Eterna Dannazione

di Lost Tsukiko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio e la fine di tutto. ***
Capitolo 2: *** Il Sigillo ***
Capitolo 3: *** La Fame ***
Capitolo 4: *** Londra... ***
Capitolo 5: *** Rientro ***
Capitolo 6: *** Reazioni ***
Capitolo 7: *** Novità... ***
Capitolo 8: *** Debolezze... ***
Capitolo 9: *** L'Ombra Rossa ***
Capitolo 10: *** Richiamo di Sangue ***
Capitolo 11: *** Nero e Grigio ***
Capitolo 12: *** Dolore e Potere ***
Capitolo 13: *** Incontro ***
Capitolo 14: *** Fratelli ***
Capitolo 15: *** Veleno ***
Capitolo 16: *** Il Nome ***
Capitolo 17: *** Urla del Corpo, Urla del Cuore ***
Capitolo 18: *** Virtus Tenebrarum ***
Capitolo 19: *** Fallen Angel ***
Capitolo 20: *** Tears of An Angel ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'inizio e la fine di tutto. ***


Eterna Dannazione

Eterna Dannazione

Oscurità.

Silenzio.

Era dunque questa la morte? No forse no, almeno non per tutti.
Lui non era uno dei tanti, oh no di certo.
Lui non era morto per malattia, incidente, suicidio o omicidio. Soprattutto non era morto per omicidio.
Un uomo che toglie la vita ad un suo simile, nulla sarebbe stato più lontano dalla realtà.
Da quel dannato giorno, da quando aveva stipulato il contratto, non un solo uomo aveva potuto seriamente alzare le mani su di Lui, figuriamoci togliergli la vita.
Qualcuno, tuttavia, se l’era presa la sua vita, oh se lo aveva fatto! Ma ne aveva tutto il diritto, era il suo compenso.
Quel “qualcuno” era tutt’altro che paragonabile ad un infimo e semplice essere umano.

Un sussurro...

Lui sussulta.
No, non è possibile… deve esserselo immaginato.
Lui ora è nel nulla, è Il Nulla.

O così dovrebbe essere… almeno è ciò che Lui pensa.

Come può pensare?
Come può ricordare ogni singolo istante della sua miserevole vita?
Come può avere ancora coscienza di sé?

Lui è morto.
È stato divorato.
La sua anima è stata il cibo per quell’essere impuro.

Che sia la sua punizione eterna per aver sancito il contratto?

Un sussurro… ancora…

 
“Chi è là” vorrebbe urlare.
Si… perché questa volta Lui sa di aver sentito.
Ma nulla risuona, se non un silenzio assordante.
I pensieri si susseguono frenetici, uno dopo l’altro, nella sua mente.

Lui è morto.
Il dolore è scolpito nei suoi ricordi.
Lui ha sentito sulla sua anima ogni singolo straziante “morso” di quell’essere.
Del suo Maggiordomo Nero.
Del suo Demone.
Ma allora come…

“Bocchan…”

 
Non udì più un sussurro, ma una flebile voce.
Chi lo chiamava?
Chi lo tormentava anche in quella sua eterna punizione?
Sì, perché era questo che lui pensava fosse.
 

“Bocchan…”

 
Quella voce. Più chiara. Di nuovo.
Era impazzito?
Sarebbe stato quello il suo tormento eterno?
Udire la voce del suo salvatore e carnefice?
Sentire quel suono tanto famigliare, ma così profondamente odiato?

Piuttosto che udire ancora quella voce suadente e vellutata, avrebbe preferito risentire per mille e mille volte il dolore conosciuto nella morte.
Quel dolore che fu il grido della sua anima straziata dalle fauci di quel Demone.
Quella voce gli riportava alla mente il ricordo di ciò che fu la sua vita e che non sarebbe più stato.

Riuscite sempre a divertirmi, Bocchan

 

“Basta!”
Voleva urlare.
“Smettila!”
Voleva ordinare.
Ma la sua voce non risuonava.
 

Povero piccolo Bocchan…

Lo stava deridendo, come sempre.

“E voi siete permaloso come sempre, Bocchan…”

 “Tu… come osi”
Avrebbe voluto urlargli contro.

“Oserò questo ed altro, Bocchan…”

I pensieri di Lui si fermarono.
Non poteva essere.
Era morto. Lui era definitivamente morto.
Non poteva impazzire, non poteva sentire, non poteva pensare.

Lui non era più.

Come poteva allora quell’essere leggergli la mente se Lui ora era il nulla?
Perché era questo ciò che stava accadendo.
Poco male, morto o non morto se il Demone voleva giocare, Lui l’avrebbe accontentato.

E sconfitto. 

“La vostra mente è proprio come la immaginavo, Bocchan…” 

“Non hai forse già avuto la mia anima, Sebastian?”

“Mai gustato niente di più prelibato, Bocchan…” 

“Cos’altro vuoi Sebastian?”

“La vostra Eternità, Ciel.” 

“ La mia Eternità? Vuoi essere il mio eterno tormento nella morte, Sebastian?”

“Quello non è più il mio nome, Ciel. Ora aprite gli occhi…” 

“Sono morto! Come potrei farlo?”

“Questo non è del tutto esatto, Ciel…” 

“Non li ho più gli occhi, idiota! Non ha senso ciò che dici!”

“Mph…”

“Cosa ci trovi di divertente?”

“Non ci avete nemmeno provato, Ciel… “ 

“Zitto! Non osare chiamarmi così!”

“Piccolo, sciocco Ciel…”

“Tu… Dannato Demone…” 

“Mai Dannato quanto voi… Ciel…”

“C-cosa vuoi dire?”

“Fate ciò che vi è stato detto e lo saprete… Ciel…”

 
Qualcosa era cambiato.
Lui non sentiva più di essere nel nulla. Di essere il Nulla.
Sentiva il suo corpo.
Il suo cuore batteva.
Il petto si alza e si abbassava.

Era… Vivo?

Con tutta la forza che possedeva tentò di aprire le palpebre.
Niente.

“Vi arrendete così facilmente, Ciel?
Ma se è sufficiente una cosa del genere per fermarvi, avrei fatto meglio a lasciarvi al vostro destino 
e godere totalmente l’interezza della vostra anima…
E io che ve ne ho lasciata a sufficienza per vivere…
Speravo di aver trovato chi mi tenesse testa per l’Eternità…”

“Che vai farneticando, la mia anima ti ha dato alla testa?”

“Se aprirete gli occhi lo capirete, Ciel…”

Lui non badò più alle parole di quell’essere, in quel momento aveva altro a cui pensare.
Ritentò e riprovò più volte. Finché, finalmente, i muscoli non risposero.
Un filo di luce gli ferì gli occhi. 


Li richiuse subito.
Troppa luce dopo essere stato nel buio assoluto.
Riprovò e lentamente le palpebre si alzarono, liberando definitivamente gli occhi dall’oscurità.

La figura nera di Sebastian lo sovrastava con il suo solito indefinibile sorriso.

Ciel si alzò a sedere con enorme sforzo.
Osservò l’ambiente. Era una lussuosa stanza da letto dove il rosso cremisi e il nero più profondo tingevano ogni oggetto.
Scese dal giaciglio che lo aveva ospitato fino a quel momento.
Sentiva il suo corpo pesante e gli doleva in maniera indicibile, ma non una smorfia comparve sui nobili tratti del suo viso.

Il Demone, dal canto suo, si limitava a guardarlo con la sua solita espressione stampata sul volto.

Ciel vide uno specchio alla sua sinistra, vi si mise davanti.
La sua esile figura si rifletteva altera e superba.
Percorse il suo riflesso dai piedi fino a arrivare al volto.

Ma non vi trovò quello che per anni aveva visto ogni singolo giorno della sua vita.

Dietro di lui, quello che fu Sebastian, lo guardò negli occhi attraverso lo specchio.
Cremisi nel cremisi, occhi di demone in occhi di demone.

“Siete morto come umano e rinato come demone...
                        Ora siete una mia creatura…
                                    Un essere dall’anima corrotta…
                                                Un Demone…                   

  Benvenuto nella vostra nuova, dannata ed eterna vita, Ciel Phantomhive…”

Colui che fu l’ultimo Conte Phantomhive, il cane della Regina d’Inghilterra, il ragazzino che per vendetta strinse un patto con un Demone, ora fissava con i suoi occhi cremisi il suo nuovo demoniaco riflesso.

 Quello fu il giorno dove ebbe inizio la sua Eterna Dannazione.

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Capitolo 2
*** Il Sigillo ***


Eterna Dannazione - Il Sigillo

Il Sigillo

Sei mesi.
Ventiquattro settimane  d’inferno.
Centosessantotto giorni da quando la sua nuova dannatissima vita era iniziata.

Si, perché il Conte Ciel Phantomhive, non esisteva più come essere umano.

Da quando il suo Demone di Maggiordomo ha deciso, di sua spontanea iniziativa, di trasformarlo in demone, la sua esistenza era cambiata.
Chi glielo aveva chiesto poi? Nessuno.

Lui aveva avuto la sua vendetta e avrebbe voluto morirsene in pace, si fa per dire ovviamente. Non è che si aspettasse chissà cosa, in fondo aveva venduto la sua anima per ottenere la sua personale “giustizia”.

Tuttavia ritrovarsi a fare da servetto o da animale da compagnia, a dir si voglia, a quello che era stato il suo maggiordomo era troppo per Lui.

Lui è stato il Conte Ciel Phantomhive, e che diamine!
Uno dei personaggi con più potere della corte inglese!
Era giunto al limite, il suo orgoglio di nobile non avrebbe mai accettato una situazione simile un solo secondo di più.

Uscì dalle lenzuola di seta blu notte.
Si diresse deciso verso l’armadio per scegliere da sé i suoi abiti, azione ormai consueta visto che non aveva servitù.
L’anta dell’armadio era composta da un enorme specchio, dove il giovane demone guardò, come tutti i giorni, il suo riflesso.
Sembrava un normale essere umano.

Il corpo nudo, elegante e ben proporzionato faceva sfoggio di sé sotto il suo sguardo.
I capelli, color petrolio, erano sempre acconciati alla medesima maniera.
Gli occhi, di un profondo blu cobalto, percorsero la sua figura e… lo vide.

Le iridi si accesero d’improvviso di rosso cremisi.

Vide quel maledetto simbolo nero, che spiccava sulla sua pelle nivea.
Vide quel maledetto simbolo inciso sul suo petto all’altezza del cuore.
Vide quel maledetto simbolo, che lo marchiava come creatura di proprietà di quell’Essere Dannato.

Ciel portò una mano al petto e puntò le unghie affilate come artigli su quel simbolo.
Affondò nella sua stessa carne, fino a lacerare la pelle all’altezza del cuore.
Il sangue sgorgava dalla ferita e macchiava la sua pelle d’alabastro.
Lacrime vermiglie di un cuore oltraggiato.

Ma, come ogni volta, dopo pochi secondi, la carne che era stata lacerata si richiudeva e il sangue si fermava. Nessuna cicatrice restava su quella pelle perfetta.
E, come sempre, quel maledetto simbolo ricompariva perfetto come a prendersi gioco di lui.
Tirò un pugno allo specchio, che andò in frantumi per poi ricomporsi sotto i suoi occhi.

 “Dannazione! Chi voglio prendere in giro? Io sono suo… per l’eternità”

Guardò i suoi occhi riflessi nello specchio.
Quante volte aveva fatto quella scena?
Quante volte si era detto che non avrebbe sopportato oltre?
Ormai ne aveva perso il conto. Sospirò.

Aprì l’armadio, prese i suoi abiti e si vestì.
Uscì dalla sua stanza e percorse il lungo corridoio.

Chi avrebbe mai detto che il suo maggiordomo, pardon  ex maggiordomo, possedesse una tale meraviglia?
Quel palazzo lo aveva colpito fin dal primo giorno, ma non per le dimensioni, che potevano avvicinarsi alla sua ex residenza cittadina di Londra, bensì per lo stile e l’eleganza che trasudavano da quei muri.
La magione Phantomhive, in confronto, era quasi una casolare di campagna.
Ogni elemento era composto da materiali preziosi e nulla, nemmeno un particolare, era costruito con materie dozzinali o di basso valore.
I colori predominanti della struttura erano il nero e le varie tonalità del grigio.
Le stoffe variavano dal rosso rubino al rosso cupo, colore del sangue.
L’unica stanza che faceva eccezione era la sua dove i tendaggi e la biancheria da notte era di varie sfumature di blu.

I suoi passi risuonavano nel corridoio, il silenzio era totale, come sempre.
Non c’era da stupirsi, era l’unico occupante della dimora in quel momento.

Arrivò alle scale.

Prima di scendere, il suo sguardo si perse nel buio del corridoio che continuava alla sua destra.
Quella era la Sua ala della villa.
Lì c’era la Sua stanza da letto.

Solo una volta era stato lì.
Solo una volta era stato nella camera di quell’essere.
Solo quel maledetto giorno.
Il giorno in cui era iniziato quell’incubo.


I ricordi si risvegliarono prepotentemente nella sua mente.

Flashback

“Ora siete una mia creatura…
Un essere dall’anima corrotta…
Un Demone…
Benvenuto nella vostra nuova, dannata ed eterna vita, Ciel Phantomhive…”

Silenzio.
Un silenzio assordante riempiva quella stanza da letto.
 
Il ragazzo sentì  la furia che montava sempre di più dentro di lui.

“Cosa mi hai fatto Dannato?”

“Non lo vedete da solo, Ciel…?” 

Quante volte aveva visto, in passato, gli occhi di Sebastian tingersi di cremisi?
Troppe per non vedere che i suoi occhi ora erano identici.
La sua testa era percorsa da mille pensieri, ma non riusciva a formularne nessuno di senso compiuto.
Chinò la testa in avanti, fino a coprire gli occhi, che ora lo ripugnavano,  con la frangia.
Prese un profondo respiro.
Doveva liberare la mente e far funzionare il cervello.

Fortunatamente, il dolore provato fino a pochi istanti prima era quasi del tutto svanito.
Il senso di pesantezza che lo opprimeva era sparito.
Alzò lo sguardo nuovamente sulla sua immagine.
I suoi occhi erano tornati di quello splendido blu cobalto che tutti ammiravano.

Non si sarebbe arreso.
Lui era Ciel Phantomhive, che fosse umano o demone erano dettagli.
Quel Essere non l’avrebbe avuta vinta. Mai.

 Tumph

 Le sue pupille si dilatarono.

 Tumph

 Il suo respiro divenne sempre più corto.

 Tumph

Il suo cuore era impazzito

Tumph Tumph

 La sua testa stava per scoppiargli

 Tumph Tumph Tumph

 Il suo corpo stava come bruciando.

 Tumph Tumph Tumph

Le ginocchia cedettero.
Si accasciò contro lo specchio.

Urlò.
Urlò come non aveva mai fatto.
Il calore si era concentrato sul suo petto, sul cuore.

Strappò la camicia.
lo vide per la prima volta.
Sulla sua pelle lattea un sigillo incandescente era comparso.
Il simbolo che prima adornava il suo occhio, ora, era sul suo cuore.

“Anf… anf… Che diavolo…”

Il Demone maggiore si avvicinò e si abbassò per mettersi alla stessa altezza del più giovane.
Con due dita nude percorse le linee, ormai scure, del sigillo.
Un brivido attraversò la spina dorsale del ragazzo.

Ciel seguiva con le sue iridi blu i movimenti di quella mano.
Le dita affusolate di colui che fu il suo maggiordomo continuarono il loro percorso.
Passarono dal simbolo sul petto, alla clavicola.
Poi al collo.
Giunsero infine al mento.
Con una leggera pressione, quell’essere, obbligò colui che era stato il suo padrone ad alzare il viso, così che potessero guardarsi negli occhi.

Cremisi nel blu.

 Ora siete uno dei miei Vassalli, o se preferite un mio Alfiere o un Cavallo… a voi la scelta Ciel”

“Non sarò mai tuo!”

La mano che aveva osato toccarlo fu scacciata. 

“Mph… Povero sciocco Ciel… lo siete già…”

Quanto odiava quel sorriso.
La rabbia dentro di lui crebbe.
Il blu divenne cremisi.
I canini si appuntirono.
Le unghie si affilarono.

La sua mano stava per avventarsi sul collo di quell’odiato essere.
Si bloccò di colpo, a pochi centimetri dalla gola.

Dolore.
Dolore lancinante.
Il sigillo bruciava come il fuoco dell’inferno.

“Non potrete mai alzare la mano contro di me Ciel.
Il sigillo ve lo impedirà fino ad arrivare quasi ad uccidervi se necessario.
Rassegnatevi. Siete mio. Per l’Eternità”

“M-mai. N-non mi sottometterò mai a te… mai…”

 Dopo quello il buio.

        Fine Flashback

Scosse la testa per scacciare quei ricordi maledetti.
Riprese il suo cammino e scese le scale. 

Si diresse verso la biblioteca, dove passava la maggior parte del suo tempo. Stava dedicando ogni minuto possibile alla ricerca di una qualche scappatoia a quella situazione. In quella moltitudine di testi umani e soprattutto non umani doveva trovarsi una soluzione al suo problema.

Arrivò, finalmente, alla sua meta.
Afferrò la maniglia d’argento.
Il sigillo reagì.
Un brivido gelido gli corse lungo la spina dorsale.
Era tornato.
Quell’essere Dannato era tornato.
Solo il sapere di vederlo lo faceva andare ai pazzi. 

E sia, scappare non sarebbe stato da lui, non era nemmeno pensabile.
L’avrebbe affrontato a testa alta, come sempre.
Fece un respiro profondo ed oltrepassò la soglia.

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Capitolo 3
*** La Fame ***


Eterna Dannazione - 3 La fame

La Fame


Ciel entrò nella grande biblioteca.
Non vide nessuno, ma sapeva che Lui si trovava lì.
Dopo due settimane era tornato.
Lo sentiva.

Era una delle tante “capacità” demoniache.
Non si era ancora abituato, seppure fossero passati mesi.
Quel giorno, stranamente, i ricordi del “dopo trasformazione” riaffioravano in continuazione…
Gli tornarono in mente i giorni dove incominciò ad “imparare” ad essere un demone…

Flashback 

I primissimi giorni furono traumatici.
Tutte le abitudini umane come mangiare, bere o anche semplicemente dormire avevano perso il loro significato. Un demone si nutriva di cibo comune, non aveva bisogno di bere men che meno di dormire, anche se erano tutte azioni che poteva compiere. Tuttavia, i sapori non erano gli stessi e il sonno era privo di sogni.

Nonostante ciò, Ciel continuava a mangiare cibo umano ogni qual volta ne avesse l’occasione, a bere e soprattutto a dormire.

L’ex maggiordomo lo scherniva per questo suo ostinato attaccamento all’essere umano che era stato.

Il Phantomhive sopportava, non gli dava corda.
Stringeva denti e pugni, ma non gli diede mai la soddisfazione di vederlo andare su tutte le furie.
Fu difficile evitare di far uscire fuori il suo lato demoniaco, ma ci riuscì.

Odiava i suoi occhi da demonio.
Odiava il cremisi che si sostituiva al blu.
Odiava tutto ciò che rappresentavano.

Questi sentimenti alimentarono la sua testardaggine.
Non uscì dalla sua stanza finché non fu in grado di mascherare l’ira più profonda.
In pochi giorni aveva acquisito una notevole capacità di controllo sulle manifestazioni della sua nuova natura.

In quei giorni sperimentò, inoltre, nuove sensazioni e nuovi bisogni.
I suoi sensi erano più acuti.
La sua forza e resistenza fisiche erano aumentate.

Ma non è tutto oro quello che luccica.
Le sue nuove capacità avevano un prezzo.
Più le utilizzava più la “fame” aumentava.

Una “fame” completamente diversa da quella umana.
Una “fame” che ti assillava.
Una “fame” che bramava di essere soddisfatta.

La “fame” di anime.

Il suo ex servitore non si sognò nemmeno lontanamente di dargli delucidazioni a tal proposito, e lui, ovviamente per orgoglio, non le chiese.
Fu quella la causa scatenante la ricerca d’informazioni da parte del ragazzo.

Esclusa l’ala dove si trovavano le stanze del demone maggiore, la villa non aveva limiti per lui.
Ogni volta che il suo padrone, quanto odiava considerarlo tale ma era la realtà dei fatti, usciva per “cercare un pasto decente”, parole sue, il giovane esplorava lo stabile in lungo e in largo.

Fu così che, un mese circa dopo la sua trasformazione, la trovò.
Trovò un rifugio dove non sentirsi un abominio.
Trovò le risposte a molte domande.
Trovò la biblioteca.

La “fame”, tuttavia, era ormai quasi insostenibile.
Da quando era rinato non si era mai nutrito come avrebbe dovuto.
Fortunatamente, nei testi demoniaci poté recuperare le informazioni che gli servivano.

Lui era un “demone incompleto”, in primis perché prima era stato un essere umano, secondariamente perché la sua anima non era completa poiché era stata per gran parte divorata.
In quanto tale, era destinato ad essere subordinato al suo signore in eterno.
Ma, ebbene si c’era un “ma”, se fosse riuscito a diventare un demone completo la sua sudditanza sarebbe svanita.

Come riuscire nell’impresa non gli era ancora dato saperlo.
Sfogliò libri su libri, rotoli su rotoli, pergamene su pergamene.
Niente.

I giorni passavano e la “fame” aumentava.
Non riusciva quasi più a ragionare.
Doveva mangiare.
Sapeva cosa e sapeva come.
Gli mancava solo la materia prima.

Non era prigioniero, poteva lasciare la villa in qualsiasi momento.
L’edificio si trovava in Inghilterra, o meglio in teoria.
In pratica era una costruzione fuori dallo spazio e dal tempo in cui vivono gli essere umani.
Solo il proprietario della villa e i suoi vassalli potevano accederci e lasciarla liberamente.

Seppur restio a decidersi, per la prima volta, uscì per cercare il suo primo pasto.
Saper di dover uccidere un essere umano lo disgustava, ma non vi era altra soluzione.
Doveva nutrirsi.
Non farlo avrebbe solo significato star male per poi diventare una belva senza raziocinio.
Non sarebbe certamente potuto morire di fame, nemmeno se lo avesse voluto.
Non poteva morire se non ucciso da un altro demone o da uno Shinigami.

Tch stupida natura demoniaca!

La sua prima vittima fu un semplice contadino.
Egli desiderava vendetta per l’abuso fatto sulla figlia.

Era piuttosto consueto, nella profonda campagna inglese, e non solo, che alcuni signorotti sfruttassero ancora la loro posizione come nel medioevo. Non era la “ius primae noctis”, ma il funzionamento era molto simile.

Fu più semplice di quanto si aspettasse.
Vendicato l’onore di quella stolta contadinotta reclamò il suo pagamento.
E lo fece nel modo più violento.
La “fame” era troppa.

Il lato demoniaco prese il sopravvento.
Trafisse con un sol colpo il cuore dell’uomo.
Ritirando la mano, gli strappò l’anima.

Divorò l’anima come una belva divora la sua preda.
Con ingordigia e avidità.

Nemmeno i piatti che cucinava Sebastian erano così… buoni.
Non aveva assaporato mai nulla di così delizioso.
Ne voleva ancora e ancora.

Ma non era il momento, doveva rientrare e finalmente a mente lucida, si fa per dire, avrebbe cercato una soluzione al suo stato.

Fine Flashback

Da allora erano passati mesi, si era nutrito il necessario per mantenere la lucidità.
Le ricerche non avevano dato frutto sul fronte “completezza demoniaca”.
Tuttavia di recente stava scoprendo parecchie cosucce interessanti sul suo “padrone”.
A quel pensiero un ghigno si formò sul suo volto.

I suoi passi risuonavano tra gli scaffali della biblioteca.
Arrivò alla sala di lettura.

Era illuminata solo da timidi raggi di sole che filtravano tra i tendoni ancora tirati.
Una figura, tuttavia, si stagliava ugualmente in quel leggero chiarore.
Era appoggiata alla scrivania in mogano.
Non si era sbagliato, come avrebbe potuto.
Lui era rientrato ed era lì.
In quello che considerava il suo rifugio.
Tipico comportamento di quell’essere.
Invadere i suoi spazi, come se niente fosse.

“A quanto pare siete tornato…”

“Siete perspicacie…”

Ciel si morse la lingua.
Non era un masochista, o meglio non lo era fino a quel punto.
Il dolore che s'infliggeva ogni mattina non lo faceva per il gusto di farlo.
Era uno sfogo, un vano tentativo di togliere quella “macchia” dalla sua pelle.

Se avesse reagito alle provocazioni del demone, lì si che avrebbe potuto definirsi masochista.
Il dolore che provocava quel dannato sigillo non era paragonabile a nessuna ferita.
Ti divorava dall’interno.
Ogni singola cellula veniva attraversata da una scarica di dolore.
Gli era bastato provarlo una volta.

“Avete trovato anime di vostro gradimento…?”

“Per nulla… dopo aver assaporato la perfezione tutto il resto è privo di gusto…”

Gli occhi del demone si illuminarono a quel ricordo.
Inconsciamente si leccò le labbra.

Un brivido percorse Ciel al ricordo delle fauci di quell’essere sulla sua anima.

“Voi invece Ciel sempre gli stessi rifiuti?
Dovreste impegnarvi un po’ di più… Non eravate voi che volevate sempre il meglio?
I prodotti di primi qualità? La cottura perfetta?
O forse, era solo un capriccio e non sareste stato in grado di sentire la differenza?”

“Cercherò di migliorare… Mi ricorderò delle vostre parole, My Lord…”

Solitamente le avrebbe quasi sputate quelle parole.
Quel giorno tuttavia, forse per disattenzione o per la poca lucidità dovuta al ritorno della “fame” le disse automaticamente, senza contare il tono accondiscendente.
Che stesse inconsciamente accettando la situazione?
Dentro di sé si stava maledicendo in tutte le lingue conosciute.

Il Demone maggiore lo osservò attentamente.
Le pupille si ridussero a due punte di spillo.
Si alzò lentamente dalla scrivania alla quale era appoggiato.
Chiuse il libro che stava sfogliando distrattamente fino a pochi secondi prima.
Con il passo elegante che lo aveva sempre contraddistinto superò il più giovane.
Le sue labbra lasciarono fuggire poche parole, ma furono pesanti come macigni.

“È stata solo una perdita di tempo, senza la tua vendetta non sei nulla”

I passi risuonarono nella biblioteca fino a sparire dopo la chiusura della porta.

Il giovane era rimasto gelato sul posto.
Quelle parole gli risuonavano nella mente.
Più i secondi passavano più il suo cuore diventava pesante.
Una sensazione di inadeguatezza mai provata si fece strada dentro di lui.

Cosa gli stava succedendo?

Fece un profondo respiro.
Era sicuramente la “fame”.
Le anime che cacciava non gli bastavano più.
Erano troppo “deboli” e non erano più deliziose come all’inizio.
Il suo palato si stava affinando.

Quella sera sarebbe uscito a cercare qualcuno di adatto a diventare il suo primo pasto decente.



§----------§ NDA §----------§

Ciao a tutti!

Innanzitutto Hitomi voleva ringraziare chi ha recensito la storia, ossia ciel phantomhive98, Lucky08 e SaraMichaelis ^_^ Ringrazia anche voi che l’avete inserita nelle seguite , ricordate e preferite!
Infine anche i lettori silenziosi…

Hitomi: Anche Tsukiko il più delle volte è come voi!
Tsukiko: Taci o ti mollo il pc e ti faccio scrivere e pubblicare la storia da sola! è_é
H: Nononono ti prego non saprei da dove iniziare T^T Scusa scusa nee-chan …
T: Sarà meglio… una piccola rivincita ogni tanto u_u  Cooomunque torniamo a noi…

Dopo tutti questi ben ringraziamenti un paio di note( più che dell’autrice sono mie ndTsuki).
La prima è che non dovete abituarvi a questi aggiornamenti rapidi, Hitomi nee-san ora è ispirata, ma non so quanto durerà conoscendola u_u
Farò del mio meglio per spronarla.
Fortunatamente ha già un paio di capitolo abbozzati, nel weekend si è data parecchio da fare… quindi il rallentamento delle pubblicazioni sembra scongiurato, almeno a breve termine.
La seconda è che sono contenta, ma veramente tanto, che stiate apprezzando questa fic.
Hitomi si è buttata non credendo che sarebbe piaciuta, ogni lettore silenzioso per lei è un grande traguardo, non parliamo poi di chi commenta, segue o preferisce u_u
Ora basta cianciare… Vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo!

                               Tsukiko 

P.s. Vere NDA

Se avete dubbi o suggerimenti o correzioni o che ne so ditemelo pure… le critiche costruttive sono SEMPRE ben accette ^_^
Grazie ancora a tutti!

                               Hitomi

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Capitolo 4
*** Londra... ***


Londra...

Londra...


Era ormai l’imbrunire quando Ciel lasciò la villa.
Le parole che aveva rivolto al demone maggiore gli risuonavano nella mente.
Non era mai successo che gli si rivolgesse così.
Lui chiamare in modo così accondiscendente “My Lord” quel dannato…
Come aveva potuto abbassarsi a tanto?
Eppure non era quella la ferita che faceva più male al suo orgoglio.

“È stata solo una perdita di tempo, senza la tua vendetta non sei nulla”

Era vero?
Effettivamente ora non aveva più un obiettivo di tale importanza che lo spingesse a vivere.
Non era più spronato dalla sua vendetta.
Per cosa viveva ora?

Per se stesso?
No, se fosse stato per lui avrebbe potuto morire all’istante.
Per farla pagare al suo carissimo ex maggiordomo per il tiro mancino?
Forse… no nemmeno per quello.
Per cosa allora?
Non lo sapeva.

Aveva l’obiettivo di diventare demone completo.
L’obiettivo di tornare ad essere il padrone della sua esistenza.
L’obiettivo di essere libero.

Libero di fare cosa poi?
Libero di vivere un’eterna esistenza senza uno scopo?
Che libertà era mai quella?

Immerso in quei pensieri ad un certo punto rammentò le parole del suo “padrone”.
Le parole che aveva pronunciato alla sua nascita demoniaca.

“Speravo di aver trovato chi mi tenesse testa per l’Eternità…”

Tenergli testa?
Come diamine avrebbe mai potuto con quel dannato sigillo?
Anche se fosse diventato più forte nutrendosi di anime di qualità, cosa avrebbe mai potuto fare lui?
Mero Vassallo destinato all’obbedienza.
Voleva un passatempo, ecco cosa voleva.
Lo aveva trasformato per divertirsi a vedersi servire da colui che lo aveva comandato.

Doveva sciogliere quel marchio.
Non sarebbe più stato un divertimento per quel dannato.
Lui, nato Conte Phantomhive, sarebbe diventato un demone più potente del suo creatore.

Con quella nuova convinzione arrivò in vista della capitale.

Londra sembrava essere la stessa di sempre, eppure qualcosa nell’aria era diverso.
Era palpabile, che si fosse demoni o meno.
In fin dei conti non c’era da stupirsi, dopo quella notte tutto era cambiato.

The Night of Bloody Snow…

Mai nome fu più adatto.
In quella notte, l’ultima della vita umana di Ciel, la neve si era tinta di sangue.
Il puro candore di quel soffice manto venne insozzato di tinte vermiglie frutto della morte.

Circa la metà dei nobili appartenenti alla corte fu trucidata.
Pensare che era lui, o meglio il demone che prima era al suo servizio, la causa di tutto lo fece sorridere.
Sorrise di quella che la gente comune considerava una tragedia.
Quanto si sbagliavano…
Quella non fu mera violenza, ma un’epurazione.

La notte del 7 febbraio 1895.
La notte in cui il Conte Ciel Phantomhive ebbe la sua vendetta.
La notte dove la vendetta si tinse del colore del sangue.

Al popolino, ovviamente, venne tenuto tutto segreto.
Gli venne rifilata la classica storia del pazzo rivoluzionario antimonarchico.
Nulla seppero e nulla avrebbero mai saputo.
I problemi dei nobili non li riguardavano.
In fondo, il problema era nato tra loro e tra loro si era risolto. 

“Affaire of the White Rose” lo chiamavano gli aristocratici.
Un nome molto elegante per definire il tentativo di sterminio di una famiglia scomoda.
Un nome quasi dolce per mascherare un progetto così empio, che coinvolgeva bambini innocenti.
Un nome che indicava un piano così ben orchestrato che solo grazie alla sua astuzia e al suo perfetto maggiordomo era riuscito, finalmente dopo dieci anni, a portare alla luce.

Tutti i pezzi del puzzle ebbero un volto e un ruolo.
Ogni singolo colpevole fu trovato e giustiziato.
Tutta la documentazione fu recapitata alla Regina e al resto della corte.
Tutti erano stati informati del perché tanto sangue fosse stato versato.

Il ricordo del dolce sapore della sua vendetta lo fece fremere.
Era valsa la pena aspettare dieci lunghissimi anni.

“Ma guarda un po’ chi abbiamo qui… il piccolo Conte…”

No, non era possibile.
Quella decisamente non era la sua giornata.
Quante probabilità c’erano di incontrare quel pazzoide?
Cosa aveva fatto di male?
Ok, domanda idiota.

“Allora è proprio vero quello che si dice sul tuo conto… Ora sei uno di loro

 “Sparisci Shinigami da strapazzo!”

“Ma come siamo scontrosi… cos’è il tuo Padrone ti ha fatto arrabbiare?”

Il braccio di Ciel si mosse con una velocità impressionante.
Quasi senza sapere come, sbatté le Shinigami contro il muro del vicolo tenendolo per il collo.
Il bellissimo blu cobalto dei suoi occhi divenne rosso cremisi.

“Ti ho detto di sparire”

Fu più simile ad un ringhio che al suono della sua voce.
Gli occhi verdi del Dio della Morte si assottigliarono.

“Credi forse di spaventarmi moccioso? Potrei farti fuori in tempo zero…
Anzi direi che è proprio quello che farò… così potrò rivedere il mio adorato Sebas-chan…
Oh Sebas-chan…”

Ecco, aveva iniziato a farneticare come al suo solito.
Ma in questo mondo un essere normale esisteva?

Ciel mollò la presa.
Una forte emicrania prese a martellare la testa del ragazzo.
Ci mancava anche questa, un demone con il mal di testa.

Dannazione, voleva solo mangiare.
Era un reato? Beh in un certo senso lo era…
Ma in natura il forte mangia il più debole, no?
Perfetto, stava perdendo il ben dell’intelletto.
La sola vicinanza con quell’essere vestito di rosso lo rimbecilliva.

Lentamente il giovane si diresse verso la strada principale.
Voleva mettere più spazio possibile tra se stesso e quello Shinigami.

 “Ehi, aspetta un attimo!”

L’essere vestito di rosso gli si parò davanti.

“Non ho tempo da perdere con una nullità come te…”

“Eh no mio caro, qui la nullità sei TU!”

Ciel lo scartò di lato e lo superò.

“Sei tu che sei diventato un Vassallo demoniaco non io…
Pensavo ti interessasse diventare completo, ma a quanto pare mi sono sbagliato…”

Il ragazzo si bloccò a quelle parole.
Lui era uno Shinigami come avrebbe mai potuto avere la soluzione ai suoi problemi?

“Non so di cosa tu stia parlando Grell…”

“Dici? Allora a cosa devo la reazione di prima?
Sai perfettamente che il mio dolcissimo Sebas-chan è il tuo padrone ora.”

“Stai vaneggiando…”

“Affatto. La prova è il sigillo su di te.
Ne sento la “puzza” da qui…”

“Non provocarmi Shinigami! Non sono più un debole essere umano”

Ciel si girò di scatto.

“Povero piccolo Conte… Che destino crudele…
Diventare il servo del suo stesso maggiordomo…”

Giurò che un giorno o l’altro quel sorriso glielo avrebbe distrutto.
Avrebbe fatto cadere uno ad uno tutti quei denti.
Poi, per rendere le cose più interessanti gli avrebbe, perché no, cavato anche gli occhi.

Il suo sguardo era terrificante.

“Sto tremando dalla paura Ciel-chan”

Tu… Dannato…”

“No fermo! Qui il dannato sei tu, non io di certo…
Comunque… se vuoi sapere come risolvere la tua questioncina posso aiut-“

Il Big Ben batté le 22.00.

“Oh per tutti i me stesso! Sono in ritardo… questa volta Will mi farà lo scalpo!
Alla prossima Ciel Phantomhive… Ah salutami il mio caro Sebas-chan!”

E così com’era apparso se ne andò.

Il giovane era rimasto gelato sul posto.
Quel Dio della Morte da strapazzo lo voleva “aiutare”?
Magari senza avere niente in cambio, un buon samaritano insomma.
Si certo, come no, infatti lui è ancora umano e vive felicemente con la sua famiglia!
Tch, non si sarebbe fatto fregare.
Ma avrebbe saputo far tornare tutto a suo vantaggio, come sempre aveva fatto in passato.

Mentre era perso nei suoi pensieri,  la fragranza di un’anima attirò la sua attenzione.
Non aveva nulla a che fare con quelle di cui si era cibato in precedenza.
Oh, no.
Sarebbe stato come paragonare un pasto di una bettola ad uno preparato dal suo ex maggiordomo.
Non c’era confronto. 

Aveva fatto decisamente bene a tornare a Londra.
Doveva dare ragione, e gli bruciava terribilmente, a quell’Essere Dannato.
Le anime che aveva assaporato fino a quel momento erano veramente di infimo livello.

Uscì dal vicolo e cercò il possessore di quella delizia.
Era lì, poco lontano da lui, in fondo alla strada.
All’ingresso della villa di un duca che fu una sua conoscenza in vita.
Una ragazza graziosa ed elegante sui vent’anni.
Abbastanza alta e slanciata, dai capelli color cacao e lo sguardo dorato.
Addobbata a festa, per un ballo sicuramente.

Ciel si umettò leggermente le labbra pregustandosi quella delizia…


§-----§ NDA§-----§

Ciao a tutti! Aveva parlato troppo presto, la nostra Hitomi ha cestinato 3 capitoli pronti domenica... questo è quello che ha partorito ieri ^_^
Mi si era completamente bloccata T^T

Hitomi: Senti non cominciare tu! A volte capita di bloccarsi o riscrivere, eh!
Tsuki: Lo so... ringrazio solo che non avevo già trascritto e formattato se no ti uccidevo è_é
H: Chi uccidevi scusa??? *arrotola i fogli e colpisce Tsuki in testa*
T: N-nessuno nessuno nee-san ^_^ *vigliacca*
H: Hai detto qualcosa?
T: Chi io??? Nono figurati... beh torniamo a noi...

Spero non ci siano troppi errori, l'ho riletto molto velocemente, nel caso ne trovaste segnalatemeli che li correggo...
Beh al prossimo, Hitomi permettendo, capitolo!!!

Tsuki


§-----§VERE NDA§-----§

So che nello scorso capitolo è stato scioccante leggere quelle due paroline dette da Ciel, ma era il punto di rottura necessario al nostro Bocchan.
Spero vi piaccia anche questo capitolo, anche se non ne sono convintissima...
Ringrazio ancora tantissimo chi ha recensito, chi segue e chi preferisce! Vi adoro...
Alla prossima!!!

Hitomi

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Capitolo 5
*** Rientro ***


Rientro

Rientro






Fu sufficiente un solo mese per potersi gustare quell’anima.
Meravigliosa.
Nessun’altra parola poteva descriverla.
Non aveva nulla a che spartire con i suoi pasti precedenti.

Si sentiva, inoltre, molto diverso.
Come se quell’anima gli avesse dato della nuova forza vitale.
Avrebbe potuto affrontare il mondo intero se fosse stato necessario.
Ma non era il mondo che doveva affrontare, bensì un solo essere.

Il giovane non era molto propenso al ritorno alla villa.
Eppure doveva tornarci, incominciava a sentire il sigillo in maniera fastidiosa.
Essere un Vassallo demoniaco lo obbligava a correre ad un richiamo del padrone.
Più si ignorava il richiamo più il sigillo bruciava.

Aveva appena concluso il suo contratto.
Voleva godersi Londra almeno per qualche giorno.
Decise così di girovagare per i luoghi della sua vita umana.
Che il suo padrone aspettasse pure.

Sebbene Ciel avesse da poco appreso l’arte del cambiare aspetto, gli riusciva egregiamente.
D’altronde non avrebbe potuto girare liberamente con il suo viso.
Essere demone non aveva solo lati negativi in fondo.

Durante il contratto non aveva mostrato il suo vero aspetto.
Si era presentato  alla sua vittima come Sebastian fece a suo tempo.
Era rimasto nascosto dall’aura demoniaca.
Non aveva mostrato la vera forma.
Non perché non fosse in grado.
Solamente perché non voleva sapere come fosse realmente il suo corpo.

In seguito aveva preso l’identità che il suo pasto aveva scelto per lui.
Una volta cibatosi della sua vittima ritornò al suo aspetto umano.

Ora, però, doveva mutare nuovamente per girare indisturbato.
L’aspetto del Conte Phantomhive era molto conosciuto e lui non era scomparso che da qualche mese.

Lentamente l’aria attorno al corpo del giovane divenne più nera della notte più cupa.
Solo due rubini rosso sangue perforavano quell’oscurità.

In pochi secondi quell’alone opprimente iniziò a dissolversi.
Lentamente emerse la figura un ragazzo sui venticinque anni.
Lunghi capelli color grano ricadevano sulle sue spalle.
Il verde foresta aveva preso il posto del cobalto nei suoi occhi.
Lineamenti gentili ma ugualmente virili formavano il suo viso.
Alto e slanciato, il suo corpo era fasciato da uno splendido abito blu notte.

Con passo elegante ripercorse i luoghi a lui un tempo famigliari.

Giuse quasi senza pensare a quella che fu la sua abitazione di Londra.
L’aveva lasciata in eredità a coloro che furono i suoi domestici.
La sua vedova sicuramente avrebbe potuto farne a meno.

Già, la sua vedova.
Chissà come se la cavava Elisabeth.
Non che le mancasse, ma in fondo le aveva sempre voluto bene.
Non come avrebbe dovuto e meritato comunque.
Per lui era sempre stata un cugina e un’amica nulla di più.

Gli ritornò in mente il giorno del matrimonio.
Un brivido gli percorse la schiena.
Che ricordi terribili.

Non aveva potuto sottrarsi a quel supplizio.
Compiuti i 18 anni non poté più rimandare il matrimonio con Lizzi.
Aveva già atteso troppo.
Se avesse tirato ancora, la corda si sarebbe spezzata.
I suoi zii e la stessa Regina premevano per quelle nozze.
Così, con sommo divertimento di Sebastian per i suoi patimenti, il matrimonio ebbe luogo.

Recitò la parte del novello sposo alla perfezione.
Un po’ troppo serio forse, ma fu convincente.
Elisabeth, dovette ammetterlo, era radiosa.
Si sentì quasi in colpa per tutta quella sceneggiata.
Ma quello che successe in seguito cancellò ogni senso di colpa.
Non furono la cerimonia tediosa, il banchetto nuziale o tutti gli obblighi che l’etichetta imponeva i momenti peggiori.
Il vero orrore fu la prima notte di nozze.
Fu la penitenza per quella messinscena, ne era convinto.
Per aver sposato una donna che lo amava, ma che lui mai avrebbe ricambiato.

Il Phantomhive non era più fanciullo da tempo.
Sapeva cosa sarebbe accaduto, anche se non aveva esperienza diretta in quel campo.
Non si poté dire che non fu piacevole, tuttavia il senso di disagio batté tranquillamente il paciere provato.
Fu per questo che il fatto non si ripeté che poche volte in due anni di matrimonio.
Solamente lo stretto necessario per non destare sospetti.

Brutti ricordi, ma che stranamente lo rendevano quasi nostalgico.
Non perché gli mancasse Lizzi o la vita matrimoniale.
Gli mancava la sua vita umana.
I disastri che combinavano i suoi servi.
I casi che gli venivano affidati dalla Corona.
E soprattutto, doveva ammetterlo, poter disporre come voleva di una pedina come Sebastian.

Alla fine tra vari luoghi e un ricordi trascorse una settimana per le vie di quella città.
Il dolore portato dal sigillo stava aumentando vertiginosamente.
Aveva rimandato anche troppo il suo rientro.
Il padrone lo stava decisamente richiamando.

Si allontanò da Londra e riprese il suo aspetto.
Giunse in breve tempo in prossimità della sua meta.
Attraversò il confine spazio-temporale ed entrò nella villa.
Il silenzio, come sempre, regnava in quel luogo.

Il Phantomhive giunse nel salone principale.
Si diresse a passo deciso verso la poltrona che occupava solitamente.
Ignorò bellamente l’altro essere presente nella sala.
Si accomodò elegantemente accavallando le gambe.
Prese il libro che era stato lasciato, da lui stesso, sul tavolino posto alla destra della poltrona.
Senza proferire parola iniziò a sfogliarlo.

Entrambi sapevano che il ragazzo fingeva di non averlo visto.
Ma solo uno di loro conosceva il vero motivo.
Sicuramente quell’uno non era colui che era stato conte.

L’ex maggiordomo non poteva farsi sfuggire una simile occasione ovviamente.
Adorava torturare la “sua creatura”.
Così iniziò...

“Finalmente mi avete degnato della vostra presenza, Ciel”

Quanto lo odiava quando usava il suo nome.
Un girono o l’altro gliele avrebbe fatte pagare tutte.

Già, ma quando…

“Senza la tua vendetta non sei nulla…”

Quella conversazione gli risuonava nella testa in modo assordante.

“La vostra caccia è terminata già da tempo… incominciate ad avere buon gusto, vedo…” 

“Per quale motivo mi avete chiamato” 

Rispose senza alzare gli occhi dalle pagine.

 

“Il padrone non deve dare spiegazioni al suo servo…

Dovreste saperlo…”

Si prendeva gioco di lui come sempre.
Tch, con la coda dell’occhio vide il solito sorrisetto sornione.

Lo stesso viso da più di dieci anni,
Stranamente anche dopo la fine del contratto il demone aveva mantenuto l’aspetto di Sebastian.
Ciel non lo aveva ancora visto nella sua vera forma.

Il ragazzo alzò un sopracciglio.

“Capisco. Allora se non avete altro da dirmi, se non vi dispiace mi ritirerei.”

Non riusciva a stare oltre nella stessa stanza con quell’Essere.
Si sentiva dannatamente inferiore.
Non lo sopportava.
Così posò il libro e senza attendere il permesso Ciel sparì.

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Capitolo 6
*** Reazioni ***


Reazioni

Reazioni





I giorni si susseguirono.
Lenti, sempre uguali.
Tutto sembrava scorrere come sempre.
Sembrava, appunto.

Dal giorno del “rientro” di Ciel qualsiasi frecciatina, sbeffeggiamento o provocazione da parte del demone maggiore non avevano effetto sul ragazzo.

Eppure Sebastian era un maestro nell’irritare il suo ex Bocchan.

Neppure punzecchiarlo per la scelta delle vittime, oppure per la sua testardaggine nel restare ancorato alla sua umanità, e nemmeno per le difficoltà che a volte il giovane conte incontrava a causa della sua nuova natura, avevano effetto.
Era tutto inutile.
Era diventato una bambola, almeno in presenza dell’ex maggiordomo.

Esternamente il ragazzo non faceva trasparire emozioni.
Dentro di lui, tuttavia in quelle occasioni, provava un senso di delusione mista a dolore.
Il senso di inferiorità non era sparito, anzi era aumentato.

Nelle sue stanze, invece, sfogava la sua frustrazione ferendosi o distruggendo oggetti.

Non per le prese in giro.
A quelle ormai era immune.
Stranamente non gli facevano né caldo né freddo.
A farlo andare in bestia erano quelle emozioni che non si sapeva spiegare.

Nemmeno il nutrirsi con anime di qualità serviva a schiarirgli la mente.

Dopo circa tre settimane, forse annoiato dal suo personale giocattolo “rotto”, il demone maggiore aveva smesso di infastidirlo.
Di colpo Sebastian divenne solo una presenza senza voce.

Nemmeno una parola, non che la cosa infastidisse Ciel anzi, ma la situazione non gli piaceva per niente.
La normalità era essere tediato da quell’Essere e restare impassibile.
Il suo sesto senso gli diceva che qualcosa non andava.
I conti non tornavano.

Il vecchio Sebastian non avrebbe mai rinunciato ad infastidirlo, anche in mancanza di reazioni.
Soprattutto in mancanza di reazioni.
Tuttavia si godette quel periodo di pace per affinare le sue capacità.
Da quando aveva iniziato a cibarsi di anime decenti i suoi poteri erano aumentati e richiedevano maggiore attenzione.

I giorni passarono e divennero settimane.
Le settimane divennero mesi.
La situazione non sembrava mutare.
Il demone maggiore non fiatava e il più giovane si esercitava nella arti demoniache

Dopo quasi quattro mesi Ciel accese finalmente il cervello e ripercorse i vari comportamenti dell’ex maggiordomo.
Tutta questa calma cominciava ad irritarlo.
Doveva concentrarsi su qualcosa.
Tenere la mente occupata gli avrebbe fatto sicuramente bene.
Quanto si sbagliava.

Partì dall’inizio.
Era sempre più convinto che la motivazione “ho trovato qualcuno che mi tenga testa” non reggesse.
Non aveva senso.
Cosa voleva quell’Essere da lui?
Perché lo aveva trasformato in demone?
Perché non aveva gustato completamente la sua anima?
Era convinto che volesse solo divertirsi con lui, allora perché smettere di punzecchiarlo?
Perché non gliela dava vinta non manifestando reazioni?
No, quello non lo aveva mai fermato.

Poi ripensava ancora a quella frase “… senza la tua vendetta non sei nulla”.
Quella frase lo aveva ferito.
Si, era giunto a quella conclusione.
Orgoglio o meno quella era la verità, anche se difficile da ammettere.
E quel maledetto se ne era accorto.
Ma perché  non aveva messo il dito nella piaga?
Anche arrovellandocisi il cervello, Ciel non ne era venuto a capo e ciò lo indisponeva alquanto.

Inoltre, non riusciva a trovare informazioni per evolvere.
Grell non l’aveva più cercato.
Quello Shinigami sicuramente aveva in mente qualcosa.
Il non sapere cosa lo innervosiva.

Conclusione: grazie alla sua idea di accendere il cervello ora aveva un diavolo per capello.

Con l’umore più nero che mai il ragazzo si aggirava per i corridoi della villa.
Perso nei suoi pensieri non si rese conto di essere giunto in biblioteca.
Non si rese nemmeno conto di non essere più solo nell’edificio.

 “Mph… Ancora offeso, Ciel?”

Il ragazzo si bloccò sul posto.
Il suono della Sua voce, la Sua risatina, gli erano mancati.
Un campanello di allarme risuonò nella sua mente.

No fermi tutti.
Non poteva averlo pensato.

“Siamo ancora addormentati vedo…”

“C-cosa…?” 

“Cos’è vi si è atrofizzato il cervello a forza di cibarvi di anime di terza categoria?
Vi ho chiesto se fate ancora l’offeso…”

ncata.Ciel si riscosse.
Lui non aveva il cervello atrofizzato.
Lui non si cibava più di anime di terza categoria.
E soprattutto lui non faceva l’offeso.

 “Per quale motivo dovrei esserIo?
In ogni caso i  miei stati d’animo non devono riguardarvi,
ora se non vi spiace avrei da fare”

 “Sentiamo, sentiamo…
cos’è che avreste da fare che vi impedisce di accogliere il Vostro Signore come si dovrebbe?”

E no, questo era troppo.
Se ne sta zitto per mesi e quando finalmente si decide ad aprire bocca lo fa così?
In un altro momento sicuramente avrebbe lasciato correre.
Avrebbe fatto come sempre l’indifferente.
Quel giorno però non ci riuscì.
Il tono con cui vennero pronunciate quelle parole fu troppo arrogante.
L’umore nero del ragazzo aveva contribuito ad abbassare il suo, già esiguo, livello di sopportazione.

Qualcosa finalmente scattò in Ciel.
Il giovane strinse i pugni.
Digrignò i denti.
I suoi occhi divennero due tizzoni ardenti.
La fiamma del suo orgogli aveva ricominciato a bruciare.

Al diavolo il sigillo, la sottomissione e tutto il resto.
Si girò lentamente.
Portò un braccio in avanti e uno rimase lungo il corpo.
Si fletté leggermente, in un timido accenno d’inchino.


“Bentornato nella Vostra casa, Lord Aleixo Agapios…”

Il nome fu scandito con estrema cura.
Il demone maggiore si avvicinò al giovane a passo deciso.
Il sorrisino di scherno era sparito dalle sue labbra.
La tensione nell’aria era palpabile. 

“Come… osate? Come conoscete quel nome…? Ciel, guardatemi…” 

Lui non alzò la testa.
Mantenne la posizione d’inchino.
Un ghigno si disegnò sul giovane volto.
Un brivido di piacere gli attraversò la spina dorsale.

“Guardami!”

Non si mosse.
Il demone maggiore gli sollevò la testa facendo leva sul mento.
Le iridi di Ciel furono immediatamente catturate da quelle rosse dell’altro.

“Ti sembro forse un Difensore dell’Amore Divino? Eh?” 

“…”

 “Rispondimi!”

Non gli si era mai rivolto così.
Seppure i ruoli si fossero invertiti, il demone aveva sempre mantenuto il “voi”.
Non gli aveva mai dato ordini diretti.

Il sorriso di scherno fu ancora più marcato sulle labbra del ragazzo.
Aveva colpito nel segno.
Lo aveva fatto andare fuori dai gangheri.
Non si ricordava che la cosa fosse così divertente e appagante.

Aveva deciso.
Non avrebbe più chinato la testa davanti a Lui.
Che quel maledetto simbolo lo uccidesse pure.
Gli aveva ordinato Lui di rispondergli, no?
E chi era lui, se non  un Vassallo che deve eseguire gli ordini del suo padrone?

Una luce, che da tempo non accendeva lo sguardo del Phantomhive, era comparsa nelle iridi blu.

 “È il tuo nome, no? O forse preferisci che ti chiami Cantet Animarum?
Effettivamente Corvo delle Anime ti si adatta di più, neh
Sebastian?”

Era la prima volta dopo la sua nascita come demone che Ciel teneva testa al suo ex Maggiordomo.
Era la prima volta da quel giorno che lo richiamava Sebastian.
Era la prima volta che gli ridava del “tu”.

Aleixo  ruggì.

I suoi occhi divennero come lava incandescente e si strinsero in due fessure.
Il sigillo sul petto del demone incompleto incominciò a scaldarsi.
Il giovane era pronto alla scarica di dolore che sarebbe arrivata di lì a breve.
Non gli importava.
Avrebbe tenuto testa a quell’essere in eterno a tutti i costi.

Poi… il Nulla.
Non successe assolutamente nulla.
Il calore sparì.
Una nube nera avvolse Agapios.
La temperatura della stanza precipitò.
Il tutto durò pochi secondi.
Colui che fu Sebastian si era volatilizzato.

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Capitolo 7
*** Novità... ***


novità

Novità...


Ciel era rimasto senza parole.
Alexio se ne era andato lasciandolo lì.
Certo aveva immaginato una reazione.

Si era preparato ad un attacco di collera.
Si era preparato al dolore del sigillo.
Si era preparato al peggio.
Perfino alla violenza.

Ma non era accaduto nulla di tutto ciò.
Non si aspettava assolutamente una cosa del genere.
Il demone se ne era andato semplicemente.

Si era alterato quello era vero, anzi era furioso nell’immediato.
Ma quando lui lo aveva schernito ricordandogli il suo secondo nome qualcosa era successo.

I loro sguardi dopo quella battuta si erano incrociati solo per pochi secondi.
Aleixo aveva immediatamente voltato il viso.

Tuttavia l’ex conte aveva visto il cambiamento dello sguardo del demone.
Tutta l’ira che traboccava da quegli occhi carmini era svanita.
Il suo posto era stato preso da… malinconia, dolore, delusione?
Il ragazzo non avrebbe saputo dirlo.

Ripensando a quell’espressione Ciel si sentiva strano.
Sentiva dentro di se di aver “spezzato” qualcosa.
Che lo avesse ferito?
Impossibile.

Lo aveva chiamato per nome… e lo aveva fatto irritare.
Già il suo nome, Aleixo Agapios.
“Difensore dell’Amore Divino”.
Nome non molto adatto ad un essere demoniaco.
Che Sebastian non fosse chi diceva di essere?
O meglio, che in precedenza fosse stato qualcos’altro come lui era stato umano?
Agapios era un dei demoni più potenti che vivevano sulla terra.
Antico più della stessa civiltà occidentale.

Poi lo aveva chiamato con il suo soprannome o nuovo nome… Cantet Animarum .
Sui libri demoniaci era dipinto come un essere superiore persino tra i demoni.
Il suo nome era leggenda per i suoi simili.
Antico e potente, Aleixo era stato ribattezzato.
Animarum  era un “titolo” dato solo ed esclusivamente ai Demoni Superiori.

Un Demone Superiore era un essere che si era cibato di migliaia di anime.
Non anime qualsiasi, ma speciali, potenti… prelibate.
Questo significava che aveva subìto una trasformazione.
I loro poteri erano  quasi al pari di uno Shinigami o forse di poco inferiori.

Come avrebbe mai potuto ferire un simile essere?
Se poi avesse mai potuto essere ferito nell’animo.
Magari nemmeno la possedeva un’anima.

Ora stava vaneggiando.
Decisamente.

Ciel si massaggiò le tempie.
Probabilmente era l’unico demone che soffriva di mal di testa.
Respirò profondamente.
Si schiarì la mente.

Riaffiorò prepotente il ricordo di “quella” meravigliosa scarica di piacere.
Quella scarica di piacere avuta nel prendersi gioco di quel demone.

Finalmente dentro di sé aveva “ricordato” chi era.
Ciel Phantomhive, non si sarebbe più fatto mettere i piedi in testa da nessuno.
Gli occhi gli si illuminarono.
Un ghigno era comparso sul suo volto.

Che Sebastian, Aleixo o come diamine voleva farsi chiamare cucinasse nel suo brodo.

Si era divertito a provocarlo?
Ora ne avrebbe dovuto sopportare le conseguenze.
Mai stuzzicare il "cane" che dorme.

I giorni passarono e del demone maggiore nessuna traccia.
Ormai erano due mesi che era sparito nel nulla.
Non che al ragazzo gliene importasse molto, ma lui era un Vassallo e aveva degli obblighi.
Nel caso il suo padrone fosse stato in pericolo avrebbe dovuto accorrere.
Certo non avrebbe fatto chissà cosa per salvarlo, ma non voleva mancare ai suoi doveri.

Il Phantomhive si affacciò alla finestra.
Dalla sua camera poteva godersi appieno il tramonto rosso sangue.

Finito quello spettacolo magnifico Ciel si preparò per la notte.
Era davanti al suo armadio a specchio come sempre.
Tolse la casacca di pregiata fattura.
Sbottonò la bianca camicia di seta.

Quello che vide lo scioccò.
Il sigillo era cambiato.
Si scoprì il petto per esaminare meglio il simbolo.

Passò le sue dita sottili su quei segni che deturpavano la sua pelle.

Il sigillo era come sbiadito.
Per meglio dire era il pentacolo ad essersi schiarito.
Mentre un altro simbolo si era sovrapposto ad esso.
Tre linee semicircolari si intrecciavano per dare vita ad una nuova immagine.

Ciel Symbol

Cosa significava tutto ciò?
Quella dannata sensazione di aver “rotto” qualcosa tra lui e Agapios ritornò.
Non si era mai sentito così.

Dannato Sebastian, perché lo aveva trasformato, perché?
La sua vita umana era stata rovinata da dei bastardi.
Aveva accarezzato l’idea di godersi la pace nella morte cadendo nell’oblio assoluto.
Ma no, sua signoria il “Corvo delle Anime” aveva avuto la brillante idea di rovinargli anche quella.

Infine, dopo averlo fatto rinascere, averlo schernito e ferito dicendogli che non era niente senza la sua vendetta… sparisce!
Dopo che lui, Ciel Phantomhive, aveva dimostrato che poteva “tenergli testa” lui fa il bambino e scappa!

Ora era stufo, ne aveva piene le tasche.
Lo avrebbe trovato anche in capo al mondo.
Niente più sotterfugi, mezze frasi, prese in giro.
Voleva la verità.

Doveva trovarlo.
Già ma come?

Il sigillo che aveva sul petto funzionava esattamente come il contratto.
Lui poteva essere trovato e seguito a distanza dal suo padrone.
E, purtroppo, come il contratto non era valido il contrario.
Il Vassallo non poteva rintracciare a distanza il suo padrone.
Poteva percepirne la presenza, ma non sapere dove fosse esattamente.

Inoltre, quel dannato segno stava svanendo.
Come se il controllo di Aleixo su di lui fosse diminuito.

Nei giorni trascorsi ad aspettare il suo rientro Ciel non si era accorto di nulla.
Sì perché lo stava aspettando.

Per i primi giorni si era comportato come sempre.
Non aveva dato peso all’assenza del “coinquilino”.
Anzi si sentiva quasi liberato da un peso.

Giorno dopo giorno, però, la sua irritazione era cresciuta.
Ma non era cresciuta solo quella.
Uno strana sensazione di “mancanza” era nata dentro di lui.
Tuttavia, non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno con se stesso.
Era più semplice pensare di volere solo delle spiegazioni.

Per prima cosa si rivestì.
Corse in biblioteca, non sapeva da dove altro iniziare.
Ricordava di aver letto qualcosa a proposito di un modo per rintracciare i demoni.

Quello che doveva trovare però era un Demone Superiore.
Che seccatura.
Sarebbe stato più complicato, se lo sentiva.
Ma in quale occasione lui aveva avuto la vita facile?
Semplice.
Mai.

Trovò il rotolo che gli interessava.
Era notte fonda.
In questo caso fu un bene che non fosse un umano.
Almeno non necessitava di dormire per riprendere le forze.

Le parole scorrevano sotto i suoi occhi.
Man mano che la lettura procedeva l’espressione di Ciel non mutò.
Finché non arrivò a quella frase.

“Condizione necessaria per far sì che si possa rintracciare il demone: il rituale deve essere eseguito da un essere di pari potenza o superiore.”

Sul suo viso prima comparve stupore, poi incredulità e infine ira.

Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Le unghie affilate penetrarono nella carne.
Gocce vermiglie caddero sul pavimento.

Chiuse le palpebre e respirò profondamente.
Si doveva calmare.

Un lampo gli attraversò la mente.
Ricordò la definizione di Demone Superiore.
Ricordò, che quando si veniva definiti tali, la potenza raggiungeva quasi o era pari a quella di uno Shinigami.

Forse era ora di tornare a Londra e attirare l’attenzione di un essere rosso di sua conoscenza.

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Capitolo 8
*** Debolezze... ***


Debolezze...

Debolezze...

 

La pioggia cadeva senza sosta quella notte.
Il rombo del tuono aveva fatto vibrare l’aria.
Il vento impetuoso urlava a gran voce.

Un temporale stava scatenando la sua furia.

Un lampo squarciò l’oscurità
Una figura alta ed elegante si stagliava sulla collina.
Ferma, immobile come una statua osservava la vallata ai suoi piedi.
Quanti anni erano passati?
O meglio quanti secoli, sarebbe stato più corretto.

Un altro lampo illuminò il volto della misteriosa figura.
Il suo profilo era affilato e raffinato.
Il suoi scuri abiti pregiati erano ormai fradici e aderenti al corpo.
Il capelli più neri della notte erano incollati al suo volto niveo.

Nuovamente un lampo.

I suoi occhi, d’un colore tutt’altro che terreno, si accesero come tizzoni ardenti.
La rabbia lo invase.
Perché era tornato in quei luoghi dopo così tanto tempo?
Perché il ricordo della sua “vita” lo tormentava ancora dopo secoli?
Perché erano bastate le parole di quel ragazzino per…  no, non lo avrebbe mai ammesso.

Sul suo viso la pioggia aveva formato dei rivoli d’acqua.
Rivoli che seguivano una strada che secoli prima era stata percorsa da lacrime.
Lacrime che ora, per sua natura e per sua scelta, non era più in grado di versare.

Sebastian, uno dei Demoni Superiori, si trovava a dover affrontare il suo passato.
Passato che era stato riportato a galla da un giovane demone.
Un semplice ragazzino che nemmeno sapeva di cosa stesse parlando.
Per quel borioso nanetto quello che aveva pronunciato non era altro che un nome.
In realtà era molto di più.

Serrò i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Nessuno era più riuscito a portarlo così fuori di sé da tempo.
Nessuno. Shinigami, demone o umano che fosse.
In quel momento quasi rimpianse di non aver finito quell’anima maledetta.

Un turbinio di emozioni a lungo assopite si facevano strada dentro di lui.
Emozioni rinnegate e odiate.
Emozioni che sopraffacevano il raziocinio.
Emozioni che tormentavano il suo cuore di demone.
Un cuore che era stato chiuso a quei sentimenti.
Un cuore che troppo aveva patito per restare integro.
Un cuore che voleva essere di pietra come può esserlo solo quello di un demone.

La tempesta non accennava a placarsi.
Sembrava che la natura leggesse il cuore di quella creatura dall’animo nero come la notte.

Aveva da poco lasciato la sua abitazione.
Come uno spirito errante e intangibile si era diretto in quel luogo.
Luogo in cui non si era più recato da allora.

Dalla sua posizione scrutava ogni singolo particolare del paesaggio.
I suoi occhi anche nell’oscurità più nera potevano scorgere qualsiasi cosa.
Fece un respiro profondo per riprendere, o almeno provarci, il controllo di sé.

Dannazione era un dei Demoni Superiori.
Un essere millenario.
Un essere senza cuore e scrupoli… o almeno così avrebbe dovuto essere.

Il demone lentamente si diresse verso un punto ben preciso.
Era passato del tempo, ma non avrebbe mai potuto perdersi in quei luoghi.
Il corso del fiume era cambiato, ma era sempre presente.
Il bosco si era notevolmente ridotto, ma era lì.

Il suo passo normalmente sicuro ed leggiadro era ora sempre più incerto e sgraziato.
In quel luogo aveva trovato il dolore più grande.
Quel dolore era stato la causa di ciò che era diventato.

Sorrise.
Le sue labbra s’inarcarono come quando prendeva in giro quel dannato ragazzino.
Che situazione assurda.
Lui un essere che in molti temevano ora stava arrancando sotto una banale pioggia.
Ora avrebbe potuto essere lui l’oggetto degli scherni del suo ex Bocchan.

Sentiva già nelle sue orecchie la voce di quel ragazzino schernirlo.
Oh, se avrebbe goduto nel ferirlo e girare il coltello nella piaga.
In fondo, avrebbe avuto tutte le ragioni per ferirlo il più possibile.
Se solo avesse scoperto i trascorsi di Aleixo…
No, nessuno avrebbe dovuto mai.
Soprattutto lui.
Avrebbe chiuso quella faccenda una volta per tutte.

Aveva disceso il pendio della collina e seguito un sentiero che si snodava nel bosco.
Il fiume fino a quel momento lo aveva accompagnato nei suoi passi silenzioso.
Ora incominciava a sentirsi lo scrosciare dell’acqua del fiume che si tuffava in un lago.

Aveva finalmente raggiunto la sua meta.  
Gemma zaffiro in un mare smeraldo.
Tutto era iniziato lì e lì vi avrebbe posto fine affrontando il suo passato. 

Si lasciò andare ai piedi di una roccia bianchissima.

La pioggia, come avere pietà di lui, cessò.
La luna fece capolino tra le nubi color piombo.
Il lago placido mostrava sulla sua superfice il riflesso elegante del demone.

Un raggio d’argento illuminò il profilo dell’essere dannato.
La pelle nivea quasi risplendeva sotto la luce lunare.
I suoi capelli corvini rilucevano grazie a quei raggi.

Adagiato mollemente a quel bianco sostegno osservava i dintorni.
I suoi due rubini accarezzarono gentili la distesa di rose poco lontane da lui.
Rose bianche screziate di lacrime nere che adornavano quel luogo da secoli.

Lui era la causa della nascita di quel fiore così bello ma così terribile.

Fiori unici al mondo e per strano scherzo del destino  divenuti la rappresentazione perfetta di ciò che lui aveva fatto per secoli con molte anime.

Tuttavia, una sola anima poteva essere considerata la personificazione perfetta di quel fiore. 

Colui che nacque Ciel Phantomhive.

Un essere puro ed innocente insozzato, ma non corrotto, dalla violenza umana e marchiato indelebilmente dal suo tocco.
Rosa candida che avrebbe pianto lacrime di dolore in eterno.

Il destino aveva veramente un gran senso dell’umorismo.
Non c’è che dire.

Si sentiva esausto come non mai.
Doveva riposare.
Nessuno lo avrebbe trovato in quel luogo.
Chiuse i suoi occhi millenari.
Solo per un po’, si disse…

Ciò che Sebastian non sapeva era che due occhi d’argento non avevano smesso di osservarlo.
Due occhi di liquido metallo.
Due occhi più gelidi del freddo stesso.
Due occhi che sarebbero stati la fonte di molti problemi.
Due occhi che avrebbero stravolto i destini di molti.



§§§ NDA §§§

Chiedo perdono *s'inchina* sono in ritardissimo, lo so... ma ero bloccata T^T Fortunatamente grazie ad un maggiordomo, un bocchan e un amica con le sue pazzie ho ritrovato un po' d'ispirazione... Grazie ragazze!

(Tsuki: Figurati non c'è di che u_u, io comunque sono la pazza vero? -_-
Hitomi: Si cara... di certo non potresti mai essere IL Sebastian... tch
Tsuki: concordo... lei non si batte u_u
Hitomi: Ora taci e fammi fare ammenda
Tsuki: Certo dei prostrarti! Inginocchiati e flagell- ehm sto esagernado scusate... vi lascio a Hitomi)

Questa volta abbiamo avuto a che fare con Sebastian... spero di non essere andata troppo nell'OCC...
Sono onorata dei commenti che ho ricevuto e che mi venga richiesto il seguito da alcune persone ^_^
Grazie mille ancora a tutti! Anche a chi legge solo... grazie grazie >////<
Alla prossima... spero presto!

Ja ne!

Hitomi

T: Ehi quello è il mio saluto!!! Vabbeh per sta volta te lo concedo e mi accodo... u_u Ja ne!!!

 

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Capitolo 9
*** L'Ombra Rossa ***


L'ombra rossa
L'Ombra Rossa

Il giovane demone percorreva le strade uggiose della capitale inglese.
Pareva un signore dell’alta società nel suo completo blu notte.
Tuttavia, anche se con la sua figura colpiva la vista, la sua immagine non avrebbe lasciato alcun ricordo.

L’eleganza che emanava con i suoi movimenti avrebbe lasciato solo il ricordo come di un sogno.

Contrariamente al suo incedere il ragazzo era tutt’altro che tranquillo.
La mente del Phantomhive era in fermento.

Il suo piano era stato congeniato nei minimi dettagli.
Tuttavia, se quel giorno non fosse riuscito nel suo intento, non ci sarebbe stato nessun piano.
Infatti, la parte più complessa era quella che si accingeva a iniziare.

Attirare uno Shinigami.

Per meglio dire, attirare quello Shinigami.
Impresa assai complicata non avendo per le mani l’oggetto del “suo” desiderio.
Ossia Sebastian.

Tch che razza di situazione.

La vita aveva proprio un gran senso dell’umorismo.
Trovare uno degli esseri che più detestava sulla faccia della terra, per scovare quello che più odiava in assoluto.

Solo il pensare che stesse facendo tutto quello per quel demone, gli mandava il sangue alla testa.
Ma si sarebbe sfogato una volta trovato.
Ah, se si sarebbe sfogato.
Sigillo o non sigillo gli avrebbe cambiato i connotati.
Ora, però, doveva calmarsi.

Si guardava attorno con aria disinvolta.
Erano ormai almeno due ore che girovagava per le vie londinesi.
Iniziava a perdere le speranze.
Nessun umano sembrava adatto allo scopo.

Poi finalmente lo vide.
I suoi occhi color dell’oceano caddero su un possibile obiettivo.
Un uomo sulla trentina.
Niente di speciale a dire il vero.
Tuttavia, il demone poteva sentire l’avidità della sua anima lontana un miglio.

Ma poco importava.
Non avrebbe stipulato un contratto con lui. Mai.

Per due motivi.
Primo, un’anima così infima non lo avrebbe mai saziato.
Secondo, il piano aveva la priorità, in ogni caso.
La sua idea era semplice e sicuramente efficacie.

Cercare di cibarsi di un’anima senza stipulare alcun patto.

Sarebbe stato come mettere un’insegna con scritto “demone qui”.
In altre parole era come attirare le mosche col miele.

Bisognava solo sperare di attirare la “mosca” giusta.

Avvicinò l’uomo.
Sfruttò l’avidità di cui la sua anima era intrisa.
lo condusse in un vicolo.

Era chino sul disgraziato e lo teneva per il colletto.
Nel momento esatto in cui era in procinto di strappare l’anima di quel disperato, un fulmine rosso comparve a pochi metri dall’ex conte.
Con la coda dell’occhio il ragazzo vide lo Shinigami.

Senza muovere un muscolo allentò semplicemente la presa sul malcapitato.
L’uomo non perse l’occasione e se la diede a gambe.
Un sorriso diabolico segnò il giovane viso.
A quanto pareva per una volta la fortuna era dalla sua parte.

La “mosca ” era arrivata.
Probabilmente Sutcliff aveva pensato che fosse un modo per attirarlo allo scoperto per continuare il discorso dell’ultima volta.
Si sbagliava, anche se il giovane avrebbe sfruttato l’occasione a suo vantaggio.
La possibilità di ottenere informazioni su come smettere di essere un Vassallo.
Non si sarebbe lasciato sfuggire una simile opportunità.
Tuttavia, ora, il suo obiettivo era un altro.

Lentamente il demone si alzò.
Si mosse con incedere calmo e misurato.
Si sistemò i guanti, molto lentamente, senza voltarsi e senza fiatare. 

“Ma guarda guarda chi abbiamo qui”

Disse il rosso con voce allegra.
Con passo sicuro si avvicinò al giovane demone.

“Il tuo Padrone non ti ha spiegato come funziona?”

Ciel continuò a fare come se lo Shinigami non ci fosse.
Ebbe solo una reazione.
I muscoli della mascella si contrassero al suono di quella parola.
Padrone.
ch. Presto le cose sarebbero cambiate.

Grell gli arrivò alle spalle e gli sussurrò all’orecchio.

“Sebas-chan non avrebbe mai tralasciato un simile particolare.
Inoltre, anche se sei giovane, non sei uno sprovveduto….
Hai per caso pensato alla mia proposta…? Neh… Ciel…?”

Con una calma che poco rispecchiava il suo reale stato d’animo.

 “Tch, mai presa in considerazione. Semplicemente mi servi… Devo trovare Sebastian…”

Lo Shinigami s’irrigidì.
Prima spalancò gli occhi, poi li assottigliò.
Ciel Phantomhive che chiedeva il suo aiuto?
C’era sicuramente qualcosa sotto.

 “Io che servo a te?
Mhm, e poi, sentiamo, perché lo staresti cercando?”

Senza scomporsi il ragazzo rispose.

 “Questo al momento non deve interessarti. Ti basti sapere che mi servi tu.”

 “Potrei anche aiutarti, a condizione che… una volta scovato potrò fare qualsiasi cosa con lui”

 Un sorrisetto maligno si formò per un paio di secondi sul volto pallido del giovane.

 “Tch… potrai farci quello che vuoi, non mi riguarda…”

 “Oh yessss!”

Disse lo Shinigami, con gli occhi luccicanti, più a se stesso che al ragazzo.
Subito dopo, però, divenne estremamente serio.

 “Ok ci sto… voglio solo sperare che non si riveli l’ennesima presa per i fondelli”

Ciel si voltò e lo guardò dritto negli occhi.
Blu nel verde.
Demone contro Shinigami.

 “Non è forse quello il tuo obiettivo… Grell-san?” 

Rispose sarcastico il giovane.
Il rosso si mise una mano sul viso, per nulla divertito.

“Dovrei ridere, adesso?”

 “A tua scelta… Shinigami”

 Detto ciò si voltò e s’incamminò.

 “H-hey, un attimo aspetta! Dove vai senza di me!”

Lo raggiunse con uno scatto mettendogli una mano sulla spalla con l’intento di fermarlo.
Il giovane demone si bloccò.
Si girò di scatto.
I suoi occhi erano più rossi del fuoco dell’inferno e disse:

 “Non osare toccarmi, Shinigami”

 Il rosso rispose con uno sguardo altrettanto infuocato, schernendolo.

 “Sappi che non mi spaventi affatto… Ciel

 “Tch!”

Si girò stizzito, ma un ghigno comparve sul suo volto.

Il suo piano procedeva a gonfie vele.
Ora avrebbe potuto proseguire con la prossima fase.

Con passo lento ed elegante riprese a camminare.
Camminava seguito da un’ombra rossa.
Un’ombra che lo avrebbe aiutato a trovare il suo Padrone.        

Quello che Ciel non sapeva era che non sarebbe stato così semplice come pensava.
Trovare Alexio sarebbe stato solo l’inizio…

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Capitolo 10
*** Richiamo di Sangue ***


Richiamo di Sangue




Richiamo di sangue

 

La luce pomeridiana filtrava tra i pesanti tendoni  della biblioteca.
Dei passi risuonavano tra gli scaffali ricolmi di libri.
L’eco si diffuse in tutta la stanza.

Il giovane demone percorreva con calma ed eleganza il tragitto che lo separava dalla sua meta.
Lo Shinigami lo seguiva guardandosi intorno.
Ogni volta che posava lo sguardo su un oggetto o una stanza dava fiato alla bocca.

 “ Sebas-chan ha dei gusti così virili… ”
“ Pensare che lui vive qui… brrrr… tremo tutto… ”
“ Q-quello è il suo studio? Fammici entrare... anzi no portami nella sua stanza!
Voglio vederla, voglio aspettarlo tra le lenzuola, vogl-  ”

La pazienza del ragazzo arrivò al limite.
Si voltò di scatto con gli occhi cremisi.

 “ Di solo un’altra parola e giuro che ti pentirai di averlo fatto ”

Parlò con tono gelido, che avrebbe fatto venire i brividi anche ad un pezzo di ghiaccio.
Il rosso si tolse dal viso l’espressione giocosa.
Divenne spaventosamente serio.

 “ Ragazzino, te lo ripeto non mi fai affatto paura. ”

Il Phantomhive si avvicinò al rosso fino ad arrivare ad un soffio dal viso.

“ Allora per quale motivo sento questo puzzo di paura, Grell ”

Un sorrisetto di scherno si fece largo sulle labbra fini del ragazzo.

 “ Devi affinare i tuoi sensi demone. ”

“ Io non credo. "

Sai perfettamente che qui, in questa casa, sono io che comando in assenza di Sebastian.”
Il rosso stette in silenzio per qualche secondo.

“ Ma io ti servo, Ciel

 “ Vero. Tuttavia sei tranquillamente rimpiazzabile. ”

 “ Peccato che io sia l’unico Shinigami disposto ad aiutare un demone, Ciel.

Il demone si allontanò e si girò.

“ Te lo concedo, touché.
Tuttavia potrei scovare un altro modo… ho tutta l’eternità per trovarlo. ”

Riprese a camminare seguito silenziosamente dopo pochi secondi da Grell.
Giunsero nella sala di lettura.

Un grande tavolo circolare di pesante legno d’acero troneggiava al centro esatto della biblioteca.
La luce soffusa che filtrava dall’esterno aveva creato un’atmosfera surreale.
Il legno brunito riluceva con un sinistro bagliore.

Lo sguardo dello Shinigami percorse il piano lucido, s’interruppe di colpo.
Assottigliò lo sguardo.

Ciel aveva proseguito e ora di trovava oltre il tavolo, rivolto verso il rosso.
Notò il cambiamento dello Shinigami.
Prese tra le dita sottili uno stiletto d’argento che fino a pochi secondi prima era al centro del piano.
Con destrezza tracciò in pochi secondi sul resistente legno il simbolo del sigillo del padrone di casa.
Lo guardò soddisfatto poi riportò lo sguardo sullo Shinigami.

“ Non dirmi che ti spaventa questo ”

Passò la punta della lingua sulla lama partendo dall’elsa arrivando alla punta.

“ Suvvia è solo un lama… “

Glielo lanciò contro puntando tra gli occhi.
Il rosso lo prese con due dita senza problemi.
Il guanto si lacerò nel punto esatto in cui l’uomo teneva lo stiletto.
Una goccia cremisi macchiò la stoffa bianca.

 “ Solo un lama, eh? ”

 “Certamente non è una lama comune. Deve poter ferire uno Shinigami”

“ L’ho notato ”

Prese cautamente l’arma dall’elsa.

“ Ferire uno Shinigami? ”

“ Esatto. Mi serve il tuo sangue. Ricopri il sigillo. ”

“ Ehhhhhh? Aspetta un momento.
dovrei ferire il mio bellissimo corpo e darti il mio sangue?
M-ma come ti salta in mente! "

“ Vuoi aiutarmi a trovare Sebastian o no? ”

" Uff, e va bene, e va bene! però, non farmi un taglio troppo vistoso, rovineresti anni ed anni passati a curare la mia estetica! "

" Fattelo pure da solo... Potrebbe… scapparmi la mano ”

Ghignò per schernirlo.

" Mh, si certo, scappare la mano... tsk, chi vuoi che ti creda? "

Grell prese con cautela la lama.
Si sfilò un guanto con i denti affilati.
Incise il palmo della mano.
Strinse il pugno e goccia dopo goccia il liquido scarlatto iniziò a colare dalla ferita.

Lentamente il sangue dello Shinigami ricoprì interamente l’incisione.
Il rosso portò il palmo alla bocca e si lecco la ferita.

“ Risparmiami simile spettacoli, Grell ”

“ Ma se non mi stai nemmeno guardando e comunque… adesso? ”

Già e adesso?
Niente, non stava succedendo niente.
Ciel sbatté il pugno accanto all’incisione.

“Dannazione non è possibile! Ho seguito quel maledetto libro fino in fondo!”

Fece uno scatto verso la libreria e posò con molta poca delicatezza un pesante tomo demoniaco sul tavolo.
Scorse velocemente la pagine fino a trovare quella che gli interessava.
Con l’indice passò sulla pagina ingiallita dal tempo riga dopo riga e lesse a voce alta.

“ Per eseguire il rituale è necessario conoscere il sigillo del Demone da invocare.
Incidere tale marchio con un’arma dalla lama d’argento in grado di ferire un essere demoniaco.
Successivamente ricoprire il tutto con sangue fresco.
Condizione necessaria per far sì che si possa rintracciare il demone:
il rituale deve essere eseguito da un essere di pari potenza o superiore. ”

“ Aspetta, aspetta… vuoi dire che il ferirmi non è servito a niente? ”

“ Taci devo pensare ”

Il ragazzo si lasciò cadere sulla poltrona accanto alla finestra.
Teneva lo sguardo fisso davanti a sé.
Sutcliff si avvicinò al libro e lo osservò attentamente.

“ È inutile che provi a leggerlo, non ne sei in grado. Solo i demoni possono comprendere quei segni ”

 “ Uhm tu credi? Vediamo un po’… ”

Effettivamente il rosso vedeva solo segni senza senso e alzò le spalle.
Poi la sua espressione cambiò e inclinò leggermente la testa.

“ Ehi moccioso io non capirò niente di questi scarabocchi, ma qui manca una pagina… ”

Ciel scattò in piedi e raggiunse lo Shinigami.

“ Impossibile! Stai farnetican- "

Sgranò gli occhi e imprecò.
Aveva ragione, mancava una pagina.
Si passò una mano tra i capelli.
Doveva farsi venire un’idea.

Rilesse il testo più volte finché ebbe un’illuminazione.
Perché dovrebbe mai servire un arma che potesse ferire un essere demoniaco?
Se solo lo si voleva si poteva essere tranquillamente feriti anche da un foglio di carta.
Forse serviva del sangue demoniaco, senza contare che lui era anche un Vassallo.
Il Suo Vassallo.

Prese lo stiletto tra le mani e senza pensare s’incise il polso.
Gli occhi verdi dello Shinigami sgranarono.

Le gocce vermiglie sgorgarono dalle vene del ragazzo.
Mentre i due fluidi carmini si mescolavano il simbolo iniziò a rifulgere.
Gli occhi del demone si assottigliarono carpendo ogni singolo cambiamento.
Il sigillo era completamente illuminato da un bagliore viola.

Sentì come se si fosse aperto un canale e percepiva a stento il suo Padrone.
Lo chiamava ma nulla, nessuna reazione.
Urlò nella propria mente il suo nome.
Niente, non lo sentiva.
Non lo percepiva nemmeno.

La rabbia crebbe nuovamente dentro di lui.
Scaraventò il libro a terra.

" Dannazione! Un idiota... non è altro che un idiota! 

Come diamine fa a non sentirmi! "

"Ah lo sapessi! Io sono anni mio caro che provo ad attirare la sua attenzione... Oh Sebas-chan... Ma a quello interessano solo le anime dei mocciosi. Non ho ancora capito cosa ci tr-. " 

" Ma certo! "

Il volto di Ciel si illuminò.
Qual'era lunico modo per attirarlo se non usare un'anima fresca fresca?
Si passò la lingua sulle labbra.

“ E poi sarei io che non devo dare spettacolo… tsk ”

Ciel lo ignorò completamente.

“ Torno immediatamente, non azzardarti a muoverti da questa stanza o puoi dire addio al nostro patto ”

Non aspettò la risposta.

Uscì di casa e si allontanò in direzione dell’unica anima che percepiva nei dintorni.
Rientrò dopo pochi minuti, trascinando il corpo senza sensi di un cacciatore.
Ironia della sorte.
Da predatore a preda.
Lo scaraventò sul tavolo esattamente sopra il sigillo.

Grell in quei gesti non riconobbe il ragazzino che aveva conosciuto anni prima.
Non aveva alcun riguardo per gli esseri umani.
Affascinante, pensò

“ Ora vediamo se così attiro la tua attenzione, Padrone

Colpì l’uomo al cuore con un colpo secco.
Davanti agli occhi di Ciel apparve un lampo di luce e poi il buio.

Si guardava attorno, ma era tutto svanito.
Poi lo vide.
A terra, rannicchiato in un angolo in posizione fetale.
Si avvicinò, gli sfiorò un braccio.
L’immagine svanì, ma lasciò il posto ad una voce.

“ Bocchan…? ”

Un brivido gli attraversò la schiena.
Da quanto tempo non lo chiamava così…
Le sue labbra si mossero da sole e la voce uscì.

 “ Sebastian… ”

Silenzio.
Nessuna risposta.
Il nero lo avvolgeva.
Dannazione, lo aveva perso.
Tutti quegli sforzi erano stati inutili.

Aprì le labbra per chiamarlo nuovamente.
L'atmosfera di colpo si congelò.

Due fari color vermiglio apparvero nel buio.
Il sigillo sul cuore di Ciel iniziò a bruciare.
Il giovane si portò una mano al petto, serrò gli occhi e cadde in ginocchio.
Si morse le labbra per non emettere suono.

 “ Raggiungimi. Mere da. ”












§§§§§_______§§§§§______  NDA _____§§§§§_____§§§§§

Ehm saaaaaalve... quanto tempo eh? 

Chiediamo venia, scusate.... abiiamo avuto dei problemi e beh... la storia si è fermata, anche perchè il momento è critico e abbiamo anche dovuto chiedere un help a un'amica perchè c'era un blocco grosso come una montanga u_u

Grazie millissime Hell!!! Nostro benedettiss- ehm maledettissimo Diavolo della porta accanto u_u

Dobbiamo ringraziare anche un'altra persona che ci ha aiutato quasi in ogni battuta di Grell... Jee grazie mille, il rosso ci è proprio ostico, speriamo che continuerai ad aiutarci!

Per il resto speriamo che vi piaccia il nuovo capitolo. A presto con il prossimo capitolo (sta volta è una promessa perchè è quasi pronto u_u) 

Tsukiko e Hitomi

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Capitolo 11
*** Nero e Grigio ***


Nero e Grigio

Nero e Grigio


Silenzio.
Immobilità.
Nulla.

L’aroma di un’anima.
Quel profumo gli solleticò l’olfatto.
Era uno spirito infimo.
Nulla a che vedere con l’anima che aveva agognato per anni.

La Fame gli attanagliava le viscere come non accadeva da secoli.
Normalmente non si sarebbe mai abbassato ad un tale pasto.
Ma la Fame, quella Fame, lo stava divorando.
Assorbì l’energia offertagli senza attendere un secondo di più.
Anche se fosse stata una trappola non gli importava.
Lo stolto che lo aveva sfamato se ne sarebbe eventualmente pentito.

Si passò la lingua sulle labbra.
L’energia vitale di quell’umano sacrificato per lui lo stava invadendo.
I suoi sensi, fino a quel momento ovattati, si risvegliarono.

Sentì una presenza e una voce in lontananza.
Parole senza senso gli giungevano all’orecchio.

Tutto tacque e il silenzio calò nuovamente.
Rilassò i muscoli contratti.
Fece un respiro profondo.
Le energie gli stavano tornando.

Improvvisamente sentì un lieve tocco sul braccio.
Un aroma famigliare, dannatamente conosciuto, lo circondò.
La fragranza di quell’anima tanto bramata lo stava stordendo.
Un brivido gli percorse la spina dorsale.
Smarrito e confuso con voce tremula lo chiamò.

  “ Bocchan…? ”

Alzò la testa di scatto e si guardò intorno.
Solo il buio lo circondava.
Dove si trovava?
Che posto era quello?
Una voce delicata e tremante gli rispose.

“ Sebastian… ”

Si mise in piedi.
Si mosse verso l’unica cosa che si stagliava in quel nero assoluto.
La sorgente di quel suono a lui tanto conosciuto.

Un figura dai tratti sfuocati lo fissava.
Assottigliò lo sguardo per metterla a fuoco.
I capelli corti e scuri.
Due gemme, una zaffiro e l’altra ametista, lo guardavano intensamente.
Un lieve ghigno solcava le pallide labbra.

Cercò di raggiungerlo.

Non ci riusciva.
Stava svanendo.
Allungò la mano per afferrarlo, ma le sue dita si chiusero sull’aria.

Bocchan… My Lord…

La sua mente non formulava altri pensieri.
Tuttavia un senso di disagio lo invase.

Perché chiamarlo a quel modo lo disturbava?
Perché sentiva che c’era qualcosa di sbagliato?
Chiuse gli occhi cercando di capire la strana sensazione.

L’immagine di un ragazzo sui vent’anni dagli occhi vermigli gli invase la mente.
I ricordi lo raggiunsero come un fiume in piena.

No, Lui non era più il suo Bocchan.
E lui non era più Sebastian da tempo.

Era lui il Padrone adesso.
Quel ragazzino ora era solo il suo Vassallo.
Già solo questo.
O almeno tentava di convincersene.

L’anima più deliziosa che avesse mai incontrato era al suo servizio.
Come aveva potuto non divorarla completamente.
Cosa diavolo gli era passato per la testa.
Non lo sapeva nemmeno lui.

Spalancò gli occhi accesi dall’ira.
Nuovamente il buio totale lo travolse.
Il non sapere cosa stesse succedendo lo fece infuriare ancora di più.

Una voce dura e carica d’astio uscì dalle sue labbra.

“ Raggiungimi. Mere da. ”

Il contatto si ruppe.
Il velo di oscurità che lo circondava lentamente si diradò.

Era a terra. Sdraiato.
Scrutò la sala dove si trovava. Una cella.
O almeno sembrava esserlo.

La sua mente era ancora in piena confusione.
Cosa era successo?
Chi diamine aveva osato rinchiuderlo lì?
Ma, soprattutto, come diavolo c’era riuscito.

Si concentrò e schiarì i suoi pensieri.
Mise in ordine tutti i ricordi ammassati nella sua testa.
Quello che aveva vissuto iniziò lentamente ad acquistare un senso.

Un rituale di localizzazione.

Il suo Vassallo aveva tentato una simile impresa.
Stupido ragazzino.
Come se un demone del suo livello avesse mai potuto riuscirci.

Fatto sta, comunque, che, almeno, lo aveva risvegliato da quel maledetto torpore.
Gli bruciava ma doveva ringraziarlo.
O forse no.
Non l’avrebbe mai fatto nemmeno sotto tortura.

Un sorriso amaro comparve sul suo volto.

Con quei pensieri riuscì a mettersi seduto.
Ogni parte del suo corpo gli doleva.
Appoggiò la schiena alla parete fredda di pietra levigata.
Abbassò le palpebre e si concentrò.

Gli ultimi ricordi erano di lui sulle sponde del Lago.
Quelle Rose lo circondavano.
Aveva piovuto, poteva sentire ancora l’odore di terra bagnata nelle narici.
Si era lasciato cullare dal senso di spossatezza che lo aveva invaso.
Un leggero torpore si era fatto strada in lui.
Lentamente aveva chiuso gli occhi…

Occhi… occhi…

Un lampo d’argento attraversò la sua mente.
Non lui, non dopo tutto questo tempo.

Solo ricordare il suo nome gli riportava alla mente il suo maledetto passato.
La nausea iniziava ad attanagliargli lo stomaco.
Una contrazione delle viscere gli fece vomitare acido.

Si era sporto lateralmente.
Col fiatone e il viso rigato da lacrime nere d’odio si pulì la bocca.
Sputò qualche residuo che gli era rimasto tra le labbra.

Respirò profondamente.
Affilò lo sguardo.
Con voce ferma e profonda disse solo una parola

“ Coinìn ”

Una folata di vento invase la cella.
Si formò un piccolo tornado.
L’aria lentamente si fermò e Lui era lì.
Un bellissimo lupo candido dagli occhi grigi lo fissava.

Rubino nell’argento.
Sangue nel mercurio.
Odio nel divertimento.

Il lupo avanzò.
Lentamente prese forma umana.
Un uomo sulla trentina si stava avvicinando al demone.
I capelli lunghi, leggermente ondulati, parevano una cascata di bronzo liquido.
I lineamenti, trasformati da un sorriso di scherno, erano delicati ed efebici.

 “ Aleixo, da quanto tempo…
Non credevo che ti saresti mai ricordato di me…
Mi onori… ”

La sua voce melodiosa sapeva incantare.
Quei suoni accarezzavano dolcemente l’udito.
Alle orecchie di Aleixo giungevano, però, come stridii.
Il demone lo guardava con occhi fiammeggianti di puro odio.

 “ Il tuo sguardo potrebbe uccidere. Comunque… ben svegliato.
Non avrei mai creduto che l’avresti fatto in così poco tempo.
Devo aver sottovalutato quel moccioso ”

Aleixo sgranò gli occhi.
Quel maledetto parlava del suo Vassallo.

Ciel.        

Dalle sue labbra uscì una voce vellutata, ma gelida.

“ Non giocare con me Cherubino…
o sarebbe meglio dire… Angelo Caduto

Il grigio avvicinò ulteriormente.

“ È solo uno stupido Vassallo Demoniaco.
Oppure no… Sebastian? ”

Gli occhi del demone dardeggiarono.
Ma la sua espressione era immutabile.

“ Ti da fastidio… Coinìn? ”

Trattenne a stento un altro conato di vomito.
L’Angelo Caduto assottigliò lo sguardo e fece scomparire il sorriso dal volto.

 “ Non ti troverà mai. Passerai il resto dell’eternità qui.
Angioletto.

 “ Mi dispiace deluderti,
Cherubino ma non sarò il tuo cagnolino come lo fu Lei. Mai ”

Coinìn quasi ringhiò a quel “Lei”.
L’aria si fece pesante e nuovamente un turbinio avvolse l’angelo.
Il corpo lentamente scomparve.
Fu la sua voce l’ultima traccia della sua presenza.

 “ Nulla di ciò che dirai cambia i fatti, Aleixo.
Tu sei qui e sei nelle mie mani. 
Non lo rivedrai mai più esattamente come è stato per Lei. ”


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Capitolo 12
*** Dolore e Potere ***


Dolore e Potere

Dolore e Potere

Ciel respirava pesantemente tenendosi il petto.
Gli occhi sgranati fissavano l’elegante pavimento in marmo.

“ Ehi, moccioso! Ehi tu! ”

Il rosso lo stava scuotendo per farlo riprendere.
Ma quando lo sguardo gli cadde sul petto del giovane fece dei passi indietro.
Gli occhi verdi dell’uomo si assottigliarono.

Il demone non udiva che suoni senza senso.
Il segno sul cuore doleva immensamente.
Gli occhi del suo Padrone erano ancora davanti alle sue iridi blu.
Dalle sue labbra uscivano solo parole sconclusionate.

La mano tremante stringeva la stoffa che copriva il petto.
Una sensazione di freddo umido salì lungo il braccio.
La camicia era bagnata.
Tolse la stretta dalla seta e la guardò.

Sangue.

A fatica si mise in piedi.
Le gambe cedettero almeno due volte facendolo rovinare a terra.
Si appoggiò al pesante tavolo accanto a lui.
Alzò il viso guardandosi intorno.
Dava l’impressione di non sapere più dove si trovasse.

Il petto che si alzava e abbassava velocemente.
Diresse lo sguardo verso il corridoio centrale.
Si mosse in quella direzione.
Sostenendosi prima al piano di legno poi alla libreria alla sua destra iniziò a camminare.
Un passo dopo l’altro superò vari scaffali ricolmi di libri.

Arrivò davanti all’ingresso della biblioteca.
Si aggrappò alla maniglia.

Cadde in ginocchio e il respiro era sempre più corto.
Strinse gli occhi e facendo leva sul pomello si alzò.
Spalancò la porta.
Si gettò praticamente contro la parte opposta.

Sostenendosi al muro dalla pregiata carta da parati si diresse all’atrio.
Tracce cremisi restavano ad adornare la parete dopo il suo passaggio.

Finalmente raggiunse il suo obiettivo.
Il grande specchio dell’entrata troneggiava davanti a lui.

La mano destra era appoggiata alla lastra lucida
La sinistra stringeva nuovamente la stoffa intrisa di sangue.
Sollevò il capo e guardò la sua figura ansante.

Una maschera di dolore copriva il suo volto.
Gli occhi si posarono sul cuore.
Con un gesto fece saltare i bottoni.

Il sigillo, che fino a qualche ora prima era sbiadito, ora era più chiaro che mai.
Il pentacolo faceva sfoggio di sé al centro della corona di spine.
I tre segni semicircolari erano quasi del tutto svaniti.
La stella a cinque punte sembrava essere appena stata incisa nella carne con una lama.
Rivoli vermigli uscivano dalla ferita.

La rabbia crebbe nel petto del Phantomhive.
Strinse gli occhi.
Appoggiò la fronte al freddo specchio.
Il pugno destro serrato colpì la lastra.

Il potere di Aleixo era tornato più forte che mai.

Lo Shinigami apparve alle sue spalle e gli sussurrò all’orecchio.

 “ Non credevo che lo avrei detto, ma il rosso ti dona, Ciel. ”

Ciel alzò la testa dalla superficie liscia.
Si era dimenticato di “quello”.
Lo guardò attraverso il riflesso.

“Vattene, il tuo compito è finito.”

Grell stizzito fece un passo indietro ricambiò lo sguardo nella lastra.

 “Non ci penso nemmeno moccioso.
Non ho ancora avuto la mia ricompensa.
Voglio il mio Sebas-chan!”

Si ravvivò la folta capigliatura rossa.

Gli occhi del Vassallo si accesero.
Il sigillo s’illuminò.
Il dolore aumentò nuovamente.
Ciel si accasciò al suolo.

Suttcliff lo fissò intensamente.
Restò immobile in attesa.

Una leggera foschia scura iniziò ad addensarsi intorno a lui.
Un muro più scuro del nero stesso si formò.
Lamenti di dolore provennero dall’interno.
Poi tutto d’improvviso tacque.

Silenzio.

La coltre nera si diradò poco alla volta.
Lentamente la figura del demone apparve.

Il sigillo era più elaborato e si estendeva su tutto il pettorale sinistro.
Sembrava un incisione a fuoco sulla candida pelle.
Solo un paio di pantaloni logori coprivano il suo corpo.
Il volto pareva rilassato.

Respirò profondamente.
Riaprì i suoi bellissimi occhi color zaffiro.
Guardò Grell.
Il suo sguardo era il più gelido che l’altro gli avesse mai visto.

 “ Non osare chiamare il mio Padrone col suo nome da schiavo, Shinigami. ”

La voce era profonda e non aveva nulla di umano.
Il rosso sentì un brivido percorrergli la pina dorsale.

Ciel si mosse.
I canini facevano bella mostra sulle sue labbra.
Fece qualche passo fino ad affiancarsi a Suttcliff.

“ Lascia questa proprietà. È il mio ultimo avvertimento. ”

Grell squadrò l’essere accanto a lui.
Quello non aveva più nulla del Phantomhive.
Probabilmente il richiamo del suo signore era così forte da avere annientato il suo "Io".
Scosse la testa.

Quando i Vassalli erano in quella condizione nessuno poteva farli ragionare.
Senza contare che erano tremendamente pericolosi.
Istinto combattivo allo stato puro.
Solo il loro Padrone avrebbe potuto qualcosa.

Un ghigno si formò sul viso.

“ Tolgo il disturbo, Vassallo.
Salutami il tuo Master… e digli che ci vedremo presto…
Devo riscuotere la mia ricompensa… hihihihi ”

Con sguardo sognate se la diede a gambe.
Non voleva essere nei paraggi quando il demone avesse rilasciato il suo potere latente.

Il ragazzo liberatosi di quella piaga lasciò che l'energia che sentiva scorrergli nelle vene fuoriuscisse.
Venne nuovamente inghiottito dalle nube oscura.
Leggeri lampi di luce azzurri e celesti percorrevano quella nebbia.
Questa volta nessun lamento si poté udire.

Lentamente quel bagliore sinistro scomparve.
Una gamba fasciata dal pantalone nero uscì dalla foschia.
Il piede nudo tocco il suolo.

Il demone si voltò per guardarsi nuovamente allo specchio.

La lastra d’argento rifletteva un essere oltre l’umano.
I capelli acquisirono dei riflessi blu e argento.
Due piccole scure orecchie feline facevano capolino sulla sua testa.
Occhi grandi di un cobalto splendente e gelido fissavano i suoi lineamenti.
Labbra rosate impreziosite da canini leggermente sporgenti erano attraversate da un ghigno.

Il torace era più muscoloso del solito.
Una seconda pelle nera dai riflessi bluastri lo fasciava dal collo fino alla vita.
Gli avambracci erano adornati entrambi ciascuno da un bracciale spesso di cuoio.
Le unghie nere, più simili ad artigli, erano più lunghe e temibili.

Le gambe tornite erano fasciate da un tessuto nero e logoro.
Un drappo blu consunto dal tempo gli copriva un fianco.
Catene lucenti pendevano dalla cintura seguendo il drappeggio della seta.
Una coda nera si muoveva sinuosa alle sue spalle.

Ciel, o quello che era stato Ciel, fissava curioso e scocciato il suo aspetto.
Alcuni particolari lo indispettivano alquanto.

Il richiamo pulsante del sigillo lo distrasse.
Gli occhi dardeggiarono.
A piedi nudi si diresse alla porta.
Chiuse l’uscio dietro di sé.
Nemmeno il tempo di un respiro che, di lui, non rimase traccia.

 

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Capitolo 13
*** Incontro ***


Eterna dannazione - capitolo 13 Incontro

Incontro


Molti secoli prima dell’incontro tra Vassallo e Padrone, un altro incontro ebbe luogo.
L’incontro di un’anima e di un demone.
Un demone di nemmeno 100 anni.
Un essere… Senza Nome.
Troppo giovane per averne uno.

Lasciati a sé stessi dopo poco tempo dalla nascita, i demoni vagano sulla terra soli.
Sono pochi quelli che raggiungono il secolo, figuriamoci l’età adulta.
Solo al compimento di 500 primavere avrebbero avuto diritto ad un nome.
Il nostro Senza Nome era uno di questi.

Nel corso degli anni era riuscito a sopravvivere grazie alla sua scaltrezza e spietatezza.
Tuttavia, molte volte aveva dovuto piegare la testa.
Troppo giovane e troppo debole per essere orgoglioso.
E, ancora molte volte avrebbe dovuto farlo.

Presto, tuttavia, sarebbe sorta l’alba del suo centesimo anno.

Per l’occasione aveva cercato un’anima a dir poco succulenta.
Se non fosse stato per Lei avrebbe consumato un pasto da ricordare per secoli.

Lei, un essere che era la sua antitesi in tutto e per tutto.
Lui uomo, Lei donna.
Lui il Male, Lei il Bene.
Lui Demone, Lei Angelo.

Un Angelo, esatto.
Un Cherubino per essere corretti.
Uno degli esseri più puri esistenti nell’universo.

Cosa la portò ad agire in quella maniera resta ancora un mistero.
La sua missione, come quella di ogni suo pari, era estirpare il male.
Quel Male, tuttavia, l’affascinò al punto da farle perdere ogni cosa.

Qualcuno scrisse “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”.
Nel nostro caso galeotta fu l’anima e il suo possessore.

Quell’anima fu la causa del loro incontro.
Due opposti che finirono con l’attrarsi fino al punto di non ritorno.

Il Male ormai aveva irretito il possessore della prelibatezza.
Il Bene non poteva permettere a quell’anima di macchiarsi.

Il Male stava per porre il sigillo del contratto.
Il Bene si frappose tra loro.

Il Male fissò il Bene con le sue iridi ardenti.
Il Bene gelò il Male con i suoi occhi di ghiaccio.

 “Non ti è consentito avere quest’anima.”

Il demone rimase qualche secondo inebetito da quel suono così cristallino.

“Stirpe del Male allontanati da lui”

Stirpe de Male.
Solo una razza di creature chiamava in quel modo i Demoni.
A quell’appellativo il “Senza Nome” si riprese.

“Non puoi interferire con il nostro contratto, rifiuto dei Cieli.”
 

“Non esiste un contratto e mai esisterà con lui”
 

L’Angelo era rimasto calmo.
Normalmente chiamare in quel modo uno di loro equivaleva ad un attacco.
A quanto pareva a questo “angioletto” piaceva parlare.

“Ha già fatto la sua scelta. Non può essere revocata, marchio o meno.”
 

La donna toccò la testa dell’uomo proprietario dell’anima.
Una luce si sprigionò dal quel contatto.
L’anima era stata purificata.

 “Il pagamento per l’attraversamento del fiume è stato restituito.
Quest’anima è libera di tornare al Padre.”

Il demone digrignò i denti.
Quello che aveva davanti non era un pennuto qualunque.
Solo un Cherubino poteva tanto.

Gli Angeli come da volere divino rispettano il libero arbitrio.
Se un umano sceglie di “vendere” l’anima al diavolo non possono intervenire.
Solo in un caso è concesso loro interferire.
Un futuro Angelo.

“Ma bene… che onore.
Ho avuto il piacere di scomodare addirittura un Cherubino.
Tuttavia sei giunta un po’ in ritardo, non credi…”
 

“Non venirmi ad insegnare il mio lavoro, feccia”

Il demone si avvicinò elegantemente all’orecchio dell’Angelo.
La sua voce vellutata e suadente era in grado di irretire chiunque.
Tra gli esseri umani almeno.
Chissà se una del suo calibro avrebbe ceduto alla tentazione.

“Sarò anche feccia… ma…”

Stava giocando col fuoco e lo sapeva.
Aveva schernito un degli esseri più potenti che avessero mai calcato la terra.
Ora, voleva persino farle mettere un pieno in fallo.
Una piccola ricompensa per la sua perdita. 

“Scommetto ciò che vuoi…
che riuscirei ad allontanare dal tuo grande Padre chiunque…
persino te…”

L’angelo s’irrigidì.
La stava sfidando.
Nessuno aveva mai osato.
Lui l’oscurità sfidava Lei la luce. 

“Io non rinnegherò mai il Padre!”

Sprigionò un vapore luminoso che l’avvolse.
Il Senza Nome fece un balzo indietro come scottato. 

Troppo in fretta mia cara.

L’incertezza traspariva da quell’affermazione assoluta. 

“Hai così paura di me da allontanarmi con la tua sacra aura, Cherubino?”

Rise.
Forse sarebbe morto.
Ma ne valeva la pena. 

“Non ho paura di te!
Il tuo olezzo mi nausea, levati di torno!
Non è il tuo ultimo giorno oggi e se non vuoi che lo diventi sparisci dalla mia vista!”

Troppo facile, dolcezza.

“Oh cielo… il Cherubino si è alterato…”

Gli occhi argentei lo perforarono fino infondo all’anima, se mai ne avesse avuta una.
L’aveva colpita, ah se lo aveva fatto.

Angeli…
Imperturbabili.
Apatici.
Fedeli.
Incorruttibili.

Talmente puri da sembrare una lastra di cristallo.
Un cristallo talmente bianco e limpido da ferire lo sguardo.
Senza una sola incrinatura.

Salvo Lei.

Un crepa.
Non si sa come.
Non si sa quando.

Ma c’era.

La sua natura lo spinse ad approfittarne.
Dannare un Cherubino.
Tentazione irresistibile.

Sorrise beffardo. 

“Che sguardo intrigante”

Si passò la lingua sulle labbra.

“Mi fai ribrezzo” 

“Quale onore suscitare in un Essere come te un sentimento…”

Le iridi angeliche si assottigliarono. 

“Mmmh, così mi fai arrossire… Allora, ci stai?”

Si sentì scrutato.
Analizzato.

“Dimostrami che mi sbaglio. Che tu hai ragione.
Che mai rinnegherai il Padre… Se ciò non accadrà…
Beh, lo scoprirai… contrariamente potrai farmi ciò che più vorrai…”

 “Scempiaggini!” 

“Affatto… dovresti saperlo.
Se un demone prende una decisione… non cambia idea…”

Avrebbe potuto andarsene Lei.
Avrebbe potuto tacere Lui.

“Sia. Ma non riuscirai... a… farmi allontanare da Lui.”

“Continui a ripeterlo… non è che vuoi convincere te stessa”

Cuore, di Lei.
Impazzito.
Fragile.
Incerto.
Vulnerabile.

Passi, di lui.
Lenti.
Eleganti.
Ammalianti.
Inesorabili.

Il Nero si riavvicinò al Bianco.
La tentazione all’imperturbabilità.

Niente più aura.
Niente più parole.

Solo l’inesorabile destino.
Filo rosso, come gli occhi di Lui, come il sangue di Lei.

§§§§§§ Angolo della pazza §§§§§§

Ehm... salve a tutti *si nasconde per evitare la fucilazione*.
Lo so... sono secoli che non aggiorno... volevo pubblicare il tutto entro la fine dell'annno ma non ci sono riuscita.
Il fatto è che ora la tiro avanti da sola... la storia è già finita, ma è da scrivere.
Hitomi ahimè ha perso interesse per Kuro e non ha tempo di aiutarmi... quindi adesso (da qualche capitolo ormai) sono io che scrivo sulla sua traccia della fic.
Comunque scuse a parte.. spero che vi piaccia il capitolo... nel weekend o magari domani ne posto un altro, giuro u.u

Ciaooooo

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Capitolo 14
*** Fratelli ***


Eterna Dannazione . Fratelli

Fratelli






Gli occhi cremisi correvano sulla pelle nivea.
Il Senza Nome lentamente osservava il Cherubino.
Le girava intorno.

“Cosa stai cercando di fare?”

“Nulla. Osservo.”

“Cosa?”

“Un Essere Angelico sul bordo del baratro del dubbio.
Occasione rara, anzi unica nel suo genere.”

“Io non ho dubbi!”

Sorrise.
Si sporse nuovamente verso il suo orecchio da sopra la spalla.

“Davvero…? Allora perché non mi hai ancora ucciso?”

I gelidi occhi sgranarono.

Consapevolezza dell’aver mancato al suo dovere.
Aveva accettato il gioco del demone.

Perché?
Devo provare a me stessa che sono… degna…
Di cosa…?
D’esser un… Cherubino… per Lui…

Serrò le dita in una stretta ferrea.
Le nocche sbiancarono.
Scattò fulminea e le sue dita si serrarono sul collo del demone.

“Mi stai facendo alterare… feccia”

“Ti piace violento… bene… abbiamo qualcosa in comune”

Ghignò.
Lei lo lasciò immediatamente come scottata.

“Idiota!”

In un battito di ciglia le fu nuovamente ad un soffio.

“Tra simili ci si riconosce, neh?
Allora Angioletto…”

Le lunghe dita affusolate del demone le sfiorarono il mento.
Una scossa la attraversò.
Lei s’irrigidì.

Il Senza Nome inclinò la testa.
Assottigliò lo sguardo.

“Sicura di essere un… Cherubino?”

Voce vellutata e calda sfiorò l’udito angelico.
Gli occhi di ghiaccio sgranarono.
Labbra calde e peccaminose si posarono sul puro collo,

“Quanto siamo sensibili…”

Canini affilati marchiarono il collo alabastrino della donna.
Gocce vermiglie sgorgarono dal morso.
Limpide lacrime rigarono il volto dell’angelo.

“Per quanto ancora intendi farti toccare da quell’essere Aislinn!”

Senza Nome sorrise sulla pelle di lei.

“Mia cara dovevi dirmi che avevi invitato un amico…”

“F-fratello…”

Il respiro caldo di lui le sfiorò l’orecchio.

 “Ma quanto siamo depravati… un incesto… interessante”

Morse delicatamente il lobo.
Una forza lo scaraventò lontano dall’angelo tremante.
Il giovane vide solo un turbinio di capelli plumbei.

 “Dannato, come osi toccarla!”

Il demone si rialzò senza scomporsi.

 “Ma quanto ci scaldiamo… si stava solo giocando, neh Angioletto?”

Sorrise beffardo.
Ma il suo sguardo era vigile e attento.
Davanti a lui ora vi erano due Cherubini.
O meglio… uno e mezzo.

Una scarica d’aura angelica lo investì.
Lacerazioni comparvero sulla pelle bianca dell’essere oscuro.
Bruciavano come se fatte da una lama d’acido.

 “Coinìn… fratello… io”

 “Zitta stupida!”

La strattonò e la schiaffeggiò.

“Tu saresti un Cherubino!
Cedere così facilmente a quell’essere… Stupida ragazzina!”

“Io…Io…”

Si teneva il viso, sguardo basso, senza più fierezza.
La teneva per un braccio pronto a percuoterla nuovamente.

Dolorante il Senza Nome si mise in piedi.
Avrebbe potuto scappare.
Non erano affari suoi.
Sicuramente il nuovo venuto lo avrebbe fatto fuori senza pensarci.

Si voltò.
Fece un passo.

Ma guardò indietro un ultima volta.

Vide se stesso a terra e non lei.
Un demone anziano invece di lui.
Scosse il capo e sorrise.

 Sono veramente un idiota…

In un batter di ciglia si trovò dietro al Cherubino chiamato Coinìn.
Lo trattenne per il polso.
Con voce profonda lo schernì.

“Che razza di maniere. Trattare così una ragazza… che rozzezza”

Occhi argentei lo puntarono.
Ira il sentimento che li riempiva.
Poi quello sguardo si assottigliò.
Lo scrutò.

Occhi cremisi ricambiarono lo sguardo.

 “Ti consiglio di desistere… com’è che ti chiami? Ah si… Coinìn…” 

Aislinn era ammutolita.
Un demone la stava… proteggendo?
No… assurdo… 

Come leggerle nel pensiero il Senza Nome disse

“Non travisare… non lo faccio per te Angioletto
Solo mi da molto fastidio chi si fa grande
davanti ad essere palesemente deboli.
Invece di perdere tempo nello schernirli…
 dovrebbero semplicemente…
ucciderli…”

Gli occhi vermigli si accesero.
Strattonò il Cherubino e lo lanciò lontano dalla sorella.

“Anche se devo ammettere…”

Un vapore nero lo avvolse lentamente.

“…schernire uno di voi debole o forte che sia…”

Una gamba avvolta da uno stivale col tacco emerse dalla nebbia,

“… mi eccita alquanto”

Quello che successe dopo fu il delirio.

Il Cherubino Coinìn si scagliò contro il demone che si difese.
Colpi d’ala, di artigli e di aura risuonarono nei dintorni.

La fine, però, era scontata.
Un giovane Demone contro un Cherubino.
Un cucciolo di pantera senza denti contro una tigre adulta.

Pochi minuti e tutto si zittì.

Un nugolo di piume nere e bianche si posò a terra e rivelò la scena.

Il Senza nome giaceva atterra circondato dalle sue ali nere.
Una chiazza vermiglia si estendeva sotto di lui.
La pelle candida era macchiata di cremisi.
Le labbra aperte lasciavo uscire respiri affannati.

Era a terra.

Il Bene troneggiava su di lui pronto per il colpo di grazia.

Vedeva la fine, ma il suo sguardo era fiero.
Un sorriso di scherno era dipinto sul tuo volto.

“Finiscimi, ma ciò che era puro non lo è
più così tanto”

Spostò le iridi sulla donna.

“Taci!”

Coìnin tese il braccio e un’aura bianca lo avvolse.

Il demone lo guardò nuovamente.
Non temeva la morte.

L’odio riempiva le angeliche iridi argentee.
Leggevano lo scherno, l’orgoglio e non vedevano la paura nel cremisi.
Scagliò il colpo, ma mancò il bersaglio.

Un lampo di luce e il demone era lontano da lui.

Il fratello guardò la sorella con occhi sgranati.
Dagli occhi glaciali di lei lacrime scendevano.

“Non potevo permettertelo.”

Guardò il demone.

“Non è altro che… una creatura del Padre
che ha smarrito la via”
 

“Sciocca è un demone!
Nostro compito è eliminarli! Estirparli!” 

“No… è di ricondurli al Padre…”

Solo al suono di quelle parole si rese conto di cosa era accaduto.
Ali candide lo proteggevano,
Giaceva ad occhi sgranati tra le candide braccia angeliche.
Tremò e sentì una lacrima pura sulla sua pelle.

Si riscosse.
Si spinse via dall’angelo.

I loro sguardi s’incrociarono nuovamente.
Ma non c’era più odio e ribrezzo nel ghiaccio.
C’era… il demone non lo sapeva.

Una nube oscura lo riavvolse.
Un corvo nero prese il volo.

 
Ferito e scioccato giunse alla sua tana.
Riprese il suo aspetto a terra in un lago di sangue.
Prima di cadere senza sensi solo una cosa riaffiorava alla sua mente.
Occhi azzurri e gelidi come il ghiaccio più puro,
Occhi che fanno male, ma che non poteva dimenticare.

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Capitolo 15
*** Veleno ***


Eterna Dannazione - Veleno

Veleno







Le lunghe ciglia scure si alzarono di scatto.
I ricordi stavano riaffiorando.
Il loro primo incontro.

Dolore, rabbia, frustrazione crebbero nel demone.
Era imprigionato da quella feccia.
E quello stesso bastardo gli aveva rammentato tutto.

Digrignò i denti.
Troppo debole per distruggere ogni cosa intorno a lui.
Quei ricordi bruciavano come lava incandescente.

Tutto era iniziato quel giorno.
La catena di eventi che lo avrebbero portato quasi a diventare…
No… non riusciva più nemmeno a pensarlo.

Troppo giovane e troppo stupido per ragionare.
Come poteva immaginare però le conseguenze possibili.
Che solo ci fosse stata la possibilità di… non essere più un demone.
Assurdità.

Scosse i folti capelli neri, scioccato da quelle memorie.

Eppure… sarebbe potuto succedere.
Non per scelta d’amore o stoltezze simili.
Quello era il prezzo per averla irretita.

Ci volle molto tempo… quasi 400 anni.
Ma lei cedette… lo ricordava come se fosse appena accaduto.

Il gioco del gatto col topo era stato logorante.
Ma chi era il gatto e chi il topo è rimasto un mistero.

Lei da una parte gli impediva di cibarsi.
Lui dall’altra ad ogni loro incontro la stuzzicava.
Lei con lo scopo di portarlo alla Luce.
Lui con l’obiettivo di farla cadere in tentazione

Senza che se ne rendessero conto stavano cambiando.

Il Nero iniziava a pulirsi.
Il Bianco cominciava a sporcarsi.

Probabilmente avrebbero continuato in eterno.
Ma il fato, o chi per esso, non volle così.
Esiste un motivo se gli opposti non devono entrare in contatto.

Un leggero sorriso spento si dipinse sul volto di Aleixo.
Il ricordo del sapore amaro della vittoria si fece strada in lui.

Chiuse gli occhi.
Il passato lo travolse.

Iniziò a sentire l’acqua sulla pelle.
L’odore di erba bagnata lo avvolse.

Quella notte pioveva in riva al lago.
La notte in cui Nero e Bianco si fusero.
Si macchiarono reciprocamente, l’uno di luce, l’altra di tenebra.

Non importa come iniziarono ne come accadde.
Diventarono un solo essere.

Vittoria della tenebra sulla luce…?
Forse, no.

Da quella notte tutto cambiò.

Il Senza Nome iniziò a provare cose che non doveva.
Il suo cuore arido si stava scaldando e nascendo a nuova vita.

Lentamente ma inesorabilmente arrivò al punto di non riuscire più a nutrirsi.
Provava rimorso per le sue azioni.
Si odiava alla consapevolezza di ciò che era diventato.

Il tempo passava.
La fame aumentava.
La forza scemava.

Irretiva anime su anime.
Davanti a lui, ogni volta, una prelibatezza.
Pronta per la sua fine.
Ma… non riusciva a divorarla.

Dai suoi occhi lacrime iniziavano a scendere.
Una nausea prepotente lo assaliva.
Quello che era profumo e fragranza, diventava un olezzo maleodorante.

La rabbia cresceva.
Si sforzava di assorbire le anime.
Ma il suo corpo le rifiutava, sebbene le bramasse.

Per la frustrazione, ogni volta, uccideva.
Con un fendente trapassava quello che doveva essere il suo pasto.

All’ennesimo fallimento vagò senza meta.
Raggiunse quel lago maledetto.
Quel lago dove sulle sponde aveva giaciuto con lei.

Il cuore perse un battito al quel pensiero.
La sua mente era nella confusione più totale.
Sentì un calore invaderlo al pensiero di Lei.

Chiunque avrebbe riconosciuto la causa.
L’Amore era in lui.
Come un veleno lo stava uccidendo.
Ma il Senza Nome non conosceva quel sentimento.

“Aislinn…”

Fu un sussurro.
Carico di dolore, rabbia, amarezza e… molto altro.
Nemmeno si rese conto di averla chiamata.
Lei apparve.

Il destino si prese ancora una volta gioco del Demone.

La sua mente ormai era storia.
Solo quel calore comandava le sue azioni.
Sorrise dolcemente.
La guardò.
Qualcosa non andava.
La mise a fuoco.
I suoi occhi sgranarono.

Si avvicinarono reciprocamente.

La pelle nivea del Cherubino era segnata da lividi.
Una mano oscura si alzò.
Delicatamente sfiorò il livido sul viso.

“Cosa…?” 

 “Coìnin… mi ha colpito e io…
l’ho colpito a mia volta”

Il suo sguardo era impaurito.
Scioccato.

“Cosa mi hai fatto? Io lo… odio…” 

Lacrime scesero dai suoi occhi limpidi.
Il cuore nero perse un altro battito.
Ma la sua mente ebbe uno sbalzo di lucidità.

“Io a te? Io… non mangio da allora…!”

La sua voce era un po’ spezzata, ma gelida.
Il suo tocco, tuttavia non lasciava il viso dell’angelo.

“Le anime mi fanno… ribrezzo… ma allo stesso tempo le voglio” 

“Cosa… cosa abbiamo fatto?
Non dovevo cedere alle tue… lusinghe”
 

I loro volti si avvicinarono inesorabili.
La voce di lei divenne un sussurro.
Le loro labbra entrarono in contatto.
 

Il bacio all’inizio lento, prese vigore.
Il demone inclinò la testa e lo approfondì.
Sentì la fame calmarsi.

Un’energia calda lo invase.

Sciolsero il contatto.
Restarono a pochi millimetri.

 
“Ancora… ne voglio ancora”

Un sussurro.
Ma era un preghiera.
I suoi occhi cremisi la pregavano.

Si baciarono nuovamente.
Lui la strinse a sé.
Lei avvolse le braccia al suo collo. 

Il Male e il Bene nuovamente uniti.
Fu un lampo argenteo a dividerli.
Aislinn venne scaraventata lontano dal Senza Nome.

“Avrei dovuto immaginarlo… Supida!
Perderai ogni cosa!
Ti sei fatta infettare!”
 

Gridava.
Ringhiava.
Coìnin era furibondo.

 
L’Angelo biondo si teneva il braccio destro.
Afferrandola il fratello lo aveva rotto.
Guardava l’altro con occhi sgranati.

“Cosa…?”

L’argenteo respirò come un toro pronto alla carica.

“Stai ‘cadendo’ Aislinn…”

 Si voltò verso il demone.

“Maledetto… pagherai per
quello che hai fatto.
Non ti sarà concesso elevarti e purificarti, mai!”
 

Il Demone non capiva.
Non seguiva il discorso di quel pazzo.
La confusione era totale.
Fu per questo che non se ne accorse.
Ma qualcuno lo fece per lui.

Il cherubino d’argento si scagliò contro di lui.
Una cascata d’oro gli coprì la visuale.
 

Un urlò squarciò il silenzio della vallata.

“Aislinn!”

 

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Capitolo 16
*** Il Nome ***


Eterna Dannazione . Il Nome

Il Nome





Una sola voce.
Un coro di opposti.

L’Argento e l’Onice se ne resero conto all’unisono.

Lei cadde all’indietro.
Il Senza Nome la prese tra le braccia.
La circondò con le sue ali di pece.
Coìnin retrocedette.
Il sangue iridescente della sorella colava dalla sua mano.

“Perché… perché… sorella… perché”

Questa volta non era riuscita ad allontanarsi.
Aveva ricevuto il colpo in pieno stomaco.
Troppo debole a causa della sua “caduta”.

Come l’Amore stava infettando l’essere oscuro, l’Odio stava avvelenando l’essere puro.

Piume bianche ancora cadevano intorno a loro.
Lentamente si dissolvevano.
Le mani di lui erano intrise di sangue angelico.
Bruciava come acido.

Ma non l’avrebbe mai lasciata.

La piccola mano della ragazza si alzò.
Gli accarezzò il volto.
Una goccia più nera dell’onice macchiò la pelle nivea.

Il cielo venne squarciato da lampi.
Le nuvole iniziarono a piangere lacrime nere.
Il Padre piangeva per la perdita di una figlia amata per mano del fratello.

“Perché lo hai fatto…”

La risposta.
Un soffio.
Potente come un urlo.

“Perché ti amo…”

Gli occhi rossi sgranarono.
Non per le parole.
Ma per la consapevolezza che condivideva quel sentimento.
La odiava, ma la parte avvelenata del suo io l’amava.

Chiuse le ciglia scure.
Si chinò su di lei e le sfiorò le labbra.

Fece una scelta.
Una scelta che una parte di lui avrebbe rimpianto in eterno.

 “Chiamami per nome… Battezzami

Lei sussultò.
Le forze la stavano lasciando.
Gli occhi chiari si riempirono di lacrime.

“Aleixo… Agapios…”

Difensore dell’Amore Divino.

Un nome che equivaleva ad una maledizione eterna per il demone.
Lui, diavolo, aveva difeso lei, l’amore di Dio, un angelo.
Mai nome fu più adatto.
I due rubini la guardarono con un misto di ira e dolcezza.

“Divorami…”

La sua ultima richiesta.
La sua ultima maledizione.

Lui scosse la testa.

“Non posso… non più”

Le anime lo ripugnavano.
Non poteva.

Ma… lo voleva.
Per tutti i gironi dell’inferno se lo voleva.
Bramava quel premio con tutto se stesso.

400 anni erano passati.
400 anni erano serviti perché cedesse.
400 anni per avere quello che nessun demone aveva mai avuto.

Ma cosa era?
L’anima angelica o… il suo cuore?

L’indice di lei si posò sulle sue labbra.

“Devi… e puoi…
Riparerò al mio errore… se ti ciberai della mia anima…
non ti sarà mai più concessa redenzione…
Tornerai da essere il demone che eri…
E mi permetterai di restare con te… per sempre”

Il suo Cuore lo possedeva già.
Ora avrebbe avuto anche l’Anima.

Lacrime scesero dagli occhi del demone.

Lacrime di Odio.
Lei lo obbligava ad ucciderla.
Lei lo aveva maledetto con quel nome.
Lei gli aveva fatto conoscere l’amore.

Lacrime d’Amore.
Lei gli stava salvando la vita.
Lei rinunciava al suo eterno per ridargli il suo Io.
Lei era “caduta” a causa sua.

Annuì.

Questa volta non provò ribrezzo.
La nausea non si sentì.

Scese nuovamente sulle sue labbra.

Fu un bacio d’Amore.
Il Male amò il Bene.

Fu un bacio di Morte.
Il Male uccise il Bene.

Una forza sconosciuta lo invase.
La coscienza della Cherubino lo assalì.

I suoi occhi ebbero un lampo d’argento.
La sua testa scattò all’indietro.
Un urlò squarciò il silenzio di quella notte di pioggia nera.

In un secondo quelle che furono le spoglie di Aislinn divennero piume.
Piume bianche screziate di nero.
In pochi secondi una distesa di rose bianche adornate di stille nere comparve.

L’urlo straziante cessò.
Quello che ora era Aleixo si alzò.
Guardò l’angelo Coìnin come una fiera la sua preda.
Inclinava la testa a destra e a sinistra.

Più di un Demone, ma meno di un Angelo.

Il suo “Io” cosciente lo aveva abbandonato per il troppo dolore.
O forse per la troppa purezza ed energia di quell’anima.

Artigli avevano preso il posto delle dita.
Le ali nere da corvo erano decadenti ma imponenti.

L’argenteo non poté vedere altro.
Un secondo.
Uno scatto.
Una fitta allo stomaco.

Altro sangue angelico scorreva.
Il demone si leccava le labbra questa volta.

I neri artigli gli avvolsero il collo e strinsero.
I canini vennero scoperti.

Un soffio ed avrebbe avuto un altro lauto pasto.
Un soffio e l’avrebbe vendicata.
Un soffio… che rimase tale.

Thump…

Thump, thump…

Il cuore del demone prese a impazzire.
Crollò sulle ginocchia e si strinse il petto.
Un altro urlo.

L’anima che aveva ingerito era troppo.

Troppo forte,
Troppo pura.
Troppo piena d’amore.

Libero dagli artigli Coinìn lo scherì.

“Non avrai la redenzione…
Ma ciò che era oscuro non lo è più così tanto”

Gli occhi cremisi guardarono l’angelo.
Un ghigno troneggiava sulle sue labbra.
Rise l’essere puro.
Rise come un pazzo.
Poi l’argento si specchio nel rubino.

“Vivi e ama demone…
E quando accadrà… io sarò lì…”

I contorni di quel maledetto divennero confusi.
La testa pulsava.
La gola bruciava come ustionata.
Le forze lo lasciarono.

Il buio avvolse Aleixo.
E, al suo risveglio, non fu più lo stesso.

Aveva una Coscienza.
Frutto di quell’Anima Pura.
Ma la seppellì.

Seppellì i ricordi di Aislinn, Angeli e Amore.

Inizialmente cercò quel dannato cherubino
Un angelo caduto ormai.
Le sue mani erano intrise di sangue angelico

Perché lo cercò?.
Voleva vendetta?
Non lo sapeva nemmeno lui.

Tuttavia la condanna di Coìnin non si avverò.

Visse ma non amò.
Anzi, odiò.

Anno dopo anno.
Secolo dopo secolo.
Ogni volta che il suo nome veniva pronunciato una vita cessava.

Solo quel nome poteva riportare tutto a galla.
Solo quel nome poteva risvegliare la coscienza.
Solo quel nome poteva fargli provare amore.

Non voleva udirlo.

La scia di sangue continuò senza fine per molto tempo.

Divenne così uno dei Demoni Superiori.
Unico ad essersi cibato di un Angelo.
Cantet Animarum fu il suo nuovo nome.

Poi, un incontro.
Un’anima.

Un piccolo Conte orfano.
Il grande demone decise di servirlo.
Fecero un patto.
Il patto venne rispettato.
L’anima venne divorata… ma non completamente.

La nausea, all’ultimo morso, lo assalì.
Il frammento vitale dello spirito.
Non poté mangiarlo.

E così il corvo nero…………..

Un vento riscosse Aleixo dai ricordi.

Tempismo perfetto

Pensò facendo un piccolo ghigno.
Ghigno che si dissolse.
Terrore invase gli occhi cremisi.

Coìnin guardava il demone con un aria di vittoria.
Tra le braccia un corpo inanimato
Capelli petrolio, corporatura esile, pelle nivea.

Ciel.

 

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Capitolo 17
*** Urla del Corpo, Urla del Cuore ***


Urla del Corpo, Urla del Cuore

Urla del Corpo, Urla del Cuore

 



Correva nel folto del bosco.
In realtà non conosceva la meta.
Seguiva il richiamo del suo Master.

Lanciato come mai nella sua vita.
Il cuore batteva all’impazzata e i muscoli erano tesi.
Di colpo si fermò.

Vide un lago…
Quel Lago.

Appena in tempo…
Era stremato.
Troppo giovane per una trasformazione simile.
Troppo debole per mostrare il suo vero aspetto.
Come frantumi di specchio l’aura demoniaca che lo avvolgeva svanì.

La sua mente si schiarì.
La seta bianca, rossa del suo sangue, danzava col vento.
Danza che permetteva di intravedere il petto niveo.
Il sigillo era ritornato a coprire solo il pettorale sinistro.

Gli eleganti pantaloni che all’inizio di tutto gli fasciavano le gambe erano ormai stracci.
Le scarpe costose non esistevano più.

Si guardò intorno stranito.
Aveva solo un vago ricordo delle sue azioni da quando aveva parlato con Lui.

Perché era lì?
Lì non c’era nulla.
O meglio, c’era qualcosa.
Un pietra candida.
Quasi feriva gli occhi.
Sembrava normale calcare o marmo, nulla di importate.
Eppure… eppure dentro di lui sapeva che non era così.

Doveva avvicinarsi.
L’unico ostacolo era una distesa di fiori.
Passo dopo passo s’inoltrò nel roseto.

Incurante delle spine che ferivano la sua pelle avanzava.

Finalmente oltrepassò il mare fiorito.
Guardò la pietra.
La sfiorò.
Era levigata…
Troppo perfetta per essere naturale.

Sotto i polpastrelli sentì come pizzicare.
Ma solo in certi punti.
Inclinò il volto a destra.
Assottigliò lo sguardo.
Si concentrò.
Le iridi zaffiro divennero cremisi.

Quello che apparve… lo annichilì

 

 

Fu il dolore bruciante a risvegliarlo.
I graffi delle rose sembravano essere cosparsi di acido.
Fece dei passi rapidi.
Entrò in acqua.
Lavò le ferite.
Niente.

Dolore.
Bruciore.
Risaliva dai piedi alle caviglie.
Dalle caviglie ai polpacci.

“È inutile che ti bagni demone…”

Una voce bassa lo fece sussultare.

“Spargerai solo il sangue avvelenato”

Si guardò intorno rapido.

“Quelle ferite guariranno solo dopo molto dolore…
E molto tempo”

 

Scattò sulla difensiva.
Non aveva percepito nessuno avvicinarsi.
Gli occhi tornarono due pozzi di sangue.
I canini e gli artigli fecero nuovamente mostra di sé.

“Scusa gattino… non volevo spaventarti.”

Puntò una specie di ombra.
Guardò la figura ammantata di nero.
Sembrava un vecchio.
Emanava una strana aura.

Pericolo.

La sua mente venne assalita da quella sensazione.
Assottigliò lo sguardo.
La voce bassa e profonda del Vassallo si fece sentire.

“Chi sei?”

L’essere di fronte a lui ignorò la domanda.

“Non sei stanco dopo una corsa del genere Conte?
Dovresti riposare…”

Due lampi s’intravidero nella penombra del cappuccio.

Un dolore lancinante alla nuca.
Poi il buio.


------------------------------------------------------------

Freddo.
Ovunque.

Pietra.
Dietro e sotto di lui.

Metallo.
Alle caviglie e ai polsi.

Dolore.
La testa pulsava.
Le gambe bruciavano come il fuoco dell’inferno.

Le ciglia si alzarono.
Gli zaffiri tornarono a vedere.

Una cella.

“Buongiorno Piccolo…”

Dall’ombra vide uscire un uomo.

Sbatté gli occhi più volte.
Lo mise a fuoco.

Giovane…
Capelli scuri…
Occhi d’argento.

“Forse ci sono andato troppo pesante… in fondo sei solo  un Cucciolo”

Lo fulminò a quell’appellativo.

“Ma quanto siamo selvatici….”

L’uomo ghignò.

“Così non va bene… Vorrà dire che dovrò addomesticarti.”

Un brivido percorse la schiena dell’ex nobile.

Le parole non uscivano dalle labbra.
Il corpo non gli rispondeva.
Ma, anche se lo avesse fatto non sarebbe servito.

I polsi erano incatenati insieme.
Era ammanettato.
Le caviglie, separate, ancorate da anelli al muro.

Era in ginocchio, appoggiato alla parete della cella.

Passo dopo passo l’ex cherubino si avvicinava a Ciel.

Gli occhi del giovane si illuminarono.
Le manette e le cavigliere si accesero.

Un urlo straziante uscì dalle nobili labbra.

“Fossi in te…”

L’uomo gli accarezzò il collo.

“Io non evocherei la mia aura…”

Gli strinse la presa sulla gola.
L’urlò cessò.
La luce sparì.

“Così va meglio… vedi… se stai buono queste catene non ti feriranno.
Sono catene speciali, sai cucciolo.
Vengono dal Regno dei Cieli e sono fatte proprio per custodire la feccia immonda come te…”

Passò una mano, una volta benedetta, su una  guancia nivea.

“N-non… T-toccarmi…”

Le parole briciavano.
Ogni sillaba era un dolore indescrivibile.

Sorrise il grigio.
Ma più che un sorriso era un ghigno.

“Dimmi cucciolo… Il tuo padrone… Ha mai giocato con te?”

Gli occhi blu cobalto sgranarono.

“S-stammi… L-lontano”

Il corpo iniziò a tremare.
Lacrime bollenti di fiele e dolore cominciarono a scorrere.

Ricordi.

La gabbia.
Le torture.
Le sevizie.
Le violenze.

L’odio più puro si leggeva in quei pozzi di cielo notturno.

“Desolato Cucciolo, ma… devo togliergli tutto…
come Lui fece con me… e Tu…
Tu sei… la sua nuova Anima.”

Niente di quello che aveva provato in passato fu paragonabile.
Urla disumane riecheggiarono tra quelle mura.
Il suo corpo, il suo Io, vennero straziati.

Chiese aiuto.

Lo chiamò con la voce.

“MY LORD!”

Lo invocò con la mente.

"MASTER!


Lo pregò di salvarlo col cuore. 

…Sebastian…

Ma non venne…
Ad ogni richiamo dalla risposta mancata un velo calava sui due cieli.
Velo dopo velo, del blu originario, non rimase che un azzurro sbiadito

Trascorsero ore.
Ore di violenze.

Poi come tutto era iniziato tutto finì.

Il Lupo aveva uno sguardo folle.
Soddisfatto si allontanò dalla sua vittima.

Ciel, o meglio, un corpo si accasciò esanime sul pavimento.

Della camicia non restava nulla.
Dei pantaloni rimase sono l’ombra.

La pelle nivea era segnata da cremisi e viola.
Il viso sporco era immobile con gli occhi spalancati e vuoti.
Delle righe pallide erano scavate sulle gote prima rosate.
Solchi delle lacrime versate.

Sembrava una bambola…
Una bambola rotta.

A quello spettacolo Coìnin rise di soddisfazione.

“Ora Cucciolo riposa…
Tra qualche ora andremo a fare visita a qualcuno di importante.”

Nessuna reazione.
Il Phantomhive restò esattamente come quella bestia angelica lo aveva lasciato.

Nella sua mente si alternavano preghiere, dolore, richiami violenze.
Continuava a rivivere ogni singolo istante.

L’unico segno di vita erano le lacrime.
Di tanto in tanto una stilla scendeva sul suo viso.

Non si rese conto delle ore che trascorsero.
A dire il vero non si rese conto di nulla.
Era ormai chiuso del suo mondo.
Niente di ciò che accadeva fuori lo toccava più.

Quando il Lupo lo prese in braccio.
Non se ne accorse.

Le catene e la porta della cella si aprirono.
Non le sentì.

Il rumore dei passi nei corridoi non giunse alle sue orecchie.
Non si rese conto di arrivare da Lui.

“Ciel!”

La Sua voce gridò.
Ma la bambola non udì nulla.

Venne gettata ai suoi piedi.
Non una reazione.

Non emise un suono.
Per troppo aveva urlato inutilmente.

Venne raccolta in un abbraccio famigliare.
Non lo riconobbe.

Occhi color rubino si specchiarono in… misere acquemarine.
Lo fissava, la bambola, ma non lo guardava.

Per la prima volta, dopo secoli il cuore nero vibrò.
Battito dopo battito si rianimò.
E urlò nel petto del Corvo.

Di quell’Angelo non sarebbe rimasta che polvere.

 

---§§§---NDA---§§§---


Salve a tutti... mi rifaccio viva ogni tanto ^^'' Chiedo venia... è un periodaccio.
Detto questo probabilmente *si nasconde* molte persone vorranno linciarmi...
Ricordatevi che ruolo Ciel, è stato un dolore personale farlo violentare fino a farlo ridurre così.

A tal proposito il capitolo sfora leggermente la "regola" delle mille parole... il fatto è che avrebbe dovuto esserci anche la violenza e quindi sarebbero stati due capitoli. Tuttavia, ho deciso di non pubblicare quella parte, in quanto avrei dovuto alzare il rating a rosso... molto profondo.
Il "cherubino", se così volete chiamarlo, non solo violenta il corpo di Ciel, ma anche il suo Io, il suo frammento di anima. Lo spezza e lo ricompone a suo piacimento. Insomma, un qualcosa di parecchio pesante...

Detto questo... beh... chedirechedirechedire

RINGRAZIO DI CUORE chi legge... e resta in silenzio (lo faccio anche io molte volte u.u)
RINGRAZIO chi ha lasciato una parola per dirmi cosa ne pensa e aiutarmi a migliorare...
RINGRAZIO chi ha inserito la storia tra le seguite e le ricordate.

Non vi chiederò recensioni... non serve. Se si vuole dire qualcosa non si può fare a meno di farlo. Per me è così. Forse non vi ho colpito a sufficienza, ma spero che vi piaccia ciò che provo a scrivere almeno un pochino ^^

Bene e ora scappo a nanna alla prossima... 

Tsuki

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Capitolo 18
*** Virtus Tenebrarum ***


Virtus Tenebrarum

Virtus Tenebrarum

 


Il tempo si fermò.
Il mondo divenne di ghiaccio.
Il corpo inanimato ne divenne il centro assoluto.

Le iridi cremisi videro quel “centro” volare verso di lui.
Istanti che parvero secoli.
Eppure i suoi riflessi non bastarono.
La bambola rovinò a terra.

“CIEL!!!”

L’urlo dell’essere risuonò tra le gelide mura.
Si chinò e lo strinse a sé.
Forti braccia accolsero con delicatezza infinita l’ex conte.
Solo allora il tempo riprese a scorrere.

Dita un tempo guatate scostarono i capelli.
Dolcemente percorsero le gote di porcellana.
Cercò quei due zaffiri che tante volte lo avevano guardato con superiorità.
Non trovò che limpidi specchi vuoti.


“Ciel…”

Nulla.
Nessun gesto.
Nessuna reazione.

Le dita pallide e affusolate strinsero quel viso così fragile per voltarlo.

Lo avevano fatto anni prima.
Allora lo sguardo che incrociò era colmo di terrore e orgoglio nobiliare.
Era irritato il demone quella volta.
Un pasto troppo cocciuto.
lo aveva definito, come gli altri umani, un animale debole.

Ma ora…

Le iridi di Aleixo non erano più ferme e risolute.
Gli occhi di Ciel non erano più quelli di un nobile.

Strinse quel corpo di bambola al suo petto.
Il respiro era veloce.
Le iridi spalancate.

Un gelido Fantasma si era fatto strada dentro di lui.
Un’Ombra incontrata realmente solo una volta.
Un Qualcosa di pesante come un macigno.

L’Angoscia e il Dolore lo stavano invadendo.

Il suo cuore nero atrofizzato batteva impazzito.
Continuava a stringere disperato quel corpo che di Ciel aveva solo l’aspetto.
Le labbra sottili emettevano una litania.
Il Suo nome.

Finalmente un suono lo riscosse.

Una risata.
Il cherubino rideva.
L’angelo lo scherniva.
L’essere puro si beava del suo dolore.

Dolore.

Lui, demone superiore temuto dai suoi stessi simili…
Lui, essere dannato divoratore di misere anime umane…
Lui, capace ormai solo di odiare…

Era soffocato dal Dolore.

Lunghe ciocche corvine coprirono il suo volto.
Con una cura, rara in questo mondo, adagiò la bambola rotta a terra.
Le abili mani, con gesti automatici, aprirono e tolsero la camicia che il demone indossava.
La stoffa, per misera che fosse, andò a fare da coperta a quel corpo pallido e ferito.

Con una carezza leggera chiuse gli occhi della bambola.

 “Avete visto a sufficienza…”

Lentamente si alzò.
Un lieve vapore inizia a diffondersi intorno ai suoi piedi.
L’argenteo rise di più.

“Illuso! Tu qui non puoi nulla!”

La nube, più si condensava e andava verso l’alto, più diventava chiara.
In pochi attimi il bianco più puro circondò il demone.

La risata si spense.
Sigilli e barriere proteggevano quel luogo.
In quelle pareti così consacrate, nessun essere impuro poteva qualcosa.

Nessuno… o forse no.

Lui non era un demone normale.
Lui era Colui che era sopravvissuto all’Anima di un angelo.
Lui era il demone che non doveva esistere.

Il demone che sapeva amare.

La candida nebbia si dissolse di colpo.
Ali di corvo candide e decadenti gli adornavano la schiena.
Alti stivali col tacco lo mostravano più imponente di quanto già non fosse.
Le lunghe gambe erano fasciate da stretti pantaloni neri.
Il torace ben scolpito era coperto con un sottile strato di stoffa onice.

Sul suo cuore un simbolo tanto bianco da ferire gli occhi faceva mostra di sé.
Il sigillo di Aislinn.



Lo sguardo scioccato del cherubino percorse la figura.
I loro occhi si incrociarono.

Due opali iridescenti lo fissavano.
Occhi che solo un essere a questo mondo possiede.
Un’entità che vive al fianco dell’Altissimo e che mai gli Angeli possono incontrare.
Nella sua lunga, lunghissima, vita non aveva mai visto una cosa del genere.
Mai.

Egli era una virtù.
Ma… Egli era anche un demonio.

 

Angelo.
Demone.

Bene.
Male.

Amore.
Odio.

Lui era tutto questo.
Un essere semplicemente inconcepibile.

Era sopravvissuto ad un pasto angelico.
Aveva fatto suo il potere sacro.
L’unione degli opposti.
Potere divino in corpo demoniaco.

La Virtù delle Tenebre fece un respiro profondo.
L’aria si elettrificò.

Una pallida mano si alzò.
Al movimento elegante i sigilli si ruppero.

Lo sguardo opalescente trafisse Coinìn.

Stille carminie iniziarono a segnare le gote diafane.
L’espressione era apatica, ma gli occhi…
Dolore.
Estremo, enorme, profondo.

L’essere si chinò.
Le grandi ali circondarono lui e Ciel.
Gocce di sangue caddero sul ragazzo.
Una mano dal tocco etereo iniziò a sfiorare la chioma impolverata del giovane.

“Come hai potuto…?”

Quella voce.
Era Aleixo, e… non lo era.

Si potevano chiaramente distinguere due timbri.
Uno maschile e uno… femminile.
La voce di lui era solo un sottofondo.

“Come ha potuto l’odio ridurti così… come?”

Le dita affusolate scesero sul volto della bambola.
Si rivolse a lui con voce amorevole.

“Dopo centinaia di anni… la mia essnza è rinata in te… ma…"

Alzò lo sguardo.
Occhi severi incrociarono occhi sgranati.

“Tu. Tu l’hai quasi distrutta.
Questo demone, Aleixo, ti ucciderà.
Credimi, lo farà.
Io non posso nulla e… sinceramente… non voglio...”

Le lacrime cremisi sgorgavano copiose.
Le voci erano spezzate.

“Non ti odio per la vita che mi hai strappato…
Non per il dolore lacerante che hai causato a Lui, per ben due volte.
Io ti odio per tutta la sofferenza causata a quest’anima persa…
Un’anima di un essere che con te non c’entrava nulla…
Ancora semi umano… e tu l’hai…”

Silenzio.
Non riuscì a proseguire oltre.
Dovette fermarsi.

I suoi occhi stupendi lo poterono vedere.
“Videro” lo stato in cui era ridotta l’essenza di Ciel.
Il piccolo briciolo di soffio vitale che il demone non era riuscito a divorare.

Un respiro profondo e riprese.

“Avresti potuto redimerti.
Il Padre ti avrebbe accolto nuovamente…
Potevi salvarti.
Ora… invece… nemmeno l’angolo più raccapricciante dell’inferno ti prenderebbe.”

Lampi cremisi si alternarono negli occhi opalescenti.

“Aislinn… l’ho fatto per te…
solo per te… per quello che ti ha f-“

“NO! Lo hai fatto solo per te stesso!”

Le iridi s’infiammarono.

 
“Non hai mai accettato la verità!
È stata tua la mano che ha attraversato il mio petto!
Tu mi hai uccisa!”


Si portò la mano nel punto esatto in cui fu ferita mortalmente.

“Sei tu il colpevole!
Non Lui! E nemmeno Ciel!"

Le voce che fino a pochi attimi prima erano distinguibili non lo furono più.
Un urlo all’unisono si formò al nome del ragazzo.


 
“Tu hai…”

Lo sguardo iridescente brillò.
Il silenzio più assoluto riempì la stanza.

L’essere unione degli opposti ansimava.
La sua furia e il suo dolore si percepivano con chiarezza.

Uno sfrigolio che risuonò come un tuono.
Nuovi vapori si formarono.
Tenebra più nera e nube candida e accecante.

Aura demoniaca e Aura divina entrarono in collisione.

La Virtù delle Tenebre stava perdendo il controllo.

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Capitolo 19
*** Fallen Angel ***


Fallen Angel
Fallen Angel 

 

Le ali si aprirono di scatto.
Un’onda d’aura si propagò e i muri quasi cedettero.

Coinìn incrociò le braccia.
Si fece scudo con le sue ali ormai spiumate.
Sulle sue braccia comparvero graffi carmini.
Dei miseri detriti spinti dallo solo spiegamento delle ali della Virtù lo avevano ferito.

Non era più come secoli addietro.
Non era più lui il più forte.
Il superiore.
L’intoccabile.

La luce divina non proteggeva lui ora.
Lo sguardo divino era puntato su di loro.
Impassibile.

L’essere inconcepibile respirava affannosamente.
Il corpo avrebbe presto ceduto.
Quell’aura angelica lo stava avvelenando.
Riprese il controllo.
Si guardò intorno.
Doveva uscire.

Raccolse Ciel e lo strinse tra le braccia.
Le nebbie ripresero a vorticare compattandosi.
Si formò uno scudo intorno a loro.

Le ali si mossero ancora.
Le sbatté due volte.
Le pareti cedettero.
La prigione collassò su se stessa.

Un boato risuonò.

Le polveri lentamente si depositarono.
Il paesaggio era apocalittico.

Un cratere aveva preso il posto di una collina.
Una di quelle che costeggiavano il Lago.
Il Loro lago.

Le sue acque assistevano come allora.
Placide e limipide.
Il silenzio ora era totale.

Poi un piccolo rumore di una frana.
Le acque avevano fatto cedere il bordo del cratere.
Iniziavano a defluire in esso.

Aleixo era leggermente sollevato da terra.
Maestoso e decadente allo stesso tempo.
Lentamente scese.
Delicatamente toccò il suolo.

Il guscio di aura si allargò.
La rotazione cessò.
E i vapori ripresero a fluttuare.
Pose il suo delicato involto atterra.

Dolcemente gli accarezzò il volto.

“Sarò da voi presto… My Lord”

La voce era maschile, ma più dolce del solito.
Ora aveva capito perché bramasse così tanto quel ragazzo
Perché non fosse riuscito mesi prima a divorarlo.
Non avrebbe mai potuto uccidere quell’essenza di nuovo.
Non dopo averla ritrovata.
La scintilla vitale di Aislinn era rinata in lui.
Nel piccolo figlio di un potente nobile inglese.

Era quello il motivo.
L’anima pura che nessuna oscurità aveva potuto intaccare.

“Esatto… Aleixo…”

Una voce famigliare.
Alzò la testa di scatto.
Si guardò intorno.
Nessuno.

“Sono qui… in te…”

Gli opali sgranarono.

“Non può essere…”

“Chiudi gli occhi…”

Lo fece.
Tempo e spazio si annullarono.

“Ai… Aislinn?”

Era lei.
Davanti a lui.

“Si e no”

Rise.
Il cuore nero sussultò per la seconda volta quel giorno.

“Come…? Perché..?”

Lei si avvicinò e lo abbracciò.

“Non so come… ma quel giorno hai sigillato il mio potere in te.

Ti sei nutrito dell’energia vitale e dell’essenza.
Tuttavia, non potevi cibarti del mio potere…
Il tuo immenso dolore oggi ha rotto i sigilli…”

La strinse a sé.
Al solo nominare il Dolore, il gentiluomo si ripresentò senza invito.

“Ti odio… ho passato la vita ad odiarti.
Per l’averti incontrata.
Per il nome che mi hai dato.
Per il dolore di averti persa.
Tuttavia… ti amo…  non posso farne a meno…”

Sussurrava tenendola stretta a sé.
Occhi chiusi e gota appoggiata alla sua fronte.

“Lo so… “

Nascose il viso sul suo petto.
Alcuni istanti trascorsero.
Durarono una vita.
Si scostò da lui.

“Ora mi devi salvare…
Ci devi salvare”

Sorride.
Quel sorriso…
Il suo tormento e la sua benedizione.

Un’immagine si sovrappose alla sua.
Occhi più scuri, più blu che azzurri.
Capelli corti color petrolio invece dei fili dorati.

Ma i visi…
Minime differenze…

“Ciel…”

Lei annuisce.
Si fa seria.

“Non abbiamo molto tempo se vuoi salvarlo…”

Gli accarezzò il volto.
Quel volto demoniaco tanto adorato e tanto detestato.

"Sai già cosa devi fare... ne sei sicuro?

“Si…  è il mio dovere”

Lo dice con un leggero sorriso sul volto.

“Allora andiamo…”

Si sporge e lo bacia.

“Alla… prossima… vita… “

La voce si affievoliva.

Tra le sue braccia aria.
Di nuovo.
Era sparita.

Thump

Un colpo nel petto.

Thump.

Gli stava per scoppiare.

Thump.

Spalancò gli occhi d’opale.

Doveva fare presto.
Non aveva molto tempo.
Liberarsi di quel dannato potere divino era vitale.
Alzò lo sguardo.

Di fronte a lui un relitto.
Il lupo grigio dei Cieli.
Un essere ombra di se stesso.
Inginocchiato.
Capelli arruffati.
Ricoperto interamente da calcinacci.

Stille cremisi gli rigavano il volto e il corpo.
Rosse come il sangue umano.
Segno che non era più un angelo benedetto.

La virtù lo fissava.
Lo odiava.
Gli aveva strappato Lei.
Gli aveva annientato Lui.

L’argenteo si mise in piedi.
Lo guardò di rimando.
Gli occhi brillavano di una luce completamente folle.

Delle piume grigie comparvero intorno alla mano destra.
Iniziarono a vorticare.
Veloci, sempre di più.
Una luce prese vita.
Cresceva al crescere della velocità.
Poi un bagliore.

Quello che era rimasto del suo essere stato un Cherubino.

Una lancia Angelica.
O quel che ne restava.
Non aveva nulla dello splendore di un tempo.

Thump.

Una gamba della virtù cedette leggermente.
Respirò profondamente.
Ma non fece in tempo a rimettersi perfettamente in piedi.
L’avversario vide quel segno di debolezza.

Coìnin si scagliò contro di lui.
Aleixo si riprese immediatamente.
Scartò di lato.

Era veloce.
Era avvelenato e stordito, ma era il più rapido.
Oggi attacco veniva schivato.
Ogni affondo evitato.
Ogni finta prevista.

Thump.

Di nuovo.
La vista si annebbiò.
Questa volta l’angelo lo colpì.
L’affondo era quasi andato del tutto a segno.
La lancia lo ferì al fianco.
Dolore bruciante.

Carne demoniaca ferita da una lama benedetta.
Un bagliore cremisi illuminò gli opali.
Strinse i denti per non urlare.

Il sigillo angelico di Ailsinn brillò.

L’argenteo tornò alla carica.
Il corpo della Virtù si ricoprì di aura benedetta.
La lancia scivolò su di essa.

Con una mossa rapida Aleixo afferrò l’asta.
La tirò a sé.
E poi…
Un solo scatto.
Un solo affondo.

Un braccio trapassò Coìnin.
Il potere divino venne completamente liberato.
Unico modo per distruggerlo.
Non doveva rimanere che polvere di quell’essere.

I loro sguardi si incrociarono un’ultima volta.

Poté giurarlo, le vide.
Lacrime.
Coìnin, Cherubino caduto, lupo dei Cieli, li vide
Occhi di ghiaccio al posto degli opali.
Piangevano.

“A-Aislinn…”

“Polvere alla polvere

Una voce, un coro.
Ma una voce stonava.
Meno sicura.
Ma più carica di dolore.

Dalla ferita il sangue sgorgava.
Ma oggi nessun cielo piangeva.
Nessun Dio gridava.
Come fatto di polvere l’angelo caduto si perse nel vento.

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Capitolo 20
*** Tears of An Angel ***


Tears of An Angel

Salve a tutti! Della serie chi non muore si rilegge ^^''
Ci SARA' l'EPILOGO uwu 

Avete letto? ok... posso proseguire u.u
Mi sono ispirata al titolo del capitolo alla canzone Tears of An Angel e ne ho preso alcune frasi... vi consiglio di ascoltarla mentre leggete tanto per aumentare l'allegria.
Qui trovate un video con la lyric tradotta.
Beh... mi scuso per il ritardo ma siamo alla fine... buona lettura. uwu ah ho detto che c'è un epilogo, vero? ^^''



Tears of An Angel

 

La nube bianca si concentrò intorno a lui.
Divenne una seconda pelle.
Poi esplose.
Si dissolse.

La Virtù delle tenebre se ne era andata con essa.

Aleixo cadde in ginocchio.
Il fianco bruciava da impazzire.
I suoi occhi cremisi a stento restavano aperti.

Era lui.
Un mero e semplice demone.
Non era più null’altro.

Né forma semi divina.
Né forma umana.

Solo un demone.

Fece un respiro profondo.
Con le gambe malferme si alzò.
Si guardò intorno.
Il cuore cominciò nuovamente a martellare impazzito.

Non lo vedeva.
Solo desolazione e l’acqua che avanzava.
Poi eccolo.
Era lì dove lo aveva lasciato.

Passo dopo passo gli si avvicinò.
La distanza che li separava non era molta.
Tuttavia fu interminabile.

Si lasciò cadere sulle ginocchia.
Gli accarezzò il viso pallido.
Il respiro del più giovane era sempre più debole.

Si stava lasciando andare.

Il Demone Superiore si chinò in avanti.
Posò la fronte contro quella del suo Vassallo.

“Starete bene presto…”

Le unghie nere affilate scivolarono sulle gote spente.
Un déjà vu.
Qualche mese prima era successa la stessa cosa.
Più o meno…

Il ragazzo era ancora umano.
Il demone doveva strappargli l’anima.

Ora invece… Due demoni.
Uno ferito fisicamente e l’altro ferito psicologicamente.

“Sarà doloroso Ciel… perdonatemi…”

Allora non gli interessò fargli provare dolore, anzi.
Lo voleva sentire gridare.
Chiedere pietà.
La morte.

Ma non accadde.

Ora invece non bramava quelle grida.
Né le preghiere.
Né le lacrime.
Ma… le ottenne.

Come allora posò il palmo della sua mano demoniaca sul suo cuore.
Le sue fauci tuttavia rimasero lontane da lui.
L’aura del potente demone si concentrò.
Fluì lungo il braccio fino alla mano.

Il sigillo che tante volte Ciel aveva tentato di cancellare…
Di strapparsi di dosso…
Sarebbe stato la sua salvezza.

Unico modo per raggiungere la sua essenza.
Il suo Io ridotto in briciole.
Frammenti che l’energia vitale del demone poteva riunire.

Ci sarebbe riuscito?
Non lo sapeva.
Non sapeva nemmeno cosa sarebbe successo al suo risveglio.
Se mai si fosse risvegliato.

Probabilmente…

Non ci volle pensare.

L’aura, anzi la vita di Sebastian fluì attraverso il segno.

Il potere sprigionato da Aislinn lo aveva stremato.
Quel veleno divino gli aveva infettato le carni.
Ci sarebbe voluto tempo per guarire.
Non ne aveva.

Quello che stava per fare lo avrebbe prosciugato.
Sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo tirava fuori dai guai.

Non lo avrebbe più sentito dire il suo nome.
Né Sebastian…
Né Aleixo…
Né My Lord…

Sorrise ricordando quel giorno.
Il giorno in cui credeva di aver sbagliato a lasciarlo in vita.
La reazione che poi ne scaturì.
Il Suo vero nome pronunciato dalle Sue labbra.

Il sigillo sul petto di Ciel si accese.
Il Vassallo rispondeva al suo Padrone.
L’energia vitale iniziò a fluire nel giovane demone.

Avrebbe voluto sentirlo ancora… e ancora.

Ottenne urla tanto forti da ferire l’animo.

Avrebbe voluto rivedere gli occhi blu brillare d’orgoglio.

Vide occhi vuoti spalancati su un cielo limpido.
Lacrime sgorgavano copiose dal blu e… dal cremisi.

Il loro dolore era distillato nelle loro lacrime.

Lo chiamò dall’oscurità.
Di nuovo.

Bocchan…”

La vista gli si annebbiò.
Non era spavaldo come allora.

“…Ciel…”

Le urla a tratti si ovattano.
Il richiamo era disperato.

“… apri gli occhi…”

Chiuse gli occhi per lo sforzo.
La sua mente continuava a cercarlo.
Lo chiamava disperatamente.

Il dolore era lancinante.
Il fianco lo tormentava, ma non era quello.
L’anima, la sua essenza, se la stava strappando di dosso.

Quindi… è questo che si prova…

La mano demoniaca si bagnò.
Sangue
Il sigillo sul petto del ragazzo sanguinava.

Ma non era quello di Sebastian…
Non più.
Quello era svanito… Per sempre.

Ciel…
Non più Anima Dannata.
Non più Vassallo Demoniaco.
Solo Demone e Master di sé stesso.

Silenzio.
Niente più urla.

Lentamente gli occhi rossi si aprirono.
Guardarono quello che fu il loro padrone.

Occhi blu lo fissavano.
Occhi vivi.

“Ciel…”

Un leggero sorriso comparve sulle sue labbra fini.
La mano scivolò dal petto del Phantomhive.
Le forze vennero meno e rovinò a terra.

Le lunghe ciglia scure si abbassarono sugli occhi cremisi.
Si alzarono a fatica… un’ultima volta.

 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~

 

Oscurità.

Silenzio.

Finalmente l’oblio.

Niente più dolore.
Niente più sofferenza.
Niente più delusione.
Era dunque questa la morte?
Si… ed era così dolce.

Un sussurro...

Dolore…
No, non è possibile… non di nuovo. 
Finalmente era morto…
o forse no.

Un’altra fitta, più forte.

Lui è morto.
Non ha più un maledetto corpo.
Non ha più nulla che gli appartiene.

Un sussurro… ancora…

“Basta” vorrebbe urlare. 
Ma nulla risuona, se non un silenzio assordante.
Di nuovo.

Déjà vu.

“Ti prego! Basta!” griderebbe con tutte le sue forze.
Il dolore è straziante.
Insopportabile.

“Bocchan…”

Non udì più un sussurro, ma una flebile voce.
Chi era?
Non gli importava.
Voleva solo la smettesse.

“Ciel…”

Quel nome… così famigliare, ma così sbagliato.
“Uccidimi!” voleva rispondere.

“…apri gli occhi…”

 

“Pezzo d’idiota non li ho gli occhi!”
Ma nulla, non riusciva a parlare.

Quella voce continuava a risuonare nel nulla.
Il dolore era pulsante.
Bruciante.

Poi…

Il nero divenne blu.
Il nulla divenne un corpo.
Il silenzio divenne rumore.

Una figura lo guardava.
Occhi rossi.
Un lieve sorriso.

“Ciel…”

Lo vide rovinare a terra.
Non riuscì a prenderlo.
Era debole, i movimenti lenti.

Si sporse verso di lui.
Ogni movimento era un doloroso.
Ogni respiro una fitta.

Guardava quel viso famigliare… troppo.
Ma qualcosa era sbagliato.

Gli occhi erano opachi, non lucidi.
La pelle cinerea e non alabastrina.
Le labbra rosate erano pallide e solcate da un rivolo di sangue.
 

Il ragazzo sentì un nodo allo stomaco.
Il terrore e il panico si fecero strada in lui.
Non sapeva chi fosse il moro che giaceva davanti a lui.
Ma le lacrime gli rigavano il viso.

“A quanto pare…
La mia eterità…
È giunta al termine…”

Cover my eyes
Cover my ears
Tell me these words are a lie
It can’t be true
That I’m losing you
The sun cannot fall from the sky

Non voleva sentire simili parole non da lui.
Sconosciuto o meno, non doveva morire.
Se Lui glielo avesse ordinato non sarebbe morto.

Già, ma Lui chi era…?
Ciel… era quello il suo nome…?
Ora non importava.

“Non provare a morire.
Vivi. È un ordine!”

Sembrava la richiesta di un fanciullo viziato.
Qualcuno che è abituato ad avere ogni cosa voglia.
Chi ha nel sangue l’indole del comando.

Il morente sorrise.

“Non… funziona più…
My Lord…”

In cuor suo sapeva che quell’essere aveva ragione.
Ma chi diavolo era?
Perché lo conosceva?
Perché lo chiamava a quel modo…?

Perché… perché… perché???

Una fitta alla testa.
Un dolore al petto.

Basta domande.

Ora sapeva solo che non poteva essere.
Non doteva accadere, non poteva perderlo.

 

Stop every clock
The stars are in shock
The river won't run to the sea
I won't let you fly
I won't say goodbye
I won't let you slip away from me

 

Una mano artigliata gli sfiorò il viso.

“Siete grande per piangere…
Bocchan”

Un sorriso sghembo.
La voce incerta.

“Come osi idiota”

La risposta nacque da sola sulle sue labbra
Voce spezzata..
Sembrava la cosa più naturale del mondo, ma così sbagliata.
Il moro sorrise.

“Si… lo sono…”

Accadde in pochi istanti.

Le lunghe ciglia si chiusero un’ultima volta.
Il petto smise di muoversi.

“Sebastian…”

Quel nome uscì dalle sue labbra con un sussurro potente come un tornado.
Allungò la mano per sfiorarlo ma… non ci riuscì mai.

Il corpo di Aleixo si dissolse in una nuvola di piume.
Piume consumate in un attimo da fiamme nere.

Cenere alla cenere, polvere alla polvere…

Del grande demone non rimase che una singola piuma nera.

 

“E ma che diamine!”

Il ragazzo voltò la testa di scatto.
E… quel pagliaccio chi diavolo era?

“Cos’hai da guardarmi così schifato tu?
Sei tu che sei indecente.
Io sono perfetto… non potevo mancare alla sua dipartita.
Ma quell’idiota non mi ha nemmeno guardata!
Tch demoni… e copriti prassita!”

Un soprabito rosso gli venne lanciato addosso.
Non si era reso conto di non avere che una camicia logora indosso.

“Ringrazia Phantomhive che ho da fare…
Ma lo spettacolo è stato divertente…
Sebas-chan mi mancherai…”

Avrebbe potuto giurare di vedere dei cuoricini uscire da quegli occhi verdi.
Non sapeva perché ma detestava quell’essere.
Senza dar a vedere il dolore che provava nei movimenti si alzò.

“Sono proprio curioso di vedere come farai adesso che lui è morto…
Non ti do un anno di vita cucciolo.
Contavi su di lui da umano e anche da demone.”

Umano? Demone?
Di cosa stava parlando…?
Non diede a vedere la sua confusione.
Si limitò ad ignorarlo esteriormente.
In realtà carpì ogni singola informazione dalle farneticazioni di quell’essere rosso.

Si mise quel soprabito.
Non sapeva perché ma aveva l’illusione che qualcuno lo abbracciasse.
Un nome gli venne alla memoria.
Zia Ann… Angelina…
Ma null’altro.

Raccolse l’unica traccia terrena rimasta del demone moro.
Le parole del rosso ormai erano vaneggiamenti.
Si voltò e iniziò ad allontanarsi.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per degli abiti…

Era così concentrato che non si rese conto che la sua aura lo stava ricoprendo.
Lo aveva fatto così tante volte per cacciare che ormai bastava solo il desiderio.

Il rosso soprabito divenne nero.
Le gambe nude si coprirono di stoffa onice.

La camicia logora ritornò nuova, ma rossa come quegli occhi.

Occhi che aveva impressi nella memoria.
Occhi che mai lo avrebbero lasciato.
Occhi che, non sapeva come, avrebbe ritrovato.
Ci fosse voluta tutta l’eternità.

Un leggero ghigno si formò sul suo volto.
Era dolorante.
Senza memoria.
Ignorava chi e cosa fosse.

Però aveva un obiettivo.
Questo bastava.

Ancora non lo ricordava…
Ancora non lo sapeva…

Ma lui, Ciel Phantomhive, era finalmente tornato.




§§§§§§ NDA part 2 §§§§§


Ok riponete i forconi e tutto il resto... Sebby ci ha lasciato... ma Ciel è vivo, no? ^^''

Questa è la fine.. tolto l'epilogo.
Ci si rilegge prestissimo... non so se lo pubblico oggi o meno.
Ja neh ^^

Tsuki

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo


Chiuse il libro di scatto.
Ma i suoi occhi non erano sulle parole stampate sui fogli.
Gli occhi zaffiro stavano percorrendo quelle incisioni vecchie di decenni.

Elegantemente si alzò e andò ad accarezzare legno massello.

Quanto tempo era passato…?
Anni… Decenni… un’eternità.

Perché quell’ondata di ricordi gli era tornata alla mente?

Ormai il suo passato era quasi del tutto completo, escluso quel giorno.
Rammenta solo il suo viaggio, l’arrivo al lago e… la Sua morte.
Nulla di più.

Sospirò.

Gli ci erano voluti quasi cinquant’anni per ricordare solo la sua vita umana.
Un’altra decina solo per venire a capo dell’identità del suo ex maggiordomo.
Senza contare il tempo necessario per ritrovare quella casa.

La casa del suo Master.

Ma con tutti gli sforzi che fece, a nulla valsero, per rammentare quel maledetto giorno.

Molto gli era piombato addosso nell’istante esatto in cui era entrato nella villa..
Le tracce di sangue erano ovunque.
Era tutto come fu lasciato quell’infausto giorno.
Le sensazioni che lo investirono lo soffocarono quasi.
Allora pianse lacrime amare sul pregiato pavimento di marmo.

Accarezzò il ciondolo con la piuma nera.
Era un gesto abituale ormai.
Non se ne separava per niente al mondo.

Aveva scoperto la storia di Sebastian, anzi no, Aleixo e Aislynn.
Le leggende sul suo ex Master erano molte e diffuse tra i demoni.
Probabilmente fu grazie a quelle che nessuno ebbe il coraggio di attentare alla sua vita.
Capitò solo un paio di volte, ma… il cervello ebbe la meglio sui muscoli.

Non gli erano ancora chiari tutti i punti, ma quello che sapeva per ora gli bastava.

Si diresse alla sua camera.
Arrivato in cima alle scale volse il viso verso l’ala riservata a Lui.
Ci aveva messo piede solo un paio di volte.
Non sa se per rispetto, ricordo, dolore, o cos’altro, ma decise che non ci sarebbe più entrato.

Entrò nella sua stanza blu notte.
Aveva mantenuto l’arredamento originale,  anche se ormai erano alle soglie del ventunesimo secolo.
Si svestì e accarezzò il petto dove una volta c’era un marchio.
Ora non c’è più nulla.
Non è servo di nessuno, è un demone libero.
Che sia prigioniero del suo passato è un altro discorso.

Aprì l’armadio e scelse con cura gli abiti.
Non era un demone normale come abitudini.
Preferiva essere “umano” il più possibile.

Scelse un abito semi elegante, era ora di cercare un pasto.

Lasciò la villa con l’intenzione di non tornarci per parecchio tempo.
Voleva un’anima degna di tale nome.
Sarà pure stato un cucciolo, ma resterà per sempre un Lord.

Londra era diversa.
Schifosamente diversa.

Non aveva nulla di quando lui era nel mondo umano.
Le anime stesse erano per lo più pessime.
Lo stesso cane della Ragina era… inclassificabile.
Era un discendente della sua ex fidanzata, Elizabeth.
Persino lei si rivolterebbe nella tomba vedendolo.

Aveva seguito qualche suo caso…
Gestiti in maniera indegna.
Mai affrontati in prima persona.

La Funtom era stata assorbita di recente da un americano…
Se gliene fosse importato qualcosa sarebbe andato a tirargli volentieri i piedi, ma… no.

Alzò lo sguardo e vide per l’appunto un cartello dell’ex Funtom.
Il faccione del nuovo proprietario era grossa come il Big Ben.
Senso delle misure: zero.
I colori poi erano esasperati fino all’estremo.
I dolciumi sembravano psichedelici e il volto… quegli occhi erano così finti.
Nessuno al mondo avrebbe potuto avere quella tonalità di rosso e lui ne sapeva qualcosa.

Barbottò insulti a caso e riprese il suo pellegrinaggio.
Sembrava un’ombra silenziosa.
Non lo si notava, non ci si ricordava di averlo incontrato
.

Stava seriamente pensando di lasciare l’Inghilterra…
Quando si ritrovò sbilanciato lateralmente col muro che lo sosteneva.

Gli occhiali scuri che portava erano rovinati a terra con un sonoro tac.
Stava seriamente per sbranare l’essere che aveva osato “sfioralo” a tale maniera.
Gli occhi tramutati in specchi gelati si voltarono sul colpevole.

Una mano era tesa verso di lui con il cadavere degli occhiali.

“Chiedo scusa…”

Un giovane uomo, molto famigliare, gli sorrideva.
Il nuovo proprietario della Funtom.

Prese con uno scatto le povere lenti rotte.

“Si sta scusando per gli occhiali,
o per la sua capacità di camminare senza investire le altre persone?”

Il solo averlo riconosciuto lo urtava.

“Sono desolato per averla fatta quasi cadere,
la prossima volta… mi impegnerò di più”

L’uomo si scoprì gli occhi dalla barriera scura che li celava alla luce.
I loro sguardi si incrociarono.

Due iridi color sangue lo fissavano.

Stava per rispondere per le rime ma si gelò un istante.
Un leggero ghigno si formò sulle sue labbra.

 

“Credete nei demoni?”






§§§§§§§§§§§§§§§§§§ Le Ultime NDA §§§§§§§§§§§§§§§§§§§

Shalve... bene con questo EPILOGO (avevo scritto prologo ieri... dettagli) si conclude questa mia prima long fiction... è stata un parto durato più di un anno.
Mi scuso ancora con la lentezza delle uscite dei capitolo, ma... non sono riuscita a fare di meglio.
Spero che vi sia piaciuta almeno un po'.... e che la fine fine non vi abbia del tutto insoddisfatto.
La mia decisione di far morire Sebastian è nata per caso, ma ha acquisito sempre più senso ogni minuto che ci pensavo. Nella mia storia era un essere col corpo da demone e potere divino... un qualcosa di impossibile. L'unico ad essere sopravvisuto ad un anima angelica... per un po' di tempo almeno. Quiell'anima è stato il suo personale veleno, del cuore e del corpo.
Chiarito questo concetto che dire... Ciel se l'è cavata con la sua intelligenza e con il fondello di aver avuto Aleixo come Master. Senza contare il fatto di essere sopravvissuto allo scontro con il Cherubuino (stronzo, bastardo ecc). La memoria è stata una bella gatta da pelare, ma ne è venuto a capo in un modo o in un altro.
Questo Epilogo da spunto per le vostre fantasie. Mi sembra palese che il nuovo proprietario americano altri non è che Sebastian reincarnato. Ma questa volta riusciranno a stare insieme? Beh... questa è una altra storia ^^

Alla prossima, se mai ci sarà.

Grazie ancora a tutti...

...a che ha messo la storia tra le preferite:

1 - AngelOfSnow
2 - BlackClover

3 - Blu Profondo
4 - ciel phantomive98 
5 - Emily _S_ Goethe 
6 - Genesis_Candeor_Diamond 
7 - Kitsuna_dark 
8 - Kuroneko_chan 
9 - LadyStarKiller98 
10 - pampam_17 
11 - Sebastian_s_Lover 
12 - sere96_XD 
13 - violinista91

...a chi la messa tra le seguite:
1 - 
Angel Devil 
2 - Artemis97 

3 - AsaYuni 
4 - Blacasi 
5 - BlackClover 

6 - Brechen 
7 - Callmerose 

8 - Crystal eye 
9 - Dark_lady88 

10 - diogene 
11 - FM107 3 RADIOCAOS 
12 - gatta1290 
13 - glo9ria 
14 - Haruka_Tenoh
15 - jeky_93 
16 - Jenni Skeletron 
17 - jensen girl 
18 - Jill_chan 
19 - Justine_Law 
20 - kotokochan 
21 - Mahiv L Lawliet 
22 - merrick 
23 - MisaMichaelis 
24 - MysticAsters 
26 - Nomo 
27 - N_Near 
28 - pampam_17 
29 - Pencil_Gray 
30 - Raven Cullen 
31 - Sakura_Chan17 
32 - SaraMichaelis_Ciel 
33 - Shiran 
34 - sosia 
35 - Vengeance Is A Life Style

36 - wolf90 
37 - xamicachips

...e chi l'ha inserita nelle storie da ricordare:
1 - BlackClover 
2 - Mad Soul 
3 - maryciel


E anche a tutti coloro che hanno recensito o sono stati lettoiri silenziosi.
Grazie veramente tanto, non sapete che emozione sapere che qualcuno legge e segue quello che si scrive <3
Bacioni a tutti, a chi mi ha sopportato nei miei scleri, a chi mi ha aiutato, a chi mi ha sprontato ad andare avanti e anche a chi ha sopportato la mia lentezza nel pubblicare.
Un bacio...

Tsuki

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