Grandi, piccoli Eroi di Elisir86 (/viewuser.php?uid=688)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L’orologio Weasley ***
Capitolo 3: *** Pensieri ***
Capitolo 4: *** Aspettando... ***
Capitolo 5: *** Il Loro regalo ***
Capitolo 6: *** Mamma...Ho ucciso. ***
Capitolo 7: *** Sotto il Salice Piangente ***
Capitolo 8: *** Al San Mungo ***
Capitolo 9: *** Le farfalle nere non volano ***
Capitolo 10: *** Nel campo di grano ***
Capitolo 11: *** Luna ***
Capitolo 12: *** Il prigioniero ***
Capitolo 13: *** Ti amo Herm ***
Capitolo 14: *** Neve ***
Capitolo 15: *** Nessuna maschera... ***
Capitolo 16: *** La collina ***
Capitolo 17: *** Ron è morto ***
Capitolo 18: *** Il rumore del mare ***
Capitolo 19: *** Nelle prigioni ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
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Vi
ricordate la mia fanfic su Noelene? Ecco in questa mia nuova storia spiego
cos'è realmente successo ai nostri eroi, e non eroi...
Spero
che sia di vostro gradimento!
Greazie
in anticipo Elisir86!
Grandi,
piccoli Eroi
Prologo
Penelope
Light stava tra le braccia del suo fidanzato Percival Weasley. L’abito azzurro
risaltava sulla sua pelle abbronzata. I capelli lunghi e marroni ricoprivano il
suo volto.
Era
sporca di terra e chissà cos’altro. Ma restava sempre bellissima.
Il
suo cuore non batteva più.
E
anche il piccolo che stava crescendo nel suo ventre si era fermato.
Percival
però la cullava tra le sue esili braccia. Gli occhi di un verde scuro erano
pieni di lacrime, e la sua voce urlava a gran nome la sua amata.
Aveva
scavato come un disperato sotto le macerie.
Aveva
sperato che Penelope si fosse smaterializzata in tempo.
Aveva
sperato...Ma la speranza era morta.
Morta
quando aveva trovato la giovane...
Ed
ora la sua vita era morta...
...Morta
come la sua bella Penelope.
Era
questo che Arthur Weasley stava osservando da lontano. Era arrivato con alcuni
dell’Ordine pronto a dare una mano ai sopravvissuti. Pronto a sistemare ciò
che i mangiamorte avevano distrutto.
Lentamente,
con passi lunghi che tentavano di non calcare le macerie, s’avvicinò al
figlio.
Il
pianto disperato che gli impediva di restare tranquillo...che gli strinse il
cuore fino a farlo sanguinare...Quel pianto lo convinse a inginocchiarsi accanto
a Percival.
Gli
occhi scuri e spenti di quest’ultimo che fissavano il vuoto.
E
gli occhi blu dell’uomo che osservavano le lacrime che scendevano rapide sulle
guance.
Allungò
una mano ruvida fino a sfiorare la pelle pallida del figlio. Riuscendo così ad
attirare la sua attenzione.
“Papà...”
mormorò mentre nuove lacrime uscirono, e dalle labbra altre singhiozzi
malamente trattenuti dalle labbra serrate.
E
fu in quel momento che Arthur Weasley riabbracciò il figlio che aveva perso
anni prima.
“Percy...”
sussurrò, mentre accarezzava con frenesia i capelli spettinati del giovane, e
fu in quel momento che la voce soffocata del figlio fece nascere la disperazione
nell’uomo, “Voglio morire...”
Ad
Arthur nulla gli sembrò peggiore di quelle due parole, e tremando posò le sue
labbra sulla fronte di Percival.
Un
bacio salato dalle lacrime.
Fu
in quel momento che arrivò Remus Lupin. Con il viso scavato e stanco. I capelli
ribelli e gli occhi neri, profondi come due pozzi, immensamente tristi.
“Dobbiamo
tornare.”
Parlava
sottovoce, attento a non farsi sentire da nessuno.
Poi
si dissolveva come se non ci fosse mai stato vicino a loro e andava a chiamare
altri membri dell’Ordine.
Il
sole scendeva lento e illuminava di rosso il cielo sereno.
L’ultima
immagine che Remus vide prima di smaterializzarsi fu quella di un padre e un
figlio che camminavano silenziosamente.
Tra
le braccia del più vecchio il corpo di una splendida fanciulla. E sul viso del
ragazzo un’ombra che mai sarebbe scomparsa.
Questo
era l’inizio della fine.
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Capitolo 2 *** L’orologio Weasley ***
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L’orologio Weasley
L’orologio
era situato nella sala da pranzo, sopra ad una mensola ripiena di oggetti
babbani.
Al
posto delle ore, vi erano scritte. A posto delle solite tre lancette ve ne erano
ben nove con incollate sopra delle fotografie di visi sorridenti.
Era
l’orologio che Molly Weasley continuava a fissare ogni momento della giornata.
Preoccupata per i figli e il marito.
Quel
giorno però non lo degnò di uno sguardo, anche se sorseggiava insicura il suo
tea alla fragola con la sedia rivolta proprio verso quell’oggetto.
I
suoi occhi però osservavano stanchi le scale che portavano ai piani superiori,
dove vi erano le camere.
Dove
c’era Percy che dormiva.
Molly
non sapeva cosa aspettasse, sapeva solo che doveva stare ferma lì, ad attendere
che suo marito scendesse.
Ma
prima di lui scese un stanchissimo George. Uno dei suoi scatenati gemelli. I
capelli spettinati, il viso arrossato, e un livido su uno zigomo. Gli occhi di
un verde acqua pieni di smarrimento e un sorriso dolcemente salato.
Poi
con passi veloci, calcolati, come se dovesse fare qualcosa d’importante, la
superò.
In
mano una piccola fiala con un denso fumo argenteo.
Non
parlarono.
Lei
non gli parlò quando lui uscì dalla casa diretto verso il salice piangente.
Arthur
scese proprio mentre la porta si richiudeva.
Il
viso stanco, bagnato dalle lacrime, rovinato...Sembrava più vecchio di quanto
fosse in realtà.
“L’ho
dovuto fare...” mormorò alzando gli occhi blu sulla donna che tremante posava
la tazzina da tea sul tavolo.
“Non
riuscivo più a vedere mio figlio così...”
Velocemente,
nonostante fosse grassa, Molly lo raggiunse, cingendo la magra vita dell’uomo
in un tenero e rassicurante abbraccio.
“Non
dire altro, ti prego.”
E
il silenzio riempì ancora la casa.
L’orologio
spostò una lancetta sulla parola Viaggio.
Sopra
vi stava la fotografia di un giovane ragazzo, il sorriso allegro, gli occhi di
un azzurro cupo striati di verde.
Il
figlio maschio più giovane era uscito silenziosamente dalla casa, e
probabilmente non sarebbe più tornato.
Altre
lancette si spostarono verso Casa.
Lancette
che mai più si sarebbero mosse così lentamente.
Lancette
che Molly Weasley non avrebbe smesso di guardare.
Lancette
che prima o poi si sarebbero bloccate.
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Capitolo 3 *** Pensieri ***
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Pensieri
Neville
Paciock stava seduto sulla sua poltrona preferita, situata nella biblioteca
dell’ala est della propria casa.
Teneva
nella mano destra una tazza di caffè e in quella sinistra un libro. La lunga
frangetta gli copriva gli occhi di color cioccolato striati da pallide righe
irregolari di un tenue giallo.
Il
viso pallido era involontariamente serio.
La
camicia bianca, era perfettamente pulita e stirata. Emanava un buon profumo di
bosco.
Sua
nonna stava nella poltrona davanti a lui, il viso rovinato dagli anni e dalla
fatica. I capelli bianchi erano elegantemente pettinati in una splendida
pettinatura. Le mani stringevano con forza il proprio bastone.
Gli
occhi gialli che fissavano il nipote.
Erano
rari i casi in cui vedeva Neville privo dell’insicurezza... Era raro che
Neville assomigliasse tanto a Frank.
Ed
erano in quei casi che Augusta si perdeva ad osservarlo, come se davanti a lei
ci fosse suo figlio, ancora diciassettenne che tentava di capire qualcosa in
trasfigurazione.
Era
in quei momenti che sentiva la mancanza del suo bambino, che pieno d’affetto
la andava a trovare ogni sera prima di ritornare dalla sua amata Alice.
Era
quando vedeva Neville che si ricordava di Frank.
Ed
era quando gli occhi del nipotino si fissavano dubbiosi nei suoi che capiva che
suo figlio non c’era più.
Quegli
occhi così diversi, così pieni di malinconia...
Quegli
occhi che però riuscivano a capire di più di quanto Frank riuscisse a
trent’anni...
Quegli
occhi che avevano visto Voldemort...
“Stai
bene, nonna?”
Smise
di stringere con le magre mani il bastone.
Augusta
sorrise appena, sicura di avere davanti a se un ragazzo maturo.
Una
lacrima solitaria le scivolò lenta sulla guancia rugosa.
Neville
posò la tazza di caffè sul tavolino di mogano che lo separava da sua nonna,
“Qualcosa non va?” la preoccupazione nei suoi occhi...nella sua voce.
Augusta
lo sentiva, era giunto il momento di lasciarlo andare...E chissà se lui sarebbe
andato a trovarla come aveva fatto Frank...
“Nonna
rispondimi!”
Così
simile a suo padre...
Così
perfetto nella sua imperfezione.
Neville
si era alzato e stava inginocchiato accanto a lei, con gli occhi carichi di
paura...carichi di qualcosa che lei non riusciva a capire.
Gli
accarezzò dolcemente i capelli perfettamente pettinati.
“Ti
andrebbe di fare una passeggiata? Oggi è il tuo compleanno, e vorrei portarti
in un posto speciale...”
La
guardò incredulo, con le labbra socchiuse pronte a pronunciare qualche parola.
Sua nonna non aveva più voluto festeggiare il suo compleanno da quando suo
nonno era morto.
Sua
nonna, in realtà, non aveva mai festeggiato il suo compleanno, ed era suo nonno
che di nascosto gli preparava la torta di panna, e gli regalava sempre qualcosa
di nuovo.
Ma
il suo compleanno era un giorno come un’altro.
Un
giorno da passare in solitudine.
Ma
poi, lentamente annuì.
Fu
così che si ritrovarono su una carrozza trainata da splendidi cavalli, uno di
fronte all’altra. Lui con il libro che stava leggendo prima, e cercava di
concentrarsi sulla lettura.
“Da
oggi sei maggiorenne Neville, sai cosa significa?” lui alzò lo sguardo verso
la donna, corrugando la fronte.
“Neville,
i tuoi genitori hanno scritto dei testamenti...e in tutti tu sei l’unico erede
di tutte le loro proprietà.”
Lo
vide chiudere il libro con forza, e ancora gli sembrò Frank.
“Dove
stiamo andando, nonna?” era insicuro.
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Capitolo 4 *** Aspettando... ***
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Aspettando...
“Harry la vuoi smettere
di giocare con quella maledetta bacchetta? È stata creata per fare magie non
per disegnare per terra!”
Hermione Granger stava
seduta su un ruvido pezzo di legno ammuffito. Le mani nascoste nelle lunghe e
larghe maniche della giacca di jeans. I lunghi capelli ribelli legati in una
coda.
Accanto a lei Harry
Potter, il mago prescelto per uccidere il signore oscuro, stranamente annoiato.
Aspettavano il loro più
caro amico, Ronald Weasley.
Erano in quella piccola
radura da più di cinque ore, e del rosso nessuna, traccia. Hermione stava
iniziando a dubitare di poterlo riabbracciare. Eppure quando si erano ritrovati
il giorno del matrimonio di Bill e Fleur, lui le aveva promesso che sarebbe
partito con loro.
Ma come sempre qualcosa
era andato storto.
La bella Penelope era
morta, e Percival, uno dei fratelli di Ronald, era ritornato a casa...con la
morte nel cuore...
Ron però le aveva
promesso che sarebbe partito, che sarebbe stato con lei anche in questa
impresa...
C’erto, dopo il
matrimonio non lo aveva più sentito, ma...
Harry smise di disegnare
sul terreno.
Gli occhi fissi su quello
che aveva creato.
“E se avesse deciso che
non era il caso?” Hermione lo guardò sorpresa, “No, lui non ci
abbandonerebbe mai...”
Il moro annuì soltanto
ritornando a giocare con la bacchetta magica.
Fu in quel momento che
qualcuno arrivò di corsa.
E nonostante non si
vedesse chi fosse, i due giovani avevano riconosciuto l’andatura del loro
amico.
“Ron! Finalmente siamo
in ritar...” ma le parole della giovane morirono quando finalmente lo poté
vedere in volto.
Stranamente pallido, con
gli occhi più spenti che mai.
Harry lo raggiunse, non
capiva cosa in realtà provasse, perché i loro dolori erano differenti, ma
poteva giurare che erano ugualmente strazianti.
Ed Hermione si sentì
fuori luogo.
Mordicchiando il labbro
inferiore cercò con gli occhi qualcosa che poteva distoglierla da quella
sensazione di inadeguatezza.
“Non potevo andarmene
prima...Papà ha tolto la memoria a Percy, ho voluto vederlo con i miei
occhi...”
Ci fu silenzio e poi
lentamente un sorriso si dipinse sul viso di Ronald, e quel gesto valeva più di
qualsiasi parola...
Hermione pensò che era
per quello che aveva iniziato quell’avventura.
Per poter vedere altri
mille di quei sorrisi.
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Capitolo 5 *** Il Loro regalo ***
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Il
Loro regalo
Neville stava seduto in
una morbida poltrona. Con una mano tremante si teneva il capo, mentre l’altra
era occupata a stringere un piccolo pacchettino.
Un regalo di compleanno.
Dagli occhi immensamente
tristi scivolarono dolcemente delle lacrime.
Era ingiusto...
...Sua nonna era
ingiusta!
I capelli spettinati
dalle frenetiche dita gli ricadevano sugli occhi impedendogli di vedere la
scatolina che teneva con fin troppa forza.
Ma l’aveva studiata fin
troppo.
Rettangolare.
Blu.
Con un fiocchettino
azzurro.
E il suo nome inciso con
una magia sulla carta, luminoso...come se dovesse far divertire un bambino.
Ma Neville non era un
bambino, e invece di ridere di quella magia, piangeva.
Si ritrovò a pensare che
non era giusto...
Tutto quel fottutissimo
giorno era dannatamente sbagliato!
Che lui non aveva un
giorno da festeggiare...
Singhiozzò tirando su
col naso.
La mano finì sugli occhi
cercando di fermare invano le lacrime amare.
E il dannato pacchettino
che finì sulla moquette color caffelatte.
Perché fargli quello?
Perché portarlo in
quella casa...Nella casa che ora era sua...
Perché lasciarlo solo,
nella stanza addobbata per il natale...Quel natale che non aveva mai passato con
i suoi genitori.
Augusta Paciock lo
raggiunse in quel momento.
Gli occhi gialli che lo
fissavano...Fissavano la mano sinistra dalla quale scendeva una d’orata
catenina.
Era il Loro regalo.
“Mamma...Papà...” fu
l’unica volta che l’anziana signora lo sentì pronunciare quelle parole.
Fu l’ultima volta che
gli occhi di Neville poterono osservare la figura magra di sua nonna.
Fu l’ultima volta che
gli occhi di Augusta si posarono sul fragile corpo di suo nipote.
Se solo avessero
saputo...
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Capitolo 6 *** Mamma...Ho ucciso. ***
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Mamma...Ho
ucciso.
Draco Malfoy rientrò stanco nella villa.
I capelli biondi
scomposti sul viso pallido e una maschera nella mano destra.
Aveva il fiatone e
tentava di riprendere il solito silenzioso respiro.
Gli occhi color ghiaccio
stranamente turbati.
Sulla lunga scala che
portava al piano di sopra vi stava sua madre, con un bicchiere di vino rosso, e
lo sguardo sempre meno preoccupato.
“Mamma...” un
mormorio dalle labbra appena dischiuse, “...Ho ucciso.”
Narcissa non sapeva
quante volte lo aveva sentito pronunciare quelle parole con angoscia, con
smarrimento, con paura... Mai lo aveva visto tornare con un sorriso sulle
labbra, trionfante di aver fatto del male a persone inutili.
Non era come suo padre...
...Non era come lei...
Improvvisamente si domandò
come sarebbe stata la vita di suo figlio se lei non fosse stata una mangiamorte...
Come sarebbe stata la sua di vita.
“Hai fame caro?” la
voce calma e dolce come solo una madre può fare. “No.” La voce fredda come
solo una persona che ti odia può fare.
E una lacrima scivolò
lenta sulla guancia pallida della bellissima signora Malfoy, mentre suo figlio
la superava per tornare nella propria camera.
Una fotografia scivolò
sugli scalini, Draco la osservò con la coda dell’occhio, raffigurava un
anziana signora dai lunghi capelli bianchi e dagli occhi gialli.
Distolse in fretta lo
sguardo, “Avresti dovuto vederli mamma. L’amore che li legava, non è come
il nostro...” ritornò ad osservare davanti a se.
“Mi dispiace che sia
morta.”
Narcissa si voltò per
osservare la fotografia, “Era la madre di un auror.”
“Ed ora anche la nonna
di un auror...Neville Paciock non ci perdonerà di tutto questo male.”
E finalmente imboccò il
corridoio per l’ala sinistra della villa.
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Capitolo 7 *** Sotto il Salice Piangente ***
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Sotto
il Salice Piangente
Era davvero una
bellissima giornata.
Percival Weasley stava
seduto sotto il salice piangente ed osservava la lunga distesa di grano.
Era strano per lui gli
sembrava di aver passato ore sotto quell’albero, ad ammirare il panorama, ma
per qualche strano motivo non si ricordava quando e come.
Si tolse le spessi lenti
nere ridacchiando, quel periodo di malattia lo aveva fatto impazzire.
“PERCY!” la voce di
sua sorella.
Si girò per osservarla,
correva, ma quello che lui riuscì solo a pensare che non si era mai accorto che
sua sorella era cresciuta.
“PERCY!” la sua voce
così deformata dall’ansia.
Era anche molto magra, e
indossava gli abiti di loro madre malamente cuciti, e il ragazzo si domandò
perché mai non lo avesse mai notato.
Ginevra si fermò
piegandosi leggermente per prendere fiato, “Hai visto Ron?” lo chiedeva con
gli occhi chiari pieni di lacrime.
Lui sorrise amaramente,
“Non c’è in casa, vero?” gli occhiali tornarono sul suo fine naso mentre
invitava la ragazza a sedersi accanto.
Lei eseguì.
“Ginny, tu conosci tuo
fratello vero? Sai che lui non può stare a casa a non fare nulla. Quando
dormivo, ieri mattina, ho sentito qualcosa...” e istintivamente si sfiorò la
fronte, “...Un ciao...uno di quelli d’addio.”
Ginevra si voltò di
scatto, colpendo il fratello con una ciocca di capelli color fuoco, “Che
intendi dire?” e l’unica risposta che ricevette fu un alzata di spalle.
Era davvero una bella
giornata.
E se qualcuno avesse
potuto vedere i due fratelli in quel momento, mai avrebbe pensato che presto si
sarebbero persi di vista.
Percival di sicuro non
avrebbe mai lasciato sua sorella se avesse saputo cosa le aspettava.
Ginevra non avrebbe mai
abbandonato suo fratello e tutto il resto della sua famiglia se solo...
Quello che importava però
in quel momento era che qualcosa di nuovo era nato...
Ma era bene o male?
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Capitolo 8 *** Al San Mungo ***
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Al
San Mungo
Trovare Neville non fu
difficile.
Draco lo aveva trovato
all’ospedale San Mungo. E come previsto stava nella stanza dei suoi genitori.
Da solo con due matti che
non capivano nulla, era l’occasione per il biondo di fare ciò che sua madre
gli aveva detto.
“Papà...” la voce
del ragazzo lo bloccò, cerca qualcosa che stonava nel suo tono affettuoso...
Qualcosa che sembrava una condanna... “...Nonna è morta.”
E fu quello che fece
trattenere il respiro al giovane mangiamorte. “Papà...Dimmi che mi vuoi
bene...” non era una supplica, nemmeno una richiesta.
Era qualcosa che Draco
Malfoy non conosceva.
E fu la lacrima che scese
lenta lungo la guancia cadaverica del giovane che gli fece cambiare idea.
Neville Paciock da quel
giorno era definitivamente una persona scomparsa, una di quelle che da lì a
qualche anno ci si dimentica.
Il bel biondo però non
sapeva che lasciando in vita il giovane moro sarebbe nata una guerra.
Si potrebbe dire che fu
proprio Neville ad iniziare quella che sarebbe diventata una catastrofe... Di
sicuro però non sapeva di essere la causa di tutto quel male finché non fu
uscito dall’ospedale.
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Capitolo 9 *** Le farfalle nere non volano ***
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Ciao
a tutti!
Volevo
scusarmi per il ritardo e ringraziarvi tutte per i vostri commenti!
Mi
fate arrossire ^///^
Ditemi
anche cosa pensate di questo capitolo!
Le
farfalle nere non volano
Quando ava compiuto dieci
anni, Ginevra aveva ricevuto come regalo una bella bambola nuova.
Non l’aveva mai
considerata importante, ma la teneva nel suo letto anche ora che di anni ne
aveva sedici.
E quella sera la bambola
era finita tra le sue magrissime braccia, e i finti capelli biondi si stavano
piano, piano bagnando di lacrime.
Ginevra sentiva che
quella sera era l’ultima volta che poteva essere ancora bambina. Che la
felicità con cui aveva passato tutta la sua vita non sarebbe tornata molto
presto.
Sotto le sue coperte,
sentiva ancora i singhiozzi disperati di sua madre.
Il silenzio angosciante
di suo padre.
E i bisbigli dei fratelli
maggiori.
Avevano scoperto poche
ore fa che Harry ed Hermione erano scomparsi proprio come Ron.
La battaglia che tutti
aspettavano era arrivata.
Solo che Ginevra non si
sarebbe mai aspettata di vedere Neville entrare nelle file dell’Ordine e che
fosse proprio lui a dare inizio a tutto.
Un bussare leggero alla
sua porta la fece trattenere un singhiozzo.
Fleur Delacour, la moglie
di suo fratello Bill, entrò con passi veloci, chiudendo con un incantesimo la
porta.
“Ginny...”
l’accento francese fece arricciare il naso alla piccola rossa, “...Mia madre
mi raccontava sempre che la vita non era fatta per piangere. Me lo diceva quando
vedevo le farfalle nere.”
La bionda si sedette sul
durissimo letto osservando con sguardo triste il fagottino nascosto nelle
coperte, “Mi dispiaceva vederle zampettare lentamente sul sentiero che portava
al parco, mentre le altre farfalle volavano ed arrivavano salve sui loro
fiori.”
Tirò su col naso con
grazia, “Pensavo che mia madre fosse insensibile. Finché un giorno mi portò
di nuovo al parco e ci fece volare fin sopra a un ramo di una quercia, c’era
una farfalla nera che riposava beata di aver raggiunto la sua meta. Fu allora
capii cosa volesse dire.”
Con dolcezza tolse le
coperte che coprivano Ginevra, “La vita non è fatta per piangere anche se la
strada che stiamo percorrendo è difficile, bisogna stringere i denti e andare
avanti. Ed ora che il mondo sta diventando una trappola mortale, Ginny, devi
contare su te stessa...Devi avere coraggio, e lasciare che le cose vadano come
devono andare.”
Fleur si alzò
velocemente, “Ed ora vai in cucina, tuo padre ti vuole parlare.”
Fu così che la numerosa
famiglia Weasley si divise.
Fu così che Ginevra, la
minore, vide per l’ultima volta suo fratello Percival, sulla soglia della
porta, un mantello che gli copriva le larghe magre spalle, e gli occhiali spessi
che nascondevano il suo sguardo triste.
Fu così, che i gemelli
si salutarono insicuri nelle loro battute.
Fu così, che Bill diede
l’ultimo dolce bacio alla sua bella moglie.
Non fu un lungo addio,
solo un fugace arrivederci, perché si sa la speranza è l’ultima morire, ma
in questo caso sarebbe stato meglio che fosse stata la prima a mancare...
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Capitolo 10 *** Nel campo di grano ***
Nuova pagina 1
Nel
campo di grano
“Non permetterò mai
che le succeda qualcosa.”
Era questa l’ultima
frase che Fleur aveva rivolto a Frederick per rassicurarlo. E in quel momento,
quando la sua splendida coda si sciolse facendo cadere l’elastico tra le
spighe di grano, la bella francese aveva tutta l’intenzione di mantenere la
promessa.
Sentiva i rumorosi passi
dei mangiamorte alle sue spalle.
Sentiva i silenziosi
passi di Ginevra davanti a lei.
Vedeva il suo bellissimo
marito correre verso di loro, nella speranza di salvarle. Lo vide abbracciare la
sorella.
“BILL!”
Non voleva perderlo.
Non voleva morire proprio
ora.
Allungò le braccia
speranzosa di poterlo raggiungere...di potergli darle un altro bacio.
Ma fu inutile.
Una voce femminile che
urlava un “Avada Kedavra”.
Un lampo verde alle sue
spalle.
Una lacrima scese sulla
morbida guancia di Fleur prima che lei cadesse a terra.
Prima di morire.
Fu la prima ad andarsene.
In una splendida
giornata.
In un immenso campo di
grano.
Mai nessuno si sarebbe più
ricordato di lei. Di colei che aveva rinunciato a vivere pur di salvare
estranei.
Ci sarebbero tanti se in
questa storia.
Ma i se non cambiano i
fatti.
Fleur era morta a sole
due settimane dal suo matrimonio.
Era morta davanti suo
marito.
E nulla poteva essere
modificato.
Fu in quel momento che
Ginevra decise di andare avanti, “Bill, dobbiamo andare!” lo aveva preso per
un braccio trascinandolo alla nuova passaporta.
“Bill, ormai non si può
fare nulla!” lo stava trascinando.
“Fallo per me...Io da
sola non ce la faccio!” Stava strillando, cercando di superare le strazianti
urla del fratello.
E in qualche modo riuscì
a toccare la scarpa da ginnastica.
Riuscì a salvarsi.
Riuscì a salvare Bill.
Presto però anche loro
avrebbero subito il loro destino...
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Capitolo 11 *** Luna ***
Nuova pagina 1
CIAO!
Volevo
ringraziarvi ancora!
I
vostri commenti mi fanno piacere, e mi danno voglia di scrivere!
Grazie!!!
Luna
Luna
Lovegood era la ragazza più strana che si potesse incontrare. Ginevra non
l’aveva più vista dalla fine della scuola.
E
lei non si era mai fatta viva con nessuno.
Abitava
vicino alla casa dei Weasley, ma mai si era azzardata ad uscire e salutarli.
Probabilmente,
svampita com’era non si era accorta che i suoi vicini se ne erano
andati...Probabilmente non sapeva nemmeno che l’unico a stare ancora lì era
uno dei gemelli.
Luna,
comunque quella sera decise di uscire.
Decise
di andare verso la Tana.
Frederick
mai si sarebbe aspettato di sentire il bussare frenetico sulla sua porta. Mai si
sarebbe aspettato di sentire la supplica di una ragazza.
“Aprite
vi prego!” la voce era alterata dalla paura.
E
Fred aprì.
La
bacchetta tra le mani tremanti.
Ma
la ragazzina che si ritrovò davanti non gli sembrava un mangiamorte. Le sue
lacrime non gli sembravano false. La sua paura non sembrava una commedia.
Fu
così che Luna entrò per la prima volta nella casa dei Wealsey.
Indossava
una camicia da notte che le scopriva i polpacci.
I
lunghi capelli biondi spettinati.
I
piedi scalzi sporchi di fango.
Si
voltò per osservare il giovane rosso, “Ginny mi aveva detto che potevo venire
qui se capitava qualcosa a casa mia...” una lacrima le bagnò la pallida e
magra guancia, “Papà mi ha detto di chiamare aiuto... I mangiamorte sono a
casa mia...”
Improvvisamente,
mentre la osservava, Frederick si ricordò di lei. Della ragazzina bizzarra che
tutti prendevano in giro.
Che
lui prendeva in giro.
“Ti
prego, chiama i tuoi fratelli, papà morirà se non andiamo subito a casa
mia...” le labbra tremanti.
Fred
si ritrovò a pensare che era stato uno stupido a pensare che lei non fosse
umana, che lei non soffrisse.
Poi
la vide voltarsi verso le scale. Nascondendogli il suo volto.
“Non
c’è nessuno. Sono rimasto solo qui.”
A
quelle parole Luna si sentì morire.
Ritornò
ad osservare il ragazzo. I suoi occhi chiari quasi bianchi lo guardavano
disperati dietro la lunga frangetta.
“Verrò
io!” Frederick non sapeva perché lo aveva detto, non sapeva perché la sua
voce suonava sicura mentre le sue gambe tremavano.
E
insieme arrivarono davanti alla casa di Lovegood.
Attraversando
campi di grano.
Ma
della casa c’era soltanto la struttura bruciata.
E
del padre di Luna, nessuna traccia.
Se
solo aveste sentito le urla disperate della ragazzina... Allora forse capireste
quanto questi giovani hanno sofferto per salvarvi.
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Capitolo 12 *** Il prigioniero ***
Nuova pagina 1
Il
prigioniero
Draco
Malfoy conosceva benissimo le prigioni sotterranee della sua villa. Le aveva
vista fin da bambino.
Ma
non le aveva mai viste con qualcuno all’interno.
I
traditori.
L’uomo
che in quel momento stava accucciato in un angolo, con gli occhi color
cioccolata carichi di tristezza, era il primo sopravvissuto ad un attacco.
Era
l’uomo che incitava i maghi a difendersi contro Voldemort.
Era
l’uomo che invogliava i maghi a salvare i babbani.
E
nonostante fosse il direttore della rivista meno letta, era uno dei peggiori
nemici del Signore Oscuro.
Senza
contare che la rivista era una tra le più lette nell’ultimo periodo.
Draco
lo fissava attraverso una fessura, sentendo che quell’uomo era uno dei pochi
veri eroi.
Lo
vide scrivere sul sabbioso terreno qualche parola.
E
nonostante fosse distrutto, al giovane biondo sembrava la persona più buffa che
esistesse nel mondo.
Era
grassoccio, e con i capelli arruffati, due baffoni che facevano invidia a quelli
di babbo natale.
Avrebbe
voluto avere un padre così.
Improvvisamente
l’uomo s’alzò in piedi, mostrando sua enorme stazza. Si avvicinò
all’unica finestrella e iniziò a fischiettare.
Draco
se ne stupì.
Non
aveva mai visto un condannato a morte essere così tranquillo.
Si
lasciò scivolare a terra, voltandosi verso le scale che conducevano nella
villa. I capelli biondi gli coprivano gli occhi.
Le
sue orecchie che ascoltavano la melodia che piano, piano da triste diventava
allegra.
Una
melodia che avrebbe suonato al pianoforte fino alla fine dei suoi giorni.
Una
melodia che gli ricordava di essere un mangiamorte.
“Ragazzo...”
la voce dell’uomo era tranquilla, come quella che solo un padre a un figlio può
usare, “...Il tatuaggio che porte al braccio non è altro che un stupido
disegno. Non vuol dire nulla.”
Poi
non ci fu nulla che un fischiettio malinconico.
Draco
però non avrebbe mai dimenticato quelle parole, solo che...
...Solo
che l’avrebbe capite troppo tardi.
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Capitolo 13 *** Ti amo Herm ***
Nuova pagina 1
Ti
amo Herm
Hermione
sbuffò per l’ennesima volta. “Ci andrò io nella villa!”
Ronald
strinse con forza le mani in due pugni. Il viso rosso dalla rabbia. La mascella
rigida, e gli occhi che avrebbero incendiato una foresta.
Mai
nessuno lo aveva visto in quello stato.
Harry
ne ebbe quasi paura.
Ma
Hermione no. Per spaventare lei ci voleva qualcos’altro. E quel
qualcos’altro accadde.
Ron
si voltò dandole le spalle.
“Fai
quello che vuoi!” la voce tremava dall’ira.
In
quel momento la ragazza rabbrividì. “Allora che ti arrabbi?!” azzardò
spostandosi una ciocca ribella dietro l’orecchio.
Mai
avrebbe voluto vederlo girarsi in quel modo.
Mai
si sarebbe aspettata di sentirlo pronunciare quelle parole.
“PERCHE’
NON POSSO VIVERE SENZA DI TE!”
I
capelli rossi gli cascarono spettinati sul volto.
Respirava
a fatica.
Hermione
si bloccò per qualche istante, nella sua mente continua a ripetersi che Ronald
non aveva detto quella frase...Che se l’era solo immaginato.
Harry
invece iniziò a sentirsi fuori luogo, e con passi silenziosi e lenti si
allontanò dal piccolo falò.
Se
solo fosse rimasto lì con i suoi amici...forse tutto si sarebbe concluso con un
“Niente!”.
Forse
Hermione non avrebbe pianto così a lungo.
Ma
Harry se ne era andato, lasciando i due ragazzi da soli.
Lei
si era seduta incredula sul tronco bagnato.
Lui
l’aveva raggiunta, e con dolcezza era riuscito a fissare i suoi occhi nei
suoi.
“Ron...tu
mi prendi in giro...” ma la frase fu bloccata.
Ronald
la stava baciando.
“Ti
amo, Herm, e non ti lascerò mai!”
Quanto
si sbagliava in quel momento.
Quanta
illusione c’era nei loro baci...
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Capitolo 14 *** Neve ***
Nuova pagina 1
Neve
Il
tempo passava lento.
Troppo
lento.
Luna
però si sorprese nel vedere quel giorno dei teneri fiocchi di neve.
Stava
seduta sulle scale che portavano al portico della Tana.
I
lunghi capelli nascosti sotto un capello, e le magre braccia che stringevano le
lunghe gambe.
Nevicava.
E
suo padre non era lì con lei.
Nevicava.
E
lei non era eccitata nel giocare a palle di neve.
“Bill
mi ha scritto che forse ha trovato Harry.” Fred era uscito in quel momento.
I
capelli più lunghi del dovuto.
La
barba che gli copriva il mento.
Gli
occhi blu privi di sentimento.
Ed
ecco che ancora una volta i loro sguardi s’incatenarono, facendo nascere
l’angoscia di vivere in una falsa speranza.
“È
inverno.” Luna ritornò ad osservare i bellissimi fiocchi di neve.
Frederick
la raggiunse sedendosi accanto.
Nevicava.
E
nessuno della sua famiglia era lì.
Nevicava.
E
lui era solo.
“Si...”
fu solo un sussurro.
Lei
l’osservò attentamente, poi come se fosse la cosa più naturale del mondo,
posò le sue labbra su quelle di lui.
Non
si amavano.
Le
mani di lui si mossero da sole, togliendole il capello per accarezzarle i
lunghissimi capelli.
E
quello che portava entrambi a fare l’amore era solo la mancanza d’affetto.
Luna
iniziò sbottonargli la camicia bianca.
Era
solo voglia di calore.
Dal
momento in cui Fred finì sopra di lei ci fu solo piacere.
Nevicava.
E
due anime sole si univano.
Nevicava.
E
il tempo si fermò per qualche momento.
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Capitolo 15 *** Nessuna maschera... ***
Nuova pagina 1
Nessuna
maschera...
Draco
stava seduto su una sedia in cucina. I capelli biondi gli ricadevano
scompigliati sul viso stanco. Tra le mani un bicchiere di vino.
Gli
occhi di un grigio chiaro che osservavano la piccola fiammella dell’unica
candela accesa.
“Domani
uccideranno Lovegood.”
Nell’ombra
stava un uomo scuro. I lunghi capelli corvini erano appiccicati al viso
affilato.
E
nonostante la voce fosse inespressiva, a Draco sembrava che con quella frase il
suo padrino volesse dire più del dovuto.
Attese
che continuasse, ma Severus rimase in silenzio.
Il
biondo bevette velocemente l’ennesimo bicchiere.
Era
stanco.
E
sperava che il giorno dopo non esistesse.
“Dove
sei stato in questi giorni Piton?” in realtà non voleva saperlo, ma stare in
una stanza con il suo vecchio professore lo metteva in agitazione...
L’uomo
s’alzò facendo strascinare sul ruvido pavimento il lungo mantello nero. Prese
la bottiglia ormai vuota di vino e la versò sul tavolo.
“Ricordati,
Malfoy, che nulla può avere una risposta sincera...” il vino finì, e Severus
alzò di scatto la testa, osservando con gli occhi scuri e privi di qualsiasi
sentimento il ragazzino che gli stava di fronte.
“Perché
sei qui?”
Draco
alzò le spalle, “Perché è casa mi...” e fu la risata fredda di Piton a
mettergli i brividi.
Era
una risata corta, ma che non si dimentica tanto facilmente.
“Le
bugie fanno parte di noi, e molto spesso nemmeno ci accorgiamo di dirle.” Poi
uscì dalla cucina, silenzioso.
Furono
quelle parole che portarono il giovane mangiamorte a scendere nelle prigioni. La
maschera argentea sul proprio viso.
Entrò
nella cella del signor Lovegood.
L’uomo
lo guardò tristemente. “Povero ragazzo...” mormorò alzandosi in piedi,
“...Non vorrei trovarmi nella tua situazione.”
La
voce era amorevole come qualche mese prima, “Non sono io che sto per
morire.” Lovegood sorrise amaramente, “Ma tu, ragazzo mio, non stai
vivendo...” con una grande mano lo accarezzo tra i capelli biondi.
Draco
non si staccò, c’era qualcosa in quel tocco che gli faceva piacere...Qualcosa
che suo padre non gli aveva mai dato.
“Nessuna
maschera potrà mai nascondere il tuo vero stato d’animo.”
“Ho
ucciso, uomini e donne...” e la maschera cascò a terra crepandosi
leggermente.
Gli
occhi scuri dell’uomo osservarono
a lungo quelli chiari del ragazzo.
“Il
male che hai fatto, l’hai fatto soprattutto a te stesso.”
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Capitolo 16 *** La collina ***
Nuova pagina 1
La
collina
Correvano
il più velocemente possibile.
La
collina però era più faticosa del dovuto.
Harry
si girò ad osservare i mangiamorte che gli inseguivano. Anche loro stanchi.
Ronald si fermò in cima, “Vai avanti, io cerco di fermali...” il fiato
corto, lo sguardo che vagava.
“No,
io non ti lascio!”
Gli
occhi di un azzurro cupo si fermarono in quelli verdi, Potter capì che Ron non
scherzava.
I
mangiamorte stavano arrivando.
“No,
non te lo permetto!”
Fu
l’ultima cosa che il moro disse al rosso.
Con
un gesto Ronald lo allontanò, facendolo ruzzolare lungo la discesa.
Fu
l’ultima volta che il rosso vide il moro.
Quando
Harry si fermò, il suo sguardo andò direttamente sul suo migliore amico. Da
dove si trovava vedeva solo un puntino.
Un
puntino rosso.
Un
puntino coraggioso.
Poi
la terra iniziò a muoversi.
La
collina iniziò ad aprirsi ed a inghiottire qualsiasi cosa non le appartenesse.
I
mangiamorte.
Ronald.
E
con la stessa velocità con cui si era divisa, ritornò a chiudersi.
Harry
trattenne il fiato.
Non
era possibile.
Non
era vero.
“RON!”
Era
un urlo disperato, come era disperata la sua corsa.
S’inginocchiò
a terra, strappando erba, scavando terra.
“RON!”
Le
lacrime scendevano copiose.
“Resisti...Ti
tirerò fuori!”
Harry
smise di scavare solo quando le unghie si spezzarono.
Il
sangue gli scendeva copioso sulle mani.
E
la luna era già alta nel cielo.
Esausto
si lasciò cadere.
Il
viso schiacciato sul terreno.
Le
lacrime che non volevano più fermarsi.
Lì,
all’interno di quella collina vi stava il suo migliore amico.
E
la menzogna che fosse ancora vivo era sparita da tempo nell’animo di Harry.
Ronald
Wealsey era morto.
“Come
lo dirò ad Hermione?”
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Capitolo 17 *** Ron è morto ***
Nuova pagina 1
Ron
è morto
Dopo
la morte di Fleur Delacour, giunse la voce che anche Ronald Weasley era morto.
Dalla
lettera veloce che membro dell’ordine aveva scritto, si poteva leggere che il
ragazzo rosso era un eroe... Ma questo non l’avrebbe riportato indietro.
Fred
aveva bruciato la lettera con rabbia.
Luna
non era riuscita a dire nulla.
A
fare nulla.
Solo
verso sera qualcosa accadde.
Frederick
le aveva chiesto con gli occhi carichi di lacrime di andare a trovare Neville.
Di dirgli che anche Ron se ne era andato per sempre.
E
lei se ne era andata, sfiorandogli, con labbra tremanti, la guancia sinistra.
Mai
avrebbero immaginato che quella era l’ultima volta che si sarebbero rivisti...
Luna
non sapeva perché Neville aveva deciso di andare a vivere vicino a casa Weasley.
L’unica
cosa di cui era certa, era che ora si ritrovava a corre per arrivare da lui.
Ed
ora, Luna si ritrovava a pensare che probabilmente non sarebbe più tornata sui
suoi passi.
La
casa, che Fred le aveva descritto le si presentò piccola, quasi soffocante.
Entrò
trattenendo il respiro.
Non
c’era nulla all’interno. Solo un caminetto acceso, un tavolo e una sedia.
Non
c’era nessuno in quella stanza.
Con
decisione salì sulle scale legnose.
“Neville!”
chiamò mentre correva sul piccolo corridoio.
“Neville!
Ron è morto!” e fu in quel momento che il ragazzo uscì da una stanza. Alto e
magro la osservò avvicinarsi.
Luna
lo abbracciò.
“Ron
è morto...” soffocò la frase sulla spalla del suo amico.
E
qualcosa in quel abbraccio la fece sentire meglio. Sospirò.
Le
mani del giovane si posarono sul suo capo, intrecciandosi con i lunghi capelli
biondi. Gli occhi fissi su l’unica fotografia di tutta la casa.
“Mia
cara Luna, questa guerra ci porterà via altre persone a noi care, Fleur e
Ronald non saranno gli unici a morire...”
Lei
tirò su col naso.
“Ma
è così ingiusto...”
Ed
era vero.
Neville
le diede un bacio tra i profumati fili d’orati.
“Hai
bisogno di riposare, se vuoi domani potrai tornare da Fred...” la trascinò
nella stanza.
“No,
non voglio ritornare dai Weasley.”
Se
solo avesse saputo che nel suo grembo una vita stava crescendo.
Forse
Frederick sarebbe rimasto accanto a lei... forse non tutto si sarebbe concluso.
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Capitolo 18 *** Il rumore del mare ***
Nuova pagina 1
Ciao
a tutti!
Scusatemi
ancora per il ritardo!
Per
chi non lo sapesse questa fanfic è collegata con "Noelene"
Vorrei
infine ringraziarvi con tutto il cuore per i vostri commenti!
Sono
veramente lusingata di sapere che pensate alcune cose sulla mia ff, mi hanno
fatto arrossire e sorridere.
Grazie
di cuore a tutti!
Il
rumore del mare
Erano
passati diversi mesi da quando la notizia della morte di suo fratello minore gli
era giunta.
Percival
era arrivato in Grecia, però, solo quella mattina, e in poche ore aveva già
concluso il suo dovere.
L’unico
problema era che ora si ritrovava su quella panchina e annoiato giocava con la
sua bacchetta magica.
Il
suo gufo era partito da tempo per arrivare in Inghilterra e portare l’oggetto
tanto atteso.
Stava
solo e pensieroso.
Non
capiva, perché molti suoi ricordi venivano annebbiati.
Non
capiva, perché non vedeva i suoi fratelli crescere.
E
poi c’era anche quel nome che lo assaliva ogni notte...Ma chi era Penelope?
Per
quanto si sforzasse nulla nella sua mente gli mostrava il viso di quella
ragazza, o donna...
Anche
gli anni che aveva passato ad Hogwarts erano discontinui.
Che
gli avessero tolto la memoria?
No,
non poteva essere, i suoi genitori non lo avrebbero mai permesso.
Un
“puf” e una sagomo si materializzò proprio davanti a lui.
Indossava
una maschera argentea, e un cappuccio copriva il suo capo.
“Alzati,
tu verrai con me...”
Percival
lo guardò un istante, sapeva che lo voleva portare in prigione per essere
interrogato...o meglio, torturato, era la nuova mania dei mangiamorte...
S’alzò
sistemandosi gli occhiali.
Un
debole sorriso sul volto stanco e pallido.
Fu
solo un secondo.
La
mano destra si alzò e con decisione la sua voce pronunciò le parole più
crudeli che potessero esistere nel mondo magico.
“Avada
Kedavra”
Ma
se pensate che così, il giovane Weasley, si salvò...beh vi sbagliate.
Anche
lui fu colpito.
Da
qualcosa di insolito.
Cascò
a terra sbuffando dolorosamente.
Sul
petto solo sangue.
Il
rumore del mare era l’unica cosa che poteva sentire.
L’odore
di salsedine lo fecero sorridere tra una smorfia e l’altra.
Poi
una bella ragazza s’inchinò su di lui.
Indossava
un abitino azzurro che faceva notare benissimo che era incinta.
Lo
guardò sorridendo allegra.
E
lo baciò.
“Penelope?”
Fu
l’ultima cosa che Percival riuscì a dire prima di chiudere gli occhi per
sempre.
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Capitolo 19 *** Nelle prigioni ***
Nuova pagina 1
Nelle
prigioni
Draco
strisciò lungo le scale che portavano nelle prigioni sotterranee. Erano passati
due anni da quando aveva parlato per l’ultima volta con il signor Lovegood.
E
in quel lunghissimo lasso di tempo la guerra non era cessata.
Erano
morti in molti.
Era
morta anche sua madre.
“Ti
riporterò da tua madre...” Draco si fermò ad ascoltare la voce stanca di
Severus.
Lo
vide tra le fessure della porta, inginocchiato davanti alla piccola Weasley. Lei
era spettinata e molto più magra di quando l’aveva vista la prima volta.
Suo
padre l’aveva catturata per poterle tirare fuori qualche segreto
dell’Ordine...o magari scoprire dove stava Harry Potter in quel momento.
Draco
si era offerto di torturarla.
Mai
però si sarebbe aspettato di trovarsi Piton, suo padrino e perfetto mangiamorte,
nella prigione della rossa.
Lei
sorrise accarezzando dolcemente il viso dell’uomo.
“Non
importa, professore...l’importante è che il resto dell’Ordine resista
ancora.” Velocemente la grande e scheletrica mano di Severus coprì quella
della ragazza.
“Presto
ti porterò fuori da qui...Potter senza di te non...” lei scosse il capo,
“Professore lei ha un compito più importante che salvare me.”
La
voce sicura della ragazza fece trattenere il respiro a Draco. Ancora ben
nascosto la osservò attentamente.
Il
viso era pieno di lividi.
E
lo sguardo era triste come non mai.
Eppure
della numerosa famiglia solo Ronald era morto...o forse no?
“Non
c’è molto tempo, non lo deve sprecare con me. L’Ordine ha bisogno anche di
voi.” Il suo viso si avvicinò a quello dell’uomo, quasi a sfiorargli il
naso con il proprio.
Gli
occhi però restavano coperti da una ciocca di capelli rossi.
“Riporti
Silente da Harry...” Draco sgranò gli occhi.
Forse
la rossa era impazzita, il loro vecchio preside...Silente...era morto...
...Morto
sotto i suoi occhi...
Piton
stesso lo aveva ucciso.
“...E
lascia che io segua il mio destino.”
Ancora
una volta il biondo tornò ad osservare la scena. Lei era tornata a debita
distanza mentre Piton si spostava una ciocca di capelli corvini dietro
l’orecchio destro.
“Ho
promesso a tua madre di riportarti a casa, Ginevra, e in un modo o nell’altro
lo farò...”
Lei
annuì spostando lo sguardo sulla piccola finestrella.
Ammirava
la luna.
“Però
Silente si sta per risvegliare...E lei, professore, non può lasciarlo in quella
cripta ancora a lungo. Harry poi, ha bisogno di maghi come voi due per poter
sconfiggere Voldemort.”
Ritornò
con gli occhi a fissare quelli dell’uomo, “Poi potrai riportarmi dai miei
genitori.”
Draco
per un momento pensò di morire.
Ingannato.
Fino
a quel momento era stato ingannato dal suo padrino.
Ecco
perché mancava per mesi.
Ecco
perché era sempre vago su cosa andasse a fare.
Ecco
perché non riusciva più a capirlo.
Si
spostò lentamente di lato, mentre Severus se ne ritornava nella villa.
Ora
Ginevra era sola.
Entrò
portando sul suo volto l’argentea maschera.
La
vide seduta al solito posto con lo sguardo immensamente triste, come sempre.
“Perché?”
Draco si stupì di quella domanda.
“Perché
continui a venire qui se sai che non ho risposte.”
Sul
viso del biondo si disegnò una smorfia, “Oggi morirai...” lo disse con voce
sicura mentre alzava la bacchetta su di lei.
Ed
ecco che gli occhi azzurri di lei si fissarono in quelli color ghiaccio di lui.
L’amore
nasce all’improvviso.
Nel
momento in cui il cuore è pronto per far entrare quella persona.
E
in quel momento, Draco si perse nello sguardo malinconico della giovane.
Fu
in quel momento che l’indecisione lo mise con le spalle al muro.
E
le parole di Lovegood furono immediatamente chiare.
Ma
la voce del giovane Malfoy riecheggiò nell’umida prigione, “Avada
Kedrava!”
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Capitolo 20 *** Epilogo ***
Nuova pagina 1
Epilogo
Cari
lettori,
sono Noelene Bleecky.
Questo
piccolo libricino che avete letto è solo il primo. Ho voluto confidare a
persone babbane, di quanto ho scoperto fin’ora.
Ho
venticinque anni, e non sono riuscita a salvare che poche anime perse. Mio
fratello Clay ne ha trovate altre e sta iniziando a scrivere il secondo libro.
Siamo
due maghi.
Entrambi
stiamo tentando di ricostruire Hogwarts, per poter ricreare dall’inizio il
mondo della magia.
Già
stiamo sentendo la nuova generazione tra di voi.
E
naturalmente sarà la generazione che dovrà ritornare a studiare e scoprire,
quello che i maghi antichi sapevano già.
Non
stupitivi dunque quando fra qualche anno giungeranno dei gufi con lettere che
chiameranno, voi, o i vostri fratelli o perché no, magari i vostri figli a
studiare la raffinata e complessa arte della magia.
Con
affetto
Noelene
Bleecky
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