio e la sintonizzai subito su Virgin Radio, dove stavano passando dei pezzi di Bon Jovi. Cantai per 20 minuti circa fino al portone di casa “Always” e lo apri,quando un batuffolo nero mi venne incontro.
«Musetta, ehi vieni qua, hai fatto la brava con la nonna?» tolsi il giacchetto e lo posai insieme alla borsa sul tavolino. La presi in braccio e andai in cucina, dove su un tavolo vicino al succo alla pesca c’era un biglietto di mia madre. “Tesoro ti ho riportato Musetta, ti dico soltanto che mi ha distrutto mezzo ufficio! Volevo chiamarti ma eri a lavoro quindi ti chiamo domani, devo andare via con tuo padre per un lavoro. Ti voglio bene, mamma” Sorrisi e lo attaccai al frigo, come facevo sempre, presi il succo e i popcorn decisa come non mai a passare il resto della serata distesa sul divano, con il pc e le coperte.
Tastai il divano alla ricerca del telecomando, lo trovai e accesi la Tv, sullo schermo comparve la faccia di Horatio. Accesi il pc e per rimanere in tema mi connettei a Facebook.
«Ahh, già vista, è la cameriera» ormai avevo visto e rivisto tutte le puntate di ogni Csi esistito e tutti alla fine erano uguali. Quindi riportai gli occhi sullo schermo e c’erano circa 53 notifiche non lette, 3 messaggi e 4 richieste di amicizia.
Le notifiche erano quasi tutte inviti, foto a dir poco oscene, commenti e mi piace alle foto e ai link, non considerai le persone che mi richiedevano l’amicizia e li accettai
Subito poco dopo sentii un suono. Era uno di quelli che avevo accettato, classico sfigato nullafacente, morto di figa per lo più, che cercava di attaccare bottone con chiunque respirasse.. Scossi la testa e uscii da Facebook iniziando a giocare con quella palla di pelo che avevo come cane. Stava cercando arrivare al mio braccio alzato in aria per morderlo inutilmente.
Sentii vibrare il cellulare sul tavolino e lo presi, senza guardare chi era.
«Pronto?»
«Ally ti disturbo?»
«Ehi capo, no no si figuri» era Luca, il proprietario del locale, quindi il mio capo e non che padre di Gregorio.
«Quante volte ancora ti dovrò dire di chiamarmi semplicemente Luca e di non darmi del lei? Ci conosciamo da una vita» risi e continuai a giocare con Musetta che cercava di prendere il pupazzo a forma di Patrick che avevo in mano.
«Ok, scusa»
«Bene, allora ti ho chiamato per dirti che c’è una grande sorpresa» una sorpresa? Io adoravo le sorprese e la mia curiosità salì a 1000.
«Non mi fare stare sulle spine, dimmela!» Lo incitai, agitando Patrick in aria.
«Si, ecco, hai presente gli Avenged Sevenfold?» senza accorgermene sul mio viso comparve un sorriso a trentadue denti .
«Certo!»
«Il loro manager mi ha contattato per chiedere se il Meet&Greet che vogliono fare, lo potessero fare da noi, naturalmente gli ho risposto di si ed ho pensato subito a te..vengono qua  per finire il loro album e per incontrare anche qualche !Capito?» subito spalancai la bocca in un modo non naturale e portai la mano sul petto cercando di fermare il battito accelerato. Non riuscivo a connettere, a pensare, a parlare! La voce mi era morta in gola.
«..»
«Ally ci sei?»
«S-si almeno penso, dimmelo se sto sognando ti prego»
«No tutto vero e tu dovrai seguirli, ci stai?» E al quel punto non ce la feci e urlai a pieni polmoni, fregandomene dei vicini, tutti anziani, che a quest’ora dormivano. Pure Musetta si impaurì e corse giù da divano e andando a nascondersi in camera da letto.
«Bene lo prendo come un sì, verrano domani sera e noi ci vediamo domani pomeriggio alle quattro e mezzo, devo scappare, ciao Ally» Non sentii il tu-tu-tu del telefono e rimasi in quella posizione per non so quanto tempo.
Lanciai il telefono sulla poltrona e iniziai a ballare  come una demente, tipo le ragazzine su youtube con i tacchi troppo grandi della madre e una maglietta come vestito. Presi Musetta e la faci girare in aria, cadendo entrambe sulla poltrona. E adesso chi dormiva?



Ecco qua, non commento v_v
Gheggo.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


La mattina dopo mi svegliai serena e con un sorriso stampato sulla faccia. Mancava qualche ora e avrei incontrato la band con cui ero cresciuta, li seguivo da sempre e già mi immaginavo ferma di sasso a balbettare con uno di loro davanti. Corsi in bagno e mi feci una doccia, sentivo ancora addosso l’odore di vomito di quel ragazzino e non lo sopportavo più, mi diedi 2 tipi di shampoo e 3 di bagnoschiuma. Mi infilai l’accappatoio e legai i capelli con l’asciugamano quando vidi il telefono tremare sul letto. Io e la mia maledetta fissazione di lasciarlo in vibrazione, avevo 4 chiamate perse tutte di mia sorella, Beth. Si entrambe avevamo nomi americani, colpa dei nostri genitori e del loro viaggio di nozze in America. La richiamai.
«Finalmente Ally, quando ti passerà nell’anticamera del cervello di togliere il silenzioso?»
«Buon giorno anche a te sorellina» Beth aveva 19 anni e frequentava l’ultimo anno del liceo scientifico, era una piccola secchiona e voleva diventare professoressa di scienze all’università.
«Ti volevo chiedere una cosa, potresti venire a prendermi? Come sai mamma e papà sono fuori tutto il pomeriggio e dovrebbero tornare stasera, così passo un pomeriggio con la mia sorellona»
«Con la tua sorellona o con Gregorio?» A Beth piaceva Gregorio da quando era piccola, un amore platonico e purtroppo non corrisposto. Gregorio aveva avuto solo ragazze decisamente troie, tutto il contrario di mia sorella.
«Eddai Ally, con te idiota! Non mi piace più, 1 ora ed esco»
«Ma da dove mi stai chiamando?» Aprii l’armadio e cercai qualcosa da mettere.
«Abbiamo due ore di supplenza.. è arrivato il supplente, ci vediamo dopo Ally” La salutai e riattaccai. Decisi di mettermi un golf grigio di lana, una maglia bianca sotto, i pantaloni chiari e strappati dal quale si vedevano le calze sotto, scaldamuscoli alle gambe, stivali da darkettona gotica mezza troia,come li chiamava Elisa, un capellino e la sciarpa. Ero pronta per affrontare quei -10 gradi che c’erano fuori e avendo ancora un po’ di tempo prima di passare a scuola, infilai il cappottino di lana rosso a Musetta (odio metterle delle stupide magliette, ma era piccola e soffriva il freddo) e montammo in macchina, direzione bar/tabaccheria di Gianni e Maddalena.
Era due vecchi amici dei miei genitori,li consideravo degli zii acquisiti ed ero praticamente cresciuta in quel bar, passandoci l’intera adolescenza insieme ai miei amici. Era il nostro luogo in cui ci ritrovavamo dopo scuola o quando non sapevamo dove andare durante le calde giornate di estate.
Parcheggiai la macchina al solito posto ed entrai con Musetta in braccio.
«Bambina, buon giorno» I capelli biondi e cotonati di Maddalena erano l’unica cosa che si vedeva da dietro lo schermo verde. Lasciai Musetta che andò scodinzolando verso la sua amichetta, un cokeer di neanche un anno di nome Mia. Salutai gli altri presenti nel bar intenti a leggere e parlare delle ultime partite di calcio o a giocare a carte davanti allo schermo piatto messo al muro.
«Ehi Maddy, come sei concentrata» Mi appoggiai al bancone nella zona tabaccheria, piena di giochi, dolci, tavoli e divani.
«Questo maledetto aggeggio non mi stampa una schedina, Gianni non mi riesce, fallo tu!» Si alzò dalla sedia e dal retro del bar comparve Gianni con il suo solito cappellino giallo con il 46 sopra, fan accanito di Rossi.
«Eccomi schiappa, ciao Ally non ti avevo vista scusa» Lo salutai con un mano sorridendo.
«Vuoi qualcosa?» Mi chiese Maddalena portando un succo ad Alfredo.
«Oh no no grazie, ora devo andare a prendere Beth e ce ne andiamo a mangiare qualcosa» Mi sedetti su una sedia di fianco alla cuccia di Mia impegnata a giocare con Musetta.
«Salutamela! Salutami anche tua madre, ieri mi ha detto che doveva partire per lavoro oggi pomeriggio con tuo padre»
«Sì, lo ha detto anche a me, ma me ne ero dimenticata ieri« Sorrisi pensando alla chiamata di Luca.
«Come sei sprizzante di gioia oggi, qualche ragazzo in vista?» Si abbassò gli occhiali guardandomi e porgendo il resto a un cliente. Scoppiai a ridere.
«Di meglio! Ti ricordi quella band di cui ti parlavo sempre? Stasera verrano in Italia per finire il loro album e faranno un incontro con i fans al Forty Eight e io dovrò stargli dietro!» Feci un sorriso a trentadue denti.
«Sono felice per te! Tesorooo! Sei riuscito a sistemarlo?» Gianni si tirò su da sotto il bancone.
«Si, bastava infilare la spina!» L’intero bar scoppiò a ridere.
«Ahh lo sapete che io con quei cosi non ci vado d’accordo» Guardai l’orologio a forma di pallone da calcio attaccato al muro e andai a prendere Musetta.
«Io devo andare a prendere quell’altra, ciao a tutti!» Mi salutarono ed uscii dal bar.
Da lì a scuola di Beth ci volevano soltanto 10 minuti ma con la mia solita fortuna, beccai il rosso a due semafori e dei lavori, quindi dovetti fare una strada più lunga.
In più visto l’uscita dalla scuola, era pieno di macchine in doppia fila, autobus, macchine ferme in mezzo alla strada e ragazzi che attraversavano senza guardare. Riuscii a vedere Beth ferma vicino a un albero e iniziai a sonarle a ruota.
«Ecco perché non vengo mai a prenderti a scuola, c’è un casino disumano» Le dissi quando entrò in macchina lanciando lo zaino nei sedili posteriori. Mi diede un bacio sulla guancia e prese in braccio Musetta.
«Di già ci vediamo poche volte»
«Aww ti manca la tua sorellona» Iniziai a darle noia con la mano e scoppiammo entrambe a ridere.
«Allora, dove andiamo a mangiare? Al Mec, al messicano, cinese, giapponese?»
«Mmmh, fammi pensare. Io voto messicano»
«Brava, allora messicano sia, devo raccontarti una cosetta» Feci una faccia a ebete, perché ero ebete, e infilai nella strada dove c’era il ristorante, parcheggiai e infilai Musetta nella borsa.
«Ma la puoi portare dentro?» Beth teneva la porta mezza aperta con un braccio.
«Ormai ci conoscono e poi guarda come dorme» la fortuna di aver quel cane era che si addormentava sempre e ovunque. Entrammo e ci mettemmo a sedere a un tavolo, quando arrivò subito il cameriere Julio.
«Giorno ragazze, sapete già cosa ordinare o vi lascio del tempo?» guardai Beth che fece spallucce.
«Il solito, un menù Messico e uno Azteco, grazie» Julio annuii e scrisse tutto su un foglio, andandosene. Guardai mia sorella negli occhi, in quegli occhi tutto il contrario dei miei, come il resto. Se non era per i lineamenti del viso, non sembravamo sorelle. Io rossa di capelli, lei nera come la pece, occhi verdi i miei, marroni i suoi, lei ricciola, io liscia/mossa. Il carattere era simile, forse io ero più aperta e meno timida di lei.
«Allora, cosa devi raccontarmi?» mi risvegliai dai miei pensieri e addentai il grissino, preso dalla cestina verde nel mezzo del tavolo.
«Non sai chi ci sarà stasera al locale, e spero anche nei giorni futuri!» si portò una mano al mento e ci pensò.
«Gli Avenged!» dissi dopo minuti di silenzio.
«Seriamente o mi stai prendendo in giro?»
«No sono serissima! Devo venire qua per finire il loro album, e visto che ci sono incontreranno i fan, domani sera da quello che ho capito, al locale.. alle quattro e mezzo devo essere là per parlarne meglio!» mi fissò spalancando gli occhi e iniziò a battere le mani.
«Sono contenta per te! E’ da non so quanto tempo rompi le palle con loro, finalmente li vedi e potrai scatenarti come una fan pazza» scoppiai a ridere.
«Lo sai che non sono il tipo, anche se mi piacerebbe.. l’unica cosa che desidero veramente tanto è poterli vedere soltanto dal vivo e sarei la ragazza più felice a questo mondo! Non sono quelle ragazzine che gli sbavano dietro solo perché sono faighi, ti ricordo che quando ho iniziato ad ascoltarli non sapevo neanche come erano» sorrisi soddisfatta di me e nel vedere il cameriere tornare con le nostre ordinazioni.
«Ecco a voi, buon appetito» lo ringraziammo e addentai la mia enorme tortillas.
«Poi me li presenti, non li seguo ma il bassista è carino e non so che gli farei» fece un sorriso malizioso e mandò giù il taco con il chili sopra.
«Si vede che sei mia sorella!» scoppiammo a ridere come delle cretine e continuammo a mangiare il nostro piatto.


«Che mangiata, sono piena peggio del ciccione nel film di Austin Power!» Infilai con grande fatica nella macchina tenendomi la pancia gonfia dal troppo cibo che avevo mandato giù.
«Sono le tre e mezzo, che facciamo?» mi chese Beth.
«Mh chiama la mamma e senti a che ora tornano e andiamo al locale» non sentii la risposta ma soltanto il rumore dei tasti.
«Mamma sono Beth, verso che ora tornate?» Mi fermai a un semaforo e la guardai.
«Oh occhei, allora passate voi a prendermi al locale, Ally ha da lavorare, ok? Bene, ciao mamma.. anche io» riattaccò e mise il cellulare in tasca dei pantaloni.
«Ha detto che tornano fra un orettina neanche» sorrise Beth. Diedi gas e girai alla curva che ci avrebbe portato al locale.
«Ally sei troppo calma» mi fece osservare Beth mentre aprivo con la chiave la porta del locale.
«Mh? Si?» aprii la porta che scricchiolò automaticamente, molto film horror e a Luca piaceva la cosa quindi non voleva darle un po’ d’olio.
«Vedrai la tua band preferita, al tuo posto se sapessi che tra neanche un’ora avrei incontrato Frusciante sarei già nel pallone» si appoggiò con occhi sognati al bancone e risi a quella scena.
«Infondo sono delle persone,no? Io la vedo sotto questo aspetto e non mi agito» presi un bicchiere di vetro e ci versai ghiaccio,limone e coca, portandomelo alla bocca con una cannuccia verde.
«Posso mettere un disco?» annuii mentre lavavo il bicchiere.
Beth prese il disco dei Motley Crue e dalle casse partì Home Sweet Home. Ci piaceva la stessa musica più o meno, grazie alla mia influenza e a quella di mio padre, grande fan dei Queen, le avevamo evitato di maciullarsi il cervello con la roba che passava nelle discoteche o nei canali commerciali tipo Mtv.
Anche con la musica alta sentii bussare alla porta, dalla quale tramite il vetro si vedeva Benni e uno scatolone che gli arrivava allo stomaco. Feci segno di abbassare la musica a Beth e lo aprii. La prima cosa che vidi fu il grosso carrello con altrettante grosse scatole sopra, dove spiccava la scritta “Fragile”.
«Ehi Benny, aspetta ti do una mano» presi uno scatolone alla volta e lo poggiai sul bancone.
«Grazie Ally, ormai sono vecchio!»
«Benni non lo dire neanche per scherzo, ma ti sei visto? Sei un giovincello ancora» Beth gli andò incontro abbracciandolo. Quell’uomo era uno zio per tutti e ci aveva salvato in molte occasioni.
Una volta il locale, ai suoi primi anni di vita, rischiò di andare in rovina e lui diede un contributo, un aiuto, a Luca. Oppure, una sera c’era il pienone e lui venne, a posta, alle tre di notte a rifornirci di alcolici e a darci una mano. E la lista dei momenti in cui ci ha parato e salvato il culo non si poteva raccontare tutta in un giorno.
«Bambina come sei cresciuta! Mi fa piacere vederti, vorrei rimanere ancora ma devo portare altre 40 scatole a 4 bar in meno di due ore!»
«Ok, grazie mille Benny!» fece segno con la mano e uscii dalla porta. Cercai il taglierino nel cassetto-buttaci-qualunque-cosa-che-ti-capita-sotto-le-mani, dove infatti c’era qualunque cosa che trovavi in giro per il locale; si passava da accendini, penne, matite a portachiavi,portafogli, vuoti, ed anche cinture. Diedi un secco strappo alla scatola e intravidi i colli delle bottiglie rinvoltate nella plastica con le bollicine, come io stessa la chiamavo.
«Beth me le puoi passare?» tolsi le bottiglie mezze vuote e le infilai sotto il bancone, insieme a quelle da gettare via e al sacco per buttare i limoni e il resto per preparare i cocktail
«Ecco» le sistemai in ordine alfabetico a partire dall’Alkermes al Whisky.
«Ditemi che è uno scherzo vi prego!» quasi mi cadde a terra il Moito a sentire quella pazza di Elisa entrare con il fiatone, all’improvviso.
«Cristo ho visto la mia intera vita passarmi davanti!» portai la mano sul petto e cercai di tranquillizzarmi. Elisa appoggiò, anzi lanciò, la tracolla degli Slayer dietro al balcone colpendo, quasi, me e le bottiglie che avevo appena finito di ordinare.
«Te ne rendi conto che sei entrata da due secondi e hai cercato di uccidere me e di beccare le bottiglie» la guardai con il sopracciglio alzato.
«Scusa scusa scusa ma cazzo, tra precisamente..» tolse la manica dal polso e si guardò l’orologio «..un ‘ora e 12 minuti in questo locale metteranno piede i Sevenfold! Vedrò il colosso di Matt» unì le mani, con lo sguardo adorante e la striscina di bava sul mento.
«Oh, mamma mi ha mandato un messaggio, fra cinque minuti devo uscire e mi vengono a prendere» disse mia sorella infilandosi il giubbotto.
«Oddio Beth non ti avevo vista scusa!» Eli si risvegliò dal suo momento “mi scopo Matt mentalmente” e le diede due baci sulle guancia.
«Non ti preoccupare Eli, beh io esco, poi in questi giorni li voglio conoscere eh! Mi raccomando Ally» l’abbracciai e per risposta mi fece l’occhiolino, prima di infilarsi il cappello e uscire.
«Beth dì a mamma che dopo domani vengo a cena da voi, ciao sorellina» le urlai. Mi focalizzai su Eli che continuava a torturarsi la mano.
«Ehi Beth ciao! Si, loro sono gli Avenged, ah ok, ci vediamo ciao!» potei sentire la voce di Luca all’entrata e spalancai gli occhi.
«Sono qua?!» Elisa cominciò a entrare nel pallone e camminava giù e su per il centro del locale, ancora un po’ e faceva un buco. Io invece fissavo la porta in silenzio, sentivo soltanto il cuore martellarmi nelle orecchie e l’adrenalina scorrermi per il corpo. Era una sensazione strana, un miscuglio di paura, timore, felicità, preoccupazione e il constante messaggio che mi ripeteva il cervello era di non fare nessun tipo di figure di merda.
“Mi chiamo..come mi chiamo?!”
La porta si aprii e lasciò entrare un Luca tutto sorridente, vicino a un Gregorio con una faccia che diceva “merda, diventerei omosessuale per uno di questi” e li vidi. Prima entrò Matt, Zacky, Johnny, Jimmy e Brian. “Oh mio dio santissimo che sei in cielo!”
Fissai subito Elisa e un nudo allo stomaco mi fece traballare, appoggiandomi al bancone.
«Ragazze, eccovi, sono arrivati prima. Ragazzi, loro sono Elisa e Allyson» Luca ci presentò e io li salutai, imbambolata con una mano.
«Piacere Matt» il colosso fatto uomo mi si parò davanti e gli allungai la mano, sorridendo debolmente.
“Cristo, come se non sapessi chi sei!” pensai.
«Ciao, sono Zacky» mi fece l’occhiolino e risi.
“Baker, sei un nano, sei alto quanto me”
«Allyson, ma chiamatemi Ally» risposi.
«Ehi, piacere Jimmy» dovetti alzare la testa per guardare quel palo di ragazzo.
«Johnny!» scoppiai a ridere come una demente e tutti mi fissarono. Era buffo il fatto che dovessi alzare la testa per guardare Jimmy e abbassarla per guardare il povero Jonathan.
«Scusa, Ally comunque» ero praticamente rosso fuoco in faccia.
«Ciao! Io sono Brian» mi pietrificai in un nanosecondo e ci volle una gomitata, dolorosa fra l’altro, nelle costole da parte di Elisa per farmi risvegliare un attimino.
«Ehm, Allyson o Ally, c-come p-referisci» Oh bene. Stavo iniziando pure a balbettare. Si mise a ridere, pure!
Figure di merda mode on
.


Scusate gli errori, se ci sono.
Grazie angelo, grazie mille :D <3
Gheggo.

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Capitolo 3
*** Chapter 3. ***


Nell’aria della casa, all’inizio silenziosa e buia, echeggiavano le note di “kashmir” dei Led Zeppelin, riempiendo ogni stanza. Mi stavo rilassando nella vasca bianca piena di acqua e sapone, fissando il nulla persa nei miei numerosi pensieri che affollavano la testa. Tutto sommato era stata una faticosa, ma bella, giornata. Avevo conosciuto i Sevenfold, che si erano scoperti degli esseri umani normali come tutti evitando così altre figure di merda accompagnate a momenti imbarazzanti in cui balbettavo pure, e avevo passato un’ora a sparare cazzate con Zacky e a litigare con Jimmy e Johnny su quale tipo di Marlboro fosse più buona. Un’ora dopo avevo insegnato a Zacky qualche trucchetto sul gioco degli “zombie mafiosi”, sul fatto che lui affrettava le cose, invece di aspettare nascosto dietro a un muro distrutto della casa abbandonata e usufruire delle vite inutili dei suoi compagni. E lui cosa mi rispondeva? «Ma poveri, hanno il diritto anche loro di vivere»
Il risultato? Si era fermato al primo livello.
Brian mi aveva ucciso letteralmente un paio di volte, provocandomi seri attacchi di cuore. Avevamo passato il resto del pomeriggio a parlare di Battlefield 2, tra bicchieri di birra e Jack. Nulla di strano, fino a quel momento fatidico, in cui, dopo aver parlato con Gregorio dei tanti festini che lui preparava all’inizio del weekend, mi chiese di andarci insieme. E ora ero distesa nella vasca, senza sapere quando passava il mio “cavaliere”. I capelli bagnati dall’acqua, creavano onde rosse accese che si diramavano ovunque, simile a della lava scesa dal vulcano, pronta a divenire cenere.
Sbuffai alzandomi e lasciando che l’acqua scivolasse, veloce, via dal mio corpo, avvolto poi in un asciugamano blu. Le goccioline caddero sul tappeto, creando cerchi rossi scuri, che fermai con un altro asciugamano dello stesso colore.
Andai in camera, lasciando impronte di piedi per tutto il corridoio, dove dallo stereo partì “strange” dei Doors che canticchiai mentre sceglievo qualcosa da indossare.
“Dlin dlon” riuscii a sentire il campanello grazie all’abbaiare di Musetta, mezza assonnata che saltava davanti alla porta. Nel passare dal corridoio, vidi di sfuggita che erano soltanto le 10, troppo presto per uscire da casa. Aprii la porta con non chalance e mi ritrovai la faccia rossa di Brian, imbacuccato da capo a pieni, con una sciarpa con metà scritta della Syn Clothing.
«Brian, sei pronto per andare a scalare l’Everest?» lo lasciai entrare in casa e Musetta, incuriosita dall’ospite, iniziò ad annusare l’aria da lontano, forse per capire se era un amico o nemico.
«Se sapevo che mi avresti aperto così, mi sarei preparato per altro» fece una delle sue classiche risatine maliziose, mentre mi allungava la mano con il giubbotto e la sciarpa, scoprendo come
fosse vestito. Aveva dei jeans scuri strappati in vari punti, degli stivaletti bassi, una maglietta nera con disegni e teschi strani grigi e una giacca nera. Mi morsi il labbro e mi girai subito per appendere la sua roba, cercando di calmare i bollenti spiriti.
«La prossima volta t informerò, vado a cambiarmi, tu aspettami qua» lo superai subito diretta verso la camera che mi sembrava un’ancora di salvataggio, dove tornai davanti all’enorme armadio pieno di vestiti ma che in quel momento mi sembravano troppi pochi.
«Come si chiama?» abbassai il volume dello stereo, non poco che la voce di Jim non si sentisse e m’infilai una maglia a righe blu e bianche.
«Musetta» risposi agganciandomi i pantaloni aderenti e piegandomi sotto il letto, alla ricerca delle mie vecchie e usate converse passate da bianco al grigio. Mi guardai allo specchio facendo una smorfia e ritornai nel bagno per asciugare i capelli, che presero il loro aspetto normale, forse un po’ più rossi grazie al nuovo shampoo che mi aveva portato Elisa, in fissa per loro. Il cd era finito e nell’appartamento era ritornato, padrone, il silenzio interrotto dai nostri respiri e pensieri. Mi passai la matita sugli occhi, insieme al mascara facendo la solita faccia a pesce o culo di gallina. Per finire passai un rossetto trasparente, sistemandomi il ciuffo ribelle che mi cadeva continuamente sugli occhi con la spazzola e un colpo di lacca. Rimisi tutto al suo posto, spensi la luce sia del bagno sia della camera, ricordandomi mentalmente se avevo preso tutto e tornai in soggiorno da Brian, il quale era comodamente seduto sul divano di pelle nera con sulle gambe Musetta, forse in catalessi.
«Si è addormentata, sai hai un cane stupendo! Un giorno dovrò presentarle Pinkly» ripensai alle varie foto che giravano su internet a proposito di quella palla di pelo bianca di cane e sorrisi nel vedere Brian spostare delicatamente Musetta a lato del divano e alzarsi.
«Tale padrone tale cane!» dissi soddisfatta e lo vidi fissarmi la spalla.
«Ho la maglietta macchiata?!» chiesi allarmata a Brian, che spostò lo sguardo sui miei occhi per poi scoppiare a ridere.
«No no, mi chiedevo cosa fosse quel disegno che usciva dalla spalla, me ne sono accorto solo ora»
«E’ un petalo di ciliegio» abbassai la maglia giusto per far comparire il tatuaggio: le ossa della spalla circondate da petali e rami di ciliegio che finivano a metà braccio.
«E’ stupendo!» urlò e scoppiai a ridere, posai in seguito lo sguardo sull’orologio che portava e vidi che erano le dieci e mezza.
«Cavolo è tardi! Andiamo» stroncai quel momento, che possiamo ritenere, magico e lo tirai per un braccio verso la porta. Dieci minuti dopo eravamo davanti alla casa, precisamente villetta, di Gregorio. Abitavamo davvero vicini e già fuori dalla porta di casa mia si sentiva la musica a tutto volume, comprese le luci e laser nel cielo. Era una villetta a tre piani in stile non troppo moderno, color crema con colonne a tutte le finestre comprese piante di tutti i tipi, un vialetto con una fontana, statue e i sette nani che davano il benvenuto vicino al tappetino con su scritto “oh no, you again”.
«Questa casa mi mette un po’ di paura» disse Brian, facendo scocchiare la lingua, di fianco a me, mentre pigiavo il campanello che suonò la colonna sonora di Psyco più veloce. «..mi correggo, mi mette molta paura» risi.
«Non hai visto il resto» aggiunsi entrando nella casa e salutando l’ex baby sitter di Gregorio, Lucia. Era una zia per Gregorio, una nonna per me ed era della famiglia, quindi viveva con loro.
«Ally tesoro, vieni qua, fatti vedere» abbracciai Lucia dandole due baci sulle guance e ispirai il suo solito profumo: vaniglia e biscotti. Lo potevi sentire a un metro di distanza e derivava dal fatto che sta sempre in cucina, a preparare dolci e cibi di ogni genere.
«Ahh Lucia, quanto mi sei mancata, scusa se non sono più venuta qua, dovevo venire ieri ma c’è stata una sorpresa..» e indicai Brian rimasto a bocca aperta e intimorito dalle teste di alce, elefante, tigre e orso appese al muro insieme a tutte le statuette di caccia di Luca. «..e il lavoro ci ha ucciso questa settimana»
«Non ti preoccupare, bimba, Gregorio mi ha raccontato tutto, vieni dammi i cappotti, hanno acceso il fuoco e vi aspettano in giardino» tolsi il capotto e glielo porsi, fece così anche Brian che la salutò con un cenno di mano. La ringraziai e trascinai Brian per il soggiorno fino all’enorme giardino al di fuori pieno di persone che ballavano.
«Ma si gela» si lamentò Brian cercando con lo sguardo gli altri.
«Suvvia Brian, non eri il grande Synyster Fuckin Gates?» all’ultime parole gli rifeci il verso e mi guardò subito con un sopracciglio alzato.Tra la folla riuscii a vedere Zacky insieme a Elisa e Matt seduti su delle sedie sotto uno dei tanti gazebi. Feci segno a Brian e  ci avventurammo dentro quell’ammasso di gente sconosciuta ubriaca intenta a ballare la musica, stranamente house che proveniva dalle casse poste vicino al bar.
Appena riuscii a schivare dei bracci sudaticci e ignoti, sentii dell’aria più pulita e la figura di Matt salutarmi con in mano la bottiglia di birra.
«Ally!» salutai Zacky con una mano e sorrisi a Elisa che mi fece segno di sedersi vicino a lei e al chitarrista.
«Ma Haner non c’è?» mi domandò il cantante prima di portarsi alla bocca la bottiglia di vetro e solo in quell’istante mi resi conto che Brian non c’era più seriamente e mi guardai intorno alla sua ricerca.
«Era dietro di me fin’ora» dissi appoggiando la schiena alla sedia.
«Si sarà fermato a prendere da bere o avrà trovato Johnny e Jimmy» ipotizzò Zacky tranquillo. «ho finito la birra, vado a prenderne dell’altra, Ally vieni con me?» lanciò il bicchiere rosso nel cestino,facendo canestro di fronte a noi e si alzò tendendomi la mano coperta dal manico del golf nero che portava. Annuii sorridendo a trentadue denti e presi la mano, alzandomi a mia volta. Mi lasciai guidare verso il bar, poco distante da dove eravamo e mi fermai di fianco a due o tre persone che si fumavano e passavano, una canna.
«Una birra?» mi chiese Zacky facendomi girare la testa nella sua direzione e annuire a mia volta.
«Un quattro bianchi e una birra» feci una smorfia quando il barista si girò dall’altra parte e il chitarrista tornò a concentrarsi su di me.
«Il quattro bianchi fa schifo, Vee» gli dissi nell’orecchio, cercando di superare il volume della musica.
«Invece e’ buono!» mi urlò, passandomi il bicchiere giallo pieno di birra e scossi la testa energicamente, girandomi e rischiando di far cadere il bicchiere e il contenuto addosso a James.
«Jimmy eccoti, ciao» gli sorrisi e mi fece segno che non sentiva nulla e poi, di andare dagli altri. In fila indiana tornammo verso gli altri, quando passando di nuovo davanti a quel gruppo di persone, l’odore forte e pungente del fumo, che tanto mi era mancato, mi entrò nelle narici e uscii, purtroppo, lasciando in me una grande voglia.
«Finalmente siamo tutti» disse Johnny guardandoci dal basso, comodamente seduto con i suoi pantaloni neri, pieni di orme di piedi, sull’erba.
«Ehi Brian, togliti da li!» dissi al chitarrista seduto a gambe incrociate, al posto dove pochi minuti prima c’ero io.
«Ehi Ally se vuoi ti prendo in braccio io» propose il batterista che aveva trovato l’unica sedia disponibile in tutto il giardino e si era messo accanto a Matt.
«O ti siedi vicino a me» propose Johnny facendo gli occhioni e stringendo le mani, tra le quali compariva un accendino e una sigaretta.
«Mi dispiace Jimmy, ma i nani vincono, senza offesa Johnny» fece spallucce, tra le risate generali e mi misi a sedere vicini a lui, incrociando le gambe e appoggiando, nel mezzo di esse, il bicchiere. Mi girai verso Johnny che cercava di accendere la sigaretta, ma l’accendino non voleva averne a che fare, lasciando solo piccole scintille nell’aria. Frugai nelle tasche della felpa che mi ero portata e tirai fuori l’accendino giallo, che porsi subito a il bassista, che mi guardò come un bambino guarda il suo gelato. Tornai a guardare davanti a me e senza volerlo, il mio sguardo si mise nella traiettoria di Brian. Si passò la sigaretta nelle labbra, creandomi dei brividi per la schiena e insieme mi lanciò delle occhiatine non del tutto innocenti. Risi a quella scena e cercai di mandare giù il cuore in gola, bevendo in un solo colpo l’intera birra. Mi sarei divertita in quel mese, non c’erano dubbi.
Poggiai la testa sulla spalla del bassista che mi sussurrò singhiozzando qualcosa, che non capii, all’orecchio.
«Guarda come si stanno divertendo Matt e Eli» ripeté. Le loro sedie erano vuote, quando se ne erano andati? Johnny mi girò la testa con la mano e riuscii a vederli dall’altra parte della pista, intenti a baciarsi, appassionatamente aggiungerei. Ad un certo punto sentii qualcosa di freddo sotto il sedere e mi girai nel vedere cosa fosse, quando trovai un bicchiere buttato da qualcuno, pieno di ghiaccio che era colato fino al mio sedere. Mi alzai imprecando in tutte le lingue e sperando che quella roba se ne andasse o avrei cercato, in qualunque modo, di chi era e lo avrei ucciso con le mie mani.Insomma, erano i miei pantaloni preferiti eccheccavolo, in più le sedie erano sparite e galleggiavano allegramente con due ragazzi ubriachi fradici, in piscina.
«Zacky ti dispiace se mi siedo su di te? Il mio corpo chiede riposo, non ci sono sedie e Jimmy è un attimino impegnato» pure Jimmy se la stava passando con una bionda ossigenata di neanche 19 anni, seduta sulle sue gambe, perdon avvinghiata sulle sue gambe.
«Non ti preoccupare» gli sorrisi e mi sedetti su di lui, che mi avvolse con le sue braccia coperte da un felpone nero di lana con il cappuccio peloso, che si era infilato poco prima.
«Questa festa è noiosa» sbadigliai appoggiata sulla sua spalla. Ero soltanto stanca. C’erano state troppe sorprese ed emozioni tutte insieme, in un solo giorno.
«Ce ne sono state altre peggio, siamo tutti stanchi, almeno io che non dormo da non so quanto e non mi sono ancora abituato al fuso orario» si portò alla bocca il bicchiere di carta e iniziai a giocare con uno dei lacci della felpa.
«E’ strano» dissi, sospirando, all’improvviso.
«Cosa?» mi chiese piegando la testa e guardandomi.
«Che io, una qualunque cameriera, sia  appoggiata al petto di uno dei miei chitarristi preferiti, che conosco da neanche diciamo sette ore e con cui ora parlerei di tutto.. oddio forse ho sbagliato a prendere le pasticche per il ciclo e ho preso quelle del cane e stanno creando degli effetti indesiderati» Zacky scoppiò a ridere, buttando la testa all’indietro e stringendomi, dopo che una folata di vento mi aveva fatto volare i capelli e fatto venire la pelle d’oca.
«Na, te lo assicuro, tutto vero» sorrisi e fissai Brian, vicino a noi, perso in non so quali pensieri mentre la sua sigaretta fumava tra le sue labbra.
«Tu ci credi nei colpi di fulmine nell’amicizia?» gli chiesi, dopo vari minuti di silenzio, in cui l’unica cosa che sentivo, oltre alla musica a palla, era il suo respiro regolare e il battito del cuore.
«Dici quando due persone si vedono per la prima volta e nel cervello di uno scatta la rotellina che ti avverte che quella persona è giusta, è uguale a te e senti il bisogno di confidarle tutto?» alzai il viso e lo fissai, sbalordita e a bocca aperta.
«Le perle di saggezza di Zachary!» dissi scoppiando a ridere, per poi essere seguita a ruota da lui.
«Comunque si»
«Beh se vuoi la verità mi è capitato con te anche se è presto per dirlo e per tornare al discorso di prima, comunque a te i colpi di fulmine nel senso d’amore?» sorrisi e guardai istintivamente Brian.
«Troppo presto per dirlo e Zacky?»
«Si?»
«Smettiamola di parlare di certe cose, mi viene le carie» rise e tornai a sentire i battiti del suo cuore.







Ringrazio le povere anime che perdono il loro tempo a leggerla, a chi la segue sempre se c'è e a chi recensiona.
Scusate gli errori e grazie mille a Cristina
SuicidePunk e Silent Moon, mi aiutate! :)
Ps: che ci posso fare, mi piace l'amicizia profonda tra Zacky e la protagonista :3
Gheggo.

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Capitolo 4
*** Chapter 4. ***


«Eli, merda, stai ferma! Già è la prima volta che li faccio, o vuoi che anche la tua fronte sia marrone?» presi un ciuffo vicino alla fronte e con il pennello che avevo in mano, passai il colore dalla radice alle punte. Era domenica mattina e io, naturalmente, dopo essere stata svegliata alle NOVE da Elisa, le stavo facendo il colore. Tra tutti i giorni che c’erano aveva scelto proprio la santa domenica, in cui uno dorme fino a 12 e sta in catalessi fino alle 15. Avete presente quando arriva il sabato e pensate “Oh mio dio, domani posso dormire fino a tardi”? Era quello che pensavo anche io il giorno prima. Ed ora ero versione macellaio, con un grembiule bianco/marrone, dei guanti in lattice sporchi e i capelli all’inizio in una sottospecie di cuffia, che poi mi era salita facendo scappare tutti i capelli fuori. In sostanza facevo pena.
Elisa, seduta sul puffo, mi guardò dallo specchio del bagno di fronte a noi, chiudendo il giornale che teneva in mano.
«Sto ferma quando tu, ti deciderai a parlarmi di cosa è successo alla festa a casa di Grego» lanciai il pennello nel lavandino e impastai i capelli alla meglio, formando una palla bianca. Tosi i guanti e li gettai nel cestino posto vicino al wc e provai a smacchiare la lunga linea bianca che avevo sulla guancia.
«Io? Te non hai proprio nulla da dirmi riguardo a una certa pomiciata con un certo Matt?» abbassai gli occhi verso di lei, arrossita visibilmente. Mi girai per prendere uno dei miei tanti vecchi asciugamani con le paperelle e lo bagnai, aggiungendoci il sapone e strofinandolo sulla guancia.
«Beh.. ecco.. mi ha invitato a ballare, uno sguardo lì, uno sguardo là e ci siamo baciati, tu invece? Torno dalla pista convinta di trovarti tra le braccia di Brian e ti trovo addormentata su Zacky, naturalmente anche lui dormiva.» fissai la mia guancia, ridendo, che piano piano si apprestava a diventare ancora più rossa ma senza neanche una traccia del colore. Buttai l’asciugamano per terra insieme ai panni sporchi e guardai l’orologio.
«Altri 10 minuti e ti puoi sciacquare. Comunque niente, che doveva succedere tra me e Brian?» chiesi sedendomi sulla vasca, proprio davanti a lei, grattandole via qualche macchia dal naso.
«Oh avanti Ally, siete degli idioti entrambi e vi piacete.. aia! Non dirmi che ti piace Zacky, è un bel ragazzo si, ha un culino, ma quasi più seno del mio» incrociai le braccia grattandomi il mento.
«Zacky è carino, ho trovato un ottimo amico in lui almeno penso.. non so se era l’alcool a parlare, però ripeto, come ho detto a lui, è troppo presto lo conosco da due giorni e passa.. è finita l’era da una notte e via cara la mia Elisa» sbuffò tirandosi il giornale di gossip in faccia.
«Cosa vorresti dire con ciò? Guarda cara che io e Matt usciamo anche oggi pomeriggio» soddisfatta sorrise.
«E io?» chiesi cantilenando indicandomi e cercando di ritrovare l’equilibrio su quel triangolino di vasca.
«Ho pensato a tutto io, i ragazzi non hanno voglia di uscire quindi tu andrai in Hotel da loro è anche qua vicino» la guardai immediatamente con il sopracciglio alzato.. Quella donna si faceva di troppe canne o altro. Forse, era l’amore. Che ne sapevo io? Non ero mai stata innamorata, non sapevo cosa si provasse, cosa succedeva, niente di niente. Lo consideravo una malattia che ti consumava piano piano e lasciandoti alla fine un grande vuoto che forse, un ‘altro ragazzo avrebbe riempito, uno dopo l’altro, un ciclo che continua finchè non trovi quello “giusto” da portare all’altare.
«Mi dispiace, gliel’ho già detto e sono contentissimi di passare un altro pomeriggio con te.. oh avanti, voglio passare un giorno con Matt, da soli, me lo devi per non so cosa ma per favore!» sorrisi alzandomi e andai lentamente verso il lavandino, dove c’era la scatola di guanti e altre bottigliette sconosciute a me.
«Ok, ok, ora sciacquati la testa.. ricordati, se non ti è venuto non è colpa mia» mi abbracciò, o meglio mi strozzò tenendo la testa lontana dalla mia.
«Si capa» presi la scatola del colore “cioccolato intenso”, appoggiandomi al lavandino. “vi piacete”.  Ero un estranea riguardo ai sentimenti e ai ragazzi, ne avevo sempre avuti alcuni solo per soddisfarmi nelle notti solitarie. Brian era un bel ragazzo, su quello non c’era dubbi, ma non sapevo chi fosse oltre al chitarrista di fama mondiale. Avevo avuto l’opportunità di vederlo come un ragazzo qualunque, estremamente sexy e farfallone, pronto a scoparsi ogni ragazza che aveva alla mano. Eravamo uguali sotto un certo aspetto e la cosa mi piaceva.
Mi grattai la testa e lasciai perdere quei pensieri troppo anche per il mio povero cervello.
«Beh castana sei castana, dio sono un fottuto mito!» urlai nel vedere Elisa con lo stesso colore della scatola.


«Baker se non mi dai quella barretta di cioccolato ti apro in due!» urlò Johnny sventolando il coltellino per il formaggio,che non avrebbe graffiato, e figuriamoci tagliato, niente e nessuno. Il moro, dall’altra parte della stanza, teneva in mano l’enorme barretta di cioccolato acquistata un’ora prima in un negozio a posta, sorridendo al bassista.
«Hai perso a need for speed e questa è la mia ricompensa, nano» il nano, cioè il bassista scusate,con uno sguardo degno da film horror, si lanciò verso il chitarrista che riuscì comunque a filarsela verso la porta della suite.
«Oh scusi, il signorino vuole arrivare a riempire una prima!» la buttò lì Johnny, ricevendo dal chitarrista un occhiataccia, nascondendo la causa della loro “litigata”  nella tasca interna della felpa.
«Nano questa me la paghi» Zachary si lanciò sul bassista e caddero insieme sul divano, dove James stava guardando tranquillamente la televisione al volume massimo, per coprire le urla di quei “bambini”. Johnny e Zacky scivolarono, uno sopra l’altro, sul tappeto. Zacky gli stava tenendo la testa sotto la spalla, sciupandogli tra l’altro la cresta di 12 cm contati, e Johnny ne approfittò facendo passare la sua piccola mano all’interno della felpa prendendo la barretta, da spingere così Zacky per terra e scappare verso una zona più sicura.
«Ah ah! Sei tornata dal tuo proprietario, mio dolce barretta di finissimo cioccolato svizzero» i suoi occhi luccicarono e Zacky, ancora disteso per terra, cercava qualcosa da poter tirare a quel nano da giardino. Johnny fortunatamente riuscì a evitare quella scarpa che invece colpì qualcuno in pieno volto.

«Aia cazzo!» lasciai la maniglia della porta, tenendomi il naso con entrambe le mani e provai a guardare davanti a me, ma i miei occhi lacrimavano e vedevo soltanto due figure; una più vicina, che alla fine grazie alla cresta, riconobbi come Johnny e un’altra lontana che correva nella mia direzione e che riconobbi come Zacky.
«Oddio Ally non volevo prendere te, ma questo gnomo, come stai? Ti fa male?»
«Che domande fai Zacky? Quasi quasi pensavo di andare a farmi una passeggiata» scherzai entrando nella suite dell’Hotel, che avevo cercato per mezz’ora ma l’avevo riconosciuta grazie alle urla.
«Scusa» disse il chitarrista veramente dispiaciuto e lì, mi morsi la lingua.
«Non ti preoccupare, sta già passando.. sentiamo, perché state litigando?» chiesi togliendo il cappotto e rimanendo con un golfino, con le renne per rimanere in tema natalizio e pantaloni aderenti.
«L’ho battuto a need for speed e non vuole darmi la barretta» spostai lo sguardo su Johnny, rimasto tutto il tempo ad adorare quel pezzo di cioccolato, in un angolino della stanza. Mossi il passo verso di lui e gli strappai la barretta, divedendola in due parti uguali e dandone una parte a lui e una a Zacky.
«Così sono tutti contenti» sorrisi e andai da Jimmy.
«James? Ehi» aveva la televisione altissima e il canale era..porno.
«Oddio Ally..» arrossì visibilmente, cercando il telecomando e spengendo la televisione.
«Dai ti capisco..siete solo voi tre?» da quando ero entrata il mio sguardo si era perso a cercare Brian ovunque, senza realmente volerlo. Quel ragazzo era una calamita e io ero il pezzo di metallo.
«Se ti riferisci a Brian dovrebbe essere sotto la doccia» disse Johnny mandando giù, a ruota, pezzi di cioccolato come un maiale.
«Buona?» chiesi tra le risata. Il bassista alzò la testa, sorridendo e mostrando i denti neri. Sembrava un bambino dentro la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka.
«Ciao Ally!» un brivido mi attraversò da capo a piedi. Mi girai in direzione di quella voce così perfetta alle mie orecchie e lo vidi solo in jeans mentre frugava all’interno di una borsa, messa sul tavolo di vetro.
«Ciao Brian» dissi tornando a guardare il cuscino marrone vicino al mio fianco.
«Ehi Ally guarda qua» Zacky, seduto vicino a me e con le mie gambe sulle sue, mi mostrò la sua macchina fotografia. C’era una foto meravigliosa, un paesaggio in pieno autunno con alberi rossi, gialli e marroni ovunque, foglie che formavano un altro strato di pavimento e una piccola casetta bianca con sotto delle sedie.
«E’ stupenda» fu l’unica cosa che riuscii a dirgli.
«E’ il giardino dietro casa mia, un giorno ti ci porto» grosso errore. Non potevi fare una promessa del genere a una persona come me, a una persona che lo prendeva seriamente, che ci avrebbe contato. Gli sorrisi e basta, tornando a guardare Brian seduto davanti a me, sulla poltroncina mentre fissava il basso.Avrei pagato qualunque cifra per sapere cosa stava pensando, abbassai lo sguardo verso le sue labbra leggermente aperte, perfette da baciare e la voglia matta di perdermi nei suoi occhi così castani, passare le mani in quei capelli morbidi che sapevano ogni volta di fumo. Aveva bisogno della nicotina. Si era promessa di smettere di fumare e ci era riuscita, per una settimana poi aveva trovato il pacchetto rosso nascosto in un cassetto e lì aveva ricominciato. A volte, solo a volte, ne prendeva una e la rimetteva immediatamente nel pacchetto, pensando ad altro, tipo al mangiare, ma pensando al mangiare era aumentata la fame e i fianchi.
«Ho bisogno di una sigaretta..» si lasciò scappare. James alzò il viso dal nintendo e un sorriso piccolo comparve sul suo bellissimo volto.
«Io ho di meglio» spense il nintendo e corse nell’altra stanza, per poi tornare dopo pochi secondi con in mano una bustina e nell’altra delle cartine.
«Grande Jimbo» urlò Zack portando le mani in cielo e rischiando di colpirmi in faccia, una seconda volta.
«Posso farla io?» domandò Johnny appallottolando la carta della barretta.
«Ne vengono al massimo tre, chi fa a metà?» domandò Jimmy, ignorando il bassista e guardando all’interno del sacchettino trasparente.
«Fuori mea» urlarono insieme Zacky,Johnny e Jimmy. Guardai Brian. Perfetto dovevo fare a metà con lui.
«Johnny tanto non sei capace» Zacky prese una il necessario e si mise in un angolino del divano a fare la sua, Jimmy lasciò la parte “nostra” sul tavolo e Brian automaticamente si alzò prendendola in mano.
«Vieni in terrazza?» annuii seguendolo. Passammo per una stanza, con un letto matrimoniale sfatto e pieno di vestiti. C’erano quattro valigie messe ai lati del letto vicino alle quali i comodini pieni di lacche,gel, trucchi e catene. Quando Brian aprì la porta a vetro che dava su un terrazzo, non vidi lo scalino e gli caddi sulla schiena.
«Scusa» mormorai, arrossita. Potevo sentire le guance andarmi a fuoco e il cuore, povero cuore, battermi all’impazzata. Mi sedetti su una sedia bianca in un angolo, stringendo le spalle per il venticello freddo che tirava. La terrazza dava verso la verso le piscine, coperte da un telone verdastro e circondato da sedie e fiori. Brian si appoggiò, di schiena, alla ringhiera umida continuando a rullare la cartina in silenzio. Quel fottuto silenzio che si presentava vuoto, imbarazzante mentre vuoi dire parole su parole o per non parlare a vanvera, per non peggiorare la situazione. Il silenzio era soltanto un valore mutevole. Il chitarrista, finita la canna perfetta, tirò fuori l’accendilo e l’accese, creando un fumo che lo avvolse ma che scomparve subito, trasportato via dal vento. Ed eccolo di nuovo, quell’odore pungente che ti entrava nelle narici, buono da far morire e che non ti bastava mai.
«Ehi, ne voglio anche io un po’» mi lamentai. La mia faccia era completamente ghiacciata, le labbra le sentivo poco, desiderose di quella “bontà”. Brian mosse un passo verso di me, portando la faccia ad un centimetro dalla mia, come un automa e posò lentamente le sue labbra sulle mie, schiudendole e facendo entrare il fumo che ispirai tutto.Però il chitarrista approfondì il bacio che diventò tutt’altro che un bacio casto, un vero e proprio miscuglio di lingue che non sembrava voler finire, ma l’esigenza di quel gas tanto indispensabile si fece sentire. La porta della camera si aprì lasciando posto a dei passi che fecero sobbalzare e muovere Brian all’indietro.
«Ally scusa ma volevo chiederti una cosa, puoi venire un attimo dentro?» la testa di Zacky comparve da dietro il muro, spostando gli occhi da me a Brian rimasto a respirare a pieni polmoni l’ultimo pezzetto della canna.
«Ehm si» all’ultima frase fissai Brian e uscii dalla terrazza accompagnata da Zacky.
«Che hai?»
«Devo avere la febbre.. cosa volevi chiedermi?» poggiò la sua mano sulla mia fronte e con l’altra sentiva la sua temperatura.
«Si hai un po’ di febbre.. oh,n-niente..vieni ti accompagno a casa e ti preparo qualcosa» si infilò il cappotto che aveva lasciato su una sedia, spingendomi fuori dalla porta.
«Questo tuo lato da mamma da dove è uscito?» lo guardai stranita mentre chiudeva la porta e la confusione che Jimmy, fatto come non mai, stava facendo.
«Penso di averlo sempre avuto e mi fa veramente sexy» lo presi a braccetto e insieme entrammo nell’ascensore, che si chiuse con il classico “tin” metallico.

 
«Seriamente Zacky hai mai preparato un brodo di pollo in vita tua?» chiesi guardandolo comodamente seduta sulla sedia, in cucina. Poggiai il gomito sul freddo marmo del tavolo, tenendomi la testa dolorante con la mano e guardai la sua figura messa di spalle.
«Ally tu non hai un nipote che si ammala 320 giorni all’anno» si girò mostrando il grembiule che si era infilato appena entrato in casa, con su scritto “oggi in cucina ci sto io” e mettendomi il piatto sotto il naso. Presi il cucchiaio e provai a sentire quel liquido giallastro.
«Beh, viva sono viva»
«Sono un ottimo cuoco cara mia» gli feci la linguaccia mandando giù il brodo caldo. In effetti il mal di gola stava piano piano scomparendo, insieme al mal di testa. Sulle labbra potevo sentire ancora il sapore di Brian. Quel bacio mi aveva creato un nodo allo stomaco e mille domande a cui non sapevo rispondere.
«Zach?»
«Mh?»
«Brian mi ha baciato» i suoi occhi ghiacciati che ti lasciavano sempre senza respiro, si staccarono dal piatto e si posarono su di me. Davano la sensazione di freddo ma caldo allo stesso tempo, sicurezza ma un po’ di pericolo. Come era lui stesso. Io lo ritenevo un ragazzo strano, non nel senso che avesse qualcosa che non andasse, anzi all’inizio ti dava la sensazione, visto anche l’aspetto, di un ragazzo a cui i genitori non avrebbero mai lasciato la propria figlia. Pieno di piercing, tatuaggi, beveva, fumava quanto una ciminiera turca, ma era tutta solo apparenza. Come una cipolla ha più strati, col conoscerlo un po’ alla volta, togli uno strato e vedi la persona fantastica e di una gentilezza incredibile che è in realtà. Perché quello era Zacky, un ragazzo buono con un sogno che sta portando avanti con tutto se stesso.
Lo so, era quello che voleva rispondere. Perché lui aveva visto tutto, purtroppo aveva visto ciò che il suo cuore non voleva vedere.
«E’ una bella cosa, no?» rispose dopo un secondo di silenzio.
«Non lo so. Mi ero lamentata del fatto che stesse fumando tutta la canna quindi gliel’ho chiesta, mi ha baciato per far passare il fumo e il bacio si è approfondito» alzai lo sguardo verso di lui appoggiato con i bracci sul tavolo.
«Vedi Brian è un coglione, lo sa pure lui.. ha avuto una ragazza per tre anni, Michelle, come avrai letto su internet e lei lo tradiva, da lì lui ha sempre cercato ragazze per una notte e via, te lo dico perché lui è fatto così.Crede nel matrimonio ma finchè non trova una ragazza che gli fotta il cervello per bene non smetterà di fare il cazzone» chiuse gli occhi annuendo. Spostai il piatto vuoto in avanti e sospirai. Si comporta come mi comportavo io fino a qualche anno fa. Ti ubriachi, trovi il primo che ti capita e te lo porti a letto, fine. Mi alzai tendo la tempia con una mano e mi recai nel soggiorno con le domande che si erano moltiplicate.
«Ally ascolta, l’unica cosa che puoi fare è tirare fuori le palle e andare a parlargli domani.. ora tieni, prendi questa» mi porse un bicchiere con acqua bianca, forse delle medicine che buttai giù subito.
«Grazie Zacky» fu l’unica cosa che riuscii a dire, prima di poggiare la testa sulla sua spalla e perdermi nelle mie centinaia seghe mentali come una adolescente.
Perché ero questo: un’adolescente alle prese con la sua prima vera cotta.






Grazie a chi recensiona, a chi segue, a chi legge, grazie mille. :)

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Capitolo 5
*** Chapter 5. ***


Il mio piano per parlare con Brian era saltato, per colpa del micidiale raffreddore che mi aveva preso tutta la notte lasciandomi sveglia 5 ore su 8. Meglio così, pensai.
Zacky lo avevo spinto a calci fuori da casa dopo che aveva passato tutta la sera a farmi da coperta/cuscino e non volevo, assolutamente, che prendesse qualcosa pure lui nonostante i suoi continui "ho gli anticorpi forti eh, non mi ammalo mai".
Ormai il materasso aveva l'impronta del mio corpo (non mi ero mossa di una virgola per tutto il tempo) e sulle coperte erano sparsi pacchetti di fazzoletti, pieni o non, con il mio fedelissimo cestino zebrato al fianco. Stavo aspettando Jimmy, insieme a Matt ed Eli, con la sua famosa e rinnovata tisana, ricetta di sua madre contro ogni tipo di raffreddore, febbre, mal di gola e mal di testa. Non sapevo se ci fosse stato Brian e nelle condizioni come ero, non avrei avuto le forze per parlare di lui di quel bacio. Perchè infondo quello era un bacio, strano e improvviso, ma lo era.
Grattai la tesa e finii di scompigliarmi i capelli, mezza legati in una coda e spensi la Tv dalla quale stavano mandando un servizio su un'altro assassino uscito di prigione, testimonianza dell'incompetenza delle leggi e della polizia.
«Ally?» vidi la testa castana e sorridente di Elisa comparire dalla porta. Aveva delle braccia tatuate che le stringevano la vita e una faccia a me conosciuta,appoggiata sulla spalla ,segno che aveva da raccontarmi molte cose.
«Cazzo Ally, che naso rosso» automaticamente portai la mano sul naso dolente e lo fulminai. Matt lasciò la vita di Elisa e mi sorrise, sistemandosi il capello nero che gli aumentava decisamente la testona che già aveva.
«Matt la tua dolcezza mi sorprende ogni giorno di più! E grazie per avermi chiesto come sto»
«Prego», fece spallucce.
«Ally! Ecco qua il tuo salvatore con la sua magica tisana!» James spalancò la porta socchiusa, sventolando le mani e formando dei cerchi in aria. Posò la tisana ancora calda sul comodino, di fianco al cestino e mi stampò un bacio sulla guancia.
«Jimmy se non vuoi passare un’intera nottata senza dormire e non poter respirare come ogni essere umano, stammi lontano!» 
Scoppiò a ridere, in una risata bellissima.
«Grazie Jimmy, ehm potete andare un attimo in soggiorno? Devo chiedere delle cosette a qualcuno» fissai Elisa sorridendo. Passò dal rosso magenta al rosso vermiglio in circa due nano secondi.
«Ok, su Shads andiamo e lasciamole da sole» i due ragazzi uscirono dalla porta chiudendola alle loro spalle e subito feci segno a Elisa di mettersi a sedere sul letto.
«Avanti, raccontami tutto»
Fece un respiro.
«Allora..»
 
 
//
«Matt, scusami per l’enorme ritardo ma non ho trovato parcheggio da nessuna parte» Matt guardò la ragazza venire dalla sua parte e non poté non pensare di darle un bacio come “buon giorno”,ma si dovette contenere dandole un misero bacino sulla guancia fredda.
«Non ti preoccupare, ne vuoi una?» le porse il sacchetto blu di caramelle aperto da poco, che si era comprato appena arrivato nel bar alle loro spalle.
«Si grazie. Allora, dove andiamo?» s’incamminarono verso il centro della città ingurgitando le caramelle.
«Mh, facciamo un giro» rispose il cantante prendendole la mano delicatamente e stringendola nella sua più grande.
Elisa arrossii e gli sorrise.
Passarono per una via piena di alberi ormai secchi che davano sensazione di vuoto, a contrasto con la quantità incredibile di persone che camminavano sui marciapiedi parlando, scherzando e guardando le vetrine dei tanti negozi. Loro passavano tra quelle persone in silenzio, con qualche occhiata da parte delle ragazzine che ,forse, lo avevano riconosciuto, o semplicemente per quanto fosse “grosso” a confronto della ragazza.
Dopo tutto però una bella coppia.
«Ok se non ti dico una cosa rischio di scoppiare», Elisa abbassò subito la testa fermandosi di scatto.
Matt piegò la testa di lato fissandola tramite gli occhiali; pur essendo inverno gli occhiali non gli toglieva di certo.
«Devo preoccuparmi?»
L’altra scosse la testa.
«Ecco, vorrei precisare una cosa. Non sono una fan sfegatata che vi viene dietro soltanto perché siete fighi.. siete davvero bravi e non sono una groupie da una notte via che fa la collezione di quante star riesce a farsi in un mese per vantarsi poi con le sue amichette.» Matt sorrise e le cinse le spalle con un braccio stretto.
«Lo so! Non hai la faccia da maniaca sessuale o da stalker pronta a struparmi da un momento all'altro..Dai,che ne dici se ci mettiamo a sedere a quei tavoli?» con l’indice indicò dei tavolini di marmo bianchi di un bar, coperti da un gazebo con al centro una stufa calda. Elisa annuii e si lasciò trasportare dal suo braccio verso quei tavolini.
Il cameriere diciassettenne pieno di brufoli, arrivò dopo qualche minuto con un taquino per segnare le ordinazioni.
«Io voglio una coca cola, tu?»
«Un estathè alla pesca» rispose la mora guardando il cantante.
 
//
«Ela, non me ne frega di cosa avete ordinato, di come fosse carino Matt e di come fosse romantico quel momento, arriva al succo!» le disse morendo letteralmente di curiosità e torturando il pezzo di lenzuola celeste che avevo tra le dita.
«Ok, ok. Allora quando mi ha riportato a casa..»
 
//
Matt infilò nella strada che portava all’appartamento di Elisa, con di sottofondo le note di Scream dei Misfits e una leggera aria calda proveniente dal condizionatore. Parcheggiò vicino al marciapiede risvegliando la povera Elisa persa nei suoi pensieri perversi, perché sì diciamolo: stava pensando a Matt e alla camera da letto.
Scesero silenziosamente dalla macchina, attraversarono il vialetto di ciottoli e davanti alla porta si fissarono, imbarazzati.
«Vuoi venire dentro?» chiese lei infilando le chiavi nella toppa e aprendo poco per poco la porta. Matt la guardò prima di attirarla a sé e baciarla spingendola all’interno della casa. Le sue labbra scendevano sul suo collo bianco, all’apparenza così fragile e delicato, per poi ritornare ad impossessarsi delle sue labbra. Tra un sospiro e l’altro Matt la prese per le gambe salendo al piano di sopra,senza mai staccarsi uno dall’altro.
Elisa aveva un buon profumo, un misto di violetta, gelsomino e forse muschio bianco, un profumo che riusciva a far mandare fuori di testa il cantante e che gli lasciava una sensazione di benessere.
La maglietta volò sul pavimento insieme ai pantaloni e..

//
«Basta basta, grazie ma ti puoi fermare qui» scoppiò a ridere mentre la fissavo imbarazzata. Quando sentivo parlare di sesso, il sangue mi fluiva nelle guance e mi batteva forte il cuore. Non lo facevo a posta, era una cosa istintiva, come un tic.
«Non sai quanto sono contenta per te Eli, dico sul serio», le lanciai le braccia al collo, giocherellando con i suoi capellli, più corti di dietro.
Lo vedevo dal suo sguardo che lucciava più del solito, qualcosa era cambiato, era più vivo, più bello. Lei era più bella del solito, più solare, con un sorrisino ebete quando era insieme a lui e la faccia rilassata. Che fosse effetto dell'amore?
«Ora tu devi raccontarmi cosa avete fatto ie..» fu interrota da dei pugni alla porta e dalla voce di Matt che le chiedeva di uscire un'attimo, per una cosa urgente.
Eli mi guardò preoccupata e prima di alzarsi, le presi le mani per tranquillizzarla. Dopo che si chiuse la porta alle spalle, guardai fissa la tazza blu con un delfino stampato sopra, ingoiando la saliva e allungando la mano verso quell'intruglio dall'odore pungente. Mi venne in mente il film di Biancaneve, quando la strega lancia nel calderone di tutto tra pipistrelli, erbe strane, sangue e altro.
Rabbrividii.
La porta all'improvviso si aprii e quasi mi cadde la "tisana" sulle coperte, che fortunatamente presi al volo, evitando di ustoniarmi le gambe.
«C-ciao Brian», lo guardai immobile e fissai ogni suo movimento da quando aveva chiuso la porta alle spalle fino a quando si era seduto, dove poco prima c'era Elisa.
«Ehi scema, come stai?» mi scompigliò i capelli che erano ormai un ammasso di nodi crespi. Ci passai le dita cercando di sciogliere e appiattire i nodi, legandoli con il laccio che avevo al polso in una coda a cavallo.
«Mah sono tutta tappata e riesco a respirare solo con la bocca, per il resto.. si va avanti, tu?»
«Devo togliermi uno sfizio» inclinai la testa, arricciando il naso.
«Qua..» non riuscii a dire le che le sue labbra erano, per la seconda volta, su di me però questa volta senza il fumo di mezzo.
Che problemi aveva quel ragazzo? Era lunatico forte, eh.
Poggiai le mani sul suo petto provando inutilmente a spingerlo via. Ma chi volevo prendere in giro?
Strisciai le mani dal petto fino al collo e mi avvicinai ancora a lui, facendo aderire i nostri corpi.
«Tolto lo sfizio?» feci entrare l'aria nel mio corpo, ansimando. Le nostre fronti si toccavano e il suo sguardo era impiantato sul mio. Sghignazzò e mi baciò sul collo, passando poi le labbra su tutta la pelle scoperta, distendendomi con delicatezza sul letto. 
«Non hai paura di ammalarti?», mormorai tra un bacio e l'altro. 
«Non mi interessa minimamente» risi, tornando a repirare l'aria a pieni polmoni. Delle dita fredde disegnavano la forma delle costole da sotto la maglietta, facendomi risalire subito a quel contatto.
Mi stava uccidendo solo al tocco.
Eppure mi sentivo così bene, affamata delle sue labbra, di lui, dovevo sentirlo vicino, sentire quel fuoco partirmi da dentro creandomi piacere.
Il golf nero volò sul fondo del letto.
La maglietta bianca "Syn&Syn" cadde a lato del letto.
E i pantaloni, insieme alla biancheria, vi fecero compagnia, lasciandoci "come mamma ci ha fatti"
Brian, senza staccare le labbra, iniziò ad accarezzarmi la coscia piena di brividi facendo scivolare la mano dritta dietro alla schiena.
Era buffa come cosa: avevo passato un'ora bella e buona a capire come tradurre quel bacio, a cercare ogni possibile spiegazione per quello che era successo, a studiare cosa gli avrei detto. Ero passata anche a rapirlo da sadica stalker, portarlo in un capannone abbandonato in un luogo dimenticato da Dio, sotto tortura fargli sputare il rospo e lasciarlo in preda di tribù primitive, che non abbiano mai avuto contatto con il mondo.
Ehm, forse la mia mente malata stava viaggiando un pò troppo.
Delle tribù primitive qua non c'erano, meglio i lupi o orsi.
Avrei dovuto affrontare il discorso "tu mi baci, non ti fai sentire, ti presenti a casa mia all'improvviso e ora lo stiamo facendo"
Merda, che cazzo sto combinando?

Però.. infondo non era ciò che desideravo?



Angolo note/commento/critica:
Devo dire che questo capito non mi piace per nulla, è corto.
Quando mai mi piace qualcosa di mio?
Beh, TADADAAAAN! Sorpresa :D 
Questi due mi piacciono troppo, ma nei nexts capitoli succederà altro di incredibile *ò*
Ringrazio:
-CristinaSuicidePunk 
Le tue recensioni sono le più belle (sei una delle due sole anime che recensiscono questa cosa e penso di amarti g.g) e ormai pure su Fb mi sopporti!
Non so come fai, asd. <3
-Silent Moon
Ehm, qualcosa fra Zacky e Ally succederà, ma niente di importante.. forse. ;)
-Le 5 persone che l'hanno messa fra "seguita" e "preferita".
-E le persone che la leggono.
Lo vedo in quanti siete a leggerla e vi chiedo, anche se vi scoccia, se vi pesa e tutto, di recensire. Non perchè così ho più recensioni e posso fare la faiga, non m'importa, ma così mi aiutate a migliorarla,soprattutto a migliorarmi.
Ok, basta, tra poco è più lungo questo che il capitolo.
Alla prossima, gheggo. :)

 

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Capitolo 6
*** Chapter 6. ***


Aprii gli occhi e cercai di mettere a fuoco la stanza in cui ero, attraversata da dei flebili raggi provenienti dalla finestra. Cercai di prendere la sveglia sul comodino e mi accorsi che un braccio mi teneva stretta la vita, impedendomi qualsiasi movimento. Passai l’unico braccio libero sul suo, disegnando con le dita i suoi tatuaggi dai colori così spenti, ma mi bloccai sulle fiamme accese sul polsi e mi girai verso il suo viso: era rilassato, con la bocca socchiusa in un sorrisino sereno e qualche ciuffo gli ricadeva sulla fronte. Tastai sulle coperte e trovai il suo cellulare, che segnava le 16 e tre minuti, ciò significava che avevamo dormito per 5 ore e avevamo saltato pure il pranzo.
Il cellulare si bloccò e dal nero dello sfondo mi vidi riflessa, ma quello che mi colpì fu una grande macchia che partiva da sotto il collo e finiva quasi sul petto.
«Buongiorno, che fai con il mio cellulare?» girai di scatto la testa e incontrai il suo sguardo, mentre sbatteva ripetutamente le palpebre.
«Ehm.. guardavo che ore erano.» poggia il telefono sulle coperte vicino al suo corpo, dove era all’inizio e tornai a fissarlo in silenzio; si sentivano soltanto gli uccelli e le  macchine al di fuori.
«Come stai? Ti senti ancora la febbre e il mal di gola?» mi chiese, passandomi un dito sulla mia guancia.
Avampai.
«Un po’ di mal di testa. A quanto pare la tisana di Jimmy ha funzionato.» sorrido ringraziando mentalmente Jimmy.
«Beh.. quando uno di noi si sente male in tour, James ce ne prepara sempre una e il giorno dopo siamo belli pimpanti sul palco a spaccare il culo a tutti.» risi fissando il soffitto e mi strinse ancora di più, facendo aderire la mia spalla al suo petto. Cosa era successo prima mi aveva lasciato piena di domande ma più leggera, felice, emozionata.
Sospirai.
«Cosa vuoi per colazione?»
Lo guardai con un sopracciglio alzato.
«Sono le quattro del pomeriggio.» gli dissi prima di scoppiare a ridere per la sua faccia sorpresa.
«Bene, cosa vuoi per merenda?» tolse il braccio dal mio petto e il freddo si fece sentire.
Brian si mise a sedere, stiracchiandosi e cercando di intravedere i suoi boxer sul pavimento.
Oltre alla nostra roba c’erano anche dei miei vestiti che avevo lanciato, nella mattinata, mentre cercavo qualcosa di più pesante da infilarmi.
«Fette biscottate con nutella e mascarpone.» .mi strinsi ancora di più sotto le coperte alla ricercare un po’ di caldo e lo guardai all’insù, con un occhio solo aperto.
«Arrivano.», si alzò da letto, saltellando su un piede per infilarsi i box neri e scomparve in cucina.
Sprofondai il viso sul suo guanciale alla ricerca del suo profumo, alla ricerca di lui perchè anche se era nell’altra stanza sentivo un vuoto dentro di me. Non avevo mai passato una notte del genere. Era stato un qualcosa di bellissimo, indescrivibile, c’era passione nell’aria e di sicuro lui sapeva come fare divertire una donna.
Sbuffai prima di rischiare di farmi venire un attacco di cuore e mi alzai, infilandomi solo una maglietta e i calzini a righe viola.
«Dove credi andare solo con quella maglietta? Non che mi dispiaccia, ma sei stata male fino a ieri.» mi bloccai.
Avevo appena messo piede nella cucina vuota, con solo un piatto pieno di fette biscottate sul tavolo e Brian mi avvolse con le sue braccia. Delle goccioline fredde mi caddero sulla testa e sulle spalle, provocandomi dei brividi.
«Ti sei fatto la doccia? Potevi aspettarmi.» mi lasciai sfuggire prima di arrossire.
Poggiò le sue labbra fredde sulla fronte e mi scompigliò, un’altra volta, i capelli.
«No, la febbre non ce l'hai.. non ti preoccupare ci rifaremo e adesso infilati dei pantaloni, sei stata male fino a stamattina.» sorrisi.
Era una bella sensazione quando una persona si preoccupa per te. Ci si sente amati, importanti, presi in considerazione.
Lo superai e tornai in camera alla ricerca dei pantaloni della tuta, che avevo lanciato da qualche parte. Oltre ai nostri vestiti c'erano anche magliette e golf, sparsi ovunque anche sulle lampade.
Li trovai in un angolo e li infilai, ritornando poi in cucina.
Brian stava versando il succo di arancia, sempre con i capelli umidi, a petto nudo, in due bicchieri e porgendomene uno prima che mi mettessi a sedere.
«Ah giusto, grazie per il succhiotto.. un pò più piccolo no, eh?» dissi guardandomi nel riflesso ondulato del tosta pane, posto sul bancone vicino al lavandino e poco distante da noi.
Il chitarrista rise di gusto, addentando l'ultimo pezzo di fetta biscottata.
«Ecco, anche te però non scherzi con quelle mani.» con il dito si indicò la spalla, dalla quale partivano due graffi rossi che finivano poco prima dell'orecchio.
«Si vedono a malapena! Tu non hai un livido violastro grosso come un pallone sotto il mento.» sbuffai portando alla bocca la fetta piena di nutella e fissandolo, o meglio fissando il suo petto muscoloso e le sue braccia, altrettanto muscolose e tatuate.
A quella vista mi morsi il labbro inferiore.
«Ok, la prossima volta starò più attento.» lo disse in maniera maliziosa e quasi il mio cuore perse un colpo.
«Se mai ci sarà una prossima volta.» mi alzai, pulendomi i lati della bocca e andai in bagno, intenta per farmi una doccia calda e veloce.
Tolsi la maglietta insieme ai pantaloni e li appoggiai sul cestino dei panni sporchi, con i calzini e le mutande.
Sciolsi i capelli intrecciati in una palla senza senso e infilai nel box.
L'acqua calda cadde sul mio viso, scendendo poi sul resto del mio corpo e appiattendo i capelli. Amavo l'acqua. Potevo passare ore intere nel silenzio totale, con l'acqua che mi toglieva via i problemi e le preoccupazioni.
Non mi accorsi neanche dell'aria fredda entrata nella doccia, delle braccia che mi circondarono e le labbra che cercavano le mie.
«Non ti eri già fatto la doccia?»
«Si ma avevo delle briciole sparse ovunque e mi sembrava opportuno rifarla.» lo guardai ridendo e prima di essere praticamente spiaccicata contro le piastrelle fredde della doccia, come un un koala gli circondai la vita con le gambe.
Oh, no caro mio.
Iniziai a baciarlo sul collo, per scendere piano sul petto, sul bacino e fermarmi proprio lì, dove il sole non batteva. Mi staccai dalle piastrelle e tornai con i piedi per terra, spingendolo via dal box, sotto la sua faccia confusa e sorpresa.
«Che str..» chiuse la porta alla sue spalle sgocciolando sul pavimento.
Tornai alla mia doccia, passandomi lo shampoo azzurro sui capelli e spagendolo ovunque con le dita.
«This thing called love it cries,like a baby.. in a cradle all night..It swings woo woo.. it jives woo woo..»iniziai a cantecchiare togliendo il sapone dai capelli, colato fino sulla faccia e dal resto del corpo.
«..It shakes all over like a jelly fish..I kinda like it crazy little thing called love..» dopo aver finito di lavarmi, uscii dalla doccia avvolgendomi nell'accappatoio e "legai" i capelli con l'asciugamano.
Brian si era cambiato con i vestiti che aveva quando era arrivato e stava guardando la tv in salotto.
Precisamente stava guardando una partita, vecchia in bianco e nero, di football.
Mi fiondai vicino a lui, appogiando la mia schiena mezza scoperta e umida alla sua spalla.
«Ti sei offeso?» chiesi fissando il giocatore, dal colore della maglia indefinibile, passare una palla lunga a un suo compagno posto sul fondo campo.
«Un pochino, tra poco è natale dovresti essere più gentile con me.»
«Mancano due settimane e dubito che tu sarai ancora qua.» un velo di tristezza comparve sul mio viso.
«Certo che sarò qua.» girai la testa nella sua direzione, alzando un sopracciglio.
«Abbiamo deciso di trascorrere le vacanze qua.» mi sfuggì un sorrisino.
«Merda, ti dovrò sopportare ancora.» dopo qualche secondo, il suo braccio mi circondò il collo.
«She knows how to rock 'n' roll..she drives me crazy..she gives me hot and cold fever.» mi sussurrò all'orecchio.
Il suo respiro era caldo, a confronto della mia pelle fredda, e se ci fosse stata una di quelle macchine che si trovano in ospedale per segnare i battiti del cuore la linea sarebbe stata, naturalmente, una linea orizzontale.
 
 
//
Presi il panchetto di legno di quando ero piccola, posizionandolo davanti al caminetto e salendoci sopra, stando attenta a non sfondarlo, mi allungai per arrivare al chiodo  passandoci, poi, intorno il filo delle ghirlande ricoperte di neve.
«Elisa, genio incompreso che ha avuto questa bellissima idea, vieni a dirmi se è torta o no.» piegai la testa, chiusi un occhio e con le dita formai un quadrato, cercando di capire se era dritta.
«Come la fai lunga, non è torta.. adesso metti questi sul camino.» mi passò degli angeli e babbo natali in miniatura. Erano ricoperti di brillantini e tutte con delle facce..contente.
«Fanno paura. Perchè dobbiamo addobbare casa mia come la casa degli elfi aiutanti di babbo natale che trovi in ogni centro commerciale?» ricevetti uno schiaffo sul sedere da parte della mora, accompagnata da un'occhiata "prova a dire un'altra cosa sulle mie decorazioni e giuro che ti faccio diventare un elfo, basso peggio di Johnny".
«Posso scendere? A questo panchetto ci tengo e sta facendo strani versi.» su quel panchetto al massimo poteva starci un piede solo, l'altro lo dovevi tenere in aria, o come me, su un sasso del camino.
«Si, così attacchi questo alla porta.» sotto il mio naso comparve un pupazzo di babbo natale, in verde, con il naso rosso, il sorriso che ricopriva tutta la faccia e due enormi occhi in fuori mentre teneva in una mano un regalo e nell'altra una caramella.
Sembrava un pedofilo vestito da babbo natale, mal riuscito, che cercava di abbordare una bambina di 10 anni offrendole una caramella.
Al pedofilo iniziò a illuminarsi il naso e gli occhi, con una risata grassa, il classico "Oh oh oh", proveniente dalla pancia.
«No, mi rifiuto! Fa paura, meglio a questo punto il pagliaccio IT.» Elisa sbuffò e senza darmi ascolto, attaccò quel "coso" fuori dalla porta d'entrata.
Bene, nessuno metterà piede in casa mia con quello e il mio livello di vita sociale sarebbe sceso sotto lo zero.
«Cosa hai regalato a Matt?» presi dei biscotti al cioccolato e gli diedi un morso secco.
«Un pacco, del tipo confezione famiglia, con 60 videogiochi di guerra usciti in questi anni.» sputai il biscotto su tovagliolo rosso, coprendo la renna che augurava delle buone feste: quel biscotto era troppo salato.
«Sarà felice come un bimbo.» il saporaccio del biscotto era rimasto in bocca, quindi cercai qualche succo nel frigo che allevasse le mie pupille degustative.
«A Brian, invece?»
«Uno skateboard della Monster.» risposi, dopo qualche minuto appoggiando il bicchiere blu vuoto sul bancone. Stavo decisamente meglio.
Mi aveva torturato per settimane con quello skateboard ripetendomi che lo voleva simile a quello che aveva quando era piccolo e dopo vari giorni alla ricerca di esso in tutti i negozi, un mio vecchio amico me lo aveva praticamente lanciato addosso, per caso. Stavo passando proprio davanti al suo negozio di abbigliamento sportivo e per evitare che gli cadesse per terra, lo avevo ripreso al volo e poi comprato.
«Infondo quello che conta è il pensiero e stare insieme.» allungai il braccio per attaccare un addobbo luccicante,fatto  di alluminio, che perdeva pezzettini e che mi cadevano tutti sugli occhi.
«Ally fai pena! Basta vai a portare la spazzatura fuori che qua ci penso io.» le tirai quei cosi addosso, ridendo, e presi la spazzatura lasciata vicino alla porta.
Era un sacco enorme, da morti, che pesava sui 3 o 4 kg.
Uno scalino per volta riuscii a scendere il sacco e a trascinarlo fino al cassonetto. L’aria era gelida e pronta a nevicare quando meno te lo aspettavi, era una classica sera post natale con addobbi e luci su tutte le case, strade e lampioni, negozi con adesivi e scritte di buon natale e qualche babbo natale che chiedeva l’offerte.
Molto stile New York.
Strusciai le mani su entrambi i bracci cercando un po’ di calore e una strana sensazione mi fece chiudere lo stomaco. Come se qualcosa o qualcuno ti studiasse,ti scrutasse con gli occhi per cercare di farti una foto mentale. Mi girai nella direzione di quel fastidio e non vidi nulla.
Forse ero semplicemente io con la mia fissazione e passione per i film horror.
Scossi la testa e tornai verso casa, prima che sentissi una presenza dietro e delle mani tirarmi giù.
Stavo per fare una delle mie famose mosse “colpisci lì e scappa”  ma riconobbi il famoso tatuaggio.
«Brian, ho rischiato di avere un infarto.» poggiai una mano sul petto e mi lasciai dare un bacio a stampo sulle labbra.
«Va tutto bene?», mi spostò una ciocca dalla fronte.
«S-si, pensavo che..» guardai dietro alle sue spalle e mi diedi della cretina mentalmente. «..niente! Gli altri?»
«Sono voluti andare in macchina con Zach e sono bloccati nel traffico.» aprii la porta socchiusa e una vampata di caldo mi infase.
Elisa aveva acceso pure il fuoco e finito di addobbare “casa” mia.
Sembrava più il reparto “Addobbi natalizi: li trovate tutti qua”.
«Oh, ciao Brian!» Elisa teneva in mano Musetta vestita da babbo natale.
«No pure il cane? Elisa basta!» poggiai la testa, sconsolata, sulla spalla di Brian che se la rideva sotto I baffi.
Sbuffò e se ne andò, con Musetta sotto il braccio in cucina per finire di preparare la cena. Il chitarrista era scomparso nella mia camera e lo trovai comodamente stiracchiato sul letto.
«Da quant’è che io e te non stiamo un po’ da soli?» ed eccolo lì, il classico sorriso malizioso, che aimè, mi faceva impazzire.
«Mi dispiace Haner, ma fra poco arriveranno gli altri.» si alzò da letto e mi baciò le labbra flebilmente, prima di passare il braccio intorno alla mia vita e uscire abbracciati, richiamati dalle voci degli altri membri della band.
«Ha vinto lei, ma dopo è tutta mia.» mi sussurrò all’orecchio.
Lo guardai e poi scoppiai a ridere alla vista di Jimmy vestito da renna.
 
 //
«Cavolo...» con la pancia piena mi lasciai andare, di schiena, sul petto di Brian, seduto su una sedia vicino al fuoco e agli altri. Dopo aver finito di cenare, stanchi e pieni per la quantità incredibile di cibo che aveva cucinato Eli, eravamo in cerchio ognuno con una birra in mano.
«Tesoro, sei sudata.» poggiò la testa sulla mia spalla e con una mano mi toccò la fronte.
«Non ho la febbre, ho solo mangiato troppo.», guardai Elisa mentre rideva alla faccia di Matt: dei lacrimoni gli scendevano dalle guance e ricadevano sui videogiochi aperti una mezzora prima. Era rimasto colpito da quel regalo.
Stessa reazione di Brian che quasi gli si era preso un colpo alla vista dello skateboard che tanto sognava e che non mollava un secondo.
«Ma il mio regalo?» lo guardai impaziente.
«Chiudi gli occhi.» feci come  mi aveva detto.
Qualche secondo dopo, un oggetto freddo e peso di poggiò sul mio petto.
«Buon natale.» un po’ sopra della testa di Axl, una pietra bianca a forma di goccia luccicava, tenuta appesa in un cerchio da un filo d’argento con a metà dei piccoli diamanti.
La mia bocca toccò suolo.
«Non..»
«Ti uccido se provi a dire che non puoi accettarla, è un mio regalo.» lo strozzai in un abbracciò, sussurrandogli un infinità di grazie.
Lui per risposta mi strinse ancora, sorridendo tra i miei capelli ancora più rossi.
«Rimani qua a dormire stanotte?»
Allentai la prese e tornò a respirare.
«Si.» rispose con dolcezza, senza sorrisi maliziosi, doppi sensi o battute.
Ad un tratto partì “Wanna be” delle Spice Girls dallo stereo e Zacky, rimasto in un angolo tutto il tempo, iniziò a ballare sul tavolo ubriaco fradicio accompagnato da Jimmy, ancora vestito da renna. Ogni giorno che passavo con quei 5, ero più convinta che avessero seri problemi e la musica gli facesse male.
Come può passare nell’anticamera del cervello di prendere un ombrello e ballare “Singing in the rain” con la base di “Wanna be”? Beh, Johnny, lo stai facendo nel modo giusto!
Mi alzai dal mio cuscino umano e tra le risate andai a prendere la seconda birra nel frigorifero
Dovevo ricordarmi di fare la spesa, ormai c’erano solo gli alcolici portati dagli altri, un pezzo di carne, burro, uova, formaggi e qualche yoghurt.
Sul lavandino vidi un pacchetto di sigarette incustodito e guardandomi intorno ne presi una, accendendola sul fornello e la portai immediatamente alla bocca bisognosa di quel ‘nettere’.
«Ally che ne dici di fare una sfida?» mi girai di scatto, alla parola sfida gli occhi mi brillarono e gli buttai in faccia il fumo, senza che lui si mosse di un millimetro.
«Che tipo di sfida, Sullivan?» la parola sfida faceva risvegliare qualcosa in me.
E subito scattai in avanti fissandolo.
«Vacci piano tigre! Chi riesce a bere più birra.»
«Ci sto!» urlai.
Jimmy sorrise e aprì il frigo, prendendo due confezioni di birra e dandomene una mezza vuota in mano. Matt che aveva sentito tutto e si era staccato da Elisa, aveva liberato il tavolo dalle carte dei regali, fogli, lattine e piatti, mettendo un bicchiere per uno, tutti e due a capo tavola, uno da una parte e l’altro dall’altra.
«James, hai sbagliato a metterti contro una che fa la cameriera in un pub e che beve da mattina a sera.», sghignazzò Elisa sedendosi sulle gambe di Matt, seduto nel mezzo tra me e Jimmy.
Io continuavo a fissare James negli occhi, mentre Johnny ci riempiva il primo bicchiere e Brian, appoggiato al muro di fianco alla tavola, guardava prima me poi il batterista ridendo.
Bevvi la birra tutta in un sorso e sbattei il bicchiere, di carta, sul tavolo segno che Johnny lo doveva riempire.
Rev rise.
«Ti ricordo che io bevo da quando ero piccolo, starei attenta se fosse in te.»
Alzai un sopracciglio e il bicchiere di carta rosso diventava piano sempre più scuro finchè non vidi il liquido giallo sul bordo.
Il secondo,il terzo e il quarto li bevvi senza problemi.
Sentivo già l’alcool scorrermi nelle vene e la testa girarmi. Fatto sta ne avevo bevute di peggio e dovevo andare avanti.
Jimmy dal canto suo, stava bene e arrivò anche all’ottavo bicchiere.
«Ally?» Elisa posò una mano sulla mia spalla, visibilmente preoccupata. Le sorrisi per farle capire che ce la facevo.
Feci un lunghissimissimo respiro e bevvi anche quello.
Il liquido freddo mi scivolò in gola velocemente e in parte sulle guance.
Poggiai il bicchiere sul tavolo e misi una mano sulla pancia.
Dopo due secondi la mia testa stava ammirando l'interno del water.



//
*Trac.*
Aprii all’istante un occhio e tutto quello che vidi fu il buio totale, tranne qualche raggio della luna proveniente dalla finestra.
*Trac.*
Cos’era quel rumore?
*Trac.*
Ancora?
Con il cuore che mi martellava nella gola, mi alzai, mettendomi seduta. La prima cosa che mi colpì fu il mal di testa che mi fece piegare in due e Brian profondamente addormentato, di fianco a me.
Massaggiai le tempie e provai a ricordare cos’era successo la sera precendente, dopo che avevo vomitato l’anima nel bagno, ma c'era soltanto il buio totale.
*Trac.*
Mi girai di scatto verso la finestra e il panico mi assalì.
Cercai il cellulare con le mani, sommerso dal cuscino e la sua luce mi illuminò, mostrandomi l’ora. Le 05.16.
L’unica cosa che sentivo era il mio cuore nelle orecchie e il respiro accelerato.
Maledetta! Accidanta a  me e i miei cazzo di film horror. Horatio Cane ti vorrei qui.
Mi alzai lentamente dal letto, cercando di non svegliare il bell’addormentato, tra l’altro a petto nudo.
*Trac.*
Caddi dal letto e subito presi la mazza da baseball regalata la sera prima da Zacky. Secondo lui dovevo imparare qualcosa dalla vita e tra questi, il baseball e mi aveva pure promesso e costretto,a fare delle lezioni con lui.
La mia risposta subito fu: “Quando gli unicorni bianchi a strisce verdi voleranno sugli arcobaleni, tu mi insegnerai.”
Mi avvicinai alla finestra, strusciando sul muro e con un occhio solo guardai attraverso le persiane, alla ricerca della causa di quello strano rumore.
Un flashback del film “Mission Impossible” attraversò la mia mente malata.
Niente di niente, solo del vento tra gli alberi.
Abbassai la mazza e riposi in un angolo ,e tornai a letto, intenta di coccolarmi tra le braccia del chitarrista.
Il display del cellulare si illuminò.
Un messaggio.
Sconosciuto:
Ti fa male bere troppo e non è adatto a una bella ragazza come te, usare degli oggetti così pericolosi come quella mazza.. ti potresti fare del male.





Ed ecco qua!
Si, ci sono sorprese su sorprese.. e errori (grammaticali) su errori.
Io con l'italiano non andrò mai d'accordo e.e
Ringrazio sempre Cristina <3, i soliti che la leggono, che l'hanno messa fra preferite, segutite etc..
Grazie e alla prossima, gheggo :)

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Capitolo 7
*** Chapter 7. ***


Camminavo a passo spedito, sicura della mia meta. Le mie scarpe nere ricoperte da un po’ di ghiaccio e bagnate sulle punte, sprofondavano di qualche centimetro nella neve, per lasciarci un impronta ben visibile.
Il cappuccio mi nascondeva la testa, coperta da un cappello di lana, dal quale usciva qualche ciocca di capelli e una sciarpa, anch’essa di lana, teneva al caldo il mio naso e la bocca.
Gira all’incrocio del caffè, guardandomi intorno e non rallentando il mio passo. Posai gli occhi sul grande edificio in pietra bianca dal quale proveniva un buon profumo di caffè e dolci. Quell’incrocio aveva preso quel nome, proprio da quell’edificio color latte con delle graziose finestre in vetro e tavoli all’interno, pieni di tazze di caffè bevute dai loro proprietari e dolci di ogni tipo. Ma non c’era tempo per fermarsi, purtroppo. Dovevo tornare a casa così il mio cuore si sarebbe messo in pace.
Da quando avevo avuto quello strano messaggio, ero uscita si o no 4 volte e per andare al locale, e non ne avevo ancora parlato con Brian. C’era qualcosa in me che mi spingeva a dirglielo, ma quando tentavo, quando lo avevo davanti, qualcos’altro mi fermava e le parole mi morivano in bocca.
Una sera non era rimasto a dormire a casa con me e durante la notte, come la notte di Natale, avevo sentito di nuovo quel rumore e lo “Sconosciuto” aveva iniziato a chiamarmi interrottamente.
Avevo cambiato numero di cellulare, ma non sapevo come, la sera stessa, alla stessa ora, il cellulare mi vibrò e comparve il suo nome, o meglio lo sconosciuto.
Avevo provato anche ad andare dalla polizia ma mi aveva minacciato, mi aveva promesso che mi avrebbe fatto del male, molto. L’unica cosa che potevo fare era stare zitta e “subire”.
Le chiavi sbattute nella mia mano, suonarono con il classico “tin” metallico e velocemente, entrai in casa. Oltre ai miei passi, un silenzio tombale mi accolse unito a il buio, che regnava padrone.
Tolsi le scarpe piene di neve e le lasciai in un angolo, insieme alla borsa umida e il giubbotto.
Scossi i capelli, rimasti immobili, per togliere il resto della neve e qualche pezzettino di ghiaccio che si apprestava a diventare acqua.
In cucina un foglio mi aspettava, con una scritta in una calligrafia che conoscevo, ormai, bene e che  recitava “Sono uscito per andare a portare Musetta dal veterinario, torno tra poco.”
Il mio sospiro interruppe il silenzio.
Aprii il frigorifero e presi il cartone di latte, con le macchie di mucca disegnate sul davanti e mi ricordai di cosa era successo il giorno prima.
«Perché mettere delle macchie su un cartone di latte? Come se non si capisse che è fatto dalle mucche.» dissi lanciando nel secchio il cartone vuoto.
«Per me è carino.» rispose il chitarrista intento a tenere la testa con una mano e a leggere il giornale e le pagine sportive straniere.
«Per me è stupido.»
«Che c’è di male?» rispose distrattamente.
«Che c’è di male?» gli feci eco io. «..è stupido punto e fine! ».
Alzò gli occhi dal giornale.
«Stiamo litigando per un cartone di latte?» lo guardai torta e il sangue mi salì al cervello.
«Ally si può sapere cos’hai? E’ da giorni che sei così..» continuò lui.
«..acida?» conclusi io.
«..strana e si, anche un po’ acida.» feci un sorrisino, appoggiandomi al bancone di marmo dietro di me.
«Che, Haner, ti sei stancato di me? Non sono come una di quelle che ti porti a letto dopo i tour?»
Brian non rispose, si alzò semplicemente dalla sedia e se ne andò in soggiorno.
Acida.
Ero acida grazie a un individuo che mi torturava la vita e stavo rischiando di perdere Brian e gli altri.
Scivolai giù per la parete pesca della cucina e mi strinsi le gambe al petto, appoggiando la fronte sul petto e ascoltando il silenzio intorno a me.
Ero stanca, tanto stanca e non ne potevo più.
La porta d’un trattò si aprì e alzai la testa.
«Bri, sei tu?»
Nessuna risposta.
«Brian? Eli?» il cuore, come accadeva ogni volta, iniziò a battere più forte e l’ansia mi chiuse lo stomaco. Cercai di alzarmi, facendo peso sulle braccia e tentai di fermare il tremore alle gambe che non avevano nessuna intenzione di muoversi.
La porta si chiuse.
Presi aria e mossi un piede alla volta, con la paura che chiunque fosse entrato potesse sentire il mio cuore martellare nel petto.
Feci capolino dalla cucina e il respiro mi mancò quando vidi quell’uomo guardarsi intorno nel soggiorno.
Quell’uomo che aveva aiutato a portare la spesa in macchina.
Quell’uomo che aveva incontrato al mercato.
Quell’uomo che aveva servito tante volte al pub.
Quell’uomo a cui era andata addosso la sera prima alla festa.
Quell’uomo, era lui, lo sconosciuto.
Mi attaccai al muro, portando una mano alla bocca, comprimendo quell’urlo di paura che cercava in tutti i modi di uscire. Le lacrime calde e amare, mi scesero sulle guancie per poi morire sui vestiti.
Poi lo vidi, lo vidi entrare nella cucina davanti a me, ma di spalle. Aveva delle spalle enormi, più grandi rispetto a quelle di Matt e dei bracci che facevano invidia a tutti i body building del mondo.
Le mie gambe si spostarono da sole e mi ritrovai a correre verso la porta, la porta che avevo ritenuto un ancora di salvezza prima e ora una prigione. La porta che vedevo sempre più lontana e appannata. Al posto dell’aria c’era qualcosa di più pungente, più forte, alcool?
sonnifero?
L’ultima cosa che vidi era la porta che si apriva.



«Ally? Allyson?» girai la testa, disturbata.
«..ehi svegliati..sono Brian.»
Mugugnai aprendo piano gli occhi e una forte luce me li fece richiudere subito.
Provai ad alzare la mano per stropicciarmi gli occhi, ma la sentivo così pesante, come se non fosse attaccata al resto del corpo.
Anche i suoni, le parole, mi rimbombavano dentro, così lontani e distaccati.
«Finalmente ti sei svegliata, nana!» una figura nera si mise sulla luce e mi aiutò ad alzarmi dal divano.
«Ahi..» la testa mi faceva male e la stanza girava tutta.
«Tieni prendi questo bicchiere d’acqua.» Brian, seduto ai miei piedi, mi passò un bicchiere d’acqua che buttai tutto giù. Asciugai una goccia al lato della bocca e lo guardai negli occhi. In quegli occhi che mi faceva sentire a casa e lo abbracciai.
Mi accarezzò i capelli lentamente, con il mento sulla mia testa e una mano sulla schiena.
«Perché non me lo hai detto?» sussurrò con voce rauca.
«Volevo.. ma mi ha minacciata. Scusami, scusami Brian..io..» mi aggrappai ancora di più a lui e guardai le mie lacrime bagnargli la felpa blu.
«Shh, calmati. Sono arrivato in tempo e ora è già alla stazione di polizia.»
Alzai lo sguardo, pulendomi la guancia dall’ultima lacrima.
«D-davvero? Come..quando..?» mi guardai intorno e tutto era normale, come al solito. Niente sangue o tracce di quell’uomo.
«Sì, un’ora fa. Quella roba che ti ha dato ti ha fatto dormire e mentre eri nel mondo dei sogni, l’ho steso con due pugni e ho chiamato la polizia.»  ripresi a respirare normale e mi sentii subito meglio.
Ero sollevata, avevo avuto la conferma che quell’incubo era finito.
«Mi dispiace Brian, avevo paura.» mi abbracciò contro il suo petto. Respirai a pieni polmoni il suo profumo e mi lasciai accarezzare dalla sua mano, rilassando i muscoli.
«..promettimelo.» dissi con un filo di voce.
«Cosa?»
«Che non mi farai del male, che non mi abbandonerai.. che non sono una delle tante..promettimelo Brian perché non voglio soffrire ancora..»
«Te lo prometto.»
Tirai su con il naso e lo guardai dal basso. Lo lasciai spostarmi il ciuffo dalla fronte sudata e mi sorrise, un sorriso solare e pieno di sincerità.




Qualcosa dovevo far succedere v.v
Insomma, grazie a chi legge, recensiona e tutto :)
Scusate per gli errori.

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Capitolo 8
*** Chapter 8. ***


(da qui in poi ho deciso di non 'parlare' più in prima persona, ma in terza, narratore esterno insomma. :D)

«Siete sicuri?» domandò, posando gli occhi prima su uno, poi sull’altro.
«Per la settima volta, si. Ally..» le strinse le spalle.«..tranquilla! Non moriremo senza di te e Eli, perderò le mie migliori cameriere, ma sei stata una figlia per me, perché mai ti dovrei tarpare le ali?» sorrise, contenendo le lacrime e abbassando lo sguardo.
«Grego?» lo richiamò Luca dal suo angolino al buio.
Con dei passi corti e lenti, si materializzò al suo lato e riusciva a sentire il suo sguardo gelido su di lei.
«Sono pronta per la mia sentenza.» disse scherzando e provando a togliere lo sguardo serio e duro sulla sua faccia.
Fece un lungo sospiro.
«Sono contento per te e appoggio la tua scelta..» la sua bocca aperta toccò terra. Stava dicendo seriamente? In tutti quegli anni non lo aveva sentito dare a nessuno ragione, neanche a suo padre o a sua madre. Lui era uno di quelli che anche se aveva del torto, voleva avere ragione a tutti i costi e non era neanche il tipo da esternare i suoi sentimenti.
«Grego, dici sul serio?» sorrise con gli occhi lucidi.
«Si.» e un piccolo sorriso comparve sul suo viso angelico e lo abbracciò, o meglio abbracciò il suo petto, vista la sua altezza.
Le posò un lieve bacio sulla testa e li guardò. Guardò gli uomini che l'avevano aiutato in tutti quei anni, come una madre guarda i propri figli.
«Quando partirai?»
«Stasera.»
«Oh..» fu l’unica risposta del suo migliore amico.
«Grego, non ti lascio..fra due mesi torno, ti chiamerò tutti i giorni e ti romperò da mattina a sera..»
Ormai le lacrime scendevano sulle guance e una piccola, piccola osò passare quel viso perfetto.
«Mi mancherai muffin al cioccolato.» lo abbracciò prima di scoppiare a ridere insieme a lui.
 
«Ehi, mi ha detto tua madre che eri impegnata qua in cucina.»
«Ne ho fatti altri!» Gregorio si era seduto sul bancone alle sue spalle, lasciando cadere lo zaino pieno di libri sotto ai suoi piedi.
Con i guantoni presiela teglia calda dal forno e mise i sei muffin fumanti su un pianto al suo fianco.
«A quanto saremo in questa settimana? 42 muffins? Non è che sta diventando una sottospecie di droga per te?» ne prese uno, dandogli un morso deciso. Gli tirò uno dei guantoni gialli sulla spalla e con un cucchiaio, spalmò la glassa azzurra con qualche zucchero colorato su ogni muffin.
«Finiscila, sono proprio buoni.» leccò il cucchiaio con la glassa azzurra e mollò tutto nel lavandino.
«Muffin al cioccolato.».
«Si chiamano così» si mise al suo fianco e poggiò il piatto sulle sue gambe.
«Sì, muffin al cioccolato ti si addice.» lo fissò con il naso arricciato e un sopracciglio alzato.
«Ma..» lo guardò posare il dito sulla glassa azzurra, davanti ai suoi occhi e poggiarla sul suo naso tra le sue risate.

 

«Non mi chiamami così da molto.»
«Dovrei ricominciare.» rise appoggiata al suo petto.
«Mi mancherai anche tu Grego» disse con tono dispiaciuto.
«Adesso basta lacrime e raccontami tutto.»
Si alzò dalla sedia e andò dietro al bancone per prendere un bicchiere e bersi un bell’alcolico.
 
«Brian avanti svegliati» aprì le persiane, permettendo al sole di lasciar entrare i suoi raggi spenti e un’aria gelida le spostò i capelli.
Un lamento si fece sentire da sotto le coperte.
«Mhhhnno.. no» si girò verso la porta, via dalla luce e a gattoni, salii sul letto.
«Mi ha chiamato Matt per il Tour.» alla parola "tour" aprì un occhio e alzò la testa.
«Te l’avrei detto..»
«Brian!» si alzò appoggiandosi al muro azzurro e con lo sguardo basso si torturò un labbro, sentì qualche parola del tipo “ammazzo Matt.. io lo uccido..”.
«Eddai tesoro mio, volevo dirtelo oggi stesso a pranzo fuori ma quel rincoglionito di Matt ha rovinato tutto.. avevo pure trovato il coraggio di chiederti di venire con me..»
«..»
Aveva sentito bene? Voleva portarla con se?
«Vuoi che venga con te?» la guardò come se avesse detto una bestemmia.
«Ovvio»
Lo abbracciò, prima di tornare seria.
«Comunque non ti perdono.»

 
 
 //
«Ally? Ally sei qui?» Brian aprì l’ennesima porta, alla ricerca della sua ragazza che li aveva promesso che avrebbe fatto un semplice giro all’interno dello stadio, dove la sera stessa ci sarebbe stato il concerto ma sembrava sparita all’improvviso. Stava seriamente pensando di attaccare delle foto, con nome, cognome e tutto il necessario per ritrovarla.
«Brian, non dovresti essere a fare le prove?» alle sue spalle sentì la voce di uno dei fratelli Berry, Jason, nascosto dalle casse contenenti, a giudicare dall’etichetta, le chitarre di Zacky.
«Non trovo da nessuna parte Allyson.» si grattò la nuca, pensando a quali posti gli mancavano all’appello, troppi per lui da solo.
«Hai perso la tua ragazza?» scoppiò a ridere l’amico, stando attento a non lasciare il carrello carico di quelle “preziose chitarre”. Non voleva pensare cosa fosse successo se per caso fosse caduto.
Brian si innervosì.
«Bri, se vuoi vado a cercala io.» il chitarrista guardò la ragazza come fosse stata una visione angelica, mandata da Dio per aiutarlo.
Era apparsa all’improvviso alle spalle di Jason, impaurito nel sentirla e aveva un paio degli occhiali di Matt sulla testa.
Il cantante non aveva mai prestato o lasciato gli occhiali a qualcuno, neanche ai suoi migliori amici, cosa che lo faceva un po’ alterare.
«Mi toglieresti questo incredibile peso sullo stomaco.»
«Tanto non ho niente da fare, Matt non vuole che stia ad assistere alle prove..o lo distraggo troppo.» sghignazzò a quell’affermazione e si avviò nel lungo corridoio bianco.
Brian si affrettò ad andare dalla parte opposta, per fare quel benedetto soundcheck per poi avere del tempo per poter vedere San Francisco.
Chissà fino a dove si è spinta.
Se Allyson si trovava in un luogo a lei sconosciuto, lo prendeva come un parco giochi da scoprire e non era felice se non aveva visitato tutto, anche le parti più nascoste e improbabili. Insomma, era come trovare un ago minuscolo in un enorme paiaio.
Si fermò un secondo nel corridoio, e provò a pensare come la ragazza.
Se ero una carota, per lo più curiosa, dove potevo andare?
Elisa sbuffò.
Non aveva nessuna idea su dove potesse essere quella nana. Tornò indietro nei suoi passi, fino al punto dove aveva sentito Brian parlare con uno dei fratelli e notò una piccola porta blu con un enorme cartello rosso: “Vietato entrare. Solo gli addetti.”
Bingo!
Spinse la maniglia rossa e delle scale anti incendio le si presentarono davanti. Le salì una alla volta, facendo risuonare gli stivali sul ferro e dalle scale poteva sentire delle voci a lei familiari.
Si sporse in avanti, tenendo salda la presa alla ringhiera, e vide sotto di lei Jimmy seduto alla batteria. Girò la testa e la vide, nella penombra, con le gambe nel vuoto e piegata su se stessa.
«Ally!» la chiamò piano, aspettando che la sua migliore amica si girasse nella sua direzione.
Ally, presa dal suo ‘progetto’ e dallo spavento, si sbilanciò, riuscendo a tenersi all’impalcatura con una mano.
«Cavolo, Eli, stavo rischiando di lasciarci le penne.» prese un respiro, rallentando i battiti del cuore e riordinando i pochi neuroni rimasti.
«Che ci fai qua? Brian è stato mezz’ora a cercarti e io stavo già digitando il numero di “Chi l’ha visto”.» Elisa con delicatezza si sedette al fianco dell’amica, sbirciando sotto le mani per cercare di capire a cosa fosse così concentrata.
«Scusa ma dopo aver finito di visitare lo stadio, non sapevo cosa fare e sono venuta qua a rilassarmi.»
«Cosa stai disegnando?»
L’unica cosa che rilassa Allyson era disegnare tutto ciò che le si trovava sotto gli occhi, oltre a servire e a preparare i tavoli. Elisa non sapeva come servire ai tavoli, qua e là, potesse rilassare Ally, eppure la faceva sentire subito meglio. C’erano persone che per rilassarsi cucinavano da mattina a sera, piatti inventati da loro stessi, lei invece andava al locale, anche nel suo giorno libero e serviva ai tavoli, invece, quando non poteva disegnava.
Ally girò il quadernone bianco tra le mani, fino a posarglielo sotto al naso.
C’erano i ragazzi su una macchina nera, con delle fiamme rosse alla fine, e ognuno di loro aveva una testa più grande rispetto al corpo. La somiglianza era sorprendente, ma allo stesso tempo ti dava la sensazione che non fossero reali, soltanto creati da una matita e dal suo disegnatore.
La mora passò il dito su quelle linee sorridendo.
«Ti manca l’Italia?» chiese all’improvviso Allyson.
Ad Allyson mancava la sua terra natale, il locale, sua sorella e i suoi genitori che la chiamavano ogni giorno per costringerla a venire a casa loro e mangiare il polpettone della nonna. Ogni giorno parlava al cellulare o via webcam con tutti, ma non era la stessa cosa.
Aveva portato con se Musetta, che si era subito ambientata e aveva fatto amicizia con la cagnolina di Brian. Però era felice, aveva visto un quarto degli Sati Uniti d’America, era con il suo ragazzo, la sua migliore amica, dei ragazzi stupendi e alla fine del tour sarebbe tornata a casa, per poi ripartire insieme a Brian e andare a LA.
«No..» rispose la mora guardando il cantante sbraitare contro Brian che continuava a sbagliare le solite note. «..sembra sciocco a dirsi, ma sto bene qua insieme a Matt.. a casa non ho una famiglia come te, Ally.. non aveva nessuno ad aspettarmi quando tornavo da lavorare, certo mi mancano molto Gregorio e Luca.. ma mi sento a casa con Matt..»
Ally la stava guardando con dolcezza, senza rispondere, pensando a quanto fosse contenta per lei, ma fu richiamata subito da Brian che sbraitava.
«Forse è meglio se gli dici che sei viva, così evita di impazzire e di uccidere quella chitarra e le nostre orecchie.» rise e si alzò in piedi, pulendosi i pantaloni dalla polvere e si posizionò nell'unico angolino illuminato da un pò di luce.
«Brian, sono viva indi per cui suona per bene o ti faccio il culo.» il chitarrista, tra le risate generali, si girò nella sua direzione, guardandola dal basso e scuotendo la testa.
«Spacchiamo il culo, ragazzi!» urlò.
«Partita a carte?» chiese urlando per sovrastare la musica.
«Non ti è venuta a noia?» si chiusero alle spalle le note di Afterlife e s'incamminarono verso i camerini della band.
«Vuoi essere torturata da David? Se stiamo buone e ferme non faremo danni, o meglio, non farò danni.» precisò.
 
 
«Ti cercavo.» il chitarrista entrò nel camerino, asciugandosi il sudore, ben visibile sulla maglietta bianca, e frugando nel mini bar alla ricerca di qualcosa per dar sollievo alla sua gola secca.
«Ti evitavo.» rispose Ally sfogliando il giornale di gossip sulle ultime scappatelle tra le solite star. Era seduta di lato su una poltroncina azzurra, le gambe penzoloni sul bracciolo e i capelli che le ricadevano in avanti coprendole il viso.
«Mi faccio una doccia e andiamo a visitare San Francisco.» la rossa alzò la testa chiudendo il giornale.
«Hai un concerto fra meno di due ore.» li fece notare lei.
Brian riempì la bottiglietta stropicciata e vuota con l'aria facendola tornare al suo aspetto originale.
La guardò rigirarsi una ciocca di capelli tra le dita e muovere giù e sù la gamba destra a ritmo della canzone che proveniva dalla radio. Posò la bottiglietta vuota sul tavolo e si sedette sul bracciolo libero.
«Sei una vipera.» le prese il viso tra le mani e gli soffiò su naso.
«Sei un gorilla.» rispose subito lei baciandolo sulle labbra dal sapore di arancia.
Brian approfondì quel bacio, spingendola verso lo schienale della poltrona e accarezzandole il fianco da sotto la maglietta.
Trascinò le dita sulla pelle liscia, che le andava a fuoco a quel tocco, fino al reggiseno ma lo bloccò.
«Haner, il concerto.» Brian, sconfitto, abbassò la testa e si staccò, calmando i bollenti spiriti con una bella doccia fredda.
Ally rise stiracchiandosi.
Poggiò i piedi sul tavolino da thè davanti a lei, frugando in tasca e tirando fuori, prima l'mp3, poi il pacchetto mezzo vuoto e consumato di sigarette.
Accese l'imp3, non curandosi di scegliere la canzone e dalle cuffie partì
Spinse l'accendino in fondo al tavolo con i piedi verso di lei e portò la sigaretta alla bocca, accendendola e ispirando la nicotina, prima di lasciare una nube di fumo in sospeso nell'aria. Buttò la testa all'indietro e chiuse gli occhi, azzerando i pensieri, spengendo il cervello e lasciandosi cullare dalla voce di...
Era stanca, il giorno dopo sarebbero partiti per lo Ohio e poi dopo ancora per il Nevada. Non sapeva come Brian e gli altri riuscissero ad andare avanti, un giorno erano in una città diversa pronti per fare un concerto e la sera dopo in un altro.
Li vedeva come dei supereroi mai stanchi e contenti di proteggere il mondo, o meglio di suonare davanti al mondo e lei la bambina fan che li seguiva e li sosteneva sempre senza però distrarli dal loro compito.
Delle goccioline le caddero sulla fronte e quando aprì gli occhi, Brian la guardava dall'alto movendo le labbra sottili senza emettere alcun suono, gli fece una faccia confusa e lui le tolse le cuffie.
«Dicevo, tra poco sarà san valentino.» il chitarrista si passò un asciugamano sui capelli, asciugandoli e si mise a sedere su una sedia davanti allo specchio. Prese il suo beauty case nero e ne tirò fuori il gel insieme ai suoi trucchi, il doppio rispetto a quelli di Ally.
E lui era un uomo.
«Manca un mese ancora.» Ally si sistemò su quella sedia, rendendosi conto di quanto fosse scomoda e lo fissò passarsi le dita, forse con il gel, tra i capelli.
«Manca un mese ancora al nostro primo san valentino.» puntualizzò lui sorridendole.
«Non dirmi che credi a queste cose?.» rispose guardandolo nel riflesso dello specchio.
«Perchè no? E' una festa per festeggiare il nostro rapporto, è la festa dell'amore!.» Ally non ce la fece e scoppiò a ridere, sotto la sua faccia contrariata e un pò offesa.
«Era la festa di Lupercali, in onore del dio Fauno.» fece notare lei con una faccia da chi la sapeva lunga. Si alzò a passo svelto e gli si vaporizzò al fianco, togliendogli il gel tra le mani e ne spalmò una noce sul palmo e tra i diti.
«Perchè devi vedere tutto sotto un altro aspetto?» chiese lasciandosi sistemare i capelli. Amava quando Ally gli toccava i capelli, lo faceva impazzire con quelle mani così delicate ed era molto brava ad acconciarli.
«E' sempre stato un mio piccolo difetto. Possiamo festeggiare il nostro rapporto sempre, in ogni momento e non ci serve una festa, lo sai questo? »lo chiese dolcemente, dando gli ultimi ritocco al suo capolavoro e baciando l'altro capolavoro.
«Mi fai impazzire, carota.» rispose dopo qualche secondi di silenzio.
«Lo so, scimmione.» per la seconda volta il telefono nella tasca dei jeans di Brian suonò per pochi secondi, facendo sbuffare il proprietario.
«Devo andare, ci sarai dietro le quinte?» si alzò attirandola per i fianchi, come facevano ogni sera prima di un concerto. Era come un rito, stessa scena, stesse parole e stessi battibecchi.
Ally non parlò ma lo baciò, tirandogli un leggero schiaffio su quel sedere perfetto, che poteva far invidia a qualsiasi statua greca creata dai migliori scultori.
«Arriva il chitarrista più sexy a questo mondo!» urlò nel corridoio tra i vari assistenti e membri della crew.
«Attenzione popolo! Brian kong è fuggito e terrorizza la città.» ricevette un'occhiataccia dal soggetto accompagnata da una linguaccia e da uno dei suoi famosi sorrisini maliziosi.
 
 
 
«Zach, sai per caso fra quanto ci fermeremo?» chiese la rossa al chitarrista disteso sui divanetti neri e viola del tourbus mentre stava scrivendo qualcosa al piccolo computer bianco.
«Come faccio a saperlo?» alzò lo sguardo giusto per guardarla un secondo e per riposarlo subito sullo schermo del portatile e tornare a battere frenetico le dita sui tasti. Erano giorni, anzi mesi, in cui lei e Zacky non parlavano o scherzando, tralasciando le poche frasi e parole dette, tutte fredde e distacca dalla parte di lui. Ogni volta la povera ragazza ci rimaneva davvero male, perchè non riusciva proprio a capire dove o cosa avesse fatto di sbagliato per essere tanto odiata da lui.
«Zach, possiamo parlare un secondo?» il chitarrista non si mosse di una virgola, anzi picchiettò più forte sui tasti come se volesse sovrastare la voce.
Ally sospirò cercando di calmare la rabbia che le stava salendo e che la voleva spingere a spaccare il viso del pancione.
Gli strappò il portatile dalle mani e prima che potesse controbattere lo freddò con un occhiataccia.
«Si può sapere perchè mi rispondi male? Mi eviti, non mi parli, mi tratti male.. cazzo, la devo aver combinata grossa!» prese fiato e si lasciò cadere sul divano, poco lontano da lui, rimasto immambolato a fissarla.
«Posso riavere il PC?» fu l’unica cosa che disse.
«Non si risponde a una domanda con un'altra domanda, rispondimi o il tuo caro PC farà una brutta fine.» Zacky ingoiò la saliva.
Non le voleva dare spago, la doveva evitare, stava iniziando a non pensarci e aveva ricontattato una sua vecchia amica di scuola.
Sentiva il suo sguardo bisognoso di risposte e certezze addosso e aveva sempre odiato i lunghi silenzi e degli occhi severi che attendavano qualcosa da lui. Era sempre stato così, fin dalle superiori, quando combinava qualcosa e finiva dal preside o quando veniva riportato a casa da un'agente della polizia.
Tutti pretendevano delle risposte, che neanche lui riusciva a dare.
«Ally, lasciami in pace.»
«Io ti lascerò in pace quando tu mi spiegherai il tu comportamento. Avanti, da cosa dipende?» Zacky sbuffò e pensò che forse era meglio se si lasciava andare, al massimo sarebbe sprofondato sotto terra.
«Da te.»
«Questo già l'avevo intuito.» tirò su un lato della bocca e provò a reggere il suo sguardo.
«Se te lo dicessi rovinerei tutto quello che si è creato tra te e Brian, cosa che non vorrei assolutamente.» Ally, ancora più confusa di prima, si avvicinò e gli prese la sua mano dalla quale spiccava "Cali" e la strinse fra le sua.
«E' probabile, ma devi dirmi di cosa si tratta. Ti consideravo un caro amico, forse uno dei miei migliori amici.. o mi sbagliavo?»
«No no! E' che..» fece un sospiro e il cuore gli iniziò a battere forte, mandandolo su di giri. «..sono uno sciocco. All'inizio pensavo che potesse succedere qualcosa fra noi due. Come uno stupido mi ero illuso di aver trovato una ragazza adatta a me ma poi ti ho visto come guardavi Brian e tutto. Mi dispiace se ti ho evitato e risposto male in questi mesi, ma capiscimi, questi mesi mi hanno aiutato a riflettere anche se non parlarti, anche solo da amica, mi faceva male. Adesso ho le idee chiare e ho messo il cuore in pace.» un sorriso amaro comparve su quel viso così bello da sciuparlo. Allyson non se lo sarebbe mai aspettata e gli dispiaceva di averlo trattato così.
«Vee..» provò lei.
«Tranquilla, non potrei mai mettermi fra te e Brian. Siete una coppia destinata a durare e già ti rivedo come una mia amica. Possiamo dire che quella era un innocente cotta, stile liceale brufoloso.»
Allyson scoppiò a ridere e fu subito sollevata, anche se le dispiaceva ancora per lui. Non poteva sapere come stava,  ma lo poteva, in piccola parte, immaginarlo e ora stava decisamente meglio nel sapere che era tornato lo Zacky di sempre.
«Ci stiamo fermando ragazzi!» il batterista scese dalle scale che portavano al piano superiore del bus, facendo girare gli altri due verso il finestrino alle loro spalle e allietando la leggera tensione che si era creata.
«Vuoi qualcosa?» domandò il suo ragazzo fermo a metà delle scalette.
«Sorprendimi!» scoppiò a ridere, scuotendo la testa e raggiunse gli altri all’interno del piccolo supermercato lasciandola da sola.
Lanciò una veloce occhiata all’orologio che segnava le quattro di pomeriggio in punto e si tolse il maglione azzurro che portava, lasciandosi in canottiera.
Faceva estremamente caldo per essere soltanto Febbraio e si sentiva andare a fuco le guance. Passò una mano dietro alla nuca, sudata, e con il laccio al polso si legò i capelli in una coda, poi li avvolse in una crocchia.
Cazzo, sto morendo di caldo e fuori ci sono meno venti gradi.
Pensò alzandosi e con pochi passi arrivare nella parte “cucina”, anche se era di tre metri per tre, ma piena di tutto quello che avevi bisogno, e bagnò un pezzo di stoffa con l’acqua fredda.
Tornò sul divano su cui era fino a qualche secondo fa e si distese, posando il pezzo di stoffa sulla fronte e facendosi un po’ di aria con entrambe le mani.
«Ehi, tutto ok?» aprì gli occhi e intravide Elisa in piedi, con la fronte corrugata e gli occhiali sul naso.
Li portava soltanto quando leggeva e le davano un’aria da intellettuale, che secondo lei non era assolutamente.
«Mi fa caldo.»
Spalancò gli occhi.
«Caldo?» la povera Ally annuì e si sentì meglio quando le passò una mano fredda sulla fronte.
«No febbre non ne hai..» perché il suo nome veniva associato subito alla febbre? «..tu e Brian fate sesso spesso?» le cadde la pezza.
Che domande le faceva?
«Che c’entra?» arrossì.
«Prendi la pillola?» il suo sguardo era pensoso e serio, con il suo solito vizio di passare una mano sul mento e una sullo stomaco.
«N..no..» borbottò la rossa.
«Ally..» Elisa indietreggiò portando le mani in alto.
«Non sono incinta! Ho il ciclo, eh!» sbraitò alzandosi e salendo le scalette che l’avrebbero portata alla sua cuccetta.
«Si vede.» sussurrò guardando le scale.
«Che succede? Ti ho preso un pacchetto di Marshmallows!» spuntò il cantante alle sue spalle, o meglio il pacchetto di 1kg e mezzo di caramelle colorate.
«Oh niente, Ally ha caldo. Vuoi farmi venire una carie o ingrassare?» la mora alzò un sopracciglio.
«Ally.. cosa?» dietro l’armadio di Matt, comparve Brian, con una faccia cadaverica. Un misto tra “sto per avere un attacco di cuore” e “se si è fatta qualcosa uccido tutti”.
«Ha caldo.» rispose distrattamente. Il chitarrista tornò del colore normale e salì le scalette.
«Guarda non ci sono problemi, me li mangio io!»
Rigirò il sacchetto trasparente tra le mani, tolse il nastrino bianco e gli aprì con delicatezza.
«No! Se non li mangio io, non puoi neanche tu.» si impuntò la mora.
«Fu così che se li mangiò Jimmy.» il batterista prese il sacchetto dalle mani del cantante e si andò a sedere al tavolino, al fianco di Zacky e Johnny.
«Bravo, Sullivan.» rispose il nanetto allungando le mani verso quel delizioso e soffice Marshmallows.
Con l’indice stava per toccare il bordo ma il batterista lo spostò in aria, lontano da lui.
«Vacci piano Christ! Ne voglio uno anche io.» borbottò Zacky con gli occhi da cerbiatto e il labbrino in avanti.
«Io ne voglio uno. Sbaglio o no, li ho comprati io?» disse Matt.
«Tu non mangi proprio un bel niente. Vogliamo far diminuire questa panciotta?»
«Eddai Eli.» la mora gli sussurrò qualcosa all’orecchio e gli occhi del cantante, per un attimo, si illuminarono e brillarono.
La prese per il polso e si fiondarono al piano di sopra del bus.
Dopo due minuti si sentirono dei rumori e forse il cadere di qualcosa o qualcuno.
«Ma c’è un’orgia al piano di sopra?» domandò Johnny buttando giù uno dei suoi dolci. Se li erano divisi e messi in un piatto.
«Ho bisogno di un po’ di sano sesso.» si lasciò fuggire Zachary, che nel frattempo fissava un punto a caso sulla parete.
«A chi lo dici, bro.» si unì James.
Si voltarono all’uniscono quando scese Brian, seguito da Ally, rossa in viso e decisamente poco vestita, creando dei seri problemi a tutti.
Fu un’occhiata degna da film d’Horror di Brian a farli tornare ai loro piatti.
«Stai bene?» chiese il bassista.
Ally si sedette su una sedia poco distante da loro e accettò il bicchiere di succo datogli dal suo ragazzo.
Aveva ancora caldo, il cuore le batteva forte e sentiva la nausea, il cibo che aveva mangiato a pranzo voler uscire.
«Il ritratto della salute! Non so cos’ho e..» non finì la frase che si catapultò al bagno, travolgendo il povero Brian.
«Cazzo..» Jimmy la seguì verso il bagno.
«Haner, che hai?» il chitarrista, anche lui con la faccia rossa, stava tossendo ripetutamente, piegato in due mentre si teneva il collo.
«Baker, ma non lo vedi che sta strozzando?» urlò Johnny.
Zacky a quelle parole scattò in piedi e corse alle spalle dell’amico, cingendogli la vita con i bracci e prese a spingerli sulla pancia più volte finchè non sputò per terra il pezzo di dolce.
«Mi..hai..salvato..» prese aria per un minuto intero. «..la vita Zacky.»
Zacky pieno di se, batté un pugno sul suo petto gonfiato e fece un sorriso a trentadue denti.
«Tutto merito della lezione che ci hanno fatto fare a scuola e menomale Matt non ci voleva andare.» gli altri due lo guardarono scuotendo la testa.
«Jimmy sto bene adesso, grazie.» Ally si mise a sedere vicino al gabinetto, attaccata alle piastrelle fredde, che da una parte le davano sollievo.
«Non ti preoccupare, sono abituato con gli altri quattro cazzoni.» James le si mise davanti, fissandola.
Ally lo guardò calmandosi. Sentiva ancora il saporaccio del vomito in bocca e il caldo che stava diminuendo piano piano. Le guance non le bruciavano più, lo stomaco era ancora un caos tremendo e stava iniziando a sentire il freddo.
Passò una mano sulle braccia piene di brividi, aumentando il movimento, e sentendo un po’ di calore.
«Ce la fai a tornare di là per vedere se il tuo ragazzo è ancora in vita? Ah, bel placcaggio comunque.» Ally scoppiò a ridere e strinse la mano che gli stava offrendo e tornarono, lentamente, nella cucina/soggiorno.
Ally si bloccò un momento nel vedere Brian disteso sul divanetto e Zacky con le braccia alzate baciando i muscoli, invisibili.
Guardò confusa Johnny.
«Brian stava strozzando e Baker gli ha salvato la vita.» fece spallucce e continuò a mangiare i Marshmallows.
«Cazzo Brian, non volevo.»
Il chitarrista aprì gli occhi guardandola e sorrise, rassicurandola.
«Ehi ragazzi, che facce sconvolte. Successo qualcosa?»
Il sorriso di Matt si affievolì, fino a scomparire, e si nascose alle spalle della ragazza, impaurito da quelle occhiatacce.





Ho messo subito anche il secondo perchè la scuola mi sta uccidendo e continuerò fra pochi giorni.
Non l'ho riletta, scusate gli errori :)
Gheggo.

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Capitolo 9
*** Chapter 9. ***


La mattina, poco prima che ti alzi e affronti il mondo esterno, sei ancora nel tuo perfetto, dove le preoccupazioni non ci sono e tutto scompare. Rimani tu e i tuoi pensieri, i tuoi sogni.
Quella mattina Ally quando aprì gli occhi, pensò di essere ancora nel suo di mondo nel vedere il bellissimo viso del suo ragazzo, rilassato e sereno, a pochi centimetri dal suo. Il suo respiro caldo le faceva il solletico al collo e la sua mano le stringeva il fianco, come se non volesse che se ne andasse, che interrompesse quel contatto.
Guardò il soffitto bianco e decorato da girigoghi ai lati di quella camera di quell’Hotel lussuoso in cui si trovavano, e pensò quanto fosse impossibile che lei si trovasse lì, in quel momento,  in una città che aveva sognato fin dall’infanzia.
New York, si sa, è una delle città più belle, desiderate e sorprendenti a questo mondo. Una città che mutava ogni notte, che non finiva mai di meravigliarti e che di certo, non ti annoiava mai.
E lei era lì.
Spostò il braccio di Brian, facendo attenzione a non svegliarlo e si alzò dal letto. Il chitarrista, al contrario, mugugnò qualcosa e rise, girandosi dalla parte opposta.
Il calore delle lenzuola svanì e si coprì con un maglione, poco usato del ragazzo, infilò la tuta e uscì dall’enorme stanza, che poteva essere anche un appartamento, trovandosi nel corridoio deserto.
Non sapeva che ore fossero, ma sicuramente, nel vedere la luce fliebile al di fuori, era presto.
S’incamminò lungo il corridoio bianco dal quale spiccava soltanto il tappeto rosso sotto i suoi piedi, alla ricerca della stanza desiderata.
3314,3315,3316 e 3317.
Appoggiò l'orecchio alla porta per sentire eventuali rumoni e dalla tuta tirò fuori il cartoncino bianco con il quale poteva aprire tutte le porte dei ragazzi, e lo passò nel computerino a lato, facendo scattare e aprire la porta.
Entrò curante di non emettere nessuno rumore ed attraversò il buio della stanza, arrivando al centro dove si trovava il letto in cui due figure dormivano beatamente.
Sorrise.
Johnny era rannicchiato al lato destro e piegato su se stesso formando una sorte di piccola "pallina", mentre Zachary era dall'altra parte, lontano dal bassista, tutto bello largo con una mano sul petto nudo e l'altra sul cuscino.
Diede un'occhiata ai numeri rossi della sveglia che segnavano le 8.32, l'unica cosa che creava una certa luce che poi rifletteva sul comodino marrone.
Poteva sentire i loro respiri, alternati da un pò di russare da parte del chitarrista, interrompere il silenzio tombale della stanza.
Si girò, tornando sui suoi passi e uscì dalla stanza, chiudendo piano la porta alle sue spalle.
La luce la investì e chiuse automaticamente gli occhi, brucianti.
Se vado da Eli c'è Matt e non li voglio disturbare, invece Jimmy ieri sera l'ho visto con una ragazza. Bene, che faccio?
Si grattò il mento e s'incamminò verso la sua camera.
Quando entrò la luce aveva invaso ogni cosa, accompagnata da una leggera brezza. Vide la porta della terrazza semiaperta e Brian appoggiato alla ringhiera, dipinta per sembrare rugginosa e antica, intento a fumarsi una sigaretta.
Fuori faceva freddo e una fitta nebbia incorniciava i vari grattacieli davanti ai loro occhi.
Si strinse maggiormente il maglione e cinse la vita di Brian, che ebbe un piccolo sussulto, con le braccia e appoggiò la testa sulla sua schiena.
«Buongiorno amore.» gli disse pimpante.
Brian si girò serio e la baciò, mostrando un sorriso degno delle migliori pubblicità di dentifrici.
«Sai che sei il risveglio più bello di tutti?»
«Ah, si?» sorrise in maniera maliziosa, cingendogli il collo e passando una mano nei capelli ancora duri per il gel della sera precedente.
Annuì.
«Buon S.Valentino biscottino zuccherato.» le ultime due parole, troppo strane pure per lui, le scandì lentamente.
«Grazie pasticcino caramelloso.» Ally al contrario suo, stava per vomitare e le faceva estremamente strano dire quelle cose.
«Quanto sei pucci pucci pà?» fece il classico verso quando si fa le "feste" ai cagnolini, con la vocina affemminata.
Le pasSò le dita sulle guance e le strinse, come le nonne quando vedono i nipoti dopo mesi e mesi.
«Non pensi di avermi torturato abbastanza con biscottino zuccherato?»
«Smetto solo perchè sto rischiando di farmi venire il diabete.» fece una linguaccia con una faccia disgustata e Ally scoppiò a ridere.
«Allora che fate oggi?» gli chiese dopo che si erano goduti il "silenzio" di New York, estesa di fronte a loro.
«Intervista, prove, concerto.»
Ally sbuffò abbassando gli occhi.
«E io che volevo passare un pomeriggio con te qua, a New York.»
Brian le prese il viso tra le mani e la guardò in quegli occhi dal verde, in quel momento, spento.
«Ti prometto che appena finisce l'intervista, ti porto a vedere New York. Avremo due ore, ma le faremo bastare.»
Ally non poté non sorridere. Due ore con Brian le bastavano eccome, era come se ci passasse il pomeriggio intero; si vedevano si o no cinque minuti prima delle prove o del concerto e non poteva lamentarsi. Non poteva prendere di passare giorni con lui, era un chitarrista, doveva lavorare ed era già tanto che l'avesse portata con se.
Eppure..
«Entriamo? Ho freddo e fame.»
Brian annuì energicamente, le cinse le spalle e rientrano al caldo, per prepararsi e scendere a fare colazione.
 
«Pensavo che un’orgia di fan ti avesse uccisa, eh.»
Ally arrossì per la vergogna alle parole del suo migliore amico. La sua voce la rassicurava e la nostalgia del suo viso, mescolata alla nostalgia per l’Italia compresa, la invase.
«Colpa del fuso orario.» la buttò giù lei.
«..» dall’altra parte sentiva soltanto il rumore della televisione e il suo respiro.
«Ok, ok, scusa ma questi giorni sono stati..pesanti.» si grattò la testa e sentì bruciare il dito. Lo guardò aggrottando la fronte e del sangue sgorgava lucente da un piccolo graffio innocente, ma allo stesso doloroso.
«Sono tutt’orecchie.» succiò il dito con le labbra e il sapore di metallo le invase la bocca.
Fece un lungo respiro, tenendo il cellulare con la spalla e tamponandosi il graffio con un fazzoletto.
«Sono un po’ preoccupata, niente di che.»
«Brian?»
Scoperta.
«Parliamo raramente. L’ultima volta che.. beh, hai capito, e’ stata due giorni fa.. Se non fosse per il fatto che dividiamo il letto, non lo vedrei mai.»
Sbirciò dal vetro della porta che rifletteva all'interno della sala, dove Brian stava provando un assolo insieme ad un tecnico.
«Non conosco Brian, oltre a quello che dicono sui giornali e ci avrò’ parlato si o no, due volte. Posso dirti però che non devi farti tutte queste seghe mentali, mettiti nei suoi panni.. e’ un chitarrista di fama mondiale, ogni sera deve accontentare un sacco di persone e tu l’unica cosa che puoi fare e’, in un certo senso, supportarlo, aiutarlo e stargli vicino. Non ti dice niente perché di mezzo c’e’ il famoso ‘orgoglio maschile’ e si tiene tutto dentro. Anche se non sembra, a noi ragazzi piace quando le ragazze ci cercando.»
«Letta su Facebook?»
Scoppiò a ridere e Ally sorrise, flebilmente.
«Sai vero cosa sto per dirti?» continuò lei.
«‘Io ho bisogno dei fatti per essere sicura’. Come se non lo sapessi.»
«Te come stai?» cambiò immediatamente il discorso.
«Rinvoltato in una coperta, pieno zeppo di medicine e sei strati di calzini, bene dai.» In effetti la sua voce era nasale e ogni tanto tirava su con il naso.
«Involtino di sushi, devo chiudere. Il mio blocco di disegni mi aspetta.»
«Vai a rilassarti, vai. E chi ci pensa a me?»
«Ciao, Greg.» riattaccò e guardò il display che segnava la fine delle chiamata e i minuti.
Si massaggiò le tempie e corse verso la sua borsa.
Vena artistica aiutami tu.
 
 
«James, che giorno siamo?» domandò Ally alzando lo sguardo dal foglio bianco marchiato da delle linee nere.
Jimmy, seduto sulla sua batteria, smise di battere sulla gran cassa, si tolse le cuffie e si allungò per prendere il suo cellulare, lasciato in un angolino del divano alle sue spalle.
«2 marzo.», rispose lanciando il cellulare, di nuovo, sul divano che si posizionò quasi al bordo e ritornò a creare “arte”.
Ally spalancò gli occhi e lasciò il lapis giallo cadere e rimbalzare sul blocco dei fogli.
Non poteva esserselo dimenticato, non poteva assolutamente. Forse gli altri, ma lei, lei no. La conosceva da 10 anni e li era sempre scatto qualcosa nel cervello che glielo ricordava, come un post-it messo dietro a scatoloni contenenti ricordi che piano piano spostavi e veniva fuori, a caratteri cubitali e luminosi con una allarme odioso di sottofondo.
Però il post-it si era staccato e volato a terra, schiacciato da problemi, pensieri e ricordi.
In quel momento, senza neanche farlo a posta, nella stanza entrarono il resto della band e lei scattò all’indietro facendo uscire le parole come un fiume in piena.
«Compleanno?», il cantante sbiancò come un lenzuolo, sudando freddo.
«Porca puttana!» urlò alla fine e il colore da bianco lenzuolo era passato da rosso lava acceso.
Gli altri sobbalzarono e James, pensieroso su delle note che non gli tornavano, alzò il viso e, come aveva fatto poco prima, si tolse le cuffie.
La voce, possente, di Matthew era riuscita a superare il volume della canzone che stava ascoltando; era pur sempre un cantante.
«Hai appena scoperto che gli ultimi neuroni che ti erano rimasti sono andati a farsi fottere?», domandò molto tranquillamente e facendo girare in aria le cuffiette.
«Spiritoso,davvero spiritoso, Sullivan.» il cantante, che stava tornando al suo colore normale, si sedette di fronte ad Ally, che ancora non riusciva a capacitarsene.
Come ho fatto? Non ne ho mai e dico, sottolineo, evidenzio, mai dimenticato il compleanno della mia migliore amica.
Sbuffò, passando le dita tra i capelli. Capitava, certo, di dimenticare il compleanno di qualcuno, ma per loro era un qualcosa di speciale.
«Dobbiamo organizzare una festa a sorpresa, mi aiuti?» chiese al cantante, anzi supplicò.
«Certo, hai qualche idea in mente?»
«Matt, me ne sono ricordata solo adesso.» abbassò immediatamente lo sguardo.
Alt. Quando era l'ultima volta che aveva passato un pomeriggio sola con lei? Quando era l'ultima volta che si erano parlate?Non riusciva a ricordarselo, era come se fosse un ricordo lontano e difficile da vedere. Vergogna.
La sega mentale per eccellenza, l'incubo di ogni persona, la cosa più brutta che ti può succedere e che, purtroppo, almeno una volta nella vita ti succede: allontanarsi da una persona cara.
Non si era mai preoccupata di ciò, si vedevano sempre e parlavano ogni giorno, ma non aveva considerato il fattore 'ragazzo', perchè il fidanzamento non era rose e fiori, aveva dei lati negativi, delle condizioni e una di queste era 'l'allontanamento dagli amici'. Quello che non voleva neanche immaginare o pensare era successo. Ciò aveva portato a cancellare dal suo cervello la 'porta Elisa', o meglio a sigillarla e a metterci un armadio davanti.
Si era scordata della sua migliore amica, limitandosi a qualche parola alternata a qualche momento insieme.
Prima Zach poi lei. Però a differenza si Zacky,si sentiva privata di una parte di se e soffriva.
Da piccole come ogni ragazzina di 14 anni, o almeno alcune, avevano attraversato il momento "saremo amiche per sempre" facendosi promesse su promesse,e per rafforzare quelle promesse si erano create un rito, una specie di incantesimo letto su un vecchio libro nella bibblioteca polverosa di una prozia di Elisa. Una sera di estate si erano trovate nel retro del giardino della nonna di Ally, attrezzate con una vecchia pentola bruciata, profumi, piante e degli oggetti a loro cari, buttati uno alla volta all'interno della pentola accompagnate da una sorta di incantesimo composto da parole pronunciate male. Si erano tenute per mano davanti a quell'intruglio dall'odore terribile, promettendosi di non lasciarsi mai e di parlarsi in ogni occasione. Elisa, poi, aveva tirato fuori un vecchio quadernino giallo e consumato comprato su un banchino indiano ed lo aveva aperto alla pagina "Divisione anima".
Qualunque adulto, ciò, lo vedeva come una cosa insulsa e stupida, senza una base reale e solida, e sciocca.
Anche lei stessa, quando i ricordi di quella sera riaffioravano, pensava che fosse soltanto una ragazzata, ma più ci rifletteva, più si rendeva conto che, infondo, quel rito magico le aveva aiutate in qualche modo e che, in parte, avesse funzionato.
Però ora si rendeva conto che non aveva mantenuto quelle promesse e se ne pentiva.
Si ricordò che quando avevano finito il rito, aveva letto una piccola nota in fondo, che recitava: "Nella divisione, un pezzo delle due anime si stacca e si attacca all'anima della seconda, e viceversa, creando così una nuova anima composta in parte da un'altra. Però, attenzione, se i due possessori si dividono per cause che dipendono da loro stessi e il cuore non è in pace, l'anima ne risentirà insieme al corpo."*
Lei aveva scosso la testa e richiuso il libro.
Era quello che le stava succedendo? Stava male e, magia o non magia, si sentiva in colpa.
Doveva rimediare assolutamente.
«Però ne possiamo buttarne giù un paio. Affittiamo una villa qua fuori New York, con piscina e tutto. Invitiamo un pò di persone, alcool, musica, regali, manifesti ovunque e una super torta.» la fece risvegliare dai suoi ricordi e lo disse soddisfatto, sorridendo a trentadue denti.
«A questo ci penso io.»
«Adesso manca soltanto il regalo..» sussurrò in preda al panico.
Ally riprese la matita in mano, insieme al blocco e glielo fece scivolare davanti, sotto il suo sguardo indecifrabile.
«E' il primo compleanno che passate insieme, deve essere qualcosa di speciale. Tu adesso ti spremi le meningi, ne scrivi un paio e alla fine decidi quello più opportuno.»
Il cantante, più deciso come non mai, prese la matita e penso a quali potessero essere i regali adatti alla sua ragazza.
L’unico piccolo problema era che ce ne erano un infinità e lui, in primis, non era mai stato capace di fare un regalo a qualcuno. Fin dalle superiori ai compleanno di uno della band, puntualmente, Matt dava i soldi necessari a qualcun altro che se ne occupasse al suo posto.
Non era, semplicemente, capace.
«Dove vai?» chiese allarmato il cantante nel vederla alzarsi e avanzare verso la porta.
«Sono chiusa qua dentro da troppe ore, tu pensa e io vado a fumarmi una cicca.. ne ho proprio bisogno.» spinse la maniglia verso il basso e lasciò quella stanza afosa e soffocante.
Si toccò i fianchi, le tasche, ma il pacchettino rettangolare non c’era e, sbuffando, si guardò in giro alla ricerca del suo bel ragazzo.
Non erano riusciti a passare neanche un minuto insieme, e la cosa la faceva mandare su tutte le furie, sommata poi alla mancanza di nicotina.
Cercava sempre di non disturbarlo quando creava degli assoli o semplicemente si perdeva nei suoi mille pensieri.
O almeno, ci provava.
Passò tra le porte bianche tutte uguali e si fermò al sentire le corde di una chitarra, strimpellata in una improvvisa canzone e forse, da un chitarrista- conoscendolo- stanco e senza idee.
«Zach, scusa, hai una sigaretta?» il chitarrista tolse la tracolla della chitarra, tenendola con la mano sinistra, e le lanciò il pacchetto consumato tra le mani. Ally ne tirò fuori una con il pollice e l’indice, facendola cadere sul palmo e prendendo l’accendino al lato.
L’accese e subito si calmò.
Zach era l’unica in quella grande stanza spoglia, con la sua amata musica e il silenzio.
Cosa avevano tutti?
Non si erano sentite risate, battute, litigi, botte o altro, niente di niente, solo i loro strumenti parlavano e ognuno si era rifugiato in una delle tante stanze in quel palazzetto, accompagnati dalla solita nuvoletta ricca di tensione che rilasciava i propri “tuoni” poco prima di salire sul palco e scomparire, infine, a fine concerto.
Stava per aprire bocca, ma preferì non dire niente, girarsi e dirigersi verso la prima uscita più vicina.
Ally sentiva il freddo batterle sulla faccia con insistenza e il vento cercare un piccolo scorcio in cui entrare, per “sconfiggere” il calore sulla pelle.
Si sedette sul gradino di marmo, umido, stringendo le gambe al petto e lasciando i capelli caderle scompigliati sul viso senza interromperle la visuale della sigaretta che bruciava, trasformandosi in cenere.
Staccò gli occhi dalla cenere, appena cadde a terra e il nuovo soggetto che i suoi occhi avevano imprigionato era una piccola chiesetta decadente,color crema, con un rosone rosso acceso al centro e una croce in ferro al di sopra.
Lei la religione non l’aveva calcolata molto; era stata battezzata alla nascita, come tutti i bimbi, il lunedì pomeriggio lo passava nell’oratorio a parlare di quell’uomo che aveva aiutato degli stolti, ricevendo in cambio una crudele morte su una croce, e andava a messa ad ogni festa. Però smesso il catechismo aveva smesso di pensare a quell’uomo, che nel cuor suo, non sentiva come un suo Dio.
Semplicemente lei non sentiva di essere grata a un uomo di cui aveva sentito parlare tramite delle parole scritte: era la classica ragazza che non voleva le parole, ma i fatti. Lo ripeteva più volte per farlo capire agli altri o forse, per falo capire a se stessa.
Soprattutto non considerava chi credeva in qualche Dio, un illuso o addirittura un credulone. Rispettava gli altri.
«Ehi, eccoti qua. Va tutto bene?»
Sobbalzò nel sentire la mano e il resto del corpo di Johnny, sedersi al suo fianco.
«Sisi, Jon. C’è troppa aria tesa là dentro.» ispirò l’ultima volta la sigaretta, posizionandola sopra il medio e con il pollice, a scatto, lasciarla poco distante.
«Oh, si? E’ una cosa normale. All’inizio di ogni tour sei rilassato e sei calmo, ma col passare dei giorni, dei mesi, tutta l’ansia e tensione si accumula e addio nervi rilassati.» tirò su la zip del giubbotto di pelle e portò le mani congiunte alla bocca creando del calore che desse sollievo a quei ghiaccioli che aveva al posto dei diti.
«Credi che dia noia a Brian?»
Johnny si girò a guardarla. Aveva lo sguardo realmente preoccupato e serio, uno sguardo che ti stringeva il cuore.
«Io credo, invece, che tu lo stia aiutando.»
«Io cosa?»
Ora era lei che lo guardava di profilo mentre annuiva piano.
«Gli fai bene. In sei anni non lo avevo mai visto così calmo in tour. Eppure anche il solo parlagli o passargli vicino ti costava qualche parte del corpo. In te ha trovato qualcosa di speciale e fidati, non gli darai mai noia. Smettila di farti tutte queste seghe mentali.»
Ally sospirò.
Ti vorrei credere John, ma come ho detto e come ripeto, io sono una che vuole i fatti e non le parole.






Pezzo un pò corto e incasinato :)
Ringrazio tantissimo Ehm_Momo e CristinaSucidePunk <3
Scusate per eventuali errori, ripetizioni e frasi senza senso, gli Avenged non mi appartengono e tutto.


*Non ha senso lo so, ma è un discorso che mi aveva fatto una mia amica e che aveva riletto a sua volta in un libro.
Immaginatevi due anime, una rossa e una blu, a cui mancano dei pezzetti. Il pezzetto dell'anima blu va a chiudere e completare il pezzetto dell'anima rossa,  e viceversa.
Forse avrò peggiorato le cose, ma è una cosa stupida. xD

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Capitolo 10
*** Chapter 10. ***


«Ally, senti..» una mano le toccò la spalla facendola risvegliare e il palloncino le volò via dalle mani, per cadere poi dopo vari giri in aria, per terra. «..dove li devo mettere questi?»
«Jimmy.. ehm, sopra alla porta.» il batterista annuì e se ne andò verso la porta, tirando dietro di se uno degli striscioni di stoffa arancioni.
Tornò ad occuparsi delle tovaglie rosse, le mise sul tavolo di fronte a lei, mandando via qualche grinza e li ricoprì infine con un’altra tovaglia, ma più piccola e bianca. Dallo scatole consumato posto sulla sedia al suo fianco, tirò fuori i vari contenitori di ceramica bianca, i bicchieri, piatti, forchette di plastica e tovaglioli, cospargendoci alla fine dei petali di rosa intorno.
Attraversò con lo sguardo tutta la stanza che piano stava prendendo forma.
C’erano palloncini colorati, con su disegnato delle facce felici, sul pavimento mentre dal soffitto ricadevano dei fili rossi, arancioni e bianchi, alternati. Mancavano ancora i vari tavoli,le sedie,le casse per la musica e la luce da sistemare, tuttavia avevano fatto un bel lavoro.
Il suo sguardo si fermò su uomo intento ad attaccare il cartellone “Tanti auguri sottospecie di donna” ai lati delle pareti. Il suo viso era ricoperto dai palloncini legati insieme, però riusciva ad intravederlo quando si abbassava per prendere i pezzetti di scoth dal bassista.
Appena finì scese dallo scaleo e si voltò nella sua direzione, sorridendogli.
«Ancora non ci hai parlato?» non staccò gli occhi da Brian che si era messo a parlare con Matt.
Sospirò, continuando a dargli le spalle.
Per sentire le stesse cose?
«No.»
«Dovresti.» Zacky le passò accanto e si mise davanti a lei, faccia a faccia.
«Zach..» alzò lo sguardo verso quegli occhi come i suoi, ma diversi allo stesso tempo. «..n-..va tutto bene così.» rispose semplicemente.
..non ci voglio litigare e rischiare di perderlo.
«Va tutto bene?! Ma se non vi vedo insieme da giorni! Siete dei fantasmi. Lui troppo preso da questo tour e tu troppo innamorata da dire qualcosa.»
«Non è vero.»
«Vi state distruggendo e basta.» il chitarrista se ne andò stringendo i pugni e uscendo dalla stanza, battendo forte la porta.
Ally abbassò lo sguardo diventato ormai appannato.
 
«Ehi, stasera cinese?» gli disse dando l’ultima occhiata al display con il messaggio in italiano inviato a Gregorio.
Era il suo compleanno e la prima che gli doveva fare gli auguri era, di certo, lei. Avrebbe voluto chiamarlo e cantargli la tradizionale canzone, come faceva ogni anno, ma là erano le due di notte e sicuramente dormiva.
«Vorrei, ma devo finire..ehm, l’assolo, sai.. per il nuovo album.» borbottò aggeggiangio il suo telefono.
Il suo viso si rilassò e si allargò in un sorriso, senza staccarsi dal display.
«Beh.. niente allora. Domani stiamo un po’ insieme?»
«Ho le prove.»
«John mi ha detto di no, che avevate il giorno libero.. che devi fare?.» continuò lei.
«Saranno fatti miei quello che faccio o non faccio?» disse duro lui.
Ally si scosse a sentire quel tono di voce.
La rabbia le fece ribollire il sangue, che sentiva colorare le guance di rosso e strinse così tanto i pugni al punto che le unghie nella pelle le facevano male.
«Scusa se sono la tua ragazza e volevo stare un po’ insieme a te. Se non mi volevi tra i piedi, non mi facevi venire dall’altra parte del mondo.» si risparmiò a quello.
«Mi dispiace, Ally. Non volevo, cercherò di liberarmi, promesso.» Brian si alzò e le baciò la fronte.
Quel contatto era freddo, veloce e costretto.
Quante promesse mi farai ancora, Brian?

 
 
«Siamo pronti?» domandò eccitato il cantate al batterista, nascosto dietro alla porta d’ingresso. La stanza, rimasta al buio, populava di persone e flebili voci, c'era soltanto un piccolo raggio di luce proveniente dalla porta semichiusa.
All’improvviso tutti si zittirono al sentire dell’arrivo della festeggiata e dei suoi passi sempre più vicini, finchè dalla porta non entrò una figura.
«Sorpresa!» urlarono tutti in coro e la luce si accese.
Eli con la bocca spalcanta e gli occhi lucidi guardò tutte le persone presenti, una a una. Si tappò la bocca, tenendosi in piedi sulla spalla di Ally, che le sorrideva di fianco. Si girò di scatto e l’abbracciò, affondando il viso nei suoi morbidi capelli rossi.
«Mi dispiace Ally..» sussurrò rotta dalle lacrime sia di gioia, sia di amarezza.
«A me dispiace Eli. Oddio non sai come sono stata male. Ed ho tante di quelle cose da dirti, ma adesso è la tua serata.. solo una cosa ti chiedo..»
Si staccarono.
«..non evitiamoci più.» dissero in coro.
Si conoscevano troppo bene, sapevano tutto dell’altra, parti che nessuno conosceva, tra paure, segreti e comportamenti. Erano cresciute, maturate e diventate quello che erano insieme.
E niente, niente di niente, le poteva separare.
“O noi due, o nessuno, capito? Nemmeno se Johnny Knoxville si presentasse sotto casa di una e le chiedesse di sposarlo, N-E-S-S-U-N-O.”
Era la frase che si dicevano ogni volta che litigavano o non si parlavano.
Eli la ringraziò, asciugandosi le lacrime dalle guance rosee e corse ad abbracciare il suo ragazzo, che la fece volteggiare per due volte in aria. Quella sera era più bella del solito; aveva un vestito di seta, corto fin sopra le ginocchia, color salmone chiaro con un tulle sopra dello stesso colore, stretto al seno da una finissima cintura più scura con abbinati dei tacchi da 10 centimetri. I capelli, diventati biondi miele da pochi giorni, erano tirati su da delle forcine in una sottospecie di crocchia.
Non era di certo il suo stile, ma per una sera si era lasciata andare.
Ally si appoggiò al muro coperto dallo striscione e, fissando la gente ballare e scherzare, bevve e assaporò il suo champagne.
Ed era al terzo.
La serata, tutto sommato, stava filando liscia, musica su musica, persone che si divertivano ed Elisa non l’aveva mai visto così..serena. Le avevano cantato una decina di volte “tanti auguri” in molte lingue, e arrivato l’italiano, se l’era cantata da sola con sottofondo il resto degli ospiti che acchiappava qualche parola.
Brian lo aveva visto di sfuggita mentre parlava con un ragazzo della crew e ancora non si erano detti niente. Erano passate due ore dall’inizio della festa e stava rischiando di far parte dell’intonaco del muro, se non si staccava. Finito lo champagne, adagiò il bicchiere al tavolo, addobbato e preparato da lei stessa, e si sistemò il vestito.
Era grigio scuro corto, senza spalline e molto stretto al petto da un corpetto con delle rifiniture nere sul seno, mentre sui fianchi scendeva ‘molle’ fino a metà gamba e ai piedi aveva dei tacchi neri lucidi di 14 centimetri. Un po’ troppo alti, ma comodi.
I capelli invece li aveva lasciati sciolti, con qualche boccolo alle punte.
Sospirò.
«Che ci fai da sola?» Zach le comparve davanti sorridendo.
Forse era la luce o lo champagne, ma in quel momento Zacky era stupendo. Aveva un golf nero, leggero, di lana, con sotto una maglietta aderente bianca e nera, che gli risaltava quei pochi muscoli che aveva. Era poco truccato e i capelli non li aveva toccati, quindi ricadevano morbidi e con qualche ciuffo sulla fronte.
«Ammiro il mio ragazzo parlare con quella biondina.» fece segno con la sua testa nella direzione di Brian, appiccicato a una bionda, tappa, mezza nuda.
«Oh..Michelle.»
Michelle? Michelle..mmh Michelle..dove avevo sentito quel nome?
«E’ una delle gemelle DiBenedetto, ex fidanzate di Brian e Matt. Sono delle vipere.»  disse dopo aver visto che non capiva. Le guardò con disprezzo e odio, come se quelle avessero fatto qualcosa di cosi mostruoso da farsi odiare da lui.
«Che hanno fatto?» chiese con una punta di gelosia.
«Brian non ti ha raccontato nulla?» domandò alzando il sopracciglio.
«Mi ha detto solo che era una sua ex.», tornò a guardare il ragazzo, ma di lui e della biondina non c’erano tracce.
Cominciò a preoccuparsi e da una parte maledire quella cosa ossigenata.
«Sono stati insieme parecchi anni, dalle superiori fino a quando siamo diventati famosi insomma. Però hanno iniziato i tradimenti e Brian non l’amava più, anche se.. ci rimase male quando ruppero.» l’ultime parole le disse più piano, come se non volesse che le sentisse nessuno.
«Oh..» fu l’unica cosa che riuscì a dire mentre fissava a occhi spenti il punto in cui erano fino a qualche minuto prima. Brian era capace di tradirla con quella? Dopo quello che avevano passato? Dopo quella promessa a casa sua? Beh, era un don giovanni e il lupo perde il pelo, non il vizio.
Una lampadina le si accese nel cervello.
«Da quanto e’ arrivata?»
«Da qualche giorno, perche’?»
Tutto adesso quadrava. Qualche giorno. Qualche giorno che Brian aveva iniziato a non considerarla ed a sostituirla con quel telefono che vibrava in ogni momento. Non li aveva mai dato il permesso di guardarlo e se gli arrivava un messaggio, subito cambiava di umore. Quelle volte in cui spariva, tornava tardi la sera, passava i giorni liberi alle “prove” e le rispondeva male.
La tradiva.
La tradiva con Michelle.
Doveva capirlo prima. Che sciocca. E lei pensava che fosse soltanto lo stress da Tour.
Il suo mondo le cadde a terra, come un pezzetto di carta appallottolato e lanciato via, schiacciato dai piedi di quella parola in cui, per la prima volta, aveva creduto: l’amore.
L’amore l’aveva rapita, lei che non lo aveva mai considerato ma guardato da lontano, l’aveva portata fin oltreoceano, lontano da tutto e tutti, ricevendo in cambio soltanto una coltellata dritta nel cuore.
«Ally? Ally stai bene? Rispondi, mi sto preoccupando.» Zacky le scosse il braccio energicamente.
«Si, si. Ho sete, prendo da bere. Mi ci vuole.» come un robot si mosse a grandi passi verso il tavolo degli alcolici, dove si fece preparare un enorme bicchiere dell’alcoolico più forte che c’era. Come il ragazzo, carino tra l’altro, glielo porse tra le mani lo mandò giù in un colpo solo.
Lo sentiva, sentiva l’alcool scorrerle nelle vene e una vampata di calore la fece sorridere. Tutte le preoccupazioni se ne andarono via, riusciva soltanto a sentire quella musica commerciale e scadente invitarla a lasciarsi andare a lei, nel mezzo della sala.
Fanculo Brian, fanculo Michelle.
Si girò alla ricerca di una vittima e la trovò intenta a farsi due risate con Johnny, piegato su se stesso a ridere, poco distanti da lei. Prese Jimmy per la mano, senza che lui controbattesse e lo portò in mezzo alla pista da ballo, scatenandosi in un ballo sensuale ma ‘amichevole’. Nessuno se ne accorse di quei due che ballavano uno ad un centimetro all’altro, ubriachi come il resto delle persone, tutte tranne uno.
O meglio, due.
Zach guardava quella scena incazzato nero con quello stronzo del suo migliore amico, che se la stava passando con una poco di buono nell’altra stanza, e con se stesso. Si, perché invece di tenersi tutto dentro quel giorno, sul pullman, avrebbe dovuto reagire e non avrebbe dovuto assistere a quella scena. Quella scena che lo mandava su tutte le furie.
E poi c’era Brian, tornato in quella sala, sbronzo come non mai, e con la camicia abbottonata male. Michelle era dietro di lui zoppicante e piegata sulle gambe a ridacchiare su qualunque cosa vedesse.
Vide la sua ragazza strusciarsi contro il suo migliore amico, in mezzo a tutti quanti, senza contegno o vergogna. La luce colorata le illuminò il viso, o meglio delle piccole righe che si infrangevano sotto il collo.
Si diresse a passo traballante e poco rapido contro quei due, ma un braccio lo tirò via, dall’altra parte. Non ebbe neanche il tempo di rendersi conto di cosa succedeva che si ritrovò nel bagno di poco prima, solo che al posto di Michelle c’era Zachary con il pugno in aria.
«Tu pezzo di merda, devi soltanto vergognarti.»
«Baker, lasciami. Devo tornare dalla mia ragazza.»
Il pugno di Zacky partì automatico, come se le parole “mia ragazza” fossero la parola magica per farlo scattare. Brian fece un piccolo grigno di dolore e tornò a fissare il suo migliore amico, affannato e incazzato.
«Che cazzo fai?» se fosse stato sobrio, gli sarebbe bastata una bella spinta per spostare il corpo del ragazzo da lui, ma era troppo sbronzo per alzare un braccio e Zacky, più piccolo di lui, in quel momento sembrava un altro.
Un’altro che faceva paura.
«Che cazzo fai tu! Stai tradendo la tua ragazza! E con Michelle! Brian io spero che tu abbia preso qualcosa di molto pesante, perche’ questa volta l’hai combinata bella grossa.»
Brian abbassò lo sguardo.
“Stai tradendo la tua ragazza”.
«Ally..» disse piano. Non ce la faceva a pensare, la sua testa era un campo di battaglia con mine pronte ad esplodere in ogni momento. Eppure l’unica cosa che i suoi occhi riuscivano a vedere era il viso rigato dalle lacrime di Ally nella sala. Qualcosa nello stomaco gli fece bloccare il respiro.
Che fosse il famoso senso di colpa?
Come poteva saperlo lui, che nella sua vita l’unica cosa che era stato capace di fare era aver fatto sentire male, usate, inutili, le persone?
Lui che si era lasciato andare a una ragazza sincera e che lo aveva accettato per quello che era, non per il famoso chitarrista, ma solo per un normale ragazzo di 28 anni.
Il ragazzo, perche’ uomo non era, che le aveva rapito il cuore in pochi giorni e che aveva distrutto in qualche minuto.
Michelle.
Non era stato mai innamorato di quella donna, solo attratto da quel corpo così sensuale e che appena aveva visto, aveva risvegliato in se il Synyster Gates dormiente, mettendo da parte Brian Haner.
Nella mente gli passarono tutti quei giorni; il viso di Ally spento, deluso e freddo, le sue lacrime silenziose, gli occhi che li lanciavano mille domande e attendevano spiegazioni.
Spiegazioni che neanche lui sapeva trovare e dare.
Aveva infranto la promessa e il cuore, stanco, di una meravigliosa ragazza.
Adesso sai come ci si sente, vero?
Scivolò lungo le piastrelle umide del bagno, tremando e aspettando la pugnalata, che non tardò ad arrivare.
«L’hai persa.»
Tu-tum.
Dritta, dolorosa e giusta.
 
 
«Ally, avanti appoggiati a me. Ti porto in camera mia.» Zacky avvolse la vita della povera Ally, seduta con la testa appoggiata sul tavolo, con il braccio e le tirò delicatamente su.
Aveva gli occhi chiusi, le guance rosse, i capelli appiccati alla fronte sudata e il trucco leggermente sciupato. Si lasciò andare contro il corpo del ragazzo ed uscirono dalla stanza ancora piena di persone.
Fuori dalla villa il freddo gli avvolse, insieme al fumo di sigarette mischiate ad altri tipi di droghe, attraversarono il giardino, scostando le persone che parlavano tranquillamente, fino alla suo BMW nera lucida.
Zach lasciò la ragazza sul sedile del passeggero, fece il giro toccando con l’indice il cofano  della macchina ed entrò, sgassando dopo pochi minuti  verso l’Hotel.
Ally era nella fase dormi-veglia, in cui capisci cosa succede intorno a te ma nello stesso tempo sei nel mondo dei sogni.
La testa le girava troppo, sentiva caldo ovunque e i piedi, dopo 2 ore a ballare senza fermarsi, al solo tocco con la suola della scarpa le dolevano.
Vedeva delle luci muoversi velocemente e le macchine che si suonavano a vicenda, poi il silenzio e la portiera aprirsi, con un petto e un buon profumo sotto il naso.
Delle mani la tenevano stretta, come se fosse un piccolo gioiello di poco valore materiale ma di grande valore sentimentale, quei gioielli che anche se ti hanno fatto del ‘male’ non li lasceresti mai soli in un cassetto al buio.
E per Zacky quel gioiello era importante, sentiva ancora la rabbia rodergli lo stomaco e la voglia di spaccare il muso a Brian, quel pezzo di merda che aveva causato tanto dolore a una ragazza d’oro.
Aprì, con un po’ di fatica, la porta della sua stanza vuota e l’attraversò, sbattendo sui vari divani e arrivando in fine al letto.
L’adagiò sotto le coperte, distendendosi vicino a lei.
«Zacky..» il ragazzo, appoggiato con il gomito sul guanciale, la guardava dall’alto, mentre qualche lacrima le scendeva sulla guancia.
«Non te l’ho detto stasera, non ne ho avuto l’occasione.. sei bellissima.» Ally sorrise avvicinandosi al suo petto e l’avvolse in un abbraccio.
«Avevi ragione.»
Eppure in tanti le avevano detto che erano una bella coppia, una coppia destinata a durare nel tempo, ma a quanto pare si sbagliavano tutti. Quante volte le era stato detto che grazie a lei Brian era cambiato, quante? Si potevano contare sulle dita.
Era stata un’illusa nel crederci.
Una cosa la sapeva però; l’avrebbe fatta pagare a Brian.
 
 
 
 
 
«Hai davvero l’intenzione di farlo?»
Elisa la seguì con cautela verso la parte “notte” del bus, diretto verso una delle ultime date del Tour americano.
Erano passati tre giorni dal compleanno della mora, e dalla famosa serata “tradiamo a tutti spiano” e l’aria era decisamente cambiata. I due ex piccioncini non si parlavano, o meglio Ally lo evitava in tutte le maniere possibili, anche nascondendosi dentro gli armadi o stanzini.
La sera dei concerti rimaneva nel bus, con il suo fedele mp3 alle orecchie e la sua tranquillità, insieme a una cioccolata calda e fumante.
Non poteva proprio vederlo, sentirlo e pensarlo, tanto era il desiderio di urlarli tutto il dolore in faccia, quando quello di mollargli un ceffone.
Lui, invece, era un cadavere che camminava.
Pallido in viso, aspetto poco curato, lo sguardo e la mente riportati ancora a quella fatale sera in cui aveva rovinato tutto.
I suoi amici avevano tentato più volte di farlo smuovere, con le maniere gentili e forti, sebbene lui non emettesse neanche una parola.
Solo sul palco “parlava” coinvolgendosi, più del solito, nelle canzoni che suonava e lasciando tutti a bocca aperta.
Nessuno sapeva cosa passasse nel cervello di Brian Haner, neppure lui stesso.
«Sì.» Si sedette sul divanetto. «Finisce il tour, finisce l’avventura.» sentenziò sicura.
Eli si lasciò andare sull’altro divanetto, fissandola e boccheggiando, senza connettere le parole che aveva appena udito.
Ally si passò una mano nei capelli, quel giorno mossi, e disse quella frase, più che alla sua amica, a se stessa.
Era ancora innamorata, era ovvio, tuttavia doveva stare lontana da quell’amore malato o l’avrebbe fatta soffrire una seconda volta.
Ora penserete che avrebbe dovuto dargli un’altra chance e provare a ricostruire tutto, ma quando l’idea le aveva sfiorato il cervello, lo aveva sentito parlare al cellulare con quella.
La rabbia le era salita un’altra volta mentre conficcava le unghie nei palmi delle mani e sbatteva tutte le porte che si trovava davanti.
Era come se avesse il “quadratino Brian” che richiudeva tutto quello che avevano passato insieme e lo stesse, nella sua testa, pigiando in un’altra scatola più grande e sigillandolo con una montagna di scotch.
«Mi lasci da sola.»
Si alzò e poggiò la fronte contro la sua.
«Ascoltami bene. Non sei da sola, hai Matt. Non ti lascio, devo soltanto allontanarmi da Brian e chiarirmi le idee.»
«Se mi trovo quella testa bucata tra le mani, gli altri dovranno cercare una nuova chitarra solista.»
Scoppiarono a ridere con le lacrime che li cadevano dolcemente sulle guance arrossate dal freddo.
Si abbracciarono; Ally passò le mani tra i capelli morbidi della bionda e dei passi le fecero voltare.
«Oh, scusate.. ho interrotto qualcosa?» il chitarrista alzò il sopracciglio.
«No no, capiti proprio nel momento giusto. Siediti.» Zacky guardò Eli, che asciugandosi le lacrime, annuì.
Un po’ impaurito e preoccupato, si sedette vicino alla bionda.
Aveva una strana sensazione e vedere le due amiche piangere, lo fece preoccupare ancora di più. Sbatteva il piede nervosamente sul pavimento e guardava ovunque e tutto, all’infuori della ragazza.
«Zach..» Sospirò. «..calmati. Ho preso una decisione..c'ho riflettuto e mi sembra la più giusta.»
«Oddio, sei incinta e vuoi abortire?» ora la guardava dritto negli occhi.
Tossì sentendo quelle parole e spalancò gli occhi.
Elisa gli tirò uno schiaffo sul collo, ricevendo un “ahia” a voce alta.
«Certo che no! Comunquequesta, non è stata una decisione facile, ma dolorosa e che..»
«Alli, stringi!» la interruppe.
«Finito il tour torno a casa, in Italia.»
«COSA?» si alzò in piedi, lanciando le braccia all’indietro e alzando il tono della voce, al quale Ally indietreggiò “proteggendosi” con i palmi delle mani in avanti.
«Avevi detto che saresti venuta con noi in California.» continuò.
Aveva lo sguardo fisso e spento.
«Prima che il tuo amico mi tradisse. Brian non lo voglio vedere assolutamente, dove andrei? Torno a casa, continuo la mia vita e mi dimentico di lui.»
«Vieni a stare da me.» la sua faccia era seria.
«Hai la tua vita, cosa c’entro io?»
«Tu c’entri eccome.»
Respirò l’aria tesa a pieni polmoni.
«Non so cosa dire.»
Occhi verdi contro occhi verdi.
«Devi dire solo di si. Ho una casa con una cinquantina di stanze e ci starebbero due squadre di rugby, sarai mia ospite trattino coinquilina e così evito di passare mesi e mesi da solo.»
«Zach..grazie ma no.»
«Ally non lo vedrai mai! La mia casa è l’unica più lontana dalla sua, avresti vicino anche Elisa.. ti prego.»
«La mia pazienza ha un limite, lo sai.» disse incrociando le braccia.
«Un limite che io so oltrepassare bene.» rispose lui.
«Ti odio.»
«Traducibile con un sì?»
«Sì.» rispose sconfitta.
Occhi verdi luccicanti 1 occhi verdi 0.










Non è un gran che ed è corto.
Scusate per gli errori e se ci capite poco.
Beh, mi rifaccio con il prossimo , giuro :D
Ringrazio CristinaSuicidePunk ed Ehm-Momo <3, le otto persone che la seguono e chi l'ha messa come preferita
Non scrivo a scopo di lucro e bla bla, a mercoledì. 
Gheggo :)

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Capitolo 11
*** Chapter 11. ***


«Shopping!» Zacky, stile eroe tornato dopo una battaglia con la luce alle spalle, sorrideva sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso, sulla porta della casa.
Ally si affacciò da dietro il muro della cucina e lo guardò allibita.
«Avanti, infilati questo..» le lanciò il cappotto beige tra le mani con un gesto veloce. «.. ti aspetto in macchina.» la ragazza stava per aprire la bocca ma il chitarrista scomparve al di fuori del giardino, lasciandola impiantata sul pavimento di marmo dell'ingresso della cucina. Si girò verso il forno che suonava, avvertendola del polpettone già pronto, e lo spense, riflettendosi allo specchio dello sportello. Si avvicinò ancora di più al vetro per vedere il capolavoro di polpettone che aveva fatto nella mattinata, quando, all'improvviso, sentì il clacson dell'auto e alzandosi, batté la testa al manico del forno.
«Sto arrivando, Zach!» urlò per farsi sentire dal chitarrista. Si massaggiò il punto che le doleva e riuscì a sentire il bernoccolo che stava nascendo tra i capelli. Quando Zacky Baker si metteva in testa di andare a fare compere si trasformava in una donna, anzi checca, isterica in tutti i veri sensi. Correva qua e là per i negozi, urlava alla vista di qualunque vestito e da vera donna amante dello shopping, non si fermava a nessun prezzo.
Passò la sciarpa in torno al collo e chiuse il portone bianco alle sue spalle.
L'odore dei ciliegi in fiore la colpì, e attraversò il vialetto cosparso di petali fino al macchinone di Zacky, che nonostante fosse ad un metro da lui, continuava a suonare quel maledettissimo clacson.
«Basta, è snervante!» gli disse appena entrata in macchina.
Zacky ridacchiò, mettendo in moto il motore del Suv e imbucando poi  la Main Street, ricca di ogni tipo di negozi.
Ally, dopo vari tentativi, accese la radio e dalle casse partì Somebody To Love dei Queen. Automaticamente la collegò a tutto quello che era successo in quei mesi, dai momenti più belli, il tradimento e infine, al suo trasferimento a casa di Zacky.
Dopo quella volta nel pullman, Zach aveva annunciato agli altri della sua nuova coinquilina e tutti l'avevano presa piuttosto bene, a parte, naturalmente, Brian, rimasto per qualche minuto bloccato sulla sedia su cui era  senza dire una singola parola.
Il tour era finito in maniera eccezionale, ingrandendo la fama e il talento dei ragazzi, già pronti e carichi con nuove idee per il nuovo album.
Si era trasferita nella bellissima Huntington Beach da ormai due settimana e già si era innamorata della "Surf City" con le sue immense spiagge, ville e case di ogni genere. All'inizio si era sentita un pesce fuor d'acqua, lei, una mozzarella senza un minuscolo muscolo nel mezzo di abbronzatissimi e tatuati ragazzi con dei fisici scolpiti. Insomma, si era sentita un pò demoralizzata.
Però Zacky l'aveva tirata subito su di morale con una cena in un locale a Long Beach e da lì avevano preso una sorta di abitudine e ogni mercoledì sera tornavano in quel ristorante, ordinando le solite cose.
Il chitarrista l'aveva portata in tutti i posti a lui caro, in cui aveva passato l'intera adolescenza, e addirittura a casa dei suoi genitori. Aveva visto il bar in cui passavano tutti i pomeriggi bevendo birra e sgraffignando qualche sigaretta, il parco-nascondiglio dove passavano le mattinate al posto d'andare a scuola, la scuola, e molte altri posti, pieni di ricordi.
Era bello sentir la storia della nascita della loro amicizia e della band, ma soprattutto veder Zacky così felice e fiero della sua città.
«Merda, non c'è un parcheggio.» le disse.
«Eccolo lì!» urlò Ally, spaventandolo.
Si portò una mano sul cuore e parcheggiò, spengendo il motore caldo.
«Sai, volevo arrivare ai 30 anni.» tolse la chiave dalla toppa e scese dall’auto.
«Dov’è il bottone per riavviare lo Zacky normale?»
Ally lo affiancò e entrarono nel corso principale.
«Perché come sarei ora?» domandò aggrottando la fronte e pulendo gli occhiali da vista alla maglietta.
«Rompipalle che appena gli si rompe un’unghia si mette in un angolino al buio a rassicurare il dito, promettendoli un nuovo smalto più resistente.» sputò un po’ acida.
«Mi dovrei offendere?»
Ally fece le spallucce guardando il negozio di Yves Saint Laurent.
C’era un bellissimo anello in oro con una grande pietra verde incastonata. Le brillarono gli occhi e si portò la mano nel punto dove, una volta, si trovava la collana che le aveva regalato Brian per natale. Non si ricordava ne dove l’aveva buttata e ne gliene fregava molto.
 Perché mi ero innamorata di un uomo del genere? E’.. un pallone gonfiato e basta.
Scacciò via quei pensieri e si girò verso Zacky, pronta per rispondergli ma, del chitarrista, non c’erano tracce.
Si guardò in giro e vedeva soltanto un oceano di persone camminare sui marciapiedi, nessuna che assomigliasse a un botolo tettone con la camicia a quadri blu.
Eppure non passava neanche inosservato.
Panico, panico totale.
Stai calma, respira. Uno, due, tre.. oh, fanculo! Dove cavolo è?!
Iniziò a camminare a passi lenti per quel marciapiede affollato, scansando le varie persone che camminavano a spasso spedito. La folla si fece più compatta e un uomo di 3 metri e 80 la sorpassò e le colpì la spalla con il doppio della sua, scaraventandola quasi a terra.
«Che modi..» borbottò piano, bloccandosi vicino a un albero e guardando il tipo scomparire nella folla.
A good friend once told me we are our memory, without it we equal nothing.. and i..”
Il cellulare le vibrò nel taschino del cappotto e sperò con tutta se stessa che nel display, sopra la sua foto insieme a Johnny, comparisse il nome di Zach.
Non ci fece caso, la voce di Matt aveva fatto girare molte persone e, rossa in viso, rispose subito.
«Pronto?» diede le spalle a quella gente che continuava a guardarla come un’aliena.
«Allyson Elisabeth Brandi, cosa aspettavi a farti sentire?» allontanò il cellulare dall’orecchio e aspettò che sua madre smettesse di urlare parole confuse in italiano, e si limitò a sorridere alle persone che le passavano vicino.
La gente in California non sapeva farsi proprio i cavoli propri, eh.
«Mamma, lo so, scusa. Ma non è il momento, mi sono pers.. sono in giro per la città con Zacky e mi sta trascinando ovunque..»
Era meglio evitare di dire alla propria madre che si era persa per una città a lei sconosciuta, per lo più da sola e a chilometri e chilometri per casa.
«Oh, Gesù. Ti sei persa e sei da sola, vero?» ecco.
«Non è che sono da sola, c’è molta gente qui e non so dov’è Zacky.. è diverso.» tentò di sdrammatizzare, torturandosi il labbro dal nervoso.
«Oddio, sei da sola in una grande città e si possono nascondere delinquenti ad ogni angolo!.»
«Mamma!» la richiamò. «Non aiuti così!» lasciò cadere le mani, o meglio quella libera, lungo il fianco in preda a una crisi isterica.
«Tesoro capiscimi, ho la mia bimba lontana da casa in un paese, in una città straniera!»
«Ho 25 anni!»
Sbuffò cingendosi il fianco con il braccio.
«Hai provato a chiamarlo?»
«Lo stavo per fare. Scusa mamma, ma per evitare di rimanere qui lo chiamo, ci sentiamo stasera. Ciao, ti voglio bene!.» riattaccò subito senza darle il tempo di rispondere e si guardò di nuovo in giro.
Digitò il numero di Zacky e lo chiamò, sbattendo il piede rumorosamente al terreno.
Il cellulare squillava a vuoto e l’ansia, più di prima, le salì fino alla gola.
Inspirò l’aria fresca di quel pomeriggio e s’incamminò, senza meta, scrutando all’interno delle vetrine lussuose alla ricerca del chitarrista.
Si ricordò delle parole dette da sua nonna ogni volta che usciva da sola per le città e che ripeteva quando aveva paura o era preoccupata per qualcosa;
“Non ha imparato la lezione della vita chi non vince una paura ogni giorno.” *
Era una semplice frase ma le infondeva una sicurezza immensa, come se recitando quelle parole le si creasse uno scudo invisibile che la proteggeva da tutti gli sguardi.
Le ripetè senza emettere fiato e tenne lo sguardo rivolto al terreno.
«Che bisbigli?» saltò all’indietro dallo spavento, calmando i battiti  ed evitando un possibile attacco di cuore.
«Zacky! Ma ti ha dato di rivolta il cervello?! Dove cazzo eri sparito? Mi sono girata un secondo e non c’eri più, ero da sola in mezzo a non so quanta gente e poi mi ha chiamato mia madre che mi urlava cose i indecifrabili nell’orecchio e io.. cavolo!» aveva il fiatone e la faccia rossa da far invidia a un pomodoro.
«Calmati! Ero soltanto nel negozio di fronte.. scusa, pensavo di averti dietro»
Dentro di lei un uragano di insulti voleva uscire, si limitò soltanto a tirargli un piccolo pugno, pieno di forza però, e a braccetto, s’incamminarono.


 
«No Matt, non lo chiameremo così..gli altri? Addirittura? Certo che avete una fantasia incredibile.» Zach, da 15 minuti al telefono, si muoveva giù e su per la stanza ai piedi di Ally, seduta sul divano di casa bianco. Sfogliava le pagine del giornale dando qualche occhiata e senza fermarsi a leggere i vari articoli.  Erano tornati da neanche mezz’ora con i piedi dolenti e una centinaia di buste a testa, naturalmente.
Zacky a metà pomeriggio aveva preso il via a compare qualunque cosa gli capitasse sotto le mani e entrati nel negozio di biancheria, le aveva scelto personalmente una ventina di reggiseni.
«Ok, ci penserò, a dopo.» spense il cellulare e si lasciò cadere sulla poltroncina di fianco al tavolino in marmo nel mezzo del soggiorno.
«Dimmi un nome.» le chiese di punto in bianco, attirando la sua attenzione.
«..mh?» domandò confusa, alzando lo sguardo dalla rivista.
«Non sappiamo come chiamare l'album. Forse è meglio che mi stringa le meningi e pensi a qualcosa.» chiuse gli occhi e buttò la testa all'indietro, sul cuscino ricamato rosso.
Ally ci pensò su e posò la rivista sul tavolino, che si aprì, a caso, sulle pagine degli scoop piccanti. Una foto e una scritta a caratteri cubitali gialla la colpì: "Synyster Gates e la sua nuova sexy fidanzata!"
Prese la rivista e iniziò a leggere l'articolo.
"A quanto pare il chitarrista solista della band internazionale, Avenged Sevenfold, ha una nuova fiamma. E che fiamma! La coppia è stata beccata in un noto pub di Los Angeles in atteggiamenti tutt'altro che amichevoli. La bionda tutta sexy, Michelle da quello che ci è stato detto, è stata tutta la sera appiccicata al bel chitarrista, di cui avevamo già parlato in precedenza ma con un'altra ragazza. La bella rossa italiana con il viso angelico e l'abbigliamento perfetto, che ci aveva fatto pensare che il nostro Synyster fosse pronto al grande passo.
Che la coppia abbia fatto "puf"?
La rossa infatti l'abbiamo vista con l'altro chitarrista, Zacky Vengeance, a spasso per la via principale di Huntington Beach.
Amici.. o amanti?"

Smise di leggere quelle fandonie e guardò le foto a fondo pagina.
Brian e Michelle stavano felicemente limonando all'entrata del pub, mentre nell'altra, Brian rideva con lei appoggiata al suo petto.
Erano così maledettamente, fottutamente e odiosamente..felici.
Nella pagina successiva, lei compariva sorridente di fianco a Zacky mentre rideva a una delle sue barzellette senza senso, in una  uscivano da un negozio e in un’altra ancora lei lo teneva per il braccio.
«I giornalisti non sanno più che inventarsi, eh.» chiuse il giornale di scatto, tremando nel sentire il fiato di Zacky sul suo collo.
«Però sono venuto proprio bene!»
Ally sorrise debolmente.
Allora era ufficiale: Brian l’aveva dimenticata del tutto.
E lei?
Lo aveva dimenticato?
In queste due settimane lo aveva visto poche volte e in quelle poche volte riusciva ad avvertire il suo sguardo addosso. Uno sguardo che lacerava l’anima e che riportava i ricordi a galla, quei ricordi da fiaba, tutti felici e contenti, tramutati poi in una ferita viva.
No, non lo aveva dimenticato. Era costantemente nei suoi pensieri. Uno squarcio invisibile sul petto, che sanguinava e si apriva ogni volta.
Sospirò a lungo.
Sembrava averlo lasciato perdere ma a vedere quelle maledette foto, la gelosia mischiata a un pizzico di amarezza ritornava a bussare e soffriva come una dannata.
Lo amava come una dannata.
«Che incubo..» sussurrò.
«Come scusa?»
Alzò lo sguardo nella sua direzione.
«Che hai detto?» le chiese, di nuovo.
«Che incubo..?» ripeté.
«Ally sei un fottuto genio!» Zach si alzò dal divano e le diede un bacio sulla guancia, un po’ troppo vicino alle labbra.
Digitò, con fatica, i tasti sul suo novissimo cellulare touch e spalancò la bocca in un sorriso a 42 denti.
«Matt, sono io.. chi secondo te!? Non sono Charlie! Chi è Charlie, scusa? Si ok, non m’interessa.. lo so che te l’ho chiesto io.. ma..zitto un secondo! Nightmare! Il nome dell’album idiota.. Ally, è un genio lo so.» la ragazza arrossì alle parole e si grattò la testa.
Almeno qualcosa di giusto l’aveva fatto.
«A dopo.» spense il telefono e lo riporse nella tasca dei jeans neri.
«Vestiti e usciamo.»
«Di nuovo?» si lamentò lei.
«Si, di nuovo. Dobbiamo festeggiare.»
Fece spallucce. Non poteva dire di no a delle feste, era troppo tempo che non beveva e aveva pure spesso di fumare; cosa che non era assolutamente da lei.
«Johnny’s arriviamo!» urlò Zacky.
Ally si alzò dal divano con una fatica immane e lasciò la sua bella fossa profonda che si era creata e salì in camera sua.
«Zaaaaaaaaaaaaaacky, non so cosa mettermi!» e quello neanche dopo due secondi stava frugando nel suo armadio.
Checca isterica mode on.
«Ecco questa maglietta e questi pantaloni, ti fanno un culo che è una cosa!» l’ultima frase la fece rabbrividire. Era strano sentire un complimento, si perché quelli di Zacky, da porco o non, erano complimenti, con quella vocina.
«Evita. Fai paura.» si allontanò e si chiuse in bagno.
«Perché? Puoi dirmelo se sei rimasta folgorata dalla mia bellezza.» urlò dall’altra parte della porta, appoggiato ad essa.
«Perché ogni volta finiamo per parlare della tua bellezza?» chiese.
«E’ un argomento interessante, a confronto con altri..»
Ally aggrottò la fronte infilando la maglietta a righe nere e bianche, e facendo due giri di fronte all’enorme specchio del bagno.
«Interessantissimo!» non aveva tempo per un trucco elaborato, quindi si passò semplicemente una matita sotto gli occhi e una bella passata di mascara, per aumentare ancora di più le ciglia giù super di  natura.
Aggiustò i capelli e uscì, trovandosi davanti un Zacky pensieroso.
«Sai che se ti pieghi ancora di più sembri il Pensatore di Robin?»
«Chi? E poi potresti piegarti te al posto mio.» lo disse con aria maliziosa.
«Oh, che proposta.» rispose nella stessa maniera, avvicinandosi.
Si guardarono negli occhi per vari secondi e Ally subito scoppiò a ridere, assecondata dal ragazzo.
«Dai andiamo, ci aspettano.» le passò il braccio intorno al collo e uscirono di casa.



«Il dentista chiede al paziente.. apparecchio? E il paziente risponde.. no no ho già mangiato!» Ally e Johnny scoppiarono, ubriachi fradici, a ridere di gusto alla barzelletta squallida di Jimmy, ubriaco peggio dei due messi insieme.
L’unici sobri erano Matt e Eli, troppo presi a baciarsi, ehm, a mangiarsi a vicenda sulle poltroncine al buio.
Ad Ally doleva la pancia per le risate e l’alcool quindi si appoggiò alla spalla di Zacky, ancora lucido.
«Sai, Baker, ti voglio bene!» ridacchiò e lo guardò dal basso. «Tanto..»
In quel preciso momento nel locale, pieno di persone e con una nebbia di fumo a mezz’aria, entrarono due figure che Ally all’iniziò non considerò.
Ma le persone si avvicinarono, rivelandosi i due piccioncini.
«Ehi ragazzi, ci siamo.»
Matt ed Elisa, finalmente, si staccarono e li salutarono.
«Ciaoo!» disse tutta contenta quella cosa ancora più bionda dell’ultima volta.
Alla luce era bianca!
Ma uno specchio in casa non ce l’ha?
Si stava trasformando nella Ally-stronza capace di dirti tutto quello che le passava nella mente e se ti aveva sotto miro eri, no spacciato, peggio.
I ragazzi gli fecero posto e forse per punizione divina o una sorta di maledizione, quella cosa bionda le si sedette accanto.
Era nel mezzo tra lei e Zacky, con Brian al fianco.
Oh mio dio. Se non ne esco viva, uccido qualcuno.
«Tu devi essere Ally, piacere Michelle» squittì la cosa. Il suo sguardo le cadde sulla sua scollatura che copriva a mala pena i capezzoli.
Poco troia dice!
«Allyson.» la corresse, mostrando uno dei suoi migliori sorrisi falsi.
«Oh che bel nome! Sei anche un po’.. carina.» dopo “un po’” si arrestò, squadrandola e mancando bene quelle due parole.
Sei anche un po’, ma giusto un po’, rifatta.
Non rispose, ma si limitò a sorridere, portando gli occhi al cielo e girandosi dalla parte di Zacky:
Pessima cosa.
Si trovò il viso di Brian a neanche un metro dal suo, intento a fissarla.
Zacky era appoggiato al muro e li guardava a vicenda, con la paura fissa negli occhi.
Gli occhi.
Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima, la parte fondamentale e più vera di noi. In quegli occhi ci vedeva soltanto falsità, pentimento e lussuria.
Ci ricordano quanto siamo fragili e sensibili, ci fanno vedere il nostro passato e futuro e, tramite essi il mondo viene interpretato, si trasforma, in ciò che vogliamo noi.
Espongono, parlano, riflettono, specchiano e con essi possiamo dire ciò che la lingua e le parole non sono in grado di dire.
«Ally..» sussurrò lui.
Rabbrividì. Rabbrividì come faceva sempre all’udire il suo nome uscire dalla sua bocca e che la faceva mandare, per l’ennesima volta, in estasi.
«No. Non devi dire niente. I fatti hanno parlato al tuo posto, stai con lei e a quanto pare io sono stata solo una scappatella. Non..» lo interruppe. «..provare a dire di no. Non sono scema, Brian. Un’illusa si, ma una scema no.» e la maschera di difesa e menefreghismo, che le si creava ogni volta, si frantumò mostrandola per quella che era in realtà, fragile e a pezzi.
Si alzò con le lacrime pronte ad uscire e corse nel bagno.
Il bagno era nero come il resto del locale, pieno di cicche nei lavandini ma decentemente pulito.
C’era una sedia sgangherata davanti ai lavandini, molto vitange, piena di foto di attrici famose e mise il suo pesante sederino sulla faccia di Marilyn Monroe.
Dalla tasca  dei pantaloni, attillati, tirò fuori il pacchetto usato e rotto di sigarette e lasciò che il fumo le penetrasse nei polmoni.
Lo stress la stava lacerando e le occhiaie sul volto ne erano una prova.
Ora che si guardava per bene, era molto cambiata: i capelli sempre rossi ,ma più vivi, non li aveva curati e li cadevano leggermente crespi e a caso sulla faccia, fino sotto il seno. Il viso era anch’esso poco curato, più bianco, al confronto del vestiario che rimaneva il solito.
Aveva perso peso ma acquistato più muscoli e seno, grazie alla palestra-stess-dieta miracolosa di Zacky.
«Sei bellissima.» sussultò dalla paura e le cadde la sigaretta a terra.
«Merda.. è il bagno delle donne.» li fece notare fissando la sua povera, sprecata,santa, sigaretta spengersi al suolo.
«Tra poco lo conosco meglio di te.»
Ally lo fulminò.
«Che vuoi, Brian?»
«Parlare.» scocchiò la lingua, aumentando il nervoso della ragazza.
Accavallò le gambe.«Io..» si indicò. «..non ho proprio niente da dirti.»
Brian, più serio del normale,  si appoggiò alla parete del bagno fissando le piastrelle piene di cenere.
«Io si..Allyson, ho fatto l’errore più grande di tutta la mia vita, di cui mi pento da fare schifo. Io anche se non lo volevo ammettere, forse per paura, ero e sono innamorato di te. Tu non sei stata una scappatella, Michelle lo è. E’ come se avessi due persone dentro di me.. il Brian Haner che tu hai cambiato e fatto diventare una persona migliore e il Synyster Gates aka puttaniere che appena vede un corpo da sballo impazzisce. Sei l’unica che sa comprime la parte negativa di me.. sei l’unica che mi fa sentire..vivo.»
«Tu.. tu spero che ti renda conto di come mi sono sentita! Vedo il mio ragazzo che mi ha fatto una fottuta promessa, flirtare come un quattordicenne con una sua ex ragazza, beccarlo, in seguito, a farsela alla festa della mia migliore amica e tutto senza spiegazioni, niente di niente! Ti presenti dopo.. quanto? Tre settimane e vieni a dirmi che sei ancora innamorato di me, ma ti rende realizzato vedermi soffrire?» aveva alzato il tono alle ultime frasi, portandosi in avanti con il busto sulla sedia.
«Te l’ho detto, non so che mi è preso.. Ally fidati di me..»
Ora si guardavano negli occhi, intensamente.
«Fidarmi? Io mi sono fidata Brian, ti ho dato il mio cuore e l’ho solo riavuto rotto e sanguinante.  Ma sai qual’è la cosa che mi ha fatto più incazzare? Hai continuato a vederla e a spassartela.. e dovrei fidarmi? Evita di dire cazzate.» si alzò e con le lacrime agli occhi, lo superò.
Brian la bloccò con la mano, prima che uscisse dal bagno.
«Cosa vuoi?» disse dura ma con un groppo per la gola.
«Mantenere la promessa e avere un’altra occasione.»
Erano lacrime quelle che vedeva?







*Ralph Waldo Emerson.


Mh.. per niente convinta.
Come sempre scusate gli errori ma oramai fanno parte di me ._.
Beh, grazie di cuore a CristinaSuicidePunk, SilentMoon, Ehm_Momo e Parawhore_Echelon!

Ps: qualcuno che mi consiglia un programma adatto per scrivere? Ho scaricato NVU ma non riesco a usarlo D:
Grazie mille ancora :)
Alla prossima, baci.

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Capitolo 12
*** Chapter 12. ***


Try not to lose you.
Two vibrant hearts could change
.




«Io..» scrollò via la mano dal suo braccio e aprì la porta, prima di girarsi e guardarlo con il capo piegato mentre si asciugava quella lacrima che aveva sorpreso tutti e due.
«.. sono così confusa e ferita. Ho bisogno di tempo, Brian.» la piccola luce di speranza che si era creata si fece sempre più flebile, finchè fu spenta dalle lacrime amare pronte ad uscire.
«Ally.. no ti prego..» tentò.
«Pensi che basti solo questo per farmi dimenticare tutto? Che tutti svanisca in un istante e torni come prima? Mi dispiace ma.. non si può tornare indietro.» con il cuore stretto in una morsa, girò i tacchi e uscì dal bagno.
Non calcolò minimamente il tavolo con i ragazzi e andò spedita al bancone del bar, evitando di sedersi vicino a qualche grasso maniaco tatuato, e richiamò l’attenzione della ragazza intenta a pulire una parte del bancone.
«Ehi ciao!» arrivò facendo scuotere la sua lunga coda e gli orecchini a cerchio, sorridendo cortesemente.
«Ciao.. uno shortino di vodka, grazie.» la mora annuì, sempre sorridendo, e si girò per prepararlo.
Ma dove l’hanno presa, questa?
Scosse la testa e guardò fuori dalla finestra. Essa dava sul retro del locale, uno spazio di giardino e alberi, preso per luogo di sbaciucchiamenti, pomiciate e altro ancora.
Tra le coppiette, e non, vide un ragazzo, anzi gigante, tenere tra le braccia una bionda-bianca.
Ehi..ma..Michelle!?
La gemella in carne ed ossa si stava facendo un ragazzo a pochi metri dal suo fidanzato, difatti a Brian bastava guardare da fuori dalla finestrina del bagno e li vedeva a pochi centimetri.
Menomale erano innamorati persi.
Tolse immediatamente lo sguardo evitando di vedere la cosa in mutande e in tempo la ragazza tutta sorridente tornò con un sorriso ancora più grande di prima e il drink.
«Grazie.» disse portandolo subito alle labbra e buttandolo giù in un colpo solo.
La ragazza era sempre lì, di fronte a lei e non smetteva di guardarla..e di sorridere. Aveva i lati della bocca incollati, spillati o cementati?
«Oh si certo.. i soldi.» tirò fuori l’importo, glielo porse e invece di vederla andare via, lei era ancora lì, immobile.
«Desideri..?» domandò incerta.
«Tu sei amica degli Avenged?» lo disse talmente veloce che dovette avvicinarsi ancora di più a lei.
«Sì.» rispose con ovvietà e i suoi occhi si illuminarono, ingrandendo, in maniera non umana, il sorriso.
Basta poco per farla felice, a quanto pare.
«Beata te..posso chiederti un aut..» stava per finire la frase quando un uomo sulla quarantina con una folta barba la chiamò.
«Torno subito.» Ally annuì, benedicendo il barbuto, e finì velocemente il drink. Si alzò e scomparve, a passo felino, tra la folla, scansando gli ubriaconi.
 Era stata una stronza acida egoista, ma di star a sentire una fan in preda ad un attacco di ormoni impazziti non ne aveva proprio voglia.
Si sistemò meglio il giubbotto di pelle nero e grigio, tirò fuori il suo fedele pacchetto di sigarette dalla tasca mezza bucata, ed uscì dal locale. Una brezza calda le fece scompigliare i capelli e l’aspirò a pieni polmoni, sentendosi subito meglio. In quel locale c’era odore di chiuso, sudore, fumo e vomito. Storse il naso al pensiero e accese l’ennesima sigaretta.
Fece un lungo tiro e pensò.
Era bastata una semplice lacrima per spiazzarla e complicare le cose, già incasinate in partenza. Non doveva cedere, non poteva assolutamente, non poteva ritornare strisciante da lui e vivere nel dubbio di un altro tradimento. E se l’avrebbe fatto di nuovo? Lei era una ragazza con le contro palle e nessuno poteva prenderla per i fondelli.
“Il solo fascino del passato è che è passato.”
Quanto aveva ragione il ‘vecchio’ Wilde.
Il passato doveva rimanere passato e lei l’unica cosa che poteva fare era guardare al futuro, vivere al meglio il presente e la sua vita.
Infondo abbiamo una vita sola, perché mai sprecarla e rovinarla con seghe mentali e megalomani?
«Ally!» tornò sulla terra e si girò di scatto verso la voce.
«Zacky, perché ogni santissima volta devi spaventarmi così?»
«Sennò non sarei una testa di cazzo..» abbozzò un sorriso. « Ho visto Brian.. ti va di dirmi cosa è successo?» riprese dopo pochi minuti di silenzio.
«Prima rispondi a delle domande. Perché voi, esseri umani chiamati “uomini” che ragionate solo con il vostro.. ‘coso’ siete delle enormi teste di cazzo? Vi divertite a far sentire le donne illuse?
Le vostre azioni ci fanno star male come delle cretine e quando tutto sembra stia andando un po’ meglio, puf, ritornate come degli uragani che pretendono ogni cosa nella nostra vita.. che problemi celebrali avete?» quella liberazione, uscita come un fiume di lava, alleviò il suo povero stomaco in preda a dei crampi assurdi.
Zacky si appoggiò al muro bianco coperto da un graffito verde e viola e si perse nell’immensità del cielo stellato, “interrotto” dal fumo della sua sigaretta quasi spenta.
«L’uomo all’apparenza è come se fosse ricoperto di tanti colori, di bellissime sfumature.. e quelle sfumature dentro di te creano un desiderio innato di spingerti oltre, di scoprirle, e quando avviene ciò, vieni invaso da un vortice di dolore.. scopri la persona che è in realtà. La natura umana è questo.. all’apparenza inganna e ne paghi le conseguenze. A volte siamo odio, essenza, amore puro o incondizionato, pulsioni..Per noi è più facile arrabbiarsi che portar pazienza, è più facile detestare che perdonare o fregarsene che cercare di capire..dentro di noi c’è una continua lotta fra la luce e le tenebre, bene e male. Siamo un qualcosa di imprevedibile.. non possiamo farci niente.»
La sigaretta ormai era spenta e venne lanciata, dopo qualche rimbalzo, a terra.
«Bella cagata, complimenti. Brian ha detto che mi devo fidare di lui, che si è pentito.. che mi ama e che è stato un errore.. bla bla. Solo parole.»
Ally sentì qualcosa di bagnato sulle guance e provò a guardare in alto per controllare un eventuale pioggia, ma il cielo era limpido e stellato. Si toccò la guancia e altre lacrime le caddero silenziose fino al collo.
Poi sentì un odore di fumo e alcool sotto il naso, un petto che la cullava e due braccia che la stringevano per farle capire che le stava vicino.
«Ally calmati..» non si rese conto neanche dei singhiozzi e del tremore.
Zacky soffriva come un cane bastonato e tutto gli sembrava quella maledetta sera.
«Forse è meglio che la chiuda con i ragazzi..» cercò di scherzare lei, asciugandosi il trucco colato con le mani.
La faccia del ragazzo si rabbuiò d’improvviso.
Ally si rese conto dopo di cosa aveva appena detto così si morse l’interno della guancia.


«Zacky..» il chitarrista, seduto su una sedia, sobbalzò e si voltò verso di lei.
Ally aggrottò la fronte.
«Stai bene?» gli diede le spalle e buttò via la gomma da masticare all’ormai sciupato sapore di fragola, che teneva da tutto il pomeriggio.
Annuì.
«Guardami nelle palle degli occhi, avanti.» si portò una mano sul fianco e alzò un sopracciglio.
Il ragazzo provò a guardarla negli occhi e deglutì a fatica, togliendo sconfitto lo sguardo e girandosi dalla parte opposta..
«Ecco, che c’è?»
Vide le spalle e la schiena del ragazzo alzarsi e tornare normale.
«Ok.. tanto vale che te lo dica..ti ricordi quando ti parlai dei miei sentimenti.. verso..d-di te?»
Le diede un po’ di tempo per pensarci e ricominciò a parlare quando lei rispose di si.
«E’ possibile che quei sentimenti non siano mai scomparsi.» si passò una mano dietro al collo imbarazzato, continuando a guardare il pavimento alla sua destra.
Ally non aveva risposto.
Non aveva trovato le parole e lo aveva guardato, svincolando il discorso con un banale:: “Cosa vuoi per cena?” e avevano ripreso a scherzare a ridere come sempre, tutto era tornato normale, come se quelle parole non fossero mai state dette.


Accadde forse per il cervello partito, per la tensione, per l’alcool, per quelle labbra così morbide, per la luce, per quel momento in sé, fatto sta attirò Zacky per il colletto del maglione  e lo baciò.
Quel bacio fu come mettere le dita bagnate nella presa della corrente. Quella scarica di emozione, si forse emozione, li invase entrambi, facendo sorridere Ally contro i piercing del chitarrista.
Il ragazzo le passò una mano sulla schiena, permettendole di aderire meglio al suo corpo e cingergli il collo con le braccia.
Zacky approfondì subito il bacio che si trasformò in qualcosa che decisamente nessuno dei due avrebbe potuto dimenticare.
Quel momento, che decisamente nessuno dei due avrebbe potuto dimenticare.
«Oddio..» disse Ally quando si staccarono per mancanza di aria. Si portò un dito sulle labbra e sorrise.
Zacky era in uno stato di coma, fermo su se stesso, non respirava neanche, con il timore che scomparisse tutto e che si svegliasse a casa sua, nel suo letto. Durante le sue notti aveva sognato diverse volte di baciare Ally ma non si sarebbe mai aspettato che succedesse per davvero.
Fu sorpreso di non vederla strapparsi i capelli o maledirsi un centinaio di volte, ma di sorridere e intrecciare le dita con le sua.
Passò la lingua tra le labbra e sentì il sapore di Jack, vodka e Marlboro del ragazzo (dopotutto era una barista, i sapori li sapeva riconoscere.)
Si sorrisero imbarazzati e il chitarrista, delicatamente, l’abbracciò, facendole respirare a pieni polmoni il suo buon profumo.


Il cellulare iniziò a muoversi per tutto il tavolo, segnale che la fece alzare dalla sedia e correre alla porta.
L’aprì lentamente e vide il batterista terminare la chiamata e guardarla con confusione.
«Oh, Jimmy, vieni entra.» non se lo fece ripetere due volte ed entrò spedito verso il frigo bianco della cucina  per prendere una birra.
Ally lo seguì in silenzio, fermandosi a pochi metri da lui, vicino al forno.
Aveva una faccia bianca peggio di un lenzuolo, i capelli più disordinati del solito e delle occhiaie violacee sotto gli occhi.
Sicuramente non era la salute in persona.
«Zacky è qua?» domandò piano.
«No, è uscito. Jimmy, stai bene? Sembri un cadavere.»
Lui a quella affermazione si bloccò e fissò la birra, sotto il suo naso, prima di lasciarla riempita sul tavolo.
«Sì tranquilla.» parlava a fatica.
«Puoi dirmi qualunque cosa, lo sai?» Ally avanzò e gli poggiò una mano sulla sua spalla.
«Certo che lo so..» sorrise sereno. «.. ne parleremo dopo, ok? Adesso dimmi del tuo problema amoroso.»
Si spostarono nel soggiorno, invaso da un fascio di luce e pieno di lavanda, uno davanti all’altra, come quella sera di Natale in Italia.
«Ho baciato Zach.» confessò.
James spalancò gli occhi e poco dopo la bocca.
«Wow.. cavolo.  E Brian?»
«Mi ha detto che si è pentito e che mi ama ancora. Non so che fare.. si è messo a piangere, capisci?»
«Brian? Il nostro Brian si è messo a piangere?» anche lui faticava a crederlo.
«Sì.. » abbassò lo sguardo e cacciò via le lacrime.
«Ally.. cosa hai provato quando hai baciato Vee?»
Sorrise.
«Una sorta di elettricità.» e arrossì.
«Ascoltami non ti dirò di perdonare Brian, o di metterti con Zacky, ma solo che devi fare quello che ti rende più felice. Dopo quel bacio, provi ancora qualcosa per Brian? Pensaci attentamente.»
Se pensava a Brian, l’unico sentimento che sentiva era l’infrenabile odio e dell’amore non ce ne era traccia. Era ancora ferita e l’unica cosa che l’avrebbe spinta a perdonare Brian era solo il tempo.
Serviva tempo per rincollare i vari pezzetti di un cuore infranto.
Serviva tempo per sopprimere tutto quel rancore.
Serviva tempo per ritrovare la fiducia persa.
E serviva del tempo alla povera Ally per trovare la forza di amare ancora.
«Prima che ci parlassi qualcosa provavo..poi dopo tutte quelle cazzate..rancore. Secondo te, se provo a istituire un rapporto diverso dall’amicizia con Zacky..sarà peggio?»
«Se è una cosa che ti fa sentire bene no. Tu hai bisogno solo di una persona che ti ami, che ti rispetti e che soprattutto ti renda felice. Io non sono di parte, lo sai. L’unica cosa che voglio è vedere la Ally di prima.»
Sospirò.
«E poi..» lo guardò sorridere. «.. tentar non nuoce. Vee è cotto, fidati. Provare non ti costa nulla, potete sempre, anche se è difficile, tornare amici.»
Ally si sentì subito sollevata.
Di certo non poteva passare il resto della sua vita a portar rancore verso Brian, doveva crearsi una nuova vita, senza o con lui.
«Grazie Jimmy, sei un vero amico. Adesso dimmi cos’hai. Non sono scema, non sei il solito e non spruzzi di salute.» si alzò lentamente e si sedette sopra il bracciolo della poltrona.
Il viso di James si rabbuiò di colpo mentre si torturava, tremante, le dita e si guardava intorno.
«In questi giorni sono sempre stanco e respiro male..quindi sono stato dal dottore. E.. ha detto che ho il cuore un po’ affannato..»
«In che senso affannato? Che hai? Starai bene vero?» Ally sentì il petto comprimersi come se le fosse stato lanciato un peso che non le permetteva di respirare.
«Il mio cuore è un po’ più grosso rispetto al normale.. dovrò prendere dei medicinali e stare al risposo, tranquilla starò bene, te lo prometto.»
Ancora un’altra promessa.
Chiuse gli occhi e strinse i pugni.
«Ti voglio bene.»
«Anche io, rossa, anche io.» Jimmy la coccolò sul petto, dandole qualche bacio sulla testa.
Andrà tutto bene.











Se siete arrivati fino a qua è un buon segno!
(Come sempre la grammatica lascia a desiderare, compreso naturalmente il capitolo in se.)
TADA...DAAAAN!
Ebbene sì, il signorino Zacharia e la signorina Allyson si sono baciati. Sono sicura che qualcuno sarà contrario e mi odierà per sempre, ma sono così carini **
Ricordo che la storia è ambientata all'inizio del 2009, intorno a marzo giù di lì.
Ringrazio: CristinaSuicidePunk, Parawhore_Echelon, Silent Moon, Ehm_Momo e NotInsane <3
Grazie di cuore **
Naturalmente, grazie anche a chi legge e basta, o chi l'ha messa tra seguite, preferite etc. :)
Alla prossima (che dovrebbe arrivare tra pochi giorni)
Gheggo.

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Capitolo 13
*** Chapter 13. ***


Let's make a new start.


Un urlo di puro terrore sovrastò e coprì la voce del telecronista imbacuccato che urlava, a sua volta, nel mezzo di un temporale, l’arrivo della bassa pressione e di temperature degne da Polo Nord. Allyson, distesa sul divano e rannicchiata nella coperta di pile rossa, cadde a terra insieme al portatile, sbattendo la gamba contro il parquet.
«Chiamate il 118,112,115.. no sono italiani.. chi cazzo volete!» urlò in preda al panico.
Un altro urlo la fece sobbalzare e armata del primo oggetto che trovò, ovvero l’orrenda statuina africana di Zacky, a passo felino corse verso la cucina dalla quale proveniva l’urlo.
«Sono armata e non ho paura di us.. Eli che cavolo fai?»
La ragazza interpellata alzò il viso, immersa in un fumo nero e denso, con tra le mani una che a prima vista sembrava una torta bruciata.
Era a casa sua dalle sette di mattina in preda a una crisi isterica, poiché era il loro anniversario e non era riuscita a fare qualcosa a Matt quindi, dopo ore e ore, aveva avuto la bellissima idea di preparargli una torta. Naturalmente non sapeva cucinare.
«Mi si è carbonizzata la torta!» disse piagnucolando.
Allyson, ancora con il fiatone, abbassò la statua e calmò i nervi.
«Ma sei scema? Mi hai fatto prendere un colpo! Pensavo che fossi in pericolo.. che ti fosse preso qualcosa o qualche maniaco..ti.. lasciamo perdere.» posò la statuetta in un angolo della cucina e aprì le finestre da lasciar così uscire il fumo, zoppicando. La gamba le faceva male e se non ci metteva qualcosa, le sarebbe gonfiata sicuramente.
«Scusa. Ci tenevo a fargli una torta visto che ha passato una settimana a dirmi che non voleva nulla..almeno un pasticcino.. qualcosa..» gli occhi le diventarono lucidi e mollò la “torta” nel lavandino.
«Ehi ehi, non voglio vederti piangere! Avanti, ti do una mano io, ok? Me la cavo ai fornelli, Zacky è ancora vivo.» rise asciugandosi le lacrime e annuendo, facendo muovere la coda sbarazzina.
«Bene iniziamo. Il libro delle ricette?» da sotto delle teglie, tirò fuori un enorme libro giallo e pieno di cioccolato sopra appiccicato.
Lanciò un’occhiata alla ragazza.
«A Matt piace la torta al cioccolato.» si giustificò sorridendo.
«Non l’avrei mai detto, sai?» entrambe scoppiarono a ridere e iniziarono a cercare gli ingredienti, seguendo passo dopo passo le indicazioni.
«Dove li tiene Zacky lo zucchero, la farina e le uova?» domandò Elisa frugando tra le varie mensole, scaffali e cassetti.
«Lo zucchero e la farina là..» indicò una mensola in alto, sopra al forno, e vicino all’enorme frigorifero metallizzato pieno di calamite, post-it, disegni e cazzi vari. «..mentre le uova, alcune sono in frigo altre sono in quel cestino di paglia rosso e verde.. quello con le galline sopra.»
«Ma è per le uova, almeno?» scosse la testa pensando a quando lo aveva preso Zacky durante una delle sue giornate di shopping frenetico e, naturalmente, appena aveva visto le galline lo aveva collegato alle uova, quando in realtà era un porta vaso. Non si sa come, ma lo era.
«No, e’ un porta vaso o qualcosa del genere. Ho passato un’ora a dirgli che non era un cestino per le uova, ma ci sono le galline,sai.» sbuffo’ continuando a pesare il burro sulla bilancia.
«Ah, se ci sono le galline, allora! Ho trovato anche dei chicchi colorati e le gocce di cioccolato. Insomma, io mescolo il burro insieme alle uova e alla farina, te Ally prepara la glassa.» Elisa prese un recipiente grande e ci buttò la farina, poco dopo le uova sbattute e lo zucchero.
«Ok, stai attenta però.» le disse passandole il burro sciolto.
«Sissignora.»


«Certo che in California il tempo non è uno dei migliori, piove raramente e quando lo fa, lo fa per bene. Non si vede niente!» fermò la macchina di scatto quando notò che il semaforo era rosso.  Le due ragazze, dopo aver fatto una torta di 8 kg e aver ribaltato la cucina, erano dirette allo studio dei ragazzi, ma il tempo non era dalla loro parte, difatti pioveva molto forte e le strade erano tutte completamente allagate.
«Ally dovresti guidare più piano.. ed essere un po’ più calma.» Elisa si teneva al seggiolino con le unghie e i denti stretti, pregando in tutte le lingue a lei conosciute di arrivare sana e salva dal suo ragazzo.
«Sto andando a 30! Sono calmissima, non vedi?» si girò di scatto con gli occhi in fuori e un sorriso tirato da paura.
Elisa scattò all’indietro annuendo e stringendo ancora di più la stoffa dei sedili sotto alle dita.
«Chiunque sia lassù, ci.. mi aiuti.» sussurrò la ragazza dai capelli, nuovamente, azzurri.
Aveva lasciato il castano cioccolato e i colori normali per tornare azzurra con le punte e qualche ciocca sparsa lilla, su consiglio anche del suo nuovissimo parrucchiere gay infatuato di Matt. Da quando era venuto a prenderla al negozio, Mark, il parrucchiere, gli era caduto letteralmente ai piedi e il povero cantante si era promesso di non andare più a prenderla. Si era fatta anche un nuovo piercing al labbro inferiore e uno sulla lingua.Mentre Ally si era spuntata i capelli e le arrivavano fino a sotto il seno, più accesi grazie a qualche meches qua e là e anche lei in mente aveva la lontana idea di farsi un piercing sopra al labbro e un nuovo tatuaggio per far compagnia all’altro.
«Un incidente, perfetto!» rallentò alla vista del poliziotto che si sbracciava con lo stop nella mano sinistra e che, fermate, si avvicinò alla macchina.
Le fece segno di abbassare il finestrino e il rumore dell’acqua, accompagnata a qualche goccia, le invase.
«Mi dispiace ma da qua non si passa. Sono caduti dei pali della corrente e hanno blocato la strada.» spiegò l’uomo bagnato dalla testa ai piedi e fin dentro alle ossa. Si teneva il capello e l’impermeabile con le mani per evitare che il vento glieli portasse via.
«E quanto ci vuole a spostarli?» chiese la rossa impaziente.
«I vigili del fuoco sono al lavoro, ma il tempo non e’ con noi, quindi un’oretta o poco piu’.»
Elisa lanciò la testa all’indietro chiudendo gli occhi e insultando tutto e tutti.
Ally batté il pugno sul volante, salutando il poliziotto e infamando tutte le persone che le capitavano sulla punta della lingua.
«Chiamo Matt.» disse decisa ‘l’azzurra’.
Si girò nei sedili posteriori e tirò fuori il cellulare dalla borsa nera dalla quale spiccava un “Karl Who?”.
«Non c’è segnale, poca puttana!» urlò spegnendo il telefono e lanciandolo a terra.
«Calmiamoci. Ci sarà un’altra strada, no? Ecco, quella stradina sterrata là» e indicò una piccola strada alla loro destra.
«Stai scherzando spero?» urlò quasi.
«Perché?» la guardò allibita.
«Tu non hai mai visto i film d’horror? Le protagoniste fighe durante una pioggia e un incidente prendono la strada desolata e sterrata finendo nelle mani del loro assassino-maniaco perverso che le tortura fino a morte! E noi siamo nella stessa situazione.» la faccia era stranamente seria e paonazza. Prese fiato e velocemente sfilò le chiavi dal riquadro e se le mise nella tasca dei jeans.
«Oh avanti, non siamo in un film!» Ally tentò di riprenderle, inutilmente.
«Vuoi provare?»
«Elisa n..» tentò.
«Elisa non è vero un par di palle! Io voglio tornare dal mio ragazzo viva, vegeta e intera possibilmente.» la interruppe gesticolando.
«Sai vero che è nettamente impossibile?» alzò un sopracciglio.
«Ally, siamo in America! Tutto, e sottolineo tutto, può succedere. Vuoi rischiare? Ok, andiamo verso la morte.» incrociò le braccia al petto, distendendo le gambe sul cruscotto davanti a lei e fissando un punto non ben definito.
Ally sbuffò girando la testa verso il finestrino, sussurrando un va bene e perdendosi nel guardare le gocce d’acqua infrangersi con inaudita forza contro il vetro. La pioggia era aumentata e aveva creato una sorte di nebbia dalla quale l’uniche cose che si vedevano erano le luci lampeggianti delle macchine dei poliziotti e dei vigili.
Sospirò disegnando dei cerchi e varie figure sul vetro del finestrino appannato, con di sottofondo i tergicristalli che si muovevano giù e su, da sinistra a destra, creando una sorte di melodia continua.
Subito il suo pensiero andò a Zacky.
Si erano visti la sera precedente prima che il ragazzo corresse allo studio di registrazione con delle idee pronte e rimandendoci per tutta la notte, anche per causa del brutto tempo.
Il mio panda coccoloso tettone!
Rise piano a quel nome e solo in quel momento si rese conto di quanto le mancasse.
Si dice che più forte e intenso è il pensiero, più è potente, più diventa realizzabile e più aumenta la sua energia. Perché, infondo, i pensieri sono energia e vengono creati da noi stessi, dalle emozioni e dagli ormoni che vagano ovunque all’interno del nostro corpo. I pensieri sono progetti, momenti, ricordi.
Un ticchettio fastidioso e insistente la fece risvegliare dal suo ‘mondo’, costringendola ad alzare lo sguardo dal punto su cui si era persa in quei minuti.
Un altro poliziotto, dallo sguardo duro, continuava a battere le sue nocche sul finestrino e la sua figura veniva ogni volta illuminata dai tuoni che si spaccavano nel cielo.
«La strada è libera, potete andare.» disse severo, per poi andarsene via.
«Da brividi..» sussurrò la rossa.
Elisa le lanciò le chiavi e sgommarono verso lo studio dei ragazzi.

«E’ stata un’esperienza terrificante.»
La ragazza diede un morso deciso alla torta continuando a dondolare le gambe in avanti, seduta su quelle del cantante che le accarezzava dolcemente la schiena.
«Suvvia, eravamo ferme in mezzo alla strada!» la rossa portò gli occhi al cielo sprofondando nel petto di Zacky e giocando con un pezzo della sua camicia bianca e grigia.
Non lo voleva ammettere, ma un po’ di paura l’aveva avuta.
Il brutto tempo non le era mai piaciuto, non vedere più il sole splendere nel cielo le metteva una strana sensazione addosso e dopotutto quando pioveva si perdeva a guardare le gocce cadere, perdendo la cognizione del tempo.
Fin da piccola quando pioveva e c’erano i fulmini, non riusciva mai a prendere sonno quindi, armata di cellulare, chiamava proprio Elisa che, da buona amica, rimaneva sveglia insieme a lei per tranquillizzarla.
Con il crescere si era un po’ abituata ma un po’ di timore nel vedere i fulmini rimaneva.
Infatti, poco dopo, un fulmine interruppe nella stanza illuminando ogni cosa e facendo sobbalzare la povera Ally, che si portò una mano al petto per cercare di calmare i battiti.
Zacky la strinse subito a sé, appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Non è piaciuta la torta?» chiese, d’un tratto, Elisa visibilmente dispiaciuta
«Certo che si, amore. Ma era enorme.» rispose Matt, sorridendole.
In effetti la torta era venuta buonissima e grassissima, ma avevano aggiunto piu’ ingredienti e mezza ancora era sul piatto.
«Ragazzi che facciamo?»
Tutti posarono lo sguardo su Johnny, seduto su una sedia a strimpellare la chitarra di Brian. Si era alzato di qualche centimetro e la sua nuova cresta multicolore lo faceva sembrare ancora più alto.
«Tu cosa proponi, nanetto?» chiese Jimmy continuando a girare sulla sedia.
«Fanculo Sullivan. Se lo sapevo non te lo chiedevo!» il bassista diventò rosso per la rabbia.
Ally a quella vista scoppiò a ridere, piegandosi in avanti e tenendosi la pancia con una mano.
«Sembri uno dei sette nani, John!» cercò di dire.
«Ally!» la richiamò il povero bassista preso di mira, nascondendo la faccia tra le mani.
Ally si calmò, rallentando le risate, e si sentì uno sguardo pesante addosso, infatti, Brian, poco lontano da loro, la stava fissando mentre abbracciava la cosa bionda.
Ormai non provava più niente quando lo guardava, qualche volta scambiavano due o tre parole, ma lui continuava a fissarla con quello sguardo freddo che le dava ai nervi. In alcuni giorni era sereno e parlavano tranquillamente, in altri invece cambiava totalmente, creando un muro di freddezza, menefreganza e odiosità.
E le dava ai nervi che quella cosa bionda fosse sempre nei paraggi, si intromettesse in ogni discorso e che si lamentasse ad ogni cosa che facevano o dicevano.
Nessuno la sopportava, a parte certo Brian, era odiosa, troia, rompi palle, stupida e oca.
Una bambola gonfiabile!
«Io mi sto annoiando, Syn!» piagnucolò la cosa.
Ally la squadrò da capo a piedi: aveva una maglietta, stramente scollata, attillata e una gonna cortissima che copriva per poco le parti intime.
Disgustosa, davvero disgustosa.
Aveva cercato anche di dare dei consigli di moda, perché lei si intendeva di moda, alle ragazze che a sentilri erano scoppiate a ridere. Non volevano essere cattive con lei, ma era come un odioso moscerino che ti ronzava sempre intorno fastidioso.
«Oh dio, Zach hai una sigaretta?» sospirò.
«Non la sopporti proprio,eh?» ridacchiò l’altro senza farsi sentire e frugò nelle tasche dei jeans. «Merda, non so dove sono.» si grattò la testa.
«Fantastico! No, è’ come uno scarafaggio. Non so se si guarda allo specchio in casa, ha il rossetto pure sotto al mento pur di ingrandirsi quelle labbra già rifatte. Voglio una cicca, maledizione.»
«Lasciala perdere. E’ una bambolina senza cervello e l’unica cosa che sa fare è spendere i soldi di Brian. Per me dentro la sua testa, vuota, c’è una sorta di lampada che alla parola ‘vestiti’ si accende.» frugò nelle tasche posteriori e tirò fuori il pacchetto.
«Più o meno come succede a te.» prese il pacchetto dalle mani e lo aprì, notando che ce ne era una sola.
«Spiritosa. Uh, la sigaretta del desiderio.» Ally lo guardò alzando il sopracciglio.
«Non dirmi che non ci credi.» continuò lui.
«Perché te si?» si allungò per prendere l’accendino a forma di chitarra sul tavolino pieno zeppo di bottiglie di birra vuote .
«Certo. Una volta ha funzionato.» sorrise lui.
«Questa me la devi raccontare.» lo punzecchiò lei.
«Un altro giorno, adesso esprimi un desiderio.»
Ally ci pensò su, la rigirò la tra le dita, prima di portarsela alle labbra e accenderla.
Cosa mai poteva desiderare?
Aveva finalmente tutto quello che voleva e niente le mancava.
Guardò i ragazzi uno a uno.
Matt abbracciato a Elisa e pieno di cioccolata sulla faccia, Johnny mentre rideva e scherzava insieme a Jimmy, Brian e la cosa mentre..limonavano e Zacky che la guardava curioso e sereno.
Aveva trovato delle persone stupende, degli amici fantastici e finalmente un ragazzo di cui si fidava ciecamente, una nuova seconda famiglia e tutto stava tornando a posto, nel punto in cui doveva stare.
Era come un puzzle con 1000 quadratini e l'immagine della sua vita stava finalmente prendendo una forma e un verso giusto.
Erano una grande famiglia, forse grande era riduttivo e non descriveva in pieno la realtà, ma erano felici e importava solo questo.
«Non ho nessun desiderio.» guardò la punta della sigaretta bruciare.
«Sicura? Beh, allora la prima cosa che ti viene in mente.»
La prima cosa che mi viene in mente, eh?
Lo fissò e sorrise: sapeva cosa.
Chiuse gli occhi e inspirò a lungo la nicotina, per poi espirare il fumo creando dei cerchi in aria.
«Espresso?» chiese curioso come non mai.
«Sì. Spero si avveri.» gli diede un bacio sulle labbra e finì, lentamente, di godersi la sigaretta.









Buon salve a chiunque sia riuscito a leggerlo tutto!
Prima di parlarvi e commentare il capitolo, volevo dedicare due righi a questo giorno. Questo giorno è un giorno che, a mio parere, ogni fan e persona vorrebbe dimenticare, eliminare ed evitare.
Io ho conosciuto gli Avenged due anni fa, il giorno di Natale mi ero ritrovata davanti il video di Dear God e anche se non mi ispiravano molto, ho continuato ad ascoltare le loro canzoni per giorni e giorni, finchè un mio caro amico non mi ha regalato Nightmare per il mio compleanno e da lì me ne sono innamorata totalmente.
Avevo scoperto di Jimmy due settimane dopo la sua morte e ci ero rimasta davvero male, lo trovavo, e lo trovo, una persona con un gran talento e una grande passione per la musica, un ragazzo, da quello che ho visto, letto durante le interviste e i video, d'oro con un grande cuore.
Di certo il mio dolore e la mia tristezza non sono paragonabili a quelli dei ragazzi, familiari o dai fan più "vecchi" che hanno avuto la grande fortuna, per me, di viverli e conoscerli per più tempo ma so come ci si sente quando si perde un amico, un fratello, una persona importante e speciale.
Comunque oggi mi sento con un grande peso sul cuore e mi dispiace molto.
Ci manchi, James. <3


Torniamo al capitolo, :').
L'ho buttato giù tutto lunedì e onestamente so che non ha senso, è scritto male e non ci incastra nulla, ma il tempo e le idee erano pochi e volevo aggiornare.  
Sono contentissima che la nuova coppia piaccia, davvero. :3
Vi dico subito che nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresa e un nuovo amore, inespettato :D
Ringrazio di cuore SilentMoon Ehm_Momo e  Vengeance_AS  nuova lettrice **
Ho visto che il primo capitolo ha avuto 450 e passa visualizzazione, cosa che mi sorprende e mi realizza molto.
GRAZIE<3
Baci, alla prossima Gheggo :)

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Capitolo 14
*** Chapter 14. ***


We were more than friends, before the story ends.




Una chioma nera varcò il grande cancello in ferro grigio tirando alle sue spalle una valigia, la quale, a contatto con i sassolini bianchi del viale, creava un fastidioso rumore, che di certo non avrebbe sovrastato le note di una chitarra sparate a tutto volume dall'interno della casa.
Essendo arrivata a Hungtinton Beach dopo uno scalo a Los Angeles, durato un giorno interno, quello di cui aveva bisogno non era di star di ferma impalata con il dito incollato al campanello ma di un materasso e dell'acqua calda. A Los Angeles aveva beccato il traffico e il taxi aveva sbagliato strada ben due volte, lasciandola, dopo un'accesa discussione, a un isolato dall'indirizzo scritto su quel bigliettino stropicciato e consumato da tutte le volte che lo aveva tenuto in mano o fatto vedere ai passanti.
Attraversò a passo lento il vialetto circondato da un giardino veramente verde, interrotto da un'esplosione di colori in vari punti e da uno spazio di cemento con una macchina parcheggiata e, poco distante, un canestro. Lasciò la pesante valigia accanto allo zerbino e, sospirando a lungo, approffittò del momento di totale silenzio per suonare il secondo campanello. Si torturò la manica della felpa con le dita sperando, dentro di se, di non aver sbagliato casa, o meglio villa supergalattica, e che il proprietario si affrettasse ad aprire o i suoi piedi li avrebbe persi del tutto.
Stava per sfiorare il campanello con il dito, quando la porta bianca si aprì di scatto mostrando una faccia mista tra lo scazzato, arrabbiato e curioso.
«Ciao! Tu devi essere Zacky, il ragazzo di mia sorella. Piacere Beth!» non gli diede neanche il tempo di aprire bocca che lo superò, allungando la lunga mano verso di lui e sorridendo, mostrando uno dei suoi più belli sorrisi.
Zacky lo aveva visto una volta sola, oltre alle foto, di persona, quando loro erano venuti in Italia, fuori dal locale di sua sorella gli era andata addosso, correndo poi via imbarazzata come non mai.
Il ragazzo, rimasto immobile, rilassò la faccia e la guardò stupito. In mano aveva ancora la chitarra nera con i bordi e le scritte "ZV" d'oro e nell'altra, oltre al plettro, aveva dei fogli stropicciati, che a prima vista poteva considerare degli spartiti.
Alle parole "Mia sorella. Piacere Beth" una sorta di minuscola lampadina si accese nel suo cervello e subito le parole di Ally lo invasero.
Ho una sorella di 19 anni e si chiama Beth, siamo identiche a parte, naturalmente, delle piccole differenze. Siamo una il contrario dell'altra, ma le voglio un bene dell'anima, combina un pò di guai ma io ero sicuramente peggio.
Sorrise: aveva ragione.
La ragazza di fronte a lui era la fotocopia sputata di Ally, se non fosse per i capelli mossi e nerissimi, gli occhi un pò più grandi e castani, la pelle un pò più abbronzata e la mancanza delle lentiggini. che non occupavano una parte del viso come quelle di Ally. Beth era più bassa di pochi centimetri più di lui ma aveva un corpo, magro certo, più robusto di quello di Ally.
Anche come si mordeva il labbro inferiore la faceva assomigliare ancora di più alla sorella.
«Oh si, sono io.» posò la chitarra allo stipide della porta e strinse la piccola mano di lei nella sua grande e tatuata.
«Prima che tu dica altro, ti precedo. Ho passato una settimana a convincere i nostri genitori per farmi venire e dopo un intero giorno passato su un aereoporto, un taxi e aver fatto un isolato a piedi, sono finalmente qua pronta a far una sopresa a mia sorella. So che dovevo avvertire ma.. non è nel mio stile.»fece un enorme sorriso.
«Non ti preoccupare, sono felice di conoscerti e tua sorella al momento non c'è. E' andata al supermercato qua vicino però dovrebbe tornare fra qualche minuto. Vieni entra.. o almeno penso.» dire che era confuso e sorpreso era dire davver poco. Un'attimo prima stava provando e riprovando all'infinito la nuova canzone datagli il giorno prima da Matt, ma era ancora tutta da "formare" e non era riuscito a creare una melodia che fosse adatta al testo e prima di scoppiare, si era preso una pausa, e solo in quel momento di totale silenzio aveva sentito il campanello che non smetteva un secondo di suonare e, scazzato al massimo, si era ritrovato davanti la sorellina della sua ragazza.
Ho bisogno di riposo.
Lo pensò rientrando in casa e trascicando le gambe scoperte da dei pantaloncini di basket, con la pancia brontolante, fino in cucina.
Beth, dopo un grazie per l'aiuto, prese la valigia blu elettrica e con un colpo secco di piede chiuse la porta. La lanciò vicino alla scalinata bianca che sembrava infinita e, meravigliata, girò intorno a se stessa guardando in tutti i minimi particolari di quella casa.
Dall'esterno a primo impatto poteva apparire come una classica villa da ricconi, bianca, piena di stanza e finestre e con un immenso giardino intorno, ma all'interno era tutto il contrario. Era se come entravi in un'altro mondo, fatto di dischi, poster, foto, testi, autografi e chitarre che ricoprivano tutta la parete lasciando pochi spazi liberi. Però c'erano, in alternanza, degli antichi mobili e tavoli con appoggiati sopra altrettanti oggetti antichi.
Alla destra dell'ingresso c'era il soggiorno, dove una lunga libreria occupava una parete intera e dove trovò la famosa statuina che tanto la incuriosiva ogni volta che lei e Ally si parlavano con la webcam.
Fece una faccia disgustata: Era vero, era orrenda.
La posò a terra e tornò sui suoi passi, entrando nella grande cucina, dove Zach sedeva tranquillo su una sedia di fronte a un panino e a i fogli di prima.
Sobbalzò staccandosi dallo stipide a cui era appoggiata, nel vederlo sbuffare e appallottolare i fogli, che finirirono con un colpo solo e preciso nel cestino vicino a lei.
«Bella la canzone di prima..» tentò di dire per rompere il ghiaccio, avvicinandosi al tavolo a cui era seduto.
Il ragazzo alzò lo sguardo e diede l'ultimo morso al panino.
«Vorrei poterlo dire anche io. Non tornano due o tre accordi e ho bisogno di una bella botta di ispirazione.»Beth accennò a un sorriso e gli sedette vicino.
«L'ispirazione arriverà tranquillo. Se non oggi, domani. Ma arriverà di sicuro. Forse non sono la più adatta a dirlo perchè io con la musica non ci metto le mani, a mala pena so cosa è un Do, ma devi lasciarti andare alle note che hai già e vedrai che il resto verrà da solo.» Zacky non potè che non fissarla con meraviglia.
Mentre parlava in lei rivedeva proprio la sua Ally e quelle semplici parole gli avevano trasmesso ottimità e sicurezza.
Beth al contrario studiò il chitarrista.
Lei era una di quelle che invece di star a sentire la storia di ogni persona, si creava la sua, studiando e comprendendo chi aveva davanti con i gesti, gli atteggiamenti o solo fissandolo. Zacky gli trasmetteva positività, sicurezza e una grande fiducia, in lui vedeva un'ottima persona e sapeva che, anche se all'apparenza con tutti quei muscoli, piercing e l'aria da macho, infondo era una persona dolce, che si preoccupava agli altri e si impegnava nelle cose. Un'esempio era proprio quello di non riuscir a trovare due semplici note per completare la canzone. Certo dava noia la consapevolezza di essere vicino a finire qualcosa ma allo stesso tempo la vedi lontano. E lui pur di non finire quel pezzettino, era pronto a passare un'altra, a vedere le grosse occhiaie violacee, notte insonne.
Vide il ragazzo pronto ad aprire bocca ma il rumore di una serrature e una porta aprirsi lo fermò subito.
«Zach? Perchè c'è una valigia vicino alle scale?» non poteva di certo sbagliarsi, quella era la voce di sua sorella. Infattil, parli del diavolo, comparve, piena e stra piena di borse tra le braccia, sulla soglia della cucina e proprio quelle buste caddero una ad una per terra, facendo rotolare il contenuto su tutto il pavimento.
 «Oh mio dio, Beth?» Ally assunse la faccia di uno che aveva appena visto un fantasma, una suocera isterica o semplicemente una persona che in quel momento doveva essere dall'altra parte del mondo.
«Si, sorpresa..!» cercò di dire, sorridendo debolmente e alzando di poco le spalle insieme alle mani.
Quello che successe dopo fu veloce e inaspettato. Delle gambe che corsero in avanti, un corpo che si scontrava un'altro prima di cadere a terra, delle braccia che stritolavano un collo e delle lacrime che bagliavano il viso dell'altra.
«Oh cazzo!» urlò il ragazzo nel vederle doloranti, ma vive, per terra. «State bene?»
«Il mio sedere no e i miei polmoni richiedono l'aria. Ally, calmati, mi stai bagnando tutta.» disse con voce strozzata mentre la maggiore non aveva l'intenzione di mollare o allentare la presa.
«Scusa se non vedo mia sorella da quasi 5 mesi o poco più. Ok, ok ti lascio. Cavolo quanto sei cresciuta Bettina.» le diede una mano ad alzarsi e aiutò il ragazzo a raccogliere la spesa ormai sparsa ovunque.
«Ancora con questo soprannome? Evitiamolo per favore! E' stupido. » sbuffò.
Ally rise e sistemò i pacchi sul bancone.
«Ma cosa ci fai qua? Non ci posso credere che mamma ti abbia lasciato venire.» finita la frase baciò sulle labbra il chitarrista, intento a sistemare la verdura nel frigorifero.
A quella vista la piccola si addolcì e sorrise, sembravano una coppia di sposi innamorati e felici. Dopo tutto quello che le aveva raccontato e successo, le scaldava il cuore vedere sua sorella finalmente serena.
«Secondo te? Mi mancavi Ally e la scuola rimarrà chiusa per tutto il mese, quindi ne ho approfittato.»
«Perchè?» domandò alzando il sopracciglio.
«Dei ragazzi hanno dato fuoco ai bagni e lasciato i lavandini aperti durante il weekend.» prese una mela dal centro della tavola, si sedette su una poltroncina e gli diede un morso deciso.
«E mamma ti ha lasciato? Cavolo aveva paura che andassi in Spagna alla tua età, pensa all'America. Ma è normale per te, è abituata a me e te sei più tranquilla.. hai la strada spianata.» aggrottò la fronte e continuò a mordere la mela. Purtroppo era la dura legge di avere una sorella minore. Se sei più piccola, i genitori sono più tranquilli e hai più libertà nel fare le cose, hai sempre dei limiti quello è normale, ma è tutto più 'facile'.
«E' tardi, cavolo..» disse guardando l'orologio al polso. «.. Ally, vado dai ragazzi, volete venire?» chiese lanciando un'occhiata anche alla sorella che aveva finito la mela e stava buttando il resto nel secchio.
 «Beth, che ne dici? Così vedrai qualc..cioè, gli altri.» ridacchiò la rossa, sotto le fulminate della mora.
«Ok!» disse forse mettendoci un po’ troppo entusiasmo.
«Chissà perchè mi aspettavo questa risposta.» disse guardando Zachy che, povero, non capiva. Beth si alzò stiracchiandosi e si sistemò al meglio i capelli che a quanto pare non riuscivano a rimanere lisci neanche per qualche ora. 
Aspettò insieme alla sorella infondo alle scale il chitarrista, corso al piano di sopra a prendere la custodia della sua bellissima chitarra e la felpa. Scese dopo qualche minuto, rischiando di inciampare con le sue stesse gambe, e uscirono dalla villa diretti allo studio.
 
«Porca miseria, Ally vi assomigliate un botto!» urlò il batterista, guardando prima una poi l’altra.
«Sai com’è Jimmy, sono sorelle!» disse con ovvietà Brian, lanciandogli una lattina di birra che però gli colpì in pieno lo stomanco.
«Grazie Haner.» gli lanciò un’occhiata.
«Ehi Zach, guarda quei due..» Ally seduta vicino sia a Beth sia al ragazzo, lo richiamò tirandogli la manica e facendo segno vicino a lei con gli occhi. Zach si spostò in avanti, per avere una visuale migliore dei due ragazzi, e sorrise.
«Quindi il tuo bassista preferito è Flea? Cavolo io lo trovo fantastico, anche se preferisco di gran lunga Duff o Cliff Burton.» non si era mai visto così felice e sereno il piccolo Johnny da un’eternità. Aveva un bel sorriso stampato sulla faccia interrotto da una grossa risata e non smetteva di parlare un secondo.
Per non parlare di Beth; la ragazza aveva sempre trovato affascinante e di una bellezza particolare il ragazzo e, appunto, un ottimo bassista. C'era qualcosa in lui che l aveva sempre incuriosita, silenzioso e riservato ma allo stesso tempo un gran parlatore e comico. Lei aveva avuto dei ragazzi ma erano state tutte storielle leggere, non da una notte e via come sua sorella, e non era mai riuscita a trovare il ragazzo che la facesse sorridere e scaldare il cuore, o che la facesse sentire così bene, non si era mai innamorata e non sapeva neanche come ci si sentisse. Vedeva le ragazze della sua scuola con gli occhi lucidi e speranzosi cambiare umore con un semplice messaggio, con una semplice parola o gesto. Stava a sentire, in silenzio e con lo sguardo perso, le sue amiche raccontarle di quella volta in cui il loro ragazzo le aveva regalato un mazzo di rose, o l'aveva portate in un posto magico, o l'aveva dedicato una canzone e di quanto fossero fortunate ad averne uno così al loro fianco. Però allo stesso tempo stava in silenzio a sentirle quando, tra le lacrime e con il cuore distrutto, piangevano perchè erano state lasciate e le vedeva soffrire come cani. Non aveva seguito la strada di sua sorella ma aveva provato a stare con qualche ragazzo con la convinzione che non era il suo principe azzurro, ma un amico più..amico.
In quel momento però, vedendo Johnny ridere, una luce di speranza e un nuovo sentimento le scaldava le guance e per la prima volta si sentiva davvero bene.
«Beth.. utilizzo questo momento in cui tutti sono..»e guardò i ragazzi incitare Jimmy e Brian a bere più birra. «..occupati per chiederti se hai da fare qualcosa stasera. No, stasera no. Cioè aspetta, non che non voglia uscire.. anzi sei una bella ragazza e.. aspetta..cioè sei arrivata ora e sei stanca quindi..» il povero ragazzo, rossissimo in viso, gesticolava e si torturava il labbro.
Beth scoppiò a ridere.
«Mi va bene.»
«.. se vuoi fare un'altra sera ti capisco e ti capisco se mi dici di no, mi conosci da due ore neanche e.. ti va bene?» smise di balbettare e la guardò spalancando gli occhi.
«Si.» rispose aprendo il viso il un bellissimo sorriso, a cui Johnny, vedendolo, quasi mancò un battito.
«Oh, beh, wow.» si grattò la nuca imbarazzato. «..alle otto va bene?» la ragazza annuì energicamente.
«Ehi, ragazzi, scusate se vi interrompo ma ci serve una mano per impedire a Jimmy di improvvisare uno spogliarello.» i ragazzi guardarono Matt e poi scoppiarono all'unisono a ridere.
 
 
 
Quando Ally rientrò a notte inoltrata, la trovò intenta a guardare uno di quei vecchi film che non guarda nessuno vista l'ora, distesa sul divano con dei pantaloni del pigiama blu a righe e una grande ciotola arancione riempita a metà di popcorn, sulla pancia, ricoperta da una leggera maglietta dei Led Zeppelin. Davanti a lei, sul tavolino, c'erano due bicchieri colorati vuoti e una bottiglia, mezza piena, di birra e vicino un pacchetto di sigarette pieno.
«Non sei stanca? chiese spostandole le gambe sulle sue e sedendosi sul divano.
Beth staccò gli occhi dallo schermo e li puntò su quelli della sorella.
«Ho passato una bellissima serata, giuro. E penso pure che mi piaccia davvero Johnny.» Ally sorrise. Sua sorella era fatta così, non si perdeva in sciocchezze ma arrivava dritta al punto, senza giri e rigiri.
«Sono contenta, che avete fatto?» con il piede sinistro tolse la scarpa al destro e fece lo stesso con l'altro e scivolò tra i cuscini per arrivare meglio, con le gambe, al tavolino.
«Mi ha portato a mangiare in un ristorante a Long Beach e mi ha fatto fare un giro di Huntington Beach. E' una bellissima città! Poi a fine serata siamo tornati qua, abbiamo giocato alla play di Zacky bevendo qualche birra e fumando qualche cicca.. poi è andato via e mi sono messa a guardare la Tv. Hai presente quando passi una bellissima serata e anche sei all'inizio senti di essere stanca, all'improvviso ti senti sveglia e pimpante da non dormire? Ecco, tutta la stanchezza è andata a farsi fottere e non riesco a prendere sonno.» sbuffò senza spegnere quel bel sorriso che non aveva abbandonato la sua faccia da quando era lì.
«Sei stata bene, quindi?»Beth chiuse gli occhi perdendosi nei ricordi di quella sera.
 
 


«Adesso dove mi porti?» gli chiese, mentre attraversavano il pontile pieno di banchi con gioielli, vestiti o giochi, e finiva il suo grande zucchero filato. C'erano molte persone, soprattutto coppiette e famigliole con bimbi che correvano ovunque, e alle loro spalle il rumore dell'oceano li accompagnava durante quella serata tranquilla.
«Mmh fammi pensare.»si portò la mano sul mento e piegò la testa di lato. «Qui, più avanti, c'è il luna park, che ne dici di fare un giro?» staccò un pezzo di zucchero filato con la bocca e un altro le finì sul mento, creando le risate del bassista.
«Che ridi, scemo! Ahh, vuoi essere battuto a qualche gioco? Bene!» lo guardò con uno sguardo da sfida e, dopo aver lanciato la bacchetta di legno dello zucchero filato nel cestino, si avviarono verso il luna park.
Più si avvicinavano, più la folla aumentava e più si sentivano le classiche canzoncine e urla dei giochi accompagnati dai un milliardo di luci tutte diverse tra loro.
«Allora Miss Rompiscatole, cosa vuole fare?» Beth aprì la bocca e socchiuse gli occhi, per poi trascinarlo verso il banco con le pistole.
«Tesoro, sicura?» sorrise malizioso mentre pagava l'uomo.
«Sicurissima e adesso Christ, prendi questo..»gli passò, o meglio tirò, il fucile contro il petto. « ..fai silenzio e iniziamo!» 
Passarono così gli ultimi minuti a sparare contro delle lattine e dopo un pareggio, Beth ebbe la meglio sul bassista che, rimasto di stucco, le passò l'enorme pupazzo a forma di tirannosauro che aveva vinto, congratulandosi con lei.
«In effetti, sei stata un pò brava.» 
«Solo un pò?» chiese ridendo.
«Ehi, accontentati di un pò.» scoppiarono a ridere insieme. Beth guardò il tirannosauro che aveva tra le mani, poi posò lo sguardo sul bassista vicino a lei intento a provare ad aprire un pacchetto di caramelle, e sorrise.
«Tieni.» gli porse il pupazzo.
«Uh?» chiese confuso alzando lo sguardo.
«Te lo voglio regalare. Sai che ti assomiglia?»
«Mi assomiglia?!
»domandò sorpreso.
«Sì, stesse braccia corte, stessa testa gigante e stessa cresta. Due gemelli!» spiegò mentre un sorriso a trentadue denti si faceva largo tra le sue labbra.
Johnny, serio, la guardò per qualche minuto prima di avventarsi su di lei e torturarla con il solletico.
 
«Nessun bacio? Nessuna dichiarazione d'amore? Niente di niente?» chiese sua sorella alzando il sopracciglio.
Beth riportò la mente a quel momento e la guardò, alzando la testa e scuotendola.
«Ally, tu pensi solo a quello?»
«No, certo che no. Però conoscendo il tipo e i suoi amici, ho pensato subito che un bacio fosse scappato. Ehh sorellina, meglio così.» le diede due pacche leggere sulla gamba e si alzò sbadigliando.
«Vai a dormire? Zach?»
«Zach è andato a riportare a casa Jimmy e dovrebbe tornare tra un pò. Non mi reggo in piedi, su forza, devi venire anche te o domani non ti svegliano manco le campane.» rise e accettò la mano che la sorella le aveva offerto, riportarono i bicchieri, la bottiglia e la ciotola in cucina, spensero tutto e si lasciarono andare alle braccia di Morfeo nei loro rispettivi letti.
 













Non ci credo, l'hai letto tutto? D:
Ahhahah, ok, ritorniamo seri.
Ed ecco a voi la famosa coppietta, anche se ancora non lo sono! Che carini **
Come sempre non mi entusiasma molto questo capitolo, mh '-'
Scusate se ci sono errori ma non ce l'ho fatta a rileggerlo :S
Ringrazio chiunque legga, perchè tramite il mio account vedo che siete un pò tanti O:
Grazie mille a:
Vengeance_AS Ehm_Momo, SilentMoon  ,  CristinaSuicidePunk. Per queste bellissime recensioni!
Beh, alla prossima.
La vostra Gheggo ;)

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Capitolo 15
*** Chapter 15. ***


We all need the person who can be true with you.





«Dove hai imparato?» mugolò.
«Sono pieno di soprese, io.» anche se era di spalle capì che Zaky stava sorridendo. Il ragazzo passò la mano sulla spalla umida e la strinse, poi la fece scivolare su e giù per la colonna vertebrale dandole qualche colpetto e riniziò da capo. Ally era totalmente in paradiso. Zacky ci sapeva proprio fare con quelle mani ed essendo, in più, un chitarrista gli dava, di certo, un vantaggio.
Chiuse gli occhi, sorridendo,e con la mano disegnò dei cerchi immaginari nella schiuma al cocco e mango, i quali si allargavano finchè non si spaccavano.
Quel venerdì sera Allyson era immersa fin sopra il petto nell'acqua calda ricoperta da una superficie di schiuma al suo gusto preferito. Aveva spento tutte le luce tranne quella più piccola sopra alla sua testa e, di solito, chiudeva con cura anche tutte le porte a chiave con il costante timore che qualche assassino o maniaco entrasse di soppiatto con un coltello enorme e lucente nella mano e glielo inficcasse nella schiena nuda. Sempre guardarsi alle spalle, si ripeteva. Ma quella volta, piena di pensieri, se ne era dimenticata e mentre si stava passando il bagnoschiuma bianco sul braccio con delle ciocche di capelli che le ricadevano bagnate sulle guance, non si era accorta della figura entrata in punta di piedi nel bagno che le aveva cinto il collo con le braccia, d'un tratto. All'inizio il cuore le era balzato al collo e si calmò subito quando vide i tatuaggi a lei ben noti.
Ed ora erano, schiena di lei contro il petto di lui, a mollò nell'acqua calda con dei cioccolatini al latte ripieni di nocciole a portata di mano. Le sue lunghe e affusolate mani tatuate si muovevano lente e sicure sulla sua pelle, piena di piccoli brividi a contatto con l'aria, e i suoi muscoli pieni di nodi e tensione si stavano sciogliendo, finalmente.
«Tutto lo stress accumulato in 26 anni di vita se ne è andato in cinque minuti, te l'ho mai detto che ti adoro sempre di più?» si lasciò abbracciare.
«Lo hai accennato qualche volta.» le postò i capelli bagnati alle punte e le baciò il collo bianco latte ormai asciutto.
«Allora, cosa ha in mente di fare domani, signorina?» riprese.
Ally sollevò una gamba in modo tale da osservare la schiuma caderle e solleticarle la pelle perfettamente liscia. Doveva ammettere che Lucy, la sua nuova estetista, ci sapeva davvero fare. Lei non aveva mai messo piede da un'estetista e dopo aver accompagnato Elisa a farsi un "lavoro completo" si era innamorata della pelle così liscia e lucente dell'amica.
Prima che potesse rispondere la suoneria del suo cellulare l'avvertì di un nuovo messaggio. Il piccolo aggeggio si mosse vicino ai cioccolatini per tutto il tavolino in legno e si fermò appena la ragazza cliccò il bottone rosso.
Casa Sanders domani pomeriggio, puntuali. Cancella tutti i tuoi impegni dall'agenda, c'è una bella novità.
«A quanto pare dobbiamo andare a casa di Matt nel pomeriggio, è successo qualcosa.» spense il cellulare e lo rimise vicino ai cioccolatini, approfittandone per prenderne uno dalla forma strana.
«Forse ci diranno perchè si sono comportati da cazzoni per tutta la settimana.» annuì energicamente continuando a gustarsi il sapore di cioccolato che si stava espandendo per tutto il suo palato.
«L'ho preso per i culo da buon amico ma non ha reagito, mi sorrideva e mi dava due pacche sulle spalle. L'ho criticato come solo io so fare durante le registrazioni e, fidati, un bradipo avrebbe reagito meglio.»
«E' vero. Elisa era normale fino a due giorni fa. Siamo andate in un locale e non ha toccato bicchiere.» Ally si girò per guardarlo meglio negli occhi.
«E' preoccupante! Non ho mai visto Elisa non bere». corrugò la fronte. «La cosa peggiore è che oltre ai sorrisini e tutto.. non era logorroico come al solito, non spiccicava parola.» continuò.
«Matt Sanders silenzioso? E' ufficiale ci stanno nascondendo qualcosa.» Zacky scosse la testa e approfittò del momento per stamparle un bacio e soffiarle della schiuma in faccia.
«Brutto..» con un occhio chiuso e che le frizzava, gli schiaffò la mano ricoperta di schiuma sul naso, senza fargli male. Un'ondata di bolle volò intorno alle loro testa e metà acqua cadde sul pavimento.
Si fermarono e guardarono il lago allargarsi sul pavimento bianco e azzurro.
«Ecco guarda che hai fatto.» ridacchiò.
«Io?» rise anche lei. «Chi è che ha iniziato?» chiese con una perfetta voce da bimba di cinque anni.
«Sei te quella che ha voluto farsi il bagno.»
«E tu quello che è entrato di soppiatto.» aggrottò le sopracciglia.
«Oh, senti, il cellulare.» Zacky si alzò facendo infrangere e scivolare via l'acqua dal suo corpo, che stava mandando la ragazza in tilt, prese l'asciugamano e lo legò in vita incamminandosi verso la sua camera dalla quale, naturalmente, non proveniva nessuna suoneria.
«Stronzo.» urlò per farsi sentire.
Stinse gli occhi, corrugò la fronte, storse il naso e fece un bel respirone a pieni polmoni scomparendo e scivolando fin sotto l'acqua. Quando l'acqua la invase completamente aprì la bocca e fece uscire l'aria, come quando era piccola, creando un'infinità di bolle. Aprì gli occhi e fissò il liquido intorno a lei farla sentire protetta e al sicuro, forse per l'incoscio ricordo di quando era immersa per nove mesi all'interno della pancia di sua madre. Il tempo si rallenta, i suoni diventano lontani e ovattati e tutto ciò che senti è il tuo cuore battere all'impazzata fin dentro al cervello e il bisogno di aria da parte dei polmoni.
L'acqua purifica, l'acqua rilassa.





«Dio che caldo.» si sventolò entrambe le mani davanti alla faccia alla ricerca, disperata, di un pò di aria fresca.
«Tra poco è estate e qua fa sempre caldo, non ti sei ancora abituata?» la punzecchiò il chitarrista seduto al suo fianco.
«Lo sento soltanto io questo odore.. di ciambelle?» Jimmy annusò l'aria da perfetto cane-segugio e puntò i suoi occhi azzurri su di lei.
Ally si sentì come un'assassino, appena sorpreso sul fatto e con le spalle contro il muro, senza una via d'uscita.
Beccata.
«Ciambelle? Ma no.. » cercò di dire. 
Jimmy amava letteralmente quei dolci, poteva arrivare ad amarli più di una donna stessa e vivere cibandosi soltanto con esse e con la birra. Però era da qualche settimana che entrambi avevano deciso di abolirle e iniziare una dieta ferrea. Di solito quando prendi un'impegno del genere ti senti motivata e decisa, ti ripeti di non cedere in tentazioni e di vedere tutti li aspetti negativi del mangiare spazzatura, però se vivi in America e,soprattutto, sei fidanzata con un uomo, o meglio panzone, che si nutre soltanto con dolci, hamburger e schifezze varie, nelle tentazioni ci cedi eccome. 
Una mattina Ally si stava vestendo per uscire a fare un salto per la città, quando, mentre si stava provando i suoi pantaloni preferiti usati e ri-usati, il bottone non le si chiuse, anzi c'erano parecchi centimentri di distranza e in più, dopo il quinto tentativo e  le si chiusero, vide la panciotta insieme al fianchi soffocati e uscirle dai bordi. 
Invece James li aveva aboliti semplicemente perchè voleva evitare di complicare la sua salute e mischiare alcool e schifezze insieme alla medicine. Si sentiva decisamente meglio rispetto all'inizio, in quanto Ally lo aiutava e non lo lasciava un minuto.
Era in forma, a detta sua, anche se il solo camminare per qualche ora lo distruggeva.
«Oh avanti Jimmy, mi rifuto. Tu puoi continuare, anzi non devi smettere, però io mollo e la finisco qua. Inizierò ad accettarmi per quello che sono e ad amare la mia ciccia.»
«Sembra uno spot per qualche pubblicità.» 
«Zacky, piuttosto, hai finito di rimpizzarti di pizzette?» disse Ally cambiando discorso, da far puntare l'antenzione di Jimmy su quella del fidanzato.
«Ehi, tra qualche mese iniziamo di nuovo il Tour, dimagrisco lì. Il palco fa grandi miracoli. E poi ho il metabolismo lento. »
L'importante è crederci.
Zackary James Baker aveva le sue teorie per tutto ed quella era una di queste: Mangiava fino a impazzire tutto ciò che gli capitava sotto tiro e, con l'insensata certezza, era sicuro che muovendosi qua e là come una balena obesa sul palco potesse dimagrire. E la fine era sempre la solita, drimagriva soltanto di qualche grammo e passava settimane in palestra. 
«Non cambiare discorso, rossa. Ti tengo d'occhio.» sussurrò James con fare da omicida.
«Tengo d'occhio per cosa?» Johnny a passò felino di lanciò sui divanetti bianchi su cui erano seduti tutti. Erano da poco arrivati nella grande casa Sanders e non avevano ancora visto, se non velocemente alla porta, i due ragazzi spariti in casa.
«Finalmente, Christ, dove eri finito?» chiese Brian unendosi a Zacky e mangiando le pizzette ancora calde sul tavolo di legno davanti a loro.
«Ero an-»
«Matt cazzo!» urlò Zacky sputando pezzetti di pasta e pomodoro ovunque e interrompendo il piccolo Johnny che chiuse la bocca e si sedette, in silenzio, su una sedia.
«Ehi ragazzi, ci siete tutti, bene.Allora parto subito col dirvi che abbiamo una sorpresa.» sorrise e aspettò che Elisa, elettrizzata come non mai, lo raggiungesse.
«Lo avevamo capito dal messaggio, qual'è la sorpresa?» chiese la rossa masticando la sua ciambella al cioccolato e scoprendo, con gioia immensa, che era ripiena.
«Le ho chiesto di sposarmi!» sentenziò aprendo ancora di più il sorriso.
Fu un'attimo.
Ally cercò di urlare un cosa con tutta la voce a suo disponibile ma qualcosa andò male: un piccolo e maledetto pezzettino della sua adorata ciambella stile Homer Simpson le si fiondò in gola, bloccandole il tanto e importante atto di repirare. Il viso le divenne paonazzo tendente al viola, gli occhi uscirono fuori come due piccole palle da golf, le mani cercavano di tenere il collo sperando con tutta se stessa di non morire in quel modo e la vena le si gonfiava quasi a scoppiarle. Matt, d'istinto, di fiondò su di lei e iniziò a corpirle la schiena con la mano, attendo a non farle male ed Ally collaborò cercando di ingoiare il pezzetto.
«Cristo, Allyson stai bene?» chiesero all'unisono Elisa e Zacky in preda ad un possibile attacco di cuore.
«Ehi, non pronunciate il mio nome in vano.» si lamentò Johnny.
«Zitto, se non vuoi che questa sia l'ultima cosa che sentirai d'ora in poi.» ringhiò il chitarrista.
Allyson fece un enorme respiro. «Matt.. Matt, cazzo, mi uccidi così, sto bene grazie.» il cantante con la paura ancora negli occhi si fermò e si calmò, guardando il corpo della piccola ragazza alzarsi e abbassarsi velocemente.
«Oh menomale.» tutti fecero un respiro di sollievo e tornarono a concentrarsi sui ragazzi.
«V-vi sposate?» domandò in un sussurro Brian rimasto ancora immobile e la sua mano strinta in quella di Michelle, come al solito sorridente.
Si, aveva i muscoli facciali incollati.
E solo in quel momento si accorse di lei e preferì distogliere lo sguardo prima di ritrovarsi piegata in due a vomitare la parte mancante della ciambella killer.
«Tra un mese.» 
Brian si svegliò dal suo attimo di trans e abbracciò prima l'amico dandogli qualche pacca e poi Elisa che, a malincuore, ricambiò. Da quando aveva tradito la sua migliore amica si era tenuta alla larga da lui, riusciva a provare le stesse emozioni di Ally, e l'odio per lui era tra di queste. Non lo avrebbe mai perdonato, pur essendo il migliore amico di Matt e uno dei suoi idoli.
«Non ci posso credere.» Ally sbalordita, corse dall'amica e l'abbracciò, l'abbracciò come fosse stata la prima volta dopo anni e pianse.
«Perchè piangi? Fai piangere anche me, stupida.» le asciugò le guance ancora più arrossate.
La rossa rise, stringendola ancora di più a se. «Stavo pensando a te a sedici anni.»

«Perchè tutti i film devono finire con un matrimonio?» le chiese mangiando le ultime patatine rimaste nella grande ciotola. Avevano aperto due sacchetti grandi in modo da dividerseli tra loro due, ma Ally era riuscita a sgraffignarsela una sola e dopo un ringhio da parte dell'altra rossa aveva tenuto le mani a posto.
«Mh. Chi si ama, si sposa.» rispose Ally legandosi i capelli in una coda alta e tenendo il foglio con i compiti del giorno dopo tra le labbra, stando attenta a non bagnare quelle difficili espressione che le erano costate un intero pomeriggio.
«Che cosa stupida. Io non mi sposerò mai.» convinta, schioccò la lingua contro il palato salato.
«Nemmeno se trovi il tuo uomo perfetto?» alzò un sopracciglio.
«Nemmeno se trovo il mio uomo perfetto.»


Le ragazze scoppiarono in una risata aperta che fu interrotta da due parole che le fecero scattare subito.
«Quindi festa!»
«Ogni motivo per te è buono per far festa, giusto nano?»
«Fanculizzati Rev, è un buonissimo motivo per fare festa! Matt si sposaaa!» disse come con ovvietà, saltando da tutte le parti.





«Grazie John, ne avevo bisogno.»
Johnny sorrise e rollò un perfetto e lungo spinello seduti uno di fronte all'altro nel bagno più piccolo di casa Sanders, e lo accese.
«Prima le signore.» Ally lo prese e lo portò subito alle labbra.
La piacevole sensazione di leggerezza e di vuoto le riempì il cervello e il resto del corpo, appoggiando la testa contro la fredda parete rossastre.
«Finalmente quella testa dura di Elisa si sposa.» osservò, passando la canna al ragazzo.
Johhny sogghignò tirando una boccata. «Non ho mai visto Matt così felice. Sai..» fece uscire il fumo dalle narici. «..in questi giorni è sempre stato spaesato e pensieroso. Chi lo poteva sapere che nel suo cervelletto stava pensando proprio al matrimonio?»
«E tu con mia sorella? Come va?» Ally osservò la punta della canna diventare rossa e lo guardò sorridere imbarazzato con uno sguardo imbambolato.
«Va.» raccolse la cenere caduta sulle mattonelle. «Tua sorella.. beh, è magnifica. Solo mi dispiace che parta fra qualche giorno.» La settimana della chiusura e risistemazione della scuola stava giungendo alla fine e Beth doveva ripartire per l'Italia. Le dispiaceva che se ne andasse e capiva perfettamente lo stato di Johnny. 
Quel ragazzo era cotto.
«Dai, deve fare l'esame e tornerà qua. C'è skype intanto.» cercò di scherzare lei dondolandosi in avanti e dando l'ultima tirata allo spinello.
«Meglio non pensarci. Inutile chiederti come va con Vee, siete così..così..»
«Appiccicosi?» tossicchiò un pò.
«Avrei detto affiatati, però è appropriato anche questo.» scoppiarono a ridere come dei cretini.
«Per me avranno dei figli.» Johnny iniziò a ciocare con i lembi del tappetino bianco su cui era seduto, creando delle trecce o tentando, inutilmente, di legarli tutti insieme.
«Mioddio, ti immagini tanti Matt in giro? Tutti muscolosi, altissimi, scoglionati e con quelle tenere fossette ai lati. Che incubo.» fin dall'inizio Ally ava adorato quelle fossettine che ti uccidevano in poco ed era giunta pure, per un pò, ad ordiarle. 
Le vedeva ovunque e le aveva pure sognate, un'ossessione che grazie al cielo era terminata in poco tempo.
«Cazzo, almeno il carattere spero che lo prendano dalla madre e che non si ritrovino con il pessimo umorismo del padre.»
«Verranno fuori dei piccoli mostri!» e fu allora che entrambi scoppiarono a ridere, piegandosi in avanti e battendo forte le mani contro il pavimento e lasciando che le lacrime bagnassero i loro volti arrossati.
«Eccovi qua. Ehi, che cazzo ridere?» Brian era fermo sulla porta del bagno con un sopracciglio alzato e come sempre con il suo cagnolino fedele tra i piedi. Anche se Michelle in quel momento poteva sembrare una vacca nel suo stretto vestito bianche a pallini neri e le ballerine insieme al cerchietto, abbinati.
Andiamo sempre peggio, povera ragazza.
«Ciaaaaao Briaaan.» Johnny scoppiò a ridere distendendosi sul tappeto macchiato dalla cenere e muovendo le gambe su e giù in aria.
«Oh, ecco colui che mi ha tradito con una.. ops, ho finito tutti gli aggettivi adatti per te. Almeno sai cosa sono gli aggettivi, Micheeelle?» la indicò ancora singhiozzante per le risate.
«Ma che roba vi siete fumati?» Brian roteò gli occhi e tornò indietro sui suoi passi, lasciando la cosa alle loro, o meglio, alle sue grinfie.
Pessima cosa Haner, pessima cosa.
«Michelle, posso farti una domanda?» premette le labbra con l'indice, soffocando le risate.
«Certo.» squittì lei, passando una ciocca bionda tinta e stra-tinta tra le dita.
«Ma le porti almeno le mutandine?» Johnny scoppiò in una grossa risata guardando la cosa aprirsi in una faccia tra lo sgomento e l'offeso.
«Allyson.»
«Amore mioo!» si lanciò tra le braccia del chitarrista mentre Brian prendeva il bassista che si credeva un'oca, steso a terra.
Un'oca dalle uova d'oro, ovviamente.



 
«Seriamente le hai chiesto della biancheria?» chiese Elisa spalancando la bocca e interrompendo il difficile compito di aprire da sola il suo muffin al cioccolato a metà.
«Sì o almeno penso. Me lo ha raccontato Vee, io non mi ricordo assolutamente niente se non del tuo annuncio, della ciambella killer e del bagno.»inzuppò la punta del coltello all'interno del barattolo da quattro chilogrammi di nutella al centro del tavolo e intorno alla confezione rosa fucsia della pasticceria da cui aveva preso i sei muffin, tre a testa.
«Potrei lasciare Matt e sposarmi con te per questo, lo sai?» sentenziò con una serietà che non le apparteneva.
«Non mi era mai capitato. Io vorrei sapere che roba mi ha dato Johnny.» il muffin, già al cioccolato e ricoperto da una glassa azzurra, era colmo e stra-colmo di nutella al suo interno. Elisa si era fiondata a casa Baker appena aveva saputo della grande impresa che aveva compiuto l'amica con una scatola della miglior pasticceria tra le mani e il più grande barattolo di Nutella in commercio sotto il braccio. Una scusa per celebrare anche il grande e imminente passo che stava per affrontare. Ed era esattamente la stessa cosa che da tutta la mattina, Ally, voleva mettere sotto i denti. Forse era la fase premestruale o l'aria Americana piena di dolci di ogni tipo oppure le settimane intensive di dieta dove i dolci li poteva soltanto sognare, tutto sommato si era mangiata un camion dei trasporti interi di dolciumi e ne aveva tirato fuori soltanto un chilo e duecento grammi in più.
Ovvero un dramma.
«Roba davvero forte. Matt mi ha detto che ti sei attaccata come un polipo a Zacky, non lo volevi lasciare neanche un minuto.» nel suo sguardo c'era pura e semplice malizia. Cosa non strana per lei.
Ally le diede una gomitata, ridacchiando. «Ma smettila. Chi è che si sposa neanche fra un mesi? A proposito non è troppo presto? Cioè, ce la farai?»
«Mi aiuterete voi.» chiuse il suo muffin e lo guardò con adorazione, come un bimbo guarda la bicicletta nuova di zecca, pulendosi le mani dalle briciole.
«Con "mi aiuterete voi" non intendi vero anche Michelle?» alzò un sopracciglio.
«Fosse per me no, lo sai, ma Matt ha insistito tanto.» portò il dolcetto alle labbra.
«Sarà lunga.» sbuffò e mangiò anche lei il suo secondo muffin.
«Ehi, ti va il giapponese? Lo hai provato, no?» disse Elisa, alzando lo sguardo verso di lei e pulendosi le labbra dal cioccolato con un fazzoletto di carta.
«Adesso? Dopo i muffins?» chiese sbalordita.
«Perchè no.» Elisa si alzò e andò in cucina, per tornarsene dopo qualche minuto con due piatti, due bicchieri e una busta bianca con una scritta rossa in giapponese.
«Avevi programmato tutto, eh! Le bacchette? Con me diventano un'arma, ti avverto. L'ultima volta ho quasi accecato mia madre con una di quelle.» rise e pulì il tavolino da ciò che era rimasto dei dolci e tirò fuori le scatoline fumanti.
«Merda, se James dovesse entrare in questo momento.. kaput.» con il dito fece il segno di sgozzarsi il collo e, con la punta della lingua fuori, provò a prendere uno spaghetto.
«Facciamo davvero schifo. E io dovrei dimagrire per il vestito?.»
«Non dovrò mettermi i tacchi, vero?» la sua faccia era puro terrore.
«Ally, non iniziare.» alzò gli occhi al cielo. «Ah, giusto quasi mi dimenticavo. Sarai la mia damigella d'onore e non esigo un no come risposta. Sei una delle persone più importarti per me e ti ci ved-» il tono della voce si abbassò sempre di più finchè non divenne un sussurro. 
«Oh..» disse piano, poi.
«Tu ti sposerai.»
«Io mi sposerò. »
«Con un uomo che ti ama davvero e io sarò la damigella d'onore»
«Con un uomo che mi ama davvero e tu sarai la damigella d'onore.» fece eco. 




«Ehi Zaccaria, come siamo penseriosi.»
«Ehi Jimbo. Cosa ne pensi del matrimonio?», domandò senza alzare gli occhi verso il suo amico, che si posizionò su una delle sedie con le rotelline della sala di registrazione, proprio davanti a lui.
Il ragazzo fu sorpreso e ci pensò su, facendo tornare regnante il silenzio, per vari minuti.
«E' una cosa seria. E' una promessa che fai e che devi sobbarcarti e mantenere ad ogni costo. E' un traguardo, uno dei tanti ma anche uno dei più importanti. E' un insieme di consapevolezza e amore..è una resposabilità. Ci si sposa se lo sentiamo realmente, se siamo pronti a passare il resto dei nostri giorni al fianco di una persona che per noi è speciale, c'è un legame, un piccolo e invisibile filo che ti tiene legato con essa. Oggi giorno ci si sposa senza capire fino in fondo il suo significato, solo per indossare un vesitito e mettere un anello al dito.»
Adesso Zacky lo fissava, lo fissava senza perdere una minima parola e senza aprire la bocca. Quello era uno dei tanti doni di Jimmy, che lo rendeva speciale e un ottimo amico, fratello, su cui contare; era sincero su tutto, sapeva offrirti una spalla in caso di bisogno e darti dei semplici ma azzeccati consigli. Di ogni cosa brutta, magicamente, ne tirava fuori la parte migliore e anche nei casi peggiori, riusciva a farti uscire un sorriso. Il giorno in cui si erano conosciuti se lo ricordava perfettamente.
Zacky era uno di quei ragazzi che stava per le sue, un piccolo adolescente innamorato perso della musica, della sua chitarra, delle magliette stravaganti, delle ragazze che non lo filavano mai e dei videogiochi. Però amava sentirsi diverso dai suoi compagni, da quei ragazzi tutti uguali, biondi, muscolosi e abbrozzati, che non accettavano di vedere le persone diverse da loro, pronti a offenderli e prenderli in giro per l'aspetto esteriore. Zackary James Baker era pallido, con i capelli neri, gli occhi circondati da un filo di matita, con tracce di qualche tatuaggio sulle braccia, piercing e maglie metallare.
Ogni mattina subiva la stessa routine, Jason, il bullo della scuola e capo della squadra di football, puntualmente lo aspettava davanti al suo armadietto con vernice,farina, o altro in mano, ma la mattina del 16 marzo 1999 non c'era solo Jason ad aspettarlo ma anche due o tre armadi della squadra. Di fianco a lui, però, non c'era il suo migliore amico, e unico, Matt che come un fratello lo proteggeva dai bulli, in quanto muscolossissimo e capace di menare quando serviva. Jason subito gli fu addosso insieme ai gorilla che lo strattonarono e lo riempirono di pugni. Zach, tutto sommato, sapeva picchiare ed era noto per aver partecipato a qualche rissa, quindi iniziò a tirare i pugni verso i ragazzi, troppi per uno solo. D'un tratto sentì una voce alle sue spalle e il peso dei ragazzi diminuire piano piano, finchè al posto di loro riusciva a sentire soltanto i graffi sulle braccia bruciare e la faccia dolere. Dietro a lui c'era proprio James Sullivan in tutta la sua altezza, offrirgli il suo lungo braccio e parte della sua vita.
«Ed è la tomba dell'amore?» giocherellò con la cannuccia gialla all'interno del bicchere ormai vuoto.
«No, almeno per quello che penso io. Se un'amore deve finire, finisce perchè deve finire, indipendemente dal fatto che siamo sposati, fidanzati o altro. Se un'amore è traballante il matrimonio lo aiuterà soltanto a crollare. Guarda Matt. Chi mai lo avrebbe detto che il ragazzo tutto risse, fumo e alcool mettesse la testa a posto e si sposasse? Certo è sempre stato un ragazzo fedele, preciso, maturo e con la testa sulle spalle ma.. ehi se pensi a lui non ti viene da pensare a una famiglia, un cane, una bella casa e una moglie. Però siamo cresciuti e da adolescenti fumati che andavano avanti con la convinzione di conquistare il mondo ignorando tutto e tutti abbiamo messo la testa apposto. O meglio, avete
«Avete?»
Jimmy annuì. «Non dico che siete cambiati e siete diventati i classici fidanzatini per benino, siete sempre i soliti idioti, che bevono, si comportano da adolescenti, litigano con tutti, giocano ore ed ore a tutti i tipi di videogiochi, continuano il loro sogno e si godono la vita. Dico soltanto che avete rallentato con le cazzate e quando dico cazzate, dico drograrvi fino allo sfinimento e rischiare di morire. Ripeto, avete, abbiamo perchè anche io sono cresciuto, la testa a posto.»
«Grazie Sullivan, ti lascio perchè Johnny ha raccolto la cacca di Bella e la infilata in una busta.E' incredibile quanto un solo cane possa farne così tanta, è proprio vero tale cane, tale padrone. Comunque le diamo fuoco e la lasciamo davanti allla porta dei gemelli, vuoi venire?» il ragazzo sorrise e si infilò gli occhiali da sole per darsi, poi, delle arie davanti allo specchio ripetendosi di quanto fosse figo.
«Lo confermo, siete i soliti cazzoni.»









Avete presente la Sfiga? 
Si quella str.. crudele che colpisce milioni e milioni di persone ogni momento, peggiorando la tua vita. Alcuni sono soltanto vittime della mano del destino, altre invece sono predestinate alla nascita, COME IO.
Se andate a cercare "sfortuna" sul dizionario ci sono sicuramente io. Mi hanno detto che era soltanto una giornata no, eccerto prima di scompare all'improviso internet, ti si rompe la chiavetta,poi ti muore il computer, ha una crisi nervosa e ciliegina sulla torta ti ammali.
Ho dovuto resettare per la seconda volta il computer, pieno e stra-pieno di foto, l'80% sono sui Sevenfold, il resto mia e il tecnico non mi ha salvato i due capitoli che avevo scritto e che, naturalmente, non ero riuscita a salvare sulla chiavetta come al mio solito. Devi forse chiedere i danni morali?
Scusatemi ç__ç
Ok, ho finito di raccontarvi la mia patetica vita e vi dico subito che questo capitolo è stato scritto con zero fantasia.
Ho cercato di riscrivere le stesse cose, ma non me lo ricordavo tutto (si, ho anche la memoria corta D:) ed è uscito sto coso.
Il prossimo sarà meglio (certo, certo ò.ò)
ODDIOSISPOSAAAANO **
GRAZIE per le recensioni, bellissime. (anche se non vi conosco, tranne alcune, vi considero belle sappitevatelo (?) ) *-*
Continuerò ad aggiornare il mercoledì, ve lo giuro e se non sarà così sarete libere di uccidermi o infamarmi.
Alla prossima,
Gheggo.

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Capitolo 16
*** Chapter 16. ***


I give my heart, cause nothing can compare in this world to you.

 



«Ma non posso fare ambarabaccicciccoccò? Ci sono troppi vestiti.»
«5000 per la precisione.» puntualizzò la commessa, sorridendo, e mostrando i canini affilati.
Allyson roteò gli occhi seduta su una delle sedie bianche del negozio, il più famoso della città, e incrociò le braccia al petto scrutando meglio il vestito che aveva indosso l’amica, in piedi su una sottospecie di piedistallo di fronte a un’enorme specchio. La faceva gonfia ai lati e dava la sensazione che da un momento all’altro le si sarebbe rotto o nei peggiori dei casi esploso, lasciandola come mamma l’ha fatta di fronte a un centinaio, e passa, di persone.
Sentì la presenza della cosa al suo fianco, anche se riusciva soltanto a intravedere la sua scarpa nera con il tacco lucida muoversi lentamente giù e su. Cosa c’entrava lei? Quel momento era un momento fondamentale, un momento che tutte le donne aspettavano di vivere in compagnia delle sue migliori amiche. Già, migliori amiche. Michelle era soltanto una conoscente, una persona che vedevi, purtroppo, poche volte durante la settimana, con cui non parlavi o scambiavi due o tre parole, come faceva Elisa, costretta da Matt. I ragazzi, anche se non la sopportavano neanche loro, cercavano di farla sentire a suo agio, in un certo senso era pur sempre un essere umano, scambiandoci qualche chiacchierata e finiva tutto lì. Tutto sommato era sempre “quella che ha tradito Allyson e che si fa mezza città”. Zacky le aveva raccontato delle gemelle e di come le avevano conosciute alla fine del liceo. Valary e Michelle Di Benedetto erano le due ragazze più popolari, nonché rispettivamente capo e vicecapo delle cheerleader, dell’intera Huntington Beach High School con le classiche ochette che le seguivano ovunque e con la fama di essersi fatte e passate tutti i giocatori di football, o meglio quasi tutti. Matt faceva parte della squadra, un pretesto per allenarsi e mantenere i suoi muscoli d’acciaio, e come tutti, era cascato nella trappola delle gemelle, era uscito per un po’ con Val, finchè non si erano fidanzati e i ragazzi avevano sfondato,e fu proprio in quel momento che Brian conobbe Michelle. Ma il successo aveva dato alla testa ad entrambe le gemelle e i ragazzi avevano soltanto il pensiero rivolto alla musica, e a qualche scappatella. Insomma, la classica storiella. Zacky le aveva anche raccontato della sua storia con Gena, una storia basata su tradimenti e tradimenti da parte di entrambi. E fu proprio quello che le fece tornare delle terribile seghe mentali: c’era la possibilità che anche Zac seguisse le orme del suo migliore amico e la tradisse?
Elisa sospirò, portando alla realtà l’amica, e si girò verso le due ragazze poggiando le mani sui fianchi, scocciata. «Di questo cosa ne dite?»
«Ti fa i fianchi grossi.» esclamarono entrambe le ragazze.
«Ne vuole provare un altro?» chiese la commessa-vampira sistemandole il velo alle spalle.
«E proviamone un altro.» alzò un sopracciglio. «Oh aspetti.» la commessa la guardò. «Corpetto senza spalline, morbido sui fianchi, con i ricami e che mi stia bene, grazie.» ordinò severa e la commessa annuì, girando i tacchi e tornando nel magazzino. Quando si trattava di shopping era severa e voleva che tutto andasse al meglio, anche se abiti,veli e gioielli non erano tra i suoi piani. Però se fai una cosa, la devi fare per bene.
«Non ce la faccio più, riuscirò a trovarne uno?» sconsolata si sedette sul piedistallo facendo volare il velo e sprofondando nella gonna bianca dell’abito.
«Tranquilla, ne hai provati soltanto tre, vedrai che arriverà quello perfetto.» sentenziò, dolcemente, Michelle.
Ally chiuse la bocca e si girò verso la bionda, che l’aveva superata dicendo le stesse cose che aveva pensato lei.
«Oh, grazie Mich.» sorrise. «Signorina, può venire a provarli.» la richiamò la donna e subito si alzò, camminando a passo spedito e senza cadere verso il camerino adiacente alla stanza.
Allyson sospirò e tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia, tra l’altro scomoda, e prese ad aggeggiare il cellulare.
«Allyson, perché ti sto tanto antipatica?» spalancò gli occhi e si girò di scatto verso di lei. Lei aveva gli occhi bassi e si torturava il vestito con le dita e mordeva il labbro nervosamente. Era la prima volta che le stava parlando, con voce diversa, meno da oca, squillante, più normale. Provò a dire qualcosa ma si fermò immediatamente, le stava per urlare in faccia e non voleva, non voleva rovinare quel momento e farsi sentire da Elisa.
Lei stessa le ha sempre detto che, quando era incazzata, rispondeva subito, offendendo, e senza pensare sputava tutto fuori così velocemente che si riusciva a sentire soltanto le parolacce e il suo tono alzarsi sempre di più.
Ally ho capito che non hai peli sulla lingua ma devi stare calma, riflettere e pensare a delle parole giuste, se poi con le parole buone non va, puoi sempre aggiungere tutte le parolacce che vuoi. Conta fino a 10 e poi rispondi.
E fu quello che fece.
«Come dovrei essere con l’amante e attuale fidanzata del mio ex ragazzo?» cercò di controllare il tono della voce.
«So che ho sbagliato a portartelo via, sono sempre stata innamorata di lui e l’ho sempre rispettato, come rispetto te. E’ lui che è venuto da me e non lo dico per far ricadere la colpa su Brian. Tutti mi dipingono come la troietta, rovina coppie e la bionda tinta senza cervello. Non lo sono, te lo giuro e mi dispiace.. non mi hanno mai accettata e.. tu sei una splendida ragazza..» le parole le morirono in bocca. Piangeva?
Calma un cazzo.
Con che coraggio poteva dire che era soltanto caduta in tentazione?
Ally sorrise debolmente mentre sentiva il sangue ribollire nelle vene quasi da farle male e il respiro iniziare a diventare più pesante. Non le importava, non l’aveva toccata minimamente e di certo non si sarebbe messa a darle ragione, o a tirarla su di morale come una buona amica, come se fosse lei la vittima. Non sarebbero mai, sottolineato, cerchiato, evidenziato, scritto a lettere cubitali, state amiche neanche in una vita futura.
«Di certo non sei giustificata. Potevi semplicemente smetterla di sentirlo e di andarci a letto insieme. Scusa ma non ho altro da dirti e vorrei evitare di parlare ora, e anche in futuro, state insieme, io sto con Zacky e non mi sono mai sentita bene, tutti felici e in pace, no?» fece uno dei suoi migliori sorrisi finti e girò la testa per tornare a concentrarsi sul cellulare ed a cercare di calmare i bollenti spiriti o un mal di testa e la rabbia non l’avrebbero lasciata per tutto il giorno, noiosi come una spina in un fianco.
Se qualcuno non vuole ritrovarsi sotto i ferri, fa che stia zitta!
Come se qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere la bionda non replicò e nella stanza tornò il silenzio, interrotto da Michelle e le sue tirate di naso e, all’improvviso da dei rumori di tasti, frenetici.

From Ally To James h10.09.
Secondo te, il mondo ne risentirebbe di una bionda-tinta-stinta che spara cazzate?

From James To Ally h10.11.
Che ha fatto questa volta?
Oh, il cazzone di Matt vuole sapere se va tutto bene. :)

From Ally to James h10.12.
Lei è la vittima della situazione, vorrebbe che fossimo amichissime, che le dispiace e che in sostanza è stata sedotta.
Beh, Elisa è andata a provarsi il quarto o quinto vestito anche se penso che la commessa l’abbia fatto fuori con un morso sul collo.

From James To Ally h10.16
Sono riuscito a calmare Matt, ha letto il messaggio. L’idiota naturalmente non ha capito la battuta.
Beh il Dr. Rev non sa proprio che dirti, soltanto lasciala perdere e non pensarci.

From Ally To Dr.James h10.16
Carino, potrebbe essere il tuo nuovo nome d’arte!
Dì a Matt che la sua bella sta uscendo, grazie Jimbo.
Passo e Chiudo.

«Perché quelle facce? E’ davvero così brutto? Bene, li ho provati tutti e il mio matrimonio andrà a puttane.»
Ally portò una mano sul petto e cercò di far capire al suo cervello e al corpo che per vivere doveva continuare a respirare. Elisa era bellissima, avvolta in un abito di seta che le faceva risaltare le curve morbide, ma non esageratamente, con un corpetto a fascia ricamato da dei disegni poco più scuri, si allargava non troppo ed era ricoperto, sulla gonna, dagli stessi disegni, sparsi, in fondo. Era semplice ma perfetto.
«Oh mio dio.» fu l’uniche parole che riuscì a dire, o meglio sussurrare.
«Sei splendida.»
«No, e’ fottutamente splendida.» corresse la rossa, sorridendo imbambolata.






«Ally, sei qua?»
«Ed ecco lo sposo. Cavolo come siamo affascinanti!» Ally, delicatamente, tirò la stoffa blu notte della gonna in modo tale da non inciampare e si lasciò abbracciare dal cantante. Gli arrivava al petto e il suo buon odore le invase le narici; chissà se anche lei profumava così al naturale,  se aveva un suo profumo.Si staccò e gli sistemò subito il corpetto bianco e la cravatta un pò storta dello stesso colore, come una brava mamma.
«Dove credi di andare con i paradenti? E i dilatatori?» alzò il sopracciglio.
«Sono forti!» si giustificò lui.
«E’ il tuo matrimonio.» gli fece notare.
«Almeno i dilatatori!» Matthew Charles Sanders era un bastardo. Oltre alle famose fossette, madre natura gli aveva dato in dono degli occhi irresistibili, i famosi occhi da “cerbiatto”. Era come un potere che teneva nascosto e in caso di necessità o di pericolo, come un attento eroe, ne faceva uso uccidendo il cattivo, mettendolo fuori combattimento o lasciandolo in preda ad un attacco di “pietà” , con il cuore stretto in una morsa e il cervello che ripeteva “come si fa a dirgli di no? Guardalo!”.
«Sei uno stronzo, Sanders. Merda, è tardi, su su forza. Andale.» appoggiò le mani sulla sua giacca nera lo spinse, prima con poca forza e poi con tutta quella che aveva, ma niente, il cantante non si muoveva di un millimetro. Spalancò gli occhi.
«Non può esserti presa l’ansia da matrimonio!» aveva sentito di questa famosa “ansia da matrimonio” dai film o da qualche chiacchierata con delle vecchie amiche di sua madre che parlavano dello sposo o della sposa fuggito durante la cerimonia. Quando tutto è pronto, perfettamente organizzato con la massima cura, ogni particolare è al suo posto per una ragione precisa e ad un certo punto buio, fino ad un attimo prima sei calmo e felice poi buio, bum. Tutto viene visto con timore, come una di quelle avventure complicate e complesse durante le quali il protagonista affronta prove su prove e alla fine ne esce straziato. Viene visto come un’entità oscura, estranea, troppo grande e così incomprensibile da metter paura.
«Dimmi che sto facendo la cosa giusta.» mormorò con lo sguardo fisso su di lei.
«Ma sei scemo? Certo che si! Tu l’ami, lei ti ama, siete perfetti per stare insieme, capito? Avete una luce brillante negli occhi ogni volta che siete insieme, una luce che si affievolisce quando siete uno lontano dell’altra e una luce destinata a durare. Vi vedo e fidati, neanche una terza guerra mondiale vi dividerebbe. E se mai dovesse succedere, io stroncherei le tue gambine. Semplice, no?» fu talmente seria che si sorprese di se stessa e sorrise mentalmente, immaginandosi versione fumetto che esultava vestita da cheerleader con i pon-pon e che gridava il suo stesso nome.
«Ok, la tua faccia imbambolata mi ha convinto. Andiamo, c’è un matrimonio da fare.» alzò l’indice stile supereroe e la tirò per il braccio, uscendo dalla stanza e attraversando il grande salone fino al giardino-spazio aperto in cui si sarebbe celebrato. Era il classico matrimonio all’Americana, cioè all’aperto, con un giardino e una piscina enorme alle spalle. Tutto era decorato con nastri e fiori bianchi e azzurri/blu, petali sempre bianchi che creavano una sorta di tappeto verso il prete, sedie e un gazebo. Semplice, ma magnifico.
Sembra il regno delle fate.
«Cosa ridacchi?» Zacky, vestito come il resto dei ragazzi con uno smoking nero, le si avvicinò, dopo essere stata finalmente mollata dal cantante che era andato a scambiare due o tre parole dal prete, e la baciò.
«Ma come siamo sexy signor Baker. Comunque niente, pensavo.»
«Io mi muoverei ancora per poco in quel vestito, sa?» il suo sguardo era semplice e pura malizia.
Normale, insomma.
«Scemo, vado a trovare Eli.» gli stampò un altro bacio sulle labbra e tornò all’interno della villa, salutando i vari ospiti e amici, evitandone altri e arrivò di fronte alla porta bianca ed oro in cui si stava cambiando l’amica.
Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò leggermente fino a vedere, in uno spiraglio, la figura di Elisa seduta davanti allo specchio.
«Ciao Dio, si sono io, Elisa. So che non ho frequentato molto la Chiesa e tutto, ma questa volta ho davvero bisogno di te. Vuoi farmi venire un attacco di cuore? Sono in piena crisi e ti prego, ti scongiuro, fai che tutto vada nel verso migliore. La mia vita è stata tutta un problema e almeno questa volta non rovinare tutto, ok?» cercò di trattenere le risate e cercando di fare il meno rumore possibile con i tacchi le arrivò alle spalle.
«Oh e un cervello nuovo, grazie.» aggiunse.
La bionda sussultò e si girò verso l’amica.
Ora Ally riusciva a vederla meglio ed era davvero bella. Aveva i capelli raccolti con un migliaio di forcine che tenevano fermi i vari boccoli, lasciandone altri liberi sul collo. I dilatatori li aveva lasciati anche lei, il trucco era leggero, ma le risaltava gli occhi e la pelle e al collo aveva la collana regalatele da Matt e che non aveva mai tolto.



 
 
 
Il tempo quella sera era orribile, la pioggia non aveva l’intenzione di fermarsi, di cessare la sua incredibile forza o di far scomparire l’insopportabile caldo, diventata un’afa appiccicosa. Elisa era distesa sul divano con la testa appoggiata sulle gambe di Zachary, il quale faceva zapping alla ricerca di qualcosa di decente da vedere, e con il portatile caldo sulla pancia.
«Ma piove sempre in questa maniera?» chiese alzando gli occhi verso di lui.
«Di solito no.»
«Allora sono io che porto sfiga.» scosse la testa e tornò a concentrarsi sull’e-mail che stava spedendo a Gregorio per informarlo delle ultime novità. A quanto pare si era concesso una vacanza di due mesi a Rio, da solo, e aveva conosciuto una certa Nariza o Narizia ad una festa vicino al suo appartamento e ci aveva provato per tutta la notte. Si sono rivisti per una settimana e si sono messi insieme dopo un’altra. A detta sua si era “innamorato seriamente e follemente per la prima volta nella sua vita” e aveva deciso di portarla in Italia per farla conoscere ai suoi genitori e prima o poi, più poi che prima, anche alle ragazze.
«Ha messo la testa apposto allora.» disse Zacky lasciando il canale sulla cucina e provando ad acchiappare e capire qualche parola italiana nell’e-mail.
«Beh, no.» sospirò.
«No? Qua non c’è scritto penzo ch-e queste volta sia quel-la g-iuste?» tentò di dire in un tenero italiano.
«Sì, ma è una cosa normale per lui, lo dice sempre e di ogni ragazza. Non durerà.» sospirò ancora e chiuse il portatile, posando sul tavolino e stiracchiandosi fino a sentire tutte le ossa scricchiolare.
Il rumore, assordante, del campanello li richiamarono ed entrambi urlarono un bel "chi è", finchè il continuo suonare non fece alzare Ally.
«Cristo, un secondo! Si può sapere chi è a quest-.. Ela?» la rossa alzò il sopracciglio e rabbrividì. La ragazza con un impermeabile verde, incappucciata, bagnata fino all’ossa e con un sorriso da assassino che le fece rivivere un film horror e il cuore battere fino all’impazzata.
«Guarda cosa mi ha regalato Matt, no dico.. etchù.. non è belliddimo?»
«No, è più bello il tuo raffreddore e sai quale lo è ancora di più? L’immagine di te con la febbre e fazzoletti su fazzoletti sparsi su tutto il letto, scema.»




 
 
Ansia di sentire quelle magiche parole.
Gioia nel viso delle persone.
Impazienza dipinta in degli occhi che scrutano ovunque.
Esultanza nell’udire quelle famose note.
Felicità nell’aria.
Dei bisbigli si elevarono, da però non superare la musica, e un centinaio di occhi erano concentrati su una figura avanzare lentamente, accompagnata da delle piccole bimbe, verso il tesissimo sposo. Allyson le si avvicinò e prese tra le mani il mazzo composto da fiori bianchi e azzurri, tornando di fianco alla cosa. Guardò Zacky sorridere insieme al resto dei ragazzi e pensò. Pensò intensamente a come in quei pochi mesi la sua vita fosse totalmente cambiata. Lei semplice ragazza di 25 anni con i suoi soliti amici, il suo solito lavoro, le sue solite passioni e preoccupazioni, i suoi videogiochi e fumetti. Era sempre stata così la sua vita, non era cambiata di una virgola e stava bene. Però poi improvvisamente era tutto cambiato, come se da bambina fosse passata a donna. Si era infatuata, aveva conosciuto il dolore e si era innamorata.
Spostò lo sguardo sul profilo di Elisa e sulle sue mani strette in quelle del cantante e con un sorriso sereno sul viso, un sorriso quasi dipinto dai migliori pittori. Si stava sposando lei, l’eterno maschiaccio che preferiva un panino a un ragazzo, la sua migliore amica.
Un insieme di urli la fece risvegliare e capire che i due cazzoni si erano finalmente baciati e un uragano di riso la invase.
«Che belli che sono.» si lasciò fuggire il ragazzo, comparso all'improvviso al suo lato.
«Fanno schifo da quanto lo sono.» risero entrambi.
«Ehi Eli scommetto che non ti butteresti in piscina!» le urlò Jimmy accarezzando la barba folta. Si era fatto allungare i capelli, tornati castani, la barba e si era lasciato gli occhiali da vista, molto stile Gesù Cristo. Rise come una scema alla vista del maglioncino giallo limone che tutti i ragazzi stavano indossando su diretto ordine di James, ormai andato e fuori di testa.
«Vorresti dire signora Sanders, perchè no?» Ally spalancò gli occhi. Non poteva dire seriamente.
Fece un passo. «Ela non c-» troppo tardi la ragazza, con un perfetto tuffo, si era buttata nell'acqua, per risalire a galla dopo pochi secondi con tutto il make-up disfatto. «..provare. Oh, ma al diavolo.» si appoggiò alla spalla di Zacky, tose i maledettissimi tacchi e corse verso la piscina urlando come Tarzan e buttandosi a bomba, poco distante dalla bionda.
«Sei proprio maleducata, rossa!» sogghignò.
«E lei una stronza, signora.» la bionda spalancò la bocca e si lanciò verso di lei, cercando di affogarsi a vicenda come all'età di 16 anni nella piscina della zia di Ally.
«Venite qua. Siete le mie donne.» Jimmy le prese di peso, abbracciandole, mentre ridevano sputando cloro da tutte le parti.
Un bel matrimonio, non c'è che dire.















Se gli altri capitoli non mi piacevano questo mi fa proprio ribrezzo.
Non ho idee, gente, come faccio? T_T
Scusate ma oggi è una giornata proprio no, non ho il cervello connesso, come il resto delle mia vita .-. Si può prendere un'insufficienza a ginnastica? Solo io.
Se questo capitolo non piace, lo riscriverò insieme al nuovo e lo ri-pubblicherò mercoledì. Ditemelo pure :)
I matrimoni non sono proprio il mio forte.
Un grazie non basterebbe per tutte le vostre recensioni.
GRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIEGRAZIE. <3
Scusate ancora belle,
G.



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Capitolo 17
*** Chapter 17. ***


I'm lost in a haze, fighting life 'til the end of my days.*






«Finiscila.»
«Vedessi, Ally! La sabbia è morbidissima, bianca quasi da sembrare neve e l’acqua è trasparente che non sembra neanche acqua. Dio, lasciatemi morire in questo paradiso chiamato Hawaii.»
Allyson corrugò la fronte alla vista di un piccolo buco nella busta di plastica diventare un vero e proprio squarcio da farle cadere tutte le patate a terra.
Chiuse gli occhi e fece un enorme respiro, calma.
«Io sono al supermercato sudata peggio di una capra. A quanto pare il condizionatore, a parte quello dei banchi frigo, non funziona e mi sto sciogliendo come una candela, per lo più mi si è rotta un’altra busta con la verdura spiaccicata al terreno. Faccio pena anche al commesso.» diede un’occhiata al ragazzo snello poco lontano da lei e gli sorrise, cercando di farli capire che aveva tutto sotto controllo e che non era una ritardata proprio come stava pensando.
Prese un’altra busta, l’ennesima, e ci appoggiò delicatamente le patate, chiuse e lanciò nel carrellino rosso ai suoi piedi. Passò una mano sulla fronte appiccicosa e notò che soltanto lei era in quello stato.
Non si era ancora abituata all’aria californiana, all’afa incredibile e alle temperature che sfioravano i 40 gradi ogni ora.
Quella mattina aveva deciso di andare a fare la spesa al posto di Zacky, che era corso a casa di Johnny con il pretesto di giocare al nuovo giochino per l’xbox al quale, lei, non poteva giocarci in quanto “è un sacro momento e non vogliamo ragazze”. Forse era una scusa per guardare i porno o.. no, era una scusa per guardare i porno. Ancora non si capacitava del cervello maschile e si convinceva sempre di più che fosse programmato soltanto per il sesso. Beh, aveva lei, perché mai andare a vedere delle donne rifatte da capo a piedi, nude, muoversi e emettere degli strani versi?
Sospirò. Lei lo lasciava perdere, contento lui, contenti tutti.
«Scusa, ma sei sicura che Zacky sia andato a vedere un porno?»
«Si.» rispose distrattamente mentre allungava la mano verso un pacchetto di insalata già lavata.
Ebbene sì, aveva ricominciato la dieta.
«Ma sarà, ha te Allyson. Per me sono andati a fumarsi qualche canna o altro.» rise scuotendo la testa e vagando per quel grande supermercato pieno di persone.
«Sono un caso perso, l’età celebrale è rimasta a 17 anni. Beh, ti odio lo sai? Anche io a quest’ora vorrei essere su un’isola come quella.» quasi pianse a vedere la lunga fila alla cassa che partiva, a dirittura, dal reparto dolci.
«La parte migliore sai qual è?»
«Non fare niente?»
«Oltre a quello, sesso a volontà!» sentì un gridolino di gioia dall’altra parte della cornetta.
Ridacchio’.«Tu stai male. Oh, si cazzo, si e’ aperta un’altra cassa!» tiro’ il carrellino, facendo rumore con i suoi anfibi, verso la santa donna che aveva deciso di aprirne un’altra, evitando di farla morire lì e iniziò a porre la roba sul nastro.
«Io starei male?» sentiva la ragazza ridere e il rumore delle onde di sottofondo.
Pagò la ragazza bionda dalla quale non riusciva a staccare lo sguardo, a causa della sua peluria nera sul collo e sulle guance., impossibile da non guardare Povera.
«Fai silenzio, scema.» si avvio’ ,con la busta nella mano, verso la sua macchina e con un po’ di fatica mise in moto.
«Idiota, non sai ancora guidare una macchina.» la rossa spalancò gli occhi.
«Non è vero.»
«Oh per favore, come se non ti conoscessi!» rossa in viso uscì dal parcheggio.
«Beh adesso stai zitta?» la incalzò la rossa, che aveva depositato il cellulare e messo il vivavoce sul cruscotto, evitando di farlo schiantare a qualche curva. Notò anche che sul sedile del passeggero c’era il nuovo numero di Vanity Fair ancora sigillato e che la richiamava, dicendole di aprila e sfogliarla. Dio, poteva anche morire per quella rivista, era la sua bibbia e non ne perdeva un'uscita.
«Ally..» la sua voce era diversa.
«Dimmi, signora Sanders. Sai che mi fa effetto chiamarti così? Cacchio, devo prenderci l’abitudine.» si fermò a un rosso e sulle strisce passarono due ragazzine, a prima vista, di 16-17 anni. Una aveva i capelli lunghi color fuoco acceso-pomodoro, i vestiti strappati e una bicicletta a lato. L’altra, la più alta, aveva i capelli verdi e biondi, i vestiti larghi e uno skateboard tra i piedi. Rise. Erano la fotocopia sputata di loro due da piccole. Tranne per i vestiti tutt’altro che larghi, ma stretti e sexy, e l'altezza, la ragazzina assomigliava moltissimo a Elisa. Stesso modo di camminare svogliatamente e con lo stesso skateboard scocciato e stronco che avevano entrambe. Quell’oggetto era stato un mezzo fondamentale nella loro adolescenza; erano scappate dalla security di un locale, una volta, poiché era un locale solo per maggiorenni e grazie al loro aspetto più grande e alle avance da parte di Elisa per il proprietario, erano riuscite a intrarvi. Però i bodyguard se ne accorsero e cercarono di acchiapparle, inutilmente.
Scosse la testa ricordando perfettamente quella serata e il mega febbrone del giorno dopo.
«Gnomo, ci sei ancora?» domandò lanciando delle occhiate al telefono.
Sentì un respiro. «Ho un ritardo. Un fottuto ritardo.»
Quasi non andò fuori di strada, picchiò ad un muricciolo e investì una vecchina, mentre le macchine dietro di lei iniziarono a suonarle incessatamente.
«U-un ritardo? Sei sicura?» deglutì a fatica.
«Sì, ho appena ricevuto il foglio. Ieri sono andata ad una clinica, di nascosto, che c’è qua. Positivo.» era stranamente calma.
«Che vuoi fare?» decise di fermarsi in un piccolo parcheggio, sotto ad un grande albero, così che un po’ di ombra la rinfrescasse ed evitasse un'incidente. 
«Io e Matt poco tempo fa abbiamo parlato di avere bimbi e entrambi gli vogliamo. Però..»
«Però è troppo presto, vi siete sposati adesso e volevate fare le cose con calma.» continuò lei.
Silenzio.
Poggiò la testa al sedile e guardò le foglie verdi, rigogliose, muoversi e danzare per una piccola volata di vento, creando un leggero rumore.
«Ne parlerò con Matt, io lo voglio tenere.»
«Sarò zia.» un grande sorriso si aprì sulla sua faccia ed emise un piccolo gemito.
Elisa rise. «E’ appena rientrato, ti voglio bene futura zietta.»
«Anche io futura mamma.» chiuse la chiamata e guardò un piccolo uccellino posatesi sul cofano.
E’ affascinante vedere come cambiano le cose in pochi mesi.
 
 
 
 
 

Allyson aprì di scatto gli occhi, mentre li sentiva bruciare per la luce abbagliante proveniente dalla finestra e tolse, subito, la coperta che la stava facendo sudare. Sentiva la pelle appiccicosa e bollente, delle goccioline fredde le caddero sul naso e il respiro tornò a essere regolare. Posò una mano sulla fronte dolente e guardò l’orologio: si era addormentata per qualche ora. Si ricordava soltanto di esser tornata a casa dopo aver fatto la spesa, aver confuso la strada per colpa del shock e aver quasi picchiato la macchina di Zacky, si era distesa sul divano a vedere, tranquillamente, un film alla televisione con in mano delle pasticche per calmare il mal di testa.E aveva ceduto al richiamo di Morfeo.
Si stiracchiò e passando una mano per il collo e tra i capelli umidi, salì le scale con in mano una bottiglietta di acqua ghiacciata. Il piano superiore era silenzioso, come il resto della casa, e si sentiva soltanto il rumore del suo respiro affannato. Entrò nella camera con la quale divideva con Zacky e aprì la finestra, permettendo a un leggero venticello di scompigliarle i capelli. Vi appoggiò una mano e con l'altra si diede la spinta, ritrovandosi poco dopo seduta a gambe penzoloni sul tetto.
Ho bisogno di un carrello di ghiaccio, non tollero così tanto caldo!
Alzò il viso verso il cielo e, con una mano sulla fronte che le faceva ombra sugli occhi, guardò la palla di fuoco in tutta la sua grandezza farla sciogliere. Fottutissimo, odiossissimo, snervantissimo caldo che ti toglieva, oltre alla voglia di vivere, la voglia anche di alzare un braccio.
Il giardino sottostante si era colorato di un verde acceso, colpito dai raggi di quel sole acceso e luminoso che si era lasciato alle spalle la luce pallida invernale. Le aiuole si erano arricchite di tulipani, calendule e gigli e creavano,insieme alle rose e violette, un arcobaleno di colori. Piegò le gambe e ci appoggiò sopra le braccia insieme alla testa; non le importava se in quella posizione soffriva di più il caldo, voleva soltanto perdersi nella sua mente. La sua mente che la riportò al sogno che aveva fatto, proprio quello che l'aveva fatta risvegliare. Come ogni sogno, ti ricordi soltanto pochi frammenti, però lei se lo ricordava perfettamente. Ricordava di essersi trovata in una nebbia, fitta e bianca, che l'opprimeva come un nodo allo stomaco impossibile da togliere e che, a quanto pare, era l'unica cosa a tenerle compagnia. Ricordò di aver fatto due passi, con dei macigni al posto delle gambe e con la paura di finire addosso a qualcosa o qualcuno, di aver sentito un grande vento freddo entrarle fin dentro le ossa ed uscirne, scomparendo e portando via la nebbia con se. Ma la nebbia tornò più fitta della precedente, quando un brivido le attraversò la schiena e un tocco, una sottospecie di carezza, la fece voltare e dopo aver messo a fuoco, riuscì a vedere una figura nera e slanciata allontanarsi da lei, mentre un'altra molto più piccola avvicinarsi. Ricordò di aver provato a parlare ma che al posto della sua voce uscì soltanto altra nebbia. La figura più piccola si avvicinava piano e piano e l'altra ormai era un piccolo punto nero, ma quando la figura era abbastanza vicina da vederla, scomparve. Poteva essere considerato un incubo?*'' Era talmente reale, familiare, che non incuteva paura, ma neanche nessun altro tipo di emozione, come se non fosse stata padrona del suo corpo, un attimo che le ha fatto dimenticare che per vivere serviva respirare. Si sventolò un pezzetto di foglio trovato per caso al collo e d'improvviso un rumore di passi la fece girare, automaticamente, verso la porta, che dopo poco, si aprì.
«Oh, allora c'è qualcuno. Zacky?»
«Zacky era tornato qualche ora fa ma dormivo e da quello che ha scritto nel biglietto, è andato a dare da mangiare a Bella.» rispose fissando dietro le spalle di Brian, che aveva chiuso la porta e che stava avanzando nella sua direzione, proprio come nel suo sogno.
«Stai bene? Hai una faccia più pallida del solito e sei tutta sudata.» il ragazzo, con un balzo, le si sedette accanto e si accese una sigaretta, guardando davanti a se, come stava facendo lei.
«Niente di che, ho fatto soltanto un brutto sogno.»
«Che genere di sogno?» Ally si girò verso di lui.
«Non ne voglio parlare.»
«Una volta mi dicevi tutto.» fece uscire il fumo dalla bocca creando dei piccoli cerchi. Cristo, tutto le ricordava quel maledettissimo sogno.
«Hai detto bene, una volta Haner.» gonfiò le guance e lo guardò male.
«Sposo Michelle.» disse con una semplicità inaudita. Una semplicità che Brian Elwis Haner Jr. non aveva mai avuto, una semplicità che neanche lui sapeva cosa voleva dire avere. Allyson spalancò la bocca e cercò di raggruppare tutta la calma possibile, poiché una cosa che aveva imparato ad essere la ragazza di Synyster Gates era proprio quella: arrabbiarsi non serviva proprio a nulla, se non a una litigata incredibile e una litigata aveva bisogno di energie, energie che non possedeva.
«Sono felice per voi.» disse dopo qualche minuto di silenzio e con sincerità.
Non provava assolutamente niente, ne gelosia, rabbia, dolore, invidia, ne odio, niente di niente, era semplicemente indifferente. In tutto quel tempo aveva capito che quella di Brian era stata soltanto una cotta del tipo "adolescenziale", non era stata realmente innamorata come aveva detto, era soltanto stata una 'prova'; una prova finita male. Ma forse doveva essere grata a Brian, perché se non era successo tutto quel casino, non avrebbe capito che in realtà era Zacky il ragazzo adatto a lei. Non sai il perché, ne come com’è possibile, lo senti, lo sai e basta. Aveva capito che era inutile passare la sua vita ad odiarlo, non si ha per caso una vita sola?
«Seriamente?» sembrava un po’ sorpreso.
Brian si girò verso di lei, tendo la sigaretta tra le labbra e gli occhiali immersi tra il cespuglio di capelli neri.
Lo guardò corrugando la fronte. «Perché non dovrei? Oh avanti Brian non siamo degli adolescenti costretti a farsi delle ripicche a vicenda. Hai capito che la co-..Michelle è perfetta per te, come io ho capito di provare qualcosa di molto più forte di quello che provavo nei tuoi confronti per Baker. Certo non ti perdono il fatto di avermi trattata, prima, come la cosa più importante per te, poi, come uno scarto, una delle tante.» sospirò rumorosamente.
«Non eri una delle tante.» sottolineò lui serio.
«Oh e di avermi illuso.» continuò senza considerare ciò che aveva appena detto, muovendo le gambe giù e su.
«La promessa..» sussurrò.
«Già la promessa, ma non m’importa più, ho una nuova vita. Non voglio stare dietro alle persone, al passato. Il passato è affascinante proprio perché è passato e ciò deve rimanere. » disse convinta. Perché quelle cose le pensava seriamente ed era fiera di come si stava comportando.
«Io ti ho amato veramente, Allyson. Tu sei stata la prima con cui ho provato dei sentimenti a me nuovi e rimarrai l’unica.» il suo tono era basso, come la sua testa, la sigaretta era caduta finita sulle tegole rossastre, bollenti, immobile, nel suo ultimo atto di spegnersi.
Silenzio.
Volse lo sguardo concentrandosi verso un gruppo di piccioni che si contendevano del cibo tra i sassolini bianchi del vialetto.
Probabilmente era vero.
«Brian, tu sei uscito dai miei pensieri il giorno esatto in cui ho capito che messaggiavi con Michelle. Per-»
«Tu ancora ci sei.» ribattè.
Ally fece finta di non ascoltare e continuò. «Però, mi chiedo, perché non me lo hai detto? Perché hai continuato a prendermi in giro? E’ una spina che ho nel fianco da tempo e vorrei togliermela.» la sua mente era vuota. Si sentiva strana, diversa, come se quel sogno le avesse capovolto il modo di vedere il mondo. Era come se galleggiasse su una nuova, sentiva il cuore battere e i polmoni riempirsi e vuotarsi d’aria. Era una bella sensazione.
Riusciva a vedere, con la coda dell’occhio, Brian fissarla intensamente. Sentiva il suo sguardo su ogni parte del corpo anche quella più piccola, forse, per fare una fotografia mentale della ragazza che aveva realmente amato, e che in parte continuava a farlo.
«Te l’ho già detto, fottuto istinto maschile. L’ho rivista e qualcuno laggiù a preso il sopravvento. Io sono così, non è una giustificazione ovvio, però è la verità; cercare di cambiare le abitudini, se possiamo chiamarle così, delle persone e il loro modo di pensare è come scrivere nella neve durante una tormenta. Sono un emerito stronzo innamorato di una ragazza che non merita tutto questo. Tu mi hai cambiato e mi hai aiutato, lo sto capendo soltanto adesso.» Innamorato? Brian Haner era ancora innamorato di lei. E lei?
Scosse il capo, facendo uscire qualche ciocca dalla coda ormai decadente e fisso l’anello luccicare al suo dito.






«Ally, chiudi gli occhi, avanti.»
«Mh?» la ragazza staccò lo sguardo dal libro e due mani le coprirono gli occhi, facendo diventare tutto intorno a lei buio. Tastò il divano alla ricerca del ragazzo e quando trovò quella che sembrava una gamba, gli diede un piccolo pizzicotto.
«Zach, che fai?» rise, sentendo il suo respiro caldo sul collo, alternato a dei baci leggeri.
«Ho una sorpresa per te.» le sussurrò all’orecchio, creandole, inevitabilmente, dei brividi.
«Una sorpres..Oddio, ma sei impazzito tutto insieme?» non finì la frase che il ragazzo le tolse le mani, tornando così a vedere normalmente e quando riuscì a mettere a fuoco quello che aveva davanti, quasi non svenne. Sotto il suo naso c’era un anello, quell’anello; il piccolo anello che aveva visto il giorno in cui erano andati a fare shopping insieme, prima di perdersi, l’anello di Yves Saint Laurent, con una grande pietra verde incastonata.
Si, era lui.
«Ma.. è.. cristo Zacky, sei impazzito?» urlò di nuovo guardandolo allibita.
«Si, è proprio lui. Secondo te dove ero scomparso? Ho aspettato tanto a dartelo lo so, però ne è valsa la pena. Buon anniversario.» le diede un bacio a stampo. Ally, sorrise imbambolata, infilandosi l’anello e saltando addosso al chitarrista, il quale, non riuscì a tenerla e caddero sul divano.




«Io..» fece un lunghissimo sospiro. «..no, non più. Amo Zacky, Brian e potremmo essere sempre amici, più o meno.» e sorrise. Ne uscì un sorriso mozzafiato, sincero, sereno e.. vero.
«Lo so. Ehi, non sono mica venuto qui per farti una serenata o cazzate del genere, volevo soltanto domandare a quel cazzone a che ore abbiamo domani le prove.» si portò una mano dietro alla nuca, sorridendo di rimando, imbarazzato.
«Ahh sì, me lo ha detto, alle 4.» la ragazza si girò, poggiò entrambi i piedi nudi sulla moquette e entrò dentro la stanza. Andò verso il comodino sul quale il cellulare si illuminava vibrando e avvertendola di un nuovo messaggio.
«Alle quattro, perfetto. Io adesso scappo.» sentì il ragazzo alle sue spalle e sorrise raggiante nel leggere il messaggio del ragazzo, che le comunicava del suo ritorno a casa.
«Capito.» rispose distrattamente e pigiando i tasti, touch, frenetica del suo cellulare.
«Salutami Vee. Oh giusto, Allyson..» la ragazza si girò. «..potresti non dire a nessuno del matrimonio? E’ una cosa che ho deciso da poco.» la ragazza annuì lentamente.
«A patto che tu non dica niente del sogno e del mio atteggiamento.»
Brian corrugò la fronte, aspettandosi un’altra risposta, del tipo “Non dirò niente se tu non dirai niente del nostro incontro, se lo vogliamo chiamare così, della nostra chiacchierata e dei tuoi sentimenti, ok? O mi toccherà strapparti le palle a morsi.” Forse non l’ultima parte, ma era quello che era pronto a sentirsi dire.
«Ok, ciao carota.» ridacchiò a quel nomignolo a lei ben familiare.
«Ciao gorilla.»







Il traffico era tremendo ma erano le 6 ed era normale, la gente usciva esausta dal lavoro per tornarsene a casa proprio dalla loro famiglia. Guidava lentamente, la lineetta del contachilometri arrivava a malapena a 10 e un uomo a piedi sarebbe arrivato, di certo, prima.
Poggiò entrambe le mani sul volante e ci picchiettò il dito, seguendo il ritmo di una vecchia canzone anni 80’ che stavano mandando alla radio. Era una di quelle tipiche canzoni che rimangono impresse nella tua mente anche se non te lo ricordi e sbucano fuori all’improvviso, andandosene difficilmente via. Iniziò, distrattamente, a cantarne qualche parole, osservando la lunga fila di macchina non muoversi di neanche un centimetro.
Io rischio di morire dentro questa macchina prima o poi.
Chiuse gli occhi e le immagini del pomeriggio la invasero. Solo in quel momento si rese conto che era riuscita a fare un discorso da esseri umani con Brian. Non si erano scannati, urlati, insultati, avevano solo aperto il loro cuore e tolto quella briciola fastidiosa nella scarpa. E’ il destino che vi ha fatti ricordare. Famosa frase sentita e risentita da ogni persona che le ripeteva ogni santo giorno. Il destino? Cos’è realmente? Un qualcuno al pari di Dio che si diverte nel giocare con la vita di ogni persona o siamo soltanto noi a credere in un’ideale? Non dipendiamo dal destino, se una cosa deve accadere accade e se stiamo a cercare le ragioni troviamo soltanto le cause. La nostra vita non è già scritta, già, preparata o decisa siamo noi a influenzarla. Usiamo la parola destino soltanto per indicare un evento che arriva all’improvviso senza che noi muoviamo un muscolo, aspettiamo e aspettiamo convinti che è già stato scritto e quindi che deve arrivare per forza. In realtà perdiamo soltanto tempo dietro a un quel qualcosa che forse non potrebbe mai arrivare e se arriva, spesso, ci illude. Siamo soltanto noi soli con i nostri pensieri, noi soli a sbagliare e pensiamo a come in realtà sarebbe potuta accadere una cosa. E se lei non avesse conosciuto i Sevenfold? Brian? Zacky? Sarebbe sicuramente rimasta a lavorare nel locale e a continuare la sua vita monotona, forse avrebbe incontrato un ragazzo e a quest’ora sarebbe stata fidanzata con qualcun’ altro. Non riusciva proprio a immaginarselo. Oppure non avrebbe scoperto del tradimento di Brian e a quest’ora sarebbe stata sposata con lui e avrebbero avuto un figlio. Però quando ci pensava le sembrava tutto troppo in reale e forse, anche, per questo si erano lasciati. Non vedeva un probabile futuro con lui. Il destino è soltanto una convinzione che col passare degli anni ha influenzato la vita dell’uomo.
Un clacson la fece scattare e quando mise a fuoco, vide la strada ormai libera e diede gas.
Sbuffò.
Pure il sogno non l’aveva lasciata in pace neanche un minuto e non ne aveva parlato con nessuno. Zacky era tornato a casa dopo che Brian se ne era andato ed erano stati abbracciati a chiacchierare per due ore, poi si era alzata, approfittando del sonnellino del ragazzo, gli aveva lasciato un biglietto ed era corsa in macchina verso casa di Jimmy.
Non lo vedeva o sentiva da qualche giorno, metteva la testa fuori soltanto per andare alle prove con i ragazzi e Zacky le raccontava dei tre o quattro kg che aveva preso. Era preoccupata e si convinceva interiormente che era soltanto l’effetto delle medicine.
Dopo qualche minuto parcheggiò la macchina nel grande piazzale e corse verso la porta d’entrata, legandosi i capelli umidi in una coda alta.
Suonò il campanello.
«Rossa! Che ci fai qui?» James era davanti a lei. James era diverso. James aveva la barba e i capelli più lunghi, gli stessi occhiali, fini, sul naso, la pancia un po’ più rotondetta ma con lo stesso dolce sorriso stampato sulla faccia. James era diverso esteriormente.
«Cristo, Jimmy mi sei mancato. Sei vuoi, però, vado via eh.» Ally fece per girarsi quando due braccia la avvolsero in un abbraccio un po’ appiccicoso.
«Entra, scema.»
«Allora J. come stai? » gli chiese dopo essere entrati in casa e essersi seduti l’uno al fianco dell’altra nel grande soggiorno di casa Sullivan. La casa di Jimmy era più piccola, ma sempre bellissima, delle altre dei ragazzi, era più normale, piena di poster e disordinata però si vedeva che la curava.Non c'era neanche un filo di polvere su un mobile.
«Mi sento molto meglio.» sorrise.
«Davvero? » le brillarono gli occhi. «Hai messo su qualche chiletto.» gli punzecchiò la pancia.
«Si, ma è colpa delle medicine. Inizia il tour, inizia l’allenamento.»
Ally roteò gli occhi.
«Non fare come Zach ti prego.» scoppiarono a ridere insieme.
«Tell me what you can hear*'.» canticchiò, d'un tratto, a bassa voce Ally vedendo la maglietta del batterista.
Jimmy ridacchiò. «And then tell me what you see.» continuò.
«Everybody has a different way to view the world.» cantarono, o meglio urlarono insieme. James mimò con le mani il suono della batteria, battendo il piede a tempo e la rossa scosse la testa ridendo e mimando, a sua volta, la chitarra.
«I would like you to know.» si alzò il piedi continuando a “suonare” la chitarra.
«Vai, ragazza!» la incoraggiò Rev.
«When you see the simple things!» urlarono.
«To appreciate this life, it's not too late to learn.. yeah!» sfinita si fece cadere sul divano, appoggiando la testa sulla spalla del batterista.
Sentiva il cuore batterle forte; quella canzone la emozionava sempre.
«Hai una bella voce.»
Ally ridacchiò, sprofondando il viso nella sua maglietta.
A fanculo il caldo.
«Brian è venuto a casa oggi.» disse dopo un lungo sospiro. James spalancò gli occhi e subito le passò una birra, stappata in precedenza, accarezzandole il braccio. Uno strappo alle regole ci vuole qualche volta.
«E?» la incoraggio ad andare avanti, bevendone un sorso dalla sua.
«Beh, sono qua viva e vegeta. Ci siamo detto tutto quello che avevamo da dirci. Siamo amici.» con le dita fece delle virgolette.
«Ti ha detto anche che vuole sposarsi Mich?» chiese lasciando che la bottiglia vuota cadesse a terra, nell’impossibilità di arrivare al tavolino.
«Lo sapevi?» alzò lo sguardo verso di lui.
«Allora avevo ragione.» sorrise.
Ally corrugò la fronte non capendo.
«Non me lo ha detto, ho tirato a indovinare. Sai dal matrimonio di Shads, si comportava in maniera strana, ho fatto semplicemente due più due.» Jimmy evitò di dirle della chiacchierata con Zacky. Sicuramente il ragazzo non le aveva accennato niente e lui era uno di parola, perché mai andarlo a spifferare ai quattro venti?
Lui era così; sapeva dare i consigli, ascoltare gli amici e aiutarli, non andava di certo a dire i fatti altrui a tutti come una pettegola.
Non ti lagnar di chi ha divulgato il tuo segreto, ma di te stesso che gliel’hai palesato.
Ally alzò la testa incontrando il suo sguardo e sorrise.
«Cosa ridi?» iniziò a pizzicarle i fianchi.
«Ok, ok, basta, tregua. Ti ammiro.» il ragazzo sorpreso alzò, anzi, tentò di alzare il sopracciglio, serio.
«Certe volte mi domandò se tu sia.. reale. Tu sei in grado di cambiare con un semplice gesto una persona, la studi e con un batter di ciglia riesci a capirla, come uno psicologo con un paziente. Ci conosciamo da quasi un anno e non mi sarei mai avvicinata, come ho fatto con te, ad una persona in questa maniera, capisci? Sembriamo vecchi amici da anni e anni.» si morse il labbro da abitudine quando era e si sentiva in imbarazzo.
Jimmy non disse niente, le diede un bacio sulla testa e la cullò, trasmettendole tanta dolcezza e premura, come un fratello maggiore con la sua sorellina.
Già, Jimmy lo poteva considerare davvero un fratello.










*Korn feat Skrillex- Narcissistic Cannibal.
*'Iron Maiden- Different World. *'' è un sogno che ho fatto io l'altra notte D:


Ed ecco qua il capitolo, in anticipo! Non dico altro perchè qualcuno mi ha minacciato (senza fare nomi) e molte di voi mi hanno messo paura con le recensioni precedenti. D: No, dai vi ringrazio molto :)
CINQUANTUNO recensioni, cioè. Forse vi sembrerà poco ma per me è.. in reale! Non me lo sai mai aspettata.
Insomma, una sorpresa dopo l'altra: un piccolo Sanders in arrivo :D
Ok, smetto perchè voglio andare ad ammirare la neve (abito in un paesino vicino Firenze e nevica raramente, capitemi.) :3
GRAZIE a: 
Vengeance_AS ehi, voglio l'Oscar eh LOL
 Ehm_Momo che mi lascia senza parole ogni volta **
 SilentMoon  mi dai sempre degli ottimi consigli *-*
 VansVengeance  nuova lettrice e.. viva le coincidenze!
 GiuliaVengeance7 ho paura di te AHAH 
AllieSanders arbyrndhtbr ti adoro, LOL :3

Alla prossima :D
G. <3

(si sono una frana, ma come si mettono le immagini? Volevo mettere delle foto dei personaggi e non ci capisco una mazza, preferibilmente da internet e non tramite il computer, se qualcuno me lo dice lo amerò per sempre **)

 

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Capitolo 18
*** Chapter 18. ***


(Avvertimento: non è l'ultimo capitolo.)




Standing on the hill in my mountain of dreams, telling myself is not as hard as it seems.








«Voi andate avanti, io vi raggiungerò.» gridò tra un respiro e l’altro, piegandosi in avanti fino a far toccare la testa alle ginocchia e facendo segno di proseguire.
«Sei già stanca?»  Zacky si voltò a guardarla, poco distante da lei, continuando a correre e saltellare sul posto; stavano correndo lungo le strade di Huntington da circa due ore e il ragazzo era leggermente sudato sulla maglietta aderente bianca, che gli risaltava tra l’altro la pancia. Come era possibile? Mangiava come un pozzo senza fondo, stava seduto per ore e ore davanti alla televisione, o a giocare o a comporre canzoni e non era stanco, nemmeno un pò.
Johnny le fu davanti passandole una bottiglietta di acqua.
«Non ti lasciamo qua e poi non corriamo da così tanto.» continuando ad ansimare alzò di poco il viso verso di lui, chiudendo un occhio per il sole alle sue spalle.
«Non corriamo da così tanto, John? Sono due fottute ore e 27 fottuti minuti che corriamo senza sosta e voi siete freschi come rose..» diede un’occhiata al suo orologio e con una mano sul collo sentì i battiti veloci del cuore rimbombarle persino nelle orecchie.
«Certo che siamo stanchi, non siamo mica macchine, siamo soltanto abituati. Lo facciamo sempre prima di ogni tour.» disse tranquillamente. Ally lo fulminò e si trascinò fino al marciapiede, finendo tutta la bottiglietta in un colpo solo come un bimbo che ciucciava dal biberon.
Inspira, espira, inspira, espira.
«Ally, stai bene?» Zacky smise si saltellare, visibilmente preoccupato.
«Sì, voi continuate. Vi prego andate.. tranquilli!» allungò le braccia insieme alle gambe, distendendosi poi sul marciapiede fregandosene altamente di eventuali gomme, cicche, cacche o altro appiccicate al suolo.
Johnny annuì sconsolato.
«Ti scongiuro puoi andare, finisci la corsa e io sarò qui. Ho il cellulare e se mi sentirò meglio vi raggiungerò.» sospirò leggermente e tornò a sedersi, guardando il ragazzo di fronte a lei.
«Non sono molto convinto, ma ok. A dopo, amore.» le diede un bacio sulla testa e raggiunse Johnny, fino a quando la loro voce e la loro figura si faceva sempre più piccola.
Perché ho accettato?
Sentiva il cuore batterle ancora e i muscoli doloranti e pesanti punzecchiarle ovunque.
Perfetto, domani mattina non mi alzerò dal letto.
Guardò la strada intorno a lei prendere vita. Il sole batteva già forte nel cielo limpido, leggermente spento da una nebbiolina lieve e le foglie degli alberi iniziavano già a prendere il colore classico dell’autunno. Un soffiò di vento fece smuovere le foglie secche nei giardini creando una sorta di brusio, accompagnato dalle macchine in lontananza, e raffreddando la pelle bollente della ragazza.
Provò a muovere e piegare una gamba ma sentì i muscoli bruciarle e si arrestò subito. Aveva corso per dei miseri chilometri e il suo corpo la stava ripagando di quell’immane sforzo, ricordandole di non tentare mai più. Non le era mai piaciuto il suo corpo. Si poteva definire magra, aveva una terza scarsa, le gambe storte e la pancia aveva il gonfiore tipico di chi beveva molto. Non aveva un briciolo di muscoli e quelli che aveva erano molli e decadenti, dimenticati e trascurati. Era totalmente morta quando aveva visto la sua migliore amica in costume, insieme al resto dei ragazzi, durante un pomeriggio al mare e sconvolta dal fatto che avesse la pancia e le gambe toniche anche se non faceva alcun tipo di attività fisica. Beh, fino a quando non era rimasta incinta, ovvio.
Nel pensare a ciò, si portò una mano sullo stomaco, il quale emise un piccolo rumore.
Ho fame, merda.
Infilò una mano nella tasca della sua tuta grigia e ne tirò fuori il cellulare.


From Ally To Vee h11.25
Io me la svigno a casa.

From Vee To Ally h11.26
Di già? Se ti abbiamo lasciato indietro dieci minuti fa.

From Ally To Vee h11.26
Come te lo devo dire che io e lo sport siamo due cose completamente opposte?

From Vee To Ally h11.27
Lasciamo perdere, se vuoi torniamo indietro. Johnny è stanco.

From Ally To Vee h11.28
No no, tu ne hai bisogno tesoro! Io passo dal parco e torno a casa. <3

From Vee To Ally h11.28
Non dico altro -.-


Huntington Beach era meravigliosa. Aveva tutto quello di cui avevi bisogno; mare, spiagge, negozi di ogni tipo e un grande, bellissimo parco. L’aria autunnale aveva dipinto tutto con toni caldi dell’orca, caramello e rosso acceso, le foglie sotto ai piedi si sgretolavano creando dei vortici in aria, trasportate dal vento, come una dolce danza. Tutto appariva come una lunga e infinita distesa gialla dalla quale compariva qualche erbetta e cespuglio verde. Era magico, quasi fuori posto.
Si sedette su una panchina e guardò l’orologio; anche se aveva detto a Zach che voleva tornare a casa, non ne aveva proprio voglia, aveva visto quel parco così calmo e non lo voleva abbandonare subito. Avvertiva una sorta di pesantezza sul petto e sapeva bene che si trattava solo di stanchezza. Non stanchezza per la corsa, stava meglio, ma per le uscite nell’ultima settimana tutte intorno alle due.
Si stiracchiò e chiuse gli occhi, lasciandosi andare nuovamente alla brezza leggera e al suono della natura.
Desiderato, bello, tranquillo, calm..
«Scusa, posso sedermi?»..o silenzio.
Aprì un occhio per vedere chi fosse l’essere che aveva interrotto il suo momento di tranquillità e quasi non spalancò la bocca.
«Posso allora?» continuò lui sorridendole e incrociando i suoi grandi occhi azzurri con quelli di Ally. All’apparenza sembrava una sorta di angelo; i capelli biondi, lisci, gli incorniciavano il viso bianco latte, coperti da un cappello nero della Monster e due piccole e rosee labbra si aprivano in un grande sorriso, mostrando i denti bianchi e lo smiley nero.
«Si..» la gola le pizzicava e uscì un ‘si’ roco.
Osservò il ragazzo sorridere e sederle accanto, tenendo tra le mani un cellulare e un paio di cuffie. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, non poteva essere in reale, non aveva un difetto esteriore. Era rimasta colpita dalla sua aria così misteriosa e innocente, non provava sicuramente attrazione o amore verso di lui ma era.. bello da guardare.
Ad un tratto si trovò una mano davanti agli occhi.
«Che sbadato, piacere Brad.» guardò prima la lunga mano coperta da dei guanti senza dita e sorrise, stringendola a sua volta.
«Allyson.» rispose.
«Tu non sei di qua.» la scrutò e quasi arrossì.
«Sono italiana.» il ragazzo allargò la bocca in un sorriso abbagliante.
«Italiana? Io sono stato un mese in Italia, che meraviglia.» un piccione arrivò proprio davanti a loro, guardandoli piegando più volte la testa e fu in quel momento che Brad tirò fuori un piccolo fazzoletto dal taschino e iniziò a lanciarli dei pezzetti di pane.
«Come hai fatto a capirlo?» chiese spostando lo sguardo su di lui.
«Conosco quasi tutti e non ti ho mai visto.»
Altri piccioni si unirono al loro ‘amico’.
«Beh, quasi, quindi potevo essere tranquillamente anche di qua.» puntualizzò, scocchiando la lingua al suo solito.
Il ragazzo smise di lanciare pezzettini a terra e i piccioni, finito di mangiare le ultime briciole, volarono via.
«Non hai una faccia di qui.» troncò lui, prendendo poi il cellulare tra le mani.
Ally corrugò la fronte unendo le labbra pronte a far uscire un suono che però bloccò sul nascere. Quel ragazzo le faceva paura, era strano. Di solito lei non era una che socializzava molto, non lo era mai stata. Fin dall’elementari tutto quello a cui pensava era fissare gli altri bimbi giocare e correre ovunque senza mai avvicinarsi. Li guardava da un’angolino della scuola, più volte il suo rifugio, anche se le maestre la invogliavano ad unirsi ai suoi compagni rispondendo però ogni volta con un piccolo no. Poi tutto cambiò alle superiori con l’arrivo di Elisa e dei suoi capelli stravaganti. All’inizio era intimorita da quella strana ragazza silenziosa con i vestiti strani e piercing ovunque e ciò che la fece incuriosire di lei furono i suoi disegni, magliette e cd che portava sempre a scuola. La seconda settimana di scuola si ritrovò seduta accanto a lei mentre parlavano dell’ultimo album dei Guns n’ Roses e dello stupendo colore di capelli della rossa.
Sobbalzò nel sentire la coscia e la tasca vibrarle all’improvviso.
«Pronto?» rispose senza guardare il display.
«Oddio sei viva. Dove sei? Non dovevi tornare a casa?»
Merda.
«Sono al parco, scusami. Siete già tornati?» si morse un labbro.
«Sì, proprio adesso e quasi mi è preso un attacco di cuore. Mi hai mandato il messaggio più di mezz’ora fa.»
Sospirò. «Scusami, amore. Ho perso la cognizione del tempo.»
Mezz’ora?!
«Tranquilla sottospecie di donna.» ridacchiò.
«Idiota, arrivo subito, ok?» con la coda dell’occhio vide il ragazzo fissarla.
«Sì, perché devo, anzi, dobbiamo farci la doccia.» disse maliziosamente.
«Arrivo!» rise e chiuse la chiamata.
«Devi andare?»
Lo fissò con un sopracciglio alzato annuendo; stava per dirlo lei.
«Fa niente. Bella chiacchierata comunque, ciao Allyson.» Brad si alzò di scatto, sorridendo e salutandola con la mano per poi correre via tra gli alberi.
Ma che gente c’è a giro?

 






«Che cazzo..» Johnny abbassò la testa, schivando un oggetto non identificato rosso volare a cerchio nella sua direzione ed emettendo uno strano rumore, che finì ai suoi piedi rivelandosi semplicemente un palloncino, sul quale spiccava un “happy birthday” bianco.
«Scusa John, ma questi cosi scivolano dalle mani.» Elisa tentò di piegarsi verso il palloncini sebbene la pancia, già grossa, non glielo permettesse.
«Stai ferma, non devi affaticarti.» più veloce di lei lo raccolse e glielo porse.
«Grazie, ma avete rotto i coglioni.»
Johnny spalancò gli occhi.
«Non posso fare un cazzo di niente. Ho capito che sono incinta però è il compleanno di Ally e voglio, devo, contribuire.» continuò mettendosi a sedere lentamente e fissando gli striscioni azzurri sparsi per la stanza, insieme ai palloncini di tutti i colori con gli smiley stampati sopra; banale ma d’effetto.
Come Ally.
«Oh avanti, hai contribuito. Questi palloncini non si sarebbero mai gonfiati da soli, lo sai questo?» tentò di sollevarla ma come ogni donna incinta in piena regola e aggiungiamoci il carattere già alterato della ragazza, quello che invece riuscì ad ottenere è un’occhiataccia da paura.
Johnny porse i palmi in avanti in segno di difesa.
«Tesoro non picchiare il nano.» urlò Matt dal fondo della stanza, piegato sulle ginocchia accanto alla postazione della musica. Jimmy rise, aggiustando gli ultimi fili e accendendo le luci ipnotiche. Dei raggi verdi colpirono le pareti, formando diverse figure mentre altre di vari colori davano alla stanza un aspetto più.. arcobalenoso.
«Fottiti Shads.»
«Ehi, teste di cazzo buongiorno.» uno Zacky sorridente e con gli occhi che gli brillavano entrò nella stanza, portando a fatica un grande scatolone con su scritto “fragile” a caratteri cubitali.
«E se il buongiorno si vede dal mattino, siamo messi male.» borbottò Eli cercando di guardare, per quello che poteva, all’interno di quella scatola che le stava suscitando curiosità.
«Dov’eri finito?»
«Ero andato a compare questo.» tenendo con un mano e in bilico la scatola con l’altra la indicò, sorridente.
«Cos’è?» chiesero gli altri due in coro.
«Un gira dischi.» rispose poggiandolo a terra.
«Un gira dischi?»
Zacky fissò i palloncini inermi a terra formare una macchia di colore differente, con varie sfumature che riflettevano nei dischi appesi al soffitto contro le pareti, insieme alle luci.
Sorrise soddisfatto.
«Ragaz.. oh mio santissimo dio.» a sentire quella voce James battè la testa contro la luce, Matt si bruciò un dito con un filo, e Johnny, Elisa e Zacky sbiancarono. Si voltarono tutti a guardarla, ferma immobile sulla porta, in una mano la busta della spesa, scusa per farla uscire di casa, la bocca e gli occhi spalancati a catturare ogni minimo particolare.
«Merda!» urlò il bassista.
«Che ci fai qua? Non dovevi essere a fare la spesa?» sibilò Zacky.
«Infatti. Sono tornata e ti ho visto scendere dalla macchina con quella scatola..» indicò l’oggetto. «.. e mi sono incuriosita, così ti ho seguito. E’ una festa a sorpresa? Per me?» gli occhi verdi le brillavano.
«Era una festa a sorpresa.. beh, sorpresa!» gridarono insieme.
Allyson gli abbracciò uno per uno con le lacrime agli occhi e ringraziandoli infinitamente guardava la sua nuova famiglia.
«Dio Eli, sei..»
«..incinta?» rise e l’abbracciò, stringendola e stando attenta a non toccare la pancia. Le faceva terribilmente effetto sapere che all’interno di quel “rigonfiamento” c’era un bimbo in carne ed ossa; il bimbo di Elisa e Matt. Era una cosa magica vedere anche come un semplice bimbo potesse cambiare le cose. Era meravigliata quando le raccontava di sentire il bimbo, o bimba, muoversi all’interno della sua pancia, di quando sente il suo cuoricino battere o dell’incredibile legame che sente con quella creaturina.

«Oh, avanti toccala.» la incitò.
«No, mi fa strano.» corrugò la fronte fissando il pancione.
«Ally, cazzo, andiamo è una fottuta pancia!» sbraitò, sventolando le mani in aria.
«Okok. Dio da quando sei incinta sei il diavolo in persona.» allungò lentamente la pancia, finchè non sentì morbido e ad un tratto un piccolo calcio, leggero ma lo avvertì lo stesso.
«Oddio ha scalciato, oddio! Ehi, ehi tu, sono tua zia Ally. Quando sarai grande ti insegnerò tante cose e diventerai bello-trattino-bella come tua madre e me.» le urlò come una bambina piccola e con un grande sorriso sulla faccia.

«Ally?» si riprese dal suo momento di trans e alzò lo sguardo verso quello color ghiaccio del ragazzo.
«Scusami, dimmi.»
«So che devo aspettare come gli altri ma non ce la faccio più. Ti devo dare il mio regalo.»
«Un regalo? Sei scemo? Non voglio niente, lo sai.» alzò un sopracciglio, seria.
«Troppo tardi.» sorrise poi frugò all’interno della tasca dei pantaloni neri, stracciati e rotti ai ginocchi, per tirarne fuori una piccola cassettina.
«E questa?» prese l’oggetto tra le mani e lo scrutò attentamente.
«Sono quelle cassette che ci sono nella segreteria telefonica.» le disse torturandosi il labbro inferiore e aggiustando continuamente gli occhiali sulla punta del naso.
«Però lo devi ascoltare soltanto quando te lo sentirai realmente, ok?» continuò.
«Solo quando me lo sentirò realmente?» corrugò la fronte non capendo.
«Sì, ehi c’è la torta e devi vedere ancora il gira dischi di Zacky.» spalancò gli occhi tappandosi velocemente la bocca.
«Farò una faccia sorpresa, tranquillo.» scoppiarono a ridere, accompagnati nel sottofondo dalla classica “happy birthday”.







«Tu sei un figlio di puttana, anzi povera donna che non ha fatto niente di male per avere un cazzone come te.»
«Zacky..» tentò Johnny.
«Zacky un par di palle.» grignò, senza togliere lo sguardo severo dalla figura seduta davanti a lui.
«Oh avanti Baker. Che ho detto di male? Dovresti essere felice.» Brian incrociò le braccia sorridendo.
«Ero felice fino a due minuti fa.» strinse i pugni.
«Non me la sono mica fatta eh.» alzò le spalle, dondolandosi con la sedia e tenendo un piede appoggiato alla gamba del tavolo.
«Haner, finiscila o è la volta buona che ripiego la tua chitarra nel buco del tuo culo.» si avvicinò sempre di più, finchè il tavolo non lo bloccò.
«Ora non posso neanche parlare con la mia ex?» alzò un sopracciglio.
Tic,tic,tic.
Un piccolo suono partì all’interno della mente di Zackary. Cos’era? Si guardò intorno, ma niente, non c’erano orologi appesi alle pareti color giallo canarino o cellulari che suonavano. Eppure era un suono continuo, come se andasse a tempo.
«E poi Zacky mi sposo! Ripeto:che ho detto di male?.» occhi contro occhi.
«Provi ancora qualcosa per lei e glielo hai detto, non è così?.» fece una smorfia.
Tic, tic, tic.
Sentiva il sangue ribollire e la pelle bruciare.
Dopo un paio di minuti rispose, serio in volto. «Si, è vero e non posso non dire che l’amo, che vorrei essere al tuo posto, che sono geloso marcio e che.. la sento soltanto mia.» abbassò lo sguardo.
Tic, tic, tic tic tic.
Il suono era sempre più veloce finchè non successe: qualcosa esplose. Un boato incredibile, doloroso, odioso, noioso, irritante. Come una piccola bomba nascosta e sotterrata, di cui non sai neanche l’esistenza, che all’improvviso esplode, senza un avvertimento, senza un perché e ti lascia stordito. Zacky sentiva quella piccola,all’apparenza, ma potente bomba all’interno del suo corpo sconvolgerlo e lasciarlo in preda a dei brividi. Gli occhi sbarrati, il respiro bloccato, le ciglia che si chiudevano lentamente, le gambe molli, il sangue ghiacciato e una forza accecante crescere dal profondo.
Johnny e Jimmy si guardarono, mentre Matt, serio, scrutava prima uno poi l’altro, pronto a scattare nei peggiori dei casi.
Le iridi verdi di Zacky catturavano senza sosta ogni particolare del suo migliore amico, quel ragazzo di cui conosceva ogni particolare, segreto, fatto, episodio, tutto e che in quel momento vedeva come lontano. Non rivedeva il solito ragazzo di sempre, pronto a farsi anche una scopa,che non si innamora mai, con una bottiglia costantemente in mano, un fratello e per cui darebbe anche l’anima. No, al suo posto c’era un pezzo di marmo freddo e indifferente.
«Cristo, Zach no!»
Un urlo.
Come un’animale, il chitarrista salì sul tavolo e si lanciò su Brian facendolo cadere a terra con la sedia. Brian spinse Zacky e rotolarono insieme a lato, invertendo le posizioni, finendo ai piedi di Jimmy che si avventò su entrambi nel tentativo di spostarli. Anche Johnny lo aiutò alzando, per quello che poteva, Zacky che scalciava e tirava pugni nello stomaco e sulla faccia dell’amico che si stava riempiendo di sangue. Però Brian riuscì a scivolare via dalla presa, possente, del cantante e si fiondò sul ragazzo, spingendolo sul tavolo.
«Teste di cazzo!» urlò all’improvviso James avventandosi sul moro.
«Questi si uccidono!» disperato Matt tirò per la maglietta Zacky, cingendogli le spalle con le braccia, in modo da non farlo muovere.
«Lasciami Sanders, io questo coglione lo massacro.» sputò, insieme alle parole acide, un po’ di sangue.
Jimmy, insieme a Johnny, teneva fermo l’altro chitarrista dallo sguardo serio e assente.
«Baker, picchi ancora come una cazzo di femminuccia.» sorrise.
Zacky strinse i pugni, urlando e, tirando al cantante una gomitata nello stomaco, corse nuovamente sul ragazzo e li rifilò un pugno in pieno volto.
«Muori bastardo.» grignò.
Brian, a terra, poggiò una mano sulla guancia e sentendo il dolore dilagare su tutta la faccia,s offerente, rispose con un calcio in pieno stomaco.
«Cazzo.» urlarono in coro gli altri.
Zacky cadde a terra in un tonfo secco e gli occhi rivolti al soffitto bianco, che diventava man mano offuscato.
«Che cazzo succede qui? Zacky.» Allyson spalancò la porta e corse verso il suo ragazzo, disteso immobile a terra. Alzò il viso verso Brian, seduto poco distante da loro e con lo sguardo spento, stringendo i pugni e trattenendo le lacrime.
«Tu sei un fottutissimo bastardo. Che cazzo ti è preso, eh Haner? Basta, hai capito? Basta! Te ne rendi conto? Stavi picchiando uno dei tuoi migliori amici. Cos’è? E’ sempre per quella storia? Sono cavoli tuoi, se non mi tradivi con quella sgualdrinella da quattro soldi non saresti arrivato a questo punto. Fai soltanto pena. Ma sai cosa? E’ meglio così, non mi sarei mai accorta di quanto fossi egocentrico, un vero e proprio bambino viziato, narcisista e cretino. Non mi sarei mai resa conto che in realtà non ti amavo. Tu hai la tua fottuta vita e io ho la mia fottuta vita. Non c’è più un noi. Dopo questo sei morto per me.» si girò con le lacrime che ormai le cadevano pesati sulle guance e si assicurò che Zacky stesse bene.
Se un uomo cerca la propria felicità a danno di qualcun altro allora ciò che troverà non sarà la felicità, ma solo il suo arido egoismo.






«Non puoi dire seriamente. Ti prego Allyson, è stato solo un momentaccio.»
«Un momentaccio? Zach hai un livido grosso come una città sotto l’occhio, un polso fasciato, graffi sullo stomaco e altri lividi, ti pare poco? Non ti sto lasciando, sto tornando a casa mia solo per qualche settimana.» aprì il secondo cassetto color caramello e ne trasse fuori i suoi maglioni più pesanti, scegliendo i migliori.
«Io rischio di impazzire, Allyson.» mugolò.
Delineò il suo norme per bene, fermandosi sulle ultime sillabe come era suo solito fare quando era arrabbiato o aveva commesso qualcosa di sbagliato.
«Zach,.» sospirò lasciando il maglione all’interno della piccola valigia azzurra e si voltò verso di lui. Era seduto sul puffo nero, consumato, vicino alla porta, con la schiena appoggiata alla parete bianca ricoperta di poster. Sotto il suo occhio destro compariva un piccolo rigonfiamento violaceo, mentre un piccolo taglio divideva il labbro inferiore vicino a uno dei piercing  estava cominciando nuovamente a sanguinare, i capelli erano tenuti fermi da una fasciatura bianca che ricopriva anche il polso destro. «.. io ti amo, lo sai. Farei di tutto per te e sai che la mia vita è totalmente cambiata da quando ho capito che tu eri e sei l’uomo di cui mi sono realmente innamorata, l’unico. Però per colpa mia, e non dire di no o il tuo livido avrà un compagno, hai fatto a cazzotti con il tuo migliore amico rischiando quasi di lasciarci le penne. Non voglio che litighiate e rischiate di lasciarvi per colpa mia.»
«Ma non sono niente questi graffi, non è la prima volta che ci pestiamo e non sarà l’ultima. Mi sono conciato in maniere peggiori e Brian..» abbassò la testa stringendo i pugni. «..rimane mio fratello. Ti ha usato come un oggetto e non me lo scorderò facilmente.»
«Avete parlato?» tirò fuori una sigaretta dal suo pacchetto e l’accese, notando che sul comodino era rimasta la cassetta di Jimmy.
Chissà che c’è là dentro.
«Sì. Si è scusato più volte e ciò che gli hai detto gli è servito. Vuole sposare veramente Michelle e vuole veramente dimenticarsi di questa faccenda. Anche se mi ha fatto, ci.. ti ha fatto del “male” non posso odiarlo. E’ più forte di me, dannazione.» si massaggiò la fronte.
Ally si avvicinò, abbracciandolo. «Lo so, lo capisco. Ci ho parlato anche io. Non saremo come prima, neanche amici.. conoscenti, ma tu non devi odiarlo, assolutamente.» lo guardò negli occhi e si calmò.
«Come faccio senza di te?» i suoi occhi avevano un velo di tristezza e non erano di quel bellissimo colore di sempre.
«Sto via per poco, finchè le acque non si calmeranno per bene. Non vedo i miei genitori da mesi ormai e mi mancano terribilmente. Però, ripeto, non ti sto lasciando e non è una pausa o minchiate del genere, ok?» con la punta delle dita tirò su gli angoli della bocca del ragazzo, stando attenta a non provocargli dolore.
«Ok.» sorrise avvolgendola in uno di quei tanto amati abbracci, uno di quegli abbracci che dicono ed esprimo più di mille parole messe insieme, uno di quegli abbracci che esprimo tanta dolcezza e che vorremmo che fossero eterni.




 
 
 
 
 
 
Nel mondo ci sono circa sei miliardi di persone che vivono su vari pezzetti di terra. Ognuna di queste vive ed è diversa dall’altra, nei modi di fare, nel carattere e anche nell’aspetto fisico, però tutte dipendono da una cosa sola: il tempo.
Il tempo è la dimensione in cui si concepisce il trascorrere degli eventi.
Il tempo c’è sempre stato, sempre ci sarà e vive e cresce con noi, anche se non passa per tutti nella stessa maniera, più veloce o più lento, ma fondamentalmente è uguale. Senza di esso, forse, la vita non si sarebbe mai sviluppata e quindi niente che vediamo oggi ci sarebbe stato.
Il tempo è quella cosa che si misura con l’orologio.
Nessuno è in grado di dire con esattezza cosa sia realmente, soltanto che insieme allo spazio è la quarta dimensione dell’universo. Forse è uno strumento che l’uomo usa per scandire i cambiamenti che avvengono nella vita quotidiana e che fin dalla nascita comincia a contare i secondi che ci restano da vivere.
Il tempo è prezioso, eppure non ci costa nulla, puoi fartene quello che vuoi tranne possederlo, puoi trascorrerlo ma non conservarlo e una volta perduto non puoi recuperarlo, poiché se n’è andato per sempre.
Esso è fugace e non va sprecato, ovvero va vissuto in pieno ogni secondo e ci incita come un promemoria.
Però il tempo può fermarsi.
Tutto quello che ruota intorno a te è più lento, scuro, triste, senza vita e tu senti un grande peso sul cuore, le ciglia si chiudono piano e tutto è ovattato, lontano.
«Non può essere.. ditemi che è un fottuto scherzo.» lasciò che il telefono cadesse sulle fredde mattonelle.
Certe volte vorresti soltanto essere in grado di controllare i tuoi sensi. Poter smette di sentire, per un minuto, tutto ciò che accade intorno a te e di non poter far entrare nel tuo cervello dei suoni, chiamati parole, che riescono in un attimo a sconvolgere il tuo essere. Oppure essere in grado di cancellare dal tuo computer interno tutte le cose più brutte, sostituirle e lasciare quelle belle. Però non possiamo, non possiamo far tutto ciò e per questo arriviamo a odiare. Odiamo tutto, una rabbia improvvisa e incontrollabile ha origine dallo stomaco e si allarga, come un veleno mortale, per tutto il corpo e ti consuma lentamente dall'interno, lasciandoti inerme e privo di forze. Quello faceva più male di uno schiaffo dato in pieno volto con forza, di un morso, di una delusione, di un brutto ricordo, di un dolore fisico, talmente era grande il dolore, talmente non riesci a far entrare aria nei polmoni o a pensare. Sei lì immobile, con lo sguardo perso, la mente spenta, il corpo scosso da spasmi involontari e preghi qualcuno lassù, speri, che sia tutto un brutto sogno causato da un film visto il giorno precedente. Sapete quando vedi quei film e pensi che sia una cosa in reale, una cosa che sicuramente non può succedere a te, una cosa lontana anni luce e impossibile, immaginabile. Se succede, invece, ti chiedi perchè sia proprio successo a te, pensi a cosa potrebbe aver fatto scatenare le ire dei potenti su in cielo, un'azione sbagliata, un comportamento errato, ci pensi e ti pare sempre più un pensiero in reale, che si affievolisce piano piano e ti chiedi anche se fosse accaduto realmente. Ma poi vieni riportato al presente, tirato via per un braccio dalla tranquillità verso un momento fatto soltanto di disperazione e sofferenza. E solo in quell'istante tutto ti crolla addosso, doloroso e pesante come un muro, da non lasciarti il tempo di capire, in un batter di ciglia la tua vita quotidiana ti sembra un ricordo ormai lontano. Poi ti sale un dubbio insieme all'odio. Perchè? Perchè viviamo, amiamo, soffriamo e poi moriamo? Dobbiamo combattere ogni giorno una battaglia diversa per poi vedere tutto all'improvviso finire. Perchè siamo nati? Perchè proviamo così tante emozioni? Perchè la vita ci porta via sempre le persone giuste, sincere..essenziali?
Dio, a questo mondo ci sono persone pronte a farla finita in ogni istante, perchè proprio lui che la vita l'amava?








Sono pronta per essere linciata viva.
Sono tornata da poco da Barcellona e sono riuscita soltanto adesso a pubblicare, chiedo venia! (sono successe altre cose ma non voglio annoiarvi con i miei problemi sentimentali D:)
Se prima di idee ce n'erano davvero poche, questo da conferma che il mio cervello non ne ha più (?) In questo capitolo, diciamo, sono scritti soprattutto i dialoghi e ci sono poche descrizioni, e quelle che ci sono non sono un gran che. E so che da questo momento verrò odiata da molta gente per aver scritto di Jimmy, scusate. Praticamente e' tutto un insieme di vari episodi fino alla sua morte. ç___ç
Beh.. non è la fine, manca poco però. (fate bene ad odiarmi v_v) Il prossimo sarà più lungo, spero
Grazie davvero a quegli angeli che recensiscono e a quelle povere anime che la leggono.
GRAZIE. <3

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Capitolo 19
*** Chapter 19. ***


And how I miss someone to hold when hope begins to fade.








Un singhiozzo.
Un ennesimo, infinito e doloroso singhiozzo.
Da quanto era in bagno e soprattutto distesa nella vasca? L’unica cosa che riusciva a vedere era il soffitto bianco colpito da una leggera luce proveniente dalla piccola lampada vicino allo specchio. Le gambe erano piegate immobili, un braccio sporgeva sul vuoto, appoggiato al bordo, lo sguardo e la mente completamente vuote, sentiva i muscoli indolenziti e le guance umide e appiccicose.
Dei brividi partirono al centro dello stomaco e il piccolo oggetto si mosse piano. Spostò lo sguardo su di lui e vide cinque lettere sullo schermo stringerle ancora di più il cuore in una morsa che non le lasciava scampo; no, non avrebbe risposto.
All’inizio pensava che fosse soltanto uno stupido scherzo o una ripicca per essersene andata da parte dei ragazzi, ma quando Matt era scoppiato a piangere aveva capito che era tutto fottutamente vero. Sentiva quelle parole rimbombarle incessantemente come una canzoncina odiosa, la quale non sai da dove è partita e ti rimane in testa per molto, purtroppo.
Ally, è successo una cosa stanotte. Non so come dirtelo, non ci riesco. Jimmy.. Vedi, Jimmy.. il suo cuore ha smesso di battere stanotte. I-io.. merda! Non era riuscita ad ascoltarlo ancora, era rimasta ferma, impetrita, con il telefono rotto in migliaia di pezzettini sul pavimento, le lacrime scorrerle sul viso e lo stomaco chiuso in un nodo.
Come poteva essere vero? Come?
James non poteva essere morto, no.
Di scatto, come un automa, si alzò; non le importava se le gambe dolevano, quel tipo di dolore non era niente in confronto all’urlo straziante del suo cuore. Nella stanza, come nel resto della casa, il silenzio regnava, interrotto dai suoi passi lenti, rimasta in disordine e arrivata di fronte al suo portagioie bianco e nero, lo aprì e la tirò fuori.
Ehi nana, ciao! Appena udì quella voce si girò, stringendo le gambe al petto e poggiandoci il mento.
Oggi è il tuo compleanno, o meglio lo era, non so quando tu la stia ascoltando, che giorno, che mese, che anno ma questo messaggio è per te. Diciamo che mi vergognavo a cantarla di fronte a te. Si, è una canzone che conosciamo soltanto io e Matt. L’ho scritta pensando a te soprattutto, e agli altri naturalmente. L’ho scritta per dirti che sei una persona molto fondamentale nella mia vita, mi hai aiutato, mi sei stata vicino quando stavo male e mi hai salvato più volte. A quest’ora ero seduto una sedia d’ospedale come un anziano decrepito se non mi avresti aiutato insieme agli altri.
Quindi grazie e buon compleanno.
La sua voce, quella voce che le aveva sussurrato e detto parole semplici e importanti, quella voce che oramai poteva udire soltanto con quell’apparecchio.
Dopo qualche secondo partì una melodia: era un piano, veloce, malinconico, suo.
Now I think, I understand
how this world can overcome a man.
Like a friend we saw it through
and I gave my life for you.

La voce di Matt echeggiava in tutta la stanza, limpida, accompagnata, in sottofondo, ma udibile, da quella del suo Jimmy.
Gave you all I had to give,
found a place for me to rest my head.
Rabbrividì.
While I maybe hard to find
Heard there’s a place just on the other side.
Gli occhi le bruciavano.
Not that I could
Un battito.
Or that I would
Un secondo.
Let it burn.
Un terzo.
Under my skin, let it burn.
La stava divorando, si sentiva bruciare ovunque, un fuoco appiccato da una punizione divina, come Prometeo che fu incatenato ad una roccia con un’aquila che gli divorava di giorno il fegato, quella canzone la stava lasciando a incredibili sofferenze.Sentiva la pelle bruciare e lei non trovava l'acqua necessaria a spengere quel mostro "vivo" che le arrivò fino al cuore, facendola stringere i denti.
La morte non l’aveva mai “toccata”, non l’aveva mai affrontata, era stata fortunata e ne aveva sentito parlare nei film o dai suoi amici, senza considerarla. E’ proprio vero: la morte è un concetto che riesci a capire soltanto quando lo provi: Eccome se lo provava.
Si alzò subito da letto prendendo la prima cosa a portata di mano, ovvero la lampada bianca e azzurra con dei disegni tribali sopra e la lanciò con tutta la forza che possedeva contro il muro di fronte a lei, urlando a piena voce e con la rabbia che aveva repressa e chiusa in quel corpo da tempo, poi cadde sfinita sui pezzettini di ceramica graffiandosi le ginocchia.
I hope your find your own way when I’m not with you tonight
I hope it’s worth it’s what’s left behind me
I know you’ll find your own way when I’m not with you tonight.
E tu l’hai trovata Jim?





 
 
 
«Allyson.»
«Ti prego Ally, svegliati.» una voce stanca e rotta dalle lacrime.
La ragazza aprì piano gli occhi rossi e doloranti, stropicciandoli un po’.
«Tesoro.» davanti a se vide il viso del suo ragazzo; era bianchissimo, due grosse palle da tennis al posto degli occhi e l’aria tanto, tanto stanca.
«Cosa ci fai qua?» la voce era roca.
..tu dovresti essere in California, accanto a Jimmy.
Spostando lo sguardo vide che, alle spalle del ragazzo, c’erano gli altri, tutti.
Ognuno aveva lo sguardo puntato su di lei, la mascella contratta in preoccupazione, gli occhi rossi, le braccia lungo il corpo e tutti con un miliardo di domande in testa.
«Siamo partiti stamattina, tu non rispondi al cellulare da giorni.»
Giorni?
Girò la testa dolente verso la sveglia sul comodino che segnava le 16.48 del 30 dicembre 2009.
Aveva dormito per due giorni interi?
Aveva visto Zacky girarsi verso gli altri, muovere piano la testa, forse in un cenno, e con un lungo sospiro i ragazzi uscire lentamente dalla stanza per lasciarli da soli, dopo settimane e settimane. Tentò di tirarsi su con le braccia per mettersi in una posizione più comoda, ma un dolore lancinante le parti dai palmi e alle gambe, facendola mugolare e con grande sorpresa vide dei cerotti e bende cosparsi su tutto il corpo.
Il cuore le martellava nel cervello e la consapevolezza di, tra un momento e l’altro, dover parlare di quello che era accaduto, le metteva una strana soggezione addosso.
«Ally, che ti è successo?» era ancora di spalle.
Si morse il labbro, arrotolando una lunga, annodata, ciocca rossa tra le dita.
«Se pensi che abbia cercato di uccidermi ti sbagli. Tu sai vero cosa c’è dentro quella.» non osava dire altro e cercava di trattenere le lacrime al ricordo di ciò che aveva sentito.
«Sì, l’ho sentita stamattina. Matt ha detto che Jimmy gli aveva chiesto di tenersela per se e che ce l’avrebbe detto lui.. in un momento migliore.» sospirò, girandosi verso di lei.
Ally scosse la testa, cercando con tutte le forze possibili di guardarlo negli occhi.
«Cosa ne pensi?» gli chiese, fissandolo spostarsi poi accanto a lei e appoggiare la testa contro il muro.
«Che e’ fottutamente perfetta.» un piccolo sorriso gli comparve sul volto.
«Ti ricordi quando mi baciasti?» continuò attirando l’attenzione di Ally, dopo minuti di silenzio, e facendola voltare verso di lui mentre fissava una foto appesa al muro.
«La mattina dopo, alle 7 per precisione, ero davanti casa di Jimmy, in pigiama, dopo una notte passata tra sorrisi e seghe mentali a raccontargli tutto quello che avevo provato. Oppure quando tu stavi ancora con Brian ed eri rimasta a dormire a casa mia. La mattina dopo fui così contento di vederti vicino a me che chiamai James e ci stetti un’ora al telefono. Quello che voglio dire è che se non ci fosse stato lui, io sarei ancora ad immaginarti nuda disteso sul mio letto da solo e per questo io non ti lascerò.»
Ally fece per parlare ma le posò la mano, fredda, sul braccio per fermarla.
«Me l’ha detto Elisa. Come puoi pensare che ti possa lasciare? Io ho bisogno di te proprio in questo momento, Allyson. Mi sento perso, confuso, incazzato, triste e depresso. Non posso credere che Jimmy non ci sia più. E’ come un cazzo di secchio pieno d’acqua gelata dopo una mattina di neve, lanciato dritto in faccia. E’ Jimmy che mi ha salvato alle superiori dai bulli, è Jimmy che mi ha aiutato a coronare il mio sogno, è Jimmy che mi ha salvato dalla droga, è Jimmy il mio punto di riferimento.. Jimmy è mio fratello cazzo. Mi sento privato di un pezzo di me, un corpo senza anima che non sa più se andare avanti. Mi sento tremendamente in colpa. Non ho fatto niente per aiutarlo, per aiutarlo con il cuore, non gli ho detto nulla. Non sono stato un ottimo amico. E adesso lo capisco.»
Allyson era rimasta in silenzio a fissarlo di lato mentre le lacrime gli uscivano calde sulle guance, mentre si sfogava, mentre le stringeva la mano tremando, mentre urlava al mondo tutto il suo odio.
«Zack guardami.» con una mano appoggiata sulla guancia lo fece voltare. «Non puoi sentirti in colpa. Tu hai fatto molto per Jimmy, sei stato un ottimo, un eccellente amico, un amico con e le contro palle, come mi diceva ogni santo giorno James. Mi ripeteva quanto fosse stato fortunato ad avervi e di quanto ogni santo giorno vivesse con la fottuta paura di perdervi. Voi siete stati la sua ancora di salvezza, un braccio, una spalla dove appoggiarsi in caso di necessità. Non puoi dire di non averlo aiutato. Chi si svegliava tutte le mattina per andare a controllare se avesse preso la pasticca? Chi gli ripeteva sempre un ‘Ti voglio bene’ anche dopo una litigata o sfuriata? Chi si abbracciava, così, in pubblico, senza motivo fregandosene di apparire di tutto? Chi lo incoraggiava nei momenti peggiori? Chi non lo ha mai abbandonato? Voi, voi e voi, Zack. Siete stati fondamentali per lui e non vorrebbe vedervi così, pieni di rimorsi e colpe futili.»
Il ragazzo la fissò in silenzio, pensando a tutte le parole vere che aveva detto, e semplicemente l’abbracciò. Affondò il suo viso nel suo petto, aggrappandosi alla maglia blu di lei, macchiandola di lacrime amare e liberandosi da quello che pure lui aveva tenuto dentro di se in quei due giorni infernali.



 
 
 
In tutta la sua vita Ally non aveva mai avuto problemi a dormire, in un modo ci riusciva sempre anche se stava male o aveva mille pensieri per la testa. Però quella notte, abbracciata contro il petto caldo di Zachary nella camera della loro grande villa, combatteva contro l’insonnia e l’ansia. Aveva gli occhi spalancati, rannicchiata a cercare un po’ di calore e forse di forza contro il ragazzo, il viso per metà nascosto da un suo braccio e nessuna traccia di stanchezza. Come una bimba piccola provava ogni rimedio, sia con la conta delle pecorelle sia con una canzone lenta e alla fine si lasciava andare ai pensieri o alcune volte quando voleva dormire da sola, accendeva la piccola lampada sul comodino e si leggeva un libro anche per ore. Leggeva immersa nei cuscini, per proteggersi, libri su libri e quando si era addormentava, la mattina dopo si era ritrovata con il libro appiccicato a una guancia e la luce ancora accesa. Aveva passato capodanno a casa insieme agli altri, non avevano festeggiato come l’anno prima con una bella sbronza e cazzate varie ma erano rimasti a parlare fino all’alba, per partire per la California un’ora dopo. Sapeva perché quella notte era sveglia, lo sapeva fin troppo bene ed era dura da accettare: il funerale di Jimmy. Un giorno soltanto a quell’inferno. Come poteva non parlare più con una persona così importante e che aveva condiviso un pezzetto di vita con lei?
Si staccò dal ragazzo, che mugugnò e si girò dall’altra parte, e guardò il buio sopra di lei, pensando a loro due e a tutto quello che avevano passato insieme. Erano insieme quando avevano sentito alla televisione dire che Michael Jackson era morto. Erano insieme quando i Lackers riuscirono a battere, dopo un’annata brutta, i Denver Nuggets accedendo così alle semifinali della Western Conference, urlando in mezzo ai tifosi. Erano insieme quando un notte Zacky, seduto sotto un arco bianco su delle sedie dello stesso colore che le aveva mostrato in foto mesi e mesi prima, la richiamò, coprendole gli occhi con una mano e poi mostrarle il cielo completamente pieno di stelle cadenti. Il viaggio alle Maldive, l’argomento “matrimonio”, quanti figli avere, che nome metterli, come saranno a 60 anni.
Tanti, piccoli, rilevanti eventi. Un’ anno prima erano soltanto una cameriera qualunque e un chitarrista di fama mondiale, nove mesi prima erano due conoscenti, otto mesi prima amici, sette mesi prima due persone con dei sentimenti confusi e in quel momento due anime legate insieme. Ma era possibile vedere ogni volta che ripensava a quei mesi la faccia di Brian, insieme a quella della cosa, ridere e prenderla in giro come in un film dove vuol fare sapere a tutti che lei era la sfigata di turno?
Poi per mettere la ciliegina sulla torta, il suo cervello le riportò alla mente l’immagine di Jimmy sorridere e scherzare insieme agli altri. Jimmy abbracciarla e circondarla con le sue lunghe braccia, dirle una delle sue solite barzellette, cazzate, cantare insieme a lei una delle tante canzone degli Iron Maiden, progettare uno scherzo o comportarsi da bambini in pubblico.
Oh signore mio, è un dolore intollerabile, è atroce, cazzo. Una fottuta tortura senza fine, basta.
Sbuffò stropicciandosi gli occhi e si alzò piano da letto, girandosi verso il ragazzo per controllare se si fosse svegliato, si vestì velocemente ed uscì di soppiatto di casa. Si sentiva molto una ladra.
L’aria gelida le colpì il viso, togliendo quel calore che era riuscita ad avere in quelle ore in un attimo, tutto era addormentato, scuro, silenzioso. Tutto sembrava in una sorta di coma, ogni cosa era ferma immobile, qualche foglia veniva mossa dal vento e il tempo sembrava non fosse mai ripartito.
Quando infilò le mani nella felpa marrone con la pelliccia sul cappuccio per cercare un po’ di calore sentì un oggetto a lei ben notò e lo tirò fuori.
Per fortuna il piccolo aggeggio, sacro per lei e che con il quale aveva affrontato di tutto, era carico, scrutò il menù e fece partire la prima canzone a caso.

Arrive at seven, the place feels good.*
No time to call you today
Encores till eleven then Chinese food,
back to the hotel again.

I call your number, the line ain’t free.
I like to tell you come to me,
a night without you seems like a lost dream.
Love I can’t tell you how I feel.

Always somewhere
miss you where I’ve been,
I’ll be back to love you again.

Another morning, another place.
The only day off is far away
but every city has seen me in the end
and brings me to you again.


Quando la musica finì ed alzò lo sguardo dal terreno, il mare le apparve davanti colpito dalla luce lunare, era totalmente calmo e si sentiva soltanto le piccole onde infrangersi sulla riva. Naturalmente non c’era un’anima viva e colse l’occasione per togliersi le scarpe e affondare i piedi nella sabbia fredda, provocandole una bellissima sensazione. Però, appena avvicinata alla riva, vide una piccola figura seduta per terra ferma, scossa da qualche brivido e con un po’ di timore si avvicinò.
Oh cristo.
«Ehi, piccolina, svegliati avanti. Stai bene?» quella piccola figura si rivelò una bimba, all’apparenza con due grandi occhi azzurri e i capelli biondissimi e mossi. La bimba alzò piano il visino bagnato e che “luccicava” alla luce lunare, stringendo al petticino quello che sembrava un pupazzo di stoffa e la guardò impaurita.
«Chi sei tu?» le domandò tirando su con il naso.
«Io mi chiamo Allyson, Ally per gli amici.» le sorrise.
«E io sono una tua amica?» strinse il pupazzino.
Ally allargò il sorriso prima di rispondere. «Si, a patto che tu mi dica come ti chiami e perché una bimba bella e piccola come te è in spiaggia a quest’ora della notte.»
La bimba abbassò la testa, facendo cadere i lunghi capelli in avanti.
«Mi chiamo Abbey e sono scappata perché i miei genitori amano di più il mio nuovo fratellino.»
Ally spalancò di poco gli occhi e un’immagine la colpì.


«Ally, vieni qua a vedere la tua nuova sorellina.» suo padre le fece cenno di avvicinarsi verso il letto al centro di quella grande, spoglia e puzzolente stanza bianca, dove fino a poco prima aveva visto tante persone vestite uguali e sua madre urlare. Strinse le spalle avvolta in un vestito da bambola a righe blu e bianco, correndo e facendo risuonare le scarpette nuove verso il letto.
«Ecco, lei è Beth, stringile la manino. Piano mi raccomando.» l’avvertì la madre mostrando un bellissimo sorriso e stringendo la sua sorellina al petto. Perché si comportava così? Perché sorrideva in quella maniera? Non bastava soltanto lei? La volevano rimpiazzare?
«No, vi odio e odio lei. Non mi volete più bene!» urlò mentre le sue guance diventavano rosse e scoppiava in un pianto disperato.


«Oh.» sussurrò. «Ma non è vero, Abbey. Sai che anche io ho una sorellina più piccola?» le si sedette vicino, visto che era rimasta in ginocchio e la bimba le si accoccolò accanto.
«Davvero? Come si chiama? Ha i tuoi stessi capelli buffi, color pomodoro?» sorrise coprendola con la sua felpa per non farla raffreddare ancora e spostò lo sguardo sull’oceano.
«Si chiama Beth e no, ha i capelli castani. Anche io quando avevo la tua età pensavo la stessa cosa ma non è vero. I tuoi genitori ti amano allo stesso modo e adesso saranno di sicuro molto preoccupati. Se hanno avuto un altro bimbo non vuol dire che ti odiano, come potrebbero odiare una bimba bella come te?» sentì la bimba ridacchiare e si calmò.
«Adesso saranno arrabbiati con me.» la voce le tremava ed Ally la strinse un pochino, passandole giù e su la mano sul braccio.«Non ho fatto una bella cosa, vero?» alzò il suo visino verso di lei.
«No e adesso ti riaccompagno a casa che dici? Ti staranno sicuramente cercando.» la bimba annuì energicamente e le diede la piccola mano.
«Allora Abbey, dove abiti?» chiese mentre uscivano dalla spiaggia e imbucavano la strada, ancora deserta.
«Laggiù.» con il ditino indicò una grande casa in mattoni bianca e con il tetto blu scuro, poco distanti da dove si trovavano loro due.
Si incamminarono ed Ally notò che la bimba non lasciava un secondo quel pupazzo che, grazie alla luce flebile dei lampioni, aveva riconosciuto come un coniglietto color panna pieno di toppe e con un occhi solo a forma di bottone nero.
«Come si chiama?»
«Mr. Leo, ce l’ho da quando sono nata.» le mostrò il pupazzo.
«Salve Mr. Leo, sa che è proprio un bel signor coniglio?» a quella frase la bimba rise e con la manino sulla bocca e il pupazzo davanti al viso, sussurrò un ‘grazie’.
Appena alzò lo sguardo vide due persone correrle incontro, sbracciandosi.
«Abbey, per l’amor di Dio sei viva.» urlò una donna dagli stessi capelli della bimba ma con gli occhi più scuri; doveva essere la madre.
«Non sai come ci hai fatto preoccupare.» disse un uomo con i capelli mossi e gli occhi azzurri, ovvero il padre, che la prese in braccio, stringendola a se.
«Mamma, papà, scusate. Lei è la mia nuova amica Allyson, mi ha aiutato a tornare a casa.» disse raggiante la bimba indicando la ragazza, orgogliosa.
«Grazie mille, davvero. Come potremmo ripagarci?»
«Oh ma di niente, e’ una bimba davvero deliziosa e con niente, tranquilli. Ora devo tornare a casa anche io e mi raccomando Abbey non lo fare piu’, ok?» le scompigliò i capelli, sorridendo e salutandoli per poi tornare indietro sui suoi passi, verso casa, sperando che Zacky non si fosse svegliato.
Cogli l’attimo, perché la vita e’ una scintilla, vivi con gioia quel momento, perché potrebbe non ritornare mai più.
 
 
 
«Si dice che le persone migliori se ne vadano troppo in fretta, poiché hanno compiuto il loro dovere. Tu, fratello, avevi il compito di entrare nella nostra vita e renderla meravigliosa. Lo hai fatto nel migliore dei modi, lasciando un’impronta bella profonda all’interno del nostro cuore. Hai preso un pezzo della nostra anima, l’hai tenuto per te e non ce lo hai mai reso. E’ come se fossi entrato dentro di noi in punta di piedi, in un silenzio totale, fino a toccare la nostra anima e si sa, l’anima è colei che racchiude tutti i nostri sentimenti e una persona che ci arriva è una persona speciale, perché è una persona di fronte alla quale abbiamo abbassato le difese, la barriera che innalziamo ogni volta, rendendoci vulnerabili e mostrandoci per quello che siamo veramente. Ed è proprio per questo che ci fa male e soffriamo come cani quando se ne va, la sua presenza è costante e non riusciamo ad abituarci a non averla più intorno. Tu Jimmy sei stato in grado di far crollare la maschera che ognuno si crea di fronte alle persone con le tue famose perle di saggezza, accompagnati ai tuoi sorrisi che nessuno, difficilmente, riuscirà a dimenticarsi. Nessuno mai si dimenticherà di te. ‘Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto prima o poi ritorna’ e anche se so che non ritornerai, tu non sai mai un ricordo, un pezzetto di adolescenza e vita da dimenticare poi, no tu rimarrai sempre con noi, nel nostro cuore, nei nostri pensieri. Sei per sempre, il Reverendo non avrà mai fine.» Matt girò la lettera tra le mani e la ripiegò, tremando, nascondendola nella tasca interiore della giacca nera proprio davanti al cuore, scendendo per gli scali e accarezzando piano e per l’ultima volta quel pezzetto di legno scuro dove sopra giacevano un mazzo di rose, che rappresentavano ogni persona importante per quel ragazzo, ogni persona che in quella chiesa così bella aveva il cuore in pezzi.








Hate, I'm your hate
I'm your hate when you want love
Pay, pay the price,
pay for nothing's fair.
Hey, I'm your life
I'm the one who took you here
Hey, I'm your life and I no longer care.
I'm your dream, make you real
I'm your eyes when you must steal
I'm your pain when you can't feel, sad but true.
I'm your truth, telling lies.
I'm your reasoned alibis.
I'm inside open your eyes.
I'm you.. sad but true.*


 













*Always- Scorpions, non c'entra molto con la storia lo so, ma la stavo ascoltando in quel momento.
*Sad But True-Metallica


Oddio, che ho scritto.
Ho cercato di scrivere quello che dovrebbero, più o meno e a grande linee, i ragazzi. I sentimenti non sono il mio forte e lo so, è corto .-. Inoltre suppongo che il prossimo sia, ahimè, l'ultimo capitolo, forse ci sarà un epilogo ma non ne sono sicura. Non vi libererete facilmente di me, ho già in mente un altra ff. :D Beh, che dire.. non pensavo di arrivare fino a questo punto e vi ringrazio moltissimo :)
GRAZIE di cuore a: 
- Naomi_A7X 
- Vengeance_AS
-GiuliaVengeance7 
Alla prossima <3

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Capitolo 20
*** Chapter 20. ***


This is the time to turn down our heads
and turn up our hearts.*








«Dio sono troppo nervoso. Non ce la faccio.»
«Matt, che ci fai qua fuori? Devi entrare!» urlò esasperata vedendo il cantante uscire dalla porta, bianco in volto.
«Ho paura. Eli ha cercato più volte di strangolarmi e mi ha infamato fino ad ora.»
«Sei una femminuccia Sanders.»
Due figure erano sedute sulle poltroncine bianche, quelle poltroncine scomode che basta un minimo movimento ed emettono il classico suono della plastica, che battevano rumorosamente il piede e le dita a ritmo.
«Voi due..» e indicò Brian e Zacky. «Finitela.»
«Quanto ci mettono? Saranno tre ore che sono lì dentro e il mio sedere è quadrato ormai.» disse sbuffando Zacky.
«L’hai vista la pancia? E’ abnorme, c’entriamo anche io e te volendo.» Matt fulminò Brian, che subito smise di ridere.
Il cantante e la ragazza andavano avanti e indietro per la sala d’attesa, senza fermarsi un secondo e creando, da lì a poco, una buca tipica dei cartoni animati.
Matt fece un respirone prima di parlare. «Io entro di nuovo.» i ragazzi annuirono e lo guardarono attraversare la grande porta blindata azzurra.
Brian dopo poco si alzò richiamato dal cellulare e sentendo un amore, la ragazza, dedusse che doveva essere Michelle, la quale, a quanto pare, sarebbe arrivata lì tra qualche momento accompagnata da Johnny.
Ally lanciò la cannuccia masticata dal nervoso dell’estathè nel cestino e guardò Zacky.
«Vieni qui.» con le braccia distese le fece segno di avvicinarsi.
«Sei stanca?» le chiese, avvolgendola in un abbraccio e facendole appoggiare la testa nell’incavo del collo.
«Dici?»
Aumentò la presa sul suo fianco e rimasero in silenzio, sentendo dei lievi “spinga” e degli urli dall’altra parte del muro. Non voleva proprio essere nei panni della sua povera amica, chissà se faceva così tanto male come le era stato detto. L’aveva vista in quei nove mesi cambiare e trasformarsi nella versione femminile di un camionista, poi di una quattordicenne in crisi e di una serial killer professionista. Al settimo mese non le potevi dire niente che si metteva a piangere, aveva iniziato pure a guardarsi tutti i film romantici e drammatici in commercio e non si perdeva neanche una puntata di Beautiful alla tv.
Era giunta pure a credere che la sua migliore amica metallara e fan scazzista fosse stata sostituita da un'altra creatura proveniente da un mondo vicino, pronto a conquistare la terra. Però si era ricreduta quando l’aveva vista sbavare, come al suo solito, davanti a un live registrato di uno degli ultimi concerti di Slash.
L’ansia la stava opprimendo e si alzò di scatto, facendo riscuotere Zacky.
«Vado a prendermi un lunghissimo e caldissimo caffè, vuoi qualcosa?»
«Vorrai dire, il quarto lunghissimo e caldissimo caffè. Io una barretta al cioccolato, sai quelle doppie con il caramello dentro.» aveva già una striscia di brava ai lati della bocca.
«Se ci dicessero qualcosa.» alzò di poco il tono della voce e l’infermiera seduta al bancone in fondo alla stanza le lanciò un’occhiata.
Le diede le spalle e si avviò dalla parte opposta, seguendo le frecce gialle con il numero L, ovvero sala parto e cercò quelle viola che l’avrebbero portata all’entrata e alle macchinette. Alle pareti bianche c’erano attaccati diversi quadri fatti dalle scuole d’arte in città e altri erano semplici disegni di bambini, rappresentanti case, persone, animali e dottori. Più si avvicinava all’entrata, più aumentava la gente o le barelle con anziani o  ragazzi bendati da capo a piedi e, naturalmente, i dottori e infermieri.
Aspettò il suo turno dietro a un bimbo piccolo, che aiutò a pigiare i tasti visto che non ci arrivava e mentre aspettava che il caffè fosse pronto, prese la barretta al bimbo che aveva come ragazzo e tornò sui suoi passi stando attenta a non fare cadere la sua amata bevanda.
All’improvviso sentì il classico tin dell’ascensore e il suo nome risuonare, insieme a dei passi che potevano tranquillamente passare per una mandria di bufali inferociti, nel corridoio.
Il tempo di girarsi e sentire qualcosa di caldo macchiare la maglietta, nuova per l’appunto, della Vengeance University.
«Johnny porca puttana!» urlò facendo girare tutti nella sua direzione.
«Scusa, merda, ma Zack mi ha chiamato adesso dicendomi di correre perché il bambino sta nascendo e di dirti, se ti trovavo, che ha fame.» spalancò gli occhi.
«Eli sta diventando mamma.» la voce le si ruppe dall’emozione, fece cadere il bicchierino ormai vuoto e fu trascinata per il polso dal bassista che aveva ri-iniziato a correre per i corridoi e facendo degli incredibili slalom tra le persone.
«Finalmente, cazzo! Ehi, la mia merendina?» chiese alla ragazza appena arrivarono sudati e con il fiatone.
«Chetati o te la faccio ingoiare.»
Zacky fece per dire qualcosa ma la grande porta blu si aprì, lasciando uscire il cantante sudato, emozionato, tremante e con un grandissimo sorriso stampato sulla sua faccia.
«E’ femmina!» si lasciò abbracciare da tutti e solo in quel momento Ally notò che c’erano anche Brian e la cosa.
Tornò a concentrarsi sul cantante e scoppiò a piangere, saltando e ridendo come una cretina nello stesso tempo.
«Dov’è la piccola Sanders?»
«A proposito che nome le avete messo?»
«Kaylee Finn Sanders.»
Il sorriso di Ally, compreso a quello del resto dei ragazzi, si attenuò: Kaylee era il nome che aveva proposto Jimmy alla notizia della gravidanza.
Era sceso il silenzio e l’aria ricca di dolore, gioia, tensione e felicità si poteva tagliare con il coltello e fortunatamente fu interrotto da Brian che chiedeva di poterla vedere.
«Oh si, la stanno vestendo.» disse orgoglioso e con una luce luminosa negli occhi.
«Eli?»
«E’ in camera, è distrutta. Deve fare la prima poppata poi le potremo vedere entrambe.»


«John, ho vinto io, ha le fossette!»
«Dio è la copia sputata di Matt.»
Erano tutti intorno al letto, dove Eli era seduta tenendo tra le braccia una creaturina piccola con qualche ciuffio biondo che le ricadeva sulla fronte, il faccino roseo raggrinzito, lo stesso naso all’insù della mamma, gli occhi verdi e lo stesso sorriso del padre: la perfezione.
«Che amore!» si lasciò scappare Zacky vedendo che Kaylee gli stringeva l’indice nella sua piccola manino.
«Ally vuoi prenderla in braccio? Sono stanchissima.»
«Hai soltanto partorito una creaturina!»
«Ho soltanto partorito una creaturina di tre chili e mezzo, Brian!» disse acida.
Ally si porse in avanti, senza staccare gli occhi dalla bimba che la scrutava a sua volta ed ebbe come un tuffo al cuore, qualcosa le si mosse nello stomaco e una sorta di amore le si accese e la invase come un fuoco.
Un po’ tremante, ma come se fosse stata la cosa più naturale a questo mondo, la strinse a se, sentendo il corpicino caldo e come aveva fatto con il ragazzo, si lasciò stringere il dito, dondolandola un po’.
«Asdrubala è tra di noi!» disse Johnny facendo scoppiare tutti a ridere. Asdrubala era il tenero soprannome che era stato dato dal resto dei ragazzi in quei mesi e non sapendo come chiamarla avevano deciso a un nome che si adattasse a quella panciona e alla fine erano arrivati a quello.
«Ma Asdrubala non è adatto a una bimba così bella.» sussurrò Allyson.
«Ha ragione la rossa!» si unì Matt.
«Quanto scommettete che continueremo a chiamarla così? E’.. affettuoso.» i ragazzi risero.
Ad un certo punto partì un ohh alla vista della piccola sbadigliare e chiudere pianino gli occhi, cullata dalla ragazza, addormentandosi poi definitivamente.
«Adesso, se permettete, voglio rimanere da solo con le mie donne. Sciolare!»
Matt spinse i ragazzi fuori dalla stanza, piena di palloncini colorati, pupazzi, tutine, bigliettini e rose rosa, sventolando le mani in aria e poi si voltò verso la ragazza, che continuava a coccolare la bimba, incantandosi.
«Matt, sono distrutta, la potresti mettere nella culla? Matt? Tesoro?» schioccò il pollice e l’indice insieme risvegliando il cantante che le sorrise imbarazzato e fece come le aveva chiesto.
«Dio, com’è bella.» disse fissando il faccino angelico della bimba e sistemandole la copertina.
«Tutta il padre.»
Matt si avvicinò al letto e lasciò che la ragazza gli facesse spazio, per accomodarsi vicino a lei e la guardò. Aveva i capelli, tornati biondi miele, sparsi per le spalle, rasati leggermente da una parte con dei dolci boccoli in fondo, le guance ancora arrossate, senza un filo di trucco, sudata, ma rimaneva sempre bella, bella da mozzar il fiato ed era sua, sua moglie. Le strinse una mano sorridendo, in silenzio, perché anche se si fissavano negli occhi al loro posto parlavano i loro colpi, i loro cuori battere all’unisono. Le dita incrociate e strette l’una nell’altra sperando che quel legame non fosse mai spezzato, un filo invisibile che li teneva legati e che non si sarebbe sciolto facilmente.
«Vuoi una foto?» scherzò lei.
«Anche due, grazie!» la baciò a stampo.
Elisa fece un respirone, esausta. «Ci pensi? Abbiamo un figlio.»
A Matt scappò un sorriso. «Già, se me lo avessero detto un anno fa gli avrei sicuramente riso nel viso.»
«La famiglia Sanders, fa strano.»
Matt rise e annuì energicamente. Elisa lo guardò incantata, fissò le fossette ai lati, il sorriso perfetto e gli occhi brillargli intensamente, prima di sprofondare con il viso nel suo petto e godersi quel momento, godersi il suo uomo.
«Quante cose sono cambiate in un anno.» sussurrò.
«Sia in positivo, sia in negativo.» Matt si morse il labbro.
«Come si dice?» si portò un dito sul mento. «La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.»
«Però io ti amo di più.»
«Hai rovinato il mio momento, in cui sembravo davvero seria e intellettuale.» gli tirò un leggero schiaffetto sul braccio.
«Ma amore mio, seria e intellettuale non fanno mica parte del tuo dizionario.»
«Fottiti.»
«Ti amo anche io.»



Had a friend, she once told me
“You got love, you ain’t lonely”
Now she’s gone and left me only
looking for what I knew.






«Brian?» tolse la chiave dalla porta e la rimise nella tasca della giacca.
Chiuse la porta alle sue spalle e si guardò intorno; la casa era completamente al buio e in silenzio.
Salì le scale, saltando gli scalini due alle volta, facendosi luce con lo schermo del suo cellulare, attraversò il lungo corridoio provvisto di fotografie sue e dei ragazzi alle superiori con i primi riconoscimenti ricevuti, che aveva pure lui a casa, e si fermò di fronte alla porta piena di scritte.
«Ehi bro.» il ragazzo, seduto di spalle nella grande sala insonorizzata, si girò di scatto tenendo tra le mani la sua schecter rossa e nera e lo salutò con un cenno del capo.
Zach avanzò lasciandosi cadere sul puffo nero davanti al ragazzo e prese a giocherellare con un cubo di Roubik incompiuto e che lo sarebbe rimasto per molto.
«Allora, qual buon vento ti porta a casa Haner? A quest’ora soprattutto.» chiese il moro, strimpellando le corde e girandosi verso l’orologio appeso al muro che segnava le 20.45.
«Avevo voglia di parlare un po’.»
«Su?»
Sospirò a lungo. «Con Ally le cose stanno iniziando ad andare a rotoli.»
«A rotoli? Se vi vedo perfettamente uniti.» indietreggiò con il busto.
«Lo pensavo anche io. Da quando è nata la bambina si comporta diversamente. Stasera abbiamo parlato, o meglio discusso e questa volta non è stata colpa mia. Sapevi della storia del matrimonio no?» aspettò la risposta del chitarrista e continuò. «Ecco, stasera mi sentivo pronto ma appena sono entrato in casa e l’ho abbracciata, l’ho sentita fredda e distaccata.» disse, guardando il cubo immobile nelle sue mani.
«Forse è ancora scossa per la storia di.. Jimmy. Lo siamo tutti, certo. Non so, bro. Che ti ha detto?»
«Ha detto che le cose stanno andando troppo velocemente, il fatto che Eli e Matt siano già sposati e con una bimba, sua sorella che vuole venire a vivere qua.. è confusa.»
«Tranquillo ti ama e di certo non ti vuole lasciare, sennò lo avrebbe già fatto.» sorrise.
«Mi faccio troppe seghe mentali.» si passò la mano tra i capelli, scompigliandoli.
«Na, sei soltanto innamorato e.. rammollito
«Parli tu che sei sposato!» entrambi scoppiarono a ridere.
«Menomale che tutto si è risolto.» si lasciò scappare.
«Già. Con Michelle?»
Alzò le spalle. «Va.» rispose soltanto. Era, nel profondo, ancora innamorato di Ally e avevano deciso entrambi di non affrontare quell'argomento, dimenticandosi di tutto e andando avanti, come al solito, vivendo le loro vite.
«Non riesco a immaginarti nei panni di un marito, Baker.» continuò, prendendolo in giro e stroncando la tensione che si era creata nella stanza .
Zach alzò un sopracciglio.«Perché, no? Ti sei sposato tu, Synyster Fucking Gates il re delle scopate.»
«Beh io sono sempre il re delle scopate! Però tu, Zacky il ragazzo che odia la luce il sole, si flippa da mattina a sera con i peggiori giochi nerd, che sbava alla vista di ogni sedere messo bene e che ha detto più volte di voler rimanere un eterno adolescente.. adulto e responsabile? Non ti ci vedo.»
Zacky scoppiò a ridere. «E’ vero, hai ragione. Ho incontrato una ragazza con cui voglio passare il resto della mia vita e ne sono sempre più convinto. Perché aspettare?»
Brian annuì sereno.
«Motivo in più per tornartene a casa subito.» lo incalzò.
«Sì, ritornando al discorso di Michelle, dov'è?»
«Sta dormendo, ora la raggiungo.» disse alzandosi e togliendosi la chitarra, per poi posarla con cura all’interno della custodia, nera fuori e rossa dentro.
«Vecchi!» gli disse, prima di fuggire evitando una scarpa tirata dal moro e che prese il muro bianco, lasciando un’impronta bella evidente.
«Merda, questa e’ la volta buona che mi massacra.» sussurrò fissando il muro e grattandosi la testa, disperato.

Mmm, I’m telling you now,
the greatest thing you ever can do now
is trade a smile with someone who’s blue now,
it’s very easy just..




 
 
 
 

Il sole ad Huntington Beach era alto nel cielo, coperto da una leggere e sottile nebbia invernale, batteva sulla sua pelle bianca decorata dai tatuaggi con insistenza, provocando piacere al ragazzo e allo stesso tempo noia. Non gli era mai particolarmente piaciuto il sole, fin da ragazzo, pur vivendo in una città di mare e in uno stato dove il caldo regnava padrone 8 mesi su 12. Non capiva le persone che pensavano soltanto ad avere una bella pelle abbronzata anche quando il sole non c’era e ricorrevano alle creme, spray e solarium: che senso aveva? La pelle ti brucia poco dopo, ti cade e rimani peggio di un serpente alle prese con la muta. Perdere pelle come i capelli ogni due non è carino. Rabbrividiva soltanto al pensiero. Una volta aveva provato a far abbronzare la sua pelle bianco latte in spiaggia, ma aveva resistito neanche dieci minuti e il risultato era stato uno dei peggiori: era rimasto rosso in dei punti che gli avevano fatto male da impazzire per una settimana intera, una settimana infernale.
Però in quel momento il sole gli dava sollievo e il freddo che gli era entrato fin dentro le ossa, si era attenuato.
Era lì, nel mezzo del suo grande giardino, seduto sulla panca a dondolo bianca sotto il gazebo dello stesso colore, a trovare quel coraggio che aveva fino a pochi attimi prima e le parole giuste fuggite via dalla sua mente.
Fissò i prati verdi e le case davanti a lui, gli uccelli volare e cinguettare sui vari alberi secchi e l’erba muoversi lentamente per colpa del vento freddo che proveniva dalle sue spalle e che gli faceva spostare i capelli sulla fronte. Si strinse di più nella felpa nera e sistemò il cappuccio sulla testa, insieme agli occhiali dalla piccola montatura nera sul naso e sospirò rumorosamente.
«Ecco dove eri sparito!» sobbalzò leggermente nell’udire quella voce alle sue spalle.
«Sono venuto qua per schiarirmi un po’ le idee. La bambina?»
La ragazza abbottonò il maglioncino beige e si lasciò abbracciare dal chitarrista, che tentò di riscaldarla con le mani.
«E’ venuta Eli a riprendersela. Che peccato, adoro quella bimba.»
«Già, è stupenda.»
Ally notò che il chitarrista era troppo silenzioso e la sua mente persa in chissà qualche pensiero, non la convinceva molto.
«A che pensi?»
«Tu la vorresti una famiglia?» domandò diretto.
Alzò lo sguardo verso di lui. «Perché?»
«Non si risponde a una domanda con un’altra domanda.»
«Ma tu lo hai appena fatto.»
Ally 1 Zach 0.
Prese un po’ di tempo prima di parlare, iniziando ad accarezzarle, giù e su, il braccio dolcemente. «Perché è quella che desidero insieme a te. Ci sto pensando da un po’.»
«Ne avevamo già parlato, te lo ricordi? E io ti avevo detto che è la stessa cosa che desidero anche io.» disse appoggiando la testa sulla sua spalla.
«Sì, però da quando è nata Kaylee le cose sono cambiate. Quando la prendo in braccio, quando ci gioco insieme, quando ride, mi abbraccia con le sue piccole braccia e quando vedo Matt o Eli insieme a lei, qualcosa si smuove dentro di me. Non lo so. So solo che è una sensazione bellissima ed è una sensazione che voglio provare con te.» girò di poco la testa e puntò lo sguardo verso di lei, mentre la coda gli solleticava la guancia.
«Lo capisco, sai? E’ la stessa cosa che provo io.» sorrise e Zacky sentì il cuore riscaldarsi.
Ally aveva gli occhi, di un verde particolarmente acceso quel giorno, puntati sul suo ragazzo, lo vide sorridere, lo vide staccarsi da lei, lo vide frugare agitatamente nelle tasche, lo vide inginocchiarsi e tenere una scatolina tra le mani, una scatolina che conosceva e che aveva visto tante volte nei film.
«Oh mio santificato Dio, tu stai male.» riuscì soltanto a dire.
Ally 1 Zach 24861.
«Non avrei mai pensato che tu potessi diventare così importante da fottermi letteralmente il cervello. Non pensavo neanche che tu, una bellissima ragazza dai capelli rossi conosciuta per caso in un locale un anno fa, potesse solo considerare me. Ti avevo già inquadrata al fianco di uno come Matt e Brian, per l’appunto. Però tu eri il mio pensiero fisso, un pensiero che non mi mollava mai e che piano piano aumentava, si allargava arrivando fino ad odiarti. Odiavo il tuo carattere così unico, la tua timidezza alternata alla tua risposta sempre pronta, i tuoi occhi così magnifici, le tue labbra che ogni notte sognavo di poter sfiorare e anche il soltanto averti vicino. Ero geloso marcio di Brian. Ma quando tu mi hai baciato e poi sei diventata finalmente mia, la mia vita è cambiata. Quel giorno in cui ci siamo conosciuti era stato uno dei miei peggiori giorni in assoluto all’inizio, ero scazzato per il volo e per il meet, ma quando ti ho visto accanto ad Elisa sorridere e poi giocare come una pazza ai videogiochi ho capito che era uno dei migliori in assoluto.
In vita mia non mi ero mai sentito così.. non mi ero mai innamorato. Io ti amo Allyson Elisabeth Brandi e voglio passare il resto della mia vita con te. Allora, mi vuoi sposare?»
Ally aveva una mano sulla bocca e l’altra ferma immobile a metà aria; stava cercando di capire se quello che stava succedendo era vero o soltanto il frutto della sua mente malata e stanca.
Le erano bastati cinque minuti per farle dimenticare il mondo intorno a lei e cercò di fare capire al suo cervello che per continuare a vivere, i polmoni, dovevano aver bisogno d’aria e di far uscire le parole, invece di suoni, dalla bocca.
Zacky stava torturando il suo labbro per l’ansia e sentiva lo stomaco chiuso in una morsa, farlo piegare. Gli pareva che il cuore gli scoppiasse da un momento all’altro.
«Sì. Per tutti i santi, certo che si!»
«Ho perso cinque anni di vita per colpa tua.» rise istericamente, lasciandosi abbracciare dalla ragazza in preda, ormai, a un pianto di gioia.
In fin dei conti, la gioia più grande e’ quella che non era attesa.


Met a man on the roadside crying,
without a friend, there’s no denying,
you’re incomplete, they’ll be no finding,
looking for what you knew.






Un gradevole raggio di luce aveva fatto capolino attraverso le tapparelle della finestra per andare a finire sulla guancia del ragazzo, il cui petto si muoveva placidamente su e giù. Gli uccelli all’esterno cinguettavano tranquilli mentre un leggero vento soffiava per le strade, non del tutto vuote a quell’ora del mattino e in casa, invece era l’esatto contrario, il silenzio regnava padrone e niente si muoveva.
Il ragazzo si mosse piano e si girò di lato, la cresta era ancora intatta sul cuscino e il petto era “fresco” di un nuovo tatuaggio, fatto da poche settimane, ovvero un enorme teschio nero alato che si estendeva su tutto il torace e che aveva un grande significato. Era in sua memoria, per avere “qualcosa” di lui vicino, e i tatuaggi sono indelebili, proprio come lui. Fare quel magnifico tatuaggio e aver passato 4 ore chiuso in una stanzetta a patire, ne era valsa davvero la pena.
Ad un tratto la porta dell’ingresso si aprì lentamente, chiudendosi nella stessa maniera, e una figura slanciata ne entrò a passò felino, per arrivare in quella grande stanza dove lui dormiva beatamente, dopo una serata passata a festeggiare come ai vecchi tempi, e vi si avvicinò.
Le labbra si stesero in un dolcissimo sorriso e dopo essersi tolta le scarpe, sgattaiolò sotto il piumone e avvolse il corpo del ragazzo con le sue braccia, addormentandosi immediatamente.
Jonathan sentiva il petto pesante, qualcosa solleticargli il mento e un buonissimo profumo. Aveva ancora gli occhi chiusi e non aveva la forza per muovere di un millimetro i muscoli indolenziti. Era come se qualcuno gli stesse dormendo addosso eppure non si ricordava di aver rimorchiato una ragazza la sera precedente, era pur sempre “fidanzato/innamorato/in una relazione a distanza non ben definita”.
Tentò di aprirne prima uno e mise a fuoco quando vide un ammasso di.. capelli? Capelli castani? Aprì completamente gli occhi e il cuore iniziò a battergli più forte. Fissò la proprietaria dei capelli finchè non si svegliò e lo guardava con la faccia ancora impastata dal sonno.
«Buongiorno.»
Non sa quanto rimase fermo immobile, senza dire nulla, impietrito, emozionato e in preda a una tachicardia incredibile.
«John?» gli sventolò una mano in faccia.
Sbattè le ciglia più volte, per capire se quello fosse soltanto uno dei suoi soliti sogni.
«Tesoro?» gli scosse il braccio.
Quel gesto gli scatenò qualcosa e si risvegliò, alzandosi di scatto e mettendosi davanti alla ragazza,  le passò una mano sulla schiena e l’attirò subito a se, avvicinandosi al suo viso e permettendo ai loro nasi di sfiorarsi.
«Buongiorno.» soffiò, nuovamente, lei rossa in viso.
Johnny annullò la loro distanza e la baciò, bramoso di quelle labbra di cui non sentiva il dolce sapore alla pesca da mesi e mesi ormai. Si staccarono per scambiarsi un tenero sorriso e si baciarono ancora, ancora e ancora, abbracciati e con la speranza che non fosse l’ultimo.
«Quando sei arrivata? Perché non me lo hai detto? Come? Oddio Beth non ci posso credere, tua sorella? Lo sa? Sai del suo matrimonio? E di Kaylee?» parlava a raffica e la sua vena sotto il collo pulsava.
«John calmati.» ridacchiò. «Sono arrivata vediamo..» guardò il piccolo orologio al polso. «..circa tre ore fa. Se te lo dicevo non era più una sorpresa, non trovi? E sai quanto mi piacciono le sorprese! Ally lo sa naturalmente e so tutto quello che è successo. E poi caro mio me lo hai detto te di Kaylee, stiamo perdendo colpi eh Seward?» il bassista arrossì subito, grattandosi la testa e abbassando lo sguardo.
«Ehm.. che cretino.» Beth scoppiò a ridere, raccogliendo i lunghi capelli in una coda alta e appoggiandosi al ragazzo, delineando con un dito i tratti del tatuaggio.
 «Aspetta..» disse dopo qualche minuto. «se tu sei qua vuol dire che..» la ragazza annuì energicamente.
«Oh mio dio! Che aspettavi a dirmi anche questo? Con quanto?» chiese emozionato, dandole tanti baci sulla testa.
«Con 91.» Johnny l’abbracciò.
«E brava la mia secchioncella.» le scompigliò i capelli.
«Dai, fermo!»
«Adesso devo soltanto trovare un lavoro.» continuò sospirando.
«Oh avanti lo troverai gnoma.»
«Disse lo gnomo.» Johnny spalancò la bocca e le saltò addosso, iniziando a farle il solletico ovunque. Le dita scivolavano veloci sulla pancia e i fianchi, mentre Beth rideva, piangeva e lo implorava di smetterla, scalciando ovunque e facendo delle buffe facce che non poterono non far ridere, a sua volta, il bassista.
«Basta!» disse per l’ennesima volta.
«Sei uno stronzo.» continuò, con il fiatone e le lacrime agli occhi.
«Poverino il mio amore.» sottolineò l’ultima parola.
La ragazza si fece seria in volto. «Ecco, volevo parlare anche di questo.» si tirò su, ricomponendosi.
Il cuore del ragazzo batteva talmente forte che lo sentiva rimbombare nelle orecchie.
«Cosa siamo?»
«Beh, penso fidanzati.» rispose imbarazzato.
«Pensi?»
«Quello che provo per te lo sai e sai che sono innamorato. Insomma, si, siamo fidanzati.»
«Imbarazzato, Seward?» lo prese in giro.
«Giusto un po’. Quindi, rimarrai da me, è ufficiale.»
«Sai che non starò sempre qui, vero? Che devo tornare qualche volta in italia? Che tu avrai dei tour che ci terranno lontani mesi e mesi? Ne sei consapevole?»
Beth era una di quelle persone senza peli sulla lingua, che puntualizzava e metteva ogni cosa in chiaro, senza rigiri e, dura e fredda, ti rinfacciava le cose in faccia come uno schiaffo dato all’improvviso sul viso. Era abituata a vedere le cose in positivo e in negativo, pensare a quale sarebbero state le conseguenze e pianificare la sua vita, pensando già, all’età di otto anni, che sarebbe diventata, sicuramente, una professoressa ed era pronta a tutto per difendere i suoi sogni.
«Si, consapevolissimo e sono pronto a rischiare. Abbiamo passato tutti questi mesi senza vederci, parlando soltanto al cellulare o in web, ce la posso fare. E poi ce l’hanno fatta Baker e tua sorella, ho capito che tutto è possibile
Beth rise e lo baciò sulla guancia lasciando il bassista con un sorriso ebete sul viso.
I suoi occhi caddero sulla collana che le stava dando noia alla spalla e se la rigirò tra le mani, osservandola: aveva una forma strana, come un proiettile schiacciato e già l’aveva vista, solo che non se lo ricordava.
«Ho questa collana da sempre. Ce l’abbiamo tutti, io, Brian, Matt, Zacky e.. Jimmy. Ce la regalò proprio lui quando gli Avenged Sevenfold si erano formati, alla fine delle superiori, proprio poco dopo che sono entrato a far parte della band.» l’anticipò, come se le avesse letto nella mente. «Non me la sono mai tolta e penso che ci abbia portato molta fortuna, è un oggetto importantissimo e non ha senso.» rise.
«E’ una pallottola?»
«Si una sottospecie, sono quelle pallottole che usano la polizia e ognuna ha una forma diversa dall’altra, non chiedermi dove è andato a cercarle perché non lo so assolutamente ed ho sempre avuto paura a chiederglielo.» Johnny scoppiò a ridere a quel ricordo e Beth, pensò, quanto fosse bello mentre rideva e quanto gli dovesse mancare Jimmy.
«Ti manca?» chiese in un sussurro.
«Ogni secondo.»


So anytime someboydy, needs you,
don’t let them down, although it grieves you,
some day you’ll need someone like they do
looking for what you knew.





«Ehi, buongiorno, sono tornata a trovarti. Beh, allora come va lassù? Qua la vita scorre come sempre.. più o meno. Sai che Kaylee ha iniziato a parlare? Prima emetteva qualche parola storpiata e adesso che ha imparato per bene, non smette un secondo! Sta crescendo a vista d’occhio ed è bellissima. E’ uguale a Matt e per alcune cose a Elisa, dio, poi ha dei capelli biondissimi e liscissimi. Potessi me la divorerei viva! Ah, tieniti forte, già inizia ad avere qualche interesse per la musica ed impazzisce ogni volta che i ragazzi suonano e si mette a cantare insieme a Matt, è buffissima. E ogni volta che sente una vostra canzone vecchia chiede di te, del suo zio fantastico in cielo. Beh.. che ti sei perso? Johnny si è finalmente lasciato andare con mia sorella e adesso convivono. Sono innamoratissimi e troppo sdolcinati, come avresti detto tu. Beth è totalmente partita di cervello per quel ragazzo e in più è riuscita a trovare un lavoro alla vostra scuola superiore, non era esattamente il suo sogno ma è un buon inizio. A quanto pare sono decisi a sposarsi, prima o poi. Per quanto riguarda Brian, si è sposato con Michelle qualche mese fa e per ora non vogliono nessun bimbo. Da quando non.. non ci sei più, io e Haner non abbiamo più toccato l’argomento “provi ancora qualcosa per me” e siamo amici. Parliamo pochissimo ma la voglia di strangolarlo con le mie mani è scomparsa. Sai che ho provato a fare come hai detto te? Mi sono fatta coraggio ed ho chiesto alla cosa di uscire per un po’ di shopping. Forse era meglio se non lo facevo, però si è rivelata una ragazza con il cervello e a quanto pare abbiamo li stessi gusti sia in fatto di libri che di vestiti. Si, queste parole sono uscite dalla mia bocca! Io e Zacky, dici? Il nostro rapporto sta facendo grandissimi progressi e non siamo stati così bene insieme. Abbiamo ampliato la villa, come se tre persone non ci stessero. Si, hai capito bene: saremo in tre! Non era nei nostri piani ovvio, ci siamo appena sposati e tornati dalla luna di miele però non ho mai visto Zacky così eccitato. Già da ora sta progettando tutto e quale chitarra comprare al bimbo, te ne rendi conto? E la mia pancia sta prendendo la forma di una mongolfiera! Comunque passiamo alle cose serie. Nightmare è arrivato al primo posto nelle classifiche americane e anche in Europa sta facendo un incredibile successo. Mike non c’è più, vuole risolvere i problemi con i Dream e tutto, quindi i ragazzi sono riusciti a trovare Arin, è giovane ma spacca i culi. Oh giusto, ho un nuovo tatuaggio. Sono andata qualche settimana, di nascosto, e l'ho fatto. Ho fatto proprio quel tatuaggio. La cosa più importante che tu possa mai fare è inseguire i tuoi sogni. Quante volte me l'hai ripetuta? L'ho qui, tatuata sul braccio e ogni volta che la guarderò penserò a te, penserò alla persona che più mi è stata vicina in quei mesi, la persona più sincera e splendida che io abbia mai incontrato. E per questo ti ringrazio James, ti ringrazio per aver creduto in me e per avermi aiutato, ti ringrazio per essere stato quel fratello maggiore che non ho mai avuto, ti ringrazio per tutto il tempo che ti ho fatto perdere a parlare dei miei problemi. Grazie, Jimbo, buon trentunesimo compleanno.» lasciò la rosa bianca sulla lapide, spostando qualche foglia caduta, fece il segno della croce e la baciò.
C'è una storia nella vita di tutti gli uomini.


Mmm, I’m telling you now,
the greatest thing you ever can do now
is trade a smile with someone who’s blue now
it’s very easy just..**
















 





*Indonesia-August Burns Red
**Friends-Led Zeppelin.
(la storia della collana è frutto della mia fantasia, come il resto e scusate gli eventuali errori.)

Ed eccoci con l'ultimo, orribile, noioso capitolo e quasi sono commossa.
Non ci credo, è finita... wow. Non so che dire, non pensavo di arrivare fino a qui, anzi non pensavo proprio di proseguire dal secondo capitolo e questo è un traguardo! A dire la verità Allyson mi mancherà, non so se ci sarà il continuo, poichè, come avete capito, le idee mi vengono fuori quando ne hanno voglia e non saprei proprio cosa scrivere. Ci devo pensare su *si gratta la testa* Mamma mia, ripensandoci ho fatto incavolare ed ho "ucciso" molte persone con i miei ritardi e le mie sorprese, si lo sono sono odiosa :3
Insomma, tutto bene quel che finisce bene!
PEEEERRRRO' non vi liberete facilmente della sottoscritta! Ebbene sì, ho in mente un'altra ff e prima di pubblicarla voglio scrivere due o tre capitolo, poi se farà schifo me ne farò una ragione e rimarrò forevvah alone (?)
E adesso.. diamo il via ai miei soliti ringraziamenti :DD!
Ringrazio:
CristinaSuicidePunk (anche sei hai smesso di leggerla) ti adoro troppo e se non era per questa ff non avremmo festeggiato il nostro quarto mesiversario <3
 SilentMoon mi hai dato tantissimi consigli, sei stata meravigliosa e senza peli sulla lingua <3
 Naomi_A7X io ho rischiato di perdere ogni volta qualche anno di vita con le tue bellissime recensioni, giuro. **
 GiuliaVengeance7  mi fai arrossire come una cretina con i tuoi complimenti AHAHAH <3
 Vengeance_AS  sai che quando scrivevo un capitolo avevo sempre la costante paura di deluderti? ahah, scherzo. Sei vreubyuertby.♥ 
 Heartless Mindnon so quando arriverai a leggere questo, e se mai ci arriverai, però grazie lo stesso ashis, ci si becca a scuola LOL
 AllieSanders  te sei quella figa u.u
Spero di aver scritto tutte D: sennò chiedo perdono!
Ringrazio chi l'ha letta soltanto, chi l'ha messa tra le seguite, preferite e ricordate. GRAZE ABBESTIA, come si dice da me :)
Beh, ho finito di bimbeminchiare (?)
Alla prossima, beautiful people.

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