Grandi, piccoli Eroi

di Elisir86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L’orologio Weasley ***
Capitolo 3: *** Pensieri ***
Capitolo 4: *** Aspettando... ***
Capitolo 5: *** Il Loro regalo ***
Capitolo 6: *** Mamma...Ho ucciso. ***
Capitolo 7: *** Sotto il Salice Piangente ***
Capitolo 8: *** Al San Mungo ***
Capitolo 9: *** Le farfalle nere non volano ***
Capitolo 10: *** Nel campo di grano ***
Capitolo 11: *** Luna ***
Capitolo 12: *** Il prigioniero ***
Capitolo 13: *** Ti amo Herm ***
Capitolo 14: *** Neve ***
Capitolo 15: *** Nessuna maschera... ***
Capitolo 16: *** La collina ***
Capitolo 17: *** Ron è morto ***
Capitolo 18: *** Il rumore del mare ***
Capitolo 19: *** Nelle prigioni ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Vi ricordate la mia fanfic su Noelene? Ecco in questa mia nuova storia spiego cos'è realmente successo ai nostri eroi, e non eroi...

Spero che sia di vostro gradimento!

Greazie in anticipo Elisir86!

Grandi, piccoli Eroi

 

Prologo

 

Penelope Light stava tra le braccia del suo fidanzato Percival Weasley. L’abito azzurro risaltava sulla sua pelle abbronzata. I capelli lunghi e marroni ricoprivano il suo volto.

Era sporca di terra e chissà cos’altro. Ma restava sempre bellissima.

Il suo cuore non batteva più.

E anche il piccolo che stava crescendo nel suo ventre si era fermato.

Percival però la cullava tra le sue esili braccia. Gli occhi di un verde scuro erano pieni di lacrime, e la sua voce urlava a gran nome la sua amata.

Aveva scavato come un disperato sotto le macerie.

Aveva sperato che Penelope si fosse smaterializzata in tempo.

Aveva sperato...Ma la speranza era morta.

Morta quando aveva trovato la giovane...

Ed ora la sua vita era morta...

...Morta come la sua bella Penelope.

Era questo che Arthur Weasley stava osservando da lontano. Era arrivato con alcuni dell’Ordine pronto a dare una mano ai sopravvissuti. Pronto a sistemare ciò che i mangiamorte avevano distrutto.

Lentamente, con passi lunghi che tentavano di non calcare le macerie, s’avvicinò al figlio.

Il pianto disperato che gli impediva di restare tranquillo...che gli strinse il cuore fino a farlo sanguinare...Quel pianto lo convinse a inginocchiarsi accanto a Percival.

Gli occhi scuri e spenti di quest’ultimo che fissavano il vuoto.

E gli occhi blu dell’uomo che osservavano le lacrime che scendevano rapide sulle guance.

Allungò una mano ruvida fino a sfiorare la pelle pallida del figlio. Riuscendo così ad attirare la sua attenzione.

“Papà...” mormorò mentre nuove lacrime uscirono, e dalle labbra altre singhiozzi malamente trattenuti dalle labbra serrate.

E fu in quel momento che Arthur Weasley riabbracciò il figlio che aveva perso anni prima.

“Percy...” sussurrò, mentre accarezzava con frenesia i capelli spettinati del giovane, e fu in quel momento che la voce soffocata del figlio fece nascere la disperazione nell’uomo, “Voglio morire...”

Ad Arthur nulla gli sembrò peggiore di quelle due parole, e tremando posò le sue labbra sulla fronte di Percival.

Un bacio salato dalle lacrime.

Fu in quel momento che arrivò Remus Lupin. Con il viso scavato e stanco. I capelli ribelli e gli occhi neri, profondi come due pozzi, immensamente tristi.

“Dobbiamo tornare.”

Parlava sottovoce, attento a non farsi sentire da nessuno.

Poi si dissolveva come se non ci fosse mai stato vicino a loro e andava a chiamare altri membri dell’Ordine.

Il sole scendeva lento e illuminava di rosso il cielo sereno.

L’ultima immagine che Remus vide prima di smaterializzarsi fu quella di un padre e un figlio che camminavano silenziosamente.

Tra le braccia del più vecchio il corpo di una splendida fanciulla. E sul viso del ragazzo un’ombra che mai sarebbe scomparsa.

Questo era l’inizio della fine.

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Capitolo 2
*** L’orologio Weasley ***


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L’orologio Weasley

 

L’orologio era situato nella sala da pranzo, sopra ad una mensola ripiena di oggetti babbani.

Al posto delle ore, vi erano scritte. A posto delle solite tre lancette ve ne erano ben nove con incollate sopra delle fotografie di visi sorridenti.

Era l’orologio che Molly Weasley continuava a fissare ogni momento della giornata. Preoccupata per i figli e il marito.

Quel giorno però non lo degnò di uno sguardo, anche se sorseggiava insicura il suo tea alla fragola con la sedia rivolta proprio verso quell’oggetto.

I suoi occhi però osservavano stanchi le scale che portavano ai piani superiori, dove vi erano le camere.

Dove c’era Percy che dormiva.

Molly non sapeva cosa aspettasse, sapeva solo che doveva stare ferma lì, ad attendere che suo marito scendesse.

Ma prima di lui scese un stanchissimo George. Uno dei suoi scatenati gemelli. I capelli spettinati, il viso arrossato, e un livido su uno zigomo. Gli occhi di un verde acqua pieni di smarrimento e un sorriso dolcemente salato.

Poi con passi veloci, calcolati, come se dovesse fare qualcosa d’importante, la superò.

In mano una piccola fiala con un denso fumo argenteo.

Non parlarono.

Lei non gli parlò quando lui uscì dalla casa diretto verso il salice piangente.

Arthur scese proprio mentre la porta si richiudeva.

Il viso stanco, bagnato dalle lacrime, rovinato...Sembrava più vecchio di quanto fosse in realtà.

“L’ho dovuto fare...” mormorò alzando gli occhi blu sulla donna che tremante posava la tazzina da tea sul tavolo.

“Non riuscivo più a vedere mio figlio così...”

Velocemente, nonostante fosse grassa, Molly lo raggiunse, cingendo la magra vita dell’uomo in un tenero e rassicurante abbraccio.

“Non dire altro, ti prego.”

E il silenzio riempì ancora la casa.

L’orologio spostò una lancetta sulla parola Viaggio.

Sopra vi stava la fotografia di un giovane ragazzo, il sorriso allegro, gli occhi di un azzurro cupo striati di verde.

Il figlio maschio più giovane era uscito silenziosamente dalla casa, e probabilmente non sarebbe più tornato.

Altre lancette si spostarono verso Casa.

Lancette che mai più si sarebbero mosse così lentamente.

Lancette che Molly Weasley non avrebbe smesso di guardare.

Lancette che prima o poi si sarebbero bloccate.

 

 

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Capitolo 3
*** Pensieri ***


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Pensieri

 

Neville Paciock stava seduto sulla sua poltrona preferita, situata nella biblioteca dell’ala est della propria casa.

Teneva nella mano destra una tazza di caffè e in quella sinistra un libro. La lunga frangetta gli copriva gli occhi di color cioccolato striati da pallide righe irregolari di un tenue giallo.

Il viso pallido era involontariamente serio.

La camicia bianca, era perfettamente pulita e stirata. Emanava un buon profumo di bosco.

Sua nonna stava nella poltrona davanti a lui, il viso rovinato dagli anni e dalla fatica. I capelli bianchi erano elegantemente pettinati in una splendida pettinatura. Le mani stringevano con forza il proprio bastone.

Gli occhi gialli che fissavano il nipote.

Erano rari i casi in cui vedeva Neville privo dell’insicurezza... Era raro che Neville assomigliasse tanto a Frank.

Ed erano in quei casi che Augusta si perdeva ad osservarlo, come se davanti a lei ci fosse suo figlio, ancora diciassettenne che tentava di capire qualcosa in trasfigurazione.

Era in quei momenti che sentiva la mancanza del suo bambino, che pieno d’affetto la andava a trovare ogni sera prima di ritornare dalla sua amata Alice.

Era quando vedeva Neville che si ricordava di Frank.

Ed era quando gli occhi del nipotino si fissavano dubbiosi nei suoi che capiva che suo figlio non c’era più.

Quegli occhi così diversi, così pieni di malinconia...

Quegli occhi che però riuscivano a capire di più di quanto Frank riuscisse a trent’anni...

Quegli occhi che avevano visto Voldemort...

“Stai bene, nonna?”

Smise di stringere con le magre mani il bastone.

Augusta sorrise appena, sicura di avere davanti a se un ragazzo maturo.

Una lacrima solitaria le scivolò lenta sulla guancia rugosa.

Neville posò la tazza di caffè sul tavolino di mogano che lo separava da sua nonna, “Qualcosa non va?” la preoccupazione nei suoi occhi...nella sua voce.

Augusta lo sentiva, era giunto il momento di lasciarlo andare...E chissà se lui sarebbe andato a trovarla come aveva fatto Frank...

“Nonna rispondimi!”

Così simile a suo padre...

Così perfetto nella sua imperfezione.

Neville si era alzato e stava inginocchiato accanto a lei, con gli occhi carichi di paura...carichi di qualcosa che lei non riusciva a capire.

Gli accarezzò dolcemente i capelli perfettamente pettinati.

“Ti andrebbe di fare una passeggiata? Oggi è il tuo compleanno, e vorrei portarti in un posto speciale...”

La guardò incredulo, con le labbra socchiuse pronte a pronunciare qualche parola. Sua nonna non aveva più voluto festeggiare il suo compleanno da quando suo nonno era morto.

Sua nonna, in realtà, non aveva mai festeggiato il suo compleanno, ed era suo nonno che di nascosto gli preparava la torta di panna, e gli regalava sempre qualcosa di nuovo.

Ma il suo compleanno era un giorno come un’altro.

Un giorno da passare in solitudine.

Ma poi, lentamente annuì.

Fu così che si ritrovarono su una carrozza trainata da splendidi cavalli, uno di fronte all’altra. Lui con il libro che stava leggendo prima, e cercava di concentrarsi sulla lettura.

“Da oggi sei maggiorenne Neville, sai cosa significa?” lui alzò lo sguardo verso la donna, corrugando la fronte.

“Neville, i tuoi genitori hanno scritto dei testamenti...e in tutti tu sei l’unico erede di tutte le loro proprietà.”

Lo vide chiudere il libro con forza, e ancora gli sembrò Frank.

“Dove stiamo andando, nonna?” era insicuro.

 

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Capitolo 4
*** Aspettando... ***


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Aspettando...

 

“Harry la vuoi smettere di giocare con quella maledetta bacchetta? È stata creata per fare magie non per disegnare per terra!”

Hermione Granger stava seduta su un ruvido pezzo di legno ammuffito. Le mani nascoste nelle lunghe e larghe maniche della giacca di jeans. I lunghi capelli ribelli legati in una coda.

Accanto a lei Harry Potter, il mago prescelto per uccidere il signore oscuro, stranamente annoiato.

Aspettavano il loro più caro amico, Ronald Weasley.

Erano in quella piccola radura da più di cinque ore, e del rosso nessuna, traccia. Hermione stava iniziando a dubitare di poterlo riabbracciare. Eppure quando si erano ritrovati il giorno del matrimonio di Bill e Fleur, lui le aveva promesso che sarebbe partito con loro.

Ma come sempre qualcosa era andato storto.

La bella Penelope era morta, e Percival, uno dei fratelli di Ronald, era ritornato a casa...con la morte nel cuore...

Ron però le aveva promesso che sarebbe partito, che sarebbe stato con lei anche in questa impresa...

C’erto, dopo il matrimonio non lo aveva più sentito, ma...

Harry smise di disegnare sul terreno.

Gli occhi fissi su quello che aveva creato.

“E se avesse deciso che non era il caso?” Hermione lo guardò sorpresa, “No, lui non ci abbandonerebbe mai...”

Il moro annuì soltanto ritornando a giocare con la bacchetta magica.

Fu in quel momento che qualcuno arrivò di corsa.

E nonostante non si vedesse chi fosse, i due giovani avevano riconosciuto l’andatura del loro amico.

“Ron! Finalmente siamo in ritar...” ma le parole della giovane morirono quando finalmente lo poté vedere in volto.

Stranamente pallido, con gli occhi più spenti che mai.

Harry lo raggiunse, non capiva cosa in realtà provasse, perché i loro dolori erano differenti, ma poteva giurare che erano ugualmente strazianti.

Ed Hermione si sentì fuori luogo.

Mordicchiando il labbro inferiore cercò con gli occhi qualcosa che poteva distoglierla da quella sensazione di inadeguatezza.

“Non potevo andarmene prima...Papà ha tolto la memoria a Percy, ho voluto vederlo con i miei occhi...”

Ci fu silenzio e poi lentamente un sorriso si dipinse sul viso di Ronald, e quel gesto valeva più di qualsiasi parola...

Hermione pensò che era per quello che aveva iniziato quell’avventura.

Per poter vedere altri mille di quei sorrisi.

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Capitolo 5
*** Il Loro regalo ***


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Il Loro regalo

 

Neville stava seduto in una morbida poltrona. Con una mano tremante si teneva il capo, mentre l’altra era occupata a stringere un piccolo pacchettino.

Un regalo di compleanno.

Dagli occhi immensamente tristi scivolarono dolcemente delle lacrime.

Era ingiusto...

...Sua nonna era ingiusta!

I capelli spettinati dalle frenetiche dita gli ricadevano sugli occhi impedendogli di vedere la scatolina che teneva con fin troppa forza.

Ma l’aveva studiata fin troppo.

Rettangolare.

Blu.

Con un fiocchettino azzurro.

E il suo nome inciso con una magia sulla carta, luminoso...come se dovesse far divertire un bambino.

Ma Neville non era un bambino, e invece di ridere di quella magia, piangeva.

Si ritrovò a pensare che non era giusto...

Tutto quel fottutissimo giorno era dannatamente sbagliato!

Che lui non aveva un giorno da festeggiare...

Singhiozzò tirando su col naso.

La mano finì sugli occhi cercando di fermare invano le lacrime amare.

E il dannato pacchettino che finì sulla moquette color caffelatte.

Perché fargli quello?

Perché portarlo in quella casa...Nella casa che ora era sua...

Perché lasciarlo solo, nella stanza addobbata per il natale...Quel natale che non aveva mai passato con i suoi genitori.

Augusta Paciock lo raggiunse in quel momento.

Gli occhi gialli che lo fissavano...Fissavano la mano sinistra dalla quale scendeva una d’orata catenina.

Era il Loro regalo.

“Mamma...Papà...” fu l’unica volta che l’anziana signora lo sentì pronunciare quelle parole.

Fu l’ultima volta che gli occhi di Neville poterono osservare la figura magra di sua nonna.

Fu l’ultima volta che gli occhi di Augusta si posarono sul fragile corpo di suo nipote.

Se solo avessero saputo...

 

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Capitolo 6
*** Mamma...Ho ucciso. ***


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Mamma...Ho ucciso.

 

Draco Malfoy rientrò stanco nella villa.

I capelli biondi scomposti sul viso pallido e una maschera nella mano destra.

Aveva il fiatone e tentava di riprendere il solito silenzioso respiro.

Gli occhi color ghiaccio stranamente turbati.

Sulla lunga scala che portava al piano di sopra vi stava sua madre, con un bicchiere di vino rosso, e lo sguardo sempre meno preoccupato.

“Mamma...” un mormorio dalle labbra appena dischiuse, “...Ho ucciso.”

Narcissa non sapeva quante volte lo aveva sentito pronunciare quelle parole con angoscia, con smarrimento, con paura... Mai lo aveva visto tornare con un sorriso sulle labbra, trionfante di aver fatto del male a persone inutili.

Non era come suo padre...

...Non era come lei...

Improvvisamente si domandò come sarebbe stata la vita di suo figlio se lei non fosse stata una mangiamorte... Come sarebbe stata la sua di vita.

“Hai fame caro?” la voce calma e dolce come solo una madre può fare. “No.” La voce fredda come solo una persona che ti odia può fare.

E una lacrima scivolò lenta sulla guancia pallida della bellissima signora Malfoy, mentre suo figlio la superava per tornare nella propria camera.

Una fotografia scivolò sugli scalini, Draco la osservò con la coda dell’occhio, raffigurava un anziana signora dai lunghi capelli bianchi e dagli occhi gialli.

Distolse in fretta lo sguardo, “Avresti dovuto vederli mamma. L’amore che li legava, non è come il nostro...” ritornò ad osservare davanti a se.

“Mi dispiace che sia morta.”

Narcissa si voltò per osservare la fotografia, “Era la madre di un auror.”

“Ed ora anche la nonna di un auror...Neville Paciock non ci perdonerà di tutto questo male.”

E finalmente imboccò il corridoio per l’ala sinistra della villa.

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Capitolo 7
*** Sotto il Salice Piangente ***


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Sotto il Salice Piangente

 

Era davvero una bellissima giornata.

Percival Weasley stava seduto sotto il salice piangente ed osservava la lunga distesa di grano.

Era strano per lui gli sembrava di aver passato ore sotto quell’albero, ad ammirare il panorama, ma per qualche strano motivo non si ricordava quando e come.

Si tolse le spessi lenti nere ridacchiando, quel periodo di malattia lo aveva fatto impazzire.

“PERCY!” la voce di sua sorella.

Si girò per osservarla, correva, ma quello che lui riuscì solo a pensare che non si era mai accorto che sua sorella era cresciuta.

“PERCY!” la sua voce così deformata dall’ansia.

Era anche molto magra, e indossava gli abiti di loro madre malamente cuciti, e il ragazzo si domandò perché mai non lo avesse mai notato.

Ginevra si fermò piegandosi leggermente per prendere fiato, “Hai visto Ron?” lo chiedeva con gli occhi chiari pieni di lacrime.

Lui sorrise amaramente, “Non c’è in casa, vero?” gli occhiali tornarono sul suo fine naso mentre invitava la ragazza a sedersi accanto.

Lei eseguì.

“Ginny, tu conosci tuo fratello vero? Sai che lui non può stare a casa a non fare nulla. Quando dormivo, ieri mattina, ho sentito qualcosa...” e istintivamente si sfiorò la fronte, “...Un ciao...uno di quelli d’addio.”

Ginevra si voltò di scatto, colpendo il fratello con una ciocca di capelli color fuoco, “Che intendi dire?” e l’unica risposta che ricevette fu un alzata di spalle.

Era davvero una bella giornata.

E se qualcuno avesse potuto vedere i due fratelli in quel momento, mai avrebbe pensato che presto si sarebbero persi di vista.

Percival di sicuro non avrebbe mai lasciato sua sorella se avesse saputo cosa le aspettava.

Ginevra non avrebbe mai abbandonato suo fratello e tutto il resto della sua famiglia se solo...

Quello che importava però in quel momento era che qualcosa di nuovo era nato...

Ma era bene o male?

 

 

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Capitolo 8
*** Al San Mungo ***


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Al San Mungo

 

Trovare Neville non fu difficile.

Draco lo aveva trovato all’ospedale San Mungo. E come previsto stava nella stanza dei suoi genitori.

Da solo con due matti che non capivano nulla, era l’occasione per il biondo di fare ciò che sua madre gli aveva detto.

“Papà...” la voce del ragazzo lo bloccò, cerca qualcosa che stonava nel suo tono affettuoso... Qualcosa che sembrava una condanna... “...Nonna è morta.”

E fu quello che fece trattenere il respiro al giovane mangiamorte. “Papà...Dimmi che mi vuoi bene...” non era una supplica, nemmeno una richiesta.

Era qualcosa che Draco Malfoy non conosceva.

E fu la lacrima che scese lenta lungo la guancia cadaverica del giovane che gli fece cambiare idea.

Neville Paciock da quel giorno era definitivamente una persona scomparsa, una di quelle che da lì a qualche anno ci si dimentica.

Il bel biondo però non sapeva che lasciando in vita il giovane moro sarebbe nata una guerra.

Si potrebbe dire che fu proprio Neville ad iniziare quella che sarebbe diventata una catastrofe... Di sicuro però non sapeva di essere la causa di tutto quel male finché non fu uscito dall’ospedale.

 

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Capitolo 9
*** Le farfalle nere non volano ***


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Ciao a tutti!

Volevo scusarmi per il ritardo e ringraziarvi tutte per i vostri commenti!

Mi fate arrossire ^///^

 

Ditemi anche cosa pensate di questo capitolo!

 

Le farfalle nere non volano

 

Quando ava compiuto dieci anni, Ginevra aveva ricevuto come regalo una bella bambola nuova.

Non l’aveva mai considerata importante, ma la teneva nel suo letto anche ora che di anni ne aveva sedici.

E quella sera la bambola era finita tra le sue magrissime braccia, e i finti capelli biondi si stavano piano, piano bagnando di lacrime.

Ginevra sentiva che quella sera era l’ultima volta che poteva essere ancora bambina. Che la felicità con cui aveva passato tutta la sua vita non sarebbe tornata molto presto.

Sotto le sue coperte, sentiva ancora i singhiozzi disperati di sua madre.

Il silenzio angosciante di suo padre.

E i bisbigli dei fratelli maggiori.

Avevano scoperto poche ore fa che Harry ed Hermione erano scomparsi proprio come Ron.

La battaglia che tutti aspettavano era arrivata.

Solo che Ginevra non si sarebbe mai aspettata di vedere Neville entrare nelle file dell’Ordine e che fosse proprio lui a dare inizio a tutto.

Un bussare leggero alla sua porta la fece trattenere un singhiozzo.

Fleur Delacour, la moglie di suo fratello Bill, entrò con passi veloci, chiudendo con un incantesimo la porta.

“Ginny...” l’accento francese fece arricciare il naso alla piccola rossa, “...Mia madre mi raccontava sempre che la vita non era fatta per piangere. Me lo diceva quando vedevo le farfalle nere.”

La bionda si sedette sul durissimo letto osservando con sguardo triste il fagottino nascosto nelle coperte, “Mi dispiaceva vederle zampettare lentamente sul sentiero che portava al parco, mentre le altre farfalle volavano ed arrivavano salve sui loro fiori.”

Tirò su col naso con grazia, “Pensavo che mia madre fosse insensibile. Finché un giorno mi portò di nuovo al parco e ci fece volare fin sopra a un ramo di una quercia, c’era una farfalla nera che riposava beata di aver raggiunto la sua meta. Fu allora capii cosa volesse dire.”

Con dolcezza tolse le coperte che coprivano Ginevra, “La vita non è fatta per piangere anche se la strada che stiamo percorrendo è difficile, bisogna stringere i denti e andare avanti. Ed ora che il mondo sta diventando una trappola mortale, Ginny, devi contare su te stessa...Devi avere coraggio, e lasciare che le cose vadano come devono andare.”

Fleur si alzò velocemente, “Ed ora vai in cucina, tuo padre ti vuole parlare.”

Fu così che la numerosa famiglia Weasley si divise.

Fu così che Ginevra, la minore, vide per l’ultima volta suo fratello Percival, sulla soglia della porta, un mantello che gli copriva le larghe magre spalle, e gli occhiali spessi che nascondevano il suo sguardo triste.

Fu così, che i gemelli si salutarono insicuri nelle loro battute.

Fu così, che Bill diede l’ultimo dolce bacio alla sua bella moglie.

Non fu un lungo addio, solo un fugace arrivederci, perché si sa la speranza è l’ultima morire, ma in questo caso sarebbe stato meglio che fosse stata la prima a mancare...

 

 

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Capitolo 10
*** Nel campo di grano ***


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Nel campo di grano

 

“Non permetterò mai che le succeda qualcosa.”

Era questa l’ultima frase che Fleur aveva rivolto a Frederick per rassicurarlo. E in quel momento, quando la sua splendida coda si sciolse facendo cadere l’elastico tra le spighe di grano, la bella francese aveva tutta l’intenzione di mantenere la promessa.

Sentiva i rumorosi passi dei mangiamorte alle sue spalle.

Sentiva i silenziosi passi di Ginevra davanti a lei.

Vedeva il suo bellissimo marito correre verso di loro, nella speranza di salvarle. Lo vide abbracciare la sorella.

“BILL!”

Non voleva perderlo.

Non voleva morire proprio ora.

Allungò le braccia speranzosa di poterlo raggiungere...di potergli darle un altro bacio.

Ma fu inutile.

Una voce femminile che urlava un “Avada Kedavra”.

Un lampo verde alle sue spalle.

Una lacrima scese sulla morbida guancia di Fleur prima che lei cadesse a terra.

Prima di morire.

Fu la prima ad andarsene.

In una splendida giornata.

In un immenso campo di grano.

Mai nessuno si sarebbe più ricordato di lei. Di colei che aveva rinunciato a vivere pur di salvare estranei.

Ci sarebbero tanti se in questa storia.

Ma i se non cambiano i fatti.

Fleur era morta a sole due settimane dal suo matrimonio.

Era morta davanti suo marito.

E nulla poteva essere modificato.

Fu in quel momento che Ginevra decise di andare avanti, “Bill, dobbiamo andare!” lo aveva preso per un braccio trascinandolo alla nuova passaporta.

“Bill, ormai non si può fare nulla!” lo stava trascinando.

“Fallo per me...Io da sola non ce la faccio!” Stava strillando, cercando di superare le strazianti urla del fratello.

E in qualche modo riuscì a toccare la scarpa da ginnastica.

Riuscì a salvarsi.

Riuscì a salvare Bill.

Presto però anche loro avrebbero subito il loro destino...

 

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Capitolo 11
*** Luna ***


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CIAO!

Volevo ringraziarvi ancora!

I vostri commenti mi fanno piacere, e mi danno voglia di scrivere!

Grazie!!!

 

Luna

 

Luna Lovegood era la ragazza più strana che si potesse incontrare. Ginevra non l’aveva più vista dalla fine della scuola.

E lei non si era mai fatta viva con nessuno.

Abitava vicino alla casa dei Weasley, ma mai si era azzardata ad uscire e salutarli.

Probabilmente, svampita com’era non si era accorta che i suoi vicini se ne erano andati...Probabilmente non sapeva nemmeno che l’unico a stare ancora lì era uno dei gemelli.

Luna, comunque quella sera decise di uscire.

Decise di andare verso la Tana.

Frederick mai si sarebbe aspettato di sentire il bussare frenetico sulla sua porta. Mai si sarebbe aspettato di sentire la supplica di una ragazza.

“Aprite vi prego!” la voce era alterata dalla paura.

E Fred aprì.

La bacchetta tra le mani tremanti.

Ma la ragazzina che si ritrovò davanti non gli sembrava un mangiamorte. Le sue lacrime non gli sembravano false. La sua paura non sembrava una commedia.

Fu così che Luna entrò per la prima volta nella casa dei Wealsey.

Indossava una camicia da notte che le scopriva i polpacci.

I lunghi capelli biondi spettinati.

I piedi scalzi sporchi di fango.

Si voltò per osservare il giovane rosso, “Ginny mi aveva detto che potevo venire qui se capitava qualcosa a casa mia...” una lacrima le bagnò la pallida e magra guancia, “Papà mi ha detto di chiamare aiuto... I mangiamorte sono a casa mia...”

Improvvisamente, mentre la osservava, Frederick si ricordò di lei. Della ragazzina bizzarra che tutti prendevano in giro.

Che lui prendeva in giro.

“Ti prego, chiama i tuoi fratelli, papà morirà se non andiamo subito a casa mia...” le labbra tremanti.

Fred si ritrovò a pensare che era stato uno stupido a pensare che lei non fosse umana, che lei non soffrisse.

Poi la vide voltarsi verso le scale. Nascondendogli il suo volto.

“Non c’è nessuno. Sono rimasto solo qui.”

A quelle parole Luna si sentì morire.

Ritornò ad osservare il ragazzo. I suoi occhi chiari quasi bianchi lo guardavano disperati dietro la lunga frangetta.

“Verrò io!” Frederick non sapeva perché lo aveva detto, non sapeva perché la sua voce suonava sicura mentre le sue gambe tremavano.

E insieme arrivarono davanti alla casa di Lovegood.

Attraversando campi di grano.

Ma della casa c’era soltanto la struttura bruciata.

E del padre di Luna, nessuna traccia.

Se solo aveste sentito le urla disperate della ragazzina... Allora forse capireste quanto questi giovani hanno sofferto per salvarvi.

 

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Capitolo 12
*** Il prigioniero ***


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Il prigioniero

 

Draco Malfoy conosceva benissimo le prigioni sotterranee della sua villa. Le aveva vista fin da bambino.

Ma non le aveva mai viste con qualcuno all’interno.

I traditori.

L’uomo che in quel momento stava accucciato in un angolo, con gli occhi color cioccolata carichi di tristezza, era il primo sopravvissuto ad un attacco.

Era l’uomo che incitava i maghi a difendersi contro Voldemort.

Era l’uomo che invogliava i maghi a salvare i babbani.

E nonostante fosse il direttore della rivista meno letta, era uno dei peggiori nemici del Signore Oscuro.

Senza contare che la rivista era una tra le più lette nell’ultimo periodo.

Draco lo fissava attraverso una fessura, sentendo che quell’uomo era uno dei pochi veri eroi.

Lo vide scrivere sul sabbioso terreno qualche parola.

E nonostante fosse distrutto, al giovane biondo sembrava la persona più buffa che esistesse nel mondo.

Era grassoccio, e con i capelli arruffati, due baffoni che facevano invidia a quelli di babbo natale.

Avrebbe voluto avere un padre così.

Improvvisamente l’uomo s’alzò in piedi, mostrando sua enorme stazza. Si avvicinò all’unica finestrella e iniziò a fischiettare.

Draco se ne stupì.

Non aveva mai visto un condannato a morte essere così tranquillo.

Si lasciò scivolare a terra, voltandosi verso le scale che conducevano nella villa. I capelli biondi gli coprivano gli occhi.

Le sue orecchie che ascoltavano la melodia che piano, piano da triste diventava allegra.

Una melodia che avrebbe suonato al pianoforte fino alla fine dei suoi giorni.

Una melodia che gli ricordava di essere un mangiamorte.

“Ragazzo...” la voce dell’uomo era tranquilla, come quella che solo un padre a un figlio può usare, “...Il tatuaggio che porte al braccio non è altro che un stupido disegno. Non vuol dire nulla.”

Poi non ci fu nulla che un fischiettio malinconico.

Draco però non avrebbe mai dimenticato quelle parole, solo che...

...Solo che l’avrebbe capite troppo tardi.

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Capitolo 13
*** Ti amo Herm ***


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Ti amo Herm

 

Hermione sbuffò per l’ennesima volta. “Ci andrò io nella villa!”

Ronald strinse con forza le mani in due pugni. Il viso rosso dalla rabbia. La mascella rigida, e gli occhi che avrebbero incendiato una foresta.

Mai nessuno lo aveva visto in quello stato.

Harry ne ebbe quasi paura.

Ma Hermione no. Per spaventare lei ci voleva qualcos’altro. E quel qualcos’altro accadde.

Ron si voltò dandole le spalle.

“Fai quello che vuoi!” la voce tremava dall’ira.

In quel momento la ragazza rabbrividì. “Allora che ti arrabbi?!” azzardò spostandosi una ciocca ribella dietro l’orecchio.

Mai avrebbe voluto vederlo girarsi in quel modo.

Mai si sarebbe aspettata di sentirlo pronunciare quelle parole.

PERCHE’ NON POSSO VIVERE SENZA DI TE!

I capelli rossi gli cascarono spettinati sul volto.

Respirava a fatica.

Hermione si bloccò per qualche istante, nella sua mente continua a ripetersi che Ronald non aveva detto quella frase...Che se l’era solo immaginato.

Harry invece iniziò a sentirsi fuori luogo, e con passi silenziosi e lenti si allontanò dal piccolo falò.

Se solo fosse rimasto lì con i suoi amici...forse tutto si sarebbe concluso con un “Niente!”.

Forse Hermione non avrebbe pianto così a lungo.

Ma Harry se ne era andato, lasciando i due ragazzi da soli.

Lei si era seduta incredula sul tronco bagnato.

Lui l’aveva raggiunta, e con dolcezza era riuscito a fissare i suoi occhi nei suoi.

“Ron...tu mi prendi in giro...” ma la frase fu bloccata.

Ronald la stava baciando.

“Ti amo, Herm, e non ti lascerò mai!”

Quanto si sbagliava in quel momento.

Quanta illusione c’era nei loro baci...

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Capitolo 14
*** Neve ***


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Neve

 

Il tempo passava lento.

Troppo lento.

Luna però si sorprese nel vedere quel giorno dei teneri fiocchi di neve.

Stava seduta sulle scale che portavano al portico della Tana.

I lunghi capelli nascosti sotto un capello, e le magre braccia che stringevano le lunghe gambe.

Nevicava.

E suo padre non era lì con lei.

Nevicava.

E lei non era eccitata nel giocare a palle di neve.

“Bill mi ha scritto che forse ha trovato Harry.” Fred era uscito in quel momento.

I capelli più lunghi del dovuto.

La barba che gli copriva il mento.

Gli occhi blu privi di sentimento.

Ed ecco che ancora una volta i loro sguardi s’incatenarono, facendo nascere l’angoscia di vivere in una falsa speranza.

“È inverno.” Luna ritornò ad osservare i bellissimi fiocchi di neve.

Frederick la raggiunse sedendosi accanto.

Nevicava.

E nessuno della sua famiglia era lì.

Nevicava.

E lui era solo.

“Si...” fu solo un sussurro.

Lei l’osservò attentamente, poi come se fosse la cosa più naturale del mondo, posò le sue labbra su quelle di lui.

Non si amavano.

Le mani di lui si mossero da sole, togliendole il capello per accarezzarle i lunghissimi capelli.

E quello che portava entrambi a fare l’amore era solo la mancanza d’affetto.

Luna iniziò sbottonargli la camicia bianca.

Era solo voglia di calore.

Dal momento in cui Fred finì sopra di lei ci fu solo piacere.

Nevicava.

E due anime sole si univano.

Nevicava.

E il tempo si fermò per qualche momento.

 

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Capitolo 15
*** Nessuna maschera... ***


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Nessuna maschera...

 

Draco stava seduto su una sedia in cucina. I capelli biondi gli ricadevano scompigliati sul viso stanco. Tra le mani un bicchiere di vino.

Gli occhi di un grigio chiaro che osservavano la piccola fiammella dell’unica candela accesa.

“Domani uccideranno Lovegood.”

Nell’ombra stava un uomo scuro. I lunghi capelli corvini erano appiccicati al viso affilato.

E nonostante la voce fosse inespressiva, a Draco sembrava che con quella frase il suo padrino volesse dire più del dovuto.

Attese che continuasse, ma Severus rimase in silenzio.

Il biondo bevette velocemente l’ennesimo bicchiere.

Era stanco.

E sperava che il giorno dopo non esistesse.

“Dove sei stato in questi giorni Piton?” in realtà non voleva saperlo, ma stare in una stanza con il suo vecchio professore lo metteva in agitazione...

L’uomo s’alzò facendo strascinare sul ruvido pavimento il lungo mantello nero. Prese la bottiglia ormai vuota di vino e la versò sul tavolo.

“Ricordati, Malfoy, che nulla può avere una risposta sincera...” il vino finì, e Severus alzò di scatto la testa, osservando con gli occhi scuri e privi di qualsiasi sentimento il ragazzino che gli stava di fronte.

“Perché sei qui?”

Draco alzò le spalle, “Perché è casa mi...” e fu la risata fredda di Piton a mettergli i brividi.

Era una risata corta, ma che non si dimentica tanto facilmente.

“Le bugie fanno parte di noi, e molto spesso nemmeno ci accorgiamo di dirle.” Poi uscì dalla cucina, silenzioso.

Furono quelle parole che portarono il giovane mangiamorte a scendere nelle prigioni. La maschera argentea sul proprio viso.

Entrò nella cella del signor Lovegood.

L’uomo lo guardò tristemente. “Povero ragazzo...” mormorò alzandosi in piedi, “...Non vorrei trovarmi nella tua situazione.”

La voce era amorevole come qualche mese prima, “Non sono io che sto per morire.” Lovegood sorrise amaramente, “Ma tu, ragazzo mio, non stai vivendo...” con una grande mano lo accarezzo tra i capelli biondi.

Draco non si staccò, c’era qualcosa in quel tocco che gli faceva piacere...Qualcosa che suo padre non gli aveva mai dato.

“Nessuna maschera potrà mai nascondere il tuo vero stato d’animo.”

“Ho ucciso, uomini e donne...” e la maschera cascò a terra crepandosi leggermente.

Gli occhi scuri dell’uomo  osservarono a lungo quelli chiari del ragazzo.

“Il male che hai fatto, l’hai fatto soprattutto a te stesso.”

 

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Capitolo 16
*** La collina ***


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La collina

 

Correvano il più velocemente possibile.

La collina però era più faticosa del dovuto.

Harry si girò ad osservare i mangiamorte che gli inseguivano. Anche loro stanchi. Ronald si fermò in cima, “Vai avanti, io cerco di fermali...” il fiato corto, lo sguardo che vagava.

“No, io non ti lascio!”

Gli occhi di un azzurro cupo si fermarono in quelli verdi, Potter capì che Ron non scherzava.

I mangiamorte stavano arrivando.

“No, non te lo permetto!”

Fu l’ultima cosa che il moro disse al rosso.

Con un gesto Ronald lo allontanò, facendolo ruzzolare lungo la discesa.

Fu l’ultima volta che il rosso vide il moro.

Quando Harry si fermò, il suo sguardo andò direttamente sul suo migliore amico. Da dove si trovava vedeva solo un puntino.

Un puntino rosso.

Un puntino coraggioso.

Poi la terra iniziò a muoversi.

La collina iniziò ad aprirsi ed a inghiottire qualsiasi cosa non le appartenesse.

I mangiamorte.

Ronald.

E con la stessa velocità con cui si era divisa, ritornò a chiudersi.

Harry trattenne il fiato.

Non era possibile.

Non era vero.

RON!

Era un urlo disperato, come era disperata la sua corsa.

S’inginocchiò a terra, strappando erba, scavando terra.

RON!

Le lacrime scendevano copiose.

“Resisti...Ti tirerò fuori!”

Harry smise di scavare solo quando le unghie si spezzarono.

Il sangue gli scendeva copioso sulle mani.

E la luna era già alta nel cielo.

Esausto si lasciò cadere.

Il viso schiacciato sul terreno.

Le lacrime che non volevano più fermarsi.

Lì, all’interno di quella collina vi stava il suo migliore amico.

E la menzogna che fosse ancora vivo era sparita da tempo nell’animo di Harry.

Ronald Wealsey era morto.

“Come lo dirò ad Hermione?”

 

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Capitolo 17
*** Ron è morto ***


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Ron è morto

 

Dopo la morte di Fleur Delacour, giunse la voce che anche Ronald Weasley era morto.

Dalla lettera veloce che membro dell’ordine aveva scritto, si poteva leggere che il ragazzo rosso era un eroe... Ma questo non l’avrebbe riportato indietro.

Fred aveva bruciato la lettera con rabbia.

Luna non era riuscita a dire nulla.

A fare nulla.

Solo verso sera qualcosa accadde.

Frederick le aveva chiesto con gli occhi carichi di lacrime di andare a trovare Neville. Di dirgli che anche Ron se ne era andato per sempre.

E lei se ne era andata, sfiorandogli, con labbra tremanti, la guancia sinistra.

Mai avrebbero immaginato che quella era l’ultima volta che si sarebbero rivisti...

Luna non sapeva perché Neville aveva deciso di andare a vivere vicino a casa Weasley.

L’unica cosa di cui era certa, era che ora si ritrovava a corre per arrivare da lui.

Ed ora, Luna si ritrovava a pensare che probabilmente non sarebbe più tornata sui suoi passi.

La casa, che Fred le aveva descritto le si presentò piccola, quasi soffocante.

Entrò trattenendo il respiro.

Non c’era nulla all’interno. Solo un caminetto acceso, un tavolo e una sedia.

Non c’era nessuno in quella stanza.

Con decisione salì sulle scale legnose.

“Neville!” chiamò mentre correva sul piccolo corridoio.

“Neville! Ron è morto!” e fu in quel momento che il ragazzo uscì da una stanza. Alto e magro la osservò avvicinarsi.

Luna lo abbracciò.

“Ron è morto...” soffocò la frase sulla spalla del suo amico.

E qualcosa in quel abbraccio la fece sentire meglio. Sospirò.

Le mani del giovane si posarono sul suo capo, intrecciandosi con i lunghi capelli biondi. Gli occhi fissi su l’unica fotografia di tutta la casa.

“Mia cara Luna, questa guerra ci porterà via altre persone a noi care, Fleur e Ronald non saranno gli unici a morire...”

Lei tirò su col naso.

“Ma è così ingiusto...”

Ed era vero.

Neville le diede un bacio tra i profumati fili d’orati.

“Hai bisogno di riposare, se vuoi domani potrai tornare da Fred...” la trascinò nella stanza.

“No, non voglio ritornare dai Weasley.”

Se solo avesse saputo che nel suo grembo una vita stava crescendo.

Forse Frederick sarebbe rimasto accanto a lei... forse non tutto si sarebbe concluso.

 

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Capitolo 18
*** Il rumore del mare ***


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Ciao a tutti!

Scusatemi ancora per il ritardo!

Per chi non lo sapesse questa fanfic è collegata con "Noelene"

Vorrei infine ringraziarvi con tutto il cuore per i vostri commenti!

Sono veramente lusingata di sapere che pensate alcune cose sulla mia ff, mi hanno fatto arrossire e sorridere.

Grazie di cuore a tutti!

 

Il rumore del mare

 

Erano passati diversi mesi da quando la notizia della morte di suo fratello minore gli era giunta.

Percival era arrivato in Grecia, però, solo quella mattina, e in poche ore aveva già concluso il suo dovere.

L’unico problema era che ora si ritrovava su quella panchina e annoiato giocava con la sua bacchetta magica.

Il suo gufo era partito da tempo per arrivare in Inghilterra e portare l’oggetto tanto atteso.

Stava solo e pensieroso.

Non capiva, perché molti suoi ricordi venivano annebbiati.

Non capiva, perché non vedeva i suoi fratelli crescere.

E poi c’era anche quel nome che lo assaliva ogni notte...Ma chi era Penelope?

Per quanto si sforzasse nulla nella sua mente gli mostrava il viso di quella ragazza, o donna...

Anche gli anni che aveva passato ad Hogwarts erano discontinui.

Che gli avessero tolto la memoria?

No, non poteva essere, i suoi genitori non lo avrebbero mai permesso.

Un “puf” e una sagomo si materializzò proprio davanti a lui.

Indossava una maschera argentea, e un cappuccio copriva il suo capo.

“Alzati, tu verrai con me...”

Percival lo guardò un istante, sapeva che lo voleva portare in prigione per essere interrogato...o meglio, torturato, era la nuova mania dei mangiamorte...

S’alzò sistemandosi gli occhiali.

Un debole sorriso sul volto stanco e pallido.

Fu solo un secondo.

La mano destra si alzò e con decisione la sua voce pronunciò le parole più crudeli che potessero esistere nel mondo magico.

“Avada Kedavra”

Ma se pensate che così, il giovane Weasley, si salvò...beh vi sbagliate.

Anche lui fu colpito.

Da qualcosa di insolito.

Cascò a terra sbuffando dolorosamente.

Sul petto solo sangue.

Il rumore del mare era l’unica cosa che poteva sentire.

L’odore di salsedine lo fecero sorridere tra una smorfia e l’altra.

Poi una bella ragazza s’inchinò su di lui.

Indossava un abitino azzurro che faceva notare benissimo che era incinta.

Lo guardò sorridendo allegra.

E lo baciò.

“Penelope?”

Fu l’ultima cosa che Percival riuscì a dire prima di chiudere gli occhi per sempre.

 

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Capitolo 19
*** Nelle prigioni ***


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Nelle prigioni

 

Draco strisciò lungo le scale che portavano nelle prigioni sotterranee. Erano passati due anni da quando aveva parlato per l’ultima volta con il signor Lovegood.

E in quel lunghissimo lasso di tempo la guerra non era cessata.

Erano morti in molti.

Era morta anche sua madre.

“Ti riporterò da tua madre...” Draco si fermò ad ascoltare la voce stanca di Severus.

Lo vide tra le fessure della porta, inginocchiato davanti alla piccola Weasley. Lei era spettinata e molto più magra di quando l’aveva vista la prima volta.

Suo padre l’aveva catturata per poterle tirare fuori qualche segreto dell’Ordine...o magari scoprire dove stava Harry Potter in quel momento.

Draco si era offerto di torturarla.

Mai però si sarebbe aspettato di trovarsi Piton, suo padrino e perfetto mangiamorte, nella prigione della rossa.

Lei sorrise accarezzando dolcemente il viso dell’uomo.

“Non importa, professore...l’importante è che il resto dell’Ordine resista ancora.” Velocemente la grande e scheletrica mano di Severus coprì quella della ragazza.

“Presto ti porterò fuori da qui...Potter senza di te non...” lei scosse il capo, “Professore lei ha un compito più importante che salvare me.”

La voce sicura della ragazza fece trattenere il respiro a Draco. Ancora ben nascosto la osservò attentamente.

Il viso era pieno di lividi.

E lo sguardo era triste come non mai.

Eppure della numerosa famiglia solo Ronald era morto...o forse no?

“Non c’è molto tempo, non lo deve sprecare con me. L’Ordine ha bisogno anche di voi.” Il suo viso si avvicinò a quello dell’uomo, quasi a sfiorargli il naso con il proprio.

Gli occhi però restavano coperti da una ciocca di capelli rossi.

“Riporti Silente da Harry...” Draco sgranò gli occhi.

Forse la rossa era impazzita, il loro vecchio preside...Silente...era morto...

...Morto sotto i suoi occhi...

Piton stesso lo aveva ucciso.

“...E lascia che io segua il mio destino.”

Ancora una volta il biondo tornò ad osservare la scena. Lei era tornata a debita distanza mentre Piton si spostava una ciocca di capelli corvini dietro l’orecchio destro.

“Ho promesso a tua madre di riportarti a casa, Ginevra, e in un modo o nell’altro lo farò...”

Lei annuì spostando lo sguardo sulla piccola finestrella.

Ammirava la luna.

“Però Silente si sta per risvegliare...E lei, professore, non può lasciarlo in quella cripta ancora a lungo. Harry poi, ha bisogno di maghi come voi due per poter sconfiggere Voldemort.”

Ritornò con gli occhi a fissare quelli dell’uomo, “Poi potrai riportarmi dai miei genitori.”

Draco per un momento pensò di morire.

Ingannato.

Fino a quel momento era stato ingannato dal suo padrino.

Ecco perché mancava per mesi.

Ecco perché era sempre vago su cosa andasse a fare.

Ecco perché non riusciva più a capirlo.

Si spostò lentamente di lato, mentre Severus se ne ritornava nella villa.

Ora Ginevra era sola.

Entrò portando sul suo volto l’argentea maschera.

La vide seduta al solito posto con lo sguardo immensamente triste, come sempre.

“Perché?” Draco si stupì di quella domanda.

“Perché continui a venire qui se sai che non ho risposte.”

Sul viso del biondo si disegnò una smorfia, “Oggi morirai...” lo disse con voce sicura mentre alzava la bacchetta su di lei.

Ed ecco che gli occhi azzurri di lei si fissarono in quelli color ghiaccio di lui.

L’amore nasce all’improvviso.

Nel momento in cui il cuore è pronto per far entrare quella persona.

E in quel momento, Draco si perse nello sguardo malinconico della giovane.

Fu in quel momento che l’indecisione lo mise con le spalle al muro.

E le parole di Lovegood furono immediatamente chiare.

Ma la voce del giovane Malfoy riecheggiò nell’umida prigione, “Avada Kedrava!

 

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Capitolo 20
*** Epilogo ***


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Epilogo

 

Cari lettori,

                 sono Noelene Bleecky.

Questo piccolo libricino che avete letto è solo il primo. Ho voluto confidare a persone babbane, di quanto ho scoperto fin’ora.

Ho venticinque anni, e non sono riuscita a salvare che poche anime perse. Mio fratello Clay ne ha trovate altre e sta iniziando a scrivere il secondo libro.

Siamo due maghi.

Entrambi stiamo tentando di ricostruire Hogwarts, per poter ricreare dall’inizio il mondo della magia.

Già stiamo sentendo la nuova generazione tra di voi.

E naturalmente sarà la generazione che dovrà ritornare a studiare e scoprire, quello che i maghi antichi sapevano già.

Non stupitivi dunque quando fra qualche anno giungeranno dei gufi con lettere che chiameranno, voi, o i vostri fratelli o perché no, magari i vostri figli a studiare la raffinata e complessa arte della magia.

 

Con affetto

Noelene Bleecky

 

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