Verità nascoste

di callistas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** False verità ***
Capitolo 3: *** La bocca sollevò dal fiero pasto ***
Capitolo 4: *** Prime spiegazioni ***
Capitolo 5: *** La fine di un incubo, l'inizio di un sogno ***
Capitolo 6: *** Harry Potter e Ginevra Weasley ***
Capitolo 7: *** Dubbi e incertezze ***
Capitolo 8: *** Decisioni, motivazioni, urla e incontri ***
Capitolo 9: *** Situazioni dagli svolti inaspettati ***
Capitolo 10: *** Con occhi diversi ***
Capitolo 11: *** Non me lo sarei mai aspettato! ***
Capitolo 12: *** Passi in avanti e passi indietro ***
Capitolo 13: *** Iniziamo male... e finiamo anche peggio ***
Capitolo 14: *** LE VendettE ***
Capitolo 15: *** Quando l'amore fa fare stronzate ***
Capitolo 16: *** Delusioni cocenti e prese di coscenza ***
Capitolo 17: *** Situazioni insostenibili ***
Capitolo 18: *** Crolli ***
Capitolo 19: *** Patti chiari e amicizia lunga ***
Capitolo 20: *** Giovedì ***
Capitolo 21: *** Confronti e... fragole ***
Capitolo 22: *** Stronger ***
Capitolo 23: *** Il Ballo di Natale ***
Capitolo 24: *** Ciò che c'è dentro me ***
Capitolo 25: *** Il confronto ***
Capitolo 26: *** Verità Nascoste ***
Capitolo 27: *** Di baci e Cruciatus... ***
Capitolo 28: *** Possibilità ***
Capitolo 29: *** Guai per Myra ***
Capitolo 30: *** Di api, pollini e cicogne ***
Capitolo 31: *** Ammissioni di Capodanno ***
Capitolo 32: *** Nessun segreto ***
Capitolo 33: *** Arrendersi... ***
Capitolo 34: *** Born this way ***
Capitolo 35: *** Tra i babbani ***
Capitolo 36: *** Il cerchio si chiude ***
Capitolo 37: *** Trovata ***
Capitolo 38: *** La vita di tutti i giorni ***
Capitolo 39: *** Ti aspetto dove tutto è iniziato ***
Capitolo 40: *** Extra nr. 1 ***
Capitolo 41: *** Extra nr. 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


01 - Prologo E come promesso, eccomi con una nuova Dramione.
Come già anticipato in “Slitherin Airlines” o almeno quel poco che ho detto, questa storia sarà una super long-fic. È decisamente molto più complessa rispetto alla precedente in quanto ho cercato di mantenere i personaggi il più fedele all’originale, all’inizio, ma poi le cose mi sono sfuggite di mano e sono caduta nell’orrenda trappola dell’OOC.
Spero vogliate perdonarmi.
La storia tratterà un argomento di attualità e da questo prologo credo, si capirà chi è il protagonista, anzi. Credo sia ovvio, visto il pairing.
Dicevo, è un argomento di attualità e spero possa piacervi come è stato scritto e sviluppato.
Spero gradiate questa mia nuova composizione.
Vi auguro una buona lettura con il prologo.
Callistas.









VERITA’ NASCOSTE
PROLOGO


“E’ una settimana che se ne sta trincerata in quella camera. Inizio seriamente a preoccuparmi Myra.”
La donna guardò verso le scale, che conducevano verso le camere.
Sospirò.
Sapeva che sarebbe stata dura, ma quel silenzio stava iniziando a preoccupare pure lei. Avrebbe di gran lunga preferito urla, strepiti, calci!, ma non quel silenzio assordante.
“Sapevamo che sarebbe stata dura, Elthon. Vediamo come si sviluppano le cose.”









“Mamma, è arrivato il gufo di Hermione?”
Ginny scese in cucina, facendo gli scalini due a due, rischiando più volte di spezzarsi l’osso del collo. Molly si girò e le sorrise mestamente segno che no, il gufo non era arrivato.
La rossa sbuffò, afflosciando le spalle. Ma dove diavolo si era cacciata quella benedetta ragazza? Era tutta l’estate che non si faceva sentire nemmeno con un gufo spelacchiato! Tornò di sopra per avvisare Harry e Ron, in pensiero tanto quanto lei. Quelle scale, ora, le sembravano infinite.
Fu come se il suo corpo si rifiutasse di collaborare, quasi non volesse partecipare a quell’ennesima delusione. Aprì la porta ed entrò a testa bassa.
“Allora? È arrivato?” – chiese Harry, alzandosi di scatto dal letto dove prima stava dando una lucidata alla sua scopa. Tutto, pur di mantenere occupata mente e mani per quei pochi minuti in cui Ginny scese per controllare se era arrivata posta.
La ragazza chiuse la porta alle spalle e quando si girò scosse la testa, anche se la risposta era già arrivata tramite il suo atteggiamento da funerale. Il moro si risedette con un tonfo sul letto, molleggiando per un paio di secondi.
“Ma che fine ha fatto?” – chiese Harry. – “Sono due mesi che non si fa sentire! Dove hai detto che andava?”
Ginny lo ripeté per l’ennesima volta, con un bel sospiro prima di iniziare.
“Ha detto che tornava dai suoi genitori, perché voleva stare un po’ con loro. Siccome tutte le estati le passa qui da noi, quest’anno ha voluto trascorrere qualche tempo in più con i suoi. Altro non so. Tanto vale aspettare il ritorno a scuola e ce lo faremo dire direttamente da lei.”
All’inizio della scuola mancava ancora un mese abbondante. Era la prima estate che passavano in un modo così insolito, quasi apatico. Solitamente, anche se divisi, i quattro riuscivano a mantenersi sempre in contatto, ma quella volta doveva essere successo qualcosa di veramente grave per far sì che Hermione Granger non inviasse nemmeno una misera lettera in cui comunicava sue notizie.
L’unica cosa possibile da fare era aspettare.









Scagionato da ogni accusa e, soprattutto, sinceramente pentito degli errori commessi, Lucius Malfoy era seduto sulla poltrona di pelle del suo studio con un buon bicchiere di Whisky Incendiario invecchiato in mano. Lo faceva ruotare lentamente, a pochi centimetri dagli occhi.
Non vi aveva mai fatto caso, prima.
Il Whisky, se a contatto per lungo tempo con calore di una mano, cambia di consistenza. Il calore da essa sprigionato ha la capacità di far addensare quel liquido ambrato, modificandone la struttura.
Lo appoggiò sulla scrivania di mogano lucido e prese le lettere che gli erano arrivate in quei giorni. Tra riunioni al Ministero, prelievi giornalieri di ricordi – e intenzioni, nel caso intendesse tornare sulla cattiva strada – Lucius Malfoy aveva avuto poco tempo da dedicare all’ordinaria amministrazione del suo patrimonio e della sua vita e pensò che fosse giunto il momento di riprendere in mano ciò che aveva lasciato in sospeso.
C’erano lettere pubblicitarie che accantonò in un angolo, richieste di donazioni a enti in parte benefici che accantonò in un altro, e richieste di matrimonio.
In tutto, quelle, erano una decina.
Compiaciuto che il nome della famiglia non fosse andato definitivamente in rovina, iniziò ad aprirle una per una. Si appoggiò allo schienale della sua poltrona e iniziò a sfogliarle. La prima che gli balzò all’occhio, fu quella del suo “ex-collega” Jonathan Parkinson, il padre di Pansy. Staccò con un colpo deciso la ceralacca rossa, sulla quale era impresso lo stemma della casata e srotolò la pergamena.

Lucius,
ho sentito che sei stato scagionato da tutte le accuse. Me ne compiaccio.
Ho sempre saputo che eri un esperto manipolatore di menti e che grazie a qualche
moina, saresti riuscito a convincere quegli stolti del Ministero che eri innocente.

Lucius sollevò un sopracciglio e sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale. Saltò la parte in cui Jonathan si congratulava con lui e cercò la parola chiave.

… e visto che tutto si è risolto per il meglio, ho ritenuto necessario spedirti questa
lettera. Sappiamo perfettamente quali sono i nostri obiettivi, il primo tra tutti,
mantenere intatta la purezza del nostro sangue.
E quale cosa migliore di un matrimonio tra i nostri due giovani eredi?
Sarebbe anche facile, poiché frequentano insieme Hogwarts e sono già amici.
Vorrei discutere con te dei dettagli in un momento in cui sei libero dai tuoi,
come si possono chiamare?, impegni con il Ministero?

Immaginava benissimo Johnatan: un ghigno compiaciuto e divertito stampato sul volto mentre gli scriveva quella missiva.
Non volle leggere altro. Prese la lettera e la buttò dritta nel cestino, dopo averla appallottolata per bene.
Parkinson non era cambiato per niente, pensò il biondo uomo; ma era certo che se al momento della cattura gli avessero fatto passare ciò che aveva passato lui, allora avrebbe decisamente cambiato rotta, corrente di pensiero e soprattutto, tono di voce.
Stava per aprire la seconda, quando un elfo domestico apparve per avvisarlo che la cena era pronta.
“Padrone? La signora aspetta per la cena.”
Lucius levò gli occhi sull’essere e annuì. Aveva perfino perso la voglia di insultare gli elfi. Non che avesse compreso d’un tratto che anche loro, in quanto esseri viventi, avevano diritto a una dignità personale, ma perché urlare per la loro inettitudine era, alla fine, sfiancante e una perdita di energie.
E lui di energie ne aveva perse fin troppe.
“Dille che arrivo subito.”
L’elfo, che aveva tirato le orecchie fino a terra per il timore di essere sgridato, le mollò di colpo, stupito. Per il contraccolpo, le orecchie tornarono al loro posto, non senza essersele schiaffate prima sugli occhi.
“Subito! Harkell va subito!”
Lucius sospirò. In effetti, gli elfi non erano propriamente inutili. Quelle orecchie che si era schiaffato sugli occhi lo avevano fatto ghignare. Ovviamente dopo che si fu smaterializzato.
Rimise le lettere sulla scrivania e si avviò verso la sala da pranzo.









Note di me:

Allora, questo è solo il prologo come avrete potuto capire.
Non è niente di che, ma riassume alla bell’è meglio i tre gruppi di persone principali attorno alle quali ruoterà la storia.
Al momento, preferisco non lasciarvi spoiler, decidendo di lasciarli per i momenti più intrigosi.
Non credo di aver null’altro da aggiungere, se non una buona lettura.
P.S.: nel caso non aveste niente da fare, potete tranquillamente aumentare la mia autostima con qualche commentino che tanto male non mi farebbe. ^__^

Grazie e al prossimo capitolo, che sarà a breve!
Callistas.

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Capitolo 2
*** False verità ***


02 - False verità Oh, poffarbacco!
E chi se le aspettava nove recensioni per un misero prologo? O.o
Signore, non è che avete sbagliato storia, vero? O.O
OLEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!
Oh, ma siete delle grandi, eh? Grazie mille davvero! Ed io che pensavo che con un prologo come questo avrei attirato tanti recensori quanto le mosche al Polo Nord!
No, davvero, siete fantastiche!

Allora.
Più o meno avete capito attorno a chi ruoterà la storia. Adesso bisogna solo avere la pazienza di aspettare capitolo dopo capitolo che posterò – salvo complicazioni – di venerdì.
Vi avviso fin da subito che più avanti, dovrò mettere un rating Rosso per via di certe scene che… sì, ok. Lascio libera la vostra fantasia.
Che a volte è peggio della mia. ^_^
Prima di lasciarvi leggere il capitolo, vorrei ringraziarvi una a una perché davvero lo meritate.

_araia: ciao! Che piacere rivederti!
Sono contenta che nonostante la brevità dell’introduzione, sia stata abbastanza interessante da stuzzicare la tua curiosità. Beh, forse non sarà una fic all’insegna del ridere più assoluto, ma ci saranno quei momenti, non ti preoccupare. Certo, è una storia che tratta un tema abbastanza importante ed era giusto metterci la dovuta attenzione, ma non mi sono preclusa di mettere qualche gag all’interno.
Non ti preoccupare se non hai capito molto. Adesso ci penserà questo capitolo a darti un’idea di ciò che è successo in linea di massima. Non ti anticipo niente, perché sennò mi brucio tutto e non voglio, non posso e non devo!!!
Sono contenta che anche se non scrivo cazzate in libertà ti piaccia questo nuovo modo di affrontare una storia. spero che il capitolo ti possa piacere.
Nell’attesa di rivederti alla prossima, ti mando un super bacionissimo!

Tinotina: ciao! Sai che il primo nome che ho cercato era il tuo? Ci sono rimasta un attimo male quando non ti ho vista, ma per fortuna eccoti qui!
Allora, intanto grazie per essere di nuovo qui con me. Ti adovo.
So che non si capisce molto dal prologo, ma l’ho fatto apposta per quello. Già da questo capitolo potrai capire qualcosa di più su Hermione e comunque andrei a rileggere bene i nomi del primo gruppo con cui ho iniziato il Prologo… sai, magari tu e la tua piccola mente diabolica potreste già intravedere qualcosa.
Lucius sarà una sorpresa, ma non sto a dirti di più. Come ho detto su di lui, non insulta più gli elfi non perché abbia capito che hanno dei diritto anche loro, ma più per un fatto di conservazione delle energie che più avanti spiegherò.
Per gli aggiornamenti, ti confermo che S.C. (salvo complicazioni) posterò i capitoli di venerdì sera.
Un bacio e grazie di essere qui anche stavolta!

HailieJade: ciao! Grazie per essere passata di qui. Sono contenta che ti piaccia questa coppia, quindi presumo che se dovrò postare qualche altra storia ti rivedrò, perché principalmente sono loro la coppia sulla quale ricamo una trama.
Non ti preoccupare. Il prologo è solo una breve introduzione e l’ho fatta appositamente così confusa, da indurre voi a seguire la storia (sempre che interessi, ovviamente ^__^). Quindi non ti preoccupare: già da questo primo capitolo inizierai a capire qualcosa di più.
Se passi a leggere le altre mie storie non mi farai altro che piacere.
Grazie mille e buona lettura!

Hermione59: ciao cara, grazie per aver lasciato un commento.
Sono davvero incuriosita dalla tua visione di Lucius, ma niente è come sembra. Posso dirti solo questo. Ci saranno delle sorprese e, come detto nel prologo, ho cercato di mantenere l’IC, ma poi non ce l’ho fatta. Ma non voglio svelarti di più. Sta a te continuare a leggere, solo per vedere come si evolverà il rapporto tra Draco e Lucius.
Anche il ragazzo avrà il suo bel da fare.
BASTA! MI FAI DIRE TROPPO! >.<
Scusa, piccolo sclero momentaneo… adesso passa…
Ok. Allora ti aspetto al prossimo capitolo!
Un bacio, callistas.

Chihuahua: mmmm… ipotesi interessante anche la tua, ma già da questo capitolo si potranno capire tante cose. Spero possa piacerti così come spero di poter leggere altre tue prossime ipotesi.
Un bacio e grazie per essere passata!

Andy blackshoot: ciao cara! Non ti preoccupare. Di solito ai prologhi non ci si apre in grandi orazioni quindi stai tranquilla. Sono contenta che tu sia passata per dirmi che l’inizio ti piace e spero che tu possa gradire anche questo capitolo in cui le cose inizieranno a delinearsi, per poi proseguire.
Un bacio e alla prossima!

Kasumi_89: oooooooooooooooooooooooooooohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh grazie! Qualcuno che ha accolto il mio appello, il mio S.O.S., il mio messaggio in una bottiglietta alla deriva, la mia… sì, ok. Presumo che il concetto sia chiaro. ^_^
Mi onori. Sono lieta che le mie storie ti siano piaciute. A rileggerne certe, mi vergognavo come una ladra. È proprio vero che a continuare a scrivere ci si migliora sempre.
La tua curiosità verrà soddisfatta presto. In questo capitolo scoprirai cos’è successo a Hermione e perché non si è mai fatta sentire con nessuno. Anche i Malfoy avranno la loro parte in tutto questo casino che spero tu possa gradire. Anche secondo me Draco e Hermione sono fatti per stare insieme. Non è forse vero che anche nelle fiabe il pregiudizio viene sconfitto quando i due “antagonisti” si mettono insieme? A dire il vero ci speravo. Vabbè… quando anch’io mi metterò a scrivere una saga come quella della Row la farò finire come dico io!
Intanto, ti auguro buona lettura e grazie ancora per esserti fermata!
P.S.: la mia autostima ti ringrazia. ^___^

Laura Malfoy: oh, bene. Adesso che sei qui… veniamo a noi.
Ti ha intrigato il prologo? Ebbene, adesso avrai una visione globale della cosa. Sì, anche a me non va che il padre di Pansy abbia scritto una lettera così superficiale, ma mi serviva per introdurre Lucius Malfoy nel contesto. Accadranno cose strane e… BASTA! Non ti dico più niente. HAHAHAHA! *me sadica*
Comunque sono contenta che ti sia piaciuta la scena del whisky. L’ho sentita fatalità a quel programma che fanno su Rai1, l’Ereditità, non so se lo hai mai visto e Fabrizio Conti ha chiesto, nel gioco del vero o falso, se il whisky si comporta così quando entra a contatto con il calore della mano. La mia fantasia ha fatto il resto. Sono contenta che ti sia piaciuta.
Così come sono entusiasta di poter leggere di nuovo il tuo nome al prossimo aggiornamento!
Ciao cara, un bacio e goditi il capitolo chiarificatore!

Witchmelanie: ciao cara. Eccoti accontentata. Spero tu possa capirci qualcosa in più e se così non fosse non farti problemi a chiedere.




Per tutte, una buona lettura.









VERITA’ NASCOSTE
FALSE VERITA’

“Posso entrare?”
Una figura minuta entrò nella stanza semi buia. Scivolò all’interno, prestando attenzione a fare il meno rumore possibile. Chiuse la porta alle spalle e aspettò qualche istante prima di avvicinarsi.
Stesa su un letto a baldacchino dalle lenzuola rosa antico, c’era una ragazza girata su un fianco che guardava l’enorme finestra che dava sui giardini.
Il vassoio della cena era sul comodino e mezzo pieno. Aveva toccato il minimo indispensabile, come da due mesi a quella parte. L’acqua era sempre finita, ma il cibo rimaneva quasi sempre intatto.
Myra si avvicinò lentamente, facendo frusciare la lunga veste. Girò attorno al letto e si sedette sul materasso che, per l’abbassamento, fece sporgere leggermente in avanti il giovane corpo che lo ospitava.
Gli occhi della ragazza fissavano il vuoto.
Myra tentò di accarezzarle i capelli, ma con un gesto repentino che spaventò lei stessa, le fu scansato malamente il braccio, che tornò in grembo alla padrona.
“So come ti senti, e…”
Quella frase suonò immensamente sciocca, una volta che le diede voce. Se ne pentì l’attimo successivo.
“Non credo.”
Era la prima volta che la sentiva parlare dopo due mesi di assoluto mutismo. Era fredda e tagliente ma Myra non si sarebbe mai lasciata scoraggiare.
“Possiamo parlare da persone civili?” – di nuovo, si diede mentalmente della stupida. Non era dandole della bambina che avrebbe ottenuto un dialogo con la ragazza.
Fortuna volle che la stanza fosse nella penombra, così poteva mascherare in qualche modo i suoi occhi lucidi.
“Perché? C’è qualcosa di civile in tutto questo?” – chiese la ragazza, fissandola negli occhi. Era talmente sfiancata che non riusciva nemmeno ad arrabbiarsi come invece avrebbe voluto.
“Hai ragione, non c’è nulla. Ma se tu…”
“Se io cosa?” – si era alzata, sorreggendo il peso del corpo con le braccia. – “Se io capissi? Se io ascoltassi?”
“Se tu mi facessi parlare.” – disse Myra, cercando di controllare il tremolio della voce.
Fu allora che notò gli occhi lucidi della donna e il suo sforzo nel non mettersi a piangere.
“Lo so che per te è dura.” – la vide sbuffare e stendersi nuovamente sul letto. – “Lo è stato anche per me. Puoi non credermi ma io so cos’ho provato in tutti questi anni.”
La palla di rabbia che aveva dentro la ragazza era pronta e molto vicina all’esplosione nucleare. Odiava quel genere di discorsi, perché la facevano sempre passare dalla parte del torto. Ma accidenti!, era lei la vittima, non quella famiglia!
Lei! Solo lei!
“Ti abbiamo cercata dappertutto, ma sembravi scomparsa nel nulla. Non abbiamo mai mollato le ricerche, mai.”
La guardò con un misto di odio, dolore e sì, anche compassione.
“Io so solo che mi avete abbandonata come un cane, e tutto per cosa? Perché non ero il maschio che vi aspettavate! Beh, sa cosa le dico Myra? Stavo meglio dov’ero prima!”
Myra spalancò gli occhi e la bocca.
“Cosa…” – era questo che le avevano detto?
“E non mi guardi così!” – replicò, stizzita. – “Gliel’ho detto anche quando siete venuti a rapirmi in casa mia! Sì sapevo di essere stata adottata e…”
Una risata di scherno interruppe la confessione di Hermione.
“Abbandonata? A-adottata?” – la donna si alzò in piedi, barcollante, con una mano sul ventre, dove diciassette anni prima c’era la ragazza che ora la stava fissando astiosa. Si girò verso la finestra, aggrappandosi allo schienale di una poltrona lì vicino per non cadere. – “Tu… tu non sei stata abbandonata! E nemmeno adottata!” – aveva trovato un po’ di forza grazie alla rabbia provata di fronte a quella falsa verità. – “Ti hanno portata via da me!”
Non fu creduta, ovviamente.
“Certo, sì…” – fece lei, dandole ragione come se fosse pazza.
Myra rincarò la dose, decisa a mettere in chiaro come si sono svolti i fatti.
In due falcate, si avvicinò e le afferrò le spalle.
“La donna che per diciassette anni hai chiamato mamma ti ha portata via da me!” – la scosse così forte da lasciarle i segni.
La ragazza non emise un fiato. Erano anni che subiva quotidiane umiliazioni e di certo non si sarebbe spaventata di fronte a una donnetta isterica che voleva assolutamente avere ragione.
Le urla della donna si sentirono fin sotto. Infatti, dopo due secondi apparve Elthon.
“Myra, che succede!” – con un incantesimo non-verbale, l’uomo spalancò le finestre, facendo entrare aria nuova e tanta, tanta luce. – “Myra…”
La donna guardò il marito e lasciò andare le braccia della ragazza, che si abbracciò per cercare di lenire il dolore e la sorpresa. Le sembrò una donna così gracilina, che non avrebbe mai sospettato possedesse una forza fisica tale.
Elthon si avvicinò alla moglie e cercò di calmarla.
“Myra…”
La donna non lo fece nemmeno iniziare.
“Le hanno detto che l’abbiamo abbandonata! NOI!”
Lo aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola, facendo sobbalzare la ragazza sul letto. Elthon guardò confuso prima la moglie e poi la figlia, che si era rannicchiata contro la testata del letto.
Aveva preferito mettere le distanze da quella psicopatica.
Myra non riuscì più a reggere tutto quello stress accumulato in diciassette anni, e scoppiò a piangere. Elthon appellò una sedia e vi fece accomodare la moglie.
“Quali altre bugie ti sono state raccontate?” – chiese l’uomo, con le mani appoggiate sulle spalle della donna nel vano tentativo di calmarla.
“Non sono bugie.” – replicò lei, provando una sorta di timore reverenziale nei confronti di quell’uomo.
Lo sguardo che Elthon le rivolse fu così glaciale che per un istante le ricordò Lucius Malfoy.
Si strinse le spalle, non solo per lenire il dolore, quella volta.
“Quella donna che tu chiami madre, è una bugiarda.” – disse Elthon, duramente.

Era stanco.
Troppo, perfino per un uomo della sua tempra, che ne aveva viste e sopportate di tutti i colori.
Primo fra tutti, il rapimento di sua figlia.
Anni passati a cercare la bambina, a non dormire di notte per scovare incantesimi di rilevamento, ma soprattutto per non dover andare a letto e sentire il materasso scosso dai singhiozzi silenziosi della moglie. Dormiva poco e mangiava ancora meno. Aveva sempre avuto la fastidiosa sensazione che fermarsi un attimo per pranzare o dormire qualche ora gli facesse perdere quella possibilità di ritrovare la figlia.
Si era ridotto a un cadavere ambulante.
E poi, il miracolo. L’avevano trovata. Ringraziando Merlino, era viva e stava bene.
Ma non era con loro.
Era… con quella donna, quella donna che si era presa con la forza il diritto di avere dei sorrisi che non le appartenevano, di detergere lacrime che non era suo compito asciugare.
E tutta quella stanchezza, tutti quegli anni trascorsi a non dormire e a non mangiare si fecero risentire in un colpo solo.

“Sapevi che quella donna lavorava al San Mungo?”
Non avrebbe voluto essere così brutale, ma l’aperta ostinazione che Hermione gli dimostrò fu la goccia che fece traboccare il vaso. Così, ci andò giù pesante.
La ragazza sorrise divertita. Che idiota…
“Spiacente, ma mia madre lavora in un centro commerciale a Londra.” – disse, forte delle sue parole.
“Oh, certo. Dopo che si era licenziata dall’ospedale, però.” – disse l’uomo.
Avanzò verso la ragazza, staccandosi dalla moglie. Torreggiò su di lei, che iniziò a sentirsi piccola, tanto da temere che la sola ombra di quell’uomo potesse inghiottirla in un buco nero, fatto di realtà scomode e dolorose.
“Sta mentendo.” – disse, decisa.
“A quale scopo? Credi che se tu non fossi veramente mia figlia, mi divertirei a strapparti dalle braccia dei tuoi genitori?”
“Sì!” – urlò lei, scattando in ginocchio sul materasso. – “Sì! Voi… voi siete fatti così! Lo so!”
“Noi? Noi chi?” – chiese l’uomo, spiazzato. Infatti, scambiò un cenno perplesso con la moglie, che glielo restituì.
“Voi purosangue! Fate il bello e il cattivo tempo e cercate sempre di mettere in difficoltà quelli come me! Ma se pensate che io mi metta a credere a tutte queste bugie, beh… vi sbagliate di grosso! Non crederei nemmeno a un test di paternità! Voi non siete i miei genitori!”
Elthon Jacob Preston era un uomo dal carattere mite. Odiava litigare, perché lo riteneva un inutile spreco di energie, ma mai come in quel momento, la sua indole pacata decise di prendersi una meritata vacanza e lasciare che tutta la frustrazione che era in lui uscisse allo scoperto.
“Molto bene.” – il suo tono di voce era freddo e tagliente. – “Domani mattina andremo in un posto. Fatti trovare pronta per le nove.”
“Devo prepararmi per tornare a scuola.” – precisò la ragazza.
Elthon aiutò la moglie ad alzarsi. Non l’aveva nemmeno sentita.
“Non contraddirmi, Hermione. Domattina alle nove puntuale in salone.” – detto ciò, uscì.









“Mi raccomando ragazzi. Fate i bravi e impegnatevi: quest’anno avete gli esami. Soprattutto tu, Ron.”
Le orecchie del ragazzo iniziarono ad avvicinarsi al classico rosso Weasley, una nuova gradazione entrata nella gamma dei colori come il Rosso Carminio o il Rosso Scarlatto.
Harry e Ginny risero, anche se una vena di malinconia traspariva dai loro occhi per l’assenza così prolungata della loro amica. Se Hermione fosse stata presente, avrebbe dato man forte a mamma Molly, coalizzandosi insieme contro il figlio.
“Forza, che siamo già in ritardo.” – con il suo proverbiale buon umore, Molly incitò i ragazzi a uscire dalla casa per dirigersi a King’s Cross. Per la prima volta in diciassette anni erano riusciti a prepararsi in tempo e di certo non voleva perderne in chissà quale stupidaggine. Poteva salutare i ragazzi come si doveva e vederli partire.
Quando si girò per chiudere la porta di casa, tirò un sospiro.
Chissà dov’era finita Hermione…




La smaterializzazione congiunta fece arrivare Harry, Ron, Ginny, Molly e Arthur dopo un attimo alla stazione. Presero i carrelli e vi caricarono sopra i loro bauli e i propri effetti personali e uno a uno passarono attraverso l’arco tra il binario nove e dieci che li avrebbe condotti nel loro vero mondo.
Una volta varcato l’ingresso, le due teste rosse e quella mora iniziarono a schizzare a destra e a manca, in cerca di una criniera familiare.
Notando con preoccupazione e sgomento che non c’era.
“Ma dove diavolo è?” – chiese Harry, davvero preoccupato. – “Non è da lei arrivare dopo di noi.”
“Mamma, Hermione non c’è!” – disse Ginny, come se la madre avesse la soluzione in tasca per ogni problema.
Perfino Molly era preoccupata.
“Ginny cara, non so proprio cosa dirti.” – fece la donna, con una mano sulla guancia, mentre cercava con gli occhi l’inconfondibile cespuglio di Hermione.
Anche Arthur non aveva aperto bocca, preoccupato da quell’assenza così insolita. E mentre i due genitori se ne stavano in disparte a controllare i bagagli dei ragazzi, i tre erano partiti alla ricerca degli altri, speranzosi di poter avere buone notizie almeno da loro.
“Dividiamoci, faremo prima. Ci troviamo alla porta sette del binario, ok?” – fece Ginny, pratica.
“Ok.” – Harry e Ron si divisero, andando incontro a volti familiari.




“Neville?”
Un ragazzo alto e moro si girò e sorrise all’indirizzo di Ron.
“Ciao Ron. Come stai? Hai passato bene le vaca…”
“Sì, sì, tutto bene. Neville, non è che hai notizie di Hermione, per caso?” – chiese lui, spiccio.
“In che senso?” – chiese lui stranito da quella domanda.
“Ti ha scritto quest’estate?” – specificò il rosso, che dall’impazienza saltellava sul posto.
“Beh, no… pensavo fosse con voi. Perché? Non era con voi?” – chiese alla fine Neville.
“Miseriaccia, no…” – rispose Ron, alla ricerca di un altro volto a cui chiedere informazioni. – “Ehi, Dean!”
Ron corse dal ragazzo che lo salutò calorosamente, ignorando i richiami di Neville che rinunciò.
“Ciao Ron. Come stai? Hai passato bene le vaca…”
“Sì, sì, grazie. Hai per caso sentito Hermione quest’estate? Ti ha scritto?”
“Beh, no. Pensavo fosse con voi. Perché? Non…”
“No, non era con noi.” – fece Ron, stizzito. Partì alla ricerca di qualcun altro a cui chiedere…

“Ciao Luna.”
“Oh, Harry. Che piacere rivederti. Harry, vorrei porgerti le mie scuse da parte di mio padre.”
Harry la guardò stranito.
“Tuo padre?”
“Sì, mio padre.”
Il moro iniziò a guardarsi intorno come se si aspettasse un attacco da un momento all’altro.
“Non ti ha mai ringraziato a dovere per avermi salvata, quel giorno. E scusalo se ha avvisato i Mangiamorte. L’ho rimproverato quando ne sono venuta a conoscenza.”
Harry iniziò a chiedersi che razza di figli sarebbero mai venuti fuori da Luna e soprattutto, chi sarebbe stato il valoroso di cuore che si sarebbe preso la ragazza in moglie.
“Beh, non ti preoccupare. Stava in pensiero per te e…” – si riscosse da solo. Non era per quello che si era avvicinato a lei. – “… comunque, non è che per caso hai sentito Hermione, quest’estate?”
La ragazza s’illuminò in viso.
“Hermione, certo!”
Harry tirò un sospiro di sollievo. Stava già per chiamare gli altri, quando Luna lo fermò.
“Come sta?”
L’entusiasmo di Harry svanì come neve al sole.
“Ecco… volevo sapere se tu avevi notizie di lei. È tutta l’estate che non la sentiamo.”
“Mi dispiace, Harry. Ma nemmeno io l’ho sentita. Credo siano stati i Ricciocorni Schiattosi.”
“I Ricciocorni Schiattosi.” – ripeté Harry, perplesso, ma poi si ricordò con chi stava parlando.
“Certo. Se gli si fa un torto ti fanno i dispetti fino a che non gli chiedi scusa. Dì a Hermione che provi a scusarsi con loro.”
“Ehm, lo farò. Grazie Luna.”
“Figurati!” – la ragazza tornò a chiacchierare con la sua amica, mentre Harry cercava di tenersi alla larga il più possibile da quella ragazza e dai suoi riccio-cosi.
“Justin!” – urlò Harry, facendo girare mezza stazione.
Il ragazzo si girò e sorrise.
“Ehi, Harry! Guarda che quest’anno voglio vedere la Coppa delle Case nella nostra Sala Comune, eh?”
“Sì, certo…” – fece il moro con un sorriso. – “Justin, scusa se te lo chiedo, ma hai mica sentito Hermione quest’estate, per caso?”
“No, sai… e poi io e lei non è che ci scriviamo così spesso.” – obiettò Justin, per nulla stizzito dalla cosa.
“Giusto. Beh, scusami. Ci vediamo a Hogwarts!”
“Ok. Ciao Harry!”
Il moro si girò e lo salutò con una mano, mentre cercava qualcun altro a cui chiedere di Hermione.
E intanto il tempo passava…

“Calì! Padma?”
Le due si girarono in sincrono, cosa che fece correre un brivido di inquietudine lungo la spina dorsale di Ginny.
“Ginny, ciao!” – risposero le due all’unisono. – “Cosa possiamo fare per te?”
Ma hanno fatto le prove, queste due?, pensò sgomenta la rossa.
“Passate bene le vacanze?” – chiese Ginny, per cortesia.
“Oh molto bene, grazie.” – a parlare fu Padma. – “Siamo state al mare un paio di settimane, poi in montagna… lo sapevi che…”
So solo che la prossima volta mi taglierò la lingua e la butterò nel cesso!, pensò Ginny, furiosa con se stessa per aver dato il via a un monologo di proporzioni galattiche. Si fingeva interessata, annuendo e sorridendo, ma in realtà non aveva ascoltato un’acca del discorso.
“… e poi siamo tornate per riposarci un po’. Sai com’è, non volevamo arrivare già stanche a scuola.” – concluse Calì.
“Ovviamente.” – rispose Ginny. – “Sentite, posso chiedervi una cosa?”
“Certo Ginny, dicci pure.” – dissero in sincrono.
“Non è che per caso quest’estate Hermione vi ha scritto?”
Le due si guardarono perplesse.
“No Ginny, spiacenti.” – fecero in coro. – “Non l’abbiamo mai sentita.”
Alla rossa prese un tic sotto l’occhio.
“Ah, capisco, vabbé non importa, grazie lo…”
Ma le due indiane, percepita aria di pettegolezzi, si avvicinarono a Ginny, con fare minaccioso e la rossa si ritrovò a indietreggiare istintivamente.
Queste due fanno paura, pensò.
“Perché? È forse successo qualcosa tra di voi? Avete rotto l’amicizia?”
Ginny cercò di dosare le parole. Una virgola fuori posto e quelle due rischiavano di scatenare l’inferno.
“Certo che no! Ha voluto passare del tempo con i suoi genitori, visto che era sempre da noi alla Tana.”
“E perché non vi ha mai scritto?”
Adesso la strangolo, pensò la rossa.
“Beh, mi sembrava di aver capito che andasse in una località dove i gufi non arrivavano.” – inventò sul momento.
“E perché allora se i gufi là non arrivano, avrebbe dovuto scrivere a noi piuttosto che a te?”
Ecco perché hanno inventato le Maledizioni Senza Perdono!, si disse Ginny, come se avesse scoperto una grande verità.
“Perché… perché era in una località di mare anche Hermione.”
Le due parvero calmarsi. Niente pettegolezzi?
“Quando ci siamo lasciati a Giugno, vi avevo viste parlare insieme. Credevo che vi foste dette dove avreste passato le vacanze.” – fece Ginny.
Padma e Calì si guardarono.
“Sì, ora che ci penso è andata così. Comunque no, Ginny. Non l’abbiamo sentita.”
La rossa sorrise e colse la palla al balzo per fuggire a gambe levate.
“Beh, non importa. Grazie lo stesso!” – e senza aspettare un loro saluto, si girò e scappò.
Sentendo su di sé due paia d’occhi inquietanti.




“Trovato niente?” – chiese Harry, che stava aspettando Ron e Ginny all’ingresso sette del treno.
“Macché!” – fece la ragazza, sconsolata.
“Niente di niente.” – confermò Ron.
Harry sospirò e cercò di ricomporsi quando vide Molly e Arthur avvicinarsi con i loro bagagli.
“Saputo niente?” – chiese Arthur.
“No.” – rispose Ron.
“Coraggio ragazzi…” – fece Molly. – “… la vedrete una volta a scuola. Adesso salite, perché il capo stazione ha già fischiato la seconda volta.”
Seppur a malincuore, i tre presero i propri bauli, lanciando continuamente occhiate furtive nei dintorni, sperando in un arrivo all’ultimo momento.
Salirono sul treno, ma di Hermione ancora nessuna traccia. Salutarono i signori Weasley e poi si diressero alla ricerca di uno scomparto dove elaborare teorie sull’assenza di Hermione.









Quella notte, Hermione, praticamente non dormì.
A dire il vero, quella situazione si stava ripetendo da quando era stata portata in quella casa, ritrovandosi a scambiare il giorno per la notte come i neonati. E quelle poche ore di sonno notturne che riusciva a concedersi, non riposava bene. Gli incubi, il rigirarsi nel letto, parlare nel sonno… erano solo alcuni dei sintomi che le impedivano di riposare correttamente.
Erano le sei del mattino e a quell’ora lei sarebbe dovuta essere in cucina di Molly a preparare la colazione agli altri e alle sette, correre in camera loro e buttarli giù dai loro letti per fare un resoconto prima della partenza.
E invece si trovava lì, in quella casa immensa, a fare i conti con una realtà che a molti, invece, avrebbe fatto comodo.
Ancora non riusciva a crederci.
Nuove lacrime si aggiunsero alle vecchie, solcando la pelle resa secca dalle precedenti che aveva smesso di asciugare perché inutile.
Si sentiva in gabbia.
Tirò un sospiro e guardò fuori dalla finestra. Era obiettivamente una casa bellissima, con un bellissimo giardino e una bellissima camera da letto.
Ma si sentiva fuori posto.
Aveva vissuto diciassette anni convinta di essere un tipo di persona e d’un tratto veniva strappata con brutalità da quella vita per essere scaraventata in un’altra che aveva sempre disprezzato.
Sì, sapeva di essere stata adottata, ma ora anche quella verità veniva rivoltata come una stanza, messa sottosopra da un ladro. Le cose che prima erano al proprio posto, che avevano un ordine ora erano a terra, una sull’altra e non si capiva dove finiva una e iniziava l’altra.
Hermione si sentiva esattamente così: rivoltata come una stanza e priva di una personale identità.
Cos’avrebbe dovuto fare una volta a tornata a scuola? Fingere che nulla fosse successo? Sarebbe riuscita a rimanere la solita Hermione, o qualcosa più grande di lei sarebbe riuscito a fare una breccia nel suo animo e cambiarla? Cos’avrebbero detto Harry, Ron e Ginny una volta saputolo? Le sarebbero rimasti vicini o avrebbero cambiato opinione su di lei? In fondo, lei faceva parte di quel mondo che loro avevano sempre disprezzato.
Scosse la testa.
Anche Ron ne faceva parte, ma Molly aveva sempre impartito insegnamenti corretti.
Un pensiero le balenò nella mente, un pensiero così meschino che se ne vergognò profondamente l’attimo successivo.
Se Ron avesse avuto le possibilità economiche di qualsiasi altro purosangue, sarebbe cambiato qualcosa?
La testa le pesava per via di tutti quei pensieri, così decise di concedersi l’unico lusso che si era presa da quando era andata a vivere lì. Andò in bagno e riempì la vasca di acqua, versandovi dentro sali tranquillanti, che potessero in qualche modo dare un sollievo al suo animo irrequieto.
Si spogliò lentamente, facendo cadere i vestiti a terra, li scavalcò ed entrò in vasca.
Schizzò qualche gocciolina fuori. In casi normali avrebbe pensato “dopo pulisco”, ma non ne aveva voglia. Voleva solo rimanere lì dentro fino a che la pelle non si fosse raggrinzita.
Chiuse gli occhi e si abbandonò ai ricordi.




“Amore, sei tornata!”
“Ciao, mamma!”
Jean Granger abbracciò la figlia come solo una madre sa fare. Hermione annusò quel profumo che da piccola sempre la calmava e si chiese come facesse ad avere sempre quell’odore addosso.
“Dai, andiamo a casa.”
“Papà?”
“E’ andato a fare la spesa e a comprarti tutto quello che ti piace.”
Tutta elettrizzata, Hermione si avviò verso la macchina, caricò il baule e la gabbietta di Grattastinchi e poi salì in macchina.
Durante il tragitto, le due parlarono di quello che Hermione aveva fatto a scuola, i voti, gli elogi dei professori, la bastardaggine di quello di Pozioni, la noia mortale che ispirava quello di Storia della Magia, la bravura della McGranitt, e la serenità che esprimeva un solo sorriso il professor Silente.
Era una macchinetta, ma Jean era felice di averla di nuovo a casa.
Quando arrivarono, la donna parcheggiò la macchina in garage, per evitare gli sguardi curiosi dei vicini che si chiedevano in che razza d’istituto mandasse la figlia per farla partire non con un normale trolley, ma addirittura con un baule.
Scaricarono i bagagli e con un semplice Locomotor vennero portati in casa. Hermione andò in camera sua e si fece una doccia. Quella sera stessa avrebbe scritto ai suoi amici, avvisandoli che il viaggio era andato bene e che già sentiva la loro mancanza.

Peccato che, quel messaggio, non sarebbe mai partito.

Fu poco dopo pranzo, che il campanello di casa suonò.
Hermione stava sparecchiando e si girò verso la madre, chiedendole se stava aspettando qualcuno. Jean fece le spallucce e andò a vedere.
“Chi è?” – urlò Hermione dalla cucina.
Ma non ricevette risposta. Perplessa, la ragazza andò a vedere dove fosse finita la madre e sgranò gli occhi quando si ritrovò due intrusi in casa.
“E voi chi siete?” – supposto che fossero due ladri, anche se a un’occhiata più attenta era un’ipotesi da scartare a priori, Hermione mise una mano sulla tasca posteriore dei pantaloni.
“Non lo farei se fossi in te.”
La voce di quell’uomo le diede una scossa. Era baritonale, ma non fastidiosa.
“Cosa diavolo volete da me?” – fece Jean, furente ma terrorizzata.
“Tu hai qualcosa che ci appartiene.” – fece la donna, avvicinandosi felina a Jean.
Istintivamente, Hermione andò dalla madre e la strattonò da un braccio, portandosela vicina. Non sapeva chi fossero, ma di una cosa era sicura: anche se sarebbe stata punita, avrebbe usato la magia.
“Non ci provare. Non vinceresti così facilmente.”
“Lei dice?” – chiese Hermione, sfilando la bacchetta dalla tasca posteriore. – “Ho combattuto contro Voldemort. Lei non mi fa nessuna paura.”
Bene, era giunto il momento di vedere se tutto il suo studiare era servito a qualcosa.

Ed era servito, eccome.
Aveva dato parecchio filo da torcere a quell’uomo, che non se la cavava per niente male. Aveva lanciato anche un paio d’incantesimi non-verbali, riusciti forse grazie alla forza della disperazione.
Ma alla fine quell’uomo aveva avuto la meglio. L’aveva disarmata e aveva distrutto il suo mondo in pochi minuti.

“Allora Jean, quant’è che non ci vediamo?”
Hermione notò la palese tranquillità dell’uomo, ma la vena che pulsava sul suo collo e il tremore delle mani le diedero a intendere il suo vero stato d’animo.
“Non so di cosa lei stia parlando!”
“Sei sicura? Fai uno sforzo, magari ti ritorna la memoria.” – si era avvicinato a Hermione, che iniziò a indietreggiare, per poi venire bloccata da un Pietrificus parziale non-verbale.
“Stia lontano da mia figlia!” – urlò la donna.
“Tua figlia?”
Nonostante fosse bloccata dal seno in giù, Hermione percepiva il suo corpo e le sensazioni che esso le mandava e in quel momento l’unica cosa che sentiva era uno spiacevole disagio all’altezza della bocca dello stomaco.
“Sì, mia figlia!”
Che scomparve per un breve istante.
“Oh, hai sentito Myra? Sua figlia…”
La donna non aveva mai parlato fino a quel momento e Hermione si ritrovò a studiarla. Una bella donna, non c’era nulla da dire, capelli castani e moderatamente ricci, fisico longilineo evidenziato da una veste stretta in vita.
La donna di nome Myra si avvicinò a Jean senza parlare, la guardò negli occhi e…
“Mamma!”
La donna la schiaffeggiò con tutta la forza a disposizione.
“Non toccarla, stronza!”
Uno schiaffo arrivò anche a lei, dall’uomo.
“Bada come ti rivolgi a lei, signorina.”
“Siete due vigliacchi!” – urlò.
L’uomo alzò la mano per dargliene un altro, ma Hermione non si ritrasse, anzi. Lo fronteggiò fieramente.
“Facile prendersela con chi non può difendersi, vero?”
L’uomo la guardò dritto negli occhi e abbassò il braccio.
“Adesso ci liberi e andatevene subito di qui! Non chiamerò gli Auror!”
“Oh, tranquilla, non ce ne sarà bisogno.” – fece l’uomo.
“Cosa…”
“Ci ho già pensato io.”
Jean si girò terrorizzata verso quell’uomo.
“Io non le ho fatto niente! Ci lasci andare, subito!”
“Che fretta hai, Jean?”
E nonostante l’unica cosa che volesse fare era urlare il suo odio e il suo disprezzo contro quei due per essere piombati in casa loro e averle segregate, Hermione fece uno sforzo e gli fece la domanda.
“Come fate a conoscervi?”
“Oh, sono diciassette anni che ci conosciamo, vero Jean?”
La donna non rispose, trincerandosi dietro un ostico silenzio. Ma ciò che più alimentò quel disagio alla bocca dello stomaco di Hermione fu che, mentre quell’uomo dava un lasso di tempo ben preciso, aveva guardato lei.
Lei, che aveva diciassette anni.
“Mamma… chi sono questi qua?” – chiese Hermione.
“Nessuno, tesoro. Non so chi siano e cosa vogliono, ma ti prego di non ascoltare le bugie che ti diranno!”
L’inconscio di Hermione lavorò su quella frase. Come faceva Jean ad affermare con così tanta sicurezza che quei due avrebbero detto solo menzogne?
“Bugie, Jean?” – chiese Myra, avvicinandosi elegantemente alla donna.
“Stalle lontana!” – urlò Hermione.
Myra non l’ascoltò e si avvicinò ugualmente alla donna, con un incantesimo non-verbale la fece avvicinare alla ragazza e appellò uno specchio.
Voleva fare un confronto.
“Dimmi, Hermione… ”
La ragazza si sentì sollevata quando sentì la madre accanto a sé.
“… quali somiglianze noti in questi due volti?”
Hermione sorrise sarcasticamente.
“Se credete che non sappia che lei non è la mia madre biologica, beh… avete fatto tutta questa strada per niente. Lo sapevo già.”

Li aveva sorpresi, quel giorno.
Loro credevano che non sapesse che era stata adottata e li aveva sorpresi.
S’immerse nella vasca anche con la testa.
Non voleva più pensare.

“Sì, lo sapevo. Lei non è la mia madre biologica e di questo sono contenta.”
Hermione credette che Myra avesse perso un po’ del suo contegno.
“Lo sai… e… sai anche chi sono i tuoi veri genitori?” – chiese la donna, con negli occhi qualcosa che assomigliava a una vana speranza.
“No, e non m’interessa saperlo. Non dopo ciò che mi hanno fatto.”
I due si guardarono in faccia, perplessi.
“Hermione, di cosa stai…”
“Che nessuno si muova!”
Una voce perentoria irruppe nella discussione, mettendovi momentaneamente la parola fine.
“Jean Alexandra Smith in Granger, la dichiaro in arresto.”
“Cosa… MAMMA! MAMMA!”
“Sta tranquilla, tesoro. Si risolverà tutto.” – fece la donna, guardando con astio i due intrusi.
Le manette magiche scattarono ai polsi di Jean Granger, mentre Hermione veniva liberata dal Pietrificus. Corse immediatamente verso la genitrice, ma due braccia forti le impedirono ulteriori movimenti. Scalciò e prese a pugni quel mostro che la stava separando dalla sua mamma, quando cadde svenuta tra le sue braccia.
Si svegliò nella camera che fu per tre lunghi mesi il suo unico luogo sicuro.

Riemerse dalla vasca, prendendo un enorme respiro. Stava risentendo della mancanza di ossigeno e alla fine uscì. Tossì un paio di volte e portò i capelli all’indietro.
Non voleva più ricordare, ma quel gesto aveva sortito l’effetto contrario. I ricordi sembravano più vividi, come se fossero accaduti solo il giorno prima.

“Hermione, noi siamo i tuoi veri genitori. Ti abbiamo cercata così tanto…”

Pugnò la superficie dell’acqua e portò le mani al volto.
Guardò l’enorme orologio appeso in bagno e notò che era rimasta in vasca per un’ora. Erano appena le sette e aveva ancora due ore per potersi torturare.
Uscì dalla vasca, aiutandosi con le braccia. Era come quella del bagno dei Prefetti, certo, leggermente più piccola, ma comunque comoda per una decina di persone. Si risciacquò dalla schiuma e si coprì con l’accappatoio. Era stanca, sfibrata.
Non sapeva quanto ancora potesse reggere quel ritmo.
Anche se Myra ed Elthon credevano che Hermione non facesse altro che dormire dalla mattina alla sera, la realtà era che la ragazza aveva riflettuto. C’erano troppe cose nei racconti di sua madre che non le tornavano. Solo la sera prima era venuta a sapere che sua madre era una dipendente del San Mungo e, anche se non ne capiva il motivo, stava iniziando a rivalutare le affermazioni di quei due.
Era molto combattuta. Da una parte voleva scendere e dire loro che erano stati bravi, che erano quasi riusciti a convincerla di tutta quella sceneggiata, l’altra parte, invece, era quella che la frenava sempre.
Forse perché aveva la sensazione che quei due signori fossero assolutamente sinceri.
Massaggiò le tempie: stava rivalutando anni e anni di certezze per un qualcosa che non capiva nemmeno lei stessa, per un cumulo di sensazioni che la facevano sentire… sbagliata.
Rientrò in camera e notò che il vassoio della colazione era sul tavolino davanti alla finestra. Si avvicinò e si sedette sulla poltrona, osservando quel vassoio, come se contenesse la soluzione ai suoi problemi.
Iniziò a sbocconcellare qualcosa, perché aveva come la sensazione che di energie ne sarebbero servite.









Note di me:
Eccoci alla fine. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbia provveduto a chiarire la situazione di Hermione. Ho letto molte fic su Hermione che in realtà era una purosangue, ma le vedevo trattate abbastanza superficialmente, nel senso che i sentimenti di Hermione non venivano presi sufficientemente in considerazione.
Tutto questo senza nulla togliere allo scrittore, s’intenda.
Solo che ho voluto dare la mia versione dei fatti e trattare con maggior profondità la tematica. Spero la possiate gradire, anche perché ce ne sono di cose da dire…
Bene. Vi lascio a riflettere su questo capitolo. Ah!, e se per caso andando avanti con la storia trovaste delle discordanze, vi prego… non ditemelo.
Mi è costata sudore e fatica e benché l’abbia letta, riletta e stracorretta, qualcosa sicuramente mi sarà scappato e rivedere una storia di 400 pagine di word per me è un vero martirio.
M’inchino e ringrazio per la pietà dimostratami. ù_ù
Callistas.

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Capitolo 3
*** La bocca sollevò dal fiero pasto ***


03 - La bocca sollevò dal fiero pasto Buona seeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeera! ^_^
A quanto vedo la storia piace. Bene, sono contenta.
Allora, vediamo di non perderci in chiacchiere e vediamo che succederà in questo prossimo passaggio. Hermione, nello scorso capitolo, ha scoperto qualcosa in più sul suo passato, ma ovviamente non crede alle bugie che quei due signori le stanno dicendo. È convinta che ci sia uno scambio di persona e che nel giro di poco si sistemerà tutto.
Oggi, invece, vedremo quanto c’è di vero nelle parole della donna che Hermione ha chiamato mamma per diciassette anni.
Intanto, vorrei ringraziarvi uno per uno, perché siete state fantasticissime!

Stefy494: tu sei contenta di aver trovato la storia, io di poterti conteggiare come lettrice di essa. Grazie e benvenuta in Verità Nascoste.
Sì. Io sono una persona che aggiorna regolarmente. Anche a me non piace quando iniziano una storia e poi la aggiornano dopo mesi. A volte non mi ricordo nemmeno se l’avevo iniziata o meno! Io preferisco scrivere una storia per intero e solo dopo pubblicarla, così almeno non devo fare aspettare i miei comodi alle persone.
Comunque adesso c’è l’aggiornamento. Spero che il capitolo ti piaccia.
Un bacio anche a te, Serena.

HailieJade: mezz’ora per scrivere il tuo nome, porca pupazza. Continuavo a invertire consonanti e vocali! >_<
No, non è colpa tua, sono io che sono dislessica a una certa ora…
Comunque spero tu non abbia gettato la spugna nel vedere l’aggiornamento. Eccolo servito, appena sfornato. Spero sia di tuo gusto.

Laura Malfoy: mia cara, se facessi il test di paternità sarebbe troppo facile e poi non sono sicura che nel mondo magico esista una simile evenienza, no. Ho preferito raggiungere il mio obiettivo con il metodo meno invasivo: la comunicazione.
Perché credo fermamente che comunicare sia importante. Infatti la storia è basata anche su questo principio, ma lo svilupperò più avanti con un biondino di nostra conoscenza…
In questo capitolo leggerai alcune cose anche se i chiarimenti arriveranno molto più avanti.
Sono contenta che il capitolo non ti abbia annoiato. Adesso goditi questo che spero possa incollarti nuovamente allo schermo.
Sì, 400 pagine di word, per quello ti chiedo – nel caso notassi delle discordanze – di tenertele per te. Ti suppppplico!!! ç______________ç

Chihuahua: scusa, ma una domanda alla volta, no? -.-
Comunque delle domande che mi hai fatto non posso svelarti nulla, perché altrimenti dovrei dirti come va a finire e non mi pare il caso. >__>
Spero che questo capitolo, in attesa dei prossimi che dipaneranno i tuoi dubbi, ti auguro una buona lettura.
Un bacio, callistas.

Hermione59: ecco, subito il matrimonio con Malfoy! ù_ù
Ma che ha questo ragazzo che attira le donne come api con il miele? Beh, comunque non posso confermare né smentire, quindi, ti lascio bastardamente in un limbo fatto di mistero…
Mia cara, a ogni tua domanda arriverà una risposta. Basta solo pazientare un po’.
E lasciare che io mi diverta un mondo nel vederti arrovellare la testa per capirci qualcosa.
HAHAHAHAHAHAHA!!
Baci, callistas.

Piccola pucci: ciao, grazie del tuo commento. Sono contenta che la trama ti piaccia. Non mi pareva di aver mai letto di Hermione rapita da quelli che in realtà sono i suoi veri genitori, così mi sono messa sotto per sviluppare una trama attorno. Spero che man mano che la storia si sviluppa tu non rimanga delusa.
Intanto, spero che questo capitolo ti piaccia.
Un bacio, callistas.

Flavia T97: ciao, grazie per avermi fatto sapere cosa ne pensi. Spero tu voglia rendermi partecipe della tua opinione anche sul prossimo capitolo.
A presto e buona lettura!

Tinotina: oh, eccoti qui. Adesso a noi due!!!
Dunque, Myra e Elthon Preston sono due personaggi di mia invenzione. Non ho cercato parentele lontane o qualsiasi altra connessione con i Malfoy, ma mi piacevano i nomi. Myra, perché era insolito e Elthon, perché mi ricorda Sir Elthon John, un grande della musica inglese.
Io ho scritto nella presentazione della storia che molte cose cambieranno, che persone che prima si amavano sarebbero passate dall’altra parte della barricata.
E, forse, sarà così anche per il loro esatto opposto. Forse non hai capito, ma capirai, gioia mia. Sei sveglia e attenta e so che non mi deluderai.
Jean rivelerà qualcosa in questo capitolo, ma la vera storia di quella donna verrà più avanti, non temere. Ci dovranno essere millemila altre evoluzioni, prima di tornare a quella donna.
Ti dirò che mi sono sorpresa pure io del personaggio che ho stravolto di Jean Granger e spero possa rimanerne sconvolta pure tu.
Intanto ti auguro una buona lettura, sperando che il capitolo non ti annoi.
Baci, callistas.

Kasumi_89: Hermione Granger è sinonimo di fortuna, non lo sapevi? Beh, fortuna forse non proprio, ma vedremo più avanti come questa nuova situazione possa volgere in suo favore.
Uhm… Ron, hai detto? Ehm… ops… forse allora non ti piacerà quello che ho… sì, ok. Lo leggerai più avanti.
*sta sudando*
Per Draco mi sa che dovrai pazientare ancora un pochino. I primi capitoli saranno di transizione, per spiegare un po’ di cose, ma l’azione non mancherà.
E vedremo un Piton molto… no, non ti dico neanche questo.
Sperando di averti fatta incasinare più del necessario, ti auguro una buona lettura.
*Fugge*









VERITA’ NASCOSTE
LA BOCCA SOLLEVO’ DAL FIERO PASTO

“Senti, finito qui, io vado dritta da Silente.” – fece Ginny.
“A fare che?” – chiese Ron, la cui fame non era di certo sparita.
“A chiedergli se porta i boxer, dai Ron!” – fece Ginny, stizzita. – “A chiedergli se ha notizie di Hermione, no?”
“Ah già…”
“Hermione te la dimentichi ma la fame no, eh?” – fece lei, indignata dal poco tatto del fratello.
Iniziava a chiedersi se Molly non l’avesse adottato. O avesse adottato lei, era indifferente.
Durante lo smistamento, Harry notò che Malfoy continuava a puntare gli occhi sulla loro tavolata. Era impossibile non accorgersi della mancanza di Hermione ed era sicuro che ne stesse parlando – sfottendo – con i suoi amici. Girò lo sguardo, sbuffando infastidito.
Non aveva molta fame, motivo per il quale continuava a rigirare le patate come boccini. Ginny invece mangiava tranquillamente, e con il piatto continuava a fare incetta di ogni ben di Merlino: nemmeno dovesse partire per il fronte.
O era forse così?
Silente di solito sapeva tutto di tutti; che poi lo comunicasse ai diretti interessati con parole chiare e comprensibili o con le sue solite risposte sibilline era un altro paio di maniche.
Ed era sicuro – pensò, dopo aver infilato in bocca una patata – che quel mago non si sarebbe prodigato per rispondere esaurientemente alle loro domande.

La cena finì circa un’ora e mezza dopo.
Sarebbe finita anche prima per Harry e Ginny, ma dovettero aspettare che Ron sfogasse la sua tensione sulla torta alla glassa di cioccolato.
Ginny aveva poca pazienza, soprattutto con suo fratello.
“Fa con calma, eh? Chi se ne frega di Hermione.” – fece la rossa.
Harry non disse una parola, ma dalla sua faccia si capì che era in totale accordo con la ragazza. Ron arrossì e avanzò un boccone. La sorella lo guardò malissimo.
“Finiscilo.”
“Ehi, ma hai appena detto che…”
Il suo sguardo fu sufficiente per fargli eseguire l’ordine. L’attimo successivo si avviarono tutti e tre dal preside. Quella storia andava chiarita. Mentre camminavano, continuavano a elaborare teorie strampalate sull’assenza di Hermione. Quando arrivarono di fronte al guardiano, Harry disse la parola d’ordine.
“Cioccorane.” – disse Harry.
Il Gargoyle di pietra schizzò da un lato, mostrando le scale che portavano all’ufficio di Silente.
“Che si fa? Bussiamo?” – chiese Ron.
Non gli era mai piaciuto andare nell’ufficio del preside, perché aveva sempre la sgradevole sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato.
“Ma cosa dici, Ron? La sfondiamo con un calcio, no?” – fece Ginny, che bussò invece tre volte alla porta.
Che si aprì.
Entrarono come se dovessero rubare il pensatoio di Silente.
“Professore? È qui?” – chiese Ginny. – “Professore? Ma il Gargoyle ha detto che non c’era?” – chiese lei, come se quella parte l’avesse saltata.
“No.” – rispose Harry.
“Profe…”
“Sono qui.”
I tre fecero un salto per lo spavento. Silente si era portato alle loro spalle e li aveva sorpresi.
“Ah, è qui.” – fece Harry, aggiustandosi gli occhiali.
“Avevate bisogno di parlarmi?” – chiese l’uomo, bonariamente.
“Sì, professore. Scusi se la disturbiamo a quest’ora.” – fece Ginny, mostrandosi determinata fin da subito.
“Prego, accomodatevi. Cioccorane?”
Ron fece per allungare la mano, ma un pestone della sorella lo rimise a posto.
“No, grazie.” – rispose Ginny per tutti.
“Cosa vi porta nel mio ufficio a quest’ora, ragazzi?”
“Professore, lei ha per caso notizie di Hermione? Sa, è tutta l’estate che non la sentiamo. Non ci ha mai spedito una lettera. Non è che le è capitato qualcosa?” – Ginny parlò a raffica. Non aveva tempo da perdere.
“Sì, sono stato informato della nuova condizione della signorina Granger.” – disse il preside, lisciandosi la lunga barba.
I tre aspettarono che continuasse, magari con una spiegazione un po’ più esauriente. Peccato che tendessero a dimenticare con chi avevano a che fare…
“Nuova condizione?” – chiese Harry, infine. – “Cioè?”
Fanny planò davanti a loro e Silente l’accarezzò per riordinare le idee.
“Esatto, signor Potter. La signorina Granger ha avuto delle… rivelazioni importanti sulla sua vita, ma non è a me che spetta di mettervene al corrente.” – disse l’anziano mago, demolendo le loro aspettative.
“Sì, ma sta bene?” – chiese Ginny.
“Questo starà a voi. La signorina Granger avrà bisogno di tutto il vostro sostegno. Sono sicuro che non glielo farete mancare.”
Harry e Ginny compresero che la conversazione era finita lì, tranne Ron, che si aspettava un seguito. Prese aria per parlare, ma chinò il capo, quando sentì – stavolta – l’alluce frantumarsi sotto la delicata essenza di un trentotto di piede.
“Grazie professore e scusi se l’abbiamo disturbata.” – fece Ginny, alzandosi. – “Andiamo ragazzi.”
I due la seguirono, uno preoccupato dalla situazione creatasi e l’altro per il suo povero piede sbriciolato.

Una volta fuori…
“Qui è sempre più strano…” – rifletté Ginny. – “Chissà che sarà successo a Hermione.”
“Mah… Silente ha detto che sta bene.” – fece Harry. – “Aspettiamo che torni a scuola e poi le parleremo. Coraggio, torniamo in Sala Comune prima che Gazza ci rompa le scatole.”
I due iniziarono a correre.
Ron, a zoppicare.









Il vassoio della colazione era stato svuotato.
Fu sorprendente vedere quanta fame avesse accumulato in quei tre mesi di reclusione. Piluccava il giusto necessario per rimanere in piedi, ma per il resto lasciava lì tutto.
L’orologio segnava le otto e cinquantacinque. Ancora cinque minuti e sarebbe dovuta scendere.
Non aveva mai visto quella casa, ora che ci pensava. Si era ritrovata in quella stanza fin dal momento in cui si era svegliata e non ne era più uscita. Apriva la finestra quel tanto che bastava per far entrare aria nuova, ma per il resto della giornata era sempre stata circondata da quelle pareti lilla.
Che buffo, pensò, era il suo colore preferito.
Bussarono alla porta.
“Avanti.”
Un elfo fece la sua apparizione. Notò con sorpresa che era vestito, anche se tendeva a nascondersi per paura di venire maltrattato.
“Il… padron Preston vi aspetta nell’atrio.”
Hermione si girò verso la finestra. Non era pronta. Qualsiasi cosa fosse, non era pronta.
“Per cortesia, digli che scendo tra un attimo.”
L’elfo annuì e si smaterializzò, lasciando sola Hermione.

Elthon Preston era vestito di tutto punto. Mancava solo il mantello e poi avrebbe potuto raggiungere quel posto con Hermione.
“Ti prego, ripensaci. Ha sofferto abbastanza.”
Elthon guardò Myra con rimprovero.
“Perché? Noi no? Voglio che sappia fin da ora con che razza di persona ha vissuto. Quando saprà tutto, tirerà le sue conclusioni. Troppe bugie le sono state dette in questi anni. È giunta l’ora di porvi rimedio.”
“Elthon, ti prego! Deve esserci un altro modo! Ti supplico!”
L’uomo si chinò e baciò velocemente le labbra della moglie.
“Abbiamo perso diciassette anni preziosi, Myra. Non intendo sprecare un attimo in più, facendo vivere quel fantasma con noi. Quando Hermione verrà a sapere la verità, deciderà lei cosa fare. Ma deve sapere.”




Era uscita dalla stanza.
Guardò a sinistra, ma notò che il corridoio finiva, quindi andò automaticamente a destra. Iniziò a guardarsi intorno, notando dei quadri alle pareti. Ritraevano molto probabilmente gli antenati di quella famiglia. C’era chi sonnecchiava, chi la guardava senza dire una parola, chi invece parlava da solo.
Teneva le mani in grembo, allacciate in segno di preghiera. Il cuore le martellava forte nel petto, anche se sembrava essere la persona più tranquilla di questo mondo.
“Hermione Eloise Elaine Preston … finalmente sei tornata a casa.”
Hermione si girò di scatto verso l’unico quadro che ritraeva una donna anziana, forse l’unica, a giudicare dallo sguardo, che avesse un briciolo d’intelligenza.
“Non aver timore cara, avvicinati.”
Hermione si avvicinò, mantenendo comunque una certa distanza.
“Guardi, ci deve essere un errore…” – disse Hermione con pacatezza. – “Io mi chiamo Hermione Granger.”
La donna le sorrise gentile gesto che suscitò nella ragazza un sorriso di riflesso.
“Oh, ci sono molte cose che non sai, tesoro, ma ti prego, avvicinati: io non posso uscire dal quadro.”
Hermione sospirò e si avvicinò ancora di più.
“Oh, bene. Come sei diventata bella cara…”
Ma nonostante fosse un quadro, quella donna si ritrovò ad avere gli occhi lucidi. Hermione non sapeva cosa fare, voleva porgerle un fazzoletto, ma era una cosa fisicamente impossibile da fare.
“Non… non pianga…” – fece la ragazza, un po’ dispiaciuta.
Come si può consolare un quadro?
“Scusami… quando ho saputo che ti avevano portata via…”
Ancora quella storia, pensò Hermione. Lei era stata adottata, non rapita!
“Signora, io credo che questa storia sia solo un gran malinteso.”
La donna la guardò stranita.
“Ma cosa…”
“Mi perdoni, ma mi stanno aspettando.”
“Hermione! Hermione!”
La ragazza iniziò a correre sorda ai richiami dell’anziana donna. Arrivò alle scale e tirò un sospiro di sollievo.




“Quando Hermione verrà a sapere la verità, deciderà lei cosa fare. Ma deve sapere.”
Di nuovo, quella sgradevole sensazione di disagio. Cosa c’era da sapere? Niente! C’era solo stato uno scambio di persona! Una volta appurata la verità, lei avrebbe potuto far ritorno a casa e ridere di questa storia.
“Ma dov’è finita? Avevo detto alle…”
“Sono qui.” – la ragazza scese gli scalini, ammirando nel frattempo l’atrio.
L’unico con il quale poteva fare un paragone – e sul quale aveva basato ogni sua ipotesi – era Malfoy Manor, la casa di Draco-stronzetto-Malfoy. Era un posto tetro, ma nonostante questo riccamente arredato, ma quello dei Preston sembrava sprizzare luce perfino dal pavimento. Era un bel vedere, tutto sommato.
“Sei pronta?”
“Dove andiamo?” – chiese Hermione.
“Tra poco lo scoprirai. Reggiti.”
“So smaterializzarmi da sola.” – rispose lei stizzita.
“Me ne compiaccio.” – rispose Elthon, nascondendo abilmente lo stupore. – “Ma devi reggere una cosa per me.”
Quel giochetto non le piaceva per niente, ma non poté impedirsi di sgranare gli occhi quando si vide mettere in mano una boccetta di…
“Veritaserum.” – fece Elthon, confermando i sospetti di Hermione. – “Per la donna che chiami madre. Se hai riconosciuto il contenuto, saprai anche i suoi effetti.”
“Essendo la bocca l’organo principale di utilizzo, provoca ferite sulla lingua e tagli ai lati della bocca se si dice il falso. Questi tagli si rimarginano se la persona sottoposta al Veritaserum inizia a dire la verità.”
“Sei molto preparata.” – osservò Elthon.
Hermione prese la fiaschetta e si attaccò al braccio dell’uomo. Se credeva di rabbonirla con dei complimenti sulla sua competenza in materia di Pozioni, si sbagliava di grosso.
La tipica sensazione di risucchio le prese lo stomaco e chiuse gli occhi. Non era abituata a farsi smaterializzare da qualcun altro, motivo per il quale aveva chiuso gli occhi.
Li serrò ancora di più e si strinse al braccio dell’uomo, quando alcune poderose raffiche di vento la colpirono, quasi facendole perdere l’equilibrio. Fortuna che Elthon la prese in tempo, stringendola a sé. Quando riuscì a riaprirli sgranò gli occhi.
“Immagino tu sappia che posto sia questo.” – fece Elthon.
“Azkaban.” – fece Hermione, ancora sotto sopra. – “Che ci facciamo qui?”
Elthon l’avvolse nel suo mantello e la guardò. Com’era diventata bella la sua Hermione.
“Ascolterai la verità dall’unica persona di cui non dovresti fidarti.”
Fu tardi quando capì a chi si riferiva, anche se avrebbe dovuto arrivarci prima. Perché darle il Veritaserum, altrimenti?
Quando si rismaterializzarono, erano all’interno.
La ragazza sciolse l’abbraccio e si chinò sulle gambe per riprendere fiato e far sì che la testa smettesse di vorticare.
“Non avevi detto di essere in grado di smaterializzarti?”
“Da sola sì.” – specificò la ragazza.
“Vuoi dell’acqua?”
Quella premura ebbe, per lei, il sentore della presa in giro. Si rialzò e scosse la testa.
“No. Finiamo questa pagliacciata una volta per tutte.”




Non era mai stata ad Azkaban, non l’aveva mai vista dal promontorio da dove Elthon l’aveva fatta atterrare poco prima e non l’aveva mai vista all’interno. Era un luogo buio e sporco e non faticava a immaginarlo come il paradiso dei Dissennatori. Il suo sguardo saettava da una parte all’altra del corridoio, come se si aspettasse di dover evocare un Patronus da un momento all’altro. Elthon, invece, sembrava calmo, come se percorresse quei corridoi ogni giorno. Reggeva con entrambe le mani quell’ampollina che nel giro di qualche minuto avrebbe reso la sua vita un paradiso.
O un inferno.
Scesero qualche gradino e si ritrovarono davanti a una porta di legno massiccio. Bussò tre volte e la porta si aprì. Hermione era la sua ombra. Quel posto incuteva i brividi.
“Dov’è la prigioniera?”
“Sta per arrivare, signore. Ha fatto qualche… resistenza, ma l’abbiamo convinta.”
Tutta la paura di Hermione svanì in un attimo.
“Che le avete fatto?”
La guardia la guardò come fosse un moscerino.
“L’abbiamo convinta a uscire.”
“Che le avete fatto?” – urlò lei, sentendosi afferrare da due braccia forti. – “Lasciami! Lasciami!”
“Sta calma, calma!” – urlò Elthon.
“Se l’avete maltrattata, vi denuncio!”
La guardia rise di gusto. Era tempo che non vedeva una scenetta simile. In quel posto dimenticato da Merlino ogni diversivo era da prendere per buono. Per non parlare del suo capo, che se le sceglieva proprio bene.
La stizza di Hermione fu così tanta che si liberò dalla presa di Elthon e diede alla guardia un calcio nello stinco, facendolo uggiolare per il dolore.
“Puttana!” – urlò la guardia.
Elthon divenne rosso fuoco.
“Non ti faccio niente perché sei la puttanella del mio capo, altrimenti…” – il fiato gli morì in gola e se Elthon poteva aver raggiunto la massima tonalità di rosso esistente in natura, quella guardia lo aveva appena battuto.
Il calcio assestatogli da Hermione nel punto di massima sensibilità fece piegare l’uomo a terra senza l’emissione di un fiato.
“Sono la cosa di chi, io?” – chiese la riccia, prendendolo per i capelli.
La guardia non aveva il fiato da parlare, mentre aveva le mani costantemente infilate in mezzo alle gambe. Con malagrazia lo lasciò andare, mentre questo si rotolava sul pavimento per il dolore.
Quando Hermione si girò, vide lo sgomento sul volto di Elthon Preston.
“Se credi che mi faccia insultare dal primo troglodita che arriva, ti sbagli di grosso. Mamma!”
L’umore di Hermione cambiò repentinamente alla vista di Jean Granger.
“Hermione!” – la donna fece per correre dalla figlia, ma venne strattonata dalle guardie.
“Lasciatela! Le fate male!” – urlò la ragazza, correndo dalla donna e baciandole le guance.
Per Elthon fu un vero schiaffo in pieno viso, ma sperò che una volta confessata la verità, Hermione si convincesse che quella era solo un essere spregevole che meritava Azkaban e ben altro.
Le guardie non l’ascoltarono e la fecero sedere malamente su una sedia.
“Jean.”
Hermione lo guardò malissimo.
“Allora, hai pensato alla mia proposta?”
Che proposta?, pensò Hermione.
“Fottiti.”
“Deduco non l’abbia presa in considerazione.” – fece l’uomo, con mezzo sorriso.
“Mamma… cosa ti ha chiesto?” – volle sapere Hermione.
“Perché non lo chiedi a lui? Vediamo se ha il coraggio di dirtelo.” – rispose Jean.
“Vieni a parlare di coraggio a me? Tu?” – la schernì Elthon.
“Cosa le hai chiesto?” – chiese Hermione, girandosi verso Elthon.
“Semplicemente di lasciare a te il compito di giudicare la realtà dei fatti. Ovviamente, ha rifiutato. Credo abbia la coscienza sporca…”
“Mamma, senti. Dimmi come sono andate le cose e facciamola finita. Crederò a quello che mi dirai.”
Prima di parlare, Jean guardò Elthon, che la fissava imperturbabile.
“Ti ho trovata davanti alla porta di casa mia, un giorno.”
La mente di Hermione elaborò quell’“un giorno” come una specifica troppo generica. Una vera madre avrebbe ricordato il giorno, l’ora precisa e che tempo c’era.
Quello era il tipico caso in cui mente e cuore viaggiavano in direzioni diametralmente opposte.
E la sfera emozionale di Hermione preferì ignorarla.
“Eri avvolta in una copertina…”
Generalità. Nessun dato preciso, come il colore o se c’erano forme disegnate sulla coperta.
“… e continuavi a piangere. Ti ho raccolta e ti ho tenuta con me.”
Ti ho raccolta. Cos’era? Un pezzo di carta?
“Una bella storia Hermione, non trovi?” – chiese Elthon. – “Per una donna che non può avere figli, direi che è un buon racconto.”
“Smettila di istigarla!” – urlò Hermione.
Ma Elthon non l’ascoltò. Era deciso a concludere quella cosa quel giorno stesso. Hermione aveva avuto tre mesi di tempo per calmarsi e sbollire la faccenda, ma era ovvio che senza un aiuto esterno nulla si sarebbe smosso.
“Tu sai che lavoro faccio, Hermione? Dopotutto, non ci siamo mai parlati io e te.”
“Non lo so e non m’interessa!” – la riccia si girò e cercò di tamponare le ferite della madre come poteva.
La guardia si era rialzata a fatica, ma non aveva interrotto l’interrogatorio del suo capo, ma non escludeva di dare una bella lezione a fine giornata a quella ragazzina.
“E io te lo dico lo stesso.”
Hermione lo fulminò con lo sguardo.
“Sono il Capo degli Auror.”
La riccia si girò di scatto e sgranò gli occhi.
“E come tale, ho avuto a che fare con numerose adozioni più o meno lecite.”
Hermione avvertì un forte disagio alla bocca dello stomaco.
“E’ accaduto che chi non potesse prendersi cura di un bambino lo abbandonasse. Davanti a una chiesa, in un orfanotrofio o davanti a delle abitazioni. Questi ultimi erano i più difficili da gestire, perché una volta ritrovati i veri genitori, il distacco doveva avvenire.”
“Perché? Vi piace così tanto distruggere una famiglia?” – obiettò Hermione.
“No, Hermione, per nulla. È capitato anche che alcune di quelle famiglie, che un giorno si sono ritrovate sulla soglia di casa un bambino, non potessero avere figli. E ti posso garantire, Hermione, che le donne che si trovavano sull’uscio di casa quella che sarebbe diventata la loro unica ragione di vita, si ricordavano ogni singolo particolare.”
Voleva vomitare e la testa le girava.
Perché aveva mangiato a casa?
“Ricordano che forma avevano le nuvole, che aria c’era, di che colore era la copertina che avvolgeva il bambino…” – disse guardando Jean.
Doveva vomitare.
“Ricordano ogni istante di quel giorno in cui Merlino li ha resi finalmente una famiglia completa.”
Corse in un angolo e vomitò, appoggiando una mano alla parete e l’altra allo stomaco. La guardia gongolò nel vederla in quello stato, così imparava.
Jean guardò per un attimo la figlia e poi tornò a guardare quel maledetto.
“E tua madre? Cosa ricorda tua madre? Ricorda un giorno e una copertina. Doveva proprio essere stata una giornata di merda se non ricorda il giorno più bello della sua miserabile vita!” – concluse, fissando astiosamente la donna negli occhi.
Aveva fatto fuori tutta la colazione. Non era rimasto niente nello stomaco.

Lo sentiva.
La parte più intima di sé, quella che l’aveva sempre salvata dai pericoli, sentiva che sua madre stava mentendo e che Elthon aveva ragione e si chiese, se solo quel modo era riuscita a ferirla, cosa sarebbe successo sotto l’effetto della pozione della verità.
“Il fatto che non ricordi i particolari di quel giorno non significa niente, Elthon.”
Hermione sgranò gli occhi. L’aveva chiamato per nome! Gli occhi divennero lucidi; che fosse per lo sforzo del vomito o per quella situazione, non era importante.
Anche l’uomo se ne accorse.
“Oh, ora ti ricordi come mi chiamo?” – chiese, divertito.
Jean si rabbuiò per l’errore commesso.
“Me l’ha detto una guardia.” – inventò lei.
“Concesso.” – fece Preston, concedendole quel piccolo salvataggio. Inutile, tra l’altro.
“Non ricorderò quel giorno nei dettagli, ma so cosa prova mia figlia davanti a un libro, quando è nervosa si mangia le unghie, quando è contenta mi chiama sempre mamy, quando piange si tappa la bocca per non far uscire un gemito. Se sa di essere nel giusto alza il mento e ti guarda dritto negli occhi, se è nel torto, inizia a torturarsi le mani. Credo che siano questi i particolari più importanti, non credi? Particolari che tu non conosci.”
“Perché me li hai negati!” – urlò Preston, battendo un pugno sul tavolo.
Jean non fece una piega.

Hermione percepì quel pugno come se glielo avesse dato nello stomaco.
Era ancora piegata sul suo vomito, cercando di capire se poteva rialzarsi o se non era ancora finita.

“Se così fosse, come mai sono passati diciassette anni? Dove siete stati tu e tua moglie fino a questo momento? Possibile che tu, Capo degli Auror, non sia stato in grado di trovare una mezzosangue come me in poco tempo?”
“Come hai fatto a nasconderti non lo so, ma giuro che lo scoprirò, Jean e quando questo avverrà, perché ti garantisco che quel giorno arriverà, ti farò rimpiangere di essere nata.”
“Cosa ne penserebbe il Ministro Shacklebolt se ti sentisse parlare in questo modo?”
“Lascialo fuori da questa storia. E’ tra me e te!”
“Tra me e te non c’è niente, Elthon. Tu non volevi la bambina e l’hai data a me. E’ molto semplice.”

Se ne accorsero entrambi.
Ma prima che Elthon potesse dire qualcos’altro, Hermione lo precedette.
“Dalle la pozione.”
Elthon e Jean si girarono contemporaneamente verso Hermione. La ragazza, ancora piegata su se stessa, reggeva in mano la fialetta di Veritaserum, con il braccio teso e tremante verso l’uomo. Quando sentì la mano priva della boccetta, questa andò a cozzare contro la parete per sorreggere il peso di Hermione.
Si rialzò con fatica, mantenendo una postura eretta, anche se dentro si sentiva cadere lentamente a pezzi.
Non guardò mai in faccia la donna che per anni aveva chiamato madre.
Jean si rifiutò di bere il liquido della boccetta, ma con l’aiuto della guardia lo ingerì.
“Come ti chiami?”
“Jean Alexandra Smith in Granger.”
Nessun taglio.
“Hai una figlia?”
“Sì.”
“Come si chiama?”
“Hermione Jean Granger.”
Ancora nessun taglio.
“E’ la tua figlia biologica?”
“Sì.” – non urlò, ma del sangue aveva iniziato a colarle giù per il collo.
“L’hai portata via ai suoi veri genitori?”
“N-no…”
Le labbra si erano spaccate.
“Stai mentendo?”
“N-no…”
Era uscito un gemito gutturale. Si era tagliata la lingua. Tossì e sputò sangue.
“Jean Alexandra Smith in Granger, dichiari il vero, dicendo che trovasti Hermione sulla soglia di casa tua diciassette anni fa?”
“S-sì…”
“Hai mai…”
“Basta così.”
Hermione pose fine a quell’interrogatorio. Si girò con il volto paonazzo per lo sforzo di trattenere i conati di vomito e le lacrime. Sentiva la bocca impastata. Andò davanti alla donna e non vide altro che le sue ipotesi mentali farsi reali.
“Helmione… posso spiegale…” – fece la donna, con la bocca piagata.
Era stanca di piangere.
“Sembri il Conte Ugolino, Jean.”
Elthon abbassò lo sguardo su di lei. Sentì il macigno svanirgli dal petto. Forse l’avrebbe odiato più di prima, ma almeno adesso sapeva la verità.
“Helmione…”
“Solo la verità farà sparire quelle piaghe.” – disse Hermione, piatta. Il suo tumulto interiore era sparito, lasciando il posto a un placido nulla.
Jean scosse la testa.
“Come preferisci.” – si girò verso Elthon. – “Andiamo via.”
L’uomo tese un braccio in direzione dell’uscita. Hermione uscì, dando addio a una vita fatta di bugie.




Uscirono dalla cella, ignorando i latrati di Jean. Elthon chiuse la porta e con essi i lamenti della donna e l’attimo dopo Hermione poté accasciarsi contro una parete. Vi scivolò contro fino a sedersi a terra.
Ora quel posto non sembrava così minaccioso.
Elthon rimase in piedi a guardarla, poi prese posto vicino a lei.
“Vorrei tu sapessi che non sono felice per quello che è successo lì dentro.”
Hermione aveva gli occhi chiusi ed Elthon lo prese come un incitamento a continuare.
“Volevo sapessi con chi avevi vissuto fino a quest’estate.”
Non parlava. Non ne aveva la forza.
Elthon non seppe cos’altro dire. Aveva appena distrutto la vita di sua figlia ed era più che normale trincerarsi dietro il silenzio. Quanti ne aveva visti comportarsi così, ma ne era sempre rimasto fuori. Sapeva sempre cosa dire, ma non quella volta.
Ora toccava a lui essere dall’altra parte della barricata.
Nessuno dei due si mosse. D’un tratto, Hermione parlò.
“Volevo solo una vita normale…” – soffiò lei, come se le avessero tolto ogni energia.
Alcune lacrime le scesero dagli occhi. Era molto tentato di abbracciarla e dirle che ora sarebbe andata sempre bene, ma non ci riusciva. Gli sembrava un gesto così ipocrita.
La ragazza si morse il labbro inferiore per non piangere.

Elthon non sapeva che vita avesse condotto Hermione fino a quel momento. Non sapeva niente di Hogwarts, del suo rendimento scolastico, dei suoi amici o se aveva un fidanzato.
Ma una cosa l’aveva capita. Che fosse stato Capo degli Auror o semplicemente un padre a cui era stato strappato un figlio, Elthon Preston capì che sua figlia Hermione non era una ragazza comune, che doveva aver affrontato le avversità a testa alta, che le impedivano di piangere davanti alle persone.
Era forte, la sua Hermione.
E lo capì solo vedendola trattenere le lacrime.
Ma non c’era nulla di male nel piangere. Quante volte aveva pianto tra le braccia di Myra perché non riusciva a trovare la sua bambina? Quante volte aveva mescolato le sue lacrime con quelle della moglie perché non capiva chi avesse mai potuto far loro un simile torto?
Aveva pianto, Elthon, e il pianto lo aveva aiutato a buttare fuori tutto il dolore e a ricominciare daccapo. Si svuotava di tutta la negatività e ricominciava le ricerche.
Per questo la tirò a sé e l’abbracciò.
Fu felice di non sentirsi respinto. Anche se l’avesse preso per un attimo di debolezza momentaneo, Elthon non se la sarebbe presa.
“Voglio andare via da qua.” – disse Hermione, riuscendo a formulare una frase senza balbettare.
“Sì, andiamo via.” – si alzò e aiutò la ragazza, che gli crollò tra le braccia. Fece per prenderla in braccio, ma lei cercò di opporre una vana resistenza.
Alla fine si lasciò vincere.
La portò in braccio fino all’uscita e si smaterializzò a casa.









Note di me:
Info sul titolo del capitolo: credo sia scontato dire che fa riferimento al Conte Ugolino descritto da Dante nel canto XXXIII dell’Inferno, nono cerchio.
Spero di non aver defraudato il povero Dante (povero… se fosse vivo sai i soldi che avrebbe il signorino?…) o che non si stia rigirando nella tomba per il suo verso scippato.
Ho voluto intitolare così il capitolo per ovvie ragioni.
Ugolino ha tradito la città di Pisa, vendendola al caro Giovanni Visconti. Essendo un personaggio di spicco nella politica del tempo (Dio mio… spero di non star dicendo cazzate… ç_ç) ha usato la sua posizione per recare danno a chi gli stava intorno.
Jean Granger, in soldoni, non ha fatto niente di tanto diverso. Ha usato la sua posizione di madre, ruolo che non era suo, e ha plasmato Hermione a sua “immagine e somiglianza”, per parafrasare.
Come Ugolino solleva la bocca insanguinata dal suo “fiero pasto”, così Jean solleva il volto, dalle labbra letteralmente spaccate, pagando così la sua colpa.
Spero che il collegamento non sia così improbabile, ma quando ho immaginato la scena, mi è subito venuto alla mente il conte Ugolino.
Mi scuso con Dante per i copyright e per aver snaturato la sua opera.

Info sul capitolo: brutto quando si è convinti di essere il centro dell’universo per una persona per poi scoprire che erano solo apparenze, vero?
È quello che è successo a Hermione.
Adesso sa la verità.
Come reagirà?
Tirerà fuori le palle – metaforicamente parlando – o diventerà una “dolce e indifesa fanciulla”?
*Vi bacia tutte*
Ciao ciao!

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Capitolo 4
*** Prime spiegazioni ***


04 - Prime spiegazioni Oh, bene!
Salute a tutte e bentornate.
Ho apprezzato molto i vostri commenti, costruttivi e curiosi, categorie che amo entrambe. Come al solito, cercherò nelle risposte di essere il più esauriente possibile, senza però dire troppo, altrimenti, “ciao ciao storia!”
Dunque… ecco la verità. Jean ha rapito Hermione che aveva solo due giorni di vita, ma il percorso è ancora lungo e tortuoso e le sorprese non saranno finite qui.
Mi scuso ancora se questi primi capitoli sono noiosi. Io per prima li odio, ma avendo deciso di costruire una storia basata su un rapimento, mi sono necessari per spiegare gli stati d’animo dei personaggi principali, ovvero di Hermione, la rapita, e di Myra ed Elthon, i genitori di Hermione.
Una volta finita questa parte “pallosa” potremo passare ad argomenti più… chiari, magari tendenti al biondo platino.
^_____________________________________________^
Vi giuro che sto pestando per far arrivare quella parte il più in fretta possibile!
Ma portiamo pazienza, si dice così, no? Il problema è che io a furia di portarla, mi sono ingobbita, ma lasciamo perdere, va…
Prima di lasciarvi al capitolo, lasciate che vi risponda.

Witchmelanie: ciao cara, non ti preoccupare. Sono contenta di averti saputa stupire. Diciamo che la gravidanza non è nei suoi programmi. Già deve capire come fare per sistemare questa situazione, che la dolce attesa non è proprio contemplata.
Davvero lieta che l’idea ti sia piaciuta, ma tranquilla. Arriverà anche il momento in cui Hermione batterà cassa e allora… allora intanto aspettiamo insieme. Hihihi…
Per quanto riguarda la tua richiesta, posso solo dirti che la storia è finita e sono io a decidere dove fermarli, ovviamente cercando di troncarli in un punto di maggior suspence, giusto per farvi venire il collasso.
Sì, lo so… sono un genio…
Un bacio e buona lettura!

Kasumi_89: mia cara, avrai modo di amare Ginny ancora per un po’, poi… poi si vedrà. Vedi, in questa storia ho cercato di umanizzare i personaggi il più possibile. Mi spiego meglio: a volte leggiamo di come Hermione possa essere vendicativa o comprensiva, in ogni caso non c’è mai una via di mezzo. Ho cercato di immaginare me stessa nei panni di Hermione in certe situazioni e ho avuto certe reazioni che si potevano considerare “normali”. Hermione è un essere umano e come tale va trattato, così come gli altri personaggi della storia.
A parte Draco, che è una piccola divinità, ma in ogni storia ci sono le eccezioni che confermano la regola.
Per quanto riguarda Ron, lui è Ron e basta. Non so perché lo abbiano voluto così, ma io ce l’ho lasciato, e infatti i risultati si sono visti.
La vecchietta del ritratto, te lo dico subito, non è nessuno di importante. È solo un’antenata di Hermione che ha saputo del suo rapimento ed è contenta di trovarsela di nuovo a casa. Tutto qui. Era solo per evidenziare come anche a Preston Manor ci siano dei quadri che ritraggano personaggi come a Grimmauld Place, dove c’è la vecchia che continua a cornacchiare.
Per quanto riguarda tutto il resto, mi sa che dovrai pazientare, chiedendoti perdono fin da adesso per la noiosità dei capitoli, ma che come ho già detto all’inizio, mi sono indispensabili per giustificare certe scelte future.
Mando un bacio anche a te!

Andy blackshoot: hallo! Sono contenta che starai con me fino alla fine, e spero che non rimarrai delusa da certe scelte.
Intanto, ti auguro una buona lettura, sperando che il capitolo ti piaccia.

Laura malfoy: oh, ma scrivi recensioni per qualche giornale? O.o!
Guarda che roba! Oddio… allora, cominciamo dall’inizio e niente panico!!!
Punto nr. 1: grazie per aver deciso a priori di non criticarmi ^_^ lo apprezzo. Non so se ti è mai capitato di scrivere qualcosa, rileggerlo per vedere che non ci siano errori e correggere le eventuali discordanze? Ecco, io l’ho fatto per ben cinque volte. Alla sesta mi sono rifiutata!
Sono contenta di vedere che anche tu sei come me: anch’io preferisco star male piuttosto che stiano male gli altri, ma ci sono casi in cui vanno posti dei limiti e questo è uno di quelli.
Elthon E’ una persona buona e deve recuperare tanto con Hermione, solo che questa sua voglia di avere la figlia vicino il più a lungo possibile causerà non pochi danni… e qui non dico altro.
Draco è ancora ben lontano dalla verità, ma con calma… io non ho fretta. Tu?
Vedo che a te piacciono le scene di violenza (Ron, la guardia…) magari ti piace anche quella verbale? Perché se è così, ne troverai tanta in futuro, garantito!
Visto che vuoi il capitolo, ti accontento, ma ti avviso: siamo ancora in alto mare per quanto riguarda l’entrare nel vivo della storia. Questo sarà ancora un capitolo di transizione e poi… uuuuuuhhhh… preparati!!!
Bacioni, callistas!

Piccola pucci: ciao, concordo con te. Jean ha insegnato la via della verità a Hermione, ma le ha sempre e solo mentito da quando è nata. È un controsenso vivente, non trovi?
Mia cara, credo che tutti noi vorremmo una storia postata subito, ma mi spiace. Il mio animo Serpeverde me lo impedisce hahahahaha!
Ti prego di voler pazientare ancora un po’. Dal prossimo capitolo ci saranno i primi risvolti.
Non dico altro!
Bacioni, callistas.

HJ: eccoti accontentata, più che altro accontento me nell’abbreviare il tuo nick in questo modo. Comunque, adesso la verità è stata scoperta e Draco-bonazzo-Malfoy farà la sua apparizione più avanti, non temere. Dopotutto è una Dramione, no?
Per citare una famosa pubblicità… che mondo sarebbe senza Dramione?
Buona lettura, callistas.

Hermione59: sì, la verità è stata molto dura per Hermione, convinta di essere un tipo di persona fino a poco tempo prima e ora costretta a rivedere tutto quanto a causa di una stronza!!! Myra ed Elthon faranno tutto ciò che è in loro potere per avere un dialogo con Hermione, ma occorrerà tempo e pazienza. Dopotutto, sono degli estranei…
Comunque non ti preoccupare: le tue domande avranno risposta.
Piano piano...
Bacioni, callistas.

Tinotina: ciao stellina! Non ti preoccupare. Sono felice di poterti comunque vedere.
Spero che ti abbia stupito in bene e comunque il ruolo di Draco è stato marginale. Più avanti verrà il suo turno e vedrai che robe!
Un bacio e alla prossima!









VERITA’ NASCOSTE
PRIME SPIEGAZIONI

“… per questo, quando una trasfigurazione non viene eseguita nel pieno delle forze, si rischia di incorrere in qualche effetto collaterale. Bene ragazzi, la lezione è finita.”
Minerva McGranitt aveva dato una ripassata all’ultimo argomento dell’anno precedente, prima di passare al successivo.
“Per la settimana prossima, voglio un tema di quaranta centimetri sull’ultimo argomento affrontato con opinioni personali. Signor Potter, signor Weasley, fermatevi un attimo, per favore.”
Harry e Ron si guardarono e fecero dietro-front.
“Cosa c’è, professoressa?” – chiese Harry.
“Capisco perfettamente che l’assenza della signorina Granger sia motivo di discussione, ma non tollero che lo sia durante la mia ora di lezione.”
“Sì, ma…” – iniziò Harry, ignorando l’occhiataccia della donna. – “… non mi dica che è normale una cosa del genere! Da quando Hermione salta il primo giorno di scuola?”
“Comprendo perfettamente la vostra preoccupazione, ma se ne sta occupando il preside Silente. Spero la prossima volta di trovarvi più partecipi. Buona giornata.”
“Salve…” – fecero i due in coro.
Ron chiuse la porta e si avviò verso le serre con Harry.
“Non capisco perché tutti questi misteri.” – fece Harry. – “Se sanno qualcosa che ce lo dicano, no? Hermione è una testarda di prima categoria. Se ha un problema, farà di tutto pur di tenercene fuori, lo so! La conosco!”
Ron annuì, silenzioso.
“Dai, andiamo. Abbiamo la Sprite tra poco.” – fece Ron, tirando l’amico per un gomito.









“Padrona? L’ospite è arrivato.”
Myra si alzò dalla poltrona di scatto.
“Fallo accomodare immediatamente.”
L’elfo annuì e svanì.
Dovevano chiamarlo. Era l’unico che poteva aiutarli e che andava informato della situazione. Per intero.
“E’ permesso?”
Myra sollevò il capo e sorrise. Gli andò incontro e lo abbracciò.
“Professor Silente!”
Albus ricambiò la stretta con il suo solito sorriso. Si staccò e ammirò la bellissima donna che gli stava davanti.
“Myra… sono felice di rivederti. È passato molto tempo dal tuo diploma.”
“Sì, ne è passato troppo. Ma la prego, si accomodi.” – la donna lo invitò a prendere posto, tenendolo per mano. – “Elthon arriverà a breve. Gradisce del the?”
“Sì, ti ringrazio. Una tazza di the non si rifiuta mai.”
Dal nulla, apparvero due tazzine colme di the, la zuccheriera e i piattini. Ne bevvero un sorso ciascuno, pensando a come iniziare il discorso.
“Myra… cosa sta succedendo?” – chiese infine Albus.
“Mi perdoni, professore, ma ho bisogno che ci sia anche Elthon con noi. Pazienti ancora un attimo.”
Myra fu di parola. Un paio di minuti più tardi, fece la sua apparizione il padrone di casa.
“Albus! Che piacere rivederti!”
Il vecchio mago si alzò e andò ad abbracciare il suo vecchio studente.
“Ah, Elthon… che piacere rivedere anche te. Come stai?”
“Meglio Albus. Decisamente meglio. Ti prego, accomodati.”
Il vecchio tornò a sedersi e con la sua proverbiale pazienza aspettò che i suoi due vecchi studenti iniziassero a dirgli cos’era successo.
E cosa c’entrava in tutto quel pasticcio Hermione Granger.
Sorridendo sotto i baffi, vide Elthon prendere la mano di Myra. Quei due bricconi lo facevano sempre anche a scuola.
“Innanzi tutto, perdona la mia lettera sconclusionata. Temo tu non abbia capito molto…”
“In effetti, ho solo colto il nome di Hermione Granger. Posso chiedervi cosa c’entra lei in tutto questo?”
Elthon e Myra si guardarono con un sorriso malamente nascosto.
“Hermione è il perno fondamentale di questa storia, Albus. Lei… è la bambina che ci hanno portato via diciassette anni fa.”
Poche erano le cose che erano in grado di sorprendere Albus Silente. Dall’alto dei suoi centocinque anni, poteva dire di averne viste di tutti i colori, ma di certo non che Hermione Jean Granger, la mezzosangue, potesse essere la bambina di Myra ed Elthon Preston scomparsa il giorno della sua nascita.
“Raccontatemi tutto.”




Le priorità nella vita cambiano.
Prima c’era lo studio, il compiacere gli insegnanti, aiutare gli amici.
Ora c’era il capire se stessi. Cosa si voleva dalla vita e soprattutto se quella che stava conducendo in quei giorni poteva definirsi tale.
Dall’incontro con la donna che per anni aveva chiamato mamma, erano passati sette giorni e l’unica preoccupazione che Hermione aveva non erano gli esami di fine anno, bensì quale atteggiamento assumere nei confronti dei suoi veri genitori.
Dopo che erano tornati a casa, Elthon l’aveva smaterializzata direttamente in camera e l’aveva lasciata a riposare.
Fu la prima notte che dormì bene.
Dopo di quella, ne passarono altre sei e la ragazza stava lentamente riacquistando una cera migliore, dovuta per lo meno a un buon sonno ristoratore.
Il settimo giorno si svegliò a mattina inoltrata, fregandosene altamente di tutte quelle ore perse a poltrire. Quando aveva aperto gli occhi, non aveva impiegato il consueto secondo per capire dove fosse, cosa fosse successo o perché era successo.
Lo sapeva già, come se la sua mente, durante il sonno notturno, avesse lavorato senza sosta sugli avvenimenti di quei soli tre mesi.
Non chiudeva mai la finestra del tutto, prima di coricarsi.
Voglio far entrare la luce che per anni mi è stata negata.
Fu un pensiero che realizzò lei stessa. Le ossa le facevano male, perché nonostante quel letto fosse il più comodo sul quale avesse mai dormito, sentì il bisogno fisico di fare due passi.
Andò in bagno e si fece una doccia veloce e indossò una comoda tuta. Sarebbe di certo tornata a Hogwarts, ma prima doveva fare ordine nella sua testa.
La porta finestra che dava sul giardino aveva una scala. Fu sorpresa anche di quel fatto, ma forse, pensò, non più di tanto. Non era mai uscita sul balcone, quindi non poteva sapere com’era il mondo là fuori. Indossò una sciarpa e scese a fare due passi in giardino.




“Una settimana fa l’ho portata ad Azkaban.”
Gli occhi di Albus saettarono sullo sguardo avvilito di Myra.
“Quella donna ha continuato a mentire sfacciatamente.”
Era stanco, notò Albus. Aveva profonde occhiaie sul volto, la barba di tre giorni e i capelli spettinati. Sorrise nel pensare che una volta Elthon Preston non si sarebbe mai presentato ad anima viva o morta che fosse in quelle condizioni.
“Hermione deve averlo capito, perché lei stessa mi ha chiesto di somministrarle il Veritaserum che avevo preparato io stesso.”
Albus non cercò nemmeno di immaginare cos’avesse potuto provare la ragazza di fronte a una simile confessione. Forse adesso capiva perché quella donna non si era mai presentata ai colloqui con i professori e mandava sempre il marito: meno si faceva vedere nel mondo magico e meglio era.
“Nonostante la pozione ha mentito, pagandone però gli effetti collaterali.”
Myra guardò Elthon, cercando di immaginare come poteva essere stata la sua Hermione. Non lasciò mai la mano del marito.
“Ad un certo punto, Hermione ha voluto controllare da sola. Io credo che lei sapesse fin dall’inizio che stava mentendo, ma ha voluto vederlo di persona.”
Una lacrima sfuggì al controllo di Myra.
“La trattò come se fosse stata un’estranea, poi ce ne siamo andati. L’ultimo ricordo che ha Hermione di tutta questa vicenda sono i lamenti di quella donna mentre la porta della cella si chiudeva.”
Albus era frastornato dal racconto. Non avrebbe mai immaginato che la disperazione potesse portare a compiere simili atti.
“E Hermione? Come sta Hermione?” – chiese il mago.
“Il giorno successivo alla visita ad Azkaban, siamo riusciti a parlare con lei.” – fece Myra. – “Ci ha ascoltato per davvero. Ha molto giudizio quella ragazza.”
Albus sorrise. Nonostante la dura prova a cui era stata sottoposta, Hermione ne era uscita a testa alta. O così almeno voleva far credere.
“Quella donna…” – il suo nome era diventato tabù in quella casa. – “… le aveva detto che l’avevamo abbandonata perché era nata femmina, quando invece noi volevamo un maschio. Quando le dicemmo che aveva un fratello è rimasta senza parole.” – sorrise Myra, al ricordo. – “Le raccontammo ogni particolare, ogni dettaglio della vita che avevamo vissuto fino a qualche mese fa.”
Il vecchio mago prese a lisciarsi la barba come faceva ogni volta che doveva risolvere un grattacapo particolarmente ostico.
“Ieri sera, per la prima volta, è scesa a cenare con noi. Fummo noi a rimanere senza parole. Però Albus…” – fece Elthon, arrivando al punto che più gli interessava. – “… quello che noi non sappiamo è la sua vita. Dopo alcune ricerche siamo venuti a sapere che ha frequentato Hogwarts, ma non che vita ha condotto.” – al pensiero di averla avuta sempre sotto il naso, gli saliva una nausea incontrollabile e spesso si era ritrovato a chiedere che razza di Auror poteva essere per non aver riconosciuto prima sua figlia.
Albus si alzò e andò alla finestra per pensare. Con un sorriso scorse la figura di Hermione che si allontanava verso la foresta. Si girò con le braccia incrociate dietro la schiena.
“Hermione è la studentessa più brillante dopo Lily Evans, la madre di Harry Potter. È Caposcuola e non c’è giorno che non la si veda rinchiusa in biblioteca. Tuttavia…” – fece Albus, bloccando sul nascere un intervento di Myra. – “… credo debba essere lei a dirvi come ha vissuto la scuola. Se ha saputo ascoltarvi, allora saprà anche scegliere il momento giusto per parlarvi. Ora, scusate un momento.”
Myra ed Elthon guardarono Silente uscire in giardino, lo seguirono e si sentirono leggermente sollevati nel vedere Hermione camminare in mezzo al verde.
“Come credi che andrà a finire?” – chiese Myra, appoggiandosi alla spalla del marito.
Elthon le cinse la vita con un braccio.
“Lasciamo che Albus le parli. Magari riuscirà a toccare i tasti giusti.”

Nonostante avesse combattuto contro Tom Riddle, Albus Silente aveva comunque i suoi begli anni che pesavano sul groppone. Si smaterializzò dietro a Hermione che si accorse dell’arrivo di qualcuno.




Sembrava che un ramo si fosse spezzato.
Lo pensò per una frazione di secondo, perché poi ebbe l’illuminazione di capire la vera natura di quel rumore. Non si girò per vedere chi era.
Aveva gli occhi puntati sulla foresta, come se volesse entrarci per non uscirne mai più. C’era un leggero venticello che le scompigliava i capelli. Infossò il naso nella sciarpa.
“Scusa… ma non ho molta voglia di parlare adesso.”
“In tal caso, me ne torno da dove sono venuto.”
Hermione si girò di scatto, trovandosi davanti il primo volto amico dopo tanto tempo. Albus Silente le sorrideva gentile. Gli occhi le si riempirono involontariamente di lacrime per troppo tempo trattenute, corse dal suo preside e le lasciò libere. Lo abbracciò, infischiandosene della sua autorità: aveva bisogno di due braccia che conosceva, di un volto amico e di qualcuno che, dallo sguardo, doveva sapere già tutto.
Caddero insieme in ginocchio e Albus la lasciò sfogare. Le accarezzò i capelli nello stesso modo in cui accarezzava Fanny. Lo strinse forte, come se fosse il suo unico appiglio in quel mare di bugie in cui era affondata.
“Sta tranquilla, Hermione… andrà tutto bene.”
“Niente va bene!” – urlò lei tra le lacrime. Finalmente poteva sfogarsi.
Si staccò dal suo preside e lo guardò tutta arruffata.
“La mia… vi-vita è and-ata in pe-pezzi!”
“Non dire così, cara…”
Hermione prese fiato per parlare senza singhiozzare.
“E’ così. Ho… ho vissuto una vi… una vita di menzogne… e non so cosa… devo fare…” – ricominciò a piangere.
“Ti riferisci a qualcosa in particolare?”
Hermione lo guardò. Ma come faceva a capire sempre tutto quell’uomo?
“La mia vita cambierà, professore… inevitabilmente.”
“Lo dici come se fosse un male.”
“E non lo è?”
“I cambiamenti non sono sempre negativi, Hermione. Siamo noi a decidere che piega dare agli eventi.”
“Non… non voglio…”
“Cosa non vuoi?”
“Essere come loro.” – lo guardò, come se temesse da un momento all’altro di ricevere una sonora ramanzina.
“Intendi una purosangue?”
La ragazza annuì.
“Perché?”
“Loro… loro odiano…”
Silente rise e l’abbracciò.
“Mia cara… hai molte cose da imparare di questo mondo. Non tutti hanno questa inclinazione alla diversità del sangue.”
“Professore, rivoglio la mia vecchia vita.” – disse Hermione, pur capendo lei stessa per prima che era un modo per non affrontare quel cambiamento così drastico della sua vita. – “Non… non la voglio questa.”
“Cosa ti spaventa realmente, Hermione?”
“Gliel’ho detto: non voglio diventare come loro. Ho paura di cambiare, di cambiare verso Harry, verso coloro che sono… erano come me. Ho paura che mi si guardi in modo diverso, che mi si cerchi solo perché sono una purosangue. Non… non credo che reggerei i ritmi di questa vita.”
“Hermione, tu hai sempre avuto questa capacità di vedere lontano, di prevedere le reazioni degli altri, e quindi di prevenire le reazioni degli altri. Posso solo dirti che conosco Myra ed Elthon molto bene e se temi di dover fare una selezione delle tue amicizie, beh, sta tranquilla. Non accadrà. Se darai loro almeno la possibilità di farsi conoscere, sapranno stupirti.”
“Io… non me la sento di ricominciare tutto daccapo, professore. Servono energie che in questo momento non possiedo.”
“Oh, Hermione…” – fece Silente con il suo solito sorriso misterioso. – “… tu non hai la minima idea della forza che possiedi. Coraggio…” – si alzò e l’aiutò ad alzarsi. – “… rientriamo in casa.”
Si avviarono a piedi, giusto per avere ancora qualche attimo per parlare.
“Non so cosa devo dire…”
“Pretendi troppo da te stessa, Hermione. Vuoi risolvere i problemi subito. Serve tempo…”
“Quanto? Lei che sa sempre tutto, quanto mi ci vorrà per assorbire questa cosa?”
Lo stava supplicando.
“Il tempo necessario.”
Hermione capì che avrebbe dovuto risolvere da sola quella situazione.
L’immensa villa iniziò a diventare sempre più grande, fino a che non arrivarono a destinazione. La ragazza guardò il preside incoraggiarla con un sorriso a entrare e a iniziare ad affrontare la cosa.
Prese un enorme respiro ed entrò.

Myra ed Elthon stavano parlando di come poter mettere Hermione il più a suo agio possibile, quando la finestra si aprì. Si girarono e trattennero il respiro per quello che parve loro un’eternità. Sentiva la mano calda del suo preside sulla spalla per darle conforto, eppure per la prima volta la sentì pesante come un macigno.
Sembrava le dicesse “non deludermi”.
Una cosa che Hermione non avrebbe mai sopportato.
Nessuno dei presenti fiatò.
Le mani sudavano freddo e continuava a martoriarsele. Lo sguardo di Elthon cadde su di loro e gli venne in mente un particolare della conversazione avvenuta con Jean.

“Se sa di essere nel giusto alza il mento e ti guarda dritto negli occhi, se è nel torto inizia a torturarsi le mani. Credo che siano questi i particolari più importanti, non credi? Particolari che tu non conosci.”

No, non li conosco, pensò Elthon, prendendo la mano della moglie. Ma imparerò a conoscerli.
“Io…” – iniziò Hermione, notando come tutti, in special modo i suoi nuovi genitori pendessero dalle sue labbra. – “… devo andare.”
Corse verso le scale e cercò di raggiungere la sua camera il più in fretta possibile. Myra corse verso la figlia, aggrappandosi al corrimano. Nella sua breve corsa, aveva capito che non doveva forzarla, ma lasciarle il tempo di metabolizzare le cose.




Alla fine non ce l’aveva fatta.
Aprì la porta e se la chiuse alle spalle con un tonfo. Si buttò sul letto e ricominciò a piangere. Doveva dire qualcosa, qualcosa di stupido che poteva tradursi anche come la stupida richiesta di un succo di zucca, ma non c’era riuscita. Si era comportata da codarda con il suo preside presente.
Voleva sprofondare e non riemergere più.
Prendeva a pugni il materasso, dandosi più volte della stupida per quella dimostrazione di codardia. E per quanto si ripetesse nella testa e nel cuore che non le importava nulla di quello che pensavano quei due estranei là sotto, qualcosa le sussurrava che non era vero, che doveva importarle.
Perché loro erano i suoi genitori.

“Dovremmo andare da lei?” – chiese Myra, che non sapeva per quanto ancora avrebbe retto tutte quelle emozioni.
“Datele tempo.” – fu la risposta di Silente. – “Se la conosco bene, vorrà affrontare questa cosa il più in fretta possibile per non doverci pensare più. Fatele capire che le darete tutto il tempo che le serve.”
“Ma io…” – tentò Myra, fermata dal marito.
“Albus ha ragione, Myra. Hermione sta affrontando un cambiamento importante.”
La donna si arrese e annuì.
“Ora scusatemi, ma devo tornare a Hogwarts. Pensate di rimandare Hermione a scuola?”
“Certo, appena se la sentirà.”
Il vecchio sorrise.
“In tal caso, credo che sarà molto presto. Miei cari, è stato un piacere rivedervi.” – con un inchino, si smaterializzò a scuola, dove qualcuno stava causando non pochi problemi.









“Ho detto di no! Quest’anno ci sono i M.A.G.O. e non la farò uscire di qui se non per una valida ragione!”
Minerva-cerbero-McGranitt sembrava irremovibile.
“Professore, le dica qualcosa!” – fece il ragazzo, indicando la vice preside con un gesto eloquente della mano.
Minerva divenne una brace per l’insolenza con la quale quel ragazzino aveva detto a un altro docente, con la confidenza che si può dare solo a un amico, di intercedere per lui. Se non era per il fatto che era professoressa e vice preside gli avrebbe staccato la testa a suon di bacchettate.
“Albert, i M.A.G.O. sono importanti.” – disse Severus, con la sua solita flemma.
“Grazie mille, Severus.” – fece la donna, incrociando le braccia al seno.
Possibile che doveva intervenire un estraneo per confermare le sue parole? Cos’era? Non era più credibile senza l’ausilio di un esterno?
“Però vorrei sapere cosa ti spinge a fare una richiesta simile. A nemmeno dieci giorni dall’inizio della scuola, Albert.”
“Motivi familiari.” – rispose il ragazzo.
Minerva si appoggiò con le mani sulla scrivania di Albus. Sembrava uno di quei cani che hanno le zampe girate verso l’interno. Albert la guardò con sufficienza, come se non fosse necessaria la sua presenza. Quell’atteggiamento da spocchioso arrogante la mandò su tutte le furie. Una parola di troppo e di quel ragazzino sarebbero rimaste le stesse ceneri di Fanny quando rinasceva.
Con la differenza che lui sarebbe rimasto polvere.
“Oh, dovrai essere ben più esplicativo di così signorino, se vuoi avere la benché minima possibilità di mettere un mignolo fuori da questa scuola.”
Severus guardò Minerva e poi alzò gli occhi al cielo.
“Quello che Minerva vuole dire Albert è che…”
“Il ragazzo ha capito benissimo cosa volevo dire, Severus!” – abbaiò la donna. Le si vedevano perfino le canne della gola. – “Non serve che tu traduca ogni volta! La demenza senile non mi ha ancora colpita!”
“Buon per noi.” – rispose Severus.
Era arrivata al punto limite.
“Albert, è successo qualcosa a casa?”
“Sì, ma non posso dire niente. I miei mi hanno messo il veto.” – disse il ragazzo, azzerando le possibilità della docente di Trasfigurazione di sapere il motivo di quella richiesta.
In quel preciso istante, in cui Minerva stava per scagliare un Cruciatus, arrivò Albus.
“Albus!” – esclamò Minerva. – “Meno male che sei arrivato!”
“Cosa sta succedendo? Signor Preston, perché non è a lezione?” – chiese Silente, chiudendo la porta.
“Ero venuto per chiedere un permesso di uscita alla vice preside…” – disse, marcando il ruolo di Minerva che andò in escandescenza.
“Per te, signora vice preside.”
“… ma me lo ha negato. Non è che lei magari…”
Albus rise della sfacciataggine del ragazzo.
“Mio caro Albert, credo che non ci sarà bisogno di alcun permesso. Dovrai pazientare anche tu.”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
“Ma insomma!” – sbottò lui, facendo indignare la McGranitt per l’insolenza e ridere Severus per la sfacciataggine. – “Ci sono sviluppi a casa! Devo andarci!”
“Sì…” – annuì il preside. – “… ho potuto vedere personalmente gli sviluppi di cui parli.”
La mascella di Albert si sfracellò a terra.
“Lei… l’ha vista? Sta bene? Com’è? È alta o bassa? Di che colore ha i capelli?”
Albus rise, mentre sia Minerva che Severus avevano perso la loro postura, rimanendo allibiti da quello scambio di battute.
“Sì, sta bene e non si preoccupi. Tra poco la rivedrà. Ora mi perdoni, ma ho delle cose da sbrigare.”
“Ma…”
“Tutto a suo tempo, Albert.”
Il ragazzo sbuffò e uscì dalla porta, sbattendola.
Rimasero finalmente soli.
“Albus, cosa…” – tentò Minerva, ma la stanchezza che prese il sopravvento sul volto del preside la fece zittire.
“Chiama tutti i docenti, Minerva. Devo dirvi una cosa.”




“Che succede, Albus? Il tuo patronus era molto agitato.” – disse il professor Vitious, accomodandosi su una sedia.
Con un cenno della mano, Albus invitò tutti i presenti a sedersi.
“Scusate, ma era necessario che vi avessi qui nel minor tempo possibile. Vi ho chiamati per mettervi al corrente di una situazione che credevo ormai perduta.” – chiuse gli occhi per un attimo, per riordinare le idee.
Tutti i professori si guardarono sconcertati. Poche cose turbavano Albus e questa doveva essere veramente fenomenale se lo riduceva in quello stato e a mandare un patronus agitato. Inoltre, avevano dovuto sospendere le lezioni che stavano svolgendo, con sgomento da parte loro, con giubilo da parte degli studenti.
“Albus, per favore. Non tenerci sulle spine.” – fece Minerva, chinandosi su di lui.
“Non ve ne ho mai parlato, perché così mi era stato richiesto.”
“Albus…” – lo riprese Pomona, zittendosi a un’occhiataccia di Severus.
“Diciassette anni fa, al San Mungo, è avvenuto un rapimento.”
Un brusio si levò nella sala. I presenti iniziarono a scambiarsi opinioni confusamente.
“Silenzio! Silenzio!” – fece Severus. – “Fate finire di parlare il preside!”
Tutti, Minerva inclusa, si zittirono imbarazzati.
“Le autorità competenti erano state avvisate, gli Auror mandati a scandagliare i sotto suoli di Londra e il Primo Ministro a parlare con il ministro britannico per avere aiuto anche dai babbani. Ma della bambina nessuna traccia. Sembrava svanita nel nulla. Seguì un’indagine interna all’ospedale per capire com’era potuta accadere una cosa simile. I colpevoli, purtroppo, non sono mai stati trovati. Fino a tre mesi fa.”
“Continua…” – lo incitò Minerva.
“Immagino tutti conosciate o vi ricordiate di Elthon Jacob Preston e Myra Yvonne Sinclaire.”
Tutti annuirono. Erano stati studenti in quella scuola.
“E’ loro la figlia che è stata rapita diciassette anni fa.”









Hermione passava molto tempo nel giardino di Preston Manor, soprattutto in una zona un po’ appartata e fuori dalla portata visiva della villa. C’era un laghetto con dei cigni circondato da una ventina di alberi, che fungevano da barriera, in modo tale che chiunque avesse provato ad allungare il collo per vedere se c’era qualcuno, non avrebbe visto niente. Quel luogo le ispirava molta tranquillità e in quei momenti si sentiva ben disposta verso tutto e tutti.
Anche verso i Preston.
Si portava dalla sua camera una coperta da mettere a terra e passava intere giornate a leggere i libri che prendeva in prestito dalla biblioteca della villa. I flebili raggi del sole che filtravano dagli alberi avevano il potere di scaldarla, non solo fuori. La coperta che usava per coprirsi, invece, aveva il potere di mantenere quel calore su di lei, dentro di lei e in rare occasioni, farle sorgere spontaneo un sorriso.
Fu così che la trovò Elthon Preston, il pomeriggio del dodici di settembre.
“Buon pomeriggio.”
La ragazza si girò di scatto con la testa e visto il padrone di casa, si ricompose subito, mettendosi a sedere, con le gambe incrociate.
“Buon pomeriggio.” – rispose lei, cortesemente.
Hermione lo ammirò. Doveva essere appena tornato dal lavoro, perché indossava ancora la sua divisa di Auror, ma ciò che la diversificava da una divisa da Auror semplice, era la spilla che portava appesa sul petto.
La spilla del Capo degli Auror.
Fu in quel momento che rifletté sulla sua condizione.
Elthon e Myra erano Purosangue e al 99,99% erano finiti a Serpeverde. Il solo pensiero di dover cambiare casa la fece rabbrividire.
Quindi, com’era possibile che un Serpeverde potesse ricoprire una carica così importante? Erano davvero diversi come aveva sostenuto Silente pochi giorni prima?
Era così confusa… tutte le sue convinzioni erano state smantellate o si stavano apprestando a farlo. Cosa doveva fare?
“Ho forse qualcosa sulla divisa?” – chiese Elthon, guardandosi.
La ragazza scosse la testa.
“Eh?” – chiese, non molto elegantemente.
“Ho qualcosa sulla divisa? Continui a fissarla.”
Hermione arrossì e chinò il volto. Era già iniziata la fase delle figure di merda e non era stata avvisata?
“N-no, scusami. Non volevo sembrare maleducata.”
Fortuna che quel pomeriggio aveva deciso di lasciare sciolti i capelli, così poteva nascondere il suo viso, ormai scarlatto, dietro i capelli, che mai come in quel momento ringraziò fossero indomabili.
“Non ti preoccupare. Posso sedermi?”
Istintivamente, Hermione si spostò per farlo accomodare sulla sua coperta. Elthon le sorrise gentile e lei sorrise di riflesso.
“Grazie.” – non sapendo cosa dire, notò il libro messo da una parte. – “Umh, Othello. Scelta interessante.”
Hermione lo guardò, chiedendosi quale fosse la mossa migliore da fare. Ringraziare, e troncare così la discussione o chiedergli il motivo di quella domanda, e iniziare a conoscersi almeno un pochino?
Forse il motivo era quello ma Hermione non lo avrebbe voluto ammettere, non a così poca distanza dal trauma appena subito, e decise così di mascherare quella voglia di conoscenza con la più comune curiosità femminile.
“Perché?” – chiese lei.
“E’ un libro basato sull’inganno.” – fece Elthon, serio, ma con un leggero accenno di sorriso.
Hermione arrossì. Non lo aveva fatto apposta! Guardò il volume e lo allontanò leggermente da sé, come se la sua vicinanza potesse contaminarla e farla diventare una bugiarda come la donna che l’aveva rapita.
“Forse… forse non è stata una scelta saggia.” – fece lei, imbarazzata, mentre si congratulava con se stessa per l’intelligenza e la discrezione dimostrata.
“Al contrario.”
Il rossore sparì dal suo viso.
“Perché?”
Elthon prese il libro e lo aprì in una pagina qualunque.
“Sarebbe meglio se fossi furbo. L’onestà è una follia che manda in rovina quelli per cui lavora.” – citò Elthon. – “Uno dei miei aforismi preferiti.”
Othello era un’opera molto complessa, pensò Hermione, ma poco le serviva per capire che quella citazione poteva benissimo attaccarsi a ciò che stava accadendo nella sua vita, a ciò che le era successo. Forse era stato il suo inconscio a suggerirle quel libro.
“Scelta interessante.” – lo scimmiottò lei, causando in Elthon un sorriso compiaciuto. Abbassò lo sguardo, imbarazzata per ciò che stava succedendo.
Cadde il silenzio tra loro due, ma non era né pesante né fastidioso.
Si strinse nella coperta, perché un filo di vento si era insinuato nelle pieghe della sua felpa, facendola rabbrividire, poi, di nuovo, il caldo tornò ad avvolgerla.
E sorrise ancora.









L’ufficio di Albus Silente non era mai stato così silenzioso come in quel momento.
La storia che il preside aveva raccontato, aveva tenuto inchiodato alle cornici anche i presidi che lo avevano preceduto, facendo scendere un velo di sgomento comune.
“Tutta questa storia ha dell’incredibile.” – fu il commento esalato da una sgomenta Minerva McGranitt. Si era appoggiata allo schienale della sedia, come se fosse l’unico appiglio a disposizione. – “E lei come sta, adesso? Come l’ha presa?”
“Si riprenderà.” – fu la risposta di Albus, che però non aveva replicato alla domanda della donna.
“Farà ritorno a scuola?” – chiese Pomona, ancora sconvolta da tutte quelle rivelazioni.
“Credo di sì. Conoscendola, non lascerà incompiuto qualcosa.”
“Rimarrà nella casa che le è stata assegnata sette anni fa?” – chiese Vitious di punto in bianco.
“Certo che sì.” – fece Minerva, guardando male il docente, che si fece piccolo piccolo. – “Il fatto che si sia scoperto che è in realtà una maga purosangue non fa alcuna differenza. All’epoca il cappello l’ha smistata nella mia casa per le sue doti di coraggio e lealtà e ci rimarrà fino alla fine dell’anno!”
“Ma se avesse saputo fin da subito delle sue origini…” – s’intromise Piton, con la sua solita vocetta strascicata.
Minerva lo incenerì con lo sguardo.
“… sarebbe cambiato qualcosa?”
“Cosa intendi, Severus?” – chiese Albus, interessato alla questione.
“Voglio dire… la mia è comunque solo una supposizione… se la signorina Granger fosse cresciuta nella sua vera famiglia, gli insegnamenti di Myra ed Elthon Preston avrebbero influito sul suo desiderio della casa alla quale appartenere?”
Albus si lisciò la lunga barba.
“Effettivamente…”
Minerva stava per avere un travaso di bile.
“Albus! Non permetterai che…”
“Io credo che l’unica persona che può dare un giudizio in tal caso sia il Cappello Parlante. Lui solo ha la possibilità di leggere l’animo umano.”
Minerva non credette alle sue orecchie.
“Albus, ma… non puoi dire sul serio!”
“Ho avuto modo di scambiare qualche parola con la signorina Gr… Preston.” – si corresse Albus. – “Il suo mondo è stato rivoltato sotto sopra e di conseguenza anche le sue convinzioni. Se queste saranno rimaste immutate, non vedo il motivo che possa tenerla lontana da Grifondoro.”
Severus si aprì nella pallida imitazione di un sorriso, mentre Minerva collassò sulla sedia.
“Scriverò una lettera a Elthon, chiedendogli notizie. La riunione è finita signori.”
Lentamente, l’ufficio si svuotò, ma rimasero, oltre al preside, Minerva e Severus. Quando la porta fu chiusa, la docente di Trasfigurazione aggredì quello di Pozioni.
“A che gioco stai giocando, Severus?”
“Non capisco di cosa tu stia parlando, Minerva.”
“Non fare il finto tonto! Non hai mai potuto sopportare Hermione per la sua preparazione e ora te ne esci che essendo purosangue la vuoi nella tua casa?”
“Minerva, non credo che…” – tentò di dire Albus, interrotto dal primo sguardo astioso della donna.
“E tu! Come puoi credere che Hermione non rivedrà le sue idee? Certo che inizierà a vedere le cose da un’altra prospettiva!”
“Cosa ti spaventa di più, Minerva? Il fatto di vedere Hermione a Serpeverde o vedere finalmente un cambiamento tra quelle due case?”
Come sempre, Albus aveva l’innata capacità di ammutolirla.
“Credi sia sufficiente che cambi il cognome per farla accettare dai suoi studenti?” – chiese la donna, indicando Severus con l’indice.
“Hermione non ha mai cambiato cognome. Lei è una Preston, che abbia vissuto con un babbano o sotto un ponte, la sua natura è essere una Preston.” – disse Albus.
“D’accordo.” – fece Minerva, decidendo di portare la discussione al livello successivo. – “Ma rimane sempre la ragazzina che ha mandato in carcere molti genitori degli studenti di Serpeverde. In ogni caso, sarà una traditrice del suo sangue. E a questo punto, mi chiedo cosa sia peggio, se essere una mezzosangue o un purosangue traditore. Comunque sia la odieranno.”
“E se invece iniziassero a guardare oltre, Minerva?”
“Oltre cosa, Albus? A malapena riescono a vedere oltre il loro naso per non inciampare!”
Severus alzò un sopracciglio, per nulla contento di quella visione delle cose.
“E vieni a parlare che noi siamo quelli pieni di pregiudizi?” – osservò Severus.
Albus e Minerva lo guardarono di scatto.
“Non fare la parte della vittima Severus, non ti si addice!” – tuonò la donna. – “Avete sempre gettato prima voi il sasso del pregiudizio, ora non rigirarmi la frittata!”
“Forse temi che la tua casa perda punti, con l’assenza della signorina Preston?”
“Non osare, Severus!” – urlò Minerva, scatenando un’ondata di magia che mandò in frantumi alcune boccette.
Queste si ripararono senza che nessuno avesse fatto niente.
“Voglio che Hermione stia bene! Ha già subito un trauma, sapendo del suo vero passato. Non intendo di certo causargliene un altro facendola finire a Serpeverde!”
“Albus, vuoi dire qualcosa?”
Il vecchio mago aveva osservato silenziosamente le due fazioni, convenendo che entrambi avevano ragione. Hermione poteva essere la persona più qualificata per iniziare a gettare le basi per un ponte tra Serpeverde e Grifondoro, le due case che per eccellenza non riuscivano a convivere pacificamente, dall’altro era anche vero che la ragazza aveva dovuto affrontare un cambiamento non indifferente e forse un po’ di stabilità le era necessaria.
E poi non era detto che a Serpeverde non trovasse qualcuno che potesse starle vicino.
“Io penso che Hermione sia più che in grado di decidere cosa fare. Però non posso fare a meno di pensare che sarebbe un’occasione d’oro per far convivere pacificamente le vostre due case.”
Minerva sospirò pesantemente. Aveva capito che Albus aveva già preso la sua decisione.
“Spero solo che non ce ne dovremo pentire, Albus. Con permesso.” – uscì dalla porta, chiudendola silenziosamente alle sue spalle.
Rimasero solo i due uomini.
“Severus, il cambiamento in Hermione è tangibile.”
L’uomo annuì.
“Anche se non ne è pienamente cosciente, sta guardando il mondo che ha sempre detestato con un’altra ottica. Nel caso dovesse finire nella tua casa, ti prego… fa in modo che riesca a gettare quelle basi per le quali ti sei tanto battuto per me.”
“Come desideri, Albus.” – con un cenno del capo lo salutò e uscì.









Note di me:
Allora, finale interessante, vero?
Chissà cosa intendeva dire Albus e perché Severus se ne è uscito con quella battuta su Hermione? Mah… tante domande e tante le risposte che pioveranno.
Coraggio, dal prossimo capitolo l’ambientazione passerà a Hogwarts, sperando che gli sviluppi qui siano più di vostro gradimento.
Bacioni, callistas!

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Capitolo 5
*** La fine di un incubo, l'inizio di un sogno ***


05 - La fine di un incubo, l'inizio di un sogno Ciao a tutte!
Come prima cosa, voglio che sappiate che mi rendete molto felice con i vostri commenti, per lo più curiosi e attenti. Siete delle acute osservatrici e di questo mi compiaccio.
Dunque, abbiamo visto nel capitolo scorso come Silente abbia appreso della notizia di Hermione e che l’abbia comunicata al resto del corpo insegnanti.
Adesso, rimangono solo gli studenti di Hogwarts… hihihi…
*me malefica*
Ma prima di lasciarvi al solito capitolo, che se Merlino vuole facciamo andare avanti la storia, vorrei ringraziarvi e soddisfare le vostre curiosità, per quanto mi sarà possibile.

_araia: ehi! Welcome back, darling!
Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, comunque sì. La nostra cara Hermy (non sopporto questo diminutivo!!!) tornerà a scuola e avrà un incontro un po’ speciale.
Anzi due, no dai… diciamo uno e mezzo… o forse uno e un quarto? Boh, decidi tu quando lo vedrai.
Sì, Silente è sempre sibillino, come giustamente deve essere.
Però adesso non posso dirti di più, anche se mi piacerebbe rivelarti tutti i retroscena.
Grazie per aver recensito anche il terzo capitolo. Spero di poterti togliere qualche curiosità senza sbottonarmi troppo. Allora, Harry e Ginny non stanno ancora insieme, perché sono nella fase che io amo definire “Harmony”, hai presente quei libretti dove i due protagonisti fanno un tira e molla che alla fine stanca? Ecco, siamo lì. Più avanti verrà una svolta anche per loro.
Per la donna del quadro ti posso dire che no, non è la nonna di Hermione. I parenti verranno presentati più avanti.
E il caro Draco… - ma sei fissata con lui, per caso? ^^ - deve aspettare il suo turno, spiacente.
Sono contenta che la citazione ti sia piaciuta, quella di Dante, dico. Spero di non aver fatto un collegamento troppo debole, ma quando ho immaginato la scena della cella, mi è subito venuto in mente il conte Ughy.
Dai, adesso ti lascio leggere il capitolo nuovo, che spero ti piaccia.
P.S.: sto andando avanti con il seguito di Sex and the City. Conto di vederti anche lì quando lo posterò.
Superbaci!

Witchmelanie: ciao streghetta! Certo che posso tenerti sulle spine! Sono o non sono l’autrice di questo scritto? Sono o non sono bastarda? Sì per entrambe le risposte! ^^
Devo ammettere che la storia della casa ha fatto molto scalpore. Mi fa piacere che vi appassioni in questo modo. Comunque non ti preoccupare.
Ogni cosa a suo tempo.
Un bacio e buona lettura con il rientro a scuola di Hermione.
Callistas.

Zamby88: ciao! Sono contenta che il capitolo ti piaccia anche se so che può risultare statico, visto che non accade nulla di eclatante – ricordo che siamo ancora all’inizio. Mi fa piacere che ti sia unita alla schiera dei miei “fanz” – me sborona – se ti metti in coda, posso marchiarti l’avambraccio sinistro come mia nuova discepola…
HAHAHAHA!
Scherzavo, dai… è il destro!
Comunque, spero che anche questo nuovo capitolo ti possa piacere e invogliare a rimanermi accanto fino alla fine.
Bacioni, callistas.

Bluflame: grazie davvero! E io sono contenta di avere te come nuova lettrice e commentatrice. Hai letto la mia precedente fic? Sono contenta che ti sia piaciuta, anche se era in un ambito decisamente diverso e senza magia. Ti dirò… non sapevo se postarla o meno, ma mi dispiaceva lasciarla lì e così mi sono decisa. Grazie per averla letta.
Sai che sei la prima che mi dice di non voler saper nulla per non guastarsi la suspence? Grande! Così mi risparmi il supplizio di non poterti dare i dettagli della storia. Sai, io per prima vorrei spifferare tutto e subito, anche per via di certe idee che mi sono venute in mente durante la storia e che hanno lasciato me per prima sorpresa, ma non posso… sarebbe favoreggiamento!!!
Per ora, spero tu voglia goderti questo capitoletto e ringraziarti per il tuo “minimo sindacale” che rispetto a quello di altri è decisamente sotto la soglia!
Bacioni e buona lettura!

Kasumi_89: hallo! Visto come ti rigiro il vecchio Piton? E non è ancora finita qui! Aspetta di sapere perché vuole Hermione nella sua casa! Forse sarà una motivazione banale, ma io credo che a volte sia la più semplice. Oh, so che magari non avrai capito molto da questo mio contorsionistico pensiero, ma spero che quando arriverà il momento, tu ti possa ricordare di queste poche righe e convenire con me che certe volte – è il caso di dirlo – “l’apparenza inganna”.
Per Albert non posso dire niente, alias non confermo e non smentisco. Quando arriverà il momento dedurrai tu.
Sì, so che dipingere un Albus Silente che non sa qualcosa ha del paranormale, ma sai che ti dico? Il fatto che non fosse al corrente di tutto e di tutti com’è sua – fastidiosa – abitudine non è un fatto insolito. Silente è certamente un grande mago, ma non dimentichiamoci che è prima di tutto un uomo e anche se ha la bellezza di cento e passa anni – salute! – credo sia umanamente impossibile sapere tutto di tutti – anche se a volte farebbe comodo una cosa simile.
Beh, la questione della casa è top secret. No comment. Spero tu capisca.
Intanto, per calmarti l’ansia, leggiti il capitolo, sperando che ti piaccia.
Bacioni, callistas.

Andy blackshoot: beh, i miglioramenti sicuramente arriveranno, ma come ho già detto, per certe cose occorre tempo.
Sono contenta che le battute dei due professori ti siano piaciute. Ho sempre desiderato una McGranitt più umana e meno altezzosa, come mi sembra di vedere nei film.
Intanto ti auguro una buona lettura, sperando di trovare un tuo prossimo commento al prossimo capitolo.
Bacioni!

Hermione59: vero. Hermione è divisa a metà: da una parte ci sono Harry, Ron e Ginny e dall’altra i suoi genitori. Come al solito, vorrà compiacere tutti a discapito di se stessa, ma ce la farà? Ne sarà in grado?
Beh, se tieni conto del fatto che i Weasley sono purosangue, vedrai da sola che non sono tutti razzisti, anche se questo tipo di atteggiamento è da impartire agli insegnamenti dei genitori (uno a caso, Malfoy).
Però… l’idea del San Mungo non è malaccio… no, scherzo. Credo di avergliene fatte passare di tutti i colori a ‘sta povera ragazza che forse il reparto di psichiatria non le gioverebbe proprio.
Beh, più che le facce, descriverò gli atteggiamenti. Spero di aver fatto un buon lavoro.
Intanto grazie per il tuo commentone. Mi piace sempre leggere questi articoli di giornale! ^_^
Grazie e buona lettura!

HJ: sì, sì… mi è proprio comodo chiamarti così.
Dunque, premesso che mi fa piacere che la storia ti stia “acchiappando” così tanto, non posso fare commenti sulla casa di Hermione. Se è stata smistata a Grifondoro una ragione ci sarà, no? E poi hai ragione tu: ne devono succedere di cose prima di quella questione…
Concludo, dicendo che il mio film preferito è Pane, Dramione e fantasia!!!

Tinotina: oh, adesso ti riconosco!
Mi mancavano le tue recensioni da critico d’arte, ma andiamo in ordine. Sì, ho messo tante novità e tranquilla, me la sbroglio da sola. Infatti, adesso sto rivedendo per l’ennesimamente mila volta la storia, per evitare che ci siano incongruenze troppo evidenti o fastidiose quindi tranquilla. Coi problemi che IO ho creato, me la vedo IO.
Ti piace la novità del fratello? Sarà che io ne ho due e senza di loro mi sentirei sola e ho voluto dare a Hermione quella bella sensazione di avere accanto qualcuno che non sia necessariamente una madre o un padre.
Beh, per quanto riguarda il fratello, devo passare oltre. Verrà anche il turno di Albert di raccontare la sua storia e ti dirà tutto lui e tranquilla: non manca molto a questo punto della storia, almeno così un quesito si sarà risolto.
Mi sembra di capire che la questione della casa di Hermione prema molto, ma che avete tutte? Solo perché a Serpeverde c’è Draco e la mia è una Dramione non significa necessariamente che la ragazza debba cambiare bandiera!
Mah…
Sì, decisamente ho capito che parteggi per la Mc, ma vedremo più avanti come si evolverà la faccenda.
Sono contenta di averti rallegrato la giornata. Per me è fonte di immensa gioia sapere che i miei scritti allietano le giornate di persone come te.
Non c’è nulla di più bello che leggere!
A questo proposito, buona lettura!

Piccola pucci: no tesoro, non sono malefica.
Sono STRONZA! Ooooooooohhhhhhhhhhhhh! Chiamiamo le cose con il loro nome! Sono una maledetta stronza! e me ne vanto!
HAHAHAHAHAHA!
Ma tornando seri…
*si ricompone*
… tra non molto, Albert racconterà ciò che è successo a qualcuno e allora ti verranno svelati i tuoi dubbi o almeno, quello che riguarda Albert. Quella di Jean è stato un mero tentativo di salvarsi in extremis, o di arrampicarsi sugli specchi, come preferisci.+
Silente si è dimostrato un uomo, perché sono dell’idea che al mondo nessuno è perfetto, magia o meno. Ritengo che essere perfetti comporti una vita alla lunga stancante, perché si deve fare sempre la cosa giusta, accontentare tutti, prevenire le reazioni degli altri… quando magari una vita vissuta all’insegna del “cercare” di raggiungere la perfezione è meglio, perché devi sempre migliorarti.
Mi spiace farti aspettare così tanto, ma consolati. Adesso potrai leggerti il tuo capitolo in santa pace!
Anche al tuo ultimo quesito, Albert e Hermione ti sapranno rispondere esaurientemente.
Bacioni!

Laura malfoy: ok, nessun giornale, ma stai studiando per diventarne una, vero?
Elthon è un personaggio che mi piace molto. Ho cercato di umanizzarlo il più possibile, nonostante il suo essere Capo degli Auror. Anche lui come Silente, in primis, è un uomo e lui è un uomo a cui hanno portato via la figlia e che ha vissuto senza di lei per ben diciassette anni. Certo, vorrebbe poter tornare indietro nel tempo, ma sa che farebbe prima a cercare di costruire qualcosa nel futuro. Per questo ha detto che “imparerà a conoscere” i gesti della figlia.
Hermione è un personaggio a sé stante. È attorno a lei che gira la faccenda, non dimentichiamolo e poi… soprattutto perché è Hermione.
Sono contenta che Minerva ti sia piaciuta e anch’io ho immaginato il naso di Piton. Non so se ti ricordi nel film di “Harry Potter e il prigioniero di Azkaban” dove Piton becca Harry con la Mappa del Malandrino e Piton gli ordina di leggere cosa c’era scritto. Ad un tratto, dopo aver elencato i soprannomi dei Malandrini, ha detto “… e lo invitano a tenere la sua lunga appendice fuori dagli affari altrui”. Ho pensato subito a quella scena e pure io mi sono messa a ridere quando la scrivevo!
Sono piacevolmente colpita dal fatto che ti piaccia la violenza, perché qui ce ne sarà parecchia. Forse non tutta fisica, ma tanta di quella verbale.
Grazie per la tua recensione. Ti lascio leggere il capitolo in santa pace, sperando che ti piaccia.









VERITA’ NASCOSTE
LA FINE DI UN INCUBO, L’INIZIO DI UN SOGNO

Era incredibile come lo stato d’animo di Hermione fosse soggetto a drastici cambiamenti d’umore. Dopo aver parlato con Elthon era tornata in camera sua, seguita dall’uomo, che l’aveva poi lasciata andare. Una volta entrata, si era buttata sul letto a pancia in giù e, senza nemmeno rendersene conto, aveva iniziato a piangere. Aveva cercato di soffocare il pianto, ma non c’era riuscita.
Nonostante l’odio che provava verso Jean Granger e il suo orribile atto, non poteva non sentirsi in colpa per come si stavano combinando le cose. Aveva passato un bel pomeriggio con Elthon nonostante non avessero parlato molto, ma poi il suo pensiero era andato a Jean e le sembrò in un certo senso di tradirla. Dopotutto, aveva passato con lei gli anni più importanti della sua vita e provare ancora una sorta di attaccamento filiale nei suoi confronti era quasi normale e comprensibile.
Merlino!, non faceva altro che piangere!

Erano trascorsi altri sei giorni da quando aveva parlato con Silente. Si sentiva immensamente sciocca a comportarsi in quel modo, pur sapendo che così non avrebbe concluso niente, ma non riusciva a smettere.
Myra ed Elthon, doveva riconoscerlo, erano stati cortesi nel concederle tutto quel tempo. In quei momenti, riusciva a perfino ad accantonare il proprio dolore e provare a immaginare come si erano potuti sentire loro quando avevano scoperto che lei era stata rapita, ma subito dopo si chiedeva, se loro riuscivano a capire come si sentiva lei a essere stata strappata alla sua vita, alle sue certezze.
Era un cane che si mordeva la coda.
Silente diceva che col tempo tutto quel dolore si sarebbe lenito.
Per la prima volta, dubitava delle parole dell’uomo che più stimava al mondo.
Ripensò a Harry, Ginny, Ron e a tutti gli altri. Si chiese come stavano, se la pensavano, se si erano chiesti che fine avesse fatto.
Doveva dare una svegliata a tutto quel torpore, non poteva andare avanti in quel modo. Si alzò da quella che temeva potesse diventare la sua più che prossima tomba e andò in bagno a sciacquarsi il viso.
Non sapeva ancora cos’avrebbe detto, ma l’importante era svegliarsi.
In un modo o nell’altro.




“Myra, mangia qualcosa, ti prego.”
“Non mi va…” – disse lei, con voce bassissima.
Elthon sospirò e avanzò il suo arrosto. Le mise una mano sulla sua e gliel’accarezzò.
Un elfo arrivò subito e sparecchiò la tavola, capendo al volo che non era aria.
“Forse non abbiamo gestito bene la cosa, Elthon.” – disse la donna, diplomatica nonostante la situazione. – “Forse… forse dovevamo andare più lentamente e darle modo di assorbire la notizia con più calma.”
Gli si strinse il cuore.
“Forse se le avessimo spiegato la situazione con altre parole si sarebbe convinta di più…” – lo guardò supplice e Elthon le sorrise amaramente.
Che glielo avessero detto in un modo o nell’altro poco sarebbe cambiato: la separazione sarebbe avvenuta lo stesso.
“E cosa sarebbe cambiato, amore?”
La donna iniziò a piangere in silenzio.
“Ci avrebbe odiato in qualsiasi caso.”
Aveva toccato il cielo con un dito quel pomeriggio di due giorni prima. Era riuscito a parlare con sua figlia con serenità, anche se forse una tale calma da parte sua era da ritenere sospetta. Poi tutto era tornato come prima, o quasi.
C’erano molti silenzi, spesso pesanti, con il risultato che per spezzarli, ognuno doveva tornare a farsi gli affari propri. Non era così che voleva che andassero le cose, ma cosa poteva fare per farle andare diversamente?
“Credo che parlare di odio sia fuori luogo.” – disse una voce.

Aveva percorso con maggior sicurezza quel corridoio e aveva sceso abbastanza velocemente le scale, quasi temendo di avere dei ripensamenti. Ma arrivata alla sala da pranzo si fermò e si nascose dietro il muro, origliando.
E li aveva sentiti.
Era sempre stata brava a percepire gli stati d’animo delle persone attraverso la loro voce, per questo, Ginny non l’aveva mai facile con lei. Poteva sorridere con le labbra e con gli occhi, ma la sua voce la tradiva sempre.
La voce di Myra, infatti, era un sussurro appena udibile, tanto che in certi punti dovette strizzare gli occhi per concentrasi al massimo.
Poi, smise di ascoltare i Preston e ascoltò se stessa.
Appoggiò la testa contro la parete e cercò di capire quale fosse la cosa giusta da fare, martoriandosi nel frattempo le mani.
No, non li odiava, solo… solo che non sapeva, non capiva, se loro riuscivano a mettersi nei suoi panni. Rapire un figlio a un genitore era un atto da Azkaban, lo sapeva perfettamente. In casi normali non avrebbe esitato a punire il colpevole nel nome della giustizia ma ora che era capitato a lei, si sentiva divisa a metà.
Dalla visita a Jean alla prigione erano passati ormai più di dieci giorni e ricordava perfettamente come si era sentita. Una donna che non può avere figli, come disse giustamente Elthon, ricorderebbe ogni particolare, anche il più stupido, del giorno in cui ha trovato sull’uscio di casa un bambino abbandonato ma Jean, lo disse lei stessa, ricordava un giorno e una copertina.
La odiava, ma allo stesso tempo le voleva ancora bene.
E sentiva di provare qualcosa anche verso quelle due persone. Era prematuro parlare di amore filiale, ma forse si poteva parlare di rispetto verso il loro dolore.
Prima di palesare la sua presenza, sperò che quei due signori rispettassero il suo.

Myra ed Elthon si girarono di scatto verso la porta, trovandovi Hermione. Si alzarono di scatto in piedi.
“Er… ciao… come… come stai?” – chiese Elthon. Non si era decisamente aspettato di trovarsela lì davanti.
“Posso entrare?” – chiese lei.
“Certo! È… è casa tua!” – rispose Myra con enfasi.
Sentì Elthon stringerle la mano in una morsa letale e si morse la lingua. Forse metterla di fronte alla realtà dei fatti in quel modo così diretto non era la via giusta per arrivare a lei.
Hermione sospirò e iniziò a guardarsi intorno. Cadde un silenzio così pesante che sembrava pesare sulle spalle.
“Sì…” – fece Hermione, alla fine. – “… suppongo di dover iniziare considerarla come tale.”
I cuori dei coniugi Preston iniziarono a battere furiosamente.
“Io…”
“Vuoi sederti?”
Hermione sorrise debolmente e negò con un cenno della testa.
“No, grazie. Ho… ho bisogno di stare in piedi un po’.”
Elthon tirò a sé la donna, per sostenerla.
Per sostenersi.
Le gambe minacciavano di non reggerlo più.
La ragazza entrò nella sala da pranzo e il confronto con quella in chi aveva vissuto da bambina fu inevitabile. Gli occhi le divennero lucidi nell’arco di un secondo.
“Ho…” – portò due dita alla gola per fermarne il tremolio. – “… sinceramente non so cosa devo fare. Ho provato tante volte a chiedermi cosa potevate aver provato quando sono stata portata via da voi e ho sempre immaginato che dovevate aver sofferto tanto.” – si sentì infinitamente stupida per aver detto una cosa così scontata. Certo che dovevano aver sofferto! Erano due genitori che avevano appena scoperto che la loro figlia era scomparsa! Come avrebbero dovuto sentirsi?
Myra si portò una mano davanti alla bocca per sopprimere i singulti. Hermione le sorrise: lei faceva la stessa identica cosa.
Fu un pensiero fugace, ma l’aiutò a pensare che forse non erano poi così lontani come lei pensava.
“Ma… mi chiedo se, però voi capite quello che sto passando io. Siete entrati… con irruenza nella mia vita…”
Elthon abbassò lo sguardo, ripensando alle parole della moglie e al modo in cui la situazione era stata gestita, ma si sa: l’impazienza fa commettere errori.
“… l’avete fatta in mille pezzi…”
A Myra scappò un singhiozzo.
“… e…” – anche Hermione era sull’orlo delle lacrime. – “… e nonostante questo mi… mi si chiede di fare la cosa giusta. Ma non so qual è!” – disse, lasciandosi andare a un pianto disperato.
Myra abbandonò la mano del marito per correre da sua figlia. L’abbracciò forte, ispirando il suo profumo e saggiando la consistenza dei suoi capelli. Anche sua madre, Elaine Sandrine Sinclaire, la nonna materna di Hermione, aveva sempre avuto quei capelli ribelli, ribelli come il suo carattere.
Hermione l’abbracciò d’istinto. Era stanca di sentirsi sola e, mentre scendeva le scale, si chiese se magari non potesse dividere e condividere quella solitudine che sentiva pesare nel cuore. Magari avrebbe fatto anche meno male. La ragazza andò ad appoggiare il mento sulla spalla della donna e lo sguardo le cadde su… suo padre.
Lo vide in disparte, come un essere a se stante, e la cosa non le fece piacere. Sembrava chiederle – implorarle – con lo sguardo un briciolo di quell’abbraccio che stava dando a sua moglie. Si staccò dalla madre, con dolcezza, e andò dritta verso di lui.
E lo abbracciò.
Elthon chiuse le braccia attorno alla vita di sua figlia. La sollevò da terra di qualche centimetro, dovendo però fare violenza su se stesso per non spezzarle la spina dorsale.
Non era pronta per chiamarli mamma e papà, ma forse era pronta per conoscerli.




Qualche minuto più tardi, quando ogni lacrima fu asciugata, i tre si ritrovarono in salotto, di fronte al caminetto.
Stavano comunicando.
“Ti voglio mostrare una cosa, Hermione.” – disse Myra, alzandosi dal divano.
Andò verso uno scrittoio e tirò un cassetto, estraendo quella che di primo acchito le sembrò una fotografia. La ragazza la prese in mano e capì di essere lei.
“Sono io?” – chiese Hermione, accarezzandosi.
Nella foto, Myra stringeva un frugoletto dormiente in una copertina rosa con i coniglietti bianchi. Sorrideva all’obiettivo, ignara che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto e toccato sua figlia.
“Eri appena nata. Io non volevo che tuo padre scattasse fotografie, perché ero inguardabile.”
Hermione non lo avrebbe mai detto a voce alta ma Myra non era mai stata bella come in quella foto.
“Ma l’ha fatto lo stesso, prendendomi di sorpresa. Col senno di poi, sono felice che l’abbia fatto, altrimenti il dolore della tua perdita mi avrebbe fatto uscire di senno, portandomi a credere che eri stata solo frutto della mia fantasia, che non eri mai nata.”
Hermione stava in mezzo a loro, con addosso una coperta lilla.
“Posso chiederti che nome avevate scelto per me?” – chiese Hermione.
Non seppe dire cosa l’avesse spinta a fare quella domanda, ma voleva sapere che nome le avrebbero dato i suoi genitori.
“Hermione Eloise Elaine Preston.” – rispose Elthon. – “Sono i nomi delle tue nonne.”
“Sono dei bei nomi.” – disse Hermione.
Elthon si scambiò uno sguardo carico di emozione con la moglie. Myra riprese la fotografia che la ritraeva con la piccola Hermione e se la mise in grembo.
“Io… vorrei tornare a scuola.” – disse Hermione, sperando di non aver rotto quel bel momento.
“Certo, è giusto.” – fece Elthon. – “Lo studio è importante, anche se credo che un po’ di normalità non ti faccia male.”
Hermione gli sorrise, imbarazzata che avesse capito subito le sue vere intenzioni.
“Bene!” – fece Elthon, alzandosi in piedi. – “Andiamo a preparare le valige, allora.”
Hermione scese velocemente dal divano, lasciando indietro una malinconica Myra. Aveva appena ritrovato la figlia e ora se ne doveva separare subito.
“Tu non vieni?” – chiese Hermione che, notata la faccia della donna, temette di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato.
Myra le sorrise e si alzò.
“Certo, andiamo.”
I tre si avviarono verso la camera di Hermione per preparare i bagagli.

L’armadio, riempito solo pochi mesi prima di tutto ciò che la squadra di Elthon aveva trovato a casa Granger, venne di nuovo svuotato e sistemato accuratamente nel baule di Hermione, con l’apposito incantesimo, affinché ci stesse tutto dentro.
Mentre Myra faceva avanti e indietro dall’armadio al baule, a Hermione si accese una lampadina solo in quel momento.
“C’è un ragazzo a scuola…”
“Nome, cognome, età e albero genealogico!” – fece Elthon, lasciando sgomento Hermione.
“Elthon!” – fece Myra, imbarazzata. – “Scusalo… deformazione professionale.” – e gli ringhiò contro. Peccato non avesse niente di abbastanza pesante da tirargli dietro.
Avevano fatto una fatica enorme a riuscire ad avere un dialogo decente con Hermione e non era il caso di rovinarlo con stupide gelosie.
L’uomo si ricompose, mentre una deliziosa strisciolina rossastra gli colorò le guance, come nei cartoni animati.
“B-beh… s-si chiama Preston… Albert Preston e… e mi chiedevo se… alla luce dei fatti lui…”
Il sorriso di Myra ed Elthon – che si era ripreso – fu la risposta di Hermione.
“Sì, Albert è tuo fratello. Hai avuto modo di parlargli?”
Hermione abbassò lo sguardo sulla maglietta che aveva in mano.
“A dir la verità no. Lui è di Serpeverde e… tra la sua e la mia casa non corre molto buon sangue… se capite quello che intendo.”
“Oh, capiamo perfettamente.” – fece Elthon.
“Ti ha presa in giro?” – chiese invece Myra, mentre Elthon si faceva serio.
“No, no anzi, ha sempre evitato di farlo. Non che intervenisse in mia difesa, ma almeno non dovevo difendermi anche da lui.”
La sistemazione delle valige terminò dopo quindici minuti circa. Erano arrivate le sette e mezzo ed era ora di cena. Hermione aveva una fame terribile, dovuta al fatto di sentirsi decisamente meglio, se non a livello emozionale, ma a quello fisico. Prima di sedersi a tavola, Elthon si assentò cinque minuti per fare una cosa e lasciò da sole le due donne.
“Non… non sapendo cosa ti piace, ho detto agli elfi di preparare un po’ di tutto.”
Hermione sentì di poter mangiare tutto quello che era stato servito in tavola.
“Non… non ho nessun problema. Mangio di tutto.”
Myra ne fu felice e si accomodarono al tavolo, in attesa del padrone di casa che stava scrivendo una breve lettera. Comunicò il nome del destinatario al gufo che volò via.
“Eccomi qui, scusate. Iniziamo la cena?”
Cenarono in tranquillità, continuando a chiacchierare di argomenti leggeri.









Anche a Hogwarts era ora di cena ed era insolito ricevere posta a quell’ora del giorno. Perfino i professori si stupirono di quel gufo solitario che era planato nella Sala Grande, ma quando videro a chi stava andando incontro, capirono che forse qualcosa si stava muovendo.
“Ehi, chi ti scrive a quest’ora?” – chiese Blaise, facendo ondeggiare la sua forchetta.
Draco si spostò prima di vedere il suo occhio attaccato ai rebbi della forchetta.
Albert aveva trattenuto il fiato per tutta la lettura. Erano poche righe, ma per lui significavano tutto.

Caro Albert,
domani tua sorella farà ritorno a scuola. Prenderà l’Espresso delle 8 e sarà a scuola verso l’ora di pranzo. Abbine cura, te la affidiamo fino al ritorno per le vacanze natalizie.

Con affetto,
tuo padre.

Senza dire niente a Blaise, che stava morendo dalla curiosità, si alzò dal tavolo e andò dritto a quello dei professori. Confabulò con il preside per qualche minuto e ringraziò con un inchino, segno che aveva ottenuto quello che aveva chiesto.
Tornò al suo posto e mangiò con gusto.
“Allora? Che succede?”
Era risaputo che Blaise era un curioso di prima categoria e, anche se gli dispiaceva un po’, non aveva mai detto ad anima viva cos’era successo alla sua famiglia. Non che non si fidasse di lui o del gruppetto che lo aveva accolto senza fare tante domande, ma il dolore che provava per quella separazione forzata era talmente forte che a volte aveva il potere di mozzargli il respiro in gola.
“Domani devo conoscere una persona.”
Blaise fu tentato di chiedergli chi fosse, ma rinunciò quando Albert chinò il volto sul piatto e ricominciò a mangiare come un automa.
Blaise e Draco si guardarono un attimo, chiedendosi cos’avesse il loro amico da qualche giorno a quella parte.




Quella notte, né Albert né Hermione dormirono un secondo.
Hermione si era congedata verso le dieci e mezzo, anche se non percepiva nessuno stimolo per dormire. Passò l’intera nottata a guardare fuori dalla vetrata, fantasticando sulla giornata di domani. Avrebbe conosciuto suo fratello per davvero, anche se da parte della ragazza c’erano molte paure e altrettanti dubbi sulla reazione del ragazzo.
Sarebbe cambiato o si sarebbe schifato nell’avere una sorella Grifondoro?
Sentiva che lo sconforto si stava per reimpossessare di lei e lo scacciò con un sospiro.
L’indomani lo avrebbe scoperto da sola.









Alle otto in punto, Albert si ritrovò fuori dal cancello di Hogwarts. Gli venne accordato un permesso speciale per saltare le lezioni, vista la particolare condizione in cui la sua famiglia versava da ben diciassette anni, ma soprattutto per il fatto che Silente era sicuro che non avrebbe ascoltato nemmeno mezza acca dei loro discorsi.
Era il quindici di settembre e avrebbe ricordato quella data come la più importante di tutta la sua vita: finalmente avrebbe riabbracciato sua sorella.
Continuava ad allungare la testa per vedere se riusciva a scorgere la sagoma di una carrozza, anche se era ben consapevole che sarebbe arrivata solo verso mezzogiorno.
L’aria, a quell’ora del mattino, era particolarmente fredda e il ragazzo si maledisse in mille lingue per non aver indossato la sciarpa.

Aveva passato la notte a fare avanti e indietro per la stanza. Fortuna che Blaise, Draco e Theo avevano il sonno pesante, perché altrimenti li avrebbe svegliati e non era particolarmente incline a morire per aver interrotto il sonno di bellezza di Blaise, il vanitoso.
Aveva pensato a come poteva essere diventata sua sorella in quegli anni. Si ritrovò automaticamente a odiare quella donna che l’aveva portata via ai suoi genitori.
A lui.
Crescendo, aveva iniziato a capire che i suoi genitori non stavano bene. Trovava spesso sua madre con lo sguardo perso nel vuoto, suo padre che era sempre via per lavoro e lui che non capiva cosa stesse succedendo.
Aveva da poco compiuto nove anni e sebbene gli sembrasse che i suoi genitori fossero mentalmente presenti alla sua festa, c’era sempre un alone di dolore nei loro occhi. Così, si era fatto coraggio e a costo di fare i capricci e prendersi uno scapaccione, avrebbe scoperto la verità. Ricordava molto bene quel giorno, perché sua madre gli aveva fatto indossare i pantaloni che suo nonno Alphred gli aveva regalato.
Ma che non avrebbe mai messo nemmeno sotto tortura. Erano osceni.

“Mamma?”
Myra Preston non rispose. Stava guardando una fotografia, ma da dove si trovava, Albert non seppe dire chi o cosa stesse guardando.
Lo avrebbe scoperto di lì a poco. Richiamò la donna, perché era assorta e non lo aveva sentito.
“Mamma?”
Myra si girò di scatto e gli sorrise.
“Albert, tesoro… hai bisogno di me?”
Il bambino annuì. Ora che si trovava di fronte alla sua mamma, i dubbi iniziarono ad assalirlo, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta nell’iniziare quella discussione.
“Dimmi.”
Myra lo invitò a sedersi in braccio da lei, ma Albert rifiutò. La donna gli sorrise, immaginando che lui ormai era “grande” per quel genere di cose.
“Allora ometto, cosa c’è?”
“Cos’avete tu e il papà?”
Una domanda diretta, nonostante si fosse ripromesso di partire dal Pleistocene per prenderla larga. Ma non c’era riuscito. Voleva sapere tutto e subito.
“In che senso, tesoro?” – chiese la donna, perplessa.
“Siete sempre tristi. Non mi volete più bene?”
Tipiche paure dei bambini quando non ricevono più le adeguate attenzioni dai genitori.
“Ho fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?”
E sebbene si fosse promesso di non fare anche quello, Albert iniziò a piangere. Il silenzio della madre fu per lui come una conferma alle sue parole. Myra gli corse incontro e lo abbracciò, comprendendo solo in quel momento quanto male avessero fatto lei e suo marito, involontariamente, al loro bambino.
“No! No, tesoro, no! Non… non hai fatto niente, stai tranquillo!”
Albert la abbracciò, sollevato e Myra capì che non poteva più tenergli nascosta una cosa simile.
“Facciamo una cosa, va bene?”
Albert annuì.
“Stasera, quando torna il papà, ti diremo una cosa.”
Albert sospirò. Avrebbe voluto saperlo subito, ma se bisognava aspettare il papà, allora avrebbe aspettato.
“Va bene.”

Passò l’intero pomeriggio in camera, guardando la luce lasciare lentamente – fin troppo – il posto al buio. Quando guardò l’orologio a muro e vide che erano le sette, uscì come un tornado e si precipitò in salotto. Elthon era appena arrivato e stava discutendo con Myra di cosa dire al bambino.
“Albert!” – fece Myra, spaventata dall’ingresso del figlio.
“Mi dici cosa c’è?” – chiese subito il bambino.
I due si guardarono in faccia e annuirono. Fecero sedere Albert in mezzo a loro e iniziarono il loro incredibile racconto.

Quella notte non aveva dormito.
L’aveva passata a guardare il soffitto del suo letto a baldacchino, chiedendosi dove fosse finita la sua sorellina, se stava bene e se la persona che l’aveva portata via, almeno, le facesse mangiare il latte con i biscotti.
Dal mattino seguente, Albert iniziò a comportarsi in modo diverso. Sua madre lo beccava molto spesso a guardare il cielo e continuava a chiedersi se avessero fatto bene a dirgli tutto. Sembrava maturato in un colpo.
Mangiava tutto quello che gli si metteva nel piatto senza protesta e indossava i pantaloni di nonno Alphred senza battere ciglio. Faceva il bagnetto regolarmente e durante le feste non si attaccava alla gonna di sua madre per chiederle di tornare a casa.
Era un modo innocente che aveva Albert per dimostrare a quella persona che aveva portato via sua sorella che lui era un bravo bambino e che si meritava di riavere indietro la sua sorellina. Ma per quanto Albert non facesse i capricci, si comportasse fin troppo educatamente per un bambino della sua età, sua sorella non tornava mai a casa. La sua spensieratezza fu accantonata e quel modo così austero di comportarsi, divenne ben presto il suo modo di essere.

E tra poco, avrebbe conosciuto sua sorella. Controllò l’orologio che i suoi compagni di stanza gli avevano regalato per il suo sedicesimo compleanno e vide che erano appena le nove e mezza.
Si sedette su un masso e aspettò.




“Albus, sei sicuro che non corra pericoli?” – chiese Minerva, beccando il preside a una finestra.
“Il mondo magico è al sicuro, ora.” – fece il preside, prendendo dal taschino della sua mantella un orologio.
“Non posso fare a meno di immaginare la reazione che avrà il ragazzo quando la vedrà.” – fece la donna, mettendosi una mano sulla guancia.
“Come te la sei immaginata?”
“Oh, Albus! Lo sai meglio di me! E’ un Serpeverde!”
“Credo che l’essere umano sia imprevedibile, Minerva. Credo che possa riservare molte sorprese e non tutte spiacevoli. Forza, andiamo… tempus fugit.” – e mentre lo diceva, un sorrisetto gli increspò le labbra.




Hermione si era appisolata durante la corsa del treno e quando si svegliò sgranò gli occhi.
Era già arrivata? Ma se aveva appena chiuso gli occhi?!
Scese dal treno e prese il suo baule, iniziando a tremare come una foglia. Lei lo conosceva di vista, così come lui. Avrebbe mai immaginato che sua sorella era niente meno che la studentessa più brillante/irritante di tutta la scuola? E se non l’avesse accettata? Se l’avesse ignorata?
Stava avendo un attacco di panico vero e proprio. Si fermò sul ciglio della strada, si piegò sulle ginocchia e iniziò a respirare profondamente. Una carrozza arrivò e si fermò davanti a lei. La porticina si aprì e la invitò a salire.
Tremava, mentre metteva meccanicamente un piede davanti all’altro.




Albert si svegliò di soprassalto.
Come diavolo aveva fatto ad addormentarsi? Era scemo?
Controllò immediatamente il suo orologio e scoprì che mancavano solo cinque minuti a mezzogiorno. Scattò in piedi, ma si piegò sulle ginocchia per il dolore. Si era addormentato in una posizione che un contorsionista se la sarebbe solo sognata e ora gli doleva tutto. Sgranchì le ossa e iniziò a tirare il collo.
La sua attesa non durò molto, perché dopo cinque minuti, una carrozza gli si fermò davanti.
Così come il suo cuore.




Per tutto il viaggio, aveva tenuto le mani incrociate in segno di preghiera attaccate alla bocca e gli occhi bassi.
Nonostante tutti quei cambiamenti, quegli scombussolamenti alla sua vita, una parte di Hermione pregava che Albert Jacob Preston la accettasse nella sua vita.
Aveva sempre invidiato i ragazzi che avevano fratelli e sorelle, perché vedeva quella in condizione una sorta di alleanza segreta che solo due fratelli sanno avere. Si spalleggiano, si sorreggono a vicenda. Quando sua madre… quando Jean le disse che non poteva avere bambini, si era intristita parecchio, ma aveva compensato quella mancanza con i libri.
Anche se non erano la stessa cosa.
Alzò gli occhi al cielo, quando sentì la carrozza fermarsi, e recitare un’unica preghiera.
Ti prego, fa che mi accetti.
Aprì la porta e lasciò che il suo destino venisse deciso, per la prima volta, da altri.




Albert vide la portiera aprirsi e istintivamente tirò il collo come una giraffa per cercare di cogliere qualsiasi particolare che lo avrebbe potuto aiutare a farsi una fugace idea di che genere di persona fosse diventata sua sorella.
Ma rimase deluso.
A scendere dalla carrozza, non fu sua sorella ma Hermione Granger, con tutto il suo armamentario appresso. Sospirò per un attimo frustrato, perché gli aveva rovinato la suspence.
“Granger…” – fece lui, notando un sorrisetto amaro formarsi sulla bocca della ragazza. – “Sei tornata a scuola, vedo.”
“Già…” – rispose lei.
Si sentiva strana nel parlare con suo fratello. Lo guardava, cercando in lui qualcosa di Elthon e Myra, notando come il ragazzo fosse la perfetta fusione dei suoi genitori: aveva la fierezza di Elthon e la delicatezza di Myra.
E lei cos’aveva?
“Ti spiace?” – fu riportata alla realtà. – “Sto aspettando una persona.”
Hermione serrò la mascella. Era già giunto il momento?
Ora o mai più, si disse.
“Stai aspettando tua sorella?”
Albert sentì il fiato bloccarsi a metà strada. Come faceva a sapere di sua sorella? Non ne aveva mai parlato ad anima viva! Fece un passo indietro.
“Cosa… cosa ne sai di mia sorella, tu?”
Hermione abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore. Forse non aveva usato l’approccio giusto e si diede della stupida, perché l’attimo successivo migliaia di altre opzioni più valide e meno invasive si riversarono nella sua mente. Sgranò gli occhi e li puntò in quelli di Albert, notando quanto fossero simili ai suoi, quando sentì due braccia stringere forte le sue.
E immaginò che lo avesse notato anche lui da come la guardava.

Albert era furente.
Non capiva come mai la Granger sapesse di sua sorella. Subito pensò che lei lo avesse scoperto in qualche oscuro modo, poiché era molto brava a impicciarsi degli affari altrui, ma scartò a priori quell’ipotesi. Nulla era mai trapelato dai giornali o dalle persone coinvolte, quindi come diavolo faceva a sapere di sua sorella?
Perché…
Perché i suoi occhi erano così simili ai suoi?
La presa sulle sue braccia allentò fino a diventare un leggero tocco.

Hermione stava per mettersi a piangere di fronte a suo fratello. Troppe emozioni stavano combattendo dentro di lei e lei stessa non sapeva a quale dar retta.
Albert la guardava, mentre i suoi occhi iniziavano a spalancarsi leggermente.
Doveva essersi accorto di star abbracciando sua sorella.




Albus Silente si allontanò con un sorrisetto dalla sua finestra, lasciando la giusta intimità a due fratelli appena ritrovatisi.




“Tu… tu… sei tu?”
Hermione tirò su col naso, facendo nascere un sorrisetto sulle labbra di Albert. Sapendo che la voce l’avrebbe tradita, si limitò ad annuire.
Albert sembrava volersela mangiare con gli occhi. Conosceva già Hermione Granger per fama, l’aveva intravista per i corridoi, ma mai le aveva prestato l’attenzione che meritava.
E ora, poteva farlo.
Se la strinse al petto e la rinchiuse in un abbraccio che sapeva di nuovo, di bello, di fratello e sorella.
Di un incubo finito.
Hermione non avrebbe mai sospettato una reazione simile, ma l’accettò più che volentieri. Timidamente, lo abbracciò a sua volta e scoppiò a piangere.
Giusto per non perdervi l’abitudine…
Rimasero in quella posizione per svariati minuti. Albert le accarezzò la schiena con la mano, fregandosene delle lacrime che scendevano pure a lui. Si staccò da lei, scostandosi i capelli dagli occhi con un gesto del capo.
Sua sorella.
“Finalmente ti hanno trovata…” – le spostò un ricciolo dagli occhi.
Hermione li chiuse per gustarsi quel tocco fino in fondo.
E starnutì.
Albert si spostò in tempo, prima di venir lavato completamente. La ragazza divenne una brace per la vergogna. Ma proprio un momento simile doveva rovinare?
“S-scusa… scusami, io…”
Albert rise.
“Non importa, anzi… rientriamo. Non voglio che ti prenda un accidenti.”
Hermione si sistemò la sciarpa e vi infossò dentro il naso per ripararsi. Albert la scortò all’interno, abbracciandola per le spalle.




Theodore Nott era un ragazzo conosciuto per il suo carattere silenzioso, posato, mite e raramente imprecava. Preferiva aprire bocca solo con cognizione di causa e lasciare le stupidaggini a gente stupida.
Era imbambolato di fronte a una finestra quando, a un tratto, si trasformò in uno scaricatore di porto.
“Oh porca puttana troia!”
Il fumo andò per traverso a Draco Malfoy, che stava parlando con Blaise di ragazze. Il moro si strozzò con la saliva e c’impiegarono non poco per riprendersi dallo shock.
“The… Theo… che cazzo ti prende?”
Theo prese Blaise per il cravattino e Draco per un braccio, smaltandoli alla finestra, in modo che guardassero ciò che i suoi occhi vedevano, ma che la sua mente rifiutava di elaborare. Blaise, che era alla fine della sua sigaretta, imprecò, lasciandola cadere per terra, visto che si era scottato il dito.
“La Granger? Che diavolo ci fa Albert abbracciato alla Granger?”
Era ora di pranzo e una bella chiacchierata chiarificatrice non l’avrebbe impedita nessuno. I tre si avviarono con passo celere verso i giardini, proprio nel momento in cui Hermione e Albert stavano entrando.

Albert non sapeva cosa dire, anche se avrebbe voluto tempestare la ragazza con una miriade di domande. Hermione, d’altro canto, non sapeva nemmeno lei come iniziare il discorso con lui, con il risultato che si ritrovarono entrambi a fare scena muta.
Appena varcato l’ingresso principale, Hermione si fermò e si diede una sistemata alla gonna. Albert si fermò come pietrificato.
“Stai bene? Ti serve una mano? Ti sei fatta male? Vuoi che ti porti il baule?”
Hermine lo fissò con la bocca aperta, sgomenta. Albert si rese conto di aver appena fatto una gran bella figura di cioccolata e arrossì.
“S-scusa…” – fece, sorridendo imbarazzato.
“Non… non ti preoccupare, io…”
“Immagino tu abbia una spiegazione più che valida per farti vedere abbracciato alla Granger.” – disse Theo, arrivato con gli altri in quel momento e abbandonando la sua compostezza per un atteggiamento più umano.
Hermione perse quella poca felicità che aveva faticosamente raggiunto per fare i conti con la dura realtà: la casata di Albert.
Albert gli sorrise, lasciando i tre decisamente stupiti.
“Uno molto valido, ragazzi. Scusate, ma ora ho da fare con questa signorina.”
Hermione arrossì e seguì Albert senza protestare. Il ragazzo passò in mezzo agli altri tre, lasciandoli decisamente basiti, perfino a Draco, solitamente estraneo a palesare emozioni troppo umane.
Ma prima di andarsene definitivamente, i suoi occhi grigi incrociarono quelli della Granger, color cioccolato.
Una smorfia, che poteva quasi essere scambiata per un sorriso, gli accarezzò le labbra.
Era la stessa definizione che aveva dato agli occhi di Albert qualche anno addietro…









Note di me:
Uhllallà!
Ritorno a Hogwarts!
I due fratelli si sono incontrati. Abbiamo visto i ricordi di Albert riguardo al giorno in cui è venuto a sapere di sua sorella e ha preso abbastanza bene il fatto che fosse Hermione, non trovate?
Beh, ci sono quelli che ci impiegano anni e altri che soprassiedono a piccoli difetti come l’essere una Grifondoro.
Uuuuuuuuuuuuuuuuuhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
Piaciuto il finale di Draco che si è accorto degli occhi di Hermione?
Spero di sì.
Allora, la storia sta entrando nel vivo, finalmente. E se lo dice la scrittrice, è tutto un dire!
Prossimamente, su questo sito, colpi di scena!
Bacioni, callistas!

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Capitolo 6
*** Harry Potter e Ginevra Weasley ***


06 - Harry Potter e Ginevra Weasley 12 recensioni?
Wow!
Siete fantastiche! Grazie mille davvero!

Piccolo post prima di andare avanti. Mi dico sempre di metterlo, ma ovviamente me lo dimentico ogni volta.
ATTENZIONE!
ATTENZIONE!
Harry Potter è di MIA esclusiva invenzione! La Rowling mi ha scippato l’idea!
No dai, facciamo i seri.
Non detengo nessun diritto sulla storia, se non per i protagonisti da me inventati. Vorrei tanto dire che Draco è mio, ma… e invece lo dico lo stessooooooooooooo!! DRACO SEI MIO! SOLO MIO!
Ora che la mia doppia personalità ha avuto i suoi cinque minuti d’aria, la rimetto dentro al sicuro.

Dopo aver rinunciato a qualsiasi diritto sull’opera di Madama Rowling – la nuova bibliotecaria di Hogwarts ^^ - torniamo a noi.
Hermione si è trovata con Albert.
Nonostante la casa di appartenenza, l’amore di Albert ha avuto la meglio e ha subito accolto la ragazza come un fratello dovrebbe fare con la sorella scomparsa da anni.
In questo capitolo troverete la storia narrata dal punto di vista di Albert, con qualche nozione in più rispetto ai ricordi dell’Albert-bambino.
Ma ovviamente, non posso lasciarvi leggere se prima non vi ringrazio come si deve. Ehm. Ehm:

piccola pucci: ciao cara, bentornata a Verità Nascoste. Anche arpia hai aggiunto? Ma sei troppo gentile! Scommetto che non ti sei sforzata nemmeno un po’ per trovarne di peggiori. Impegnati di più, dai…
Comunque sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e spero di risolverti qualche dubbio.
Il primo: sì, è stato Silente. Tempus fugit non è la formula di un incantesimo, ma un modo di dire importato dal latino, che significa “il tempo corre”. Silente lo usa scherzosamente per accelerare il tempo per far sì che Albert e Hermione s’incontrino subito. Hanno sofferto entrambi e a lungo e un aiutino ha pensato bene di darlo.
Sì, Albert è più un tipo tranquillo, esattamente come Blaise, però è un purosangue e come tale ha certe idee, non marcate come qualcun altro, ma comunque sempre idee.
Draco.
Sì, solo in quel momento ha fatto caso agli occhi di Hermione e se ci pensi bene non è poi tanto strano. A me, per dirti, quando una persona sta veramente sulle… ovaie (deficito delle palle e mi scuso per questo…) non riesco a guardarla in faccia o se lo faccio, cerco di non fissarla mai negli occhi. E’ una cosa più forte di me.
Ovvio che durante gli anni precedenti, Draco l’abbia guardata in faccia, ma non negli occhi, che è molto diverso.
Per quanto riguarda i capitoli non ti so dire, forse saranno una quarantina. Tieni conto che la mia storia è stata stesa in 400 circa pagine di Word, pagina più, pagina meno, e ogni capitolo è composto da dieci pagine. Forse saranno di più o forse di meno, ma la quota dovrebbe essere quella.
Spero di essere stata esauriente, ma non esaurita.
Ti aspetto alla prossima, un bacio!

_araia: piaciuto il pseudo incontro tra Draco e Hermione? Lui che si accorge solo in quel momento degli occhi di Hermione e di quanto assomiglino a quelli di Albert.
Beh, gioia mia… aspetta almeno che Hermione si ambienti a Hogwats. Dopotutto è ancora Settembre e ci sono delle cose che devono accadere nel frattempo. ^^
Sì, Albert è una serpe, ma in fondo ha trovato la sua sorellina e dai suoi ricordi (vedi il capitolo precedente in cui faceva il bravo per dimostrare alla donna che aveva portato via la sorella che meritava di riaverla) era molto importante per lei, quindi per lui Hermione E’ sua sorella e come tale va trattata.
Mia cara, quando posterò il primo capitolo di Sex and The City ti manderò una mail il giorno prima per avvisarti. Posso solo dire che il primo capitolo è più pornografico di Rocco Siffredi (se non sai chi è vai su internet).
Grazie mille per la tua recensione e non ti preoccupare: tu non disturbi mai.

Stefy494: ciao Stefania ^^ sono felice che ti sia aggiunta ai recensori e che la mia storia ti piaccia. Prego, prego… accanisciti pure su di me che non puoi farmi altro che piacere. ^___________^
Comunque ci tengo a dirti che il tema di Hermione Purosangue non è originale, ci sono tante storie nel sito che trattano questo argomento. Ho solo voluto dare un tocco personale a questa vicenda e posso dire che per certi aspetti e certe scelte che faranno i protagonisti saranno proprio originali, perché non mi sembra di aver mai letto qualcosa di simile a quello che ho scritto io.
Eccoti l’aggiornamento.
Spero ti piaccia. Bacioni!

Witchmelanie: ciao cara! Tu cerchi sempre di estrapolarmi informazioni che non ti posso rivelare, ma tranquilla. La tua sete di curiosità verrà soddisfatta, non temere.
Contenta che Draco sia arrivato?
Perché trema mia piccola streghetta… siamo solo all’inizio!
Quel mezzo sorriso finale, dici? Oh… è quando ci si accorge di qualcosa che fino a quel momento non si ha mai notato. Quindi se Draco ha notato gli occhi di Hermione, vuol dire che ha notato Hermione…
Adesso ti lascio al capitolo, che spero ti piaccia.
Bacioni, callistas.

HJ: se è emozionante questo capitolo, cosa mi dirai dei futuri?
Ora che ho acceso la tua curiosità, ti lascio alla lettura di questo capitolo. In sintesi, è la storia della famiglia di Albert vista dal punto di vista di Albert-adulto. La volta precedente era quello dell’Albert-bambino.
Spero ti piaccia!
A presto!

Seriadel: anche tu ti chiedi della casa di Hermione? Bene. Sono contenta che questo punto abbia catturato la tua attenzione. Comunque sono spiacente di dirti che se vuoi sapere come va a finire questa storia, dovrai leggerti i miei capitoli.
Sì, tranquilla… so che sono stronza e ne vado fiera!
HAHAHAHAHAHAHA!
Alla prossima, stella!

Lady of the Night: ciao! Grazie per aver perso un minute del tuo tempo per recensire la mia storia. Il mio orgogliometro sta schizzando alle stelle! ^__^
La famiglia di Hermione – quella che l’ha rapita – non è un capitolo ancora chiuso. Hermione rifletterà a lungo su questa questione e avrà diversi consigli da diverse persone.
Albert e Hermione sono fratelli. Non so dirti se sono gemelli, ma in questo capitolo Albert ti dirà come sono andate le cose il giorno della loro nascita. Spero che ti possa chiarire le idee.
Per quanto riguarda il rapporto con Ginny, Harry e Ron dovrai leggere e seguire la storia passo dopo passo. Su questo sono intransigente! >___<
Un bacio anche a te, callistas.

Tinotina: oddio… a leggere la tua recensione mi vengono già male alle mani ç_______ç
Comunque grazie. Di solito sono molto brava a ingarbugliare le cose. È a sistemarle che divento matta perché non ricordo più cos’avevo scritto, dove, come e perché, ma spero di aver risolto tutti i nodi di questa storia.
Tu hai due sorelle, io due fratelli, quindi tranquilla che certe cose le so pure io.
*fa la permalosa*
In questo capitolo, sarà l’Albert-adulto a dare la sua visione dei fatti, molto cambiata rispetto a quella che aveva quando era più piccolo. I sentimenti cambiano, non pensi?
Perché avrei dovuto non farli incontrare o troncare il capitolo lì? Se faccio così ogni volta, rischio veramente di venire linciata e poi lo puoi fare saltuariamente, ma non sempre: rischi di annoiare il lettore che si stanca di dover aspettare una vita prima di avere notizie della storia.
Tranquilla che troncherò i capitoli solo sul più bello.
Dai, porta pazienza. Pian piano Malfoy verrà allo scoperto e allora ci sarà da tremare!!!
Ciao “criticona” mia! Ti aspetto in fondo alla pagina!
Bacioni, callistas.

Laura Malfoy: sei la prima che capisce lo spaccamento di Hermione. Da una parte la odia, perché le ha sottratto la sua vera vita, dall’altra non può cancellare diciassette anni come se fossero niente.
Myra ed Elthon sono due persone pazienti e sanno capire il bisogno di Hermione di far chiarezza dentro di sé poco per volta.
No, i filamenti di DNA li ho trovati troppo fantascientifici per questa storia. Ho preferito mettere l’albero genealogico, ricordandomi di quello di Grimmauld Place.
Beh, non può essere sempre tutto perfetto, no? Erano al freddo, cos’avrebbe dovuto fare, Hermione? E poi qualche bella figura di cioccolata ci sta bene, no?
Per Draco e Hermione non è ancora giunta l’ora – fa molto funerale – e dovrai aspettare come tutti. Comunque non sei rincoglionita. Non credere che quando scrivevo, non vedessi l’ora io per prima di arrivare a certe scene in cui… ok, basta. Sto dicendo troppo!
Ma io sarei onorata anche se mi scrivessi solo poche righe. L’importante è che siano sincere. Oddio… non che schifi i poemi, s’intenda! ^_________^
Mi fa piacere che la storia non sia noiosa, dai! Ti lascio al capitolo, che penso sia più importante di queste righe di risposta.
Baci e fammi sapere cosa ne pensi, mi raccomando!

Valli: ciao cara! Albert non sapeva di Hermione. Quando Elthon si era assentato prima della cena per scrivere la lettera, l’aveva mandata ad Albert. Se ti ricordi, nel capitolo scorso quando i tre erano in camera di Hermione per fare le valige di lei, Hermione dice ai suoi genitori di Albert e di come tra la sua casa e la loro non corresse buon sangue.
Non ho messo quel particolare, altrimenti appesantivo troppo la lettura, ma Elthon non ha detto niente dell’identità di Hermione, proprio per testare la reazione del figlio.
Sarà stato un Serpeverde per qualcosa, che ne dici?
Comunque eccoti l’aggiornamento.
Spero ti piaccia.
Un bacio, callistas.

Kasumi89: ciao tesoro! Beh, non puoi pretendere che Elthon non provi un po’ di gelosia nei confronti di Hermione. Dopotutto l’ha appena ritrovata e doverla dividere con un ragazzo – che poi si è scoperto essere Albert – non è decisamente nei suoi piani. Nemmeno in quelli di ogni padre, se per quello…
Beh, diciamo che Draco era leggermente sconvolto nel vedere Albert abbracciato a Hermione che forse la sua proverbiale parlantina si è dimenticata di uscire allo scoperto.
Dai, condoniamolo per stavolta.
Tu vuoi sapere troppe cose e subito, no no, mia cara… aspetti! ^_^
Ciao bella! Goditi il capitolo!

Ssaphiras: ciao! Sono contenta che la storia e il mio stile ti piacciano. La storia è già conclusa, ma non ti nascondo che è stato difficile immedesimarmi in Hermione, quando ha scoperto la sua vera identità. Sono cose difficili da immaginare, per non parlare delle parole che hai sempre sulla punta della lingua e non vogliono saperne di venire fuori!!! >_________________< quella era la parte peggiore!
Anche tu sei curiosa come una scimmietta urlatrice, ma tranquilla. Ogni cosa a suo tempo.
Spero che il capitolo ti piaccia.
Un bacio e tante grazie, callistas.

PER TUTTE:
IL PROSSIMO AGGIORNAMENTO SARA’ DI GIOVEDI PERCHE’ DOPO IO PARTO PER LE MIE MERITATISSIMAMENTE MERITATE FERIE!!!









VERITA’ NASCOSTE
HARRY POTTER E GINEVRA WEASLEY

“Vieni.”
Hermione si bloccò.
Scale.
Che scendono.
Sotterranei.
Serpeverde.
“Cosa c’è?” – chiese il ragazzo, percependo l’assenza della sorella.
“Io… non so se sia il caso che io… scenda…”
Albert, avanti di qualche passo, tornò indietro, come se temesse che lei girasse i tacchi e scappasse via da lui. L’abbracciò e Hermione stavolta rispose al suo abbraccio più convinta. Era sciocco continuare ad abbracciarla in mancanza di qualcosa da dire, ma era l’unica cosa che il suo corpo gli suggeriva in quei momenti.
“Non devi aver paura Hermione.”
Fu strano sentir pronunciare il suo nome da un Serpeverde con una tale naturalezza.
“Ci sono io.”
Troppo veloce, pensò la riccia, mentre si sentiva tirare verso il basso.
“Ti prego, no…” – lo pregò lei, stavolta più spaventata.
Albert corrucciò le sopracciglia, perplesso.
“Perché? Cosa c’è?”
“E’ troppo… veloce… non… non ci riesco…” – sussurrò lei, con il fiatone.
“Ok, ok…” – sussurrò Albert al suo orecchio. – “Non ci sono problemi. Andiamo con calma, ok?”
“Mi dispiace…” – sussurrò Hermione, contrita.
Albert la strinse più forte.
“No, non c’è problema, tranquilla. Dai, torniamo fuori, allora.”
Hermione si girò, non prima di aver gettato uno sguardo alle scale che l’avrebbero condotta verso un altro mondo.









In Sala Grande, gli studenti stavano consumando il loro pasto. Per i Grifondoro era un premio più che meritato, dopo le prime due ore passate con Piton e la terza con la McGranitt.
Occorrevano energie in quantità stratosferiche!
“Ron, diavolo! Sembri un animale!” – sbottò Ginny, schifata.
Ron guardò la sorella in malo modo per essere stato interrotto dal suo pasto. Ginny alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Il suo volto si girò automaticamente alla sua sinistra, al posto occupato da Hermione. S’intristì ancora di più e la fame l’abbandonò definitivamente.
Harry le mise una mano sulla sua. Lei gli sorrise.
“Tornerà, tranquilla.”
“Chi?” – chiese Ron, guardandoli alternativamente.
Stavolta nemmeno Harry poté impedirsi di guardarlo male.
“A volte mi chiedo se ci sei o ci fai.”
“Se ci sono o ci faccio cosa?” – chiese il rosso, preso da quella profondissima conversazione.
Harry e Ginny si guardarono sconsolati.
Perché?, fu l’unica loro domanda.
Ron, non capendo a chi si stavano riferendo, tornò a mangiare.
“Senti, io esco a fare due passi. Tanto dopo abbiamo Incantesimi.”
Ron li salutò e continuò a mangiare.

Una volta fuori dalla Sala Grande, Ginny sospirò. Ma dove avevano la testa i suoi quando avevano messo al mondo Ron?
“Sei stanca?”
Camminavano l’uno di fianco all’altro. Avevano i volti tirati per la stanchezza.
“Un po’. Non sapere niente di Hermione mi mette ansia. E in più siamo già a metà settembre, lei non è ancora tornata a scuola e Silente non ci vuole dire niente, come se non valessimo a sufficienza.” – parlava per frustrazione, non perché lo pensasse veramente.
“Dai…” – fece Harry, mettendole una mano sulla spalla. – “… Silente sa quello che fa, no?”
“Inizio ad avere seri…”
Si bloccò in mezzo al corridoio. Harry la guardò perplesso, osservando quei bellissimi occhi castani spalancati, così come la bocca. Rise.
“Sembra quasi che tu abbia visto un…”
Si bloccò anche Harry.









Vorrei lasciarmi andare, vorrei conoscerlo.
Vorrei sapere cos’ha fatto in questi anni, se sapeva di me o se mi ha mai pensato.
Ma quando mi ha chiesto di scendere nella sua Sala Comune, non ce l’ho fatta. Entrare così di botto nel suo mondo mi avrebbe mandata in confusione più di quanto non sia già. Mi sembra un ragazzo simpatico – ora che sa chi sono – e da come si comporta mi fa capire che mi vuole bene, perché non ha mai lasciato la mia mano o il mio fianco.
Mi supera di cinque centimetri e mi chiedo perché non ho potuto ereditare anch’io questa caratteristica della mia nuova famiglia.
Albert è un Serpeverde e da come ha salutato Malfoy e gli altri, credo sia un loro amico. Dovrò iniziare a frequentarli anch’io? Spero di no.
Non subito, almeno.
Sarebbe veramente ipocrita da parte mia atteggiarmi a loro amica di vecchia data, solo perché sono diventata come loro. Così come spero il contrario. Sarebbe ipocrita anche da parte loro trattarmi diversamente, solo per il mio nuovo stato.
Odio gli ipocriti.
Ti cercano quando fa loro comodo e quando sei tu ad aver bisogno, soffrono di amnesia acuta improvvisa. Per questo motivo odio quella casa. Non ce n’è uno che si salvi.
Non so nemmeno se Albert si può salvare.
In fondo, non lo conosco. Ci incontravamo per caso nei corridoi, e anche se non mi ha mai rivolto parole di sprezzo, mi guardava sempre con quella superiorità che mi mandava in bestia.
Mezzosangue per di più Grifondoro. Quanto di più al mondo un Serpeverde può odiare.
Ma adesso?
Cosa ne pensa di sua sorella finita a Grifondoro? Sono un disonore per lui? Perché di certo non ne è fiero e vista la sua amicizia con Malfoy le opzioni sono due: o lo obbligherà a scegliere tra loro e me, oppure deciderà direttamente da solo di abbandonare mio fratello.
Alla fine mi odierà e io tornerò sola come prima.
Gran bell’affare.

“Ehi, a cosa pensi?”
Non si era accorta di essersi imbambolata a guardarlo. Arrossì indecentemente e abbassò lo sguardo.
“Ni-niente, scusa…”
“Hermione…”
Lei si accorse che era indeciso e sì, un po’ imbarazzato.
“… lo so che non ci conosciamo… tu di me non sai niente e neanche io di te, però… però vorrei conoscerti. Piano piano e se per te correrò troppo, fermami.”
Furono un bene, quelle parole. Un moto di gratitudine l’avvolse, spingendola ad abbracciarlo.
“E’ che… ho bisogno di tempo… è tutto nuovo per me che…”
Si bloccò.




Albert sapeva che all’interno di Hogwarts non ci si poteva smaterializzare, altrimenti chi le avrebbe fermate le berne degli studenti? E comunque era un sistema di sicurezza, soprattutto nel periodo d’oro di Tu-Sai-Chi.
Allora come mai un attimo prima Hermione era tra le sue braccia e quello seguente stringeva l’aria? Si girò per vedere dov’era andata a finire sua sorella, trovandola soffocata da due persone.
E non due persone qualsiasi: Harry Potter e Ginevra Weasley.
Guardò quella scena con perplessità. Sua sorella preferiva loro a lui? Poi arrivò alla conclusione che quelli erano i suoi migliori amici in quella scuola e cercò di controllarsi.
Anche se quello che aveva maggior diritto di stringerla in quel modo era lui.
Si avvicinò lentamente.




“Sei tornata! Sei tornata!”
Ginny era in preda a una crisi di pianto. Stringeva Hermione come se fosse stata la sorella perduta, lasciando Harry a mugugnare quanto fosse ingiusto che a lui fosse precluso abbracciare la sua migliore amica. Riuscì a scollare la rossa da Hermione, prendendosi di colpo il diritto di abbracciarla. Ginny si attaccò a loro, singhiozzando.
“Mi… mi siete mancati tanto…” – fece Hermione, travolta dalle emozioni.
Per un momento, aveva egoisticamente accantonato i suoi amici. Era talmente presa da ciò che le era successo che non si era più preoccupata per loro. Ma quando li aveva visti impalati a fissarla come se fosse stata un fantasma, non ci aveva pensato su due volte ed era corsa da loro.
“Dove sei stata? Perché non ci hai scritto? Ti hanno fatto qualcosa? Stai bene? Ti hanno maltrattata? Parla!”
Hermione la guardò come per dire “se me lo lasci fare…”
“No, sto bene, io… ho una cosa da dirvi. Finite le lezioni venite in camera da me.”
“Finite le lezioni?!?” – esclamò Harry, con gli occhiali che minacciavano di cadergli dal naso per il disappunto. – “Adesso, vorrai dire! Figurati se vado a lezione!”
“Harry Potter… ogni scusa è buona per saltare le lezioni, a quanto vedo.”
Una voce maschile s’intromise nei loro discorsi. Harry stava già per saltargli alla gola.
“Albert, per favore.”
Notato che era un Serpeverde e che lo aveva chiamato per nome, Harry rischiò l’infarto a soli diciassette anni. Ad averlo saputo prima, Voldemort si sarebbe risparmiato un sacco di grattacapi…
“A-Albert?”
“E’ il mio nome, Potter. Per esteso: Albert Jacob Preston.”
“Ragazzi, per favore…” – era stanca, e solo Ginny sembrava essersene accorta.
“Ehi, sei stanca?” – fece la rossa, accarezzandole la fronte.
“Un po’…”
Albert sospirò di frustrazione. Era così preso dall’arrivo di sua sorella che non aveva tenuto conto del suo stato emotivo. Lui sprizzava energie da tutti i pori, Hermione sembrava averle esaurite tutte.
“Scusa…” – disse il ragazzo, facendo collassare Harry. – “Vuoi andare a riposarti?”
“Ti dispiace?” – chiese lei, contrita.
“No, affatto. Passo a prenderti stasera prima di scendere in Sala Grande, ok?”
“Ok.”
“Potter, Weasley…” – Albert proseguì il suo cammino, lasciando con tristezza i tre.
“Dai, andiamo. Ti accompagno in camera tua…” – fece Ginny. – “Quando sei arrivata?”
“Dopo Ginny, ti prego…” – fece lei, come se avesse praticato un incantesimo di potenza inaudita.
Con Ginny da una parte e Harry dall’altra, Hermione sentiva di aver ripreso un po’ della normalità perduta.
Mancava solo Ron.









“Era ora!”
Albert sussultò. Non perse nemmeno mezzo secondo a chiedersi cosa ci facessero Theo, Blaise e Draco in Sala Comune invece che essere a pranzo, perché immaginò che il particolare di lui abbracciato alla Granger avesse sovrastato la loro fame.
“Ciao Blaise.”
Il moro fece saettare le sopracciglia verso l’alto. Lui, insieme a Draco e Theo, lo guardò mentre si dirigeva a passo lento verso la camera, come se stesse per andare al patibolo.
Si guardarono.
E lo seguirono.
Albert entrò in camera e non si premurò neppure di chiudere bene la porta, che si buttò a pancia in giù sul letto e sbuffò.
Blaise, Draco e Theo si erano fermati sulla porta, straniti dal comportamento del ragazzo.
“Albert?” – fece Theo. – “Che è successo?”
Il ragazzo, con la faccia spiaccicata sul materasso, bofonchiò quello che a primo udito poteva sembrare un vago “entrate che vi spiego…”
I tre non se lo fecero ripetere due volte ed entrarono nella stanza, premurandosi però di chiuderla per bene. Albert non si era mosso di un millimetro, se non quando sentì la porta chiudersi. Solo allora si girò e si mise a sedere sul letto con non poca fatica.
“Da dove comincio?” – ironizzò lui, stropicciandosi un occhio.
“Inizia dalla fine, no?” – fece Blaise, altrettanto sarcastico.
Albert lo guardò e non rispose. Era troppo fiacco per farlo.
“Ok.” – portò le gambe al petto e vi infilò in mezzo la testa. – “Io e la mia famiglia abbiamo…”
“No, no, frena…” – fece Blaise. – “Prima voglio sapere che ci facevi spalmato contro la Granger!”
Albert sollevò la testa e la poggiò contro il cuscino e chiuse gli occhi.
“Blaise, fallo parlare.” – disse Draco.
Draco conosceva bene quell’atteggiamento e se Albert aveva accettato di chiarire il motivo che lo aveva visto abbracciato alla mezzosangue, allora dovevano stare zitti e ascoltare la storia per intero.
“Ma io…” – un’occhiata del biondo placò ogni desiderio di curiosità.
Albert lo guardò e lo ringraziò silenziosamente. Draco annuì e lo invitò a proseguire.
“Io e la mia famiglia abbiamo subito una grave perdita.”
“No!” – fece Blaise. – “E’ morto qualcuno? Chi?”
Albert lo guardò, spaventato da tanta stupidità.
“Ti si è rotta per caso qualche tubatura?” – chiese invece Theo.
Draco si portò lentamente la mano sugli occhi. Non era possibile che quei due fossero le stesse persone che lo aiutavano a inventare i piani più geniali per recare danno a Potter & Co.
“No, in entrambi i casi.” – fece Albert, non sapendo se dubitare della loro sanità mentale, urlare o mettersi a piangere.
O, in alternativa, tutte e tre le cose insieme.
“E allora cosa…”
“Blaise! Cuciti il forno!” – esclamò Draco, la cui pazienza si era già esaurita dopo nemmeno cinque minuti.
Il moro si zittì all’istante.
“Scusaci Al…” – fece Theo. – “Continua, per favore.”
Ricomincia, più che altro, pensò Draco, mentre si prendeva una sedia. Aveva come l’impressione che quel racconto sarebbe stato lungo.
Molto lungo.
“Nessuno sa niente di questa storia.” – ricominciò Albert, mentre tutti si erano zittiti. – “Solo il Primo Ministro, la squadra di Auror guidata da mio padre e a quanto pare anche Silente.” – si grattò la testa. – “Dicevo… diciassette anni fa abbiamo subito una grave perdita, anche se io personalmente ne sono venuto a conoscenza solo al mio nono compleanno.” – gli occhi gli divennero lucidi.
Blaise corrucciò le sopracciglia.
“Stai bene, Al?”
Il ragazzo sorrise e annuì.
“Sì… credo…”
“Continua.” – fece Theo.
“Mia madre era entrata al San Mungo, perché le si erano rotte le acque.” – prese un enorme respiro. – “Quel giorno nacqui io… e qualche minuto più tardi, mia sorella.”
I tre sgranarono gli occhi.
“Cosa? Tu non hai una sorella, Albert!” – esclamò Theo, sgomento.
Il ragazzo sorrise amaramente.
“Fino a nove anni lo pensavo anch’io, Theo.”
“E… e cosa le è successo? Dai, continua!” – fece Blaise, che era saltato sul letto, facendolo ondeggiare.
“E’ successo che è sparita, a due giorni dalla nascita.”
“L’hanno rapita?” – chiese Draco, pur sapendo di non essere stato proprio delicato nel porre quella domanda.
“Sì.” – fece Albert.
“Ma cosa c’entra la Granger?”
Albert guardò Blaise con un sorriso tirato e se per il moro e Theo la soluzione era ancora lontana anni luce, non lo fu di certo per Draco che lo guardò come si poteva guardare un Hagrid lavato e pettinato.
“Tu scherzi, vero?” – chiese, infatti, il biondo. – “Non… non può essere!”
“Invece sì.” – rispose Albert.
“Cosa? Non può essere cosa? Lo dite anche a noi?” – fece Blaise, curioso come una scimmia.
“Che la sorella scomparsa di Albert è la Granger.” – rispose Draco, vedendo la sofferenza negli occhi dell’amico.

In Sala Grande si percepì solo una scossa di magnitudo trenta provenire dalle fondamenta. Durò solo un istante, tanto che i ragazzi non ebbero nemmeno il tempo di capire cosa fosse quel boato che era già finita.
Albus Silente infilò in bocca un cucchiaino di budino al cioccolato, sorridendo.

“TU SCHERZI!” – urlò Blaise, come se urlare potesse cambiare lo stato delle cose.
“No…”
“LA GRANGER?” – fece Theo. – “NO! NON E’ POSSIBILE!”
Draco era l’unico dei tre che era riuscito a mantenere un comportamento dignitoso. Nessuna imprecazione, nessun urlo. Solo tanto, tanto, tanto sgomento. Si era portato la mano destra a sorreggere la testa, come se fosse diventata troppo pesante perfino per il collo da sostenere.
Merlino benedetto!, pensò il biondo. Questa sì che era una notizia!
Si riscosse solo quando un urlo più forte di Blaise lo riportò con i piedi per terra. Albert era molto sofferente e di certo quelle crisi isteriche da donnetta di terza classe non lo aiutavano di certo.
“Adesso basta!” – fece il biondo, perentorio. – “Lasciatelo finire.”
Magicamente, i due si zittirono.
“Mio…” – la voce gli tremò tanto che dovette fermarsi un attimo per cercare di controllarla. – “Mio padre ha chiamato a rapporto i pochi Auror dei quali si fidava ciecamente e ha detto loro cosa fare, poi ha informato il Primo Ministro, che ha informato a sua volta quello babbano, per avere un aiuto nelle ricerche, ma niente. Sembrava sparita nel nulla.”
“E… e come avete fatto a trovarla?” – chiese Theo.
“Come, non lo so. Quest’estate l’ho passata dai nonni in Scozia, come tutte le estati, d’altronde.”
“E poi?”
“Mio padre l’ha trovata e l’ha portata a casa. E non mi ha detto niente.” – fece amaro.
Nessuno dei tre sapeva cosa dire.
“La lettera che ho ricevuto ieri sera era da parte sua, dove m’informava che stamattina lei sarebbe tornata a scuola e che l’avrei conosciuta.”
“Quindi stamattina hai saltato le lezioni per aspettarla?” – chiese Blaise.
“Sì.” – il suo sorriso da amaro si trasformò in divertito, lasciando perplessi i tre, che non ne capirono il motivo. – “Quando a mezzogiorno spaccato si era fermata una carrozza, mi sono detto: eccola. Mia sorella è arrivata.” – aprì gli occhi e li guardò uno per uno. – “Ed era arrivata per davvero. Quando è scesa, ho sentito tutto il peso dell’attesa fracassarsi sulle spalle. Io aspettavo un’altra, non lei.”
“E lei cosa ti ha detto?”
“Mi ha chiesto se stessi aspettando mia sorella. Mi sono arrabbiato a morte, perché non sapevo come potesse lei sapere della storia della mia famiglia, così mi sono avvicinato per… non so nemmeno io per farle cosa e me ne sono accorto.”
“Di cosa?” – chiese Blaise.
“Dei suoi occhi. Sono uguali ai miei.”
Draco sentì una specie di scossa fargli vibrare la spina dorsale. Se n’era accorto pure lui…
“E poi?” – chiese Theo.
“Poi, abbracciandola… mi sono sentito completo.”
È davvero felice, pensò Draco.
“Sei stanco?” – chiese il biondo.
“Sfinito.” – rispose Albert.
“D’accordo. Ragazzi, usciamo. Lasciamolo riposare.” – fece Draco, alzandosi in piedi.
Blaise e Theo non ne erano molto convinti. Avevano così tante altre domande da fare che avrebbero fatto notte fonda, ma visto lo sguardo sciupato di Albert rinunciarono, e le lasciarono per quando il ragazzo si fosse messo un po’ in sesto.
“Ragazzi?”
I tre si girarono, ormai sulla porta.
“Non… non ditelo a nessuno, per il momento.”
“Tranquillo, Al.” – rispose Blaise.
Poi, uscirono.
Appena appoggiata la testa sul cuscino che si era sistemato, Albert si addormentò come un sasso.




Hermione girava per la sua stanza di Capo Scuola, percependo finalmente una sensazione di familiarità. Il letto non le era mai sembrato così comodo e l’armadio così bello. Tutto sembrava nuovo, se visto con occhi nuovi.
Harry e Ginny la guardarono prendere di nuovo mano con le sue vecchie cose, come chi ha perso la memoria e necessita tornare nei luoghi che l’avevano vista crescere per aiutarla nell’impresa.
“Vuoi che ti faccia portare qualcosa da mangiare, Hermione?” – chiese Ginny.
“No, grazie. Credo che mi farò un bagno e poi dormirò un paio d’ore.”
“Sei sicura?” – chiese Harry.
“Sì, sono molto stanca.”
“Hermione, davvero stai bene?” – chiese Ginny, ansiosa. Fosse stato per lei, l’avrebbe messa sotto Imperius e l’avrebbe fatta parlare, ma lo sguardo dell’amica era leggermente appannato da qualcosa che la rendeva una persona triste e nuova allo stesso tempo.
“Sì, tranquilli.”
“Ok, allora ci vediamo dopo, va bene?” – fece Ginny, tirandosi dietro un per niente convinto Harry.
“Ok.”
L’ultima immagine che ebbero di lei, fu quella di un debole sorriso disegnato sulle labbra.
“Ehi, perché mi hai tirato via?” – fece Harry, per nulla soddisfatto.
“Ma non l’hai vista in faccia? Era stravolta! Lascia che dormi un paio d’orette e poi vedremo se riusciremo a venirne fuori da questa situazione.”
Harry annuì, anche se avrebbe preferito fare la guardia al suo sonno.
“Dai, andiamo ad avvisare Ron.” – fece Ginny, prendendo a braccetto Harry, che divenne del colore dei capelli della ragazza.

Hermione si era presa qualche attimo per studiare la sua stanza. Girò su se stessa, come se la vedesse per la prima volta. Il suo baule era stato sistemato ai piedi del letto e la porta del bagno era socchiusa, in un muto invito a usarlo per ristorarsi.
Ma non ne aveva voglia, così si dedicò al suo letto. S’infilò il pigiama, riflettendo nel frattempo sulla sua situazione. Era così assurda, che definirla tale non rendeva bene l’idea. Si coricò, perché era veramente esausta e si addormentò subito.




Ginny e Harry non avevano poi tutta questa fretta di avvisare Ron. Certo, lo avrebbero fatto, ma anche se rimandavano la cosa di cinque minuti, non sarebbe crollato il mondo. Passeggiavano ancora a braccetto. Subito dopo pranzo avrebbero avuto Incantesimi, ma mancavano ancora venti minuti, che potevano trascorrere, per una volta, da soli.
Era bello anche stare in silenzio, purché fosse in compagnia della persona amata.
“Ti va… di andarci a sedere un attimo fuori?” – propose Harry, con un coraggio inaudito.
Affrontare schiere di Mangiamorte?, una bazzecola!,
Decifrare gli indovinelli di Silente?, nulla di più facile!,
Sconfiggere definitivamente Voldemort?, e che ci voleva?,
Chiedere a Ginny semplicemente di andarsi a sedere all’aria aperta? Un’impresa ercoliana!!!
“Sì, volentieri.” – rispose lei, camminando a tre metri da terra.
Inconsciamente, i due accelerarono il passo per non perdere altri minuti preziosi, che potevano trascorrere in compagnia dell’altro. Piuttosto arrivavano in ritardo alla lezione!
Galantemente, Harry l’aiutò a sedersi e poi si accomodò pure lui.
“Cosa… cosa credi che sia successo a Hermione?” – iniziò lui, partendo da un argomento che era terreno neutrale.
“Non lo so.” – rispose Ginny. – “Era spossata, come se le fossero state risucchiate tutte le energie.”
“Già. Nemmeno quando eravamo sulle tracce degli Horcrux l’ho mai vista così.”
“Credi che c’entri qualcosa quel Preston?” – chiese Ginny, guardandolo.
“E perché dovrebbe?”
“Non è mica normale che dopo anni che non si guardano nemmeno di striscio, arrivino a chiamarsi per nome. Secondo me è successo qualcosa tra loro.” – ragionò la rossa.
Harry scosse il capo.
“Io invece dico che non c’entra niente. Cosa può mai c’entrare un Purosangue Serpeverde con una Mezzosangue Grifondoro?”
Ma Ginny non ne era molto convinta.
“Sarà… ma ho una strana sensazione al riguardo.”
Continuarono a far affiorare teorie – il più delle volte strampalate – pur di passare il più tempo possibile insieme. Poi, venne davvero ora di andare. Si alzarono, con Harry che le porse la mano per aiutarla, e si avviarono verso la Sala Grande per prendersi i libri che avevano lasciato lì.
Arrivarono a pelo dell’inizio della lezione…









Quando si svegliò, Hermione avrebbe solo voluto chiudere gli occhi ancora e girarsi dall’altra parte. Era sì tornata a scuola, eppure la sua priorità non era più quella.
Avvolta nel tepore delle coperte, sorrise, ripensando a quel giorno in cui a Preston Manor aveva chiacchierato con Elthon sull’Othello di Shakespeare. Si rannicchiò sotto le coperte, poiché aveva ancora a disposizione un’ora abbondante prima della cena.
Sorrise ancora, nel ripensare al suo incontro con Albert, la sua premura e la sua gentilezza nel volerla venire a prendere prima di cena.
Il sorriso le morì sulle labbra, così com’era nato. Si alzò di scatto dal letto, mettendosi a sedere: non si aspettava mica che cenassero insieme, vero?
Quel pensiero le provocò non poche nausee e iniziò a sudare freddo. Non… non era pronta per dirlo, per farlo sapere a tutti in quel modo. Aveva bisogno ancora di tempo. Doveva prima dirlo ai suoi amici!
Decise che prima di farsi venire un attacco cardiaco alla giovane età di diciassette anni, era meglio farsi una doccia rilassante e che una volta incrociato Albert – dato che aveva detto che veniva a prenderla – gliene avrebbe parlato.
Era sicura che avrebbe capito, pensava, mentre s’insaponava il corpo e nella migliore delle ipotesi non poteva obbligarla a fare una cosa che non voleva.
Sentendosi meglio per quell’arringa mentale, Hermione chiuse le manopole dell’acqua e uscì dalla doccia, tamponandosi il corpo con un telo con i colori della sua casa.
Guardò i colori del suo asciugamano. Certo: c’era da risolvere anche la questione della casa…









“Sì, ma non me lo avete detto…” – mugugnò Ron.
Harry e Ginny si guardarono sofferenti.
“Ron, te lo abbiamo detto adesso.” – fece Ginny, paziente come mamma Molly. – “E poi Hermione era stanchissima. Stasera a cena la vedrai e…”
“E la tarmerò di domande!” – fece il rosso, arrabbiato. – “Devi dirmi dalla “a” alla “z” cos’ha fatto quest’estate, perché non ci ha mai scritto e dov’è stata!”
La rossa si grattò una guancia, segno che stava lottando contro se stessa per non uccidere suo fratello.
“Stavo dicendo…” – disse, con un tono molto tagliente. – “… che dopo cena Hermione ci dirà cosa le è successo.”
“Ma…”
“E se per sbaglio le chiederai anche solo di passarti il succo di zucca, da dieci fratelli passeremo a nove, capito?”
Ron non fiatò: Ginny sapeva essere molto convincente e Harry fu decisamente felice che quel tono di voce non fosse diretto a lui.
“Capito?” – richiese la ragazza.
“See see…” – fece il rosso, per nulla convinto.
“Dai, andiamo in biblioteca, adesso.”
Stavolta Harry ebbe l’identica reazione di Ron: spalancò gli occhi.
“A fare che?” – dissero i due in coro.
“A giocare a Quidditch! Ma che vi passa per il cervello? A studiare, no? Per domani dobbiamo fare il tema su Incantesimi e ringraziando Merlino solo quello. Lo facciamo, così almeno per dopo cena saremo liberi di andare da Hermione.”
Mezzi convinti, i due seguirono la rossa in biblioteca.









La Signora Grassa era forse uno dei quadri posti all’entrata di ogni singola casa che rompeva l’anima a chiunque vi passasse non solo attraverso, ma anche solamente davanti.
O era troppo tardi, o troppo presto, o perché non dovevano essere lì, o perché l’avevano disturbata, o perché l’avevano svegliata, la Signora Grassa era il dipinto più detestato dalla scuola e soprattutto da coloro ai quali era stata appioppata.
In quel momento Albert era indeciso se staccarla dalla parete e buttarla giù dalla finestra lì vicino o appiccare il fuoco e farsi erigere un monumento a salvatore dell’umanità, in barba a Potter.
“Ti ho detto che senza parola d’ordine non entri, giovanotto! E poi cosa ci fa un Serpeverde all’ingresso della casa dei coraggiosi?”
Albert gliene disse un treno.
“Brutta cicciona stonata che non sei altro! Fammi entrare subito!”
Atteggiandosi a donna oltraggiata la Signora Grassa gli restituì la vagonata di maledizioni che Albert aveva dato a lei.
“Piccolo screanzato che non sei altro!”
Albert fumava dalle orecchie.
“Come ti permetti?”
“Senti un po’ tu… io devo entrare là dentro! O mi fai entrare con le buone o ti faccio volare dalla finestra!”
Chiocciando come una gallina – anche se effettivamente era la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità – la Signora Grassa si mise le mani sui fianchi rotondi e lo guardò con sfida.
“Silente non lo permetterà mai!”
“Ooooh, io credo che Silente abbia di meglio da fare che starsene a sentire le baggianate di un’acida zitella che non ha mai visto un manico in vita sua!”
La scenetta attirò molti turisti, che se la ridevano per come quel Serpeverde stava trattando quella donna insopportabile. Perfino i Grifondoro erano indecisi se intervenire o fargli un monumento.
“Fammi entrare cicciona!”
In quel preciso momento il quadro si spostò di lato e il povero malcapitato che stava uscendo si ritrovò a dover fare i conti con un tornado che gli scompigliò i capelli, facendoli veleggiare all’indietro, nemmeno si fosse trovato in una galleria del vento. Quando il tornado passò, questi aprì gli occhi e si guardò.
“Oh… mi trovi cicciona?”
Albert sgranò gli occhi e fucilò la cicciona con lo sguardo, che intanto se la ghignava per la figuraccia fatta.
“No, io stavo parlando con quella donna che…”
Hermione si girò, ma vide che il quadro che ospitava la Signora Grassa era vuoto.
“… era lì un attimo fa… te lo giuro!” – fece Albert, sgomento per essersi fatto fregare da un quadro.
Hermione lo guardò come si poteva guardare un poveretto ai bordi della strada, ma gli sorrise debolmente.
“Cercavi me?”
“Ovvio.” – fece lui, meditando vendetta contro quel confetto gigante. – “Andiamo?”
“Sì.”
S’incamminarono fianco a fianco e Hermione si ritrovò ad avvicinarsi istintivamente verso Albert. Il ragazzo non disse niente, ma quel gesto gli fece non poco piacere. La ragazza alzò lo sguardo, per capire se gli avesse dato fastidio, ma trovò solo due occhi castani che brillavano di contentezza malcelata.
“Mi piacerebbe cenare insieme a te.” – fece Albert, dando a Hermione la conferma dei suoi pensieri di un’ora prima.
Hermione si fermò a metà corridoio, incurante degli sguardi curiosi e allampanati che vedevano un Serpeverde accanto a un Grifondoro.
“Albert, io…”
“Lo so, scusa…” – fece lui, imbarazzato e mortificato. – “Allora… io da una parte e tu dall’altra?”
Detto così suonava molto male.
“Mi dispiace.” – disse lei, chinando lo sguardo.
A causa di tutta quella sua indecisione stava rischiando di far perdere la pazienza ad Albert e non voleva. Si sentì abbracciare, ma non alleviò quella tristezza nei suoi occhi.
“Non ti preoccupare, davvero.” – fece lui, con un sorriso incoraggiante.
“Sei… sei arrabbiato?”
Albert le sorrise.
“No, per nulla. Dopo cena potremmo trovarci e stare un po’ insieme. Che ne dici?”
Hermione si morse il labbro inferiore.
“Io… io dopo mi trovo con i miei amici. Devo dire loro cos’è successo.”
Albert sorrise amaramente, cosa che scaraventò Hermione nella disperazione.
“Albert scusami io…”
Il ragazzo le sorrise, stavolta di cuore.
“Mi hai chiamato Albert.” – costatò lui, accarezzandole i capelli.
Molti dei presenti dovettero correre dietro ai loro occhi, che a furia di rotolare stavano rischiando di precipitare dalle scale.
Hermione arrossì.
“Dai, non ti preoccupare. Tanto domani è sabato. Possiamo stare insieme domani, ti va?”
Hermione annuì con un sorriso.
“Sì, ok.”
“Va bene. Allora buon appetito.”
“Buon appetito a te.”
Entrarono insieme in Sala Grande ma nessuno, se non i presenti nel corridoio che portava all’ingresso di Grifondoro, vi prestò la dovuta attenzione.

Non avrebbe mai immaginato che la sua assenza potesse far tanto scalpore. La sua tavolata si era girata tutta, nessuno escluso, per non parlare di Tassorosso e Corvonero che la guardavano come se le loro certezze fossero state spazzate via in un sol colpo, mentre ricevette qualche occhiata di biasimo da parte dei Serpeverde, che di sicuro non ne sentivano la mancanza. Si avviò verso il suo posto, accolta da abbracci e sorrisi.
Si accomodò in mezzo a Harry e Ginny e iniziò a mangiare.
In tanti provarono a chiedere a Hermione che fine avesse fatto, ma sia Harry che Ginny li rimettevano al loro posto, pregandoli di lasciarla in pace. Qualcuno rinunciava, ma per i più insistenti fu sufficiente una rispostaccia della rossa, che sancì la fine definitiva di quella curiosità di massa.
“Ma guarda te…” – borbottò Ginny, versandosi del succo. – “Ne vuoi?”
“Sì, grazie.” – Ginny le riempì il bicchiere e Hermione lo svuotò tutto, sentendosi decisamente meglio.
“Adesso però vedi di mangiare qualcosa.” – la pregò Harry. – “Hai toccato sì e no mezzo pasticcio.”
“Non… non ho molta fame.” – fece lei, con lo stomaco piccolo piccolo al pensiero di quello che avrebbe dovuto dire loro più tardi.
“Hermione non fare storie. Mangia.” – ordinò Ginny.
“Ma io…” – sgranò gli occhi quando si vide mettere in piatto una fetta di pasticcio che avrebbe sfamato un intero regimento. – “E’ troppa!”
“No! E’ troppo poca! Zitta e mangia.”
Obbedendo, riluttante, Hermione prese la forchetta e iniziò a mangiare. Effettivamente, sentì un certo languorino crescere man mano che la forchetta passava dal piatto alla sua bocca, arrivando così a finire la fetta. Stavolta, si allungò lei stessa per prendere il secondo, abbondando con le carote. Ginny sorrise soddisfatta e continuò la sua cena, non vedendo l’ora di sapere la storia di Hermione.









Note di me:
Pian piano stiamo entrando nel vivo della storia. A cena Hermione non ha fame, perché dovrà affrontare i suoi amici.
Come reagiranno?

Ovviamente, da gran stronza quale sono sono vi dico niente se non un caldo, appassionante… SEGUITEMI!!!
Bacioni, callistas.

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Capitolo 7
*** Dubbi e incertezze ***


07 - Dubbi e incertezze Oh, bene! Sono contenta di aver visto una numerosa partecipazione.
Siamo rimasti al punto in cui Hermione decide di dire tutto ai suoi amici, perché non ritiene corretto nei loro confronti non dire loro dove fosse stata fino a quel momento.
Prima di passare al capitolo, però, è cosa buona e giusta ringraziarvi per il tempo e le belle parole spese per me:

valli80: ccccccccccccccccccccccciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaoooooooooooooooooo!
Questo è il mio benvenuto per te, mia cara! ^_____^
Sono onoratissima che la storia ti piaccia e che abbia dedicato un po’ del tuo tempo a leggere le mie vecchie storie. Grazie davvero!
Senza nulla togliere agli altri scrittori, convengo con te che non è “normale” che in un capitolo Draco e Hermione si odino e l’attimo successivo si amino. Sarebbe più giusto un cambiamento graduale, un lento percorso a scoprire che ciò che si pensava dell’altro era dettato solo da pregiudizi errati e non una botta d’amore improvviso.
Sono felice che Albert ti piaccia. Sai, per le mie storie mi baso anche sui film che vedo in tv. Ci sono casi in cui si ritrova un parente perso dopo molti anni e le reazioni sono principalmente due: o lo si odia, perché non si sapeva niente di lui e non lo si vuole nella propria vita, o lo si ama, proprio perché è mancato da tanto.
E poi… siccome a Hermione ne farò passare di cotte e di crude, ho pensato che il doversi guadagnare anche l’amore del fratello fosse un tantino troppo. Almeno da questo lato l’ho sistemata.
E scoprirai anche che ci sono tanti pregiudizi in un mondo che non si sospettava minimamente. Tranquilla se non hai capito… le spiegazioni arriveranno man mano che avanzeremo insieme con la storia.
Ti mancano gli scontri tra Draco e Hermione? Ripeto: abbi pazienza.
Tutto a suo tempo.
Grazie mille per esserti fermata a recensire la storia.
Un bacio e alla prossima!
Callistas.

piccola pucci: ja! Io essere schfizzera, tu non zapefa questo, ja?!?
Comunque, scherzi a parte, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, anche se con questo che vado a postare entriamo nel vivo della storia.
Nemmeno io sopporto la signora grassa e ho voluto metter su questo siparietto per smorzare un po’ la tensione che avevo creato.
Blaise e Theo li ho caratterizzati così, ma sono in questo capitolo. Ti è mai capitato che quando qualcuno ti dice di aver subito, in questo caso, una grave perdita, tu sia andata a cercare mille ipotesi su quale fosse quella perdita, quando invece era la cosa più semplice del mondo? Beh, a me sì e l’ho voluto mettere, sempre per stemperare un po’ la tensione.
E poi improntare una storia solo sulla serietà era troppo… serio per me.
Beh, non puoi pretendere che Draco si metta a saltare sulle sedie. Dopotutto, come lui ha sempre decantato, è un Malfoy e i Malfoy hanno il controllo anche sul meteo, tra poco, figurarsi sulle proprie emozioni.
Comunque grazie per avermi ricordato come si chiamano il tipo di gemelli che sono Albert e Hermione.
Adesso goditi il capitolo, perché è quello in cui Hermione spiega tutto ai suoi amici.
Bacioni!

Lady of the Night: beh, Hermione è ancora un po’ confusa riguardo tutta questa storia. E’ felice, perché ha sempre desiderato un fratello, ma allo stesso tempo deve muoversi con i piedi di piombo, perché lei è Grifondoro e lui Serpeverde, anche se le ha dimostrato di tenerci a lei in quanto sorella, non perché Grifondoro.
Ha bisogno di tempo, tranquilla.
Vedo che la questione della casa è ancora spinosa per te e per gli altri che hanno commentato. Sono contenta di aver sollevato questo vespaio!
Adesso goditi il capitolo, perché ne vedrai delle belle!
Un bacio, callistas.

Kasumi_89: ciao stella! Ho voluto mettere un po’ d’ironia nella storia, per alleviare quel clima di angoscia che ho creato con i sentimenti e i pensieri di Hermione nei capitoli precedenti. Non volevo ridurvi a uno di quei personaggi depressi della letteratura italiana…
Morte da soffocamento? Tranquilla, ci sarà qualcosina di meglio e… vorrei dirti chi o cosa farà in modo che ci sia questa vendetta, ma arriverà.
Abbi fede.
Draco è Draco. Con tutte le volte che continua a dire che i Malfoy sono Malfoy e che hanno il controllo su tutto, mi sembrava ovvio farlo rimanere calmo esteriormente, ma dentro è un altro paio di maniche. Insomma… la mezzosangue zannuta che diventa una purosangue. Per non parlare delle implicazioni che potrebbe avere questa cosa, ci siamo capiti, no? (se poi non ci siamo capiti, vai a vedere il pairing di questa storia!!! >__<)
Spero che questo capitolo ti piaccia, mi raccomando. Ci tengo alle tue impressioni!

Kiby: sono contenta di averti fatto questa reazione. Di solito mi paragonano a un lassativo, ma non importa… c’è di peggio nella vita. HAHAHAHAHA!
Comunque sono contenta che la storia ti stia piacendo e se sei, come me, una fan di Hermione e Draco e un’acerrima nemica di Ron-Ron, beh… benvenuta nel Club!
Spero che questo capitolo sia all’altezza degli altri.
Un bacio e grazie per avermi fatto sapere cosa ne pensi!
Callistas.

Tinotina: mi fanno già male le maniiiiiiiii… ç_________ç
Effettivamente sì. Ho detto “ecco che si è dimenticata…” stavo per piangere!!! Comunque sono contenta che ti sei ricordata di me. Ma dunque!, rispondiamo, per quanto mi sia possibile, alle tue domande.
Albert, Harry e Ginny – e in teoria anche Ron – sono persone molto importanti per Hermione. Dovrei aprirmi in un monologo di proporzioni epiche, ma non lo faccio, perché altrimenti dovrei rivelarti ciò che succederà nelle prossime puntate.
Ergo, ti tieni il dubbio.
HAHAHA!
Per quanto riguarda Ron, vedi paragrafo sopra, anche se posso dirti che effettivamente qualche problema lo darà.
Lo spirito Grifondoro di Hermione si è un attimo sopito. Con tutto questo trambusto che sta movimentando la sua vita, le occorre del tempo per capire cosa fare e come comportarsi, ma tranquilla… verrà il momento in cui Hermione tirerà fuori le – metaforiche – palle e farà vedere a tutti di che pasta è fatta!
Beh, Blaise e Theo li ho resi un po’ sciocchini, ma tranquilla che tutto tornerà al proprio posto. Draco, invece, essendo un Malfoy e quindi molto abile nel controllare – celare – le proprie emozioni, ha saputo evitare di comportarsi come una checchetta isterica.
Spero che questo capitolo ti piaccia e se vuoi avere una vaga idea di cosa succederà, ti consiglio di leggere l’introduzione di questa storia: ho scritto qualcosina che potrebbe aiutare a capire come potrebbe essere l’andamento della storia.
Un bacio, callistas.
P.S.: grazie per le tue recensioni. Mi fanno felice!
P.P.S.: col cazzo! Draco è mio!!!!!!!!!!!!!!! Io sono l’autrice e io ne detengo i pieni diritti (spero che nessuno legga questa frase sennò sono morta ç_ç)!

_araia: allora, i gemelli sono eterozigoti. Ringrazio piccola pucci che me lo ha ricordato.
È proprio vero, allora… siete tutti fissati con la storia della casa. Perché avete tutti questa fissa in mente? Forse perché sono io che sono stronza da insinuare un cambiamento?
Uhm… sì, può essere.
Anzi. Lo è.
Per quanto riguarda le amicizie di Hermione, io ci andrei con il piede di piombo, sai… certe cose magari possono cambiare le persone. Basta! Mi hai fatto dire troppo, malefica!!!
Hai sollevato tante obiezioni giuste nella tua recensione, ma purtroppo non le posso commentare senza rischiare di rivelarti particolari troppo piccanti e succosi e mi spiace: dovrai tenerti i dubbi e le curiosità fino a che arriveranno i momenti ad esse legate.
Intanto, ti do un assaggio di quello che potrebbe accadere in futuro con questo capitolo.
Spero ti piaccia!
Io parto per le ferie domani mattina e torno lunedì mattina (lunedì 25, non credere il 18 hihihi…). Sono le prime ferie decenti che faccio e me le godo tutte.
Ora ti lascio al capitolo, un bacio.
Callistas.

HJ: beh, non potevo mica metterti tutto e subito, vero? Altrimenti non riuscirei a farti penare a sufficienza!!! A parte gli scherzi, il capitolo sulla verità è questo.
Verità. Quale verità? Quella di Hermione o… aspetti!! Hihihi…
Spero che il capitolo ti piaccia e se non ti piace fattelo piacere!
Sono particolarmente stronza, non trovi?
Ma sinceramente, spero davvero che il capitolo ti piaccia, perché si iniziano a capire certe cose.
Un bacio, callistas.

Hermione59: una sequenza ricca di supposizioni esatte e curiose, brava! Mi piacciono queste recensioni, perché mi fanno capire che la storia non è solo letta, ma anche capita. Il rapporto tra Albert e Hermione è diverso di quello tra Hermione e i suoi genitori, perché con un ragazzo della propria età, di solito, è più facile parlare, non trovi?
Inoltre, come hai giustamente notato, Hermione ha bisogno del suo tempo per affrontare la cosa e capire come fare per gestirla al meglio.
La frase sugli amici è molto profonda e vera. Tranquilla che con l’avanzare della storia capirai chi sono quelli veri e chi i fasulli.
Grazie per aver recensito.
Callistas.

Andy blackshoot: beh, è normale. Uno ritrova la sorella dopo diciassette anni è logico supporre che voglia recuperare il tempo perduto in cinque minuti, ma si rende conto da solo che non è possibile. Poi secondo me c’entra anche il fatto che siano gemelli: ho sempre avuto questa percezione che questo genere di fratelli abbiano un legame più forte, non dico migliore di quello di altri tipi di fratelli, ma diverso. Qualcosa che li lega nell’anima e che fa capire all’altro che il fratello ha bisogno di qualcosa senza necessariamente esprimerlo a parole.
(Se non hai capito niente, non crucciarti: ho capito poco anch’io).
Draco, d’altronde, è un Malfoy, abituato fin dal concepimento a mantenere il controllo sulle proprie emozioni. Per me è stato ovvio descrivere così la sua reazione.
Grazie mille per tutti i tuoi complimenti: mi fanno un immenso piacere!
Ron… Ron… verrà anche il suo momento e starà a te decidere cosa pensare di lui.
Un bacio anche a te, callistas.

Black_Yumi: ciao, e benvenuta nel club! Spero che continuerai a leggere la storia, visto che inizia a farsi interessante.
Un bacio e ancora grazie!
Callistas.

Stefy494: troppo gentile, tesoro.
A me piacerebbe svelarli tutti quanti, questi misteri, ma se lo faccio, addio suspence! Albert è – platonicamente – innamorato di sua sorella e anche se vorrebbe trascorrere la maggior parte del tempo con lei, sa purtroppo che deve darle lo spazio di cui necessita. Hermione sta ancora cercando di capire se stessa, ma arriverà anche per lei il suo momento.
Grazie per le ferie, ti manderò una cartolina virtuale!
Callistas.

Laura Malfoy: 100 punti per Serpeverde! ^__^
Albert è un bel tipo. Mi sono affezionata molto a lui, forse perché l’ho creato io e l’ho plasmato come se fosse una persona vera. Ci saranno molti colpi di scena, andando avanti e uno di questi sarà proprio in questo capitolo. Dai, tra poco ti lascio leggere, tranquilla.
Comunque non ti preoccupare: Hermione è una ragazza con la testa sulle spalle e saprà giudicare da sola certi comportamenti e poi, diamole un po’ di tempo! Ha cambiato stile di vita dalla mattina alla sera e anche lei, anche se è la persona più intelligente del mondo, ha dei sentimenti, che deve analizzare.
Malfoy è il primo che ci è arrivato: è vero. Da qui si iniziano a capire già un paio di cosette… ^_^
Beh, il fatto che i suoi genitori non abbiano avvisato Albert è da imputare non a una mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma perché Hermione ha passato l’intera estate rinchiusa in quella camera senza mai uscire (lo spiegherà lei in questo capitolo) e non le andava di vedere nessuno. Infatti, lei era convinta che si trattasse di uno scambio di persona, ma abbiamo visto che non è stato così. Quindi i Preston hanno deciso di non dire niente ad Albert fino a che le cose non si fossero mosse, in qualsiasi direzione.
Draco non è che ha paura di Albert, diciamo che lo “capisce”. Draco ha vissuto da solo per molto tempo a causa degli “impegni” del padre con il Signore Oscuro e Albert ha vissuto da “solo”, nel senso che non aveva la sorella.
Beh, Harry Potter è Harry Potter, quello che quando si tratta di affrontare Voldemort non ci pensa su due secondi, ma se si tratta di Ginny Weasley inizia a battere in ritirata.
Un comportamento onorevole…
La spiegazione di Hermione è in questo capitolo. Dico solo una cosa: attenzione.
No, non sei stata tanto lunga, ma alla questione dello smistamento, sono ancora nella fase “no comment”. ^__^
Buona lettura!

Ssaphiras: vero? Mi piace essere stronza, non so se si è capito. Massì dai… sono stata abbastanza chiara in merito.
Tu hai la brutta abitudine di fare domande alle quali non posso rispondere.
Non nell’immediato, almeno.
Ma una cosa te la posso dire: io farei molta attenzione a questo capitolo, perché si inizia a intravedere già qualcosa.
Un abbraccio anche a te e buona lettura!
Callistas.




3 AVVISI PER TUTTE:
1)    Il prossimo aggiornamento avverrà Lunedì 25 in giornata, visto che torno quel giorno dalle ferie. Sono desolata di farvi aspettare tutto questo tempo, ma sono cinque anni che non vedo tre giorni di ferie di fila, figurarci 10!
2)    Andate a rileggervi l’introduzione della storia, perché in questo capitolo troverete il riferimento a quello che ho scritto per descrivere, in questo caso, i personaggi.
3)    Sono aperte le scommesse per la casa di Hermione. Ho visto che questa questione ha suscitato parecchia curiosità e voglio proprio vedere cosa mi dite voi al riguardo.
Detto ciò, buona lettura!!!









VERITA’ NASCOSTE
DUBBI E INCERTEZZE

“… alla fine è tornata.”
“Già… ma non poteva starsene a casa? Chi le ha chiesto di tornare?”
“Come se la sua presenza fosse necessaria.”
Albert serrava sempre di più la mascella ogni volta che sentiva uno di quei commenti uscire dalla bocca delle sue compagne di casa. Draco, Theo e Blaise gli avevano riservato il posto e cercavano di tranquillizzarlo.
“Lasciale perdere.” – fece Blaise. – “Per loro non è cambiato niente. Non sanno che è tua…”
Albert lo fulminò con lo sguardo. Non era decisamente il caso di parlarne in un posto pieno d’orecchi come la Sala Grande.
“Scusa.”
Al si rilassò.
“No, hai ragione tu, ma…”
“Prendi tempo Albert.” – fece Draco. – “Non puoi pretendere che una notizia simile passi inosservata.”
“Voglio solo stare con lei. È un problema?”
“No, ma ragiona.” – fece Theo. – “Nessuno degli studenti qui dentro sa niente della cosa. Quando si verrà a sapere, perché fidati, si saprà, si scatenerà il finimondo. Sarà allora che la tua presenza sarà necessaria.”
Theo aveva ragione. Doveva pazientare ancora un pochino e poi domani sarebbe stato con lei tutto il giorno, a costo di dormire in camera sua!
Tra commenti decisamente poco graditi e schiantesimi evitati per puro miracolo, la cena ebbe fine. Albert notò un certo movimento alla tavola dei Grifondoro e vide che sua sorella si stava allontanando con i suoi amici e capì che stava andando da loro per raccontargli la verità. La vide girarsi per un fugace secondo e si sentì decisamente meglio per quella considerazione che lei gli aveva dimostrato.
Gli scaldò il cuore.
“Ma che aveva quella mezzosangue da guardare in qua?” – chiese la voce fastidiosa di Pansy Parkinson.
“Sicuramente per vedere come lei non sarà mai.” – rispose Daphne, scoppiando a ridere con la mora.
Albert si alzò di scatto da tavola, lasciando perplesse le due ragazze.
“Ehi, ma che ha Albert?” – chiese Pansy a Daphne che fece le spallucce.
“E io che ne so? Avrà la luna storta…”
Draco, Blaise e Theo lo lasciarono andare a sbollirsi. Stargli troppo con il fiato sul collo poteva rivelarsi alla fine contro producente.




I quattro camminavano silenziosi, diretti verso la loro Sala Comune. Hermione era molto nervosa e capitanava quel gruppo, più che altro per non dar loro modo di vedere la sua faccia cadaverica e il sudore che le imperlava la fronte.
Harry e Ginny capirono subito che qualcosa non andava e la lasciarono andare avanti di qualche passo. Ron, invece, non capiva il motivo di tutto quel silenzio.
“Ragazzi ma che avete? Sembra che vi sia morto il cane.” – pensò di scatenare delle risate, ma ottenne solo sguardi di rimprovero da sua sorella e dal suo migliore amico.
Hermione invece stava cercando di controllarsi. Era nervosa.
Come avrebbe iniziato il discorso? L’avrebbe presa larga o sarebbe andata subito al dunque? In qualsiasi modo lo avesse iniziato, sarebbe stata molto dura.
“Caput Draconis.” – disse Hermione, dando la parola d’ordine alla Signora Grassa.
Il quadro si spostò e rivelò l’ingresso della Sala Comune di Grifondoro. Anche in quell’occasione, nessuno aprì la bocca se non per salutare, giusto con un flebile “ciao” i pochi presenti che subito dopo cena si erano fiondati nel loro ritrovo.
“Perché non parlate?” – chiese Ron.
Ginny si girò di scatto e lo prese per il cravattino.
“Taci!” – sibilò lei a denti stretti.
Ron guardò Harry, come in cerca di aiuto, ma non trovò niente, se non solidarietà con la sorella. Si staccò malamente, stufo di essere trattato come una pezza da piedi e non sapere cosa stesse succedendo.
Hermione continuava a camminare imperterrita verso la sua camera di Caposcuola, sentendo l’ora della verità farsi sempre più vicina e sempre più pesante.
Aprì la porta e li fece accomodare. Ogni incantesimo d’insonorizzazione fu applicato alla stanza, affinché nemmeno i sospiri uscissero da lì.
Doveva essere qualcosa di veramente importante se Hermione si sigillava dentro una stanza in quel modo, pensò Harry, sedendosi sul letto della sua amica. Per prendere tempo, la ragazza si tolse il mantello e le scarpe, poggiandoli con ordine nel loro apposito spazio.
“Hermione, che succede?” – chiese Ron.
Ginny prese la prima cosa che le capitò per le mani e la scagliò contro il fratello, che si riparò con le braccia, colto alla sprovvista. Fortuna volle che fossero solo un pacchetto di fazzoletti, ma la rabbia per il gesto lo portò a sfogarsi.
“Ma si può sapere che cazzo avete tutti e due?” – sbottò Ron, facendo sussultare Hermione.
“Ma non sei capace di stare zitto un attimo?” – urlò Ginny. – “Sempre a dover dire la tua, sempre a parlare! Sta zitto, no?”
Hermione si era accoccolata sul suo letto, appoggiandosi con la schiena contro la testiera e avvicinando le gambe al viso. Harry li lasciò sfogare e andò dalla sua amica.
“Ehi…” – fece lui.
“Ehi…” – rispose lei, con un debole sorriso.
“Hermione cosa c’è?”
La ragazza guardò gli altri due che se ne stavano dicendo di tutte i colori e Harry si girò.
“Adesso basta!” – urlò il ragazzo.
I due smisero all’istante, ma continuarono a guardarsi in cagnesco.
“Dovreste vergognarvi! Hermione deve dirci qualcosa e non mi sembra il caso di mettersi a litigare per delle sciocchezze!”
Sia Ginny che Ron abbassarono lo sguardo, mortificati.
“Scusa Hermione.” – fece lei.
“Sì, scusaci.” – fece Ron.
Andarono a sedersi anche loro sul suo letto e aspettarono che iniziasse il suo racconto.
“Prenditi il tempo che ti serve.” – le disse Harry, seduto accanto a lei e con un braccio attorno alle sue spalle.
Hermione vi appoggiò contro la testa, che pesava come un macigno.
“E’… difficile da dire. Non so neanche da dove iniziare.”
“Parti da dove vuoi.” – le disse Ginny. – “Parti da dove ti trovi meglio tu.” – disse, per farle capire che loro l’avrebbero ascoltata in silenzio.
“Quest’estate…” – iniziò lei, ma si bloccò. Voleva dirlo, ma non voleva dirlo. – “… mi è stata detta una cosa sulla mia famiglia.” – iniziò lei.
“Tranquilla…” – fece Harry, percependo il suo tremore. Le accarezzò i capelli per cercare di tranquillizzarla.
“Io…”
Ginny si fece più vicina e le accarezzò il ginocchio. Anche Ron la imitò.
“Cosa?” – chiese Harry con voce bassa.
“I Granger…”
I tre si stupirono per come li aveva chiamati.
“… non sono i miei veri genitori.”
Harry smise di accarezzarle i capelli e lo sentì pietrificarsi sotto di sé, Ginny la guardava chiedendosi il perché una simile barzelletta e Ron la guardava come se fosse appena scappata dal reparto psichiatrico del San Mungo.
Harry fu il primo a riprendersi. Diede uno scossone alla spalla dove stava appoggiata lei e rise.
“Dio santo… stavo per crederci. Perché non fai l’attrice Hermione?” – chiese il moro, coinvolgendo anche gli altri due nelle risa.
Hermione si sollevò, delusa, dalla spalla di Harry e si chiuse a riccio in se stessa. Li lasciò liberi di commentare quella “battuta” e poi li guardò seriamente in faccia, facendoli smettere all’istante.
“Hermione, dai… smettila di scherzare!” – fece Ginny, con il sorriso sulle labbra.
Ma Hermione non accennava a sorridere, anzi. Diventava via via più seria, tanto che Harry e i due fratelli dovettero per forza di cose smettere.
“Hermione?” – la chiamò Ron. – “Tu… tu stavi scherzando prima, vero?”
Hermione lo guardò seria. Avesse potuto, lo avrebbe scaraventato giù dalla finestra.
“Cazzo!” – fece Harry, portandosi davanti a lei, per guardarla in faccia. – “Ma… come non sono i tuoi veri genitori? Chi sono? Parla!”
“Harry, calmati!” – fece Ginny, notando la faccia dell’amica. – “Hermione, scusaci… è che…” – non sapeva nemmeno lei come finire la frase. – “Vuoi spiegarci meglio?”
Hermione aveva valutato, per la frazione di un secondo, di non raccontare loro più niente, ma poi così com’era venuto, quel pensiero se ne andò.
Annuì.
“Vi avevo detto che quest’estate andavo dai miei, no?”
I tre annuirono.
“E non ci sei andata?” – chiese Ron, beccandosi un’occhiataccia da Harry.
“No, no… ci sono andata e… e tutto sembrava normale.” – lo disse con un sorriso triste. – “Verso la fine di Giugno qualcuno bussò alla porta. Ero a casa con…” – con chi? Come doveva chiamarla in loro presenza? – “Con Jean…” – notò i loro sguardi stupiti. – “… Scott invece non c’era.”
Preferirono non interromperla.
“Quando le chiesi chi era alla porta non mi rispose, così andai a vedere e mi trovo in casa due sconosciuti.”
“Oddio!…” – mormorò Ginny, spaventata.
“Ho… c’è stato uno scontro magico tra me e l’uomo, ma era più abile di me e mi ha battuta.”
Nessuno commentò quel fatto.
“Ho notato subito che Jean e quell’uomo si davano, o meglio… l’uomo dava una certa confidenza a Jean, come se la conoscesse, mentre lei invece negava tutto.” – si fermò per prendere fiato.
Ginny fece apparire un bicchiere d’acqua e lo porse alla ragazza, che ne prese un sorso.
“Qualche minuto più tardi è entrata una squadra di Auror.”
I tre sbarrarono gli occhi.
“Portarono via Jean, mentre io… non so… credo di essere svenuta.” – fece Hermione perplessa. In effetti, quella era la prima volta che ci pensava sul serio. Doveva essere svenuta, altrimenti non si sarebbe spiegata come poteva trovarsi l’attimo prima in casa sua e l’attimo dopo a Preston Manor. – “E mi sono svegliata in una casa diversa. Una villa.”
“Ah…” – fece Ron, sgomento.
“Non sono mai uscita da quella camera, lo giuro. Ci sono rimasta per tutta l’estate, quasi.”
I tre non faticarono a crederle.
“All’inizio credevo che si fosse trattato di uno scambio di persona e che una volta risolto tutto sarei tornata a casa mia.”
“Invece?” – chiese Ginny, che non era riuscita a trattenersi.
“Invece, l’uomo che si era presentato a casa mia mi ha portata ad Azkaban.”
“COSA?!?” – urlarono i tre, saltando quasi sul letto.
Hermione infossò la testa nelle spalle.
“Ma… come ha potuto portarti lì!” – urlò indignata Ginny. – “Perché?”
“Mi ha condotta alla cella di Jean.”
La stanza ripiombò nel silenzio.
“E le ha dato il Veritaserum.”
Ginny sentì gli occhi pizzicarle.
“Oddio… che… che ha detto?”
“In poche parole…” – fece Hermione, sfinita. – “… che non ero sua figlia e che appena nata mi aveva rapita dalla nursery dove stavo con mio fratello.”
“Ma, scusa…” – fece Harry. – “… dove lavorava tua…” – un’occhiata fulminante di Hermione fece cambiare rotta a Harry. – “… Jean?”
“Al San Mungo, come infermiera.”
“Ohssantodio!” – esclamò Ginny, la cui ambizione, una volta finiti gli studi, era quello di diventare una Medimaga.
“Non poteva avere figli e così ha preso la prima nata femmina di quel giorno, cioè io.” – fece Hermione, chinando il capo di lato.
Il silenzio che cadde nella stanza equivalse a mille parole. Harry, Ginny e Ron continuavano a scambiarsi fuggevoli occhiate tra di loro, mentre Hermione continuava a tenere lo sguardo basso, come se avesse commesso chissà quale crimine. Stringeva forte le gambe al petto, come se in quel momento fossero l’unico appiglio per non sprofondare ancora più in basso.
Fu Ron, per la prima, unica, rara volta in vita sua che fece un commento intelligente.
“Ma… scusa un attimo.” – l’attenzione venne catalizzata su di lui.
Ginny era sicura che se ne sarebbe uscito con la cazzata del secolo.
“Prima hai detto che eri nella nursery con tuo fratello.”
Ginny spalancò gli occhi e li ripuntò di nuovo su Hermione, che annuì stancamente.
“Sì, ho un fratello.”
“E chi è?” – chiese Ron.
Hermione guardò per un attimo Harry, che spalancò gli occhi l’attimo successivo e fece un salto all’indietro per la sorpresa.
“Non… non dirmi che è lui!”
Hermione lo guardò e annuì.
“No! Nonononononono! Dimmi di no!” – la pregò lui.
“Harry di chi parli?” – chiese Ginny, che non stava capendo più nulla.
“Sì, è lui Harry.” – rispose Hermione.

Sapevo che sarebbe stata dura.
Non ci ho provato nemmeno per un secondo a negare questa verità, ma di certo i miei amici non mi hanno reso le cose più facili, come invece avevo sperato. Non speravo nemmeno che mi facessero le congratulazioni, ma forse un po’ più di sensibilità me la sarei aspettata.
Non mi hanno chiesto come sono stata quando l’ho scoperto, cos’ho provato, cosa hanno fatto o detto i miei veri genitori, anche se non ancora sanno chi sono. A parte Harry.
Lui ha sempre avuto quel sesto senso così affinato, che gli faceva captare i pericoli a distanza di chilometri. Perfino se si fosse trovato in un altro continente, avrebbe percepito un pericolo per sé.
Forse le mie aspettative erano troppo alte.
Ron però mi ha stupito con quell’uscita. Non pensavo che mi avesse ascoltato attentamente, cogliendo quel particolare che sia a Ginny sia a Harry è sfuggito.
Mi guardano come se fossi Cerbero e mi da sinceramente fastidio. Che cosa pensano? Che solo perché non mi metto a urlare e piangere non sia stata dura per me? Ho pianto così tanto da svuotarmi e se mi sforzo non ci riesco. Credono che sia stato facile per me accettare il fatto di provenire da una famiglia di purosangue? Di avere un fratello che è stato smistato nella casa a noi da sempre nemica? Come spiegare loro il tumulto di emozioni contrastanti che mi hanno presa dal momento in cui ho messo piede a Preston Manor?

“Ma di chi parlate?” – fece Ron, riportando Hermione con i piedi per terra.
“Preston, di Albert Preston, quello che io e Ginny abbiamo trovato insieme a Hermione.”
“Preston? Quei Preston?” – fece Ron, sgomento, guardando l’amica. – “Tu… tu sei figlia di Myra ed Elthon Preston?” – fece Ron, mettendosi in ginocchio.
“Sì.” – soffiò Hermione.
“Chi sono?” – chiese Harry, guardando Ron. Lui non era ancora avvezzo alle composizioni familiari del mondo magico.
“Schiatterai d’invidia quando lo verrai a sapere!” – fu il commento inappropriato di Ron, che fece arrossire Hermione d’indignazione. – “Myra Preston è una nota stilista di abiti da sposa.”
Lo sdegno della ragazza passò momentaneamente in secondo piano, per lasciare posto a una genuina perplessità. Non lo sapeva… non sapeva del lavoro di Myra. Credeva che come ogni nobildonna purosangue preferisse rimanere a casa o se doveva uscire lo facesse solo per fare shopping.
Quante cose che ancora non sapeva della sua famiglia…
“Mentre Elthon… e qui reggiti Bambino Sopravvissuto… è il Capo degli Auror!”
Harry per poco non cadde dal letto. Auror? Il padre di Hermione era un Auror? E non uno qualunque? Guardò di scatto Hermione, che lo fissava stranita. Non credeva possibile una cosa del genere!
Ginny invece guardava i due, decisa a mandare una lettera a sua madre, dove le avrebbe chiesto chi dei due era stato adottato, mentre iniziava ad avere seri dubbi sul suo amore per Harry. E lo sguardo si posò su Hermione.
Dire che era spaventata era dire niente. E poi non le sembrava veramente il caso di fare commenti così idioti sulla situazione, con Hermione in quello stato.
“Ok. Adesso basta.” – fece Ginny, scendendo dal letto e dirigendosi verso la porta.
Harry e Ron la guardarono straniti, mentre Hermione era sempre più spaventata.
“Fuori di qui. Immediatamente.”
“Ehi, perché?” – chiese Ron.
L’occhiata che gli rivolse Ginny fu sufficiente per farlo stare zitto…
… per due secondi.
“Perché mi guardi così? Che abbiamo fatto?”
Anche Ginny Weasley si rese conto di riuscire a raggiungere la stessa tonalità di Ron quando arrossiva. Solo in tempi minori.
“FUORI DI QUI!” – urlò, facendo tremare le fondamenta.
“Ma…” – tentò Harry, confuso stavolta quanto l’amico.
“HO DETTO FUORI! IGNORANTI CHE NON SIETE ALTRO!” – li prese per i gomiti e li sbatté letteralmente fuori dalla porta. – “Siete i due trogloditi più idioti che abbia mai conosciuto! Non fatevi più vedere fino a domani sera!” – detto ciò, gli sbatté la porta sul muso.
Vi si appoggiò, allibita da tanta indelicatezza e vide Hermione, con gli occhi lucidi e più grandi del solito. Andò da lei e l’abbracciò.
“Mi dispiace, Hermione… mi dispiace tanto! Come stai?”
Non rispose.
Ma pianse.

Ho rivalutato sette anni di amicizia in un secondo.
Come potevano essere felici che fossi una Preston? Certo… ho ritrovato la mia vera famiglia, con metodi più che discutibili, ma non mi sembrava veramente il caso di essere felici, solo perché Elthon è il Capo degli Auror! Sembrava che Harry volesse chiedermi di sposarlo da un minuto all’altro!
E Ginny… Ginny mi ha veramente spaventata. Non l’ho mai vista così arrabbiata come in questo momento. Avevo quasi paura che ce l’avesse con me. Non aveva mai urlato contro Harry, anzi… aveva iniziato a parlargli senza balbettare solo al suo sesto anno e ora… ora gli urla dietro.
Quella ragazza non finirà mai di stupirmi.
Ma mai mi dimenticherò di come mi sia venuta incontro e mi abbia chiesto quella cosa, che io speravo provenisse anche da quei due idioti là fuori, che si staranno ancora chiedendo cosa possono aver fatto di male da meritare un simile trattamento.
E non posso fare a meno di capire che le lacrime non finiranno mai, non le mie, per lo meno. Stretta a Ginny, mi sento bene e mi sento a casa.

Ginny passò l’intera ora successiva ad accarezzare i capelli a Hermione. Se la stringeva addosso più forte quando i singhiozzi aumentavano, allentava la presa quando sembravano diminuire. Versò qualche lacrima anche lei.
Per quello che aveva passato, per come doveva essersi sentita, per le bugie in cui era vissuta fino a quell’estate.
Per l’avere due amici stupidi come Harry Potter e suo fratello, di cui si vergognava tantissimo.
Si allontanò da lei quel tanto che bastava per guardarla in faccia. Era tutta rossa.
“Come ti senti?”
“Male!” – rispose lei, piangendo. In quel momento non aveva voglia di fare la forte, di fare la parte di quella che si piega e non si spezza, perché si era verificato l’esatto opposto. – “Nes-nessuno capisce! Nessuno! Tu-tutti si aspettano che-che io…”
Ginny, furente, le prese il viso tra le mani e se lo portò a pochi centimetri dal volto.
“TU farai esattamente quello che TU vuoi fare! Gli altri si attaccano! Adesso gli altri aspetteranno e se proveranno solo a farti fare qualcosa che non ti va, giuro su Merlino, Morgana, Dio, Gesù, Budda, Allah o chi cazzo vuoi che non vedrà un altro sole, mi sono spiegata?”
Hermione si ritrovò ad annuire, inconsciamente.
“Adesso aspettami qui.”
“Dove vai?”
“A prepararti un bagno tesoro, perché ne hai veramente bisogno. Torno subito.”

La vidi sparire dietro la porta del bagno, ma la sentivo ancora vicina a me.
Le sue parole mi hanno fatto molto piacere e mi hanno dato un po’ di quella tranquillità che mi serviva per affrontare meglio la nottata.
Dei tre, è stata l’unica a dirmi quello che volevo sentirmi dire. Forse il fatto di essere l’unica figlia femmina in un branco di maschi, le è stato utile per sviluppare quel sesto senso femminile che aiuta a captare ogni minimo cambiamento in un’altra persona.

Ginny tornò cinque minuti più tardi e invitò Hermione a seguirla. La riccia si avvicinò alla sponda del letto e quando mise le gambe a terra rischiò di cadere. Aveva le gambe anchilosate, ma si riprese dopo qualche istante. Andò verso Ginny, che l’aiutò a spogliarsi per fare il bagno. Mise i vestiti sporchi nella cesta e aiutò Hermione a entrare nella vasca.
“Vieni qui, che ti lavo i capelli.”
Hermione si avvicinò all’amica e si lasciò coccolare. Ginny le lavò la testa, massaggiandola delicatamente e poi le lavò la schiena. In quel momento aveva bisogno di attenzioni e di certo lei non gliele avrebbe negate. Mise molta attenzione in quello che faceva, perché voleva che Hermione si sentisse bene, dopo tutto quello che aveva passato.
Uscirono dal bagno circa dopo mezz’ora e Hermione si sentì decisamente meglio. Non l’avrebbe mai detto, ma Ginny aveva due mani speciali. Anche lì, l’aiuto a prepararsi per la notte, mentre faceva apparire un pigiama per sé.
“Cosa fai?”
Ginny si ritrovò a guardare Hermione su una gamba sola, stile gru, mentre l’altra era piegata per infilarla nel pantalone del pigiama.
“Eh?” – chiese lei.
Hermione sorrise, divertita.
“Che fai?”
“Mi sto mettendo il pigiama.” – fece Ginny, infilando entrambe le gambe del pantalone. – “Dormo con te stanotte.”
“Non è…”
“Sì, lo è.” – fece Ginny, dirigendosi verso il letto. – “Hai bisogno di compagnia.” – fece, infilandosi sotto le coperte. – “Nox.” – mormorò la rossa, mentre calava il buio nella stanza.
Hermione si sdraiò, sentendo la stanchezza farsi avanti inesorabile. Filtrava un debole raggio di luna che andava a colpire i loro volti. Si stavano guardando in faccia.
“E poi il tuo letto è più comodo del mio.” – fece la rossa.
L’ultima cosa che sentì Ginny prima di addormentarsi – sembrava di no, ma pure lei era stanca per quelle rivelazioni così importanti – fu il classico sbuffo di chi stava sorridendo alla battuta.
E sorrise pure lei.









Sabato.
Nessuna lezione.
Sinonimo di feste e bagordi collettivi.
Quel mattino, Hermione si svegliò verso le nove. Si sentiva bene e riposata, e un certo scroscio provenire dal suo bagno. Stropicciò gli occhi e si stiracchiò, sentendo distintamente ogni muscolo stendersi al suo gesto. Cinque minuti più tardi, uscì Ginny con un accappatoio rosso-oro addosso.
“Buon giorno.” – fece la rossa, mentre tamponava i capelli con un asciugamano. – “Come hai dormito?”
Hermione si mise a sedere, ancora assonnata.
“Bene, grazie.”
“Coraggio, infilati in doccia che poi scendiamo a fare colazione.”
Hermione obbedì, anche perché aveva sperimentato – ringraziando Merlino non sulla sua pelle – che Molly quando si arrabbiava era nulla in confronto alla figlia.
Con il trattamento speciale della sera prima, Hermione fece presto a lavarsi. Ebbe la sensazione che tutta la sporcizia accumulata in quei tre mesi e mezzo fosse scesa dallo scarico la sera precedente.
Fu quando si stava infilando le scarpe, che le venne un mezzo colpo.
“Che c’è?” – chiese Ginny, girandosi preoccupata, mentre spazzolava i capelli. L’aveva vista allo specchio diventare bianca come un cencio.
“Non… non è che Harry e Ron andranno in giro a dirlo, vero?”
Ginny alzò un sopracciglio.
“Spero bene per loro che non ci provino nemmeno.”
Ma non le bastava.
“Sì, ma… e se lo avessero fatto? E se quando metterò piede in Sala Grande tutti mi chiederanno spiegazioni?”
Ginny andò da lei e le mise le mani sulle spalle.
“Hermione calmati. Vedrai che non avranno detto niente. Sta tranquilla.”
Ma non lo era.




In camera sua, invece, Albert Preston stava cercando qualcosa di carino da indossare. Avrebbe passato la giornata con sua sorella e voleva essere perfetto.
Ma sembrava che ogni abito presente nel suo armadio non fosse adatto per un’occasione simile, o eccessivamente elegante o eccessivamente sportivo. Quando Draco uscì dal bagno e si trovò la camera in quelle condizioni, si chiese se nei venti minuti che era stato assente per la doccia fosse passato un troll di Montagna, accompagnato da un uragano.
“Albert?”
Il ragazzo emerse dall’armadio, con aria interrogativa.
“Cosa?”
“Cos’è questo casino?”
Il ragazzo si guardò intorno e sembrò accorgersi solo in quel momento del macello che regnava in quella stanza. Sgranò gli occhi, ma con un incantesimo rimise tutto a posto.
Draco notò che era agitato.
“Che succede?”
“Oggi passerò un po’ di tempo con Hermione.” – spiegò Albert, pronunciando con innata naturalezza quel nome che, invece, fece correre un brivido lungo la purissima spina dorsale del biondo Serpeverde.
Si chiese se mai, un giorno, sarebbe arrivato anche lui ad avere una tale confidenza…
“E tu hai rivoltato la stanza da cima a fondo per…?” – lasciò in sospeso la frase, affinché la finisse lui. Stentava a credere che Albert potesse essersi ridotto in quello stato, anche se forse era comprensibile. Draco stesso non avrebbe saputo dire come avrebbe reagito se si fosse trovato nei panni dell’amico.
“Perché non ho un cazzo da mettermi!” – urlò frustrato, mentre Draco corrucciava un sopracciglio. – “Porca puttana! Non ho niente che vada bene!”
“Albert… non devi mica andare a nozze…” – disse il biondo, cercando di farlo ragionare.
Il ragazzo, invece, si girò con uno sguardo di fuoco.
“E’ importante per me.” – disse, solamente.
“Albert, prima di sapere che era lei, quella ragazza era la Granger.”
Albert si girò stile “esorcista”.
“Non.nominare.quel.nome.” – fece lui, a denti stretti.
Draco si stizzì non poco. Negare la realtà dei fatti non avrebbe aiutato nessuno.
“Incazzati quanto vuoi, ma è la verità. Lei era la Granger e una mezzosangue.”
Albert non replicò. Per quanto la cosa gli desse un fastidio indescrivibile, non poteva non dare ragione a Draco.
“E non mi è mai sembrato di vederla andare in giro con abiti particolarmente eleganti. E sinceramente non credo che inizierà a cambiare proprio adesso.”
“Perché?” – chiese lui. – “Che c’è di male nel vestirsi bene?”
Draco annuì, concorde.
“Niente, ma stiamo parlando della Granger. Quella che ha dato il via al C.R.E.P.A.. Chi credi che confezioni gli abiti che indossiamo?”
“E tutto questo per dirmi cosa?”
“Che non devi rivoltare la camera come un calzino per cercare cosa metterti.”
Albert sospirò. La faceva facile lui che non…
“Ad ogni modo…”
Albert si vide arrivare in faccia una felpa bianca con il cappuccio. Sgranò gli occhi e li puntò sul biondo.
“E sia chiaro…” – lo minacciò l’altro. – “Che se ci trovo sopra una macchia, te la faccio lavare a mano.”
Albert gli sorrise, riconoscente, mentre Draco tornò in bagno per vestirsi.




Lungo il corridoio che avrebbe portato Hermione e Ginny in Sala Grande, le due trovarono molti studenti, soprattutto Grifondoro, che guardavano la riccia e commentavano il suo passaggio.
“Lo sanno già!” – sussurrò terrorizzata Hermione a Ginny.
La rossa non credeva possibile che Harry e Ron avessero detto una cosa del genere in giro senza prima consultarsi con la diretta interessata.
L’unica cosa che Ginny non sapeva, visto che a lei dei pettegolezzi non interessava granché, era che quei bisbigli non erano dovuti al fatto che Harry e Ron avessero detto qualcosa di troppo, bensì al fatto che solo il giorno prima Hermione era stata vista in compagnia di un Serpeverde e quindi era ovvio che ci stessero ricamando sopra.
I brusii non finivano mai e Hermione si ritrovò a camminare a testa bassa, colma di una vergogna inspiegabile, per una che non aveva fatto niente, anzi. Che si era vista smembrare la sua vita come carne da macello.
“Cammina a testa alta.” – le disse Ginny.
Ma Hermione non ci riusciva. Quelle voci non la smettevano mai di parlare, di commentare, di ghignare, di ridere. Davano fastidio perfino a Ginny. Hermione, a un tratto si fermò, e tornò indietro, facendo aumentare così le voci. La rossa si fermò di botto e tornò indietro quasi correndo. La fermò dietro un angolo dove, fortunatamente, non c’era nessuno.
“Dove stai andando?” – chiese sgomenta la rossa.
“Me ne torno in camera mia!” – sbottò lei.
Ginny la guardò con gli occhi spalancati.
“Ma scherzi?”
“No!” – ansimava, quasi avesse l’asma. – “Li hai sentiti? Continuano a parlare! Lo sanno già!”
Ginny si sporse verso il corridoio, notando come gli studenti stessero guardando dalla loro parte, in cerca di pettegolezzi.
“Non fare la sciocca, Hermione. Non puoi sapere di cosa stanno parlando!”
“E invece sì! Sanno di me e di Albert! Oddio! Non volevo che si sapesse così!”
Ginny non sapeva cosa dire.
“Hermione non…” – ma si bloccò. Cosa poteva dire? – “D’accordo.”
“Cosa?” – chiese immediatamente la riccia, guardandola con gli occhi spalancati dal terrore.
“Adesso vado a chiedere cos’hanno di così interessante da parlare.” – stava per uscire, quando Hermione la tirò per il mantello, rischiando di soffocarla.
“Ma sei matta? Non peggiorare la situazione!”
Ginny se la levò di dosso con malagrazia e uscì, dirigendosi verso una coppia qualsiasi che, vedendola arrivare, si mise a parlare di tutt’altro. Hermione seguì la scena con il cuore in gola.
“Non fate le furbe.” – disse la rossa.
Le due si zittirono e cercarono di salvare il salvabile.
“Di cosa parli Weasley?”
“Posso sapere di cosa stavate parlando prima, mentre stavamo passando?”
“Di niente, Weasley. Di abiti.”
“Pendal, non giocare con me. Sai che so lanciare delle fatture Orcovolanti molto efficaci.”
Fu sufficiente per far morire di paura la ragazzina del terzo anno.
“De-della Granger… che stava con il Serpeverde.”
“E poi?”
“E poi basta! Te lo giuro!”
Ginny, non soddisfatta, estrasse la bacchetta dalla tasca del mantello e la studiò, come se cercasse una macchia invisibile.
“Mmmm… non sono mica tanto convinta, sai?”
La ragazzina arretrò fino a toccare il muro con le spalle. Stessa sorte per l’altra.
“Te lo giuriamo Weasley!” – fece l’altra ragazzina. – “Parlavamo di come la Granger stesse stringendo amicizia con i Serpeverde! Giuro!”
La Pendal confermò le sue parole. E lesse la verità nei loro occhi. Rinfoderò la bacchetta e sorrise.
“Visto? Non era poi così difficile, no?” – tornò da Hermione, che la stava aspettando in ansia.
“Allora? Che hanno detto? Lo sanno già? Ci hanno già ricamato sopra?”
“No, non sanno niente.”
Tutto il terrore di Hermione svanì all’istante.
“Cosa? Come no? Parlavano di me, ne sono sicura!”
“Sì, parlavano di te, ma non nel senso che intendevi tu. Sanno solo di averti vista con Albert Preston, non che sei sua sorella.”
Hermione si sentì immensamente sciocca.
“A-ah… scusa, Gin.”
“Hermione, devi stare tranquilla. Questa storia non puoi tenerla nascosta per molto tempo.”
“Fino alla fine dell’anno?” – chiese lei, speranzosa.
Ginny arricciò le labbra in un sorrisetto divertito.
“Non credo. In ogni caso, non sarai sola. Coraggio, adesso andiamo. Sbaglio o devi vederti con qualcuno oggi?”
Hermione arrossì e sorrise impercettibilmente.
“Servono energie. Dai, andiamo in Sala Grande.”
Come lì nel corridoio, anche in Sala Grande la maggior parte degli studenti guardavano Hermione e Albert, chiedendosi che razza di rapporto ci fosse tra loro. La riccia, per il momento ancora in una botte di ferro, camminava tranquillamente, evitando accuratamente di guardare la tavola verde-argento. Harry e Ron erano seduti ai propri posti e quando videro Hermione in compagnia di Ginny si misero quasi sull’attenti.
“Hermione…” – fecero i due in coro.
“Come… come stai?” – chiese Harry.
La riccia lo guardò e alzò le spalle.
“Abbastanza bene.” – fece, sedendosi.
Ginny, accanto a lei, squadrava con aria omicida i due, pronta a scannarli vivi se avessero detto una parola di troppo.
“Senti…” – iniziò Harry. – “… volevamo chiederti scusa per ieri sera.”
Ginny diminuì la presa sul bicchiere e si rilassò. Forse avevano capito di aver esagerato ieri sera e…
“Se abbiamo detto o fatto qualcosa che ti ha ferita, ci dispiace.” – fece Ron, sperando di essersela cavata con poco.
Ginny sentì un’ondata di malessere pervaderle lo stomaco, come se fosse stata sbattuta al largo da un’onda anomala. Li guardò, chiedendosi veramente chi fossero quei due.
Hermione, invece, non aprì bocca. La sentì amara, nonostante la dolcezza del succo di zucca appena ingerito. Il labbro le tremò impercettibilmente e lo nascose, chinando il capo per raccogliere un’inesistente briciola dal suo piatto.
Ron volle sdrammatizzare la situazione.
“Ehi, perché oggi non andiamo a Hogsmeade a fare un giro?” – propose il rosso.
Hermione si morse la lingua. Cosa doveva fare? Rispondergli male o lasciar perdere?
“Hermione oggi ha da fare, ma se volete ci possiamo andare noi.” – fece la rossa, che aveva in mente un’arringa niente male da propinare a quelle due teste di legno.
“Ah… cosa devi fare, Hermione?”
La riccia stava per sbattere il bicchiere sul tavolo, ma l’intervento della Divina Provvidenza l’aiutò a non frantumarlo.
“Signorina Granger?” – la chiamò la sua direttrice.
Harry e Ron stavano per dirle che Hermione non faceva più Granger di cognome, ma un’occhiataccia di Ginny li rimise al loro posto.
“Sì?” – rispose lei, automaticamente. L’attimo successivo chiuse gli occhi, maledicendosi per quell’errore.
Ginny lo notò e le prese la mano.
“Può seguirmi nell’ufficio del preside?”
Hermione annuì. Lasciò la mano dell’amica e seguì la sua docente di Trasfigurazione.
“Continuate pure la vostra colazione, signori.” – fece la donna, mettendo una mano sulla schiena di Hermione.
Ginny si girò, e riprese da dove aveva interrotto.
“Che vorrà da lei Silente?” – chiese Harry, mentre seguiva con lo sguardo Hermione fino a che scomparve dietro il grande portone.

Anche Albert, dalla sua tavolata, aveva seguito con enorme interesse la scena. Dove stava portando sua sorella?




Minerva McGranitt camminava spedita verso l’ufficio del preside, mentre Hermione le andava dietro con lo sguardo basso.
“Come ti senti, Hermione?”
La ragazza alzò lo sguardo, sorpresa. Raramente i professori chiamavano gli studenti per nome.
“Bene.” – rispose lei, automaticamente. Non sapeva che tutto il corpo docente era stato messo a conoscenza dell’accaduto.
“Stai tranquilla, Hermione. Albus ci ha detto tutto.”
La ragazza iniziò a palesare un forte senso di disagio.
“Non ti preoccupare, cara. Al momento nessun altro sa di questa storia. Coraggio, vieni.”
Hermione sentì gli occhi diventare lucidi. Aveva una brutta sensazione al riguardo. Silente sapeva, i professori sapevano, i suoi amici sapevano… quanto tempo sarebbe occorso perché tutti lo venissero a sapere?
Voglio sparire, pensò Hermione, mentre la McGranitt pronunciò la parola d’ordine per entrare nell’ufficio del preside.









Note di me:
devo commentare, per caso?
-.-
Dunque… come vi sembrano Harry e Ron?
E il mio Dracucciolo?
E Ginny?
E la McGranitt?
Cosa vorrà da lei, Silente?
Preparatevi, perché nel prossimo capitolo vedremo un Severus Piton diverso, un Piton che ha delle motivazioni molto serie per avercela con Hermione.
Se penso che vi lascio con il fiato sospeso per 11 giorni… beh!, sono contenta!
HAHAHAHAHA!
Alla prossima, allora…
Pensateci…

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Capitolo 8
*** Decisioni, motivazioni, urla e incontri ***


08 - Decisioni, motivazioni, urla e incontri Tornata dalle mie – meritatissime – ferie, ho pensato di aggiornare subito, beh, quasi subito. Si sa che il rientro dalle ferie comporta oneri non indifferenti, quali il disfare le valige – sigh sob – fare le lavatrici – me misera e tapina – e infine stirarle – porca di quella vacca!!!
La prima cosa che ho guardato sono state le recensioni.
19?!?!?!?!?!?
Pazze!!
Vi amo!!
Questa era la mia faccia: O.O
Per poi passare a: ç_ç
Per infine arrivare a: ^_____________________________________________________________________^
Ma quanto mi siete mancate, eh? No dico… quanto?
Mi strappavo i capelli nell’immaginarmi le vostre bellissime recensioni, tanto che l’addetto delle stanze mi chiese se soffrivo di calvizie precoce… comunque non è di me che si deve parlare, ma di questa benedetta situazione che non ancora intende sbrogliarsi.
O sì?
Nel precedente capitolo, vi ho lasciato con dei quesiti abbastanza curiosi a cui ne aggiungerò degli altri con questo capitolo.
Ringrazio:

temmyKaos: oh, ehm… ^///^ sono un po’ arrossita, spero non si noti troppo…
Comunque ti ringrazio per aver deciso di andare oltre, davvero tante, tante grazie!
Spero di continuare a tenere attiva la tua attenzione, di non cadere nel banale e di farti stramazzare a terra dalla sorpresa ^____^
Ti ringrazio per tutti i tuoi complimenti. Sono contentissima che l’argomento, benché infinitamente trattato, lo sia stato in modo diverso. Spero di non deluderti.
Un bacio e buona lettura.

_araia: la mia fan namber uan!
Calma, calma… tu vuoi tutto e subito ^_^
Allora, inizio col dirti che le mie ferie sono state divine. Hai presente la pubblicità della Costa Crociere (vai di pubblicità occulta!) dove la coppia si mette a piangere?
Ecco, una cosa simile, solo elevata all’ennesima potenza… ^_^
Dunque, per parlare del capitolo. Diciamo che Ginny è sì adorabile, ma la storia deve ancora svilupparsi e io la terrei d’occhio, questa ragazza. Per la guarigione della stupidità di Harry e Ron, mah… vedremo anche quello. Ne dovranno passare di cotte e di crude.
Hihihi…
No, non ti preoccupare. Piton non ucciderà Hermione, ma verremo a sapere il motivo che lo ha portato ad accanirsi così brutalmente su di lei, per lo meno, mi è piaciuto immaginarlo così il perché di quel suo odio.
No-o! Ma che razza di rogna ho avviato con ‘sto smistamento?!?!
Quella è una cosa che affronterò più avanti, ma non dico altro, giusto per mantenere la mia dose di stronzaggine.
SATC 2? Sarai la prima a saperlo.
Ti adorooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!
Buona lettura!

Piccola pucci: una domanda alla volta, no?
Allora, iniziamo dall’inizio. Io a Ron non l’ho mai sopportato, onestamente e ad essere sincera fino alla fine, pensavo che Hermione si mettesse con Harry quando ancora Ginny non era entrata in gioco, ma lasciamo perdere. Ron mi sembra troppo poco per lei, troppo insipido, come le minestre degli ospedali. Così quando posso – cioè sempre – cerco di metterlo in cattiva luce.
Mi spiace per le fan di questo personaggio, ma proprio non lo digerisco.
Draco.
Draco fa di tutto per gli amici a cui tiene veramente, anche se non lo da apertamente a vedere.
Albert invece vuole fare bella figura, anche esteticamente, anche se come chiarito da Draco stesso, a Hermione non interessa come si veste una persona, visto che lei per prima usa semplici jeans e magliette e il fatto che glielo abbia fatto notare proprio il MIO furetto, la dice lunga.
Della serie “ti faccio schifo, ma finora hai osservato bene…”
Oddio! Ho davvero fatto questa gaffe? Perdonami! Allora per essere chiari, Hermione è stata rapita il secondo giorno della sua nascita, per motivi che verranno spiegati più avanti, non dico da chi. ^^
Per quanto riguarda la tua domanda se Hermione sapeva di essere stata adottata ti dico di sì. Infatti, l’ho scritto quando Myra ed Elthon fanno irruzione a casa di Hermione e fanno arrestare Jean. Il punto è quando Myra avvicina uno specchio e vuole che Hermione noti se ci sono somiglianze tra lei e Jean, ma Hermione la ferma subito e le dice che sì, sapeva di essere stata adottata.
Per la tua ultima domanda… spiacente. Ci sono cose che posso dirti e altre che sopraggiungeranno con il proseguo della storia.
Della serie “se vuoi saperlo devi leggere” così ti costringo a commentare e io mi godo nell’immaginare la tua faccia stravolta dai mille casini che ho messo in piedi.
Me stronza.
Sono io che ringrazio te per tutte queste domande. Mi fa capire che la storia è seguita sul serio e che non è letta giusto per passare due minuti.
Un bacio e buona lettura!

Lally76: addirittura segnalato?!? Chi è il pazzo/a che l’ha fatto?
*così corre a fargli/le un monumento*
Sono contenta che tu abbia saputo cogliere il mio sforzo nel cercare di immaginare le varie emozioni di Hermione. È stato fin da subito il mio punto fisso, quello di immaginare come poteva sentirsi una ragazza di quell’età sconvolta su una verità del genere.
Ginny è l’amica che tutti vorremmo avere, ma capita qualcosa durante la vita in cui questa amicizia può percorrere delle strade in salita e difficili. Spero che tu abbia colto il mio messaggio implicito in relazione a Ginny.
Mi scuso se non hai capito molto, ma con il proseguo della storia, la trama si districherà.
O almeno lo spero… -.-
Anche a me piace Albert. Per il suo personaggio, mi sono basata molto su quei film che si vedono spesso in tv. Non so se hai presente quando il protagonista viene a sapere all’improvviso dell’esistenza di un parente molto vicino. Le sue reazioni sono essenzialmente due: o lo rifiuta categoricamente, o lo accetta e lo cerca fino allo spasmo. Albert, non appena saputo di avere una sorella, ha iniziato a comportarsi bene, come ho descritto nei capitoli dedicati ai suoi ricordi di adulto e infante, e a non fare i capricci. Poi c’è da dire che l’educazione di Myra ed Elthon non è stata rigida e severa come quella di Malfoy Senior e quindi Albert ha potuto decidere liberamente chi frequentare, a prescindere dal sangue.
Anche per te, la questione della casa arriverà più avanti.
Spero che questo capitolo ti piaccia e colgo l’occasione per ringraziarti di aver speso un po’ del tuo tempo per leggere questa mia composizione.
Un bacio, callistas.

Witchcmelanie: certo: altrimenti che stronza sarei?
Mio piccolo bignè alla crema… al momento Draco non è OOC, ma ben presto lo sarà, per poi cadere nell’OCCC, che nel mio gergo sta per Oh Cazzo Che Cambiamenti! Spero tu lo possa gradire comunque, perché ci ho messo un pizzico di ironia, che nella vita non guasta mai.
Per la casa di Hermione: aspetta e spera!
^___^
Superbaci!, callistas.

Hermione59: mamma mia come mi è piaciuta la tua recensione! Sono rimasta piacevolmente colpita. Che nel DNA maschile il cromosoma dell’insensibilità non esista è un dato di fatto. Appurato ciò, proseguiamo.
Ogni tua singola parola è la pura verità. Non avrei saputo dirlo meglio. Hermione non sa come muoversi in un ambiente che fino a poco tempo prima aveva disprezzato e che ora deve imparare a conoscere, Albert è ansioso di stare con lei e farle capire che gli è mancata terribilmente e Ginny ha l’oneroso compito di starle vicino, qualsiasi sia la sua decisione.
Speriamo tutto vada bene. Hermione si merita un po’ di tranquillità.
Grazie per le tue belle parole, callistas.

Black_Yumi: volevi Silente? Eccoti accontentata. Spero ti possa piacere questo capitolo, perché ne accadranno delle belle.
Ciao e buona lettura!

Valli: ridendo, scherzando e facendosi venire un’ulcera grande come una casa, il 25 è arrivato. ^___^
Tutto bene? Spero di sì. Le mie ferie sono state una pacchia assoluta, ma ti prego, non parliamo di me.
Harry e Ron sono, al momento, nel girone degli imbecilli. Dante non lo sapeva, ma c’erano anche loro… per quanto riguarda Silente, lo scoprirai adesso e Piton… ha sempre dimostrato avversione nei confronti di Hermione, per quella sua mano che svettava in alto ancora prima che lui potesse finire di porre la domanda. Bene. Oggi scoprirai perché Piton ce l’aveva con lei e con Harry e Ron.
Ma ci sarà anche dell’altro e… Dio come mi piace fare la stronza!
Buona lettura!

Daph: ce ne sarebbero di cose da dire su Harry e Ron, ma lascio a te il piacere di sbizzarrirti. Tranquilla… le apparizioni pioveranno come la Madonna di Fatima e alla fine mi urlerai dietro che non ne puoi più di vedere Draco & Co.
Per la McGranitt ho pensato che aggiungere la scena di lei che si scusa avrebbe appesantito il racconto, così ho preferito ometterla.
Spero non ti dispiaccia.
Intanto, grazie per le tue belle parole e buona lettura!
Reggiti!!!

Kiby: hallo! Sono tornata! In questo capitolo capirai il motivo della diversità di Piton. So che ti piace Albert, perché io per prima lo adoro. Ginny ha due contro coglioni di quelli belli duri e saprà mettere al proprio posto fratello e quasi fidanzato, anche se…
Ovviamente non dico altro, altrimenti mi brucio la storia.
Intanto a te il motivo per il quale Piton ce l’aveva con Hermione.
Baci!

Kasumi89: all’imbecillità non c’è mai fine e lo scoprirai man mano che la storia avanza. Ginny avrà i suoi momenti di gloria e di scarto, ma anche qui lo scoprirai con il proseguo.
Dopo una settimana di ritardo, eccoti il capitolo, sperando che ti piaccia!
Un bacio, callistas.

Laura malfoy: ciao cara, non ti preoccupare per la descrizione di Draco. Quel ragazzo, se ci fai caso, è un cubo di Rubrik: devi rivoltarlo come una frittata per far combaciare i pezzi. Draco ha una personalità molto contorta e più avanti amplierò questa parte. Dopotutto, non per niente ho messo come pairing Draco/Hermione…
La scena del racconto di Hermione è stata forse la più facile da scrivere. Non so perché ma ho immaginato che quando una persona racconta una cosa simile ai suoi amici questi reagissero proprio così: Harry è un cretino, Ron non ne parliamo e Ginny è l’unica ad avere un cervello.
Che più avanti si perderà per strada…
Questo capitolo è quello che forse mi piace di più, finora. La motivazione che ho tirato fuori per la scontrosità di Piton nei confronti di Hermione mi ha lasciata esterrefatta. Giuro che mi sono data del genio da sola!
Poi magari è una stronzata colossale… -.-
Adesso vediamo cosa vuole Silente.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Vally80: troppo gentile e generosa con le parole. Ginny ha le palle che Ron ha perso da qualche parte e Hermione, come giustamente hai detto, ha bisogno di calore umano e di comprensione.
Albert vuole essere al massimo per l’incontro con la sorella. Crede che vestendosi bene possa essere un punto in più per farsi amare, ma non ha ancora capito che Hermione gli vuole già bene, anche se ancora è frenata dal dimostrarlo.
Un po’ di risate non guastano mai: si sa che i Serpeverde sono vanitosi, no?
Per quanto riguarda il fattore gelosia fraterna non posso dirti nulla. Ho affrontato anche questo passo, ma ovviamente non posso dirti nulla al riguardo.
Spero tu voglia continuare a seguirmi. Le tue critiche mi fanno sempre piacere.
Grazie mille per l’augurio. Le ferie sono state ottime, forse anche grazie ai tuoi auguri.
Buona lettura, callistas.

BLUFLAME: grazie per le tue belle parole!
Comunque tranquilla… credo che per un anno sono a posto di ferie. Ho mangiato come una tora incinta! ç_ç
Sono davvero lieta che lo stile ti piaccia e concordo con te nel dire che le trame più belle o le idee più originali, vengono spesso penalizzate da uno stile bambinesco o semplicistico. È una cosa che odio!
Draco è un caso a parte. Capirai più avanti il perché. Così come non ti dico dove la lingua di Draco andrà a finire…
Hihihi…
Bacioni!

Stefy494: fino al punto due ti dico ok, hai ragione. Dal terzo in poi dovrai penare come una dannata perché la storia non è ancora finita.
Per Piton adesso hai finalmente la risposta alla tua domanda.
Spero che la spiegazione sul comportamento di Piton ti piaccia.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Lady of the Night: Harry e Ron avranno le loro belle gatte da pelare, come si suol dire. Ginny, al momento, è il pilastro di Hermione, ma più avanti avrà un piccolo cedimento di struttura…
Draco fa orecchie da mercante, finge che non gli interessi, ma la sua mente sta già iniziando a lavorare. Il Trio delle Meduse (Piton-Mc-Silente e non chiedermi perché li ho chiamati così) avranno una piccola discussione.
Spero che questo capitolo ti possa piacere come i precedenti. Io lo adoro.
Un superbacio, callistas.

HJ: spero di non mettere altre scontatezze nella storia come Harry e Ron altrimenti sono rovinata ç__ç
Sono contenta di non aver intaccato la mia immagine di Miss Stronzaggine 2011: perdere quel titolo mi butterebbe in depressione… ^__^
Spero che il capitolo ti piaccia!
Grazie di tutto!

Tinotina: consiglio 30 gocce di valeriana prima di andare a dormire hihihi… sembra quasi che tu non possa stare senza la mia storia…
*si diverte a fare la stronza*
Quando mai ho detto che avrei postato il capitolo sullo smistamento di Hermione, ma soprattutto… quando ho detto che sarebbe stata smistata? Io ho solo ipotizzato… ^^
Comunque sono spiacente… per i miei sogni ho fatto un incantesimo di barriera e tranne delfini e bonazzi in costume da bagno non ho visto nessun altro >___>
Io ti ringrazio per la tua stratosferica recensione. Mi rallegri le giornate nel sentirmi dare della stronza perché vuoi l’aggiornamento a tutti i costi.
^_______________^
Grazie davvero.
Ti auguro una buona lettura, callistas.

Ssaphiras: mi piace quando mi fai tante domande, spero però tu possa comprendere che non posso rivelare troppo altrimenti mi brucio il finale.
Harry e Ron sono i soliti: posso darti un’infinità di aggettivi, ma uomini è quello che li descrive meglio. Ginny è una donna e quindi più attenta allo stato d’animo di Hermione, visto che è sua amica.
Albert ha letteralmente i sudorini perché vuole fare bella figura con Hermione e Draco, inconsciamente, lo aiuta in questo, prestandogli la felpa.
Le reazioni delle serpi ci saranno… più avanti.
E per quanto riguarda Silente… dimmelo tu.
Un bacio e buona lettura, callistas.








VERITA’ NASCOSTE
DECISIONI, MOTIVAZIONI, URLA E INCONTRI

“Allora Hermione, dimmi… come ti senti?”
“A-abbastanza bene, grazie.” – rispose la ragazza. Il suo senso di disagio era leggermente scemato nel momento in cui aveva incontrato gli occhi gentili del suo preside, ma si era ripresentato quando aveva visto anche quelli del professore di Pozioni.
Cosa ci faceva lì?
“Non essere nervosa, rilassati. Sei tra persone fidate.”
Un’occhiata fin troppo perplessa andò a Piton, che sollevò un sopracciglio, quasi offeso. Hermione sapeva perfettamente cosa Piton avesse fatto per loro, non solo durante la guerra, ma per tutto il tempo in cui Voldemort aveva regnato, ma nonostante il passato, l’insegnante non ne voleva sapere di cambiare atteggiamento né verso di lei, né verso i suoi amici.
Conscia di aver esagerato con quell’occhiata, abbassò subito lo sguardo sulla sua interessantissima gonna a scacchi.
“Gradisci una tazza di the?”
“Sì, grazie.”
I presenti presero una tazza di the, sorseggiandolo in silenzio, cosa che mise Hermione ancora più a disagio.
“Posso… posso sapere perché mi ha convocata?” – azzardò lei.
“Volevo sapere se stavi bene. Com’è stato il tuo rientro… se ti aspettavi qualcosa.”
Ma perché ho la sensazione che quest’uomo sappia sempre tutto?, si chiese Hermione. Possibile che, senza che lei se ne fosse accorta, avesse letto i suoi pensieri e le sue emozioni della sera precedente, quando aveva confessato ai suoi amici la verità?
“No, io… è andato tutto bene, grazie.”
“Com’è stato l’incontro con il signor Preston?” – chiese sempre Albus.
Al pensiero del fratello, Hermione si rilassò.
“E’ stato… particolare.” – rispose Hermione.
Silente sorrise dietro i suoi occhiali a mezza luna.
Minerva e Severus ascoltarono il racconto senza battere ciglio.
“Quando… quando sono scesa dalla carrozza era ovvio che stesse aspettando qualcun’altra. Credo… credo che abbia capito chi sono quando mi ha guardato negli occhi.”
“Concordo. Sono identici a quelli del signor Preston.” – osservò Silente. – “E’ un vero peccato non essersene accorti prima.” – continuò.
Hermione s’irrigidì sulla sedia.
Gli adulti se ne accorsero. Soprattutto Severus Piton, che lanciò un’occhiata significativa a Minerva che lo contraccambiò, con uno sguardo completamente indecifrabile.

Odio tutto quello che riguarda la mia vecchia vita.
Quella donna, quell’uomo e il cognome che mi hanno obbligata a portare ingiustamente.
È sinonimo di mezze verità e bugie. Io, che per anni non ho fatto altro che proclamare la giustizia e la verità, ho vissuto una vita di menzogne. So che non è stata colpa mia, ma non riesco a non sentirmi un’ipocrita quando ci penso.
Il che accade praticamente ogni giorno, ogni secondo da quest’estate.
Se Ginny lo sapesse, mi prenderebbe a schiaffi.
Perché doveva succedere a me?

Nessuno meglio di me sa riconoscere l’odio e il risentimento.
E quello che ho letto nei suoi occhi era un disprezzo così profondo verso quel cognome che ha portato per anni, che mi ha lasciato… piacevolmente colpito.
Li odia.
Odia quelle persone che l’hanno strappata al suo vero mondo, che l’hanno costretta a una vita non sua.
Che l’hanno privata della sua vera essenza.
Hermione Granger è morta.
Al suo posto c’è Hermione Preston.
Chissà se anche Hermione è il suo vero nome.
È solo una questione di tempo, tempo che spero passi in fretta, prima che la ragazza si accorga di essere sbagliata per la casa in cui è stata smistata sette anni fa.
A volte, basta poco perché le persone cambino. A volte occorrono anni, altre volte un semplice secondo. A questa ragazza è bastato un attimo, è stato sufficiente rivelarle la verità e già inconsciamente ha iniziato a cambiare atteggiamento.
È molto probabile che sia sotto l’effetto della suggestione. I Serpeverde sono rinomati per i loro pregiudizi, ma nemmeno i Grifondoro ne sono tanto esenti. Sapere di essere una purosangue l’avrà fatta riflettere molto e dai discorsi che ha fatto Albus dalla visita a Preston Manor a inizio mese, l’ha notato pure lui.
Non so dire se sarà lei stessa a scegliere di cambiare casa, fosse solo per la necessità di stare il più vicino possibile al fratello ritrovato, o perché la sua naturale indole la spingerà a volersi staccare da Potter e Weasley, ma quando lo farà, perché so che lo farà, avverrà quel cambiamento che Albus tanto preme per avere.
Un avvicinamento tra le nostre due case.

È cambiata.
Lo sento, lo vedo. Lo percepisco.
La vecchia Hermione non c’è più. Non oso immaginare quanto abbia sofferto nel vedersi smembrare la famiglia sotto il naso. Non posso essere che felice per lei, che abbia ritrovato quella vera, ma non riesco proprio a immaginare quale sia il suo stato d’animo attuale.
O forse sì.
Quando Silente ha implicitamente fatto riferimento alla sua vecchia vita, è diventata di ghiaccio. Quel cognome, che un tempo portava con orgoglio, le si è ritorto contro. La vita che aveva condotto fino a quest’estate ha perso di significato. Immagino la soddisfazione di Severus, palpabile quasi quanto il dolore di Hermione. Avere una studentessa brillante come lei nella sua casa gli risolverebbe praticamente tutti i problemi.
Ma a pensarci bene, Hermione è l’unica persona che sarebbe in grado di far cessare le ostilità tra Serpeverde e Grifondoro, ma non so se sia un bene usare questa storia per risolvere una rivalità vecchia di secoli.
Non sarebbe giusto per lei, lei che non chiede altro che essere lasciata in pace, ma che dovrà affrontare il cambiamento che sta avvenendo nella sua vita e il compito che Albus ha già deciso di affidarle.
Spero solo che vada tutto bene.

“Comunque…” – fece il preside, interrompendo i pensieri comuni. – “… non era mia intenzione farti ricordare cose spiacevoli, Hermione. Volevo solo dirti che se avessi bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa, ti prego di non esitare a rivolgerti a me o alla professoressa McGranitt.”
La riccia annuì.
“Grazie. Lo terrò a mente.”
“Bene.” – fece Silente, battendo le mani sui braccioli della sua poltrona. – “Credo tu abbia cose più interessanti e importanti da fare, che star qui a parlare con un povero vecchio.”
Hermione sorrise, intenerita e divertita.
“E’ sempre un piacere parlare con lei, professor Silente.” – fece Hermione. – “Con permesso.”
Il preside le sorrise e annuì.
“Professori.” – fece lei, salutando la McGranitt e Piton. Prese l’uscita e se ne andò.
“Albus?” – lo chiamò Severus, ma il preside gli fece segno con la mano di non dire altro.
“Minerva, cosa ne pensi?” – chiese il preside.
La docente di Trasfigurazione prese un enorme sospiro.
“Penso che tu abbia già deciso, Albus. Penso anche che mi pentirò di quello che sto per dirti, ma non posso tenermelo dentro: penso che per te sia più importante risolvere una faida che dura da tempo immemore, piuttosto che preoccuparti di come potrebbe sentirsi Hermione, una volta caricata di questo peso, in aggiunta a quello che ha già.”
“Minerva, io credo che…” – tentò Severus, ma la donna lo zittì.
“Così come penso che per te sarebbe la manna dal cielo, Severus. Scusate, ma ho dei compiti da correggere.”
Aprì la porta e uscì.
“Albus, converrai con me che la signorina Preston sta cambiando.”
Silente non rispose, mentre si accarezzava la lunga barba. Si era molto impensierito alle parole dell’amica. Eppure, non si poteva nascondere che Hermione stesse cambiando. L’irrigidimento provato solo nel fare riferimento alla sua vecchia vita ne era stata la prova lampante.
“La salute fisica e mentale della signorina Preston mi sta a cuore, ma…” – Severus venne interrotto.
“Allora spiegami il tuo accanimento su di lei, Severus.” – chiese serio l’uomo.
Piton si zittì, colto alla sprovvista.
“Come dici scusa?”
“Severus… sono perfettamente a conoscenza dei punti impropriamente sottratti a Grifondoro da parte tua.”
Il professore non sapeva cosa dire. Albus lo stava… rimproverando? Silente si alzò dalla sua sedia e si diresse verso la finestra, osservando gli ultimi studenti ritardatari uscire da scuola per la gita a Hogsmeade.
“Albus, io non…”
Silente si girò, zittendolo solamente in quel modo.
“Ti sei accanito su Hermione per la sua competenza e, diciamocelo in faccia… per la sua amicizia con il figlio di Lily.”
Fu solo perché era allenato da anni e anni di assoluto controllo in presenza del Lord Oscuro, che Piton non arrossì di vergogna e indignazione.
“E ora mi vieni a dire che ti sta a cuore la sua salute? È davvero così importante per te il cognome di una persona?”
Severus serrò la mascella.
“O non sopporti l’idea che qualcuno possa essere abile quanto te in Pozioni?”
“Come osi, Albus?” – tuonò Severus, rompendo nell’esatto modo le ampolline presenti come qualche giorno prima aveva fatto Minerva.
Silente lo guardò, senza battere ciglio.
“Anni passati a fare la spia per tuo conto e questo è il tuo ringraziamento?” – le mani, serrate in due pugni, tremavano violentemente.
“Smentiscimi Severus. Dimmi perché non hai mai potuto sopportare Hermione. Perché, tutto a un tratto, questo suo interesse nei suoi riguardi, tanto da indurmi a credere che cambiare casa per lei sia la soluzione migliore? Vuoi allontanarla da Harry Potter e Ron Weasley solo per ripicca?”
Severus non resse oltre.
“Quella ragazza ha la mia materia nel sangue!” – sbottò lui, creando un’onda di energia magica.
Quella volta, Albus non riuscì a rimanerne immune. Dovette proteggersi il volto con le braccia e far leva sulle gambe per non cadere all’indietro.
“Ma puntualmente qualcosa la distrae. O per meglio dire qualcuno! Il suo spirito grifondoro le impedisce di concentrarsi correttamente perché deve fare da balia a due ragazzini che, piuttosto che passare un’ora a studiare, se la cavano copiando! Sono stanco, Albus. STANCO! Vedere un potenziale simile così sprecato mi riempie di rabbia! Voglio che la Preston impari a pensare a se stessa! Voglio… voglio che capisca che quei due rischiano di tirarla a fondo, se non se ne stacca il più presto possibile! E per far sì che questo accada lei DEVE cambiare casa!”
Severus Piton ansimò per lo sforzo, per aver detto finalmente la verità, che covava da sette anni a quella parte.

Albus non immaginò minimamente che l’atteggiamento assunto dal docente di Pozioni fosse dettato da tali motivazioni. Si girò nuovamente verso la finestra e vide Hermione incontrarsi con Albert.
Severus non riuscì a credere di aver detto veramente quello che pensava di quella ragazza, ma dovette ammettere di sentirsi meglio.
Aveva sempre avuto un’alta opinione di Hermione Granger, ma la sua amicizia con Potter e Weasley la distraeva dai suoi doveri: per aiutare loro a consegnare un compito vagamente decente, doveva tralasciare i propri e ciò non era ammissibile!
“Va bene, Severus.” – fece Silente, girandosi.
Piton lo guardò con sospetto. Va bene, cosa?
“Farò in modo che la signorina Preston si accorga il più presto possibile di quanto i signori Potter e Weasley la stiano intralciando nei suoi studi.”
Piton corrucciò le sopracciglia, per poi spalancare gli occhi, sgomento. Iniziò ad agitarsi sul posto. E a indietreggiare leggermente.
“Non intenderai…”
“Sì, Severus.” – di nuovo, Silente si girò. Improvvisamente, si sentì invecchiato di cent’anni in un sol colpo.
E capì di aver già preso la decisione finale, quella decisione a cui l’amica docente di Trasfigurazione era arrivata ancor prima di lui.
Avevi ragione, Minerva, pensò il preside, mentre delle rughe si aggiungevano attorno ai suoi occhi: mi preme molto di più sanare la faida tra le due case.









Da quando la guerra era finita, i negozi che popolavano Hogsmeade avevano apportato delle modifiche di carattere strutturale.
La gelateria di Florian Fortebraccio aveva la peculiarità di vantare un elevato numero di salette private dove, se necessario, era possibile chiudersi dentro e insonorizzarle per poter parlare liberamente, lontano da occhi e orecchi indiscreti.
Fu in una di quelle salette, che Ginny Weasley diede fondo alla sua ugola d’oro, sommergendo d’improperi il suo quasi futuro defunto fratello dall’ormai certa adozione e il ragazzo di cui credeva essere innamorata.
Una credenza che stava, purtroppo, scemando, vista l’ignoranza e l’indelicatezza dimostrata dai loro discorsi.

“… ci dispiace, ok?” – aveva urlato Ron, rosso. – “Hermione ci aveva presi alla sprovvista e…”
Ron si alzò e iniziò a correre in tondo, per quando la grandezza della saletta lo permettesse. Ginny gli stava correndo dietro nella fedele riproduzione di un toro che aveva appena visto il drappo rosso.
“Ci dispiace? Colti alla sprovvista? Ma sei deficiente? Hermione ci dice che la sua famiglia le ha mentito da quando è nata, e tu gongoli perché è figlia dei Preston? E fermati, cazzo!”
Harry Potter sgranò gli occhi nel sentire la ragazza usare un simile linguaggio.
“E non contenti, non le avete nemmeno chiesto come stava! Ed è la vostra migliore amica? Ma ti fermi, porca puttana?”
Ron si fermò, ansante.
“Scusa Ginny… ma Hermione ci aveva davvero spiazzato.” – fece Harry, credendo di andare in soccorso del suo amico.
La rossa si girò e Harry si pentì amaramente di aver aperto bocca.
“Non credere di scamparla tu, eh?”
Harry s’indicò sgomento.
“Sì, tu!” – Ginny diede le spalle a Ron, che ne approfittò per svignarsela. – “Tu!, che la prima cosa che hai fatto quando hai saputo chi era suo padre, è stata quella di guardarla come se volessi sposartela, solo per avere un suocero come Auror!”
Harry arrossì di vergogna. Per un attimo il pensiero l’aveva toccato.
Ginny era rossa, non solo perché quei due avevano dimostrato di avere una sensibilità da elefante in un negozio di cristalleria, ma per il fatto che Harry avesse guardato l’amica in quel modo. Si era sentita profondamente ferita da quel gesto.
“Vi siete comportati malissimo! Avete il mio più totale biasimo!”
“Miseriaccia, Ginny!” – esclamò il fratello, mettendosi vicino a Harry. – “Abbiamo detto che ci dispiace! Dopo andremo a Hermione e le chiederemo come sta, va bene?”
La rossa assunse una postura eretta.
Chiuse gli occhi.
Inspirò.
Ron e Harry tremarono di paura.
E diventarono momentaneamente sordi.
“NO CHE NON VA BENE, CRETINI! DOVEVATE AVERLO FATTO PRIMA QUESTO RAGIONAMENTO!”
Poi, cadde un momento di silenzio.
“Mi avete davvero delusa.” – fece Ginny, con un tono di voce che non piacque per niente ai due.
Sentirono le budella attorcigliarsi fino a far venire loro la nausea.
“E avete deluso Hermione, lei, che da quando vi ha conosciuto, non ha fatto altro che aiutarvi, a prescindere dai compiti. Vi ha sempre sostenuto, vi è sempre venuta incontro. Si è esposta molte volte con voi davanti a Piton, vi ha supportato in ogni cosa e ha seguito te, Harry, nella ricerca degli Horcrux.”
I due tennero gli sguardi bassi.
“Non ha mai chiesto niente in cambio, se non un po’ di considerazione. Che alla prima occasione non avete saputo dimostrare. Complimenti davvero.”
La rossa uscì dalla stanza. Rimanere lì significava prenotare una cella ad Azkaban. Prima di uscire dal locale disse al proprietario che pagavano i ragazzi della saletta 3.
Almeno una piccola vendetta se l’era presa.
Aveva gli occhi lucidi, perché aveva capito che una bella amicizia si era appena rotta.




Albert e Hermione erano sotto la grande quercia ai piedi del Lago Nero. Il ragazzo aveva portato una coperta, sulla quale ora i due stavano chiacchierando. Erano già le dieci e venti del mattino e la giornata si prospettava come una delle migliori.
C’era un leggero sole, che riscaldava il paesaggio e i cuori dei due giovani. Albert l’aveva pregata di sdraiarsi sulle sue gambe e Hermione aveva accettato, seppur con non poco imbarazzo. Da quella posizione, Hermione poté guardare meglio suo fratello.
Portava i capelli sciolti e leggermente ondulati, di un castano chiaro, quasi miele. Gli occhi erano castani come i suoi e avevano lo stesso taglio. La bocca era carnosa, come quella di Elthon, il sorriso e le deliziose fossette che gli si formavano ai lati della bocca erano tutte di Myra.
“A cosa pensi?” – le chiese Albert, gentile.
“A nulla in particolare.” – mentì lei. – “E tu?”
“Agli anni passati senza di te.” – rispose il ragazzo, sinceramente. – “Sai…” – iniziò lui, con un sorriso. – “… ho sempre immaginato che tu fossi bionda, con i capelli lisci.”
Hermione sollevò i sopraccigli.
“Perché?”
“Io ho ereditato i capelli da nonno Percival.” – spiegò lui.
Hermione si sentì a disagio. Lei non lo conosceva.
“Chi?”
“Nonno Percival. Quando torneremo a casa per il Natale, lo conoscerai.”
Tornare a casa.
Qual è la mia casa?, pensò Hermione con una nota di amarezza.
“Ok…” – rispose lei.
“E ensavo che tu avresti ereditato i capelli di nonna Elaine.”
“E… e lei chi è?”
“Allora: nonno Alphred è il papà di nostro padre e sua moglie è nonna Elaine, mentre nonna Eloise è la nonna materna ed è sposata con nonno Percival.”
“Sono… sono ancora vivi?” – chiese lei, sperando di non aver fatto una brutta figura.
“Oh…” – fece lui, contento di quell’interesse. – “… non li ammazzi nemmeno con gli Avada Kedavra a quelli.”
Hermione sorrise, divertita.
“Ti va… di fare una passeggiata?” – propose Albert.
“Sì, volentieri.” – Hermione si alzò, ma prima che potesse puntare le mani sulla coperta e darsi la spinta per alzarsi in piedi, Albert le porse le mani, che lei accettò.
“Cosa voleva da te la McGranitt?”
“Mi ha portata dal preside.”
Albert si girò.
“Perché?”
“Voleva dirmi che se avevo bisogno di qualcosa potevo rivolgermi a lui o alla professoressa. E poi…” – poi s’interruppe.
“E poi?” – la incalzò lui.
La ragazza scosse la testa e sorrise.
“Nulla, non ti preoccupare.”
“Hermione, per favore…”
La riccia si girò, col fiato in gola. Ogni volta che Albert la chiamava per nome così normalmente le saliva dallo stomaco una strana sensazione…
“Davvero Albert… nulla d’importante.” – lo rassicurò lei.
Il ragazzo si avvicinò a lei e appoggiò la fronte sulla sua. La ragazza chiuse gli occhi e si abbandonò contro di lui.
“Ti prego… per… per diciassette anni sei stata lontana dalla mia vita… non alimentiamo queste distanze. Cosa ti ha detto Silente?”
Hermione sospirò. E se non avrebbe capito?
“Io…” – quando aprì gli occhi vide quelli del fratello colmi di preoccupazione.
Di essere tagliato fuori ancora dalla sua vita.
“E’ che… è difficile da spiegare. A te.”
Albert si allontanò.
“Perché? Credi che non riuscirei a capirti?”
Hermione scosse la testa, spaventata.
“No, non tu come Albert, ma… tu come Serpeverde.” – lo guardò, mordendosi il labbro inferiore. L’aveva offeso?
“Mettimi alla prova.” – disse lui, risoluto.
Hermione gonfiò le guance, trattenne il respiro per qualche secondo e poi lo rilasciò tutto d’un fiato. Riprese a camminare.
“Ieri sera… ho detto ai miei amici di quello che mi è successo.” – sentirsi avvolgere dalle sue braccia fu rassicurante.
“Che ti hanno detto?”
Fu lì che Albert la sentì come afflosciarsi su se stessa. Gli venne istintivo serrare la presa sulle sue spalle per evitare che cadesse a terra.
“Hermione? Che ti hanno detto?” – chiese, cercando il suo sguardo.
“Loro… erano quasi contenti.”
“Beh… sarei contento anch’io di aver ritrovato la mia vera famiglia.” – osservò lui, che non aveva colto il punto.
Hermione si scansò in malo modo. Albert ci rimase malissimo.
“Ecco, nemmeno tu capisci.”
Quelle parole lo mandarono in confusione.
“Perché?”
“Perché?” – la sua voce era salita di un’ottava. – “La mia vita va in pezzi e gli altri sono contenti?”
Albert sgranò gli occhi per il malinteso. Cercò di spiegarsi, ma Hermione era partita in quarta.
“Myra è stilista ed Elthon è Capo degli Auror. Solo per questo Harry voleva quasi sposarmi!” – disse, infervorata. – “Non… non si sono degnati nemmeno di chiedermi come stavo! Erano… Ron era tutto esaltato perché ora sono come lui!” – disse. – “Quasi nemmeno prima gli facessi schifo per il mio essere mezzosangue, e ora tu!”
Albert chinò il capo.
“Ma che vi passa per la testa? Io per prima sono convinta che quella donna abbia compiuto un crimine nei miei e nei vostri confronti, ma non mi ha cresciuta male! Ho perso tutto quello in cui credevo nel giro di pochi giorni… e dovrei sentirmi felice? Abbiate almeno un minimo di rispetto!”
E la giornata, da bene che era iniziata, era già terminata alle undici meno cinque nel modo peggiore possibile. Hermione corse in camera sua a piangere.
Avrebbe mai smesso un giorno?









Ginny si era infilata in una delle vie di Diagon Alley, non sapendo nemmeno bene dove stesse andando. Alla fine si era ritrovata in una specie di parco e aveva preso residenza su una panchina, sulla quale era seduta a gambe incrociate.
Pensava la piccola di casa Weasley.
A molte cose.
Era molto amareggiata per il comportamento dei due ragazzi. Fino a quel momento non aveva mai detto niente, perché preferiva non alzare discussioni dettate solo dalle sue sensazioni, ma quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Ginny era una ragazza che sapeva osservare.
Se ne stava zitta zitta in un angolo e guardava le persone relazionarsi con le altre, e così aveva fatto anche con i suoi amici. Non che fosse sua prerogativa dare giudizi, ma un’opinione personale se l’era fatta.
E non era molto rosea.
Harry e Ron erano due bravissimi ragazzi, buoni e generosi. Avevano combattuto il male e ne erano usciti vincitori, ma quando si trattava di Hermione, sembrava che tutto quello che riguardasse la ragazza fosse un loro diritto.
Avevano diritto a chiederle aiuto con i compiti;
Avevano diritto a chiederle di copiare i compiti;
Avevano diritto a venire difesi da Piton, a suo discapito;
Avevano diritto a farsi coccolare, quando si facevano male a Quidditch;
Avevano diritto a sentirsi elogiare quando prendevano un bel voto;
Avevano diritto a spassarsela, lasciando il lavoro sulle spalle di Hermione;
Avevano diritto a qualsiasi cosa, ma mai avevano un dovere nei confronti di Hermione.
E l’unica volta in cui per lo meno il buon senso lo richiedeva, l’avevano trattata come se nulla di grave fosse successo. Aveva osservato per troppo tempo ed era venuto il momento di reagire.
Hermione era stata fin troppo brava a non dire mai niente, a farsi andare bene quegli atteggiamenti, ma non lei. Essere l’ultima di dieci fratelli l’aveva aiutata parecchio a farsi rispettare.
Bene. Era giunto il momento di mettere in pratica quegli insegnamenti.
“Weasley, i tuoi capelli sono riconoscibili a chilometri di distanza. Dove sono Potty e Lenticchia?”
Ginny si girò di scatto, non avendo riconosciuto quella voce, ma quando vide Blaise Zabini, alzò gli occhi al cielo e si rigirò, non degnandolo di una risposta.
Blaise, invece, era rimasto sorpreso dalla remissività della rossa.
“Weasley?” – la richiamò lui.
“Zabini sloggia. Oggi non è aria.” – rispose lei, stizzita.
Ovviamente il moro rispettò la sua decisione.
Sedendosi accanto a lei.
Ginny si girò, infastidita.
“Oh, ma che vuoi?”
“Sedermi. Ero un po’ stanco.”
Ginny alzò gli occhi al cielo e si alzò, spostandosi di qualche panchina, nascosta da degli arbusti. Di nuovo, Blaise si sedette accanto a lei.
“Sto per lanciarti una fattura, Zabini. Sei avvertito.” – fece lei, tagliente.
“Accomodati.” – fece lui, allargando le braccia.
Repentinamente, Ginny portò la mano destra ai capelli, acconciati in una crocchia fermata dalla bacchetta ma Blaise, altrettanto velocemente, gliela bloccò con la propria.
Fu il primo contatto che i due ebbero che non implicassero spintoni o altro di eccessivamente violento.
“Hai una pelle morbida, per una che non può permettersi delle creme.”
“Brutto stronzo che non sei…” – si bloccò.
E l’attimo successivo divenne del colore dei suoi capelli.
Zabini… le aveva fatto un complimento? Rimasero a fissarsi negli occhi per un tempo infinito, mentre la ragazza sentiva che il colore delle sue guance stava avvicinandosi a tonalità inesistenti in natura.
Come se fosse una cosa del tutto normale, Blaise le prese la mano e iniziò ad accarezzargliela, alzando di poco la manica del maglione.
Completamente paralizzata dalla sorpresa, Ginny lo lasciò fare, chiedendosi comunque se non stesse cercando il punto con maggior affluenza di sangue per tagliarla e farla morire dissanguata in quel posto.
Blaise le aprì la mano stretta a pugno, semplicemente facendo partire il palmo della propria dal polso e facendolo scivolare delicatamente su quello di lei.
Capì di aver raggiunto il punto di non ritorno quando vide il moro giocherellare con la sua mano, eppure, non riusciva a opporre resistenza.
“Che diavolo…”
“Perché non stai zitta, Weasley?”
Ginny si zittì. In circostanze diverse avrebbe sciorinato una sequela di accidenti, ma in quel momento non percepì un ordine, ma una sorta di richiesta.
Il che era molto strano se si considerava la fonte…
“Credo che abbiamo qualcosa in comune, io e te.”
“E tale assurdità deriverebbe da?…” – chiese lei, lasciandolo giocare e lasciando la frase in sospeso.
“Da una verità scoperta da poco.”
“Di cosa… oh!” – esclamò lei, sorpresa. – “Tu sai di… di Hermione?”
“Sì. Albert me lo ha detto. E fatico ancora a crederci.”
“Non lo dire a me…” – disse, abbassando lo sguardo.
“Perché litigavi con Potter e tuo fratello?”
Ginny non gli rispose e girò lo sguardo dall’altra parte. Sgranò gli occhi incredula quando sentì Zabini tirarle una ciocca di capelli per farla girare. Non le stava facendo male, sembrava solo che richiedesse attenzioni, come un bambino piccolo.
Si girò.
Blaise aveva un sorriso divertito sulle labbra, cosa che catturò ogni senso della rossa.
“Perché… perché dovrebbe interessarti?” – chiese lei, rapita dal suo sguardo.
“Così.”
“Dovrai darmi una motivazione ben più sufficiente di questa, se vuoi che apra la bocca.”
“Che caratterino…” – osservò il moro, divertito.
Ginny sembrò capire una cosa solo in quel momento.
“Scusa, come fai a sapere che ho litigato con Harry e Ron?”
Blaise non tentò nemmeno di nascondere un sorrisetto divertito.
“Mi hai seguita?” – chiese lei, sgomenta.
“Sai ascoltare, mi fa piacere.” – fece Blaise.
Ginny si liberò con uno strattone dalla sua presa e si alzò.
“Non so che diavolo tu voglia da me, Zabini e non m’interessa. Stammi lontana!”
“Perché dovrei farlo?”
La rossa si trovò presa completamente in contropiede.
“Tu… ma ti ha dato di volta il cervello?”
Anche Blaise si alzò, sorpassandola di cinque centimetri buoni. Si avvicinò a lei che non era riuscita a muoversi di un centimetro e le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“E’ probabile.” – rispose lui, indugiando sulle sue labbra.
“Adesso mi stai spaventando…” – fece lei, indietreggiando.
“Cosa esattamente di me ti spaventa?” – chiese Blaise.
Ginny non sapeva esattamente cosa dire. Cos’era che la stava spaventando? Il suo comportamento? Quella sorta d’interesse che aveva letto nei suoi occhi?
O che tra Serpeverde e Grifondoro ci potesse essere qualcosa di più, oltre alla rivalità?
“Io… devo andare!”
Non era mai accaduto che Ginevra Molly Weasley scappasse di fronte al “nemico”, ma durante la sua corsa iniziò a chiedersi cosa significasse esattamente quella parola.
Blaise la guardò allontanarsi di corsa da lui. Forse era stato un po’ troppo precipitoso, ma non aveva saputo resistere. Era da quando la giovane di casa Weasley aveva assunto sembianze femminili degne di nota che il bel moro aveva iniziato a guardarla con occhi differenti.
Era diventata molto bella e intelligente.
Soprattutto se bisticciava con Potter e Lenticchia…
Eppure non l’aveva respinto subito, anzi. Gli aveva lasciato un po’ di corda per vedere fin dove si sarebbe spinto. Fortuna che poi, quella corda, era stata bloccata, altrimenti le cose sarebbero state un tantino differenti.
Girò i tacchi e se ne andò pure lui. Aveva lasciato Draco e Theo con la scusa di andare in bagno e, a meno che non fosse stato colpito da una caccarella fulminante, era meglio tornare indietro.









Erano le undici e quarantacinque del mattino e tra poco sarebbe dovuta scendere per il pranzo. Da quando era entrata in camera sua, non aveva fatto altro che maledirsi per lo scatto d’ira avuto con Albert.
Era sempre stato così, fin da bambina: lei riusciva a capire il punto di vista degli altri, ma gli altri non capivano mai il suo.
Hermione, tu capisci quello che voglio dire, vero?
Non so se sono stato sufficientemente chiara,Hermione.
Hermione, tu che sai sempre tutto…
Hermione? Hai capito quello che intendo?
SI’!, DANNAZIONE! LEI CAPIVA!
Ma chi capiva lei?
Si maledì più volte, perché non voleva litigare con Albert. Appena messo piede in camera, sarebbe voluta tornare indietro per scusarsi, ma aveva pensato che forse se n’era già andato, dovendo così rimandare le scuse a un altro momento.
Si sedette pesantemente sul letto, quando un picchiettare alla finestra la costrinse a rialzarsi. Si alzò di scatto e corse alla finestra, sperando con tutta se stessa che fosse di Albert.
Prese il biglietto e sorrise di sollievo, quando vide la firma in fondo.

Non volevo offenderti in alcun modo, Hermione.
Capisco perfettamente che per te non è stato assolutamente facile, ma ho così paura di perderti di nuovo che a volte parlo senza pensare.
Spero di poterti rivedere oggi pomeriggio sotto la grande quercia.
Credi sia possibile chiarire di persona questo malinteso?

Tuo fratello,
Albert

Hermione prese piuma e pergamena e gettò giù poche righe.

Certo, anch’io voglio parlarti e scusarmi.
Subito dopo pranzo andrò alla grande quercia.
Voglio vederti.

Con affetto,
Hermione

Legò il messaggio alla zampa del gufo e lo guardò sparire verso il basso. Era meglio prepararsi per il pranzo.




Nel suo ufficio, Albus Silente era seduto alla sua scrivania. Non era molto convinto di ciò che stava per fare, ma si disse, per convincersi, che era per una giusta causa. Se quelle due case avessero continuato a farsi la guerra tra loro, non ci sarebbe mai stata una vera unità nel mondo magico.
Chiuse gli occhi e annuì, grave.
Forse aveva preso la sua decisione, nell’esatto momento in cui Myra ed Elthon gli avevano raccontato la loro storia.
Fanny intonò una melodia triste, quasi avesse capito le intenzioni del vecchio preside. Il vecchio si girò e le sorrise, bonario.
“Ah, cara Fanny… spero che almeno tu possa perdonarmi.” – si avvicinò all’uccello e lo accarezzò.
Fanny si godette per un attimo la carezza e poi volò attorno alla stanza.
Silente inforcò l’uscita e si diresse nei sotterranei, dove stava l’archivio che conteneva tutti i fascicoli degli studenti di Hogwarts.









Note di me:
>_>
Non so se scappare o restare. Voi che dite?
Cosa ne pensate dell’evoluzione della storia?
Spero, ovviamente, che vi piaccia e prima che decidiate di comune accordo di attaccarmi con pale e forconi, fuggo.
Un bacio e buone “seghe mentali” a tutte.
Callistas.

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Capitolo 9
*** Situazioni dagli svolti inaspettati ***


09 - Situazioni dagli svolti inaspettati *fa capolino dalla porta*
Cu cu? Qualcuno mi stava aspettando, per caso?
Beh, se sì, eccomi qua.
Se no, eccomi qua lo stesso.
^___^
Dunque, dire che i vostri commenti così accorati e curiosi sulla storia mi fanno morire. Dalla contentezza, ovviamente.
Vedo che a molte è piaciuta la spiegazione che ho fornito sul comportamento di Piton nei confronti di Hermione. Effettivamente, può starci no? Piton è un docente e Hermione una studentessa. È ovvio che un docente vuole che i propri studenti siano tutti bravi e per questo motivo non tollera che la migliore di essi sottragga tempo per i propri studi per aiutare due scansafatiche.
Perché, diciamocelo: un conto è aiutare un amico che cerca di impegnarsi, ma poveretto non ci arriva, un altro è fare i compiti perché l’amico non ne ha voglia.
Ecco, Piton non ha mai tollerato – nella mia visione delle cose – questo atteggiamento, sommergendo gli studenti di compiti solo per fare in modo che Hermione perdesse più tempo nel fare i suoi che quelli di Harry e Ron.
Spero di non essere stata ingarbugliata. ^_^

Silente.
Altra nota dolente – mi si perdoni la rima involontaria.
Che la Rowling l’abbia descritto come il mago più potente di tutti i tempi è assodato, ma nel rileggere tutti e sette i libri mi sono accorta di particolari che prima, per la foga di leggere per sapere come andava a finire, non avevo notato.
Silente ha messo in piedi un vero e proprio casino. Sono dell’idea che sapesse fin dal primo anno come sconfiggere Voldemort e allora perché tutti questi tira e molla? Perché mandare al macello dei ragazzi?
Non fraintendetemi, io amo Silente. Amo i suoi occhiali a mezzaluna, il suo pacato modo di parlare, il suo sorrisetto da Monnalisa… ma come ho precedentemente espresso, io ritengo che un mago, prima di essere tale, sia in primis un uomo.
Un uomo che quindi commette degli errori.
Dopo questa pantomina, arrivo al dunque.
Errori.
Che avrà in mente Silente? Cos’è andato a fare negli archivi? Sicuramente Piton lo sa, perché la sua reazione quando confessò al preside il motivo che lo spingeva a “odiare” Hermione è stata molto ovvia.
Lui sa cosa voleva fare il vecchio.
Di certo non starò qui a dirvi per filo e per segno le sue intenzioni perché, miei piccoli biscottini allo zenzero, dovrete continuare a leggere e a farvi venire l’ulcera per ogni capitolo troncato sul più bello.
Si prega i gentili lettori di prendere nota che
CALLISTAS E’ UNA STRONZA!!!



Adesso va meglio ^___________________________________________^

Procediamo!
Il capitolo è pronto e quindi smetto di parlare per niente e ve lo lascio leggere.
Ci sarà un assaggino di Draco, giusto per farvi tenere con il fiato sospeso. Non è una vera e propria presenza in fatto di dialoghi o interazioni con gli altri, ma scopriremo qualcosa in più su ciò che prova da quando ha scoperto di Hermione.
Ma prima la parte che preferisco.

_araia: ti dirò… rientrare dopo una crociera è qualcosa che non si può descrivere.
È traumatico, doloroso… quasi un male fisico.
Comunque sì, sono tornata alla normalità. Diciamo che dovevo ^^
Per passare a cose più importanti – e che giustamente ti interessano di più ^^ - diciamo che Ginny avrà i suoi momenti. Momenti tra Hermione, Harry, Ron e… perché no? Anche con Blaise.
Vedo che l’atteggiamento di Silente non ti è piaciuto. Bene. Aspetta di leggere codesto capitolo.
In quanto al rapporto tra i due brothers, diciamo che ha bisogno di tempo per consolidarsi. Uno vuole passare con la sorella più tempo possibile, l’altra ha tante questioni spinose da affrontare.
Spero che il capitolo spezzato sul più bello ti piaccia… ^__^
*gongola nel fare la stronza…*
Bacioni, callistas!

Piccola pucci: ciao! Vedo che anche tu hai apprezzato le mie motivazioni sull’accanimento di Severus su Hermione. Mi fa piacere. E poi secondo me Piton ha fatto bene – in questo contesto e per le sue ragioni – ad esplodere in quel modo con Silente. Per anni ha fatto il doppio gioco per lui e si aspettava come minimo un po’ più di considerazione.
Ti piace per caso la coppia Blaise/Ginny? Perché se sì, non si era capito ^^
Il fatto che io rovini una passeggiata non significa che non possa poi rimettere le cose a posto. u_u
*si è offesa*
*scherza*
Per quanto riguarda l’archivio, ogni cosa a tempo debito, ma quando arriveranno le spiegazioni, pioveranno insulti e maledizioni a nastro! Non vedo l’ora di arrivare a quel momento per vedere la tua reazione.
Beh, dicevo che facevo schifo solo per prendermi qualche complimento indietro… hihihi… lo so, sono infantile. ^__^
Comunque, scherzi a parte, tu poni pure tutte le domande che vuoi: se mi è possibile, cercherò di essere il più esauriente possibile e se ci sono altre sviste, fammelo notare!
Un bacio e buona lettura, callistas.

Vally80: no dai, era per dire. Non ho intenzione di andarmene finché non avrò postato tutti i capitoli. Ci tengo a portare a compimento un lavoro. Detto ciò, grazie per aver commentato anche questo capitolo. Mi fa piacere che la mia personale spiegazione sul comportamento di Piton ti sia piaciuta, mi sembrava cadere a fagiuolo, anche perché mi serviva ai fini della storia, se devo essere onesta fino alla fine.
Il povero Albert è quello che non c’entrava niente. T’immagini la scena di lui che cerca di spiegarsi, ma Hermione non lo fa parlare perché è impegnata nel proprio monologo?
Coraggio, vediamo adesso come va a finire tra loro due. Vuoi che si riconcilino o che tornino a odiarsi?
Coppia variopinta? Beh, forse hai ragione, ma non è tutto oro quello che luccica…
Sono curiosa di sapere la tua idea in merito a Silente. Cosa ne pensi?
Come detto sopra, qui ci sarà un antipasto di Draco. Spero ti piaccia, anche se non è come magari la vorresti tu.
Un bacio e grazie per le tue parole, callistas.

Daph: figurati, te le meritavi tutte! Bentornata, intanto. Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e sì, qualcosa si sta smuovendo, piano piano, ma con pazienza riusciamo ad andare avanti.
Beh, se Blaise ti è piaciuto nel precedente capitolo, chissà cosa mi dirai di questo! Per quanto riguarda Silente, non so proprio cosa dirti, cioè… lo so, ma non posso dirtelo. Sta a te giudicare se il come è corretto o no.
Non ti piace Albert? Perché lo trovi assillante? Non pensi sia comprensibile da parte sua cercare di stare il più possibile con la sorella?
Beh, in questa storia Blaise è moro e con gli occhi blu.
Non so da dove mi derivi questa convinzione. Forse il fatto di leggere questa descrizione così spesso nelle altre fic mi ha fatta convinta che anche la Rowling l’abbia ritratto in questo modo o forse è solo suggestione.
In ogni caso, mi scuso se non apprezzerai questo dato.
*umilmente s’inchina*
Sì, ho visto che hai recensito tutto e ti ringrazio per questa tua devozione. Spero che questo capitolo ti piaccia come i precedenti.
Un superbacio, callistas.

Hermione59: più che virus si parla di epidemia, ma che ci vuoi fare? Quando un’occasione d’oro si presenta su un piatto d’argento, nemmeno il Buddha la potrebbe rifiutare, quindi… hai ragione tu nel dire che un cognome non cambia il cuore di una persona.
Ma i fatti sì.
Vorrei dirti tante cose, svelarti i retroscena per farti capire il perché di tante scelte, ma le spiegazioni arriveranno più avanti e dai diretti interessati. Al momento, posso solo sperare che tu abbia la pazienza e la voglia di voler continuare la lettura e farmi omaggio dei tuoi commenti.
Albert, poverino, cerca di fare del suo meglio per dare lo spazio necessario a Hermione, ma non sa dosare la giusta quantità e teme che se gliene lascia troppo la perderebbe di nuovo, se gliene lascia poco, la perderebbe per il suo voler continuare a starle con il fiato sul collo.
È una situazione molto difficile e a volte ho paura di non averla resa bene, che avrei potuto usare altre parole per poter descrivere i personaggi e la loro psiche.
Mi sono imbarcata in una vera battaglia!
Adesso vediamo come decidono le cose di andare avanti. Fammi sapere se vuoi farmi un monumento o scaraventarmi all’inferno ^___^
Tua, callistas.

Hermione Claire Grenger: ciao, sono contenta anch’io di essere tornata e di aver trovato un tuo commento. I pensieri di Piton e della McGranitt mi erano sembrati necessari. Uno perché ha vissuto nell’odio per davvero e poi per finta, l’altra perché ha subito preso a cuore Hermione, non per chissà cosa, ma semplicemente perché ogni docente spera di avere degli alunni modello.
Spero di non aver fatto o detto delle stupidaggini su Silente e comunque non ti preoccupare: parti tranquilla, perché l’aggiornamento è qui!
Un bacio e buone vacanze. Dove vai, se posso chiedere?

Laura malfoy: dire che sono schiattata quando ho visto la tua recensione è dire niente. Continuavo a scorrere la rotellina del mouse ma non trovavo la fine!!!
Ma sei pazza? Un commento simile? Ancora! Ancora!
Dai, scherzo, davvero mi hai lasciata sbalordita di fronte a tale poema! Ma vediamo di rispondere per gradi e soprattutto, se posso. ^^
Hai notato anche tu questa cosa di Silente, vero? Nonostante fosse uno dei personaggi principali, di lui non si è mai saputo veramente niente. Il suo passato, la sua famiglia, Gellert… erano solamente nomi accennati, toccati velocemente, quasi non importassero. Invece è su quei nomi che Silente è divenuto ciò che è. Magari fare un post libro in cui si danno maggiori chiarimenti, lo si poteva fare, non credi?
Beh, Piton, in fondo, è un insegnante e l’obiettivo di un docente qual è?: fare in modo che ogni studente arrivi alla media di Hermione, anche se è umanamente impossibile. E per lui, vedere una ragazza con quel potenziale perdere tempo, non per spiegare un concetto difficile a un amico, ma addirittura fargli i compiti, era un qualcosa per lui inconcepibile. Dopo che ho letto la verità su Piton ho ovviamente modificato la mia opinione su di lui e secondo me è un uomo da ammirare perché ha sacrificato se stesso per i voleri di Silente.
E comunque no, la mia è una fic in cui non ci sono studenti-professori che si mettono insieme. Non questa, almeno.
Per quanto riguarda Ginny, io l’ho sempre vista come una ragazza attenta e matura, più di quelle della sua età. Ma rimane comunque una ragazza, una ragazza che pur di farsi notare dal ragazzo che ama si mette con un altro per vedere se s’ingelosisce. Per il carattere che ho, io non l’avrei mai fatto, perché non riesco a stare con uno e pensare a un altro, ma si sa: non siamo tutti uguali e Ginny è una ragazza combattiva, perché se fosse stata una smidollata, non avrebbe aspettato Harry per tutto quel tempo, ma se ne sarebbe trovato un altro.
Harry e Ron: no comment, please.
Albert, poveretto, è la valvola di sfogo di Hermione. Lui è felice di aver ritrovato la sorella, ma deve capire che una notizia simile è dura da digerire, che occorre il tempo giusto e che a volte una parola sbagliata può compromettere il rapporto.
Ma con calma, con calma… ^^
Il personaggio di Blaise non è molto presente, nei libri, così me lo sono impostato a “mia immagine e somiglianza”, nel senso che gli ho messo il carattere che più mi aggradava.
Non posso dirti cosa deve fare Silente negli archivi. Più avanti lo scoprirari.

Cosa ti sei fatta ai piedi? Stai bene, adesso?
Sono contenta che tu abbia trascorso una bella settimana, piedi a parte. Anche io sono stata divinamente e mi spiace: io sono una stronza, ergo i capitoli li faccio finire quando più mi piace!
HAHAHA!
E per lo smistamento… spiacente di deluderti, ma non ci sarà… ^^
Un bacio e grazie per la tua recensione!

Valli: nemmeno io ho mai sopportato il fatto che Hermione facesse tutto, dalle ricerche scolastiche a quelle per gli Horcrux. In teoria era una cosa che riguardava solo Harry e mi chiedo se quel ragazzo fosse stato da solo, cosa sarebbe successo all’intera storia. Secondo me sarebbe finito morto ancora al primo anno.
Silente, vuoi sapere? Beh, mica sono scema che te lo dico! O.o
Spiacente, ma dovrai sopportare ancora molti capitoli prima di arrivare a lui.
Eccoti il post!
Buona lettura, callistas.

Kiby: mi fa piacere che la spiegazione sul comportamento di Piton ti sia piaciuta.
Quando Harry e Ron capiranno quello che hanno fatto, ci sarà da piangere. Non tanto per la storia, ma perché hanno usato il neurone che hanno in comune per rendersi conto di aver sbagliato…
Ginny, al momento, è una ok, ma anche lei è un essere umano che sbaglia e più avanti ci saranno dei problemi… stop, non dico altro! ^^
Chissà cosa succederà in futuro, solo io lo so… hihihi.
Rimani sintonizzata su questo canale, se vuoi sapere come va a finire la storia!
Un bacio, callistas.

Kasumi_89: vedo che sugli uomini la pensiamo allo stesso modo ma tranquilla: ho tanti di quei capelli che potrei fare un toupè a trenta pelati!
Silente… Silente è forse un peletto egoista, ma solo un po’. Più avanti mi dirai tu come lo vedi veramente. Ma non ti preoccupare, la storia continuerò ad aggiornarla di venerdì, quindi questa settimana hai avuto un aggiornamento doppio.
Ma solo per questa!
Sono contenta di averti creato dipendenza… che farai quando arriveremo alla fine?

BLUFLAME: è vero, molto spesso Ginny è una scassa palle infinita, ma per una volta ho voluto darle il beneficio del dubbio. Fammi sapere se continuerai a mantenere questa opinione in merito.
Draco? Beh, nel precedente capitolo non era presente, mentre in questo ci sarà un piccolo antipasto. E non ti preoccupare, comprendo perfettamente il tuo bisogno – perché è anche il mio – di bilanciare rossi/biondi ^^
Un bacione anche a te e buona lettura!

Ssaphiras: sono contenta di aver fatto un buon lavoro. A volte ho l’impressione di non aver reso bene l’idea al riguardo, penso che magari avrei potuto usare altre parole per rendere meglio l’idea… è sempre un casino descrivere la psicologia di un personaggio, soprattutto quando devi immedesimarti in ognuno di loro e immaginare le loro possibili emozioni di fronte a certe notizie.
La sensibilità, come ho detto nella presentazione della storia, è varia. Le persone che prima avremmo voluto sotterrare, ora vogliamo solo che emergano e si facciano conoscere per come sono in realtà e quelle che abbiamo sempre esaltato, vorremmo sotterrarle a furia di badilate.
Sono contorta, vero?
Il rapporto tra i fratelli sta evolvendo piano piano, con una buona dose di incomprensioni che nei primi tempi ci saranno.
Una Ginny a Serpeverde, dici? Uhm… prospettiva interessante. Chissà che non accada veramente… ^^
Che il capitolo ti sia piaciuto, si è leggermente capito e mi è piaciuta la tua recensione, molto attenta e precisa. Sei un’attenta lettrice e mi piaci un sacco!
Mi piace anche quando mi sotterri di domande, perché da esse capisco quanto a fondo vai nei personaggi anche se mi dispiace parecchio non poterti rispondere a gran parte di esse.
Un bacio e buona lettura!

Tinotina: ciao a te! Grazie, sono contenta di essere tornata. Mi mancavi!
Parlando di equilibri, forse non tutti, ma accidenti!, non posso dirti più di tanto perché altrimenti mi brucio il finale. Non sai la voglia che ho di dirti come va a finire, ma non posso! Devo sberlarmi le mani per non scrivere tutto quello che invece vorrei!
Ginny è una ragazza complessa e lo scoprirai andando avanti con la lettura, Harry e Ron combineranno i loro soliti disastri e Blaise… Blaise avrà il suo bel d’affare.
Piton, so che è agghiacciante trovarsi in accordo con lui, ma è un professore il primo compito di un docente è far si che uno studente s’impegni a fondo nello studio, ma Hermione anche se ha i voti più alti dell’istituto deve sempre dividersi tra Harry e Ron. La McGranitt è una santa, non si può aggiungere altro.
E Silente… ora che ho acceso la curiosità, voglio proprio vedere la tua reazione quando verrai a sapere di cosa ha fatto Silente negli archivi.
Penso mi spezzerai le gambe.
Leggere per credere.
Draco entra in scena, ma solo in una piccola parte. Troverai i suoi pensieri ma so che per come lo vorresti tu, questo è solo un antipasto molto magro.
Mi piace quando mi dai della stronza e poi mi saluti “con affetto” ^___^
Soffri di doppia personalità?
Un superbacio, callistas.

HJ: sì, Silente è diverso in questa storia e quando leggerai un punto in particolare capirai. Te l’avevo detto che ci saranno persone che prima amavi e che poi avresti voluto sotterrare e viceversa e stiamo iniziando a vederle.
Su Harry e Ron non mi spreco più di tanto: sono uomini.
Albert e Hermione? Beh, Albert ci tiene a fare bella figura, ma capirà ben presto che non è una felpa di alta sartoria a costruire il rapporto con la sorella. Ci sarà solo lui.
Spero che la piccola presenza di Draco ti possa tirare su il morale.
Un bacio, callistas.

Stefy494: grazie! ^_^ nessuno mi aveva mai dato un punteggio!
Sì, anch’io ho pensato che le motivazioni di Piton finora lette sul suo accanimento su Hermione & Co fossero troppo banali e non so come ho fatto a pensare a questa, ma una volta messo nero su bianco mi è sembrata l’unica coerente.
Non posso dirti cosa sta cercando Silente, ma lo scoprirai più avanti. È forse il clou della storia perché da ciò che farà quell’uomo, molte decisioni verranno cambiate.
Beh, credo che quando verrai a leggere di come ho fatto in modo che l’intera scuola venisse a conoscenza della verità su Hermione, mi spezzerai le mani e mi augurerai una morte atroce tra mille sofferenze.
Mille punti a Stefania!!!
Buona lettura!









VERITA’ NASCOSTE
SITUAZIONI DAGLI SVOLTI INASPETTATI

Non tutti erano usciti per andare a Hogsmeade. Erano rimasti pochi studenti per ogni casa. Già aveva dato molto materiale da spettegolare agli studenti della sua casa quando Albert era venuto a prenderla solo il giorno prima proprio di fronte all’ingresso del suo dormitorio e non le andava di alimentare quello status. Così preferì aspettare la fine del pasto per poi catapultarsi fuori alla grande quercia.
Diede un’occhiata alla tavola dei professori, notando come la professoressa di Trasfigurazione e quello di Pozioni fossero fin troppo taciturni.
E la mancanza di Silente.
Quell’assenza la lasciò decisamente perplessa, ma la dimenticò ben presto. Aveva ben altri problemi da risolvere. Consumò in fretta il pranzo quasi strozzandosi e corse fuori alla grande quercia.
L’attimo successivo, Albert fece lo stesso.




“Hermione!”
La riccia si girò e gli corse incontro con il cuore in gola. Gli volò letteralmente in braccio e lui la sollevò di qualche centimetro.
“Scusami, scusami…” – mormorò Albert al suo orecchio.
Hermione si strinse maggiormente a lui.
“Scusami tu.” – si sentì mettere a terra. – “Ho… avuto una reazione esagerata, scusami.”
Albert scosse la testa.
“No, avevi ragione. È che sono così contento di averti ritrovata. Hai bisogno di tempo e lo capisco, solo che… vorrei che quel tempo lo passassi con me.”
La ragazza annuì vistosamente. Albert aveva capito!
“Passerò più tempo possibile con te, Albert!” – poi lo riabbracciò, ridendo.
Qualcuno la capiva.
Una volta sciolto l’abbraccio, i due continuarono a guardarsi negli occhi per qualche istante.
“Allora… ti va di riprendere da dove abbiamo lasciato?” – propose lui.
“Vuoi partire dalla litigata?” – chiese lei, terrorizzata.
Albert divenne rosso.
“NO! NO! Da… da prima…” – poi quando la vide aprirsi in un sorriso divertito, capì che stava scherzando. – “Hermione, sono giovane per morire.” – fece, passandosi una mano tra i capelli.
La riccia rise e così ricominciarono daccapo.

“… avevo avuto la mia prima vera litigata con i miei migliori amici, anche se non era un vero e proprio litigio.”
Albert annuì, mentre passeggiava attorno al Lago Nero con la sorella.
“Ginny è stata l’unica a…”
“Parli di Ginevra Weasley?”
“Sì. Lei è stata l’unica a capire e a dirmi quello che volevo sentirmi dire.”
“Che ti ha detto?”
“Che devo pensare un po’ più a me, adesso.”
“Ha ragione. Hai passato un brutto momento e ti serve tempo e comprensione per superarlo. Questa Ginny non è poi da buttar via.”
Hermione gli sorrise con tutto il cuore.
“Lo… lo pensi davvero?”
“Sì.” – rispose lui, credendoci davvero.
La ragazza gli si strinse addosso.
“Sono contenta.”
“Dai, dimmi di Silente.”
“Cosa? Oh, sì.” – fece lei, capendo subito a cosa si riferisse. – “Quando sono andata nel suo ufficio, stamattina, mi ha chiesto com’è stato il mio rientro e se mi fossi aspettata qualcosa.”
“E cioè?”
“Ha detto solo questo. Però da come lo ha detto, mi è sembrato quasi che sapesse della mia “lite” con i ragazzi e che quel qualcosa che mi aspettavo, fosse un po’ più di comprensione da parte loro.”
“Silente è sempre stato un po’ strano nelle sue risposte. Non ci pensare, magari era la suggestione del momento.”
Hermione sospirò.
“Sì, forse hai ragione tu.”
Fu il pomeriggio più bello che Hermione ebbe mai trascorso. Aveva molte affinità con Albert e fu sufficiente parlarsi per capire di avere una certa sintonia a livello di pensiero.

Mentre per altri, quel pomeriggio fu totalmente da dimenticare…









“Ginny ha esagerato!” – fece Ron. – “Possibile che non capisca che quella notizia ci ha sorpresi? Ovvio che avremmo provato interesse per il cognome di Hermione! Cosa si aspettava?”
Harry annuì con la testa.
“Sì, stavolta ha davvero esagerato. Mi dispiace dirlo, ma non mi sento di avere torto. È stato un colpo sicuramente per Hermione, ma noi? Nessuno ha pensato a come ci saremmo sentiti noi una volta scopertolo?”
Ron annuì.
“E mi dispiace anche dire che sono rimasto molto deluso dal comportamento di tua sorella. Forse mi sono fatto un’idea sbagliata di lei.”
Ron sospirò.
“Forse anch’io.”




La diretta interessata si era rintanata in un pub che avevano aperto da poco, alla ricerca di un po’ di tranquillità per il suo povero cuore.
Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vedere il sorriso di Zabini, i suoi occhi e quella mano che aveva toccato la sua senza ribrezzo alcuno. Si prese la mano incriminata e se la portò al volto, esaminandola, come se cercasse una prova del passaggio di quella del moro.
L’unica prova era la leggera pelle d’oca che le increspava il dorso. Stizzita, se la sfregò con l’altra, per eliminare quella scomoda prova.
Era già la quarta cioccolata che ordinava e sembrava non averne abbastanza.
“Un’altra, per favore.” – fece Ginny, alzando la tazza vuota.
Il barista, sconcertato, annuì, per poi preparare l’ennesima. Mentre aspettava, guardò la sua borsetta e decise di scrivere qualcosa sul suo diario.
Si era detta, subito dopo la brutta esperienza avuta con il diario di Riddle, di non volerne mai più vedere uno in vita sua, ma aveva anche capito che era una buona valvola di sfogo, soprattutto per quei pensieri che non si potevano confessare nemmeno alle proprie migliori amiche.
Prese il diario, che non era altro che un quaderno ad anelli, pieno di colori e disegni, date segnate in rosso, per evidenziarne l’importanza e pensieri.
Tanti pensieri.
Scrisse in alto a destra la data, l’ora e il luogo in cui si trovava.

16 settembre, 16 e 30 del pomeriggio,
Mob’s, un nuovo pub appena aperto.

È stata una giornata strana.
Tutto è strano.
È strano il cielo, la terra, i professori, Harry e Ron.
Io.
Zabini.
Forse lui è il più strano di tutti.
Oggi ho litigato con Harry e Ron furiosamente per la prima volta in tutta la mia vita. Mi è dispiaciuto molto, perché ho sempre teso a giustificare le loro azioni o le loro parole, ma questa volta hanno davvero esagerato.
Hermione ci ha rivelato una verità che ancora fatico a mandare giù: i Granger, quelli che credevamo essere i suoi genitori, in realtà non lo sono. Sono solo due persone che l’hanno rapita a due giorni dalla nascita e che l’hanno tenuta con sé per diciassette anni, mentendole spudoratamente.
Ma ciò che ci ha sconvolto più di tutto, fu sapere il nome della vera famiglia di Hermione: i Preston. Lui, Elthon Preston è il Capo degli Auror, mentre la signora Myra Preston è una famosa stilista di abiti da sposa.
Hermione, mentre ce lo raccontava, diventava sempre più piccola, a ogni parola.

“La sua cioccolata.”
“Grazie.”

E alla fine, nessuno si è premurato di chiederle come stesse – a parte io, ovviamente – cos’avesse passato, come si sentisse… un troll sarebbe stato molto più sensibile di quel coso che mi ritrovo come fratello e Harry… Harry è stato quello che più di tutti mi ha deluso e ferito. Ha guardato Hermione in un modo… non mi ha mai guardata così. Sembrava essersi accorto solo allora della sua esistenza e l’ha guardata come se volesse chiederle di sposarla.
So che Hermione non accetterebbe mai, ma ho davvero paura. L’ho aspettato così a lungo e solo ora mi sto chiedendo “Non è che ho buttato il mio tempo?”. Temo di aver idealizzato troppo Harry, l’ho messo su un piedistallo e quando questo è crollato sotto il peso della dura realtà, mi sono sentita morire.
Harry non è tanto diverso dagli altri ragazzi. Non è nemmeno oggettivamente tanto bello, ma ha quel fascino che cattura. È un ragazzo semplice, ma a volte quella sua semplicità è sfiancante.
È da quando ho messo piede a Hogwarts che continuo a fantasticare su di noi insieme – in qualsiasi contesto – e sul più bello che sembra essersi sbloccato, ecco che si comporta in questo modo.

Zabini.
Zabini è un controsenso vivente.
Dopo che sono fuggita da Harry e Ron mi sono rifugiata in un posto di cui ignoravo l’esistenza. Stavo pensando a tutto questo, quando è arrivato lui.
Mi ha preso la mano e mi ha toccata come se lo avesse fatto da sempre, con una naturalezza che mi ha decisamente lasciata spiazzata. Ha giocato con la mia mano, mi ha sorriso e non mi ha mai insultata.
Cosa devo pensare?
So di non interessargli in alcun modo. Secondo i suoi canoni di bellezza, io sono un baule con le gambe, sebbene pesi solo cinquantacinque chili.
Eppure oggi mi ha lasciata… piacevolmente colpita.
E poi mi ha toccato i capelli, acconciandomeli dietro l’orecchio. E mi sono spaventata.
Non so perché o per cosa. Forse per questo suo cambiamento? Mi piacerebbe davvero pensare a un avvicinamento tra le nostre case, ma appena questo si è verificato… sono scappata.
Io… ultima di dieci fratelli, sono scappata a gambe levate.

“Ciao Ginevra.”
“Ciao Blaise.”

Perché sono scappata?
Forse dovrei scappare anche adesso che mi ha salutata. Forse dovrei…

Ginny smise di scrivere e alzò lentamente il capo.
Sognava o era desta?
La cioccolata davanti a lei fumava allegra, creando sbuffi di fumo dalle varie forme, e più avanti, un divertito Blaise Zabini la osservava mentre apriva la bocca in un’espressione di puro stupore. Realizzato che non si trovava in un deserto sotto un sole cocente che provocava miraggi, Ginny chiuse di scatto il suo diario e lo gettò in qualche modo nella sua borsa.
“Stai assumendo uno strano atteggiamento, Weasley.”
Ginny socchiuse gli occhi. Cazzo! Aveva letto!
“Cosa vuoi?” – chiese lei, bruscamente. Prese la sua tazza di cioccolata e iniziò a mescolarla, ma nell’esatto momento in cui il moro aveva palesato la sua presenza, lo stomaco della rossa si era chiuso in uno spasmo involontario e la voglia di assaporare quella dolce bevanda era sparita del tutto.
Il punto era che per Ginny, quello era un modo per non guardarlo in faccia.
“Passavo di qua per caso e ti ho visto. Ho pensato di entrare e farti un saluto.”
Ginny lo guardò malissimo.
“Ci siamo visti meno di un’ora fa.” – rispose lei. – “Comunque ciao. Adesso puoi andare.”
“Quanta fretta.” – fece lui, spalmandosi contro lo schienale della panca. – “Devi forse tornare da San Potter?”
In quel momento, Ginny non lo voleva nemmeno sentir nominare. Schioccò infastidita la lingua sul palato e afferrò la sua borsa per cercare il suo portafoglio. Perplessa, iniziò a rovistare dappertutto, ma non lo trovava.
“Ma dove diavolo…” – e più cercava, e più quel benedetto portafoglio non si trovava.
Alzò la testa e iniziò a pensare, dove aveva potuto lasciarlo. Ripercorse mentalmente i passaggi di quella mattina e alla fine si spiaccicò la mano destra sulla fronte.
“Noooo…” – sussurrò lei, chinando di scatto la testa.
“Problemi?” – chiese lui, sinceramente interessato.
“Niente che ti riguardi.” – replicò lei, sgarbata.
Blaise abbassò lo sguardo, imbarazzato e lei, vedendolo in quello stato, alzò gli occhi al cielo, fanculizzando Godric Grifondoro e il suo cazzutissimo “spirito” che le impediva di offendere senza poi provare sensi di colpa.
“Ho lasciato in camera mia il portafoglio, contento?”
“Oh, pensavo peggio. Se vuoi, offro io.”
“Oh, vade retro satana!” – fece lei, scandalizzata. – “Chi cavolo sei tu?”
“Blaise Zabini, settimo anno Serpeverde.” – si presentò lui, con tanto di occhiolino finale.
Ginny non seppe più cosa pensare. Cercò di nascondere un sorrisetto divertito, tanto era surreale la situazione, ma con scarsi, scarsissimi risultati.
“Sì, ok Blaise Zabini, settimo anno di Serpeverde. Ci si vede.” – Ginny si alzò e si diresse dal proprietario ancora tutta divertita per la scenetta per vedere se si poteva fare qualcosa per risolvere quella situazione.
“M-mi scusi?”
L’uomo dietro il bancone si girò e sorrise malizioso all’indirizzo della ragazza.
“Sì?” – chiese, appoggiandosi con le mani sul bancone, in una posa decisamente provocante. – “Cosa posso fare per te?”
“Ecco, mi dispiace ma… devo aver lasciato il portafoglio a scuola.”
L’uomo sembrò non battere ciglio.
“Questo non significa che io me ne vada senza aver saldato il debito, s’intenda!” – si affrettò lei a spiegare. – “Posso… magari potrei farle un servizio in cucina fino alle sei. Che… che ne dice?”
“Un servizio in cucina, eh?” – ripeté lui, fingendo di pensarci su. – “Ok, affare fatto. Penso che…”
Una manciata di zellini fu sbattuta malamente sul bancone. Il proprietario e Ginny si girarono sorpresi.
“Veda di mettere un freno a quel suo cervellino bacato.” – fece Blaise. – “E tu, fuori di qui, signorina!” – tuonò il moro, indicandole l’uscita in il braccio teso e l’indice puntato.
Ginny boccheggiò. Nemmeno sua madre l’aveva mai apostrofata in quel modo in pubblico! Si sentì spingere verso l’uscita, mentre guardava confusa e dispiaciuta il barista, che raccolse le monete dal bancone con aria frustrata e li metteva in cassa.
Una volta fuori.
“Ma dico… ti si è annacquato il cervello?” – urlò lui.
Ginny lo guardò sgomenta.
“Io?!?”
“Sì tu! Hai una vaga idea di quello che gli hai detto o parlavi senza riflettere?”
“Mi sono proposta di saldare il debito. Che c’era di male?”
“E ricordi anche come ti sei proposta di farlo?”
“Sì, avrei lavato i piatti in cucina, Dio!, ma che ti prende?”
“No!” – urlò lui, facendole fare un salto all’indietro. – “Le testuali parole!”
“Che gli avrei fatto un servizio in cucina, che ho…” – Ginny si bloccò e divenne rosso fuoco. Guardò Blaise, che sembrava essersi calmato. – “Ops…” – fece lei, con un sorrisetto nervoso.
Blaise sospirò. Se non ci fosse stato lui presente, chissà che sarebbe successo.
Cadde un silenzio imbarazzante, soprattutto per Ginny, perché sembrava proprio che Blaise fosse perfettamente a suo agio. E che… l’avesse aiutata.
“Suppongo di doverti…”
Blaise la fermò con un lieve cenno della mano.
“Non è necessario.” – fece lui, sorpassandola.
Ginny rimase impalata per una frazione di secondo, ma poi si girò, confusa.
“No, ma… aspetta!”
Blaise si girò.
“Sì?”
“Perché lo hai fatto?”
Era una domanda che combatteva per uscire dalla sua gola da quando era scappata via da lui quel primo pomeriggio.
“Preferivi essere lasciata da sola con quel tipo?”
“No!” – esclamò lei.
Blaise le sorrise e annuì.
“Allora credo che sia sufficiente così.”
“Perché?” – chiese Ginny, frustrata. Odiava quando le lasciavano le cose a metà.
“Credimi… la risposta che ti darei non è quella che vorresti sentire. Ci si vede in giro, rossa.”
Capendo che oltre non avrebbe ottenuto, Ginny lo lasciò andare.
“Grazie…” – sussurrò lei.









Il rientro era previsto verso le sei di sera. Una massa informe di studenti varcò i cancelli della scuola, mentre Gazza faceva l’appello.
Hermione era già in camera sua e stava ripensando alla bellissima giornata trascorsa. Era stata molto bene con Albert ed era tentata di chiedere ai professori di organizzare gite a Hogsmeade tutti i fine settimana, affinché potesse stare con il ragazzo.
Dalla finestra della sua camera di Caposcuola, osservava i ragazzi rientrare dalla gita. Tra di essi, notò una chioma rossa, camminare spedita verso l’ingresso.
Non ci aveva più pensato.
Albert aveva prosciugato ogni sua energia e aveva il dono di catalizzare l’interesse e l’attenzione su di sé, con il risultato che la ragazza si era completamente dimenticata di Ginny, Harry e Ron.
Chissà che era successo…
L’ansia e l’agitazione ripresero possesso di Hermione. Avevano litigato per colpa sua? Si erano chiariti? Cos’aveva detto Ginny? Si massaggiò le mani per cercare di calmarsi.
Lo avrebbe scoperto quella sera a cena.

Ginny entrò come una furia in camera sua, gettò la borsa sulla sedia e si buttò a pancia in giù sul letto. Ancora non riusciva a credere a ciò che era successo quella giornata.
Il litigio con Ron e Harry e quella specie di conversazione avuta con Blaise Zabini, settimo anno, Serpeverde.
Quella breve ma concisa descrizione del ragazzo, fece sorridere la rossa che, inevitabilmente, si ritrovò a ridere a crepapelle.
Fu così che la trovarono le sue compagne di stanza, che si guardarono perplesse.
“Ginny, va tutto bene?” – chiese Lavanda Brown.
La rossa la guardò e annuì.
“Sì, tutto bene. Posso andare a farmi la doccia per prima, per favore?” – le ragazze annuirono e l’attimo successivo, la rossa sparì in bagno.









Albus Silente chiuse il cassetto dell’archivio che gli interessava. Lo chiuse con innaturale lentezza e, con esso, i suoi occhi. Non andava fiero di quello che aveva fatto, ma doveva pensare a tutti gli studenti che avrebbero messo piede a Hogwarts in futuro.
Per molti, uno era sacrificabile.
Così è con Hermione.
Così fu con Gellert.









A cena, Hermione notò subito che qualcosa non andava. Ginny era taciturna, ma stranamente di buon umore, mentre Harry e Ron parlottavano solo tra di loro, ignorando le due ragazze. La riccia non vi diede bado più di tanto, perché aveva già sperimentato quell’atteggiamento in passato. Se rimproverati – anche se per un giusto motivo – Harry e Ron si chiudevano in loro stessi e finché chi avesse fatto la ramanzina non fosse andato da loro a scusarsi, il loro mutismo si sarebbe perpetrato nel tempo.
Quindi, non si preoccupò più di tanto quando, chiamandoli, non le diedero risposta. Allora iniziò a chiacchierare con l’amica.
“Ehi, com’è andata?”
“Bene.” – rispose lei, troppo velocemente.
Hermione corrucciò un sopracciglio. Aveva cambiato cognome, ma fortunatamente non il cervello.
“Ginny? È successo qualcosa?”
“No!” – fece lei, guardando di scatto l’amica. Era tutta rossa in faccia. – “Cosa deve essere successo? Niente, no?”
“E allora perché Harry e Ron…” – e li indicò con un gesto eloquente del volto.
“Harry e Ron?” – chiese lei.
Ginny si girò di scatto e arrossì. Stava parlando di loro?
“Oh!, Harry e Ron, certo! E chi altri? Hehehe…” – fece lei, con una risatina fin troppo nervosa.
“Ecco. Chi altri?” – chiese Hermione, divertita.
Per ovviare alla domanda, Ginny iniziò a mangiare voracemente, mentre Hermione scuoteva il capo, divertita. Superato quell’imbarazzante momento, Hermione raccontò all’amica com’era andata la sua giornata con Albert, quello di cui avevano parlato e di come si fosse sentita bene. Ginny l’ascoltò con attenzione, annuendo di tanto in tanto.
Harry e Ron sembravano due elettroencefalogrammi piatti, da muti che erano. Stavano ascoltando il racconto di Hermione, scuotendo di tanto in tanto la testa. La riccia non lo aveva notato, perché dava loro quasi interamente le spalle ma Ginny sì e si ritrovò a corrucciare un sopracciglio.

In un’altra tavolata, la situazione non era molto diversa. Anche Albert stava raccontando ai suoi amici cos’aveva fatto quel pomeriggio.
“… ed è stata una buona giornata.” – fece lui, con un sorriso carico di emozione. – “E voi? Cos’avete fatto?” – s’informò il ragazzo, gustando il suo dolce.
“Blaise ha preso la dissenteria.” – fece Theo.
Albert sgranò gli occhi e guardò il moro, che aveva alzato gli occhi al cielo.
“Come?”
“A un certo punto ha detto: “Vado in bagno”. L’abbiamo rivisto dopo un’ora.” – disse sempre Theo. – “E questo alla mattina. Al pomeriggio, idem con zuccotti.”
Blaise però non li stava più ad ascoltare. Era totalmente perso nella contemplazione di una chioma rossa che a ogni movimento della testa si scuoteva. Sembrava una cascata di fuoco. Lasciò i ragazzi a parlare, sperando che non gli facessero domande troppo specifiche, quando qualcosa catturò la sua attenzione.
Potter e Lenticchia si erano alzati e Ginny – non aveva sentito quello che aveva detto perché troppo lontano – aveva detto loro qualcosa, ma dal loro sguardo doveva essere stato qualcosa di poco piacevole. Infatti, la schiena della rossa si era come accartocciata su se stessa e poi l’aveva vista scuotere la testa.
L’attimo successivo sia lei che la G… Preston uscirono dalla sala.

“Ehi, dove andate?” – chiese Hermione, sorpresa.
I due non le diedero risposta. Si limitarono a fissarla come se avesse avuto chissà quale malattia. Si allontanarono e basta.
“Ehi, l’educazione!” – fece Ginny – “Non si saluta più?” – disse, contrariata.
Li sentì borbottare qualcosa e poi se ne andarono. Ginny si afflosciò su se stessa e Hermione iniziò seriamente a preoccuparsi.
“Ginny che è successo a Hogsmeade?”
La rossa sospirò e lasciò immangiato il suo dolce.
“Vieni. Andiamo in camera tua.”
Hermione si alzò, confusa e seguì Ginny con mille interrogativi per la testa.

Albert aveva visto sua sorella alzarsi. Sperava che si girasse per salutarlo almeno con gli occhi, ma non lo fece.
Si sentì come tagliato fuori.




Le due continuarono a camminare in silenzio fino all’arrivo nella Sala Comune di Grifondoro. Hermione sperò quasi di trovarli davanti al fuoco, intenti a giocare a scacchi magici, ma non fu così.
Ma che sta succedendo?, si chiese la riccia.
Entrarono in camera di Hermione l’attimo successivo.
“Ginny che succede?” – chiese Hermione, subito.
La rossa andò a sedersi sul letto e si prese la testa tra le mani.
“Ginny?” – la incalzò Hermione, sedendosi vicino a lei.
La rossa alzò lo sguardo e le sorrise tristemente.
“Non lo so, Hermione.” – rispose lei. – “Non lo so. Harry e Ron… loro…” – non sapeva nemmeno come fare per spiegare la cosa.
“Dimmi! Così mi fai preoccupare!”
“Loro… credo siano cambiati.”
“In che senso?”
“E’… è strano da spiegare, ma… oggi pomeriggio siamo andati a Hogsmeade, no?” – fece la rossa, decidendo di partire dall’inizio. – “Siamo andati da Florian Fortebraccio e ci siamo appartati in una saletta. Ho iniziato subito, col dirgli che con te non si sono comportati correttamente.”
“E loro?”
“Loro… loro hanno subito cercato delle scuse per giustificarsi. Che li avevi scioccati, che non se lo aspettavano, che non immaginavano una cosa simile, che potevi mandare un gufo e avvisarli…”
Hermione era scattata in piedi come una molla.
IO COSA?”
“E’ la stessa reazione che ho avuto io. Gliene ho detto di tutti i colori, soprattutto a Ron. Quel cretino continuava a dire che gli dispiaceva. Io allora gli ho detto che eri tu quella che stava male, non loro e che non si erano nemmeno preoccupati di chiederti come stavi.”
“E… e loro?” – chiese, angosciata.
“Ron ha detto che te lo avrebbe chiesto quando sarebbero ritornati dalla gita, ma lì non ci ho visto più.” – fece la rossa, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa. – “Gli ho urlato dietro che dovevano chiedertelo prima e non dopo che glielo avevo detto io.”
“E poi?”
Ginny sorrise amaramente.
“E’ qui che non capisco… hanno continuato a giustificarsi, come se il torto maggiore lo avessero subito loro e non tu. Giuro, io non sapevo più cosa pensare. Sono uscita perché se rimanevo con loro rischiavano grosso.”
Hermione si risedette pesantemente sul letto con lo sguardo perso nel vuoto.
“Che diavolo sta succedendo alla mia vita?” – si chiese Hermione.
Era convinta che almeno i suoi amici sarebbero stati con lei in quella situazione, ma capì che non sarebbe stato così.
Ginny l’abbracciò, passando un braccio attorno alle sue spalle e tirandosela vicina.
“Qualsiasi cosa sia, ci sarò io con te, ok?”
“Ok…” – fece Hermione, istintivamente.









Albert era andato a letto senza fermarsi prima in Sala Comune a parlare con i ragazzi. Era stanco per la giornata e turbato per quello sguardo mancato. Che fosse successo qualcosa?
Glielo avrebbe chiesto il giorno successivo, che era domenica, e poi si addormentò come un masso.
Due ore più tardi, entrarono Theo, Blaise e Draco, si cambiarono in silenzio e si coricarono pure loro, ma uno dei tre continuava a stare sveglio a pensare a una certa persona.

Draco Malfoy era rimasto molto turbato da quelle rivelazioni e il fatto che non le palesasse come invece avevano fatto Blaise e Theo era un altro paio di maniche.
La Granger… era in realtà una Preston.
Com’era prevedibile, ma non per questo da biasimare, il biondo aveva iniziato a guardare la ragazza con occhi diversi.
Il suo cervello lavorò freneticamente e autonomamente, proiettando immagini di loro due in un ipotetico futuro in cui potevano arrivare ad essere, se non amici, almeno in buoni rapporti.
Le sue certezze erano crollate come un castello di sabbia. Suo padre e i suoi continui ritornelli, soprattutto su quella che pensavano fosse una mezzosangue, gli si erano ritorti contro.
Gli venne in mente, proprio in quel momento, il particolare di una discussione che avevano avuto il primo anno di inserimento a Hogwarts di Draco.

“Una mezzosangue… è proprio vero che adesso fanno entrare cani e porci in quella scuola.”
Draco si era girato e aveva visto una ragazzina gracilina, con un covone di fieno al posto dei capelli e due denti da castoro. Aveva avuto, sulle prime, una reazione di ribrezzo ma poi, osservandola bene, aveva solo visto due occhi vispi e curiosi che non vedevano l’ora di iniziare quell’avventura.
Si era sentito molto simile a quella bambina. Anche lui non vedeva l’ora di cominciare a usare la magia come Merlino comandava e si ritrovò inconsciamente a sorridere in direzione di quella bambina.
L’attimo successivo gli arrivò uno scapaccione che per poco non lo fece cadere a terra.
“Non guardare quella mezzosangue, Draco. Il suo solo respiro infetta l’aria.”
“Sì, padre.”

E, alla fine, si era dimostrata essere l’esatto opposto, in barba a suo padre e a tutte le volte che gli diceva di essere in grado di riconoscere un mezzosangue a occhi chiusi.
Provò un moto di stizza nei confronti del genitore, perché se era vero che lui i mezzosangue li odiava, che aveva il compito di sterminarli, che li sapeva riconoscere a occhi chiusi…
… perché aveva rischiato di rovinare la sua famiglia per asservirsi a uno di loro?
Però… però, però…
Lucius era molto cambiato dalla fine della guerra. Era diventato molto più tollerante, soprattutto con sua madre e con lui. Ma certe volte Draco pensava che il suo fosse stato un cambiamento così veloce, che avrebbe potuto causare un colpo di frusta.
Lucius non aveva mai voluto dire cosa gli avevano fatto al Ministero per indurlo (solamente il giorno dopo) a rivedere le sue idee e le sue posizioni.
Draco, invece, era già da parecchio tempo che aveva dei dubbi sulla missione di Voldemort e sui principi che suo padre gli aveva inculcato ancora quando si trovava nel ventre materno. Ma per quel suo innato bisogno di compiacere sempre il genitore, aveva accettato quei concetti a priori, troppo astratti per un bambino di appena cinque anni e troppo grandi per un sedicenne. Era cresciuto con la ferma convinzione di essere intoccabile, solo perché purosangue, che tutte le persone esistenti sulla terra erano state messe lì apposta per compiacere lui ed esaudire i suoi desideri, che le teorie di Eliocentrismo e Geocentrismo fossero da abolire, per sostituirle con quella del Dracocentrismo.
Era convinto, che il suo status di erede delle due famiglie più importanti e antiche del mondo magico fosse una condizione più che sufficiente affinché niente potesse colpirlo.
Ma si era sbagliato.
Istintivamente, Draco si portò una mano alla mascella, nell’esatto punto in cui quella mezzosangue aveva preso a pugni – letteralmente – le sue certezze e convinzioni.
Immaginò fosse stato quello il momento in cui tutto del suo mondo aveva iniziato a rovesciarsi. La consapevolezza che chiunque poteva avvicinarsi e colpirlo lo aveva profondamente scosso. Infatti, da quel momento in avanti, suo padre aveva preso a punirlo sempre più spesso e sempre più duramente; a scuola, il falso Moody l’aveva trasformato in un furetto con estrema facilità e, per concludere, Harry Potter gli aveva lanciato addosso un Sectumsempra degno di nota.
Toccarlo era stato molto facile, così come fu facile iniziare a pensare con la propria testa.
Stanco di quei pensieri, il biondo si sistemò il cuscino sotto la testa, si girò su un fianco e chiuse gli occhi.
L’ultimo pensiero andò a suo padre e alla voglia di vedere la sua faccia quando sarebbe venuto a sapere che Hermione Granger era in realtà la figlia di Myra ed Elthon Preston.
Aveva perfino l’acquolina in bocca.




Ginny si era fermata a dormire, anche per quella notte, da Hermione. La riccia non aveva voglia di stare da sola e la rossa anche. Si prepararono per la notte in religioso silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri.
Nox.” – fece Hermione, e l’attimo successivo la stanza fu inondata dal buio.
Il respiro tradì i propositi di entrambe. Troppo irregolare, nonostante avessero gli occhi chiusi, per far credere all’altra di stare dormendo.
“Non hai sonno, eh?” – chiese Ginny, sospirando.
“No…” – fece Hermione, aprendo gli occhi.
“A cosa pensi?”
“Che questa cosa l’avrei affrontata meglio se i miei amici fossero stati con me.”
“Ci sono io.” – rispose Ginny.
“Non fraintendermi. Tu sei molto importante, ma pensavo di avere anche Harry e Ron.”
“Ho capito, non preoccuparti. Coraggio, adesso dormiamo.” – propose la rossa.
“Sì, notte Ginny.”
“Notte, Hermione.”









Il giorno successivo Hermione e Ginny scesero in Sala Grande per la colazione verso le nove e mezzo del mattino. Nessuna delle due aveva voglia di vedere né Harry né Ron ed erano sicure di non trovarli, perché avevano in programma un allenamento di Quidditch in vista della partita tra Serpeverde e Grifondoro che si sarebbe disputata il sabato successivo verso le due del pomeriggio. Avevano preferito spendere ogni minuto libero di quella domenica a preparare piani per vincere contro i loro nemici piuttosto che passarlo a studiare o con Hermione, che in quel periodo sembrava l’ombra di se stessa.
Imburrò svogliatamente una fetta di pane tostato e la addentò con ancora meno voglia.
“Piano, che sennò ti strozzi.” – fece Ginny, ironizzando.
Hermione la guardò e sorrise stancamente. Consumò una colazione frugale e poi si diresse in biblioteca. Aveva perso troppo tempo e i compiti non si facevano da soli.
“Dove vai?”
“In biblioteca. Scusa, ma devo rimettermi in pari con il programma.”
“Ti serve una mano?”
“No, grazie. Ho bisogno di stare un po’ sola.” – fece lei, scusandosi con lo sguardo.
Ginny scosse la testa, come per dirle di non preoccuparsi e la salutò.
“Ok, non studiare troppo però.”
La riccia sorrise e corse verso la biblioteca. Girò l’angolo, e la scena che trovò la paralizzò.









Note di me:
Allora, so che troncare il capitolo in questo modo è da stronzi, ma che ci volete fare?: lo sono!
Allora, per le amanti di Draco, eccovi l’antipasto. Le portate principali arriveranno più avanti. ^^
Silente ha fatto quello che doveva fare negli archivi. Ma cosa?
Ma soprattutto… cos’avrà visto Hermione?
Lo scoprirete nella prossima puntata.
Ma visto che non sono proprio così stronza come molte di voi mi apostrofano, vi lascio uno spoilerino su…

“Weasley. Non riuscivi proprio a starmi lontano, eh?” – scherzò lui.
Ginny si sorprese.
“Come hai fatto a capirlo?”

Chissà chi è… ^__^
Bacioni, callistas.

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Capitolo 10
*** Con occhi diversi ***


10 - Con occhi diversi Bentornate!
Intanto grazie per i vostri commenti. È bello sapere che la popolazione dei lettori di EFP ti considera una stronza (anche se effettivamente lo sono). Mi fa sentire… realizzata!
Dunque, chissà cos’ha visto Hermione dietro l’angolo. Lo scoprirete subito, visto che la scena d’apertura è quella da cui ho interrotto il capitolo precedente.
Qui, troveremo un Draco un po’ più presente. Non ancora a contatto con Hermione, ma ci sarà qualche battuta, giusto per il secondo antipasto.
Che altro dire se non buona lettura.

_araia: ciao _araia l’impazzita!
Prima di tutto, posso dirti che no, Hermione non vede né Silente in pigiama, né Piton in calore con la McGranitt, tranquilla. Il mio livello di demenza non si spinge fino a quel punto.
Detto ciò, passiamo alle cose importanti. ^^
Sono contenta che il capitolo ti abbia fatto ridere. Diciamo che Blaise e Ginny hanno fatto le selezioni per Zelig e Colorado ma non sono stati presi, perché… PERCHE’ LI HO INGAGGIATI IO! HAHAHAHA!
Ok, scusa…
*si ricompone*
Il povero Blaise adesso farà una vita di merda – se mi passi il collegamento con la dissenteria – ma come si fa a dire “vado in bagno” e poi sparire per un’ora intera? Ovvio che la gente poi pensi male.
Ginny, poveretta, ha il dono di infilarsi in situazioni pericolose senza nemmeno accorgersene. Fare “un servizio in cucina” fino alle sei. Io pure l’avrei guardata con tanto d’occhi!
Ma fortuna che è arrivato il principe verde sul cavallo argento e l’ha salvata!
Nonostante io ami Silente, mi ha fatto un po’ strano descriverlo in questo modo, ma volevo stravolgere un pochino i ruoli (solo un pochino?!?!) e mettere pepe sotto il sederino di ognuna di voi. Spero di esserci riuscita.
Harry e Ron… ti spiace se li saltiamo volutamente? Spreco solo parole che potrei utilizzare benissimo per dell’altro. Quei due mi ricordano tanto i bei tempi dell’infanzia, dove quando c’era una litigata, si scaricava tranquillamente la colpa sull’altro, senza tante conseguenze.
Ora prova a fare una cosa del genere al giorno d’oggi! Una ruota di botte non te la leva nessuno. ç_ç
Addio infanzia! Ti ho avuta per un po’. Mi mancherai…
*piange*
I due fratelli si sono riuniti, ma i tempi bui ancora non sono finiti (tié, ho fatto la rima). Ma ovviamente, sarà mia premura lasciarti con questo dubbio e farti scoprire cosa accadrà capitolo dopo capitolo…
Detto ciò, ti lascio alla lettura del capitolo, sperando che ti piaccia.
Callistas.

Witchmelanie: un monumento addirittura? ^_^ che esagerata!
*lo apprezzerebbe ^^*
Comunque concordo con te. Una pozzanghera sarebbe più profonda di Ron e Harry… Harry effettivamente è quello che ha più occhio clinico, ma ovviamente qualcosa è andato storto.
Di Draco, invece, posso solo dire che questo antipasto serve solo per “rifarsi la bocca” perché quando pioveranno le prime portate sarà da leccarsi i baffi.
Di Silente non posso dirti nulla se non che per sapere che sta combinando, dovrai leggere la mia storia, riga dopo riga, capitolo dopo capitolo.
Che mi assicurerò di troncare sul più bello ogni volta. ^__^
Un superbacio e buona lettura, callistas.

Valli80: con tutto quello che sta capitando a Hermione, non volevo tirarla troppo per le lunghe, facendo passare decenni prima che si riappacificasse con il fratello. Un po’ di tranquillità per ‘sta benedetta ragazza, no? ^_^
Mia cara, io sono il tipo che lancia il sasso e poi nasconde la mano, non per codardia, ma perché certe volte è bello vedere come da uno stadio confusionale (come nel tuo caso, ma ti assicuro che durerà il tempo di dare alla storia modo di proseguire) a uno più comprensibile.
Vedo che in molte non hanno capito chi è Gellert.
Gellert Grindelwald fu un mago oscuro potentissimo, prima dell’avvento di Lord Voldemort. Fu sconfitto da Silente nel 1945. Se digiti su Google “Gellert Grindelwald” troverai di sicuro informazioni preziose su di lui. Posso solo dirti che quando ho scritto di lui, citandolo nei pensieri di Silente, mi riferivo a un’intervista rilasciata da JKR su questo personaggio, dove si affermava che Silente era innamorato di lui e che a causa di questo motivo non è riuscito a vedere il suo lato oscuro.
Al nome di Silente, viene inevitabilmente legato il motto “per il bene superiore”. Ecco, per questo bene, Silente ha in passato ucciso Grindelwald di cui, torno a ripetere, era innamorato, mentre nel presente, sacrifica Hermione per poter portare finalmente la totale unità nel mondo magico.
Spero di essere stata chiara, se no, non farti problemi a chiedere, ma ti consiglio vivamente di cercare in internet almeno avrai un quadro generale della situazione.
Purtroppo sì, Draco è stato solo un antipasto, ma non ti preoccupare: arriveremo presto alle portate principali! E poi era dovuto uno scorcio sui suoi pensieri. Dopotutto, assistere ad un cambiamento così drastico era impossibile non aprire una parentesi su di lui, visto che l’ha sempre presa in giro per il suo essere a metà.
Hermione vede… vede… se leggi il capitolo, capirai cosa vedrà, per non parlare della storia che inizierà ad avere un po’ di pepe.
Ti ringrazio per tutti i tuoi complimenti e spero vivamente che questo capitolo ti soddisfi come i precedenti.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Hermione59: beh, capita anche a me, ma sai cosa faccio io per ovviare a questo problema? Prima la scrivo su Word, poi la copio nello spazio apposito e infine la invio. Anche io avevo scritto una recensione a un’autrice e mi era scaduta la connessione al sito.
Non ti dico il nervoso. Poi quando la riscrivi, non è mai come la prima, non so perché…
Comunque, non ti preoccupare e tranquilla: dall’angolo NON uscirà Malfoy.
Hihihi… altrimenti, che stronza sarei?
Un bacio e buona lettura, callistas.

HJ: mi fa piacere di averti lasciato con la curiosità a mille. Spero di riuscirci anche con questo capitolo. Il rapporto tra Albert e Hermione si sta evolvendo pian piano, ma è sulla buona strada. Ginny e Blaise stanno allacciando un rapporto particolare, che più avanti descriverò meglio, Silente farà una cosa che forse a molti non piacerà, ma ha già deciso e porterà avanti quella decisione fino alla fine. Harry e Ron, non mi stancherò mai di dirlo, sono due incompetenti insensibili e Malfoy… Malfoy è Malfoy. Qui lo troveremo un po’ più presente, ma non ti aspettare granché. Il meglio deve ancora arrivare.
No, tranquilla: mi piace quando mi danno della stronza! ^^
Bacioni, callistas.

Valli: sarai l’ennesima persona che mi da della stronza… chissà perché ^__^
Scherzi a parte, avrei dovuto troncare il capitolo già qualche riga più su, ma mi sono detta “Dai, non fare la merdaccia!” e ho proseguito, ma oltre non potevo andare.
Per lo spoiler, arriverà tra poco il contesto, e spero ti piaccia. Per Harry e Ron non so cosa dirti, se non che sono assolutamente d’accordo con te.
E preparati, perché la loro stronzaggine non è nemmeno arrivata a metà strada…
Eccoti l’aggiornamento!
Un bacio, callistas.

Black_Yumi: ogni domanda avrà la sua risposta a tempo debito. Seguimi, e lo vedrai da sola.
Intanto avanziamo per gradi. Ecco il capitolo nuovo.
Buona lettura!

Laura malfoy: come promesso nella mia precedente mail, ti rispondo come si deve.
*schiva la maledizione per un soffio*
Senti, se vuoi che ti risponda, non devi cruciarmi!!! >__
Certo che niente smistamento, mi credi scema?!?!
Premesso che la tua recensione è stata bellissima. Hai analizzato ogni singolo punto e mi ha fatto molto piacere vederti attenta e partecipe, quindi, procediamo con ordine.
Hermione ha leggermente i nervi a pezzi, non so se l’hai notato. Basta mettere la virgola nel posto sbagliato, che parte in quarta con una filippica degna di Aristotele. Albert ha parlato d’impulso, come ogni buon maschio che si rispetti, eppure poi è riuscito a farsi capire e si è riunito a Hermione. Il fatto che Albert accetti Ginny, in quel frangente, è stato anche per far sentire meglio la sorella: l’aveva vista molto abbacchiata per via di Harry e Ron (e qui dico: no comment) e gli era sembrata una buona idea, per tirarle su il morale, fare qualche commento positivo sulla rossa, facendo capire così a Hermione che tutti quelli che facevano star bene la sorella erano i benvenuti.
Spero di essere stata chiara. A volte non mi capisco nemmeno io ç__ç
Al momento, gli unici amici di Hermione sono Ginny, Ron e Harry e quindi per Albert si porrebbe solo il “problema” di accettare la rossa, visto che sta iniziando ad avere seri dubbi sul comportamento dei due ragazzi e Hermione… Hermione dovrà fare le sue nel cercare di accettare gli amici di Albert.
Ce la farà?
Per Harry e Ron ho già detto sopra “no comment”.
Il loro atteggiamento parla da solo. Fossi stata in Hermione, li avrei lapidati.
Vivi.
Ginny. Come mai prima non ti piaceva?
Sai, è divertente vedere come un autore riesca a farti amare o odiare un personaggio come più gli aggrada. Basta dire una cosa e lo si mette su un piedistallo, basta fargli fare una cosa sbagliata ed ecco che lo si vuol vedere all’inferno. I complimenti e gli incoraggiamenti ricevuti per Ginny sono stati tanti e tanti vogliono che continui in questo senso.
In questo caso, Ginny si sta dimostrando una persona matura. Quando Harry ha guardato Hermione come se fosse stata una torta fatta di panna montata, Ginny si è sentita molto ferita, ma non per questo ha messo Hermione alla gogna, perché ha capito che lei non c’entrava niente. Obiettivamente, si era resa conto che non poteva colpevolizzare Hermione di qualcosa che lei per prima non aveva chiesto e ha indirizzato il suo risentimento alla persona giusta, cioè Harry.
C’è molto di me in questa Ginny, soprattutto l’indecisione e il fatto di saper vedere le cose nella giusta prospettiva. Ti faccio un esempio stupido, ma che spero possa chiarirti meglio le idee in merito al personaggio di Ginevra. Al terzo anno di superiori, ho detto a un ragazzo che mi piaceva. Questo, ovviamente, da troglodita qual era, ha iniziato a fare il cretino con una mia amica e questa c’è stata. Non ci sono stati baci o cose del genere, ma quegli atteggiamenti da adolescenti con gli ormoni in subbuglio che mi hanno fatto girare la testa.
Dal nervoso, però.
Ma io sapevo che la “colpa” non era da dare a questa mia amica, ma al ragazzo, perché lui sapeva che mi piaceva e per darsi delle arie, per questo la mia cotta se ne è andata come un gatto inseguito dal cane perché non mi andava di perdere il mio tempo con un coglionazzo simile.
Ginny non è ovviamente ancora arrivata a questa soluzione, ma con la calma di una tartaruga in letargo, forse, ce la farà.
Di me, inoltre, c’è l’insicurezza e il fatto di non riuscire a capire i segnali che una persona mi sta inviando. Quando si tratta degli altri, sono peggio di una faina, ma se si tratta di interpretare i segnali che un ragazzo mi manda perché, stranamente, gli piaccio, allora divento una regredita mentale.
In questo caso, Ginny è come me. E con questo, credo di essermi bruciata parte della storia ç__ç
Blaise sarà un ragazzo che al momento giusto batterà in ritirata. Non dimentichiamoci da che mondo proviene e che dietro ogni azione ci sono sempre due o tre mesi di pianificazione.
Come diavolo fanno a vivere in ‘sto modo, non lo so. Diventerei pazza se dovessi pensare ad ogni sfaccettatura di una mia possibile azione…
Blaise Zabini, settimo anno, Serpeverde. Chissà perché, ma l’ho visto subito adatto a lui, così come la reazione di Ginny che sorride, cercando di nasconderlo, per via della situazione. Talvolta, le situazioni assurde mi fanno ridere. Ecco, un’altra parte di me di Ginny.
Silente.
Silente è un cubo di Rubik: puoi girarlo quanto ti pare, ma non riuscirai mai a capirlo veramente. Io per prima che buttavo giù la psicologia di questo personaggio, mi incasinavo!
Passiamo al personaggio che, nella mia infinita modestia, ritengo essere il più gettonato: Dracucciolo.
A volte basta poco per inquadrare un personaggio. Ti dirò che all’inizio odiavo Draco con tutta me stessa: volevo legarlo alle rotaie dell’espresso, tagliargli le palle, strozzarlo e quant’altro, ma poi quando ho visto che pezzo di figliolo è diventato gli ho condonato tutto ^___^
Non c’è niente da fare: lo amo!!!
Dicevo… basta poco per capire un personaggio. Dietro a certi atteggiamenti, ci deve essere per forza di cose un motivo e Draco ne ha molti. Vive costantemente sotto pressione da quando è nato, non deve mai sbagliare, deve essere sempre perfetto, non deve mostrarsi troppo umano… ci credo che poveretto cresca con seri problemi mentali, ma!…
… ma forse qualcuno lo aiuterà. Indirettamente, ma lo farà.
Il fatto che quando Hermione gli molla quel pugno e che da quel momento in poi tutto inizia ad andargli storto è stato un colpo di fortuna. Mi è venuto per sbaglio in mente un episodio e poi gli ho attaccato dietro tutto il resto.
Per quanto riguarda Lucius, non diventare matta: ormai è un uomo fatto e strafatto e se per Draco c’è la possibilità di poter cavar fuori dei sentimenti, Lucius è destinato a rimanere freddo e impassibile, nonostante la notizia che gli si dia possa essere la più sconvolgente del mondo. Ma non è detto che perché non lo dimostri apertamente, non significa che dentro non stia urlando dallo sgomento…
Lucius mi farà penare, te lo dico io…
Come hai giustamente detto tu, quando dice che avrebbe voluto avere i suoi amici accanto, non intendeva dire che Ginny è da scartare: semplicemente credeva che il Trio sarebbe sempre stato insieme, senza nulla togliere alla rossa.
Per quanto riguarda la partita di Quidditch, ce ne saranno delle belle. Non vedo l’ora che arrivi per leggere la tua recensione.
Per lo spoiler, non dico niente. Leggi il capitolo e dimmi che ne pensi.
P.S. 1: mi spiace per i tuoi mignoli. Stanno meglio adesso?
P.S. 2: dimmi tu se sono stata stronza.
P.S. 3: spero che Dexter non sottragga parte della tua attenzione alla mia storia, altrimenti mi vedo costretta a farti cambiare casa come Piton!
Hahahaha!
Un bacio e buona lettura (del capitolo o della risposta alla tua fantastica recensione, decidilo tu).
Callistas.

Tinotina: no, mi spiace. Non sono generosa fino a questo punto. u_u
L’aggiornamento sarà di venerdì, salvo complicazioni, che spero non ci siano.
^_________________^
Comuuuuuuuuuuuuuuuuuunque… di Silente non posso dire niente. Mi sono messa il veto da sola, ma non ti preoccupare: arriverà la spiegazione anche per lui.
Più avanti, ma arriverà.
Adesso Ginny e Blaise stanno iniziando a incontrarsi. L’incontro nel parco è stata pura premeditazione, ma… sarà sempre così? Ricordiamoci che Blaise è una serpe… in molte tendono a dimenticarsene.
Beh, non reggono se a dirle sono due ragazzi di diciassette anni, ma se fossero due bambini, la cosa sarebbe più che giustificata. Si stanno comportando esattamente in questo modo, sai, quando la mamma ti sgrida e tu cerchi di scaricare la colpa sugli altri? Ecco, la stessa cosa è qui.
In questo capitolo, arriverà il secondo antipasto di Draco: il pranzo sarà un po’ lungo ^__^
So che vorresti che si baciassero subito, ma se permetti, questo processo richiede un po’ più di tempo. Sto cercando di fare un lavoro serio, dove la concezione che l’uno ha verso l’altro maturi attraverso le loro sensazioni ed emozioni. Farli baciare dopo anni che si sono odiati, mi sembrava un po’ azzardato, non trovi?
Ciao bella, buona lettura e no: i basilischi sono finiti!
Bacioni, callistas.

Kiby: immagino che tu stia parlando di Harry e Ron. Sì, anch’io spero che cambino idea e tornino a comportarsi da ragazzi di diciassette anni e non di tre, ma sai… sono uomini. E ho detto tutto.
Il cambio di casa di Hermione, quando e SE ci sarà, sarà peggio di un evento mediatico e le reazioni saranno sconvolgenti, per non parlare di quando tutta la scuola verrà a sapere della sua vera natura di purosangue.
Ginny e Blaise sono una storia che viaggerà in parallelo a quella di Draco e Hermione, ossia, servirà un po’ di tempo prima che le cose si assestino definitivamente.
Silente ha un enorme peso sulle spalle e spero vivamente che sia in grado di sostenerlo fino alla fine.
Beh, se riesci a leggerlo, mi fa piacere e se non ci riesci non ti preoccupare: divertiti!
Buone ferie, callistas.

Stefy494: beh, quando ho deciso di chiamarmi callistas, ho pensato alla mitologia greca, non tanto a Ally McBeal… ma non è di me che si parla, ma della storia.
1.    Anche a me farebbe piacere mandarti una foto di Albert e Hermione, ma mi sarebbe un po’ difficile.
2.    Harry e Ron sono due imbecilli, assodato ciò, andiamo avanti.
3.    Son contenta che per amor mio tu riesca a mandare giù Ginny, ma chissà per quanto durerà ^_^
4.    Non sai chi è Gellert? Gellert era l’amante di Silente quando era più giovane. È uno di quei punti che non sono stati per niente sviluppati dall’autrice, ma che secondo me erano importanti perché hanno contribuito a rendere Silente l’uomo e il mago che noi tutti conosciamo.
5.    Draco è inimitabile e ha tanti pensieri per la testa, soprattutto per quanto riguarda la sua famiglia. Forse sarà il più obiettivo di tutti. O forse no.
6.    Dietro l’angolo c’è… c’è… mica sono scema che te lo dico!
Buona lettura, callistas.

Kasumi_89: beh, ora che ho il tuo perdono… posso continuare a fare la stronzissima!
Arriverà anche il momento di Lucius, tranquilla, ma non ti aspettare che si strappi i capelli… dopotutto è un Malfoy e i Malfoy non mostrano mai le loro emozioni.
O forse sì?
Di quale nome nuovo stai parlando? Parli di Gellert? Se è lui, era l’amante di Silente quando era ancora un giovane mago, ma è uno di quei punti che l’autrice non ha sviluppato, benché sia stato fondamentale per il personaggio di Silente che conosciamo noi oggi.
Sì, è vero. Ho questo difetto di non riuscire a mantenere l’IC dei personaggi. Anche Draco: ero partita abbastanza bene, rendendolo cinico, distaccato e tutto quello che ci va dietro, ma alla fine mi è diventato OOC.
Che palle… beh, spero comunque che il MIO Draco OOC ti piaccia ugualmente.
Un bacio e buona lettura!

Ssaphiras: i capitoli di passaggio, purtroppo, servono per dare una linea alla storia e per dare modo al lettore di farsi un’idea sui personaggi.
Silente ha deciso di prendersi sulle spalle una gatta da pelare non da poco e più avanti si capirà cosa sia.
La tua domanda del giorno trova, ahimè, una risposta negativa. ^___^
Draco ha già di per sé molti pensieri e si aggiunge adesso anche quello di Hermione. Lucius, tranquilla, non progetterà proprio nulla. Ha capito un paio di cosette, cosette che spiegherò sempre con l’avanzare della storia.
Dio solo sa la voglia che ho di dirti tutto, ma non posso! Già adesso che ti sto rispondendo alla recensione devo cancellare paragrafi interi perché mi sono accorta di aver scritto troppo. ç_ç
Prima che arrivi la parte romantica tra Draco e Hermione dovrai aspettare un po’. Sono due personaggi agli antipodi e hanno bisogno di capirsi per bene prima di “fare pazzie”. E a volte, rileggendo la storia, ho paura di non aver sviluppato bene questa parte.
Mia cara, ponimi tutte le domande che vuoi: risponderò più che volentieri a quelle che posso.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Seriadel: parti? Beh, vedila in questo modo: quando torni, avrai quattro aggiornamenti da leggere tutti insieme. Sono contenta che la storia ti piaccia e i prossimi capitoli arriveranno.
Salvo l’autrice non decida di morire da un giorno all’altro…
*fa i cornoni!*
Buona lettura e buone ferie, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
CON OCCHI DIVERSI

“Lasciatemi stare! No!”
“Ma che urli? Aaaaah… urla solo con Malfoy, lei…” – ironizzò un ragazzo.
“Basta, smettetela!”
“Guarda che adesso devi solo stare zitta, adesso. Hai poco da fare la sostenuta.” – fece un altro ragazzo, appoggiato al muro, che assisteva alla scena senza muovere un muscolo.
“Per-per favore, basta!”
“Adesso supplichi i mezzosangue, Parkinson?”
Fu solo quando vide il ragazzo infilarle una mano sotto la gonna che Hermione avvampò, quasi lo avessero fatto a lei.
“ADESSO BASTA!” – urlò Hermione, correndo dal gruppetto dei ragazzi che, impietriti, osservarono la Caposcuola Granger venire verso di loro pronta a incornarli.
Pansy sospirò di sollievo. Non avrebbe retto un attimo di più, ma sgranò gli occhi quando vide la Granger schiaffeggiare con tutta la potenza che aveva in corpo i quattro ragazzi, anche quelli che stavano fermi a guardare.
“COSA STAVATE FACENDO?”
“Ca-caposcuola Granger… noi…”
“Non voglio sentire niente! Niente! Cinquanta punti in meno a tutti voi e cento punti in meno alla vostra casata! Dovreste vergognarvi! Sei contro uno! Siete orgogliosi di voi stessi? Cristo, se Voldemort fosse qui, s’inginocchierebbe di fronte a voi!”
I sei ragazzi avvertirono un profondo disagio per quelle parole, così crude, ma forse… così vere. In fretta e furia si dileguarono e Hermione si assicurò che di loro non rimanesse nemmeno l’ombra.
Un singhiozzo la riportò alla realtà.
Si girò e vide la Parkinson abbassarsi la gonna come poteva, rossa in volto, ma con scarsi risultati, visto che quei maiali gliel’avevano strappata in più punti.
“Coraggio… ti aiuto ad alzarti.”
Pansy non se lo fece ripetere due volte e si aggrappò a Hermione che per l’improvviso peso rischiò di cadere a sua volta. Con calma la portò in infermeria.

Madama Chips era a un convegno per la ricerca su nuovi medicinali più efficaci e sarebbe rientrata solamente tra due settimane, il che significava che gli studenti non dovevano cacciarsi in guai troppo seri, perché nessuno sarebbe stato in grado di aiutarli.
Nessuna delle due parlò per l’intero tragitto. Se qualcuno fosse passato di lì in quel momento, avrebbe potuto quasi giurare che si stessero sostenendo a vicenda, come se entrambe fossero ferite. Pansy aveva smesso di singhiozzare, ma aveva lo sguardo puntato nel vuoto e tremava leggermente.
Finalmente arrivarono in infermeria. Hermione la fece accomodare su un lettino e appellò una coperta, che le mise addosso immediatamente. Le frizionò un po’ le braccia, giusto per aumentare più in fretta la temperatura.
“Sta ferma qui. Prendo qualcosa per medicarti.”
Pansy non disse nulla ma seguì da sotto la frangetta, gli spostamenti della Granger. La vide trafficare con alcune bottigliette, garze e liquidi bianchi che dall’odore dovevano essere disinfettanti. Non poteva vedersi, ma era sicura di avere un brutto taglio sullo zigomo destro e un altro sopra l’occhio sinistro. Per non parlare dello schiaffo che le avevano dato, quando aveva iniziato a ribellarsi. Si toccò istintivamente la guancia con la mano e la ritrasse, quando vide la Granger avvicinarsi con tutto il necessario, appoggiato ordinatamente su un carrellino.
Imbevve una garza con il disinfettante e glielo appoggiò sullo zigomo. Istintivamente, Pansy indietreggiò e Hermione si fermò. Appurato che non bruciava, si lasciò medicare senza fare storie. Con lo sguardo fisso sullo zigomo di lei, Hermione ripulì la ferita al meglio. Un sorriso amaro le increspò le labbra nel ricordare che aveva imparato a disinfettare le ferite grazie al viaggio per la ricerca degli Horcrux.
Pansy la guardò, chiedendosi il motivo di quell’amarezza. Ovviamente, tenne per sé questo pensiero. La vide posare la garza sporca sul tavolino e prenderne un’altra, per disinfettare il taglio sull’occhio.
“Qui brucerà un po’ di più.” – fece Hermione.
Pansy indietreggiò, socchiudendo gli occhi.
Si chiese se qualcuno avesse lasciato aperta una finestra, perché sentiva una leggera brezza che le solleticava l’occhio e il bruciore del disinfettante che lentamente svaniva. Rialzò gli occhi lentamente e si sorprese nel vedere la Granger soffiare sulla ferita affinché le facesse meno male.
“Brucia ancora?”
Pansy scosse il capo.
“Ok…”
Hermione continuò a tamponare la ferita finché questa smise di sanguinare. Dovevano averla colpita abbastanza forte se il sangue non aveva smesso un secondo di uscire.
Applicò un po’ di pomata cicatrizzante sui due tagli e li coprì con un cerotto abbastanza grande. Si allontanò per guardare il suo lavoro e, soddisfatta, prese il carrello e ripose i medicinali al loro posto. Gettò le garze sporche e rimise la pomata nella vetrinetta. Risciacquò le mani nel lavandino lì affianco, quando la porta venne aperta con irruenza.
“Pansy!”
“Pansy!”
Un gruppetto di ragazzi, Serpeverde, era entrato come una furia, gridando il nome della ragazza. La mora si era stretta nella sua coperta, cercando di nascondere la gonna strappata.
“Come stai?”
Hermione riconobbe Daphne Greengrass e si sorprese nel vedere la regina di ghiaccio mostrare così apertamente le sue emozioni. Sembrò che nessuno si fosse accorto di lei, così continuò a sciacquarsi le mani, per poi uscire.
Fu Albert a portare l’attenzione di tutti su di lei.
“Hermione! Cosa ci fai qui?”
La riccia gli sorrise debolmente, mentre si asciugava le mani con l’asciugamano.
Daphne Greengrass guardò quasi oltraggiata il compagno di casa.
“Hermione? Da quando la chiami per nome?”
Albert si morse la lingua per la gaffe commessa e cercò un modo per salvarsi. Hermione, allo stesso modo, era pietrificata.
“Daphne,” – intervenne Draco. – “non credo che questo sia il momento per discutere.”
La bionda guardò con astio Hermione e tornò a concentrarsi sull’amica. Le accarezzò i capelli, mentre una rabbia cieca la pervase.
“Immagino tu sia soddisfatta nel vedere uno di noi ridotto in questo stato.” – disse la bionda, non immaginando minimamente la reazione della riccia.
L’anta della vetrina delle pomate rimasta aperta, venne richiusa bruscamente, facendo sussultare i presenti. Si avvicinò alla bionda, sentendo montare dentro di sé una rabbia così cieca da portarla ad affrontare una persona che, in passato, aveva sempre cercato, invece, di evitare.
“Ne fossi stata veramente soddisfatta, l’avrei lasciata nelle mani di quei porci che le stavano mettendo le mani dappertutto. E non solo quelle.”
Daphne arrossì d’indignazione: per la figuraccia e per ciò che era successo all’amica.
“Pansy, è vero? Stavano per…” – la bionda non continuò la frase, troppo spaventata al solo pensiero.
Pansy aveva abbassato lo sguardo. Provava molta vergogna. Per ciò che le stava per accadere e per come aveva deriso la Granger quando era rientrata a scuola dopo ben due settimane di assenza.
L’aveva derisa e lei invece l’aveva aiutata senza pensarci due volte.
Hermione si sentì osservata, e quando capì che quel trapano altro non era che gli occhi di Draco Malfoy, si affrettò a convogliare la sua attenzione sulla porta d’uscita, notando nel frattempo che la Greengrass aveva riacquisito la sua solita freddezza. Si avviò, quasi correndo, e Albert le andò dietro. Si chiuse la porta alle spalle per evitare che gli altri li potessero sentire.
“Ehi…” – il ragazzo l’attirò a sé, costatando quanto quel contatto gli fosse mancato, nonostante fosse passato solo un giorno.
Hermione si lasciò abbracciare e chiuse gli occhi.
“Non è vero che ero contenta di…”
“Lo so, lo so…” – fece, prendendole la faccia sulla sua spalla. – “Ovvio che Daphne abbia risposto così. Ancora non sa nulla.”
Hermione si staccò e lo guardò mestamente negli occhi.
“E quando lo saprà, cosa farà? Quando saprà che sono tua sorella mi cercherà per abbracciarmi e ringraziarmi? Invece ora che per lei sono ancora la mezzosangue non merito un ringraziamento?”
Albert l’abbracciò.
“Se vuoi, lo possiamo dire a…”
“No.” – fece decisa. – “Non… non mi sento ancora pronta, scusami.” – lo lasciò e andò in biblioteca.
Albert la guardò allontanarsi, sapendo che non poteva fare niente per lei. Rientrò, per vedere come stava la sua compagna.

“Mezzosangue…”
Sentì Albert provenire da Daphne. Strinse i pugni e si avvicinò.
“Come stai, Pan?”
Ma la mora non le rispose nel modo che Daphne – e gli altri – si aspettò.
“Perché l’hai trattata in quel modo?”
Fu come parlare per la prima volta dopo anni di mutismo. La voce di Pansy era roca e tremula. Si schiarì la voce come poté, ma le fece male, perché durante l’aggressione quel McGregor le aveva afferrato la gola e gliel’aveva stretta con violenza.
“Tesoro, lasciala perdere. Come stai?”
“Perché l’hai trattata così?” – insistette Pansy, con la voce leggermente più ferma.
“Lei…” – Daphne non seppe cosa rispondere. – “… pensavo che… credevo che lei… sì, che lei si stesse divertendo…”
“Mi ha medicata lei, Daphne.”
I presenti sgranarono gli occhi e si guardarono a vicenda, poi, tornarono a concentrarsi su Pansy e la videro con lo sguardo puntato sulla porta dalla quale Hermione Granger era uscita.
“Ma… sei sicura? Sappiamo che ti hanno aggredito.” – fece Blaise, preoccupato. – “Chi è stato?”
Pansy non seppe dire perché non fece mai i nomi dei suoi aggressori, e difficile per i presenti sarebbe stato tirare a indovinare. Si erano creati troppi nemici durante quegli anni e sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio.
Ma Pansy aveva bene in mente le parole che la Granger aveva rivolto a quei ragazzi prima di portarla in infermeria e fu quasi tentata di piangere, perché sentì che quelle parole, almeno un po’, erano anche per lei. Così decise di non dire niente. Conosceva la furia vendicativa di Draco e di Blaise, per non parlare di Theo, che avrebbe provveduto ad occultare i cadaveri, e per questo non proferì verbo.
Sospirò.
Nonostante continuasse a mantenere quell’aria da purosangue intoccabile, Pansy si era resa conto che c’erano state troppe morti e che quelle erano più che sufficienti.
“Pansy, chi è stato?” – intervenne Draco, facendosi largo tra i presenti.
Ma la ragazza si chiuse di più in se stessa.
“Pansy…” – fu fermato da Albert, che capì che non era il caso di insistere in quel momento.
Draco si arrese, ma sapeva che la questione non era finita lì. Pian piano, aiutarono la ragazza a rimettersi in piedi e l’accompagnarono  in camera sua, affinché potesse riposare. La scortarono letteralmente fino al dormitorio Serpeverde e poi in camera sua.
Entrò solo Daphne, per rispetto a quello che aveva passato e l’aiutò a svestirsi. Eppure, Pansy non poté impedirsi di sentirsi sporca. Certo, era stata una ragazza molto facile, ma un conto era essere consenzienti, un altro era essere violentate in un corridoio, dove tutti potevano passare.
Ma invece era passata lei.
A quel ricordo, si strinse il pigiama addosso e si coricò in fretta sotto le coperte.
“Ciao Pan, riposati. Ci vediamo più tardi.”
La mora non rispose e si girò dall’altra parte.
Ovviamente, non dormì nemmeno mezzo secondo, ma anzi… con la mente continuò a ripercorrere ogni singolo istante di quello che stava per succederle.

“Parkinson… che ci fai in giro tutta soletta?”

Pansy ricordò perfettamente ciò che aveva provato in quel momento: pericolo. I suoi sensi si erano attivati tutti in sincrono e aveva incrociato le braccia, come per proteggersi.
E quando vide McGregor avvicinarsi oltre quel punto, capì le sue intenzioni.

“E adesso? Dove vai?”

Si era ritrovata con le spalle al muro.
Letteralmente.
Aveva spalancato i suoi enormi occhioni neri e aveva sperato che il suo sguardo parlasse per lei. Evidentemente, aveva parlato un’altra lingua, perché McGregor non aveva intenzione di rinunciare ai suoi propositi.

“Puttana! La pagherai cara!”

Puttana.
Prima che la Guerra iniziasse quell’aggettivo non le faceva né caldo né freddo. Era quasi un sinonimo, per lei. Che l’avessero chiamata Pansy o Puttana, lei avrebbe risposto ugualmente.
Però, in quel frangente, non lo accettò.
E si ribellò, scatenando le ire di McGregor e le risa di scherno di quei ragazzi che se ne stavano a guardare. L’aveva presa per la gola e le aveva dato in contemporanea uno schiaffo.
Aveva perfino sentito l’odore della rabbia del suo aggressore. Ora, a pensarci, le sembrò strano aver percepito un odore che in fin dei conti non era nemmeno tale.
Ma una sensazione.
Pansy si tirò su il piumone fino alla testa.

“ADESSO BASTA!”

Ed era intervenuta lei.
La presa sulle coperte si allentò.
In quel momento, aveva percepito la forza della Granger che si era imposta sui suoi aggressori. Aveva dimenticato per un secondo l’aggressione e aveva lasciato che sul suo viso si dipingesse un’espressione di puro sgomento nel vedere la ragazza schiaffeggiare i ragazzi con forza inaudita.
Le sembrò quasi di percepire quello schiaffo su di sé.

 “Non voglio sentire niente! Niente! Cinquanta punti in meno a tutti voi e cento punti in meno alla vostra casata! Dovreste vergognarvi! Sei contro uno! Siete orgogliosi di voi stessi? Cristo, se Voldemort fosse qui, s’inginocchierebbe di fronte a voi!”

Era stata crudele e diretta una cosa che – sembrò capire solo in quel momento – aveva sempre caratterizzato Hermione Granger.
La schiettezza.
Aveva pronunciato il suo nome con una determinazione e un coraggio che le erano sconosciuti. Aveva detto il suo nome con lo sprezzo di chi vede uno scarafaggio morto, le cui uniche sensazioni che suscitano sono il ribrezzo e il disgusto.
Avrebbe tanto voluto essere forte come lei per potersi ribellare.
Avrebbe tanto voluto essere… e basta.

Raggiunta la Sala Comune, Draco, Blaise, Theo, Daphne e Albert stavano parlando di ciò che era successo alla loro amica. Erano riuniti in un angolo della sala e parlavano sottovoce, per non farsi sentire.
Avevano perso di popolarità anche tra i primini, che ora potevano ribellarsi e non sottostare più ai loro ordini.
“Ma davvero non ti ha detto niente?” – chiese Theo, preoccupato.
“Non ha aperto bocca.” – fece Daphne, con la mano appoggiata al mento. – “Si è lasciata cambiare e si è rifugiata sotto le coperte. Era spaventatissima.”
“Quello del secondo anno che ho fermato, mi ha detto che è stata aggredita da sei ragazzi, ma non mi ha saputo dire altro.” – fece Blaise.
“O non ha voluto.” – lo corresse Draco, rimasto in silenzio per tutto il tempo. – “Ovvio che potrebbe essere stato minacciato.” – continuò il biondo.
“Pansy ha detto che a medicarla è stata la Granger. Che l’abbia quindi trovata lei?” – ipotizzò la bionda, con gli occhi sgranati.
“E’ probabile.” – fece Blaise. – “E l’ha aiutata.” – osservò il moro, pensieroso.
“E’ strano…” – fece Theo.
Nessuno notò Albert sorridere.
No, è Hermione, pensò il ragazzo.




Hermione si era rifugiata in biblioteca, ma non si era seduta al suo solito tavolo con la solita pila di libri appresso. Aveva iniziato a vagare per i suoi scaffali, sfiorandoli mentre passava.
L’odore della carta le piaceva molto. Era pungente e sapeva di antico, quell’antico che l’aveva fatta diventare la ragazza più intelligente della scuola, quell’antico che sembrava interessare solo a lei e non solo per quello che riguardava i compiti di scuola. Per arrivare ad avere sempre “E” nei suoi compiti, Hermione perdeva molte ore per studiare, anche ciò che non era espressamente richiesto. Le piaceva documentarsi, sapere e scoprire come i maghi e le loro tecniche si sono evolute nel corso dei secoli.
Prese il primo libro che le capitò tra le mani e vide che era un volume di Pozioni. Lo sfogliò e sorrise nel rileggere gli ingredienti per la Pozione Polisucco. Ne sfogliò altre tre-quattro pagine e poi lo rimise a posto.
Sospirò.
Aveva assistito a una scena orribile e ringraziò il suo sangue freddo che l’aveva fatta reagire in quel modo. Pansy Parkinson poteva essere snob, stronza, bastarda e cattiva, ma era pur sempre un essere umano e nessuno merita di essere trattato in quel modo. Non dopo quello che era successo durante la guerra.
Possibile che non avesse insegnato niente?
Per la prima volta non aveva voglia di studiare. Uscì dalla biblioteca, salutando frettolosamente Madama Pince e uscì all’aperto.
Aveva proprio bisogno di una boccata d’aria.




Harry e Ron si erano fermati per una breve pausa, tra una parata e una picchiata alla ricerca del boccino. Stavano chiacchierando del più e del meno, quando nel loro campo visivo entrò Hermione. Si guardarono per un secondo.
“Che dici?” – chiese Ron a Harry.
“Vediamo che vuole.” – rispose il ragazzo.
Hermione si avvicinò con passo cauto. Dopo quello che Ginny le aveva detto, sentì che era come avvicinarsi a due perfetti sconosciuti.
“Ciao.” – salutò lei.
“Ciao…” – risposero i due in coro.
“Come… come vanno gli allenamenti?” – chiese, cercando di partire da argomenti neutrali.
“Abbastanza bene. Ci siamo seduti un momento per riprendere fiato.” – spiegò Harry.
“Il resto della squadra è voluto rientrare un attimo per prendersi da bere.” – concluse Ron.
Hermione annuì. E adesso? Fu una brutta sensazione quella di non avere più argomenti di cui parlare.
“Volevamo scusarci per come ci siamo comportati.” – fece Harry d’un tratto, sinceramente dispiaciuto.
A Hermione sembrò di bere un bicchier d’acqua dopo mesi di astinenza.
“Da-davvero?” – chiese, incredula.
“Sì.” – fece Ron. – “E’ che non eravamo preparati a una cosa del genere.”
La ragazza avvertì subito che qualcosa stonava nella discussione.
Loro?
“Sì, beh… nemmeno io, se è per quello.” – disse, cercando di riportare la discussione su livelli più consoni alla situazione.
“Sì, ma almeno hai fatto un salto di qualità.” – fece Ron, convinto.
Hermione sentì la terra franarle sotto i piedi.
“Un… cosa?”
“Voglio dire i Preston sono ricchi e benestanti. Potrai andare a fare spesa senza preoccuparti di cosa comprare.” – Ron sembrava veramente convinto delle sue parole, tanto da lasciare Hermione senza parole.
“Hihihi…”
Quella risatina di Harry costrinse Hermione a girarsi per vedere cosa l’avesse scatenata.
E lo vide.
“Toh… Malfoy.” – fece Ron, divertito tanto quanto Harry.
“E lascialo dove sta, Harry.” – disse, rigirandosi. Voleva continuare da dove avevano interrotto.
“E perché? Per una volta che non può aprir bocca, potremmo…” – e lasciò la frase in sospeso, dando a intendere a Hermione le sue vere intenzioni.
Hermione si mise davanti a Harry e lo fronteggiò.
“Stammi a sentire, Harry. Stavamo parlando di altro. E se la tua intenzione quando sei tornato a scuola era quella di sfottere Malfoy, hai fatto male i conti.”
“Ma Hermione!” – fece lui, con occhi spalancati. – “Dato che non può rispondere, io…”
“Appunto perché non può rispondere, tu lo lascerai stare.”
“Ma…”
“Perché?” – s’intromise Ron, per nulla propenso a fare quello che gli diceva la ragazza.
Hermione si girò verso di lui.
“Dio, sei impossibile, lo sai? Abbiamo combattuto anche per salvare lui. Se lo hai fatto per poi restituirgli la pariglia, potevi risparmiartelo!” – fece lei, alzando il tono di voce.
“Come se ti dispiacesse vederlo in difficoltà!” – obiettò Ron, indignato. – “Con tutte quelle che ha fatto passare a noi, se anche se ne prende indietro una non muore mica!”
Hermione si girò, scocciata. Parlare con quei due certe volte risultava impossibile.
I due si guardarono perplessi, mentre guardavano Hermione allontanarsi.
“Ma che ha?” – chiese Ron.
“Ma che ne so? Avrà le sue cose!” – fece Harry. – “Torniamo al campo?”
“Sì!”
Harry sorrise. Ah, il Quidditch.
E mentre Ron e Harry continuavano a parlare di strategie, tattiche e piani, Hermione continuava a camminare imperterrita verso il castello con gli occhi spalancati, cercando di non pensare a Harry, Ron e alla loro – purtroppo a volte – stupidità.
Possibile che la guerra non avesse insegnato niente? Non che lei fosse pronta per perdonare Malfoy e tutto quello che le aveva fatto passare, ma di certo se poteva evitare uno scontro, lo schivava di buon grado. Harry invece era il suo opposto: sapendo che Malfoy aveva perso la guerra, suo padre era stato rinchiuso e sua madre costretta a una vita di stenti, ne avrebbe approfittato, gioendo delle disgrazie altrui.
Possibile che non ricordasse quanto stava male quando era Malfoy a sfotterlo perché non aveva una famiglia?, pensò la riccia, frustrata.
Rientrò al castello. Doveva assolutamente parlare con Ginny.




“Zabini?”
Il moro si girò, sentendosi chiamare. Era sorpreso, perché pensava di essere da solo in quel corridoio, ma quando vide che a chiamarlo era stata lei, un sorriso gentile gli increspò le labbra.
Ginny pensò che non si sarebbe mai abituata a quei cambiamenti d’umore e di comportamento da parte del Serpeverde.
“Weasley. Non riuscivi proprio a starmi lontano, eh?” – scherzò lui.
Ginny si sorprese.
“Come hai fatto a capirlo?”
La faccia talmente convincente di lei, lo portò a spalancare gli occhi e la bocca. Riuscita nel suo intento, la rossa ghignò.
“Un’anima Serpeverde, a quanto vedo.” – ghignò Blaise.
Stavolta fu Ginny a spalancare la bocca, indignata.
“Ehi, non offendere!” – protestò lei.
Blaise scosse la testa.
“Perché mi cercavi?”
“Ah, sì.” – fece lei, prendendo qualcosa dalla tasca. – “Tieni.” – gli mise in mano la cifra delle sue cioccolate del giorno prima.
Blaise li guardò, come fossero stati infetti.
“E cosa dovrei farne?”
“Beh, ieri in pratica hai pagato tu e mi hai anche salvata, se si può dire così.” – fece lei, alzando gli occhi al cielo, come per riflettere su quella verità. – “Non mi sembrava giusto e così te…” – Ginny se li vide rimettere in mano.
“Non m’interessano i tuoi soldi, Weasley.”
Una sensazione di disagio le prese la bocca dello stomaco. Gliel’aveva detto fissandola intensamente negli occhi, tanto che fu costretta a guardare altrove.
“Sì, so che sei ricco sfondato e che pochi miseri zellini non ti faranno la differenza, ma…”
“Prendi fiato, rossa. Non è per questo.”
Ginny sbatté un piede a terra.
“E cosa, allora? Ma siete capaci voi serpi di parlare, invece che andare per metafore?”
Blaise sorrise divertito, di fronte a quella scenetta.
“E dove starebbe il bello?”
“Senti, io voglio che li accetti!” – e glieli risbatté in mano. – “Mi hai aiutata con le cioccolate e poi con quel tizio. È il minimo.” – era rossa come un peperone. Mai le era capitata di pregare un purosangue Serpeverde di accettare dei soldi.
“Ti farebbe stare meglio?”
“Sì!” – rispose lei subito.
“In tal caso, li accetto.”
Ginny sospirò.
“Sei… sei il Serpeverde più atipico che abbia mai conosciuto.” – fece Ginny, chinando di lato il capo.
Blaise la imitò.
“Perché? Hai mai conosciuto un Serpeverde?”
“Certo! Vi ho sotto il naso da sette anni!”
Blaise rise.
“No, tu ci vedi da sette anni. Ma ci conosci?”
Ginny si morse il labbro inferiore, presa alla sprovvista da quella domanda.
“D’accordo.” – fece lei. – “Possiamo finirla, per favore? Cos’è che vuoi da me?”
“Sei una ragazza che sa osservare. Credo che me lo dirai tu. Ti saluto.” – disse, allontanandosi da lei, facendole “ciao ciao” con la mano.
Ginny lo guardò svoltare l’angolo e poi si girò pure lei. Ma che diavolo aveva in mente quello, si poteva sapere?




Hermione aveva girato in tondo come una trottola, ma di Ginny nessuna traccia.
Incontrò però Albert, che appena la vide accelerò il passo per abbracciarla. Hermione trovò riparo tra le sue braccia.
“Ciao…” – fece lei, provata.
“Ciao. Che hai? Hai una faccia…” – fece Albert, prendendole il viso tra le mani.
“Non so più cosa pensare, Albert.”
Il ragazzo si guardò intorno, alla ricerca di un’aula in disuso da poter usare come confessionale. La trovarono pochi passi più avanti.
Una volta dentro, si chiuse la porta alle spalle.
“Coraggio, cos’è successo?”
Hermione si sedette su una sedia e l’attimo successivo arrivò anche il fratello.
“Harry e Ron.” – disse solamente.
Albert serrò i pugni.
“Prega di non dirmi che ti hanno offesa in qualche modo perché io…”
“E’ questo il punto.”
Albert la guardò confuso.
“Io… non li capisco più!” – si era alzata di scatto dalla sedia e aveva iniziato a fare avanti e indietro per la stanza. – “Da dopo che gli ho detto quella cosa sono cambiati! Loro sono rimasti scioccati! Loro non se l’aspettavano! Loro, loro, loro!
“Hermione, calmati.”
“Ma come faccio? Quelli che pensavo fossero i miei migliori amici mi stanno lentamente voltando le spalle! Mi è rimasta solo Ginny!”
“E io?” – chiese, mortificato.
Hermione parlò senza riflettere.
“Ma che c’entri tu? Sei mio fratello!”
Albert si raddrizzò sulla sedia e Hermione si bloccò sul posto. Il ragazzo, in principio, tirò le labbra fino a formare un sorriso, poi questo sorriso divenne smagliante e alla fine si trasformò in una bella risata cristallina.
“Albert, smettila…” – fece Hermione, imbarazzata.
Il ragazzo le andò incontro e l’abbracciò.
“E tu sei mia sorella.” – il suo sorriso si spense lentamente, fino a tornare serio in volto. – “Per quei due… non credi sia il caso di staccarti da loro per un po’?”
Se gliel’avessero proposto qualche tempo addietro, Hermione avrebbe staccato una vagonata d’improperi, ma in quel momento sembrò quasi ponderare l’idea.
“Vedi come reagiscono. Se ti sono amici, ti cercheranno, altrimenti, mi spiace dirlo, avrai buttato all’aria anni di sacrifici per niente.”
Hermione arricciò le labbra.
Chissà perché, ma aveva la fastidiosa sensazione che Albert avesse azzeccato la seconda ipotesi.

Da dietro la porta, una figura vestita di nero si allontanò leggermente dalla porta.
Si allontanò a grandi falcate per cercare di capire come comportarsi.

I due fratelli uscirono dall’aula, ignari di essere stati visti e si lasciarono l’attimo successivo.
“Ciao.” – fece Albert.
“Ciao, Albert.”
Hermione s’incamminò dalla parte opposta del ragazzo, pensando nel frattempo a quello che aveva detto.
Mio fratello.
Lo aveva detto. Ad alta voce.
Quando se n’era resa conto, le aveva fatto uno strano effetto ma piacevole. Sorrise, scuotendo il capo e nel svoltare l’angolo, si scontrò con una persona.
“Scusi tanto, non l’avevo…”
“Dobbiamo parlare!”
Ginny e Hermione l’avevano detto praticamente insieme e poi erano scoppiate a ridere. Si presero a braccetto e si diressero nella camera della riccia.




Albert sembrava camminare 3MSC.
Nulla poteva rovinare quella giornata se non per il fatto di Potter e Weasley. Negli anni aveva imparato a conoscerli, attraverso l’osservazione. Erano sempre attaccati a Hermione, la difendevano, la spalleggiavano e rispondevano per lei quando Draco, passando, li sfotteva.
Cos’era quel cambiamento radicale? A cos’era dovuto? Possibile che fosse stata solo un’amicizia di facciata? Un po’ gli dispiaceva, perché da come sua sorella ne parlava, si vedeva che ne stava soffrendo molto, dall’altra, però, quella più egoista di lui, gli diceva che era meglio, che in quel modo aveva due persone in meno con cui spartire la ragazza.
Andò alla ricerca di Draco e gli altri, trovandoli in biblioteca.
“Ciao ragazzi.”
Madama Pince gli lanciò un’occhiataccia di fuoco. Il ragazzo si scusò con un cenno della testa e la donna annuì per poi tornare alla catalogazione dei nuovi testi arrivati.
“Ciao Al.” – fece Theo, sottovoce. – “Dove sei stato?”
“Ho trovato Hermione.” – fece il ragazzo, sedendosi.
Draco alzò leggermente gli occhi, per poi riabbassarli. Stava facendo Trasfigurazione e sembrava non venirne a capo. Gli altri, invece, smisero di scrivere e lo guardarono, incuriositi.
“E’ successo qualcosa?” – chiese Blaise. – “Hai una faccia…”
Anche Draco dovette smettere di scrivere e guardare attentamente il ragazzo. Sembrava sprizzare felicità da tutti i pori. Albert sorrise e si stese letteralmente contro lo schienale della sedia. Incrociò le braccia dietro la testa e accavallò le gambe. Gli altri si guardarono decisamente perplessi.
“Nulla di particolare.” – fece Albert, anche se la sua faccia diceva l’esatto contrario. – “Sono stato un po’ con mia sorella.”
Faceva ancora uno strano effetto, ai ragazzi, sentire Albert rivolgersi in quel modo alla ragazza. Intuendo che non c’erano novità, i ragazzi si rimisero sotto con lo studio.
“Che state facendo?” – chiese il ragazzo, sporgendosi verso di loro.
“Erbologia.” – disse Theo.
“Astronomia.” – rispose Blaise.
“Trasfigurazione.” – fece Draco con una voce da oltretomba.
“Ok. Vi lascio studiare, allora.” – fece il ragazzo, alzandosi in piedi.
“Ehi! Non hai niente da fare, tu?” – si lamentò Theo.
“Ho già fatto tutto.”
Meno male che non lesse i pensieri dei suoi amici, altrimenti solo quelli sarebbero bastati a mandarlo all’altro mondo. Salutò Madama Pince e uscì dalla biblioteca.









Hermione chiuse la porta dietro di sé con innaturale calma.
“Prima tu.” – dissero le due in coro.
“No, prima tu.” – dissero, sempre insieme.
Risero nervosamente, perché nessuna voleva iniziare, ma allo stesso tempo volevano essere la prima per potersi liberare di quel peso che si portavano dietro.
“Ok, inizio io.” – fece Hermione.
Ginny si accomodò sul letto e aspettò che l’amica iniziasse.
“Oggi sono uscita in giardino e… ho incontrato Harry e Ron.”
La rossa si fece seria.
“Che è successo?”
“Credo di aver capito quello che cercavi di dirmi ieri. Sì, sono cambiati. Continuavano a parlare di loro stessi, come se fossero stati loro ad aver subito il torto peggiore.”
“Mi dispiace… speravo di essermi sbagliata.” – fece Ginny, mestamente.
“La cosa che mi ha fatto più male è quando hanno visto Malfoy.”
Ginny corrucciò le sopracciglia.
“Che c’entra lui, adesso?”
Hermione scosse le spalle.
“Niente, ma… era uscito un momento in giardino, forse per prendere una boccata d’aria, non so…” – fece lei distrattamente, non volendo perdere nemmeno un attimo per pensare al perché Malfoy fosse in giardino. – “… e hanno iniziato a ridere.”
“Non ti seguo…”
“Volevano iniziare a restituirgli tutti i dispetti che aveva fatto a noi.”
Ginny fece una faccia come per dire “beh, nemmeno a me sarebbe dispiaciuto”, ma cambiò subito espressione, vedendo quella dell’amica.
“Ancora non capisco. Sarebbe stato così riprovevole?”
Hermione guardò Ginny dritto negli occhi.
“Se veramente era quella la loro intenzione… perché combattere contro Voldemort?”
Quel nome incuteva in Ginny ancora una certa strizza.
“Non stai esagerando?”
“No… sì… forse… ah, non lo so.” – fece Hermione, sedendosi di colpo accanto all’amica. – “Quello che io so è che Malfoy è cambiato dall’anno scorso. Non ci viene più a cercare, non ci sfotte più, se ci incontra, abbassa lo sguardo.”
“E vorrei ben vedere!” – fece Ginny. – “Avrebbe un bel coraggio a continuare a sfotterci dopo quello che è successo.”
Hermione scosse la testa.
“Non è solo per quello. Quando Malfoy prendeva in giro Harry perché non aveva la famiglia, Harry stava molto male! Sa perfettamente che ci sono argomenti che non si possono tirar fuori così!” – fece Hermione, schioccando le dita. – “senza pagarne le conseguenze.” – “Nessuno dovrebbe tirare in mezzo i genitori.” – fece la riccia, abbassando il tono di voce.
Ginny capì il suo punto di vista e annuì.
“Certo, Lucius Malfoy ora è fuori di prigione, ma a che prezzo? E sua madre? Narcissa Malfoy ha rischiato molto per Harry, mentendo al Signore Oscuro. Si è comportata esattamente come Lily, ma senza morire. Dunque, se sai come ci si sente in questo caso, perché rivalerti su una persona che ormai ha una famiglia a pezzi?”
“Dovrei fare un corso accelerato di psicologia.” – mormorò la rossa, facendo sorridere Hermione.
“Ma no, dai…”
“Sì, invece!” – fece Ginny, alzandosi frustrata dal letto. – “Anche Blaise lo dice! Cioè… non lo ha propriamente detto detto, ma me lo ha fatto capire! No, aspetta! Sto facendo un casino di Morgana!” – fece Ginny, cercando di rimettere in ordine le idee. – “Mi ha detto che sono una capace di osservare, ma non è vero! Quelle cose che hai detto tu di Harry sono giuste! Cioè… solo perché la madre di Malfoy non è morta, non significa che il suo sacrificio valga di meno! E poi… no scusa, a che prezzo Lucius Malfoy è uscito di prigione?” – fece la rossa, confusa.
Hermione la guardava con gli occhi fuori dalle orbite.
“Sì, ok, no… non m’interessa.” – fece Ginny, gesticolando con le mani, quasi volesse scacciare una mosca fastidiosa. – “Ma aspetta, che mi stai facendo confondere.” – disse, rivolta a Hermione, che s’indicò sconcertata. – “Dicevo… anche lui dice che so osservare, ma non è vero! Tanto per dirtene una… ieri a Hogsmeade, dopo che avevo litigato con Harry e mio fratello, me lo ritrovo appresso. E mi chiede perché ho litigato con loro. Così io gli dico “Ehi, ma mi spiavi?” O era mi stavi seguendo?” – si chiese la rossa, come se le parole esatte fossero la chiave di tutto. – “Beh, in ogni caso era lì e ci siamo messi a chiacchierare. Poi mi ha fatto dei discorsi strani, così io sono scappata. No dico!, IO! Mi ci vedi a scappare di fronte a un ragazzo? Nemmeno di fronte a papà e mamma scappo e con lui me la sono data a gambe levate! Entro poi in un pub che hanno appena aperto e mi metto a scrivere sul mio diario. Lui si siede davanti a me, ma io ero troppo presa a scrivere che non mi sono accorta di lui, e mi saluta. Così, come se gli anni passati a sfottermi non fossero mai esistiti! Allora, dopo un paio di chiacchiere, faccio per andarmene, ma mi ero accorta di aver dimenticato il portafoglio in camera. Se ti ricordi, avevo dormito da te e non ero passata dalla mia stanza, comunque!, spiego la situazione al gestore e mi offro per lavargli i piatti per ripagare la cifra, ma da come glielo avevo detto sembrava più una proposta indecente, ma non me ne sono mica accorta, eh!” – fece Ginny, sventolando le mani davanti a lei, come per giustificarsi. – “Allora quel tizio sta per accettare ma arriva lui, mi paga il conto e mi porta via. Quando siamo usciti, mi ha fatto capire che la mia più che una proposta di lavoro sembrava più un’offerta porno. Faccio per ringraziarlo, ma non ne vuole sapere. Veniamo a oggi.”
Hermione non le stava più dietro. Avesse dovuto prendere appunti, avrebbe dovuto usare un registratore.
“Prima di incontrarti, sono andata in cerca di Zabini per restituirgli i soldi, ma non li ha voluti e mi ha detto delle cose strane, ma io non le ho capite. Poi alla fine mi ha detto che se mi faceva contenta se prendeva i miei soldi, allora se li prendeva. Alla luce di tutto ciò…” – disse, disegnando un cerchio davanti alla faccia con gli indici delle mani. – “… mi dici che cosa vuole quello da me?” – Ginny concluse il suo monologo tutta ansante. Aveva respirato sì e no due volte in tutto l’arco del racconto e ora aspettava un commento di Hermione.
La riccia dal canto suo era sconvolta. Come poteva un essere umano parlare a raffica come aveva appena fatto lei? Ma di tutto il discorso, Hermione capì solo una cosa.
“B-Blaise?” – chiese, quasi sottovoce.
Ginny sollevò un sopracciglio.
“Sì, Zabini. Ma hai sentito quello che ho detto?”
Hermione si alzò con le gambe traballanti.
“No, tu…”
“Come no?” – fece Ginny, con gli occhi lucidi dalla frustrazione. Aveva parlato per niente?
“No, cioè sì!” – fece Hermione, scuotendo la testa.
“Hermione, o sì o no! Deciditi!”
“Sì, ma… Blaise? Da quando lo chiami per nome?”
“Chi è che l’ha chiamato per nome? Io l’ho sempre chiamato Zabini. Hermione, sul serio… ma hai sentito quello che ho detto? Guarda che non mi arrabbio, eh? Te lo ridico, se ti è sfuggito qualche particolare.”
Qualche particolare?, pensò sgomenta la riccia. Non ho ascoltato un h!
“No, aspetta. Reset. Quando hai iniziato questa… brodaglia di parole, tu hai chiamato Zabini per nome.”
Ginny si bloccò.
“Davvero?”
Hermione annuì. Ginny divenne bordeaux nel giro di un secondo.
“Oh…” – fece, portandosi un indice alla bocca. – “Sicura?”
“Eh, sì…” – fece Hermione, perplessa.
Seguì un attimo di silenzio.
“Scusa, devo andare. Ho un compito da finire e…”
“Oh, non ti pensare di uscire così facilmente da questa stanza senza aver prima parlato come si deve con me, eh?” – fece Hermione.
“Hermione! Devo fare i compiti!” – replicò Ginny, sperando di cavarsela con la scusa dello studio.
“Piuttosto te li faccio io. Adesso ti siedi, ti ricordi di respirare ogni tanto e mi racconti tutto dall’inizio.”
La rossa capì che Hermione era più che determinata e si rassegnò a dover raccontare tutto dall’inizio.
Di nuovo.
“Ti ho detto che a Hogsmeade ho litigato con Harry e Ron, no?…”









Note di me:
Ecco svelato il mistero del “chi c’era dietro l’angolo.”
Ribadisco il concetto che anche se una persona, in questo caso una ragazza, si è sempre comportata male, augurarle uno stupro di massa è l’ultima cosa della mia lista.
Ma è curioso notare come Pansy, la prima cosa a cui ha pensato, sia stato l’atteggiamento assunto quando Hermione è tornata a scuola: lei la deride, ma Hermione la aiuta.
Una cosa su cui Pansy avrà molto da pensare.

Draco.
Ecco il secondo antipasto.
Tratto dal capitolo:

Hermione si sentì osservata, e quando capì che quel trapano altro non era che gli occhi di Draco Malfoy, si affrettò a convogliare la sua attenzione sulla porta d’uscita, notando nel frattempo che la Greengrass aveva riacquisito la sua solita freddezza.

Draco sa che Hermione è una Preston, la Greengrass no e l’ha “aiutata”, nel cercare di deviare l’attenzione di Daphne dal fatto che Albert l’avesse, soprapensiero, chiamata per nome.
Le cose stanno iniziando ad evolversi.
Con una lentezza da orso in letargo, ma ci arriviamo, dai. Abbiate fede.

Chi è la misteriosa figura che ha origliato tutto?
Lavanda Brown?…
^___^

Blaise e Ginny. Non so voi, ma io questa coppia la adoro.
Hanno sempre degli incontri molto divertenti e, nonostante li abbia scritti io, i loro scambi di battute mi fanno sempre ridere.
Per parlare di Ginny…
Piaciuto il monologo? E Hermione che, addirittura, se avesse dovuto prendere appunti le sarebbe servito il registratore?
Alla fine, ha ricominciato tutto lo sproloquio daccapo, parlando con calma, affinché anche Hermione potesse capirci qualcosa.
Chissà che succederà nel prossimo capitolo.
Massì dai, stronzaggine a parte, eccovi lo spoiler!

Ginny non provò fastidio nell’avere la sua presenza lì accanto, anzi. Era uscita per stare sola, ma poi quella necessità era svanita e l’aveva portata a desiderare che qualcuno fosse lì con lei.
Ed era arrivato Blaise.

Baci, callistas.
^___^

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Capitolo 11
*** Non me lo sarei mai aspettato! ***


11 - Non me lo sarei mai aspettato! Buon pomeriggio a tutte.
Aggiorno prima, sperando di fare cosa gradita.
Sono contenta che la storia continui a piacere. La prima cosa che vorrei dirvi è che verso la fine del capitolo, per le fanz di Draco, il nostro comune biondo entrerà in scena, quindi preparate le lenzuola per asciugare la bava.
Hihihi…
Ovviamente, ho tranciato il capitolo sul più bello, mentre con il prossimo servirà un vero e proprio set di lenzuola completo.
Nel precedente capitolo abbiamo finalmente rivisto un po’ del caratterino di Hermione. Ci tengo a far notare alle gentili signorine che mi hanno scritto di come Hermione sia diventata una pecorella smarrita è un lato del suo carattere che ritroveremo più avanti. Ricordo della situazione che Hermione sta attraversando: passare da una realtà ad un’altra non è facile. Serve tempo per metabolizzare la botta, ma non temete: quando Hermione ce – e se – ce la farà, sarà una Hermione diversa.
Scusate, ma non posso dire più nulla se non… PASSIAMO ALLE RECENSIONI!

_araia: l’ultima a recensire, ma la prima a cui rispondo!
No, non devi scaldarti, dai… è estate e fa già caldo di per sé. Purtroppo Hogwarts è immensa e tenere a bada mille e più ragazzi con gli ormoni tutti concentrati nelle zone basse sarebbe un problema anche per Silente.
Per quanto riguarda la spiegazione sul loro comportamento è “ovvia” tra virgolette. Pansy è sempre stata una facile. Ha fatto la sostenuta fino a due secondi fa e ora che Voldemort è morto e i Mangiamorte tutti in prigione non ha più motivi per fare la padrona, non è più inarrivabile e quindi le persone se ne approfittano.
Ginny è un po’ pampana, nel senso che capisce al volo i sentimenti degli altri, ancor prima che questi aprano la bocca, ma quando si tratta di se stessa si perde in un bicchiere d’acqua.
No, spiacente: solo uno spoiler molto succcccoso.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Piccola pucci: ciao cara. Ci sono state un po’ di evoluzioni, non come quelle che magari ti saresti aspettata, ma qualcosetta c’è. Alla fine c’è il secondo antipasto di Draco e se ti sei sciolta quando lo hai visto distogliere l’attenzione di Daphne da Hermione e Albert, non so proprio cosa farai stavolta.
Baci e buona lettura.
Callistas.

Vally80: mi è venuto istintivo mettere questa scena perché ho pensato a una cosa molto semplice: prima della caduta di V., le famiglie dei purosangue erano praticamente intoccabili, una volta che V. è tornato al creatore, ecco che le cose si sono subito modificate. Non c’erano più gli atteggiamenti da sbruffoni e chi ha sempre dovuto subire ha potuto finalmente rivalersi sui “bulli”. In questo caso, visto che si dice che Pansy era una puttana, hanno voluto approfittare di lei, visto che non può più fare “la sostenuta”, come descritto nel capitolo.
Ma c’è qualcuno – senza fare nomi, Hermione ^^ – che non accetta questo atteggiamento. Restituire la pariglia a chi ha fatto un tempo del male, non avrebbe mai contribuito a far scomparire del tutto gli ideali di Voldemort, così è intervenuta, ritrovando un po’ delle palle che aveva perso per strada.
L’ha curata, com’era giusto che fosse. Per quanto stronza lei fosse stata, lasciarla in balia di quegli animali l’avrebbe messa sul loro stesso piano, e non dimentichiamoci che lei è una Grifondoro, caratteristica che le impedisce di lasciare le persone nei pasticci. Per quanto riguarda gli atteggiamenti di Daphne & Co., la cosa è comprensibile: ancora non sanno la verità su di lei e quindi hanno reagito come al solito.
Harry e Ron, lo so: fanno schifo e ho detto tutto. Ma arriverà una spiegazione per tutto.
Un altro assaggino di Draco arriverà a fine capitolo, ma dal prossimo… fuochi artificiali!!!
Grazie mille per i tuoi complimenti: fanno schifosamente piacere ^_^
Un bacio e buona lettura.

Tinotina: oddio… adesso mi verrà il crampo alle mani.
Beh, se tu sei sadica e io stronza, vuol dire che… O.o… SIAMO UNA COPPIA PERFETTA!!!
No, scusa… come sarebbe a dire che parti?!?! Mi lasci? Come ti permetti?! >__< No scherzo, vai e divertiti e torna più in formissima che mai!
D’accordo, facciamo come vuoi tu: partiamo dalle cose meno importanti: Harry e Ron.
Purtroppo temo di sì, è una cosa genetica *sospira sconsolata* Vederli soffrire, dici? Mhm… forse. No, dai… diciamo di sì.
Svoltiamo l’angolo: sono contenta che la situazione di Pansy ti sia piaciuta – dal punto di vista narrativo, ovviamente – ho cercato di immaginare (perché posso fare solo questo) al meglio come avrebbe potuto reagire una persona di fronte ad un tentato stupro e l’ho vista così. Il fatto che non parli è da attribuire al fatto che è ancora shoccata e comunque che non si sarebbe mai aspettata di essere salvata niente popò di meno da Hermione Granger.
Hermione ha finalmente ritrovato un po’ di palle, ma non temere: le perderà un po’ più spesso.
Chissà come mai, Draco e Albert sono gli unici che si salvano ^___________^ dopotutto, sono i protagonisti principali…
Lo so, comprendo benissimo il tuo MA, però la tentazione di mettere la citazione è stata troppa da poterla ignorare. Io per prima non amo Moccia e 3MSC, l’ho messa solo per far ridere e niente di più. Ci tenevo a tranquillizzarti.
Ginny e Blaise sono i personaggi che amo di più, dopo Draco e Hermione, ovviamente, perché sono divertenti e casinari. Mi fanno ridere! ^^
Infine, la persona che ha origliato la conversazione di Albert e Hermione verrà smascherata più avanti e vedremo se ci hai preso.
Effettivamente, non sei poi tanto normale se alle una di notte invece di dormire mi scrivi tutta ‘sta cosa. Io sarei in coma!
Comunque grazie, mia sadica fan!
Un bacio e buona lettura.

Alejandro 5555: Hagrid addirittura? ^_^ Beh, se ti interessa dovrai leggere la storia per capire chi è il misterioso personaggio.
Davvero odi Ron e Harry? Che strano…
^_^
Buona lettura, callistas.

Kiby: forse è ancora presto per parlare di appianare le divergenze tra quelle due case. Hermione non ha fatto altro che seguire la propria coscienza, che le impediva di lasciare una ragazza in difficoltà. E hai proprio ragione, lei è Hermione Granger, settimo anno, Grifondoro. ^^
Blaise è il mio personaggio preferito. Lo adoro. È comico e serio quando serve e anche Ginny la troveremo in questa situazione, ma con non pochi problemi.
Per quanto riguarda Harry e Ron, sprecare parole per loro sta diventando pesante.
Ma per gli aggiornamentiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii importantiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii dovrai aspettare e penareeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!! Come sarebbe a dire che la suspence non va bene? Stai discutendo i miei metodi di stronzaggine? >_<
Eccoti il capitolo stellonza, e buona lettura.

Hermione59: vecchia, la solita esagerata. Serve tempo per le cose, non puoi avere tutto subito! Le cose devono maturare da sole, anche se ogni tanto una pedata nel culo gliela darò io per smuoverle fuori.
Pansy ha subito due forti traumi: il primo, quello dell’aggressione, il secondo è vedersi aiutata da Hermione. Con calma, la ragazza capirà qualcosa di più su Hermione e lo leggerai in questo capitolo.
Gianni e Pinotto (ho riso per mezz’ora come una disperata) sono un caso clinico disperato e perso. Chiedersi se ci sia un cervello nella loro testa o una nocciolina rinsecchita è diventato uno dei misteri dell’universo da svelare.
Vedo che la coppia Ginny/Blaise sta stuzzicando molte fantasie. Ne vedremo delle belle anche per loro.
No, Draco non è un personaggio di secondo piano, solo che ho preferito prima sviluppare altri aspetti e altri personaggi più legati a Hermione, ma non temere. Il secondo assaggio di Draco l’avrai a fine capitolo, mentre la prima portata arriverà al prossimo. Come dicevo prima, ho dovuto e voluto sviluppare altri personaggi prima di Draco, ma anche lui avrà un ruolo molto importante, soprattutto dal punto di vista mentale, visto che ha altri problemi per la testa, in più si aggiunge quello di Hermione. Avrà molte cose a cui pensare e spero che la visione che ho di lui ti piaccia.
Adesso bisogna solo vedere come si mettono le cose nel quadro generale della vita di Hermione.
Speriamo in Merlino… ^^
Buona lettura!

Ssaphiras: la situazione di Pansy aprirà nuovi orizzonti, specie per Pansy che ritroveremo molto più riflessiva, sperando di non cadere nel pesante o altro di poco carino. Per quanto riguarda l’origliatore misterioso lo scopriremo tra poco con tutto quello che ci va dietro.
Ginny e Blaise avranno le loro per capire cosa sta succedendo tra di loro.
Voglio rispondere per bene alla tua critica su Hermione e dirti fin da subito che sono d’accordo con te, ma è una cosa voluta. Vero è che è sempre stata una dura, che se non ci fosse stata lei, Harry sarebbe morto già dal Troll del primo anno, ma c’è anche da tenere conto di ciò che sta passando. Per quanto forte possa essere una persona, capita il momento in cui si ha solo voglia di mandare tutto a puttane e pensare a se stessi per una volta. Hermione ha bisogno di tempo per ritrovare le energie per affrontare la sua situazione, Harry e Ron e, più avanti, anche Draco. Serve il tempo necessario, ma ti posso garantire che il momento arriverà.
Anche a me Hermione piace che sia combattiva e infatti lo capirà da sola.
Un bacio e grazie per le tue attente osservazioni.
Callistas.

Laura malfoy: tu mi vuoi morta. Dillo, almeno mi metto il cuore in pace ç__ç
E meno male che mancava poco all’inizio di Dexter, chissà che avresti fatto se fossero mancate due ore!
Come prima cosa, ti volevo ringraziare per la tua supermegalungaeccezionalestratosfericamenteeassurdamentefantastica recensione ^^
Una cosa volevo sapere: perché pensavi che l’avrebbe rifiutata? Io mi sarei aggrappata come una cozza, perché lo spavento che ho preso avrebbe superato di gran lunga il fatto di dovermi aggrappare ad una mezzosangue.
Il gesto di Hermione è stato, come hai detto tu, materno, e forse questo gesto potrebbe aiutare ad appianare qualche divergenza tra Serpi e Grifoni. Daphne ancora non sa della relazione che intercorre tra Albert e Hermione e quindi continua a mantenere il solito atteggiamento spocchioso.

Pansy ha pagato lo scotto per tutte. È vero, in quella scuola non c’era solo lei a trattare come merdacce le persone che non erano come lei, ma è quella che si è data più da fare di tutte e se non fosse stato per Hermione sarebbe stata una tragedia.
È vero che non si dovrebbe lasciare da sola una persona, ma la realtà delle cose è un’altra. Magari l’ha lasciata da sola quella volta, ma la prossima le sarà vicina. Non si può mai sapere cosa ci riserverà il futuro.

Ginny e Blaise avranno un po’ di cose da chiarire. Effettivamente, supplicare un Serpeverde di accettare dei soldi deve essere stato veramente strano per lei, ma alla fine qualcosa sotto c’è. E se ci aggiungiamo un lato introspettivo come quello di Blaise dimostrato alla fine della loro chiacchierata, può solo venire fuori un bel fuoco d’artificio.

Hermione ora deve capire cosa fare della sua vita e non sarà una decisione facile, soprattutto con Albert che invece di raccomandarle di cercare di capire ciò che sta succedendo, la incita a mandarli a quel paese.
Visto che mi hanno accusata di aver taroccato un Serpeverde (^^) ho cercato di far capire che proprio dolce e carino Albert non è (in senso buono, ovviamente).

Personaggio misterioso: indovina… ^^

NO! NELLA MANIERA PIU’ CATEGORICA!
Non sono una fan di Moccia. L’ho solo messo per strappare qualche risata, ma ho ottenuto l’effetto contrario perché sono stata lapidata viva. ^^

Dai? Lavanda è morta? O.o
Ti dirò… dovevo andare a vedere la prima parte di HP7 con un’amica, ma continuava a rimandare perché abita distante e continuava a raccomandarsi che non ci andassi da sola perché voleva che ci andassimo insieme.
Morale della favola?: mi sono persa la prima parte e adesso sono in crisi mistica se andare a vedere la seconda parte senza aver visto la prima. Mi sa che me lo scarico da internet che faccio prima…

Ti auguro una buona partenza e, se ci riesci, una buona lettura.
Bacioni, callistas.

Stefy494: quando si dice la bravura, si dice callistas.
E dopo la stronzata del giorno, passiamo oltre ^^
Sono contenta che la scena ti abbia sorpreso e che finalmente qualcosina si stia muovendo. A piano, certo, ma intanto si inizia a smuovere qualcosa.
Per quanto riguarda il personaggio misterioso, credo che a breve lo verrai a sapere.
Ginny sì, di solito è sveglia, ma ho voluto complicare un pochino le cose.
Il secondo assaggio di Draco è a fine capitolo, mentre il primo piatto arriverà al prossimo capitolo.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Kasumi_89: quando dici stronza, dici callistas!
HAHAHAHA!
Il fatto che tu voglia uccidere Ron e Harry credo sia un fattore comune. Si stanno proprio impegnando per fare i cretini.
Serpeverde tarocco? Questa me la scrivo.
Spero che questo capitolo ti piaccia come i precedenti, visto che le cose iniziano a smuoversi ancora di più.

Valli: chissà se hai azzeccato il personaggio misterioso. Cento punti se è vero!
Sono contenta che la storia Blaise/Ginny stia prendendo recensioni positive.
Un bacio e buona lettura con questo nuovo aggiornamento.

HJ: mi spiace che tu sia a corto di amiche, spero di non aver urtato la tua sensibilità con quella frase. L
Questo capitolo è un po’ di passaggio, mentre questo che ti appresterai a leggere sarà forse un po’ più succoso, non troppo però altrimenti vi abituate troppo bene. u.u
Tra poco Draco avrà il suo spazio, non temere.
Un bacio e buona lettura.









VERITA’ NASCOSTE
NON ME LO SAREI MAI ASPETTATO!

Pansy Parkinson si svegliò verso le undici e trenta. Sentì la ferita sulla fronte pulsare, segno che doveva averci dormito sopra per benino. Purtroppo, quella era la sua posizione preferita e nel sonno si era ritrovata ad assumerla. Non aveva fame, perché il suo stomaco era chiuso in una morsa d’acciaio. Si mise supina e guardò in direzione della finestra che riproduceva un cielo fittizio.
Un leggero bussare la costrinse a sollevare leggermente la testa.
“E’ permesso?” – chiese Daphne, entrando in punta di piedi.
Pansy si mise a sedere.
“Ciao.” – le disse la mora.
Daphne le fece un enorme sorriso, che Pansy restituì molto debolmente.
“Ciao. Come ti senti? Ti sei riposata almeno un po’?”
La mora si stropicciò un occhio, annuendo.
“Un po’ sì, grazie.” – vedendo la faccia eccitata, Pansy le chiese che era successo.
“Non immaginerai mai quello che ho sentito stamattina!” – fece la bionda, sedendosi sul letto di Pansy.
“Cosa?”




Le dodici arrivarono più in fretta di quanto previsto, soprattutto per Hermione, che aveva appena iniziato a torchiare l’amica. A Ginny un po’ dispiacque lasciare lì il discorso, perché Hermione la stava aiutando a capire i possibili motivi che avevano spinto il moro a comportarsi in quel modo. Le due si alzarono e si diressero verso la Sala Grande. Tutto quel parlare aveva comunque scatenato un certo appetito.
“… e vediamo che succede, ok?” – fece Hermione. – “Comunque oggi riprendiamo il discorso. Non credere di cavartela così a buon mercato.”
Ginny sorrise, riconoscente. Nonostante quello che stava passando la sua amica, Hermione riusciva ad ascoltarla come ai vecchi tempi. Andarono a sedersi ai loro posti e iniziarono il pranzo.
Hermione stava per mettere in bocca il primo pezzo di lasagna, quando all’ultimo si girò verso il tavolo dei Serpeverde, alla ricerca della Parkinson. Costatò che non era scesa e si chiese come potesse stare.
“Cerchi lui?” – chiese Ginny, preferendo omettere il nome.
“No, la Parkinson.”
Ginny si girò di scatto sorpresa.
“Non c’è.” – osservò la rossa. – “Come mai la cerchi?”
“Ieri stava per…”
“Perché non ci hai detto di aver aiutato una serpe?” – chiese la voce di Ron.
A quella voce, Hermione si girò di scatto.
“Come?”
“Sappiamo che la Parkinson è stata aggredita e che tu l’hai aiutata. Perché?” – richiese il rosso.
Ron sembrava molto serio, come se non si fosse aspettato un gesto simile da parte di Hermione. La riccia, dal canto suo, si chiese se stava parlando sul serio o se aveva davvero creduto che lei potesse correre sopra una cosa del genere.
“Scusa, ma che domanda è?”
Ginny invece era molto interessata alla faccenda. La Parkinson era stata aggredita?
 “Con tutto quello che lei ha fatto passare a noi con tutta la sua combriccola a seguito, ti pareva il caso di aiutarla?”
Hermione era sgomenta. L’unico motivo plausibile che spingeva Ron a parlare in quel modo doveva per forza essere dovuto al fatto che non sapeva che la stavano per violentare. Sì, doveva essere quello per forza!
“Ron… stava per essere violentata.” – disse, immaginando un immediato pentimento da parte dell’amico.
Ginny sgranò gli occhi.
“Cosa?”
Hermione si girò e annuì gravemente.
“E allora?” – intervenne Harry.
Hermione si girò con gli occhi spalancati, e pure Ginny.
“Ormai ce l’avrà consumata con tutte le volte che l’avrà data via. Una in più non avrebbe fatto differenza.”
“Harry!” – fece Ginny, con un tono di voce che aveva fatto girare alcune teste.
Si era alzata di corsa e aveva raggiunto l’uscita nel minor tempo possibile. Un attimo in più e avrebbe commesso un gesto inappropriato per lei.
E doloroso per loro.
Camminava quasi correndo con una mano sulla bocca per reprimere i conati di vomito che le stavano divorando la gola, ignara che dietro di lei qualcuno la stava seguendo.
In Sala Grande, Harry e Ron si guardarono e poi fecero le spallucce, riprendendo la cena.
Ginny li guardò e stentò a riconoscerli.
“Ma che diavolo vi prende, eh? Non vi riconosco più!”
“Scusa, ma cos’abbiamo detto di così strano?” – fece il fratello. – “Quella ce l’ha più consumata delle infradito di mamma.”
Ginny si mise una mano davanti alla bocca.
“E se fosse successo a me? Che avresti fatto?”
“Che domande… ovvio che ti avrei difesa. Sei mia sorella!”
“Ron ha ragione, Ginny. La Parkinson sta solo raccogliendo quello che ha seminato. Tutto il male che ha fatto le sta tornando indietro.”
Ginny arretrò quasi scottata. Stava per mettersi a piangere di fronte a tanta crudeltà.
“E’ inutile piangere, Ginny.” – riprese il moro. – “Piangere non risolverà la situazione.”
Catturando l’attenzione di molti, ma di uno in particolare, Ginny si alzò e copiò i gesti di Hermione.

“Hermione, Hermione fermati!”
Ma Hermione non ne voleva sapere. Voleva mettere più distanza possibile tra lei e quei due, che per anni aveva creduto essere i suoi migliori amici, coloro che nel bene o nel male ci sarebbero sempre stati.
Si ritrovò fermata per un polso e tra le braccia di suo fratello. Vi si aggrappò con tutta la disperazione che provava in quel momento.
E pianse.
Aveva riconosciuto la voce del ragazzo e per la prima volta se ne infischiò di apparire debole, di stringere il suo maglione con tutta la forza che aveva, rischiando di bucarlo. Non le importò se il giorno successivo, l’avrebbe guardata come qualcosa di fragile che andava maneggiato con cura, cosa che un tempo le avrebbe dato molto fastidio.
Ora come ora voleva solo piangere.
Albert, spiazzato da quella reazione, l’abbracciò e le accarezzò la testa.

Si erano seduti contro una parete che dava l’accesso ai giardini. Lei era ancora scossa dai singhiozzi, ma non piangeva più. Erano occorsi parecchi minuti e tante imprecazioni – di lei – per calmarsi, lasciando sbigottito il povero Albert che non immaginava che sua sorella potesse produrre una sequela di simili improperi. Di fronte ad uno, era perfino arrossito.
Se la ritrovò appoggiata alla sua spalla.
“Spero tu stia meglio.” – aveva chiesto Albert, sporgendosi su di lei, per cercare di guardarla in faccia.
“Non sto meglio, ma nemmeno peggio.”
“Sai, faresti concorrenza a Silente con queste risposte.”
La sentì ghignare.
“Silente ha più classe.”
“Già… posso chiederti come mai sei scappata in quel modo?”
Hermione si alzò, conscia di assomigliare al Panda Gigante, mascotte del WWF, e lo guardò in faccia.
“E io posso chiederti perché mi hai seguita? In questo modo avrai fatto parlare tutta Hogwarts.”
“Tu scappi piangendo e io ti devo lasciare sola per le apparenze? Non offendermi.” – fece Albert.
“Scusami… Harry e Ron.”
Albert alzò gli occhi al cielo e mugulò.
“Ancora? Senti, sinceramente, perché non li butti nel cesso, a quelli?”
“Sono miei amici.”
“Begli amici che hai, eh?” – si complimentò lui. – “Guarda come ti fanno stare.”
Hermione non se la sentì di ribattere. Purtroppo Albert aveva ragione.


Ginny camminava a testa bassa, diretta verso i giardini.
Quelle parole l’avevano ferita più di mille lame tutte insieme. Che fine aveva fatto il suo Harry? Quello che alla minima ingiustizia smuoveva mari e monti pur di riportare le cose al loro posto? Cosa lo aveva portato a cambiare in quel modo così drastico?
Come a voler aumentare il suo disagio, si era messo pure a piovere. Ringraziò Merlino di essere uscita dalla squadra di Quidditch, perché aveva sentito il bisogno di essere un po’ più femminile e quello sport, risaltava più un lato del suo carattere che preferiva tenere per sé. Inoltre, a causa dei frequenti allenamenti, si era fatta due spalle da Troll e difficilmente un ragazzo le avrebbe trovate sexy. Pian piano, stavano tornando alla normalità, anche se comunque si teneva sempre in forma con una corsa e altri esercizi decisamente più femminili.
Quel giorno aveva indossato una gonna di jeans che le aveva regalato Hermione al suo sedicesimo compleanno. Aveva sempre e solo indossato pantaloni fino a quel momento e quando si era vista quella gonna c’era rimasta un po’ male. Inizialmente, camminava tenendola tirata verso le scarpe, perché le sembrava che ogni movimento gliela facesse alzare. Poi ci aveva preso la mano e quando aveva la possibilità di comprarsi qualcosa da vestire, prendeva una gonna, per la felicità di mamma Molly. Per non parlare di quando le aveva comunicato che lasciava il Quidditch, perché le sue priorità erano cambiate.
Alias, se voleva trovare un ragazzo, non poteva rischiare di essere il doppio di lui.
Aveva collant scuri e un maglioncino bianco, che risaltava il rosso dei suoi capelli e il pallore del suo viso. Si appoggiò con una spalla al muro e guardò la pioggia scendere. Le gocce creavano numerose increspature nelle varie pozzanghere che si erano formate e la rossa s’incantò a guardarle.
Sospirò e chiuse gli occhi, come se le fossero state risucchiate tutte le energie.
“Cosa ci fai qui?” – chiese Ginny, senza distogliere lo sguardo dalla pioggia.
“Passavo di qui per caso e…”
Ginny si girò e scosse la testa.
“Per favore. Non sono in vena.”
Il ragazzo serrò le labbra e annuì.
“Che è successo?” – chiese il ragazzo.
“Avevo voglia di una passeggiata.” – rispose lei, pur sapendo che lui non le avrebbe mai creduto come, del resto, non ci credeva nemmeno lei.
“Dopo la litigata con Potter e Lenticchia?”
Ginny si portò una ciocca dietro l’orecchio, indugiando. Quel gesto le aveva ricordato quando glielo aveva fatto il ragazzo che ora era vicino a lei.
“Non voglio parlarne.” – appoggiò anche la testa alla pietra. Pesava troppo.
Blaise la guardò per un secondo, poi passò a contemplare la pioggia pure lui.
Ginny non provò fastidio nell’avere la sua presenza lì accanto, anzi. Era uscita per stare sola, ma poi quella necessità era svanita e l’aveva portata a desiderare che qualcuno fosse lì con lei.
Ed era arrivato Blaise.
“Ho sentito della Parkinson.” – fece Ginny, sperando di non aver osato troppo.
Blaise s’irrigidì.
“Già.” – fece con un sorriso amaro. – “Sono grato alla sorella di Albert per essere intervenuta.”
Ginny alzò la testa e lo guardò.
“La sorella di Albert? Non fai prima a chiamarla con il suo nome?” – chiese con un sopracciglio alzato.
“Non mi riesce ancora facile. Sai com’è… l’abitudine.”
“Aha.” – fece Ginny, assorta. – “Allora?” – chiese.
“Allora cosa?”
“La Parkinson. Come sta?”
“E tu?”
“Io cosa?” – chiese Ginny con mezzo sorriso. Quella conversazione fatta di monosillabi, anziché snervarla, la stava divertendo.
“Non fai prima a chiamarla con il suo nome?”
Ginny rise piano.
“Non mi riesce ancora facile. Sai com’è… l’abitudine.”
Stavolta fu Blaise a soffocare un principio di risata.
“Davvero… come sta?”
“Perché vuoi saperlo?”
“Hermione mi ha detto quello che le è… quello che le stava per succedere.” – si corresse lei. – “Puro e semplice interesse.”
“Mi riesce difficile crederti.” – rispose Blaise.
Il suo tono di voce non le piacque per niente.
“Perché?” – chiese lei, cercando di mantenere la calma.
“Mah…” – iniziò lui, fingendo di pensarci. – “… forse perché la odi?”
Stranamente, Ginny non urlò.
“Ah.” – fece lei, guardando la pioggia. – “Giusto. Lei invece mi tratta come se fossi una dea scesa in terra, eh? Ok.”
Blaise si morse la lingua e chiuse gli occhi per l’errore commesso. Li riaprì e si girò verso di lei quando sentì una pacca sulla sua spalla.
“Ieri, a Hogsmeade, mi hai detto che so osservare. Bene. Adesso sto osservando un raro esemplare di merda di Troll con le gambe. Ti saluto.” – si girò e se ne andò.

Dio, ma come ho fatto a farmi tutti quei film su di lui?
Cambiato?
Il colore dei capelli si cambia, le scarpe si cambiano, i vestiti si cambiano, le mutande qualche volta, ma non il carattere.
Ho davvero pensato che quello stronzo volesse stabilire un contatto civile con me, ma dico?, dove cazzo mi ha messa al mondo mia madre? Su Plutone? E imbecille io che ci stavo cascando con tutte le scarpe! Ma come può solo pensare che quello che stava per capitare alla Parkinson potesse farmi piacere? Cazzo sono una donna anch’io! Mi butterei giù dalla Torre di Astronomia se dovessi essere violentata! So benissimo che lei mi odia, così come io per anni ho odiato lei per la sua stronzaggine e le sue cattiverie gratuite. Ma quando ho saputo da Hermione cos’era successo mi è dispiaciuto davvero per lei. Merlino, sarò una stronza pure io, ma non augurerei nemmeno alla mia peggior nemica una fine simile. Sono…

“Scusami.”
Ginny si girò di scatto e sgranò gli occhi. Blaise Zabini la stava trattenendo per un polso e le aveva chiesto scusa. Cos’è? Adesso avrebbe visto Voldemort chiacchierare con Harry su come migliorare la vita ai mezzosangue?
“Eh?” – chiese lei, sgomenta.
“Scusami.” – ripeté il moro. – “Non… non volevo insinuare che ti avesse fatto piacere l’accaduto di Pansy.”
Ginny si ricompose e valutò attentamente come comportarsi.
“No, non mi ha fatto per niente piacere, Zabini.”
Blaise le lasciò il polso e portò le mani davanti, come segno di scuse.
“Mi ha fatto solo un po’ strano il fatto che tu me lo avessi chiesto con quella faccia.”
“Che faccia?” – chiese la rossa.
“Quella di chi è veramente dispiaciuto per l’accaduto.”
“Quello che ha passato la tua amica non lo augurerei a nessuno. Mi…” – la sua voce si affievolì sempre di più. – “… mi dispiace veramente per lei. Come sta?”
“Non lo so. È in camera sua da stamattina. Credo che Daphne sia andata a trovarla prima di pranzo.”
Lo sguardo di Ginny si perse per un momento nel vuoto.
Ora che ci pensava, non aveva visto nemmeno la Greengrass al tavolo dei Serpeverde.
“Si sa chi è stato?” – chiese Ginny.
“No, Pansy era sconvolta e non ha aperto bocca.”
“Datele un po’ di tempo. Credo che ne abbia bisogno per smaltire la cosa.” – si sentì decisamente fuori posto dopo aver detto una cosa del genere. Lei… che consigliava un Serpeverde per il bene di un altro Serpeverde?
“Sì, ma vorremmo sapere chi è stato. Sai com’è… per farci due chiacchiere.” – disse con la faccia di chi sapeva che all’altro interlocutore quelle parole non avrebbero fatto per nulla piacere.
Ginny ghignò.
“A parole o a fatti?”
“Entrambe le cose. Prima una e poi l’altra.”
Ginny non approvava la violenza, ma in certi casi faceva volentieri un’eccezione.
“Fatele contemporaneamente. A volte gratifica.”
Il moro la guardò sorpreso.
“Scusa, ma ora devo andare a cercare Hermione, anche se credo sia in buona compagnia. Ciao Zabini.”
“Chiamarmi per nome no, eh?” – urlò lui, visto che la ragazza si era già allontanata.
Ginny si girò e rise ma non smise di camminare, assomigliando più un gambero.
“Sai com’è!” – fece lei, urlando. – “L’abitudine!” – poi si girò e svoltò l’angolo.
Blaise rise.
Ginny pure.




Albert aveva riaccompagnato Hermione davanti all’ingresso della sua Sala Comune, augurandole di trascorrere una buona giornata.
“Grazie.” – gli disse, semplicemente.
Albert le accarezzò la guancia e, come se non sapesse se farlo o meno, si chinò su di lei e gliela baciò. Hermione arrossì tutta.
“Figurati. Passa una buona giornata, ok? Io vado a vedere come sta Pansy.”
Hermione annuì.
“Spero che si rimetta presto.” – disse lei.
“Grazie. Ciao Hermione.”
“Ciao Albert.” – Hermione lo accompagnò con lo sguardo fino a che svoltò l’angolo e poi entrò nella sua sala.
Incontrò Harry e Ron seduti a giocare con gli scacchi magici. Non li degnò di una sola occhiata e loro fecero altrettanto.
La riccia non seppe spiegarsi il perché di quel loro comportamento. La logica presupponeva che avessero combattuto tutti e tre insieme la guerra per fare in modo che il bene trionfasse sempre e comunque e che l’insegnamento principale di Silente potesse finalmente trovare via libera per la sua massima espressione. Ora invece sembrava essere tutto il contrario. Sembrava quasi che avessero accolto la fine della guerra come un pretesto per dimostrare la loro superiorità sugli altri, e lei questo non lo poteva sopportare. Se avesse saputo che sarebbe andata a finire in quel modo, ci avrebbe pensato su due volte prima di imbattersi in quella situazione.
Ora però le cose erano sistemate in quel modo e avrebbe aspettato, per vedere fino a dove i suoi amici – o almeno sperava che ancora lo fossero – si sarebbero spinti.
Aveva trasformato la sua camera nel suo angolo di paradiso e avrebbe chiesto a Ginny se voleva condividerla con lei per quell’anno. I professori non le avrebbero fatto storie, vista la sua media scolastica… e la sua situazione. L’avrebbero vista come una sua necessità per affrontare meglio la cosa.
Come a esaudire il suo desiderio il più in fretta possibile, Ginny entrò nella camera della ricca, sorprendendosi per averla trovata già lì.
“Ehi, sei qui.”
“Ciao. Li hai visti?”
“Sì. Non li ho neanche guardati in faccia.”
“Io nemmeno.” – fece Hermione. – “Senti, io ho una proposta da farti.”
“Dimmi, ti ascolto.”
“Ti andrebbe… di dividere la stanza con me? Non… non mi piace stare da sola.”
La rossa sorrise e annuì.
“Volentieri. Volevo proportelo io ma non sapevo come fare. Pensavo che avresti voluto maggior privacy.”
“No, ho bisogno di compagnia, invece.”
“Allora ok. Vado a fare i bagagli. Ma… e per i professori? Glielo hai chiesto?”
“Non ancora, ma non credo che mi faranno storie.”
“Sì. La secchiona della scuola potrebbe anche mettersi a uccidere che tanto verrebbe giustificata.”
Per tutta risposta, le arrivò un cuscino in faccia. Ginny lo ributtò sul letto, sorridendo.
“Vado a fare il baule. Ci vediamo dopo, ok?”
“Ok.”
Per la prima volta da quando era arrivata, Hermione si sentiva bene. Quel peso sul petto che aveva avvertito al suo rientro sembrava essere sparito.
Forse le cose si stavano sistemando.
O forse, era solo la quiete prima della tempesta.









Pansy Parkinson aveva ascoltato tutto in religioso silenzio. Era a dir poco sbigottita da quello che Daphne le aveva appena detto.
“Io non ci credo.” – fece la mora. – “Albert non ha una sorella.”
“Lo so. Ma come spieghi il fatto che abbia detto che la Granger lo è?”
“E che ne so, io? Per quello che ne so, potrebbe aver ingerito un Bezoar andato a male.”
“Mmmm… rifletti un attimo. Alla luce di quello che ti ho detto, non noti delle somiglianze fisiche tra i due?”
Pansy non aveva voglia di star lì a pensare ai legami di sangue tra la Granger e Albert, quindi si ributtò sotto le coperte.
“No. Scusami ma vorrei riposare.”
Daphne sgranò gli occhi per l’indelicatezza dimostrata.
“Scusami.”
Pansy sentì gli occhi pizzicare.
“Voglio stare sola.” – disse, con voce tremula. Si tirò su il piumone e sperò che la bionda recepisse il messaggio.
Daphne sospirò e annuì.
“D’accordo. Ciao.”
Ma Pansy non le rispose. Aveva appena chiuso gli occhi, quando qualcuno bussò nuovamente alla sua porta.
“Va via Daphne!”
La porta si aprì ugualmente. La mora allora si mise a sedere, ma si zittì quando vide Albert.
“Si può?” – il ragazzo si sorprese nel trovarla con gli occhi lucidi.
“S-sì.” – fece lei. – “Entra.” – disse, tamponandosi gli occhi.
Albert si chiuse la porta alle spalle e andò a sedersi sul letto accanto a lei.
“Come ti senti?”
“Un… un po’ meglio, grazie.” – fece la mora, abbassando lo sguardo.
“E quegli occhi rossi, allora?”
 “Scusa, deve essermi andato qualcosa nell’occhio.”
Albert preferì non insistere.
“D’accordo.”
Allora Albert si mise a chiacchierare di altro, di cose stupide, che potevano in qualche modo risollevare il morale all’amica. Pansy lo ascoltò, ridendo ogni tanto alle sue battute e alle sue facce da pagliaccio, quando…
“Al, posso chiederti una cosa?”
“Dimmi.” – fece lui, contento che partecipasse ai discorsi.
“Me… me lo ha detto Daphne, prima…”
Albert si sorprese. Daphne era stata la causa dei suoi occhi lucidi?
“Dai, dimmi…”
“Dice… dice di averti sentito chiamare la Granger, sorella. È vero?”
Albert diventò una statua di ghiaccio.
“Oh porca… quando? Dove?” – chiese, cercando di mantenere il controllo.
Pansy sgranò gli occhi.
“E’ vero?”
“Non ora, Pansy. Dov’è Daphne, adesso?”
“Non… non lo so.”
Albert si alzò in piedi e si passò una mano nei capelli, mentre la mora lo osservava perplessa.
“Al?”
Il biondo la guardò.
“Pansy, è importante. Ti prego, non lo dire a nessuno, ok? Draco e gli altri lo sanno, ma nessun altro lo deve sapere, hai capito? Ti racconterò tutto, ma ti prego: taci!”
“O-ok…” – fece la mora, leggermente intimorita.
“Grazie.” – Albert uscì di fretta dalla stanza alla ricerca di Daphne.
Sperò che quella ragazza tenesse quella cosa per sé o era rovinato. Chiese a destra e a manca, ma nessuno sembrava aver visto la bionda, finché non la trovò che si stava dirigendo verso la biblioteca.
“Daphne!”
Mezzo corridoio si girò.
“Albert!” – fece lei con un sorriso enorme. – “Come sta… ehi!” – fece lei, nel vedere il ragazzo prenderla rozzamente per un braccio e infilarla nella prima aula vuota che aveva trovato.
La lasciò. Daphne si massaggiò il gomito, stizzita per quel trattamento.
“Che modi…”
Albert si girò.
“A chi lo hai detto?”
“Cosa?” – chiese lei, confusa. – “Oh, quello dici? Beh, a tutti.” – rispose lei.
Albert sentì il sangue cadergli come una cascata dal volto fino ai piedi.
“Co-cosa?” – alitò lui.
“Beh, che ti aspettavi? Non potevo mica tenermelo per me.”
“Perché no?!?” – fece lui.
Daphne lo guardò leggermente perplessa. Che esagerato…
“Scusa, non mi sembrava corretto. Lo dovevano sapere tutti quelli della nostra classe, no?”
Albert ripassò uno a uno i volti dei suoi compagni di classe. E sbiancò sempre di più. Merlino… c’erano le due ragazze più pettegole di tutta la scuola. Era rovinato!
“Tu… tu non ti rendi conto di quello che hai fatto!”
“Ma sei scemo o cosa? Era mio dovere!”
“NO!”
Daphne sobbalzò.
“Il tuo dovere era quello di cucirti quel forno che hai al posto della bocca!”
Daphne aprì la bocca, scandalizzata.
“Brutto cafone maleducato che non sei altro! Che cazzo ti prende?”
“A ME? COSA PRENDE A ME?” – urlò Albert. – “Perché sei andata a dire in giro che Hermione è mia sorella?”
Daphne si bloccò sul posto, sgomenta.
“Ma…”
“Tu… tu non hai idea del pasticcio che hai combinato! Merlino, sono rovinato! E tutto perché non sai startene zitta!”
“Albert, ascolta…”
“Ascolta un cazzo! Possibile che non sappia tenere la bocca chiusa? E poi perché non ne hai parlato prima con me, si può sapere?”
“Ma io…”
“Mia madre mi ammazza… oh Merlino, mi ammazza!” – proseguì il ragazzo, terrorizzato. – “E mio padre! Oddio, quello mi apre in otto! TU! È solo colpa tua! Erano cose personali! Come ti sei permessa di sbandierarle ai quattro venti?”
“Se tu mi…”
“Se non l’avevo detto io, ci sarà stato un motivo, no?” – proseguì, furente come non mai, mentre Daphne lo ascoltava sempre più allibita. – “Voi donne siete la piaga dell’umanità!” – concluse il ragazzo, raggiungendo in quattro falcate la porta.
“Ma… è vero allora?”
“Cosa?” – chiese lui, girandosi stizzito.
“La Granger è tua sorella?!?” – chiese lei, sgomenta per la conferma della notizia e della sfuriata del ragazzo.
Albert sollevò un sopracciglio e lasciò la maniglia della porta. Un dubbio strisciò dentro di lui.
“Non… non stavamo parlando di quello, prima?” – pigolò, diventando un micetto smarrito. Sgranò gli occhi quando vide Daphne negare con la testa. – “Oh, porca… oh porca puttana!” – si maledisse in mille lingue, pure quelle morte.
“Che storia è questa?” – chiese la ragazza, affamata di pettegolezzi.
Il biondo pestò a terra. Maledetta lui e la sua furia.
“Al? Di che parli? Tu non hai sorelle.”
Il ragazzo si vide costretto a prendere una grossa decisione.
“Daphne, ascolta… scusa, ma prima di che stavi parlando?”
“Beh, del compito di pozioni a sorpresa per domani.”
Il ragazzo sgranò gli occhi, mentre già immaginava il suo corpo penzolare dal soffitto, attaccato per il collo da una corda.
“Cosa?”
“Sì. Ho sentito Piton che ne parlava con Vitious e l’ho detto agli altri.”
Albert si coprì la faccia con le mani, ma il problema principale gli si ripresentò davanti.
“Daphne, ascolta. Te lo chiedo come favore personale: non devi dire a nessuno di questa storia, ok?”
“Quella della Granger?”
“Sì, per favore. È importante che nessuno lo sappia, intesi?”
“Ma… me lo dirai?”
“Sì, ma non adesso. Per favore… posso contare su di te?”
Daphne annuì. Non aveva mai negato un favore a un amico.
“Certo.”
Albert sospirò sollevato.
“Grazie.” – seguì qualche attimo di silenzio. – “Su cos’è il compito di domani di Piton?”




Il resto del pomeriggio passò in totale tranquillità. Ginny si era trasferita di sana pianta in camera di Hermione – così avrebbe evitato di dimenticare il portafoglio in camera la volta successiva – e l’avevano passato a sistemare le cose della rossa. L’armadio era stato appositamente incantato affinché contenesse il vestiario di entrambe e poi si erano messe a chiacchierare.
Verso le cinque un gufo picchiettò alla finestra di Hermione. La riccia andò ad aprire e intuì di chi fosse quel rapace.
“Di chi è?” – chiese Ginny, avvicinandosi alla riccia. Si sporse sulla sua spalla per leggere, sperando di non essere invadente.
“Di Albert. Dice che domani c’è un compito a sorpresa di Piton.” – disse, con disarmante tranquillità.
Ginny spalancò gli occhi.
“CO-COSA?!? SU COSA?” – stava per avere un incontro ravvicinato con il pavimento.
“Albert non lo dice, ma molto probabilmente sarà di ripasso.”
“E come fai a dirlo?” – chiese Ginny. – “Sei qui solo da due giorni!”
“E’ vero, ma il primo mese di ogni anno i professori hanno sempre fatto dei test di ripasso sull’ultimo argomento trattato, quindi credo che sarà o teoria o pratica sul Distillato della Morte Vivente.”
“Ora che mi ci fai pensare è vero…” – fece Ginny. – “Non ci avevo mai fatto caso.”
Hermione le sorrise e andò alla scrivania per rispondere al fratello.
“Lo so. Per questo ci sono io.” – le disse, sorridendo furbescamente. Scrisse poche righe e lo restituì all’animale. – “Coraggio, mettiamoci a ripassare. Un’oretta sarà più che sufficiente.”


Albert ricevette il messaggio di Hermione cinque minuti più tardi.

Caro Albert,
grazie per avermi informata del test, anche se forse non era propriamente necessario. Non so se ci hai mai fatto caso, ma annualmente i professori fanno sempre un test a sorpresa sull’ultimo argomento trattato, nel nostro caso, il Distillato della Morte Vivente.
Suggerisco di ripassare i capitoli otto, nove e undici.

Buon ripasso,
Hermione.

Albert ghignò in perfetto stile Serpeverde.
Quanto amava la sua sorellina…


“Dovremmo dirlo anche a…” – Ginny lasciò la frase in sospeso.
“A chi?” – chiese Hermione, prendendo i testi di Pozioni. – “La persona a cui mi premeva dirlo l’ho detto.” – la guardò e le sorrise.
Ginny rispose al sorriso.
“Hai ragione. Non ho voglia di dirglielo e nemmeno di sprecare una pergamena per loro. Dunque, capitoli otto, nove e undici, hai detto?”
Hermione fu di parola. Ginny non era mai stata tanto ferrata in Pozioni ma Hermione era stata in grado di dissipare i suoi dubbi e farle entrare in testa i concetti base. Era sicura che avrebbe fatto un buon compito, non come quello dell’amica, ma buono da meritarsi almeno una bella O.









Lunedì.
Primo giorno di scuola per Hermione Preston.
Hermione, dopo un’abbondante colazione in compagnia di un’assolutamente raggiante Ginny, si era diretta assieme all’amica nell’aula di Trasfigurazione, visto che avrebbe avuto quella materia per le prime due ore. Poi Erbologia alla terza, Pozioni, e quindi il compito, dopo pranzo e Aritmanzia all’ultima.

“… dedicandosi a questa pratica. Sì, signorina Prentice?”
“Ma se il Barone McMilliard ha deciso di dedicarsi a trasfigurazione avanzata oscura, perché il Ministero non l’ha fermato?”
“Giusta osservazione. Cinque punti in più per Serpeverde.”
Le serpi ghignarono.
“Per il semplice fatto che a quel tempo, il Barone era più importante del Ministro stesso. Si può dire che fosse lui a governare il mondo magico e che l’allora Primo Ministro non fosse altro che una pedina nelle sue mani. Ha fatto introdurre una legge a favore di questa pratica, ma non appena il Barone e il Ministro Vecker morirono, il Ministro successivo abolì immediatamente quella legge.”
“Ci furono dissensi?” – chiese sempre la Prentice.
“Nessuno. Qualche sporadico episodio ma nulla di rilevante. Nessuno voleva avere a che fare con la Magia Oscura e la legge fu abolita nel giro di un giorno. Una cosa mai accaduta.”
Hermione prese diligentemente appunti della lezione, mentre nel banco davanti a lei, Harry e Ron seguivano la professoressa con le braccia incrociate sul banco e la testa appoggiata su di esse, come se invece fare lezione stesse raccontando una favoletta.
Merlino se la faceva infuriare quel loro atteggiamento!
Ogni tanto, lanciava qualche occhiata furtiva alla fila in cui era seduto il fratello e quando incrociava il suo sguardo sorrideva e abbassava lo sguardo.
La professoressa faceva avanti e indietro dalla cattedra al fondo dell’aula, per mantenere sveglia l’attenzione degli studenti.
Ma soprattutto, gli studenti stessi…

Fu un piacere tornare a maneggiare la piuma, fregiare la pergamena con quell’inconfondibile “grat grat” che le provocava ogni volta dei brividi di piacere e un sorriso involontario. Le parole della professoressa sembravano essere state inserite direttamente nella sua piuma: bastava che lei la passasse da sinistra a destra sul foglio e queste si materializzavano sulla carta.
Le sembrava che fosse la prima volta in assoluto che prendeva appunti. Quei quindici giorni di assenza da scuola le erano mancati terribilmente e se n’era resa conto solo mentre scriveva.
La lezione proseguì con nozioni più o meno interessanti fino a che giunse alla sua conclusione con il suono della campana.
“Bene ragazzi, per la settimana prossima voglio un riassunto di quello che ho detto oggi.”
Harry e Ron si guardarono, spaventati. Non avevano preso nemmeno un appunto!
“E un’opinione personale in merito alla Trasfigurazione Avanzata Oscura del Barone McMilliard. Buona giornata.”
Hermione posò la piuma sul banco, arrotolò la pergamena e la fece evanescere sotto gli occhi disperati di Harry e Ron. Li aveva visti supplicarla con gli occhi di passarle la sua pergamena, ma avevano fatto male i loro conti se pensavano che li avrebbe aiutati come se niente fosse dopo quello che avevano detto a lei e della Parkinson.
“Ginny, andiamo alle serre?” – chiese lei, ignorandoli volutamente.
“Sì, arrivo subito.” – la rossa tirò il laccio della sua tascapane e si avviò con l’amica alla lezione della professoressa Sprite.
Erano sul corridoio che avrebbe portato ai giardini, quando Hermione si bloccò.
“Che c’è?” – chiese Ginny, girandosi.
“Ho dimenticato il libro di Pozioni sotto il banco. Va avanti che ti raggiungo subito!”
Ginny annuì e riprese a camminare. Harry e Ron la superarono senza salutarla e questo le fece molto, molto male. Sospirò affranta.
“Problemi?”
Ginny si girò e non si sorprese più di tanto nel vedere Blaise Zabini appoggiato alla parete del corridoio che l’aspettava. La rossa guardò i due allontanarsi mentre parlottavano fitto fitto tra loro e sospirò ancora.
“No.” – rispose lei. Di certo non si sarebbe messa a fare confidenze così personali a un Serpeverde come Zabini. Così decise di rimanere sul neutrale.
Blaise non se la prese. Forse era troppo presto per avere una discussione a quei livelli.
“Che ci fai qui?” – chiese lei, deviando il discorso.
“Passavo di qui per caso e…”
“Ma che ti si è rotto il disco?” – fece lei, sbigottita. – “Ogni volta è la stessa risposta!”
“Sai, sono un tipo monotono. ” – disse, ammiccando.
“Oh, certo… e io sono Shrek.”
“Grek?” – ripeté lui, allibito. Che roba era?
“Shrek.” – ridisse lei, divertita.
“Strek?”
“Shre-e-k!” – sillabò lei.
“E che roba è?”
Ginny fece un cenno annoiato della mano.
“Roba babbana, non credo ti interessi.”
“Ma se io amo i babbani!”
Erano appena usciti in cortile e Ginny si chiuse nel suo mantello. L’aria si era rinfrescata parecchio dopo la pioggia del giorno prima.
“Meno male che siamo usciti, così le tue cazzate possono volare via.” – rispose lei per le rime.
“Sei cattiva.”
“No. Lascio questa caratteristica a voi serpi.”
Battibecco a parte i due iniziarono a parlare civilmente, non accorgendosi di essere arrivati alle serre e che gli altri li guardavano con la bocca spalancata.




Hermione ripercorse di gran carriera il corridoio per tornare nell’aula di Trasfigurazione, tanto che la sua crocchia, legata con una semplice matita, si sciolse. Imprecò per il contrattempo e si mise la matita dietro l’orecchio. Si sarebbe rifatta la coda una volta arrivata alle serre. Aprì la porta e corse al suo banco, si chinò e con un sorriso prese il libro di Pozioni. Tornò indietro, ma qualcosa andò storto.
Inciampò nella solita mattonella, che sapeva essere difettosa, ma che in quel momento dimenticò e aspettò l’impatto con il suolo.
Che non avvenne.
Si ritrovò a fissare i lastroni di pietra a un’altezza di trenta centimetri, con i capelli che quasi sfioravano terra. Sentì solo allora una forte pressione allo stomaco e girò il capo per vedere chi aveva compiuto tale miracolo.
Sgranò gli occhi.
“Malfoy?”
Con un movimento veloce, il biondo la rimise in piedi, e si chinò per raccoglierle i libri che le erano usciti dalla tascapane. Hermione sembrava caduta in uno stato di trance.
Prese i libri che Malfoy le aveva raccolto e senza dire altro, il biondo se ne andò alle serre.
Fu solo quando abbassò il capo che si rese conto di essere in un ritardo terribile per la lezione di Erbologia, perché il primo libro che il ragazzo aveva messo in cima agli altri fu proprio quello dell’ora ormai iniziata.
“Che i Nargilli esistano veramente?” – si chiese sconvolta Hermione, mentre correva come un tornado verso le serre.









Note di me:

Uff… dunque, il titolo del capitolo si riferisce a tre cose, essenzialmente:
1.    Ron non si aspettava che Hermione avesse aiutato una Serpe, nonostante abbia saputo cosa stava per succederle;
2.    Daphne e Pansy che finalmente scoprono, del tutto casualmente, della relazione che intercorre tra Albert e Hermione;
3.    E Hermione ^__^ che non si sarebbe mai aspettata quell’aiuto da Malfoy.
Malfoy.
Ragazze? Preparate le forchette, perché il primo piatto “alla Malfoy” sta arrivando!, motivo per il quale, vi lascio uno spoilerino succoso succoso.

Non provò nemmeno per un istante a negare questo fatto. Draco Malfoy era un ragazzo indiscutibilmente bello, che incarnava tutti i canoni della bellezza classica. Il suo viso era simmetricamente perfetto, i suoi occhi, di un azzurro ghiaccio che non aveva mai visto. Ne aveva visti tanti di azzurri o blu, ma mai color ghiaccio.
La sua bocca sembrava essere stata disegnata dal più abile dei pittori. Sottile e perfetta, come se dovesse essere fatta solo per farsi baciare.

Callistas.

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Capitolo 12
*** Passi in avanti e passi indietro ***


12 - Passi in avanti e passi indietro Salve salvino, gente!
Allora, preferite che partiamo con le solite frasette di ringraziamento, o andiamo subito al sodo?
La seconda, dite?
D’accordo!
In primis, per tutte coloro che mi reputano una stronza – praticamente tutte ç_ç – voglio dire che potevo aggiornare verso sera, ma visto che vi voglio bene, aggiorno adesso, così a chi è debole di cuore spero di evitare un attacco cardiaco.
*e una recensione in meno. u____u*

Nelle precedenti puntate… no dai, nel capitolo scorso, abbiamo visto come gli antipasti su Draco siano finiti e di come il ristorante “da Callistas” sia pronto a servire i primi.
Sarà un capitolo con pochi dialoghi ma intensi e molto introspettivo. Ci saranno molti pensieri dei ragazzi – indovinate chi – e qualche chicca divertente.
Sono lusingata della vostra partecipazione, da intendersi non solo come recensioni, ma anche come vero interesse alla storia, segno che i personaggi devono esservi entrati dentro abbastanza da iniziare ad amarli o odiarli.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, così come a me è piaciuto scriverlo.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Piccola pucci: addirittura riscaldato? ^_^
Non hai già abbastanza caldo con questa temperatura, senza metterti a cuocere il tuo povero cuoricino? Il mio sta sobbollendo, oramai… comunque sono contenta che la scena finale ti sia piaciuta.
Beh, il fatto che Ginny sia diventata uno scaricatore di porto era, per me, ovvio. Aver sentito parlare Harry, il suo Harry in quel modo, le ha sollevato un malumore incredibile. Se poi ci si aggiunge il fatto che era sinceramente dispiaciuta per ciò che stava per succedere a Pansy e che Blaise – quello con cui aveva instaurato una sorta di amicizia (?) – non le abbia creduto, le ha fatto salire il nervoso, anche per il fatto che pensava che lui fosse diverso e che l’avrebbe capita, in qualche modo.
Io avrei detto di peggio.
E comunque sono ancora nella fase ci-dobbiamo-conoscere-meglio, e quindi gli errori sono all’ordine del giorno. Infatti, Blaise le ha chiesto scusa.
Forse per te era Ginny quella che doveva scusarsi, ma combinando tutta la situazione insieme, la rossa è esplosa.
Il monologo di Albert è stata la mia parte preferita. Poi Piton, se ricordi bene, non poteva essere, perché già sapeva della condizione di Hermione, visto che era stato lo stesso Albus a mettere al corrente il corpo docente di quella sua nuova condizione e Piton stava avanzando la “richiesta” di avere Hermione tra le sue fila per i motivi già spiegati dallo stesso Piton.
Comunque tranquilla. Mi sento buona e invece di aggiornare stasera aggiorno adesso, sperando che tu ritiri quello STRONZA, scritto a caratteri cubitali e che mi dica GRAZIE! u_u
Ma non posso darti torto… sono e rimarrò una stronza.
Vedere come ho troncato il capitolo per credere. ;-)
Bacissimi e buona lettura!

Tinotina: sono onorata nel vedere che nemmeno a Ferragosto rinunci a recensire il mio capitolo. Mi fa davvero piacere questa cosa.
Sono contenta che Blaise e Ginny ti piacciano. Anche se li ho arrangiati io, li adoro! ^^
Di Harry e Ron ormai non si può dire più di tanto, se non che sono due stronzi idioti, che hanno la sfera emotiva di una lucertola spiaccicata a terra. Davvero insensibili.
L’universo di Hermione inizia ad allargarsi. Prima Harry, Ron e Ginny, poi i professori, poi Draco, Theo e Blaise e infine qualche donna. Vai con il girl poWer!
Spero che questo capitolo ti piaccia, visto che ci saranno dei risvolti abbastanza interessanti.
Un bacio, mia piccola, sadica e completamente decerebrata anima gemella. ^_^

Kiby: ciao! Grazie per aver speso una piccola parte di questo strano Ferragosto per farmi sapere cosa ne hai pensato di questo capitolo.
Harry e Ron stanno iniziando a stare sui nervi a tutti. La demenza è una brutta cosa, si sa… u_u
Sono contenta che Albert stia guadagnando sempre più terreno. Ha avvisato subito Hermione e lei ha ricambiato la gentilezza. Fortuna che c’era lei, altrimenti per Ginny sarebbe stata la fine.
Draco, il pezzo forte del capitolo, fa poche apparizioni, ma quando le fa, le fa bene. Forse è una mia pippa mentale, ma il fatto che abbia evitato ad Hermione una bella caduta e che le abbia raccolto i libri senza aprire bocca, mi è sembrata una cosa… non so come dire… bella (?). Ha lasciato che fossero per una volta i gesti a parlare e non le parole.
Come sono profonda…
Spero che questo aggiornamento ti piaccia. Un bacione e buona lettura, callistas.

Valli80: inchinarmi sui ceci e ringraziarti delle tue bellissime parole è troppo poco.
Ma è tutto ciò che riesco a fare: grazie.
Sono contenta che il mio modo di scrivere ti piaccia, anche se a causa di esso, cadrò tra non molto nell’OOC. Purtroppo non riesco a mantenere l’IC di un personaggio, manco in punto di morte, uff… beh, dai, guardiamo avanti. Chissà che tra un secolo non riesca a migliorarmi. ^^
Dunque, sono contenta che il monologo di Albert ti sia piaciuto: mi piace quando le persone fanno queste figuracce. Come puoi vedere, la complicità tra Hermione e Albert sta iniziando a prendere forma, per quanto riguarda il compito di Pozioni. Più avanti arriverà per cose ben più serie.
Il fatto che tu abbia osservato questa particolarità di Draco è una cosa molto buona: d’altronde, la notizia che la mezzosangue per eccellenza è in realtà una purosangue, non poteva non passare inosservata e come ogni cosa che si rispetti ha attirato delle curiosità.
Da parte di un bel biondino…
Spero che questo capitolo ti piaccia, perché ho deciso di passare al puro masochismo.
Un bacio e grazie ancora per le tue belle parole.
Callistas.

Laura malfoy: oh, eccoti qui!
Per prima cosa non scusarti. Ti dirò che molto probabilmente non andrò a vedere la seconda parte, visto che mi sono – perdonami – fottuta la prima, ma sono contenta che ci sia una lieta novella.
Quella proprio non la sopportavo. Accusare Hermione di aver fatto qualcosa al suo Ron-Ron quando aveva ingerito l’idromele destinato a Silente (ricordi questa parte del film, vero?): lì proprio si è vista la demenza giovanile.
Peccato, era carina tutto sommato… beh, passiamo oltre.
So che ti sto facendo impazzire con Harry e Ron, ma se decidi di avere la stessa pazienza che ho avuto io nel scrivere ogni-benedetto-colpo-di-scena, arriverai ad apprezzare tutta la storia.
Sai, è incredibile come i ragazzi – intesi proprio come esseri di sesso maschile – siano dotati di due teste… di cui nessuna delle due funzioni. Interessante, non credi?
Comunque arriverà il Giorno del Giudizio anche per loro, non temere.

Ginny e Blaise.
Effettivamente, poteva risultare strano alle orecchie di un Serpeverde l’interesse sincero di una Grifondoro verso Pansy, perché in anni che si sono “frequentati” non si sono rivolti più di un semplice “vaffan…”. Blaise ha reagito in quel modo non per cattiveria, ma spinto dall’istinto, non so se mi sono spiegata. È difficile abbattere i pregiudizi in un secondo, ma teniamo conto delle buone intenzioni, ok? ^_^
Poi si è reso conto di aver esagerato e si è scusato con Ginny. Il gesto è da apprezzare non credi?

Visto? Ci sono i pro e i contro della situazione.
Vista la sua media, Hermione potrebbe chiedere anche di fare un festino illegale in camera sua che tanto le darebbero il permesso!

Il fatto che Daphne abbia origliato sarà di aiuto, per il futuro della storia. Non che da questo suo gesto possano derivare gesta indicibilmente coraggiose, ma anche lei avrà la sua particina nel rapporto Draco/Hermione. Piccola piccola, ma ce l’ha.
E non ti preoccupare. Non sarà lei a mettere in giro le voci sulla storia di Hermione…

Per il compito di Pozioni, ci sarà da ridere. Non ci saranno scene tragicomiche, ma l’atteggiamento di Harry e Ron farà, se non sbellicarsi dalle risate, almeno sorridere.
I due si sono sempre affidati a Hermione e affrontare una cosa simile da soli sarà estremamente apocalittico. Della serie, pensa prima di parlare.

Parli del “Raro esemplare di merda di Troll con le gambe?” Beh, sono contenta che ti sia piaciuta. E se la usi, per favore… dì che sono io l’autrice! Hahahahaha!

Ma che fortunata casualità che ci fosse stato proprio Draco ad afferrarla al volo! Chi l’avrebbe mai detto! u.u
Si vede che è proprio destino tra quei due!
*smette di fare del sarcasmo*
Io non so te, ma se fossi inciampata io in una mattonella difettata, sarei finita lunga a terra con tanto di pubblico attorno. Questa è la legge della sfiga.
La mia.

Tranquilla. Credo tu abbia detto tutto.
Non mi scandalizzo per qualche errore di scrittura: io spero ogni volta che non ci siano verbi sbagliati ç__ç
Funghi? A me piacciono! Che funghi stai pulendo?
Un bacio e buona lettura!

_araia: il fondo, per Harry e Ron, non so quando arriverà. O meglio, lo so, ma non lo dico. Adesso bisogna vedere cosa succederà e sperare che Merlino decida di guardare in basso e vedere il casino che quei due stanno combinando.
Il rapporto Blaise/Ginny non è ancora del tutto ben delineato. Stanno commettendo ancora degli errori, dovuti a dei pregiudizi non ancora del tutto scomparsi, benché la reale voglia di metterli al bando ci sia, ma è normale: pretendere che degli adolescenti – ricordiamo che hanno sempre 17 anni, eh? – si comportino come degli adulti maturi e responsabili è chiedere troppo, ma ci stanno provando e le intenzioni sono da premiare.
Anche per Pansy arriverà il momento in cui alzerà la testa, m anche qui non posso dirti né come né quando. Se sono stronza ci sarà un motivo, no?
Tranquilla che Silente non è andato da nessuna parte. Per certe cose occorre il loro tempo, cosa che spiegherò ampiamente più avanti e affrettarle significherebbe solo rovinarle. Anche qui, porta pazienza.
Sono contenta che lo spoiler ti abbia fatto questo effetto. Chissà cosa mi dirai di quello a fine capitolo. ^^
Bacioni!

Mikika: ciao! Sono contenta che tu abbia deciso di affrontare la mia storia. Lieta che ti sia piaciuta fino a questo punto. Spero che le idee che ho tirato fuori dal cilindro ti piacciano e ti lascino a bocca aperta.
Per quanto riguarda Draco… DRACO 4EVER!!!

Kasumi_89: alla stupidità umana non c’è mai limite, a prescindere da Ron e Harry, anche se qui si stanno impegnando con tutto se stessi per cadere sempre più in basso. Mi sa che la Fossa delle Marianne è ancora troppo poco profonda per loro due…
Sei abbastanza cattivella con loro o sbaglio?, ma non posso darti alcun torto. Dire che uno stupro è la giusta legge del contrappasso, vuol dire non sapere di cosa si sta parlando e quindi, si parla solo per dare aria alla bocca.
Uomini. E ho detto tutto.
Aprire una persona in otto? ^_^ Beh, è molto semplice… dunque… tracci una linea verticale che va dal naso all’ombelico, poi fai sette tagli trasversali, come quelle tacche che usano i naufraghi per segnare quanti giorni sono trascorsi.
Se qualcuno te lo ha chiesto, io non ti ho detto niente! ^^
Mi raccomando, quando hai usato le lenzuola sbavate, buttale in lavatrice!
Grazie di tutto!

Valli: speriamo che al tuo ritorno l’attesa non sia stata vana. Sarebbe brutto aspettare con trepidazione di leggere l’aggiornamento per poi scoprire che è una schifezza assoluta. Parti con le più basse aspettative, poi se è meglio di quanto pensavi non ci rimarrai tanto male! ^__^
Nel capitolo precedente c’è stato un primo contatto, adesso vediamo che succede.
Per quanto riguarda Ginny e Blaise… con un po’ di pazienza – e sadismo da parte mia – ci arriveremo…
^__^

Stefy494: per quanto riguarda il fatto di commettere quegli errori che prima non hanno mai potuto commettere perché impegnati nella battaglia contro Voldemort, posso essere in parte d’accordo, ma sbagliare, dicendo che lo stupro è qualcosa che Pansy si è meritato visti i suoi comportamenti precedenti è esagerato.
Il giorno in cui qualcuno gli metterà un lampione nell’ “occhio interiore” ne riparleremo.
Sono contenta che il siparietto tra Albert e Daphne ti sia piaciuto. Mi piace quando sono GLI ALTRI a fare queste figuracce.
Il momento di Silente non è ancora arrivato, con calma…
In questo capitolo Draco sarà molto più presente, sia con la mente che con la testa. Spero che vi piaccia il modo in cui ho tentato di descrivere i suoi pensieri e che le emozioni che prova il ragazzo siano arrivate.
Incrociamo le dita!
Ciao e buona lettura!

Hermione59: a furia di sbatterci il naso tutti i giorni, chissà che Hermione non arrivi a considerare i Preston come la sua vera famiglia, ma tranquilla… ci saranno momenti di pura instabilità emotiva.
E questo grazie a Harry e Ron. Se adesso ti sono sembrati indescrivibili, chissà quando verrà il momento in cui la morte non ti sembrerà nemmeno più la soluzione per loro.
^^
Il fatto che Ginny si stia interessando al moro è forse un po’ prematuro da affermare, ma credo che si possa dire che c’è della sana curiosità, il che è già un enorme passo avanti, considerando il fatto che fino a cinque minuti prima c’era solo del sano odio. Facciamo un passetto alla volta… ^_^
Spero che questo capitolo ti piaccia.
Un bacione e buona lettura!

Ssaphiras: ti ringrazio per quest’inizio complimentoso ^__^ mi fanno sempre piacere!
Per quanto riguarda Silente, non posso né confermare né smentire, anche se forse… e dico forse, sei sulla strada giusta   ;-)
Di Draco posso solo dire di leggere questo capitolo e sperare che sia stato abbastanza chiaro nel descrivere i sentimenti del giovane e i suoi pensieri. A volte i concetti sono così chiari nella mia mente, ma mi mancano le parole per esprimerli al meglio, è così frustrante, a volte. ç_ç
A volte penso che basterebbe una parola per descrivere un concetto immenso, ma quando arriva l’ora di usarla, ecco che mi sfugge e sono costretta a dilungarmi in spiegazioni che magari un altro descriverebbe in quattro parole. Vabbè, non si può avere tutto nella vita, no?
Io ti ringrazio della tua opinione: è molto giusta. So che questa Hermione è strada da vedere – leggere – perché si è abituati a vederla forte e combattiva, ma sono anche convinta che questa ferita le rimarrà per sempre. Ha sempre odiato i purosangue per i loro modi altezzosi di guardarla e ora si ritrova ad essere una di loro. In più, ha avuto la conferma che non tutte le famiglie purosangue sono delle, passami il termine, stronze, visto che i suoi genitori sono molto aperti su tutti i fronti. Si trova ancora divisa a metà sull’avere pregiudizi su di loro – per quanto possa appartenere alla casa di GG, anche lei ha dei pregiudizi su di loro – o se decidere di guardare avanti. Ma guardare avanti vuol dire anche dimenticare ciò che i purosangue – alias Malfoy – le hanno fatto passare ed è una scelta molto difficile da affrontare e che richiede il giusto tempo.
Ovviamente, non rimarrà sempre così, perché io per prima non sopporto le ragazze che alla prima unghia rotta scoppiano a piangere invece di risolvere il problema e vedrai che la vecchia Hermione tornerà a galla con tutte le palle al seguito.
E vedrai che palle! ^__^
Spero di non essere stata troppo casinara con la spiegazione di sopra: come ho già detto, per spiegare un concetto mi ci vogliono vent’anni, ma se ci sono riuscita, mi faccio un applauso da sola. ^^
Un bacio e buona lettura!

HJ: beh, non per fare la guastafeste, ma se tu fossi inciampata al posto di Hermione, avresti sbattuto il naso a terra. Ti ricordo che sono una stronza e quindi non posso farti salvare da Draco, visto che è impegnato con Hermione, no? Accontentati di… che ne so?, Theo Nott?
Per quanto riguarda Pansy e Daphne, posso solo dirti che il loro modo di pensare, ovviamente, cambierà e che gli sviluppi si vedranno più avanti.
Spero che ti sia ripresa da quel momentaccio.
Un bacio, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
PASSI IN AVANTI E PASSI INDIETRO

Quel giorno, la Sprite aveva deciso di far lavorare la classe a coppie miste, per iniziare a mettere in pratica le volontà di Silente esposte al corpo docente in una riunione avvenuta prima dell’inizio dell’anno.
Nemmeno quel giorno Pansy si era fatta vedere alle lezioni, lasciando Serpeverde spaiata, così come Lavanda Brown, che aveva accusato mal di stomaco per un’eccessiva abbuffata, e in questo modo anche i Grifondoro rimasero spaiati.
“Scusi il ritardo, professore…” – si guardò intorno, non capendo come mai Harry fosse in coppia con Helder di Serpeverde, Ron con Nott e Neville con la Greengrass. – “… ssa. Mi sono persa qualcosa?”
“Come mai è in ritardo, signorina Granger?” – chiese la donna, cercandola con lo sguardo.
“Mi perdoni. Ho dimenticato un libro in classe e sono tornata a riprenderlo.”
“Bene. Per stavolta non toglierò punti a Grifondoro, ma che non accada più. Prenda posto accanto al signor Malfoy. Oggi lavorerete a coppie miste.”
Hermione diede una rapida occhiata, prima a Ginny, che non era messa poi così male. Era finita in coppia con Zabini. Poi guardò Malfoy, che palesava assoluta noia per quel compito. Harry e Ron invece seguirono tutta la lezione con un occhio sulla Sprite e uno su Malfoy e Hermione.
“Oggi dovrete raccogliere i Tuberi Salterini.”
Un coro di capricciosi “no” si levò nella serra.
I Tuberi Salterini erano forse la cosa peggiore dopo il pus di Bubotubero. Oltre a correre come i dannati, questi tuberi si mimetizzavano più che bene con l’ambiente circostante e spiccavano salti degni di Andrew Howo, il campione babbano di salto in alto. Catturarli era impossibile, a meno che non li si incantasse con una melodia dolce, che aveva il potere di bloccarli come sotto incantesimo.
Hermione non era in vena di cantare ed era sicura che nemmeno Malfoy – più per puro sadismo che altro – si sarebbe abbassato a cantare per prendere uno stupido Tubero Salterino.
“Come ben saprete i Tuberi Salterini sono molto irrequieti. Per fermarli, dovrete intonare una dolce melodia che avrà il potere di incantarli, solo in quel momento li potrete catturare. Avete a disposizione tutta l’ora. Una volta catturati, dovrete tagliare la sommità, facendo attenzione a non indugiare troppo nel taglio. Occorre un taglio veloce e deciso, altrimenti se si sentono seviziati, i Tuberi Salterini inizieranno a urlare come le Mandragore. Su, al lavoro.”
Pomona Sprite, una volta affidato il compito, si sedette e iniziò a correggere gli scritti che aveva assegnato la settimana prima ai ragazzi del secondo anno.
La riccia vide che gli altri avevano già iniziato a correre dietro a quei tuberi, ma né lei né il suo compagno di lezione si erano mossi di un millimetro.
“Iniziamo?” – chiese Hermione.

Aveva ripetuto quel semplice verbo declinato alla forma interrogativa per chissà quante volte nella sua testa, prima di trovare il coraggio di dirlo ad alta voce. Voleva tanto fare il primo passo verso la tanto decantata cooperazione del preside, ma il timore di veder rifiutato il suo tentativo l’aveva fatta titubare parecchio. Soprattutto, se colui che rifiutava, era il ragazzo che fino all’anno prima l’aveva sfottuta per quella sua mania di far andare tutti d’accordo.
Ecco.
Aveva appena fatto la figura della cretina. Malfoy non le aveva risposto e continuava a guardare i suoi compagni di casa mischiati ai Grifondoro che correvano dietro a quei Tuberi di Merlino.

La Preston era brava a nascondere le emozioni, ma non quanto lui. Lui era il migliore ed era sempre lui a decidere il come, il quando e il se, rivelarle agli altri. Captò nella sua voce un che d’incerto, come se non fosse sicura di voler iniziare.
Ma iniziare cosa?
Dovette ammettere con se stesso che la ragazza aveva avuto coraggio a fargli quella domanda e si chiese – filippica partita in quarta per un semplice iniziamo – se anche lei non avesse inteso non solo un inizio del compito, ma un inizio alla collaborazione.
Alla loro.
Lei aveva fatto comunque il primo passo.
Stava a lui decidere come, quando e se fare il secondo.
La guardò, rossa in volto, che attendeva una sua risposta. Era strano vederla ferma, mentre gli altri rincorrevano, cantando a squarciagola cori da scaricatori di porto, quegli insignificanti tuberi. Di solito, sarebbe partita per prima, mollando tutto e tutti pur di avere quell’ennesima “E” sulla pagella.
Eppure era ferma lì.
Lo stava aspettando.
Aspettava la sua risposta.
E aspettava lui.
Poco importava se era per il compito assegnato dalla Sprite o per qualsiasi altro motivo.
Lei era lì.
“Iniziamo.”




Hermione non si capacitava ancora di camminare fianco a fianco a Malfoy.
In silenzio.
E si stranì ancor di più del proprio comportamento, perché invece di correre dietro ai Tuberi Salterini, gli stava camminando affianco, come se aspettasse che iniziasse un discorso.
Uno qualsiasi.
Per la prima volta, il compito assegnatole da un’insegnante stava venendo dopo.
Dopo Malfoy.
Forse vedeva il biondo come l’unico collegamento che aveva con la Parkinson e con Albert. Aveva notato che la ragazza non era scesa nemmeno a colazione e voleva realmente sapere come stava. Ma poteva permettersi di chiedere una cosa così personale a Draco Malfoy? Era appena riuscita a stabilire una sorta di pace, anche se si trattava comunque di un religioso silenzio, e non sapeva se la sua domanda sarebbe stata appropriata.
E gradita.
Per il ritardo avuto, per la sorpresa di trovarsi Grifondoro e Serpeverde in coppie e per lo sgomento di essere finita proprio con Draco Malfoy, Hermione si era completamente dimenticata di rifarsi la coda, con il risultato che i suoi ricci, un tempo più simili ai covoni di fieno che rotolano nelle città fantasma dei tempi della corsa all’oro, erano liberi di muoversi, seguendo i suoi movimenti.

Contrariamente a ciò che si era sempre pensato, a Draco Malfoy i ricci piacevano.
E tanto, anche.
Il capello liscio era indubbiamente sinonimo di alta classe e di nobili origini e ogni ragazza purosangue che vantasse una discendenza tale, aveva i capelli rigorosamente lisci.
Il liscio rappresentava l’ordine, la disciplina, l’esatta disposizione che le cose dovevano assumere. Nessun nodo intaccava i capelli lisci e così doveva essere per le vite dei figli delle famiglie purosangue.
Ma il riccio… il riccio rappresentava la sfida, l’incognito. Addentrare una mano in una chioma riccia, significava uscirne diverso, cambiato.
Cos’avrebbe provato, se avesse infilato la mano nella chioma della Gra… Preston?
Le punte erano più chiare e sembrava che si fosse tinta i capelli, invece erano suoi. Con tutti i colori che le sue compagne usavano per compiacerlo aveva imparato presto a riconoscere una tinta da un colore naturale. E il suo lo era.
Quel silenzio era strano. Non gli pesava e nemmeno lo infastidiva.
Così come non lo infastidiva la persona che rimaneva in silenzio. Ma per la prima volta, Draco Malfoy desiderò che quella ragazza iniziasse a parlare senza mai fermarsi, perché sentire il silenzio di Hermione Preston – una volta Granger – era come dire che Silente era il braccio destro di Voldemort.
Ma cosa poteva mai dire lui per spezzare quel silenzio, magico, nel suo insieme?
Sai, a Quidditch sono il migliore.
Certo, presupponendo che il Quidditch stava a lei come la Cooman alle profezie – quelle vere, però – ipotizzò che non fosse il modo migliore per iniziare.
Insultare Potter o Lenticchia… o tutti e due insieme?, scontato, ma non si assicurò che la ragazza non reagisse a quegli insulti. E comunque, lui non era mai stato un ragazzo scontato.
Chiedere delle ronde?, escluso anche quello. Con il nuovo anno, lui non era più un Caposcuola, anche se per sicurezza sua e dei suoi amici, aveva avuto l’eccezionale permesso di dormire in una camera singola tutta per sè. Certo, tutta Serpeverde avrebbe dovuto avere una camera singola, ma in modo particolare Blaise Zabini, Draco Malfoy, Theo Nott, Daphne Greengrass e Pansy Parkinson erano quelli più a rischio, perché erano quelli che durante gli anni di Hogwarts si erano messi in mostra per le loro doti di… come definire qualcuno che si è impegnato nel far soffrire la gente al pari di Hermione Granger che s’impegnava per avere voti sempre eccellenti?
Oh, sì.
Serpi.
Una parola che riassumeva gli studenti di quella casa.
Camminando all’inseguimento di un Tubero Salterino che sembrava prenderli per i fondelli, perché camminava lentamente, ma appena Hermione si chinava per prenderlo schizzava via dalle sue mani, non si resero conto di essere arrivati in una radura, decisamente fuori mano e lontana dagli altri studenti.
Hermione non sapeva più cosa fare. Non le era mai piaciuto il silenzio, perché il suo rumore le spaccava i timpani. Lo accoglieva benevola quando si trattava di studiare, ma in quel momento avrebbe pregato in ginocchio perfino Malfoy che la insultasse, pur di spezzare quel rumore che le assordava le orecchie.
Era sul punto di prostrarsi ai suoi piedi, quando lui, di nuovo, la sorprese.

“With every waking breath I breathe
I see what life has dealt to me
With every sadness I deny
I feel a chance inside me die…”

Non seppe dire se si era fermata per ciò che stava succedendo o per la bellezza della sua voce. Partendo dal presupposto che stavano collaborando per portare al termine un compito che era stato dato a loro due, Hermione non credette possibile che Malfoy fosse dotato di una voce così… bella.
Era riduttivo definirla tale, ma più cercava vocaboli che ne esprimessero al meglio la consistenza, più le veniva in mente quello.
La voce di Malfoy era corposa.
Come un vino.
Un vino, che poteva sembrare vischioso tanto quanto il sangue umano.
Rimase ad ascoltalo incantata.
Come il Tubero Salterino che, se avesse potuto sfidare le leggi della gravità, si sarebbe bloccato a mezz’aria. E più lo ascoltava, più sentiva che voleva ascoltarlo ancora.
E ancora.

“Give me a taste of something new
To touch to hold to pull me through
Send me a guiding light that shines
Across this darkened life of mine”

Ma la cosa che più la colpì, fu la scelta della melodia. L’aveva riconosciuta subito per il ritmo incalzante e le sembrò quasi di sentire il continuo respiro che dava il titolo alla canzone. Il cuore batteva a un ritmo strano, non era il solito calmo e placido, ma non era nemmeno un ritmo martellante da dire “mi scoppia il cuore”.
E, ora che ci faceva caso, batteva al ritmo del respiro della canzone.
Una canzone che racchiudeva una preghiera, una richiesta d’aiuto.
Che le fece riportare i piedi per terra.
Malfoy aveva smesso di cantare già da un po’ e si era ritrovata a fissarlo inebetita. Si diede più volte della stupida, perché adesso chissà cos’avrebbe pensato di lei. Rimase in attesa della frecciatina, pungente, che sarebbe giunta di lì a poco, ma che non arrivò.
Draco la guardò a sua volta, chiedendosi se mai quella ragazza che tutti reputavano intelligente, avesse capito ciò che a parole gli veniva difficile dire. La sorpassò, senza spingerla o farle capire che lui era più grande e lei più piccola – che lui era superiore e lei inferiore, differenza ormai non più marcabile – e andò a raccogliere il tubero, bloccato come se fosse stato pietrificato. Si chinò e lo raccolse da terra, avvertendone la ruvida consistenza sotto le sue aristocratiche dita. Si girò e la vide fissarlo.
Aveva fatto il suo terzo passo.




“Un eccellente lavoro!” – esclamò la Sprite, prendendo in consegna la sommità del Tubero Salterino.
Di tutte le coppie formatesi, solo quelle di Draco e Hermione, Ginny e Blaise erano riuscite a prendere il tubero senza infangarsi e a tagliargli la punta. Hermione era ancora assorta nei suoi pensieri, a riflettere su ciò che era successo.
“Chi ha il merito della cattura?”
“Alla Weasley.” – disse Zabini, senza vergogna alcuna. In molti si aprirono in ovazioni di puro stupore.
A Draco non importava il punteggio. Gli era bastato che lei capisse. O che ci provasse, almeno.
Perché di una cosa era sicuro: se Pansy non aveva obiettato alle cure della Preston e lei l’aveva curata come se fosse stato Potter o Lenticchia, allora quella ragazza non doveva essere poi tanto male come aveva sempre pensato.
Come gli era sempre stato detto di pensare.
Gli altri studenti guardarono con invidia Hermione, Draco, Ginny e Blaise perché erano stati gli unici a catturare il Tubero Salterino senza nemmeno uno schizzo di fango.
“Di Malfoy. Il merito è suo.”
L’Apocalisse è giunta, fu il pensiero unanime delle due case che iniziarono a guardarsi perplessi, chiedendosi se quello in cui si trovavano non fosse un universo alternativo. Hermione non aveva palesato stizza o rabbia per non essere riuscita da sola nel compito, ma piuttosto una sorta placida costatazione, come se fosse stata una cosa del tutto naturale che Hermione Granger e Draco Malfoy collaborassero insieme e si dessero a vicenda il merito della riuscita dell’impresa.
Draco iniziò a guardarsi intorno, come a chiedere conferma nei visi dei suoi compagni di non aver immaginato tutto, di averla sentita veramente dire che il migliore, in quel caso, era stato lui.
L’ammissione da parte di colei che aveva sempre disprezzato nel riconoscere la sua superiorità.
E nel trovarsi davanti le facce spaurite dei suoi compagni, come se da un momento all’altro il cielo sarebbe caduto, ne ebbe la conferma. Il sangue iniziò a fluire veloce al viso, portandolo a una gradazione rosea che per uno con la pelle chiara di Malfoy poteva essere scambiato per il comune colorito di un viso sano.
Solo che per lui equivaleva a un arrossamento dovuto all’imbarazzo.
“Ah…” – fece la Sprite, sorpresa.
Vedere i due migliori studenti della scuola che riuscivano a collaborare dopo anni d’insulti reciproci sarebbe stato un regalo più che gradito, ma sentire la ragazza encomiare Malfoy per aver fatto tutto da solo, le aveva messo addosso una sorta di euforia che non le impedì di allargare la bocca in un sorriso a sessanta denti.
“Venti punti per il signor Malfoy e dieci per la signorina Granger!”
I Serpeverde inneggiarono Draco, dimenticandosi ben presto della Granger e del suo gesto, mentre Harry e Ron si precipitarono da Hermione, ancora sotto shock, chiedendole cosa fosse successo.
“Allora? Ti ha fatto del male?” – chiese Harry.
“Ti ha messo le mani addosso? Perché se è così, giuro che mi faccio una pelliccia!” – fece Ron.
“Mione, ti prego! Sei cadaverica!” – disse Harry.
Hermione, sentendosi sopraffare, si allontanò di un passo, riuscendo finalmente a respirare.
“Dio, sto bene!” – fece lei stizzita.
Le aveva dato molto fastidio che si fossero interessati a lei solo in quel momento e per quel motivo. Come se Malfoy potesse essere così meschino da attaccarla durante una lezione.
“Scusa, ci siamo preoccupati.” – osservò Ron, seccato da quella reazione a suo dire esagerata.
Hermione lo guardò con tanto d’occhi, mentre dall’altra parte Ginny osservava con interesse tutta la scena.
“Sì, e prima dov’eravate?” – chiese, riferendosi al suo bisogno di avere accanto i suoi amici durante la sua rivelazione.
“Qui a cercare di prendere quei tuberi.”
Hermione sentì i suoi occhi pizzicare di bruciante delusione.
“Mi sono infangato tutto.” – fece Harry, guardandosi e alzando prima una gamba e poi l’altra. – “Senti, l’ora è finita. Noi andiamo a lavarci. Ci vediamo dopo in Sala Grande, ok?” – e insieme a Ron, se ne andò.
“Tutto bene?” – chiese Ginny, giunta da lei.
“No. E’ uno schifo totale.”
“Dai, ti accompagno in camera.”
“No, senti. Ho bisogno d’aria. Avviati, io arrivo tra poco.”
“Sicura?” – si accertò la rossa.
Hermione sorrise forzatamente.
“Sì, vai. Arrivo tra poco, te lo prometto.”
Ginny comprese il suo bisogno di stare sola e non la forzò con la sua presenza.

Con il gesto compiuto fuori dall’aula di Trasfigurazione e quello a cui aveva appena assistito, iniziò a porsi delle scomode domande su chi fosse veramente Draco Malfoy e soprattutto… perché si nascondesse sotto una coltre di indifferenza e solitudine.
Hermione si sedette su un masso lì vicino, come se avesse dovuto riprendere fiato dopo una lunga corsa. Ancora stentava a credere a ciò che aveva fatto, ma allo stesso tempo sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Lei la faceva sempre.
Era talmente sopraffatta dalle emozioni, che non riusciva a essere coerente con se stessa nemmeno per mezzo minuto di fila. Sapeva benissimo che sarebbe stato difficile cercare di comportarsi con Malfoy come se nulla fosse mai accaduto, come se le sue cattiverie non fossero mai esistite.
Si passò una mano tra i capelli, accorgendosi solo in quel momento che li aveva ancora sciolti. Chissà in che stato erano!, pensò arrossendo. Aveva corso per tornare nell’aula di Trasfigurazione per riprendere il libro di Pozioni e poi aveva corso nuovamente per arrivare in tempo alle serre. Tastò con la mano dietro l’orecchio destro, ma si accorse con dispiacere di aver perso la matita, così dovette per forza di cose usare la bacchetta.
Li aveva raccolti alla bell’è meglio e stava per infilare la bacchetta per tenerli fermi, quando una voce la fece sussultare.
“Niente pranzo oggi, Preston?”




Aveva sentito di doverla fermare. Non voleva che legasse i suoi capelli, voleva continuare a vederli sciolti e ribelli, con la loro aura di mistero e ignoto che gli avevano trasmesso durante la ricerca dei tuberi.
“Giusto. Te lo ha detto Albert.” – disse, lasciando nuovamente liberi i capelli. Portò le mani sul masso.
“Beh, dopo averlo visto abbracciare la mezzosangue, diciamo che qualche domanda ce la siamo posta.”
Hermione sorrise sarcasticamente.
“Mi spiace per te, ma ora non puoi più chiamarmi così.” – si prese una ciocca tra le mani, se la arrotolò attorno al dito e poi la liberò.
Albert le aveva detto che aveva messo al corrente i suoi amici e che aveva fatto giurare loro che non avrebbero aperto bocca fino a che non fossero stati loro due a decidere di farlo per primi. E se Albert si fidava di Malfoy e gli altri, lei si fidava del fratello, anche se aveva preferito mantenere qualche riserva su chi era venuto a conoscenza del suo segreto.
“E tu? Non vai a pranzo?
Ora che l’aveva sentito cantare, perfino la sua voce, anche se la usava per parlare normalmente, sembrava aver assunto una connotazione più corposa.
Più bella.
E anche lui era bello, pensò la riccia.
Una voce bella per un ragazzo bello.

Non provò nemmeno per un istante a negare questo fatto. Draco Malfoy era un ragazzo indiscutibilmente bello, che incarnava tutti i canoni della bellezza classica. Il suo viso era simmetricamente perfetto, i suoi occhi, di un azzurro ghiaccio che non aveva mai visto. Ne aveva visti tanti di azzurri o blu, ma mai color ghiaccio.
La sua bocca sembrava essere stata disegnata dal più abile dei pittori. Sottile e perfetta, come se dovesse essere fatta solo per farsi baciare.
Abbassò gli occhi, perché si era resa conto di aver indugiato troppo sul suo viso e non voleva dargli un pretesto per prenderla in giro. Non quella volta.
Non voleva che dalla sua bocca perfetta uscissero parole aspre che, ne era più che sicura, l’avrebbero ferita forse ancora di più di quelle che soleva usare sempre.
Non voleva rovinare quel momento, quell’unico momento che si era creato solo dopo sei anni di insulti, disprezzi e odio.
“Non ho molta fame.” – rispose lui, atono.
Era una semplice constatazione, niente di più e niente di meno. Lo vide infilare una mano nella tasca interna del mantello e prendere il pacchetto delle sigarette.

Forse pensa che dopo aver stabilito questa sorta di tregua, che non ha i confini ben delineati, io non lo rimproveri perché non deve fumare. Forse è stato solo un momento e la mia fantasia ha fatto il resto, forse non vuole creare un rapporto come tanto diceva Silente, forse…

Tanti forse, ma che lei non aveva voglia di mettere in pratica.
Voleva fumare?, che fumasse, allora. E poi, erano in uno spazio aperto e lui poteva benissimo fare ciò che voleva.

Draco Malfoy aveva sempre provato una forte irritazione quando, mentre si fumava una buona sigaretta senza rompere le palle a nessuno, la Granger entrava nel suo campo visivo e iniziava una filippica sulla salute fisica, sulle regole infrante e su qualsiasi altra cosa che, Merlino!, quella ragazza riusciva a inventare.
Ma quella volta fu diverso.
Voleva che lo fermasse. Voleva che dicesse qualcosa.
Aveva pensato molto a come attirare la sua attenzione, come solo un Malfoy sa fare, ma non trovò niente di più eclatante se non il fumo di una sigaretta. Era sicuro che l’avrebbe ripreso, che gli avrebbe rifilato una predica sull’infrazione delle regole.
Ma non lo stava facendo. Si limitava a fissarlo, mentre sfilava con le sue dita sottili la sigaretta, impiegandoci forse un po’ più del previsto, portarla alla bocca e accenderla con un incantesimo non-verbale.
La prima boccata, quella che di solito aveva il potere di distendergli i nervi, fu una boccata senza gusto. Nessun rilassamento, nessuna soddisfazione.
Guardò la sigaretta, con un po’ di repulsione e fu tentato di gettarla a terra. L’irritazione verso di lei che non lo aveva fermato fu fatale.
“Niente prediche, purosangue?

Eccola lì.
La stava aspettando.
Era stato troppo bello pensare che quella pace sarebbe durata per lo meno fino a sera. E sentì il suo cuore sanguinare, perché per un attimo lo aveva visto diverso, aveva visto qualcosa.
E anche se l’aveva chiamata purosangue, aveva usato lo stesso sprezzo che metteva quando pronunciava quell’altra parola, quella che l’aveva fatta piangere anni addietro.
Aveva alzato il viso, incorniciato da quell’ignoto, che aveva catturato ogni suo senso. Era rossa in volto, forse per il freddo, forse per ciò che aveva pensato poco prima della bellezza di Malfoy.
Forse, perché non si era aspettata un attacco così immediato.
“Con te è fiato sprecato, Malfoy.”

Il ghigno dalla sua faccia sparì.
Si era aspettato una sua replica, ma non così fredda, non così priva della personalità che l’aveva sempre caratterizzata. Era stato poco più di un sussurro, come se non valesse nemmeno la pena di sprecare aria con uno come lui.
Voleva solo sentirla parlare, vedere i suoi ricci ondeggiare, mentre seguivano la furia dei suoi gesti, rimanere ipnotizzato dalla sua stizza.
Ma non si aspettava quella risposta.
Non così, non come se lui non avesse più speranze di essere salvato.
Lo aveva sentito, prima. Aveva sentito quella specie di filo sottile che l’aveva collegato alla Preston, aveva fatto il suo primo passo, il secondo e il terzo.
E lei, li aveva appena buttati al vento.
Una folata di vento fece muovere il suo mantello, avvolgendo la sua figura dando l’impressione di essere un uomo di altri tempi. Il vento colpì il viso di Hermione, facendole volare all’indietro i capelli. Si beò di quel refolo d’aria, che aveva portato sollievo al suo viso, ma una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco.
“Fiato sprecato…”
E capì di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato.
Draco ghignò, un ghigno che lei non gli aveva mai visto. Aveva sempre la bocca atteggiata a quella smorfia di disprezzo, sarcasmo venato di cattiveria.
Ma mai di amarezza.
“Malfoy…”
“Buono a sapersi, Preston. Grazie per avermi aperto gli occhi.”
La riccia era scattata in piedi, ma il movimento dei suoi ricci perse improvvisamente d’interesse.
Eppure, si soffermò a guardarli per un secondo.
L’attimo successivo, Hermione vide solo le spalle di lui allontanarsi.




Rimase sola per tutta l’ora del pranzo a guardare il punto in cui Malfoy era sparito. Chiuse gli occhi e perse il conto di quante volte si era maledetta per quella frase. L’aveva ripetuta con tutti i toni di voce possibili immaginabili nella sua mente. Un momento le sembrava una frase come un’altra, l’attimo successivo la peggiore delle condanne a morte.
Tutto stava nel capire cosa Malfoy avesse voluto intendere con quella frase.
Iniziò a picchiare il tavolo della Sprite, grugnendo di frustrazione, immaginando di essere lei, quel tavolo, che veniva ripetutamente battuto.
Vi erano delle schegge e lei si ferì, ma non le vide come un motivo valido per fermarsi. Continuò fino a scorticarsi i lati delle mani e quando iniziò ad avvertire il sangue colare si fermò.
Guardò il risultato e sentì gli occhi velarsi di lacrime.
Aveva appena capito di aver detto a Malfoy di essere irrecuperabile.

Rientrò al castello venti minuti prima dell’inizio del test di Piton. Doveva passare prima dal bagno e lavarsi le mani. Non voleva che Ginny si preoccupasse e non le andava di spiegare ciò che era successo.
Perché non lo capiva nemmeno lei.
Quando Grifondoro e Serpeverde entrarono nell’aula di Pozioni, videro Hermione Granger già seduta al suo posto con tutto il necessario sul banco per poter prendere i soliti accurati appunti. Nessuno se ne sorprese, se non Ginny, che l’aveva aspettata per tutto il pranzo, e che corse da lei per sapere cosa fosse successo.
“Ehi… come mai non sei venuta a pranzo?” – le chiese, sedendosi accanto a lei.
“Non avevo fame, scusa.” – spiegò Hermione, condendo il tutto con un sorriso tirato di cui Ginny si accorse perfettamente.
“Mi ero così preoccupata e…” – la rossa si bloccò e le prese le mani. – “… e questi cosa sono?”
Hermione ritrasse i palmi e sempre con un sorriso finto e la tranquillizzò.
“Nulla. Ho avuto a che ridire con il tavolo della Sprite.”
“Ma…” – tentò Ginny, interrotto dall’arrivo di Piton.
“Zitta, c’è il professore.” – fece Hermione, assumendo la sua solita postura retta.

Draco Malfoy entrò in aula con dietro Blaise, Theo, Daphne e Albert.
Il suo sguardo, per quanto si fosse imposto mentalmente di non farlo, era corso alla chioma della mezzosangue e una smorfia di disappunto gli corse sul viso.
Aveva legato i capelli.
L’aula era ancora semi vuota e poteva sentire i discorsi di tutti, se solo avesse voluto. Ma solo uno gli interessava.

“… e questi cosa sono?”
Draco si sporse leggermente per vedere cos’avesse visto la Piattola. Corrucciò le sopracciglia nel vedere le mani della Granger mezze scorticate e con del sangue raggrumato.
Che diavolo aveva fatto?
La vide ritrarre i palmi e tranquillizzare l’amica con un sorriso finto.
“Nulla. Ho avuto a che ridire con il tavolo della Sprite.”
Il tavolo della Sprite? Che aveva fatto quella stupida? La sua mente corse subito al tavolo incriminato, ma non capì cosa ci potesse essere di così pericoloso da aver provocato quelle escoriazioni alle mani della ragazza.
“Ma…” – tentò la Weasley, interrotto dall’arrivo del professore.
“Zitta, c’è il professore.” – fece Hermione, assumendo la sua solita postura retta.

Draco si girò e vide Piton entrare dalla porta, con la sua solita anda. Si accomodò e lasciò che iniziasse la lezione.
“Molto bene.” – fece il professore, indugiando per un secondo sulla figura di Hermione. – “Oggi faremo un test a sorpresa.”
“Cosa?!?” – fu la reazione dell’intera classe.
“Silenzio!” – urlò il docente, che a pazienza stava messo come Hagrid all’igiene personale. – “E’ un test di ripasso per riprendere in mano l’ultimo argomento trattato l’anno scorso.”
Ginny si girò verso Hermione, provando quasi un po’ di soggezione per le sue doti di veggente. Alla faccia di chi diceva che l’occhio interiore lei non lo possedeva…
Hermione si mise composta, tutta soddisfatta per l’inaspettato compito.
L’intera classe, a parte qualche prescelto, si guardò sconcertata. E chi se lo ricordava il Distillato della Morte Vivente?
Per convenienza, Harry e Ron si misero in fondo alla classe, sperando di poter copiare da chi stava davanti a loro, casualmente Hermione e Ginny. Le videro scambiarsi un sospetto cenno d’intesa e l’attimo successivo le pergamene con i compiti apparvero dal nulla sotto i loro nasi.
“Avete l’intera ora a disposizione. Sfruttatela.” – fece Piton, sedendosi in cattedra e facendo comparire le pergamene davanti ad ogni singolo studente.
Con calma, Hermione lesse la prima domanda.
1)    Spiegare con cinquanta parole – o anche meno – cos’è il Distillato della Morte Vivente.
Hermione corse a leggere le altre nove domande, costatando che quella prima prevedeva una descrizione sommaria della pozione e che i dettagli sarebbero stati chiesti più avanti.
Intinse la piuma nel calamaio e scrisse la risposta.
Il Distillato della Morte Vivente è una pozione molto potente. Induce chi la assume in un sonno profondo tanto da far credere che chi l’ha assunta sia morta. Da qui, il suo nome.
Rilesse, soddisfatta, la sua risposta e passò oltre, ma prima diede uno sguardo a Ginny e sorrise nel vederla scrivere con foga le risposte, come se temesse di poterle dimenticare.
2)    Indicare gli ingredienti principali della pozione.
Nulla di più facile, pensò la riccia. Hermione continuò a scrivere, come se invece di un test a sorpresa, stesse compilando un cruciverba. Da dietro, provenivano mugulii di protesta e sofferenza dettati, molto probabilmente, dalla mancanza di studio.
Ben gli sta, pensò Hermione in un moto di bastardaggine serpeverdesca. Si chinò sulla sua pergamena, schermandola così dagli sguardi dei due ragazzi che le stavano dietro e continuò con la sua verifica.
In un moto d’orgoglio, vide Ginny intingere e scrivere, scrivere e intingere. Quella ragazza era fatta così: quando sapeva le cose le buttava giù a capofitto, scrivendo anche l’impossibile. Tornò a concentrarsi sul suo compito, completandolo dopo quaranta minuti. I restanti venti passarono nella rilettura e nella correzione di eventuali errori ortografici o aggiunta di qualche particolare in più che, si sperava, avrebbe condotto a un voto più alto.
Anche Ginny, china come se stesse preparandosi per un attacco, rileggeva parola per parola, attenta a non farsi scappare niente.
“Giù le piume!” – fece Piton.
Gli studenti obbedirono. La maggior parte di essi si buttò contro lo schienale, come se avessero appena sostenuto i M.A.G.O. Le pergamene si librarono in aria, si arrotolarono da sole e furono fatte evanescere con un incantesimo non-verbale del professore.
“Vi darò i risultati la prossima volta. Buona giornata.”
Hermione e Ginny si sorrisero complici, ignorando bellamente gli sguardi sospettosi di Harry e Ron. Afferrarono le proprie cose e si diressero verso l’ultima lezione di quella giornata, Aritmanzia.
Quella fu una lezione molto leggera, in cui la professoressa aveva ripassato velocemente gli ultimi tre argomenti dell’anno precedente e aveva fatto un resoconto ben dettagliato ai ragazzi di ciò che si sarebbe affrontato quell’anno in previsione degli esami finali.
Fu verso gli ultimi venti minuti, in cui la professoressa stava continuando a ripetere ormai le stesse cose, che Ginny fece apparire sul banco alcune scritte.

Allora? Mi dici che ti sei fatta alle mani?
Hermione lesse la scritta e poi guardò l’amica.
Nulla, non ti preoccupare.
Ginny lesse a sua volta e arricciò le labbra.
Non pensare di liquidarmi in questo modo. O mi dici cos’è successo, o mi dici cos’è successo. A te la scelta.
Hermione credette di aver letto male, ma quando guardò in faccia l’amica, le venne da sorridere.
Davvero, niente. È che sono una stupida.
Ossimoro interessante. E a cos’è dovuta questa tua stupidità?
Riformula la domanda. A chi, è dovuta.
Ah…
Senti, non mi va di parlarne qui. Dopo andiamo in camera, ok?
Ok. Passo e chiudo.
Hermione sorrise, nascondendosi dietro un finto sbadiglio.
Roger.
Anche Aritmanzia ebbe una sua fine, così come quella giornata.
Hermione non si era ancora alzata. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, un vuoto che aveva i capelli biondi e gli occhi color ghiaccio.
“Ehi… vuoi mettere radici qui?” – le chiese scherzosamente Ginny.
Hermione sorrise e scosse la testa.
“No, arrivo.”
“Ti spiace se vado avanti?” – chiese Ginny. – “Vorrei farmi una doccia prima di passare il pomeriggio a confessarti.”
Hermione la guardò con tanto d’occhi.
“Ossignore… no, vai pure. Arrivo tra poco.”
Ginny annuì e uscì dall’aula. Accostò la porta e scese le scale incontrando, stranamente, Blaise Zabini.
Ormai non si straniva più della cosa. Sembrava quasi che lui l’aspettasse volutamente ogni volta. La borsa sbatteva sulla sua gamba, provocandole un po’ di fastidio, motivo per il quale se la girò dietro la schiena.
“Ciao.” – fece lei.
“Ciao.”
“Com’è che mi aspetti sempre? Cerchi il momento giusto per farmi fuori?” – ironizzò lei.
“Ebbene sì, mi hai beccato. Devo farmi più furbo.”
Ginny gli sorrise fintamente, ma divertita.
“Oh, non ti sforzare troppo, mi raccomando.”
“Ha-ha.” – fece lui.
Camminarono in silenzio per un paio di minuti, quando Blaise le porse una domanda.
“Posso chiederti una cosa?”
“Dimmi.” – fece lei, ancora stranita per quella sorta di tregua intercorsa tra loro così naturalmente da non aver avuto bisogno di anni di trattati di pace.
“Perché non giochi più a Quidditch?”
“Diciamo che per una signorina bene educata come me…”
Blaise la guardò divertito per il modo in cui l’aveva detto.
“… non è bene avere un manico duro perennemente infilato in mezzo alle gambe.”
Blaise rise di gusto e Ginny si aggregò a lui, stupita ma divertita per la sua uscita.
“Questa è bella. Me la devo scrivere.”
Allora Ginny gli porse piuma e pergamena, cosa che fece ridere ancora di più il moro. Poi li rimise via.
“Tu invece ci sei ancora dentro, vero? Al Quidditch, intendo dire.” – specificò la ragazza. Con Zabini non si poteva mai sapere…
“Sì. Quindi non potrò scontrarmi con te sabato.”
“Forse è meglio. Non è mio desiderio farti del male.” – disse, sbattendo fulgidamente le ciglia.
Blaise arricciò le labbra.
“Ma se non arriveresti nemmeno a prendermi!” – osservò lui.
Ginny abbassò lo sguardo e rise piano.
“Zabini, mettiamo in chiaro una cosa.”
Il moro si fermò e incrociò le braccia.
“Sono l’ultima di dieci fratelli. Tutti, a parte uno…” – fece, riferendosi a Percy. – “… sono giocatori incalliti di Quidditch. Hanno inventato alcune manovre che non riusciresti nemmeno a sognartele di notte e per concludere…” – gli si avvicinò e gli si piazzò sotto il naso. Gli puntellò l’indice sul petto, ma senza una reale minaccia, anzi. – “… fidati se ti dico che potrei prenderti quando, dove e come voglio.” – si allontanò di qualche passo, notando come lo sguardo di lui si era fatto più serio, ma mantenendo sempre quell’ombra di divertimento negli occhi.
Ginny sorrise, più per deviare l’attenzione da quello sguardo che le stava facendo provare una sensazione strana.
“Buon pomeriggio.” – si avviò verso la sua camera, ma svoltato l’angolo ebbe una bella sorpresina.




Hermione era ancora seduta al suo posto e si stava controllando le ferite procuratasi quel mattino a Erbologia. Ogni tanto strizzava leggermente gli occhi, perché alcune piccole schegge si erano infilate sotto pelle e appena le toccava, sentiva un pizzicore fastidioso. Appoggiò i gomiti sul banco e si prese la testa tra le mani.
Ma che diavolo le era preso? Non… non voleva usare quel tono con Malfoy, ma tutto l’insieme delle cose che le erano successe e che stavano accadendo, specie con Ron e Harry, l’avevano per un momento – per quel momento – gettata nello sconforto e l’avevano portata a dire una cosa sbagliata.
Con un tono di voce sbagliatissimo.
Alla persona più super sbagliata a cui poteva dirle!
Non voleva dire che Malfoy era irrecuperabile, che non poteva ambire alla redenzione. Quella sua frase doveva, per una stramaledettissima volta, essere presa alla lettera e cioè che era inutile parlare con lui perché tanto alla fine faceva sempre quello che voleva.
Niente di più e niente di meno.
Aveva la testa che le scoppiava. Voleva solo fare una doccia – fredda – e dire tutto a Ginny, l’unica che, grazie a Dio, le era rimasta vicina.
Prese la sua borsa e si avviò verso l’uscita, ma…
“Oh, scusi non…” – si bloccò quando incontrò gli occhi di Malfoy. Cercò di arretrare di un passo, ma lui, fulmineo, le prese entrambi i polsi.
Per il contraccolpo, Draco fece un paio di passi indietro, finendo sullo scalino sottostante.
Hermione sentì una scossa partire da quel punto e irradiarsi in tutto il corpo. Quella situazione era del tutto irreale.
“Malfoy, lasciami i polsi!”




Subito dopo Aritmanzia, Draco era uscito di fretta dall’aula per dirigersi alle serre per costatare di persona ciò che era successo ai palmi della Preston. Aveva accarezzato il tavolo della Sprite con sopra il sangue della ragazza. Si era raggrumato ed era ancor più fastidioso percepirlo al tatto. Doveva aver battuto con forza per arrivare a scorticarsi le mani in quel modo.
Così provò anche lui.
Pugnò il tavolo una sola volta e corrucciò le sopracciglia nell’avvertire una fastidiosa puntura lì, dove ora scendeva una gocciolina di sangue. Se la strofinò sui pantaloni e l’attimo successivo c’era solo un piccolo puntino rosso.
Perché l’aveva fatto?
Aveva pensato che lo avesse fatto per la loro discussione, ma non poteva essere. Tante volte avevano litigato in passato, ma mai aveva notato una reazione simile. Sentiva che la Gran… Preston non era il tipo da infliggersi una pena così per due semplici frasette.
Ma se lo aveva fatto, quelle due semplici frasette dovevano contenere un significato più profondo di quello che all’apparenza avevano dimostrato di possedere.
Avvertì del calore affluirgli al viso.
Che ci fosse rimasta male per come si erano separati?

Così era tornato indietro e aveva saputo che la ragazza era ancora nell’aula di Aritmanzia. Aveva percorso in fretta le scale e si era fermato di fronte alla porta socchiusa. Aveva spiato e l’aveva vista a controllarsi i palmi.
Quando poi aveva ripreso il controllo su di sé e sulle proprie emozioni, si chiese se era diventato scemo tutto d’un colpo o se lo era sempre stato. Perché affannarsi in quel modo per capire quella ragazza? Era molto combattuto se restare, entrare o andarsene. Stava per girarsi, quando la porta si aprì e Hermione gli andò a sbattere contro.
Ecco.
Adesso doveva per forza di cose restare.
La vide arretrare, ma l’istinto lo indusse ad afferrarla per i polsi e obbligarla ad affrontarlo. Poi però la sua stretta, da rude, si fece più gentile, lasciando Hermione nello stupore più totale. Il viso si stava colorando di un rosso troppo acceso, nel sentire le sue mani toccare gentili le sue.
Teneva la sua mano come se stesse stringendo chissà quale sacra reliquia. Rabbrividì quando sentì le sue dita percorrere i tagli che si era procurata sul tavolo della Sprite. Tentò di ritrarli ma lui, con decisione mista a delicatezza, glieli trattenne.
“E questi?” – chiese, alzando gli occhi su di lei.
Fu veramente strano guardare Malfoy da quella prospettiva. Lei era più piccola di lui in statura e ogni volta che avevano i loro scontri, lei si ritrovava sempre a dover alzare la testa, una cosa che non aveva mai sopportato. Non con lui, almeno. Ma in quel momento avvertì dentro di sé una sensazione strana e si chiese se parte del guardare le persone dall’alto in basso racchiudesse anche quella cosa che stava provando in quel momento.
Ma non ne era avvezza, così scese di uno scalino fino ad arrivare alla sua altezza.

Nemmeno per Draco era facile alzare la testa. Per molti anni l’aveva tenuta sempre bassa e quando era arrivato il momento di rialzarla, le cose si erano sistemate da sole.
Gran bella fatica.
Ma non gli aveva dato fastidio alzarla in presenza della Granger. Qualcosa li accomunava, ma non sapeva ben definire ancora cosa.
“Me li sono fatta da sola.” – rispose lei con una mezza verità.
Draco continuò la contemplazione delle sue mani. Hermione si sentì maledettamente inferiore, perché aveva notato come le mani del ragazzo fossero perfette e morbide, mentre le sue erano sporche di inchiostro e aveva l’unghia del pollice mezza mangiata. Gesto che compiva sempre quando aveva dei problemi a eseguire un compito particolarmente difficile.
“Sul tavolo della Sprite?” – chiese, riportando lo sguardo nel suo.
Hermione sgranò gli occhi e il respiro si fece pesante. Cosa ne sapeva lui del tavolo della Sprite? Tentò con più convinzione di riprendere possesso delle sue mani, ma Draco glielo impediva sempre.
“Lasciami le mani, Malfoy.”
“Devo capire una cosa, Preston.”
“Cosa?”
Draco si mise sullo stesso gradino della ragazza che fu costretta suo malgrado ad alzare la testa. Era pronta ad attaccare e Draco lo sapeva bene. Solo con lui aveva quello sguardo di furia e determinazione che presagiva sempre una stoccata a effetto.
“Non è il tavolo che volevi picchiare, vero?”
Lo guardò sgomenta, chiedendosi se avesse praticato Legilimanzia su di lei. Malfoy tornò sul gradino più basso e rimase a guardarla per un attimo, poi sparì nella tromba delle scale, lasciandola da sola a riflettere su ciò che era appena successo.
Giunse le mani in segno di preghiera e se le portò alla bocca.
Cosa stava succedendo?
Da quando il mondo stava girando al contrario? Aspettò qualche minuto prima di scendere. Non voleva incontrare Malfoy in quello stato.
Aspettò cinque minuti e poi si diresse verso la sua camera.









Note di me:

Dalle mie parti si dice “andare avanti come i gamberi”.
Fare un passo e buttare all’aria tutto ciò che si è costruito durante una sola ora di lezione. Spero di essere stata abbastanza chiara nell’esprimere i pensieri di Draco.
Se c’è un personaggio più casinaro di Voldemort, quello è lui. È un controsenso vivente e afferrare i suoi comportamenti è come azzeccare per tre volte di fila il Superenalotto.
Una però ci prova e spera che il risultato sia, se non perfetto, abbastanza decente e coerente con la personalità del personaggio.
Detto ciò, passiamo oltre, come si dice…
Hermione ha fatto un casino, ma c’è stato un piccolo chiarimento alla fine. Quello vero, dovrà ancora venire, quindi… abbiate fede e pazienza.

Piaciuto lo scontro Ginny/Blaise?
Benché abbia forgiato io i caratteri di queste due personalità, posso affermare che mi piacciono. Sono gli unici che sono sufficientemente spontanei da dire ciò che pensano dell’altro senza tanti problemi.
O sì?
Questo spetta a voi giudicarlo, leggendo la storia, ma prima…

“Mi scusi, non… oh, per tutti i santi del Paradiso!” – esclamò lei.
“Ti senti bene?”
“Chiedilo al mio naso, Malfoy. ” – rispose lei, arricciandolo più volte per rimetterlo a posto.

Baci, callistas.

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Capitolo 13
*** Iniziamo male... e finiamo anche peggio ***


13 - Iniziamo male... e finiamo anche peggio La volta precedente mi sono sentita elogiare per il fatto di aver introdotto finalmente Draco nella storia. Chiedo scusa per tutto questo ritardo nel suo ingresso, ma spero che abbiate capito perché l’ho fatto.
Come già detto, Draco è un casino con le gambe – un gran bel casino, se mi è concesso – e quando si tratta di lui, occorrono i piedi di piombo.
Le cose tra Ginny e Blaise sembrano andare abbastanza bene, ma in questo capitolo ci saranno delle sorpresine spiacevoli.
Ho iniziato male il capitolo e l’ho finito anche peggio. Se c’era una remota possibilità di evitare almeno stavolta di prendermi della stronza, beh… l’ho proprio bruciata.
Vi lascio alla lettura, mentre scappo a ripararmi dietro la barricata che mi sono costruita. ^__^

_araia: l’importante è che tu non ti dimentichi di me. Poi anche se sei in ritardo non importa.
Ciao stella, come stai? Bentornata!
Il fatto che in estate il tempo voli è una bella fregatura, non credi? Perché non può volare in inverno, quando c’è freddo e fermarsi d’estate? Io ho fatto una bellissima crociera e quando sono tornata mi sono guardata intorno e mi sono chiesta… Ma è già tutto finito? Con tanto di lacrimoni finali.
Poi nel posto dove lavoro sono andata ancora in ferie perché l’azienda ha chiuso per le ferie di Ferragosto – altre due settimane – e ho ripreso il 22.
VOGLIO ANCORA FERIEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!
Ok, sclero a parte, proseguiamo.
I miei tuberi salterini hanno fatto il miracolo, non credi? O comunque hanno dato il via a una serie di situazioni che ora solo Draco e Hermione potranno portare avanti.
Draco è tutto concentrato su Hermione e la ragazza pure. Dopotutto, Malfoy non può rimanere immune al fatto che ora lei è come lui e lei non può ignorare che Draco le sta un po’ troppo intorno.
La canzone che ho usato è “Breath” dei Midge Ure, vecchia di qualche secolo, ormai ma la sua traduzione mi ha ricordato tanto Draco. Se mi posso permettere, vai a darci un’occhiata, per lo meno per le due strofe che ho usato e poi a me piace tanto perché ha un ritmo tutto suo e di sottofondo senti che c’è qualcuno che continua ad ansimare – non in quel senso, porcellina!!! Sex and The City ti ha proprio plagiato, eh? – ed è la parte che amo di più.
Beh, il fatto che non ci sia andata giù leggera è comprensibile. Sono ancora nella fase iniziale, dove devono cercare di scoprirsi piano piano e qualche errore ci sta, dai. E comunque Hermione non voleva andarci giù pesante: il suo non voleva essere un rimprovero, ma una semplice costatazione. Draco era sempre stato allergico alle regole e lei non voleva sentirsi insultare solo per fargliele rispettare. Ed è venuto fuori ciò che hai letto.
Sono contenta di aver reso abbastanza bene i pensieri di Draco, spero anche quelli di Hermione. Era la mia preoccupazione principale, questa.
Le battute di Ginny sono tutte farina della mia perversa saccoccia. E comunque preparati, perché in questo capitolo questi due avranno i loro bei grattacapi.
Di scintille ne faranno, anche se non nel senso che intendi tu. Non nell’immediato, almeno. ;-)
Bacioni, callistas.

Piccola pucci: mi hai dato tanti spunti da cui iniziare a risponderti… CHE NON SO DA DOVE INIZIARE!!!
D’accordo. Facciamo come le persone normali: iniziamo dal principio.
Innanzitutto mi fa piacere che questo capitolo ti abbia coinvolta tanto a livello emotivo. Come promesso, ho introdotto i pensieri di Draco e Hermione. Sinceramente, spero di non aver fatto o detto ca22ate: sono due personaggi abbastanza – fin troppo – complicati e il solo fatto che la Row abbia definito tutto nei minimi dettagli, mi fa capire che abbia voluto renderli proprio così. Basti pensare al Patronus di Hermione, che è una Lontra e questo animale simboleggia la curiosità e la saggezza, o una cosa del genere che sono due caratteristiche del carattere di Hermione.
Spero solo di aver reso i pensieri di quei due benedetti figlioli abbastanza bene da non risultare pedante o scontata.
Sono ancora all’inizio e commettere errori è facile, quando non si conosce chi si ha davanti, ma questo Hermione lo capirà e farà una scelta molto importante.
In merito al fatto che tu voglia che si mettano subito insieme perché secondo te si accorderebbe alle loro personalità, devo dissentire (è una parola nuova che ho appena imparato! ^_^) ma allo stesso tempo concordare (W la coerenza!!!). No, perché quei due hanno passato talmente tanto tempo a farsi la guerra che metterli insieme subito mi sembrava quasi di cadere in quelle fic dove l’unica cosa che i due guardano sono l’aspetto fisico e concordo, perché il confine tra amore e odio è talmente sottile che con un piccolissimo gesto avrei potuto abbatterlo e farli mettere subito insieme.
Ovviamente – altrimenti non mi chiamerei Stronza Callistas u_u – ho preferito la prima opzione e tirarla per le lunghe, lasciando voi lettori nell’agonia più assoluta.
Spero di essere stata chiara.
Ciò che è successo alle serre è un punto in più per entrambi. Hermione ha capito subito – forse perché ha ragionato con la testa di Draco – che la sua frase poteva avere un doppio significato – un brutto doppio significato – e si è auto flagellata le mani, anche se avrebbe voluto pestarsi a sangue da sola. Draco, invece, ha voluto costatare di persona cos’avesse fatto Hermione ed è tornato indietro alle serre.
Vogliono iniziare a capirsi, ma hanno paura che con i loro trascorsi sia solo tempo sprecato e che l’altro non apprezzi i tentativi fatti. So che ti può sembrare da soap opera – e in effetti sembra anche a me – ma quei due si possono definire in tutti i modi tranne che normali. Spero tu capisca la scelta di tutti questi contrattempi.
Ginny e Blaise.
Mi spiace darti la cosiddetta “martellata sulle dita” perché anche se quei due stanno andando – d’amore – d’accordo qualcosa accadrà anche a loro.
E più precisamente in questo capitolo.
La cosa che mi ha fatto sorridere è stato il fatto che non ti sei nemmeno soffermata un attimo per sprecare due parole su Harry e Ron. Li odi proprio, eh? :-)
Sono stata brava a farli così stronzi, dì la verità…
P.S.: no, grazie. L’appellativo di stronza lascialo pure, perché penso che dopo questo capitolo tu vorrai dirmene altre di più pittoresche.
Effettivamente, ho riso quando ho letto ciò che hai pensato potessi dire della tua recensione finale. Si vede che stai iniziando a conoscermi. Bene!
Sì, sono veneta e precisamente di Verona. Tu?
Un bacio e buona lettura con il capitolo-sfacelo.
Callistas.

Viola69: cara viola, innanzitutto, lascia che ti dia il mio più caloroso benvenuto in questa bolgia di recensori a cui – stranamente – piace la mia storia. ^_-
Sapere che hai messo la mia storia in quelle da leggere mi fa un immenso piacere e grazie per averci speso del tempo per leggerla.
Sapere di aver caratterizzato bene i vari protagonisti è per me fonte di orgoglio, sapere che li sostenete e sperate che abbiano il loro lieto fine mi fa commuovere.
Ho notato che Ginny e Blaise stanno riscuotendo molti consensi per la loro verve e simpatia, per i loro siparietti e il rapporto che si sta instaurando tra di loro.
Non c’è cosa più bella di questa, giuro!
Per le loro battutine, mi sono rifatta molto a degli atteggiamenti che avevo io quando andavo alle superiori, mentre per i doppi sensi, beh… quelli sono per me all’ordine del giorno e credo che aiutino a stemperare un po’ la tensione e strappare qualche risata che non guasta.
E per concludere… sono felice di aver acquistato una nuova lettrice, che so che mi impalerà al muro per il capitolo che si appresterà a leggere tra poco. ç_ç
Ti ringrazio per il tuo incoraggiamento, anche se credo che dopo questo capitolo tu vorrai fucilarmi.
Baci e buona lettura, callistas.

Laura malfoy: mi sento già male…
Ok, dai! Sono pronta!
Ovuli? Oddio… suona un po’ male non credi? Sembri Hannibal the Cannibal… ^_^ dai, scherzo! Sono davvero buoni? Allora li provo ma se sto male poi è colpa tua se non aggiorno.
Se devo essere sincera, nemmeno io ricordo se i Tuberi Salterini sono stati nominati in qualche libro o nei film, li ho inventati al momento, così come il modo con cui si colgono. Ma per assonanza, anch’io mi ricordo di piccoli tronchetti che girano saltellando, ma forse me lo sarò sognato ^_^

Sì, Draco ha riconosciuto il cambiamento di Hermione, ma se l’avesse chiamata Granger avrebbe dimostrato un infantilismo che nemmeno un babbuino ha. Se avesse usato il suo vecchio cognome, avrebbe dimostrato che i pregiudizi non erano stati superati e che preferisce rimanere attaccato al passato piuttosto che guardare avanti e in secondo luogo, il modo in cui ha pronunciato il cognome era, alle orecchie di Hermione, una sorta di vecchia condanna, come quando usava il termine Mezzosangue. Quindi bisogna andarci con i piedi di piombo e cioè capire cosa Draco vuole fare.
Con calma ce la faremo.

Beh, quando una situazione come quella che sta passando Hermione ti prende all’improvviso è impossibile non pensarci 24 h su 24. Ti prende ogni energia e pensiero e comunque preferire camminare passo passo con Draco piuttosto che correre dietro a quei Tuberi è un modo per riflettere ancora di più. Non so se ti è mai capitato… quando hai un pensiero fisso per la testa, fai con calma ogni cosa o corri, tutta affrettata? Io, personalmente, faccio il tutto alla velocità di un bradipo in letargo, perché mettere frenesia in ogni gesto, mi sembra di non prestare la dovuta attenzione al mio problema. Ecco, Hermione ha questo carattere.
Spero di essere stata chiara.
E in ogni caso… avrà cambiato cognome, ma non la fissa di compiacere i professori. u_u

Sinceramente, non ricordo chi mi abbia detto che il capello liscio è sinonimo di alta classe, forse la mia professoressa di italiano alle superiori e ci ho ricamato su. Ho voluto per una volta enfatizzare in modo positivo i capelli di Hermione, anche perché sono parte di lei e DRACO deve accettare tutto. Me bastarda!
Anch’io ho i capelli ricci e come te, una volta, li volevo lisci a spaghetto. Poi ho incontrato un ragazzo che adora i capelli ricci e un po’ perché mi ero stancata di continuare a usare la piastra – hai idea del tempo che ci vuole O.o – e che la mia parrucchiera mi ha insegnato come fare un bel boccolo, ho rinunciato. Adesso li piastro una volta ogni morte di papa. ^^
Come previsto, il tubero si è fermato, così come Hermione. Dopotutto, mostrare un lato così intimo del proprio carattere – non a caso sono finiti in una radura un po’ fuori mano – a una persona che si ha sempre odiato fino a cinque minuti prima, occorreva un po’ di intimità, non credi?

Come ho detto nell’introduzione della storia, quella specie di trama che devi inserire obbligatoriamente, ho detto espressamente che si apprezzeranno delle persone che finora erano rimaste sempre nell’ombra e si odieranno altri che si era sempre amati. Intendevo esattamente questo. Questa inversione dei ruoli, dove Blaise ammette che Ginny ha fatto tutto e Hermione di Malfoy, ci fa capire che qualcosa si sta smuovendo, anche a livello di pregiudizi e di inimicizie tra quelle due benedette case da sempre nemiche.
Draco non pensava che Hermione sarebbe arrivata a tanto, dopotutto, sperava solo che capisse ciò che lui aveva tentato di dirle attraverso quella canzone. L’ho scelta perché nella traduzione di quelle due strofe c’erano delle frasi che si adattavano bene al carattere di Draco.
Purtroppo Harry e Ron hanno la peculiarità di ma-ci-sei-o-ci-fai? Arrivati a certi punti, si può solo sperare che non peggiorino, anche se è un po’ difficile…
*sospira sconsolata*

Dunque, per stavolta ti accetto la bimbo minchia visto che ho citato Moccia in uno dei miei capitoli, ma non esagerare. ^__^
Anch’io penso che i ragazzi che fumano siano molto affascinanti. Come te non amo il fumo, ma il ragazzo che fuma mi ha sempre ispirato una dose di erotismo da dipendenza! Ma non preoccuparti: la mia opinione su di te non cambia. Non è detto che perché piace il fuoco si debba essere per forza un piromane.

Come vedi, le cose si smuovono, ma non è facile. Draco non sa come attirare la sua attenzione e lo fa con il metodo che Hermione ha sempre detestato: le sigarette. Ma le cose non vanno come previsto.
Passi in avanti e passi indietro, no?

Beh, dopotutto Ginny sta parlando con un Serpeverde, no?, quello che è secondo solo a Draco in fatto di trombeur de femme. Ho fatto in modo che Ginny si adeguasse momentaneamente alla cosa con certe battutine. Dai che erano simpatiche ^___^

Ok che ha capito il motivo per cui Hermione aveva le mani scorticate, ma da lì all’andare subito d’accordo ce ne vuole. Con calma… andiamo alla velocità di una tartaruga.

Questa storia è basata molto sulla psicologia, come hai notato. Il fatto di saper osservare, capire, ascoltare… sono cose rare al giorno d’oggi e trovarle in due ragazzi di diciassette anni lo è ancora di più. Il fatto che Hermione si sia trovata inizialmente su un gradino più alto – che lei fosse superiore – rispetto a Malfoy le ha fatto provare una strana sensazione, ma sapendo come ci si sente ad essere trattati e guardati in quel modo, è subito scesa e si è messa in pari con il ragazzo.
Scorticandosi le mani, Hermione avrebbe voluto scorticare se stessa, più che Malfoy, perché la sua frase “Con te è fiato sprecato, Malfoy.” era stata detta così, di getto. Doveva essere presa alla lettera, in relazione a chi veniva riferita. Non è Malfoy quello che se ne infischiava delle regole? Ecco, per Hermione fargliele entrare in zucca era una missione suicida-barra-impossibile e quindi ha rinunciato. Poi ha capito che nascondeva un significato più profondo, specie per quello che è successo al padre di Draco, ma questo lo vedremo molto più avanti.

Sono contenta che tu abbia voluto vedere una mescolanza dei due sangui (la parola sangue ha il plurale?). Io invece l’ho intesa come l’ennesima prova che Draco ha voluto capire Hermione e se per farlo doveva arrivare a scorticarsi le mani pure lui – anche se si è fermato prima – è andato e lo ha fatto con tutte le conseguenze del caso. Poteva fregarsene e invece ha voluto andare a fondo e capire.

Non si sa nulla effettivamente, ma lo si può desumere da come Lucius lo trattava pubblicamente. Mi è rimasta molto impressa la scena del campionato di Quidditch, nel film del Torneo TreMaghi. Draco si è vantato con il Trio di sedersi vicino a Caramell e Lucius gli ha dato il bastone nello stomaco. Questo gesto fa capire molte cose e da esso si può risalire ad altri atteggiamenti di Lucius verso Draco che ci fanno capire cosa il ragazzo possa aver passato. Poi la nostra fantasia ci mette il resto con frustate, serpenti nel letto e via dicendo…

Ginny e Blaise stanno imparando a conoscersi, ma non senza qualche bella dose di incomprensione anche per loro.

Per quanto riguarda lo spoiler ci hai preso.
Buone ferie e riposati!

Black_Yumi: mia cara, con pazienza leggerai in questo capitolo qualcosa che non ti piacerà. Ora, se permetti, prima che arrivino sassate a tutto spiano corro ai ripari.
Un bacio e buona lettura, callistas.

HJ: sintetica, ma hai detto tutto ciò che dovevi dire. Non è che ti voglio far cadere, ma solo farti vedere come realtà e finzione sono agli antipodi dell’altra. So che di Nott non te ne fai niente, ma Draco è già prenotato da Hermione e dalle sue migliaia di fan sparpagliate in tutto il mondo. Sinceramente, non so a che posto sei, ma io sono dopo Hermione. ^___^
Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Spero anche questo, ma penso proprio di no.
Bacioni, callistas.

Ssaphiras: ciao tesoro! Sono contenta che il rapporto Draco/Hermione ti piaccia, per come ho deciso di svilupparlo. Ma con le loro personalità serve calma e sangue freddo.
Albert saprà tutto a conti fatti e la prenderà… non te lo dico ^__^ altrimenti che stronza sarei?
Mi fa piacere che il mio umorismo ti sia gradito. Spero di farti ridere ancora.
Per il momento, inizia a piangere…
Callistas.

Stefy494: anche tu hai il pollice nero? Beh, mi consolo. In casa non ho nemmeno mezza pianta e credimi… è un bene. Lascio il giardinaggio a chi ha più passione di me.
È un capitolo molto pieno di pensieri dei due personaggi principali, attraverso i cui gesti si capisce i loro sforzi nel cercare di capirsi. Scusa la ripetizione.
Harry e Ron si fanno avanti nei momenti sbagliati e con le motivazioni più sbagliatissime e Hermione lo ha subito riconosciuto rimettendoli al proprio posto.
Al momento, Blaise ti sembra più diretto e meno problematico, ma aspetta di andare avanti con la storia e leggere di lui e dei suoi atteggiamenti. Rimarrai sconvolta per non parlare degli equivoci che intercorreranno tra i due.
Ah, è una storia ricca di imprevisti, questa!
Tanti baci, callistas.

Vally80: beh, se vuoi sentire la voce di Draco quando canta, vai su YouTube e ti ascolti Tom Felton ^_-
Questo capitolo è dedicato essenzialmente a loro due, come avrai notato. I loro pensieri e i loro gesti la fanno da padrone e ci fanno capire che c’è la voglia di iniziare a capirsi.
Non so dove sia finita la matita di Hermione, sinceramente è un dettaglio che non ho preso in considerazione, ma se ti piace pensare che l’abbia raccolta Draco, fai pure. Non mi arrabbio. ^__^
D’altronde, il loro rapporto è solo all’inizio e ha bisogno di tempo per germogliare. Diamo tempo al tempo, giusto?
Bella battuta quella di Ginny, vero? Anche io ho riso tanto quando l’ho scritta. Mi è sembrata adatta.
Spero che questo capitolo ti piaccia, anche se dal titolo dovresti già immaginarti il peggio.
Un bacio e buona lettura.
P.S.: grazie a te per le belle parole che mi dedichi. È grazie alle persone come te che riesco ad andare avanti e a inventare storie sempre più bizzarre, ma con un minimo di coerenza.

Kasumi_89: purtroppo quando si augura la morte a qualcuno non si fa altro che allungargli la vita, quindi bisogna solo sperare che Harry e Ron campino fino ai cent’anni, sperando che la cosa funzioni anche al contrario.
Albert farà la sua apparizione in questo capitolo, non temere. È il fratello di Hermione e ha bisogno di lei quanto lei di lui, anche se ancora non lo ha ammesso.
Effettivamente, il fatto che sono stronza l’ho detto io, ma sai… lo dico solo per sentirmi dire “Ma no che non lo sei…” come i bambini piccoli.
Un bacio e buona lettura, callistas.

ErinMalfoy: sono contenta che la storia ti sia piaciuta, ma temo che in questo capitolo ritratterai tutti i complimenti che mi hai fatto, visto che ho fatto accadere dei piccoli disastri. Albert, eccoti accontentata, entra in scena con delle spiegazioni molto particolari.
Per cercare quelle spiegazioni sui capelli di Hermione mi ci è voluta una bella fantasia, anche se un fondo di verità c’è. Ho sentito dire da qualcuno… forse la mia professoressa di italiano alle superiori – circa qualche secolo fa ç_ç – che avere i capelli lisci era sinonimo di alta classe, mentre il riccio indicava uno status sociale povero.
Se ci basiamo su questa descrizione, sono una povera in canna, io… comunque ho preso questa base e l’ho ampliata.
Spero che questo capitolo ti piaccia, anche se temo una ripercussione non troppo leggera.
Bacioni, callistas.

BLUFLAME: ehi, eccoti!
Finalmente, i due stanno iniziando a usare il cervellino. Il fatto che riflettano attentamente sui gesti e sulle parole dell’altro, fa capire che l’intenzione inconscia di volersi conoscere c’è, ma che per metterla in pratica alla luce del sole ci sarà ancora molta strada da fare.
Dopotutto, sono i due antagonisti per antonomasia: mettere da parte anni e anni di insulti reciproci solo perché è cambiato il cognome, mi sembrava offensivo. No, serve tempo e chiarimenti.
Che verranno in futuro.
Un bacio e buona lettura, Serena.

Tinotina: ecco, e poi mi prendo sempre della stronza da te! >___<
Ciao! Spero che il capitolo ti sia piaciuto, ma dalla tua recensione, direi proprio di sì. Mia cara, tu hai il posto riservato. Fai come nei ristoranti di lusso, dove le persone “comuni” fanno la fila mentre tu passi davanti a tutti, stile Crudelia Demon.
Sono contenta che il filo che lega Draco e Hermione sia stato colto. È stato un parto anale scrivere dei loro pensieri, anche perché non sai mai se ci prendi oppure no. Con calma, arriveranno i chiarimenti.
Draco doveva dire qualcosa: per impedirle di legare i capelli e per attirare la sua attenzione e ha usato quella parola. È incredibile come l’inflessione della voce possa condannare o affrancare una persona da una certa condizione. E Draco è sempre stato bravo in questo.
Sì, sono molto contenta di come ho caratterizzato i personaggi, anche se forse, dopo aver letto questo capitolo, mi odierai a morte.
Un bacio e buona lettura.
Callistas.









VERITA’ NASCOSTE
INIZIAMO MALE… E FINIAMO ANCHE PEGGIO

“Credevo fossi diversa, ma noto con dispiacere che sei come tutte le altre.”
Ginny spalancò gli occhi, incredula.
“Cosa…”
“Parli con Zabini, il migliore amico di Malfoy, quello che ce ne ha fatte passare di tutti i colori, ridi e scherzi con lui… e usi anche i doppi sensi. Mi hai molto deluso, Ginny.”
La ragazza si portò lentamente una mano alla bocca. Ma non era da lei starsene ferma quando veniva attaccata senza una giusta motivazione.
“Io… io ho deluso te? Posso chiederti se c’è un cervello lì dentro o solo una nocciolina secca?”
“Non cambiare discorso.” – fece il ragazzo, perentorio. – “Zabini è il nemico.”
“Ma di che diavolo stai parlando? La guerra è finita, ormai!”
“Sei sicura? Quelle persone non meritano una seconda possibilità. Hanno provocato troppo dolore agli altri.”
“E chi sei tu per dire chi merita o no un’altra occasione?” – fece lei, indignata da quel discorso.
“Uno che ne ha viste troppe e che ne ha sopportate troppe. Fidati se ti dico che quello sta solo aspettando il momento buono per portarti a letto e poi vantarsi con gli altri della sua nuova conquista.”
Lo sguardo di Ginny divenne gelido come la neve.
“Geloso?” – disse, con un sorriso cattivo.
Harry Potter serrò le labbra.
“Di chi? Di uno il cui scopo nella vita è rovinare le ragazze?”
“No.” – celiò lei. – “Di uno che ha almeno le palle da dimostrare un po’ di interesse nei miei confronti.”
“E ti basta così poco per…”
Il collegamento fu inevitabile.
“Finisci quella frase Harry e giuro che potrebbe accadere qualcosa di molto, molto irreparabile.”
Ma la frustrazione e il dolore provati in quel momento non furono sufficienti per coprire i sentimenti della ragazza per il Bambino Sopravvissuto. In cuor suo sentì che non era ancora arrivata a toccare il famoso fondo e che lei gli avrebbe inconsciamente permesso con qualsiasi metodo di farglielo toccare il più in fretta possibile.
Ma, al momento, voleva continuare a sperare che Harry, il suo Harry, fosse la persona di cui si era innamorata anni addietro.
Harry non concluse la frase.
“Rimane comunque il fatto, che sei come tutte le altre, se ti lasci abbindolare da due occhioni azzurri e delle buone maniere.” – Harry si girò e la lasciò da sola in quel corridoio.
Ginny chiuse gli occhi.
No, si disse. C’era ancora tempo…




Draco entrò in camera sua e si buttò pesantemente sul letto. Cosa gli stava succedendo? Perché si stava interessando in quel modo alla Granger?
Pugnò il cuscino.
Preston!
Preston!
Preston!
Maledizione! Era una Preston! Si alzò e si mise carponi.
Possibile… possibile che fosse stato sufficiente cambiare il cognome per renderla più interessante ai suoi occhi? Cosa c’era di sbagliato in lui? Perché se la Granger era un’insopportabile secchiona e una ragazza poco appetibile, la Preston era invece una persona intelligente e anche… bella?
Cosa gli stava succedendo?
Cos’era scattato in lui da fargli vedere la stessa ragazza sotto una luce diversa? O forse, era il suo inconscio che aveva sempre desiderato vederla così?
La testa iniziava a pulsare. Qui urgeva una bella doccia fredda.




Hermione entrò in camera, che Ginny uscì dal bagno. Aveva le guance arrossate e le soluzioni possibili erano due: o aveva fatto una doccia dalla temperatura solare, o…
“Ma… hai pianto?”
La rossa girò il capo, mentre una lacrima le solcava la guancia. Hermione, preoccupata, andò da lei e le si mise davanti.
“Ehi… che è successo?”
“Harry…”
Hermione sospirò.
“… ha detto che sono una puttana.”
Sgranò gli occhi, incredula.
“COSA?!? Quando? Perché?”
“Finita Aritmanzia. Stavo venendo qui, ma in corridoio ho trovato Zabini che mi stava aspettando…”
Hermione si sedette sul letto.
“… a-abbiamo parlato e… scherzato. Niente di più. Poi ci siamo separati e ho ripreso a camminare per venire qui.”
“Va avanti.”
“Girato l’angolo ho incontrato Harry. Giuro, Hermione… ero rimasta senza parole.”
“Cosa ti ha detto?”
“Che… che sono come le altre e che l’ho deluso se per farmi abbindolare da Zabini mi erano bastati solo i suoi occhi e i suoi modi gentili.”
Hermione era incredula. Ma cosa stava accadendo ai suoi amici?
“Dio mio… mi dispiace.”
Ginny scosse le spalle, come se non le importasse.
“E’ cambiato, Hermione.” – fece lei. – “Non so come, non so perché, ma è cambiato. I suoi occhi erano freddi e scostanti. Pensa…” – sorrise amaramente. – “Mi ha detto che Zabini è il nemico e che quelli come lui non meritano una seconda possibilità di felicità.”
Ok, era ufficiale: a Harry era accaduto qualcosa. Doveva solo scoprire cosa.
Niente di più facile…
Hermione non disse niente a Ginny di quello che riguardava le sue mani. La rossa stava già abbastanza male per quello che era successo con Harry e non voleva caricarla dei suoi problemi. Magari gliene avrebbe parlato più avanti.
Si fece una doccia pure lei e poi si stese sul letto accanto all’amica. Ora era il suo turno di confortare.









L’ultimo accadimento degno di nota di quel giorno, fu un qualcosa che ebbe del sensazionalistico.
A un’ora dall’inizio della cena, Hermione era scesa nella sua Sala Comune, ringraziando Merlino che né Harry né Ron fossero presenti.
Forse sono ancora in camera, pensò la riccia. C’era una leggera folla di studenti che si erano ritrovati a fare due chiacchiere prima di scendere in Sala Grande, così Hermione ne approfittò per prendersi un minuto di pausa.
Si chiese da dove poteva iniziare le sue ricerche per capire cosa fosse preso a Harry e a Ron, perché un atteggiamento simile da parte loro non era normale. E mentre si stava organizzando mentalmente nelle sue prossime ricerche, qualcuno la distrasse dai suoi pensieri.
“Caposcuola Granger?”
“Sì?” – Hermione si girò e vide Annie Lowens, una ragazza del terzo anno.
“Qui fuori c’è qualcuno che vuole parlare con te.”
“E chi è?”
“Mi ha chiesto di non dirti il suo nome.”
Hermione guardò la ragazza perplessa, chiedendosi chi avesse voluto contattarla. Si alzò dalla poltrona e uscì dal ritratto, ma si bloccò quando si vide davanti…
“Ciao…” – fece lei sorpresa. – “Come stai?”
Pansy Parkinson non aveva risposto al saluto e nemmeno alla sua domanda e iniziò a chiedersi cosa diavolo stesse facendo lei lì a quell’ora. Eppure, aveva notato che la ragazza non le aveva chiesto cosa ci facesse lì davanti al suo dormitorio, ma come stesse.
“Parkinson? Tutto bene?”
Stava per parlare, quando si bloccò con gli occhi puntati sulle spalle della ragazza.
“E tu che diavolo ci fai qui, si può sapere?”
Hermione si girò di scatto. Ma che diavolo volevano?
“Ron, non mi sembra il caso di…”
“Ron, chi è? Parkinson? Che diavolo ci fai qui, si può sapere?”
Hermione si girò stizzita, con le mani sui fianchi.
“Ma vi siete messi d’accordo, per caso? E poi ha chiesto di me e non di voi, quindi… aria!”
“Ehi! Torna qui!” – urlò Ron.
Hermione si girò di scatto e vide la mora scappare a gambe levate. Cosa diavolo le fosse passato per la testa, iniziò a correrle dietro.
“Hermione! Hermione, dove vai?” – urlò Ron, ma senza risultati. – “Hermione è sempre più strana. Ma che diavolo le prende?”
“Ma che ne so… dai, rientriamo. Qui fuori fa freddo.”
Harry e Ron rientrarono, non senza aver dato un’ultima occhiata verso la direzione in cui la loro amica era sparita, sperando di vederla ricomparire.
Niente.

“Parkinson! Parkinson, fermati!”
Pansy si fermò in mezzo al corridoio. Hermione si fermò a sua volta, ma mantenne le distanze. Non voleva imporre la sua presenza che non era sicura sarebbe stata gradita. Certo, l’aveva aiutata, ma chi le assicurava che non l’avrebbe presa a sassate se solo avesse provato ad avvicinarsi?
Non sapeva nemmeno cosa dire per interrompere quel silenzio imbarazzante. I loro rapporti non erano mai stati idilliaci, anzi, ma sentiva che qualcosa era cambiato, e piuttosto di rovinarlo con qualche frase idiota, preferì tacere.
“Scusa…”
La sentì dire.
Ok. Il ghiaccio era stato rotto.
“Scusa per cosa?”
Non si girava. Forse non voleva mostrare la sua debolezza.
“Per… averti disturbata. Per niente.” – specificò.
Hermione si morse il labbro. Non credeva possibile di star per avanzare una richiesta simile.
“Posso avvicinarmi?”
In casi normali non si sarebbe fatta problemi ad avvicinarsi a qualcuno, ma sentiva che con quella ragazza, così diversa da lei, era necessario fare un passo alla volta, per non rischiare di rovinare quel qualcosa. La sentì sospirare un flebile “sì”.
I tacchi dei suoi stivali risuonarono per il corridoio, come tanti piccoli rintocchi. Hermione le si mise davanti con le braccia lungo i fianchi.
E adesso? Cosa doveva fare, adesso?
Pansy aveva mantenuto per tutto il tempo lo sguardo basso, fino a che gli stivali della Granger presero il posto delle monotone mattonelle che stava fissando fino a un attimo prima.
Perché era andata lì?
Cosa voleva da lei?
Perché l’aveva cercata fino al suo dormitorio?
“I tagli… ti fanno male?”
Pansy scosse la testa.
“E la gola?”
Di nuovo, scosse la testa.
“Sono innamorata di Draco.” – fece Hermione, scatenando la reazione sperata.
“COSA?” – chiese la mora, alzando di scatto il volto.
Trovò solo… solo… non seppe dire nemmeno lei cosa lesse sul viso della Granger, perché l’attimo successivo quel qualcosa era sparito e aveva lasciato il posto a un sorriso birichino.
Sgranò gli occhi, quando capì che l’aveva fatto solo per farla reagire.
“Mi hai presa in giro…” – fece Pansy, tornando ad abbassare lo sguardo.
D’istinto, Hermione, le risollevò il mento con le dita.
“Un po’ per ciascuno, Parkinson.” – fece la Granger, con un sorriso. – “Allora, perché sei venuta a cercarmi?”
“N-no, non era importante.” – fece la mora, staccandosi dal contatto.
Hermione non si sentì né offesa, né arrabbiata. Semplicemente quello non era né il momento né il luogo adatto per parlarne.
“D’accordo. Dai, ti riaccompagno al tuo dormitorio.”
“Non… non importa. Vado da sola.”
“Preferirei accompagnarti, se non ti dispiace.”
Il suo silenzio fu il suo assenso.

Camminavano fianco a fianco, con Hermione che teneva alta la sua bacchetta per fare luce.
Anche in quel semplice incantesimo, Hermione Granger (Preston?) sapeva trasudare fierezza e determinazione. Le spalle ritte, lo sguardo puntato avanti, come per captare qualsiasi movimento sospetto, la camminata né troppo veloce né troppo lenta, un respiro che la stava incantando e una personalità che avrebbe tanto voluto imparare a conoscere.
L’aveva sorpresa molto quando aveva acceso la punta della sua bacchetta senza pronunciare l’incantesimo a voce alta. Allora capì che aveva fatto un incantesimo non-verbale e anche in quel caso, l’ammirò se possibile ancora di più.
“Non… non hai detto niente…” – fece Pansy, continuando a camminare.
“Di cosa parli?” – chiese Hermione, guardandola.
“Hai… hai fatto un incantesimo non-verbale, vero?”
“Sì.”
“Dove lo hai imparato?” – chiese, vinta dall’umana curiosità.
“Durante il mio viaggio con Harry e Ron.”
Pansy non scucì una parola si più. Si maledisse perché forse le aveva fatto ricordare qualcosa che non voleva e sperò di arrivare al suo dormitorio il più in fretta possibile.
“Ho imparato più cose là fuori che non qui a scuola.” – continuò la riccia.
Pansy credette che da un momento all’altro le sarebbe arrivato il soffitto addosso. Hermione Granger (Preston??)… che sottintende di aver imparato poco a scuola?
“Ti sembrerà strano, ma è la verità. Là fuori ho avuto poco tempo per pensare al movimento corretto del polso o alla pronuncia della formula. I movimenti venivano alla buona e tante volte ho sbagliato.”
Iniziarono a scendere le scale che davano l’accesso alla Sala Comune di Serpeverde.
“Ma sbagliando s’impara, no? Ora vado. Credi di scendere per cena, stasera?” – le chiese, ma non ottenne risposta. Nuovamente, non si sentì offesa ma semplicemente le lasciò il suo spazio. Risalì veloce le scale, perché là sotto faceva un freddo cane.
Pansy rimase qualche secondo a guardare la chioma della ragazza sparire alla prima curva delle scale.
“Assenzio.” – fece la mora, pronunciando la parola d’ordine.
Il Barone Sanguinario si fece da parte senza dire una parola. Fu investita da un tornado biondo che le si avvinghiò al collo.
“Finalmente sei qui! Dov’eri finita? Ci eravamo preoccupati tantissimo!”
“Scusa… scusate.” – fece la mora, con un sorriso tirato.
“Pansy, dov’eri?” – insistette Daphne.
“Scusate, ma sono stanca. Vado a dormire. Buona notte.”
Frustrati per la situazione, i ragazzi la lasciarono andare a dormire, notando come le sue spalle, una volta ritte e fiere di essere parte di Pansy Parkinson, fossero state incurvate sotto il peso di qualcosa che solo la mora sapeva di portare.

A cena, Pansy non si fece vedere.









Il resto della settimana proseguì relativamente bene, senza grossi intoppi. Hermione aveva avuto modo di ascoltare certi discorsi – cazzate in libertà – di Harry e Ron, capendo a cosa si riferisse l’amica quando le aveva raccontato del suo primo scontro verbale con il suo Harry.
E se da una parte, Ginny e Hermione si stavano allontanando da Harry e Ron, dall’altra si stavano avvicinando un po’ troppo all’universo verde-argento.
Ginny si perdeva molto spesso a parlare con Blaise, costatando che non era la persona orribile che aveva sempre immaginato e Hermione riprese i contatti con suo fratello, ultimamente lasciati andare alla deriva a causa di altri contrattempi.

Era giovedì pomeriggio e Serpeverde e Grifondoro avevano un’ora buca prima di andare, il primo a Pozioni e il secondo a Trasfigurazione. Così Hermione ne approfittò per chiedere al fratello di raggiungerla nella Stanza delle Necessità. Il parco era troppo affollato e comunque il clima non permetteva lunghi soggiorni in quella parte della scuola, a meno che non si volesse provare l’ebbrezza del congelamento prematuro.

“… e pensavo che ti fossi dimenticata di me.” – fece Albert, con mezzo sorrisetto.
“Dimenticarmi di avere un fratello Serpeverde? Nemmeno un Oblivion ci riuscirebbe.” – Hermione si scurì in volto e credette che quello fosse il momento giusto per tirare fuori l’argomento.
“Cosa c’è?” – le chiese il fratello, mettendo una mano sulla sua.
“Albert, tu…” – lo guardò e sospirò, non sapendo bene come iniziare il discorso.
“Cosa?”
“Tu sei un Serpeverde, no?”
“Per fortuna sì.” – fece, con un sorriso. – “Allora?”
“Io sono di Grifondoro.”
“Eh…” – fece lui, che non aveva afferrato il nocciolo della questione. – “Allora?”
“Ti sta bene? Cioè… non ti crea problemi che sia in una casa diversa dalla tua?”
Albert la guardò perplesso.
“No. Dovrebbe?”
Hermione si grattò la testa, imbarazzata. Adesso magari saltava fuori che la figura di quella piena di pregiudizi la faceva lei…
“No, è che… sei amico di Malfoy e…”
“Oooooh, per quello? Naaa, non ti preoccupare. Draco sa che sei mia sorella e…”
“A proposito di questo.” – era molto seria. – “Ha smesso di prendermi in giro perché sono tua sorella?”
“Beh, a conti fatti doveva smettere per forza. Chiamarti mezzosangue sarebbe stato decisamente fuor luogo, non credi?”
“Questo è vero, ma…”
“Hermione…” – iniziò lui, divertito. – “… non dirmi che preferivi quando ti prendeva in giro?”
“A conti fatti sì.” – rispose lei.
Albert la guardò con tanto d’occhi.
“Parliamoci chiaro. Malfoy sta assumendo atteggiamenti che non mi piacciono.”
Albert pensò subito il peggio.
“Se ti ha toccato, giuro che…”
“Ma no!” – esclamò lei, scandalizzata, anche se un certo contatto c’era stato. – “Nel senso che prima che ero una mezzosangue, piovevano insulti un giorno sì e l’altro pure, ora che sono tua sorella, basta!”
“Hermione, cosa doveva fare?” – lo difese lui. – “Sarebbe stato da ipocriti continuare, o sbaglio?”
“Perché? Adesso come si sta comportando? Prima ero una merda e adesso vado bene?”
Albert non rispose.
“Albert…” – proseguì lei con un tono più dolce. Non voleva di certo litigare con suo fratello per Malfoy! – “… lui è un tuo amico, me lo hai già detto e se ti sei fidato a raccontargli ciò che mi è successo, vuol dire che non è poi così male. Ma rifletti: gli è bastato che io cambiassi cognome per cambiare l’opinione che aveva di me? Io sono sempre la stessa.” – fece, indicandosi con le mani sul petto. – “Sono sempre Hermione, sono sempre quella che sa tutto, sono sempre quella che ha mandato suo padre in prigione per un periodo.”
“Forse vuole cominciare a conoscerti.” – buttò lì lui.
“Dopo che sono diventata una Preston?” – fece lei, con un’espressione dubbiosa. – “E perché no, prima?”
“Hermione, adesso mi ascolti tu, ok?”
La ragazza si zittì e annuì.
“Io e te abbiamo avuto la fortuna… il culo!, di nascere dai nostri genitori. Tu credi veramente che il Primo Ministro metterebbe un servitore di Tu-Sai-Chi a capo degli Auror?”
“No, ma…”
“Ti prego.” – le disse, zittendola con un cenno della mano. – “Draco non è stato così fortunato. Ti posso dire che conosco Lucius e Narcissa e sono due bravi genitori.”
La faccia di Hermione diceva tutto.
“Per quanti errori abbia commesso, Lucius voleva solo il bene per suo figlio, nonostante i metodi con cui ci abbia provato siano più che discutibili.” – le concesse il ragazzo. – “Narcissa invece è così innamorata di suo marito che ha cercato di assecondarlo in tutto, tentando di fare da mediatore tra le necessità di un figlio e le esigenze di un padre.”
“Albert, cosa vuoi dirmi?”
“Questo: Draco non ha avuto un’infanzia felice e no, non lo sto giustificando. Voglio solo che tu veda il quadro nella sua interezza. Non dovrei dirti queste cose, perché non spetterebbe a me, ma so che posso fidarmi di te e che non lo racconterai a nessuno, vero?”
“Hai la mia parola, Albert.”
Il ragazzo annuì.
“Draco è un ragazzo molto problematico. Ha vissuto nella convinzione di essere una persona superiore alle altre, persino ad altri purosangue. Sono poche le famiglie del mondo magico che possono vantare una discendenza pura, intoccabile e la famiglia dei Malfoy e quella dei Black fanno parte di queste poche famiglie. Anche noi Preston abbiamo una discendenza marcata solamente da nascite pure. D’accordo.” – disse, vedendo la faccia di Hermione. – “Giriamola dall’altra parte. Per anni ti hanno insegnato che a fare del bene ci si guadagna sempre, che a comportarsi bene, che a studiare, che a rispettare le regole sia il modo giusto di vivere.”
Hermione annuì, iniziando a capire dove il fratello volesse finire.
“D’un colpo, tutto diventa sbagliato, perchè tu ti accorgi che stai sbagliando tutto.” – specificò il ragazzo, facendo sgranare leggermente gli occhi alla sorella.
Era Malfoy che si era reso conto di aver sbagliato senza l’ausilio di nessuno? Possibile?
“E allora ti restano solo due opzioni: iniziare ad andare contro corrente, rischiando il linciaggio pubblico, com’è accaduto ad Andromeda Black, la sorella di Narcissa, che ha lasciato la famiglia per sposarsi con un mezzosangue…”
Hermione spalancò gli occhi.
“Andromeda Black ha fatto questo?”
Albert annuì.
“Sì e ne ha pagato le conseguenze. È stata cancellata dall’arazzo della famiglia, il che significa gettare onta e disonore sugli altri membri, che possono rimediare, facendo sposare uno dei figli con un altro purosangue, giusto per salvare la faccia.”
La ragazza non seppe cosa dire.
“Tieni a mente che ad Andromeda è stato negato ogni diritto. È stata diseredata e non ha più potuto vedere le sorelle. Per Bellatrix non ci furono problemi. Aveva palesato fin dall’inizio un disaccordo con i metodi della sorella e poi non andava molto d’accordo con lei, seppure le volesse bene, ma per Narcissa… Narcissa ha sofferto molto per questa cosa. Non l’ha mai dato a vedere per non attirare su di sé le malevolenze dell’intera famiglia Black, ma in realtà stava molto male.”
“Capisco…” – fece lei pensierosa.
“L’altra opzione, che alla fine è quella che ha scelto Draco, era quella di accettare ciò che gli veniva sottoposto.”
“Ma alla fine la guerra non è stata vinta da Voldemort! Il male è stato sconfitto!” – fece lei.
“Hermione…” – si leccò le labbra, per cercare un modo per dire quello ciò che doveva. – “… Draco è un ragazzo che ha bisogno di tanto affetto.”
La riccia spalancò gli occhi per l’ennesima volta. Non ce lo vedeva proprio Malfoy a chiedere coccole a destra e a manca.
“L’affetto di una famiglia, e se doveva scegliere tra un affetto di facciata al niente, beh… la risposta l’abbiamo già avuta, no? Draco chiedeva solo di essere amato dai suoi genitori. Andare contro corrente avrebbe significato per lui perdere quel poco che sapevano offrirgli.”
Hermione era rimasta senza parole. Davvero Dr… Malfoy si era reso conto da solo che stava sbagliando? Che aveva preferito continuare a sbagliare per poter avere un affetto che doveva essere suo di diritto, a prescindere dalle scelte che avrebbe preso?
“Spero di non averti scioccata.” – fece lui, con un tono di voce più allegro.
“No, è che…”
“Hermione, per Draco è molto difficile accettare i cambiamenti, ma quando lo fa li porta avanti fino alla fine. Credi di poter riuscire a dargli una seconda possibilità?”
La parte più coscienziosa della ragazza emerse fuori.
“Tutti meritano una seconda occasione. Anche Malfoy.”
Il biondo s’illuminò tutto.
“Tuttavia…” – aggiunse lei, con un sorrisetto serio ma divertito che smontò un po’ il fratello. – “… mi terrò alcune riserve, in caso di emergenza.”
Il ragazzo le diede un bacio istintivo sulla guancia, gesto che la fece arrossire.
“Grazie! Non te ne pentirai!”
“Oh, lo spero proprio.”




Pozioni passò tranquillamente per i Serpeverde, anche se un certo biondino aveva la testa per aria. Continuava a pensare al suo cambiamento nei confronti della Preston e stava veramente rischiando di impazzire.

Sto impazzendo.
Non ci sto più con la testa. Questa cosa mi sta mandando in paranoia. Quella è la Granger, dannazione! L’insopportabile so-tutto-io, che cazzo c’è di diverso? Cos’ha adesso di diverso da prima? Forse perché è la sorella di Albert? Certo, il suo racconto ha dell’incredibile, ma non ho motivo di dubitare di lui, si è sempre comportato correttamente con me e gli altri, tanto che potrei affidargli la mia vita a occhi chiusi. Una cosa del genere non può passare inosservata e forse mi starò solo autosuggestionando.
Cazzo, non ho altre spiegazioni. Razionalmente, è impossibile che sia… che sia… cazzo non riesco neanche a pensarla una cosa del genere! Non posso essere attratto da lei! Non sarebbe umanamente concepibile una cosa del genere! Io sono io e lei è lei! Io stronzo e lei saccente.
Non potremmo mai andare d’accordo!

Draco non stava seguendo una parola della spiegazione di Piton. Avrebbe chiesto a Blaise. Ciò che gli premeva più fare era analizzare la sua situazione, ben più importante, in quel momento, degli esami di fine anno.
Eppure, nel suo ragionamento, c’era una falla.
Se davvero lui e la Preston erano come cane e gatto, sole e luna, bianco e nero… perché allora l’aveva aiutata lunedì, quando stava per cadere fuori dall’aula di Trasfigurazione? Perché aveva tirato fuori una parte di sé che nemmeno sua madre conosceva, durante la cattura dei Tuberi Salterini? Perché era corso alle serre per vedere che era successo tra la Preston e il tavolo della Sprite? Cosa diavolo aveva spinto lui, purosangue annoiato da tutto ciò che lo circonda, verso una persona che era il suo esatto opposto?
La lezione finì, ma non il suo mal di testa. Avrebbe preso una pozione e poi avrebbe dormito un paio d’ore prima di scendere per la cena.
Altro non poteva fare.









Il sabato giunse abbastanza in fretta.
Con giubilo degli studenti
Tra Ginny e Hermione si era stabilita una sorta di tregua temporanea, giusto il tempo di rimettere in ordine le idee ed esporle, con sperata logica, all’altra.
Ginny aveva proposto una passeggiata a Hogsmeade, giusto per cambiare aria e schiarirsi le idee, tanto che Hermione l’accolse con gioia. Il pomeriggio, Serpi e Grifoni avrebbero avuto la partita, anche se non erano molto convinte di volerci andare.
Stavano passeggiando per le vie di Diagon Alley con in mano un paio di sacchetti di acquisti. Convennero, che in certi momenti, lo shopping era l’afrodisiaco più potente della stessa Amortentia. Infatti, Ginny non mancò di farlo notare all’amica.
“Se in questo momento Piton mi chiedesse qual è l’afrodisiaco più potente al mondo, gli direi lo shopping.”
Hermione scoppiò a ridere così di gusto, che contagiò l’amica. Aveva le lacrime agli occhi.
“E una bella T non te la leverebbe nessuno.” – ribatté Hermione.
“Mmmm…” – fece Ginny, fingendo di pensarci su. – “Credo che tu abbia ragione.”
Hermione rise, ma si bloccò all’improvviso. La rossa fece per girarsi e vedere cos’aveva zittito la grande Hermione, quando si sentì tirare per un braccio. La guardò perplessa.
“Andiamo a prenderci qualcosa da bere? Ho una sete…”
“Hermione… abbiamo appena fatto colazione a scuola. Cosa c’è che…” – ma non finì mai la frase.
Rimase bloccata per chissà quanto tempo a fissare suo fratello Ron a braccetto con Lavanda Bronw e Harry, il suo Harry, attaccato a Romilda Vane.
Si girò verso Hermione e si leccò le labbra. Sorrise sarcasticamente.
“E poi la puttana sarei io…” – osservò Ginny. Si girò per guardare ancora la scena.
Hermione non seppe dire se le aveva fatto più male il fatto di vedere Harry a spasso con un’altra o il tono di voce dell’amica. Non aveva mai usato un tono così arrendevole.
“Senti,”
Ginny si girò.
“A Harry e Ron sta succedendo qualcosa. Non possono essere cambiati così!, dal giorno alla notte. Scoprirò cos’è e…”
“Puoi fare quello che vuoi. Non m’interessa più.”
“Aspetta, dove vai?” – chiese Hermione.
“A fare una passeggiata. Scusa, ma devo stare sola.”
Hermione sospirò e annuì. Comprese perfettamente. La lasciò andare.
Si girò per andare a dirne quattro – cinque, sei, sette o otto non importava – a Harry e Ron, ma sbatté contro qualcuno.
“Mi scusi, non… oh, per tutti i santi del Paradiso!” – esclamò lei.
“Ti senti bene?”
“Chiedilo al mio naso, Malfoy. ” – rispose lei, arricciandolo più volte per rimetterlo a posto.
Il ragazzo la guardò, palesemente perplesso.
“Che ci fai qui?” – chiese lei. – “Non devi allenarti per la partita di oggi pomeriggio?”
Il ragazzo assunse quell’atteggiamento tipico di chi sa di avere un asso nella manica e vuole mantenerlo riservato fino alla fine.
“Potrei vincere a occhi chiusi, Gra… Preston.”
Hermione era diventata di sale.
Draco si era corretto appena in tempo, ma la ragazza si era irrigidita comunque.
“Scusa… la forza dell’abitudine.” – fece lui, imbarazzato. Quella era la conversazione più lunga che quei due stavano avendo senza l’ausilio di offese o freccette.
Hermione corrucciò un sopracciglio, lasciando perplesso il ragazzo. Poi, sospirò.
“Posso offrirti qualcosa da bere?”
Meno male che il ragazzo non aveva niente in bocca altrimenti sarebbe morto soffocato o peggio: l’avrebbe sputato in faccia alla ragazza.
“Cosa?”
“Ho chiesto, se…”
“Ho capito che mi hai chiesto!” – esclamò lui, a disagio. – “Ti si è annacquato il cervello?”
“Un semplice no, sarebbe stato più che sufficiente.” – rispose lei, con il suo solito tono saccente.
Ma invece di scatenare l’ennesima risposta, lasciò il ragazzo muto come un pesce.
“Tu sei anormale.” – fece Draco.
“E’ un complimento?” – chiese lei, stranita.
“Un dato di fatto.” – replicò lui.
Hermione finse di pensarci su.
“Allora è un complimento.” – fece lei, con un sorrisetto divertito.
Draco credette di essere finito in un mondo parallelo. Dov’erano le tante amate cattive, vecchie abitudini?




Nel cesso, fu la risposta del biondino, davanti a una tazza di cioccolata.
Davanti a lui stava Hermione Preston, intenta a sorseggiare una tazza di caffè amaro. Da tanto schifo che le faceva, aveva gli occhi lucidi.
Dopo essersi scambiati quelle poche, ma stranissime battute, i due si erano diretti in un bar lì vicino e a forza di parlare – più che altro, a monosillabare – avevano fatto una specie di patto: ognuno di loro avrebbe preso ciò che piaceva all’altro.
Così Draco si era ritrovato a bere una cioccolata calda, dolce e con una bella schiumetta, mentre Hermione doveva fare le sue per non vomitare quel caffè concentrato e per di più amaro. Draco la guardò leggermente divertito.
“Buono il caffè, Preston?”
“Oh sì.” – fece lei con la voce rauca. – “Tanto quanto te. Merlino, che schifo…”
Draco alzò un sopracciglio.
“Faccio così schifo?” – chiese istintivamente.
La ragazza lo guardò. Stava per piangere.
“Non tu. Il caffè.” – spiegò lei, pulendosi la bocca con il tovagliolo.
“Mi hai paragonato a quel caffè, prima.”
“Appunto.” – fece Hermione, con voce un po’ più ferma. – “Prima è prima. Adesso è adesso.”
Il ragazzo sospirò.
“Sei un casino con le gambe.” – fece Draco.
Hermione alzò le spalle e guardò il suo caffè. Con una faccia più che schifata, lo ingoiò tutto d’un soffio.
“Finalmente è finita.” – fece lei. – “Cameriere?”
“Sì?” – fece un ragazzo, girandosi verso Hermione.
“Una cioccolata calda, ben zuccherata.”
“Arriva subito.”
Hermione si sentì decisamente meglio. Ma l’attimo successivo, cadde un silenzio un po’ imbarazzante.
Interrotto spiacevolmente.




Ginny non ebbe la reazione che aveva previsto in un caso come quello. Non era scappata piangendo né era corsa da Harry a fargli una scenata degna della miglior soap-opera babbana di cui Hermione spesso le raccontava. Alla faccia di quando aveva pensato che tra lei e Harry le cose si stavano mettendo bene!… Si sentiva presa in giro e umiliata, se il ragazzo aveva deciso di uscire con Romilda Vane, quella che aveva cercato di rifilargli dei cioccolatini imbevuti nell’Amortentia solo per conquistarlo. Lei invece aveva sempre giocato pulito, o quasi…, lo aveva aspettato e quando stavano per giungere a una svolta, ecco il colpo di scena. Lui e quel cretino del fratello si mettono a fare giudici e giuria di chi meriti o meno una seconda possibilità.
Senza accorgersene, era giunta nel parco in cui aveva parlato la prima volta con Zabini. Quel ricordo le fece nascere spontaneo un sorriso.
“Scommetto che stai pensando a me e a quanto ti voglia buttare tra le mie braccia.”
Ginny si girò di scatto e sgranò gli occhi. Poi sorrise.
“Effettivamente… stavo pensando a te. Ma non in quel senso.” – lo smontò subito lei.
Blaise fece il segno dell’impiccato, cosa che fece dimenticare per un momento l’amarezza alla rossa. Il ragazzo andò da lei e si sedette sulla sua panchina.
“Com’è che ti ritrovo sempre tra i piedi?” – chiese lui.
“Ehi! Sei tu quello che mi segue, non io!”
Ginny s’inalberò, ma si calmò l’attimo successivo. Non aveva voglia di sprecare delle energie, visto che non ne possedeva poi molte, così tornò a rilassarsi sulla panchina e si mise a osservare il parco e le persone che in quel momento lo animavano.
Blaise rispettò il suo silenzio. La vide sorridere con la coda dell’occhio e cercò la fonte di quel divertimento. Sorrise anche lui. Un bambino, che evidentemente aveva iniziato a muovere i suoi primi passi da solo, sgambettava allegro sul prato. Teneva in mano un orsacchiotto di pezza, quando d’un tratto cadde.
Ginny ebbe un sussulto.
Infatti, la madre corse da lui ma il bambino, caparbio, non si fece toccare dalla donna e si rialzò da solo, per poi sgambettare di nuovo allegramente, sperando in qualche modo di poter cadere.
E di rialzarsi.

È normale cadere. Tutti cadono e tutti si rimettono in piedi.
È la legge della natura.
Ma esiste qualcosa che ha il potere di tenerti incollato al suolo? C’è qualcosa che ti impedisce di rialzare la testa e rimetterti in piedi?
Vedere quel bambino cadere e rialzarsi subito dopo, le aveva come aperto gli occhi. Sarebbe stato bello poter tornare a quel periodo della propria vita, in cui gli unici problemi erano mangiare e dormire e, perché no?, ogni tanto uscire a giocare.
Da grandi tutto si complicava. Bastava vedere i suoi genitori, che ne erano l’esempio lampante.
Arthur Weasley poteva avere tutto ciò che potesse desiderare. Soldi, potere, bei vestiti, un conto sempre ben rifornito alla Gringott e una casa delle dimensioni di un castello medievale.
Invece, lui e sua madre avevano scelto insieme di avere un lavoro umile ma onesto, uno stipendio commisurato al lavoro eseguito e una casa che potesse definirsi tale.
Tante volte erano caduti, ma altrettante si erano rialzati.
Lei, per qualche strana ragione, non riusciva a staccarsi dal fondo che non sapeva di aver già toccato solo il giorno prima. Continuava a chiedersi cos’avrebbe fatto una volta toccatolo, anche se era più corretto che si chiedesse cosa doveva fare.

Sì, l’aveva seguita.
Quel mattino era andato a Hogsmeade a comprarsi un maglione che aveva visto e che gli piaceva molto, quando aveva assistito alla scena.
C’era rimasto decisamente male, perché sapeva che la rossa moriva dietro a Potter e Potter moriva dietro alla rossa, ma era troppo idiota da andare da lei e chiederle di uscire. E vederlo in compagnia della… della… non si ricordava nemmeno come si chiamava, ma era certo di essersela portata a letto, gli aveva fatto sorgere parecchi dubbi. Per non parlare della reazione della ragazza.
Così, senza farsi notare, l’aveva seguita e aveva sorriso nel vedere che si stava dirigendo verso il “loro” posto.

“Ci sono problemi?” – chiese il moro, infine.
Ginny si girò. In quel momento, vedeva Zabini non come un nemico, ma come qualcuno che, per qualche strano motivo, poteva capirla.
Il punto era che non sapeva se fidarsi ancora di lui o meno.
Oh, aveva una confusione tale in testa che non aveva nemmeno durante i compiti in classe!
“Non lo so.” – rispose lei, optando per una via di mezzo.
Blaise preferì non fare alcun accenno a Potter e con chi lo aveva visto. Aveva come la sensazione che la rossa non lo avrebbe gradito.
“Sul serio?”
La ragazza lo guardò.
“Sono cose un po’ personali.” – rispose lei.
Blaise annuì. Non lo aveva aggredito verbalmente per il suo interessamento.
“Se non vuoi parlarne, non ci…”
“Non è quello.” – fece lei, alzandosi in piedi. Si girò verso di lui. – “E’ che è strano parlare così apertamente con te.”
“Paura di sentirti dire in faccia la verità?”
“No.” – rispose lei duramente. – “Tu… cavolo, tu sei Blaise Zabini! Un Serpeverde! Chi mi dice che non ti stia avvicinando a me per farmi del male?”
Blaise l’ascoltò senza fiatare, poi, si alzò dalla panchina.
“Ok.” – fece, con un sorriso mesto.
Ginny si morse la lingua per quello che aveva detto.
“Non ti disturberò più.”
“No, aspetta…”
Troppo tardi, Blaise se n’era già andato da dov’era arrivato.
Così alla fine Ginny si ritrovò di nuovo sola e peggio di com’era arrivata.









Note di me:

Titolo azzeccatissimo, non trovate?
Bene, ero riuscita a riabilitarmi ai vostri occhi con il capitolo precedente, ma con questo sono tornata ai minimi storici.
Vi lascio, prima che la lapidazione abbia inizio, ma vi lascio uno spoilerino…

“Ecco perché girava sempre con Preston! È sua sorella, non la sua ragazza!”
“CHI CAZZO VE LO HA DETTO?”

Le cose si complicano…

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Capitolo 14
*** LE VendettE ***


14 - LE VendettE Credevo che con il capitolo precedente mi arrivassero lettere minatorie, ma mi sono sbagliata. Forse non sono stata sufficientemente bastarda? Devo migliorarmi?
Sono aperta a tutte le idee! ^__^
Allora… adesso cosa succederà? Abbiamo aperto il capitolo con Harry che insulta Ginny e l’abbiamo chiuso con Ginny che insulta Blaise.
Manca qualcosa?
Magari Ginny che prende a sassate Harry, almeno il triangolo si può chiudere. Ma non è ancora giunto il momento, miei adepti.
Spero di aver chiarito abbastanza ciò che Ginny prova per Harry. È talmente innamorata di lui che si comporta come quelle donne che non hanno il fegato di lasciare l’uomo che le fa soffrire.
Occorrerà un evento – il fattore di stress, come dice il mio Hotch di Criminal Minds – che scateni, che scrolli l’anima di Ginny da quel torpore in cui è involontariamente caduta e si decida a scrutare altri orizzonti.
Toccare il fondo.
Ginny si trova a pensarlo mentre guarda Harry andarsene, dopo che l’ha insultata solo perché ha parlato e scherzato con Blaise. Crede di non essere ancora arrivata a quel punto, ma noi sappiamo che non è così.
Ora noi possiamo incitare Ginny ad alzare la testa e a vedere Harry per quello che è, ma finché non sarà lei stessa a rendersene conto, ben poco potranno fare i consigli degli amici.
E le minacce di morte di chi commenta. ^__^
In questo capitolo, invece, credo di essermi fatta perdonare.
Credo.
È ricco di informazioni, colpi di scena e atteggiamenti a cui prestare attenzione.
Capiremo anche perché Silente è andato negli archivi e ciò che ha fatto.
Spero che vi piaccia, perché ci sarà una piccola interazione tra Draco e Hermione.
A voi tutte, buona lettura.

Piccola pucci: ah, ok. Adesso ho capito. Effettivamente questo scenario è quello che mi è più congeniale – quello di farli passare ad amanti senza prima essere amici – perché questi due sono personaggi molto particolari che per loro stessa natura sono agli antipodi dell’altro e quindi automaticamente passano da uno status di odio a uno di amore senza dover complicarsi la vita con amicizia o cose affini.
Mezze misure no, eh? >___>
Chissà se ci hai preso sul comportamento di Harry e Ron, lo scoprirai solo in questo capitolo-bomba. Spero ti piaccia. È ricco di informazioni preziose.
Hermione è ancora sconvolta, nonostante siano passati mesi dalla rivelazione che ha avuto sulla sua famiglia. Crede di averlo superato, ma vedremo qui che ha ancora qualche problema…
Beh, è naturale che Draco si faccia tutte queste pippe mentali, no? Il giorno prima la sfotteva perché non era come lui, poi la notizia bomba che è una purosangue che è stata rapita alla nascita. Anch’io inizierei a vedere questa persona sotto un occhio diverso e inizierei a chiedermi come sarebbe avere un rapporto civile con con essa.
Gli scherzi della mente… che ci vuoi fare?
Come non posso mettere a soqquadro questa storia? E’ mia! Faccio quello che voglio e presta molta attenzione… se la prossima volta non vedrò una recensione lunga un chilometro, faccio morire Hermione e Draco lo faccio mettere con Ginny!
v_v
La stronzaggine è parte di me, lo so…
Vuoi che mi faccia perdonare con questo capitolo? Beh, spero di esserci riuscita.
P.S.: dai, Padova? Hai ragione, non è proprio distante, ma non ti preoccupare. Ho body-guard che mi scortano dappertutto con il mio fascicolo dell’intera storia e tu non riuscirai mai a prendermelo!
Potrei solo darti delle piccole informazioni distorte muahahahahahaha!
Sono il Dottor Male!!!
Bacioni, callistas.

_araia: ciao stella! Il fatto che Harry capisca i doppi sensi l’ho voluto inserire come fatto sensazionalistico. ^__^ Lo stronzetto vuole marcare il territorio, nemmeno Ginny fosse una Firebolt. Diciamo che servirà un po’ più di tempo per Ginny e Blaise e, onestamente, ci saranno casini anche per loro, perché se non te ne sei accorta, la mia pagina autore è U.C.A.S. (Ufficio Complicazioni Affari Semplici).
E ho già detto tutto.
Ovviamente era uno scherzo, perché Hermione voleva rivederla un po’ combattiva. Diciamo che io avrei perso ottant’anni di vita se quella dichiarazione l’avesse fatta a me. Pansy, tutto sommato, l’ha presa bene. Sì, mangia, ma vuole farlo da sola perché non si sente pronta per affrontare la Sala Grande in cui sostano i suoi quasi violentatori. È una di quelle scene che ho preferito non inserire per non appesantire la storia. Già è un paccone così e procede a rilento, figurati se mi metto a descrivere di lei che mangia come una lumaca per ripensare a ciò che le stava per accadere.
Lascio a te decidere il perché dell’improvvisata a Hermione. Voleva ringraziarla? Forse. A te il beneficio del dubbio, ma non lo sapremo mai perché Harry e Ron hanno rotto le uova – diciamo pure coglioni – nel paniere. Sono quelle azioni che si fanno perché si è guidati dall’istinto e una volta arrivati a destinazione non si sa più cosa si deve dire. Come puoi vedere, la confusione di Pansy è arrivata a questi livelli. ^__^
Ho trascurato molto il rapporto tra Albert e Hermione e ho rimediato con queste dichiarazioni un po’ forti sulla personalità di Draco. Magari adesso è un po’ più chiaro – soprattutto a Hermione – del motivo che lo spinge a comportarsi come uno stronzo.
Parlare di attrazione, forse, è un po’ prematuro. Draco è confuso al riguardo, perché ha sempre pensato di doverla odiare, perché era una mezzosangue e ora si ritrova a dover stravolgere il suo mondo. Diciamo che è attratto da lei, per due motivi:
1.    Hermione è diventata una purosangue e questa è stata la miccia che ha fatto esplodere tutta la confusione di Draco.
2.    Ora che è purosangue, ai suoi occhi è diventata più bella.
So che è brutto da dire, e con non poca vergogna ammetto di essere così, ma se conosco un ragazzo, che magari è bruttino – per non dire cesso – non lo filo nemmeno per sogno, ma se poi vengo a sapere che è ricco sfondato con un castello al posto di una casa, improvvisamente diventa il mio Brad Pitt personale con tutti gli annessi e connessi del caso, ovvero, inizio a conoscerlo per com’è veramente, scoprendo magari che ha un carattere dolce e generoso. Ma se non avessi mai saputo che era ricco, non mi sarei avvicinata quasi avesse la peste.
So che è una cosa oscena da dire, e ovviamente non mi sono mai comportata così, però il mio istinto mi porterebbe ad agire in questo modo.
Spero di non essere stata confusa.
Mi spiace, ma no. Non è un primo appuntamento. Quella doveva essere più uno sketch comico sul fatto che Hermione invita Draco perché lui si è scusato per aver quasi usato il suo vecchio cognome. Hermione l’ha preso come un evento da segnare sul calendario – il fatto che Malfoy si scusasse con lei – e ha offerto da bere.
Sono contenta che il pezzo del bimbo al parco ti sia piaciuto. Volevo che si capisse il paragone tra quel bambino e Ginny. Ci sono riuscita?
Come ho detto, questo è l’U.C.A.S. e non dispensa deroghe nemmeno in punto di morte.
Un bacio e buona lettura.

Tinotina: seratina felice a burro birra? Scusa, ma dove credi di essere? u.u
Le seratine tranquille non fanno parte di questa fic se non più in futuro. Mi piace vedere quanto sia stata abile nel farvi odiare Harry e Ron. A volte mi stupisco della mia mente sadica.
E stronza.
Il fatto che Harry dia della puttana a Ginny si può quasi definire come un atto di gelosia da parte del ragazzo, che però usa le parole sbagliate.
Dopo la chiacchierata chiarificatrice con il fratello, Hermione ha iniziato a vedere Draco sotto una luce diversa. Questa cosa, ora, può sembrare stucchevole o quasi un cliché, ma io credo che sia istintivo e insito in ogni persona vedere gli altri sotto una luce diversa nel momento in cui vengono date le spiegazioni per il suo comportamento, non credi? Io, per esempio, sono fatta così. Se uno mi rompe l’anima fino allo sfinimento senza che gli abbia mai fatto o detto niente, è ovvio che la mia voglia di castrarlo/a sia predominante, ma se mi si dice che questo tipo/a ha dei problemi personali/familiari o tutto quello che ti pare, la mia rabbia si sgonfia, anche se permane il fastidio di venire trattata come una scarpa vecchia. Poi c’è da dire che non è giusto sfogare i propri problemi sugli altri come un sacco di patate, ma quella è un’altra storia.
Continuiamo con questa, che ce ne sono di cose da dire.
La piccola Ginny è andata leggermente nel pallone – o nella pluffa, come preferisci ^__^ – e questo le ha scombussolato lo stomaco. L’opinione è ancora comunque importante per lei perché rimane colui che ha sconfitto Voldemort e lei vuole fortemente credere che ci sia ancora del buono in lui. Così, forte di questa sua auto convinzione, risponde male a Blaise che, poveretto, voleva solo aiutare Ginny.
Diciamo che Blaise non picchierà Harry. Gli farà di peggio, ma ovviamente non ti posso dire niente, perché dovremo aspettare Capodanno.
Mi fa piacere di essere considerata una stronza, aumenta la mia stima personale. ^__^
Buona lettura e buon infarto, callistas.

Vally80: tu speri? Nel senso che lo speri perché è qualcosa che incuriosisce te personalmente o perché vuoi che tornino ad essere gli eroi indiscussi del mondo magico? Se mi dici che è la seconda, ti trovo e ti spezzo le gambe! >_____<
Non puoi rovinarmi tutto così! Ho fatto una fatica bestia a impostare tutta questa storia e tu vuoi che tornino ad essere quelli di un tempo? ç_ç me misera e tapina! Una fatica per niente!
*finisce di sparare ca22ate*
Dicevamo? Ah, sì… ^__^
Hermione, al momento, sospetta qualcosa, ma con tutta la sua situazione addosso – e quello che accadrà in questo capitolo-bomba – avrà ben poco da pensare alle ricerche su quei due.
Albert è molto geloso di Hermione. La vorrebbe tutta per sé. Ovviamente sa che non può perché nonostante gli anni di separazione Hermione si è fatta delle amicizie ed è giusto rispettarle.
Diciamo che l’invito di Hermione non è stata una cortesia, ma più che altro dovuto al fatto che Draco si è scusato con lei per essersi sbagliato sul suo cognome. Il fatto che Draco Malfoy si scusasse con lei era un evento epocale che andava festeggiato. Diciamo che era basato molto sull’ironia, questa cosa.
Tranquilla, anche se ti ripeti nei complimenti non mi arrabbio di certo. J Mi fanno molto piacere, ma aggiungici di tanto in tanto qualche “stronza” altrimenti perdo l’abitudine.
Un bacio e buona lettura.

Black_Yumi: effettivamente, Ron è un ragazzo ben dotato…
… di cretinaggine.
Io non li metterei sullo stesso piano, anche perché Harry si è ritrovato in una situazione più grande di lui senza averla mai realmente chiesta. Ron invece è così soggiogato dalla personalità di Harry, che pur di mettersi in mostra lo segue nelle sue avventure. Non credo che abbia mai avuto una reale voglia di aiutarlo, ma solo per uscire da quell’anonimato in cui è caduto da quando è venuto al mondo. Teniamo presente che ha dei fratelli che nel bene o nel male sono abbastanza famosi (Charlie con i draghi, gli inimitabili Fred e George, Percy, per quanto cretino sia) e competere con loro è alquanto difficile.
Ciò non toglie che è un idiota.
Per quanto riguarda Draco, hai ragione. Ogni persona nel mondo deve accettare dei cambiamenti, voluti o meno e Draco non fa eccezione.
Grazie per aver lasciato segno del tuo passaggio. Apprezzo molto i tuoi commenti.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Hermione59: beh, se andiamo avanti di questo passo, prenderà una bronco, ma è meglio di no. non voglio metterlo ko subito, visto che è appena entrato in scena e dubito sinceramente che apprezzeresti quest’uscita di scena.
Certo che so che tutto ruota attorno a Hermione. Il capitolo l’ho scritto io! >__
*me offesa u.u*
No scherzo. Alla fine basta cambiare una sciocchezza come il cognome (sebbene io pensi che il cognome sia tutto fuorché una cosa stupida), nel senso che non è una cosa eclatante come cambiare sesso o altro, e tutto cambia di prospettiva.
Come ho scritto in un precedente capitolo, a Draco era sempre stato detto di dover odiare chi non era come lui e lui, da bravo figlio, o comunque da figlio che voleva le attenzioni di un genitore, aveva obbedito. Questa è una tematica importante. Obbedire per compiacere un genitore. A volte va bene, a volte no.
Ho reintrodotto Albert, osannato a gran richiesta e proprio lui apre gli occhi a Hermione sul perché Malfoy ha questo atteggiamento. È strano vedere come un Serpeverde possa essere visto diversamente se messi alla luce i veri motivi che lo inducono a comportarsi in un certo modo.
Ginny, come spiegato nell’introduzione è persa per Harry e ti anticipo già che gli perdonerà gran parte dei suoi atteggiamenti. Occorrerà del tempo affinché Ginny ritrovi la retta via.
Non è che Ginny fa la sostenuta, anzi, semmai è il contrario. Se avesse voluto fare veramente la sostenuta non avrebbe dato tutta quella corda al moro di Serpeverde, lasciandogli la possibilità di farsi conoscere per quello che è. Se Ginny ha risposto così a Blaise è perché l’influenza di Harry è tale da arrivare anche sul suo metro di valutazione delle persone. C’è anche da dire che prima di tutto questo, Harry, era un paladino della giustizia e che cercava di portare la pace nel mondo magico. Poi è successo qualcosa – un qualcosa che verrà spiegato in questo capitolo – ed è tutto cambiato. Quindi Ginny vuole pensare che Harry sia ancora lo stesso ragazzo buono e generoso di un tempo. Le occorrerà una padellata sul muso e qualcuno che le tolga le gambe di prosciutto dagli occhi per accorgersi che non è il ragazzo adatto a lei.
E a Draco occorre il tempo necessario per metabolizzare il tutto.
Un bacio e buona lettura. Grazie per il tuo popò di recensione! ^___^

Ssaphiras: se c’e una cosa di cui bisogna tener conto è il nocciolo di tutta questa situazione, cioè quella di Hermione. Non dimentichiamoci che ha passato ben diciassette anni lontana dalla sua famiglia, una famiglia che sta facendo di tutto per tenersela vicina.
Albert incluso. E siccome so che sei una ragazza sveglia, capirai quello che sto cercando di dirti, o comunque ci andrai molto vicina.
Beh, mi sembra normale che Hermione sospetti qualcosa, no? Altrimenti come si spiegherebbe il fatto che fino all’anno prima Ron e Harry fossero i paladini della giustizia e invece quest’anno sembrano voler ritrattare tutto? Ma Hermione non andrà a pensare subito male di qualcuno in particolare perché il cambiamento di Harry e Ron è stato – ho cercato, eh? – il più graduale possibile e quindi la riccia può anche attribuirlo ad un loro personale cambio di rotta.
Per quanto riguarda le due coppie, posso solo dirti che la cosa andrà per le lunghe per tutte e due. E non dico altro.
Un bacio e grazie per il “bravissima”.
Buona lettura, callistas.

Laura malfoy: vista la premessa della tua recensione, un bel vaf… BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP ci sta più che bene.
>______<
Ti stavi dimenticando di me? O.o sono così poco importante? Dì la verità… c’entra Dexter. Oh, ma io lo uccido a quello lì! Ma come si permette di togliermi la mia briciolina di notorietà!!!!
*piccolo-spazio-pubblicità*
Vabbè, dai…
Dunque, sono contenta di ritrovarti – anche se ti stavi per dimenticare e, attenzione, perché te lo rinfaccerò a vita u.u – e spero che il capitolo ti sia piaciuto.

Harry pensa che Ginny sia un campo, non ha importanza a cosa è coltivato. E se Ginny è il campo, Harry è il cane che piscia per marcare il territorio. Questa cosa mi ha sempre fatta imbestialire, perché è sempre stato Harry a voler tenere Ginny lontana da lui per non metterla in pericolo e ora che lei sta scrutando altri orizzonti, ecco che arriva Harry-ti-piscio-addosso-per-marcare-il-mio-territorio. Beh, caro mio… esistono treni che ripassano e altri che non tornano indietro. L’ho sempre pensata così.
Spero tu sia d’accordo.
Appunto perché Harry è sempre stato in prima fila per eliminare certi pregiudizi che ora Hermione e Ginny trovano strano il suo comportamento.
Che avrà una spiegazione – degna, non lo so – in questo capitolo.

Ho sempre pensato anche che gli opposti si attraggono.
E secondo me è il caso di Draco e Hermione. Non mi stancherò mai di dire che secondo me Draco avrebbe dovuto sposarsi con Hermione, in quei fantomatici 19 anni dopo – in cui può succedere di tutto – per dimostrare di aver saputo andare oltre alle convinzioni impostegli, ma ovviamente… niente va come te lo aspetti.
La ripetizione è voluta. Volevo sottolineare il suo tumulto interiore nel doversi imporre – talvolta – di vedere Hermione come una purosangue.

La battuta che Hermione ha fatto a Pansy era per scrollarle di dosso quell’apaticità che l’aveva presa da quando aveva rischiato la violenza. Anche lì, Hermione ha messo da parte i suoi pregiudizi per aiutare Pansy di nuovo.
Effettivamente, credo che avrei preso un bel colpo anch’io nel sentirmi dire quella cosa e infatti Pansy deve aver perso ben dieci anni di vita.
Le spiegazioni di Hermione su ciò che aveva passato durante la ricerca degli Horcrux sono sensate. La scuola ti da le basi e qualcosa di più – ma non tanto – ma è fuori che sei letteralmente da sola e hai solo te stessa su cui contare.

Non è che le manca essere trattata come uno zerbino, le da fastidio che Malfoy abbia smesso solo quando ha scoperto di lei e della sua vera natura. So che a conti fatti è logico smettere con le prese in giro, ma lei non può fare a meno di pensare che se avesse continuato a essere “Granger”, tali prese in giro non si sarebbero mai fermate.
Lo so, è un controsenso vivente, quella ragazza.
Albert ha in un certo senso dovuto dire a Hermione quelle cose, benché non fosse suo compito – si sa che certe cose devono essere i diretti interessati a raccontarle – perché voleva che sua sorella vedesse Draco come lo vedeva Albert stesso. Albert sa che Draco non è uno stinco di santo, ma almeno sa perché si comporta in quel modo.
E Hermione sta iniziando a capirlo.
Più che di una ragazza, Draco avrebbe bisogno di recuperare diciassette anni di indifferenza da parte di suo padre e una volta raggiunta questa stabilità emotiva, appoggiarsi a una persona estranea – estranea da intendersi come “fidanzata” – e completare quel cerchio della vita – fa molto Re Leone – che ogni persona compie a partire dalla sua nascita. Ma questa storia, come avrai ben capito, è decisamente diversa, perché Draco sarà aiutato da Hermione a trovare una strada verso la felicità.
Sappiamo bene quanto Hermione sia testarda. Non dimentichiamoci di questo.

Prima di arrivare al punto di rendersi conto di essere innamorato di lei, dovranno arrivare i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, i mari dovranno ritirarsi e Voldemort rinascere per proclamare la pace in tutto il mondo.
Il che significa che deve passare un bel po’ di tempo…
Ma non gettiamo la spugna.

Allora, voglio spiegarti questo pezzo.
Quando Hermione si scontra con Draco e lei sbatte il suo delicato nasino contro il suo torace scultoreo – ecco che cado nelle solite descrizioni dei personaggi di quelle fic che odio – Hermione sbuffa, ma non è veramente infastidita. Ricordiamoci che ha parlato con Albert e che le sue parole hanno già attecchito nel suo cuore, anche se lei non se ne rende conto. Quando Draco, convenevoli a parte, si scusa con Hermione per aver sbagliato a usare il suo vecchio cognome, nota che la ragazza ci rimane di sale. Prendi nota: Draco Malfoy si è scusato con Hermione. Granger o Preston che sia, non importa.
Si è scusato con Hermione.
Il fatto che lei gli offra da bere è una cosa puramente ironica, da intendersi come un fatto straordinario il fatto che Malfoy si fosse scusato proprio con lei, quando magari un tempo l’avrebbe solo insultata.
Era una cosa prettamente ironica, tutto qui. ^^

Ginny e Blaise.
Ecco la seconda coppia più casinara del secolo, ovviamente sempre secondi a Draco e Hermione ;-)
Ho voluto mettere la scena del bambino che non vuole l’aiuto di nessuno per rialzarsi proprio per fare un paragone con Ginny. La ragazza non sa di essere caduta e continua a credere di essere sempre in piedi e che niente e nessuno la potrà piegare.
Sbaglia.
Ginny è caduta e ha raggiunto già il fondo con quella piccola discussione con Harry.
È bello vedere i bambini muovere i primi passi. Io mi metto a piangere quando vedo Reparto Maternità!
Purtroppo Ginny avrà un bel po’ di strada da fare e forse il suo percorso sarà un po’ più ripido di quello di Hermione, ma confido nella sua intelligenza. Poi, si sa, ognuno di noi fa degli errori. L’importante è rendersene conto e porvi rimedio.
Come è intenzione della rossa nel capitolo che tra poco andrai a leggere. Hihihi…

Queste tue recensioni mi piacciono, tranquilla e, dimenticanza a parte – te l’ho detto che non te l’avrei perdonata tanto facilmente – mi sento realizzata quando vedo che una lettrice vuole analizzare punto per punto del capitolo.
Per lo spoiler, posso solo dirti che non ci hai preso, perché questo è un capitolo bomba.
In tutti i sensi.
Buona lettura, callistas.

BLUFLAME: beh, certo che è un bel casino. Bello, per ovvi motivi, casino per altri ovvi motivi e il fatto che si definiscano allo stesso modo non fa altro che aumentare la sintonia (?) che quei due stanno provando nei confronti dell’altro.
Ti dirò… è stata la prima cosa che mi è saltata all’occhio. Ho pensato “ma come ca22of a un genitore a prendere a bastonate il proprio figlio davanti a tutti?” Se non puoi farne a meno, fallo in privato. Non dai una bella immagine di te, in quel modo. Eppure, Draco è riuscito in tutto questo cumulo di gesti fatti o non fatti a ragionare con la propria testa e a capire che così non poteva più andare avanti (vedi spiegazione di Albert).
Ciò che hai detto – scritto – su buono e cattivo è giusto. Non c’è peggior piaga di qualcuno che dispensa consigli come se fossero noccioline.
Non mi fai mai perdere tempo. È un piacere interagire con te. Spero ti piaccia il capitolo e i relativi colpi di scena.
TiViBi.
Callistas.

LutherBlisset: lo scopo principale di questa fic era proprio evitare quelle idiozie – ringraziami, perché mi sono anche trattenuta – di un’Hermione purosangue dove i suoi amici si complimentavano con lei. Ora dico, cosa cazzo ti complimenti a fare? Il mio mondo è andato allo sfacelo, le vere persone che avrebbero dovuto allevarmi sono dei perfetti estranei e tu mi fai i complimenti? Allora sei idiota!
Dopo questo avvincente prologo, ti do il mio personale benvenuto in questa storia. ^_^ Sono felice che tu abbia voluto perdere del tempo per leggerla e che mi sia stato avanzato un bellissimo complimento sull’IC di un personaggio. Come ho detto ad altre lettrici, l’IC di ogni personaggio, andando avanti con la storia, tenderà a svanire lentamente, a causa della mia incompetenza nel riuscire a mantenerlo tale. È qualcosa che irrita me per prima, perché mi piacerebbe basare una storia sui caratteri originari, ma o sono troppo esuberanti o troppo amorfi. Più avanti, leggerai di come io propenda, certe volte in maniera esagerata, all’utilizzo di ironia e battute che gli originali non farebbero mai. Tutto questo solo per strappare a voi un sorrisetto.
Di Harry e Ron non posso dirti nulla se non quella di leggerti questo capitolo, in cui verranno alla luce molte spiegazioni. Debitamente approfondite in seguito.
Beh, meno male che quella frase era puramente metaforica, altrimenti mezzo mondo avrebbe un groviera al posto della faccia. ^__^
Un bacio e grazie mille per le tue parole.
Buona lettura, callistas.

Stefy494: gli atteggiamenti iniziano a prendere una svolta e ad avere spiegazioni logiche. O almeno è quello che spero di averti fatto capire con questo capitolo che tra poco andrai a leggere.
Draco e Hermione sono ancora su un terreno minato e devono prestare molta attenzione a ciò che dicono o fanno. Più avanti, spiegherò il motivo che ha portato Albert a dire a Hermione quelle cose su Draco e spero di lasciarti a bocca aperta anche lì.
L’interruzione tra i due è avvenuta ad opera di qualcuno che è più fastidioso di un dito su per il culo e speriamo che – speranza vana – si capisca quando è ora di evaporare o proprio legarsi un masso al collo e buttarsi nel Lago Nero.
Posso chiederti cos’è che ti sta più sulle palle di Ginny? Giusto così per vedere se almeno posso fartela piaciucchiare in questa storia ^______^
Spero che il capitolo ti piaccia e che ti possa aprire gli occhi su certe questioni.
Un bacio, callistas.

Viola69: e io che pensavo di essere stata una stronza degna del mio nome… ç___ç ecco, la mia autostima da super stronza sta vacillando!!!
Ma sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto. Mettere certi titoli stile bomba a orologeria è quello che mi piace di più perché è bello leggere le reazioni dei lettori. A conferma che sono una stronza.
Come già detto, Draco è un bel casino e alla fine non fa altro che fare ciò che ogni figlio farebbe per fare contenti i genitori (maledette violenze psicologiche! >_<) e quindi non è proprio da biasimare.
Harry e Ron… troverai la spiegazione del loro atteggiamento qui, in questo capitolo. Spero che ti piaccia. Blaise cerca di attirare l’attenzione di una certa persona, ma quando si rende conto di avere indietro solo pomodori marci, tira il freno. Chissà come andrà a finire.
In che senso questo formato ti spacca gli occhi? Quale vuoi che usi?
Fammi sapere del capitolo e del formato, eh? ;-)
Bacioni!

HJ: cosa ti aspettavi da questo capitolo? Accoltellamenti? Urla, strepiti, vivisezionamenti? Dimmi… ^__^
Sono contenta che Ginny ti piaccia, è davvero difficile far dire le cose ai personaggi, pur sapendo che ne avrebbero dette delle altre.
Senti, mettiamo in chiaro le cose! >.< Tu NON puoi consolare Draco perché prima ci sono io! È il mio personaggio, uffi!
*sbatte i piedi per terra*
Ripresami da questo piccolo sclero momentaneo – ma che ricomparirà se non terrai i tuoi tentacoli adesi al corpo – riprendo a risponderti.
Mi piace il personaggio di Draco perché non è mai scontato. Ogni sua reazione ha innumerevoli ore di riflessioni sulle spalle, dove valuta pro e contro della situazione. Io sarei già morta se dovessi fare una cosa del genere, ma non Draco. Lui essere uomo con palle!
E poi ha troppi sospesi con Hermione per potersi permettere di andare da lei e dirle di provare anche della semplice attrazione. Se uno che mi ha sempre sfottuta viene da me un giorno e mi dice che gli piaccio, la prima cosa che gli arriva è una padellata sul muso. E ho detto tutto.
Questo punto su Harry e Ron e sul fatto che non hanno detto la verità su Hermione all’intera scuola mi ha fatto sorridere. Sembra quasi che tu… no, dai. Non ti dico niente. Ti lascio pregustare questo capitolo dove la tensione omicida salirà alle stelle.
Il titolo che ho dato alla storia riassume un po’ tutte quelle bugie che nel corso della storia stessa i vari protagonisti sono costretti a raccontarsi a vicenda. Nemmeno fossi l’Azzecagarbugli, diamine! Ma pian piano verranno a galla e allora sì che ci sarà da divertirsi, in certi casi, da strapparmi le budella con il forcone, in altri.
Ginny ha commesso un errore imperdonabile e leggerai la soluzione che ha trovato per farsi perdonare da Blaise – anche se ancora deve arrivarci – in questo capitolo. E il titolo è molto azzeccato. ^__^
Mi fa piacere che questa mia frase ti sia piaciuta tanto da renderla pubblica su FB e grazie soprattutto per avermi citata come fautrice di tale frase. Mi sento onorata. Grazie davvero! ^_^
Tanti baci anche a te, ma soprattutto… Fernet Branca.
No scherzo… buona lettura!

ErinMalfoy: sono felice di non aver deluso le tue aspettative con questo capitolo e se c’è una cosa che posso dirti fin da subito è che di filtri d’amore qui non c’è la benché minima traccia. Soprattutto se devono spiegare il comportamento di Ron e Harry.
Che passaggi di preciso non ti sono chiari? Dimmi, magari sono importanti e tralasciarli non ti fa gustare bene la storia. L’enigma è parte integrante di questa storia, quindi sei avvisata! Forse te l’ho detto un po’ tardi, ma meglio tardi che mai, no? Si dice così!
Capisco perfettamente il problema che hai con i tuoi capelli. A me succede che diventino una massa informa di rovi quando mi sveglio alla mattina. Riesco magari ad acconciarli discretamente, ma quando mi alzo e mi guardo allo specchio vorrei solo piangere.
La questione di Lucius è una storia a parte di questa storia, a parte nel senso che è un pezzo molto importante e che avrà un forte impatto su Draco, Hermione ed Elthon Preston. Ma non voglio rovinarti la sorpresa, quindi mi limito a dirti “aspetta e leggerai tutto con calma”. Ogni evento è legato al successivo con logica – o almeno così spero – così come spero anche che le mie – malsane – idee ti divertano e sorprendano.
L’amore della propria famiglia è un qualcosa di irrinunciabile per tutti e Draco non fa eccezione. È pur sempre un figlio che, purtroppo, è costretto ad elemosinare affetto dalla sua famiglia.
Mando un superbacio anche a te!

P.S.: sei come me. Una dannata! ^__^

Kasumi89: beh, per controbilanciare l’idiozia di Ron e Harry serve altro che Albert, ma Draco e Hermione! ^___^
Poveretto il nostro biondo… non sa più dove sbattere la testa per riuscire a ragionare su tutta questa situazione. E poi penso che un po’ di sana confusione non gli faccia male, perché tenere sotto controllo OGNI situazione ti porta alla pazzia totale.
Ho voluto, per una volta, modificare il personaggio di Pansy perché vederla sempre così stronza mi ha dato sinceramente un po’ di fastidio e allora sono intervenuta!
Dello spoiler non ti dico niente, se non… buona lettura!


PER TUTTE!
Capitolo-bomba.
Si avvisa i gentili passeggeri di allacciare le cinture e posare i badili, grazie.
^___^









VERITA’ NASCOSTE
LE VENDETTE

La gita sarebbe finita a mezzogiorno.
Tutti gli studenti dovevano rientrare per quell’ora, visto che al pomeriggio tutta la scuola, docenti e Gazza inclusi, era allo stadio per vedere la partita e quindi la riapertura dei cancelli sarebbe stata impossibile fino alla fine dell’incontro che, come al solito, si sapeva quando iniziava, ma mai quando finiva.
Ginny era tornata indietro un’ora dopo che era stata lasciata da Zabini. Era arrabbiata con se stessa per come aveva trattato il moro. Non voleva dire quello che aveva detto, ma l’ultima conversazione avuta con Harry aveva lasciato strascichi non poco notevoli. Il tarlo del dubbio si era insinuato nel suo orecchio e aveva scavato un tunnel fino a che non fu troppo tardi.
Se c’era una cosa che Ginny Weasley non aveva mai sopportato, era quella di farsi influenzare dagli altri nel giudizio sulle altre persone. I Serpeverde erano un mondo a parte, perché era come se fosse stato scritto nel loro codice genetico che dovevano odiare per forza di cose i Grifondoro, anche se, a conti fatti, nessuno aveva mai fatto niente all’altro. Era come una sorta di legge di natura, una precetto presente nel regolamento scolastico.
Ma aveva avuto una smentita.
Blaise Zabini si era preso un posto nel suo cuore – quale, doveva ancora deciderlo – non si era imposto con la forza, ma le aveva permesso di farsi conoscere per quello che era.
E aveva buttato alle ortiche quel poco che si erano costruiti per un semplice dubbio.
No, non poteva permetterlo. Neanche se chi aveva istillato quel dubbio era Harry Potter.
Sconvolta, ma convinta di quello che stava per fare, Ginny affrettò il passo e prese la prima carrozza libera e aspettò di tornare a scuola per cercare di farsi perdonare dal ragazzo.




Hermione aveva evitato per un soffio lo scoppio della Terza Guerra Magica.
Stava tranquillamente seduta al bar con Malfoy, come fosse normale routine quando era intervenuto, senza che nulla gli fosse stato richiesto, Ron Weasley, stranamente spaiato da Harry Potter.
Erano volate parole molto pesanti e prive di fondamento, ma usate solo con l’obiettivo di ferire e scatenare una reazione per poi passare, come al solito, dalla parte della vittima.
Ma Hermione non aveva mai tollerato le ingiustizie. Soprattutto se la vittima in questione era una persona che si era ravveduta da sola degli errori commessi in passato.
La riccia aveva difeso Malfoy davanti a tutti, parandosi davanti a lui e facendogli fisicamente da scudo contro le offese gratuite di Ron. Aveva litigato con il suo eterno amico per lui e non se n’era pentita.
Era a questo che Draco stava pensando, seduto in carrozza con un taciturno Blaise. Ognuno di loro aveva problemi e pensieri a cui prestare la massima attenzione e dedicarne di meno era come non dedicarne affatto.

“Ma ti senti quando parli?” – aveva urlato Hermione, facendo girare molte teste.
“Io? E tu che prendi da bere con Malfoy? Ti sei già dimenticata tutto quello che ti ha fatto? Cos’è? Hai la memoria corta, quando ti pare?”
“La memoria corta qui dentro ce l’hai tu! Perché se ti ricordi bene, l’anno scorso si siamo fatti un culo tanto per dare anche a lui una seconda possibilità! Cos’è? Un giorno ti sei svegliato e hai detto basta?”
Non l’aveva mai vista così arrabbiata, nemmeno quando ai tempi d’oro in cui lui la prendeva in giro un giorno sì e l’altro pure, ma non le stava prestando la dovuta attenzione. Il suo sguardo era focalizzato solo sui suoi capelli che sembravano elettrizzarsi al tempo delle sue parole: lo stavano letteralmente incantando.
Si era riscosso quando Weasley aveva ricominciato il suo monologo.
“Io so solo che ci ha fatto troppo male!” – aveva obiettato Ron, fermo sulle proprie opinioni. – “E che, ovviamente, l’ha sempre passata liscia! Sono stufo di vedere che i buoni devono subire perdite enormi, mentre i cattivi, appena versano una lacrimuccia, vengono subito perdonati! Basta!”
Hermion era sul punto di scuoiarlo vivo.
“Sei un cretino! E poi perché tutta questa animosità?”
Gli era scappato da ridere quando aveva visto la faccia da pesce lesso del rosso di fronte a quella parola, di cui ovviamente non conosceva il significato.
“Se mi va di prendere qualcosa da bere con lui lo faccio! Se non mi va non lo faccio! Non decidi tu cosa posso o non posso fare della mia vita e credo di essere sufficientemente sveglia da capire se le persone mi prendono volutamente per il culo o meno! Ficcatelo in quella testa vuota!” – l’aveva guardato eloquentemente, quando gli aveva detto quella cosa sul prendere in giro, ma si sa… la mente di certe persone è ristretta come il caffè che aveva bevuto quel mattino con Malfoy.
Aveva  preso il biondo per un braccio, nella fedele imitazione di una madre che trascina via un bambino particolarmente capriccioso, e lo aveva condotto fuori, onde evitare che arrivassero alle mani.
Fuori, si era scusata per la maleducazione di Ron e poi, una volta accortasi di quello che aveva fatto, se l’era data a gambe e aveva preso la prima carrozza libera.

Lo aveva difeso.
Hermione Preston aveva pubblicamente difeso Draco Malfoy.
All’impossibile non c’era mai fine.









Tutte le carrozze arrivarono a scuola a mezzogiorno in punto. Ginny e Hermione si erano ritrovate al tavolo, entrambe con la faccia scura e con uno stizzito “dopo!” si erano ripromesse di raccontarsi tutto.

Era una bella giornata per giocare a Quidditch. Non c’era un filo di vento e la visibilità era ottima. Nelle rispettive tende, Grifondoro e Serpeverde si stavano discutendo gli ultimi piani per potersi impossessare del boccino prima della squadra avversaria.
Le ragazze erano sugli spalti più alti, quelli dove non ci andava mai nessuno perché la percentuale di prendersi un bolide o una pluffa in testa era molto elevata, ma avevano bisogno di stare fuori dalla bolgia, correndo così i rischi del caso.
Quando mancarono venti minuti all’inizio della partita, Ginny si assentò.
“Dove vai?”
“Devo fare una cosa, scusami. Torno subito.”
Hermione annuì e tornò a girarsi verso lo stadio. L’aria era molto fresca e si ritrovò a stringersi nel mantello.




Ginny non aveva cambiato idea, anzi. Quando a tavola né Harry né Ron le avevano rivolto la parola, aveva sentito che era la cosa giusta da fare, anche se alla maggior parte delle persone il gesto della rossa sarebbe parso più come una vendetta.
Un’atroce vendetta.
Fu con quel pensiero che iniziò a correre verso la tenda dove stavano i giocatori di Serpeverde, entrò, lasciandoli per un momento sbigottiti.
“Weasley!” – aveva urlato il capitano indignato. – “Fuori di qui!”
“Sì! Montague ha ragione! Fuori!” – aveva urlato il portiere.
Ginny li lasciò parlare e guardò per un secondo Blaise, che la fissava decisamente stupito per quell’azzardo.
“Finito?” – chiese, noncurante. – “Ron non sa parare le palle veloci, quindi, passaggi stretti e continui.”
La squadra dei Serpeverde sgranò gli occhi.
“Harry, invece…” – e guardò Malfoy, che ancora non si capacitava di tale atto di rivolta. – “… maneggia ancora con difficoltà la manovra Wronsky, ma tu sei molto bravo, invece.”
Draco non seppe dirsi se essere più sconvolto dalla rivelazione dei punti deboli degli avversari o di quel complimento, fatto come se la rossa glieli facesse da sempre.
“Per gli altri giocatori, state attenti a Welsh. Ha una buona capacità di prevedere le mosse, quindi… siate imprevedibili.” – detto ciò, si girò e fece per uscire, quando Montague la fermò.
“Perché dovremmo crederti?”
Ginny si girò.
“Perché non dovresti?”
“Perché sei una Grifondoro?”
“Non mi aspetto che un Troll come te capisca, ma confido che gli altri abbiano recepito il messaggio. Buona fortuna.” – poi, uscì definitivamente.
Nella tenda cadde un silenzio carico di aspettative.
“Io faccio quello che ha detto la Weasley.” – disse Cromwell, l’ultimo arrivato, ma un buon giocatore.
“E se ci ha preso per il culo?” – osservò Montague.
“Se ci ha preso per il culo non c’impiegheremo tanto a mettere in pratica i soliti schemi, altrimenti potremo dire di aver vinto onestamente. Coraggio, scope in spalla!” – fece il ragazzino.
Gli altri si guardarono e convennero con Cromwell. Tanto, non ci perdevano niente…




“… Potter individua il boccino e si avventa su di esso! Ma ecco Malfoy al suo seguito che non gli da un attimo di tregua!”
La partita si era rivelata eccitante fin dai primi minuti. I Serpeverde stavano a settanta punti, mentre i Grifondoro a quaranta. Sembrava che le serpi riuscissero in qualche modo a prevedere le mosse degli avversari e nessuno riusciva a spiegarsi come facevano.
“Ecco Montague che tira un’altra palla e NOOOOO!!!!”
Montague aveva fatto un altro gol e aveva aggiunto altri dieci punti al tabellone verde-argento. Il capitano delle serpi fece un paio di giravolte sulla scopa con il pugno elevato al cielo. Tutti volarono da lui per complimentarsi, anche se un’occhiata scappò a chi aveva permesso quel risultato.

Hermione corrucciò le sopracciglia e guardò l’amica.
“Scusa… ma hanno guardato di qua?” – chiese.
“Chi?” – fece la rossa, con un sorrisetto sulle labbra.
“I Serpeverde.” – spiegò lei.
“Ah sì? Non me ne sono accorta…” – fece lei.
“Ginny…” – fece Hermione, girandosi totalmente verso l’amica. – “… che hai fatto?”
“Niente. È che ho questa mania di parlare da sola e forse, inavvertitamente, devono avermi sentito elencare i difetti della nostra squadra.”
Hermione era impallidita.
“Co-cos’hai fatto?” – alitò lei, reggendosi alla balconata.
Ginny si girò e la guardò seria.
“Hai capito bene.”
“Ma sei pazza? Se lo scoprono Harry e Ron non te la perdoneranno mai!”
“Sì?” – chiese, sentendo avanzare una fastidiosa sensazione di disagio alla bocca dello stomaco, ma che fu spazzata via in fretta. – “Forse sono io che devo perdonare Harry per come mi ha trattata. Darmi della puttana solo perché invece di insultare Zabini ci ho parlato tranquillamente.”
Hermione non seppe cosa dire. Non era da lei comportarsi in quel modo.
“Ma… e se ti scoprono?” – chiese Hermione, terrorizzata.
“Al momento, l’unica che lo sa sei tu. Andrai a fare la spia?” – chiese la rossa.
“No, ma…”
Ginny tornò a girarsi verso la partita.
“Quindi non ho niente di cui temere.”
Hermione era costernata dal comportamento dell’amica. Era una ragazza dalla vendetta facile, ma si era sempre limitata a fatture orcovolanti, o a cose che, comunque, si risolvevano nel giro di un paio di giorni, una settimana proprio per stare larghi, ma quello… spifferare i punti deboli alla squadra avversaria era qualcosa di più di una semplice vendetta.
Qui si stava parlando di suicidio!

“… Anderson tira e fa gol! SIIIII!! I Grifondoro stanno lentamente rimontando. Forza ragazzi!”
La partita era molto altalenante. Il risultato non si differenziava se non per una decina di punti. Serviva proprio che una delle due squadre prendesse il boccino per farla finita.
Ma ecco.
Harry era partito alla carica per prendere quella maledetta pallina d’orata e dietro di lui, Malfoy.
“POTTER SCARTA A SINISTRA E MALFOY GLI STA ATTACCATO COME LA PIOVRA GIGANTE! POTTER SCARTA DI NUOVO E CON LUI MALFOY! È UNA GARA ALL’ULTIMO SANGUE, SIGNORI! ECCO CHE I GIOCATORI TENDONO LE BRACCIA!”
La confusione che il cronista stava generando era pazzesca. Tutti volevano che tacesse per seguire meglio l’andamento della partita. Lo stadio cadde nel silenzio più totale, fino a quando…
“GRIFONDORO VINCE! GRIFONDORO VINCEEEE!!! POTTER PRENDER IL BOCCINO! ALE’ ALE’ ALE’ BUM BUM BUM!”
Né Ginny né Hermione gioirono per quella vittoria.
Per la prima volta, non si sentirono parte di quella squadra.

I Serpeverde guardavano con assoluta neutralità i Grifondoro festeggiare la vittoria in mezzo al campo, per poi andarsene verso gli spogliatoi e proseguire lì.
Fu Cromwell a rompere il silenzio.
“Ragazzi?” – fece lui costernato dalla verità che gli si era appena palesata davanti agli occhi.
Tutti lo guardarono perplessi.
“Cosa?” – fece Blaise.
“Cazzo… vi rendete conto che abbiamo perso… onestamente?”
I ragazzi si guardarono e alzarono gli occhi al cielo.
“Mio nonno si starà rivoltando nella tomba.” – fece Montague, sfregandosi la faccia con la mano destra. – “Dai, andiamo a farci una doccia. Voglio andarmene di qui.”
Tutti lo seguirono.









Per i Grifondoro, la festa continuò all’interno nella Sala Comune.
Hermione e Ginny erano rimaste sugli spalti ancora un po’ a parlare.
“… così lo hai fatto per lui.”
Ginny annuì con lo sguardo perso nel vuoto sottostante.
“Non sai nemmeno cosa lui voglia da te.” – osservò Hermione. – “Non credi di aver agito troppo impulsivamente?”
Era da quando era uscita dalla tenda dei Serpeverde che ci stava pensando, ma il danno l’aveva fatto e non si poteva tornare indietro.
“Credo di sì.” – rispose Ginny, appoggiando il mento sulla balaustra.
“E allora perché l’hai fatto?” – le chiese Hermione.
“Io… non lo so.” – fece la rossa, nascondendo la faccia.
“Ginny… sai che non dirò niente, né a Harry né a Ron. Questa volta è andata bene, ma la prossima? Ti prego, non ti cacciare nei guai.”
La rossa girò la testa e annuì. Hermione si sentì meglio, anche se aveva come il presentimento che sarebbe successo qualcosa.
“Ok, senti. Rientriamo?”
“Sì.” – rispose Ginny.
“Ehi, Weasley!”
Ginny e Hermione si girarono e videro Blaise Zabini che stava aspettando la ragazza.
“Io rientro. Ci vediamo dopo, ok?”
“Ok.” – Ginny infilò le mani nelle tasche della gonna e aspettò il moro. Dalla sua faccia si capiva che qualcosa non andava.
Blaise le si avvicinò lentamente, come un cacciatore alla sua preda.
“Ciao.” – soffiò lei.
Lui non la salutò.
“Perché sei venuta da noi, prima della partita?”
Quella domanda l’aveva presa un po’ alla sprovvista. Non pensava che l’avrebbe cercata subito. Cos’avrebbe dovuto rispondergli?
“Io…”
“Credevi che non avremmo vinto senza i tuoi consigli?”
Ginny abbassò istintivamente lo sguardo a terra. Come aveva potuto pensare di poterli aiutare? In pratica, il Quidditch si basava solo sulle squadre di Serpeverde e Grinfondoro, perché erano le più forti.
“Mi rispondi?”
Non la stava aggredendo e non stava urlando. Il suo tono di voce era così leggero, che Ginny non sapeva cosa pensare. Era arrabbiato e si stava trattenendo? O le stava facendo una sorta di lezione morale sul fatto che non si dovrebbero mai svelare le debolezze altrui per vincere? Una contraddizione, se si pensa al modo in cui Serpeverde si comportava durante le partite fino all’anno prima…
Solo quando sentiva di aver fatto qualcosa di sbagliato, Ginny non parlava mai. Rimaneva chiusa in se stessa come un riccio e chi provava a farlo aprire si pungeva dappertutto.
“Senti, lascia stare, ok?” – fece lei, iniziando a sentire gli occhi pungere.
Blaise corrucciò le sopracciglia.
“Ora devo andare.” – girò i tacchi e se ne andò.
Blaise non provò a fermarla, né la inseguì. Al contrario, le sue labbra si stesero in un leggero sorriso di compiacenza, dovuto forse al fatto che qualcuno stava iniziando a capire, ma ancora non voleva ammettere.




Hermione si era avviata, lasciando all’amica lo spazio necessario per parlare con il moro di Serpeverde.
Tutta quella situazione aveva dell’assurdo, pensò Hermione. Rivelare alla squadra avversaria i punti deboli di un’altra solo per vendetta.
Qui c’era qualcosa di più sotto, ma che ancora non riusciva a comprendere.
“Pensieri?”
Era saltata per aria come un petardo, lasciando perplesso il ragazzo dietro di lei.
“Dio Santo, Malfoy! Ma vuoi farmi morire?” – chiese lei con gli occhi a palla.
Draco ghignò.
“Così in fretta? No, non è il mio stile.”
Stavolta fu Hermione a guardarlo perplesso, per poi trattenere un sorrisetto divertito. Scosse la testa e riprese a camminare.
Con Malfoy dietro e scopa in spalla.
Fu strano come la ragazza, dopo la conversazione chiarificatrice avuta con Albert nella Stanza delle Necessità, non provasse più fastidio nei confronti del biondo per i suoi modi di apparirle alle spalle come Nick-Quasi-Senza-Testa. Una volta invece, se avesse, potuto, lo avrebbe vivisezionato.
Rimasero in silenzio per tutto il tragitto. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Ognuno dei due sperava che l’altro aprisse bocca, ma arrivarono al castello in religioso silenzio. Lei doveva salire le scale, lui scenderle.
“Sì… allora ciao.” – disse lei, con non poco imbarazzo.
“Sì, ciao.” – fece lui, non meno imbarazzato di lei.
Il punto era che si erano salutati, ma nessuno dei due accennava ad andarsene. Erano fermi impalati come due stoccafissi, tanto da essere scambiati per due statue del Madame Tusseaud’s Museum. Continuavano a guardarsi, fino a che lei non sorrise istericamente.
Draco lo prese come un segno divino.
“Perché ridi?”
Hermione lo guardò.
“Non è strano?” – chiese lei.
“Cosa?”
“Questo nostro non-parlare. È strano.”
“T’infastidisce?”

Questa cosa che mi sta succedendo, mi sta portando a comportarmi da perfetto idiota. È da quando è tornata a scuola che quando ci rivolgiamo parola, lo facciamo solo attraverso monosillabi o botta-e-risposta.
È… snervante.
Ma nello stesso tempo non lo è.
Quella che ho davanti non è una persona qualunque. È la stessa ragazza che ho avuto sotto il naso per sei anni, allora perché continuo a vederla diversa? Perché prima i suoi ricci mi facevano venire da ridere, mentre ora invece passerei le ore a infilarci dentro le mani?
È vero. Questi nostri dialoghi, intrisi di sottintesi, sono strani e logoranti, alla lunga, perché dobbiamo sempre dosare le parole, chiederci con che inflessione pronunciarle, per non farle sembrare troppo stucchevoli o troppo aggressive.
Gliel’ho chiesto di getto, sperando in un suo cenno di negazione. Mi è sempre stato difficile parlare, perché mi è stato insegnato che sguardi e gesti comunicano più delle parole. Ma se voglio dimostrare alla società magica che un Malfoy può cambiare, devo imparare a esprimermi. Le parole sono state bandite dall’educazione dei Malfoy, perché un Malfoy non può sprecare fiato con parole inutili.
Sono gli altri che devono capirlo.

Hermione, invece, si era morsa la lingua. Come dire a un ragazzo, che era sempre stato in prima fila per sfotterla, che non era infastidita da quei loro dialoghi, ma che anzi… sotto sotto le davano a intendere che tra le loro case – tra loro due – ci poteva essere una tregua?

“No, non m’infastidisce.” – disse Hermione, dopo un’estenuante lotta con le sue corde vocali per poter dare fiato a quella frase.
Gli sembrò di vederlo sollevato e questo le provocò un afflusso di sangue al viso.
“Allora… continuerò a non infastidirti, Preston.” – si girò e la lasciò colpita in mezzo al corridoio, guardandolo andarsene fino a che ebbe svoltato l’angolo.
Draco, girato l’angolo, dovette appoggiarsi contro il muro. Il cuore gli batteva a un ritmo che non aveva mai sostenuto prima di quel momento. Era molto tentato di rimanere lì a vita, perché le gambe non volevano saperne di collaborare.
Con non poco sforzo, ordinò loro di muoversi, perché i corridoi stavano iniziando a riempirsi di studenti e farsi trovare in quelle condizioni non era di certo il caso.
Si avviò, così, verso i sotterranei.




La Sala Comune era caduta nel più totale silenzio. Sembrava che un buco nero l’avesse inghiottita, perché non una mosca volava all’interno di quelle quattro mura.
I giocatori di Quidditch erano ubriachi marci per via della festa fatta in loro onore per la vittoria appena conseguita, ma non così tanto da non capire quello che Potter e Weasley stavano blaterando da circa venti minuti.
“Cosa?” – chiese un ragazzino del primo anno.
“Seee…” – fece Harry, che non reggeva per niente l’alcol. Tutti gliene avevano fatto bere un – bel – po’ per farsi raccontare magari dei particolari piccanti o atti osceni che avrebbero potuto usare come ricatto, ma era uscita tutt’altro tipo di verità.
“… lo… hic… giuro! Vero Ron?”
Il rosso, che ad alcol stava messo peggio di Harry, annuì vistosamente, per poi scoppiare a ridere.
“Ma quanto hai bevuto?” – chiese Lavanda Brown, avvicinandosi a Ron.
“Un… goccetto… hic hic…” – disse, per poi ridere fragorosamente.
“Ma non può essere vero!”
“Lo… giuro… hic hic…” – fece Harry, serio, per quanto l’alcol glielo permettesse. – “Ce… ce lo ha detto Hermione hic hic…”
I presenti iniziarono a guardarsi straniti, ma chissà perché, gli credettero.
“Pazzesco…”
“Allora è per quello che mi avevi chiesto se l’avevo sentita quest’estate?” – chiese Neville, che fece 2+2.
Ron annuì e poi continuò a ridere.
“Ed ecco perché è arrivata con due settimane di ritardo a scuola!” – esordì Lavanda.
“Certo.” – fece Harry. – “C’è rimasta male per quello che è successo e… hic hic… si è presa un po’ di… hic… tempo…”
“Ecco perché girava sempre con Preston! È sua sorella, non la sua ragazza!”
“CHI CAZZO VE LO HA DETTO?” – urlò una sgomenta Ginny.
Tutti, si girarono verso di lei.
Lei, che in un attimo trovò i colpevoli.









“… così mio padre ha preferito non dire niente in giro. Credeva che se avesse mantenuto nascosta la cosa, il colpevole avrebbe fatto dei passi falsi, visto che nessuno ne parlava.”
“Ma… e lei come l’ha presa?”
Albert era andato in camera di Pansy dove, ad aspettarlo, c’era anche Daphne Greengrass, venuta a conoscenza, proprio per sbaglio, del segreto di Albert.
“Beh, male. Prova a metterti nei suoi panni.” – disse, rivolto a Pansy. – “Come la prenderesti se scoprissi dalla mattina alla sera che i Parkinson non sono i tuoi veri genitori?”
Pansy annuì.
“Ma… mi sembra che stia meglio, o no?” – chiese la mora.
“Fino a che non lo sa nessuno, sì.” – fece lui, un po’ amareggiato.
“Perché non vuole dirlo in giro?” – chiese Daphne.
“Vuole farlo per gradi, anche se non ho ben capito come. Ragazze, dovete promettermi che non lo direte a nessuno, ok?”
Daphne e Pansy si guardarono.
“D’accordo. Non ti preoccupare.”
La porta si spalancò all’improvviso, facendo sussultare i tre.
“Ma che… Draco!”
Draco Malfoy non sapeva cosa fosse l’agitazione. Mai un capello fuori posto, nemmeno quando il Lord Oscuro gli aveva ordinato di uccidere Silente, mai un cedimento del controllo.
Il Draco che avevano davanti, sembrava una donnina isterica.
“Albert, ti consiglio di seguirmi!”
“Perché?”
“Tua sorella!”

Albert seguì Draco come un’ombra. Durante il breve tragitto gli aveva spiegato cos’era successo e il biondo aveva provato un forte senso di malessere alla bocca dello stomaco.
Quando sentirono delle urla nel corridoio, che nemmeno Gazza sapeva fermare con la sua “autorità”, capirono di essere arrivati. Girarono l’angolo e Albert giurò di star per svenire.
Hermione era stata sbattuta contro una parete e tutti la stavano assillando di domande più o meno lecite, più o meno personali. Ad un tratto, nel loro campo visivo, apparve Ginevra Weasley, più furente che mai.
“Ma cosa…”
“ADESSO BASTA!”
Ma nessuno la stette a sentire e nessuno si girò. Albert e Draco la videro alzarsi le maniche del maglioncino e prendere la bacchetta.
“Non vorrà mica…”
“EVERTE STATIM!”
I due fecero appena in tempo ad aggrapparsi alla parete, mentre gli “aggressori” di Hermione caddero a terra come birilli. Hermione, che era stata praticamente spalmata contro la parete, fu l’unica a rimanere in piedi. Ginny scavalcò gli studenti, ancora intontiti dall’incantesimo, incurante di chi o cosa stesse calpestando.
“Stai bene?”
Hermione alzò gli occhi rossi per le lacrime versate.
“Vieni con me.” – la tirò fuori da quella matassa di gambe e braccia e si girò intorno per capire dove andare.
“Di qua!”
La rossa si girò e vide Albert, sorrise di sollievo. Anche Hermione, quando lo vide, sospirò. Un volto amico… i due fratelli si andarono incontro.
“Voglio andare via…” – fece Hermione, singhiozzando. – “Voglio andare via…”
Albert la prese con sé e la portò in camera sua, nei sotterranei.




Albert l’aveva portata in camera sua.
Ovviamente, l’ingresso di una Hermione Granger in lacrime non poteva passare inosservato, soprattutto se la ragazza era accompagnata da Ginevra Weasley. Non avevano fatto in tempo ad alzarsi, che erano già spariti nel proprio dormitorio.

Seduta sul letto di Albert, Hermione continuava a piangere ininterrottamente.
Stava andando tutto bene, accidenti! Ginny si sedette accanto a lei e le mise una mano sulla schiena, non potendo fare altro. Erano stati chiamati tutti quelli che di Serpeverde sapevano chi fosse veramente Hermione e ora erano tutti in quella stanza a capire cosa potevano fare per cercare di sistemare la situazione.
Draco non aveva mai visto la Gra… Preston, accidenti! Preston!!!, piangere in quel modo. Gli sembrava che niente potesse piegarla, così come gli era sembrato che avesse superato abbastanza bene la cosa.
Evidentemente, non era così.
Evidentemente, non la conosceva ancora.
“Sono finita…” – esalò Hermione, che aveva parlato per la prima volta dopo essere stata condotta nella casa del lupo.
Albert le andò vicino e le mise un braccio sulla schiena, vicino a quello della rossa.
“Non dire così… troveremo una soluzione e…”
“Ma quale soluzione! Adesso lo sanno tutti e…”
“Scusa, ma non è meglio così?” – intervenne Daphne.
Albert si coprì gli occhi con una mano. Daphne era riuscita a creare attorno a sé quest’aura di mistero e superbia che la faceva apparire inarrivabile per i signori maschietti, e fonte di perenne invidia da parte delle ragazze. In realtà, era una persona così normale che rasentava quasi il ridicolo. In più, era dotata di una sincerità disarmante che usciva nei momenti meno opportuni e cosa peggiore, con lei stessa che sembrava non accorgersene.
“Eh?” – fece Hermione, sgomenta.
“Voglio dire… tanto, alla fine, questa storia sarebbe venuta fuori, no? E se poi calcoli che Hogwarts è popolata da mille copie di Lavanda Brown, il risultato che è venuto fuori oggi non sarebbe stato tanto diverso da quello in futuro.”
Hermione era scattata in piedi, tanto che la bionda ebbe un sussulto. Ma non disse niente. Si limitò a chinare il capo e a convenire con la Greengrass. Il suo ragionamento non faceva una piega, ma ugualmente lei non si sentiva ancora pronta. Guardò suo fratello e capì che per lui quella era stata solo una manna dal cielo. Finalmente avrebbe potuto girare con lei indisturbato senza dover giocare agli amanti segreti.
Daphne continuò a guardare Blaise, Draco, Theo, Albert, Pansy e la Weasley, come chiedendosi cos’avesse mai detto di così sbagliato. Quando vide che tutti avevano riportato gli occhi su Hermione, tirò un interno sospiro di sollievo.

Nessuno di loro scese per la cena. Theo si era offerto di scendere nelle cucine verso le otto, orario in cui tutti sarebbero stati impegnati a cenare, e racimolare un po’ di cibo per tutti, molto poco, visto che nessuno sembrava aver fame. Pansy decise di andare con lui.
Hermione era appoggiata con la testa sulla spalla di Albert, mentre Ginny non sapeva se dire tutto all’amica, ma scelse di dirle la verità perché tanto, prima o poi, sarebbe venuta fuori.
“Hermione, c’è una cosa che devo dirti.”
L’attenzione di tutti si focalizzò sulla rossa. Hermione girò stancamente la testa.
“Cosa?”
Ginny si grattò la testa, non sapendo bene come iniziare.
“Ecco… Harry e Ron…”
Hermione chiuse gli occhi e si ributtò contro suo fratello.
“Non me li nominare nemmeno!” – sibilò lei, tanto da far venire la pelle d’oca ai presenti.
Ginny si asciugò la patina di sudore che si era formata sull’arco di cupido.
“Non vuoi sapere perché l’hanno fatto?” – chiese, avvertendo quella stanza diventare sempre più rovente e sempre più piccola.
“Lo hanno fatto e basta. Non mi interessa il perché.”
Ginny prese un enorme respiro.
“In qualche modo hanno saputo che io e te eravamo a conoscenza del test a sorpresa di Piton.” – aspettò la reazione, che non tardò ad arrivare.
La vide staccarsi lentamente dalla spalla del fratello e girarsi verso di lei con gli occhi spalancati.
“Cosa?” – chiese, sperando di aver capito male.
“E’ stata una specie… di vendetta perché non li avevamo avvisati del test di Pozioni.”
“COSA?!?” – urlò, tanto che Daphne dovette mettersi le mani sulle orecchie.
“Mi dispiace…” – fece Ginny, contrita.
Hermione si mise una mano sulla bocca. Non era possibile che i suoi amici le avessero fatto una cosa del genere. Il fatto che l’amica fosse andata nella tenda dei Serpeverde per spifferare loro i punti deboli della squadra di Grifondoro non le sembrò più un’azione così deprecabile.
Theo e Pansy erano appena tornati e si resero conto subito che qualcosa non andava. C’era un silenzio che si poteva attraversare a nuoto.
“E’ successo qualcosa?” – chiese il moro, con un vassoio per mano.
Hermione si girò e lo fucilò con lo sguardo, nemmeno fosse stato lui a dire in giro il suo segreto. Theo arrossì leggermente, non capendo cos’avesse potuto fare di così terribile da meritare un simile sguardo.
Si erano fatte le otto e quarantacinque. La cena stava sicuramente volgendo al termine e per Hermione era l’unico momento che avrebbe avuto a disposizione per scappare in camera sua ed evitare le domande che sicuramente sarebbero arrivate.
Ma arrivò qualcos’altro.
Signorina Preston, può raggiungermi nel mio ufficio?
Il Patronus di Silente, Fanny, era entrato nella camera e aveva dato il messaggio del preside. Hermione si diresse senza tanti preamboli verso l’ufficio del mago.
Doveva risolvere questa cosa il più in fretta possibile.

Dietro di lei c’erano tutti, tanto che dovettero correre per starle dietro. Il Gargoyle era già spostato di lato in modo da far passare la ragazza.
E corteo a seguito.
La porta dell’ufficio di Silente era socchiusa, tanto da far uscire gli strepiti della McGranitt. I ragazzi rimasero fuori in ascolto.

“INCONCEPIBILE! INAMMISSIBILE! COSA VI E’ PASSATO PER LA TESTA?”
Mai l’avevano sentita così arrabbiata e i Serpeverde ringraziarono Merlino che non avesse mai usato un tono simile con loro.
“Ci… ci dispiace, professoressa…” – fecero Harry e Ron in coro.
“Cosa me ne faccio dei vostri dispiaceri? Vi rendete conto che oltre ad aver divulgato un’informazione personale avete tradito la fiducia di una vostra amica?”
Sbirciando, si potevano notare come le canne della gola della professoressa fossero così esposte tanto da rischiare di saltar fuori. Tutti ebbero un fremito lungo la schiena.
Hermione guardò istintivamente i due ragazzi. Sembravano sinceramente pentiti, cosa che fece vacillare per un momento la sua furia. Fu Ron che, come al solito, disse la cosa sbagliata al momento sbagliato.
“Beh… anche lei però ha tradito la nostra…”
Hermione si tirò indietro di scatto. Cosa?
“Ed era un’azione così oscena da meritare una simile ritorsione?” – chiese stavolta Piton.
I ragazzi, fuori, si guardarono un attimo. Cosa ci faceva Piton con loro?
“Lei… lei e Ginny sapevano del suo test a sorpresa di Pozioni e…”
Ginny si girò di scatto, allibita. Ma si poteva avere un fratello più scemo? Fu la stessa domanda che lesse sui volti degli altri.
“Come?”
Ron capì di aver detto troppo.
“N-nulla, nulla…”
“Signor Weasley, lei…”
“Dopo, Severus!” – abbaiò Minerva. – “Quindi voi due avete tradito la fiducia di una vostra amica perché non vi ha detto del test a sorpresa?”
Non resse un attimo di più. Spalancò la porta con un calcio, e a quel paese le buone maniere. Preside, docenti e corteo appresso rimasero a dir poco allibiti di fronte a tale furia, ma non credettero possibile che un giorno Hermione Preston sarebbe potuta arrivare ad alzare la bacchetta contro di loro.
Harry e Ron indietreggiarono di qualche passo, proteggendosi il volto con le braccia.
Draco la bloccò in tempo. Afferrò il polso destro con la mano destra e avvolse la sua vita con il braccio sinistro, bloccandole anche l’altro braccio.
“Se vuoi vivere, ti consiglio di lasciarmi.” – fece lei, girandosi meccanicamente.
“Sta calma.” – le disse lui.
La sentì rilassarsi contro di sé e la presa fu allentata.
Mai errore fu più grande.
Hermione, percepito che Malfoy non la stava più stringendo forte, si divincolò e alzò la bacchetta, ma lui, abile giocatore di Quidditch e abituato a fare scatti da maratoneta la bloccò di nuovo in extremis.
“SCHIFOSI IPOCRITI!” – urlò Hermione, divincolandosi. – “COME AVETE POTUTO?”
“Se tu fossi stata più…”
Hermione non lo lasciò finire di parlare.
“SE IO? SE IO? STRONZI EGOCENTRICI! È da quando siamo arrivati qui che continuo a pararvi il culo!” – sembrava che stesse per esplodere. – “I compiti! Le verifiche! La pietra filosofale! Il basilisco! Sirius Black! Il Torneo Tre Maghi! L’Ordine della Fenice! Gli Horcrux! Se non fosse stato per me, sareste morti già al primo anno! Non siete mai contenti!” – Hermione era un fiume in piena e nessuno sarebbe riuscito a calmarla se non la diretta interessata. – “Più una persona fa qualcosa per voi, più pretendete! Le ore a stare sveglia di notte per farvi i compiti mentre voi dormivate o vi allenavate! Ero sempre in prima fila per sostenervi, sempre! Quando sono stata io ad averne bisogno, ecco che mi avete voltato le spalle!”
Minerva avvertì gli occhi bruciarle. Era finito tutto?
“E mi maledico!” – urlò, facendo sgranare gli occhi a tutti. – “Perché se avessi saputo che alla fine della fiera saremmo arrivati a questo punto vi avrei lasciati nella merda fin dal Troll del primo anno!”
Ecco, si era sfogata. Tutta la rabbia provata era uscita da lei. Per Draco fu come avere in mano un sacco dapprima pieno, che lentamente si era svuotato. Rimaneva solo un involucro vuoto che, temeva, sarebbe rimasto tale. Ora poteva anche lasciarla andare, sicuro che non avrebbe più fatto niente.
Per sicurezza, le prese la bacchetta, sfilandogliela lentamente dalla mano, grato che non avesse opposto resistenza.
Albert le andò vicino e le mise un braccio attorno alle spalle e la tirò indietro di qualche passo. Avrebbe voluto in realtà mettere mille e mille chilometri tra sua sorella e quei due… non sapeva nemmeno come definirli. Non poteva nemmeno chiamarli animali, altrimenti avrebbe rischiato di offendere gli animali stessi.
Ma come avevano potuto?

Ginny era rimasta ferma in disparte, versando di tanto in tanto qualche lacrima.
Era finito tutto quanto.
I ritrovi in Sala Comune, gli scherzi, le punizioni, i compiti fatti insieme…
Si girò quando sentì una mano sulla sua spalla.
Blaise la fissava con i suoi occhi blu che sembravano più grandi del solito. Non dissero niente.
Rimasero solo vicini.

Dunque l’Anima Revelat Carmine di Silente ha funzionato.
Non avrei mai immaginato che dietro quella faccia si potesse nascondere un simile diavolo. Questo ragazzo ha preso tutto da James. Di Lily ha solo gli occhi, per il resto non ha nulla. La sua bontà era solo uno specchietto per le allodole, la sua forza, un pretesto per avere su di sé tutte le attenzioni, la sua forza di volontà solo una pallida imitazione di quello che in realtà avrebbe dovuto essere e rappresentare questo ragazzo.
Io stesso ho pensato che dalla bocca di questo ragazzo e dai suoi atteggiamenti non sarebbe mai saltato fuori niente di negativo, ma mi sono dovuto ricredere.
Questo ragazzo ha costantemente la necessità di essere al centro dell’attenzione. Ogni cosa che faceva, che diceva, ogni gesto e ogni sguardo era tutto in preparazione di un’attenzione che pretendeva, essendo i suoi genitori morti.
Fossi in loro, tornerei in vita per poi morire, certo. Ma dalla vergogna.
E ora sono proprio curioso di sapere come andrà a finire tutta questa storia.

Anima Revelat Carmine, incantesimo di rileva anime.
Quelle vere.
Non avrei mai immaginato di doverlo applicare su Harry.
Quell’incantesimo mi è costato molta energia, essendo magia oscura. Ognuno di noi è dotato di un lato buono e di uno oscuro, ma la maggior parte delle persone sa resistere, facendo sempre la cosa giusta. Non posso credere che la vera natura di Harry sia sempre stata questa e nemmeno quella di Ron.
Sono amareggiato.

“Come punizione…” – iniziò Albus, ma fu presto interrotto da Minerva.
“Io credo che l’interruzione immediata della loro amicizia con la signorina Preston sia una punizione più che sufficiente.”
“Tu dici, Minerva?” – chiese Severus. – “Abbiamo appena costatato quanto la loro amicizia fosse basata su solide fondamenta.”
Hermione si abbandonò contro il petto di Albert. Quelle parole le fecero molto male, proprio perché vere.
“Privarle di qualcuno che ha significato solo nel loro momento di bisogno non mi sembra una punizione adatta.”
Minerva sospirò.
“Hai qualche idea da proporre?”
“Credo che la biblioteca di Madama Pince necessiti di una bella ripulita.”
I due sgranarono gli occhi.
“Così come credo che alla nostra cara bibliotecaria serva qualcuno che l’aiuti con la catalogazione dei libri. Chissà che a furia di starvi a contatto, non imparino il loro utilizzo.” – frecciò sarcastico il docente di Pozioni.
“Sono d’accordo con Severus.” – obiettò Minerva. – “La punizione partirà da domani alle otto di sera precise di fronte a Madama Pince che, su mio ordine, segnerà anche i secondi di ritardo. Ora andatevene.”
Harry e Ron uscirono con la coda tra le gambe, mentre i ragazzi rimasero lì ancora qualche minuto. In assoluto silenzio.
“Voglio tornare a casa.” – esalò Hermione con lo sguardo perso nel vuoto e qualche lacrima a rigarle il viso.
“Hermione, no! Perché?” – chiese Albert, cercandola con lo sguardo.
Tutti, anche gli altri Serpeverde, la esortarono a non mollare per colpa di quei due cretini.
“E’ meglio che Hermione torni a casa.” – fece invece, Ginny.
Tutti la guardarono con gli occhi sgranati.
“Ora come ora ha bisogno di tranquillità e qui non ne può avere.”
Albert sospirò. Aveva ragione la rossa.
“Nel frattempo…” – fece Ginny, mettendo una mano sull’elsa della bacchetta. – “… sarà mia premura fare in modo che qualsiasi domanda, commento o fiato non gradito rimanga nelle bocche di ogni studente. E non mi interessa se dovrò venir punita per questo.” – ci tenne a precisare. – “Vieni.” – disse Ginny, tendendo un braccio verso Hermione.
La riccia si staccò da Albert e andò da Ginny.
“Accompagno in camera Hermione e l’aiuterò a fare le valige. Con permesso.”
La rossa uscì con in custodia l’amica.
“Signor Preston.” – fece Albus, con voce stanca.
“Sì, preside?”
“Sarà il caso che avvisi i suoi genitori stasera stessa.”
Albert annuì e uscì dalla stanza.
“Ragazzi, credo sia il caso che andiate pure voi. È stata una serata piuttosto pesante.”
Nessun Serpeverde ebbe il coraggio di ribattere. Che fosse stata pesante non c’erano dubbi. Salutarono e se ne andarono.
Rimasero Piton, Silente e la McGranitt, che era piuttosto taciturna.
“Minerva, mi dispiace molto.” – fece Albus.
La docente sorrise sarcasticamente.
“Oh, certo… immagino quanto ti dispiaccia, Albus.”
Il preside alzò gli occhi azzurri, sorpreso.
“Perché quel tono, Minerva?”
Minerva sorrise di nuovo.
“L’incanto Anima Revelat Carmine ti dice niente?”
Albus sgranò gli occhi. Dopo un attimo di smarrimento si alzò in piedi, tremante.
“Posso spiegarti, Minerva…”
“Spiegare cosa, Albus? Che hai rovinato un’amicizia perfetta solo per i tuoi sogni?”
Severus si sentì in obbligo di intervenire.
“Se la loro amicizia fosse stata così perfetta come dici…”
Minerva lo guardò malissimo.
“… non avrebbero ceduto sotto l’incantesimo. Lo sai benissimo questo.”
“Io so solo che voi due avete giocato con la vita di tre persone. E per cosa, poi? Per far andare d’accordo le nostre due case!”
“Tu non desideri la cooperazione, Minerva?” – chiese Severus.
Quel tono saccente la mandò in bestia.
“Forse sacrificare le vite delle persone è una tua qualità, Severus…” – fece la donna, rivangando il passato.
Piton serrò la mascella, non preparato a quel colpo basso.
“… ma non è una delle mie. Ci sono altri metodi con cui si poteva raggiungere lo stesso obiettivo, ma no! Voi dovevate assolutamente fare di testa vostra.”
“Mi dispiace, Minerva.” – fece Albus, con la testa china. – “Mi sembrava l’unica soluzione.”
“Albus Percival Wulfric Brian Silente…” – fece Minerva, canzonando il suo nome. – “… non ti ho mai visto cadere così in basso. Potevo capire il passato, quando eri ancora giovane e inesperto, ma speravo che quell’incantesimo ti avesse insegnato qualcosa. Evidentemente mi sono sbagliata.”
“Ma alla fine si è rivelato essere corretto.”
“Già e cos’hai fatto? Hai continuato ad esercitarlo finché non hai perso il controllo.”
“Era… molto forte.”
“Non nasconderti dietro a un dito, Albus. Sappiamo entrambi perché Tom Riddle è diventato il Lord Oscuro!”

Fuori dalla porta, una figura aveva ascoltato tutto con sgomento.

“Hai applicato quell’incantesimo su di lui e ti sei spinto oltre le tue possibilità! Se tu non lo avessi fatto, Lily e James sarebbero ancora vivi! Cos’è? Vuoi altre morti sulla coscienza? Non ti sono bastate tutte le persone che abbiamo perso fino a questo momento?”
“Minerva, Albus ha solo…”
“Oh, per favore! Smettetela!” – fece lei, esasperata.
“Io…”
“Mi hai molto delusa, Albus…”
“Minerva, ti prego…” – ad ogni parola della donna, Albus sembrava piegarsi sempre di più.
“… ed è per questo che ti rassegno seduta stante le mie dimissioni.”
Sia il preside che Piton scattarono in avanti.
“No! Non farlo, Minerva! Te ne prego! Rifletti… ci dev’essere un modo per…”
“No, non c’è. Da domani il mio ufficio sarà libero. Buona notte.”

Prima che la professoressa aprisse la porta, la misteriosa figura scappò via.









Note di me:
Prima sono stronza e poi mi faccio perdonare. È assodato: soffro di doppia personalità.
Detto ciò, passiamo oltre.
Piaciuto il capitolo? Spero di sì, visto che ci sono tante rivelazioni che, devo essere onesta, avrei voluto darvi a piccole dosi, ma non potevo, se non volevo rischiare la mia vita.
Analisi logica del capitolo: ^_^
1.    Abbiamo visto perché l’incontro tra Draco e Hermione è stato interrotto spiacevolmente. Ron, che se non parla senza prima pensare non è contento, mette in dubbio la capacità di giudizio di Hermione e questo fa infuriare la ragazza. Onestamente, farebbe incazzare pure me.
Ron accusa Draco di cavarsela sempre, anche senza l’ala protettiva del padre ma Hermione che ha una versione differente – e più attendibile – del comportamento di Draco non permette a Ron di lanciare accuse solo basate su informazioni a metà. Informazioni che lei non intende di certo divulgare a un ignorante come lui, dopo l’atteggiamento che ha assunto nei suoi confronti.
2.    Ginny. La mia preferita. ^__^
Harry le ha dato della puttana? Ok. Lei va a spifferare i punti deboli di Grifondoro a Serpeverde. Una cosa equa, no? Poi Hermione le fa vedere le cose da un altro punto di vista e la rossa capisce di aver esagerato, ma la frittata è fatta. Con quel gesto, Ginny aveva sperato di riabilitarsi agli occhi di Blaise, lui che aveva cercato di aiutarla, ma che lei aveva trattato peggio di uno zerbino vecchio. Blaise lo ha capito e invece di aggredirla o sentirsi offeso per quelle rivelazioni – come se Serpeverde non potesse vincere senza conoscere le debolezze altrui – le ha chiesto il perché. Ginny, ovviamente, non sa darsi una risposta e scappa con la coda tra le gambe.
3.    Hermione si ritrova a passeggiare con Draco, dopo la partita. Il bel biondo tenebroso l’ha aspettata che si staccasse da Ginny per poter parlare con lei.
Non hanno propriamente parlato, come ha espresso Draco nei propri pensieri, ma hanno monosillabato la conversazione. Eppure a Hermione piace questa nuova situazione, piena di quel loro “non-parlare”.
Draco la stupisce, affermando che continuerà a non-infastidirla.
4.    Nota dolente: Harry e Ron, sotto i fumi dell’alcol, rivelando il segreto di Hermione. Le reazioni non si fanno attendere. Hermione viene aggredita fisicamente e verbalmente, dove piovono domande indiscrete su di lei e sulla sua nuova condizione.
La ragazza reagisce male, delusa da quell’atteggiamento infantile.
5.    La seduta dal preside. Non so voi, ma la McGranitt ce la vedo benissimo a urlare e strepitare con le corde vocali che le escono dalla gola per la rabbia. Ron da dimostrazione di quanto Molly dovesse averlo sbattuto ripetutamente la muro da piccolo, altrimenti una persona sana di mente non avrebbe mai accennato al test di Pozioni così, solo per cavarsela.
Piton è in ufficio con Silente e Minerva. Uhm… chissà perché… no dico, chissà perché Piton, dopo la sfuriata a Silente su Hermione che doveva cambiare casa perché altrimenti rischia di andare a fondo, era presente… a voi l’arduo compito di tirare a indovinare. ^_______^
6.    Finalmente ho chiarito, o almeno in parte, il perché dell’atteggiamento di Harry e Ron e cos’ha fatto Silente negli archivi. Sorprese? Deluse? Amareggiate? E quando Minerva ha detto che tutti sanno il perché Tom Riddle è diventato il Signore Oscuro? Cos’ha fatto Silente? Lo ha praticato anche su di lui e poi ha perso il controllo, ergo, tutti i morti che ci sono stati fino a quel momento sono da attribuire a Silente e alla sua voglia di essere il migliore. A questo proposito, ricordo ai lettori di leggersi nella HarryPotterWikipedia la storia di Silente e Gellert Grindenwald. Silente era molto ambizioso in passato e ho girato questa informazione a mio piacimento.
Mi piace essere stronza! ^___^
7.    Minerva ha capito cosa Silente ha fatto. Mica scema la donna, eh? Motivo per il quale ha voluto rassegnare le sue dimissioni, sgomenta e indignata dall’atteggiamento di colui che credeva essere un amico. Conosceva Silente fin dai tempi di Gellert – o almeno così ho immaginato nella mia testolina bacata – e l’ho fatta assistere al cambiamento di Albus che da ambizioso passa al fate-l’amore-non-fate-la-guerra.
8.    Per dinci! Chi è quello che origliato tutto?

Spero di essere stata sufficientemente esaustiva in tutto. Se avete dubbi, sono qui per voi.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Spero che lo spoiler vi attizzi le budella.

Era soddisfatto di come stavano andando le cose, perché se da una parte Ginny riusciva a portare a casa ben più di una misera sufficienza (quando aveva visto la sua prima O era sbiancata, credendo che Piton avesse assunto anabolizzanti che gli avevano mandato in pappa il cervello) dall’altra il loro rapporto si stava via via rinsaldando.

Bacioni!
Ah, un’ultima cosa. Dal prossimo capitolo potremo notare come l’Amore – o presunto tale – fa fare di quelle stronzate grandi come una casa.
E manda a puttane il lavoro di altri.
Chi ha orecchie per intendere in-tenda, gli altri… a letto!
HAHAHAHAHA!
Me le faccio e me le rido da sola! Hahahaha!
*fine sclero*

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Capitolo 15
*** Quando l'amore fa fare stronzate ***


15 - Quando l'amore fa fare stronzate Inizio a credere di essere fin troppo generosa.
Ma non posso non esserlo quando, andando a leggere le varie recensioni, mi trovo un popò di parole che non fanno altro che inneggiare alla mia bravura, alla mia simpatia e ai colpi di scena che, sinceramente, sorprendono pure me.
A tutte voi, che fedelmente mi seguite, vi mando un enorme GRAZIE!
Dunque, dicevo che sono fin troppo generosa. Infatti, in questo capitolo scoprirete chi è la figura misteriosa che ha origliato la conversazione del Triangolo delle Bermuda Silente-McGranitt-Piton.
E vedrete come l’amore, fa fare le più grosse puttanate che potrebbero fare la storia delle Idiozie.
Come ho già detto, prima mi faccio perdonare e poi vengo presa a badilate.
Prima di passare al capitolo, voglio ringraziarvi una per una perché davvero lo meritate appieno.

Piccola pucci: dai, non ti preoccupare. Ognuno fa quello che può!
Hermione inizia a ritrovare la perduta grinta, anche se al momento intende battere in ritirata per riflettere su alcune cose. Le ingiustizie non le sono mai piaciute, motivo per il quale non permette a Ron di lanciare false accuse a Draco, ora che dal fratello ha saputo cose che non avrebbe mai sospettato.
Un po’ di sdrammatizzazione ci serviva. Se dovessi fare un capitolo tutto impostato sulla drammaticità, credo che impazzirei io per prima. Fortuna che ci sono i nostri amici Serpeverde che ci aiutano! ;-p

Dopotutto, sono Harry e Ron, dei quali abbiamo iniziato a capire il motivo del loro strano comportamento. E poi sono d’accordo con te: dovevano usare la bocca solo per bere!

Ginny non tollera le ingiustizie e vedere un branco di studenti aggredire Hermione per porle domande inappropriate le ha fatto girare i cinque minuti. Motivo per il quale ha lanciato l’incantesimo e infischiandosene di tutto, li ha scavalcati come si può scavalcare una m…a.

Ostrega? Ma di dove sei? :-)
Non me lo ricordavo più! Mi hai reso la persona più felice di questo mondo!
Allora… Hermione ha una memoria di ferro ed essendosi vista buttare al cesso una pace che credeva di meritare, non c’ha visto più: gliene ha dette di tutti i colori finché s’è svuotata.
Dove a sorreggerla c’era il nostro carissimo Draco.

Eh sì… ho voluto stravolgere gli avvenimenti, imputando a Silente la natura oscura di Tom Riddle. Poretto, credo che con tutte le maledizioni che gli abbiamo lanciato da quando è uscito il primo libro di Harry Potter sarà corso di filato dall’analista. Hihihi…

Dai, tranquilla. E poi decido IO quando metterli insieme e spiacente: i miei body-guard sono infallibili e non riuscirai mai a sconfiggerli! MUAHAHAHAHA!
*fine sclero*
Un bacio e buona lettura.

Bribry85: ciao! Benvenuta in Verità Nascoste. Sono lieta che la storia ti abbia coinvolta tanto. Se vuoi sapere come andrà avanti (non dico a finire, perché siamo ben lungi dall’essere all’epilogo) rimani con me.
Sono contenta che l’idea abbia fatto presa.
Un bacio e buona lettura, callistas.

La principessa sissi: una principessa tra i miei lettori! Quale onore! ^__^
Sono contenta di sapere che hai voluto perdere un po’ di tempo da dedicare a questa fic. Addirittura innamorata? Così mi fai arrossire! Chissà come mai fai parte di quella cerchia che odia Harry e Ron. Sono proprio stata brava a farveli odiare, eh?
Sono lieta che il mio stile di scrittura ti piaccia e spero di poterti rivedere al prossimo capitolo.
Bacioni e coccole anche a te, callistas. ^__^

_araia: eccoti qui! Oddio! Anche a te piacciono i chitarristi? Io ci vado matta! Ho degli amici che suonano in un gruppo, sono carini già di loro, ma quando suonano mi fanno venire la pelle d’oca!
Ok, digressione letteraria finita.
Beh, non potevo passare di certo da anni e anni di odio a un primo appuntamento così, come se niente fosse. Serve tempo e che le cose maturino. Hermione ha fatto bene a dire quelle cose a Ron: era intervenuto senza che nessuno gli avesse chiesto niente.
Spiacente, ma la vittoria di Grifondoro era necessaria, perché in questo modo sia Hermione che Ginny hanno accentuato ancora di più il loro senso di non-appartenenza a quella casa. Infatti, ho anche scritto che nonostante avessero vinto, non si sentivano più parte di quella squadra, da intendersi non solo come squadra di Quidditch.
Forse potevano chiamare Rita Skeeter già che c’erano, ma chi meglio di un’orda di ragazzini allupati che non sanno tenere la bocca chiusa (come la nostra comune amica Pansy di Sex and The City :-p)? Fortuna che c’erano Albert e Draco. Mi è piaciuto particolarmente il punto in cui ho descritto la fredda calma di Draco quando aveva avuto l’ordine di uccidere Silente, ma è diventato una donnina isterica quando ha visto Hermione accerchiata da quel branco di assatanati.
Sono malefica!
Non ti preoccupare se hai premura di andare. Vai tranquilla, ti ringrazio per la tua risposta.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Tinotina: allora approfittiamone subito, visto che tra non molto l’Inferno avrà inizio. Giusto per sapere in che classe sei? Cosa studi? Se vuoi rispondere, eh? Non sentirti obbligata.
Dunque… partiamo dall’inizio, sperando di riuscire a spiegarmi per bene.

No, non sono impazzita. Non ancora.
Credo…
Spero…
Sì, ok. Allora, io spero di non averti traumatizzata troppo con questo capitolo. Tante novità, tanti piccoli misteri risolti, tanti atteggiamenti che hanno una motivazione e qualche bastardata, che non guasta.
Nemmeno io penso che Silente avrà modo di espiare i suoi peccati. L’ha fatta troppo grossa stavolta e ci tengo a ribadire un concetto che ho già espresso in precedenza (perdonami, ora non ricordo se l’avevo detto anche a te o in risposta ad altre lettrici. Perdono!). Ho sempre sostenuto – ma questa è una convinzione che ho non solo come scrittrice su EFP – che Silente, prima di essere un mago è un uomo. Longevo, abile, dalle lunghe vedute (nel senso che vede molto lontano) tutto quello che si vuole, ma pur sempre un uomo. E come uomo è soggetto e preda di scelte, talvolta giuste, talvolta sbagliate. Il suo intento – se proprio gli si vuol dare una giustificazione – era quello di far andare d’accordo Serpeverde e Grifondoro. Il problema è che ha sbagliato il metodo di approccio.
E l’eterno dilemma persiste: le buone intenzioni possono giustificare una loro messa in atto con mezzi più che discutibili?
Ai posteri, l’ardua sentenza.
Minerva McGranitt ha rassegnato le dimissioni, perché dopo aver scoperto ciò che aveva fatto Silente, si è sentita lontana anni luce dagli insegnamenti che andava sempre predicando il vecchio preside. È come se davanti a lei vi fosse un estraneo e non l’amico e confidente di un tempo.

Apriamo adesso la parentesi sull’incantesimo di Silente.
TU NON SEI D’ACCORDO?!?! COME OSI?!?!
Hahahahaha… dai che scherzo, ovviamente.
Rispetto la tua opinione e mi fa piacere che tu l’abbia trovata una scelta più che discutibile, ma mi permetto una piccola postilla. È vero che l’autrice – quella originale, eh? ;-) – tra le righe ci lancia il messaggio che siamo noi stessi a decidere a quale lato soccombere, ma teniamo sempre presente che il lato oscuro è comunque presente. Sono i nostri freni inibitori a lasciarlo chiuso in un angolo, ma una volta tolti questi, cosa succede?
Non si dice forse, In vino veritas (Credo tu abbia già sentito questo modo di dire, ma onde evitare malintesi, significa che il vino ti fa dire la verità)? L’incantesimo di Silente non ha fatto altro che togliere quei freni inibitori e lasciare che la parte oscura – ripeto, presente in ognuno di noi – uscisse fuori. Ha scelto di applicarlo su Harry e Ron per via del discorso avvenuto tra Silente e Piton nell’ufficio del primo, quando il docente di Pozioni rivela ciò che pensa veramente di Hermione. Silente vuole la cooperazione ma Harry e Ron – per lo meno in questa storia, eh? – sono ancora troppo legati al passato, ai morti e agli anni d’inferno che Draco e quelli come lui – alias i Serpeverde – hanno fatto passare loro. Ergo, vogliono vendicarsi per i torti e i morti subiti.
Hai centrato il punto, stellina. L’incantesimo mi serviva ai fini della storia ed è giusto lasciare alle persone il Libero Arbitrio, ma come già detto, Silente è un uomo, e come tale opera delle scelte, convinto di fare del bene.
È la metodologia che è da mettere in discussione.

Il secondo punto della tua parentesi te lo giustifico subito. Faccio prima una piccola premessa: forse è anche colpa mia, che non ho descritto bene la situazione, oppure ho omesso proprio la cosa per non appesantire la storia – ma se me lo fai notare, significa che forse avrei potuto spendere due righine in più.
E’ come vincere una competizione per la prima volta. Corri, ti impegni e alla fine sali sul podio del vincitore. Cosa succede? Il successo ti da alla testa e se prima eri una persona umile, questa vittoria ti trasforma in uno stronzetto che per una volta che ha vinto una gara, si atteggia a campione olimpico.
Harry ha agito esattamente così. Era una persona umile, ma la vittoria contro il mago oscuro più potente del mondo, lo ha reso arrogante (non so nemmeno se arrogante sia la parola giusta, ma facciamo finta di sì). E arrogante, vado per assonanza, mi ricorda molto il verbo arrogare (prendersi con la forza, attribuirsi) e Harry si è arrogato il diritto di decidere chi merita una seconda possibilità o meno.
Quindi posso dirti che sì, il comportamento dei due è iniziato prima, ma con piccoli atteggiamenti che l’incantesimo di Silente non ha fatto altro che amplificare.
Ora dimmi, sono stata chiara? Secondo te, avrei fatto meglio a specificarlo prima tutta questa cosa?
Accettasi suggerimenti.

Sono più che contenta se mi vieni a dire che la visione che ho dato di Draco e Hermione non sia l’unica, ma che ce ne possano essere delle altre. Di solito un autore da la propria concezione delle cose e lascia spazio ai lettori affinché si facciano un’idea diversa.
Ron si è arrogato (^__^) un diritto non suo, si è intromesso in qualcosa che era solo di Hermione e Draco e ha sparato sentenze quando lui per primo aveva abbandonato Harry e Hermione nella ricerca degli Horcrux. Io credo che farebbe bene solo a stare zitto.
Delle lettere di fidanzamento, posso solo dirti che non compariranno più. Le avevo messe per dare modo a Lucius di pensare che la sua vita potesse tornare come quella di un tempo, ma Lucius è cambiato, ma non è questo il capitolo dedicato a lui. Verrà anche il suo turno e ci sarà da sudare anche lì.
Sei l’unica che pensa che Hermione faccia bene a tornare a casa. Anch’io lo penso, perché in questo momento la ragazza ha bisogno di un po’ di tranquillità e di seguire i consigli che Ginny le darà in questo capitolo. Anche per me il fatto che tutti sappiano la verità su Hermione è un progresso, anche perché non ce la facevo più a farli incontrare di nascosto…

Ginny si è vendicata fin troppo gentilmente. Se mi dessero della puttana rovescio mari e monti e ti spacco le gambe. Diciamo che il suo è stato un tocco di classe. Alla faccia di chi sostiene che la classe sia sinonimo di un ricco portafoglio… Ginny è stata veramente una grande! E poi svelare i punti deboli di Grifondoro, mascherandoli da complimenti verso i Serpeverde. Ricordi quello che ha detto a Draco?
Ce lo vedevo benissimo Draco con una faccia da pesce lesso mentre sentiva Ginny che lo lodava per un qualcosa che lui sapeva fare, mentre Harry no.
Dio quanto sono stronza!

Sì, sono stronza, ma sono anche generosa. In questo capitolo rivelerò chi è la figura misteriosa.
Ma non solo… qui sarò proprio una stronza a caratteri cubitali.
A te mancava dirmi che sono stronza. A me di sentirtelo dire.

Un bacio e grazie mille per questa Divina… Recensione!
Callistas.

Vally80: pure io non so da dove iniziare per risponderti. ^_^
Intanto, posso solo dirti un sincero grazie per la tua opinione, fondamentale per me.
L’istinto di Hermione ha preso il sopravvento su di lei. Non le sono mai piaciute le ingiustizie, e questo è risaputo, ma da quando ha parlato con Albert ha iniziato a vedere Draco sotto una luce diversa e sapere che è stato il biondo stesso ad accorgersi che ciò che stava facendo era sbagliato ha avuto il suo peso. E poi nessuno ha il diritto di proclamarsi giudice e giuria di chi merita o no una seconda occasione.
Draco, più di tutti.
Harry e Ron hanno agito sotto i fumi dell’alcol. Che dici? Li perdoniamo?
Io no. ^__^
Oltre ad essere un modo per sostenerla quando è stata aggredita dai suoi compagni di scuola è anche un passo avanti verso la cooperazione (possiamo chiamarla così?) tra le due case.
Anch’io sono d’accordo con Daphne, ma non sai mai come il subconscio di una persona lavori. Hai presente quando vorresti dire a tutti qualcosa, ma hai sempre qualcosa che ti blocca? Ecco, ho immaginato Hermione in questo stato di perenne bilico. I suoi dubbi erano molto chiari, quando li ha espressi all’inizio: non voleva essere vista in modo diverso. E alla fine è accaduto proprio questo.
Quando la goccia fa traboccare il vaso, tutto quello che ti porti dentro esce come un fiume in piena. Hermione ha taciuto per troppe volte, ha sempre fatto finta che tutto andasse bene, ma quando si è trattato di avere un po’ di comprensione nei suoi riguardi, Harry e Ron le hanno voltato le spalle. Sì, anch’io iniziavo a stancarmi di Harry e Ron in versione “perfetta”, alla fine sono ragazzi di diciassette anni e per quanto la vita sia stata dura con loro e che avessero partecipato a una guerra non può cambiare il fatto che sono, appunto, dei ragazzi. E comunque non sarebbe giusto pretendere da dei diciassettenni un comportamento da trent’enni.
Hermione adesso ha bisogno di tranquillità per i motivi che spiegherà Ginny in questo capitolo. La McGranitt ha reagito secondo me nell’unico modo in cui quella donna poteva reagire: non era sempre lei quella ligia alle regole? Come poteva reagire di fronte a un simile scempio?
Io credo che la parola non-parlare renda bene ciò che sono i dialoghi di Draco e Hermione, così come il non-infastidirsi. È stato emozionante anche per me scrivere “allora continuerò a non-infastidirti Preston.”
Beh, tu mi dai della stronza e io ti ripago, svelandoti in questo capitolo chi è la figura misteriosa. Non siamo mica pari, eh? ^^
Un bacio e buona lettura, callistas.

Kasumi89: ehi calmati! Non è infervorandoti in questa maniera che cambierai le cose. Purtroppo, Harry e Ron si sono comportati malissimo, ma il loro comportamento ha finalmente avuto una spiegazione.
Delusa? Soddisfatta? Incazzata?
Beh, a giudicare da come hai sotterrato Silente di bestemmie, direi incazzata. Correggimi se sbaglio.
Alla fine, i nodi sono venuti al pettine e tutto ciò che Hermione ha fatto per i due senza prendersi nemmeno un grazie di ritorno è venuto a galla.
Adesso bisogna solo vedere cosa succederà a Hermione e a scuola durante la sua assenza.

Hermione Claire Granger: in Transilvania?!?!? Evito la battuta sul conte Dracula perché penso che ti abbiano fatto già una testa tanta.
Era bella la Romania? È fredda e nebulosa come si vede nei film? Comunque anch’io amo Londra. Mi piace come città, soprattutto la zona vicina a Palazzo Reale. Mi piacerebbe vedere il cambio della guardia.
Ma sì, dai… torniamo a noi.

Sì, è vero. Ad ogni regola c’è sempre l’eccezione. Ginny e Blaise la incarnano perfettamente. Ma se invece io volessi far finire anche Ginny a Serpeverde?
Cosa mi faresti? ;-P

Nemmeno a me piace Ron. Lo trovo un contorno, messo lì proprio per fare numero e arrivare a tre. Ha sempre voluto mettersi in mostra e quando lo faceva non era per cose intelligenti. Anch’io ho subito pensato a quando aveva smesso di parlare a Harry perché il suo nome era finito nel Calice di Fuoco. E si è pure arrabbiato perché non glielo aveva detto!!! Ma si può essere più scemi? Harry – a parte in questa storia – ha sempre voluto una vita tranquilla, ma gli hanno sempre messo i bastoni tra le ruote. Che razza di amico sei se pensi l’esatto opposto? Questo mi fa capire che stai con Harry solo perché è famoso e quindi godi di riflesso della sua celebrità.
L’episodio bacio con Lavanda lo tralascio, così come tralascio la reazione di Hermione perché se penso che era innamorata di un microcefalo come lui mi fa venire un travaso di bile. Per non parlare del settimo anno! Guarda, qui aprirei un forum con stemma un Ron che viene lapidato. No, dico io… abbandoni i tuoi amici quando hanno più bisogno di te e poi torni a lamentarti? Ma i criceti che hai nel cervello girano tutti nella stessa direzione o ognuno fa quel cazzo che gli pare?
*me furente!!!*

È vero. Ron ha memoria solo nelle cose che gli interessano, non solo in questa storia. Si ricorda di Hermione solo perché lui è senza una ragazza con cui andare al Ballo del Ceppo e la tiene come ruota di scorta (lì lo avrei vivisezionato, perché ha calpestato l’orgoglio non solo di Hermione, ma di tutte quelle donne che parteggiano per la ragazza) e quando deve fare i compiti.
Dimmi… non è da picchiare uno così?

Ron è un egoista, nel vero senso della parola. Se solo avesse saputo cos’ha dovuto passare Draco, io credo che invece di guardarlo con ammirazione per ciò che ha dovuto sopportare, lo insulterebbe perché non si è ribellato. Vorrei proprio vedercelo Ron al posto di Draco… e Draco è sempre stato una persona riservata, non era tipo da mettere in piazza i suoi affari e questo per me è motivo di vanto, perché vuol dire che è una persona matura.
Quindi, tanto di cappello.

Errore parziale? Forse. Voleva riabilitarsi agli occhi del moro per come lo aveva trattato nel parco, anche se in questo capitolo si comporterà da vera stronzona con lui.
Leggere per capire.
E se sulle prime si è sentita in colpa per quello che aveva fatto, il tradimento di Harry e Ron è stato forse qualcosa di più grande che ha coperto, diciamo, il suo.
Blaise vuole cercare di far capire a Ginny il motivo di quel suo gesto, ma è ancora troppo presto, quindi… diamo tempo al tempo.

Anche a Draco e Hermione diamo tempo. La loro storia è complicata, visti i loro trascorsi.

Secondo te l’alcol giustifica il loro comportamento? Secondo me no.
Mi piacciono le tue reazioni esagerate! ;-)

Alla fine hai più fiducia in un Serpeverde che in un amico di vecchia data. Quante scoperte… io invece ho due fratelli, ma sono molto più grandi di me: uno ne ha dieci in più, l’altro tredici, quindi a conti fatti è come se fossi figlia unica anch’io. Devo però dire che mi hanno voluto bene, anche se rompevo l’anima.
Sono brava con i colpi di scena, eh?

Silent’s office:

Giusto per tornare al punto sopra: Ron è un egoista. Non si sa prendere una responsabilità che sia una. E Hermione non si risparmia certo di farglielo notare. È proprio vero: le donne si ricordano tutto.

Anch’io avrei voluto che Hermione li uccidesse, ma mi sono detta che forse un contatto tra i due ci poteva stare e quale scusa migliore di fermare la ragazza ad un passo dall’uccisione di quei due sacchi di m…a? Anche Draco ha fatto uno sforzo enorme nel trattenere Hermione: 1, perché tentava di sfuggire alla sua presa, e 2, ma non meno importante, perché avrebbe voluto che lei li uccidesse.
D’altronde… Draco è sempre Draco, no?

Hermione ha bisogno di stabilità e a scuola non ne può avere. A volte è sufficiente che le acque si calmino per riuscire a tornare e affrontare il tutto con maggior serenità. A volte basta davvero poco.

La McGranitt, poverina, ha sempre combattuto per gli ideali di Silente e quando si è vista lo stesso Albus perpetrare magia oscura su uno studente le sono cadute le braccia.

La spia, tranquilla, non dovrai aspettare mille capitoli prima di venirlo a sapere. Basterà leggere questo.

So benissimo che hai criticato il personaggio per le sue azioni e non me. Non ti preoccupare. Che poi tu mi voglia lapidare per i colpi di scena quello è un altro paio di maniche. ^__^
Sono davvero contenta che la storia ti stia piacendo. Spero di continuare a mantenere viva la tua attenzione.
Un bacio e buona lettura, callistas.

HJ: mi serviva un qualcosa ad effetto per rivelare la vera identità di Hermione e ti dirò che nella prima bozza era Albert a commettere quel passo falso, ma poi mi son detta che era meglio mettere un po’ di pepe nella storia, così ho fatto in modo che fossero stati Harry e Ron. Ricordi quando, durante il test a sorpresa di Piton, i due avevano notato i cenni d’intesa di Hermione e Ginny e la loro fin troppa calma? Ecco, da lì è partito tutto e la mia mente deviata ha fatto il resto.
Sfogata? Beh, diciamo di sì, anche se forse avrei potuto usare parole diverse, dall’impatto emotivo più forte, ma ahimè… il mio problema persiste: mi servono migliaia di parole per esprimere un concetto semplice.
Allora, per spiegarti ciò che io ho immaginato di questo incantesimo: come hai detto tu, Silente applica questo incantesimo di magia oscura su Harry e Ron per far emergere la loro reale personalità. Diciamo che fino all’ultimo, Silente ha sperato che i due ragazzi vi resistessero, ma alla fine il loro vero “io” è venuto alla luce. Ho messo in piedi tutto ‘sto casino (perché diciamocelo pure in faccia: questo è un vero e proprio casino…) per fare in modo che Hermione si staccasse nettamente da quei due. La riccia soffre per quel loro cambiamento, ma se paragona il dolore che prova nel non averli vicini in quel particolare momento della sua vita alle loro parole, ai loro gesti, a ciò che hanno, ma soprattutto non hanno detto, allora la rabbia prende il sopravvento su di lei e il dolore viene momentaneamente accantonato.
Forse è vero quello che dici tu sul fatto che forse non ci sarà mai una vera unità tra le case, ma sempre la mia mente bacata ha pensato che alla fine dell’anno Hermione, Ron e Harry lasceranno Hogwarts e gli anni precedenti ai suoi (dal sesto in giù) potranno beneficiare dei miglioramenti che nasceranno da una collaborazione tra Serpeverde e Grifondoro.
Se non sono stata sufficientemente chiara, non ti porre problemi e chiedi.
Di Ginny posso dirti che no, non andrà a Grifondoro. Rimarrà lì per dimostrare a tutti che Serpeverde e Grifondoro possono andare d’accordo.
Il come, dovrai leggerlo capitolo dopo capitolo. ^^
Ormai Hermione, per via del fratello, sta sempre di più con lui e quindi con i suoi amici, visto che sono i soli – a parte il momento-spia di Harry e Ron – a sapere della sua vera identità ed essendo sorella di un loro amico, l’hanno inconsciamente inglobata nel gruppo.
Il fatto che Ginny abbia fatto la spia non era da ritenere come un ammutinamento nei confronti di Grifondoro, ma più che altro un tentativo di riscatto agli occhi di Blaise. E alla fine, Grifondoro ha vinto ugualmente.
Senti, se vuoi apriamo un forum di discussione, in cui si discute l’indiscutibile appartenenza di Draco alla mia persona, quindi… SU QUESTO PUNTO NON SI DISCUTE! ^___^
Diciamo che qui Draco non compare. Purtroppo devo dare spazio anche agli altri personaggi e quindi Draco lo devo mettere in un angolino.
Ma posso fare una cosa: ti delego a mia sostituta nel caso io non possa consolare Draco. E’ tutto quello che riesco a fare. u.u
Un bacio e buona lettura.

Black_Yumi: a volte l’invidia fa fare brutte cose. E Harry e Ron non fanno eccezione, soprattutto se il loro rendimento in Pozioni è così scarso. Io ho sempre visto Hermione come quella che faceva sempre tutto, a prescindere da Harry e Ron. Si impegnava al massimo e li aiutava. Un piccolo sforzo da parte degli altri poteva benissimo starci e sostenerla in questo momento delicato.
Adesso viene il bello. Preparati a leggere una bella Cazzata!
Tanti baci, callistas.

Barbarak: è un onore per me poter vedere il nome di una bravissima scrittrice quale sei tu tra le recensioni. Pensavo di avere le traveggole, ma quando mi sono scorticata il braccio a furia di pizzicotti mi sono detta “no, sei sveglia. Smettila di squartarti il braccio.”
Sono davvero contenta che storia e scrittura ti piacciano. Ho cercato di immedesimarmi molto nei vari personaggi, le varie reazioni che hanno avuto i “presunti” amici, i Serpeverde, il fratello, soprattutto. È stato difficile, perché non sai mai come potrebbe reagire una persona ad una notizia simile, soprattutto se la persona in questione appartiene al mondo del fantasy.
Il rapporto tra Draco e Hermione è in fase evolutiva. I silenzi imbarazzanti si sono trasformati in monosillabi e i monosillabi in un non-parlare.
Per due personalità come le loro la conversazione civile sembra un’utopia, ma conto di farceli arrivare il più presto possibile. ^__^
Ginny ha reagito istintivamente. Sulle prime, si vede sempre rosso – sangue – e la maggior parte delle persone riesce a calmare i bollenti spiriti in tempo prima di commettere atti osceni, ma Ginny era stata ferita troppo profondamente, perché quel rosso scolorisse così in fretta. Poi, ovviamente, come ogni essere umano, ha ragionato su ciò che ha fatto grazie a Hermione e il rosso è diventato un rosa pallido e si sono manifestati i sensi di colpa.
Per il fatto di aver tradito la squadra di cui faceva un tempo (Grifondoro come casa e la squadra di Quidditch) e per un gesto che non pensava avrebbe mai compiuto.
Mi piace definire Blaise un gattone, perché ce lo immagino benissimo a fare le fusa e a strusciarsi contro le gambe per ottenere ciò che vuole (stile Stregatto, di Alice nel paese delle Meraviglie). Il suo interesse per Ginny ha radici “profonde” nel senso che l’ha notata da un bel po’ di tempo, ma se ne è sempre rimasto in disparte, un po’ per la guerra che infuriava e le fazioni erano già ben distinte, un po’ per l’odio tra la sua casa e quella di Ginny.
L’incantesimo di Silente doveva testare la loro forza di volontà. Ognuno di noi è sottoposto a mille tentazioni solo nell’arco di una giornata, o preda di istinti omicidi nei confronti di chi ti fa uno sgarro, sia nella vita privata che in quella lavorativa, ma c’è un lato che si contrappone a questo più oscuro e lo bilancia.
Harry e Ron hanno preferito cedervi senza opporsi più di tanto con i ben tristi risultati e forse hai ragione tu nel dire che senza quell’incantesimo lo avrebbero tenuto maggiormente sotto controllo. Io però sono dell’opinione che alla fine, il vero ego di una persona salti sempre fuori, magari non in maniera così evidente come in Harry e Ron, ma con piccoli gesti che fanno capire la vera personalità di una persona.
Anch’io sono pro-Minerva: secondo me c’erano metodi più ortodossi nel cercare di far avvicinare quelle due case, ma volevo insaporire la storia con un po’ di peperoncino. ;-)
A quanto pare l’allontanamento di Hermione da scuola non è stato bene accetto. Chissà perché… comunque lei tornerà. Ha solo bisogno di prendere una pausa da tutto e tutti e capire come comportarsi. I suoi compagni di scuola non ci hanno fatto una bella figura nell’assalirla come se fosse un raro animale e questo genere di atteggiamenti da molto da pensare.
Per quanto riguarda la misteriosa figura, posso solo dirti che qui scoprirai chi è.
Ti ringrazio per esserti affacciata nella mia fic. Ho apprezzato davvero la tua recensione e se pensi che magari avrei potuto omettere qualcosa e inserire dell’altro, ti prego: fammelo sapere. Da una come te ho solo da imparare.
Grazie ancora, callistas.

Hermione59: ho fumato… menta e rosmarino. ^__^
Ma porca paletta! >__< Non siete mai contenti! O non vi dico niente, o vi dico troppo! decidetevi! Allora vedrò di fare i capitoli lunghi venti centimetri, così scoprirai le cose alla prossima alluvione del Vajont! Hahahahaha!
Trenta pagine di Word, addirittura? Dai, dai… io l’avevo detto che era un capitolo bomba!
Addirittura una E? Troppo gentile! Sono contenta di non aver deluso le aspettative.
No, adesso… spiegami tu una cosa. >.< Volevi che Draco si spupazzasse Hermione fin dal primo capitolo e quando metto tra di loro un contatto non va bene? Gesù mio! Io non so più che fare! ç_ç
E io che pensavo di fare cosa gradita. E comunque se non c’era Draco, pensavi che Silente le avrebbe lasciato lanciare una fattura a quei due? Anche se è colpa del nonnetto, lui è pur sempre il preside e deve far rispettare le regole.
Come hai giustamente notato, Hermione vede Draco sotto una luce nuova: non che sia pronta a infilargli subito la lingua in gola – scusa, questa sarei io – ma almeno riesce a capire perché continuava a comportarsi da stronzo.
Stronzo, ma bello.
Ginny è un fenomeno, lo so, ma preparati a vederla sotto una luce diversa, in questo capitolo. Non dico altro, se non che sono pronta a sentirmi insultata in tutte le lingue di questo mondo. Hihihi…
E ti sembra poco ciò di cui la Mc ha paura? Ho dato un assaggio dalle parole della prof di Trasfigurazione del perché Tom Riddle è diventato il Signore Oscuro e la donna teme che possa accadere ancora.
Se ti è piaciuto questo capitolo, spero tu possa apprezzare questo. Non dico piacere, perché temo una ritorsione ai danni della mia persona.
Un bacio, callistas.

Stefy494: questa era la mia faccia quando ho visto l’orario della tua recensione: O.o
Ma non posso che essere felice, perché riesco a capire che la storia ti appassioni. Davvero un enorme grazie!
Ogni tanto un riassunto serve, quando posti a così distanza tra un capitolo e l’altro, spero solo di non aver fatto confusione. Sai la figura?…
Silente è quello che noi veronesi – sì, sono di Verona – diciamo “brasa querta” che in italiano si tradurrebbe come “brace coperta” nel senso che sembra una persona tranquilla, ma in realtà è un tipo peperino. Secondo me, Silente, non ha ancora chiuso con il suo passato (ti rinfresco la memoria con la storia di Gellert Grindelwald). Si sente ancora un po’ ambizioso e a pagarne lo scotto è stata Hermione.
Di Minerva posso solo dirti di leggere questo capitolo, così come per la figura misteriosa.
Non è vero che sei sbagliata nel ritenere la tua riservatezza come un difetto, anzi. Io lo vedo come un pregio, perché sei una persona discreta, cosa che ultimamente non si vede per nulla in giro. E se non ami Ginny, pazienza. Qui ho cercato di renderla un po’ più riservata rispetto all’originale o alle fic che si leggono in giro.
Odiarti? Perché dovrei?
Beh, non posso dirti perché Albert ha parlato bene di Draco a Hermione, altrimenti ti levo tutta la sorpresa.
Sì, lo so… sono stronza.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Laura malfoy: dai, anche a te piace Criminal Minds? Perché se è così ho assolutamente bisogno di sapere quando inizierà la prossima stagione. Non so mai dove andare per vedere i palinsesti di Sky!
Accettasi suggerimenti.

Allora, immagina una tipa tosta, una ragazza con i contro coglioni e che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.
Stai pensando a Ginny, vero?
Ok.
Cancella tutto. Ginny è l’esatto contrario. E lo capirai da questo capitolo.
Alla fine, ogni persona andrebbe giudicata per la propria personalità e non per un cognome o altre baggianate simili. Concordo, piccola Serpe!
Ah, salutami Draco quando lo vedi. :-)

Beh, alla fine dei conti era giusto che Hermione reagisse in quel modo. Oltre ad essere stata interrotta maleducatamente e infangata di parole solo perché stava bevendo qualcosa con Draco non è una giustificazione plausibile a un simile atteggiamento. Ron interviene solo quando gli fa comodo, rigira le cose a suo piacimento e cerca sempre di scaricare la responsabilità sugli altri.
Io uno così lo avrei lasciato nelle mani del Troll del primo anno…
Ho sempre visto Ron come una persona ignorante – nel senso letterale del termine, cioè una persona che ignora – e in questo caso si è visto benissimo. Non conosce il significato delle parole e a Draco scappa quasi da ridere per l’assurdità della situazione.
No, Draco non è ancora a quei livelli, ma pian piano, chissà…

Beh, ho pensato che più in alto si va, più la probabilità di prendersi quei cosi volanti in faccia fosse alta, e poi avevo bisogno di mettere Hermione e Ginny che si guardavano la partita e la scena di Montague che ringrazia Ginny. Il resto è storia.

Harry e Ron non verranno mai a sapere di cos’ha fatto Ginny. Non sono così infame da complicarmi la vita in questo modo. u.u

Blaise aveva capito fin da subito perché Ginny si era introdotta nella sua tenda, o per lo meno l’ha capito quando i loro occhi si sono incrociati mentre elencava i difetti della sua ex-squadra. Voleva farsi perdonare in qualche modo per l’orribile maniera in cui aveva trattato Blaise.

Ho umanizzato Draco perché mi è necessario per la storia. Parte di questa umanizzazione va a Lucius e qui mi fermo perché altrimenti rischio di dire troppo.
Sono imbarazzati, porelli, perché oltre a dei sani insulti i due fino a cinque minuti fa non sapevano altro che dirsi. Diamogli tempo.

Siamo in una scuola, tesoro, dove tutti sanno chi è Hermione Granger, Ron Weasley e Harry Potter. È ovvio che qualsiasi notizia che li riguarda fa il giro del globo in un nanosecondo. Basti pensare quando tutta la scuola ha deriso Harry o non gli credeva quando diceva che Voldy era tornato…

Daphne è un tipo particolare e lo scopriremo più avanti. La sua aura di perfezione svanirà quando si troverà in compagnia dei suoi amici, per tornare alla carica davanti a studenti e professori.
E ha avuto ragione quando ha detto quella cosa che prima o poi tutti l’avrebbero scoperto. Dare una notizia del genere per gradi sarebbe stato impossibile.

Nell’ufficio di Silente tutto ha il suo perché. Il perché al comportamento di Harry e Ron, il perché dello sfogo di Hermione, il perché di Piton lì presente.
E il perché delle dimissioni di Minerva. Sono tutti lì e tutti capiscono che tornare indietro sarà praticamente impossibile.

Ci sono ancora tanti misteri da svelare, tante cose da capire, ma soprattutto tante stronzate da leggere.
Come questo capitolo, per esempio.
Io non voglio anticiparti niente, se non augurarti una buona lettura e di spendere poco per il badile che mi vorrai tirare dietro.
Buona lettura, callistas.

BLUFLAME: diciamo che tremenda è l’appellativo più carino che finora mi è stato rivolto per questo capitolo. ^_^
Ginny non è diversa dalle ragazze adolescenti di oggi, anzi. È stata fin troppo generosa a mio dire.
Ron e Harry non si sono comportati per niente bene, ma secondo te, l’incantesimo di Silente è un’attenuante?
I dialoghi tra Hermione e Draco sono i più difficili da scrivere, perché ho paura di scrivere una parola sbagliata e mandare all’aria tutto quanto. I loro silenzi parlano da soli.
Hai capito perfettamente ciò che volevo fuoriuscisse dal personaggio di Silente: anche se è un grande mago, Silente è in primis un uomo con i suoi punti forti e le sue debolezze e a volte le migliori intenzioni ci portano ad agire in modo sconsiderato: è l’eterno dilemma. Le buone intenzioni hanno la meglio sul modo in cui si sono messe in atto?
L’incantesimo di Silente porta alla luce la vera personalità delle persone e ne amplifica le potenzialità solo se costantemente tenuto sotto alimentazione. Silente ha perpetrato questo incantesimo su Riddle che è diventato il Signore Oscuro. Ma se dovesse interrompere l’incantesimo le cose tornerebbero come prima, nel senso che le persone tornerebbero a tenere sotto controllo i propri veri istinti.
Ma questo incantesimo farà parlare ancora di sé, in futuro.
Un bacione anche a te. Spero di averti chiarito il dubbio sull’incantesimo di Silente.

Ssaphiras: beh, gli effetti dell’alcol sono molteplici, uno dei quali ti libera dai freni inibitori che hai da sobrio e vai a dire cose di cui ti penti amaramente quando sei lucido.
Sono felice di averti stupito in meglio. E comunque: mai dare a una donna della puttana senza una reale e plausibile motivazione, c’è il rischio di finire molto male.
Adesso Hermione ha bisogno di stabilità e a scuola non può averne. Deve riuscire a ritrovare un equilibrio interiore che pensava di avere ma ora che tutti sanno chi è si è rotto. Dovrà crearne uno di nuovo sulla nuova situazione che si è creata a causa di Harry e Ron.
Tornerà più forte di prima.
Sono contenta che questo capitolo ti sia piaciuto. Ti strizzo in un abbraccio mortale e ti auguro una buona lettura.
Callistas.







VERITA’ NASCOSTE
QUANDO L’AMORE FA FARE STRONZATE

Ginny stava piegando diligentemente i vestiti nel baule di Hermione che, seduta sulla poltrona ai piedi del letto, aveva lo sguardo perso nel vuoto mentre ripensava a ciò che era successo.
Non poteva crederci. Ron e Harry non potevano…
Sospirò per l’ennesima volta.
“Smettila di pensarci.” – disse Ginny.
“E come faccio? Ti rendi conto?”
Ginny alzò gli occhi su di lei e poi li riabbassò sul suo lavoro.
“Sì…” – fece lei con gli occhi lucidi.
Hermione si diede della stupida mille volte. Si alzò e andò ad abbracciarla.
“Scusa… scusa… sono così egoista che non mi accorgo che stai male anche tu.”
Ginny sorrise, rincuorata.
“Ehi… sei tu quella messa peggio.” – scherzò lei.
Hermione sorrise.
“Mi dispiace se ti lascio sola…” – fece Hermione.
“No, non ti preoccupare.” – la incoraggiò lei. – “Hai veramente bisogno di staccare la spina. Devi pensare a tante cose, soprattutto al perché volevi aspettare tanto tempo prima di dire a tutti chi fossi. Passa un po’ di tempo con i tuoi genitori, cerca di conoscerli. Magari ti piaceranno.” – la incoraggiò lei.
Hermione sospirò.
“Il fatto è che sono brave persone, nessuno lo mette in dubbio è che…”
“Cosa?”
“Non lo so nemmeno io.” – disse Hermione, afflosciandosi su se stessa.
Ginny rise piano.
“Cos’è che ti spaventa, Hermione?”
La riccia la guardò in faccia. Era la stessa domanda che Silente le aveva posto ormai due settimane fa.
“Ho… paura, Ginny. Paura di cambiare, di diventare come loro, di…”
“Come me?” – chiese la rossa, sorridendo.
Hermione sgranò gli occhi.
“No! Nel senso… sprezzante verso chi non è come me!”
“Hermione…” – la derise scherzosamente lei. – “… non disprezzeresti mai qualcuno che non è un purosangue, per il semplice fatto che sai come ci si sente! Io non li conosco molto, ma mamma me ne ha sempre parlato bene. Sono persone a modo. Prova a conoscerli.”
“E se non mi piacessero? Se io non piacessi a loro?”
“Sbaglio o hanno girato mari e monti per cercarti? Hermione!” – fece Ginny, notando la sua esitazione. – “Non eri tu quella che s’impuntava fino a che non sapeva vita, morte e miracoli di qualcosa? Applica questo concetto anche alle persone!”
“Ma io…”
“E smettila di pensare!” – la rimproverò lei. – “Tu pensi troppo. Vivi alla giornata. Certe volte è un toccasana.”
Sapendo di aver perso in principio quella battaglia, Hermione se ne rimase zitta zitta fino a che l’amica non ebbe finito di farle il baule.
“Grazie, Ginny.” – fece Hermione, abbracciandola.
“Figurati. Almeno avrò il tuo letto per un po’ tutto per me.”
Hermione la guardò scandalizzata.









“… in ogni caso, sappi che potrai tornare quando vuoi.”
Hermione sorrise.
“Grazie, professore.”
Hermione era andata nell’ufficio di Silente verso le nove del giorno successivo, dove trovò già i suoi genitori pronti per riprenderla in consegna. Myra ed Elthon le stavano di fianco, come due guardie del corpo e Hermione ammise a se stessa che quella situazione non le dispiaceva. Albert, invece, stava in piedi vicino a sua madre.
“Nel frattempo cercheremo di sedare gli animi.”
Hermione annuì, grata per tutto quello che quell’uomo stava facendo per lei e per la sua situazione. Se solo avesse saputo…
“Professore, noi andremmo.” – fece Myra.
Dalla faccia di Albert si capì tutto quello che il ragazzo pensava in quel momento.
“Certo. Bene, Hermione. Riposati e torna presto, mi raccomando.”
“Arrivederci, professore.”
Viste le particolari condizioni, erano state abbassate le barriere di protezione, permettendo ai signori Preston di entrare a Hogwarts e lasciarla tramite la Smaterializzazione. Albert rimase fermo a fissare il punto in cui c’erano le scarpe di sua sorella e sospirò.
“Coraggio Albert. Hermione è una ragazza molto forte e tornerà presto.”
“Non è quello che mi preoccupa.” – fece Albert.
“E allora cosa?” – chiese, incuriosito, Silente.
“Hermione è un tipo che pensa molto.” – osservò Albert. – “E a volte pensare troppo fa male.”
“A cosa dovrebbe pensare?”
“A tutto ciò che è successo. La verità sulla sua famiglia, gli amici che credeva fidati che l’hanno lasciata da sola in un momento così delicato… non vorrei che ne risentisse troppo.”
Il cuore di Silente perse un battito.
“Vedrai che si aggiusterà tutto.” – lo rincuorò Silente.
“Sì, vado. Buona giornata, professore.”
“Buona giornata a te, Albert.”
Il ragazzo uscì e lasciò da solo il preside.









Non avrei mai detto che un giorno mi sarei ritrovata a fissare il mio appartamento personale.
Vuoto.
Non avrei mai detto che un giorno l’amicizia tra Hermione, Harry e Ron potesse sfaldarsi così.
Non avrei mai detto che un giorno Albus potesse utilizzare un incantesimo di magia oscura su un suo studente.
Non avrei mai detto tante cose.
È proprio vero: ogni limite è posto appositamente per essere superato. Certe volte è un bene, certe altre una vera condanna a morte.
Mi sono quasi pentita di aver rassegnato le dimissioni, ma la mia parola è sacra o non mi chiamerei Minerva McGranitt.
Per quanto fatichi ad ammetterlo, le parole di Severus erano più che giuste.

“Se la loro amicizia fosse stata così perfetta come dici non avrebbero ceduto sotto l’incantesimo. Lo sai benissimo questo.”

Purtroppo è vero. Se l’amicizia tra quei ragazzi fosse stata veramente solida, quell’incantesimo non avrebbe mai sortito l’effetto che invece ha ottenuto. Un’amicizia così non la vedevo dai tempi dei Malandrini. Anche tra di loro c’era una mela marcia, ma non pensavo che nell’attuale generazione, la mela marcia fosse proprio il figlio di colui che un tempo rimproveravo sempre per mancanza di responsabilità. Quello stesso uomo che pur di proteggere moglie e figlio ha affrontato, pur sapendo di non poterlo sconfiggere, il Signore Oscuro.
E non volevo crederci.
Gli anni passati per Hermione a cercare di aiutarli in tutto e per tutto, trascurando se stessa per evitare una punizione per dei compiti non fatti… le ore perse di quella ragazza a cercare di aiutarli a prendere comunque una sufficienza… tutto falso, tutto fasullo.

Pianse, Minerva.
Quel mattino di domenica di fine settembre, Minerva McGranitt comprese che i valori tanto decantati da Silente erano morti anni addietro.
Insieme ai Malandrini.
Quando riconobbe sulla sua spalla il tocco gentile della mano di Albus si girò e pianse tra le sue braccia, lasciando che il vecchio amico si facesse carico anche della sua sofferenza.
“Sono desolato, Minerva.”
Ma lei non rispose. Continuò a piangere e singhiozzare nell’incavo del suo collo.
“Perché, Al… Albus… per-ché?”
Silente la strinse solamente più a sé.









“Eccoci qui.” – fece Myra.
Hermione tirò un sospiro di sollievo. Seppure quella casa fosse stata la sua prigione estiva, in quel luogo si sentiva tranquilla, soprattutto in quello scorcio di paradiso che aveva scoperto un paio di settimane prima.
“Vuoi fare un bagno?” – chiese Myra, cercandola con lo sguardo.
“No, grazie. Magari più tardi. Posso… posso andare in biblioteca?” – non era ancora molto avvezza a fare come se fosse casa sua, con il risultato che alla fine chiedeva sempre il permesso per fare qualsiasi cosa.
“Ma certo.” – fece Myra. – “Vuoi che ti accompagni?”
“No, grazie.”- disse, sperando di non essere stata maleducata.
Myra le sorrise e la lasciò andare. Rimase da sola con il marito.
“Che dici? Abbiamo fatto bene a farla tornare a casa?” – chiese lei.
“Hai letto la lettera di Albert, no? L’avevano circondata, nemmeno fosse un fenomeno da baraccone. Ovvio che sia stata una notizia shoccante, ma aggredirla in quel modo mi è sembrato esagerato. Tempo un paio di settimane e sarà Hermione stessa a voler tornare a scuola.” – Elthon si girò per dirigersi verso il suo studio.
“Elthon?”
“Sì?”
“Credi sia troppo presto per…”




Sono scappata.
Non l’ho fatto nemmeno di fronte a Voldemort e l’ho fatto di fronte a un’orda di ragazzini in calore che non vedeva l’ora di sapere cosa mi fosse successo, indipendentemente dal mio stato d’animo.
Sono fuggita dalla mia seconda casa. Da un luogo in cui credevo che niente e nessuno avrebbe mai potuto ferirmi. Ho deluso Silente, Albert, Myra ed Elthon, Ginny… e me stessa.
Ma non ce l’ho fatta.
Il menefreghismo di Harry e Ron è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non avrei mai detto che potessero un giorno vendicarsi di me. Eppure hanno fatto tutto loro. Si sono allontanati da soli, mentre io non chiedevo altro che mi sostenessero.
Evidentemente, finché servivo, ero da tener buona.
Ginny invece mi ha molto sorpresa. Non avrei mai creduto che potesse ribellarsi in quel modo alla soggezione che aveva di Harry. L’ho vista rialzare la testa, ma so che le è costato un enorme sforzo.
Si può amare una persona così intensamente, ma odiarla allo stesso tempo perché fa del male a una tua più cara amica? Entrare in conflitto in questo modo con se stessi deve essere logorante. Povera Ginny, non vorrei essere nei suoi panni e…

“Adoro la mia famiglia…” – sussurrò Hermione, estasiata.
La stanza che si presentava ai suoi occhi era qualcosa che a parole non si poteva descrivere. Nonostante l’avesse già vista, la biblioteca di Preston Manor aveva il potere di lasciarla incantata ogni volta che ci metteva piede dentro. Migliaia e migliaia di testi partivano da terra fino ad arrivare al soffitto. Per accedere ai libri più in alto c’era un sistema di balconi muniti di scale per poter passare al piano successivo.
La prima volta che mise piede in quella stanza, era sicura di essere entrata nella biblioteca del cartone animato “La Bella e la Bestia”, dove il principe vi conduce Belle per cercare di conquistare un po’ della sua fiducia e farsi conoscere per ciò che era in realtà. Il punto è che la biblioteca di Preston Manor era decisamente quattro volte tanto quella del cartone animato, il che era per Hermione l’equivalente di ogni E in ogni materia, del C.R.EP.A. varato come legge dal ministero e Piton che invece di toglierle punti, gliene dava.
Girò su se stessa per tre volte per riuscire a catturare ogni particolare con una sola occhiata. Si diresse alla sua destra dov’erano raccolti e catalogati tutti i libri di magia bianca. Non aveva nemmeno il coraggio di toccarli, tanto era il rispetto che provava verso quei testi.




Passò l’intera mattinata lì dentro, non riuscendo mai a esserne satura. E mentre lei se ne stava rintanata nel suo piccolo mondo, a scuola la voce che Hermione era in realtà la figlia dei Preston stava facendo il giro del globo.
Nemmeno per i corridoi vuoti si poteva avere un po’ di pace, perché se non c’erano gli studenti a romperle l’anima, ci pensavano i quadri che, riconoscendola come migliore amica della Grifondoro, la fermavano per avere dettagli succulenti. Ginny però tirava dritto, facendosi scivolare di dosso gli insulti inerenti alla sua maleducazione.




“Va a finire che li stacco e faccio un falò!” – aveva sbottato la rossa, camminando spedita verso il giardino.
“Cos’è? Parli da sola?”
“Chi è?” – urlò lei, girandosi di scatto, pronta per scannare il povero malcapitato. Arrossì quando vide che era Blaise Zabini. – “Oh, scusami…”
Il moro l’avvicinò.
“Siamo nervosette, eh?”
Ginny sbuffò.
“Continuano a fermarmi per chiedermi di Hermione.”
“Si sapeva che sarebbe andata a finire così.”
“Sì, ma speravo in un po’ più di maturità da parte, per lo meno, degli studenti della nostra casa. Tutti che invidiano Hermione perché è una Preston, ma nessuno si è fermato per chiedersi cos’abbia provato quando il mondo le è crollato addosso!” – certe cose la mandavano in bestia. C’era una moltitudine di studenti che non aveva mai rivolto la parola a Hermione, nemmeno per un saluto. E ora? Ora sembravano aver vissuto in simbosi con lei da quando è nata. Pazzesco…!
“Beh, glielo hai chiesto tu, no?”
“Speravo in qualcun altro…” – sussurrò lei.
“Potter e tuo fratello?”
“Li davo per scontati.” – rispose lei con un sorriso amaro. – “No, pensavo alle sue vecchie compagne di stanza, almeno quelle, ma niente…” – Ginny si mise le mani sul collo e chiuse gli occhi. – “Albert come sta?”
“Chi?” – chiese lui, sorpreso. Non che non avesse capito di chi stesse parlando, ma gli venne spontaneo porgere quella domanda per la facilità con cui la rossa aveva detto il nome e non il cognome del ragazzo.
“Albert, Albert Preston. Il fratello di Hermione.”
“No, ho capito, ma…”
“Cosa?”
“Lo hai chiamato Albert.”
“E’ il suo nome, no?”
“Certo.”
“Allora cosa…”
“E il mio è Blaise.”
“Sì, lo so come ti… oh…” – fece lei, arrossendo per la figura. – “Ok… il mio è Ginny, allora.”
“Ginevra non ti piace?”
“Lo usa solo mia madre quando deve urlarmi dietro. Preferisco l’abbreviativo, è più… amichevole.”
Blaise le sorrise.
“Stavi andando da qualche parte?” – chiese il moro.
“No. Volevo uscire un po’ in giardino e starmene da sola senza nessuno che mi chieda di Hermione.”
I due si avviarono verso l’esterno, ma dopo aver sceso gli scalini, la rossa si bloccò, convinta di avere le allucinazioni. Blaise guardò in direzione della rossa e vide una scena inaspettata.
Ginny si ritrovò a serrare la mascella fino a sentire i denti scricchiolare, le lacrime spingevano per uscire e in tutto quell’ammasso di emozioni, la ragazza non sapeva decidersi quale fosse la predominante.
Rabbia? Delusione? Sconforto?
Cosa doveva provare Ginny nel vedere Harry Potter e Romilda Vane baciarsi con trasporto sulle sponde del Lago Nero? Aveva sperato che la scenata di ieri di Hermione li avesse fatti in qualche modo ragionare, ma era evidente che poco importava della loro amica, se non in caso di estremo bisogno.
Si portò lentamente una mano alla bocca, sentendo che se non raggiungeva un bagno al più presto, avrebbe dovuto ripulire la sua colazione al posto di Gazza.
Si girò e scappò, inseguita da Blaise.
Fortuna volle che trovò un bagno proprio lì vicino, spalancò la porta e aprì il primo cubicolo che trovò a portata di mano, mentre da fuori Blaise ascoltava i suoi rigurgiti.
Non aveva mai visto una ragazza vomitare per una delusione d’amore. Ne aveva viste tante piangere – molte per causa sua – ingozzarsi di cibo, fare scenate di gelosia, trincerarsi dietro un mutismo assoluto, urlare o cadere nell’apatia totale.
Ma mai aveva visto qualcuno vomitare.
Doveva essere stata veramente una botta pesante se la Wea… Ginny non accennava a rialzarsi. Così entrò nel cubicolo con lei, ignorando le sue proteste, chiudendo la porta.
“E-sci…” – rigettò ancora.
Blaise si chinò su di lei e le mise una mano sulla fronte, l’altra sullo stomaco per massaggiarglielo. La mano di lui oltre ad essere grande e comoda, era fredda e le dava sollievo.
“Dai, butta fuori tutto.” – l’aveva esortata Blaise e per Ginny fu come una specie di autorizzazione, un nulla osta per buttare fuori tutto quello che l’aveva fatta star male.
Si svuotò del tutto.
Venti minuti più tardi, seduti sul pavimento del cubicolo, Blaise stava abbracciando una bambola rotta. Ginny Weasley era solo l’ombra di quella ragazza che aveva avuto modo di osservare durante gli anni scorsi. Sembrava una marionetta a cui avevano strappato i fili o l’imitazione di quelle attrici babbane che, finita la loro epoca, venivano messe in dimenticatoio. Gli sforzi dei conati le avevano fatto lacrimare gli occhi.
Blaise non disse niente. Si limitò a tenerla tra le braccia con lei seduta tra le sue gambe. Non era il massimo della comodità, ma lei stava bene.
Perché, paradossalmente, era con qualcuno di cui si fidava.
“Scusa…” – disse lei in un sussurro. – “… di solito, reggo meglio queste situazioni.”
Blaise appoggiò il mento sulla sua testa.
“Non ti preoccupare. I crolli capitano a tutti, prima o dopo nella vita.”
La rossa mosse impercettibilmente la testa. Voleva alzarla, ma non voleva che Blaise si spostasse da lì.
“Ne hai avuti anche tu?”
“Ti spaventeresti nel sapere quanti.” – disse, con un sorriso triste.
“Me li racconterai un giorno?”
“Se tu mi prometti di non ridurti più in queste condizioni.” – la sentì sospirare e capì che, senza un valido aiuto, quella richiesta non si sarebbe mai trasformata in realtà.









Hermione era rimasta con la bocca aperta.
“E’ una tradizione di famiglia, Hermione.” – disse Myra, seduta alla sua destra.
“Ma io…”
“Hermione, non lo dobbiamo fare domani.” – aveva detto Elthon, alla sua sinistra.
Era a dir poco sconcertata.
“A-anche Albert… lo ha fatto?”
“Certo.” – asserì Myra. – “Albert si è divertito molto. Vuoi pensarci su almeno un pochino?” – propose lei. – “Hai tutto il tempo che vuoi.”
Purtroppo, Myra dovette recarsi al suo Atelier, mentre Elthon a compilare un paio di verbali che gli avrebbero portato via sì e no due ore di tempo, così Hermione si ritrovò da sola a riflettere.

“Hermione, possiamo parlarti un attimo?”
L’avevano trovata seduta con le gambe incrociate sul pavimento, la bacchetta appoggiata a terra, una crocchia fatta con una matita d’occorrenza e un libro aperto sulle gambe. Se fosse stata vestita con uno di quegli abitini stile meringa si sarebbe potuta scambiare per una bambina.
La ragazza alzò gli occhi, sorpresa perché non li aveva sentiti entrare.
“Certo.” – si alzò, incespicando, perché erano circa due ore che se ne stava in quella posizione. Uscì dalla biblioteca e li seguì fino in salotto.
L’avevano fatta accomodare in mezzo.
“C’è una cosa di cui vorremmo parlarti. E di cui vorremmo il tuo parere.” – specificò Myra.
“E’ successo qualcosa?” – si spaventò lei.
“No, no.” – fece la donna, mettendo le mani sulle sue. – “Tranquilla. Hermione, la famiglia Preston ha una tradizione.”
Hermione sentì un brivido correrle giù per la schiena.
“Non dovrò mica sposarmi con qualcuno che non ho mai visto, vero?” – chiese subito lei.
Elthon rise.
“No. Sarai tu a scegliere il tuo futuro compagno. Previo mio terzo grado, però…” – quest’ultima frase, però, la sussurrò a se stesso.
“Cosa?” – chiese Hermione, che non aveva capito.
“Come? Oh, nulla, nulla…” – disse, con un angelico sorriso.
“Ok… allora cosa dovrei fare?”
“Cosa ne pensi se… organizzassimo una festa in tuo onore?”
La bocca le si allargò automaticamente.
“Cosa?”
“Sì…” – spiegò Elthon. – “E’ quello che i babbani chiamano “Ballo delle Debuttanti”. Solo che a questa festa la protagonista sarai solo tu.”
L’idea di essere la principessa di un ballo l’aveva sempre elettrizzata da piccola e anche da grande, crescendo, non aveva mai accantonato del tutto l’idea. Ma ora che ne aveva la possibilità, aveva paura.
Dare una festa del genere voleva dire essere al centro dell’attenzione. Vi avrebbero partecipato sicuramente i membri e le famiglie più importanti e di spicco del mondo magico e avrebbero tutti saputo chi lei era in realtà.

E ora, seduta sul divano con addosso la sua copertina lilla, rifletteva se era il caso di compiere quel passo così importante. Myra ed Elthon sembravano tenerci molto, ma lei? Entrare nella società per bene, l’aveva sempre visto come un modo per dire “io ho amici importanti e tu no.”
E fare la snob non era nel suo carattere.
Così, fece l’unica cosa possibile. Andò in camera sua e scrisse una lettera a Ginny, anche per sapere come stava e com’era la situazione a Hogwarts.









Ginny e Blaise erano sempre chiusi nel cubicolo. La ragazza aveva cominciato a riprendere un po’ di forze, grazie all’aiuto più inaspettato che potesse mai ricevere.
Alzò il capo, ma pesante com’era le ricadde sul petto di lui.
“Con calma.” – le disse.
Ginny riprovò, trovando un equilibrio precario. Gli diede modo di alzarsi e poi farsi aiutare a rimettersi in piedi. Traballò un po’ tra le sue braccia, ma con un po’ di aiuto, la rimise in sesto.
“Meglio?”
Ginny annuì, con la testa bassa. Uscì per prima dal cubicolo e andò a lavarsi la faccia e a risciacquarsi la bocca. Dopo quel rigetto il suo alito non doveva essere uno dei migliori.
Il freddo dell’acqua lavò via il restante torpore, dovuto a quella prolungata inattività.
Blaise aspettò in disparte. Quando la vide alzare il volto e guardarsi allo specchio, diede un’occhiata anche a lui, ma ancora non si mosse.
“Penserai che sono patetica…” – osservò lei, prendendo del sapone per lavarsi le mani.
“Ti senti patetica?” – chiese lui, appoggiato alla porta di uno dei cubicoli.
Ginny alzò gli occhi. Non erano necessarie le parole per esprimere quanto si sentisse in quel modo. E Blaise non infierì. Prese di scatto tre salviette per le mani e si tamponò con ferocia l’acqua per poi gettarle con la stessa furia nel cestino che le ruttò.
Ginny si girò e lo fronteggiò.
“La cosa che mi fa più ridere… è che non riesco a non amarlo lo stesso.”
Blaise la guardò, serio.
“Lo perdonerai ogni volta?”
Uno sbuffo divertito fu la risposta di Ginny.




La rossa, appena uscita dal bagno, iniziò a correre verso la sua camera. Si era comportata veramente male con il ragazzo, quando lui voleva solo aiutarla.
Anche se l’aveva fatto.
Le sembrava di percepire ancora la sua mano forte e fredda sulla sua fronte, delicata e calda sullo stomaco. Perché doveva essere così indecisa? Perché permetteva a Harry di farle del male in quel modo?
Tanti quesiti, poche risposte, e un gufo che non aspettava altro che entrare dalla finestra e ristorarsi.
Speranzosa che fosse Hermione, la ragazza aprì la finestra e affamò il povero rapace che divorò i suoi tre biscotti avidamente. Ginny ritrovò un po’ di buon umore nel vedere che il mittente era Hermione. Staccò la ceralacca e lesse il contenuto.

Ciao Ginny,

spero tu stia bene. Sono arrivata da nemmeno un giorno e già non vedo l’ora di tornare.
Per te, mica per altri…
Come sta andando lì? Le acque si sono calmate? Chiedono ancora di me? E Albert? Lo hai visto? Come sta?

La rossa sorrise.

Spero davvero che la cosa si metta a tacere il prima possibile. Hogwarts mi manca tantissimo, tu mi manchi e vorrei già tornare. Lo sai che la biblioteca di Preston Manor è immensa?

Ginny corrucciò un sopracciglio. Diavolo!, quel luogo andava abolito!

Ma non è di questo che volevo parlarti.

Meno male, pensò la ragazza.

Poche ore fa, ho parlato con Myra ed Elthon e mi hanno proposto una cosa. Lo sapevi che ogni famiglia purosangue ha la tradizione di presentare i propri figli alla società?

Ginny sorrise tristemente. Sì che lo sapeva, ma lo stipendio di suo padre non le permetteva quel genere di sogni.

Tu ne hai mai fatta una? Cosa si deve fare? Io non so se voglio farla, ho paura di essere guardata diversamente da quella che sono in realtà.
Accettasi suggerimenti.
Sai, avrebbero anche in mente la data: il venerdì dopo Natale. Mi sembra così vicino. Hanno in mente una cosa stratosferica, in modo che nessuno si possa dimenticare del fatto che ho ripreso il posto che mi spetta.
Rispondimi come vuoi, basta che ti senta.

Mi manchi,
Hermione

Ginny prese piuma e pergamena e buttò giù due righe.

Cara Hermione,

qui nessuno ha ancora smesso di parlare di te. D’altronde, come puoi solo pensare che le persone siano in grado di farsi un piatto di cazzi propri o avere una sensibilità più grande di una pozzanghera?
Illusa.
Di Albert non so nulla di particolare. L’ho visto…

Interruppe la scrittura, al ricordo di quello che aveva visto solo pochi minuti prima. Scosse la testa e riprese a scrivere.

… molto occupato, forse per evitare di pensare che tu non sei più qui, ma non saprei se ci sono altri motivi. Non lo conosco ancora bene.
Per la tua festa, saresti una pazza a non accettare. Insomma… non eri tu quella che sognava quel genere di festa? E da quando in qua Hermione Preston ha paura di qualcosa? Hai sempre affrontato tutto a testa alta e lo farai anche questa volta. Cosa sia necessario fare non lo so di preciso: SO SOLO CHE INDOSSERAI UN ABITO DA URLOOOOOOO!!!

Lo sottolineò con la piuma mille volte, tanto da lacerare la pergamena. Chissà che non fosse chiaro il messaggio subliminare…

Ovviamente, se ti servisse aiuto, non farti problemi a chiedere.

Un bacio,
Gin

Rilesse la pergamena e poi l’arrotolò e la consegnò al gufo che nel frattempo si era rifocillato di tutto.
“Preston Manor.” – disse.
Poi, volò via.









Il periodo di assenza di Hermione da scuola durò all’incirca un mese, con sommo sgomento da parte di tutti gli studenti che non si capacitavano di come la studentessa più brillante della scuola fosse riuscita a stare lontana dalle lezioni per tutto quel tempo.
La riccia rientrò in un freddo pomeriggio di mercoledì diciotto di Ottobre.
In quell’arco di tempo, Albus aveva convinto Minerva a rimanere, anche se qualcosa tra loro, nel loro rapporto, si era indissolubilmente rotto. Vigeva una sorta di fredda calma, che si poteva percepire solo se si conoscevano bene quelle due persone.
Harry e Ron sembravano essere tornati quelli di un tempo. Infatti, sotto richiesta di Minerva, Albus aveva interrotto il controllo che l’Anima Revelat Carmine esercitava su di loro. Formavano un gruppetto a parte, non osando nemmeno avvicinarsi a Ginny.
Il gruppetto di Serpeverde aveva acquistato una certa tranquillità. Pansy era andata dal suo direttore di casa, su insistenza dei suoi amici, e gli aveva detto ciò che sarebbe successo se non fosse intervenuta Hermione Preston.
McGregor e i suoi amici furono espulsi da Hogwarts senza possibilità di appello.
Albert e Draco sembravano quelli che ricusavano maggiormente l’assenza di Hermione. Il primo per ovvi motivi.
Il secondo per i suoi capelli.
Dovunque andasse, gli sembrava di scorgere quella cascata di ricci pronta a sedurlo in qualsiasi momento. Pronta a ricordargli sempre ciò che non sarebbe mai potuto essere suo.
E c’era Blaise.
Blaise e la sua malattia, un virus che comprese di avere il giorno prima del ritorno di Hermione.




17 Ottobre, ore 14.30
Stanza delle Necessità.

La sua media in Pozioni era così altalenante da far venire la nausea. Sua madre le mandava Strillettere in continuazione: che prendesse un bel voto o uno pessimo, Molly Weasley non si esimeva dall’urlare di felicità nel primo caso, le peggiori imprecazioni, nell’altro.
Per questo unico motivo, Ginevra Molly Weasley, ultima di dieci fratelli e unica femmina, si era vista dover chinare il capo e ammettere la bruciante verità: aveva bisogno di ripetizioni.
E chi meglio del secondo in carica in quella materia poteva aiutarla in quell’ardua impresa?
Forse – e forse è un particolare degno di nota – aveva un suo peso, il fatto che Molly avesse mandato una lettera direttamente al professor Severus Piton ordinandogli, come solo mamma Molly sapeva fare, di mettere sotto torchio la figlia, chiedendogli se conosceva qualcuno che potesse aiutarla ad avere per lo meno una sufficienza stabile.
Così Piton, dopo aver capito perché ogni-singolo-Weasley avesse paura di quella donna, aveva contattato Blaise Zabini, chiedendogli se fosse disposto a dare ripetizioni a Ginevra Weasley per un periodo non inferiore al mese – anche se per lui un decennio non sarebbe stato sufficiente a colmare le lacune della ragazza.
Blaise aveva accettato e avevano iniziato subito a farle.

Dopo tre giorni che Hermione mancava da scuola, Ginny teneva la mente impegnata con lo studio e le ripetizioni con il ragazzo che, tutto sommato, non erano nemmeno pesanti. In qualche assurdo modo, Blaise riusciva a farle piacere una materia che per Ginny era l’equivalente del morbillo magico.
E puntualmente, giorno dopo giorno, sabato e domeniche esclusi, Blaise e Ginny si trovavano nella Stanza delle Necessità alle ore 15.00 spaccate, e quando Blaise arrivava, la trovava già lì che si buttava avanti con qualche tema di qualche altra materia.
Quel diciassette di Ottobre non doveva essere diverso dagli altri. La solita chiacchiera, lavoro, piccolo spuntino, di nuovo lavoro e poi relax. Era soddisfatto di come stavano andando le cose, perché se da una parte Ginny riusciva a portare a casa ben più di una misera sufficienza (quando aveva visto la sua prima O era sbiancata, credendo che Piton avesse assunto anabolizzanti che gli avevano mandato in pappa il cervello) dall’altra il loro rapporto si stava via via rinsaldando. La ragazza scopriva giorno dopo giorno un aspetto del carattere del moro che non avrebbe mai creduto possedesse.

Quel pomeriggio, Blaise salutò gli altri e si diresse verso la Stanza delle Necessità. La porta era già apparsa ed era socchiusa come sempre, solo che dall’interno non proveniva il solito impercettibile rumore della piuma che gratta sulla pergamena, ma delle vere e proprie urla. Accelerò il passo e si mise in ascolto.
Aveva un brutto presentimento.




“…  E STAI SEMPRE CON LUI, DANNAZIONE!”
Potter, stabilì Blaise con il cuore in gola.
“ MI AIUTA IN POZIONI! COS’E’? DOVEVO CHIEDERLO A TE?”
Sentì Ginny tossire. Doveva essere già da un bel pezzo che urlavano.
“No…” – il tono di Harry era stranamente arrendevole. – “… è solo che…”
Non lo dire, non lo dire…, pregò Blaise, con le mani giunte e gli occhi sgranati dal terrore.

Due settimane orsono, Potter e Weasley sembravano essere tornati normali. E aveva visto come lo Sfregiato cercasse sempre Ginny con lo sguardo, la seguiva dappertutto, quasi fosse un maniaco, le raccoglieva qualcosa se le cadeva a terra e le sorrideva quando i loro sguardi s’incrociavano per sbaglio.
E temeva.
Temeva che quello che aveva faticosamente costruito in quelle due settimane, Harry Potter potesse mandarlo tranquillamente a puttane. Ginevra era ancora innamorata di lui, lo vedeva perfettamente.
Lo capiva perfettamente.
Da parte della ragazza c’era quella voglia di corrergli incontro e perdonarlo per ciò che aveva fatto, anche se, a suo dire, era stato troppo violento e crudo.
Da parte di Potter c’era il bisogno di ricostruire un qualcosa che lui stesso aveva volontariamente buttato nel secchio della spazzatura.

Non lo dire, non lo dire…, continuò a pregare il moro.
Finché non giunse la sua condanna.
“… mi manchi, Ginny. Mi manchi terribilmente.”
Blaise sciolse le mani e le poggiò al muro, per non cadere. Sperò in una risposta pungente di Ginny, qualcosa del tipo “Mi hai fatto soffrire troppo” oppure “Come posso perdonarti dopo quello che hai fatto a me e a Hermione?”
La ragazza non diede risposta, non subito, almeno.
Alzando la testa quel tanto che bastava per spiare la scena dalla piccola fessura, vide Potter con le mani infilate nelle tasche dei jeans di sottomarca, con quell’atteggiamento di autocommiserazione che lo mandava sempre su tutte le furie.
Compresa quella volta.
Sperò che Ginny avesse un po’ di dignità nell’allontanarsi da lui e capire che al mondo esistevano altri Harry Potter, che avrebbero potuto trattarla meglio di come aveva fatto l’originale con lei.
Ma non che…
“Harry!”
… gli corresse incontro, abbracciandolo come se non avesse aspettato altro da tutta una vita. La vide piangere di felicità per aver ritrovato un amico.
Il suo amore.
Girò i tacchi e se ne andò.
Niente ripetizioni, per quel giorno.
E nemmeno per i prossimi.
L’Anima Revelat Carmine di Silente doveva aver svanito il suo effetto, pensò il moro, mentre con passo cadenzato, tornava verso la sua stanza.









Note di me:
Svelato l’arcano. È stato Blaise a origliare la conversazione tra Silente, Piton e la Mc. Deluse?
Sono conscia di meritare sonore badilate sui denti e minacce di ritorsione. Sappiate solo che più minacce riceverò, meno aggiornerò… hihihi…
Comunque, analizziamo la situazione.


  1. Hermione è tornata a casa, dove acquista fin da subito – casualmente in biblioteca – una certa tranquillità. E qui inizia ad aprirsi uno scenario diverso. Un ballo delle debuttanti solo per Hermione. Un ballo dove finalmente il mondo magico verrà a sapere di lei e del posto che ha finalmente ripreso nella sua famiglia. Chiede consiglio a Ginny che, poveretta, può solo invidiarla perché suo padre non può permettersi certe “distrazioni” come preferisce definire lei la mancanza di soldi.
  2. Ginny le da dei preziosi consigli sul cogliere l’occasione di tornare a casa per conoscere la sua vera famiglia e riflettere sul perché non se la sente di chiamarli giustamente mamma e papà.
  3. Minerva rimane, ma ovviamente cambia tutto. Il rapporto si raffredda, ma l’importante è che rimanga. Dopotutto, ha ancora molto da insegnare agli studenti futuri, e non solo Trasfigurazione.
  4. Harry Potter che limona con Romilda Vane. Io lo farei limonare con un Dissennatore. Come trovate la reazione di Ginny? E Blaise? Non è dolce? Soprattutto quando le parla di crolli emotivi?
  5. Pansy, finalmente, inizia a uscire dal suo mutismo e, supportata dai suoi amici, denuncia McGregor e lo fa espellere.
  6. Harry e Ron sono tornati quelli di un tempo. Silente ha interrotto l’incantesimo e ora non sanno come fare per riavvicinarsi alla ragazza senza prendersi una bacchetta tra gli occhi. Tutto questo, ovviamente, prima del triste epilogo.
  7. Draco. Scusate, ma io amo questo ragazzo. Ogni volta che si gira, spera di trovare una matassa di capelli che lo hanno fatto capitolare ancora prima che se ne rendesse conto. Poverino… sono proprio sadica.
  8. Concludo, trattando l’argomento più spinoso: il triangolo Potter-Weasley-Zabini. Come preannunciato dal titolo, l’amore fa fare delle cazzate enormi. E qui, parlo per esperienza. Ginny è talmente succube di Harry che gli perdona tutto, che nonostante le avesse dato della puttana è bastato un suo cenno di pentimento e tutto il male causato è stato dimenticato. Direi che succube descrive bene Ginny. Lei confonde l’amore per Harry con la soggezione che ha di lui e non si rende conto che così ferisce Blaise.

Sono aperta a qualsiasi forum di discussione per parlare di questa cosa. E, prima che solo un badile possa raggiungermi, vi lascio lo spoilerino.

“Oh, dispiace a tutti, a quanto vedo. Ti credevo diversa, credevo che fossi una persona con un po’ più di buon senso. E più dignità.” – aggiunse alla fine.

Besitos…

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Capitolo 16
*** Delusioni cocenti e prese di coscenza ***


16 - Delusioni cocenti e prese di coscenza La mia autostima sta pericolosamente vacillando.
Ho messo su tutto ‘sto casino, credendo che avreste messo al rogo Ginny, e invece mi sento dire “poverina qui, poverina là”… ECCHECCAVOLO!
ç__ç
*piange*
Doveva essere un tripudio di insulti, maledizioni, vivisezionamenti e quant’altro, non… un tripudio di compassione!
Mi serve un analista…
*soffre*
Uno crede di essere sufficientemente stronzo nella vita, e poi si rende conto di aver vissuto nell’illusione totale…
*sospira*
Poi magari sta a vedere che cade uno spillino a terra e vengo presa a badilate, roba da non credere…

Ok, recriminazioni a parte, bentornate!
Nello scorso capitolo, Hermione si è data alla macchia, ma ne aveva bisogno. I benefici di quell’allontanamento da Hogwarts si vedranno in questo capitolo.
Durante il mese di assenza, Ginny ha dovuto chinare il capo e prendere ripetizioni di Pozioni. Piton ha chiesto subito aiuto a Blaise, anche perché conoscendo il grado di pazienza del biondo pupillo e l’escandescenza della rossa frana, nessuno dei due sarebbe uscito vivo dopo la prima lezione.
Il rapporto tra i due si era rinforzato, ma qualcosa – qualcuno – ha pensato bene di mandare tali progressi a fare un giro nelle fogne.
And the winner is: Harry James Potter!
A lui il premio di miglior scassa-balle dell’anno. Una sua parola ha mandato tutto l’impegno di Blaise nel cesso.

Ginny.
Credo che una spiegazione sia d’obbligo, qui.
In molte, praticamente tutte voi, hanno notato con quanta facilità sia caduta tra le braccia di Harry senza ritorsioni o minacce di morte in caso fosse accaduto di nuovo.
Ribadisco: la storia non è finita. Non ancora. ^_^
Per quanto forte possa apparire, in realtà Ginny è una ragazza molto fragile, soprattutto nella parte “mentale”, chiamiamola così. Ricordo a tutti i lettori il primo anno di Ginny – secondo per Harry, Ron e Hermione – dove la ragazza si fa plagiare da Riddle tramite il diario. Ok che poteva sembrare un diario magico innocuo, ok che lo usava come valvola di sfogo, ok tante altre cose, ma alla fine il succo del discorso è che Ginny aveva una mente debole.
E le menti deboli sono quelle più facili da plagiare.
Ora, mettete insieme tutte queste cose: Ginny ama Harry da quando lo ha visto la prima volta al binario 9 ¾. Lo aspetta da una vita, accetta tutto di lui, lo ama di nascosto e quando si è vista sotto il naso l’opportunità di averlo tutto per sé non ha ragionato. L’ha afferrata e lotterà con le unghie e con i denti per tenersela stretta.
Ginny è una ragazza che mette passione in ciò che fa, non si risparmia, anche se a volte commette errori di giudizio.
Ciò che voglio cercare di spiegare è che, scherzi a parte nell’insultare Ginny per aver preferito Harry a Blaise, questa Ginny può essere ognuna di noi. Può essere una valli, una vally80, una Stefy494, una Laura Malfoy e certo… anche una callistas.
Io per prima ho commesso lo stesso errore di Ginny e ne ho pagato le conseguenze. In questo momento, noi stiamo leggendo una storia, abbiamo la mente fredda, e capiamo i sentimenti di una persona anche solo da una virgola messa in un posto piuttosto che in un altro.
Ma quando ci siamo dentro, quando viviamo in prima persona una storia come quella di Ginny, il cervello si sconnette. Tendiamo a giustificare ogni azione del nostro lui che ci fa soffrire, fingiamo di non vedere chi invece ci ama veramente e ci tappiamo le orecchie per non sentire la verità dalla bocca di chi ci è amico, adducendo mille scuse.

Non mi importa se con questa spiegazione su Ginny mi sono per sbaglio lasciata sfuggire qualche informazione sul futuro di questa pazza ragazza, ma era necessario per farvi capire che le persone prima di arrivare a risalire dal fondo che hanno toccato, hanno bisogno di tempo.
Tutti ci possono dare i consigli più validi di questo mondo, tutti possono tenderci la mano per aiutarci, ma alla fine sta SOLO a noi decidere quando è ora di rialzare la testa.
Noi per primi dobbiamo convincerci che nessuno ha il diritto di trattarci come pezze da piede e che il momento in cui rialzeremo la testa – perché fidatevi, arriverà, non importa quando – le persone che ci hanno trattato male dovranno solo tremare e inginocchiarsi per invocare pietà.
Non a caso ho detto che di Ginny c’è molto di me. Ho basato il suo personaggio su mie personali esperienze che sono riuscita ad esorcizzare mettendole nero su bianco.
Ringrazio EFP, lo staff e la Webmistress Erika per avermi inconsciamente aiutato.

Il mio personale consiglio?
Non fatevi mai mettere i piedi in testa.

Fine predicozzo.

Scusate se mi sono lasciata trasportare, ma le vicissitudini di Ginny mi riguardano da molto vicino.

Ma passiamo oltre con i ringraziamenti:

_araia: pensavo ti fossi dimenticata…
Ciao cara! Bentornata a V.N.. Le amiche di solito servono a questo, tranne quando fanno cazzate sotto la bandiera comunemente chiamata “amore”. Lì nemmeno Merlino sa porvi rimedio.
Inizio col dire che Hermione non sospetta nulla di Silente, né di ciò che il nonnetto ha fatto contro di lei. Quindi Silente continuerà ad agire indisturbato.
Minerva è rimasta, anche se come hai potuto notare, il gelo tra lei e Silente è spesso quanto la calotta polare. Che ci vuoi fare? E’ difficile da mandare giù come situazione, perché vivi una vita con determinate convinzioni, per poi scoprire che alla prima occasione le butti nel cesso.
Per quanto riguarda Ginny, mi rimetto alla spiegazione sopra. È talmente innamorata di Harry, o così crede, che non vede ciò che le accade attorno: è come un cavallo con i paraocchi.
Ma vedrai che quei paraocchi se ne andranno, tranquilla.
Ho fatto togliere l’incantesimo, perché comunque Silente è fondamentalmente un buono. Sa di aver sbagliato, sa che la strada che ha scelto per far avvicinare quelle due case è sbagliata, ma non ha potuto fare a meno di percorrerla. Ha delle buone intenzioni, ma è il metodo con cui le ha messe in atto che lascia un po’ a desiderare…
Beh, diamo tempo a Pansy. Ha subito una bella botta e sono situazioni difficili da gestire.
Draco ha le allucinazioni: chissà cosa accadrà quando li vedrà veramente… hihihi…
Bacioni e buona lettura!

Tinotina: bentornata, cara!
Sono contenta che nonostante sia iniziata la scuola tu abbia trovato del tempo per me. Mi saresti mancata.
Quando vuoi, puoi mandarmi un messaggio sulla mia casella di posta, così almeno hai tutta la discrezione che ti serve.
*poi callistas prenderà il microfono e sbandiererà ai quattro venti tutte le informazioni*
E non dirò niente a nessuno.
*faccetta d’angelo*

Ma passiamo a noi. ;-)

Per come ti conosco, per le tue minacce di morte, per il tuo entusiasmarti quando le cose vanno bene, a insultarmi quando vanno male, mi sono sorpresa nel vedere anzi, nel non-vedere, una reazione esagerata contro Ginny.
Da te mi sarei aspettata bazooka, mitra, bombe nucleari, ma non questa sana comprensione.
Mi hai veramente sorpresa.
In bene, s’intende.
Mi piace che si abbia capito il motivo che ha spinto Ginny a perdonare subito Harry. Lei è innamorata dell’idea di essere innamorata di Harry, perché lui rappresenta tutto quello che c’è stato in passato. Rappresenta(va) il bene, il fatto che ognuno poteva scegliere da che parte stare (tralasciando l’incantesimo di Silente…). Vuole aggrapparsi ostinatamente a quell’idea, perché certi cambiamenti sono duri da affrontare, ti cade il mondo addosso e capisci che hai sempre vissuto una vita fatta di illusioni.
Ed è brutto, e brucia…
La linea di confine verrà ampiamente superata e, come in ogni situazione che si rispetti, se ne accorgeranno tutti tranne la diretta interessata, che dovrà essere messa davanti alla dura realtà nel modo più brutto possibile.
E, infatti, il titolo si riferiva proprio a Ginny.

Pansy ha preso il coraggio a due mani e ha denunciato l’aggressione. Come infatti avevo detto di lei, Pansy è molto cambiata dalla fine della guerra. Ho lasciato all’immaginario collettivo una rappresentazione di lei non molto edificante (ovvero, che lei se la faceva con tutti) e che quindi prenderne uno o due in più non avrebbe fatto poi tutta questa differenza.
Ma le persone cambiano.
Si rendono conto di aver provocato del male gratuito e ci sono certe persone – Pansy, appunto – che pensano che ricevere indietro un po’ di quella sofferenza sia il minimo sindacabile. Ma non è così. Il dolore genera solo altro dolore. È una catena di Sant’Antonio che non finirà mai.
Motivo per il quale, Pansy ha deciso di iniziare a rispettare se stessa, cominciando dal denunciare i suoi aggressori.

Hermione è una fissata.
E questo è un dato di fatto. Trova conforto nei libri, come noi possiamo trovarlo in un’amica o in un cucciolo da accudire. Eppure non va giudicata per questo, ognuno ha i suoi sfoghi e bisogna rispettarli.
Ha bisogno di tranquillità e anche se Preston Manor è stata la sua prigione per qualche mese, in quella casa è stata relativamente tranquilla, ha portato con sé questa tranquillità a Hogwarts e grazie a due cretini l’ha persa.
Del ballo – sempre che decida di andarci – Hermione ha paura di entrambi i punti che tu hai elencato: cambiare se stessa e vedere le persone attorno a lei cambiare.
Qualcuno l’aiuterà…

A dire la verità, non ho pensato ad una ragazza per Albert. Ho voluto lasciarlo scapolo per voi gentili donzelle, in modo che possiate strapparvi i capelli a vicenda nel tentativo di accaparrarvelo.
Fatica sprecata, visto che Albert è mio. Hahaha.
E poi, ha anni da recuperare con la sorella. Avere una fidanzata in questo momento è qualcosa di assolutamente aberrante per lui.
Andrà meglio la prossima volta…

Tu pensi che Blaise sia un prode e un valoroso, ma attenzione: stiamo pur sempre parlando di un Serpeverde e non mi sembra che nel loro DNA ci sia scritto di lottare per le cose in cui credono.
Sarà l’ultima persona che ti aspetti ad aiutare quei due idioti.

Eccoti qua il nuovo capitolo e sì, voglio, pretendo, esigo, ti impongo di mandarmi tutte le info che vorrai.
Baci baci, callistas.

valli80: le separazioni a volte sono necessarie. Fortificano il carattere e, perché no?, fanno sentire il momento del nuovo incontro con maggior partecipazione. Albert deve pazientare ancora un pochino prima di poter tenere Hermione tutta per sé. Ginny (vedi predicozzo sopra ^^) è una ragazza di diciassette anni e commette degli errori. Diamole il tempo di porvi rimedio.
Blaise è quello che mi ricorda tanto Scrat, il topo alla perenne ricerca della ghianda dell’Era Glaciale. Arriva sempre ad un soffio dalle cose che gli interessano e poi se le vede soffiare da sotto il naso come se niente fosse. Diamo tempo anche a lui: magari la sua ghianda gli cadrà direttamente nelle mani. ^__^
In questo ballo ci saranno delle nostre conoscenze, ma sarà più un ballo di quelli padre-figlia, ma non voglio dirti niente, altrimenti mi brucio tutto.
Mi fa piacere che ti sia piaciuto quel pezzo. Onestamente, mi è sembrata una descrizione piuttosto bambinesca, perché ho pensato che avrei potuto descrivere meglio lo stato d’animo di Draco con altre parole che, ovviamente, invece di venirmi a farmi visita se ne sono andate in ferie.
Tu che dici?
Un bacio e grazie di tutto!

Pikkola_Ale: perché non posso? La storia è mia! ù_ù
Scherzo. Come ho spiegato sopra, Ginny è in una fase in cui tornare con Harry la vede come una sorta di ancora di salvezza, dove pensa che tutto è ancora come i primi anni in cui frequentavano la scuola tutti insieme.
Capirà più avanti che le cose cambiano.
E anche le persone.
Ginny ragionerà. Ha il cervello per farlo e sì, avrà anche un piccolo aiuto esterno.
Albert, poverino, mi sembra uno di quelli in coda per andare dal macellaio con il bigliettino: deve dividere la sorella con tante persone…
Spero che questo capitolo ti piaccia, anche se non c’è molta azione.
Un bacio, callistas.

Viola69: beh, sarebbe monotono se mettessi su una storia dove tutti si mettono con la persona amata senza un minimo di problemi, non trovi? Diciamo che sono una a cui piace mettere tanto pepe nelle storie. Infatti, non scrivo mai shot o storie da massimo due capitoli, perché non ne sono capace. Devo sempre aggiungere quel piccolo particolare o quella serie di sfighe altrimenti non sono contenta.
L’incantesimo si chiama Anima Revelat Carmine. Non so nemmeno se la traduzione in latino sia corretta, perché mi sono affidata al traduttore di Internet, ma mi piaceva come suonava. Tutto pomposo… sì, mi piaceva e l’ho tenuto anche se magari non è la traduzione esatta.
Di Ginny posso solo dirti di andare a leggere la spiegazione che ho scritto sopra. Mi sembra una spiegazione che si addirebbe a chiunque persona “normale” che ne ama un’altra alla follia.
E tranquilla… la storia non è finita. Hihihi…
Genio del romanticismo addirittura? Io ti ringrazio, sei troppo buona con me!
Un bacio e buona lettura!

Valli: d’altronde, l’alcol fa male a chi non lo regge e fa dire cose che non si dovrebbero dire…
Sì, Harry è stato imperdonabile e Ginny… come ho detto sopra, Ginny ha una mente debole. Capita a tutti, prima o poi, di vederee tutto nero nella vita e scegliere di agire seguendo la strada più facile. Ripeto: Ginny mi rispecchia in tutto e per tutto. Siamo persone e siamo deboli. Non possiamo sempre essere forti, fare la cosa giusta e non sbagliare mai. Cadiamo, ma ci rialziamo e tranquilla… Ginny si rialzerà, ma avrà bisogno dei suoi tempi.
Come tutti, del resto.
Blaise è sempre rimasto nell’ombra, poverino, ma pian piano verrà alla luce del sole.
Draco è ormai andato, ma ovviamente deve prima intestardirsi che non è così per poi capitolare.
Uomini…
Un bacio e buona lettura, callistas.

Black_Yumi: ecco un’altra che avrebbe voluto vedere Harry sotto metri e metri di terra. HAHAHAHA! Benvenuta nel Club Sfondiamo-La-Testa-Di-Potter, da me recentemente fondato. :-P
E hai detto una cosa giusta, sorella!
*amen*
Anche se ha accettato Harry, perdonandolo, presto capirà di aver agito in base a principi che potevano andare bene in passato.
Ma non in un futuro dove c’è anche Blaise Zabini.
Per il ballo delle debuttanti, aspetta e continua con me questa avventura!
Un bacio, callistas.

La principessa sissi: altezza… bentornata nella mia umile storia… ^^
Dai, Ginny ha bisogno di tempo, ma tanto, tanto, tanto per svegliarsi fuori. Ormai è noto anche ai polli che Blaise prova qualcosa per lei, ma solo la diretta interessata non ci arriva.
Un po’ come tutte noi, no?
Del ballo non ti posso dire niente. Voglio tenerti con il fiato in sospeso anche per quanto riguarda se ci sarà o meno.
Bacioni e coccole anche a te!

CecileBlack: benvenuta Cecile! Hai davvero un bellissimo nome, complimenti alla mamma e al papà! Ti ringrazio per aver dedicato un po’ del tuo tempo a questa storia. Mi rende immensamente felice sapere che la trovi ben scritta e ben approfondita. Anch’io concordo con te sul fatto che in giro si trovano storie che magari hanno una trama originale, ma la forma lascia alquanto a bocca aperta. Certe tematiche andrebbero affrontate con giudizio. Nessuno sa chi bazzica questo sito e si potrebbero trovare persone che magari stanno passando un’esperienza simile a quella di Hermione e vedersi trattate come se la cosa fosse una sagra di paese potrebbe urtare la loro sensibilità.
Opinione personale.

Sono contenta che tu non abbia trovato scontato o troppo frettoloso il rapporto tra Albert e Hermione. Mi piaceva l’idea di un Serpeverde tarocco e diverso dal solito stereotipo a cui siamo abituati, anche perché dovevo iniziare a buttare il sasso della cooperazione e dovevo iniziare con qualcuno…
Sì, sono gemelli e se non ricordo male sono eterozigoti.

Harry e Ron sono stati sì, stronzi. Silente ha portato a galla la loro vera anima e adesso dobbiamo solo vedere che cosa succederà.

Vedo che Ginny ti ha fatta sbarellare parecchio. Mi compiaccio di me stessa.
Di lei posso solo dirti di leggere la spiegazione che ho scritto nelle note iniziali. Che ne pensi? Riesci a capire perché ha agito così?

Tutte stanno aspettando di vederli in un angolo a pomiciare come due del primo anno, ma contegno!
*fa l’indignata, ma callistas è la prima che vorrebbe vederli in posizione orizzontale*
Hanno passato anni a odiarsi e ora devono capire come rapportarsi senza buttare alle ortiche quel poco che hanno costruito.

Il lieto fine?
Dirtelo per poi rovinarti la suspence? Oh, cara mia… quante cose devi ancora imparare su questa scrittrice STRONZA!
HAHAHAHA!

Grazie mille per la tua sfilza di complimenti, mi hanno fatto arrossire terribilmente!
Un bacio, callistas.

Barbarak: oh, Gesù!
Sei di nuovo qui?!?! Non ti sei annoiata?!?!
*sviene! sviene!*
*va in iperventilazione!*
Ok, ci sono… ehm… sì, diciamo che era l’unico titolo che poteva rappresentare degnamente questo capitolo.
*sviene!*
No, non ti preoccupare per il gioco di parole, anzi. Hai descritto alla perfezione ciò che volevo che emergesse dal personaggio di Ginny. È ancora attaccata al passato e mettendosi insieme a Harry crede di riportare le cose com’erano una volta.
Capirà che il passato, se si chiama in questo modo, avrà un motivo…

Della spiegazione che ho dato di Ginny sopra, identificazione personale a parte, ritieni sia una cosa normale? Io sì, perché, ripeto: me stessa a parte, ho avuto altri esempi di come l’amore fosse veramente cieco, ma cieco forte, stile talpa. Si vuole che le cose vadano assolutamente come vogliamo e se da una parte tale atteggiamento è comprensibile, dall’altro è solo nocivo perché non permette alla persona di maturare.
E, come hai detto tu, il fatto che Harry si fosse presentato da lei, pentito, è stato l’incentivo che Ginny aspettava per poter mettere i tasselli al posto giusto.
O per lo meno, nel posto che nella sua mente riteneva essere giusto.
Non so se ti è mai capitato – ed è una cosa che verrà spiegata da Hermione a Blaise nel corso della storia – ma quando un ragazzo ti da delle attenzioni particolari, subito pensi “no, non è interessato a me in quel senso”, ma se quelle stesse attenzioni sono dirette a un’altra persona la prima cosa che si pensa è “ma quello è cotto e stracotto!” allora perché quando siamo noi i destinatari di certe attenzioni, tendiamo a sminuirci, a trovare scuse per non capire i segnali dell’altro, mentre se sono gli altri li invidiamo e le capiamo subito al volo?
Cosa ci si rompe nella testa in quel momento?
E tranquilla, che il momento per Ginny di rialzarsi in piedi arriverà. Solo… dovrà seguire i suoi tempi.

Mi si gonfia il petto come un tacchino nel giorno di Natale se mi dici che sono riuscita a rendere lo stato confusionario di Draco in due righe: di solito mi ci vogliono pagine e pagine di Word!
*sviene! sviene!*
D’altronde, ha un passato troppo particolare per gettarselo alle spalle così, come se niente fosse e ci sono molte cose che deve chiarire dentro di sé prima di capitolare definitivamente.

Allora, del ballo non ti anticipo niente, neanche se ci sarà o meno, ma essendo un ballo stile Ballo delle Debuttanti, sarà una cosa padre-figlia. D’altronde, se lo meritano con tutto il tempo passato da separati, non credi?
E perché no? Inviteranno tutta l’elite magica compresi i M…

Sì, Minerva è rimasta, anche se ovviamente è cambiato tutto e Hermione… il retrogusto agrodolce di questa storia ci sarà. Perché sarebbe bello pensare a un mondo in cui tutto inizia, si complica e poi finisce bene, ma purtroppo la vita vera è un’altra e anche se nelle storie abbiamo la possibilità di far finire tutto come vogliamo, non sarebbe giusto. Anche perché si manderebbe un messaggio incompleto.
Spero di non averti mandata in depressione con queste mie parole finali, ma spero tu possa capire il perché. Ovviamente, dopo che la storia sarà finita.

Tu sei stata gentilissima a perdere tempo a leggere questa storia. Sono io che ti ringrazio dei tuoi commenti mirati.
Ti auguro una buona lettura, callistas.
*sviene del tutto!*

Ssaphiras: chissà perché Ginny è così bersagliata di critiche…
Mah…
Dunque, pronta per rispondere alla critica: la storia è mia e faccio quello che voglio.
Fine risposta.
Hihihi…
Scherzo.
Allora, prima di tutto, posso dirti di leggere la mia spiegazione su Ginny. Quando lo avrai fatto, torna qui che ne parliamo di fronte a una bella Burrobirra.
Allora, premetto col dire che in ogni storia che si rispetti si può modellare un personaggio in base alle necessità dello svolgimento della storia stessa. Avendo messo gran parte di me in questo personaggio dalla discutibile reazione quando ha visto Harry baciarsi con un’altra, posso dire che la mente umana reagisce in modi diversi per ognuno di noi.
Questo è il concetto di base.
Un’altra al posto di Ginny avrebbe tirato giù il cielo, un’altra si sarebbe buttata nel Lago Nero, un’altra avrebbe ucciso la rivale. Ginny stessa, magari, avrebbe fatto tutte queste tre cose insieme. Ma c’è tutto un altarino dietro.
C’è Hermione con la sua sconvolgente verità, c’è il cambiamento di Ron e Harry in un momento della vita della riccia, c’è uno strano avvicinamento, c’è la voglia di rivedere Harry e Ron quelli di un tempo e se lei ha la possibilità di far sì che soprattutto l’ultima parte si avveri, beh… la prende e la difende a costo della vita.
Ciò che vorrei fosse chiaro di Ginny è che in questo momento “buio” della sua vita, preferisce la soluzione facile al combattimento, nonostante sarebbe nel suo carattere, ma a chi non capita questi momenti “no” nella vita, dove piuttosto che alzare la testa e dire basta la lascia china e si fa travolgere dagli avvenimenti?
Questa è Ginny. È una ragazza che come tutti ha dei punti deboli, uno dei quali è un vero e proprio Tallone d’Achille che si chiama Harry Potter e colpirla lì significa giocare sporco, è vero, ma almeno ci fa capire che l’essere umano è debole e imperfetto e che può solo lavorare su questo fatto per migliorarsi.
Forse ti sembrerà una spiegazione un po’ troppo semplicistica e di facile adattamento a questa situazione, ma ti posso garantire che non è così. Durante le prove a cui la vita ti sottopone non puoi sempre reagire nel modo giusto, dire la cosa giusta, comportarti bene e usare tutti quegli atteggiamenti da vincente. Si sbaglia, ma abbiamo anche la possibilità di rimediare ai nostri errori.
Cosa che accadrà anche per Ginny. Con i suoi tempi.
Spero di non essere stata troppo prolissa o confusionaria. In tal caso, sono qui pronta per parlarne.

Silente non è ancora uscito di scena, attendere prego… e anche per lui vale il discorso per Ginny. È un uomo, prima di essere un grande mago, commette errori e anche se non può porvi rimedio perché l’ha fatta troppo grossa, può solamente rifletterci su e capire che forse ha esagerato.

Hermione ha staccato la spina per un po’. Tornerà più agguerrita che mai e più determinata a non farsi più mettere i piedi in testa.
A partire da Cerebroleso e Rosso Malpelo.

Ti ringrazio per la tua recensione. Davvero mirata e piena di spunti interessanti.
Un bacio e buona lettura.

Cherri: scusa, ma parli con me? Il magnificissima è per me?
*sviene*
Ti ringrazio per questa sequela di complimenti. Non sapevo più dove mettere la testa per diminuire il rossore sul mio viso!
Mai vista un’arringa d’apertura così focosa. Mamma mia che imbarazzo! Però ti ringrazio davvero. Sono contenta che storia e capitoli ti piacciano.
Sì, fare un ballo dove si è la protagonista assoluta è il sogno di tutte, e anche quello di Hermione, che inizia ad avere dei dubbi, però.
Albert e Draco amano Hermione in due modi diversi, il primo perché è suo fratello l’altro, per altri motivi, anche se deve ancora darsi una svegliata, quel benedetto ragazzo…
Blaise, anche se è un Serpeverde e sembra spavaldo, in realtà è molto riservato e avrà qualche problema ad aprirsi con Ginny. Sarà qualcun altro ad aiutarlo a sbloccarsi.

Sì, diciamo che non si era capito che la mia storia ti piaceva. ^///^ e spero tu voglia continuare a seguirla.
Un bacio e buona lettura, callistas.

BLUFLAME: ciao cara, felice di rivederti. Allora, nemmeno io ritengo che l’incantesimo di Silente sia un attenuante perché il nostro vero “io” è sempre dentro di noi. Possiamo tenerlo a bada per tutto il tempo che vogliamo, ma se alla fine non lo sveliamo, rischiamo di impazzire.

Ehi, ferma, ferma, ferma! ^_^
Anch’io amo Silente, che credi? Ok, forse magari qui non si nota proprio tanto, ma io stimo quell’uomo. Io sono una che ama stravolgere i personaggi in modo assurdo, che gli fa fare cose eclatanti solo per il fatto di voler stupire.
Come in questo caso.
E sì. Se l’incantesimo di Silente vale per il lato oscuro, vale anche per quello buono, però c’è da dire che se il preside voleva separare Hermione da Harry e Ron doveva ovviamente far leva sul lato oscuro dei due ragazzi, altrimenti questa storia non starebbe in piedi. ^_^
E no, nemmeno io lo penso, ma come ti ho detto, mi piace l’effetto sorpresa delle mie rivelazioni, il fatto che un certo fatto sia dovuto a un altro, con tanto di giustificazioni più o meno attendibili, piuttosto che all’originale (fanculizzami tranquillamente se non capisci) e altro. Mi piace stupire con effetti da cinema, mettiamola così. Questo è stato un caso marginale. Le mie storie avranno sempre Harry, Ron e Hermione come protagonisti del bene e Silente come loro leader, tutto negli schemi.
Ho voluto variare la minestra.
Spero non ti dispiaccia.

Hai centrato esattamente il punto. Ginny, come ha magnificamente espresso barbarak, ama l’idea di amare Harry. Ha giocato con le parole, ma io credo tu abbia capito al volo ciò che voleva dire. E nemmeno io ho apprezzato la scelta dell’autrice di semplificare le cose, unendo Hermione e Ron, anche perché io lo reputo troppo poco per una come lei. Hermione, da ciò che ci ha sempre detto la Rowling, ama le sfide, i rompicapo, l’incognito, il dover affrontare una sfida e uscirne vittoriosa.
Cos’è Ron se non l’esatto opposto di tutto questo? Le uniche cose di cui parla sono il Quidditch e le ragazze. E concordo con te nel dire che secondo me l’autrice non ha avuto, si può dire voglia?, di andare avanti con la linea originariamente creata.
Certo è vero che c’è un salto di diciannove anni dalla fine della battaglia al ritrovo a King’s Cross e di cose ne potevano accadere come l’avvicinamento di Draco e Hermione, o un loro eventuale matrimonio, ma forse i lettori avrebbero voluto un intero libro dedicato all’evoluzione del rapporto tra loro in quei diciannove anni. Per quello che J.K.R. era originariamente (chiamiamola Desperate Housewife, ti va? ^_^) cioè una casalinga, ha messo su una storia eccezionale, con tanto di cappello… parlante! Hahahaha! Scusa la battuta, ma non ho resistito e questo mi fa capire che tutti, con un po’ di impegno – e tanta sanità mentale – possiamo raggiungere i suoi stessi obiettivi.
Draco sì, è il cattivo di turno che ognuna di noi sogna di redimere a proprio piacimento perché scatena in noi quel moto di protezione istintivo, quasi materno, che ci porta a volere che il bene trionfi anche per lui.

Sai, sabato scorso ho rivisto Harry Potter e la Pietra Filosofale.
L’ho guardato con occhi diversi, pur sapendo come andava a finire la storia. Quando la McGranitt chiama Harry per lo smistamento, ho visto lo sguardo di Piton che ha rivolto al ragazzo. Non sono riuscita davvero a vedere l’odio di un uomo verso il padre del ragazzo, bensì la dolorosa somiglianza degli occhi alla madre.
Quando Draco si è presentato a Harry offrendogli la sua amicizia… all’inizio ho detestato Draco per quella sua frase “capirai che certe famiglie di maghi sono più importanti di altre.” Perché ho visto tanta di quella presunzione da far accapponare anche i peli delle ciglia, ma riguardandolo ho solo visto un lavaggio del cervello. Il Draco-bambino era troppo composto, come se recitasse a memoria un mantra e mi è dispiaciuto per lui quando Harry gli ha rivolto uno sguardo cattivo e lo ha rifiutato.
Ho rivisto tutto il primo film con occhi diversi e nonostante sapessi già come andava a finire, l’ho rivisto molto volentieri.

Scusa per la digressione, ma mi sono allacciata un po’ al discorso del Draco cattivo che tutti vogliamo redimere. Queste convinzioni partono fin dalla tenera età in lui e se ho passato tutti e sette gli anni a odiare Draco perché insultava Hermione, oggi mi rendo conto di quanto io per prima sono stata accecata dai pregiudizi, perché se avessi scavato un po’ più a fondo, mi sarei accorta che non era con Draco che me la dovevo prendere, ma con suo padre.

Chiudo, scusandomi per la pappardella infinita, e dicendo che del ballo non scucirò nemmeno mezza acca, perché voglio che sia una sorpresa, anche l’indecisione di Hermione se parteciparvi o meno.
Nel caso dovesse succedere… ci saranno TUTTI!
Un superbacio, callistas.

Laura malfoy: anche se vi ha trascorso dei mesi sentendosi una prigioniera di guerra, in casa Preston Hermione ha ritrovato una certa tranquillità.
Tranquillità che aveva avuto anche a Hogwarts, finché gli altri non sapevano niente di lei, ma che è stata prontamente buttata nel cesso per una curiosità morbosa fuori luogo.
Ovvio che si senta ancora una mezzosangue, poverina. Ha vissuto diciassette anni in quella condizione e cancellare tutto quel tempo con un colpo di spugna sarebbe impossibile.

Il fatto di pensare a volte è positivo. Infatti, è grazie a Hermione e alla sua mente che lei, Harry e Ron hanno sconfitto Voldemort, ma è anche vero che in certe situazioni pensare nuoce gravemente alla salute.

Le mele marce esistono dappertutto, ma sapere che è il figlio di James è qualcosa che ha ferito profondamente Minerva.
E come hai detto giustamente tu, la fama ci toglie tutta l’umiltà di cui siamo provvisti.

Sì, Elthon sa che Hermione tornerà presto a scuola. Ha solo bisogno di affrontare le cose una alla volta e capire ciò che le sta succedendo. E poi un periodo di stacco le sarà utile per tornare più determinata e forte di prima.

Sì, forse ognuna di noi avrebbe reagito più o meno in questo modo, ma mi rimetto alla descrizione che ho fatto all’inizio di Ginny. Lei vorrebbe che il passato tornasse, con tutto quello che esso implicava e cioè dove lei e Harry stanno insieme, che Ron e Hermione si dichiarino il loro amore e che tutto vada come lei avrebbe sempre voluto.
Vive un’illusione che quando scoprirà essere tale farà molto male.
Blaise la sta aiutando in tutti i modi con cui si può aiutare una persona ma lei, troppo accecata dalla voglia di vivere le sue illusioni, non vede cosa si nasconde dietro i suoi gesti e le sue parole.
Quando Ginny gli chiede se ha avuto dei crolli e lui le risponde “Ti spaventeresti nel sapere quanti.”, intendeva dire che, oltre al fatto di liberarsi prima di Potter e avere il via libera per raccontargli tutti, che ha avuto parecchi crolli, soprattutto mentali, per ciò che imponeva la famiglia a uno come lui, cosa doveva amare, cosa o chi doveva odiare, ma soprattutto… ha avuto un crollo quando ha capito di avere un debole per la ragazza che ora stava aiutando dopo che aveva vomitato anche l’anima.
Anche Blaise è un personaggio complesso a suo modo. Può sembrare un giullare, che non ha un problema, ma non dimentichiamoci che è un Zabini, un Serpeverde e un Purosangue: metti insieme queste tre caratteristiche e il risultato sarà un Draco Malfoy moro.

Beh, se Hermione decidesse di fare la festa, credo che ci sarebbe molta più ragionevolezza nel non aggredire la figlia del Capo degli Auror con lui presente… sarebbe come garantirsi Azkaban a vita.

Sì. Siamo fondamentalmente masochiste e viene da chiedersi il perché. Ma proviamo tanto piacere nel farci trattare come pezze da piedi? Questo Ginny lo capirà sulla propria pelle e farà male, molto male perché sarà il momento in cui la sua bolla di illusione le scoppierà tutto attorno.

Dello spoiler posso dirti che NON ci hai preso. Sarà l’ultima persona che ti aspetterai di sentir parlare così.
Sì, ci sarà una ragazza che aprirà gli occhi a Ginny, ma non su Harry. ^_^
Spiacente, ma non dico altro.
Buona visione di Dexter.
E ti lamenti pure? Mi fai di quei papiri che nemmeno Omero se li sogna! ^_^
Bacioni!

stefy494: di Ginny hai capito tutto perfettamente. Non si sceglie chi amare, ma si ama chi si sceglie. Avrà tempo per capire che sta commettendo un errore, tranquilla.
Sì. Hermione ha staccato la spina per un po’ e tornerà decisamente più combattiva, anche se avrà ancora qualche dubbio sulla propria identità.
Tra la McGranitt e Silente le cose si sono rotte e conoscendo Minerva e i suoi principi, la sua osservanza delle regole, sarà molto difficile che le cose tornino com’erano prima.
Dai per scontato che il ballo ci sarà, ma Hermione stessa non sa se sia una cosa che intende fare. ^_^
E se si dovesse fare… ci saranno tutti. Ma proprio tutti!
Un bacio, callistas.

Kasumi_89: finalmente te ne sei accorta. E poi che gusto c’è nel lasciare spoiler che tutti possono capire?
Eddai… ;-)
Comuuuuuuuuuuuuuunque… Draco vede Hermione dappertutto, non sa più cosa fare. Ne è ossessionato. Da qui si capisce quanto il poveretto sia ormai perso.
So che c’era poco di Draco e Hermione in questo capitolo, ma dovevo dar modo anche agli altri personaggi di emergere, di far fare le debite stronzate a Ginny e far compiangere il povero Blaise, affinché ognuna di voi provasse il compulsivo desiderio di coccolarlo per tirargli su il morale. ^^
Non credere di vedere Lucius Malfoy strapparsi i capelli, sfracassare la mascella a terra o fare scenate isteriche: dopotutto, è pur sempre un Malfoy, con un certo contegno da mantenere.
Spero che questo capitolo ti piaccia. Qui succederà qualcosina ina ina a.
Buona lettura, callistas.

Hermione59: beh, certo che se vuoi usare le mie ossicina per giocare a shangai, forse è meglio che eviti ritardi, giusto?
*trema*
All’orizzonte, si prospetta questa nuova prova per Hermione: un ballo. Accetterà o no? Di solito, presentarsi a questo tipo di balli dove c’è il fior fiore della nobiltà è come schiaffare in faccia alla gente la propria elevatura sociale ed economica e per una abituata a cavarsela sempre con le proprie forze e schifare un simile atteggiamento è un bel cambiamento.
Sarebbe bello poter accidentalmente far cadere Harry e Ron da qualche parte o fargli prendere un bolide di marmo in testa, ma purtroppo dobbiamo dare una parvenza di veridicità alla storia.
Spero che il capitolo ti piaccia.
Buona lettura, callistas.










VERITA’ NASCOSTE
DELUSIONI COCENTI E PRESE DI COSCENZA

Mercoledì 18, tornò Hermione, con non poca ansia.
Con sollievo, notò come le persone si limitassero a fissarla come fosse una bestia rara, ma per fortuna, nessuna aggressione. I più audaci provarono a farle qualche domanda, liquidata con uno sguardo della diretta interessata che rimise tutti al proprio posto.
Arrivò qualche minuto prima del pranzo e la prima cosa che fece fu andare da Silente e poi nella sua stanza, dove trovò Ginny intenta a fare un tema.

Quando la vide ferma sull’uscio della porta con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra si beccò, oltre che della STRONZA! un sano QUANDO SEI TORNATA?, urlato affinché potessero sentire anche in Siberia.
“Pochi minuti fa.” – rispose Hermione, più serena. – “Sono passata da Silente per scambiare quattro chiacchiere con lui.”
“Sei andata prima da Silente che da me?!?” – s’indignò lei, facendo ridere la riccia, che aveva un aspetto decisamente più sano. – “Ma che ti sei fatta? Un trattamento di bellezza completo?” – chiese la rossa, prendendo in mano un suo ricciolo.
Solitamente, i capelli di Hermione erano castano-opachi, dovuto al fatto che più di uno shampoo e di un balsamo per districarli non faceva mai niente per curarli oltre il necessario. Ora sembrava che si fosse comprata una parrucca, da tanto lucenti che erano!
“Myra ha tanto insistito.” – si difese Hermione. – “Mi ha trascinata in giro per beauty-farm, parrucchieri, negozi e quant’altro.”
Ginny la guardò malissimo.
“Effettivamente hai fatto proprio una vita di merda, eh?” – ironizzò lei. – “Ma guardati! Sei fantastica!”
“Grazie. E tu? Com’è andata in questo mese?”
Lì, lo sguardo della rossa s’incupì leggermente.
“Ohi, cos’è successo?” – chiese Hermione, sedendosi su una sedia lì vicino.
“Ho… ho litigato con Blaise. Credo…” – aggiunse poi.
“Come, credi? Ci hai litigato sì o no? Perché?”
“Cioè… non ci ho proprio litigato litigato. A un certo punto è diventato un ghiacciolo. È tornato quello di un tempo.”
Hermione corrucciò le sopracciglia. Era dello stesso Blaise che stavano parlando? Quello che nelle sue lettere era peggio dello zucchero filato?
Il flusso dei suoi pensieri si bloccò quando vide Ginny sorriderle radiosa.
“Che altro c’è?” – chiese, contagiata dal suo buon umore ritrovato.
“Mi sono fidanzata con Harry!”
Hermione cadde dalla sedia.




Quando Albert rivide sua sorella fu poco prima di cena. Le andò incontro quasi avesse le ali ai piedi e la soffocò nel suo abbraccio.
“Al-Albert…”
Il ragazzo la lasciò libera di respirare.
“Ciao…” – fece lui, emozionato come se la vedesse per la prima volta.
“Ciao.” – lo abbracciò, godendosi quell’abbraccio finché poté. – “Come stai?”
“Meglio adesso. E tu? Mamma ti ha trattata bene?”
“Oh, fin troppo.” – disse lei, ripensando a quanto imbarazzo aveva provato nel vedersi trascinare da un negozio all’altro, da un centro estetico all’altro senza un attimo di tregua.
“Bene. Allora stasera ceni con me, e non è una richiesta.”
Hermione rise. Le sembrò così lontano quel giorno in cui glielo aveva proposto la prima volta e lei aveva rifiutato.
“Certo!” – trillò lei, facendogli allargare se possibile il sorriso ancora di più.
Entrati in Sala Grande, tutti gli sguardi si calamitarono su Hermione ma due sguardi di fuoco – Ginny e Albert – ben piazzati, furono la soluzione a tutti i loro problemi. Hermione si accomodò al tavolo di Serpeverde.
Chissà perché, nessuno aveva obiettato.
“Ho un po’ di cose da dirti.” – iniziò Albert, facendole il piatto.
Lo sguardo di Hermione andò subito a Blaise, intento a mangiare il cibo come fosse un automa.
Da ciò che poteva vedere, infilava la forchetta in bocca e non masticava nemmeno. Non alzava mai gli occhi dal piatto.
Poi guardò Ginny e un po’ di fastidio le corrose la bocca dello stomaco: rideva e scherzava con Harry come se niente fosse successo.
Scosse la testa: ci avrebbe pensato in seguito.
Girandosi, il suo sguardo incrociò quello di Malfoy, che la salutò con un leggero cenno del capo. La ragazza si girò, convinta che non stesse salutando lei, ma una presenza alle sue spalle. Notando che non c’era nessuno, si girò di scatto, tutta rossa, mentre lui la guardò con sconcertata eloquenza. Non contenta ancora, s’indicò, completando il quadro. Lo vide sospirare e scuotere il capo.
Ora era una brace per la figuraccia.
“Ehi, come mai tutta rossa?” – si preoccupò Albert.
“Eh? No, niente.” – fece lei, iniziando a mangiare.
Hermione riprese, oltre un colorito normale, la sua ispezione. Ginny e Harry continuavano a sorridersi – come due idioti, pensò Hermione – e Blaise… Blaise li fissava con uno sguardo indecifrabile. Non sapeva proprio cosa gli passasse per la mente. Ad un certo punto però, il moro, sussurrò qualcosa all’orecchio di Malfoy, e poi si alzò, lanciando un’ultima occhiata ai due piccioncini.
Che Blaise fosse…
Quella possibilità le chiuse la bocca dello stomaco.
Ma non era fastidio, anzi.
Seguì la figura del ragazzo fino all’uscita e poi, come se l’istinto glielo avesse urlato nelle orecchie, si girò verso Ginny, intenta pure lei a guardare il punto in cui Blaise era sparito.
E se il cervello di Hermione Granger non era andato in pappa con tutti i trattamenti chimici a cui Myra l’aveva sottoposto, quei due avevano appena fatto un colossale casino.
Si alzò di scatto, catturando l’attenzione dei Serpeverde lì vicini, soprattutto quella di Albert che aveva ancora il mestolo in mano e uscì fuori dalla Sala Grande.

Quando Hermione lo trovò, fu solo perché aveva seguito l’odore delle molteplici sigarette che il ragazzo si era acceso durante il tragitto. Non faceva in tempo ad accenderne una, che con un paio di tiri l’aveva già finita.
Lo trovò fuori in giardino, con una nuvola grigiastra che gli girava intorno. Sembrava la degna rappresentazione di un mafioso.
Ma ora che era arrivata, non sapeva come iniziare il discorso e l’idea che si era fatta di quella situazione iniziò a sembrarle davvero ridicola. Non poteva, però, lasciarlo lì da solo, anche perché voleva sapere se i suoi sospetti erano fondati.
“Za-Zabini?”
Il moro si girò di scatto, ma poi tornò a fumare la sua sigaretta.
“Che vuoi?”
Hermione sospirò e lentamente si avvicinò al ragazzo.
“Come va?”
Brava, idiota!, pensò Hermione.
“Sei uscita dalla Sala Grande per chiedermi questo?”
“No, effettivamente no.”
Blaise si girò.
“Allora che vuoi?”
“Io…” – allora decise di iniziare a condurre il gioco. – “… perché sei uscito tu dalla Sala Grande? Qualcosa non era di tuo gradimento?”
Il moro si girò e ghignò.
“Perché credi che mi dia fastidio vedere la tua amica con Potter?”
Hermione non seppe se ridere per essere riuscita a tendergli una trappola così banale o spalancare la bocca per aver trovato fondamenta nei suoi sospetti. Optò per un sorriso.
“Che hai da ridere?”
“Sai, trovo curiosa una cosa…” – iniziò lei, andando verso di lui.
“Cosa? Me lo dici o facciamo notte?” – con sgomento, lasciò che le sfilasse la sigaretta dalla bocca e la gettasse a terra, per poi ridurre il mozzicone alla stregua dei suoi fratelli caduti prima di lui.
“In primo luogo, fumare fa male alla salute.”
“Sai che novi…”
“E in secondo luogo…” – disse lei, interrompendolo. – “… io non ho chiesto chi non era di tuo gradimento. Buona giornata.”
Hermione se ne andò, lasciando Blaise con un enorme punto interrogativo sulla testa, visibile a chiunque fosse passato di lì in quel momento. Quando comprese le parole di Hermione sgranò gli occhi.
“Che figura di merda! Che figura di merda!” – continuò a ripetersi, con una mano spalmata sugli occhi.




Alla faccia di chi diceva che le parole sono inutili, pensò Hermione, mentre rientrava nel castello. Ora che i suoi sospetti avevano trovato, oltre alle fondamenta, pure i muri perimetrali e il tetto, sentiva come una sorta di soddisfazione pervaderle il corpo che le fece stendere le labbra in un sorrisetto di compiacimento.
Fu così che la trovò Ginny, con un’espressione di pura beatitudine sul volto.
“Ehi! Come mai sei scappata in quel modo dalla Sala Grande?”
Hermione cercò di mascherare la sua immensa voglia di ridere con un sorriso di circostanza.
“No, niente. Come mai tu qui, invece?” – chiese Hermione.
“Mi sono preoccupata. Pensavo stessi male.” – fece Ginny.
Hermione scosse la testa.
“No, tutto bene. Rientriamo? Ho una fame…” – la sentì prendere fiato per dirle qualcosa, ma ci rinunciò.
Ginny seguì Hermione e tornò al suo posto.
La prima cosa che fece Albert fu quella di fare il terzo grado alla sorella, la quale si limitò a rispondere con un bacio sulla guancia e le gote arrossate per il gesto.
E capì come zittire un componente della sua famiglia…

Il pranzo ebbe una sua fine e se gli studenti dovevano correre per andare alla lezione del dopo pranzo, Hermione era tranquillamente in camera sua a disfare il baule, sotto lo sguardo vigile di Ginny che sembrava non aspettare altro che sentirsi dire perché era corsa dietro a Blaise in quel modo.
Ma la riccia non era per nulla propensa a iniziare quel discorso, voleva che fosse Ginny a farle la prima domanda.
Che non tardò ad arrivare.
“Allora… come sono andate le ferie anticipate?”
Sì, sì… prendila larga, tanto alla fine ti porto dove voglio io…, pensò Hermione, con un sorriso.
Si alzò dal baule e sorrise.
“Bene. Myra ed Elthon sono stati molto gentili con me.”
“Parli come se invece dei tuoi genitori fossero la tua famiglia adottiva…” – osservò la rossa, perplessa.
Hermione arricciò le labbra.
“E’ che mi viene ancora strano chiamarli…” – non lo disse.
“Mamma e papà? Guarda che non è difficile, sai?”
“Lo so.” – disse Hermione, riponendo la biancheria nel cassetto. – “Ma mi sento ancora un’estranea. Sia io che loro abbiamo perso diciassette anni di vita insieme e loro non vedono l’ora di recuperarli in due giorni.”
“Non credi sia comprensibile?”
“Sì, certo, ma ci sono anch’io qui dentro, eh? Loro hanno una famiglia, io no.”
“Sai che non è vero.” – la rimproverò la rossa.
“E tu sai cosa intendo.” – replicò Hermione.
Ginny non rispose.
“E’ che ho ancora la sensazione di tradire i Granger…”
“Tu sei pazza!” – fu l’esclamazione dell’amica. Era a dir poco costernata.
Hermione comprese lo stato d’animo dell’amica, ma non poté non saltare in aria per l’urlo.
“Ginny!”
“Ginny le palle!”
Hermione sgranò gli occhi.
“Tu non sei mai stata figlia dei Granger!”
Hermione abbassò lo sguardo.
“Jean ti ha rapita! Ti ha raccontato un sacco di bugie e tu vieni a dirmi che li tradiresti a chiamare mamma e papà i tuoi veri genitori? Non è che oltre ai capelli ti hanno ossigenato anche il cervello?”
“Ma io mi sento così!”
“E allora ti senti sbagliata! Cristo, Hermione!”
“Sì, ma…” – lo sguardo infuocato dell’amica la fece tentennare. – “… mi hanno cresciuta bene, o almeno credo…”
Ginny prese fiato.
“E come pensi che ti avrebbero cresciuta i Preston?”
“Non lo so!”
“Come non lo sai?” – allibì lei. – “Ci sei stata insieme tutta l’estate e questo mese e non ti sei fatta ancora un’idea su di loro? Ma dove li hai gli occhi?”
Ecco lo spunto!
“Oh, fidati. Almeno io li ho.”
“…” – Ginny non aprì bocca per un minuto buono, non aspettandosi proprio quella risposta. – “Scusa?” – chiese, infine.
“Ho detto…”
“So cos’hai detto! Ho sentito! Ma cosa volevi dire?”
“Non ci arrivi?”
La rossa la guardò spaesata.
“A cosa?”
Hermione sospirò.
“Ma… mi prendi in giro?”
“Perché?”
“Oddio…” – sussurrò Hermione. – “… ma non ti sei accorta di niente?”
“Di cosa?”
Hermione rinunciò. A volte le venivano forti dubbi sulla sua migliore amica.
“No, niente. Lascia stare.”
“Eh no! Adesso me lo dici!”
“Davvero, lascia stare.”
“Non puoi nascondere il sasso e tirare la mano!”
Hermione, che stava sistemando i suoi jeans, si girò di scatto, sconvolta. Anche Ginny aveva notato che qualcosa stonava nella sua frase.
“No, aspetta… non puoi…” – rinunciò. – “Com’è che era?”
Hermione rise di gusto.
“Non… non puoi lanciare il sasso e nascondere la mano.”
“Ah, ecco… sì, comunque… di cos’è che stavamo parlando?”
Hermione rise ancora di più, e ne approfittò per cambiare discorso.
“Io volevo parlarti di quella festa di cui ti ho accennato nella lettera.”
Ginny la guardò sospettosa.
“Sicura?”
“Sì.”
“Mmmm… ok. Cosa vuoi sapere?”
Fu così, che Hermione la scampò per un pelo.

Sotto il getto della doccia, Hermione pensò che era venuto il momento di smetterla di piangersi addosso e che doveva riprendere in mano la sua vita.
A cominciare dallo studio.









Giovedì 19 Ottobre
Ore 9.30, lezione di Pozioni
Sfidanti: Grifondoro vs. Serpeverde

Perfino Pozioni diventò piacevole, dopo una lunga assenza. Non avrebbe mai immaginato che impugnare il mestolo le avrebbe fatto così piacere.
Così come non avrebbe mai detto che l’immagine di Ginny attaccata a Harry le avrebbe dato altrettanto fastidio.
Una volta aveva sbattuto sulla testa di Harry un libretto di settecento pagine, sperando che quel povero neurone, ormai da mandare in pensione, si riattivasse, soprattutto nella parte che riguardava i segnali che Ginny gli stava inviando.
Ma, ahimè, non ci fu niente da fare.
Ora, quel libretto, lo avrebbe volentieri sfondato sulla testa dell’amica.
Tritò con eccessiva foga le radici di zenzero, sventrò le ali di fata e ridusse a una paccoltiglia la lingua di Ungaro Spinato, che non le aveva fatto niente.
Il suo compagno di banco, leggermente perplesso, guardò la ragazza commettere quei piccoli omicidi legalizzati.
“Guarda che non ti hanno fatto niente.”
Hermione si girò e lo guardò, poi abbassò lo sguardo sul suo operato e sgranò gli occhi.
“Ah… hehe… ops…” – fece lei, mettendo fuori portata di mazzate gli ingredienti.
“Forse è meglio se ti metti a girare la pozione.” – e come aveva già fatto un mese prima, la prese per i fianchi e la spostò di fronte all’enorme pentolone.
Hermione, impietrita da quel contatto voluto, si ritrovò davanti al calderone, rigida come una statua di sale. Il ragazzo accanto a lei iniziò a sminuzzare gli ingredienti di scorta, visto che quelli che aveva maciullato la compagna erano del tutto inutilizzabili.
“Mescola, altrimenti saltiamo per aria.”
Che strano era parlare così tranquillamente con lui.
Con lui che l’aveva toccata così naturalmente, qusi lo facesse da sempre.
Con lui, che rispondeva al nome di Draco Lucius Malfoy.
Si era ritrovata in banco con lui per puro caso. Era arrivata in anticipo come sempre alla lezione, e si era seduta al solito banco. Sembrò quasi che il destino si fosse messo all’opera per far avvicinare quei due, visto che anche quel giorno le due case si erano ritrovate spaiate.
E Piton, qual degno Capo casa, aveva deciso che Draco e Hermione avrebbero dovuto sedersi vicini per fare lavoro di coppia.

Lo aveva sentito su di sé, come un’ombra che avvolge tutto, come una coperta che non lascia uscire nemmeno un piede.
Piton passeggiava tra i banchi con la sua solita aura da io-spiezzo-tue-gambe, facendo sbagliare molti studenti, tra cui Neville, che…
“Paciock, cosa dovrebbe essere questa… cosa?

Durante la guerra, Neville aveva acquisito molto coraggio. Era entrato nell’Esercito di Silente per dimostrare alla nonna e forse anche un po’ a se stesso, che qualcosa dai suoi genitori l’aveva ereditato, che non era il solito stupido e incapace Neville, che qualcosa di buono lo aveva ereditato dai suoi genitori. Hermione si era sentita molto orgogliosa di lui, quando aveva ucciso Nagini con la spada di Grifondoro. Le erano venute le lacrime agli occhi perché, per maneggiare quella spada, serviva un’enorme dose di coraggio che Neville aveva ampiamente dimostrato di possedere. Una volta ucciso il serpente, si era guardato in giro con la tipica espressione “alla Neville” che diceva esattamente “Ma… sono stato io?”
Da quel giorno, Neville era diventato molto più sicuro di se stesso, anche se ogni studente di fronte a Piton diventava un verme strisciante.
Come facesse quell’uomo a incutere un simile terrore, non lo avrebbe mai saputo.
Così come non avrebbe mai saputo dire quando si sarebbe ripresa dallo shock della risposta di Neville.

“Doveva essere la pozione che ha detto di preparare, professore.”
Nemmeno in un cimitero ci sarebbe stato il silenzio che regnava in quel momento nella classe di Piton.
Piton stesso era rimasto senza parole. Stava per dire qualcosa, ma evidentemente Neville non aveva ancora finito.
“Ma temo di aver sbagliato qualche dosaggio. Se mi svuota il calderone, provvederò a rifare tutto d’accapo.”
La tranquillità con cui Neville si rivolse al suo insegnante disarmò il docente in persona.
L’attimo successivo, però, Piton, guardò Neville quasi con severità. Il ragazzo non si mosse dalle sue posizioni, attendendo che il calderone gli venisse svuotato.
Tutta la classe attendeva il responso di Piton. Era impensabile che qualcuno se la potesse cavare così impunemente con il professore più severo di tutta Hogwarts.
E il responso arrivò. Eccome se arrivò…
“Dieci punti…”
Gli occhi di tutti si spalancarono lentamente.
“… in più per i Grifondoro!”
Le mascelle di entrambe le fazioni si sfracellarono a terra per lo sgomento. Il povero Neville, invece, temette di essersi dimenticato di lavare le orecchie quel mattino e quelli antecedenti a quel giorno per circa… diciassette anni?
“Riprendete il lavoro!” – tuonò perentorio Piton.
Come se fosse scoppiato un petardo sotto le gambe di tutti, gli studenti si rimisero al lavoro con più solerzia.
E il calderone di Neville era tornato vuoto.

Sette anni passati a inculcare qualcosa nelle teste di questi ragazzi e finalmente ho ottenuto il risultato che speravo: Alice, Frank… sareste orgogliosi di vostro figlio. Finalmente si è buttato alle spalle quel senso d’impotenza che gli impediva di tirare fuori la parte più coraggiosa di sé.
Anche se non siete qui, so che potete vederlo, come io riesco a immaginare i vostri volti illuminati da quel sorriso d’orgoglio, offuscato ora da occhi vacui.




“Neville sei stato fantastico!” – aveva urlato Hermione, una volta usciti da Pozioni.
Gli era letteralmente volata in braccio e il ragazzo l’aveva abbracciata a sua volta, sollevandola di qualche centimetro. La rimise a terra e si sentì oroglioso di se stesso.
“Grazie, Hermione. Ma non mi sembra di aver detto chissà quale…”
La ragazza gli diede una sberla sull’avambraccio.
“Non fare il modesto! Avrei voluto vederti al primo anno rispondere così a Piton!”
Neville rise nervosamente. Forse Hermione aveva ragione.
Forse…
“Credo sia stato merito dell’ES. Se non vi avessi partecipato, dubito che ora sarei qui.”
Hermione si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia. Il poveretto divenne rosso scarlatto.
“Comunque sono fiera di te. Continua così.”
Neville annuì, incapace di dire altro.
Fu una giornata proficua per la media di Hermione. Il suo braccio continuò a svettare in alto ancor prima che i professori ebbero il tempo di finire la domanda.
E sarebbe andata anche meglio se il suo livello di diabete – che scoprì di avere da quando seppe di Harry e Ginny – si fosse mantenuto a un livello standard, anziché schizzare alle stelle per via di tutte quelle smancerie che le stavano cariando anche i denti.




A lezioni ultimate, il che avvenne verso le tre del pomeriggio, i ragazzi poterono ritirarsi nelle proprie Sale Comuni per riposarsi, fare i compiti e prepararsi per la cena.
Era tornata da appena un giorno scarso e Hermione non aveva ancora rivolto parola né a Harry né a Ron, anche se i due tentavano disperatamente di incrociare il suo sguardo. Troppo male le avevano provocato e non ci sarebbe passata sopra come se nulla fosse, come aveva fatto sempre in passato.
Per avere il suo perdono – sempre che prendesse in considerazione l’idea di concederlo – avrebbero dovuto fare i salti mortali.
“… e poi Myra mi ha portata in un centro estetico.” – concluse Hermione.
Nonostante il freddo di Ottobre, la riccia aveva preferito uscire in giardino, perché aveva bisogno di aria.
“Ti ha viziata.” – osservò lui.
“No, mi ha massacrata.” – disse, con gli occhi lucidi. – “Se penso a quante volte mi hanno tirato i capelli quelle là, mi viene da piangere.”
“Ma se sei più carina, adesso. Di che ti lamenti?”
Hermione sorrise imbarazzata, fin quando il suo sorriso si spense, così come il suo buon umore.
“Che c’è?” – Albert si girò e vide Potter e Ginevra abbracciati che si baciavano. – “Si sono messi insieme da poco.” – disse il ragazzo, guardando la sorella.
“Sì, Ginny me l’ha detto.”
“Dalla faccia non mi sembri molto contenta.”
“Infatti non lo sono. Pensavo che Ginny avesse più giudizio, ma mi rendo conto di essermi sbagliata anche su di lei.”
“C’è qualcosa che non so?” – chiese Albert sorpreso di quell’uscita. Aveva sempre creduto che la rossa fosse stata l’unica a rimanerle vicino. Non si aspettava una simile freddezza da parte della sorella.
Hermione lo guardò e scosse la testa. Era un discorso troppo grande e non aveva voglia di iniziarlo, tirando in mezzo anche Blaise. Non era giusto.
“No, tranquillo. Rientriamo, per favore? Inizio a sentire freddo.”
“Ok.” – fece il ragazzo, mettendole un braccio sulle spalle.
In quel momento, Ginny arrivò da lei.
“Hermione?”
La riccia si girò e le sorrise debolmente.
“Ciao.”
“Ciao, senti… possiamo parlare? In privato.” – specificò lei.
Hermione non ne aveva voglia, così come non ne aveva di separarsi da Albert, ma il suo buonismo saltò fuori.
“D’accordo. Ci vediamo più tardi?”
“Sì, certo.” – le accarezzò una guancia e si diresse verso l’entrata al castello.
“Allora, dimmi…”
“So che sei ancora arrabbiata con lui e lo capisco.”
Hermione capì al volo quello che l’amica – o presunta tale – stava per chiederle.
“No.” – disse, infatti.
Ginny si smontò subito.
“Ti prego! Vuole solo scusarsi!”
“E per farlo deve mandare avanti te? Cos’è? Non ne ha il coraggio?”
“Hermione, sai com’è fatto Harry!” – lo difese lei. – “Quando sa di averla fatta grossa diventa un agnellino!”
E io farei volentieri il carnefice per un rito satanico, pensò Hermione, inferocita.
“Non so cosa farci. Se ha le palle sarà lui a venire da me. E senza mandare avanti intermediari.” – fece per andarsene, ma Ginny l’afferrò per il braccio. – “Cosa c’è, ancora?”
“Ti prego… fallo per me…” – la supplicò lei.
Se c’era una cosa che Hermione Granger non sopportava, erano le lacrime. Avrebbe perfino consolato Voldemort se lo avesse visto versarne una.
Notando la sua esitazione, Ginny proseguì.
“Ti prego… non ti sto chiedendo di perdonarlo. Solo… ascoltalo.”
Dopo un lungo attimo d’indecisione, Hermione acconsentì. Ginny l’abbracciò e chiamò Harry, facendogli un segno della mano.
Il ragazzo corse e quando se la trovò davanti, più seria della McGranitt quando aveva fatto a lui e a Ron quella sfuriata da Silente, non seppe cosa dire.
“Allora?”
“Io…”
“Non ho tutto il giorno.” – fece lei, implacabile.
“Hermione, calmati… dagli un attimo di tempo.” – la pregò Ginny. – “Coraggio, Harry…” – lo esortò la sua ragazza con una mano poggiata sulla sua schiena.
“Sì, io… volevo porgerti le mie… più sentite scuse, Hermione. Non so davvero dirti quanto mi dispiace.”
“Così come nemmeno io so dirti quando mi hai delusa, Harry.”
Sia il diretto interessato che Ginny sentirono un enorme macigno sul petto.
“Per voi io c’ero sempre. L’unica volta in cui è toccato a me mi avete voltato le spalle nel peggior modo possibile. Per non parlare della vostra stupida vendetta per il test di Pozioni.”
Harry alzò di scatto la testa.
“A proposito di quello… si può sapere perché non ce lo hai detto?” – chiese il moro, cambiando subito argomento.
Ginny guardò di scatto Hermione, spaventata.
“Avrei dovuto? Dopo quello che mi stavate facendo, avrei ancora dovuto aiutarvi?”
“Hermione, sai che io e Ron non siamo molto bravi in quella materia.” – si difese Harry.
Hermione non credette di poter dire una cosa simile.
“Sì, lo so. Così come so che anche Ginny sapeva di quel test. Avete per caso litigato in proposito?”
La rossa sbiancò.
Ma Harry, che a volte sembrava più innocente di un bambino appena nato, le spiegò com’erano andate le cose.
“Ginny mi ha spiegato come sono andate le cose.”
“Ah, davvero?” – la riccia guardò istintivamente l’amica, che abbassò il capo, colpevole. – “E… come sarebbero andate?”
“Mi ha detto di aver mandato un gufo, ma questo si è perso.”

Hermione non si sentì mai così tradita come in quel momento. E pensare che credeva di poter contare almeno su Ginny. La ragazza abbassò se possibile lo sguardo ancora di più.
Solo nel momento in cui Harry aveva detto quelle parole, si rese conto di aver fatto la scelta sbagliata e si sentì un verme per come si era comportata. Ma era troppo innamorata del Bambino Sopravvissuto, nonostante nemmeno con lei si fosse comportato propriamente bene e avrebbe fatto di tutto pur di giustificare il proprio comportamento – e anche se non ne aveva alcun diritto anche quello di Hermione – con lui e avere finalmente una possibilità insieme.
“Capisco.” – acconsentì lei. Sia lei che la rossa sapevano perfettamente che i gufi non si perdevano mai, nemmeno se dovevano consegnare un insignificante ago.
A Harry sembrò di essere stato perdonato. La guardò con un timido sorriso sulle labbra.
“Allora? Mi perdoni?”
La frase sbagliata al momento sbagliato.
“Dovrei?”
Il sorriso gli morì sulle labbra.
“Ma… pensavo che…”
“Cosa? Che delle semplici scuse sarebbero state sufficienti? Ti rendi conto almeno del male che tu e il tuo amico mi avete fatto?”
“Hermione, noi non…”
“E tu!” – fece la riccia, indicando Ginny con l’indice. – “Mi hai davvero delusa!”
“Mi dispiace…” – fece Ginny, addolorata.
“Oh, dispiace a tutti, a quanto vedo. Ti credevo diversa, credevo che fossi una persona con un po’ più di buon senso. E più dignità.” – aggiunse alla fine.
Ginny si sentì accartocciare dentro. Hermione aveva ragione. Per quanto brutalmente glielo avesse detto, la riccia aveva detto la verità: erano bastate due moine di Harry per perdonarlo. Alla fine, erano stati gli occhioni dolci di Harry a farla capitolare.
Non quelli di Blaise.
“Lascia fuori Ginny da…”
“NO!”
Un gruppetto di uccellini volò via, spaventato da quell’urlo.
“TU sta fuori! Non… non voglio più vedervi!”
Ginny alzò il volto, inondato dalle lacrime.
“Her-mione, no…”
“Ci potevi pensare prima!” – fece la riccia. – “Mi fate schifo.”
Ginny scoppiò a piangere, mentre Harry la tirava a sé, cercando di consolarla come meglio poteva.

Ora sono veramente sola.
Anche Ginny mi ha voltato le spalle. Capisco sia innamorata di quel cretino!, ma dimenticare quello che le ha detto così facilmente è stato troppo. E poi chiedermi di ascoltarlo… con che coraggio? Spero si sia resa conto di quanto stupido sia quell’egocentrico di Harry Potter!
E quella giustificazione per il test di Pozioni! Che delusione…
Mi chiedo cosa ci facciano quei due a Grifondoro!

Hermione si bloccò di scatto a quel pensiero, visto che l’attimo successivo, fulmineo, ne arrivò un altro.
“Cosa ci faccio io a Grifondoro?”









Note di me:

Ho praticamente detto tutto all’inizio, salvo la parte finale.
Hermione inizia ad avere qualche ripensamento sulla sua appartenenza a Grifondoro.
Certo, sarebbe stato più ovvio chiedersi cosa facevano Harry e Ron a Grifondoro, ma non l’ho fatto per due essenziali ragioni:

La prima, è l’ovvio motivo che immagino tutte voi abbiate capito. Non voglio dirlo proprio apertamente, perché voglio mantenere quella parvenza di suspence che so già essere andata in vacanza qualche capitolo fa sullo smistamento di Hermione ;-)

La seconda è che con il proseguo della storia, le cose si sistemeranno.
Ora, so che non avete capito mezza parola di questa seconda ragione, ma non temete: lo capirete più avanti.

Detto ciò, vi saluto e vi lascio con lo spoiler, pronto ad introdurre il prossimo capitolo:

“Sì, io…” – stava per dirgli che alla festa non ci sarebbe andata, perché non aveva voglia di fare la figura della mummia, ma il suo ragazzo era letteralmente fuggito via da lei.
Ma questo, lei, preferì non notarlo.

Bacioni a tutte!

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Capitolo 17
*** Situazioni insostenibili ***


17 -Situazioni insostenibili Buona sera e bentornate.
Devo dire che le vostre recensioni mi hanno lasciato alquanto perplessa, in senso positivo, ovviamente. Insomma… uno posta il venerdì e già la domenica pomeriggio si ritrova con ben diciotto recensioni, tutte volte a inneggiare alla mia stronzaggine.
Ecco i tanti decantati momenti bui di Ginny. Avevo preannunciato degli atteggiamenti poco grifondoreschi da parte della piccina di casa Weasley, ma forse non sono stata presa poi molto sul serio. Ecco cosa succede a chi tende a sottovalutarmi… u_u
Ma orsù dunque… non indugiamo e passiamo oltre. ^_^

Nessuno di voi ha intuito qualcosa dello spoiler, beh tranquille: lo capirete ben presto in questo capitolo, ma prima, voglio ringraziare ognuna di voi per il supporto che mi sta dando nel continuare questa storia.
Siete spettacolari!

Piccola pucci: no, scusa… ma tu pensi veramente che addurre la scusa della scuola ti salverà dalla mia ira funesta?!? No, dico… valgo così poco?
*piange*
E io che credevo di contare qualcosa per te…
*frigna*
Ciao bella! Dai, stai tranquilla. Ci sono passata anch’io da quell’Inferno e so cosa vuol dire dare la priorità alle cose. Mi fa piacere di rivederti e vedere che sei riuscita a ritagliarti un pezzettino di tempo per continuare a farmi sapere cosa ne pensi della storia.
So che nessuno si aspettava una simile codardia da parte di Ginny, ma perché non ce ne stiamo calme calmine e leggiamo come continua la storia? No, perché… se ancora non l’avessi capito la storia non è conclusa e non si sa mai cosa la mia mente bacata abbia partorito… ^^

La figuraccia di Hermione con Draco l’ho voluta mettere per alleggerire un po’ la tensione del capitolo. A me per prima non piace leggere un capitolo tutto impostato sul dramma, perché mi da come l’impressione che la storia finisca male. Lascia perdere, è una mia fissa…

Sono contenta che Piton ti sia piaciuto. Ho voluto mettere in risalto il fatto che non è solo uno stronzo, ma anche un insegnante e come tale vuole solo il meglio per i propri studenti, spronandoli a fare del loro meglio e a tirare fuori il coraggio, come ha fatto Neville.
Ho voluto dedicare anche un pensiero ai genitori del ragazzo, immaginandoli orgogliosi del loro bambino, anche se non sono mentalmente e fisicamente lì con lui per vedere i suoi successi da vicino.

Sono contenta che tu abbia colto il messaggio dell’azione di Ginny (come il giustificare il non aver detto a Harry del test di Pozioni), perché è questo che fa fare l’amore: ti rincretinisce, se ti metti con la persona sbagliata.
Ma se ci fosse quella giusta…
*lascia volutamente la frase in sospeso*

Sono contenta che tu mi cronometri il tempo dell’aggiornamento. Spero che ti piaccia e scusa se è arrivato con un po’ di ritardo.
Un superbacio, callistas.

Tinotina: a essere oneste, lo “stronza” detto da te mi mancava. ;-)
Per il resto, odiami, maledicimi, sputami in faccia, spezzami le mani, ma il risultato non cambia: IO decido cosa fare della mia storia, e sempre IO decido quando, come e perché i MIEI personaggi debbano prendersi delle sbandate simili a quelle di Ginny.
U_____U
Coraggio… vedrai che tutto si sistemerà.
*sì, certo… credici*
Comuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuunque, ciao cara! Tutto bene, a parte il mio capitolo-cappella, come ti è piaciuto definirlo? Sì, Ginny ha delle forme intere di grana sugli occhi, ma questo accade quando si è ciechi come le talpe.
Lo smistamento.
Mi sa che mi ucciderai perché nemmeno qui è presente. Che ci vuoi fare? Lo hai detto tu che sono stronza!
*si giustifica*

Lo so che ho scatenato un pandemonio difficilmente risolvibile, ma ho la soluzione a tutto.
O almeno spero.
Prima che Ginny apra gli occhi passerà un po’ di tempo, perché questi ragazzi non sono capaci di parlare chiaramente e quindi fanno solo del casino.

Sono contenta che almeno una cosa di questo capitolo si salvi. Ho voluto umanizzare Piton, perché comunque anche se è stronzo con i Grifondoro, si è comportato da eroe, facendo la spia di nascosto. Ha dato punti a Neville perché finalmente tutte le sue ramanzine, le sue punizioni, le sue frecciatine sono riuscite ad entrare nella testa del ragazzo, rendendo orgoglioso la parte di Piton che riguarda l’insegnamento.

Beh, io sono la donna delle cappelle.
Scusa, detta così è un po’ ambigua… comunque sono la regina dei colpi di scena e non puoi togliermi il mio pane quotidiano.

Un bacio, sperando che il capitolo ti piaccia.
Callistas.

Vally80: ciao, cagnolino che mi saluta! ^__^
Sono sempre contenta quando ti vedo tra i recensori. Beh, se ti piace di più leggere le introduzioni e le risposte alle tue recensioni, significa che i capitoli non sono un granché.
*è depressa*
Scherzo. So cosa vuoi dire, non ti preoccupare.
Sono contenta che tu abbia capito cosa volessi dire con le spiegazioni su Ginny. Non ho fatto altro che riportare ciò che è successo a me, ma anche ad altre mille ragazze che non hanno saputo vedere al di là delle apparenze.
Sì, Albert è molto positivo, perché cerca di tenere Hermione tutta per sé per quanto può, ma senza soffocarla e rischiare di diventare pesante. Ha un ottimo equilibrio, questo ragazzo.
Non sei stata l’unica che prima ha tessuto le lodi di Ginny e poi ha deciso “improvvisamente” di volerla vedere morta. Non è che stando vicino a Harry il suo cervello è andato, è proprio perché non c’è stata, che vuole assolutamente starci insieme. Dimmi se non hai capito: certe volte risulto contorta persino a me stessa.
Ho immaginato Draco non più schizzinoso nell’entrare in contatto con Hermione e quando questo è successo, per lui è stato naturale quanto respirare, per lei una vera doccia fredda.
In senso positivo, però.
Ogni tanto voglio mettere qualche sketch divertente per non appesantire troppo il capitolo, altrimenti troppa tensione nuoce gravemente alla salute.
Sono contenta che la storia ti piaccia e sono davvero onorata che tu l’abbia inserita tra i preferiti.
Un bacio e buona lettura, callistas.

_araia: mi fai tante domande, mentre io posso solo risponderti così: tempo al tempo. Sarebbe bello che le persone sapessero fin dall’inizio come può andare a finire una storia, ma purtroppo non è così. Occorre commettere errori per darci la possibilità di porvi rimedio e dimostrare così di essere maturati.
Ginny ha ancora un po’ di strada da fare. So che ha deluso le aspettative di tutte, ma non sempre si ha la forza di fare la cosa giusta.
Hermione si E’ sentita tradita da Ginny. La rossa ha perso punti agli occhi di Hermione quando si è messa con Harry, ma quando le ha chiesto addirittura di ascoltarlo – cosa che comunque non aveva alcun diritto di chiedere dopo che lei stessa li aveva sotterrati di parole – Hermione si è sentita cadere le braccia. Il fatto che poi Ginny abbia voluto dare una giustificazione al fatto che né lei né Hermione avessero detto niente del test di Pozioni a Harry e Ron è stata la mazzata finale.
Di Neville posso dire che volevo rendergli omaggio. Oddio, non pensare che adesso avrà un ruolo fondamentale nella storia, ma con l’anno supplementare che i ragazzi hanno voluto frequentare, ho voluto farlo più maturo.
Quando nella vita ti va tutto bene, che non sei stato costretto a partecipare in prima linea a una guerra – come è successo a loro – hai paura di tutto, perfino della tua ombra, cosa assolutamente ingiustificata. Ma quando vedi gli orrori che l’odio può provocare, perfino Piton non incute più quello strisciante terrore che incuteva i primi anni proprio perché sei abituato a vedere cose ben peggiori. Piton è un uomo e un docente e come tale vuole solo il meglio per i propri studenti, anche se per la preparazione che ha quell’uomo, non li ritiene in grado di essere dei perfetti pozionisti, ma qualcosa di molto lontanamente somigliante. Neville non sarà mai un abile pozionista, ma almeno affronterà a testa alta quelli che vorranno invece fargliela chinare.
Dopotutto, la scuola, dovrebbe insegnare anche questo.
E Severus lo ha fatto anche per i genitori del ragazzo. Una cosa carina, no?

No, prossimo capitolo niente ballo. È ancora presto.
E di Blaise, tranquilla: nemmeno io voglio che mi muoia intossicato.
Grazie per aver recensito prima! ;-)
Bacioni, callistas.

Alz95: allora per rivederti continuerò a stravolgere le cose. ^_^ Sono contenta che mi segui, spero che la storia ti piaccia e ti coinvolga.
Cos’ho nella testa? Guarda, è meglio che non te lo dica perché voglio che tu cresca sana e virtuosa e lontana dai cattivi pensieri. ^^
Ginny si è rimessa con Harry semplicemente perché gli errori li commettiamo tutti. Questa fic è un continuo inneggiare agli errori, sperando che a voi passi la voglia di farne. Hihihi…
Beh, ha appena commesso l’errore, non puoi pretendere che si accorga subito di aver sbagliato. Occorre tempo… tanto tempo…
Purtroppo, la rottura dell’amicizia con Hermione era d’obbligo, perché oltre ad aver recato danno a se stessa mettendosi con Harry, Ginny ha danneggiato Hermione con le sue richieste. Hermione è buona e cara, ma certi sgarri non si perdonano.
Per il fatto di cambiare casa, aspettiamo e vediamo.
Grazie mille per tutti questi complimenti!
Un bacio e buona lettura, callistas.

Elisadi80: buon giorno!
Sono contenta che la storia ti piaccia. Spero che il capitolo ti piaccia, visto che qualcuno si rimetterà di nuovo in mezzo.
Bacioni e grazie!

La principessa sissi: ti è piaciuto il pensiero di Hermione? Adesso vediamo che le succederà da quel punto di vista.
In quel mese d’assenza da scuola ha imparato ad essere un po’ più “fredda”, infatti, ha deliberatamente mandato a quel paese Harry e, anche se le è costata un’immensa fatica, anche Ginny.
Spero che questo capitolo ti piaccia.
Un bacio e tante coccole!

Hermione59: hai centrato il punto. Sto facendo i salti mortali per farla cadere nelle spire del serpente, ma devo andarci piano e fare in modo che il tutto accada il più normalmente possibile. Non posso far accadere tutto così e frettolosamente. Rovinerei tutto.
Finalmente Hermione ha ripreso in mano i suoi contro coglioni, momentaneamente fuori uso per manutenzione, e sta iniziando a dare alcuni ben serviti.
Blaise, poverino, ha fatto tutto un lavoro certosino per farsi conoscere e Potter manda tutto alla malora.
Mi piace creare un Draco latitante, fare capitoli dove il protagonista è sempre lui o altri in cui è proprio marginale, che vuoi… sono stronza!
Addirittura epico? Ti ringrazio, anche a me è piaciuto scrivere i pensieri di Severus. Ho sempre pensato, dopo aver riguardato i film mille volte per cercare di capire quell’uomo dalla contorta mente, che Severus in quanto docente voglia solo il meglio per i propri studenti, che li voglia preparare in tutto e per tutto al mondo che li aspetterà là fuori.
E solo da Neville ha ottenuto ciò che voleva, pur conoscendo le capacità del giovane in Pozioni. E il pensiero per Alice e Frank Paciock è stato d’obbligo.
Sono felice che ti abbia commosso, anche me ha fatto venire gli occhi lucidi mentre lo scrivevo.
E sono anche felice che le mie ditina siano ancora al loro posto. Grazie per non aver giocato a shangai.
Un bacio e buona lettura, callistas.

Seriadel: tranquilla, spero di non perdere altri pezzi per strada, altrimenti è meglio che mi vada a nascondere.
Ginny ha qualche problema di autostima, perché se così non fosse non si sarebbe mai messa con Harry e la rottura dell’amicizia con Hermione è da imputare solo a lei e a quel coraggio che non ha saputo dimostrare di possedere nel momento giusto.
Spero che anche questo capitolo ti piaccia.
Un bacio e buona lettura.

Black_Yumi: eeeeeeeeeeeeeeeehhhh… sarebbe bello fare sempre la cosa giusta, ma non si può. Sì è stata una cretina, ma alla fine lei voleva solo indietro una vita che la guerra ha cambiato. Comunque la sua non è una gelosia malsana, è solo il fatto di sapere che a lei quel genere di cose non toccheranno mai, ma non è invidiosa nel senso cattivo del termine. Spero di essere stata chiara.
Harry è sempre stato un po’ tonto, porello, non ci arriva al fatto che “chi è causa del suo mal, pianga se stesso” e pensa che “scusa, mi dispiace” possa risolvere la questione.
Peccato che tenda a dimenticare che è con Hermione che ha a che fare e che una volta spezzata la corda, sarà difficile rimetterla insieme.

Hermione sta valutando una certa decisione. Chissà cosa deciderà di fare.

Nemmeno io sopporto Ron. A parte che ho sempre pensato che Hermione sarebbe finita con Harry – non chiedermi il perché – ma con Ron, proprio… io credo che la Row avesse istinti alla Bellatrix per far accoppiare quei due. Anch’io vedo bene Hermione con Draco, perché entrambi sono intelligenti e con due storie simili sulle spalle (ognuno di loro deve dimostrare qualcosa a qualcuno).

Spero che il capitolo ti piaccia.
Un bacio, callistas.

Laura malfoy: ah, quindi sono un ripiego? >_<
Dexter è finito e quindi ripieghi su di me? Grazie, bell’amica che sei!
*fine sclero*
Dai che scherzo. Allora, intanto bentornata e vacci piano con le pretese: Hermione si metterà con Draco solo quando lo deciderò io! u_u
Sì, anch’io vorrei Myra per madre, qui lo dico e qui lo sottoscrivo: mi rifarei da capo a piedi!

Hermione non è ancora abituata a interagire così tranquillamente con Draco, così quando il biondo la saluta lei non può fare a meno di pensare che ci sia qualcosa alle sue spalle che ha catturato l’attenzione del biondo, ma vedendo che non c’è nessuno, il suo brillante cervello è arrivato alla conclusione che Draco stesse salutando effettivamente lei.
Che dolce… no, che ebete! >.<
Fortuna che Blaise la salva in corner, uscendo dalla Sala Grande. Hai visto a cosa serve saper parlare bene? Si riesce a incastrare le persone senza che queste se ne accorgano.
Potrei fare l’avvocato…

Del ballo non ti posso dire niente, salvo che… non ti dico niente! Pensavi, eh? Sarà una sorpresa per tutti.

Allora, ormai le premesse per Hermione in un’altra casa ci sono tutte e lentamente ci avviciniamo al momento cruciale, quindi mi sembra inutile e una perdita di tempo, continuare a star lì a smenarla dicendo che “non so se e quando Hermione andrà a Serpeverde”. E Piton ha l’obbligo morale di metterli vicini per elevarli ad esempio da seguire.
Ora che Hermione è una Preston, Draco non si schifa più nel toccarla, anzi. Sembra quasi cercare il contatto. È un po’ come i ragazzi che entrano nell’adolescenza. Si scoprono pian piano, iniziano a capire che una semplice stretta di mano ti può far schizzare fino a Plutone e ritorno e che è bello sorridersi, toccarsi, o semplicemente parlarsi.
Anche se Draco ha ampiamente superato questa fase, sembra essere regredito alla fase della “prima cottarella”. Non è carino? *_*

Piaciuto Neville? E il mio Severus? Poverino, io per prima gli ho tirato dietro tanti di quei sacramenti che avrà perso la verginità alle orecchie. Poi però anche io ho iniziato a guardare oltre le apparenze e ho scoperto un Severus diverso, un Sevvy che mi piace molto. Non mi piace pensare che un professore sia stronzo di natura con i propri studenti, ma che agendo in quel modo li sproni a reagire, cosa che Neville ha fatto ampiamente.
E quei punti, per quanto strani, ci stavano, dai. Finalmente Neville ha tirato fuori le palle – metaforicamente parlando – e Piton lo ha premiato per questo.

W il diabete? Ma sei pazza?
Hai descritto benissimo gli atteggiamenti dei tre ragazzi. Ginny è ancora attaccata al passato, a quei momenti dove Harry era in prima fila per combattere le ingiustizie e lei che lo guardava con gli occhietti cuoriformi. La rossa deve ancora capire che quel tempo è passato e che deve guardare avanti… in direzione dei Serpeverde.
Ginny non può pretendere che dopo quanto successo Hermione possa anche solo ascoltare Harry. È una cosa inconcepibile.
Ora Hermione è sola, nel senso che a Grifondoro non ha più nessuno, cosa che invece non si può dire nell’universo verde-argento.

Smistamento? Credo che sia in arrivo. Ma non aspettarti cappelli parlanti pubblici o che. Sarà una cosa diversa e più intima.

Adesso vatti a leggere il capitolo, così da poter trovare il giusto contesto per lo spoiler.
Un bacio e grazie di tutto!
Callistas.

Lally76: ciao! Sono contentissima che la storia ti piaccia. All’inizio era, secondo me, d’obbligo vedere una Hermione in difficoltà, perché non si può essere sempre forti e sempre pronti a combattere. Anche se preferiamo di no, i momenti bui ci servono perché ci fanno riflettere su cose su cui normalmente non ci soffermeremmo. Ma pian piano la risalita inizia e ci fortifichiamo.
La stessa cosa è successa a Hermione. Ha avuto il suo momento no e poi lo ha superato. Si è allontanata da Hogwarts per riflettere sulle parole di Ginny e ha ritrovato un po’ di forza, quel tanto che basta per rimettere al proprio posto le domande indiscrete.
Anch’io amo vedere Hermione sotto questo aspetto. Forse ancora si tende a sottovalutarla, ma credo che alla fine qualcuno si farà molto male. Com’è effettivamente successo a Harry e Ginny. Il fatto che Ginny avesse sprontato Hermione a prendersi questa pausa di riflessione per riprendersi le si è ritorta contro, perché se pensava di essere immune alla sua furia, si è sbagliata di grosso.
Anche tu che insisti con Draco? Ma siete fissate!
*è fissata anche callistas, ma finge che non le importi*
Diamo tempo al tempo, e questo non ci deluderà.
Un bacio e grazie per essere passata di qua!

Stefy494: la mia prerogativa è: stupire.
Ed essere stronza.
Come Ginny in questo caso.

La “povera” Hermione è stata “costretta” a sottoporsi a trattamenti di bellezza. Effettivamente la pistola che aveva puntato alla testa deve averla convinta.
*fa del pesante sarcasmo*
Sì è cambiata e a volte vedersi diverse fuori, aiuta a cambiarsi anche dentro. È incredibile come il solo cambiare colore ai capelli o tagliarli faccia miracoli.
Sta iniziando a tirare fuori i contro coglioni ed era ora! Iniziavo ad odiarla io per prima per quel suo vittimismo. E ho detto tutto, visto che l’ho creata io, questa Hermione…

Sì, è capitato a tutti di scegliere con l’organo sbagliato. Certo che se il cuore riuscisse a vedere la vera natura delle persone saremmo a cavallo, ma non possiamo avere tutto dalla vita, giusto?
*maledetto cuore! Aggiustati!*

Il rapporto con Albert implica automaticamente quello con Pansy, Daphne… etc, etc… e Draco. Vederlo muoversi nel suo ambiente, forse darà a Hermione l’input per lasciarsi andare e conoscerlo per quello che è in realtà.

Certo che se Grifondoro perde punti è colpa mia! Sto basando tutta la storia su Serpeverde, cribbio! Dovrò fare in modo che mi passino ultimi in classifica, no? ^_____^

Grazie comunque per avermi fatto una carrellata di detti popolari.
Certi non li avevo mai sentiti.
Un bacio e buona lettura.

4evermagik: wow una new entry! Ciao! Sono felice che ti sia agglomerata a questo gruppo di pazzi!
Vedo che sei molto agguerrita con Ginny e la sua scelta. Eppure, non si dice “sbagliando s’impara”? Diamo l’occasione a questa ragazza di capire e imparare dai propri errori e cercare di tirare via quei paraocchi che stanno insultando il mondo intero, perché le impediscono di vedere l’amore di Blaise.
Per il ballo, posso dirti che l’invidia di Ginny non è qualcosa di negativo, quell’invidia malsana, ma è la semplice presa di coscienza che lei certe cose non se le potrà mai permettere.
Spero anch’io che Ginny si dia una bella svegliata, perché ci sono certe persone che avrebbero voglia di ucciderla. E non parlo solo delle lettrici di questa storia.
Un bacio e grazie per essere passata di qua!

Barbarak: ok, quando vedo il tuo nome, sbarello.
Ogni-sacra-volta.
Detto ciò, passiamo oltre. Cosa di preciso non hai capito dalla mia risposta? Sono stata troppo complicata?
Iniziamo con le figure di cioccolato…

Hermione non è ancora abituata a interagire con Draco e a volte le scappano certe figuracce, che fortunatamente Blaise l’aiuta a risolvere, scappando dalla Sala Grande.

Ginny è ossessionata da Harry, come hai fatto notare tu. Hai detto che è innamorata dell’idea di essere innamora di Harry e non c’è frase più giusta per descrivere gli atteggiamenti di Ginny, volti la maggior parte a voler confermare questo status. È come se volesse dimostrare al mondo che le cose sono come quelle di un tempo, ma deve capire che bisogna andare avanti e compiere scelte che magari oggi possono far male, ma che un domani si possono rivelare la sestina vincente. E proprio per questo suo voler mantenere le cose com’erano una volta, manda a monte l’amicizia con Hermione e il rapporto con Blaise.
Il ragazzo proprio non ce l’ha fatta a mantenersi amico con lei e ha preferito tagliare i ponti.
Ginny ha sbagliato, su tutti i fronti, ma fortunatamente abbiamo la possibilità di rimediare agli sbagli commessi. Servirà del tempo, ma alla fine tutto si risolverà.
Speriamo… >___>

Cambio di casa? Uhm… ti incuriosisce bene o ti farebbe senso vedere Hermione da un’altra parte che non sia Grifondoro?

Sono contenta che tu abbia apprezzato la parentesi su Neville e Piton. Anch’io ho voluto omaggiare una persona che, nella realtà quotidiana, difficilmente esisterebbe.
Lo spoiler, adesso, troverà il suo contesto. E ancora verranno confermate le nostre teorie sulla persona che ha formulato il pensiero dello spoiler.
Un abbraccio stritolatore, callistas.

CecileBlack: bon jour Cece! ^__^
Vedo che non perdi tempo e che vai dritto al sodo, mi piace! Di solito si inizia con le cose meno complicate per poi arrivare al “cubo di Rubik” ma se preferisci toglierti il pensiero, facciamo a modo tuo!
Hermione aveva assolutamente bisogno di staccare la spina. La sua situazione era troppo sospesa e non era giusto mantenerla nascosta. Tutti dovevano sapere di lei, ma non per aggiornare Hogwarts sui pettegolezzi, ma perché affrontare la questione è un modo come un altro per accettarla. Tenerla solo per sé era come dire “finché non lo sa nessuno significa che è tutto come prima”.
E non è giusto.
Né per Hermione, Albert e per quelle due povere anime dei suoi genitori che si sono fatti un deretano tanto per cercarla. È come sminuire le loro ricerche e l’affetto che provano per lei.

Ginny ha scioccato tutti con il suo atteggiamento. Le fette di prosciutto che ha sugli occhi le stanno impedendo di vedere tante cose, soprattutto ciò che arriva da Blaise.
So che la domanda di Hermione doveva partire da altre, ma è ovvio come il sole – ed è la base di questa storia – che quella domanda doveva farsela lei.
Harry è in incommentabile e Ginny con lui se ha giustificato il suo comportamento e quello di Hermione, quando entrambe avevano deciso di non dire niente a Harry e Ron.

Harry sa essere così snervante a volte che le parole per commentarlo proprio non ci sono. Beh, se ci mettevo pure Ron, ho immaginato che le vostre reazioni mi avrebbero fatto chiudere la storia senza finirla. Sarebbero state troppo esagerate.

Neville è stato un grande. Da sfigato di turno a eroe di Grifondoro. Beh, ho voluto dargli questa piccola particina, ma è stata solo una parentesi. Ho già Hermione, Draco, Ginny, Blaise, Potty e Lenticchia da sistemare. Se mi metto dietro anche con Neville non finisco più! :-(

Beh, tutte le volte che vuoi. Di certo io non vengo a dirti di smetterla! ^_^

Cosa ci fa Hermione a Grifondoro?
Bella domanda.
Chi le darà la risposta giusta? Semplice, l’artefice di tutto questo.

Grazie mille per tutti questi complimenti.
Un bacio “sisì” ^_^

Kasumi_89: sì, ricordo vagamente le volte in cui – ogni 2x3 – me lo dicevi. Chissà perché hai cambiato idea…
Dispiace a tutti per Blaise, perché poverino stava iniziando a farsi conoscere e Ginny manda tutto a puttane. Draco sì, si è visto poco, ma il suo momento arriverà.
Albert è il fratello che ognuno di noi vorrebbe e Piton decisamente non ce lo vedo con la vestina bianca, le guanciotte rosse e le ali dietro la schiena.
Aberro l’idea di vederlo con l’arco e le frecce con la punta a forma di cuore. Ecco, so già da adesso che non dormirò più di notte.
Nemmeno lui, se sapesse come te lo sei immaginato. Hihihi…
Chissà cosa succederà in questo capitolo. Smistamento nell’aria?
Speriamo.

Un bacio e buona lettura!

BabyFairy: è bello leggere una recensione che inizia con minacce di morte. Ti fa sentire dentro tutto il calore umano di cui una persona è provvista…
Certo, ti capisco perfettamente se hai avuto istinti omicidi nei miei confronti. Li hanno avuti tutti.
Io per prima.
Tranquilla. Ognuno di noi ha i propri impegni ed è giusto rispettarli.

Sei miope? Tranquilla, se leggi i miei capitoli non rischi di sbagliarti nel leggere qualcosa al posto di un’altra: sono io che sono stronza.
Ginny farà un periodo in cui dignità personale e orgoglio non saprà nemmeno dove stiano di casa. Blaise è amareggiato, perché pensava di essersi preso un posto nel cuore di Ginny, ma non aveva fatto i conti con l’amore della rossa per Harry.

Ma chissà perché tutte vogliono Hermione tra i Serpeverde. Se le volessi metterla a Corvonero o Tassorosso?
Ma dubito di rimanere illesa se facessi una cosa del genere… quindi, m’inchino alla volontà del popolo e la smisterò in una casa in cui si possa trovare a suo agio.
Casa mia. hihihi…

Sono contenta che il match Piton-Paciock sia stato un piacevole diversivo. Neville ha ucciso Nagini con la spada di Grifondoro e la Row ha già detto che per maneggiare quella spada serve un immenso coraggio. E se 2+2 fa 4, allora Neville è un degno Grifondoro.
Piton ha voluto insegnare qualcosa a Neville, non solo Pozioni, ma qualcosa che gli potesse essere utile anche nella vita al di fuori della scuola e c’è riuscito.
No, non hai sbagliato. Piton conosceva Alice e Frank e ha voluto aiutare Neville a uscire dal suo bozzo.

Già in questo capitolo iniziamo a vedere qualche cambiamento, ma nulla di importante. Solo qualche accenno a uno specchio che inizia a incrinarsi e che si spera si rompa il prima possibile.

Recensione lunga? Guarda che se vuoi intasare il sito con le tue recensioni io mica mi arrabbio! Tranquilla, se vuoi allungarti allungati. Mi piacciono le recensioni chilometriche!

Un bacio e buona lettura, callistas.

Ssaphiras: sì, finalmente… scusa, come diavolo l’hai chiamata?
O.O
La Granger?!?!?!?! La Preston, vorrai dire! Tutto ‘sto casino messo su per poi sentirtela chiamare di nuovo con il vecchio cognome?
Vanifichi così i miei sforzi?
*piange*
Sono contenta che i miei colpi di scena lascino un bell’effetto “bocca aperta” stile ho-mangiato-il-peperoncino. Ci sono persone che faticano ad accettare i cambiamenti e tendono a rifugiarsi nel passato. Ginny è una di loro, perché non vuole rinunciare a Harry, anche perché realizzare di aver speso sette anni di vita a sbavargli dietro per poi rendersi conto che è una merda con le gambe, è qualcosa che ognuna di noi vorrebbe evitare e pur di farlo, si aggrappa al passato con le unghie e con i denti.
No, Blaise conosce bene Ginny e forse proprio per questo non ha fatto scenate isteriche quando l’ha vista con Harry nella Stanza delle Necessità.
Hermione inizia a sentirsi sbagliata per la casa in cui è stata smistata ormai otto anni fa e vista la nuova condizione che la vede come una PRESTON – non Granger, PRESTON – cambiare casina non farebbe male a nessuno.
Spero che questo capitolo ti piaccia, anche se non sarà ricco di colpi di scena, come invece ho già progettato gli altri.
Un bacio e buona lettura, callistas.

ErinMalfoy: io lovvo il tuo cognome.
Ecco un’altra che ammazzerebbe Ginny a suon di badilate e pugni in faccia. Vipera rincoglionita? Questa me la segno per la prossima fic.
Tranquilla: a Blaise ci penso io e prima che tu possa dire “a”, ti dico che penso sempre io anche a Draco. Quindi, mettitela via. u_u
Beh, purtroppo non posso fare una storia interamente basata su solo quattro persone: ho bisogno di sviluppare il contesto attorno a loro, gli ambienti e le persone a loro annesse.
Dici che sarebbe un cliché? Beh, io credo che ormai si sia intuita la via che prenderà Hermione. Mi spiace se la trovi scontata, ma per ragioni ovvie – della serie, vai a leggere il pairing principale – la casa sarà… indovina un po’? >_>
Spero comunque che continuerai a seguire la storia.
Per il resto – risparmiati la risatina alla Bellatrix perché mi fa accapponare la pelle – spero che il capitolo ti piaccia, anche se non sarà ricco di colpi di scena come certi altri che posterò.
Un bacio e buona lettura, callistas.

HJ: ossignore perdonami! :-(
Non l’ho fatto apposta! Che schifo di autrice che sono! Perdono! Perdono! Perdono!
Ognuno di noi ha bisogno di tempo per capire i propri errori e porvi rimedio e tante volte le prediche non servono  granché. Hermione e Blaise troveranno molto presto delle persone in grado di aiutarli.
Un bacio e ancora perdono!









VERITA’ NASCOSTE
SITUAZIONI INSOSTENIBILI

La scuola era in fermento per l’arrivo dell’ennesimo ballo di Halloween.
L’ultimo per Hermione e quelli del suo anno.
Le ragazze non stavano più nella pelle per la festa, che includeva:
  1. trucco
  2. vestito
  3. accessori
  4. estetista
  5. vari ed eventuali…
E non necessariamente in quest’ordine.
Grifondoro, oltre a essere rinomato per il suo coraggio, lo era anche per la sua piattezza nell’originalità dei vestiti. Fantasmi, zucche giganti, la Signora con la Falce… non ce n’era uno che cambiasse repertorio.
Ma la cosa non toccava minimamente Hermione, visto che le feste non erano il suo forte.

“Dai, non puoi non venire!” – aveva detto Albert, nella più fedele imitazione di un bambino capriccioso.
“Silenzio!” – urlò Madama Pince.
Albert si scusò.
“Ti ho già detto che non sono dell’umore adatto.”
Erano agli sgoccioli. Mancavano solo quattro giorni alla festa di Halloween. Era venerdì 27 Ottobre e le ragazze volavano da una parte all’altra delle stanze – o così le veniva riferito – come api impazzite, perché non sapevano se il rosso carminio, poteva intonarsi con l’aranciato cangiante. Una bolgia da cui Hermione si teneva a rispettosa distanza.
Era passata una settimana da quando Ginny aveva lasciato la stanza di Hermione. Da parte della riccia, non ci fu bisogno di chiederlo specificatamente, perché quando entrò in camera sua, la trovò intenta a fare il baule.

Hermione entrò nella stanza, e si chiuse la porta alle spalle. Ginny non alzò mai il capo, vergognandosi troppo per il suo atteggiamento da codarda. La riccia sistemò le sue cose sulla scrivania, premurandosi di darle sempre le spalle.
La sentiva schiarirsi molte volte la voce, ma sapeva che il suo non era un modo per attirare l’attenzione, ma più che altro per cercare di non far uscire i singhiozzi dalla gola.
Come se niente fosse, Hermione tirò fuori il libro di Trasfigurazione e iniziò a leggerlo, non capendo, ovviamente, una parola di ciò che stava studiando.
“Io vado…”
La voce le uscì ferma ma Hermione sapeva che stava piangendo, perché lo stava facendo pure lei.
“Ciao.” – chinò lo sguardo per evitare che nel passarle davanti, la potesse vedere ridotta in quello stato.
Sulla porta, Ginny ebbe un’esitazione.
“E’… è davvero finita tra me e te?”
Hermione serrò le labbra, mentre le lacrime andavano a morire su di esse. Ginny singhiozzò forte, non riuscendo a impedirlo e uscì di gran carriera dalla stanza.
Quando fu certa di essere da sola, Hermione corse sul letto e pianse pure lei.

Quel ricordo continuava a tormentarla.
In classe si sedevano a debita distanza, visto che ormai la ragazza faceva coppia fissa con Harry anche durante le lezioni, mentre lei preferiva il banco quello in fondo all’aula, quello che non contemplava la presenza di un compagno.
Se si incrociavano nei corridoi, Ginny chinava prontamente lo sguardo, sentendosi sprofondare sempre di più verso quel fondo che non sapeva di aver già toccato.
Se dovevano salire entrambe in Sala Comune, Hermione preferiva cambiare strada e dare modo a Ginny di andare avanti, pur di non incrociarla.
Era una situazione insostenibile.

“Quanto pensi che possa andare avanti questa storia, eh?” – chiese Albert, distrandola dai suoi pensieri.
“Il tempo necessario.” – rispose lei.
“Hermione, ti rendi conto che ti stai comportando male con la tua amica? Sbaglio o è stata l’unica a restarti vicina quando Potter e quell’altro ti hanno girato il culo?”
Hermione chiuse di scatto il libro e raccolse velocemente le sue cose.
“Proprio perché mi è rimasta vicina, pensavo che fosse diversa dagli altri due. Invece si è dimostrata peggio di loro!”
Un tonfo catturò la loro attenzione. Hermione sgranò impercettibilmente gli occhi quando vide Ginny con gli occhi gonfi di lacrime che si girò e scappò via.
Albert si passò una mano tra i capelli. Che situazione…
Hermione invece non si mosse di un passo. Benché la sua voglia di correrle dietro e abbracciarla fosse immensa, si costrinse a rimanere dove si trovava. La presa sulle piume divenne così intensa da spezzarne un paio.
“Finisco di studiare in camera mia.” – disse, sforzandosi di mantenere ferma la voce.
Albert sospirò, non sapendo se doveva intervenire o no.




Mi odia.
E mi odio.
Come ho potuto permettere che una cosa simile accadesse? E ce l’eravamo pure promesso! Ci eravamo promesse che nessun ragazzo si sarebbe mai messo tra la nostra amicizia, e invece E’ SUCCESSO!
Ma non avrei mai immaginato che il ragazzo che avrebbe rotto la nostra amicizia sarebbe stato proprio Harry!

Incurante degli sguardi allucinati che guardavano la piccola di casa Weasley correre come una pazza con le lacrime agli occhi, Ginny continuò a correre verso il settimo piano e invocare la Stanza delle Necessità. Aveva bisogno di un luogo in cui si sentiva protetta e di certo ne aveva bisogno in quel momento.
Svoltò l’angolo, ma sbatté contro qualcuno, cadendo a terra.
“Cazzo che male…” – fece la persona con cui si era scontrata. – “Ginny?”
La ragazza alzò gli occhi. Finalmente un volto amico! Gli volò letteralmente tra le braccia, sentendosi meglio.
“Cos’è successo? Perché piangi?”
“Her-Hermione…” – singhiozzò, disperata.
“Che è successo? Ti ha fatto qualcosa?” – chiese, allontanandola da sé. Cercava forse i segni di qualche ceffone.
“N-no…”
“E cos’è successo allora?”
“Mi… mi odia…”
“Ma dai… Hermione non è capace di portare rancore. Vedrai… diamole un po’ di tempo e ci perdonerà.”
Voleva tanto credergli. Lo voleva così disperatamente da essere disposta a qualsiasi cosa.
Ma non era vero.
Hermione era un tipo che non perdonava certi colpi bassi, la conosceva bene.
“Non… non lo farà…” – disse lei, asciugandosi le lacrime. – “… sappiamo com’è fatta e…”
“Perché? Tu lo sai?”
Ginny lo guardò, confusa.
“Come?”
“Guarda come ci ha trattati!” – disse lui con foga. – “Nemmeno fossimo pezze da piedi!”
“Harry!” – disse lei, allucinata. – “Ce le siamo meritate!”
“Forse, ma tu hai avuto il coraggio di perdonarci! Hermione, invece? Non fa altro che darci addosso! Da quando ha saputo di essere diventata una purosangue è cambiata!”
Una badilata sui denti e un coltello dritto nel cuore avrebbero fatto meno male di quelle parole.
No, non era Hermione a essere cambiata. Lei era rimasta quella di una volta. Erano Harry e Ron quelli che erano cambiati radicalmente, ma ancora non riusciva a capirlo.
Lo lasciò parlare senza ascoltarlo.
Perché d’improvviso Harry le sembrò così poco bello? Così poco interessante?
Perché sentiva di… amarlo di meno?
“… e non può continuare a…”
E parlava, parlava, parlava, ma lei non ascoltava.
Si sentiva soffocare, benché le pareti fossero molto lontane da lei. Sentiva la gola serrarsi e la cassa toracica comprimere i polmoni fino a mozzarle il respiro.
Doveva scappare.
Doveva andare via da lì.
Doveva andare via da Harry!
Si alzò di scatto, facendolo sussultare e scappò via.
“Ginny! Ginny! Aspetta!”
Troppo tardi. Era sparita.




La Stanza delle Necessità le fece apparire l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettata.
Aveva bisogno di quello per stare bene?









Qualcosa in lui era cambiato. Camminava come un automa, gli occhi erano rossi e gonfi. O aveva pianto o aveva una gran voglia di farlo.
La seconda.
Si appoggiò al muro per sostenersi e scivolò a terra, continuando a fissare il vuoto. Il respiro era calmo e placido e avrebbe fatto addormentare un bambino se solo l’avesse ascoltato.
Ma quel respiro era qualcosa di diverso, qualcosa che gli aveva fatto mettere il cuore in pace.

“Fallo Albus. Se proprio devo morire, voglio che sia tu a farlo.”
La sua bacchetta aveva vacillato.
Erano arrivati al conflitto finale e, giocando d’astuzia, Silente lo aveva battuto.
“Coraggio, Albus. FALLO!”
“Non… io non…”
Gellert si rimise in piedi. Silente non lo avvertì come una minaccia, perché la sua bacchetta era nelle sue mani. Sentire le mani di Gellert avvolgere la sua – quella che impugnava la bacchetta – e spingerla sempre di più contro il suo cuore, minò in modo devastante la forza mentale e fisica di Albus.
“Sei stato un degno avversario, Albus. Meriti la vittoria.”
“Perché, Gellert? Perché siamo giunti a questo punto?”
“Perché l’Ordine non esiste. Esiste solo il Chaos.”
Albus lo guardò con gli occhi spalancati.
“Perché solo nel Chaos si può trovare l’ordine. Tutto è nato dal Chaos. C’è solo il buio dentro di noi, la luce non esiste.”
“Basta Gellert, ti supplico…”
“Piccolo, povero, sciocco Albus… hai creduto veramente che in ognuno di noi, che in me, potesse esistere una parte buona?”
In contrasto alle emozioni che Gellert gli stava facendo provare, portandolo a indebolirsi dentro sempre di più, la presa sulla sua bacchetta si rinsaldò.
“Perché esiste, Gellert. E l’avevi anche tu!”
“Vuoi crederci? Come preferisci. Ma sappi che un giorno, la tua parte oscura tornerà a galla. Puoi rinnegarla, puoi nasconderla, se ti fa piacere, fingi pure che non esista, ma io e te sappiamo perfettamente che non è così.”
No, pensò Silente in quel momento. Io non sono così! Non userò mai la magia oscura!
“Non lo farai?” – chiese l’avversario, una volta lettogli la mente. – “Sì che lo farai Albus, perché tu
sei la magia oscura.” – all’improvviso, Gellert sollevò un braccio.

Si sentì minacciato, Albus, e le parole gli uscirono di bocca come la lava da un vulcano.

“Avada Kedavra!”


Alla fine, lui aveva avuto ragione. Aveva ceduto.
Di nuovo.
“Puoi ritenerti soddisfatto.”
Non alzò gli occhi e il respiro iniziò a farsi pesante.
“Hai vinto. Io ho perso.”
“Io non…”
“E non voglio più sentire il suono della tua voce.”
“Cos’hai promesso, questa volta, mh? No, non mi interessa neanche saperlo. Per me sei morto, Albus. Morto.”

Albus Silente riemerse dagli Archivi per la seconda volta.
L’Anima Revelat Carmine era ancora in piedi.









Sabato, e il ballo si stava avvicinando.
Albert continuava a tartassarla perché voleva che a quel ballo ci partecipasse pure lei, che ci andassero insieme, ma Hermione sembrava il Gargoyle posto alla guardia dell’ufficio di Silente.
Fermo e irremovibile.
Ultimamente frequentava molto suo fratello, e quindi, in automatico la sua compagnia. Appena finito di studiare mandava un messaggio ad Albert, chiedendogli se potevano vedersi e molte volte lo trovava con Nott, Zabini, Daphne, Pansy e… anche con Malfoy.

“… per me potete fare quello che volete.” – disse Hermione, alzando le mani, segno che ne voleva stare fuori. – “Ma non mettetemi in mezzo.”
La Sala Comune di Serpeverde non era poi così male come aveva pensato. C’erano molti tipi di verde e dovette ammettere con se stessa che abbinati all’argento non facevano poi così schifo. E poi il verde era il colore della speranza… o almeno così dicevano i babbani.
“Se è perché ti manca il vestito, basta dirlo.” – disse Albert.
Hermione arrossì come una brace. Effettivamente…
C’era una cosa che Hermione non aveva mai confessato a nessuno, nemmeno a Ginny.
In realtà, le feste le piacevano molto. Tralasciando la parte malata di esse, come alcol, di conseguenza sbronze e di ulteriore conseguenza scopate feroci, le piacevano perché c’era della musica, e Hogwarts era decisamente il posto perfetto per organizzarle, perché Silente era – gioco di parole – un mago nell’ingegnarsi con quelle decorazioni, specie fatta per il soffitto.
Ma non vi aveva mai partecipato, perché sua madre non le aveva mai mandato i soldi per prendersi un vestito – eccezion fatta per il Ballo del Ceppo – dicendole che non doveva distrarsi, ma studiare. Così aveva deciso che se non poteva andare a quelle feste, le avrebbe odiate.
Una logica un po’ contorta, ma da Hermione non ci si poteva aspettare nulla di diverso.
“E’ così?” – chiese Albert, guardandola di scatto, incredulo di aver centrato il punto così, di getto.
“Ma no… è che…”
“Rimediamo subito, allora!” – la interruppe il fratello. – “Domani, anche se è domenica, ci sarà la gita a Hogsmeade per chi ha bisogno di fare acquisti per il ballo. Ti ci porto io e…”
“Albert, no.” – fece Hermione, seria.
Il ragazzo sbuffò come un toro.
“Zuccona! A volte mi chiedo se sei mia sorella…”
La battuta che uscì fu molto, molto infelice e fece scendere una trapunta di gelo sui presenti.
“Infatti. Fino a poco tempo fa non lo ero.”
E l’effetto che sortì quell’ulteriore pietosa uscita fu lo stesso di quando si abbassa di colpo uno stereo con il volume a palla: il silenzio che ne segue dopo sembra irreale.
Hermione chiuse gli occhi, instupidita da se stessa. Eppure, lei aveva fatto il danno e lei doveva rimediare.
“Oh, complimenti Hermione per la battuta del cazzo…” – disse sottovoce e con gli occhi lucidi. – “S-scusate…” – scappò letteralmente via dalla Sala Comune.
“Credevo l’avesse superata…” – disse Daphne, una volta che Hermione fu uscita.
“Evidentemente no.” – fece Albert, gettando una pallina di carta a terra. Era molto amareggiato. Cosa doveva fare per farle capire che lei era parte della sua famiglia?

Ma si può essere più imbecilli?
Come diavolo ho potuto dire una cosa del genere?
Cretina, stupida, imbecille, menomata, decerebrata… cretina, stupida, imbecille…

Non trovando altri aggettivi, continuò a ripetere quelli, nella speranza che la facessero rinsavire.
“Hermione, aspetta!”
Inaspettato fu quel richiamo e la persona che lo aveva fatto. Si fermò di scatto e si girò lentamente.
“Cosa c’è?”
“Facciamo due passi, ti va?”
La ragazza non disse niente, ma lo seguì docilmente.
Le giornate si erano accorciate e uscire alle quattro e mezza in giardino era come uscire a mezzanotte: non si vedeva niente. Eppure, i due stavano bene in quel crepuscolo.
“Cos’era quell’uscita?” – chiese il ragazzo, indicandole con un cenno del capo la direzione dei sotterranei.
Hermione nascose il volto nelle mani, ancora imbarazzata e incredula.
“Non lo so! Giuro! Mi dispiace! Non volevo dirlo!”
“Sei sicura di aver superato la cosa?”
“Credo di sì… sì!”
“Io non ne sono convinto, sai?”
“Perché?”
“Perché Albert riesci a considerarlo tuo fratello, ma Myra ed Elthon non i tuoi genitori?”
Hermione sbuffò.
“Forse perché ha la mia età… e io ho sempre voluto un fratello. Mia madre… cazzo…” – sibilò Hermione, chinando il capo. Si portò una mano sugli occhi. – “Se… se conosci un modo per aiutarmi, questo è il momento buono per dirmelo.”
La preghiera che gli rivolse fu impossibile da non ascoltare.
“Sai, io ho sempre creduto che per le cose occorra il giusto tempo, che affrettarle sia sinonimo di rovinarle, non so se mi spiego.”
Hermione annuì.
“Forse non è ancora giunto il momento per te di compiere quel passo.”
“Chiamarli mamma e papà?” – chiese lei.
“No. Seppellire il passato. In tutti i sensi.”
Hermione sorrise amaramente.
“E tu?”
“Io cosa?”
“Riuscirai a seguire il tuo stesso consiglio?”
“Non so di cosa stai parlando.” – mentì lui.
“Riuscirai a dimenticare Ginny?”









Ci aveva passato tutto il tempo necessario in quella Stanza. Si era sentita invadere da una nostalgia che non pensava di poter mai provare, ma allo stesso tempo da un benessere che finalmente la fece sentire bene con se stessa.
Ogni traccia di pianto era sparita, ma troppe cose erano state dette e troppe non lo erano state.
Il tempo avrebbe guarito ogni ferita.
O forse, ne avrebbe procurato delle altre.









“Non so se ne sarò in grado, Hermione, ma ci proverò.”
Le serviva una frase del genere per avere quella spinta necessaria per seguire il suo consiglio.
“Immagino che detto da me possa sembrare ridicolo, ma… dovresti uscire con qualche ragazza.”
Blaise sgranò gli occhi.
“Cosa? Cosa? Cosa?” – chiese, facendo la campana sull’orecchio e tendendo il volto verso la bocca di Hermione.
Questa gli spostò la testa, sbuffando divertita.
“Hai capito. Hai bisogno di distrazioni.”
“E vorresti essere tu? Hermione Preston… cos’altro nascondi sotto quella divisa?” – fece lui, oltremodo malizioso.
“Mio caro Blaise…” – disse, circondandogli il collo con le braccia, stile tra-poco-ti-darò-un-bacio-focoso. – “… il giorno in cui lo scoprirai sarà il giorno della tua morte.”

Aveva visto abbastanza.
Girò i tacchi e se ne tornò da dov’era venuto.

Aveva visto abbastanza.
Girò i tacchi e se ne tornò da dov’era venuta.




I due rientrarono nel castello poco prima dello scattare del coprifuoco, non sapendo che altre due persone erano in corridoio che si stavano dicendo delle cose…

“… e figurati se viene, quella. Non l’avrà invitata nessuno.”
Hermione si fermò, avendo una strana sensazione di de-ja-vu. Non le piaceva origliare, ma nemmeno voleva uscire e dar modo ai due ragazzi che stavano parlando – perché erano due ragazzi – di additarla come una spiona. Fece per fare dietro-front e imboccare un altro corridoio, quando le successive battute di quella conversazione le fecero capire subito chi erano i due ragazzi.
“Lo penso anch’io.”
“Tu con chi ci vai?”
“Con Lavanda. Le ho chiesto di uscire.”
Hermione arrossì e guardò Blaise, che aveva capito chi fossero quei due ragazzi.
“E tu? Ci vai con mia sorella?”
Il cuore di Hermione prese a battere come un tamburo. Afferrò d’istinto la mano di Blaise per non cadere. Il moro la sostenne. La domanda posta da Ron, suscitò in Hermione una strana sensazione.
Anzi: sgradevole era il termine più adatto.
Come sgradevole fu la risposta che ne seguì.
“No.”
Hermione credette che una bomba le fosse esplosa nelle orecchie. No? Cosa voleva dire no?
“Oh, come mai?”
E quell’altro non si arrabbiava?, pensò scandalizzata, guardando Blaise che era nelle sue stesse condizioni.
“E’ un mese che sto lavorando alla Polisucco.”
Blaise e Hermione si guardarono, sconvolti. Potter che era riuscito da solo a fare la Polisucco?!?!?
“Grande!”
“Sì, mi sono fatto aiutare da Romilda, però…”
Ah, ecco…, pensarono i due spioni.
Romilda Vane?, fu il successivo pensiero di Hermione.
“E perché?”
“Con Hermione che se la tira perché è una purosangue, non ho potuto chiederle aiuto.”
La bocca di lei si aprì per urlare, ma Blaise, prontamente, gliela tappò e le ordinò con lo sguardo di continuare a sentire la conversazione tra quelle due amebe.
“E in chi ti trasformerai?”
Blaise e Hermione tesero le orecchie.
“E’ una sorpresa.”
“Dai… dimmelo!”
“Tranquillo, lo vedrai da solo.”
“Ok… senti, ma perché non vai con Ginny?”
Ecco sì, stronzo!, perché non vai con lei?, pensò Hermione con la bocca di Blaise ancora sulla sua.
“Ginny è una brava ragazza. È spiritosa, divertente… ma credo di aver confuso l’amicizia con l’amore.”
E perché non glielo dici, bastardo?, pensò Hermione, furente. Blaise faticò per tenerla ferma. Ma abbracciare lei era un motivo più che valido per non uscire allo scoperto e ultimare il lavoro del Lord Oscuro.
“Perché se mi va male con Romilda, almeno ho lei.”
Blaise sentì Hermione afflosciarglisi improvvisamente tra le braccia tanto che rischiò di cadere lui stesso.
“Ma la farai soffrire!”
Hermione si animò nel vedere che Ron si stava ribellando. Che gli fosse spuntato un cervello e non se n’era accorta?
“Lo so, ma… non ho mai avuto una famiglia e…”
“Sì, non ti preoccupare. Ho capito.”
Le lacrime che bagnarono la mano di Blaise non erano di tristezza, ma di una rabbia così cieca che Hermione sapeva di non aver mai provato nemmeno per Voldemort.
Come poteva quel cretino parlare così dei sentimenti di sua sorella? Di lei!, che aveva rovinato la loro amicizia per un qualcosa in cui credeva ciecamente! Per un sogno che finalmente aveva realizzato!
La sua proiettò il giorno in cui Ginny lo avrebbe scoperto e morì di terrore.
Sentì le voci affievolirsi, segno che i due se ne stavano andando.
“Tanto Hermione non andrà al ballo. È troppo…”
Non seppe mai cosa troppo lei fosse, ma di una cosa era certa: sarebbe andata a quel ballo e sapeva già cosa indossare.
Blaise la lasciò, ma si tenne sempre vigile per calmare qualsiasi suo gesto. Con sua sorpresa, la vide girarsi con uno sguardo a dir poco gelido.
“Dì ad Albert che andrò al ballo e che non si preoccupi del vestito. Ce l’ho già nell’armadio.”
Lasciandolo decisamente perplesso, la vide allontanarsi sentendo addirittura la porta della Sala Comune dei Grifondoro che sbatteva violentemente e l’urlo della Signora Grassa che cadeva a terra.









Quel martedì fu il più atteso di tutto l’anno.
Hermione aveva scolpito nella mente ogni singola parola di quei due traditori, di uno in particolare, che aveva avuto il coraggio di presentarsi da lei e scusarsi.
Tempo addietro, si era comprata un Pensatoio. Era riposto nel suo armadio, avvolto ancora nel telo dell’imballaggio e lo rispolverò giusto quella mattina, mentre tutti erano già a Hogsmeade per gli ultimi acquisti. Il ballo di Halloween stava mettendo un po’ a soqquadro gli orari scolastici, visto che quell’anno cadeva in un giorno di lezione.
Dentro la coppa che avrebbe ospitato quel ricordo, c’era l’ampollina del liquido dentro il quale si andava a immergere poi il volto.
Non perse nemmeno un istante: aprì l’ampolla e la versò nella coppa e l’attimo successivo un filo argentato uscì dalla sua testa per entrare nel Pensatoio.
Poi, lo ripose nell’armadio.
Mai si era vergognata in quel modo di Harry e Ron, nemmeno quando quest’ultimo li aveva lasciati soli durante la ricerca degli Horcrux. Ma allora l’aveva perdonato, perché era innamorata di lui, cosa che al momento le faceva diventare acido il sangue.
E fu come se la risposta fosse sempre stata lì davanti, velata da mille scuse, da mille scappatoie, pur di non doverla prendere in considerazione. Le mani le tremarono e la vista si annebbiò per un attimo.
Non sapeva cosa sarebbe successo dopo, ma non si era mai sentita così sicura come in quel momento di una decisione presa.




Albus Silente aveva imparato fin da giovane ad ascoltare i segni che la natura mandava. Se i babbani riuscissero a prendersi del tempo per rimettersi in contatto con essa, riscoprirebbero una magia che va ben oltre il semplice incantesimo e avrebbero magari potuto vivere in pace tra di loro.
Era affacciato alla finestra che dava sul Lago Nero, notando come il vento ne increspasse la superficie.
Sembrava quasi che la natura stessa avesse percepito per primo quel cambiamento e che la prima persona a cui doveva dirlo era il preside di Hogwarts.
Sapeva cosa stava accadendo, perché l’artefice di quei meccanismi ingranati una volta pronunciato l’Anima Revelat Carmine era proprio lui.
Sospirò di frustrazione malcelata. Minerva gli si rivolgeva con una fredda e distaccata cortesia, mentre Severus sembrava volerlo incalzarlo a buttare, come dicono i babbani, sempre più benzina sul fuoco.
Ma doveva andarci piano, Silente, e lo sapeva. Affrettare troppo i tempi poteva rivelarsi rischioso.
Eppure, doveva essere successo qualcosa se alle nove e quarantatré di quel martedì, Hermione Preston bussò alla porta del suo ufficio.









“… e non ti ha detto altro.” – disse Albert, bevendo letteralmente le parole di Blaise.
Il moro scrollò le spalle.
“No.”
“Sì, ma… perché ha cambiato idea così di colpo?” – incalzò il fratello di Hermione. – “Merlino, fino alla sera prima non ne voleva sapere e adesso…” – si bloccò e sollevò un sopracciglio. – “… non è che state insieme e non me l’avete detto, vero?”
Blaise si sbrodolò la cioccolata sul maglione nuovo, tossendo e sputacchiando goccioline marroni. Gli altri arretrarono leggermente schifati, ma non Albert.
E Draco.
A costo di farsi la doccia sarebbero rimasti lì e avrebbero cavato le informazioni che volevano dalla bocca di Blaise!
“Ma… ma… ma no!” – fece Blaise, riuscendo nell’impresa.
Caritatevolmente, una cameriera gli porse un bicchiere d’acqua, che sembrò aiutarlo. Si guardò schifato lui stesso per primo da quel macello.
“Va che schifo…” – fece il moro che con un semplice Gratta e Netta, rimise tutto a posto.
“Sicuro?”
“Massì! Che è ‘sta fissa?”
“Dimmelo tu. Te ne vai e lei ti insegue, se ne va lei, la insegui tu.”
Blaise non voleva dire il vero motivo che lo spingeva a rincorrere Hermione, così come il contrario, perché non sapeva se avrebbero approvato la sua… distrazione.
“Abbiamo un affare in sospeso.” – fece il moro, rimanendo sul vago. – “Io aiuto lei e lei aiuta me. Punto.”
Albert sembrò soddisfatto. Non era ancora pronto a vedersi portar via la sorella…
Ma se lui era soddisfatto, Draco-Teiera-Malfoy lo era decisamente meno.
Affare? Che affare? Aiuto? Che aiuto? Avrebbe tanto voluto praticare la Legilimanzia sull’amico, ma si astenne dal farlo. E poi era un po’ deluso da Blaise. Di solito, si confidava con lui…
“Comunque viene.” – fece Albert, riferito alla sorella.
“Sì-ì.” – fece Blaise.
“E ha il vestito.” – ripeté.
“Ancora sì.”
“E non sai com’è…”
“No, perché poi è andata via.”
Pansy, Daphne e Theo arrivarono in quel momento. Avevano fatto tappa in un negozio di cosmetici per prendere gli ultimi accorgimenti e poi raggiunsero i ragazzi al bar.
“Ciao!” – trillò Daphne, felice per aver speso un po’ di galeoni. – “Che facce…” – fece poi, perplessa. – “Che è successo?”
“A quanto pare…” – fece Draco, che proprio non era riuscito a trattenersi. – “… il nostro comune amico Zabini ha una tresca con la Preston.”
Blaise si girò di scatto e guardò Draco.
“Ma…” – tentò di dire il moro, interrotto dalla bionda.
“Cosa? E non ci dici niente? Serpeverde che non sei altro! Dettagli!” – fece, sbattendo la mano aperta sul tavolo per tre volte.
“Ma dettagli che? Non c’è niente tra me e Hermione!”
Un coro di “uuuuhhh” si levò dal tavolo e Blaise alzò gli occhi al cielo. Continuarono a piovere battute allusive su lui e Hermione, ma ad un tratto sbottò.
“Oh, basta, eh?”
I presenti si zittirono immediatamente. Forse avevano esagerato…
“Blaise, dai…” – fece Pansy. – “Stavamo scherzando…”
“Beh, scherzate con qualcun altro.” – detto ciò, si alzò e andò a farsi un giro. Aveva bisogno di stare solo e sapeva già dove andare, sapendo che quel posto sarebbe ormai rimasto vuoto.
“Ma che ha?” – chiese Pansy.
Draco guardò l’uscita, decisamente preoccupato. Non era da Blaise comportarsi così.









“Adesso me lo dici?!?” – allibì una sconvolta Ginny.
Harry la guardò con i suoi occhi da cucciolo bastonato.
“Mi dispiace, ma non sono molto in vena di festeggiare.” – si giustificò Harry.
Ginny non seppe cosa dire. Era convinta che ci sarebbero andati insieme. Che avrebbero partecipato alla loro prima festa insieme!
Ma dall’altra, sapeva che il 31 Ottobre era una data molto importante per lui, e non le andava di forzarlo se lui non se la sentiva.
“So che sei arrabbiata e mi dispiace, ma…”
“No, no… non sono arrabbiata.” – fece lei con un sorriso tirato. In realtà lo era moltissimo, perché era da quando si erano messi insieme che non facevano altro che parlare di come si sarebbero vestiti e delle ore tarde a cui sarebbero andati a letto, e ora di punto in bianco… si tirava indietro?
La rossa sentì che qualcosa non tornava, ma preferì seppellire quella sgradevole sensazione dietro i gli occhioni di Harry.
Della serie, non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere veramente.
“Grazie, sapevo che avresti capito.” – fece Harry, sollevato. – “Ora devo andare. Ci vediamo domani, ok?”
“Sì, io…” – stava per dirgli che alla festa non ci sarebbe andata, perché non aveva voglia di fare la figura della mummia, ma il suo ragazzo era letteralmente fuggito via da lei.
Ma questo, lei, preferì non notarlo.









Note di me:

Spero che lo spoiler, adesso, abbia trovato un senso. È Ginny stessa che preferisce chiudere gli occhi e questo atteggiamento la porterà a soffrire parecchio.
Silente ha riattivato l’Anima Revelat Carmine. Infatti, Harry ne ha subito l’immediato effetto, quando ha detto a Ginny che Hermione è cambiata, solo perché non lo ha perdonato.
Minerva odia Silente. Se c’era una remota possibilità che i due potessero tornare al vecchio rapporto, il vecchio preside l’ha bruciata.
Harry e Ron – anche quest’ultimo sotto l’effetto dell’incantesimo di Silente – tramano alle spalle di Ginny. Ron, solitamente protettivo con la sorella, giustifica l’atteggiamento di Harry nei suoi confronti.
Perché se gli va male con Romilda, almeno ha l’ancora di salvataggio.
L’immaturità la fa da padrone.

Prima di lasciarvi allo spoiler, mi chiedevo se qualcuno ha voglia di fornirmi qualche idea per scrivere una storia. Son qui che ho una voglia di scrivere, ma ogni idea che mi viene in mente è una colossale idiozia.
So che sono monotona, ma accetto solo Dramioni ^_____________________________________^

Vi ringrazio in anticipo e vi lascio lo spoiler.
Guardate, faccio una faticaccia a cercare i più succosi… spero appreziate.

“COSAAAA?!”
Bello lo spoiler… che sarà successo?
^____________^

Bacioni, callistas.

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Capitolo 18
*** Crolli ***


18 - Crolli Buona sera a tutte.
Come molte di voi avranno notato, ho risposto singolarmente alle recensioni, seguendo in questo modo il consiglio di una cara lettrice che mi ha giustamente fatto notare che potevo interagire con voi senza necessariamente intasare il capitolo.
Quindi, grazie a… per il suo consiglio.

Allora, lo spoiler precedente ha trovato il suo contesto.
Ginny, a ridosso del ballo, è stata scaricata da Harry, che sta lavorando alla Polisucco. Giustifica il moro, sempre, perché sa che il giorno del ballo è il giorno in cui i suoi sono morti e vuole commemorare la loro scomparsa, ma allo stesso tempo sente che qualcosa non va perché fino a pochi giorni prima il ragazzo era felice di andarci.
Cosa bolle nel calderone?
In questo capitolo, invece, troveremo il contesto di quel “COSA?!?” In molte hanno avanzato delle ipotesi interessanti e spero non si trovino deluse per ciò che ho deciso di far accadere.
Ci vediamo in fondo al capitolo, signore!









VERITA’ NASCOSTE
CROLLI

“Ops, scusa… non pensavo che fosse già occupato.”
Blaise si girò di scatto e se in un primo momento aveva sperato di vedere lei, quella debole speranza morì l’attimo successivo.
“Ciao…” – salutò la ragazza, mentre si girava per tornarsene da dove era venuta.
“Ehi, no…” – la fermò lui.
La moretta si fermò e si girò.
“Sì?”
“Se vuoi sederti, non me la prendo.”
Come se avesse aspettato solo il suo permesso, la ragazza tornò indietro sgambettando, facendo sorridere il moro. E al momento, ne aveva tanto bisogno.
“Grazie. Scusa se ne approfitto, ma non avevo voglia di tornare dalle mie amiche.”
“Perché?” – quando la vide girarsi con una faccia sorpresa, si morse la lingua. – “Scusa. Non sono fatti miei.”
“No, tranquillo… è che continuano ad assillarmi che devo trovarmi un ragazzo nuovo, fare esperienze, divertirmi, ma non mi va.”
“Ti sei lasciata con il tuo ragazzo?”
“A dire il vero sono stata lasciata.”
Blaise sgranò gli occhi. Era impossibile!
“Scherzi! Una ragazza carina come te?”
La moretta arrossì.
“Grazie. No, è che mi sono comportata male con lui.” – disse, con una punta di nostalgia verso quei tempi.
“Beh, senti…”
La ragazza si girò e si sorprese nel vedere la mano del moro tesa verso di lei.
“… io sono Blaise Zabini di Serpeverde.”
La ragazza iniziò a ridere, come se le avesse appena raccontato una barzelletta molto divertente. Pure Blaise fu contagiato dal suo buon umore che un sorriso gli si dipinse involontariamente sulle labbra.
“Perché ridi? Che ho detto?”
La ragazza smise di ridere e lo guardò. Aveva gli occhi che ancora ridevano.
“No, è che… sono venuta a letto con te, tre anni fa.”
Il moro sgranò gli occhi e divenne viola per la figuraccia.
“Oh Merlino, io… scusa, davvero…”
Perché faceva così caldo?…
La mora riprese a ridere.
“Oh, non ti preoccupare.” – disse, sventolando una mano davanti alla faccia, come se avesse avuto un insetto molesto. – “Io sono Candice Duvall, Tassorosso. Ma tutti mi chiamano Candy.”
“Davvero, scusa…” – fece Blaise, grattandosi una tempia con l’indice destro.
“Non ti preoccupare.”
Dopo aver saputo di essersela portata a letto, con buona pace per la sua corta memoria, i due rimasero a chiacchierare per due ore buone, dimentichi dei rispettivi amici che, preoccupati, si stavano chiedendo che fine avessero fatto.
Candy era una ragazza molto carina. Mora, bassa rispetto a lui di cinque centimetri, due occhi neri come l’onice e un simpatico taglio di capelli a caschetto. Anche lei era simpatica e sapeva tenere banco.
Rise Blaise, come non gli capitò da un sacco di tempo. Trovò molte affinità con lei e lei con lui. Sembrava si conoscessero da una vita per la confidenza che si stavano dando. I cognomi furono banditi fin dal primo momento e Blaise ne fu felice.
Però gli sembrava strano che una ragazza solare come Candy potesse parlare così tranquillamente con un Mangiamorte come lui.

“Candy…” – la interruppe lui.
La ragazza si bloccò di scatto.
“Scusa!” – fece subito lei, tappandosi la bocca. – “Parlo troppo, vero? Le mie amiche me lo dicono sempre, ma io…”
Blaise rise, e scosse la testa.
“No, non è per quello. E’…”
“Cosa?” – chiese, sporgendosi su di lui con il volto, incuriosita.
“Perché parli con me?”
“Preferisci il tuo amico invisibile dietro di te?”
Intelligentemente, Blaise si girò e si maledisse in tutto il repertorio colorito che conosceva. Quando si girò la faccia di Candy era impagabile.
“Non.ridere.” – fece lui.
La ragazza, invece, rise di gusto ma si bloccò quando vide lo sguardo di lui. Era leggermente abbacchiato.
“No, scusa… scusa.” – fece lei. – “Perché non devo parlarti?” – chiese, ancora confusa dalla domanda.
“Beh, mi sembra ovvio.” – rispose lui, quasi stizzito perché non c’era arrivata subito.
“Scusa…” – rispose lei, perplessa. – “… sarà che sono diventata ebete tutto d’un colpo, ma non ho capito il senso della tua domanda.” – disse, candidamente.
“Io sono un ex-Mangiamorte.” – fu costretto a rivelare.

Con questa rivelazione, di solito, Blaise capiva di chi poteva o non poteva fidarsi. Se scappavano a gambe levate, significava che erano dei codardi senza spina dorsale, se rimanevano, erano dei completi masochisti.
E, ogni volta, la reazione era la stessa: un fuggi fuggi generale.
E sapeva che anche quella volta non sarebbe stato tanto diverso.

“E allora?”
Ok, forse aveva capito male.
“Come allora? Non dovresti nemmeno avvicinarti a me!”
La mora si alzò, imbarazzata.
“Beh, scusa… se non volevi chiacchierare bastava che me lo dicessi.” – fece per andarsene, ma tornò indietro per recuperare la sua borsetta.
“Candy, no… aspetta!”
La ragazza si girò, con gli occhi lucidi. Le era piaciuto tanto parlare con Blaise, perché non era scontato e la faceva ridere. E Candy, come Blaise, ne aveva tanto bisogno.
“Cazzo…” – mormorò il moro, avvicinandosi a lei. – “Scusa, io… non piangere.”
La ragazza stirò le labbra in un sorriso forzato.
“N-no, tranquillo…”
“Ho il Marchio Nero, Candy.”
Quella cosa sembrò non toccarla nemmeno.
“E io sono una mezzosangue, Blaise. Eppure mi hai parlato lo stesso. Vorrà pur dire qualcosa, no?” – sperò lei.

Nemmeno a distanza di anni Blaise seppe darsi una spiegazione valida, ma quando lei gli aveva ricordato che era una nata babbana, con quella sua vocina piccola che sembrava chiedere solo un po’ d’affetto, si chinò e la baciò.
Così, come se fosse più che normale.
Non fu un bacio appassionato, languido, romantico o rude.
Fu una serie di piccoli baci a stampo che la ragazza si ritrovò a ricambiare. Bisogno d’affetto? Un colpo di fulmine? Nessuno dei due seppe dirlo, ma quando quel piccolo gioco finì, capirono che potevano sostenersi a vicenda, che potevano superare il proprio dolore insieme.
E sperare di poter dimenticare…









“Sei davvero sicura, Hermione?”
La riccia annuì.
“Quando…?” – chiese la ragazza, interrotta subito dopo.
“Giovedì mattina.”
La ragazza annuì di nuovo, ringraziò e uscì dall’ufficio. Quando fu sicuro di essere da solo, inviò il suo Patronus.









Non ci furono bisogno di Voti Infrangibili o patti con il sangue. Entrambi sapevano esattamente cosa fare. Avevano scoperto una bella affinità e sarebbe stato un peccato buttarla via.
L’unica regola era quella di non innamorarsi dell’altro, condizione che entrambi accettarono di buon grado.
Fu quello l’unico termine che sigillò la loro unione.
Qualcosa li legava, ma non era amore. Era un’amicizia molto profonda, un sentimento accomunato da un’esperienza amorosa finita male.
Tornarono al castello insieme, abbracciati, ignorando occhi e bocche spalancate dei loro amici e di quelle degli altri studenti che si ritrovarono a boccheggiare nel vedere Blaise Zabini, purosangue, abbracciato a Candice Duvall, mezzosangue.









Si era sentita libera e felice.
E forse stava iniziando a fare quel primo passo di cui le aveva parlato Blaise.









Ad animare la festa, ci sarebbero state le Sorelle Stravagarie.
Quel gruppo riusciva a esercitare una forte influenza sulle masse giovanili, perché i loro testi parlavano solo di amore, amicizia, del male sconfitto dal bene e di tutti quei sentimenti positivi di cui il mondo magico aveva tanto bisogno.
C’erano numerosissimi gruppetti di studenti sparsi nella Sala Grande, addobbata come solo Silente sapeva fare. Si guardavano in giro, ammiccando e occhieggiando quando passava un ragazzo attraente o un pirata particolarmente assatanato. Si dondolavano sul posto a ritmo di musica, facendo comunque attenzione a non rovesciare i drink che reggevano in mano.
Un gruppetto di Serpeverde stava aspettando una persona. Anzi, due.
La prima era Hermione. Albert stava praticamente morendo dalla voglia di vedere sua sorella e il vestito che avrebbe indossato e Blaise, che doveva passare prima a prendere una persona. Era stato molto vago e la curiosità era a mille.
“Beh…” – fece Theo, cercando di sovrastare il chiasso. – “… io vado a ballare. Se arrivano, fischiate. Pansy vieni?”
La mora annuì e prese il ragazzo per mano e andarono in mezzo alla sala, iniziando a scatenarsi.
Pansy aveva superato quello che le era successo e lo doveva solo ai suoi amici, che le erano stati molto vicini, soprattutto Theo. Ridevano e scherzavano in mezzo alla pista, mentre lui la faceva ballare come se fosse stata una bambina.
Tutti sorrisero nel vederla così allegra, soprattutto dopo i primi giorni dell’aggressione in cui sembrava aver perso ogni voglia di vivere. Daphne si allontanò per prendere da bere e quando si girò per poco non le cadde tutto.
Chi cazzo era quella attaccata a Blaise?
Cercò di richiamare con lo sguardo i suoi amici che, una volta intercettatolo, seguirono la sua direzione, rimanendo a dir poco sbalorditi.
Chi cazzo era quella attaccata a Blaise?
“Ciao, ragazzi.” – fece il moro, cosciente che tra poco sarebbe piovuto il quindicesimo grado.
“Ciao…” – lo salutarono tutti, un po’ scossi.
“Lei è Candy Duvall. La mia ragazza.”
“Ciao ragazzi!” – fece lei gioviale e ridendo un po’, sinceramente, della faccia di quei Serpeverde.




Un po’ d’ombretto sulla parte esterna,
Del phard ben steso sul volto,
Un tocco di mascara che non guasta,
Una scrollata ai capelli per renderli più indomabili, come si era scoperta di amare,
E, tocco finale, lucida labbra.
Ed era pronta.
Si allontanò dallo specchio e si ammirò in lungo e in largo. Sembrava diversa.
Era diversa.
Con un sorrisetto compiaciuto, e l’ansia a mille, si spruzzò del profumo che Myra le aveva comprato due settimane fa e uscì dalla sua stanza.
Pronta per venir spedita ad Azkaban con l’accusa di omicidio di massa.




Candy era andata a salutare le sue amiche che, vistala con il ragazzo più carino di tutta la scuola, dopo Malfoy, l’avevano tempestata di domande.
Sembrava una farfalla in quel suo abito da vestale antica, che con Halloween non c’entrava molto. Aveva catturato anche molti sguardi maschili visto che l’abito includeva una profonda spaccatura fino all’ombelico e una serie di spacchi sulla gonna che le frusciavano tra le gambe.
“Zabini? Mamma come sei fortunata!” – aveva detto Erin, una sua amica.
“E’ un bellissimo ragazzo! Tienitelo stretto!” – disse Joyce.
Candy sorrideva più per cortesia che per reale voglia di farlo. Certo, non metteva in discussione che Blaise fosse un bellissimo ragazzo, ma lui era come lei: aveva bisogno di affetto ed entrambi erano disposti a tutto pur di averne una piccola parte.
Anche se finto.
“Io e Candy andiamo a prendere da bere!” – fece Eve, trascinando via l’amica.
Quando furono a debita distanza, Eve le fece una semplice domanda.
“E’ una ripicca nei confronti di Jason?”
Candy guardò Blaise e gli sorrise. Il moro le restituì il sorriso.
“No.” – fece lei, guardando l’amica.
Eve cercò di capire se le stava dicendo la verità. Sembrava… serena.
“E allora perché…”
“Perché ne ho bisogno. Ho bisogno di una persona che mi dia affetto e io ho bisogno di darne.”
Eve guardò perplessa Blaise-stallone-Zabini.
“Ma… è dello stesso Zabini che stiamo parlando? Quello che s’è ripassato mezza Hogwart? Te inclusa?”
“Sì, Eve. Lui. Anche lui sta male per un amore non corrisposto o finito male, non ho ben capito…” – fece lei, gesticolando con le mani. – “… ma non ci interessa. Stiamo bene insieme e ci siamo promessi di non innamorarci mai.”
“Oh, questa è bella, eh?” – ironizzò lei. – “E chi ti assicura che non accadrà?”
“Noi. Lui ama ancora quella ragazza e io… io anche.”
Eve sgranò gli occhi.
“Cosa?”
“Sì, amo ancora Jason.” – disse, come se non fosse importante. – “Ma lo rispetto troppo per andare da lui e rendermi ridicola con chissà quale scenata. Mi passerà e forse un giorno troverò quello giusto per me. Ora voglio solo stare con Blaise. Posso?”
Eve sospirò.
“Dai, sai che non devi chiedermi il permesso. Spero solo che tu sappia quello che stai facendo.”
“COSAAAA?!?!”

L’urlo che si levò nella Sala Grande fu talmente potente da superare il chiasso degli strumenti delle Sorelle Stravagarie. Il gruppo stesso si era ritrovato a fare un salto per aria per lo spavento di quell’urlo collettivo. Smisero di suonare e cercarono di capire cos’avesse mai potuto sconvolgere gli animi degli studenti in quel modo. Videro che tutti gli sguardi erano puntati sul portone d’ingresso, dove sostava una ragazza, ma non capivano di chi si trattasse, perché era alquanto distante.
Vedevano solo i suoi capelli, indomabili come la criniera di un leone.









Missione compiuta, pensò Hermione, soddisfatta del risultato.
Entrò a passo deciso nella Sala Grande e si diresse verso il gruppo di Serpeverde che, per lo sbigottimento, aveva fatto cadere il proprio bicchiere.
Le Sorelle Stravagarie ripresero a suonare, nascondendo così i bisbigli sulla nuova arrivata.
“Ciao ragazzi!” – fece Hermione, gioviale.
Ma nessuno riuscì a emettere un suono.
“Vi piace il mio vestito?” – chiese, allargando le braccia e facendo una piroetta. – “E, per inciso, sarà il prossimo fino alla fine dell’anno.”

Ogni singolo studente, Mrs Purr inclusa, non riusciva a credere che Hermione Preston fosse scesa a una festa.
Ogni singolo studente, Mrs Purr inclusa, non riusciva a credere che Hermione Preston si fosse mascherata.
Ogni singolo studente, Mrs Purr inclusa, non riusciva a credere che Hermione Preston avesse indossato una divisa di Serpeverde.




“Che intendi dire?” – chiese Draco che, più di tutti, aveva la capacità di ripresa maggiore.
Dire che non era rimasto shoccato sarebbe stata una bugia colossale, visto che il biondo aveva urlato quel “cosa”, sgolandosi forse più di tutti.
“Quello che ho detto. Ho parlato con Silente oggi e gli ho chiesto di cambiare casa.” – guardò suo fratello Albert che, shoccato come tutti, riuscì ad aprirsi però in un sorriso di felicità.
Di compiacenza,
Di gioia.
Per poi saltare addosso alla sorella che, non reggendo il peso del parente serpente, cadde addosso a lui con il risultato che qualcuno vide un pizzo nero molto segoso.
Draco sgranò gli occhi e li rialzò, guardandosi intorno, sperando che nessun altro avesse visto quella… visione.
“Al-bert!” – urlò lei, sgomenta. Si alzò, ma rimase ancora a cavalcioni su di lui.
Hermione, però, scoppiò a ridere e a seguito suo fratello, per poi includere in quella risata collettiva il gruppo di Serpeverde.









Alla fine della fiera, Ginny era rimasta in camera.
Era il primo ballo di Halloween che saltava e la cosa, oltre a intristirla parecchio, l’aveva fatta arrabbiare molto. Leggendo il libro di Trasfigurazione, altro di meglio non aveva trovato, si ritrovò a pensare che Harry gliel’aveva fatta molto grossa, quella volta.
Continuava a pensare al fatto che era entusiasta di andare al ballo con lei, che stavano decidendo che costumi indossare e come truccarsi – lei – ma all’ultimo Harry aveva preferito cambiare rotta.
Rimanere indifferenti al fatto che quel giorno era una data molto importante per il maghetto, sarebbe stato un gesto molto vile da parte sua. I suoi genitori erano morti ed era giusto commemorarli.
Ma perché allora il pensiero di Harry che non vedeva l’ora di andare al ballo con lei non smetteva di tormentarla? Perché sentiva che c’era dell’altro sotto?
Chiuse il libro e andò a sdraiarsi sul letto, incrociò le braccia dietro la testa e continuò a pensare.

Amo Harry.
Amo Harry.
Amo Harry.

Continuava a pensarlo, come a volersene convincere.

Amo la sua dolcezza, il suo essere cucciolo, il suo coraggio e il suo altruismo, la sua generosità e il suo buonismo.

“E ti basta così poco per…”

La sua mente riportò in automatico in vita quel ricordo.
Troppo doloroso per poter venire sepolto come se niente fosse di fronte ai pregi di un ragazzo.
Troppo pungente per dirsi “si è confuso”.
E troppo ingiusto se riferito a lei.
Le lacrime fecero presto a salirle agli occhi, ma non fece nulla per scacciarle o impedirle che scendessero.

Amo Harry.
Amo Harry.
Amo Harry.

Continuava a pensarlo, come a volersene convincere.

Eppure, più se lo ripeteva e più le venivano alla mente non le carezze del ragazzo, da quando le aveva chiesto di mettersi con lei, non l’imbarazzo di quella dichiarazione tanto attesta, non le strette di mano durante le lezioni di Piton, non gli sguardi carichi d’amore, non i baci volanti mandati.
Ricordava i suoi atteggiamenti strafottenti, la sua cattiveria, il suo godimento nell’aver appreso della Parkinson, l’alleanza con suo fratello per fare del male a Hermione.
A quel ricordo fu impossibile non trattenere il pianto.

Amo Harry.
Amo Harry.
Amo Harry.

Continuava a pensarlo, come a volersene convincere. Ad un tratto…
“Oddio… non lo amo più!” – singhiozzò lei, girandosi a faccia in giù e sfondando la faccia nel cuscino.









“Premesso che la tua è una scelta più che azzeccata…” – esordì Daphne, facendola sorridere. – “… come mai solo adesso?”
“Diciamo che dovevano smuoversi certe situazioni.”
“E si sono smosse?”
“Se sono qui…” – fece lei, con una scrollata di spalle.

Da lontano, Ron Weasley stava ascoltando distrattamente Lavanda, che lo stava stressando su alcuni abiti che aveva visto a Hogsmeade quel pomeriggio mentre faceva gli ultimi acquisti, ma in realtà guardava Hermione e l’orrenda scelta del suo costume.
Stava ghignando.
Certo, l’attenzione l’aveva catturata, ma per fortuna da giovedì avrebbe ripreso le buone vecchie abitudini.
Poco distante da lui, un ragazzo che assomigliava incredibilmente a un attore babbano che aveva fatto un film sugli elfi, stava pensando le stesse cose.

Anche se Orlando Bloom – l’originale – era decisamente meglio di quella copia malriuscita di Harry-Stronzissimo-Potter.









La realtà si era abbattuta si Ginny come un tornado.
Non solo aveva capito che Harry non era più il ragazzo che faceva per lei, ma le immagini che le affollavano il cervello continuavano a rimandarla alle sue ripetizioni di Pozioni con Blaise, alle risate che si faceva con lui, al suo rendimento notevolmente migliorato, ma anche notevolmente peggiorato da quando faceva coppia fissa con Harry, sia fuori che dentro alle lezioni.
E la Stanza delle Necessità.
Quando era scappata via da Harry era corsa al settimo piano per cercare un po’ di ristoro e la stanza le aveva riproposto l’esatto arredamento di quando lei e il moro si rifugiavano lì per le loro lezioni.
Era di quello che aveva veramente bisogno per stare bene? Di Blaise Zabini?
Il volto arrossato riemerse dalle pieghe del cuscino e con la mente andò al momento in cui aveva sentito Hermione e Albert parlare di ciò che aveva portato la riccia a volersi separare anche da Ginevra Weasley.

“Hermione, ti rendi conto che ti stai comportando male con la tua amica? Sbaglio o è stata l’unica a restarti vicina quando Potter e quell’altro ti hanno girato il culo?”
Hermione chiuse di scatto il libro e raccolse velocemente le sue cose.

Quelle parole continuavano a rimbombarle nelle orecchie, mentre cercava di mettere più distanza possibile tra sé e la sua ottusità.
Come aveva potuto comportarsi in quel modo? Lei che aveva giurato che sarebbe rimasta accanto a Hermione qualsiasi cosa le fosse successa, si era scavata la fossa con le proprie mani!
Ma sapeva di meritare quelle parole: per quanto dolorose, per quanto pungenti o per quanto cariche di disprezzo esse potessero essere, Ginny sapeva che Hermione aveva pieno diritto di pronunciarle. Un po’ le aveva fatto piacere che Albert si fosse messo in mezzo per difenderla, ma la stilettata finale la riportò con i piedi a terra.

“Proprio perché mi è rimasta vicina, pensavo che fosse diversa dagli altri due. Invece si è dimostrata peggio di loro!”

Dire a Harry che avevano tentato di avvisarlo, ma che il gufo si era perso! Che ridicolaggine! E come poteva pretendere che non saltasse fuori questa colossale stronzata?
Aveva girato l’angolo ed era andata a sbattere contro qualcuno.
Senza farlo apposta, Harry.
Con lui, ultimamente, erano sempre scontri più che incontri.
Cercò conforto nelle sue braccia e nelle sue parole, ricevendo ulteriori batoste in cambio.

“… non… non lo farà… sappiamo com’è fatta e…”
“Perché? Tu lo sai?”
“Come?”
“Guarda come ci ha trattati!” – disse lui con foga. – “Nemmeno fossimo pezze da piedi!”
“Harry!” – disse lei, allucinata. – “Ce le siamo meritate!”
“Forse, ma tu hai avuto il coraggio di perdonarci! Hermione, invece? Non fa altro che darci addosso! Da quando ha saputo di essere diventata una purosangue è cambiata!”

Non era Hermione a essere cambiata, ma loro. Lei era rimasta sempre la stessa, erano loro che dal giorno alla notte si erano messi a fare discorsi senza senso e a proclamarsi giudice e giuria di tutto.
In quel momento, Ginny sentì qualcosa spegnersi dentro di sé, come un interruttore babbano della luce. E quell’interruttore aveva appena spento l’amore di Ginny per Harry.
D’un tratto, era diventato meno bello, meno interessante e meno… meno tutto. Sentiva di star abbracciando un estraneo che aveva il volto del Bambino Sopravvissuto.
Si ritrovò a voler scappare via, perché si sentiva soffocare. Lo spinse via da sé, ignorando la sua faccia sbigottita e tornò a correre. Le serviva un posto isolato, un posto dove sentirsi sicura almeno per un po’.
E sapeva già dove andare.
La Stanza delle Necessità mostrò la sua porta dopo nemmeno il primo giro di Ginny. Evidentemente la ragazza era così disperata e così bisognosa di avere un luogo rassicurante attorno, che l’aveva esaudita subito.
Quando entrò, sbarrò gli occhi e nuove lacrime si aggiunsero alle vecchie.

Il tavolo al centro della stanza aveva le gambe buffamente arricciate. La prima volta che l’aveva visto aveva riso come una scema fino alle lacrime, lasciando interdetto il suo compagno. Quando riuscì a calmarsi, svariati minuti dopo, vi si diresse e vi posò sopra i libri.
C’era una piccola libreria vicino alla finestra, una piccola dispensa in caso di fame e un divano comodo per riposare. Ginny immaginò che l’avrebbe usato molto spesso.
“Allora…” – disse il ragazzo. – “… dimmi cosa non va.”
Ginny lo guardò perplessa.
“Beh… niente che io sappia.” – aggiunse.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
“Intendevo a Pozioni. Cosa non ti è chiaro?”
“Oh, quello?” – chiese la rossa, gioviale. Prese posto e si sedette di fronte a lui. – “Tutto!”
Blaise Zabini, settimo anno, Serpeverde, spalmò il suo bel nasino sul tavolo, prevedendo una lunga, prolungata, infinita giornata.
“Blaise, stai bene?” – chiese lei, innocentemente, non immaginando di aver appena messo il moro in una situazione complicata.
“Come sarebbe a dire tutto?” – sbottò lui, facendola sussultare.
“Beh, quello che ho detto.” – disse.
“Oh, povero me… almeno qualcosa, qualcosina… dimmi che la sai.”
“Beh…” – iniziò Ginny, alzando gli occhi al cielo per fare mente locale. – “… so che il Bezoar è un antidoto e si trova nello stomaco delle mucche.”
“Capre.” – la corresse lui.
“Sempre a novanta stanno.” – minimizzò lei, lasciandolo basito per l’ignoranza e il doppio senso. – “Poi… la Felix Felicis ti da una sonora botta di culo. Effettivamente…” – disse, guardandolo come se avesse capito una cosa molto importante solo in quel momento. – “… non è che mi faresti delle scorte di quella pozione?”
La mascella di Blaise si sfracellò sul tavolo, mentre guardava Ginny schifosamente convinta delle proprie parole.
“No, eh?” – fece lei. – “Beh, non importa… dicevo? Ah, sì… l’Amortentia è un potente filtro d’amore, l’Asfodelo è un ingrediente del Distillato della Morte Vivente e che Piton è uno stronzo.”
Un tic di frustrazione gli prese l’occhio.
“Nient’altro?” – pigolò il moro.
“Fammi pensare… no.”
Blaise si ritrovò decisamente spaesato. Come poteva insegnare Pozioni a Ginny se questa non aveva nemmeno le basi?
“D’accordo. Iniziamo dal principio.” – sorrise divertito nel vedere la ragazza prendere piuma, pergamena e calamaio e guardarlo in attesa che iniziasse la lezione. – “Preparare una pozione è come preparare da mangiare.”
“… da mangiare.” – scrisse Ginny. Si bloccò e lo guardò in faccia. – “Come da mangiare?” – chiese, perplessa.
“Eh: da mangiare.”
Ginny rilesse la pergamena, come se non si fidasse delle parole del moro.
“Perché?”
“Cosa fa tua madre quando prepara da mangiare?”
“Cucina.”
Blaise represse una bestemmia.
“Sì, certo. Oltre a quello?”
“Certo che se fossi un po’ più preciso…”
“D’accordo… tua madre deve preparare il pollo arrosto. Cosa fa?”
“Prende il pollo e lo cucina.”
Una lacrima invisibile solcò il viso di Blaise.
“Ginevra, concentrati. So anch’io che il pollo va cucinato, ma ci metterà degli aromi o che so io?”
“Oh, sì! Certo! Tante spezie!”
“Perfetto. Che altro?”
“Un goccio di vino bianco.”
“Che spezie usa?”
“Oh, un po’ di tutto: salvia, rosmarino, timo…”
“E cosa sono? E non mi dire spezie, che lo so da me.” – disse, anticipando la sua risposta.
“E che ne so? Saranno ingredienti, no?”
Blaise la guardò con un sorriso sadico, mentre lei lentamente – mooooolto lentamente – capiva.
“Oh…” – fece, stupita.
“E a Pozioni cosa usi?”
“Gli ingredienti.” – disse, timidamente, imbarazzata da tale figura di merda.
“Appurato ciò, preparare una pozione è molto semplice. Come in cucina, servono gli ingredienti e le giuste dosi, altrimenti si rovina il composto.”
Ginny scrisse parola dopo parola, sorprendendosi di come Pozioni potesse essere letta in chiave culinaria e risultando, in effetti, molto più semplice.
“Poi?”
“Poi bisogna saperli lavorare con cura. La pozione più semplice è la…”

Ginny tornò con i piedi per terra.
Sorrise nel ricordare la figuraccia che aveva fatto con Blaise, dando dimostrazione di quanto ingenua potesse essere, ma si era divertita tanto. Aveva immaginato di buttare carote al posto dell’asfodelo, cipolle al posto di ali di fata tritate o timo al posto delle unghie di draco spinato.
Aveva imparato molto in quel modo e quando doveva fare una verifica o un’interrogazione, si preparava in modo diverso. Invece di scrivere “Pozione” e il nome, scriveva “Ricetta” e il nome della pozione. Più sotto, gli ingredienti e poi la preparazione, con tanto di “tempo di cottura”. Notò che le veniva estremamente più facile e aveva continuato con quel sistema.

Anche con Blaise era andato – tornato – tutto a puttane. Non le parlava più, a malapena la salutava e non riuscì a collegare quell’atteggiamento all’inizio della sua relazione con Harry.
A volte, era proprio ingenua.
Però, la cosa che più le diede da pensare, era che Blaise le mancava.
Terribilmente.

Sdraiata nel suo letto, in lacrime, Ginny si chiese con che diritto il moro si era preso un posto che pensava sarebbe stato sempre di Harry, ma soprattutto… quando?
La prima volta che si erano parlati senza scannarsi? Quando si era ritrovata in quel parchetto con lui? Quando l’aveva aiutata con barista, quando, accidenti?
Più ci pensava e meno sapeva darsi una data o un momento preciso. Le immagini si accavallavano sulle altre e i contorni diventavano sfocati.
Ma il volto di Blaise era sempre un punto fisso.
“E adesso che faccio?”- si chiese disperata la rossa.









Hermione si stava divertendo.
Per la prima volta la perfetta Caposcuola Hermione Preston si stava divertendo a uno di quegli avvenimenti che un tempo l’avrebbero vista preferire la biblioteca alla Sala Grande. Si era portata in mezzo alla sala e aveva ballato con suo fratello. Non sapeva se i passi che faceva erano corretti, ma né Albert né nessun altro presente in quella sala stava facendo caso a lei e a quello che faceva.
L’euforia era alle stelle.

Sarà una Serpeverde.
Ha espressamente fatto richiesta di cambiare casa. Vuole tagliare i ponti con il passato e vuole iniziare con la casa nella quale è stata smistata all’inizio di Hogwarts.
Non so cosa provare. Sono a dir poco sconvolto. Vederla sulla soglia del portone con una nostra divisa addosso me l’ha fatta vedere sotto un altro aspetto. Non saprei nemmeno dire quale, ma ho avvertito un cambiamento in me quando Albert ci ha detto che Hermione Granger era in realtà Hermione Preston, la sorella scomparsa a due giorni dalla nascita e ho avvertito un altro cambiamento quando l’ho vista con quella divisa addosso.
Tutto in lei risaltava. Ha usato l’argento sugli occhi, rendendoli più profondi e brillanti e… Merlino mi perdoni per il pensiero che mi ha attraversato il cervello… ma avrei voluto baciarla.
Sono sbagliato.
Non c’è altra soluzione. Sono un essere totalmente sbagliato, perché io per primo so che non è normale detestare una persona che ho creduto per anni essermi inferiore in tutto e poi fare questo genere di pensieri sempre su di lei. Non riesco a scindere il cuore dalla mente, perché se fino a poco tempo fa riuscivo a farli andare d’accordo, adesso so che dovrò fare una scelta molto difficile.
E per come mi conosco, sarà paradossalmente quella più facile.

Mi sento i suoi occhi addosso.
È tutta la sera che mi guarda, che mi studia, che cerca di capire se il mio è solo un capriccio o una reale necessità. Cerco di non cascarci e guardarlo a mia volta, ma sento che se non lo faccio sarebbe come indossare una maglietta al rovescio: ti sta, ma veste male addosso, con il risultato che ogni movimento risulta impacciato.
Ecco, mi sento come una maglietta rovescia e se non lo guardo, non mi raddrizzerò mai.

Quando Hermione cedette all’impulso di guardare Draco Malfoy, questo si era appena girato e aveva sorriso all’indirizzo di una ragazza, che succhiava la sua cannuccia nella volgare imitazione di qualcos’altro.
Schifata e delusa, abbassò lo sguardo. Cosa pretendeva? Che ora che era diventata una purosangue sarebbe diventata anche più carina?
E carina per chi? Per uno che aveva smesso di insultarla solo perché aveva saputo delle sue vere origini? Quel solo pensiero avrebbe dovuto bastarle per farle capire che Draco Malfoy era una persona con cui non voleva averci niente a che fare, ma perché allora continuava a sperare che i loro sguardi s’incrociassero?

Draco si girò.
Qualcosa gli stava perforando la nuca e sapeva che qualcuno lo stava fissando intensamente.
Si girò, ma non vide nessuno.
Hermione si era girata a sua volta.




La festa fu, come al solito, un tripudio di felicità, colori, musica e decorazioni. Perfino Silente vi aveva partecipato e andava a ritmo di musica spostando il corpo a destra e a sinistra battendo in contemporanea le mani.
Un’immagine non molto edificante per un uomo del suo calibro…
Il coprifuoco fu stanziato, con sommo stupore del corpo studenti, alle cinque del mattino. Molti abbandonarono la festa verso le quattro-quattro e mezza, ma non Hermione e il suo nuovo gruppo.
Erano rimasti a chiacchierare in Sala Grande, seduti dove in teoria dovrebbe esserci stato il loro tavolo. La Sala Grande era ridotta a un porcile ma Hermione sapeva che nel giro di breve una squadra di elfi avrebbe rimesso tutto a posto.
Così come…

“Ragazzi, spostatevi.” – fece Hermione, allontanandosi dalla sua sedia.
“Perché?” – chiese Theo, sorpreso.
“Allontanatevi e lo vedrete.”
Obbedienti, i ragazzi si allontanarono dal loro angolo, ringraziando Merlino e tutta la sua progenie. Dal fondo della sala era partito come un razzo un tavolo, che arrivò fino a toccare quasi quello dei professori.
“Ma che diavolo…” – iniziò Albert.
“Dopo ogni festa, i tavoli riprendono la loro posizione.” – spiegò Hermione, notando come si stessero imbandendo con le tovagliette, i bicchieri e le posate. – “Partono dal fondo della sala fino a tornare al solito posto.”
Sapeva anche quello?!?
“Beh, molto istruttivo…” – fece Daphne, mostrando la sua dentatura perfetta. – “Ma io me ne vado a letto. Tu dove dormi?” – chiese a Hermione.
“Nella mia camera, ovviamente.”
“Sì, ma a Grifondoro o a Serpeverde?” – chiese Pansy.
“Grifondoro. Silente provvederà a spostare le mie cose giovedì.”
“Ancora non ci credo…” – fece Albert. – “Allora dormiamo insieme!” – disse tutto gioviale.
“No, scusami…” – fece lei, fintamente contrita. – “Di notte dormo nuda.”
Tutti gli sguardi si calamitarono su di lei.
“Stavo scherzando…” – disse ridendo. – “Se ti va, mi farebbe piacere.” – disse, cercando di non arrossire indecentemente.
“Ok, quando vuoi. Ragazzi, io vado a letto.”
Tutti, più o meno, dissero la stessa cosa.
“Io arrivo subito.” – disse Hermione.
I presenti la salutarono decisamente troppo assonnati per chiederle cos’avesse da fare e alla fine la lasciarono da sola. Beh, non propriamente da sola.
“Tu non vai?” – chiese, imbarazzata.
Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei e scosse la testa.
“Ormai è giorno. Andare a letto adesso significherebbe svegliarsi rincoglioniti.”
“E per te ci sarebbe differenza?” – chiese innocentemente.
Lo sguardo di lui s’infiammò d’indignazione, ma si placò subito quando la vide abbassare lo sguardo, cercando di trattenere quella risata che sembrava farle ridere anche il sedere.
“Ma che spiritosa…” – fece lui, fintamente accondiscendente.
“Grazie.” – fece lei, chinando la testa.
“Dove vai?” – si pentì amaramente della domanda, tanto da mordersi la punta della lingua. Con che diritto si poteva impicciare degli affari suoi?
Hermione sembrò pensarci su, come se non sapesse se dirlo sarebbe stata la cosa giusta.
“Se ti porto in un posto…” – iniziò lei, sorprendendolo. – “Prometti che lo dici a nessuno?”
“Ok…”









Note di me:

Punto numero uno: Smistamento effettuato.
Per chi non ci sperava più, voglio solo dire una cosa: abbiate un po’ più di fiducia. Penso sia ovvio, ma è meglio specificarlo, che non si sa mai. Hermione è andata da Silente il giorno stesso del ballo, perché voleva affrontare quel cambiamento il più in fretta possibile. Aveva già preso la sua decisione e rimandarla a dopo il ballo sarebbe stato inutile. Non pensate che ci siano stati flashback o altro. Silente ha solo posto il Cappello Parlante sulla capocchia di Hermione e questo l’ha smistata.
Nessuno smistamento pubblico, per chi ci sperava.

Punto numero due: Ginny.
Dunque, qua si stanno aprendo le cosiddette acque. Nel precedente capitolo abbiamo visto l’amore di Ginny per Harry iniziare a sgretolarsi, mentre in questo capitolo si è proprio spaccato.
E sta finalmente iniziando a guardare verso l’orizzonte verde-argento. Ovviamente, ancora non sa dei sentimenti di Blaise nei suoi confronti, ma sa che per lei il moro sta iniziando a prendere il posto del Sopravvissuto come molte di voi – tutte – stavano sperando.
L’ho riabilitata un po’ ai vostri occhi?
*me fiduciosa*

Punto numero tre: Blaise.
Ora che Ginny si è finalmente resa conto che Harry è una merdaccia e che Blaise non le è indifferente, il moro si fidanza – per finta – con Candice Duvalle. Come avrete capito, non è un vero e proprio fidanzamento, ma un modo che hanno i due ragazzi di sostenersi in una situazione che li accomuna. Sperano di trovare forza l’uno nell’altro per superare quel loro momento no.

Punto numero quattro: Albert.
Il mio cipollino avrà finalmente la sorella tutta per sé. Hermione ha tagliato i ponti con Grifondoro e scommetto le palle che non ho che non farà nemmeno niente per farla riavvicinare a quella casa.
Poi magari mi sbaglio…
*fa la gnorri*

Punto numero cinque, ma non meno importante, anzi: Draco.
Dal mio punto di vista siamo ancora nell’IC, ma sono proprio al limite. Più avanti, vi ricordo, subentrerà l’OCCC (Oh Cazzo Che Cambiamenti) e vi dico fin da subito che mi dispiace, ma spero comunque che vogliate continuare a seguirmi con la stessa frequentazione.
Quando ha saputo di Hermione, che era la sorella di Albert, Draco ha iniziato a vederla con occhi diversi. Averla vista anche con la divisa di Serpeverde è un’aggiunta a quello sguardo mentale diverso che Draco le ha riservato.

Punto numero sei, vincolato al cinque: Hermione.
Per chi aveva buttato lì l’ipotesi che Hermione vestisse con una divisa di Serpeverde a voi va il mio più sentito BRAVISSIMI! È davvero bello vedere che state iniziando a ragionare con la mia mente – anche se non capisco se sia un bene per voi e la vostra sanità mentale. Hermione si sta divertendo e inizia una ricerca di sguardi con Draco, ma sembra che non siano ancora sulla stessa lunghezza d’onda.
E alla fine decide di portarlo in un posto.
Dove?
Sono aperte le scommesse.

Per il momento vi lascio a rimuginare su questo capitolo e sul prossimo spoiler.

“Mi ritieni tanto diverso da te, Hermione?” – le sussurrò all’orecchio.
“Non lo so…” – sussurrò lei, mentre il primo raggio di luce colpì i volti dei due giovani.
“Sì che lo sai. Tu sai sempre tutto.”
Non lo avvertì come un insulto, bensì come un incitamento a cercare di capire.
“Io e te facciamo esattamente quello che gli altri si aspettano da noi.”

Besos!

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Capitolo 19
*** Patti chiari e amicizia lunga ***


19 - Patti chiari e amicizia lunga Bentornate, signore.
Sono felice che il capitolo scorso abbia riscosso successo per il tanto agognato smistamento di Hermione. Spero che anche questo riceva le medesime attenzioni, visto che i personaggi principali saranno proprio Draco e Hermione.
In questo capitolo troveremo un Draco molto lambiccoso e che tornerà con la memoria, dopo un incontro/scontro con Hermione nel posto dove lei lo ha portato alla fine del ballo, alla sua infanzia.
Spero piaccia.
Un bacio e buona lettura.

P.S.: Voglio ringraziare:
stefy494, ErinMalfoy, hermion12, nemy1990 e laura malfoy per aver commentato il mio ultimo parto.

CecileBlack e Tinotina per aver segnalato Verità Nascoste per le Scelte.
Mi sembrava doveroso.

Di nuovo, buona lettura.









VERITA’ NASCOSTE
PATTI CHIARI E AMICIZIA LUNGA

Draco si ritrovò a seguire Hermione che lo stava conducendo verso la Torre di Astronomia. Non era il posto giusto per lui, perché su quella torre aveva rischiato di compromettere definitivamente la sua anima. Fortunatamente  l’intervento di Piton lo aveva, ancora una volta, salvato. Più di così non poteva avanzare.
Si bloccò sull’ultimo gradino.
Hermione aprì la porta ma quando si rese conto che lui non era più dietro di lei, si girò.
“Qualcosa non va?” – chiese lei.
Draco guardò insistentemente la porta. Era insolitamente pallido. Hermione si girò e capì a cosa stesse pensando.
“Non posso… è meglio se vai da sola.” – si girò, ma lei scese quei pochi scalini che la separavano da lui e lo fermò per un braccio.
Draco si girò di scatto e se la trovò vicina.
Troppo.
“Il passato va sepolto.” – gli disse, memore delle parole di Blaise. Glielo sussurrò a pochi centimetri dalle labbra e quel fiato caldo, che sapeva di limone e zucchero, le sembrò la speranza che stava da tempo cercando.
Parlava sottovoce, come se temesse di spezzare l’incantesimo.
“Potrei dire lo stesso di te.” – rispose Draco, inghiottendo a vuoto e il cuore a mille.
“Io sto… aspettando qualcuno che mi possa aiutare.”

Quel gioco di sguardi sembrò interminabile. Sbattevano raramente le palpebre per non perdersi nulla di quel momento.

“Hai… Albert…” – disse lui.
“Albert è… troppo…”
“Cosa?” – chiese subito il ragazzo.
“… coinvolto.”
“Coinvolto.” – ripeté Draco.
“Coinvolto.” – confermò Hermione.

I loro visi si fecero sempre più vicini. Potevano benissimo percepire le punte dei due nasi sfiorarsi di poco. Fu Hermione a riprendersi.

“Scusa!” – urlò, scattando all’indietro. Quasi cadde con il sedere sugli scalini.
La magia finì e Draco riprese possesso delle sue facoltà. Arretrò anche lui di qualche passo, finendo un paio di scalini più sotto, sconvolto per quello che stava per accadere se lei non se ne fosse accorta in tempo.
“S-scusa… non… non volevo.”
“Non è successo niente, no?” – chiese lui, con finta ovvietà, mentre dentro tremava tutto.
“Certo, certo.” – si affrettò a dire lei. Si girò velocemente. – “Allora? Vieni o preferisci tornare indietro?”
Guardi avanti o resti attaccato al passato?
Dopo un attimo di indecisione, Draco varcò la soglia della Torre di Astronomia.

Era esattamente come l’ultima volta che l’aveva lasciata. Vedeva ancora Silente in ginocchio, a pregarlo di farsi aiutare e vedeva se stesso, con la mano che tremava convulsamente, perché anche se non aveva mai sopportato quel vecchio, lui rappresentava una stabilità, la sicurezza che dentro Hogwarts non poteva accadere – accadergli – niente di brutto.
“Ucciderà la mia famiglia!”
Aveva urlato. Aveva anche voglia di piangere.
Poi era entrato Piton e aveva mostrato quel coraggio per il quale Voldemort aveva elargito grandi complimenti a lui e le peggiori infamie a Lucius per quel figlio inutile.

Un movimento improvviso lo fece tornare con i piedi per terra.
Pur di non guardarlo in faccia, Hermione si era messa a sistemare i cuscini, mentre Draco ora la guardava, imbarazzatissima. Anche lui non stava messo meglio. Se ripensava a ciò che stava per accadere, gli si contorcevano ancora le budella. Cristo!, stavano per baciarsi!

Ma che diavolo mi è preso, si può sapere?
Draco Malfoy!, ma non ne ho altri con cui andare a impegolarmi? Con tutti gli anni passati a odiarci, com’è possibile che sia cambiato tutto solo per il mio cognome?
Allora è vero? Malfoy guarda soltanto quelle cose lì? Io sono la stessa Hermione di prima, ho solo cambiato cognome. Allora perché se prima gli facevo venire la pelle d’oca per il ribrezzo, adesso sembra fare di tutto per cercare un contatto con me?

L’imbarazzo che l’aveva colta fino a quel momento stava iniziando a dissiparsi, mentre un leggero pizzicore all’altezza del cuore era la prima l’avvisaglia che qualcosa di più forte stava entrando in gioco: la rabbia.
I suoi movimenti, infatti, da impacciati e goffi, divennero ben presto stizziti e scattosi.
E Draco se ne accorse.
“Problemi?” – chiese lui.
Hermione si girò verso di lui, ma poi tornò a guardare quei cuscini che sembravano decisamente più interessanti di lui.
“No.”
“Sul serio?”
La ragazza lo fulminò con lo sguardo.
“No perché stai massacrando quei cuscini che non ti hanno fatto niente.”
Sapeva che Malfoy aveva ragione ma ovviamente non lo avrebbe mai ammesso, così come smettere all’istante di torturare quei guanciali, ne fu la conferma.
Non aveva voglia di fingere che così non fosse, così cercò di calmarsi e gettò a terra il cuscino che aveva tra le mani. Si diresse alla finestra e guardò l’orizzonte.
Mancava poco, ormai…
“Preston?” – insistette lui.
Hermione si girò.
Forse non era il momento adatto, forse era solo stanca e ogni pretesto era buono per litigare, forse il quasi-bacio di  prima era l’input che le mancava, o forse, era una cosa che voleva togliersi dai denti fin dall’inizio.
Draco socchiuse gli occhi: il contrasto tra il chiarore del cielo e il buio della stanza gli impedirono di mettere bene a fuoco la figura della ragazza.
“Ti è bastato così poco?” – chiese lei.
Draco non capì subito a cosa si riferisse. Il suo sguardo confuso dovette averle dato molto fastidio, perché la vide accigliarsi di più.
“Sto parlando di me, Malfoy.” – spiegò Hermione.
Pian piano, il ragazzo sembrò capire.
E abbassò di poco lo sguardo.
Hermione rifletté molto su quel gesto: il Malfoy che conosceva lei, non lo avrebbe mai fatto. L’avrebbe fronteggiata pur sapendo di essere nel torto.
Allora chi era il ragazzo che le stava di fronte? Malfoy era così camaleontico… un momento prima è come un libro aperto, l’attimo successivo, diventa un Cubo di Rubik.
Stargli dietro era sfiancante ed eccitante allo stesso tempo: doverlo leggere, tradurlo e infine capirlo, era un’impresa che non in molti avrebbero affrontato. E lei amava le sfide, conoscere l’ignoto, portare luce nel buio.
E Malfoy era nero come la pece.
Ma allo stesso tempo non era una sciocca: non aveva dimenticato gli anni spesi a insultarsi e lei doveva sapere, prima di imbarcarsi in un’impresa che non sapeva se avrebbe portato giovamento in entrambi, se ne sarebbe valsa la pena.




Draco rialzò gli occhi. No, non era ancora arrivato per lui il momento di parlarne. Non era pronto per affrontare se stesso, e distruggere quell’unico frammento di rispetto che era rimasto per il padre, dopo che si era staccato da Voldemort durante la guerra, per dargliela vinta.
Così, decise di comportarsi come sempre, decise, che la sua miglior difesa, ancora una volta, sarebbe stata l’attacco.
“Egocentrica da mezzosangue, egocentrica da purosangue. Non sei cambiata poi molto, Preston.”
Hermione serrò la mascella.
“Hai centrato esattamente il punto, Malfoy. Io non sono cambiata.”
Capì di aver commesso un imperdonabile errore, perché l’implicito significato di quella frase era così chiaro come se glielo avessero sputato in faccia.
“Qualcuno però sì.”
Draco stava per ribattere, ma lei fu più veloce.
“Un qualcuno a cui è bastato che io cambiassi cognome, per cambiare a sua volta. Ti viene per caso in mente qualcuno che somigli a questa descrizione, Draco?” – calcò volutamente il suo nome.
Era partita con la migliore intenzione di avere un dialogo pacifico nonostante la rabbia iniziale, a tentare veramente di cercare di comprendere il ragazzo che le stava davanti dopo la chiacchierata con suo fratello che non aveva dimenticato, ma quel suo attacco frontale era stato inatteso e l’aveva trovata leggermente impreparata.
Ovviamente, lei era la studentessa più brava di tutta Hogwarts e il suo sangue freddo aveva salvato il culo di Harry Potter e Ron Weasley più volte, quindi era ovvio che, stupore iniziale a parte, aveva ritrovato subito il suo famigerato autocontrollo.
Doveva essere pronta.
In ogni senso.
Sempre.
Il ragazzo cercò di elaborare il più in fretta possibile una risposta che lo facesse uscire dal pantano in cui si era ficcato da solo. Così decise di usare l’onestà per i suoi scopi.
“E cos’avrei dovuto fare, scusa?” – chiese, con finto interesse. – “Continuare a chiamarti mezzosangue o Granger? Guarda che non mi ci va molto, sai?”
“Oh, non ti preoccupare…” – fece lei, con gli occhi lucidi. – “So bene quanto sei bravo a fare del male alle persone, senza che queste ti abbiano fatto realmente qualcosa.”
Il biondo serrò la mascella. Poi, l’illuminazione.
“Se non erro… non sono stato l’unico a cercare un contatto con te. Le serre, il tavolo della Sprite, Pozioni… continuo?”
“E cos’altro dovevo fare?” – sbottò lei. – “Se non ti avessi dato una possibilità, avresti fatto passare me per quella che non vuole la cooperazione tra le case, una cosa che Silente vuole tantissimo!”
Draco la guardò impassibile. Poi iniziò a ridere, ma quella risata non arrivò mai ai suoi occhi. Si avvicinò a lei, applaudendola.
“E te ne stai lì a fare la predica a me? Ma non senti quanto le tue parole siano quelle di un’ipocrita?”
Hermione non ci pensò un attimo. Alzò il braccio per schiaffeggiarlo, ma anche lui era diventato pronto. Una volta passi, due no. Le bloccò il polso a mezz’aria, ma non lo strinse con violenza. Si limitò a trattenerglielo.
“Così tu lo avresti fatto solo per non intaccare la tua anima di buona samaritana e perché Silente lo vuole. Posso sapere se di tuo c’è stato qualcosa in questo nostro… come possiamo definirlo?… incontro?”
Hermione si zittì. Cazzo…
Draco sentì il polso di lei affievolirsi nella sua mano.
“Io dico di no.”
Stavolta, fu Hermione ad abbassare lo sguardo. Draco mollò la presa sul polso della ragazza così velocemente, che il suo braccio stava per cadere lungo il fianco. Il ragazzo serrò di nuovo la presa, arrivando a stringerle la mano.
Eppure, non era arrabbiato. Semplicemente grazie a quel piccolo scambio di battute, aveva capito che lui e la Preston non erano poi così diversi.
Hermione sentì la sua mano in quella di Draco, ma non riuscì a rialzare lo sguardo. Si sentiva colpita e affondata. Draco accompagnò il braccio di Hermione lungo il fianco, ma non lasciò mai la sua mano.
“Guardami.”
Lo sguardo di Hermione, invece, continuò a tenere lo sguardo basso, arrivando a posarlo sulle loro mani.
“Guardami Hermione.”
Quel suo nome fu un richiamo. Alzò di scatto la testa, come se fino a quel momento fosse stata trattenuta da un filo che al suo nome si era spezzato.
Hermione non trovò rabbia nel suo sguardo, stizza o quant’altro. Era come se Draco volesse insegnarle qualcosa. La prese per le spalle con entrambe le mani e la girò verso la finestra.
Il sole stava sorgendo.
“Mi ritieni tanto diverso da te, Hermione?” – le sussurrò all’orecchio.
“Non lo so…” – sussurrò lei, mentre il primo raggio di luce colpì i volti dei due giovani.
“Sì che lo sai. Tu sai sempre tutto.”
Non lo avvertì come un insulto, bensì come un incoraggiamento a cercare di capire.
“Io e te facciamo esattamente quello che gli altri si aspettano da noi.”
Quando Draco levò le mani dalle sue spalle, per Hermione fu come se, invece di levarsi, un peso insostenibile si fosse appena appoggiato su di esse. Il ragazzo lasciò la stanza e se ne tornò al suo dormitorio.
Il sole sorse in quel momento.




Alla fine non ce l’aveva fatta.
Il suo scopo era quello di ferirla, per evitare che quella cosa andasse troppo avanti, ma non ce l’aveva fatta. Non quando l’aveva vista abbassare lo sguardo, comprendendo così di aver sbagliato.
Non era più il Draco di una volta, perché era sicuro che un tempo non avrebbe esitato a infierire, ma ora il suo stato d’animo era mutato. E, con esso, il metodo di approccio.




Erano passati appena tre mesi dalla scarcerazione di Lucius quell’estate, e sebbene una parte di Draco gioisse di quella liberazione, l’altra, quella che racchiudeva il suo essere figlio, piangeva e soffriva, perché nonostante tutti gli errori commessi, l’odio provato verso quell’uomo che lo aveva obbligato a scelte imposte – simpatico ossimoro – era svanito nel momento in cui lui e sua madre, mentre imperversava la battaglia a scuola, avevano abbandonato tutto e tutti e si erano gettati alla sua ricerca.
Gli era mancato il fiato per un attimo, quando aveva visto quegli occhi, quegli occhi così simili ai suoi, cercare la sua figura con l’angoscia di chi non sa se la troverà ancora in piedi o riversa a terra con gli occhi spalancati.
E sentì la terra franargli sotto i piedi, tanto che dovette aggrapparsi alla prima cosa che trovò per non rovinare a terra, quando i loro occhi s’incrociarono per un istante.
L’istante in cui Draco comprese.
Fu come leggergli i pensieri, ma senza la Legilimanzia.
Il suo sollievo parlò per lui. Draco vide suo padre strattonare sua madre in un gesto che non si sarebbe mai addetto a un Malfoy del calibro di Lucius e trascinarla verso il figlio.
L’abbraccio mise la parola fine a quell’incubo.
Spesso si chiedeva se aveva perdonato veramente suo padre. C’erano ancora dei momenti in cui ripensava al passato, ai suoi gesti compiuti, a quelli mancati, a un affetto che credeva di non aver mai ricevuto. E allora l’odio ricominciava.
Ricominciava, ma veniva prontamente spazzato via da quel ricordo, da quell’unico ricordo che aveva il potere di cancellare anni di soprusi e violenze psicologiche e fisiche.
Era stanco, Draco.
Stanco di sentirsi sempre diviso a metà, stanco di non saper nemmeno cosa fosse giusto provare in quel momento, stanco di non riuscire a decidersi se continuare a odiare o lasciar posto al perdono. Gli era sempre stato detto cosa dire, come comportarsi, come affrontare le situazioni, perfino cosa provare in una determinata circostanza!, e ora, sprovvisto di quella guida, si sentiva come un naufrago in balia della tempesta.
Poi, era arrivata la scarcerazione, così inaspettata che lo aveva lasciato scosso per tre giorni buoni. Sua madre, invece, shock iniziale a parte, si era ripresa e aveva fatto di tutto affinché suo marito venisse accolto con tutti gli onori possibili. Aveva fatto ripulire il Manor da cima a fondo e aveva levato quei tendoni che impedivano alla luce di entrare quando il Lord Oscuro aveva fatto di Malfoy Manor la sua roccaforte. Draco guardava sua madre correre da una parte all’altra delle stanze, gioiosa e apprensiva come una bambina che vuol fare bella figura con il suo papà. Non l’aveva mai vista così radiosa e accettò il ritorno di suo padre solo ed esclusivamente per lei.
Poi, era tornato.

Aveva varcato la porta di Malfoy Manor, spalancandola. Era irriconoscibile: i capelli erano eccessivamente lunghi, la barba era incolta e i suoi vestiti, ancora quelli della battaglia, erano ridotti a brandelli.
Narcissa non notò quei dettagli: vide solo suo marito entrare dalla porta di casa e guardarsi intorno, come se cercasse qualcosa di familiare. Il calore dell’abbraccio della moglie gli aveva, per un momento, fatto capire di essere giunto a destinazione.
Draco se n’era rimasto in disparte. Pur sapendo che nulla sarebbe cambiato per lui, che avrebbe dovuto sottostare nuovamente ai suoi dettami, il ragazzo era contento del suo ritorno e una parte di lui, molto piccola, lo faceva rimanere in disparte proprio per far vedere a quel genitore che durante la sua assenza non si era lasciato andare a se stesso, che aveva tenuto duro anche per la madre, che aveva sempre e comunque cercato di seguire ciò che Lucius gli aveva insegnato.
Gli occhi dell’uomo vagarono alla ricerca di un’altra persona, trovandola a qualche metro di distanza. Draco irrigidì ancora di più la postura. Serrò le labbra per impedire loro di tremare, quando lo vide dirigersi verso di lui.
Subito pensò di aver fatto qualcosa di sbagliato e che avrebbe preso uno schiaffo per la sua incapacità.
Ma Lucius era cambiato in un modo che Draco poteva minimamente immaginare.
Andò da lui non per punirlo, non per sottolineare la sua incapacità.
“Seguimi.” – fu la richiesta del padre.
Il bambino dentro di lui, si era aspettato un abbraccio come quello dato alla madre. Chinò il capo, oppresso da quel senso di estraneità familiare che da troppo tempo lo stava logorando e, nuovamente, si apprestò a seguire il genitore.
Venne condotto nel suo studio, quello in cui il bambino aveva imparato le prime nozioni di pozioni e quello in cui il ragazzo aveva imparato la disciplina a suon di frustate.
Entrati, Lucius andò a sedersi sulla sua poltrona, si buttò contro lo schienale e chiuse gli occhi. Si vedeva lontano un chilometro che era sfinito.
Draco però rimase in piedi, attendendo un suo cenno. Teneva una mano chiusa a pugno dietro la schiena e una sullo schienale della sedia. L’uomo aprì gli occhi e guardò il figlio. Ancora non disse niente.

“Draco, vieni qui.”
Il bambino aveva su per giù quattro anni – e mezzo, lo specificava sempre – e si era diretto sgambettando dal genitore che lo aveva preso in braccio per farlo sedere sulle sue gambe. A Draco sembrò di poter comandare il mondo. Era alto come il suo papà.
“Un giorno tutto questo sarà tuo.”
Il bambino si girò e lo guardò, con la tipica innocenza di chi vede solo un bello studio, tanti libri e un papà che sapeva tante cose.
“Un giorno, varcherai la porta di questo studio e ti siederai qui.” – Lucius lo aveva lasciato giocherellare con le sue piume, permettendogli ancora quelle piccole distrazioni, che un giorno, però, avrebbe pagato caro. – “E tutti verranno a chiederti favori.”
“Poffo chiederti una cosa, papà?”
“Dimmi.”
“Ma anche quando salò glande mi devo sedele sulle tue gambe?”
Lucius lo guardò sorpreso, ma poi si aprì in un contenuto sorriso.
“No, non ti preoccupare.” – non aveva aggiunto altro e al piccolo Draco questo bastò.

Fu strano come quel ricordo gli aveva perforato la mente in quell’attimo. Sentì gli occhi pizzicare e si schiarì la voce sommessamente.
“Draco, vieni qui.” – gli disse il padre.
Il ragazzo chiuse gli occhi e si avvicinò al genitore. Era sopraffatto da troppe emozioni e Lucius si accorse dei suoi occhi lucidi.
Glielo fece notare.
“Perdonami.” – disse con voce ferma, mentre si massaggiava gli occhi. – “Qualcosa dev’essermi entrato negli occhi. Non… non abbiamo pensato a pulire questa stanza. Se vuoi, vado a informare un elfo, affinché inizi a…”
“Draco, smettila.”
Il ragazzo serrò la mascella. Doveva uscire da lì. Quella stanza lo stava soffocando, l’aria era diventata calda e pesante. Tenne gli occhi bassi quando suo padre si alzò in piedi. Mai guardare in faccia Lucius Malfoy: era un chiaro segnale di sfida.
Draco si sentì morire quando suo padre lo abbracciò e gli sussurrò all’orecchio una semplice frase.
“Perdonami, bambino mio.”
Draco ci provò, davvero. Cercò di trattenere il pianto, ma alla fine cedette e pianse abbracciato al padre ritrovato. Caddero insieme in ginocchio e se il bambino cercava quel contatto che a lungo gli era stato negato, il genitore finalmente glielo permetteva, chiedendosi se mai, un giorno, avrebbe ottenuto il perdono del figlio.

“Serpensortia.” – disse Draco, davanti al ritratto del Barone Sanguinario.
Il ritratto si fece da parte e lasciò passare il ragazzo. Aveva speso buona parte del tragitto dalla Torre di Astronomia fino ai sotterranei a ripensare a quel momento.
Hermione non aveva fatto altro che comportarsi come gli altri si aspettavano da una “buona” come lei, così come aveva fatto lui con suo padre.




Hermione era tornata nella sua camera di Caposcuola in lacrime.
Era partita aggredendolo e lui le aveva risposto con gentilezza. Si sentiva uno straccio per quello che era successo e per quello che aveva detto e ora non sapeva come fare per farsi… perdonare?
Gli occhi sembravano volerle schizzare fuori dalle orbite, tanto erano assonnati, si svestì e s’infilò il pigiama meccanicamente e poi crollò dal sonno.
Continuando a piangere.









Quel mercoledì, giorno in cui le lezioni furono annullate per via del ballo della sera prima, Ginny decise che avrebbe parlato con Blaise. Gli avrebbe detto ciò che aveva realizzato in quel loro periodo di separazione, sperando che tornasse per lo meno a parlarle.
Gli studenti si riversarono nei corridoi come zombi risorti, pronti per fare colazione. Ginny corse per cercare di intercettarlo e quando lo vide, per poco non svenne dalla contentezza.
Per poi bloccarsi come un sasso in mezzo al corridoio.
Il moro aveva sorriso in direzione di una ragazza di Tassorosso.
L’aveva aspettata.
Le aveva circondato le spalle con un braccio.
E poi l’aveva baciata.
Sulle labbra.
E insieme si erano diretti verso la Sala Grande.
Rimase lì ferma per due minuti buoni, a farsi spingere dagli altri studenti che, troppo assonnati, le andavano a sbattere contro.
E capì che era troppo tardi.

Hermione non scese per colazione, così come per il pranzo. Si svegliò verso mezzogiorno con un mal di testa assurdo, chiedendosi addirittura dove si trovasse.
Pian piano, i ricordi tornarono, così come le lacrime. Si diede della stupida più volte per la sua impulsività. Eppure, qualcosa nelle parole di Malfoy le aveva dato la speranza che quello che avevano costruito fino a quel momento non fosse andato propriamente distrutto, che qualcosa si era salvato.
Le parole di Albert le tornarono alla mente.

“Draco chiedeva solo di essere amato dai suoi genitori. Andare contro corrente avrebbe significato per lui perdere quel poco che sapevano offrirgli.”

Smise di piangere all’istante e comprese ciò che il ragazzo le aveva detto poco prima di lasciarla da sola.

“Io e te facciamo esattamente quello che gli altri si aspettano da noi.”

Si mise a sedere di scatto sul letto, portandosi una mano sulla fronte per l’improvviso scatto.
No, si disse. Quella cosa andava cambiata.
E lei voleva conoscere il vero Draco.




Il biondo in questione stava tranquillamente pranzando con gli altri zombi, sembrando, all’apparenza, l’unico sano di mente e di corpo.
Albert leggeva la Gazzetta del Profeta, nonostante l’ora tarda, vivisezionando il suo pasticcio di carne perché molto preso da un articolo sul Quidditch, Blaise stava tubando a distanza con Candy, Pansy e Daphne continuavano a sbadigliare, Theo era indeciso tra un rincoglionimento totale o un rincoglionimento parziale e lui… lui guardava il tavolo dei Polli, riuscendo solo a visualizzare la loro faccia quando, dal giorno successivo, avrebbero visto che il costume del giorno prima della Preston non sarebbe stato solo un costume.
Si sentiva bene, come non lo era da tanto tempo. Parlare con Albert, Blaise o Theo era come parlare con se stesso, nessuno riusciva a capirlo pienamente. Ma lei… lei che era come lui, nessuno avrebbe potuto capirlo meglio.
Si era svuotato con lei, le aveva fatto capire che entrambi cercavano di non deludere gli altri, le loro aspettative. Eppure, aveva come l’impressione che la Preston avrebbe impiegato un po’ per capire che lui aveva ragione e lei torto, ma non se la prese. Lui aveva passato una vita intera a sbagliare.
Un gufo planò in Sala Grande, atterrando di fronte a Draco e porgendogli la zampa. Sorpreso, il ragazzo prese il messaggio: il tempo di slegarlo dalla zampa che il rapace se ne andò. Evidentemente non aspettava la risposta.

Tra venti minuti nella Stanza delle Necessità.
Dobbiamo parlare.

Hermione Preston.

Sorpreso di quel telegramma, Draco lo lesse un paio di volte. I suoi amici, presi com’erano dai propri affari, non si erano neppure accorti che un gufo era atterrato sul loro tavolo. Il ragazzo prese il biglietto e se lo infilò in tasca.
Chissà che voleva.




Hermione camminava in cerchio dentro alla stanza. Aveva mandato il gufo a Malfoy e poi dalla guferia era volata al luogo dell’appuntamento e ora era lì che aspettava i venti minuti stabiliti, pur sapendo che sarebbe stata una vera tortura.
Continuava a guardare l’orologio, costatando che ogni volta che lo guardava, passava sempre e solo un minuto in più.
Finalmente i venti minuti scaddero e lei si aspettò di vederlo apparire da un momento all’altro, ma non accadde. Ne passarono venticinque, poi trenta, poi quaranta e alla fine arrivò ad aspettarlo per circa un’ora.
Amareggiata per quell’insuccesso, raccolse la sua felpa e fece per andarsene, quando la porta si aprì.
In totale tranquillità entrò Draco Malfoy, rimasto fuori dalla porta per almeno un’ora, ascoltando i vaneggiamenti e le imprecazioni della ragazza.
“Scusa il ritardo.” – fece lui.
Hermione chiuse le mani a pugno e se le infilò nei fianchi.
“Alla buon’ora! E’ un’ora che ti aspetto!”
“Beh, sono qui ora, no? Cosa volevi?”
Ah, la metti così quindi?, pensò lei.
La ragazza sorrise fintamente.
“Nulla. Augurarti solo una buona giornata.” – si diresse a passo di marcia verso la porta, ma lui la fermò per un braccio. – “Malfoy, lasciami.”
“Hai aspettato qui un’ora per dirmi solo questo?”
“Esatto. Ora se non ti spiace…”
“Sì, mi spiace.”
Diavolo se gli riusciva facile parlare con lei. Non riusciva a crederci.
Hermione si bloccò e rifletté sul da farsi. Effettivamente, quello che doveva dirgli era abbastanza importante, per lei, e non voleva andarsene senza averglielo detto.
Però, una piccola vendetta non ci sarebbe stata male…
Lo prese per il cravattino e lo trascinò fino al divanetto e ve lo scaraventò sopra.
“Ma… sei impazzita?” – fece lui, guardandola sgomento.
Hermione prese una sedia e si sedette di fronte a lui.
“Per un po’ di sadismo…” – fece lei, annoiata.
Draco ghignò. Quella situazione era proprio strana…
“Sadismo… mmm… parliamone.” – disse, mettendosi comodo. Gli arrivò un cuscino in faccia, che prese in tempo.
“Pervertito!” – lo rimproverò lei. – “Adesso smettila di fare il porco e ascoltami!”
Draco annuì, ma incrociò le dita dei piedi…
La vide prendere un enorme respiro e tenere lo sguardo basso.
“Per ieri sera…”
“Lascia stare.” – disse lui, giocando con il cuscino. – “Non importa.”
Hermione non sopportava quel suo menefreghismo. Certo che gli importava, altrimenti non le avrebbe parlato così solo poche ore prima!
“Sì che t’importa!” – lo investì lei.
Draco smise di giocare si sedette compostamente.
“Preston, sentimi bene…”
“No, tu ascolti me, adesso!” – urlò, piantandogli l’indice sulla punta del naso.
Draco incrociò gli occhi per guardare quel dito minacciare il suo regale nasino.
“Dio solo sa quanto mi pentirò di averti detto una cosa del genere, ma… tu ieri avevi ragione.”
Il ragazzo puntò gli occhi in quelli della ragazza, che abbassò l’indice. S’infilò le mani tra le ginocchia e continuò a parlare.
“Lo facevo solo per far contenti gli altri.”
Un po’ gli dispiacque sentire quelle cose. Forse era meglio vivere nell’illusione che la Preston lo fecesse perché lo voleva lei…
“Tutti vogliono, sperano, credono, pretendono che io faccia la cosa giusta, anche se in questo modo devo passare sopra anni e anni di umiliazioni da parte tua.”
Draco serrò la presa sul cuscino.
“Per loro è facile parlare, perché tanto non sapranno mai come ci si sente a venire etichettati come una lurida mezzosangue, per poi passare al massimo della considerazione solo per un cognome cambiato.”
Il ragazzo sospirò.
“Sinceramente… un atteggiamento simile non ti avrebbe dato fastidio se fosse capitato a te?” – lo cercò con lo sguardo.
E lo trovò.
“Suppongo di sì.” – ammise Draco.
La vide sorridere sinceramente e non ne capì il motivo.
“Immagino tu sia soddisfatta, adesso.” – disse, con tono neutro.
“Oh, non immagini quanto.” – i suoi occhi brillavano.
Draco lo prese come una sua rivincita per quello che era successo sulla Torre.
“Quindi io direi che sia il caso di iniziare a fare quello che vogliamo.”
Il ragazzo rialzò lo sguardo, confuso.
“Prego?”
“Sì, insomma… io ho deciso che farò solo quello che io mi aspetto da me stessa. Tu?”
Era a dir poco allibito.
“Cosa mi stai chiedendo?”
“Nulla. Non ti chiedo nulla. Voglio sapere se sei disposto anche tu a fare quello che ti senti tu di fare, non quello che vogliono gli altri.”

Si era lasciato andare come un bambino e anche se stava meglio, poteva solo immaginare la frustrazione di suo padre nell’apprendere che Draco non aveva capito niente, che quello era stato solo un test per metterlo alla prova.
Si staccò violentemente da lui e si asciugò gli occhi, serrando la mascella fino a spezzarsi quasi i denti. Aveva ceduto, aveva permesso alle emozioni di sopraffare un Malfoy! Si ritrasse quando sentì le mani del genitore sulla sua faccia. Aveva i pugni lungo i fianchi, serrati per l’umiliazione appena subita.
“Non… non allontanarti da me, Draco… non farlo. Non… non allontanarmi.”
Il biondo represse all’ultimo un singhiozzo che gli ferì la gola.
“Non… dovevo… piangere…” – disse, cercando di mantenere ferma la voce il più possibile.
Lucius gli afferrò il volto e obbligò il figlio a guardarlo. Draco dovette aggrapparsi alle braccia del padre per non cadere.
Lucius Malfoy stava piangendo a sua volta.
“Ti sei comportato da uomo più tu di quanto non abbia fatto io in tutti questi anni.”
Le lacrime continuarono a scorrere sul viso del giovane.
“Hai dimostrato di saper essere all’altezza di un vero Malfoy. Sono… orgoglioso di te, bambino mio.”
Draco scoppiò di nuovo a piangere tra le braccia del padre.

Ora che il passato sembrava essere veramente tale, Draco si disse che sì, poteva fare quello che realmente voleva, perché suo padre non lo avrebbe ostacolato.
Per una frazione di secondo si auto giudicò un codardo: era facile prendere le decisioni quando si hanno le spalle coperte.
L’attimo successivo quel pensiero svanì, o forse era meglio dire che Draco lo aveva scacciato in malo modo.
“Credo…”
Hermione non si rese conto di aver trattenuto il respiro.
“… di poterti magnanimamente accordare la mia collaborazione, Preston.” – fece lui.
Hermione lo guardò sbigottita, con la bocca indecorosamente aperta.
“Brutto…” – iniziò una guerra coi cuscini, arrivando a rincorrersi per la stanza, alla ricerca di altri guanciali da tirarsi dietro.
Malfoy gliene tirò uno in faccia e lei inciampò nel tappeto, cadendo a terra di schiena.
“Ahiahiahaiahia…” – fece, continuando a ridere.
“Ti sei fatta male?” – chiese, aiutandola ad alzarsi, così, senza pensarci.
“N-no…” – fece, massaggiandosi la schiena. Poi lo guardò e gli sorrise. – “Guarda che hai promesso.”
Il ragazzo annuì.
“E tu?” – chiese il biondo.
“Certo che ho promesso!” – disse lei con il fiatone.
Per la corsa o per la sua vicinanza, non lo seppe dire.
“Te l’ho proposto io!” – ovviò lei.
“Non quello. Riuscirai a seppellire il tuo passato?” – era serio e Hermione se ne accorse.
“Oh, quello…” – il suo sguardo si era fatto più triste. – “… credo di sì. Sarà un po’ difficile, ma conto di farcela.” – disse, riprendendo la sua sicurezza.
“Potrei aiutarti io.”
“Cosa…”
“So benissimo cosa vuol dire doversi buttare il passato alle spalle. Posso darti qualche prezioso consiglio…”
“Sei gentile, ma…”
“… previa ricompensa, s’intenda.” – concluse.
“COSA?!? Tu sei un ricattatore!”
“Allora? Accetti o no?”
Era ovvio che non avrebbe accettato, ma almeno aveva buttato la conversazione su toni più leggeri. Hermione si ritrovò a pensarci.
Sapeva molto bene ciò che era successo alla famiglia del ragazzo, soprattutto a Lucius Malfoy, e dal breve racconto di Albert era solo riuscita a immaginare quanto Draco avesse dovuto aver sofferto, quanto anni e anni di angherie dovessero essere stati difficili da mandare giù.
Ma il suo volto era più sereno.
Lo aveva notato quando era tornata a scuola. Aveva notato come Malfoy e gli altri non rompessero più le scatole agli altri studenti con le loro malsane idee sul sangue, ma soprattutto… non se le andassero a cercare con Harry e Ron. Il volto del ragazzo non era più serio e perennemente tirato in quella smorfia di noia, come se addirittura il suo solo esistere gli provocasse un immenso fastidio. Lo vedeva più rilassato e attento a quello che gli accedeva intorno. I suoi voti erano anche migliorati e ora anche le cose tra loro due stavano andando abbastanza bene.
Forse doveva abbassare un attimo i suoi standard e capire che le persone sono esseri umani, e come tali soggetti a errori di giudizio, ma non per questo motivo da mandare a crocefiggere o impedire loro di porvi rimedio.
Proprio come stava cercando di fare lui.
Così accettò la sua proposta.
“D’accordo.” – disse, tendendogli la mano.
Draco la guardò con gli occhi sbarrati.
“Ma alle mie condizioni, furetto.” – disse Hermione, sorridendogli.
“E… sarebbero?”
“Se il tuo aiuto sarà stato soddisfacente… allora penseremo alla tua ricompensa.”
Alla fine l’aveva incastrato.
O si erano incastrati entrambi?
Accettò la sua mano, accettò lei e accettò tutto quello che in futuro sarebbe andato loro incontro una volta usciti da quella stanza. Accettò il suo sorriso d’incoraggiamento e non fu in grado di trattenere un ghigno, che aveva il sapore di un sorriso sincero, seppur più contenuto.
“Ok.”
Apposti i termini della tregua, i due poterono uscire dalla stanza. Si erano fatte già le una del pomeriggio.
“Ah, Malfoy?”
Draco si fermò.
“Sì?”
“Io mi abbasserei se fossi in te.”
Perplesso, la vide inginocchiarsi e abbracciarsi le ginocchia con le braccia.
“Perché?”
“Girati.”
Scioccamente, il ragazzo si girò e vide solo una valanga di cuscini arrivargli addosso…









Ginny era uscita in giardino senza il mantello. Era cadaverica e sembrava che le fosse morto un fratello. L’immagine di Blaise che baciava quella Tassorosso continuava a sfrecciarle nel cervello.
Guardava un punto fisso nel vuoto e ogni tanto scuoteva la testa, mormorando frasi sconnesse.
Arrivò Harry.
“Ehi, amore!”
Ginny non era in vena di vedere nessuno, ma si sforzò di non palesare proprio quel fastidio verso quello che si supponeva essere ancora in suo fidanzato di cui si era scoperta non innamorata.
“Ciao…” – rispose molto forzatamente al bacio a stampo di Harry, che sembrò non aver notato lo stato d’animo della ragazza.
“Allora? A che ora sei tornata dal ballo, stamattina?”
Ginny lo osservò. Era troppo euforico. Cos’era? Scattata la mezzanotte, i suoi erano tornati nel dimenticatoio?
“Non ci sono andata.” – disse, semplicemente, sperando che Harry si levasse di torno e la lasciasse sola.
“Perché? Guarda che era bello.” – si pentì di averlo detto.
“Cosa? Come fai a saperlo?”
“Beh… Ron!” – esclamò. – “Me lo ha detto Ron. Mi ha raccontato un po’ com’è stato. Sai com’è fatto tuo fratello: quando ti racconta qualcosa non si può fare a meno di immedesimarsi in quello che dice.”
Effettivamente aveva ragione. Si pentì subito per aver pensato male del ragazzo.
“Sì, hai ragione.”
“Perché non ci sei andata?”
Ginny lo guardò eloquentemente, ma Harry sembrava non aver recepito il messaggio.
O forse non lo aveva voluto capire.
“Perché volevo…” – era sul punto di dirgli che era inutile andarci da sole e che avrebbe di gran lunga preferito andarci con lui, ma all’ultimo cambiò discorso. – “… ero molto stanca. La notte prima ho riposato male.” – mentì lei.
“Ginny Weasley che si perde un ballo? Ma quando mai?” – scherzò lui.
“E invece è successo.” – rispose lei piccata.
“Senti, io vado a svegliare Ron. Ci vediamo più tardi, ok?”
“Ok…” – poi, si girò di scatto e vide Harry correre verso l’interno del castello.
Ma… non aveva detto di aver parlato con Ron? Le stava salendo un dubbio…




Quel mercoledì fu usato più che altro per riprendersi dal ballo del giorno prima.
Hermione non vedeva l’ora che arrivasse il giovedì per vedere la reazione di tutti.









Note di me:

Eccoci qui.
Draco ha fatto un piccolo percorso a ritroso fino alla sua infanzia, dalla sua età di quattro anni a quella in cui il ragazzo ha assistito al ritorno a casa del padre.
Spero sia piaciuto, perché mi piace molto analizzare gli atteggiamenti e le parole di Draco.
Un bacio, callistas.

Spoileruccio!

E il biondo dei capelli di Albert iniziò a ricordargli vagamente il suo.
Sgranò gli occhi e si portò lentamente una mano su di essi.
Oh-merda…, fu tutto ciò che pensò.

Oh-o… che succede? ^___^

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Capitolo 20
*** Giovedì ***


20 - Giovedì A tutte voi, il mio più sincero bentornate.
Per chi aspettava, ecco il tanto atteso “giovedì” dell’anno.

Forse avreste voluto una rivolta generale o forse un bell’infarto collettivo di tutta la scuola, a parte i prescelti, ovviamente, fatto sta che io l’ho immaginata così.
Spero di non aver deluso nessuno e se l’ho fatto mi dispiace.
Spero comunque che lo accettiate come parte integrante della storia.

Buona lettura, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
GIOVEDI’

Finalmente il tanto agognato giovedì arrivò.
E con esso la consapevolezza che i cieli si sarebbero rovesciati, i mari si sarebbero ritirati, la luna avrebbe collassato e che un buco nero, creatosi nel giro di una notte, aveva inghiottito la terra e originato al suo posto un universo alternativo, dove l’assurdità avrebbe regnato al posto della normalità.
O almeno, questo era ciò che l’intera ammutolita massa studentesca pensò nel vedere Hermione Preston varcare la soglia della Sala Grande con la divisa di Serpeverde addosso e, non contenta, andare a fare colazione tra le serpi, precisamente tra Albert Jacob Preston e Draco Lucius Malfoy.
Che godevano spudoratamente di quel cambiamento, tanto da bagnarsi le pregiate mutandine.
“Posso avere un attimo la vostra attenzione?” – Silente fu abile nel prevenire una rivoluzione di massa.
Gli studenti cercarono di guardare il preside, ma i loro occhi continuavano a restare incollati su Hermione, che faceva colazione tranquillamente, come se mangiare tra le serpi fosse una cosa più che normale.
“Come sicuramente avrete notato…”
Hermione sorrise, mentre masticava un biscotto.
“… la signorina Preston si è unita alla casa di Salazaar Serpeverde.”
Un brusio si levò tra i quattro tavoli. Da parte del settimo anno di Tassorosso si alzò una ragazza, che credette di parlare a nome di tutti.
“Chiedo scusa, preside…”
“Sì, signorina Pickens?”
“… ma il Cappello Parlante può cambiare la destinazione di uno studente in questo modo?”
“Il Cappello Parlante si attiva solo se posto sulla testa del soggetto che deve essere smistato. In questo caso, ha smistato la signorina Preston a Serpeverde, perché l’idea è partita dalla diretta interessata.”
Quattro tavolate di studenti si girarono per guardare esterrefatti Hermione, che salutò con la mano.
“Ma non si può!” – urlò Ron, da Grifondoro. Era scattato in piedi. – “Se così fosse, ognuno di noi potrebbe decidere di cambiare casa da un giorno all’altro!”
“Quando quello parlerà perché prima ha pensato, verrà il Giudizio Universale.” – disse Hermione, che fece ridere sia Albert sia Draco.
Ron vide i due sghignazzare e divenne rosso.
“Questo è vero, signor Weasley, ma se le intenzioni di chi vuole cambiare casa sono più che giustificabili, il Cappello Parlante non può fare altro che esaudire la richiesta.”
“E cosa potrebbe mai giustificare questo cambiamento?” – chiese il rosso.
Hermione guardò prima Albert e poi Draco, trovandoli sgomenti tanto quanto lei.
“E io sono stata nella stessa casa di quell’idiota per sette anni?” – chiese Hermione a voce bassa.
Draco preferì non commentare. Anche se concordava appieno sull’ “idiota”.
“Non credo spetti a me discutere di questo, signor Weasley. Sono sicuro che riuscirà a parlare con la signorina Preston e a chiarirsi.”
“Aspetta e spera.” – disse Hermione, sottovoce, ancora allibita.
Ron non volle insistere e tornò a sedersi.

Ginny era rimasta senza parole. Com’era possibile che Hermione avesse deciso di andare a Serpeverde così, da un giorno all’altro?
Cercò il suo sguardo e lo intercettò. Per la prima volta non la capì. Tornò a girarsi, con il volto tirato. Comprendeva il suo bisogno di staccarsi da Ron e Harry e… anche da lei, ma non pensava che sarebbe arrivata a tanto.
Si rigirò e vide che stava parlando con suo fratello.
E si sentì terribilmente sola.
La colazione riprese, ma la rossa non toccò più cibo. Si sentiva come esiliata, condannata a vivere in un mondo di cui lei non faceva più parte.
Aveva rovinato tutto. E la colpa era solo sua.




A rimarcare quel fatto importante che era il cambio di casa di Hermione ci pensò Piton, finalmente soddisfatto di avere la Preston tra le sue fila.
“Benvenuta nella mia casa, signorina Preston.” – fece Piton, davanti a tutti. – “Spero possa trovarsi a suo agio qui con noi.”
La leziosità con cui Piton si mise a scivolare sulla propria bava fu quasi stomachevole. Per non parlare dell’assoluto, nonché assurdo sgomento che i Grifondoro palesarono nel sentire Piton vezzeggiare Hermione come un gattino bagnato, quando fino all’anno precedente l’avrebbe volentieri usata come ingrediente per una delle sue pozioni.
“Grazie professore.” – rispose lei, contenta nell’aver lasciato di stucco i suoi ex-compagni.
Essendo in quel modo Grifondoro rimasto spaiato, Hermione andò a sedersi vicino a Ginny, lasciata sola da Harry che era tornato accanto a Ron, probabilmente per parlare di quel suo cambio di rotta. Si sentì bene quando tornò a sedersi vicino l’amica, che però sembrava persa in un mondo tutto suo. Si preoccupò.
“Molto bene. Riprendiamo da dov’eravamo rimasti.” – disse Piton, che con un gesto secco della mano fece apparire sulla lavagna gli ingredienti per la Felix Felicis. – “Avete le due ore a disposizione. Iniziate.”
Hermione andò a prendere gli ingredienti nell’armadio, mentre Ginny accese la fiamma sotto il calderone.
“E’ troppo alta.” – fece notare Hermione.
La rossa credette di avere le allucinazioni. Le era sembrata un’eternità da quando Hermione le aveva rivolto la parola l’ultima volta. Si abbassò e notò l’errore.
“Ah, sì…” – disse, distrattamente. Legò i capelli in una coda bassa e aspettò che la ragazza le dicesse cosa fare.
Stupidamente, si rese conto che non avevano più quella complicità.
“Cosa devo fare? Sto al calderone o vuoi che affetti gli ingredienti?”
“Ehi, va tutto bene?” – le chiese Hermione, mettendole una mano sulla spalla.
Ginny la scostò delicatamente. Gli occhi le divennero lucidi e annuì.
“Sì… allora? Cosa devo fare?”
“Affetta gli ingredienti.”

Cinque minuti più tardi, Ginny stava tagliando minuziosamente gli ingredienti, seguendo pari passo le istruzioni del libro. Non aveva voluto accettare l’aiuto di Hermione, non perché non lo volesse, ma perché sentiva di non meritarlo.
Non dopo la pugnalata che le aveva dato.
Suddivise i preparati in vari mucchietti, applicando un foglietto con sopra scritto i loro nomi, così Hermione avrebbe potuto prenderli e gettarli nel calderone senza necessariamente prenderli dalla sua mano e avere, in quel modo, un contatto con lei.

Non so cosa le stia succedendo. È schiva e ha lo sguardo perso. Più volte l’ho dovuta riprendere perché stava tagliando troppo finemente certi componenti. Eppure sa che certe parti non vanno sminuzzate troppo. Cosa le sta succedendo?
Forse sono stata io che ho esagerato nel cambiare casa senza dirglielo. Dio, non so più cosa devo fare. Sono ancora arrabbiata con lei per quel suo volta gabbana, ma dall’altro lato mi manca. È stata l’unica a starmi vicino quando ne avevo bisogno e ora sembra lei quella che necessita aiuto.
Cosa devo fare?
Inoltre, lei ancora non sa niente di Harry e del suo tradimento e non so se dirglielo o meno. È così innamorata di lui che ho paura interpreti male il mio gesto.
Non so davvero cosa fare.









Il momento di fare qualcosa si presentò in una fredda e piovosa sera di fine Novembre. Assodato che il cambio di casa di Hermione non era un pesce d’Aprile anticipato – o posticipato, a seconda di come si voleva vedere la cosa – gli studenti ripresero le proprie vite, arrivando a un punto in cui sembrava che Hermione avesse sempre fatto parte di quella casa.
Grazie a lei, i rapporti con le altre case sembravano essere migliorati. Tassorosso e Corvonero si erano visti bendisposti a creare cooperazione con quella casa che un tempo avrebbero volentieri buttato fuori a suon di calci, ma rimaneva l’ostacolo più grande: Grifondoro.
A causa di Harry e Ron, la casa dei coraggiosi stava lentamente andando allo scatafascio, per non parlare di Harry e Ginny che continuavano ad avere una lite un giorno sì e l’altro pure.




“Ma si può sapere perché continui ad aggredirmi?” – urlò Ginny.
Harry l’aveva trascinata in giardino perché visto il freddo che faceva, nessuno si sarebbe addentrato fuori dalle mura del castello per andare a spiarli.
Una leggera pioggerellina li stava infradiciando e Ginny continuava a starnutire e a chiudersi nel mantello, che non offriva più protezione.
“Io ti aggredisco? Non mi stai più accanto come una volta!”
“Ma che diavolo dici?!?” – urlò lei, scandalizzata. – “Se non faccio altro da una vita! Sono anni che aspetto che tu ti accorga di me! E quando arriva il momento di stare insieme tu che fai? Continui a dirmi che oggi non puoi, domani forse… ti sembra il modo di tenere in piedi un rapporto?”
“Io ci provo! Ma tu non mi aiuti!”
“Ma si può sapere cos’altro vuoi da me? Da quando Hermione ha smesso di rivolgermi la parola tu non mi hai mai chiesto come stavo!” – iniziò a tossire convulsamente, ma Harry sembrava più interessato a litigare con lei che non al suo stato di salute.




“… è che sono nervosa. Gli abiti lunghi non fanno per me.”
“Quante paranoie che ti fai. Guarda che non devi mica fare le acrobazie. Devi solo camminare. È tanto difficile?”
Hermione voleva ucciderlo.
“Sì, ma se inciampo? Se cado davanti a tutti? Non ci voglio neanche pensare!”
“Per essere stata una Grifondoro sei piuttosto paurosa, lo sai?”
“E’ solo perché con un abito da sera daresti adito a voci poco carine sulla tua virilità, ma vorrei vedere te al posto mio, Blaise.”
Il moro rise.
“Dai Hermione…” – disse una voce femminile. – “… sarà divertente.”
“Candy, io non voglio fare brutte figure…”
“Ti capisco, ma pensa a quante bocche lascerai aperte quando verranno a sapere che Hermione Granger è sempre stata in realtà Hermione Preston. Andrei a quella festa solo per vederle!” – disse Candy, guardando la festa da un’altra prospettiva.
Hermione sollevò eloquentemente le sopracciglia fino all’attaccatura dei capelli. Un ottimo punto di vista al quale lei non aveva pensato…
“Mmmm… sai che ti dico? Non hai tutti i torti…”
Candy rise e cercò l’approvazione di Blaise, che però era totalmente assorbito da qualcosa che stava accadendo fuori dalla finestra.
“Blaise? Blaise, che c’è?” – chiese Candy.
Hermione lo guardò e si girò.
“CAZZO!” – urlò il moro, staccandosi dalla sua ragazza per correre verso il giardino.
Hermione aveva assistito impietrita alla scena e corse dietro al moro pure lei. Candy, che non aveva capito niente, li seguì a sua volta.




Ginny si ritrovò a terra con una mano sulla guancia.
E piangeva.
E mentre piangeva, si chiedeva com’era stato possibile arrivare a permettere a un ragazzo di alzare le mani su di lei. Tutto il sudiciume che la stava ricoprendo da quando aveva voltato le spalle a Hermione stava iniziando ad avanzare sempre più velocemente e, a breve, l’avrebbe anche sepolta viva.
Harry si pentì immediatamente del suo gesto e corse per aiutarla a rialzarsi, ma un pugno diretto sul naso lo fece volare all’indietro di qualche metro.
“NON LA TOCCARE, BASTARDO!”
Ansante e ricoperto da piccole goccioline che gli scivolavano giù per il collo, Blaise Zabini si era letteralmente materializzato davanti a Ginevra Weasley per salvarla.
Aveva visto Potter metterle le mani addosso e la molla era scattata. Aveva abbandonato Candy senza pensarci un attimo e ora si stava rendendo conto di quello che aveva appena fatto.
“Ginny!”
La rossa si girò e vide Hermione correre verso di lei. La vista però iniziò ad annebbiarsi e si stese lentamente a terra.
Nonostante l’acqua che la stava bagnando, si sentì bene.
Poi, fu il buio.









“Credete che si sveglierà?”
“Non lo so. Ha la febbre alta.”
“Solo un pazzo può uscire dal castello con questo tempo.”
Le voci le giungevano ovattate e sembravano trapanarle quel poco che era rimasto del suo povero cervello, che non chiedeva altro che religioso silenzio.
“Ehi, si sta svegliando…”
“Ginny? Ginny mi senti?”
L’unica cosa che sentiva, a parte il mal di testa lancinante, era una mano calda che stringeva la sua. Continuò a girare la testa, in cerca della fonte di tutto quel baccano per dirle di stare zitta, ma tutto quello che fu in grado di dire furono solo poche parole sconnesse, che nessuno riuscì a capire.
“Cosa? Cos’hai detto?”
“Basta…” – biascicò lei.
“Cosa sta succedendo qui?”
La voce di Madama Chips fu peggio di una cannonata sparata vicino alle sue orecchie.
“La signorina Weasley ha bisogno di riposare. Tornate più tardi quando si sarà ripresa e sarà cosciente!”
Malamente, Madama Chips buttò fuori i tre ragazzi, che si ritrovarono a fissare la porta laccata di bianco con su scritto “Infermeria”.
Più sotto, i più audaci avevano scritto con un inchiostro che nessuna magia era in grado di levare “Lasciate ogni speranza o voi che entrate.”
“Che modi…” – borbottò Candy.
“Ha ragione, però… Ginny ha bisogno di riposare.” – disse Hermione. – “Blaise, andiamo?”
“Dove?” – chiese il moro, colto alla sprovvista. – “Da Pansy. Dovevamo discutere della mia festa.”
“Ah sì?”
Candy li guardò perplessa.
“Se non si parla di te le cose te le scordi però, eh?” – fece Hermione. – “Candy ti spiace se te lo rubo per un paio d’orette?”
“No, certo che no Hermione. Non strapazzarmelo troppo, però.”
“Oh, tranquilla.” – disse la riccia, ammiccando.
L’attimo successivo i tre si separarono.
“Sul serio dovevamo andare da Pansy?” – chiese il moro.
“No. Io e te dobbiamo parlare.”
E Blaise capì subito a cosa si riferisse. Lo condusse al settimo piano, dove la Stanza delle Necessità sembrava aspettarli. Hermione fece avanti e indietro tre volte prima che la porta si materializzasse davanti a lei. L’aprì e fece cenno al moro di entrarvi.

La stanza era molto accogliente e rispecchiava in pieno l’eleganza del gusto di Hermione. Un caminetto acceso, due poltrone davanti ad esso e un tavolino che sorreggeva due tazze per il the e una teiera.
Blaise non volle sedersi subito. Andò davanti al camino e appoggiò l’avambraccio contro il piccolo cornicione. Hermione invece prese posto alla poltrona e servì il the in silenzio.
“Ti ascolto.” – gli disse semplicemente.
Il moro sorrise amaramente. Da quando la Weasley gli era entrata dentro, si comportava troppo imprudentemente. Gli aveva fatto perdere letteralmente la testa.
“Sei tu che mi hai portato qui.” – rispose, svicolando.
“Blaise?” – l’ammonì lei, ponendo sul tavolino la teiera.
Il moro si girò e si appoggiò contro il caminetto.
“Fai prima a dirmi cosa vuoi sapere.”
“Fai prima a iniziare da dove vuoi tu.” – disse lei, a tono.
“Non lo saprei davvero…” – disse, appoggiando la testa contro il muro e chiudendo gli occhi.
“D’accordo.” – disse lei.
Blaise aprì gli occhi e andò a sedersi in poltrona. Prevedeva una lunga chiacchierata…




Ginny si svegliò una mezz’ora più tardi.
Aveva ancora la testa che sembrava volerle scoppiare da un momento all’altro, ma sembrava che il dolore si fosse attenuato. Si portò una mano alla fronte e costatò con fastidio che la febbre non era scesa di molto.
Ma… aveva sognato o aveva sentito veramente delle voci, prima? Erano vagamente famigliari, ma la frittura che stava al posto del suo cervello sembrava non voler collaborare. Mamma se stava male… si girò su un lato e si tirò su le coperte fino alle orecchie, terribilmente rosse. La coperta che aveva addosso teneva molto caldo e l’aiutò a cadere di nuovo in un sonno tranquillo. Eppure di una cosa era sicura.
Aveva sognato Blaise che l’aiutava con Harry.




“Da quando è iniziata questa cosa con Ginny?” – chiese Hermione, portandosi alle labbra la tazzina.
Blaise si perse con lo sguardo nel vuoto.
“Non lo so. So solo che una mattina mi sono svegliato e… l’ho vista diversa.” – Blaise strizzò gli occhi per cercare di ricordare. – “Credo fosse stato quando… avete fondato l’ES. C’era dentro anche lei, vero?”
“Sì.”
“Lo immaginavo. Avevo notato un cambiamento. Prima era sempre timida, impacciata, riservata… poi, d’un tratto è cambiata. All’epoca, non sapevo che aveste fondato quell’Esercito per combattere il Male, ma solo che vi trovavate per fare chissà che ed è stato da quel momento che l’ho vista più sicura di sé. E a me piace molto la sicurezza in una ragazza.”
“Ma cosa ti ha fatto scattare la molla di avvicinarti a lei?”
“La fine della guerra.” – rispose Blaise, come se non avesse aspettato altro che quella domanda. – “Finalmente ero libero da tutte le stronzate di mio padre e potevo fare quello che volevo. Ho iniziato, cercando un contatto con lei.”
“E lei?” – la domanda sorse spontanea e legittima.
Blaise rise sommessamente.
“Pensava che le stessi facendo degli agguati.”
Hermione sorrise.
“E in un certo senso era così.” – continuò il moro. Non guardò mai Hermione in faccia, ma continuò a rimanere con lo sguardo fisso nel vuoto, come se traesse da esso tutti i particolari di quello che era accaduto fino a quel momento. – “Io l’aspettavo. Sempre.”
Eppure…
“Eppure ti sei messo con Candice.”
Solo allora il ragazzo la guardò, come se si fosse ricordato solo in quel momento della sua presenza.
“Non avevo alternative.”
“C’è sempre un’alternativa, Blaise.”
“Mmmm… no, non in questo caso. Lei è troppo presa da Potter per rendersi conto che ci sono altri che potrebbero amarla ugualmente. O forse anche di più.”
Hermione non replicò a quell’affermazione – purtroppo – veritiera. Ginny meriterebbe molto di meglio, se solo aprisse gli occhi e se ne accorgesse.
“Temo tu abbia ragione. È dal suo secondo anno che spasima per lui.”
Blaise non fu affatto felice di quelle parole, di quella verità così scomoda, ma la accettò. Per troppo tempo aveva negato la Verità, vivendo nel buio. Ora era giunto il momento di affrontarla, comportandosi da uomini.
“Ma è cambiato, purtroppo. E in peggio. Non so cosa gli sia preso a lui e a quell’altro.” – le dava perfino fastidio pronunciare i loro nomi, limitandosi a connotazioni come “lui” o “quello”. – “Pensavo fosse una cosa passeggera, ma non è stato così.”
Blaise inghiottì a vuoto. Lui sapeva perché Potter e Weasley si stavano comportando in quel modo, eppure qualcosa dentro di lui gli impedì di aprire la bocca, perché temeva che Hermione potesse ritornare sui suoi passi, che tutti i piccoli progressi fatti fino a quel momento dalla casata di Serpeverde andassero a puttane, obbligandoli a far ritorno a quell’oscurità nella quale per anni avevano vissuto.
E che ora nessuno rivoleva indietro.
“Posso chiederti perché Candy?” – chiese, sorseggiando altro the, distraendo Blaise dai suoi pensieri.
“E’ come me ed è arrivata nel momento del bisogno.”
Hermione non capì.
“Puoi spiegarti meglio?”
“Io e lei… non siamo propriamente fidanzati.”
La riccia sbarrò gli occhi e la tazzina le tremò nelle mani, motivo per il quale la rimise subito sul tavolino.
“Ma…”
“Diciamo che il nostro è più un accordo. Ci limitiamo a sostenerci, in attesa di tempi migliori.”
“Tu non sei normale…” – disse, con gli occhi fuori dalle orbite. – “Vi state facendo entrambi del male.”
“No.” – disse, scrollando le spalle. – “Ci stiamo aiutando.”
“Anche Candy…”
“Lei è stata mollata, ma da come si comporta è ovvio che è ancora innamorata di lui.”
“E lui chi è?”
“Un certo Jason McCallister, di Corvonero. Non so se lo conosci…”
“No, mai sentito.”
“Poco male. Comunque al momento preferisco così.”
“Preferisci un’imitazione dell’amore a un amore vero?”
“Oh, certo! Perché Ginevra si sveglierà tra poco e correrà da me giurandomi amore eterno, vero?”
“Non volevo dire questo.”
“Dai Hermione…” – fece lui, stizzito. – “L’amore è una colossale stronzata. Che aiuti il mondo a girare per il verso giusto è una cosa. Credere che al mondo esista la tua anima gemella è un altro.”
“Tu però credi che Ginny lo sia.” – ribatté prontamente Hermione, scaldandosi. – “Altrimenti perché tutti quegli appostamenti per stare con lei?”
Blaise non rispose. Certo che sapeva che la rossa era la sua anima gemella, ma per non soffrire aveva deciso di chiudere tutte quelle credenze popolari in un cassetto e buttare via la chiave. Non era mai stato un asso nell’esprimersi con i propri sentimenti, abituato com’era fin da piccolo a vedere il padre portarsi dentro casa una donna diversa ogni notte, mentre la madre doveva fare finta di niente. Ma quando era entrato in gioco quel muscolo che lo teneva in piedi, si era ribaltato tutto, così aveva provato a lanciare dei segnali.
Che purtroppo non erano stati colti.
Seccato, si alzò e si rimise a posto la cravatta.
“Questa discussione mi ha annoiato.”
“Blaise aspetta!” – Hermione lo fermò prima che uscisse. – “Voglio solo dirti una cosa su Ginny, poi decidi tu quello che vuoi fare.” – vedendo che non se ne andava, continuò. – “Ginny è una di quelle persone che capisce i sentimenti degli altri ancora prima che li capiscano i diretti interessati, ma quando si tratta di lei, non connette. Non ci arriva proprio. Quindi se tu le hai invitato dei segnali è più che probabile che non li abbia colti non perché non avesse voluto vederli, ma perché non c’è proprio arrivata.”
Blaise rifletté bene sulle parole della riccia. Era tentato. Voleva crederle, ma non voleva più soffrire.
“So che ci sei rimasto male per averla vista con lui, ma dopo quello che è successo credo sia il caso che tu ti rifaccia avanti.”
Blaise non rispose e uscì dalla stanza. Hermione lo rincorse e si affacciò sulla porta.
“Blaise! Blaise non scappare! Ti stai comportando da vigliacco!” – troppo tardi. Il moro aveva già svoltato l’angolo e immaginò che non l’avesse sentito.

Ma si sbagliava.
Aveva sentito eccome e sapeva che la ragazza era nel giusto. Stava scappando come un codardo, ma non poteva farci niente. Ginny era troppo innamorata di Potter per potervi rinunciare senza lottare.
E lui non voleva rimanere fregato per la seconda volta.









Harry Potter si trovava nel suo letto, intento a pensare a quello che era successo poche ore prima con Ginny. L’aveva schiaffeggiata!
Ancora non ci credeva.
Si guardò la mano destra e poi si toccò il naso, ora guarito, ma che aveva avuto un incontro ravvicinato con il gancio destro di Zabini. Se ci pensava, ancora gli veniva ancora da piangere.
Erano giorni che non facevano altro che litigare, per i motivi più svariati. Ritardi ad appuntamenti, dimenticarsi il mesiversario, sedersi vicini durante le lezioni… fino a che era esploso. Non ce la faceva più.
Trovava alquanto stupido ricordarsi mensilmente il giorno in cui si erano messi insieme, per non parlare del fatto che lei gli chiedeva continue rassicurazioni sul loro rapporto e la cosa cominciava a pesargli.
Poi un sorriso malandrino gli increspò le labbra.
Romilda, invece, era un altro paio di maniche. Ed era molto più discreta. Nemmeno a lei piaceva ostentare il loro rapporto in pubblico. Certo, il loro era ancora segreto, ma gli aveva assicurato che non era il tipo da “amore, ma quanto mi ami?” poiché era una cosa che stava stretta anche a lei.
E poi era molto più femminile di Ginny. Indossava sempre i tacchi e quando si dovevano vedere, purtroppo di nascosto, si faceva sempre bella per lui. Capitò più di una volta che indossasse lo stesso vestito per due giorni di fila, ma c’era sempre quel particolare, quella spilla o quegli orecchini che facevano la differenza.
Forse doveva lasciare Ginny e rendere pubblica la sua storia con Romilda, anche per una questione di correttezza nei suoi confronti.
Decise di fare così. Quando Ginny si sarebbe ripresa, l’avrebbe mollata.
Non era poi così stronzo…









Ma non accadde nulla.
Da quel giorno, Harry non disse a Ginny che voleva lasciarla, Blaise non fece nulla per avvicinarsi a lei, Hermione non disse all’amica del doppio gioco di Harry e Ron e tutti continuarono a non fare nulla.
Ma una cosa accadde, però. Le due ragazze sembravano essersi riavvicinate. Entrambe, anche se dopo quello che era successo non l’avrebbero mai confessato a voce alta, avevano bisogno dell’altra, un bisogno che Ginny sapeva di non meritare…




“LO DEVO FARE IO?!?” – urlò la rossa, nella Stanza delle Necessità.
Hermione l’aveva portata lì apposta e aveva chiesto, oltre a una stanza accogliente, che fosse anche insonorizzata, perché era certa della reazione dell’amica che si era appena verificata.
“Lo trovi tanto strano?”
Si erano riappacificate da poco, neanche una settimana. Si erano trovate per caso in anticipo durante una lezione in cui Grifondoro e Serpeverde erano insieme e si erano ritrovate a chiacchierare. Come i vecchi tempi.
Erano seguiti un paio di sorrisi, delle risate.
E un abbraccio un po’ impacciato, anche se sapevano che la cosa necessitava di ben altro per essere risolta. Ma l’idea di Hermione, una volta venuta a conoscenza delle tradizioni legate alla festa che Myra voleva dare in suo onore, era stata quella di chiederlo a Ginny.
“SI’!” – urlò lei, alzandosi e iniziando a camminare in tondo. – “E poi, adesso me lo dici? Non sono organizzata! Il vestito! Il trucco, l’acconciatura, le prove… tu non puoi farmi questo… NON ADESSO!”
La divertivano sempre quei siparietti e solo in quel momento si accorse di quanto le erano mancati.
“Dovrei essere io quella terrorizzata da tutto questo, non tu.”
Ginny si sedette accanto a lei, appollaiandosi sul divanetto.
“Devi fare bella figura! Non… non puoi avere vicino una che non si sa muovere! È una cosa molto importante, questa!”
“Appunto perché è importante, voglio che tu sia con me.”
Ginny le sorrise grata.
“Scusa… ma non posso accettare.”
Hermione sospirò di frustrazione.
“Perché no?”
“Hermione, io… sai com’è messa la mia famiglia. Non possiamo permetterci certe… distrazioni.” – disse, preferendo descrivere così la sua situazione economica.
“Ma quello penserò io.” – fece Hermione, seria.
Ginny negò.
“Sai che non amo la carità, Hermione.”
“La mia non è carità. Fa parte della tradizione della festa. La ragazza introdotta in società deve in quell’occasione, saper dimostrare di aver buon gusto, vestendo la sua Accompagnatrice. Quindi visto che ho scelto te, ti dovrai attenere a questa regola.”
“Hermione io…”
“…vorrei che accettassi.” – concluse Hermione.

Con quello che ti ho fatto? Sarei solo una sfruttatrice, ma se ci tieni che io venga, allora verrò. So che la tradizione vuole questo e so anche che il vestito dovrebbe rimanere a me, ma alla fine te lo restituirò. Sarà solo un prestito e nient’altro.

“D’accordo.” – rispose Ginny, contenta che Hermione avesse pensato a lei e a come avrebbe risolto la faccenda dell’abito.




Era passata una settimana da quel loro incontro e ognuna era tornata alla propria vita. Hermione ormai faceva parte dei Serpeverde a tutti gli effetti e Ginny stava cercando di mandare avanti il suo rapporto con Harry come lo stercorario fa con la sua pallina di cacca.
L’immagine di per sé non è molto edificante al fine di descrivere il suo rapporto con il ragazzo, ma era ciò che realmente stava accadendo. Ginny spingeva, spingeva e Harry si limitava a essere una pallina inerme e lasciare che gli eventi lo travolgessero.
Alla fine, il moro non aveva avuto il coraggio di dire a Ginny che voleva rompere con lei, perché aveva ancora qualche riserva su Romilda.
Era come diviso a metà: da una parte, c’era la voglia di avere una ragazza come Romilda, bella, di classe, sempre ben vestita, ma con anche un bel carattere. Dall’altra, c’era la paura che fosse tutta una facciata, solo per riuscire a mettersi con lui e guadagnarne in pubblicità personale.
Poi c’era un’altra parte, quella più piccola ma concentrata di tanto egoismo, in cui Harry non voleva lasciare Ginny perché con lei si sentiva al sicuro, protetto.
E tra l’avere un rapporto che era un’incognita, ma che poteva rivelarsi una vittoria, e un rapporto ormai andato alla deriva, ma che lo avrebbe sempre accolto come un’ancora di salvataggio in mezzo a una tempesta, beh… la scelta si rivelava molto difficile.
Ma nonostante il senso di sicurezza che Harry provava quando stava con Ginny, non riusciva a fare a meno di litigare con lei.
Era scoppiato l’ennesimo litigio tra i due e per l’ennesima volta Ginny aveva lasciato correre.

Erano entrati nella seconda settimana d’Avvento e l’aria in Sala Comune era così fredda che sembrava di stare in Antartide.
Ginny era perennemente stanca, sfibrata da tutto quel macello che era la sua vita sentimentale. Dormiva poco e male, aveva gli occhi perennemente cerchiati da un alone bluastro che prima non c’era mai stato. La sua figura, sempre ritta e fiera, ora assomigliava più a un vecchio con la gobba, che arranca per trascinare la sua carcassa in giro per il mondo. La testa era perennemente chinata verso il pavimento e sempre e solo all’ultimo si accorgeva che stava per andare a sbattere contro qualcuno. I suoi movimenti erano scattosi, quasi fosse un robot.
Sapeva di non poter più andare avanti così, ma non riusciva più a dire di no. Si accorse che il fondo, quel fondo che credeva di non aver ancora toccato, non solo era passato, ma si era anche impegnata con tutta se stessa per scavare una buca per scendere ancora più in basso. La luce le sembrava molto lontana e la risalita, una faticaccia.
Così decise che si sarebbe accontentata di guardarla da lì.

Hermione era molto preoccupata per lei.
Durante le lezioni la beccava spesso con lo sguardo fisso nel vuoto. Sì, si era accorta delle valige sotto gli occhi, così di come si stesse rovinando da sola. Aveva insistito che fosse lei la sua Accompagnatrice, perché sperava in qualche modo di tirarle su il morale. Le erano sempre piaciute quel genere di feste e da quando entrambe si erano ritrovate a frequentare Hogwarts non facevano altro che fantasticare sui loro vestiti.
A parte quella scenata in cui le disse di non essere pronta a un evento simile, non c’erano più state reazioni da parte sua.
Era un morto che cammina.

“Oh, pensi di rispondermi prima di domani?”
“Cosa?” – Hermione si girò di scatto, spaventata. Persa com’era nei suoi pensieri, non si era accorta che Albert la stava chiamando da dieci minuti buoni.
“Buon giorno, eh?” – ironizzò lui. – “Ma che hai? Sei sempre con la testa per aria in questo periodo.”
Hermione fece una faccia scocciata.
“Scusa, Albert… ho qualche pensiero.”
I due erano nella Sala Comune di Serpeverde, seduti sul divanetto. Il ragazzo la tirò verso di sé e l’abbracciò.
“Posso aiutarti?”
Hermione andò con il pensiero all’unica persona che poteva aiutarla e scosse la testa.
“No, grazie.” – disse abbracciandolo. – “Però se stiamo così un pochino mi aiuti…” – disse, stringendolo.
Albert sorrise e intensificò l’abbraccio.
Quando le toccavano i capelli, avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche uccidere. Quella coccola sulla testa la rilassava sempre e molte volte la faceva sprofondare nel sonno. Ma era troppo piena di pensieri per cedere quella volta, così si limitò a godersi quell’intimità con il fratello. Albert si stese sul divanetto e se la tenne sul petto, continuando sempre nella sua missione. Hermione girò la testa per guardarlo in faccia.
“Posso chiederti una cosa?” – chiese Hermione.
“Dimmi.”
“Cosa ne pensi di Candy?”
“La ragazza di Blaise?”
Hermione volle aprirsi in un monologo chiarificatore, ma lasciò perdere.
“Sì. Come ti sembra?”
“Una a posto, perché?”
“Così. Non ne abbiamo mai parlato. Quindi lei ti piace…”
“Sì, gelosa?” – chiese, con un sorrisetto malizioso.
“Di te? Ma figurati…” – rispose Hermione con un gesto annoiato della mano.
Albert se la prese a male e con un colpo di reni, che fece andare la pressione sotto i tacchi a Hermione, la portò sotto di sé e s’infilò tra le sue gambe. Prese a farle il solletico.
“NO! NO!” – Hermione prese a urlare e a ridere nello stesso tempo, cercando di dimenarsi dalla presa del ragazzo, un po’ troppo forte per lei. – “Albert no! Basta!”
“Riformulo la domanda: sei gelosa?”
“NO! NO!”
Albert fece una faccia molto eloquente e continuò a torturarla.
Quando dalla porta entrarono Draco, Blaise, Theo e Daphne videro la scena e non poterono fare a meno di guardarsi perplessi.
“Io vado ad aiutare Albert.” – fece Dahne, dirigendosi dalla coppia. – “Al, ti serve una mano?”
Il ragazzo la guardò e annuì.
“Tienile le braccia.”
Hermione sgranò gli occhi e guardò l’altra “nemica”.
“Non oserai…”
“Oso, oso…” – di scatto la prese per i polsi e glieli tirò fin sopra alla testa, permettendo ad Albert di torturarla come meglio credeva.
La riccia si dibatteva, ma con scarsi risultati.
“SI’! SI’!”
Blaise, Theo e Draco sgranarono gli occhi.
“SONO GELOSA, OK?”
Ottenuta la tanta agognata risposta, Albert si fermò e la guardò soddisfatto.

Quella risposta fu come un pugno nello stomaco di Draco, ma quando la vide alzarsi dal divanetto, con le guance arrossate per il troppo ridere, gli occhi lucidi e la camicetta messa in qualche maniera, il primo pensiero che gli sfiorò la mente fu che aveva appena finito di fare sesso.
E il biondo dei capelli di Albert iniziò a ricordargli vagamente il suo.
Sgranò gli occhi e si portò lentamente una mano su di essi.
Oh-merda…, fu tutto ciò che pensò.









Note di me… no, da oggi cambio.
Babbudoyo’s Corner: ^^
Scusate, ma amo troppo Colorado.

Dunque, anche se si trova alla fine, voglio parlare dello spoiler che finalmente ha trovato il suo contesto. Nessuna trasmigrazione dell’anima o robe simili, come aveva ipotizzato qualcuna, e nessun sogno, come aveva ipotizzato qualcun’altra.
È semplicemente l’inconscio di Draco che sta facendo i doppi turni per cercare di dare una svegliata a Draco. ^.^
Spero che ora sia un po’ più comprensibile. E ben accetto, soprattutto.

Detto ciò, torniamo all’inizio.
Lo scherzetto di Hermione del ballo di Halloween si è rivelato essere l’amara verità. La divisa di Serpeverde che aveva indossato per la festa non era altro che l’antipasto per le vere portate che inizieranno a fioccare da questo giovedì. All’inizio volevo farla entrare direttamente in classe, ma poi mi sono detta che no, che bisognava fare le stronze a tutti i costi – o non sarei io ^^ – e l’ho fatta entrare dal portone della Sala Grande.
Non contenta, l’ho messa in mezzo al fratello, perché mi sembrava una scelta ovvia e a Draco, il cui godimento per le facce alienate degli altri studenti, due in particolar modo, avevano causato qualche danno – riparabile – al sistema idraulico centrale. ^____^

Ron e la sua uscita.
Spero non me ne abbiate a male, ma sento che è un mio dovere sottolineare sempre e comunque la stupidità di quel ragazzo. Giusto questa settimana ho visto HP7 e I Doni della Morte (dovevo vederlo al cinema con il volume a tremila, ma la mia amica mi ha bidonato >_<) e ho osservato la scena in cui Ron torna dopo essere scappato a causa dell’influsso del medaglione di Regulus.
Ma si può essere più inutili e patetici?!?! Chiedo scusa a chi ama questo personaggio, ma io proprio non lo reggo.
Comunque non divaghiamo…
Ho voluto mettere un cammeo all’ignoranza di Ron, sottolineando in questo modo quanto sia più giusto che Hermione fraternizzi sempre di più con Serpeverde.
Ok, con Draco. ù_ù

Piton.
Scusate, scusate se ho vivisezionato questo personaggio, ma mentre scrivevo la scena di lui che da il benvenuto a Hermione nella sua casa, non potevo non immaginarmelo mentre si inginocchiava e apriva le braccia in segno di sottomissione.
Poi è tornato il solito stronzo con gli altri, ma con Serpeverde, ora che è completa delle sue più fulgide piantine (Draco e Hermione), il mondo per lui può anche andare a pezzi.
Forse sto diventando una pervertita, ma sempre mentre guardavo HP7 e Piton che entrava a Malfoy Manor dove stavano per uccidere la profe di Babbanologia, ho sentito un certo solletico al cervello nell’immaginare Piton con Hermione… quell’uomo mi sta ispirando troppo sesso selvaggio… devo controllarmi. u_u

Ginny.
‘Sta benedetta ragazza non riesce a rendersi conto che così non può più andare avanti. Ha perfino permesso a Harry di metterle le mani addosso e devo dire che ho fatto una fatica assurda a scrivere di quello schiaffo.
Mi prudevano le mani, ma mi serviva per aggiungerlo alla lista degli atteggiamenti di Harry che non vanno bene, sperando che più la lista si allunghi, più Ginny possa aprire gli occhioni.

Blaise.
‘Sto benedetto ragazzo non riesce a rendersi conto che così non può più andare avanti. Ha perfino lasciato Candy e Hermione da sole per scappare e difendere Ginny dal Potter-Bastardo. Tale comportamento non è sfuggito a Hermione che conduce Blaise nella Stanza delle Necessità per farlo confessare.

Harry.



Credo si abbia capito che tale personaggio è in commentabile.

Il Ballo delle Debuttanti.
Ginny e Hermione si sono riavvicinate. Forse dovevo far mantenere loro le distanze, ma secondo me Hermione aveva bisogno di un po’ di normalità attorno. Le ho fatte riavvicinare in un modo forse sciocco, ma ho pensato che se si deve chiedere scusa a una persona o comunque farle capire di aver sbagliato è necessario essere da soli, magari un’aula vuota, appunto, fare le classiche chiacchiere rompighiaccio e stemperare la tensione con un bell’abbraccio. Sono aperta agli insulti nel qual caso riteniate abbia fatto una cavolata.

E prima di salutarvi definitivamente, vi lascio il solito spoileruccio casinaro.

Sono rovinata! Oddio sono rovinata!
Se lo sa qualcuno sono rovinata!
Ma che cazzo mi è passato per il cervello?
Devo smetterla di dire cazzo! Cazzo, l’ho ridetto. Cazzo, no!…

Besos!

P.S.: Dico solo che non vedo l’ora di postare il prossimo capitolo perché tra Draco e Hermione…

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Capitolo 21
*** Confronti e... fragole ***


21 - Confronti e... fragole Qualcuno per caso mi aspettava?
Ho perso il conto di tutte le “stronza” o “sadica bastarda” che ho letto nelle vostre ugualmente splendide recensioni.
Dire che gongolavo ogni volta che vedevo le vostre domande sulla frase che ho lasciato in sospeso su Draco e Hermione ridevo come una povera idiota, tanto che i miei vicini devono aver girato alla larga dalla porta di casa mia. ^_^
Ma non per questo mi sono scoraggiata nel lasciarvi sulle spine.
Spine che in questo capitolo toglierò tutte in un colpo, facendovi urlare dal… dal cosa? Leggete e lo scoprirete.

A voi, che con augusta pazienza avete commentato capitolo per capitolo;
A voi, lettori nell’ombra, che con il solo fatto di aver cliccato la mia storia per una sola volta, facendo salire il conteggio è come se mi aveste lasciato un piccolo commento;
A voi, che mi avete messo nelle preferite;
A chi mi ha segnalato per le Scelte…
… questo capitolo è tutto vostro. Spero sia dono gradito, perché finalmente quei due…









VERITA’ NASCOSTE
CONFRONTI E… FRAGOLE

Sembrò che tutto fosse tornato al proprio posto. La dolcezza era tornata e i litigi sembravano essere solo un brutto ricordo. Stesa sul suo letto, Ginny si stava lasciando baciare da Harry, rispondendo con assoluta convinzione e partecipazione. Il moro aveva buttato fuori tutti e aveva messo un cartello con la più che conosciuta scritta “do not disturb”.
“Scusa per come mi sono comportato…” – disse Harry, baciandola.
Per Ginny fu l’apoteosi. Forse Harry era solo stressato per qualcosa e non gliene aveva parlato per non farla preoccupare. Sì, doveva essere per forza quello il motivo.
“Non preoccuparti amore. Capita di avere un periodo no.” – lo confortò lei, facendogli capire che tutto quello che le aveva fatto passare era stato relegato in un angolo.
Harry le sorrise grato, e tornò a baciarla.
Ma qualcosa non andava. I baci si fecero troppo intensi, troppo spinti, come quella mano che stava scendendo un po’ troppo verso il basso.
“Harry…” – mugugnò lei, in preda al piacere ma anche a una bella fetta di disagio. – “Harry, no…”
Ma il ragazzo non l’ascoltò, anzi. Si portò sopra di lei e continuò a baciarla con foga.
Con troppa foga.
Ginny si sentì soffocare. Era troppo. Era tanto. Non riusciva tenere i suoi ritmi e aveva la sensazione che Harry fosse dotato di mille mani che continuavano a toccarla e lei non sapeva come fare per fermarlo.
“Harry… Harry no…” – quando sentì che Harry era intenzionato ad andare avanti, lo spinse da una parte. – “Harry, fermati!”
Il ragazzo la guardò, ansante.
“Cosa c’è?”
La rossa spalancò gli occhi.
“Come cosa c’è? Sembravi un treno!”
“Senti, ma perché fai così?”
I campanelli d’allarme di Ginny suonarono come trombe in festa.
“Sono… quanto? Tre mesi che siamo insieme e ancora non l’abbiamo fatto!”
La ragazza dovette fare uno sforzo sovrumano per non piangere, anche se gli occhi lucidi tradivano il suo proposito.
“E’ inutile che piangi, Ginny.”
Perché è così freddo?, pensò la rossa.
“Sinceramente, ti sembra normale farmi aspettare così tanto?”
Senza parole. Ecco come si sentì in quel momento. Ora la colpa era sua?
“Io… non mi sento pronta, ancora…” – disse. E ne era convinta.
Allora perché le sembrava di star sbagliando tutto? Che essere convinti di farlo solo quando se ne è sicuri al cento per cento era… sbagliato?
“E quando lo sarai?” – il ragazzo si alzò e andò a mettersi la felpa. – “Credevo che mi amassi.” – fece il moro.
“Perché fai così, Harry? Perché mi tratti in questo modo?”
“E come dovrei trattarti?”
Fu peggio di uno schiaffo. La ragazza raccolse, barcollante, le sue cose e scappò fuori dalla stanza. Lungo il corridoio intravide alcuni ragazzi che la guardavano, chi perplessi, chi incuranti del suo stato.
Ma ve ne fu uno che disse qualcosa che Ginny non comprese. Non subito, almeno.
“Certo che Harry ci da dentro, eh?”
Poi, scappò in camera sua a piangere.









Seduta tra le sue gambe, Hermione stava bene. Albert le faceva da cuscino. Poi, sullo stesso divanetto, c’erano tutti gli altri. Stavano parlando dello svolgimento della festa in onore di Hermione.
“E come ti vestirà Myra?”
“Non lo so. So solo che a una settimana dall’evento avrò il permesso da parte di Silente per smaterializzarmi da scuola fino a casa per permetterle di fare tutto.”
Draco notò che non l’aveva ancora chiamata mamma. Si limitava ad appellativi come “lei” o, nella maggior parte dei casi, “Myra”. Lo sguardo correva sempre da lei ad Albert e vedeva quanto il ragazzo soffrisse per quella situazione. Da quando si erano parlati nella Stanza delle Necessità, Draco non aveva perso giorno in cui non pensasse a come poterla aiutare. Lei, un po’, lo aveva fatto con lui e ora era il suo turno di restituire il favore.
“Hai una fortuna sfacciata, Hermione.” – fece Daphne. – “Hai una stilista per madre. Chissà che abito ti farà indossare.”
Lo sguardo della riccia si posò per caso su quello di Draco e si ritrovò a chinarlo. Ultimamente, ci aveva fatto caso, le capitava spesso. Da quando aveva visto che quell’ombra di perenne fastidio gli era sparita dalla faccia, la pelle del viso era più distesa e rilassata.
Ed era un piacere per gli occhi.
Un altro paio d’occhi, però, si accorse di quello scambio di sguardi e se dapprima si era visto decisamente perplesso ora poteva dire che nella vita nulla era impossibile.
Con un sorrisetto da so-tutto-io, Blaise Zabini si acciambellò sul divanetto come un gatto che ha dietro al peloso sederino un bel fuocherello e decise che da quel momento in avanti avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione a ciò che gli stava accadendo sotto il naso.
“Non credo che il mio abito si differenzierà tanto da quello degli altri invitati.” – osservò lei.
Daphne e Pansy si guardarono complici.
“Oh sì.” – fece la mora. – “Ne riparleremo quando dovrai indossarlo.”
Hermione preferì lasciar perdere quella profezia e godersi il resto del pomeriggio insieme a suo fratello.
E ai suoi amici.




Da quand’era che il suo corpo rifiutava di trattenere il cibo?
Quando aveva acconsentito a venir ridotta in quello stato?
Quanto avrebbe dovuto aspettare prima di rialzare la testa e dire basta?
La catenella dello sciacquone si abbassò per l’ennesima volta. Ormai aveva smesso di contarle. Si sedette scompostamente sul pavimento del cubicolo e aspettò un po’ prima di uscire. Vedersi allo specchio in quelle condizioni era un aiuto in più per aumentare la sua depressione.
Dopo il rigetto, subentrò il pianto.
Un pianto silenzioso, un pianto da soffocare, un pianto che non era uno sfogo, ma un costante tenersi dentro il dolore.
Perfino Mirtilla non strepitava e si mostrava solidale con quella ragazza la cui pena era sicuramente d’amore. Si limitava a sparire in qualche altro cubicolo senza fare rumore.
Quando, trenta minuti più tardi, si alzò da terra, dovette sorreggersi alle pareti e quando aprì la porta, ebbe la sensazione di cadere nel vuoto. Mosse qualche passo nella speranza di mantenere l’equilibrio, ma cadde in ginocchio.
E vide un paio di scarpette nere eleganti.




“Dai Candy, non puoi non dirci niente!” – disse Erin. – “Com’è Zabini?”
Candy sorrise.
“E’ un ragazzo a posto.” – rispose lei.
“Sì, ma… bacia bene?” – chiese invece Joyce.
“Sì, molto.” – rispose, mentendo. Non si erano mai baciati con quell’ardore tipico di una coppia, ma si erano sempre scambiati qualche bacio di tanto in tanto in pubblico. E rigorosamente a stampo. Sarebbe stato troppo strano per due ragazzi innamorati di altre persone.
Eve, invece, la guardò molto, molto scetticamente.
Erin e Joyce emisero qualche urletto eccitato, battendo anche le mani.
“E… lo avete fatto?”
“Certo.” – qui non mentì.
C’era andata a letto insieme durante il suo quarto anno. Con Jason le cose non stavano andando bene, perché continuavano a litigare per delle stupidaggini. Poi era capitato Blaise e con qualche moina l’aveva portata al settimo piano, nella Stanza delle Necessità. Quando Candy entrò, capì subito cosa il ragazzo avesse in mente, ma non se ne preoccupò. Per una volta, decise di agire senza pensare e poi aveva bisogno di liberare la mente da tutti i suoi problemi.
Lo fecero.
E Blaise la trattò con sorprendente rispetto. Non fu solo sesso, ma non fu nemmeno amore e d’altronde, Candice, non si aspettava niente di diverso da lui. Il ragazzo sapeva benissimo dove mettere lingua e mani e come usarle per darle il massimo della soddisfazione, non era il classico imbranato che appena vedeva due tette iniziava a palpare nemmeno fossero un anti-stress. Le trattò con la dovuta cura e adorò il suo corpo come fosse un tempio votivo. Fu un’esperienza quasi mistica per lei, perché non provò mai più nulla di simile.
Purtroppo, nemmeno con Jason.
Quando uscirono dalla Stanza delle Necessità, si salutarono entrambi con un sorriso e poi ognuno andò per la propria strada.
Dirlo a Jason fu la parte più brutta ma Candice era fatta così. Non era capace nemmeno di mentire quando si trattava di organizzargli una festa a sorpresa, figurarsi tenersi dentro il fatto di essere andata a letto con un altro.
Ma glielo disse, senza tanti giri di parole.

“Sono andata a letto con un altro, Jason.”
Il ragazzo pensò di essersele sognate quelle parole, ma la faccia seria di lei lo costrinse a sbattere il muso contro la dura realtà.
“Cosa? Chi è?”
“E’ Zabini, quello di Serpeverde.”
“COSA?!? Ti ha costretta, vero? Ti ha minacciata? Cosa ti ha fatto?”
“Niente, Jason. Non mi ha fatto niente. È capitato solo dopo un nostro litigio e dopo avermi proposto di seguirlo, io gli sono andata dietro. Lo abbiamo fatto solo poche ore fa.”
Dire che sembrava essersi scottato era un eufemismo.
“Candy… perché?”
“Forse siamo solo stanchi di stare insieme, Jason.” – glielo disse come se stesse parlando del tempo, ma entrambi sapevano che non era così. Candy teneva molto a lui, ma per loro era giunto il momento in cui si sentivano entrambi soffocare dalla relazione ed era necessario prendersi un periodo di pausa.
“Non è vero, noi…”
“… noi continuiamo a litigare. A malapena ci possiamo vedere al mattino.”
“Potevamo… potevamo parlarne e deciderlo insieme.” – fece lui, arrabbiato con lei. Forse, non tanto per il gesto, quanto per le parole di lei che sapevano essere maledettamente vere.
“Hai ragione. Ho sbagliato io, Jason e ti chiedo scusa.” – disse, assumendosi ogni colpa.
“Tu… tu sai che questo cambia tutto, vero?”
Candice inghiottì pesantemente.
“Sì, lo so.”
“Lo sai…” – disse, con lo sguardo basso. Poi lo rialzò. – “Bene. Addio Candice.”
La ragazza ingoiò il groppo di lacrime e lo salutò.
“Addio Jason.”

Lo amava ancora, non aveva dubbi e se avesse potuto tornare indietro di certo non lo avrebbe fatto, ma purtroppo le cose erano andate in quel verso e per un ragazzo del carattere di Jason, passare sopra a una cosa del genere sarebbe stato a dir poco umiliante.
“Ragazze, mi scusate un attimo? Vado in bagno.”
Erin e Joyce annuirono e poi tornarono a chiacchierare tra di loro, ma Eve la seguì con lo sguardo finché non chiuse la porta alle spalle.
Odiava mentire, per questo prima di poter dare il via a una discussione infinita, aveva preferito uscire e fare due passi. Andò comunque in bagno per rinfrescarsi.
Ripensare a Jason le fece venire un moto di nostalgia, rimpianto per un tempo che sapeva non sarebbe tornato più. Andando a letto con Blaise non solo aveva tradito Jason, ma anche se stessa e i principi ai quali aveva fatto un voto. Prima che accadesse, erano felici insieme, soprattutto i primi tre anni. Mai una ruga di preoccupazione increspava i loro visi, c’era solo spazio per la felicità. Chiunque li vedeva passare, avrebbe scommesso la vita che quei due si sarebbero sposati e avrebbero avuto uno stuolo di figli stile harem.
Poi erano iniziate le prime discussioni. Niente di che, però Candy avrebbe dovuto capire che erano i primi campanelli d’allarme per qualcosa di più grosso che si preparava ad abbattersi su di loro. Non capiva perché non facessero più l’amore, perché ogni volta che si avvicinava, con una scusa banale, le diceva di no. Candy non era un’assatanata di sesso, ma era convinta che una buona dose di esso in un rapporto fosse necessaria, nonché benefica, per mandarlo avanti. Ma invece di parlargli e chiedergli il motivo di quella mancanza, aveva preferito buttarsi tra le braccia di un altro.
Si era vergognata da morire quando era tornata in camera sua e aveva pianto tanto. Eve era entrata pochi minuti più tardi, perché l’aveva vista alquanto strana e quando la trovò a piangere, si stese sul letto con lei e cercò di calmarla. Credette che quelle lacrime fossero l’ennesimo litigio con Jas, ma si dovette correggere quando seppe del vero motivo.
E, oltre a fare i conti con la sua coscienza che pur di sotterrarla di maledizioni aveva inventato improperi del tutto improponibili, dovette stare a sentire anche Eve che, a furia di girare per la stanza, aveva fatto un solco sul pavimento.

Scacciò quei pensieri dalla sua testa.
Ormai era finita e continuare a rimuginarci su non avrebbe di certo cambiato le cose. Aprì la porta del bagno, felice di avere un momento tutto per sé, quando una cascata rossa le cadde letteralmente ai piedi, portandola a ricredersi su quanto appena pensato.
Il colore di quei capelli era a dir poco inconfondibile: sembrava un marchio di fabbrica.
“Weasley?” – chiese lei, chinandosi di poco.
Ginny alzò la testa per incrociare il volto della fidanzata di Blaise. Un nuovo conato fu la spinta necessaria per alzarsi in piedi e tornare nel cubicolo dove, iniziava fermamente a crederci, avrebbe messo radici.
Candy si avvicinò lentamente, perplessa.
“Weasley, stai bene?”
“Per favore, va via…” – la sentì dire, prima di tornare a svuotare uno stomaco che ormai era più vuoto di un buco nero.
Candy di certo non avrebbe mai lasciato da sola una persona che sta male. Si girò e cercò qualcosa per farla star meglio. Corse al lavandino e prese alcune salviette, le bagnò con acqua fredda e poi tornò dalla ragazza.
“Aspetta, prova così…”
Ginny non riuscì a ribellarsi, era troppo fiacca. Al primo impatto, la pezza ghiacciata contro la sua fronte bollente fu veramente fastidiosa, ma poi si abituò fino a stare meglio. Candy girò la pezza e poi la gettò fuori dal cubicolo.
“Coraggio, esci di qui…” – l’aiutò sorreggendola, perché le gambe le tremavano. Fece apparire una sedia e l’aiutò a sedersi, mentre lei andava a prendere altre salviette, per pulirla. S’inginocchiò davanti a lei e gliele passò sul volto sudato.
In quel momento, Ginny capì come mai Blaise avesse scelto Candy. Era carina, sempre di bella presenza e con i capelli perennemente in ordine. Lei invece sembrava il ritratto della desolazione umana. Le guance erano chiazzate di rosso per gli sforzi dovuti ai conati e i capelli erano umidi di sudore.
In una parola: faceva veramente schifo.
Senza dire niente, Candy fece apparire la sua pochette per il trucco, dove prese una salvietta per pulirle il viso. Sapeva di arancio e cannella e Ginny non riuscì a trattenere il suo apprezzamento per quella gradazione.
“Arancio e cannella… buono.”
Candy le sorrise.
“Sono contenta che ti piaccia. È un profumo che adoro. Ecco fatto.” – disse, gettando il tutto nel cestino, che gradì il “pranzo” con un bel rutto. – “Come ti senti?”
“Meglio.” – dire che era imbarazzata era dire poco. Stare di fronte alla ragazza della persona di cui si era scoperta attratta, non giovò di certo alla situazione, né al suo umore.
Ginny non seppe cosa dire per spezzare quel silenzio che si era creato, imbarazzato da parte sua, curioso da parte di Candy. Capendo al volo che dire qualsiasi cosa in quel momento avrebbe solo significato rompere un equilibrio delicato, Candy si alzò e sistemò il bagno.
“Credo sia il caso che tu vada a farti una doccia. Aiuta sempre in questi casi. Buona giornata, Weasley.”
Ginny la guardò andarsene e capì che non solo quella ragazza le era nettamente superiore in stile e charme, ma che lei stessa, con Blaise, aveva tante possibilità quante Ron ne aveva con Daphne Greengrass.
Seguì comunque il suo consiglio e andò a farsi una bella doccia.









Poco prima che Hogwarts entrasse nel mese di Dicembre, Silente convocò nel proprio ufficio i rappresentanti delle quattro case, caricando le loro spalle dell’organizzazione del Ballo di Natale, decidendo di iniziare a lavorarci su solo dalla seconda settimana del mese. Si sarebbe svolto, ovviamente, l’ultimo venerdì prima delle vacanze natalizie e avrebbe sancito in quel modo quella pausa che ogni studente aspettava da quando la scuola era iniziata.
Serpeverde era l’unica casa ancora sguarnita di queste due cariche, ma da quando Hermione era entrata a farne parte si era subito pensato a lei come Caposcuola.
Mancava però un Prefetto.
La riccia studiò un sistema per la votazione, optando per dei semplici bigliettini su cui ogni studente, dal primo al settimo anno, potesse scrivere su di essi la propria preferenza e inserirli in una coppa incantata.
La scontatezza del risultato lasciò Hermione alquanto perplessa.
Il Prefetto di Serpeverde sarebbe stato Draco Malfoy.




Hermione aveva dato appuntamento a ogni Caposcuola e a ogni Prefetto per le venti e trenta nella Stanza delle Necessità per organizzare il ballo. Aveva già in mente qualche idea carina e voleva il parere di tutti.

“Benearrivati.” – fece lei.
I ragazzi si guardarono intorno stupiti. La Preston aveva tappezzato la Stanza delle Necessità di tabelloni, cinque in tutto, dove su ognuno di essi vi era lo stile della festa e le relative cose necessarie per la sua realizzazione, come decorazioni, bevande, cibo e quant’altro.
“Allora… su questi tabelloni ho buttato giù delle idee per il ballo.”
I ragazzi si sparpagliarono per darvi un’occhiata, mentre Hermione continuava la sua esposizione.
“Ovviamente sono solo bozze e se qualcuno ha altre idee da sottoporre è bene accetto.”
“A me piace questo.” – fece la Caposcuola di Corvonero.
Il tabellone che aveva scelto aveva come tema l’antica Grecia e ogni studente avrebbe dovuto vestirsi, usando almeno un elemento che si trovava in esso. Hermione le sorrise.
“Grazie.”
Essendo ogni tabellone un’idea valida per il ballo, ogni rappresentante di ogni casa decise di mettere ai voti le idee proposte da Hermione (ergo, erano troppo pigri per proporne di proprie.)
“Io la metterei ai voti.” – disse il Prefetto di Tassorosso. – “Facciamo con dei bigliettini?”
Il consenso fu unanime. Hermione preparò la scatola che fu, nel giro di venti minuti, riempita di otto bigliettini. La Caposcuola di Serpeverde aprì il contenitore e iniziò a leggere le varie scelte, mentre Elyanne Sanders, il Prefetto di Tassorosso, le scriveva su una pergamena.
“Antica Grecia.” – disse Hermione, ed Elyanne lo scrisse. – “Ancora Antica Grecia.” – la ragazza mise una “x” vicino. – “… Gran Galà… Antica Grecia… Opposti… Antica Grecia… Opposti… Antica Grecia. Qual è il risultato?” – chiese Hermione, sporgendosi sulla pergamena di Elyanne.
“Dunque… 5 voti per Antica Grecia, uno per Gran Galà e due per Opposti.”
“Antica Grecia vince. Bene, chi vuole occuparsi del cibo?”
Si fece avanti il Caposcuola di Tassorosso, Jamie Curtis.
“I miei gestiscono una catena di catering.” – disse, catturando l’attenzione di tutti. – “Posso farmi dare la roba a metà prezzo.”
“Buona idea, grazie Jamie.” – disse Hermione, con un sorriso.
“Posso occuparmi anche del bere, se non è un problema.” – propose sempre il ragazzo. – “Sempre perché posso portarli fuori a metà prezzo.”
“E’ tutto tuo.” – disse Hermione. – “Decorazioni?”
“Lo faccio io.” – si propose Christina Davies, Caposcuola di Corvonero.
“Perfetto. Gli altri che sono rimasti fuori dovrebbero girare dei negozi di abiti e chiedere ai titolari se sono disposti ad applicare uno sconto sui vestiti che gli studenti vorranno farsi fare per l’occasione.”
I rimasti annuirono.
“Tu cosa farai Hermione?” – chiese Mariah Collins, Caposcuola di Grifondoro.
“Io e Malfoy ci occuperemo delle decorazioni nella Sala Grande.” – poi guardò l’ora e si sorprese. – “Cavolo, solo un’ora per fare tutto. Siamo stati bravi.”
Tutti le sorrisero riconoscenti per il complimento.
“Ho già ottenuto il permesso per tutti per poter uscire a Hogsmeade quando si vuole.” – consegnò loro dei fogli. – “Vale dalla fine dell’ultima ora di lezione fino alle sei di sera. Bene, buona notte e buon lavoro.”
“Ciao Hermione, notte…”
“Ciao…”
A turno, la salutarono tutti e rimasero solo Draco e Hermione nella Stanza delle Necessità. La riccia arrotolò i cartelloni e li fece evanescere nella sua stanza, lasciando lì solo quello scelto per la festa e sistemò il resto.
“Certo che per una a cui i balli non piacciono hai fatto presto a buttare giù qualche idea.”
Hermione lo guardò e poi chinò lo sguardo, con un sorrisetto sulle labbra.
“Nel mondo da dove vengo io, ci sono…” – si bloccò. Si zittì e chinò la testa per l’errore commesso.
Draco, la cui battuta voleva essere solo un pretesto per battibeccare, in senso positivo, gli si era ritorta contro. La vide rialzare la testa e sorridergli forzatamente.
“Credo che non imparerò mai.” – disse, girandosi per sistemare al millimetro un foglietto spiegazzato.
“Prima o poi lo farai.”
“Sì, certo.” – rispose lei.
Draco andò da lei, ma Hermione sentendo i suoi passi farsi sempre più vicini, si girò leggermente dalla parte opposta, per non far vedere i suoi occhi lucidi. Il ragazzo la prese per un braccio e la fece voltare. Chissà perché, ma lo aveva immaginato.
“Preston…”
“Mi dici cos’ho che non va?” – sbottò lei, lasciandolo pietrificato per un istante. – “Dovrei odiarli a morte! Dovrei… dovrei volere la loro morte! Disprezzarli! Ma… non ci riesco!” – una lacrima le rigò la guancia.
Dove trovò la forza per non alzare la mano e tirargliela via, Draco non lo seppe mai. Stava facendo uno sforzo immane per lottare contro se stesso per non cedere.
“Mi… mi hanno voluto bene! Mi hanno amata! Non mi hanno mai fatto mancare niente!”
“Ti hanno mentito.” – disse lui.
Draco non era mai stato il tipo da frasi zuccherose del tipo “vedrai che passerà”, oppure, “sfogati, se hai bisogno”. Al solo pensiero il ragazzo rabbrividiva.
No.
Draco era più il tipo da verità nuda e cruda. Faceva male ma almeno evitava le illusioni che, alla fine dei conti, facevano forse più male della semplice sincerità. Per questo veniva etichettato come uno stronzo, per questo tutti lo odiavano.
Forse Draco doveva ingentilire un po’ i modi, ma il succo era che la verità andava sempre detta in ogni caso, anche se faceva male.
Hermione aveva sempre preferito l’approccio diretto. I giri di parole facevano perdere solo tempo e non le piacevano. Preferiva andare dritta al nocciolo della questione.
E Draco l’aveva fatto.
Brutalmente, ma l’aveva fatto.
La riccia lo guardò. Non era un’affermazione fatta per il puro piacere di farla star male. Quei tempi, ormai, erano finiti. Glielo aveva detto per farle capire.
Per aiutarla.
“Ti hanno fatto credere di essere malvoluta dalla tua vera famiglia, quando invece avrebbero dato la vita per averti vicina. Albert ci ha detto quanto hanno sofferto per la tua perdita.”
“Mia madre ha detto… oh, Cristo!” – sbottò, mettendosi le mani nei capelli.
E Draco capì che si stava riferendo ancora alla donna babbana.
“Credo sia normale tu la definisca ancora così.”
“Non giustificarmi!”
“E chi vuole farlo?” – chiese. – “Hai vissuto con loro per diciassette anni prima di scoprire la verità. Chiunque al posto tuo impiegherebbe del tempo per abituarsi all’idea di questo cambiamento.”
“Ma ne ho perso fin troppo!” – urlò. – “Voglio… voglio dimenticarli! Voglio che esista un Oblivion così forte da farmi dimenticare diciassette anni di vita!”
“No, non lo vuoi.” – rispose il ragazzo.
“Ma cosa ne sai di quello che voglio, eh? Sempre… sempre con la risposta pronta!” – non voleva arrabbiarsi con lui, ma Hermione aveva bisogno di parlare con qualcuno che non la giustificasse sempre, che non la compatisse e, cazzo, Draco Malfoy era quello che faceva al caso suo.
“Hermione Granger.”
La riccia sgranò gli occhi e si mise in posizione di attacco.
“Non.chiamarmi.così.” – sibilò lei.
“Oh, ti chiamo come voglio.” – disse. D’accordo. Le maniere “buone” non erano servite? Ok, passiamo alle cattive. – “Il fatto che tu sia ora una Preston non cambia le cose. Secchiona eri e secchiona rimani! Determinata eri e determinata rimarrai!”
Non ci credeva. Draco Malfoy… la stava elogiando?
“Sei più cocciuta di un mulo!”
Ah, ecco… le sembrava strano.
“Sei impicciona, saccente e dispotica!”
Lo guardò con gli occhi spalancati dallo sgomento.
“Ma…”
“E se non sai tutto e subito diventi pure nevrotica!”
“Ma!…” – boccheggiava.
“Ma se sei sopravvissuta a tutte le magagne che Hogwarts ha saputo proporre meglio delle materie di studio è stato proprio per questo.”
“Ah…”
“E se lì dentro…” – disse, indicandole la testa. – “… c’è ancora un po’ di quella ragazzina saccente e piena di sé che mi ha fatto dannare, che non si arrende nemmeno se pietrificata da un Basilisco, converrai con me chiedere di venire obliviata è un insulto non solo a me, che ho speso anni a cercare di batterti nello studio, ma soprattutto a te stessa, che non ti sei mai arresa davanti a niente e a nessuno.” – nemmeno a me, aggiunse però mentalmente.
Doveva essere stata catapultata in un universo alternativo, perché era impensabile che Draco Malfoy avesse appena concluso un’arringa così schifosamente fantastica in suo favore. Lo guardò come se avesse avuto due teste e il ragazzo iniziò a sentirsi leggermente fuori posto.
“E se la smettessi di fissarmi come se avessi addosso un tutù, mi faresti solo un favore.”
Hermione scosse la testa.
“Scusa… io… non so che dire…”
Draco alzò gli occhi al cielo.
“Grazie Merlino.” – disse, giungendo le mani in segno di preghiera. – “Ti sarò per sempre devoto. Chiedi e ti sarà dato.” – tornò a guardarla.
“Tuttavia…”
Rialzò gli occhi al cielo.
“Rettifico tutto, Merlino.”
“… tuttavia…” – continuò in tono più sommesso. – “… ho come l’impressione che non mi abituerò mai a questa situazione. Ho paura di continuare a pensare ai… Granger come i miei unici genitori. Myra ed Elthon sono brave persone, ma… Cristo che casino…” – si afflosciò contro di lui, poggiando il capo sul suo torace.

Ne aveva la possibilità.
Poteva alzare la mano e infilarla nei suoi capelli, con il pretesto di confortarla. E allora perché adesso che voleva toccarla non riusciva a muovere un muscolo? Perché quella cazzo di mano destra sembrava ancorata al suolo?
Un attimo sembrò durare un’eternità, dal tempo trascorso da quel suo pensiero al momento in cui alzò il braccio e le infilò la mano nei suoi capelli.

Cristo…
Non so chi tu sia, ma se lei ti chiama spesso in causa, significa che devi essere una specie di Merlino babbano.
Lo sapevo… sapevo che sarebbe successo se l’avessi fatto. Sentire i suoi capelli sfiorarmi la mano mentre gliela infilavo in mezzo mi ha fatto letteralmente esplodere il cuore. I ricci mi si attorcigliano tra le dita e mi sento…
Imprigionato.
Mi sento legato. A lei. Ho l’impressione che i suoi capelli mi stiano trattenendo, che vogliano impedirmi di lasciare la sua testa, che vogliano tenermi legato a lei in eterno.
Temo questa sensazione, ma allo stesso tempo non posso fare a meno di volerla provare. Di volerla continuare a provare.
Dovrei allontanarmi da lei, perché se è vero che sono stronzo, egoista, bastardo e altro, è altrettanto vero che non sono un’ipocrita. Non voglio che veda il mio avvicinamento a lei solo per il suo cognome, anche se inizialmente è stato così.
Ma chi voglio prendere in giro?
Mi sono avvicinato per il suo cognome, perché era diventata come me, purosangue come me. Posso… posso parlarle senza rischiare di essere punito o di venir preso in giro dagli altri.
E tra i tanti aggettivi che mi hanno affibbiato quotidianamente da quando sono entrato in questa scuola, direi che egoista è quello che più mi si addice.
Perché se qualcosa o qualcuno mi fa stare bene, allora non lo mollo nemmeno per tutti i galeoni del mondo.

L’immagine che mi viene in mente in questo momento mentre sento Malfoy massaggiarmi la testa è quella di una madre che regge per la prima volta in braccio il suo bambino. Lo tratta con delicatezza e la sua mano avvolge la piccola testolina come una conchiglia la sua perla.
Può dimenarsi, può scalciare, ma la presa della madre sarà sempre ferrea e gli impedirà di cadere e farsi male.
È strano, ma in questo momento sento che Draco mi impedirà di cadere, sia ora che in futuro.
Negare che quei complimenti sotto forma di difetti non mi abbiano fatto piacere sarebbe veramente un insulto alla mia intelligenza, ma mi hanno fatto riflettere e convenire con lui che ha ragione.
Merlino grazie che non può leggermi nel pensiero…
Quando ancora ero una Granger non permisi a nessuno di mettermi sotto, nemmeno a lui. Ero determinata come pochi e avrei affrontato le difficoltà a testa alta.
Perché ora dovrebbe essere diverso?
Senza rendermene conto, mi sono trasformata in una di quelle ragazzine senza spina dorsale che per ogni minima stupidata hanno bisogno del cavalier servente. No, io non sono così. Cazzo, ho aiutato quel cretino di Potter a uccidere Voldemort, significherà pure qualcosa, no?

Hermione si staccò dal torace di Draco. Con gli occhi ancora lucidi per la frustrazione provata poco prima, lo guardò.
Osservare il volto di Draco Malfoy tendersi in un guizzo di sorpresa era qualcosa di impagabile. Era come vedere la Venere del Botticelli nascere davvero dalle spume delle acque. Poteva vederlo solo lei e quello spettacolo era completamente gratis.
Sembrava che fosse la mano del ragazzo a tenerla in piedi.
E… che strano… che la stesse avvicinando sempre di più al suo volto.
Peccato che non fosse un’allucinazione.
Non aveva mai fatto caso al colore degli occhi di Malfoy. Sì, erano chiari, ma non avrebbe mai saputo ben definirlo. Ora lo poteva fare. Erano azzurro ghiaccio, grigio chiaro… ancora non riusciva bene a specificarlo. E poi sapevano di menta e tabacco.
Oh, no. Quello era l’alito.
L’alito. Quello che esce dalla bocca.
La bocca. Quella che era vicina alla sua.
La bocca.
Quella che l’attimo successivo fece combaciare alla propria.









Uscita dalla doccia, Ginny pensò di essere rinata.
Avvolta nel suo accappatoio di spugna, la ragazza uscì frizionandosi i capelli con l’asciugamano, ripensando nel contempo a ciò che era successo in quel bagno.
Tornare nella sua vecchia stanza era stato alquanto difficile, non perché significava che tra lei e Hermione le cose si erano rotte – e poi in qualche modo ricucite – ma perché aveva dovuto fare i conti con le migliaia di domande inopportune delle sue altrettanto inopportune compagne. All’inizio si era ritrovata impacciata perché aveva il cervello completamente vuoto. La assillavano con domande bombardate una sull’altra, non facevano in tempo a finire la domanda che ne saltava fuori un’altra.
Poi, alla fine, il lampo di genio di un cervello che credeva essere andato del tutto perso.

“Hermione ha bisogno di un po’ di privacy. Non vedo niente di eclatante in questo, quindi smettetela.”

Si era salvata in quel modo, ma per l’ennesima volta aveva dimostrato di non essere in grado di assumersi le proprie responsabilità, scaricando il barile sugli altri.
Lo aveva fatto con il test a sorpresa di Pozioni con Harry, e lo aveva rifatto con le sue compagne di classe quella volta.
Andò a sedersi sul davanzale della finestra e guardò di sotto.
E vide Candy abbracciare Blaise.









Draco si ritrovò con gli occhi spalancati.
Da solo.
Dopo averlo baciato, dopo che Hermione Preston aveva baciato lui, si era data alla fuga, forse, più allibita di lui che aveva ricevuto quel bacio.
Forse l’aveva sognato. Adesso si sarebbe dato un pizzicotto e si sarebbe trovato davanti alla McGranitt che gli urlava dietro da mezz’ora che bisognava seguire la lezione e non dormire con gli occhi aperti, o forse si sarebbe trovato sulla sua scopa, durante una partita di Quidditch con il boccino in mano e che, per lo stupore, si sarebbe messo a viaggiare con la fantasia.
Si pizzicò il braccio e strizzò gli occhi.
No. La stanza era sempre quella, il disordine sempre lo stesso.
Ma era cambiato il sapore sulle labbra.
Lucidalabbra alla fragola, pensò il biondo, leccandosele.
Guardò la porta e la vide spalancata e fu come realizzarlo solo in quel momento.
Lui e la Preston si erano appena baciati.




Oddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddioddio!
Ho baciato Malfoy!
Cazzo, ho baciato Malfoy!
Porca puttana, ho baciato Malfoy!
Che cazzo mi è saltato in mente di baciare Malfoy?
Sono rovinata! Oddio sono rovinata!
Se lo sa qualcuno sono rovinata!
Ma che cazzo mi è passato per il cervello?
Devo smetterla di dire cazzo! Cazzo, l’ho ridetto. Cazzo, no!…

Hermione stava uscendo di matto.
Per le parolacce che stava dicendo e perché aveva baciato Malfoy.
Lei.
Lei aveva annullato quella piccola distanza tra di loro, quel confine anche se così labile così ben marcato, che doveva rimanere tale.
E lei lo aveva volutamente superato.
E difficilmente sarebbe potuta tornare indietro.
Di parlare con suo fratello non era proprio il caso. Vista la gelosia di Albert se fosse venuto a sapere di questa cosa, l’avrebbe coperta con un burka e infilato un cartello con scritto “non guardare e non toccare”.
Fu per questo, che andò dall’unica persona che conosceva bene Draco Malfoy.
Comunicò la parola d’ordine al Barone Sanguinario ed entrò come una furia in Sala Comune. Percorse le scale che l’avrebbero condotta al suo dormitorio ed entrò senza nemmeno bussare.
“Ma chi è… Hermione?”
La riccia chiuse la porta alle spalle.
“Ho baciato Draco Malfoy!” – disse solamente, dopo un secondo di silenzio.
A Pansy cadde di mano il libro.









Babbudoyo’s corner:

Più ci sforziamo di far andare le cose come vogliamo e più queste si impegnano per andare nella direzione opposta. Ginny pensava che con Harry tutto fosse tornato al proprio posto, che il ragazzo era in preda a un periodaccio e che per non farla preoccupare le avesse taciuto ciò che lo faceva star male.
In realtà, Harry voleva solo una cosa da lei.
In termini culinari: la patata.
Peccato che Ginny sia una delle poche che crede ancora che aspettare la persona giusta sia importante per sentirsi a proprio agio e ricordare la sua prima volta come un qualcosa di piacevole e non come una violenza.
E poiché si dice che il corpo non mente mai, specie quello di una donna, ci sarà un motivo per il quale Ginny non si è sentita pronta a farlo con Harry?
Io dico di sì e anche Ginny lo pensa, ma ci sono troppe note stonate nella loro sinfonia che rendono tutto più difficile e più brutto.
A conferma di ciò, Harry ha ben pensato di comportarsi come tutti i maschi che ragionano soltanto con la testa che si trova a metà tra la parte superiore del corpo e quella inferiore.
La tratta come se a sbagliare fosse lei, non capendo che per una donna fare l’amore la prima volta non è la stessa cosa che per un uomo.
Ammirate signore l’indelicatezza maschile.
Soprattutto tu, Ginny. -_-

Blaise si accorge degli sguardi che intercorrono tra Hermione e Draco e pur di sfuggire alla propria situazione sentimentale, si rifà su quella degli altri, convinto che sia infinitamente migliore della sua.
Non apro discussioni in merito. >__>

Candy e Ginny hanno un incontro ravvicinato del primo tipo. ^_^
Candy si presenta come la ragazza ideale che tutti i maschi sani di mente vorrebbero avere. Di bell’aspetto, simpatica e fresca (come una pioggia estiva. Pubblicità della crema Nivea. ^__^ Scusate, ma questi scleri mi servono). Ginny, invece, è nel suo momento peggiore: le mancherebbe solo il ciclo e poi potrebbe andare a buttarsi dalla Torre di Astronomia.
I conati di vomito dovuti alla sua situazione con Harry le hanno sfigurato la faccia, si sente marcia dentro e sa che non può più andare avanti così e cosa succede? Incontra Candy, la fidanzata di Blaise.
Altro conato in arrivo.
E Candy, ignara di ciò che prova Ginny, si conferma adatta al ruolo che ricopre attualmente: la fidanzata di Blaise. Peccato che sia effettivamente un ruolo, una finzione. Ginny vorrebbe essere come lei, ignorando che lei a Blaise piace così com’è, anzi. La preferirebbe a Candy, se solo si levasse i tendoni del circo della Orfei dagli occhi e facesse funzionare il suo cervello.

Momento serietà! Momento serietà! Momento serietà!
*w colorado!*
Draco e Hermione.
Presumo fosse il momento che più si aspettava di tutta la storia. Ora avete capito perché Hermione continuava a imprecare.
Ha solamente baciato Draco. Il che dopo venti capitoli di sfiancante attesa è quanto di più eclatante possa accadere.
O forse no? ^__^
Dio, se solo poteste leggere la mia storia in anticipo, mi bestemmiereste dietro per quello che ho scritto!
MUAHAHAHAHAHA!
Hermione ha volutamente oltrepassato un confine che non pensava avrebbe mai superato. Draco era lì presente e l’ha aiutata, a modo suo ovviamente. Lei lo prende come la voglia che ha il biondo di litigare, anche se lei stessa capisce che non è così, ma ha talmente bisogno di sfogarsi con qualcuno che non la commiseri sempre, che usa Draco come pungiball virtuale e lui gliele rende.
Sottoforma di complimenti.
Forse è proprio questo che fa scattare la molla a Hermione nell’annullare le distanze tra di loro.
Peccato che poi siano le gambe di lei a scattare come una molla e a farla fuggire a gambe levate.
Corre da Pansy che sta leggendo un libro nell’intimità della sua alcova.
Che succederà, adesso?

Spoilerino!

Ginny, dall’altra parte della stanza, provò una perversa soddisfazione nel vedere Ron e Harry, specialmente quest’ultimo, sbuffare contrariati per quei punti che dovevano essere loro. Guardò Hermione, che una volta incrociato il suo sguardo parve diventare preoccupata, e le sorrise complice, restituendole la soddisfazione. Nel rigirarsi, incrociò anche lo sguardo di Blaise, decisamente penetrante, insistente ed enigmatico.

Non è niente di che, ma aspetterei di leggerlo nel suo contesto prima di avanzare ipotesi…

Besos!

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Capitolo 22
*** Stronger ***


22 - Stronger Ciao a tutte!
Grazie innanzitutto per le vostre bellissime parole. Sono commossa, davvero.
Non ho molto da dire, se non verso le note finali, quindi per stavolta vi lascio alla lettura del capitolo, sperando che piaccia.

Bacioni!









VERITA’ NASCOSTE
STRONGER

Rimase a guardare quella coppia fino a che non sparì all’interno del castello.
Avevano riso, avevano giocato a rincorrersi, avevano battibeccato, ma avevano fatto la pace. E mentre li guardava, a Ginny s’incresparono le labbra in un sorriso gentile, nel sorriso di chi ha appena capito una cosa importante.
Blaise era felice con lei e lei non aveva nessun diritto di intromettersi. E poi lei stava con Harry.
Non lo amava più, ma stava con lui.
E non aveva il coraggio di lasciarlo.
Non avrebbe mai sospettato che Blaise fosse un giocherellone simile. Non avrebbe mai detto tante cose e se si fosse presa la briga di osservare con attenzione, forse le cose avrebbero potuto essere differenti.
Si allontanò dalla finestra quando non li vide più in giardino e andò a rivestirsi.
Aveva deciso: Blaise Zabini doveva uscire dalla sua testa.




Mezz’ora prima, in giardino…

“… credo che verrà fuori una bella festa, non credi?”
Il moro l’ascoltò, attentamente. Quando parlava, Candy si esaltava. Che parlasse di una mosca o del ballo di Natale non era importante. Gli piaceva la passione che metteva in quello che faceva.
“Credo anch’io. Hermione è sempre stata brava nell’organizzare le cose.”
“Sì, è vero. Senti… andremo insieme al ballo?”
Blaise la guardò sorpreso.
“Sì, perché?” – poi si aprì in un sorriso gentile. – “Oh, hai trovato qualcuno che ti piace, per caso?”
Il pensiero della ragazza andò subito a Jason.
“No, no… lo… lo dicevo più per te.”
Ora era decisamente perplesso.
“Io? Perché?”
“Beh… credevo che… sì, insomma… che tu…”
Blaise sorrise divertito per la sua indecisione che la portò a balbettare.
“Candy?”
“Scusa… pensavo volessi andarci con la Weasley.”
Il sorriso morì violentemente sulle sue labbra. Cercò di fare l’indifferente, o almeno, ci provò. Abbassò lo sguardo per un secondo, poi lo portò su qualsiasi parte tranne che sul volto di lei.
Che capì tutto.
Ah, che bella cosa l’intuito femminile…
“Perché dovrei andarci con lei? Sto con te, no?”
“Non nasconderti dietro il nostro finto fidanzamento, Blaise.”
Il ragazzo serrò le labbra.
“E’ lei la ragazza che devi dimenticare?” – chiese Candy, sporgendosi su di lui.
“No, non la conosci.” – mentì il ragazzo.
“Allora perché non me lo dici guardandomi negli occhi?”
Blaise rialzò lo sguardo, per un attimo carico di determinazione, ma quando incontrò il suo volto sereno, tutta la sua determinazione andò a farsi benedire. Aprì la bocca, ma non gli uscì un fiato.
“Mmmm… ci avevo visto giusto, allora.”
Il moro non disse niente, si limitò a fissare l’erba sotto i suoi piedi.
“Glielo hai mai detto?”
“Dico, ma sei scema?” – sbottò lui, allibito. – “Figurati se faccio una cosa del genere!”
“Perché?”
“Perché sono un Serpeverde.”
“Lei una Grifondoro e io una Tassorosso, allora? Devi ripassarti mezza Hogwarts così sei più tranquillo?” – frecciò lei.
Blaise alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
“Non capisci. Tra Grifondoro e Serpeverde c’è sempre stata rivalità, odio! Pretendere che tutto cambi nel giro di due giorni sarebbe assurdo.”
“Sì, ma tu ti sei impegnato affinché questi due giorni passassero?” – chiese Candy.
“A dire il vero io ci ho provato. È lei che non è stata in grado di vedere.”
“Vedere cosa, Blaise? Cos’è che hai preteso dalla Weasley? Che ti leggesse nella mente e ti capisse così!” – schioccò le dita. – “Al volo?”
Blaise non rispose, in segno che sì, sperava che lei lo capisse senza che lui si sforzasse a dirglielo apertamente. Candy spalancò i suoi occhioni, incredula e Blaise si accorse che forse, forse, aveva preteso un po’ troppo.
“E la scema sarei io? Oh Merlino…”
“Senti, ma che pretendi da me?” – chiese, leggermente stizzito. – “Ci ho provato e non è andata!”
“No, tu non ci hai provato!” – ribattè lei, con la voce leggermente più alta. – “Perché credi che Merlino ci abbia dato la parola? Solo per mandare a fanculo la gente?”
Blaise la guardò allibito. Non si era mai espressa in quel modo!
“Abbiamo la parola per poter comunicare. Io dico a te quello che non va e tu lo dici a me.” – spiegò, accompagnando le parole ai gesti. – “Funziona così tra adulti, sai?” – lo rimproverò, dandogli implicitamente del bambino. – “Come puoi pretendere che lei sappia leggerti nel pensiero? Non è così che si costruisce un rapporto!”
“Ah, mi hai seccato.” – disse lui, allontanandosi.
Candy non aveva mai sopportato quando le persone se ne andavano mentre lei parlava. Come un toro pronto alla carica, lo raggiunse lo costrinse a fermarsi. I suoi occhi erano diventati gelidi.
“Non te ne vai mentre ti sto parlando, Zabini!”
Non l’aveva mai vista così arrabbiata.
“Credi sia facile rapportarsi con un’altra persona? Credi che si viva solo di amore? Credi che sia sempre e solo l’altro che si deve sbattere per capirci? No, caro mio! Anche tu hai la tua parte da fare. Se da una parte lei deve capire, tu devi permettere che questo accada! Devi parlare, aprirti, dirle ciò che va o non va. Chiudersi a riccio non porta nessun beneficio. Non so cosa sia successo tra voi, ma dai discorsi che mi hai appena fatto, deduco che hai lasciato a lei tutto il peso della cosa. E se non ha capito è solo per colpa tua, tua e di quel cazzo di mutismo tipico di voi maschi! E sai che ti dico?” – concluse, visto il suo silenzio. – “Che io con uno come te non voglio averci niente a che fare!” – fu lei a girare i tacchi e ad andarsene, furente.
Lui aveva la possibilità di stare insieme alla persona che realmente amava, invece di accontentarsi di un’illusione, invece preferiva crogiolarsi in un finto rapporto, con una finta ragazza.
E un finto amore.
Lei non poteva. L’aveva fatta troppo grossa ed era giusto che pagasse le conseguenze.
Si sentì fermare per un braccio e non si voltò, sapendo che era lui.
“Non andare via anche tu.”
Candy sentì il cuore stringersi in una morsa letale. Poi sentì che le prese anche l’altro polso, sapeva che non sarebbe scappata, ma era solo la voglia di tenersi stretto qualcuno.
Qualcuno che purtroppo non era lei.
“Perché fai così, Blaise? Non capisci che ti stai facendo del male da solo?”
“Lo so, ma…”
Candy si girò e lo abbracciò. Blaise chiuse le braccia attorno alla sua vita e la strinse a sé.
“So che vorresti che adesso ci fosse un’altra e potrebbe esserci se tu…”
“Se io cosa?” – mormorò contro la sua spalla. – “E’ innamorata di Potter. Lo è sempre stata. E io non sono il tipo che preferisce essere amico della ragazza di cui è innamorato, piuttosto che non averla proprio. Starle vicino solo come amico per me sarebbe l’apoteosi della pazzia. Non ci riuscirei.”
Candy sospirò, poi si staccò da lui e lo guardò in faccia.
“E chi ti dice che puoi starle vicino solo come amico? Io credo che se tu fossi un po’ più chiaro, forse potresti ottenere dei risultati che non avresti mai pensato.”
Ma Blaise era troppo sfiduciato per riuscire a vedere oltre le parole di Candy.
“Non lo so Candy, io… è tutto troppo un’incognita per me.”
Doveva sbilanciarsi un po’ di più.
“Te l’ho detto: non so cosa c’è stato tra di voi, ma forse… se t’impegni… potrebbe esserci qualcosa.”
Blaise non volle rattristarla con i suoi pensieri, così finse di accettare le sue parole e le sorrise.
“D’accordo, ci proverò.”
Ignara che fosse solo un modo per farla contenta e non la realtà dei fatti, Candy gli sorrise e l’abbracciò.
“Così mi piaci. Vuoi che rientriamo? Fa freddino…” – ironizzò lei, con il nasino tutto rosso.
“Sì, è meglio.”
Blaise non potè sapere che Candy stava parlando con cognizione di causa. La ragazza era abbastanza sveglia, quel tanto che bastava per accorgersi delle occhiate sfuggenti che la rossa lanciava a lei e al moro. E se il linguaggio femminile non era cambiato negli ultimi anni, quelle occhiate significavano solo una cosa.
Amore in vista.









“Pansy?”
La mora fissò imperturbabile la ragazza, l’alieno, che le stava di fronte. Perché era impensabile che la vera Hermione, ex Granger, neo Preston, avesse baciato Draco Malfoy.
Assurdo.
Irreale.
Paradossale.
Impossibile.
“P-Pansy?” – Hermione le diede una leggerissima spintarella, giusto per capire se era ancora tra i vivi o se la sua affermazione era stata così shoccante da mandarla in coma irreversibile. La vide dondolare sul posto come quei birilli che nonostante i colpi inferti, tornano sempre al proprio posto. – “Oddio, questa è morta…” – soffiò lei, terrorizzata. Stava per mandare un Patronus a Silente, quando vide un cenno di vita provenire dalla mora. – “Pansy! Pansy, rispondi!”
“Hermione?” – la chiamò, incredula.
La riccia, contenta di non averla uccisa, l’abbracciò di scatto.
“Oh, ma allora sei viva!”
La mora le sorrise.
“Scusa, porta pazienza… mi è sembrato che mi avessi detto che hai baciato Draco.” – disse, portandosi due dita alla fronte, come per dire “che sciocca che sono. Ho capito per forza male io.”
Il silenzio della riccia fu peggio di una secchiellata di acqua gelida in pieno inverno.
“Perché ho capito male, vero?”
Silenzio.
“Hermione? Ho capito male, vero?”
Hermione si ritrovò a indietreggiare, costatando che l’avvicinarsi di Pansy non era un’illusione ottica.
“I-io posso spiegare…” – forse non aveva pensato che fino all’anno scorso, Pansy stava con Draco e che forse progettava di farsi una vita insieme a lui. Forse aveva decisamente sbagliato camera.
E persona.
“C’è un doppio senso nella frase “Ho baciato Draco Malfoy”?” – chiese la mora, a un palmo dal suo naso.
“Non… non credo…” – disse lei, cercando di sdrammatizzare la cosa.
“Quindi tu hai davvero baciato Draco?”
“S-sì…”
“Sulla guancia?”
“No.”
“Sulla fronte?”
“No.”
“Sul collo?”
“No.”
“Sul…”
“Sulla bocca, Cristo Santo! Sulla bocca! BO-CCA! E che diavolo!” – sbottò lei, stizzita. Già era stato arduo dirlo, girarci attorno a quel modo era snervante!
Pansy era allibita.
“Aspetta!” – disse, come colta da un’improvvisa e divina illuminazione. – “Quale Draco Malfoy hai baciato, esattamente?”
Hermione per poco non cadde a terra, stile cartoni animati.
“C-come quale Draco? Draco Malfoy, no? Biondo, Serpeverde, stronzo, egoista, vanitoso…”
Pansy era sempre più sbalordita.
“Lo hai baciato veramente? Perché?”
Hermione si grattò la testa.
“Ecco… qui arriva la parte difficile…” – ammise imbarazzata. Come poteva spiegare il perché di quel bacio senza dare dettagli sulla loro conversazione?
“Ma… con la lingua?”
“Pansy, diavolo!” – ecco come rovinare un bacio perfetto. – “No, è stato solo un bacio a stampo!”
Parve quasi delusa ed Hermione se ne accorse.
“Oh, scusa se non abbiamo avuto un amplesso da porno attori!” – s’infiammò lei. – “Ti rendi conto che la cosa è seria?”
Pansy arrossì d’imbarazzo e si scusò per la sceneggiata.
“Scusa è che… è difficile da immaginare. Tu e Draco… insieme…”
“Non me lo dire…” – disse la riccia, sedendosi sul letto di Daphne, momentaneamente assente.
Pansy andò a sedersi vicino a lei.
“Dai, racconta. Cos’è successo?”
“Eravamo nella Stanza delle Necessità con gli altri Prefetti e Caposcuola per parlare dell’organizzazione del Ballo di Natale. Sono stati distribuiti i vari compiti e poi ognuno è andato per i fatti propri. Mi sono fermata per riordinare la stanza e lui si è fermato con me. Abbiamo parlato…”
“Continua.”
“… e poi ci siamo baciati.” – saltò volutamente la parte intima del discorso, non perché non si fidasse della mora, ma perché era stato abbastanza difficile parlarne con Draco e non voleva che quella cosa arrivasse alle orecchie di Albert. Non voleva ferirlo ancora di più. – “Te l’ho detto, niente di particolare. Solo un… bacio a stampo.”
“E poi?”
La guardò male, come se la risposta dovesse essere ovvia.
“E poi… e poi sono scappata via.”
Pansy sgranò gli occhi.
“Sei scappata?”
“A gambe levate.” – aggiunse, complimentandosi per la figura fatta. – “In quel momento non ho ragionato. Ero terrorizzata.”
“Perché?”
“Io Granger lui Malfoy.” – disse, usando volutamente il suo vecchio cognome per rendere – ricordarle – la situazione di odio reciproco che era stato l’unico rapporto che avevano avuto quei due particolari ragazzi.
Solo che Pansy la vide in un modo leggermente diverso.
“E se invece fosse… tu Preston e lui Malfoy?”
Hermione la guardò sorpresa.
“Non credo che potrebbe…”




“… funzionare.” – disse Draco.
Il biondo si era diretto senza pensarci da Blaise. Lo aveva trovato che rientrava dal giardino con Candy e lo aveva supplicato (ovviamente con lo sguardo) di seguirlo. Lo aveva portato in un’aula vuota e gli aveva confessato tutto.
“Perché?” – chiese il moro, preso dal racconto dell’amico.
“Mi ci vedi con lei?”
Blaise annuì vistosamente.
“Se ti dicessi cosa vedrei, non cresceresti più.”
Draco lo guardò allibito.
“Ma… ma… ma che discorsi fai?”
Blaise saltò giù dal tavolo che aveva usato come sedia.
“Sareste la coppia del secolo! Fareste scintille!”
“Oh, su quello puoi contarci.” – disse, memore di tutti i loro litigi.
“Dai, Draco! La coppia per eccellenza che non si sopporta finisce per mettersi insieme!”
Draco era sempre più allucinato.
“Blaise, sii serio.” – disse, anche se l’idea dell’amico gli aveva solleticato fantasie che era meglio tenere nascoste sotto sigillazione.
“E chi non lo è?” – chiese. – “Merlino… se questa cosa va in porto, io…”
“Adesso stai esagerando!” – fece Draco, serio.
Blaise si accorse che qualcosa non andava.
“Scusa… stavo scherzando…”
“Beh, non mi sembra l’argomento adatto.” – gli diede le spalle e Blaise, quatto quatto, si avvicinò.
“Ehi, cos’è che realmente ti dà da pensare?”
Draco corrucciò le sopracciglia.
“Non… non può stare con me.” – e si toccò l’avambraccio sinistro.
Quel gesto di certo non gli sfuggì.
“Credo che lei sappia chi tu eri e credo spetti a lei giudicare.”
Ma Draco non era convinto.
“Non lo so… ipotizzando l’assurdo, cosa potrei offrirle?”
“Draco… potresti offrirle tutto! Tutto quello che lei desidera! Forza…” – disse, più accondiscendente. – “… c’è dell’altro, vero?”
Draco si stupiva sempre della sagacia dell’amico.
“Potrei offrirle solo ipocrisia.”
Il moro corrucciò un sopracciglio.
“Di tutti gli aggettivi che ti propinano, ipocrita è l’ultimo che…”
Draco si girò e si sforzò di aprirsi.
“Se lei non fosse stata una Preston, credi che ci saremmo mai avvicinati?”
Blaise annuì, grave. Ora aveva capito. Draco invece tornò a girarsi, si sentì come svuotato.
“Lei avrebbe continuato ad essere una sporca mezzosangue e io lo stronzo che la insulta. Ma ecco che cambia cognome e improvvisamente diventiamo amici. Bella sincerità.”
“Sei preoccupato del giudizio degli altri o di quello di tuo padre?”
“Sai benissimo che lui si è ammorbidito su certe questioni.”
“Appunto.”
“Non lo so, Blaise…” – disse, scuotendo il capo. – “Ho sempre questa sensazione che Lucius comanderà per sempre la mia vita, che non sarò mai libero di pensare veramente con la mia testa. Che ogni mia singola decisione sarà sempre e inevitabilmente legata al suo umore.”
“Tu hai un cervello che funziona, Draco. Certo, a volte va in corto circuito…”
Draco lo guardò malissimo.
“… ma sommariamente funziona bene. Perché quando è venuta l’ora di scegliere tra la tua famiglia e la tua salvezza, tu hai pensato prima a loro, hai sempre agito per il bene dei tuoi genitori, che fosse per salvarli o solo per compiacerli. Non puoi sminuire questo aspetto.”
“E cosa dovrei fare?”
“Dovresti parlare…” – si bloccò come fulminato. Oh, cazzo…
“Che c’è? Blaise?”
Inaspettatamente, il moro, iniziò a ridere, portandosi una mano alla testa.
“C’è che ti sto dando consigli che io per primo non seguo.”
Ovviamente, Draco non capì a cosa si stesse riferendo.
“Scusa?”
“No, scusami tu.” – disse, con un sorriso. Sembrava avesse compreso tutti i misteri dell’universo in quel preciso momento. – “Comunque… io farei passare qualche tempo. Non siete esattamente quella che si chiama una coppia convenzionale. Avete trascorsi di odio e litigi degni di nota e questa cosa avrà creato scompiglio.”
Draco si ritrovò ad annuire.
“Perciò non forzare la mano, non placcarla per avere delle risposte. Dalle spazio e sono sicuro che le cose si aggiusteranno da sole.”
Anche se avrebbe voluto uscire da lì, correre da Hermione e chiederle spiegazioni, Draco comprese che agendo in quel modo avrebbe solo peggiorato le cose. Così, decise che era meglio aspettare.
“Se lo dici tu…” – e quello fu il suo modo per ringraziarlo e dargli ragione.
“Dai, andiamo a dormire. È stata una giornata intensa.”
I due giovani uscirono dall’aula. Cazzo se era stata intensa!




Nei rispettivi letti, i protagonisti assoluti di quella giornata non facevano altro che ripensare a ciò che era successo. Hermione non riusciva a dormire, tanto era la sua agitazione e se si aggiungeva il fatto che Pansy non aveva fatto altro che aumentarla, la riccia seppe senza ombra di dubbio che quella notte sarebbe stata molto, molto lunga.

“E se invece fosse… tu Preston e lui Malfoy?”
Hermione la guardò sorpresa.
“Non credo che potrebbe funzionare.”
“Perché?”
“Ci siamo odiati fino all’altro ieri!” – esclamò lei, seccata di dover dire delle ovvietà. – “E comunque quel bacio non ha significato niente.”
Pansy sorrise furbescamente.
“E perché quel musetto lungo e triste, allora?”
La ragazza alzò lo sguardo.
“Perché non so che diavolo sta succedendo, Pansy!”
La mora si preparò ad ascoltarla. Dopo quello che era successo all’inizio della scuola, le due avevano stabilito una sorta di legame abbastanza profondo. Non era una vera e propria amicizia, fatta di shopping sfrenato insieme o di pettegolezzi, ma qualcosa di più profondo, un legame che saltava fuori sempre nel momento del bisogno.
“Mi… mi sento un’ipocrita!”
La mora la guardò perplessa.
“In che senso?”
“Io… sto cambiando. E non mi piace.” – si era andata a sedere sulla sedia della scrivania con il volto chino.
“Puoi essere più chiara?”
Hermione fece molta fatica a rialzare il capo, come se pesasse una tonnellata.
“Adesso che sono… come voi… mi sto comportando come un tempo non avrei mai fatto. Sono diventata stronza e ho rinunciato a capire i miei amici. E come se non bastasse, sono anche contenta di questo… legame che si è creato tra me e Malfoy.”
Pansy rise sarcasticamente.
“Preston, tu sei tutto fuorchè stronza. Te lo garantisco io.”
“Pansy, io ho…”
“Quelli che tu chiami amici sono degli stronzi, come tali vanno trattati e come tale tu ti devi comportare. Voi Grifondoro ci avete sempre giudicato così, ma perché? Perché non ci facciamo mettere i piedi in testa. Solo perché non corriamo dai nostri amici con i fazzoletti in mano, non significa che la nostra amicizia valga meno della vostra. Semplicemente la trattiamo in modo diverso. Al contrario, voi vi mettete in prima linea per difendere gli altri. Cosa c’è? Avete bisogno della mammina che vi asciughi il moccio dal naso? Non credi che proteggere gli altri, parlare per gli altri, difendere gli altri, vendicare gli altri non sia altro che un modo per evitare che questi crescano?” – e ancora. – “E se tu hai trattato in quel modo Potter e Weasley è perché era giunta l’ora che iniziassero a camminare da soli. Sbaglio, o continuavi a difenderli da Piton? Da Draco? Dai nostri scherzi? Dal mondo intero? E cosa ci hai guadagnato? Una bella scarpata nel culo, e perdonami l’espressione.”
Hermione ascoltò quell’arringa senza battere ciglio. Pansy aveva perfettamente ragione, eppure non riusciva a non sentirsi stronza per averli lasciati da soli, per non aver cercato di capirli.
“Quello che dici tu è vero… ma perché allora continuo a sentirmi sbagliata?”
“Questione di abitudine.” – fece lei, con noncuranza. – “Imparerai in fretta.”
“Non lo so…” – fece lei, cercando nel soffitto le risposte alle sue domande.
“Hermione, tu hai fatto ampiamente la tua parte. Adesso è venuto il momento che tu ti faccia da parte e che guardi gli altri fare la loro. E questo non significa necessariamente essere stronze.”
“Sì, ma con Malfoy? Come la metto con lui?”
“In che senso, scusa?”
“Voglio dire… se non avessi mai scoperto di essere una Preston, una purosangue, credi che quel bacio ci sarebbe mai stato?”
Pansy arricciò le labbra.
“Io vedo Draco molto cambiato, a prescindere dal legame che ha instaurato con te. Non sto qua a dirti che la fine della guerra ci ha permesso di essere noi stessi e bla bla bla… perché non è vero.”
La riccia spalancò gli occhi.
“Questo processo è iniziato da molto prima.”
“Davvero?”
“Sì. Nel bene o nel male io, Daphne, Blaise, Theo e Draco siamo sempre stati uniti. Ci trovavamo spesso nella stanza di uno o dell’altro a parlare, anche fino a notte fonda, di quello che avremmo fatto se il Signore Oscuro sarebbe morto. Dirti che i nostri genitori non sono dei Mangiamorte sarebbe una bugia.”
Hermione abbassò gli occhi. Se Pansy e altri ragazzi erano rimasti senza genitori la colpa era anche sua, che aveva contribuito a spedirli ad Azkaban.
“E… molti di noi hanno… questo.” – si sollevò la manica dell’avambraccio sinistro e le mostrò il Marchio Nero.
In quel momento, Hermione era solo un sacco che conteneva svariate emozioni. Non l’aveva mai visto così da vicino.
“Lo… lo volevi?”
“Certo che no.” – disse, con voce sommessa. Poi riabbassò la manica. – “La nostra volontà contava meno di zero, all’epoca della marchiatura.”
Un fremito colse le palpebre di Hermione. Aveva provato disgusto nel sentire la ragazza parlare di sé come carne da macello.
“Il giorno successivo alla presa del marchio, ci siamo guardati in faccia, uno per uno, e ci siamo detti che non era più possibile andare avanti in quel modo.”
“E… cos’avete fatto?”
“Abbiamo cercato, nel nostro piccolo, di contrastare l’arrivo dei Mangiamorte, ma con scarsi risultati.”
Hermione spalancò gli occhi.
“Non guardarmi così!” – fece la mora, imbarazzata da quella confessione. – “Il punto è che purtroppo non ne siamo stati in grado. Voldemort sembrava diventato invincibile e di te, Potter e Weasley non si avevano più tracce.”
Hermione continuò a tacere.
“Abbiamo cercato di rallentarli, ma quando hanno scoperto che eravamo noi a ostacolarli beh…”
Hermione rabbrividì. Beh, cosa?
“Sono piovute punizioni molto pesanti.” – disse, massaggiandosi il collo. – “Draco è quello che ha patito più di tutti.”
Oh, mio Dio, pensò Hermione.
“Cosa… cosa gli hanno fatto?”
“Quel ragazzo sembra fatto di acciaio.” – disse la mora, con un sorrisetto orgoglioso. – “Dieci Cruciatus di fila e non ha emesso un suono.”
La sua mente andò al giorno in cui fu lei a dover subire quella maledizione. Aveva urlato con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
“Fu punito da Lui in persona, o in serpente, come prefersci.” – lo disse per sdrammatizzare, ma lo sconvolto sul volto di Hermione la riportò a toni più seri. – “Comunque… ha pagato per tutti noi.”
“Cosa vuoi dire?” – chiese.
“Che… avevano chiesto un volontario.” – disse, con un sorriso triste. – “E si è offerto lui. Avresti dovuto vederlo.” – disse, come se stesse parlando di un’aurora boreale particolarmente bella. I suoi occhi brillavano. – “Non ha perso il suo contegno e durante la sua punizione aveva costantemente mantenuto lo sguardo su di Lui.”
Hermione non seppe dire cosa stesse provando in quel momento. Sentiva solo che l’orgoglio e la stima di Pansy verso Draco stavano entrando anche dentro di lei.
“Alla fine, crollò su un ginocchio.” – poi guardò Hermione dritta negli occhi. – “Ma non smise mai di guardarlo negli occhi.” – la tensione sembrò scemare in quel momento. – “Quindi credimi se ti dico che Draco è cambiato.”
“E… secondo te, cosa dovrei fare?”
“La sua, più di tutti, è stata un’infanzia difficile.”
Le stesse parole di Albert, ricordò Hermione.
“Lucius e Narcissa lo amavano, ma gliel’hanno sempre dimostrato in modo errato.”
Hermione lo giudicò un eufemismo.
“Quindi per lui è difficile fidarsi delle persone. Blaise ci è riuscito perché se ci si mette, quel ragazzo è peggio di una sanguisuga.”
La ragazza sorrise leggermente. Sì, conosceva il tipo…
“Poi, pian piano, siamo arrivati noi. Ma non è mai stata la stessa cosa come con Blaise. Quindi il mio consiglio è quello di non affrettare le cose. E poi tu devi prenderti un po’ di tempo per capire perché lo hai fatto.”
Hermione annuì.
“Coraggio, è ora di andare a letto. E’ stata una giornata intensa.”
Cazzo se è stata intensa, pensò Hermione.

Così Hermione decise che avrebbe seguito il consiglio di Pansy e di sicuro lei non sarebbe mai andata da Malfoy a chiarire quel bacio e il suo significato.
Sarebbe stato come ammettere una verità che ancora non era pienamente realizzata nella sua mente.









Il giorno successivo Grifondoro e Serpeverde ebbero una giornata full-immersion, nel senso che avrebbero avuto lezione insieme per tutto il giorno. Un nuovo metodo di Silente per cercare di far andare d’accordo quelle due case che da sempre erano eterne rivali.
“Cosa si ottiene mescolando le ali di Fata del Corice ai denti di Ungaro Spinato?” – chiese Piton.
Il mercoledì era un giorno da abolire. Non solo Serpi e Grifoni avevano lezione insieme per tutto il santo giorno, ma le prime due ore erano dedicate a Pozioni con l’insopportabile… bat-man!
La mano di Hermione svettò fino a toccare il soffitto.
“Sì, signorina Preston?”
“Otteniamo un composto molto simile a…”

Vedere Hermione così concentrata è per me fonte di soddisfazione.
Vedere Potter e Weasley rodersi il fegato perché la massa di punti che intendo assegnare alla fine della sua minuziosa spiegazione, non ha prezzo.
Ora che finalmente questa ragazza è entrata a far parte della mia casata, sarà mia premura coltivarla, come Pomona fa con le sue piante. Ad averlo saputo prima, avrei agito prendendola in tempo, ma forse non è tutto perduto.
Questa ragazza ha una mente brillante, aperta e ricettiva e insieme a Draco potrebbe diventare la miglior pozionista presente nel mondo magico. Se penso agli anni di lei sprecati dietro a quei due idioti mi ribolle il sangue nelle vene. Forse Potter poteva ambire a un Accettabile, ma era ovvio che sarebbe cresciuto lavativo come il padre. Della madre ha solo gli occhi. A Weasley, invece, riconosco solo un’abilità: il Quidditch. Forse Molly avrebbe dovuto iscriverlo a una scuola di magia indirizzata più verso lo sport, che non in questa, ma non è un mio problema.
Quando Albus mi ha accusato di essere ingiusto con lei, non ci ho visto più. Certo che ero ingiusto, ma non perché fosse amica di quei due decerebrati, amicizia alquanto discutibile, ma perché il suo potenziale è così grande che vederlo sprecato perché oltre al proprio lavoro doveva fare anche quello degli altri due mi urtava i nervi. Ho sperato che le mie valutazioni eccessivamente puntigliose nei suoi riguardi l’aiutassero ad aprire gli occhi, che la inducessero a venirmi a cercare per chiedere spiegazioni, ma immagino che abbia influito molto la sua amicizia e la voglia di non separarsi da quei due.
Ma ora che è nella mia casa, sotto la mia ala, farò in modo che nulla possa distrarla dal suo futuro.

“Venti punti in più per Serpeverde.”
Ovviamente, gli studenti verde-argento iniziarono a ghignare apertamente, mentre Hermione, decisamente più diplomatica, nascose il suo sorrisetto, chinando il capo e scrivendo qualcosa sulla sua pergamena.
“Un’ottima spiegazione, signorina Preston.” – accordò il docente.
Hermione alzò il volto, rosso per la risata trattenuta.
“G-grazie professore.”
Il suo nuovo compagno di banco fu Draco, giusto per aiutarla ad andare ancora più in confusione di quanto non fosse già. Fu un’idea di Piton, quella di mettere insieme i suoi due migliori studenti ed elevarli ad esempio da seguire.
Ginny, dall’altra parte della stanza, provò una perversa soddisfazione nel vedere Ron e Harry, specialmente quest’ultimo, sbuffare contrariati per quei punti che dovevano essere loro. Guardò Hermione, che una volta incrociato il suo sguardo parve diventare preoccupata, e le sorrise complice, restituendole la soddisfazione. Nel rigirarsi, incrociò anche lo sguardo di Blaise, decisamente penetrante, insistente ed enigmatico.
Arrossendo, si girò di scatto e tornò a concentrarsi sulla spiegazione di Piton, anche se con la coda dell’occhio riusciva a vedere il moro che continuava a fissarla.
“Sulla lavagna troverete le istruzioni per preparare l’Implodo. Avete fino alla fine della lezione. Sbrigatevi!” – sbottò il docente.
Hermione e Draco partirono insieme per andare a prendere gli ingredienti, ma si fermarono subito dopo.
“Vai tu.” – dissero insieme.
Hermione chinò lo sguardo e Draco lo deviò verso l’armadio.
“Vuoi… vuoi stare al calderone o agli ingredienti?” – le chiese il biondo.
“G-gli ingredienti.” – balbettò lei.
“Ok. Ti… ti aspetto qui.”
Lieta di mettere un po’ di distanza tra lei e il biondo, Hermione scappò verso l’armadio e prese il necessario, per tornare carica come un mulo.
“Guarda che non moriva nessuno se facevi due giri.” – disse lui, guardandola perplessa.
Hermione lo guardò, confusa.
“Eh?”
“Sei carica come un mulo.”
Si guardò le braccia che reggevano mille e più ingredienti. Arrossì.
“Sì… così facciamo prima…”
“Come vuoi.” – Draco accese la fiamma, mentre Hermione disponeva sul banco gli ingredienti. Alzò lo sguardo sulla lavagna e iniziò a tritare la lingua di drago. – “Più sottile.” – la corresse Draco.
“Di più non posso.” – bisbigliò lei, girandosi.
Se lo trovò a mezzo centimetro dalla faccia. Guardò rossa il suo operato e cercò di fare come lui le aveva detto.

Ginny seguì con attenzione tutta la scena.
Qui, gallina ci cova…, pensò con un sorrisetto divertito. Di nuovo, quando tornò al proprio lavoro, incrociò lo sguardo di Blaise.
“Lavanda, come stai messa con la lingua di drago?” – chiese la rossa, cercando di concentrarsi sulla pozione e non su un paio di occhi blu.

“Aspetta, ti faccio vedere.”
Hermione non si era mai sentita così imprecisa come in quel momento. Osservava Draco affettare la lingua con precisione quasi chirurgica e non potè impedirsi di ripensare alle parole di Pansy della sera prima.

Non ha perso il suo contegno e durante la sua punizione aveva costantemente mantenuto lo sguardo su di Lui.”

Aveva ragione, pensò Hermione. Ogni cosa che Draco faceva sembrava metterci quella sorta di eleganza che lo contraddistingueva in ogni situazione.
“… capito? Oh, ci sei?”
Si riscosse, scuotendo la testa.
Hermione, cazzo!, pensò la ragazza.
“Sì, scusa. Sì, ho capito.”
Draco le porse il coltello e il resto della lingua e si compiacque che avesse veramente capito.
“Ne servono trenta grammi per iniziare.” – disse il biondo.
Hermione pesò il trito al milligrammo e poi lo gettò nel calderone, che emise uno sbuffo giallognolo. Draco mescolò e la riccia non potè evitare di mettersi a ridere.
“Che hai?” – chiese lui.
“No, niente.”
“Preston?”
“Te lo spiego dopo, adesso continua.”
Soddisfatto/non soddisfatto, Draco continuò a lavorare.

Il tempo passò e mancarono solo tre quarti d’ora alla fine della lezione di Piton. Il docente passò tra i banchi, godendo dell’intruglio prodotto da Weasley-Potter.
“Potter, cos’è questa roba?”
“La sua pozione, signore.” – rispose Harry, sommessamente.
“Ne sei sicuro?”
“Io… ci sto provando, signore, ma è difficile.”
“Cosa c’è di difficile Potter, nel preparare una pozione seguendo il libro?”
Harry serrò la presa sul mestolo.
“Ci… ci sono passaggi non chiari…”
“O forse sei tu che non li comprendi?”
A Hermione un po’ dispiacque, così decise di intervenire, cercando di aiutarli.
“Professore?” – lo chiamò Hermione.
Gli studenti tornarono al loro lavoro.
“Sì, signorina Preston?”
Ogni volta che Hermione lo chiavama, sembrava che Piton si sciogliesse come burro sul fuoco, tanto era la sua solerzia nel correre da lei.
“Posso chiederle un chiarimento per questo passaggio?”
Piton non collegò le due cose, ma Draco sì.
Così come Ginny.
Così come Blaise.
Che scossero la testa, disaccordi.
“Cosa non le è chiaro?”
“Qui dice di tritare le unghie di gatto selvatico a pezzi. Ma i pezzi come devono essere? Piccoli? Grossi? Di media Grandezza?”
“Mmm…” – fece il docente. – “Effettivamente non viene spiegato chiaramente.”
Harry e Ron si guardarono sgomenti e indispettiti. Perché a Hermione concedeva il beneficio del dubbio e a loro no?
“Comunque, per tutti.” – fece Piton, catturando l’attenzione degli studenti. – “Il passaggio relativo al trito delle unghie di gatto selvatico, i pezzi devo essere di media grandezza.”
“Grazie, professore.” – fece Hermione.
Severus annuì e tornò a fare il suo giro.
“Pessima mossa.” – fece Draco, che aveva visto gli sguardi di fuoco dei due ragazzi.
“Harry e Ron avevano ragione. Nemmeno io avevo capito come…”
“Non ci provare con me.”
Lo guardò in faccia. Era serio. Troppo. Preferì lasciar perdere e capire solo alla fine perché le avesse detto così.

“Giù i mestoli!”
Con un sospiro di sollievo misto a frustrazione, i ragazzi deposero le armi e riempirono le fialette che consegnarono al docente in cattedra.
A prima vista, solo quella di Draco e Hermione era perfetta. A seguire, quella di Blaise e Pansy e, incredibilmente, quella di Ginevra e Lavanda, che cercava di capire se il professore aveva visto la sua pozione e la stesse esaminando.
“Vi darò i risultati prima delle vacanze natalizie. Arrivederci.” – Piton uscì come un razzo e, a turno, gli studendi che si prepararono per Erbologia.
“Quindi adesso sei la cocca di tutti i professori.” – fece una voce alle sue spalle.
Draco e Hermione si girarono in contemporanea. Hermione sorrise e l’abbracciò.
“Ciao! Come ti è andata?”
“Non lo so. Però ti dirò… lavorare con Lavanda non è male. E’ precisa nella preparazione delle pozioni quanto in quella per il trucco del mattino.”
Hermione rise.
“Ragazzi ci vediamo dopo, ok?” – disse Blaise, raggiungendoli.
Ginny divenne di sale e iniziò a rilassarsi solo quando il moro se ne andò.
“Sì, ciao.”
“Oggi pomeriggio sei impegnata con l’organizzazione del Ballo?”
Hermione lanciò un’occhiata a Draco.
“Sì. Io e Malfoy dobbiamo decidere che incantesimi usare per la Sala Grande.”
“Sì, ma non ci impiegheremo molto.” – s’intromise il biondo. – “Ho in mente un paio di idee e se ti vanno bene, credo che potremmo basarci su quelle.”
Stupita, annuì.
“Oh, va bene.”
“Quindi se… venissi a trovarti… ti trovo?”
“Ti mando un Patronus, ok?”
Ginny sorrise, più sollevata. L’idea di entrare nella Sala Comune di Serpeverde senza Hermione era ancora qualcosa che la metteva in soggezione.
“Ok. Ci vediamo dopo alle serre. Ciao. Malfoy…”
Draco la salutò a sua volta.
“Weasley.”
Hermione mise frettolosamente via le sue cose.
“Potevi risparmiartela.”
La riccia si girò di scatto.
Così come Draco, pronto a tritarli se avessero detto qualcosa di troppo.
“Cosa?” – chiese, fingendo di non capire.
“Che l’hai fatto solo per dimostrare che ora sei anche la cocca di Piton. Grazie, Hermione, davvero.” – fece Ron.
A Hermione tornarono in mente le parole di Pansy. Ancora.
“L’ho fatto per aiutarvi perché non so se ve ne siete accorti, ma non vi sono stati scalati punti.”
“Oh, grazie signorina Preston.”
Uno schiaffo avrebbe fatto meno male.
“Le siamo debitori per…”
“Che le siete debitori è poco ma sicuro.”
I tre si girarono verso Malfoy.
“Nessuno ha chiesto la tua…”
“Oh, ma sta zitto Weasel! Che non sei capace di muovere un passo senza l’approvazione di Potter!”
Harry era pronto per dargliele di santa ragione.
“E tu, Potter… paladino della giustizia, Salvatore del Mondo Magico, Bambino-Che-E’-Sopravvissuto… trita coglioni allo sfinimento!” – fece Draco. – “Sei solo una nullità. Ti atteggi a grande eroe, quando sappiamo entrambi chi ti ha permesso di esserlo.”
Harry s’infiammò di indignazione.
“Di tuo non ci hai messo niente!”
“Tu non sai un cazzo!” – urlò Harry.
Hermione si avvicinò a Draco, per aiutarlo in caso di necessità.
“No? Io so solo che altri hanno permesso che tu diventassi leggenda. I tuoi genitori per primi, che morendo per proteggerti hanno alzato su di te una barriera protettiva. Silente, i professori, l’Ordine della Fenice! Loro due!” – disse, indicando Ron e Hermione con un cenno della testa. – “Ma diciamo più lei.” – specificò Draco, mandando in escandescenza Ron. – “Perché dubito che se tu non avessi avuto lei al tuo fianco durante la ricerca degli Horcrux, tu saresti ancora vivo. La tua vita la devi a lei, la tua leggenda agli altri. Ma si può sapere di tuo che cazzo ci hai messo? Dai, andiamo.” – mise un braccio attorno alle spalle di Hermione e la trascinò via.
La riccia non si voltò nemmeno per guardare come stavano.

I due camminarono ancora abbracciati. Hermione aveva lo sguardo perso nel vuoto.
“Sai che non l’avevo mai vista così?” – disse Hermione, fermandosi.
“Così come?”
“La storia di Harry.” – disse, guardandolo in faccia.
“Beh, mi sembrava ovvio.”
“Ovvio per te, che non ne eri coinvolto personalmente, ma per me… cavolo… avevi ragione. Effettivamente Harry non ha fatto nulla. Non è stato proprio lui a sconfiggere Voldemort. È stata Lily che lo ha protetto con la sua vita. Voglio dire… lo sapevo, ma è come se lo avessi realizzato solo adesso.”
“Stai ammettendo che sono più intelligente di te?”
Hermione finse di pensarci.
“Mmm… sto ammettendo che anche tu hai i tuoi momenti. Ma ne hai ancora di strada da fare per raggiungermi.”
Draco ghignò.




Non riusciva a fare a meno di pensare alla scena durante Pozioni. Qualcosa bolliva nel calderone, e soprattutto tra quei due, ma non poteva minimamente sospettare cosa fosse.
Immersa nei suoi pensieri, Ginny non si accorse di una figura ferma che la stava aspettando.
“Tutta assorta?”
Per lo spavento il libro che aveva in mano le cadde di mano e sparpagliò le pergamene al suo interno. La rossa iniziò a raccoglierle, sperando che non le vedesse, ma era troppo tardi.
“E questo?” – chiese, allibito.
“Ridammelo!” – era a dir poco terrorizzata. Riuscì a riprenderselo con una manovra Wronsky, ma il danno era stato fatto. Cacciò il tutto nella sua borsa e corse fuori, imbarazzata come non mai.
Ma Blaise la seguì.
“Weasley!”
“Lasciami stare!” – urlò lei, accelerando il passo.









Babbudoyo’s corner:

Il titolo del capitolo viene da Mary J. Blige. Non so quanta attinenza abbia con il capitolo, ma la stavo ascoltando per sbaglio alla radio quando mi sono detta che Stronger in inglese vuol dire “forte”.
L’ho dedicato a Draco e alla sua forza, e alla forza che ha visto in lui Pansy durante la sua punizione.

Hermione ha parlato con Pansy che le ha fatto un po’ di chiarezza in più, anche se Hermione è una testa da portone e impiegherà quei miseri 3-4 anni a capire ciò che noi tutte abbiamo già capito.

Blaise finalmente, dopo il cazziatone di Candy – la ragazza, come avete ben visto serve – capisce che dee parlare, deve aprirsi e permettere che le persone lo riescano a capire ma, ancora una volta, ha paura di soffrire. E chi può biasimarlo per questo?

Harry e Ron sono i soliti stronzi. Non hanno saputo vedere nel gesto di Hermione il gesto di chi ha cercato di aiutarli nonostante non se lo meritassero.

Draco ha una sua personale visione della vita di Harry. Voi che ne pensate? Concordate o negate?

Ginny.
Che avrà mai da nascondere al povero Blaise?

Spoileruccio!

“Miguel? Chi è? Tuo zio?”
“No, peggio. Ogni volta che viene da noi si porta appresso tutta la collezione di paesaggi e ritratti. Devo sloggiare nella camera degli ospiti perché lui vuole la mia. Porquè tiene mas luz.” – disse, imitando il suo spagnolo.
Ginny aveva la bocca spalancata. Lui… lui…
“Tu… tu… conosci Dominguez?”

So che non è nulla di che, ma è il contesto quello che conta.

Un bacio e alla prossima, callistas.

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Capitolo 23
*** Il Ballo di Natale ***


23 - Il Ballo di Natale Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao! Ciao!
Bentornate a tutte-barra-tutti a un nuovo capitolo di Verità Nascoste.
Prima di tutto, vi ringrazio per essere di nuovo qui. Verità Nascoste è la prima storia che pubblico che abbia una trama “decente” e che riesce a non farmi vergognare di quello che ho scritto. È stata una sfida con me stessa e le recensioni ricevute fino a questo momento mi hanno confermato che ce l’ho fatta, che sono riuscita a farvi vivere le stesse emozioni che ho provato io quando la storia prendeva vita sul computer.
Spero di continuare così, così come spero di poter continuare a leggere le vostre belle parole che, inconsciamente, mi aiutano a crescere e che talvolta mi danno spunti per nuove storie.
A voi questo capitolo, sperando che vi piaccia come i precedenti.
Come al solito, ci vediamo sotto.









VERITA’ NASCOSTE
IL BALLO DI NATALE

Dal capitolo 22:

“Weasley!”
“Lasciami stare!” – urlò lei, accelerando il passo.

Ma Blaise era più veloce e la fermò. La rossa tenne perennemente il volto a terra, per la vergogna.
“Cos’erano quelli?”
“Niente.”
“Ginevra?”
“Ho detto niente!” – sbottò lei, con gli occhi lucidi. – “Non sono affari tuoi!”
“C’è la mia faccia sopra e non sono affari miei?”
Girò il volto dalla parte opposta, mordendosi il labbro per non piangere.
“Cos’erano?”
E mentire o negare non sarebbe servito a molto.
“Di-disegni…”
“Erano…”
“Sì, lo so che fanno schifo!” – berciò lei. – “Non ho bisogno del critico d’arte!” – lo aggredì lei.
“Veramente… volevo dire che quello che ho visto mi è piaciuto. Tanto.”
Oltre ad arrossire in maniera scandalosa, sgranò gli occhi.
“Posso rivederlo?”
Ginny strinse la borsa al seno per impedirglielo.
“Per favore.”
“No.”
“Perché?”
“Perché sono cose mie personali e non mi va che estranei le vedano.”
“Sono un estraneo per te?” – chiese Blaise, cercandola con lo sguardo.
Ingoiò la risposta che le era salita automaticamente alla gola.
“Ginevra?”
“GINNY!”
La rossa si girò di scatto e vide Harry e Ron avvicinarsi a loro come un toro.
“Merda…” – fece lei, socchiudendo gli occhi. – “Harry, non è come pensi…”
“Che le hai fatto, bastardo?”
Blaise non si scompose. Ormai gli sembrava di recitare un copione trito e ritrito.
“Nulla Potter. Stavamo parlando, vero Ginevra?”
“Non chiamarla così!” – fece Ron.
A Ginny diede un fastidio tremendo quella situazione.
“Oh, ma che volete?” – esclamò la rossa. – “Sono capacissima di difendermi da sola!”
“Non da certi individui.” – sibilò Harry.
Ginny s’infiammò di indignazione e prima che il suo ragazzo facesse qualcosa di altamente sconsiderato, gli si parò davanti.
“Non sai quanto hai ragione, Harry.” – disse, guardandolo in faccia.
Blaise seguì tutta la discussione con interesse, con le orecchie grandi come antenne spaziali. Problemi in paradiso?
Bastardamente, ne gongolò.
Poi vide la ragazza allontanarsi.
Con il suo ritratto nella borsa.




Erbologia fu rilassante, per quanto una lezione di sola teoria può esserlo. Solo Neville seguiva e capiva gli insegnamenti della Sprite come se fossero stati la Bibbia per i babbani. Era l’unica materia in cui le pergamene del ragazzo si riempivano di nozioni.
Per lo meno, di nozioni a lui comprensibili…
Hermione continuò a pensare all’arringa di Draco, mentre Ginny scriveva sì e no qualche parola. Era furente. Ma come si permetteva Harry di trattarla come una damigella in pericolo?
Lei, l’ultima di dieci fratelli maschi!
“Allora, me li fai vedere?”
Ginny rischiò l’infarto alla veneranda età di diciassette anni. Cercò Lavanda, ma la trovò vicina a Pansy.
“Come diavolo hai fatto a venire qui?” – sussurrò lei. Controllò, allungando il collo come una giraffa, che Harry non l’avesse vista. Sospirò di sollievo.
Guardò anche Lavanda, trovandola sorprendentemente tranquilla a chiacchierare con Pansy Parkinson. Cosa non si faceva pur di sopravvivere a una lezione di teoria!…
“Dai, me li fai vedere?” – insistette Blaise.
“Cosa?” – chiese subito, ma poi capì a cosa si stesse riferendo. – “No!” – fece lei, sperando che la Sprite non si accorgesse di loro due.
“Che ti costa?”
“Zabini, sono fatti miei.”
“Hai un mio ritratto nella borsa! Caccialo fuori, rossa!”
Ginny capì che l’unico modo per farlo smettere e non farsi scoprire dalla professoressa, era quello di accontentarlo. Frugò nella sua borsa e cercò quello meno peggio.
“Toh, tieni.” – disse, sbattendoglielo malamente sul banco occupato precedentemente da Lavanda. Attese comunque un suo giudizio.
Blaise capì che lo sfumato era qualcosa con cui la rossa aveva dimestichezza. Sembrava di essere in un sogno, dove i contorni non sono precisi, ma danno quell’idea di eternità che rendeva tutto magico.
In più, aveva usato una matita al carboncino. Le guardò le dita e le trovò sporche di nero. All’inizio non capiva perché avesse sempre le mani sporche, ma aveva finalmente risolto il mistero.
“Ti hanno mai detto che sei brava?” – chiese, continuando a studiarsi.
“Ma smettila…” – disse, seccata che la stesse prendendo in giro.
“Guarda che sono serio.”
Infatti, la sua serietà iniziò a metterla a disagio.
“Non sono in vena di scherzi.” – disse, continuando a prendere appunti.
“Senti, guarda un po’?”
Ginny si girò e lo vide mettere il ritratto accanto al suo volto.
“Siamo uguali.”
“Appunto!” – sibilò lei. Diede un’occhiata veloce all’insegnante che continuava a spiegare tranquillamente. – “E’ impersonale, non c’è un tratto distintivo della mia mano. Ho solo fatto una fotocopia del tuo volto. Sai che bravura che ci vuole?”
“Ma te sei scema?”
“Che succede là in fondo?” – chiese la Sprite.
Blaise si spalmò sul banco, per non essere visto e Ginny si sporse per rispondere alla donna.
“Nulla, mi scusi.”
“Presti più attenzione, signorina Weasley.”
“Sì, professoressa.” – guardò Blaise malissimo per quell’immeritato rimprovero.
Il moro però non vi diede peso. Era troppo concentrato sul suo disegno.
“Senti… tu sai disegnare realisticamente le cose. Credi che tutti ne siano in grado?”
“Con un po’ di pratica sì.”
“Sei di coccio! Hai talento!”
“Signorina Weasley?” – la riprese la professoressa.
Ginny iniziò a sudare freddo.
“Sì, scusi!”
“Tu devi…”
“Ma vuoi cucirti quella bocca?” – urlò lei, esasperata, scattando in piedi.
Il silenzio che cadde fu qualcosa a cui Ginny non era preparata. Si accorse, con sommo terrore, che tutti la stavano guardando. Per non parlare della Sprite che… fraintese.
“Signorina Weasley?” – fece la donna, sgomenta. – “Ma come si permette?”
La rossa sgranò gli occhi.
“No! Non… non dicevo a lei, profe…”
“Silenzio!”
Stava per mettersi a piangere.
“Fuori dalla classe!”
“Professo…”
“Non voglio sentire niente! Fuori, ho detto!” – urlò la Sprite, indicandole con il braccio teso l’uscita.
Ginny raccolse furiosa le sue cose e uscì dall’aula, ignorando gli sguardi insistenti su di lei.
La rossa si girò e guardò Blaise, che si scusò con lo sguardo, poi uscì e aspettò la fine della lezione per andare a pranzo.

Quando la lezione ebbe una fine e tutti gli studenti uscirono per recarsi a pranzo, la rossa rientrò per prendersi il resto della ramanzina della professoressa, sorprendendosi, però, di trovare Blaise che parlava con lei.
“… davvero, è stata colpa mia, professoressa.”
Per poco non le venne un infarto.
“L’ho distratta io e me ne assumo le responsabilità.”
Sentire la parola “responsabilità” uscire dalla bocca di un Serpeverde fu come essere trasportata in un sogno irreale.
“Signor Zabini, rimane il fatto che mi è stato detto di cucirmi la bocca. Non credo che…”
“Oh, no!” – fece il moro gioviale. – “Quello lo stava dicendo a me.”
Pomona Sprite ascoltò paziente lo svolgimento dei fatti, fino a che non si accorse di Ginny.
“Oh, signorina Weasley, venga, venga pure.”
Ginny si avvicinò lentamente.
“Il signor Zabini mi ha detto che è stata distratta da lui. E’ vero? Me lo conferma?”
Blaise era il ritratto della tranquillità.
“Ecco… forse… forse anch’io ho permesso che mi distraesse e…” – perché faceva tutto quel caldo?
Il moro la guardò sorpreso. Lo stava aiutando?
“… quindi diciamo che non è tutta colpa sua…”
“D’accordo, d’accordo.” – fece la docente, che aveva già capito tutto. – “Per stavolta non toglierò punti a nessuno di voi due, ma sia ben chiaro!” – li minacciò lei. – “Che se una situazione simile dovesse ripresentarsi, toglierò punti anche per questa volta che ho lasciato correre, mi sono spiegata?”
La ragazza era sul punto di prostrarsi ai suoi piedi e baciarle le scarpe.
“Sì, sì! Grazie, grazie professoressa!”
Pomona sorrise comprensiva e li lasciò andare.

“Potevi startene zitta, no?” – fece Blaise.
I due non erano rientrati subito al castello. Si erano fermati sotto il porticato e si erano messi a chiacchierare e, a dirla tutta, avevano anche poca fame.
“Lascia stare.” – disse lei.
“Adesso mi dici perché non ti reputi brava nel disegno? Hai talento!”
Ginny si seccò. Ancora con quella storia?
“Sei pesante, lo sai?”
Blaise tirò fuori il disegno e lo guardò.
“A me sembra personale, invece.”
“E sentiamo, critico d’arte… da cosa lo deduci?”
“Beh, lo sfumato qui intorno. È…”
“Lo sfumato è una tecnica, non una personalizzazione del ritratto.”
“E dove sta la differenza?”
Ginny alzò gli occhi al cielo.

Scoprì di essere in grado di riprodurre fedelmente persone, nature e paesaggi dall’età di otto anni. Aveva iniziato con le prime nature morte e i suoi disegni erano esposti in ogni angolo della casa. Sua madre era entusiasta di quei disegni così fedeli all’originale che fu impossibile non disseminarli in ogni angolo della Tana.
Con il passare degli anni, Ginny affinò quella sua dote e iniziò a fare i primi ritratti. Prese delle magifoto che aveva nel cassetto e iniziò a tracciare i contorni dei volti, degli occhi, poi dei busti e infine della parte inferiore del corpo, anche se ciò che le riusciva meglio era il volto di una persona.
Però mancava quel qualcosa, quel particolare che rendesse vive le persone. Una scintilla di vita, non riusciva nemmeno lei a capire cosa fosse.
C’era stato un momento in cui Molly e Arthur non volevano più iscriverla a Hogwarts, ma alla Magician Accademy of Art, in Scozia. Da lì, uscivano tutti quegli artisti che Ginny poteva solo vedere sulle riviste patinate e si era sentita emozionata quando i suoi genitori avevano proposto di mandarla lì.
Il suo sogno, però, sfumò per la solita ragione: mancanza di fondi. Era rimasta così delusa e così scottata, che per un periodo aveva smesso di disegnare. Poi lo studio, il Quidditch e le avventure che Hogwarts sembrava integrare al programma di studi l’avevano totalmente assorbita.
Quando riprese in mano la matita, anni più tardi, credette di non esserne più capace. Si dovette ricredere quando il ritratto le uscì perfetto come quello di una volta.
Ma mancava sempre quella scintilla che lo avrebbe reso un quadro distinguibile dagli altri. La nostalgia per un sogno irrealizzato tornò a farsi sentire e il suo album, quello che i suoi genitori le avevano regalato per il suo undicesimo compleanno, tornò sul fondo del baule, ma…
… tornò di nuovo alla luce quell’anno, quell’anno in cui una strana amicizia si stava creando, quel’anno in cui Blaise Zabini, settimo anno, Serpeverde – con tanto di occhiolino finale – era entrato a far parte della sua vita.
Iniziò così a osservarlo, per imprimersi bene nella mente le sue espressioni e poi riprodurle fedelmente sulla carta. E il risultato, era ciò che Blaise teneva in mano.

“La differenza è che la tecnica serve per decidere come si intende impostare il ritratto. La personalità è un altro paio di maniche. Può essere il tratto deciso in certi punti, una prospettiva o la fonte di luce. Questo ritratto è solo un ammasso di linee su carta, bello finchè ti pare, ma impersonale.”
“E personalizzalo, no? Che ti ci vuole?” – chiese lui.
“Ispirazione.” – rispose lei. – “Non ho ancora trovato la giusta ispirazione che mi faccia vedere un soggetto diverso da com’è realmente.”
“Voi artisti parlate complicato.” – fece lui.
Ginny sorrise divertita per come l’aveva definita.
“Artisti… Caroline Dexter è un’artista, Paul Groviere è un artista, Miguel Dominguez è un artista. Io sono solo una scribacchina.”
“Ma perché ti butti giù in questo modo?” – s’irritò lui. – “Sei brava! E l’ispirazione arriverà!”
“Guarda che non è un cane che hai perso, eh?”
“E cos’è allora?”
Ginny si leccò le labbra. Era una cosa difficile da spiegare.
“D’accordo, facciamola semplice. Quando fai un tema, non importa che sia Erbologia, Pozioni o Trasfigurazione… perdi sempre due ore per pensare a come iniziarlo, giusto?”
“Sì.” – concordò lui.
“Ecco. Tu aspetti l’ispirazione. È più o meno la stessa cosa. Aspetti che arrivi la frase giusta per iniziare o una parola che possa riassumere un concetto senza doverlo spiegare con mille parole.”
“Ah…” – fece Blaise. – “… e a te non è ancora arrivata.”
“No. E finchè non arriverà, i miei disegni saranno solo disegni, mentre io vorrei che fossero opere d’arte.”
Blaise colse la pluffa al volo.
“Sarà… ma io credo che Miguel apprezzerebbe i tuoi ritratti. Dopotutto, non siamo mica nati tutti maestri, no?”
Ginny rise per quella confidenza.
“Miguel? Chi è? Tuo zio?”
“No, peggio. Ogni volta che viene da noi si porta appresso tutta la collezione di paesaggi e ritratti. Devo sloggiare nella camera degli ospiti perché lui vuole la mia. Porquè tiene mas luz.” – disse, imitando il suo spagnolo.
Ginny aveva la bocca spalancata. Lui… lui…
“Tu… tu… conosci Dominguez?”
“Sì, perché?” – chiese Blaise, con falsa noncuranza.
“Oh Merlino!… oh Merlino!…” – fece lei, mettendosi una mano sullo stomaco.
“Che ti prende?”
“Tu conosci Dominguez!”
“Te l’ho appena detto.”
Ginny volle mettersi a piangere. Ecco cosa succedeva ad avere i soldi: si potevano conoscere le persone che si volevano.
“Hai un culo immenso.” – disse, invidiosa.
Blaise si girò e se lo guardò.
“Trovi?”
La rossa scoppiò a ridere e pensò che era tanto tempo che non rideva così, con lui. Cadde un leggero silenzio, segno che anche Blaise ci stava pensando.
“Era da tanto che non si rideva così.” – disse Ginny, sperando di non essere caduta nel sentimentalismo.
“Sì.” – concordò il moro. – “Si potrebbe rifare, però.”
La rossa gli sorrise.
“Mmmm…” – fece, arricciando le labbra. – “… credo tu voglia ridere di più con la tua ragazza.”
“Candy non è gelosa.” – e non lo era veramente.
“Non significa nulla. Non sarebbe giusto nei suoi riguardi.”
“Sei esagerata.”
“No.” – disse Ginny, saltando giù dal muretto. Si spolverò i jeans. – “E’ che provo a mettermi nei suoi panni e credo che mi darebbe fastidio vedere il mio ragazzo ridere con un’altra che non sia io.”
Blaise abbassò lo sguardo. Se prima aveva segnato un punto a suo favore con la storia di Dominguez, Ginny aveva appena riportato la situazione in parità.
“D’accordo. Allora vorrà dire che anche Candy si unirà a noi. Così va meglio?”
Lo stomaco divenne grande quanto la cruna di un ago. Non credette che avrebbe resistito a lungo.
“Io rientro. Inizia a fare freddo per me. Ci vediamo.”
“Ciao…”
La salutò, rendendosi conto solo dopo che non gli aveva dato risposta.




In Sala Grande Hermione stava sbocconcellando il suo pranzo con malavoglia.
“Non hai fame?” – le chiese Albert.
Hermione lasciò che la forchetta cadesse nel piatto, provocando un piccolo rumore. Si gettò contro la sedia e guardò le figure di Harry e Ron.
“Due stronzi me l’hanno fatta passare.”
Albert sgranò gli occhi e Draco la guardò di striscio.
“Chi?” – il ragazzo seguì lo sguardo della sorella e lo trovò attaccato alle schiene di Potter e Weasley. – “Che hanno fatto stavolta?”
Non era presente al momento del battibecco, perché Theo lo aveva trascinato fuori dall’aula.
“Ma niente…”
Draco smise di mangiare e la guardò malissimo. Hermione arrossì e chinò lo sguardo.
“Sii onesta almeno con tuo fratello.”
Albert si stupì per quell’uscita.
“Uffa… ma niente, il solito atteggiamento idiota.” – brevemente, gli raccontò l’accaduto e se all’inizio era ben disposto nei loro confronti per la loro tanto decantata amicizia, ora voleva solo distruggerli. – “… questo è tutto.” – riprese a mangiare. – “Notizie da casa?” – dribblò lei.
“Mamma è in fibrillazione. Non vede l’ora che tu vada a casa per fare le prove.”
Hermione sorrise e scosse la testa. No, non si sarebbe mai abituata a certi modi di fare. D’un tratto, la sua attenzione fu catturata da Ginny che si alzò nel bel mezzo del pranzo e si allontanò di gran carriera dalla sala. La riccia sbuffò e si alzò anche lei per andarle dietro.
In quel preciso istante, Blaise si sedette alla sua tavolata.

“Ginny? Ginny, aspetta!”
La rossa si fermò, ma le diede le spalle. Hermione proprio non ci voleva.
“Cosa c’è?” – le tremò la voce e Hermione se ne accorse.
Le andò davanti e vide quello che non avrebbe mai voluto vedere. La rossa tirò su col naso, sperando di arginare il pianto.
“Cos’è successo?”
“Niente.”
“Ginny!”
Ginny incassò la testa nelle spalle.
“Mi… mi ha vista rientrare con Blaise Zabini.”
“E?”
“E ha capito male.”
Non ci fu bisogno di dire altro. Aveva già capito.
“Ginny, tu non stai bene. Non puoi andare avanti così.”
Sì, lo sapeva anche lei, ma non riusciva a dire di no.
“E’ solo un periodo…”
“Dai, ma chi credi di prendere in giro?” – fece la riccia, stizzita. – “Dura da quattro mesi questo periodo. È ora di finirla!”
Ma Ginny era una che non si arrendeva. Mai. La guardò e le sorrise. Poi si levò con le mani le lacrime che le erano scese.
“Non ti preoccupare.”
Hermione sospirò. Ma cosa doveva accadere perché quella ragazza aprisse gli occhi?
“Harry ha bisogno di me, adesso.”
“Come vuoi.” – rientrò in Sala Grande, ignorando il fatto che a breve, Ginny avrebbe aperto gli occhi.








Le ultime due ore furono dedicate a Trasfigurazione e Incantesimi, al cui proposito quelli proposti da Draco per il Ballo di Natale furono veramente interessanti. Aveva pensato che al passaggio di ogni studente sotto l’ingresso alla Sala Grande, si materializzasse accanto a loro un elemento dell’Antica Grecia, che poteva trattarsi di fate, elfi, gnomi o quant’altro. Discussero di altro quel pomeriggio. Tanto Hermione era sicura che Ginny sarebbe rimasta in camera sua o peggio, con Harry.
“Qualcosa non va?” – le chiese il biondo, mentre s’infilava la bacchetta nella tasca interna del mantello.
Hermione s’imbambolò a osservare la sua eleganza. Cristo, avrebbe potuto pisciare dietro una siepe che sarebbe apparso regale anche in quello!
“Eh? No, no… niente.” – fece Hermione, distogliendo lo sguardo.
Più si perdeva a osservare Malfoy, più non riusciva a capire come un ragazzo di soli diciassette anni avesse potuto sopportare di vivere senza un briciolo di affetto da parte dei suoi genitori.









E, perdendosi tra le varie elucubrazioni in merito, arrivò a mancare solo un giorno al ballo di Natale.
I professori avevano elogiato ogni singolo membro che aveva partecipato all’organizzazione, accordando al singolo venti punti.
Hermione, però, non era tranquilla. Temeva sempre che mancasse qualcosa, che si fosse dimenticata un particolare che poteva fare la differenza, che le decorazioni fossero troppo poco, che gli incantesimi fossero banali e che il cibo non fosse sufficiente per sfamare, non degli studenti, ma degli animali.




“Hermione calmati.” – Pansy le andò dietro e l’aiutò a tirar su la zip del vestito.
“E se sarà un disastro?”
“Perdonami, ma non mi viene in mente niente che sia mai andato male quando c’eri tu a organizzarlo.”
“Grazie.” – rispose lei con un sorriso forzato, anche se avrebbe tirato un sospiro di sollievo solo verso fine serata.
“Senti, Daphne mi sta aspettando giù di sotto. Ci vediamo dopo?”
“Sì, certo. Ciao.”
Hermione era agitata non solo per l’incognita della festa, ma perché sarebbe entrata accompagnata da Draco Malfoy. Al solo pensiero le tremavano le gambe.
Ringraziando Merlino non erano più tornati su quel bacio e Hermione, sentendosi momentaneamente sollevata da quell’incombenza, evitò di pensarci e soprattutto di pensare al perché lo avesse fatto. Ma doversi presentare e mostrarsi con lui davanti a tutti, per non parlare del fatto che ogni Prefetto e ogni Caposcuola avrebbero avuto il compito di aprire le danze, stava rischiando di mandarla in iperventilazione.
“Preston, sei pronta?”
La riccia si girò di scatto. Era già ora? Era terrorizzata. Si diede un’ultima occhiata allo specchio, si diede un’ultima sistemata ai capelli, lisciò le pieghe invisibili del vestito e si ricordò di respirare.
“Ok, posso farcela.”
“Pre?…”

Ecco.
Faccio schifo.
Ma un costume meno ridicolo non poteva venirmi in mente?
Forse Aphrodite era troppo perfino per me, ma mi era sempre piaciuta, fin da piccola. Anche se devo ammettere… che, come Efesto, Draco non è niente male.

Perché è arrossita?
Ho qualcosa di sconcio sul vestito? Non oso nemmeno guardare.
È… bellissima. Il costume di dea le dona infinitamente e i suoi ricci hanno trovato il loro posto nella tipica acconciatura raccolta.

Persi a contemplarsi, Draco si accorse solo dopo un minuto buono, in cui rischiò l’amputazione del braccio destro per cancrena, che l’aveva ancora sollevato per bussare alla porta.

Dai cretino, dì qualcosa!, pensò il biondo.
Dai cretina, dì qualcosa!, pensò la riccia.
“Stai bene così.” – dissero all’unisono.
Sgranarono gli occhi e guardarono da altre parti.
“Vogliamo andare?” – chiese il biondo, porgendole il braccio e ostentando una sicurezza che in quel momento non aveva.
“Sì.” – Hermione gli prese il braccio e si chiuse la porta alle spalle.

In Sala Grande, tutti si stavano divertendo. L’idea di applicare quell’incantesimo all’entrata era stata super. Ora c’erano tanti gnomi e tanti folletti che giravano e facevano in pratica da schiavi a chi li aveva evocati, dando così un giorno di libertà ai poveri e maltrattati elfi.
Mancavano solo Draco e Hermione e la loro assenza stava facendo chiacchierare.

Le scale sembravano infinite e sembrava di non arrivare mai.
“Credi si stiano divertendo?” – chiese Hermione, dicendo la prima cazzata che le venne in mente.
“Credo di sì. Anche se si farebbero bastare un giorno di lezioni annullate per essere contenti.”
“Già…” – fece lei.
Ad un tratto, Draco si fermò e la strattonò verso di sé.
“Senti, dovevo…”
Non preparata a quello strattone, Hermione gli volò letteralmente tra le braccia. Draco se la vide piombare addosso in un secondo. Le sue braccia si avvolsero istintivamente attorno alla sua vita per non farla cadere. Averla così inerme tra le sue braccia fu qualcosa di indescrivibile.
Hermione aveva gli occhi spalancati per la sorpresa. Era mezza sospesa nel vuoto, tutta addosso a lui e non riusciva a decidersi se rimanere in quella posizione o rialzarsi.
“Scusa…” – lo sentì dire.
“N-niente…” – la riccia era terrorizzata. Non aveva mica intenzione di parlarle del bacio in quel momento? Non lì, vero?




I minuti passavano e non c’era una mosca che volava. Avevano superato – come non si sa – l’imbarazzo iniziale e ora se ne stavano abbracciati, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Draco fu preso da un momento di sconforto, se si potè chiamare così la sensazione di abbandono che provò tra le braccia della ragazza. Poggiò la fronte sulla spalla nuda di lei e sospirò.
Questo è un attentato alla mia salute!, pensò la riccia, mentre il cuore sembrava volerle esplodere fuori dalla cassa toracica.
“Cosa c’è?” – chiese lei.
Draco tirò fuori l’ultimo argomento che lei si sarebbe mai aspettata.
“Ti sei mai chiesta perché abbiamo iniziato a parlarci? Civilmente, intendo.”
Hermione sbattè le palpebre. Cosa?
“Cosa?”
Che razza di domanda era?
Draco aveva sempre la fronte appoggiata alla sua spalla. Sembrava un bambino che confessava una marachella e non voleva vedere il biasimo negli occhi del genitore.
“Perché parliamo senza insultarci, Hermione?”
Ringraziò Merlino che Draco non la vedesse, altrimenti avrebbe pensato che la ragazza avesse contratto in quel preciso istante un morbo che le faceva la faccia rossa come un pomodoro.
“Non… non vuoi?” – chiese lei, terrorizzata di poter perdere quel poco che erano riusciti a costruire dopo anni di reciproci insulti. Si sentì avvicinare di più al corpo del ragazzo da una sua stretta.
“Non è questo…”
Hermione voleva tanto guardarlo negli occhi e cercare di capire cosa gli stesse passando per la testa.
“Merlino, perché non capisci?” – chiese Draco.
Ora, il peso della sua testa gravava interamente sulla spalla di Hermione.
“E tu perché non mi parli?” – aveva chiesto lei.
Draco emise un leggerissimo sbuffo, ma che fece venire la pelle d’oca a Hermione.
Parlare. Come se fosse facile. Abituato fin da bambino a comunicare solo ed esclusivamente con sguardi e gesti, il rampollo di casa Malfoy non era un quel che si diceva un grande oratore. Era ed è un ragazzo parecchio taciturno e, al momento, solo Blaise era stato in grado di tirargli fuori le parole di bocca.
E aprirsi con un’altra persona che non fosse lui era un’impresa a dir poco epica.
Contò fino a tre e rialzò il capo. Guardò Hermione negli occhi e scosse la testa.
“Niente. Non importa. Coraggio, ci stanno aspettando.”
Hermione fece per aprire bocca, ma lui era già sparito oltre la tromba delle scale. Conscia che non si sarebbe mai abituata a quegli sbalzi d’umore, prese la gonna del vestito e si avviò verso la Sala Grande.




Il mormorio che causò il loro ingresso fu degno di nota, poiché fu in grado di sovrastare il suono della musica scelta per l’occasione. Entrarono, lei sorridente, lui insoddisfatto cronico come al solito.
“Era ora! Dove vi eravate cacciati?” – fece il Prefetto di Tassorosso, andando loro incontro. – “Ok, non importa. Dobbiamo aprire le danze!” – e senza aspettare oltre, li spinse in mezzo alla sala dove, nel frattempo, si erano disposti gli altri Prefetti e Caposcuola delle altre case.
Il silenzio cadde nella sala.
Hermione prese un bel respiro e alzò il volto, incrociando i suoi occhi azzurro-ghiaccio. Erano duri, ma allo stesso tempo sembravano velati di terrore. Appoggiò la mano destra sulla sua spalla e la sinistra nella mano di lui.
Che doveva fare con quel benedetto ragazzo?…
Come poco prima sulle scale, Draco fece scivolare la sua mano attorno al fianco di Hermione con studiata lentezza.
“Non credere che il discorso sia morto là sulle scale.” – fece lei.
Con uno strattone, Draco l’avvicinò a sé. Fortuna che erano abbastanza vicini, altrimenti lei sarebbe caduta a terra.

Ginny aveva osservato con attenzione ogni singola mossa dei due.
E aveva sorriso.

La musica iniziò proprio l’attimo successivo a quello strattone. Condurre i giochi, così come le persone, era stata la prima cosa che Malfoy Senior aveva insegnato al figlio.
Della serie “Fate il vostro gioco, signori”.
E così, senza rendersene conto, Draco aveva fatto proprio un modo di dire babbano. Hermione si lasciò condurre per il tempo che lei ritenne necessario. Aveva bisogno di trovare un appiglio in lui per poterlo capire.
E se questo significava giocare sporco, beh… lo avrebbe fatto. D’altronde… non era più una buona e dolce Grifondoro, no?
“Io credo di sì.” – rispose il ragazzo, facendole fare una giravolta.
Hermione non si fece trovare impreparata e affrontò la virata con eleganza.
Hermione 1; Malfoy 0.
“Anzi, dimenticatela proprio.”
“Ti ricordi con chi stai parlando, vero?” – chiese lei, allungando di poco la gamba per seguire il suo movimento.
Draco lo sapeva eccome, eppure non poteva lasciarsi andare, non in quel modo.
E non con lei.
“Tranquilla, non sei il tipo che si può dimenticare facilmente.” – Draco la prese per una mano e le fece fare una giravolta, per poi ristringersela addosso.
Non c’era niente da fare. Voleva allontanarla da sé, ma quando lo faceva, sentiva di doverla avere di nuovo fisicamente vicina.
Da quando era diventato così indeciso?

“Non so te, ma io ho l’impressione che quei due si stiano divertendo come pazzi.”
Ginny si girò di scatto e sgranò gli occhi quando vide lei al suo fianco.
“Greengrass?”
“Weasley.”
Le due si studiarono.
“Cosa… cosa ci fai qui?” – chiese la rossa.
“Passavo.” – disse, con una scrollata di spalle, così atipica per una come lei.
Ginny tornò a guardare Hermione e Draco. Non sentiva quello che si dicevano, ma era ovvio che stessero parlando tra di loro.
“Secondo te cosa si staranno dicendo?” – chiese Ginny, avvicinandosi con la testa, ma senza distogliere lo sguardo dalla scena.
Daphne si avvicinò in altrettanto modo.
“Non lo so, ma deve essere importante se non possono aspettare un altro momento.” – disse la bionda. – “Oh, a proposito…”
Ginny guardò la mano della bionda, tesa in sua direzione.
“… Daphne.”
La rossa sorrise.
“Ginevra. Ma chiamami Ginny.”

“Sei insistente.” – fece il biondo, sollevandola per aria.
“Non girarmi la frittata. Hai iniziato tu il discorso, non io.”
Hermione 2; Malfoy 0.
La musica si stava avvicinando alla fine.
“E lo porterai alla fine, che ti piaccia o meno.”
Hermione 3; Malfoy 0.
La musica finì in quel momento. Le coppie si separarono e fecero un leggero inchino, per poi andare a farsi un giro per i propri affari.
“Quindi è per questo che ti aspetterò alla Torre di Astronomia, finita la festa…”
Hermione 4; Malfoy 0.
“Io non ho intenzione di…”
“… Draco.”
Hermione 5; Malfoy 0.
Preston batte Malfoy su tutta la linea.









Le sembrava distante anni luce il giorno in cui era salita sulla Torre di Astronomia con Draco la prima volta. Avevano visto insieme il sorgere del sole e avevano parlato.
Chissà se ne avrebbero avuto modo anche quella volta.
La riccia se ne stava in piedi davanti alla finestra. Il cielo era ancora buio, ma lungo la linea dell’orizzonte si poteva intravedere una sottilissima striscia più chiara, segno che il sole stava per sorgere.
Di nuovo.
Era un’ora buona che era lì ad aspettare, ma non se ne sarebbe mai andata. La tensione si era accumulata tutta sul collo e ora le doleva tutto. Iniziò a fare un po’ di ginnastica per cercare di distendere i nervi, ma non ci fu niente da fare. Ogni suo pensiero era incentrato su Draco.
E sul fatto che non era venuto.
Si sedette per un momento sul davanzale della finestra. Aveva deciso di andarsene, ma si prese ugualmente un attimo per rimettere in ordine il caos di pensieri che regnava sovrano nella sua mente
L’aria era fredda, ma la Torre era stata incantata per mantenere la temperatura corporea. Eppure lei sentiva freddo. Si abbracciò le braccia nude e se le strofinò.
Si girò di scatto quando sentì qualcosa di caldo appoggiarsi sulle spalle. Si girò e vide Draco infilare le mani in tasca. Si strinse la sua giacca addosso.
Visto così, Draco sembrava veramente un dio dell’Olimpo. Il gel si era sfatto e i capelli gli cadevano disordinati sulla faccia, ma sembrò non curarsene. Aveva allentato i primi due bottoni della camicia e i pantaloni gli facevano un vitino da vespa.
“Voci di corridoio dicono che tu non fai mai aspettare una ragazza.” – disse lei per spezzare la tensione che sicuramente tra poco si sarebbe creata.
Draco prese una sigaretta dalla tasca dei pantaloni. L’accese, aspirando a occhi chiusi una buona boccata. La trattenne per un attimo e poi la rilasciò.
Il suo sguardo serio le fece capire che non era in vena di scherzi, così Hermione abbandonò il suo sorrisetto per assumere un atteggiamento più consono alla situazione.
“D’accordo…” – disse, alzandosi in piedi. – “… allora visto che non vuoi girarci tanto intorno, parliamo di quello che è successo sulle scale.” – lo vide sbuffare e alzare gli occhi al cielo. – “E non alzare gli occhi al cielo, per cortesia.” – lo riprese lei.
“Ti ho già detto che devi dimenticarti di quella storia.” – rispose Draco, girando di poco il volto.
“Oh, sicuro!” – fece lei. – “Allora perché sei qui? Se ti dava tanto fastidio parlarne perché sei venuto?”
Draco espirò il fumo dalla bocca.
“Sai com’è… non faccio mai aspettare una ragazza.”
Hermione dovette contare fino a un milione per non urlare. Si prese le tempie tra le dita e le massaggiò.
“Stammi a sentire, Malfoy. Tu non…”
“No, tu sta a sentire me!” – la interruppe lui. Non era arrabbiato e nemmeno scocciato di essere lì.
Draco era letteralmente terrorizzato di affrontare quel discorso.
“Non so perché ti ho fatto quel discorso. Forse ero fatto o forse ero ubriaco, non lo so! Ti chiedo di dimenticarlo, ok? Facciamo un favore a entrambi e non parliamone più!”
Lo guardò come se avesse un tutù al posto dello smoking.
“Scusa? Ma è erba o tabacco quella che stai fumando? Non inizi un discorso come quello e pretendere di piantarlo lì, a tuo piacimento!” – disse, perentoria.
“Sei pazza se credi che…”
“Perché ho cambiato cognome.”
Draco si bloccò e la guardò confuso.
“Cosa?”
“Perché ho cambiato cognome.”

È tutta la sera che non faccio altro che pensarci, che pensare alla sua domanda.
Perché abbiamo iniziato a parlarci civilmente?
E il motivo era così scontato e palese che non so perché sono andata alla ricerca di potenziali macchie solari, Solstizi d’Inverno, centrali nucleari esplose o chissà Dio che altro…
Perché abbiamo iniziato a parlarci civilmente? Quando è successo?
Ovvio: da quando ho cambiato cognome.
E che Merlino mi fulmini in questo momento, se dicessi che io non mi sarei comportata diversamente. È stata una cosa troppo vistosa, affinchè non suscitasse scalpore o cambiamenti di atteggiamenti nei miei confronti. Sono cambiati perfino i miei amici!
Quelli che dovevano starmi accanto mi hanno voltato le spalle, chi invece avevo sempre detestato e biasimato dal profondo del mio cuore, si è rivelato essere prezioso confidente.
O il mondo sta girando al contrario oppure ha sempre avuto questa direzione, ma io ero troppo occupata a fare la perfettina, che non me ne sono mai accorta.
Ma mi sono accorta anche di un’altra cosa. Oltre ad aver cambiato cognome, ho cambiato anche casa. Non riuscivo più a stare nello stesso gruppo di Harry e Ron, così ho optato per il cambiamento drastico.
E questo mio cambiamento ha apportato migliorie generali. Serpeverde non è più una casa a se stante, e le altre case hanno iniziato a coinvolgerla in attività varie, scolastiche e extra. Il clima si è disteso e ringraziando Merlino non ho più sentito discorsi sulla purezza del sangue.
Certo, ci sono ancora i cretini che si credono delle divinità perché sono purosangue fino al dito mignolo del piede, ma ho notato come 
altri purosangue Serpeverde non solo li guardassero storti, ma li minacciassero pure di lapidazione se non la smettevano immediatamente.
E se la causa sono io o se il merito va a me, dipende dai punti di vista, ne sono contenta.
E farò in modo che continui ad essere così.

“La risposta alla tua domanda.”
Draco sgranò gli occhi e si sorprese non poco quando la vide ridere e scuotere la testa, facendo ondeggiare quei ricci che sembravano i capelli di Medusa.
“Te lo giuro:” – gli disse, guardandolo negli occhi. – “ci ho pensato tutta la sera. Ho iniziato a pensare alle macchie solari, alla luna che dopo vent’anni era così vicina alla terra da sembrare più grande del sole stesso, dalle centrali nucleari a un Hagrid lavato e pettinato. E quando mi sono chiesta quando questo cambiamento è avvenuto mi sono sentita così stupida che, non lo so!, devo aver passato buona parte del tempo a chiedermi dove fosse finito il cervello. E’ questo che ti dà da pensare?”

Ma i Legilimens non dovrebbero essere registrati al Ministero insieme agli Animagus o sono io ad essere così scontato?
Sapevo che ci sarebbe arrivata, ma non ero preparato. Non così in fretta.

“Perché questa cosa ti preoccupa?”
“Non sono preoccupato!” – sbottò lui, allontanandosi da lei, con la scusa di andare a guardare il panorama.
“Non mentirmi, Draco.”
Il biondo si girò di scatto e per un brevissimo istante gli occhi gli giocarono un brutto scherzo. Gli sembrò di vedere un’aura di luce intorno a Hermione, ma così com’era apparsa, così era sparita. Si massaggiò gli occhi.
Decisamente aveva bisogno di dormire.
“Tu eri… d’accordo, forse preoccupato non era la parola giusta. Forse eri… impensierito, diciamo così, ma… perché?”
“Perché.” – sussurrò lui. Prese un’altra sigaretta: ne aveva bisogno. – “Perché?” – chiese. – “Non erano a te che gli ipocriti facevano schifo?”
La ragazza impiegò un nanosecondo per capire cosa lui le stesse dicendo.
“E io non sono un’ipocrita!” – lo disse più per convincere se stesso. – “Posso, anzi!, sono un bastardo, uno stronzo, un cretino, un coglione… ma NON un’ipocrita!”
Anche se sapeva che non ci sarebbe mai riuscito, Draco provò a convincere se stesso di quella falsa verità.
Il mozzicone della sigaretta cadde a terra, dopo neanche un minuto che l’aveva accesa.
Chi è che non era preoccupato?, pensò Hermione.
Stava vivendo un intenso conflitto interiore e sarebbe stato difficile aiutarlo, se l’oggetto del suo conflitto non gli avesse fatto una confessione, in piena coscienza.
“Adesso calmati.” – disse, andando da lui. Appellò una sedia e ve lo fece sedere sopra e lei si inginocchiò tra le sue gambe.
Tremava. Tremava tutto. La ragazza lo sentì perché le sue mani erano sopra a quelle di lui, chiuse a pugno. Lo cercò con lo sguardo, ma lui cercava di evitarlo accuratamente. Lo sentiva borbottare continuamente sottovoce e dire che lui non era un ipocrita.
Così gli prese il volto tra le mani e lo obbligò a guardarla. Lui doveva vedere.
“Cosa credi sarebbe successo, se fosse accaduto il contrario?”
Lo sguardo di lui si accigliò. Come?
“Voglio dire… se fossi stato tu a sapere di essere un mezzosangue, cosa credi che avrei fatto io?”
Draco levò il viso dalle mani di lei, che tornarono sulle sue ginocchia.
“Di sicuro ti saresti fatta una bella risata, per tutte le volte in cui ti ho insultata.” – la delusione che lesse nei suoi occhi fu come sentirsela addosso.
“Davvero pensi che avrei riso di te?”
“Non lo avresti fatto?” – chiese lui, nervoso.
Lei si alzò. Ora era Hermione quella a disagio. Draco si diede dell’imbecille più volte.
“Scusa, ma non sono mai contenta quando una famiglia va a puttane.”
Draco chiuse gli occhi. Ma quanto era cretino? Quando sentì la porta aprirsi alzò di scatto la testa. Si alzò anche lui.
“Oh sì…” – disse. Tornò indietro e gli restituì la giacca. – “… questa è tua.” – gli tese l’indumento, mantenendo però una certa distanza.
Draco non seppe cosa fare. Lasciarla andare via oppure…

Perché se qualcosa o qualcuno mi fa stare bene, allora non la mollo nemmeno per tutti i galeoni del mondo.




Afferrò il suo polso e se la tirò addosso, abbracciandola.
Lei aveva questo potere: il potere di mandarlo in confusione, di aprirgli gli occhi, di fargli capire, di farlo sentire stupido, incasinato, sbagliato e giusto allo stesso tempo.
Hermione mollò la giacca a terra e lo abbracciò.
E gli parlò in quel modo, che sembrava l’unico con il quale ci riusciva.

“Una famiglia distrutta è ciò che di più brutto può capitare a una persona.” – disse Hermione, con la voce rotta dall’emozione. – “Nessun collante è così potente da poterla rinsaldare. Credi davvero che avrei riso di te?”
“No…” – sussurrò lui, nel suo orecchio.
“Sarei cambiata, Draco. Io avrei cambiato atteggiamento nei tuoi confronti. Perché saremmo stati sullo stesso piano. Forse è da ipocriti, o forse semplicemente doveva accadere per permettere a noi di conoscerci.” – si staccarono e si guardarono negli occhi.
Istintivamente, Hermione gli mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio, ma questa tornò dov’era.
“Stando al tuo ragionamento, tutti noi siamo ipocriti, Draco, ma ogni giorno milioni di persone cambiano idea, tornano sui propri passi, modificano la loro opinione… cos’è? Dobbiamo smettere di parlarci per essere coerenti con noi stessi?” – chiese lei. – “Ma cosa otterremmo? Nessuno parlerebbe più con nessuno e saremmo solo un branco di singoli individui. E io… voglio qualcosa di più di questo.”
Lei aveva ragione.
Come sempre.
Allora perché se quel ragionamento lo faceva lui sembrava solo una grossa e colossale scusa per giustificare il suo atteggiamento, mentre se lo faceva lei sembrava la cosa più logica del mondo?
E ancora… era logico chinarsi su di lei e baciarla?

Ciò che avvenne negli istanti successivi fu sottoposto a sigillazione.
Un bacio di per sé non è una cosa brutta. È il come lo si da che cambia le cose.
Un bacio può avere tanti significati.
Quello sulla fronte, indica protezione. Draco l’avrebbe protetta.
Quello sugli occhi, indica dolcezza. Draco lo sarebbe stato per lei.
Quello sulla guancia, indica l’inizio di qualcosa. Amicizia? Rispetto? Affetto?
Quello sulle labbra?
Forse era il caso di andarci piano con quel significato.
Per due persone come loro avvicinarsi in quel modo poteva essere alquanto sconvolgente. Passare dall’odio a qualcos’altro di molto più impegnativo e ugualmente intenso era un passo che andava affrontato con la dovuta calma e il dovuto sangue freddo.

Quello di Draco fu un bacio più esigente di quello che gli aveva dato Hermione nella Stanza delle Necessità. Certo, meno casto, ma ugualmente intenso.
Le mani del ragazzo erano fredde mentre tenevano fermo il viso di Hermione, quasi temendo che scappasse come l’ultima volta, ma la bocca era calda e si muoveva esperta su quella di lei. Lei, timida e impacciata, non abituata a baci di quel calibro, cercò di seguire i suoi movimenti.
Quando il ragazzo interruppe il contatto non seppe come interpretare lo sguardo di lei. Pentito? Schifato? Cosa stava provando?
“I-io…” – tentò di dire lei, ma il ragazzo le mise l’indice sulle labbra. Il suo fiato caldo e accelerato lo stava facendo dubitare delle proprie capacità di resistenza.
“Credo…” – la voce era roca. – “…che a parlarne adesso faremmo solo un gran casino.”
Hermione sorrise, imbarazzata.
“E credo che sia ora di andare a letto.” – disse, prendendo le debite distanze di sicurezza.
“Sì, forse è meglio.” – disse lei, leccandosi però le labbra.

Scesero dalla Torre di Astronomia in religioso silenzio, vicini.
Quello, almeno, se l’erano concesso.









Torniamo alle Note di me:

La scontatezza dei titoli dei capitoli a volte lascia me per prima senza parole…
Allora, già dal titolo, avete notato il tema principale del capitolo, ma partiamo dall’inizio.

Finalmente si è capito cos’aveva fatto spalancare gli occhioni a Blaise. Ginny sa fare riproduzioni fedeli alla realtà dei volti delle persone e che Molly e Arthur, inizialmente, avevano deciso di ritirare la sua iscrizione da Hogwarts per favorire il talento artistico di Ginny. Peccato che sempre per mancanza di soldi, la ragazza non abbia potuto realizzare il suo sogno.
Le palle di Ginny iniziarono a fuoriuscire, per quanto riguarda Harry e il fatto che sia intervenuto quando meno gli è stato richiesto, però è vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Quindi Ginny continuerà a maledire il moro nella solitudine dei propri pensieri, in attesa di trovare la forza per farlo a voce alta.

Abbiamo scoperto chi è Miguel.
Miguel è un artista spagnolo che aiuterà Ginny a prendere una decisione definitiva.
È un artista di purissima invenzione. Non spaccatevi la testa a cercarlo, mi raccomando…

Piaciuta Erbologia?
Personalmente mi sarebbe sempre piaciuto poter assistere a una scena del genere ma ahimè, nessuno era così impavido ai miei tempi da alzarsi in mezzo alla classe e sbottare come ha fatto Ginny.
Io ho riso come una scema quando ho scritto la scena.
Blaise però ha cercato di porre rimedio al casino e c’è riuscito. Hanno fatto un piccolo passetto in avanti, ma Ginny ha riportato la situazione di nuovo in parità.
Dio come sono Stronza!!!

Hermione capisce cosa intendeva dire Pansy quando parlava di contegno riferito a Draco. Quel ragazzo, veramente, potrebbe c----e in mezzo alla strada che al confronto la regina Elisabetta sarebbe apparsa come uno scaricatore di porto.

Il Ballo. ^__^
Ad essere oneste oneste oneste, volevo troncare il discorso di Hermione a metà e riportarlo a venerdì prossimo, ma ho preferito fare così, perché in questo modo posso dedicare interamente il prossimo capitolo, senza interruzioni varie, a Blaise e Ginny, che finalmente si parleranno.
Forse la scontatezza della domanda di Draco a Hermione vi avrà lasciato perplesse, ma non sapevo come introdurre tutto il discorso di lei, così sono caduta sul banale.
Qui chiedo perdono.
Il fatto è che ognuno dei due sa esattamente quando Draco ha iniziato a comportarsi con Hermione in un modo assolutamente normale, ma cosa succede? A volte capita che il nostro cervello va in pappa (o almeno il mio fa così) e ci si perde nel più schifosamente classico bicchier d’acqua. Di fronte a una qualsiasi domanda, come può essere “quanto fa 2+2” iniziamo a pensare alla radice quadrata di 244, al Pi Greco, alla circonferenza della terra e ogni quanto è necessario annaffiare l’orto affinché le piante non muoiano.
Poi quando ci danno la risposta, ovvero 4, precipitiamo nel baratro dell’imbarazzo totale, chiedendoci come abbiamo potuto essere così idioti da andare a pensare a tutte quelle cazzate invece che rispondere direttamente.
A volte, ci si perde sulle cose più stupide e la stessa situazione è successa a Hermione. Draco le ha chiesto quando hanno iniziato a parlarsi civilmente. Lei sapeva perfettamente che la risposta era “da quando aveva cambiato cognome” eppure è andata a pensare addirittura alle macchie solari.
Hermione ha parlato a Draco con il cuore in mano, e gli ha detto come avrebbe reagito lei di fronte a una simile situazione. Ora chiedo a voi lettrici, come avreste reagito? Se una persona, che avete sempre odiato – o creduto di odiare – vi dicesse che ha vissuto una vita di menzogne, non sareste tentate di avvicinarvi anche solo per vederla meglio da vicino? Come se quella verità ammessa ve la facesse vedere diversa perfino fisicamente?
Ribadisco il concetto: molto di me è presente in questa storia. Non dico che è autobiografica, ma certi atteggiamenti di Ginny, per esempio (a parte la pugnalata a Hermione ù_ù) sono miei, l’avvicinarsi di Hermione è una cosa che io farei, la percepzione di Draco che ha di Hermione che cambia… sono tutti atteggiamenti che io so che terrei, perché mi conosco.
Magari molte di voi diranno “beh, io gli avrei riso in faccia se fosse successo a Draco quello che è successo a Hermione” e forse avreste ragione.
Ma come vi sentireste dopo? Ridere delle disgrazie altrui non è mai una bella cosa, perché alla fine – e l’ho imparato a mie spese – la vita è una ruota che gira e tutto quello che hai tirato ti ritornerà indietro inevitabilmente.
Per questo cerco sempre di comportarmi bene, di fare la cosa giusta, dire la cosa giusta anche se è molto difficile.

Draco ha capito.
Ha capito che di Hermione si può fidare e stavolta è lui a baciare lei.
Chissà che la prossima volta questo bisogno non parta da entrambi e SE dovesse accadere, credo che inizierà davvero un’altra storia, un altro pezzo della loro vita.
Il ragazzo ha dimostrato molta maturità nell’impedire a Hermione di aprire bocca. Ha compreso come si è potuta sentire lei quando l’ha baciato nella Stanza delle Necessità e non voleva metterla in imbarazzo. Quindi, venti punti in più per Serpeverde!

Dopo tutta questa brodaglia di parole, vi lascio allo spoiler.

“E cosa stai cercando di dirmi?” – urlò lei, a sua volta.
“Merlino!… ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, devi ancora arrivarci?” – urlò lui.
“E che ti ci va a dirlo chiaro e tondo in faccia?”
Blaise si zittì, punto nel vivo.

Bene.
Nel prossimo capitolo vedremo come le palle di una certa persona torneranno alla ribalta, dopo aver passato mesi ad essere soffocate, e inondare lo scomparto dell’Espresso.
Accetto scommesse al riguardo, ma credo sia abbastanza ovvio.

Besitos!
^____^

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Capitolo 24
*** Ciò che c'è dentro me ***


24 - Ciò che c'è dentro me Ciao tesori miei!
Bentornati all’ennesimo capitolo di Verità Nascoste.
Come preannunciato, in questo troveremo qualcuno che finalmente si svuoterà di tutto quello che porta dentro di sé.
Chi sarà mai? ù_ù
Ovviamente, leggete e lo scoprirete. Io vi aspetto in fondo, ok?








VERITA’ NASCOSTE
CIO’ CHE C’E’ DENTRO ME

Ogni singolo baule di ogni singolo studente era pronto, fatto e ricontrollato affinché non fosse stato dimenticato niente. Quel sabato sarebbero iniziate ufficialmente le vacanze di Natale.
Il via vai che c’era nella Sala Comune di Grifondoro era paragonabile a un campo di battaglia: le ragazze facevano volare sulle proprie teste matite, rimmel e ombretti per poter uscire dalla Sala Comune per lo meno presentabili, come se quel mattino avessero potuto fare l’incontro del destino…
Ginny si stava ancora lavando la faccia, quando in camera sua entrò un’allucinata Lavanda che le chiese se avesse visto il suo golfino di lana bianco senza il quale non poteva muovere un solo passo.
“Guarda sotto la scrivania. L’ultima volta mi era sembrato di vederlo lì.”
Lavanda accolse con giubilo quelle parole e si fiondò alla scrivania, costatando con somma gioia che era proprio dove la rossa le aveva detto.
“Salvatrice del Mondo Magico!” – disse solamente, per poi uscire.
La ragazza sorrise, si asciugò la faccia e si guardò allo specchio.
Forse non sarebbe stata male con un filo di trucco.
Aveva fatto il primo passo: mollare il Quidditch, ma il secondo, quello di “impastrocchiare” la sua faccia con mille colori, ancora no.

Per festeggiare la notizia che la sua unica figlia femmina aveva lasciato uno sport per soli uomini, mamma Molly le aveva comprato una pochette per il trucco. La signora Weasley dimostrò di avere buon gusto, perché aveva preso tutti colori che s’intonavano o con i capelli o con gli occhi di sua figlia. Aveva speso una cifra per comprargliela e lei non li aveva mai usati.
Anche perché ci aveva provato una volta e aveva pianto mascara per due giorni. Morale della favola: il trucco non faceva per lei.
Ma giunta in quella fase dell’adolescenza, con un ragazzo che sembrava apprezzare una ragazza ben truccata e ben vestita – e ben disponibile – iniziò a chiedersi se non fosse l’ora di apportare qualche cambiamento visibile al suo aspetto. Per i vestiti le sembrava di usare un abbigliamento abbastanza carino. Non della qualità di Daphne, ma comunque anche se i capi che indossava erano sempre quelli, riusciva a girarli e abbinarli, figurando come se avesse fatto un nuovo acquisto.
Per una volta, avrebbe tanto voluto non pensare ai soldi, ma entrare in un negozio e uscire carica di borse, come quel film babbano che Hermione le aveva fatto vedere. Berty Woman, Perty Woman… non ricordava bene il titolo. Ma rinunciò.
Non usò mai i trucchi della madre perché non voleva consumarli e poi a vederli così belli compatti, nuovi di stecca, le sarebbe dispiaciuto un sacco rovinarli, usandoli su un viso anonimo come il suo. E poi, con quello che erano costati, più duravano e meglio era…

Prese la poschette, la chiuse e la infilò nel baule. Avrebbe trascorso il Natale alla Tana e poi sarebbe andata a casa di Hermione, sotto sua richiesta – leggasi ordine – e stare con lei fino all’inizio della festa, visto che era compito della “festeggiata” pensare al vestiario della sua Accompagnatrice.
Si sentiva a disagio, la piccola della famiglia Weasley a dover accettare regali costosi da parte di Hermione, mentre lei, al massimo, avrebbe potuto prendere una collana di chincaglieria al negozio di terza mano a Hogsmeade.
Uscì dalla sua stanza e scese in Sala Grande, cercando l’amica con lo sguardo. Chissà se avrebbero fatto il viaggio di ritorno insieme…




Intanto, in un’altra Sala Comune, precisamente in una stanza di Caposcuola, Hermione Preston stava cercando di acconciare i capelli in modo tale da non assomigliare ad un salice piangente.
Quando, all’ennesimo tentativo, il mollettone esplose letteralmente, chiuse gli occhi e inspirò.
“Adesso bestemmio.” – fece, cercando, per l’ennesima volta, di addomesticare i suoi capelli.
“Buon giorno, boccuccia di rose.” – fece Pansy, entrata in quel momento.
Hermione la salutò con un cenno della testa, visto che aveva il mollettone infilato in bocca.
“Che succede?”
Pansy la vide sforzarsi per chiudere la clip del mollettone, e quando ebbe la sensazione di avercela fatta, esso scoppiò.
Ancora.
“Ooooh! Al diavolo!” – sbottò, lanciandolo contro la specchiera.
“Buona, buona… adesso siediti, che ci penso io.”
Hermione si sedette pesantemente sullo sgabello e lasciò che l’amica le acconciasse i capelli.
“Allora? Cos’è che sei così nervosa?”
“Niente… non riesco a sistemare i capelli.”
“Gioia…” – disse Pansy, che era riuscita nell’ardua impresa.
Hermione la guardò scandalizzata dallo specchio.
“… non ti sei mai dannata l’anima più di tanto per i tuoi ricci. Cosa c’è veramente?”
Hermione si spalmò sul tavolino, nascondendo il volto nelle braccia.
“Come?” – chiese la mora.
Il borbottio di Hermione era così sconclusionato e incomprensibile che la mora si era avvicinata con l’orecchio. Hermione si rialzò e guardò Pansy.
“Ho detto… ieri sera Malfoy mi ha baciata.”
“E…”
“COSA?!?”
Pansy fu sbalzata in avanti dalla forza d’urto di quell’urlo, smaltandosi contro la specchiera e scivolando a terra lentamente, mentre Hermione chinò la testa, in segno di sconforto.
Daphne era entrata in quel preciso istante e aveva sentito la confessione di Hermione. Entrò come un tornado e si piazzò davanti a Hermione.
“Dettagli, Preston! E se ometterai qualcosa, me ne accorgerò!” – e per convalidare la sua minaccia le puntò la bacchetta alla gola, pur sapendo che non sarebbe mai stata usata.
Con un gesto stanco, Hermione spostò lo stecchetto di legno da una parte e si grattò il punto in cui Daphne gliel’aveva premuto contro.
“Daphne, per favore…” – aveva provato Pansy, guadagnandosi un’occhiata al vetriolo.
“Per favore un beato cazzo! Cos’è ‘sta storia?”
Daphne non era cattiva, ma se non veniva aggiornata sui pettegolezzi, poteva diventare molto, molto pericolosa.
“Daphne, abbiamo il treno da prendere.”
“Senti un po’, tu…” – disse, puntando il dito contro Hermione. – “… sono le sette e mezzo e il treno parte alle nove! Ora abbiamo un’ora prima di scendere in Sala Grande…”
“E la colazione?” – chiese la riccia.
“La colazione te la fai a casina. Tu non esci da qui finché non mi avrai detto tutto!”
“Gesù…” – mormorò Hermione, alzando gli occhi al cielo.
“Sto aspettando.”
“Vi lascio.” – fece Pansy, battendo saggiamente in ritirata.
“Pansy, no!” – troppo tardi. La mora aveva appena levato le tende. – “Serpeverde bastarda…” – bofonchiò Hermione.
Quando si girò, vide Daphne battere la punta della sua bacchetta sul palmo della mano sinistra.
“Preston?”
E quando la chiamava per cognome con quell’inflessione, erano veramente cazzi amari.

Stranamente, Hermione riuscì a riassumere il discorso in una mezz’ora. Daphne aveva prestato la massima attenzione, passando dallo stadio di pazza omicida furiosa e curiosa a quello di attenta ascoltatrice. Avrebbe potuto raccontare anche a lei quello che era avvenuto nella Stanza delle Necessità, ma aveva preferito dirlo solo a Pansy perché nessuno, più di lei, conosceva Draco.
Anche in senso biblico.
Ma la bionda aveva sconvolto i suoi piani e si era vista costretta a dirlo anche a lei.
“… e poi siamo tornati in camera.”
“Capisco.” – fece la bionda, con l’indice sinistro intento a giochicchiare con il labbro inferiore. – “Ma… scusa la domanda. State insieme?”
In altre circostanze, forse se la sarebbe presa, ma era così frustrata per tutta quella situazione: lei e Draco, Ginny, Blaise e Candy, Harry e Ron, che non ebbe la forza di sprecare energie mettendosi a urlare.
“No. Non credo…” – fece la riccia. – “E’ tutto troppo un casino, Daphne. Ci siamo presi un attimo di tempo per capire quello che sta succedendo.”
“Sì, sì, scusa…” – fece la bionda, sperando di non essere apparsa troppo invadente. – “Beh, forse è meglio così, dai. Tu e Draco siete agli antipodi della personalità e serve prudenza.”
“Lo penso anch’io.” – Hermione si alzò dallo sgabello e si stiracchiò. – “Io però ho fame…” – mormorò, mettendosi una mano sullo stomaco.
“Sì, andiamo. Ci staranno dando per disperse.”
Con un incantesimo locomotor, i bauli presero a volteggiare nell’aria, seguendo le proprietarie e andando a sistemarsi accanto a quelli degli altri studenti all’ingresso.
“Per favore, non dire a Draco che te l’ho detto.”
“La mia bocca è sigillata” – fece la bionda, fingendo di tirare una cerniera invisibile sulle labbra.




A colazione, Albert sembrava eccitato come un bambino e il motivo era uno e molto semplice: finalmente, avrebbe passato il suo primo Natale con tutta la famiglia riunita. Se ci pensava, ancora non ci credeva.
Hermione poté percepire quella contentezza quasi sulla sua pelle. Suo fratello sembrava avere una particolare attenzione per lei quel giorno e quando ebbero tutti finito la colazione, si girò e lo vide.
Sembrava un cagnolino scodinzolante.
“Bene, cari studenti.” – iniziò il Preside, nel suo solito discorso di fine anno. – “Anche quest’anno è volato. Passate un buon Natale e un migliore Anno Nuovo. Coraggio, le vostre famiglie vi staranno aspettando. Raggiungetele.”
Come tori impazziti, gli studenti urlarono di gioia e scavalcarono le panche per correre verso l’uscita. Il gruppo dei Serpeverde preferì aspettare che la calca si smaltisse, per non rischiare di venire accidentalmente pestati. Daphne e Pansy erano in testa e chiacchieravano fitte fitte e Hermione immaginò di cosa, Albert, Theo e Blaise gli stavano dietro ed erano tutti incentrati su Albert e sulla sua contentezza e anche lì Hermione immaginò per cosa e infine, a chiudere la coda, lei e Draco.
“Immagino che Myra ed Elthon abbiano spedito l’invito anche a voi.” – fece Hermione, parlando del suo debutto.
“Sì.” – rispose il biondo, fermandosi e permettendo agli altri di allontanarsi affinché non li sentissero. – “Ho ricevuto una lettera in cui mia madre mi informava che a Preston Manor ci sarebbe stato un’importante avvenimento e che dovevamo parteciparvi.”
Hermione sospirò. Quel giorno si stava avvicinando con sempre maggior velocità. Sarebbe stato solo il venerdì successivo.
“Voglio proprio vedere la faccia di mio padre quando vedrà che sei tu, l’importante avvenimento.”
Hermione sorrise, correndo con i ricordi a un giorno particolare.
“Credo che rimarrà di sasso.” – fece la riccia.
“Oh, lo credo anch’io.”
Seguirono alcuni attimi di silenzio.
“Senti, per ieri sera…”
Lo zittì, poggiando l’indice sulle sue labbra. Per il tremore che quel contatto le causò, il dito si contrasse, socchiudendo di poco la sua bocca.
“Con calma.” – disse lei.
Draco le prese la mano e in un gesto di cavalleria di altri tempi le baciò il dorso.
“Sì, è meglio.”
“OH! TI SBRIGHI?” – sbraitò suo fratello.
Hermione rise e si girò.
“Arrivo!”
Albert sparì da dove era arrivato.
“Da venerdì prossimo sarai ufficialmente una Preston.” – fece Draco. – “Ti senti tale?”

Sì.
Mi sento una Preston.
In questi tre mesi e mezzo di convivenza con Albert ho imparato molto sulla mia famiglia e mi ha fatto molto strano comprendere che gran parte del mio carattere lo devo non a Jean, ma a Myra. Da lei ho ereditato la forza di non lasciarmi mai abbattere e la sua decisione nell’affrontare i rischi da sola. Da Elthon, invece, ho preso la fierezza, tipica di questa famiglia e quel filo di bastardaggine che ho scoperto solo da quando sono entrata a far parte di Serpeverde.
Ho preferito non dire niente di questo cambiamento a casa e ho pregato Albert di non farlo, perché se le cose andranno come ho programmato, da venerdì prossimo quelle due persone saranno per me mamma e papà.

“Te lo dirò venerdì prossimo.” – rispose lei.




Le carrozze furono riempite e iniziarono il loro tragitto verso la stazione, dove l’Espresso li stava aspettando. I ragazzi si presero uno scomparto tutto per loro e si misero a chiacchierare di cose allegre, mentre, da un’altra parte…









Non erano mai stati silenziosi come in quel momento. Harry guardava fuori dal finestrino, annoiato, Ron contava le sue figurine e Ginny cercava un modo per animare quel viaggio che sarebbe durato tre ore.
“Cosa c’è?” – chiese il fratello, mentre con il conto era arrivato a quota cento.
Ginny arrossì.
“Cosa?”
“Continui a fissarci a intermittenza. Si può sapere cos’hai?” – richiese, sollevando il viso dalle sue importantissime figurine.
“Niente.” – rispose lei. – “E’ che… è strano stare qui in silenzio.”
“Guarda che non siamo te che abbiamo necessità di parlare ogni secondo.” – fece Ron, tornando alla sua conta.
Ginny si sentì profondamente ferita da quelle parole. Ma che diavolo avevano quei due? E perché suo fratello sembrava provare gusto nel ferirla in quel modo?
“Ragazzi dai, non litigate.” – fece Harry, appoggiando i piedi sul sedile di fronte a lui.
Passare due settimane senza vedere Romilda lo aveva messo di cattivo umore.
“Ehi, non prendertela con me se la tua ragazza ha le sue cose!”
Ginny divenne un pomodoro.
“Ron!” – sbottò lei, imbarazzata.
“Seì beh… se continua ad andare avanti così le avrà a vita.”
Ginny si girò di scatto verso Harry, che aveva il capo appoggiato alla parete e gli occhi chiusi.
“Harry!”
Il moro aprì un occhio, indolente.
“Cosa? Neghi che è vero?”
Ginny non voleva che i suoi affari privati venissero messi in piazza davanti a suo fratello che era stato sempre molto geloso di lei.
“Cosa?” – chiese Ron, allibito. – “Non lo avete ancora fatto?”
Ginny si girò sconvolta.
“Macché…” – fece Harry, riprendendo la sua posizione.
Ginny non resse e corse fuori, andando alla ricerca di Hermione. Le lacrime erano sulla linea di partenza, pronte per uscire, ma sicuramente avrebbe trovato l’amica in compagnia di suo fratello e degli altri e non voleva farsi vedere in quello stato. Quando udì delle risate e quella della sua amica capì di essere arrivata.
Ma prima di bussare, guardò da una fessura e la vide.
Hermione era felice e rideva assieme ai suoi nuovi amici. Perfino Draco Malfoy stava ridendo.
Per lei non c’era spazio.
Si schiarì piano la voce e tornò indietro, ma dall’interno qualcuno vide la scena.

“Oddio… Ginny AH!” – presa in extremis da Draco, Hermione riuscì a tirarsi in piedi e lo ringraziò con un sorriso imbarazzato. – “Sì, grazie…”
Blaise era scattato sull’attenti a quel nome ma Hermione era già uscita e non voleva palesare i suoi sentimenti correndo come un pazzo furioso pure lui.
Hermione uscì dallo scompartimento e guardò prima a sinistra e poi a destra. Un’inconfondibile chioma rossa aveva appena svoltato l’angolo.
“Ginni, aspetta!”
La rossa accelerò il passo ma Hermione la raggiunse.
“Ginny… ehi… cos’è successo?”
Lei tentò di sorridere, ma il viso era totalmente bagnato dalle lacrime, singhiozzava e cercava di non farsi sentire.
“N-n-nien-te…”
Hermione l’abbracciò, sconvolta. Non era da lei piangere in quel modo, anzi.
Non era da lei piangere e basta.
Entrò in uno scompartimento vuoto, lo sigillò e lo insonorizzò. Ginny cercò di asciugarsi le lacrime, cercando in quel modo di farle capire che ora era tutto a posto ma Hermione non si mosse di lì.
“Sto… be-ne…”
“Sei una pessima bugiarda, Ginevra Weasley.”
Ginny non resse e scoppiò a piangere, abbracciando Hermione.
“Non lo amo più! Non lo amo più!” – disse finalmente.
Hermione sospirò e comprese. Se la strinse addosso, come l’amica fece con lei al suo ritorno a scuola e le diede tutto il conforto che necessitava.




Mezz’ora più tardi, erano ancora nello scomparto e stavano parlando sedute per terra l’una di fronte all’altra. Ginny era tutta rannicchiata su se stessa e si abbracciava le gambe.
“… mi… mi fa pesare il fatto che non lo abbiamo mai fatto.” – si asciugò poco elegantemente il naso bagnato con il dorso della mano.
“No…” – fece lei, dispiaciuta per l’amica.
“P-pensavo che Ron mi avrebbe difeso, perché… perché sono sua sorella, no? Ron… Ron mi avrebbe difeso…” – disse, con quel tono implorante che avrebbe sciolto pure un iceberg.
Hermione sentì il suo cuore piangere e annuì.
“… m-ma si è stupito quando ha saputo che non lo abbiamo ancora fatto. Cosa… cosa devo fare Hermione?”
La porta dello scompartimento si aprì di scatto, facendo sobbalzare le due.
Blaise Zabini sembrava un Troll, visto da quella posizione.
“Blaise!” – fece Hermione, stupita che fosse riuscito a togliere il suo miglior incantesimo di sigillazione. – “Per favore, puoi andartene? Sto parlando…”
“Vai tu Hermione, per favore.”
“Ma io…” – ma quando vide la determinazione nei suoi occhi, capì che qualcosa si stava smuovendo.
Ginny era abbastanza tranquilla. Sapeva che Hermione non l’avrebbe mai lasciata da sola…
“D’accordo.” – fece lei, alzandosi.
“No, aspetta…” – fece la rossa, cercando di fermarla.
Hermione sembrò ripensarci.
“Puoi aspettarmi fuori un attimo?” – chiese la riccia al moro che annuì.
Una volta che la porta fu chiusa, Hermione s’inginocchiò di fronte a lei e si sentì letteralmente avvinghiare.
“Non… non andare via… non lasciarmi con lui… ti prego, stai qui…” – era terrorizzata.
Hermione le sorrise.
“Ginny, tu sei l’unica che mi è rimasta accanto, in tutti i sensi. Mi hai aiutata a uscire dalla mia situazione e se io non uscirò da quella porta, probabilmente non aiuterò mai te a uscire dalla tua.”
“Cosa stai dicendo?”
“Sto dicendo che Blaise aveva ragione quando ha detto che sei una ragazza che sa osservare. Ma oltre a questo tu sai anche ascoltare e capire. E so che capirai quello che Blaise vorrà dirti.”
“Cosa deve dirmi?”
Hermione si alzò e si tolse le mani di Ginny da dosso.
“Ascoltalo Ginny. Potresti rimanere stupita.”
Ginny la guardò, spaventata, mentre si allontanava. L’attimo successivo entrò Blaise.
La rossa vide Hermione sorriderle e poi la porta che si chiudeva.

Si diede una riassettata generale, alla bell’è meglio, anche se sapeva che le sarebbe servito un restauro da capo a piedi. Tenne lo sguardo basso, troppo imbarazzata per farsi vedere in quello stato.
“Ti sei vista allo specchio?”
Gli occhi di lei si velarono inevitabilmente di nuove lacrime. Aveva capito perfettamente dove volesse andare a parare.
“Sei l’ombra della ragazza che ho conosciuto.”
Per non parlare del suo tono. Mai avrebbe detto che un giorno il giudizio di un Serpeverde sarebbe stato importante per lei.
“Sei contenta di esserti ridotta in questo stato?”
Non rispose ancora.
“GINEVRA, CAZZO!” – urlò lui, al colmo della frustrazione e sbattendo un pugno sulla parete lì vicino.
Ginny infossò la testa nel collo. Il labbro le tremò vistosamente e le lacrime iniziarono a scendere sulle guance.

Avere Potter tra le mani e spedirlo dai suoi genitori sarebbe un attimo.
Cazzo, ma come può averla ridotta in questo stato? Anche se si nasconde dietro vestiti più grandi di lei è impossibile non notare la sua eccessiva magrezza. I suoi occhi sembrano non vedere il sonno da mesi e mai aveva avuto le unghie rosicchiate. Sembra che se le sia scannate.
E come può lei avere permesso che lui la riducesse così?
Ho fatto una cazzata! Dovevo dirle subito quello che provavo per lei e non nascondermi dietro frasi stupide e difficili da codificare.
Candy me lo ha anche detto.
Vederla piegata in questo modo mi fa male, mi fa troppo male. Cazzo, se potesse sentire i miei sentimenti, se potesse sentire il dolore che ho provato quando si è messa con quella mezza sega, se potesse vedere, toccare con mano quello che provo per lei…
… temo si spaventerebbe.
Mi spavento pure io, a volte.
Ma non posso vederla così. Vederla deperire giorno dopo giorno, guardarsi le spalle come se temesse un attacco, no. Non ce la faccio più.
Le parlerò chiaro, se ci riuscirò, e poi la lascerò decidere.
Questo glielo devo.

“Scusami…” – fece Blaise, mortificato, chinandosi su di lei.
Ginny diede sfogo al suo pianto, trovando appiglio sulla spalla di Blaise, che si era portato vicino a lei. Le aveva avvolto le spalle con un braccio e si era sentita bene, così bene che il suo pianto era quasi scemato.
Quasi.
Il ragazzo dovette fare violenza su se stesso per cercare di non reagire.

“Posso chiederti una cosa? Ma devi essere onesta con me.” – alzò la spalla, dicendole in quel modo che voleva che si alzasse per vederla in faccia.
Lei annuì.
“Stai bene?”
Sbuffò. Era così evidente il contrario che un po’ se la prese per quella domanda.
“Ginevra?”
“Starò bene.” – rispose lei, ovviando la domanda.
“Questo è vero.” – disse lui, lasciandola confusa. – “Ma ti ho chiesto se stai bene adesso.”
“Blaise, non…”
“Rispondimi. E sii sincera.”
“No.” – disse, senza guardarlo in faccia. Nemmeno con Hermione lo aveva mai ammesso.
“E allora perché mantieni questo status quo?”
Non rispose.
Blaise capì che quello non era il modo migliore per farle capire quello che provava per lei, ma gli riusciva difficile, al momento, trovarne un altro. Si alzò e fece apparire uno specchio. Ginny, quando lo vide, si rifiutò categoricamente di guardarsi attraverso esso.
“Alzati.” – non era una richiesta. – “Alzati.”
Ma vedendo che non si alzava, la sollevò da solo. Cazzo se era dimagrita.
Per la sorpresa, lanciò un urletto e quando si vide, provò un sentimento che mai pensò di provare verso se stessa.
Pena.
Girò lo sguardo ma Blaise glielo impedì, trattenendole il volto con la mano.
“Guardati. E dimmi cosa vedi.” – silenzio. – “Non vuoi dirlo tu? Va bene, lo dirò io.”
In quel momento, le venne in mente un pezzo di una loro discussione, avuta il giorno della partita Grifondoro contro Serpeverde, dove le erano accidentalmente sfuggiti i difetti della squadra rosso-oro.
Accidentalmente nella tenda dei Serpeverde.

“Paura di sentirti dire in faccia la verità?”
“No. Paura che non so cosa mi diresti. Tu… cavolo sei Blaise Zabini! Un Serpeverde!

E in quel momento, di paura, ne aveva tanta, perché sapeva che non ci sarebbe andato giù leggero.
“Vedo una ragazza che si è ridotta a essere l’ombra di se stessa per un ragazzo che non merita nemmeno l’unghia del dito mignolo. Vedo una ragazza che ha mollato il Quidditch, sperando di essere più carina ai suoi occhi.”
Ginny sgranò i suoi e li vide così grandi… e le sue orbite così piccole e incavate. Li socchiuse per non vedere.
“Vedo una ragazza che si è lasciata vivere dalle situazioni e che ha preferito lasciarsi andare alla deriva, piuttosto che affrontarle di petto.” – forse non erano le parole più giuste da pronunciare, visto e considerato che Blaise per primo non aveva affrontato la “questione Ginny” di petto, come l’aveva definita lui, ma dentro di lui sperò che se la rossa, che finalmente riusciva a stringere tra le braccia, anche se non nel modo in cui avrebbe preferito, avesse tratto dalle sue parole la forza necessaria per reagire, anche lui, forse, sarebbe stato in grado di fare altrettanto.
Man mano che Blaise le sottoponeva quell’umiliante elenco, lei non poté non afflosciarsi tra le sue braccia. Poi si girò di scatto e lo abbracciò, supplicandolo di smettere.
Lui smise, e l’abbracciò, passandole lentamente un braccio attorno alla vita e mettendole una mano dietro la nuca. Sgranò dolorosamente gli occhi per quel contatto così intimo. Era un male quasi fisico.
“Hai toccato il fondo, Ginevra. È ora di risalire. Voglio che tu risalga.”

Smise di piangere.
E si ricordò di una cosa che si erano detti.

“D’accordo. Possiamo finirla, per favore? Cos’è che vuoi da me?”
“Sei una ragazza che sa osservare. Credo che me lo dirai tu. Ti saluto.”

Era una frase molto semplice e allora apparentemente insignificante ma ora, in quel preciso istante, assunse un significato tutto diverso. Non fu la frase di per sé ad aver risvegliato in lei quel ricordo, ma il modo in cui aveva calcato il verbo “volere”.
Fu tutto nuovo.
Tutto strano.
Magico.
Si staccò da lui e vide Blaise con lo sguardo più mesto che avrebbe mai potuto vedere sul suo volto. Si staccò da lui, tenendo comunque le mani sulle sue spalle.
Singhiozzava, mentre cercava di capire se ciò che aveva appena scoperto era la verità o un macabro scherzo del suo inconscio. Se Harry fosse entrato in quel momento, avrebbe sicuramente frainteso: loro due, abbracciati, da soli… le conclusioni sarebbero state ovvie.
Peccato che al momento Harry era l’ultima persona di cui si sarebbe interessata.
Lo scomparto traballava leggermente, per via dello sferragliare delle ruote sui binari, facendo ondeggiare anche i corpi dei due ragazzi, che trovavano sostegno nell’altro.
“Perché lo fai?” – chiese lei. Si era fatta un discorso, nella sua mente, condito e infarcito di retorica, un discorso degno di Silente quando doveva aprire l’anno scolastico, ma alla fine si era ridotta a fare quella domanda, così stupida, ma fondamentale.
Per lei.
Blaise abbassò lo sguardo per un attimo.
“Perché non ti posso più vedere così.” – le disse, in un sussurro.
“Non…” – singhiozzo. – “… non capisco…” – lo vide contrarre la mascella, segno che era molto combattuto.
Serrò la presa sulla sua vita e Ginny non poté impedirsi di sussultare. Se un semplice contatto la faceva stare così, cosa sarebbe successo se un fantomatico giorno di un ipotetico, nonché surreale, futuro l’avesse baciato?
Si diede della stupida per quel pensiero. Figurarsi se sarebbe mai capitato! Con una bellezza come Candice Duvall accanto, perché accontentarsi di una come lei?, purosangue sì, ma senza il becco di un quattrino?
Quella nuova, seppur vecchia consapevolezza, la fece tornare con i piedi per terra. Per Blaise, lei sarebbe sempre stata una cara amica, anche se non aveva ben capito quando la loro amicizia era iniziata, ma mai qualcosa di più.
Chiuse in un cassetto le parole di Hermione.
Non aveva capito, o forse aveva capito fin troppo bene, ma qualcosa nella sua testa le diceva che lei non sarebbe mai stata abbastanza per un ragazzo dello stampo di Blaise, Serpeverde sì, ma gentiluomo. Era un traguardo troppo ambizioso anche per una come lei, che aveva sempre combattuto per ottenere ciò che voleva.
Si staccò da lui, scusandosi con lo sguardo per essere rimasta abbracciata a lui per tutto quel tempo. Fu quasi un male fisico.
Il moro la guardò confuso. Perché si era allontanata da lui? Aveva forse capito e la sola idea le faceva accapponare la pelle dal disgusto?
“Ginevra…”
“No, senti…” – disse, con un sorriso tirato. – “… è meglio di no.”
Fu come se l’Espresso gli fosse passato attraverso.
“Si creerebbe della confusione e non mi va.”
Il moro annuì, anche se avrebbe solo voluto urlare.
“Certo.” – disse, guardandola con un sorriso che doveva essere di comprensione.
“Ok.” – disse Ginny, sorridendo a sua volta. Si tolse con la manica del maglione le ultime lacrime e si girò verso la porta. – “Oh, salutami Candy, ok?” – uscì e si chiuse la porta alle spalle.
Blaise alzò lentamente la testa e vide la porta chiudersi con un leggero tac.

La ragazza doveva trovare un bagno.
Entarci.
Chinarsi sul water.
E vomitare.
La nausea che stava provando in quel momento era così densa che poteva quasi essere toccata con mano. E mentre camminava, barcollando, appoggiandosi a entrambe le pareti per non rovinare a terra, si chiese se almeno la sua amicizia con il ragazzo sarebbe rimasta.
Ciò che accadde dopo, ebbe dell’incredibile.

Blaise era rimasto fermo impalato, cercando di capire se Ginny aveva veramente detto quello che effettivamente aveva detto. No, perché se lo aveva veramente fatto, allora quella…
“… quella non ha capito un cazzo!” – disse Blaise, ad alta voce, sgomento. Uscì di fretta dallo scomparto e la cercò con lo sguardo. Aveva fatto pochi passi, vista la sua precarietà fisica e la vide barcollare, mentre lui, agile e scattante, nonché incazzato come una bestia, giocatore di Quidditch, la raggiunse in poche falcate e l’afferrò per il braccio. La girò con uno strattone. – “Ma si può sapere che cazzo hai sotto quei capelli rossi?” – urlò, scuotendola.
Ginny si girò di scatto, spaventata.
“Ma cosa…” – si sentì strattonare e portare di nuovo nel loro scomparto.
Quando si girò per guardarlo in faccia e dirgliene un treno lo trovò con lo sguardo allucinato.
“Ma che diavolo t’è preso?” – urlò lei, con ritrovata energia.
“A me? Tu non capisci un cazzo e cosa prende a me?”
La rossa s’indignò parecchio per quell’affermazione.
“Ehi, moretto. Piano con gli insulti, eh? Capito cosa?”
Blaise sembrava sull’orlo di una crisi di nervi.
“Quello che sto cercando di dirti dall’inizio dell’anno, porca puttana!”
La rossa si ritrovò a incassare la testa nel collo.




“Si può sapere dove stai andando, tu?”
“A cercare Blaise. È sparito.”
“Lascia Blaise dove sta.”
“Sai qualcosa che io non so?”
“Ovviamente.” – rispose lei, saccente, come al suo solito.
“Preston?, dov’è Blaise?”
“Furetto?, torna nello scompartimento.” – rispose lei.
Draco, non contento, provò a sorpassarla, ma Hermione continuava a sbarrargli la strada. Sembrava un balletto… un po’ scoordinato.
“Preston…”
“Malfoy…” – gli fece eco lei.
Draco, ad un certo punto, si fermò. Guardò oltre le spalle della ragazza, ma si sentì girare.
“Ehi…”
“Oh, chiudi il becco!” – fece lei, spingendolo verso il loro scompartimento. – “Blaise ha di meglio da fare, adesso.”




“E cosa stai cercando di dirmi?” – urlò lei, a sua volta.
“Merlino!… ho cercato di fartelo capire in tutti i modi, devi ancora arrivarci?” – urlò lui.
“E che ti ci va a dirlo chiaro e tondo in faccia?”
Blaise si zittì, punto nel vivo.
“E che diavolo!” – esclamò lei, arrabbiata. – “Ma che pretendete, voi ragazzi? Che siamo sempre lì a cercare di capirvi al volo? Avete la bocca anche voi per parlare! Usatela ogni tanto!”
“Forse quello che dobbiamo dire è leggermente più complesso, da non…”
“Da non cosa? Perché le cose per voi ragazzi devono essere più difficili che per noi ragazze? Cosa puoi mai avere di così difficile da dirmi che non puoi usare il linguaggio corrente?” – era furente. – “Perché diavolo non ci riesci?”
Fortuna che avevano silenziato la camera, altrimenti sarebbe sembrato che un omicidio si stesse perpetrando in quello scomparto.
“Perché secondo te è facile dirti che mi sono innamorato di te, vero?”









Note di me:

Titolo poetico, né?
Comunque, oltre al fatto che per ben due capitoli non mi è stata rinfacciata la mia stronzaggine, rimedio subito. Tra loro ovviamente la questione non è ancora chiusa e ho deciso di troncare la storia, ma prima volevo che Blaise si dichiarasse.
Magari invece di Stronza, mi prenderò una Stronzina…
Pretendo troppo, eh?
Ok, qualsiasi insulto sarà bene accetto. Anche perché per insultarmi dovete recensire. u_u

Passiamo al capitolo.

Daphne scopre del bacio tra Draco e Hermione e dà in escandescenza perché non è stata la prima a saperlo. Come già detto, Daphne ha creato attorno a sé un’aura di bella e maledetta e inavvicinabile e che-se-la-tira e tutto quello che vi viene in mente. Però quando viene a sapere – per sbaglio, eh? – che quei due si sono baciati, il suo lato omicida esce fuori.
Pansy è quella che subisce le conseguenze, perché non deve essere stato piacevole essere spiaccicati contro un vetro solo con la forza d’urto della voce. Pansy, però, si dimostra una persona molto saggia per la sua età e batte in ritirata, lasciando Hermione da sola con una furiosa Daphne.
La ragazza però capisce che la situazione tra di loro è molto complessa, perché hanno speso anni a odiarsi e ora, tutto d’un tratto, si ritrovano attratti fisicamente tra di loro.

Solitamente Ron viene descritto come il fratello geloso della sorellina.
Qui è l’esatto opposto. Una volta avrebbe urlato e strepitato se solo Harry si fosse fatto avanti con un innocuo bacetto, mentre ora si sorprende che l’amico non sia riuscito a concludere.
Secondo me Harry passerà da Bambino Sopravvissuto a Uccello Deceduto.
Meglio per Ginny.

Blaise
Finalmente confessa i suoi sentimenti a Ginny e la SS (Stronza Sottoscritta) tronca lì il discorso.

Ginny.
Poveretta. La settimana prossima leggeremo della sua reazione.

Stavolta non vi rompo con le mie pippe mentali e vi lascio lo spoiler, succoso succoso.

Hermione guardò il gufo allontanarsi con la sua lettera, sperando che la persona alla quale era indirizzata accontentasse quella sua richiesta. Aveva scritto che le serviva una risposta, e possibilmente un colloquio, entro quel venerdì.

Oh, oh… chi sarà questa new entry?
Porterà scompiglio o invece sarà solo di aiuto?
Vi lascio elucubrare in merito e possibilmente darmi qualche dritta su chi pensate che possa essere.

Besitos!

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Capitolo 25
*** Il confronto ***


25 - Il confronto Puntuale come la morte!
Beh, speriamo che la Signora con la Falce mi permetta di finire di postare questa storia, almeno…
Prima di lasciarvi al capitolo, voglio dirvi solo una cosa…

GRAZIE!

Se qualcuno conosce una parola che possa esprimere al meglio tutta la gratitudine che sto provando in questo momento me la faccia sapere.

Non voglio annoiarvi più del previsto, perché tanto vi aspetto in fondo. ùoù

Bacioni, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
IL CONFRONTO

Candy si allontanò senza fare rumore con un sorrisetto divertito sulle labbra. Quei due sciocchi avevano silenziato la stanza, ma si erano dimenticati di sigillare la porta. Era bastato socchiuderla, affinché tutta la loro frustrazione uscisse fuori.
Era contenta che almeno Blaise avesse avuto la forza di uscire da quel tunnel, se lo meritava proprio.
Quando lo aveva conosciuto tre anni addietro andandoci a letto e rovinando definitivamente la sua storia con Jason, Blaise era un ragazzo molto diverso. Le donne erano solo un mezzo per soddisfare il suo piacere, come avessero dovuto ritenere un onore essere desiderate da lui. Era abbastanza cattivo negli scherzi e la faceva sempre franca.
Poi, era cambiato.
Candy, invece, non era caduta nel baratro della disperazione di chi era stata considerata alla stregua di un oggetto, visto e considerato che sapeva a cosa (chi) stava andando incontro. Si era semplicemente limitata a osservarlo durante il suo processo di trasformazione. Lo aveva visto mutare lentamente e si era rallegrata per lui.
Adesso il suo processo era finalmente completato.
Sarebbe toccato a lei, ma l’unica persona che voleva al suo fianco le aveva detto addio tre anni fa e da allora non si erano più parlati.
Tornò indietro, ma nel girare l’angolo si ritrovò a terra.
“Ahia…” – fece, massaggiandosi il sedere.
“Scusa, ti sei fatta male?”
Quella voce non l’avrebbe mai dimenticata. Mai. Quando si girò, sorpresa, vide il suo ex ragazzo, sorpreso forse quanto lei.
Jason si affrettò ad aiutarla a rimettersi in piedi.
“Ehm… ti… ti sei fatta male?”
“No, ho il sedere duro, io.” – scherzò lei.
Scherzare.
Era l’unico modo che aveva per affrontare quella situazione. Si spolverò la gonna e rialzò lo sguardo.
“Sono contenta di averti visto.” – disse, sincera. – “Passi il Natale dai tuoi?”
“Sì…” – fece lui, a disagio. In quel momento Jason ebbe come la sensazione di aver commesso un grosso errore nell’averle detto addio così prematuramente quella volta, senza aver fatto niente per fermarla, ma era stato un colpo troppo duro e la sua reazione fu più che altro dovuta a un orgoglio maschile ferito.
“Bene. Scusa ma devo tornare dalle altre.”
Scusa, ma devo scappare a piangere.
Candy lo salutò con un sorriso e girò subito la testa.
“Candy?” – la fermò lui.
Lei si girò di scatto, quasi non avesse aspettato altro da tre lunghi anni.
“Sì?”
Ecco, si era bloccato e lei sapeva che faceva sempre così quando doveva dirle qualcosa di veramente importante. Ma l’aveva sempre aspettato. Aveva sempre rispettato i suoi tempi.
Jason la guardò. Sembrò strano riuscire a capirsi con un solo sguardo anche a distanza di tre anni.
“Ti chiedi… ti chiedi mai come sarebbe tra noi… adesso?” – il sorriso di lei fu un’improvvisa ondata di caldo tropicale in una giornata invernale come quella.
“Oh, tutti i giorni, Jas.”
Il ragazzo sospirò. Da quanto non si sentiva chiamare così?
“Candy?”
“Dimmi.”
“Hai… voglia di… parlare un po’ con me?”
La ragazza non impiegò un solo istante a relegare le sue amiche in un angolo, che la stavano dando per dispersa, e andare da lui.
“Ti va bene qui?” – chiese lei, indicando uno scomparto vuoto.
“Sì, qui va bene.” – disse, entrando nello scomparto e chiudendosi dietro la porta.
Per sicurezza, Candy la sigillò e la impeturbò.




La faccia di Ginny era un’unica massa rossa. L’unica cosa che faceva capire a un estraneo dove si trovava la faccia erano le sclere degli occhi.
Per il resto era un enorme punto rosso.
Blaise, invece, costernato e sgomento per essere riuscito a dire quello che da più di un anno covava dentro di sé, si appoggiò, spossato, al vetro. Aveva gli occhi spalancati che fissavano un punto ai piedi della ragazza.
“Cosa?” – alitò lei, sconvolta.
Però, si rese conto, fu come essersi liberato di un masso sul cuore. Certo, non lo avrebbe mai corrisposto perché era troppo innamorata di quell’essere inutile di Potter che la trattava peggio di uno straccio vecchio per cambiare idea così, su due piedi, che decidere di scegliere lui e farsi rispettare da lui.
A Ginny, la verità non parve mai così chiara come in quel momento.
Blaise non voleva niente da lei.
Blaise voleva lei.
Imbarazzata come mai lo era stata in vita sua, la rossa non seppe che altro dire.

Ma questo è suonato!
Come diavolo ha fatto a innamorarsi di me? Con che coraggio, poi? Merlino, sembro uno spaventapasseri! Ma sta bene?
Però ora mi spiego i suoi appostamenti, i suoi agguati, il fatto che abbia accettato con remissività il fatto di dovermi dare delle ripetizioni… lo aveva fatto per stare… con me?
Perché mamma mi ha fatta idiota?

“Sono innamorato di te.” – disse Blaise. Negare o ritrattare non sarebbe servito a niente.
Sentirselo dire così apertamente, così direttamente, le fece venire una vampata di calore tipica della menopausa.
“Ma… TU NON SEI NORMALE!” – urlò Ginny, facendolo spaventare. – “Innamorato di me? Scherzi, vero?” – chiese la rossa con una mano sulla fronte, testimone della sua assoluta e indubbia incredulità.
“Lo trovi tanto strano?” – chiese lui.
“Strano? E’… è fantascienza!”
“Perché?” – scattò subito lui. – “Perché sono un Serpeverde e tu una Grifondoro?”
Ginny, da quando aveva avuto modo di conoscerlo meglio per via delle ripetizioni di Pozioni, era riuscita ad andare oltre quello stupido pregiudizio. E quando se lo sentì sbattere in faccia in quel modo così aggressivo – e ingiusto – non ci vide più.
Toccò a lei parlare.
“No! Perché io sono un cesso e Candy una strafiga!” – certo, quando si arrabbiava il suo linguaggio passava in modalità scaricatore-di-porto on, però era meglio parlare chiaro, senza giri di parole. Di quelli ne avevano fatti fin troppi, per non parlare del tempo perso a causa di essi.
Blaise la guardò, allucinato. Era solo quello il problema?
“Perché anche se sono di discendenza purosangue, la mia famiglia non ha il becco di un quattrino! E perché dovevi essere veramente in ultima fila quando Merlino ha dato fuori il cervello!” – sbottò, profondamente convinta di ciò che stava dicendo.
“Aspetta un attimo.” – disse il moro. Si girò e aprì il finestrino. – “Le tue stronzate non ci stanno tutte qui dentro!”
Una sventagliata di aria fredda invase lo scomparto. I capelli di Ginny iniziarono a svolazzarle intorno, mentre lei non sapeva più dove mettere le mani per cercare di riportarli a terra.
“E’ per questo che non dovrei innamorarmi di te?” – urlò, per sovrastare il rumore del vento.
Ginny continuò a lottare con i suoi capelli.
“Credo siano motivazioni più che sufficienti!” – urlò lei, mentre i capelli le finivano in bocca.
“NO!” – urlò Blaise.
Ginny lasciò andare i capelli quando vide Blaise avanzare verso di lei e afferrarle le braccia.
“Ho solo sentito delle scuse patetiche! Se non ti piaccio perché non sono il tuo tipo, mi sta bene, ma non tirare fuori queste stronzate! Preferisci stare con uno che non ti tratta con il rispetto che meriti? Preferisci piantare in asso tutte le attività che ti rendono felice solo per essere più femminile agli occhi di Potter? Apri gli occhi, Ginevra! Guardati per quello che sei veramente!”
La domanda era lì, bloccata nella sua gola.
“Sei… sei una bellissima ragazza. Non occorre essere necessariamente fisicamente belle per piacere a un ragazzo. Il più delle volte la determinazione e la sicurezza in sé sono componenti più che sufficienti per… per farmi innamorare di te.” – disse, portando la discussione su toni più calmi e personali.
Si staccò da lei e andò a chiudere il finestrino. Si appoggiò un attimo ad esso per cercare di riprendere un po’ di calma.
Ginny era, per la prima volta in diciassette anni, rimasta senza parole. Il che equivaleva a un miracolo o, più comunemente, a un’assenza di argomentazioni sufficientemente valide da portare come tesi a favore delle proprie motivazioni.
Il vero motivo per cui Blaise non poteva innamorarsi di lei era un altro. Molto più semplice ma, ovviamente, il più serio.
“Non puoi innamorarti di me.” – aveva risposto la ragazza. Ravviò i capelli all’indietro in un gesto che scioccamente sperava le facesse guadagnare un po’ più di tempo.
“Perché?” – chiese Blaise. Non era disposto a cedere, non più. Si era giocato tutto: la reputazione, i suoi sentimenti… e se la ragazza che ora gli stava in fronte pensava di poterlo liquidare con un semplice “non puoi innamorarti di me” allora non aveva capito niente o meglio: non aveva capito quanto un Serpeverde potesse essere testardo quando si impuntava su qualcosa.
Ginny scosse la testa. Voleva dirlo, ma allo stesso tempo non lo voleva fare. Se si fosse confessata, mostrando il cosiddetto fianco, si sarebbe privata di ogni difesa e temeva che agli occhi di Blaise potesse risultare come una scusa, ma se non lo avesse fatto, sentiva come se si sarebbe mangiata l’occasione del secolo.
Tentennò ancora qualche istante prima di trovare il coraggio Grifondoro per – metaforicamente – mettersi a nudo.




“… non parlavamo nemmeno più, Jas.” – disse Candy, con un sorriso mesto.
“Perché immagino che tu con Zabini abbia parlato, quella volta.”
Candy divenne una statua di pietra.
“Scusa…” – fece lui. – “… colpo basso. Scusami…”
“Non ti preoccupare.”
Lo faceva sempre. Lui la feriva, e lei lo perdonava, ma non voleva più andare avanti così. Quando le prese la mano, Candy sentì una scossa partirle da quel punto e correre lungo tutte le terminazioni nervose.
“C’è… una cosa che non ti ho mai detto…”
Candy lo guardò confusa.
“Cosa?”
“E…” – le lasciò la mano, facendola sentire persa. – “… credo che ti arrabbierai.”
“Cosa c’è?” – chiese lei, cercandolo con lo sguardo.
Jas prese un pezzo di carta dall’interno del mantello. Non se ne separava mai. Lo aveva protetto con un incantesimo, affinchè la carta non subisse gli effetti del tempo.
Glielo porse.
E lei lo prese.
“Cos’è?” – chiese, srotolando il foglio.
Era una carta diversa dalla pergamena. Era di un bianco accecante, che in quel momento le diede fastidio. E c’era solo un posto in cui si usava quel tipo di carta. Lo guardò, spaventata e l’aprì, incurante di poterlo rovinare.
Lesse avidamente tutto il contenuto, sentendo la terra franarle sotto i piedi.
“Mi dispiace…” – lo sentì dire.
Ma poi, fu come se le orecchie si fossero chiuse, come quando vi entra l’acqua e non sentì più niente se non il rumore del suo cuore che cadeva a pezzi, amplificato.




Anche se ne avesse avuto l’occasione, Ginny non ne avrebbe approfittato per scappare. Era vicina alla porta: bastava uno scatto da grande giocatrice di Quidditch qual era stata e avrebbe potuto evitare di affrontare quel discorso.
Ma non lo fece. Non era una codarda, o almeno, così le piaceva pensare. Così, fece l’unica cosa intelligente che il suo cervello le suggerì da quando si era messa con Harry: prese posto su un sedile e si preparò ad affrontare un discorso che fino a quel momento aveva avuto sempre e solo con il suo inconscio.
Blaise la imitò. Dovette serrare le labbra per impedirne il tremore che denotava felicità per quella fiducia.
“Quando mi sono messa con Harry, ho realizzato i miei sogni. Tutti.”
Il labbro di Blaise smise di tremare. Divenne serio e serrò la mascella fino a quasi spezzarsi i denti.
“Perdonami, ma non mi interessa molto di Potter. Vorrei…”
“Vuoi sapere perché non puoi innamorarti di me o no?” – chiese brusca.
Il moro annuì.
“Allora zitto e fammi parlare.” – disse, sottolineando quel verbo.
Blaise sperò che quel piccolo alterco non avesse rovinato le sue intenzioni di aprirsi con lui, perché se non lo faceva, lui non avrebbe mai potuto sapere cosa passava nella sua testa che le faceva fare un’affermazione forte come quella di prima.
Ginny annuì e cercò dentro di sé la sicurezza per ciò che stava per rivelargli. Aprì e chiuse le mani, denotando timore.
“E’ dall’età di dieci anni, quando ho visto per la prima volta Harry a King’s Cross, che mi sono innamorata di lui. Nella mia mente di bambina avevo già progettato tutto: l’amore, una bella casa, tanti bambini e pranzi domenicali con tutti i miei amici. Peccato che non ho fatto i conti con la mia timidezza. Non riuscivo a stare nella stessa stanza dove c’era lui senza arrossire o balbettare. Se mi chiedeva qualcosa mi pietrificavo letteralmente e se Ron mi chiedeva di dirgli qualcosa per suo conto, mi riducevo a spedirgli dei gufi perché non riuscivo a guardarlo in faccia.” – un sorriso mesto le increspò le labbra, nel ripercorrere a voce alta la sua vita da quando era entrata a Hogwarts.
Blaise non la interruppe mai.
“Con il passare degli anni e il fatto che Harry passasse da noi le estati e le vacanze di Natale, sono riuscita a farmi un po’ più di coraggio e a parlargli senza balbettare, scoprendo alla fine che non era altro che un ragazzo come tutti, forse con qualcosa in più, visto il suo legame con Tu-Sai-Chi.” – si schiarì la voce. – “Ciò che non sapevo, ma che tutti ovviamente avevano capito prima di me, era che anche a Harry io piacevo, ma dato che Ron era il suo migliore amico, si era sempre trattenuto per paura di rovinare l’amicizia con lui. Allora per provocare una sua reazione, ho iniziato a uscire con altri ragazzi, ma niente: sempre fermo sulle sue posizioni.” – disse, battendo le nocche della mano destra chiusa a pugno sul palmo aperto della sinistra. – “Facciamo un salto in avanti.” – disse, per prepararlo ad affrontare un diverso lasso temporale. – “Settimo anno.” – disse, introducendo l’anno in cui l’amicizia tra Blaise e Ginny aveva iniziato a formarsi. – “Siamo tutti preoccupati perché di Hermione non si hanno notizie. Abbiamo chiesto in giro, ma nessuno sa dirci niente. Veniamo a sapere da lei stessa, una volta tornata a Hogwarts, che sua madre non è sua madre ma una donna che l’aveva rapita. Le sono stata vicina, o almeno così mi piace pensare, ma Ron e Harry hanno iniziato a comportarsi in modo strano.” – Ginny non lo vide perché lei stessa aveva gli occhi puntati sul pavimento, ma Blaise aveva iniziato a muoversi nervosamente sul sedile opposto. – “Tutto ciò in cui avevano sempre creduto era diventato… come posso dire?… diverso, cioè… se prima l’idea di un’aggressione li avrebbe fatti andare alla ricerca del colpevole per punirlo, adesso sembra solo un atto dovuto.”
Blaise capì immediatamente il riferimento all’aggressione di Pansy. Non sapeva di questa cosa e un pungolo di odio bussò al suo cuore, ma così com’era arrivato, così sparì. Sapeva il motivo che spingeva i due a comportarsi in quel modo, ma non era quello il momento né il luogo per parlarne.
Soprattutto la persona…
“Mi dicevo che era un momento, che erano nervosi, che stavano ancora cercando di superare i traumi della guerra… ma più passava il tempo, più mi rendevo conto che difficilmente le cose si sarebbero aggiustate.”
“Allora perché ti sei messa con lui?” – chiese istintivamente il moro.
Ginny serrò gli occhi, cercando di trattenere la frustrazione per essere stata interrotta.
“Blaise, ti prego!”
Fu solo davanti a quella disperazione che Blaise si morse la lingua, maledicendosi per averla interrotta.
“Non interrompermi o non riuscirò più a dirti quello che devo!”
“Scusami.” – si affrettò a rispondere il moro. – “Scusami… ti prego, va avanti…”
Per la seconda volta, Ginny dovette andare alla ricerca del coraggio perduto.
“Mi sono messa con Harry per dimostrare a me stessa che non era cambiato niente.” – disse, dando voce al suo tormento interiore. – “Volevo dimostrare a tutti che Harry era sempre il solito, che se si comportava così era solo perché era ancora sotto sopra per la guerra. Volevo dimostrare a me stessa che il bambino che ho visto crescere e trasformarsi in uomo non era cambiato così drasticamente. E volevo dimostrare a Hermione che il Trio c’era ancora. Hermione…” – lì si interruppe e prese un enorme respiro, guardando in alto per evitare che le lacrime scendessero. – “… li ha sempre sostenuti, sempre!”
Blaise annuì. Ricordava perfettamente la sfuriata di Hermione nell’ufficio di Silente. La riccia aveva buttato fuori tutto il suo rancore, doverosamente celato dietro una stoica pazienza e un’amicizia che pensava sarebbe saltata fuori nel suo momento del bisogno.
Purtroppo non fu così.
“E quando è toccato a lei ricevere, le hanno voltato le spalle.” – una lacrima le sfuggì lo stesso. – “E quando mi sono messa ugualmente con lui, in quel momento non me n’è fregato un accidenti di niente!” – urlò, scoppiando finalmente a piangere. Piantò lo sguardo a terra, con le mani strette a pugno tanto da far sbiancare le nocche. Le lacrime le bagnavano i jeans. – “Non mi importava di Hermione e nemmeno degli altri! Volevo essere felice! Io! Io e basta! M’importava solo di me!” – si chinò sulle ginocchia e prese il volto tra le mani, piangendo disperata.
Blaise la guardò, impensierito.
“Le… le ho piantato un coltello nella schiena! Le ho fatto una vigliaccata che non pensavo di essere in grado di farne una! Ho!, ho-ho addirittura giustificato Harry! Non ti puoi innamorare di me! Faccio schifo come persona! Non-non sono neanche un e-essere umano!” – singhiozzò lei, sconquassata dal pianto.
Per una frazione di secondo, ma proprio per la durata di un battito di ciglia, Blaise fu tentato di alzarsi e andarsene, poi, inorridito da quel pensiero, l’abbracciò di scatto e la tirò a sedere sul pavimento.
Ginny si aggrappò a lui, piangendo ancora più forte. Le massaggiò la schiena, cercando in quel modo di calmarla.
“Va tutto bene, dai… tranquilla…”
Dopo essersi calmata, operazione che richiese svariati minuti, Ginny si staccò da lui, imbarazzata per aver finalmente esposto le sue motivazioni. Prese le distanze da lui. Blaise la guardò, confuso.
“Adesso lo sai.” – disse, guardandolo fugacemente per un attimo per poi tornare a guardare il pavimento, improvvisamente fattosi interessante. – “Per quello che mi riguarda…” – ecco la bomba finale. – “… mi merito Harry.”
Blaise sgranò gli occhi, allucinato da quell’ammissione.
“Mamma mi ha sempre detto che tutto il male che facciamo, prima o poi ci torna indietro.” – piantò gli occhi arrossati in quelli di Blaise. – “E a me è toccato Harry.”
“Merlino, ma… ma ti senti?!” – chiese allucinato. – “Come fai a dire una roba del genere? Non… non augurerei Potter nemmeno a… a… a Potter!” – esclamò, strappando un sorrisetto a Ginny. Voleva dire al suo peggior nemico, che mai come in questo periodo si identificava perfettamente proprio con Harry Potter. – “Scusa e con tutto quello che ho fatto io cosa dovrebbe tornarmi indietro?” – chiese, giustamente il ragazzo.
“Ma tu non conti.” – rispose lei, senza collegare il cervello alla bocca. – “Tu sei sempre stato stronzo, cosa vuoi che ti capiti?”
Cadde un’indescrivibile cappa di silenzio dopo quelle parole. Blaise la guardò, chiedendosi se dovesse prenderlo come un complimento, oppure come un inoppugnabile offesa, ma dopo tutto quello che Ginny gli aveva confessato, lo prese per ciò che era: la reale situazione dei fatti.
Ginny invece lo guardò, chiedendogli tacitamente se aveva detto veramente quelle parole. La ragazza si portò una mano sugli occhi, indignata da se stessa.
“Capisci perché non puoi innamorarti di me?” – cercò di buttarla in vacca e, dalla risata che scatenò nel moro, pensò di esserci riuscita.
Stirò le labbra in un sorriso tirato e imbarazzato, mentre osservava la bocca di Blaise.
Arrossì per i pensieri che ci aveva fatto sopra e abbassò lo sguardo.
“Non si può dire che tu non sia sincera.” – osservò il moro.
“Non si può dire che non sia un’egoista.” – rispose Ginny.
Adesso, toccò a Blaise parlare.
“Senti… ti sei comportata male con Hermione, e allora?”
“Come e allora?” – in pratica aveva puntato tutto su quell’argomento, sulla sua vigliaccheria e il suo egoismo per farlo desistere dall’amarla e lui le diceva “e allora”?
“Sì, e allora?” – chiese, con una scrollata di spalle. – “Hai sbagliato e mi sembra che tu ti sia punita abbastanza per questo. Tu e Hermione vi siete riavvicinate, vorrà pur dire qualcosa, no?”
“Sì, ma…”
“E poi non è tipico di voi Grifondoro porre rimedio agli errori che commettete?”
“Sì, ma…” – ritentò lei.
“E poi per quello che mi riguarda non ho cambiato idea.”
“Sì, ma…”
“Tu credi veramente che per un tuo gesto sbagliato, possa cambiare i miei sentimenti a comando? Forse avresti più ragione tu di non parlarmi, visto che tra i due lo stronzo io sono sempre stato io.” – disse, con un ghigno divertito.
Sì, ma… questo è quello che Ginny avrebbe voluto dire, ma non trovava niente con cui ribattere le tesi del ragazzo. Sospirò.
Ora che Blaise gli aveva spiegato – come si fa con un bambino cocciuto – le sue argomentazioni, le sembrò che tutti i suoi discorsi sul meritarsi Harry, perché lei aveva fatto del male alle persone, fossero sbagliati e privi di logica. Non riusciva più a trovare sensate le motivazione che gli aveva fornito per farlo desistere dall’amarla.
E quindi?…
Quando Ginny sentì le mani grandi di lui portarle indietro i capelli, si sentì a casa. La tirò verso di sé, contento che non l’avesse rifiutato.
Si sentì finalmente protetta, rispettata.
Amata.
Avvertì tutte quelle sensazioni che, solo poco tempo prima, si era imposta di provare per Harry, mentre con Blaise le venivano naturali come respirare.
Sentì anche il cuore del ragazzo battere forte forte e sorrise.
Batte per me, pensò Ginny, abbracciandolo.
Un piccolo pensiero, molto veloce, s’insinuò nella sua mente.
Avrebbe fatto volentieri l’amore con lui…

Avevano iniziato a strofinarsi a vicenda. A Ginny piaceva il profumo di Blaise. Era forte, ma non fastidioso.
Ecco. Adesso si metteva pure a fare i paragoni con Harry.
Harry usava Magician Tresor, una fragranza che ricordava molto il profumo che c’è in un bosco dopo che ha appena piovuto. All’inizio le piaceva, ma poi aveva iniziato a stancarla. Blaise, invece, doveva usare una fragranza, anzi, più di una, degna del suo conto alla Gringott, perché ogni volta che si avvicinava a lui per parlargli, sentiva sempre una nota in più. Che fosse agrumata o speziata, Blaise cambiava sempre.
E non stancava mai.
Per non parlare del profumo della sua pelle che mischiata a quello delle fragranze la stava inducendo a mordergliela. Però non si precluse il fatto di annusargliela.
Blaise sorrise. Era arrivato in Paradiso?
“Se fai così, potrei perdere il controllo.”
Ginny si staccò di scatto da lui, ma Blaise serrò la presa sui suoi fianchi, per impedirle di allontanarsi.
“Ah-ah-ah… dove vai?”
“Scusa…” – fece lei, imbarazzata.
Blaise le rimise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sembrò che Ginny si fosse resa conto solo in quel momento, dopo attimi di pura beatitudine, di essere un vero disastro.
“Senti…”
E dopo aver fatto una capatina in paradiso venne l’ora di tornare sulla terra, dove c’era il mondo reale.
“… io… ti ho detto quello che sento per te, ma tu?”
Ginny lo capì al volo. Si schiarì la voce.
“Io… devo affrontare una cosa alla volta, adesso.” – disse, staccandosi. Voleva essere onesta. Non voleva dirgli “sì, anch’io ti amo” nonostante di fondo ci fosse un’attrazione molto forte. Ora che stava iniziando quella risalita, voleva fare le cose per bene.
Blaise la lasciò andare e annuì. Aveva ragione.
“Devo dirlo a Harry, prima.”
A quel nome, Blaise serrò i pugni.
“Lui si è sempre comportato correttamente con me e io non voglio essergli da meno.”
Blaise si trattenne per puro miracolo. Se solo avesse saputo quello che Potter le aveva fatto: lo avrebbe mollato davanti a tutta la scuola, pur di fargli fare una figura di merda! Ma tacque. Se quel cretino aveva un briciolo di palle, le avrebbe usato la stessa gentilezza che lei voleva usare a lui.
“Una volta arrivati a casa, troverò un momento e gli parlerò.”
“Prima della festa di Hermione?” – chiese lui, sorpreso.
“Sì. Tirarla per le lunghe sarebbe inutile.”
Blaise se ne sorprese. Le soluzioni erano due: o aveva una voglia pazzesca di stare con lui, o non vedeva l’ora di farla finita con Potter.
Pregò fosse la prima, anche se nemmeno la seconda gli diede poi tanto fastidio…
Le prese dolcemente la mano e la tenne nella sua. Avevano un’ora circa a disposizione prima di separarsi. Di certo non si sarebbe messo a parlare del tempo…




“Perché non me lo hai mai detto?” – urlò lei, con le lacrime agli occhi.
Jason non fece nulla per giustificarsi. Aveva lasciato che il suo rapporto andasse alla deriva per non dirle quella cosa e si era reso conto di aver fatto la cazzata più grande della sua vita quando aveva capito che a spingerla tra le braccia di Zabini era stato lui stesso.
“Mi dispiace…”
“Non so cosa farmene delle tue scuse! Dovevi dirmelo! Avrei… avrei capito! Ti sarei rimasta vicina! Sei uno stupido!”
Lo sguardo mortificato di lui fu un calmante naturale. Non voleva inveirgli contro più del necessario, perché la situazione era già abbastanza complessa e grave di per sé. Ma continuò a piangere, perché sperava che con lei Jas fosse sincero.
Evidentemente non era così.
“Pensavo fossi diverso, Jason.”
“Volevo che ti rifacessi una vita, Candy.”
Lo schiaffo che arrivò fu imprevisto.
Da tutti e due. Lei ritrasse subito la mano, pentita per ciò che aveva fatto, ma non per il motivo, lui si portò la propria alla guancia. Era la prima volta che riceveva uno schiaffo.
“Io volevo che la mia vita fosse con te, stupido! Per anni ho creduto che tu ti fossi stancato di me!”
Jason la guardò sconvolto.
“Così sono andata a letto col primo venuto. Ma perché non me lo hai mai detto? Cosa pensavi? Che ti avrei lasciato?”
“Non lo so cosa credevo…”
Candy rilesse quel pezzo di carta. Ancora non poteva crederci.
“… ma pensavo fosse la cosa migliore.”
“Migliore per chi?” – abbaiò lei. – “Migliore per chi?”
“Candy, mi dispiace!” – urlò lui. – “Va bene? Mi dispiace! Avevi il diritto di rifarti una vita, ok? L’ho fatto per te!”
La ragazza negò con la testa, sconvolta.
“Oh, no… no, no, no, no… non ci provare a dire che lo hai fatto per me! Con che diritto hai scelto per me? Come ti sei permesso di prendere delle decisioni che mi riguardavano… senza consultarmi? Hai sempre fatto così! Prendi una decisione e me la devo far andare bene, NO!” – urlò, con gli occhi che mandavano scintille. – “Finora ti è andata sempre bene, ma stavolta hai esagerato. Non dovevi farmi una cosa del genere! Mi hai davvero delusa, Jason.” – aprì la porta dello scomparto e andò alla ricerca di un posto isolato, lontano da tutti, mentre Jason fissò con sguardo perso il referto medico dove lei lo aveva lasciato.









King’s Cross era colma di genitori che erano venuti a riprendere i figli. Draco, Theo, Pansy e Daphne scesero dal treno e salutarono lì i fratelli Preston, i cui genitori non erano ancora arrivati.
Ginny, Harry e Ron scesero dal treno e corsero incontro ai signori Weasley.
Ginny, notò Harry, aveva uno sguardo strano, diverso. Più vivo. Ma non se ne curò. In quel momento, doveva pensare a come far passare quelle due settimane in attesa di rivedere la sua Romilda.

“Allora, come ti senti?”
Hermione guardò Albert con un sorriso emozionato.
“Non lo so… voglio dire… sono già stata in quella casa, con loro… ho conosciuto te, ma… non so dire cosa proverò una volta che saremo tutti insieme.”
Albert andò a sedersi vicino a lei e le mise la mano sulla sua. I suoi occhi brillavano.
“Vedrai. Starai bene. A te piace il Natale, vero?”
Hermione sorrise.
“Oh, sì… molto.”
“Bene!” – fece, entusiasta. – “La villa è addobbata con mille decorazioni, tante luci… e tanti regali!”
La ragazza sorrise. Albert guardò fuori dalla finestra e vide che i suoi genitori erano arrivati. Balzò in piedi.
“Coraggio, sono arrivati.”
Hermione prese un enorme respiro e si alzò.
Forza e coraggio, si disse.









Preston Manor sembrava essere il centro ricreativo dove Hermione andava a trascorrere le vacanze di Natale quando ancora era una mezzosangue.
L’idea di andare in quel posto la eccitava sempre perché era pieno di luci colorate, che variavano dal rosso, al blue, al bianco… per non parlare delle stelle filanti che rischiavano, da tante che erano, di far inciampare gli ospiti.
“Sono contenta che siate a casa.” – fece Myra, andando a posare la sua stola sul divano. – “Ma penso che sarete stanchi. Andate a darvi una rinfrescata. Il pranzo verrà servito tra una mezz’ora.”
“Dai, vieni!” – Albert la prese per mano e insieme fecero le scale di corsa.
La donna dovette fare violenza su se stessa per non piangere. Si girò verso il marito, raggiante come non mai.
“Sarà il Natale più bello che trascorreremo!” – fece lei, eccitata come una bambina.
Elthon le sorrise e la guardò mentre dava ordini agli elfi di servire con particolare cura quel pranzo. Poi andò nel suo studio a leggere la posta arrivata.

Le lettere erano state divise a seconda del mittente. Aveva messo gli amici intimi da una parte, i parenti dall’altra, gli eccentrici da un’altra parte e gli stronzi, beh… quelli li avrebbe volentieri messi nel cestino.
Ma sua moglie era stata categorica: TUTTI dovevano essere presenti.
Inclusi i Malfoy.
Avevano questionato a lungo sulla loro presenza.
Ci fu un tempo in cui lui e Lucius erano inseparabili, così uniti da sembrare fratelli. Poi il biondo aveva preso altre strade, decisamente troppo lontane dal suo modo di vedere e l’amicizia si era sfaldata. Con Narcissa aveva sempre mantenuto ottimi rapporti. Era una donna di alta classe, a prescindere dai vestiti che adornavano il suo corpo, e si era sempre mantenuta neutrale in quella faccenda, a parte il suo primo e unico contributo durante la guerra, che alla fine gli rivelò la vera natura della donna. Anche se gracilina e di esile aspetto, Narcissa nascondeva la forza di un esercito di Troll quando si trattava della sua famiglia.
Da ciò che il Ministro gli diede di sapere, anche Lucius aveva avuto una parte positiva in quella battaglia. Quando il Signore Oscuro sembrava essere in vantaggio, Lucius si staccò dalla lotta e corse a cercare Draco con sua moglie.
Poi, ci fu il veto anche per lui che era il Capo degli Auror.
Mentre passava le varie lettere per decidere quale leggere per prima, incappò in una calligrafia dolorosamente familiare. Con qualche esitazione, l’aprì con il taglia carte e la lesse.

Non ti sembrano passati anni dall’ultima volta che ti ho scritto?
A me sì.

Elthon sorrise, sentendo gli occhi pizzicare. Si schiarì la voce.

Immagina la mia sorpresa quando ho ricevuto un invito da parte di tua moglie ad assistere a un evento importante. Non pensavo di rientrare ancora nella cerchia delle persone che puoi frequentare, signor Capo degli Auror.

Elthon sorrise ancora. Quando aveva confidato a Lucius – quasi una vita fa – che il suo sogno era quello di raggiungere quella carica, il biondo amico non aveva smesso un secondo di rivolgersi a lui con quell’appellativo.

Comunque, immagino che tu abbia discusso a lungo con Myra riguardo la nostra presenza a questo tuo ricevimento. Non intendo partecipare, se la mia presenza sarà in qualche modo di tuo poco gradimento, ma se per un oscuro, no… oscuro forse non è una parola che posso usare così facilmente…

Elthon rise di gusto. Anche in certe situazioni, il sarcasmo di Lucius non sarebbe mai morto.

diciamo arcano motivo tu dovessi ancora volermi presente, sarò onorato di poterci essere.

Il tuo vice Capo degli Auror

Ah, quanti ricordi, quanta nostalgia dei tempi passati. Perché Lucius aveva dovuto cambiare? Perché bramare qualcosa che non avrebbe mai potuto dargli vere soddisfazioni? Aveva tutto ciò che un uomo poteva desiderare dalla vita: una bella moglie, un erede maschio, visto che ci teneva particolarmente, ricchezza e potere.
Perché aveva dovuto volerne di più?
“Ti manca?”
L’Auror sussultò. Merlino, non si era nemmeno accorto che era entrata!
“M-Myra!”
La donna rise piano.
“Signor Capo degli Auror… ti fai mettere nel sacco da tua moglie?”
Ancora quell’appellativo… Elthon le sorrise e cercò di nascondere con nonchalance la lettera sotto il pacco di pergamene nuove. Myra lo vide e gli prese la lettera dalle mani.
“So che ti manca, Elthon.”
L’uomo si ritrasse come un riccio.
“Non so di cosa tu stia parlando, Myra.”
La donna, non contenta che suo marito tentasse di nasconderle le cose, gli prese il volto tra le mani e lo guardò.
“Sto parlando di Lucius, Elthon. Del tuo migliore amico.”
“Un tempo, forse. Ora è cambiato tutto.” – disse, scostandosi dolcemente dalla sua presa.
“Oh, non fare lo sciocco, Elthon!” – si stizzì lei. – “Sai benissimo che è cambiato, altrimenti non mi avresti mai concesso la possibilità di mandargli un nostro invito!”
Era così. In qualità di Capo degli Auror, Elthon presiedeva a ogni incontro con Lucius per il prelievo dei suoi ricordi e delle sue intenzioni ed era risultato sempre pulito.
E non c’era modo di scampare o modificare l’esito di quegli esami.
“Elthon! Sai benissimo che ha abbandonato ogni forma di magia oscura, eppure ti ostini a tenere in piedi quel muro che ti sei costruito!”
“Ah, adesso l’avrei costruito io?” – chiese, sgomento. – “Chi è che da un giorno all’altro ha deciso di passare al lato oscuro? Quel muro se l’è costruito Lucius da solo e ha fatto anche un ottimo lavoro. Non faccio altro che rispettare le sue volontà!”
“Parli come se fosse morto!”
“Per me è come se lo fosse!”
Myra si zittì all’istante.
“E’ stato il padrino di Albert!” – disse, con tono di voce alto. – “Ha sempre saputo quali erano i miei sogni e le mie ambizioni e mi ha tenuto buono finchè gli sono servito! Mi ha usato per avere informazioni sul Ministero!”
“Ma si è pentito! Perché non riesci a vedere anche questo?”
“Quello che vedo è un uomo che pur di evitare Azkaban farebbe di tutto, ecco quello che vedo! Per me Lucius non è cambiato di una virgola!”
Myra preferì non insistere sull’argomento. Farlo, avrebbe significato oltrepassare una linea di confine che avrebbe inevitabilmente rotto qualcosa.
E trascorrere il primo vero Natale da quando Hermione era scomparsa in un clima gelido non era nei suoi piani.
“Come preferisci, Elthon. Non ne parleremo più. Ma sappi che sei nel torto più marcio.”
La porta si chiuse delicatamente, come solo Myra sapeva fare, ma nel silenzio del suo studio fu come se fosse esplosa una bomba.

Hermione aveva ascoltato tutto, nascosta dietro una colonna di marmo nero.
Il suo sguardo era fisso a terra e giocherellava con un piede.
Non è vero che il signor Malfoy non era cambiato. Lo era veramente.
Perché è stata lei a far sì che quel cambiamento avvenisse.
Si spostò dalla colonna alla quale era appoggiata e si diresse verso la sala da pranzo, fingendo che nulla fosse successo.

Come previsto, fu un pranzo chiacchierato, ma era evidente che qualcosa tra i due coniugi non andava. Hermione, che aveva assistito a tutto il discorso, ne conosceva il motivo, mentre Albert sembrava tranquillo.
Dopo pranzo i ragazzi salirono nelle proprie stanze a disfare i bauli.
Hermione era preoccupata. Non sapeva se dire a Elthon quello che riguardava Lucius Malfoy. Da quello che aveva sentito, e che mai avrebbe sospettato, loro due erano come Harry e Ron.
Un Mangiamorte e un Auror… da non credere.
Poi, però, pensò a lei e Draco e sorrise.
Quando anche l’ultimo maglione fu messo a posto, la ragazza andò al balcone. L’aria fredda l’aiutò a pensare.
Dal venerdì successivo, tutto sarebbe cambiato per lei. Avrebbe conosciuto volti nuovi e molti di quei volti l’avrebbero guardata diversamente.
Un po’ come aveva fatto Draco.
Si alzò il collo del maglione e si abbracciò. Preston Manor era una distesa bianca, immacolata e senza l’ombra di un’impronta che ne poteva intaccare la perfezione.
Voleva iniziare l’anno nel miglior modo possibile.
Rientrò, percependo un immediato sollievo nell’entrare a contatto con l’aria calda della sua camera. Andò alla scrivania e scrisse una pergamena all’unica persona che poteva aiutarla.









Una tazza di cioccolata le volò davanti agli occhi. Sorrise stranita e quando vide il mittente di quell’amore di bevanda, sorrise ancora di più.
“Grazie.”
Ah!, le coccole della mamma! Non ci avrebbe rinunciato nemmeno tra un milione di anni!
“Prego. Allora Ginny, come va?”
La rossa seppe che sua madre stava per iniziare uno di quei discorsi donna-donna. Un po’ li temeva ma un po’ la facevano stare meglio, perché anche se Molly Weasley non era una ragazza della sua età, la rossa sapeva che su sua madre avrebbe sempre potuto contare.
Proprio perché era la sua mamma. Unica e insostituibile.
“Bene. Ho migliorato i voti in Pozioni.” – disse.
E le era anche grata perché se non fosse stato per lei, Blaise non si sarebbe dimostrato il ragazzo splendido che in realtà era.
Molly sorrise felice. Solitamente, quando chiedeva a un professore che uno dei suoi figli si facesse aiutare per migliorare i voti in qualche materia in cui non propriamente eccellevano, si ritrovava a fare i conti con musi lunghi e insoddisfazioni croniche.
Ginny era il suo piccolo e ultimo capolavoro. Non l’aveva mai delusa una sola volta, dimostrandosi sempre all’altezza della situazione.
“Sono contenta. Chi ti ha assegnato Severus?”
“Blaise Zabini.”
Molly non si scandalizzò.
“Un Serpeverde, immagino.”
Ginny annuì e fece ridere la madre. Molly le tirò via i baffi di cioccolato, facendola arrossire.
“Sì. Hanno una specie di immunità con quel professore.” – sbuffò lei.
“Sono un po’ preoccupata per te, Ginny.” – fece Molly, più seria.
“Perché?” – chiese, evitando il suo sguardo.
“Sei troppo magra. Mangiavi regolarmente a scuola?”
La rossa annuì.
“Sì.” – evitò accuratamente di dirle che Harry le aveva fatto notare che aveva messo su un paio di chili. Non era un caso da Wizengamot, e comunque nemmeno si vedevano.
Però il ragazzo era riuscito a farglielo notare, arrivando a tristi risultati ben noti.
In quel momento, entrarono Harry e Ron dal giardino, con le scarpe infangate per via della neve pestata. Molly, che non sapeva ancora niente, li guardò sorridenti, lieta che il piccolo Harry avesse finalmente una vita felice. Si rattristì solo un po’ quando li vede salire le scale senza degnarla di uno sguardo.
Ginny andò su tutte le furie. Nessuno poteva permettersi di ignorare in quel modo sua madre, nessuno!
“Dove vai?” – chiese Molly, vedendo sua figlia alzarsi come un tornado.
“A dirgliene quattro.”
La donna le sorrise gentile.
“Ma dai, non fa niente…” – ma quando la donna vide il volto troppo serio della figlia, il suo cuore captò che doveva esserci dell’altro sotto.
“Non fa niente un corno!” – esclamò lei. Fece gli scalini due a due e mentre si avvicinava alla camera del fratello, dove ovviamente li avrebbe trovati, non riuscì a credere che il momento di cui aveva parlato a Blaise fosse già arrivato.
Aprì la porta e se la chiuse alle spalle, incuranti della loro parziale nudità.
“Ginny! Che diavolo!” – esclamò Ron, coprendosi il pube con il maglione.
Ginny lo guardò con compassione.
“Puoi anche scoprirti che tanto non hai niente da nascondere.”
Ron arrossì, mentre Harry capì che qualcosa non andava.
“Che ti prende, Ginny?” – chiese il moro.
“Mi prende che non mi piace che entriate in casa senza salutare mamma.” – sbottò lei.
Che strano… vedere Harry a torso nudo non le faceva più provare quelle farfalle nello stomaco che aveva sentito tempo addietro. L’immagine del torace diafano di Harry fu sostituito da uno decisamente più scuro.
E più tonico, a giudicare dagli addominali che aveva abbracciato in treno…
“E’ solo quello il problema?” – chiese Harry, buttando sul letto il suo maglione. Pensava peggio.
“A dire il vero…” – fece lei, bastardamente. – “… ci sarebbe dell’altro. Ti mollo, Harry.”
La Tana rischiò di venire rasa al suolo da un urlo apocalittico.









Hermione guardò il gufo allontanarsi con la sua lettera, sperando che la persona alla quale era indirizzata accontentasse quella sua richiesta. Aveva scritto che le serviva una risposta, e possibilmente un colloquio, entro quel venerdì. Chissà se l’avrebbe accontentata un’altra volta.
Poi, una volta di fronte a lui, gli avrebbe promesso che sarebbe stata l’ultima.
“Hermione, sei qui?”
La ragazza si girò di scatto e sorrise a Myra.
“Ciao.” – la salutò lei. – “Mi cercavi?”
“Sì. Volevo sapere se per le prove con la tua amica sei a posto.”
Cavoli! Quasi se n’era dimenticata!
“Ho già un’idea di quello che vorrei che indossasse, ma devo vederglielo addosso per vedere come sta.”
“E quando verrà a stare qui?”
“Verso martedì, nel tardo pomeriggio. Grazie per il tuo permesso.”
Myra le sorrise.
“Non devi ringraziarmi. È un avvenimento molto importante. Come ti senti?”
“Nervosa.” – disse lei.
“Anch’io mi sentivo così, quando è stato il mio momento.”
“Dove si è svolto?” – chiese lei.
Myra ne approfittò per scambiare quattro chiacchiere con la figlia.
“A casa mia, ovviamente. Tua nonna era così agitata che in quella settimana le spuntarono i primi capelli bianchi.”
La riccia rise. Sua nonna, è vero… li avrebbe conosciuti a breve. Chissà che tipi erano…
“E… e la tua Accompagnatrice chi era?”
“Credo tu la conosca. Fu Narcissa Black, la madre di Draco Malfoy.”
Hermione, inspiegabilmente, arrossì. Chissà se Narcissa era al corrente di ciò che era successo al marito, se sapeva che era stato merito suo se ora non si trovava ad Azkaban.
Ah!, aveva troppe questioni per la testa. Doveva risolverle una alla volta o sarebbe impazzita.
“Sì, la conosco. Di vista.” – precisò lei. – “Tu, invece? La conosci da tanto?”
“Sì. È stata la mia migliore amica a scuola. Siamo finite entrambe a Serpeverde, poi…” – il suo sorriso s’intristì. – “… hanno preso strade diverse dalla nostra.”
Hermione annuì. Adesso capiva anche da chi avesse preso la vena diplomatica…
“A chi hai mandato il gufo?”
Hermione parve confusa, ma poi capì e sgranò gli occhi.
“A… a Ginny!” – esclamò.
“E… ha un cognome questa Ginny?”
“Sì, si chiama Ginevra Molly Weasley.”
Myra sembrò lieta di quella notizia.
“Oh, che coincidenza! Ho mandato un invito anche a loro! Arthur è un vero mattacchione quando si tratta di aggeggi babbani!”
“Conosci anche loro?” – chiese, stavolta stupita.
“Certo!” – disse, come se fosse ovvio. – “All’epoca, oltre a Narcissa, lei era la mia migliore amica.”
La riccia strabuzzò gli occhi. Non ce la vedeva proprio Molly in mezzo a due Serpi come Myra e Narcissa. Non che lei fosse brutta e loro due bellezze divine, ma Molly aveva una bellezza particolare, che stava tutta dentro e che nessuno, se non Arthur, era stato in grado di cogliere.
“Da-davvero? Tu… tu eri amica di una Grifondoro?”
“Lo trovi strano?”
“Atipico.” – rispose lei, piatta.
“Oh, tesoro… all’epoca le cose erano molto diverse. Voldemort era solo una voce di corridoio infondata e sebbene tra Grifondoro e Serpeverde non corressero grandi amicizie, c’era molta più tolleranza. Poi i tempi sono cambiati.”
Cambiati?, pensò sconvolta la riccia dalla rivelazione. Stravolti, casomai!
“Tu che sei di Grifondoro non hai mai stretto amicizia con qualche Serpeverde, a parte Albert?”
“Ecco… a questo proposito…”
“Sì?”
“Stasera devo dirvi una cosa.”
“Cosa?”
Hermione esitò.
“Preferirei dirvelo a cena, quando ci saremo tutti. È un problema?”
“No, certo che no. Ti va una tazza di the?”
“Sì, volentieri, grazie.”
Le due uscirono dalla stanza e Hermione diede un’ultima occhiata al punto in cui il suo gufo era sparito.









“Hai capito bene.”
“Così? Da un giorno all’altro?” – fece Harry, mentre Ron boccheggiava.
“No, non è da un giorno all’altro.” – fece lei, stizzita. Ma come si permetteva di giudicare così volubili i suoi sentimenti? – “Sai benissimo che è praticamente da quando stiamo insieme che non facciamo altro che litigare. Non so te, ma io sono stanca, e poi…”
Lo sguardo di lei fece scattare un pensiero nella testa di Harry.
“Hai un altro?” – chiese lui, di getto.
“Sì, c’è un altro ragazzo, ma…”
“MI HAI TRADITO?” – sbottò Harry.
“Se mi facessi parlare, io…”
“No, non voglio sentire più niente! Come hai potuto? Io ti amo!”
E si rese conto quanto quelle parole non sortissero più il loro effetto.
“Mi dispiace, Harry. Ma io non ti amo più. Sì, c’è un altro, ma non ti ho mai tradito con lui.”
“E chi è? Voglio il suo nome!”
“Prima voglio che tu ti sbollisca, poi te lo dirò. Mi dispiace…” – uscì, sinceramente dispiaciuta per l’accaduto.
Quando Harry e Ron rimasero da soli, il rosso guardò l’amico.
“Non credo che tu possa fare tanto la parte dell’offeso, eh?”
Harry scrollò le spalle.
“Almeno siamo pari.” – disse solamente.









A cena, Hermione aveva chiesto la parola. Si diede della stupida quando la chiese, perchè aveva alzato la mano come se fosse ancora a scuola. I suoi genitori e Albert risero per quella deformazione professionale.
Imbarazzata, l’abbassò.
“Ecco… devo dirvi una cosa.” – guardò fugacemente suo fratello, che le fece l’occhiolino.
“Cosa?” – chiese Elthon.
“Io… ho cambiato casa.”
Myra ed Elthon si guardarono perplessi. Come sarebbe a dire che aveva cambiato casa? Lei viveva lì con loro e… quando compresero, la guardarono allibiti.
“Tu… cosa?” – chiese Myra. – “Perché? Dove sei andata?”
“Con me.” – rispose Albert, spaparanzato sulla sedia.
I coniugi Preston erano a dir poco allibiti. Dopo che Elthon era venuto a sapere che Hermione aveva frequentato Hogwarts, aveva preso ogni sorta di informazione su di lei sull’archivio presente a scuola. Aveva visto che la sua media era la più alta dell’istituto e che era una Grifondoro.
Quindi fu molto sorpreso nell’apprendere che aveva cambiato casa.
“Ma… perché? È forse successo qualcosa?”
“Avevo bisogno di cambiare.” – spiegò Hermione. – “A Grifondoro non riuscivo a sostenere i cambiamenti che stavo affrontando e così mi sembrò opportuno cambiare casa.”
“Sì, ma… perché a Serpeverde?” – chiese la donna.
Hermione sorrise ad Albert, che le restituì il sorriso.
“Per Albert.” – rispose lei. – “Se dovevo cambiare casa era meglio che ne scegliessi una dove poter contare su qualcuno. E Serpeverde era l’unica che rispondeva a questa descrizione.”
Piovvero domande a raffica e Hermione, pazientemente, rispose a tutti, continuando a mangiare tranquillamente.









Tutti, nessuno escluso, trascorsero un Natale felice.
Anche alla Tana. Harry sembrava aver accolto con fin troppa eleganza quello smacco, con grande sospetto di Ginny. Era troppo rilassato, troppo contento… qualcosa bolliva nel calderone, ma non avrebbe mai immaginato cosa.









Note di me:

Dunque. Si potrebbe quasi dire che questo è stato un capitolo di transizione.
Quasi, ho detto.
Anche se non succede nulla di eclatante *fa la modesta* qualcosa inizia a smuoversi, ma andiamo per ordine.

Candy.
Ritrovandosi a girovagare per il treno, Candy assiste al confronto tra Ginny e Blaise. E’ contenta per il moro, che finalmente è riuscito a superare il suo più grande blocco. Ha preferito non star lì a origliare con pop-corn e coca cola, ma dare ai due la giusta intimità per chiarirsi fino in fondo.
Nel sentirli risolvere i loro problemi, Candy non può fare a meno di pensare al suo: Jason.
Con cui casualmente si scontra.
Anche loro parlano e Candy inizia a capire perché Jason ha assunto certi atteggiamenti con lei.
Ovviamente, tali motivazioni verranno debitamente spiegate più avanti.
*callistas costringe il lettore a continuare a seguire la storia*

Ginny.
Ohhhhhhhhlllè! Arriviamo alla nostra cara pulzella.
Reazione carina, no? ^_^
Credere che Blaise abbia fumato un cannone solo perché le ha confessato di essere innamorato di lei. Mi sono divertita un sacco a scrivere questa scena, soprattutto quando Blaise apre il finestrino. ^__^
La scherzosità del momento (si dice così?) però viene sostituita dal “momento serietà! momento serietà! momento serietà!”. Ginny sente di non meritare Blaise per via del comportamento assunto con Hermione, sente di essere una persona orribile e non vuole correre il rischio che un giorno Blaise si svegli, accorgendosi di aver sbagliato a scegliere lei e di poter rimpiangere Candy. Spero di essere stata abbastanza chiara nell’esprimere questi concetti, chiari nella mia mente, ma di difficile stesura quando si è trattato di metterli nero su bianco.
Lascio a voi le ulteriori considerazioni…

Una volta a casa, Ginny ha un confronto con la mamma. Alzi la mano chi non ha paura quando si intuisce un clima diverso tra mamma e figlia.
*callistas alza la mano!*
Personalmente, io amo la mia mamma – mammella in intimità – la adoro, ma non riesco ad avere con lei il classico dialogo in cui le confido i miei problemi e lei mi da la soluzione, nemmeno fossimo in una pubblicità del Mulino Bianco. Eppure quando ho bisogno di lei, la mamma è sempre lì, pronta a indossare l’armatura e difendere la prole. Ogni tanto me la immagino imbalsamata in un’armatura di metallo con sopra l’elmo una piuma che svolazza e nella mano destra una lancia con il vessillo della guerra.
Sono cretina, vero?
Tranquille… era una domanda retorica. -.-

Finalmente il Miracolo è avvenuto.
E Miracolo con la “m” maiuscola. Ginny ha scaricato Harry con la scioltezza di chi non vedeva l’ora, anche se mentre saliva le scale non se ne rendeva ancora conto.
Un hip-hip urrà per Ginny!

Harry e Ron.
Mettiamo insieme Gianni e Pinotto per evitare di sprecare troppe parole.
Ron ha fatto un’obiezione giusta, l’unica in tutta la storia dall’inizio fino alla fine. E Harry gli da l’unica risposta che ci si può aspettare: così siamo pari.
Eccerto… aspetta che Ginny sappia cos’hai fatto, poi ne riparliamo.

Preston Manor e i suoi abitanti.
Qui si inizia a intravedere un pezzo della storia futura dai pensieri di Hermione quando sente Elthon parlare con Myra di Lucius Malfoy.
Cos’avrà mai fatto Hermione per Lucius da poter sostenere, senz’ombra di dubbio, che Lucius è veramente cambiato?
Lo scoprirete solo al Ballo delle Debuttanti anzi: della Debuttante, visto che c’è solo Hermione.

Elthon è furente con Lucius, nonostante la sua lettera gli abbia provocato un magone grande come Hogwarts. Myra cerca di rabbonirlo e fargli capire che se fosse stato veramente arrabbiato con il vecchio amico, lui non avrebbe mai concesso la sua presenza a quella festa.

Hermione manda un gufo.
A chi?
Sono aperte le scommesse.

Ma ora… spoilerino!

Elthon chiuse gli occhi.
E pianse.

Ops… che sarà successo da indurre il Capo degli Auror a piangere?
Mah… la prossima volta lo scoprirete.

Besitos!

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Capitolo 26
*** Verità Nascoste ***


26 - Verità Nascoste Vedo che l’aggiornamento di mattina è stato apprezzato, ma non fateci l’abitudine: avevo un impegno improrogabile all’ora in cui di solito posto, che mi dispiaceva lasciarvi marcire di curiosità fino a sera. Tra l’altro, l’ho fatto con il mio pc portatile sul lavoro, che se mi beccavano, potevo dire addio al mondo.
Guardate cosa mi fate fare!! >__<
Ma ne sono contenta. Mi avete fatto di quelle recensioni fantastiche e quindi grazie!

Dunque, in questo capitolo vedremo Hermione con una crisi di panico. Deve incontrare i suoi nonni, quelli di cui Albert le aveva accennato quel sabato quando lei era tornata a Hogwarts sulle rive del Lago Nero.
Non ci saranno grandi dialoghi o intoppi, semplicemente sarà una presentazione di Hermione ai genitori dei genitori (scusate il gioco di palabras!). Il tutto condito da un sano humour.
O almeno così mi piace pensare.

Prima di lasciarvi alla lettura, voglio dirvi che questo non è un capitolo qualsiasi, no.
Questo è IL capitolo, quello attorno al quale ho basato l’intera storia.
Lo dedico a tutte voi, che morivate dalla curiosità di scoprire a chi Hermione aveva mandato il gufo, ma ad una persona in particolare.
Barbarak.
A fine capitolo spiegherò il perché, anche se la diretta interessata lo potrà capire da sola.









VERITA’ NASCOSTE
VERITA’ NASCOSTE

A Barbarak,
la mia perversione ti sta rovinando quella
mente brillante che ti ritrovi…
sigh!

A Preston Manor, invece, Hermione era una corda di violino. Per l’occasione, avrebbe conosciuto i suoi nonni, sia materni sia paterni. Non sapeva proprio che tipi aspettarsi. Dopo quella breve spiegazione in riva al Lago Nero di Albert, Hermione non aveva saputo più niente che li riguardasse, anche perché aveva dovuto far fronte a una serie di situazioni decisamente più scomode e complesse che non aveva avuto un solo minuto libero per dedicarsi alla sua famiglia.

Era in camera sua e stava cercando di rendersi presentabile, quando entrò suo fratello.
“Ehi, sei pronta?”
Hermione si girò di scatto.
“Cosa? E’ già ora?” – chiese terrorizzata.
“No, manca ancora un’ora all’arrivo dei nonni.”
La riccia sospirò di sollievo.
“Sei nervosa?” – chiese Albert, sedendosi sul suo letto.
“Un po’… e se non gli piaccio?”
“Sì, come no…” – ironizzò Albert. Il ragazzo si alzò e andò dalla sorella e le andò dietro, mettendole le mani sulle spalle e il mento sul capo. – “Ti abbiamo cercata così tanto.”
Hermione sospirò, guardando il fratello riflesso nello specchio.
“I nonni erano disperati quasi quanto mamma. Non puoi non piacergli!”
“Sarà, ma ho paura…”
“Di cosa?”
Hermione scrollò le spalle.
“Non lo so. Ho paura e basta.”
Albert l’abbracciò.
“Io aspetterei di conoscerli prima di dare giudizi affrettati…”
“Sì, forse hai ragione.” – disse la ragazza.
“Togli pure il forse.” – fece lui, modesto.
Hermione rise, fin quando non giunse l’ora di uscire da quella camera e tirare fuori le metaforiche palle.

Scendere quelle scale per andare a conoscere i suoi nonni non fu mai così difficile come in quel momento. Sentiva i piedi ancorati a terra e faticava a mettere un piede davanti all’altro. Si era fermata un paio di volte, chinandosi sulle ginocchia e respirando, sotto lo sguardo divertito di Albert.
Ma lui l’aveva sempre aspettata.




“Vedrai mamma! È perfetta!”
Myra non stava più nella pelle. Era così ansiosa che Hermione si presentasse che era molto tentata di correre e trascinarla giù per i capelli.
Eloise ed Elaine, rispettive madri di Myra ed Elthon erano forse più in agitazione di lei. Finalmente avrebbero riabbracciato la loro nipotina e se non fosse per il fatto che quella donna era già ad Azkaban circondata da Dissennatori – che in questo caso le facevano da guardie del corpo e non da carcerieri – avrebbero provveduto loro stesse a infliggerle la giusta punizione per quel torto.
Continuarono a chiacchierare mentre ai piani alti, qualcuno stava avendo una crisi di panico.




“Oh Merlino! Ma ti pare possibile?” – si chiese Albert, mentre Hermione si era accucciata dietro una colonna e sembrava non voler più proseguire. – “Hermione, ti alzi?”
La riccia scosse il capo, con gli occhi spalancati. Se si fosse vista dall’esterno, avrebbe giurato che quella codarda non fosse lei!
Albert, scuotendo la testa, si diresse da lei e cercò di capire cosa potesse mai spaventare la temeraria Hermione in quel modo. Si sedette accanto a lei per terra.
“Mi dici cos’hai da aver paura?”
“Albert, ti prego…” – tremava, per fino.
“Guarda che stai andando a conoscere i tuoi nonni, mica a limonare con un Dissennatore!”
Paradossalmente, lo avrebbe preferito. E se non fosse stata abbastanza bene educata? Se avesse fatto qualche gaffe? Se avesse fatto una battuta che nessuno avrebbe capito? Se…
“Hermione, ti fuma il cervello.” – ironizzò il fratello.
“Voglio tornare indietro…”
“Non te lo permetterei. Tu adesso scendi e vieni a conoscere i nonni!”
Hermione lo guardò, spaventata e Albert s’intenerì.
“Dai, fuori il rospo. Cosa c’è?”
“Non… non conosco…”
“Cosa? Cosa non conosci?” – chiese lui, perplesso.
“… il… il galateo…”
Albert credette di aver capito male e quando sentì Hermione partire in quinta con una filippica su quale coltello andava usato per il pesce, quale per la carne, se si cominciava dall’interno o dall’esterno e se il flute era solo per lo champagne, il ragazzo dovette fare violenza su se stesso per non riderle in faccia e chiedersi se sua sorella non fosse uscita dall’uovo di Pasqua.
Alla fine non resistette e le rise in faccia, mentre lei lo guardava con gli occhi a pluffa.
“Perché diavolo stai ridendo?”
“Tu… tu…” – non riusciva a smettere di ridere, mentre Hermione era sul punto di piantargli la bacchetta tra gli occhi. – “Ok, ok… scusa… oh Merlino!” – disse, prendendo un bel respiro per calmarsi. – “Prima di sparare tutte queste cretinate, puoi scendere e venire a conoscerli?”
Hermione sembrò rifletterci su. Effettivamente…
“No.” – disse lei, decisa.
“Hermione, dai… sei esagerata. Cazzo, hai affrontato Tu-Sai-Chi e hai paura di quattro vecchietti?”
Si sentì così stupida, dopo che suo fratello le aveva detto quella frase. Merlino santo, era vero! Lei aveva combattuto contro Voldemort!
A fatica, si alzò in piedi e il fratello la seguì. Le prese  la mano, per tranquillizzarla.
Lei, gliela stritolò.




“Oh, eccola finalmente!”
Sei paia d’occhi si puntarono come fanali su di lei che si sentì un tantino sotto osservazione. La presa sulla mano di Albert aumentò a dismisura. Il ragazzo dovette reprimere un latrato a fatica.
Man mano che scendeva, Hermione studiò i nuovi arrivati. Beh, avevano delle facce simpatiche.
Pregò gli dei che non fosse solo un’impressione.

“Mamma, papà…” – disse Myra, andando dietro a Hermione e mettendo le mani sulle sue spalle. – “Lei è Hermione. Hermione, loro sono…”
“Sì, so chi sono.” – la interruppe la ragazza, emozionata. – “Albert me ne ha parlato.”
I quattro guardarono Hermione con un sorriso.
“Ciao tesoro…” – disse una bella donna. Era anziana, ma questo dato di fatto era irrilevante. Era bellissima e solare. – “Io sono Eloise e lui è mio marito Percival.”
“Ciao Hermione.” – lo salutò l’uomo.
La ragazza sentì gli occhi bruciare.
“Io sono Elaine e lui è Alphred.”
Elaine si presentò, inizialmente, con una stretta di mano, per poi abbracciare la nipote.
L’aria era carica di emozione, nessuno fiatava e tutti avevano il cuore in gola.
“Ciao Hermione!”
La ragazza si girò di scatto verso l’unico uomo a cui non aveva ancora stretto la mano.
Alphred, invece, fu un altro paio di maniche.
Era più vecchio di Elaine di venticinque anni. All’epoca, il loro matrimonio diede scandalo, perché si pensò che Elaine fosse rimasta incinta fuori dal matrimonio e che per ovviare a quella scomoda situazione, i suoi genitori l’avessero fatta sposare per “riparare al danno”. Invece, con sommo stupore di tutta la comunità, Elaine non era incinta, semplicemente si era innamorata di una persona più grande di lei e questa ricambiava.
E nonostante nonno Alphred avesse avuto la bellezza di novantacinque anni, sembrava, dall’atteggiamento perennemente gioviale, che ne avesse solo settanta.
Ciò fece sorridere Hermione.
“Sono proprio felice che sei tornata a casa! Non dovevi scappare in quel modo, sai?” – disse lo sdentato vecchietto.
Calò un silenzio innaturale. Hermione, spaesata, guardò sua madre e suo padre, invocando aiuto, ma vide i due scuotere la testa, rassegnati.
“Demenza senile.” – sussurrò Albert al suo orecchio. – “Ha i suoi momenti buoni, ma ci sono anche quelli no. Sopporta stoicamente come faccio io.”
La riccia sorrise e annuì.
“Allora? Perché sei scappata?” – insistette il nonno, curioso.
“E assecondalo.” – ventriloquò il giovane Preston.
“Ecco, io…”
“Papà, vuoi un bicchiere di Brandy?” – intervenne Elthon, a favore di Hermione, che sospirò sollevata.
“Brandy? Figliolo, tu si che mi conosci! Non come quella sciagurata di tua madre!”
Elaine alzò gli occhi al cielo, ma non si arrabbiò, non si arrabbiava mai con suo marito. E anche se lei aveva i suoi bei settant’anni, l’amore che provava per lui non era mutato di una sola virgola.
“Alphred, smettila! Il dottore dice che non…”
“Ha! Figurati che mi faccio mettere sotto da un dottore, io!” – disse, agitando il bastone da passeggio come una clava.
Hermione rise, perché suo nonno era proprio simpatico. Già sentiva di volergli bene.
“Sì, certo…” – lo assecondo Elaine.
“Vogliamo accomodarci a tavola?” – propose Myra.

L’attimo successivo, erano a tavola, mentre gli elfi servivano il pranzo. Chiacchierarono a lungo su Hermione, sulla sua situazione scolastica, su come Hogwarts fosse cambiata dai loro tempi e di tutte quelle cose che la facevano coinvolgere nei discorsi, pur di sentire la sua voce.
Myra traboccava di felicità, scambiandosi di tanto in tanto qualche occhiata con il marito che, a stento, tratteneva la sua.
Fu una bellissima giornata, ma anche quella passò e gli ospiti dovettero accomiatarsi.
“Grazie del pranzo, Myra.” – fece Elaine.
“Grazie a voi. Conto di farne più spesso pranzi così.”
Hermione sbiancò e si toccò la pancia. Con tutto quello che aveva mangiato quel giorno, s’immaginò già una mongolfiera nel giro di pochi mesi.
Si salutarono e poi ognuno nella propria camera per riposarsi.









Il Natale passò e arrivò anche il giorno in cui Ginny dovette trasferirsi da Hermione per aiutarla con i preparativi.
E con se stessa.

La portò in giro per i migliori negozi di alta sartoria, lasciando l’amica con la bocca aperta ogni volta che Hermione rifiutava un abito i cui zeri erano pari alle dita delle sue mani e le cui stoffe erano le più preziose che avesse mai potuto anche solamente sognare.
Provarono giorno dopo giorno ogni sorta di abito, corto, mezzo lungo e lungo, optando per un abito tradizionale fino alle caviglie.
Il vestito che aveva immaginato non rendeva giustizia sul corpo dell’amica. Più in carne dopo aver trascorso pochi giorni alla Tana, il vestito era riempito nei punti giusti.
Era aranciato cangiante e stava benissimo con i suoi capelli. Lo abbinò con sandali argento e una parure di gioielli che la ragazza avrebbe dovuto fare un’assicurazione sulla vita in caso di smarrimento.
Mercoledì, mentre Ginny era impegnata a parlare con Myra e Albert dei suoi genitori, Hermione ricevette la risposta che tanto attendeva. Si allontanò con una scusa, lasciando i tre parlare fitti fitti.
Uscì nel patio e lesse la missiva.
Fu lieta di costatare che per la seconda volta le aveva concesso di agire come meglio credeva e si ripromise che una volta parlatogli a quattr’occhi, sarebbe stata anche l’ultima.
Il neo della questione è che l’incontro fu programmato per venerdì alle 17.00
Il giorno del suo debutto.









Quel venerdì mattina, il giorno del suo esordio, Myra sembrava impazzita. Impartiva ordini contraddittori agli elfi, mandandoli in confusione più di quanto non fossero già. Albert e Elthon si erano offerti di aiutarla, ma era una cosa che doveva organizzare la padrona di casa.
Hermione, invece, era in camera sua agitata per ciò che avrebbe dovuto fare.
A pranzo mangiò pochissimo e i commensali credettero che fosse per lo stress di quella sera.




Quando la casa iniziò a essere abitata, Hermione decise che era il momento.
“Hermione, sei pronta?”
La riccia si girò di scatto. Ma come? Era già ora? Ma se erano solo le cinque meno dieci?!
“Adesso?” – chiese lei, infatti.
“Sì.” – fece Myra.
Hermione imprecò tra i denti. Cavolo, doveva andare via!
“Io… ecco, io… non sono pronta.” – inventò lei sul momento. – “E poi ho un terribile mal di testa e non voglio che mi rovini la serata. È un problema se scendo direttamente stasera?”
“Ma certo che no.” – fece Myra, contenta che Hermione sentisse quella festa come importante. – “Allora riposati, mi raccomando.”
Hermione annuì sollevata.
“Grazie. Stasera mi scuserò personalmente con loro per il ritardo.”
“Non ti preoccupare. Buon riposo.”
Quando la porta si chiuse, Hermione capì che non poteva più aspettare. Girò su se stessa e si smaterializzò.









“Grazie per avermi ricevuta con così poco preavviso.” – fece Hermione, stringendogli la mano.
“Tutto, per la mente brillante del trio.”
Hermione sorrise, ricordando quanto quei giorni fossero ormai distanti.
“Ti prego, siediti.”
Hermione obbedì.
“Mi ha molto sorpreso la tua lettera, Hermione. Stasera c’è un ricevimento in tuo onore o te lo sei dimenticato?”
“Impossibile, con Myra nei paraggi.” – scherzò lei.
L’uomo sogghignò.
“Vero. Hermione…” – si fece serio. – “… quello che mi chiedi è rischioso, lo sai?”
“Anche quello che ti ho chiesto per il signor Malfoy lo era, ma sembra che si sia risolto tutto per il meglio, o sbaglio?”
L’uomo si massaggiò il mento, perplesso.
“Non posso lasciarti da sola…”
“Non mi farà del male.”
“Tuo padre lo sa?”
“No.”
L’uomo si mosse a disagio sulla sedia. Questo cambiava le cose, però.
“Mi avevi detto che gliene avresti parlato!” – sbottò l’uomo.
“Lo so e mi dispiace.” – rispose lei, contrita. – “Ho fatto in modo che non lo venisse a sapere. Il loro unico desiderio è che io mi dimentichi di quella donna e sono sincera: lo voglio anch’io. Ma per farlo, devo parlare con lei. Da sola.”
“Se tuo padre lo venisse a sapere…”
“… sarà mia premura assumermi ogni responsabilità. Ti prego… è l’ultima volta che ti chiedo un favore di questa portata.”
L’uomo, vista la decisione della ragazza e il suo contributo alla fine della guerra, annuì.
“E sia.”
Hermione sorrise.
“Ma lascerò una guardia fuori dalla porta. Non voglio rischiare inutilmente.”
“Grazie! Grazie davvero!”
“Andiamo.”
Kingsley Shacklebolt, Primo Ministro della Londra Magica, prese Hermione per mano e la smaterializzò ad Azkaban.
Da Jean.




Myra aveva detto a Elthon che Hermione non si sentiva bene. Effettivamente, la ragazza era sempre strana negli ultimi giorni. Era nervosa e scattava come una molla per un nonnulla. La beccava a sorvegliare il cielo a qualsiasi ora del giorno e immaginò che aspettasse posta da qualcuno.
Prima di andare a prepararsi per la cerimonia, Elthon passò dallo studio per metterlo in ordine. Sicuramente, in tarda serata si sarebbe appartato lì con alcune persone per parlare di politica e affari. Gli alcolici erano nel loro mobiletto, le poltrone adeguatamente sistemate e una lettera sulla scrivania.
“Una lettera?” – si chiese, entrando nella stanza.
Quando vide che il sigillo era dell’ufficio di Kingsley l’aprì di fretta, temendo una sommossa, ma il suo contenuto fu ben peggio di una rivolta ad Azkaban.
Prese della Metropolvere e la gettò con ferocia nel caminetto.
“Ministero della Magia!”




“Eccoci arrivati, Hermione. Io devo andare, adesso. Ti prego, fa attenzione.”
“Nemmeno in mille vite mi sdebiterò con te Kingsley, grazie.”
L’uomo sospirò. Non era ancora convinto di quello che stava facendo, ma gli occhi supplici di una ragazza che si era vista smembrare la famiglia in quel modo ebbero il sopravvento sul suo cuore di padre.
“Ci vediamo stasera, allora.” – fece l’uomo, cercando di sdrammatizzata.
“Guarda che se non ti vedo vengo a cercarti.” – rispose lei, ma con le gambe molli.
L’attimo successivo, al posto di Kingsley, ci fu solo il vuoto.
Hermione guardò la porta della stessa cella in cui era stata la prima volta in cui Jean aveva ammesso/non ammesso la verità.
L’aprì e la donna seduta al tavolo intenta a giocherellare con le dita, si alzò di scatto.
“Hermione!”
“Mamma.”




“DOV’E’?”
Vedere Elthon Preston furente come in quel momento fece ringraziare ogni presente all’ufficio del Ministero di non essere il destinatario di tale furia.
“DOV’E’ IL PRIMO MINISTRO?”
“N-nel suo… studio…” – azzardò un impiegato, aggiustandosi gli occhiali sul volto.
Con il fuoco negli occhi, Elthon fece marcia indietro e tornò nella direzione da cui era venuto, facendo una leggera virata. Spalancò la porta con un calcio, lasciando inebetiti i passanti, che scapparono a una sua occhiataccia. L’ufficio era vuoto e si preparò per fare una carneficina per quell’informazione sbagliata, quando un familiare bop gli fece capire che l’uomo era appena apparso nella stanza.




“Hermione, come sono felice di vederti!” – Jean fece per andarle incontro, ma Hermione si scansò. – “Hermione?”
Era sicura di quello che stava per fare, non aveva nessun dubbio. Posò con cura la borsetta di Witch-Witch sul tavolo, in bella mostra.
Jean osservò quell’accessorio. La pelle doveva essere autentica e dalle cuciture fatte a mano, doveva essere costata una fortuna.
“Sei venuta per sbattermi in faccia la tua ricchezza?” – chiese la donna, neutra.
Hermione non rispose subito. Scostò con eleganza la sedia e vi si sedette sopra, accavallando elegantemente le gambe. La donna rimase stupita da tutta quella compostezza. La sua Hermione non avrebbe mai badato a simili stupidate.
“Mi rispondi?” – fece lei.
Hermione controllò di non avere peli sulla giacca che aveva indossato e finalmente si decise a guardare la donna in faccia.
Seguì un lungo attimo di silenzio.
“Sei cambiata.” – osservò la prigioniera.
“E tu non hai più piaghe in bocca.” – osservò la ragazza.
In quel momento non riuscì a trovare più niente in comune con quella donna, era quasi infastidita dalla sua presenza, ma se voleva ricominciare tutto d’accapo, se voleva vivere la sua vita secondo le proprie regole, doveva imporsi calma e affrontare il passato una volta per tutte.
L’aveva promesso a Draco.
Istintivamente, Jeans si toccò la bocca.
“Mi hanno medicata.”
“Ancora bugie?” – chiese lei. – “Le piaghe da Veritaserum possono guarire solo ed esclusivamente dicendo la verità. Se l’hai detta a qualcuno o l’hai ammessa da sola nella tua squallida cella non ha importanza. Quello che conta per me, adesso, è sapere perché.”




“Come mai qui, Elthon? Non hai un ricevimento a cui assistere?” – chiese il Primo Ministro, cercando di rimanere il più calmo possibile.
Elthon sembrava Remus Lupin quando si trasformava in un licantropo. Gli mancavano solo la bava alla bocca e il pelo, ma la ferocia era pressoché identica.
“Non giocare con me, Kingsley! Perché l’hai portata laggiù?”
“Non so di cosa…” – si ritrovò sospeso nell’aria.
Kingsley si dimenò tra le braccia di Elthon, che lo reggevano a qualche centimetro da terra.
“La-lasciami… aiu-to…”
Prima di commettere qualche pazzia, l’uomo lo lasciò, facendolo crollare a terra.
“Sei forze impazzito?” – urlò l’aggredito, guardandolo malissimo.
Elthon si girò di scatto e il Primo Ministro si pentì di aver aperto bocca.
“IO? IO SAREI IMPAZZITO? PORTI MIA FIGLIA AD AZKABAN SENZA IL MIO CONSENSO E IO SAREI IMPAZZITO?”
L’uomo sgranò gli occhi.
“Co-come lo sai? È stata un corrispondenza privata!”
“Copia della posta che arriva a casa da questo ufficio viene automaticamente depositata nel mio ufficio.”
Il Primo Ministro si diede mentalmente dello stupido per non esserselo ricordato prima.
“Perché, King?” – era deluso. – “Perché alle mie spalle?”
Kingsley si rimise in piedi, appoggiandosi al tavolo della scrivania. A quel punto, mentire o tergiversare, sarebbe stato del tutto inutile. Si aggiustò la cravatta e assunse una postura più ritta. Si schiarì la voce e si preparò a spiegare il motivo che l’aveva indotto a concedere una simile occasione a Hermione.
“Me lo ha chiesto Hermione.”
“Dovevi dirle di no! O avvisarmi!”
“Per impedirle di farlo, immagino.”
“Ma certo! Non voglio che veda più quella donna!”
“Non puoi impedire a una persona come Hermione Granger di fare ciò che si sente di fare. L’ho capito a mie spese.”
Elthon era furioso.
“PRESTON, MALEDIZIONE! LEI E’ MIA FIGLIA!” – poi, si bloccò. – “Come sarebbe a dire che l’hai capito a tue spese.”
Ma l’uomo sembrava intenzionato a non scucire un’informazione di più.
“Non spetta a me dirti questo.”
“Così come non spettava a te consentire o meno a quell’incontro! C’è almeno qualcuno con lei a proteggerla?”
“No. Ha voluto andare da sola.”
Elthon si sentì in grado di uccidere.




“Perché cosa, Hermione?” – giocò Jean.
Sapeva cosa stava facendo. Jean era molto brava in questo, ma non sapeva che quella che aveva davanti non era più Hermione Granger, la ragazzina ligia alle regole che non disobbediva mai, una Grifondoro fino nel midollo. Quella che aveva davanti era Hermione Preston, una Serpeverde fino al midollo.
“Ti piace fare domande stupide?” – la vide contrarre la mascella, indispettita. – “Va bene. Voglio sapere perché mi hai rapita. Che tu non potessi avere figli si sapeva…” – frecciò lei, lasciandola fastidiosamente sorpresa. – “… e ringrazio Merlino di questo.” – le fece l’occhiolino. – “Altrimenti non so in che razza di famiglia sarebbe potuto crescere.”
“Ti contraddici da sola, tesoro.” – ammiccò lei. – “Tu sei cresciuta con noi.”
“E avrei dovuto?” – ribatté lei, prontamente.
“Sei cresciuta male? Ti abbiamo forse dato insegnamenti sbagliati?”
“No. Così come non me ne avrebbero dati Myra e Elthon.”
Jean ghignò.
“Non riesci proprio a chiamarli mamma e papà, vero?”
Hermione tacque.
“Lo immaginavo. Tu consideri me e Scott ancora come i tuoi veri genitori. Finora hai solo usato belle parole, ma da qui a metterci i fatti, credo che passerà ancora molto tempo.”
Hermione guardò l’orologio. Erano le cinque e mezzo. Aveva ancora tempo.
“Ma non perdiamoci in chiacchiere inutili…” – fece Jean, non dandole tempo di ribattere. Era una tortura psicologica molto valida. – “… mi hai chiesto perché. Ebbene…”
Hermione era con il fiato bloccato in gola. Finalmente avrebbe saputo perché lo aveva fatto.
“… non sopportavo quell’aura di beatitudine che tua madre aveva in faccia ogni volta che entrava al San Mungo.”




“Signore, ho ordine dal Primo Ministro in persona di non far passare nessuno.” – fece la guardia, a disagio.
“Fammi passare o giuro che questo sarà il tuo ultimo giorno di lavoro!”
“Signore, non posso. Sono davvero spiacente. La signorina sta…”
“E’ MIA FIGLIA! DEVO ESSERE CON LEI!”
La guardia era una specie di direttore del carcere, chiamata appositamente per presiedere a quell’incontro e garantire la sicurezza sia del prigioniero sia dell’ospite.
Forse sarebbe stato licenziato, ma in quanto padre poteva comprendere lo stato d’animo del suo superiore. Aveva ritrovato sua figlia dopo diciassette anni e saperla nella stessa stanza di colei che l’aveva rapita, doveva essere stato un colpo troppo duro da sopportare.
“Signore, non posso farla entrare nella stanza…”
“IO DEVO…”
“… ma posso farla assistere al colloquio da una stanza di sicurezza. La signorina Preston non vedrà lei, ma lei potrà vedere cosa succede. Mi segua.”
Non era proprio quello che avrebbe voluto, ma almeno poteva intervenire se qualcosa fosse accaduto lì dentro. Seguì la guardia che lo scortò in una stanzetta piccola, dotata di una parete che gli permise di osservare quell’interrogatorio. Se Hermione si fosse girata dalla sua parte, avrebbe visto solo un muro di mattoni.




“Jean, sono felice! Jean, non vedo l’ora che nascano! Jean, Jean, Jean!” – fece la donna, imitando la felicità di Myra. – “Insopportabile. Così, mi sono presa un po’ della sua felicità, in fondo… me la meritavo, no?”
I suoi occhi erano identici a quelli di Bellatrix Lestrange.
“Con tutto quello che ho dovuto fare per seguirla nella gravidanza…” – disse, come se fosse stata costretta, come se rapire una bambina fosse stato il giusto prezzo da pagare per aver dovuto seguire Myra Sinclaire in Preston durante la gravidanza.
Hermione non si scompose. Rimase ferma nella stessa posizione ad ascoltarla attentamente.
“Fu bellissimo portarti a casa, quel giorno.”
Hermione ebbe un fremito di disgusto.
E anche Elthon.
Di nuovo, generalità.
“Appena varcata la soglia di casa, sorridesti. Era il segno che aspettavo.” – era sognante.
“Una domanda.” – fece Hermione, alzando la mano, come se stesse per porgerla a un suo insegnante. – “Come hai fatto con le pratiche burocratiche? Sai, l’iter, quelle cose lì…”
Jean la guardò con lo sguardo di chi aveva appena fatto una domanda idiota e Hermione s’infastidì parecchio.
“Essendo un’infermiera, ho fatto tutto da sola. Ho prodotto gli incartamenti necessari, li ho fatti firmare e poi ti ho adottata.”
“Rapita, vorrai dire. Usa i termini corretti.”
La donna mosse la mano, come per scacciare un insetto molesto.
“Tu eri destinata a stare con me, Hermione.” – si avvicinò e s’inginocchiò davanti a lei, prendendo le mani della ragazza nelle sue. – “Ehi!, ti ricordi la prima volta che mi hai detto che mi volevi bene? Oh, eri così tenera…”




Elthon si ritrovò a scivolare a terra, a cadere sempre più in basso, lungo la parete di vetro che gli consentiva di vedere l’ennesimo scempio che quella donna – e per Merlino, perché?!? – e Hermione stavano facendo della sua vita.
Il cuore minacciava di uscirgli dal petto.
Seduto con la schiena appoggiata al vetro, Elthon Preston sembrava una bambola rotta. Aveva lo sguardo dirottato a terra, gli occhi spalancati e venati di rosso.
La guardia, Jack Pierson, dovette uscire. A certi spettacoli preferiva non assistere.
Elthon riusciva a vedere solo la crepa della mattonella e sentire i discorsi di quella pazza. Perché Hermione era andata da lei? Perché non glielo aveva detto? Possibile che per lei, lui e Myra non contassero ancora niente?
Il capo pesava quanto un macigno.




“… hai allungato le braccia e mi hai detto “Mamma, ti voglio tanto bene!” No, Hermione. Tu eri stata destinata a me. Io dovevo essere tua madre e lo sono stata. Non sono forse stata una brava genitrice?” – le chiese, chiedendole quasi una conferma. – “Ti ho insegnato la via della giustizia e della verità, non puoi negarlo. Myra e Elthon non avrebbero saputo educarti come ho fatto io. Troppo ricchi, troppo superficiali… troppo perfetti. Ti avrebbero solo rovinata.”




Mai Elthon si sentì privo di forze come in quel momento. Nemmeno quando passava le notti a non dormire per cercare la figlia si era sentito così fiacco.
Aveva smesso di piangere molti anni fa, quando le ricerche stavano iniziando ad essere infruttuose. Si era detto che gli servivano tutte le energie possibili e sprecarle piangendo non sarebbe stato di certo di alcun aiuto. Così, aveva ingoiato rospi interi pur di non cedere alle lacrime di frustrazione per non essere in grado di trovare il suo tesoro prezioso, ma in quel preciso istante, sentì che tutto il dolore, l’amarezza e la spossatezza di quegli anni si stavano facendo sentire tutti insieme.
E forse, non sarebbe stato così forte da trattenerli ancora.




“Eppure loro dicono di avermi cercata da sempre.” – disse Hermione, con la faccia di chi stava per credere di nuovo a quelle bugie.
Jean, soddisfatta, le sorrise.
“Chiediti una cosa, tesoro… quando si cerca veramente qualcosa o qualcuno, si fa di tutto per trovarla e se il desiderio di riuscirci è più forte di qualsiasi ostacolo, allora si verrà premiati, riuscendo nell’impresa. Non è forse quello che ti ho sempre insegnato? Sì, ti hanno cercata… ma non ti hanno trovata perché forse non volevano trovarti veramente.”




Elthon chiuse gli occhi.
E pianse.




“So che è dura per te da accettare, ma alla fine ho avuto ragione io. Non ti volevano veramente bene come te ne ho voluto io. Come te ne voglio io.”
Hermione alzò gli occhi al cielo, in una muta richiesta di aiuto.
Poi, lasciando tutti decisamente perplessi, scoppiò a ridere. Si alzò in piedi e si spolverò la gonna.
“La cosa che mi riesce difficile accettare, è di aver sprecato diciassette anni di vita con te.”




I singhiozzi avevano coperto di poco le parole di sua figlia. Aveva visto passare tutta la sua vita davanti agli occhi: la felicità di Myra nell’annunciargli la gravidanza, lo sgomento nell’apprendere che erano due gemelli, l’euforia di Elthon che usciva alle ore più improponibili della notte per soddisfare le voglie astruse della moglie, aveva sentito un pugno allo stomaco quando sua moglie gli aveva detto che si erano rotte le acque e lui – che diavolo gli era passato per la testa in quel momento non lo seppe dire – che gli aveva risposto “Chiudi i rubinetti”. Aveva sentito il ghiaccio nelle vene quando aveva capito di che acque si trattasse, la smaterializzazione al San Mungo, il parto, la felicità e poi l’angoscia.
Un’angoscia durata la bellezza di diciassette anni.
A tutto questo stava pensando Elthon Preston quando sentì qualcuno ridere all’interno della stanza.
E quel qualcuno era sua figlia.
Fu come se una forza invisibile avesse sollevato Elthon di peso e lo avesse letteralmente smaltato contro la parete. Cosa stava accadendo?




“Hermione?” – la chiamò lei, stranita.
“Via della giustizia?” – la canzonò lei. – “Via della verità? Menzogne e solo menzogne, ecco cosa mi hai insegnato! Se davvero fossi stata destinata a te, perché non sono cresciuta dentro di te? Qualcuno forse si è reso conto che non avrebbe fatto un bell’affare nel concederti un utero fertile?” – vedendo la sua sorpresa, Hermione continuò, sicura di sé. Prese la sua borsetta, e con un gesto deciso l’aprì, estraendo un foglietto. – “Preston Manor…” – si girò verso Jean, che aveva un sorriso soddisfatto sulle labbra. – “… scusa, volevo dire, casa mia…” – si corresse, godendo della faccia della donna, che da soddisfatta passò a infastidita. – “… è dotata di un’immensa libreria, praticamente il mio sogno.” – snocciolò lei, come se il fulcro della questione fosse la biblioteca e non quello che vi avesse trovato all’interno. – “Così, ho letto un po’ di libri e ho trovato questo.” – le mostrò un rotolo di pergamena. Lo srotolò e iniziò a leggere la parte che aveva ricopiato dai testi che aveva trovato e che facevano al caso suo. – “Incanto Illusio.” – iniziò.
Stranamente, Jean iniziò a sudare freddo.
“Consente a chi lo evoca di creare una forte barriera di protezione attorno alla propria persona e attorno ad altre, se necessario.” – si fermò e guardò Jean, sorridendole con fare ammiccante. – “E tu ne avevi bisogno.” – sentenziò. Poi riprese a leggere. – “E’ un incantesimo di magia oscura molto potente, che necessita di una grande forza di volontà e…” – la guardò dritta negli occhi e lesse il terrore nei suoi occhi, benché non lo palesasse. – “… la sottomissione volontaria a un potere oscuro.” – piegò il foglietto e lo ripose accuratamente nella borsetta.
Era a dir poco furente.
Con se stessa.
“Mostrami le braccia, Jean.” – ordinò Hermione.
La donna obbedì, sollevando le maniche del maglione.




Elthon seguì quel dialogo come un affamato.
Aveva scartato quell’incantesimo perché aveva dato per scontato che Jean non avesse i contatti necessari per evocare una simile magia.
Come aveva potuto essere stato così stupido e sprovveduto? Così superficiale?
Che razza di Auror era?




Con un fluido movimento, Hermione sfilò la bacchetta dai capelli e la puntò contro le braccia di Jean.
“Marca Revelio!”
Troppo tardi. Jean non fece in tempo a sottrarsi all’incantesimo, che ne venne investita in pieno.
Hermione non seppe dirsi se essere soddisfatta o nauseata dal fatto che la donna che si era spacciata per sua madre non era nient’altro che una schifosa Mangiamorte.
Il Marchio Nero iniziò a prendere lentamente forma sul suo avambraccio sinistro, lasciando Hermione impassibile e Elthon decisamente sconvolto. Lui, Capo degli Auror, con anni di servizio sulle spalle aveva appena avuto la dimostrazione che vecchiaia non era sinonimo di saggezza e conoscenza.
Una ragazza di diciassette anni, sua figlia!, aveva scoperto ciò che lui in tutto quel tempo non era riuscito a fare.
Jean si guardò il marchio e schioccò la lingua sul palato.
“L’avevo detto che eri fin troppo intelligente… bene. Ora che sai chi sono, cosa intendi fare? Uccidermi?”
Hermione la guardò e sorrise con aria di scherno.
“Ucciderti e facilitarti il compito? Oh, no… non è nella mia natura. Non più, almeno.” – disse, con un sorriso. – “Se non sbaglio… ci sono dei tuoi colleghi di lavoro, qui…” – disse, riferendosi ad altri Mangiamorte.
Il collegamento, per Jean ed Elthon, fu inevitabile. Solo che se Jean era diventata cadaverica al pari di Malfoy, Elthon aveva sentito il petto gonfiarsi di orgoglio.
“… e sai…” – disse, fingendo preoccupazione. – “… potrebbe scapparmi il fatto che hai parlato con qualche Auror… che ne so? Mio padre?”
Ignara che dietro una delle quattro pareti vi fosse proprio Elthon, Hermione continuò.
“Così come so che una volta al mese avete diritto all’ora d’aria. In un cortile… l’unica donna… in mezzo a tanti uomini… una traditrice… scenario apocalittico, non trovi?” – scherzò lei con la stessa vocetta leziosa che ricordava tanto la Umbridge.
“Non… non lo faresti! Sono tua madre!”
Hermione si girò molto lentamente, affinché nulla di quello che avrebbe detto potesse venire facilmente dimenticato.
“Myra è mia madre ed Elthon è mio padre e tu… tu sei morta.
Se il senso di quella frase doveva essere metaforico o letterario – o tutti e due – né Hermione, né Jean, né Elthon lo seppero mai dire.
Qualcosa in Jean scattò. La disperazione del momento o il terrore di poter venire uccisa dai Mangiamorte presenti. Si avventò su Hermione, con follia omicida.
“Se non ti posso avere io, non ti avrà nessuno!”




Elthon venne paralizzato dal terrore per una frazione di secondo. L’attimo successivo strinse nella mano la bacchetta, sgomento che Hermione avesse avuto il riflesso pronto e immobilizzarla con un incantesimo non-verbale.




“Risparmia le energie, Jean. Ti serviranno per difenderti.”
La donna era stata incarcerata da catene invisibili.
“Adesso però devi dirmi perché hai preso il Marchio Nero e se pensi che non te lo farò dire con le cattive, beh… ti sbagli di grosso.” – la minacciò lei.
“Lo hai detto tu quando hai letto dell’Incanto Illusio. Bisognava assoggettarsi a un potere superiore!”
Sembrava una di quelle invasate che proclamavano il Manifesto di Hitler sulla razza ariana, l’unica e sola razza che poteva esistere.
E le sembrò di rivedere Bellatrix Lestrange.
“Ti ho tolta dai Preston per la professione di Elthon. Un purosangue Serpeverde che diventa Capo degli Auror, ha!, questa era una barzelletta!” – assottigliò gli occhi quando le catene si strinsero maggiormente attorno al suo corpo, ferendola. – “Gli ho promesso che ti avrei tenuta lontana da loro!”
Hermione corrucciò le sopracciglia, non capendo a chi si stesse riferendo. Poi, quando il collegamento arrivò, fu lei a sbiancare. La bacchetta tremò nelle sue mani.
“Tu… cosa?”
“Sì, bambina. Voldemort aveva visto che un giorno tu gli avresti dato molto fastidio e purtroppo è stato così. Speravo che farti credere di essere una mezzosangue ti avrebbe impedito di metterti contro di lui, che lo avresti temuto a tal punto che non avresti osato alzare un dito per contrastarlo. Maledetto il giorno in cui mi dicesti di essere finita a Grifondoro!”
Un gesto feroce del braccio e Jean finì contro la parete, semisvenuta.
“Po-Potter e la sua mania di e-eroismo…” – Jean si mise carponi. – “… ti ha contagiata, e ti ha fatto partecipare alla sua guerra…”
Hermione la liberò dall’Incarceramus.
“Una volta che il Signore Oscuro avrebbe ottenuto la vittoria, ti avrei detto la verità e lo avresti affiancato! Il Lord Oscuro aveva grandi progetti su di te, Hermione!”
Un brivido le corse lungo la spina dorsale.
“Avrebbe fatto di te la sua serva più fedele e io sarei stata ricompensata con grandi poteri e ricchezze!”
La pazzia di quella donna era pari a quella di Bellatrix Lestrange.




Le otto erano passate da molto, ormai, ma non aveva ancora finito.
Mancava poco.




Era letteralmente senza parole. Aveva vissuto per tutto quel tempo con una Mangiamorte e non lo aveva minimamente sospettato. Si sentiva immensamente stupida.
Ma era venuto il momento di dire basta, di fermare quello scempio che quella donna stava facendo della sua vita, nonostante non ne fosse una diretta partecipante.
“Hai fatto i conti senza l’oste, Jean. Tom Riddle è morto, i suoi fedeli imprigionati o uccisi, le sue idee stanno lentamente scomparendo e tu… tu tra non molto raggiungerai nonna Madline. Adesso tornerò a casa, da mia madre e da mio padre. Mi dimenticherò di te e mi rifarò una vita, costruita non più su verità nascoste, ma solo sulla verità. Una verità che mi hai sempre negato. Addio Jean. Spero tu possa morire tra atroci sofferenze.”
Rimase con la bacchetta sollevata per un istante, chiedendosi riattivare l’Incarceramus o lasciarla andare.
In un impeto di rabbia, assecondò i suoi più bassi istinti. La scaraventò con forza inaudita contro la parete, notando un piccolo rigagnolo di sangue formarsi per terra.
Guardò il corpo di quella donna steso immobile a terra. Il sangue formò una piccola pozzetta, niente che – purtroppo – avrebbe potuto compromettere la sua vita. Riavvolse la mente come un registratore, rivivendo tutti i momenti trascorsi con lei e con Scott, le gite fuori porta, i rimproveri, i premi… tutto falso.
Non sentiva niente. Non provava rimorso per quello che aveva fatto: quanti Mangiamorte aveva ucciso durante la battaglia?
Lei non faceva differenza, anzi. Era stata la peggiore tra loro, una degna erede della pazzia di Bellatrix Lestrange.
Uscì e si chiuse dietro la porta con innaturale calma.
La guardia non c’era. E forse era un bene. Non voleva farsi vedere in quello stato. Si passò una mano sugli occhi e sentì le mani tremare.
Le massaggiò leggermente e lo sguardo le cadde sull’orologio. Erano le otto e mezzo e la cerimonia era già iniziata.
Doveva sbrigarsi.
Prese un enorme respiro e quando alzò gli occhi, sentì tutto il sangue fluire fuori da lei.









Note di me:

A questo punto, il lettore potrebbe pensare che l’autrice abbia seri problemi mentali.
A questo punto, l’autrice risponderebbe con un semplice, ma d’effetto, “Te ne sei accorto solo ora?”
Beeeeeeeeeeeeeeeeeene! Fatto anche questo.
Credo sia superfluo commentare, in primis, il titolo del capitolo. Tutta questa storia, nata a Dicembre dell’anno scorso, puntava proprio a questo momento.
La Verità Nascosta, oltre a tutte quelle che ci andavano dietro, era questa.
Ma procediamo con ordine.

Il pranzo dai nonni. Hermione ha affrontato Lord Voldemort eppure ha paura di quattro vecchietti, uno dei quali affetto da demenza senile. Tutto sommato il pranzo è andato bene, Hermione ha capito che il galateo non era necessario e che tutte le paure – infondate – fino a prima di conoscere i nonni erano sciocche.

Finalmente si è scoperto a chi Hermione ha mandato il gufo.
Kingsley Shacklebolt, il Primo Ministro della Magia.
Lui è l’unico che può concedere l’autorizzazione necessaria per far visita a certi prigionieri, oltre al Capo degli Auror ma sappiamo, anche se non l’ho detto esplicitamente, che Elthon non avrebbe mai concesso il permesso alla figlia per far visita alla donna che ha provocato tutto il loro dolore.
Così Hermione ha agito di nuovo mossa dall’istinto e ha fatto bene.
Jean è una Mangiamorte. Ha preso il Marchio Nero da Voldemort in persona per lo stesso motivo di Lucius Malfoy: la ricchezza e il potere. La Profezia di Voldemort su Hermione è una faccenda secondaria che, vi dico fin da ora, non spiegherò. Richiederebbe l’aggiunta di scene extra e io penso che il lettore abbia voglia di vedere gli sviluppi tra Draco e Hermione.
Cosa che voglio vedere anche io. >___>
Quindi, credo di essermi meritata un avanzamento di grado: da Stronza, passerei a Stronza Masochista e il prossimo livello, nonché ultimo, sarà quello di Stronza Masochista Sadica Bastarda.
E capirete da sole quando sarà.
Voglio precisare una cosa:
“Ti ho tolta dai Preston per la professione di Elthon. Un purosangue Serpeverde che diventa Capo degli Auror, ha!, questa era una barzelletta!” – assottigliò gli occhi quando le catene si strinsero maggiormente attorno al suo corpo, ferendola. – Gli ho promesso che ti avrei tenuta lontana da loro!”
Hermione corrucciò le sopracciglia, non capendo a chi si stesse riferendo. Poi, quando il collegamento arrivò, fu lei a sbiancare. La bacchetta tremò nelle sue mani.
“Tu… cosa?”
Questa è la parte finale del capitolo tra Jean e Hermione. Come ho già detto, voglio precisare una cosa, e cioè la parte che ho evidenziato in rosso.
A questo punto il lettore può pensare che se una persona prende il Marchio Nero è implicito e ovvio considerare che sia stato Voldemort a marchiarlo.
Sì, è stato proprio così.
Ciò che però può sembrare dalla reazione di Hermione, è che la ragazza non lo avrebbe mai sospettato. In realtà, ho giocato di nuovo sul fattore “perdersi in un bicchiere d’acqua”, lo stesso che ho usato per descrivere la reazione di Hermione nel capitolo 23 Il Ballo di Natale.
Hermione sa che il Marchio Nero è una prerogativa di Voldemort, eppure in quel momento il cervello si resetta e va alla ricerca di motivazioni astruse e assurde per giustificare un evento palese come il sapere che il sole nasce a est e tramonta a ovest.
Spero di essere stata chiara, in caso contrario, andate a rileggere le spiegazioni finali del capitolo 23 per quanto riguarda il ballo.
Comunque sia, rimango a disposizione per eventuali chiarimenti in più.

Copia della corrispondenza che esce dall’ufficio di Kingsley si deposita sulla scrivania di Elthon.
Grazie a questo espediente, l’Auror viene a sapere delle intenzioni di Hermione e purtroppo la raggiunge a conti fatti. Non si esime, però, dal dirne un Espresso al Primo Ministro per aver preso una decisione così importante al posto suo.
King dice una cosa di Hermione Granger, che verrà spiegata nel prossimo capitolo dove, FINALMENTE, ci sarà ‘sto cazzo di ballo! >_<

Una volta raggiunta la figlia, Elthon si ritrova ad assistere impotente al dialogo tra le due, venendo a scoprire l’assurda verità.
Ci rimane malissimo perché lui è il Capo degli Auror che si vede superato in astuzia dalla figlia.

Tanti passaggi mancano ancora per chiudere questa storia, ma con la calma e la pazienza di cui voi siete dotate, sono sicura che li vedremo insieme.
Spero di essere stata sufficientemente esauriente – esaurita x_x – nelle spiegazioni. In caso contrario, libere di chiedere.
Sempre tramite l’apposita recensione. ù_ù

A Barbarak.
Sei malefica! ^___^
Non hai propriamente indovinato a chi Hermione aveva mandato il gufo, ma ci sei andata più che vicina.
Vicinissima!
Ho sempre sospettato che fossi una lettrice attenta ai particolari e con l’ultima recensione me ne hai dato conferma.
Sei una grande!

Detto ciò, vi lascio allo spoiler. ^____^

“Li hai scioccati.” – rise lei, mentre si scambiava l’ennesimo bacio con il suo nuovo fidanzato.
“Una mia prerogativa.” – disse, restituendole il suo peccato.
“Mamma stava per svenire.”
“Oh, e tuo padre voleva castrarmi.” – ironizzò lui.

Di chi si starà parlando? A voi le supposte!
Besitos! ^o^

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Capitolo 27
*** Di baci e Cruciatus... ***


27 - Di baci e Cruciatus Salve salvino, gente!
Eccoci al nostro consueto appuntamento. Bene, la volta scorsa abbiamo scoperto la Verità Nascosta.
Visto che il titolo indica una pluralità, vi riepilogo a cosa facevano riferimento:
-    L’essere una mezzosangue
-    Jean che è una Mangiamorte
-    …
Le successive verranno man mano che posterò i capitoli e alla fine della storia farò un riepilogo definitivo.
Premesso che ho ampiamente apprezzato le vostre recensioni, sono qui a ribadire per l’ennesima volta il mio grazie.
Grazie a voi che mi raddrizzate l’umore con le vostre parole, che mi fate sorridere e che mi fate sentire apprezzata come scrittrice.
È un onore per me postare per voi.
Detto questo, credo sia il momento di lasciarvi con questo benedetto ballo che ha fatto penare molte di voi.
E me per prima.
Finalmente Hermione si presenterà come Preston e Lucius… Lucius dovrà rivedere le sue convinzioni.

Un superbacio a tutte!









VERITA’ NASCOSTE
DI BACI E CRUCIATUS…

“Ma dove si sarà cacciata?” – chiese Myra, preoccupata. – “Ginevra, tu sai dov’è? Ti ha detto niente?”
“Niente, signora Preston.”
Ginny aveva fatto il suo ingresso prima di Hermione. Era suo compito aprire la strada e l’aveva fatto in modo assolutamente impeccabile. L’aver rotto con Harry era stato un toccasana per lei, perché sembrava che le avesse restituito quella felicità, quella fierezza e quell’orgoglio che credeva perduti, ma che un gentiluomo dalla carnagione scura aveva raccolto per lei, restituendoglieli.
Gli ospiti iniziavano a diventare irrequieti.
Uno in particolare.

Draco era arrivato con la sua famiglia insieme a molti altri ospiti e si era sentito osservato come un pesce nell’acquario. Vide le altre famiglie guardarli e bisbigliare, sicuramente qualcosa di poco carino.
Era rimasto accanto alla madre, la cui unica colpa era quella di amare un uomo e di averlo seguito.
Nella buona e nella cattiva sorte.
Però il ritardo di Hermione lo stava facendo preoccupare non poco. Non era da lei ritardare in quel modo. Doveva esserle successo qualcosa.
Ma cosa?









“Posso spiegare!” – fece lei, con gli occhi spalancati per il terrore.
Elthon era una maschera di indifferenza, che non durò però a lungo.
“Hai idea di quanto mi sia preoccupato?”
Hermione chinò lo sguardo, mortificata. Ma non pentita.
“Saperti in quella stanza, da sola, in sua compagnia! Se volevi uccidermi ci sei andata vicina!”
Merlino era un disastro! Una settimana di cura del viso per poi rovinare tutto il giorno della sua festa!
“Ma quando mi hai chiamato papà io…”
La riccia alzò gli occhi di scatto, spaventata e… imbarazzata.
“Hai… hai sentito?”
Ebbe solo la forza di annuire.
Hermione strinse la sua borsetta come se fosse stata un anti-stress.
“Avresti dovuto dirmelo. Avrei capito.”
“Davvero?” – chiese, mestamente. – “Non volevi che il suo nome si pronunciasse in casa e mi avresti dato il consenso per fare questa cosa da sola?”
“Perché Hermione? Perché hai voluto venire qui, senza una protezione adeguata?”
“Io… dovevo essere io a troncare con il passato.” – non le importò di fare tardi alla festa. Voleva che lui sapesse. – “Non ho mai permesso a nessuno di fare le cose per conto mio e non avevo di certo intenzione di cominciare proprio adesso. So che non lo capisci e non lo approvi.” – disse. – “Ma non sono pentita di quello che ho detto e fatto. Era troppo importante per me.”
“La rivedrai ancora?” – chiese, spaventato dall’idea.
Hermione gli sorrise.
“No. Questa è stata l’ultima volta.”
“E… cosa farai adesso?”
Nonostante l’età adulta, certe cose voleva sentirsele dire anche se le aveva capite.
“Torno a casa. A casa mia, quella vera, quella di cui per diciassette anni ho ignorato l’esistenza. Voglio tornare a casa, papà.”
Elthon represse le lacrime e andò dalla figlia, stritolandola nel suo abbraccio. Hermione si lasciò abbracciare e abbracciò con forza per poi ritrovarsi, l’attimo successivo, nella sua camera da letto.
Si scambiarono un ultimo sguardo, carico di emozione e di parole non dette.
“Coraggio, preparati. Ti stanno aspettando tutti, giù.”
La riccia annuì. Avrebbe avuto tempo per spiegare meglio le sue ragioni al padre, ma ora doveva prevenire un infarto alla madre.




“Elthon! Hermione è…”
“… in camera e si sta preparando. Ginevra, potresti andare a darle una mano?”
Confusa, la rossa annuì.
“Sì, certamente. Con permesso.”
Ginny prese la scala secondaria per non farsi vedere da nessuno e tornò in camera di Hermione. Bussò ed entrò.
“Hermione? Hermione sei qui?”
“Ginny!” – squittì la ragazza. – “Aiuto!”
Vide un cumulo di stoffa argento muoversi confusamente a destra e a sinistra, immaginando che sotto di esso vi fosse il corpo di Hermione che non riusciva a trovare la via di fuga. Sollevata di vederla e divertita dalla scena, la rossa chiuse la porta e andò ad aiutarla.
“Aspetta, ferma. Non ti muovere. Adesso ti sfilo il vestito, ok?”
“Ok…”
Ginny l’aiutò e vide Hermione in intimo.
“Aria!”
“Senti un po’!, ma ti pare il caso di farmi venire un infarto a quest’età?” – la rimproverò la rossa.
“Scusa. Avevo un impegno.”
“Talmente importante che non poteva aspettare?”
“Sì.” – disse, seria ma felice. – “Poi ti spiego.”
“Sarà meglio per te.” – l’ammonì l’amica, aiutandola a indossare il suo vestito.




Quando la musica si abbassò, gli ospiti capirono che era arrivato il momento tanto atteso.
Una ragazza, ammantata d’argento, iniziò a scendere le scale. Molti dei presenti socchiusero gli occhi per cercare di capire dove l’avevano già vista, ma non riuscivano a fare il collegamento.
Con una mano appoggiata al corrimano, Hermione percorse con eleganza le scale, guardando tutti e in cerca dell’unico sguardo che le interessava vedere.
E lo trovò.
Fermo, impalato tra i suoi genitori, Draco Malfoy osservava Hermione Preston scendere le scale con innata classe. Con lo sguardo, cercò di imprimersi nella retina più particolari possibili.
Era bellissima.
Poi Myra prese parola, una volta che Hermione le fu accanto. Con un sospiro di sollievo.
“Signori, voglio presentarvi mia figlia. Hermione Eloise Elaine Preston.”
Il primo nome fu motivo di brusio e ora che sapevano come si chiamava, il collegamento fu inevitabile. Se il brusio per la presenza dei Malfoy era risultato alquanto fastidioso, il vociare che si era scatenato nell’apprendere che la mezzosangue per eccellenza era figlia dei Preston fu veramente sgradevole.

Myra prese a fare il giro con Hermione degli ospiti, mentre Albert ed Elthon davano direttive agli elfi affinchè tutto procedesse nel migliore dei modi.
Le due donne arrivarono dai Malfoy.
Narcissa stentava a credere ai suoi occhi, Draco era compiaciuto e Lucius… Lucius era sgomento. La mezzosangue era… con il fiato mozzo in gola, Malfoy Senior continuava a fissare quella ragazzina, quella che gli aveva dato tutto quel filo da torcere che certe volte si era pure chiesto come sarebbe stato averla tra le fila dei Mangiamorte, con l’incredulità che passava sulla sua fronte come un cartello pubblicitario a scorrimento con le luci a intermittenza.
Con la bocca indecorosamente aperta, Lucius Malfoy era la personificazione vivente di tutti quei sentimenti che lo avrebbero reso un comune essere umano, se non fosse per il fatto che faceva proprio Malfoy di cognome.
Ricordatosi improvvisamente di appartenere a una famiglia di antiche origini il cui vanto era la classe e la compostezza, Lucius Abraxas Malfoy serrò la mascella, incredulo che non si fosse staccata e rotolata in chissà quale anfratto di Preston Manor.
“Cissy!” – esclamò Myra, interrompendo il gioco di sguardi tra Draco e Hermione. – “Sono felice che abbiate accettato l’invito.”
“Grazie a te per esserti ricordata di noi.” – fece la signora Malfoy, che si precipitò a studiare Hermione. – “Devo dire che sono sorpresa Myra. Hermione Granger è in realtà tua figlia?”
Myra avvolse un braccio attorno alle spalle della figlia.
“Sì. Finalmente è tornata a casa.”
Hermione la guardò e le sorrise.
“Suppongo che sia superfluo fare le presentazioni tra te e mio figlio, Hermione.” – fece Narcissa, mettendo una mano sulla spalla di Draco.
“Sono sette anni che lo conosco, signora Malfoy.”
Narcissa annuì.
“Sette anni di divergenze sono lunghi da appianare.” – fu l’intervento di Malfoy Senior, una volta riacquistato l’uso della parola.
Draco provò l’irrefrenabile impulso di sigillargli la bocca con il Magiscotch. Perché doveva rovinare tutto? Anche Narcissa aveva avuto la stessa sensazione e Draco sentì la sua mano stringergli la spalla.
Hermione sorrise.
“Nulla che un bel gancio sulla mascella non possa appianare, vero Malfoy?”
Sorpresi dalla confidenza, i genitori del biondo posarono in sincrono lo sguardo sul loro unico erede, che ghignava compiaciuto.
“Tappo eri e tappo rimarrai.” – fu la risposta del ragazzo.
Hermione non se la prese.
“Ci sono arrivata allora. Ci posso arrivare una seconda volta.” – e gli fece l’occhiolino.
“Narcissa, Lucius… lasciamo i ragazzi a parlare. Volete qualcosa da bere?”
Draco e Hermione guardarono i loro genitori allontanarsi con un bel punto di domanda aleggiante sulla testa. Poi tornarono a guararsi.
“Sei strana…” – fece lui, che non riusciva a capire cosa ci fosse di diverso in lei.
“Perché lo dici?”
“Non lo so… hai fatto un trattamento di bellezza, finalmente?”
Gonfiò le guance indispettita, ma poi decise di optare per la verità. E fargli venire, possibilmente, un bel colpo apoplettico.
“No. Sono solo stata ad Azkaban.” – disse, rimirandosi le unghie laccate di rosa.
Come previsto, Draco buttò fuori tutta l’aria che aveva in corpo come se gli avessero dato un pugno nello stomaco. La prese per un braccio e la condusse in un angolo in disparte.
“Come sarebbe a dire che sei stata ad Azkaban? Quando?”
“Quello che ho detto. Ci sono andata oggi, per questo ho tardato.”
Draco la guardò sgomento.
“Che ci sei andata a fare?”
“A chiudere con il passato.”
Impiegò qualche secondo per capire a cosa alludesse. Sgranò ancora di più gli occhi.
“Hai parlato con quella donna?”
“Sì.” – disse, in tutta tranquillità come se fosse stata una cosa del tutto normale.
“Beh, almeno c’era tuo padre con te.”
Hermione si sorprese non poco.
“Perché dici questo?”
Il ragazzo la guardò perplesso.
“Non mi dirai che ci sei andata… non ci sarai mica andata da sola?!” – chiese lui, facendo quasi un salto per aria.
“Sarebbe strano?”
Draco la prese ancora più in disparte.
“Non intendevo questo quando ti dicevo di sotterrare il passato!”
“E allora? Ci sono riuscita.”
Draco non seppe cosa dire. Il suo sguardo era diverso, più consapevole. Forse quell’incontro non era stato poi così negativo come aveva…
“Un attimo di attenzione, prego!”
Il Cerimoniere catturò l’attenzione di tutti. Per Hermione era il momento che tanto aspettava.
“Scusami.” – non si era accorta che mentre si erano messi a parlare Draco non le aveva mai lasciato il braccio.
La vide allontanarsi e andare verso il centro della sala, dove ad attenderla c’era suo padre, vestito di tutto punto.
“E’ il momento del Ballo. Che padre e figlia vengano al mio cospetto.”
I due si avvicinarono e si misero davanti al Cerimoniere. Sussurrò loro qualche parola e poi lasciò la pista tutta a loro.
Myra non era mai stata così contenta.
Con un leggero inchino, le danze ebbero inizio.
Ogni singolo sguardo era calamitato su quella coppia e sui pochissimi dettagli che erano riusciti a scucire dai padroni di casa durante il loro giro.

“Sei ancora arrabbiato?” – chiese Hermione, durante la danza.
Elthon la guardò dritto negli occhi.
“Non ero lì con te.” – disse solamente.
“Non mi è successo niente.”
“Sì, ma non ero lì con te.”
“Non sei stato con me tante altre volte in passato, papà.”
Elthon fu sul punto di fermarsi, ma lei lo costrinse a continuare.
“Il punto è capire se ora sei tu a voler vivere di passato oppure concentrarti sul presente e sul futuro.”
“E’ ovvio che voglio vivere di futuro, ma ciò non toglie che hai compiuto un gesto sconsiderato. Merlino, se penso che hai vissuto con una Mangiamorte…”
Hermione sospirò. Era ancora scossa per quel fatto, ma non voleva che Jean si mettesse tra di loro anche in quel momento. E nei futuri.
“E se non l’avessi fatto, a quest’ora saresti ancora un estraneo per me. Preferivi questo?”
Elthon si ritrovò impacciato. Certo che no, ma…
“Senti…” – le fece fare una giravolta. – “… quello che è fatto è fatto. Non si può tornare indietro e non si può modificare il passato. Si può solo guardare avanti. Guarderai avanti con me, papà?”
“Certo che se me lo chiedi così…” – borbottò lui.
Hermione gli sorrise.
La loro danza continuò per qualche attimo per poi smorzarsi. Un applauso concluse quel momento. Elthon l’abbracciò.
“Ti voglio bene, Hermione.”
“Te ne voglio anch’io.”
Da quel momento in avanti, tutti i presenti poterono danzare ora che i balli erano ufficialmente aperti. Draco accompagnò la madre a ballare, mentre qualcun altro decise di uscire un po’ in veranda.




Il suo bastone da passeggio non aveva mai lasciato la sua mano. Alla sua estremità vi era la sua bacchetta, la sua serva più fedele. Quante volte aveva estratto in un impeto di rabbia quell’insignificante bastoncino di legno, ma che si era poi trasformato nella peggiore delle torture umane per suo figlio?
Era ferito, Lucius. Ferito come mai lo era stato in vita sua. Si appoggiò al colonnato e chinò il capo. Quanto dolore aveva inflitto alla sua famiglia? Quanto avevano dovuto sopportare per permettere a lui di avere ciò che desiderava?
“Pensieri?”
Una voce giovanile lo fece rizzare sull’attenti. Si girò e vide colei che gli aveva consentito di evitare la prigione. Per un periodo, l’aveva odiata.
A morte, s’intende.
Quando gli era stato proposto di sottoporsi a quell’incantesimo, il cui rovescio della medaglia sarebbe stato scampare ad Azkaban, non aveva esitato.
Poi, quando lo aveva provato, l’aveva maledetta, credendo fosse un suo sottile modo per vendicarsi e restituirgli tutto il dolore che lui aveva causato alle persone. Aveva comunque passato un breve periodo in prigione, tenuto sotto controllo da medimaghi e carcerieri. Temevano una sua fuga.
E durante la convalescenza aveva finalmente scorto la luce in fondo al tunnel.
L’allora Hermione Granger fu questo per lui: la luce dopo anni di buio.
“Riflessioni.” – specificò lui.
“Vada per le riflessioni.” – disse Hermione, avvicinandosi. – “E’ bello vedere la luna da fuori, vero?” – chiese lei, contemplando l’astro notturno.
Lucius capì a cosa si stesse riferendo e non percepì scherno o derisione nella sua voce.
“Sì, è bello.” – si rese conto, in quel momento, che nell’arco di tutta la sua vita di non aver mai detto quell’aggettivo a voce alta. Lo aveva sempre trovato così troppo… poco per un Malfoy. Era abituato a termini ben più altisonanti, quali bellissimo, spettacolare, esilarante, magnifico.
Cos’era “bello”, se non una riduzione?
“Come sta, signor Malfoy?”
Sentirselo chiedere così a bruciapelo da quella che un tempo lo avrebbe volentieri vista morta in una pozza di sangue fu alquanto ilare.
Ma non rise. Non voleva sprecare più il suo tempo con gesti inutili.
“Sto bene. Credo di essermi ripreso abbastanza bene.”
“Ci sono ancora strascichi dell’incantesimo, vero?”
L’uomo guardò il parco sottostante. Al chiaro di luna, la neve sembrava azzurra.
“Come se non lo sapessi.”
“L’avevo avvertita che non sarebbe stato facile. E indolore.”
Lucius si girò e la guardò in faccia.
“Sì, me lo hai detto, signorina Preston.”
Hermione sorrise amaramente.
“Lei crede che io l’abbia fatta per vendicarmi, vero?”
Lucius la studiò.
“Lo hai fatto?”
Hermione pensò che Lucius Malfoy era molto bravo a rigirare le domande.
“No.” – rispose lei, la cui intenzione non era quella di giocare con le parole come faceva invece lui.
“La domanda ri-sorge spontanea. Perché lo hai fatto? Allora non mi rispondesti. Gradirei lo facessi ora.”
Hermione alzò lo sguardo. Un ricciolo le cadde sugli occhi.
“Io l’ho vista, signor Malfoy.”
Il biondo uomo corrucciò le sopracciglia, confuso.
“Ho visto il suo terrore, durante la battaglia.”
Lucius provò un forte senso di disagio, abilmente celato dietro la sua maschera di austera freddezza.
“Lei ha preferito abbandonare la battaglia per andare a cercare Draco. In quel momento, lei ha abbandonato il suo Signore per cercare quello che veramente importava per lei. Si capisce la vera natura delle persone solo se messe sotto pressione. E lei me l’ha involontariamente mostrata.”
“Solo per questo? O per qualcos’altro?”
“Del tipo?” – lo sfidò lei.
“Favori?”
“Da lei?” – lo canzonò. – “Signor Malfoy… prima di tutto questo…” – fece Hermione, indicandogli Preston Manor e tutto ciò che esso comportava. – “… io ho sempre combattuto con le mie forze per ottenere ciò che volevo e così continuerà ad essere. A distanza di mesi, sono contenta di averle sottoposto quel progetto, perché anche se all’epoca non lo sapevo, nessuno meglio di me sa quanto una famiglia smembrata possa essere destabilizzante a livello emotivo. Ho evitato che ciò potesse accadere, a prescindere dal fatto che lei faccia Malfoy di cognome.”
“Ma sapevi che l’Incantesimo di Inversione del Dolore sarebbe stato doloroso.”
“Confidavo nella sua tempra, signor Malfoy. Lei…”
“Che cos’hai fatto?”
Hermione e Lucius si girarono di scatto. Lucius chinò il capo.
“Papà!” – esclamò Hermione.
Elthon si avvicinò ai due, pretendendo spiegazioni.
“Cos’hai fatto?”
“Papà, stavo parlando privatamente con il signor Malfoy.”
Fu in quel momento che una frase senza senso di Kingsley gli ritornò alla mente.

“Non puoi impedire a una persona come Hermione Granger di fare ciò che si sente di fare. L’ho capito a mie spese.”

Allora era quello che intendeva?
“Hai richiesto tu quell’incantesimo?”
Hermione si portò un ricciolo dietro l’orecchio.
“Sì. Kingsley voleva ostacolarmi, ma alla fine ha ceduto.” – da qui, la persuasione di Hermione Preston.
“King non si arrenderebbe mai così facilmente, Hermione. Cos’hai promesso in cambio?”
“Assolutamente nulla.” – fece lei. – “Gli ho spiegato il perché della mia richiesta. Forse il fatto di aver sconfitto Tom ha giocato a mio vantaggio.”
Lucius guardò con cipiglio perplesso la ragazza. Tom? Nemmeno lui si era mai permesso di chiamarlo in quel modo. Nemmeno nei suoi pensieri più intimi.
“Perché lui?” – chiese, con un gesto sprezzante del capo.
Lucius trovò interessante la crepa sulla colonna che reggeva il balcone di una delle migliaia di camere che affollavano Preston Manor. Si concentrò su di essa.
“Ho avuto le mie motivazioni.” – disse lei.
Il fatto che avesse ritrovato la sua famiglia e messo una pietra sul passato non significava che le sue decisioni dovessero venir messe in discussione quando nemmeno il Primo Ministro lo aveva fatto.
“Tu non sai chi è questo… questo… questo essere!”
Hermione rise. Lei non lo sapeva?
“Non lo so? Ha tentato di ucciderci più volte, ci ha ostacolato in tutti i modi possibili e ha usato la mia amica Ginny per aprire la Camera dei Segreti a scuola quindi sì: so chi è.”
Elthon era sbigottito.
“E lo hai aiutato? Ma che ti è passato per la testa?”
Hermione prese un enorme respiro.
“Chiedilo a lui.” – disse, indicando Lucius, lasciando il biondo uomo completamente spiazzato. – “Credo che vorrete parlare anche dei vecchi tempi.”
Elthon la guardò stupito. Ma come faceva a sapere quelle cose? La vide allontanarsi verso un’altra ala del Manor, lasciando il padre a chiarire il passato con un suo vecchio amico.
“A quanto pare siamo soli, Lucius.”
Lucius inghiottì pesantemente. Il passato ritorna sempre.




Aveva deciso di lasciarli soli. La conversazione che aveva sentito prima di Natale sul fatto che quando erano più giovani erano molto amici l’aveva in un certo senso salvata dal fatto di dover dare spiegazioni più approfondite su quell’incantesimo che aveva chiesto venisse applicato sul biondo uomo.
Quell’incantesimo era molto forte. Occorreva una forza di volontà e una resistenza al dolore non indifferente. Con la mente, andò a quel giorno.

“Si-signor Primo Ministro?”
Kingsley Shacklebolt era il ritratto della felicità. Voldemort era morto da poco e i suoi Mangiamorte avrebbero fatto la sua stessa fine. Avrebbe estirpato il male dalla sua comunità e finalmente tutti avrebbero potuto vivere in santa pace, onorando il significato di quella parola.
“Hermione, ti prego, entra!” – andò da lei e la fece accomodare sulla sedia. Avrebbe steso anche un tappetino rosso, ma purtroppo non ricordava più dov’era stato messo…
“Grazie…” – fece lei, imbarazzata da tanta cordialità da parte di un personaggio importante come lui.
“Mi hanno detto che hai preso appuntamento con me. Hermione, ti prego… queste formalità non servono. Se hai bisogno di parlarmi, vieni pure quando vuoi.”
Hermione arrossì per tutta quella gentilezza e sorrise.
“Allora dimmi. Cosa posso fare per te, piccola salvatrice?” – giocò lui.
“Ecco, io… sono venuta a chiederle un favore personale, signor Primo Ministro.” – disse lei, timida ma decisa.
Kingsley la guardò sorpreso, ma poi si aprì in un sorriso accondiscendente.
“Oh, certo. Di cosa si tratta? Vuoi un posto qui al ministero? Effettivamente avrei bisogno di una segretaria efficiente perché la signorina Margot sta iniziando a dare…”
“Ehm… no.” – disse Hermione.
Kingsley si sorprese per un attimo, per poi sorridere, avendo compreso cosa la piccola salvatrice desiderasse.
“Ah, ho capito. Vuoi una bella casa e spendere poco, eh? Beh, si può fare. Ho per le mani un paio di progetti edilizi, che…”
“No, non è questo.” – fece Hermione, mentre sentiva la sua sicurezza svanire come neve al sole.
Kingsley iniziò a palesare una certa sorpresa. Se non voleva niente di ciò che le aveva proposto, cosa poteva mai desiderare?
“Allora dimmi tu cosa desideri.”
Hermione titubò un attimo. Era una cosa troppo grande e sperò di farcela.
“Io… volevo sapere che ne sarà dei Malfoy.”
Il suo sorriso si congelò sulle labbra fino a sparire. Perché doveva tirare in ballo quella gentaglia? In un momento di felicità come quello, poi?
“Perché vuoi saperlo?”
Hermione si accorse subito che il clima si era subito raffreddato.
“Perché avrei una soluzione alternativa se… se le va di sentirla.”
“E di cosa si tratta?” – chiese il ministro, pur non molto interessato.
“Vorrei che lei sottoponesse al signor Malfoy l’Incantesimo di Inversione del Dolore.”
Ci fu un attimo di silenzio, poi il Primo Ministro scoppiò in una grassa risata.
“Oh Hermione! Per un attimo avevo temuto che parlassi seriamente!”
La ragazza si arrabbiò e non poco. Scattò in piedi e sbatté i palmi delle mani sulla scrivania del Ministro che, sbigottito, smise di ridere all’istante.
Allora era seria?
“Io parlo sul serio!” – urlò.
Kinglsey si fece serio e l’ascoltò, con molte riserve.
“Va bene, ma ti prego… calmati.”
Hermione si calmò e tornò a sedersi.
“Spiegami cos’è questa ridicolaggine.”
“Vorrei che lei sottoponesse il…”
“Sì, ho capito, ma perché?”
“Perché durante la battaglia ha mollato tutto.”
Kingsley si girò, perplesso.
“Come?”
“Il signor Malfoy non ha mai combattuto. Si è tirato fuori dalla battaglia, non ha mai alzato la bacchetta su nessuno.”
Ora era interessato.
“E come fai a dirlo?”
“Perché l’ho visto Primo Ministro. Ha preso sua moglie e si è destreggiato tra i vari schiantesimi per andare a cercare il figlio.”
Sebbene interessato, non era molto convinto. Malfoy aveva fatto parecchi danni ed era sicuro che una sua scarcerazione avrebbe scatenato il finimondo.
“Hermione, comprendo il tuo punto di vista…”
Sbuffò, perché aveva capito che il Primo Ministro non era intenzionato ad accontentarla.
“Ma rifletti: se scagionassi Malfoy la comunità penserebbe che ha ancora influenza sul Ministero e non lo posso permettere. Non a questo punto.”
“Ma il signor Malfoy andrà in prigione.” – osservò lei. – “Solo che invece di rimanerci a vita, ci starà per il tempo necessario dell’incantesimo.”
“A proposito dell’incantesimo. Come lo conosci?”
“E una lunga storia…” – tagliò corto lei che, vedendo il suo interessamento, continuò a spiegargli il suo progetto. – “… è un incantesimo molto potente e comunque lei non avrebbe niente da perdere. Se non ce la fa, avrà un Mangiamorte in meno, e non uno qualsiasi, ma il braccio destro di Voldemort, se invece ce la fa, dovrà convivere con tutto il dolore che ha provocato alle persone e si ponga una domanda, signor Primo Ministro: è meglio morire o rimanere in vita, sapendo cosa si ha realmente fatto al prossimo? Certo, la morte potrebbe essere una soluzione ma credo che…”
“Ho capito cosa vuoi dirmi.” – la fermò lui. – “Ma non ne sono convinto… insomma, lui è Lucius Malfoy! Lo hai detto anche tu! Era il braccio destro di Voldemort! È un pericoloso criminale!”
“Che ha saputo valutare le cose importanti al momento giusto. La prego signor Primo Ministro!”
“E se non funzionasse?”
Ma Hermione era convinta del contrario. Quello sguardo, il suo abbandonare la battaglia, no… era sicura che non fosse finzione, ma sincero terrore per la sorte del figlio.
“Se l’incantesimo non funzionasse, potrà sempre tenerlo in prigione e se non reggesse, morirebbe. In ogni caso lei sarà cautelato.”
“Ma se si salvasse dall’incantesimo e una volta fuori ricominciasse? No, Hermione. È troppo rischioso.”
“Prelevategli i ricordi.”
“Come?”
“Sì, voglio dire… sottoponetelo a prelievi di ricordi e intenzioni. Fate ispezioni a sorpresa e programmate. Avrà poco tempo per organizzarsi e al primo tentativo di ribellione, lo riporterete dentro.”
“E’ una proposta valida.” – ammise, non trovando nessuna pecca in quel ragionamento. – “Ma come giustifico alla comunità il suo rilascio?”
“Potrebbe dire che il signor Malfoy ha fatto qualche nome. Tanto, la maggior parte dei Mangiamorte o è in prigione o è morta.”
Kingsley sembrò rifletterci su.
“E poi passerà alla storia come Kingsley Cuor di Leone” – scherzò lei. – “per aver concesso una seconda possibilità.”
“Ti farò sapere, va bene?”
“Grazie, davvero!”
“Ah, Hermione?”
“Sì?”
“Perché lo fai? Mi risulta che i Malfoy non siano mai stati tanto clementi con quelli come te.”
“E’ vero. Ma la differenza tra me e loro è che io certe cose le capisco.”
Non aveva chiarito per nulla la situazione a Shacklebolt che infatti la guardava ancora più confuso di quando le aveva esposto il suo progetto, ma lei sapeva ciò di cui stava parlando.
E tanto le bastava.

La festa all’interno stava proseguendo, ma lei aveva bisogno di aria. Il balcone sul quale era uscita quando aveva visto il signor Malfoy continuava in tondo, seguendo l’andamento del muro portante.
Si bloccò quando vide Draco fumarsi in santa pace una sigaretta. Gli rimase il fumo in bocca quando si accorse di lei.
“Sei già stanca di questo tipo di feste?” – chiese, tirando su il bavero della camicia.
Hermione abbassò lo sguardo. Perché quel ragazzo doveva essere un concentrato di erotismo anche in un gesto semplice come quello?
“No, avevo bisogno di aria.”
“Non dirlo a me.” – disse, finendo la sigaretta. La spense e poi la fece evanescere.
Hermione si avvicinò di qualche passo.
“Stai bene?” – chiese Draco, vedendo il suo sguardo assorto.
“Eh? Sì, sì… bene. Stavo solo pensando a quello che farò, una volta uscita da scuola.”
“Perché? Hai già deciso?”
La riccia lo guardò e gli sorrise birichina.
“Sì.”
Draco attese che continuasse, ma la ragazza voleva giocare.
“Me lo dici?” – chiese, con un ghigno, chinando il capo di lato.
“Solo quando ti sentirò supplicare.” – scherzò lei.
Quando però lo vide avvicinarsi a lei con uno sguardo maledettamente serio – ed erotico – da farle venire un infarto completo, scattò sull’attenti.
Quando però sentì le sue mani, grandi, nobili e forti attorno al suo collo sentì una vampata di calore partire dal bassoventre e raggiungere in un nano secondo il resto del corpo.
E quando sentì il suo alito caldo all’orecchio, dovette aggrapparsi a lui per non cadere.
“Hermione…”
Perché il suo nome pronunciato da lui sembrava puro zabaione?
“… ti prego…”
Oh-mio-Dio…, pensò la riccia.

Ho voluto la guerra, ma temo di essermi imbarcato in un’impresa più grande di me.
Ma soprattutto, temo di aver perso.
Sono stato sconfitto.
E mi sta bene così.
Ho le mani leggermente fredde, ma al contatto con la sua pelle calda, ho provato un brivido intenso. Deve aver messo qualche goccia di profumo dietro l’orecchio, perché sento una fragranza dolce ma decisa arrivarmi all’olfatto.

“… mi dici cosa vuoi fare dopo Hogwarts?”
La riccia sospirò. In quel momento gli avrebbe svelato qualsiasi cosa!
“L’a-l’avvocato.” – rispose lei.
Draco credette di aver capito male. La staccò da sé, ponendo fine a quella magia che si era creata tra loro. Hermione aprì gli occhi, quasi delusa.
“L’avvocato?”
La ragazza sospirò. Addio momento…
“Sì, l’avvocato.”
“Perché?” – ancora non aveva lasciato la presa sul suo collo. – “Che tipo di avvocato?”
A quel punto, Hermione sorrise imbarazzata.
“Voglio dedicarmi alle adozioni.”
Draco capì all’istante. La presa sul suo collo si affievolì e si ritrovò a massaggiarle la mascella con i pollici in un leggero tocco.
“Quelle legali, s’intende…”
Draco l’ascoltò, totalmente assorbito dalla sua bocca. Vedeva solo quella muoversi in continuazione, ma non nel modo che intendeva lui.
“… perché sarebbe utile un avvocato che…”
Parlava, parlava e parlava. Quella ragazza non avrebbe mai imparato che a volte il silenzio vale più di mille parole.
“… per non parlare del fatto che…”
C’era quasi…
“… oh!, e potrei anche…”
“Preston?”
“Cosa?” – chiese lei, rendendosi conto solo in quel momento dove fosse Draco. Arrossì indecorosamente.
“Puoi stare zitta un attimo?”
Il bacio che ne seguì non ebbe nulla a che fare con i primi due che si erano scambiati.
Entrambi lo volevano.
Entrambi lo avevano cercato.
Entrambi, ora, lo stavano assaporando.
Entrambi, forse, avevano capito.
Hermione gli circondò il collo con le braccia, infilando le mani tra i suoi fili biondi e lui capì che da quel momento in poi avrebbe potuto mettere le sue nei suoi capelli finché non fosse stato stanco.
Quando si staccarono, non provarono imbarazzo alcuno. Ancora abbracciati, iniziarono a strofinare i loro nasi, come due cuccioli appena nati.
“Iniziamo?” – chiese lui, quella volta.
Hermione sorrise e annuì.
“Iniziamo.”









Dall’altra parte della balconata, altri due piccioncini stavano tubando. Fu strano vedere che, nonostante fosse dicembre inoltrato, l’amore fiorisse come in primavera.
Ginny era a dir poco felice. Quella sera lei e Blaise si erano dati il loro primo bacio e le sembravano così lontani quei giorni in cui non riusciva a tenere niente nello stomaco, a dormire male o, semplicemente, a vivere male. Harry era solo un vago ricordo, ma nonostante il male che aveva causato, quel ragazzo rappresentava per lei il primo amore.
E il primo amore non si scorda mai.
Adesso lei aveva il suo ed era al limite della felicità.
Seduti su una panchina stavano continuando a scambiarsi baci. Inoltre, quella sera, fu inevitabile fare le presentazioni. Fu inutile, per il semplice fatto che una volta intravisti i genitori di lei, Blaise partì in quarta per presentarsi.
Da solo.
Il fatto di aver ottenuto la sua felicità, gli faceva sembrare quel momento alla stregua di un’interrogazione di Pozioni: facile e indolore.

“Aspetta, dove vai?” – lo aveva trattenuto per un braccio con entrambre le mani, ridendo istericamente.
“A conoscere i futuri suoceri.”
Ginny aveva mollato la presa, sgomenta, rischiando per il contraccolpo di cadere col sedere per terra.
Cosa?
“Cosa?”

Si era presentato come un perfetto gentiluomo, tanto da lasciare basiti Molly e Arthur da tanta compostezza, che stavano chiacchierando su quanto la loro bambina fosse bella con quel vestito. Quando lo videro arrivare verso di loro gli sorrisero gentili, credendo avesse bisogno di un’informazione.

“I signori Weasley, immagino.” – fece Blaise, tendendo la mano per presentarsi e notando da chi la prole avesse ereditato quel rosso fuoco.
“Sì.” – fece Molly, gentile. – “E tu saresti, caro?”
“Blaise. Blaise Zabini, molto lieto.” – fece galantemente il baciamano alla donna e strinse con cordialità la mano ad Arthur.
“Quindi sei tu che hai aiutato Ginevra in Pozioni.” – osservò la donna, se possibile ancora più gentile.
“Sì, signora. Sono io.” – rispose Blaise, che capì di aver già guadagnato qualche punto agli occhi della “mamma”.
“Piacere nostro. Cosa possiamo fare per te?” – chiese Arthur.
“Una cosa molto semplice.” – diede un’occhiata indietro e vide Ginny diventare sempre più cadaverica. Ghignò, in perfetto stile Serpeverde. – “Permettermi di rendere felice Ginevra.”
Gli occhi dei due genitori saettarono dal moro alla ragazza, che spiccava come un rubino tra smeraldi. Ginny sollevò tremante la mano e li salutò.

“Li hai scioccati.” – rise lei, mentre si scambiava l’ennesimo bacio con il suo nuovo fidanzato.
“Una mia prerogativa.” – disse, restituendole il suo peccato.
“Mamma stava per svenire.”
“Oh, e tuo padre voleva castrarmi.” – ironizzò lui.
Ginny rise.

“Come hai detto, scusa?” – Arthur era una brace.
“Io sono il ragazzo di Ginevra.” – disse il moro, tranquillamente.
Ginny, nel frattempo, si era avvicinata, per impedire la strage.
“Ma… ma…”
“Comprendo il vostro stupore, ma è una storia lunga.”
“Oh, figliolo credimi! Ho tutto il tempo che vuoi!” – lo minacciò Arthur, incrociando le braccia.
Mai sfidare la gelosia di un padre. Si perde. Inevitabilmente.
“Diciamo che io e sua figlia abbiamo molte affinità.”
“C-ciao…” – fece una vocetta tremante.
“Ginevra!”
La rossa incassò la testa nelle spalle. Odiava quando la chiamavano così!
“Che storia è questa?”
Molly, invano, cercava di calmare il marito.
“E-ecco… è una lunga storia e…”
… e lo sguardo del padre non ammetteva repliche.
“Arthur, smettila. Non vedi che la stai mettendo a disagio?” – intervenne Molly.
Alla faccia di chi diceva che i genitori non servivano a niente! Benedetta Molly!
“Molly! Nostra figlia si…”
“Ragazzi, uscite a prendere una boccata d’aria. Al Troll ci penso io.” – e lo fulminò con un’occhiataccia.
Se quel ragazzo era riuscito a fare avere alla sua preziosa figlia la media dell’ “O” in Pozioni, il minimo che potevano fare era assecondarla in quella nuova avventura.

Al ricordo, entrambi risero.
Ennesimo bacio.
Ennesima risata.
Ennesimo bacio…
La sequenza non cambiò mai, se non quando, ad un tratto, Ginny si bloccò con lo sguardo rivolto verso il parco.
“Cosa c’è?” – chiese il ragazzo girandosi. Divenne una statua di sale quando vide Potter e la Vane cercare un po’ di intimità. Subito, tornò a guardare la sua ragazza, sperando di non trovare rimpianto nei suoi occhi.
Non ne trovò, anzi. Gli sembrò di vedere felicità per quel ragazzo.
“Ti manca?” – azzardò il moro.
Ginny si girò e lo guardò. Con lui al suo fianco?
“No. Harry è stata una parte importante della mia vita, ma adesso ci sei tu. Anche se mi sembra che si sia ripreso abbastanza in fretta.” – osservò lei. Non che si aspettasse che Harry vivesse nella disperazione per anni, ma nemmeno che, fuori lei, ce ne fosse già un’altra. Ginevra aveva solo un orgoglio femminile un po’ ferito…
“Se è per quello non si è mai disperato.” – commentò il moro più a se stesso, a voce bassa.
Lei però lo sentì ugualmente e una strana sensazione iniziò a serrarle la bocca dello stomaco.
“Cosa vuoi dire?”
Ma Blaise non voleva rovinare quel momento. Non avrebbe permesso a Potter di mettersi di nuovo in mezzo tra di loro.
“Niente, scusami… straparlavo. Allora… dove eravamo…”
“No. Cosa volevi dire?” – insistette lei, prendendo le distanze.
Blaise si morse la lingua.
“Ginny…”
“Non ci provare!” – sibilò lei.
Quella frase ebbe il potere di risvegliare in lei antiche sensazioni provate quando stava con Harry, quando aveva la sensazione che tutti i comportamenti e le parole del suo ex ragazzo fossero solo un cumulo di bugie.
Bugie che lei non aveva mai voluto realmente vedere.
“Ti tradiva.” – disse semplicemente, dandosi mentalmente dell’idiota l’attimo successivo.
Come diavolo gli era venuto in mente di dire una cosa simile così, a cuor leggero? Gli piaceva proprio rovinare le cose?
Ginny sgranò gli occhi.
“Cosa? Con…” – si girò di scatto verso il giardino e capì. – “Cosa… non… no, non Harry, lui… no!”
“Al ballo di Halloween c’è andato ugualmente.” – disse, continuando come se fosse stato sottoposto al Veritaserum. E comunque, ormai lanciato il sasso, non poteva più tirare indietro la mano.
La rossa lo guardò allibito.
“Non è vero! Harry ha detto che non ci sarebbe andato perché…”
“… perché non voleva andarci con te.”
“Zabini, stai mettendo a dura prova la mia pazienza!” – sibilò lei, alzandosi in piedi e prendendo le distanze da lui. – “Il giorno del ballo Harry ha dovuto commemorare la morte dei suoi genitori!”
A questo, Blaise non seppe controbattere. Sapeva solo che lui al ballo c’era andato.
“Non sto mentendo. Potter a quel ballo c’è andato. Ha preso la Polisucco e si è incontrato con Romilda Vane!”
“Harry non sa nemmeno cosa sia un calderone! Figuriamoci preparare una pozione come…”
“Allora va a chiederglielo!” – sbottò lui. – “Se non ti fidi di me, alza i tacchi e vai a chiederglielo di persona!”
La sua serietà fece vacillare la sua sicurezza.
Guardava alternativamente il suo ragazzo e il punto in cui Harry era scomparso con Romilda.
Poi, come un flash, arrivò un ricordo.

“Certo che Harry ci da dentro, eh?”

Barcollò e rischiò di cadere se Blaise non l’avesse soccorsa. Se lo staccò di dosso, cercando di capire cosa dovesse fare. Se nemmeno Blaise era stato sincero con lei… di chi diavolo poteva fidarsi?
Alcune lacrime iniziarono a caderle dagli occhi. Non era tristezza, era pura furia. Si era fatta prendere per il naso per tutti quei mesi! Era stata male perché Harry insisteva per farlo e lei non voleva, aveva fatto sforzi enormi per mandare avanti il loro rapporto quando evidentemente da parte del moro c’era solo voglia di troncarlo.
Non pensò più.
Scese le scale, incurante del freddo e sorda ai richiami di Blaise. L’odio che provava in quel momento le faceva da coperta. Non sentì nemmeno la neve che le avvolgeva le gambe, gelandole i piedi.
Quando arrivò, Harry non la sentì perché i suoi passi erano attutiti dalla neve.

“Era ora che ti decidessi, Harry.” – disse Romilda.
Poi, sentì lo schiocco del bacio.
E lì non ci vide più.
Furono solo i sensi del moro, collaudati da anni di esperienza, a portarlo a scartare di lato prima che lo Stupeficium lo colpisse alla testa.
“Ma che diavolo… Ginny!”
Un boa costrictor non era niente in confronto a lei.

Lo schiantesimo attirò l’attenzione di coloro che erano fuori a prendere aria. Draco, Hermione, Elthon e Lucius corsero verso la fonte. La neve rallentava i loro passi, ma in un batter d’occhio si ritrovarono a fare i conti con una furia umana.

“MI FAI SCHIFO! SCHIFO!”
“Ginny, posso spiegarti!”
“STA ZITTO! STUPEFICIUM!”
Di nuovo il moro scartò di lato, mentre Romilda era andata a nascondersi dietro un tronco, terrorizzata.
“Ginny, fermati!” – quando Harry si accorse degli altri, invocò il loro aiuto. – “Ragazzi fermatela! È una furia!”
“Smettila di affidarti sempre agli altri! Arrangiati a fare qualcosa ogni tanto, come prenderti le tue responsabilità!”
Hermione non capì che stava succedendo, ma quando vide il volto tirato di Blaise, tutto fu chiaro.
“Volevo dirtelo!” – si giustificò Harry, continuando a scappare.
Nemmeno Hermione riuscì a non imprecare a quella bugia.
“Oh, certo! Quando ti ho lasciato, però, hai fatto la parte della vittima! Mi hai accusata di averti tradito, quando eri tu il Giuda tra i due! PIETRIFICUS TOTALUS! Cazzo, ma vuoi stare fermo?” – urlò, prendendo in mano i lembi della gonna per cercare di raggiungerlo. Non sentiva niente. Niente. Nonostante il gelo di dicembre, Ginny avvertiva solo un caldo soffocante.
Era quello l’odio profondo?
“Ginny, fermati!” – Hermione si avventò sulla rossa, cercando di disarmarla ma con scarsi risultati.
“Staccati, Hermione! Voglio farlo fuori!” – urlò Ginny, mentre cercava di liberarsi dalla presa di Hermione.
“E’ vero…” – disse Harry, ad un tratto.
Calò il silenzio tra i presenti.
“Tra me e Romilda va avanti da quando stavamo insieme.”

Blaise lo sapeva, ma sentirglielo ammettere come se invece di aver tradito la fiducia di Ginevra avesse solamente rotto un piatto, lo fece uscire da ogni comandamento divino.
“STRONZO BASTARDO!” – estrasse la bacchetta come una spada e gli occhi spiritati e pronunciò quell’unica parola che non avrebbe mai dovuto dire.
Hermione si girò di scatto e lo vide con la bacchetta in mano. Nessuno riuscì a fermarlo.
“CRUCIO!”
“AAAAAAAAHHH!!!”




Il tempo sembrò congelarsi e fu come tornare a quel giorno a Malfoy Manor.
Harry era pietrificato e Draco non riusciva a credere possibile che ciò che stava accadendo fosse la realtà.
Il suo cervello ebbe un black-out.
Fu come se avesse sognato tutto fino a quel preciso istante, come se la verità su Hermione non fosse mai esistita, che i loro piccoli incontri fossero stati solo frutto della sua fantasia, che il loro inizio fosse solo un parto della sua mente.
O peggio: che i baci tra di loro non fossero mai avvenuti.
Credette di essere ancora al Manor, accanto a sua zia che torturava Hermione per farsi dire dove avevano trovato la spada di Godric Grifondoro.
Ma così com’era venuta, quella sgradevole sensazione se ne andò, non senza lasciare in Draco la fastidiosa sensazione che liberarsi dal passato sarebbe stata un’impresa impossibile.




La Maledizione Senza Perdono venne sì scagliata.
Ma su Hermione.
Blaise la interruppe subito e Draco corse da lei prima che picchiasse le ginocchia a terra.
“HERMIONE!”
La riccia cadde carponi, ansante tra le braccia del biondo.
“Hermione! Hermione parlami! Parlami!”
Gli altri erano rimasti troppo sgomenti da ciò che era appena accaduto.
La ragazza tossì e fu raggiunta subito da Elthon. Blaise invece sembrò essere caduto in uno stato catatonico.
“Blaise, cazzo!” – urlò Draco, rosso in volto. – “Ma che ti dice il cervello?”
Blaise sembrò rianimarsi l’attimo successivo, mentre accorreva anche lui da Hermione.
“Doveva essere per il cazzone dietro, non per lei!” – disse, rinfoderando la bacchetta. – “No, non muoverla.” – fece il moro. Si avvicinò alla ragazza e le sollevò la gonna.
Draco era diventato rosso.
“Che diavolo stai facendo?” – sibilò il ragazzo.
Il moro ignorò quella dimostrazione di gelosia a dir poco fuori luogo, appallottolò un po’ di neve e gliela mise dietro le ginocchia. La ripresa fu immediata.
“Hermione! Come stai?” – chiesero Draco ed Elthon, insieme.
Muovere un singolo muscolo era come ricevere nuovi cruciatus.
Blaise si alzò, lasciando Hermione alle cure di Draco e di Elthon. Andò da Ginny e le prese la bacchetta. La rossa non avanzò proteste, limitandosi a guardare Harry con tutto l’odio e la delusione del mondo.
E piangendo.
Era colpa sua se il loro rapporto era andato a puttane, era colpa di Harry se era stata male ed era sempre colpa di Harry se Hermione aveva preso un Cruciatus al posto suo. Come sempre, Harry trovava chi lo proteggeva.
In qualsiasi caso.
L’aveva ferita. Ancora una volta gli aveva permesso di ferirla.
“Mi dispiace Ginny.” – lo sentì dire. Aveva usato lo stesso tono di quando le aveva detto che gli mancava, quando passava il suo tempo con Zabini per le ripetizioni di Pozioni.
Solo che in quel momento, l’unica sensazione che le suscitò fu assoluto disgusto.
“Di tutta questa faccenda…” – fece la rossa. – “… sono felice solo di una cosa.”
Elthon prese in braccio Hermione, semi-incosciente, mentre ascoltava l’odio uscire dalle labbra di una ragazza di soli diciassette anni.
“Sono contenta che i tuoi siano morti, anche se dubito che non si stiano rivoltando nella tomba, in questo momento.” – si girò e tornò dentro seguita a ruota da Blaise.









Note di me:

Alzi la mano chi pensa che sia stata troppo clemente con Harry.
Tantine, eh?
Comunque sia, ho pensato che non fosse il caso che se nemmeno Voldemort era riuscito a farlo fuori, ci riuscisse Ginny.
Sarebbe stato un duro colpo all’ego di Noi-Sappiamo-Chi.

Allora, per chi ci aveva azzeccato, Hermione fuori dalla cella ha visto babbo Elthon e le è venuto un mezzo infarto. Gli ha spiegato le sue motivazioni e ha incontrato comprensione. Adesso è tutto finalmente finito e vissero tutti felici e contenti.
O forse no?

Finalmente adesso tutti sanno chi in realtà sia Hermione. Draco la studiava cercando di capire da dove iniziare a mangiarla, Narcissa ha pensato bene che era il caso di cambiare atteggiamento, se voleva mantenere l’amicizia con Myra – e comunque non avrebbe più potuto chiamarla mezzosangue – e Lucius… Lucius è stato il mio preferito.
Abbandonate ogni forma di compostezza e austerità per un atteggiamento più umano, il bel biondo senior se l’è presa in quel posticino, comprendendo che faceva male.
Tanto male.

L’Incantesimo di Inversione del Dolore.
Aggiungo un P.S. personale: se qualcuno sa dirmi dove posso andare su Internet per cercare un sito – gratuito, eh? ci tengo a sottolinearlo – che traduca non solo parole, ma intere frasi, dall’italiano al latino, avrà tutti i capitoli dedicati a sé. ù_ù
Volevo tanto mettere i nomi degli incantesimi in Latino, ma purtroppo io non lo conosco e i siti che trovo traducono solo le parole e non le frasi.
Comunque sia… questo incantesimo – da me inventato – funziona in modo molto semplice. Vi faccio un esempio pratico.
Prendiamo due persone, una è per forza di cose Lucius, l’altra è Hermione.
Hermione ha subito un forte dolore, un trauma, ne ha subiti tanti e ve li elenco – quelli che mi ricordo, eh?:
-    Ron, non sapendo di averla alle spalle, si pavoneggia con gli amici perché lei è secchiona e per questo non ha amici 1° anno,
-    Malfoy l’ha chiamata Mezzosangue e l’ha fatta piangere 2° anno,
-    Hermione soffre per Fierobecco 3° anno,
-    Hermione piange perché Ron l’ha incolpata di fraternizzare con il nemico al Ballo del Ceppo, andandoci con Viktor 4° anno,
-    Hermione subisce la cruciatus da Bellatrix 7° anno
-    Hermione scopre che la sua vita è una totale menzogna, che Harry e Ron sono cattivi, che sua madre è una Mangiamorte e che lei in realtà è una purosangue.
Mettete insieme tutti questi momenti di dolore e che facciano male, tanto male.
Tramite questo incantesimo, il dolore di Hermione passa a Lucius Malfoy che prova tutto quello che ha provato Hermione. E ci deve convivere, deve sopportare il dolore fisico che ha sopportato Hermione.
Lucius Malfoy ha sopportato il dolore di tutte le persone che hanno sofferto per mano sua, ha capito cosa fosse il vero dolore – non le punizioni di Voldemort – ma il dolore che ti lascia senza fiato, che ti fa pregare che giunga in fretta la morte perché un essere umano non lo può sopportare.
Ed è sopravvissuto.
Si dice “morire dal dolore”. Ebbene, Lucius non è morto, ma dovrà convivere per sempre con tutto il dolore che ha causato a degli innocenti per permettere a se stesso di raggiungere un potere fittizio.

Lucius e Elthon parlano e avremo una delucidazione della loro chiacchierata più avanti.

Finalmente Ginny e Blaise si sono baciati e Blaise si è presentato ai futuri suoceri – pace alla povera anima di Ginny.
Ginny ha scoperto di Harry e lo ha affrontato. Peccato che tutti cercassero di ostacolarla.
Adesso Ginny riuscirà a fidarsi ancora di Blaise?

FINALMENTE QUEI DUE SI SONO CACCIATI LA LINGUA IN GOLA!
Adesso stanno ufficialmente insieme, ma ancora non lo diranno a nessuno perché vogliono godersi ancora un po’ di privacy.

Come sempre, sono aperta alle vostre impressioni-barra-delucidazioni in merito al capitolo, sperando comunque di aver fatto cosa gradita.

Spoiler!

“Se te lo dico… so che tornerai da Harry.”

Credo sia intuibile da solo, ma vorrei comunque avere i vostri pareri.
Ciao e alla prossima!

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Capitolo 28
*** Possibilità ***


28 - Possibilità Beh, che dire se non bentornati a tutti voi?
Niente, hehe… Bentornati. ù_ù

*voce fuori campo*
Nelle precedenti puntate…

Hermione, tramite vari sotterfugi, riesce ad arrivare a Jean e a dirle quattro cosette in merito al suo rapimento. Elthon, scoperto il tramaccio della figlia con il Primo Ministro, si precipita ad Azkaban, ma arriva a colloqui iniziato non può far altro che assistere impotente e sperare che tutto vada bene.
Fingendo di credere ancora alle sue parole, Hermione lascia condurre il gioco a Jean fin quando è necessario, ignara che fuori ci sia suo padre. Alla fine, la bracca in un angolo e le fa capire che ha chiuso i ponti con lei.
Fuori dalla cella incontra Elthon si chiariscono e insieme, come una vera famiglia, tornano a casa in tempo prima che la madre deceda per infarto.

Hermione e Draco si baciano, cedendo finalmente all’attrazione che provano l’uno per l’altra così come finalmente si baciano Ginny e Blaise, ma arriva l’intoppo. Ginny scopre che Harry l’ha tradita dall’inizio della loro relazione e la rossa, furente per quell’assoluta mancanza di rispetto, cerca di schiantarlo, ma con scarsi risultati.
Blaise, furente per quell’ammissione dettata a cuor leggero, scaglia contro Harry una Cruciatus che però si prende Hermione.
La ragazza viene trasportata di fretta in camera dove…









VERITA’ NASCOSTE
POSSIBILITA’

Quando Elthon entrò in casa dall’ingresso secondario, Myra arrivò proprio in quel momento e sbiancò quando vide sua figlia svenuta tra le braccia del marito.
“Merlino! Cos’è successo?” – chiese, avvicinandosi preoccupata.
“Non ora, Myra. Ti spiegherò tutto più tardi, lasciamela portare in camera.”
La donna era combattuta tra il voler sapere cos’era successo e la salute della figlia e alla fine si arrese, lasciandola andare.
Albert arrivò, con in mano una tartina, ignaro di tutto.
“Che è successo?”
Myra continuò a guardare le scale.
“Tuo padre ha appena portato tua sorella in camera. Era svenuta.”
Il ragazzo rischiò di morire per soffocamento. Lui non era vincolato a rimanere fino a fine serata, mentre la madre sì. Fece gli scalini due a due e arrivò mentre suo padre stava per chiudersi la porta dietro.
“Che diavolo… Albert!”
“Che le è successo?”
“Dopo, Albert. Dopo.” – adagiò Hermione sul letto, mentre un mugolio di protesta le uscì dalla bocca.
Albert era sgomento.









“Ginny! Ginny fermati!”
Ma la ragazza continuò imperterrita a camminare verso l’uscita. Si sarebbe smaterializzata direttamente alla Tana e il vestito e i gioielli li avrebbe restituiti il giorno dopo.
Era troppo sconvolta. E arrabbiata.
“Vuoi fermarti?” – urlò Blaise, fermandola per un braccio.
La rossa si scostò malamente e nel girarsi gli tirò un ceffone da oscar, facendo barcollare il ragazzo. L’acconciatura si era mezza sfasciata e i capelli sul viso sembravano costruire una bruciatura su di esso.
“Non mi toccare!” – sputò lei con gli occhi spiritati.
Tradita, si sentiva tradita.
Perso, Blaise si sentì perso, mentre con una mano si teneva la guancia colpita.
“Mi dispiace…” – disse, chinado lo sguardo.
“Ti dispiace, eh? Perché non me lo hai detto?”
Il senso di frustrazione lasciò il posto ad un sano sgomento.
E ad una sana incazzatura.
E il bruciore alla guancia scomparve in un nano secondo.
“Perché?” – chiese, quasi sottovoce. – “Quanto cazzo di tempo ti ci è andato per capire quello che provavo per te?” – concluse, urlando.
La rossa si bloccò, sgomenta. Lui?… Lui era arrabbiato?
“Te lo dico io! Nemmeno in cento vite ci saresti arrivata se non te lo avessi detto! E se ti avessi detto che Potter ti tradiva, cos’avresti fatto?”
“Ti avrei creduto!” – urlò lei di getto.
Blaise rise, alzando il volto al cielo.
“Per l’amor di Merlino, Ginny!, sii onesta almeno con te stessa! Guarda che gli hai permesso di farti!”
Ginny non trovò argomenti per ribattere.
“E’ riuscito a farti del male anche dopo che vi siete lasciati! Se te lo avessi detto non mi avresti mai creduto, MAI! Anzi… non mi avresti più nemmeno rivolto la parola, ammettilo!”
“Forse! Ma avevo il diritto di sapere!”
“E dare a me la possibilità di perdere anche quelle poche parole che ci scambiavamo? No, mi spiace.”
La rossa sgranò impercettibilmente gli occhi. Onestamente, non sapeva dire cos’avesse passato – e provato – il moro nell’attesa che lei aprisse gli occhi, e sentirgli dire quella cosa scatenò in lei un ragionamento inconscio.
“Mi dispiace, ok?” – disse lui, cogliendo quel suo attimo di tentennamento. – “Sono dispiaciuto che tu lo abbia saputo in questo modo, ma non si poteva più andare avanti così! Lo hai amato, gli sei stata sempre fedele, lo hai rispettato e lo hai aspettato. Per avere cosa in cambio? Un tradimento che era iniziato nello stesso periodo in cui vi siete fidanzati! E cos’hai ottenuto? Hai quasi perso l’amicizia con Hermione, mentre lui lo infilava in mezzo alle gambe della Vane!”
La giacca era aperta, la cravatta allenatata, ma Blaise Zabini rimaneva sempre e comunque bellissimo.
Questo fu il pensiero della rossa che arrossì d’indecenza. Ma come poteva fare quei pensieri in un momento come quello?
Ginny avvertì solo in quel momento il freddo. Si strinse velocemente le spalle, sgranando gli occhi per il gelo che le si era posato addosso. Con uno sbuffo, Blaise si levò la giacca e la posò sulle spalle di Ginny, che ne inspirò il profumo.
Si prese un attimo per calmarsi, poi tornò da lei e le abbottonò la giacca.
Cosa doveva fare? Mandarlo al diavolo e stare male per la sua – già precedentemente sperimentata – lontananza, o perdonarlo e trovare un compromesso per il futuro che lui le aveva profetizzato quando le disse che andava a conoscere i futuri suoceri?
Ginny era fatta così. Si arrabbiava, ma bastava poco per farle sbollire la rabbia. E Blaise sembrava nato per assolvere a quel compito.
Aveva letto assoluta sincerità nei suoi occhi quando le aveva detto di averle taciuto quel fatto per paura di rivederla correre tra le braccia di Potter e questo l’aveva fatta riflettere.
Teneva a lei così tanto?…
Sbuffò divertita. Aveva già deciso. Era incredibile quanto l’amore la facesse sbollire in pochi attimi…
“Rientriamo.” – disse lui. – “Fa freddo.” – il suo tono di voce era basso e mesto. Aveva appena capito di aver perso la sua occasione a causa della sua linguaccia.
“Sì, è meglio.” – disse lei con tono neutro. Sollevò i lembi della gonna e si avviò a passo celere verso l’interno. – “Devo andare da Candice.”
Il moro si bloccò, perplesso.
“Candy? Che c’entra lei, adesso?”
Ginny si girò per rispondergli.
“Devo chiederle gentilmente se può stare alla larga dal mio fidanzato.” – si girò e riprese a camminare, per poi ritrovarsi spalmata contro il corpo di Blaise.
“Cosa?” – era allibito.
“Ho detto che devo dirle di starti alla larga. Sai… a casa mia non siamo abituati a scambiarci i fidanzati. Non so se la tua ha usanze diverse.” – ironizzò lei.
“Cazzo, mi… mi hai perdonato?” – alitò lui, sconvolto da quel repentino cambiamento.
Non avrebbe mai saputo dire cosa, come, chi o perché avesse permesso quel cambiamento, ma gli sarebbe stato eterno debitore!
“Cazzo…” – lo scimmiottò lei. – “… sì!”
Blaise la guardò come se fosse un amuleto raro entrato in suo possesso e poi la baciò.
La giacca cadde a terra, visto che Ginny stava morendo di caldo…




“Ma io quello lo brucio!” – sbottò Albert, infiammandosi come una torcia. – “Lo eviro! Lo castro!”
“Albert, per favore.” – fece Elthon, cambiando la pezza sulla fronte di Hermione. – “Lasciamo riposare Hermione.”
“Oh sì… io devo ammazzare qualcuno…”

Silenzioso come un gatto, Draco era scivolato nella stanza di Hermione dietro ad Albert e si era rintanato in un angolino buio, in attesa che i due uscissero. Voleva essere il primo che Hermione avrebbe visto quando si sarebbe svegliata.
Per essere il primo a dirgliene un treno!
Mettersi davanti a un cretino per proteggerlo da un Cruciatus più che meritato! Se non era dissenno quello!…
Albert ed Elthon uscirono, chiudendosi dietro la porta e Draco ne approfittò per uscire allo scoperto. Andò a sedersi vicino a lei e le scostò un ricciolo dagli occhi.
Prese un mezzo colpo quando la vide aprirli di scatto.
“Sei sveglia!”
“Col casino che ha fatto Albert sarebbe stato impossibile anche per un morto dormire.” – ironizzò lei. Cercò di mettersi seduta faticando non poco e arrossì quando sentì le braccia di Draco avvolte attorno alla sua vita nel tentativo di aiutarla.
“Piano, piano…” – fece lui, adagiandola contro il cuscino.
Hermione chiuse gli occhi per un attimo, inspirando.
“Perché non ti sei svegliata prima?”
“Mi avrebbero ricoperta di insulti.”
Il biondo sollevò un sopracciglio.
“Cosa ti fa pensare che io non lo farò?”
Hermione si staccò dal cuscino, ignorando il dolore che si era ridotto alla stregua di qualche scossa sopportabile, e gli baciò leggermente le labbra.
Draco era rimasto così allibito da quel coraggio che non riuscì a muovere un muscolo.
Sorridendo sorniona, Hermione si avvicinò di più e iniziò a giocare con le sue labbra, succhiandole impercettibilmente. Poi si staccò e rise della sua faccia.
“Questo potrebbe risparmiarmi la tua predica?” – soffiò lei, sulle sue labbra umide.
Draco guardò Hermione fisso negli occhi, chiedendosi quante personalità avesse quella ragazza. Quegli occhietti languidi da cerbiatta ferita – che gli stavano ispirando sesso estremo – stavano mettendo a dura prova i suoi poveri ormoni maschili.
“Draco?” – lo chiamò lei, divertita.
“Eh?” – fece il biondo, perdendo per un attimo la sua compostezza.
La riccia rise piano.
“Ti ho chiesto se quel bacino mi ha risparmiato la tua predica.”
Diavola tentatrice!, pensò Draco, sconvolto.
Draco le disse solo una cosa.
“Draco dormiens nunquam titillandus.”
Hermione sorrise, per poi baciarlo con decisamente più trasporto.




La festa, di sotto, era arrivata al termine, con sommo sollievo di Myra. Cercava di prestare attenzione ai suoi ospiti, ma il pensiero che sua figlia stesse male la faceva impazzire.
“Vogliate perdonarmi un secondo, signore.” – fece Myra, con un sorriso tirato. Si allontanò dal gruppetto, mentre Narcissa la seguì.
“Myra che succede?”
“Non lo so. Elthon ha portato in casa Hermione svenuta. Non so cosa sia successo!”
“Myra, Myra calmati. Vedrai che non sarà niente di grave o tuo marito te l’avrebbe detto.”
Myra prese un paio di respiri. Si agitava sempre se qualcosa accadeva alla sua famiglia.
Lentamente, con garbo, ogni ospite iniziò a tornarsene a casa. Narcissa era in attesa di suo marito e di suo figlio che sembravano essere scomparsi nel nulla.
Espletati i convenevoli, Myra potè finalmente dedicarsi a Elthon. Lo trovò in salotto con Lucius.
Fu strano, per le due donne, rivederli seduti di nuovo su quel divanetto, come ai vecchi tempi. Sembravano stessero discutendo fitto fitto.
“Elthon?” – lo chiamò Myra.
L’uomo interruppe il suo discorso e guardò Myra. Arrossì leggermente, come se fosse stato beccato a fare qualcosa di sbagliato.
“Narcissa.” – fece Lucius. – “Credo sia ora che rientriamo.”
“Lucius, Myra mi ha detto che Hermione…”
“Sì, lo so. Ero presente.”
Alle orecchie di Myra, quella frase fu quasi profetica.
“Dov’è Draco? Era con te?” – chiese Narcissa.
Lucius corrucciò le sopracciglia.
“Sì, era con me, ma poi l’ho perso di vista.”
“Dove si sarà andato a cacciare?”
Stranamente, Elthon iniziò a grattarsi il palmo della mano sinistra. Sembrava avere una psoriasi.
“Draco sta bene.” – fece Elthon, con un sibilo. Guardò Lucius con uno strano sguardo che il biondo non comprese.
“Ah sì? E dov’è?” – chiese Lucius.
Elthon schioccò la lingua sul palato.
“Nell’ultimo posto in cui lui e il suo armamentario dovrebbero essere.”
Ovviamente, nessuno capì.




Non avevano osato andare oltre.
Per rispetto a quello che era successo a Hermione e ad Elthon e Myra, che si fidavano di lui.
“Devo andare.” – disse lui, con gli occhi chiusi, mentre Hermione mugulava di dissenso sulle sue labbra. – “Hermione?”
Quella lo voleva morto!
La riccia gli avvolse le braccia attorno al collo e lo baciò con più passione. Draco, esitante, avvolse le sue attorno alla vita di lei, ma dovette fare leva su tutto il suo buon senso per non sbatterla sul letto e consumarla di sesso.
“Hermione, no…”
La riccia arrossì a dismisura. Da quando aveva capito di provare qualcosa per quel ragazzo si era trasformata in una quasi ninfomane. Doveva darsi una calmata!
“Scusami…” – mormorò, molto simile a una vergine al suo primo incontro sessuale.
Draco sgranò gli occhi. Non poteva atteggiarsi a Vergine delle Rocce senza provocargli danni permanenti all’apparato idraulico! Questo era un crimine! Un reato!
“… nonononononono non ti scusare!” – disse lui. – “Va bene solo che…” – un rosa acceso colorì il volto di Malfoy Jr.
E di Rosso Weasley quello di Hermione.
“Giù ci sono i tuoi e… non vorrei… che… sarebbe imbarazzante se entrassero adesso.” – disse, riuscendo a dire una frase di senso completo.
“No, no, certo… hai ragione. Allora… ci vediamo, ok?”
“Ok. Buona notte.”
“Notte.”
La salutò con un casto bacio sulle labbra e si affrettò a lasciare quella stanza, meta proibita di tutti i suoi sogni erotici.




Doveva farlo bene, pensò il biondo ragazzo.
Doveva uscire in giardino e rientrare dall’ingresso come se niente fosse.
Ci riuscì, con un sospiro di sollievo.
“Draco, finalmente!” – esclamò la madre. – “Dov’eri finito?”
“Perdonami madre se ti ho fatto preoccupare.” – disse il ragazzo, dribblando la domanda. – “Vogliamo andare a casa?” – chiese il ragazzo.
“Sì è meglio. Lasciamo andare a letto i nostri ospiti.” – disse Narcissa. – “Myra, Elthon, grazie della serata. E dell’invito.”
Myra sorrise.
“Sarete sempre i benvenuti in casa nostra, vero Elthon?”
Ma l’uomo non aveva occhi altro che per Draco Malfoy, che si sentì terribilmente sotto Santa Inquisizione. Draco aveva visto lo sguardo di Elthon e aveva deglutito sommessamente.
Senza farsi vedere, il signor Preston, senza tanti preamboli, fece su di sé il gesto di tagliare la gola al ragazzo, che si portò una mano al collo. Non contento, Elthon, con l’altra mano, fece lo stesso gesto, ma sui genitali.
E Draco sudò freddo. Cazzo… lo aveva scoperto!
“Elthon?”
“Oh, certo.” – fece l’uomo con gli occhi ridotti a due fessure. Andò da Draco con passo studiato e gli diede una poderosa manata sulla spalla, rischiando di sbriciolare la sua persona. Ma Elthon lo tirò verso di sé, mentre il biondo invocava l’aiuto di Myra. – “Sarete i benvenuti e vi comporterete bene, vero Draco?” – disse, schiacciandogli il cosiddetto “nervo della bestemmia”.
Draco, infatti, ne represse una con un finto sorriso.
“S-sì, certo…”
“Bene, allora!” – fece Myra. – “Allora vi aspettiamo per un the, che ne dici Narcissa?”
“Più che volentieri Myra. Ora perdonaci, ti lasciamo andare da Hermione. Lucius, Draco, andiamo?”
Il ragazzo fu ben lieto di andare dalla sua mamma. Ma prima Elthon lo fermò e gli sibilò un consiglio all’orecchio.
“Non ci saranno problemi, vero Draco?”
“N-no.” – un rivolo di sudore gli colò giù per la schiena.
“Bene. Ti do due consigli spassionati: tieni le mani bene in vista e le palle nelle mutande, mi sono spiegato?”
“Per-perfettamente.” – fece il ragazzo.
“Molto bene.” – disse con un sorriso.
“Draco?” – lo chiamò la madre.
Elthon mollò la presa e Draco volò tra le braccia della donna, che lo scambiò per un gesto d’affetto, e non per un’ancora di salvataggio.
Prima di andarsene, Elthon lo guardò eloquentemente.




Hermione guardò fuori dalla finestra della sua camera arrivando, anche con la mente, a una verità che il suo cuore aveva capito da molto tempo.
“Mi sono innamorata…” – si disse, con un sorriso sulle labbra.




Elthon raccontò a Myra ciò che era successo, dalla chiacchierata con Lucius al Crucio – involontario – di Blaise. Myra ascoltò con sgomento il racconto di quei fatti avvenuti in casa sua senza che ne fosse accorta e lo sguardo cadde sulle scale che portavano ai piani superiori.
“E’ meglio se la facciamo riposare. Domani vedremo come sta.”
“E Albert?”
“Si è rintanato in camera sua. Coraggio… andiamo a letto. E’ stata una giornata pesante per tutti.”
Myra annuì anche se quella notte dormì veramente poco.




Ginny, invece, ottenne il permesso dei suoi genitori – più che altro di Molly – per andare a dormire a casa di Blaise.

“Ma certo cara, vai pure. A che ora pensi di tornare a casa domani?”
“Io… non lo so…” – aveva detto la rossa… tutta rossa.
“Che ne dite di venire a pranzo da noi?” – aveva proposto Molly. – “Sarebbe un’occasione per conoscere meglio questo giovanotto.” – disse la donna, che sembrava averlo già preso in simpatia.
Così come Blaise sembrava già adorare quella corpulenta donna che sapeva di mamma solo a guardarla.
“Non so se…”
“Oh, più che volentieri.” – fece Blaise, suscitando il sorriso della donna e le ire funeste del padre.
“Molto bene. Allora vi aspetto domani per le una, siate puntuali. Buona notte.”
“C’è qualcuno in casa, vero?” – aveva chiesto Arthur, nero come la pece.
“Certo signore.” – aveva detto Blaise, candido come la neve.
Arthur sbuffò mentre Molly lo trascinava via…

Ginny entrò in casa e vide che era deserta.
“I tuoi sono già a letto?”
Blaise si girò con un sorriso mortificato.
“I miei non sono in casa.”
La ragazza sbiancò.
“Ma…”
“Passano il Natale sulle Smooky Mountains.”
“Ma…” – balbettò lei. – “Avevi detto a mio padre…”
“Lui mi aveva chiesto se c’era qualcuno… non se c’erano i miei.”
Ginny arrossì. Loro due… da soli… in quella casa…
Con un gesto della bacchetta, Blaise accese il caminetto.
… davanti al fuoco… la fantasia di Ginny fu lasciata libera di correre allo stato brado. Era nervosa e ansiosa.
“Dietro quella porta c’è un bagno. Nell’armadio a muro troverai dei pigiami per la notte.”
Alla parola “pigiama”, la rossa si rilassò, ma avvertì anche una forte sensazione di delusione.
“Grazie.” – disse, avviandosi verso il bagno.
Quando entrò, non credette ai suoi occhi. Quel bagno era più grande di tutta la Tana! Si perse a guardarlo, dandosi della stupida, considerato il patrimonio della famiglia Zabini.
“Ginevra, hai fatto?”
La ragazza scattò come una molla e andò subito all’armadio.
“Un attimo!” – urlò lei.
E quando aprì le ante, pensò di aver sbagliato scomparto. Tirò allora un altro cassetto, poi un altro e poi un altro ancora. Si allontanò di scatto, come bruciata.
E il cuore iniziò a batterle forte.
Prese, con mani tremanti, una vestaglietta di seta argento, trasparente quel che bastava per fare una radiografia senza l’ausilio della bacchetta.
La scartò a priori.
“Ginevra?”
Messa alle strette, la rossa prese la prima cosa che le capitò tra le mani e la indossò. Si guardò allo specchio e chiuse gli occhi. Li riaprì l’attimo successivo e si avviò verso la porta.
“Se non ci scappa il sesso stanotte non so proprio quando!” – borbottò la rossa tra sé e sé. Aprì la porta e si preparò ad affrontare la serata.

Ha scelto me.
Nonostante tutto ha scelto di stare con me. Se penso che m’è mancato un soffio a perderla per la seconda volta mi vengono i capelli bianchi.
Merlino, te lo giuro! Da questo momento in poi le dirò anche quante volte sono andato in bagno! Farò il bravo e…
… oh… porca… puttana…

Ginny entrò nella stanza. Faccia e capelli erano indistinguibili.
La prima cosa che le venne tra le mani fu una canotta di seta dalle spalline molto sottili, abbinata a dei pantaloncini molto corti.
Rigorosamente verde-argento.
“S-scusa… ma non avevi detto pigiami?” – disse lei, pur di rompere quella radiografia.
Blaise scosse la testa.
“Beh, sì. Quelli sono i pigiami di mia madre.”
“Pigiami.” – osservò lei. Si guardò la mise. – “A me sembrano delle vestagliette da notte.”
“Comunque sia, a mio padre piacciono.”
Ginny alzò di scatto la testa. Aveva visto di sfuggita i genitori di Blaise, una volta, a scuola, durante i colloqui genitori-insegnanti. Sua madre era una donna bellissima, a discapito dei suoi quarant’anni, mentre il padre aveva il fascino dell’uomo colto e i capelli brizzolati e ce li vedeva benissimo a rotolarsi tra le lenzuola e darsi alla pazza gioia.
Ma quell’immagine, fu ben presto sostituita da quella dei suoi di genitori e non ci fu nulla di più raccapricciante che le fece storcere la bocca in una smorfia di orrore.
“Dai, vieni qui.”
Ginny si avvicinò e andò a sedersi tra le gambe del suo ragazzo davanti al caminetto. Rimasero in silenzio per un po’.
“Ci sono altre cose che non mi hai detto?” – chiese lei, alzando la testa per guardarlo.
Blaise smise di massaggiarle le spalle.
“No.” – poi, però, gli venne in mente l’Anima Revelat Carmine di Silente. Non sapeva se dirglielo o no.
Ginny sembrò aspettare ancora qualcosa. Aveva come capito dalla sua espressione che c’era dell’altro. Blaise aveva rischiato grosso quella sera e sapeva che, prima o dopo, quella faccenda sarebbe saltata fuori.
Le bugie non hanno mai vita lunga…
“Sì…” – fece lui, sospirando.
Ginny si mise subito sulla difensiva.
“Andiamo bene…” – fece lei, coprendosi gli occhi con una mano. – “Cosa c’è?” – era pronta a tutto, ormai.
“Seguimi.” – le disse, alzandosi e aiutando lei ad alzarsi.
E chissà perché, aveva un brutto presentimento.

Blaise la condusse fuori da quella stanza. Stavano percorrendo un corridoio buio, ma non c’era freddo, anzi. Lei sudava come una disperata per il terrore.
Lui, invece, era rigido come una stecca di baccalà. I muscoli delle spalle erano così rigidi che una volta sciolti gli avrebbero causato non pochi dolori.
Arrivarono di fronte a una porta finemente decorata.
“Siamo arrivati.” – disse solamente. Aprì la porta e Ginny iniziò a chiedersi se Blaise non avesse qualcosa che non andava.
“La biblioteca?” – chiese lei. – “Che ci facciamo qui?”
Il moro non le rispose. Si diresse con sicurezza verso uno scaffale e prese un libro. Ginny lo seguì e lo vide molto combattuto.
“Blaise?”
“Prima di dirti questa cosa, voglio dirtene una io.” – disse, con gli occhi sulla copertina del libro, mentre ne accarezzava la rilegatura.
“Ti ascolto.” – il suo tono serio le fece molta paura.
“Quando ne sono venuto a conoscenza, stentavo a crederci. Ho passato i giorni a dirmi che no, non poteva essere. Che Silente non poteva aver…”
“Aspetta!” – scattò lei. – “Cosa c’entra Silente?”
“Ti prego… fammi finire.”
“Scusa…”
“Poi, però, mi sono fatto mandare da casa questo libro.” – glielo indicò. – “E ho trovato quello che cercavo.”
“Blaise, mi stai facendo morire, parla!”
Blaise sorrise amaro e scelse l’assoluta onestà.
“Se te lo dico… so che tornerai da Harry.”
La rossa sgranò gli occhi. Non lo aveva mai chiamato con il suo nome di battesimo. Capì che la cosa doveva essere più seria di quanto già non fosse.
“Ma che stai dicendo?” – fece lei, spaventata. – “Dopo quello che mi ha fatto? Blaise, diavolo! Dimmi che cosa sai!”
Il moro si rigirò il libro tra le mani, accarezzandolo. Poi alzò lo sguardo.
Ginny spalancò gli occhi. Blaise aveva gli occhi lucidi.
“Se Potter…” – serrò le labbra. – “… se Harry si è comportato così male con te, così come tuo fratello… è colpa… di Silente.”
Ginny barcollò.
Se voleva chiedergli ulteriori spiegazioni, Blaise era sicuro che non ci sarebbe riuscita a causa dello shock.
“Ha usato un incantesimo di magia oscura per tirare fuori…”
“Magia Oscura? Silente?” – sbottò Ginny, come se non avesse aspettato altro che un qualsiasi appiglio per ribattere a quell’affermazione. – “Ma che stai dicendo? Silente non userebbe mai la magia oscura!”
“Lo so. Anch’io facevo fatica a crederlo.”
“No.” – disse lei, negando con la testa e indietreggiando. – “No, non ci credo. Non ti credo!”
Il moro sorrise amaramente.
“Lo immaginavo… ecco, tieni.”
Con tutte le volte che aveva letto quell’incantesimo, ormai aveva imparato a memora il numero della pagina a cui poteva trovarlo. L’aprì e sfogliò le pagine con decisione, mentre la leggera brezza causata dallo sventolio delle pagine gli fece bruciare gli occhi ancora di più.
Le porse il libro, che lei non seppe se accettare o meno.
Man mano che avanzava con la lettura, Ginny sentiva il gelo partirle dai piedi e raggiungere la testa.

Anima Revelat Carmine:                        Incanto Rivela Anime.
Ramo:                                                   Magia Oscura.
Potenza:                                                Livello Sette.
Requisiti necessari all’applicazione:       Determinazione e forza.
Descrizione dell’incantesimo:                 Il mago che perpetra questo incantesimo deve entrare in possesso
                                                              di un oggetto legato alla persona che intende incantare. Ottenuto
                                                              ciò, occorre isolarsi in una stanza chiusa e recitare la seguente formula.
Formula                                                 …

Ginny saltò volutamente quella parte. Con quel tipo di magia non voleva averci niente a che fare.

                                                              L’incantesimo avrà presa solo se i sentimenti dell’incantato non saranno puri.
                                                              Solitamente usato per mettere a prova una fede che si reputa incrollabile, questo

                                                              incantesimo ha mietuto molte vittime. Non si hanno notizie di persone che, sotto
                                                              questo incantesimo, siano riuscite a resistervi. Uomini di chiesa, politici e tanti
                                                             altri sono caduti, rivelando all’intera Comunità magica il loro vero potenziale.
                                                             Questo incantesimo ha il potere di rivelare la vera natura delle persone. Individui
                                                             dall’integra morale hanno dato fondo ai loro più vili istinti.
                                                            Solo chi è in possesso di un cuore puro potrà contrastare l’effetto di tale
                                                            incantesimo.
                                                            Ma non è mai avvenuto.

Ginny guardò il libro, ma in realtà non lo vedeva. Era cadaverica.
Harry… il suo Harry non avrebbe mai detto quelle cose se Silente non lo avesse sottoposto a quell’incantesimo.
Harry… il suo Harry era in realtà ciò che si era dimostrato in quei mesi.
Cosa fare?
A chi credere?
Chi ascoltare?
Cuore o mente?
Il libro le cadde dalle mani.

Mentre la guardava diventare sempre più bianca, Blaise si rese conto di aver messo la parola fine a una storia che poteva diventare molto importante, che era iniziata da neppure 24h.
Si sorprese nel costatare quanto fosse cambiato da quando aveva iniziato a vedere Ginevra Weasley non più come una traditrice del suo sangue, ma come la ragazza che aveva sempre desiderato avere.
“Sono bravo a rovinare le cose, vero?” – disse, sorridendo tristemente con lo sguardo basso. – “Ti… ti metto a disposizione dei vestiti e una carrozza, dato che vorrai tornare a casa.”
Ginny non ebbe la forza di dire niente.
“La tua camera è al primo piano, la stanza in fondo al corridoio. Non ti puoi sbagliare.” – detto ciò, uscì.




La stanza che le aveva messo a disposizione Blaise era la stanza dei suoi sogni.
Ampia, con immense vetrate che davano su un giardino stupendo, ora interamente ricoperto di neve. Sul letto erano stati sistemati ordinatamente un paio di jeans e una felpa.
La felpa doveva essere di Blaise, pensò Ginny, con un sorriso triste. Era proprio il suo stile. I jeans… non sapeva di chi fossero. Sembravano sia da uomo che da donna, ma non importava. Si tolse il pigiama della madre di Blaise e lo lasciò sul letto, accartocciato su se stesso esattamente come si sentiva lei.
La luce lunare entrava dall’enorme vetrata ed era sufficiente ad illuminare l’ambiente, creando una luce azzurrina.
Indossò il jeans e la felpa. Sorrise, toccata dal fatto di aver riconosciuto subito che la felpa fosse del ragazzo. Aveva addosso il suo profumo.
Indossò i sandali e si avviò di nuovo verso l’uscita. Chiusasi la porta alle spalle, Ginny continò a chiedersi se era tutto finito.
Blaise le aveva tenuto nascosto una cosa molto importante, ma l’altro lato della medaglia era che Harry non aveva fatto altro che esternare il suo vero io.
Arrivata a metà scala si fermò e si ritrovò a chiedersi di nuovo se poteva fidarsi del ragazzo. Certo, avrebbe potuto tacere e fingere che nulla fosse successo, però era stato onesto.
Di nuovo, sorrise al pensiero di un Serpeverde onesto e di nuovo la sua mente le proiettò in quel momento tutta una serie di immagini di loro due che ridevano, scherzavano, studiavano e si comportavano da… amici.
Che poi quell’amicizia fosse divenuta qualcosa di più senza che lei se ne rendesse conto era un altro paio di maniche.
Quando arrivò in fondo alle scale e prepararsi per Smaterializzarsi, qualcuno catturò la sua attenzione.
“Ma tu è signorina Ginevra!”
La rossa si girò di scatto, ma non trovando nessuno abbassò lo sguardo. Sorrise, perché davanti a lei stava un elfo molto carino. Doveva essere nato da poco, perché era piccolo e la pelle era ancora priva di rughe.
“Sì, mi chiamo Ginevra. Come mi conosci?”
Sì, o era appena nato o era molto giovane, perché quando la rossa si abbassò, l’essere non si tirò indietro, come facevano i suoi simili, anzi. Si avvicinò di più a lei.
“Sì, sì! Io ti conosce! Io è Pinky! Pinky è contenta di conoscere futura signora Zabini!” – fece l’elfo, saltellando dalla contentezza.
Ginny si ritrovò con il sedere e la bocca indecorosamente a terra.
“Co-cosa?”
Pinky non si curò dello stupore della ragazza.
“Sì, tu sei futura signora Zabini, è vero? Tu sposai padroncino Blaise!”
Ginny era diventata una brace. Sbagliava… o si erano appena lasciati? Si era persa forse un passaggio fondamentale in quei pochi minuti?
“No, io… io non sposerò Blaise.”
Pinky parve delusa. Le sue orecchie, da dritte e vigili, si abbassarono lentamente e gli occhioni diventarono grandi e lucidi.
“Perché? A signorina Ginevra non fu piaciuto padroncino Blaise?” – chiese l’elfo con l’indice sulle labbra.
Ginevra ringraziò sua madre di averle insegnato l’uso dei tempi verbali, perchè Pinky la stava facendo penare un sacco per cercare di capire cosa stesse dicendo.
“Sì, mi piace ma…” – disse lei, istintivamente.
Le orecchie dell’elfo tornarono dritte.
“Bello! Bello!” – fece l’esserino, battendo le mani. – “Viene, signorina Ginevra! Pinky ti ha fatto vedere una cosa!”
Ginny non se la sentì di correggere la grammatica dell’elfo, che ne sembrava particolarmente orgoglioso. Così si ritrovò a seguire l’elfo in un dedalo di corridoi fino ad arrivare in una camera.
Quando l’aprì la mascella si sfracassò a terra.
Pinky era orgoglioso di sé, visto il modo in cui gonfiava il petto.

Dio mio… non ci credo…
Non… non può essere. Questa… questa non sono io!

La stanza in cui Pinky aveva condotto Ginevra era una sorta di tempio votivo.
Un tempio dedicato a lei.
Riconobbe subito lo stile di Dominguez, il suo tratto deciso ma morbido. Era una stanza molto grande e, a parte le finestre, era tappezzata di quadri il cui soggetto era lei.
Lei che rideva, lei che si arrabbiava, lei vestita da ninfa, lei che correva, lei che aveva i capelli al vento…
C’erano così tanti ritratti di lei che le sembrò di essere davanti a tanti specchi.
“Padroncino Blaise li ha chiesti a padron Dominguez.”
Ginny si girò di scatto. Aveva centrato un verbo?
Poi si girò verso i quadri e capì solo in quel momento le parole dell’elfo.
“Li ha… chiesti lui?” – ne toccò uno, ma ritrasse subito la mano, sconvolta.
“Sì, sì! Signor Dominguez detto che tu sei molto bella, signorina Ginevra e che ti volesse come modella.”

Dio beato!
Ma da quanto va avanti questa storia?

Pinky sembrò captare i suoi pensieri.
“Sono due anni che padroncino Blaise ha questi disegni tuoi, signorina Ginevra.”
La rossa abbassò di scatto il volto. Non c’erano parole per descrivere ciò che provava in quel momento.
“Era felice quando ha detto a Pinky che la signorina Ginevra era la sua fidanzata.”
Il cuore batteva così velocemente che il suo tipico martellare era diventato così furioso da sembrare quasi piatto. Sentì le lacrime salirle agli occhi e il naso pizzicare.

Due anni.
Due anni che è innamorato di me. Ma dove li avevo gli occhi?

In quel momento, Ginny comprese il pieno significato della parola “pregiudizio”.
Ne era stata talmente accecata da non capire che le occhiate e le parole di sprezzo di Blaise nei suoi confronti altro non erano che un modo per attirare la sua attenzione e lei, troppo occupata a giocare alla buona Grifondoro, le aveva bellamente ignorate.
Perché lui era un Serpeverde.
Perché lei era una Grifondoro.
Perché, da qualche parte che lei non conosceva, era stato scritto che dovevano odiarsi.
Perché lei, accecata da pregiudizi mascherati da giustificazioni, si era lasciata accecare da essi.
Sarebbe continuato tutto così?
O qualcosa sarebbe cambiato?
Le venne in mente sua madre e la simpatia immediata che aveva provato per Blaise e il sorriso sornione di quest’ultimo nell’essere entrato così velocemente nelle sue grazie.
Per non parlare della gelosia di suo padre che aveva visto i sorci verdi quando Molly aveva dato il permesso alla SUA unica figlia femmina di dormire a casa di un ragazzo che loro avevano conosciuto da poco.
Però… però…
Però il ricordo di quella verità taciuta le faceva ancora molto male.
E con il pensiero, andò a Hermione.
Lei aveva avuto il coraggio e la forza di sorvolare sul male che Malfoy le aveva fatto. Sì, erano due situazioni diverse, ma in comune c’era il fatto che i due ragazzi avevano provocato alle due ragazze del dolore.
E si diede della stupida perchè se aveva continuamente giustificato e perdonato a Harry tutti i suoi atteggiamenti, tutte le sue parole, tutte le sue bugie pur sapendo che non le meritava, perché non poteva perdonare un ragazzo che aveva taciuto il suo amore per due anni, che l’aveva osservata da lontano e che aveva scelto di dire la verità, pur sapendo che avrebbe rischiato di perderla?
Blaise le ricordò tanto se stessa quando aspettava che fosse Harry ad accorgersi di lei. Ricordava molto bene come stava, le lacrime, i pianti soffocati nel cuscino.
Scappò via da quella stanza, sotto lo sguardo stranito di Pinky, che passò al terrorizzato, immaginando di aver fatto qualcosa che non doveva fare.
Sapeva come si stava e non voleva che altri – che Blaise – vi ripassassero.
La sua non era compassione.
Il suo era amore.




In piedi di fronte alla finestra, Blaise osservava il paesaggio, illuminato dalla luna piena.
Sarebbe stato bello poterlo ammirare con lei, ma era scappata.
Forse, com’era giusto che fosse.
Appoggiato sul tavolino di ebano intagliato, c’era il libro che gli aveva fatto bruciare la sua ultima possibilità con la ragazza che amava. Lo prese in mano con innaturale calma. Lo rigirò tra le aristocratiche dita e in un impeto di rabbia aprì la porta con un incantesimo e scagliò il libro lontano da sé.
Che colpì dritto sul naso la povera Ginny, arrivata in quel preciso momento.
Blaise sgranò gli occhi.
“AHIA!” – urlò lei, tenendosi il naso e piegandosi per il dolore.
Il libro, non contento, le aveva preso il setto nasale con lo spigolo del dorso, facendole lacrimare gli occhi.
“G-Ginevra?” – chiese lui, certo di essere preda di allucinazioni.
“Bi hai fatto bale!” – sbottò lei, tenendosi il naso e alzandosi di scatto.
“Che ci fai qui?”
“Ba hai sentito cosa ho detto? Bi hai fatto bale!”
Sconvolto dalla surreale situazione, il moro corse da lei e la fece entrare in camera. Ginny continuò a massagiare il suo povero naso e ringraziò Merlino che non si fosse rotto.
“Scusa, scusa! Che ci fai qui?” – esclamò, sconvolto, non sapendo dove mettere le mani per rimediare al pasticcio che aveva fatto.
“Oh, scusa…” – fece lei, offesa. – “… me ne vado.”
Blaise l’afferrò per il gomito e la fermò.
“Nononononononono, aspetta!” – averla di nuovo tra le braccia fu strano, ma bellissimo allo stesso tempo. – “Io… pensavo fossi tornata a casa tua!”
“Oh, ti prego… lasciamo perdere, ok?” – fece lei, alzando gli occhi al cielo. – “Piuttosto, parliamoci chiaro una volta per tutte, ok?”
“O-ok…” – fece il moro, indietreggiando spaventato.
“Nel malaugurato caso in cui ti vengano in mente altri dettagli sul comportamento di Harry…”
Ecco la mazzata finale, pensò Blaise.
“… vedi di tenerteli per te!”
Cosa?
“Cosa?” – fece, sgomento.
“Non voglio più sentir parlare di questa storia. Quindi se dovessi ricordarti qualcos’altro in merito, sappi che dovrò essere l’ultima persona sulla faccia della terra, dell’universo e delle galassie adiacenti a volerlo sapere. Sono stata sufficientemente chiara?”
Ok.
O era caduta dalle scale e aveva battuto la testa, o il trauma al naso era stato troppo forte, o…
… o era dannatamente seria.
“Ma… sei seria?”
“Ho la faccia di una che scherza?” – fece, come se le avessero appena ucciso un parente.
“No.” – rispose subito, scuotendo la testa.
“Bene.” – fece, rilassando la postura.
Blaise aveva tante domande da fare, che non sapeva da quale iniziare, ma di una più di tutte gli premeva avere la risposta.
“Tu… mi… hai… perdonato?” – soffiò l’ultima parola in un pigolio con gli occhi socchiusi e le spalle contratte.
“Sì.”
Lo vide ringiovanire di vent’anni.
“Ma non ci fare troppo l’abitudin…”
Blaise si avventò sulle sue labbra e la baciò così appassionatamente da lasciarla stordita per un attimo. Capita l’antifona, Ginny avvolse le sue braccia attorno al collo di lui.
Perché cazzo aveva lasciato il pigiama in camera?…
Il bacio divenne più dolce e sensuale. Le mani di lui s’infilarono sotto la sua felpa e accarezzarono la sua pelle con tocchi appena accennati dei polpastrelli.




Sapevano cosa sarebbe successo.
Lui aspettava quel momento da due anni.
Blaise pensò che il contrasto che i capelli rossi della sua ragazza con il verde delle lenzuola non fosse così fastidioso, ma perfetto.
“Sicura?”
Ginny annuì, benché avesse una paura terribile. Odiava il dolore.

Quando era più piccola e sua madre doveva portarla al San Mungo per farle gli esami di routine, l’opera di convincimento iniziava una settimana prima.
Arrivava terrorizzata al fatidico giorno in cui l’avrebbero privata di poche gocce del suo sangue, strizzava gli occhi fino a vedere le stelle e serrava i denti come se le stessero strappando le unghie senza anestesia.
Quando l’infermiera Jenny le diceva di aver finito, la piccola Ginny spalancava gli occhioni, per poi trovarsi davanti un succhia-succhia-che-mai-si-consuma e il sorriso divertito delle due donne.
Jenny era brava a non farle sentire il dolore. Chissà se lo sarebbe stato anche Blaise?

“Se non vuoi, dimmelo.”
“No, no… solo… fa piano.” – soffiò lei.
Merlino, sarebbe andato al rallentatore pur di non farla star male!, ma sapeva che la prima volta era sempre dolorosa, c’era chi lo sentiva di più e chi di meno.
Sperò che lei rientrasse nella seconda categoria.
Con il busto che usciva dalle lenzuola, Blaise sembrava un dio greco.
“Ti fidi?”
Ginny inghiottì pesantemente e annuì. Blaise le sorrise, rassicuramente, iniziando la sua opera con dei baci sul volto di lei, per cercare di metterla il più a suo agio possibile.
La rossa, infatti, si rilassò. Rispose al suo bacio con la stessa intensità. Quando lo sentì spingere, trattenne il respiro e i muscoli pelvici si contrassero istintivamente.
Lo guardò con un’infinità di scuse negli occhi.
“Tranquilla…” – soffiò lui al suo orecchio. – “… è normale.” – Blaise non si arrese. Con spinte delicate ma costanti cercò di farla abituare a quell’intrusione.
Ogni spinta era un suo respiro mozzato. Aveva cercato i suoi occhi e lui non glieli aveva negati. Ad un tratto, lo sentì fermarsi e chiudere gli occhi per un attimo.
Ginny sentì la terra franarle sotto i piedi. Si era già stancato di provarci? L’aveva deluso? Si aspettava maggior collaborazione da parte sua?
Stava per scoppiare a piangere.
“Ce l’abbiamo fatta, hai visto?” – sussurrò lui, con una luce emozionata negli occhi.
La rossa sbarrò gli occhi. Già fatto? Non… non aveva avvertito niente! Non aveva sentito niente!
Non fosse stato per il momento tutto particolare, si sarebbe messa a saltare in giro per la stanza!
Forse non avrebbe ricevuto un lecca lecca come premio per il suo coraggio, ma Blaise era un trofeo più che adeguato alla situazione.
Fecero l’amore una sola volta, quella sera e fu magico.
Non solo perché finalmente si erano ritrovati, dopo mesi di tira e molla, ma perché capirono – Ginny soprattutto – che la prima volta era speciale, che andava consumata con chi veramente ci si fidava.
E ringraziò Merlino, Morgana, tutti i santi che conosceva, ma soprattutto sé stessa, per essere riuscita a pensare con la propria testa.
“Sono innamorata di te, Blaise.” – fece Ginny, guardando il volto sorpreso del ragazzo, come se temesse di venir respinta.
Il suo sorriso la mandò in panne.
“E io amo te.” – la strinse, incredulo per ciò che era avvenuto.

La maggior parte delle persone non riceve nemmeno una possibilità nella vita.
In poche, ne ricevono una.
Blaise Zabini ne aveva avute due.









Note di me:

La prima cosa che ci tengo a dirvi è che volevo mettere la parte in cui Ginny e Blaise lo fanno nel capitolo successivo. Poi mi sono detta che sarebbe stato brutto interrompere l’atmosfera che si era creata e anche perché era un piccolo trafiletto, ma che necessitava di una sua continuazione emotiva.
La seconda cosa che voglio chiedere, invece, è la più scontata: vi è piaciuto il capitolo?
Ginny lo ha perdonato troppo in fretta oppure tutto l’insieme della loro situazione, l’aver conosciuto Blaise per quello che è, è stato di fondamentale aiuto per farle prendere la decisione di perdonarlo?

Hermione – in questo caso la mia professoressa mi direbbe che sto saltando di palo in frasca, perché sono partita dalla fine per tornare all’inizio. Scusa prof! – è stata condotta in camera da suo padre, subito dopo raggiunto da un preoccupatissimo Albert che, una volta venuto a conoscenza dei fatti, vuole evirare qualcuno.
A voi la scelta tra Blaise, che lo ha fatto involontariamente, e Potty, che ha scatenato tutto ‘sto pandemonio.

A seguire Draco che, aspettato che i due se ne andassero, è uscito dall’oscurità per stare con Hermione, la Ninfomane.
So di per certo – e non potete assolutamente negarlo – che sono caduta nell’OCCC (Oh-Cazzo-Che-Cambiamenti) per quanto riguarda Draco e Hermione.
Lui che cerca di rassicurare Hermione che il suo atteggiamento di prima andasse bene, lei per quello di “Vergine delle Rocce” immolata per la causa “Facciamo Felici Draco!”
Però me la sono sempre immaginata così, che scrivere diversamente mi veniva più che difficile.
Impossibile.

Elthon ha scoperto Draco e gli ha promesso una decapitazione di entrambe le teste se “non teneva le mani in vista e le palle nelle mutande”. È un’espressione che amo e che rende perfettamente la gelosia di un padre.
Attenzione, attenzione!, questa gelosia creerà non pochi problemi alla nostra coppietta preferita.

Sembra che Elthon e Lucius abbiano riallacciato una sorta di rapporto basato per intanto sulla civiltà. Non si sa mai che poi possa tornare quello di un tempo… ù_ù

Blaise porta Ginny a casa sua e da bravo Serpeverde gioca con le parole e rassicura Arthur che in casa sua c’è qualcuno.
Un po’ generico, no?
Alla fine, Blaise non riesce a tenere nascosta tutta la verità a Ginny, conscio che questa non gliel’avrebbe fatta passare. Infatti, Ginny se ne va, ma con il cuore pesante. Il dubbio era rimanere con Blaise, nonostante quella bugia oppure lasciarlo e star male per la sua lontananza.
Fortuna che Pinky – perdonate la fantasia del nome ç_ç – è intervenuto al momento giusto e ha rispolverato i quadri di Dominguez per Ginny che finalmente ha compreso che c’è più da fidarsi di un ragazzo che ti tiene nascosti i propri sentimenti per paura di un rifiuto, che di uno che te li sbatte in faccia ma che poi ti tratta male.
Due nomi a caso? Uhm… vediamo… Blaise e Harry? ^_^
Pinky comunque merita una medaglia al valore!
W Pinky!

Solo soletto nella sua stanza, Blaise guarda il libro che gli ha permesso di rovinare la storia con Ginny. Non volendolo più vedere, lo scaglia fuori dalla porta, ma prende sul naso la sua ex ragazza.
Si chiariscono e finalmente possono vivere la loro storia senza bugie che possono rovinarla.

Bene! Mi sembra di aver detto tutto, in caso contrario, le vostre recensioni saranno più che bene accette in caso abbia dimenticato qualcosa.
E, ovviamente, prima di lasciarvi, vi spoilerizzo!

“E il dolore della prima volta?”
Myra si portò lentamente una mano sugli occhi. Ma perché Elthon doveva fare l’Auror anche a casa?
“Già risolto!”

Ops…

Bacioni, callistas.

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Capitolo 29
*** Guai per Myra ***


29 - Guai per Myra Allora… sessanta minuti fa un’ora.
Tipica freddura inglese, scusate…

Dunque… abbiamo lasciato Ginny e Blaise attorcigliati alle lenzuola dopo una sfiancante sessione di sesso.
No, dai, scherzavo… non voglio sminuire ciò che c’è – finalmente – stato tra i due.
Allora ricominciamo: abbiamo lasciato Ginny e Blaise accoccolati l’uno accanto all’altro, mentre guardavano la neve scendere, dopo aver fatto l’amore.

In questo capitolo, invece, troveremo altre situazioni e chiarificazioni di cui, ovviamente, non vi do manco mezzo anticipo.
Leggete per scoprire.
Come avrete notato, è un capitolo piuttosto lunghetto, questo è dovuto al fatto che ho inserito una parte che non era prevista, ma che una gentile lettrice, per non dire fuori come un poggiolo, mi ha fatto notare per rendere il tutto ancora più credibile.

Dedico quindi questo capitolo a Shenhazai, in barba alla risposta della prima recensione che mi hai lasciato. Ci ho rimuginato su tutta la notte e mi sono detta che forse un discorsetto ci stava bene, anche se forse non con il diretto interessato.
Spero ti possa andare bene lo stesso.









VERITA’ NASCOSTE
GUAI PER MYRA

Quel sabato mattina, oltre a svegliarsi completamente intorpiditi, Blaise e Ginny si svegliarono abbracciati.
Ginny Weasley era una contraddizione vivente: conosceva tutto del sesso, di come funzionassero gli apparati riproduttivi maschili e femminili, le posizioni da assumere durante l’amplesso, come far godere meglio il partner, ma al lato pratico della cosa, era sempre stata bloccata dal fatto di poter fare brutte figure.
E quel mattino si svegliò con un sorriso che lentamente andò da orecchio a orecchio, quando sentì una terza presenza tra di loro. Non le dava fastidio e nemmeno si sentiva oltraggiata, perché sapeva che non era una cosa voluta, ma un riflesso incondizionato del corpo umano maschile.
Si ricordò di come una volta Calì era entrata strepitando in camera, dicendo che Nott era un porco pervertito che anche quando dormiva la sua terza gamba aveva vita propria!
Ginny non l’aveva nemmeno presa in considerazione e non si era nemmeno presa la briga di risponderle. Ciò che avrebbe detto non avrebbe di sicuro fatto piacere alla ragazza.
Era una (e)re(a)zione normale che con l’andare della giornata si sarebbe messa a posto da sola. E poi, aveva avuto parecchie lezioni di questo genere dai suoi fratelli, in grado di creare tende canadesi a letto senza l’ausilio della magia e la cosa non le creava nemmeno un filo di imbarazzo.
Sì, Ginny Weasley faceva Contraddizione di terzo nome…
“Buon giorno…” – mugulò lei, con voce impastata dal sonno.
Blaise serrò la presa sul suo fianco, riflesso incondizionato dettato dal fatto che potesse ancora scivolarle via dalle mani.
“Mmmm…” – mugulò lui.
“…a tutti e due.” – rise lei.
Blaise spalancò gli occhi e si ritrasse con il bacino.
“Scusa…” – l’aveva appena ritrovata. Di certo non voleva perderla solo perché il suo corpo prendeva decisioni in totale autonomia.
“Non ti preoccupare. Che ore sono?” – chiese, accoccolandosi meglio al suo bacino.
Blaise si girò verso il comodino. L’orologio segnava le nove e trenta.
“Le nove e mezzo. C’è tempo…” – disse, tornando ad abbracciarla.
Ginny non si lamentò e tornò ad accoccolarsi a lui.
Sì, c’era decisamente tempo…




Sì, c’era tempo.
Tempo per abbracciarla.
Tempo per annusare la pelle che sapeva di sesso e di lui.
Tempo per programmare tutta una vita insieme.
Tempo per accarezzarle con dolcezza il seno sinistro, in un gesto totalmente disinteressato.
Tempo per infilarle un ginocchio tra le gambe e sentire che non c’era altro posto più giusto per lui di quello in cui si trovava in quel momento.
Tempo per pensare a lei.
Tempo per pensare.
E basta.
Erano passate solo poche ore dall’incidente a casa Preston e solo in quel momento si ritrovò a pensare ad un fatto molto strano. Insolito, avrebbe anche detto.
Elthon Preston non gli aveva detto niente del fatto che avesse usato una Maledizione Senza Perdono investendo – per assoluto sbaglio – Hermione.
Visto il suo passato che includeva una famiglia votata al martirio e allo scatafascio personale, Blaise si disse che era veramente strano il fatto che Elthon non lo avesse: 1° Cruciato a sua volta, 2° spedito ad Azkaban senza possibilità di appello o 3° che non gli avesse fatto una paternale che sarebbe finita il giorno del forse dell’anno duemila mai.
Si disse che forse, anzi, senza forse, in quel momento era più preoccupato per Hermione, che per un ragazzo in preda agli ormoni e che forse la paternale sarebbe arrivata in un secondo momento.
Magari supportata da qualche punizione corporale.

Non importa.
Se Elthon vuole punirmi che lo faccia. Adesso che Ginny è la mia ragazza, potrebbero tagliarmi anche le gambe. Andrebbe bene qualsiasi cosa.
Farò le mie scuse a Hermione, anzi… prima di partire per andare dai suoceri, le manderò un gufo di scuse.
So che non è una scusante, ma in quel momento ho sentito di poter essere in grado di lanciare un’Avada Kedavra, tanto che Voldemort avrebbe solamente dovuto sedersi e prendere appunti.
L’ha trattata come uno straccio e poi, come se niente fosse, ha ammesso il suo tradimento. So che parte della colpa va a Silente ma non riesco a non pensare che quell’incantesimo non abbia fatto altro che rivelare la vera essenza di Potter.
Se potessi tornare indietro, Merlino mi è testimone, lo rifarei, anzi… mi impegnerei di più.
Cercando di schivare Hermione, magari…
Adesso però voglio solo stare con Ginny.
Il resto verrà da sé.









Anche Hermione si svegliò, molto presto, però.
Non aveva fatto in tempo a connettersi con il mondo che le immagini di ciò che era successo la sera prima l’avevano investita in pieno.
La furia di Ginny…
… il Cruciatus – involontario – di Blaise…
… i baci di Draco…
Ecco… quella era stata la parte della serata che più aveva gradito. Si stiracchiò, ma spalancò gli occhi quando avvertì una forte scarica attraversarle il corpo. Sapeva che faceva male, molto male… Bellatrix Lestrange era stata molto cortese in quel senso, nel volergliela far provare. Con movimenti più lenti, in modo da abituare il corpo, Hermione prese a muoversi e quando riuscì a mettersi seduta, per poco non cacciò un urlo.
“Dio… Albert!”
Il ragazzo aveva un aspetto terrificante. Occhiaie sotto gli occhi, capelli spettinati e il vestito della sera prima tutto sgualcito.
Non aveva dormito quella notte. Si era intrufolato in camera di Hermione e l’aveva vegliata senza concedersi un attimo di riposo.
“Come stai?” – chiese il ragazzo. I suoi occhi gonfi e rossi davano l’impressione che avesse appena pianto.
La riccia, sgomenta, si avvicinò a lui, ignorando le fitte. Albert si alzò di scatto e le impose di non muoversi.
“No, sta giù.” – disse, fermandola.
“Sei stato sveglio tutta la notte?” – chiese lei, sgomenta.
“Non ti preoccupare.” – le sorrise stanco. Si sedette sul materasso con lei, stropicciandosi gli occhi con i palmi delle mani.
“Dio, sei distrutto!” – fece lei, abbracciandolo.
“Dai, non è niente. Ti porto la colazione?”
“No!” – tuonò lei. – “Tu porti qui le tue chiappe e dormi!” – fece, indicando perentoria il suo materasso.
“Hermione, hai subito un Cruciatus!”
Hermione preferì sorvolare sul fatto di conoscere gli effetti di quella maledizione, perchè con il carattere di Albert avrebbe dovuto sottostare ad un interrogatorio degno di un Auror e in quel momento, Albert aveva bisogno di riposo.
“Dai, sdraiati e riposati.”
“No, davvero…” – fece il ragazzo, ma Hermione fu più convincente, o forse era lui che era distrutto dalla nottata.
“Su, su…” – fece lei, aiutandolo a togliersi i vestiti.
“Hermione davvero, non importa…” – ma nel frattempo aveva raggiunto di sua spontanea volontà il cuscino. – “Non voglio dor… zzz… zzz…”
“… mire?” – fece lei, divertita.
Fece a piano. Si vestì, preferendo fare la doccia più tardi e scese a fare colazione.
Dove ci sarebbe stato da dare qualche delucidazione…




Seduta su una poltrona che dava le spalle ad un allegro fuocherello, Hermione fissava alternativamente suo padre, seduto con le gambe accavallate e le braccia incrociate e sua madre, con le mani in grembo e uno sguardo decisamente poco amichevole.
“Tuo padre mi ha raccontato ciò che è successo durante la tua festa, Hermione.” – fece Myra.
La riccia non rispose.
“Frapporsi tra una Maledizione Senza Perdono e il suo destinatario.” – continuò la donna.
Hermione tirò un interno sospiro di sollievo. Meno male che suo padre non le aveva detto di Az…
“E che hai ritardato alla tua festa per andare ad Azkaban.”
Ecco, appunto…
Myra si alzò dal divanetto che divideva con il coniuge e le diede le spalle. A Hermione dispiacque moltissimo vederla in quello stato, ma sapeva che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista così, perché aveva detto il suo addio personale a quella donna ieri sera.
“Quando tuo padre me lo ha detto non ci volevo credere.”
Hermione rialzò gli occhi e la vide tremare.
“MA CHE TI HA DETTO IL CERVELLO?” – urlò, con le lacrime agli occhi. Si portò una mano alla fronte ed Elthon si alzò per andare da lei. – “Perché ci sei andata?”
Hermione alzò il capo.
“Beh, visto che papà te lo ha detto, pensavo ti avesse raccontato anche il resto.” – sentenziò lei.
Myra si girò, incredula, poi guardò Elthon, che si aprì in un leggero sorriso.
Papà?
Cosa di preciso non le aveva detto?
“Ci sono andata perché dovevo farlo.”
“E non ti potevamo a…”
“No.” – disse lei. – “Era una cosa che dovevo fare da sola.” – spiegò Hermione. – “Le ho permesso di tirare i fili della mia vita anche dopo che ho scoperto la verità. Dovevo tagliare da sola quei fili!”
“Hermione!” – fece la donna, andando da lei. – “Sei stata da sola con quella donna! Ancora! Hai idea di come mi sono sentita?”
“Sì, e mi dispiace.”
Myra la guardò negli occhi. Erano così diversi da quando li aveva rivisti per la prima volta dopo diciassette anni. Così vivi, così pieni di vita… è stato davvero importante per lei fare quella cosa? Da sola? Le accarezzò una guancia e le diede un bacio in fronte.
“E’ davvero finita questa storia?” – chiese Myra, che non avrebbe retto oltre quella situazione.
“Finita, sepolta, andata.” – elencò Hermione con un sorriso d’incoraggiamento.
“D’accordo.” – fece Myra, accettando quella spiegazione. Si sarebbe accontentata perfino di una bugia! – “Non parliamone più, va bene?”
Hermione le sorrise e andarono insieme a fare colazione, mentre Albert, di sopra, dormiva della grossa.

“Zzz… zzz…”




Elthon aveva fatto una scelta.
Scelse di non dire nulla a Myra della vera natura di Jean Granger, perché sospettava che sua moglie o avrebbe avuto un infarto o si sarebbe recata ad Azkaban con chiare e omicida intenzioni.
Ne aveva discusso con Hermione proprio quel mattino, mentre la moglie si era assentata un attimo per andare a rinfrescarsi nel bagno della loro camera dopo la confessione di Hermione.

“Non ho detto a tua madre della vera natura di Jean.”
“Capisco. Hai fatto bene.”
“Hermione… come diavolo hai fatto a scoprire quell’incantesimo?” – chiese, incuriosito e, onestamente, ancora incredulo. Era da quando Hermione aveva sciorinato quella spiegazione impeccabile sull’incantesimo e le sue conseguenze che moriva dalla voglia di chiederglielo.
“E’ stato facile. Si fa per dire…” – specificò. – “Ogni mago ne può rintracciare un altro seguendo semplicemente la Traccia che lascia la sua bacchetta, no?”
Elthon annuì.
“Ci sono altri incantesimi per rilevare la presenza di un mago in qualsiasi altro posto, ma non sto qui a elencarteli, perché credo tu li conosca già.”
“Li ho provati tutti.”
“Tu e mamma continuavate a dirmi che mi avevate cercata dappertutto, che non dormivate di notte per non interrompere le ricerche e che avete mobilitato i Reparti Speciali per me. Ora, conoscendo le capacità di questi reparti mi sono chiesta come potevano non essere riusciti a trovarmi.”
Elthon beveva le sue parole. Era davvero la strega più intelligente della sua età. Ed era sua figlia, pensò in un moto d’orgoglio.
“Così mi sono detta che doveva esserci qualcosa sotto, che qualcosa o qualcuno doveva aver aiutato quella donna a nascondermi perché altrimenti era impossibile che non foste riusciti a trovarmi prima. Di certo non immaginavo che quel qualcuno fosse Voldemort.” – disse, massaggiandosi la nuca, a disagio.
“Pensavo di avere le traveggole quando ho visto il Marchio Nero sull’avambraccio di quella donna.”
“Io lo avevo sospettato, ma non riuscivo a crederci. Quando abitavo con lei non aveva mai mostrato segni di un comportamento sospetto e io non mi sono mai sognata di andare a pensare che lei avesse preso il Marchio di sua spontanea volontà.”
“Perché non me ne hai parlato?”
“Per lo stesso motivo per il quale non ti ho detto che volevo andare da lei da sola. Mi avresti impedito di fare qualsiasi cosa che avesse a che fare con lei.”
“Ha parlato di una profezia… ne sai niente di più preciso?” – chiese Elthon.
“Solo quello che mi ha detto lei. Che Voldemort aveva grandi progetti per me, che se mi fossi creduta una mezzosangue non lo avrei affrontato e che avrei passato la mia vita a nascondermi da lui in attesa della “grande rivelazione”.” – disse, facendo le virgolette con le dita. – “E in effetti… quando sono tornata a casa per le vacanze natalizie il primo anno era un po’ fredda con me. In cella mi ha detto di aver maledetto il giorno in cui sono stata smistata a Grifondoro per le qualità di coraggio e lealtà di quella casa. Forse sono state proprio quelle caratteristiche che hanno mandato a monte i suoi piani.”
Elthon tacque per un attimo.
“Ancora non ci credo…” – disse l’uomo. – “E hai trovato l’incantesimo nella nostra biblioteca?”
Hermione sorrise imbarazzata.
“Sì. Sinceramente pensavo di dover cercare in chissà quale posto sconosciuto e invece mi è bastato cercare accuratamente tra i vostri libri.”
“E io non ci ho mai pensato…” – disse amaro.
“Le tue intenzioni erano quelle di trovare me. Capire come avesse fatto a nascondermi così bene era un aspetto secondario. Io invece volevo sapere quello, volevo sapere come ha fatto una babbana a superare i controlli degli Auror. Avevamo le stesse intenzioni, ma obiettivi diversi.”
“Comunque… non diciamo niente a tua madre, ok?”
“Ho la bocca sigillata.”









“… e dimmi, Blaise… cos’hai intenzione di fare dopo il diploma?”
Il moro stava studiando alcuni oggetti di provenienza babbana che Arthur tanto amava. Si girò e sorrise alla donna che stava facendo affettare delle verdure dalla magia.
“Credo che nell’immediato farò un viaggio.”
Ginny lo guardò perplessa, alzando lo sguardo dal piatto che stava mettendo in tavola. Ah sì?
“Davvero? E cosa vorresti visitare?” – chiese Molly, interessata.
“L’Europa. È un continente ricco di arte…” – guardò Ginny che arrossì. – “… conto di fare un salto in Spagna, per fare il percorso di Santiago de Compostela, andare al Louvre in Francia e a Roma a vedere la Cappella Sistina.”
“E dimmi, come farai con l’alloggio?”
Ginny stava per dirgli che Blaise aveva soldi a sufficienza per comprare la Tana, restrutturarla, farne un tempio della musica, demolirla, restrutturarla e trasformarla in qualsiasi cosa gli aggradasse da qui ai prossimi cinquant’anni, ma ancora, il moro, la sorprese.
“Oh, non mi preoccupo. In Spagna abbiamo una villa, vicina a quella di Miguel, anche se con tutte le volte che ha scroccato ospitalità, dovrebbe solo aprirmi le porte e farmi passare.”
“Miguel?” – chiese Molly, inesperta in materia.
Ginny sapeva che non si sarebbe mai abituata a quella confidenza.
E a quella conoscenza…
“E’ un vostro compagno di scuola, Ginny?” – chiese la donna.
La rossa soffocò una risatina.
“No, Molly… oh, posso chiamarla Molly, vero?” – si premurò di chiedere Blaise, innocente come un putto.
La donna sorrise amabilmente.
“Ma certamente caro e ti prego, dammi del tu. Il lei mi fa sentire vecchia.”
“Ma se lei e Ginevra sembrate sorelle!” – l’adulò lui.
Ginny lo guardò, pregando di non esagerare, ma la madre sembrò gradire assai quei complimenti, così rari da un buzzurro che aveva sposato anni addietro…
“Oh, ma che ragazzo adorabile! Gradisci ancora delle tartine, Blaise?” – chiese la donna, porgendogli un vassoio che ormai aveva la conca da tanto carico che era.
“Oh, grazie Molly. Troppo gentile!” – il moro zampettò verso di lei, sorridendo in direzione della sua ragazza, che lo guardò sbuffando.
E sorridendo.

Tra una chiacchiera e l’altra erano arrivate le una. I due fidanzatini si erano alzati verso le undici, si erano fatti una doccia – insieme – e poi erano andati alla Tana, per stare insieme ai genitori di lei.
Il clima che si respirava a tavola sembrava di festa assoluta. Tutto il clan Weasley al completo sedeva riunito allo stesso tavolo.
Compreso Harry Potter.
Escluso Percy Weasley, il che era ormai di prassi per quella famiglia.
Quando lo aveva visto, Blaise era diventato di sale, non immaginandosi che avrebbe avuto il coraggio di presentarsi, ma Ginny si era dimostrata più forte di lui; gli aveva infilato una mano nella tasca posteriore dei jeans e si era stretta a lui.
Harry aveva osservato il tutto con signorile distacco. Non aveva fatto scenate, altrimenti avrebbe significato dare spiegazioni che sicuramente i signori Weasley non avrebbero gradito. Così Harry dovette sorbirsi tutta la scena in silenzio, mentre Blaise e Ginny, soprattutto Blaise, ebbero la loro vendetta.
Fu accettato sommariamente bene, Blaise, dalla famiglia, a parte da Arthur che non gradiva l’atteggiamento civettuolo della moglie e la troppa confidenza della figlia.
Ma il suo sguardo arcigno si addolcì quando vide che gli occhi della sua bambina erano tornati vivi e solari.









Quel mattino Draco Malfoy si svegliò di ottimo umore, anzi. Si poteva dire che Draco Malfoy, quella notte, non aveva dormito un solo minuto.
Se chiudeva gli occhi, riusciva solo a vedere Hermione stringersi a lui e cercare maggior contatto con il suo corpo ed era una cosa da evitare, visto che gli procurava ingenti danni all’apparato idraulico… e una tenda canadese a letto.
Un leggero bussare lo risvegliò dai suoi sogni.
“Avanti.” – disse il biondo, assumendo un atteggiamento meno infantile. Con sua sorpresa, entrò Lucius. – “Buon giorno, padre.”
“Buon giorno, Draco. Hai dormito bene?”
Draco non era ancora avvezzo a quelle attenzioni e, nonostante fossero passati alcuni mesi, si sentiva ancora a disagio.
“Sì, grazie. Come mai qui?”
“Avevo bisogno di parlarti.” – Malfoy Senior appellò una poltrona e vi si sedette elegantemente sopra.
“Dimmi.”
“Tua madre e io ci siamo sposati per via di un accordo tra i nostri genitori.”

Ma… Merlino benedetto! Sono appena le nove del mattino e mi devo sentire ‘sti discorsi? Lo so benissimo che il loro matrimonio era stata una cosa combinata, ma poi è subentrato l’amore.
O almeno, così mi ha detto mamma.
E poi cosa c’entra con me? Neanche… oh, cazzo! Non vorrà mica propinarmi un matrimonio combinato, vero? Pensavo… pensavo che mi avrebbe lasciato libero di decidere con chi passare il resto della mia vita, e invece?
Perché, cazzo? Perché non posso essere padrone della mia vita?

Draco rimase impassibile e il ricordo dei baci scambiati con Hermione iniziò a diventare molto sfocato.
“All’inizio non ci sopportavamo molto.” – continuò Lucius, perso nei ricordi. – “Lei a malapena mi guardava e io ero troppo giovane per volermi accollare una moglie e un figlio.”
“Non era mia intenzione rovinare la tua vita.”
Lucius lo sguardò e Draco si pentì di aver aperto bocca.
“Durante una battuta di caccia…” – continuò Lucius, ignorando la battuta. – “… venni ferito a una gamba.”
Il ragazzo lo guardò sorpreso. Questa proprio gli mancava…
“Narcissa era uscita con delle amiche e non sarebbe rientrata prima di sera.”
Voleva chiedergli cosa c’entrasse, ma ritenne più saggio starsene zitto.
“Il padre di Blaise e di Theodore mi portarono dentro in casa. Il primo si smaterializzò al San Mungo, il secondo corse ad avvisare tua madre.”
Ci sarà una morale?, si chiese il ragazzo.
“Thaddeus…” – il padre di Theodore. – “… arrivò con Narcissa dieci minuti più tardi. Non ho mai visto tua madre così preoccupata come quel giorno.”
“Non capisco cosa tu voglia…”
Lucius continuò il suo discorso.
“Mandò Thaddeus ad avvisare Lysander che la presenza di un Medimago non era necessaria. Mi curò lei. Disinfettò la mia ferita con cura e la bendò, stringendola lo stretto necessario. La pozione che mi aveva somministrato, mi fece cadere in una sorta di sonno durante il quale, tua madre non si allontanò mai da me. Quando mi svegliai, la trovai addormentata che teneva la mia mano nella sua.”
Vedendo la confusione di Draco, Lucius si apprestò a spiegargli la morale.
“Ciò che sto cercando di dirti, Draco, è che tu non sarai costretto a subire la mia stessa sorte, benché io abbia avuto la fortuna di avere accanto una donna che abbia imparato ad amarmi. E che io a mia volta amo.”
Il ragazzo allargò leggermente gli occhi. Aveva capito bene? Non… non voleva combinargli un matrimonio, allora?
“Cosa… perché mi dici questo, padre?” – chiese lui, per precauzione.
Lucius si alzò dalla poltrona, facendo leva sul suo bastone da passeggio.
“Che sei libero di scegliere la donna che vorrai come tua compagna di vita.” – disse, dandogli le spalle.
Non fosse stato Draco Malfoy, il ragazzo si sarebbe messo a saltare sul letto e a fare le capriole.
“Sempre che tu non l’abbia già trovata. Magari, che so… al ballo ieri sera? Ti aspetto in sala per la colazione. Non tardare.” – Lucius chiuse la porta.
E Draco collassò a letto con gli occhi spalancati.
Ora i ricordi dei baci scambiati con Hermione erano tornati alla ribalta.









Bene o male, quella giornata fu di relax. Hermione, Myra ed Elthon risero quando videro Albert scendere per pranzo con i capelli che sembravano aver preso la scossa, Blaise apprezzò molto i genitori di Ginny, specie Molly, che lo difendeva a spada tratta da suo marito e Draco cercava di guardare il meno possibile dalla parte del padre che sembrava avere occhi solo per lui.
A breve, inoltre, sarebbe giunto anche il trentun dicembre e con esso l’anno nuovo. Volevano tanto fare una festa, ma non volevano coinvolgere nessuna delle abitazioni per non venire, come dire… interrotti.




Poco dopo la fine del pranzo, un gufo arrivò a Preston Manor.
Recava una lettera per Hermione e suo padre, memore di ciò che era successo, allungò il collo come una giraffa per capire se doveva preoccuparsi o meno.
Hermione rise di quella sua preoccupazione e fece accidentalmente cadere la lettera ai suoi piedi, in modo tale che potesse leggere il mittente.
Elthon ghignò divertito, ma si fece serio quando vide che quella lettera proveniva dal Cruciatore della figlia.

Cara Hermione,
spero tu ti sia rimessa da quell’incidente che ho involontariamente creato.
Spero tu non me ne abbia, e spero vivamente che tu abbia capito che non era per te, ma per il coso che avevi dietro.
Sono davvero desolato per ciò che ti ho fatto e spero tu possa perdonarmi.

Con sincero affetto e sincere scuse,
Blaise.

Hermione sorrise divertita da quella lettera e ne scrisse una a sua volta, in cui lo rincuorava, dicendogli di non preoccuparsi, che quel Cruciatus non l’aveva nemmeno sentito.
Suo padre, invece, era di tutt’altro avviso.
“Cosa gli hai risposto?” – chiese, mentre vedeva il gufo ripartire con la lettera di Hermione.
La riccia si girò verso di lui.
“Che non si deve preoccupare, che non sono arrabbiata con lui.”
“E se invece io lo fossi?”
“Ha colpito me, non te.” – specificò la ragazza.
“Già, solo per questo dovrei congelarlo vivo…” – frecciò lui, con gli occhi assottigliati. – “… ma ha lanciato una Maledizione Senza Perdono in casa del Capo degli Auror.”
Hermione arrossì per non aver tenuto in considerazione quell’aspetto.
“Non… non vorrai denunciarlo, vero?”
“Ha diciassette anni. Potrei.” – fece Elthon, serio.
“Non farlo, per favore…” – chiese Hermione, con gli occhi lucidi.
“Dammi un buon motivo. E forse prenderò in considerazione la cosa.”
“Tu non hai mai fatto qualcosa di avventato in vita tua?” – chiese subito lei.
“Nulla che avrebbe rischiato di mandarmi in prigione.”
“Non tutti sono Auror, papà.” – disse lei, più seriamente. – “Non tutti hanno ricevuto un addestramento militare, atto a soffocare le emozioni in favore del controllo.”
Elthon era incredulo. Stavano avendo la loro prima… lite? Eh no, cavolo!…
“Le persone agiscono in base alle proprie emozioni. Sì, ok… ha sbagliato. Ma non sai perché lo ha fatto e…”
“Allora dimmelo. Spiegami cosa lo ha indotto a fare una cosa del genere.”
Hermione scosse la testa.
“Harry…”
“Potter?”
“Sì, lui…” – disse, con un certo fastidio. – “Sì è comportato molto male con me e con la mia amica Ginny. Le ha mancato di rispetto in ogni modo possibile e immaginabile e Blaise non l’ha sopportato.”
“No, scusa… lo ha voluto cruciare per… vendicare la sua bella?”
Hermione sbuffò.
“Sapevo che non avresti capito.” – disse, facendo per andarsene.
“Hermione fermati. Stiamo ancora parlando.” – disse Elthon, severo, facendo valere la sua autorità di padre.
La riccia si fermò e si girò.
“No, abbiamo finito, perché tu hai già deciso.”
“Non ho deciso niente. Sto solo cercando di capire…”
“… prendendo in giro i sentimenti dei miei amici?” – chiese, indignata. – “Solo perché hanno diciassette anni, non significa che non possano amarsi come gli adulti. E poi dimmi dove sta la differenza.”
“Non ho detto che i vostri sentimenti valgono meno solo perché non avete la stessa età mia o di tua madre. Ho solo detto che ha violato la legge e non posso lasciar correre solo perché è un tuo amico.”
“Diavolo, ma tu non le sai dare le seconde occasioni?” – berciò Hermione. Non voleva arrabbiarsi, ma suo padre la stava portando all’esaurimento.
Elthon si bloccò, come pietrificato. Gli tornò alla mente, in quel preciso momento, parte della conversazione avuta con Lucius la sera del debutto di Hermione.
Sospirò di frustrazione, perché se era vero che lui sapeva dare le seconde occasioni, altrettanto vero era che lui era un Auror, e non uno qualsiasi, e come tale doveva far rispettare la legge.
“Va bene.” – disse alla fine, cedendo di fronte alla figlia.
“Cosa?” – chiese lei, pronta a piangere.
“Non lo punirò. Per stavolta.” – volle auto strozzarsi con le sue mani quando vide il sorriso di Hermione tornare a splendere sul suo viso, per poi sentirsela addosso nel giro di un secondo e mormorare una sfilza di “Ti voglio bene!” come ringraziamento.
Sperò solo che, in futuro, avrebbe saputo farsi rispettare un po’ di più.
“Ma al prossimo sgarro, pagherà anche questa, ok?”
“Sì! Sì! Sì! Grazie!” – urlò lei, stritolandolo.
“Ah, Hermione?”
La ragazza lo guardò, ancora raggiante.
“Cosa?”
“Potremmo evitare di litigare in futuro?” – chiese, quasi pigolando.
“Sì, sì va bene.” – disse, torando ad abbracciare il padre.
“Grazie…” – fece Elthon, sentendo di aver appena perso trent’anni di vita…

Hermione, quando si staccò da suo padre, corse in camera per spedire un secondo gufo a Blaise, in cui gli spiegava che ormai si era bruciato la sua possibilità e che doveva rigare dritto come uno spaghetto.
Poi, collassò sul letto e, scioccamente, scoppiò a ridere.









Il ventisette dicembre, Myra uscì con Hermione per fare degli acquisti, passando prima, però, dall’Atelier Domina, il prestigioso negozio di alta sartoria nuziale di Myra.
“Signora Preston, buon giorno!” – esclamò Vicky, la sua collaboratrice più stretta, nonché braccio destro.
Myra entrò e sorrise, salutando il personale.
“Buon giorno, Vicky. Tutto bene?”
“Sì. La signora Prentiss ha mandato un gufo due minuti fa, chiedendo delle modifiche sull’abito della figlia.” – Vicky le porse la pergamena con le istruzioni.
“Ancora nastri?” – esclamò sgomenta Myra. – “Quella ragazza sarà peggio di un pacco regalo…” – osservò la donna. Prese piuma e pergamena e scrisse una veloce missiva in cui sconsigliava alla donna di utilizzare uno sproposito di nastri, perché altrimenti avrebbero sminuito la figura della sposa. – “Speriamo che capisca.” – fece Myra, per nulla convinta. – “Come siamo messi per la sfilata del Primo?”
Vicky sperò che quella domanda non giungesse mai.
La sfilata del Primo era un evento che faceva accorrere ogni donna della comunità magica, dalle undicenni alle ultra sessantenni. Si teneva ogni due anni il primo di Gennaio – da qui il nome – e permetteva a ogni stilista di abiti da sposa del paese di mostrare la propria collezione per l’anno nuovo.
“Male, signora Preston.”
La donna sbiancò al pari dei suoi abiti.
“Come sarebbe a dire male?”

Hermione stava facendo una passeggiata tra i vari manichini che indossavano le varie creazioni di sua madre. Le stoffe erano così morbide che sembravano fatte di panna montata.
“Sono belli, vero?”
Una ragazza, più o meno della sua età, si avvicinò a Hermione.
“Sì, molto.” – fece la riccia, sorridendole.
“Questo l’ho fatto io.” – disse, rossa in viso, ma orgogliosa del suo lavoro.
“E’ molto bello, complimenti.”
“Grazie.” – rispose lei.
“Ti trovi bene qui, Penelope?”
La ragazza annuì.
“Sì, molto. Sono tutti molto gentili e disponibili.”
“Sono contenta.”
Penelope Morris era una stagista che aveva appena finito di frequentare la Weddinzard School of Miami. La sua scuola aveva mandato in giro il suo curriculum a vari atelier e alla fine fu convocata da Vicky.

“Come sarebbe a dire male?”
Le due si guardarono e Penelope preferì salutare Hermione e tornare al lavoro. Hermione si avvicinò alla madre.
“Qualche problema?”
“Oh, buon giorno, Hermione. Perdonami, non ti avevo vista.” – fece Vicky, mortificata.
“Non ti preoccupare. Che succede?”
“Abbiamo tutte le modelle fuori uso.” – fece Myra, sgomenta.
Hermione spalancò gli occhi.
“Come fuori uso?”
“Un virus.” – spiegò Vicky, disperata. – “Un’epidemia le ha colte tutte e dieci. Accusano dolori addominali, gambe deboli e mal di testa cronici. Nemmeno i Medimaghi sanno spiegarsi questa cosa.”
“Sono rovinata…” – fece Myra, sedendosi su una sedia, arrivata appena in tempo. – “Sono rovinata… due anni di lavoro per niente!”
“Non potete farvene mandare delle altre?” – chiese Hermione.
“Purtroppo no.” – fece Penelope, intervenuta in quel momento. – “L’agenzia a cui ci affidiamo ci da sempre e solo il meglio, anche perché vengono pagati il doppio per questo servizio.” – fece la ragazza. – “Inoltre, tutte le altre modelle sono già impegnate con altri stilisti, il che ci riduce a rimanere senza.”
Hermione guardò Myra. Era distrutta dalla notizia. Le mise una mano sulla spalla, addolorata per lei.
“Mi spiace… vorrei tanto aiutarti…”
Myra, fu come folgorata. Guardò lentamente la figlia, che la guardò a sua volta con un punto interrogativo sulla testa.
“Grazie, grazie tesoro!” – fece la donna, suscitando qualche dubbio sulla sua sanità mentale nel personale.
Soprattutto in Hermione, che non aveva capito un accidente.
“Ehm… prego. Per cosa?” – chiese lei.
“Sarà una sfilata memorabile!” – fece Myra, incurante della domanda postale.
Nemmeno Vicky sembrò aver capito molto, e ancor meno Penelope.
“I miei vestiti saranno indossate da spose vere!”
Vicky e Penelope si guardarono perplesse. Myra sembrava aver risolto il problema, ma sarebbe stato carino da parte sua mettere al corrente anche loro.
“Ehm… signora Preston?” – fece Penelope.
“Cosa c’è?”
“Po-potrebbe dire anche a noi cosa… cosa vuole fare?” – chiese, in un soffietto.
“Ma è così chiaro!”
Hermione la guardò decisamente perplessa. Iniziò a sudare freddo quando sua madre si girò e la guardò come se fosse una torta alla panna.
“Hermione sarà la nostra modella!”
“CHE COSA?!?” – sbottarono le tre, insieme.




“Ho detto di no!”
La forza di quell’urlo rovesciò le pedine degli scacchi, facendo gemere di frustrazione Elthon, che stava per vincere. Guardò per un attimo fanti, cavalli e re per terra e girò lo sguardo per capire chi e perché stava urlando. Quando vide figlia incazzata e madre disperata, decise di intervenire.
“Che succede?”
“C’è che tua moglie è una pazza nevrotica!” – urlò Hermione, lasciandolo basito.
Arrivò anche Albert, chiedendosi il motivo di quel trambusto.
“Ma che c’è? Hermione!”
“Hermione un corno! Non lo faccio!” – urlò rivolta alla madre.
“Hermione, ti supplico! Sei la mia ultima speranza!” – fece la donna dietro di lei con le mani giunte in preghiera.
“Ho detto di no! Non le so fare queste cose!” – sbottò imbarazzata.
“Ma ti insegnerò io!” – fece lei, illuminandosi. – “Ci sarà anche Vicky e poi vedrai… sarà semplice e ti divertirai!”
“Mamma…” – fece, battendosi istericamente l’indice sulle labbra. – “… leggimi il labbiale… NO!”
“Ma si può sapere di che state parlando?”
“Questa pazza vuole che sfili con i suoi vestiti addosso!”
Albert e Elthon sgranarono gli occhi in contemporanea.
“Cosa? Perché?” – chiese Albert.
Così Myra si apprestò a spiegare l’intera faccenda.
“Le modelle che ho assunto per questa sfilata si sono tutte ammalate, tanto che nemmeno i Medimaghi riescono a capire cos’abbiano. Allora ho pensato che Hermione poteva sfilare per me, ma non vuole!”
“Perché no, Hermione?” – chiese Elthon.
La riccia lo guardò con gli occhi a boccino.
“Come perché no? Qua si parla di alta sartoria! Di abiti che devono essere indossati da persone competenti che ne sappiano risaltare il valore!, non… non da una che non sa stare in piedi neanche sulle ciabatte!” – sbottò lei, imbarazzata.
“Ma non saranno tacchi troppo alti!” – la scongiurò Myra. – “Hermione, ti prego… sei la mia ultima possibilità!”
Hermione non aveva mai negato il suo aiuto a nessuno, anche a chi non se lo meritava. Eppure sapeva che avrebbe fatto una figuraccia e sua madre si sarebbe arrabbiata. Eppure, non riuscì a non dire di…
“Oh, e va bene…” – sbuffò.
Myra parve volare.
“Oh, Merlino ti benedica!” – disse, quasi prostrandosi ai suoi piedi. – “Allora!” – disse la donna, riprendendosi subito. – “Ci saranno tredici cambi da fare. Dovrai entrare e cambiarti molto in fretta e…”
“No, no, no…” – fece lei. – “Questa cosa non la fai fare solo a me.”
“Tesoro… ho solo te a disposizione.” – fece Myra, perplessa. – “Dubito che Albert starebbe bene con uno dei miei abiti addosso.”
Il diretto interessato annuì con sarcasmo.
E la serpe che era in Hermione uscì in tutta la sua magnificenza…
“Non per molto…”









“Grazie per essere venute.” – fece Hermione, ringraziando le dodici ragazze, tra cui Ginny inclusa, che si erano presentate da Fortebraccio, in risposta alla lettera dell’amica.
“Figurati. La tua lettera aveva toni molto urgenti. È successo qualcosa?” – chiese Lavanda.
“Non propriamente. Ho bisogno del vostro aiuto.”
“Per cosa?” – chiese Calì, curiosa come una scimmia.
“Ho un problema, o meglio… mia madre ha un problema.”
Tutte si fecero attente al massimo.
“… stamattina siamo uscite per fare un giro, ma mamma ha voluto passare dal suo atelier.”
Tutte emisero mugolii di piacere.
“Ci sono dei problemi.” – disse Hermione.
“Perché?” – chiese Padma. – “Per il Primo?”
Hermione non si stupì di trovarla preparata sull’argomento.
“Sì.”
Tutte sgranarono gli occhi.
“Le modelle che dovevano sfilare per lei, si sono ammalate e ha chiesto a me di aiutarla a sfilare.”
“E dove sta il problema?” – chiese Ginny.
“Il problema è che i vestiti sono tredici.” – disse, con un ghigno soddisfatto.
Automaticamente, le ragazze presero a contarsi a vicenda e sgranarono gli occhi quando, alla fine della conta, si ritrovarono proprio in tredici.

Un urlo apocalittico fece cadere i bicchieri dal vassoio che Florian stava portando a dei clienti, che temettero un’invasione di Mangiamorte.

Hermione fu travolta da abbracci, baci e strette mozzafiato.
“Calma! Calma!” – fece lei, ridendo. – “Come ha detto Padma, la sfilata è per il primo di gennaio. Se decidete di aiutarmi, dobbiamo iniziare subito con le prove. Mamma mi ha assicurato che saranno veloci, facili e indolore, quindi ha proposto per oggi pomeriggio fino alla mattina del trentuno due ore di prova al giorno. E verrete pagate.”
“Io ci sto!” – urlò Lavanda, scattando in piedi con la mano tesa.
L’attimo successivo altre undici mani si unirono alla sua.

“No, no, no…” – fece lei. – “Questa cosa non me la fai fare solo a me.”
“Tesoro… ho solo te a disposizione.” .” – fece Myra, perplessa. – “Dubito che Albert starebbe bene con uno dei miei abiti addosso.”
Il diretto interessato annuì con sarcasmo.
E la serpe che era in Hermione uscì in tutta la sua magnificenza…
“Non per molto…”
“Che intendi dire?”
“Se chiamassi delle mie amiche per aiutarti a fare questa cosa?”
Myra era rimasta stupita. Non ci aveva pensato.
“Io… se le tue amiche sono d’accordo, per me non c’è nessun problema.”
“Oh, fidati… non ce ne saranno. Dovrai però darci delle lezioni.”
“A quello non c’è nessun problema.”
“Allora andata.” – Hermione si diresse in camera sua a mandare dodici pergamene in cui chiedeva un incontro urgente.




“Pazzesco…” – fece Ginny, che era rimasta con lei a prendere una cioccolata. – “Ancora non riesco a credere che indosserò un abito di tua madre!”
Hermione sorrise.
“Sì, nemmeno io. Ma era disperata.”
“Allora spero che si ritrovi nella cacca di Troll più spesso.”
Hermione rise di gusto.
“Senti…” – fece la riccia, più seria. – “Da dopo la festa non ci siamo più parlate.”
La rossa si scurì in volto, ma durò poco perché poi un altro sorriso le illuminò il volto.
“Ohi… sarà mica successo qualcosa?” – chiese Hermione, emozionata.
“Diciamo che sì… è successo qualcosa.”
“Cosa?”
“Dopo la mia… performance… chiamiamola così, me ne sono andata. Ero così arrabbiata! Con Harry, perché mi tradiva durante il nostro rapporto e con Blaise, perché lo sapeva e non me lo aveva detto.”
Fortunatamente il moro, prevedendo una confessione di Ginny a Hermione, le aveva mandato un gufo di emergenza, spiegandole di far finta di non sapere niente di Harry e che le sarebbe stato tutto spiegato in un secondo tempo da lui.
“Capisco…”
“Volevo ucciderlo.”
“Harry o Blaise?” – chiese lei.
“Tutti e due.” – disse, per non sbagliare. – “Però Blaise, mi ha dimostrato di tenerci veramente a me. Mi ha detto tutta la verità, pur sapendo che in questo modo mi avrebbe potuta perdere.”
“Vi siete messi insieme?” – sbottò la riccia, sorpresa.
“Con calma…” – l’ammonì la rossa. – “… ho deciso di dargli una possibilità e…” – Ginny divenne rossa. – “… sono andata a dormire da lui.”
“Hai capito la signorina?” – rise lei.
“E… l’abbiamo fatto.” – disse, guardando alternativamente Hermione e la sua tazza di cioccolata.
Hermione sbiancò.
“Cosa?”
“L’a… l’abbiamo fatto…”
Hermione non seppe cosa dire. Aveva impiegato tanto a lasciarsi andare con Harry e con Blaise lo aveva fatto subito!
“Com’è stato?” – chiese invece, vinta dall’umana curiosità.
“Bello.” – fece lei, con un sorriso luminoso. – “E… è stato attento.” – disse emozionata, persa nei ricordi. – “E non mi ha fatto tanto male.”
Hermione tremava per la contentezza.
“Poi per il pranzo siamo andati alla Tana e ha conosciuto la mia famiglia.”
“Ah però!” – esclamò lei. – “E domani cosa farete? Vi sposerete?” – buttò lì lei, a caso.
Ginny però non le rispose, cercando di guardare l’arredamento della stanza.
“Ginny?” – la chiamò lei, sgomenta.
“Cosa?” – fece lei, sorridendo.
“Non… non vi sposerete mica, vero?”
“Non domani.” – fece lei.
Hermione girò di scatto i palmi delle mani verso il cielo con una faccia che diceva “parli o no”?
Ginny era stata molto chiara con Blaise: non voleva più sapere niente o sentire parlare di Harry Potter. Il che includeva, ovviamente, non dire a nessuno, ad anima viva, quello che lui sapeva dell’Anima Revelat Carmine di Silente. Forse era una scelta sbagliata, o forse era una specie di vendetta sua personale… ma Ginny non voleva avere più niente a che fare con quella storia.
Aveva sofferto fin troppo.
“Quando siamo arrivati a casa sua ci siamo cambiati d’abito, per la notte.” – al ricordo diventò rossa. – “E abbiamo passato qualche minuto davanti al caminetto.”
Hermione sospirò.
“Poi se n’è uscito con una battuta veramente oscena e mi sono arrabbiata.”
“Che ti ha detto?”
Ginny la guardò. Blaise le aveva detto del vero motivo che aveva spinto Harry a comportarsi così, ma era certa che se in quel momento avesse declissato l’argomento, Hermione non avrebbe insistito. Non era una scimmia curiosa.
“Preferirei…” – lasciò la frase in sospeso.
“No, certo. Scusa… dai, va avanti.”
Ginny le sorrise.
“Me ne sono andata.”
Hermione sgranò gli occhi.
“Cosa?”
“Sì, cioè… stavo per andarmeme, quando ho incontrato Pinky.”
“E chi… oh, un elfo?”
“Sì.” – la rossa rise di gusto nel ricordare la scena.
“Dai, fa ridere anche me!” – esclamò Hermione.
“Sì, sì… in pratica, mi salta quasi addosso, felice di vedere la futura signora Zabini.”
Hermione sbiancò.
“Esatto. Anch’io sono diventata bianca così.” – disse. – “Alchè gli dico che deve essersi sbagliato, perché c’eravamo appena lasciati. C’è rimasto un po’ male, ma alla fine mi ha portato in una stanza. Giuro, Hermione…” – fece lei, con gli occhi lucidi. – “… pensavo di essere entrata in un mondo parallelo. Sono entrata e c’erano mille, macchè mille!, di più! C’erano tanti quadri che mi ritraevano in varie pose.”
Hermione aveva gli occhi a palla.
“Stavo per mettermi a piangere. Così Pinky mi dice che ha questi quadri da due anni. No dico, ti rendi conto? Due anni! In più sai a chi ha chiesto di farli?”
“A chi?”
“Miguel Dominguez.”
“L’artista?” – fece Hermione, sgranando gli occhi.
“Lui.”
“Sei tornata indietro, vero?” – la minacciò lei col cucchiaino.
“Ovvio. Ci siamo chiariti e ora stiamo insieme.”
“Sono davvero contenta per te!”
Chiacchierarono ancora per un po’, finchè non arrivò l’ora di tornare a casa.

“Senti, per l’ultimo cosa fai?” – chiese Ginny, mentre passeggiavano per Hogsmeade. Si soffermarono di tanto in tanto di fronte a qualche vetrina.
“Al momento niente, perché? Tu vai da qualche parte?” – s’informò Hermione.
“Blaise vorrebbe organizzare una festa per l’ultimo a casa sua. I suoi rientrerebbero verso il dieci di gennaio e ci si potrebbe divertire.”
“Beh, posso chiedere.” – fece Hermione.
“Allora ti faccio sapere di meglio. Ora devo andare. Ho lasciato Blaise alla Testa di Porco. Ci vediamo!” – Ginny la salutò e corse verso il suo ragazzo.
Hermione la salutò con la mano e con un caloroso “ciao”, per poi girarsi.
E scontrarsi contro qualcuno.
Un qualcuno, dotato di tentacoli al posto delle braccia. Hermione spalancò gli occhi e cercò di divincolarsi, ma quando vide di chi erano quei tentacoli si bloccò.
“Buon giorno.”
“Ciao…” – fece lei, imbarazzata. – “Che ci fai qui?”
“Ero uscito a fare un giro. Anche tu, vedo.”
Hermione non lo ascoltava più, ormai, troppo concentrata a guardare le sue labbra muoversi. Quando le vide stirarsi in un ghigno compiaciuto si riscosse, arrossendo.
“Qualcosa ha catturato la tua attenzione, Preston?”
Hermione non era abituata a perdere, per questo gli prese i tentacoli e se li scrollò di dosso.
“Solo una bella pelliccia di furetto.”
Draco ci rimase un attimo male, ma poi si ricordò con chi aveva a che fare. La Preston non era tipo da perdere le battaglie così facilmente. La raggiunse in mezza falcata e le circondò la vita con le braccia.
“Arrabbiata?”
Si finse tale, anche se la voglia di ridere era tanta.
“Posso fare qualcosa per farmi perdonare?”
Finse anche di pensarci su.
“La sai una cosa, furetto? Ci sarebbe qualcosa, ma non…” – Hermione chiuse gli occhi e si godette quel bacio, che aveva tanto voluto da quando lo aveva visto nemmeno cinque minuti fa.
Draco era un esperto baciatore. Sapeva fin dove spingersi, quando fermarsi, la pressione da esercitare quando voleva di più.
I passanti sorrisero di fronte a quella coppietta in vena di effusioni. Si staccò e sorrise sulle labbra di lei.
“Perdonato?” – chiese lui, ghignando.
“Sei sulla buona strada…” – rispose Hermione, mordendosi il labbro superiore.
“Te l’ho detto che parli troppo?”
“Hai ragione.”
Il mondo finì in quel preciso istante. Draco stesso aveva avvertito un brivido corrergli giù per la schiena.
“Dovrei tenere più ferma questa linguaccia.” – si finse arrabbiata con se stessa tanto che provocò nel ragazzo una bella risata.
“Come la muovevi prima andava benissimo.”
“Eh no, caro mio! O la muovo o la tengo ferma. Deciditi.”
Draco le sorrise.
“Allora muovila. Come, lo deciderò io.”
Hermione rise di gusto.
“Ah senti, Blaise vorrebbe fare una festa…”
Lo dissero in sincrono. Si guardarono e poi scoppiarono a ridere. Erano già sulla stessa lunghezza d’onda?
“Sai della festa di Blaise?” – chiese Draco.
“Sì. Me lo ha detto Ginny poco fa. Tu ci vai?”
“E tu?”
“Non si risponde a una domanda con un’altra domanda, lo sa signor Malfoy?” – lo rimproverò bonariamente lei.
“Signorina Preston, non è il momento di aggrapparsi a queste sottigliezze.” – le scostò un ricciolo dalla fronte.
Merlino!, se pensava di poterci mettere le mani quando voleva gli saliva la pressione a mille!
Sentì il cuore fare a pugni con l’ugola, quando la bocca di Hermione si appoggiò sul suo collo.
“Draco…”
In quel momento il biondo ebbe un infarto. La sua mente era ritornata alla sera del ballo quando, in camera di quell’alieno che ora lo stava inducendo in tentazione, gli aveva ampiamente dimostrato di essere all’altezza di qualsiasi situazione.
“… tu vai alla festa di Blaise?”
Era paralizzato. Non un muscolo del suo corpo reagiva a quella diavolessa. No, forse qualcuno aveva vita propria…
“S-sì…” – e se era per l’eccitazione o la risposta a Hermione, non seppe mai dirlo.
Hermione si staccò e gli sorrise furbetta.
“Era così difficile?” – chiese, con un sorrisetto di trionfo.
Draco si risvegliò dal suo torpore, maledicendosi pure nelle lingue morte per aver ceduto in quel modo così poco da Malfoy.
“Vedremo se riderai così quando sarà il mio turno.”
Hermione continuò a sorridergli.
“Adesso, visto che ho risposto alla tua domanda…” – la voce era ancora un po’ roca. – “… risponderesti tu alla mia?”
“Mmmm… non so se ci vado. Devo vedere se i miei genitori non hanno altri programmi.”
“No, scusa… vuoi passare l’ultimo con i tuoi?” – chiese lui, allibito.
Hermione scosse le spalle.
“Del resto sarebbe il primo per me.” – disse semplicemente.
Draco si morse la lingua.
“Scusami, non ci avevo pensato.”
“Nessun problema.”
I due si avviarono verso un piccolo parco lì nelle vicinanze, prendendo posto su una panchina. Mentre parlavano, Draco giocherellava con i capelli di Hermione, si attorcigliava i riccioli tra le dita, li pettinava e ogni volta sentiva qualcosa muoversi dentro di lui a contatto con quella chioma. In più, provava piacere nel vedere che Hermione, con la testa, cercava la sua mano, in una muta richiesta nel non fermarsi.
Rincasarono verso ora di pranzo e Hermione colse la palla al balzo per chiedere informazioni su come la sua famiglia passava solitamente l’ultimo dell’anno.




“Mamma? Papà?” – li chiamò lei. – “Albert?”
“Hermione, sei tornata.” – fece Elthon.
“Adesso. Dove sono Albert e la mamma?”
“Sono usciti un attimo. Fatto una buona passeggiata?”
Ripensando a Draco arrossì.
“Sì, bene, grazie. Senti… voi dove passerete l’ultimo dell’anno?”
“Io e Myra andiamo a cena dal Primo Ministro e rimaniamo lì fino alle una. Poi torniamo a casa presto, soprattutto quest’anno, visto la sfilata del Primo di tua madre, perché? Volevi andare da qualche parte?”
“Un mio amico, Blaise Zabini…”
Elthon corrucciò le sopracciglia. Ancora lui…
“… fa una festa a casa sua e mi chiedevo se potevo andarci.”
“Credo non ci siano problemi. Se non ti Crucia ancora.” – frecciò lui, più per divertimento che altro.
Hermione sbuffò.
“Dai, è stato un errore! Non voleva cruciare me!” – lo difese.
Ma Elthon non era convinto.
“Papiiiiinoooo?” – lo chiamò Hermione, avvicinandosi quatta quatta.
Elthon arrossì e Hermione rincarò la dose.
“Papino sei ancora arrabbiato?”
“He-Hermione, ne riparliamo quando…”
Ma la ragazza lo aveva abbracciato forte, mandandolo quasi all’altro mondo.
“Dai, papino… prometto che starò attenta.” – appoggiò il mento sul suo torace.
Elthon sembrò tornare in sé. Abbracciò la figlia e le sorrise.
“Spera che anche Malfoy lo sia.” – celiò lui.
La ragazza divenne di sale.
“Che… che c’entra Lucius Malfoy adesso?”
“Oh, non il padre. Il figlio.”
Ma Hermione ancora non capiva.
“Sai… non vorrei ci fossero… incursioni notturne. Come il giorno della tua festa.”
Hermione era viola dalla vergogna. Come diavolo aveva fatto a scoprirli? E perché Draco non le aveva detto niente?
“Non… non è successo niente.” – fece lei, al colmo dell’imbarazzo e indietreggiando leggermente.
“Oh, lo spero bene per lui.”
“No, scusa…” – e al diavolo l’imbarazzo. – “… cos’è? Devo rimanere zitella a vita?” – chiese, con una mano sul fianco.
“Fino ai cinquant’anni.”
“Scherzi, vero?” – chiese lei, allibita.
“Massì, sciocca!” – scherzò lui.
Hermione sentì il cuore più leggero.
“Fino ai settanta.”
Spalancò la bocca, indignata.
“E scommetto che anche il nonno ti ha fatto un discorso del genere, vero? E tu lo hai ascoltato!”
“Ma che c’entra?”
“Eh no! Cos’è? Vale per me ma non per te? E poi vogliamo tenere conto del fatto che siamo nati io e Albert?”
“Io e tua madre eravamo sposati.” – rispose lui.
“E cosa cambia farlo prima o dopo?”
“Cambia, perché se rimani incinta non…”
“Oddio come sei antiquato!” – esclamò lei, alzando gli occhi al cielo. – “Siamo andati avanti con la tecnologia, sai? Esistono i preservativi, le pillole… mai sentito parlare di prevenzione?”
“E le malattie veneree?”
Nel frattempo, Myra e Albert erano appena rincasati e assistettero con genuina curiosità a quella discussione.
“Evitabili con il preservativo!” – rispose lei a tono.
Madre e figlio si guardarono perplessi.
“E il dolore della prima volta?”
Myra si portò lentamente una mano sugli occhi. Ma perché Elthon doveva fare l’Auror anche a casa?
“Già risolto!”
Quando si accorse di quello che aveva detto era troppo tardi. Elthon stava meditando un omicidio, Myra era sgomenta e Albert era pronto a dare man forte al padre.
“E CON CHI?” – chiesero i due troll.
Hermione sgranò gli occhi quando vide sua madre e suo fratello fissarla come se fosse stata un’aliena. Arretrò lentamente, ma la sua famiglia non era d’accordo.
Ma di tutti e tre, solo Myra sembrò capire che la figlia non era più una bambina e che ovviamente, in quei diciassette anni doveva aver fatto esperienze di cui loro – ancora – non erano a conoscenza.
Sesso incluso.
Sapeva cosa si provava ad avere una madre che le soffiava costantemente sul collo e si era ripromessa, quando sarebbe diventata madre a sua volta, di non commettere mai quell’errore.
“Muovete un altro passo e tu dormirai sul divano per un mese!” – esclamò, guardando Elthon che si paralizzò. Nemmeno un Pietrificus Totalus avrebbe sortito lo stesso effetto. – “E tu ti sogni il viaggio alle Bahamas!” – fece rivolto al figlio, che si bloccò con una gamba a mezz’aria. – “Hermione, va in camera, per favore.” – ordinò la donna, arrabbiata più per quell’atteggiamento che per la rivelazione.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e corse via, benedicendo la madre.
“Siete due Troll, lo sapete?”
“Noi Troll?” – esclamò Elthon, ancora scosso dalla rivelazione. – “Nostra figlia lo ha già fatto e noi siamo dei Troll? Chissà poi con chi!”
Myra lo fulminò con lo sguardo.
“Sai per caso sottintendendo qualcosa?”
Elthon si morse la lingua.
“Credi che Hermione la darebbe al primo venuto?”
“Lei non…”
“Non una parola di più!” – fece la donna, togliendosi con stizza i guanti e infilandoli malamente nella borsetta. – “Nostra figlia è stata lontana da noi per diciassette anni, ha ignorato la nostra esistenza e il dolore che la sua perdita ci ha causato.”
Elthon assunse una posizione più seria.
“Ovvio che abbia fatto scelte di cui noi ignoriamo l’esistenza ma Hermione, anche senza di noi, si è dimostrata una ragazza con la testa sulle spalle e so di per certo che ha valutato i pro e i contro della situazione. E, per inciso, l’argomento è chiuso, perché se vengo a sapere che l’avete di nuovo importunata con questa storia, giuro su Merlino, Morgana, progenie e nipotami vari, che non avrete vita facile, mi sono spiegata?”
Il loro silenzio fu il consenso.
“Bene. Chi tace acconsente. Ora scusate, ma vado da mia figlia.”

Hermione era corsa spedita in camera.
Aprì la porta e se la chiuse alle spalle, come se fosse seguita da un criminale. Ma perché quando il suo cervello doveva funzionare, s’inceppava? Dire una cosa così a cuor leggero!, a suo padre, poi! Non sarebbe più uscita da quella stanza.
Il bussare alla porta le fece fare un salto in avanti di due metri.
“Hermione, sono la mamma. Posso entrare?”
Ecco, adesso ci mancava solo lei.
Di certe cose non ne parlava nemmeno con quell’altra. Troppo intime, troppa vergogna e poi, come ogni buon adolescente che si rispetti, aveva paura del giudizio negativo dei genitori, di venire sgridata, o che, meglio ancora, non capissero. Quello che però gli adolescenti – babbani o maghi non era importante – non capivano, era che i genitori sono nati prima di loro, hanno donato loro la vita nell’unico modo possibile e che se c’è una cosa che hanno imparato durante la loro vita è che per prevenire certe scomode situazioni è meglio correre ai ripari.
Hermione aprì la porta, conscia che ormai, una volta lanciato il sasso, non poteva più tirare indietro la mano. Tenne lo sguardo basso, per paura di essere sgridata, aveva gli occhi lucidi per l’imbarazzo.
“Allora…” – disse, con tono più gioviale. – “… Albert e tuo padre non ti daranno più fastidio.” – fece Myra.
Hermione non fece e non disse nulla. Certo, loro non le avrebbero più dato fastidio, ma se sua madre era lì, era per mettersi a fare l’Inquisitore Supremo.
“Hermione?”
La ragazza non seppe dire dove trovò il coraggio di guardare sua madre negli occhi, anche per un solo momento.
“Perché ti vergogni?”
Non è evidente?, pensò la ragazza.
“Sono cose naturali, istintive.”
Hermione sospirò e guardò il quadro di Monet alle spalle della donna.
“Sì, certo… se devi sgridarmi fallo.”
Myra non se la prese, anzi. Sorrise. Era felice di vedere che la sua perfetta figlia fosse un’adolescente comune, con i suoi imbarazzi e i suoi problemi con i genitori. Saperla preparata su tutto la faceva sentire quasi… inutile.
“Ti ho appena detto che sono cose istintive, che fanno tutti.” – disse, includendosi nella categoria.
Hermione spalancò gli occhi.
“Oddio no, non lo dire!” – disse, mettendosi le mani sulle orecchie e arretrando.
“Cosa? Che tutti lo fanno? Che c’è di male?”
“Mamma, no!”
“Hermione!” – Myra le tirò via bruscamente le mani dalle orecchie, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
La ragazza, suo malgrado, fu costretta ad ascoltarla.
“Perché t’imbarazza tanto l’argomento?”
“E’ raccapricciante sapere che i tuoi lo fanno ancora.” – disse, con una smorfia.
“La paura di trattare un argomento non fa che incrementare la paura dell’argomento stesso.”
Hermione la guardò sorpresa.
“Non sono qui per dirti di raccontarmi quando lo hai fatto, dove, con chi o se ti è piaciuto. Voglio solo sapere se sei stata attenta e se ti sei sottoposta a degli esami.”
Già il fatto che non le volesse fare il millesimo grado fu motivo di rilassamento, anche se l’imbarazzo di parlare di ginecologi e affini era sempre presente.
“N-no, prima…” – esitò, ma Myra sembrava tranquilla. – “… prima dovevo andarci sempre con lei e…”
“E?”
“Ogni volta era una battaglia. Non volevo che restasse dentro con me. Così… tornavo a casa senza aver fatto la visita.”
“D’accordo, non ci sono problemi.” – fece lei. – “Però vorrei che tu ci andassi. Hermione…” – Myra si fece seria. – “… ti aspetterò fuori, ma voglio che tu faccia visite periodiche. Le formazioni cancerogene esistono anche nel mondo magico e certe non si possono curare nemmeno con la magia. Lo capisci, vero?”
Hermione annuì, piena di vergogna fino alla testa.
“Bene. Inizieremo così l’anno nuovo. Sono in cucina, se mi cerchi.” – Myra uscì e lasciò sola Hermione.
La riccia avvertì una forte delusione: non le aveva neanche detto che se voleva parlarne, lei sarebbe stata presente.
Scocciata per quella contraddizione – prima non voleva parlarne e poi si era offesa perché sua madre non si era proposta per farlo – si buttò a peso morto sul letto, imprecando contro la sua eterna indecisione.









Note di me:

Bene arrivate alla fine del capitolo.
Come avrete potuto notare, Elthon e Hermione hanno avuto la loro prima lite. E questa è una prima volta, non trovate? ^__^
Peccato che quella che interessi di più, sia un’altra. Sono aperte le scommesse su chi ha deflorato la nostra cara Hermione.

Lucius ha un occhio di falco.
Ha già capito qualcosa dal ballo e ha rifilato al figlio quella filippica sul matrimonio combinato, solo per dirgli che lui non lo dovrà subire.
Che padre amorevole, non trovate?

Blaise ha conosciuto i suoceri e ha fatto subito buona impressione su tutti, tranne che su Arthur, anche se l’arcigno uomo è riuscito a vedere che la figlia era tornata quella di un tempo.

Myra.
Ritorna alla ribalta il lavoro di Myra, che avevo accennato quando Hermione aveva chiamato i suoi amici in camera sua per dire loro la verità. Lì, se ricordate, Ron ha spiegato a Harry chi erano i Preston e aveva detto che Myra era una famosa stilista di abiti da sposa.
La donna ha problemi per la sfilata, ma Hermione-Salva-La-Vita-Beghelli è intervenuta ancora per sistemare le cose.
Sarà una modella vestita da sposa. ^_^
Spero che la cosa vi garbi.

Io ora vi lascio, perché la pappa mi chiama. Se ho dimenticato qualcosa, liberissime di annotarmelo nelle recensioni. ù_ù

A Shenhazai.
Spero davvero che tu lo abbia gradito. Ho fatto quello che potevo.

Spoilerizzazione!

“Durante il periodo scolastico mi mandava pozioni per rendere sterile il mio seme, così se qualcuna ci provava, rimaneva delusa e io potevo venirle dentro tranquillamente.”

Chi sarà mai questo Rocco Siffredi?
Le scommesse sono aperte!

Besos!

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Capitolo 30
*** Di api, pollini e cicogne ***


30 - Di api, pollini e cicogne Hola hola vo a dormì nell’aiola!
Chiedo scusa ancora. Per chi non l’avesse riconosciuta, questa è una battuta de “Il Ciclone”, il film di Leo Pieraccioni. È una frase che la sorella lesbica dice a Leonardo in riferimento alle bailarinas de Flamenco.
Chiusa la parentesi.

Per riaprirne un’altra…
Bentornate al trentesimo capitolo di Verità Nascoste.
Come sempre e con la scontatezza che tanto cara mi fu, vi ringrazio per la vostra costanza nel recensire passo dopo passo questa mia seria follia.
Ciò che devo dire, lo dirò in fondo al capitolo, sperando che lo spoiler acquisti finalmente un senso.

Baci e buona lettura,
callistas.









VERITA’ NASCOSTE
DI API, POLLINI E CICOGNE

Nel frattempo, mentre Hermione si faceva mille teghe mentali sulla propria idiozia, Ginny e Blaise discutevano, a casa della ragazza, i dettagli per la festa per l’ultimo dell’anno.
Erano in camera da letto di Ginny ed era tutta tappezzata di fogli con idee, incantesimi da applicare a Zabini Manor.
“… no, questo no.” – fece Ginny, scartandolo.
“Perché?” – chiese Blaise, avvicinandosi col volto, mentre in mano reggeva altre pergamene con altri incantesimi.
“Troppo semplice. E’ l’ultimo dell’anno che facciamo da studenti. Facciamolo bene.” – disse, innocentemente.
Blaise le sorrise malizioso.
“Oh, sì… facciamolo bene.” – partì all’assalto del collo della ragazza che rise per il solletico. Il moro la portò a stendersi sul letto, mentre lui le andò sopra, cavalcioni.
“No, Blaise! Se entra mio…”
“O scendi da lì sopra con le tue gambe o lo farai in carrozzella.”
I giovani si girarono di scatto, con gli occhi spalancati. Arthur Weasley sembrava lievemente inferocito.
Blaise, senza nemmeno dirlo, si staccò da lei alla velocità della luce e andò a sedersi dall’altra parte del letto. Ginny si tirò su e si sistemò i capelli.
“Papà! Non è come sembra… stavamo solo…”
“Oh non serve che mi spieghi cosa stavate facendo, signorina. Per punizione, passerai la settimana rinchiusa in camera tua.”
Ginny spalancò gli occhi.
“Cosa? NO! Non è giusto!” – s’impuntò lei.
“Signore, se permette…” – tentò Blaise, ma l’occhiata di Arthur lo zittì.
“E’ meglio che tu stia zitto. Così ho deciso.”
Ma Ginny aveva un asso nella manica, un asso che rispondeva al nome di…
“MAMMA! MAMMA!”
Arthur non ci mise tanto a sbiancare. Sua moglie sembrava aver sviluppato una particolare predilezione per quel ragazzo e non gli fu difficile intuire come sarebbe andata a finire la storia.
“Cosa succede?” – una spaventata Molly fece il suo ingresso con mestolo e terrina a seguito, visto che stava impastando gli ingredienti per una torta. – “Arthur? Che ci fai qui?”
“Molly! Questi due…”
“Papà mi ha messa in punizione!” – sbottò lei.
E non c’era niente di meglio delle lacrime della cocca della famiglia per far capitolare Molly Weasley.
Che si girò verso il marito in perfetto stile esorcista.
“Perché?”
“Li ho sorpresi mentre lo stavano facendo!”
I due sgranarono gli occhi. Molly li guardò, perplessi.
“Non è vero! Non è vero!” – esclamò la ragazza, saltellando sul posto. – “Non ci siamo nemmeno baciati che è arrivato lui senza bussare!”
“Ah, dovevo anche bussare? In casa mia?” – chiese Arthur, oltraggiato. – “Ma l’hai sentita, Molly? Molly?” – la chiamò lui, perplesso.
“Arthur?”
Un brivido freddo gli corse giù per la schiena.
“S-sì?”
“Ho dato io il permesso ai ragazzi di sistemarsi qui perché altrimenti mi avrebbero occupato il tavolo.”
“Ma Molly! Se non fossi intervenuto loro…”
“Arthur, Ginny sa quello che può o non può fare in casa, vero Ginny?”
“Vero!” – fece la rossa, con sguardo sadico.
“Adesso torna giù con me, Arthur. Ho bisogno di una mano.”
L’uomo si ritrovò boccheggiante di fronte a un’irremovibile Molly, una sadicamente soddisfatta Ginny e a un divertito Blaise.
“Ma…”
“Ora.” – fece Molly, serrando la presa sul mestolo.
Sconfitto su tutta la linea, pensò Arthur, mentre, con passo mesto e capo chino, si avviò verso la cucina.
“Quanto a voi due…” – fece Molly, seria, tanto che Ginny pensò di aver esagerato. – “… la prossima volta sigillate la porta.”
Ginny sorrise compiaciuta, mentre Blaise era indeciso se farle una statua d’oro o di galeoni fusi.
“Io adoro tua madre…” – fece con sguardo sognante. – “Io la amo!”
Ginny andò da lui e lo baciò.
“Dov’eravamo rimasti?”
“Non eravamo in posizione verticale, poco ma sicuro.” – frecciò lui. – “Ma prima…” – con un gesto sensuale del polso, seguì il consiglio della suocera.
L’attimo successivo, si ritrovarono orizzontali…









Draco ricevette una lettera verso ora di cena.
Era a tavola con i suoi genitori e stavano parlando quando un gufo picchiettò alla finestra.
Harkell corse ad aprire la finestra e il gufo atterrò sul trespolo. L’elfo prese la missiva, non senza qualche beccata da parte del rapace, e la consegnò a Draco, che la guardò perplesso.
“Chi ti scrive?” – chiese Narcissa, mentre gustava le verdure al vapore.
Draco aprì il biglietto e ghignò.
“Blaise.” – disse semplicemente, ripiegando il foglietto. – “Ha organizzato una festa per l’ultimo dell’anno e mi ha chiesto se posso andarci.”
“Lucius?” – lo chiamò la donna. – “Noi abbiamo altri progetti. Potremmo lasciarlo andare, non trovi?”
Lucius si pulì elegantemente la bocca con il tovagliolo, che risistemò sulle gambe.
“Sì, certamente.”
Draco ringraziò e ordinò all’elfo di mandare una risposta positiva per suo conto a Blaise. Harkell corse via per eseguire l’ordine.
“Allora Draco…” – iniziò Narcissa, facendogli correre un brivido lungo la schiena. – “… ti sei divertito alla festa dei Preston?”
Il boccone, chissà perché, gli andò di traverso. Divenne di un dolcissimo color fucsia, mentre la madre si premurò di versargli dell’acqua nel bicchiere. A fatica, riuscì a calmarsi.
Lucius, invece, sembrava fingere disinteresse, ma in realtà era molto interessato alla conversazione che Narcissa aveva intavolato.
“S-sì…”
“Tu sapevi che Hermione Granger era in realtà la figlia di Myra?”
“Ehm… sì. Me lo disse Albert all’inizio dell’anno.”
Narcissa si pulì le labbra con il tovagliolo, prese il bicchiere del vino e lo sorseggiò.
“Perché non ce lo hai detto?”
“Albert mi aveva chiesto il silenzio assoluto e l’ho accontentato.”
Narcissa si perse nei suoi viaggi mentali.
“Devo ammettere che mi ha molto sorpresa questa notizia.”
Non dirlo a me, pensò il biondo mentre con finta noncuranza continuava la sua cena.
“Non avrei mai immaginato che quella ragazza fosse la figlia di Myra, ma a pensarci bene si nota qualche somiglianza, vero Lucius?”
Sì, certo. Ora che sapete chi è, pensò il biondo che arrossì per quel pensiero che lui stesso aveva formulato all’inizio di quell’avventura.
“Sì.” – fece l’uomo, tagliando il suo brasato. – “Assomiglia molto a Elthon per ciò che riguarda la determinazione, molto alla madre, in fatto di eleganza.”
“Convengo con te, Lucius.” – fece Narcissa. – “Cosa si sa della famiglia che l’ha rapita?”
“Di lui non so molto. Ma lei è ad Azkaban.” – fece Draco, guardando sempre e solo il suo piatto.
Tutta l’attenzione si concentrò su di lui.
“Certo.” – fece Lucius. – “Era scontato.”

Il boccone gli rimase in bocca, perdendo subito di sapore. Narcissa guardò il figlio, afflosciarsi su se stesso e poi Lucius, che se ne pentì immediatamente.
“Quello che volevo dire è che…” – tentò di rimediare l’uomo, ma con scarsi risultati.
“Posso alzarmi?” – chiese Draco alla madre, che annuì. – “Grazie. Vi prego, continuate pure.” – disse con aria tirata. Si alzò e se ne andò.
“Era proprio il caso, Lucius?” – fece Narcissa, frustrata. Stava andando tutto così bene!…
“Non voleva essere un rimprovero.” – fece l’uomo di casa. Si pulì la bocca con il tovagliolo e si alzò.
“Dove vai?”
“Da mio figlio.”
Narcissa sorrise e tornò alla sua cena.

Il nodo che gli si era formato in gola non ne voleva sapere di scendere. Si sentiva così stupido per quella frase. E il rimprovero per l’ovvietà detta era scattato subito.
Mentre continuava a maledirsi sottovoce, camminava spedito verso il giardino. Aveva bisogno di aria e far sì che gli occhi smettessero di bruciare.
“Draco?”
E maledisse anche il tempismo del padre. Si fermò e prese due enormi respiri, per poi girarsi.
“Sì?”
Lucius notò subito gli occhi arrossati e abbassò lo sguardo.
“Io… volevo scusarmi per…”
“Non è necessario, davvero. Mi sono reso conto di aver detto una cosa ovvia. Perdonami, ma sono stanco e…” – con gli occhi a pluffa, si ritrovò tra le braccia del padre.
Lucius non era ancora abituato a quegli slanci emotivi – e Draco a riceverli – ma se voleva riconquistare la sua famiglia, doveva sforzarsi. Per questo, cercava prima di agire e poi di pensare, perché se avesse fatto il contrario, lui e suo figlio sarebbero stati ancora due perfetti estranei per l’altro.
Draco si aggrappò alla sua giacca e nascose il viso nell’incavo del suo collo.
“Perdonami. Non voleva essere un rimprovero il mio. Tu hai fatto una costatazione, io un’altra.” – disse l’uomo, allo’orecchio del figlio che annuì.
Il ragazzo si sentiva così stupido in quei momenti. Aveva dovuto faticare molto per bandire i sentimenti dal suo modo di essere e adesso si trovava a fare il doppio della fatica per cercare di tornarne in possesso.
Che casino!
“Non… non ti preoccupare.” – fece lui, staccandosi ma tenendo sempre lo sguardo basso.
“Ti va… una partita a scacchi con me?”
Draco annuì.
L’attimo successivo si diressero verso lo studio del genitore.




Ginny e Blaise sorrisero nel vedere tornare indietro la conferma di Draco.
Erano seduti a tavola quando il gufo fece ritorno. Si sorrisero complici e segnarono con una spunta il suo nome. Alla lista, oltre ai membri di Serpeverde, erano stati invitati altri studenti delle altre case, anche Grifondoro.
Salvo eccezione fatta per due di loro, casualmente presenti in quella stanza.
Harry Potter guardava con insoddisfazione quella coppia. Ora che era libero di stare con Romilda alla luce del sole, era come se si sentisse privato di qualcosa. Forse era il brivido dell’eccitazione, del fare tutto di nascosto il gioco degli amanti segreti. Una volta mancato quello, forse, era caduto tutto quanto.
S’infastidì parecchio quando aveva visto che il suo piano di vendetta non era andato a buon fine. Era stato lui ad avvisare Arthur, complice la sua faccia acqua e sapone, che era stata in grado di stillare il dubbio nell’orecchio dell’uomo che si era precipitato per salvare la virtù alla figlia.
Poi, ovviamente, Molly era intervenuta e aveva preso le parti della figlia.
“… i nostri Tiri Vispi, vi va?”
Harry si riscosse dai suoi pensieri.
Fred e George si erano proposti di mettere a disposizione, a un prezzo più che accessibile, tutti gli scherzi che il padrone di casa avrebbe voluto e che gli avrebbero fatto avere per il giorno successivo una lista di tutti gli scherzi completi.
“Forte!” – esclamò Blaise, tutto eccitato.
Harry si alzò da tavola, senza che nessuno se ne accorgesse e andò in camera.
Ma Ginny se ne accorse e lo guardò. Era triste, perché non avrebbe mai creduto possibile che si potesse avverare una situazione del genere. Si sentì stringere la mano e guardò Blaise.
Era serio e sì, anche spaventato. La ragazza gli restituì la stretta e lo baciò leggermente.
“Ti amo.” – gli disse all’orecchio.
Fu sufficiente affinchè la presa si allentasse.









La cena a Preston Manor fu decisamente meno chiassosa, ma ugualmente chiacchierata. Albert e Elthon sembravano essere stati obliviati, perché parevano essersi dimenticati di quello che si erano detti solo quel pomeriggio. Ma forse, era più corretto affermare che le minacce di Myra avessero sortito il loro effetto.
“… e Albert verrebbe con te.” – fece Elthon.
E più cercava di non affrontare il discorso, più l’immagine di Draco e sua figlia che si rotolavano come conigli nell’erba si ripresentava ai suoi occhi.
Hermione lo guardò e capì l’allusione, ma non volle dargliela vinta.
“Per me va benissimo. Siamo stati insieme poche volte, vero Alby?”
Il ragazzo annuì. Infondo, chi era lui per giudicare la vita sessuale di sua sorella quando lui aveva a disposizione, a scuola, un intero harem?
“Vero Hermy.”
Elthon sospirò, nel dover fare i conti con un’altra drammatica situazione: l’intesa tra fratelli.
Non c’era niente di più pericoloso di due fratelli che si spalleggiano l’un l’altro per minare l’autorità di un genitore. Myra aveva capito le intenzioni di Albert e gli sorrise complice.
E non c’era niente di peggio che essere in netta minoranza, pensò Elthon, con un sorriso divertito.
“Blaise ci mette a disposizione delle stanze, per passare lì la notte.” – fece Hermione, nella più totale ingenuità.
E prima che Elthon potesse solamente dire qualcosa, Myra gli assestò un calcio da sotto la tavola.
“Ma certo. Smaterializzarsi quando si è stanchi può essere pericoloso, vero Elthon?” – celiò Myra.
L’uomo sorrise forzatamente, mentre palpava con orrore il buco che il tacco della scarpa della moglie gli aveva fatto nell’osso dello stinco.
“A-ha… è meglio che…”
“Bene, allora è tutto deciso.” – fece la donna. – “E’ sempre meglio prendere le dovute precauzioni.”
Elthon sbiancò di fronte al sadismo Serpeverde della moglie, mentre Hermione e Albert soffocarono le loro risa nei bicchieri.
“Per evitare gli incidenti di percorso.” – disse la donna, continuando a stuzzicare le più fervide fantasie dell’uomo. – “Tesoro, sei bianco come un cencio. Qualcosa non va?” – chiese la donna, con fare preoccupato.
Elthon, molte volte, si chiedeva perché Myra fosse finita a Serpeverde. Era dolce, gentile e tollerante verso i mezzosangue, ma era in questi momenti che capiva perché quel pezzo di mer… ehm, stoffa, del Cappello Parlante avesse optato per la casa degli ambiziosi.
“No, no!” – si affrettò a dire Elthon. – “Tutto bene. Facciamo servire il dolce, tesoro?”
“Sì, grazie.” – fece la donna, pronta per dare la mazzata finale. – “Ho fatto preparare la crostata di banane con la crema e ho detto agli elfi di guarnirla con qualche spruzzo di…” – Myra si stava divertendo come una pazza con tutte quelle allusioni. – “… panna montata.”
Albert e Hermione non resistettero e scoppiarono a ridere, insieme alla donna. Elthon capì di essere stato preso in giro fino a quel momento e si stizzì non poco.
Ma quando una mano morta gli cadde accidentalmente sul davanti, la sua seconda testa prese vita…

Dopo cena, Albert e Hermione andarono a letto. Il giorno successivo Hermione avrebbe avuto le prove per il Primo e non voleva arrivare stanca.
Myra e Elthon, invece…
“… sei stata cattiva…” – sussurrò lui, nell’incavo del suo seno.
Myra gemette e s’inarcò verso di lui.
“Sì… tanto cattiva…” – alitò lei, sconvolta.
Elthon le prese le mani e le portò sulla sua testa. La voglia di lei era iniziata quando aveva iniziato a fare quelle allusioni a cena ed era sfociata in camera da letto.
“Ti amo, Myra.”
“Ti amo anch’io, Elthon…”









Il giorno successivo Hermione e le ragazze a cui aveva chiesto aiuto per la sfilata del Primo si trovarono alla caffetteria di Madame Poutpourry a fare colazione. Erano le nove di mattina e l’appuntamento era previsto per le dieci e mezzo. Quindi avevano tutto il tempo di mangiare qualcosa e calmare quei poveri nervi che stavano uscendo dalle sedi.
“Merlino non vedo l’ora!” – esclamò Padma, cercando di ingoiare il boccone che stava masticando da due ore. – “Il Primo! Quando l’ho detto a mia madre per poco non sveniva!”
“E’ tutto così eccitante!” – esclamò Lavanda a sua volta.
Chi più chi meno espose la propria eccitazione e ringraziamenti a Hermione che aveva permesso quel miracolo. Verso le nove e mezza, i nervi iniziarono a calmarsi così come le padrone. Hermione cercò di rispondere il più esaurientemente possibile alle loro domande, ma certe cose erano troppo tecniche e avrebbero dovuto aspettare l’incontro con le stiliste dell’Atelier Domina.
Fu una bella mattinata e verso le dieci e venti si avviarono verso il negozio.




“Mamma siamo qui!”
Da un paravento sbucò fuori la testa di Myra.
“Eccovi qua! Benvenute.” – fece la donna, salutando le amiche di Hermione. – “Sono contenta di vedere che Hermione ha tutte queste amiche.”
Le ragazze si guardarono e sorrisero tra di loro.
“Ma soprattutto che abbiate deciso di aiutarla. Grazie davvero.”
“Signora Preston, siamo noi che dobbiamo ringraziare lei.” – fece Lavanda, rossa come un pomodoro.
“Di nulla, cara. Dunque, vi presento le mie collaboratrici più fidate. Lei è Vicky, la mia assistente.”
Tutte la salutarono e la donna rispose al saluto.
“E lei è Penelope. Penelope è solo una stagista, ma è molto in gamba. Chiedete a loro per qualsiasi dubbio. Bene.” – disse, iniziando il discorso vero e proprio. – “Ho fatto esporre oggi gli abiti della sfilata.”
Vari gridolini di eccitazione uscirono dalle gole delle ragazze.
“Voglio che ognuna di voi scelga quello che più le piace o che sente le starebbe bene addosso. Coraggio.”
Tutte si avviarono verso la sala, tranne Hermione che fu trattenuta da un braccio.
“Perché scusa?”
“Il tuo abito sarà quello che conclude la serata. È chiuso nella sua custodia.”
Hermione annuì, con le gambe che tremavano. Di solito l’ultimo vestito era quello che, appunto, chiudeva la sfilata e si diceva che la modella che lo indossava doveva essere impeccabile.
Myra intuì i suoi pensieri dal suo nervosismo.
“Andrà tutto bene, tranquilla.”
“Se lo dici tu…”
Ogni ragazza, dopo circa venti minuti passati a sondare il terrendo, si mise accanto al manichino e Myra le passò in rassegna. Fece solo un cambio tra Lavanda e Calì, le altre sembravano perfette.
“Molto bene. Ora a turno vorrei che seguiste Vicky e Penelope che vi aiuteranno a indossarli.”
Le ragazze obbedirono e quando uscirono le prime due, Lavanda e Calì, altre due entrarono nel camerino per cambiarsi.
“Siete bellissime.” – fece Myra. Le sembrò strano vedere come i suoi abiti cambiassero radicalmente se indossati da ragazze di diciassette anni che non sognavano altro che il giorno del loro matrimonio. – “Ora, con calma, venite verso di me.”
Avanzò Lavanda. Lei, più di tutte, era abituata alle scarpe col tacco e si avviò con estrema sicurezza verso Myra, una volta davanti fece una giravolta e tornò indietro.
“Molto brava, Lavanda.”
La ragazza arrossì e ringraziò. Quando avanzò Calì, la ragazza fu evidentemente molto meno sicura, ma fece anche lei la sua bella figura.
Uscirono a turno le altre due ragazze, Samantha Collins e Candice Duvall, l’“ex” di Blaise. Era una ragazza simpatica e si era integrata bene con Hermione, e con Ginny non aveva nessun problema.
Andarono avanti così fino a che non venne il turno di Hermione. Myra aveva avuto proprio ragione nel dire che quel vestito era il più bello di tutta la collezione e addosso alla ragazza stava divinamente. Tutte la guardarono con invidia, ma era giusto che fosse così.
Due pezzi, con il bustino impreziosito da mille Swarovski e senza spalline e una gonna non eccessivamente ampia ricca di riprese, Hermione sembrava la reincarnazione di qualche divinità. I capelli le furono raccolti alla bell’è meglio, lasciando che qualche ricciolo le accarezzasse le spalle nude. Contrariamente a quello che aveva sempre immaginato, riuscì a camminare su quei trampoli con decisione e senza cadere.
La fine della prima prova fu condita da un bell’applauso di tutte.

Quei tre giorni prima della festa che si sarebbe tenuta a casa di Blaise, erano stati tutti dedicati alle prove per il Primo. Bene o male, ogni ragazza aveva visto una sfilata e sapeva come fare la camminata, quindi non fecero altro che copiare i movimenti e il gioco fu fatto.
La sfilata era programmata per le nove di sera del primo di gennaio e le ragazze avrebbero avuto a disposizione tutto il giorno per rimettersi in sesto dai bagordi del giorno prima.









Il giorno della festa arrivò.
L’organizzazione fu tutta merito di Blaise e Ginny che inventarono tanti di quegli incantesimi da perderci la testa. Avevano allestito un angolo per il buffet, le bevande – l’alcol sarebbe stato il re indiscusso della serata – un altro per i divanetti e le poltroncine in caso di momentanea stanchezza.
La festa sarebbe iniziata verso le sei di sera, ma Hermione avvertì che prima delle otto non sarebbe arrivata perché Myra l’avrebbe trattenuta per le prove finali.
Quando arrivò sembrava che le fosse passato sopra l’Espresso di Hogwarts. Ginny le andò incontro.

“Hermione! Merlino, ma che t’è successo?”
La riccia faticava perfino a tenere gli occhi aperti.
“Taci, va… mamma è peggio di un dittatore.”
“Ciao Hermione!” – la salutò Blaise, gioviale.
La riccia sorrise.
“Ciao, grazie dell’invito.” – fece Hermione.
“Figurati. Se mi segui, ti accompagno in camera tua.”
“Sì, grazie. Posso farmi una doccia, prima?”
“Tutto quello che vuoi. Vieni.” – diede un bacio alla sua ragazza che andò a controllare che fosse tutto a posto.
“Tua madre ti sta tenendo a bacchetta?”
“No, è che vuole che sia tutto perfetto. La capisco…”
“Eccoci arrivati.” – disse, aprendole la porta.
“Grazie. Tra mezz’ora sono giù.”
“Fa con comodo.” – e le strizzò l’occhio.
Hermione sollevò un sopracciglio, perplessa, ma pensò che Blaise fosse già un po’ alticcio, e non vi badò più di tanto. L’unica cosa che le premeva fare in quel momento era una bella doccia. Aprì la sua borsetta, che aveva per l’occasione provveduto a ingrandire e tirò fuori l’occorrente. Entrò in bagno e aprì i rubinetti per riempire la vasca poi uscì per prendere le sue cose.
Quando entrò la seconda volta diede un’occhiata perplessa alle porte della doccia. Erano nere ed erano chiuse. Scrollò le spalle, si levò l’asciugamano ed entrò in vasca.
Ora come ora aveva bisogno di rilassarsi.




Mi sento decisamente meglio.
Ero un fascio di nervi.
Prima mio padre con quei discorsi sulle donne, api e pollini che non stavano né in cielo né in terra. Merlino… come se non l’avessi mai vista! Ma mi crede ancora fermo alla storia del gufo?

“Draco, stasera alla festa voglio che tu faccia attenzione.”
“A cosa, padre?” – lo aveva guardato perplesso.
“A fatica abbiamo riportato il nostro nome agli antichi sfarzi e potrebbero esserci ragazze che non vedono l’ora di… come dire… compromettersi pur di essere parte di quel lusso.”
Draco guardò suo padre come se stesse indossando un tutù e si fosse messo sulle punte.
“S-scusa?” – sicuramente aveva capito male. Suo padre non poteva dargli lezioni sul… sul… sul sesso!
“Ehm…” – Lucius si schiarì la voce. Oltre ad essere un uomo, era anche un padre e certi discorsi andavano affrontati con la giusta calma. Ma in quel momento era troppo nervoso. – “Quello che sto cercando di dirti è di stare attento.”
Draco, però, non aveva mai avuto nessun problema ad affrontare apertamente la questione. Con la madre lo faceva ogni volta che avevano un momento libero.
“Temi che possa mettere incinta qualcuna?”
Lucius abbassò lo sguardo sulla scacchiera.
“Non che tu lo possa fare apposta, s’intenda, ma…”
“Guarda che in mille hanno provato a farsi mettere incinta da me.”
Lucius guardò il figlio, credendo di aver capito male.
“Prego?”
“Papà…” – lo chiamò lui, più familiarmente, mentre studiava la situazione della scacchiera. – “… ne ho provate così tante che potrei tenere una conferenza al riguardo.”
Anche se un moto d’orgoglio gli fece gonfiare il petto come un tacchino il giorno del Ringrziamento, Lucius non poté impedirsi di spalancare gli occhi, inebetito. Suo figlio…
“E ognuna di loro ha provato a farsi mettere incinta. Non sono idiota.”
Lucius non sapeva più cosa dire.
“Ah… ehm… dunque… tutto a posto, allora.” – disse.
Draco era sul punto di mettersi a ridere, ma non sapeva se era il caso o meno.
“Sì.” – disse solamente. Era il suo turno di muovere e stava studiando la scacchiera. Seguirono parecchi minuti di silenzio, imbarazzato da parte di Lucius e indifferente da parte di Draco.
“Come sai queste cose sul sesso?”
Draco alzò gli occhi, per nulla imbarazzato.
“Me le ha dette mamma.” – disse, riabbassando gli occhi sulla scacchiera.
Lucius era sul punto di scoppiare da tanto rosso che era.
“Ah… quindi… tu e tua madre parlate… di questo?” – chiese, mentre cercava di immaginare una probabile conversazione tra la moglie e il figlio su quel particolare argomento.
    Draco, cosa vuoi sapere?
    Perché gli uomini hanno il pisellino e le donne il fiorellino?
Lucius scosse la testa, preferendo evitare la scena.
Per lo meno nella sua testa.
“E’ un argomento come tanti.” – disse, muovendo il suo pedone. – “Durante il periodo scolastico mi mandava pozioni per rendere sterile il mio seme, così se qualcuna ci provava, rimaneva delusa e io potevo venirle dentro tranquillamente.”
I capelli serici di Lucius facevano a pugni con la sua faccia rosso pomodoro.
“E… quando ne parlavate?”
Draco alzò gli occhi e li riabbassò subito. Lucius però era convinto di aver visto amarezza in quello sguardo.
“Quando tu eri in giro.” – disse semplicemente.
Ogni sorta d’imbarazzo scomparve, per lasciare il posto a una sana sofferenza. Aveva perso anche quel passaggio della vita di suo figlio. Quanti altri ne aveva persi?
“Avresti… avresti preferito parlarne con… me?”
“Di certe cose sì.” – ammise.
Fu come essere svuotato, venendo preso dai piedi. Solo in momenti come quelli Lucius si rendeva conto di ciò che realmente aveva perso nella sua folle corsa verso il potere. Invece di bramare quello materiale, doveva ambire a quello che gli dava il fatto di essere presente nella vita della sua famiglia, invece che lasciarli andare alla deriva da soli.
Soprattutto in quella del figlio.
“Però mamma è stata brava.” – disse. – “E’ stata esauriente, per lo meno per quello che riguardava lei.”
“E… di me? Ti ha detto qualcosa?”
“Si è sempre rifiutata, non so perché. Scacco matto.” – disse, alzandosi in piedi. – “Scusa, ma per me è arrivata l’ora di andare. Non aspettarmi sveglio.” – scherzò lui.
Draco uscì dalla stanza e lasciò il suo vecchio a ripensare alla loro conversazione.

Poi mia madre, con quei discorsi sulla libertà. Ma che diavolo è preso a tutti, si può sapere?

“Draco?” – Narcissa entrò elegantemente nella stanza del figlio.
“Sì?” – aveva appena finito di preparare la sua valigia per la notte. – “Desideravi qualcosa?”
La donna si avvicinò a Draco e gli diede un bacio sulla fronte.
“Augurarti buon divertimento, figlio mio.”
“Ti ringrazio. Anche a te, madre mia.”
Narcissa strinse a sé il suo bambino e il ragazzo contraccambiò l’abbraccio.
“Ora sei libero Draco.”
Il ragazzo si staccò e la guardò perplesso.
“Di cosa parli, madre?”
“Ma fa attenzione.” – lo redarguì bonariamente lei, lasciandolo sempre più perplesso. – “Altre prigioni si mostreranno a te, prigioni piacevoli. Decidi tu se vuoi farti fare prigioniero o se la libertà è più importante di qualsiasi cosa.”
“Madre?” – la invocò lui. Non aveva capito niente.
“Passa un buon fine anno, tesoro mio.” – così com’era entrata, Narcissa Malfoy era uscita, portando con sé gran parte di quei misteri.

Draco chiuse i rubinetti e aprì le ante della doccia per prendere l’asciugamano. Uscì, dando spettacolo del suo perfetto gluteo destro, scolpito come se fosse stato puro marmo. Si legò l’asciugamano in vita e si guardò allo specchio.
Qualcosa, però, catturò la sua attenzione.
Fu sicuro al cento per cento che si trattasse un miraggio perché di altro non poteva trattarsi. Hermione Preston non si sarebbe mai avventurata in un bagno già occupato. Ma i suoi dubbi vennero dissipati quando vide che i suoi occhioni si spalancavano ogni secondo di più fino ad arrivare alla massima apertura consentita.
Si girò di scatto.
“Che ci fai tu qui?” – esclamarono i due all’unisono.
Hermione richiamò con le braccia quanta più schiuma poteva, per evitare di mostrare le sue grazie.
“Questo è il mio bagno!” – urlarono i due. Entrambi spalancarono gli occhi. – “Non dire fesserie!” – ancora in sincrono.
“Ok, fermi tutti. Che ci fai qui?” – fece Hermione.
“Questo è il mio bagno e di là c’è la mia camera.” – spiegò Draco.
Che necessitava una nuova doccia. Fredda però…
“No, no… questo è il MIO bagno e quella è la MIA camera.” – disse, indicando la stessa stanza che aveva indicato Draco.
“No, ti sbagli…”
“ZABINI!” – tuonarono i due insieme.




Blaise starnutì.
“Tutto bene?” – chiese Ginny.
“Eh? Sì sì…”




Hermione era colma fino alla testa di imbarazzo.
“Quando esco di qui me la paga!” – urlò lei. – “A proposito, girati che devo uscire!” – ordinò lei.
Ma Draco non era stato smistato a Serpeverde per niente. Si appoggiò con nonchalance al marmo del lavandino e incrociò le braccia, segno che stava aspettando che lei uscisse.
Hermione lo guardò malissimo.
“Malfoy, non è il momento di scherzare!” – sbottò lei.
La schiuma, intanto, aveva iniziato a dissolversi…
“E chi scherza?”
Hermione spalancò gli occhi.
“Malfoy!”
“Preston?”
“Girati!”
“Manca la parolina magica…”
“Ti…” – all’ultimo si zittì.
Draco pensò che ancora un po’ dell’orgoglio Grifondoro le fosse rimasto, ma attese. Era un tipo paziente, lui.
Hermione pensò in fretta. Se non si sbrigava rischiava di mettere in mostra tutto!
Non che mi dispiaccia, pensò la riccia. Hermione!, si rimproverò poi, sgomenta di quel pensiero. Fu in quel momento, che la lampadina di Archimede si accese.
“Draco?” – si avvicinò al bordo della vasca e vi appoggiò sopra le braccia. Condì il tutto con lo sguardo più languido che potesse fare, sperando che il biondo vi cascasse con tutte le scarpe.

Non ci riuscirà.
Mi pregherà e io avrò ottenuto il piacere di sentirla supplicarmi. È troppo casta per…
Oh-benedetto-Merlino…

Cane morto, cane morto, cane morto…, era questo il mantra che Draco stava recitando nella sua mente, mentre sperava di far abbassare la sua terza gamba, risvegliatasi d’un colpo per la posizione assunta dalla ragazza e dal suo sguardo.
“C-cosa?”
“Ti puoi avvicinare un attimo… per favore?
La ragazza fece oscillare la gamba fuori dall’acqua. Draco, come sotto Imperius, si avvicinò a Hermione e si chinò su di lei. Lo sguardo gli scappò alle sue spalle e intravide, sotto il pelo dell’acqua, il profilo del sedere.
“CAZZO!” – urlò Draco, una volta comprese le intenzioni di Hermione.
Con un balzo felino, Hermione uscì dalla vasca e afferrò l’asciugamano e stringendoselo addosso, in tempo prima che Draco riemergesse. Uscì, tirandosi indietro i capelli e prendendo un enorme respiro. Si guardò intorno spaesato per poi guardare la ragazza che se la rideva della grossa.
“Ne passerà di acqua sotto i ponti perché io mi metta a pregarti, Malfoy.”
Il ragazzo si diede dell’idiota, ma non riuscì a impedirsi di ridere.




Hermione aveva fatto una lavata di capo a Blaise per quello scherzetto, mentre il moro si fingeva dispiaciuto.
“Accidenti a te! Ma che t’è saltato in mente?” – sbottò Hermione, coperta dalla musica assordante.
“Suvvia Hermione…”
“Suvvia un corno!” – strepitò lei, in preda a una crisi. – “Hai idea di come mi sono sentita quando l’ho vista uscire dalla doccia?”
Blaise finse di pensarci su, poi le si avvicinò e le parlò all’orecchio.
“Eccitata?”
Il livello di rossore schizzò alle stelle mentre si ritrovava senza parole di fronte al fidanzato della sua migliore amica.

Draco osservò dall’angolo bevande la scena. Che poteva mai averle detto di così imbarazzante per farla arrossire in quel modo? Il bicchiere rischiava di frantumarsi, se Ginny non glielo avesse tirato via dalle mani con gentilezza.
“Blaise ci è affezionato.” – disse, rispondendo alla sua muta domanda. – “Perché li fissi?”
“Io non fisso. Osservo.”
“Ah…” – fece lei, divertita. – “E… perché li osservi?”
“Non ho di meglio da fare…” – fece lui, memore dell’incontro avvenuto in bagno.
“Beh, io sì.”
Draco si girò di scatto.
“Ma dopo che saremo andati a letto, sai com’è…” – disse, ammiccando. – “Scusa, vado a separarli.”
È meglio, pensò il biondo.

“Tu sei pazzo!”
“Ma mi prendi per cieco?” – fece lui. – “Ti si legge negli occhi!”
“Cosa?” – urlò lei.
“La voglia che hai di Draco.”
“Sei fuori strada!”
“Certo, certo… allora non ti interessa che lui flirti con le altre?”
La riccia si girò di scatto e lo vide intento a bere la sua bevanda, tutto solo nell’angolo. Si maledisse per quel suo atteggiamento.
“No, non t’interessa…” – disse lui, divertito. – “Perché non vai a parlarci?”
“Dopo quello che ho fatto? Mi squoierà viva!”
“Esagerata… non sai che a noi maschietti piace bagnarci?” – la lasciò lì, con un palmo di naso e, ancora, senza parole.
Si ritrovò da sola in mezzo alla sala. Che doveva fare? Andare da lui e scusarsi o fare finta di niente? Con titubanza, si diresse verso di lui.
Per scusarsi.
Vedendola avvicinarsi, Draco si fece più serio. Non aveva dimenticato lo scherzetto che gli aveva fatto in bagno e doveva vendicarsi.
“Ehm… Malfoy?”
Il ragazzo abbassò lo sguardo d’acciaio su di lei, che si sentì piccola piccola.
“Senti… per… per prima io…”
“Seguimi.” – la prese per un braccio e la trascinò fuori, in un’ala riservata del giardino.




Alla faccia del seguimi, pensò lei, mentre veniva strattonata in quel modo.
Scesero gli scalini che davano sul giardino e quando arrivò in una zona d’ombra si girò e la baciò.
Sconvolta da quel cambio repentino d’umore, Hermione si scostò da lui, lasciandolo perplesso.
“Che c’è?”
Hermione spalancò gli occhi.
“Come che c’è? Tu soffri di doppia personalità e chiedi a me che c’è?”
“Per il bacio?” – chiese, leccandosi le labbra.
Hermione dovette fare un enorme sforzo per non violentarlo sul posto.
“Sì!” – sbottò lei.
“Ti ha dato fastidio?” – incalzò lui.
“No!” – divenne una brace l’attimo successivo.
“E allora?” – si avventò di nuovo su di lei per baciarla, riuscì a sfiorarle solo le labbra, ma lei si ritrasse. – “Che altro c’è ancora?” – sbottò esasperato con gli occhi al cielo.
“C’è che non puoi!…” – stava per iniziare una delle sue filippiche sull’etica, sull’atteggiamento da mantenere, sulla coerenza, ma poi si ricordò con chi aveva a che fare. Alzò gli occhi al cielo. – “Oh!, al diavolo!” – lo tirò per il colletto della camicia e lo baciò a sua volta.
Draco rispose subito al suo bacio, ignaro di avere pubblico.

“E non è attratta da lui?” – chiese Blaise, ironico, alla fidanzata.
Ginny sembrò non farci caso, come se vedere Hermione e Draco baciarsi fosse del tutto normale.
“Che ci vuoi fare? Hermione deve prima sprecare energie per negare la cosa, per poi capitolare e accorgersi che ha torto.”
Blaise iniziò a mordicchiarle il collo.
“Un po’ come te.”
Ginny si spalmò completamente contro di lui e rise.
“Sì. Ma solo un po’…”




Avevano passato quella mezz’ora a baciarsi, più o meno castamente.
Molto meno che più.
Draco la teneva saldamente per i fianchi, temendo che potesse scappargli via. Tra un bacio e l’altro, sentì le sue labbra stirarsi in un sorriso.
“Non scappo…” – fece Hermione.
Draco rispose mugulando di piacere. Si staccò un attimo, ansante. Se andava avanti così rischiava una denuncia per stupro. Appoggiarono le loro fronti e chiusero gli occhi.
“Sei arrabbiato per lo scherzo del bagno?”
Draco aprì gli occhi e li piantò in quelli di Hermione. Le diede un veloce bacio sulle labbra.
“Se fossi rimasta lì con me mi sarebbe passata subito.”
Hermione arrossì.
“Quindi… sei ancora arrabbiato?” – sentì la mano di Draco accarezzarle i capelli.
“Mmmm… forse.”
Hermione sorrise, perché capì che stava giocando.
“Posso farmi perdonare?” – fece lei.
“Stavolta non te la caverai così facilmente, Preston.”
“Devo supplicarti?”
“Sarebbe un inizio.” – fece Draco, baciandole le labbra.

Non mi stancherò mai di lei.
Sento… sento che se non le metto addosso un cartello con scritto “Proprietà Privata”, me la possano portare via. Non mi sono mai sentito così.
Mai.
Sento che lei è speciale e che va trattata in modo speciale. Sarebbe facile portarmela a letto stanotte. Io lo voglio e anche lei, da come mi tocca, da come mi guarda.
Ma voglio farla bene, questa cosa. Per una volta nella vita voglio avere qualcosa di puro, non voglio rovinare tutto con parole o gesti sbagliati o affrettati. Ci daremo del tempo per conoscerci.
Più di sapere che io sono il Bastardo di Serpeverde e lei la Saccente Grifondoro non sapevamo nulla dell’altro. Sentire la sua mano piccola cercare la mia è meglio dell’estasi dei sensi.
Mi ha perdonato il fatto di averla iniziata a cercare solo quando ho saputo della sua vera natura ed è per questo che non posso, non voglio sbagliare proprio adesso.
Sta… diventando importante per me.
Perché se qualcosa o qualcuno mi fa stare bene, allora non la mollo nemmeno per tutti i galeoni del mondo.

Se mi chiedessero se sono diventata una delle tante che vanno dietro a Malfoy, risponderei di sì.
Nel giro di pochi mesi, questo ragazzo si è permesso di entrare nel mio cuore e di farne quello che voleva. Ogni volta che mi guarda con quello sguardo d’acciaio sento come se il mio cuore fosse letteralmente nelle sue mani e che ci giochi a suo piacimento.
Spero davvero che non stia giocando con me.
Non credo che reggerei il colpo.

Draco si staccò da Hermione dopo un bacio lento e romantico. Hermione si aggrappò alla sua schiena, premendo i polpastrelli su di essa e abbassandoli lentamente, come se…
Draco spalancò gli occhi.

“Ma fa attenzione.” – lo redarguì bonariamente lei, lasciandolo sempre più perplesso. – “Altre prigioni si mostreranno a te, prigioni piacevoli. Decidi tu se vuoi farti fare prigioniero o se la libertà è più importante di qualsiasi cosa.”

Le parole della madre rimbombarono nella sua testa, mentre guardava Hermione con gli occhi spalancati. Era dunque questo quello che aveva voluto dirgli? Aveva già capito che la figlia di Myra sarebbe stato per lui fonte di prigionia eterna?
Hermione allentò la presa sulla sua schiena, terrorizzata. Aveva fatto qualcosa che non doveva? Perché la fissava come se avesse paura di lei?
“Draco?” – lo chiamò piano, quasi temendo una sua ripercussione.
Draco sentì di avere il fiato corto.
Non per aver finalmente compreso le parole della madre, ma per la decisione che aveva appena preso. Si chinò su Hermione e la baciò con forza, irrompendo nella sua bocca come se stesse cercando da bere. Hermione lo assecondò nella sua ricerca. Si aggrappò a lui, spaventata. La stringeva come se temesse che gli scappasse via, che fosse solo il miraggio di qualcosa che a uno come lui non sarebbe mai potuta capitare.
“Cosa c’è?” – chiese Hermione. – “Sono qui.” – era preoccupata. Aveva avuto una reazione eccessivamente brutale a qualcosa che doveva essersi ricordato.
“Sempre?”
Non capì, subito.
“Ci sarai sempre, Hermione?”
“Sì, sempre.”
Draco l’abbracciò, ancora con gli occhi spalancati e il respiro corto.
“Sei mia, Hermione. Sei solo mia.”
Quando capì il significato di quella frase, per poco non svenne. La… voleva?
Si alzò sulle punte e lo strinse a sua volta, infossando il volto nell’incavo del collo. Draco la strinse di più a sé.
Se un tempo la sua prigione fu il Marchio Nero impresso sul suo avambraccio sinistro, ora erano le braccia della ragazza che minacciavano di non lasciarlo più libero.









Note di me:

Bene, eccoci alla fine.
Del capitolo, ovviamente. ù_ù

Allora, spero che vi sia piaciuto, specie la parte che riguardava lo spoiler, ma andiamo per ordine.
Abbiamo visto come Ginny sappia uscire da qualsiasi situazione a lei stretta: basta invocare in nome di Mamma Molly e tutto si risolve.

Draco e Lucius.
Riprendere in quel modo il figlio non era di certo voluto. È stato solo un riflesso incondizionato da una vita passata che come tale deve rimanere.
Non aveva voluto rimproverarlo sul serio, è stata solo una costatazione, fatta però con un tono di voce che ricordava tanto il vecchio Malfoy Senior.
Come quando noi veniamo sgridati, il cibo perde di sapore e l’unico istinto è quello di sputare il boccone, ma Draco è innanzitutto una persona dai modi eleganti e inghiotte il boccone così come inghiotte la voglia di piangere per quel passo indietro.
Non occorre che Narcissa gli spieghi che ha agito male: se ne è reso conto da solo.
Il motto “pensare prima di parlare” ho deciso di rivisitarlo, ovvero “parlare prima di pensare” anche se in questo caso è più utile dire “agire prima di pensare”.
Perché a volte pensare troppo fa male, perché si iniziano a fare viaggi mentali inutili e si lasciano le azioni ferme in un angolo, quando invece queste saprebbero fare la differenza.
Così Lucius ha agito e ha abbracciato il figlio, scusandosi.

Preston’s family.
Hermione e Albert si spalleggiano, minando così l’autorità patriarcale, mentre Myra ne è fiera. Dopotutto, chi è il sano di mente che rinuncerebbe a un viaggio alle Bahamas o a dormire sul divano?
Domanda retorica…

Mi scuso per la parte noiosa delle prove per la sfilata, ma volevo aggiungerla perché le mie dita l’hanno scritta di loro volontà.
Quindi, non è colpa mia…

La festa.
Blaise si è dimostrato il solito Serpeverde: ha messo Draco e Hermione nella stessa stanza all’insaputa dei diretti interessati e mentre Draco è in doccia per rilassarsi, Hermione si fa un bel bagno caldo.
Ma veniamo a noi e al nostro spoiler…
Per chi ci aveva imbroccato, lo spoiler era di Draco che parlava con suo padre. So che non è stata molto “Malfoyesca” come descrizione o come scena, ma se l’ho messa è stato solo perché anche se si tratta di sesso, Lucius si è perso anche quel passaggio della vita del figlio e se ne è reso conto quando Draco gli confessa che per certe cose avrebbe voluto parlarne con lui ma non poteva perché era in giro.
Ovvero, era in missione con i Mangiamorte.
Rendersi conto di aver perso parte della vita di un figlio è qualcosa di irreparabile.
Chiedo ancora scusa se ho fatto assomigliare Malfoy Senior a un perfetto inesperto in fatto di materia. L’imbarazzo, la faccia rossa… il fatto che si immagini quella discussione tra madre e figlio… però mi piaceva troppo vedere Lucius in queste condizioni e non ho resistito.

Per chi ci ha fatto caso, ho inserito un paio di citazioni.
La prima è il motto che Draco recita quando Hermione fa la languida: “Cane morto, cane morto, cane morto…” è il motto che Sebastian Valmont recita in “Cruel Intention 2” di fronte alla matrigna e alla figlia durante una seduta di massaggi.
La seconda è nei pensieri di Draco mentre bacia Hermione nel parco, quando dice “che per una volta vuole qualcosa di puro”. Tratta dal film “Robin Hood, Principe dei Ladri” con un eccezionalmente fantastico Kevin Costner nei panni – anche se lo preferisco senza ù_ù – di Robin di Locksley, pronunciata dallo Sceriffo di Nottingham mentre cerca di violentare Marion dopo il matrimonio-farsa.

Bon, mi sembra di aver detto tutto o di aver spiegato ciò che volevo trapelasse da questo capitolo.

Vi lascio lo spoiler!

“Si dice che chi non lo fa l’ultimo dell’anno non lo fa per tutto l’anno.”

Detto ciò, vi auguro di passare un Felice Natale a voi e alle vostre famiglie.
Per quanto mi riguarda scappo.
Il pesce non si cucina da solo.

Superbaci e super auguri!
Callistas.

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Capitolo 31
*** Ammissioni di Capodanno ***


31 - Ammissioni di Capodanno
Allora, che dire?
Questo è l’ultimo capitolo del 2011.
Spero che la storia finora sia piaciuta, ma dalle recensioni che mi avete lasciato finora, ho dedotto che sì: la storia è piaciuta. ù_ù

È stato un anno ricco e intenso, pieno di colpi di scena – e di testa – ma nonostante tutto siamo arrivati fino qui.
Ed è per questo che vi ringrazio. È solo merito vostro e del vostro continuo sostegno che trovo la forza di prendere spunto anche da una formica che passa per scrivere nuove storie, è merito vostro se le giornate si susseguono più serene ed è solo merito vostro se io sono qui.

Detto ciò, vi auguro che il 2012 sia ancora migliore del 2011, motivo per il quale vi faccio dono di due capitoli.
Il primo è il trentunesimo, che seguirà l’andamento della storia, l’altro, sarà un capitolo a parte a luci rosse lampeggianti – stile sirene di polizia – che vi darà i dettagli della notte che dal trentuno di dicembre passa al primo di gennaio.
Detto ciò, vai con questo capitolo.

Un’ultima cosa e poi vi lascio. ^^
È consigliato leggere prima il capitolo nr. 31 e poi quell’altro. È per dare maggiore continuità al tutto.
Ok, ora posso stare zitta.
Ci vediamo sotto!









VERITA’ NASCOSTE
AMMISSIONI DI CAPODANNO

La festa dentro, intanto, continuava. Gli scherzi di Fred e George riscuotevano un grande successo. Petardi, mani morte e quant’altro le menti dei due geni Weasley potevano partorire, stavano animando la serata.
Draco e Hermione rientrarono mano nella mano, ma si fermarono prima di entrare in sala. La ricca tremava tutta.
“Che c’è?” – chiese lui.
Dovette alzare la testa per guardarlo in faccia.
“No, niente…”
“Hermione?”
Merlino!, quando la chiamava così le faceva saltare le coronarie!
“Ho… paura.”
“Perché?”
“Albert… non… non sa niente… ho paura di… perderlo…”
Draco si girò e le accarezzò una guancia.
“Non lo perderai.”
“La fai facile tu.” – disse guardando con insistenza la porta che dava l’accesso alla sala.
Draco le girò il volto, portandola a far combaciare i loro occhi.
“Perché lo è. Albert ti vuole troppo bene.”
“Sì, ma…”
Draco le mise l’indice sulle labbra. Hermione sentì un pugno allo stomaco.
“Sai che non lo perderai.”
Sì, lo sapeva ma ultimamente la sua irrazionalità si stava prendendo un po’ troppe ferie non richieste.
“Coraggio, entriamo.” – il biondo fece scivolare la sua mano in quella di lei, che gliela stritolò.

Una volta entrati, nessuno parve accorgersi di loro.
“Non è che dobbiamo fermarci da tutti e dirglielo, vero?” – fece lei.
Draco ghignò e decise di prendersi una piccola vendetta.
“Ho in mente un modo più veloce.”
“Un Sonorus?” – chiese ingenuamente lei.
“No. Questo.”
Cosa potè mai fare Draco Lucius Malfoy, se non chinarsi sulla SUA ragazza e baciarla davanti a tutti in modo plateale, giusto per dissipare ogni dubbio e ogni potenziale tentativo da parte della fauna maschile di provarci con lei?
Come una catena di Sant’Antonio, tutti iniziarono a voltarsi verso l’ingresso. Il brusio cessò, la musica anche, i cervelli smisero di pensare.
Tutto perché Draco Malfoy stava baciando pubblicamente Hermione Preston.
Blaise e Ginny sembravano quasi sollevati.
“Finalmente ci sono arrivati.” – fece Ginny, abbracciata al suo ragazzo.
Blaise la guardò divertito.
“Parla quella che ci ha impiegato due anni e quattro mesi per capire che ero innamorata di lei.”
Ginny arrossì.
“Ma la smetti di rinfacciarmelo?”
“E rinunciare a sfotterti? Naaaa… non sarebbe nella mia natura.”
La rossa si girò e sorrise. Era vero. Se amava Blaise era proprio per il fatto che fosse sempre così vero e diretto.

“Esibizionista…” – fece Hermione, contro la bocca di Draco.
Il biondo sorrise e le fece l’occhiolino.
“Non sarei io altrimenti.”
“Quello è vero.”

Albert aveva visto tutto.
Ed era uscito in terrazzo.
Aveva intuito che tra di loro ci fosse qualcosa, ma non avrebbe mai immaginato che quel qualcosa fosse di tale portata. Il suo cuore batteva all’impazzata e aveva voglia di piangere. L’aveva da poco ritrovata e ora… doveva dirle addio un’altra volta.

La coppia del secolo fu sommersa delle più classiche – scontate – domande.
“Ma da quanto?”
“Non lo sapevamo!”
“State insieme?”
“Siete bellissimi!”
“Oh, come vi invidio!”
Draco non li ascoltava, mentre Hermione annuiva distrattamente. Con gli occhi cercava Albert per dirgli che adesso lei e Draco stavano insieme, ma non lo trovò. Riuscì a sovrastare quella cloaca di domande.
“Scusate, avete visto Albert?”
“E’ uscito in terrazzo.” – disse un invitato.
Hermione guardò Draco e le lasciò la mano. Si diresse verso la terrazza indicatale e lo trovò appoggiato al balconcino.




“Albert?” – non si girò.
Impensierita, si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. Il ragazzo si staccò da lei con malagrazia. Per Hermione fu come cadere da un precipizio.
“Albert?”
“Cosa?” – chiese, stizzito.
“Perché fai così?” – chiese lei, spaventata.
“Da quanto stai con lui?”
Il cuore di Hermione mancò di un battito. L’aveva vista!
“Da… da stasera…”
“E… da quanto va avanti, invece?”
“Albert…”
“Onestamente, ti è mai importato di me, Hermione?”
Si ritrovò inevitabilmente a piangere.
“No, perché a me sembra di averti dimostrato di tenerci a te, tanto. Troppo… ma tu?”
“Io… io ti voglio bene!”
“Ma non mi hai mai detto niente.”
“Albert…”
“No, niente Albert.” – era arrabbiato. – “Speravo che volessi passare del tempo con me, come io lo volevo con te, ma evidentemente hai altre priorità.”
“Parli come se volessi abbandonarti…”
“E non sarà così?”
Hermione spalancò gli occhi.
“No! Avrò sempre tempo per te, Albert!”
“Oh, grazie per la carità, sorellina.”
“Albert… non… non dire così…”
“E perché no? E’ la verità.” – disse, con un’amara scrollata di spalle. – “Draco è un tipo esigente. Pretende attenzione da chi gli sta attorno e se non ne riceve va in bestia. Scusa, ma lo conosco meglio di te. E poi credo che tu meriteresti di meglio.”
Uno schiaffo mise fine a quella pagliacciata. Lo sguardo truce di lei non abbandonò mai gli occhi stupiti del ragazzo.
Non aveva mai schiaffeggiato qualcuno in vita sua.
“Lui E’ il meglio che posso avere!”
Fu come se Albert avesse capito di aver straparlato fino a quel momento. Si sentì così stupido che non avrebbe mai saputo come farsi perdonare da sua sorella.
“Non è colpa di nessuno se mi sono innamorata di lui!”
Finalmente lo aveva detto a voce alta.
“Tu fai parte della mia vita, Albert. Come puoi solo pensare che la mia storia con Draco possa prendere un posto che ti spetta di diritto? Per… diciassette anni ho desiderato avere un fratello!”
Albert si sentì un totale schifo.
“E ora che ce l’ho, credi veramente che possa girarti le spalle? Mi reputi così meschina?”
“No, ti prego… perdonami…” – cercò di avvicinarsi, ma lei si allontanò. – “Hermione, ti prego…”
“Va a farti un giro Albert e raffreddati il cervello.” – girò i tacchi e se ne ritornò dentro.
Aveva perso ogni voglia di festeggiare.
Il ragazzo si girò e con stizza iniziò a prendere a calci la colonna di granito nero, maledicendosi ad ogni scarpata.

Mi ama.
Cazzo l’ha detto…

Draco era nascosto dietro una colonna e aveva assistito al loro battibecco. Era rimasto veramente deluso dalle parole del ragazzo che reputava un amico, ma sentire lei difenderlo a spada tratta gli fece capire di non meritare una ragazza simile. Non l’avrebbe mai lasciata andare, s’intende, ma sapeva che non la meritava.
Era andata contro il fratello per lui e Draco pensò che forse doveva restituirle il favore. L’aveva vista troppo sconvolta mentre scappava via.
“Così non valgo niente, eh?”
Albert si girò di scatto, spaventato.
“Draco… no, lascia che ti spieghi…”
“Spiegare cosa? Che hai litigato con tua sorella per stupide gelosie?”
Albert inspirò a fondo e chiuse gli occhi.
“Credi davvero che io possa colmare diciassette anni rubati?” – gli chiese con scherno. – “Credi sul serio che possa portarti via Hermione, sapendo quello che hai passato?”
“No, ma…”
“Ma cosa?”
“Ti ho osservato, Draco.”
Il biondo corrucciò un sopracciglio.
“Da quando hai saputo che Hermione era mia sorella, continuavi a cercarla con lo sguardo. La seguivi fino a che non scompariva dietro l’angolo o dietro la porta di una classe.”
Draco spalancò gli occhi.
“I vostri battibecchi si sono ridotti alla stregua di scaramucce tra amici, più per abitudine che per vera voglia di ferire. E ti conosco! Quando la guardavi avevi quello sguardo che ti si fissa negli occhi solo quando desideri veramente qualcosa. E… ho paura che me la porti via.” – si sentì stupido nel mostrarsi così vulnerabile di fronte a qualcuno.
Draco non immaginò che la presenza di Hermione fosse così importante per Albert. L’aveva visto molto preso nei suoi confronti, ma lo giudicò come il normale bisogno di una persona di avere accanto un familiare che si è ritrovato dopo tanti anni.
“Albert…” – si fermò. Non era bravo a consolare le persone. Si ritrovava impacciato e fuori dal suo normale habitat. – “… io non rinuncerò mai Hermione.” – disse, duro.
Il ragazzo lo guardò sconvolto.
“E’ l’unica abbastanza intelligente da capire che i momenti in cui non potrò aiutarla io ci sarai sempre tu a farlo. Tu hai osservato me, ma io ho osservato te. Ti preoccupi per lei, la proteggi, la ami. Io…” – decise di dirlo a voce alta pure lui. – “… io farò lo stesso, ma non sarà mai la stessa cosa.”
“La… la ami?” – gli chiese, scioccato.
Draco inspirò profondamente.
Cazzo se l’amava!
“Sì.” – rispose, sicuro, anche se un po’ di terrore per essersi scoperto su una cosa così delicata lo aveva reso insicuro per un attimo.
“Cazzo ho rovinato tutto…” – fece Albert, prendendosi la testa tra le mani.
“Credi?”
“Sì!”
“Io invece credo che rovinerai tutto se non ti lanci alla sua ricerca, strisci ai suoi piedi e invochi perdono.”
Albert lo guardò basito.
“E forse ti perdonerà.”
“Non sei molto incoraggiante…” – disse, titubante.
“Che pretendi? Ti ricordi di chi stiamo parlando, vero?” – ironizzò lui.
Albert sorrise tristemente.
“Già. Chissà dove…”
“In camera sua.” – disse il biondo, che l’aveva vista inforcare le scale.
Cadde un silenzio imbarazzante tra i due. Draco non era abituato a parlare dei propri sentimenti con i ragazzi della sua età. Preferiva parlarne con la madre, a discapito di ciò che si poteva pensare di lui e di questo suo atteggiamento.
“Mi… dispiace… non volevo dire quelle cose…”
Draco scrollò le spalle. Se n’era sentite dire di peggio, anche se un po’ di amarezza era comunque rimasta, ma contava sul fatto che al suo fianco ci sarebbe stata Hermione ad aiutarlo a sanare quell’ennesima ferita.
“Acqua passata. Va da lei.” – disse, con un cenno del capo.
Albert lo ringraziò con un sorriso e corse verso la camera della sorella.
Draco lo guardò allontanarsi e tornò ai suoi pensieri. Rimase fuori sul balcone e si accese una sigaretta. Per una volta i babbani avevano inventato qualcosa di utile per calmare i nervi. Tirò una generosa boccata, la tenne dentro e poi la esalò, guardando il fumo creare strani rivoli per aria.
Era una notte stellata, l’aria era pungente, come la sigaretta alla menta che stava fumando. Con il naso per aria, Draco pensò a ciò che aveva appena ammesso.

“La… la ami?”
“Sì.”

Aveva appena messo spontaneamente la sua vita nelle mani di un’altra persona che non fosse sua madre. Hermione non era il tipo che si fidanzava così, per passare il tempo, anzi. Era una ragazza seria, fin troppo, per una della sua età. Aveva visto cose, come lui, che una normale diciassettenne non avrebbe mai dovuto vedere e aveva una visione della vita quasi globale.
Farsela scappare sarebbe stato un delitto perseguibile con Azkaban.
Però c’era sempre quella minuscola, insignificante parte di lui che non riusciva a far stare zitto. Le persone lo avevano sempre tradito, nel bene o nel male.
Suo padre in primis, benché lo avesse – o ci stesse almeno provando – perdonato.
Sua zia Bella, sempre affabile, dai modi gentili, bella come la storpiatura che il suo nome enunciava, ma letale come il peggiore dei veleni. Non aveva esistato a incitare suo padre a gettare lui, povero ragazzo diciassettenne, in una missione suicida.
E, anche se non l’aveva mai incontrata, sua zia Andromeda.
L’unica che poteva capirlo, stargli accanto e proteggerlo aveva preferito pensare alla sua vita ma, in fin dei conti, pensò Draco, era stato meglio così.
Avrebbe potuto fare tante cose, da quel giorno in avanti. Una di queste era conoscere questa famosa Andromeda Black che aveva osato andare contro i dogmi ancestrali della famiglia per seguire la propria volontà e non quella degli altri. E chissà… magari le avrebbe presentato anche Hermione…
La paura che Hermione lo potesse tradire era irrazionale e lo sapeva bene. L’aveva sentita con le sue orecchie, dire ad Albert che era innamorata di lui e lui lo era di lei, ma allora perché c’era sempre quel freno di mezzo? Cosa poteva fare per levarselo dai piedi e vivere finalmente la sua vita, senza remore ulteriori?
“Oltre alla cicca, ti si fumerà il cervello se non la smetti di pensare.”
Draco si girò di scatto.
“Ah, sei tu…”
“Scusa se non sono chi volevi.”
“Tranquilla. Nessuno è perfetto.” – frecciò divertito, riferendosi a Hermione.
“Non ti preoccupare. Il tuo segreto con me è al sicuro.”
La guardò e ghignò.
“Piattola, come mai qui fuori a gelarti il sedere?”
“Furetto, come mai qui fuori a gelarti il sedere?” – rispose lei, tirando su il collo del maglione per proteggersi.
“Così.” – risposero insieme i due.
“Non rientri?” – chiese Ginny. – “Ormai mancano solo venti minuti a mezzanotte.”
“Sì, lo so.”
“Senti…” – il suo tono si fece più serio. Si mise una ciocca dietro l’orecchio, sperando di non infastidirlo. Ginny sapeva bene quanto fosse suscettibile quel ragazzo. – “… ho visto Hermione correre verso le camere, sconvolta. Che è successo?”
Draco gettò a terra il mozzicone e lo spense con il tacco, per poi farlo evanescere.
“Nulla di che. Piccole divergenze familiari.”
“Qualcosa di grave?”
“Dipende che grado di gravità dai alla gelosia.”
Ginny lo guardò confusa.
“Lascia perdere.” – disse annoiato. – “Blaise?”
“E’ dentro. È peggio di un bambino, in mezzo agli scherzi dei miei fratelli.”
“E’ fatto così, che vuoi farci?”
“Niente. Me lo tengo così com’è.” – disse la rossa con ovvietà.
Rimasero in silenzio per un po’.
“Beh, io rientro.” – fece Ginny, rompendo quel silenzio.
“Sì, ok.”
Ginny era arrivata all’ingresso, quando si girò. Draco stava per accendersi un’altra sigaretta. Festeggiare senza Hermione era senza senso. La guardò perplesso.
“Oh, dimenticavo di dirti…”
E Draco sospettò che non lo avesse veramente dimenticato…
“Hermione è in sala.”
La sigaretta cadde a terra.




“Mi hai perdonato davvero?” – sarà stata la milionesima volta nel giro di un quarto d’ora che glielo chiedeva.
Hermione alzò gli occhi e lo abbracciò. Albert mugugnò come un cucciolo bastonato.
“Continua a chiederlo e ti picchio.” – si separarono dall’abbraccio. – “Non permetterò a nessuno di mettersi tra me e te, Albert. Nemmeno a Draco.”
Il ragazzo si sentì di nuovo importante.
“Davvero, scusa per prima…”
“Non importa… dai, tra poco arriverà l’anno nuovo. Iniziamolo bene, ok?”
“Ok.”
Draco li vide abbracciarsi e capì che Hermione doveva averlo perdonato. Si sentì sollevato e con passo studiato si avvicinò a loro. Hermione non sapeva che Draco avesse sentito tutto e con un’occhiata di intesa e un cenno del capo, decisero che mai lo avrebbe saputo.
“Sempre attaccati. Sicuri di essere fratelli?” – frecciò lui.
Hermione rise di gusto e, sorprendendolo, lo baciò. Albert sorrise e finalmente gli entrò in zucca che Hermione non avrebbe mai dovuto dividersi tra lui e il suo ragazzo – Merlino, se lo sapeva suo padre la squoiava viva! – ma ogni qual volta si sarebbe trovata con l’uno o con l’altro, avrebbe dedicato tutta la sua attenzione – e i suoi baci – a ognuno di loro.
Senza dire niente, si avviò verso il centro della sala, dove Fred e George avevano tirato fuori i fuochi d’artificio.









“No! La colpa è solo tua!” – gli puntò ripetutamente l’indice sul petto, benché la sua vicinanza ancora la stordisse. – “Per due anni mi sono sentita una merda per essere andata a letto con Blaise, quando invece tu hai fatto in modo che questo accadesse!”
Candy e Jason stavano litigando, o meglio… lei urlava e lui stava zitto.
Avevano ricevuto entrambi un invito da parte del padrone di casa, che si era informato anonimatamente sulla situazione della ragazza. Aveva scoperto di Jason McCallister e lo aveva invitato, sperando in un loro ritorno di fiamma. Dopotutto, Candy si meritava di essere felice e da attendibili voci di corridoio, lei lo amava ancora.
“Mi dispiace, ma pensavo fosse la cosa più giusta da fare.”
Candy sembrò gonfiarsi come un gatto.
“Per chi? Non per me, perché se mi avessi tenuta in considerazione me ne avresti parlato prima!”
“Cosa te ne fai di uno come me?”
Spalancò gli occhi, credendo di aver capito male.
“Cosa?”
“Sì… cosa te ne fai di uno come me? Che futuro posso darti? Al momento, valgo meno di un magonò.”
Candy conosceva la situazione familiare di Jason. All’inizio si era messa con lui perché gli ispirava tenerezza, non vero e proprio amore, ma poi aveva imparato a conoscerlo, stimarlo, rispettarlo e infine ad amarlo. I suoi genitori erano molto severi, infatti aveva faticato molto a lasciarsi andare, ma quando c’era riuscito avevano fatto scintille insieme.
Erano della vecchia scuola, ossia: sposati con una purosangue e fai figli purosangue.
Lui si era messo con Candice, una mezzosangue, ma non poteva più avere figli. L’anno precedente alla loro rottura, Jason si era assentato da scuola per una settimana, giustificandola con il funerale di un parente lontano. Candy non si era fatta troppe domande: era priorità dei purosangue avere parenti in giro per il mondo di cui ignoravano loro stessi l’esistenza.
Ma invece di andare al funerale, Jason si ricoverò in ospedale e si sottopose a un intervento per rendere sterile il suo apparato riproduttivo. Aveva contratto una rara forma tumorale non curabile con la magia e con l’andare del tempo le cose sarebbero peggiorate, per non parlare del fatto che rischiava di infettare la sua compagna e il bambino, che non avrebbe mai superato i tre mesi di vita.
Dopo l’intervento, tornò a casa che sembrava nuovo di restrutturazione però, com’era logico, non poteva fare sesso. Servivano mesi per la riabilitazione e fu lì che il loro rapporto iniziò a risentirne. Lui, perché sapeva che stava raccontando un sacco di bugie alla sua ragazza e Candy perché non capiva perché il suo ragazzo avesse smesso di parlare con lei e di fare l’amore, cosa che pensava piacesse anche a lui.
Iniziarono i primi diverbi, poi passarono ai battibecchi, alle scaramucce, alle liti e infine, per chiudere il cerchio, a veri e propri insulti.
Fu in quel periodo che Candy andò a letto con Blaise.
Ma se avesse saputo la verità non lo avrebbe mai fatto e poi non avrebbe mai abbandonato il suo ragazzo che sembrava aver fatto voto di castità.
“Effettivamente…” – decise di non perdonargliene nemmeno una e si svuotò come un sacco. – “… stavo con te solo per quello che avevi in mezzo alle gambe.”
Jason la guardò. Sapeva che non lo pensava veramente e che era solo un modo per ferirlo. Lo sapeva, ma ci stava riuscendo benissimo.
“Un gran bell’arnese, non c’è che dire, ma arrugginito. Sono contenta di essere stata la tua puttana per un po’.”
Questa non gliela fece passare.
“Non sei mai stata una puttana!”
“E come giudichi il fatto di avermi tenuta finchè ti faceva comodo?”
“Ti ho amato davvero!” – fece lui, risentito.
“Inizio ad avere seri dubbi al riguardo.” – disse, minimamente toccata dalla cosa. – “Sai la cosa che mi dava più fastidio?” – disse. – “Il fatto che quando io avevo qualcosa, mi mettevi sotto torchio, rinfacciandomi che non ci tenevo abbastanza a te se non ti dicevo cosa mi faceva stare male, ma quando toccava a me scappavi sempre.”
“Non volevo…”
“Oh, piantala con tutte ‘ste stronzate! Non ti fidavi di me! Dillo chiaro e tondo! Cosa ti dava il diritto di decidere cosa potevo o non potevo fare per aiutarti?”
“Ho giurato a me stesso di proteggerti, Candy.”
“Da chi?” – fece lei, esasperata.
“Da me.” – rispose lui, semplicemente. Fu in grado di zittirla. – “Dovevo tenerti lontano dalla mia famiglia, da tutti quegli insegnamenti che Merlino solo sa quanto fossero sbagliati e insensati.”
Candy si avvicinò lentamente.
“Allo stesso modo…” – iniziò lei. – “… non avevi diritto di decidere per me. Mi so difendere benissimo.”
Jason le sorrise e le accarezzò una guancia, sperando di non aver osato troppo, ma fu felice di vedere che non si era sottratta al suo tocco.
“Lo so, ma ci sono cose che senti di dover fare, senza chiedere l’aiuto di nessuno, mi capisci?”
“Capisco. Ma non approvo.” – disse, ferma nel non voler ammorbidire la propria posizione.
“Posso abbracciarti?” – chiese Jason, infine.
Candy gli andò diretta tra le braccia. Ognuno di loro si sentì protetto.
Un filo di luce rossa partì dall’interno della sala, salì al cielo ed esplose, creando una fontana di luce rossa. Jason e Candy si girarono di scatto e guardarono verso l’alto. Doveva essere appena scoccata la mezzanotte.
“Buon anno, Candy.”
“Buon anno anche a te, Jas.”
Il ragazzo le accarezzò le labbra con il pollice, si chinò e la baciò.




Dentro la sala esplosero urla di giubilo, auguri e brindisi che durarono quindici minuti. Fred e George avevano fatto un ottimo lavoro e tutti ne erano entusiasti.
“Hermione, buon anno!” – esclamò la rossa, saltandole in braccio.
Hermione la prese al volo e rise.
“Anche a te! Buon anno, Blaise!” – fece Hermione, abbracciando il moro.
Blaise l’abbracciò e lentamente fece scendere una mano verso il fondoschiena della ragazza. Draco lo fulminò con lo sguardo.
“Buon anno anche a te, Hermione. Draco, auguri.”
“Buona morte.” – fece il biondo, tirandosi vicina la ragazza. Mancava solo che alzasse la gamba e le pisciasse addosso per marcare il territorio.
Hermione alzò gli occhi al cielo ma sorrise, stringendosi a lui.

La festa proseguì fino alle cinque di mattina, ora in cui tutti, chi più chi meno, collassarono ovunque vi fosse un supporto orizzontale. I tavoli erano stati liberati, semplicemente sdraiandovisi sopra, usando i cartoni dei succhi come cuscini. I divanetti e le poltrone, nemmeno a dirle, furono usati da venti persone, nonostate fossero progettati per contenerne al massimo due.
Le camere, invece, erano off-limits per tutti, eccetto per gli ospiti che Blaise aveva deciso di far rimanere e che erano solo tre: Ginny, Hermione e Draco. Aveva acquistato presso i gemelli Weasley un incantesimo inventato proprio dai due geni dai capelli rossi, che facesse smaterializzare gli abitanti della casa nelle rispettive dimore senza doversi concentrare. Li aveva pagati una bella somma, ma aveva fatto un ottimo acquisto: avere estranei in giro per casa durante il giorno, specie dopo una nottata simile, lo infastidiva sempre e così aveva risolto il problema con lo Smaterializzati-Da-Solo, dei due gemelli.
Aveva salutato Candy e Jason, trovandoli particolarmente affiatati. Blaise non sapeva niente di ciò che era successo a Jason, ma dalle occhiate che si scambiavano i due sembravano sulla buona strada per tornare insieme.




“Grazie di tutto Blaise.” – gli disse Candy, scoccandogli un bacio sulla guancia. – “Spero che potremmo rimanere ugualmente amici.”
Blaise l’abbracciò forte.
“Una domanda stupida da una Tassorosso. All’impossibile non c’è mai limite…” – scherzò lui.
Candy rise e tornò vicina a Jason, che strinse la mano al moro. Ce l’aveva ancora un po’ con lui per il fatto di essere andato a letto con la sua ragazza, ma contava di superare la cosa abbastanza in fretta, visto che in parte era anche colpa sua.
Ok. Era tutta colpa sua…
“Allora buona notte, ragazzi.” – fece Candy. – “Hermione, ci vediamo stasera, ok?”
La riccia sbadigliò, facendole nel contempo il cenno dell’ok con la mano.
Finiti i convenevoli, i quattro poterono andare a letto. Finalmente.
“Ragazzi che festa…” – fece Blaise, che ormai stava dormendo in piedi.
“Davvero bella.” – fece Ginny. – “Ma adesso voglio il letto…”
Hermione si appoggiò contro Draco con gli occhi chiusi.
“Anch’io…” – disse, dimentica del fatto che avrebbe dovuto dividere la camera con il biondo.
Tutti insieme, barcollantemente, i quattro presero le scale e si diressero verso le proprie camere. Blaise e Ginny continuarono verso il secondo piano, mentre Draco e Hermione si fermarono al primo.
“Allora notte…” – fece Hermione. Si alzò sulle punte per baciarlo, ma lui con un ghigno si tirò indietro. – “Che c’è?”
“Dimentichi lo scherzetto di Blaise.” – disse Draco.
Hermione perse tutto il sonno che aveva. Cazzo, era vero! Quello stronzo li aveva incastrati nella stessa camera! E adesso?
Calma Hermione, calma…, si ripetè lei, come un mantra per calmarsi.
“Giusto.” – si girò e aprì la porta.
Il letto era, agli occhi di Draco, una sensuale danzatrice del ventre dalla pelle bronzea che con voluttuose mosse lo invitava a raggiungerla e farsi cullare tra le sue braccia. Agli occhi di Hermione, invece, appariva come un aitante giovanotto vestito da pompiere, guarnito solo di un tanga tigrato che faceva molto selvaggio-assatanato.
Si riscosse da quegl’impuri pensieri e si diresse verso l’armadio per prendere le cose per la notte e andò in bagno. Però, un piccolo terrore s’insinuò nella sua mente.
Convinta al tremila per cento che Blaise le avrebbe messo a disposizione una camera tutta per sé, aveva portato delle vestagliette molto corte, molto succinte, molto segose e molto, molto poco caste. E le soluzioni erano due: o dormiva con quelle o dormiva in mutande, visto che il reggiseno lei non lo teneva mai di notte.
“Ehi, tutto bene?” – chiese Draco, bussando alla porta del bagno.
Hermione scattò sull’attenti e guardò la sua vestaglietta con tanga coordinato. Maledetto quel giorno in cui aveva accettato di fare shopping con sua madre!
“Eh? Sì, sì tutto bene! Un attimo!”
Draco, senza tanti preamboli, si era sfilato i vestiti di dosso e aveva indossato solo i pantaloni del pigiama, rimanendo così a torso nudo. Si era sistemato il cuscino dietro la testa e aveva lasciato la luce accesa per lei.
“Draco?”
“Cosa?”
“Puoi… puoi spegnere la luce?”
Il ragazzo guardò con palese perplessità la porta.
“Perché?”
“Per favore!” – lo supplicò lei.
“Ma sei sicura che vada tutto bene?”
“Sì-ì! Spegni solo la luce!”
Contando che quella non sarebbe stata l’ultima stranezza della ragazza, Draco l’accontentò. Con un “nox” appena accennato, fece piombare la stanza nel buio totale.
“Fatto.”
Hermione aprì di poco la porta e si sollevò nel vedere che la luce era spenta.
Uscì, ma inciampò contro lo spigolo e imprecò sottovoce. A seguire, inciampò quasi in un pezzo di stoffa, che non sapeva proprio cosa poteva essere, prese la gamba del tavolino con il mignolo, sbattè contro il tavolo e infine ruzzolò a terra.
“Senti, ma che stai facendo? Lumos!
“No!” – Hermione alzò di scatto la testa, terrorizzata e Draco ebbe la matematica certezza che quella notte l’avrebbe passata con tutti e tre gli occhi aperti.
Hermione si rimise in piedi a fatica, ficcò i pugni nei fianchi e si preparò per rispondergli a tono, qualsiasi cosa avrebbe detto. Il ragazzo era sicuro di essersi già addormentato, perché quella non poteva essere la sua Hermione, non quella che portava la divisa della scuola quasi fino alle caviglie e che girava, anche in estate, con la camicetta abbottonata fin sotto il collo.
“Hai da guardare ancora per molto?” – chiese lei.
“N-no…” – inghiottì rumorosamente, cosa che la fece ridere di gusto.
“Ah, Draco…”
Pensò che se non si toglieva pantaloni e mutande avrebbe rischiato di lacerarli come quel mostro babbano tutto verde di cui non ricordava il nome.
“… sei come un libro aperto per me…” – fece Hermione, avvicinandosi al letto con passo felino. Si fermò, in piedi, sul bordo.
E poi si spogliò.
Draco era in piena catalessi. Il corpo della ragazza sembrava rilucere come se fosse stato ricoperto da polvere iridescente. Sui seni, spiccavano due gemme rosa che chiedevano solo di essere saggiate. Il ventre piatto precedeva un triangolo perfetto nascosto – ancora per poco – da un leggero pezzo di stoffa trasparente, che giocava sul vedo-non-vedo. Le gambe erano chilometriche e si appuntò nella testa che quando sarebbero tornati a Hogwarts avrebbe dovuto farle usare gonne decisamente più corte.
Solo in sua presenza, però.
Gli sembrò di precipitare da un dirupo quando la vide afferrare i lati dello slip e abbassarseli lentamente.
Molto lentamente.
Faceva la ceretta totale?!?
Il suo cuore non avrebbe retto a lungo, se sottoposto a un simile calvario. Fu allora che Hermione salì sul letto e gattonò verso di lui.
“Fa l’amore con me, Draco.” – sussurrò lei.
“Sì…”
“Allora sbrigati.”
Non ci fece caso, ma gli sembrò una richiesta strana.
“A-spetta…”
“Perché?”
“Non… non sono pronto…”
Lo sguardo di lei mutò. Da languido divenne perplesso, lasciandolo perplesso a sua volta.
“Come non sei pronto?!?” – una voce squillante lo riportò alla realtà.

Una realtà in cui lui era ancora a letto, con tre gambe rigide come il baccalà e Hermione ancora a terra, che si massaggiava una caviglia.
Cosa?
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!
Un urlo disumano si levò nella sua mente. Era stato tutto un sogno?!? Stava per mettersi a piangere!
“Ti ho chiesto venirmi a dare una mano!”
Tutta l’eccitazione svanì in un secondo. Il biondo si alzò e la raggiunse, aiutandola ad alzarsi.
“Ma che combini?” – chiese lui.
Hermione saltellò su un piede.
“Sono inciampata, no? Merlino, sembravi pietrificato!”
E vorrei ben vedere!, pensò il biondo ancora sconvolto da quel sogno ad occhi aperti.
“Ti serve aiuto?”
Hermione lo guardò esasperata.
“Sono venti minuti che te lo chiedo!”
Pian piano, Hermione mise giù il piede, costatando con somma gioia che non c’era niente di rotto, ma che doveva aver invece preso una bella botta.
“Va meglio?” – chiese lui.
“Sì, grazie.” – si coricò e aspettò che anche lui si stendesse per spegnere quella maledetta luce.
“Nox.” – sussurrò Draco.

Erano passati quarantacinque minuti e ancora nessuno dei due si azzardava a chiudere occhio. Entrambi sapevano che l’altro non stava dormendo eppure non dissero niente per rompere quel silenzio.

Se un anno fa mi avessero detto che avrei avuto voglia di fare l’amore con Draco Malfoy avrei raso al suolo Hogwarts, facilitando il lavoro a Voldemort.
Sono ufficialmente la sua ragazza da nemmeno ventiquattro ore e già lo consumerei di sesso. Merlino, non mi riconosco più! Da quando sono diventata così porca? Possibile che mi sia bastato farlo una volta sola per volerlo ancora? Cos’è? Ho accumulato tanta di quella frustrazione sessuale come quelle vecchie zitelle che mi abitavano vicino di casa quando ancora ero una Granger?
Ma se ripenso anche che la prima volta è stata con Ron, mi sale il sangue al cervello. Lì mi sono proprio buttata via!
Ron… Harry…
Che nostalgia. Perché quei tempi se ne sono andati? Eravamo così uniti.

Presa da un raptus di stizza, Hermione calciò la prima cosa che le venne a tiro.
“AHIA!” – urlò Draco.
Che si concretizzò nell’innocente rene del suo ragazzo. Hermione spalancò gli occhi.
“Oddio! Draco, scusa!” – si avvicinò a lui e cercò il punto in cui aveva messo la mano per cercare di lenire il dolore.
“Ma che t’è preso?” – sbottò il biondo, con gli occhi lucidi.
“Scusascusascusascusa! Cattivi pensieri.” – rispose lei, massaggiandogli il fianco.
“A che diavolo pensavi per darmi una scarpata simile?”
“Te l’ho detto… cattivi pensieri.” – non aveva voglia di parlare di Ron. – “Ti fa tanto male?” – chiese lei, cambiando argomento.
“No…” – disse. Effettivamente il dolore era un po’ passato.
Hermione smise di massaggiarlo, ma rimase comunque vicino a lui. Il materasso si mosse sotto di lei, segno che il ragazzo stava cercando una posizione comoda per dormire.
“Allora, notte.” – disse lui.
“Sì, notte.” – era delusa. Aveva sentito dire che Draco non si lasciava mai scappare un’occasione. Possibile che dovesse iniziare proprio con lei a cambiare?
Ma poi si chiese perché doveva essere lui a fare il primo passo. Perché non poteva farlo lei?
Sorrise birichina. Le era sempre piaciuto prendere l’iniziativa.
Qualsiasi fosse il campo d’azione…

Si avvicinò quatta quatta al corpo del giovane, che ne percepì il calore. Draco cercò di calmarsi, ripetendosi che era normale cercare la vicinanza, visto che erano… innamorati.
Quando però scoprì che quella vicinanza nascondeva un doppio fine, sgranò gli occhi.
Hermione iniziò a giocherellare sensualmente con i capelli di Draco, che s’irrigidì subito.
Fu quasi doloroso per lui sentire l’erezione tirare in quel modo. Aveva perfino gli occhi lucidi. E fu come morire, quando sentì la lingua di Hermione leccargli lentamente l’orecchio.
No, non sto sognando stavolta, si disse. Percepiva l’umido della saliva sulle orecchie e quindi doveva essere reale!!!
“C’è un detto tra i babbani…”
Merlino uccidimi adesso!, pensò il ragazzo, mentre le dita di Hermione stuzzicavano birichine il suo ombelico e la peluria che vi stava attorno.
“Si dice che chi non lo fa l’ultimo dell’anno non lo fa per tutto l’anno.”
Draco spalancò gli occhi. Ma era seria? O era tutto un trucco per attentare alla sua vita?
Quando la sentì scendere sulla nuca, pregò che una simile punizione gli venisse riservata per altre mille vite.
“Co-cosa… si deve… fare… l’ultimo…?” – il respiro gli si mozzò in gola quando sentì le braccia di Hermione girarlo.
Hermione era soddisfatta del risultato. Gli montò a cavalcioni, sapendo che non se lo sarebbe aspettato. Non da una come lei.
Non da lei.
Eppure, nessuno sapeva chi era in realtà Hermione. Forse nemmeno lei stessa, ma aveva tutta l’intenzione di scoprirlo quella notte.









Note di me:

Ecco la reazione di Albert, per chi l’aspettava. Fortuna che si è accorto da solo di non aver fatto una bella figura, e ha rimediato subito.

Hermione ha pensato bene di sedurre Draco che, poveretto, voleva fare le cose per benino, invece Hermione lo ha preso in contropiede, minando le sue convinzioni.

Siccome sono di frettissima, perché devo ancora finire di fare gli ultimi spesoni per l’ultimo dell’anno, vi lascio lo spoiler e poi vado.

La bionda donna gli indicò una direzione e lui la seguì. Elthon lo stava fissando. Con nonchalance chinò lo sguardo e lo riportò su quello della moglie e le sorrise nervosamente.
Nella sua mente, era impresso a fuoco il loro discorso alla festa di Hermione.

Buon anno!!!

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Capitolo 32
*** Nessun segreto ***


32 - Nessun segreto Ed eccoci qui.
Oggi, nel giorno della Befana, nel MIO giorno, posto il primo capitolo del 2012.
Onestamente sono un po’ emozionata, perché non mi era mai successo di iniziare una storia a cavallo tra due anni, se capite quello che intendo.
Comunque, eccomi qui.
Intanto, auguri a tutte le Befane che mi seguono in questa avventura, quindi… auguri!
Ora che mi sono  tirata addosso ogni sorta di maledizione, veniamo a noi.

Assodato che finalmente i due hanno copulato, è ora di tornare con i piedi per terra. È il primo dell’anno, anche se noi siamo già alla Befana – ù_ù – ed è il momento che qualcuno apra gli occhi, perché se qualcuno se l’è scordato, questa sera ci sarà il Primo.

Non anticipo niente come al solito e vi rimando alle Note di me di fondo capitolo.
Un bacio e anche se ve li ho già fatti, tanti auguri per un più che ottimo 2012!
Auguri a tutte! ^_^








VERITA’ NASCOSTE
NESSUN SEGRETO

Anche Ginny stava soddisfando il suo bisogno di sesso.
Infatti, stava chiedendo spiegazioni dettagliate al suo ragazzo sull’universo maschile…
“… sì ma voi ragazzi vi eccitate con niente.” – disse, nuda, sotto le lenzuola.
Era strano, per lei, avere una discussione con un ragazzo, anche se era il suo, tutta nuda, come se la conoscenza che avevano dell’altro fosse così profonda da mettere la nudità in secondo piano.
Si conoscevano veramente da soli quattro mesi – lui qualcosa di più – eppure i loro pensieri viaggiavano paralleli su due binari: non si scontravano mai.
O quasi.
Anche loro erano stati protagonisti di una sessione di attività ludiche molto appagante e si erano ritrovati a fare salotto.
“Adesso non esagerare! Non siamo mica dei pervertiti!” – si giustificò il moro. – “E poi è un modo come un altro per apprezzare le cose belle.”
“Non ti ho mai visto eccitarti di fronte a Daphne.” – replicò Ginny.
“Solo perché non mi piace. E’ una bellissima ragazza, ma non penso nemmeno ad avere una storia con lei.”
“Ah, vorrei ben vedere!” – occhieggiò lei.
Blaise le rispose con un bacio veloce sulle labbra e lei gli sorrise.
“Tu invece sei un altro paio di maniche.” – disse, saccente. E lecchino. – “Sei bella, simpatica…”
Ginny stirò le labbra in un sorriso, mentre scivolava compiaciuta sul cuscino.
“… un po’ tonta, ma va bene anche quello, ehi!” – si difese da una serie di pugni.
“Sarò anche tonta, ma tu mica hai fatto i miracoli per farti capire, eh?” – ribattè prontamente la piccola di casa Weasley, tornata quella di un tempo.
Blaise sospirò teatralmente.
“E che gusto c’era, sennò?”
Ginny si girò e lo guardò così seriamente che Blaise si fece serio a sua volta.
“Il gusto che invece di rovinarmi la vita per Harry potevo stare con te già da un po’.”
Il moro le accarezzò una guancia e le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Hai ragione. Allora vorrà dire che tu sei tonta e io masochista.”
“Accettabile.” – disse lei, fingendo di pensarci su.
Rimasero in silenzio ancora per un po’, ascoltando solo i loro cuori battere.
“Ti sei mai pentita di aver scelto me, invece di Potter?”
Ginny divenne rigida per un secondo, poi, si rilassò.
“Perché avrei dovuto pentirmi?”
“Sai a cosa mi riferisco…” – disse, alludendo al fatto che se Harry era diventato così stronzo era solo colpa di Silente.
“No, non sono pentita. Se quell’incantesimo rivela la vera natura delle persone, io credo che Harry, alla fine, l’avrebbe dimostrata. Prima o dopo non fa differenza.”
“Ma se Silente non si fosse messo in mezzo…”
“Blaise… per te era più semplice odiarmi per nascondere i tuoi veri sentimenti o amarmi alla luce del sole?”
“Che domande! La seconda!”
“Lo stesso vale per Harry. Per lui è più facile comportarsi come adesso, visto che può mostrare il suo vero io, invece deve faticare il doppio per fingersi una persona che non è. E poi non avevamo detto che non ne volevo più sentire parlare?”
“Hai ragione, scusa…” – disse, baciandole il collo. – “Allora…” – disse Blaise con toni più allegri. – “… io ho soddisfatto la tua curiosità, tu soddisfa la mia ora.”
“Cosa vuoi sapere?” – chiese lei, sperando che il discorso fosse finalmente morto lì.
“Come diavolo fai ad avere una madre così incredibile?”
Ginny scoppiò a ridere di gusto. Effettivamente, Molly era anche severa, ma erano rare quelle volte. Invece, nella maggior parte dei casi era sempre allegra e solare con una parola gentile sempre pronta per tutti.
“Non lo so.”
“Pensavo che mi avrebbe scorticato vivo quando tuo padre ci ha beccati in camera tua invece…”
“… invece si è messa dalla mia parte. Lo fa sempre.”
“Che culo!”
“Non pensare che sia sempre così, però. Mamma è buona e cara, e hai visto che non mi fa problemi a portare un ragazzo in camera, ma non devo oltrepassare un certo limite. Lei si fida di me e io cerco di ricambiare la fiducia.”
“Ma lei sa che non sei più vergine?”
“Credo lo abbia capito.”
“Da cosa?”
“Quando tu sarai padre di nove figli maschi e poi ti arriva la femmina, lo capirai.”
“E’ una proposta la tua?”
Ginny arrossì.
“Ho solo diciassette anni!” – esclamò lei. Era imbarazzata, ma allo stesso tempo felice che Blaise avesse questi pensieri. Forse, più avanti, li avrebbero concretizzati…
“Non ti ho mica detto adesso. Più avanti, magari…”

I ragazzi nati maghi sono diversi dai comuni babbani, per tanti aspetti.
Le origini, innanzi tutto.
Le famiglie, la cui stirpe è una landa infinita di unioni esclusivamente tra purosangue, vantano una discendenza che si perde nei meandri del tempo. Le immense ricchezze accumulate nei secoli fanno sembrare la regina d’Inghilterra la piccola fiammiferaia. Tali ricchezze e tale patrimonio genetico hanno portato ogni singola famiglia a volere sempre il meglio. Manor immensi, opulenti, che palesassero lo status sociale della famiglia, abiti eleganti e stoffe pregiate, fatte importare da paesi stranieri. Gioielli costosi e cibi prelibati erano solo alcune delle cose che si potevano trovare presso alcune di queste famiglie.
Dopo lo sfarzo, subentrava l’educazione, il comportamento e il portamento. Non si trattava di “schiena dritta, pancia dentro e petto fuori”. Era qualcosa di più sottile, qualcosa che, con il passare del tempo diventava parte integrante della persona. Era l’atteggiamento del vincente, il carisma che trasudava da un solo sguardo, il potere di comunicare con gli occhi, senza perdersi in inutili chiacchiere.
Era la ricerca della perfezione.
E, anche se per ragazzi di diciassette anni doveva essere un orrore al quale non avrebbero mai dovuto assistere, c’era la guerra.
Dire che non abbia cambiato gli animi di molti sarebbe come profanare la memoria dei caduti e le gesta dei sopravvissuti. Aprire finalmente gli occhi sulla realtà e capire che tutto il denaro del mondo, gli abiti costosi e i gioielli non li avrebbero mai salvati da una morte certa è stata dura. Hanno dovuto affrontare prove dure, difficili. Hanno capito quanto la vita fosse preziosa, che se ne ha solo una a disposizione e che va vissuta per intero. Ogni singolo istante è importante, perché non torna più indietro.
Hanno subito perdite ingenti. Genitori, fratelli, zii, amici… persone con le quali il giorno prima ridevano e scherzavano e il giorno dopo si trovavano a piangere sulla loro tomba.
Avevano visto gli orrori della guerra e si erano promessi che non ce ne sarebbero state altre. Così hanno imparato a guardare avanti, a progettare, una cosa nuova per loro, abituati a dover vivere giorno per giorno, ad assicurarsi la sopravvivenza giorno per giorno.
Quindi, per questi ragazzi, pensare al futuro, alla famiglia, al lavoro e a tutti quegli aspetti futuri che in genere le persone comuni iniziano a valutare solo una volta finiti gli studi, era una cosa normale, alla stregua di quale maglietta indossare per andare a correre, proprio perché abituati fin da piccoli e perché la guerra aveva dato il suo contributo affinchè questo aspetto si intesificasse. E non vi era imbarazzo nel trattare questi argomenti. Se erano femmine, dovevano pensare ad essere sempre carine, eleganti e con una buona dote appresso, se erano maschi, dovevano ereditare il senso degli affari per assicurare il patrimonio per il futuro.

“Te lo concedo.” – disse lei, sorridendo. – “Ma prima vorrei trovare un lavoro, avere la mia indipendenza.”
“E’ giusto. Adesso però dormiamo. Sono già le sei e mezzo e stasera devi sfilare.”
Ginny si accovacciò sul suo petto, lo salutò con un bacio e l’attimo successivo si trovò già nelle braccia di Morfeo. Non si era resa conto di avere tanto sonno.




Il giorno… ok, qualche ora più tardi, i ragazzi scesero in salone, ripulito dal casino della sera prima dagli elfi, per mettere qualcosa nello stomaco.
Il ritorno dei morti viventi, si potevano definire. Tutti rigorosamente in pigiama e con due occhiaie che potevano paragonarsi ai trolley da viaggio babbani.
Camminavano barcollando, con le braccia penzoloni lungo i fianchi e con la luce che filtrava dalle enormi vetrate che feriva i loro occhi. Si diressero in cucina, dove trovarono Hermione ai fornelli.
Draco era, forse, dei tre quello più sveglio. La sua ragazza, la sua bella, dolce e assatanata ragazza si era svegliata qualche minuto prima di lui, si era fatta una doccia ed era scesa per preparare qualcosa.

“Ehi, dove vai?” – chiese Draco, con la bocca impastata.
Hermione gli baciò leggermente le labbra.
“Scendo a preparare qualcosa da mangiare. Prenditi tutto il tempo che ti serve per svegliarti. Ti aspetto giù.”
Un mugolio e Draco si girò dall’altra parte.

“Buon giorno.” – salutò Hermione.
“Ciao, Mione…” – fece Ginny, che faticava ancora ad aprire gli occhi, come se fossero incollati con il Magi-scotch.
“Vi ho preparato qualcosa da mangiare. Sono appena fatte.”
Il profumino che raggiunse i loro nasi ebbe il potere di aprire una voragine nei loro stomaci. Pian piano gli occhi si scollarono e alla fine si sedettero per fare colazione, discutento e ridendo della sera prima.
Myra si era raccomandata di recarsi all’Atelier verso le sette e mezzo. Dovevano essere truccate, pettinate e vestite, per poter essere pronte alle nove.
Ed erano appena le tre e mezzo di pomeriggio.
Dopo aver mangiato un ottimo eggs-and-bacon e frittelle calde con la marmellata, i ragazzi sembrarono essere tornati in vita e ora si godevano un tranquillo post pranzo in veranda su un dondolo.




“Se penso che quest’anno ci saranno i G.U.F.O.…” – disse Ginny, con lo sguardo verso il giardino.
“Non me ne parlare.” – fece Blaise, funereo. – “Compiti, interrogazioni, prove teoriche e pratiche… Merlino perché ci odi?” – fece Blaise, teatrale.
“Secondo me esploderà la scuola e ci promuoveranno senza sostenere le prove.” – fece Draco, convinto delle proprie parole. Fu quasi commovente sentirlo parlare così…
Hermione li guardò a turno, chiedendosi se l’alcol di poche ore prima non avesse bruciato quei pochi neuroni che erano miracolosamente sopravvissuti.
“Basterà studiare un po’ di più.” – disse lei.
Automaticamente, tre paia d’occhi decisamente compassionevoli schizzarono su di lei, che arrossì.
“Hermione, sei una Serpeverde adesso.” – fece Blaise, quasi offeso. – “Non si dicono queste brutte cose!” – spiegò, sventolandole sotto l’indice.
Scoppiarono a ridere.
“Ci farai copiare, vero Hermioncina?” – fece Ginny, appoggiando ruffiana la testa sulla spalla dell’amica.
“Ma certo…” – disse Hermione con un sorriso che illuminò i volti dei tre. – “… che no!” – concluse poi, con aria truce.
“Bastarda…” – fece Blaise.
“No. Serpeverde.” – frecciò lei.
“Ragazzi io rientro.” – fece Ginny, alzandosi.
Blaise si alzò con lei.
“Sì, anch’io. Ci vediamo dentro, ok? Se volete rimanere, state pure.”
“Dovrei dirvi una cosa, prima…” – fece Hermione con gli occhi bassi.
Ginny e Blaise si guardarono un secondo, sorpresi. Poi fecero marcia indietro.
Aveva deciso di dirglielo. Non voleva segreti con il suo ragazzo e i suoi amici.
“Hai una faccia…” – fece Ginny, mentre la mano di Blaise stringeva leggermente la sua, in un tacito invito a non esporsi con simili battute. – “Che è successo?”
Nessuno sapeva dire cosa Hermione avesse da confessare. Aveva un’aria serena e sembrava tranquilla. Forse non era poi tanto brutto ciò che la riccia aveva da dire. La videro alzare gli occhi verso il giardino, aprire la bocca e prendere un enorme sospiro.
Tutti rispettarono i suoi tempi.
“Jean è una Mangiamorte.”
Nei pochi secondi che si era presa per riflettere su come iniziare quel discorso, aveva pensato di introdurlo prendendola larga, ma a lei i giri di parole non erano mai piaciuti. Basti vedere Ginny e Blaise e i secoli che ci avevano messo per fidanzarsi, proprio perché non si erano confessati direttamente i loro sentimenti.
Così aveva deciso di sganciare la bomba, incurante delle reazioni.
Ginny, Draco e Blaise si chiesero, per una frazione di secondo, chi fosse questa Jean e quando, l’attimo successivo, lo capirono, nessuno non riuscì a trattenere un atomico…
“COSA?!?”
Draco era scattato in piedi. Aveva il cuore a mille.
Così Hermione si apprestò a raccontare tutto dall’inizio.
“La sera del ballo ho tardato perché sono andata ad Azkaban.”
“Fattelo dire, ma tu non sei normale!” – fece Blaise. Blaise stesso non riusciva a capire se doveva essere arrabbiato o indignato da quella mossa azzardata.
“Blaise, smettila.” – lo rimproverò Ginny, sgomenta comunque quanto gli altri.
“Il cazzo! Perché?”
“Se mi fai parlare, te lo dico.” – disse Hermione, seria. Una volta ottenuta l’attenzione di tutti, proseguì. – “Dovevo tagliare i ponti con lei. E dirle un paio di cosette.” – aggiunse, poi.
Blaise continuava a bofonchiare sottovoce, imprecando contro la stupidità della ragazza. Ginny gli tirò una gomitata nelle costole, che lo fece bofonchiare, stavolta, dal dolore.
“Non… non riuscivo ancora a considerare Myra ed Elthon i miei veri genitori e sapevo che per ricominciare veramente dovevo vedere lei.”
Blaise guardò Draco e lo vide più pallido del solito, con un’aria talmente tirata che non gli aveva mai visto nemmeno quando gli aveva confessato che lui doveva uccidere Silente. E si chiese cosa potesse provare in quel momento.
“E anche perché volevo sapere il motivo del mio rapimento. Me ne ha forniti ben due.” – disse, ridendo amaramente.
“Quali?” – chiese Ginny.
“Il primo, e il più stupido, era che non sopportava mia madre quando entrava tutta felice al San Mungo per i controlli di routine. L’ha addirittura presa in giro per la sua felicità.”
Ginny si portò una mano alla bocca per non uscirsene fuori con appellativi poco ortodossi.
“Il secondo… è quello che l’ha portata a farsi marchiare da Voldemort.”
Neppure Draco non poté non guardarla di scatto.
“Cosa vuoi dire?” – chiese il biondo.
“Vi siete mai chiesti perché mio padre in diciassette anni non è mai riuscito a trovarmi?” – chiese, girando il discorso. – “Papà mi ha detto che non aveva mai smesso di cercarmi, che non dormiva di notte per cercare di capire dove fossi finita. Jean mi ha protetta con l’incanto Illusio.
“Oh, porca puttana!…” – fece Draco, passandosi una mano tra i capelli. – “Quell’incantesimo…”
“Sì.” – rispose Hermione. – “Si è sottomessa volontariamente a Voldemort, perché lui stesso aveva previsto che gli avrei rotto pesantemente le oscure scatole.” – cercò di sdrammatizzare, ma capì di non aver fatto una buona mossa. Riprese il suo tono serio. – “Pensavano che se mi fossi sentita una mezzosangue, non mi sarei mai sognata di mettergli i bastoni tra le ruote, ma il Cappello Parlante mi ha smistata a Grifondoro. Infatti, quando tornai a casa per le vacanze estive, Jean non era molto felice del mio Smistamento.”
“Vorrei ben vedere…” – aveva detto Ginny. – “E poi?”
“Poi me ne sono tornata a Preston Manor con mio padre. In ritardo.” – disse.
Ginny e Blaise tirarono un sospiro di sollievo nel sentire che era andata lì con suo padre, almeno. Tutti, ma non Draco che sapeva la verità. O almeno, una parte di essa.
“Meno male che c’era tuo padre con te.” – fece Ginny.
“Ma lui è arrivato solo alla fine.” – spiegò lei pacatamente.
La rossa spalancò gli occhi.
“Eh?” – chiese non molto elegantemente.
“Ho parlato a Jean quattr’occhi. Figurati se ci fosse stato mio padre… non mi avrebbe mai permesso di andare da lei.”
“Fossi stato Elthon ti avrei spezzato le gambe.” – fece Blaise.
“Nessuno riesce a capire perché l’ho fatto, vero?” – chiese, amareggiata. Non che si aspettasse premi al valore per aver affrontato da sola una Mangiamorte, ma nemmeno quelle invettive.
“Sì che lo capiamo.” – fece Ginny. – “Ma sei stata una sconsiderata. Blaise ha ragione su questo.”
“Ma ora so la verità.”
Cadde un silenzio imbarazzato. Ginny e Blaise guardarono Draco, che guardava a sua volta Hermione, che a sua volta guardava il suo ragazzo (?) seria. Decisero di levare le tende.
“Noi rientriamo.” – disse la rossa, prendendo il suo ragazzo per mano.
Seguì altro silenzio.
“Perché non me lo hai detto?” – chiese il biondo.
Perfino la neve, che gli faceva da sfondo, sembrava più scura di lui.
“Non ne ho avuto l’occasione.”
“Non dire stronzate! Non volevi dirmelo!” – urlò lui. Aveva i capelli spettinati da tutte le volte che ci aveva infilato dentro le mani.
Hermione si alzò dal dondolo e gli andò incontro. Draco si fece scudo con le mani, ma lei abituata a ben peggio non si fece sconfiggere così facilmente. Gli andò vicino, per quanto Draco glielo permettesse e lo guardò in faccia.
“Potevo dirtelo al ballo, quando Ginny ha dato di matto? Potevo dirtelo questa settimana, quando mamma mi ha tenuta in ostaggio per la sfilata del Primo? Te lo sto dicendo adesso, Draco. E’ costato molto anche a me non dirtelo subito, ma non puoi pretendere che ti confessi una cosa del genere di fronte a un aperitivo.” – disse.
Sì, lo sapeva. Ma avrebbe voluto che glielo dicesse subito.
“Tu… una Mangimorte, cazzo!” – disse, col volto contratto dalla disperazione.
Hermione lo lasciò sfogare.
Draco non si era mai sentito così. La donna che l’aveva tenuta lontana dal suo vero mondo era una Mangiamorte.
Come lui.
E si chiese, se lei era riuscita a ferirla, come poteva mai lui renderla felice?
Tenne per sé questo pensiero, che avrebbe portato non poche discussioni tra di loro.
E che Merlino gli fosse testimone… l’aveva appena trovata! Non voleva perderla subito!
Il biondo aveva abbassato le braccia lungo i fianchi e chinato lo sguardo. Hermione ne approfittò per abbracciarlo. Non rispose subito, anche se la voglia di stringerla e inglobarla nel proprio corpo era tanta.
“Una Mangiamorte… è come me.” – non riuscì a trattenersi.
Hermione spalancò gli occhi, ma non si staccò mai dal suo petto. Capì solo in quel momento di non aver tenuto abbastanza in considerazione quell’aspetto della cosa. Intensificò l’abbraccio.
“Io ti amo.” – disse, con voce piccola.
Il cuore di Draco esplose in un battito che rimbombò feroce nelle orecchie di Hermione. Poi, l’abbracciò stretta fino a farle mancare il respiro.
“Non mi interessa chi tu sia stato obbligato ad essere. Tu per me sei solo Draco. Il mio Draco.”

Dall’interno, Blaise e Ginny videro tutta la scena.
“Ti avviso: se Draco la lascia, le spezzo le gambe.” – fece Blaise, incontrando lo sguardo indignato di Ginny.
“Puoi ripetere?”
“Hai capito bene!” – disse, lasciando la tenda e i due alla loro intimità.
“Senti, nemmeno a me va giù quello che ha fatto Hermione, ok? Ma reagire in questo modo non serve!”
“Lei… lei non ha tenuto conto del fatto che lui è un Mangiamorte!”
Ginny gli si piazzò sotto, arrabbiata come non mai. Gli ficcò ripetutamente l’indice nel petto.
“Perché? Io che ho fatto?”
Blaise si zittì.
“Ti ho mai fatto pesare di avere uno scarabocchio sul braccio?”
Il moro spalancò gli occhi.
“Ti ho mai rinfacciato il fatto di non aver mai preso parte alla battaglia? No! E nemmeno Hermione lo ha fatto! Anzi, è stata migliore di me perché nonostante Malfoy l’avesse umiliata dal primo anno, alla fine lo ha conosciuto veramente. Quindi, sturati bene le orecchie, moretto, perché te lo dirò solo una volta: sta a loro due decidere cosa fare delle loro vite. Hanno solo diciassette anni e molte altre prove si presenteranno sul loro cammino! E cosa farai? Ogni volta che litigheranno spezzerai le ossa a Hermione e ci giocherai a shangai?”
“No, ma…”
“Allora la discussione termina qui!” – Ginny andò in camera sua e lasciò Blaise nella stanza.
 Da solo.




Hermione e Draco si ritrovarono di nuovo sul dondolo. La ragazza mise la mano sul suo petto e insieme rimasero così a fissare il paesaggio.
Sentire il cuore di Draco battere in quel modo così ritmico fu come ascoltare un carillon con la propria musica preferita.
“Ti prometto che ti dirò sempre le cose, Draco, ma solo quando ci saranno il luogo e il momento giusto per farlo.” – lo sentì sospirare.

“Non voglio segreti tra di noi…” – fece il biondo, prendendo il suo volto tra le mani e poggiando la fronte su quello della ragazza.
“E non ce ne saranno. Te lo prometto.” – fece Hermione, sincera.
Draco la guardò, c’era tanto dolore nei suoi bellissimi occhi grigi.
“Tu mi farai ammattire, donna.” – disse, distendendo il suo volto.
Il cuore di Hermione volò letteralmente di gioia.
“E’ questo il bello, no?”
“No, se mi fai perdere cinquant’anni di vita in un colpo.” – disse, riprendendo la sua solita sbruffonaggine.
“Sei a buon punto: hai già i capelli bianchi.” – ridacchiò lei.
“Ehi! I miei capelli sono biondi! Parla quella che ha un nido di cicogne in testa!”
“Forse al primo anno, ma ora i miei ricci sono morbidi e setosi.” – disse, fingendosi una di quelle ragazzine il cui unico pensiero erano i capelli. – “E non mi pare che stanotte tu li abbia disdegnati poi tanto, Signor Schizzinoso.”
Draco ghignò. E poi la baciò.
Pur sapendo che la questione non era morta lì.

“E io ti prometto che non mi arrabbierò.”
Hermione si staccò da lui e lo guardò malissimo.
“Che c’è?” – chiese il biondo, angelicamente.
“Non fare promesse che sai di non poter mantenere.” – lo canzonò lei. – “Tu ti incazzerai. Come una belva, te lo dico io!”
“Esagerata…”
Hermione lo sfidò a ribattere.
“… tutt’al più posso morderti con il mio serpentello.” – non gli arrivò uno schiaffo per l’allusione, ma una risata cristallina. – “Sei stanca?”
“No.”
“Pensavo di sì, dopo stanotte.” – sussurrò lui.
Hermione alzò la testa e gli chiese tacitamente un bacio, che divenne via via più passionale. Lo guardò poi maliziosa.
“Ti è dispiaciuto?”
Un ghigno divertito si formò sulle sue labbra.
“Assolutamente no. Mi hai solo molto sorpreso.”
“In positivo, spero…” – disse, mentre giocherellava con le dita con le sue labbra.
“Oh, fidati. Molto in positivo. Però, se è vero quello che hai detto ieri sera…”
“A che proposito?”
“Riguardo quel detto babbano.”
“Va avanti.” – lo sfidò lei.
“… significa che quest’anno sarà ricco di… sorprese per me.”
Hermione gli montò a cavalcioni. I suoi ricci erano stati lasciati liberi e lui ne approfittò per infilarci dentro le mani.
“Spero solo che queste sorprese siano piacevoli…” – si chinò e lo baciò.
“L’antipasto promette bene…” – sussurrò lui, prima di divorarla letteralmente.

Blaise sospirò, guardando come alla fine le cose si erano risolte.
Poi si girò verso le scale che portavano alla sua camera da letto dove sicuramente c’era Ginny, più furente che mai.
A capo chino, si avviò verso il patibolo.
“Amoreeeee? Mi dispiaceeeeee…” – piagnucolò il moro, cadendo definitivamente verso il basso.









Alle sette Hermione, Ginny, Lavanda, Calì e le altre si ritrovarono puntuali davanti all’atelier. La sfilata si sarebbe tenuta qualche metro più avanti nella vecchia Boutique Maryclaire, in disuso da parecchi anni. Questo posto veniva prontamente utilizzato quando si trattava di organizzare sfilate o qualsiasi evento mondano che prevedesse un enorme afflusso di persone.
E quello ci rientrava perfettamente.
Le tredici ragazze guardarono l’atelier della madre di Hermione come se stessero per entrare in un’aula del Wizengamot. Avevano una paura terribile di cadere e fare una brutta figura.
“Siete pronte?” – chiese Hermione, sorridendo di fronte al loro terrore.
“S-sì…” – mormorò Lavanda.

“Tu sei Lavanda, non è vero?”
La ragazza si era girata e aveva sorriso ampiamente.
“Sì, signora Preston. Grazie per avermi permesso di sfilare con uno dei suoi abiti!” – se c’era una cosa che Lavanda apprezzava ampiamente, erano gli abiti della signora Preston. Erano più che belli: sembrava che l’abito avesse vita propria e che si disegnasse da solo sulla pelle della ragazza che l’avrebbe indossato.
“Grazie a te per aver accettato. Hermione ti ha spiegato perché, vero?”
“Sì. Mi dispiace che le sue modelle si siano ammalate proprio a ridosso della sfilata.” – fece lei, sinceramente dispiaciuta.
“Grazie. Posso chiederti una cosa, Lavanda?”
“Certo!” – la ragazza la osservò curiosa, mentre con una mano reggeva un lembo del vestito che avrebbe dovuto indossare lei alla sfilata. Continuava ad accarezzarlo, come temesse che potesse svanire.
“Cosa intendi fare dopo Hogwarts?”
La riccia si sorprese non poco di quella domanda. Alzò gli occhi e cercò di darle una risposta, possibilmente entro la fine dell’anno.
“Non saprei… l’ambiente della moda mi è sempre piaciuto tanto, ma servono le conoscenze giuste. Da sola posso fare gran poco.”
“Sai, l’avevo immaginato. Sei stata molto brava prima, quando hai sfilato, sai?”
La ragazza arrossì.
“Grazie. Troppo gentile.”
“Posso sapere se hai seguito qualche corso di portamento?”
“Oh no! Mamma diceva che non aveva i soldi per farmi fare quelle cose. Così ho imparato da sola, guardando le sfilate sulle riviste.”
“Sembravi proprio una modella vera, sai?” – si complimentò Myra che fece arrossire a dismisura Lavanda.
“Non esageri, per favore.”
“Ma è vero. Senti, teniamoci in contatto, va bene?”
Lavanda sgranò gli occhi, mentre Myra Preston si dirigeva verso Calì.

Lei più di tutte ci teneva a fare bella figura quella sera, perché se le parole di Myra non erano altro che un preludio a una possibile futura collaborazione tra di loro allora quella doveva essere la sua serata!
Entrò insieme alle altre e sembrò di entrare in un altro mondo.

L’atelier era pieno di persone che continuavano a fare avanti e indietro come api impazzite. Truccatori, parrucchieri e addetti alla vestizione delle ragazze correvano impazziti sotto gli ordini di Myra.
“No! Non lì! Quello sì, va bene!”
Hermione si sorprese nel vedere sua madre sotto quell’aspetto. Apparentemente mite e tranquilla, quella sera sembrava un dittatore nazista.
“Josh, quello è di Calì, non di Padma!”
“Scusa, ma sono uguali!” – urlò l’altro, per difendersi.
Le gemelle si guardarono e risero piano.
“Percy, dove sono le scarpe?”
“Sono già da Maryclaire, Myra!” – urlò l’altro.
“Perfetto.” – disse sottovoce la donna. Si girò, per vedere se le ragazze erano arrivate e le trovò spaesate a guardarsi in giro. Sorrise e andò da loro. – “Buona sera, signorine.” – fece la donna.
“Buona sera, signora Preston.” – salutarono in coro come brave scolarette.
“Ragazze, scusate se non mi fermo ma ho molte cose da fare.” – si scusò lei. – “Seguite Vicky e Penelope…”
Le due, più indietro, le salutarono con la mano.
“… vi condurranno nella Boutique Maryclaire e vi diranno cosa fare, va bene? Ci vediamo di là.”
Il gruppetto di studentesse-“modello”, capitanato da Hermione, si diresse dalle due ragazze e le seguirono nella zona riservata alla sfilata. Chiacchierarono del più e del meno e di cosa avrebbero dovuto fare una volta di là.
Quando entrarono credettero di essere in un centro estetico. Myra aveva fatto preparare in fila tredici lavabi per lavare le teste delle ragazze, tredici specchiere per asciugare loro i capelli e tredici postazioni per truccarle prima o dopo – a seconda di come doveva andare indossato l’abito – essere state vestite.
“Ragazze, vi lasciamo in buone mani. Questi ragazzi vi laveranno la testa e a seconda delle direttive di Myra vi acconceranno i capelli. Laggiù invece ci sono i truccatori. Mi raccomando, abbiamo i minuti contati.” – fece la donna, indicando l’enorme orologio a muro che segnava già le sette e mezza. – “Io e Pen siamo qui nei paraggi se avete bisogno di noi. Ci vediamo più tardi.” – le due schizzarono via senza dare il tempo alle ragazze di salutarle.
“Bene.” – fece Hermione. – “Iniziamo.”
L’attimo successivo, tredici teste venivano bagnate e insaponate.




La sala era gremita di persone.
Al centro di essa vi era una passerella nera, affinchè risaltasse al meglio il bianco del vestito. Giravano voci su di un partecipante alla sfilata che aveva deciso di stravolgere la visione del classico bianco. Si vociferava che i vestiti di questo stilista variassero dal color lavanda al giallo sole, quindi la passerella, in base al colore dell’abito, avrebbe cambiato il proprio in modo da risaltarlo al meglio.
Erano appena le sette e quaranta e il pubblico non aveva ancora preso posto, visto che la sfilata sarebbe iniziata verso le nove. Era stato chiamato un servizio di catering e i camerieri – non elfi, perché si riteneva potessero fare a pugni con il tema della serata – passavano tra gli ospiti con flute di champagne, tartine e bocconcini vari.
C’erano molti nomi importanti, tra cui  il Primo Ministro e consorte, i signori Parkinson con la figlia, i Greengrass, i Nott, Elthon e Albert Preston ovviamente, e i Malfoy.
Il loro ingresso fu chiacchierato, ma poi i commenti si dissolsero come neve al sole poiché l’argomento principale, cioè la sfilata, era decisamente più importante.
“Quanti invitati…” – fece Narcissa, guardandosi intorno.
“Sono qui per Myra.” – fece Lucius, scrutando con occhio critico i presenti.
Draco invece era alla ricerca degli altri, almeno da poter scambiare quattro chiacchiere nel frattempo. Quando vide un cameriere pararsi di fronte a lui con un vassoio colmo di tartine, per poco non diede di stomaco. Declinò l’offerta con un cenno elegante della mano.
“Qualcosa non va, Draco?” – chiese solerte la madre.
“No, nulla. Solo che non voglio vedere più del cibo da qua a domani mattina.”
“Scommetto che ti sei abbuffato ieri sera.” – lo rimproverò lei.
L’immagine di un Draco seduto a un tavolo con un bavaglio e la bocca gonfia di cibo come Tyger e Goyle fece capolino nella sua mente. Scrollò la testa per cacciarla.
“Non mi sono abbuffato, madre.” – fece lui, stizzito.
“Certo, come vuoi tu.” – disse la donna. – “Ehm… Lucius?”
L’uomo si girò.
“Dimmi Narcissa.”
La bionda donna gli indicò una direzione e lui la seguì. Elthon lo stava fissando. Con nonchalance chinò lo sguardo e lo riportò su quello della moglie e le sorrise nervosamente.
Nella sua mente, era impresso a fuoco il loro discorso alla festa di Hermione.

“A quanto pare siamo soli, Lucius.”
Lucius inghiottì pesantemente. Il passato ritorna sempre.
Era sempre stato bravo a schivare gli argomenti a lui spinosi, ma c’erano momenti nella vita in cui bisognava tirare fuori le palle – metaforicamente parlando – e chiarire le cose una volta per tutte.
“A quanto pare.” – disse. Gli sembrò strano essere davanti a lui dopo tutti quegli anni. Cercò di non guardarlo mai negli occhi e Elthon, questo, sembrò intuirlo.
“Guardami in faccia, Lucius.”
Con grande sforzo, il biondo si girò. Come immaginò, lesse ampio disappunto e disgusto in quegli occhi che un tempo erano i suoi migliori amici.
“Quindi è per Hermione che sei fuori da Azkaban.” – costatò Elthon.
“Sì.” – rispose l’uomo a denti stretti, non perché gli scocciasse che una ragazzina che aveva sempre creduto inferiore a lui lo avesse aiutato quando tutti gli avevano voltato le spalle, ma perché dopo aver provato quell’incantesimo, aveva capito quanto male avesse provocato per la sua sete di potere. E chiacchierare con Elthon come se nulla fosse successo gli sembrò qualcosa a cui non poteva più pretendere di ambire.
“E la cosa ti disturba, vero?” – lo sfidò lui.
Lucius non si sognò nemmeno di dirgli quello che sentiva veramente, perché sapeva che non sarebbe stato creduto. Aveva compiuto il gesto più vile che una persona potesse fare: usare un amico, un fedele amico, per i propri loschi affari. Elthon era troppo arrabbiato con lui per ciò che era successo per poter credere in un suo cambiamento e non poteva biasimarlo.
Lucius rimase zitto.
“Non hai neanche il coraggio di rispondere.” – disse, deluso. – “Se penso che ti ho chiesto di tenere al battesimo di Albert…”
Lucius socchiuse gli occhi. Merlino, era stato il suo secondo giorno più bello della sua vita. Il primo fu, ovviamente, quando nacque il suo Draco.
“Lucius, rispondi!” – tuonò Elthon, stanco di essere ignorato.
Lucius inghiottì il groppo che aveva in gola e alzò lo sguardo.
“Cosa devo dirti, Elthon? Cosa vuoi sentirti dire?”
“Niente! Voglio che tu mi dica perché! Perché lo hai fatto? Cosa… cosa cazzo ti si è bruciato in quella testa da farti scegliere una strada come quella? Perché… perché invece di occuparti della tua famiglia, hai preferito sfasciarla?” – doveva sapere. Doveva sapere perché il suo migliore amico lo aveva abbandonato in quel modo.
“Perché ognuno di noi fa delle scelte, Elthon. Scelte che si reputano prese con coscienza al momento, ma che col senno di poi risultano essere per quello che sono.”
“Potevi ritirarti!”
Lucius lo guardò come se gli fossero spuntate tre teste.
“Ritirarmi? Dire di no all’Oscuro? Sei forse impazzito?”
“E di chi è la colpa, eh?” – lo sfidò lui, facendo un passo in avanti.
Lucius girò di scatto la testa, con lo sguardo in fiamme.
“Tu non sai di cosa stai parlando!” – urlò. – “Tu eri un Auror! Avevi tutta la protezione che volevi per te e la tua famiglia! Ma gli altri che non lo erano?”
“Potevate chiederla!”
Lucius rise, mandando Elthon su tutte le furie.
“Tu non sai di cosa stai parlando.” – ripetè Lucius. – “In molti si sono affiliati all’Oscuro per paura, perché temevano per i propri cari, perché, in questo modo, speravano di non venire uccisi. Io l’ho fatto perché lo volevo io.” – specificò il biondo.
Elthon indietreggiò di un passo.
“Volevo il potere che solo l’Oscuro poteva garantirmi. Ha fatto di me il suo braccio destro, ha concesso a me e alla mia famiglia enormi privilegi in cambio della nostra fedeltà. Poi, da quando Potter è entrato a Hogwarts, abbiamo continuato a fallire, a fallire e a fallire ancora! Tre stupidi ragazzini che osavano sfidare il suo potere, avendola vinta! Era inammissibile!”
Elthon scosse la testa, disgustato.
“Prima Raptor, poi il basilisco, la profezia all’ufficio Misteri al Ministero… l’elenco sarebbe infinito, Elthon. E quando Lui è risorto definitivamente il tempo della gloria era finito. Siamo tornati sulla terra e l’impatto non è stato dei migliori. Sono piovute maledizioni, Elthon, frustate e quant’altro un uomo potesse sopportare. Ma abbiamo resistito.”
“Pretendi una medaglia per questo, Lucius?” – lo sbeffeggiò il padrone di casa. – “Anche sotto la bandiera sbagliata sei stato punito. Complimenti…”
Ma Lucius non aveva ancora finito.
“Ma ho avuto paura…”
Elthon perse lentamente la sua aura di commiserazione e saccenza.
“… quando il Signore Oscuro ha chiesto mio figlio come risarcimento a tutti i miei fallimenti.”
Elthon s’infiammò di nuovo. Lucius aveva mandato anche suo figlio al macello. Le colpe dei padri non dovrebbero mai ricadere sui figli…
“E’ stato lì che ho capito.”
“Cosa? Che forse non eri così immune dalla sua ira come credevi?”
“No.” – lo guardò dritto negli occhi. – “Che stavo perdendo la mia famiglia.”
Elthon si fece serio.
“Draco aveva avuto l’ordine da Lui in persona di uccidere Silente.”
Elthon dovette fare violenza su se stesso per non prenderlo a pugni. Sapeva già queste cose, ma riviverle attraverso le parole di quello che un tempo fu considerato un fratello fu molto più duro.
“Così ho mandato Narcissa a chiedere a Piton di stringere con lui il Voto Infrangibile.
Questo però non lo sapeva… aveva sempre sospettato che fosse stata un’iniziativa della donna!
“E quando è stato il momento, Piton ha consegnato a Silente una capsula contenente Distillato della Morte Vivente che doveva ingerire durante la sua caduta. Si è nascosto fino alla Battaglia Finale. Doveva essere l’improvvisata finale. L’unico mago che Voldemort avesse mai temuto era Silente stesso. Fargli credere che questi fosse stato messo fuori combattimento era l’unico modo per farlo sentire più tranquillo. Nella Foresta Proibita, invece, Narcissa ha mentito al Signore Oscuro, comunicandogli la morte di Potter.”
Sì, sapeva anche quello.
“Voldemort aveva abbassato ogni difesa. Con Potter e Silente fuori dal gioco, conquistare il mondo magico sarebbe stato un gioco da ragazzi. Durante la battaglia, però, si era accorto che qualcosa non andava. Appena entrato nel castello, ho preso Narcissa e sono andato a cercare Draco. Quando lo trovai, per me poteva anche cadere il mondo: avevo di nuovo la mia famiglia.”
Elthon ascoltò con attenzione tutto il racconto.
“A cosa si riferiva Hermione quando ha detto che ti aveva visto? Di cosa stava parlando?”
Lucius proseguì.
“Esattamente di questo. Del fatto che io avessi abbandonato la battaglia per cercare mio figlio.”
Elthon sospirò. Era davvero sincero o dannatamente bravo a ingannare le persone con le parole? O era lui che voleva disperatamente credergli?
“Perché ti sei sottoposto a quell’incantesimo, Lucius?” – lo guardò in faccia, ma una pattina di lucido si era depositata sui suoi occhi.
“O quello, o Azkaban.” – disse, senza tanti giri di parole.
Elthon si maledisse per quella dimostrazione di debolezza. Girò il volto e sorrise beffardo. Allora era vero che non era cambiato…
“E sinceramente, ho preferito quella soluzione, che mi avrebbe permesso di non perdere ulteriore tempo con la mia famiglia.”
O forse sì?… Dannazione, non sapeva decidersi!
Lucius assunse una posizione più elegante, raddrizzando le spalle. Mai si era sbilanciato in quel modo, nemmeno davanti ai giudici del Wizengamot. Per una volta, il buonismo di Silente gli era tornato utile, visto che lui era stato in prima linea, insieme alla Gran… Preston, per la sua difesa.
“So che non mi credi, che per te queste mie parole sono prive di significato, ma voglio che tu sappia che ogni decisione che ho preso in passato, l’ho presa unicamente pensando alla mia famiglia.” – Lucius lo guardò un attimo in faccia e annuì. Era il suo modo di accomiatarsi.
Elthon era molto combattuto. Da un lato, c’era la sua parte Auror che gli impediva di lasciar correre un simile avvenimento, dall’altra c’era quella di padre che comprendeva benissimo ciò che Lucius gli aveva appena detto.
Gli mancava, terribilmente.
Gli mancava il suo amico di scorribande, quello che lo aiutava a ideare scherzi divertenti per Halloween alle ragazze, quello che c’era quando prendeva un brutto voto in Trasfigurazione, quello che aveva sempre la battuta pronta e riusciva a risollevargli il morale.
Ma aveva paura.
Aveva sofferto troppo a causa sua. E quindi? Cosa fare?
Senza pensare, si girò.
“Fa male?”
Lucius si fermò e si girò, confuso.
“Cosa?”
L’Incantesimo di Inversione del Dolore. Fa male?”
Lucius si mosse a disagio sul posto. Perché voleva saperlo?
“Non… non è stato piacevole.” – disse, con un sorriso tirato.
“Rari sono coloro che sopravvivono a quell’incanto.”
Non capiva se lo stava elogiando o se era dispiaciuto che lui fosse riuscito a sopravvivere.
“Forse perché non vi sono abituati.” – doveva andarsene da lì. Stava per perdere il controllo e non doveva accadere.
“Ti sei mai chiesto…”
“Elthon, per favore… fammi rientrare…” – lo supplicò Lucius, veramente provato, mentre trovava sostegno in quel bastone che per il suo Draco fu solo motivo di continua sofferenza.
“… come sarebbe potuto essere?” – concluse Elthon.
Lucius sentì un peso immenso abbattersi sulla sua testa. Se lo chiedeva ogni santo giorno.
“Tutti i giorni, Elthon. Tutti i giorni.”
Lo perdonò perché voleva perdonarlo. Diciassette anni fa Elthon Preston era pronto a mandare al rogo Lucius Malfoy per ciò che stava facendo al mondo magico e per quello che aveva fatto a lui personalmente.
Diciassette anni dopo, Elthon Preston, sentì di rivolere indietro la sua vecchia vita. Certo, non sarebbe stato facile all’inizio, ma sia lui che Lucius erano sempre stati bravi a riprendersi dai brutti momenti.
Sperava che questo loro aspetto non fosse cambiato con il tempo.
“Potremmo…”
Lucius non era abituato ad affrontare simili discussioni. Troppo coinvolgenti dal punto di vista emotivo, per uno che si era sempre vantato di non possederne uno.
“… potremmo riprovarci. Che ne dici?”
Girò di scatto la testa, incredulo per ciò che aveva appena sentito. Il suo cuore stava prendendo a pugni l’ugola e dovette serrare la mascella per impedire ai denti di battere tra di loro.
“Cosa?”
Non era facile nemmeno per Elthon proporre una cosa simile. Perché doveva rendergli le cose più difficili dovendo ripeterle?
“Sei… sei sicuro?”
“Lucius, mettiamo però le cose in chiaro.” – precisò subito lui. – “Non sarà facile. Hai tradito la mia fiducia e anche quella di Myra, ma lei è sempre stata più votata al perdono rispetto a me. Non farmene pentire.” – e mentre pronunciava quelle parole, gli tese la mano.
Lucius tornò indietro velocemente e gli strinse la sua, anche se in realtà voleva abbracciarlo.

Avevano risolto, ma poi non si erano più sentiti a causa delle festività di mezzo. E quindi erano rimasti con quell’ultimo discorso e tra non molto, Lucius ne era sicuro, sarebbe sceso l’implacabile velo dell’imbarazzo.
“Stanno venendo qui.” – disse Narcissa.
Draco si girò e vide Albert ed Elthon avvicinarsi.
“Elthon, Albert, buona sera.” – fece Narcissa.
“Narcissa.” – rispose Elthon, facendole il baciamano. Poi, l’Auror, girò la testa per guardare Draco.
Non osava nemmeno pensare a ciò che quel ragazzo avesse fatto alla sua bambina solo la notte precedente.
Draco si sentì radiografato. Aveva imparato presto a riconoscere quello sguardo e quando vide che Elthon lo stava vivisezionando, invocò Merlino affinchè proteggesse il suo b(p)ene più prezioso.
“Buona sera, Elthon.” – salutò Draco, a cui mancava poco per alzare le gonne della madre e infilarcisi sotto.
“Buona sera, Draco. Passato bene l’ultimo dell’anno?”
Draco spalancò gli occhi. Elthon aveva volutamente marcato la “b” di bene, facendola passare per una “p”. Il terrore di Draco aveva fatto il resto. La minaccia del padre di Hermione era ancora vivida nella sua mente.
“Sì, grazie. È stata una bella festa.”
Narcissa sorrise. Era contenta che suo figlio si stesse sbottonando un po’ di più nella vita sociale.
“Oh, e il post-festa? Cosa mi dici di quello?”
Perché cazzo fa così caldo qui dentro?, pensò Draco, mentre si allentava la cravatta.
“Sono volato a letto.” – fece il ragazzo, che non aveva capito in che guaio si era appena cacciato.
“Volato.” – fece Elthon, con un sorriso a trentadue denti. – “Come un uccello?”
Merlino salvami!, urlò dentro di sé il biondo rampollo dei Malfoy e dei Black.
“U-uccello…” – disse, cercando di tirarsene fuori. – “Forse un… un pulcino…” – disse lui, in soggezione.
Elthon iniziò a grattarsi le mani e Draco lo percepì come un segnale non buono.
“Oh, come sei carino. Sai che Hermione adora i pulcini?”
“Madre, posso andare a prendere da bere?” – chiese Draco, che non riuscì più a reggere quello stress.
“Certo tesoro. Posso chiederti di salutarmi Pansy e Daphne?”
“Certo.” – e, saggiamente, scappò.
Albert guardò con compassione quella scena. Certe volte suo padre era peggio di un dittatore. Elthon lo guardò con un’espressione che diceva “beh? Che ho detto di male?”

Draco era arrivato alla zona alcolici.
Fece un terrificante mix di Whisky Incendiario, Acquaviola, Rum e quant’altro il bar mettesse a disposizione. Ingoiò tutto d’un soffio sotto lo sguardo allibito del barista che si era fermato con la bottiglia a mezz’aria nel guardare quel ragazzo darsi all’alcol. Draco poggiò le mani sul bancone, non ancora soddisfatto.
“Non sarà affogando i tuoi dispiaceri nell’alcol che questi scompariranno.”
Draco alzò di scatto la testa, per ritrovarsi davanti Albert.
“Dispiaceri? Il mio non è dispiacere!” – rispose lui.
“E allora cos’è?”
“Terrore!” – disse, come se fosse ovvio.
Albert sorrise.
“Non farci caso. Papà è un po’ protettivo.”
“Solo un po’?” – esclamò. – “Durante la festa di tua sorella mi ha letteralmente minacciato!”
“Oh, quante storie…” – disse, sventolando una mano come se avesse avuto davanti una mosca fastidiosa. Tornò da dov’era venuto. – “… pensa a quando saprà che state insieme!” – lo rincuorò l’altro.
Draco spalancò gli occhi. Cazzo, non ci aveva pensato!
“Cameriere? Me ne faccia un altro. Doppio di tutto.”
Il barista accettò, sgomento.




Hermione era stata appena vestita e ora si trovava di fronte all’immenso specchio che le stava restituendo un’immagine assolutamente diversa da quella che era sempre stata abituata a vedere.
Continuava a girarsi da un lato e dall’altro, scoprendo ogni volta nuovi dettagli: i drappeggi della gonna, le perline che adornavano il suo bustino, le stecche che non apparivano assolutamente fuori luogo o di poco gusto, ma che invece impreziosivano l’abito.
L’abito che avrebbe concluso la serata.
Era nervosa, perché aveva paura di far fare alla madre una brutta figura. Iniziava ad avere seri dubbi sul fatto di potercela fare, perché non era mai stata brava in quel genere di cose. Fin da piccolina era stata abituata a non mettersi mai in mostra, se non per la sua intelligenza. Magliette scollate, gonne corte, trucchi e parrucchi erano stati aboliti, perché atrofizzavano la mente, in quanto distoglievano attenzioni ed energie che potevano essere impiegate in un modo più intelligente e proficuo.
Però, vedersi acconciata e vestita in quel modo, Hermione si chiese come avesse potuto vivere senza valorizzarsi.
La parure di brillanti concludeva il tutto. Sembrava anche più grande rispetto agli anni che aveva in realtà.
Il suo cervello le giocò uno scherzo: proiettò l’immagine di Draco vestito di tutto punto accanto a lei.
“Ehi, sei qui!” – la voce di una sorridente Myra la distrasse da quel pensiero così prematuro.
“Mi cercavi? Sono in ritardo?” – si preoccupò lei.
“No, affatto. Come ti senti?”
“Devo vomitare…” – fece Hermione, mettendosi una mano sullo stomaco.
Myra rise.
“La prima volta è così. Merlino, guardati. Sei bellissima!” – disse, aprendole le braccia.
“Mamma, non mi sto mica per sposare!” – disse lei, rossa come un pomodoro.
“Lo so, ma… accadrà prima o poi, no?”
Di nuovo, l’immagine di Draco si proiettò nella sua mente.
“Sì, beh… credo di sì.”
“Ero venuta a dirti che siamo i terzi, in ordine di partenza. Va di là con le ragazze e rilassati, ok?”
“Ok.”
Uscirono insieme e Myra tornò al suo posto di organizzatrice.









Note di me:

Allora, eccoci alla fine del capitolo.
Purtroppo qui si iniziano ad occhieggiare i primi dubbi di Draco su Hermione. Non dubbi nel senso che lei lo possa tradire e comportarsi come una di quelle ragazze a cui si era abituato, ma dubbi sul fatto che lei non possa essere felice con lui.
Il fatto che poi abbia confessato a Draco che Jean era una Mangiamorte non ha fatto altro che acuire quel malessere che sentiva dentro.
Resta solo da capire se riuscirà a risolverlo prima che capiti una tragedia.
Ma calcolando il mio grado di stronzaggine, penso proprio di no. ù_ù

Per chi aveva raccattato la scommessa sullo spoiler, annuncio che si trattava di Elthon e Lucius. Ho messo quella discussione che i due avevano avuto al ballo d’esordio di Hermione, lo stesso venerdì che è andata a parlare con Jean.
Terrei ben presente le ultime parole di Elthon, perché torneranno più avanti.

Draco è arrivato alla festa ma capisce che sarà con Elthon che dovrà giocarsi il match finale e da come il padre di Hermione gestisce la cosa, al biondo non rimane altro che darsi all’alcol.
Ma perché le cirrosi epatiche non esistono nel mondo della magia? ç_ç

Beh, vi lascio con lo spoiler per il prossimo capitolo.

Sotto lo sguardo allucinato di tutti, si smaterializzò in chissà quale posto. Nessuno si preoccupò della faccenda, anche se forse avrebbero dovuto.

Bene, questo è un pezzo del prossimo capitolo, capitolo in cui ci sarà finalmente lo scontro suocero-genero.
Avviso le lettrici di preparare l’elettrocardiogramma per eventuali incidenti, attacchi cardiaci o qualsiasi altra cosa che riguardi il cuore.
Attenzione: non per deboli di cuore!

Con la felicità nel cuore per avervi lasciato nuovamente con il fiato in sospeso, vi auguro una buona, snervante attesa.
ù_ù
La vostra callistas, che con l’anno nuovo si è fatta ancora più stronza.

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Capitolo 33
*** Arrendersi... ***


33 - Arrendersi... *il vento fa rotolare immensi covoni di fieno in una città fantasma…*
Salve salvino, gente!
Che dire? Vi ho preannunciato una catastrofe e credo che abbiate ben poca voglia di star qui a leggere queste quattro righe d’introduzione, per ciò sarò più che svelta.
*srotola un papiro lungo un km*
Preparatevi una tisana rilassante, perché credo che ne avrete bisogno.
Come al solito, vi aspetto in fondo.

Buona lettura, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
ARRENDERSI…

“Ti puzza il fiato, sai?” – Blaise si sventolò la mano sotto il naso, arricciato per il disgusto.
“Sta zitto…” – rispose Draco, mentre mandava giù l’ennesima mentina.
“Ma che t’è preso, si può sapere?”
“Elthon.” – disse Draco.
La mano gli tremava, perfino, per l’alcol che aveva in corpo, dovuto alla non propriamente tanto velata minaccia di poco prima del – piuttosto morto! – suocero.
“Il padre di Hermione? Che c’entra?”
“Sospetta che mi porto a letto la figlia.” – ennesima mentina.
“Beh, è vero.” – disse il moro con un’alzata di spalle.
Draco lo guardò malissimo.
“So anch’io che è vero.” – frecciò lui. – “Ma sembra che la voglia vergine fino agli ottant’anni.” – ennesima mentina. – “Durante la festa di Hermione ha minacciato di tagliarmi gola e palle, se non me le tenevo nelle mutande.”
“Oh, come la fai lunga…” – disse lui, annoiato, pensando a chissà che cosa. – “… ogni padre fa simili discorsi al fidanzato della figlia.”
Draco non rispose, continuando a ingoiare mentine e Blaise si insospettì.
“Perché Elthon sa che tu sei fidanzato con sua figlia, vero?”
Draco svuotò il contenitore delle mentine e se le cacciò in bocca, guardando Blaise in modo eloquente. Sgranò gli occhi quando sentì la menta bruciargli anche l’anima.
“Come? Non lo sa ancora?”
“E quando cazzo glielo dicevo?” – sbottò il biondo, con la gola in fiamme.
“E Hermione? Glielo avrà detto lei, no?”
“Con il casino della sfilata non ce n’è stato il tempo.”
Blaise guardò di scatto Elthon e non gli sembrò mai così minaccioso anche se stava conversando tranquillamente con i genitori di Draco.
“Beh, amico mio… ti consiglio vivamente di farlo.” – disse.
Le luci iniziarono a scendere fino a diventare soffuse, indicando agli ospiti che era venuto il momento di prendere posto e che il banchetto sarebbe proseguito più tardi.
Draco cercò di raggiungere il karma nel minor tempo possibile per riuscire ad affrontare Elthon che, guarda caso, era seduto proprio accanto a loro.
Blaise lo abbracciò platealmente e sospirò, per andare a sedersi vicino a Pansy.
“Che Merlino ti fotta!” – sibilò il biondo.

Elthon aveva preso posto, ringraziando Merlino il Fottitore, vicino a suo padre, mentre lui doveva sedersi vicino alla madre.
La sfilata iniziò con un breve discorso del presentatore della serata.
Iniziò puntuale alle nove. In prima fila, vi erano il Primo Ministro con la consorte, a seguire sulla loro sinistra il vice ministro con moglie e figlia nonchè l’intero gabinetto del Ministero. Alla loro destra, invece, c’erano Elthon, Albert, i Malfoy, i Zabini, i Greengrass e i Parkinson.
Le luci si spensero del tutto e la passerella s’illuminò.

“Ecco a voi il primo abito della serata, signori. Vi presento il modello Nuvola.”
Un coro di applausi si levò nella sala, mentre ogni singola testa si spostava, seguendo la modella nella sua sfilata. Sostò per qualche secondo alla fine della passerella e si girò per tornare indietro e dare il cambio al secondo vestito.
“Notate come la vaporosità del tulle richiami la sofficità di una nuvola. Il secondo abito che sta sfilando in questo momento è il modello Aurora. Questo abito…”
Il presentatore si aprì in una minuziosa descrizione dell’abito e dei seguenti. Erano tutti molto belli, ma tutti in quella sala stavano aspettando i modelli di Myra. Nessuno sapeva delle modelle che erano state male e quindi nessuno poteva immaginare che tredici semplici studentesse di Hogwarts avrebbero portato in scena i migliori abiti da sposa del paese.
La seconda sfilata, invece, non piacque a nessuno. Gli abiti erano troppo appariscenti con colori esagerati come il giallo sole o il viola. Nel mondo babbano forse avrebbero potuto trovare un buon appiglio, ma quello magico, ancora tradizionalista su certe cose, preferiva il bianco candido o al limite massimo un avorio o un argento molto chiaro.
Oltre non era tollerato. Fu un vero peccato, perché gli abiti in sé erano molto belli. Quando venne il turno di Myra, nella sala cadde il silenzio assoluto.
La prima ad uscire fu Calì. Reggeva con entrambe le mani la gonna, mostrando in questo modo anche le bellissime open-toe bianche con il tacco rosso.
Vari mormorii riempirono la sala, chiedendosi come mai non vi fossero vere modelle a indossare gli abiti di Myra. Però il pubblicò notò come addosso a una ragazza di diciassette anni facesse tutt’altro effetto.
Sorridente per l’emozione e l’onore di poter indossare quell’abito, Calì si dimostrò all’altezza dell’impresa, sfilando ma al contempo essendo se stessa. Su ordine di Myra, si era levata le scarpe e se le era gettate sulle spalle, reggendole con l’indice e il medio. Tornò indietro, mentre lo strascico lentamente si distendeva dietro di lei.
Il presentatore fu talmente preso in contropiede dall’inaspettata entrata di quella ragazzina che non aveva detto niente dell’abito. Borbottò velocemente alcune parole prima di passare alla successiva.
Nuovamente, lui e tutti i presenti furono sconvolti nel vedere che la stessa ragazza si era cambiata alla velocità della luce ed era uscita con un altro vestito.
Alla fine della passerella, avrebbero capito il trucco delle gemelle Patil.
La terza, in successione, fu Lavanda.
Il suo incedere pressoché perfetto fu interpretato dagli invitati come il momento in cui avrebbero iniziato a sfilare le modelle vere e proprie. Lavanda indossava un bellissimo abito in seta cangiante avorio, che a seconda dell’angolazione presso la quale la luce lo colpiva, assumeva sfumature argento, panna o addirittura bianche. Una volta arrivata alla fine della passerella, prese il velo e se lo tirò sul capo, per mostrare anche quella parte del vestito. Tornò verso i camerini con il velo sugli occhi.




“Non voglio farla questa cosa…” – disse Hermione, china su un lavandino. Aveva appena rigettato tutto quanto.
Ginny accanto a lei rideva della sua insicurezza.
“Quanto la fai lunga. Calì è tornata indietro dicendo che l’avrebbe rifatto volentieri altre mille volte.”
“Cristo… preferisco i G.U.F.O. a tutto questo stress…” – altro conato di vomito.
Ginny la guardò male. Solo lei poteva dire cose del genere.
“Adesso vieni qua e siediti.”
Hermione si fece aiutare a sedere su una sedia. Ginny le sventolò davanti un fazzoletto e Hermione si sentì decisamente meglio.
“Come va?”
“Meglio grazie. Hai una mentina?” – chiese.
Ginny le passò un pacchettino di caramelle.
“Grazie.”
“Perché non vuoi farla questa cosa?”
“Non mi va che Draco mi veda agghindata in questo modo.”
“Perché?” – chiese sorpresa la rossa.
“Non lo so… mi sembra quasi di lanciargli messaggi impliciti.”
“Ti dispiacerebbe che lui la vedesse così?” – chiese la ragazza.
“Cosa?”
“Voglio dire… sarebbe così orrendo se vedendoti vestita in questo modo iniziasse a… pensarci?”
“Ginny, cavolo!” – esclamò lei. – “Non ho ancora preso i G.U.F.O.! Poi voglio trovarmi un lavoro, avere la mia indipendenza in tutti i sensi. Non sono pronta per sposarmi! Non adesso!”
“Nemmeno io. Adesso, prima di fare viaggi mentali di Draco che vedendoti vestita così gli scatta la molla che vuole sposarti, aspetta di arrivare almeno a fine serata.” – la rimproverò bonariamente lei.
Hermione arrossì. Aveva praticamente fatto tutto da sola. Forse perché l’idea di passare la vita con il ragazzo non le dispiaceva per niente.
“Ginevra, preparati. Tra poco tocca a te.” – disse Penelope.
La rossa si girò e annuì.
“Dai, andiamo. Tra poco tocca a te.” – fece Hermione, bianca come il suo vestito.
Ma Ginny non si mosse.
“Ginny?”
“Hermione…”
“Cosa?”
“Tu sei intelligente.”
La riccia arrossì, impreparata a quel commento, che le fece prendere un po’ di colore.
“Su-suppongo di sì. Perché?”
“Conosci una parola che abbia più valore di un semplice “scusa”?”
Hermione era caduta nel baratro dela confusione.
“Eh? Puoi parlare la mia lingua, perché giuro che non ti capisco.”
“Scusa.” – fece Ginny, con un’alzata di spalle. Eppure, non era soddisfatta della parola, che secondo lei non esprimeva a sufficienza il suo stato d’animo.
“Perché?”
“Di quella pugnalata.”
“Quale pugna?…” – il lume della comprensione illuminò il volto di Hermione. La guardò, chiedendosi perché volesse tirar fuori quel discorso proprio in quel momento.
“Io… volevo Harry. Lo volevo disperatamente e avrei sacrificato tutto. Anche te.”
Non che le avessero fatto piacere quelle parole, ma era felice che l’amica le avesse usato tutta la sincerità possibile. Forse non l’avrebbe perdonata se avesse tirato fuori scuse come “non ero in me” o “non so cosa mi passasse per il cervello” o ancora “non so perché l’ho fatto”. Finalmente Ginny stava imparando ad essere sincera soprattutto con se stessa.
“Pensavo stesse ancora superando i postumi della battaglia, che non si fosse ancora ripreso… poi però le cose hanno preso una piega diversa, troppo pesante da sostenere.”
Hermione tacque e la lasciò parlare.
“Gli ho permesso di disporre di me a suo piacimento, gli ho permesso di farmi pesare i principi che i miei genitori mi hanno insegnato e nonostante questo ho continuato a stare con lui.”
“Lo amavi.”
“No. Amavo l’idea di amarlo.”
Hermione si stupì di quella saggezza.
“Amavo l’idea che mi ero fatta di Harry in tutti questi anni e poi quando ho scoperto chi era in realtà, ho voluto fare di tutto purchè quell’immagine non venisse intaccata.”
“Anche se eri tu a rimetterci.” – disse Hermione.
“Anche se ero io a rimetterci.” – confermò Ginny. – “Sai, ho letto in un libro che in periodo tribale erano le donne che lanciavano gli allarmi in caso di pericolo.”
“Cosa vuoi dire?”
“Voglio dire… se una donna avverte un pericolo per sé e per gli altri non è da sottovalutare. Quando Harry insisteva perché voleva portarmi a letto io avvertivo per me un pericolo.”
Hermione era davvero sorpresa dalla maturità acquisita dall’amica. Forse il rapporto con Harry non aveva fatto solo danni – a parte quando lo stava vivendo – ma le aveva permesso di acquisire una maturità più profonda, che l’aveva resa una persona più forte e meno influenzabile alle voglie degli altri.
L’ammirò. Per davvero.
“Invece con Blaise è stato quasi scontato che ci andassi a letto, nel senso…” – si affrettò a spiegare. – “… lui ha questa specie di… potere…” – disse, gesticolando. Aveva i concetti ben chiari nella mente, ma non trovare le parole per spiegarli correttamente la portava a fare i giri del globo. – “… lui… è come se…” – si portò le mani alla faccia, disperata. E lo era veramente. Perché non riusciva a spiegarsi come voleva?
Hermione sorrise.
“Oddio, ma perché non riesco a spiegarmi!”
“Guarda che ho capito cosa vuoi dire.”
“No, non credo. Quello che volevo dire io è che…”
“… è che Blaise ti rispetta per quello che sei veramente.”
Ginny la guardò, frustrata. Perché a lei riusciva sempre tutto e sempre facilmente?
“Ti odio quando fai così…” – mugugnò la rossa, facendo ridere Hermione.
“Io invece ti voglio bene.”
Ginny sorrise.
“E te ne vuoi anche tu, adesso.” – notando la sua faccia perplessa, Hermione si ritrovò a continuare il discorso che Ginny stessa aveva iniziato. – “Tutto quello che Harry ti ha fatto passare, tutto quello che hai sopportato per lui ti ha fatta crescere e maturare, ti ha portata a questo momento. Ora nessuno ti potrà più mettere i piedi in testa o farti cambiare idea su qualcosa in cui credi veramente. La sofferenza che hai provato in questi mesi ti ha resa più forte e ti farà affrontare le difficoltà della vita a testa alta, con la stessa facilità con cui giocavi a Quidditch. Da adesso in poi nulla sarà difficile per te.”
Ginny iniziò a farsi aria con le mani sugli occhi, pronti e traboccanti di lacrime.
“Hermione io…” – aveva la voce roca dall’emozione. Hermione aveva saputo cogliere, come al solito, perfettamente tutti i punti che lei non era riuscita a esprimere a parole.
“Ti ho già perdonata quel giorno, quando ci siamo trovate insieme qualche minuto prima dell’inizio della lezione, te lo ricordi?”
Ginny annuì.
“Sei tutto ciò che mi è rimasto del passato, il collegamento a una vita che mi è stata fatta a pezzi sotto gli occhi. Mi hai aiutata, mi hai consolata, mi sei stata vicina… volevo un po’ renderti il favore e un po’ perché mi mancavi tanto.”
“Hermione mi dispiace!” – fece Ginny. Portandosi le mani a coppa sul naso. Incurante di sciogliere il trucco, Ginny pianse, sentendosi ancora un disastro per come si era comportata con Hermione.
Hermione andò da lei e l’abbracciò.
“Va tutto bene. E’ tutto passato.”
Ginny ricambiò l’abbraccio e annuì contro la sua spalla.

Per un fugace momento, Ginny fu tentata di dirle tutto quanto.
Voleva dirle di Harry, Ron e di Silente.
Ma avrebbe avuto troppo da perdere, così come la casa di Serpeverde, alla quale sentiva di appartenere un po’ anche lei, adesso. Abbracciò forte l’amica.
Era egoista e lo sapeva, ma la sua vita – e anche quella di Hermione – aveva preso una piega inaspettata, sconvolgente ed emozionante. Hermione ora era felice e se Draco ne era l’artefice, avrebbe difeso con le unghie e con i denti la felicità della sua amica che la meritava forse più di lei.
Anche se significava omettere qualche dettaglio.
Eppure, non riuscì a sentirsi in colpa per quell’omissione, egoista sì, ma non in colpa.
Perché per lei non c’era nulla di più importante della felicità delle persone che amava.
Forse glielo avrebbe detto un giorno.
Forse.
Ma ora voleva solo godersi la sua felicità e quella delle persone che amava.

“Allora, andiamo?” – chiese Hermione, staccandosi dall’abbraccio.
Ginny la guardò per un secondo, rivivendo in quella frazione di tempo tutto ciò che era successo da Settembre fino a quel momento.
“Sì, è meglio che…”
“Ginevra, tocca a… OH MERLINO BENEDETTO! CHE E’ SUCCESSO AL TRUCCO?” – urlò una sconvolta Penelope, quasi scivolando a terra per ciò che aveva visto.
Ginny rise insieme a Hermione.
“Niente che un tocco di bacchetta sappia aggiustare.” – rispose Hermione, mentre faceva tornare il volto dell’amica come prima che esondasse di lacrime.
Fu da quel giorno che a Penelope iniziarono a spuntare i primi capelli bianchi.
“Dai, vieni, prima che tu decida di allagare la stanza.” – fece Penelope, trascinando via Ginny, che rideva divertita.
Hermione la guardò e sospirò.
Era fortunata ad avere un’amica come lei.




“Il prossimo abito è il modello Sirena.”
Ginny fece il suo ingresso, avvolta in un abito che le fasciava interamente il corpo. Blaise allungò il collo come una giraffa per non perdersi niente della sua ragazza.
O futura moglie, che dir si voglia…
L’abito era intero. Il corpetto fasciava con dolcezza le forme giovanili della ragazza, impreziosito qua e là da qualche punto luce dovuto a delle perle che si trasformavano in diamanti via via sempre più fitti mentre scendevano per adornare la gonna. Indossava dei sandali aperti.
“Come potete notare, l’abito non prevede il velo. Questo perché, secondo il metro di valutazione dell’artista, avrebbe solamente appesantito di più la figura. Notate come il nastrino al collo di Ginevra, lo esalti.”
I capelli erano stati raccolti in un chignon molto allentato, dando quasi l’impressione di essere stato fatto in qualche modo, quando invece il parrucchiere ci aveva impiegato quasi un’ora e mezza per dare quell’effetto di malriuscito. Alcune ciocche le cadevano davanti al volto. L’aria da vergine al primo incontro sessuale le donava terribilmente, tanto che Blaise dovette fare violenza su se stesso per non salire su quella passerella, caricarsela a spalle e portarsela via.
Tra un abito e l’altro, Myra aveva fatto pervenire al presentatore una lista dei nomi delle ragazze che avrebbero indossato i suoi abiti, giusto per rendere ancora più personale la sua sfilata.
Quando Ginny tornò dentro, fu accolta da una standing ovation delle sue amiche, saltando in mezzo a loro e ridendo come una pazza.
Altre due e poi sarebbe toccato a Hermione. Forse Ginny aveva ragione: doveva solo divertirsi e non pensare troppo, come invece era solita fare.
Quando uscì Candy, sentì che il cappio si stava stringendo sempre di più e che quando era uscita anche l’ultima ragazza era stato stretto fino al limite del possibile.
“Hermione?” – Ginny la chiamò, mettendole una mano sulla spalla.
La riccia aprì gli occhi e le sorrise.
Sì, sarebbe andato tutto bene.




“Bene, signori e signore. Siamo giunti al momento culminante della serata: l’ultimo abito. Indossato dalla figlia dell’artista, questo abito chiude definitivamente la sfilata dell’Atelier Domina.”
Draco si era accomodato meglio sulla poltroncina. Le mani gli sudavano da far schifo e il suo cuore stava battendo un po’ troppo velocemente. Come avrebbe reagito vedendola vestita di bianco?
Lo avrebbe scoperto tra non molto.

“Dai, siamo tutte con te.” – disse Lavanda, esortandola con una leggera spinta.
Hermione dovette ricordarsi di respirare. Uscì e fu per un attimo accecata dal bianco della passerella. Pian piano, ogni contorno tornò al suo posto e riuscì a scorgere alcuni visi familiari: Blaise, che era praticamente vicino all’uscita della passerella da dove uscivano le modelle, Pansy e Daphne, che la guardavano con un sorriso che andava da orecchio a orecchio, Theo, meno eccitato da quella sfilata, ma pur sempre presente, suo padre, Albert, il Primo Ministro, la moglie.
E lui.
Lui che non lasciava la sua figura nemmeno per un attimo.
Lui che si sporgeva dalla sua poltroncina per non perdersi nemmeno un attimo di quel momento.
Lui, che le sembrava fermo all’altare, in piedi, con le mani incrociate davanti, che l’aspettava.
Con eleganza, Hermione si girò e rifece il percorso a ritroso.
“Notate come i drappeggi diano maggior eleganza alla figura.” – fece il presentatore, seguendo la passerella di Hermione. – “Lo strascico è medio-lungo quel tanto da permettere alla sposa di destreggiarsi abilmente senza inciampare.”
Hermione girò l’angolo e sparì dietro il sipario. Le ragazze l’accolsero con un applauso e un sorriso.

La mia bambina è cresciuta.
Senza di me.
Ha fatto progetti, ha dei sogni, delle aspettative e delle ambizioni che io non conosco. Vorrà sposarsi, un giorno? Chi sarà il suo sposo? La tratterà con il rispetto che merita?
Diciassette anni… diciassette anni passati senza di lei e ora mi ritrovo in un’età in cui dovrò presto dirle addio un’altra volta.
Vorrei che esistesse una giratempo abbastanza potente da riportarmi a quel giorno e impedire tutta questa tragedia, tutto questo dolore, ma so che non posso farlo.
Quei maledetti hanno avuto il suo passato.
Io avrò il suo futuro.

Myra uscì da dietro il paravento e con essa, in fila indiana, le tredici modelle per un’ultima carrellata. I presenti, si alzarono in piedi e batterono le mani con vigore, apprezzando in quel modo l’arte di Myra e la bravura di quelle inesperte, ma decisamente più vere, modelle.
Con in mano i fogli che contenevano ogni dettaglio della sfilata, Myra si aprì in un sorriso commosso, ringraziando con un inchino i presenti e iniziando a battere le mani, assieme a loro, per le modelle.




Un’ora e mezza più tardi, il Primo si potè dire definitivamente concluso. Ogni tensione era sparita e la sala, dopo essere stata sgomberata da poltroncine e passerella, era diventata un piacevole ambiente dove fare conversazione e discutere degli abiti visti in quell’ottava edizione. Gli uomini erano tutti intenti a conversare tra di loro di politica, affari e quant’altro fosse alla loro portata, le donne a discutere animatamente di quale fosse stato, ovviamente, l’abito migliore e i ragazzi si erano rintanati in un angolo abbastanza nascosto per poter parlare tra di loro. I complimenti non si sprecarono di certo, lasciando due ragazze piacevolmente colpite.
“Siete state bravissime!” – trillò Pansy, battendo le mani. – “Però devo ammettere che la Brown non è stata per niente male.”
“Sì sì!” – convenne Daphne. – “Anche quando gira per la scuola sembra che stia sfilando, non trovi Pan?”
“Sì! E poi anche…” – le due si persero in una disquisizione su come le altre modelle erano state brave, mentre Hermione, Ginny, Blaise e Draco erano leggermente più staccati dalla massa. La riccia gli stava praticamente crollando addosso dal sonno. La tensione l’aveva tenuta sveglissima fino a quando aveva svoltato dentro il paravento alla fine della sua passerella, poi, come un macigno, le era caduta addosso una stanchezza che le impediva di tenere aperti gli occhi.
Draco ne approfittò per massaggiarle la testa e infilarle la mano tra i capelli. Blaise e Ginny si persero nelle loro chiacchiere e lui ne approfittò per sussurrarle qualcosa all’orecchio che la fece arrossire, e svegliare del tutto, a dismisura.
Hermione alzò di scatto la testa, rischiando di decapitargli il naso. Lo guardò, chiedendosi se stava scherzando o se era serio.
Draco la fissava con quei suoi occhi azzurro ghiaccio, piombo fuso, in quel momento. Negare a se stesso che vederla vestita in quel modo non gli avesse solleticato una certa idea sarebbe stata una colossale bugia. Aveva sentito un formicolio indecente prendergli il bassoventre, dovuto non all’eccitazione di vederla vestita di bianco, ma di essere riuscito a pensare, anche solo per quei pochi minuti in cui lei sfilava, non più solo a se stesso, ma a se stesso relazionato a un’altra persona.
E, perché no… anche di una terza.
Sembravano finiti in un mondo tutto loro. Ginny, Blaise, Daphne e gli altri erano spariti, come se si trovassero in una stanza nera con una luce che illuminava solo loro due.
Pian piano le labbra di Hermione si stesero in un tenue sorriso, che nascose, tuffando il volto nell’incavo del suo collo.
Dopo tutto quello che aveva passato, Draco si era convinto di meritare un po’ di felicità. Aveva vissuto una vita di terrore e minacce psicologiche, che lo avevano fatto sentire sempre come un equilibrista sulla corda. Poi era entrata lei nella sua vita, si era fatta strada pian piano nel suo cuore e, senza che lui se ne fosse accorto, si era accaparrata ogni diritto su di lui. Aveva cercato di negare a se stesso che lei non gli faceva alcun effetto, ma la sua timidezza in certi casi, o la sua sfrontatezza in altri, lo avevano fatto capitolare.
Per coronare il tutto, c’era solo la piccola quisquiglia del padre di lei… risolvibile con la castrazione totale del povero biondo.
Tornarono alla realtà quando una voce fin troppo familiare li riscosse dai loro pensieri.
“Draco?”
Il biondo divenne un palo della luce. Hermione si girò di scatto e sorrise al genitore. Draco si girò lentamente, come se il collo fosse stato pietrificato.
“Sì?”
“Puoi venire con me un attimo?”
Nella mente del biondo iniziarono a sfrecciare ipotesi che non contemplavano di certo una virile stretta di mano, accompagnata da un “benvenuto in famiglia, figliolo.”, bensì da flagellazioni, fustigazioni, punizioni corporali, vivisezione del suo perfetto corpo, smembramento totale e seppellimento delle parti del suddetto corpo in vari punti della terra riconducibili a qualche setta segreta, tipo Mangiamorte.
“O-ora?”
Blaise iniziò a sghignazzare, ma Draco non riuscì a girarsi e fulminarlo con lo sguardo. Era troppo bloccato dal terrore.
“Sì. Ora.” – fece l’Auror, grattandosi le mani.
Hermione seguì con interesse tutta la faccenda. Ma che stava succedendo? Il biondo si alzò dalla sedia, si sistemò la cravatta e si diresse verso il suo boia.
“Ma che succede?” – chiese Hermione a Blaise.
“Oh, nulla di che.” – fece il moro. – “Senti, ma tuo padre sa di te e Draco?” – chiese il ragazzo.
“Beh, non ancora. Contavo di dirglielo quando avremmo avuto un attimo di calma. Tra le feste e il Primo non ho avuto molto tempo da passare con la mia famiglia.”
Blaise guardò il punto in cui Draco era sparito.
“Beh, fossi in te glielo direi adesso.”
Hermione si girò di scatto con gli occhi spalancati. Si alzò, lasciando basiti gli altri e corse alla ricerca del suo ragazzo.
Sperando di trovarlo ancora tutto intero.




“Non sono stato sufficientemente chiaro con te, Draco?”
Nonostante fosse pieno inverno, il biondo stava sudando venti camice. Elthon torreggiava su di lui e il poveretto si sentiva così piccolo a confronto.
“Io…”
“Non rispondere!” – tuonò l’uomo con un gesto brusco della mano, che gli intimava il silenzio. – “Perché Hermione ti stava addosso?”
Draco era tentato di rispondergli che doveva arrivarci da solo, visto che era Capo degli Auror, ma preferì tenere per sé questo pensiero.
“Si… si stava appoggiando. Era stanca per la sfilata e…”
Cazzo!, nemmeno con mio padre mi sono comportato così da checca!, pensò il biondo, instupidito da se stesso e da quel comportamento remissivo, ritrovando quell’antica forza che gli aveva permesso di sopravvivere a Lucius e a Voldemort. Raddrizzò le spalle e alzò lo sguardo, puntandolo in quello stupito dell’uomo che non si aspettava una reazione simile.
“… e perché io e Hermione stiamo insieme.”
Fu come aver ricevuto un pugno dritto nello stomaco.
Hermione arrivò in quel preciso momento, in cui Draco aveva appena fatto la fatidica confessione. Rimase stupita per la freddezza con cui gli aveva parlato.
“Voi… cosa?”
“Stiamo insieme Elthon e nessuno, né tu, né qualsiasi altra persona sulla terra mi farà cambiare idea in proposito.”
“Vogliamo vedere?” – chiese, fumante come una teiera, facendo il gesto di prendere la bacchetta.
Draco non riuscì a credere che un padre potesse arrivare a quel punto. Capiva la disperazione che aveva dovuto passare senza la figlia, ma non poteva di certo impedirle di avere una vita privata!
“Lo faresti davvero, Elthon?” – chiese Draco, rimanendo immobile. – “Alzeresti la tua bacchetta contro di me, per impedirmi di frequentare Hermione?”
“Non pretendo che un ragazzino come te capisca, ma…”
“Oh, no. Io capisco perfettamente, invece. Io capisco che tu, Albert e Myra avete sofferto per la scomparsa di Hermione, capisco che non vi sia stato giorno in cui non abbiate pensato a lei, se stava bene, se veniva trattata con la dovuta cura…, capisco che avete perso diciassette anni che difficilmente si possono recuperare in un paio d’ore, ma capisco anche che proibire a tua figlia di farsi una vita personale è un atto di puro egoismo.”
“Proprio tu mi fai la predica, Mangiamorte?” – frecciò Elthon.
Draco serrò la mascella. Non si era aspettato un simile colpo basso. Arretrò involontariamente di un passo.
“Tu che hai vissuto una vita di menzogne, che tratti chi non ti è pari di sangue come straccio vecchio, che ti giravi in base a dove ti conveniva, vieni a fare la predica a me?”

Vederla da un punto di vista che non fosse il mio, quello di mio padre o di Hermione fa effettivamente un’altra impressione. Sì, sono stato tutto questo e non lo nego. A tutt’oggi non riesco ancora ad accettare il mio passato, ma se ho fatto quello che ho fatto è perché mi è stato insegnato così. La maggior parte delle volte mi faceva comodo, perché mi permetteva di usufruire di privilegi che a pochi erano concessi e io non volevo privarmi delle comodità per dover “sgobbare”.
Ma se ho fatto alcune scelte, se ho deciso di seguire la strada che altri avevano tracciato per me è stato solo per salvare la mia famiglia, l’unica costante della mia vita. Ho preso il Marchio Nero perché credevo che avrei guadagnato punti agli occhi di mio padre, scioccamente immaginando che da qualche parte nel Manor vi fosse una clessidra, come a scuola, che si riempiva di diamanti in base ai punti ricevuti, e se ho accettato la missione-suicida di ammazzare Silente l’ho fatto sempre e solo per salvare i miei genitori. Se ci fossi riuscito, mio padre sarebbe stato riabilitato, se avessi fallito, sarei stato ucciso.
In ogni caso, Lui non avrebbe mai toccato la mia famiglia perché il piacere di umiliarli davanti a tutti, decantando la loro stupidità per aver allevato un figlio inutile come me, sarebbe stato più piacevole del privarli della vita stessa.
E forse ha ragione Elthon.
Non merito una persona come Hermione. Lei è una di quelle persone che nascono una volta ogni secolo: bella, intelligente e sveglia, sempre dalla parte giusta, o almeno da quella che riesce a farla dormire di notte, mai un’esitazione, forte, solare.
Cosa posso offrirle? Una famiglia sfasciata che non riesce ancora a comunicare i propri sentimenti a parole. Sono stato uno stupido a poter solamente pensare che una come lei potesse stare bene con me, anche se lo sembra. Ma so che verrà il giorno in cui si accorgerà della scelta sbagliata. Soffrirà, è vero, perché Hermione è una persona che quando fa qualcosa ci mette tutta se stessa, ma poi si riprenderà e si rifarà una vita, mentre io la guarderò da lontano prendere in braccio suo figlio e suo marito che la raggiunge avvolgendole un braccio attorno alle spalle. E sarà solo in quel momento in cui potrò vantarmi unicamente con me stesso di averla avuta.
Anche se per poco.

Dì qualcosa, ti prego, dì qualcosa.
Non lasciarlo decidere per te, Draco. Tu sei stato tutto questo, e allora? Credi che non lo sappia? Credi che non sappia chi tu sia stato? Tu sei stato un Mangiamorte, io una mezzosangue. Ci siamo odiati, ma poi ci siamo amati, ci amiamo. Digli che vuoi stare con me e a costo di piagare il mio cuore rinuncerò alla mia famiglia per te.
Ma devi dire qualcosa.
Tutti in passato fanno scelte sbagliate, ma l’importante è cercare di porvi rimedio. Draco ti prego, non buttare tutto a monte perché hai paura di mio padre. Lo affronteremo insieme e gli farò capire che sei ciò che di meglio mi poteva capitare.
Sei diretto, sei schietto, dolce nei momenti giusti, minaccioso con chi mi guarda per più di qualche secondo… è questo ciò che io desidero da un uomo.
È questo che desidero di più da te.

“Forse hai ragione.”
Sembrò che una voragine si fosse aperta sotto i suoi piedi. Dovette aggrapparsi allo stipite della porta per non cadere e rivelare in quel modo la sua presenza, ignara che dietro di lei ve ne fosse un’altra.
Elthon sembrò soddisfatto.
All’inizio.
“Sono un Mangiamorte, ho tentato di uccidere Silente e ho fatto entrare dei colleghi a scuola.”
Sentirlo parlare così come se non gli importasse veramente provocò un forte dolore in Hermione.
“Ma sono un fallito, perché non sono riuscito a fare niente. Ho sempre dovuto contare sull’aiuto di qualcuno, quindi credo che tu abbia ragione. Non merito tua figlia.”
“NO!”
Non aveva resistito. Aveva sperato di non sentirlo pronunciare quella frase, ma era successo. Draco si girò di scatto e sgranò gli occhi nel trovarsi di fronte la sua Hermione in lacrime e…
“Papà!”
“Lucius!”
Hermione si girò di scatto, spaventata. Non lo aveva sentito arrivare!
Lucius Malfoy aveva lo sguardo più glaciale che Draco gli avesse mai visto rivolgere a qualcuno. Nemmeno a lui quando combinava qualche disastro, a scuola o come Mangiamorte, era mai stato rivolto quella raggelante occhiata. Aveva sentito tutto e non ne era stato felice.
Credeva di essersi spiegato sufficientemente con Elthon quella sera, ma evidentemente l’ex amico provava un rancore troppo forte e che necessitava di più tempo per essere smaltito. Gli aveva detto chiaramente che la colpa di tutto quel casino era stata unicamente sua, che Draco non c’entrava niente. Allora perché prendersela con lui per essersi innamorato di sua figlia?
“Se hai delle rimostranze, Elthon, sei pregato di discuterne con me.” – Lucius non ci pensò su due volte. Estrasse la bacchetta le portò lungo il fianco, pronto per alzarla contro colui che un tempo aveva chiamato “fratello”.
“Lucius…”
Il biondo uomo avanzò lentamente e si affiancò al figlio.
“Credevo avessi compreso la nostra ultima chiacchierata, Elthon. Mi rammarica sapere che non hai ascoltato veramente.”
Il Capo degli Auror socchiuse gli occhi. Come Albert prima di lui, anche Elthon temeva che l’arrivo di Draco potesse influire sul suo rapporto con la figlia, che in quel momento lo stava guardando con uno sguardo che non credeva mai di poter vedere sul suo volto.
“Non era mia intenzione…”
“Ti prego,” – disse Lucius. – “era tua precisa intenzione. O non avresti mai rivolto quelle parole a mio figlio.”
La possessione che ostentò Lucius, fece salire a Draco un calore che non pensava avrebbe mai provato. Sentì gli occhi bruciare di commozione e di sconfitta.
Sconfitta per aver permesso ad Elthon di insinuare la sua inferiorità a Hermione e aver permesso a se stesso di cascarci con tutte le scarpe.
Commozione, perché finalmente aveva sentito di appartenere al genitore.
Hermione era dietro di lui in lacrime ed era solo colpa sua e della sua eterna insicurezza.
Elthon non seppe cosa replicare. La rabbia lo aveva fatto straparlare e tornare indietro sarebbe stato molto difficile. Soprattutto con Hermione.
Una leggera pioggerella aveva iniziato a scendere, bagnando i presenti fino alle ossa.
“Sono desolato.” – disse Elthon. – “Ho… ho parlato per rabbia.”
Lucius gli dimostrò cosa fosse la vera rabbia. Si scagliò su di lui e gli puntò la bacchetta alla gola.
“Rabbia?!? Ti faccio vedere io qual è la vera rabbia!”
“Cazzo, fermatevi!” – urlò Draco, senza riuscirci.
“NO! NO! BASTA! BASTA!”
Hermione si frappose tra i due, dando una gomitata nello stomaco di Elthon e di Lucius. Intanto, una piccola folla era accorsa per vedere che stava succedendo, viste le urla che si sentivano fin dentro. Accorsero anche Myra e Narcissa, preoccupate e sgomente.
Hermione aveva appena perso tutto.
Un amore e un padre appena trovati.
“LA GUERRA NON VI HA INSEGNATO NIENTE?”
I due uomini abbassarono le rispettive bacchette, continuando però a guardarsi in cagnesco, ognuno per i propri motivi.
“State dissacrando la memoria di chi è morto!” – urlò lei.
Gli spettatori guardarono con angoscia quello spettacolo: una diciassettenne che fa la ramanzina a due adulti.
“Possibile che non si possa avere pace in questo mondo?”
“Hermione…” – tentò Elthon, ma lei lo fermò.
“TU! Non osare nemmeno parlare!” – urlò, inferocita. – “Non hai alcun diritto di metterti in mezzo alle mie scelte!”
Elthon sgranò dolorosamente gli occhi.
“Hai detto tu stesso che posso scegliere chi voglio! Te la rimangi così facilmente la parola, Capo degli Auror?
La dolorosa somiglianza fu la stilettata finale.
“E tu!” – si girò verso Draco, che abbassò lo sguardo. – “TU SEI UN VIGLIACCO!”
Lo schiaffo che ne seguì fu quasi d’obbligo e previsto, tanto che gli girò il volto dall’altra parte. Hermione non avrebbe mai immaginato un tale gesto di codardia da parte del ragazzo di cui si era scoperta innamorata. Sperava, credeva che avrebbe lottato per lei, invece gli erano bastate un paio di minacce ed era saltato tutto.
Draco non replicò, fin troppo consapevole che lei aveva ragione.
“VI ODIO! A TUTTI QUANTI!”
Sotto lo sguardo allucinato di tutti, si smaterializzò in chissà quale posto. Nessuno si preoccupò della faccenda, anche se forse avrebbero dovuto.
Sotto la tettoia, Myra guardava con astio suo marito. Mai in vita sua gli aveva riservato uno sguardo così carico di odio. Aiutata da Narcissa, si scusò con gli ospiti e li pregò di tornare a casa. Gli invitati, capito che non girava aria, si allontanarono celermente verso l’uscita. Rimasero solo i presenti, Blaise e Ginny.
Pansy e Daphne furono strattonate via dalle loro madri, nonostante le vivide proteste.
Ma c’era una persona che era molto preoccupata ed era Blaise. Gli era capitata una volta di smaterializzarsi involontariamente ed era finito in un posto decisamente poco raccomandabile. Vista la situazione, non sapeva se avvisare gli adulti – adulti per modo di dire, pensò il moro – e avvertirli che Hermione forse era in pericolo, ma per com’erano messe le cose, soprattutto tra Elthon e Lucius, non sapeva veramente cosa fare.
Ma Hermione veniva prima di loro e delle loro stupide beghe.




All’interno della sala, le mogli fecero apparire degli asciugamani e con molta poca eleganza li scagliarono contro i propri mariti.
Al contrario, Draco, venne trattato con i guanti.
“Mai fatta una figuraccia simile in vita mia!” – proruppe Myra, al culmine dell’ira. – “Non solo vi siete messi a battibeccare come due bambini dell’asilo, ma avete costretto MIA figlia ad andare in chissà quale posto abbia pensato!”
“Veramente…” – tentò Blaise, alzando la mano, ma nessuno lo ascoltò.
“Per quanto mi riguarda è stata fin troppo clemente!” – proseguì la belva di casa Preston.
Albert era pienamente d’accordo con lei. Anche lui si era comportato come il padre, ma a differenza di lui era riuscito a salvare la situazione appena in tempo. Dubitava fortemente che sarebbe riuscito nella stessa impresa.
“Myra, posso dire…” – ritentò Blaise, rimanendo inascoltato.
“Cos’ha Draco che non va?” – chiese Myra, a Elthon. – “Ero felice quando mi hai detto di esserti riavvicinato di tua spontanea volontà a Lucius, ma non pensavo che le tue fossero solo parole vuote!”
“Myra, posso dire una cos…” – niente. Non c’era verso.
“Mamma ha ragione.” – disse Albert, rimasto finora in disparte.
Elthon lo guardò, sorpreso.
 “Albert, non ti ci mettere pure tu, ok?” – fece l’uomo, sfiancato.
“Invece mi ci metto anch’io, perché anch’io ho fatto lo stesso errore alla festa di Blaise. L’ho accusata di non volermi bene, perché visto che stava con Draco mi avrebbe rivolto sicuramente meno attenzioni, ma mi sbagliavo. Lei sa che un fidanzato non potrà mai sostituire un genitore, soprattutto se questi è venuto a mancare per diciassette anni. Draco avrà… anzi, non so se avrai ancora del tempo da passare con lei, perché se la conosco non ti vorrà più vedere.” – disse rivolto al biondo, che sentì la sua testa pesare come un blocco di granito. – “Dicevo, lei sa che non preferirà mai l’uno all’altro e ci sarà sempre per tutti.”
Myra guardò orgogliosa suo figlio, per poi tornare con uno sguardo di ghiaccio su suo marito. La cosa che le faceva più male era che quella seconda scomparsa di Hermione era da imputare a Elthon, il padre. Accusare un estraneo era infinitamente più facile, ma cosa si doveva provare quando la scomparsa di un figlio va imputata a uno dei due genitori?
“La discussione non è finita qui, Elthon. Adesso bisogna fare un Revelio per cercare Hermione e…”
“E se mi lasciaste parlare forse vi direi una cosa importante!” – sbottò Blaise, alzandosi in piedi.
“Cosa c’è?” – sbottò Myra, furente per essere stata interrotta.
“Non potete fare un Revelio per capire dove sia andata Hermione.”
Myra lo guardò perplessa, come tutti i presenti, del resto.
“Perché no, scusa?” – chiese Ginny.
“Perché nemmeno Hermione sa dove si sia smaterializzata.”
La testa di Draco schizzò per aria e scattò in piedi.
“Come non sa dove…” – alitò Elthon.
“Si chiama Smaterializzazione Involontaria. Capita quando una situazione che ci sta parecchio stretta ci induce a volervi scappare. L’inconscio di Hermione ha lavorato in questo senso e l’ha spinta a smaterializzarsi senza definire bene nella sua testa la meta finale. Potrebbe essere in qualsiasi posto a Londra o…”
“O?” – chiese Ginny, spaventata.
“O addirittura fuori Inghilterra.”
La mobilitazione, inutile dirlo, fu immediata.









“Vi prego, no… non… non lo fate, vi prego no… AAAAAAHHHHHH!!!!!”









Note di me:

Onestamente, non mi è chiaro cosa devo dire forse perché la mia stronzaggine parla da sola.
Con l’ultima parte, è come se vi avessi lasciato già uno spoiler, ma non sono così stronza e ve ne lascio un altro.

Volevo ringraziare barbarak – ancora – per una frase che mi ha ispirato il dialogo di scuse che Ginny fa a Hermione prima del suo turno di sfilare. Non so se sono stata sufficientemente chiara con ciò che voleva esprimere Ginny. Sapete perfettamente che avete piena libertà di contattarmi per:
Insultarmi,
sbeffeggiarmi,
odiarmi,
denigrarmi,
umiliarmi,
castrarmi,
uccidermi,
lapidarmi.
E non necessariamente in questo ordine, ma anche per chiedere spiegazioni, dopo che, ovviamente, mi sarò accertata che nella posta non c’è nessun pacco bomba.
*suda freddo*
Dicevo, volevo ringraziare barbarak perché in una sua recensione al capitolo nr. “non mi ricordo…” ha scritto che “Ginny più che amare Harry, amava l’idea di amarlo.” Una frase che potrà sembrare contorta, ma che se analizzata per bene riassume esattamente il pensiero e gli atteggiamenti di Ginny nel periodo in cui si era fidanzata con il Salvatore del Mondo Magico.

Un’altra citazione che voglio precisare, è quella che riguarda i pensieri di Elthon, quando dice che:
Quei maledetti hanno avuto il suo passato.
Io avrò il suo futuro.*
È una rivisitazione molto personalizzata del film “Nemicheamiche” con Julia Robert e Susan Sarandon, un film che merita di essere visto, perché ti lascia dentro qualcosa.

Per ultimo, ma non meno importante, metto il link del vestito di Hermione. Onestamente, a me è piaciuto subito e forse non sarà un abito che può concludere una sfilata, ma la storia è mia e faccio quello che voglio io. ù_ù
http://www.marialindadesign.com/images/dress47133_1_360x480.jpg

Bene, mi pare di aver detto tutto, motivo per il quale vi lascio lo spoiler:

Sabato 02 gennaio.
Nove e trenta del mattino.
Sala d’attesa del reparto di rianimazione.

Credo che andrò in vacanza per un po’, nell’attesa che le acque si calmino…

Bacioni e buon’attesa!
Callistas.

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Capitolo 34
*** Born this way ***


34 - Born this way Buon giorno, mie care sostenitrici, dal precedente capitolo non più tali. ù_ù
Devo dire… ho riso come una cretina – non che ci voglia molto, eh? – di fronte alle vostre bellissime recensioni minatorie. Mi hanno sollevato l’umore come mai pensavo mi potesse accadere. ^_^
Minacce di morte, di flagellazione, di fustigazione corporali… il mio pane quotidiano… hehe…
Comunque sia, eccoci al tanto temuto venerdì. Cosa farò accadere alla piccola Hermione? Quale diavoleria avrà mai partorito la mia deviata mente da poter applicare su questa ragazza ormai provata dagli eventi?
Leggete, e lo scoprirere.
Ho pensato molto a come intitolare questo capitolo, perché non riuscivo a trovare qualcosa che lo riassumesse decentemente.
Alla fine, ho optato per qualcosa che sicuramente conoscerete e di cui le spiegazioni verranno più avanti.
Sono perfettamente conscia che non avete capito una beata mazza, ma non importa. L’importante è che mi sia capita io… che è già un passo avanti. ù_ù

Bacioni e buona lettura,
callistas.









VERITA’ NASCOSTE
BORN THIS WAY

Elthon buttò giù dai letti tutti gli Auror che lavoravano al Ministero della Magia alle una di notte. Diede appuntamento alla Boutique di Maryclaire per le una e mezza e costatò, con sommo orgoglio, che c’erano tutti, che dei suoi uomini poteva fidarsi ciecamente.
Nessuno mancava all’appello.
“Ascoltatemi tutti. Grazie per essere venuti qui nonostante l’ora, ho bisogno del vostro aiuto. Mia figlia è scomparsa.”
“Ancora?” – fu la domanda di uno degli Auror presenti al rapimento di diciassette anni fa. Fortunatamente, la sentì solo Blaise che guardò in modo del tutto pieno di biasimo quell’uomo.
“Può essere dappertutto. Usate qualsiasi mezzo per riportala indietro, sono stato chiaro?”
“Sì, signore!” – gli Auror scattarono sull’attenti e, i gruppi, iniziarono a smaterializzarsi nelle varie zone di Londra alla ricerca di Hermione Preston.
Rimasero Elthon, Lucius, le mogli, Blaise e Ginny. Il Capo degli Auror fece apparire il suo cinturone da battaglia, che conteneva ogni sorta di pozione in caso di… non voleva nemmeno pensarci. Se lo legò alla vita e si preparò per la missione più difficile della sua vita.
“La troveremo Elthon.”
L’uomo si sorprese nel vedersi davanti Lucius nonostante ciò che era successo solo poco prima. Incoraggiandolo con una mano sulla spalla, si era preparato per andare alla ricerca di Hermione pure lui. Dopotutto, era a lei che andava la sua gratitudine per la propria liberazione. Era il minimo che sentisse di dover fare.
“Grazie, Lucius.” – fece Elthon, chinando il capo per non mostrare gli occhi lucidi.
A Myra e Narcissa venne dato ordine di dirigersi a Preston Manor, in caso Hermione tornasse lì mentre Blaise e Ginny, invece, tornarono alla Tana.
In perlustrazione andarono Albert con Elthon e Lucius con Draco. Quest’ultimo era alquanto nervoso perché oltre a dover ritrovare Hermione, si sarebbe ritrovato per la prima volta da solo con il padre da dopo che era stato scarcerato.
E di sicuro avrebbero parlato.
“La riporterò a casa, Myra. Te lo giuro.”
La donna, in lacrime, annuì. Narcissa la sorresse e insieme si smaterializzarono a Preston Manor.
Elthon guardò desolato, suo figlio, Lucius e Draco. Quest’ultimo, però, voltò lo sguardo. A tempo debito avrebbe chiarito anche con lui.
“Bene andiamo. Il primo che la trova mandi un Patronus agli altri.” – disse Elthon. Prese per un braccio il figlio e si smaterializzò.
Rimasero solamente Draco e Lucius e se il secondo aveva una freddezza quasi invidiabile, non si poteva di certo dire lo stesso del primo.
“Andiamo.” – disse Lucius, offrendo il braccio al figlio.
Draco lo guardò, come fosse una reliquia. Lentamente, poggiò la sua mano sulla sua e guardò il padre.
“Da dove iniziamo?”
“Dalle sue origini.” – rispose Lucius, smaterializzandosi l’attimo successivo.
Draco non afferrò subito il senso delle sue parole, ma quando avvertì il familiare risucchio dell’incantesimo, comprese.
Destinazione: babbani.









“I’m beautiful in my way cause god makes no mistakes, I’m on the right track baby I was born this way…”
Un ragazzo molto carino stava canticchiando questa canzone, da poco uscita nelle radio, ma che già sapeva a memoria, perché la cantante era la sua artista preferita. Saltellava e camminava allo stesso tempo, mentre dietro di lui il suo amico lo guardava esasperato, ma divertito.
“Stephen, non ti sembra il caso di smetterla? Non sei un po’ troppo cresciuto per metterti a ballare e cantare per la strada?”
Stephen si fermò e si girò. Lo guardò malissimo.
“Faccio quello che voglio, perché… I’m beautiful in my way cause god makes no mistakes, I’m on the right track baby I was born this way…” – e, alla faccia del suo amico Mark, riprese il ritornello, facendolo sorridere.
Se Stephen era vestito tutto appariscente, Mark preferiva invece un genere più sobrio, più dark. Non che andasse in giro con borchie dappertutto stile “emo”, ma semplicemente adorava vestire di nero.
“Dai, canta con me! My mama told me when I was young we are all born superstars…”
“Stephen basta! Sarà la milionesima volta che la canti!” – fece Mark, esasperato.
Un bidone che cadde a terra fece smettere Stephen di cantare e fare un salto in alto dallo spavento.
“Cos’è stato?” – chiese il ragazzo, spaventato dal rumore.
Mark, decisamente molto più coraggioso, si parò di fronte all’amico.
“Non lo so. Andiamo a vedere.”
“Ma sei pazzo?” – sibilò l’altro, tirandolo per un polso. – “E se fossero dei ladri?”
Mark lo guardò male e si scrollò l’amico di dosso.
“Mark… Mark, fa attenzione, ti prego…”
Lentamente, Mark si avvicinò, quando qualcuno gli cadde addosso.
Dallo spavento, il ragazzo urlò e dietro, anche Stephen urlò. Mark si scrollò di dosso l’individuo che cadde a terra come un salame. Si allontanò da lì, mettendo una distanza di sicurezza tra lui e il suo aggressore.
“Che diavolo è successo?” – sbottò Stephen, mentre guardava il cadavere a terra. – “Lo hai ucciso?”
“Ma non dire stronzate!” – urlò l’altro, ancora sotto shock. – “Mi è caduto addosso e… Stephen? Stephen non farle tu adesso le stronzate! Torna qui!”
Ma Stephen non lo ascoltò. Si avvicinò lentamente al corpo steso a terra e scoprì che…
“E’ una ragazza!” – poi si girò verso l’amico. – “Mark! È una ragazza!”
Come sollevato dal fatto, Mark si avvicinò velocemente. Non molto elegantemente, Stephen la scosse con la punta del piede.
“Step cazzo! Che modi sono?” – lo rimproverò lui.
“Scusa… è viva?”
Mark le mise due dita sulla carotide e sgranò gli occhi quando sentì il cuore battere.
“Sì, portiamola subito all’ospedale, dai!” – Mark la prese in braccio, facendo attenzione a non scuoterla troppo. Certo che chi l’aveva ridotta in quello stato non c’era andato giù leggero. Aveva i vestiti strappati in più punti e notò che della gonna non era rimasto granché.
Sperò vivamente per lei che non fosse stata violentata.




Draco e Lucius atterrarono poco lontani da dove Mark e Stephen avevano trovato Hermione. Draco si guardò intorno spaesato, mentre Lucius sembrava perfettamente a suo agio.
“Seguimi.” – disse al figlio, che docilmente gli andò dietro.
“Perché siamo venuti tra i babbani?” – chiese Draco guardandosi intorno freneticamente, come se si aspettasse da un momento all’altro che un’orda inferocita di babbani potesse sbucare fuori dal nulla e aggredirlo.
“Non si sa mai come l’inconscio di una persona lavori. Per Hermione non c’era un luogo che potesse essere “sicuro” nella Londra Magica. Scommetto tutti i miei galeoni che si è rifugiata tra i babbani.”
Ma Draco non era d’accordo.
“Perché qui dovrebbe essere al sicuro? Anche qui ci sono ricordi non felici legati al suo passato.”
“E’ vero, ma ha vissuto felice per diciassette anni. Da quando è tornata, oltre allo shock di essere stata strappata a quella che lei credeva essere la sua vera famiglia, ha dovuto sopportare le crisi isteriche di Albert, di Elthon… e le tue.” – disse, guardandolo negli occhi.
“Non era una crisi isterica!” – si offese lui.
Lucius si fermò di botto e prese il figlio per le spalle.
“E cos’era?”
Fu la prima volta che padre e figlio ebbero un contatto così intimo. Draco non lo aveva mai visto da così vicino e fu strano guardare suo padre negli occhi senza dover alzare la testa. Sentiva l’odore di Acquaviola lambirgli il volto, ma non provava alcun fastidio.
“Alla prima difficoltà ti sei arreso! Non ti ho mai insegnato questo! Credi che tuo nonno Cygnus fosse felice di mandare sua figlia in moglie a me?”
Draco sgranò gli occhi.
“Ha rinunciato solo perché IO non ho mai mollato la presa su di lei! Ho fatto scappare tutti quelli che ci provavano e alla fine è diventata mia moglie. M.i.a. moglie.” – scandì Lucius, che lasciò la presa su uno sconvolto Draco.
“Hai permesso a un estraneo di imputarti colpe che non avevi e ciò non è tollerabile!” – disse, allontanandosi dal figlio.
Si sentiva terribilmente sbagliato: prima Elthon era stato bravo a convincerlo di non meritare Hermione, con il ben noto epilogo, mentre ora suo padre gli stava dicendo l’esatto contrario. Era incredibile come ancora non riuscisse a pensare con la propria testa.
Perché se l’avesse veramente ascoltata, avrebbe capito che per la prima volta viaggiava di pari passo con il suo cuore che chiedeva solo un’unica cosa: stare con Hermione.
Lucius girò vari vicoli, senza ottenere validi risultati. Iniziò ad irritarsi, perché non riusciva proprio a capire dove si fosse cacciata quella benedetta ragazza. Vi era un vicoletto poco distante da dove si trovava lui, ma lo scartò a priori, perché gli insuccessi precedenti lo avevano indotto a ritenere quelle viuzze un luogo infruttuoso. Così iniziò ad incamminarsi verso un’altra direzione.
“Ehi!” – lo chiamò Draco.
Lucius si girò di scatto.
“Perché non controlliamo anche quello?” – chiese il figlio, indicando con un cenno della testa il vicolo escluso.
“No, finora non siamo stati fortunati. Può essere che non si sia smaterializzata qui. Andiamo.”
Draco guardò un’ultima volta il vicolo e s’incamminò dietro il padre.
Ma qualcosa gli stava dicendo che doveva tornare indietro e controllare.




Albert ed Elthon atterrarono, invece, a qualche chilometro di distanza, più precisamente nella contea dello Yorkshire. Blaise aveva detto che poteva essersi smaterializzata da qualsiasi parte, anche fuori Londra, così avevano preso una contea a caso e vi si erano diretti. Nemmeno quando la figlia era scomparsa la prima volta diciassette anni fa, Elthon si era mai sentito così impotente.
Forse perché quella seconda volta, la scomparsa di Hermione era solo ed esclusivamente colpa sua. Albert non disse niente per tutto il tragitto e quel silenzio stata iniziando a pesare all’Auror.
“Cos’è? Non mi parlerai più nemmeno tu, adesso?” – era scocciato.
Albert si fermò, concentrato a cercare di scovare tracce di sua sorella, grazie a un incantesimo che gli aveva insegnato il genitore.
“Eh?” – chiese, cadendo dalle nuvole. – “Non metterti a fare il bambino.” – disse poi. Forse non aveva il diritto di arrabbiarsi col genitore per aver detto, in soldoni, le stesse cose che aveva detto lui solo il giorno prima, ma Albert aveva il vantaggio di essere stato perdonato subito.
Suo padre avrebbe dovuto fare i salti mortali.
“Non parlarmi così! Sono tuo padre!” – fece Elthon.
“Un padre geloso marcio.” – rispose il ragazzo.
Elthon si zittì.
“Hai poco da fare la predica!” – fece Elthon. – “Hai detto le stesse cose!”
Albert interruppe per l’ennesima volta l’incantesimo. Alzò gli occhi al cielo e si girò.
“Sì, ma io a differenza di te non ho colpito sotto la cintola. Quelli erano veri colpi bassi, papà!”
Elthon sbuffò. Albert aveva ragione. Non era stato molto clemente con il ragazzo.
Elthon tacque per un attimo. Rivisse nell’arco di un secondo, tutta la scena, avvertendo un malessere sempre più crescente che esplose nell’esatto momento in cui ricordò come avesse chiamato Draco, sotto l’effetto della furia.
Mangiamorte.
No, non aveva dimenticato nemmeno una virgola del discorso che aveva avuto con Lucius durante la festa di Hermione eppure l’incalzante terrore che sua figlia potesse preferire Draco a lui lo aveva fatto uscire di matto, portandolo a dire cose di cui, nel preciso istante in cui aveva guardato Lucius dritto negli occhi, si era pentito amaramente.
“Io avevo paura che Hermione mi dedicasse meno tempo visto che si era messa con Draco, ma mi ha garantito che io avrei sempre avuto tutto il tempo che desideravo!” – Albert non si era accorto di essersi messo a urlare. – “Tu cos’hai fatto, invece? Hai minato quella poca fiducia che Draco aveva in sé e…”
“Poca fiducia quello?” – sbottò Elthon, incredulo di fronte a quell’ammissione. – “Draco Lucius Malfoy che ha poca fiducia in sé? Dai Albert! Non farmi ridere!” – disse, non riuscendo a trattenersi.
Albert si girò e urlò più forte.
“Lo trovi strano?”
Elthon si zittì per la foga del figlio.
“Trovi strano che un ragazzo che sia dovuto diventare Mangiamorte solo per avere un briciolo di attenzione da parte del padre o che abbia dovuto uccidere Silente per salvargli la vita possa essere poco sicuro di sé?” – Albert si girò e continuò a recitare la formula dell’incantesimo. Dalla bacchetta si sprigionò un fascio di luce rosata, che però stava ad indicare che di Hermione non c’era traccia. – “Draco ha dovuto sempre elemosinare affetto da Lucius! Come pensi che possa aver vissuto?”
Nonostante ciò che aveva detto a Hermione di Draco quando l’aveva vista baciarsi con l’amico durante la festa dell’ultimo dell’anno, Albert conosceva la sua storia e parlare in quel modo di lui, difendendolo dal padre e dai suoi continui attacchi, gli era sembrato un piccolo tentativo di riabilitarsi ai suoi occhi.
Era una cosa sciocca e Albert lo sapeva, ma sapeva anche che da qualche parte avrebbe dovuto cominciare per ricostruire quel rapporto che si era leggermente incrinato durante la festa dell’ultimo dell’anno.
Elthon non lo sapeva, ma in quel momento una frase di Lucius gli tornò alla mente.

“Ho avuto paura quando il Signore Oscuro ha chiesto mio figlio come risarcimento a tutti i miei fallimenti.”

Intendeva quello?, si chiese Elthon.
Draco avrebbe potuto opporsi, ma…

“Ritirarmi? Dire di no all’Oscuro? Sei forse impazzito?”

Un altro ricordo della loro chiacchierata.
Elthon sembrò perdere ogni voglia di battagliare. Aveva sempre avuto la ferma convinzione che Draco credesse di sua iniziativa nelle idee di Voldemort, non che ci credesse per salvare la sua famiglia.
“Qui non c’è!” – disse Albert tornando indietro. – “Cerchiamo un’altra zona.”
Elthon gli porse il braccio e meccanicamente si smaterializzò da un’altra parte.




Quel primo giorno di ricerche si risolse con un enorme buco nell’acqua.
Gli Auror mandati di pattuglia tornarono al Ministero verso le sette del mattino, sorprendendo non poco gli impiegati che stavano iniziando a lavorare in quei minuti. Avevano una brutta cera: capelli spettinati, occhiaie profonde e la divisa spiegazzata. E tanto, tanto sonno.
Ognuno di loro andò nel proprio ufficio a buttare giù un verbale di quella prima ricognizione. Alla voce finale “risultato” ognuno di loro scriveva la stessa identica cosa.
Nessuno.

Verso le otto, Albert, Elthon, Draco e Lucius si smaterializzarono a Preston Manor, dove ad attenderle c’era un’angosciata Myra e una preoccupata Narcissa.
Quando li videro la donna scattò in piedi.
“Allora? L’avete trovata? Sta bene?” – chiese la donna, con un sorriso speranzoso.
Elthon negò con la testa, mentre Albert non ebbe nemmeno il coraggio di guardarla in faccia. Myra, che era riuscita a placare il pianto, scoppiò a piangere di nuovo col volto nascosto tra le mani, accasciandosi sulla poltrona. Narcissa tornò a sedersi vicino a lei e le sorresse le spalle con le braccia.
“Su su, coraggio…” – fece la bionda donna, massaggiandole la schiena.
“La mia bambina… la mia bambina…”
Fu un doloroso de-ja-vu, per Elthon. Si rivide catapultato indietro di diciassette anni, quando avevano scoperto che la loro piccola era sparita dalla nursery. Myra continuava a ripetere quelle poche parole, come se fossero sufficienti per farla tornare.
Fu Lucius a rompere quel doloroso requiem.
“Narcissa, Draco… forse è meglio se torniamo a…”
Myra alzò di scatto la testa e si girò verso Narcissa.
“No, ti prego… non andare via… ti prego, resta qui… non… non lasciarmi ti prego…”
Narcissa alzò gli occhi su Lucius, non sapendo cosa fare. Anche il biondo uomo era parecchio a disagio: non potevano di certo accamparsi in casa loro senza invito.
“Restate.” – disse Elthon. – “Vi faccio preparare una camera dagli elfi.” – si girò e andò verso le cucine per dare gli ordini.
Myra si accasciò su Narcissa, felice di averla vicina.
“Vieni.” – disse Albert a Draco. – “Ti mostro la tua stanza.” – i due si avviarono mesti verso le scale, lasciando i grandi a sbrigarsela tra di loro.

Mentre percorrevano il corridoio che li avrebbe condotti alla stanza del biondo, Draco passò davanti alla camera di Hermione, scoprendo che la sua, era solo la porta successiva.
“Troverai tutto il necessario in camera tua. Riposati.” – Albert si girò e fece per andarsene, quando Draco lo fermò.
“Anche tu ce l’hai con me, vero?”
Albert si girò stancamente.
“Dovrei?” – ironizzò lui. – “Mi hai detto “io non rinuncerò mai a Hermione.” Bella merda… ti sono bastate due parole di mio padre e ti sei cagato addosso.”
Non era molto elegante come immagine, ma rendeva il succo del discorso.
“Albert…”
“No, Albert il cazzo!” – disse il ragazzo, allo stremo delle forze. – “Non ho accettato la cosa per vederti fare marcia indietro alla prima difficoltà!”
“Avevi ragione quando dicevi che c’era di meglio per lei…” – ammise Draco a capo chino.
Albert lo guardò e gli diede le spalle.
“Inizio a pensarlo anch’io.”
Draco lo vide sparire oltre l’angolo, entrò in camera e, invece di riposarsi, passò il tempo a pensare a un modo per farsi perdonare da lei, una volta che l’avrebbe ritrovata.
Perché se c’era una cosa di cui era sicuro, era che avrebbe trovato Hermione e l’avrebbe fatta ritornare da lui!









Sabato 02 gennaio.
Nove e trenta del mattino.
Sala d’attesa del reparto di rianimazione.




Seduti su tre seggioline di plastica dall’aria tutt’altro che comoda, vi erano Mark Jackson, Stephen Brown e John Smith. I tre erano arrivati all’ospedale grazie a quest’ultimo, un tassista, che passava dalle loro parti per estrema fortuna.

“Buon Dio! Cosa le è successo?” – chiese l’uomo, scendendo dal taxi come una furia.
“Non lo so! L’abbiamo trovata in queste condizioni! Per favore, ci porti all’ospedale più vicino!”
“Salite, presto!”

Stephen si era addormentato sulla spalla del suo amico, che invece non riusciva a dormire. L’immagine di quella ragazzina che era sbucata dal nulla, facendogli saltare le coronarie come petardi, gli impediva di chiudere occhio. Si girò per guardare Step che dormiva, invece, anche per lui. Il signor Smith, invece, era appena tornato dalla cabina telefonica. Aveva avvertito la moglie dell’accaduto, l’aveva rassicurata, ma che non sapeva l’ora di rientro, pregandola anche di avvisare la TravelFast, l’agenzia di taxi per la quale John lavorava, e avvertire anche loro dell’accaduto.
Poi era tornato al suo posto e aveva aspettato che qualcuno si degnasse di dare loro qualche notizia.
“Buon giorno.”
Un signore distinto che indossava un camice bianco sopra una tutina azzurra si presentò ai tre signori.
“Sono il Dottor Carver. Avete portato voi qui la ragazza picchiata a sangue?”
John era scattato in piedi, e Mark avrebbe fatto lo stesso se non avesse avuto un masso che lo bloccava sulla seggiola.
“Step, Step alzati!” – niente da fare. Così Mark si alzò di scatto e lo lasciò cadere sulla sedia. Fu inevitabile che si svegliasse e imprecasse contro il compagno.
Quando vide il dottore si alzò di scatto.
“Perché non mi hai svegliato?” – borbottò con gli occhi ancora abbottonati.
Mark preferì non rispondere.
“Volevo dirvi che avete fatto un ottimo lavoro.” – si congratulò il dottore. – “Se non fosse stato per voi, forse la ragazza sarebbe in coma, ora. O peggio.”
“Quindi sta bene?” – si premurò Mark, preoccupato.
“Sì, nonostante un pestaggio come quello.” – disse il dottore, sfogliando la cartelletta.
“Dottore, mi scusi.” – fece Mark. – “Aveva camicetta e gonna strappata. L’hanno…” – non osò finire la frase.
“Ringraziando Dio, no.”
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.
“Meno male… possiamo vederla, adesso?”
“Ripassate tra qualche ora. Adesso è sotto sedativi. Il braccio che le hanno rotto era fratturato in più punti.”
“Grazie, dottore.”
“Grazie a voi.” – fece l’uomo, con un sorriso, tornando alle sue mansioni.
“Signor Smith…” – iniziò Mark. – “… la ringrazio per averci accompagnato qui. Quanto le devo per la corsa?” – chiese, aprendo il portafogli.
Smith parve quasi offendersi.
“Buon Dio figliolo, metti via quel portafogli!”
Mark ringraziò con un sorriso.
“In tal caso, grazie davvero.”
“Ci mancherebbe. Ciao ragazzi.”
“Arrivederci.” – risposero i due in coro, mentre guardavano l’uomo avviarsi verso l’ascensore.
“Che facciamo?” – chiese Step, guardando Mark.
“Hai sentito il dottore, no? Andiamo a casa e riposiamo un paio d’orette. Torneremo nel pomeriggio.”
“Ok.” – fece Step.
Anche loro si diressero verso gli ascensori per tornare a casa e ristorarsi un pochino.




Alla stessa ora, minuto più minuto meno, Elthon si smaterializzò nel suo ufficio. I verbali dei suoi uomini erano stati accuratamente impilati sulla sua scrivania. Dietro di lui, Lucius chiuse la porta. Aveva promesso che l’avrebbe aiutato a cercare Hermione e così avrebbe fatto. Con un gesto secco del polso accese il caminetto, che sparse un delizioso calore nella stanza.
Nessuno dei due aprì bocca. Forse era ancora troppo presto.
“Cosa devo fare?” – chiese Lucius, accomodandosi di fronte a lui.
Elthon gli passò degli incartamenti. Stavolta fu lui a non avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Sono i verbali dei miei sottoposti. Non perderti a leggerli, vai solo alla voce all’ultima pagina che dice risultato. Sicuramente ci sarà scritto nessuno su tutti.”
Lucius e Elthon si ritrovarono a leggere una sfilza di verbali che non finivano più. Sembravano essere tornati indietro nel tempo, dove si sedevano allo stesso tavolo per studiare per gli esami di fine anno.
Fu il loro pensiero comune.




“Myra, ti ho portato del the.” – disse Narcissa, entrando nella camera della donna, con un vassoio in mano.
La padrona di casa si accomodò meglio sul letto, imprecando per il disordine che regnava in quella camera.
“Perdona il disordine, Narcissa.” – disse, spostando i cleenex dall’altro lato per permettere all’amica di sedersi sul materasso e non sui fazzoletti.
La bionda appoggiò il vassoio su un tavolino e aiutò l’amica ad accomodarsi, sistemandole il cuscino dietro la schiena.
“Non porti problemi inutili, Myra. Come ti senti? Hai dormito qualche ora?”
Le sue occhiaie erano una risposta più che evidente.
“No. Non ci sono riuscita.” – la sua parte di letto era invasa dai cleenex che la donna aveva usato per soffiarsi il naso. Non aveva permesso nemmeno a Elthon di abbracciarla per consolarla.
Narcissa le passò la tazza di the, che la donna giudicò come un toccasana.
“Sono sfinita, Narcissa.” – fece Myra, portandosi sulla fronte il dorso della mano destra che teneva l’ennesimo cleenex.
Narcissa, pazientemente, l’ascoltò.
“Abbiamo ritrovato Hermione solo da poco e le stupide gelosie di Elthon l’hanno fatta allontanare di nuovo. E se non la trovano?”
“Elthon è l’Auror migliore che io conosca. La troverà.”
“Sì, come diciassette anni fa.” – frecciò lei, maligna.
“Sei ingiusta ora, Myra.” – la rimproverò la bionda.
La donna sembrò accorgersene.
“Diciassette anni fa la situazione era molto diversa.”
“Narcissa aiutami… non ce la faccio più.” – e scoppiò a piangere per l’ennesima volta, mentre Cissy cercava di confortarla come poteva.




Appoggiato alla testiera del letto con la schiena e con una gamba piegata, Draco aveva fissato incessantemente la finestra, guardando così il sole sorgere.
Come quella volta sulla Torre di Astronomia.

“Mi ritieni tanto diverso da te, Hermione?” – le sussurrò all’orecchio.
“Non lo so…” – sussurrò lei, mentre il primo raggio di luce colpì i volti dei due giovani.
“Sì che lo sai. Tu sai sempre tutto. Io e te facciamo esattamente quello che gli altri si aspettano da noi.”

E così era stato. Elthon aveva toccato i punti giusti e Draco aveva fatto esattamente ciò che l’uomo si era aspettato da lui: aveva battuto in ritirata.
Era come se stesse iniziando a muovere i primi passi sulle proprie gambe: ne faceva due, poi cadeva, si rialzava, altri due passetti e poi cadeva ancora.
Era sfiancante.
Continuava a permettere agli altri di decidere cosa fosse meglio o peggio per lui e ciò non era più contemplabile. Aveva fatto un enorme errore a permettere a Elthon di fargli questo e sapeva perfettamente che chiedere perdono a Hermione per aver rinunciato a lei così facilmente non sarebbe stato sufficiente.
Quando il primo raggio gli ferì gli occhi, promise a se stesso – si sentì uno stupido a farsi una promessa che si era già fatto mille volte – che non avrebbe più permesso a nessuno di dirgli cosa fare.




Le ore, intanto, passavano. Lucius ed Elthon non avevano trovato assolutamente niente. Con un gesto di stizza, l’Auror chiuse l’ultima cartelletta e si stropicciò gli occhi. Evitò di imprecare anche se ne aveva una voglia pazzesca. Lucius fece apparire due tazze di caffè nero bollente e amaro, l’ideale per resettare il cervello e dare una spinta in più all’organismo.
“Grazie…” – sussurrò sommessamente Elthon. Ne prese un sorso, schifato dal gusto amaro, ma poi vi fece l’abitudine.
“Non ringraziarmi.” – disse il biondo, con un sangue freddo invidiabile. – “Impiega le tue energie per qualcosa di più costruttivo.”
Elthon alzò di scatto la testa, sgomento per il sangue freddo dell’uomo e per quel rimprovero.
“Ma come diavolo ci riesci, eh?”
“Di cosa parli?” – chiese Lucius, mentre beveva il caffè, sfogliando in contemporanea i fascicoli rimasti.
“Come… come fai a mantenere sempre la calma in ogni situazione?”
“Il fatto che non la perda in questi momenti, non significa che non la perda in altri. C’è bisogno di concentrazione e perdere la calma soprattutto in questo momento di certo non giova alla situazione.”
L’uomo sorrise sarcastico.
“Oh, giusto… il grande Lucius Malfoy, l’uomo dalla calma invidiabile… hai mai mostrato un’emozione, Lucius?”
“Cerchi un pretesto per sbattermi dentro, Elthon?” – chiese l’uomo, fissandolo gelidamente negli occhi.
“E vanificare gli sforzi di Hermione?”
“Oh, adesso ti interessa di lei?” – frecciò lui.
Prenderlo per il collo e sbatterlo sulla scrivania fu un attimo. Lucius afferrò il polso dell’uomo per cercare di sciogliere la presa, con scarsi risultati.
La tazza di caffè volò a terra sul tappeto, spandendo il nero liquido a terra che si allargava come una macchia d’olio.
“Non insultarmi Malfoy! Amo Hermione più della mia stessa vita!”
“L’a-l’amavi pro-prio tanto quan-quando hai rovinato la… sua… sto…ria…” – la sua voce si ridusse a un sussurro sommesso e la faccia divenne pericolosamente rossa.
Elthon mollò la presa in tempo e si allontanò di qualche passo. Lucius si alzò di scatto dalla scrivania, si piegò su se stesso e si portò una mano alla gola per cercare di riprendere aria. Lo guardò, consapevole di aver toccato un punto debole. Adesso doveva solo lavorarci su. Quella situazione tra loro andava sbloccata.
Nel bene o nel male.
“Cristo, ma non capite? Nessuno vuole capire?”
“Cosa? Che vuoi che tua figlia cresca sotto una campana di vetro?”
“Di certo non la butterò allo sbaraglio nelle mani di un pazzo che chiede a un ragazzino di pagare per gli errori del padre!” – frecciò lui. Di nuovo, si pentì amaramente di quell’ennesimo colpo basso. Doveva controllarsi!
Stavolta fu Lucius a non rispondere.
“Sto cercando di rimediare…” – disse, inserendo in quella frase più di un significato.
“E come, Lucius? Come? Non ti lasci mai andare a un’emozione!”
“Solo perché non lo faccio in pubblico non significa che sia privo di sentimenti! Sai benissimo in che ambiente sono cresciuto e sai benissimo chi era Abraxas! Come puoi pretendere di ottenere acqua da un deserto, Elthon? Sto cercando di non essere un sasso cavo, sto cercando di essere un marito per mia moglie e un padre per mio figlio! Non recupererò mai diciassette anni di vita, ma voglio cercare di salvare almeno il mio futuro! E se Draco è felice con Hermione, non capisco proprio chi sia tu per impedire la loro unione!”
“Me la state portando via di nuovo!” – urlò Elthon, fuori da ogni comandamento.
Fuori, i pochi passanti, saltarono in aria come molle per lo spavento. Si allontanarono di gran carriera da quella zona pericolosa.
“L’ho… l’ho appena ritrovata e già devo dividerla con un’altra persona!”
“E cosa vorresti fare? Farle trascorrere diciassette anni chiusa in casa e lasciarla libera solo allora?” – urlò Lucius a sua volta. – “Albert si è dimostrato molto più saggio di te, Elthon. Ostacolare qualcuno nel voler stare con un’altra persona sarà sempre e solo controproducente! Lo so perché Cygnus ha fatto lo stesso con me e Narcissa! Apri gli occhi, Elthon! Non sei solo tu ad aver ritrovato tua figlia! Anche Hermione ha ritrovato te! Credi veramente che possa preferire il suo fidanzato a suo padre?”
“Ma avrà sempre meno tempo per me…” – soffiò lui.
Lucius, come Draco, non era il tipo da sedersi accanto a un amico e confortarlo con frasi zuccherose. Lucius era più il tipo da manrovesci e cruda schiettezza.
Tipo quello che stava mettendo in pratica in quel momento.
Prese Elthon per il colletto, lasciandolo decisamente spiazzato e impreparato. Piantò i suoi occhi in quelli dell’uomo e cercò di essere chiaro una volta per tutte.
“Apri le orecchie, razza di Troll che non sei altro!”
L’Auror sgranò gli occhi.
“Se io sono riuscito a sopravvivere all’Incantesimo di Inversione del Dolore, è solo per merito di tua figlia. Ha visto qualcosa in me che l’ha indotta a chiedere un favore personale al Primo Ministro. Intendo onorare il suo gesto ogni giorno, cercando di aprirmi sempre di più con la mia famiglia, ma tu con i tuoi comportamenti infantili stai vanificando, nonché insultando, il suo gesto. Quella ragazza ha fin troppo buon senso nel cervello. O te ne fai prestare un po’ quando la ritroviamo, o giuro su Merlino o chi ti pare che te lo farò rientrare io a suon di calci e pugni. Credo tu ricordi il nostro secondo anno, non è vero?”
Al ricordo, Elthon provò un brivido lungo la schiena. Ma non fu solo di terrore per via del ricordo, fu anche un brivido che gli dette l’input necessario per riprendere in mano la sua vita e il buon senso, che nelle ultime ventiquattro ore si era preso una pausa non richiesta.
“Morgana se lo ricordo!” – il tono melodrammatico di Elthon fece capire al suo “aggressore” che era riuscito a riportarlo sulla via dell’illuminazione.
Con poca grazia, Lucius gli sistemò il colletto della camicia, concludendo il tutto con una manata sulla spalla che gli fece uscire la scapola dalla sede.
È incredibile il metodo che hanno femmine e maschi per riconciliarsi: se le prime hanno bisogno di settimane e settimane di trattati di pace, a loro bastava una semplice pacca sulla schiena e tutto si risolveva.
“Ecco, visto? Con le buone maniere si ottiene sempre tutto.”
Elthon si lasciò scappare un sorrisetto ironico.
“Le tue, dici? Non farmi ridere…”
“Caro signor Capo degli Auror, sottovaluti le mie capacità di persuasione.”
“Oh, sicuro che quelle non le sottovaluto di certo. Allora, iniziamo con il…”
“Ah, Elthon?”
“Cosa?”
“Tu sai che ti sfotterò a vita per questo, vero?”
L’Auror tirò un sospiro di frustrazione.
“Lucius, amico mio…” – disse, mettendogli una mano sulla spalla, come se stesse per rivelargli una grande verità – “… ti ricordi della figuraccia fatta con la professoressa di Trasfigurazione, vero?” – celiò lui, facendo sbiancare ancora di più Malfoy Senior. – “Esatto. Le prove non si bruciano mai.”
“Avevi detto che…”
“Ehi… che mi hanno messo a Serpeverde a fare?”
Meditando vendetta, Lucius proseguì a collaborare con l’amico(?).









Note di me:

E’ un capitolo corto rispetto ai precedenti, me ne rendo conto, però qui siamo entrati in una fase molto delicata della storia, che va digerita poco alla volta.
Allora… partiamo subito con le delucidazioni.

Abbiamo… HO introdotto due nuovi personaggi: Mark e Stephen, Step, per gli amici.
Step, in (dis)onore di Moccia.
In sul cammin di nostra vita,
trovarono un’Hermione alquanto deperita.

Hanno preso la ragazza e sono volati, con un taxi di fortuna, verso l’ospedale più vicino tra i babbani. Adesso vediamo come faranno a trovarla…


Il primo confronto tra Draco e Lucius.
Questi due hanno un bel po’ di cose da dirsi. Per quanto i suoi metodi siano stati sbagliati o poco ortodossi, Lucius ha sempre cercato di inculcare al figlio una lezione importante: ossia che se devi proprioproprioproprio prenderti una responsabilità per qualcosa che hai fatto, prenditela con cognizione di causa e non perché qualcuno vuole scaricare su di te le proprie colpe.
Come ha fatto Elthon.
Così Lucius svela una parte del suo passato: Cygnus Black, padre di Narcissa, non voleva darla in moglie a Malfoy, ma Lucius ha tramato fino a che Narcissa non è diventata sua a tutti gli effetti.


La contea dello Yorkshire.
Niente di particolare su questa contea. L’ho solo messa per dare un punto d’inizio a Elthon e Albert e anche per omaggiare la mia cagnolina Lilly che, per l’appunto, è uno Yorkshire Terrier, proveniente… aspetta che indovino… oh, sì! Dalla contea dello Yorkshire! ^_^
Un concentrato di allegria e scassamaronaggine che non vi dico!


Confronto tra Lucius ed Elthon.
Qui le acque iniziano a muoversi, la situazione inizia a sbloccarsi e quello scambio di battute finali a sfondo ironico è la chiave che permetterà ad Elthon di iniziare a rivalutare l’amico (?)

Detto ciò – mi sembra sia tutto, ma libere di esprimervi attraverso le recensioni ù_ù – vi saluto e vi rimando a venerdì prossimo, non senza però il consueto spoiler:

“Sono tuo padre!”
“E io sono tuo figlio, cazzo!”

Apro le scommesse su chi può essere questa coppia.
Il numero di conto corrente sul quale versare le somme è XXX XXX XXX 123
Le scommesse partono dai 50 euri in su. ^__^
*me sciacalla*

Un bacione!
Vi amo!

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Capitolo 35
*** Tra i babbani ***


35 - Tra i babbani Bentornate, mie fedelissime!

Sono felice di costatare di aver ricevuto più minacce che complimenti una cosa che, a mio dire, farebbe felice qualsiasi autrice. ù_ù
Ma ciancio alle bande!

Nel precedente capitolo, ho dato parecchi spunti sui vari confronti che ci sono stati, confronti che, vi avviso subito, non sono finiti qui.
Ho introdotto Mark e Stephen due personaggi che, per come si sono comportati con Hermione, hanno subito dimostrato la loro indole positiva.
In qualche recensione ho letto la speranza che non sorgessero triangoli o quadrati amorosi tra Mark-Step-Hermione o Mark-Step-Hermione-Draco. Vi dico una cosa: non ci saranno triangoli o quadrati, ma solo esagoni. ù_ù
Altri, invece, mi hanno chiesto se Hermione perderà la memoria: in tutta onestà, ci avevo pensato durante la stesura della storia, ma poi mi sono detta che effettivamente Hermione ne aveva passate troppe e non potevo mettermi a fare Satana in questo modo quindi passo a rassicurarvi e dirvi di no, Hermione non ha perso la memoria.
Ma qualcosa di più importante: Draco.
E qui la lingua batte dove il dente fa un male cane.
Ok, il proverbio non è proprioproprioproprio uguale, ma il succo del discorso è quello.
Draco e le sue cazzate, Draco e il suo lasciarsi governare dagli altri, Draco e il suo vittimismo e Draco e la sua consapevolezza di aver lasciato andare l’unica cosa bella della sua vita.
Mi piacerebbe stare qui ed elencare tutte le virgole fuori posto di questo ragazzo, ma presumo che la lettura del capitolo sia più interessante di tutta questa brodaglia di parole, quindi!… vi lascio alla lettura e vi aspetto di sotto.

Un bacionissimo, callistas.







VERITA’ NASCOSTE
TRA I BABBANI

Sabato 02 gennaio.
Tredici e dodici del pomeriggio.
Camera 340 del reparto di rianimazione.




Hermione aprì un occhio, stancamente.
Sentiva tutte le ossa del corpo rotte e non riusciva a capire – a ricordare – cosa le fosse successo da farla sentire in quel modo. Cercò di girare la testa per cercare di capire dove si trovasse, ma qualcosa sulla guancia sinistra bruciò da impazzire, costringendola a raddrizzare di nuovo il capo.
Non se ne parlava proprio delle gambe: sembravano ingessate e la coperta le pesava addosso come un macigno, impedendole di respirare correttamente. Con l’occhio buono vide tutto intorno a sé bianco, un bianco accecante. E quel colore poteva appartenere solo a un posto.
Raggiunta la consapevolezza di trovarsi al San Mungo, Hermione cercò qualcosa che potesse attirare l’attenzione dei Medimaghi, affinché le spiegassero che diavolo stava succedendo.
Però c’era qualcosa che non tornava nell’arredamento della stanza. Perché c’era una tv nell’angolo in alto a destra? E perché accanto a lei c’era un macchinario che emetteva un fastidioso bip?
“Ehi, ti sei svegliata finalmente!” – esclamò una voce maschile.
Hermione girò lentamente la testa, sperando che non vi fosse qualcosa anche sulla guancia destra. Sospirò sollevata quando non avvertì niente. Quando incrociò due occhi chiari come l’acqua sembrò essere ringiovanita di anni.
“D…co…”
“Come?” – fece il ragazzo, avvicinando l’orecchio alla bocca di lei.
Hermione inghiottì aria, corrucciando le sopracciglia e si sforzò di sillabare meglio quel nome.
“Dra… co…”
Mark si alzò da quella posizione e guardò prima la ragazza e poi Step. Erano arrivati da poco, giusto in tempo per assistere al suo risveglio.
“Draco? E’ il tuo cane?” – chiese Mark.
Hermione iniziò a piangere. Aveva focalizzato meglio la figura e si era resa conto che quel ragazzo non era il suo Draco.
“Ehi, no… non piangere… se mi dici chi è lo vado a cercare!” – si propose il ragazzo, entrato in panico.
Cercare. Come se fosse stato facile.
All’improvviso, capì perché quella stanza le sembrava così strana. Non era al San Mungo, ma in un ospedale babbano! Iniziò ad agitarsi, perché non ricordava niente di come ci fosse arrivata.
“No, non agitarti… infermiera! Infermiera!” – urlò Mark, cercando di tenere Hermione ferma a letto.
“Che sta succedendo qui?” – chiese una donna, severa.
“La prego, si sta agitando! Le dia qualcosa!”
La donna, che viaggiava per sicurezza sempre con una siringa di tranquillanti, dosò il liquido e lo infilò nella flebo di Hermione che, lentamente, iniziò a calmarsi.
“Per favore, cercate di non agitarla.” – disse la donna, controllando che la flebo fosse in ordine.
“Guardi che non abbiamo fatto niente!” – disse Step. – “Ha fatto tutto da sola!”
L’infermiera la guardò come per dire “sì, certo” e poi se ne tornò al proprio lavoro.
“Stronza…” – bofonchiò Step, tornando a concentrarsi sulla ragazza.
“Sei un po’ più calma?” – le chiese Mark.
Hermione annuì, anche se era sempre spaventata da quella situazione.
“Bene… senti, ti ricordi niente di stamattina?” – chiese Mark, sondando il terreno.
“N-no…” – disse, tirando su con il naso.
Mark prese un tovagliolo e le asciugò le lacrime.
“Va bene, non ti preoccupare… io e il mio amico Step ti abbiamo trovato in un vicolo. Sei stata picchiata forte.”
“Cosa?” – la sua voce sembrava il pigolio di un pulcino.
Mark e Step poterono leggere il terrore nei suoi occhi dilatati.
“Sì, ma ti hanno curata. Io e Step ti abbiamo portata qui in tempo. Potevi entrare in coma.”
Le sembrarono sinceri e un po’ si calmò.
“Chi… è stato?” – soffiò lei.
Mark fece una faccia imbarazzata.
“Mi dispiace, non lo so. Ti abbiamo trovata a massacro finito.” – disse, congratulandosi con se stesso per l’ottima scelta linguistica.
Un dubbio le si insinuò nella mente.
“Mi hanno…”
“No!” – si affrettò a dire Mark, con un sorriso rassicurante. – “E’ stata la prima cosa che ho chiesto. Nessuno ti ha fatto niente di più.” – preferì metterla in questo modo.
Anche Hermione tirò un sospiro di sollievo.
“Grazie… per… avermi… aiutata…” – disse Hermione, riconoscente.
“Figurati. Sai, sei stata fortunata. Io e Step non saremmo nemmeno dovuti passare di lì.”
Una faccia simpatica s’intromise tra di loro.
“Sì, sono stato io a dire a Mark di passare di lì! È stato merito mio se ti abbiamo trovata!”
Mark lo allontanò con uno spintone.
“Scusalo, è un po’… egocentrico.” – disse a mò di scusa.
Hermione sorrise.
“Non… importa…” – si rese conto anche di parlare meglio rispetto all’inizio.
“Senti, come ti chiami? Così almeno avviso i tuoi che sei qui e che stai bene.”
Hermione s’irrigidì. Ricordava di aver litigato con suo padre e che forse era stata quella la causa che l’aveva fatta arrivare nella Londra babbana.
“Non… non sono di qui…”
“Oh, capito. Ma ci sarà qualche tuo parente in giro, no? Magari possiamo avvisare lui e…”
“No… vivo da sola…” – nonostante fosse messa veramente male, Hermione non era ancora del tutto partita per la tangenziale-degli-sproloqui e se avesse detto la verità, tutta la verità nient’altro che la verità, l’avrebbero trasferita da rianimazione a psichiatria nel giro di due minuti.
I tranquillanti che le aveva somministrato l’infermiera iniziarono a fare il loro effetto. Era decisamente più calma, ma anche assonnata. I suoi occhi iniziarono a chiudersi lentamente e Mark prefertì alzare i tacchi e lasciarla riposare.
“Senti, ti lasciamo riposare, va bene?”
Hermione annuì.
“Sì, ti lasciamo riposare!” – fece eco Step, facendola sorridere. – “Passiamo più tardi a trovarti, va bene?”
“Sì, grazie…” – l’attimo successivo, si addormentò.









Lucius ed Elthon rientrarono a Preston Manor verso le tredici e trenta. Se la situazione tra di loro si era quasi sistemata, Elthon si rese conto, una volta messo piede in casa, che ne aveva altre due da sistemare.
Myra.
E Draco.

Narcissa e Lucius fecero del loro meglio per cercare di tenere alto il morale della padrona di casa e cercare di far riappacificare i due coniugi, ma sapevano che la questione, per quanto aiuto potessero dare, doveva essere risolta tra di loro.
Il pranzo fu, per la maggior parte del tempo, silenzioso. Quel giorno, Elthon non si sedette a capotavola come al solito, ma preferì mettersi “al pari” degli ospiti, quindi fece sedere Albert tra lui e Myra e lo stesso fecero Lucius e Narcissa.
Albert era molto combattuto. Comprendeva perfettamente i sentimenti del padre, perché erano gli stessi che aveva provato lui alla festa di Blaise, ma non riusciva a mandare giù il fatto che, pur di tenere Hermione stretta a sé, avesse accusato il biondo in quel vile modo. D’altro canto, non aveva molto apprezzato il “coraggio” dell’amico nell’affrontare il padre e rivendicare l’amore per la sorella. Anzi. Sembrava quasi che non stesse aspettando altro, che stesse aspettando una scusa per liberarsi di qualcosa che credeva di non poter possedere.
“Oggi dicono sarà una bella giornata. Ti va se usciamo a fare una passeggiata, Myra?” – chiese Narcissa, interrompendo quel fastidioso silenzio.
“Sì, certo.” – disse lei, tagliando – smembrando – la sua fetta di arrosto. Non aveva nemmeno alzato gli occhi sull’amica, tanto era la sua rabbia verso il comportamento del marito.
Narcissa, imbarazzata, lanciò una fugace occhiata al marito, chiedendogli tacitamente se aveva fatto bene a rompere quel silenzio. Lucius, in risposta, annuì solamente.
Draco, seduto in mezzo ai genitori, girava svogliatamente i piselli nel piatto, mentre ripercorreva con la mente tutti i momenti, anche quelli più insignificanti, passati insieme alla ragazza.

Quel giorno in infermeria, quando avevano aggredito Pansy. Lei era presente perché stava medicando la ragazza. Si erano guardati per un secondo e lui l’aveva vista… diversa. Non seppe dirsi in cosa – forse il fatto che fosse diventata “come” lui era un punto a favore – perché vestiva sempre nello stesso modo, acconciava i capelli nello stesso modo e si atteggiava sempre nello stesso modo.
Ma era diversa allo stesso tempo.

Quando l’aveva presa fuori dall’aula di Trasfigurazione, quando era inciampata. Non avrebbe mai immaginato che fosse così leggera. L’aveva aiutata, come lei aveva fatto con Pansy e poi si era diretto alle serre.
Avevano lavorato in coppia per la prima volta e si erano trovati bene. Avevano collaborato, ma poi qualcosa era andato storto.
A causa di quell’incomprensione, lui aveva capito che c’era qualcosa di più in quella ragazza.

Il loro incontro sulle scale che portavano all’aula di Aritmanzia. Avevano parlato veramente per la prima volta ed era stato piacevole. Le aveva fatto capire che se si hanno problemi con qualcuno li si deve affrontare a viso aperto e con la persona in oggetto, non prendendosela con qualcun altro.

L’elenco poteva andare avanti all’infinito, perché oltre a quei momenti la mente di Draco aveva iniziato a scovarne degli altri, più piccoli, ma non per questo meno intensi. Rinunciò a mettere in bocca qualsiasi cosa, mentre Narcissa, con la coda dell’occhio, osservava il suo bambino con una punta d’orgoglio.
Stava crescendo e stava imparando a capire cose più grandi di lui.
“Lucius, andiamo?”
Draco si distrasse dai suoi pensieri, vedendo il padre alzarsi e depositare il tovagliolo sul tavolo.
“Sì.”
Capì che dovevano riprendere le ricerche, quindi si alzò pure lui e anche Albert. I ragazzi salutarono le madri con un bacio sulla guancia, Lucius a Narcissa con un bacio in fronte, ma quando Elthon provò ad avvicinarsi a Myra, questa divenne grande quanto un riccio.
“Bene…” – fece imbarazzato il padrone di casa. – “Andiamo, allora.”
“Io e Draco continueremo con le nostre ricerche. Ti farò sapere se troverò qualcosa, va bene?” – disse Lucius.
“Sì.” – prima di smaterializzarsi, Elthon guardò la moglie.
Che non lo degnò di uno sguardo.









Sabato 02 gennaio.
Diciassette e trentanove della sera.
Camera 340 del reparto di rianimazione.




L’inattività era una parola che Hermione non conosceva.
Non rientrava nemmeno nel suo DNA o nel suo vocabolario. L’inattività, l’inerzia e tutte quelle attività sedentarie erano un qualcosa che esulava dal suo carattere.
Quindi per lei starsene sdraiata su quel lettino d’ospedale era una vera e propria tortura. Era riuscita, in qualche modo, a girarsi su un lato, sollevando il suo sedere che stava iniziando a lanciare maledizioni senza perdono.
Si era svegliata da poco più di un’ora e si poteva dire che ora era sveglia e ricettiva. Le ossa le dolevano ancora, ma non come all’inizio, forse perché gli antidolorifici erano ancora in circolo.
Si era data un’occhiata e per poco non si metteva a piangere. L’avevano ridotta a una poltiglia con le gambe. Queste erano tutte tumefatte, piene di lividi, escoriazioni e tagli, più o meno profondi. Quando il dottor Carver era passato per controllare come stesse, le aveva spiegato un po’ la situazione. Su entrambe le gambe aveva riportato varie contusioni, certe erano talmente marcate che a muovere la gamba destra era come ricevere un calcio sullo stinco. I suoi aggressori le avevano inferto dei tagli, due abbastanza profondi sul polpaccio. Aveva la caviglia destra slogata. Salendo verso l’alto, il dottor Carver le aveva spiegato che i malviventi le avevano riempito di calci e pugni lo stomaco che, miracolosamente, non aveva subito danni ingenti. Aveva tre costole rotte, una delle quali aveva rischiato di perforarle il polmone destro e una incrinata, per questo motivo, quando respirava, sentiva un forte dolore allo sterno. Le avevano rotto un braccio e, non contenti, l’avevano presa a pugni sul volto. Il risultato fu un occhio nero, il labbro superiore spaccato, un dente rotto, che avevano miracolosamente salvato, e qualche ecchimosi sulle guance.
Per il resto stava bene.
Se al posto suo vi fosse stato un comune babbano, sicuramente a quell’ora si sarebbe trovato di fronte a San Pietro, ma lei era una strega e nelle sue vene scorreva la magia, che doveva averla protetta da morte certa.
Il dottore le aveva detto che sarebbe ripassato verso le sei per prenderle la temperatura corporea e così fece.

“Buona sera, signorina. Come si sente?”
Ma le domande idiote sono una prassi tra i babbani?, si chiese.
“Come se mi avessero pestata.” – rispose lei, facendo passare quella frecciatina per una simpatica battuta.
Infatti, il dottore sorrise.
“Bene, se fa dello spirito vuol dire che sta meglio.”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“L’infermiera Molly le prenderà la temperatura.”
A quel nome, Hermione si illuminò tutta. Oh, come le mancava la signora Weasley! Hermione alzò un braccio e si fece mettere sotto l’ascella il termometro.
Dopo cinque minuti d’attesa, attesa che il dottore impiegò scrivendo sulla sua cartelletta, il termometro segnalò l’assenza di febbre. Annotò quel dato sulla cartelletta clinica.
“Bene. Ripasserò domani mattina presto. Buona serata.”
Hermione annuì e sorrise falsamente. Quando il dottore uscì, si aprì in un più che veritiero…
“Cretino!”
“Chi dei due?” – chiese una voce conosciuta.
Hermione si girò verso la porta, temendo di aver fatto una figuraccia, ma sorrise quando vide la faccia simpatica di Step. Ormai quei due erano diventati il suo unico contatto con l’esterno ed erano così carini nell’andare a trovarla ogni volta che avevano un attimo libero.
“Ciao! Come state?” – cercò di accomodarsi meglio, ma rinunciò. Le ossa sembravano essere dotate di vita propria. – “Ahia…”
“No, stai ferma…” – fece Step, riportandola a sdraiarsi. – “Aspetta che ti aiuto.” – il ragazzo le sistemò meglio il cuscino e Hermione lo ringraziò con un sorriso.
“Grazie.”
“Prego.”
Step prese la sedia, senza curarsi che Mark aveva allungato la mano per prenderla lui. Alzò gli occhi e ne prese un’altra.
“Come ti senti?”
“Un po’ meglio…” – disse, sinceramente. – “Ragazzi, io non so davvero come ringraziarvi.” – disse, con gli occhi lucidi. Se non fosse stato per loro a quest’ora poteva essere morta.
“Dai, non è necessario.” – fece Mark, schermendosi. – “Un altro avrebbe fatto lo stesso.”
“Non ne sono sicura…” – fece lei.
“Ti hanno detto quando ti dimetteranno?” – chiese Step, passando ad argomenti più leggeri.
“Step, l’abbiamo portata qui stamattina. Non credo che prima di una settimana uscirà fuori.”
“Ho chiesto, eh?” – si stizzì lui.
Hermione si ritrovò a pensare alla sua situazione. Si era smaterializzata, come non lo sapeva, in un vicolo della Londra babbana senza la bacchetta. L’unica soluzione possibile era che qualcuno la trovasse e la riportasse a casa, ma dubitava sinceramente che sarebbero stati in grado di trovarla in quel posto.
Dio che casino!, pensò la riccia.
I due battibeccarono per qualche minuto, ignorando la ragazza che si era persa nei suoi pensieri. Fu Mark ad accorgersi delle sue preoccupazioni.
“Ehi, va tutto bene?”
Step si girò di scatto.
“Eh? Sì, grazie…”
“Hermione?”
La riccia lo guardò sorpresa.
“Come sai il mio nome?”
Mark la guardò imbarazzato.
“Su-sulla cartelletta.”
Hermione arrossì per la domanda stupida.
“Ah, già…”
“Senti, possiamo aiutarti in qualche modo quando uscirai di qui?”
Step si girò sulla sedia e lo guardò come per dire “tu lo puoi dire e io no”? Mark lo ignorò.
“Io…” – e adesso che si inventava? Aveva detto che viveva da sola, ma cosa sarebbe successo se l’avessero accompagnata a casa? Se avesse avuto la bacchetta avrebbe potuto Imperiare qualcuno – era un caso disperato! – e farsi dare un appartamento senza pagarlo, ma senza la situazione si complicava ulteriormente. – “… non lo so. Abito da sola e…”
“Senti, in queste condizioni sarebbe difficile per te. Perché non vieni a stare da noi?” – propose Step.
Hermione non sperò in tanta fortuna e gentilezza.
“No, grazie. Non vorre disturbare e…”
“Non si discute!” – fece Mark, con somma approvazione di Step. – “Verrai a stare da noi. Punto!”
“Io… grazie, ragazzi. Grazie davvero.”









Albert ed Elthon erano atterrati in un’altra contea londinese. Le stavano battendo tutte al setaccio, ma Hermione sembrava non essere in nessuna di esse. Purtroppo ne mancavano altre sette…
I due si separarono e andarono uno all’estremo nord, e l’altro all’estremo sud. Quando si ritrovarono, scossero solamente la testa.
“Un altro buco nell’acqua.” – fece Elthon, passandosi una mano tra i capelli.
Albert non aveva aperto bocca da quando erano partiti. Era preoccupato e nemmeno lui sapeva più dove sbattere la testa.
Cadde un fastidioso silenzio che durò ben cinque minuti. Alla fine, Elthon non resse più ed esplose.
“Se anche sentissi il bisogno fisico di insultarmi per la fuga di Hermione, fallo! Ma parla, dannazione!”
Albert, che non si aspettò un’esplosione simile, saltò per aria. Guardò il padre, sgomento, per un attimo e tutta la rabbia che aveva cercato di reprimere venne lasciata libera di esprimersi.
“Ma che cazzo urli?”
“Non usare quel linguaggio con me, Albert!”
Fortuna che erano in una brughiera, almeno potevano urlare quanto volevano.
“Sono tuo padre!”
“E io sono tuo figlio, cazzo!”
Elthon sentì che qualcosa non andava in quell’affermazione.
“Da quando Hermione è tornata a casa nessuno mi caga più di striscio!”
Elthon spalancò gli occhi: aveva davvero trascurato il figlio in quel modo?
“E che cazzo!” – si asciugò le lacrime, frustrato per essersi lasciato andare in quel modo. – “Sono contento anch’io che Hermione sia con noi, ma ci sono anch’io al mondo, eh?”
“Albert… perché non ce lo hai mai detto?”
Il ragazzo lo guardò come se fosse un alieno.
“Certo che per essere il Capo degli Auror sei parecchio ritardato, eh?”
L’uomo non si preoccupò più del linguaggio. Evidentemente Albert aveva bisogno di sfogarsi e lui sarebbe stato lì per ascoltarlo.
“Dirti cosa? Di dare attenzioni anche a me? Di curarti anche di me? Di augurare una buona giornata anche a me? Scusa se pensavo che queste cose mi fossero dovute per diritto!”
“Albert…” – l’Auror tentò di avvicinarsi per abbracciarlo, ma il ragazzo, orgoglioso fino al midollo, rifiutò quel contatto.
“Eh no, col cazzo adesso!”
Elthon si bloccò. Albert era furioso e frustrato. Adesso che aveva detto quello che gli passava per la testa da un po’ si metteva a fargli le coccole? No, non gli stava bene!
“Albert mi dispiace… non… non me ne sono reso conto…” – fece Elthon, passandosi una mano tra i capelli.
“Ma va?” – ironizzò lui.
L’uomo chiuse gli occhi. Come aveva potuto trascurare in quel modo orribile Albert? Non ne stava facendo una di giuste, dannazione!
“Mi dispiace, Al… credimi… non era mia intenzione ferirti. Ero così contento di poter riabbracciare tua sorella che ti ho trascurato. Scusami.”
“Non importa…” – disse lui, fingendo noncuranza. Quell’affermazione stridette particolarmente con la sfuriata di qualche attimo prima. Abbassò lo sguardo e in quel modo non si accorse di suo padre che si era avvicinato furtivo e l’aveva abbracciato.
Tentò all’inizio una vaga resistenza, ma poi chiuse gli occhi e lentamente abbracciò il genitore a sua volta.
“Perdonami Al, perdonami. Ti prometto che non accadrà più.” – lo sentì annuire contro la sua spalla. – “Siamo genitori e sbagliamo…”
“Tu di sicuro.” – fece lui.
Elthon si staccò da lui e guardò suo figlio negli occhi.
“Hai sbagliato con Hermione, hai sbagliato con Draco, hai sbagliato con Lucius e hai sbagliato con mamma. Hermione non potrà mai preferire Draco a te o viceversa.”
Elthon sorrise flebilmente.
“Lo so, ma capiscimi anche tu… l’abbiamo appena trovata… e la devo dividere già con un’altra persona.”
“Lo vedi? Vedi che sbagli ancora?” – Albert si divincolò dalla presa del padre. – “Tu continui a parlare di “dividere” ma non è così!”
“Allora spiegati Al, perché davvero non capisco.”
“Hermione sa che l’abbiamo sempre cercata, sa che le vogliamo bene e che abbiamo bisogno di lei e lei di noi! Sa dedicare la giusta attenzione alle persone. Non… non la vedrai mai correre da una parte all’altra per cercare di recuperare il tempo perso! Ormai quello è andato. Possiamo solo vivere il futuro insieme, ma per farlo devi essere meno rompi balle!”
Forse Elthon stava iniziando a capire. Albert lo vide perdersi tra i suoi pensieri. Chissà a cosa stava pensando…
“D’accordo, Al.” – disse, ad un tratto. – “Come prima cosa vediamo di trovare Hermione, poi risolveremo tutto il resto, ok?”
Albert annuì, decisamente più sereno.
“Bene, allora andiamocene da qui. Non c’è più niente da fare.” – l’attimo successivo non c’erano più.




Lucius e Draco erano nello stesso quartiere dell’aggressione di Hermione. Anche se Lucius si era ammorbidito su certe questioni come “mezzosangue” e “babbani”, rimaneva sempre il fatto che non li considerasse suoi pari. Per questo, fermare i passanti e chiedere informazioni su una ragazza fu per il biondo uomo un sacrificio che avrebbe dovuto imporre alla coscienza del Primo Ministro di conferirgli, se non una statua dalle dimensioni galattiche, almeno una medaglia al valore nazionale.
“Mi scusi…”
Una signora si fermò, sentendosi chiamata in causa. Aveva per mano il suo bambino, che si era girato pure lui. Aveva un bel sorriso, ma si smorzò quando vide l’essere che l’aveva fermata. Istintivamente, strinse a sé il figlio, temendo che glielo potessero rapire. Lucius osservò bene quel gesto e benché la voglia di dire a quella donna che suo figlio era l’ultimo delle sedicimila liste di cose da fare che aveva per la testa in quel momento, preferì starsene zitto.
“S-sì?”
“Ha per caso visto una ragazza alta più o meno fin qui?” – s’indicò il petto, mentre Draco lo guardava basito. – “Capelli ricci e occhi castani?”
La donna perse quella vena di terrore che le aveva causato la visione di quell’uomo in maschera e lo guardò male.
“E’ un po’ vaga come descrizione…” – disse lei.
Un tic nervoso gli prese l’occhio. Come si permetteva quella babbana di dargli dell’inesauriente?
“Ci pensi bene, signora…” – signora? A quella? Quella non aveva un bel niente della “signora”!, pensò Lucius, schifato. – “… l’ha mai vista in giro?”
“No. Cosa indossava l’ultima volta che l’ha vista?”
“Una gonna a scacchi, delle calze nere, un paio di decolleté dello stesso colore con degli zaffiri in punta e un cardigan bianco.”
La donna si era fermata alla parola zaffiri.
“Zaffiri?”
“Sì, zaffiri.” – fece Lucius, la cui pazienza stava vertiginosamente scendendo sotto le suola dei suoi costosissimi mocassini.
“Ma… zaffiri veri?” – insistette l’altra.
“Sì, zaffiri veri.” – ringhiò Lucius. – “Allora? L’ha vista?”
“No, spiacente. Buona giornata.” – si girò, prese il figlio in braccio e se ne andò, lasciando Lucius Abraxas Malfoy con un palmo di naso.
“Ma come osa… Ava…”
“Ti ha dato di volta il cervello?” – sibilò Draco con i capelli dritti, intervenuto appena in tempo. – “Se ai prossimi controlli salta fuori questa cosa ti sbattono dentro e buttano la chiave!”
Lucius guardò la donna allontanarsi sempre più, ignara di essere scampata ad un pericoloso ex-Mangiamorte, che rinfoderò la bacchetta. Quando sentì la bacchetta sfilarsi dalle sue dita, guardò sgomento il figlio, che se la mise nel suo mantello.
“Questa la tengo io e non si discute.” – quando Draco vide che il padre non rispose, sentì un piacevole senso di potere inebriargli la mente…
Proseguirono il loro giro, chiedendo ad altri passanti.
“Prega Merlino che non si venga mai a sapere questa storia, intesi?”
Draco lo guardò e dal livello di rossore sulle sue guance, capì che non si stava riferendo alla quasi maledizione.

Erano quasi le sette di sera e per strada c’erano sempre meno passanti. Draco e Lucius si erano divisi i compiti, andando a chiedere in giro se avessero visto Hermione.
Risultato?: nessuno.
Era il primo giorno effettivo di ricerche, e furono decisamente infruttuose.




“… dovresti calmarti, Myra. Non ti fa bene agitarti così.”
“Ma come faccio?” – urlò la donna, scattando in piedi. – “Diciassette anni, Narcissa!” – si girò, con il volto piegato in una smorfia di dolore. – “Diciassette anni a chiedermi dove fosse finita, se stava bene, se andava a scuola per… per poi scoprire che l’avevamo avuta sempre sotto il naso! E cosa succede? Non bastavano tutti i problemi che abbiamo dovuto passare, no!, ci si devono pure mettere le gelosie di Elthon! Se non avesse minacciato Draco a quest’ora lei… Elthon!”
Elthon era apparso da pochi secondi, giusto il tempo di sentire quell’ultima parte del discorso. Albert guardava alternativamente madre e padre, chiedendosi cosa sarebbe successo in quel preciso istante.
“Ti prego, finisci la frase. Se non avessi minacciato Draco, a quest’ora lei… coraggio, finiscila.”
Myra spostò a disagio lo sguardo su un mobiletto che reggeva la foto di una Hermione appena nata.
“Myra? So che è colpa mia.”
La donna lo guardò. Non voleva dire quelle cose, era solo spaventata!
“Elthon…” – intervenne Narcissa. – “… è una situazione difficile per tutti.”
“Appunto, Narcissa. Per tutti.”
Myra lo percepì come un rimprovero, come se non fosse colpa di Elthon tutto quello che stava succedendo.
“Cosa vorresti dire? Adesso vuoi fare la vittima?” – e se prima non aveva avuto il coraggio di dirlo, quella frase venne compiuta. – “Se tu non ti fossi messo a fare l’Auror anche con mia figlia, a quest’ora lei sarebbe qui!”
“Myra…”
“NO!” – urlò, scansando malamente Narcissa. – “Lui… lui non è capace di dividere il lavoro dalla famiglia e ora Hermione è sparita e non sappiamo dove sia!”
Draco e Lucius arrivarono in quel momento e percepirono l’aria pesante come un macigno. Non osarono aprire bocca.
“L’hai trovata, Elthon?” – si avvicinò minacciosa e le occhiaie che aveva non miglioravano di certo il suo aspetto. – “Hai trovato mia figlia?”
Elthon guardò Albert, che si era oscurato in faccia.
“Myra, non credo che…”
“Dov’è mia figlia?” – urlò.
Albert girò i tacchi e nel mutismo generale abbandonò la sala.




“Posso?”
Draco entrò in camera di Albert, trovandolo seduto alla scrivania intento a fare un tema di Pozioni. Il che equivaleva a un “ho un problema ma non ho voglia di parlarne”. Il ragazzo comunque entrò lo stesso.
“Albert, perché…”
“Sto studiando, Draco. Lasciami solo.” – non si era nemmeno voltato.
Draco lo vide consultare vari testi, elaborarli, e riportare le proprie impressioni sul tema.
“Ok.” – Draco si limitò a chiudere la porta e rimanere all’interno della stanza.
Quando Albert udì il tonfo della porta che si chiudeva, lanciò contro il muro un fermacarte, sbriciolandolo.
“Maledizione!” – urlò Albert. – “Cazzo! Porca puttana!” – si alzò di scatto e si girò, ma quando vide il biondo appoggianto tranquillamente al muro con le gambe incrociate inciampò nella sedia e cadde a terra.
“Che diavolo ci fai tu qui? Non eri uscito?” – chiese, allibito.
Draco scosse la testa.
“No, perché? Ho solo chiuso la porta.”
Albert si maledì in mille lingue.
“Draco, esci.” – disse a volto chino.
“No. Prima dovrai spiegarmi cos’è successo di sotto.”









Hermione aveva trovato una posizione comoda per dormire, ma non riusciva a prendere sonno.
Voleva tornare a casa. Dalla sua mamma e da Albert.
E quando con il pensiero andò a Draco fu inevitabile il pianto che ne seguì.
Perché non aveva combattuto per loro due? Perché si era arreso in quel modo? Nemmeno avesse superato per lei mille prove! E suo padre… dirgli quelle cose così cattive!
Perché tutto quel male gratuito? Perché non poteva essere felice con il ragazzo che amava?
Beh, viste com’erano andate le cose, Hermione decise che avrebbe messo tra di loro un muro di cemento. Lo amava e lo odiava allo stesso tempo.
Pazzesco.
Si tirò le coperte fino al naso con la mano buona.
E pianse per tutta la notte, addormentandosi solo verso le prime luci dell’alba.









Domenica 03 gennaio.
Otto e venti del mattino.
Camera 340 del reparto di rianimazione.




Aveva dormito sì e no due ore e la testa le scoppiava, ma non avrebbe chiamato per un antidolorifico, le azzeravano le facoltà mentali e al momento, quelle, erano le uniche amiche sulle quali poteva fare affidamento.
Non sapeva se Mark e Step sarebbero venuti, ma ci contava. Erano le uniche persone che si erano dimostrate umane con lei, aiutandola quella notte.
Il dottore passò qualche minuto più tardi a prendere la temperatura e a controllare i bendaggi. Dovette cambiare quelli sulla gamba destra, perché evidentemente Hermione aveva mosso troppo l’arto e le ferite, nonostante le garze, si erano aperte e avevano ripreso a sanguinare. Ecco perché pizzicava!…
Guardare il suo corpo alla luce del giorno le provocò un moto di ribrezzo. Le gambe erano più viola che rosa e le unghie dei piedi erano pericolosamente somiglianti a delle falci. Da quanto era che non le tagliava? Quando poi il dottore le sollevò la camicia da notte, procurata dall’ospedale di quelle che erano aperte sulla schiena, vide lo stato del suo ventre. Staccarono le bende anche da lì per controllare la situazione, costatando con sollievo che lì le ferite non sembravano essersi riaperte. Medicarono anche il volto e poi passarono al paziente successivo.

“Ciao!”
Hermione sorrise.
“Ciao Stephen, come stai?”
“Bene. Ti ho portato questi.”
Hermione sorrise commossa di fronte a quel ragazzo così gentile che le aveva portato dei fiori.
“Non sapevo quale ti piacevano e ho preso quelli che piacevano a me.”
“Oh, sono bellissimi. Non dovevi disturbarti, Stephen.”
Il ragazzo prese una sedia e si accomodò.
“E Mark?”
“E’ fuori che parla con il dottore.”
Con un ultimo sorriso, Hermione appoggiò il vaso di fiori sul tavolino e poi guardò il ragazzo.
“Allora, come stai?”
“Meglio… mi fa sempre male la gamba e il braccio, ma per il resto riesco a sopportarlo.”
“Vuoi che chiami qualcuno che ti dia qualcosa?” – si sincerò lui.
“No, grazie. Va bene così. Posso chiederti una cosa?”
“Certo.”
“Mi accenderesti la tv, per favore?”
“Sì, cosa vuoi vedere?”
“Qualche telegiornale.”
Stephen l’accontentò. La giornalista stava parlando di un salvataggio di una balena che si era arenata sulle spiagge americane perché aveva perso l’orientamento. Poi di un uomo che si era fatto tatuare la Monna Lisa sulla schiena e quando muoveva le scapole il sorriso della Gioconda si trasformava in un sorriso sadico, il servizo successivo fu dedicato all’ennesimo avvistamento di U.F.O. nella contea del Sussex. All’ennesima cretinata, Hermione chiese al ragazzo di spegnere.
“Quante stupidaggini…” – borbottò lei. Chissà cosa poi si aspettava di sentire. Ritorno dei Dissennatori? Voldemort ancora in circolazione? Si diede della stupida solo per aver pensato di trovare notizie del mondo magico attraverso un mezzo di comunicazione babbano.
“Buon giorno.” – esordì Mark.
“Buon giorno a te, Mark. Come stai?”
“Bene e tu?”
“Uhm… non mi lamento…”
“Non è vero! Le fanno male la gamba e il braccio ma non vuole niente!” – fece Step, molto somigliante a un bambino.
“Se non li vuole vuol dire che non le fanno poi così male, no?”
“Sì, ma…”
“Step…” – lo richiamò l’altro e il ragazzo si zittì. – “Allora Hermione. Ho parlato col dottor Carver. La settimana prossima dice che può già dimetterti perché ha riscontrato un buon miglioramento da quando sei qui.”
Merito della magia, pensò Hermione. Almeno una cosa positiva c’era.
“Dice che se vai avanti così, le ferite più profonde si rimargineranno in fretta.”
“Meno male.” – fece Hermione.
“Ci ha già dato un elenco di medicinali da prenderti e…”
Cazzo le medicine!, pensò Hermione. Come avrebbe fatto a pagarle? Non aveva niente in tasca!
“… e abbiamo già fatto scorta.”
“Mark! Non dovevi!”
“Perché?” – chiese l’altro, sorpreso. – “Non vuoi guarire?”
“Sì, ma…”
“Hermione, adesso è necessario che tu ti riprenda. Quando starai meglio, mi restituirai la somma, ok?”
“Ok.” – disse, più tranquilla.




Quel secondo giorno di ricerche fu infruttuoso quanto il primo. Lucius, Narcissa e Draco erano sempre ospiti dei Preston, soprattutto per cercare di dare sollievo a Myra, che sembrava essere caduta in uno stato catatonico.
Seduta in veranda, la donna osservava il suo giardino, ricoperto da un soffice manto bianco. Da quando Hermione era scomparsa non aveva smesso un secondo di piangere.
Narcissa non sapeva più cosa fare. In cuor suo sperava che ritrovassero la ragazza il più in fretta possibile, perché non sopportava più di vedere l’amica ridotta all’ombra di se stessa.
Era entrata in casa per preparare del the, l’unica cosa che era in grado di strappare Myra dalla sua catatonicità.
“Albert!”
Il ragazzo si girò, ma poi tornò a guardare sua madre che si stava lasciando andare ogni secondo di più.
“Che ci fai lì? Non eri uscito con tuo padre?”
“Papà e Lucius sono dovuti andare un attimo al Ministero. Credo per i controlli di Lucius…”
La donna sgranò gli occhi: se ne era completamente dimenticata! Con tutta quella confusione si era dimenticata che quel giorno scadevano i controlli mensili di suo marito.
“Sta tranquilla. C’è papà con lui.”
La troppa remissività del ragazzo le diede da pensare.
“Albert, c’è qualcosa che non va?” – lo sentì sbuffare, dandole la conferma di aver posto una domanda assolutamente inutile. – “Ehi… cosa c’è? Me ne vuoi parlare?”
“No, non ti preoccupare. Non è importante.”
“Albert, non chiuderti a riccio come Draco. Non va bene tenersi tutto dentro.”
Il ragazzo si scostò dalla finestra. Aveva visto abbastanza.
“Cosa devo dire?”
“Cosa ti turba?” – chiese Narcissa.
“Oh, nulla di particolare.”
Narcissa però notò che il ragazzo era troppo acido nelle risposte e capì che qualcosa non andava.
“I miei genitori vivono solo di e per Hermione, Albert guarda e se lo fa andare bene.” – disse, parlando di sé in terza persona.
Narcissa allargò i suoi occhioni azzurri sorpresa.
“Temi di venir messo da parte?”
Il ragazzo rise, ma il suo sorriso non arrivò mai agli occhi.
“Affatto. È già successo. Prima papà. Guarda come si è comportato con Draco e con Lucius: la sua gelosia ha portato Hermione a voler scappare da noi e mamma…” – indicò la finestra dalla quale aveva osservato la donna con un cenno del capo. – “… mamma si chiude in un mutismo tutto suo e piuttosto che reagire o fare qualsiasi cosa se ne rimane seduta al freddo a guardare il giardino coperto di neve. Un notevole contributo alle ricerche di Hermione, non trovi?”
“Albert, mi dispiace molto. Non mi ero accorta di niente.” – fece la bionda, abbracciandolo.
Cercando di non offenderla in alcun modo, Albert si scostò da lei. Quell’abbraccio sapeva tanto di mamma, una mamma che però non era la sua.
“E perché avresti dovuto accorgertene tu? Perdonami Narcissa, ma non sei mia madre. Mia madre è quel fantasma che se ne sta seduto dalla mattina alla sera e piange fissando il vuoto.”
“Sta male per la scomparsa di tua sorella.”
“Io no, vero?” – chiese. – “Scusa, perché solo i genitori devono star male? Sto male anch’io, sai? Quella che è sparita è mia sorella. O solo perché non mi tiro i capelli e non mi dispero per la sua scomparsa significa che me ne sbatto?”
“Non volevo dire questo, perdonami.”
“Alla fine lo faccio sempre, Narcissa.” – gli occhi si velarono di lacrime, ma non ne scese una. Solo la voce era roca per l’emozione. – “L’ho fatto con papà e lo farò anche con la mamma. Ma lei non saprà mai il male che mi sta facendo, ignorandomi.” – basta, aveva parlato fin troppo. Come se lo avesse capito solo in quel momento, si schiarì la voce e abbassò lo sguardo. – “Perdonami. Voglio prepararmi per le ricerche di oggi pomeriggio.”
“Certo.” – disse lei, incapace di dire altro.
Albert si girò e si diresse in camera sua.
Quando sparì oltre l’angolo, Narcissa si girò per andare da Myra e cercare di scuoterla dal suo torpore, ma cacciò un urletto quando se la trovò davanti con gli occhi spalancati e le guance rigate dalle lacrime.
Doveva aver sentito tutto.
“Myra…”
“Sto perdendo anche Albert…”
“No, non lo sai perdendo.” – disse la bionda, dirigendosi da lei. – “Ma tuo figlio ha bisogno di te. Anche lui. Hai sentito tutto, vero?”
Myra annuì.
“Allora devi fargli capire che anche lui ha lo stesso posto di Hermione nel cuore tuo e di Elthon. Adesso.”
Myra non se lo fece ripetere due volte. Inforcò le scale e andò da suo figlio.









Note di me:

Nuovo capitolo e nuovi spunti.
Ma partiamo con disordine…: lo spoiler.

Per chi ci aveva azzeccato, un BRAVISSIMA!!!!!!!! a caratteri cubitali non glielo leva nessuno. Si trattava di Elthon e Albert che, poverino, da quando è tornata Hermione si è sentito messo da parte. Ovviamente, non ha mai fatto pesare o trapelare niente del suo dolore fino a che non è scoppiato. Si è sentito trascurato e finalmente – o così noi tutte speriamo – ha fatto capire a suo padre che Hermione sarebbe sempre stata presente nelle loro vite.

Ma torniamo all’inizio.
Hermione si è svegliata in un ospedale babbano e le ricerche iniziano a diventare più difficoltose, perché ho fatto sì che a Londra ci fossero più ospedali che abitazioni private. Hihihi… da qui la mia bastardaggine.
I malviventi che l’hanno picchiata non ci sono andati giù leggeri, ma per fortuna Mark e Step hanno dimostrato a Hermione che la vita è una sola e va vissuta, quindi l’aiutano portandola a casa loro per aiutarla a guarire, perché si sa che una casa aiuta di più di una stanza d’ospedale.

La situazione a Preston Manor non è delle più felici. Myra non caga Elthon nemmeno di striscio, ed è comprensibile, mentre Narcissa si trova a cercare di alleggerire la tensione ma con scarsi risultati.
Myra ha un crollo emotivo e trascura Albert pure lei, dandolo per scontato, come se Albert non potesse capire il dolore di perdere qualcuno di importante.
E Draco cerca di aiutare l’amico come può, iniziando da lui a porre rimedio a quella serie di sbagli che lo hanno portato a perdere Hermione.

Ed ecco la parte che preferisco: Lucius tra i babbani a chiedere informazioni. ^_^
Io qua mi sono cappottata dalle risate, perché il brutto della cosa era che ce lo vedevo perfettamente Lucius mentre faceva quella descrizione così vaga di Hermione a una donna che, di tutta la frase, era riuscita a capire solo la parola “zaffiri”. E Draco che, basito, guardava suo padre nello stesso stile di un cartone animato, con la spalla della giacca mezza abbassata fino al gomito, segno della sua incredulità.
E poi, la stoccata finale: quell’Avada Kedavra per metà, mentre Draco, per la prima volta, fa valere la sua autorità di figlio.
Forse nessuno ha riso come me, ma mi è sembrata carina come smorza-tensione…

Bene!… ora che ho detto tutto – credo – vi lascio allo spoiler che, come di consuetudine, sarà incasinato:

“Non è con l’alcol che risolveremo questa situazione, Draco.”

Preparatevi al doppio confronto!

Besitos, callistas.

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Capitolo 36
*** Il cerchio si chiude ***


36 - Il cerchio si chiude Bentornate, divine fanciulle!
Allora, vi siete preparate? Siete pronte?
Bene.
Questo è il capitolo delle rivelazioni. Niente di eclatante come il Marchio Nero di Jean, ma qualcosa che porterà finalmente un sano equilibrio tra le parti.

Prima di lasciarvi alla lettura, voglio dedicare questo capitolo a Bella Riddle_06.
Mia cara,
ti ho mandato un messaggio di cui non smetterò mai di scusarmi,
in quanto dopo averlo riletto a mente fredda mi sono accorta di quanto le mie parole potessero essere travisate.
Solitamente metto gli smile per evidenziare lo stato ironico della cosa, ma devono essermi sfuggiti.
Scusami ancora, perché tu di sicuro con il tuo messaggio non mi hai offeso,
ma l’ho fatto io seppur involontariamente, quindi spero di potermi far perdonare con questo capitolo.
Baci, callistas.

Buona lettura a tutte!









VERITA’ NASCOSTE
IL CERCHIO SI CHIUDE

Alla Tana, invece, la notizia che Hermione aveva messo in pratica una Smaterializzazione Involontaria aveva messo in allerta tutti i presenti.
Stranamente, anche Harry.
Solo Arthur si era messo in moto assieme ai gemelli, Percy e Bill. Gli altri, insieme a Molly, erano rimasti a casa nel caso in cui Hermione si fosse fatta viva lì da loro.
Ginny era perennemente attaccata a Blaise, terrorizzata. Il suo cervello aveva elaborato teorie di violenze, pestaggi (anche se non c’era andata tanto distante…) e tutte le situazioni più orribili che una mente umana poteva partorire. Blaise cercava di calmarla, ma invano: Ginny non aveva smesso un secondo di tremare.
“Coraggio, tra poco Draco sarà qui e ci dirà qualcosa.” – disse Blaise.
“Malfoy in casa mia non ce lo voglio!” – borbottò Ron.
Anche se aveva smesso di giocare a Quidditch, Ginny si staccò da Blaise, fece una manovra Wronsky alla velocità della luce e gli scagliò contro un posacenere che gli mancò la testa per un soffio.
“Ma che…”
“Sta zitto, cretino!” – e al diavolo se era suo fratello. – “Se Draco ha detto che ci deve portare notizie tu lo accoglierai con il tappeto rosso, sono stata chiara?” – non aveva mai urlato in quel modo. La situazione di Hermione e quella di Harry e Ron l’avevano fatta sbroccare di brutto.
Ron si zittì.
Qualcuno bussò alla porta e cadde il silenzio nella stanza. Nessuno osò muovere un muscolo per un secondo intero. Ginny corse alla porta e la spalancò, delusa di trovarsi davanti suo padre.
Arthur non se la prese e le accarezzò una guancia.
“Mi dispiace, bambina…” – fece il padrone di casa con un sorriso intenerito sul volto.
Ginny scrollò le spalle e tornò da Blaise. Arthur capì che qualcosa non andava: l’aria si poteva tagliare col coltello!
“Va tutto bene qui?”
“Sì.” – fece Ron.
“No.” – disse Harry.
“Potrebbe andare meglio…” – disse Blaise.
I tre si guardarono, dandosi mentalmente a vicenda degli idioti. Arthur fece levitare il cappotto fino all’attaccapanni, chiedendosi il motivo di quella tensione.
“Ragazzi?”
“Va tutto bene, papà.” – disse Ginny. Litigare con suo fratello davanti a suo padre era l’ultima opzione della lista.
Arthur annuì, se lo diceva la sua bambina allora era vero.
“D’accordo. Qualcuno vuole qualcosa di caldo?”
Tutti scossero la testa.
“Va bene. Sono in cucina se qualcuno mi cerca.”
Blaise lo vide allontanarsi col capo chino e provò un’enorme pena. Non in senso negativo, ma veder rifiutato un suo tentativo di fare qualcosa di intimo insieme, doveva essere stato frustrante per lui.
“Dove vai?” – chiese Ginny.
Blaise le sorrise e le baciò la fronte.
“Devo fare una cosa. Torno subito.”
Ginny annuì. Lo vide dirigersi verso la cucina, ma era troppo stanca per collegare le due cose. Rimase in attesa di Draco assieme agli altri due.




“Signor Weasley?”
Arthur si girò e squadrò per un attimo il nuovo fidanzato di sua figlia. Si girò e continuò a prepararsi del the.
“Hai cambiato idea? Vuoi del the?”
Quasi quasi lo preferiva battagliero come quel giorno che lo aveva beccato in camera sopra sua figlia.
“Sì, grazie.”
Arthur si bloccò un secondo, stranito. Poi riprese a preparare la bevanda. Due minuti più tardi, i due stavano sorseggiando qualcosa insieme.
Senza lanciarsi coltelli addosso.
“Signor Weasley…”
“Arthur, per favore.” – disse l’uomo con un sorriso stanco.
Blaise sollevò le sopracciglia. Fu strano per un tipo come lui sentire pizzicare gli occhi solo per quella concessione.
“Arthur…” – si corresse il moro, con non poca esitazione.
“Pensi che sia un padre dispotico, vero Blaise?”
La tentazione di rispondergli di no per compiacerlo fu tanta, ma la stanchezza sul suo volto fu un monito per il moro. Non voleva prenderlo in giro e chissà che magari parlandosi apertamente non sarebbero riusciti a chiarirsi una volta per tutte.
“L’ho pensato, sì.”
Arthur sorrise, mescolando il the, grato per quell’onestà.
“Allora spera di non avere mai figlie femmine, ragazzo.”
A Blaise prese un leggero tic al labbro, che glielo fece stirare per un secondo in un sorrisetto.
“Ti succhiano le energie, in ogni senso. Le ritieni più fragili e non vuoi che soffrano. Cerchi di farle star bene, anche… sì, anche economicamente. Ti fanno arrabbiare, perché si fanno stendere su un letto come se niente fosse…” – e lo guardò eloquentemente.
Blaise però non se la prese, anzi. Iniziò a capirlo.
“… ma se le guardi da lontano, vedi che ti ripagano di tutti gli sforzi che hai fatto finora, scegliendo qualcuno che le ami veramente.”
Stavolta gli fu impossibile non rimanere impassibile. Arthur invece rise della sua faccia sorpresa.
“Oh, so che voi ragazzi di oggi vi credete furbi, che noi genitori non ci accorgiamo di niente, ma ti sbagli. Tendete a dimenticare un po’ troppo spesso che siamo nati prima di voi e che certe esperienze le abbiamo fatte molto tempo fa. Da spettatore ho visto molti cambiamenti in Ginevra.”
Era la prima volta che un adulto lo trattava come un suo pari. Certo, i suoi genitori lo hanno trattato sempre come tale, ma mancavano sempre di quell’attenzione, di quel particolare che invece il signor Weasley gli stava usando in quel momento. Sentì un moto d’orgoglio farsi strada in lui nell’appartenere, seppur in piccola parte, a quella famiglia.
E, al momento, non ricordava più perché li aveva sempre definiti pezzenti.
“E’ più tranquilla, mangia correttamente… sì, mi sono accorto che era dimagrita, ma Molly sa come far recuperare peso alle persone.” – con un sorrisetto compiaciuto, si diede un paio di colpetti alla pancia. – “E se il merito di tutto questo va a te, ragazzo, beh… mi faccio da parte.”
Quando Blaise parlo, fu solo perché agì d’istinto. Le parole gli nacquero spontanee senza bisogno di aver preparato prima un discorso di quella portata.
“Non credo che debba mettersi da parte, Arthur. Ginevra non lo permetterebbe mai. Lei… lei è la persona più forte che io abbia mai conosciuto e…” – si bloccò, mentre Arthur lo guardava sorpreso.
Dillo, cazzone!, che ti ci vuole?, pensò Blaise.
“… sono…”
Allora? Ti muovi?, pensò il moro.
“… onorato di poterle stringere la mano.”
Dire che Arthur era allibito era un eufemismo. L’attimo successivo però gli sorrise calorosamente e i suoi occhi sembravano aver riacquisito un po’ di ristoro.
“Benvenuto in famiglia, Blaise.”

In sala Ginny si era persa a guardare le unghie.
Da quando stava con Blaise era riuscita a smettere di mangiarsele, ma da quando Hermione era sparita, il vizio era riapparso. Erano tutte rovinate, e stava rischiando l’infezione, ma era più forte di lei. Harry aveva gli occhi puntati sulle sue mani chiuse a preghiera in grembo, mentre Ron guardava in ogni dove, quasi chiedendosi il perché di tutto quell’allarmismo.
Quando Ginny vide suo padre e Blaise tornare insieme per poco non ebbe un infarto. Lo ebbe veramente quando li vide sorridersi complici.
Era vivo? Suo padre non l’aveva squoiato vivo? Quando arrivò da lei, gli prese le mani.
“Stai bene?”
Blaise la guardò perplesso.
“Sì, perché?”
Una sua occhiata verso il padre gli fece capire tutto.
“Sì, sto bene.” – disse. Le baciò la fronte, sapendo che da quel momento in poi Arthur non avrebbe più mosso obiezioni.
Un altro bussare alla porta, fece scattare Ginny sull’attenti. Corse e rimase senza fiato quando si trovò davanti un fantasma.
“Draco!” – esclamò Blaise. – “Dai entra! Hai notizie?”
Il ragazzo si levò il cappuccio dalla testa e squadrò i presenti. Con Potter e Weasley – meglio evitare “Lenticchia” – furono subito fulmini e saette, ma con Ginevra e Blaise fu decisamente più accomodante. Addirittura sembrava non gli interessasse essere finito in quella catapecchia.
“Nessuna, mi spiace.”
“Tutta questa strada per dirci niente, furetto?” – chiese Ron.
Stavolta Ginny non lo mancò. Peccato però che gli avesse tirato dietro solo un fermacarte di plastica leggera.
“Ron!” – esclamò il padre. – “Non essere scortese!”
Il rosso spalancò gli occhi indignato mentre si massaggiava la testa. Se suo padre avesse saputo quello che quell’ossigenato aveva fatto passare loro lo avrebbe cacciato di casa!
“Perdonalo figliolo.” – disse l’uomo, lasciando perplesso il biondo.
“L’abbiamo cercata dappertutto, ma niente.” – disse, scuotendo la testa.
Quando Harry parlò, tutti lo guardarono come se gli fossero spuntate tre teste.
“Avete cercato negli ospedali?”
L’opzione non doveva nemmeno essere presa in considerazione.
“No.” – disse Draco.
Harry alzò gli occhi. Sembrava invecchiato di vent’anni in un sol colpo.
“Perché no? Ribrezzo verso i babbani?”
Draco lo guardò schifato.
“Non è questo, Sfregiato! L’idea di Hermione in ospedale non va nemmeno contemplata!”
“Allora inizia a contemplarla, signorino e muovi quel tuo bel culetto.” – frecciò Harry. – “Londra pullula di ospedali. Passeranno settimane prima che tu li giri tutti.”
Non voleva nemmeno pensarci, ma gli sguardi Blaise e Ginny furono l’incentivo che gli mancava.
“D’accordo. Cercheremo anche lì. Qui non…”
“No.” – rispose Ginny. – “Sarebbe stata la prima cosa che ti avrei detto.”
Ron si voltò stomacato da tutta quella cerimoniosità.
“D’accordo. La prossima volta spero di avere notizie di altro genere.”
“Manda un gufo, allora.” – fece il rosso.
“STA ZITTO!” – urlò Ginny.
Arthur guardò i suoi due figli guardarsi in cagnesco. Ma che stava succedendo?
Draco si smaterializzò, non prima di aver lanciato uno sguardo carico di biasimo verso il rosso, ampiamente ricambiato.




Quando arrivò a Preston Manor, sembrava che si respirasse aria felice.
Credette addirittura di aver sbagliato casa, ma quando vide sua madre avvicinarsi a lui raggiante, capì di essere finito nel posto giusto.
“Bentornato, Draco. Hai avvisato i tuoi amici?”
“Sì.” – fece il biondo, guardingo. – “Che succede?”
“Oh, due genitori hanno ritrovato il proprio figlio.”
Draco annuì. Consegnò il proprio mantello all’elfo che si smaterializzò via.
“Buona sera a tutti.” – fece Draco.
Albert, notò il biondo, era decisamente più sereno.
Elthon, però, non era il tipo che aspettava con le mani in mano. Aveva risolto – o almeno così sperava – il suo rancore nei confronti di Lucius, aveva ritrovato per il rotto della cuffia suo figlio, visto che stava per rischiare di perdere anche lui, aveva ritrovato anche sua moglie, dato che avevano in comune il benessere di Albert e ora doveva solo aggiustare le cose con Draco.
E decise che lo avrebbe fatto quella sera stessa.
“Buona sera, Draco.” – fece Myra, decisamente più in forma. – “Stavamo giusto per sederci a tavola. Dove sei stato?”
“Da Blaise. Volevano sapere se c’erano notizie in merito a… Hermione.” – sperò di non aver compromesso quel clima sereno, nominando la ragazza.
Fortunatamente, Myra non sembrò accusare il colpo o se lo fece, lo seppe nascondere molto bene.
“Immagino che da loro non si sia fatta vedere.” – fece la donna, comunque triste.
“No, infatti.”
Si accomodarono a tavola e cenarono, discutendo sempre delle ricerche di Hermione. Draco era molto combattuto: non sapeva se dire a Elthon quello che aveva proposto Potter o se parlarne prima con suo padre. La situazione era già di per sé molto delicata, aggiungere un’ipotesi che lui per primo non voleva nemmeno prendere in considerazione avrebbe solo peggiorato le cose e minato quel clima di tranquillità che sembrava essersi appena stabilizzato.
Decise allora di parlarne prima con suo padre e se si fosse deciso di mettere al corrente anche Elthon, lo avrebbe fatto lui.

Verso le nove e trenta tutti si ritirarono in salotto per stare un po’ in compagnia.
Myra e Narcissa si avviarono a braccetto e si accomodarono insieme sul divanetto, iniziando a discutere di argomenti leggeri. Continuare ad arrovellarsi il cervello su dove potesse essere Hermione e se stesse bene, avrebbe solo peggiorato gli animi.
E solo Merlino sapeva quanto si necessitasse di essere positivi, in quel momento.
Lucius aveva richiesto a Elthon di poter usufruire del suo studio per inviare delle missive a casa, in modo che gli elfi avessero disposizioni dettagliate su come gestire il Manor in sua assenza.
Per Elthon fu un’occasione d’oro. Avrebbe avuto l’opportunità di chiarisi con Draco da solo. Diede un’occhiata veloce al salotto, notando come l’abilità oratoria di Narcissa gli fosse molto utile in quel momento, perché non solo distraeva sua moglie per qualche momento dal pensiero della figlia, ma dava possibilità a lui di allontanarsi senza suscitare troppe domande.
Trovò Draco nell’ultimo posto in cui l’aveva visto: in cucina.




Era deluso da se stesso, per come aveva gestito, anzi… per come non aveva gestito la situazione. Aveva permesso che l’unica cosa bella della sua vita gli scivolasse dalle mani, come se non valesse a sufficienza da essere trattenuta.
Svuotò il bicchiere che conteneva Acquaviola come se fosse stata acqua.
La gola gli bruciò per un attimo, facendogli serrare gli occhi. Per un secondo, il bruciore gli fece dimenticare ogni cosa, ma poi i ricordi tornarono al loro posto, come se anche loro fossero felici di vederlo star male.
Riempì il bicchiere, ma quando fece per portarlo alla bocca per la terza (?) volta, qualcuno glielo sfilò dolcemente dalle mani.
Solo sua madre aveva un tocco così delicato.
“Mamma, lasciami stare.” – corrucciò le sopracciglia, perché era certo che le dita di sua madre fossero esili e non nodose. Girò il volto e per un attimo rimase sorpreso nel vedere Elthon che riponeva sul bancone il bicchiere.
“Non è con l’alcol che risolveremo questa situazione, Draco.” – esordì Elthon, facendogli capire che non stava parlando solo di Hermione.
Il suo cervello era leggermente annebbiato, ma non tanto da non capire quello che Elthon gli stava dicendo. Tentò di riprendersi il bicchiere, ma i suoi riflessi non erano molto scattanti, così al secondo tentativo rinunciò.
“Io e il mio fegato ti siamo riconoscenti per questa tua premura, signor Preston, ma gradiremmo essere lasciati soli.” – disse il biondo, acido.
“So che sei arrabbiato con me per…”
Draco si girò e lo guardò con scherno.
“Arrabbiato? Con te? Non darti troppa importanza, signor Capo degli Auror. No… io ce l’ho con me. Solo con me.” – disse in un sussurro e sebbene sapesse che stava parlando un po’ troppo, la sua bocca non ne voleva sapere di starsene zitta.
Era come se fosse sotto gli effetti del Veritaserum.
Elthon ne fu sorpreso e forse, si disse, non era stato un male che Draco avesse bevuto tutto quell’alcol. Non si diceva sempre “in vino veritas”? Ebbene, avrebbe sentito da Draco tutta la verità, senza freni inibitori alcuno.
“L’ho lasciata andare… ho… ho permesso che tu ti mettessi in mezzo…”
“Sono stato molto duro con te, Draco. E mi dispiace.” – fece Elthon, appoggiato al bancone.
“No. Tu sei stato schietto.” – continuava a maledirsi, Draco, per quella sua eccessiva parlantina, ma non riusciva proprio a smettere. – “E avevi ragione, ma io…”
“Cosa?”
“Io… l’amo… e so che non mi perdonerà mai.” – chinò il capo, in segno di sconfitta.
Elthon arricciò le labbra. Tutto quel casino era unicamente colpa sua.
“Sono un cretino.” – continuò Draco, che si ritrovò a ridere istericamente. La sbronza stava lentamente scemando e aveva la possibilità di non dire più una sola parola di compromettente, ma non lo fece. Rimase lì. – “Penso sempre a una cosa…”
“A cosa?”
“Che…” – si vergognava molto di quel suo pensiero. – “… che se non si fosse mai scoperto che Hermione in realtà era tua figlia, io avrei continuato ad odiarla.”
Elthon non mosse un muscolo.
“Non ho fatto in tempo a mettere piede fuori dal ventre di mia madre, che già sapevo di dover odiare quelli come lei, che non dovevo considerarli miei pari, che se prima morivano, meglio era per quelli come me. Poi, ecco la svolta! Lei diventa una purosangue e mi comporto come se gli anni passati a scannarci non fossero mai esistiti. Che…” – la voce gli tremò un po’ per ciò che si apprestava a dire. – “… che tanto anche se le parlavo… mio… mio padre avrebbe approvato.

Fuori dalla porta, Lucius ascoltava tutto a capo chino.

“I genitori sbagliano, Draco.”
“Sì. Anche i figli.” – disse, alzando di poco il capo. – “Lei… lei invece fa sempre e solo la cosa giusta o almeno quella che la fa dormire tranquilla di notte. Io invece non ho mai dormito più di un’ora di fila.” – scandì lentamente, in modo che Elthon capisse quanto dura dovesse essere stata per lui agire sotto imposti dettami, pur sapendo di essere dalla parte del torto. – “Da quando si è scoperto chi lei fosse in realtà, ha sempre fatto ciò che tutti si aspettavano da lei.”
“Come te.” – osservò Elthon, memore della chiacchierata avvenuta con Albert.
“Cosa ne sai tu di quello che ho fatto io?”
“Tu non hai fatto niente, Draco. Tu hai dovuto fare. E’ diverso.”

Lucius appoggiò la mano sullo stipite della porta. Si ritrovò a dover respirare profondamente per impedirsi di… piangere.

“Il risultato non cambia. Ho sempre agito nel modo sbagliato.”
“Ma per le motivazioni giuste. In un’aula di Wizengamot questo verrebbe chiamato “attenuante”, sai?”
“Ma qui non siamo in un tribunale, Elthon.” – fece Draco, guardandolo negli occhi. – “Questa è la vita. La MIA vita e ho permesso che venisse nuovamente decisa da altri.”

Lucius sentì il cuore che minacciava di esplodergli nel petto. Quanto? Quanto dolore aveva procurato al figlio senza rendersene conto?
E fu quasi sicuro che se avessero applicato l’Incantesimo di Inversione del Dolore in relazione a suo figlio, Lucius sarebbe morto.

“Ho mandato a puttane i suoi sforzi di andare d’accordo: io e lei, gli studenti di Serpeverde e Serpeverde con le altre case.”
“Gli errori si commettono, Draco. E’ impossibile non farne. A volte li si fa per il gusto di farli, altre non ce ne accorgiamo nemmeno. Tu hai deciso di porvi rimedio ed è questo l’importante. Devi alzare la testa ed essere orgoglioso delle scelte che hai preso, perché hanno forgiato parte del tuo carattere.”
“Gran belle scelte… ho continuamente fatto fare brutta figura a mio padre con Lui e non sono stato in grado di fare una cosa. Una.sola.cosa.”
“Direi che è stato un bene, invece.” – disse Elthon, che aveva capito che il ragazzo si stava riferendo a Silente e al fatto che non l’aveva ucciso. – “Se lo avessi fatto, saresti morto dentro.”
“Perché? Adesso cosa sono?” – chiese, con un sorriso amaro sulle labbra. – “Non… non hai idea delle volte che mi sono detto “Draco, adesso penserai sempre e solo con la tua testa!” Certo, come no! Mi sono bastate poche parole e ho rinunciato a Hermione così!, come se non valesse a sufficienza da lottare per tenermela stretta, per poi sentirmi una completa nullità nel sentire mio padre accusarmi di aver accolto le tue accuse senza difendermi. È pensare da soli questo, Elthon?”
“No, non lo è.” – disse Elthon, optando per l’onestà.
Chissà perché Draco si era aspettato che gli dicesse il contrario…
“Ma credo sia una cosa normale e che richieda il suo tempo per essere aggiustata.”
Draco alzò di poco lo sguardo, chiedendosi se ci credeva davvero.
“Hai vissuto una vita… particolare, Draco.” – fece il padrone di casa, cercando un termine non troppo duro. – “Ma se hai avuto la forza di prendere certe decisioni per il bene della tua famiglia, sono sicuro che da oggi in poi riuscirai a prendere quelle per il tuo. Sei stato forte. E coraggioso.”
“Gran bella forza serve nel lasciare che gli altri decidano per te.”
“Forse. Ma serve una buona dose di coraggio anche per questo.”
Seguì un attimo di silenzio.
“Perché mi dici tutto questo, Elthon? Perché sembri aver cambiato idea su di me?”
“Non ho cambiato idea su di te, Draco.”
Il biondo, stremato da quel continuo tira e molla, fece per andarsene, ma Elthon lo fermò per un polso.
“Allora parla chiaro, Elthon. Una volta per tutte!”
L’uomo annuì.
“D’accordo. Tu hai lasciato andare mia figlia, perché pensavi di non meritarla. Da una parte ti posso capire: a volte i troppi errori commessi nel passato possono farci prendere decisioni avventate, ci fanno credere di non meritare la felicità per scontare tutto il dolore che abbiamo provocato, dall’altra mi chiedo se sarà sempre così. Voglio dire… permetterai ai tuoi errori di frapporsi sempre tra te e la tua felicità? O avrai il coraggio di prenderli uno ad uno e porvi rimedio?”
“Vorrei, ma…”
“No, Draco.” – la voce e lo sguardo del padrone di casa si fecero duri come pietre. – “O lo vuoi o non lo vuoi. Non sono ammesse digressioni letterarie.”

Ritrovarsi lì, in piedi, in un confronto che voleva e temeva allo stesso tempo, Draco seppe che il tempo dell’eterna indecisione era finito. Elthon gli stava dando una possibilità lo aveva capito, ma decidere subito, decidere di guardare avanti, temeva potesse sembrare ad occhio esterno una mancanza di rispetto alla situazione che lui stesso aveva contribuito a creare, come se volesse togliersi di dosso la responsabilità.
Elthon era lì che aspettava una sua risposta.

“E io vorrei che tu guardassi avanti, Draco.”
Il biondo alzò di scatto la testa, smarrito.
“Abbiamo sbagliato tutti. Tu, io, Lucius, Albert… le persone che hanno portato via mia figlia… ma se per alcuni di essi non c’è redenzione, per altri è lì fuori dalla porta, che aspetta solo di essere colta. Raccoglila, Draco, raccoglila e buttati alle spalle il passato. Vivi la vita che hai sempre desiderato, che meriti, e se questo implica vedere mia figlia con te, io lo accetterò.” – disse, senza esitazione alcuna.

Lucius inspirò quanta più aria potè nei polmoni. La rilasciò gradualmente, mentre sentiva il perdono di Elthon arrivare anche a lui.

“Io… farò anche l’impossibile per porre rimedio ai miei errori, Elthon. È una promessa.”
Elthon gli sorrise debolmente.
“E so che i Malfoy mantengono sempre le loro promesse.” – disse, come anticipandolo.




I due si separarono per andare nelle rispettive camere. Fu incredibile come un discorso come quello che aveva appena affrontato, fosse stato più potente della pozione anti-sbornia che assumeva per contrastare i fumi dell’alcol e prevenire il mal di testa.
Draco, però, doveva affrontare una seconda persona per parlare con essa della questione “ospedali”. Fu così che si diresse in camera dei suoi genitori, sinceramente ancora scombussolato per la chiacchierata con Elthon, inziando ad avvertire una fastidiosa sensazione che proveniva da tempi lontani, sentendo quasi di profanare un luogo che fin da piccolo a lui era stato precluso l’accesso, nonostante quella non fosse la loro vera camera.

Draco era ancora nella fase in cui i capricci gli venivano condonati. Se desiderava un giocattolo nuovo, sua madre lo accontentava, se voleva un vestito nuovo, lo stesso.
Ma se si trattava di entrare nella camera dei suoi genitori, volavano scapaccioni.
Era sgattaiolato, con la delicatezza di un elefante in un negozio di porcellane, nella camera dei suoi genitori. Non voleva fare niente di particolare, solo vederla. Aveva sei anni e non aveva mai visto la camera della sua mamma e del suo papà.
Spalancò i suoi occhioni quando vide l’eleganza della stanza. C’era un profumo, quello dolce della mamma, mischiato a quello forte del suo papà. Lo inspirò a fondo e iniziò il suo tour. Si arrampicò sulla sedia dove c’era uno specchio e pensò che fosse lì che sua mamma si sedeva per pettinarsi i bellissimi capelli biondi. Prese il pettine, lo studiò e si sistemò il ciuffo ribelle. L’interesse passò presto e si concentrò su un tubetto rotondo color oro. Quando lo aprì una fragranza di frutta gli arrivò alle narici. Studiandolo come un critico di fronte a un’opera d’arte, Draco capì che ruotando la parte inferiore, saliva un altro tubetto, però di un colore diverso.
Era rosso.
Lo annusò e gli ricordò le fragole. Ricordò anche che sua mamma aveva la bocca di quel colore lì e pensò che quello fosse il famoso “rossetto”.
Lo rimise al suo posto, dopo averlo chiuso ermeticamente. La toletta di sua madre passò in secondo piano, perché si era concentrato sulle mensole che erano ad un’altezza per lui proibitiva. L’idea di salire in piedi sul letto non gli sfiorò nemmeno l’anticamera del cervello – non era così pazzo – così rinunciò allo studio di quella mobilia. Mise le mani sul lettone e lo schiacciò un paio di volte, costatando con stizza che era più morbido del suo.
E poi, lo vide.
Lo scrittoio di suo padre.
Come attirato da una calamita, Draco si avvicinò pian piano senza mai distogliere lo sguardo da esso. La superficie di ebano riluceva alla luce del giorno. La poltrona in pelle non aveva un grammo di polvere, nemmeno nelle varie cesellature. Una pila di pergamene era disposta ordinatamente nell’angolo a destra accanto alla quale vi era un porta piume e una boccetta d’inchiostro.
Lì fu veramente arduo resistere alla tentazione di sedersi sulla poltrona e fingere di comandare il mondo. Così, guardando sbrigativamente verso la porta e sperando che non entrasse nessuno, Draco fece scivolare la poltrona all’indietro e vi si accomodò sopra, ma era ancora piccolo e solo il musetto curioso spiccava oltre il tavolo. Si allungò per prendere una pergamena, una piuma e l’inchiostro, ma la fortuna decise di abbandonarlo.
La boccetta cadde e roversciò il contenuto sul tavolo, macchiando le pergamene.
Il terrore s’impossessò di lui per un attimo che sembrò durare un’eternità. Inoltre, ebbe la conferma che per i disastri che combinava, Lucius avesse un radar particolarmente efficace.
Entrò in quel momento e divenne livido quando vide suo figlio in un posto che non gli competeva e il disastro che aveva combinato.
Udendo il rumore della porta, Draco si voltò di scatto e capì che doveva correre ai ripari.
O semplicemente, correre.
“Cosa ci fai qui?” – tuonò Lucius, avvicinandosi in un paio di falcate.
Draco scese immediatamente dalla poltrona e corse a rintanarsi in un angolo.
“Scusa! Non… non l’ho fatto apposta!”
“Sai solo combinare pasticci, Draco!”
Quel tono lo ferì molto. Cercò di trattenerle, ma le lacrime iniziarono a scorrere sul suo viso. Anche lì, Lucius sembrava avere un radar molto efficace. Si girò di scatto e si avvicinò a lui.
Draco vedeva solo l’ombra di suo padre inghiottirlo.
“Perché sei entrato qui? Sai benissimo che non puoi!”
“Mi… mi dispiace…”
“Ti dispiace, eh? Hai visto il pasticcio che hai combinato?”
Draco iniziò a piangere rumorosamente. D’altronde, era solo un bambino.
“Smettila di piangere!”
Ma Draco non ne voleva sapere. Così Lucius gli diede uno schiaffone che lo lasciò ammutolito per un paio di secondi. Poi, scappò via piangendo ancora più forte.
“Così almeno avrai un motivo valido per piangere!” – urlò Lucius, che con un semplice Gratta e Netta mise tutto a posto.

Draco scosse la testa. Era vero che suo padre stava cercando di trovare un contatto con lui e ci stava anche riuscendo, ma certi particolari dell’infanzia erano difficili da dimenticare.
Bussò e una voce maschile lo invitò ad entrare. In un certo senso il ragazzo si sentiva al sicuro, sapeva che sua madre era presente e quindi – nell’assurda ipotesi che fosse successo – avrebbe avuto un’alleata contro i manrovesci di suo padre.
Il suo cuore accelerò quando si accorse che di sua madre non c’era traccia.
“Draco.” – fece il padre, sorpreso. – “E’ successo qualcosa?”
“Ehm… dov’è la mamma?” – chiese, sperando di non essere risultato patetico con quella richiesta.
“E’ scesa a prendere una camomilla. Dovevi parlare con lei?” – chiese, sentendosi ferito da quella preferenza. Dopotutto, era stato lui a fare in modo che Draco preferisse la genitrice a lui. Doveva solo sforzarsi un po’ di più.
“No. Con… con te.”
Le sopracciglia dell’uomo saettarono verso l’alto.
“Oh… di cosa?”
“Di Hermione.”
Lucius sperò in un argomento diverso, magari di ciò che aveva sentito poco prima in cucina tra lui e Elthon, ma se quello era ciò che al momento suo figlio poteva offirgli, allora lo avrebbe accettato.
“Dimmi pure.”
“Oggi sono stato a casa Weasley.” – il biondo notò che nessuna ombra di disgusto passò sul volto del genitore. – “C’era anche Potter e… temo abbia detto una cosa sensata da quando è venuto al mondo.” – lo disse a bassa voce, ma suo padre lo udì lo stesso.
Trattenne un sorrisetto divertito.
“Ha… ha detto che forse dovremmo ampliare le ricerche negli… negli ospedali babbani.”
Lucius socchiuse gli occhi. Sì, ci aveva pensato anche lui.
“Sì, ci avevo pensato.”
“Quando iniziamo le ricerche?”
“Domani.”
“Dobbiamo dirlo anche a Elthon?”
“Solo in caso di riscontro positivo. Non voglio allarmarlo oltre il necessario.”
“Sì, certo.”
Ora che aveva finito di dirgli ciò che gli premeva, poteva uscire e tornarsene in camera sua.
Allora perché i piedi non volevano obbedirgli?
Lucius si sfilò il maglione, evidenziando i muscoli ancora scattanti e pronti ad eseguire ogni suo ordine e le numerose cicatrici che aveva sulla schiena, testimoni di un passato che il ragazzo difficilmente avrebbe dimenticato visto che erano presenti anche sulla propria, molte delle quali inferte proprio dall’uomo che ora lo guardava con un enorme punto interrogativo sulla testa.
“Qualcosa non va?”
“Posso chiederti perché non mi hai mai voluto bene?”
La domanda gli era scivolata dalla bocca senza che potesse far niente per impedirlo. Era come se si fosse estraniato per un attimo dal suo corpo, come se esso si fosse ribellato alla mente per porre quella domanda che da anni covava dentro di sé.
Lucius spalancò i suoi occhi, così simili a quelli del figlio, che si rese conto di aver detto troppo.
“Cazzo…” – sussurrò imbarazzato e sgomento da tanta stupidità. – “Scusa!” – si girò e iniziò a correre.
Letteralmente.
Peccato che Lucius, a differenza di lui, fosse in possesso di una bacchetta.
“Colloportus!
Quando Draco arrivò fu troppo tardi. Iniziò a tirare la maniglia della porta come se fosse inseguito da una mandria di Dissennatori, anche se sapeva che era tutto inutile. Sentiva suo padre aumentare la camminata e iniziò a sudare freddo. Quando si sentì girare con forza, si ritrovò con gli occhi chiusi e le braccia alzate per proteggersi il volto.

Mio figlio ha paura di me.
Non… non volevo arrivare a questo punto. Vederlo proteggersi come un cucciolo indifeso non fa che acuire quel dolore sordo al petto che so che mai se ne andrà. Vorrei urlargli contro che io l’ho sempre amato, con tutte le mie forze, scuoterlo fino a far uscire da lui tutta questa paura che pervade il suo corpo, voglio che mi guardi e veda gli occhi di un uomo a cui è stata data una seconda possibilità.
Ma so che usando violenza su di lui anche se per dirgli che gli voglio bene non gioverebbe affatto alla situazione, anzi. La peggiorerebbe.
E l’unico modo che ho perché lui capisca che io lo amo più della mia stessa vita è che lui… lo veda.

Lucius lasciò la presa sulle spalle del figlio, che abbassò lentamente le spalle e aprì leggermente gli occhi, pronto per chiuderli al primo cenno di pericolo.
Draco si sentì così stupido. Suo padre stava facendo del suo meglio per creare una famiglia e lui rovinava tutto.

“Credi che non ti abbia mai amato?”
Draco era molto tentato di togliersi la maglia e mostrare quanto lui gli avesse voluto bene, così tanto da lasciare solchi incancellabili sul suo corpo.
Ma non lo fece.
“Non… non mi hai mai dimostrato il contrario.” – sussurrò però il biondo.
“Hai ragione.” – seguì un attimo di silenzio. – “Posso mostrartelo adesso?”
Draco lo guardò confuso. Lucius si allontanò dal figlio e andò all’armadio. Estrasse un piccolo cofanetto e il ragazzo pensò che dentro vi fossero delle foto.
Niente di più sbagliato.
Con sommo stupore di Draco, Lucius estrasse dal cofanetto un Pensatoio che man mano che usciva dalla sua custodia, riassumeva le sue dimensioni normali.
“Avvicinati.” – dal cofanetto, Lucius estrasse anche un’ampolla. Anch’essa assunse le sue normali sembianze, ma era un’ampolla diversa.
Era enorme!
“Sai cosa c’è qui dentro?”
Draco scosse la testa.
“Ricordi. Dal mio punto di vista, ovviamente. Vuoi vederli?”
Era come leggergli nel pensiero, ma con il suo consenso. Si avvicinò titubante. Chissà cos’avrebbe visto. Insieme, si tuffarono nel Pensatoio.

Quando Draco e Lucius atterrarono, il giovane capì immediatamente dove si trovassero. Vi aveva passato ogni singolo momento quando tornava a casa da Hogwarts. Eppure, non sapeva bene dire cosa potesse essere accaduto di così importante da essere messo nei ricordi del padre.
Infatti, lo guardò interrogativamente. Lucius non disse nulla, si limitò a indicargli con il capo una direzione. Con timore velato da curiosità, il ragazzo girò la testa.
Perplesso.
Così si sentiva il rampollo di casa Malfoy nel vedere sé stesso all’età di cinque anni. Ma ancora non ricordava cosa fosse successo o forse era un ricordo così doloroso che aveva preferito segregarlo da qualche parte e fare in modo che non venisse più alla luce.
I suoi genitori stavano passeggiando con lui nel giardino. Draco era un po’ spaventato dai pavoni che, vedendo il padrone di casa, avevano aperto la coda in segno di omaggio. Si aggrappò alla gonna della madre e cercò di nascondersi, quando uno di quegli animali gli si avvicinò con il muso. L’intento non era quello di aggredire il piccolo, ma studiarlo e annusarlo.
Draco si nascose dietro le gonne di Narcissa, che gli tenne la testa con la mano.
Si sentì perso – poteva sentire i pensieri di se stesso da bambino – quando Lucius tirò via la mano di Narcissa dal capo del figlio. Il Draco diciassettenne sentì quell’emozione farsi strada dentro di lui come un coltello dritto nel cuore.

Poi però venne spazzata via quando sentì la mano di Lucius – spettatore con lui – posarsi sulle sue spalle. Voleva fargli capire che una volta aveva sbagliato e che voleva rimediare.

“Non nasconderti, Draco. Affrontalo.”
Il bambino guardò il genitore con il terrore negli occhi.

Sì, il Draco adulto stava iniziando a ricordare qualcosa.

“E’ solo un bambino, Lucius. Dagli tempo.”
“Finirai per viziarlo, Narcissa. E crescerà debole. Non osare!” – sibilò l’uomo, nel vedere la mano della donna cercare di tornare sulla testa del figlio.
La mano di Narcissa non si posò più sul capo di Draco, che la guardava con occhi supplici.

“Mi sembra di ricordare qualcosa, sì…” – fece Draco, che era riuscito ad estrapolare qualcosa dalla sua mente, anche se era molto confusa, ma non le emozioni. Quelle erano chiare e vivide, come se le stesse provando in quel preciso istante.

Il pavone gli si avvicinò e Draco indietreggiò, ma cadde.
Narcissa era sul punto di intervenire, ma di nuovo un’occhiata raggelante di Lucius la fece desistere. L’animale emise uno stridio e il bambino scappò, sotto gli occhi colmi di disapprovazione del padre e frustrati della madre.

Il Draco ragazzo ricordò tutto.

“Perché lo hai fatto, Lucius?”

Il ragazzo rialzò il capo, stranito.

“Deve imparare ad affrontare le avversità a testa alta!”
“Per l’amor del cielo, ha solo quattro anni! Cosa pretendi? Che evochi un Patronus adesso?”
“Deve imparare che nessuno gli può mettere i piedi in testa. Deve essere forte! Non potrà sempre contare sul nostro apporto, Narcissa!”

Non aveva mai saputo di quella conversazione.

“Voglio che mio figlio cresca forte! Se ad ogni avversità che gli si presenterà correrà da noi, cosa imparerà mai?”

Imparare.
In quell’occasione, suo padre voleva solo dargli un insegnamento.
Nel modo sbagliato, ma gli stava insegnando a non dover dipendere da nessuno nella vita.
Draco alzò il capo e vide Lucius guardarlo.
L’attimo successivo si ritrovarono nella sala dei duelli, sempre a Malfoy Manor.

“Alzati!”
Draco aveva undici anni e suo padre l’aveva mandato a tappeto con un semplice Stupeficium.
“Alzati, ho detto!”
“Mi fa male la gamba!” – aveva bofonchiato il bambino, mentre si massaggiava l’interno del ginocchio.
Lucius si diresse da lui e lo prese per un braccio, rialzandolo malamente. Draco represse un gemito di dolore per puro caso.
“Quando sarà il momento non potrai avere pause!”

Il Draco diciassettenne ebbe la spiacevole sensazione, nell’udire quelle parole, che suo padre avesse sempre saputo del destino che gli sarebbe toccato, delle missioni che il Lord Oscuro avrebbe affidato alla sua famiglia.
E a lui.

Il Draco undicenne si alzò e impugnò la bacchetta, nonostante la mano tremasse visibilmente. Lucius sembrava non essere toccato e si preparò a lanciare un incantesimo, ma il bambino, terrorizzato di prendere un’altra botta simile, lo precedette, lanciando un Everte Statim, che fece cadere a terra il genitore.
L’attimo successivo svenne.

Il Draco ragazzo guardò affamato ogni singolo movimento del padre. Sapeva che sarebbe stato punito, anche se
non lo ricordava bene e aspettò.
Ciò che non si aspettò che accadesse, invece, fu vedere suo padre prenderlo in braccio con delicatezza e scortarlo in camera sua.
Lo teneva come se fosse stato il premio tanto ambito e gli lanciava di tanto in tanto qualche occhiata, per controllare che non si svegliasse.
Quando entrò in camera lo spogliò e gli mise il pigiama, gli baciò la fronte e gli sussurrò a fior di labbra un tremulo “bravissimo”.
Poi, uscì.

Era sconvolto.
Non aveva mai saputo di quel bacio e di quel “bravissimo”, sussurrato con voce rotta dall’orgoglio. Il respiro divenne affannoso e credette di non resistere ancora a lungo, mentre il paesaggio davanti a lui mutava per la terza volta.
Era al suo terzo anno, lo ricordava perfettamente.
L’ippogrifo Fierobecco lo aveva aggredito perché Draco non gli aveva dimostrato sufficiente rispetto. Quando Severus Piton mandò a Malfoy Manor una lettera in cui veniva spiegato dettagliatamente l’accaduto, Lucius non aveva aspettato un attimo a correre a scuola.

“Dove vai, Lucius?” – chiese Narcissa.
“A scuola. Draco ha avuto un incidente.”
Narcissa era scattata in piedi.
“Non ti preoccupare. Severus mi ha garantito che sta bene.”
“Ma cos’è successo al mio bambino?”
“Te l’ho detto. Nulla di grave. Quello sciocco si sarà fatto un graffietto.”

Quelle parole ferirono molto il Draco diciassettenne, ma guardò perplesso il genitore quando, una volta giratosi in modo che la madre non lo potesse vedere, l’espressione era tirata e negli occhi lesse… timore?
Poi, arrivò ad Hogwarts. Travolse ogni essere che gli intralciava la strada per raggiungere l’infermeria il più in fretta possibile.
Quando arrivò entrò, silenzioso come un gatto. Quando lo sentì vantarsi con la sua amica Pansy Parkinson, fingendo che fosse solo un graffietto, Lucius tirò un sospiro di sollievo e alzò gli occhi al cielo.

Il Draco diciassettenne guardò, mangiò con gli occhi quegli sguardi che credeva di non aver mai ricevuto.

“Draco.”
Il ragazzo si ricompose subito, spaventandosi. Pansy capì che era il caso di levarsi di torno e lasciare i due uomini da soli.
“Pa-padre… cosa ci fai qui?”
“Non ti ho insegnato a fare domande sciocche, Draco. Cos’è successo?”
Forte delle sue parole, il ragazzo iniziò a raccontare tutto al padre, infarcendo il racconto di fronzoli inesistenti.

Nel rivedersi in quelle condizioni, Draco non potè impedirsi di provare un certo disgusto verso se stesso.

“… e quel puzzolente di un guardiacaccia mi ha preso in braccio e mi ha portato qui. Lo farai abbattere, vero padre?”
“Sì.” – disse l’uomo, alzandosi.
Draco sorrise soddisfatto.

Quando Lucius uscì, dovette appoggiarsi contro il muro.
In quel preciso istante, il terrore di Lucius si riversò in Draco che venne stravolto da tutte quelle emozioni. Non avrebbe mai immaginato che suo padre si fosse spaventato in quel modo.
Lo guardò e Lucius gli restituì lo sguardo.

Altri ricordi, altri paesaggi e altre situazioni si riversarono come un fiume in piena davanti ai suoi occhi, ma Draco riusciva a coglierne ogni particolare, come se le immagini scorressero a velocità normale.
Il comune denominatore era sempre quello: l’amore e la preoccupazione di Lucius.
Preoccupazione che suo figlio si facesse male, che morisse, che crescesse debole, che non riuscisse a farcela da solo.
E in ogni situazione che gli si parava davanti, Draco fu costretto dall’imperiosità degli eventi a cadere in ginocchio, perché le gambe non lo tenevano più in piedi.
Suo padre… suo padre l’aveva sempre amato.
Anche adesso, glielo stava dimostrando, permettendogli di accedere a un’intimità che a parole gli riusciva ancora difficile da esprimere.




Quando riemerse dal Pensatoio, Draco era sconvolto. Aveva gli occhi fissi su di esso, ma non riusciva a vederlo realmente.
“Molte volte ho sbagliato.” – disse Lucius, risistemando Pensatoio e ampollina. – “Ti ho picchiato, benché non lo meritassi davvero e… mi dispiace.”
Draco lo guardò di scatto con gli occhi spalancati. Mai suo padre si era dispiaciuto con lui di qualcosa.
Mai.
Si accasciò a terra e Lucius lo raggiunse. Stirò le labbra in quello che Draco pensò fosse di tenerezza, ma doveva avere le allucinazioni, perché era impossibile che suo padre potesse provare… tenerezza. Rimorso e pentimento per tutto quello che aveva fatto sì, ma non tenerezza!
Lo aveva mai conosciuto veramente?
Le sue mani grandi sulla sua faccia da adolescente erano un qualcosa di strano. Non lo aveva mai toccato così o se ciò accadeva, il colpo che arrivava aveva il potere di scaraventarlo a terra. Ma quando vide le sue mani raggiungere il suo volto non si ritrasse e non provò nemmeno paura. Sembrava che lo stesse aspettando da anni.
“Draco, non recupererò mai diciassette anni di vita, questo lo sai, vero?”
Sì, lo sapeva. Eppure sperò che da qualche parte, in qualche biblioteca nascosta, in qualche spaesino sperduto del mondo vi fosse un incantesimo tanto potente da permettere una simile magia.
Sì, magia. Non l’Expelliarmus o il Diffindo, ma una magia ben più potente, quella che gli avrebbe permesso di non sentirsi più così sbagliato e fuori posto, quel sentimento che gli aveva fatto perdere Hermione.
Annuì, in risposta alla sua domanda.
“Ma ci possiamo rifare con il futuro. Cosa ne dici?”
Quanto aveva sperato una volta affinchè suo padre gli rivolgesse quelle parole con quel tono? Quante notti aveva speso, pensando a come si sarebbe comportato e a cosa avrebbe detto se suo padre gli avesse fatto una simile proposta?
“Sì…” – nella sua mente, Draco pensò che quella era la risposta più sciocca e semplice che poteva dare. Aveva programmato mille discorsi, infarciti di paroloni altisonanti e arcani, ma niente potè essere messo a confronto con la semplicità di un monosillabo che, in questo caso, aveva fatto la differenza.
Lucius sembrò ringiovanire di vent’anni. Le rughe attorno agli occhi si distesero. Quello sguardo corrucciato, che da quando era stato scarcerato si era attenuato di molto, scomparì definitivamente.
E tutto per quella risposta all’apparenza così banale.

Il padre aiutò il figlio a rialzarsi.

Con quel gesto, Draco comprese che se in futuro sarebbe caduto ancora, qualcuno gli avrebbe teso la mano e lo avrebbe aiutato ad alzarsi. Lucius si chiuse a riccio su Draco, avvolgendo quelle spalle così esili, ma così forti da sopportare tutto il peso che vi aveva caricato sopra per puro egoismo, in un abbraccio protettivo.
In un abbraccio che Draco pensava di non ricevere mai.

Narcissa, intanto, fuori dalla porta aveva ascoltato tutto quanto.
Le sue labbra si stesero in un sorriso di gioia, non di quelli contenuti che soleva usare in pubblico, era un sorriso che venne condito da alcune piccole lacrime.
La famiglia si era infine riunita.









Note di me:

Eccovi il capitolo 36.
Ora finalmente avete il quadro generale dello spoiler, ma procediamo con ordine.

La Tana.
No, non mi sono dimenticata di Blaise, Ginny e company, ma come avrete intuito, ho voluto dare maggior spazio al gruppo Preston-Malfoy per far andare avanti la baracca, altrimenti qui non ci si muoveva di un solo passo.
Arthur e Blaise si sono chiariti. In un momento di dolore comune, i due hanno saputo tendersi la mano – letteralmente – e appianare quelle divergenze che portavano il nome di Ginevra. Arthur si è reso conto da solo che Ginevra è se stessa solo insieme a Blaise, che è felice veramente e come ha detto, si farà da parte. Blaise però sa che Ginny è attaccata morbosamente ai suoi genitori – non in senso negativo – e mettere da parte Arthur l’avrebbe solo fatta soffrire, come se quello che stava capitando a Ron non fosse già sufficiente. Così gli parla col cuore in mano e finalmente raggiungono un punto d’incontro.
Che è la felicità di Ginny.

Preston Manor.
A chiunque fossero venuti dei dubbi quando ho citato gli “effetti del Veritaserum” metto subito a tacere la cosa: Elthon non ha messo del Veritaserum nel bicchiere di Draco, ma semplicemente tutto quell’alcol gli ha tolto qualche freno inibitore, permettendogli di dire tutto quello che gli passava per la mente, come se fosse sotto Veritaserum.
Ho voluto però farvelo credere… ^_____________________^
*me stronza*
Pubblico: ma va?
Grazie al potere terapeutico dell’alcol, alla faccia di chi dice che ubriacarsi non serve – P.S.: io sono astemia… – Draco si toglie dallo stomaco tutto ciò che aveva da quanto ha saputo della vera natura di Hermione, ignaro che Lucius fosse dietro alla porta ad ascoltare il suo sfogo. Elthon si scusa per aver esagerato, anche se più avanti tornerà questo punto, e vuole sapere se Draco è disposto ad andare avanti, se è disposto a combattere con le unghie e con i denti per tenersi stretto quella felicità che ha buttato via alla festa del Primo.
Come Arthur, anche Elthon è disposto a farsi da parte per il bene di sua figlia.

Terzo ed ultimo confronto.
E poi ditemi che vi odio… è.é
Draco e Lucius.
Onestamente, quando mi dico da sola che un certo pezzo mi è venuto bene, incontro delle recensioni “neutre” nel senso che – giustamente – ciò che provavo io nel descrivere certe scene, forse non sono riuscita a trasmetterlo correttamente a chi legge. Così mi limiterò a denigrare questo pezzo, sperando di ottenere qualche standing ovation da stadio.
*mente contorta, lo so*
Il cerchio si è finalmente chiuso con Draco che finalmente capisce che Lucius lo ha sempre amato, che ha sempre cercato di insegnargli ad affrontare le avversità a testa alta, per questo si è arrabbiato quando ha accusato Draco di essere stato preda di una “crisi isterica” quando erano tra i babbani la prima volta, perché lui non gli ha mai insegnato questo. Spero che i brevi scorci di ricordi che ho messo siano stati comprensibili – nel senso che si capisca quando parlo del Draco diciassettenne e di quello del ricordo – così come gli insegnamenti di Lucius.
Stavolta non è Lucius a farsi da parte, ma Narcissa che da dietro la porta ha sentito tutto.

Bene!
Spero che sia stato un capitolo di vostro gradimento, perché comunque serviva per far proseguire la storia in discesa.
Vi lascio allo spoiler del prossimo capitolo, dove…

Mark era seduto sul divano e si teneva la testa tra le mani. Davanti a lui stavano Step e Hermione, entrambi con le bocche e occhi spalancati.

Nel prossimo capitolo, a parte scoprire il contesto dello spoiler, capirete il motivo del titolo del capitolo 34.
Accettasi scommesse!
Anche perché devo comprarmi un armadio nuovo quindi mi servono soldi…

Bacioni, callistas.

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Capitolo 37
*** Trovata ***


37 - Trovata Bentornate mie adepte!
Eccoci qua al 37° capitolo di questa storia.
Non ho molto da dire, stavolta, se non il consueto grazie per le bellissime parole spese per il passato capitolo. Ora che finalmente i nodi cruciali sono stati sciolti, dobbiamo risolverne altri due: Hermione e Draco, ovvero trovare la ragazza e fare in modo che Draco strisci meno che dignitosamente ai suoi piedi chiedendole perdono.
Ma andiamo per ordine.
Questo è il capitolo in cui voi, mie adepte, capirete il significato del titolo del 34° capitolo, ovvero Born this Way.
Un bacione e buona lettura,
callistas.









VERITA’ NASCOSTE
TROVATA

Il mattino seguente accolse un Draco particolarmente entusiasta, scendere con allegria le scale.
Per la prima volta in diciassette anni, aveva dormito e riposato, onorando il significato di quei due verbi. Le membra si erano rinvigorite e quando si era visto allo specchio, aveva avuto l’impressione che i suoi muscoli si fossero gonfiati. Forse era solo un gioco di luce, visto che i suoi occhi erano ancora mezzi abbottonati, ma quando fece per indossare la camicia e chiuderla, dovette trattenere leggermente il respiro. Forse era il caso di comprare delle camice nuove.
Sentì che quella sarebbe stata la sua giornata fortunata o, nel peggiore dei casi non lo fosse stata, lo sarebbe stata comunque, perché finalmente il nodo cruciale della sua esistenza si era finalmente sciolto.

“Buon giorno.” – salutò il ragazzo, prendendo posto vicino alla madre.
Myra lo guardò sorridendo, notando qualcosa di diverso in lui.
“Buon giorno a te, Draco. Sei di buon umore stamattina.”
Il biondo le rivolse un sorriso. Un sorriso vero.
“Sì, abbastanza.”
“Allora approfittane.” – disse la donna, incupendosi per un attimo. – “Magari ti aiuterà a trovare la mia bambina.”
“Anche se non sarà oggi, Myra, lo sarà sicuramente domani.” – disse il biondo, propositivo.
Contagiata dal suo buon umore, Myra gli sorrise.
Quando anche gli altri presenti scesero per fare colazione – e poi ricominciare le ricerche – notarono il diverso atteggiamento del biondo. Elthon non ne fu sorpreso, perché credeva che fosse dovuto alla loro conversazione della sera prima, ma quando vide che anche Lucius aveva la stessa identica espressione, capì che qualcosa tra di loro doveva essersi aggiustato.

Le ricerche ripartirono mezz’ora più tardi. Nessuno voleva perdere tempo a rimpinzarsi e così, padri e figli, si smaterializzarono nelle varie zone di Londra alla ricerca di Hermione. Ma il tempo passava e di Hermione non c’era traccia.
Il tempo passò così velocemente che trascorse una settimana dalla sparizione di Hermione e la cosa iniziava a spaventare tutti.
Per non parlare del fatto che la scuola era iniziata ed era già la seconda volta che questa partiva senza la presenza di Hermione…









Lunedì 08 gennaio.
Undici e quarantasette del mattino.
Casa di Mark e Step.

Hermione era uscita dall’ospedale quello stesso giorno.
Quando il dottore le aveva dato la lieta novella il giorno prima, il tempo sembrava essersi cristallizzato. Era ancora inchiodata al letto a causa della caviglia. Aveva provato a chiedere di usare una carrozzina, ma le infermiere gliel’avevano tassativamente proibito. Aveva alzato la voce, dicendo che era stanca di stare a letto, che le si era piagato il sedere e il suo cervello stava andando in putrefazione. L’ospedale era fornito di una piccola biblioteca e all’occorrenza si faceva portare un libro, giusto per verificare di non essersi dimenticata come si faceva a leggere. Alla fine, aveva letto tutti i libri nel giro di cinque giorni e la noia stava ricominciando a sopraffarla.
Poi il dottor Carver arrivò con la lieta novella: il giorno successivo sarebbe stata dimessa, a patto che non si stancasse e non si sforzasse. Annuendo con la faccia che una persona intelligente avrebbe giudicato più falsa di Giuda Iscariota, il dottore le sorrise e firmò la sua libertà sulla parola.
A casa di Mark e Step era tutto pronto: la sua camera, il suo bagno e le sue medicine.




I ragazzi erano usciti a fare la spesa e lei si era ritrovata a girovagare per la stanza, seduta sulla sua carrozzella, studiando l’arredamento.
Saltava subito all’occhio che lì ci viveva un ragazzo. C’era un leggero disordine, ma non così eccessivo da farle storcere il naso. Era un’abitazione pulita e dignitosa e Hermione pensò che stare in quell’ambiente l’avrebbe aiutata a guarire maggiormente che non l’ospedale.
Sentì la porta aprirsi e sorrise quando vide Step caricato di borse e in procinto di cadere e Mark con solo un giornale in mano.
“Per Dio, aiutami!” – fece Step, ansante e con gli occhi sbarrati per l’eccessivo peso. Barcollò fino ad arrivare al tavolo e vi appoggiò sopra le borse.
E a fanculo la scatola delle uova!…
“Ragazzi, chi la mangia tutta quella roba?” – chiese costernata la ragazza.
“Lui!” – dissero in coro i ragazzi, indicandosi rispettivamente con i pollici.
Hermione rise, ma dovette smettere perché le costole non si erano ancora saldate del tutto.
“Comunque…” – fece Step, aprendo i vari sacchetti. – “… devi mangiare anche tu, perché altrimenti col piffero che ti alzi da quella rotella a sedie.” – si bloccò e guardò perplesso i presenti. Poi capì l’errore. – “No, sedia a rotelle, scusa…”
Hermione rise a piano.
“Posso aiutarvi?”
“Sì, infila questa in bocca.” – Mark le porse un pillolone grande quanto una supposta e un bicchiere d’acqua.
Hermione, anche se schifata, fece ciò che le era stato richiesto. Rifiutarsi sarebbe stato un insulto alla cortesia dei due ragazzi e non voleva assolutamente offenderli. Rischiando di soffocare, riuscì a buttare giù tutto.
“Mamma com’è amara…” – fece Hermione, portando il bicchiere al lavandino.
“Però ti fa guarire. Abbiamo deciso che mangerai una bella bistecca di pollo con dell’insalata. Il dottore ci ha consigliato di farti seguire una dieta leggera, per il momento.”
Avrebbe preferito un panino del fast food, ma si accontentò di ciò che passava il convento.
“Sì, grazie.”
Pranzarono verso le una. Tra il sistemare la spesa e preparare il pranzo, il tempo corse. Nel primo pomeriggio, Mark salutò i ragazzi perché doveva andare a lavorare.

“Che lavoro fai?”
“Sono un programmatore di software.” – disse, imbarazzandosi leggermente. Di solito quando rispondeva a quella domanda, partivano fischi che lo mettevano sempre a disagio.
“Davvero? Di che genere?”
“Oh, di tutto un po’…” – disse, rimanendo sul vago.
“Mark è così bravo che tra poco gli daranno la promozione, vero Mark?” – fece Step, tutto eccitato.
“Sì, beh… si spera. Ora devo scappare. Ci vediamo stasera alle otto.” – si avvicinò a Step.
E lo baciò.
Hermione divenne bianca come un cencio. Step non si accorse del suo pallore finchè il suo ragazzo non uscì dalla porta.
“Hermione che hai? Sei cadaverica! Stai bene?” – si preoccupò lui.
“Sie-siete fidanzati?” – alitò lei.
Step annuì.
“Perché?” – rise lui. – “Non l’avevi capito?”
Hermione scosse la testa, imbarazzata. Durante la settimana in cui era stata all’ospedale aveva avanzato battutine stupide sul fatto che due bei ragazzi come loro dovevano avere la ragazza.
Peccato che l’avessero già.
E che non fosse una ragazza…
“Dio scusa…” – piagnucolò lei. – “… ho fatto la figura della cretina!”
“C’è gente che dice di peggio, tranquilla.” – fece, decisamente più mogio.
Hermione s’incuriosì.
“Perché?”
“No, niente…”
“No, Step, dai… qualcuno vi ha offeso?” – iniziò a credere di essere capace di lanciare un Avada Kedavra. Ma chi era il coglione che si permetteva di insultare due bravi ragazzi come loro? E anche se erano gay cosa c’era di male?
“Beh… non è che l’omosessualità sia una pratica che tutti possono esercitare alla luce del sole…” – era palesemente imbarazzato.
“Perché? Che c’è di male?”
“Lo dici così per dire.”
“Affatto! Reputo voi omosessuali più intelligenti e sensibili di una persona etero.”
Step le sorrise, leggermente rincuorato.
“Sai…” – Step si abbracciò le gambe. – “… se al lavoro venissero a sapere della vera natura di Mark, verrebbe licenziato.”
“Perché?”
“Ci ritengono portatori di qualche strana malattia.”
“Step, mi dispiace…”
“Siamo costretti a uscire tardi la sera e se ci incontriamo ci comportiamo da amici. È tutto così… frustrante. Siamo costretti a nasconderci come ladri e nessuno capisce o vuole capire che siamo persone come tutti.” – alcune lacrime di frustrazione gli scivolarono dagli occhi.
La prima cosa a cui Hermione pensò, fu che aveva capito chi dei due dovesse essere la “ragazza”. Scacciò immediatamente quel pensiero, così fuori luogo quando aveva un caro amico a un passo da lei logorato da una situazione insostenibile. Hermione lo abbracciò, per quando la sua condizione glielo permettesse.
“Hermione, mi dici cos’ho di sbagliato?”
Gli occhi le diventarono lucidi e scosse la testa.
“Niente Stephen, tu e Mark non avete niente di sbagliato. Le persone sono cieche e stupide e non si rendono conto che sono loro a perderci.”
Step la guardò sorpreso.
“Lo… lo pensi davvero?”
“Sì! Voi non state facendo niente di male…”
“Ma tutti dicono che…”
“Oh!, al diavolo tutti!” – una smorfia di dolore le attraversò la faccia. Si era inalberata un po’ troppo e ora ne pagava le conseguenze.
“No, non agitarti!”
Si girò con una faccia sofferente, ma comunque con un sorriso sulle labbra. – “… siete due brave persone e… oneste. Non permettere a nessuno di dire il contrario. Me lo prometti?”
“Te lo prometto, Hermione.”
Soddisfatta, tornò a calmarsi. Passarono il pomeriggio a guardare un film, commentando la teatralità delle scene e ridendo davanti ai clichè. Arrivarono le otto e con esse anche Mark.




“Ehi, che mi sono perso?”
“Un bel pomeriggio!” – fece Hermione.
“Dai, dopo mi fate il riassunto. Step, hai curato l’in?…”
“Fatto.” – fece il ragazzo.
“E hai battuto la ca?…”
“Sì!”
“L’acqua per la pa?…”
“Sul fornello!”
Mark si bloccò e guardò Hermione che lo guardò a sua volta, perplessa.
“Devi proprio andare via quando starai meglio?” – Mark e la ragazza si misero a ridere, mentre Step mise su un broncio adorabile.
Cenarono allegramente e Hermione potè dire di stare quasi meglio.









Quello stesso pomeriggio, Lucius e Draco avevano battuto a tappeto sei ospedali. La cosa iniziava a farsi stancante perchè a meno che non fossero parenti stretti del paziente e presentassero un atto a dimostrare tale parentela, i dottori si cucivano le labbra e non si lasciavano scappare niente.
Nemmeno il Veritaserum avrebbe potuto fare effetto su di loro.
Lucius non era il tipo che pregava le persone, anzi… stando a ieri sera era stata Narcissa a pregarlo, comunque… non si era fatto scrupoli e aveva usato l’Imperio sulle infermiere di turno, ponendo poche ma semplici domande.
E’ stata ricoverata qui Hermione Preston?
Dove è andata? (questa, in caso di risposta affermativa alla prima domanda)
Mi fa dare un’occhiata ai registri?
Draco sudava freddo ogni volta. Sapeva perfettamente che tra un mese quella storia sarebbe uscita fuori e non aveva la minima idea di come avrebbe reagito Shaklebolt di fronte a una simile situazione. Certo, c’erano le attenuanti, ma si trattava pur sempre di Malfoy, l’ex braccio destro di Voldemort.
Quando uscirono dall’ultimo ospedale, Draco palesò le sue preoccupazioni.

“Non puoi andare in giro a usare l’Imperio come fosse un Lumos! Tra un mese hai i controlli!”
Ma Lucius non parve toccato e nemmeno gli rispose anzi: continuò a camminare come se nulla fosse.
“Papà? Hai sentito quello che ho detto?” – rincarò Draco.
Nessuna risposta.
“Papà? Vuoi farti arrestare di nuovo?”
Lucius, a quel punto si bloccò e si girò con un sorriso che Draco giudicò agghiacciante. Gli vennero i capelli bianchi, anche se poco gli mancava.
“Sei forse preoccupato per me, Draco?”
Il biondo arrossì di vergogna. Lo aveva fatto apposta? Ma che razza di genitore era?!?!
“No!” – disse troppo frettolosamente, anche se il suo volto urlava l’esatto contrario.
“Draco?”
Vederlo avvicinarsi svolazzante come un Dissennatore gli fece scivolare un brivido lungo la schiena.
“Do-dobbiamo continuare le ricerche…”
“Sei forse preoccupato per me?”
“Dovrei?” – optò per la miglior difesa: l’attacco.
Lucius forzò le labbra in un sorriso tirato. Il ragazzo voleva andare a sbattere la testa da qualche parte.
“Papà?”
“No, hai ragione. Non sei tu che ti devi preoccupare per me.”
“No, no aspetta… cazzo…” – sussurrò. Iniziò a corrergli dietro. Ma perché non poteva dire la verità, una buona volta? – “Sì, sì, ok? Sono preoccupato! Sei contento adesso?” – urlò il giovane.
Lucius si girò con un sorriso diabolico sulle labbra. Ok, era ufficiale: qualcuno lo aveva smaterializzato in un universo alternativo.
Ma il ghigno di Lucius sparì per lasciare il posto a un sorriso più umano. Gli circordò le spalle con un braccio, mentre Draco si chiedeva se avesse mai conosciuto veramente suo padre.
“Non ti preoccupare. Quelli del Ministero capiranno perché l’ho fatto. Vuoi ritrovare Hermione, vero?”
“Sì, ma…”
“Ma?”
“Vorrei ritrovarla senza doverti perdere… di… nuovo…” – impiegò appena tre ore solo per pronunciare quelle ultime tre parole scendendo di sei ottave ogni volta.
Sentire il cuore di suo padre battere a un ritmo tranquillo gli trasmise pace.
“Non accadrà, te lo prometto. Mi credi?”
“Sì, ti credo…”
Scuotendolo leggermente, Lucius lo invitò a dimenticarsi delle sue preoccupazioni e a riprendere la ricerca.
Che si rivelò infruttuosa.

Londra pullulava di ospedali. Che fossero enormi costruzioni, cliniche private o semplici ambulatori, Londra ne era sommersa. Persero tre giorni interi a cercare Hermione e sembravano sul punto di rinunciare, anche se non lo avrebbero mai fatto, quando udirono una conversazione interessante.




Erano seduti su una panchina a Kensinton Gardens per riprendere un po’ il fiato. Erano sfiniti, perché partivano presto alla mattina e rientravano tardi la sera, ma forse quello, poteva dirsi il loro giorno fortunato.
Ma qualche momento prima di venire baciati dalla Dea Bendata, Lucius sentì di dover fare partecipe il figlio di una parte della sua vita.
“Ti sei mai chiesto perché sono fuori di prigione?”
Draco, stanco per il tanto peregrinare, era chinato sulle ginocchia col capo chino. Lo alzò lentamente e guardò il genitore, decisamente perplesso e stranito.
“Come?”
Lucius, molto somigliante a un babbano in quel momento per la posa assunta, guardava davanti a sé.
“Ti ho chiesto, se ti sei mai fatto qualche domanda sulla mia scarcerazione. O pensi che mi abbiano liberato per bontà d’animo?”
Draco, ora più attento, si rimise composto. Perché suo padre voleva parlare di quell’argomento proprio in quel momento?
“Io… no…” – ammise, leggermente in imbarazzo. Effettivamente, e in tutta onestà, non gli era interessato più di tanto il motivo per il quale suo padre era uscito di prigione, ma più che altro gli premeva che fossero di nuovo insieme.
Lucius annuì.
“Conosci l’Incantesimo di Inversione del Dolore?
“L’ho già sentito, ma non ricordo in cosa consista.” – disse.
“E’ molto semplice: il dolore, il vero dolore che prova una determinata persona viene riversato all’interno di un’altra.”
Draco sollevò i sopraccigli.
“E’ legale?”
“No.”
Draco continuava a non capire.
“E cosa c’entra con te?”
“Una persona ha chiesto al Primo Ministro di applicare su di me quell’incantesimo.”
Draco lo guardò come se fosse stato un alieno.
“Cosa?”
“Volendo essere proprio onesti…” – continuò Lucius, per nulla toccato da quella cosa. – “… questo incantesimo è stata una specie di vendetta.”
“Ma!…”
“Ogni persona che aveva perso qualcuno… che non necessariamente avessi ucciso io… ma ogni persona che aveva sofferto per una perdita o qualsiasi altra forma di dolore, si era messa in fila per riversare in me quel dolore.”
Draco era rosso per l’indignazione e la rabbia. Perché gli avevano fatto una cosa del genere? E perché suo padre sembrava per nulla toccato dalla cosa?
“E… che è successo dopo? Cosa fa l’incantesimo?”
“Sta alla persona che lo subisce.” – disse, per poi riprendere per spiegarsi meglio. – “Una persona normale sarebbe morta, al posto mio.”
Draco spalancò gli occhi, incredulo.
“Serve una forte resistenza al dolore per poter sopravvivere a quell’incanto.”
Improvvisamente, il ricordo delle cicatrici viste sulla schiena di suo padre la sera in cui tutto era cambiato per loro due, gli tornò alla mente.
E sapeva anche chi gliele aveva inferte.
“Oppure puoi semplificare tutto e lasciarti morire.”
C’era una domanda che premeva per uscire da Draco.
“E tu… come… come hai fatto a… a resistere?”
Lucius lo guardò negli occhi con un’intensità tale che Draco si sentì nudo sotto quello sguardo.
“La scelta era tra Azkaban e quell’incantesimo.”
Una secchiellata di acqua gelida sarebbe stata meno fredda del gelo che aveva pervaso le membra di Draco. Lo aveva fatto solo per… scamparare alla prigione?
E lui, allora? Sua madre? Non contavano ancora nulla per lui? E il Pensatoio?…
“Avevo già perso troppo tempo con voi e sapevo che sarei riuscito a resistere per voi. Per poter stare insieme a voi, a tua madre. E a te.”
All’improvviso, una corrente d’aria calda lo investì, facendogli sudar fuori tutta la tensione appena provata. Al diavolo!, se suo padre lo voleva morto, era sulla strada buona!
Cadde un silenzio profondo, intenso. Draco stava pensando ancora alle parole di suo padre, alle sue intenzioni.
Aveva sopportato tutto quel dolore per stare con loro, perché ci teneva davvero, perché voleva costruire davvero un rapporto solido, fatto di certezze.
Perché stava cambiando davvero.
“Hai detto… prima hai detto…” – la voce gli tremava per l’emozione appena provata. – “… che una persona lo ha chiesto al Primo Ministro. Chi è stato?”
Lucius, di nuovo, lo guardò negli occhi.
“Hermione.” – disse semplicemente, lasciandolo definitivamente senza parole e senza pensieri.
E senza la speranza di poter riavere con sé quella ragazza che, nell’anonimato più totale, era stata l’artefice di quel miracolo, si affievolì come una candela giunta alla fine della sua vita.




“Macchè!” – fece un ragazzo.
Draco era sconvolto. Hermione… la sua Hermione aveva permesso che lui avesse una famiglia unita. A differenza di lei. Si passò una mano sugli occhi, avvertendo la spiacevole sensazione che riavere Hermione sarebbe stato molto, molto difficile.
“No!”
Un ragazzo stava camminando con due sacchetti per le mani e con la testa piegata, ma il biondo non vi prestò bado più di tanto.
Cosa diavolo aveva combinato? Si chinò sulle ginocchia e si prese il volto tra le mani, mentre Lucius lo guardava, cercando di lasciargli il tempo di digerire la notizia e le conseguenze che da essa erano appena derivate.
Non gliel’aveva detto per fargli un dispetto, ma solo per fargli capire quanto avesse sbagliato nell’aver lasciato andare quella ragazza che un tempo, lui per primo, aveva odiato con tutte le sue forze. Non poteva dire di conoscere suo figlio come le sue tasche, ma da quando aveva assistito a quel loro scambio di sguardi quel venerdì in cui si era venuta a scoprire la verità sulla Granger, aveva capito che c’era qualcosa. Non sapeva bene cosa e di che entità fosse, ma aveva avvertito nell’aria una certa tensione – positiva – tra i due.
Così gli aveva raccontato tutto per fargli capire che era stato uno sciocco a farsi manipolare da Elthon, benché lui avesse fatto tempo addietro la medesima cosa, e a permettergli di scegliere per lui. Ora, Lucius, non era più quel genere di persona e avrebbe lasciato il figlio libero di agire secondo quanto meglio fosse per se stesso.
E mai più per lui.
“Sì, ti ho detto!” – urlò di nuovo questo ragazzo, da solo.
Cercando un po’ d’aria fresca per riordinare le idee, lo sguardo di Draco si posò su quello strambo ragazzo, come se potesse trarre da lui la soluzione per la sua incasinata vita.
“Sì, ha preso le medicine!… sì… sì… no, guarda, mi sono dimenticato!”
Perché era così sbagliato? Perché non poteva essere felice? Perché si sentiva un’assoluta merda per com’erano andate le cose? E soprattutto… perché Hermione non gli aveva mai detto niente?
Il ragazzo si era fermato, spazientito. Aveva appoggiato le borse a terra e aveva preso un aggeggio tra le mani, che si trovava tra il suo orecchio e la spalla.
“Mark, stai diventando pressante, eh? E’ ancora viva! Ma non è moribonda! Io… sì, sì… ti ascolto…” – invece il ragazzo si era tolto il cellulare dall’orecchio e guardava con interesse un uccellino che beccava qualche briciola di pane. Alzò gli occhi e si rimise il cellulare all’orecchio. – “Oh, ma la smetti di sfinirmi? Hermione sta bene!”
Quel nome fece saltare per aria i due. Dimentico per un momento dei suoi problemi, Draco si alzò seguito dal padre e insieme si misero a seguire con discrezione il ragazzo che nel frattempo si era rimesso il qualcosa tra l’orecchio e la spalla e si era diretto verso casa sua, presunsero i due.
“Mark, mi stai facendo finire il credito! Sto andando adesso! La spesa l’ho già fatta, no? Altrimenti che mangiava quella poveretta? Sì, carne di pollo, patate… sì, Mark, per fare il purè non le patatine fritte…”
Lucius e Draco si guardarono straniti. Ma che razza di discorsi faceva?
“Mark, guarda che ti butto giù!” – disse il ragazzo, che era Step, alludendo alla conversazione.
Lucius e Draco, però, non avvezzi a quel modo di parlare, si guardarono intorno alla ricerca dell’interlocutore e di un ponte dal quale quello strambo ragazzo avrebbero potuto buttarlo giù, ma non trovarono niente.
Erano sempre più perplessi.
E sempre più convinti che i babbani andassero rinchiusi in Psichiatria…
“Sì, sto andando all’ospedale.”
Draco vide nero per un attimo. Ospedale? Potter ci aveva visto giusto? D’altronde come poteva aver sbagliato? Quando si trattava di portare sfiga alla gente, lui era letteralmente un mago!
“Sì, ho detto! Ciao! Oh, porca miseria!” – fece Step, guardando il cellulare. – “Come se non lo sapessi!…”
Draco e Lucius seguirono il ragazzo e lo videro entrare dentro una struttura ospedaliera. Era uno di quelli che dovevano ancora visitare.
Ora che sapevano dove Hermione era stata ricoverata, potevano pensare a un piano per entrare e chiedere informazioni.
“Senti, hai usato l’Imperio troppe volte. Adesso si fa a modo mio.” – Draco si avviò a passo spedito verso l’ingresso, stramaledicendosi nel frattempo per aver sempre snobbato Babbanologia.




L’ingresso era più o meno come quello degli ospedali che avevano visitato fino a quel momento: luminoso e lungo. percorrendo il corridoio, affollato di persone, Draco ebbe l’impressione che tutti lo stessero squadrando. Sfoderò il suo sguardo più glaciale, che fece arretrare parecchi presenti e si presentò alla reception.
Una ragazza della sua età più o meno gli sorrise gentile.
E forse troppo.
Così decise di sfruttare il suo charme anche tra i babbani.
“Sì? Posso aiutarla?” – chiese, professionalmente.
“Sì. Volevo sapere se Hermione Preston era stata ricoverata presso il vostro ospedale.”
“Lei è un parente stretto?” – dalle occhiate che la ragazza gli dava sperava ardentemente che lo fosse.
“No, sono solo un amico.” – sì, credici babbea, aggiunse mentalmente il ragazzo.
La ragazza sorrise affabile.
“Sono spiacente…”
Bugiarda, pensò Draco.
“Ma non mi è permesso dare informazioni a meno che lei non sia un parente.”
Ma tu guarda che mi tocca fare, pensò il biondo che si appoggiò con fare ammiccante al bancone.
“Sa…” – Draco allungò gli occhi sulla spilla che recava il suo nome e sorrise. – “… Kate…”
La ragazza sospirò di piacere.
Draco dalla frustrazione di doversi abbassare a tubare con una babbana per avere notizie di Hermione.
“Questa ragazza è scappata di casa. Ho girato mezza Londra per trovarla quando ho incontrato un amico che mi ha detto che è stata qui. Sarebbe veramente gentile da parte tua se potessi fare un’eccezione. Ti prego…” – disse, con voce languida.
“E-ecco…”
“Sì?” – fece il biondo, allungando il volto verso di lei come una giraffa.
“Fo-forse potrei… fare… un’eccezione, stavolta…”
Basta che ti muovi, pensò Draco.
“Ti hanno mai detto che oltre ad essere molto gentile sei anche molto bella, Kate?”
La ragazza arrossì indecentemente e il resto della conversazione procedette a suon di balbuzie.
“Co-come si chiama la… la ragazza che è scappata?”
“Hermione Preston.” – disse Draco, con un sorriso smagliante.
Kate prese la cartelletta relativa, mentre Draco fingeva un interesse prettamente amichevole, quando invece avrebbe voluto strappargliela dalle mani e leggere da solo cosa vi era scritto.
“Hermione Preston è stata ricoverata qui circa una settimana fa. È stata scortata qui da tre persone, era messa molto male.”
“Cosa vuol dire?” – chiese Draco, la cui preoccupazione divenne subito evidente.
Anche Lucius si preoccupò e si fece avanti.
“E’ stata picchiata brutalmente e ha riportato numerose ferite. Presentò varie tumefazioni sulle gambe. Erano tutte piene di lividi, escoriazioni e tagli, più o meno profondi. I suoi aggressori le hanno inferto dei tagli, due abbastanza profondi sul polpaccio. Aveva la caviglia destra slogata. I malviventi le hanno riempito di calci e pugni lo stomaco che, miracolosamente, non aveva subito danni ingenti. Purtroppo, ha tre costole rotte, una delle quali aveva rischiato di perforarle il polmone destro e una incrinata. Le hanno rotto un braccio e presa a pugni sul volto. Il risultato era un occhio nero, il labbro superiore spaccato, un dente rotto, che i dottori hanno miracolosamente salvato, e qualche ecchimosi sulle guance.”
Nient’altro?, pensò sgomento Draco.
“E in che stanza è adesso?”
“E’ stata dimessa questa mattina.”
“Cazzo!”
“Calmati.” – fece Lucius, dando un’occhiata in giro. – “Ha l’indirizzo?”
“Park Avenue numero 7.”
Lucius ringraziò e tirò via il figlio a forza mentre Kate sospirava perché aveva appena trovato il padre dei suoi figli.

Una volta fuori, Draco dovette appoggiarsi al muro per non cadere. Lucius lo sostenne.
“Sta bene.”
“Come fai a dirlo?” – sbottò il ragazzo. – “Hai sentito che ha detto quella? L’hanno massacrata di botte!”
“Sì, e che se l’hanno dimessa significa che sta bene, altrimenti non lo avrebbero fatto.”
Draco riflettè su quelle parole.
“Draco, abbiamo l’indirizzo. Andiamo là e la riportiamo indietro.”
Il ragazzo sembrò riacquistare tutto il suo sangue freddo.
“Andiamo. Voglio andarmene di qua il più in fretta possibile.”









“COSA?!?”
Mark era seduto sul divano e si teneva la testa tra le mani. Davanti a lui stavano Step e Hermione, entrambi con le bocche e occhi spalancati.
“Ma perché l’hanno fatto?”
Mark gettò sul tavolino una foto che ritraeva lui e Step intenti a baciarsi. Il ragazzo sgranò gli occhi.
“Cosa… come…”
“Non lo so… Correl l’ha portata da Smith e mi ha licenziato.”
Step non seppe cosa dire. Era così sconvolto che riuscì solo a correre in camera, sbattere la porta e iniziare a piangere.
Hermione guardò con sgomento quella fotografia.
“Mark, mi dispiace…”
Il ragazzo si rialzò. Era molto sconvolto.
“Sì, grazie.”
“Non puoi rivolgerti a qualche avvocato?”
“No, andrebbe troppo per le lunghe e non ho soldi da buttare via. Cosa ti preparo per cena?” – chiese, cambiando repentinamente argomento anche se si vedeva lontano un chilometro che aveva solo voglia di reagire come Step.
“Mark, non è evitando il problema che lo risolverai. Ti hanno licenziato, maledizione!” – disse Hermione, tampinandolo ovunque andasse.
“Troverò un altro posto.” – disse, aprendo qualche anta, solo per tenere la mente occupata.
“Stavi per ottenere una promozione!”
“Hermione, ti prego…” – le chiese, mentre prendeva la scatola della pasta.
“NO!” – la riccia ignorò il dolore al petto.
Mark si girò di scatto.
“Non… non hai fatto niente… di… male!”
“Hermione siediti, per l’amor di Dio!” – si preoccupò Mark, sorreggendola.
“Non puoi arrenderti così! Cosa farai? Continuerai a nasconderti dietro le tue paure? Farai vivere Step in queste condizioni per sempre? Non ne hai nessun diritto!” – urlò lei, pur sapendo che si stava sfogando con una persona che non era lui.

Arrivati proprio in quel momento, Draco e Lucius sentirono tutto. Lucius guardò il figlio e capì che stava ripensando alla sera in cui Hermione era sparita.

“Step è forte e…”
“E cosa? Credi… credi che sia fatto di cemento? Tu non stai lottando per lui, Mark!”

Draco alzò di scatto la testa, sentendosi fin troppo preso in causa.

“Cambio lavoro PER lui!” – urlò il ragazzo.
“NO! TU STAI SCAPPANDO!” – la rabbia, costatò, era un ottimo anestetico.
Mark si zittì.
“Tu… tu credi di sapere quello che è meglio per Step, ma non lo sai. E sei così egoista da non vedere quanto stia male nel doverti trattare da amico davanti agli altri. Ti hanno scoperto, e allora? La gente se ne farà una ragione.”
“Hermione, tu non sai in che ambiente vivo. Costretto ogni giorno a vedere calendari di donne nude, a sentirli parlare dei loro organi genitali come se fossero ortaggi o… o a vedere foto sul computer che ti fanno rivoltare le budella! Ma ho tenuto duro! L’ho fatto per Step, perché una volta ottenuta quella promozione nessuno avrebbe potuto più dire niente sulla mia sessualità! Ma quel bastardo di Correl mi ha messo il bastone tra le ruote, visto che il suo nome veniva dopo il mio per la promozione! È un mondo ostile questo, Hermione. Se non sei perfetto nessuno ti vuole, ma tu non puoi capire…”
“Oh, io capisco eccome…” – disse lei con le lacrime agli occhi e un sorriso amaro che la diceva lunga. – “So di cosa parli perché anche il mio ragazzo ha rinunciato a me senza lottare.”

Draco stava per andarsene, ma Lucius lo trattenne e lo obbligò ad ascoltare. Se lo portò davanti, proprio di fronte alla porta, e lo trattenne ponendogli le mani sulle spalle, pronte a serrarsi in caso di fuga.
Draco capì che per lui tutto era perduto, che Hermione non l’avrebbe mai perdonato.

“Il mio… il mio ex ragazzo…”

Draco si sentì morire.

“… anche lui era uno di quelli che guardava le apparenze, come i tuoi colleghi. Non ero molto…” – non poteva dire Purosangue, così impostò il discorso su ricchezza-e-povertà. – “… ricca e secondo lui non ero degna nemmeno di studiare alla sua stessa scuola. Ma poi abbiamo iniziato ad avvicinarci, abbiamo imparato a conoscerci e ci siamo… fidanzati… o così io credevo.” – preferì non dirgli del suo rapimento. Era un discorso troppo grande e lungo.

Lucius sentì Draco divenire di granito a ogni parola della ragazza. Temette che potesse scoppiare.

“Ci siamo conosciuti per quello che eravamo in realtà, ma è servito tempo e fatica e gli altri lo hanno accettato. Tu… tu devi questo a Step. Quando capiranno che hanno sbagliato a licenziarti si mangeranno le mani, perché tu sei bravo nel tuo lavoro, Mark, sei il migliore, per la passione che ci metti e per la tua voglia di cercare sempre la novità. Non rinun-ciare… a…”
“Hermione?”

Il tono con cui quel Mark chiamò Hermione riportò Draco con i piedi per terra. Spalancò la porta nel momento in cui la sua Hermione cadeva a terra come un sacco di patate.

Gli attimi che seguirono furono pazzeschi. Step uscì dalla sua stanza con il volto rosso ma con un Insomnia Lucius lo addormentò. Mark si ritrovò con uno stecchetto puntato alla gola e un biondo che lo fissava minaccioso.
“Chi-chi siete?” – pigolò spaventato, mentre teneva Hermione tra le braccia grazie a chissà quale forza.
“Chi siamo non ha importanza. Sono qui per Hermione.”
Mark sembrò perdere tutto il suo terrore.
“Non… non è che per caso tu sei Draco?”
Il biondo corrucciò un sopracciglio.
“E tu che ne sai?”




Venti minuti più tardi, si ritrovarono seduti al tavolo della cucina. Hermione era stata portata in camera a riposare, visto che si era affaticata troppo, Step era ancora sul divano che se la dormiva della grossa e Mark, Draco e Lucius erano fermi a guardarsi alternativamente.
“Volete del the?” – chiese Mark, più per educazione.
“No. Voglio sapere come sta Hermione.” – fece Draco, aggredendolo.
Mark se la prese non poco.
“Senti, a me non frega un beato cazzo se sei il suo ragazzo. O usi un po’ di educazione in casa mia o puoi anche tornartene da dove sei venuto!”
Draco scattò in piedi, ma Lucius lo trasse a sedere.
“Papà!” – sbottò verso di lui, indignato.
“Draco, calmati. Hai detto che ti chiami Mark?” – chiese l’uomo.
“Sì.”
“Bene. Grazie per aver aiutato Hermione.”
“Prego.” – Mark si dimostrò molto più socievole con Lucius.
“Puoi dirci che cos’è successo?”
La mente del ragazzo andò a una settimana prima, a quel giorno.
“Stavo passeggiando con il mio am…” – guardò Step. No, aveva ragione Hermione. Non era giusto per nessuno dei due. – “… con il mio ragazzo, quando…” – Mark non notò nessuna ombra di disgusto attraversare i loro volti e raccontò in breve ciò che era successo.
Trascorse il pomeriggio a rispondere alle domande di Draco e si chiese se magari Hermione non parlasse di un altro ragazzo: quello che aveva davanti era il ritratto di una madre in ansia!
Rispose comunque esaurientemente a tutte le loro domande, notando quanto il volto del ragazzo – Draco, ma che razza di madre dava un nome del genere a suo figlio?!? – fosse tirato e stanco.
Quindi era lui che aveva rinunciato a lei senza lottare? Ma se avesse potuto se la sarebbe portata via seduta stante?
Man mano che parlavano, alcuni particolari saltarono all’occhio di Mark. I vestiti, innanzi tutto. Chi è che portava ancora i mantelli? Solo le persone di altri tempi! E poi il comportamento… sembravano avere un manico di scopa tra le guance posteriori!
Ma chissà perché, l’istinto gli suggerì di non far notare quelle sottigliezze ai suoi ospiti, contando che loro erano in due e lui… beh, lui era da solo.
“… Malfoy…” – fece Mark, sovrapensiero. – “Non ho mai sentito il vostro cognome. Di dove siete?”
“Ma che t’imp…”
“Americani.” – disse Lucius, zittendo il figlio con un’occhiataccia.
Draco sbuffò e iniziò a guardarsi in giro, ma l’occhio cadeva puntualmente sulla direzione in cui quel Mark era sparito con Hermione. Mark notò quelle occhiate.
“La terza porta in fondo al corridoio sulla destra.” – fece il ragazzo.
Draco scosse la testa.
“Come?”
“La camera di Hermione… la terza sulla destra.”
Draco si schiarì la voce e si alzò.
“Senti…” – iniziò Mark, girandosi sulla sedia. – “… io non so cosa tu abbia fatto per farla parlare in quel modo, ma ti consiglio vivamente di strisciare come un verme e invocare l’infermità mentale.”
Quella volta, Draco non se la prese, anzi. Quel damerino aveva dannatamente ragione. Girò l’angolo e sparì, lasciando soli i due uomini.

Il corridoio era illuminato da una luce che stava appesa al muro. Draco la guardò incuriosito per un attimo, ma il suo interesse svanì quando si trovò davanti alla porta della camera di Hermione.
Alzò il braccio per bussare, ma ricordò che era caduta a terra svenuta e quindi non poteva rispondergli. Abbassò la maniglia e si preparò a una guerra epocale.
Vederla in quelle condizioni fu come ricevere un pugno dritto nello stomaco. L’occhio era guarito, ma conservava ancora un alone bluastro che la faceva sembrare minacciosa anche se stava dormendo. Appellò una sedia e si sedette vicino a lei con i pugni serrati appoggiati alla bocca.
Non se ne sarebbe andato fino a che non si sarebbe svegliata.




“La porterete via stasera?” – chiese Mark.
“Sì. I suoi genitori sono molto in pena per lei.” – rispose Lucius.
“Sì, certo. Beh, le preparo le sue medicine. Ho scritto…”
“Ti ringrazio, ma le abbiamo già.”
Mark parve deluso.
“Oh, certo… beh, allora raccolgo le sue cose.”




C’è qualcuno in camera mia.
Sento il suo respiro regolare e la sua presenza e che Merlino mi aiuti se la persona che è entrata qui non è Draco. Riconoscerei il suo respiro o la sua presenza tra mille.
Ha quel modo di respirare calmo e placido, che mette tranquillità se solo ci si prendesse la briga di ascoltarlo. L’ho sentito una volta sola, quando abbiamo fatto l’amore.
Merlino, mi sembra così lontana quella notte.
Sento il mio cuore accartocciarsi su se stesso al ricordo di ciò che mi disse durante il post-sfilata.

“Eri bellissima con quell’abito. Conto di vedertelo addosso, più avanti.”

Credevo di aver capito male, ma il suo sguardo era così serio… non avrei mai immaginato che sarebbe finita così.
O, semplicemente… che sarebbe solo finita.

Hermione aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il soffitto della sua camera.
Draco aveva puntato i suoi sulla sua figura e non l’aveva lasciata nemmeno per un attimo. La vide girare il volto e incrociare il suo sguardo.
Non sembrava sorpresa, anzi. Era come se si aspettasse di trovarlo lì.
Draco, con le mani chiuse a preghiera appoggiate alle labbra, stava cercando qualcosa di – possibilmente – intelligente da dire, ma lei lo precedette.
“Cosa vuoi?” – chiese, tornando a guardare il soffitto.
Il biondo chiuse gli occhi.
“Ti abbiamo cercata ovunque, Hermione.” – spalancò dolorosamente gli occhi, quando la vide girarsi su un fianco e dargli le spalle.
“Ora che mi avete trovata puoi anche andartene.” – aveva usato un tono di voce molto freddo. E il plurale.
“I… i tuoi genitori sentono molto la tua mancanza…”
Hermione, senza essere vista, sorrise amaramente. Certo, i suoi genitori… e lui?
“Dì loro che sto bene.”
“Devo riportarti a casa, Hermione.”
“Deciderò io quando tornare a casa.”
“Sei senza bacchetta!” – osservò lui.
“Troverò un modo.”
“Non fare la stupida!” – per la rabbia, la prese per una spalla e la obbligò a voltarsi. Una smorfia di dolore le incorniciò il volto e Draco capì di aver esagerato.
Di averle fatto del male ancora una volta.
“Cazzo… perdonami, non volevo…”
“Già… tu non vuoi mai…” – disse, coprendosi gli occhi con il braccio sano.
Draco s’irrigidì.
“Hermione, senti…”
“Draco?” – suo padre era entrato proprio in quel momento.
Fatalità…
Il ragazzo si girò, frustrato per essere stato interrotto proprio in quel momento.
“Cosa c’è?”
“Dobbiamo andare.”
“Se riesci a convincerla tu…” – disse, indicando la ragazza.
Lucius si avvicinò. Fu strano anche per lui vedere la sua salvatrice ridotta in quello stato. Si inginocchiò di fronte a lei.
“Hermione, è meglio se torniamo a casa.”
“Sì, certo.” – disse lei, facendo schizzare gli occhi di Draco fuori dalle orbite. La vide lasciarsi prendere in braccio senza alcuna rimostranza.
“Mark ha preparato le sue cose. Prendile e andiamocene.”
Draco uscì furente da quella stanza, prese le cose di Hermione e attese suo padre fare ritorno con la sua ragazza in braccio.
“Bene, Mark… grazie di tutto. Ora dobbiamo andare.”
“Vi chiamo un taxi?”
“Un cosa?” – chiese Lucius. Vero era che durante i suoi raid quando era un Mangiamorte aveva bazzicato le strade dei babbani, ma certe cose non le avrebbe mai imparate.
“No, grazie. Hanno la macchina parcheggiata poco distante da qui.” – intervenne Hermione.
“In tal caso… senti, non vuoi salutare Step?”
“Lucius, mi metteresti giù, per favore?”
Lucius obbedì. Hermione zampettò fino a Mark e lo abbracciò. Draco vide la costellazione di cui portava il nome.
“Quando mi rimetterò, verrò a trovarvi. È una promessa.”
Mark credette che lo avesse detto tanto per dire.
“D’accordo.” – rispose, invece.
“Mantengo sempre le mie promesse, Mark e ti prometto che ti aiuterò anche con il tuo lavoro.”
“Sei gentile, ma a meno che tu non sia un avvocato con le palle, dubito che…” – venne zittito dalla mano di Hermione che si era posata sulla sua bocca.
“No, non sono un avvocato, ma so di poterti aiutare.” – gli sorrise. – “Ora devo andare. Dì a Step che non si arrabbi se non l’ho salutato. Passerò più avanti.”
“D’accordo. Ma poi ti arrangi tu se ti terrà il muso a vita!”
Hermione rise, e si portò una mano sullo sterno.
“Correrò il rischio. Ciao Mark e grazie di tutto, davvero.”
“E’ stato un piacere conoscerti, Hermione.” – l’abbracciò un’ultima volta.
Lucius la riprese in braccio e insieme uscirono da quell’appartamento.
Solo in quel momento, Step si svegliò.




Una volta girato l’angolo, i due controllarono di non avere occhi indiscreti puntati addosso.
“Manda un Patronus a Elthon e digli che stiamo portando Hermione a casa.”
Come fatto. Il falco di Draco prese forma e corse a dare il messaggio. L’attimo successivo i tre si smaterializzarono a Preston Manor.









Note di me:

^_______________________________________________________________________^
Questo sorriso va a chi pensava che Mark o Step (o tutti e due ù_ù) avrebbero cercato di sedurre la nostra cara Hermione.
Come avrete ben intuito, nessun triangolo, quadrato, esagono o qualsiasi altra forma geometrica amoroso in vista. L’avevo detto solo per mettere pepe al culo.
HAHAHAHAHAHA!
*me squilibrata*
D’altronde, se avessi subito svelato di Mark e Step non ci sarebbe stato alcun gusto, no? Ma partiamo con il solito ordine.
No, anzi!
Una cosa prima di partire voglio dirla.
Un sincero BRAVA-BRAVA-BRAVA BRAVISSIMA!, a Athanasia per aver indovinato la natura di Mark. Se lo hai fatto perché hai tirato a indovinare o perché hai capito il significato del titolo del 34° capitolo non importa.
Bravissima lo stesso!

A proposito del capitolo nr. 34.
Quando “Born This Way” di Lady Gaga è uscito, era stato detto che inneggiava alla libertà tra gli omosessuali, tanto che anche Elthon John, gay dichiarato e sposato, ha fatto di Lady Gaga la sua pupilla proprio per questo motivo. Infatti, il titolo della canzone dovrebbe significare “Nato così”. Aperta a qualsiasi pomodorata in caso avessi sbagliato la traduzione. ù_ù
Dunque, ecco spiegato il motivo di Born This Way.

Punto namber uan: Draco.
Da dopo la chiacchierata con il babbo, ultimamente un po’ troppo spesso nei miei sogni erotici-barra-sadomaso-barra-masochismo, Draco ha sentito che tutta la stanchezza accumulata in diciassette anni di vita si è dissolta, riposando correttamente durante la notte.

Punto namber ciù: l’omosessualità di Mark e Step.
Ho voluto mettere un tema di attualità, anche perché onestamente concordo con quello che ha detto Hermione (che in soldoni è quello che penso io ù_ù). Onestamente, io reputo una persona gay (scusate, omosessuale è troppo lunga da scrivere…) più sensibile, perché ha una parte femminile più sviluppata e si sa che le donne sono la suprema espressione della sensibilità. ù_ù
*PORCA TROIA CHE CAZZO MI TIRI I POMODORI?!?*
Sì, dunque… dicevamo? ^_^’
Ah sì… avendo questa parte del cervello che racchiude la sensibilità molto più sviluppata, è ovvio che capiscano prima e al volo i problemi degli altri e che possano dare consigli utili, come solo le donne sanno fare. ù_ù

Punto namber tri: la confessione di Lucius.
Lucius confessa a Draco che è stata Hermione a permettere la sua scarcerazione e Draco sente che riaverla sarà doppiamente difficile, se non impossibile.
Nonostante lei avesse avuto una famiglia sfasciata sulle spalle, ha aiutato Draco nell’ombra, senza dirgli niente, mentre Draco alla prima difficoltà ha mollato la presa. Da qui si capisce la forza di Hermione e la debolezza di Draco…
Lucius, comunque, ci tengo a ribadirlo, non ha confessato questa cosa a Draco per farlo star peggio, ma per fargli capire che quando si tiene veramente a qualcuno, si deve lottare con le unghie e con i denti per tenerselo stretto. Infatti, Lucius pur di avere Narcissa tutta per sé ha gentilmente allontanato i suoi pretendenti e ha scassato la pura minchia al caro vecchio Cygnus Black. Lo ha detto anche a Draco quando si sono smaterializzati la prima volta tra i babbani subito dopo la scomparsa di Hermione.
Ho voluto riportare qui lo stesso concetto.

Punto namber for: Mark scappa come Draco.
Anche Mark si nasconde, scappa di fronte al suo “problema”. Hermione però non è d’accordo, perché scappare o cambiare continuamente lavoro per non rivelare la propria natura è solo controproducente e chi alla fine ci rimette non sono gli altri, ma se stessi.
Casualmente (ù_ù) Draco è lì che ascolta e onestamente gli avrei messo in mano il gatto a nove code, affinché si frustasse da solo la schiena.

Punto namber faiv: il confronto con Hermione. Il primo, almeno… ù_ù
Quando la vede aprire gli occhi, Draco è lì per lei. Ha sbagliato una volta e adesso deve rimediare.
Peccato che sbagli ancora una volta perché invece di dirle che lui l’ha cercata come un matto, che lui era in pena, che lui l’avrebbe sempre protetta, si mette a usare il plurale e Hermione se ne accorge subito perché è lì che sta solo aspettando che lui si metta finalmente in prima persona e che smetta di nascondersi dietro agli altri.
Non l’ha fatto.

Bene, i punti sono finiti, ma se per caso sentite che ho dimenticato qualcosa, sappiate che le recensioni servono a questo. ù___ù
Vi lascio con lo spoiler del prossimo capitolo.

“Hermione, io…”
“VATTENE!”

Oh-oh… chi è?
Coraggio, cacciate la pila perché devo comprare altre cose per la mia casetta. ù_ù

Bacioni, callistas.

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Capitolo 38
*** La vita di tutti i giorni ***


38 - La vita di tutti i giorni Ciao!
Sapete… a volte mi pare di parlare ostrogoto con voi. No perché… io vi dico di tenere sott’occhio un certo personaggio e per tutta risposta cosa mi dite?
L’esatto opposto!
Merlino benedetto! Ma come devo fare con voi?
*me sconsolata*
Rimane il fatto, ovviamente, che tutte le vostre recensioni, oltre ad avermi spaccato in sette dalle risate, mi hanno permesso di rifare a nuovo tutta la mia casetta. Ora ho le rifiniture in oro massiccio, il letto in legno di Platano Picchiatore, le lenzuola di seta verde-argento e il bagno che quello dei Prefetti è da considerarsi un cesso.

Ma vi prego! Effettivamente è stato bello spendere i vostri soldi sulla scommessa per lo spoiler che, nella mia infinita magnificenza, vi svelerò in questo capitolo.
Giuro: non ho mai goduto (pessima scelta verbale, lo ammetto ù_ù) così tanto nel vedere le vostre scommesse sullo spoiler così cannate come questo giro.
No, davvero. Smetto di blaterare come una cretina e vi lascio leggere il capitolo.
Ovviamente, ci si vede in fondo!
Buona lettura, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
LA VITA DI TUTTI I GIORNI

Hogwarts, Sala Grande
Venerdì 26 Aprile ore diciannove e trenta.
Quattro mesi dall’incidente.




Erano passati quattro mesi da quando Hermione era tornata alla sua vita normale. Quattro mesi in cui aveva dovuto faticare come un mulo per tornare ad avere fiducia in suo padre e sistemare la faccenda di Mark e Step.
Non li aveva mai dimenticati.
E come avrebbe potuto? A loro doveva letteralmente la sua vita e puntualmente, quando Silente autorizzava le gite a Hogwarts, lei si smaterializzava per andare a trovarli.

A causa della sua omosessualità, Mark aveva perso il posto di lavoro. La voce nell’ambiente si era sparsa e sembrava che nessuno volesse più avere niente a che fare con lui. Il poveretto stava per entrare in depressione, ma a quel punto arrivò Hermione. Non solo la ragazza gli aveva fatto riavere il suo posto di lavoro, ma gli aveva fatto avere un aumento spropositato di stipendio, la maggioranza delle azioni della società per cui lavorava, facendolo diventare automaticamente il direttore esecutivo e un appartamento al centro di Londra.
Quando Mark si era visto Smith davanti alla porta, fu tentato di sbattergliela in faccia. Ciò che lo indusse a farlo entrare, fu il suo pallore cadaverico, che tanto gli ricordava quella simpatia ambulante di Draco Malfoy. Anche Step era presente e Mark, per mantenere la parola data a Hermione, gli aveva circondato le spalle con il suo braccio e lo aveva sfidato a dire qualcosa di sconveniente. Vide Smith abbassare lo sguardo a disagio ma non gli importò. L’amica aveva sempre avuto ragione: non era un comportamento da uomini quello di rinnegare se stessi e la propria natura e quindi aveva iniziato a uscire alla luce del giorno, costatando con sommo stupore come le persone non li guardassero con aria schifata, ma più che altro con curiosità.
Specie i bambini.
Comunque… Mark stava per avere un accidenti quando Smith gli propose l’accordo.

“… ti… ti darò un sostanzioso aumento, Mark, la maggioranza delle azioni della Smith&Son e un attico in centro a Londra, gli arretrati, un rimborso per l’ingiustificato licenziamento e le ferie. Tutte quelle che vorrai.”
Step stava per morire all’istante e Mark… beh, Mark stava per seguirlo.
“Ma… è uno scherzo?”
Smith divenne più pallido.
“N-no… accetti?” – pregò l’uomo.
“Dio… sì che accetto!”

Quando Hermione si presentò dai ragazzi con un sorrisetto, Mark le raccontò tutto. Non svelò mai di essere stata lei ad aiutarlo a risolvere il suo problema. Non voleva ringraziamenti o attenzioni particolari, perché le sembrò in quel modo di ripagare, almeno in una piccolissima parte, il debito che mai avrebbe saldato con quei due ragazzi.
Hermione si era mostrata per quello che era a Smith, gli aveva fatto vedere di cos’era capace e quello doveva essersi leggermente spaventato.

E ora lì, seduta al suo tavolo di Serpeverde tra Albert e Blaise, stava cercando la soluzione per risolvere un altro problema, quello più grosso.
Quello che prendeva tutto il suo cuore.
Non negava di essere contenta per Draco. Una volta a casa, era stata portata al San Mungo, dove in tre giorni avevano guarito ogni sua ferita e lesione interna. Quando la dimisero dall’ospedale, era tornata a casa e suo fratello l’aveva letteralmente soffocata di attenzioni, raccontandole ciò che la sua assenza aveva portato alla famiglia dei Preston e dei Malfoy. Aveva saputo che Draco aveva finalmente riallacciato con suo padre un vero rapporto e lo vedeva ridere e parlare più spesso.

Dopo l’invio del Patronus, Lucius si era smaterializzato con Draco direttamente al San Mungo.
L’odore dei disinfettanti colpì subito il naso di Hermione, che lo arricciò disgustata. Sperava di non dover mai più mettere piede in un ospedale, babbano o magico che fosse, ma le sue preghiere non erano state esaudite.
In braccio a Lucius, Hermione si sentiva una bambina di cinque anni. L’uomo la sosteneva con entrambe le braccia, nemmeno fosse stata davvero una bambina piccola. Lo guardò e in quel momento si chiese dove fosse finito il Lucius Malfoy dell’inizio di quell’avventura, quello che per non soccombere al dolore serrava i denti fino a quasi farli spezzare, quello che alla fine della giornata si raggomitolava sulla sua branda di Azkaban e fissava il vuoto per delle ore, quello che, fin dalla prima seduta, aveva compreso quanto dolore e quanta sofferenza avesse causato… per niente.
La persona, l’uomo, che ora aveva davanti sembrava la personificazione di Hercules, poiché dimostrava di possedere una forza fisica disumana e uno sguardo deciso pari a quello di Zeus, in una delle sue tante raffigurazioni artistiche. Si accoccolò al suo petto, là dove c’era il cuore, che in quel momento sentiva battere come un martello.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì si ritrovò su un lettino, in una stanza singola.

Sua madre era stata la prima che aveva visto, seguita da Albert.
“Hermione! Oh, bambina mia! Sapessi com’eravamo in pena! Come ti senti?”
Fisicamente, stava più che bene. Le medicine magiche avevano fatto il loro effetto e i tagli erano guariti. Erano rimaste solo delle leggerissime cicatrici che nel giro di qualche giorno sarebbero definitivamente sparite.
Subito dopo Myra, vide Albert. Il fratello si sedette con attenzione sul lettino, attento a non muovere troppo la sorella.
Più indietro, ma comunque presenti, c’erano Lucius, Narcissa e Draco.
E suo padre.
Quando lo vide, Hermione si girò sul lato opposto e tirò su le coperte fino a nascondere la testa. Non era mai stata una vigliacca, ma era certa che nessuno si sarebbe azzardato a dire niente in merito a quel suo atteggiamento da ritirata.
Aveva subito tanti, troppi traumi, per non desiderare almeno un po’ di tranquillità. Chiedeva solo il tempo per riprendersi anche mentalmente.
La sua falsa famiglia, quella vera, Albert a Serpeverde, l’amore di Draco, la perdita di Ron e Harry, la situazione tra Ginny e Blaise… erano stati tutti fattori di stress e ora come ora voleva solo pensare solo a se stessa.

Quel gesto paralizzò Elthon e Draco.
Hermione aveva visto suo padre vicino a Draco, come se fossero stati due alleati, come se fosse stata una cosa del tutto normale vederli lì, insieme.
Vicini.
Beh, per quell’alleanza era davvero troppo tardi.

“Hermione?” – tentò Myra, ferita da quell’atteggiamento, pur sapendo a cosa fosse dovuto.
Per tutta risposta, Hermione serrò la presa sul lenzuolo e la genitrice non riuscì a non insistere.
“Hermione, ti prego…” – la supplicò Myra, di nuovo in lacrime.
Aveva pianto di dolore per quella Smaterializzazione Involontaria, di gioia quando l’avevano ritrovata e ora di nuovo di dolore per quella chiusura a riccio.
Sarebbe mai finita, un giorno?
“Myra, vieni… Hermione ha bisogno di riposare, ora.”
La voce ferma di Narcissa Malfoy permise a Hermione di allentare la presa sul lenzuolo mentre, con lo sguardo sbarrato e fisso nel nulla, aspettava di essere lasciata sola.
“Narcissa lei…” – disse Myra, guardando l’amica come se non capisse il motivo di quell’ennesima separazione.
“Avrai tutto il tempo che vuoi per stare con lei, ma ora ha bisogno di riposare. Forse è meglio se usciamo.”
Lentamente, uscirono tutti, tranne uno.
“Se ne sono andati.”
Hermione chiuse gli occhi, sentendosi confortata dalla presenza di Lucius. Non l’avrebbe mai detto che un giorno, l’uomo che aveva cercato di uccidere lei e la sua amica Ginny, sarebbe stato fonte di conforto.
Quante cose erano cambiate nel giro di neanche un anno?…
Hermione abbassò il lenzuolo e si mise composta.
“Non è fuggendo che si risolvono i problemi.” – disse Lucius.
Hermione non rispose, ma il suo petto aveva iniziato ad alzarsi e abbassarsi ad un ritmo troppo sostenuto.
“Tuo figlio è scappato, Lucius. Non vedo perché, per una volta nella vita, non possa farlo anche io.” – sibilò, gelida.
Lucius non se la prese, anzi. Era perfettamente d’accordo con lei.
“Perché poi te ne pentiresti.” – disse Lucius, prontamente.
“Adesso non ne ho voglia.” – disse, con lo sguardo puntato sulla parete di fronte.
“E quando l’avrai?”
“Non lo so. Adesso voglio solo starmene tranquilla.”
“Non farlo. Non arrenderti.” – disse Lucius.
Hermione lo fissò.
“Sono stanca.” – disse, perdendo quello sguardo di pietra, per assumerne uno decisamente più ferito e sconfortato. – “Tutti mi chiedono di resistere, di non mollare… ma mai che qualcuno sia forte per me.” – disse, riferendosi a Draco. – “Non sono fatta di pietra, Lucius. Ho bisogno anch’io di sapere che attorno a me ci sono persone pronte per aiutarmi a rialzarmi.”

Il padre aiutò il figlio a rialzarsi.

“Non potete continuare a pretendere da me cose che adesso come adesso non so se sono in grado di dare.” – chinò lo sguardo e si accarezzò la fronte in un gesto di puro sconforto.
Rialzò lo sguardo quando sentì Lucius posare una mano sulla sua spalla.
“Hai ragione, Hermione.”
Era la prima volta che la chiamava per nome.
“Ma tu sei una combattente nata e lo dimostra il fatto che tu sia qui, oggi, che io sia qui, oggi. Hai ragione nel volerti prendere del tempo ma quando prenderai una decisione, combatti per quella scelta.”
Le parole di Lucius furono un vero toccasana, perché se loro erano lì, se Lucius era lì in quel preciso momento, era solo perché lei era una combattente, perché quando si metteva in mente qualcosa la portava avanti fino a spuntarla su tutto e tutti. E sentire Lucius Malfoy incoraggiarla a non mollare fu la cosa più giusta che potesse mai sentirsi dire perché era stata lei ad avergli insegnato il coraggio di combattere per le persone che si amavano.
“Hai la mia parola, Lucius.” – disse Hermione, con lo sguardo fiero.
L’uomo annuì e poi la lasciò sola.




A casa, Hermione venne servita e riverita in tutto. Era davvero troppo sfibrata per tutta quella situazione che non si era opposta a farsi servire dagli elfi domestici quando sua madre o Albert, avevano impegni improrogabili.
Si era ridotta a rimanersene rintanata in camera, la stessa che aveva visto la sua forzata reclusione quando era stata “rapita” dai suoi veri genitori.
Mangiava e leggeva, leggeva e mangiava. Altro non sapeva che fare.
Oh, certo. E pensava.
Draco l’aveva subissata di lettere, tutte prontamente ritornate al mittente senza neppure aver staccato la ceralacca. Aveva ricevuto fiori, cioccolatini, pupazzetti di peluches – cosa che alle ragazze facevano piacere – ma anche lì tutto era tornato al mittente.
Aveva bisogno di tempo per pensare, senza pressioni esterne e con quell’atteggiamento Draco non l’aiutava di certo. Quando poi tornavano a casa, Albert e Myra erano la sua ombra. Si premuravano che mangiasse correttamente, che respirasse aria pulita e che si distraesse dai suoi pensieri.
L’unico che non si avvicinava a lei, un po’ per la presenza di Myra e Albert, un po’ perché quando lo vedeva Hermione diventava grande quanto un riccio, era Elthon.
Il fautore di tutto quel casino.
A Hermione si stringeva il cuore nel vederlo chinare il capo, e uscire dalla stanza in cui era lei per non aggravare la situazione, ma davvero non ci riusciva. Era più forte di lei.
Si era intromesso in una faccenda che non lo riguardava, aveva voluto pianificare la sua vita e scegliere cosa fosse bene o male per una persona che, con il suo curriculum di battaglie e decisioni alle spalle, sapeva fare questa distinzione senza l’aiuto di nessuno.
Era questo che forse le rodeva più di tutto: il fatto che non si fosse fidato di lei e del suo giudizio.

Tornata alla realtà, Hermione si ritrovò a giocherellare distrattamente con i piselli, mentre reggeva la testa con un pugno.
“Dovresti mangiare, sai?”
Si girò verso Blaise e gli sorrise stancamente.
“Non ho fame…”
“Sono quattro mesi che non hai fame.” – osservò Blaise.
Hermione sbuffò.
“Blaise, non iniziare.”
“Credi che arriverai agli esami in queste condizioni?”
Hermione sbuffò.
“Mi hai seccata.” – si alzò, catturando l’attenzione dei presenti, di uno in particolare. Uscì dalla Sala Grande, ignara che qualcuno la stesse seguendo.

Appena messo piede in casa, trovò Ginny e Blaise ad attenderla.
Fu Ginny ad andarle incontro per prima, piangendo per il sollievo nel rivederla sana e salva. Quando venne il turno di Blaise, per Hermione fu più difficile farsi abbracciare, non per pregiudizi nei suoi confronti, ma perché il moro le ricordava l’amicizia che aveva con Draco.
Andavano a trovarla quando potevano e cercavano di sollevarle l’umore per come potevano, evitando di tirare in ballo l’argomento Draco.

Erano stati molto gentili con lei, soprattutto Blaise che sembrava mortificato per l’atteggiamento assunto da Draco. Si sentiva quasi in colpa per il comportamento dell’amico, anche a causa di un certo discorso che aveva fatto a Ginny quando Hermione aveva confessato loro che sua madre era una Mangiamorte. Aveva lasciato l’amico e Hermione alla loro privacy e aveva detto a Ginny che se Draco l’avesse lasciata, le avrebbe spezzato le gambe.
Peccato che, sì, Draco avesse lasciato Hermione – seppur con tutti gli accorgimenti del caso – ma l’unica persona a cui voleva spezzare le gambe non era la ragazza, ma l’amico.
Perciò non seguì la ragazza, che aveva solo bisogno di starsene da sola e riflettere su tutta quella situazione.

Anche Draco la guardò uscire di gran carriera dalla Sala Grande e per quanto il cervello gli ordinasse di alzarsi e correrle dietro, le sue gambe sembravano incollate a terra.




Camminava a passo spedito verso il giardino. Doveva mettere più distanza possibile tra lei e… Malfoy. Si era ridotta a chiamarlo per cognome, pur di dimenticarlo.
Quando uscì, una leggera brezza primaverile le accarezzò il volto. Sembrò sentirsi meglio.
Era stanca, stanca dentro.
Quando alla mattina si svegliava, la prima persona che incontrava in Sala Comune era lui, quando andava a lezione, nessuno dei suoi compagni l’aveva aiutata, lasciandola vicina a lui, a pranzo era Albert che li divideva, anche se sentiva che erano ancora troppo vicini, la sera, quando saliva le scale per andare in camera lo vedeva uscire dalla camera di Pansy.
La prima volta che era successo aveva sentito letteralmente il sangue scendere dal volto fino ai piedi. Era entrata subito in camera sua e non era uscita per tutto il giorno, mettendo addirittura lo studio in secondo piano.
Il giorno seguente, Pansy andò da Hermione e le spiegò che se Draco era andato da lei era stato solo per parlare. Le credette, ma ogni volta che lo vedeva uscire dalla sua stanza era come ricevere un pugno nello stomaco.
E di notte… di notte non dormiva. E il letto matrimoniale non l’aiutava di certo. La mente andava sempre a quella notte di quattro mesi fa in cui aveva fatto l’amore con lui e si era scoperta una donna.
Si sedette pesantemente sui gradini. Era combattuta.
Da una parte voleva tornare indietro e baciarlo davanti a tutti, dicendo “la prima che lo guarda è morta!”, dall’altra non ci pensava minimamente a fare una cosa simile, perché il fatto che lui avesse rinunciato a lei così facilmente le aveva dato molto da pensare.
Quando si accorse chi si era seduto sugli scalini assieme a lei, fece un salto dallo spavento.
“Che diavolo ci fai tu qui? Vattene immediatamente!” – si alzò, ma lui si alzò con lei e le andò dietro in totale silenzio come un cagnolino bisognoso di attenzioni. Aveva uno sguardo terribilmente addolorato. – “Smettila di seguirmi!”
“Hermione, io…”
“VATTENE!”
Harry Potter si bloccò a metà strada.
“Non ho tempo di stare dietro a te! Non ho tempo di stare appresso a nessuno!”
Il Bambino-che-E’-Sopravvissuto avvertì un nodo alla gola molto doloroso.
“I-io…”
“Ma capisci quando la gente parla?” – iniziò a piangere. Tutto quello che era successo, tutta la stanchezza e lo sfinimento si fecero sentire in quel momento.
E avere il suo vecchio amico Harry davanti non fu certo di grande aiuto. Gli mancava, era inutile girarci intorno. Gli mancava immensamente e sapere che aveva rovinato tutto sia con lei che con Ginny per un motivo che non riusciva a capire fu doppiamente straziante.
“Sì…” – rispose lui, facendo cadere qualche lacrima.
Hermione si bloccò, credendo di avere le allucinazioni. Da quando Harry piangeva?
“Capisco, ma… mi dispiace di aver rovinato tutto, Hermione!” – poi, scoppiò a piangere, coprendosi il volto con le mani.
L’unica volta che Hermione aveva visto Harry piangere fu al Torneo Tre Maghi, quando Cedric morì.
“Harry?”
Il ragazzo non alzò la testa, non aveva il coraggio di guardarla in faccia.
“Mi dispiace, mi dispiace…” – continuava a ripeterlo.
E lei era sul punto di credergli.




Da lontano, Draco osservò impietrito tutta la scena. Doveva intervenire, ma qualcuno lo fermò per il braccio. Si girò di scatto e…
“Weasley, lasciami!”
“No.”
“Non lascio Hermione da sola con…”
Il sopracciglio corrucciato di Ginevra lo fermò.
“Seguimi, devo dirti una cosa.”
“Adesso? Tu devi dirmi una cosa adesso? In questo momento? Ora?”
“Sì, adesso. In questo momento. Ora.” – ripetè lei.
A malincuore, Draco la seguì.




Harry e Hermione si ritrovarono a passeggiare per i giardini di Hogwarts, come i vecchi tempi, anche se l’antica armonia era stata irrimediabilmente compromessa.
Il ragazzo non aveva smesso un secondo di piangere, ma almeno aveva smesso di singhiozzare. Hermione era palesemente a disagio, non parlava con lui da mesi ormai.




“Tu sai cos’è l’Anima Revelat Carmine, Draco?”
“Dovrei?”




“Non… non ho parole sufficientemente adatte per dirti come mi sento per come ti ho trattata, Hermione.”
La riccia lo ascoltò attentamente. Aveva un tono di voce molto diverso dalle scuse che aveva ricevuto all’inizio. Le sembrò sinceramente dispiaciuto.
“Nemmeno io, Harry.”
Il ragazzo la fermò per un braccio, e come se si fosse reso conto di aver osato troppo, ritrasse le mani e se le massaggiò, come se si fosse scottato.
Anche Hermione portò la mano sinistra sul punto in cui Harry l’aveva toccata. La sentiva bruciare.
“So… che non po-potrò mai recuperare ciò che c’era tra di noi, ma…”
Hermione si girò di scatto. Aveva già capito, dove volesse andare a parare.
“Cosa vuoi da me, esattamente?”
“Sa-sapere… se…”




“… è magia oscura, Draco.”
Il biondo corrucciò un sopracciglio.
“Rivela la vera essenza delle persone.”
Draco la guardò come un tempo: come un insetto da schiacciare. Gli stava facendo perdere del tempo, e lui non ne aveva da buttare in quel modo.
Poi, capì.
“Non sarà…?” – alitò, sconvolto.
“Sì.”




“Non credi di pretendere troppo?” – chiese lei. Notando che Harry era sinceramente dispiaciuto del suo comportamento, Hermione decise di non infierire, nonostante ne avesse tutti i diritti.
Harry non aveva smesso un secondo di macinarsi le mani.
“Sì, ma… mi manchi…” – pigolò lui.
“Anche se ti perdonassi, cosa che non so se riuscirò mai a fare, credo ci sarebbe un altro problema da affrontare.”
A Harry sembrò che Hermione gli stesse fornendo indirettamente la soluzione.
“Quale?”
“Il tuo amico Ron.” – specificò lei, puntandogli l’indice contro per avvalorare quanto Ron non facesse più parte della sua vita.
A Harry non sembrò più un problema. O per lo meno, un problema difficile da risolvere.
“Cioè?”
Hermione sbuffò, infastidita dal dover spiegare quell’ovvietà.
“Siete culo e camicia. Quello che dice uno lo dice l’altro, vivete in simbiosi.”
“No!” – esclamò lui. – “Io… io ho preso le… distanze da Ron.”
Se un attimo prima era sorpresa, l’attimo successivo lo stupore svanì.
“E quanto durerà? Una settimana? Quindici giorni? Un mese prima che tu torni a fare comunella con lui?”
Harry chiuse gli occhi, mentre alcune lacrime scendevano dagli occhi, borbottando qualche maledizione tra i denti, molto probabilmente rivolta a se stesso. Sì, un tempo sarebbe stato così.
“Non… non credo che tornerò a volere la sua compagnia.”
“E perché?”
“Perché lui non si è reso conto di ciò che ha fatto e credo che mai lo farà.”




Draco, invece, era preda del terrore. Ginny, invece, sembrava calmissima.
“Tu… questa non può essere la verità!” – disse, guardandola sgomento.
“Non ci ho creduto nemmeno io, all’inizio.”
Il biondo fece un salto.
“Lo sapevi? Da quanto?”
“Dal ballo di Hermione. Me lo ha detto Blaise perché ha origliato. Come al suo solito.”
Draco la guardò dall’alto in basso, incredulo. Non sapeva decidersi se essere furente con Blaise per non averglielo detto subito o indignato con la Weasley per la leggerezza con cui trattava l’argomento.
“E ti è andata bene così?”
“Non credere che ne sia stata felice anch’io, eh?”
Il biondo si passò una mano tra i capelli, sconvolto.
“Non ne sei stata felice? Eri innamorata di lui!” – obiettò Draco.
“Giusto. Ero.”
Draco iniziò a fare avanti e indietro nell’aula vuota. Non riusciva a crederci.
“Potevi tornare con lui!”
“Sì, potevo, ma se ci rifletti bene, capirai che non avrei fatto un bell’affare.”
Draco la guardò, sconvolto. Era convinto che quella ragazza fosse totalmente innamorata di Potter!
“E perché?”
“Perché Harry è chi in realtà ha dimostrato di essere in questi mesi. E onestamente credo di meritare di meglio.”
“Ma se Silente non avesse usato quell’incantesimo, Potter non avrebbe mai dato sfogo alla sua vera natura!”
“La vera natura delle persone, prima o poi, salta sempre fuori. Rinnegarla, alla lunga, porta le persone a vivere male.”
“Io… non ti capisco… lo amavi!”
“Continui a centrare il punto della situazione. Lo amavo, passato. Amo Blaise, presente. E futuro.” – specificò.
“Cazzo… se Hermione lo viene a sapere non mi vorrà più vedere!” – disse, comprendendo la gravità della situazione, se Hermione avesse scoperto quel particolare.
“Perché?”
“Vorrà stare tutto il tempo con Potter!” – sbottò, stizzito dal dover spiegare quell’ovvietà.
“Hermione è intelligente. Capirà.”
Draco era allibito. La faceva facile lei che c’era già passata, ma Hermione?
“Non… non capisco se vuoi che glielo dica o meno…”
“A te la scelta. Blaise me lo ha detto, dopo un bel po’, però.”
“Che hai fatto?” – ebbe quasi timore a porgere quella domanda.
“Volevo lasciarlo.”
Draco sbiancò.
“Ma… ma…”
“Ma se fossi in te, non le direi niente.”
Draco era allucinato. Quello doveva essere per forza di cose un universo alternativo, perché era impensabile che Ginevra Weasley gli avesse appena suggerito una cosa che nemmeno un Serpeverde avrebbe fatto.
“Conosco Hermione, presuntuosamente molto bene. Adesso sta passando un brutto periodo, no? Le serve tempo per capire ciò che sta accadendo attorno e dentro di lei.”
“Cosa mi stai dicendo? Puoi essere più chiara, per favore?”
“Hermione ha bisogno di impegnarsi con tutte le sue forze per negare qualcosa, per poi capitolare e rendersi conto che non ne può fare a meno. Ho il sospetto che sarà così anche per voi.”
“Non puoi sapere come sarà il futuro!” – obiettò Draco.
“Lo so, ma so com’è fatta Hermione. Non dirle niente, Draco. Dimenticati tutta questa storia. Io te l’ho detto perché era giusto farlo. Ha già sofferto abbastanza. Non toglierle quell’ultima certezza: potrebbe esserle troppo dannoso.”
“Quale certezza?”
“Di aver combattuto per qualcosa, di aver affrontato Voldemort e combriccola per salvare l’amore di Silente. Se venisse a sapere che quello che lei riteneva essere l’incarnazione dell’amore è in realtà uno sporco egoista che non esita a sacrificare una vita per i suoi affari, la annienterebbe per sempre.” – Ginny si girò e se ne andò, lasciando Draco da solo.
E con una bella gatta da pelare.




“Harry, rimane il fatto che per te è un fratello. La sua famiglia ti ha accolto in casa, nonostante non ne fossi parte effettiva. Questa cosa alla fine peserà sulla tua decisione.”
Harry scosse la testa.
“Non la farò pesare, te lo prometto!”
Hermione sbuffò, comprensiva.
“Non peserà i primi tempi. Poi…”
“Poi troverò un lavoro! Avrò una casa tutta mia! Avrò una famiglia tutta mia!” – urlò, convinto che le sue urla potessero convincerla di più. – “Continuerò a vedermi con Molly e Arthur, ma Ron sarà fuori dalla mia vita! Io, a te, ti ci voglio dentro!”
Hermione sentì gli occhi pungerle. Quanto voleva crederci? Tanto, troppo e disperatamente, ma come faceva a sapere che Harry non l’avrebbe pugnalata nuovamente alle spalle? Sgranò gli occhi quando lo vide inginocchiarsi. Controllò in giro, ringraziando Merlino che nessuno fosse nei paraggi in quel momento.
“Non sono così stupido da chiederti di ricominciare da dove abbiamo lasciato. Sarei stronzo e ipocrita. Ti chiedo solo di ricominciare daccapo. Io e te. Hermione ti prego… in nome di quello che c’è stato un tempo, ti chiedo solo una possibilità! L’ultima!”
Hermione sentì il labbro inferiore tremarle.
Cazzo se voleva dargli una possibilità!
“Io… io credo…”
“Ti prego…” – si mise a carponi.
“Harry, diamine, alzati!” – esalò Hermione, con il ragazzo avvinghiato alle sue gambe.
“Non finché non mi dirai che ho qualche possibilità di tornare a parlarti!”




Quando Draco uscì sul porticato, vide Hermione chinata a terra che abbracciava Potter.









Da quel giorno, Draco e Hermione si allontanarono definitivamente. O più precisamente, Hermione si staccò da Draco e anche un po’ dal fratello. Per Albert non ci furono grossi problemi: Potter non avrebbe mai potuto competere con lui, semplicemente perché lui era suo fratello. Hermione gli aveva detto che Harry chiedeva un’ultima possibilità e lei, dopo sei lunghi anni passati a Grifondoro, ricordava ancora qualcosina degli insegnamenti di quella casa e aveva deciso di dargliela.
Era passato un mese esatto e quel giorno, per Harry, era festa nazionale.

“Buon giorno!”
Hermione si girò e gli sorrise. Il suo sorriso si ampliò quando tra le mani del ragazzo vide un pacco con un fiocco rosso argento.
“Buon giorno a te, Harry. Cos’è?” – chiese, prendendo in mano il pacco che il ragazzo le porse.
Harry si sedette accanto a lei nel banco che divideva con Malfoy. Sapeva che l’amica – gli piaceva definirla così nella sua mente – arrivava sempre con qualche minuto d’anticipo e aveva colto la pluffa al balzo per darle subito il suo regalo di mesiversario.
“Un regalo per te.”
Hermione accarezzò il fiocco. Le era sembrato che la sua nuova casa di appartenenza non gli pesasse più di tanto, visto che ogni cosa che faceva cercava di mettere in mezzo i colori verde e argento o fare paragoni – il più delle volte positivi e con non poco sforzo – verso la sua casata. Lo apprezzò veramente tanto, segno che Harry si stava impegnando seriamente per cercare di rimettere a posto le cose.
“Questo l’avevo capito, ma perché?” – anche se non capiva il motivo del regalo, Hermione prese il pacco e iniziò a scuoterlo, ponendo l’orecchio su di esso, come ogni buon curioso che si rispetti.
“Per il nostro primo mesiversario.”
Hermione lo guardò perplessa e divertita.
“Per il nostro cosa?”
“Mesiversario.” – ripeté lui convinto. – “Un mese fa mi hai dato una seconda occasione.”
Per Hermione fu impossibile trattenere un sorrisone.
“Non dovevi!”
“Allora me lo riprendo.” – le tirò via il regalo dalle mani, ma lei fu più lesta a trattenerlo.
“No!” – disse, ridendo. – “Aspetta che lo apro.” – Hermione scartò il regalo con foga, perché era troppo curiosa. Quando vide cos’era il suo regalo sbiancò. – “Harry, ma…”
“So che l’avevi sempre voluto, perché è l’edizione più completa.”
“Non… non dovevi! Grazie!” – lo abbracciò con un braccio, mentre l’altro reggeva il suo tomo di millecinquecento pagine di Antiche Rune, un’edizione speciale che aveva una tiratura di sole cento copie. Quel libro, praticamente, avrebbe potuto sostituire tutti e sette i libri, poiché era il più completo.
“Figurati. Scusa, adesso vado che entra la McGranitt.”
Hermione annuì distrattamente, mentre con la mano accarezzava la copertina.
“Ok.”
Due secondi più tardi entrò Draco e si sedette al suo banco.
“Ciao.” – salutò lui.
“Ciao.” – rispose lei, a disagio.
Ormai si erano ridotti a quello.
“Un nuovo acquisto?” – chiese, mentre estraeva il necessario per la lezione.
Hermione lo ripose nella borsa. Era quasi invidiosa che Draco lo potesse vedere. Era una cosa solo sua!
“Un regalo.” – non sapeva perché lo facesse, ma le risposte che gli dava erano esclusivamente frecciatine. In quel poco tempo che erano stati insieme, il ragazzo si era dimostrato molto geloso e molto possessivo nei suoi confronti e ogni ragazzo che si soffermava a guardare Hermione per un periodo di tempo che andava oltre il mezzo nanosecondo, veniva automaticamente incenerito.
Che poi le cose fossero andate com’erano andate, era un altro paio di maniche. Fatto sta che a Hermione veniva automatico lanciare quelle risposte. Non sapeva perché, forse per suscitare una sua reazione, davvero non lo sapeva. Lei per prima non lo voleva più vedere, ma allo stesso tempo sperava di cogliere qualsiasi segno da parte sua che le facesse sperare in un pentimento o qualsiasi altra cosa che le avrebbe fatto capire che lui la volesse indietro.
“Di Albert?”
Ma niente. Draco sembrava aver rinunciato a lei definitivamente. Da una parte lo capiva: suo padre aveva usato tutta la sua arte oratoria di Auror per minare la sua autostima, riportando a galla errori e scelte che il biondo aveva compiuto più per errati insegnamenti che per convinzioni vere e proprie, ma aveva sperato che da parte sua vi fosse qualcosa di più solido, qualcosa che gli avrebbe fatto alzare la testa e dire “ma vaffanculo! Hermione è mia!”. Avrebbe perfino tollerato che mandasse a quel paese suo padre, purché le dimostrasse di tenerci a lei.
Invece, alla prima occasione aveva mollato.
Quel suo disinteresse la faceva star male, malissimo. Sembrava non curarsi più di lei. Pur di vedere quella reazione, che in realtà aspettava più di quanto potesse immaginare, si fermava a chiacchierare con i ragazzi del suo anno, elargiva sorrisi a destra e a manca e, talvolta, si era ritrovata a flirtare sottilmente con McLaggen. Poi si era accorta che stava risultando patetica e aveva smesso.
“No.”
“Capisco. Senti scusa, posso usare il tuo inchiostro? Il mio me l’ha finito Blaise.”
Hermione gongolò dentro di sé. Usare la stessa boccetta d’inchiostro significava sfiorarsi accidentalmente le mani. Allora lui provava ancora qualcosa per lei!
“Sì, nessun problema.” – rispose lei, noncurante.
Draco non ringraziò. Non era nella sua natura.
Quando la McGranitt entrò, salutò gli studenti e si accinse a spiegare la lezione. Passeggiò tra i banchi, spiegando come la Trasfigurazione si sia evoluta nel tempo, l’utilizzo improprio che a volte ne era stato fatto e via dicendo.
Per tutta l’ora, Draco non si avvicinò mai alla boccetta d’inchiostro quando c’era la mano di Hermione. La ragazza iniziò a pensare di essere veramente una stupida. Cos’era? Adesso anche la sua vicinanza la schifava? Era tornata ad essere la schifosa mezzosangue?
Trattenne le lacrime per puro miracolo, anche se aveva una gran voglia di piangere.

Ginny, seduta sulla stessa fila di Draco e Hermione, guardò con crescente disappunto il comportamento di Draco e ragionò su quello totalmente sbagliato di Hermione.
Uno la ignorava, l’altra faceva di tutto per catturare la sua attenzione. Quando si girò per tornare a scrivere, incrociò lo sguardo del suo ragazzo. Gli sorrise, ma scosse la testa e indicò con un cenno veloce del capo la coppia-che-scoppia. Il moro annuì concorde.




Quando suonò la campanella che decretò lo stacco per il pranzo, molti sospiri di sollievo riempirono l’aula di Trasfigurazione.
“Andiamo a pranzo insieme?”
Hermione sorrise.
“Scusa Ginny, ma voglio portare in camera questi libri. Ci vediamo più tardi, ok?”
“Sì, d’accordo.” – si girò e si scontrò contro il suo ragazzo. Sorrise sorniona. – “Mi scusi, non l’avevo vista.”
“Mi piace quando mi dai del lei.” – disse Blaise, baciandola con languore.
In quel momento passò Harry. Provò un vero colpo al cuore quando vide la sua Ginny ridere e baciarsi con qualcuno che non fosse lui. Ginny ricambiò lo sguardo e con un leggero cenno del capo lo salutò. Blaise si girò di scatto, fulminando con lo sguardo l’intraprendente che aveva osato guardare la sua ragazza.
Gli venne un mezzo colpo quando vide che era Potter. Guardò la sua ragazza, che gli sorrideva felice.
“Vuoi farmi morire?”
Ginny gli allacciò le braccia al collo con molta, troppa sensualità.
“Sarebbe un’idea…” – sussurrò a fior di labbra. – “… così giochiamo al paziente e al dottore.”
Blaise chiuse gli occhi e sorrise divertito. Quella ragazza sarebbe stata la sua rovina!
“Ginny?”
“Mmmm?”
I piccoli baci a stampo che gli stava dando erano molto pericolosi.
“Stai rischiando…”
“Hai sempre detto che con te sono al sicuro…”
Blaise si chiese perché le donne dovevano essere così maledettamente abili nel ribaltare le frittate.
“Blaise?” – mugulò lei, facendolo eccitare a dismisura.
“Cosa?” – pigolò lui, con un’erezione nei pantaloni che minacciava di esplodere.
“Ho voglia…”
“Oh, Merlino benedetto!” – esclamò eccitato e sgomento il ragazzo che, con un incantesimo non verbale, chiuse la porta.









“Ancora?!?”
Hermione era a dir poco sbigottita. Non riusciva a capire chi cazzo era lo stronzo-barra-coglione che continuava a mandarle quei fottuti bigliettini!
E benvenuta, modalità scaricatore di porto on.
Quella storia andava risolta! Come se non avesse abbastanza gatte da pelare, adesso si aggiungeva un coglione che entrava indisturbato in camera sua!
Sul letto, attaccato ad un mazzo di rose rosse, c’era un bigliettino, come al solito.
“Tutto.” – lesse Hermione. – “Ma tutto che, porca miseria?” – era frustrata.
Ogni mazzo che le arrivava, era accompagnato da un bigliettino. Non c’era scritta una frase normale come ogni biglietto che si rispetti, corredata da una firma, no! Quel cretino doveva essere un decerebrato mentale perché ogni singolo biglietto inviatole recava solo una parola.
Come per i precedenti, prese il biglietto e lo buttò nel cestino e poi scese in Sala Grande per il pranzo.
Era stufa marcia.









Blaise arrivò praticamente insieme a lei.
“E tu da dove arrivi?” – chiese Hermione. Lo guardò divertita quando vide lo stampo di un rossetto sulla sua camicia.
“Da…”
“Dì a Ginny di togliersi il rossetto la prossima volta.”
“Cazzo…” – fece Blaise, mentre cercava con la mano di tirare via la prova.
Gratta e netta. Ecco fatto.”
“Grazie.”
Era strano trovarsi davanti a Blaise dopo che l’aveva trattato in quel modo.
“Blaise, senti…”
“Non ti preoccupare.”
“No, davvero. Mi dispiace per come ti ho trattato. Non lo meritavi.”
“Ti ho detto di non preoccuparti. Una cosa però…”
“Cosa?”
“Non ti importa davvero più niente di lui?”
Il silenzio di Hermione parlò da solo.
“Hermione, non credi che dovresti…”
“No.” – disse decisa. – “Blaise, io non conosco il suo passato. Non nei dettagli, per lo meno. Ma Albert mi ha detto che non ha avuto una vita facile, anche se era ricco sfondato.”
“Allora perché…”
“Perché io l’ho accettato per quello che è.” – disse, con gli occhi lucidi. – “Credevo… credevo che l’avesse capito, lo speravo. A me non importa se ha il Marchio Nero e non m’importa che gli abbiano ordinato di uccidere Silente. Quando stavamo insieme, ha cercato di dimostrarmi che era diverso, che non era solo un Malfoy, ma che era anche Draco. Mio padre è stato davvero meschino: gli ha sbattuto in faccia i suoi errori, senza tener conto del fatto che stava cercando di porvi rimedio. Ma lui non ha fatto niente.” – alcune lacrime le rigarono il viso. Aveva un respiro calmo e la voce ferma, ma nonostante questo piangeva. Era come se avesse fatto le prove per arrivare a quel risultato. – “Ha… ha permesso che qualcuno si frapponesse tra me e lui. Mi ha dato quasi l’impressione che non vedesse l’ora.”
Blaise sgranò gli occhi.
“Questo non lo devi nemmeno pensare! Tu… tu non hai idea di quanto quel ragazzo ti ami!”
“E perché non me lo ha dimostrato, allora?” – aveva la risposta sempre pronta, la piccola Hermione. – “Perché minacciare inutilmente a destra e a manca dei ragazzi che mi chiedono un chiarimento su un compito, ma al momento giusto… non ha fatto niente?”
“Hermione… mi dispiace per quello che stai passando, davvero. Ma chiediti una cosa: sei davvero disposta a passare una vita senza di lui per mantenerti coerente nei tuoi pensieri?”
La ragazza sgranò gli occhi.

“Stando al tuo ragionamento, tutti noi siamo ipocriti, Draco, ma ogni giorno milioni di persone cambiano idea, tornano sui propri passi, modificano la loro opinione… cos’è? Dobbiamo smettere di parlarci per essere coerenti con noi stessi? Ma cosa otterremmo? Nessuno parlerebbe più con nessuno e saremmo solo un branco di singoli individui. E io… voglio qualcosa di più di questo.”

Questo gli aveva detto dopo che lui aveva iniziato quel discorso sul perché avevano iniziato a parlarsi civilmente. Era stato dopo il ballo e lei gli aveva dato appuntamento alla Torre di Astronomia.
E poi l’aveva baciata.
Se ci ripensava, vibrava tutta.
Senza volerlo, Blaise la stava facendo ragionare. Come poteva pretendere di fare la morale agli altri quando lei per prima non metteva in pratica i suoi stessi insegnamenti? Beh, perché è molto facile fare i maestri quando si tratta degli altri. Il problema sorge quando si viene coinvolti in prima persona.
Eppure, ancora non riusciva a sbloccare quella situazione. Se solo avesse visto un qualsiasi movimento da parte del ragazzo non ci avrebbe pensato su due volte, ma con la calma piatta che c’era nell’aria non voleva rischiare di fare un passo per poi sentirsi dire “beh, è stato bello finchè è durato”. No grazie.
Non ci teneva proprio.
“Scusami con Albert, ma mi si è chiuso lo stomaco.”
Blaise annuì. Era certo che Hermione avrebbe fatto la cosa giusta. Era solo questione di tempo.
Sperando solo che non sarebbe stato troppo tardi.









Note di me:

Arrivati a questo punto, sarei veramente curiosa di vedere le vostre facce.
HAHAHAHAHA!
Ognuna di voi era assolutamente certa/o che lo spoiler riguardasse Hermione che urlava contro Draco o Elthon.
Spiacente, era Harry.
Torno alle note iniziali, in cui quando vi chiedevo di tenere d’occhio Harry e voi avete fatto l’esatto opposto. Io cerco anche di darvi le imbeccate, ma proprio non riuscite a vederle, eh? ^____________________________^

Vabbè, dai…
Questa volta, niente sviluppo dei punti principali del capitolo. Voglio vedere se siete state attente, che la volta prossima interrogo. ù_ù
*callistas perde tutti i lettori ç_ç*

Rimane comunque il fatto, che spero che il capitolo vi sia piaciuto, dispiacendomi nel comunicarvi che manca veramente poco alla fine di questa storia. Mi piange il cuore…

Comunque, la parola fine non è ancora stata scritta e prima di arrivare a scrivere quelle quattro lettere in fila, vi lascio il prossimo spoiler.

Harry si avvicinò a lei, lentamente. Fu lo sguardo a metterla in allerta.
“Ha-Harry?”
“E poi solo un pazzo non ti vorrebbe al proprio fianco.”
Sgranò gli occhi quando sentì le braccia di Harry avvolgerle la vita.

‘azzo…
Che diavolo sta facendo Harry-Che-Cazzo-C’entri-Potter?
Vuole Hermione?
Mah…

Buona logorante attesa, callistas.
^_________________________________________________________________^

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Capitolo 39
*** Ti aspetto dove tutto è iniziato ***


39 - Ti aspetto dove tutto è iniziato Allora.






Onestamente, è tutto quello che mi viene da dire, cioè niente.
Il che, è tutto un dire.
So solo che questi otto mesi che abbiamo passato insieme sono stati i più divertenti che io abbia mai trascorso. Volevo solo farvi notare una cosa: questa storia è a quota 703 recensioni, non avete la più pallida idea di cosa significhi questo per me.
Voi siete stati la mia fonte d’ispirazione, perché con i vostri commenti, le vostre osservazioni e i vostri modi di dire nel vostro dialetto mi hanno fatta ridere e talvolta ispirata per altre storie.
Ma questa è, come si dice, un’altra storia. ^_^

Ufficialmente, la storia sarebbe finita qui.
Ufficiosamente, ho messo un paio di capitoli extra.
Ma prima di questi due capitoli, voglio che vi gustiate questo, quello conclusivo.

Buona lettura, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
TI ASPETTO DOVE TUTTO E’ INIZIATO

I giorni passavano e gli esami si avvicinavano lenti, ma inesorabili.

Era Maggio inoltrato e un piccolo ma caldo sole, illuminava le giornate degli studenti che, capita l’antifona degli esami, passavano il loro tempo chiusi in biblioteca o nelle proprie sale comuni a ripassare. Si crearono veri e propri gruppi di studio, basati sulla necessità di passare per lo meno con la sufficienza e che quindi facevano in modo che la casa di appartenenza di quello o l’altro studente passasse decisamente in ultimo piano.
Tassorosso, Corvonero, Serpeverde e Grifondoro si univano allo stesso tavolo e cercavano di studiare assieme, senza venire alle mani.
Specie le ultime due case.

Il gruppo di Hermione era composto di elementi di tutte e quattro le case: Grifondoro per forza, perché c’erano Ginny e Harry. Con quest’ultimo, Hermione aveva recuperato buona parte del rapporto. Da parte del moro non c’erano più stati episodi di egoismo acuto e ciò aveva in parte aiutato Hermione a passare il tempo e a svagare la mente dalla sua storia ormai finita con Draco.
Ron era rimasto sempre lo stesso. Ultimamente aveva legato tanto con ragazzi di Tassorosso e Corvonero, mantenendo sempre quell’atteggiamento da sbruffone che aveva indotto Hermione a prendere le distanze da quella casa. Sembrava essersi dimenticato di Harry e di sua sorella che, nonostante tutto, non poteva impedirsi di soffrire per aver perso un fratello.
Ovviamente, non era nel gruppo di Hermione.
La riccia beccava spesso Harry guardare il vecchio amico con uno sguardo addolorato e ogni volta il dubbio che potesse tornare sui suoi passi la spaventava a morte. Poi Harry si girava verso di lei e con quel suo sorriso fiducioso, quello che tante volte le aveva riservato durante la ricerca degli Horcrux, la rassicurava, mimandole sempre la frase “ti voglio bene”.
Eppure Harry non poteva non ripensare a tutti i momenti vissuti fino a quell’anno, a tutte le punizioni scontate quasi con allegria, ai compiti copiati, agli allenamenti di Quidditch… con nostalgia.
Era sempre stato un ragazzo dal perdono facile, lui. Quando durante il Torneo TreMaghi Ron aveva creduto che Harry vi si fosse iscritto solo per accrescere la sua fama e quando aveva abbandonato lui e Hermione durante il viaggio per raccogliere quei maledetti Horcrux, Harry lo aveva sempre perdonato.
Ma in quel momento, dopo quello che aveva saputo, non se l’era sentita di perdonarlo per l’ennesima volta e il suo motivo era lì, che lo guardava spaventata, che si chiedeva il motivo di quello sguardo addolorato.
Ma lei non avrebbe mai saputo la verità, non dopo tutto il male che aveva dovuto sopportare anche a causa sua. Almeno quello glielo doveva.




Durante una pausa tra una materia e l’altra in cui tutti gli studenti del gruppo erano usciti per mangiare qualcosa, sgranchirsi le gambe e arieggiare il cervello, Hermione era rimasta in aula per controllare alcune nozioni.
“Ehi, tu non vieni fuori un po’?”
Hermione si girò e sorrise.
“No, devo controllare un paio di cose.”
“Dai, almeno apri la finestra. C’è aria viziata.”
Con un incantesimo non verbale, Hermione fece ciò che Harry le aveva suggerito. Una piacevole brezza tiepida le arrivò alle spalle. Chiuse per un istante gli occhi e sorrise, beandosi di quel tocco e del profumo di sole e primavera che le invase i sensi.
“Dai, tu esci un po’, te lo meriti. Ti stai impegnando in questo periodo.”
“E vorrei ben vedere!” – esclamò lui, facendola ridere. – “Non ho intenzione di stare qui dentro un altro anno.”
Lo guardò sorpresa.
“Non ti piace Hogwarts?”
“No, non è quello. E’ che non riuscirei ad affrontare altri basilischi, tornei o pietre che garantiscono la lunga vita.”
Hermione rise.
“Dai, quei tempi sono passati.”
“Già…” – fece Harry con un sospiro. Fissò per qualche istante il pavimento e poi rialzò lo sguardo. – “Senti, posso chiederti una cosa?”
“Dimmi.” – Hermione era tornata a correggere il compito di Pansy. Certo che se quella ragazza non imparava a scrivere problema con la “p”, avrebbe dato di matto!
“Mi dici perché Malfoy continua a fissarti?”
La piuma si bloccò a mezz’aria. Harry non poteva aver detto quello che aveva detto! Era impossibile e illogico! Si girò lentamente.
“Come hai detto?”
Il ragazzo estrasse dalla sua borsa una mela e la addentò. Se non poteva uscire per raffreddare il cervello, allora avrebbe mangiato dentro.
“Malfoy.” – ripeté. – “Continua a fissarti. Perché?”
Hermione sorrise, materna.
“Avrai sicuramente le allucinazioni da troppo studio. Capita a chi non ne è abituato.”
“Ha-ha-ha.” – fece il moro, per nulla divertito. – “Allora?”
“Allora cosa?” – anche se continuava a leggere il tema di Pansy, non riusciva ad andare oltre alla quinta riga.
“Malfoy. Continua a guardarti. Mi dici il perché?”
Hermione abbassò le spalle e si girò.
“E come faccio a saperlo?”
“Dimmelo tu…”
“Io non…”
“… dato che lo fissi anche tu.”
Il suo volto divenne scarlatto in un secondo. Harry gongolò nell’essere riuscito a prendere in castagna la sempre preparatissima Hermione Granger.
“Non so di cosa tu stia parlando.” – si rigirò verso il compito e, per non farsi vedere in volto, si girò pure con la sedia.
Il rumore che Harry provocava mentre addentava la mela fu una specie di tortura cinese.
“Sicura?”
“Sì.” – disse, dandogli le spalle.
“Allora dimmelo guardandomi negli occhi.”
Hermione cacciò un urlo quando se lo trovò improvvisamente davanti.
“Ma vuoi farmi morire?”
“No. Voglio farti rispondere. Coraggio!”
“Io non…” – ma gli occhi grandi e curiosi di Harry la fecero capitolare. – “Io non… non…”
“Non?” – la sfidò gentilmente lui.
“Non lo so…” – soffiò, abbassando lo sguardo.
“E io te lo richiedo. Sei sicura di non saperlo?”
“Harry, lascia perdere.” – lo sentì ridere, come se le avesse raccontato un aneddoto divertente.
“Non lo farò. C’è qualcosa tra voi due?”
La semplicità e la calma con cui pronunciò quella domanda la fecero riflettere.
“Da come lo chiedi, sembrerebbe che non t’importi se la risposta fosse affermativa.”
“Infatti è così.”
Hermione sgranò gli occhi e lo guardò di scatto.
“Nel senso che mi importerebbe, ma non ne farei una tragedia.”
“Harry, sicuro di star bene?”
“Oh, mai stato meglio.” – disse, appellando una sedia e sedendosi su di essa al contrario davanti a Hermione. – “Allora? Cosa bolle nel calderone?”
Hermione guardò per un attimo fuori dalla finestra.
“Bolliva.” – disse, usando il passato. – “Ma è tutto finito.” – disse, con un sorriso triste.
“Puoi riprovare quando sarai lontanamente sincera, almeno con te stessa?” – chiese lui.
“Harry, non ho voglia di parlarne.”
“State insieme?” – insistette lui.
“Stavamo.” – si ritrovò a dire lei. Si era buttata contro lo schienale della sedia e guardava il soffitto.
“E… non state più?”
“No.” – disse, riassumendo una posizione più composta.
“Perché?”
“Harry, non mi…”
“Perché?”
Hermione sbuffò. Era peggio di un trapano quando ci si metteva!
“Perché non teneva a me quanto io tenevo a lui. Tutto qui. L’interrogatorio è finito, adesso?”
“E ti sei fatta mollare così, senza dire niente?”
Hermione corrucciò un sopracciglio. Cosa? Aveva capito bene? Adesso la colpa era sua?
“Prego?”
“Scusa, ma io conoscevo una ragazza, sai… si chiamava come te e ti assomigliava molto, ma… aveva decisamente più palle. Non avrebbe mai permesso alle persone di farla star male.”
Hermione si zittì. Non è che quello che aveva davanti era Blaise e aveva preso la Polisucco?
“Harry, un rapporto va mandato avanti in due. Da sola potevo fare gran poco.”
“Ma hai tentato, almeno?”
Hermione non rispose.
Aveva tentato? Beh, all’inizio sì. Lo aveva pregato di non lasciarsi andare a se stesso e ai rimorsi che gli rodevano la coscienza, ma poi quando lui si era trovato di fronte a suo padre, l’aveva solo aggredito.
E gli aveva detto di odiarlo.
Solo allora si rese conto di quanto pesanti dovevano essere state le sue parole.
“No, non hai tentato.” – si rispose Harry.
“Senti, è lui che ha scaricato me! Non il contrario! È colpa mia adesso?” – strillò lei, alzandosi dalla sedia.
“Non ho detto questo. Premetto che potevi avere di meglio dalla vita, ma…”
“LUI E’ IL MEGLIO PER ME!” – urlò, fuori da ogni comandamento. – “Mi faceva stare bene! Mi capiva! Mi aiutava senza che glielo chiedessi! Ma ha preferito gettare la spugna senza nemmeno provarci!”
“Hai poco da fare la predica, sai? Non avete tentato in due. Prenditi la tua parte di colpe.”
“Ma si può sapere che diavolo?…”
“Io me le sono prese tutte, per esempio.”
Hermione si zittì.
“Ho mandato a puttane la storia con Ginny. Non incolpo nessuno se non me stesso.”
Era sorpresa dal tono calmo e pacato con cui ne parlava.
“Ma tu, invece, stai scaricando su quell’ossigenato tutte le responsabilità. E questo non è da te. E poi…”
“E poi?” – chiese lei.
Harry si avvicinò a lei, lentamente. Fu lo sguardo a metterla in allerta.
“Ha-Harry?”
“E poi solo un pazzo non ti vorrebbe al proprio fianco.”
Sgranò gli occhi quando sentì le braccia di Harry avvolgerle la vita. Si aggrappò ai suoi avambracci, facendo pressione affinché si staccasse.
“Harry staccati!”
Fece per chinarsi, quando ad un tratto entrò Draco, aprendo la porta con un calcio che la levò dai cardini.
Hermione si girò di scatto e Harry guardò con un ghignetto soddisfatto il biondo.
“Ho forse interrotto qualcosa?” – sibilò a denti stretti.
Sotto il mantello aveva impugnato la bacchetta, con un Sectumsempra pronto sulla punta per tagliuzzare Potter.
Hermione si staccò immediatamente. Non riusciva proprio a capire che diavolo avesse da fare tutte quelle scene!
“Se anche fosse non sarebbero affari tuoi, furetto.” – rispose Harry.
Il biondo era sul punto di esplodere.
“Credete sia possibile mantenere un certo decoro durante le ore di studio?” – fece il biondo, dicendo la prima cosa che gli venne in mente.
Hermione si sentì oltraggiata. Lui… osava parlare di decoro a lei? Lo squadrò quasi fosse feccia e piantò i suoi occhi in quelli di lui.
E poi, la vendetta venne in automatico.
Prese Harry per mano e lo condusse fuori.
“Vieni, Harry. Cerchiamo un posto più tranquillo.” – disse la riccia.
Harry, dapprima sorpreso, si aprì in un bel sorriso.
“Sì, Mione. Andiamo.”
Peccato che non fosse inverno: avrebbero fatto una bella sauna…




“Stronzo, egoista, egocentrico! Ma come si permette! Fa le scenate! Lui a me? Ma come osa? Non sono una proprietà! Oh, ma la prossima volta gli stronco le gambe!”
Harry guardava Hermione fare su e giù per l’aula più vicina che avevano trovato e imprecare contro il biondo Serpeverde. Non gli era passata nemmeno per l’anticamera del cervello di provarci con l’amica, anche perché, a Harry, Hermione non interessava in quel senso. Aveva semplicemente intravisto una ciocca bionda dietro la porta e aveva deciso di prendere in mano la situazione.
“Tutte e tre, mi raccomando. Che non si sa mai…” – disse il moro.
Hermione si fermò di scatto e lo fulminò con lo sguardo.
“E tu! Razza di cretino!”
Harry si chiese se magari non avesse esagerato.
“Come diavolo ti è saltato in mente di volermi baciare?”
Harry cercò di salvare il salvabile.
“Perché? Volevi che ti baciassi?” – chiese innocentemente, nella perfetta imitazione del gatto con gli stivali di Shrek.
La strafottenza della sua innocenza la lasciò senza parole.
“NO CHE NON LO VOLEVO, IDIOTA!” – urlò un secondo dopo.
I capelli di Harry veleggiarono all’indietro.
“Tu volevi baciarmi!”
“Assolutamente no, Hermione! Ma come ti saltano in mente certe idee?” – chiese, sbattendo fulgidamente le ciglia.
“Tu mi hai abbracciato in quel modo!”
“Quale modo?”
L’urlo che cacciò lei rese sordo Harry e ruppe qualche tubatura nelle fondamenta.
Inutile dire che quando era rientrata per fare lezione di gruppo, aveva un diavolo per capello: per Draco, che aveva osato far valere su di lei un cartello di “proprietà privata”, quando in realtà non ne aveva nessun diritto e Harry per la sua maledetta innocenza che saltava fuori sempre nei momenti meno opportuni.
Fu un ripasso brutale, perché a ogni domanda posta, Hermione rispondeva con malagrazia, spaventando i ragazzi.
A fine lezione, Hermione si era calmata, mentre tutti erano scappati lontano, sperando che gli esami arrivassero in fretta perché facevano male alla psiche di Hermione.
Si era ritrovata da sola a sistemare alcuni compiti che doveva correggere, quando rientrò Draco dalla porta. Hermione si girò di scatto, dapprima sorpresa, ma poi riabbassò lo sguardo.
“Scusa, ho dimenticato il libro di Pozioni.” – si diresse al suo banco e lo prese. Era decisamente più calmo.
Hermione ricordò con nostalgia quando anche lei aveva dimenticato lo stesso libro prima della lezione con la Sprite.
Quanti secoli erano passati…
“Posso chiederti una cosa?” – chiese, con strana gentilezza.
“Dimmi.”
“Non ho capito il capitolo sulla trasformazione in Animagus.”
Hermione, con i capelli che le ricoprivano il volto, chiuse gli occhi. Era sul punto di piangere. Perché quando l’avvicinava lo faceva solo per i compiti? Perché sembrava volerle stare il più lontano possibile? Era stata davvero così poco importante per lui?
Quando riaprì gli occhi, vide per un attimo tutto sfocato, ma lei era brava a nascondere le sue emozioni, quindi le furono sufficienti solo un paio di respiri a pieni polmoni per riprendere il sangue freddo.
“Sì, dimmi.”
“Qui.” – le indicò il capitolo, facendo in modo che lei si avvicinasse a lui.

L’ho lasciata andare come un perfetto cretino.
Lei mi ha aiutato in tutti i modi possibili che un essere umano possa conoscere e io l’ho lasciata andare. Si è intromessa nella mia vita, l’ha sconvolta, le ha ridato nuovi colori, mi ha ridato una famiglia vera… e io le rendo il favore scegliendo di non combattere per lei.
Mi sta lontana, rifiuta i miei sguardi. E come posso biasimarla? L’ho ferita troppo profondamente perché delle semplici scuse possano bastare.
Ma ho già in mente un modo per farmi perdonare. Non so se funzionerà, ma io ci voglio provare e se non sarà sufficiente, ritenterò, ritenterò e ritenterò ancora. L’ho promesso a Elthon.
E a me stesso.
Quando ho visto i tentacoli di Potter su di lei ho capito che i miei dubbi stavano rischiando di rovinare l’unica cosa bella che mi sia capitata da quando sono nato. Al posto di Potter poteva benissimo esserci qualcun altro, e magari lei, più debole, avrebbe ceduto.
E io l’avrei persa.
Fortuna che sono arrivato in tempo.

“… per la trasfigurazione. Hai capito?”
“Sì, grazie.”
Un sorriso stanco fu la sua risposta. Si girò e continuò a mettere a posto le sue cose.
Draco la guardò mentre sistemava le sue cose e Hermione poteva benissimo percepire il suo sguardo sulla sua nuca. Continuò come se niente fosse.
“Hai…”
Hermione irrigidì le spalle.
“… hai parlato con tuo padre?”
Hermione chiuse gli occhi. Per il ricordo che Draco le aveva fatto riaffiorare e per l’ennesima conferma che lei, per lui, contava esattamente come all’inizio della sua avventura a Hogwarts.
“Sì…” – rispose lei che, inconsciamente, si perse nei ricordi.

“Possiamo parlare?”
Elthon aveva impiegato giorni a entrare in camera di sua figlia, non per la presenza di chissà quale incantesimo di protezione, ma perché temeva le parole che, sotto la spinta della rabbia, potevano uscire fuori. Sapeva però che avrebbe dovuto affrontarlo.
Hermione era intenta a leggere un libro. Era da poco rientrata dal San Mungo e le era stato ordinato il massimo del riposo. Quei babbani avevano fatto un buon lavoro, salvandola in tempo, però c’erano certi lividi che avrebbero necessitato maggior tempo per guarire.
Non alzò nemmeno gli occhi sul padre.
“No.” – rispose secca.
“Hermione, per favore.”
La riccia chiuse il libro con uno scatto infastidito, lo gettò nell’altra metà del letto e si alzò. Voleva mettere il massimo della distanza tra sè e suo padre.
“Hermione…”
“Lasciami in pace!” – sbottò lei, mentre usciva dalla sua camera. Percorse il corridoio, lo stesso che l’aveva vista protagonista di quell’attacco di vigliaccheria acuta quando a Natale doveva conoscere i suoi nonni e Albert l’aveva consolata, pregandola di conoscere il “nemico” prima di giudicarlo.
Nemmeno quel pensiero riuscì a stendere il suo volto tirato.
Scese le scale velocemente, ma suo padre era sempre dietro di lei.
“Hermione fermati!”
“Smettila di dare ordini!” – urlò lei, d’un tratto, girandosi con l’odio negli occhi.
Elthon si bloccò a metà scalinata. Sapeva benissimo quale inflessione sua figlia volesse dare a quella frase.
“Qui non siamo al lavoro! Siamo a casa! Cos’è? Hai voluto trovarmi per dare ordini anche a me?”
“Questo non lo devi dire!” – disse Elthon, scendendo di un paio di scalini.
Hermione, inconsciamente, fece lo stesso, alimentando la distanza tra di loro. Elthon piegò gli occhi per il dolore che quel gesto gli aveva inferto.
“No?” – lo sfidò lei. – “Ti sei messo in mezzo a qualcosa che non doveva riguardarti!”
“Adesso tu non mi riguardi più?” – chiese sbigottito.
“Tu…” – non sapeva neanche cosa dire, tanta era la sua rabbia. – “… tu mi hai impedito di essere felice!” – urlò. Da quando era tornata, aveva faticato tanto per trattenere le lacrime in presenza dei suoi genitori, ma ora che il confronto era arrivato, le fu impossibile mantenere quel proposito.
“Mi dispiace…”
“Ti dispiace? Doveva dispiacerti prima! Dio!” – si mise le mani nei capelli. – “Ma ti rendi conto? Sei arrivato a minacciarlo con la bacchetta per non vedermi! Lo hai fatto sentire sbagliato, come se non fosse stato sufficiente quello che ha dovuto passare fino a questo momento!”
Myra arrivò in quel frangente. Si mise da una parte ad ascoltare ciò che i due dovevano dirsi.
Elthon serrò la mascella. Doveva chiarire quel punto con Hermione e per farlo c’era solo un modo.
“Non che lui si sia fatto in quattro per difendere la vostra storia.” – disse, colpendo ampiamente sotto la cintola.
Quel colpo basso lo percepì anche Myra, che guardò il vuoto con occhi spalancati.
Hermione invece lo guardò, chiedendosi se effettivamente avesse pronunciato quelle parole.
“Come?”
Elthon scese le scale con passo lento e Hermione invece, rimase ferma lì, impalata e incredula.
“Non mi sembra che abbia dimostrato che a te ci teneva, tanto da mettersi contro di me pur di stare con te.”
“Posso… posso sapere cos’è che pretendi dagli altri, tu?” – chiese Hermione, sputando quel “tu” con rancore. – “Vuoi circondarti di persone perfette? Perché allora temo che dovrò lasciare questa casa! E stavolta lo farò di mia spontanea volontà!”
“Adesso basta!” – tuonò Myra, interrompendo quello scempio.
“Myra, stanne fuori! È tra me e lei!” – fece Elthon con lo sguardo fisso in quello di Hermione, che non abbassò mai il suo.
“Sì, stanne fuori!” – confermò Hermione.
“Non voglio circondarmi di persone perfette.” – disse Elthon. – “Solo di quelle di cui posso fidarmi e a cui affidare la mia famiglia quando io non ci sarò più.”
Hermione rimase sgomenta.
“Cioè… era una specie di test? Ma dove diavolo vivi? Chi credi di essere?” – urlò, dandogli uno spintone con entrambe le mani. – “Dovevo essere io a decidere! Draco doveva parlarne con me! Io dovevo aiutarlo a non sentirsi più sbagliato! Tu invece hai mandato tutto all’aria!”
Elthon la prese per le braccia e chinò il volto fino ad arrivare all’altezza del suo.
“Diciassette anni, Hermione!” – fece Elthon, rosso per lo sforzo di trattenere le lacrime, mentre la scuoteva, credendo scioccamente di poter far uscire da lei tutto quell’odio con dei semplici scossoni. – “Diciassette anni a non sapere dove fossi!”
Hermione si zittì e iniziò a piangere.

Myra, dal fondo delle scale, sospirò di frustrazione. Sì, era una cosa loro, ma sperava che Elthon non ci andasse giù troppo pesante.
Senza fare troppo rumore, tornò da dov’era venuta.
Con il cuore pesante.

“Non hai fatto in tempo a tornare a casa, che già avevi trovato un ragazzo!”
Hermione pensò che quelle erano le stesse parole di Albert, ma se per il fratello era riuscita a soprassedere nel giro di poco, con suo padre sentì che sarebbe stato più difficile. Forse perché con Albert aveva legato quasi subito, perché aveva la sua età e perché era stata fiducia a prima vista, ma con suo padre… era troppo diverso. Suo padre si era fatto forte della sua autorità di Capo degli Auror e aveva minacciato Draco con la bacchetta, gli aveva usato parole troppo forti, troppo dure e troppo indirizzate verso Lucius – vera meta del suo rancore – per poterlo perdonare così facilmente.
Eppure, quando lo sentì tirare in ballo il lasso di tempo in cui erano stati forzatamente separati, il suo inconscio la zittì, permettendo al genitore di sfogarsi come forse non aveva ancora fatto.
“So che non ne ho il diritto, ma vorrei segregarti in casa fino a recuperare tutti quegli anni persi! Vorrei limitare i tuoi spazi vitali a Preston Manor ma so che non posso!”
“Allora perché diavolo hai…”
“Perché ti avevo visto ancora lontana da me!” – di scatto, l’abbracciò.
Hermione pianse tutto quello che non aveva pianto da quando era tornata e a sua volta l’abbracciò. Per la sua storia con Draco e per non aver tenuto sufficientemente in considerazione la paura di suo padre.
“Ho parlato con Draco, mentre tu eri tra i babbani.”
Hermione spalancò gli occhi.
“Abbiamo chiarito. Adesso sta a voi decidere se andare avanti o fermarvi.” – gli era molto difficile parlare in quel modo, eppure doveva farlo, se voleva riavere la fiducia di sua figlia.
Che strana che era la vita… all’inizio, quando l’aveva trovata e portata a Preston Manor, Hermione non si fidava di loro, era schiva e cercava di evitarli il più possibile. Poi da lei stessa era partita la volontà di conoscerli e avevano vissuto un bel periodo, tranquillo e sereno, e Hermione era riuscita a tornare a scuola e conoscere anche suo fratello. Poi era tornato il periodo di crisi alla festa del Primo.
Poteva Elthon sperare che anche quella volta la volontà di perdonarli partisse ancora da Hermione, o doveva essere lui stavolta a fare il primo passo?
“Draco sa come la penso su come si è comportato, ma sa anche cosa deve fare per rimediare a questo casino.”
Hermione si staccò dall’abbraccio e lo guardò. Poteva fidarsi o anche quello era un “test”?
“Hermione io ti voglio bene.”
La ragazza continuò a piangere. Nessuno glielo aveva mai detto così apertamente. Certo, i suoi amici glielo avevano fatto capire in molti modi, ma non glielo avevano mai detto a voce alta.
“So che adesso non mi capisci, e spero davvero che tu non debba mai sapere cosa si prova nel perdere un figlio per diciassette anni, ma se ti fossi trovata nei miei panni, cos’avresti fatto?”
Avrei segregato mia figlia in casa per stare con lei, fu l’immediato pensiero di Hermione, che chinò il capo.
Aveva capito, ancora una volta.
“Io però sono cresciuta. Anche se non era vera, ho vissuto la mia vita, ho fatto scelte… e Draco era una di quelle.”
Elthon annuì, lieto di essere tornato sulla stessa lunghezza d’onda.
“Sì, certo, lo capisco.” – aveva allentato la presa, ma aveva sempre le mani sulle sue braccia. – “Puoi perdonarmi, Hermione?”
Con il labbro tremulo, Hermione annuì soltanto.
A Elthon non servì altro. Si sarebbe impegnato con tutto se stesso per recuperare il vecchio rapporto con Hermione, ma l’importante era partire da una base solida come il perdono. Senza di esso avrebbe potuto fare ben poco. L’uomo la tirò verso di sé e l’abbracciò.
“Ti voglio bene anch’io, papà…” – disse Hermione, scoppiando a piangere.
E scoprì anche, che dirlo, non era poi così difficile…

Harry ha ragione. Questa non sono io.
Non mi sono mai arresa davanti a niente e a nessuno. Non ho permesso a Malfoy di ferirmi in passato, ma gliel’ho permesso adesso.
Ha preso il mio cuore e ci è passato sopra con le scarpe.
Dio se fa male!
Non è giusto. Chiedevo solo di essere amata, è forse osare troppo? Ho preteso qualcosa che magari non è previsto nel mio destino?
Se sì, che qualcuno me lo dica, perché avverto perfino dei conati di vomito, certe volte, da tanto male che sto.

Hermione lo sentì girarsi per uscire.
E chissà cosa le saltò in mente, si girò e diede battaglia.
“SEI UNO STRONZO!”
Per poco Draco non si capottò per terra. Si girò sgomento.
“Ma… ma sei impazzita?” – Merlino solo sapeva quanto aveva sperato in una sua reazione. Certo, non era quella prevista, ma almeno era un inizio.
“Io sarò anche impazzita, ma tu sei uno stronzo!”
“Invece di insultare, spiegati!”
“Che c’è di difficile da capire nella frase “Sei uno stronzo”? Cos’è? Problemi di comprendonio?”
“Comprendo solo che hai problemi mentali! Perché sarei uno stronzo?” – chiese, anche se lo sapeva benissimo. Doveva farla parlare il più possibile.
Hermione spalancò gli occhi.
“Mi sono messa con un’idiota? Oh, povera me!” – esordì, platealmente. – “Sarebbe come chiedermi perché sono intelligente!”
“E la risposta sarebbe?” – frecciò lui.
Ma non si può cogliere Hermione Preston impreparata, è come andare contro natura.
“Perché io ho un cervello e tu no!”
“Scusa, dov’era il tuo cervello quando ti sei smaterializzata in quel vicolo e sei stata pestata a morte?”
Sì, e il tuo Draco? Dov’era il tuo cervello quando le hai fatto ricordare quell’episodio della sua vita?
Hermione si ritrasse, come scottata. Lo guardò, chiedendosi se l’aveva colpita davvero così in basso. E Draco se ne accorse.
“Scusa…” – abbassò lo sguardo, conscio di aver esagerato.
Hermione si girò e con un paio di mosse rimise tutto nella borsa. Se la mise a tracolla e uscì, non senza essergli passato accanto e averlo volontariamente urtato.
“Il mio cervello era andato a farsi fottere.”
Draco si girò di scatto e la vide piangere.
“E tutto perché TU ce lo hai mandato e con un biglietto di sola andata.”
“Io… ho sbagliato.” – ammise lui.
“No… tu hai voluto sbagliare.” – poi, uscì, lasciando Draco con un macigno sul cuore.




Tra l’indifferenza più varia nonché freddezza da parte di Hermione, arrivò il giorno prima degli esami. Le prove sarebbero durate due giorni: il primo sarebbe stato dedicato tutto alla teoria, il secondo alla pratica.
Ogni studente sembrava essere diventato credente tutto d’un colpo: le Sale Comuni erano state trasformate letteralmente in tempi votivi a Merlino, chiedendogli la grazia e l’intercessione per poter passare quegli esami, anche con la sufficienza.
Ma almeno di passare.

Draco continuava a pensare alle parole che Hermione gli aveva rivolto l’ultima volta, che non fossero le spiegazioni delle materie degli esami.

“No… tu hai voluto sbagliare.”

Come se lui non avesse visto l’ora di cogliere gli attacchi di Elthon per battere in ritirata, lasciare Hermione e scaricare la colpa sul padre di lei, per aver colpito così in basso e aver minato la sua autostima.
Accampato in un un posto ben preciso della scuola, Draco percorse con la mente tutto ciò che era successo dall’inizio dell’anno.

Ricordò che gli era sembrato molto strano che la Granger non fosse in stazione per prendere l’Espresso. Si era detto che forse, per una volta, per la prima volta in assoluto, la perfetta Caposcuola Hermione Granger si era addormentata e, di conseguenza, svegliata in ritardo. Quando però non la vide a scuola, trovò questo fatto decisamente insolito.

La sua assenza era durata circa due settimane, giorno più, giorno meno. Si sentì come… sollevato quando la vide, perché significava che tutto era tornato nell’ordine in cui doveva essere. Draco non aveva la benché minima idea di quanto bisogno – anche fisico, quasi da farlo star male – avesse della stabilità. Ne aveva passate talmente tante, che le uniche cose a cui ambiva erano studiare e giocare a Quidditch. Per il resto, poteva cadere anche il mondo.
Poi, l’inaspettato.

Albert Preston decide di rompere il suo già precario equilibrio mentale, confessando che la Granger in realtà era la sorella rapita appena nata e che se era mancata da scuola per tutto quel tempo era perché si era auto segregata in camera sua, senza mai uscire.
Poi era tornata. E un altro mattone del suo equilibrio era caduto rovinosamente a terra.

Inutile dire che se anche vestiva con la classica divisa da Grifondoro, chiacchierava con i suoi amici e seguiva le lezioni, tutto il suo essere gridava che la voleva vedere a Serpeverde.

Un altro mattone cadde quando la vide prendersi cura di Pansy nello stesso modo in cui si sarebbe presa cura dei suoi amici. Non aveva fatto distinzioni di sorta, aveva teso la mano e Pansy l’aveva afferrata, si era dimostrata superiore, aiutando una ragazza che solo fino a cinque minuti prima l’aveva insultata e umiliata.
La vera natura delle persone si capisce in piccoli, ma significativi momenti.

Un altro mattoncino cadde alla loro prima lezione in coppia alle serre. Era stato un momento intimo, tutto loro, benché fossero rimasti in silenzio per tutto il tempo. Avevano collaborato e portato a termine il compito senza ostacolarsi, come se lavorassero insieme da una vita e avessero acquisito la capacità di non intralciarsi a vicenda.

Tanti altri momenti si erano susseguiti e tanti altri mattoncini erano caduti e benché non fossero situazioni eclatanti, erano tutte costellate di silenzi e non-dialoghi. Tanti piccoli momenti, che insieme formano qualcosa di buono, di unico.

E quando lei lo aveva baciato, durante la riunione per l’organizzazione del Ballo di Natale, aveva sentito l’ultimo mattoncino cadere a terra, l’ultimo baluardo del suo equilibrio si era rotto.
Perché lei era questo: era l’imprevisto, l’inaspettato, la sfida. Anche il solo fatto di guardarla negli occhi era qualcosa che aveva il potere di sconquassargli le budella, che si attorcigliavano tra di esse, facendogli venire i crampi allo stomaco. Lei era la sua occasione di dimostrare al mondo che lui poteva essere migliore, che poteva essere Malfoy e Draco allo stesso tempo. Lei aveva il potere di metterlo sempre in discussione, di non dare mai niente per scontato, di farlo sentire giusto quando tutti gridavano che era sbagliato.
Lei era tutto questo.
E sempre lo sarebbe stato.









Hermione era seduta sul davanzale della sua finestra e pensava. Le parole di Blaise e Harry le ronzavano ancora nella mente e lei era stanca. Era come quando le entrava in testa il ritornello di una canzone e non riusciva più a levarselo dalla mente.
Era snervante.
Blaise e Ginny erano intervenuti poco in quella situazione e di questo ne era grata. Non aveva voglia di psicanalizzarsi ancora, perché se lo avesse fatto avrebbe ammesso, non più solo nella sua testa, che amava ancora Draco. E non ne aveva nessuna intenzione. Quell’ammissione avrebbe richiesto energie che in quel momento non possedeva assolutamente.
In quel momento, entrò Daphne.
“Hermione! Che ci fai lì sopra?” – chiese la bionda, chiudendosi la porta alle spalle.
“Niente…” – mormorò la riccia.
Daphne le si avvicinò lentamente. Da quando aveva saputo – letteralmente per sbaglio – della parentela che la legava al suo amico Albert, la bionda aveva iniziato a guardare la riccia con occhio diverso.
Un po’ come aveva fatto Draco a suo tempo.
Si era ritrovata parecchie volte a chiedersi come poteva stare, cosa poteva provare e più ci provava e meno riusciva a darsi una risposta. Piano piano, con l’esuberanza che nessuno, se non i suoi amici più fidati, conosceva, si era fatta spazio nel cuore di Hermione, costatando di essere fortunata ad averne trovato uno anche se piccolo, visto che tutto il suo cuore era occupato da Draco.
“Pensi ancora a lui, non è vero?” – le chiese, materna.
“No.” – disse, troppo velocemente. – “Sì… forse… non lo so…” – si prese la testa tra le mani e la scosse ripetutamente.
“Gioia, vorrei dirti che fai bene a fare così, ma invece stai rovinando tutto.” – disse Daphne, accarezzandole la testa.
Hermione era stanca di ripetere alla gente che quello che aveva rovinato tutto era Draco non lei, quindi si limitò a sentire, ma senza veramente ascoltare.
“Non vedi come Draco sta male?”
“Sinceramente? No.” – rispose lei. – “Non mi cerca, non fa nulla per tentare di avvicinarsi a me. A volte mi sembra di essere tornata ad essere la mezzosangue per lui.”
“E’ perché sa di aver sbagliato.” – disse lei.
“E non può venire a dirmelo come tutte le persone normali?” – sbottò lei.
Daphne rise.
“Stella, è di Malfoy che stiamo parlando, l’ultima persona sulla faccia della terra che puoi definire normale.”
Hermione sorrise debolmente. Su quel punto aveva perfettamente ragione.
“Cosa c’è di sbagliato nell’ammettere di aver sbagliato?” – chiese, incartandosi con le parole.
“Tu come ti senti quando sai di aver commesso un terribile errore e per porvi rimedio devi chiedere scusa a qualcuno?”
“Piuttosto mi butto giù da…” – si bloccò e capì dove Daphne l’aveva condotta. – “E’ diverso.” – disse subito, per giustificarsi.
“Perché?”
“Perché… perché… perché è stato lui a mollare, non io!”
“Hermione, ancora con questa storia? Come può Draco dimostrarti di aver capito il suo errore, se tu continui a trincerarti dietro a questa cosa?”
“Il punto è che non lo vuole dimostrare!”
“Gliene hai mai dato l’occasione?” – obiettò Daphne, seria.
Hermione ci rifletté sul serio. Onestamente?
No.
Gli aveva negato qualsiasi approccio, se non solo per i gruppi di studio del pomeriggio, per il resto aveva innalzato una barriera resistente quanto le protezioni su Hogwarts ai tempi di Lord Voldemort.
“No, eh?”
Hermione iniziò a piangere. Solo in quel momento – proprio grazie a quella stanchezza che aveva abbattuto tutte le sue imposizioni mentali – capì ciò che aveva fatto. Draco aveva rovinato tutto, ma lei non era stata da meno: gli aveva chiuso in faccia tutte le porte.
Rimase abbracciata alla bionda per un tempo interminabile, poi, Daphne, decise di provare a tirarle su il morale.
“Dai, alzati. Ti faccio un gioco.”
“Daphne ti prego… non sono in vena…” – fece Hermione, sfinita da tutta quella situazione e dalle rivelazioni da essa derivate.
“Dai, vedrai che ti sentirai meglio. Me lo faceva sempre mia nonna e mi aiutava tanto.”
Hermione non ribatté. Lasciò che Daphne facesse quel benedetto gioco, almeno forse se la sarebbe levata di torno più in fretta.
“Cosa sono?” – chiese Hermione, molto poco interessata.
“Sono delle carte. Semplici carte. Adesso io penso a una frase nella mia mente. Su questi foglietti andranno a stamparsi le parole e poi si mescoleranno. Tu devi rimettere insieme la frase.”
Hermione sospirò. Vide Daphne concentrarsi e poi con un sorriso le diede il via per iniziare.
Hermione prese svogliatamente un foglietto.
“si…” – lo mise da una parte e ne prese un altro. – “… che…” – un altro ancora. – “… tutto…” – ne prese un…
Ripescò quello che aveva scartato. Lo fissò come se avesse davanti una reliquia.
“Hermione?” – Daphne la fissò perplessa. Perché si era incantata?
“Oh mio Dio…” – esalò la riccia. – “OhmioDio! OhmioDio! OhmioDio!” – continuò a ripeterlo aumentando sempre di più il tono di voce, mentre correva per la stanza alla ricerca di qualcosa.
Daphne iniziò a spaventarsi.
“Hermione, cosa…”
“Zitta!” – urlò lei.
Daphne era sempre più allibita. Ora Hermione si era messa a frugare nel cestino. Tirò fuori di tutto: cartine, pergamene stracciate, piume rotte…
“Daphne, aiutami!” – urlò lei.
La bionda scattò sull’attenti e andò da lei.
“Cos’è che stai cercando?”
“I foglietti!”
“Ma… sono là!” – rispose Daphne, indicando i suoi foglietti con il braccio teso.
Hermione si girò di scatto.
“Ma no! Non i tuoi! Questi!” – urlò, assordando la bionda, mentre teneva in mano il suo tesoro.
“Hermione vuoi spiegarti?”
La riccia sembrava aver vinto alla lotteria.
“Questi…” – e le mise sotto mano ben sei foglietti. – “… me li ha mandati qualcuno.”
“E chi?”
“Non lo so! Ho continuato a ricevere dei mazzi di rose rosse ogni settimana per sei settimane. Poi hanno smesso.”
“E chi te li ha mandati?”
“Non lo so!” – febbrilmente, Hermione dispose a terra i sei foglietti e spiegò il tutto all’amica. – “… ma c’era sempre un biglietto allegato. Non capivo, perché non era una frase, ma…”
“… ma una sola parola.” – fece Daphne con un sorriso.
“Devo comporre questa frase!” – disse. Sarebbe stata una frase molto semplice, se Hermione avesse messo da parte per un secondo l’agitazione.
Daphne l’aiutò e quando videro il risultato, Hermione sentì la terra franarle sotto i piedi. La bionda la guardò con un sorriso, mentre lei invece era terrorizzata.
“Che aspetti? Va da lui, no?”
“Io… non so se…”
“Preston, esci da ‘sta cazzo di stanza e va da Draco!”
Come se fosse stata seduta sulla corrente, Hermione si alzò di scatto e uscì dalla porta. Se ne fregò di essere in canottiera e culotte e senza scarpe.
Draco aveva l’assoluta precedenza!
Daphne osservò divertita e orgogliosa quei sei fogliettini che componevano, ora, una frase di senso compiuto.

Ti aspetto dove tutto è iniziato.

“Eh sì, Malfoy…” – fece la bionda, scuotendo con orgoglio la chioma bionda. – “… tu sei proprio l’ultima persona di questo mondo che si potrebbe definire normale…”
Daphne Greengrass aveva l’aria di chi aveva appena scoperto che la terra era tonda e non piatta e che quella scoperta avrebbe lasciato ammutolite non poche persone. Rimise nel cestino le carte stracce e con del magi-scotch recuperato da un cassetto, incollò quei foglietti che avevano contribuito a far tornare le cose alla loro normalità.
Sorrise nel pensare che aveva usato di nuovo quella parola.
Normalità.
In fondo, chi poteva dire cosa fosse o meno normale? C’erano situazioni che avevano dell’assurdo, ma era un assurdo così… assurdo!, che alla fine poteva essere scambiato per normale.
Draco e Hermione erano l’ennesima potenza dell’assurdo.
E quindi, la cosa più normale di questo mondo.




Corse come una dannata salendo gli scalini due a due. Girò la testa, prima a destra e poi a sinistra, sperando di vedere il biondo per i corridoi. Come da copione, non lo trovò.
Poco male, si disse. Andrò nell’aula di Trasfigurazione.
Fu lì che aveva avuto il primo contatto con il biondo. Spalancò la porta e si guardò attorno. Un dubbio l’assalì. Come faceva Draco a sapere che lei aveva risolto quel piccolo indovinello? Quel dubbio sparì subito, perché era ovvio che avesse escogitato un sistema che lo avvisasse che lei ce l’aveva fatta.
O almeno così sperò.
Fu il quarto d’ora più lungo che avesse mai aspettato, ma di Draco nessuna traccia.
Poi, l’illuminazione e l’ovvia sequela di improperi diretta a se stessa per non esserci arrivata prima.
“Le serre, cazzo!”
Non era stato fuori dall’aula di Trasfigurazione, ma alle serre, quando la Sprite l’aveva accoppiata con Draco per la lezione sui Tuberi Salterini!
Uscì in giardino di corsa. L’erba le solleticava la pianta dei piedi, ma era l’ultima cosa di cui si stava preoccupando. Arrivò trafelata alle serre e anche lì si slogò il collo per vedere se riusciva a scorgere una chioma bionda.
Aspettò anche lì qualche minuto, ma fu come se qualcosa dentro di lei le dicesse che quello non era il luogo giusto.

Draco aveva seguito ogni suo passo.
Aveva sorriso perché era riuscita a ricomporre quella frase. E anche se non aveva capito subito il luogo che intendeva lui, non se la prese più di tanto, anzi. Sapeva che ci sarebbe arrivata e quando lo avrebbe fatto lui sarebbe stato lì ad aspettarla.

I minuti passavano e Hermione dovette rientrare al castello. La temperatura iniziava a rinfrescarsi e la sua tenuta non era delle più adatte per affrontare il freddo.
Abbracciandosi, ripercorse a ritroso la strada, dandosi infinite volte della stupida.
Quando abitava con i Granger, guardava le soap opera con quella donna e sognava un amore da favola come quello, ricco di imprevisti ma che con la forza dell’amore si riuscivano a superare sempre.
Si emozionava sempre quando l’uomo o la donna arrivavano subito alla soluzione, perché in quel modo dimostravano che il loro amore viaggiava oltre i confini della realtà, che si elevava a un livello superiore, quasi mistico.
E lei non possedeva quel tipo di amore, perché se ne avesse avuto anche solo una piccola parte avrebbe capito al volo dove Draco si trovasse. Alzò lo sguardo al cielo e vide la luna iniziare a spiccare nel cielo blu.
Che bella che era, quella sera. Piena e gialla, colorata dal riflesso della luce solare.
Il pensiero più assurdo che potesse mai avere in quel momento le diede la soluzione a tutto.
“Oddio… domani iniziamo con Astronomia.” – mise un piede sul primo scalino e si bloccò.
Sentì una forte ondata di gelo pervaderle le membra, partire dai piedi e arrivare fino al cervello, paralizzandolo.
“Oddio… oddio…” – iniziò a correre come una disperata.

Come aveva potuto essere così stupida?
Dove cazzo aveva il cervello quando ne aveva realmente bisogno?
Le sue gambe si muovevano da sole, come se avesse le ali ai piedi.
Corse fino a che arrivò alla porta che, una volta aperta, le avrebbe rivelato la verità. L’aprì con molta esitazione e sbirciò all’interno.
“Dra-Draco?” – entrò e iniziò ad ispezionare la Torre di Astronomia. Camminò, girando nel contempo su se stessa per cercare la figura del biondo. – “Draco?”
Lo sconforto si fece risentire. Aveva sbagliato anche quella volta?
“Noooo…” – pigolò lei, iniziando a piangere. Nascose il viso tra le mani, lasciando che la sua stupidità uscisse con le sue lacrime.

Non seppe dire quanto tempo aveva passato a piangere, appollaiata sul pavimento, ma iniziava a sentire freddo e non c’era niente in giro che l’aiutasse a scaldarsi.
Compreso che anche quel posto era sbagliato o che Draco se ne fosse già andato, Hermione si alzò, barcollando. Doveva essere stata inginocchiata a terra per parecchio se le gambe le dolevano in quel modo. Si spolverò le ginocchia e si girò.
“Dicono che tu non faccia mai aspettare qualcuno che ha bisogno del tuo aiuto.”
Fermo, davanti a lei a bloccarle la via, c’era Draco Malfoy, mai così bello come in quel momento.

Lo shock fu inevitabile.
Pensava di avere le traveggole.
“D-Draco… sei tu?”
“Sono io.”
“Draco!” – fece per correre da lui, ma si spaventò a un suo cenno di rimanere ferma dove si trovava. – “Draco?”
“No, ferma.”
“Perché?”
L’ipotesi che lui l’avesse fatta venire lì per dirle chiaro e tondo in faccia che non voleva più avere niente a che fare con lei strisciò dentro le sue membra come un serpente.
Il biondo si schiarì la voce.
“Dra…”
“Troppe volte sei venuta tu da me.”
Si sentiva infinitamente ridicola ad affrontare un discorso serio come quello in culotte e canottiera!
“Ho perso il conto di tutte le volte che mi sono maledetto per averti lasciata andare così facilmente, quella sera. Ho permesso che i miei errori si mettessero tra me e te e… cazzo se ho sbagliato. Però tuo padre ha ragione, Hermione.”
La riccia chiuse gli occhi. Era stato bellissimo sentirsi chiamare per nome dopo tutto quel tempo.
“Meriteresti di meglio, meriti solo il meglio che la vita e le persone possono offrirti…”
“Draco, no. Tu non…”
“Eppure non posso fare a meno di pensare di voler essere io quel meglio, per te.”
Hermione sgranò gli occhi.
“Sono egoista, Hermione. Troppo. L’idea di perdere l’unica cosa che mi fa stare bene mi fa andare di matto. Quando ti ho visto abbracciata a Potter, io…”
“Harry non conta niente per me! Non… non in quel senso!” – si affrettò a spiegare lei.
Il sorriso che le rivolse le sciolse il cuore e se fino a pochi attimi prima aveva provato un gelo fuori da ogni limite, adesso sentiva solo caldo.
“Mi fa piacere sentirtelo dire. Non hai idea della violenza che ho dovuto fare su me stesso quando ti vedevo appartarti con gli altri ragazzi.”
Hermione arrossì. Allora l’aveva vista? E lei che pensava il contrario!
“Ma sapevo che per riportarti da me, dovevo andarci con i piedi di piombo. Riprenderti con la forza sarebbe stato pericoloso, così mi sono… limitato a tenere alla larga i tuoi spasimanti.”
Hermione spalancò la bocca.
“Tu hai fatto… cosa?”
Draco fece le spallucce.
“Ho convinto la fauna maschile a starti alla larga.”
Hermione non seppe dire se essere incazzata o felice per quell’intromissione, anche se forse propendeva più per la seconda.
“Io non ti posso promettere che momenti come quello non ce ne saranno più, anzi. Ce ne saranno eccome.”
“Sarò lì Draco!” – esclamò lei, senza farlo finire. Aveva detto fin troppo e lei per troppo tempo era stata zitta, ma ora era il suo turno di parlare. – “Merlino mi fulmini adesso se mi comporterò ancora come una nevrotica! Abbiamo sbagliato entrambi, e insieme possiamo riuscire ad affrontare ogni cosa. Solo… non lasciarmi più…” – pigolò lei.
Draco andò da lei e l’abbracciò.
Le tempestò il volto di baci, le asciugò le lacrime con le labbra, l’avvolse nel suo mantello – la protesse – e registrò nella mente quel sapore salato che, giurò su se stesso, Hermione non avrebbe più dovuto saggiare.
Non credette di esserne capace, ma con il bacio più dolce che Hermione ricevette mai da lui, Draco suggellò con se stesso la promessa che niente e nessuno, da quel momento in poi, l’avrebbe separato da Hermione.








Note di me:

Allora, come detto all’inizio, la storia ufficialmente è finita qui.
Ma siccome che – non si dice – io non sono la Stronza che per tutti questi mesi avete professato io fossi, ho deciso di inserire due contenuti extra, come si vede nei dvd dei film.

Bene!
Spero che la storia fin qui sia piaciuta e per darvi prova della mia buona volontà e che i due contenuti extra non sono uno scherzo, vi metto qui un altro spoiler.

“Molto bene. Chi mi sa dire il motivo per cui sono finiti al fresco?”
“Perché lei era l’accusa.” – affermò Hermione, con un sorrisetto.

Questo è tosto, eh? ^___^

Un bacione, callistas.

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Capitolo 40
*** Extra nr. 1 ***


40 - Extra nr. 1 ç_ç

Ciao…
Che dire? Eccoci qua.
Primo capitolo extra dei due che vi avevo promesso. Spero che vi piaccia.

Beh, essendo quasi la fine mi mancano le parole.
Mi mancheranno i vostri insulti, i vostri “Stronza!!!!” urlati a squarciagola, i vostri complimenti e i vostri atteggiamenti a ruffiani (>_>) per cercare di carpirmi informazioni che non potevo – volevo – darvi. ù_ù
Però adesso siamo qui ed evitando di cianciare per niente, vi lascio.
Momentaneamente.

Buona lettura, callistas.









VERITA’ NASCOSTE
DUE ANNI DOPO

L’università che Hermione Preston aveva scelto fu, nemmeno a dirlo, la migliore di tutto il Regno Unito. I docenti erano i migliori nel loro campo e solo pochi eletti riuscivano a superare gli esami di ammissione a quella scuola: su una media di tremila ragazzi e ragazze che tentavano di iscriversi a quella prestigiosa università, solo cinquanta riuscivano a passare.

Quel mattino, Hermione avrebbe dovuto affrontare l’ennesima lezione, animata da un ospite di eccezione. Era un incontro molto importante perché se il guru tra i maghi era Silente, quello tra gli avvocati era lui.
Scese in cucina per prepararsi un bel caffè mentre tentava, invano tra l’altro, di domare i suoi ricci – sorrise nel ripensare al verbo che aveva usato – quando, una volta messo piede nella stanza, un sorriso di compiacenza le andò da orecchio a orecchio, che rischiò di sfondare la finestra e un piacevole languore le prese il bassoventre.
In piedi mentre affettava il pane, Draco Lucius Malfoy indossava solo un paio di jeans sbiaditi.
Quell’immagine le riportò alla mente ciò che era successo solo qualche ora prima…
Quel ragazzo ha un culo che parla, pensò Hermione mentre, con il capo chinato da un lato come per studiare minuziosamente quello stratosferico sedere, dichiarato da poco patrimonio dell’umanità – la sua, di umanità, s’intenda – si avvicinava silenziosa come un gatto alla sua bionda preda. Il ragazzo in questione aveva vent’anni e un lato “b” da stupro.
“Buon giorno.” – disse lui.
Hermione fu molto tentata di cambiare facoltà di studio all’università, scegliendo medicina e più precisamente il ramo che si dedicava all’anatomia umana maschile. Quando si era girato per darle il buon giorno, a Draco caddero alcune ciocche sugli occhi. La riccia aveva tanto insistito che li lasciasse liberi e lui l’aveva accontentata.
Come quella notte…
“Buon giorno.” – lo abbracciò da dietro, facendo dondolare un piede.
“Dormito bene?” – chiese lui, mentre affettava il pane.
A mano.
“Per quel poco che ho dormito, sì.” – rispose lui, baciandogli la zona interscapolare.
“Donna, non provocare.” – disse con un ghignetto, concentrato nella sua operazione. Se si distraeva a causa dei baci di Hermione sulla schiena, avrebbe rischiato di affettarsi le dita.
E poi come faceva a farla urlare?…
“Sei tu che provochi!” – disse, allontanandosi da lui e indicandolo con un gesto plateale del braccio, atto a indicare tutta la sua figura. – “Non puoi presentarti a colazione svestito così! Non hai alcun rispetto per i miei poveri ormoni!” – lo rimproverò scherzosamente lei.
Draco sorrise, mentre lei andò a sedersi a tavola.
“Allora, che lezione hai oggi?”
“Giurisprudenza applicata. C’è Stark.” – disse, giocherellando con un ricciolo impertinente.
“Vi farà fare esercizio pratico?” – chiese, mettendole davanti la sua tazza fumante di caffè e un piattino con il pane.
“Una specie.” – disse, prendendo il pane e imburrandolo.
Con un calcio, Draco chiuse lo sportello del frigorifero.
Ancora a distanza di due anni, Hermione non riusciva a capacitarsi della versatilità di quel ragazzo. In soli pochi mesi si era abituato a vivere in una casa babbana, a usare le cose babbane e a comportarsi come un babbano.
E tutto per lei.
Lei, che aveva voluto fare l’università nella Londra babbana, per poi commutare la sua laurea in una laurea magica. Tutto questo giro era dovuto al fatto che nella Londra magica non c’erano atenei del livello di quelli babbani – ebbene sì: babbani 1; maghi 0 – ed era possibile per un mago cambiare la propria laurea affinché potesse operare anche nel mondo a cui egli apparteneva.
“Sarà più che altro un continuo botta e risposta.” – ignorò volutamente lo sguardo malizioso che Draco le aveva lanciato da dietro quella frangetta che stava minando i suoi propositi di non saltargli addosso. – “Giudicherà molto la tempestività della risposta, la sua correttezza e le nozioni extra che ci sai infilare dentro.”
“A proposito di infilare…” – fece Draco, ghignando davanti al rossore della sua ragazza, che riuscì a inghiottire il boccone senza strozzarsi. – “… quand’è che t’infili in quel vestito? I miei ci vogliono a cena, lo sai.”
Hermione riprese a respirare. Appellò la sua agenda e controllò i vari impegni.

Per la scelta degli studi che aveva deciso, poteva gestire la cosa in due modi: o fare cinque anni di università con orari di studio normali oppure abbreviare la cosa ai tre anni, ma partecipare anche ai corsi serali. Lei aveva scelto la seconda opzione, anche perché temeva che Draco non avrebbe retto più di tanto senza le sue amate scopa e bacchetta.
Da notare come i due elementi siano tra di essi strettamente legati da un fattore di lunghezza e durezza… qualità di cui Draco fa ampio sfoggio.
Gli aveva anche detto che non era necessario che si trasferisse con lei, perché sapeva quanto non sopportasse i babbani e che si sarebbe smaterializzata ogni volta che aveva un minuto libero da lui per stare insieme.
Lui aveva acconsentito a quella soluzione e Hermione si era trasferita in un appartamentino vicino alla scuola. Quand’era tornata dopo il primo giorno era sfinita. Non credeva che giurisprudenza fosse così impegnativa, cosa che di certo non l’avrebbe indotta a desistere.
Quando aveva aperto la porta, aveva preso immediatamente la bacchetta, trasfigurata in un cerchietto: qualcuno era entrato in casa. Silenziosa come la guerra le aveva insegnato ad essere, entrò in cucina e lanciò uno schiantesimo.

“Protego!” – urlò l’intruso.
A Hermione cadde la bacchetta di mano.
“Ma sei pazza?” – berciò l’intruso, accantonando per un attimo la possibilità che Hermione potesse aver ragione nell’aggredirlo, visto e considerato che non le aveva detto niente della sua improvvisata.
“CIAAAAAOOOOOO!!!” – urlò, saltandogli in braccio. – “Cosa ci fai qui?”
Draco le sorrise, sorreggendola per il sedere.
“Sorpresa. Sei contenta?”
“Oddio, aspettavo un amico, ma gli dirò di non venire.” – scherzò lei.
Per nulla soddisfatto della risposta, Draco mollò la presa e Hermione, che si era già vista a terra, si aggrappò al suo collo col risultato che caddero tutti e due a terra insieme.
“Dai che stavo scherzando! Certo che sono contenta! Quando sei arrivato?”
“Venti minuti fa. Come mai così tardi?”
“Mi sono fermata a chiedere delle spiegazioni al professore. Ti fermi a cena?”
“Diciamo che mi fermo.” – disse lui, leggermente più colorito in faccia.
Hermione lo guardò confusa.
“In che senso ti fermi?” – poi, li notò: due immensi bauli facevano bella mostra di sé accanto alla porta e quando capì a cosa potessero servire gli risaltò al collo.
“Hermione, la schiena…” – fece lui, sgranando gli occhi per tutta quella ginnastica.
“Ti fermi? Per quanto?”
“Fino a che finisci.” – disse, guardandola negli occhi.
Hermione sospirò e lo baciò.
“Hermione… la cena…” – mugulò lui.
“Stasera sei tu la mia cena…” – rispose Hermione.
Il resto è pura ovvietà.

“Per me andrebbe bene questo sabato sera. Collins è malato e le sue lezioni sono state rimandate.” – fece Hermione, chiudendo di scatto l’agenda.
Draco annuì, mentre sorseggiava il suo caffè.
Cazzo, se non la smetteva di trasudare sesso da ogni poro quel mattino non sarebbe andata a lezione!

Come ci riuscì, per Hermione fu uno dei tanti misteri del cosmo. Con un groppo in gola grande quanto Preston Manor, risalì in camera e si fece una doccia – fredda – si cambiò e uscì per andare all’università.
Mentre attraversava il parco, non poté impedirsi di sorridere.
Stava realizzando ogni suo sogno: una famiglia alle spalle – quella vera, almeno – un ragazzo bellissimo e omnipresente, due pseudo suoceri con cui andava d’accordo e i voti più brillanti della sua sezione.
Cos’altro poteva mai volere dalla vita?
“Sesso…” – si rispose lei, mugolando di frustrazione.
Il punto era che Draco fu smistato a Serpeverde per un unico motivo: la bastardaggine. Il bel biondo non poteva non accorgersi degli sguardi affamati della sua dolce e assatanata metà, così per tutto il tempo (leggasi mentre sparecchiava, mentre buttava l’immondizia, mentre si cambiava…) non aveva fatto altro che provocarla, ghignando dentro di sé nel vedere i lampi di frustrata lussuria albergare nei suoi begli’occhioni d’orati.
Chissà perché, ma era quasi sicuro che quando sarebbe tornata a casa, quella sera, non avrebbero cenato…

Hermione arrivò all’università con i canonici dieci minuti di anticipo. Come a Hogwarts, entrò in classe e prese il posto davanti alla cattedra, i suoi appunti e iniziò a darvi una letta.
“Ciao, posso?”
Hermione si girò e sorrise al nuovo arrivato. Spostò la sua borsa a terra e con un cenno della mano gli disse di accomodarsi.
“Ciao Holly.” – lo salutò Hermione.
Oliver Webb, per gli amici Holly. Schifosamente intelligente e schifosamente modesto.
“Ciao, tutto bene?”
“Sì, stavo rileggendo un attimo gli appunti di ieri.”
“Cazzo sono nervoso!” – disse il ragazzo, schioccando le dita. – “Non so niente!” – bofonchiò, mentre studiava ciò che in realtà sapeva a menadito.
Hermione rise di gusto.
“Sì, e ogni volta è un 30 e lode.”
“Come se per te fosse diverso.” – fece il ragazzo, rosso per l’imbarazzo.
Holly era il primo della classe insieme a Hermione, eppure la ragazza non riusciva ad entrare in competizione con lui, non riusciva, come invece a Hogwarts le veniva benissimo, di voler dimostrare di essere la migliore, forse perché Holly non si era presentato come il classico sbruffone so-tutto-io, anzi…

“Ciao, tu sei Hermione, vero?”
La ragazza si girò, palesemente infastidita. Quel ragazzo le stava antipatico a pelle. Forse perché le ricordava se stessa. E quel sorrisetto da finto modesto la mandava fuori da ogni comandamento di Merlino!
“Sì, tu sei Oliver Webb, giusto?”
Il ragazzo arrossì e Hermione lo guardò mezza perplessa.
“Sono contento che ti ricordi di me. Volevo farti i complimenti per la tua preparazione. È strano riuscire a trovare persone intelligenti qui dentro.”
Stavolta fu lei ad arrossire e, stranamente, non lo trovò più antipatico…
“Posso offrirti un caffè?” – chiese lui.
“Sì, grazie.” – fece Hermione, i cui pregiudizi erano tutti spariti e si erano diretti insieme verso le macchinette.
Le aveva offerto galantemente un caffè e si erano seduti da una parte per chiacchierare. Lui le aveva detto di averla notata subito, per via della sua mente brillante, ma non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarla perché timido.
“Timido? Ma se quando esci per le interrogazioni sembra che tu spacchi il mondo!” – aveva esclamato lei divertita.
“Oh, ma quello è facile.” – aveva risposto lui, facendola ridere.
Così si erano ritrovati a chiacchierare del perché si erano trovati a scegliere giurisprudenza e Holly era rimasto molto colpito dalla storia di Hermione.

Così era iniziato il loro sodalizio: sempre in prima fila e rigorosamente davanti alla cattedra. Il primo che arrivava teneva il posto all’altro.
“Dicono che Stark sia un mito.” – esordì Holly, che aveva paura di fare una figuraccia. – “Sai che ha messo dentro il proprietario di una multinazionale che smaltiva i rifiuti in mare?”
“Parli della Colonial?” – chiese Hermione. – “Sì, ho letto i giornali e ho anche visto il processo in diretta. Non per niente lo chiamano Squalo.”
“Io lo adoro.” – fece Holly, adorante. – “Sai che il suo staff è composto di persone che sono uscite da questa scuola? Magari riuscissi ad entrarci!” – disse, sognando ad occhi aperti.
Lentamente l’aula iniziò a riempirsi. Sapendo che c’era Stark gli studenti avevano preso posto anche sui gradini.
Ma del professore nessuna traccia.
Ad un tratto, le luci si spensero. Ci fu un leggero brusio dovuto alla sorpresa di quella stramba presentazione, ma poi calò un silenzio religioso quando partirono delle diapositive. Subito, Hermione e Holly le riconobbero.
“Il processo alla Colonial.” – sussurrò Holly a Hermione che annuì.
“Chi mi sa dire cosa rappresentano queste diapositive?”
Quella voce le diede uno scossone, nemmeno avesse infilato le dita nella presa. La sua testa scattò verso la fonte e lo trovò in piedi, gambe divaricate e braccia incrociate. Se non fosse perché era felicemente fidanzata e sessualmente appagata, ci avrebbe fatto un pensierino: quell’uomo trasudava erotismo da tutti i pori!
Ma avevano fatto un corso, lui e Draco?…
“Trattano il processo alla Colonial.” – fece Holly, pronto.
Hermione si diede della stupida. Quello non era di certo il momento migliore per fantasticare sul suo professore!
“Molto bene. Chi mi sa dire il motivo per cui sono finiti al fresco?”
“Perché lei era l’accusa.” – affermò Hermione, con un sorrisetto.
L’aula scoppiò a ridere e Stark si aprì in un sorrisetto compiaciuto.
“Intendevo… il motivo secondario.” – ironizzò lui, fissando Hermione.
Ancora, l’aula rise.
“Perché producevano rifiuti?” – azzardò una, che si beccò una bieca occhiata.
“Avanti ragazzi! Non andrete da nessuna parte se non sarete più precisi! Allora?”
“Producevano rifiuti tossici che puntualmente scaricavano in mare.” – fu la risposta pronta di Hermione.
“Un punto per la signorina?…” – chiese Stark.
“Preston.”
“Preston. E, ci dica, signorina Preston…”
Hermione tremava.
“… ha avuto modo di seguire il processo alla tv?”
“Sì, certo.”
“Può illustrare alla classe com’era riuscita la Colonial a scaricare i rifiuti in mare per ben due anni senza mai essere stata scoperta?” – Stark andò davanti alla cattedra e vi si appoggiò contro, concentrando tutta l’attenzione su Hermione.
“Tramite fatture fittizie di ditte altrettanto fasulle sulla raccolta delle scorie, queste venivano trasportate in luoghi non ben definiti per lo scarico. Ciò che ha insospettito le unità locali erano i continui andi-rivieni di camion-cisterna su tratti di strada che non c’entravano niente con i luoghi dichiarati per lo scarico. Quello ufficiale, per lo meno.”
“E come sono stati scoperti?”
“Con il più classico dei metodi: erano stati fermati dalla polizia.”
“Molto bene, signorina Preston.” – poi si rivolse a tutti gli studenti. – “Non importa quanto possano essere organizzati, non importa che abbiano dipendenti sostenitori del motto Semper Fidelis, così come non importa che abbiano un capitale sociale a più zeri. Nel bene o nel male verranno sempre fermati.”
La classe si aprì in un applauso, che Stark si godette fino alla fine.
“Diapositive, prego…” – disse, indicando lo schermo con l’indice.




Quella fu la lezione più interessante a cui Hermione avesse mai assistito. Il coinvolgimento fu totale. Lo Squalo era stato molto disponibile a rispondere a tutte le domande, anche a quelle che Hermione giudicò più stupide, che si potevano evitare se solo si avesse aperto il libro per studiare.
“Dio, è stato fantastico!” – esordì Holly, sedendosi a peso morto sulla sedia con gli occhi spalancati e fissi nel vuoto. Sembrava aver finalmente avuto la prova che Dio esisteva sul serio.
Hermione gli sorrise, mentre addentava il suo panino.
“Io lo amo!” – fece il ragazzo, con occhi spalancati.
“Anch’io.” – fece Hermione, ringraziando che Draco e i suoi padiglioni auricolari non fossero nei paraggi.
“Ehi, e se dopo andiamo da lui e ci facciamo quattro chiacchiere?”
Hermione lo guardò malissimo.
“Ma sei scemo? Ti pare che abbia tempo da perdere con noi?”
“Dimmi che non ti piacerebbe, coraggio?” – la sfidò lui.
“Non ho detto questo. Semplicemente sarà indaffarato e non avrà tempo da perdere con noi due!”
Holly sbuffò.
“Non è giusto…” – mormorò il ragazzo. – “Darei la mia terza gamba per scambiarci quattro parole.”
Hermione sgranò gli occhi e ghignò.
“Anche solo per sapere cosa si prova ad entare in un’aula di tribunale e mettergliela nel culo a quelli là!”
“Holly?”
“Non credo esista soddisfazione più grande nell’essere in grado di zittire le persone o mettere in bocca loro le parole! Dio cosa darei per esserne capace!”
“Ehm… Holly?” – ritentò Hermione, ma niente. Il ragazzo era partito per la tangente.
“Ti immagini, poi, essere a contatto con le massime autorità? Avere le conoscenze giuste?”
“Holly, non credo che tu…” – nada de nada…
“Secondo te se glielo chiedessi cosa mi risponderebbe?”
Hermione si pulì la bocca con il tovagliolo.
“Se ti giri magari te lo potrebbe anche dire.”
Il ragazzo divenne magenta in un secondo.
“Ti prego… non dirmi che ce l’ho dietro.” – disse, tremando.
“Non ce l’hai dietro.” – disse Hermione, sorridendo.
Holly girò lentamente la testa e si trovò alle spalle lui, lo Squalo, che aveva un sorrisetto divertito. Tornò a girarsi di scatto e guardò Hermione.
“Credo un masso attorno al collo sarebbe l’ideale.” – disse, per poi scappare a gambe levate.
Hermione lo guardò allontanarsi e arrossì quando vide Stark seduto al posto di Holly.
“Lo-lo scusi… non è cattivo è che a volte straparla.”
“Me n’ero accorto, signorina Preston.”
Hermione arrossì se possibile ancora di più.
“Si ricorda di me?”
“Sono rare le volte in cui riesco a trovare una persona che sappia rispondermi prima della fine dell’anno, quindi sì. Mi ricordo di lei. Sebastian Stark, ufficio della procura distrettuale.” – disse, porgendole il suo bigliettino da visita. – “Sarebbe cortese da parte sua passare dal mio ufficio, una volta finiti gli studi.”
Hermione tenne in mano quella reliquia: il bigliettino da visita personale di Sebastian Stark con tanto di cellulare privato!
“Signor Stark, io… davvero non so cosa dire…”
Sebastian sorrise divertito.
“Spero che al nostro colloquio ritrovi la parola. Ah e…”
Hermione spalancò gli occhi.
“… porti anche quel ragazzo. E gli dica tranquillamente che non dovrà rinunciare alla sua terza gamba. Arrivederci.”
“A-arrivederci…” – come un’ebete, Hermione fissò la figura di Stark allontanarsi con in mano la sua valigetta.
Riguardò il suo biglietto e vide che non era un sogno. Stava realmente reggendo il suo bigliettino da visita.




“Ciao, bentornata. Ho preparato della pasta, ma devo aver sbagliato dosi. Ti secca se… ma che diavolo…”
Hermione entrò in casa, bianca come un cencio. Draco fece per andare da lei per soccorrerla, ma si ritrovò con gli occhi fuori dalle orbite quando la vide spogliarsi all’ingresso.
“Hermione che cosa…”
“Sesso. Camera. Muoviti. Adesso!” – disse lei, come un telegramma. Poi, si smaterializzò di sopra.
Sconvolto e confuso – ma con la parola sesso ben chiara in mente – Draco corse in camera, entrò, ma di lei non c’era traccia. Quando la vide, per poco l’erezione che minacciava di lacerargli i pantaloni non gli sbatté contro il naso.
Hermione uscì dal bagno.
Nuda.
Draco non disse niente. Iniziò a spogliarsi in fretta e furia prima che la sua fidanzata ci ripensasse senza mai distogliere lo sguardo da quella visione.
Sembrava un pervertito!
“Non so che cazzo hai fatto oggi, ma spero tu lo faccia anche domani!” – disse, mentre saltellava su una gamba per levarsi la scarpa, poi sull’altra e infine a sfilarsi la maglia con un gesto fluido che gli fece guizzare i muscoli, mentre Hermione sembrava voler piangere dal troppo tempo che Draco ci stava impiegando.
Draco ringraziò la sua prontezza di spirito che gli fece insonorizzare non solo la camera da letto, ma l’intero appartamento…




Il mattino seguente, il biondo si svegliò avvertendo un piacevole formicolio alle parti basse. Con un mugolio di piacere, iniziò a ricordare ciò che era successo la sera prima.
Avevano fatto sesso allo stato brado! Sembravano conigli in calore e Hermione non accennava a sentirsi appagata, non che lui se ne dispiacesse…
Aprì svogliatamente un occhio e sbuffò. Cazzo, non si era salvata nemmeno la lavatrice…
Quando si girò non la trovò accanto a sé, così si vestì e scese in cucina, trovandola con addosso una sua camicia che le arrivava a metà coscia. Scosse la testa, incredulo che una tale perfezione di donna fosse a suo esclusivo appannaggio. Le andò dietro e le baciò il collo.
La sentì sospirare.
“Buon giorno.” – disse lei.
“Oh fidati… dopo stanotte lo è di sicuro.”
Hermione si girò tra le sue braccia e lo baciò con trasporto. Come se fosse fatta di aria, Draco la sollevò e la fece sedere sul bancone della cucina e si infilò tra le sue gambe.
Continuarono a baciarsi in quella posizione.
Hermione trovava estremamente eccitante quando lui, senza alcun sforzo, la sollevava da terra. In quei momenti si aggrappava sempre ai suoi avambracci, languendo ogni volta che ne saggiava la nervatura.
Cristo, avrebbe ucciso per quel ragazzo!
“Ieri deve essere stata una bella lezione…” – la sentì sospirare. Le aprì la camicia e le baciò il punto in cui si trovava il cuore. Vero era che ne aveva ancora voglia, ma voleva sapere cosa fosse successo per trasformare la sua ragazza da perfetta donna del focolare domestico a gatta selvaggia-barra-coniglio-barra-ninfomane della sera prima.
Giusto perché avrebbe fatto in modo che ce ne fossero altre.
“Fantastica…” – disse lei, sognante.
“Com’era il professore?”
“Fantastico!” – esclamò lei, lasciandolo perplesso per un attimo.
Draco staccò le mani dalla sua vita e le appoggiò al bancone.
“Spero tu stia parlando dell’ambito professionale, Preston.” – disse Draco, che si vedeva già con la bacchetta in mano di fronte a questo tizio che faceva sognare la sua ragazza.
Hermione rise. La sua gelosia la faceva impazzire.
“Assolutamente sì, signor Malfoy.” – poi si fece più seria e Draco con lei. – “Mi ha dato un suo bigliettino da visita.”
“Il tuo professore?”
“Sì. Ha uno studio qui a Londra e… mi ha dato a intendere che dopo l’università avrebbe piacere di chiacchierare con me… stile colloquio di lavoro.”
Draco se ne sorprese non poco.
“Davvero? E… tu che ne pensi?”
“Penso che sarebbe fantastico. Il suo staff segue varie cause, tra cui quelle per cui ho scelto questa facoltà.”
Draco le diede un leggero bacio a stampo.
“Sono contento per te.”
“Davvero?”
“Sì. Oggi non hai lezione?” – chiese, sorpreso del fatto che la ragazza non si stesse rompendo l’osso del collo per prepararsi.
“No. Oggi non vado a lezione. Oggi sto con il mio bellissimo ragazzo.”
Draco ghignò.
“Concordo sul bellissimo.”

Passarono una bellissima giornata, loro due da soli. Draco aveva preso abbastanza confidenza con il mondo babbano da sapersi orientare, per lo meno nei posti che soleva frequentare.
Amava i parchi, perché poteva fare sport e i musei. Non lo avrebbe mai detto, ma c’erano dei babbani degni di nota tra i pittori. Decisero di trascorrere la mattina al parco, a prendere un po’ di sole e aria pulita e il pomeriggio sarebbero andati in un museo, cena, e infine avrebbero fatto l’amore.
La serata tipo di Draco, insomma…
Fu un pomeriggio indimenticabile, soprattutto per Hermione che usciva gran poco, visto che al mattino era impegnata con le lezioni, al pomeriggio studiava e poi riprendeva il ritmo fino alle nove di sera. Draco era fantastico, perché aveva sempre sopportato tutto per lei in silenzio. Non si era mai lamentato una volta e di questo gli era immensamente grata.









Il giorno della sua laurea arrivò in fretta.
Ancora stentava a credere che fossero passati già tre anni da quando si era trasferita in quell’appartamentino e che Draco fosse andato a vivere con lei.
A pensarci bene, avevano convissuto.
Fu quello il primo pensiero coerente della mattina del 13 maggio.

Hermione era davanti allo specchio e si stava truccando. Come ad ogni esame che aveva dovuto affrontare si sentiva nervosa e, come al solito, pensava di non essere in grado di superarlo con il massimo dei voti.
Una preoccupazione del tutto inutile, a detta di Draco.
Quando uscì dal bagno, tremava. Era un giorno molto importante e non aveva mai dimenticato la sua breve conversazione avuta con Stark. Prese il portafogli e vide che il biglietto era sempre lì, dove l’aveva messo e sorrise.
Lo vide come una specie di portafortuna.
“Sei pronta?”
Draco arrivò in camera. Era vestito di tutto punto e le sorrise.
“Sì, credo di sì…” – disse lei, incerta. – “Draco ho paura.” – pigolò, con occhi lucidi.
Il biondo le si avvicinò e le sistemò il colletto della camicia.
“Come ne avevi ai G.U.F.O. e ai M.A.G.O., ma li hai superati brillantemente. Dopotutto, avevi un ottimo insegnante…”
Hermione spalancò indignata la bocca.
“Ero io l’insegnante! Hai la memoria corta?” – sorrise lei. Un piccolo diversivo per farla calmare.
“Fortunatamente solo quella…”
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Sei sempre il solito.”
“Ma mi ami per questo, vero?” – le chiese, fissandola intensamente negli occhi.
Era incredibile come a distanza di anni quello sguardo riuscisse a farle tremare la terra sotto i piedi.
“Sì.”
I due si sorrisero e uscirono di casa.
Decisero di farsela a piedi, un po’ per stare insieme e un po’ perché Draco aveva capito che respirare aria pulita era un tranquillante naturale per la sua ragazza.
Senza farsi notare, abbassò lo sguardo su di lei. Era vestita di tutto punto, perfetta come ogni volta che aveva un incontro importante a cui presenziare e soprattutto bellissima.
Erano quelli i momenti in cui Draco si diceva che era fortunato. Ogni tanto, di notte, la guardava dormire. Le piaceva dormire a pancia in giù, come i bambini piccoli. Le accarezzava i ricci e il cuore gli faceva tanto male da quanto era strapieno di felicità.
A volte si ritrovava a pensare – ancora! – di non meritarla, a volte rischiava di tornare a quel famoso giorno in cui l’aveva lasciata andare.
In quei momenti però, Draco ricordava anche quanto duri fossero stati quei mesi senza di lei, senza parlarle, senza vedere i suoi occhi da una distanza ravvicinata, senza poterla baciare… scuoteva la testa e si metteva a dormire.
Dopo aversi tranquillamente mandato a cagare da solo…
“Che c’è?” – chiese Hermione, cogliendolo sul fatto.
“Mh? Niente.” – disse lui, continuando a guardare avanti.
“Draco?” – lo fermò lei. Era già nervosa per l’esame che, in fondo, sapeva che avrebbe passato tranquillamente, e non voleva che ci si mettesse anche Draco perché l’aveva riconosciuto.
Aveva riconosciuto quello sguardo, lo stesso che il ragazzo aveva quando era scoppiato quel pandemonio al Primo.
“Cosa?” – si diede dello stupido perché l’aveva fatta preoccupare proprio in quel giorno così importante. – “Sta tranquilla.”
Ma vedeva che non lo era. Così, in mezzo alla strada la fermò e l’abbracciò. Hermione si appoggiò a lui completamente.
“Ti amo, lo sai vero?” – le chiese. La sentì annuire contro la sua spalla. – “Allora sta tranquilla.”
Hermione lo guardò e, come ogni volta, il sorriso che gli colorava il volto di quella luce, la fece sciogliere come neve al sole.
“Sicuro che…”
“Onestamente?” – la vide annuire. – “Pensavo che sono fortunato. Tutto qui.”
Erano rari i momenti in cui glielo diceva e ogni volta lei toccava il cielo con un dito.
“Dai andiamo. Non vorrai fare tardi proprio oggi?”
Come punta da uno spillo, Hermione si avviò celermente verso l’università, lasciandolo di poco indietro.
Draco chinò da un lato la testa.
Quella ragazza ha un culo che parla…









Erano presenti tutti: Draco, i suoi genitori, Narcissa e Lucius, Blaise, Ginny, Harry, Pansy, Daphne e tutte le persone che Hermione aveva conosciuto all’università. Tutti lì per fare il tifo per lei.
Quando chiamarono il suo nome, le gambe divennero due lastre di ghiaccio. Fu sufficiente infilare la mano in tasca e afferrare un certo bigliettino che si sentì meglio.
Entrarono tutti per assistere al suo esame, che si concluse dopo un quarto d’ora con un modesto centodieci e lode.









Note di me:

Striminzito, eh?
D’altronde era solo uno scorcio della vita di Hermione e dell’università che aveva scelto. Ricordate quando, la sera della festa in cui i signori Preston avevano presentato Hermione alla società? Ricordate quando lei e Draco si erano ritrovati fuori sulla balconata per parlare e aveva giocato al “mi devi pregare altrimenti non te lo dico”?
Hermione aveva confessato a Draco di voler fare l’avvocato.
Questo è un pezzo di quel futuro che Hermione ha costruito per sé.

Piccolo cammeo! ^_^
Io amo James Woods e il personaggio che interpreta nel telefilm “Shark”.
È ironico e irriverente e sa come fare il suo lavoro.
Fin dalla prima volta in cui avevo deciso che Hermione “da grande” avrebbe fatto l’avvocato, ho aspettato con pazienza il momento in cui avrei fatto fare la comparsa dell’avvocato Sebastian Stark in questa storia.

Hermione e Draco.
Le cose tra di loro vanno bene, ma qualche strascico del passato di Draco si fa sentire. Qui chiarisco subito una cosa: Draco ora ha superato il suo passato. Ho semplicemente voluto che facesse un confronto tra la situazione che aveva prima e quella che ha adesso e tra lo stare con Hermione, e tutto quello che ne consegue, e stare senza di lei, con la già sperimentata esperienza, Draco sceglie di stare con la ragazza, maledicendosi da solo per aver pensato anche per un istante di poter fare a meno di lei.
Volevo farvi vedere che il ragazzo da questo punto di vista è cresciuto e che sa quali siano le cose importanti della vita.

Credo di aver detto tutto, se non che manca l’ultimo spoiler, quello che concluderà definitivamente questa storia.

“Guarda che ti ho sentito, sai?” – fece Hermione, arrivata in quel momento. Quando vide Elthanin non potè impedirsi di sbuffare. – “Mi spieghi perché dobbiamo accompagnarlo? È grande abbastanza!”
Draco la guardò sgomento.
“Madre degenere!” – sentenziò lui.

Beh, è facile indovinare i protagonisti.
Ma il contesto?…

Bacioni, callistas.

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Capitolo 41
*** Extra nr. 2 ***


41 - Extra nr. 2 *parte il gingle dei Blues Brothers*

Voglio ringraziare tutti coloro che mi sono stati accanto, che mi hanno supportato e sopportato in questi lunghi mesi in cui Verità Nascosta è venuta a galla.

*il gingle continua a girare*

Sapere di essere riuscita a trasmettervi le mie emozioni è stato qualcosa di altrettanto emozionante perché ho imparato che le parole in certi casi, sì, possono fare male ma che in altri sanno dare un vero e proprio scossone all’anima delle persone.

*il gingle continua a girare*

Ho apprezzato tutti i vostri commenti e anche quelli delle persone che si limitavano a seguirmi nell’ombra e che alla fine mi hanno fatto l’immensa cortesia di farmi sapere ciò che ne pensavano dell’intera storia.

*il gingle continua a girare*

Il primo capitolo ha raggiunto la quota di circa novemila visite, ebbene, mi piace pensare di aver ricevuto novemila commenti per quel primo capitolo.
Grazie, grazie davvero!

*fine del gingle*

Bene, constatato che il mio livello di sanità mentale non è ancora tornato negli standard – i psicofarmaci che sto prendendo non mi aiutano, anche se stenderebbero un cavallo – smetto di dire ca22ate.

Eccoci all’ultimo capitolo di Verità Nascoste in cui si saprà cos’è successo a Harry e Ron. Forse vi avrò rovinato la sorpresa, ma non m’interessa. ù.ù
Questo capitolo, però, contiene un cliché.
In molte mi hanno fatto i complimenti perché se questa storia è piaciuta così tanto, è dovuto al fatto che c’erano tanti colpi di scena, che il mondo che ho creato era reale e non solo fatto di “nuvolette rosa e zucchero filato” e che gli spoiler che lasciavo non erano propriamente così scontati.
Non erano dei cliché, appunto.
Qui, però, ne ho voluto mettere uno, quello che a mio avviso farà sognare e palpitare i vostri cuoricini. Poiché non ne ho mai messo uno durante il corso della storia, ho voluto metterlo qui. Chiedo scusa fin da ora se qualcuno potrebbe pensare che ho rovinato la storia con il più classico degli stereotipi, ma davvero: non l’ho fatto apposta.
Non è vero: l’ho fatto apposta, eccome! ù_ù

La scena di questo cliché è ispirata a una puntata – di cui non ricordo né titolo, né stagione, né numero di puntata – di Sex and The City. Spero che le fanatiche di questo telefilm sappiano a cosa mi riferisco.
Detto ciò, vi lascio alla lettura.
Ci vediamo in fondo per l’ultima volta.

Sigh sob…









VERITA’ NASCOSTE
MI APRO ALLA CHIUSURA

Il cimitero di Godric’s Hollow era silenzioso.
L’ultima volta che c’era stato, Hermione era lì con lui, vicino a lui. Sorrise mestamente nel pensare che per lui l’amica ci fosse sempre stata e lui invece, alla prima occasione di dimostrare quanto tenesse a lei, le aveva voltato le spalle.
Dalla fotografia, Lily Evans e James Potter guardavano i passanti sorridendo, benché non li vedessero veramente. L’immagine era sempre la stessa: Lily si voltava verso l’obiettivo e sorrideva con il cuore, e James le correva dietro per abbracciarla e arrivare in tempo per essere immortalato con lei nella foto.
Spesso Harry si perdeva a immaginare i possibili retroscena di quella fotografia, a inventare mille scenari per giustificare la fretta di suo padre nel raggiungere sua madre.
Non aveva ricordi mnemonici del suo unico anno di vita con i suoi genitori, ma ne aveva tanti a livello emozionale. Si chiedeva spesso perché sorridesse di fronte a una tazza di tea nero, o perché preferisse fare i compiti sul tavolo della cucina di Grimmauld Place piuttosto che nel silenzio della sua stanza o ancora perché s’imbambolasse a fissare il cielo quando prometteva di nevicare.
Sirius aveva dato una risposta a questi quesiti.

“… beh, il tea nero lo beveva sempre tuo padre dopo che…”
“Dopo che?”
Sirius si grattò la testa, imbarazzato.
“Beh, sai… le api… il polline… il miele…”
Harry piegò di lato la testa, confuso.
“Sesso Harry! Sirius sta parlando del sesso!” – intervenne Fred, passato in quel momento.
Harry arrossì e Sirius rise nervosamente per quella cruda spiegazione.
“Oh!” – fu l’unica esclamazione di Harry.
“Ehm… già…” – disse Sirius, lieto comunque che qualcun altro avesse fornito spiegazioni al suo figliastro. – “Tua madre invece preferiva fare i compiti sul tavolo, perché la sua scrivania non bastava per contenere tutti i libri, anche quelli che non c’entravano niente con ciò che stava facendo e sempre tua madre riusciva a stare delle giornate intere a fissare il cielo bianco.”

La parte inconscia di lui aveva registrato i movimenti dei suoi genitori e li aveva incisi nella sua parte più profonda, come una canzone registrata su un nastro.
Intristendosi un po’, gli occhi di Harry si posarono solo sul padre. Aveva ancora ben chiaro in mente quell’unico ricordo che era riuscito a estorcere a Piton durante le loro lezioni di Occlumanzia: suo padre che se la prendeva con l’insegnante perché era un debole.
Esattamente con lui stesso.
Socchiuse gli occhi e sospirò. Inspirò l’aria fredda che gli punse i polmoni e riaprì gli occhi. Erano ancora orgogliosi di lui, i suoi genitori? Se un giorno si sarebbe trovato al loro cospetto, come l’avrebbero guardato?
Come l’avrebbero giudicato?
“Sciocchi sentimentalismi…”
Una voce strascicata lo raggiunse e ruppe quel momento di intimità che Harry aveva creato. Non si girò neanche per vedere chi era l’intruso che si era permesso di interferire, poiché l’aveva già riconosciuto.
La veste luna e nera di Severus Piton entrò nel suo campo visivo. L’uomo indossava solo quella tunica: nessuna sciarpa, guanti, berretto o mantello per ripararsi dal freddo come invece Harry stava facendo.
Sembrava che Severus Piton fosse il freddo.
Harry continuò a fissare la tomba dei suoi genitori.
“Grazie professore.” – disse Harry, girandosi e andandosene, lasciando lì quell’uomo a contemplare la foto dell’unica donna amata.
Severus non rispose, sembrava quasi non l’avesse nemmeno sentito. Eppure, nel silenzio ovattato dalla neve di quel cimitero, il docente di Pozioni aveva percepito quel sussurro come un’esplosione. I suoi occhi rimasero fissi unicamente sulla foto di Lily – Evans, mai Potter, per lui – che sorrideva all’obiettivo e nel profondo del suo cuore – perché anche lui ne possedeva uno – si beò dell’illusione che sorridesse solo per lui.
La mano si mosse impercettibilmente verso la fotografia, forse per accarezzarla, forse per nascondere l’entrata di Potter nell’obiettivo… ma poi la lasciò ricadere lungo il fianco.
Si girò e se ne andò.
Sulla tomba, due gigli bianchi.




Harry era uscito dal cimitero e si era diretto verso casa, a Grimmauld Place nr. 12.
Da qualche mese a quella parte, c’era un problema che richiedeva la sua attenzione. Un problema che aveva due gambe chilometriche e un sorriso che ultimamente – fin troppo ultimamente – gli faceva visita a qualsiasi ora del giorno.
E della notte.
Il problema era che non ci riusciva: aveva sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi, ma non riusciva ancora a rimpiazzare Ginny.
Il ricordo gli fece rallentare il passo fino a fermarsi sotto un palo della luce. Si guardò intorno per un attimo e non vide nessuno per strada. C’era solo lui.
Si sentì… solo.
Ginny.
Se ripensava a come l’aveva trattata, sentiva come una trappola per topi chiudersi all’improvviso sul suo cuore, tranciandolo a metà.
Fin da quando Silente gli aveva detto la prima volta di Tom Riddle, quel lontano giorno del suo primo anno a Hogwarts, Harry sapeva di non essere un bambino come gli altri e non solo per la leggenda alla quale il suo nome era legato.
Si era impegnato – certo, non nello studio – per cercare di sedare quella parte di sé, quella che se anche era presente in ogni essere vivente, in lui era forse più accentuata, con buoni risultati.
E poi era esplosa.
Aveva dato sfogo ai suoi più vili e meri istinti, aveva lasciato da sola un’amica nel suo momento di maggior fragilità emotiva, aveva trattato Ginny come un oggetto sessuale e quel che era peggio, si era sentito orgoglioso mentre faceva tutto questo.
Ogni volta che ci pensava, si chiudeva in camera sua – quella che era appartenuta a Sirius – e piangeva come un bambino per delle ore finché, sfinito, si addormentava.
Poi la giornata riprendeva a scorrere normalmente fino al successivo momento di crisi.
Non ne aveva mai fatto parola con nessuno, specialmente con Hermione. L’amica aveva passato fin troppe disgrazie e aggiungersi alla lista, dopo che aveva fatto i salti mortali per tornare nella sua cerchia di amicizie, era un opzione decisamente inconcepibile.
Si teneva tutto dentro, pur conscio che un tale atteggiamento avrebbe portato solo alla sua disfatta, a un lento, ma inesorabile logorio interno.

Con Ginny era tornato a parlare tranquillamente.
Il che lo giudicò come un miracolo.
Aveva faticato tantissimo e tantissimo aveva sofferto quando le aveva dichiarato il suo amore. Al ricordo, si toccò la mascella.

“Posso… potrei parlarti? In privato.” – disse Harry, palesemente a disagio.
Ginny lo guardò incuriosita, ma non preoccupata. Era il compleanno di Hermione e la ragazza aveva dato una festa a Malfoy Manor – su ordine tassativo di Lucius – per quelle poche centinaia di invitati che i padroni di casa, la festeggiata e gli amici della festeggiata, avevano invitato.
Ginny seguì Harry in giardino, in un posto non troppo isolato. C’era un leggero venticello dal profumo primaverile nell’aria e Harry sperò, come diceva il detto, che la Primavera fosse davvero la stagione degli amori.
Ma per la precisione, sperò che quella fosse la stagione del ritorno dell’amore.
Il suo.
“Dimmi.”
“Io…” – sapeva che stava sbagliando a dirglielo, che non doveva, non dopo quello che le aveva fatto, ma aveva bisogno di essere amato e sapeva che solo Ginny era in grado di assolvere a quel compito. – “… Ginny io ti amo.”
La ragazza lo aveva guardato palesemente sbigottita. Aveva aperto la bocca per rispondere, ma Harry proseguì.
“So che ti ho trattata malissimo e…” – sbuffò perché le parole non esprimevano a sufficienza il dolore che sentiva dentro ogni volta che ripensava a come l’aveva trattata. – “… mi dispiace! Davvero! Io… io ti amo!”
L’attimo successivo, Harry si ritrovò scaraventato a terra a causa di un potente gancio destro che Blaise Zabini aveva fatto accidentalmente combaciare con la sua guancia.
“BLAISE, NO!” – urlò Ginny, abbassandogli le braccia, anche se troppo tardi.
Ma Blaise non la stava a sentire. Provava una rabbia troppo cieca e sorda per poter ascoltare la sua fidanzata. Come osava Potter tornare alla carica?
Come?!?!
“Hai firmato la tua condanna a morte, Potter!” – sibilò Blaise, trattenuto a stento dalla sua ragazza.
Harry si rialzò, barcollando. Dentro nessuno si era accorto di nulla con sollievo di Ginny. Non voleva dare spettacolo come l’ultima volta.
“Blaise, calmati…”
“Che cazzo vuoi ancora da lei, Potter?” – era arrabbiato.
E terrorizzato.
Non voleva dare a Harry nemmeno un centimetro di spazio per potersi muovere letteralmente e metaforicamente intorno alla sua Ginny. Pur sapendo che era stato sotto un potente incantesimo di Magia Oscura, Blaise aveva paura che Ginny lo mettesse di nuovo da parte per stare con lui.
Harry non rispose. Sapeva di aver fatto una cazzata a dirle quelle cose e sapeva di essersi meritato quel pugno perché, onestamente, se fosse stato al posto di Blaise Zabini si sarebbe comportato nello stesso modo.
Sorrise amaramente nel vedere quanto Serpeverde e Grifondoro fossero, in fin dei conti, più simili di quanto potessero immaginare.
“Io…”
Blaise era sul punto di rifargli i connotati. Aveva pure il coraggio di rispondere?
“Scusa. Scusate. Fa come se non ti avessi detto niente. Mi scusi tu con Hermione?” – disse, meccanicamente.
“Harry aspetta!” – lo fermò Ginny.
Il ragazzo rimase sempre con lo sguardo fisso a terra.
“Tu ora torni dentro.” – disse al suo ragazzo che la guardò con gli occhi a palla.
“Ginny, non…”
“Non ti fidi?” – lo pungolò lui.
Blaise sbuffò. Ogni volta riusciva a incastrarlo con quella storia della fiducia!
“Io… sì che mi fido, ma…”
“E allora?”
“E’ in lui che ho poca fiducia.” – disse, incurante che Harry potesse sentirlo e indicandolo con un cenno del capo.
“Dai, rientra. Devo parlare con Harry.”
Palesemente contrariato, Blaise rientrò.
Rimasero solo Ginny e Harry.
“Harry… io non ti amo.”
Il ragazzo serrò gli occhi. A Voldemort sarebbe bastato quello per ucciderlo.
“Sì, lo so, ma speravo… non so neanche io cosa speravo, a dir la verità.” – disse, con un sorrisetto tirato.
“Troverai quella giusta.”
“Che non sei tu.” – disse Harry, chiedendole quell’ultima conferma, a riprova del suo autolesionismo.
“Che non sono io.” – confermò Ginny.
Le dispiaceva ferire Harry in quel modo, ma lei era felice. Blaise la rendeva felice e non vi avrebbe mai rinunciato. Lo vide sorridere amaramente e il suo spirito di Grifondoro le suggerì di andare da lui, abbracciarlo e consolarlo, dirgli che sarebbe stata per lui ciò che avrebbe desiderato, ma lei stessa prese lo spirito di Grifondoro e lo mandò a farsi un giro a quel paese.
“Tu sai che non ero in me quando ti dicevo quelle cose.” – si sentiva estremamente patetico a giocare quella carta, ma era come se volesse avere conferme su ogni fronte che Ginny non fosse più innamorata di lui.
“Io invece ero in me quando ti ho detto che non ti amo.” – le disse, per nulla arrabbiata per aver riesumato quel ricordo.
“Avrei potuto renderti felice.”
Si sentiva patetico.
“Io sono felice.”
“Amarti come meriti.”
E ipocrita.
“Blaise lo sta facendo molto bene.”
“Consolarti quando stai male.”
“Con Blaise sto solo che bene.”
“Aiutarti quando cadi…”
“Blaise non lascia mai la mia mano.”
E capì.
Capì che per lui non c’era più posto nel cuore di Ginevra, se non come un caro amico.
E le sorrise.
Di cuore, anche se Ginny riuscì a leggere una nota di rassegnazione in quel sorriso. Gli sorrise a sua volta.
“Se ti fa del male, gli spacco la faccia.” – disse, cercando di buttarla sul ridere.
“A giudicare dalla tua mascella, sei solo tu che rischi.”
Harry rise, annuendo. Smise subito perché il pugno di Blaise era stato veramente forte.
“Male?” – chiese Ginny, con una faccia contrita.
“No, tranquilla. Beh, io vado. Lo dici tu a Hermione?”
“Vai tranquillo.”
“Ci si vede in giro, eh?”
“Contaci.”
Poi, si smaterializzò.

Un fiocco di neve si posò sul suo naso, risvegliandolo dai ricordi.
Iniziò a rabbrividire e si strinse maggiormente nel piumino. Si avviò celermente verso casa.
Erano passati sei lunghi anni da quel giorno, eppure non riusciva a guardare avanti. Ginny aveva smesso da tempo di essere il suo amore, ma allo stesso tempo non voleva dimenticarla, come se il continuare a ricordare ciò che avrebbe potuto essere e avere con lei, fosse la giusta punizione da scontare per rimediare al male che le aveva fatto.
Si era convinto di non meritare la felicità, non dopo la pietosa scena di quella volta a Malfoy Manor, che Malfoy, al suo confronto, era da considerarsi un santo.
A sua insaputa, però, c’era qualcun altro che soffriva per quell’atteggiamento, qualcuno che lo stava aspettando a Grimmauld Place…

Era stanco, Harry. Stanco di quella non-vita.
Avrebbe voluto incontrare una bella ragazza, innamorarsi e mettere al mondo un’intera squadra di Quidditch, invecchiare con lei e contare insieme le rughe che testimoniavano una vita insieme.
Di nuovo, quel sorriso gli apparve davanti agli occhi. Sbuffò, perché non capiva come aveva fatto quella persona a insinuarsi nei suoi pensieri, a manipolarli a suo piacimento per fargli visita quando meno se lo aspettava.
E ogni volta che quel sorriso faceva capolino nella sua mente, inspiegabilmente si ritrovava ad arrossire e a sentire il suo cuore iniziare a battere più velocemente.
Si diceva sempre che non ne era innamorato, che al limite massimo poteva provare per lei un forte sentimento di affetto e gratitudine, poiché l’aveva aiutato in tutti i modi in cui una persona può essere aiutata, e soprattutto, perché era impossibile che una come lei potesse provare qualcosa di diverso dal comune affetto per un come lui.
O meglio, per lui.
Lui che si era comportato peggio di Voldemort.
Scosse il capo, per non pensarci, altrimenti rischiava veramente di commettere delle pazzie – come se non ne avesse fatte a sufficienza – e arrivò a casa.
Infilò la chiave nella toppa e capì che qualcosa non andava.
C’era qualcuno in casa e questo qualcuno non faceva nemmeno nulla per mascherare la propria presenza. Sfoderò la bacchetta e si avvicinò lentamente e in silenzio.

“… senti un po’, …”
“Kreacher!” – esclamò l’elfo, indignato.
“Senti un po’, Krackers, ti ho chiesto di portarmi un bicchiere d’acqua. È forse chiedere troppo?”
Riconobbe quella voce all’istante. Si affrettò per raggiungere la cucina dove una furente Daphne Greengrass stava cercando di ottenere da quel maledetto elfo – e per fortuna che era sempre lieto di servire i nobili purosangue! – un maledetto bicchiere d’acqua.
“Io mi chiamo…”
“Kreacher!” – esclamò Harry. – “Che sta succedendo?” – chiese il moro, levandosi il giubbotto.
L’elfo si chinò, di malavoglia, ai piedi di Harry.
“Kreacher…” – disse, sottolineando la pronuncia esatta del suo nome. – “… non sa chi sia questa donna. Kreacher non fa entrare estranei nella casa della nobile e…”
“… e antichissima casata dei Black. Sì, sì ok.” – fece Harry, alzando gli occhi al cielo, stufo di sentire quella tiritera. – “Vai pure, qui ci penso io.”
L’elfo si smaterializzò, sollevato.
“Ciao…” – salutò Daphne. – “… la porta era aperta e…”
“Non preoccuparti. Posso fare qualcosa per te?” – chiese, andando ad appendere la giacca.
Daphne lo studiò per un attimo.
“Sono in missione segreta.” – disse Daphne, con un sorriso.
Con quel sorriso.
Harry si girò lentamente, perplesso e si ritrovò ad arrossire nel vedere i suoi occhi lucidi per il divertimento.
“Cosa?” – chiese.
“Sono in missione.” – disse, fingendo il saluto militare.
“E la missione consisterebbe in cosa, Auror Greengrass?” – chiese, reggendole il gioco.
“Hermione mi ha chiesto di uscire con te.”
Harry sbarrò gli occhi e si sentì… infastidito.
“Beh, dì a Hermione che non ho bisogno della carità.” – disse, allontanandosi.
Ecco che stava per fare una pazzia. Fin troppo ultimamente immaginava lui e Daphne in atteggiamenti non proprio casti e due giovani, in una casa desolatamente vuota, erano l’equivalente di un fiammifero vicino alla benzina.
Era meglio tenerli separati.
E poi ultimamente Hermione stava interferendo troppo con la sua vita privata e la cosa lo irritava a morte. Ma forse, ciò che più lo irritava, era sapere che Daphne era lì con lui non per propria volontà…
“Cosa… ehi aspetta!” – urlò Daphne, seguendolo.
“Lascia stare, Daphne!”
“Ma… ti vuoi fermare un attimo? Non è come pensi tu!”
“Ah no? E come la penso?” – si era fermato di botto e Daphne gli era finita letteralmente in braccio.
Si staccò alla velocità della luce.
“Scusa…” – disse, imbarazzata. – “Nel senso che Hermione vuole che tu esca, che ti distragga dai tuoi… pensieri.” – disse, trovando all’ultimo momento la parola che l’aveva salvata dal pronunciare il nome di Ginny.
“Beh, dì a Hermione che i miei pensieri sono miei. Miei soltanto!”
“E’ preoccupata…” – disse lei, ferita da quell’atteggiamento.
“E di cosa? Adesso lei ha la sua vita felice e…”
“Sì, ma a che prezzo?” – chiese Daphne, contrariata da quell’uscita. – “Cos’ha dovuto passare per ottenere ciò che ha adesso?”
Harry chinò il capo, infastidito da se stesso per quella pietosa uscita.
“Hermione ha combattuto con le unghie e con i denti per la sua felicità. Tu invece hai smesso!”
Harry girò il capo da una parte per non leggere negli occhi di Daphne l’amara verità.
“Tu… tu… potresti avere chi vuoi! Dovresti solo aprire gli occhi!” – poi si girò e scappò via da quella casa.
Harry la guardò scappare via da lui. Era diviso a metà: da una parte voleva correre in camera e piangere dall’altra chiamare Hermione e dirle di non spedirle più Daphne come un pacco postale.
Scelse la seconda.
Andò al camino, gettò un po’ di polvere e il suo volto fece capolino a Malfoy Manor.

“Harry! Ciao!”
“Senti un po’ tu… ma chi ti da il diritto di metterti in mezzo alla mia vita, si può sapere?”
Hermione era rimasta di sasso. Draco, poco distante dalla sua donna, si era alzato con la bacchetta in mano.
“Potter, modera il linguaggio in casa nostra!”
“Fottiti!” – urlò, in direzione del biondo.
“Ma Harry… di cosa stai parlando?”
“Di Daphne! Di te che ti metti in mezzo alla mia vita! Sto bene così Hermione, ok? Non ho bisogno della badante!”
“Daphne? Che c’entra lei?” – chiese la riccia, guardando Draco.
“Oddai! Non fare la finta tonta!”
“Potter ti avviso! Stai per diventare un vermicolo! Anche se poco ti ci vuole.” – disse Draco, sibilando.
“Davvero… non capisco…”
“Smettila di mandarmi Daphne a casa per combinarmi un appuntamento!”
Hermione e Draco si guardarono perplessi.
“Ma ti pare possibile?” – chiese Hermione a Draco, ignorando Harry.
“Parliamo di Potter, amore mio. Di Potteridiota, per essere più precisi.”
Hermione non se la prese. Harry non seppe dire se era più arrabbiato per il fatto di essere ignorato in quel modo o se arrabbiarsi con l’amica perché non lo difendeva dalle frecciatine di Malfoy.
“Ma no dai… Harry non può non…”
“Ehi, io sono ancora qui, eh? No, giusto per ricordarvelo…” – frecciò sarcastico.
“Harry… saranno tre giorni che non vedo Daphne.” – spiegò Hermione, mentre la faccia di Harry assumeva i tratti di un Confundus. – “E non l’ho mai mandata a casa tua.”
Harry sbarrò gli occhi.
“Ma… ha detto che tu l’avevi…”
“Potter, ti consiglio di cambiare gli occhiali e dato che ci sei farti dare una revisionata al cervello.” – fu il brillante commento di Draco che, capito ciò che era successo, aveva rinfoderato la bacchetta.
Dalle fiamme, la faccia di Harry scattava prima sull’amica e poi su… su coso.
“Perché?” – vide Hermione sospirare.
“Harry, mi spiace dirtelo, ma Draco ha ragione.”
Harry vide Draco gongolare. Si appuntò mentalmente di mandarlo a quel paese una volta risolto quel mistero.
“Mi volete spiegare?”
“Parla con Daphne.” – disse Draco che spense la comunicazione.

Harry tornò nella cucina di Grimmauld Place, sempre più confuso.
Daphne?
Che c’entrava lei?
Beh, l’unico modo per scoprirlo era parlare con lei. Reindossò il piumino e uscì per andare in cerca di lei. Aveva imparato a conoscerla a sufficienza per sapere che quando era triste o arrabbiata, si rifugiava sempre al parco giochi vicino al cimitero di Godric’s Hollow.
Mentre affrettava il passo – ritrovandosi a correre – ripensava a Daphne e ai suoi atteggiamenti. Negli ultimi mesi era stata sempre presente in casa sua, l’aveva aiutato a superare la faccenda di Ginny e una volta l’aveva addirittura visto piangere.
Non l’aveva deriso o umiliato perché secondo una legge non ben stabilita un uomo non dovrebbe mai piangere, ma aveva raccolto le sue lacrime e aveva ascoltato i suoi silenzi.
Neanche un innamorato avrebbe mai…
Fermò la sua corsa nell’esatto momento in cui aveva iniziato quel pensiero, rischiando di cadere a terra. Quasi le gambe gli cedettero sotto la forza di quella comprensione.
Daphne… Daphne era…
Se qualcuno lo avesse visto in quello stato, avrebbe giurato che a Harry fosse morto un caro amico. La sua faccia era talmente sconvolta dal lume della consapevolezza che stentava a credere possibile una simile evenienza.
Riprese la sua ricerca con le ali ai piedi. Stavolta non poteva non dare ragione a Malfoy!: doveva davvero farsi dare una revisionata al cervello o magari cambiarlo con uno nuovo, perché quello attuale stava facendo troppe volte cilecca.
Quando la vide, la trovò sull’altalena che si dondolava appena. Sentì qualcosa di molto vicino all’inorgoglimento personale nell’essere riuscito a trovarla, nell’aver saputo fin da subito qual era il suo posto preferito in quei casi. In quel frangente a Harry vennero in mente un sacco di dettagli ai quali non aveva mai prestato la giusta attenzione.

Daphne che entrava in casa sua, Daphne che gli tirava su il morale, Daphne che rispettava i suoi silenzi, Daphne che si prendeva una scarica di parole solo per frustrazione, Daphne che gli faceva trovare pronto il suo tea nero, Daphne che seduta sul divano gli leggeva le fiabe di Beda il Bardo, Daphne che si accertava che la coperta lo tenesse sufficientemente al caldo, Daphne che…

Tu… tu… potresti avere chi vuoi! Dovresti solo aprire gli occhi!”

Questo gli aveva detto poco prima.
Avere chi voleva. Si riferiva…a lei?
E lui, così stupido e cieco e sordo ai segnali che gli stava lanciando la ragazza, l’aveva usata come antistress, le aveva raccontato di come fosse ancora legato a Ginny, di quando, certe volte, pensava di essere ancora innamorato di lei, di quando a scuola erano un quartetto inseparabile.
Mio Dio!… come aveva potuto essere così freddo e insensibile?
“Daphne?” – la chiamò lui.
La ragazza non rispose e Harry pensò che non l’avesse sentito.
“Daphne?” – riprovò, avvicinandosi.
Niente. Forse non voleva sentirlo. Si avvicinò lentamente, la neve attutiva il rumore dei suoi passi fino a che s’inginocchiò davanti a lei.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, mentre alcune lacrime continuavano a bagnarle le guance. Si sentì un verme nel sapere di essere la causa di quel suo stato d’animo.
Era già la seconda volta che gli capitava: le persone si facevano in quattro per aiutarlo e lui non riusciva mai a ricambiare. No, quella cosa andava cambiata una volta per tutte!
Avvicinò la mano al suo volto per accarezzarlo, ma lei con un gesto secco allontanò la mano a occhi chiusi. Indietreggiò di un passo e si alzò dall’altalena.
Poi se ne andò.
“Daphne aspetta!”
“Cosa?” – urlò lei esasperata.
“Daphne io… scusa… non avevo capito niente.” – ammise Harry, contrito.
“Capito… cosa?” – chiese perplessa.
“Che tu… sei innamorata di me.” – disse Harry.
Sorrise dentro di sé perché se si fosse trovato in quella situazione solo un paio di anni addietro, si sarebbe messo a balbettare, facendo la figura dell’idiota.
E, come direbbe Malfoy… non che ci volesse poi molto…
Daphne era sbiancaca al pari della neve. Poi, sorprendendo, scoppiò a ridere.
“Oh… ma no!” – disse tra una risata e l’altra. – “Non sono innamorata di te, Harry!”
Harry pensò che una delle qualità di un Serpeverde fosse quella di saper mentire e negare l’evidenza fino quasi a rasentare il ridicolo. Infatti, le risate di Daphne erano molto diverse da quelle che si facevano a Grimmauld Place.
Erano finte.
“Daphne, ti prego. Smettila.”
La ragazza smise di ridere.
“Ma no… davvero…” – disse guardandosi i piedi.
All’improvviso, nel suo campo visivo, comparvero anche i piedi di Harry. Alzò di scatto lo sguardo e seppe da sola di essere arrossita come un’idiota.
Harry la sovrastava di una decina di centimetri. Il suo ruolo di Auror gli aveva temprato il fisico e del ragazzo mingherlino di scuola non era rimasto niente. Al suo posto c’era un uomo, con due spalle che avrebbero saputo sorreggere il peso del mondo e uno sguardo duro e dolce allo stesso tempo.
“Allora dimmelo guardandomi negli occhi.”
Per come l’aveva conosciuta, Harry era in grado di poter affermare che Daphne era incapace di mentire, non quando si trattava di lui.
“Io non…” – era partita con la foga di chi stava per negare tutto quanto, ma le parole le morirono in gola quando incrociò gli occhi verdi di Harry. – “Io non…” – il respiro si fece pesante e gli occhi si inumidirono di nuove lacrime. – “I-io n-non…” – e la voce prese a tremarle.
Finché non scoppiò a piangere.
Dentro lui, si spanse un forte senso di protezione verso quella ragazza che si aggrappava a lui e che piangeva disperata per aver ammesso una debolezza che, in tempi di scuola, le sarebbe valsa la bollatura di traditrice del suo sangue.

Ma quei tempi erano finiti. Era finito il tempo della scuola, dei primi amori, delle cotte adolescenziali e dei ricordi. La vita era una e andava vissuta fino in fondo. Forse era un pensiero egoistico quello di Harry, ma sperò che Daphne potesse aiutarlo a guarire dalla sua malattia per Ginny. Avrebbe imparato ad amarla – anche se da gran pirla qual era non si era accorto che già lo stava facendo… – e a darle quel sostegno per per mesi lei aveva dato a lui.
“Va tutto bene…” – sussurrò lui, avvolgendola nel suo abbraccio.
“No-n v-va ben-bene nie-nte!…” – singhiozzò lei, conscia che mai sarebbe stata corrisposta. Harry era troppo legato ancora a Ginny per poterla cancellare così, con un colpo di spugna.
Anche se sarebbe stato bello se una cosa simile potesse verificarsi…
Daphne si staccò da lui e tenne lo sguardo basso. Era troppo imbarazzata.
“Daphne…”
“Per favore, no.” – disse, con voce ferma. – “E’… è già abbastanza umiliante così.”
Le mani di Harry scesero lungo i fianchi della ragazza, che chiuse gli occhi, immaginando quelle mani e i suoi fianchi – nudi – in un altro contesto, e intrecciò le sue dita con quelle di lei. Daphne fece per staccarsi, ma la presa di Harry era salda, ma non dolorosa.
“Io non sono innamorato di Ginny.” – esordì Harry, lasciandola basita.
“Cosa?…”
“Quello che provo per lei è difficile anche per me da spiegare, però… so che non la amo. Non come Draco ama Hermione, almeno.”
Daphne sbatté le ciglia, confusa. E tutti quei mesi a parlare di lei? A decantarne le doti?
“No, tu la ami…”
“No.”
“Sì, invece.” – s’impuntò lei.
“Ti ho detto di no.” – disse Harry, perplesso che insistesse su quel punto.
Daphne si zittì. Questa poi…
“Io… forse avevo solo bisogno di esorcizzare la sua presenza.”
“Non allontani qualcuno continuando a parlare di lei.” – obiettò Daphne, stranita.
“Per me è stato così. Più parlavo di lei e più lentamente il suo ricordo iniziava a sbiadire. Dopotutto, è stato il mio primo vero amore, questa cosa non la posso cancellare dalla sera alla mattina.”
“Ma io ero lì con te, Harry!” – fece Daphne, impuntandosi come una bambina piccola che voleva assolutamente avere ragione. – “Sentivo come parlavi di lei!”
“Appunto.”
Daphne si sentiva disorientata da tutti quei cambi di idee.
“Harry… sei un casino con le gambe!” – ammise, sconsolata.
“Appunto… nel senso che c’eri tu con me. E mentre il ricordo di Ginny si allontanava, qualcun altro prendeva il suo posto…” – disse, arricciandosi tra le dita una ciocca di capelli di Daphne, che arrossì indecentemente. Studiava il suo volto come si poteva fare con un’opera d’arte che piace a pelle. – “… c’eri tu che mi ascoltavi, tu che mi calmavi, tu che mi dicevi di prendermi il tempo necessario, tu che mi dicevi che sarebbe andato tutto bene. Tu…”
“No!” – esclamò lei, spaventata. Mise subito una distanza di sicurezza tra lei e Harry.
“Daphne…”
“No!” – disse lei, sbattendo il piede a terra e creando un solco nella neve. – “Tu… tu non ne hai il diritto!” – ricominciò a piangere. – “Non… non puoi dirmi che all’improvviso non sei più innamorata di Ginny e che lo sei di me! Non me lo merito!”
“Io non ho detto “all’improvviso” e tanto meno che sono innamorato di te.”
Daphne si sentì presa in giro nel peggior modo possibile.
“Va all’inferno, Potter!” – berciò Daphne e allontanandosi si gran carriera.
Harry la bloccò per un polso prima che potesse muovere un secondo passo.
“Ci sono già stato.” – le rispose, tranquillamente.
Daphne serrò gli occhi. Sì, per cercare di stargli vicino, senza palesare i suoi sentimenti, c’era stata anche lei.
“Tu però mi sei entrata dentro, lentamente. Ti sei fatta spazio senza sgomitare, senza pretendere nulla in cambio e ti sei fermata qui…” – fin troppo lentamente, aveva chiuso una mano sul suo seno sinistro, in prossimità del cuore, percependo nitidamente il suo sussulto. – “… ma ero troppo cieco e troppo convinto che il mio destino fosse di continuare a tormentarmi nel ricordo di Ginny per scontare il mio errore.”
Daphne capì subito a che errore stesse facendo riferimento.
“Intendi comportarti come Draco? Intendi mollare tutto senza combattere?” – gli chiese, sempre di spalle.
Il suo cuore aveva preso a battere troppo forte ed era da stupidi sperare che Harry – che la sua mano sul suo seno – non se ne accorgesse. Quelle parole… quelle parole avevano troppo il sentore di una possibilità tra loro due e non voleva cadere nell’illusione di essa, per poi risvegliarsi bruscamente e scoprire che era stato solo un sogno.
“Io sono meno complessato di Malfoy.” – disse Harry, buttandola leggermente sul ridere. – “E decisamente più egoista.”
Daphne spalancò gli occhi. Le palpebre dei suoi occhi verdi come la speranza – come gli occhi di Harry – fremettero. Il calore di quella mano in quel punto stava facendo il suo dovere. Daphne stava avvampando. Si distrasse per via di un fiocco di neve caduto sulla sua mano che al contatto si sciolse.
Forse era stata un’illusione ottica, ma a Daphne sembrò che quel fiocco si fosse sciolto ancora prima che toccasse la sua mano.
“Cosa… cosa vuoi dire?” – si diede mille volte della stupida per aver palesato la sua curiosità.
Il suo desiderio di sapere.
Il suo desiderio di sapere se aveva travisato o meno le parole di Harry.
“Che perdere l’unica persona che sa farmi dimenticare Ginny sarebbe proprio da idioti.”
Un dubbio si insinuò nella sua mente. Era forse… l’aveva forse scambiata per un anti-stress? Cosa significava che lei gli faceva dimenticare Ginny? Come doveva interpretarlo? Era un complimento o solo un’azione egoista da parte di Harry per liberarsi della presenza di Ginny?

E allora Daphne capì.
Capì che non le importava niente se era solo un rimpiazzo, capì che per lei Harry era più importante di se stessa e capì solo in quel momento il detto “l’amore rende ciechi”.
Capì che le stava bene così.

Si girò nel suo abbraccio e lo baciò.
Sentì Harry ricambiare il bacio con troppa foga per essere uno che aveva appena detto di non essere innamorato di lei. Non era innamorato? Il suo corpo – specialmente la sua lingua e la passione che ci stava mettendo – dicevano esattamente il contrario.
Era riuscita a conquistarlo, seppure in un modo molto particolare. Aveva detto che era entrata dentro di lui lentamente e mentre baciava Harry, si ricordò di una cosa che le aveva detto sua sorella Astoria prima che la guerra le dividesse.

“Andrew è un tipo tosto.” – le disse Astoria, usando un linguaggio non proprio adatto a una del suo ceto sociale.
Infatti Daphne la guardò perplessa.
“Tosto in che senso?”
“Mi sono innamorata di lui!”
“Ma se fino a qualche giorno fa non lo potevi neanche vedere!” – esclamò la sorella, tornando a rimettersi lo smalto sulle unghie.
“Questo perché mi sono accorta solo adesso di quello che ha fatto per me.”
“E cos’ha fatto per te?” – chiese Daphne, che stava soffiando sulle unghie per far asciugare la pellicola colorata.
“Mi è entrato dentro lentamente.”
Daphne guardò la sorella, in modo spaventosamente eloquente.
“Non in quel senso, sciocca!” – esclamò la ragazza, arrossendo.
Daphne sospirò di sollievo.
“E in che senso, scusa?” – chiese Daphne, incuriosita.
“Nel senso che non ha fatto gesti eclatanti, mi ha conquistata con le piccole cose. Gli sono caduta ai piedi come una pera cotta.” – ammise sconsolata la piccola delle Greengrass.
Daphne rise.
“Quando qualcuno si fa spazio nel tuo cuore in questo modo, è più difficile sradicarlo, perché è troppo presente, troppo… dentro di te.”

Ok, forse Harry non era innamorato di lei, forse per lui, lei era un rimpiazzo, ma se sua sorella Astoria aveva ragione, si sarebbe impegnata con tutta se stessa affinché Harry vedesse in lei Daphne e non la sostituta di Ginny.
Quando si staccò con quella nuova missione in mente, gli accarezzò una guancia.
“Fa l’amore con me, Daphne.”
E mentre si smaterializzava a Grimmauld Place, nella sua camera, quella in cui lei aveva raccolto i suoi innumerevoli sfoghi, Daphne pensò che sarebbe stato più facile del previsto…




Harry le confessò di amarla in un freddo pomeriggio di Novembre.
Si stavano frequentando da perfetti fidanzatini: Harry era un perfetto gentiluomo, le portava sempre un fiore diverso ogni volta, scegliendolo accuratamente attraverso il suo significato. Daphne, invece, si prendeva cura di lui, ance solo sorridendogli.
Quel pomeriggio, Harry avrebbe portato Daphne tra i babbani, in un cinema. La ragazza non ne era stata molto entusiasta, ma vedere Harry tutto elettrizzato mentre parlava di una stanza buia con uno schermo gigante, non se l’era sentita di fare la capricciosa e aveva accettato di buon grado l’uscita.
Peccato che le fosse salito un febbrone da cavallo.
Era entrato a casa sua, un appartamento dalle modeste dimensioni, ma che a Daphne andava più che bene e si accorse subito che qualcosa non andava. Di solito c’era sempre della musica che girava o meglio, Daphne che girava in mutande perché era in ritardo come al solito.
Quel giorno, la casa sembrava disabitata.
La cercò ovunque finché non la trovò imbacuccata sotto le coperte, con addosso perfino il piumino.
“Ehi… che succede?”
“Nie-niente…” – e tossì.
“Daphne… ma tu scotti!” – si sorprese Harry.
“Non è… niente…” – e tossì ancora.
“Dai, sta qui che adesso ti preparo qualcosa.” – si tolse il giaccone e lo adagiò sulla sedia, andò in cucina e le preparò qualcosa di caldo e cercò in bagno l’armadietto dei medicinali.
L’aiutò a mangiare, le rimboccò le coperte e la guardò dormire. Ma nonostante tutte quelle coperte, Daphne ancora tremava. Così si spogliò e si accomodò accanto a lei, facendo aderire la sua schiena al suo torace. La sentì rilassare i muscoli, segno che il suo calore corporeo l’aveva aiutata.
“Non sarei una buona compagnia Harry…” – scherzò Daphne.
“Lo sei sempre.” – sussurrò Harry.
Daphne si accoccolò più vicina a lui per cercare di avere maggior calore.
“Sei bellissima.”
“Oh, ti prego… sono orrenda…” – sussurrò la bionda.
Non si era mai ammalata, mai un raffreddore, mai una febbre. I suoi compagni di stanza a scuola erano sempre ammalati e ogni volta vertevano in condizioni pietose. Per questo motivo assumeva regolarmente le vitamine e si proteggeva dal freddo con indumenti caldi. Davvero non riusciva a spiegarsi da dove quella maledetta febbre fosse spuntata fuori!
E sapere che Harry la stava vedendo nel suo momento peggiore, le fece temere quasi che il ragazzo potesse accorgersi che non era perfetta come gli aveva sempre dato a vedere, che doversi prendere cura di lei fosse un peso e per questo, da lasciare.
“Daphne?” – disse lui, ignorando il suo commento.
“Cosa?” – chiese, sorpresa da quel tono di voce.
“Ti amo.”
Non seppe dire se erano passati secondi o anni da quell’ammissione, seppe solo che si era girata nel suo abbraccio e l’aveva guardato negli occhi.
“Se è una presa in giro, Potter, sappi che ho energie sufficienti per prendere la bacchetta!”
Daphne si chiese perché dovesse rovinare proprio quel momento. Non era sempre stato il suo obiettivo quello di riuscire a farsi dire quelle due paroline da Harry? E allora perché non riusciva a crederci? Perché ora che il suo sogno era diventato realtà non riusciva a crederci?
Harry si sporse su di lei e la baciò. Niente di plateale, solo un bacio a stampo.
“Ti amo.” – ripeté.
“Sei… sei serio?” – pigolò lei, pronta al pianto.
“Mai stato più serio in vita mia.” – le confermò.
Daphne gli scoppiò a piangere tra le braccia.
Ora, poteva anche finire il mondo, che lei era felice.









Sei anni dopo la laurea di Hermione, Blaise e Ginny si erano sposati.
La rossa aveva trovato un impiego presso il San Mungo nel reparto di Ginecologia, mentre Blaise era diventato un rispettabile uomo d’affari. La ragazza aveva avuto la sua indipendenza, come da progetti, e si era sentita pronta per diventare dipendente a tempo indeterminato di Blaise.
Lo amava e quindi perché aspettare?
Il suo sogno di vestire un abito firmato Myra Preston divenne realtà. Suo padre aveva fatto un salto di qualità al lavoro, anche grazie a suo marito. A Blaise seccava parecchio che Arthur percepisse uno stipendio da miseria quando aveva capacità che andavano ben oltre quell’impiego relativo ai manufatti babbani, così aveva mandato un paio di gufi e Arthur Weasley era passato dalla “Manutenzione dei Manufatti Babbani” alla “Cooperazione tra i vari Ministeri della Magia” che popolavano il mondo.
Draco e Hermione furono i testimoni degli sposi. Nonostante potesse vantare una certa sicurezza economica, Ginny non dimenticò mai le sue origini e preferì una cerimonia semplice e raccolta, presenziata solo dall’ufficiante e dagli amici veri.
Dopo aver offerto un rinfresco, gli sposini erano partiti alla volta dell’Europa, in quel viaggio che Blaise aveva voluto fare una volta finita la scuola, ma che aveva preferito posticipare affinché andasse assieme a lui la sua dolce metà.
Che conobbe finalmente Miguel Dominguez.




Draco e Hermione, invece, presero casa nel mondo magico subito dopo la fine degli studi della ragazza, con sommo sollievo di Draco. Avrebbe spalato cacca di Troll in eterno piuttosto che stare un giorno di più tra i babbani.
Ma per loro c’era una novità. Dopo nove mesi da quell’acquisto, arrivò una sorpresina azzurra.
Lo chiamarono Elthanin, come la stella della costellazione del Dragone.
Hermione invece non lo sopportava, anzi. Si poteva dire che lo odiava, ma non disse mai niente a Draco. Lo avrebbe ferito profondamente.
“Elthanin, andiamo!”
Elthanin arrivò tutto felice, Hermione invece avrebbe preferito morire piuttosto che uscire con loro due.
“La mamma non sembra felice, vero Elthanin?”
Il piccolo lo guardò, con i suoi occhioni languidi. Ma come poteva la sua mamma non volergli bene? Aveva forse fatto qualcosa che non doveva?
“Guarda che ti ho sentito, sai?” – fece Hermione, arrivata in quel momento. Quando vide Elthanin non poté impedirsi di sbuffare. – “Mi spieghi perché dobbiamo accompagnarlo? È grande abbastanza!”
Draco la guardò sgomento.
“Madre degenere!” – sentenziò lui.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Non sono sua madre, uffa!”
“E quando ne verrà un altro che farai?”
Hermione per poco non collassò a terra.
“Non ci provare, eh? Non provarci nemmeno a portare qui un altro cane! Ti uccido!”

Stavano passeggiando per il giardino della loro casa, una cosetta stile Malfoy Manor.
Non che Hermione odiasse i cani, ma da piccola una di quelle bestiacce l’aveva aggredita, fortunatamente senza morderla, ma la paura le era ovviamente rimasta. E anche se il piccolo labrador che Draco aveva portato a casa era buono come un pezzo di pane e nutella, non poteva impedirsi di chiedersi cosa sarebbe successo una volta che quel cucciolotto avesse raggiunto le dimensioni di un San Bernardo.
Passeggiavano mano nella mano, scambiandosi di tanto in tanto qualche bacio. In quei momenti, Hermione riusciva a dimenticare di avere una palla di pelo che girava a pochi metri da lei.
Elthanin si allontano e si accucciò, sistemandosi per evacuare.
Hermione fece una faccia schifata. Ma guarda te se doveva assistere ai bisogni di un cane… quando Elthanin finì, Draco imprecò.
“Cosa c’è adesso?” – chiese Hermione, sfinita.
“Ho dimenticato i sacchetti per Elthy.”
“E falla evanescere, no?”
“Ho lasciato la bacchetta in casa.” – disse, con aria infelice.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
“Oh, Merlino benedetto… ma non può farla sul water come tutti gli esseri umani?”
Draco rise e si chinò per fare le feste al suo cucciolotto.
“Ma è un cane! Non pretendere i miracoli, adesso. Non ti preoccupare, Elthanin… la mamma non dice sul serio.” – disse, rassicurando il cane.
Hermione si girò dall’altro lato per cercare di non palesare troppo la sua stizza nel vedere il SUO ragazzo fare le feste a qualcuno che non fosse lei.
“Scusa, mi tieni questo un attimo?” – le chiese Draco.
Sempre girata dall’altra parte, Hermione gli porse la mano aperta. Quando sentì qualcosa di piccolo nel palmo, smise di agitarsi per il nervoso e si girò.
Credette di avere le traveggole.
Si mosse incuriosita sul posto e quando vide Draco in quella posizione, il cuore iniziò a fare la maratona. Perfino Elthanin sembrava aver capito l’importanza del momento e si era messo seduto sulle zampe posteriori e se ne stava buono e zitto.
“Dai, aprilo.” – fece Draco.
Le mani le sudavano e tremavano. Reggendolo quasi a voler frantumare la scatoletta per paura che le cadesse dalle mani, Hermione alzò il coperchio.
E arrossì.
“O-ddio…” – scandì lei, rossa più dei capelli di Ginny.
Draco non si era mai mosso dalla sua posizione.
“Ti piace?”
“E’… è bellissimo…”
“Hermione…”
La ragazza lo guardò. Glielo avrebbe chiesto direttamente, senza giri di parole, o le avrebbe fatto tutta una premessa – lasciandola morire nel frattempo in una lenta agonia – e solo dopo glielo avrebbe chiesto?
“Sì?”
“Vuoi sposarmi?”
Il fiato le si smorzò in gola, ma riuscì a dirgli…
“SI!”
Gli volò letteralmente tra le braccia, baciandolo con tutto il trasporto possibile. Era emozionata. Avrebbe passato il resto della sua vita con l’uomo che amava e…
“Oh, accidenti! Vieni anche tu, palla di pelo!” – esclamò Hermione, facendo ridere Draco.
Elthanin si fiondò tra i due, pretendendo coccole su coccole.



















La storia si conclude qui, anche se forse molti di voi avranno delle domande che non hanno trovato risposta. Ho deciso di aprire questa parentesi un’ultima volta.
Poi, non ne vorrò più sapere.

Ho perdonato Harry.
Completamente.
Il giorno stesso G.U.F.O. in modo definitivo.
Appena usciti, io e i miei amici ci siamo diretti in giardino, già occupato dagli altri studenti che correvano liberi e felici per la fine della scuola. Draco era stato trattenuto dalla McGranitt, perché voleva parlargli del suo futuro e aveva chiesto a me di andare a godermi la mia più che meritata libertà.
Ciò, fu quanto accadde mentre io ero in giardino…

“… potresti proporti come Pozionista del Ministero, Draco.” – aveva suggerito Minerva.
Draco la guardò perplesso. Proprio lei gli dava suggerimenti sul suo futuro?
“Io… non ci ho mai pensato, a dire la verità.”
“Non ha importanza.” – fece la McGranitt con un gesto annoiato della mano. – “Per quanto il professor Piton abbia dimostrato per te un’immediata simpatia…”
Draco arrossì leggermente.
“… hai dimostrato durante l’esame di essere meritevole di tutte le E che ti sono state assegnate in quella materia.”
Come ogni buon studente che si rispetti, Draco aveva iniziato a prendere un po’ più in simpatia quella vecchia megera.
Solo perché sapeva che non l’avrebbe più rivista…
Ma non poté impedirsi di provare della sana gratitudine verso i suoi confronti, perché anche se era stata una donna severa, l’insegnante era sempre stata una persona imparziale.
E, lo ammise solo a se stesso, gli sarebbe davvero mancata.
“Per questo motivo ho provveduto a spedire una lettera di raccomandazione al Primo Ministro.”
Draco spalancò gli occhi.
“Lei cosa…?”
Minerva sollevò un sopracciglio.
“Lo trovi tanto strano, signor Malfoy?”
“Sì, cioè no!… cioè… credevo che sarebbe stato un compito del professor Piton.”
“Vero, ma ho voluto farlo personalmente e Severus non ha sollevato obiezioni.”
“Io… non so che dire, davvero…” – disse Draco, sgomento di fronte alla solerzia della donna nel pensare al suo futuro.
E lui che aveva sempre pensato a come farla fuori…
“Un semplice grazie andrà più che bene.”
Draco scosse la testa.
“Certo sì, scusi… grazie. Davvero.”
“Prego. E, signor Malfoy?”
“Mi dica.”
“Buona fortuna.” – disse la McGranitt, facendogli l’occhiolino.
Draco le sorrise. Di cuore.

E mentre Draco si avviava per andare a parlare con gli altri professori, Harry incontrò Silente per il corridoio. Onestamente, non so dire cosa mi abbia fatto alzare nel bel mezzo di una divertente conversazione con i miei amici per andare alla ricerca di Harry. Sapevo che era già uscito dall’aula e gli avevo chiesto, prima che entrasse a sostenere la sua prova, se gli andava di raggiungermi. Era implicito che mi avrebbe trovata tra i Serpeverde.
Mi sono scusata con gli altri e andai verso l’aula di Incantesimi dove, in teoria, avrebbe dovuto esserci stato Harry.
Peccato che lo trovai in mezzo al corridoio che discuteva con Silente. Non volevo origliare, ma giuro su Merlino che non ho mai sentito il mio amico trattare in maniera così irrispettosa il nostro preside, tanto che sulle prime fui tentata di palesare la mia presenza e riprendere Harry per le sue parole.
Fu un bene che non l’abbia fatto.
Perché ho potuto scoprire la verità.

“Harry…”
Harry si bloccò in mezzo al corridoio e tornò indietro senza ripensamenti.
“Harry, aspetta!”
“Mi stia lontano.”
“Harry, ti prego…”
Harry si girò e non credette mai possibile che un giorno sarebbe arrivato ad odiare Silente.
“Cosa? Lei… tu hai rovinato la mia vita!” – berciò il ragazzo. – “Mi sono sempre fidato di te! Ho sempre avuto fiducia nelle tue scelte e nelle tue decisioni! Perché stavolta doveva essere diverso? Perché farmi comportare come il peggiore degli assassini? Ho rischiato di perdere Hermione per colpa tua!”

Le sue parole mi lasciarono ovviamente sorpresa. Perché doveva essere colpa di Silente se Harry si era comportato male con me?

“So che mi odi, ma volevo solo che…”
“Che cosa? CHE COSA?” – urlò Harry. – “Tu… non te ne è mai fregato niente di me! Tutte quelle belle parole che mi dicesti il primo anno!, quando ho dovuto fare i conti con Voldemort la prima volta! Tutte balle! Tutte stronzate! Il tuo amore, quello che tu professi, non esiste!”

Sentii un macigno scivolarmi sul cuore. Come poteva Harry dire una cosa del genere? Perché tanto odio per Silente? Continuai ad ascoltare, pregando che nessuno li interrompesse, perché mi stavo incuriosendo ogni secondo di più.

“Per te esiste solo l’amore per te stesso! Gli altri non saranno mai degni di te, Albus! Saremo sempre pedine sacrificabili nelle tue mani! Perché non hai avuto fiducia in me?”
“Perché la signorina Granger era l’unica con le qualità necessarie per migliorare la situazione tra Grifondoro e Serpeverde.”

Sgranai gli occhi e un impietoso velo di confusione mi annebbiò il cervello.
Che c’entravo io?
Mi raddrizzai con la schiena, pronta per farmi notare e chiedere le dovute spiegazioni ma Harry mi precedette, svelandomi inconsciamente ciò che volevo sapere.

“E l’Anima Revelat Carmine era l’unico modo? Per Dio!, ma non ti rendi conto di quanto ipocrita tu sia? Sapevo benissimo di avere un lato oscuro!, forse più marcato degli altri fin dal mio primo anno di vita! Ma ho sempre cercato di tenerlo a bada! Ho sempre cercato di fare la cosa giusta! Quale assurda convinzione ti ha fatto credere che non avrei potuto accettare di vedere Hermione legata ai Serpeverde?”

Trovai l’incantesimo nominato da Harry nella sezione “Magia Oscura” di casa. Durante una delle mie tante incursioni in biblioteca mi sono ritrovata e per caso ho afferrato quel libretto. Quando lessi l’incantesimo e cosa implicava, non ho assolutamente collegato che Harry potesse esserne stato vittima.
Ora, tante cose mi sono più chiare.
E non riuscii a credere che Silente…

“Ogni casa qui dentro è accecata dai pregiudizi, Harry.” – disse Silente in un tono calmo, quasi non fosse pentito di ciò che aveva fatto. – “Dovevo fare in modo che venissero banditi per sempre!”

Lo vidi scuotere il capo, deluso.

“Potevi trovare una scusa e ordinare a Hermione di trasferirsi a Serpeverde! Oppure potevi semplicemente chiederglielo! Sai benissimo che lei ti adora e avrebbe fatto qualsiasi cosa per te! Invece no!, hai voluto mettere su tutto questo casino, trasformarmi nel lupo cattivo, scaricando su di me la responsabilità di vedere Hermione cambiare casa per un tuo capriccio!”
“Definisci la cooperazione tra le case un mio capriccio, Harry? Chi è l’ipocrita, ora?”
“Sempre tu, Albus.” – rispose Harry, senza esitazione alcuna. – “Tu sei ipocrita ed egoista! E stronzo! Perché quando sono riuscito a staccarmi dal tuo incantesimo, quando ho capito cos’avevo fatto, detto e che razza di animale sono stato, il mio primo pensiero è stato quello di buttarmi dalla Torre di Astronomia!”
“Mi dispiace Harry, ma…”
“No…” – continuò il moro con tono arrendevole, quasi avesse capito che discutere con Silente sarebbe stata solo una perdita di tempo. – “… non ti dispiace, perché se dovessimo tornare indietro, tu rifaresti tutto esattamente daccapo. Sono una testa dura, lo so.” – ammise Harry. – “Quello che volevo dalla vita era solo un po’ di stabilità e tranquillità e avrei lottato con le unghie e con i denti per far sì che ciò accadesse, ma non sono mai stato egoista, Albus. Ho sempre cercato di tenere i miei amici fuori dalle mie disgrazie, perché loro facevano parte della mia “stabilità”. Avrei accettato che Hermione si ritrovasse a fare i conti con i Serpeverde, anche se molto probabilmente non mi sarebbe andata giù. Tu però non mi hai ritenuto degno di questo compito. Di mandarmi nel mondo, a giocare a risolvere quelle merde dei tuoi indovinelli sì, a rischiare il collo mio, di Hermione e Ron, sì, di fronteggiare Voldemort da solo sì, di rischiare di morire per te, assolutamente sì!, ma di accettare una cosa come questa no, vero? Tu sei magia oscura, Albus Silente.” – disse Harry, comprendendo di aver toccato un tasto dolente quando vide Silente sgranare gli occhi e perdere quella sicurezza che lo aveva contraddistinto fino a quel momento. – “Ed è per questo che non dirò nulla a Hermione.”

Ricordo che volli saltar fuori e urlare tutto il mio odio, il mio disprezzo verso una persona che avevo ritenuto infallibile, perfetta.
Ma Harry mi gelò con quelle sue parole.
Poi compresi il perché.

“Saperti un vigliacco manipolatore farebbe crollare l’ultima certezza che le è rimasta da quando si è scoperta la verità su di lei: tu. L’hai usata come cavia per far andare d’accordo le nostre due case e hai tirato fuori un lato di me che avevo cercato con forza di tenere a bada. Hermione è una persona meravigliosa e se oggi è quello che è, è anche grazie ai tuoi insegnamenti sull’amore e io non voglio che diventi vuota, non voglio che si renda conto che la vita è solo governata dall’egoismo e dal motto “ognuno pensi per sè”.”
“Grazie Harry…”
“Non ringraziarmi, non lo faccio per te. Lo faccio solo per Hermione. Lei ha saputo aiutare Serpeverde ad integrarsi finalmente con tutta Hogwarts. Non butterò nel cesso il suo lavoro solo per vendetta. Mi basta solo sapere che ti porterai questa cosa fino alla fine dei tuoi giorni. Spero davvero di non rivederti più, rovina-vite.”

Harry era rimasto in piedi a fissare Silente, quando ad un tratto il vecchio preside chinò lo sguardo e tornò da dov’era arrivato. Onestamente Silente… non so che fine abbia fatto.
Ero stata solo una pedina… Harry si è comportato così perché Silente lo aveva incantato. Sapevo del lato oscuro di Harry e dei suoi innumerevoli tentativi di tenerlo a bada. Da quando Voldemort aveva fatto di lui il suo ultimo Horcrux, la malvagità di quell’essere era stata trasferita dentro di lui e Harry ha fatto di tutto per controllarsi. E ora capisco perché insisteva per tenere me e Ron fuori dalla sua portata, benché gli costasse tanto.
Non posso credere che Silente abbia fatto questo.

Quando Harry si girò, molto probabilmente per raggiungermi, mi vide e sgranò gli occhi quando, oltre le mie spalle, vide qualcos’altro. Mi girai, riluttante nel lasciare lo sguardo del mio amico, come se distogliere lo sguardo da lui avesse potuto bloccare Harry dal darmi qualsiasi spiegazione.
E quando mi girai, vidi Ginny, Blaise e Draco.
E tutti e tre con una faccia di cui non riuscivo a leggere le emozioni.
Mi girai continuamente verso Harry e gli altri tre, non sapendo cosa dire.
Fu Harry, il coraggioso Harry, a parlare.

“Hai… hai sentito?”

Credo avesse pregato tutti gli dei esistiti ed esistenti, purché la mia risposta fosse negativa. Ma io, sconvolta come mai lo ero stata in vita mia, ebbi solo la forza di annuire.
Harry serrò gli occhi, imprecando contro tutta quella situazione. Lentamente, Ginny, Blaise e Draco si avviarono verso Harry, che li guardava decisamente costernato. Si fermarono a qualche metro da lui.
Fu Ginny che, inaspettatamente, andò da Harry e lo abbracciò.

“Ragazzi… Silente…”

Tentai di dire, ma in realtà, nemmeno io sapevo cosa dire in una situazione del genere.
Non ero mai stata portata per Divinazione. Non l’avevo abbandonata perché la Cooman non mi elogiava come gli altri professori, ma perché la ritenevo una materia inutile e sapere che perfino Calì e Lavanda, assidue sostenitrici della materia e della professoressa, non facevano altro che inventare ciò che vedevano nella sfera di cristallo o nei fondi di caffè, mi aveva spronata ad abbandonare quel corso.
Inutile, tra l’altro, per la preparazione degli esami finali.
Eppure, mai come in quel momento, riuscii a leggere le loro emozioni e per un fugace istante fui tentata di sorridere perché per la prima volta, quattro persone assolutamente diverse tra di loro – soprattutto per la casa di appartenenza – avevano in faccia la medesima espressione.
Lo sapevano.
Loro quattro sapevano la verità. Supposi che Harry lo avesse saputo già da prima, perché altrimenti non mi sarei mai spiegata lo sfogo avuto con Silente, come se fossero mesi che non aspettava altro.
Ma Ginny e Blaise? Come lo sapevano loro?
E il mio Draco?

“Prima che tu possa iniziare a insultarci…” – iniziò Blaise. – “… permettimi di dirti una cosa.”
Lo lasciai parlare, con le gambe che minacciavano di abbandonarmi.
“Credo di essere stato il primo a sapere dell’incantesimo che Silente aveva applicato su Harry e Weasley.”
Harry si girò di scatto verso il moro, incredulo. Blaise, però, non abbandonò mai il mio sguardo.
“Ero molto tentato di non dire niente a nessuno, soprattutto a lei.” – disse Blaise, prendendo la mano di Ginny. – “Perché sapevo, o meglio… avevo paura che potesse tornare da Harry e io… era da due anni che non aspettavo altro che un’occasione per farmi conoscere da lei.”
Varie emozioni passarono sul volto di Harry, mai stato così annichilito da una rivelazione di quella portata come in quel momento.
“Poi però… non lo so…” – rise amaramente mentre si guardava intorno. – “… devo essere un Serpeverde con manie di autolesionismo, perché le dissi tutto. E mi ha perdonato.”
Fu il turno di Ginny che, da come parlò, sembrava voler continuare il discorso del fidanzato.
“Quando lo scoprii, volevo lasciarlo perché mi aveva privata della possibilità di scegliere da sola ma lui…” – lo guardò per un attimo con uno sguardo carico d’amore a cui non avevo mai prestato la debita attenzione. – “… lui era esattamente come me quando aspettavo che Harry si accorgesse della mia esistenza. Mi ha amata in segreto, mi ha osservata e mi ha studiata. Io ho fatto lo stesso con Harry, lo sai: l’ho amato in segreto, l’ho osservato e l’ho studiato, ma sono arrivata ad un certo punto in cui ho capito di averlo idealizzato troppo. E dopo che ho scoperto la verità su di lui e mio fratello, dopo che Blaise mi aveva spiegato perché non me lo avesse detto subito, io… ho scelto lui. Alla fine, sceglievo sempre lui.”
Aspettai che parlasse anche Draco. Sembrava che quei tre avessero fatto le prove.
“Per lo stesso motivo di Ginevra…”

Mi sorpresi nel sentirlo pronunciare il nome della mia amica con tanta naturalezza.

“… io non ti dissi nulla al riguardo, quando lei me lo aveva confessato il giorno stesso in cui abbracciasti Harry in giardino. Erano quattro mesi che eri tornata da scuola, non ci parlavamo più e temevo che non mi avresti creduto. L’avevi appena ritrovato ed eri tutta presa da lui che…”
“Non odiarli, Hermione.” – s’intromise Harry.

Ricordo che rimasi sconvolta da quella sua richiesta, così come gli altri tre.

“Volevamo proteggerti. Avresti tutto il diritto di odiarci, ma ti prego…” – mi supplicò con le mani giunte e gli occhi chiusi. – “… volevamo fare a te quello che tu per anni hai fatto con me e Ron. So che te l’ho già chiesto, ma ti prego, ti prego!… dacci un’ultima possibilità!”

In quel momento avrei voluto fare tante cose.
Avrei voluto urlare, piangere, andarmene, correre da Silente e sentire dalla sua voce se quello che aveva fatto era la pura verità, smaterializzarmi a casa e non uscire mai più, obliviarmi la mente.
Eppure, per la prima volta, volli pensare solo a me stessa.
Quest’ultimo anno è stato sconvolgente, sotto ogni punto di vista. La mia vita, i miei amici, Draco… ognuna di queste persone mi ha dato qualcosa, ha lasciato dentro di me un segno e più cerco di scovare qualcosa di negativo nelle loro azioni, meno ci riesco. Riesco solo a vedere la bellezza dei loro gesti, a capire che pur di non permettermi di non credere più nell’amore, si sarebbero portati nella tomba il segreto di Silente, permettendo a quest’ultimo di continuare a regnare su Hogwarts e rischiando che potesse fare la stessa cosa anche con altri studenti.
Volevano proteggermi.
Sono la prima a credere ancora che Corvonero, Grifondoro, Serpeverde e Tassorosso possano coesistere civilmente tra loro, perché io ne sono la prova vivente.
E voglio che così continui ad essere.
Non mi è possibile, però, fermare le lacrime che sento scendermi fino a morire sulle labbra. Mi sentii abbracciare da Draco, non rendendomi nemmeno conto che si era avvicinato fino a tal punto.

“Mi dispiace…” – disse.

Ricordo che mi strinse fino quasi a soffocarmi quando sentì che ricambiavo il suo abbraccio. Però una cosa la dovevo sapere. Mi staccai da lui e guardai Harry, che mi sorrise amaro.

“E Ron?”

Harry annuì, avendo su di sé soprattutto l’attenzione di Ginny.

“Ron si è perso Hermione.”
Dovetti aggrapparmi a Draco per non cadere, così come vidi Ginny avere un quasi mancamento. E vedere Blaise, un Serpeverde, sostenere una Grifondoro non fece che consolidare ancora di più la mia scelta.
“Ho provato a parlargli, a farlo ragionare. Gli ho messo sotto il naso perfino il dettaglio dell’incantesimo.” – guardò Ginny e le sorrise dispiaciuto. – “Ha detto che sta bene così.”
“Quando…” – iniziò Ginny. – “… quando hai capito che eri sotto incantesimo?”

Harry le sorrise tristemente, come se Ginny avesse dovuto già saperlo.

“Il giorno in cui Malfoy è venuto alla Tana per darci notizie di Hermione.”
Ginny tornò con la memoria a quel giorno e riuscì finalmente a darsi una spiegazione del comportamento di Harry.

Quando Harry parlò, tutti lo guardarono come se gli fossero spuntate tre teste.
“Avete cercato negli ospedali?”
“No.” – disse Draco.
Harry alzò gli occhi. Sembrava invecchiato di vent’anni in un sol colpo.

Ecco cos’era quello sguardo, pensò Ginny.
“Tu… l’avevi scoperto?” – alitò la rossa, sgomenta.

Io ovviamente non ci capii niente. Ero nella Londra babbana e non seppi neppure di che stavano parlando, per non parlare del fatto che Draco si era recato alla Tana – posto che non aveva mai fatto mistero di odiare – per dare loro mie notizie.

“Per caso, o forse no.” – disse Harry, enigmatico. – “Piton aveva dormito lì da voi per un paio di notti e aveva portato con sé le sue solite letture. Quando se ne è andato, tua madre mi ha chiesto se potevo andare nella sua camera per darle una sistemata veloce, così obbedii. Rifeci il letto e aprii la finestra e prima di uscire, un libro catturò la mia attenzione. Sporgeva da sotto il letto.”
“Severus che si dimentica un libro?” – chiese Draco, dando la definitiva prova che tra lui e il professore esisteva un legame ben più profondo del rapporto docente-alunno.
“Infatti ho detto che l’ho scoperto per caso, o forse no.” – precisò Harry. – “Lo aprii e trovai un segnalibro alla pagina dell’Anima Revelat Carmine. Quando l’ho letto, quando ho letto che le conseguenze di quell’incantesimo erano le stesse che stavo accusando io, ho… davvero voluto morire.” – ammise Harry, con un sorriso triste.
“Severus lo sapeva…” – disse Draco, sconvolto.
“Immagino di sì.” – fece Harry, come se la cosa non lo toccasse. – “Sappiamo tutti quanto Piton tenga ai suoi libri più che alle persone. Immagino l’abbia lasciato lì per farmelo trovare e permettermi di staccarmi dall’incantesimo.”
“E Ron?” – chiese Ginny.
“L’ho chiamato in disparte per parlargli… mi ha detto che ora ha il rispetto di tutti, che ora tutti lo conoscono come Ron Weasley e non come l’amico di Harry Potter. Ho cercato di farlo ragionare, ma non c’è stato niente da fare. Mi dispiace, Ginny.”

La mia amica aveva abbassato lo sguardo a terra. Aveva perso un fratello.
Li guardai uno per uno e loro erano fermi lì, a guardarmi a loro volta, ad aspettare il mio giudizio, la mia decisione. Draco, ancora abbracciato a me, tremava impercettibilmente.

“I segreti sono finiti qui?”
“Sì.”
“Ce ne saranno altri in futuro?”
“No.”
“Usciamo da questo posto.”









Io e Draco, Blaise e Ginny, Harry e Daphne mandammo i nostri figli a Hogwarts. Due anni più tardi, venimmo a sapere che Silente si era ritirato, presentando di sua spontanea volontà le dimissioni, in un luogo non ben precisato della Francia.
Minerva prese il suo posto.
La cosa mi aveva enormemente sollevato. Sapere che i miei figli avrebbero potuto essere oggetto di un’altra bravata simile mi aveva preoccupata per tutta la gravidanza e la loro crescita.




Qui si conclude la mia storia, ma ne inizia un’altra in questo momento qui, a King’s Cross, mentre osserviamo i nostri figli sbuffare alle nostre raccomandazioni, in sincrono con lo sbuffo dell’Espresso. È il loro momento, la loro vita e le loro storie.
E mentre li salutiamo con le mani prego che tutto vada bene.
“Andrà bene.” – mi rassicura mio marito.
“Sì. Andrà bene.”









Note di me:

Capitolo piuttosto lungo, mh? ^_^
Finale agrodolce, lo so.
Spero che ugualmente sia piaciuto.
Come avrete capito, io viaggio sulla stessa linea degli happy-ending. Non contemplo un finale drammatico, non è nella mia natura.
C’è tanto male nel mondo, che almeno in questo sito, voglio avere l’illusione che il “vissero per sempre felici e contenti” sia qualcosa a cui si possa sempre aspirare.
Ho tenuto conto, comunque, dell’aspetto acre della situazione. Draco ha chiesto a Hermione di sposarlo e lei ha detto di sì – o meglio, IO ho fatto in modo che lei dicesse di sì ù_ù – Harry si è fidanzato con Daphne e Blaise e Ginny si sono sposati pure loro.
Rimane però la botta di Silente che per Hermione è stata una vera e propria badilata sui denti. Far finire la storia con la ragazza che perdona il preside con tanto di nuvolette rosa che le ronzano intorno sarebbe stato veramente rovinare questo scritto.
Spero possiate capire la mia scelta.


Il titolo del capitolo: Mi apro alla chiusura.
Come voi ben saprete è il messaggio che Silente ha lasciato impresso sul boccino che ha lasciato nel testamento a Harry, quando lo aveva catturato alla sua prima partita di Quidditch, con la bocca.
Quando Harry lo ha decifrato – finalmente! – il messaggio era che doveva morire per esorcizzare l’ultimo Horcrux (o comunque una parte di Voldemort) presente dentro di sé, ergo, il titolo del capitolo si può tradurre con “E’ finita”, ergo, la storia E’ finita.
Me contorta, lo so. Spero però che con tutti i mesi con cui avete avuto a che fare con me e questa storia abbiate imparato a conoscermi e immaginare che avrei dato l’ultimo tocco di pazzia all’ultimo capitolo della storia.


L’inizio di questo secondo extra, si svolge in un lasso temporale molto distante dalla fine di Hogwarts. Harry è un adulto e si reca in visita alla tomba dei suoi genitori. Onestamente non ricordo se sulla tomba ci fosse una foto dei genitori del ragazzo e, se sì, in che posa li ritraesse, ma mi sono presa una licenza poetica – patetica ù_ù – come ho già fatto durante la storia.
“Sciocchi sentimentalismi.” – è la frase che Piton dice a Harry quando lo raggiunge sulla tomba. Gliela dice dopo aver letto la sua mente e aver scoperto che Harry si poneva delle domande sui suoi genitori e se un giorno, quando si sarebbero finalmente riuniti, sarebbero stati ancora fieri di lui.
“Grazie professore.” – invece, fa riferimento a tutto quello che Piton ha fatto per Harry durante i suoi anni di scuola e, non meno importante, al fatto che gli avesse fatto trovare appositamente il libro con l’incantesimo usato da Silente, affinché Harry se ne staccasse.
Nonostante Severus abbia spinto Silente a usare quell’incantesimo per staccare Hermione dai due lavativi – Ron e Harry – e dare finalmente fondo alle sue competenze senza distrazioni, l’uomo si era sentito in colpa per ciò che stava accadendo nella vita del ragazzo. E l’ha aiutato.
Severus non tocca la foto perché teme di sporcarla per via di tutto il sangue di cui le sue mani sono lorde e perché sente di esserne immeritevole. Per questo, lascia solo due gigli bianchi.
I gigli bianchi sono simbolo di purezza. Nonostante Severus pensi che di puro in quella tomba ci sia solo Lily, come dimostrazione del suo amore ne lascia due, perché sente che Lily non sarebbe stata contenta se lo avesse lasciato solo a lei e non anche al marito.
Di nuovo, me contorta. ù_ù


Daphne Greengrass.
La prima volta che ho letto di Kreacher, onestamente, ho pensato che la Row avesse avuto un’allucinazione da fame e che avesse afferrato un pacchetto di comuni crackers per sfamarsi. Davvero: ho pronunciato il nome dell’elfo come si pronuncia il nome del cracker. Da qui, il gioco di parole visto che un po’ le parole si somigliano… solo un po’, eh? ^_-
La ragazza è innamorata di Harry. Un po’ di tranquillità a questo ragazzo ci vuole, no?, e ho scelto per lui la bionda Greengrass. Anche Harry ne è innamorato, per via di tutte quelle cose che ho scritto che Daphne fa per cercare di farlo star meglio, per fargli dimenticare Ginny e, sperare, di prenderne il posto. Quando ho detto che Daphne è in missione per conto di Hermione è stata una finzione.
Mi spiego meglio: per non ammettere che Daphne andava da Harry per prendersi cura di lui perché aveva la scusa per vederlo, tirava di mezzo l’amica, quasi a volersi proteggere. Poi Harry l’ha scoperto e ha scoperto anche tutto il resto.
Spero che le vicende di Harry con Daphne vi siano piaciute.


Elthanin.
Peccato, devo essere onesta. Al momento dovrò smettere i lavori per la rifinitura in oro massiccio del mio terzo villone multipiano in Cost’Azzurra, visto che la storia è finita qui e non ho più i vostri soldi per pagare i muratori.
*me sconsolata ç_ç*
Elthanin è un cane, alla faccia di chi aveva già visto Hermione dietro biberon e pannolini. ^_^ Un cane che è stato partecipe di una proposta di matrimonio.
Eccolo, il cliché di cui vi parlavo all’inizio.

Ultimo, ma non meno importante, è l’idea che ho voluto dare di questa storia. Onestamente, credo che la parola che userò sia sbagliata, ma quando penso a ciò che devo dirvi, mi balza alla mente questa, così l’ho scritta.
Se ho sbagliato, liberi di insultarmi e, magari, correggermi.

Questa è la storia della contrapposizione.
Per contrapposizione, intendo che questa storia è basata su un principio con il quale tutti noi abbiamo a che fare tutti i giorni.

Il fine giustifica i mezzi?

Ne sono vittima anch’io, non credete. Sì, so che pensavate che io fossi perfetta e indiscutibilmente… perfetta, ma mi spiace deludervi. ù_ù
*fa shwisssss con i capelli*
È giusto raggiungere il proprio obiettivo usando anche mezzi illeciti?
Qualcuno potrebbe dire di no, però se il mezzo con cui siamo arrivati al nostro obiettivo ha portato più benefici che scompensi, cosa si deve fare? Ci si può passare sopra?
Questa è una diatriba antica quanto l’eutanasia.
Vi lascio prendervi per i capelli per cercare di avere l’ultima parola.
*me maleficamente Stronza!*

Bene, che dire?
Scherzi a parte vi saluto qui.
È stato un onore scrivere per voi e un onore essere state messe nei preferiti. Purtroppo niente spoiler ma conto di tornare alla ribalta molto presto.
Oh, giusto per avvisarvi… prossimamente posterò delle storielle, quelle che servono solo per passare il tempo. Se volete passare e farvi quattro risate alla mia demenzialità, passate pure e lasciate un segno tangibile del vostro passaggio.
ù_ù
Detto questo, tanti bacioni, tanti abbracci e tantissimi grazie a tutti voi.

Serena.

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